Il volto della Chiesa


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Il volto della Chiesa

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EDIZIONI

PAOLINE

HENRI DE LUBAC

Ir. VOLrO DELLA CHIESA

Titolo originale de11'opera: MEDITATION SUR L'EGLISE AUBIER,

-

Editeur,

-

PARIS

'Unica traduzione italiana autorizzata

Visto per la Curia Generalizia V. 1391 Sac. G. Alberione, Sup. Gen.

Nulla osta alla stampa Balsamo, 25 Ottobre 1955 Sac. Giuseppe Morini

Nihil obstat quominus imprimatur Mediolani, die 14 Nov. 1955 Sac. E. Bernasconi, Abb. S. Ambrosii Censor delegatus.

IMPRIMATUR in Curia Arch. Mediolani, die 14 Nov. 1955 J. Schiavini Vic. Gen.

PROPRIETA' LETTERARIA RISERVATA EDIZIONI PAOLINE

-

MILANO

PREFAZIONE

Il contenuto di questo vplume riprende temi e motivi di alcune conversazioni con gruppi di sacer doti svolte nel corso di «ritiri », «giornate di stu dia»

o

«mesi sacerdotali

Il volume

non

Njon è neppure

un

».

ha, pertanto,

compendio

carattere scienti6co

del trattato «De Ec-

clesia». Non abbiamo voluto nè iniziare

ricerca, nè rifare

a nostra

volta

quello che

una

nuova

altri hanno

già fatto

e fatto bene N.oi abbiamo spltanto, alla luce della fede, meditato in alcuni dei suoi aspetti il mistero della Chiesa, sforzandoci di metterci, il più possibile, al centro del mistero stesso Se,.in calce, abbiamo abbondato nelle citazioni di testi, scelti talvolta un po' a casp, è per mettere il lettore a più di con i grandi luoghi comunr »d'ella Tradizione, di cui non vorremmo essere che l'eco. Desideriamo con questo partecipare ad altri la gioia,

retto contatto

«

sempre nuova, che ci accende il cuore ogni volta che sentiamo risuonare, nella ricca varietà delle sue modulazioni, questa grande Voce unanime Dietro il suo invito costante, abbiamo alzato anche noi lo sguardo verso la «Gerusalemme cele ste». Con forza sempre crescente, la sua bellezza ci ha rapiti Etu.ttavia non l'abbiamo contemplata

sogno. Nan abbiamo cercato una specie di evasione, fuori della banalita quotidiana o delle tristezze dell esistenza, in una visione irreale, fluttuancome in

te al di sopra delle nubi Questa Patria della libertà, «Madre nostra», ci è apparsa nella sua regale maestà e nel suo celeste splendore, nel cuore stesso della nostra realtà ter.

restre, in

mezzo

santezze che la

alle

sua

opacità

ed alle inevitabili pegli uomini compor

missione tra

ta

L.'abbiamo amata, di sempre più grande amore, è, non soltanto nella intemporale purezza della sua idea ma nella concretezza della sua sto

cosi come

ria,

e

più particolarmente

cosi

come

essa,

ci

oggi,

appare Il.nostro cuore ne è rimasto avvinto A.llora, poichè il cu@re parla al cuore, abbiamo sperato che

altri ancora,

specialmente

cerdozio, potessero

essere

tra i

nostri

fratelli

di sa

aiutati da ciò che ci

ha

delle riflessioni da noi pro poste parran»o loro già invecchiate, tanto mutano rapidamente, oggi, le situazioni, le mentalità ed i

aiutato

Fo.rse

parecchie

problemi vitali, l'autore,

per coloro soprattutto, che più del e lottano nel fuoco dell'azione

penano

Ma, la nostra, non era affatto di attualità immediata

una

preoccupazione

Se nella n@stra epoca cosi stranamente sconvol

nell'inevitabile turbamento che, di riflesso, si ri percuote nella nostra coscienza, l'una o 1'altra delle nostre parole riuscisse a fare intravvedere un po' ta

e

meglio

a

qualcuno la Sposa dell'Agnello,

radiosa

materna, il nostro scopo sarebbe raggiunto La stra

gioia

e

n.o

sarebbe senz'ombre Gap,

18

Gennaio

Festa della Cattedra di S. Pietro

1952

a Roma

Parigi, Pentecoste

1952.

LA

CHIESA

E'

UN

MISTERO

E' stato

ripetutamente osservato che i secoli più parlavano poco della Tradizione. Ne erano impregnati. Ne vivevano. I Libri sacri, li leggevano con i suoi occhi. Non si ponevano di solito, problemi a suo riguardo. La Tradizione nutriti

di

tradizione

non era

per essi il passato, ma il presente. Più che un era la forma del loro pensiero. Non

oggetto di studio ne scrutavano

i documenti

con

zione ed i metodi della critica: cosa

loro, interpretandoli

con

le risorse della erudine usavano come una

libertà che

di

non

escludeva ma, al contrario, includeva una fedeltà profonda al loro spirito. 'La realtà posseduta li dispensava, fino ad un certo punto, dal bisogn~o di con; cettualizzarla. Possedevano in

proprio

tutta la

ric-

Tradizione; la facevano fruttificare, poi la trasmettevano, senza rifletterci oltre.

chezza della

Ogni riflessione suppone frattura. Almeno in un

una

un

arresto,

un

primo tempo

distacco, essa com-

porta sempre

un

atteggiamento

critico

e

dubitativo.

Certo, nel corso delle generazioni, viene sempre il momento in cui essa diventa necessaria. Mai, del resto, essa fu totalmente assente. Si rimarrà anzi

sorpresi, in seguito, di scoprirne retrospettivamente, e fin dagli inizi tante tracce. Ma non erano, per l'appunto, che accenni. Ad un dato momento, sotto la spinta di alcune circostanze, essa si impone con forza accresciuta. Allora essa irrompe da tutte le parti. Si inserisce al cenNo del suo oggetto, ne blocca tutti gli accessi, ne esplora i fondamenti nascosti, ne segue le lontane ramificazioni. Volta a volta storica, critica, filosofica, grammaticale persino; la si vede al lavoro con una specie di febbre. sta

so,

Questo accade, generalmente, quando tutta queeredità, oggetto fino allora di un pacifico possesviene, in un modo o nell'altro, ad essere conteSono sorti dei dubbi sul raffronti insidiosi tra la

stata.

scono

quella che

alle

aveva

suo sua

valore. Si istituiforma attuale

origini. Ognuno

e

dei suoi ele-

menti è passato al vaglio. Critica scientifica e critica rehgiosa si spalleggiano. Ci si domanda se tutto

quest'insieme mente

corrotto

peso

di

autentico

più

ostacolo

nel

che a

credenze o

corso una

quella

non

e

di costumi sia

si sia invece

vera-

appesantito

dei secoli. Non è divenuto

e

un

forza? Non costituisce ormai

un

compito di

'su-

vita che

aveva

il

> ). E' all ra he occor e, periosamente, ripensare quello che prima si viveva. E' finito il tempo di una certa ingenua pienezza. scitare e trasmettere?...

1) Vedere, per esempio, il luago e curioso capitolo 79 del Verbum abbreviatum, di PETRUS CANTOR: Contra traditionum onerositatem et multitudinem (P. L., 205, 233, 239).

10

Bisogna prendere

uno

stacco.

Bisogna

ricercare i

fondamenti di cio che viene posto in discussione. Per operare, se occorre, una scelta giudiziosa o per conservare,

con

condannano e

cognizione di causa, ciò che altri respingono, bisogna studiarlo da un

punto di vista nuovo. Più che di un lavoro di giustificazione, si tratta innanzi tutto di un lavoro di chiarificazione. La preoccupazione dominante non è quella della confutazione : più fondamentalmente, è

un

bisogno di vederci chiaro, a partire dalla Riforma,

Cosi,

di rendersi conto fu necessario veni-

re, finalmente, ad una sostanziale chiarificazione sulla Tradizione. Di qui il fiorire da allora, di tanti studi, di tante definizioni, precisazioni, distinzioni, di tante dispute anche, di tanti trattati della struttura cosi nuova, di tante opere di valore, senza che si possa affermare, purtroppo! che il senso della Tradizione si sia fatto nelle generazioni presenti, più vivo o più sicuro di quanto non lo fosse nei tempi antichi. Ma, se non altro, sotto un aspetto ben diverso da quello che essa aveva rivestito nel passato ed in una prospettiva spesso rovesciata ~), la dottrina della Tradizione si è conservata e consolidata. Gra-

questo rinnovamento operato dalla riflessione teologica, essa è uscita vittoriosa dalla crisi che, umazie

a

namente

parlando,

aveva

minacciato di

inghiottirci.

e si deve darglielo2) Dalle negazioni protestanti in poi si dà alla Tradizione un rilievo esplicito che essa non aveva nella teologia antica. Questa, frequentissimamente, non parlava che della Sacra Scrittura (quantunque i testi relativi alla Tradizione non vi manchino di certo). Ma si trattava sempre della Sacra Scrittura letta nella Chiesa, interpretata dai Padri, accettata dalla Tradizione. Cfr. EDMOND ORTIGUES, S. M., la Tradition de l'Evangile dans l'Eglise, in «Foi et Vie» (Luglio 1951). Come. esempio tipico del punto di vista moderno, cfr. BRUNO DE SOLAGE, le Procès de la Scolastique, nella «Revue thomiste» (1927), pp. 330-332. -

di simile avviene oggi per quanto conla Chiesa. Gia nei documenti dei primi secoli cristiani, per non parlare della stessa Scrittura, essa si esprime con una forza incomparabile. Si sente che

Qualcosa

cerne

coscienza straordinaria-

principio una profonda del proprio

essa ha fin da

mente

essere.

La

sua

idea è

ovunque presente ed ovunque, nelle antiche catechesi, essa impone la sua forma alle esposizioni della fede. Ben presto, d'altronde, fu obbligata a pie-

garsi riflessivamente eresie che

essa

eccezione

za

a

qualunque

sa:

su

se

Tutte le

stessa.

grandi

dovette affrontare la costrinsero

questo lavoro di riflessione

su

sen-

se stes-

fosse la verità intaccata dall'eresia: la

Trinità, l'Incarnazione

o

la Grazia. La Chiesa si

sen-

aspetto, direttamente minacciata. Tutti i misteri che ebbe via via a scrutare

tiva,

sotto l'uno o l'altro

furono per essa altrettante occasioni per questo lavoro di riflessione: perchè con tutti essa è strettamente connessa ed in tutti si trova impegnata. Tuttavia le circostanze

non avevano ancora

mai fornito,

sembra, l'occasione per questo sforzo di chiarificazione, insieme analitico e generalizzato, per que-

comprensione totale >

sto sforzo di assistendo

al

quale

noi stiamo

3) Cfr. JOSEPH-ANDRS JUNGMANN, S. J., L'Eglise dans la vie religieuse d'aujourd'hui, nella pubblicazione l'Eglise est une, hommage à Moehler, a cura di PIERRE CHAILLET, S. J., pp. 334-348. Mons. CHAIU.ES JOURNET, l'Eglise du Verbe Incarné, t. Il (1951), p. 60 Il Manuale di Teologia Dogmatica di Mons. B. BARTMANN (trad. it. di N. Bussi Ed. Paoline, Alba 1952, III ed., voi. Il, p. 377) dice che « la Chiesa visse circa 1500 anni senza riflettere

molto

sulla

sua

natura

e

senza

cercare

di

racchiuderla

precisa definizione logica». Ci vuole una buona dose di partito preso, o un candore invidiabile, per osservare «come una in

una

cosa

curiosa»

che

Origene

capitolo alla Chiesa», gène t. III (1928), p. 275. nessun

12

«nel

suo

come

fa

De

principiis

EUGENE

DE

non

consacra

FAYE, Ori-

qualche tempo, infatti, si parla molto della più che nell'epoca precedente e, soprattutto, in un senso assai più comprensivo. Tutti lo possono facilmente constatare. Qualcuno, forse, può essere indotto a pensare che se ne parli anche Da

Chiesa; molto

troppo sconsideratamente;

e

troppo, non

convenga viverla di più,

parlare come

e

si chiede

se

sforzandosi invece di

meno

han fatto tante altre gene-

razioni. A forza di considerarla dere l

come

dal di fuori per dis-

riguardo, non si finisce forse per prenabitudine, nel proprio intimo, di distaccarsene.

sertare

a

suo

Non si

corre il rischio se non di spezzare, di allentare almeno, quei vincoli intimi, senza i quali non si è più cattolici autentici? Tante raffinatezze, tante analisi, tanti sottili problemi, con tutta l'ansietà intel-

lettuale che essi suppongono, sono compatibili con quella antica semplicità e quello spirito di obbedienza che hanno sempre caratterizzato il fedele figlio della Chiesa? sa a

Inoltre, si potrebbe ancora aggiungere, la Chieè una realtà di questo mondo che si presti tutte le misurazioni ed a tutte le analisi. «Finchè non

dura l'esistenza presente,

essa

fettamente sotto

un

conosciuta, ma velo» 4). Essa è

non

rimane un

può

essere

nascosta

per-

come

mistero di fede

~).

4) BERENGAUD, Expositio super septem visiones libri A pocalypsis: «Ecclesia, quamdiu in hac vita consistit, agnosci perfecte non sed quasi sub quodam velamine absconsa tenetur» (P. L., potest, 17, 947 A). 5) Catechismo Romano, c. 10, n. 21: «Cum igitur hic articulus non minus quam coeteri intelligentiae nostrae facultatem et vires superet. jure optimo confitemur, nos Ecclesia ortum, munera, et dignitatem non

humana

ratione

cognoscere,

sed

fidei

oculis

intueri ».

Si

può

affermare di

essa ciò che l'enciclica Mystici corporis dice dell'inabitazione dello Spirito Santo nelle anime nostre: «Si tratta qui di un

13

«Non diversamente

capacità

e

l'acume

dagli altri misteri, essa supera la della nostra intelligenza» a).

Più ancora, è il luogo di tutti i misteri. E il mistero deve essere creduto nell'oscurità, meditato nel si-

lenzio. Altiora te menti di

un

ne

S. Efrem

quaesieris < ). Si pe si ai b), ai pianti di un S. Ilario &g

o di un S. Basilio &g ;) nell'antich tà cristia a, ai r pianti di un Guglielmo di Saint-Thierry &g ;) ed a scrupoli di un Alano di Lilla > o) el nos ro Medi vo, e, più recentemente, all'indignazione di un Pa-

scal ver

> g ;). E uanti altri cri tiani hanno so fe parlare di ciò che avrebbero voluto e dovuto

to

sol-

tanto adorare, maledicendo coloro che li costringele loro provocazioni a gettare, per cosi dire,

vano con

l'oggetto rie

e

sacro

della loro fede nel vortice delle teo-

delle dispute

umane...

mistero nascosto che, nell'esilio di questa terra, ricoperto com'è da una specie di velo, non potrà mai essere totalmente penetrato ed espresso in linguaggio umano». a) Catechismo Romano, Parte prima, I, 4; 10, 21. 6) Eccli., III 22. Frase spessd citata da S. AGOSTINO in poi, Ad Orosium, c. Il n. 14 (P. L., 42, 678). Cfr. Corpus mysticum, l'Eucharistie et l'Eglise au moyen age (2a ediz. 1949), pp. 268-269; Cfr. Prov. XXIII 5. b) Inno 79, strofa 10. 7) De Trinitate, 1. Il c. 2 (P. L., 10, 51). 8) Homelia 15, sulla Fede (P. G., 31, 464 B). Cfr. DIADOCO DI PHOTICA, Cento capitoli sulla perfezione spirituale, XXII (Ediz. ED. DES PLACES, «Sources chrétiennes», 5, p. 88); Homeliae clementinae, hom. 19, c. 8; hom. 20, c. 8, ecc. 9) Aenigma elidei, (P. L., 180, 194; cfr. col. 409). De sacramento altaris, c. 11 (col. 359 B). 10) Elucidatio in Cantica, parlando dellAssunzione: «Ne evigilare faciatis dilectam meam... Monet Christus filias Jerusalem, id est Ecclesias, quod de resurrectione gloriosae Virginis numquam deficient... quod a patriarchis, prophetis rt apostolis distinctum non est » (P. L., 210, 74). 11) Contro quelli che lo hanno «obbligato a parlare del fondamento della religione». Nota è altresi la riQessione di JOSEPH DE MAISTRE, Du principe générateur des constitutions politiques: «La fede, se la sofistica opposizione (dei novatori) non l'avesse costretta ad evolversi, sarebbe più angelica» (Qeuvres, t. VI, p. 13).

14

caso specifico della Chiesa, non si particolare motivo di riserva? Cristiani, crediamo, noi speriamo: ma non è questa una

Inoltre, nel

aggiunge noi

un

caratteristica essenziale della Chiesa stessa? Nel so

originario

Chiesa

non

sen-

sempre fondamentale della parola, la è infatti, come si vedrà meglio in seguie

to, l'assemblea dei fedeli, cioè dei credenti. Non è forse la comunità di coloro «che invocano il nome del

Signore» >

e he attend no

~

il

uo ritor

Come ricordava recentemente Sua Santità Pio XII parlando 'dei laici, non siamo noi stessi la Chiesa? > ). ra se inv ce di contempl re l'ogge to de sua

fede,

e

di invocare

il fedele si per

l'oggetto della sua speranza, contemplare se stesso e finisce

ripiega prendere continuamente

di studio,

a

se

oggetto

stesso come

correrà, per questo indugio di specie compiacenza di sè, lo stesso

questa di chi si

non

compiace

di

guardarsi

cioè di fare da schermo tra il

nella

quale

crede

e

a

suo

e per rischio

pregare, il rischio sguardo e la realtà

spera?

Non misconosciamo il pericolo. Il lavoro della riflessione è sempre delicato; mette in gioco una forza

pericolosa ed è insidiato da molte possibili deviazioni. In quante forme larvate ed inavvertite a prima vista può introdursi il veleno del soggettivismo. Nella vita dello

spirito,

del resto,

e

più

an-

12) Act., II, 21. Rom., X, 13 e IV, 24-28. Cfr. LUCIEN CERFAUX, le Christ dans la théologie de saint Paul (1951), pp. 260-261. 13) Discorso del 20 febbraio 1946.

15

cora nella vita della fede, il pericolo è sempre e dovunque incombente, come nella vita del corpo. Ma l'esserne consapevoli costituisce già una prima difesa,

mentre

ipnotizzandoci

su

di

lo si aggrava

esso

e

se

rimane paralizzati. Fuggire tutti i pericoli significa fuggire tutte le responsabilità, sottrarsi a tutti ne

i compiti; è il rifiuto di tutte le vocazioni e, spesso, il segno di una inconfessata ed anticipata accettazione della sconfitta. Tutti i

sibili

non

pericoli pensabili

potranno mai dispensarci da

si impone con assoluta necessità. La storicità dell'uomo non è

una

un

e poslavoro che

parola

vana.

storicità del cristiano. Se, nella sua l'eterno non ha sostanza, la fede non ha storia « il divenire fedele ed il mondo in cui vive ne Esiste anche

una

—

—

hanno ci

> ). C piacimento,

una»

si

on possi mo rifugi

oi

sia pure senza intenzioni negatrici, in un epoca storica diversa dalla nostra. Siamo legati al nostro tempo. Non possiamo eludere i a nostro

suoi

le

problemi,

sottrarci alle

iniziative, fuggire

sue

lotte. Se viviamo nella Chiesa è alle preoccupazioni della Chiesa di oggi che noi dobbiamo prensue

dere parte. E' alla sua dottrina, nella sua fase attuale di elaborazione, che dobbiamo l'adesione della no14) STEFANO GILSON, la Sagesse et le Temps, nella pubblicazione Lumière et Vie, (1951), pp. 79-80: e Sino dal primo e più appariscente dei suoi aspetti, la sostanza della fede si presenta al cristiano come una stabilità rigoperfino nella lettera che la esprime -

-

rosa insensibile al tempo. Soltanto... che tale stabilità non è di ordine temporale... Divina per essenza, la sostanza della fede cristiana non è immobile, ma eterna... Non esiste un divenire nell'eterno. Dio non la fede neppure, perchè essa è ha storia; la anche nel tempo -

-

comprensione di qualcosa di eterno. Pero, se la fede storia non ne ha, ne hanno invece una il fedele e il mondo in cui egli si trova. Essi sono storia nella loro essenza stessa, per la semplice ragione che

il resto è tutto creatura, ossia quel misto eccettuato Colui che è di essere e di non-essere cui si dà il nome di divenire, ecc. ». -

16

-

intelligenza. Non possiamo ritrovare, trascurangli sviluppi successivi, la fede di un'età anteriore

stra do

nel

suo esatto tenore e nella sua fecondità. Un simile tentativo, anche se lo si suppone legittimo, sarebbe pur sempre una grande illusione.

Quando

non

produoe

fiori

e

illudiamo ancora di aderire

frutti, il non

è

ramo

più

al

che

quale un

ci

ramo

Il tempo è irreversibile. L'errore stesso e la rivolta, benchè perfettamente vinti, impongono in qualche modo un nuovo stile ed un'altra emphasis secco.

tanto all'esistenza cristiana quanto all'espressione della verità. La necessità di far loro fronte rafforza il movimento spontaneo della mente credente, la quale tende ed esprimersi sempre meglio circa la grande luce ricevuta e, all'occorrenza, ha ragione delle pro-

prie incertezze a). Senza dubbio, il progresso che viene in questo modo, è relativo:

non

a

compiersi

s'introduce mai

un

cambiamento nella sostanza della fede; non s'aggiunge mai nulla; «non s'introduce alcuna rinnovazione» > gt; . P r una se ie di illumin z on e di succ

precisazioni, s impedisce che la dottrina sminuisca o si disperda; la stessa vita di cui vive non le permette di disseccare: ne previene o ne corregge le deviazioni. Quindi non potrà apparire come una novità sospetta, se non a colui che ha già cominciato a non più assentire proprio da quel punto ch' egli reclama tanto. In realtà questo progresso è riuscito mantenere «nella sua pienezza, nella sua integri-

a

a) Cfr. GUGLIELMO di S. THIERRY, De Sacramento altaris, Il, circa l'eresia: « ...quod nisi ccegisset necessitas de re qua qumrebatur, viros sanctos et eruditos, aliquid sentire et proferre, semper timide' hominum mentes habuissent obscurum» (P. L. 180, 359 B). 15) PIO XI, enciclica Morfalium animos. c.

2.

Il

—

volto

della

Chiesa

17

tà, nella

sua

autenticità» la verità affidata alla Chie-

deposito permanente, contro tutte le spinte avverse che sono più o meno sempre all'opera, e l'ha fatta fruttificare «in eodem sensu eademque sententia» a). Poichè la Chiesa, «avendo la custodia sa in

del deposito della rivelazione divina, non tollera nessuna sottrazione o aggiunta alle verità presentate dal-

la fede» > lt; con

progresso

deve uindi conf nder

. on s

rivelazione progressiva; anzi, lo

una

ripetiamo ancora una volta, nessuno può respingerlo o ignorarlo sistematicamente, senza falsare la realtà stessa che intende

conservare.

Come la fede è

nel

una

il credente «aderisce

perchè

suo

tutti

a

principio formale gli articoli a mo-

4. citando a) Concilio Vaticano. Const. De fide catholica, VINCENZO DI LERINS. Commonitorium, c. 28. 16) PIO IX, enc. Nostis et Nobiscum, 8 XII 1849; Bolla Ineffabilis Deus (1854). Come ancora M. GILSON, loc. cit., p. 78: «venti secoli di filosofia, di scienza e perfino di teologia, non hanno nè accresciuto nè diminuito di un iota la sostanza della speranza e della fede che ogni cristiano ha nella parola di Dio». Cfr. il nostro studio.sul Problema dello sviluppo del dogma, nella pubblicazione Recherches de science 1948, pp. 130-160. Questo studio è stato fatto oggetto di una critica spietata dal R. P. FRANCESCO SPEDALIERI, S. J., Selectae et breviores philosophiae ac theologiae controversiae, Romae, 1940. Of5cium libri catholici, (Catholic Boock Agency), pp. 85-122. Sopra certi punti di una gravità estrema, l'autore ci attribuisce delle opinioni diametralmente opposte a quelle che abbiamo sempre sostenute, nella maniera più chiara ed esplicita in questo stesso studio e in altre pubblicazioni. Ci sembra inutile spiegare diffusamente che noi non abbiamo attaccata nè l'apostolicità della fede, nè il caratreligieuse,

tere

tendo

sin

dei

immutabile

Qessione

za

—

teologica,

da

verità

dai

primordi,

parecchi ches, tanto

posti

in

mistero, ecc. cui

gratuite. P.

R.

Si

non

puo

di



rivelate,

si trova

il

legittimo

conclusioni

l'esistenza

il

di

affatto

la

certe

valore

verità

il lavoro

siccome

Concezione,

1025-1030

e

B.

vedere

come

JOSEPH DKGiR,

macolata

18



Ma,



dogmatici,

possibilità

in

di

della

uso

ricavate

d'una fede

questione

formulate penetra

delle

collezione

nel

nella

Supplemento

BARTMANN

S.

in

J.,

Nouvelle al

(1952),

ben

lo Sviluppo revue

Précis parte

altro

de

I.a,

modo

ci

théologie «Principi

in

Recheraccuse

ha

com-

e

l'Im-

dogmatico

théologique,

ri-

par-

conoscen-

siamo obbligati a cogliere questa occasione per rettificare

presi il

Mons.

la

esplicitamente

del

analogica

concetti



1951,

dogmatique teologici».

pp. d'

tivo di

un unico termine medio, che è la Verità pri> gt;) c si il M stero cris ian , che forma getto od il contenuto della fede, è in se stesso egualmente uno. Sotto la molteplicità delle formule che

ma»

si

accrescono

nel

corso

dei secoli,

pre alla nostra adesione come

queste

formule

accerchiano

potere mai nè esaurirla nè,

una

da

esso

si offre

sem-

realtà totale, che ogni

parte

senza

tanto meno, frazionaria»

> gt;) Co e già aff rm va S. I eneo sso uel organico dell opera del Figlio di Dio», integrum corpus operis Filii Dei, che la Scrittura rivela a coloro che la sanno leggere. E più precisamente, ancora to

sempre secondo S. Ireneo, questo corpo unico è costituito in modo tale che tutti i suoi membri sono

loro in costante interazione > gt ). Le d vers dogma sono dunque talmente intrecciate tra di loro» che ogni errore a riguardo di una di estra

ti del

«

si ripercuote necessariamente sul corpo intero. In compenso, uno dei modi di pervenire a quella « intelligenza della fede» che non è un lusso ma una se

necessità, consiste nel considerare le varie parti nelle loro reciproche connessioni ~o). Stando a S. Tommaso, tutto ciò emerge dal nome

stesso

di «articolo» di fede dato ad ognuna di

17)

S. TOMMASO, Secunda secundae, q. 5, a. 3, ad 2m. 18) LOUIS BOUYER, nel suo commento a Newman, Nevvman, sa vie, sa spiritualité, (1952), p. 239; cfr. p. 288. 19) Démonstration de la foi évangélique, c. I (traduzione P. BARTHOULOT, Recherches de science religieuse, 1915, p. 368); Adversus Haereses, 1. I, c. 9, n. 4 (P. G., 7, 584), ecc. Cfr. EMILE MERSCH, S. J., le Corps mystique du Christ, études de théologie historique, 2a ediz., t. I (1936), p. 317. 20) CONCILIO VATICANO. Costituzione de Fide catholica, c. 4: « ...Ac ratio quidem, fide illustrata, cum sedulo, pie et sobrie quaerit, aliquam Deo dante mysteriorum intelligentiam eamque fructuosisassequitur, turn... e mysteriorum ipsorum nexu inter (MANSI, Amplissima collectio conciliorum, t. Il, col. 433). simam

se... »

19

queste verità formulate separatamente,

significa, etimologicamente, delle membra di

Ora,

ad

un

uno stesso

la «mutua corpo

che

nome

coaptazione»

~>

dato momento, per

un

fenomeno di

processo di maturazione, una o l'altra di queste parti dell unico tutto, un determinato mi-

crisi

o per un

stero particolare, si fa preminente

e

cosi

passa, per

dire, in primo piano nella riflessione teologica. Di-

quale, organizzano

venta allora come il centro vitale attorno al

nella mentalità di

una

generazione,

si

di fatto tutti

gli altri. Esso costituisce per conseil punto nevralgico di tutta la costruzione dottrinale, per cui ogni errore od ogni incertezza a suo riguardo si ripercuoterà più fortemente su tutguenza

gli altri settori; diventa il segno attorno al quale si impegna e si decide la battaglia essenziale dell'ortodossia.

ti

Cosi avvenne, in

epoche successive,

per la teolo-

gia trinitaria, per la cristologia, per il dogma della grazia... Da quel momento, su quel punto determinato, si concentra il più ed il meglio della riflessione teologica. Esso viene ininterrottamente ed attivamente studiato fino

a

vivano ad

non

quando

le formule che

ser-

siano state, all'occorrenza, esprimerlo revisionate, ed, in ogni caso, pesate, limitate, adattate, inquadrate «per la più grande sicurezza della fede»

~~).

Da soli

non

ne

siamo capaci:

ma

Dio ci

guida

21) Secunda secundae, q. 1, a. 6: «Nomea articuli... significat quandam coaptationem aliquarum partium distinctarum, et ideo particulae corporis sibi invicem coaptatae dicuntur membrorum articuli... ». Cfr. L. DE GRANDMAISON, /ésus Christ, voi. H, (ediz. 15a 1931) pgg. 214-217. 22) Cfr. S. ILARIO, de Trinitate, l. IV, c. 7: «ad maximam fidei securitatem» (P. L., 10, 100 B).

20

in questo lavoro che non è il lavoro di uno solo, ma di tutti, e ce ne dona la certezza ~> ). E' qui di

ravighoso vedere «con quante esitazioni, incertezze, interruzioni; con quante alternative a destra e a sinistra, con quante lotte e, ciononostante, con quale sicurezza

e passo deciso», con che orientamento solido si sviluppa e consolida la dottrina Sovente per vie imprevedibili, nell'azzardo delle

diritto

a).

e

più nefaste, dall'unione di sforzi che potevano sembrare fra loro indipendenti o persino opoccasioni

posti;

attraverso flussi e

ticanze o almeno minori

riflussi, momentanee dimenconsiderazioni, la verita tro-

proprio equilibrio, e si realizza l armonia. Rompendo gli schemi troppo naturali del pensiero, trionfando delle ambiguità, rifondendo, per cosi dire, nel va il

fuoco potente della rivelazione le forme del pensiero, lo spirito s'avanza fino alla perfetta messa a

punto d'una dottrina

sbavature. Sotto

l'impultravaglio» riesce una volta ancora «a sprigionare dal proprio cuore la definitiva enunciazione» > Oggi sembra giunto il momento di un simile lavoro nel campo concernente quell'aspetto del Mistero cristiano totale, quel membro del corpo di so

dello

Spirito,

«

senza

l'umanità in

verità», che è il mistero della Chiesa. 23)

II Cor., III, 4-5. a) NEWMAN, Teoria della fede, pagg. 260-261. 24) PAUL CLAUDEL, l'Epée et le miroir, p. 65; pp. 63-64: «Una volta introdotta un'idea non la si può più fermare. Bisogna che essa produca le sue conseguenze e derivazioni... Il Vangelo non ha affatto esaurita la sua missione. Ad ogni generazione che sorge esso qualche cosa di antico e di nuovo da insegnare; qualche cosa

ha -

suggerisce al nostro orecchio

teso:

una

spiegazione, mentre attorno

nuovo, adattando il

paesaggio

che i nostri padri non avevano inprospettiva, una consegna, un comando noi che avanziamo, linea per linea si va -

una a

negativo».

21

Da

una

parte, infatti, alla serie di deviazioni

e

di

errori apparsi nel corso dei secoli passati, che hanno generato tanti scismi, provocato tante aspre discussioni, conflitti lare in mezzo

e

a

disordini, e che continuano a pullunoi, se ne sono aggiunti altri, più

sottili che minano talvolta la coscienza cattolica in coloro stessi che

non

sono

affatto tentati di scisma

di eresia formale. Sono le

incomprensioni di 'ogni genere, derivanti sia dall individualismo, ovunque dominante fino a poco tempo fa, sia dai falsi collettivismi che prendono oggi il suo posto ~> ). S no o

lusioni, impazienze

qualche

o

critiche

legate quasi

sempre

anche, talvolta, delle confusioni di ordini, forme di pensiero troppo «naturali », che l'apologetica moderna non ha sempre a

stortura nella fede. E sono

saputo interamente evitare > La Chiesa allora appare fondata su principi umani e con finalità umane o la si spiega con delle ana-

logie umane troppo scarsamente controllate e vagliate, invece di contemplar]a quale Dio l'ha fatta, nel mistero del suo essere soprannaturale ~> ). Di 25) Alcuni dei tratti di questo falso collettivismo sono messi in da KARL RAHNER, S. J., nel suo saggio su «l'individuo nella chiesa», Gefahren in heutigen Kartholizismus (Einsiedeln, 1950). 26) Cfr. PIERRE CHARLES, S. J., Vicarius Christi, nella Nouvelle revue théologique, 1929, pp. 449-450. 27) Cfr. Le profonde riflessioni di A. VACANT, Etudes théologiques sur les constitutions du concile du Vatican, t. Il (1895), p. 213, e di L. BILLOT, Tractatus de Ecclesia Christi (III ediz. 1909) pag. 515: « ...Sic igitur fundamentaleal tenes differentiam inter ecclesiasticum el politicum gubernium, ut acque ea quae ecclesiae constitutioni propria sunt ad civilia tranferas, acque vicissim ex iis quae de civilibus naturalis ratio perspicit, genuinam rationem sacri principatus corrumpas». Nel 1885, Mons. MERMILLOD, lamentava che «le esigenze dolorose della nostra epoca, gli interessi degli uni e le piccole devozioni degli altri, diminuiscono e mettono su un piano troppo naturale santa Chiesa, la questa quale essendo con Cristo una cosa sola, il suo corpo e la sua pienezza, è con Lui lo sguardo primordiale e ultimo di Dio in tutte le cose»: Lettera a Dom Gréa, noli'oluce

22

l'accresciuta necessità di mettere in rilievo

più

non

soltanto questa o quella verità particolare, ma il centro stesso e, per cosi dire, l'anima della dottrina. Ma d'altra parte, come per una rivalsa dello Spirito Santo,

non

fu mai cosi

l'aspirazione all'unione dei lica. Mai forse come oggi,

appassionata

come

oggi

cristiani nell'unità cattoin seno al

protestantesi-

mo, si è fatta sentire con tanta accoratezza, la no-

stalgia sorta

della Chiesa visibile. Mai, fino ad ora, era popolo cristiano una cosi forte aspirazione

nel

realizzare, nella vita della Chiesa, la pienezza della vita cristiana. La dolorosa insistenza con la quale a

molti sacerdoti debbono confessare: «Questi uomini, queste donne, questi fanciulli che mi sono affidati, non hanno il senso della Chiesa», mentre denuncia un male anche troppo reale, è anche, al tempo stesso, il segno di una coscienza ecclesiale ~&g ;) he si fa og i, in na éli e, iù ac t e iù e pera DOM A. GREA, de l'Eglise et de sa divine constitution, p. V. Cfr. A. G. MARTIMORT, Le gallicanisrne di Bossuet (1953) pag. 703 28) Questo neologismo è stato criticato. Noi per principio non vi siamo affatto casi

in

cui

il

attaccati.

vocabolo

Soltanto

che esso sembra comodo in certi

«ecclesiastico»

sembra

un po'

pesante,

op-

pure troppo abusato nel linguaggio corrente (Cfr. l'esempio parallelo di «mariale»); esso si presta anche bene a far risaltare certe sfumature richieste dal contesto. Sono numerosi i teologi che l'ado-

sulla scia di uno di loro per esempio, che espediente quello di dire, in un contesto appropriato, che la lettura della Bibbia deve essere «ecclesiale»; «lettura ecclesiastica» non sarebbe una espressione felice; è ovvio che si potrebbe anche far senza di adoperare aggettivi, ma sarebbero necessarie

perano.

è

Noi

crediamo,

-

un utile

delle lunghe circonlocuzioni. Si potrebbe allo stesso modo far val'analogia del dualismo costituito dai termini e teologico» e e « teologale». Dopo alcuni altri (cfr. LE BLANC D'AUBONNE, Traité d'allégorie scripturale, 1892, Teofilo REYNAUD, S. J., Opera, —

lere

t.

XX, 1669, pag. 51: «exponens de creatione scripturali... »; Du CANGE ignora quest'aggettivo), il P. TEODORE DE REGNON aveva tentato di lanciare il termine «scripturale» che non gli è senza dubbio perchè (nella lingua francese pensiamo T.), esso non era che un doppione poco utile dell'altro termine «scripturaire». Difatti il Littré porta la stessa definizione per

sopravvissuto n.

d.

-

-

gente. Movimento ecumenico, movimento liturgico, movimento sociale, si sviluppano di pari passo. Non si tratta di utopie di alcuni sognatori o di sforzi artificiosi di gruppi ristretti. Si tratta di una spinta collettiva e se ci sono, come sempre, passi falsi ed eccessi incresciosi, la marcia generale vasta

non

ne

tato

e

or

rimane nè arrestata nè deviata. Il fatto salu-

da Romano Guardini trent'anni

magnificato

sono

continua ad affermarsi

con

accresciuta

am-

piezza: la Chiesa si è ridestata nelle nostre anime > gt ). a sua ealtà di en a, in certo mod , più nella coscienza cristiana. Parallelamente, stra

ingenuità,

talvolta, qualche maleecclesiologici fioriscono

non senza,

gli

studi

ovunque. Vi contribuiscono le necessità stesse dell'azione cattolica, la riflessione sull'attività missionaria e la meditazione della Scrittura. L'autorità stessa

incoraggia queste aspirazioni

e

dirige questo

lavoro:

è prova l'Enciclica Mystici Corporis Christi, pub,blicata da Sua Santità Pio XII il 29 giugno 1943. In breve, potrebbe davvero darsi, come prevedeva un teologo, che il secolo XX sia destinato, a passare nella storia dello sviluppo dottrinale, come « il sene

colo della Chiesa». ambedue i vocaboli; il Dictionnaire de l'Académie non riporta che il secondo. PAUL CLAUDEL ha riesumato la parola «scripturale x, ma con una accezione diversa: nel suo Connaissance de l'Est, egli definisce il carattere cinese come una «peinture scripturale» e la venerazione dei Cinesi per i loro caratteri come una ereligion scripturale». Che noi non abbiamo alcuna prevenzione contro il termine «ecanzi, che sia vero il contrario, lo si vedrà in seguito. anche il nostro studio Histoire et Esprit (1950), pp. 61-68. ROMANO GUARDINI, vom Sinn der Kirche (1923), p. I. Ve29) dere anche E. PRZYWARA, S. J., Corpus Christi mysticum, Eine Bilenz, nella Zeitschrift fur Asceze und Mystik, 1940, pp. 197-215. A. clesiastico»

Vedere

BRIEN, la Pédagogie du sens de l'Eglise, nella Nouvelle revue théolo1952, pp. 561-579.

gique,

D'altra parte, guardiamoci dalle esagerazioni. Non non dobbiamo concepire un progresso che sarebbe una innovazione, ma non dobbiamo neppusoltanto re

illuderei di

avere

ormai esaurito l inventario

e

lo

sfruttamento dei tesori accumulati nei secoli passati. Come non è affatto vero che ieri fossimo in uno

stadio «preteologico», cosi non saremo domani in possesso di una conclusa teologia della Chiesa che non lasci ai nostri 'successori altra fatica che quella di

ripeterne

indefinitamente

que sia la somma ed il valore non

vedremo costituirsi

grale che

un

l enunciato. Qualundegli sforzi compiuti,

corpo di dottrina inte-

ogni discussione e ad ogni riflessione e impedisca ogni nuova questione. Una simile utopia non è conforme nè alla natura della verità rivelata nè a quella dello spirito umano e neppure all'esperienza della storia: la pubblicazione dell'enciclica Mystici Corporis, è venuta, precisamente, a dare una smentita a coloro che avessero pometta fine ad

tuto nutrire

). Que to mist r gli largamente spalancato, ma la sua profondità sfugge ai nostri sguardi a); è intelligibile si, ma non «comprensibile»: Sic come

tutti

simile sogno > altri: ci è sempre

un

semper invenitur, ut semper supersit quod inveniatur > gt; . Per q es o, se la rifle si ne di olo o he c 30) E' quello che aveva rilevato KARL ADAM, e l'enciclica non ha fatto che confermare il suo punto di vista. Per qualche dettaglio vedere Dom C. LIALINE, Une étape en ecclésiologie, réflexions sur l'encyclique Mystici Corporis, nella rivista eIrenikon, t. XIX (1946), pp. 148-150 e t. XX (1947), p. 13. a) J. LEBRETON, La Chiesa corpo del Cristo, in Recherches de science

religieuse, 1946 pag. 241-244. 31) ANDREA DI S. VITTORE, Prologo alla spiegazione di Isaia ed. BERYL SMALLEV, the Studi of the Bible in the Middle Ages, 1941, pp. 274-275. Cfr. SANT'AGOSTINO, De Trinitate, 1. XV, c. 2 (F. L., 42, 1057-1058) ; Sermo 169, n. 18 (P. L., 38, 926). A. BRIEN, loc. cit., p. 574:

e I dogmi non sono affatto dei concetti

25

preceduto costituisce per noi una guida obbligata, potrà tuttavia mai dispensarci da una meditazione personale, la quale non potrà mai terminare, essere compiuta; anzi, senza che i risultati acquisiti possano essere ancora ulteriormente messi in questione, dovremo tuttavia ripetere sempre con il saggio: muIta dicimus, et non pervenimus a). Qui. ad ogni modo, non si tratta per noi che di ritornare semplino

non

cernente

e

di ritornarvi

—

ancora e

sempre

ai da.-

—

ti essenziali della fede, per approfondirli con l'aiuto delle prospettive rimesse nuovamente in luce e, più ancora, per trovare in

gistero vivente,

la

essi, sotto il controllo del Mapermanente di ogni sforzo

norma

teologico.

Il mistero della Chiesa è già espresso nel primo, nel più elementare e popolare de nostri simboli di sa..n.ctam Ecclesiam catholicam Vi .ocposto ben determinato, che non è affatto che mette conto di esaminare.

fede : Credo un

cupa casuale

e

Senza dover

prendere posizione nei difficili proorigini del «Simbolo degli Apooi possi mo facilme te costat re na c

blemi relativi alle

stoli

>

),

morti, ma i termini esatti d'una realtà vivente che la fede non avrà mai finito di scandagliare». a) Eccli. XLIII, 29. S. AGOSTINO, De Trinitate, 1. XV, c. 28, n. 51 (P. L., 42, 1098). Cfr. l. IX, c. 1: «Quaerentem nemo juste reprehendit, si tamen in fide firmissimus quaerat ». (col. 959). 32) Cfr. J. N. D. KELLV, Early Christian Creeds (1950). JOSEPH CREHAN, S. J., Early Christian Baptism and the Creed, (1950) c. 6, «The Pacts about the holy Spirit » (pp. 111-130). JOSEPH DE GHELLINCK, S. J., Patristique et Moyen Age, I, les recherches sur les origines du Syrnbole des Apotres, (2a ediz. 1949). PIERRE-THOMAS CAMELOT, O. P., Les récentes recherches sur le Syrnbole dea

26

che molti autori di catechetica

non

passano sotto silen-

è ternaria

perchè essenzialmente un «simbolo della Trinità» > gt;) E so si ri rei triplice credo, la triplice risposta alla triplice interrogazione concernente le tre Persone divine: «Credi in Dio Padre onnipotente? Credi in Nostro Sizio

La

a).

sua struttura

e nella sua Croce? Credi nello Santo?» > lt;) Co e già fa e ano i can al battesimo durante i primi secoli cristiani, il fe-

gnore Gesù Cristo

Spirito

dele che lo recita proclama la sua fede nelle tre Persone dell'Unica Trinità, che la rivelazione cristiana gli fa conoscere per mezzo delle loro opere ed attraverso queste opere > ). In to is s ne tri us P sonis una confessio est ab Apostolis tradita, una

prpprietas verbi

et

omnibus

voce

intelligibili

con

6tenda

> Dopo la

menzione del Padre creatore

e

del Fi-

glio redentore, viene quella dello Spirito Santificatore. Subito dopo viene introdotta la CFiiesa: la Apotres cherches

et de

leur

portée

science

théologique,

religieuse

1951),

in t.

Mélanges I,

pp.

Jules

323-337.

Lebreton Vedere

(Reanche

et Vie (1952), interamente consacrato al Simbolo degli Apostoli. a) Cosi L. DI GRANATA, Trattato della dottrina cristiana, 1. I, c. 3. 33) «Symbolum Trinitatis»: FIRMILIANO DI CESAREA, citato da S. CIPRIANO, Epist. 75, c. Il (ed. HARTEL, t. Il, p. 818). 34) S. AMBROGIO, De Sacramentis, tract. Il, c. 7, n. 20 (ed. BOTTE, Sources chrétiennes, 25, p. 68). IVO DE CHARTRES, Decretum, P. I. c. 126 (P. L., 161, 90 B-C), ecc. 35) Parlando il linguaggio scolastico diremo che le «processioni » delle Persone all'interno della Divinità vengono rivelate dalle loro «missioni » all'esterno. Cfr. JULES LEBRETON, Histoire du dogme de la Trinité, t. I e II; THEODORE DE REGNON, Etudes de théologie positive sur la Sainte Trinité, 4 volumi. M. J. LAGRANGE, Saint Paul, Epftre aux Galates (1918), p. 104. Per quanto riguarda il carattere trinitario del Simbolo, cfr. le spiegazioni di S. TOMMASO, In 9 Sent., d. 25, q. I, ad 2m. 36) PASCASIO RADBERTO, De fide, spe et caritate, 1. I, c. 6. n. 1 (P. L., 120, 1402). il N.o 2 di Lumière

27

menzionano tutte le antiche formule

e sempre press'a poco al medesimo posto, sempre associata allo Spirito. Essa figura oggi nel simbolo come la prima

delle

opere di questo Spirito, innanzi alla comunione dei santi, alla remissione dei peccati, alla resurrezione della carne e alla vita eterna. Nel simbolo Nice-

no-Costantinopolitano,

basato

simbolo

sull'antico

battesimale di Gerusalemme, che serviva anche nella liturgia del battesimo a Costantinopoli > gt ), la e l'ordine sono uguali. Ora, notiamo questo particolare, il testo

tura essenziale

di

questi

due simboli, cosi come è per noi fissato sin dall'antichità > ), on d ce de la Chie a, c me el re to nessuna delle altre opere di Dio, che noi crediamo in essa. Crediamo invece, ticamente attestata, nello

seguendo una formula anSpirito Santo; o più esatin tutta la «nella Chiesa Trinità tamente, > gt; in come pure, seguito San Tommaso, «nelspiegherà ~

37) Da qui viene in questo simbolo come in quello Apostolico, il singolare: credo. Cfr. Le omelie catechetiche di TEODORO DI MOPSUESTIA (ediz., R. TONNEAU e R. DEVREESSE, 1949), pp. 13, 21, 363,365, ecc.. 38) Si trova, sia in greco «sig rj~ 'Ex~Agacap» sia talvolta in latino «in Ecclesiam» ma la variante è puramente letteraria, priva di valore dottrinale; la Chiesa con questo non viene affatto distinta dagli articoli seguenti, anche per i quali si trovano formule affini «in resurrectionem carnis», «in unum baptisma», «in vitam aeternam». La preposizione in questo caso ha perduto la forza esclusiva che le si attribuisce quando la si riserva a Dio. Vedere KELLY, op. cit. pp. 83, 184, 187-189, 191. Cfr. S. CIRILLO DI GERUSALEMME, Catechesi XVIII, c. 26 (P. G., 33, 1048 A). S. ILARIO. Frammento storico 3 (P. L., 10, 676 A). 39) CAMELOT, loc. cit., p. 327. PIERRE NAUTIN, Je crois à l'Esprit Saint dans la sainte Eglise pour la résurrection de la chair (coli. «Unam Sanctam», 17, 1947). Dom B. BOTTE, Note sur le symbole baptismal de saint Hippolyte, in Mélanges J. De Ghellinck, t. I (1951), pp. 189-200 (precisazioni critiche sull'opera precedente). J. DE GHELLINCK, op. cit., p. 190, citazione di J. A. JUNGMANN. Cfr. RUFINO, citato più avanti.

28

lo

Spirito Santo

unificante la Chiesa»

tificante la Chiesa»

4>

Chiesa cattolica» noi fede

alla

Chigsa», esistenza, alla

«nella

4<

)

o «s

). Dicen o: «Cr do la sa

non ma

proclamiamo «~alla

la nostra

Chiesa»,

e

cioè

realtà

soprannaturale 4~), alla sua unità 4> ), a le ue prerogat ve essenzi li 4 Come abbiamo proclamato la nostra fede alla sua

creazione del cielo Padre

e

sua

della terra per opera di Dio alla morte,

onnipotente, poi alla incarnazione,

alla resurrezione ed alla ascensione di Gesù Cristo Nostro siamo to

4>

alla stessa maniera, noi profesche la Chiesa è formata dallo Spirito San), he e s è la « ua op ra propr a» 4 lt

Signore, cosi,

ora

strumento col

quale

ci santifica.

Affermiamo che è in lei, per la fede ch' essa

ci co-

munica, che noi partecipiamo alla comunione dei santi, alla remissione dei peccati, alla risurrezione ...in Spiritum sanctum 40) In 3 Sent. d. 25, q. 1, a. 2, ad Sm: unientem Ecclesiam». 41) Secunda Secundae, q. 1, a. 9, ad Sm: «Si dicatur: «in sanctam Ecclesiam catholicam», hoc est intelligendum secundum quod fides nostra refertur ad Spiritum sanctum, qui sanctificat Ecclesiam, ut sit sensus. «Credo in Spiritum Sanctum sanctificantem Ecclesiam», Sed melius est, et secundum communiorem usum, ut non ponatur ibi « in», sed simpliciter dicatur: Sanctam Ecclesiam catholicam, sicut etiam Leo papa dicit ». 42) Antifonario di Bangor: «sanctam esse ecclesiam catholicam» (P. L., 72, 597 C). 43) De controversia paschali: «Si credis unitatem Ecclesiae?», e: «Subsequitur unius matris pia confessio, dicens sanctam esse Ecclesiam» (P. L., 87, 974). Cfr. J. E. L. OULTON, the Apostles' Creed and Beli ef concerning the Church, in The Journal o f Theological Studies, voi. 39 (1938), p. 241. 44) Vedere, per esempio, ROZAVEN, S. J., l'Eglise catholique justifiée... (1822), pp. 280-281. 45) JEAN-JACQUES OLIER, Catechismo cristiano per la vita interiore (Milano 1941), p. 217: « Io credo... che lo Spirito Santo ha formato la Chiesa cattolica». 46) S. ALBERTO MAGNO, de Sacrificio Missae, l. Il, c. 9, a. 9

(ediz. BORGNET, t. )GOCVIII, pp. 64-65).

29

per la vita eterna a). Proclamiamo l'esistenza d'una immensa società, «diffusa in tutto il mondo, ripiena di speranza per la fede nell'amore, unita a Dio con i vincoli d

che in

grembo

sposalizio eterno e indissolubile, e potrà salvarsi se non vive fedelmente

uno

nessuno

della

sua

unità»

b).

E infine crediamo che questa Chiesa esiste non per se stessa ma per Dio. Essa è inclusa con tutto il

resto nella bellissima

espressione che puntualizza

simbolo nell'antifonario di Bangor: Haec omnia do in Deum A.men


l'evoluzione della koiné

anche lecito di vedervi l indice rivelatore di vità

più profonda. Attraverso

il

suc-

gt )

una no-

esitazioni ed incertez-

ze, di cui è rimasta traccia nei testi greci e nelle traduzioni latine raramente un idea nuova si tra—

duce immediatamente in una formula fissa

«cre-

—

dere in» diventa sempre più l'espressione abituale per designare l'atto di fede cristiano > ). Que to p chè il

senso annesso a

minando nel Cristo,

questa formula suppone, cul-

una

rivelazione di Dio

su

se

suggerisce al tempo stesso un atteggiamento d'anima corrispondente a questa rivelazione : cose

stesso,

e

queste ambedue sconosciute al mondo antico. Benchè, nel linguaggio comune, i due vocaboli, credenza e fede, fungano ugualmente da sostantivo

del verbo credere

e possano essere usati come sinonimi, tuttavia il secondo ha, in alcuni casi, una maggior capacità evocativa di un atto più profondo. Più

profondo e di diversa natura. Il soggetto si impegna più a fondo nella sua fede che non in una semplice credenza. Si può credere a moltissime cose: ma non si concede la propria fede che a qualcuno. Si può anche credere a esseri personali, e cioè creben

dere alla loro esistenza:

è in questo

senso

che si

Bossuet;

cfr. J. De GHELLINCK, op. cit. p. 109-110. CLEMENTE D'ALESSANDRIA, 2 Stromate, I, 2, 1. 51) Cfr. TH. CAMELOT, O. P., Credere Deo, credere Deum, credere in Deum. Per la storia d'una formula tradizionale, in Revue de sciences philosophiques et théologiques, t. XV' (1941), p. 150. Ma la tendenza

della koiné a sostituire «gi@» con l'accusativo al posto di «ey» col dativo non spiega se non la sparizione (tardiva) d'una delle due formule; invece non spiega per nulla nè l'apparire nè il successo dell'espressione in se stessa. 52) CHRISTINE MOHRMANN, Credere in Deum, sull'interpretazione teologica di un fatto linguistico, in Mélanges J. De Ghellinck, t.

I, p. 278.

31

parlerà di

negli angeli... Ma la fede, parola, non si rivolge che a Dio, ed è questo tipo di fede che si traduce nell'espressione «credere in ~. Per ogni altra cosa si può dire : « Io ci credo ; ma di Dio solo si dice : Io credo in Lui », perchè prima di tutto ci si è nel

senso

credenza

una

più

forte della

~

«

direttamente rivolti fede si

a

Lui nel segreto del

cuore.

La

la speranza e la carità. Se il Credo, che è dichiarazione di fede, protestatio oppure confessio 6dei a) e perciò diventa un «simbolo ~, dice: « Io credo in Dio»,

rivolge

a

qualcuno, precisamente

l'atto di fede di cui il Catechismo

come

c'insegna

la for-

mula, dice: «Mio Dio, io credo in Voi ». Cosi intesa la fede comporta, alla sua radice ed al suo ter-

min.e, che nella è

un

non

elemento personale di natura privilegiata, può concernere altri che Dio. Ecclesiale

modalità (se è lecito cosi esprimersi), teologale nel suo oggetto e nel suo principio sua

Questa

analisi del

linguaggio

non

è

nuova.

essa

~>

Ascol-

tiamo, per esempio, la Ven. Maria dell'Incarnazione la quale, all'inizio del secolo XVII, insegnava alle sue

giovani

suore

orsoline di Tours i

primi elementi

della dottrina cristiana: Io credo in Dio Pon.iamo questa piccola parola in per segnalare un certo movimento nell'intenzione a) il

«Haec

simbolo

est

deli'XI

confessionis secolo

fides exposita» dirà p. es. Cfr. Rom., X, 10. sarebbe fuori luogo sviluppare di

nostrae

di Toledo.

53) Questa breve analisi, che piu, si aggiunge a auella che fa, da un altro punto di vista, il R. P. PAUL DEMANN, Foi juive et foi chrétienne, nei Cahiers sioniens (1952). Il P. Demann distingue i due aspetti, da lui chiamati teolo-

gale e dottrinale, dell'atto di fede; aspetti inseparabili e complementari, che si potrebbero chiamare anche «personale» e «oggettivo» (pp.

94-95).

quando diciamo:

di chi crede. Cosi Dio» è

come se

che esiste

dicessimo: lo

Dio,

un

modo, tanto fetto del mio cuore e

che con

lo credo in

credo solamente

io lo credo in

ma,

minato

non

«

quel

deter-

procuro con tutto l'aftutte le mie forze di giun-

gere a Lui come al sommo bene ed al fine per il quale sono stato creato. Di conseguenza, la speranza cristiana è, in certo qual modo, radicata nella fede

che

professiamo a). Otto secoli prima, S. Pascasio Radberto scriveva con maggiori particolari: Nessuno può dire correttamente: io credo nel mio prossimo, o in un angelo o in qualsiasi altra creatura. Dovunque, nelle divine Scritture, voi troverete che questa confessione viene riservata a Dio solo. Diciamo bensi: io credo al tal uomo come diciamo: io credo

a

Dio;

ma

in realtà non crediamo

in questo uomo, nè in alcun altro. Perchè le creature non sono, nè la verità, nè la bontà, nè la luce, nè la vita: vi partecipano soltanto. Per questo quando

nel

Vangelo

il

vuole mostrare che

Signore

Egli

è

consustanziale al Padre, dice: «Voi credete in Dio: credete anche in me» (Io., XIV, 1). Se neon fosse

bisognerebbe credere in parola percio Egli si rivela ai suoi Non diciamo dunque: «Credo Dio

non

Lui. Con questa Dio.

come

nella Santa Chie-.

cattolioa», ma, sopprimendo la sillaba in», diciamo: «Credo la santa Chiesa cattolica», come

sa

«

diciamo carne».

«

la vita eterna»

Diversamente si

crediamo nell'uomo,

a)

3.

Spiegazione dei

misteri

Il volto della Chiesa

—

cosa

e

«

la resurrezione della

potrebbe

pensare che noi non è assolu-

questa che

della fede.

33

tamente permessa. Noi crediamo in Dio solo e nella sua sola Maestà... 5<

Risulta evidente, in questo passo, tanto la forza quanto l'unicità dell'affermazione fondamentale del nostro credo. «Credere in Dio», dice Fausto di Riez, in un passo che sarà spesso riprodotto e commenta-

to, «è cercarLo nella fede, è religiosamente sperare in Lui, è inserirsi in Lui con un moto d amore.

Quando rendo

un

dico che credo in Lui, io Lo confesso, Gli

culto, Lo adoro, mi abbandono interamen-

te a Lui e trasferisco su di Lui tutto il mio amo-

55). Agostino, poco prima, si esprimeva in termianaloghi in una serie di testi che non furono nè

re»

S.

ni

meno

letti nè meno commentati. E' da lui, come dipende Pascasio Radberto. E' an-

da Fausto, che cora

dall'uno

e

dall'altro che nelle loro analisi,

astratte e fatte da un altro i

ranno

della

«

più

punto di vista, dipende-

grandi Scolastici : un S. Alberto parlando 5< ), un S. Tomm so qua

tensio fidei

»

mette in evidenza il movimento della volontà nell'atto di fede

teologale 5>

). ai te ti di

S. Agost

6; n. 1 e 2 (P. L., 120, 54) De /de, sp e et caritate, l. I, 1402-1404). 55) De Spiritu sancto, l. I, c. I: «Credere illi cuilibet potes homini; credere vero in illum, soli te debere noveris majestati. Sed et hoc ipsum aliud est, Deum credere, aliud in Deum credere. Esse Deum et diabolus credere dicitur... In Deum vero, credere, nisi qui pie in eum speraverit, non probatur. In Deum ergo credere, hoc est fideliter eum quaerere, est tota in eum dilectione transire. Credere ergo in illum, hoc est dicere: confiteor illum, colo illum, adoro illum, totum me in jus ejus ac dominium trado atque transfundo» (ediz. AUG. ENGELBRECHT, p. 103, P. L., 62, 62, 10 C-D, sotto il nome di Pascasio Diacono). 56) In 3 Sent. d. 23, a. 7. 57) In Rom., c. 4, lect I; Secunda Secundae, q. 2 a 2; q. 11, a. I. si riferisce di Isidoro di S. anche alla definizione Tommaso Siviglia: «articulus est perceptio divinae veritatis tendens in ipsam»:

deriva

una

classica. ln

distinzione triadica destinata

contrapposizione

dere all'esistenza di

al

semplice di

a

diventare

fatto di

cre-

(credere Deum), in contrapposizione egualmente al semplice fatto, già più particolare, di credere all'autorità di qualcuno, cioè di ammettere una verità sulla sua parola (credere Deo) > gt ), l f de n Dio (c ed Deum), è unica : essa comporta infatti una ricerca, una marcia, un novimento dell'anima (credendo in Deum ire), uno slancio personale, una adesione infine, che non potrebbero in alcun modo avere il loro termine in una creatura ~> Tutto ciò che ci aiuta a prendere sempre più chiara coscienza di una verità cosi semplice ma cosi fondamentale, è prezioso per il credente. Per questo sono numerosi gli antichi autori che, nelle loro predicazioni e nei loro commentari, si preoccupano di sottolineare, a proposito della Chiesa, questo particolare lessicale. Cosi, oltre ad Agostino, Fausto e In tutti i casi, egli Pascasio, Ruffino dAquileia: ma delle creanon si tratta della dove divinità, dice, ture o dei misteri, viene omessa la preposizione in... una cosa o

un essere

«

cosi

con

questa preposizione il Creatore è distinseparate dalle

to dalle creature, le cose divine sono In

3

studi

Sent.,

d.

25,

complementari

q. 1; Secunda Secundae, q. 1, a. 6 Cfr. i due di TH. CAMELOT e di CHR. MOHRMANN,

citati precedentemente alle note 51 e 52. Il tendere scolastico equivale al quaerere del V.o secolo; da una parte e dall'altra esso appare come essenziale all'atto di fede teologale, anche senza menzionare la carità. 58) Cfr. anche S. GIOV. CRISOSTOMO, in Joannem, hom. 19, 1 (P. G., 59, 377). 59) S. AGOSTINO in Joannem, tract. 29, n. 6; tract. 48, n. 3 (P. L., 35, 1631 e 1741). In Psalm., 77, n. 8 (P. L., 36, 988-989); In Psalm. 130, n. 1 (P. L., 37, 1704). Sermo 131: «Ad illum qui ubique n.

est, credendo venitur» (P. L., 38, 730). Sermo 244, 3, n. 2 (P. L., 38, 788). Sermo Moria-Guelf., 14 n. 2 (1917), p. 55. Cfr. UGO DI ROUEN De /de catholica...: «Attende quia credere Deum rationis est, cre-

cose

umane»




La si nomina per concludere, dopo d'aver terd'esporre la fede cattolica nella Trinità. Più

minato

tardi ancora, quando le faceva seguito già, come oggi, una serie di altri articoli di fede, si potè continuare a dire che tutto il Simbolo trovava termine in essa,

lierchè era in lei che, alla autorità: sancta Ecclesia, menti

Teodoro di stesse

fin

fine,

del

propria hujus sacra-

trovava la

in qua omnis terminatur auctoritas a).

Mopsuestia diceva, citando le parole liturgico prima ài commentario:

testo

69) I Tim., III, 15. PSEUDO-AGOSTINO, Sermo de mysterio baptismatis: «Quod autem interrogavimus: Credis sanctam Ecclesiam..., non eo modo interrogavimus ut quomodo in Deum creditur, sic et in Ecclesiam sanctam et catholicam. Propterea sancta et catholica est, quia recte credit in Deum. Non ergo diximus ut in Ecclesiam, quasi in Deum crederetis: sed intelligite nos dicere et dixisse,

ut

in

Ecclesia

sancta

et

catholica

conversantes,

in

Deum

credere-

(P. L., 40, 1210). IVO DI CHARTRES, de Baptismo, c. 194. 70) Eph., III, 21. Dossologia della Tradizione Apostolica: «Tibi gloria et virtus, Patri et Filio, cum Spiritu sancto, in sancta Ecclesia et nunc et in saecula saeculorum» (c. 8, ediz. B. BOTTE, Sources chrétiennes, 11, p. 38; cfr. c. 6, p. 35) ; testo etiopico: « In quo tibi laus et potentia in sancta Ecclesia». SERAPIONE DI THMUIS gBRIGHTMANN, the Journal o f theological Studies, t. I, p. 103). tis»

Altri esempi in J. A. JUNGMANN, Die Stellung Christi, pp. 130-137. 71) Dom B. BOTTE, Note sur le Symbole baptismal de saint Hippolyte, loc. cit. «La particella «in» qui ha forse un senso vicino al

senso

strumentale

divenuto

d'uso

corrente

nella

koinè:

per

mezzo

(p. 198). Cfr. la precedente nota 39. a) S. AGOSTINO, De Symbolo, n. 14: «Sequitur post Trinitatis commendationem, sanctam Ecclesiam». (P. L., 40, 635). Pseudo AGOSTINO (P. L., 40, 65; 660 e 668: «sacramenti hujus conEcclesiam clusio per terminatur»). della

38

Chiesa»

«Ognuno zato nel

di noi confessa: Io credo del Padre

del Figlio sola Chiesa cattolica

e sono

battez-

dello

Spirito > Essa è infatti il luogo scelto dal Signore perchè vi sia invocato il Suo Nome > g ;) E il em io n adora la Trinità, «l'incrollabile santuario, come si esprimerà Pio IX, fuori del quale, salvo il caso di una. ignoranza invincibile, non si puo sperare salvezza t; & t;4). Tertul ian , per sp eg re la nec ssi Santo,

nome

in

una

e

e

e

santa»

&

la menzione che

persino

a

se

dire che

ne

essa

fa nel battesimo, giungeva è

«

il corpo delle tre Perso-

t; & t;&g ; . Essa è anco a qu lla Casa ostru sommità dei monti ed annunciata dai Profeti, nella quale dovranno afHuire un giorno tutte le nazioni per ne &

vivere unite sotto la

Legge deI1'unico Signore > gli Apostoli hanno depo-

E' la sala del tesoro, in cui

Verità, che è il Cristo > gt ). E' l Sala un cui il Padre di famiglia celebra le nozze del Suo

sto la

Figlio. Come in

essa

noi riceviamo il

perdono, cosi

72) Decima Omelia catechetica (ediz. R. TONNEAU e R. DEVREESSE, pp. 273-275). 73) RUPERTO DI DEUZ, In Deuter., l. Il, c. I: «Locus quem elegit Dominus noster ut ibi invocetur nomea ejus, Ecclesia catholica est, extra quam nusquam prope est invocantibus eum, extra quam alibi nusquam invocatur in veritate nomea ejus» (P. L., 167, 957 B). 74) PIO IX, enciclica Singulari quidem, 17 marzo 1856. S. AGOSTINO, de Symbolo sermo ad cathecumenos, c. 6; n. 14 (P. L., 40, 635). PSEUDO-AGOSTINO, S ermo de Symbolo, c. 12 (col. 1196), ecc. S. CIRILLO DI GERUSALEMME, Catechesi VI, c. 35 (P. L., 33, 601). S. MARTINO DI LEON, Sermo 4 (P. L., 208, 316 A-B). Cfr. I Cor., III, 17; Is., LVI, 7; Psalm. S6, 2. 75) De Baptismo, c. 6: « ...Necessario adjicitur Ecclesiae mentio, quoniam ubi tres, id est, Pater et Filius et Spiritus sanctus, ibi Ecclesia, quae trium corpus est » (ediz. R. P. REFOULE, Sources chrétiennes, 35, p. 75); cfr. de Oratione, c. 2, (p. 192); de Pudicitia, c. 21 (p. 271). 76) Is., II, 2-3. 77) S. IRENEO, Adversus Haereses, l. III, c. 4, n. 1 (ediz. F. SAGNARD, «Sources chrétiennes», 34, 1952, .p. 114).

per essa noi abbiamo accesso alla Vita ed a tutti i doni dello Spirito ~~). Non possiamo credere in essa come

che

nell'Autore della nostra salvezza, ma crediamo è la Madre che ci porta la rigenerazione >

essa

In qualunque modo venga formulata la distinzione, è fondamentale ed è sempre apparsa cosi feconda e chiarificante che per lungo tempo, in una vasta

parte della cristianità ~o), si ritenne necessario esporla nelle catechesi battesimali... I grandi teologi del medioevo l'hanno, a loro volta, ripresa ed avvalorata > gt; . Nel eco o V, il Car inale Gi va Torquemada (Turrecremata), teologo pontificio al Concilio di Basii', si indignava al ricordo della ignoranza, pratica almeno, di questa distinzione da par78) S. CIPRIANO, Epist., 69, n. 7 ed Epist., 70, n. 2 (ediz. HARTEL, pp. 756 e 768). Il candidato al battesimo viene interrogato: «Credis in vitam aeternam et remissionem peccatorum per sanctam Ecclesiam?» S. AGOSTINO, Sermo 215, n. 9 (P. L., 38, 1076). Cfr. il il Prefazio della Dedicazione della diocesi di Parigi: « ...et Ecclesiam, quam ipse fundasti, incessabili operatione sanctificas. Haec est enim vere

domus

bitationis aeternae

orationis,

gloriae tuae, caritatis. Haec

aedificiis adumbrata, templum haincommutabilis' veritatis, sanctuarium est arca, quae nos a mundi ereptos diluvio,

visibilibus sedes

portum salutis inducit. Haec est dilecta et unica sponsa, quam acquisivit Christus sanguine suo: cujus in sinu renati per gratiam tuam, lacte verbi pascimur, pane vitae roboramur, misericordiae tuae subsidiis confovemur... ». in

79) FAUSTO DI RIEZ, de Spiritu sancto, 1. I, c. 2: «Credimus Ecclesiam quasi regenerationis matrem; non in Ecclesiam, quasi in salutis auctorem». (Ediz. ENGELBRECHT, p. 104, P. L., 62, 11 A). 80) Catechesi del IX secolo: « ...In Spiritum vero sanctum credimus quia Deus est, sicut Pater et Filius. Sanctam Ecclesiam catholicam subauditur: credo esse» (Revue bénédictine, 1947, p. 198). La catechesi distingue le tre accezioni del verbo «credere»: «Credo in Deum, id est totam spem meam in illum colloco. Credo Deum, subauditur esse. Credo Deo, subauditur dictis ejus» (p. 197) Cfr. S. TOMMASO, Secunda secundae, q. 2, a. 2. ~

81) Cosi S. ALBERTO MAGNO, in 9 Sent., d. 24, a. 6: «Quinque autem residui (articuli) pertinent ad Spiritum sanctum, tam in se quam in donis suis... In donis autem primum est quo sanctificat et unit generaliter Ecclesiam... &l ;c Sanc am Eccles am catholica », est sensus: Credo in Spiritum sanctum, sanctificantem Ecclesiam catholicam, id est universalem Ecclesiam».

00

dei membri di quell'assemblea > ). Era mo comprometterla, legandola, nei suoi Colloqui, a una teologia non molto sicura a); per cui il Catechismo romano non hà errato quando, dopo il Concilio di Trento, l'ha espressamente richiamata (1366) ~> Altri poi, a lor volta, la richiamarono, e la leggiamo te



anche nel Catechismo cattolico del Card. Gasparri. Certamente, c'è anche un senso legittimo, lo vo. dremo in seguito, in base al quale il fedele può, anzi, deve dire di credere nella Chiesa. La formula non è 82) Summa de Ecclesia (1448), 1. I, c. 20: «Necessarium nobis visum est declarare hoc loco qualiter accipiendum sit quod in symbolo sanctorum Patrum aliqui legunt: «et in unam sanctam Ecclesiam». Sunt enim nonnulli qui hoc perverse interpretantur. Vidimus enim nos in Basilea apud congregatos in concilio universali circa auctoritatem Ecelesiae ita deliros, ut ad hoc verbum ita genus Qecterent et profunda humilitate articulum illum venerarentur, sicut fidelis et devotus populus christianus solitus est ad verbum illud: «et homo factus est». quo considerandum quod, ut ait Albertus Magnus, dictum illud sanctorum Patrum non est ita accipiendum, ac si nos synodus jubeat credere in aliud quod non est Deus; quia hoc Idolatria et non fides esPro

set: cum enim id in quod credimus designetur finis fidei nostrae... ». (Ediz. di Venezia, 1651). TORQUEMADA fu un «acerrimus Pontificiae potestatis defensor contra Basileensem synodum»: FRNELON, Memoriale al cardinal Fabroni, 1711 (in ERNEST JOVY, Fénelon inédit d'après le documents de Pistoia, 1917, p. 349). La sua opera, dedicata a Nico16 V, ha per titolo completo: Summa contra Ecclesiae et

primatus apostoli Petri adversarios. a) Cfr. il testo d'ERASMO e l'adattamento di J. FERNANDES in M. BATAILLON, Etudes sur le Portugal au temps de l'humanisme (1952) pag. 240-241. 83) Pars prima, c. 10, n. 23: «Ecclesiam credere oportet, et non in Ecclesiam. Tres enim Trinitatis personas... ita credimus, ut in eis fidem nostram collocamus. Nunc autem, mutata dicendi forma, sanctam, et non in sanctam Ecclesiam, credere profitemur: ut, hac etiam diversa loquendi ratione, Deus omnium effector a creatis rebus distinguatur, praeclaraque illa omnia, quae in Ecclesiam collata sunt beneficia divinae

bonitati accepta referamus». Sull'autorità di questo catechismo, cfr. MOEHLER, La Symbolique (Traduzione F. LACHAT, t. 1, 1836) pp. LV-LVIII. KARL BARTH forse non sa di esporre una dottrina ormai classica nel cattolicismo quando scrive, di una dogmatica (Traduzione francese E. MAURIS e F. RYSER, 1950), p. 39: «Non è possibile parlare dello Spirito Santo... senza aggiungerei: credo ecclesiam, io credo all'esistenza della Chiesa... Credo in Spiritum sanctum, ma non credo in ecclesiam...». Schizzo

41

suscettibile soltanto di

interpretazione perverquella denunciata dal Torquemada. E tuttavia, a rigore di termini, è piuttosto la Chiesa presa nella sua realtà totale che crede ~&l ; e he c fessa la Trinità ~&g ;) c m è e sa he spe a, e sa ama e serve il suo Signore. E' essa che, nella sua miseria e nella sua primitiva dispersione fu misericordiosamente cercata da Lui; essa che, riscattata dal suo sangue prezioso, ora è in Lui riconciliata con sa»,

u»a

«

come

Dio; essa ch Egli nutre ogni giorno con i suoi sacramenti; essa che è a Lui fedelmente unita come la sposa allo sposo a); essa che gli rende testimonianza, che Lo prega, che desidera di vedere il Suo Volto ed attende il Suo ritorno ~< ); e sa anc ra

combatte

su

questa terra

e

che trionferà nei cieli:

...Haec fideliter in terris,

Sponso adiuvante,

mi-

litat, et perenniter in coelis, ipso coronante, trium-

phat ~> Se è santa

e

cattolica, lo è, precisamente, perchè

84) S. AMBROGIO, de Mysteriis, VII, 95-42 (ediz. BOTTE, pp. 119-121) ; IX, 55: «His igitur sacramentis pascit ecclesiam suam Christus» (p. 126) BERENGAUD, in Apocal.: «Coniungitur namque Ecclesia quotidie Christo per fidem» (P. L., 17, 965 B). S. IRENEO, Adversus Haereses, 1. Il, c. 30, n. 9: « ...Ecclesiam credit» (P. G., 823 A, l. I, c. 10, n. 2 col. 552 A). 85) S. EPIFANIO, Expositio elidei, c. 14 (P. G., 42, 808-809). a) S. AMBROGIO, De Abraharn, l. Il, c. 11, n. 79, (P. L., 494 C). AMBROGIO AUPERTO, In Purif. n. 5. 86) AIMONE, Expositio in Apocal., 1. VII: «Haec omnis Ecclesia loquitur in Joanne, optans ut veniat Christus ad judicium» (P. L., 117, 1220 C). 87) Diocesi di Parigi, Prefazio della Dedicazione. Cfr. Sesto e undicesimo concilio di Toledo (del 638 e del 675), in F. CAVALLERA, Thesaurus doctrinae catholicae (1936), p. 149. S. AGOSTINO, in Psalrn. 96, n. 12 (P. L., 36, 362), ecc. RUPERTO DI DEUTZ, in geg., 1. I, c. 10 (P. L., 167, 1077).

la

sua

fede è retta

credere in una

se

~~). Come potrebbe affermare ~~). Gli antichi ci parlano

stessa?

6des ecclesiastica:

ma

questa

il concetto di

non

aveva

di

di

nulla

fede ecclesiastica» ed moderna utilizzato nell'epoca per tronforgiato in

comune

care

con

certi cavilli del movimento

semplicemente

«

e

essa come

la sostiene

giansenista > ).

la fede della Chiesa

fede cioè di cui il

trova in

~

Signore

> gt;), e

che si

forza ardente, che la fonda que la f de he ogn no di

una

> ),

professa in unione

~

le ha fatto dono

con

tutta

la Chiesa

>

&g ;) e

88) S. MASSIMO DI TORINO (?), Tract. Il del baptismo: « ...Prosancta et catholica est, quia recte credit in Deum. Non ergo diximus, ut in Ecclesiam quasi in Deum crederetis, sed intelligite nos dicere et dixisse, ut in Ecclesia sancta et catholica conversantes, in Deum crederetis» (P. L., 57, 776, B-C. Pseudo-Agostino, Sermo de mysterio baptismatis, P. L., 40, 1210). Dopo S. CIPRIANO, (Epfst. 73, c. 2), «cattolico» spesso equivale a «ortodosso». 89) PAUSTO DI RIEZ, op. cit., l. I, c. 2: « ...Nam cum hoc de Spiritu sancto universa confiteatur Ecclesia, numquid et in semet ipsam Ecclesia credere potest?» (p. 104, P. L., 62 11 A-B). 90) Nella cosidetta «questione di fatto» ossia della «infallibilità della Chiesa per quanto riguarda i testi» (Fénelon). Per la storia di questo concetto, cfr. AD. GITS, La foi ecclésiastique aux faits dogrnatiques dans la théologie moderne (Lovanio, 1940). 91) S. CESARIO DI ARLES, Libellus de myterio sanctae Trinitatis (Opera omnia, ediz. L. MORIN, t. Il, p. 176). Liturgia roma«Ne della Messa: Ordinario na, respicias peccata mea sed fidem Ecclesiae S. tuae». AGOSTINO, Sermo 91, n. 2 (P. L., 38, 568). Liber mozarabicus ecramentorum (ediz. M. FEROTIN, 1912), col. 99. RUPERTO DI DEUTZ, in Matt., (P. L., 168, 1328 A); in Job (P. L., 168, 1151 A); senso ugualmente oggettivo: « il dogma della Chiesa». Lo stesso si dica di S. ILARIO, in Psalm. 13S, n. 30: «Omnia ecclesiasticae spei sacramenta» (ediz. A. ZINDERLE, p. 765) 92) S. IRENEO, Adversus Haereses, l. III, c. 24, n. 1 (ediz. F. SAGNARD, p. 398). ORIGENE, in Exod., hom. IX, n. 3, (traduzione P. FORTIER, «Sources chrétiennes», 16, pp. 211-213). S. AGOSTINO, Sermo 246, n. 3: «maximus ardor et intima vis fidei in Ecclesia» (P. L., 38, 1154). 93) ORIGENE, in Lev., hom. 5, n., 3 (ediz. BAEHRENS, pp. 339340). S. TOMMASO, Tertia, q. 68, a. 9, ad 3m: « ...(Baptizatus) huic pterea

fidei aggregatur, per fidei sacramentum». Cfr. S. GIOVANNI DAMASCENO, de /de ortodoxa, l. IV, c. 10, n. 23: «Chi non crede secondo la tradizione della Chiesa è un infedele» (P. G., 94, 1128 A;

43

quale non partecipa che in misura sempre limitata. Era quella fede perfetta ed inalterabile», quella «

fede «sempre piena» > lt;), « empre u uale,

nessun

inerte

la

fede perseverante > gt;), incrol di Cristo, che non è mai scossa da

quella

serena», come

croce

scandalo, mai «esitante o

o

dubbiosa», mai

stagnante > lt;); uell fede v

vificante»

~&g ;)

alla

si accende

quale

nte

v

he fruttif ca el mo do int e

fede di ogni individuo

bora, cosicchè quando

nella

>

uno

ro &

si inserisce la

quale

gt; , he la di noi dice:

«

n

tr

e la

lo credo in

Dio», è sempre nella Chiesa ed in dipendenza dalla Chiesa che egli parla. «La professione di fede' nel simbolo si pronuncia sempre in nome di tutta la Chiesa». E' questa la ragione per cui anche chi possiede soltanto una fede « informe», per quanto sia lontano dalle

disposizioni

descritte nel testo riportato

di Fausto di Riez, può

ancora

credere: lo può dire

motivo della

a

dire,

e

con

sua

verità, di

perdurante

questa è la sola volta che S. Giovanni menziona la Chiesa nella sua spiegazione del Credo). 94) Liber mozarabicus sacramentorum: «Da Ecclesiae tuae catholicae et sanctae fidei plenitudinem, quam illi dedisti semper perfecte tenere» (ediz. M. FEROTIN, 1912, col. 637). 95) S. IRENEO, Adversus Haereses, 1. III, c. 2, n. 7 (ediz. F. SAGNARD, p. 228). 96) Dom ANSCHAIRE VONIER, l'Esprit et l'8pouse (Trad francese, coli. «Unam Sanctam», 16, 1947), p. 96. GREGORIO DI ELVIRA, Tractatus XI, (ediz. BATIFFOL e WILMART, pp. 125-126). 97) S. IRENEO, Adversus Haereses, 1. III, c. 3, n. 3, (ediz., F. SAGNARD, p. 108). 98) S. AGOSTINO, Sereno 214, n. 11 (P. L., 38, 1071). Cfr. Col., 1, 6 ecc. 99) REMIGIO DI AUXERRE, in Michaeum: «donec Ecclesia mater gentilem populum spiritaliter ad finem generet » (P. L., 117, 157 D). RUPERTO DI DEUTZ, in Cantica canticorum, 1. VI: «Hierusalem liberam; quae est mater omnium secundum fidem..., generat enim secundum fidem» (P. L., 168, 941 A).

appartenenza alla Chiesa, che gli permette di parlapersona Ecclesiae >o lui che volontariamente se re in

una

fede valevole

); ment ne

e, al contrar non ha

separa,

o,

più

>o

Cosi pure, la nostra predestinazione nel Cristo è la predestinazione della Chiesa: S. Paolo l'ha sempre considerata in questa

prospettiva totale >&

t;

attività soprannaturali il cristiano agisce sempre «ut membrum Ecclesiae», «ut pars Ecclesiae» >O gt;) Gesù ri to i ama singolar en tutte le

sue

ognuno

Egli

nome»

per ama

nella

dice

a);

sua

come a

ma

non

Mosè: «Ti ho conosciuto ci

ama

separatamente: ci

Chiesa, per la quale ha

versato il suo

>o stino pers nale, i fin nella salvezza comune della Chieche può compiersi sa >O gt;), Madre dell unità sangue

lt ). Il ostro d

La Chiesa perciò

non

è soltanto la prima delle

100) S. TOMMASO, in Sent., d. 25, q. 1, a. cunda secundae, q. 1, a. 9, ad 3m: e Confessio fidei bolo, quasi ex persona totius Ecclesiae... » ecc. Rationale, l. IV, c. 25, n. 16 (p. 135).

2,

ad

traditur G.

4m. in

Sesym-

DURAND,

101) S, AGOSTINO, in Joannem, tract. 80, n. 3 (P. L., 35, 1840). IVO DI CHARTRES, Decretum, p. I, c. 122: «Verbum fidei valet tantum in Ecclesia Dei » (P. L., 161, 89 D). 102) Rom. VIII, 18-39 e XI, 33. Cfr. Catholicisme, pp. 233-237. 103) CAIETANO, in Secundam Secundae, q. 39, a. I, n. 11. a) Esodo, XXIII, 12, etc. 104) Act., XX, 28. GREGORIO DI ELVIRA, in Cantica: «Quid enim carius Christo quam Ecclesia, pro qua sanguinem suum fudit. » (ediz. WILMART, Bulletin de littérature ecclésiastique, 1906, p. 240). Cfr. TERTULLIANO, Adversus Marcionem, 1. V, c. 19 (ediz. KROYMANN, p. 645). S. PIETRO CANISIO, Summa doctrinae christianae, c. 1, n. 16: « ...pro qua Christus in carne cuncta et fecit et pertulit » (Catechismi latini, ediz. FR. STREICHER, 1933, p. 8). 105) Questo permette di misurare l'aberrazione dei pseudo-agostiniani moderni, di cui il saggio e moderato NICOLE era leco quando scriveva, Essais de morale, t. V, (1730), pp. 310-311: «L'uomo è creato per vivere in una solitudine eterna con Dio solo... Dunque„ prepararsi alla morte vuoi dire abituarsi a questa solitudine con Dio». 106) S. AGOSTINO, Sermo 192, n. 2 (P. L., 38, 1013). S. BERNARDO, In Cant., sermo 68, n. 4

45

opere dello Spirito santificatore, ma è quella che comprende, condiziona ed assorbe tutte le altre. Tutto il processo della salvezza si compie in essa; anzi, si identifica con essa. Ciò che, a prima vista, poteva

sembrare

una

misurare tutta

restrizione, ci

l'ampiezza

consente al contrario di

delle verità concernenti la

Chiesa, la forza del legame che ci unisce ad essa e e la profondità della sua funzione nella

l'importanza

economia della nostra vita cristiana. I

capitoli

suc-

cessivi non faranno che sviluppare questo primo abbozzo e precisarne alcuni aspetti. Voluta da Dio,

la Chiesa

ci è necessaria «di necessità di

mezzo».

Più ancora, il mistero della Chiesa riassume in sè tutto il iVlistero. Esso è per eccellenza il nostro mistero. Ci

te

prende

perchè

totalmente. Ci

è nella

sua

avvolge da ogni parChiesa che Dio ci vede e ci

essa che Egli ci vuole e che noi Lo incontriamo, è in essa ancora che noi aderiamo a Lui e che Egli ci beatifica.

ama, è in

Questo mistero ha tutto un aspetto luminoso. La Chiesa cattolica è il «vessillo levato tra le nazioni », come si

esprime

il Concilio Vaticano

un

di Isaia

>~

testo

di raccolta. «Chiama

gt; , per s a

r

riprendendo ti da s

ire a tu

sè tutti coloro che

non cre-

dona ai suoi figli la sicurezza che la fede da essi professata si basa sopra un solidissimo dono

ancora e

fondamento» 107)

>o

). E s è il «mon e» visib le

Is., XLIX, 22; S. IGNAZIO D'ANTIOCHIA, Smyrn., I, 2. 108) Concilio Vaticano, Constitutio de /de catholica, c. 3. LEONE XIII, enciclica Caritatis studium.

a tutti gli sguardi, è la «città» radiosa, la luce posta sul candelabro per rischiarare tutta la casa >o gt;) ssa è l'ed ficio cos rui o col leg

lontano

marcescibile del cedro

e

del

cipresso >&

t; ),

a cu

solidità sfida i secoli ed ispira fiducia e sicurezza alle nostre effimere individualità. Essa è il «permanente miracolo» che incessantemente annunstosa

cia

agli

uomini la venuta del loro Salvatore, e ne con mille esempi, la Forza liberatrice >&

manifesta, E' la

splendente

tante

stelle,

Per la

per la

Volta Celeste in cui i santi, come gloria del Redentore >&

cantano la

profondità e la coesione della sua dottrina, esperienza dell'uomo, come per l'abbonfrutti che lo Spirito continua a farvi matu-

sua

danza di

rare, la Chiesa esercita sulle anime rette una energica forza d'attrazione, comprovata, in ogni tempo,

da tante positaria sce

conversioni

umanamente

paradossali.

De-

custode delle Scritture, essa ne distribuila luce che, sola, dona un senso intelligibile alla e

nostra storia. Cosi, per mille vie convergenti, essa ci conduce al Cristo. Sempre, in essa, Dio si rivela agli «occhi che vedono la saggezza» >& t;~). Col

consapevolmente

si è affidato ad essa

ne

fa, giorno

per giorno, l'esperienza: 109) S. GREGORIO NAZIANZENO, Discorso IV, c. 67-74 e 110(P. G., 35, 588-600 e 645-652). S. AGOSTINO, Sermo 45, n. 5-7 (P. L., 38, 265-268); in Joannem, tract. 4, n. 4 (P. L. 35, 1407); in Epist. Joannis, tract. 2, n. 2, (Col. 1490) ecc. Cfr. Psalm. 86, 1-3. Matt., V. 14-15. 110) ORIGENE, in Cantica, l. III, (P. G., 13, 148-149). 111) Cfr. Rom., I. 16; I Cor., II. 4. ORIGENE, Contra Celsum, prefazione (ediz. KOETSCHAU, pp. 51-55). S. AGOSTINO, Sermo 88, n. 3 (P. L., 38, 540), ecc. 112) ALANO DI LILLA, Sententiae. (P. L., 210, 259 B). 113) PASCAL, Pensieri, (Ediz. Paoline, Alba, 1956). S. AGOSTINO, Sermo 298, n. 3 (P. L., 38, 1126). 113

47

Haec est

qua tuti vehimur, quo tecti condimur, haec columna qua firmi nitimur, Veritatis! & t; &

cymba

hoc ovile

A colui che vive il

suo

mistero,

apparve al

pre, quale Città di pietre

Veggente preziose, come leste, come la Sposa dell'Agnello; contemplazione accende in lui è che prorompe attraverso le

sa e

essa appare semdi Patmos, come la la Gerusalemme cee

la

gioia che questa

la gioia stesfolgoranti intuizioni ancora

regna nelle visioni serene dell Apocalisse. Si capicosi l'entusiasmo che lo fa esclamare con S. A-

sce

quando parla della Patria: «Quando parlo finirei più» >& Ma l'aspetto oscuro non è meno certo. I cieli non sono sempre aperti >& t; lt;). L Ch esa, per gostino di essa

non

dulo che il Padre Per il credente

non

può

lo sia: prova tanto

quanto più la piè~ pura.

più

sua

attira ancora, è un ostacolo. prova ed è bene che

essere una

più

intensamente

fede vorrebbe

sentita, forse,

essere

più

viva

e

I misteri della Divinità sono, in certo qual modo, lontani: per conseguenza sono meno sconcer-

e noi siamo disposti in anticipo, per cosi dire, ad ammettere che Dio ci sconcerta. Dio non è sem-

tanti, pre

al di sopra di tutto ciò che di Lui

possiamo

com-

114) Messali di Parigi e di Lione, inno della Dedicazione. 115) Fare il paragone tra queste parole e il grido di S. BERNARDO: «De Maria numquam satis!». 116) Cfr. PASCHAL RAPINE, recolletto, le Christi anisme florissant dans le monde, t. Il (1666), trattato II, c. 4, p. 232: «La religione cattolica è una medaglia a due facce, carica di oscurità e di chiarezza».

prendere? >& t;&g ;). O ni olt ch mo qualche rassomiglianza, non siamo

ra

oi e Lui

forse costret-

ti ad affermare che la dissomiglianza è più grande ancora? >&g ;!! . C e 'è i più ri ico o che pre re un Dio a nostra misura?... I misteri del Verbo incarnato de

una

sono

forma,

già più un

duri

nome

a

credersi: «Dio pren-

risuona,

un

essere

umano

noi il posto dell'Altissimo» >& «Unione inaudita! fusione paradossale! Colui che è

prende

in mezzo

a

diviene; l'Infinito è creato, è contenuto nello spazio... Il Verbo si fa sensibile, l'Invisibile è veduto, l'Intoccabile si può toccare, l'Intemporale entra nel tempo, il

Figlio

di Dio diventa

chi

va

figlio

dell uomo!»

>~

Dio-Uomo, prima di inquietare un Uomo-Dio, urta violentemendi sognando

Questa idea di

un

spirito. Possiamo bensl dimostrargli che non può provare la contraddizione, ma tutto il seguito delle realtà che l'accompagnano generano in te }o

se ne

>~ gt;). Come! Col i ch è la P Sapienza stessa di Dio, nel quale furono create

lui stupore, e

la

invisibili, ecco che dobbiamo crederlo strettamente circoscritto nei limiti di quel-

tutte le cose visibili e

117) S. AGOSTINO, Sermo 52, c. 6, n. 16 (P. L., 38, 360), ecc. 118) Quarto concilio Lateranense (1215): « Inter Creatorem et creaturam non potest tanta similitudo notari, quin inter eos major sii dissimilitudo notanda». 119) KARL BARTH, Schizzo di una dogmatica (p. 65). 120) S. GREGORIO NAZIANZENO, Discorso 38, c. 2 e 13 (P. G., 36, 313 B e 325 C). TEOFANO DI NICEA, Serrno in Sanct. Deiparam, GUGLIELMO DI S. THIERRY, Speculum elidei (P. L., 180, 388 D). 121) S. IRENEO, Adv. Haereses, l. I, c. 11, n. 9 S. ATANASIO 3.o discorso, contro gli Ariani c. 32-33, 54, ecc. ADAM SCOT, Serc. 3: «Certe mihi triplex in hac natimo 23 in die natali Domini, vitate sacrosancta consideratio ingerit stuporem... » (P. L., 198, 220 I (P. G., 99, 332 A). Antirrheticus S. TEODORO STUDITA, C). Cfr. SPINOZA, Epist. 21, a Oldenburg; Epist. 73. 4.

Il

—

volto della Cniesa

l'uomo apparso me

tutti

gli

tempo in Giudea,

un

donna,

seno d'una

nato

entrato

nel

bambino, che vagisce

co-

altri neonati! Haeret humani intellectus

angustia et tantae admirationis stupore

declinet, quid teneat, e

perculsa, quo ignorat a),

quo se convertat

l'annuncio della Croce finisce per allontanarla dee crocifisso!» >~ gt;)

finitivamente. Dio «nato

stero santamente sconcertante i Giudei e follia per i Greci!»

b)!». «Scandalo per >& t;~ . Fi dall i e pietra d'inciampo, quelli che vennero

questa fu la al Cristo conoscevano molto bene l'enorme paradosso che avrebbero dovuto sormontare. Se noi

messaggio

lo choc di

la nostra fede, per

sincera

ancora

quanto

tale

risentiamo è forse

non non

più perchè

solida, si è

e

un

attenuata ed

il suo oggetto si è edulcorato? Non è forse

l'abitudine ci addormenta

giungere, ad

preghiera compassione?

Ma quanto più folle» questo più «

in cui ma

non

«

troppo

è realmente in

o

nella nostra vita,

«scandaloso»

soltanto il divino a

e

l

a

ancora, a

umano

una

quanto Chiesa

sono

uniti,

noi

obbligatoriamente Perchè, se la Chie-

uniano!».

mezzo

perchè sappiamo più

non

nostro credere

dove il divino si offre

attraverso il sa

noi

nelh nostra

autentica

una

e

noi

~

Gesù Cristo conti-

«Gesù Cristo diffuso

e

comunicato», > < ) gli om ni di C iesa, ch

e

nuato»,

se

essa

è

per

noi

a) ORIGENE, De Principiis, l. Il, c. 6, n. 2. 122) S. GIUSTINO, Dialogo con Trifone, c. 88, n. 4 (ediz. francese G. ARCHAMBAULT, t. Il, p. 74). S. IRENEO, Adversus Haereses, l. III, c. 32, n. 6 (ediz. F. SAGNARD, «Sources chrétiennes», 34, p. 223). b) Caterina RANQUET, orsolina, I lettera al P. de Bus. 123) I Cor., I, 23; Cfr. Filipp. Il, 7. 124) BOSSUET, Allocution aux nouvelles catholiques (Oeuvres ora-

laici,

loro volta

a

vilegio

non

hanno affatto ereditato il

che faceva dire audacemente

di voi

può Inoltre,

a

pri-

Gesù: «Chi

convincermi di peccato?» >~ comprensione del loro tempo, l'intel-

la

ligenza stessa delle cose eterne, può essere in loro assai mediocre. Nella Chiesa, più ancora che nel

Cristo, tutto è davvero contrasto e paradosso. Se della Chiesa come del Cristo possiamo ripetere: magnum misterium et admirabile sacramentum

di

>&

che del Cristo, siamo costretti a dire: avocamentum mentis, n@n firmamentum! >& t; essa,

più

pis o8ensionis

et petra scandali! a). Di questi due, il primo è il grido della fede trionfante; ma esso sup-

pone la naturale

compiuta vittoria sullo stupore dell'uomo sul disgusto del saggio... Contemplare senza scandalo la Chiesa è cosa assai più ardua che contemplare senza scandalo il Cristo: quale profonda purificazione e trasformazione dello sguardo essa esige! E come sarà necessario, per conseguire una sufficiente intelligenza del suo

e

mistero, «rigettare lungi da noi l'oscurità dei

gionamenti terreni ed na!»

ra-

il fumo della saggezza monda-

128).

toires, ediz. C. LEBARCQ, t. VI, p. 508). La si è chiamata anche: «incarnazione permanente del Figlio di Dio». 125) Jo., VIII, 46. 126) Liturgia romana di Natale. Cfr. S. BERNARDO, Sermo I de circumcisione, n. 2: «Divinis humana sociat, ima summis» (P. L., 183, 133 C). 127) S. AGOSTINO, in Epist. Joannis, tract. I, n. 4 (P. L., 1980).

a) Is. VIII, 14; Rom., IX, 33; I Petr., II, 8. 128) S. LEONE, Sermo 7 de nativitate Domini, c. I: «Abigatur procul terrenarum caligo rationum, et ab illuminatae fidei oculo mundanae sapientiae fumus abscedat » (P. L., 54, 216 C). Eph., I, 17. KARL ADAM, Il Mistero della Chiesa: dallo scandalo alla fede trionfante, nell'opera l'Eglise est une, a cura di PIERRE CHAILLET (1939),

pp.

33-52.

E poi, bisogna pur confessarlo, il nostro accecamento è tale, che noi giungiamo talvolta ad im-

maginarci, anche se non lo possiamo realmente pensare, che la nostra fede in Dio sia meno impegnativa. Non si incontra Dio sulle

Non vi si incontra

più

pubbliche piazze.

il Cristo. Ma la Chiesa è

là. Quanti sarebbero disposti, sotto certi aspetti, ad ammirarla, nonostante tutti i difetti che le rimproverano, quanti sarebbero disposti a «col-

sempre

laborare», come essi dicono, con essa, se essa non fosse quello che è! Essa è la testimone permanente del Cristo, la Messaggera del Dio Vivente. E' la

presenza urgente, la presenza importuna di questo Dio in mezzo a noi. Dio voglia che noi, che siamo nella Chiesa

diciamo della Chiesa, possiamo almeno quanto lo intuiscono stessi, capirlo, per alcuni di coloro che la temono o che la fuggono! e

noi

ci

LE

DIMENSIONI

DEL

Riprendiamo i tre vocaboli Simbolo degli Apostoli consacra

MISTERO

i tre soli

—

il

che

—

alla Chiesa:

san-

Ecclesiam catholicam > ). Lasci mo provvi riamente da parte l'epiteto «sanctam», benchè,

ctam

—

dei due, sia il più antico. suo

significato originario questa espressione

dire altro che nità

La Chiesa cattolica: nel

—

perfetta,

«

non

l'Assemblea universale». E' la

attraverso il tempo e lo

ti coloro che aderiscono

a

spazio,

Gesù Cristo

come

vuole

comu-

di tutal loro

Salvatore, e, per mezzo di Lui, sono congiunti con Dio ~). Una 6delium universalis Ecclesia, dirà nel 121$ il quarto Concilio Lateranense. Ecclesia Ca1)

La stessa formula si trova in CIRILLO DI GERUSALEMME, XVIII, c. I: «La Santa Chiesa Cattolica (P. G., 33, 1017

Catechesi

A). Cfr. F. KATTENBUSCH, Das Apostolische Symbol, t. Il (Leipzig, 1900), pp. 922-930. 2) S. IGNAZIO D'ANTIOCHIA, Ep. A quelli di Smirne, c. 8, n. ediz. P.-TH. CAMELOT, «Sources chrétiennes» 10, 2a ediz. p. 163). S. CIRILLO DI GERUSALEMME, loc. cit., c. 23 e 26 (P. G., 33, 1044 A e 1048 B), Sui diversi sensi della parola «cattolico», cfr.

2

Catholicisme,

pp.

25-31

e 273.

03

id est

tholica,

universalis, spiega San Tommaso > Policarpo, nel se-

Ed il redattore del Martirio di

condo secolo, chiamava Nostro Signore Gesù Cri« il pastore della Chiesa universale sparsa su tutta la terra» 4). sto

Seguendo col

nome

menso

e

numerosi altri autori, intendere quell'im-

potrebbe

organismo che comprende,

l armata cosmo

S. Tommaso

di Chiesa si

degli angeli >

e

con

gli uomini,

che si estende anzi

a tutto

il

Ma anche presa in una accezione meno vasta, la Chiesa di Dio» &l ;) on conos e, in li ea principio, alcun limite «nè di tempo nè di spazio ~. «

Essa è aperta a tutti, raccoglie da ogni parte i suoi fedeli, «abbraccia tutta l'umanità» > ). in al

primo giorno, quando essa

tutti i

suoi membri

erano

ristretto cenacolo di Gerusalemme, si estendeva già, con il miracolo delle lingue, a

contenuti

tutti i

nel

popoli

della terra.

Sapeva gia

di averli avuti

3) Expositio

l. p. 4:

in Symbolum. Cfr. S. IRENEO «Adversus Haereses» 31, n. 2. (P. G., 7, 825 A) Demonstratio, c. 98 (loc. cit. 36); S. ILDEFONSO, Liber de Virginitate perpetua $. Mariae, c. «assumpturus illam sponsam ex omnibus nationibus, Ecclesiam

Il,

c.

universam»

(P. L., 96, 74 D); De cognitione Baptismi, c. 73 (col. 138 C). Catechismo Romano, P. I, c. 10, n. 17 ecc. C. 4) 8, n. 1; cfr. c. 19, n. 2 (ediz. CAMELOT, loc. cit., pp. 269 e 253). 5) S. TOMMASO, De veritate, n. 29, a. 4. ob. 5; In Ephesios c. I, lectio 8, ecc. Cosi pure ROMANO GUARDINI, Vom Sinn der Kirche (1922) p. 11. Riguardo al pensiero di S. Paolo sull'argomento, nelle lettere della prigionia, le opinioni sono discordi: cfr. L. CERFAUX, La Théologie de l'Eglise suivant $. Paul (II, ediz. 1948) pp. 255-257. Le riserve sue e del P. HUBY, del R. P. BENOIT (Revue Biblique, 1937, p. 354-355), ci sembrano giustificate. Cfr. l'Am«Omnem Ecclesiam dicens, summatim totum brosiate, in Ephes.: comprehendit, quod in caelo et in terra». Cfr. Hebr. XII, 22-23, e I Tim., V. 21. Acta et Decreta $$. Concilii Vaticani (col. Lacensis, Tom. VII), col. 326-327, (relazione di BARTOLOMEO D'AVANZO). 6) I Cor. XV, 9. Cfr. più sotto, nota 32. 7) LEONE XIII, enciclica Immortale Dei.

I

jn retaggio ~). Non appena incontrò l'idea kouménè, se l'appropriò ~). Essa non tollera

ostacolo alla sua espansione, a nessun barriera geografica

non

dell'oinessun

si arresta di fronte

sociale. La frontiera

o

stessa del nostro mondo visibile

riesce

non

a

limitar-

la, poichè, secondo una terminologia da molto tempo tradizionale, la Chiesa si divide in tre gruppi, che rimangono in costante reciproca comunione: mili-

quaggiù, la Chiesa è aspettante o so8erente purgatorio e già trionfante nel cielo > ), un trio fo ancora incompleto, in attesa del giorno al di là dei giorni, in cui sarà tutta quanta trionfante dopo l'avvento glorioso del Signore. tante

nel

E' assolutamente necessario che ognuno di noi queste dimensioni della Chiesa

prenda coscienza di & t; gt;). uan o

iù ne

aremo consa

evoli

sentiremo dilatati nella nostra esistenza

e

tan

o

realizze-

remo cosi pienamente, in noi stessi, per noi stessi, il titolo che noi pure portiamo di cattolici. Il vero credente non è mai solo nella sua fede.

La

sua

prova.

un

soprattutto 8) II,

altri

dipendenza dagli

ed

peso; una

ma

forza.

questa

Egli

S. AGOSTINO Sermo 267 n.

può anche sua

essere una

solidarietà è per lui

è entrato col battesimo 3

(P. L.,

38,

1231).

Cfr Psalm.

8. S.

9) terrarum

In

AMBROGIO, Ecclesia... et vere

Psalm.

I l S,

Sermo in

12, Ecclesia x

25:

«Orbis

L. 15, 1369 C-D). S. AGOSTINO, in Psalm. 7, n. 7 (P. L., 36, 101). ALANO DI LILLA, Sermo I (P. L., 210, 221-222). 10) Cfr. GUARNIERO DI ROCHEFORT, Sermo 26, (P. L., 205, 746 A) «Triumphans, dormiens et militans», dice ancora il Card. NICOorbis

terrarum

n.

(P.

LA

CUSANO, De concordantia catholica, praefatio (Opera omnia, XIV, ediz. G. KALLEN, p. 5; cfr. c. V, pp. 52-53, etc. Sulle lontane origini di questa terminologia, cfr. il nostro Corpus mysticum, p. Il, il «Corpus triforme di Amalario e le sue vicende». 11) Cfr. la celebre frase di S. FRUTTUOSO, Vescovo di Tarrae martire: « In mente me habere necesse est Ecclesiam ca-

gona

tholicam,

ab

Oriente

usque

ad

Occidentem

diffusam».

55

nella grande famiglia cattolica, condivide con tutti i suoi membri la medesima ed unica speranza, ha

appello, fa parte del medesimo cor). E' arruol to in que ta «arm ta in mar sulla via dove si trova la salvezza, Gesù Cristo» > inteso lo stesso

>

po

E' inserito in questa «assemblea universale», reclutata «da ogni nazione, d.a ogni tribù, da ogni popolo e

da ogni

lingua» > lt;), ass mbl

a che è nel m

tempo, una tradizione precisa, un potere ben definito, una realtà concreta, vivente e sviluppan-

mo

tesi nelle condizioni terrestri, «una vocazione cosostenuta da una organizzazione infinitamen-

mune,

te

complessa

e

capillare» >

lt

), un v ncolo o

riconoscibile. Prodigiosa ricchezza! Nulla di simile è mai stato realizzato, anzi, neppure concepito dagli uomini. Quando si parla di una Chiesa buddista, per esem-

può fare soltan; analogia. Meravigliosa e multiforme ricchezza! Se la volessimo esplorare in ogni suo aspetto non si finirebbe più. Contemphamo almeno un istante questa grande colata di venti pio

o

di

una

Chiesa taoista, lo si

to in base ad una remota

secoli.

Zampillata dal > lt;), te

vario

costato aperto del Cristo sul Calpr ta al fuoco della Pente os e, la

12) Cfr. Eph., IV, 4-6. S. PASCASIO RADBERTO, De /de, spe et caritate, 1. I, c. 13, n. 1: «Una eademque in omnibus jure creditur (fides), ex qua unum corpus in Christo efficimur, per quam uno baptismo consecramur, et in una spe vocationis nostrae, una et sola fides est qua renascimur», (P. L., 120, 1425 B). 13) CLEMENTE ROMANO, Ad Cor., c. 36, 14) Apoc., VII, 9. 15) PAUL CLAUDEL, 16) Concilio di Vienna

Un

la

n.

1.

croix.

poète regarde (Dz. B., 13a ediz. n. 480). S. ILARIO, PAUL BRISSON, «Sources chrétiennes», (ediz. 19, pp. 62 e 83-85). S. AMBROGIO In Luca', 1. Il, c. 85-89 (P. L.,

Trattato dei

.') 6

Misteri

anch' essa

avanza

si

sa

come

> gt ). Ci racc

fuoco

fiume

un

, un

gli

scaturire in noi delle

saggio, per far di acqua viva,

come

e

un

dopo l al ro al ostr

sorgenti

nuove

per accendervi una nuova fiamma. La Chiesa è una istituzione che dura, in virtù della forza divina ricevuta dal suo Fondatore. Più che e

istituzione,

una

e una

Vita che si comunica. Su tutti

figli di Dio che essa raduna, imprime il sigillo dell'Unità. Ora, succede talvolta in certe ore privilegiate, i

che di questo mistero di vita e hi unità, che ci è presente nella fede, noi abbiamo una percezione

più viva. Allora, tra tutti coloro che la incorpora a se stessa, noi percepiamo una misteriosa e profonda parentela d'anima. Come sono diversi fra loro gli uomini. Tempo, clima, cultura, ambiente, tutto li separa. Di qui l irriducibile diversità di problemi, di interessi mentali, di gusti, di modi desprimersi. Le mentalità non netta e

più

Chiesa

soltanto si oppongono, il che sarebbe ancora un modo di incontrarsi : ma, sono estranee le une alle altre. 15, 1585). S. AGOSTINO In Joannem,

tract.

1953); In Psalm. 109, c. 4, n. 6 (P. L., 37, 1785);

(col. 8

L.,

(P.

S.

tur»

et

(P.

Crucis,

gnello v.

De

I

Cruce, 17)

al

114

96,

L.,

1.

in

L.,

(P.

L.,

(P. n.

30

cognitione et

in

S.

Gregorianum, la

Pentecoste... ».

baptismi,

his

170

t.

De

J., voi.

LEONE

nel

XIII

suo

XIII,

(P.

2,

MAURO,

XV

Tract. 7:

«De

Ecclesia De

1.

L.,

35,

XII,

(p.

Christi

Gerusalemme

c.

165). latere

sancta forma-

Laudibus

sanctae

celeste

e

De

li-

dell'A-

VIII, pp. 79-80). Numerosi altri teNativitate Ecclesiae e Corde Jesu in

enciclica Mystici

Chiesa

n.

PSEUDO-BONAVENTURA

della

nozze

c.

sacramentis

B).

Quaracchi,

TROMP

PIO XII,

fondata

1987);

120,

1381); In Psalm. I3S, n. 2, Contra Faustum,

D'ELVIRA,

RABBINO

A).

107,

(sulle

Calvario; S.

38,

GREGORIO

258).

aqua producitur,

vitae,

gno

be

42,

120

ILDEFONSO,

sanguis

sti

Sermo

(1932),

pp.

corporis,

p.

sangue, enciclica

la

482-527. 18:

«Quando

consolidò

Divinum

il

illud:

egli

giorno e La

eb-

della

Chiesa,

ormai concepita, e che era uscita dai fianchi del noper dir cosi vello Adamo dormente sulla croce, s'è manifestata per la prima volta in modo mirabile nel di solenne della Pentecoste». -

-

57

E'

compiti dello Quando

dei

uno

storico mettere in luce

si accinge a questo lavoro, la durata finisce per apparirgli, attraverso la queste differenze.

sua

continuità,

stessa

come

una

forza di rottura

e

di accecamento. Solidali le sono

però

une

meno

le altre, le generazioni non une in rapporto alle altre.

con

isolate le

La medesima natura di cui tutti

sono partecipi non impedisce agli uomini, per una specie di fatalità, di fuggirsi e di misconoscersi nelle creazioni 'stesse

del loro genio, natura

non

distacco

fa

e

che

questo persistente legame della sottolineare, per contrasto, un

profondamente Queste

contrario

all'aspirazione

del-

la natura stessa.

constatazioni generano nello storico, se è al tempo stesso un uomo avido di comunione umana, una inguaribile malinconia... Ma

fare i conti

era un

provvisa no

e

senza

la Chiesa. Perchè

estranei tra di loro

più

diabilmente dividere, vicinati.

ecco

l'im-

meravigliosa novità :

Eccoli

e

coloro che parevache tutto doveva irrime-

eccoli

fratelli

che

improvvisamente

riav-

all unisono, accomunati nello

vibrano

rispondono

al medesimo

stesso

Un medesimo sangue scorre nelle loro della stessa Chiesa, hanno tutti ricevuto

vene.

appello,

amore.

Figli

in eredità lo stesso Cristo. Nutriti nella medesima fede,

sono

dona loro

«abbeverati una

dello stesso

Spirito»

che

spontanea identità di reazioni, ed

a

questo segno si riconoscono tutti tra di loro > 18) Cfr. il bel testo di VITTRICIO DI ROUEN, Liber de lirude sanctorum c. 7: «Scire debemus homines inter se... loco et tempore et opere et cogitatione distare... Quod si omnium hominum unum corpus esse rationis oculi perviderunt, sequitur ut in Christo et in Ecclesia viventibus pari argumento unam, beneficio adoptionis, et carnis et sanguinis et Spiritus credamus esse substantiam... Ait enim Apostolus: i

58

sono lontani da noi, per esempio, nonoalcuni elementi di cultura che per tramite

Come stante

loro

sono

secolo, sati

a

o

giunti fino a noi, gli Alessandrini del III gli Africani del V! Come ci sentiamo spae-

loro contatto. Se le nostre curiosità erudite ed

i nostri metodi di lavoro

non

na la

mentalità che

si

po' faparrebbe stra-

ci avessero un

miliarizzati col loro mondo, quanto ci manifesta

nel

riflesso delle

loro

opere~ Quanto irreali

loro

maggior parte

dei

Ciò che allora destava l'interesse

più

problemi. appassionato, oggi

fastidiosi la

e

ci

lascia

indifferenti,

e

questa

indifferenza stessa, a ben pensarci, ci pesa e ci rattrista, perchè avvertiamo che da loro a noi qualche cosa è morto che non è in nostro potere di rianimare...

Se ci sforziamo di

leggerli

per mestiere, spesso, più per gusto di mestiere, noi rimestiamo dei segni astratti e freddi, decifrando, analizzando, ricostruendo, senza veramente capire... Non

che per gusto,

riuscirenio

o

dunque mai ad archeologica?

avere in

mano

altro che

cenere

questa Ma ecco, ad una svolta di pagina, un Nome sorge. Come un lampo, dissipa l'oscurità circostante. Mille

particolari gli

si

dispongono attorno,

si

gerarchizza-

Ben presto, tutto partecipa della sua chiarezza. Tutto riprende vita. Non è più soltanto lo storico no.

che, in noi, comprende

e

si commuove. Affiorano

delle sfumature di sentimenti tezza

stessa

perfezione

della

loro

che, sin nella delica-

espressione raggiungono amore a Gesù,

le nostre. Nel loro

in un

Vos estis corpus Christi et membra, et Spiritus Dei habitat in vobis, etc». (P. L., 20, 449).

59

Origene, un Agostino, sono veramente nostri contemporanei > ). S no pa r e frate li nos ri & t;o quanto in seguito si approfondisca e si estenda la nostra ricerca, in qualsiasi direzione essa si orienti, si rinnova sempre la stessa esperienza. Dovunque intenzione» opera una identica conververo che un popolo è «un gruppo di esseri ragionevoli, uniti fra loro dall'amore verso uno una

«

stessa

genza,

e

è

se

stesso oggetto» a), si può ben dire che i cristiani di tutti i tempi e di tutte le nazioni, d ogni razza e di

ogni civiltà, formano

un

sol

popolo,

unito dall'amo-

per il Cristo. Ovunque troviamo questi testimoni del Cristo, che «L'amano senza averLo visto» > re

ai

quali un Padre de Grandmaison, con profondo della comunione cattolica,

ha voluto

posto al termine dell'opera da lui

consacrata

cosi fare

un

a Gesù Cristo

~~). Dappertutto

il loro

un

senso

sguardo

è lo

stesso, fisso in Colui che, rivelando loro Dio fatto carne, li ha distolti dagli idoli: Lui solo l avrebbe

potuto fare. Ritroviamo dovunque lo 'stesso accento : nardo

di

di Lojola,

Chiaravalle, e più vicino

Francesco

d Assisi,

Ber-

Ignazio

noi, Carlo de Foucauld, Pietro Lyonnet... ~> ). Ne la divers tà qu si infin a

19) Su Origene, leggere l'opera del P. FEDERICO BERTRAND, S.J., La Mystique de Jésus chez Origène (col. «Théologie», 1951), in cui vengono analizzate con delicatezza e penetrazione le sfumature del sentimento di Origene verso la persona del Salvatore, in base ai suoi commentari sul Vangelo. 20) J.-A. MOEHLER, Athanase le Grand (trad. J. COHEN, 1840), t. I, p. 199: « Il cuore dei nostri Padri era tutto pieno di Gesù Cristo». a) S. AGOSTINO, De civitate Dei, 1. XIX, c. 24 (P. L., 41, 655). 21) I Petr., I, 8. 22) LEONZIO DE GRANDMAISON, Gesù Cristo, (La Scuola, ediz. ridotta). Brescia, 1933 -

23) PIETRO LVONNET, S. J., Ecrits Spirituels (2a ediz. 1951). Vedere in particolare «in fine», il racconto dei suoi ultimi momenti.

60

delle espressioni, risuona ovunque questo stesso «cantico nuovo» che tutti hanno imparato a cantare dalla stessa Madre nel giorno della loro «nuova nascita». Quantae animae hodie renovatae dilexerunt Te, Do:nine Jesu ~< )! er tut i, ai l ro occ i, il n me Gesù è un'alba serena, ai loro orecchi è il richiamo stesso della vita

a);

e

tutti

proclamano che

venir

me-

all'amore di Cristo non è soltanto un male, ma addirittura la morte b) T.utti scorgono in quest'amono

re

fioritura di grazia che donandolo loro

«una

sanno

e

di

giovinezza» c); tutti fratello, maestro,

«come

compagno, come prezzo di riscatto e come ricompensa», Dio ha dato una risposta esauriente a tutte

le loro domande, e che in Gesù Egli ha rivelato tutto ha donato d). In questo modo tutti i membri della grande « famiglia del Cristo» si riconoscono

e tutto

e

si chiamano. L illetterato si incontra

fo, la suora, chiusa nel chiostro,

non

con

il filoso-

differisce sostan-

zialmente da colui che porta « la sollecitudine di tutvoce del martire cinese del XX se-

te le chiese», la

24) S. AMBROGIO, De Mysteriis, VI, 29 (ediz. B. BOTTE, p. 117). Cfr. PSEUDO-ANSELMO (Ekbert de Schoenan), Meditazione XIII: «Verbum secretum mihi est ad te, Domine mi, Rex saeculorum, Christe Jesu» (P. L., 158, 733 B). a) S. PAOLINO DI NOLA, De nomine Jesu (P. L., 61, 741 A). b) S. AGOSTINO, De diversis quaestionibus 83, q. 71, n. 7. Cfr. Le Confessioni, 1. III, c. 4, a proposito dell'Ortensio: « Il nome di Cristo non c'è. Questo nome... del mio Salvatore, il mio cuore di bambino l'aveva piamente succhiato insieme al latte di mia madre, e l'avevo ritenuto ben profondo. Senza questo nome poco importa il merito letterario, il bello stile, l'esattezza; non mi sento completamente attratto». De Civitate Dei, l. XVIII, c. 32, a proposito di Abacuc: «Gaudebo in Deo salutari meo... Melius autem mihi videntur quidam codices habere: Gaudebo in Deo Jesu meo, quam hi qui volentes id latine ponere, nomea ipsum non posuerunt, quo d est nobis amicius et dulcius nominare». (P. L., 41, 591). c) NEWMAN, Sermoni Parrocchiali t. VII, p. 134, Cfr. Callista, p.

171. d)

S.

GIOV. della CROCE,

Il Monte

del Carmelo,

l.

Il.

c.

22.

61

colo si confonde

con la voce del martire siriaco del II secolo. E' la Tradizione della Chiesa che sostie-

ne

tutto

questo immenso concerto, è la

sua

~

forza

;) he lo diri e. E so o è fru to mimetismo o di un accordo penosamente cercato. La voce dell'unico Spirito, parlando all'unica Spooperante»

~&g

sa, risuona in fondo ad

ogni

coscienza.

Ovunque

cir-

cola la stessa fede, la stessa speranza, lo stesso amore. Esso non è altro che l'espressione esteriore di

un'unità

fondamentale,

il

di

divampare

un'unica

Fiammat

Venti secoli di durata, di una durata che a è un'espresmisura che si estende si concentra —

—

troppo inadeguata della realtà della Chiesa. Consacrando un volume alla Chiesa Catsione

ancora

tolica, il Padre Sertillanges dei suoi capitoli : «La

uno

ha potuto intitolare Chiesa prima della

). on que ta form la on fac va al esprimere una tradizione costante. Alcuni

Chiesa»

che

~<

teologi anzi, insostenibile

sono errore

giunti

ad affermare che solo

poteva misconoscere

mitiva esistenza della Chiesa anteriore

25)

S.

IRENEO,

Adversus Haereses,

1.

I,

c.

una

all'epoca

10,

n. 2 (P.

un

pridelG.,

7,

552 B). 26) A.-D. SERTILLANGES, O. P. Il miracolo della Chiesa, (ediz. Morcelliana, Brescia, 1954) ; dello stesso autore : La Chiesa, II volume (ediz. Paoline, Alba 1947-8). Cfr. PAUL CLAUDEL, lettera a Gabriel Frizeau, 20 gennaio 1904: Gesù «non ha creata la Chiesa che è antica quanto il primo uomo, ma l'ha confermata nel suo magistero indefettibile, dandole il potere di essere la sua forma permanente sulla terra ecc. » (PAUL CLAUDEL, FRANCIS JAMMES, FRIZEAU, Correspondance, ediz. ANDRE BLANCHET,

GABRIEL 1952,

62

p.

34).

l'Incarnazione "). Per molto tempo si è usato distinguere nella Chiesa, come in tutta l'economia salvifica, due

il regime della Nuova e quello ~~). Infatti fin dalla prima generadiscepoli di Gesu, per quanto fossero

regimi:

dell'Antica Legge zione. cristiana, i

esultanti per la «novità cristiana», erano anche consapevoli di antichi titoli di nobiltà. Sapevano che la salvezza loro annunciata non era per nulla il frutto di come,

una

ben

qualche

«subitanea

presto, avrebbero

improvvisazione»

sostenuto alcuni

ere-

~~). Ne fa fede lo stesso vocabolo Chiesa, con il quale viene designato il loro raggruppamento, nei Vangeli, negli Atti degli Apostoli, nelle Epistole di San Paolo. E' il vocabo}o specifico che fu usato nella traduzione greca della Bibbia, per designare l'Assemblea degli Israeliti riuniti attorno a Mosè, nei primi tempi lontani dell'Esodo > tici

«La Chiesa di Dio»

mente

applicato

termine che fu inizial-

—

alla comunità cristiana di Gerusa-

lemme e, in seguito,

venne esteso

alle altre comunità

27) TURRECREMATA,

O. P., Summa de Ecclesia, 1. I, c. 22: quorumdam haereticorum asserentium, quod ante adventum Christi non fuit fides apud antiquos, et per consequens nec Ecclesia» (p. 26); c. 51: «Surrexit diebus nostris opinio, si opinio et non error « ...error

dicenda sit, quorumdam dicentium... quod Christus ante incarnationem fuerit caput Ecclesiae, nec per consequens ante incarnationem inceperit Ecclesia, secundum suam formalem denuntiationem... Opinio non

istorum

nostro judicio sustineri non potest... Fundamenta praefatae propositionis falsa esse videntur, cum a communi doctrina illuminatissimorum doctorum aliena sint et separata... (et) contra sanam doctrinam Patrum Ecclesiae... ». (pp. 59 v. e 60), etc. 28) Cfr. i testi citati da IVO CONGAR, Ecclesia ad Abel, in Abbandlungen faber Theologie und Kirche, Festschrift fur Karl Adam (1952) pp. 94-95. Donde la denominazione di «Chiesa del Nuovo Testamento», come pure di «Sacramenti della Nuova Legge». Cfr. GUARNIERO DE ROCHEFORT, Sermo 2S: « In Ecclesia primitiva» (= Sotto l'antica Legge) (P. L., 205, 752 C). 29) Cfr. S. IRENEO e TERTULLIANO, nei testi in cui confutano Marcione. 30) Il greco exw2.egc'e traduce la parola ebraica Qahal (e l'aramai-

locali ed infine alla Chiesa universale mente

il

>

>

) — è e

«Qehal Iahweh», quella

comunità del deserto, alla quale fa cosi spesso allusione il Vangelo secondo S. Giovanni. Gesù stesso, servendosi per designare Ia

sua

Chiesa della

corrispondente «Qehilla» carne

la continuità

con

volle

parola

senza

l'Antica Legge

nella Chiesa, voleva dire

dunque

aramaica

dubbio indi-

>

essere

). Entr

introdotto

essere aggregato alla «dignità israelitica», israelitica dignitas > Reclutato da ogni parte, scelto tra le nazioni infedeli per adorare e servire 1Altissimo, il popolo cristiano, popolo della «nuova alleanza», sostitui.-

in questa assemblea venerabile,

l'antico Israele come popolo di Dio > ) o meg il ramo selvatico innestato sull'olivo buono, esso non è più ormai che una cosa sola con quella sce

come

parte dell'antico Israele che ha riconosciuto il Mes3$). Ecco dunque, definitivamente costituito, il popolo della «nuova alleanza», il popolo «dell'eredità» ss ~~), che i' profeti avevano annunciato > gt;) sia

Qehilla). Cfr. F.-M. BRAUN, O. P., Aspects nouveaux du problède l'Eglise (1942), pp. 33-37. Act., VII, 38, Discorso di Stefano: «Hic est (Moyses), qui fuit in ecclesia in solitudine». 31) JOSEPH BONSIRVEN, Théologie du Nouveau Testarnent (1951), pp. 89-90. 32) Act. V, 11; IX, 31. I Cor., XV, 9; Gal., I, 13; I Tess., XI, 14. Deut., IX, 10; XVIII, 16. Cfr. L. CERFAUX, op. cit., pp. 78-88. 33) Orazione del sabato santo, dopo la quarta profezia: « ...Praeet in israeliticam dignitatem totius mundi sta, ut in Abrahae filios transeat multitudo». Cfr. S. TOMMASO, in 4 Sent., d. 27, q. 3, a. 1, q. 3: la sinagoga non era una concubina, ma la sposa. 34) I Petr., II, 10: «Voi che un tempo non eravate un popolo, ma che adesso siete il popolo di Dio». Hebr., VIII, 10. Apoc., XXI, 3. S. Paolo dice ugualmente, Philip., III, 3: «Siamo noi la circoncisione» 35) Rom. XI, 16-24. Sono solamente «alcuni dei rami» che sono stati tagliati. 36) Epist. di Barnaba, XIV, 4. S. GIUSTINO, Dialogo con Trifone, c. 119 (ediz. G. ARCHAMBAULT, t.II, p. 211). 37) Jer., XXXI, 31-34. Ezech., XI, 17-20; XXXVI, 26-28. co

me

~

«vera razza israelita, la vera discendenza di Giuda, di Giacobbe, di Isacco e di Abramo ~ > Esso è lo sviluppo di quel «piccolo resto» di cui

parlato quegli stessi profeti, di quel piccolo più piccolo di tutti i popoli », che lahweh aveva promesso di riunire dopo la sua dispersione > e che ora si concentra tutto quanto in Gesù 4~). La Chiesa, che è il luogo della sua riunione, è sempre avevano

resto

~

del

l'« Israele di Dio» 4> ). An i, er misur re a la l della fede tutte le dimensioni del mistero della Chie-

bisognerà risalire più indietro ancora nel passato. gli «antichi patriarchi appartenevano già a

sa,

Anche

questo stesso corpo della Chiesa di cui noi facciamo parte < ). Risale do al di là di M s e dell'allea ~

38)

S. GIUSTINO, Dialogo con Trifone, c. Il, n. 5 (t. I, p. 55). AGOSTINO,Quaestiones in Heptateucum, 1. VI, c. 25: « ...Quod certissime futurum in Christo et in Ecclesia praenuntiabatur, quod est vere semen Abrahae; non in filiis carnis, sed ia filiis promissionis» S.

(P. L.,

34, 789). 39) Jer., XXIII, 3; Deut., VII, 7. 40) Gal., III, 16 e 26-29 ecc. Cfr.

«Dum

Salvatoris

celebrare stiani,

et

nostri

S. LEONE, Sermo 26, c. 2: ortum, invenimur nos nostrum enim Christi origo est populi chriest corporis» (P. L., 54, 213 B).

adoramus

principium. Generatio natalis capitis, natalis

41) Gal., VI, 16; III, 29; Rom., IX, 6. Act., XIII, 17. Israele, popolo di Dio e nazione santa. Exod., XIX, 6; Deut. IV, 20; VII, 6; XXVI, 19. Is., IV, 3 ; Jeremia, II, 3 ; XXXI, 31-34; Ezechiele, XXXVII, 11-14; Daniel. VII, 27; Giudici XX, 2; ecc. Per tutto questo, L. CERFAUX, op. cit., pp. 38-57. ANTONIO CHAVASSE Du Peuple de Dieu à l'Eglise du Christ, in La Maison-Dieu, 32 (1952), pp. 40-52.

cfr.

42) S. TOMMASO, Tertia, q. 8, a. 3, ad 3m, ecc. Cfr. Co~mentarii Michaelis Ghislerii Romani in Canticum canticorum Salomonfs (ediz. 4a Venezia, 1617) p. 4: (in Cant., I, 2): «Arguit profecto perpetua divini Numinis unitas unam eandemque et esse et fuisse Ecclesiam, dispensatam Deo sive per legem naturae quae insita in singulorum est cordibus, sive per legem Moysis, quae Dei digito lapideis insculpta est tabulis; sive per legem gratiae, quae per Christi Domini incarnationem fidelium infusa est mentibus; unde et ab ipsomet Domino in praesenti libello de ea pronunciatum legimus: Una est columba mea, perfecta mea, matri suae. Nihihominus haud certe a veaberrare censendi ii sunt, qui hanc ipsam distinguunt in duas,

ritate

5.

Il volto della Chiesa

—

del Sinai, al di là delle promesse stesse fatte ad Abrapadre» < gt;), b sogna sp ng re il ostro do fino alla prima alba del mondo. «Sacramento

mo nostro

della salvezza dell'uomo», la Chiesa

non

esce

da

qualche «nuovo consiglio» della Divinità, nè da qualche tardiva misericordia» : la si trova risalendo pure lontano nei tempi a); esisteva prima della legge mosaica, nella «Legge naturale ~. Essa esiste «ab exordio saeculi < lt;). em re ci fu un op Dio. Sempre ci fu una Vigna, che il Padre non ha mai cessato di coltivare 4> ). Nell'uni ne di Ad m di Eva è già prefigurata l'unione di Cristo e della sua Chiesa: è questo, ci dice l'Apostolo, «un grande , €” il m mistero» < stero tes o che oveva rivelato «nella integralmente pienezza dei tempi ». Ma anche questa idea di una «prefigurazione è ancora pienamente sufficiente. Ed insufficien«

lt;

~

non

ita

tamen

unitate

ab

minime

invicem

dispertitas, recedant.. ».

ut

a

perfecta,

quam

ostendimus.

~

43) Luc., I, 51. Rom., IV, 12-18; cfr. IX, 6, 13. S. AMBROGIO, De Sacramentis, l. 4 n. 27 (ediz. B. BOTTE, «Sources chrétiennes», 25, p. 86). Cfr. il Canone della Messa Romana: e ...sancti Patriarchae nostri

Abrahae».

Cfr.

anche

il

fascicolo

edito

nel

1951

dai

Cahiers

padre dei credenti, spec. PAUL DEMANN, Il significato di Abramo nella prospettiva del Nuovo Testamento (pp. 4467) L. CERFAUX, op. cit., pp. 59-68). a) S. LEONE, Sermo in Nativitate Domini (P. L., 54, 201-203). 44) NICETA DI REMESIANA, Explanatio symboli, n. 10 (P. L., 52, 871). Cfr. il Liber quaestionum, q. 3, n. 4: « ...Itaque semper christianismus» (ediz. SOUTER, p. 24). 45) S. GREGORIO MAGNO, In Evangelia, hom. 19, n. 1 (P. L., 76, 1154 B); S. PASCASIO RADBERTO, in Matthaeum, l. IX, c. 20 (P. L., 120, 674-675); RUPERTO DI DEUTZ, in Genesim, l. IX, c. 30 (P. L., 167, 554-555). ALANO DI LILLA, Sermo 5 (P. L., 210211-212) etc. Un francescano pubblicava, nel 1625, un'opera intitolata Ecclesia ante Legem. Cfr. BERTAUD, Oeuvres pastorales, voi. Il (1872), pp. 34-37: «La Chiesa comprende tutti i tempi... Nobile vigna, fiorisce in tutti i luoghi e in tutte le età. Adamo ed Eva, penitenti furono il suo primo ceppo; il dolce Abele germoglio sul loro tronco, ecc. ». 46) Eph., V, 32. sioniens

su

A bramo,

persino l'idea di un reale inizio in Adamo 47). Perchè se Gesù Cristo, nell'umiltà della sua carne è venuto molto più tardi, Egli è tuttavia, come insete è

ancora San Paolo, il «primogenito di tutta la creazione» < Ora, ciò che è vero di Lui, lo è anche della Chie-

gna

sa, sua Sposa. Lungamente preparata come Lui dalla storia del popolo ebraico < gt;), prefi ura a f n d radiso terrestre, in realtà essa è, come Lui, più antica ancora. Occorre vederla in Dio, prima dell'inizio del mondo ~~): «essa vi fiorisce con il Cristo, dalla

Volontà del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo» ~> ). In que la misteri sa Sagge za he pres de

con

il Creatore alla creazione stessa si deve

rav-

visare anche la Chiesa

Erma

non

aveva

> dunque

torto di

in visione sotto le sembianze di

una

contemplarla

donna anziana:

perchè, secondo la spiegazione datagli dalla sua guida il Pastore, «essa è stata creata per prima, prima di ogni cosa». Vale a dire che il mondo «è ;) « l D o he ha rat stato fatto per essa» > g

Cfr. SUAREZ, De Fide, disput. IX, sect. 2 (Opera, t. XII, pp. 253-255). Col., I, 15. S. AMBROGIO, in Psalm. 118, sermo I, n. 4: « In primordiis desponsata in paradiso, praefigurata in diluvio, annuntiata per Legem, vocata per prophetas... » (P. L., 15, 1201 A-B), etc. 50) S. EPIFANIO, Expositio fidei (P. G., 42, 784 C-D). 51) Orazione del Sacramentario Leoniano: «Quae Ecclesia ante mundi principium in tua semper est praesentia praeparata». (P. L., 55, 111). S. AGOSTINO, De Civitate Dei, 1. XVI, c. 2, n. 3 (P. L., 41, 479). S. TOMMASO, Tertia, q. 8, a. 3; BELLARMINO, De Verbo 1. IV, c. 4. 52) L'assimilazione venne condotta a termine presto, nella doppia tradizione, greca e latina. Si può dire anche che la Chiesa è la Casa vale a dire Nostro Signoreche, da tutti i tempi, la Sapienza divina 47) (1868), 48) 49) mundi

-

costruendo; cfr. Prov., IX, 1: «Sapientia aedificavit sibi domum». Cosi BERENGAUD, in capoc., (P. L., 17, 775 A). 53) ERMA, il Pastore, Visione II, c. 4, n. 1 (ediz. Paoline, Roma, si

sta

67

esseri dal nulla, che li ha fatti re»,

moltiplicare

e

cresce-

ha fatto tutto questo «per la Santa Chiesa» >

Esprimendosi in tal modo, Erma non faceva che applicare alla Chiesa, secondo la grande legge della trasposizione cristiana, quello che Israele pensava di se stesso < gt;). O igene use à ben re to lo linguaggio, fondandosi sia sull'Apostolo che sul Salmista : «Non crediate che la Sposa, cioè la Chiesa, esista soltanto dalla venuta del Salvatore nella carne; essa esiste dall inizio del genere umano, anzi, fin dalla creazione del mondo; o meglio, e San Paolo ne è garante, prima ancora della stessa creazione del

mondo. L'Apostolo dice infatti: «Egli ci ha scelti nel Cristo prima della creazione del mondo perchè noi fossimo santi ed immacolati al suo cospetto predestinandoci nell'amore all'adorazione del Figlio». Ed è ancora scritto nei Salmi : «Ricordatevi, o

Signore, della vostra Chiesa che avete riunito fin dall inizio». Le prime fondamenta della Chiesa sono dunque

state poste fin dal

stolo dice tanto

ancora

sugli Apostoli

ma

stesso è annoverato tra i La nostra

Dopo

aver

principio.

Per questo

che la Chiesa è fondata anche sui Profeti,

profeti esplorazione non

l'Apo-

non e

sol-

Adamo

>

»

è

ancora

ultimata.

fissato il nostro sguardo sempre

più

in-

dietro nel passato, dobbiamo ancora proiettarlo sempre più avanti nell'avvenire, Fino alla fine dei secoli 1946).

Cfr. S. EPIFANIO, Haeres., 1. I, t. I, c. 5 (P. G., 41, 181 B). 54) ERMA, Visione I, c. I, n. 6 (p. 7). 55) Assunzione di Mosè, 1, 12 (ediz. CHA'.ES, p. 58). 56) ORIGENE, in Cant. comm., 1. Il, (ediz. BAEHRENS, p. 157); trad. G. BARDY, la Theologie dd l'Eglise de saint Irénée au concile

di

Nicée, p. 146). Cfr. in Num., Hom. 3, n. «Sources Chrétiennes», 29, pp. 96-97).

MEHAT,

68

3.

(Traduct.

A.

«a tempore iusti Abel usque ad ultimum electum l7), ab initio mundi usque ad finem» > Queste formule di cui è gremita la tradizione, sarebbero male interpretate se basandosi su di esse —

si

volesse far consistere la

invisibile dei

bilità di un abuso alla verità in esse esse

stato trasceso ma

ecco

dei

vera

Chiesa nella serie

Ma la possideve renderci ciechi di fronte contenuta > gt ). Lo tesso im indicato deve ancora essere trasceso, come era

perfetti

prima

predestinati.

non

quello dell'inizio del mondo. Novissiprimo nel disegno di Dio,

.Ciò che è

ciò che costituisce la realtà definitiva. Clemen-

te Alessandrino lo esprime magnificamente: ~ Come la volontà di Dio è un atto e si chiama il mondo, cosi la

sua

intenzione è la salvezza

degli uomini,

e

57) A proposito di questa formula cfr. Y. CONGAR, Ecclesia ad Abel, 1oc. cit. 58) UGO DI S. VITTORE, de Arca Noe morali; de Arca Noe mystica, c. 3 (P. L., 176, 625 e 688). S. TOMMASO, Tertia, q. 8, a. 3: «Corpus Ecclesiae constituitur ex hominibus qui fuerunt a principio mundi usque ad finem ipsius». CATECHISMO ROMANO, p. Ia, a. 9, n. 17: «Qui ab Adam fuerunt, quive futuri sunt, quamdiu mundus exstabit, veram fidem profitentes, ad eandem Ecclesiam pertinent ». SUAREZ, de Fide, d. 9, s. 2; d. 13, s. 4, n. 22. 59) Tale abuso è già segnalato e combattuto dal TURRECREMATA, op. cit., 1. I, c. 54-59 (pp. 62-72). Nel suo De Ecclesia Christi (postumo, incompiuto, 1887), J. B. FRANZELIN rileva come si possa mantenere un'ampia visione della Chiesa senza cadere ne11'abuso di cui sopra: «Ecclesia Dei secundum amplissimam notionem spectata est supernaturalis societas seu civitas eorum omnium qui sive angeli, sive homines, ab Adam usque ad consummationem sub capite Christo fide in via, visione beatifica in termino adhaerentes Deo uniti sunt parte,

ad

communionem sanctorum» (thesis secunda, p. 8). D'altra senza annettervi un significato contrario alla verità cattolica, numero di testi tradizionali parlano deHa «Sancta electorum

gran intorno a1 passo di S. Paolo, Hebr., XII, 22-23,Ecclesia», oppure della Chiesa dei predestinati. Cosi tra venti altri, BERENGAUD, in Apoc., (P. L., 17, 775 A); ADAM SCOT (P. L., 198, 368B, 690, 691, 792 D); cfr. S. AGOSTINO. Serrno 4, n. 11 (P. L., 38, 39); S. GREGORIO, in Ezechielem 1. Il, hom. 3, n. 16: «Et quidem ab Abel -

jam caepit Ecclesiae et una est Ecclesia electorum, praecedentium atque sequentium». (P. L., 76, 966 C); Epist., I, 5, n.

sanguine passio

< ). Di que ta Chie dunque proclamare che

si chiama la Chiesa»

si

Cristo, regno sono

deve

non

a, c «

il

me suo

avrà mai fine». Le «Nozze dell'Agnello» L'abbiamo già intravisto: essere salva-

eterne.

to, per ogni eletto, non è altro che l'essere accolto in seno a questa Chiesa, per la quale egli è stato crea-

to, nella quale è stato predestinato, in

seno

alla

quale è amato. Perchè il Cristo ha amato la sua Chiesa. Egli si è offerto in sacrificio per essa < gt l'è comprata col Suo Sangue < gt ) ed è partec p nell'unità in.cui esso troquesto mistero d'amore, —

va e

la

sua

consumazione

che noi stessi siamo amati

—

salvati.

se non si considera che il suo aspetto viterrestre, divinamente istituito per procurarci la salvezza, si deve dire che essa è una realtà che passa. Non può durare più a lungo della fede

Certo,

sibile

e

che la fonda

e

dei «sacramenti della fede» cosi

passa dunque, mondo» < lt;).

come assa


gt ). Ne costi ui

sempre

essa

Prima Secundae,

q. 103, a. 3, distingue insieme a tutta la Tradizione i tre stadi successivi del culto interno. Cfr. Acta et decreta..., Collectio Lacensis, t. VII, col. 318, relazione di BARTOLOMEO D'AVANZO:

Ecclesia, ut probe noscitis, (estis enim magistri in Israel) duo distinguenda sunt, substantia et modus, seu forma externa regiminis». 69) S. AGOSTINO, de Civitate Dei, 1. XX, c. 9, n. 1: «Ecclesia et nunc est regnum Christi regnumque caelorum» (P. L., 41, 67). Si « In

faccia

il

per tur?

col

paragone

famoso

«et

nunc»

di

S.

Giovanni.

S.

GRE-

MAGNO„ in hanc sententiam

GORIO

(P.

eloquio 70) più di

L.,

76,

Evangelia, 1. I, hom. 12, n. 1: «Quid itaque nisi praesens Ecclesia regnum caelorum dici1119); «Sciendum nobis est, quod saepe in sacro

regnum caelorum praesentis temporis Ecclesia L'identificazione pura e semplice però non è un

del

dicitur». possibile.

In

Nuovo

Testamento, specialmente negli Atti, Chiesa e Regno sono ben distinti. Cfr. A. WIKENHAUSER, l'Instruction des Apotres par le Réssuscité d'après Act., I, 3, in «Von Wort des Lebens, Festschrift fiir Max Meinertz (Munster, 1951), pp. 105-113. è

passo

F.-M.

identificabile

BRAUN, col

op. cit., pp. 109-111 e 161-170: «La Chiesa in quanto è compenetrata dalla forza del

Regno Regno quaggiù, in quanto

-

con

tutto

il

suo

essere

-

essa

marcia

ver-

Regno glorioso e definitivo del e secolo venturo»; e viceversa: il Regno è la Chiesa in quanto la virtù del Regno, discesa in questo mondo sotto forma di grazia e di vita eterna per mezzo di Gesù, si sviluppa principalmente e normalmente (benchè non esclusivamente) nella comunità dei fedeli fondata sui Dodici » (pp. 166-167). L. CERFAUX, op. cit., pp. 293-298. H.-N. RIDDERBOS, De Komst van het Koninkrijk (1950; resoconto di D. HENDRIKX, in Revue biblique, 1952, pp. 264-267). J. BONSIRVEN, op. cit., p. 91. S. TYSZKIEWICZ, S. J., «Lu sai nteté de l'Eglise christo-conforme» (1945), pp. 86-87: «La Chiesa in questo mondo non può venire identificata adeguatamente con il Regno di Dio». 71) S. AGOSTINO, De sancta virginitate, c. 24: «Nam etsi regnum caelorum aliquando Ecclesia. etiam quae hoc tempore est appellatur, so

il

inaugurazione > ed operante in

)

e

mezzo a

nante sulla terra», ma è

ra la prese za attu noi. La Chiesa è «pellegri-

ne assic

già

«radicata nei cieli

>

~

Di essa, presa nella sua totalità, secondo la sua condizione presente, si può dire ciò che S. Giovanni dice di

formula paradossale che paradosso inerente alla situatensione escatologica «Ciò zione cristiana che è che noi saremo», e che è già realizzato per lo sguardo divino, «non è ancora apparso» > ). in d'o a, lo garantisce l'Epistola agli Ebrei, benchè siamo anognuno di noi, con felicemente il

una

traduce

«

cora

~ :

in cammino, nella ricerca

e

nell'attesa, noi abbia-

alla montagna di Sion, alla Città del Dio Vivente, alla Gerusalemme celeste, nella quale noi siamo già divenuti i concittadini degli angeli mo avuto accesso

> gt ). O, se si prefe isce, già scesa dal cielo in mezzo a «madre nostra» > Rimane

ancora

scoprire, perchè ancora dissipata «

è

tutto

uesta santa Gerus l

noi. Essa è,

da consolidare

e

quaggiù, tutto

la vanità di questo mondo» e

noi siamo ancora

da

non

pellegrini

ge-

ad hoc utique sic appellatur, quia futurae vitae sempiternaeque colligitur» (P. L., 40, 409). Cfr. De Civitate Dei, 1. XX, c. 9, n. 1 (P. L., 41, 673); Sermo 251, c. 4, n. 3 (P. L., 38, 1169). 72) JOSEPH HUBY, Vangelo secondo S. Luca, (ediz. Studium,

Roma). 73) S.

AGOSTINO, Sermo 105, n. 9: «Civitas in terra peregrina, in caelo fundata». (P. L., 38, 622); in Psalm. 86, n. 3: «Fundamentum spiritualis fabricae in summo est » (P. L., 39, 1103). ALANO DI Sermo 5 (P. L., 210, 24 C-D). 74) I Jo., III, 2. L'Apostolo aveva detto poco più noi siamo figli di Dio». LILLA,

avanti:

«Ora

75) Hebr., XII, 22: «~ed accessistis ad Sion montem et civitatem Dei viventis, Hierusalem caelestem, et multorum millium angelorum frequentiam»; v. anche XI, 8-10 e XIII, 14. Cfr. ERIE PETERSON, Das

Buch von den Engels (1935), p. 13. Eph., II, 6: siamo già assisi nei cieli col Cristo... ». 76) S. AGOSTINO, Sermo 214, n. 11, (P. L., 38, 1071).

« ...noi

73

menti

plice

~'>

),

ia nu la di sostanzi l è or

ai

iù s

attesa.

Tutto ciò che nella Chiesa è di ordine sacramen-

tale, rispondente alla nostra condizione terrestre, è destinato a scomparire davanti alla realtà definitiva di cui

esso

è il segno efficace. Ma ciò

teso come

l'annullamento di

non

una cosa

deve

altra: sarà invece la manifestazione della tà». Sarà la sua to

epifania gloriosa

ed il

essere in-

di fronte ad suo

sua

una

«veri-

compimen-

~~).

Sarà forse bene soffermarci

un

momento

sul

di questa necessaria trasfigurazione. Mutatis mutandis, la parola dell'Apostolo: Praeterit 6senso esatto

gura mundi «Tutti noi, trasformati

»

huius, trova qui la sua applicazione. saremo dice ancora San Paolo

—

—

79).

Il nostro tempo ha felicemente certo

spiritualismo che

reagito

contro un

sulla linea del dua-

più quella del Vangelo. Esso ha intelligenza del dogma della morti, e non subisce più la tentazioquesto dogma un semplice compleera

hsmo platonico che su ritrovato una migliore resurrezione dei ne

di vedere in

77) S. ILARIO, Tractatus super Psalm. 148, (P. L., 9, 879, sul passo Rom. VIII, 23). S. AGOSTINO, in Psalm. 148, n. 4, (P. L., 37, 1940). 78) La stessa cosa affermava TEODORO DI MOPSUESTIA, nella Decima omelia catechetica, n. 17, dicendo che la Chiesa oggi porta il nome di «Corpo di Cristo» perchè essa «assomiglia» a Lui e mondo di là essa sarà «effettivamente in verità» perchè otterrà «la gloria di questa somiglianza» (p. 271). Per intendere esattamente testi del genere bisogna tener presenti attentamente le sfumature della terminologia antica. 79) I Cor., XV, 51. S. AGOSTINO, De Civ. Dei, 1. XX, 14 (P. L., 41, 679). nel

rivelato, di

iiiento

non

grande importanza, ad

una

dottrina di immortalità naturale. Conviene rallegrarcene, pur badando a conservare una giusta misura e guardandoci dal seguire ciecamente una moda anti-

platonica, >

ristici ad

un

senza

tener

di tutti i dati scrittu-

conto

). La nos ra ep ca p rò resi te difficilme altro tipo di seduzione.

E' stato recentemente criticato lo sforzo principio, giustamente

e, in linea di

—

— «

di

un

certo

di cristiani di

numero

appassionato» oggi, rivolto ad ~

appagare tutta rata dal di

Se

».

l'aspirazione umana, sia pure rischiaVangelo, entro i flammantia moenia mun essi rivendicano ancora il titolo di figli «

della resurrezione» sembrano intenderlo

farli

vesse

una

seconda volta

figli

~

come

della terra

do~

e

~> ). on s è fo se recenteme te gi ti al punto di stabilire un'equivalenza tra la sperannon

del cielo

za cristiana e la

seguente aspirazione di

...Ma io che

non

son

languisco di rivedere

un

poeta?

nient'altro che figlio della Donna, e

voglio riacquistare

tutto ciò che mi ha bruciato di pena e di piacere.

i cui fautori

atteggiamento dovrebbero essere designati con In

siffatto

—

sconsiderata

non

legge-

80) Per quanto riguarda S. Paolo sarà utile rifarsi alle analisi letterarie elaborate da Dom JACQUES DUPONT O. S. B., Sun Christoi, l'Union avec le Christ suivant saint Paul», Parte Ia. «col Cristo nella vita futura» (Bruges, 1952). 81) LOUIS BOUYER, Le sens de la vie monastique x, p. 46. «Diametralmente opposta è la testimonianza della bisogna dirlo -

-

tradizione cattolica».

75

rezza

non

—

essere seria essere

è sempre facile sceverare ciò che puo di spirito di fede da ciò che può

carenza

pura

e

semplice immaginazione puerile, rinquelle confusioni di or-

novante nel nostro tempo dini già verificatesi più di

una

volta nei secoli pas-

~~), ma che non comportavano, allora, }o stesso pericolo di oggi. Vi si ritrovano curiosamente riuniti uomini che van sognando di una futura felisati

cità terrestre dotata di caratteri trascendenti, ed altri con opposto orientamento ma con analoga contraddizione, vogliono conservare alla felicità trascendente i caratteri più terrestri. Da una parte e

che,

dall'altra sembra si sia perduto o almeno affievolito il senso della trascendenza dell'ultimo fine, i cui beni preparati dal Signore per coloro che l'amano, consistono tutti in ha mai veduto, «cose che non

che l'occhio umano non non ha mai udito», in

«cose

l orecchio

sono

mai entrate nel

cuore

dell'uo-

dall'altra vi è la stessa ansia

parte a). comprendere la portata

mo»

di

Da

e

una

e

to» che dovrà portare

con

di questo «rinnovamensè il Giorno del Signore b).

In alcuni affiora il rifiuto,

o quanto meno il timore, di passare attraverso il grande fuoco del Giudizio, che deve operare le necessarie purificazioni. Sembra

che, affascinati da un avvenire alla cui costruzione hanno consacrato le loro energie migliori, non possano

più risolversi

a

lasciar convertire l'attesa

umana

82) Cfr. GUGLIELMO POSTEL, che nella sua opera «La vergine di Venezia» diceva:

).

funzione e non se ne abbassa la grandezza determinandone l'esatta natura ed il campo specifico d'applicazione. Cosi pure non si contesi sminuisce la

sua

i titoli, nè si minano i fondamenti dell'autolegittima, dichiarandola relativa alla nostra condi-

stano

rità

zione di

potrebbe in tutti

»

«pellegrini» (viatores) Quale attività essa ancora esercitare quando «Dio sarà tutto >

E' sul «corpo della Chiesa militante» che Dio le ha conferito autorita > lt; . Chi a te ta al pri

gerarchico

sono

coloro che, inseriti nel tempo, pretenun modo o nell'altro alle condizio-

dono sottrarsi in

ni del tempo e non coloro che precisano che dette condizioni hanno i limiti del tempo stesso. «Appartiene infatti all'essenza della Chiesa 6no alla

rezione

avere

resur-

il ministero ecclesiastico che la

ren-

de visibile > gt;). uand Gesù prome t va, a che avessero tutto abbandonato per seguirlo, che nel

94) Oppure anche: «il culto di Dio secondo il rito della religione cristiana». Tertia, q. 63, a. I, c. et ad 1m; a. 2, c. et ad 2m; a. 5, obj. 3 95) I Cor., XV, 28. Cfr. CHARLES JOURNET, L'Eglise du Verbe incarné, essai de théologie systématique, I, La gerarchia apostolica (1941), p. 21: «Allora, la gerarchia visibile non servirà più a

nulla».

96) Cfr. CLEMENTE VI, Epist. Super quibusdarn (29 Settembre 1351), parlando del Pontefice Romano dice: e super totum et universum

corpus

Ecclesiae

militantis».

97) BOSSUET, Ré flexions 1727, p. 260).

á.

Il

—

Volto del1a Chiesa.

sur

un

é crit

de

M.

Claude

(ediz. del

81

veniente

Regno essi siederebbero «su dodici troni, giudicando» con Lui, le dodici tribù d'Israele», Egli non proiettava affatto nell'eternità la gerarchia ecclesiastica della terra, benchè si rivolgesse, di fatto, a coloro che Egli aveva scelto per fondarla. Esegeti e teologi discutono per sapere se questa parola riservava un privilegio al solo gruppo dei Dodici Apostoli o se, più genericamente, essa istituiva, «

pur riferendosi ai Dodici, il privilegio i santi

~~).

Ci si

può

anche chiedere

comune a

se essa

tutti

si riferiva

direttamente all'«al di là», o se non riguardava invece una situazione ancora terrestre, un ordine nuovo

che

potrebbe coincidere con l inaugurazione della ~~). In ogni caso essa non fondava un potere che, nel cielo, sarebbe analogo a quello che la gerarChiesa

chia esercita quaggiù. Nella promessa fatta ai Dodici si può almeno vedere l'indicazione o l'applicazione

particolare

ed eminente di

quella che,

nel medesimo

passo, è fatta a chiunque avrà tutto abbandonato per l'amore del Cristo. La Tradizione è unanime nell'in-

terpretare in tale senso questa promessa del Cristo > o e c si la inte de anc ra o gi la Chie 98) Matt., XIX, 27-30. Cfr. J. KNABENBAUER, in loc. (1893), pp. 162-170. A. DURAND, in loc. (1924), pp. 324-326; CH. PESCH, Praelectiones dogmaticae, t. IX (1899), pp. 353-354. 99) Cfr. M.-J. LAGRANGE, Evangile selon saint Matthieu, in loc., p. 381: «E' ad un ordine nuovo che pensava Matteo, ma non si è affatto costretti a vederci... la rinnovazione completa della vita eterna... McNeile pensa alla Pentecoste: troppa precisione. Si può soltanto parlare della intronizzazione del Figlio dell'Uomo, che coincide con la fondazione della Chiesa». 100) ORIGENE, in Matt., XIV, 22-23 ; (ediz. Klostermann, pp. 416-418). S. GEROLAMO, in Matt., XIX, 27-29 (P. L., 26, 138-139). S. AGOSTINO, in Psalm S6, n. 4 (P. L., 37, 1104); De Civitate Dei, 1. XX, c. 5 (P. L., 41). S. GREGORIO MAGNO, in Ezechielem, l. I, hom. 2 n. 18 (P. L., 76, 803 B); Moralia in Job., 1. VI, n. 23-24 (P. L., 75, 741-742); 1. X, n. 52 (col. 950); l. XX, n. 41 (P. L., 76, 162 A); 1. XXVI, n. 31 e 51 (col. 366 e 379-380). S. BEDA, Homilia 17, in

82

Ispirandosi

a

San Paolo che scriveva ai Corinti:

«Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? Non sapete che noi giudicheremo gli Angeli?» >o la

sua

Liturgia estende

a

tutti i giusti la

prerogativa

ciò che di tutti loro diceva il libro della Sapienza: «Essi giudicherandei Dodici. Essa l'accosta

no

le

nazioni

e

a

regneranno

sui

popoli

ed il Si-

gnore regnerà su di essi per sempre» >o ). Que li hanno seguito Gesù sono coloro che l'Apocalisse

chiama i «vincitori fedele

e

» : a tutti costoro, il «Testimone veridico» promette di farli sedere con Lui

sul

suo trono >o Riassumendo, senza giungere a dire con il Gaetano che tutto l'aspetto societario della Chiesa, tutto ciò

sua struttura attuale, sarà sempli«bruciato», si può almeno pensare con Liegé, «che il divenire della Chiesa e le strut-

che costituisce la cemente

il P

ture che hanno edificato la

sua

realtà eterna

saran-

die natali S. Benedicti (P.L., 94, 224-225). ALESSANDRO D'ALES, Summa, 1. III, p. 1, tract. 8, m. 5, c..1 ad 3m et c. 2, (Quaracchi, t. IV, pp. 308 e 309). S. BONAVENTURA, De Sanctis Apostolis Petro et Paulo sermo 3 (Quar. t. IX, pp. 552-554). Somma di S. TOMMASO, suppl. 2, 89, a. 2 etc. 101) I Cor, VI, 2-3. 102) Sapienza, III, 8; Messale romano, Introito della Vigilia di Tutti i Santi. Cfr. RUPERTO, in Matthaeum, (P. L., 168, 1577 A). di un Malgrado tutto, si può ancora parlare sempre con la liturgia -

-

compito giudicatore della gerarchia ecclesiastica nel giorno del Giudizio, nel senso che la potestà da essa esercitata sulla terra sortisce un effetto che viene ratificato nei cieli. Cfr. l inno del Breviario Romano: «Quodcumque in orbe nexibus revinxeris Erit revinctum, Petre, in aree siderum, Et quod resolvit hic potestas tradita, Erit In

solutum

caeli

in

alto

vertice:

mundi judicabis saeculum > (103) Apoc. III, 21: «Qui vicerit, dabo ei sedere mecum in throno meo». LAGRANGE, op. cit., p. 382: «Tutti i vincitori giudicheranno insieme ai Dodici, come tutti coloro che sono distaccati condifine

videranno la loro

ricompensa».

Cfr. Libro di

Enoc, CVIII,

12-13.

83

assunte

no

con

la storicità

personale

nella comuni-

tà gloriosa sotto una forma nuova e del tutto interiore» >!! lt ). i pu di e on il P. U berto Bo Il carattere, immutabile nella sua esseiiza, è impresper sempre nell'anima del sacerdote; tuttavia il sacerdozio sacramentale cesserà nelle sue funzioni, «

so

come

cesserà la Chiesa sulla terra... Nella luce della

città celeste, i segni non c'entreranno più» a). Come il mondo visibile resta ancora sprovvisto, ai nostri occhi mortali,

cosi

sono

—

«della

sua

espressioni

divina

del

grande

interpretazione», Newman

«

la

—

Santa Chiesa, nei suoi sacramenti e nel suo ordine gerarchico, rimarrà fino alla fine del mondo soltanto come un

simbolo di quei fatti celesti che

l'eternità» no

riempiono

>o

Che cos'è dunque l'olocausto? E' il fuoco diviche scende ad incendiare tutto... Quest'olocausto

è intravvisto dalla Chiesa, corpo di Cristo, unità di Cristo, quando dice: «Per l'olocausto io entrerò nella tua

casa».

fiamma! Che

Ch' io sia tutto consumato dalla tua non

mi resti nulla

piii

del mio

essere

104) Loc. cit. Questo non significa affatto che il «carattere» sacramentale non sussista nell'anima. Esso, derivando dal sacerdozio eterno del Cristo, essendo impresso in un anima incorruttibile, è indelebile: « Indelebiliter inest animae, non propter viri perfectionem,, propter perfectionis sacerdotii Christi, ex quo derivatur caracter, sicut quaedam instrumentalis virtus», Tertia, q. 63, a. 5, c. et ad 1m. L'anima ne resta quindi segnata per l'eternità, ma non come di una potenza di cui essa possa usufruire: «Quamvis post hanc vitam non remaneat exterior cultus, remanet tamen finis illius cultus. Et ideo post hanc vitam remanet caracter, et in bonis ad eorum gloriam, et in malis ad eorum ignominiam: sicut etiam militaris caracter remanet in militibus post adeptam victoriam, et in his qui vicerunt ad sed

gloriam, et in his qui sunt vieti ad paenam». Tertia, q. 63, a. 5, ad 3m. a) Teologia e sacerdozio (1938), p. 117. non sono soggiunge Newman 105) Apologia, p. 28. « I misteri -

altro

che

umano è

-

espressione, in linguaggio umano, di verità cui lo spirito inadeguato». l

personale! Ch' io sia tutto tuo! E' questo che sarà realizzato nella risurrezione dei morti, quando s'adempirà la Scrittura : La morte è stata assorbita dalla Vittoria... La Vittoria è il fuoco di Dio. Tutto ciò che ha vita mortale sarà consumato, per trovare la sua

"onsurnazione nella vita eterna... Questo sarà l'olocausto» a).

«Quando sarà giunto il momento della

consuma-

zione, l'uso dei sacramenti cesserà... >o lt;). O dare a questo assioma tutta l'ampiezza che la Tradi»

zione

gli

attribuisce. Nella

nuova

Gerusalemme le

meditazioni umane, che svolgono ora una funzione capitale e assolutamente necessaria, non avranno più ragione d'essere. Tutti allora intenderanno direttamente la

«docili

voce

b). c). In

»

di Dio, tutti saranno spontaneamente Tutti vedranno direttamente il volto

questo «regime di perfetta interiorila conoscenza di Dio, «perfetta e gloriosa», tà», colmerà tutti gli eletti, «come le acque che codi Dio

prono il fondo dei mari ». In ognuno di essi zampillerà la Sorgente della Vita. «Tutta la Città si

identificherà

il

Tempio» e non vi sarà altro Tempio che Signore stesso, nè altra luce per rischiararlo che l'Agnello >!! gt; . on c sa à più l' con

il

a) S. AGOSTINO, In Psalmum 65, n. De diversis quaestionibus 83, q. 69, n. 7. 106) Imitazione di Cristo, 1. IV, c. 2. b) Cfr. Is., LIV, 13. Jer. XI, 34. c) Apoc. XXII, 4. 107) Apoc., XXI, 22-23: «Et templum

18

non

(P. L., 36, 798), Cfr.

vidi

in

ea,

Dominus

85

degli olocausti, e

ma

soltanto l'altare dei

la Chiesa tutta intera

non

ostia di lode in Gesù Cristo

sarà

>o

profumi >o che

più

come in

eternizzato,

Guardiamoci dal restringere delle nostre idee il potere che il sfigurare la sua Sposa. Lasciamoci

sola

. Nel ior o d sua perfezione la

gnore, quando sarà realizzata nella «catholica societas» tutto si ritroverà, stesso, unificato, interiorizzato, «Dio sarà tutto in tutti » >&

una

gt;

la

con

Dio

perchè

grettezza

Signore ha di traguidare dalla santa audacia della fede. Non siamo restii a credere quello che la nostra immaginazione è impotente a raffigurarsi. Mortifichiamo il nostro desiderio pensando che anch' esso è troppo meschino: perchè, occorre ripeterlo ancora, «l'occhio dell'uomo non ha mai visto, il suo orecchio non ha mai inteso, il suo cuore non ha mai

concepito ciò che Dio prepara a co>& t;>) «L'a er reso

loro che Egli ama... » l Epifania» Palestinese

o

la Pentecoste

non

ci im-

pedisce di prendere ugualmente sul serio la veniente Parousla >& t;~). Ca tiamo nco a una vo ta

enim Deus

omnipotens templum illius est, et Agnus. Et civitas non eget sole acque luna ut luceant in ea; nam claritas Dei illuminavit eam et lucerna ejus est Agnus &g ;. I ., I, 9. Je ., XX I, 33- 4; Heb ., VI 10-12. Cfr. IVO CONGAR; Le Christ, Marie et l'Eglise (1952), pp. 39-40. 108) Apoc., VIII, 3-5. In altre parole il culto del Cielo non compiù il sacrificio propriamente detto. Cfr. Dom ANSCHAIRE VONIER, La chiave della dottrina eucaristica. Milano, ediz., Paoline porta 1955. 109) JEAN-JACQUES OLIER, Explication grand'messe de paroisse (1689), p. 142. 110) I Cor., XV, 28. 111) I Cor., II, 9. R. GROSCHE,

112) Mons pp. 41-42.

:86

Pilgernde

des

Kirche

cérérnonies de

(Freibuy'g,

la

1938),

ticipata celebrazione del secondo

e

definitivo pas-

~~IVO : ...Et antiquum documentum Novo cedat ritui! «La santa Chiesa ha due vite: l'altra nell'eternità»

Non

vite:

la

non

a). riguardiamo

un'estranea alla Ecclesia

una

separiamo

nel tempo, queste due

Ecclesia deorsum

sursum

come

>& t;>).

conoscere, attraverso la diversità dei suoi stati

cessivi, la continuità dell'unica Chiesa >& conosciamo l'unità del Cristo nella

stre, nella

>&

sua morte e

nella

sua

t;< ). Prima di iv

a) S. GREGORIO, in Ezech., 1. Il, 113) S. AGOSTINO, Sermo ISI, n.

sua

Sap

suc-

t;4)

co

vita terre-

risurrezione

ntare

aS

gloriosa osa, ei

10 (P. L., 76, 1060). (P. L., 38, 982-983). 114) S. AGOSTINO, De Civitate Dei, 1. XX, c. 9, n. 1, parla della Chiesa «qualis nunc est » e «qualis tunc erit» (P. L., 41, 673). RICCARDO DI S. VITTORE, Sermones centum, s. 44: « ...Et licet Ecclesiam ita secundum status sanctam diversos, credulitatis scilicet et visionis, spei, et rei, iustificationis et beatitudinis, gratiae, et ut sit in exsilio filia, in regno mater...: una gioriae, distinguamus, est tamen uxor Agni, sponsa Christi». «Et ipsa quidem sancta Ecclesia est in caelo, partim in mundo. Ibi velut in patria, hic ut in exsilio. Ibi regnans, hic peregrinans. Et celebrantur nuptiae utrobique: hic in fide, ibi in contemplatione; hic in spe, ibi in re» (P. L., 177, 1016 A-B. e 1015 D). CONDREN, testo inedito citato di JEAN GALV le Sacrifice dans l'école frangaise de spiritualité (1951), p. 220: «Nell'unità della Chiesa, vi sono tre chiese: La Chiesa dei Giudei, la quale non possiede che delle figure e non conosce se non attraverso enigmi; la chiesa dei santi, la quale non vede che le verità e le cose in se stesse; la chiesa dei cristiani, la quale possiede la verità, ma il velo sotto delle figure». Id., ibid., p. 244: «La Chiesa di Gesù Cristo esistente sulla terra e quella esistente in cielo non sono due ma una sola Chiesa». chiese, 115) S. AGOSTINO Brevis coli. contra Donat., c. 10; n. 20; «Eamdem ipsam unam et sanctam ecclesiam nunc esse aliter, tunc autem aliter..., sicut non ideo duo Christi, qui prior mortuus, postea non moriturus» (P. L., 43, 635). Cfr. LAGRANGE, op. cit., pp. CLXI e CLXVI. n.

7

87

precedettero l'incarnazione,

la

Chiesa

era

ancora

soltanto la fidanzata. E tale rimane, in parte, fino alla consumazione dei tempi 11< ) I mist ci spons e del Calvario esigono ancora il comdell'ultima Parousia 11> ). Nupt ae s nt Ecclesia Domino in thalamo caelestis so-

di Nazareth

plemento

gni, cum ciabitur 11~).

Tuttavia la Chiesa ha

h, che

nessuna

già

fidanzata ha

ricevuto dei ancora

pegni

ta-

mai ricevuto:

Colui che si è promesso ad essa, le ha fatto dono Sangue 11> ). ur distinguen o, c me si c

del Suo

viene, la via rebbe

il termine

e

e a

—

confonderli si

corre-

dobbiamo saperne grosso rischio 1~o) continuità la comprendere profonda e saper vedere un

—

l'immanenza dell'uno nell'altra. Nel Tabernacolo di Mosè dobbiamo

già

riconoscere il

Tempio

di Salomo-

121). Sl, la

ne

Chiesa, come il mondo, passa e al tempo stesso rimane 1> g ;), e del mondo r man , er 116) AIMONE, Expositio

in Apocalypsim, 1. VII: «Sponsa itaque Ecclesia, per fidem, spem et dilectionem; sed tunc erit uxor quando ad amplexus viri, id est ad contemplationem Dei omnipotentis pervenerit » (P. L., 117, 1193 A). I testi rabbinici portavano una distinzione analoga riferendosi all'unione di Iaweh con nunc

la

est

sancta

comunità 117)

Cfr.

BOUYER,

le

ebraica: E.

B.

Sens

v.

Schemoth

rabb.,

XVI,

30.

360. LOUIS (1933), p. monastique, p. 160. WILHELM KOEChiesa nell'A pocalisse, nella pubblicazione

ALLO, de la vie

l'A pocalypse,

STER, S. J., A gnello e Vom JFort des Lebens (1951), pp. 152-164. 118) S. BEDA, Explanatio Apocalypsis, 1. III (P. L., 93, 188 C). Cfr. METODIO, Simposio XI, (ediz. BONWETSCH, p. 135). 119) S. AGOSTINO, in Psalm. 122, n. 5 (P. L., 37, 1634-1635). pp.

120) S. 98-99.

TYSZKIEWICZ,

La sainteté

de

l'Eglise

christo-conforme,

121) Cfr. ONORIO D'AUTUN, de O ffendiculo, c. 14. 122) Si possono applicare qui le riflessioni di S. GREGORIO, Moralia in Job., 1. XVII, c. 9, n. 11: «Terra et caelum, vel qualiter transeat, vel qualiter maneat, distinguamus. Utraque namque haec per eam quam nunc habent imaginem transeunt, sed tamen per essentiam fine subsistunt. Praeterit figura hujus mundi..., Erit caelum no-

sine

ta, soltanto ciò che la Chiesa assume ed accoglie in sè. Senza dubbio si può ugualmente dire, con San Giovanni Crisostomo, che si tratta per noi di passare dalla Chiesa presente a quella dei Beati, dalla Città che noi formiamo quaggiù a quella che è nei

cieli

>~

gt

).

E' u m

soltanto è comodo mettere

e

do di espri ersi, q est

naturale,

ma

, c

anche adatto

a

in rilievo il radicale cambiamento che abbia-

poco fa ricordato. Non è male, e può, anzi, essere utile e necessario, guardare una stessa verità da due punti di vista opposti. Non diceva anche S. Paolo, mo

paragonando la nostra

i nostri

casa terrestre

corpi ad una dimora, che se si dissolve, noi ne attendiamo

>& t;< )? Al ri testi isp forse di «cieli nuovi di terre nuove parlano a que t;& te varie es res io i non

un

ci

altra da Dio nei cieli

»

e

«

~

et terra nova. vum Quae quidem non alia condenda sunt, sed haec ipsa renovantur. Caelum igitur et terra, et transit et erit, quia et ab nunc habet ea, quam specie, per ignem tergitur et tamen in sua semnatura servetur» (P. L., 76, 16 C-D). Cfr. S. ILARIO, Tracper tatus super Psalm. 55, n. 12 (P. L., 9, 362; cfr. 285-286). S. GIROLAMO, in Amos, 1. Il, c. 5 (P. L., 25, 1043 A-B). S. PROSPERO, in Psalm. 101, v. 26-28 (P. L., 51, 283-284). AMBROGIO AUTPERTO, in A pocalypsim, 1. IX (Bibliotheca maxima Patrum, t. XIII, pp. 628-630 G-H). AIMONE, Expos. in A poc., 1. VII: «Abiit primum caelum et prima terra, hoc est per innovationem immutata sunt, et a pristina figura recesserunt... » (P. L., 117, 1192 A). Cardinal HUMBERT, Adversus Graecorum calumnias, c. 42 (P. L., 143, 959 C-D), etc. Altri testi si possono vedere nell'opera Catholicisme, p. 113. 123) S. GIOVANNI CRISOSTOMO, lezione del Breviario Romano, Comune dei Confessori non Pontefici, 6a Lezione. Sermone per la festa di S. Filogono. 124) II Cor., V, 1. 125) Apoc., XXI, 5. Cfr. Is., LII, 6; LXVI, 22. Il Cor., V, 17: e Si in Christo nova vetera qua creatura, transierunt, ecce facta sunt omnia nova». In questi testi la parola greca non è > p< Che è nuOVO nel tempO), ma ««cv'~)i (quel Che è nuOVO nel SuO modo di essere). Cfr. BEHM, art. «~~ivágy nel Worterbuch di G. KITTEL. Vedere anche A. VIARD, O.P., Expectatio creaturae, nella eRevue biblique» (1952), p. 345, n. 2.

89

no

trarre

in

inganno. Portano sempre in

se

stesse

il

loro correttivo. «Nè la sostanza nè l'essenza della creazione devono

essere

annientate»

neo; ciò che deve cessare è la a). Ecce nova facio omnia:

«sua non

precisa

S. Ire-

forma temporale» si tratta di novità

ed è cosa ben più grande— pura e semplice, ma di rinnovamento totale in una soggiacente continui—

tà > < d'u tale rinnov men o che e clude or gni invecchiamento b). Si tratta d una «rigenerazio-

c), Ora,

ne»

e

d'un «ristabilimento di tutte le ciò è

cose»

d).

dei nostri corpi carnali, di tutta la creazione di Dio, non è meno vero, sul se

tutto

vero

piano, della Chiesa, seconda creazione e Corpo del Cristo. In realtà, diciamolo in attesa di precisare meglio nel capitolo seguente la fondatezza di suo

—

una

tale asserzione

non

—

c'è che

sola Chiesa,

una

eademque Ecclesia >& t; gt;). a Chiesa att vive e progredisce penosamente nel nostro povero mondo, la Chiesa «pellegrina militante, la Chiesa in umiliata cento modi, è la stessa ogni giorno una

~

Chiesa che vedrà Dio

nella Sua Gloria

a

>&

e

faccia

sarà immersa

faccia

a

t;>

). Nelle p

e

ofo

dit

de

a) Adversus Haereses, 1. V, c. 36, n. 1 (P. G., 7, 1221 BW). 126) Apoc., XXI, 1. Il Petr. III, 10 e 13. Cfr. Is., LXV, 17; LXVI, 22. Matth., XIX, 28. La «Legge nuova» è tutt'altra cosa, e ben più di una «nuova legge». Cfr. S. BONAVENTURA, Dominica prima Adventus, senno 19 (Quaracchi, t. IX, pp. 41-42). b) S. IRENEO, Adversus Haereses 1. V, c. 36, n. 1 (P. G., 7, 1222 A). c) Matth. XIX, 28. d) Attf, III, 21. 127) S. TOMMASO, Quodl. XIII, q. 13, a. 19, ad 2m: «Est alius status Ecclesiae none et tunc, non tamen est alia Ecclesia» (Si tratta qui dei due primi stati). RUPERTO DI DEUTZ, in Zachariarn, l. Il: «Una eademque Ecclesia et in praesenti saeculo aedificatur dum gentes convertuntur, et in futuro exstruetur dum omnes resurgemus» (P. L., 168, 748 C). 128) S. GREGORIO, in Ezechielem, 1, II, hom. 1, n. 5 (P. L., 76,

90

sere,

essa

è

già

fin d'ora la «Città di Dio»

>~

Per la virtù della fede, che anticipa la visione, è già fin d'ora « introdotta nelle stanze del Re» a).«E'

questa, oggi, la sua speranza: Questa Gerusalemme che

te.

mente sulla terra deve

essere

essa

vivrà eternamen-

noi vediamo attual-

rapita

in

Cielo;

come

Elia fu trasportato su un carro di fuoco, cosi anch'essa sarà trasportata; sposa gloriosa, essa sarà sollevata più in alto di Elia» >& t;~ . Più a cora, uesta Gerusalemme è, fin d'ora, «nel mistero ~ > g «nella speranza» >& t; ), la Gerus lemme Ce es

Madre che noi abbiamo sulla terra è super terram Mater caelestis

—

—

già

Ecclesia mater

—

per noi una Madre Celeste e le porte che essa ci apre

—

338 D). AIMONE, in Apoc., (P. G., 117, 1004 B-C). RUPERTO DI DEUTZ, in Zachariam, 1. V, (P. L., 168, 791 D). etc. Vedere anche il simbolo tradizionale della luna, per esempio in S. AGOSTINO, in Palm. 71, n. 10 (P. L., 36, 908); Epist., 55, n. 10 (P. L., 33, 209), etc. 129) S. AMBROGIO, in Psabn. IIS expositio, sermo 15 n. 35 (P. L., 15, 1422 C). S. AGOSTINO, De Civitate Dei, (P. L., 41, 251, 387, 479, 657, 674) ecc. Nella sua Introduction à l'étude de saint Augustin (2a, ediz., 1943, p. 238), M. STEFANO GILSON dice molto bene: «Per

sorprendente che possa sembrare, la Chiesa non è la Città di ma qui egli prende la Chiesa nella sua correlazione con lo Stato; e in fondo, nell'Indice (p. 356), alla parola «Eglise», si può leggere: «in quale senso essa non è la Città di Dio». Quindi non Dio»;

c'è nessun disaccordo reale. Cfr. GILSON Les métamorphoses de la Cité de Dieu (1952) pp. 73-74. G. BARDY, Dépnition de la Cité, in Année théologique, 1952, pp. 123-125. a) Cant., I, 3. PSEUDO ALCUINO, Compendium in Cant.: «Cellaria regis aeterni gaudia sunt coelestis patriae, in qua nunc Ecclesia introducta est per fidem, introducenda plenius per rem» (P. L., 100, 643 B-C). 130) S. AMBROGIO, in Luca', 1. Il, c. 87-88 (P. L., 15, B-C); 1. VII, c. 91: «Regnum Ecclesiae manebit in aeternum 1722 C). 131) S. AGOSTINO, in Psabn. 14S, n. 4 (P. L., 37, 1940).

1585 (col.

(132) RUPERTO DI DEUTZ, in Zachariam, 1. V: «Hierusalem sicut et in plerisque Scripturarum locis, Ecclesiam significat in

hic, hoc

mundo peregrinantem, quae quamdiu peregrinatur, etsi nondum re, tamen spe jam est caelestis Hierusalem» (P. L., 168, 791 D).

sono

il

le «porte celesti

già

rame

sarà cambiato in

ma, attraverso questa

rà sempre la to d'Israele

Jerusalem,

et illa

t;>

. A

cora

ed il ferro in argento,

nuova

tramutazione, sussiste-

stessa Città di

>~

>&

»

oro

Jahweh,

la Sion del San-

). H ec cae1est s, et i 1a cae1est s; H

Jerusa1em >&

Anche quello che nella Chiesa è transitorio è per noi il mezzo unico, l'organo indispensabile, lo

provvidenziale e al tempo «pegno d'attesa, la figura passeggera, la della Comunione ventura» >& Come tale noi lo dobbiamo amare. «strumento»

stesso il promessa

133) ORIGENE, in Levit., hom. 12, n. 4 (ediz. BAEHRENS, p. 46); hom. 11, n. 3 (p. 43). ZENONE DI VER©NA, Allocuzioni pasquali, I e II: e Questa Madre celeste vi concepisce, gioiosa, pieni di gioia, liberi, e vi dà alla luce sciolti dai lacci del peccato» (trad. H. Vie, Spirituelle, 1 Aprile 1943, p. 327). TERTUI Baptismo, c. 15: «Una Ecclesia in caelis», etc. Cfr. Apoc., XXI, 2; Gal., III, 20. 134) Is., LX, 14 e 17. 135) S. ILARIO, in Psalm. 124, n. 4 (7a ediz. A. ZINGERLE, CHIRAT,

LIANO,

nella

De

600). 136) D. C. L., in Irenikon (1949), p. 444. JACQUES DOUIDCES, Sagesse chrétienne, in «France-Asie», t. VI, n. 54, p. 509. CLEMENTE D'ALESSANDRIA, Stromata, l. IV, c. 8: «La Chiesa della terra è l'immagine della Chiesa del cielo» (P. G., 8, 1277 B). ORIGENE, De principiis, 1. I, c. 6, n. 2 (ediz. KOETSCHAU, p. 82). Libro dei Gradi, sermone 12, De Ministerio Ecclesiae occulto et map.

ni festo:

«Non disprezziamo la Chiesa visibile, perchè è essa che l'infanzia di noi tutti; nè la Chiesa del cuore, perchè è lei che fortifica la debolezza di noi tutti; e viviamo nella speranza di quella Chiesa celeste, perchè è lei che ci perfeziona tutti quanti nella santità». (Patrologia Siri aca, 1. t. III, col. 294). ROBERTO educa

GROSCHE, op. cit., pp. 23-76. E S. TOMMASO, in Ephes., c. III, Pars Tertia: « Ibi est vera Ecclesia quae est mater nostra, et ad quam tendimus, et a qua nostra Ecclesia militans est exemplata». Sui due aspetti complementari qui accennati, si possono trovare ur Kontroverstheologie, 1, die Kirche altre indicazioni in Beitraege im Ephesiér-brief, a cura di Heinrich SCHLIER e Victor WARNACH (Munster, 1949), pp. 68-69. Vedere anche S. AGOSTINO, De Diversis quaestionibus, 83, q. 69, n. 7, e q. 75, n. 1, (P. L., 40, 77 e 87). S. CIRILLO DI GERUS., 18a Catechesi, c. 26.

92

I DUE ASPETTI DELL'UNICA CHIESA

Da quanto abbiamo detto emerge

suggerimento:

nel riflettere sul

già un preciso problema della Chie-

guardarci da alcune dissociazioni che un pericolo. Ne abbiamo scartata una. Dobbiamo ora segnalarne altre. Non sono mai mancati, in nessuna epoca, spiriti chimerici, o ribelli alle onerose condizioni dell unisa

dobbiamo

non

nascondono

tà cattolica, pronti ad opporre

a

questa Chiesa visi-

bile, temporale gerarchica, quale esiste in a noi, una specie di Chiesa invisibile, tutta e

mezzo «

inte-

riore», tutta «spirituale», «comunità luminosa di Dio diffusa in tutto l'universo» > ). S lo que ta sta communio sanctorum, ideale luogo d incontro di

tutte le comunità cristiane

come

di tutte le anime

sante, sarebbe, rigorosamente parlando, la Chiesa di Dio. Essa sola sarebbe divina. Essa sola sarebbe 1)

La Nuée sur le Sanctuaire, di d'ECKARTHAUSEN, trad. frane. 30.

(1819), p.

93

oggetto della fede. La prima, che è «corporale», sarebbe che

«creazione

una

umana»

>

non

). o è es

infatti, sempre e inevitabilmente, gretta, e impura? Non si divide forse fatalmente nel corso dei tempi in raggruppamenti diversi e spesso contrastanti? Infine, le esigenze disciplinari, necessarie al buon ordine della comunità, non le impongono tutto un

apparato dere

di governo che non ha nulla la santità del Vangelo?

umano

con

Sono queste che si ritrovano zioni

a

ve-

press'a poco, le obiezioni luterane più o meno alla base di certe conce-

«ecumeniche» al di fuori del cattolicesimo.

Dobbiamo riconoscere che nei confronti di

una

sapienza puramente naturale, avrebbero il loro peso. Tuttavia, accettare questo modo di vedere > ) o stinguere

Leibniz

«

uomini »,

o

con

tempio degli

il

tempio di

affermare

con

Dio»

«

e

il

Calvino che

2) LUTERO, Trattato sul Papato (maggio 1520): «La prima (realtà), che è essenzialmente, fondamentalmente, veramente la Chiesa, noi la chiameremo la cristianità spirituale, interiore. L'altra, che è una

creazione

umana,

un

fatto

la

esterno,

chiameremo

la

cristia-

corporale, esteriore». (traduzione francese di HENRI STROHL, la Pensée de la Réforme, 1951, p. 178). In Psalrn. XVI (1519); Responsio ad Cathar, (1521). (Opera, t. Il, 1600, pp. 166 e 356-365). Circa l'.ecclesiologia dei primi riformatori: STROHL, op. cit. pp. 173-224; per il pensiero ecclesiologico di Calvino, vedere inoltre: CH. JOURNET, op. cit., t. Il, pp. 977-987 e IVO CONGAR, Vraie et fausse ré forme dans l'Eglise (1950), pp. 368-538. Per la dottrina luterana del corpo mistico, cfr. WILHELM WAGNER, nella Zeitschri ft fiir katholische Theologie (1937) (riassunto dato da JOURNET, pp. 340-357). 3) Quando la «ratio» non è « fide illustrata» esistono sempre eccellenti ragioni naturali pronte ad essere- invocate contro ognuno c'è dei misteri della fede. Non qualcosa di sommamente istruttivo nel fatto che sia proprio il cattolicesimo, giudicato troppo schiavo della ragione naturale, a dover ricordare al luteranesimo il paradosso nità

della fede, in materia ecclesiologica? Senza dubbio, Lutero be

fatto

dire lo

a

meno

di

costretto

—

scisma

al

quale

riconoscere

a si

la

cosa,

se

non

giustificare subito con una era lasciato trascinare.

non

avreb-

per cosi ecclesiologia nuova

si

fosse

—

la Chiesa è

«quel gruppo di fedeli che Dio ha scelto ed eletto per la vita eterna» a) e che «può sussistere senza apparenza visibile» 4), significa dar corun sogno e tentare di separare ciò che Dio ha congiunto, non soltanto introdurre dappertutto un'anarchia dottrinale, quale Melantone era costretto a deplorare b). Ci precluderemmo in tal modo la com-

po ad

prensione del «disegno

eterno»

che Dio «ha rea-

lizzato per mezzo di Gesù Cristo nostro e

mane,

a

Signore» ~)

infedeli, per delle ragioni puramente

saremmo

tutta

u-

la Scrittura.

Certo, « la struttura sociale della comunità cristiana, benchè sia tale da mostrare la sapienza del suo

divino Architetto, essa

e

tuttavia di ordine del tutto in-

la si paragona ai doni spirituali di cui è dotata e di cui essa vive» < ). Ma ne le ue

feriore

se

essenziali è anch' essa di istituzione divina.

nee

Se

crediamo veramente che la

Chiesa da noi

professata nel canto del Credo è al tempo stesso comunità universale ed una comunità visibile,

una

non

senza tradire la nostra fede, contentarci in seguito di ammettere che la Chiesa universale è resa visibile e viene concretizzata per ognuno di noi dalla comunità particolare alla quale appar-

possiamo più,

teniamo,

indipendentemente dalla separazione

a) Catechismo della Chiesa di Ginevra. 4) Epistola al Re di Francia: «(Certuni) una

mo

forma

che

la

di

Chiesa

Chiesa

visibile

e

delle

esigono continuamente

appariscente... Noi, invece, affermia-

puù sussistere

senza

alcuna

apparenza

visibile... ».

Opera omnia, t. III, pp. 26-27). b) MELANTONE, Opera, voi. XII (Corpus Refonnatorum, 1844), p. 365-371. Melantone tuttavia scarta il «regnurn pontificium» a pro d'una

«honesta

aristocratia».

5) Eph., III, 11 6) Enciclica Mystici

cor

poris,

p.

35.

95

diverse

e contrastanti comunità particolari > ). Sare anche questo un modo di risolvere la questione della unita ricorrendo ad una Chiesa invisibile. Sarebbe

«speculazione platonica» invece « Il gio no segue Cristo > alla morte di Gesù», esisteva una Chiesa, e viveva quale Gesù l'aveva istituita. a). ancora

fare della

di ascoltare Gesù

)

La Chiesa attuale deve

tinuità dal

con

la comunità dei

determinato, sociale, i

deve

come

organizzato,

suoi riti, e, ben presto, con

Attraverso

evidente

con-

primi discepoli, che,

si presenta

primo giorno,

in

essere

un

con

una

gruppo

fin

ben

i suoi

sua

capi, e legislazione.

successione reale ed ininterrotta, essa unita alla «radice della società cristia-

una

essere

na» > ). o è tratta do que ta successi ne da «p fano», da «meccanico» o da «giurista», che se ne eliminerà l'esigenza. Che si dia pure, se si vuole ar-

rivare, tà

preciso sotto il termine d apostolici«pneumatica» opponendo ad ogni idea di sucun

senso

aver proclamato: «La confessione di fede apostolica affatto parlare d'una società invisibile, ~ma di un raggruppamento ben visibile ~, e ancora: «Credo Ecclesiam significa: io credo che la comunità della quale faccio parte è la Chiesa, una, santa, universale», KARL BARTH finisce per dire: « Io testimonio in fede che la comunità concreta alla quale appartengo... è destinata 7) Dopo non intende

a rendere visibile, qui, sotto la forma che le è propria, la Chiesa una, santa e universale»; il che, evidentemente non è più la stessa cosa. Schizzo di una dogmatica, pp. 139-142. Anche un'altra formula tradisce il suo imbarazzo : «Non esistono Chiese molteplici, ma una Chiesa, questa Chiesa concreta che dovrebbe potersi riconoscere in tutte le altre» (p. 140). 8) KARL BARTH, La Chiesa e le Chiese, traduzione francese di MOOBS, nella pubblicazione Oecumenica, t. III, p. 141. a) L. de GRANDMAISON, Gesù Cristo voi. I. p. 407-410. 9) S. AGOSTINO, Epist. 232, n. 3: «Videtis certe multos praecisos a radice christianae societatis, quae per Sedes apostolorum et successiones

episcoporum certa per orbem propagatione diffunditur» (P. L., 33, 1028). Contra Faustum, 1. XI, c. 2 (P. L., 42, 246); 1. XXVIII, c. 2 (col. 486), ecc. Cfr. Dom TH. BELPAIRE, Autonomie et wnité ecclésiologique, in Ireni kon, 1949, p. 58. i

96

cessione «storica»

origini, le

a);

cose non

Noi crediamo piuttosto

dopo le prime interpretate cosi. che ci mostra gli

in tutti i casi

sono a

mai state

S. Ireneo

A.postoli nell atto di aflidare ai vescovi le Chiese in quei luoghi dove avevano la sede b) .Se la Chiesa visibile di oggi, non è la Chiesa «apostolica», non continua realmente la missione del

può

la

essere

sua

Chiesa

Cristo

e

non

>

Del resto, «se c'è una sola anima nòn ci può essere che un unico corpo» > gt;). Corpi mu t pli visi non possono costituire una Chiesa unica. La

supposizione che possano esistere varie società cristiane indipendenti, con l'«unità dello spirito», è totalmente estranea al pensiero di San Paolo» > cd e contraria a tutta la storia cristiana primitiva. Se «

la Chiesa è riamente

«vedere toccare

Sposa

una

realtà concreta deve

essere necessa-

organismo che si possa in qualche modo toccare» > ), c si c me si pot va ved r

un

e

l'Uomo-Dio durante la di Cristo è unica ed è

sua una

vita terrestre. La

Chiesa «che si

a) Cfr. C. BARTH, Dogmatica, voi. I, pp. 99-100. b) Adversus Haereses, 1. V, c. 20, n. 1: «Episcopi, quibus Apostoli tradiderunt ecclesias» (P. G., 7, 1177 A), etc. 10) Circa la successione apostolica: PIERRE BATIFOL, l'Eglise naissante et le catholicisme. BRAUN, op. cit., pp. 171-209). DAMIANO VAN DEN EYNDE, les Normes de l'enseignement chrétien... (1933), pp. 67-76. 11) PASCHAL RAPINE, le Christianisme fervent, t. I. la Face de l'Eglise universelle (1671), p. 45. 12) ARMITAGE ROBINSON, Ephesians, 2a ediz. p. 93.JOSEPH HUBY, Saint Paul, Epitres de la captivité, p. 196. 13) LEONE XIII, enciclica Satis cognitum, citata nell enciclica Mystici corporis, che aggiunge: «E' dunque un allontanarsi dalla verità divina l'immaginare una Chiesa che non si possa nè vedere nè toccare, che non sia nient' altro che «spirituale», nella quale le numerose comunità cristiane, quantunque divise tra loro nella fede, sarebbero tuttavia riunite da un legame invisibile» (p. 10). Vedere anche PIO XI, enciclica Mortalium animos (1928).

ll

—

Volto

della

Chiesa

vede, che si sente,

cui si crede, che insegna, che Tu to ci o b iga a r

a

decide, che battezza» > lt;).

l'energica formula del P. Louis riecheggia una formula di S. Ignazio di Antiochia, «una Chiesa invisibile equivale in realtà all'assenza di ogni Chiesa»: senza la gerarchia che la riunisce, l'organizza e la guida, «non si può parlare di Chiesa». Chi sul piano della Chiesa si rifiuta di seguire la logica paradossale dell'incarnazione, come potrà ancora seguirla sul piano dell'economia sacramentaria? Più ancora, non sarà logicamente tentato di abscerlo :

secondo

Bouyer

che

bandonarla

anche in

ciò che

stessa di Gesù Cristo

D'altra parte,

se

è

concerne la persona

> vero

che la Chiesa, nel

suo

aspetto visibile, «rivela tracce evidenti della debolezza della nostra condizione umana, ciò non deve attribuirsi alla sua costituzione

sto alla

giuridica,

ma

piutto-

tendenza al male dei suoi sin-

deplorevole goli membri, tendenza che

il

suo

divino Fondatore

permette anche nei membri più ragguardevoli del suo Corpo mistico per provare la virtù sia delle pecorelle che dei pastori e perchè in tutti si accrescano i meriti della fede cristiana»

>

La Chiesa si presenta nella sua struttura come un connubio non soltanto di visibile e di invisibile,

ma, nel visibile stesso, di divino e di umano: ~ Christus nostram salutem operatus est, in quantum fuit 14) FENELON,

Lettres sur l'autorité de l'Eglise, I e V, 3. 15) L. BOUYER, in Dieu Vivant, 2, p. 140. S. IGNAZIO D'ANTIOCHIA, Ad Trallianos, III, I. (Ediz. frane. CAMELOT, p. 112). Cfr. VLADIMIR SOLOVIEV, La Russi e et l'Eglise universelle, 3a ediz. pp. XXV e XXIX. 16) Enciclica Mystici corporis, p. 36.

98

Deus et Homo...

Oportet ergo et ministros Christi aliquid divinitatis ejus participare secundum aliquam spiritualem potestatem > gt;) sta. legge, ripetiamolo, costituisce un aspetto fondahomines esse, et

~

mentale del mistero della Chiesa. Dimentichiamo troppo facilmente quale sorgente di forza essa sia per noi.

Eppure

l'autore

dell'Epistola agli

Ebrei ci esorta

ricordarci dei nostri capi defunti, mediante i ci fu trasmessa la Parola di Dio, e non è a

a

quali caso

che aggiunge immediatamente, senza alcuna transizione: «Gesù Cristo è il medesimo ieri ed oggi e lo sarà eternamente» > lt ). ' per mezzo degli che ci guidano e ci ammaestrano con un'autorità divina che ci viene assicurato il più prezioso fra tutti i beni: l'indefettibile saldezza nella fede in Cristo e nella partecipazione alla Sua vita. Ma la stessa legge, per coloro che non cercano di sottrarvisi rifugiandosi in una specie di indifferenza, comporta, in compenso, un aspetto spesso doloroso. La storia lo dimostra chiaramente: ci sono dei pastori abili, ma non

mancano

certamente

gli incapaci; c'è

il buon

c'è talvolta anche il mercenario

> gt; può essere un mediocre cristiano : l'espressione può essere contestabile, ma essa è stata imposta da una esperienza fin troppo comune. Ciò che rende possibile la santità apre anche la porta, purtroppo, alla più atroce impostura. pastore,

partenga

ma

o no

alla

gerarchia,

un

cattolico zelante

17) S. TOMMASO, Contra Gentiles, 1. IV, c. 74. 18) Hebr. XIII, 7-8. 19) Cfr. gli schiarimenti dati da S. AGOSTINO, Epist. 208, n. 2-5 (P. L., 33, 950-953), oppure S. GIOVANNI CMSOSTOMO (P. G., 56, 126; 61, 180); S. PIER DAMIANI, Epist. vo1. I, ep. 20 (P. G., 144, 245 A).

99

Inoltre, dove c'è comunità di uomini è fatale che essi, pur aiutandosi, si facciano reciprocamente soffrire. E la sofferenza sarà tanto più grande quando essi siano

legati tra di loro da un vincolo cosi è quello esistente nella Chiesa. Tutte le forme coscienti od inconsapevoli della malizia umana assumono allora un carattere molto più odio-

profondo

come

so. La calunnia trova in certi ambienti ecclesiastici un

particolarmente favorevole,

terreno

che vi ha

messo

radice, si

e

una

volta

nutre non soltanto del

peggio ma anche del meglio. S insinua come negli altri ambienti, e come questi è quasi sempre inafferrabile. Perfino un sincero e reciproco desiderio di bene, dello stesso bene, non sempre riesce ad evitare gli urti tragici: succede anzi che li provochi, come

E

si vede nella vita dei santi.

quali profònde alcun

ed impensate ferite, che

non

riscontro

nell'esperienza puramente possibili quando, in questa associazione di carattere unico, gli uni hanno la paurosa facoltà di raggiungere gli altri in quel segreto punto di congiunzione in cui si incontrano l anima e lo spirito! Quando esiste, anzi, un potere cosi forte e cosi penetrante, di fronte al quale non si tratta soltanto trovano

umana, diventano

di subire

sarebbe assolutamente insufficiente—

—

di consentire, e di consentire volentieri a ciò che sarebbe, da parte di qualsiasi altro potere, una inma

tollerabile violenza! Perchè è fino

anche nella

a

questo punto che

pratica più comune, deve giungere l'obbedienza cattolica! Lungi dall'essere una sconcertante eccezione, questa sofferenza è un fatto norsua

male. Ordinariamente anche 100

se

non

sempre riveste

forme acute, questa sofferenza è senza dubbio assai s'intende per il cristiano preoccupiù frequente, —

pato di

vita di Chiesa, ti dall'esterno. In ogni caso il una vera

bilmente

suo

quelle proveniencarattere

inevita-

paradossale ce ne re~de l'accettazione più può ferirci ben più intimamente. Ma essa

penosa,

e

è, nello

stesso

doci

di

—

sotto la

tempo, generatrice di gioia. «Umilianpotente mano di Dio», essa ci prepara

«al tempo della

sua

visita»

far sorgere doveri gravi

~o).

Talvolta può anche

delicati, che dobbiamo

e

sa-

per discernere con penosa ricerca ~> ), ma le lac razioni che essa opera, sotto l azione dello Spirito,

volgono sempre a profitto dell'unità meglio realizzata e meglio amata. E, infine, è proprio questa soHerenza che, più di tutte le nostre speculazioni e le no stre molte parole, ci farà progredire nella intelligenza del Mistero della Chiesa.

Senza introdurre

una

perniciosa

dissociazione tra

l invisibile, come avviene spesso nello scisma o nell anarchia spirituale, senza sottoscrivere

il visibile

e

il concetto inconsistente di «cattolicità evangelica»

~~)

sostenuto da un ecumenismo

liberale,

senza

op-

20) I Petr., V, 6. 21) Sta di fatto che nell'obbedienza cattolica si tratta di tutt'altra cosa che non consegne o di parole d'ordine, di tutt'altra cosa che « Il non di irregimentazione militare o di conformismo sociale. prende persino le cose dello spirito dal puro lato esteriore. L'obbediente prende invece anche le cose della lettera dal lato interiore» (Paradoxes, p. 28). Quanto più perciò nel caso nostro, in cui le «cose dello spirito» sono sempre almeno da qualche lato le cose dello «Spirito Santo». conformista

—

22) «La Chiesa Romana

scriveva nel 1911 NATHAN SOEDER-

—

101

gerarchia, o lo «spirito» può correre talvolta lo stesso rivigilanti, distinguendo pericolosamente «Chiesa visibile» e «Corpo mistico» di Cristo. Alcuni, senza averlo positivamente voluto, ne sono rimasti presi, dato il carattere disarticolato e frammentario della speculazione teologica.

porre neppure i carismi alla

alla «autorità», si schio, se non si è

Da

parte, infatti, pareva che Ia Chiesa

una

sufficientemente definito sa senza

stico

o

almeno descritto

ricorrere abitualmente all'idea del gt

>

affermato

e

).

n una se ie di doc menti s

avesse

se stes-

Corpo

mi-

lenn essa

tanto la sua istituzione divina

precisato

quanto alcuni tratti essenziali della sua struttura esterna sebbene anche questo lavoro non sia stato affat—

to ultimato nei suoi concili BLOM messa

si

—

fuori

~4).

I trattati De Ecclesia,

è relegata da se stessa nel rango di una setta e si è della cattolicità evangelica»: citato da JEAN G. H.

HOFFMANN, p. 152.

Nathan

Il

Soederblom

prophète

de

(1948),

di 23) primo designa Corpo mistico, sembra sia la bolla «Unam Sanctam» di Bonifacio VIII. Ma in numerosi scritti dottrinali e testi ufficiali posteriori si parla del «corpo de/a Chiesa» e della sua unità e meno sovente documento

che

la

l'écumenisrne Chiesa

col

nome

del

«corpo» o del «corpo mistico di Cristo». 24) Per quanto concerne il Concilio Vaticano, vedere il riassunto storico elaborato da Dom LAMBERT BAUDUIN, l'Unité de l'Eglise et le concile du Vatican, nella Eglise et Unité (Lilla, edizioni -«Catholicité», 1948), pp. 13-56. «Uno schema de Ecclesia Christi era stato preparato in antecedenza da teologi reclutati nel mondo intero. Tale progetto venne stampato e distribuito ai Padri del Concilio. E' noto che per mancanza di tempo, il Concilio non potè discuterne che un capitolo solo: il XI, sul Primato del Pontefice Romano..., tra i quindici capitoli che lo schema contava. La Costituzione de Ecclesia Christi perci6 è ben lontana dall'esaurire la dottrina della Chiesa circa la propria fisionomia... Per colmo di sventura è stato conservato il titolo generale dello schema: Constitutio dogmatica prima de Ecclesia, titolo questo che abbracciava l'esposizione completa di quindici capitoli. L aggiunta di prima passa facilmente inosservata... » (pp. 20 e 22). «Non c'è dubbio osservava —

Mons.

sale

e

BATIFFOL

immediata

l'enunciazione

dei

che

—

della

giurisdizione univeressere completata dal-

del. Papa ci guadagna ad diritti divini dell'episcopato»: i

102

l'enunciazione

Risposta

al

Memo-

anche

quelli

di

maggior valore, in uso fino a poco generalmente a questo aspet-

tempo fa, si limitavano

to delle cose, dominati come erano dalla preoccupazione di stabilire solidamente i titoli e le prerogative

della gerarchia cattolica e di sostenerne i diritti contro le usurpazioni o le negazioni della società civile. Il loro punto di vista, benchè dottrinale, restava, per cosi dire, dal principio alla fine più apologetico che

mistico.

I loro autori miravano

più

a

difendere

e con-

solidare i bastioni di Gerusalemme che ad introdurre i fedeli nel cuore segreto della Città ~> ). La magg

s'atteneva,

ranza

l'essenziale, allo schema

per

trac-

ciato nel secolo XVI da S. Roberto Bellarmino nelle sue

Controversie,

celebri

come

alla tradizione

lastica creata nel secolo XVIII dai

naturalmente, più

e, e

ancora

gli

primi

manuali

sco-

~<

autori del catechismo

dei trattati di pastorale. Senza dubbio, era stata aperta

una larga via al dell ultimo da Giovanni Adamo secolo, principio Moehler non soltanto il Moehler dell'Unità, ma quello della Simbrilica. Moehler aveva attinto la mag—

Gore, (Malines, maggio 1925), nell'opera di Jacques DE LA SAUD 8E, Anglicans et Catholiques, t. Il, Documents (1949), p. 248. randum del Dr. DE

BIVORT

25) Dom GR', nel cosi i numerosi trattati difendere primo

gli

luogo

avamposti di stabilire

1885, nella sua prefazione metteva a punto moderni: « I dottori suscitati da Dio per di

Gerusalemme...

l'autorità

della

sono proposti in per far fronte al essenziali: hanno op-

si

Chiesa

razionalismo; essi hanno affermato le sue note posto agli errori prodotti dal protestantesimo e esatta conoscenza dei poteri che la reggono,

del gallicanismo la degli elementi che la compongono e dei principi che ne informano il governo». 26) Cfr. il trattato di C. REGNIER, De Ecclesia (2 voi., 1789), op-

pure L. BAILLY, Tractatus de Ecclesia Christi, (2 voi., 1783), t. I, p. 8: ...Ecclesia quae militans appellatur, et de qua agitur in hocce tractatu, est totum constans anima et corpore, ut notat Bellarminus.

Anima Ecclesiae sunt ipsa dona Spiritus sancti... Corpus Ecclesiae nihil aliud est, quam externa et vera Christi religionis professio».

103

gior parte e

della

deve anche nella

se

sua

ispirazione dai Padri della Chiesa, po' a Fenelon ~> ). en pre to tr

sua

un

orbita

gio Romano,

gruppo di Gesuiti del ColleGiovanni Perrone che l'aveva

un

come

difeso nel 1841 ~> ), il qu le lo f ce conosc re ai p pri alunni. Nel 18(3-18)4, Carlo Passaglia diede al «corpo mistico» un posto centrale nel suo po/eroso

autorevole

e

pieno

d'una vitalità

Sulle

sue

trattato De Ecclesia

patristica

ancora tutta

Christi, fremente.

Clemente Schrader, che fu, per alcun tempo, suo intimo collaboratore ~~) e Giovanni Battista Franzelin, il più grande dei suoi discepoli > ). Un l ro alun o, Mat ia Giuse pe Sch ben,

orme

«uomo

continuarono

di genio»

~&g

;) mo

to tro po pres

o,

lo stesso Moehler, per averci potuto dare tanto, espose con profondità nel 186$ il mistero della Chieme

sa

Corpo

niistico di Cristo nella

del Cristianesimo

>

opera sui Misteri di si sc rgerà nel

sua

gt; . Più ta

insufficiente chiarificazione teologica del il mistero del Corpo della Chiesa e tra rapporto la sua struttura gerarchica» > gt;); cionon imen opera

«un

27) STEFANO LOESCH, MOHLER, t. I p. P. CHAILLET, La Chiesa è una, pp. 219-220. 28) Praelectiones theologicae, t. Il, pp. 32-33. 29) Theses theologicae, series septima (1869).

223-224

e

290.

30) De Ecclesia Christi (postuma 1887). Cfr. G. COURTADE, S. J. B. Franzelin, les forrnules qua. le Magistère de l'Eglise lui a empruntèes, (Ricerche di scienza religiosa, voi. XL, 1952), pp. 323325. Fu Perrone a consigliare a Franzelin lo studio di Mohler: EDGARDO HOCEDES, S. J., storia della teologia nel XIX secolo voi. Il, (1952), p. 358. 31) PIO XI, agli alunni del Collegio germanico, 9 marzo 1935 (Oss. Rom. 11 marzo). J.,

32) Cfr. AUG. KERKVOORDE, O. S. B., La teologia del Corpo mistico nel XIX secolo, in Nouvelle revue theologique, voi. LXVII (1945) pp. 415-430. 33) Cfr. C. LIALINE, O. S. B., Irenikon, voi. XIX (1946), p. 138.

Une

étape

en

ecclesiologie,

st'opera,

nel

suo

insieme, ha segnato

una

felice di-

rettiva. tuttavia riconoscere che questa direttiè stata che poco seguita. Durante il Concilio Vaticano, quando i Padri presero conoscenza del-

Bisogna

va

non

lo

schema, redatto senza dubbio inizialmente da Schrader, il cui primo capitolo era intitolato: «Ecclesia est corpus Christi mysticum», un certo numero di essi rimase interdetto da un simile modo di esprimersi. Parecchi si dichiararono contrari; alcuni, richiamandosi perfino all abuso fatto dai Giansenisti al Sinodo di Pistoia

>

), incominciar

n a tem

re

favorisse l'eresia > Dopo il Concilio la situazione rimase la stessa. Nel 1823 il sulpiziano Brugère, dopo aver descritto la Chiesa all'esterno, affermava che sarebbe st;to molto co~veniente considerarla anche «dal di dentro e nella sua relazione col Cristo» a), ma nel suo

sohdo trattato di 'f34 pagine, s'accontentò di per abbozzare questo

una

pagina punto. Lo sforzo posteriore di Dom Gréa (188$) e di

mezza

nuovo

alcuni altri, come pure la pubblicazione postuma nel 1882 del corso di Franzelin, non ebbero sul prin-

cipio un miglior successo che quello di Scheeben. All inizio del nostro secolo, la rinascita « tomista» danneggiata da un'interpretazione gretta della 34) Cfr. PIO VI, bolla Auctorem elidei, prop. 25. 35) E' che costoro condividevano più o meno con questi l'idea che il «Corpo mistico» non comprende che i membri in stato di grazia. a) P. 264: «Jam ad altiorem quamdam concipere est Ecclesiae notionem, i11am, scilicet considerando jam non ab extra et relate ad genus humanum, sicut antea fecimus, sed ab intra et relate ad Christum, quemadmodum nos docuerunt s aneti Dei homines atque imprimis Sanctus Paulus... ».

105

e da una conoscenza troppo frammentaria dello stesso S. Tommaso, non poteva favorirla gran che b). Non s'accordava allora che un'attenzione alquanto distratta ai richiami di Leone XIII del 1896 nell'Enciclica Satis cognitum e a quelli del-

Tradizione

la Divinum illud del 1897. Certamente il

Corpus Christi mysticum,

non

al-

trimenti che dai trattati dello stesso Bellarmino

c),

totalmente assente dai nuovi, come anche altri manuali precedenti, ma non lo si nomidagli nava che sporadicamente. L'idea non assumeva tutnon

ta

la

era

forza,

sua

struttura

non

profondamente

entrava

dell'opera, anzi,

serita che come

un

spesso corollario o

non

nella

vi veniva in-

un'appendice d);

oppure la si trovava quasi subissata dalla serie di « figure» della Chiesa contenute nei libri santi. Contrariamente

a

quanto

avevano

desiderato nel 1820

i teologi dello schema de Ecclesia va a

e),

non

si ricorre-

questo, almeno esplicitamente, nel determinare

la ragione intima della Chiesa ~ f). Può darsi fosse, più d'un caso, questione di presentazione; tuttavia la tendenza generale era di mettere in risalto il «

in

carattere

metaforico

dell'espressione,

anzichè

mo-

derare il realismo della dottrina da questo affermata. La figura biblica appariva appropriata solo a rendere

l'idea d'una società,

senza

dubbio

soprannaturale

b) Cfr. KERKVOORDE, loc. cit. c) Sul «Corpo mistico s in BELLARMINO: Seb. Tromp., Bellarmini duplex conceptus corporis mystici, in Gregorianum, 1942, pp. 279-290. d) Cosi in Ant. STRAUB, De Ecclesia Christi (1912), 2 voi. Cfr. R. M. SCHULTES, O. P., De Ecclesia catholica... (1926) pp. 754-755, etc. e) Cfr. MANSI, voi. LI, col. 553. f) Cfr. L. BILLOT, S. J., Tractatus de Ecclesia Christi (voi. I, p. 49-50).

106

nella

origine come nel suo fine, con mezzi ugualsoprannaturali a sua disposizione, ma senza vera e propria unita mistica. L'opposizione masua

mente una

nifestata, contrariamente a tutta la solida tradizione patristica e tomista, nell'ammettere che lo Spirito Santo era lui stesso l'anima di questo grande corpo, sembra, purtroppo, si debba considerare, almeno presso parecchi, quale un sintomo di questo stato d'animo g). Ancora nel 1930 il P. Maurizio de la Taille scriverà: «Benchè questo punto di vista (delCorpo di Cristo) sia stato tanto familiare

la Chiesa

ai Padri, benchè sia tanto centrale in S. Tommaso, è un errore che occupi lo stesso posto nelle scuole di teologia dei nostri giorni » h).

dunque portati a credere che Schrader completamente fallito, quando aveva concluso un punto della sua dissertazione sul Corpo mistico di Cristo con quest'esortazione: «Tale è il sublime carattere della Chiesa, che dev' essere presentato alla mente dei fedeli perchè ne siano profondamente convinti, e sul quale non sarà per nulla esaSi sarebbe

abbia

gerato insistere» i). g) Cosi F. M. DE BROUWER, Tractatus del Ecclesia Christi (1882), pp. 202-203; o G. MILMERS, De Christi Ecclesia (1898) p. 88: I Padri hanno parlato dello Spirito Santo, «dum causa videlicet ponitur pro effectu», etc. Catechismo cattolico del Card. Gasparri; «Per anima della Chiesa, s'intende ciò che è il principio invisibile della vita spirituale e soprannaturale della Chiesa, cioè l'assistenza continua dello Spirito Santo, il principio d'autorità, l'obbedienza interna ai capi, la grazia abituale con le virtù infuse, etc». Vedi una buona critica e una messa a punto, in T. ZAPELENA, De Ecclesia

Christi, voi. Il, (1940) pp. 125-136. Più tardi l'enciclica Mystici cora ratificare la dottrina tradizionale; commentario in L. MALEVEZ, L'encyclique «mystici corporis», in Nouvelles revues theologique, 1945, pp. 394-405. h) Lettera di prefazione a JOSEPH ANGER, la Doctrine du corps mystique de Jésus-Christ, Sa ediz. (1934) p. VIII. i) Acta et decreta sacrorum conci liorum recentiorum, Collectio poris è intervenuta

lacensis, t. VIII (1890), col. 567; cfr. col. 301-302. 107

A

piii

avvenne

questo

a

d'uno dei teologi del tempo passato, come un certo Padre del Concilio Vaticano l),

concetto sembrerebbe invece

piuttosto

atto a

fantasia», dalla quale la purezza della dottrina potrebbe averne a p"tire, e quindi venne respinto come «astratto e favorire una deleteria «esuberanza di

mistico»

m).

D'altra parte, press'a poco nello stesso tempo, si stava compiendo uno sforzo notevole per approfondire il trattato de Gratia, valorizzando maggiormente la cosi detta grazia «abituale» e liberandosi dal punto di vista troppo individualista che aveva

lungo prevalso. Un'abbondante letteratura spirituale esponeva e sviluppava i risultati di questo sfor-

a

zo

era

nella loro

portati

riconoscerlo, di

una

zia, di

applicazione

cosi

a

alla vita del cristiano. Si

rimettere in

talvolta

con un

primo piano, bisogna po' di confusione, l'idea unico organismo di gra-

Vita unica, di un comunione di tutti

una

con

tutti nel Cristo.

tale scopo, la Tradizione, tanto greca che latina, offriva molte ricchezze da sfruttare, specialmente nei suoi commentari dell idea paolina del Ora,

«Corpo tari

a

di Cristo»;

ben spesso questi commenalcun riferimento, almeno esplivisibile > l ;). L introd zio e del ma

non contenevano

cito, alla Chiesa

bolo «corpo mistico», il cui esatto significato non fu sempre ben compreso, aveva contribuito in molti l) Cosi Mons. RAMADIE, Vescovo di Perpignano (MANSI, t. LI, col. 741). m) Si giunse fino al punto di pensare che la teologia del «Corpo mistico» fosse stata sconfessata dal Concilio. C. LIALINE, loc. cit., pp. 148-149. 36) Già nei Padri, e specialmente in tutta una parte dell'opera agostiniana, parecchi testi relativi al Corpus Christi, non indicano affatto una connotazione esplicita della struttura visibile della Chiesa.

108

casi

le

polarizzare l'attenzione sul carattere spirituagrande mistero esposto da San > gt ). In uesta situa ion , n n 'è da meravi

a

interiore del

e

Paolo si che

sempre si pensasse

non

di loro in due

a

unire direttamente tra

questi due grandi temi trattati distinti. E quando

dottrinali, studiati

accadeva che ci si

pensasse, non si vedeva sempre molto bene come riuscirvi. «Legalismo» da una parte, «misticismo»

dall altra: la sintesi della ecclesiologia si za

riuscire

preoccupati

cercava sen-

trovarsi.

Parecchi, inoltre, vivamente dal problema della salvezza degli infe-

a

deli, pensavano di potervi trovare una soluzione, sia utilizzando la' tradizionale distinzione del «corpo»

e

dell'«anima» della Chiesa in

maniera

una

talvolta inesatta che finiva per sepaimprudente rarle, sia distinguendo «Chiesa giuridica». e «Chiee

sa

della carità»

cietà

> ) o Leibkir gerarchica» e «comunità

ancora

cosa

h

e Geistkir

h o «

di grazia», oppure

tutte queste distinzioni dicono la stessa

—

la realtà visibile della Chiesa istituzionale

—

la realtà, sotterraneamente po mistico. Non

mancavano

più estensibile,

del resto, in

un

modo

e

del Coro

nell'al-

37) EMILE MERSCH, op. cit., t. Il, p. 8: L'idea del corpo mistico, nella tradizione occidentale «si è sviluppata principalmente intorno a una questione di ordine pratico, la questione della grazia». Dom C. LIALINE, Une étape en ecclésiologie, loc. cit., p. 134: «Si può dire che gli elementi visibili della nozione di Corpo di Cristo siano andati in regresso per far sempre più posto al suo lato invisibile, 1 unione degli uomini con Gesù Cristo, sia nella grazia santificante sia nella grazia di predestinazione». 3S) Cfr. il discorso di PIO XII ai seminaristi di Roma, 24 giugno 1939: «E' a torto che si fa una distinzione tra la Chiesa giuridica e la Chiesa carità. della Non è affatto cosi; questa Chiesa giuridicamente fondata, che ha per Capo il sovrano Pontefice, è anche la Chiesa

di

cristiani ».

Cristo, E

la

anche

Chiesa

chiamata:

della

carità

«Chiesa

e

l'universale

storica»

e

famiglia

«Chiesa

dei

mistica».

109

tro, di mettere il secondo termine in rapporto di dipendenza,

o

anche di

«

identità

mistica»

con

il

primo. Siffatte distinzioni non erano dunque date come assolute. Non erano, nè volevano essere, delle disgiunzioni, e lo spirito che le dettava non era per nulla re

paragonabile

allo

che aveva fatto opporChiesa invisibile, come l umano. La prima di esse fi-

spirito

alla società ecclesiastica

si. oppone il divino gurava fino

a

e

una

ieri nei trattati

più

classici

>

&

t;) e

persino proposta con una certa insistenza in alcuni dei nostri catechismi < ). Er no distinzi ni determin da

un

problema reale, che

il

teologo

non

può

nè elu-

dere, nè risolvere in modo negativo. Si può dire che la soluzione ricercata e proposta con queste formule era per lo più sostanzialmente corretta, anzi l'unica corretta: furono sufficienti alcune leggere correzioni

di vocaboli per renderle accettabili, nulla di essenziale. Ma tuttavia non

propriate. mente

La loro

terminologia

senza

cambiarvi

erano

molto ap-

era

troppo

tradizionale, ed il punto di vista che le

scarsa-

regge-

39) Cosi SCHULTES, op. cit., p. 98. Riserve fatte in J. DE GUIBERT, S. J., de Christi Ecclesia (2a ediz., 1928), p. 133. 40) Cfr. il Catechismo in uso nelle diocesi di Francia, n. 166 e 174-178. Riportando simili testi M. PIERIM MICHALON, P. S. S., diceva «Abbiamo l'impressione che questa distinzione tra «corpo» e «anima» della Chiesa, invece di chiarire il problema, ne solleva parecchi altri»: l'Etendue de l'Eglise, in Eglise et Unité (1948), pp. 95-97. Veder anche JOURNET, op. cit. t. I, 95-97. La commissione dogmatica preparatoria al Concilio Vaticano aveva scartata questa espressione «utpote scolasticam et novam omnino in modo loquendi conciliorum» (MANSI, t. XLIX, pp. 624-625). GUGLIELMO POSTEL usava una terminologia migliore (la sua dottrina qui è fuori discussione) quando scriveva nel suo Absconditorum Clavis, c. 11, n. 4: «E un dato di fatto indubitabile che il corpo della Chiesa deve possedere tanti membri nascosti ai nostri occhi, in numero molto maggiore di quelli che vediamo e che ci si rivelano per mezzo del culto esterno».

110

va,

troppo soggettivo < gt;

. Non

erano sufficient

protette contro interpretazioni ed utilizzazioni esagerate. Nella migliore delle ipotesi, esse rischiavano

di svigorire la verità primitiva che San Paolo aveva cosi fortemente espressa in queste parole, tanto semplici quanto misteriose: Corpus Christi, id est Ec-

4~), e che comporta, tra le altre conseguenze, quella per cui ogni salvezza, senza eccezione e no-

clesia

Ilostante

ogni

apparenza contraria, viene per

mezzo

della Chiesa < Ora è a questa fondamentale verità che, fugando

ogni vano timore, l enciclica Mystici Corporis Christi, preparata essa stessa da tutta una serie di ottimi studi

ui pubblicazi ne si ra fa ta iù int quindicina di anni, doveva, nel 19'f3, riportare l'intelligenza cristiana : «La dottrina del Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa, dottrina attinta originariamente al labbro sa

4<

da

), la

una

e che pone nella sua vera luce il gran bene, mai abbastanza esaltato, della nostra strettissima unione con sl eccelso Capo, è tale senza

stesso del Redentore

dubbio che, per la sua eccellenza e dignità, invita tutti gli uomini che son mossi da divino Spirito, a studiarla e, illuminandone la mente, fortemente li

41) Noi abbiamo attirata l'attenzione su questo punto in diversi passi di Catholicisme, in modo particolare nel capitolo 7, Le Salut par l'Eglise. 42) Col., I, 24; cfr. Eph., I, 22. 43) S. AMBROGIO, in Psalm. 99, n. 11: «Sola Ecclesiae gratia, qua redimimur s (P. L., 14, 1061 B), ecc. 44) Tra i quali quelli del R. P. MICHEL D'HERBIGNY, S. J., Theologica de Ecclesia, (2.a ediz. 1920, seguito da H. DIECKMANN, 1925), di Mons. F. GRIVEC, de Corpore Christi mystico quaestiones methodicae e Controversia de Corpore Christi mystico (in Acta Academiae Vilebradensis, 1937 e 1941), di KARL ADAM, del P. E. PRZYWARA, S. J., e del P. S. TROMP, S. J. 111

spinge a quelle opere precetti 45). E' dunque questa

suoi

salutari che

corrispondono

ai

»

la dottrina, è questa la verità primitiva che deve costituire la pietra angolare della riflessione teologica sulla Chiesa di Cristo 4< ). S

volerla minimamente contestare, senza volersi allontanare in nulla da una esatta teologia, alcuni si

za

preoccupano di distinguere dalla realtà soprannaturale della Chiesa cattolica ciò che essi chiamano la sua

«realtà

sociologica»

o

la

sua

«situazione sociolo-

gica» < gt ). Si rat a er o iù di aici, osser ato tenti del loro tempo e vogliosi di riforme sociali.

Teoricamente, la pratica, talvolta,

loro distinzione è impeccabile. è utilissima, forse necessaria. A coloro che la propongono si può forse rimproverare una sola cosa : una ortodossia cosi perfetta, cosi facilIn

mente sicura che

rassomiglia

stranamente all'indiffe-

45) Prolusione dell'enciclica Mystici Corporis (p. 3). trina

viene

ripresa,

non

senza un rimpianto verso ad essa il loro pensiero o

La stessa dot-

quanti non sanno il loro modo di

adattare pienamente esprimersi, nell'enciclica Humani generis del 12 agosto 1950: e Certuni hanno la persuasione di non essere tenuti alla dottrina che Noi esponevamo or

non

son

anni nella Nostra Enciclica, e che si apa dire che il Corpo misola... ».

molti

poggia sulle fonti della Rivelazione, vale stico di Cristo e la Chiesa son una cosa

46) Mentre completa il movimento teologico uscito dalla reazione contro la Riforma, l'Enciclica Mystici corporis, riconducendoci all'idea paolina presa nella pienezza, ci pu6 dunque aiutare a meglio sfruttare nelle prospettive attuali i tesori della vena ecclesiologica -

contenuta

-

nella

Tradizione

patristica e medioevale. 48: «Dicimus ex divinis

Contra Celsum, 1. VI, n. Dei Ecclesiam esse Christi

Cfr.

ORIGENE,

Scripturis, totam animatum; membra

corpus, a Dei Filio corporis, ut totius, eos esse omnes qui credunt... ». 47) Q R. P. VIVIER, S. M., ha pubblicato nella rivista Irenikon, t. XXI (1948), pp. 274-284, un interessante studio sulle Sorgenti del corpo sociologico della Chiesa, corpo che egli paragona al «sacraautem illius

mentum tantum» della scolastica e «che è la formazione sociologica apparsa nel bacino mediterraneo due mila anni fa». Distinzioni formali del genere, dal punto di vista metodologico, sono assai chiarificative,

l1Z

basta

naturalmente

che

non

vengano

irrigidite.

renza per tutto

ciò che nella Chiesa

precisamente, della e

non

è oggetto,

loro

«sociologia». C è infatti un modo di essere pregiudizialmente per principio «sottomessi al dogma», che non è

un rifiuto di interessarsi al suo contenuto, cioè alla verità rivelata. Si è allora troppo indiffe-

altro che

«

religione, per voler prendersi la briga» di pensiero di riflessione su quanto essa inse-

rente sulla aver

un

gna. L'essenza della fede la si riduce ~ a non osare contraddire i misteri incomprensibili, in faccia ai quauna certa qual vaga sottomissione non costa niente»; per questo ci si riferisce una volta per tutte «a coloro che passano come maestri » a); si dichiara

li

di «mettere rispettosamente da parte il deposito delle dogmatiche, e di non aver coraggio di discu-

verità

terle

~.

Come lo dimostra molto bene quest'ultima frase, questo atteggiamento pratico tende, per forza propria, all'errore dottrinale che relega tutti i misteri della fede in una regione separata dall intelligenza, in

una

sere,

specie

di esilio, dal

quale

non

possono più es4> ). Com

per nulla, la luce della nostra vita

que sia, nell'intreccio cosi complesso e cosi cangiante delle cose ecclesiastiche nell'attività degli uomini di Chiesa, nei costumi e nel comportamento dei vari ambienti cattolici, in tutto ciò che Dom Gréa defia) FENELON, Mandarnent pour le Jubilé de l'année sainte 1701; Lettera al vescovo d'Arras sulla lettura della S. Scrittura in lingua volgare, 1707. Fr. D'ARGENTAN, Grandezze di Dio, voi. I, pp. 157-158. 48) E' l'aspetto «noetico» dell'errore che giunge fino a separare l'ordine della natura da quello soprannaturale. Il suo caso limite sarebbe la famosa «incredulità sottomessa» sferzata da VOLTAIRE e RENOUVIER p.

8.

(Second

essai

de

critique

générale,

2a

ediz.,

t.

III,

154).

Il

—

Volto

della

Chiesa

113

l'abito mutevole degli accidenti e delle istitu< gt ), la «socio og a» i c i ui si t atta, beninteso, un campo di studio immenso e sempre rinniva

zioni

«

»

novato. Come il Verbo,

parte di

incarnandosi,

si è sottomesso,

all'esame della storia, anche a quella che si serve di metodi puramente profani, cosi la sua Chiesa è ugualmente esposta alle per tutta

una

analisi della

se stesso

sociologia.

Il

guaio è che

la

sociologia,

di analizzare, si trasforma volentieri in critica. Intendiamoci: sul piano teorico ciò è perfettamente legittimo, e in alcuni casi, anzi, superlanon contenta

tivamente salutare. Ma l'unione tra l'umano ed il divino è cosi delicata che a spingere inconsideratamente la critica si corre facilmente il rischio, in casi ben più numerosi, di rassomigliare al figlio che insulta la madre. Chiamandola «Chiesa sociologica» non si farebbe altro che accentuare

spetta,

senza

una

dicotomia

so-

riuscire ad evitare l'odiosità dell'insulto.

E' necessario inoltre ricordarsi che l'umano stesso, in quanto è essenziale alla struttura ed alla vita della Chiesa quale Gesii Cristo l'ha voluta, è anche esso di origine divina; o, come dice un teologo,— la formula non è molto elegante ma ha il vantaggio di contenere la parola controversa c'è già «una —

incarnazione

del

sociologica Corpo di Cristo» che fa parte della sua essenza > ). Dimenticando o, v rebbe reintrodotta, col pretesto questa volta non piài della teologia ma della scienza, una dissociazione nefasta. 49)

De l'Eglise... pp. 316-317. 50) R. P. GEORGES TAVARD, Croix del 15 gennaio 1952.

114

A.

A.,

Sens de

l'Unifé,

in

la

Eccola divisione

unica Chiesa,

dunque questa

divina anche nel

e

ne

stesso

Cristo di cui essa è misticamente il «corpo

diremo neppure,

non

umana

aspetto visibile, «senza confusione», ad immagine stessa del suo

&

faceva Schrader

come

t; & ~~),

t;&

che

aspetto visibile e sociale in quanto societa gerarchica, ed un aspetto mistico in quanto Corpo di Cristo. E' nelle profondità stesse del suo essa

comporta

un

intrinseca ed infrangibile unità, è Corpo mistico stesso che bisognerà distinguere i molteplici elementi di cui essa si compone e gli aspetti diversi sotto i quali è possibile considerarla. Giacchè la sua unità è complessa, e vaessere,

nella

sua

all'interno del

ria la

mile

sua

ricchezza:

Circumdata varietate U.na sil oggetto di un intero trat-

indagine formerebbe

tato sulla Chiesa. Altri

se ne sono

assunto, in tutto

o

in parte, l impegno. Noi ci limitetemo a mettere in rilievo quella dualità di aspetti che ci pare fondamen-

tale: alla no o

l!e

e

sua

luce molte altre distinzioni si chiarifica-

si rettiácano, svaniscono molte

molti testi tradizionali,

ditori, si armonizzano. E' nello stesso vocabolo rola cosi colma di misteri

»

a

apparenti anomaprima vista contrad-

Chiesa,

>

in questa «pa-

> ) c e noi tr via

51)

In ecclesiologia, come del resto in cristologia, si potrebbero distinguere due errori antitetici, «monofisita» e «nestoriano». Lenciclica Mystici corporis smaschera certe forme dell'uno e dell'altro. Le prime concernono soprattutto la nostra unione al Cristo in seno alla Chiesa; le seconde s'attaccano piuttosto all'idea stessa della Chiesa. Vedere

anche più avanti, alla nota 64. Op. cit., pp. 1-3: «Pars prior, de Ecclesia ut corpore Christi mystico»; «Pars secunda, de Ecclesia Christi ut societate visibili ». 52)

53) Catechismo romano, p. I, c.

10, n. 4.

115

questa dualità di

scritta

può

essere inteso tanto al

questa lica si

aspetti. Il vocabolo infatti passivo quanto all'attivo. In

grande «assemblea» può considerare, da

convoca,

che è la Chiesa cattouna

la forza che riunisce,

o

parte, la con

che

voce

tutti i suoi

or-

gli «strumenti di cui essa dispone gani, a tale scopo ~< ); e, dall'alt a, l'assemb ea or ai cos tuita, ossia, l'insieme di coloro che si trovano cosi con

riuniti,

tutti

»

le loro diverse caratteristiche.

con

La storia ci dimostra che

considerazioni furono

questi in

presenti

due ordini di

tutti

i

tempi

e

che sempre furono ritenuti ugualmente essenziali. La loro dualita si materializza ai nostri occhi nella

duplice tradizione convocatio da Chiesa

me, mini

un

latina del vocabolo

lato,

e,

congregatio dall'altro.

«La

dice per esempio S. Cirillo di Gerusalemè cosi chiamata perchè convoca tutti gli uo-

—

—

e

li riunisce in

Teodoro

un

solo tutto»

>

g ;). D altra

Mopsuestia vede nella Chiesa

di

«

tutta

l'assemblea dei fedeli che servono Dio in modo ortodosso»

~< ). Sant'Ambro io popoli pagani >

«riunita dei

»

vi sco ge la moltitud &

t;) e Sant'Ag

stino

54) Esprimendoci cosi, noi non dimentichiamo che la Voce che cònvoca e la Forza che riunisce è in primo luogo la Parola di Dio in se stessa (cfr. più avanti, c. 6). Però essa lo fa con la voce degli Apostoli e dei loro successori, dei predicatori e dei pastori che essa si è suscitati. Cfr. L. CERFAUX, op. cit., p. 76, sul vocabolario dei Settanta. 55) Catechesi XVIII, c. 24 (P. G., 33, 1044 B). 56) Decima omelia catechetica, n. 16 (pp. 269 e 271). 57) ln Lucam, 1. Il, c. 86: «Ecclesia quae de gentilibus populis congregata est » (P. L., 15, 1584 C); 1. III, c. 32 (col. 1602 C). De Tobia, c. 22, «Ecclesia de S. in

n.

ILARIO, Psalm. 6S,

rotum

116

est »

86 (P. L., 14, 791 B). S. GIROLAMO, In Ephes.: credentibus congregatur» (P. L., 26, 534 C). 67, n. 12: «Ecclesiae congregatio» (p. 287); n. 32: «Ecclesiam vero ex convento plebium effici

cunctis in

(p.

Psalm. 339).

Chiese sparse ovunque sulla blea dei popoli e delle nazioni

terra, vede »

> ). «Q

«

l'assem-

id st Ecc

sia», dirà Ugo di San Vittore, «nisi multitudo fidelium, universitas christianorum?» > Ambedue le definizioni si ritrovano in Sant'Isidoro di Siviglia < o) he le ha r se classi he in Oc dente. Ecclesia

convocans et congregans, Ecclesia congregata et convocata; «convocazione divina» e «comunità dei convocati » : i due sensi possono ugual-

mente richiamarsi all'autorità di San Paolo. Sant'A-

li registra tutti e due in un medesimo passo < gt ). Il senso t iv è il prin ip le ma il s con è nè meno essenziale nè meno importante. E' quello maggiormente utilizzato da San Tommaso < ~ e

gostino

58)

In Psalm. 7, n. 7: In ecclesiis, hoc est in illa congregatione populorum atque gentium» (P. L., 36, 101). GREGORIO DI ELVIRA, in Cantica, hom. 5: «A tempore autem dominicae resurrectionis missi sunt Apostoli ut ex gentibus Ecclesiam congregarent » (ediz. WILMART, Bulletin de littérature ecclésiastique, 1906, p. 259). 59) De sacramentis, 1. Il, Pars 2A, c. 2 (P. L., 176, 417 A). 60) De ecclesiasticis officiis, 1. I, c. I (P. L., 83, 739-740); Ethimologiae, 1. VIII, c. I (P. L., 82, 293-295). S. ILDEFONSO, de Cognitione baptismi, c. 73 (P. L., 96, 138 C); c. 76 (col. 739 B). RABANO MAURO, de Clericorum institutione, 1. I, c. I (P. L., 107, REMIGIO, in Joel: «Congregatio populi collectio est in fidelium per Christum» (P. L., 117, 102 D). IVO DI CHARTRES, Decretum p. 3, c. 3 (P. L., 161, 200 B-C). SAN

297

A). Ecclesia

BERNARDO, in Cantica, sermo 77, n. 7: «Quamobrem si collectam, si certe, 'quod magis vocabulo Ecclesiae competit, convocatam a praedicatorjbus se dixisset ».. (P. L., 183, 1158 C). S. MARTINO DI LEON, (P. L., 208, 45C, 48 C), ecc. Catech. romano, p. I. a. 10, n. 3-5. Spesso anche la Chiesa viene chiamata «convocatio» (oppure «convocata»), in opposizione alla Sinagoga, che era una «congregatio», e si rileva bene che la prima parola si adopera per gli uomini, mentre la seconda per gli animali. 61) L. CERFAUX, op. cit., pp. 133-141. S. AGOSTINO, Contra Faustum, 1. XII, c. 16: «Ex omnibus gentibus multitudinem con«Ecclesia corpus Christi in unitatem collecta» gregat Ecclesia»; (P. L., 42, 263). 62) S. TOMMASO,

Expositio in Symbolum: «Sciendum est quod quod congregatio; onde Ecclesia sancta est idem quod congregatio fidelium». Prima, q. 117, a. 2, ad 1m; in 4 Sentent.,

Ecclesia

est

idem

117

< gt ). Se lo si dimenti a se, o semplic si indebolisse, ci si metterebbe sulla strada pericolosa di un «monofisismo pratico & t; ~ Franzelin

lo

Ci sarebbero altresi dei gravi inconvenienti a riil nome Chiesa all'una o all'altra di queste

servare

~

due accezioni. Oltre al fatto che vi si oppone un uso venti volte secolare e sempre vivo, ambedue queste accezioni sono richieste da tutto ciò che la Chiesa ci insegna di se stessa. Tutte e due si uniscono

per integrare l'idea di Chiesa; tutte

e

due, più

nelle definiesplicitamente, zioni classiche. LEcclesia de Trinitate, la cui missione gerarchica ha la sua origine nelle stesse Proceso

sono contenute

meno

sioni divine, e nel medesimo tempo ed indissolubilmente, sotto l'altro aspetto, l'Ecclesia ex hominibus < gt; . Noi profe siamo i fat i he la ostra h santa

credo sanctam Ecclesiam

—

e

—

che è la

d. 20, q. 1, a. 4; Contra Gentiles, l. IV, c. 78; in I Cor., c. 12, lectio 3, etc. Si può fare il confronto con «regnum» p~g>&g ;~l~, Malc che significa in primo luogo «regno» (governo reale) e poi «reame». 63) Op. cit. p. 1: « '

gt

).

madre, ed è

un

popolo: la madre che

alla vita divina

è un regg ci gel ;), l i si me di tutti olo e

> gradi diversi, a questa vita, formano il «Popolo di Dio» > gt ). La h esa è unq ed è noi stessi > lt ). E' u seno ma s~ madre nera

partecipando,

in

—

ed è

fraternità»).

una

72) Da questo concetto si passa spesso all'equivalenza pratica la

e communio

Romano

-

sanctorum».

Il

presente

articolo

-

con

dice il Catechismo

I, c. 10, n. 24, è una specie di spiegazione del preNICETA DI REMESIANA, Explanatio Symboli, n. 10 771). S. AGOSTINO, Epist. 149, c. I, n. 3 (P. L., 33,

P.

cedente. Cfr.

(P. L., 52, 641). PIERRE BATIFFOL, Le Catholicisme de saint Augustin (1920) t. I. pp. 266-268. Cfr. più sotto, nota 89. 73) I Cor. IX, 7. Jo. X, 16. Lc. XII, 32. Act. XX, 28, etc.

74) S. GIROLAMO, in Ephes., l. III, c. 5, n. 31: «Et quomodo de Adam et uxore ejus omne hominum nascitur genus, sic de Christo et Ecclesia omnis credentium multitudo generata est» (P. L., 26, 525). S. AGOSTINO, Sermo 44 de verbis Domini: «De hominibus in spiritu quotidie suscitatis,o.audet mater Ecclesia», ecc. 75) Cfr. RABANO MAURO, in Genesim, l. Il, c. 19: e populo credentium, quem mater Ecclesia per fidem et baptismum generavit » B), oppure in forma inversa AIMONE, enarratio e Ecclesiam Dei, plebem videlicet fidelium» (P. L., Pur vedendo con piacere la ripresa di fervore goduta 117, 307 D). oggi dall'espressione «Popolo di Dio» e la sorta di entusiasmo da essa suscitata; pur riconoscendo anche il posto importante da essa (P. L., 107, in Cantica:

548

-

occupato negli

scritti

ispirati,

sembra però non

sia possibile

fissarla

quale concetto centrale dell'ecclesiologia. Essa non esprime direttamente altro che uno dei due aspetti della Chiesa; inoltre, almeno nella sua accezione più immediata, essa non dice nemmeno questo se non in un modo assai superficiale. D'altronde ha però un vantaggio: quello di preservarci «dal pericolo insito in tutte le tendenze che vogliono fare della Chiesa la società invisibile dei santi e degli eletti » (Dom VONIER, le Peuple de -

come

qualcuno

avrebbe

desiderato

-

Dieu, trad. frane. di ROGUET, 1943, p. 10). 76) ORIGENE, in Isaiam, hom. 2, n. 1: «Nos sumus Ecclesia Dei » (ediz. BAEHRENS, p. 250); in Cantic., hom. 2, n. 3: «Ecclesia... nos sumus de gentibus cono.regati » (p. 45), etc. S. PIER DAMIANO, Liber qui appellatur Dominus vobiscum, c. 5-10 (P. L., 145, 235-240). 77) S. CIPRIANO, Epist., 46,.n. 2: «Ad Ecclesiam matrem et ad vestram fraternitatem, revertamini) ediz., HARTEL, p. 605). Cfr. 120

si

In base a parecchie eli può egualmente dire,

queste accezioni accoppiate nell'uno e nell'altro caso,

che noi siamo i membri della Chiesa; ma nel primo caso si dovra dire inoltre che siamo i suoi figli o i suoi sudditi.

sempre la

Il

stesso di

titolo

che indica

Sposa,

Gesù Cristo, può significare due cose, secondo il caso: o la Potestà che partecipa della maestà e della santità del Cristo, che

esercita la

intima unione

sua

sua

autorita

e

con

distribui'-ce le

sue

grazie ~~),

oppure, correlativamente, la pecorella sperduta che il Buon Pastore riporta sulle sue spalle; l'Umanità

già peccatrice, miserabile e dispersa che il Cristo è venuto a salvare dalle «vie tortuose» > gt ), ed h

vergine del

suo

con

un

Spirito

bacio ~o), facendola la Sposa pudica ~> ), la schi va umili ta he E li

liberato dai covili diabolici per introdurla nella vera Terra Promessa; questa peccatrice che si prostra ai suoi piedi per ungerglieli e rialzarsi purificata ~~); R. LAURENTIN, 79-80.

Mari e,

l Eglise

e

le

Sacerdoze,

II,

(1953),

pp.

78) BOSSUET, Quarta lettera a una signorina di Metz. S. AMBROGIO, in Lucam, 1. III, c. 38: «David enim vocatus est Christus,... justa quod scriptum est: Inveni David servum oleum; cui nupsit Ecclesia, quae Verbi semine et Spiritu Dei piena, Christi corpus effudit. populum scilicet christianum» (P. L., 15, 1605 B). 79) S. GREGORIO, Moralia in Job. 1. I, n. 21: «Ad Christum ex gentilitate Ecclesia properans, in tortis vitiosisque vitae veteris conversationibus invenitur» (ediz. di A. GAUDEMARIS, «Sources chrétiennes», 32 (1952), p. 153). 80) S. AGOSTINO, Sermo 213, n. 7 (P. L., 38, 1063). 81) GREGORIO D'ELVIRA, Tractatus XII, (ediz., BATIFFOLWILMART, pp. 129-131) ; in Cantica: « ...ut quae quondam fuerat popularis, fieret unius sancti Spiritus conjux pudica» (ediz. WILMART, loc. cit., p. 246). Cfr. S. GIOVANNI CRISOSTOMO, Ho> de Eutropio secunda: «Nella sua unione col Cristo l'umanità diventa vergine». (P. G., 52, 402). 82) AIMONE in Cantica: «Ecclesia gentium, per baptismum de diaboli servitio liberata, et ad veram repromissionis terram et evangelicam libertatem introducta» (P. L., 117, 298 D). ORIGENE, in Cant., 1. Il.

121

la sposa sempre fragile che Egli non cessa mai di redimere dalla sua prostituzione spirituale e di puri-

ficare ogni giorno unendola a Sè 8> ), c me ca ta Liturgia della Epifania : «Hodie caelesti Sponso iun cta est Ecclesia, quoniaiii in Jordane lavit Christus eius crimina» 84). Come appare evideilte, questi due aspetti, perfet. tamente irriducibili, sono tuttavia in stretta connessione tra di loro. Sono implicati l'uno nell'altro

questa sostanziale identità nella diversità dei punti di vista, si esprime molte volte in formule paradossali 8~). La stessa Chiesa, si dirà per esempio, è insieme la Sposa del Cristo e la figlia. Oppure con S. Ambrogio, che utilizza un pensiero di Origene : questa Chiesa, che fu dapprima nel peccato, si salva mediante il figho che essa genera castamente nella fede e nella e

83) S. AMBROGIO, de Mysteriis, n. 18, 35, 39 (ediz. B. BOTTE, «Sources chrétienne», 25, pp. 113, 119-120); in Lucam, 1. IV, n. 60 (P. L., 15, 1632 B-C); l. I, n. 17 (col. 1540-1541). S. MARTINO DI LEON, Sermo 3P: «Baptismus, in quo sancta Ecclesia... abluitur et a peccatorum nigredine dealbatur» (P. L., 208, 1207 A). ORIGENE, testi raccolti a cura di KARL RAHNER, in Recherches de science religieuse, 1950, p. 253. n. 5 (P. L., 35, 1789), ecc.

S. AGOSTINO, in Joannem,

tr.

57,

84) Antifona del Benedictus. Cfr. P. GEROLAMO FRANCK, O. S. B., «Hodie caelesti sponso... »: Un contributo alla storia e all'idea della Festa dell'Epifania, nella pubblicazione Vom Christlichen MyGesammelte Arbeiten gum Gedachtnis a cura di Odo Casel (1951), pp. 192-226. Vedere ancora S. AGOSTINO, Sermo 364, n. 2: «Meretrix quam Samson in conjugium sumit Ecclesia est, quae ante agnitionem unius Dei, cum idolis fornicata fuit, quam poste a sibi sterium,

adjunxit» (P. L., 39, 1640); Tractatus I de Symbolo (ediz. MORIN, 1917, p. 6) ; in Joannem, tract. 9, n. 2: il Cristo è lo Sposo della Chiesa intera, tota Ecclesia (P. L., 35, 1459). S. GIOV. CRISOSTOMO, Homilia de capto Eutropio, c. 6: «O avvenimento nuovo e ammirabile. tra noi, le nozze distruggono la verginità; presso Dio invece, la risuscitano... » (P. G., 52, 402). Christus

85) AIMONE, Enarratio in Cantica, c. 6: « ...Praedicant Ecclesiam, et laudant, quia universitas fidelium catholicam admiratur Ecclesiam. Ipsa enim Ecclesia, quae ex multis fidelibus constat personis, catholicam Ecclesiam conficit» (P. L., 117, 339-340).

122

!!~). O ancora, con San Beda il Venerabile: «Ogni giorno la Chiesa genera la Chiesa» !!>

carità

San Cirillo d'Alessandria, nel corso di uno paragrafo, definisce successivamente la Chiesa «la madre dei credenti o

»

e

come

«

stesso

come

la moltitudine»

il gregge dei credenti » !!~). In un senso analogo parigino della Dedicazione canta l'autorità

«

l'inno

materna di Colei che il

suo

Sposo ha

tratto dall'anti-

ca miseria:

Christus

enim,

norma

Matrem nostram

iustitiae

desponsat hodie

quam de lacu traxit' miseriae Ecclesiam!

Questa mutua

dentemente, senza non

una

un

madre,

c'e santità

implicazione comporta anche,

senso

non

irreversibile. Non ci c'è

acquisita

popolo senza

senza

un

i

son

suoi

potere

e

evi

figli capi,

senza

di santificazione, non c'è unione effettiva nella vita divina senza una trasmissione di questa

un'opera

vita,

non

c'è «comunione dei santi

»

senza

una

co-

86) AIMONE, op. cit., c. 7 (P. L., 117, 342 A). S. AMBROGIO de Cain et Abel, l. Il, c. 14, n. 72: «Haec enim vere in praevaricatione ante fuit, sed salva erit per filiorum generationem in fide, et caritate, et sanctificatione, cum castitate» (P. L., 14, 311 B-C). ORIGENE, in Cant. comm., prol.: «Ecclesia sponso caelesti Christo conjungitur ac' sociatur, desiderans misceri ei per verbum, ut concipiat ex eo et salvari possit per hanc castam filiorum generationem... (p. 74). 87) S.' BEDA, Explanatio Apocalypsis, 1. Il: «Nam et Ecclesia, quotidie gignit Ecclesiam» (P. L., 93, 166). Cfr. S. ILDEGARDA, Scivias, 1. Il, visione 5: «fidelibus suis, qui et Ecclesia et filii Ecclesiae sunt» (P. L., 197, 510 D). 88) Glaphyra in Genesim, l. IV (P. G., 69, 221 C, 224-225, 225 A-B), ecc. Cfr. sopra, nota 73.

123

municazione di cose sante > gt;). Ec les a un est, sanctitas de sacramentis colligitur a). E non c'è neppure assemblea costituita senza una costituzione che coniporta una gerarchia. O, in fine, per riprendere i due vocaboli la cui antitesi ha fatto fortuna nella filosofia sociale

e

di cui si è talvolta abusato,

ma

che

possono essere, con i necessari correttivi, applicati al caso della Chiesa, non ci può essere nessuna comunità realizzata (Gemeinschaft) senza una società essa

(Gesellschaft) nella quale si realizzi >

e

mediante la

quale

Si vede chiararnente l affinit di queste spiegacon le distinzioni classiche proposte dai nostri

zioni

catechismi tra due categorie di persone in seno alla società ecclesiastica: distinzioni che, senza coincidere esattamente, evocano tutte una stessa fondainentale dualità, essenziale alla sua struttura". pastori gregge ~> ), Chi sa doce t e Chi sa discen e, Ch

e

'89)

il doppio significato della formula e Communio sanc(senza riferimento al senso originale), a seconda che della parola «sanctorum» se ne faccia un neutro od un maschile. S. AGOSTINO, de Civitate Dei, 1. I, c. 35: «connexos communione sacramenDonde

torum»

torum» (P. L., 41, 46); Sermo 15, n. 2: «participationem et communionem sacramentorum» (P. L., 38, 116); Contra Faustum, 1. XIX, c. 11 (P. L., 42, 355). BEDA Expl. A poc., (P. L., 39, 131 C). S. AMBROGIO: «communionis consortium» (P. L., 15, 1305 A) ecc. J. J. OLIER, Catechismo cristiano per la vita interiore (Milano, 1941) : «la comunione delle cose sante che sono nella Chiesa». Cfr. F. J. BADCOCK, Sanptorum communio as an article in the Creed, in Journal of theological Studies, (1920), pp. 106, 126. a) OTTATO, De schismate Donatistaru m, 1. II, 941 A). 90) Il P. richiamare

IVO

DE

MONTCHEUIL

aveva

I.

Il, avuto

il

(P.

merito

L., di

fortemente

questa unità indissolubile, davanti a un uditorio di giovani che aveva già qualche tendenza dissociativa: Aspects de l'Eglise (coli. «Unam Sanctam», 18 (1949) ; lezioni tenute nel 1942-1943). E' risaputo che il P. de MONTCHEUIL è morto martire della sua carità sacerdotale. Per completare la sua corona, non sono anche mancate le calunnie dopo la sua morte. 91) Cfr. Act., XX, 28:

124



e

un

consolidare queste distinzioni

sempre mantenendo il l'integrità del Cristo

«

visibile del

e

e

~~).

abbiamo

Quanto

ministri

tempo,

o ancora, come

dotes et idiotes

appunto

Chiesa governata; laici

semplici fedeli;

e

Capo

e

del corpo,

principio dell'unità: significa l'unità indiin plenitudine Eccle-

> gt ), , per conseg enza, a che l unità indivi di tutti coloro che fanno parte di questo corpo. Nella prospettiva in cui ci siamo posti non si tratta del

siae»

resto di due

parti, di due gruppi. Si

tratta

della

Chiesa stessa, la cui realtà misteriosa trascende sempre tutti coloro che le

gono da nei loro

appartengono

e

che le

ven-

ogni parte ~< ). E sa si attuali z e si locali raggruppamenti, ma non ne viene nè fram-

mentata nè

moltiplicata, perchè essa rimane sempre più grande di quello che essi non siano nella loro realtà empirica. Essa è dunque qualcosa di più, nella sua unità, che la «semplice somma di pastori e di gregge» ~~). una

realtà

spiritus sanctus posuit episcopos ro =ere ecclesiam Dei, quam adquisivit sanguine suo». I Thess., V, 12. S. AGOSTINO, Sermo 23, n. 2: «plebs» e «praepositi » (P. L. 38, 574). S. BONAVENTURA, in Hexaern., XXII, 9: «praesideates et subditi, docentes et discipuli, regulantes et regulati ». 92) ORIGENE, Contra Celsum, 1. VII, c. 4 '(P. G., 11, 1426). S. GIOVANNI CRISOSTOMO, in I Cor., hom. 35 (P. G., 61, 300). TEODORETO, in I Cor. (P. G., 82, 342). SINESIO, Epist. 54 e 67 (P. G., 66, 1382 e 1431). 93) PIO XII, Allocuzione al Sacro Collegio, 24 dicembre 1945. 94) Cfr. Is., LX, 1-6: « ...Leva in circuitu oculos tuos et vide; omnes isti congregati sunt, venerunt tibi; filii tui de longe venient et filiae tuae de latere surgent ». LEONE XIII, enciclica Sapientiae christianae. 95) Oppure anche, la somma del «corpo di pastori che insegna» e del «corpo dei popoli che riceve l'insegnamento»: espressioni que-

12~

Senza sussistere alla maniera di un'idea essa

è tuttavia

qualcosa di

ben diverso da

platonica, sempli-

un

ce aggregato. L'Appello divino che la realizza ed il Principio divino che l'anima la rendono sempre an-

teriore nere e

e superiore distinguere

a

tutto

ciò che è

possibile

discer-

in essa.

Chiesa è nata, si può dire, dagli Apostoli, gli Apostoli furono a loro volta generati dalla Chiesa ~< ). r è que ta Chi sa tu ta inte a, he ne La

rya

unicità e nella sua unità è indissolubilmente, benchè sotto due aspetti diversi, società gerarchica e comunità di grazia. sua

Il primo di questi due caratteri, quello che la rende santificatrice, le viene da Dio solo. Perciò lo possiede in pienezza fin dal primo istante della sua esistenza e lo trasmette sempre nella sua integrità, qualunque sia il valore umano o la situazione mo-

rale

degli

«strumenti

»

di cui Dio si

serve

in

es-

Cum enim hoc datur quod Dei est, sanctum dat etiam no~n sancta conscientia > gt ). In uest sa:

ste prese da FRNELON, Fénelon d'altra parte sa benissimo che la Chiesa è «il corpo mistico di Gesù Cristo»: Traité du ministère des Paste urs, c. Il. 96) S. GIROLAMO, in Matth.,: «Sponsus Christus, sponsa Ecclesia est. De hoc sancto spiritualique connubio apostoli sunt procreati » (P. L., 26, 57 A). BERENGAUD, Expositio super septem visiones libri Apocalypsis, VI, 1: «Primogeniti gregis sunt Apostoli; quod primos genuit Ecclesia, et ex quibus Ecclesia nata est » (P. L., 17-813 A). 97) S. AGOSTINO, Contra litteras Petiliani, l. III, c. 8, n. 9 (P. L., 43, 453); de Baptismo, 1. V, c. 13, n. 15. S. AMBROGIO, de Mysteriis, n. 27: «Non merita personarum consideres, sed officia sacerdotum» (ediz. BOTTE, p. 116).

176

so

essa

Cristo

è tutta santa ed indefettibile. «La

può

non

corruzione;

essa

non

conosce

pudore custodisce > gt ). a sua do

la santità di

casto

Sposa

è pura e che una dimora

macchiata;

essere

un

di

senza e

con

solo focola-

t ina è empre p ra, e empr è la sorgente dei suoi sacramenti. Al contrario, il secondo carattere, fine e frutto re»

del primo, è un tesoro che ogni individuo può perdere: il cristiano spera umilmente da Dio solo la

perseveranza finale. Nel corpo intero della Chiesa, questo tesoro è sempre suscettibile di crescita e di L opera

diminuzione. sità secondo le

possiamo tità vi o

mai dame

sono

grazia varia in intensecondo le anime, e noi non

della

epoche

e

un

giudizio

sicuro. Per la

dei tempi di fioritura

san-

più abbondante,

più profonda; e questa fioritura inoltre può espiù appariscente o più nascosta. Non immaginiamoci dunque la Chiesa, alla ma-

sere

niera

dei

«perfetti

Donatisti »,

come

o di santi

un

raggruppamento di

predestinati >

gt ). La h

tale rimarrà fino alla fine, una comunità quaggiù, mista: frumento ancora mescolato alla paglia, arca e

contenente

98)

animali

puri ed impuri >o

), n

ve pi

na

CIPRIANO, de Catholicae Ecclesiae unitate, c. 6 (ediz. t. I, pp. 214-215, P. L., 4, 502-504). Vedere anche le precisazioni ricche di sfumature di S. AGOSTINO, Contra litteras S.

HARTEL,

Petiliani, 1. III, c. 37, n. 43 (P. L., 43, 470). GREGORIO D'ELVIRA, in Cantica, hom. I (WILMART, loc. cit. p. 246). 99) S. OTTATO DI MILEVI, de Schismate Donatistarum, 1. VII, (ediz. C. ZIWSA, pp. 158-182). 100) ORIGENE, in Ezechielem, hom. I, n. 11 (ediz., BAEHRENS, p. 335; in Judic., hom. 8, n. 5 (p. 514). S. CIPRIANO, Epist. 54, n. 3 (ediz. HARTEL, p. 622). S. AGOSTINO, in Psalm. 47, n. 9 (P. L., 36, 539); De /de et operibus, c. 5 (P. L., 40,201); de Moribus Ecclesiae catholicae,

l. I, n. 76 (P. L., 32, 1342); Sermo 250, n. 2 38, 1164-1165, ecc. S. FULGENZIO DI RUSPA, de Fide ad Petrum, c. 43 (P. L., 40, 777); S. PIER DAMIANI, Sermo 97 (P. (P. L.,

]7(

cattivi passeggeri che sembrano sempre sul punto di farla naufragare. Non è la giustizia, davanti a Dio

o

davanti

agli uomini,

che fornisce il criterio di

appartenenza al Corpo mistico cioè alla Chiesa. Gli « infedeli » di buona fede e di buona volontà, o anche i cristiani dissidenti è tuttavia ben diversa sono

la cui situazione

—

semplicemente «ordesiderio ed aspirazione

—

dinati

»

ad

essa

incosciente» nel

senso

da

«un certo

>& t;& pieno e forte

t;); no poss no d rsi suo di questa parola, reapse >o

L., 144, 701-703); IVO DI CHARTRES, Decretum, P. I., c. 43 (P. L., 161, 77), ecc. Enciclica Mystici corporis, pp. 14-15. Cfr. PIO XI, enc. Mit Brennender Sorge. Sul Cant., IV, 7. Il già citato commendi M. GHISLERIO spiega che quando lo Sposo dice alla Sposa: «Tutta bella sei, amica mia, e in te non esistono macchie», è proprio tario

alla Chiesa che queste parole sono indirizzate; però essa viene salutata con tale appellativo facendo una giusta distinzione: «tota pulchra asseritur, non secundum vitae justitiam, sed secundum doctrinae veritatem». Inoltre, la bellezza perfetta del corpo della Chiesa non è affatto quella che a lei deriverebbe dalla santità piena di ciascuno

dei suoi membri, ma dall'armonica varietà dei gruppi che la compongono: religiosi, dottori, vergini, prelati, ecc. Infine la Chiesa può venire considerata come tutta bella nei suoi membri migliori, e specialmente nel più significativo di tutti, la Vergine Maria (Op. cit., pp. 619-620). Cfr. più avanti, capitolo IX. 101) Enciclica Mystici Corporis, p. 57. Ciò del resto non significa che i cristiani dissidenti non siano veramente in senso e in misura da precisarsi incorporati alla Chiesa; perchè «esistono dei gradi di incorporazione alla Chiesa». Cfr. BENEDETTO XIV, Breve Singulari nobis (1749): «Eum qui baptismum ab haeretico suscepit, illius vi, Ecclesiae catholicae esse membrum tenemus»; vedere anche le spiegazioni date da M. LOUIS RICHARD, P. S. S., nella Nouvelle revue théologique, 1952, pp. 485-492: Una tesi fondamentale deli'ecumeni-

-

il battesimo, incorporazione visibile alla Chiesa. 102) Idib., p. 13. La traduzione francese ne ha indurito

smo:

il pensiero sopprimendo l'avverbio latino «reapse»: «Fanno parte (reapse) dei membri della Chiesa solamente quelli che hanno ricevuto il Battesimo di rigenerazione e professano la vera fede, che d'altro canto

non si sono per loro sventura' separati dal complesso del C~po o ne sono stati tagliati fuori dalla legittima autorità per colpe gravissime». Si noterà oltre tutto che questa frase non parla se non di coloro che si sono separati per loro volontà o sono stati radiati pera sonalmente : corporis com page semeti psos misere separaverunt... Per una esegesi più esauriente di questo testo e di quelli adiacenti, cfr. ANTONIO CHAVASSE. «Ordonnés au corps mystique... », non

128

Al contrario, i peccatori che non l hanno rinnegata continuano a fame realmente parte >o g ;), sappiamo bene che essi sono l'immensa maggioranza.

Senza vivere secondo

il

Vangelo,

credono tuttavia

per mezzo di essa al Vangelo, e questo vinche non sarebbe certo sufficiente per costi-

ancora

colo,

tuire la Chiesa, basta, anche

membri, sia o

se

indebolito all'estre-

limite, percEiè questi peccatori

mo

pure

anche «morti

»

ne

rimangano

infermi », «aridi ~, «putridi », >O lt ). La Santa hi sa li t lle «

revue théologique, 1948, pp. 690-702; LIEGE, nella Revue des sciences philosophiques et théologiques, 1948, pp. 351-358; C. 56-60. Vedere FECKES, die Xirche als Herrenleib... (1949), pp.

Nouvelle

D. M. NOTHOMB, P. B., l'Eglise et le Corps rnystique du Christ, in Irenikon, 1952, p. 242, nota 4: «La parola reapse si trova nove volte C. In due passi essa racchiude nettamente una sfuperfezione e di completezza che fa posto in modo esplicito ad un sistema di reaiizzazione incompleto si, ma per nulla affatto nell'enciclica M. matura

di

Dal canto suo l'enciclica Mediator Dei (1947)... adopera quattordici volte il termine reapse e questo quasi sempre si oppone a un modo di realizzazione o spirituale o incompleto, ma non immaginario e non svuotato di valore». irrisorio.

103) Ibid., pp. 14-15. Cfr. le condanne di Giovanni Hus, di Quesnel e del sinodo di Pistoia (in F. CAVALLERA, op. cit., pp. 233, 234, 236)). S. ROBERTO BELLARMINO, de Ecclesiae natura et proprietatibus (Opera omnia, ediz., J. MVRE, t. Il, 1870). 104) S. TOMMASO, Tertia, q. 8, a. 3, ad 2m: e Qui vero his subduntur peccatis, non sunt membra Christi actualiter sed potentialiter, nisi

imperfecte, per fidem informem, quae unit Christo secunquid, ut scilicet per Christum homo consequatur vitam gratiae. enim sine operibus mortua est, ut dicitur Jac., II, 20. Percipiunt tamen tales a Christo quemdam actum vitae, qui est credere; sicut si membrum mortificatum moveatur aliqualiter ab homine». Si forte

dum

Fides

rileverà che l'enciclica parla dei membri «della Chiesa», mentre San Tommaso parla qui dei membri «del Cristo» il che sarebbe sufficiente a spiegare la diversità di sfumatura espressiva tra un testo e l'altro. Perb, se si va a vedere il passo in 9 Sentent., d. 13, q. 2, a. 2, qa. 2, 2. (Fideles peccatores) «non possunt dici membra (corporis Ecclesiae) proprie, nisi sicut membrum mortuum, scilicet aequivoce»; e ad 2m: «ea quae sunt membra aequivoce, id est secundum similituLa divergenza tra gli insegnamenti atdinem tantum et situm».

sol.

del Magistero intorno alla voce e Chiesa» e la dottrina di S. Tommaso è stata piuttosto esagerata. Soltanto una forma di pensiero strettamente e superficialmente concettuale, incapace di tener conto tuali

delle

9.

differenze

Il

—

di

situazione,

Volto della

Chiesa.

pub

considerare

tali

divergenze

come

129

ai migliori dei suoi figli, non sono ~) a ch e si he in ia di santificazi n e la l santità è sempre precaria. Tutti devono fuggire continuamente la malizia del secolo rifugiandosi nella

pazienza. Quanto

>

misericordia di Dio E

dunque

Catechismo

>o

con voce

romano

unanime,

come

>o gt;), se

ci ricorda il

ue do il Co ci

>o ), he que ta Chie a, he si mo n Diquotidianamente dire, senza eccezione: gt;) mitte nobis debita nostra orar Deve imp >o giorno la forza e la pietà del suo Salvatore >& t;~) giorno della sua esistenza terrena è per essa un gior-

Trento

deve

~

~

fondamentali. Punti di vista diversi e abitudini di pensiero diverse, dànno origine naturalmente a maniere di esprimersi diverse, senza per altro tirare in causa l'accordo fondamentale sulla dottrina. Cfr. anche in J. de GUIBERT, de Christi Ecclesia, 2a ediz. le pp. 136 e 139-140. 105) S. AGOSTINO, De vera religione, c. 6, n. 10; De fide et operibus, c. 27, n. 49, pp. 38 e 460); S. ISIDORO DI SIVIGLIA, Sententiae, 1. I, c. 16, n. 3: «Sancta Ecclesia catholica, sicut male viventes in se patienter tolerat, ita male credentes a se repellit » (P. L., 83, 571 B). Vedere anche UGO DI S. VITTORE, in I. Cor., q. 115: «Videtur quod (aliqui) sint de corpore Christi, et ejus membra, sed iidem, cum sint mali, sunt membra diaboli. Solutio. Non dicit Apostolus quod omnes habentes dona Spiritus Sancti in unitate corporis consistant; vel Ecclesia large accipitur, scilicet multitudo omnium sacramentis Ecclesiae participantium; in quibus sunt quaedam putrida membra, et grana multa cum paleis, quae dicuntur esse in corpore, sed non de corpore» (P. L., 175, 534 D). S. BERNARDO, In Cantica, sermo 25, n. 2. 106) S. AGOSTINO, Sermo 73, n. 4 (P. L., 38, 472). 107) Catechismo Romano, P. I, c. 10, n. 10-11. 108) Sessione VI, c. 11. 109) S. AGOSTINO, de Continentia, c. 11, n. 25: «Peccata, pro quibus quotidiana vox totius Ecclesiae est: Dimitte nobis debita nostra» (ediz. J. DE SAINT-MARTIN, p. 170). De Civitate Dei, l. XIX, c. 27 (P. L., 41, 657). S. BEDA, in Cantica, l. III: «Cum omnis Ecclesia veraciter confiteatur se peccato carere non posse. » sint

~ .

(P. L., 91, 1129 D). Cfr. l'Orazione liturgica: «Deus, qui Ecclesiam tuam annua quadragesimali observatione purificas... ». 110) Liturgia romana, orazione della XV.a domenica dopo Pentecoste: «Ecclesiam tuam, Domine, miseratio continuata mundet et muniat... ».

130

purificazione 111) ed ogni giorno deve lavare la nel Sangue dell'Agnello, fino a quando sia purificata dal fuoco del cielo e consumata in jo» 112). Perciò quando i primi secoli cristiani, adottando un termme biblico e paolino, hanno parlato della «Chiesa dei Santi 11> ), on ha no forgi to il conc to orgoglioso di una Chiesa, grande o piccola, formata esclusivamente di puri 114), come quando parlavauo

di

sua

veste

«

»

no della «Chiesa celeste», essi non misconoscevano affatto le condizioni della sua esistenza sulla terra. 11~). Non opponevano assolutamente una specie di assemblea spirituale qualsiasi alla Chiesa gerarchica, ma

come la «Chiesa vera», cioè la Chiesa della Nuova Alleanza, ideale e connello stesso tempo a).

designavano questa

come creta

Affermavano

con

questo che tutti coloro che

sono

entrati nella Chiesa sono stati consacrati a Dio b). Essi testimoniavano la loro fede nei frutti del battesimo ed

esprimevano la loro convinzione che

vita del

cristiano, che è

appello

«santa per

tutta la

divino»

111) PSEUDO-ANSELMO,

Homllia 6 (P. L., 158, 621-622). 112) J.J. OLIER, Explication des cérémonies de la grand'messe de parolsse (1687), p. 314. 113) I Cor. XIV, 33. Psalm. 88, v. 5. Eccli., XLIV. Daniel, VII, 18, ecc. Cfr. Epitola di Barnaba, VI, 16. IGNAZIO D'ANTIOCHIA, Smyrn., I, 2 (CAMELOT, p. 156). 114) Il controsenso in parola ha trovato fautori, specialmente nei commentatori di ORIGENE, ed ha viziato l'interpretazione di tutta la sua scere

ecclesiologia. I Novaziani, dal che una «Chiesa dei puri ».

non volevano

canto loro,

ricono-

115) Dom OLIVIER ROUSSEAU lo fa notare in la Vie spirituelche si rimprovera ad le, aprile 1952, p. 380: «E' a torto pensiamo Origene di aver applicata la nozione di maternità ora alla Gerusa-

-

lemme

celeste, ora alla Chiesa della terra, come se in questo fatto una inconseguenza dovuta ad una ecclesiologia imperfetta». a) ORIGENE, In Cant. l. I (p. 90); Della Preghiera, c. 20, n. 1. Cfr. L. CERFAUX, in Ephem. theol. lovanienses, 1939, pp. 148-149. esistesse

b) Cfr. Exod, XIII, 2; Luc II, 23.

131

>&

t;&l

;), dev

e

vilu

serne l logico

po. Essi pr

San Paolo, che la condizione cristiana alla santità >& t; gt;). In loro du que,

no ancora, con

obbliga nè

mancanza

di

esperienza

che essi combattevano, -semblea >& tari

umana,

nè,

disprezzo

Nonostante alcune espressioni

come nei set-

della grande

destinate

as-

a mettere

in rilievo la contraddizione esistente tra la

profes-

lo stato di peccato >& t;&g benissimo che se la Chiesa, in se stessa, è sapevano «senza peccato», essa non è mai, nei suoi membri, «senza peccatori » >~ ). E si dicev no on S. Amb sione di cristianesimo

gio: Non in

se

e

sed in nobis vulneratur Ecclesia;

soggiungevano immediatamente

ma

lui, dimostrando cosi chiaramente che la Chiesa, in noi, è ancora la Chiesa:

Caveamus

Ecclesiae áat

igitur,

ne

con

lapsus

noster

vulnus

>&

116) Rom., I, 7; traduz, francese. J. HUBY. Raffrontando il presente testo con quelli Exod., XII, 16 e Levit. XXIII, 2-3, in cui si parla di «raggruppamento santo», il P. HUBY osserva che «nell'Antico Testamento viene messo principalmente su d @la, l'accento mentre in S. Paolo esso cade con altrettanta forza su ~gslzg~ », Saint Paul, Epitre aux Romains, p. 50. 117) Eph., V, 3. Rom., XVI, 2, ecc. Cfr. sopra, nota N.o 69, e JOSEPH BONSIRVEN, Théologie du Nouveau Testament (coli. «Théologie», 1952), pp. 343-344. IGNAZIO, Magn. IV, (CAMELOT, p. 96). 118) Non era nemmeno il sogno fantastico d'una Chiesa invisibile, come più tardi nella Confessione di Augsburg, a. 7: «Est autem Ecclesia congregatio sanctorum». 119) Cosi S. GIROLAMO, in Ephes.: «Qui ergo peccator est, et aliqua sorde maculatus, de Ecclesia Christi non potest appellari » g. L., 26, 531 C). 120) Prendiamo i termini di questa antitesi da Mons. CHARLES JOURNET, op. cit., t. I, p. 127. 121) S. AMBROGIO, de Virginitate, c. 8, n. 48 (P. L., 16, 278 D). Cfr. ORIGENE, in Jesu Nave, hom. 5, n. 6: «Per unum membrum macula in omne corpus diffunditur» (ed. BAEHRENS, p. 320), ecc. BOS& SUET, Elévations sur les Mysteres, 18a settimana, 18a elevazione: Per i nostri peccati «tutta la faccia della Chiesa appare infettata» (Oeuvres complètes, ediz. F. LACHAT, t. VII, 1862, p. 319). 132

Come tutta la realtà cristiana di cui

essa

è la

espressione sintetica, l Ecclesia Sanctorum, considerata nella piena accezione del termine, era ai loro occhi essenzialmente escatologica. Non che essi la considerassero non

te

puramente futura; ciò

come

lontano dal loro

pensiero.

era

ben

L'escatologico infatti

—

è assente dal presente, cosi come il trascendenè esteriore all'umile realtà di questo mondo.

non

Al contrario, esso è già installato nel cuore del presente, lo fonda e al tempo stesso l'attira, ne è la

sostanza nutritiva ed esercita in cora velata. sa

è

esso

una

forza

an-

Essi sapevano però che la perfezione della Chieè riservata all'al di là. La «Chiesa dei santi » ne

quaggiù

che

una

una

anticipazione >&

illusione

substantia

rerum

se non

t;

gt;) ed

fosse speranza:

essa no

sperandarum

>~

122) Solamente più tardi si pensò, a mettere l'accento su certe distinzioni, senza per altro separare i due concetti. Cosi in S. BERNMH)O, Sermo de aquaeductu, n. 2: «Merito proinde canit Ecclesia, non illa quidem Ecclesia sanctorum quae in excelsis et in splendore est, sed quae interim peregrinatur in terris» (P. L., 183, 439 A-B). Oppure, in un altro modo, DIONISIO CARTUSIANO, riassumendo altri autori: «Totum a suis partibus denominationem sortitur, imo denominationes diversas et quasi contrarias, sicut haec ipsa Ecclesia dicitur sancta et deformata, virgo e meretrix, secundum expositores nonnullos super illud Isaiae: Quomodo facta est meretrix urbs Pdelis?' Quoniam quidem in Ecclesia Deo pura mente adhaerent, plures vero mente, imo et corpore fornicantur ab eo». In Cantica, a. 18 (Opera omnia, t. VII, 1898, p. 5, 406). Cfr. sopra, nota 100. 123) Hebr., XI, 1. Come si può rilevare anche dalle note precedenti, la dottrina riportata in questi due ultimi paragrafi esige di non venire esagex'ata, quasi che il legame essenziale della Chiesa fosse unicamente la fede, distinta dalla carità. Mons. JOURNET scrive a ragion veduta, in l'Eglise du Verbe incarné, t. Il, p. XXIV: «E' un aberrazione lando

soltanto

il

voler

dello

definire

strato

la

forma

unificatrice

della

Chiesa

par-

più basso, cioè dei peccatori. I peccatori

i giusti non sono membri della Chiesa «ex aequo». I cristiani peccatori, anche raggruppandosi tutti insieme, non potrebbero da soli f ar risultare l'unità della Chiesa; una Chiesa composta esclusivamente di peccatori e senza la carità è un concetto anti-evangelico e e

e approfondita la capitolo precedente, di una

Con cio si trova illuminata visione,

già

intravista nel

Chiesa che trascende i limiti del tempo per espandersi secondo la misura stessa dell'eternità. Se è vero, come abbiamo detto innanzi, che tutto ciò che in essa appartiene all'ordine dei mezzi non è destinato al fine da esso procurato, non è meno che questo fine è ancora la Chiesa stessa. Più ancora, ne è la pienezza ed il totale compimento.

a

sopravvivere

vero

Come S. Ignazio convinzione di

di Antiochia

poter

non

essere

gridava

la

'sua

veramente, piena-

mente uomo, se non dopo il suo ingresso nel soggioriio della pura luce >~ ), c si la Chi sa sa he on r lizzerà la perfezione del suo essere che alla consumazione del mistero

pasquale >~

Se noi esitiamo, forse, ad ammetterlo, o se non concepiamo la sua perennità che prolungando nell'al di là i tratti della dovuto al fatto che

sua

non

struttura

temporale,

la consideriamo

ciò è

ancora con

sguardo sufficientemente vasto. Non pensiamo che alla sua condizione di Chiesa militante e non sappiamo contemplarla nella sua condizione di Sposa perfetta e ~ gloriosa», senza più «nè macchia nè ruga >~ lt;), q ando, s retta tutta ntera a to no uno

~

cristianamente impossibile;

una

Chiesa

composta

esclusivamente

di

giusti invece non è impossibile, e sarebbe la Chiesa del cielo». Cfr. KARL RAHNER, loc. cit., pp. 446-447. Già BILLOT, op. cit., p. 179: consequitur ut necessaria proprietas sanctitatis etiam membrorum». Tendenza contraria in D. PALMIERI, Tractatud de Romano Pontifice...; 3a ediz. 1902, pp. 51-52: che la Chiesa contiene e sanctos aliquos», Cristo non glielo ha voluto rifiutare, ma questo non c'entra con

la

sua

costituzione

intrinseca.

124) Ad Romanos, VI, 2 (ediz. CAMELOT, p. 133). 125) Cfr. F.-X. DURRWEL, la Résurrection de Jésus mystère de salut (1950), pp. 304-317. 126) Eph., V, 25-27: e Il Cristo ha amato la sua Chiesa e ha dato la sua vita per essa, per santificarla con la parola, dopo averla pu-

sarà pura ~ assemblea di santi », e, in Lui, trasparente ~ comunione di santi ~ >~

Sposo,

essa

Questo duplice aspetto

dell'unica Chiesa nel

presente è esattamente

stato

paolina del «Corpo di Cristo ~. Certo, nessuna delle altre espressioni, che tura usa, deve

zi,

chè

nessuna

essere

potrà

la Scrit-

sistematicamente scartata;

an-

danno, pervoluto Dio. Senda significato

essere trascurata

ognuna ha il suo

suo

evocato dalla dottrina

senza

di acqua, al fine di fare apparire davanti a sè gloriosa, senza macchie nè rg~he nè alcunchè di sie santa mile, irreprensibile». S. TOMMASO, in loc., lectio 8: «Effectus autem sanctificationis (Ecclesiae) est mundatio ejus a marificata col battesimo questa

Chiesa

ma

culis peccatorum... Finis autem sanctificationis est puritas Ecclesiae... Et haec omnia intelligi possunt de exibitione quae erit in futuro per gloriam. Si autem de exhibitione per fidem... ». Et Tertia, q. 8, a. 3, ad 2m: «Esse Ecclesiam gloriosam, non habentem maculam acque rugam, est ultimus finis ad quem perducimur per passionem Christi. Unde hoc erit in statu patriae, non autem in statu viae: in quo si dixerimus quia pe ccatum non habemus, nosmetipsos seducimus, ut dicitur I Jo., I, 8». S. GIROLAMO, In Jer., (P. L., 24, 887 D). S. AGOSTINO, De doctrina christiana, l. III, c. 34, n. 49 (P. L., 34, 85); De perfectione justitiae, c. 15, n. 35 (P. L., 44, 310); de Continentia c. 11, n. 25 (ediz. J. SAINT-MARTIN, pp. 170-172); de Haeres., 88 (P. L., 42, 48); de Gestis Pelag., c. 12, n. 27 (P. L., 44, 336); Retract., l. Il, c. 18: « In ogni passo di questi libri (sul battesimo), io ho ricordato che la Chiesa non ha nè macchia nè ruga, non bisogna interpretarli nel senso che essa sia Pn da adesso cosi, ma che essa sia preparata, a divenirlo quando apparirà nella gloria. Attualmente difatti, causa l'ignoranza, le debolezze dei suoi membri, essa può ben dire tutta intera ogni giorno: «Rimetti a noi i nostri debiti» (Trad. frane. G. BMH) Y,

p. 483). S. BEDA:. «Nunc tota virtutis nisu conatur, ut sit tota pulchra, et macula in ea non sit ulla» (P. L., 91, 1137). TURRECREMATA, op. cit., 1. I, c. 5 (p. 7). Cfr. S. GREGORIO, Moralia in Job., 1. Il, c. 34, n. 55 (P. L., 75, 583 A). S. BERNARDO, De festo omnium sanctorum s. 3 (P. L., 183, 468-471). H. PINARD DE LA BOULATE, S. J., Jésus vivant dans l'Eglise (1937), pp. 250251. Altri testi dal significato affine in JOURNET, op. cit., t. Il, pp. 1115-1129. 127) Cfr. Note 69 e 116, e PIERRE NAUTIN, op. cit., pp. 54-66.

135

presentarsi come tano, si correggono, za

logico, esse si compleequilibrano vicendevolmente,

un tutto

si

concorrendo cosi tutte

darei della Chiesa

a

idea stantia, ipotesi assurda za adatta alla nostra capacità. —

non

una

ma una conoscen-

—

Difatti, per sapere come comprenderle, ~ quali elementi ritenere, in quale senso riferirle, è necessario tener presenti i commentari che la Chisa stessa ci offre; è necessario prendere per guida lei stessa a). Ora, essa ci indica precisamente, fra tutte, come privilegiata, in connessione intima con l immagine della Sposa, l'espressione del «Corpo del Cristo ~; e non è impossibile affermare le ragioni di una tale scelta. Qualunque lettore delle Epistole non può fare a ~

meno

di notarlo:

l'Apostolo designa

con

questa espressione metaforica,

un certo

organismo che egli

conce-

reale ed i cui membri pisce nello stesso ben distinti ed uniti. Quesono, tempo, come

eminentemente

sto corpo è una società visibile e

organicamente

turata, in cui regna una certa «divisione del

giacchè le funzioni dei suoi membri

strut-

lavoro»,

sono, per esem-

pio, di insegnare, di governare, o di fare dei miracoli, di discernere gli spiriti: si tratta della duplice differenziazione, «gerarchica» e «carismatica» >& Ma esso è, nello stesso tempo, una comunità di vita intima versità

e

le

e

misteriosa, perchè in

opposizioni

compongono, per reali

esso tutte le

di-

naturali di coloro che lo e

irriducibili che siano per

stesse, si annullano. Nella diversità stessa delle loro funzioni, tutti, «abbeverati di un solo Spirito», se

a) IVO DE MONTCHEUIL, Aspects de l'Eglise (1949) pp. 20-21. 128) L'enciclica Mystici Corporis allude a questo.

136

non

più una sola qualcuno ha

sono

Esso è,

in Cristo Gesù

cosa

>~

detto, l'insieme unificato di queste funzioni «presentate come la concorde epifania di un medesimo Spirito &g ;; e so on desi na come

aspetto della Chiesa, e tanto meno una realtà «contrapposta a ciò che noi chiamiamo oggi la gerarchia», rna

piuttosto

appare

la rivelazione della

«come

sua

realtà profonda» >& La metafora paolina condensa in sè

un duplice significato ed è allora possibile riconnetterle i due insegnamenti complementari che si trovano non soltanto nell'Apostolo ma anche nei Vangeli ed in

tutto il Nuovo Testamento. In cosi

dire,

riunirsi

a

essa vengono, per intrecciarsi insieme tutti i te-

e

mi biblici relativi alla Chiesa Il

>&

di Cristo» infatti è realmente la Casa

«Corpo grande Architetto

costruita dal.

sulla roccia della fede

di Pietro, in cui ognuno trova la sua dimora suo impiego >& t; g ;); m è anche la Vig

medesima linfa anima i tronchi ed i rami >& t; parte 129) 130)

esso

è l'unità di

I Cor., XII, 4-30. LOUIS BOUYER,

A

che

punto

~

siamo

>&

con

il

a i

gt;

t;4); t tti

la

del

teologia

Revue

des sciences réligieuses, 1948, pp. 328-329, polemizzando contro una esegesi unilaterale di WIKENHAUSER, die Kirche als der mystische Leib Christi nach dem Apostel Paulus (1937). 131) Cfr. LOUIS BOUYER, Jérusalem, la sainte Cité, nella riCorpo

Mistico,

in

totalità

una

e

vista la

Vie spirituelle, aprile 19S2, p. 376. 18-19. Eph., II, 20-22. Cfr. I Tim., III, 15. Per quanto riguarda l'esegesi della definizione conciliare, ANTONIO CHAVASSE, la véritable conception de l'infaillibilité papale d'après le 132) Matt., XVI,

concile du

Vatican, in Eglise et Unité, pp. 57-91. Jo., XV, 1-7. 134) Dom JACQUES DUPONT, Gnosis, la connaissance religieuse dans les Epftres dei saint Paul (1949), p. 426. Particolare insistenza 1'33)

soli'unità 18;

del

cor po

e

dello

Spirito

che

lo

anima:

Eph.,

II,

16

e

IV, 4.

137

stiani che lo compongono, «assimilati al Cristo

lo stesso Uno»

sono

>&

Contrariamente ai Principati ed alle Potesta che, vinti, Egli tiene sotto i suoi piedi, « la Chiesa non fa che una cosa sola con Lui ~ e la. supremazia che

Egli esercita su di essa è una supremazia di santificazione e di amore >& t;&l ;). Ge ù Cristo so Chiesa, Egli vive nella Chiesa»; il Capo «è della sue membra, nelle quali infonde forza, movimento, energia >& t; gt;) di m do

stessa natura delle

~

nomi di Chiesa come

di Cristo sembrano intercambiabili

e

lo si vede

già

in S. Paolo

>& t;4 gt;) Ess za

la

cessare

fa

di

inoltre

»

139) Eph., I, 22: «Egli lo ha dato per capo supremo alla sua Chiesa, che è il suo corpo». J. DUPONT, op. cit., p. 448: «Dappertutto nell'idea di Paolo, la testa è chi comanda». F. PRAT, op. cit., pp. 408-411. Dom BERNARD BOTTE, in Recherches de théologie ancienne et médiévale, t. XI (1939), p. 182: «Quando un Greco od un Romano intendono parlare d'un capitano, essi lo designano come uno che marcia davanti: g gg >) inve te do la prospe tiva com San Giovanni parlando nell'Apocalisse della nuova sto

Gerusalemme che discende dal cielo nella Gloria di Dio

>4

c'è che

) E tutta i è sem re lo ste so Cor o e sola Gerusalemme, la Città santa che in-

una

tese l'annuncio

profetico: Sorgi, risplendi, o GerusaSignore si è levata su di te, il risplenderà Signore e la sua gloria si vedrà >& ~

lemme. La Gloria del di te

su

in te!»

dere riferita non soltanto alla mescolanza di peccato, ma anche complessità della Chiesa nel suo stato terrestre. 142) Eph.,

alla

IV, 11-16.

143) In Joannem, II, 5 (P. G., 73, 324). e Manda Deus virtuti tuae; confirma hoc Deus, quod perfecisti in nobis. Voi riconoscete qui chiaramente come, per la benevolenza di Dio Padre, la sua potenza

si è incarnata, suo Figlio che ci è preparato».

«confermando

questo»,

cioè

il

-

cioè

corpo

144) Apoc., XX, 10-11. Cfr. E. B. ALLO, l'Apocalypse (1933), pp. 339-343, «Sguardo sintetico sulla Chiesa, nel tempo e nell'eternità». 145) Is., LX, 1-2. Cfr. Gal., IV, 26: « Illa autem quae sursum est Hierusalem, libera est, quae est mater nostra». Hebr., XII, 22, S. GIROLAMO,,in Zachariam: «Nos autem caelestem Jerusalem interpretamur Ecclesiam, quae in carne ambulans non vivit secundum i

140

Riassumendo: lo

come

—

preso

isolatamente

solutamente

nelle sole

se

del inasto in

Epistole

nessun

non

—

di San Pao-

altro autore

si trova

una

sacro

dottrina

as-

della Chiesa, possiamo tuttavia dire che il concetto paolino del ~ Corpo di Cri-

completa

sto», quale emerge dai testi successivi dell'Apostolo, appare il più atto a integrare tutti gli elementi di questa dottrina. Se non costituisce, a rigore di teruna definizione >4 lt;) esso for isce, a men immagine analogica privilegiata per condurci ad una esatta comprensione della natura della Chiesa» >&

mini, «

Esso può essere applicato alla Chiesa in ognuno dei suoi stati, terrestre o celeste, e in ognuno dei suoi

aspetti, istituzionale e mistico, e ci consente di mostrarne la profonda unità. Tra l'Ecclesia universalis e il corpus universorum l'equivalenza è perfetta >' Oggi l'epiteto «mistico» viene comunemente aggiunto a «Corpo di Cristo». Esso serve ad indicare ancora meglio, per sovrappiù, che è veramente tutta la mistero. Anzi, senaggettivo, sintetizza felice-

Chiesa, indivisibilmente, che è za

essere

mente il

paolino, questo pensiero di San

un

Paolo che riavvicinava tal-

carnem, cujus municipatus in Deo est » (P. L., 25, 1529 D). Su questo tema della Gerusalemme celeste nel Nuovo Testamento e nella primitiva

cfr.

letteratura cristiana,

K.

L.

bild und Abbild, in Eranos Jahrbuch,

SCHMIDT,

Jerusalem

als

Ur-

(1950), pp. 207-248. 283-286. VALENTIN MOREL, 18

L. CERFAUX, op. cit., pp. Cap., le Corps mystique du Christ et l'Eglise catholique romaine, in Nouvelle revue théologique, 1948, pp. 718-719: reagendo contro alcune espressioni del P. S. TROMP. C. LIALINE, in Irenikon, 146)

O.F.M.

1947, p. 53. 147) LOUIS Corpo 148) L. tiae,

76, 5,

mistico, S.

cit.,

GREGORIO,

722). (P.

BOUYER. loc.

L.,

A

p.

che

punto

Moralia in

PSEUDO-GREGORIO, 79,

602),

ecc.

siamo

con

la

teologia

del

313. Job., In

l.

3OOCIV,

septem

c.

4,

psalmos

n.

8

(P.

paeniten-

niente la Chiesa ed il

«Mistero»

il contenuto concreto dell'altro

Cosi noi

da fare dell'una

>&

possiamo dire, servendoci delle parole Mystici Corporis, che «per defini-

stesse dell enciclica

re, per descrivere questa vera Chiesa di Gesù Cristo quella che è santa, cattolica, apostolica, romana

—

non si può trovare nulla di più bello, nulla di più eccellente, nulla infine di più divino, di.questa espressione che la designa come il Corpo mistico di Gesù Cristo» >& —

149) Col., I, 24-29. Rom., XI, 25. Il fatto è rilevato, tra gli altri, da M. D'HERBIGNY, op. cit., t. I, (2a ediz., 1920), pp. 97-98. Cfr. H. DIECKMANN, de Ecclesia, t. I, (1925), p. 329; PAUL DEMANN, Quel est le Mystère d'Israel. in Cahiers sioniens, 1952, pp. 11-15, ecc. F. PRAT, loc. cit., p. 412: e Il corpo mistico del Cristo è dal pun-

to

di

vista

Chiesa'.

L.

felicemente dicare tale

paolino

-

la

nozione

più

esatta

e

più completa della «Più tardi è entrata

CERFAUX, op. cit., pp. 304-305: nell'uso corrente l'espressione «corpo corpo... ».

mistico s,

per

in-

150) P. 10. Già PIO XI, enciclica Mortalium animos (1928), Caritate Christi (1932) e Ad catholici sacerdotii (1935): e ...Hanc non modo in unum Jesu Christi corpus potestatem assecutus est sacerdos, sed

in mysticum etiam ejus corpus quod est Ecclesia, excelsam amplissimamque auctoritatem» (A. A. S., 1936, p. 12). Sul pensiero di S. TOMMASO, che mette come esistente un rapporto intimo tra l'unità interiore della Chiesa e la sua organizzazione gerarchica: CONGAR, Esquisses..., p. 27 (1951).

son-Dieu,

80; Structure du sacerdoce chrétien, in la Mai-

IL CUORE DELLA CHIESA

Due fatti devono ne:

il

fermare la nostra attenzio-

ora

che San Paolo mette tra la dottrina del-

legame e quella dell'Eucaristia,

la Chiesa

relativamente tardiva, di

espressione paolina sono

ci

permetterà

questa aggiunta, ~

«Corpo

con

di giungere al

mistico»

Cristo

di

in stretta connessione l'uno

esame

e

dell epiteto

~.

alla

Essi

l'altro. Il loro

cuore

del mistero

della Chiesa. Nell antichità «corpo

sto; di

si

cristiana

spirituale»

o

di

un

parla «grande

sovente

di

un

corpo» di Cricorpo ~ universale»

«corpo totale», di un di «comune», di un corpo «vero e perfetto» cui Cristo è il Capo mistico» e di cui i cristiani un

o

sono

le «mistiche membra». Si

parla anche dello

«Chiesa mistica», o del «mistero del Corpo di Cristo», o della ~ unione mistica» dei fedeli nel Corpo di Cristo. Non è tutta-

stuolo dei Santi

via che

verso

come

di

una

la metà del nostro medioevo

metà del secolo

XII)

(seconda

che questo Corpo di Cristo,

che è la Chiesa, comincia a venire qualificato appellativo di «mistico ~. Nei secoli anteriori

con

l

era

qualificata > ). D'allo

l'Eucaristia che veniva cosi

al contrario, sarà la Chiesa che

zione verrà distinta tanto dal Cristo storico o glorioso.

con

questa denominaquanto

dall'Eucaristia

Ordinariamente non si.attribuisce a questo episignificato preciso. Non è sufficiente, infatti, sottolineare che «mistico si trova qui in rapporto di opposizione con «naturale «? Il «corpo mistico» è quell'organismo soprannaturale'che ci dobbianio rappresentare a somiglianza di un corpo nateto un

~

turale, esso.

ma,

La

E' ovvia. tarci alla

nel medesimo

tempo, in

contrasto con

spiegazione, nella sua genericità, è esatta. Essa offre l'innegabile vantaggio di riporbase, a quella analogia del corpo umano

da cui San Paolo

sviluppato Epistola ai

nella

aveva preso

le

mosse

e

che

prima Epistola ai Corinti

e

aveva

nella

Romani.

San Tommaso, ispirandosi a S. Paolo, la utilizza volentieri: «Tutta la Chiesa, dice per esempio, è

solo corpo mistico, a somiglianza del corpo fisico dell'uomo perchè ha anch' esso pluralità di membri un

con

diversità di funzioni

di

le ta

»

Capo della Chiesa

o

ancora:

«

Il Cristo è

con il capo per in un secondo fisico»; e, tempo, precisa corpo differenze essenziali che questa analogia compor-

chiamato

analogia

un

~).

L'enciclica

Mystici Corporis adotta anch' essa

lo

1) Segnalato, presso i moderni, da alcuni autori pochi per la verità: FRANZELIN, De Eucharigtia (2a ediz., 1873), p. 146, dopo kBQH)OUIN, de Sacramento altaris (1689), p. 133. cfr. la nostra opera Corpus mysticum (2a ediz., 1949). ) Tertia, q. 8, a. 1: «Tota Eccleslia dicitur unum corpus mysticum per similitudinem ad naturale corpus hominis, quod secundum diversa membra habet diversos actus, ut Apostolus docet... »; ad 2m: «in me-' -

procedere > ).

stesso modo di

a, an Pa

lo

on

fermato qui; San Tommaso neppure < ), e, lui, nessuno dei testimoni autorizzati della Tradizione della Chiesa. era

L'enciclica Mystici corporis, dopo l'enciclica Satis cognitum di Leone XIII > ), on ma ca di mette in guardia contro coloro che sarebbero tentati di fermarcisi. «La Chiesa, precisa l enciclica, deve esdefinita

qualsiasi, ma il corpo di po' più avanti: «Se paragoniacon quello morale, è necessario allora notare che la differenza è grande, anzi, di estrema importanza e gravità» < L'analogia paolina non è soltanto un'allegoria sere

non

un

corpo

Gesii Cristo»; e un mo il corpo mistico

taphoricis locutionibus non oportet,attendi similitudines quantum ad omnia.;. »; a. 3 : «haec est differentia inter corpus hominis naturale et corpus Ecclesiae mysticum... ». In 3 Sent., d. 13, q. 2, a. 1: dicitur Ecclesiae «Christus similitudinem caput per capitis naturalis... ». Cfr. Secunda secundae, q. 183, a. 2, ad 3m, ecc. Dimenticando l'annotazione

di

S.

Tommaso, talvolta si indulge nel cercare troppo

corrispondenze fra le diverse parti del corpo che integrano la Chiesa. Cfr. la nota 7. 3) PP. 32-33. Similmente il Codice di Diritto Canonico, canone 100, dice: e Catholica Ecclesia et Apostolica Sedes moralis personae rationem habent ex ipsa ordinatione divina». 4) Pur non volendo portare altri numerosi testi in proposito specialmente quelli ch parlano delle relazioni tra la Chiesa e l'Eucaristia (cfr. sotto) i parlare dello Spirito Santo come dell'anima eccessive umano

e

e

materiali

le

diverse

realtà

-

-

del Corpo mistico ne a cusa il realismo: Expositio in symbolum, a. 10: «Sicut videmus quod in uno homine est una anima et unum cortamen diversa membra ita Ecclesia est Catholica pus, ipsius, unum corpus, et tamen diversa membra; anima autem quae hoc corpus vivificat, est Spiritus Sanctus». Tertia, q. 8, a. 4: e Corpus Ecclesiae mysticum ecc., totius autem hujus multitudinis Christus est caput»; q. 68, a. 9, ad. 2m. III Sent., d. 13, q. 2, a. 2, sol. 2, ecc. 5) e Nei testi sacri la Chiesa è detta spesso un corpo e anche il Corpo di Cristo. La Chiesa è un corpo, è visibile ai nostri occhi; e poichè è il Corpo di Cristo, Essa è un corpo vivente, pieno di vitalità, ecc. ». 6) P. 15. Cfr. P. Burckhard NEUNHEUSER, O.S.B., Die Lehre rom Geist Christi nach der Enzyklika e Mystici corporis», in Liturgie und Monchtum, 4 (1949),

10.

Il

—

Volto

della

Chiesa.

pp. 60-62.

1&l

propriamente detta > ), fa

l'Apostolo

cludere che

più

uso

egli

o meno ~

di



un sempl

ce parago e.

metafora non bisogna conintenda indicare con essa un essere una

metaforico». L'equivoco

Poichè, per certi spiriti,

non

è

nuovo.

il corpo naturale che si presentava, con carattere di solida realtà, è evidente che un corpo mistico non poteva avere per essi chg la consistenza di un'ombra; se il primo era « fiera

sico», il secondo non poteva essere che «morale ~; il primo era reale e vero, il secondo non era corpo

se

che «misticamente», cioè approssimativamente, per modo di dire, in senso figurato o simbolico. Non poin senso proprio». Si tendeva teva essere un corpo «

pertanto a non parlare più che del «Corpo mistico della Chiesa» o della Chiesa in quanto costituisce «un

corpo mistico»

innocenti;

se stesse,

> ). Que te espressi ni so o, esatte anche, ma insuffi-

sono

tanto più oggi, che questa stessa parola «corpo mistico» ha finito per entrare persino nel linguaggio dei filosofi; anzi, se fossero esclusive dicienti,

verrebbero gravemente erronee > ), per hè on p metterebbero più di comprendere come coloro che formano

questo «corpo della Chiesa» siano realmen-

te le «membra del Cristo». Non si tratterebbe

più

7) Nei passaggi che, come il capitolo del TURRECREMATA (op. cit., l. I, c. 44, pp. 50-53), paragonano membro a membro la Chiealla sa Sposa del Cantico, non dobbiamo vedere una teoria nel senso moderno della parola; sono sviluppi allegorici che sostengono nella contemplazione del mistero e comportano secondo lo spirito una antichi certa articolazione: degli qual pertanto questi testi vanno intesi nella loro idea globale. 8) Cfr Jacques ALMAIN, de Potestate ecclesiastica et laica contra Ockam, c. 5: e La Chiesa è un corpo mistico del quale è capo il Papa»; citato da FRNELON, de l'Autorité du Souverain Pontife, c. 32. (Trad. L.-F. GUERIN 1854 p. 151). 9) Del resto, presso alcuni autori, più che di errore formale si tratta di deficienza di vocabolario e di impoverimento di dottrina. Le -

-

146

allora, realmente, del Corpo del Cristo, del ~

Corpo

vivente»

>

), anim to

al

uo Spir

suo

to c

il nostro corpo carnale è animato dalla nostra anima > gt; ; on si tratt reb e iù di uesto Cor o realmente, il Cristo > ); l'un tà di f de on sare

nient'altro che

una convergenza, invece di essere la realizzazione dell'unico Spirito >

Perdendo rebbe il ro,

reale,

suo un

il

suo

essere;

legame interno, non

la Chiesa

sarebbe più

corpo vivente

con

i suoi

«un

perde-

tutto

organi»,

ve-

una

principali di ciò furono il nominalismo e, in seguito, lo spiproprio del «secolo dei lumi». 10) Gregorio D'ELVIRA, Tractatus VII: «Cum Deo credunt et templum ipsius efficiuntur, tunc membra Christi et corpus Edclesiae nuncupantur» (p. 85). Secunda Clementis c. 2. «Penso che voi ben cause rito

sappiate che la Chiesa è il corpo vivo di Cristo». Quando Clemente d'ALESSANDRIA (Stromates, 1. VII, c. 14; ed. STAEHLIN, t. III, p. 62) e altri autori antichi parlano di «corpo spirituale» che è la Chiesa, intendono parlare appunto della Chiesa corpo vivente animato dallo

Spirito. 11) F. PRAT, La Teologia di S. Paolo, II voi. (ed. S.E.I. Torino 1928): «ciò che distingue essenzialmente il corpo mistico dalle varie associazioni ed enti morali che noi chiamiamo abusivamente «corpi » è che il corpo mistico è dotato di vita, la quale gli viene dall'interno».

Su questo ruolo dello Spirito Santo vedere ancora, fra gli altri,' gli energici testi di S. AGOSTINO, sermo 267, n. 4 (P. L., 38, 1231), Sermo 268, n. 2, (col. 1234) quelli di S. BASILIO, «Dello Spirito Santo, n. 61, (P. G., 32, 181). S. FULGENZIO Contra Fabianum, fragm. 29: «hoc unum corpus Ecclesiae, unus Spiritus vivificat s (P. L., 65, 795). Ugo di S. VITTORE, de Sacramentis, l. Il, p. Il, c. 2: «Ecclesia sancta corpus est Christi, uno Spiritu vivificata... Omnes corpus propter Spiritum unum, ecc. » (P. L., 176, 416 B-C). Numerosi testi s& t; trov no ne le racco te di S b. TRO P, S. ., Spiritu Sancto anima corporis mystici selecta e Patribus graecis et latinis (Textus et documenta, 5 e 7, Roma, 1932). 12) Sul realismo dell'espressione paolina, nella quale «corpo» equivale alla «persona» stessa: L. MALEVEZ, S. J., L'Eglise corps du Christ, in Recherches de science religieuse, 1944, P. BENOIT, O. P., le Corps du Christ dans S. Paul, in «Revue biblique, 1938, pp. 115-119; Werner GOOSSENS, l'Eglise Corps du Christ d'après Saint Paul (1949) p. 52, nota: «presso San Paolo, corpo designa abitualmente l'uomo intero». 13) S. ILARIO, in Psalm 65, v. 20: «Sermo itaque coeptus ex uno refertur ad plures... Est namque unus Spiritus et una credentium fides... » (ediz. ZINGERLE, p. 261) PSEUDO-GREGORIO, In septem psalmos paenitentiae, 5 (P. L., 79, 602).

3.47

«

immagine

vivente del Salvatore»

a)

cosi realmente

unico, benchè differente dal suo corpo individuale; non costituirebbe più in tutta la sua pienezza, cosi

me

esprimevano gli antichi Padri,

del Cristo»

ro

>

). E

sa apparire «un semplice

«

Il

Miste-

be solta to p

politiCapo «che un legame esterno» > ). Sare be dun ue corpo nel senso in cui possono esserlo altri gruppi sociali, gruppi che non sono veri organismi viventi, come un

corpo morale,

o

corpo

co», i cui membri non avrebbero con il loro

cosi

come non sono vere

li

:.

>

La gra

d

persone le ~ persone morae ri ca i ea he ce ne d na la f

tradizionale, sfumerebbe « in una semplice personificazione fittizia» > lt ). n una imile prosp tt va ancora credere certo, ad una ongine divina della Cniesa, ma tutto il realismo, tutta la specifica realtà del Mistero cristiano svanirebbe»).

trebbe

In altre

epoche, o in altri ambienti, l'espressione mistico» veniva indubbiamente interpretata «corpo in un senso realista. Si intendeva designare con essa un

vero

mo

già

organismo spirituale. Ma allora accennato

l'abbia-

—

accadeva che si tendesse

—

a

in vario modo il «corpo mistico» dalla ChieAlcuni temevano che l'aggiunta al sostantivo

staccare

sa.

a) FRNELON, ediz.

Trattato del ministero dei Pastori, c.

Il,

(Oeuvres,

di

Parigi, voi. I, pp. 154-155). 14) S. CIRILLO D'ALESSANRIA, de Adoratione, (P. G., 68, 237). 15) L. CHARDON, O. P., la Croix de Jésus (ediz. P. FLORAND), 37, critica appunto la concezione estrinse cistica. Del resto già

p. il CAIETANO reagiva cod la sua abituale profondità dicendo che il Corpo mistico non è come Per sfuggire a questo duplice pericolo che sotto —

ambedue gli aspetti era tutt'altro che chimerico— si fece allora giustamente notare che «mistico» dice di

più

di «morale»

e

che

esso

comporta

un

elemen-

to di oscurità, di «mistero», di cui deve obbligatoriamente tener conto l'interpretazione dottrinale > Si fece inoltre tuttavia

essere

osservare

che questa

parola

intesa come sinonimo di

«

non

deve

invisibile»;

che si riferisce

piuttosto al segno sensibile duna nascosta, e che essa designa, in modo indubbio, quella Chiesa che è, secondo San Paolo, ma

realtà divina

e

il corpo del Cristo». La reazione fu certamente opportuna. Ma fermandosi qui non si apporterebbe ancora una spie«

gazione positiva.

Se

perciò vogliamo dare all'espres-

sione «corpo mistico» un senso veramente concreto, se desideriamo cogliere tutta la ricchezza della sua portata

infine, vogliamo renderci

con-

secondo un'affermazione dell'enciclica

My-

dottrinale,

to come,

se,

18) L. BOUYER, Où en est la théologie du corps rnystique? (l. c.). 19) FRANZELIN, Theses ge Ecclesia Christi, p. 310: «Ista igitur unio intima, realis, secundum quid physica, Christi capitis cum Ecclesia in sane est suo, mysterio credenda per fidem, et corpore recte dicitur mystica, ac propterea Ecclesia corpus Christi mysticum». Cfr. De GUIBERT, de Christi Ecclesia (2a ediz., 1928). PASSAGLIA, «de Ecclesia Christi e, I (1853), dopo avere chiamato la Chiesa misti~o», continua: «La vera natura della Chiesa è com«corpo pletamente sconosciuta da quanti, come Kant, la ritengono unicamente una società nella quale gli uomini si uniscono per praticare la virtù e confessare la relk~~one, ecc. ». .

corporis, essa « fiorisce, per cosi dire, da quanto frequentemente ci espongono le Sacre Scritture e gli scritti dei Santi Padri > lt;) sarà utile pro ed ulteriori precisazioni ed approfondimenti. stici

»

La storia ci apporta queste desiderate precisazioni. Essa ci permette di eliminare una duplice serie di errori: quello di coloro che farebbero di «mistico» un

semplice equivalente

di «morale»

o

di «mi-

sterioso», inteso in un senso vago, e quello che tenderebbe a dissociare il corpo mistico dalla Chiesa

visibile. Nello stesso tempo mento dottrinale di

essa

ci fornisce

un

ele-

capitale importanza.

San Paolo costruendo occasionalmente la teoria

prassi della

di ciò che emerge

già

Chiesa primitiva,

unisce il mistero eucaristico ed il

con

evidenza dalla

mistero della comunità cristiana in

un

solo mistero:

Il pane che noi spezziamo, dice, non è la comunione del corpo di Cristo? Poichè non c'è che un solo pane, noi, pur essendo molti, formiamo un unico «

corpo: perchè partecipiamo tutti allo stesso Pane» > Tutta la Tradizione va a gara nel commentare questo testo. Ed è

ancora

un

commento

esatto

di questo

consapevolmente, vogliono dare i primi parlano della Chiesa come del corpo miCristo. Anch'essi ne parlano, in un contesto

testo che, teologi che stico del

eucaristico. Ciò che essi intendono

sione va

non

—

c'è che da

questa espres-

è nè

leggerli

averne

un

pallida mysterio», il corpo misticamente significato prodotto dall'Eucaristia; in altre parole è l'unità

una

pus in e

con

la proper nè totalmente invisibile, corpo un è il di reale: «corimmagine corpo

e non

—

20) P. 10; cfr. p. 32. 21) I Cor., X, 16-17. 150

della comunità cristiana realizzata dai in «

simbolo efficace.

un

~

santi misteri

»

In altri termini ancora, è

l unione indissociabilmente

spirituale

corporati-

e

dei membri della Chiesa col Cristo presente nel sacramento» ~~). va

E'

dunque

il

Corpo

assolutamente

più

~

per eccellenza, il di tutti. E' il

vero»

più reale, il Corpo defi-

nitivo, in rapporto al quale lo stesso corpo individuale di Gesù, senza attenuazione della sua specifica verità, può essere chiamato «corpo figurativo» ).

~>

In linguag io scolasti

sacramento:

res

sacramenti

o è que ta la «real à» D.opo il signum tantum

(o sacramenti species), dopo la res et signum, questa è la res tantum, quella che non è più segno di una realtà ulteriore, perchè è l'effetto ultimo del Res ultima ~<

sacra-

mento.

Tutto ci invita

della Chiesa corre

è

una

e

a

considerare i rapporti e l'altra

reciproca causalità. Ognuna,

per cosi

dire,

stata affidata all'altra dal Salvatore. E' la Chiesa

che fa

l'Eucaristia,

Chiesa. Nel primo so

dunque

dell'Eucaristia. Tra l'una

ma

è anche l'Eucaristia che fa la

caso si tratta

attivo, nell esercizio del

suo

della Chiesa in

sen-

potere di santificazio-

ne; nel secondo caso si tratta della Chiesa in senso

22) Cfr. GREGORIO DI BERGAMO, Tractatus...

c.

18:

« Istud

quod nos multi, sancto vivificante Spiritu, sumus, per hoc sacramentum mystice designari, patenter his verbis expressit Apostolus» (ediz. HURTER, p. 74) ; c. 19: « In eucharistia... corpus Christi, quod est Ecclesia,... mystice, vel sacramentaliter intimatur». (p. 80). L. BOUYER, loc. cit. p. 330. 23) Già la dottrina di Origene (più ricca in ecclesiologia di quanto non si creda) è esplicita in proposito: in Matt., 1. XI, 14 (ediz. KLOSTERMANN, p. 58); in Joannem, l. X, 35 (ediz. PREUSCHEN, pp. 209-210) ecc. Cfr. Histoire et Esprit, c. VIII, pp. 355-363. 24) S. TOMMASO, in 4 Sent., d. 8, q. 2, a. 1. S. BONAVENTURA, in 4 Sent., d. 9, a. 2, q. 1 (Quaracchi, t. IV, p. 208), ecc. unum

corpus

151

passivo, la Chiesa dei santificati. E

attraverso questa misteriosa interazione, è sempre il Corpo unico, in fin dei conti, che cresce e si costruisce, nelle condizioni della vita presente, fino al giorno del suo def-

initiv

compimento.

La Chiesa fa 1Eucaristia. Il

istituito

principalmente

sto in memoria di

me»

suo

sacerdozio fu

per questo scopo. «Fate que-

~<

Senza dubbio, in un primo senso molto profondo, ogni cristiano è sacerdote, benchè, se si vogliono evitare confusioni molto

gravi,

sia necessario chiarire

subito l'affermazione.

Ogni cristiano partecipa

all unico Sacerdozio di

Cesù Cristo. Nello stesso modo

come

chiamiamo

cristiani tutti quelli che nel battesimo hanno ricevuto l'unzione mistica, cosi dobbiamo chiamare preti tutti quelli che sono le membra dell'unico Pre-

a). «Nell'unità della fede e del battesimo, ogni dignità è comune; ...il segno della croce insignisce di dignità regale tutti coloro che sono stati rigenerati nel Cristo, e l'unzione dello Spirito Santo li consacra tutti sacerdoti ~< ). Isra le ra un re no di ' cerdoti ed una nazione santa» ~> ). C s è di tu la Chiesa, perchè tutto Israele si riassume nel Crite»

»

25) Luc. XXII, 19. Cfr. I Cor., XI, 25. a) S.. AGOSTINO, De Civitate Dei, 1. XX,

c. 10 (P. L., 41, 676). 26) S. LEONE, Sermo 4, c. I (P. L., 54, 148). Il Cor., I, 21. S. TOMMASO, in loc., lectio 5. 27) Exod., XIX, 6; cfr. Is., LXI, 6, II Macc., II, 17.

152

sto, 'unico vero sacerdote, col quale ogni cristiano si identifica ~~). Il «sacerdozio regale» che San Pietro ~&g ; e o) attribuisc

Giovanni

>

fatto

specie di metafora:

una

diritto di dire che

a tu t i cristi

n

è altro che

non

ni

e ancor meno

o è

si avrà il

preteso

«un

sa-

sacerdotes jure dicimur, quia sancti Spiritus oleo et chrismatis unctione linimur a); è una

cerdozio»

realtà

può

~

mistica».

essere

zione

o

:

> gt;), ealt

sorpassata

o

consacrazione

sacerdozio. Perchè è

ch

, n

accresciuta da

l suo o

nessuna

din

istitu-

sovraggiunta, da nessun altro proprio questo sacerdozio che

del cristiano, membro del Re e Sacerdote eterno, ne fa un Cristo > ). er comprende ne la dign tà ba ta cordarsi che è di questo sacerdozio che la

Vergine

28) BERENGAUD. in Apocalypsim: e Sacerdotes Dei dicuntur, quod membra sint Summi Sacerdotis» (P. L., 17, 810 D; cfr. 767-768). 29) I. Petr. Il, 9. Cfr. S. LEONE, Sermo 3, c. I (P. L., 54, 145 B). PIO XI: enciclica Miserentissimus, 8 maggio 1928. 30) Apoc., I, 6; V, 10; XX, 6. Cfr. LECUYER, le Sacerdoce royale des chrétiens selon S. Hilaire de Poitiers, in l'Année théologique, 1949; pp. 302-325. a) S. PIER DAMIANI, Serm. 46 (P. L., 144, 755 B). 31) SAN TOMMASO, in 4 sent., d. 13, q. 1, ad 2m: e omnis bonus homo dicitur esse sacerdos mystice, quia scilicet mysticum sacrificium Deo offert seipsum, scilicet hostiam viventem Deo, Rom. XII ». 32) S. ISIDORO DI SIVIGLIA, De ecclesiasticis officiis 1. Il, c. 26, n. 1-2: e dietro ordine del Signore, Mosè compose un unguento col quale Aronne e i suoi figli furono unti in segno del loro santo sacerdozio. In seguito anche i re furono consacrati da quella sacra unzione, per cui furono chiamati e cristi » (cioè «unti»). Quella sacra unzione tuttavia era prefigurativa del Cristo, re e sacerdote. Doche Cristo, vero re, e Sacerdote eterno, è stato unto e conpo sacrato dal Padre suo Celeste con un mistico crisma, tutta la Chiesa eo

e non soltanto i sacerdoti e i re fu consacrata da questa santa unzione, in quanto tutti, nella Chiesa, sono membri del Sacerdote e Re eterno. Perciò, essendo noi una stirpe sacerdotale e regale, dopo il battesimo, noi siamo unti e consacrati e prendiamo nome da Cristo» (P. L., 83, 823). AIMONE in Apoc., 1. I: e quia enim caput -

fidelium

-

rex

et

sacerd os

et sacerdotes vocantur».

est,

congruenter et 117, 946 D).

(P. L.,

membra

capitis

reges

Maria fu eminentemente rivestita

>

gt; .

No

sacerdozio diminuito, di secondo grado, un sacerdozio dei soli fedeli: è il sacerdozio di tutta la Chiesa. La fierezza cristiana del

«

laico» che

scienza, dovrà, forse ben spesso, non

potrà

mai

essere

ne

ha preso coilluminata:

essere

> lt;). uesto sace spirituale: Unusquisque ungi-

umiliata

però è essenzialmente

t; 3) GERSO E, Tracta us no us su er Magnific t. Op ra omn (ediz. Ellies du Pin, t. IV, p. 397 B). M. De la TAILLE, Mysterium fidei, p. 649: e Praedicata est a rectoribus populi christiani beata Maria Virgo sacerdos, quatenus prae reliquis christianis obtinuit regale sacerdotium, quod totius Ecclesiae est commune. Totum enim Corpus Sacerdotis factum est sacerdotale; sed eminentius pars nobilior, propius coniuncta capiti et ceteris membris praesidens». RENATO LAURENTIN, Essai sur un malaise théologique, Marie et le sacerdoce, in Nouvelle revue théologique, 1947, pp. 271-283 : e La nostra con&

clusione

sarebbe

di

dissociare

la

dottrina

del

Sacerdozio

Ver-

della

gine dal titolo Virgo&ace dos che 'ha se pre serv ta» (p. 2 3). medesimo autore vedi la tesi dattiloscritta il Sacerdozio di Maria, studio di una idea (Parigi, 1952): «Maria possiede a titolo personale come

Madre

di

Cristo-Dio

questo

sacerdozio

universale

che

i

cri-

possiedono secondo un modo collettivo»; Marie, l'Eglise et le Sacerdoce (1952) pp. 115-116, 375-382, 554-557. Da notare come anche nell'inno sulpiziano della Festa della Presentazione (1708), il titolo di Virgo Sacerdos è usato solo per spingere i sacerdoti a romi della falsa gioia per seguire Maria nel cammino del legami pere sacrificio personale: stiani

Quid nos illaqueant improba gaudia? Cur nos jam pigeat vincula rumpere? Dux est Virgo Sacerdos: Fas sit quo properat sequi. Dello stesso LAURENTIN cfr.: Piccolo trattato di teologia mariana, ed. Paoline, Roma, 1956 e La Madonna e la Messa, ed. Paoline, Catania, 1955. Simile idea si ritrova nella lettera di Pio IX a Mgr. VAN

DEN BERGHE (25 ag. 1873): Maria e il Sacerdote: e ...adeo arcte se junxit divini Filii sui sacrificio, ut Virgo Sacerdos appellata fuerit ab Ecclesiae Patribus... piis fidelibus et maxime clero veluti exemplar prae ceteris imitandum, et potissimum uti divini sacrificii sociam... ». 34) TERTULLIANO, de monogamia, c. 7 (ediz. Fr. OEHLER, t. I, p. 772). Su questo sacerdozio del cristiano cfr. L. CERFAUX, Regale sacerdotium, in Revue des sciences philosophiques et théologiques, 1939, e op. cit., pp. 111-118. P. DABIN, S. J., le Sacerdoce royal des fidèles dans les Livres Saintes (1941) e le Sacerdoce royal des fidèles dans la tradition ancienne et moderne (e Museum Lessianum», 1950).

l)0

tur in

sacerdotium, sed

Veramente

spiritale >

est sacerdotium

è stato scelto per opporre l'offerta che il cristiano può fare di se stesso al sacrificio rituale dell Eucarestia: designava il culto del Nuovo Testamento in opposizioal culto

ne

quest'epiteto, dapprima

corporale

che caratterizzava

anche S. Tommaso, quando sacrificio della Chiesa

non

e

a sua

spirituale

l'Antico,

volta dice che

~, intende dire

«

e

il

che

questo sacrificio, al contrario di quanto avveniva sotto la Legge di Mosè, «contiene in se stesso una grazia spirituale»; perchè non raffigura più soltanto il inistero del Cristo», ma lo rinnova e lo «

applica a).~ La distinzione di

un

fin dalle

esplicita compie il rito, vi meno

immacolate della

è

un

duplice sacerdozio, origini. Oltre

altro che offre

pietà

a

sull'altare del

a

Dio

non

è

colui che «

le ostie

cuore»

>

Esso fa sl che ogni cristiano, come dice Origene, «porti in se stesso il proprio olocausto ed accenda

egli

stesso il

fuoco»»).

forse che anche a voi, cioè a tutta la Chiesa di Dio, a tutti i credenti è stato fatto dono del sacerdozio? Questo vi obbliga ad offrire a Dio

Ignorate

un'ostia di lode, un'ostia di preghiera, di misericordia, di pudica castità, di giustizia, di santità... Ognu35)

S. AMBROGIO, de Sacromentis, IV, 3

(ediz. B. BOTTE, pp.

78-79). a) Prima secundae, q. 102, a. 4. 36) S. AGOSTINO, De Civitate Dei, 1. X., c. 3 (P. L., 41,280); l. XX, c. 10 (col. 676). I Petr., II, 5: e ...sacerdotium sanctum, offerre spiritales hostias acceptabiles Deo, per Jesum Christum». Cfr. Rom. XII, 1-2. S. BONAVENTURA, De sancto Laurentio sermo I: «Altare divinum est cor humanum... ». 37) Vedere la bella pagina di ORIGENE, in Lev., hom. 9, n. 9, ricordata dal P. D'AMBRIERES, il sacerdozio del popolo cristiano (1952), pp. 69-70.

155

di noi deve ornare il proprio corpo con i vestiti sacerdotali, cioè adornare il proprio spirito con le discipline della sapienza... Ognuno deve entrare con no

l'incenso nel Sancta

Sanctorum,

fuoco sull'altare del

proprio olocausto,

mettere lui stesso il

in modo che

si consumi ininterrottamente.

ciò che posseggo, se porto seguito di Cristo, io ho sacrificio sull'altare di Dio. Se offro il

Se io rinuncio

la mia offerto

croce e un

mio corpo

a tutto

cammino al

perchè

bruci del fuoco della carità

tenga la gloria del martirio, io ho offerto olocausto sull altare di Dio. Se no a

stizia

amo

e ot-

me stesso

in

i miei fratelli fi-

dare la mia vita per essi; se combatto per la giue la verità fino alla morte; se mortifico il mio

corpo astenendomi da ogni concupiscenza della carne; se per me il mondo è crocifisso e io 'sono crocifisso al mondo, io ho offerto un olocausto sull'altare di Dio : io sono il sacerdote del mio stesso sacrificio a).

Ciò cosa

non

significa, certamente,

ne e non

si esercita che in unione

la comunità. E non significa neppure che ce

che

espressione

realmente

una

polo cristiano,

non

organica

esso

sia

qual-

si ottie-

con tutta

una

sempli-

la comunità cristiana è

«città sacerdotale» > ); tu to il vero Israele in mezzo alle nazioni,

«culto spirituale» > >) volge funzione sacerdotale in rapporto al mon-

celebrando il mente una

metaforica:

sia

esso

del tutto individuale: al contrario,

suo

a) In Leviticum, hom. 9, n. 1, 2, 8, 9. Il P. J. M. d'AMBRIERES richiama questo testo in: Il Sacerdozio del popolo cristiano (1952) pp. 69-70. 38) Cfr. S..TOMMASO, Terapia, q. 35, a. 7: «Jerusalem elegit ut esset civitas simul regalis et sacerdotalis». 39) Rom., XII, 1. Cfr. Phil., III, 3; II, 17;

156

IV, 18.

do intero < ). Cias un mem r è chiam

t

a sv

gere la

propria parte in questa funzione mediatrice, nella quale Clemente Alessandrino vedeva giustamente la funzione per eccellenza dello «gnostico» cioè del perfetto credente, immagine vivente del Signore» a). Egli l'esercita nel «Tempio vero», nel «nuovo Santo dei Santi che è il Corpo del Figlio di Dio risuscitato b). Questo sacerdozio del popolo «

»

non concerne la vita liturgica della Chiesa. Non ha un rapporto diretto con la confezione della Eucaristia. All interno della «nazione santa», infatti, in vista della sua santificazione, al-

cristiano tuttavia

eunl

uomlnl

sono

«separati

ne nuova e di altro ordine.

», con una consacrazioEssi ricevono

«

l'impo-

sizione delle mani », che si trasmette senza interruzione a cominciare dai primi apostoli di Gesù

4> ). E si intend n a l ro vo ta la par la hanno inteso: «Fate questo in memoria di quelli me». La Chiesa «gerarchica» < ), fa l'Eucarist Cristo

Sul piano della partecipazione del cristiano alla grazia del Cristo, il sacerdozio del vescovo e dei preti che lo circondano e che formano con lui l'ordp sacer-

40) S. CLEMENTE ROMANO, ai Corinti, c. 59-60. ARISTIDE, Apologia, c. 16. S. IPPOLITO. Commento a Daniele, III, 24. OMGENE, Contra Celsum, 1. VIII, 73-75, ecc. Cfr. MARROU, commento all'Epistola a Dipgneto (» Sources chrétiennes», 33, 1952), pp. 146-176. La

a) Stromates, 1. VII, c. 7, 9 e 13; commentario in J. MOINGT: gnosi di Clemente d'Alessandria, in Richerches de science relivoi. XXXVIII 107-110. (1951), pp. b) IPPOLITO, in Daniele, I, 17; IV, 32.

gieuse,

41) I Tim., IV, 14, II Tim., I, 6. Cfr. la costituzione di Pio XII «Sacramentum ordinis», del 30 novembre 1947. 42) Per ben comprendere il valore e le ricche risonanze di questa parola occorre rifarsi al suo impiego originario. Cfr; PSEUDO-DIONISIO, Hier. Coel., c. 3.

157

a), non è dunque, ridignità piài alta. Non è, una specie di super-battesimo, costituente una classe di super-cristiani, sebbene chi ne è rivestito riceva delle grazie particolari dotalis

o

l'ordo ecclesiasticus

gorosamente parlando, una ci si permetta l'espressione,

e sia per ciò stesso chiamato, a nuovo titolo, alla perfezione della vocazione cristiana < gt;): Imi quod tractatis Il cristianesimo non conosce affatto tra i suoi

membri delle discriminazioni

analoghe a quelle che degli gnostici o dei manichei: non «psichici «spirituaIi divisi in due clas-

ponevano le sette ci sono

si,

non

»

ci

«perfetti

~.

~

e

ed «eletti », «credenti & t Nella diversità delle loro mansioni e dei

sono

«uditori

»

registi, alla sequela

loro doveri di stato,

sono

dello

la medesima legge spirituale alla stessa vita, tutti fruiscono

b)

stesso

Tu.tti

Cristo,

partecipano grazia e degli

della stessa

tutti

con

stessi sacramenti in vista

dello stesso fine; « tutti sono dotati della medesima grandezza e della stessa nobiltà conferita dallo stesso

a) TERTULLIANO, De idololatria, c. 7 (P. L.. 1, 669 A); De exhortatione castitatis, c. 7 (P. L., 2, 922 A). OMGENE, in I Reg., hom. 1, n. 7; in Ezechielem, hom. 9, n. 2. 43) I Tim., IV, 12-14. Tit., II, 14. I. Petr., V, 3. Il Pont. Rom. nell'ordinazione dei Presbiteri, dice: «Agnoscite quod tractatis; quatenus mortis dominicae mysterium membra vestra a vitiis et concupiscentiis omnibus CRISOSTOMO, Dialogo sul Sacerdozio, l. III;

agitis, imitamini quod celebrantes, mortificare procuretis», ecc. S. G.

l. IV; S. TOMMASO, secunda secundae, q. 184, a. 8. Codex juris canonici, t. Il. tit. QI, «de obligationibus clericorum», can. 124: «Clerici debent sanctiorem prae laicis vitam interiorem et exteriorem ducere eisque virtute et recte factis in exemplum excellere». Pio XI, Ad sacerdotii fastigium. Pio XII, Menti nostrae. Cfr. C. SPICQ, Spiritualité sacerdotale d'après saint Paul (1949). S. CATEMNA DA SIENA, Dialogo, voi. Il, c. 4. S. G. EUDES, Memoriale della vita ecclestiastica. OLIER, Trattato degli ordini sacri, III .parte, ecc. b) S. AGOSTINO, Serrno 96, n. 9 (P. L., 38, 588). Cfr. CLEMENTE D'ALESSANDMA 2. Strofinate, III, 2.

158

Sangue prezioso

del Cristo»

44).

Tutti fanno egual-

mente parte della ~ fraternità ~ 4> Dio non c'è accezione di persone

), per hè «pre 4< ). on sus analoga a quella che re~

ste

più

nessuna

distinzione

gnava nella antica Economia. Allora solo i sacerdoti avevano abiti sacri che dovevano indossare per le funzioni; ora invece, tutti i battezzati hanno rivestito Cristo; anzi, più ancora, hanno ricevuto l'unzione un

tempo riservata al solo

sommo

sacerdote

solo questi poteva entrare, una volta all'anno, nel Santo dei Santi, oggi la fede ci fa dono d'un libero ingresso per il Sangue di Gesù b). Mentre Mosè era salito sul Sinai in una solitudine asso-

a);

e

mentre

ora tutti i fedeli di Cristo possono accedere insieme al «monte di Sion» c). Mentre allora i soli

luta,

di Aronne potevano cibarsi delle oblazioni sante, 'ora invece ~1'unico corpo sacerdotale della Chiesa si nutre dell'unico Pane ~ 4>

discepoli

Se, dunque, anche i fedeli possono essere chiamati sacerdoti, non è soltanto, come hanno pensato alcuni teologi, in virtù del loro vincolo di subordinazione nei

confronti

di questo secondo sacerdozio.

44)

PIO XI, enciclica Arcanum. Cfr. PIO XII, enciclica Mediator 20 nov. 1947: < Si om ia myst ci corpo is mem ra ea em p ticipant bona et ad eadem dirigantur proposita, non omnia tamen facultate eadem fruuntur, acque omnia possunt eosdem elicere actusx

Dei,

(Acta Apostolicae Sedis, 1947, p. 538). 45) Cfr. Matt., XXIII, 8. Acta et decreta Concilii Vaticani (collectio lacensis, t. VII), col. 777 (Postulata episcoporum neapolitanorum). 46) Rom., II, 11. Cfr. TERTULLIANO, Liber de exhortatlone castitatis, c. 7 (P. L., 2, 971) a) Esod., XXX, 23-33; Ioel., III, III, 27; 2 Cor., I, 21. b) Ebr., IX, 7-8; X, 19-22. c) Ebr., XXI, 18-24.

1-5; Atti, II, 17; XXI, 9; Gal.,

47) P. DABIN, prima opera citata, pp. 468469, con note ivi date.

159

Una tale asserzione urta contro la ne

e

stiana

contro

più sicura tradizioterminologia cri-

la stessa storia della

a).

Non si tratta di

un

grado superiore

nel «sacerdo-

zio interno ~, comune a tutti e non sorpassabile, ma di un «sacerdozio esterno» riservato ad alcuni 4~); si tratta di

un

«

incarico» conferito ad alcuni in vista

del «sacrificio esteriore»

Presbyterii,

Onus

4~). Onus Episcopatus >

Diaconii, Onus ). All'inte no

sacerdozio generale», o'è un «sacerdozio partico~> ), destin t a svolg re na particol re f zione, come dice San Leone Magno, un «servizio lare»

speciale» > ). Chiamando o. «sacerdo io minister le si esprime ancora lo stesso concetto» > ~

a) Cfr. R. LAURENTIN, Maria, la Chiesa e il Sacerdote, p. 646. L'asserzione, emessa da D. PALMIERI, Tractatus de Romano Pontifice, p. 69, venne citata (ed approvata) da Mons. Groeber nel suo memorandum del 1943 ai vescovi tedeschi, n. 13.

48) Cosi parla il Catechismo Romano, Pars II, c. 7. 49) F. TOLET, S. J., Commento dell'Epistola ai Romani, In Rom. XX, 1, annotatio 15 (Lione 1603, pp. 502-503). pure si legge: «summi Sacerdotii 50) Pontificale Romano; ministerium». 51) PHILIPS, op. cit., pp. 189-195. 52) S. LEONE, Sermo 4, c. 1: «Omnes enim in Christo regeneratos crucis signum efficit reges, sancti vero Spiritus unctio consecrat sacerdotes, et praeter istam specialem nostri ministerii servitutem, universi spirituales et rationabiles christiani agnoscant se regii generis et sacerdotalis officii esse consortes». (P. L., 54, 149 A). Serc. 1: «sacramentorum ministros» (col. 298 B). mo 48, 53) Cfr. Messale Romano. Missa votivq D. N. J. C. summi et aeterni Sacerdotis, oratio: «Deus, qui ad majestatis tuae gloriam et generis humani salutem, Unigenitum tuum summum atque aeternum constituisti Sacerdotem, praesta, un quos ministros yt mysteriorum suorum dispensatores elegit, in accepto ministerio adimplendo fideles inveniantur» Atti, I, 17 e 25: «ministerium, «asapcovfa». Cfr. Mons. BERTEAUD, Opere pastorali, voi. Il, p. 20: «Non vi sono dei privilegiati, nella Chiesa, ma vi è un ordine per il bene di tutti». S. PIER DAMIANI, Epist. 1. VIII, ep. I, scriveva: «Constat ergo quemlibet christianum esse per gratiam Christi sacerdotem», affermazione che tuttavia non gli impediva d'aggiungere: « ...Ego autem, cui per sacerdotalis ordinis gradum injunctum est praedicationis offii

160

Si interpreterebbe male, d'altra parte, questa espressione se, con un errore opposto, si volesse concludere che questo sacerdozio è una specie di emanazione della comunità dei fedeli. Esso è

un potere ricevuto dal Cristo. «Gesù Cristo solo può fare nel sacerdote ciò che il sacerdote fa ogni giorno nella Chiesa > l ;). I ede i non p ssono con e ire o gare un potere che essi non hanno. Il sacerdote che ~

consacra

ed offre il sacrificio

plice rappresentante coloro che assistono

o e

il

non

è

semplice partecipano,

dunque il

sem-

ambasciatore di in

una

certa

mi-

sura, alla celebrazione del mistero. E' anche questo, certamente, in alcuni atti; lo è, anzi, «perfino in alcuni atti liturgici », perchè la liturgia comporta

tutta

Dio;

una ma

liturgia,

parte di culto che sale dagli uomini

a

nelle azioni strettamente sacramentali della e

particolarmente

nella consacrazione dei

doni eucaristici, il sacerdote celebra innanzi tutto il culto del Signore ed è, innanzi tutto e principalmente, di Gesu Crisi che egli è il ministro ed il rappresentante sacramentale; egli celebra, dice la teologia, in persona Christi > Soltanto la preghiera, sia essa di domanda o di offerta, è detta a nome di tutti. Il prete allora, secondo una espressione di Lugo, è l'prator 6delium presso Dio > lt;). All' nizio della es a, la col etta esprime il nome stesso, è la «ricapitolazione» da

cimn... » (P. L., ditore, col. 464).

144,

461

e 464;

cfr. la nota troppo riservata dell'e-

54) OLIER, Trattato dei Santi Ordini, (Torino, 1925). 1. III, c. 2. 55) IVO CONGAR, Structure du sacerdoce chrétien, loc. cit., p. 75; cfr. 79-81, e in Lumière et Vie, 71, pp. 55-72: les fidèles et l'offrande de l'eucharistie. 56) De sacramento Eucharistiae, disp. 19, s. 9, n. 127.

11.

Il Volto della Chiesa.

—

161

parte del sacerdote della preghiera di tutto il popolo. Lo indicano chiaramente tanto il plurale «quaesumus», o espressioni quali «Ecclesia tua»,

«populus tuus» « familia tua», quanto l'Amen finale pronunciato dall'assemblea > gt;). Pari enti alla ta, l officiante si presenta davanti a Dio alla testa del

popolo, in suo nome e con la sua offerta ed è per > gt ). La mes questo che dice: «Orate, fratres... è soltanto «un movimento discendente da Dio verso suo

»

è anche «un'attività dell'uomo che, di Dio, si mette in cammino con la sua offerta terrestre per andare incontro al suo Creatore».

l'uomo»

ma

all'appello ~~).

L'offerta

ficace


). Tu t e re deriv no d ll u se

ca missione ricevuta da Gesù dal Padre Suo, missione che lo fa nello stesso tempo maestro, santificatore e re e che Egli comunica, in forma subordinata e senza

dividerla, alla .

sua

Chiesa

>

Se tuttavia si volesse stabilire tra

menti una

gradazione

e

tre possa essere considerato ad radice ed il coronamento degli rebbe mi

senza

dubbio

una

stessi di «sacerdozio»

un

tempo

altri due,

ele-

come

dei la

si trove-

prima indicazione nei noe di «gerarchia» che sono designare il loro insieme.

usati per ga indicazi ne si trovere be

correntemente

> ). Anal

questi tre quale

si volesse cercare

el n

me

«Sommo Pontefice», l'appellativo più comune di colui che è per eccellenza quaggiù il Vicario di Gesù Cristo

> gt;). uesti te mini, in

att

, non hanno

70) S. CLEMENTE ROMANO, ad Corinthios, c. 40: «Sununo quippe sacerdoti sua munia tributa sunt, et sacerdotibus locus proprius assignatus est; et levitis sua ministeria incumbunt; homo laicus prmceptis laicis constr~p~tur» ecc. 71) S. AGOSTINO, citando S. CIPRIANO, de Baptismo, l. IV, c. I, n. 1: «Haec est quae tenet et possidet omnem sui sponsi et Domini potestatem». (P. L., 43, 155). Dom GR~, op. cit., pp. 96-99. 72) Nella lingua dello PSEUDO-DIONISIO il Vescovo è il « gerarca», colui, soprattutto, che ci mette in comunione con le forze sacre negli atti simbolici del culto e nell mnaunistrazione dei sacramenti: De hierarchia ecclesiastica, c. III, ecc. 73) Cfr. Hebr., V, 1. E' notevole il fatto, del resto conosciuto, che questa denominazione non è scritturale, ma è mutuata dalla terminologia dell'antica Roma. D'altronde, nel suo senso primitivo, il Papa non è «pontefices in grado maggiore degli altri vescovi. Nell'ordine del sacerdozio e dell'episcopato il Papa è sulla medesima linea di essi (e infatti li chiama e fratelli x), benchè essi ricevano tutti la loro giurisdizione da lui. Cfr. Code@ Juris Can., can. 108, n. 3: la gerarchia «comprende, in virtù dell'istituzione divina, sulla linea dell'ordine: vescovi, sacerdoti e ministri; sulla linea della giurisdizione invece: un pontificato supremo e un episcopato subordinato». S. BERNARDO De consideratione, 1. IV, c. 7. n. 23 (P. L., 182, 788). v. ancora Dom

166

nariamente alcun rapporto con una missione di gistero o di comando, ma sono strettamente

ma-

con-

compimento di una funzione sacra. dunque con R. Laurentin, che la dimensione liturgica del sacerdozio è la più propriamente e specificatamente sacerdotale». Del resto, è nessi al

Diciamo

su

di

essa

«

che la scrittura «centra l'idea del sacerdo-

a).

zio»

Nella Chiesa tutto è ordinato alla tura»

>

).

In e sa tu

to

si com

«nuova

crea-

ie in vi ta de la nos

santificazione che è, nel medesimo tempo, secondo la parola di Gesù, la nostra «consumazione nell'uni-

tà»

>

gt

). La ger

rch

a non i

s gna

e non g ver

questo fine. «E' per la salvezza del genere umano che Gesù Cristo si è sacrificato, è a questo fine che ha dato tutti i suoi insegnamenti ed i suoi precetti, e ciò che

a

Egli ordina alla Chiesa di perseguire nella verità della dottrina, è di santificare e di salvare gli uomiGR' de l'Eglise..., pp. 136-137; Mons. VAN ROEY, l'Episcopat et la au point de vue théologique, (relazione di Malines, Maggio 1925), in BIVORT DE LA SAUDRE, op. cit., t. Il, pagine Papauté

155-156. SAN LEONE designa l'Episcopato come « fastigium sadel 10 ottobre. 443). è il testo cerdotii » Noto pure (lettera di S. GIROLAMO, Epist., 146 n. 1: «Ubicumque fuerit episcopus Romae sive Eugubii, ejusdem meriti ejusdemque est et sacerdotii» (ediz., Hilberg, t. III, pp. 310-311); lo stesso S. Girolamo scriveva pure, Dialogus contra Luci ferianos, n. 9: «Ecclesiae salus in sive

summi sacerdotis dignitate pendet, cui si non exsors quaedam et ab omnibus eminens detur potestas, tot in Ecclesia efficientur schismata, quot sacerdotes» (P. L., 23, 165 A); qui non si tratta che del Vescovo nella sua chiesa particolare, ma si può estendere a tutta la Chiesa universale come si ha nell enciclica Satis cognitum; cfr. ancora S. Girolamo; Adversus Jovinianum, l. I, c. 26: «Super Petrum fundatur Ecclesia... Propterea inter duodecim unus eligitur, ut, capite constituto, schismatis tollatur occasio». (P. L., 23, 247). a) Maria, la Chiesa e il Sacerdozio, pp. 11-12. 74) II Cor. XV, 17. Pro eis ego 75) Jo., XVII, 17-23 : «sanctifica eos in veritate.. sanctifico meipsum, ut sint et ipsi sanctificati in veritate... Ut sint ~

167

nj».

Ora il riconoscimento dell'autorità nella

76).

Chiesa

e

la condizione

prima, indispensabile,

senza

la

quale non si può aver parte alla sua attività generatrice di vita feconda; ma non è ancora che una condizione. L'unità realizzata in questo modo potrebbe ridursi ad un semplice legame esteriore, quale esiste nelle società umane;

ora

la Chiesa

non

è stata

crea-

duplicato dei poteri di questo mondo o per consolidarli; ma è in vista d'un fine più sublime e più profondo che i pastori ricevono lo spirito ta

per

essere un

«

di governo» che fu conferito dal Padre a Gesù Cristo a). Il Pane stesso della Parola, incessantemente spezzato o distribuito da coloro che ne ti testimoni e ministri > gt; , non

da solo, se

a

sono e

costitui-

ncora suffic

vivificare le anime. E' necessario che

es-

si abbeverino alla fonte dei sacramenti affidata

alla Chiesa santificatrice sano

accedere

alla

> gt;). B

sorgente

mistica.

sog a ch ess E' indispen-

sabile, infine, che esse siano tutte fuse, dire, in quel crogiuolo dell'unità che è

per cosi l'Eucari-

stia, questo «sacramento dei sacramenti », « il più nobile di tutti », che tutti li «consuma» ed al quale tutti sono «ordinati » > gt ). In ues unum, sicut et nos unum sumus..., ut sint consummati in unum». 76) LEONE XIII, enciclica Satis cognitum. Cfr D. VAN DEN EMK)E, op. cit., p. 180: «senza identificare le due missioni, Ireneo associa intimamente la missione santificatrice della Chiesa a quella dottrinale». a) IPPOLITO, Tradizione apostolica, n. 3. 77) S. CIRILLO D'ALESSANDRIA, lettera sul Concilio di Nicea (P. G., 77, 293) ecc. Lc., I, 2. Concilio Vaticano. (Dz-B, 1793). 78) Il fedele è generato dalla predicazione dell'Evangelo (I Cor., IV 15), ma per ottenere la salute il Battesimo deve seguire la fede (Mare., XVI, 16). 79) S. TOMMASO, Tertia, q. 65, a. 3: «omnia alia sacramenta ordinari videntur ad eucharistiam sicut ad finem»; sacramentum baptismi ordinatur ad eucharistiae receptionem»; a. 4 ad 3m: «id quod est commune omnibus sacramentis, attribuitur antonomastice huic

168

cramento, tenuto

dice S. Tommaso d'Aquino», è

con-

il mistero della nostra salvezza»

>

come

tutto

tale è dunque la suprema prerogativa della gerarchia nella Chiesa, di i ministri del Cristo ed i dispencoloro che sono Tenere in

mano

l'Eucaristia:

«

81). Consacrare il Corpo di Cristo, perpetuare cosi l'opera della Redenzione > offrire il «sacrificio di lode ~, il solo Sacrificio che sia gradito al Signore, questa è « la sua azione piii

satori dei misteri di Dio»

sacerdotale»

~> ), que

to il supr mo eserci io

el

potere. In questa azione Essa si associa largamente

popolo cristiano ed è in questo senso che si intendere la parola di San Leone, quando afpuò ferma che l'unzione del Pontefice «raggiunge le estremità di tutto il corpo della Chiesa» < lt;) E sa la e tutto il

propter ejus excellentiam»; q. 73, a. 2, 3 e 4;q. 82, a. 2. Contra gentiles, l. IV, c. 74; «inter sacramenta autem nobilissimum et consummativum

q. 37

aliorum

a.

2:

est

«Ordinis

eucharistiae

sacramentum»;

sacramentum

ad

c.

sacramentum

61.

Cfr.

Suppl.,

eucharistiae

ordi-

quod est sacramentum sacramentorum». ZIGLIARA, Propaedeutica ad sacram théologiam (4a ediz., 1897) p. 362. N. CABASIde Vita in Christo, 1. IV (P. G., 150, 604). LAS, 80) Tertia, q. 83, a. 4: «in hoc sacramento totum mysterium nostrae salutis comprehenditur»; q. 79, c. 3; q. 80, a. 11. Cfr. L. BOUYER, Que signifie la confirmation? in Paroisse et liturgie, 1951, p. 6: «La Chiesa antica aveva un senso che noi abbiamo perduto»natur,

che

ma

una

ritroviamo

sola

realtà

di

-

«dell unità

cui

che

l'Eucaristia

è

congiunge tutti il cuore».

i sacramenti in

81) I Cor., IV, 1; cfr. Il Cor., V, 18-20. 82) Orazione segreta della nona Domenica

dopo la Pentecoste: quaesumus, Domine haec divina frequentare mysteria, quia quoties huius hostiae commemoratio celebratur, opus nostrae redemptionis exercetur». Testo citato nell'enc. Mediator Dei. «Concede

nobis,

83) Cfr. Dom VONIER, l'Esprit Ecclesiae». Enc. Mediator Dei.

et

l'Epouse,

c.

XX,

« In

sinu

84) Sermo 4, c. 1 (P. L., 54, 149); cfr. Sermo 21, c. 3 (col. 193). La vita della Chiesa, scrive il P. CONGAR, «obbedisce a due principi inseparabili, il principio gerarchico e il principio comunitario. Continuamente, secondo la tradizione cattolica, alcuni atti ecclesiastici sono fatti talvolta da uno solo, per quanto riguarda la validità e il potere, ma sono posti da tutti o da molti, nell'esercizio pratico. La gerarchia,

che pure basta a fare tutto validamente,

si aggiunge

sem-

169

ta, nel nome di Cristo > za di assolvere alla «sua

, on la piena consape principale e più augusta

gt;

funzione» Per

> capire la

funzione della gerarchia, ossia per capire la Chiesa, bisogna dunque contemplarla nell atto in cui essa la esercita. Noi siamo tutti in cammino

verso

il Santuario celeste, verso la Il Popolo di Dio è

turgia dell'Eternità. una

«comunità culturale»

>

grande Ligià adesso

gt ). Lo tesso vo

Chiesa, l'abbiamo visto, significa grande assemblea non cessa mai di

assemblea. Questa

riunita. Non di meno, secondo la legge della sua natura sacramentale, la sua invisibile riunione deve essere visiessere

bilmente

za

significata e procurata. Si può quindi dire che la sua ininterrotta esistencomporta alcuni momenti più intensi. Essa non

realizza mai cosi bene il

suo nome come

quando

in

luogo qualsiasi Popolo di Dio si stringe attorno al suo Pastore per la celebrazione Eucaristica. Non è che una cellula del grande corpo, ma, virtualmente, è presente il corpo intero. La Chiesa è in diversi un

il

pre la cooperazione e il consenso del corpo dei fedeli o del clero». Bulletin de Théologie dogmatique, in Revue des sciences philosophiques et théologiques, 1951, p. 632. Le parole della S. Messa sono eloquenti a questo riguardo. Cfr. E. CHIRAT, l'Assemblée chretienne à l'age apostolique (1949), pp. 274-277: il ruolo dei laici nella vita culturale. Pier Giovanni CARON, I poteri giuridici del Laicato nella chiesa primitiva (Milano, 1948). 85) Concilio di Trento, sessione XXII, c. 2. S. TOMMASO, ConGentiles, l. IV, c. 77. S. G. CRISOSTOMO, in Matth., homilia 81, c. 5, ecc.. 86) Dom GR', op. cit., p. 283. PIO XI Ad Catholici sacerdotii

tra

(20 dic. 1935): «ex quo inenarrabilis perspicuo apparet catholici sacerdotii excelsitas, qui in Jesu Christi corpus potestate praeditus, in suis illud prodigialiter praesens facit; ecc. ». (A. A. S. 1936, p. 12). 87) C. SPICQ, O. P., L'mitre aux Hébreux (1952), pp. 280-283. Cfr. T. CHARY, O. F. M., Le culte dans la littérature prophétique exilienne et post-exilienne (tesi alla Facoltà teologica di Lione, 1952).

170

luoghi,

ma non

vi

sono

diverse Chiese

è tutta intera in ognuna delle una, et in vo

singulis per mystenum

fa l'unità del

adhaerens, Il

vescovo

comunione» in altri

suo

sacramentis

>

gt ). La

in

pluribus ~o). Ogni vescogregge: satcerdoti su@ plebs caelestibus cohaerens > sue

parti:

tota

a sua volta è « in pace e in tutti i suoi fratelli che celebrano

stesso con

luoghi

il medesimo ed unico Sacrificio

e

che fanno menzione di lui, come lui fa menzione di tutti loro > ); form no tu ti insi me un s lo e scopato > ) e tu ti s no ugualme t « in p c e in munione» con il vescovo di Roma, successore di Pietro, vincolo ed espressione visibile dell'unità. Per essi tutti i fedeli sono uniti. Tutti pregano umilmente il Signore, «Maestro della pace e della concordia ~,

89) Per le sfumature del vocabolario paolino vedi le analisi di L. CERFAUX, op. cit., pp. 78-88 e 143-157; P. BENOIT, in Revue biblique, 1937, pp. 356-357; cfr. J. HUBV, Saint Paul, Première mitre aux Corintiens, pp. 31-32, 216, 364. Vedi sopra, al cap. III. 90) S. PIER DAMIANI, Super Dominus vobiscum, c. 5; c. 6: «in omnibus una et in singulis tota», «est tota in toto, et tota in qualibet parte», ecc. (P. L., 145, 235-236). S. ILARIO, Tractatus in Psalmos 14, n. 3: «etsi in orbe Ecclesia una sit, tamen unaquaeque urbs ecclesiam sua obtinet; et una in omnibus est, cum tamen plures sint, quia una habetur in pluribus» (ediz., ZINGERLE, p. 86). 91) La prima formula è di S. IGNAZIO d'ANTIOCHIA; la seconda è di S. CIPRIANO, de unitate Ecclesiae, c. 6 (HARTEL, t. I, p. 215): esse sono in connessione logica. Cfr. IGNAZIO, Trall., 3, 1; Smyrn.,

8,

COLSON,

1;

Magn., 7, 1 (CAMELOT, pp. 113, 163, 101). Cfr. J. dans les communautés primitives (coli. «Unam

l'Eveque

sanctam», 21, 1951). 92) Parlando di quanti si separano della comunione con la Chiesa col rifiutare obbedienza alla Santa Sede, ORMISDA dichiara: «eorum inter sacra non recitanda esse mysteria» (2 aprile,517; in CAVALLERA, op. cit., p. 212). 93) S. CIPRIANO, de Unitate Ecclesiae, c. 5: «Episcopatus unus est, cujus a singulis in solidum pars tenetur; Ecclesia una est, quae nomina

in multitudinem latius incremento fecunditatis extenditur» (ediz., HARTEL, t. I, p. 214). S. CIRILLO di Alessandria (P. G., 77, 293). S. CELESTINO (P. L., 50; 505-511); cfr. Uberto du MANOIR DE JUTE, S. J., Dogme et spiritualité chez S. Cyrille d'Alessandrie. (1944), pp.

343-345.

171

per la sua Chiesa santa e cattolica e gli domandano ~&l di pacificarla, di custodirla, di unificarla e di reggerla, su tutta la superficie della terra ~> ). E' l'ini io

della messa, l'introduzione all'istante cui la Chiesa si appresta a fare 1Eucaristia

canone in

sacro .

...E ciò che avviene in questa assemblea solenne al centro di ogni diocesi, si riproduce, con la stessa

pienezza, con gli di un villagio, o del

stessi effetti, nella in

quella

più

umile

tutta fasciata di

messa

silenzio,

importano le dipartecipa al del vescovo lt ); ha ri ev consacratore potere > comunicazione dello stesso «spirito»; in qualunque luogo offici, fa sempre p-rte della di lui «preziosa corona spirituale a), e questo è tutto; il resto è monaco

mensioni

o

nel

suo

deserto. Poco

il decoro.

Ogni

sacerdote

~

secondario. Come

non

c'è che

una

sola fede ed

un

solo battesimo, cosi non c'è, in tutta la Chiesa, che un solo Altare > gt ). La hie a può ssere g e ita o 94) S. CIPRIANO, de Oratione dominica, c. 8 : «pacis doctor atque unitatis magister... Deus pacis et concordiae magister, qui docuit unitatem» (P. L., 4, 521). 95) «Te igitur, clementissime Pater..., ...quae Tibi offerimus pro Ecclesia tua sancta catholica, quam pacificare, custodire, adunare et regere digneris toto orbe terrarum; una cum famulo tuo Papa nostro N., et Antistite nostro N., et omnibus orthodoxis atque catholicae et apostolicae fidei cultoribus». Cfr. PSEUDO-ISIDORO, Expositio in missam, n. 17 (P. L., 83, 1147-1148). 96) S. TO1464fASO, in 4 sent., d. 13, q. 1, a. 1, sol. 2, ad 2m: e Saparticipat ab Episcopo potestatem consecrandi ». S. IGNAZIO d'ANTIOCHIA, Magn., 13. Sul rapporto dell'episcopato e del presbiterato nell'unità del sacerdozio, cfr. E. BOULARAND, La consécration episcopale est-elle sacramentelle? (Bull. de titt. eccl. 1953 p. 336); J. LECUYER, Episcopat et Presbyterat dans cerdos a)

les écrits d'Hippolyte de Rome (Recherches... 1953), pp. 30-50. 97) FLORO DI LIONE, Expositio Missae (ediz., Duc, p. 43). REMI, Enarratio in Oseam, c. 8: «Altare Sanctae Ecclesiae unum est, licet per diversa orbis terrarum loca multa construantur altaria, sicut una fides, unum et baptisma secundum Pauli apostoli dogma». (P. L., 117, 63 C). Cfr. S. IGNAZIO, Magn., 7: « ...una sola preghiera, una sola supplica, un solo spirito, una sola speranza nella carità, nella

172

ta, vi può assistere

una

folla immensa o, al contrario,

piccolo chierichetto può far risuonare per sè solo il campanello; tutto questo non conta: la Messa è sempre, in ogni caso, il sacrificio della comunità > ). Dappertu to si op ra la gra de riuni n e tessono i legami dell'unità. Ovunque è presente tutta un

~

~

la Chiesa

per l'offerta

del

Sacrificio.

Dio, se la predella Chiesa è esaudita, è perchè a sua volta, nel senso più rigoroso della parola, l'Eucaristia fa la Chiesa. Essa, ci dice S. Agostino, è il sacraMa se il sacrificio è accettato da

ghiera

hoc tem'pore consociatur Ecclesia > l opera che il battesimo aveva iniziato. Christi dormientis in cruce sacramenta

mento quo in

Essa

compie

Ex latere

profluxerunt, quibus mo

battezzati in

un

Ecclesia fabricatur solo

Spirito,

>o

per formare

). «F un

sol

d ora uesto or o, in gn no d sue membra, riceve lo stesso cibo e la stessa bevanda, per conservare la sua vita e per perfezionare la

Corpo» >~

sua

unità

gt

>o

),

). Perficia ur in corp

gioia pura e santa. Tutti voi accorrete per riunirvi come in un solo tempio di Dio, attorno ad un solo altare, nell'unico Gesù Cristo... » (CAMELOT, p. 101). 98) TEODORO DI MOPSUESTIA, IV omelia catechetica, (p. 531). 99) Contra Faustum, 1. XII, c. 20 (P. L., 42, 265). 100) Formula assai frequente: è l'interpretazione tradizionale di Jo., XIX, 34. Cfr. S. AGOSTINO, de Civitate Dei, 1. XXII, c. 17 (P. L., 41, 779). S. TOMMASO, Tertia, q. 64, a. 2, ad 3m: «Per sacramenta quae de latere Christi pendentis in cruce Quxerunt dicitur esse

fabricata

Ecclesia

Christi ».

101) I Cor., XII, 13. Cfr. S. TOMMASO Tertia, q. 39, a. 6, ad 4m. Teodoro di MOPSUESTIA, XV omelia catechetica: n. 40, (p. 523). 102) S. TOMMASO, Tertia, q. 73, a. 3: «ex hoc ipso quod pueri

l73

Non c'è infatti che

«una

sola Eucaristia»

>o

gt

corpo sociale della Chiesa, corpus christianorum, riunito attorno ai suoi pastori visibili, per il «pasto del

Signore», diviene >~ lt ). E'

realmente il il ris

Corpo

mistico di Cri-

he se lo ass mi a. La C ies lora, è veramente «corpus Christi e8ecta» >~ gt;) viene in mezzo ai suoi, si fa Egli stesso loro alimen-

sto

o

Lui, si trova per ciò stesso lui, Lo ricevono. Il l'unità del il mysterium idei è fa Cosi, Capo Corpo. anche per eccellenza il mysterium Ecclesiae >o to, ed ognuno, unendosi a unito a tutti coloro che,

Nel

corso

rimesso in stiche,

come

di questi ultimi anni è stato cosi spesso il simbolismo delle specie eucari-

onore

sono state

citate cosi

frequentemente

le

mera-

baptizantur, ordinantur ad eucharistiam... et recipiunt rem ejus... Res hujus sacramenti est unitas mystici corporis, sine qua non potest esse salus». Cfr. U. LANG O.S.B., Die Bedeutung der heiligen Sakramente fiir das Corpus Christi mysticum, in Liturgie und Monchtum (Maria Laach), 4 (1949) pp. 46-59. 103) S. AGOSTINO, In Psalm. 39, n. 12 (P. L., 36, 442). SAN IGNAZIO d'ANTIOCHIA, Philad., c. 4, (CAMELOT, p. 143). 104) I Cor., XI, 20. Dom GRRA, op. cit., (p. 283): «la comunione eucaristica è il fondamento sostanziale della comunione ecclesiastica». S. GIULIANO di TOLEDO: «per escam sanguinem dominici corporis fraternitas cuncta copuletur» (Oremus di rito mozarabico, P. L., 96, 759 B). S. AGOSTINO: «ne dissolvammi, manducate vinculum vestrum» Sermo Denis 3, n. 3, (P. L., 46, 828). 105) Testi in Corpus mysticum, 2a ediz., p. 103 e pp. 197-202. S. TOMMASO Tertia, q. 73, a. 3 : «Res tantum hujus Sacramenti est unitas corporis mystici, idest Ecclesiae, quam hoc sacramentum significat et causat ». FRANZELIN, Theses de Ecclesia Christi, p. 317: «Postremo sacramentaliter Ecclesia non solum significatur sed efficitur corpus mysticum, unum in se et intime unitum cum Christo capite per unionem eucharisticam, etc. ». Dom A. STOLTZ, de Ecclesia, p. 12: Ecclesia « formaliter et essentialiter constituitur per caenam eucharisticam». Card. MAGLIONE, lettera a M. Eugenio Duthoit (Settimana sociale di Bordeaux, 1939, pp. 7-8). PIO XII, Mes-. saggio del maggio 1942. 106) S. ALBERTO MAGNO, Liber de Sacramento Eucharistiae, d. VI tract. 2, c. 1, n. 15; cfr. Dom HILD, le Mystère du culte chez S. Albert le Grand, in Memoriale «Odo Casel » (1951), pp. 260-273.

174

vigliose

formule della

Liturgia

ed i testi dei Padri

che le commentano, è stata richiamata cosi sovente la dottrina teologica del frutto ultimo del sacrificio del sacramento, che non occorre dilungarci >o fine di Nostro Signore nella moltiplicazione del e

)

«

suo

corpo» è di fare «di tutto il mondo una sola Chiesa; di tutti gli uomini un solo Religioso, di tutte le

loro voci

lode, di tutti i loro cuori una sola >& Nel linguaggio tipico della «Scuola francese» del sec. XVII queste parole dell'Olier esprimono magnificamente l'insegnamento tradizionale ricevuto da San una

sola

Vittima in Lui

»

Paolo

e richiamato più volte dal magistero della ChieL'Eucaristia è il segno efficace del sacrificio spirituale offerto a Dio dal Christus totus : «questo, in-

sa.

fatti, è il sacrificio dei cristiani, che tutti, pur essendo molti, siano un solo corpo nel Cristo» >o gt;). Me la celebrazione del mistero la Chiesa costruisce realmente

se

stessa.

La Chiesa santa

e

santificante

co-

struisce la Chiesa dei santi. Il mistero di comunicazione si

consuma

in

un

mistero di comunione—

ed è questo il senso della parola, antica e sempre attuale, di comunione, con la quale questo sacramento è abitualmente designato >& t; ). La hies 107) Cfr. Catholicisme, pp. 57-83. Alcuni nuovi testi sull'eucaristia come «sacramentum mystici corporis» sono stati pubblicati dal R. P. DAMIANO VAN DEN EYNDE, les définitions des sacrements pendent la première période de la théologie scolastique (1950), pp. 144, 148, 158-159, 171. Vedi anche Guarnerio di ROCHEPORT, Ser-& mo IS (P. L., 205,687 B). Un buon riassunto dottrinale si ha in LEPRBURE, le Christ vie de l'Eglise (1949), c. IX. 108) J.-J. OLIER, Explication des cérémonies de la grand'messe de paroisse (1687), pp. 379-380. 109) Glossa su S. Paolo, in I Cor., XXI, 3 (P. L., Cfr. PIO XII, Messaggio del maggio 1942, ecc. 110) Testi in Corpus mysticum, pp. 27-34. Cfr.

114, 510 D). HARPHIUS,

175

incorpora alla Chiesa celeste >& t; gt;); chia ministeriale prepara cosi questo regno di Sacerdoti che Gesù Cristo vuoi fare di noi per la gloria restre si

del

suo

sacra, è

Padre

a);

quindi

nell'esercizio della

ancora tutta

sua

funzione

al servizio della

più gerarchia

della santità. Q signum unitatis! Q vinculum caritatis! >& t;~ chi lo riceve in spirito di fede e si sforza di prolun-

garlo,

o

meglio,

di realizzarlo nella

sua

vita

personale

tale mistero è certamente un siasmante mistero. Di qui il lirismo con cui ne e

cosciente,

un

entu-

parla, esempio, un Sant'Agostino. Non bisogna tuttavia ingannarsi sulla sua natura. «Certamente, scriveva Simone Weil, c'è una ebbrezza nel sentirsi membri del Corpo mistico del Criper

sto, Ma, oggi, molti altri corpi mistici, che

non

han-

per capo il Cristo, procurano ai loro membri delle ebbrezze, a mio parere, di uguale natura ~ >& Queste righe, nella loro incomprensione del misteno

di fede, possono costituire per noi un avvertimento. Nei confortanti tentativi, oggi cosi frequenti, di giungere ad una celebrazione liturgica più «comuro

Theologia mystica (ediz., 1611) l. I, c. 19: l'eucaristia è «signum ecclesiasticae unitatis, cui per hoc sacramentum homines congregantur: et secundum hoc vocatur communio» (p. 53; cfr. c. 20, pp. 59-60). Catechismus romanus, P. Il, c. 4, n. 52; P. I, c. 9, n.25. 111) In questo modo, talvolta viene interpretata la preghiera del Canone Supplices... Guarnerio di ROCHEFORT, Sermo 26: «orat enim Sacerdos, ut per virtutem sacramenti tota simul Ecclesia militans et triumphans in unum corpus Christi uniatur, id est, ut Ecclesia militans, quae in presenti sacramento figuratur, et quasi in inferiori altari offertur, in sublime altare, quod est Ecclesia triumphans, perferatur, et Capiti suo, Christo scilicet cujus est corpus, uniatur». (P. L., 205, 746). a) Apoc., I, 6. 112) S. AGOSTINO in Joannem, tract. 26, n. 13 (P. L., 35, 1613). LEONE XIII, enc. Mirae caritatis, 28 maggio 1902. 113) Simone WEIL, Attente de Dieu, p. 87.

176

nitaria»

più vivente,

e

ci sarebbe nulla di

non

più

nocivo che di lasciarsi suggestionare dai successi di certe feste profane, ottenuti grazie alle risorse com-

binate della tecnica carne e del sangue.

e

del ricorso alle potenze della

Come realizza Gesù Cristo l'unità tra di noi? Non

con

di frenesia collettiva, nè, tranoscura magia. I fedeli

specie

una

to meno, con una qualche riuniti per il Memoriale del

di iniziati venuti

assemblea

Signore non sono a partecipare ad

segreto che li separerebbe dal volgo; neppure di

un'anima

un

si tratta

non

folla da cui si debba far

una

comune attraverso

una

sprigionare

l'esaltazione delle carat-

teristiche, delle risorse, dei valori, dei settarismi anche, delle potenze di illusione e, persino, delle forze demoniache che vi si trovano latenti. La Liturgia cattolica rimane luminosa anche nel suo mistero, sobria e pacata pur nella sua magnificenza;

ordinato; anche quello che

tutto in essa è

direttamente

la

tocca

più

nostra

sensibilità, non ha valore che in virtù della fede. Porta dei frutti di gioia, ma

impartisce

lezione austera. Il Sacrificio che

una

è il centro «è

della Passione Sacrificio

e

del

Croce

figura Signore»,

la memoria della

rnunione che la sua

ed

una

>&

completa t

suscitasse in ogni

4),

una

ne

rappresentazione

è il 'sacramento del

suo

la

co-

'sua

Morte;

ci nutre

e

con

ci disseta della

e non a rebbe alcun

partecipante

al re

il sacrificio interiore.

114) S. TOMMASO, Tertia, q. 83, a. 2, ad 2m...: e in celebratione hujus mysterii attenditur repraesentatio dominicae passionis et participatio fructus ejus». S. AGOSTINO, In Psalm. 100: «De cruce Domini pascimur, qui corpus ipsius manducamus» (P. L., 37, 1290). Liturgia di Lione, prefazio del SS.mo Sacramento: «Nos unam secum

12.

hostiam

effectos

ad

sacrum

Il Volto della Chiesa

invitat

convivium».

—

177

La «vita unanime» della Chiesa non è un fatto naturale: essa è vissuta nella fede, e la nostra unità è frutto del Calvario. Essa deriva dei meriti della Passione che si

dall'applicazione compie nella Messa

in vista della liberazione finale. Quoties hostiae commemoratio celebratur, opus nostrae redemptionis exercetur >& t;> ). Ecco,

dalla stessa liturgia, il senso dell'azione liturgica. Solo associandoci dal profondo dell'anima a quest'opera redentrice ed missione dei

accogliendo liberamente in noi la peccati », primo frutto del sangue

«re-

sparso, solo morendo in tal modo a noi stessi e rinunciando al male che ci divide, noi possiamo partecipare al dono dell'unità. Senza queste realtà essen-

zialmente interiori, ra della comunità chiamo

dunque

non

tis, donec veniat

aspiriamo.

una

caricatu-

Non dimenti-

mai che il mistero eucaristico è

continuo riferimento

al mistero della

si avrà mai che

cui

a

e

più

—

croce.

che

un

un

riferimento—

Mortem Domini annuntiabi

>&

Come l'Eucaristia, anche la Chiesa è un mistero di unità, ed è ancora lo stesso mistero, di inesauribile ricchezza: l'una e l'altra sono il Corpo di Cri—

sto,

ed è

—

essere

fedeli

ancora

lo stesso

all'insegnamento

Corpo.

Se

vogliamo

della Scrittura,

cosi

lo ha inteso la Tradizione, se non vogliamo lasciare perdere nulla della sua ricchezza essenziale, come

dobbiamo evitare di ammettere tra l'una la

benchè

minima

scissione.

A

e

l'altra

maggior ragione

115) Cfr. la nota 82, sopra. 116) I Cor., XI, 26. Matt., XXVI, 28. S. AMBROGIO, De sacrarnentis, 1. IV, n. 24 e 20; (ed. BOTTE pp. 86-87). Gerhoh de REICHERSBERG, Liber contra duas haereses (P. L., 194, 1179-1180).

178

nel

simbolismo

biamo vedere

ecclesiale dell Eucaristia

un

semplice

«senso

diceva il Card. Perrone, una accessoria», una «dottrina

non

dob-

secondario»

o,

intelligenza morale e obliqua e collaterale», una «discordanza». Nelle spiegazioni che ce ne dànno i Padri, non bisogna vedere, come facevano gli autori della Perpetuità, un semplice discorso incrementare la pie«morale», inteso soltanto ad tà dell'uditorio» già d'altronde «istruito nelle cose essenziali della fede» a), ma bisogna comprendere i due misteri alla luce l'uno dell'altro e cogliere in profondità il punto della loro unità. Non possiamo dunque limitarci a parlare di un corpo fisico» del Cristo, presente nella Eucaristia, e poi di un altro corpo, mistico questo, contentandoci, in seguito, di raccordarli tra di loro più o meno strettarnente. «Non è certamente questo l'atteggiamento dell'Aposto}o. Per lui non c'è che un corpo di Cristo, come

«

«

«

la

sua

umanità risuscitata. Ma la Chiesa esistendo

soltanto in virtù della

sua partecipazione a questa umanità di Gesù, fatto «Spirito vivificante», che le viene offerta nell'Eucaristia, non è altro a sua volta, che la pienezza di Colui che nel tutto com«

pleta pienamente

se stesso»

>&

a) Testi in Corpus Mysticum, pp. 285-287. 117) L. BOUYER, le sens de la vie monastique, pp. 148-149; la Bible et l'Evangile (1951) pp. 81-82 e 90; L'Incarnation et l'Eglise, corps du Christ dans la théologie de saint Athanase (1943) pp. 99. Cfr. KATTENBUSCH,der Quellort der Kirchenidee, in Festgabe fur Adolf Harnack (1921), pp. 143-172. Questa dottrina di San Paolo permette di comprendere le parole di San Agostino, molto spesso interpretate come una negazione della presenza reale eucaristica, o che, per lo meno, avallano difficoltà di interpretazione in al tal senso; contrario, esse esprimono in breve la pienezza del Vedere ad mistero. esempio, Sermones 234 e 272 (P. L., 38, 1116 e 1246): e E' il mistero tutto vostro che sta sull'altare del

179

E'

«nella Cena che la formula corpo di Cri-

ha ricevuto l'impronta che ne fa una espressione caratterizzata >& t;& t; . Tra l Cr sto e la s sto

~

vi è, secondo San Paolo, ed

il

realismo

della

«

identificazione mistica

presenza

eucaristica

è

~,

garanzia

del realismo «mistico» della Chiesa, come, del resto, questo realismo mistico dovunque affermato nella fede cristiana, puo, smo della presenza trebbe la

Chiesa

a

sua

volta, certificare il reali-

eucaristica.

essere

Infatti, come porealmente edificata, come

potrebbero tutti i suoi membri essere riuniti in organismo realmente uno e vivente per mezzo rito che

un

non

contenesse

un

di

che in simbolo Colui

essa deve diventare il Corpo e che, solo, può costituirne la vivente unità >& Comunque, è certamente in questo senso che

di cui

la

Liturgia

eucaristica intende le

cose:

«ut

inter

Signore; è il vostro mistero che voi ricevete; è all'assicurazione di ciò che voi siete che voi rispondete: Amen», etc. Abbiamo spiegato piu a fondo tutto questo in Corpus Mysticum, c. I e VIII. 118) L. CERFAUX, op. cit., pp. 201-215. Si ha una medesima esegesi di S. Paolo in P. SAMAIN, Eucharistie et corps mystique dans S. Paul (Revue diocésaine de Tournai). 119) S. GIROLAMO, Adversus Jovinianum, 1. Il, c. 29: «Vis scire quomodo cum Christo unum corpus efficiamur? Doceat te ipse, qui condidit: Qui comedit meam carnem etc... ». (P. L., 23, 326). Realtà eucaristica e realtà ecclesiale: queste due realtà sono il pegno l'una dell'altra. E' soprattutto la nostra fede nella presenza reale, resa esplicita e precisata da lunghi secoli di controversie e di analisi, che ci conduce alla fede nel corpo ecclesiale: il mistero oggi -

della

Chiesa,

avere

la

efficacemente

medesima

natura

significato e

la

dal mistero

medesima

dell'altare,

profondità. Presso gli

deve an-

soprattutto nella scuola agostiniana, la prospettiva era spesso invertita: mettevano l'accento sull'effetto piuttosto che sulla causa. Ma la loro fede nella realtà ecclesiale, della quale essi ci offrono frequentissime testimonianze assai esplicite, ci garantisce subito altresi, quando occorra, della loro fede nella realtà eucaristica, poichè la causa deve essere adeguata all'effetto. Questo argomento era già messo in rilievo dagli autori della Perpétuitas, 1. V, c. 9 (ediz. MI-

tichi,

e

GNE, t. Il. p. 427).

180

eius membra camus

numeremur, cuius

sanguini

et

Ascoltiamo nella

sua

insieme

ancora

seconda

il

testo

corpori

communi-

>&

~

Teodoro di

sulla

omelia

e

liturgico

l

Mopsuestia che,

messa,

commenta

insegnamento della

prima Epistola ai Corinti: «Se ci nutriamo tutti dello stesso Corpo di Nostro Signore, diventiamo tutti l unico corpo di Cristo». San Leone lui sentiamo la voce di tutti i

ci

diceva la stessa

—

grandi dottori

cosa con

la

sua

in

e

—

cattoli-

abituale forza

pienezza: «Non aliud agit participatio corporis et sanguinis Christi, quam ut in id quod sumimus, ap e le emb a non transeamus» >~ gt ). I che un solo corpo. Lo Sposo e la Sposa sono «una e

sola

carne».

personale

e

Certo il i cristiani

Non ci

sono

due Cristi dei quali

uno

l'altro «mistico».

Capo

non

ed i membri

sono

non si identificano; il corpo « fisico» (o eucaristico) non è lo Sposo. Tutte le distin-

del Cristo; la Sposa zioni sussistono. Distinzioni

però,

Cosi la Chiesa non è un corpo il Corpo del Cristo 122).

non

discontinuità.

qualunque;

essa,

è

120) Postcommunio del Sabato dopo la terza Domenica di Quaresima (sacramentario gelasiano e gregoriano). Cfr. Liber mozar. sa« ...Definieras unam tibi de gentibus congregandam cram. coli. 630: Ecclesiam copulare. Cujus copulationis mysterium in hoc sacramentum corporis et sanguinis tui vera exhibitione complesti... ». 121) XVI hom. cathechetica, n. 24, p. 571. S. LEONE, Sermo 63, c. 7 (P. L., 54, 357 C) Epist. 59, c. 2 (col. 868). Cfr. S. CIRILLO d'Alessandria, in Joan. (P. G., 74, 341-344, 556-560). 122) L. CERFAUX, analizzando S. Paolo, I Cor 27, op. cit., p. 211 e 212: «Questo corpo di Cristo col quale si attua l'identificazione mistica, ripetiamo, non è che il corpo reale e personale che è vissuto, è morto, è glorificato e al quale, nell'Eucaristia, il pane è identificato, ecc. ». S. AGOSTINO, Sermo 197, n. 1: «cum ergo ille sit caput Ecclesiae, et sit corpus ejus Ecclesia, totus Christgs et caput et corpus est». (P. L., 38, 754; Sermo 144, n. 5, col. 790).

181

da:

Cio che Dio stesso ha unito, l'uomo non lo divi«non divida quindi la Chiesa del Signore. » a). Come c'è

della Scrit-

intelligenza spirituale

una

elimina nè si sovrappone al senso letterale ma lo compie, gli conferisce la sua pienezza, ne scopre la profondità e ne sviluppa i prolungamenti oggettivi, cosi è anche dell'Eucaristia. Attratura che

verso

non

questa

del Pane»

«

e

fractio

svela il «mistero

noi

spiritualis» si scopriamo allora

il

suo

senso

ec-

clesiale >~ gt ). Ce lo dice, riass me do l f de di t secoli, Algero di Liegi: Non oonficitur ibi Christus ubi non con6citur universus >~ ). In term ni un

già detto prima di lui il Papa Pelagio : non vogliono essere nell'unità, non lo possedendo Spirito che abita il Corpo di Cristo, non possono avere il Sacrificio» >~ g ;); e San Gr diversi l'aveva «Coloro che

Magno: «Nella sola Chiesa cattolica è immolata la vera ostia del Redentore» >~ l ;), e nc ra il

predicatore, ispirandosi a Origene per celebrare la Pasqua diceva: «La Vittima non viene portata fuori dalla Casa santa» b). a) ORIGENE, In Matt. XIV, 17. 123) Vedi i testi in Corpus Mysticum, pp. 82-83 124) De sacramentis corporis et sanguinis Domini, l. III, c. 12 (P. L., 180, 847). GERHOH DE REICHERSBERG, Liber contra duas haereses, c. VI (P. L., 194, 1183-1184); cfr. La e res sacramenti » chez Gerhoh de Reichersberg, in Mélanges L. Vaganay (Lione 1948), pp. 35-42. S. IGNAZIO, Smyrn. c. 8, n. 1 (CAMELOT, p. 163). 125) PELAGIO I, Epist. Viatori e Pancratio: e ...semetipsos segregantes, Spiritum non habent (Jud., 19). Quibus omnibus illud efficitur, ut quia in unitate non sunt, ut quia in parte esse voluerunt, ut quia spiritum non habent corporis Christi, sacrificium habere non ~

possint». (P. L,. 69, 412). carnibus

« In

una

domo

comedetur

nec

offeretur

ejus foras»: cosi S. ISIDORO, Quaestiones in Exod.,

c.

de 15

(P. L., 83, 295 A-B); S. MARTINO DI LEON Sermo 4 (P. L., 208, 264, B-C). 126) Moralia in Job., l. 3QQCV, c. 8, n. 13 (P. L., 76, 756 c). Non è altro che l'interpretazione tradizionale della prescrizione dell'Esodo. b) Omelie sulla Pasqua, I, n. 15.

182

Queste affermazioni, e moltissime altre analoghe >~ gt; , non signi ica o c e on ci possa sser sacrazione valida nello scisma: il problema che esse considerano non è quello di una presenza oggettiva, ma quello di un frutto spirituale >~ ). E se signi cano invece che il mistero eucaristico si prolunga necessariamente in quello della Chiesa e che il mistero della Chiesa è indispensabile al compimento del mistero eucaristico:

Non est Christi corpus

quod schismaticus conhcit ..D.ivisum ab unitate altare veritatem Christi corppris non potest congregare >& t;& t;). « i ompie i mi tero el corp Cristo quando tutti i suoi membri si uniscono per offrirsi in Lui e con Lui >& t; ). E' nell'Euca ist »

l'essenza misteriosa della Chiesa riceve

una

espres-

perfetta» >& gt;), e, correlat v mente è ne nella sua cattolica unità, che matura in frutti

sione sa,

t;

concreti il

significato nascosto dell'Eucaristia. ipsa quae ibi intelligitur, unitas

Virtus enim

est, ut redacti in corpus eius, e8ecti membra eius, simus quod accipimus & t; & t; ): Se la hies os è la «pie

127) 3,

c.

2,

S. ALBERTO, Liber de Sacramento Eucharistiae, d. 3, tract. n. 4: «extra Ecclesiam non est Deus in sacramentis». S.

AGOSTINO, Sermo 71, c. 19, n.. 32 (P. L., 38, 463). 128) S. TOMMASO, Tertia, q. 82, a. 7, dove spiga S. Agostino; Ibid., ad 1m: «extra Ecclesiam non potest esse spirituale sacrificium, quod est menti ».

verum

veritate

fructus

licet

non

sit

verum

veritate

sacra-

129) PELAGIO I, loc. cit., cfr. M. de LA TAILLE, Mysterium Pdei, 3a ediz., pp. 406-408. 130) BOSSUET, Explication de quelques di fficultés sur ics prières de la Messe. S. AGOSTINO, Sermo 272: «Qui accipit mysterium unitatis et non tenet vinculum pacis, non mysterium accipit pro se, sed testimonium

contra se» (P. L., 38, 1248). 131) Cfr. A. KERKVOODE, riassumendo SCHEEBEN, Le mystère de l'Eglise et de ses sacrements (coli. «Unam sanctam», 15, 1946), pp. 81-86. 132) S. AGOSTINO, Serrno $7, n. 7 (P. L., 38, 389). Cfr. il Post-

183

del Cristo, il Cristo, nella sua Eucaristia, è te il cuore della Chiesa >~

veramen-

communio del sabato delle Quattro Tempora di settembre: «Perficiant in nobis, Domine, quaesumus, tua sacramenta, quod continent, ut, quae nunc specie gerimus, rerum veritate capiamus». vedi ancora Corpus mysticum, p. 287. 133) J.-J. OLIER, op. cit., p. 61: « ...nel cuore della Chiesa, e cioè in Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento: poichè là è il vero e la vera sorgente di vita nella Chiesa». N. CABASILAS, Explicationes liturgicae, c. 38: «La Chiesa è significata nei santi misteri non come in simboli, ma come nel cuore sono significate le membra» (Sources chrétiennes, 4, 1943, p. 211). FRANZELIN, Theses de Ecclesia Christi (ed. 1907) pp. 313: « ...ex his omnibus intelligimus, quomodo Ecclesia ab hoc sacrificio et sacramento eucharistico velut a

cuore

corde et centro vitae suae participet in seipsa conjunctionem ac compenetrationem humani et divini... ».

LA CHIESA IN MEZZO AL MONDO

Spunta sa

ancora una

volta il

mistica, questa Chiesa dal

lo stesso tempo

una

paradosso : Questa Spocuore

nascosto, è nel-

realtà ben visibile in

alle

mezzo

realtà di questo mondo. La si può misconoscere, ma non la si può ignorare. Come tutte le istituzioni umane essa

ha

una sua

facciata esteriore. Ha

un

suo

aspetto temporale», pesantissimo talvolta. Ha le sue cancellerie, il suo codice, i suoi tribunali. No, «

non

è davvero

una

cosa

la nostra Chiesa! Non è

«nebulosa

e

disincarnata»

«entità vaporosa»! Mistero vissuto nella fede, essa è nondimeno una realtà di questo mondo. Vive in piena luce, impone una

la sua presenza a tutti, rivendica i suoi diritti. Si inserisce ovunque nel tessuto sociale, modificandone la trama. Dichiarandosi «società perfetta» > ), e 1) PIO IX, allocuzione Maxima quidem (9 giugno 1862) e il Sillabo, proposizione 19a: «Ecclesia non est vera perfectaque societas piene libera, nec pollet suis propriis et constantibus juribus sibi a divino suo fundatore collatis; sed civilis potestatis est definire quae ~

185

fa da contrappeso, in qualche modo, civile. Per conseguenza la contiene, o sforza

di

contenerla, esiste fatalmente una

entro

certi

alla società

limiti.

almeno si Tra

loro

lotta quasi inceslamenta le «usurpazioni ~ dell'altra.

sante.

rivalità,

una

Ognuna più instabile, di più, precario che il loro equilibrio» a). Anche quando, da una parte e dall'altra, gli uomini cercano l'accordo, è raro che le due «Nulla di

legislazioni si armonizzino in tutto. Nascosti

lenti, meschini

o

pacificati. Venti lo. L'equilibrio è

o

vio-

i conflitti rinascono appena secoli di storia stanno a dimostrar-

tragici,

quasi impossibile. A volte è lo Stato che si fa persecutore ed a volte, in un settore o nell'altro, sono gli uomini di Chiesa che usurpano i di-

separazione nè pericoli. più perfette sono anche le più pericolose. Il meglio volge facilmente al peggio. Non è sempre facile, allora, stabilire quale dei due poteri sia lo schiavo dell'altro; se ritti dello Stato. Nessuna forma nè di

di unione è

scevra

di

Le simbiosi

sia la Chiesa che domina il mondo, o il mondo che invade la Chiesa. Non si può sfuggire alla tensione che tuo

la confusione, e dalla confusione nascono opposizioni. Nei casi più benigni, è un perpe-

con

nuove «

imbarazzo reciproco»

~).

L'esistenza

umana ne

sint Ecclesiae jura ac limites, intra quos eadem jura exercere queat». LEONE XIII, enciclica Immortale Dei (1 nov. 1885): «Societas est genere et jure perfecta, cum adjumenta ad incolumitatem actionemque suam necessaria... omnia in se et per se ipsa possideat »; « IntelEcclesiam societatem esse, non minus quam ipsam civigenere et jure perfectam»; enciclica Satis cognitum, ecc. a) J. LECLER, l'Eglise et la souveraineté de l'Etat, (1946) p. 23. Cfr. S. AGOSTINO, De Civitate Dei, l. XIX, 117 (P. L., 51, 645-646). 2) PAUL CLAUDEL, interroge le Cantique des cantiques (1948),

ligi

debet

tatem,

p. 90. Cfr. JOSEPH HOURS, Terre humaine, ottobre 1952, venuto a distinguere i poteri, fusi),. i rapporti tra i due sono

]86

La Démocratie chrétienne et l'istat, in 78: «Da quando il cristianesimo è spirituale e temporale (un tempo con-

p.

sempre rimasti difficili da stabilire, cat-

rimane sempre intralciata

quando non ne è addirittura gravemente turbata. Nella coscienza stessa dell'individuo, il fedele ed il cittadino sembrano in contrasto tra di loro. Insieme a molti uomini di Stato ed a molti filosofi possiamo dunque chiederei: Non sarebbe tutto più semplice senza la Chiesa, questa importuna? Non sarebbe tutto più ordinato, più razionale? L'antichità non conosceva un simile dualismo. Anche quando

il prete era distinto dal capo famiglia, dal capo militare o dal magistrato, la religione era per tutti la religione dello Stato. Quando apparvero nuovi culti lo Stato non li riconobbe 'se non dopo averli assorbiti, a questa ragionevole soluzione. Per quanto fossero diversi i loro dogmi ed i loro sistemi di governo, Greci ed Ebrei ignoravano questa piaga che l istituzione della Chiesa cattolica ha aper-

ed essi si prestarono

degli Stati

to nel fianco

e

delle coscienze.

Il male data dal tempo del Vangelo. E' il Vangelo che ha introdotto la distinzione tra ciò che noi

oggi chiamiamo il Vangelo che

«

temporale»

e

lo

«spiritua-

le». E' il

ha fatto della Chiesa e dello Stato due realtà i cui limiti ed i cui interessi non coincidono. E il Vangelo che, «separando il sistema teologico dal sistema politico, fece si che lo Stato cessò di essere uno, e causò le divisioni intesti-

ne

che

non

poli cristiani

hanno mai cessato di travagliare i poNe derivò, infatti, «un perpetuo con-

».

tivi spesso, accettabili talvolta e perfetti mai. Due tendenze sollecitano i rappresentanti dei due poteri: l'una sottomette la Chiesa allo Stato al punto da fame una semplice amministrazione pubblica, l'altra subordina lo Stato alla Chiesa al punto da voler ristabilire nelle mani del sacerdozio l'unità dei due poteri. Tra questi due pericoli, Scilla e Cariddi della politica, l umanità cerca la sua via, mentre la storia marcia verso il suo termine s ;

187

flitto di giurisdizione che ha reso buona pohtica: non si riesce mai

dei

due

poteri

ba obbedire

~.

del

impossibile ogni sapere a quale

a

del prete si debLa Chiesa dà agli uomini «due le-

—

principe

o

—

gislazioni, due capi, due patrie, li sottomette veri contradditori ed impedisce loro di poter

nello stesso tempo devoti

e

cittadini

».

a

do-

essere

Un solo ri-

medio sarebbe efficace:

ritornare al sistema antico, «riunire le due teste dell'aquila» e « tutto ricon-

durre all'unità

politica senza la quale nessun Stato può essere solidamente costituito». Abbiamo facilmente riconosciuto la voce eloquente di Rousseau > ). Ma qua te al re v ci confluisc in quella di Rousseau! Essa riassume una lunga tradizione dottrinale < ). E' p re que to he risu nò grido di Benzon d'Alba, che si scagliava contro Gregorio VII, falsando il detto di Gesù: Non potete servire a due padroni ~. a), e non c'è quasi giorno che non ci porti un'eco nuova. Partigiani ed avversari e nessun

governo

~

dello statismo

concordi nello stesso lamento.

sono

Proudhon, per esempio, si rammaricava che il cristianesimo, che aveva saputo c restituire al mondo lo spirituale che aveva perduto», non avesse sa-

puto unificare maggiormente la Chiesa egli rimproverava scienza comune»

al

di

e }o Stato; distrutto la «co-

Vangelo paesi che hanno adottato la sua legge sostituendola con « il disordine, l'insurrezione, il regicidio»: situazione violenta, alla quale aver

nei

3) JEAN-JACQUES ROUSSEAU, Contratto sociale, l. IV, c. 8. 4) Cfr. P. M. MASSON, la Religion de Jean-Jacques Rousseau, t. Il, cap. V, pp. 178-204. Rousseau si riferisce esplicitamente a Hobbes: il

e Il

filosofo

Hobbes

è

rimedio... ».

a) Libro ad Enrico

188

IV.

il

solo

che

abbia

visto

bene

il

male

ed

la Rivoluzione dovrebbe mettere fine facendo «rientrare la Chiesa nello Stato»

>

Altri pensatori deploravano ugualmente « la incresciosa scissione sopravvenuta nell'era cristiana tra l ordine religioso e l ordine civile» o, come si espriuno di loro, « l opposizione del cristiadel civismo». Ancora recentemente Maurizio Merleau-Ponty scriveva: «La Chiesa non si fonmeva ancora

nesimo de

con

e

degli uomini,

la società

essa

cristallizza in

margine allo Stato... Una seconda volta gli uomini sono alienati da questo secondo sguardo che pesa su di loro... » < Non bastava

una

prima,

certamente

inevitabi-

le, alienazione? Perchè questo duplicato? E perchè introdurre il principio di tutti questi insolubili conHitti? Perchè

uno di questi poteri non dovrebbe assorbire l'altro > )? Per hè on ci dovre be ess re Chiesa su misura dei cittadini, o uno Stato che prenda a suo carico tutto l'uomo? Non sarebbe cosi tutto

più semplice? Non è soltanto presso i teorici dello Stato che sembra ci si sia accorti di questo. Teologi e canonisti, spingendosi più oltre, e in una direzione che non fosse il grande sogno agostiniano dell'unità spiritua-

giustizia che era all'origine della hanno cristianità, spesso ragionato similmente. Le stesse complicazioni più sopra lamentate li irritano, le

e

e

di pace nella

furono sedotti dallo stesso ideale

semplicista.

Poi-

5) PROUDHON, la Fédération et l'unité en Italie (1862), p. 97; de la Justice dans la Révolution et dans l'Eglise, nuova ediz., t. IV, pp. 40~09. 6) Sens et non-sens (1948), p. 362. 7) Cfr. M. CAYLA, Pape et empereur (1861): «E' tempo di troncare una volta per tutte la difficoltà lasciando da parte il vecchio pregiudizio della distinzione dei poteri».

189

chè vi

sono due modi, come ci diceva Rousseau, di riunire le due teste dell aquila: due modi diversi, con un risultato analogo. E difatti, perchè avere due capi nella società? Perchè due teste su un unico corpo? Non si ha in questo modo un mostro? Ma dal momento che la società era anche la Chiesa, «il ma

corpo mistico»,

non

i cui titoli erano pa,

si doveva concludere che il papiu sacri che quelli del prin-

doveva concentrare nella propria persona tutto il potere, riunendo insieme le «due spade»? Lo ammettiamo senza difficoltà : si, tutto in

cipe,

questo modo sarebbe

semplice. che, una

più semplice, infinitamente più più agevole. Ma sarebbe an-

Tutto sarebbe

tale semplicità, desiderabile. Potrebbe una simile facilità di vita rappresentare un ideale? L'avvento del regno umano ha già notevolmente

complicato le cose sul nostro pianeta. Da quando si è acceso il primo lampo di intelligenza e si è fatto sentire il primo stimolo di una legge morale, quanti problemi, quanti conflitti, quanti scrupoli, quanti intralci all azione! Quante complicazioni e quanti disordini! Come tutto era più semplice in un mondo ancora totalmente regolato dall'innocenza e dall'oscurità dell'istinto! Come tutto era più facile! Come tutse si può to andava più direttamente allo scopo in questo caso parlare ancora di scopo! Quanti e quali mali genera incessantemente il privilegio uma—

della riflessione! Appena esso entra in esercizio più disordine in una sola coscienza di quanto non se ne richieda per sconvolgere l'universo in-

no

«nasce

tero!»

!!).

E tuttavia, il ritorno ad

un

paradiso

conce-

8) PIERRE EMMANUEL, Babel (1952) p. 185. Cfr. p. 171: L'uomo, allo stato bruto, è «un nodo feroce di contraddizioni ».

190

pito

come

anteriore ad ogni scissione ha persino potuQuesta nostalgia è anche in noi,

to tentare Rousseau. e

stimola i substrati

ventare

una

questa forma

psichici della natura, e può dipericolosa tentazione. Tuttavia sotto grossolana non riuscirà a sedurci; e

altrettanto privo di seduzione sarebbe, supponendolo possibile, un ritorno che si arrestasse alle soglie, al di qua del Vangelo. Non dobbiamo chiederei

l'ordine più semplice delle la

so,

semplicità

non

è

mutilazione,

ogni

costo una certa

integrazione. Volere ad semplicità, è imporre un ordine

ma

una

di violenza, perchè in noi tà. Prendiamo coscienza,

esiste questa semplicipiuttosto, di ciò che è.

non

chiudere gli occhi sulle innegabili comche derivano dalla sua istituzione, potremo

senza

plicazioni

ammirare nella Chiesa, presente in un

segno

La natura dell'uomo è

9)

mezzo

meraviglioso della Sapienza

duplice:

tuale. Benchè viva sulla terra destino

che ci attira

non

una

Allora,

semplicità

è alla partenza, ma al termine. dato iniziale, ma una ricompensa; non

irresistibilmente un

essere

Intesa in questo senideale; non fornisce un

un

criterio di valutazione. La Non è

quale potrebbe

cose.

temporale,

c'è in lui

al mondo,

divina

animale

>

spiriimpegnato in un qualcosa che trascende e

e

sia

«Tutte le istituzioni dice ancora Rousseau, loc. cit., che mettono l'uomo in contraddizione con se stesso, non valgono nulla». Niente di più giusto. Ma non si tratta di mettere luomo in contrad—

—

dizione con se stesso, anzi è un lavorare a mettere in esso l'armonia l'unità il constatare sin dall'inizio i dualismi e le opposizioni che

e

sono dentro di lui, e il tenerne conto.

191

ogni orizzonte

respiro nelspiega già la lotta è già sufficiente ad

terrestre e cerca il suo

Questo primo fatto

l'eterno.

ci

annidata nel cuore dell'uomo ed

agitare il principio della religione della citta. Questa religione e Rousseau è forzato a riconoscerlo nella stessa pagina in cui avrebbe voluto comunicar—

«è fondata sull'errore». Quasiano le forme particolari che riveste, essa fa sempre della città umana e dell'ordine terrestre un assoluto. Ne fa, anzi, «l'assoluto ~. Lo stesso Rousla

cene

nostalgia

—

lunque

seau

non

vede che

trasformarla

un solo mezzo per giustificarla: in convenzione. Gli articoli della pro-

imposta dal

fessione di fede

accolti

sovrano

dovrebbero

es-

dogmi religiosi, ma come sentimenti di sociabilità, senza i quali è impossibile essere buon cittadino o suddito fedele» > ). Ma q sere

«non

come

sto significa trasformare l'errore in menzogna, senza riuscire, peraltro, a frenare una pretesa esorbitante,

perchè lo Stato potrà sempre bandire coloro che rifiutano questi articoli e mettere a morte coloro che non

li

Se

osservano. un

certo

visto, nella

dualismo è natura

già inscritto,

dell'uomo,

come

abbia-

quanta maggior forza si imporrà la dualità che il Vangelo ha introdotta, e nella forma in cui esso l'ha introdotta, 'se mo

è

con

che Dio è intervenuto nella storia, nella nostra storia; se è vero che Egli ha voluto provvedere non soltanto privatamente al bene di ogni individuo, ma vero

socialmente per cosi dire, al bene di tutto il genere umano > gt ); se il M stero cri t

pubblicamente,

10) ROUSSEAU,

loc. cit., 11) S. AGOSTINO, De vera religione, c. 25, n. 46: «Quoniam divina Providentia non solum singulis hominibus quasi privatim, sed

192

fatti reali; se tutta questa Rivelazione una forma storica, di modo che noi la possiamo conoscere che mediante la catena

fondato

su

divina ha preso non

di

testimonianza autentica ed

essa non ci può che attraverso una Ma c'è di Tradizione! pervenire ha La Risurrezione del creato un monpiù. Signore do nuovo, ha segnato l'inizio di una nuova età, ha fondato sulla terra un tipo di esistenza assolutauna

mente

nuovo:

nuove!»

>

Tuttavia

essa

«ecco,

tutte

le

cose

son

diventate

gt ). Ha inau u ato « l' ttavo g orno non ha trasformato la natura sociale del-

l'uomo, nè soppresso le condizioni temporali della sua esistenza. La Pasqua eterna è già iniziata, e perciò «nulla è cambiato nella creazione

visoriamente, il mondo nuovo L'ottavo giorno non esiste che

si

~

>

). Pr

inserisce nell antico.

negli altri sette. D'ora poi perciò, l'uomo farà parte quaggiù di due città, ricettacoli di questi due mondi. Egli non cessa di in

appartenere ad una città terrestre perchè non cessa di essere uomo, e uomo della terra; ma non è più legato ad essa con gli stessi vincoli esclusivi, perchè

egli la

è introdotto in

sua

nuova

una

città

nuova in

cui si

svolge

esistenza. Questa città nuova, custode

universo

generi humano, tamquam publice consuluit, qui cum singuagatur, Deus qui agit atque ipsi cum quibus agitur sciunt; quid autem agatur cum !genere humano, per historiam commendari voluit lis

et per prophetiam s (P. L., 34, 142). 12) II C or., V, 17. 13) Epistola di Barnaba, XV, 8-9. S. GIUSTINO, Apologia Prima, c. 67, n. 7 (ediz., L. PAUTIGNY, p. 144); Dialogo con Trifone, c. 24, 1; 41, 4; 138, 1-2. CLEMENTE DI ALESSANDRIA, Stromata, l. V, 106; 1. VI, 57. S. GREGORIO NAZIANZENO, Discorso 44, per la nuova domenica, c. 5 (P. G., 36, 612-613). Circa i battisteri ottagonali vedere DOELGER, Das Oktagon und die Symbolik der Achtpahl, in Antiq. und Christentum, tements mystiques, p. 92. 14) Cfr. Il Petr., III, 4.

<

3.

Il Vo to de la Chi

IV,

3

pp.

153-187.

Cfr.

A ffron-

193

e

matrice del

nuovo

questo mondo

nuovo

mondo terrestre

stro

ricrea

universo, è la Chiesa. Essa è già > gt ), ma op ra te i s no e

perituro.

E' in

essa

che Dio

riforma il genere umano > lt;). hiesa terra, essa è già la «Gerusalemme celeste, madre nostra». «Essa è libera» ci dice San Paolo, «di quella e

libertà che il Cristo ci ha donato» > Si può, senza dubbio, affermare che per il solo fatto di aver rivelato all'uomo di essere destinato ad un mondo superiore, ad una terra, «nella quale abita la Giustizia»

cipio

> gt;) G sù a spirituale, frutto

di libertà

teriore

più

già

forte di tutti i tiranni

Per il solo fatto di

aver

me so

di'una

ui un esigenza inn

>

dichiarato:

«

II mio

re-

è di questo mondo» e di aver detto ai suoi gno : discepoli «Date a Cesare quello che è di Cesare non

ed

a

Dio

quello che

è di Dio»

~o), Egli ha

definitiva-

mente fondato questo «regno spirituale», che giudica e rende relativi tutti i regni della terra. E' possibile quindi richiamarci alla Sua autorità senza ri15) Cfr. S. GREGORIO NISSENO, in Cantica Canticorum, hom. 13 (P. G., 44, 1049-1052): «La fondazione della Chiesa è la creazione di un nuovo universo. In essa, secondo la parola di Isaia, vengono creati cieli nuovi e una terra nuova; in essa viene formato un altro uomo, a immagine di Colui che l'ha creato». 16) S. AGOSTINO, Epist. 118, c. 5, n. 33: «Totum culmen auctoritatis lumenque rationis in ilio uno salutari nomine atque in una ejus Ecclesia recreando et reformando humani generi constitutum est » (P. L., 33, 448). 17) Gal., IV, 26, e V, 1. Cfr. Concilio Vaticano, Constitutio de Ecciesia, proemio'. Il Cristo ha fondata la sua Chiesa «per rendere l'opera salutare della Redenzione perpetuamente durevole». 18) II Petr., III, 13: «Novos caelos et novam terram secundum promissa ipsius exspectamus, in quibus justitia habitat». 19) GREGORIO D'ELVIRA, tractatus XVIII: «Qui semel in Christo manumissus est, tyrannicam non patitur servitutem» (ediz. BATIFFOL-WILMART, p. 197). 20) Jo., XVIII, 36. Matth., XXII, 21. Cfr. Lc. XII, XXII, 24-27.

194

14;

Matth.,

ancora l'autorità della Chiesa. E' la posizione che adottano molti sostenitori di un «puro Vangelo», che non è il Vangelo completo. E' Ia poconoscere

sizione che Rousseau avrebbe voluto salvare contro i teorici del

Non si risolveva

dispotismo.

deforma-

a

tal punto il cristianesimo da assegnargli nello Stato la stessa funzione del paganesimo antico. Alla re

a

«religione del cittadino», egli aggiungeva, senza preoccupazione di coerenza, una «religione dell'uomo ~, religione «unica, eterna, e immutabile in ogni paese», religione «senza templi, senza almolta

senza riti, limitata al culto puramente interiore del Dio supremo ed ai doveri eterni della morale ~.

tari,

che

Ma questa specie di deismo, anche supponendo avesse titoli per richiamarsi a Gesù, non appor-

tava

nessuna

soluzione al

posto, nè in

un

in

può

sura

cui

sufficiente

a

senso

problema

cosi brutalmente

nè nell'altro. Infatti, nella mi-

essere

ristabilire

effettivo, questo culto è già quel dualismo che si voleva

eliminare, con tutti i conflitti che ne derivano. Esso distacca dallo Stato il cuore dei cittadini e rompe « l'unità sociale», quella, almeno, che si pretendeva di assicurare. Per il suo spirito di carita universale, esso è «contrario allo spirito sociale particolaristi-

co», che è necessariamente

tà civili E'

e

già

politiche» ~> dunque,

sufficiente

lo faceva notare essere

quello

a

fare

—

di tutte

«

le socie-

è Sant'Agostino che la religione di

—

«accusare

la nemica dello Stato»

~~).

D'altra parte, chi

21) ROUSSEAU, Lettres à Usteri, 30 aprile e 18 luglio 1763 (Correspondance générale) ; cfr. Note in margine al decreto di proscrizione dell'Emile: Fragments inédits, ediz. JANSEN (1882), p. 20. 22) S. AGOSTINO, Epist. 138, c. 2, n. 10: «Cum vero legitur,

195

può seriamente supporre che esso possa essere praticato dall insieme degli uomini?

qualcuno insorgerà, farà intenproclamerà che «è meuomini ~> ), ma il glio grido sarà presto soffocato e tutto rientrerà «nell'ordine». I seguaci del puro Vangelo» si rifugeranno allora in un miraggio celeste che non avrà alcuna efficacia contro la tirannide > 4 e f rà d è anc Di tanto in tanto

della coscienza, obbedire a Dio che agli

dere la

voce

»

~

re

Rousseau che lo rileva fatti per essere schiavi

che

—

».

«

i veri cristiani

Oppure

la

repressione

sono

sarà

più radicale ancora, e svanirà questo stesso sogno. Si spegnerà, almeno nella maggior parte delle coscienze, ogni libertà interiore;

non

sussisterà più alcun

«regno spirituale». Constatando che negli Stati cristiani furono fatti a più riprese dei tentativi per ristabilire il sistema antico, Rousseau rimpiange il loro fallimento. «Lo del cristianesimo ha invaso tutto; il culto saè sempre rimasto, od è sempre tornato ad essere

spirito cro

praecipiente auctoritate divina, non reddendum malum pro malo..., accusatur religio tamquam inimica reipublicae» (P. L., 33 529). Agostino risponde in questa lettera alle obiezioni del pagano Volusiano, che Marcellino gli aveva trasmesso, (Epist. 136). Cfr. JOSEPH VIALATOUX, la Cité de Hobbes, théorie de l'istat totalitaire (1935), p. 167: «Proclamare un regno di Dio non è forse, apparentemente, uno scatenare una nùova guerra in fondo al cuore di ogni cittadino? L'apparizione di questo regno non ci fa sudditi di due padroni? e non rischiamo ormai di trovarci divisi tra due leggi: quella dello Stato e quella di Dio? Questo problema non poteva non far inquietare l'autore del Leviathan... ». 23) Act., V, 29. 24) Cfr. JOSEPH VIALATOUX, op. cit., p. 168, commentando Hobbes: «Quale re, venendo a sapere che un suo suddito non attende un altro re, che alla fine di questo mondo, sarebbe cosi insensato da punirlo con la morte? Ai re della terra basta il fatto di avere l'impero assoluto nelle loro rispettive città».

196

indipendente

dal

sovrano

senza

alcun necessario le-

game con il corpo dello Stato ~ ~> Potrebbe affermarlo ancora oggi?

serebbe delle nostre recenti

Che cosa pen«religioni secolari ~? Lo

spirito totalitario, di cui egli è forse uno dei responsabili, ha registrato tali successi, si

sori

precurè fatto

cosi grosso di minacce che lo farebbero forse riflettere e lo costringerebbero a rivedere le sue tesi. Non ha

proclamato ègli

nali

sono

che,

stesso

utili allo Stato

se

come

«

le

religioni naziointegranti

elementi

della

sua costituzione», non sono per questo meno «nocive al genere umano» ~< )? Il cristianes mo a va difatti profondamente cambiato le condizioni di

governo degli uomini, cambiando la natura e la forma dell'adorazione a), ma si è veriácato l'inizio d'un regresso.

ad

«

essere

spinge le città terrestri si trova oggi al

Il movimento che «come

altrettanti dei

~

e falsa do mo ti val

apogeo» ~> ). Capta cristiani, facendo, proprio questo movimento, «discendere la Città di Dio dal cielo sulla terra e la citsuo

d

proclamando nuovamente, alche ogni uomo appartiene a pratica,

tà eterna nel tempo ~, meno

con

la

25) La stessa nostalgia si ritrova in AUGUSTO COMTE, Cours de philosophie positive, 60a ed ultima lezione: «La sola antichità ha potuto realmente offrire fino adesso un sistema politico completo, comportante una integrale omogeneità... » (t. VI, p. 536). La distinzione tra uno spirituale e un temporale nell'idea di Comte è tutt'altra cosa da quella professata dalla Chiesa: cfr. le Drame de l'humanisme athée, Si può applicare qui ciò che 4a ediz., (1950), pp. 200-201. ERICK WEIL scrive della politica di Rousseau in generale: «Rousseau desidera essere « fedele all'antichità», ma sa che la sua teo—

ria è «irrealizzabile»; è troppo tardi ormai, la cancrena ha fatto progressi tali che nessuna forza al mondo è più capace di fermarla». 7 e (Jean&ac ues Rous ea e la Politi ue in Criti ue, 56, pp 26) ROUSSEAU, Lettres écrites de la Montagne, III, 130.

a) Cfr. FUSTEL DE COULANGES. La cité antique, 1. V, c. 3. 27) ROBERT ROUQUETTE, S. J., l'Eglise derrière le rideau de fer, nella rivista 8tudes, aprile 1952, pp. 3-4. 197

questa città non

come

contano se

lo Stato nella

una

non

sua

particella,

e

che le

in vista del tutto

antica pretesa di

fine supremo, facendo di

se

particelle a), ristabilisce per tutti il

essere

stesso, attraverso coloro

che incarnano la sua potenza, un oggetto d'adorazione. I fedeli tornano ad essere gli «atei ed i «ne»

mici del genere umano» > > ) che eran agli occ vecchio paganesimo. Essi sono accusati di essere apportatori di discordia. Di fronte a questi successi, a simili minacce, a tali pretese, quale sapore e quale forza nuova assume, per i cuori cristiani, il celebre assioma : «Dio non ama nulla, quanto la libertà della sua Chiesa!». Nonostan-

te tutto il

cattolica, come

suo

con

e

evidenza sempre maggiore, appare

la sola efficace

Anche da no

pesante apparato terrestre, la Chiesa

una

un

garanzia della libertà delle anime.

punto di vista semplicemente

per la totalità

degli uomini,

essa

è

una

uma-

forza

liberatrice. Non si contenta di esortarli ad una vita superiore; fornisce loro un ambiente che li sostiene, un clima che li rafforza.

Sappiamo un

che

intollerabile

conferma

~>

molti questa affermazione parrà paradosso. La storia, nondimeno, lo a

) I fat i, sem re tro po numer si cer

a) GILSON, Le metamorfosi della Città di Dio, p. 106, a proposito del sogno di R. Bacone. ARISTOTELE, Politica, l. VIII, c. 1. 28) Cfr. Martirio di Policarpo, III, 12 (ediz. P. TH. CAMELOT, «Sources chrétiennes», 10, p. 247); Epistola a Diogneto, V, II (ediz. H.-J MARROU, «Sources chrétiennes», 33, p. 65), ecc. Tutto quan29) Cfr. LEONE XIII, enciclica Immortale Dei: « to è utile a proteggere il popolo contro la licenza dei principi che ...

non provvedono al suo bene, tutto quanto impedisce gli ingiusti gravami dello Stato sulla comunità o la famiglia, tutto ciò che interessa l'onore, la personalità umana e la salvaguardia degli uguali diritti di ciascuno; ebbene di tutto questo la Chiesa cattolica ne ha sempre preso sia l'iniziativa, sia l'al o patronato, sia la protezione, come ne fanno fede i monumenti delle precedenti età».

198

mente, che si potrebbero citare in senso contrario, provano semplicemente che gli uomini sono uomini, che nella Chiesa stessa una parte della coscienza è spesso rimasta mondana e che dovunque possono insinuarsi gli abusi. Come diceva Renan,

«non

esiste

> ). Costatazi ne bana e, s bene in questo caso, particolarmente dolorosa: optimi corruptio, pessima. Fatti simili tuttavia non deuna

storia immacolata»

velare ai nostri occhi una evidenza fondamentale. La distinzione effettiva dei due poteri, condizione indispensabile della vita spirituale, è legata alla

vono

esistenza di «

una

Chiesa sovranazionale

e

universale,

istituzione divina che abbraccia tutte le nazioni

tutte

le trascende

~

> gt;), qu

le è, un ca al

e m

nella storia, la Chiesa istituita da Gesù Cristo. Da ciò tante esplosioni di collera contro una reli«che si eleva al di sopra della società», «cancro lidistruttore dell ordine sociale», da cui bisogna

gione

«

berare la terra... tato da

una

> ;) « Il cesa ism , si esso rapp persona, da un Senato, dalla massa ~ o g

aggiungiamo questa invenzione più recente— partito unico, «è sempre, e non può essere altro, che tirannia sul piano politico e persecuzione —

da

un

sul terreno

spirituale. La Chiesa fu sempre, e lo sarà di nuovo, la sorgente della libertà umana, la madre di ogni libera nazione. La libertà di pensiero e

la libertà individuale, la libertà di coscienza nella

30)

Il Giudaismo come razza e come religione (1883). 31) PIO XI, enciclica Ubi Arcano, 23 dicembre 1922. 32) DUPUIS, Abrégé de l'origine de tous les cultes (nuova ediz., 1836), p. 490: «l'obbedienza cieca a un capo nemico, anche se egli porta il nome di capo della Chiesa, è un crimine di lesa-nazionalità o.

199

e nello Stato, procedono sempre dalla limitazione del potere temporale» > Ogni paese della nostra vecchia Europa ha po-

famiglia

tuto fame l'esperienza: «gli intralci opposti all'esercizio regolare della giurisdizione pontificia ~, segno e condizione

dell'unità cattolica,

vantaggio dell esercizio episcqpale, ma del potere civile»,

fatto

a

«non

andavano af-

della

giurisdizione

e

dei suoi tentativi

di violazione delle coscienze. E stato il rafforzamento del potere romano, a misura che cresceva la Chiesa, che ha difeso i vescovi e con essi i fedeli. Senza il sostegno che

nella loro comunione

esse trovano

Roma, le comunità cristiane si sbriciolano facilmente assoggettate. Non trovandosi

più

e

con sono

di fron-

potere spirituale organizzato e forte, forte prattutto del consenso intimo e fervente della te

un

soco-

scienza cattolica, lo Stato si fa ino

e

nessuna

dell'assolutismo

Sorsero,

si

padrone di tutto l'uopuò più opporre agli eccessi

~4).

in diverse

epoche,

«spi-

diamo

~

evidentemente ai

continuamente alle virtù so

movimenti di

che si inquietavano della potenza della Chieche la Chiesa ha dovuto sconfessare. Non allu-

rituali sa e

diga

da

un

santi, che la richiamano evangeliche. Animati spes-

altissimo ideale

e

credendo anch'essi di

33) Card. MAN NING, Cesarismo e ultramontanismo. Cfr. BAUTAIN, La religion et la liberté (1865), p. 89: «L'istituzione della Chiesa è la stessa realizzazione della libertà nel mondo». E a p. 2021: «La Chiesa, conservando intatta, in questo mondo, l'autorità spirituale, ha conservato cosi anche la dignità umana». Cfr. H. RANER, Abendlandische Kirchenfreiheit (1943). 34) Cfr. L'abate H. HEMMER, Rapports des papes et des éveques (Malines, maggio 1925), in Jacques BIVORT DE LA SAUDSE, op. wit., pp. 199, 204, 207. I. DOELLINGER, la Chiesa e le Chiese (trad. frane. A. BAYLE, 1862), specialmente pp. 69-114: « le Chiese e la libertà civile».

200

servire il «puro

Vangelo», questi

~

spirituali

»

con-

testavano alla Chiesa le condizioni stesse della sua presenza efficace nel mondo. Malgrado i loro eccessi, parecchi di loro hanno esercitato, a volte, una funzione profetica e nell'azione da loro svolta si possono

trovare forma

intimamente

mescolate

«vera

ri-

falsa

e

~.

Spesso infatti essi reagivano contro abusi reali gravi, che solo una segreta complicità o, più semplicemente, un abitudine inveterata impediva di vedere: fasto mondano, fiscalità eccessiva, ingerenza negli affari puramente secolari... Possiamo anche rie

conoscere

che gli argomenti usati contro di loro

non

sempre molto efficaci; talvolta, anzi, erano sicuramente inconsistenti > ). uò dar i, infi e, he erano

cuni di loro siano stati vittime, in alcuni casi, di uomini che certamente erano inferiori a loro. Ma la loro

intransigenza di principio > lt; . C n una

non

era per

og ca i cu

cieca

questo

es

meno

i non perc

la portata, ma le cui conseguenze si sarebbero fat. te evidenti a partire dal luteranesimo, essi invocavano no

volentieri l

appoggio

facevano duri,

dei

Quando esigevano ritirasse nella altro

non

de

e,

quando

i

tempi

si

asilo presso di loro. che il Romano Pontefice «si

sua

spirituale», la quale in predicare e nell'assolvere ~,

missione

consiste che nel

35) Vedere, Jacobi

principi

cercavano

~

per esempio, il curioso Dialogus contra Fraticellos S. pubblicato dal BALUZE, Miscellanea..., t. Il

Marchia,

(Lucae, 1761), pp. 595-605. O ancora quel sermone di Giovanni XXII, col quale vuoi provare con le parole «quodcumque ligaveris super terram... » che il Cristo ha rimesso tutto il potere e tutte le proprietà terrestri nelle mani dei successori di Pietro. (1208), 36) Cfr. le condanne dei Valdesi emesse da Innocenzo III degli Spirituali da parte di Giovanni XXII (1317-1322), e la proposizione 26 del Sillabo di Pio IX.

201

«permettendo cosi all'imperatore imperatore», essi usavano delle

te

di

essere veramen-

formule

equivoche

indebitamente restrittivo > Credendo di lavorare per la perfezione cristiana, servivano in realtà la causa di quelli che la temevano e si a

cui davano

un

senso

facevano ausiliari di

quell armata di legisti imperiali quali cercavano di abbattere il pol

regali, molti tere. spirituale o

dei

incarnato dalla Chiesa, per stabilire principi. Servivano di cauzione

il diritto divino dei

a uomini che non cessavano di trarre, dal diritto antico, armi contro il Papato, creando nel contempo un arsenale contro la libertà dei popoli.

morale

C'è da temere che

oggi,

ancora

in

un contesto

po-

sociale ben diverso, affiorino analoghe utoC'è da temere che una critica esagerata e malepie. stra di quello che volentieri vien definito «cristianelitico

e

simo costantiniano»,

e

che sarebbe

—

più giusto,

dubbio, per gli eccessi denunciati, chiamare non tenda a restringere pericoloteodosiano»

senza «

—

samente la sfera d'azione della Chiesa. C'è da temere

caldeggiano un «ritorno allo siano vittime di dannose ambiguità e che spirituale» in realtà essi mirino, più che a quella purezza di apoche alcuni di coloro che

stolato di cui

parlava recentemente un apostolo torimpoverimento del cristianesimo e

mentato, ad un

37) Sarebbero le formule di Lutero, An den christlichen Adel (1520). Le conseguenze sono note. Per quanto riguarda il diritto divino dello Stato, praticamente sanzionato dal luteranismo, vedere il teologo BRENZ, citato e sunteggiato da LUCIEN BEResempio NARCKI, la Doctrine de l'Eglise chez le cardinal Hosius (1936), pp. -

Sulle polemiche di Ubertino da Casale con Giovanni XXII suoi rapporti con Luigi di Baviera, cfr. Frédéhaud CALLAEY, O. M. Cap. Idéalisme spirituel au XIVe siècle, études sur Ubertine de Casale (1911), pp. 236-251. Sul movimento «spirituale» del me181-192.

e

i

dio Vie,

202

evo,

si legga lo 1954.

giugno

studio

recente

del

P.

CHENU,

in Lumière

et

ad te a

un

indebolimento del

suo

spirito

stesso

di fron-

idoli del giorno. C'è da temere che aspirando liberare il Vangelo che essi credono prigioniero,

agli

alcuni cristiani scendano inconsapevolmente a patti le forze che cercano di sopprimerlo, soffocando o addomesticando la Chiesa. Allora, partiti anch essi con

da un giusto desiderio di romperla con abusi reali, di respingere solidarieta ingiustificate, di restituire alla fede la sua austera trascendenza, finirebbero per

compromettere le loro

Intralcerebbero

aspirazioni.

stesse

infatti

la

diffusione

di

«quel

Testamento della libertà» che, sebbene in condizioni sempre imperfette, ci è tuttavia stato trasmesso fin dal tempo dei primi Apostoli di Gesù > & t;) e l rebbero ad asservire la Patria

della libertà. Con-

tribuirebbero

cacciare dalla terra

con

ciò stesso

a

la libertà delle anime, a spegnere di questa libertà che il Cristo aveva «

che il mondo ~~) in cui respinge il Cristo. do»

e

va

il gusto

perfino acceso

perdendo

nel

mon-

nella misura

Non sarebbe forse il caso di ripetere il grido di S. Paolo: «O Galati insensati! chi vi ha sedotti cosi? Voi siete stati chiamati alla libertà: nuovamente sotto il

La Chiesa la libertà. Il saggera ed

non

non

si limita ad assicurare è

compito più positivo. operatrice di unità. suo

agli

III,

1

e V,

uomini

Essa è

38) S. IRENEO, Adversus Haereses, 1. III, c. 12, n. 3 (ediz., F. SAGNARD, pp. 248 e 274). 39) M. PARIS, Prière. 40) Gal.,

piegatevi

giogo!» '!0).

14;

mes-

c. 15, n.

1. 203

La

l'uomo,

della città, quando prende tutto riunire tutti gli uomini : ecco un'al-

religione non può

tra costatazione che Rousseau

può esimersi dal cuique civitati reli-

non

tanto essa è evidente. Sua

fare,

gio est.

Questa religione della città pone, o almeno abin uno stato natubandona, ogni singolo popolo rale di guerra con tutti gli altri ~. Ognuno di essi ritiene di non poter sfuggire alle divisioni interne che a prezzo di altre scissioni più irriducibili e più «

pericolose e

lotta

una

rimangono che

non

in

a

morte

due, l'ostilità è

più violenta. I sogni di universalismo a), quanrimangono allo stato di dolci chimere, si

ancora

do

Nasce tra loro

ancora.

infine,

se,

non

concretizzano sempre

lotta contro

come

altro po-

un

polo, un'altra razza, un altro sistema. E quando finalmente, dopo tanto battagliare, si fa strada il desiderio della grande unione», non la concepiscono «

volendo cioè, come candidaGuglielmo Postel 4> ), h « la prop

tutti in unico

mente diceva

senso :

persona, o il proprio sangue, il dominio sugli altri ».

o

la

propria patria

Sventurata Umanità, la cui incoercibile

a) Contrariamente è

non

stato

affatto

a

lo

quanto

stoicismo.

a

è

volte

Questo

ha

aspira-

detto, questo sogno

stato

non

abbia

preceduto,

realmente

GILSON, Le metamorfosi della Città di Dio, p. 6-7: «Lo stoico saggio è un cosmopolita, ma nemmeno

da

una

una te

saggezza, brano

essere

e

leggi è

con fare

aver

un

un

in

tutto

fino vero

un si

un

atto

e

ai

Cfr.

confini

fisico

dichiara di

l'idea

capace

più vasto che

molto

cittadino

ordine

cui

concepito

al nostro piaaeta Vierge

è

cristiana.

estesa

Inserirsi

non

quindi

41) La

204

pure

saprebbe

cettano le

tesi

sia

società.

fede

la

idea,

l'universo

parte

società

non

una

per

della

perchè il universale

solidale,

può

cittadinanza. d'una

d'unire

terra,

Gli

società

la totalità

non

e

sarebbe

d'altra

par-

«cosmo»

non

di

ne

cui

essere

se un

stoici

universale

non

è

acdi

atto

sem-

estenden-

degli uomini... x.

vénitienne (traduz. HENRI MORARD,

1928), p.

51.

zione è sempre

«Da millenni, attravere di incontri, di urti e di avventure, di costruzioni e di disgregazioni sociali, un istinto potente la muove verso una «vita comune» che traduce esternamente qualcosa so

un

di

quella

in

se stessa.

Ma

impotente!

apparente di dispersioni

caos

unità che

essa

non

essa

vibrare

oscuramente

sente

riesce mai ad

lo

ragione

aver

—

vediamo anche troppo chiaramente di tutte le forze di opposizione che sono ovunque operanti —

e

che

essa

stessa

Le città si

genera

espandono

rianima continuamente.

e

senza cessare

di

chiuse,

essere

si compenetrano che per meglio urtarsi e sotto la loro apparente coesione interna persiste l'ostilità non

dei cuori.

Opposizione di Ebrei opposizioni!

e

di Gentili, sim-

bolo di tutte le Ma

ecco :

è venuto il Redentore ed ha fuso

due blocchi in casa

questa sulla rocca a

una cosa

sola

:

la

sua

Chiesa

Ecco

che Lui stesso costruisce, ben visibile, di Pietro e nella quale Egli incomincia

riunire, per adorare insieme il Dio unico,

i dispersi

questi

4~).

figli

di Dio»

4> ). Ec

~

tutti

o, seco do la magn

espressione del Salmo, la Città in cui si salda la unità. 44). Una grande voce vi risuona ed annuncia a tutti i popoli che essi sono i figli di uno stesso Paca

«

~

42) Eph., II 14-15, Col. I, 20-27. Esiste una certa identità, nella nozione paolina del «mistero», tra la Redenzione e l'edificazione della Chiesa. Un cristianesimo individualista non è quindi solamente incompleto: è una cosa impensabile. 43)

Rom.,

III,

29.

I

Tim.,

II,

5-6.

Jo.,

XI,

15-16;

XVII,

2.

44) Psalm. CXXI, v. 3 (traduz. frane. TOURNAY). Cfr. J. BONDUELLE, O. P., Une ville «où se resserre l'unité», in la Vie spirituelle, aprile 1952. S. ILARIO, in Psalm. I2I, n. 5 (P. L., 9, 663 A).

205

Spirito del Signore, ed in questo possediamo finalmente «quel principio interiore di unita che il mondo persegue invano» 4< principio che si identifica col principio stesso della libertà, perchè fa si che ognuno, avendo vinto se stesso, dre

4~). Spirito

Là abita lo

noi

riconciliati,

tutti. Cosi riavvicinati

con

cooperi spontaneamente e

),

Spiritu signati 4>

u'

on si

oi

speranza e senza Dio nel mondo», ma tutti insieme abbiamo accesso in un unico Spirito al Pa-

più

«senza

4> ). Ec o, anc ra na vol a, que to Co po uni questo Corpo armonioso, nel quale noi diventiamo «membra gli uni degli altri 4> )' ed in ui o ni m dre»

»

bra

bene di tutti

concorre al

>!

). E co

in me

noi questa Gerusalemme celeste. Ecco la madre

z

no-

stra, nel tempo stesso in cui questa ci fa liberi, fa di tutti noi «una cosa sola in Cristo Gesù» >

essa

Si dicono di Te o

Tra

~

gloriose

cose

Città di Dio!

miei adoratori io annoverò Rahab e Babilonia.

Ecco ancora

stranieri

gli

e

abitanti di Tiro

gli

e

del-

[l'Etiopia : 45) DRIA, 46)

Prima

Cfr.

Stromata, Dom

47) 54,

50) bemus

Rom., Eph.

op.

LIX,

17, n. cit.,

p.

4.

CLEMENTE

D'ALESSAN-

ecc.

107, 180.

Cfr.

LEONE XIII,

enciclica

DI

REMESIANA,

Explanatio

Symboli,

n.

18:

ipsum ha-

10

(P.

B).

48) Eph., 49)

c.

1897.

NICETA 871

VII,

VONIER,

Divinum illud,

L.,

Clementis,

1.

II,

12-22.

XII, IV,

accessum

4.

5. I

Cor.,

ambo

in

XII, uno

4-13.

Eph.,

Spiritu

ad

II,

«Per

Patrem».

Costantinopolitano: « ...Spiritum sanctum Dominum S. AGOSTINO, de Civitate Dei: «Spiritus sanctus

Credo

et est

Niceno-

vivificantem». Patris

et

Fi-

lii amor et connexio; 51)

Gal.,

ad ipsum pertinet societas qua ef5cimur unum». III, 28. Non è affatto per caso, ma in virtù di una pro-

che questa Epistola ai Galati è contemporaneamente carta della libertà evangelica e quella dell'unità.

fonda logica,

206

la

Anche costoro Tutti dicono

Ogni

Sion:

è nato in

uomo

nati là.

sono

a

«Madre mia!».

essa

ed è l'Altissimo che l'ha fondata! Il Signore annota sul registro

questi

sono

nati là

dei popoli:

>

Come

uno scrivano che, a uno a uno, scrive sul i nomi di coloro che ottengono comunale registro diritto di cittadinanza, Dio riunisce tutti gli uomini

nella Città che

Egli

ha fondato. In

essa

tutti «ri-

essa la per diventa biandiventano cortigiana vergine, gli Etiopi chi », coloro che vivevano sotto le tende di Cedar stanno ora disinvolti nei palazzi luminosi del «vero

diventare

nascono»

concittadini.

Salomone» > gt; . Noi le giamo festa della to

Epifania,

e

quanto di

essa si

«

In

uesta pr fezia è già realizza-

per noi una promessa per l'avvenire. Certo siamo ancora ben lontani dalla meta. La

e

Chiesa

applica a se stessa la profezia del Salmista, per la ragione umana la sua pretesa è assurda. Lo aveva già dichiarato Celso, e nella sua voce noi udiamo quella dei «realisti di tutti i tempi: ma

»

«

I cristiani dicono di voler stabilire nel mondo

l'unità;

ma

chi si mette in testa

dimostra chiaramente di

L'esperienza dei tà è

una

secoli

non

non

aver

una

cosa

capito

simile nulla».

dimostra forse che l'uni-

chimera? Ut animae

nascentibus,

ita

populis

52) Psalm. S6, v. 3-6. Cfr. S. BRUNO D'ASTI, in loc.: «Mater Sion, dicit homo. Ac si dicat: Haec et mater et revera mater, quae pietatis sinum omnibus aperit, nullis materna viscera claudit, omnes suscipit, omnes ex affectu fovit et nutrit» (P. L., 164, 1033 D). 53) S. GREGORIO NISSENO, in Cantica, hom. 2 (P. G., 44, 792 B-D). S. AGOSTINO, in Psalm. S6 (P. L., 37, 1100-1105).

207

fatales genii dividuntur > ). Dio

vittoria»,

e

all'uomo.

Certo,

può

realizzata

su

fare ciò che è

nonostante

statabili, questa unità questa

« la nos ra f d

M

non

terra:

tutti

sarà

i

risultati

mai

è

impossibile con-

pienamente

non ne avremo mai che

anticipazione, perchè le realizzazioni politiche di una respublica cristiana, sono una cosa ben diversa. In pratica, nella migliore delle ipotesi, la Chiesa non può mai fare altro che calmare, moderare; può ridurre, ma non sopprimere il principio dei conflitti. «L'unanimità» magnificata negli Atti degli Apostoli non ha avuto che la durata di un giorno 5> ). Il m do profano continua il suo cammino. I suoi limiti pesano ogni giorno su di noi e le sue opposizioni ci laceuna

rano.

do»

Siamo nel Cristo, e siamo > lt;). « 'uomo per ett » ~

ancora

non è

nel

mon-

ncora real z

rimane all'orizzonte come un lontano ideale > gt siamo salvati, lo siamo «nella speranza ~, e dobbiamo ancora «attendere» > ). Ma iò on escl de he

principio della salvezza Nell intimità

operante.

compie già,

senza

gia in noi, e attivamente della coscienza cristiana si

sia

ulteriore attesa, la

rienza incoativa della libertà za tanto

più

trarie. Mai

e

duplice espe

dell'unità, esperien-

reale quanto più le apparenze sono conallora il cristiano vive più inten-

come

samente il mistero della Chiesa,

perchè

la Chiesa

54) SIMMACO, Supplica agli imperatori Teodosio e Valentiniano II, n. 8. 55) Act., II, 46; IV, 24; V, 12; VIII, 6; XV, 25. Cfr. Rom., XV, 6; I Cor., I, 10; XII, 13. 56) S. AGOSTINO, in Joannem, tract. 81, n. 4: e Sumus in Christo... Sumus adhuc in hoc saeculo» (P. L., 35, 1842). 57) Eph., IV, 13: « ...donec occurramus omnes in unitatem fidei et agnitionis Filii Dei, in virum perfectum... ». 58) Rom., 208

VIII, 24-25.

continua ad suo

nei

essere

suoi

membri

rimane redentrice,

Capo:

fu nel

quale

Lui, sulla Cro-

con

ce, come è sulla Croce che fu da Lui riscattata. Una sottile insidia minaccia l uomo che

aspira

alla liberazione:

l insidia della pura interiorità. Tutto ciò che costituisce il mondo è considerato una

illusione si

mortale o una degradazione ad esso unicamente come al «

guarda

corso

dalla ronda fatale»

>

dell'essere; luogo per-

ale o del ull

> ) de

lontanarsi da questo mondo, abbandonarlo alla

sua

vanità, rompere la solidarietà umana, rifugiarsi, solitari, nello spirito: il fatto universale del misticismo attesta la

seduzione

di una simile formula.

versione, ritorno allo

zione di

se

«stato

primordiale», esplora-

stessi, ricerca del

«centro»

in

cui si

quanti perdono cosi

coincide con l'unica Essenza:

la loro

Intro-

anima credendo di trovarla!


Nel cristianesimo stesso, sotto forme

più

o meno

corrette, ogni anima preoccupata di «vita interiore» può subire questo fascino < gt ). La hi sa ci fa e l'insidia. Ci invita anch' essa all'interiorità, ci ripete con

la

voce

di tutti i suoi dottori

maestri di vita

spirituale

e

di tutti i suoi

che la nostra anima è fatta

59) PLATONE, Teeteto 176 a. 60) Cfr. R. GURNON, Apergus sur l'initiation (1946), p. 219: « Il passaggio dall'«esteriore», all'« interiore», è poi il passaggio dalla molteplicità all'unità, dalla circonferenza al centro, al punto unico dal quale risulti possibile all'essere umano, restaurato nelle sue prerogative dello «stato primordiale», elevarsi agli stadi superiori eattraverso la realizzazione totale della sua vera essenza essere in-

fine

effettivamente e

attualmente

quello

che

esso

è potenzialmente

da

tutta l'eternità». 61) Cfr. S. AGOSTINO, Sermo 37, n. tibi:

«Sufficit

mihi

in

14.

vult

habere,

sine

alium dicentem

colere, Deum adorare, quid aut visibiliter misceri christianis?»

tunica lanae»

Il Volto della Chiesa.

—

«Invenis

conscientia Deum

mihi opus est aut in eccelsiam ire, Lineam

6:

(P.

L.,

38,

224).

209

ad

immagine di Dio, che capacità di Dio
). La sto ia on risolve quindi nella «creazione continua e onerosa

per

d'una casta privilegiata dj eredi a) promessa alla morte : il tempo non è più pura dispersione. A misura »

che cadono

gli

elementi

perituri, emerge tutto ciò già su questa terra, inol-

che è candidato alla Vita. Ma

tre, ed anche umanamente, la Chiesa assicura di noi ne

quella ignorano >

precaria. «La

tra

comunione che le nostre civiltà moderg

Sposa

;),

e c

di Cristo

e on f ma , del est non cessa mai di aver

68) Cfr. Eph., II, 22; I Cor., III, 9; II Cor., VI, 16; Matt., XVI, 18. Noi abbiamo edulcorate tutte queste espressioni che significano «costruzione» della Chiesa di Dio. Qui non si tratta soltanto di una «edificazione» morale e individuale, della stimolazione del senso cristiano a forza di mezzi detti «edificanti » beasi di una costruzione reale: quella di quel grande corpo sociale e spirituale che è la Chiesa, mediante la riunione di tutti i fedeli animati dallo Spirito di Gesù. Cfr. E. BOISMARD, O. P., in Revue biblique, 1949, pp. 465466, basandosi su una dissertazione di K. L. SCHMIDT. 69) E@cl., I, 4. 70) S. AGOSTINO, in Psalm., IOI, n. 10-14. Cfr. STEFANO GILSON, Philosophie et incarnation selon saint A ugustin (Montréal, 1945), pp. 47-49. a) H. CHAMBRE, Signification philosophique et theologique du marxisme, in Cronique sociale de France, 1952, pag. 358. 71) Cfr. ANDRS MALRAUX, la Monnaie de l'Absolu (1950), p. 50; e p. 51: «Una civilizzazione dell uomo solo, non dura mai molto». L'uomo senza Dio è sempre l'uomo solo. La nostra età, sostituendo i valori storici ai valori eterni, sostituisce alla comunione la succesione.

212

coscienza dell'Umanità intera di cui porta in se stessa, il destino ~ > ). T le dun u è il uo dupl ce neficio. Arca di salvezza, essa ci strappa ai flutti del mondo che perisce > gt ); m essa rac oglie nello so

tempo le speranze del genere

dus reconciliatus Ecclesia

La Chiesa è in presenza

essa

quietudine. è venuto

mezzo

umano

al mondo. Con la

semina nel mondo

una

Perenne testimonianza di

a «scuotere

>

). M

>

sua

sola

inguaribile inquel Gesù che

i fondamenti della vita umana»,

> lt;) essa a p re è un fatto inneg bile, «c prodigioso fermento di discordia» > gt; . Di ice come al suo Profeta: «Ti ho posto sui popoli e sui regni per sradicare e distruggere, per disperdere e dissipare», per «costruire e piantare!» >! 72) Paul CLAUDEL interroge le Cantique des cantiques, p. 63. La Chiesa ci «ricapitola» tutti nel Cristo: Eph., I, 10. 73) GREGORIO D'ELVIRA, Tractatus XII (ediz., BATTIFOI WILMART, p. 139), ecc. 74) S questo che ha cosi profondamente capito un S. Ignazio di Loyola, non in veste di teorico, ma di mistico e di uomo di Chiesa. La

cosa è

stata messa

bene in rilievo

dal R.

P.

HUGO RAHNER,

S.

Loyolu et la genèse des Exercices spirituels. (Trad. Frane. di GUY De VAUX, Toulouse, 1948). Cfr. il P. Paschal RAPINE, recolletto, nel suo commento a S. AGOSTINO, in Joannem, tract 32: « ...di modo che, per essere un uomo davvero spirituale, bisogna essere un buon uomo di chiesa», op. cit., t. I, p. 12. 75) S. AGOSTINO, Serrno 16, n. 8 (P. L., 38, 588). Cfr. PSEUDOCRISOSTOMO, Opus imperfectum in Matthaeum, hom. 23 (P. G., 56, 755). 76) ROMANO GUARDINI, l'Essenza del cristianesimo p. 34. 77) PAUL CLAUDEL, Sous le signe du Dragon (1948), p. 118. Vedere anche la sua prefazione a Jacques REVISORE, A la trace de. Dieu, pp. 17-21. 78) Jer., I, 10; Cfr. il !grido del profeta, XV, 10: «Sventura a me, madre mia, perchè tu mi hai partorito uomo cagione di liti e di discordie per tutto il paese!». Cfr. ORIGENE, in Josue, Hom. 13, n. 3. J.,

nel

suo

libretto

Saint

Ignace

de

21$

E la Scrittura, che l'annuncia,

in ogni

sua

non

è tutta intera

'parte, '«il libro delle battaglie del Signo-

re» > gt;)? uesto a pet o no deve ssere dissi perchè è essenziale. Non possiamo dimenticare che la nostra Chiesa è militante .Essa è « l'esercito del

Cristo» ~o), « la milizia del Dio vivente ~ > g ;) milizia del gran Re», milizia nella quale noi siamo stati arruolati col battesimo e con la Cresima ~~). Non ci permette di ignorare che «è impossibile congiustizia con l iniquita, la luce con le teneche «riconoscere il Dio bre, il Cristo con Belial ciliare la

»

unico significa dichiarare tutti

gli idoli

»

e

una

guerra

senza

pietà

a

~>

Il Verbo incarnato è nostro Re: ora, nuto in questo mondo per dare battaglia tutti i santi che vissero

prima della

egli a

è

ve-

satana;

sua venuta sono

soldati che compongono l'avanguardia dell'esercito reale; coloro che sono venuti dopo e che' come

i

fino alla fine del mondo, son che marciano al seguito del loro re. Il re verranno

i

soldati

stesso

sta

79) RUPERTO, de Victoria Verbi Dei, l. Il, c. 18: «Ergo liber bellorum Domini universa Scriptura est »; «Quid enim aliud continetur vel agitur in Scripturis sanctis, nisi bellum et certamina Verbi Dei ad destructionem peccati et mortis. ». (P. L., 169, 1257 D e 1258 A). GERHOH de REICHERSBERG (P. L., 194, 997 B). ORIGENE, in Judic., hom. 6, n. 2. 80) S. GIOV. CRISOSTOMO, Dialogo sul sacerdozio, l. VI. 81) TERTULLIANO, Ad Martyres, c. 3: «Vocati sumus ad militiam Dei vivi, jam tunc in sacramenti verba respondimus» (P. L., 1, 624

A). S. AMBROGIO, de Sacramentis, II, 4: «Unctus es quasi athleta Christi » (ediz., BOTTE, p. 55). 82) S. CIRILLO DI GERUSALEMME, Catechesi IV, c. 3 (P. G., 33, 428 B). Cfr. A. M. ROGUET, Caractère baptismal et incorporation à l'Eglise, in Maison-Dieu, 32 (1952), p. 77: «Quello che ci fa soldati di Cristo, è il battesimo... La confermazione fa di noi dei pro feti e dei testimoni, cioè dei martiri»; ma «si possono benissimo avvicinare, martirio e combattimento». 83) II Cor., VI, 14-16. ORIGENE, Sulla preghiera, del Pater p. 120. In Exod;, hom. 8, n. 4.

Z14

2a petizione

al centro del

suo

esercito; egli

circondato

avanza

dalle truppe che gli fanno da baluardo; e benchè in una schiera cosi grande si possano trovare le armi

più diverse perchè i sacramenti e le norme dei popoli antichi non sono le stesse dei popoli nuovi tutti però combattono per lo stesso re e sotto la —

—

stessa bandiera, tutti inseguono lo stesso nemico, sono comnati dalla stessa vittoria» ~4).

Evidentemente tutto questo in

teso

senso

esteriore, quasi si

tenza umana in lotta con Oltre

deve

non

mai

essere

La

essa

battaglia

del mondo.

quelli «non

che

potenze

umane.

non

Le

potranno

«Pur vivendo nella

combatte secondo la

essa

in-

trattasse di una po-

armi della Chiesa ed i suoi obiettivi

carne»

essere

e

carne»

~~).

conduce «sotto lo stendardo

della croce», ad immagine del grande Gombattimento redentore ed in continuità con esso, è un «com-

battimento spirituale».

E'

una

guerra

principi del mondo delle gli spiriti maligni dell aria» > lt «contro i

impegnata

tenebre, contro ) ed è i nanzi

sempre nel segreto del cuore che ognuno deve combatterla per parte sua. Ognuno deve continuamente conquistare contro le forze avversarie la propria e

libertà

interiore. Deve star

a

cuore

ad ogni soldato

dar la caccia ed annientare il nemico

a), poichè

non

84) UGO DI S. VITTORE, de Sacramenti christianae fidei, pro1ogus, c. 2 (P. L., 176, 183 B-C). Cfr. ORIGENE, in Judic., hom 9, n. 2, (p. 520). S. CIPRIANO, Ad martyres et conf., l. Il, ep. 6. S. AGOSTINO, De diversis quaestionibus 83, q. 61, n. 2. CASSIANO, Collatio V, c. 14, c. 24, n. 1; coli. XX, c. 8, n. 10-11. S. IGNAZIO di LOJOLA, Esercizi Spirituali, meditazioni del «Regno» e dei «Due Stendardi ». Histoire et Esprit (1950) pp. 185-192 e 212-214. -

85) II Cor., X, 3. 86) Eph., VI, 12. a) (p.

ORIGENE, in Giosuè, hom. hom. 13, n. 1, (p. 371).

316);

1„n. 7

(p. 295);

hom.

5,

n. 2,

si

perviene

attraverso

Cristo nell'ozio

a

molte tribolazioni

e

nelle comodità,

e

tentazioni»

b).

ma

In

ognuno di quelli che trano due angosce:

vogliono seguire il Cristo si sconl'angoscia cristiana e l'angoscia mondana, l'angoscia disintegrante e l'angoscia redentrice, l'angoscia del peccato e l'angoscia della Croce > gt ). La lin a che e ara i due campi a v una

linea invisibile, tracciata nell intimità delle

co-

scienze. Ma inevitabilmente la lotta prorompe al di fuoexteriorique conflictu indesinenter exer-

ri. Intestino

Ecclesia < gt;). All'i

cetur &l

tern

come all'es er

;c mist ro

rante


). Le an me on vogli no lascia loro sonnolenza; alta. I vincoli della troppo

scuotere

nella

temono

una

voca-

del sangue non vogliono lasciarsi spezzare. Il mondo considera come una ingiuria ed una provocazione ogni esistenzione

za

che

non

si

svolge secondo

il

carne e

suo

minacciato da ogni minima conquista Chiesa; e non manca mai di reagire. La Chiesa in sa

in

mezzo

figura.

suo

al mondo è

alle lotte. L'Israele

da Yahweh alla Il

mezzo

spirito, si sente spirituale della

conquista

della

dunque la Chieguerriero, condotto sua eredità, la pre-

Dio è il Dio della Pace ed

essa

stessa

b) ORIGENE, in Cantica, 1. III. 87) CASSIANO, Institutiones, V, 13; Collationes V, 14 e 24; XIII, 18; XX, 8. Hans URS VON BALTHASAR, il Cristiano e l'Angoscia. 88) PRIMASIO DI ADRUMETO, in Apocalypsim, 1. I (P. L., 68, 810-811). 89) II Thess., II, 17. 90) Apoc., XI, 7 e XII, 7.

216

«una beata visione di pace» ~> ); e sa pred ca lui che «ha fatto la pace a prezzo del sangue sparso in croce» a), e vuole nel suo seno i miti ed i

è

e quando è ascoltata, esercita sempre un'apacificatrice; ma è necessario che essa cominci a strapparci alla falsa pace che era quella del mondo prima di Cristo e nella quale noi cerchiamo sempre di nuovamente adagiarci. Per «preparare il vangelo della pace», è San

pacifici,

zione

Paolo che essa

ce

rivesta

«

lo dice, occorre che in ciascuno di noi l'armatura di Dio» > ). Si mo imm

si nella schiavitù; è necessario che essa ce ne liberi, la liberazione non si compie senza lotta. E sol-

e

tanto

«come

termine» che Dio

pace > Prima dunque di

«

le ha donato la

~

la Gerusalemme in festa, nella inneggiante Signore pace finalmente raggiunessa deve attraverso la condizione di ta, passare il cui e lavoro ~4). nome lotta Giacobbe, significa essere

al

91) salem,

Inno -

della

Dedicazione

delle

Chiese :

«Celestis

urbs,

Jeru-

Beata pacis visio... ». I, 20.

Coli.

a) 92) Eph., VI, 11-17; cfr. I Thess., 93) Psalm. CXLVII, v. 14. Cfr. S. ME, Catechesi XVIII, c. 17 (P. G., 33, VIEV, Trois Entretiens (trad. frane.

V,8-9. CIRILLO DI

GERUSALEM-

1049 A). VLADIMIR SOLO-

Eugène TAVERNIER, 1916), p. 124: «Nella lotta spirituale come nella lotta politica, la sola buona pace è quella che si conclude solo aH ora che lo scopo della guerra è stato raggiunto». 94) Cfr. ADAM SCOT, Sermo 8 in adventu Domini, de triplici sanctae Ecclesiae statu: « ...Quae itaque Sion est in conversione, Jacob in tribulatione, jam est Jerusalem in pacis possessione» (P. L., 198, 144 A). Questo sermone tradisce una delle tentazioni del no'

stro medio-evo. Dopo quel tempo di lotta che fu l'èra delle persecuzioni, essendosi avverata la conversione del mondo sotto Costantino e

nel

periodo seguente, il tempo della pace sarebbe finalmente ve«Quid jam superest, nisi ut dum ei pacis tranquillitas indulta a nomine quod est Jacob, in quo laboriosa ejus expressa est lu-

nuto:

est, cta, ad nomea illius pacis insigne prae se ferens conscendat, quod est

217

Prima di

essere coronata

nei cieli deve scontrarsi

con

le potenze di questo mondo, e a dispetto di tutte le illusioni periodicamente rinascenti di un certo nume-

figli, essa non sarà mai quaggiù nel trionfo gloria > ). iù he le persecuzio i, iù he eresie ed i scismi, sono le storture di quelli che si dicono suoi figli che le danno continua amarezza > di suoi

ro

e

.

nella

Essa prosegue il suo cammino nelle sofferenze e nell'obbrobrio, e come la prosperità sempre precanon la lusinga, l'avversità non l'abbatte; si ria —

—

premunisce e

contro la vanità della

reagisce all'avversità

con

gloria umiliandosi, > gt ). a no

la speranza

Jerusalem?» (Ibid.). Tuttavia, come per una specie di pentimento, dopo aver annunciato in questo modo tre stati successivi della Chiesa, il predicatore ne enumera un quarto: «Ecce quadripartitum sanctae Ecclesiae, insigne, quia primo spiritualibus videns oculis Redemptorem et redemptionem suam surgit et ad Deum suum se convertit. Secundo adversarios lucrando ad finem salubriter eos supplantat. Tertio a laboriosa lucta jam libera effecta et paci reddita, vineam plantat in montibus, dum sacram exponit Scripturam in verbis sublimibus. Quarto exsultat in die Domini, dum in claritate laetatur beatae ac beatificantis visionis» (col. 144-145). Sono da chiamarsi felici o invece un po' incoscienti, questi uomini che pensavano di non aver più altro da fare in attesa del pieno giorno della visione all'infuori di lasciarsi andare in pace, sulle tranquille vette dell'anima; alla condei Libri santi? templazione 95) C'è ancora qualche traccia d'illusione nelle seguenti riQessioni -

-

di AIMONE, nel suo commento al Cantico: « ...Subjectis principibus catholicae fidei, Ecclesia, quae antea premebatur, coronatur et gloriatur in Christo, sicut factum est tempore Constantini, quando ilio converso mirabiliter glorificata est Ecclesia» (P. L., 117, 320 A). Malgrado questo, proprio lui dice ancora in Apoc.: « ...et haec pugna perseverat usque ad finem saeculi... » (col. 1085 B-C). Cfr. SAN GREGORIO, in Ezech.: «Ab Abel sanguine passio jam coepit Ecclesia». (P. L., 76, 966). 96) S. BERNARDO, in Cantica, sermo 32, n. 19. HILDEBERT (?), Serrno 98, de pace in Ecclesiam sub summo pontifice in persecutione constanter servanda: «Nea solam ab extraneis patitur Ec. clesia, sed etiam a domesticis et fratribus suis, et pejora sunt bella intestina... quam forinseca» (P. L., 171, 795 B-C). 97) S. GREGORIO, Moralia in Job., 1. XIX, c. 19, n. 45: «Scit sancta Ecclesia in passionibus crescere, atque inter opprobria honorabilem vitam tenere. Scit nec de adversis dejici, nec de prosperis glo-

218

teggia col

nemico:

la

può

non

che ha detto: «Non

infedele

essere

sono venuto a

a

Colui

portare la pace,

la spada della predicazione cristiana, questa «Parola efficace, più affilata di ogni altra spada a doppio taglio» > he ha de to anco a; « ma

spada»

—

~)

divisi per

abitanti di

una

mia»

;), e c e fu, in att , dal pri cipi all fin

la

>

sua

esistenza

Certo, «

g

l'accordo

essa e

stessa

un

casa

saranno

causa

«segno di contraddizione» >o ovunque l'intesa e l'unione,

cerca

l'armonia»,

come

«

il

mezzo

più

effica-

al bene del genere umano» a), pronta, per ottenerla, a tutte le concessioni che non siano dei rinnegamenti. Ama l ordine, la sottomisce

per

concorrere

sione, il rispetto. Sovente, anzi, la si accusa di amarli troppo. In un mondo in cui tutto è confuso, essa rispetta persino « la pace di Babilonia», di cui ha suo pellegrinaggio per condurre i suoi alla pace celeste >o gt;) E sa a ch « il viene da Dio» e che è «servo di Dio per il nostro

bisogno figli fino

nel

bene» no

>o Prega per coloro che lo esercitano, ricorda ad ognula «grandezza vera e solida», la «dignità più che

riari. Novit contra prospera mentem suam in dejectione sternere, novit contra adversa animam ad spem superni culmini exaltare». (P. L., 76, 164 C). 98) Hebr., IV, 12. S. ILARIO, in Matthaeum, c. 10, n. 22: «Ubique odia, ubique bella, et gladius Domini inter patrem et filium, et inter filiam matremque desaeviens... Dei igitur verbum nuncupatum meminerimus

in gladio: qui gladius missus in terram est, id est, praedicatio ejus hominum cordibus infusa... » (P. L., 9, 975 B). ORIGENE, in Jes~ Nave, hom. 12, n. 1; hom. 14, n. 1. 99) Matt., X, 34-39. 100) Luc., II, 34; XII, 51-53. Cfr. Col., I, 20. LEONE XIII, enc. Arcanum (10 febr. 1880). 101) S. AGOSTINO, de Civitate Dei, 1. XIX, c.

a)

41, 645-646 e 656: dubitat » (col. 645). 102) Rom., XIII,

«Le~@bus

terrenae

civitatis...

17 e 26 (P. L., non

obtemperare

1-4. Eph., VI, 5-6. I Petr., II, 13 e 18.

219

della loro autorità, e vuole che si obbedisca loro in coscienza >~ gt ); si pieg essa tess alle

umana» a

della città terrestre

b). Sull'esempio del Suo Maestro, a Cesare quello che è di Cesare ~, predicando una perfetta lealtà anche nei riguardi dei poteri persecutori >o ). « na esperie za secola e, senso acuto della psicologia individuale e sociale, e soprattutto l'imperativo del suo fine spirituale» > fe ispirano un atteggiamento abitualmente cosi modedice sempre : «date

rato, che molti

ne

rimangono

sconcertati

tentati di trovarla troppo accomodante. Non è raro il caso che essa si trovi

e

sono

obbligata

a

calmare ardori troppo bellicosi... Tuttavia non manca di aggiungere: «Date a Dio quello che è di Dio». Essa

non

vuole altro

dovere

so

con

questo

e ne

—

ha l'imperio-

che «rendere testimonianza alla veri-

—

tà». Ma tanto basta per farla accusare dall'altra parte di « fare della politica» e di abusare della reliaccusa, del resto, che fu già rivolta a Gesù stesdavanti a Pilato >o lt;). Tanto bas a per m tt tutti i cuori e in tutti gli strati della società, la «spa-

gione, so

della separazione. fl buon papa Gelasio, di animo sinceramente pacifico, ha voluto determinare i rispettivi attributi del da

~

103) I Tim., II, 2. LEONE XIII, enciclica Diuturnum illud, 29 giugno 1881. BENEDETTO XV, enciclica Ad beatissimi, 1 nov. 1914. b) S. AGOSTINO, De Civitate Dei, 1. XIX, n. 17 (P. L., 41, 645). CLEMENTE ROMANO, ad Cor., 61. TERTUIL,IANO, A poi. c. 30-33.

104) Cfr. S. CIPRIANO, Epist. Sl (ultima lettera prima del suo del e suo martirio) : «Quietem et tranquHlitatem tenete... » 105) André LATREILLE (e André SIEGRIED), les Forces reli-

arresto

gieuses 106) Natale

220

et

la

Jo., 1937.

vie

politique

XVIII,

28-40.

(1951), Cfr.

p.

PIO

70, XI.,

ecc. Discorso

al

Sacro

Collegio,

«potere regale»

e

«dell'autorità

sacra

dei

pontefici

».

che il potere spirituale si tenga lontano dalle imboscate del mondo, e che, E

necessario,

diceva,

~

combattendo per Dio, non si immischi negli affari secolari. Ma è ugualmente necessario che, a sua volta, il potere secolare si guardi bene dall'assumere la direzione degli affari divini: cosi, ognuno dei due poteri restando modestamente al proprio posto, an-

inorgoglirsi accaparrando per sè tutta l'autorità, s'occuperà con competenza delle cose di propria pertinenza» >o Queste dichiarazioni sono preziose, perchè ci zichè

illuminano sulla e

del

essa

eripit mortalia

Non

Qui

del governo della Chiesa vuole stabilire:

vera natura

Regno che

regna dat caelestia

>~

107) GELASIO, De anathematis vinculo (verso 495): « ...Christus, fragilitatis humanae, quod suorum saluti congrueret dispensatione magnifica temperans, sic actionibus propriis dignitatibusque distinctis officia potestatis utriusque discrevit, suos volens medicinali humilitate salvari, non humana superbia rursus intercipi; ut et christiani imperatore s pro aeterna vita pontificibus indigerent, et pontifices pro temporalium cursu rerum imperialibus dispositionibus uterentur, quatenus spiritualis actio a carnalibus distaret incursibus; et ideo, emilitans Deo, minime se negotiis saecularibus implicaret» (II Tim., II, 4); ac vicissim non ille rebus divinis praesidere videretur, qui, esset negotiis saecularibus implicatus, ut et modestia utriusque ordinis curaretur, ne extolleretur utroque suffultus, et competens qualitatibus actionum specialiter professio aptaretur» (P. L., 59, 108-109). 108) Inno dell'Epifania, breviario romano. Cfr. S. AGOSTINO, in Joannem, tract. 51, n. 13, citato da PIO XI, lettera del 10 gimmo 1924 a Mons. Audollent: Se il Cristo è nostro Re, «non lo è per

memor

far

pagar

tasse,



per

armare. truppe,



per

combattere

dei

nemici

visibili, ma Egli è il Re d'Israele per governare le anime, per preparare i beni eterni e per condurre quelli che credono, che sperano e che PIO XI, enciclica Quas primas, 11 dicembre 1925: amano». la regalità del Cristo è «interamente spirituale» All'inizio del sec. XVII alcuni «ultramontanisti » avevano corretto il primo di questi due versi cosi: «Jure eripit mortalia... ». Cfr. GIANSENIO, lettera VI, 13 sett. 1617.

221

te

Ma è appena necessario notare che ben raramenrealtà corrisponde a questo voto idillico, e nè

la

d'altra parte dobbiamo credere che il dominio di Dio ed il dominio di Cesare siano due domini analoghi ed insieme estranei l'uno all'altro. Quando la Chiesa combatte per Dio,

non

può

evitare tutte le imboscate del mondo. Gli «affari divini

»

non

specie di dominio isolato incapace scompiglio negli «affari del secolo». La Vangelo sarebbe pervertita se la si faa «giustificare un ordine di cose in

sono una

di gettare lo massima del cesse servire

Cesare

10> ). ià guardia contro una tale compiacente interpretazione. «Quando diceva sentite quest'affermazione : «Rendete a Cesare quel che è di Cesare», riferitela a quelle cose che non s'oppongono al servizio di Dio; perchè quelle cose che vi s'opponessero, non sarebbero più un tributo pagato a Cesare, ma a Satana a). E senza minimamente atteggiarsi a sovrano temporale, Gelasio stesso ha saputo ricordare all'imperatore Anastasio, come aveva fatto Sant'Ambrogio con Teodocui si dà tutto

a

e

nulla

a

Dio»

Giovanni Crisostomo doveva mettere in

—

sio,

o

—

il vecchio Osio

con

Costanzo, che il

sovrano

è «al di sopra della Chiesa». Egli ha saputo rivolgersi con autorità alla sua coscienza di sovranon

no

110).

109) VLADIMIR SOLOVIEV, La Russia e la Chiesa universale (1889), introduzione. Si è voluto con questo «confermar e il caratpagano della nostra vita sociale e politica»; donde lo scandalo di una società e che professa il cristianesimo come la propria religione, e che resta pagana non soltanto nella sua vita, ma persino nella legge della sua vita». a) In Matt., hom. 70, n. 2 (P. G., 57, 656). 110) GELASIO, Lettera all'imperatore Anastasio (494) : « ...Proi de, sicut non leve discrimen incumbit pontificibus, siluisse pro divitere

222

L'ideale

descritto

Gelasio doveva da

XIII

Leone

coraggiosamente difeso da nell'epoca moderna

e

canonizzato

essere

nell'enciclica

«

Dei

Immortale

».

«Dio», dice Leone XIII, «ha diviso il governo del genere vrano

umano

nel

suo

ben definiti tura

ed il

due poteri; ognuno di essi è

tra

so-

ognuno è circoscritto in limiti tracciati in conformità con la sua na-

ordine,

e

suo

cui esercita il

fine; suo

ognuno ha e la

diritto

dunque

una

sfera in

attività propria» l'uno l altro si sta

sua

>& t;& t;). io uol che r «dei vincoli di una stretta concordia», grazie ad «un reciproco scambio di diritti e di doveri >& t ~) ~

quale deve

conformarsi ogni programma perfetto, Ma nella stessa Enciclica Immortale Dei, Leoprassi. al

XIII ricorda ancora,

ne

affari umani carattere

in

tutto ciò

sacro,

ragione degli

come

che,

a

Gelasio, che «negli

qualunque titolo,

ha

un

ciò che per natura propria o interessi spirituali in esso implicati

tutto

la salute delle anime ed il culto di Dio, rientra nel potere della Chiesa ed è sottomesso al suo concerne

giudizio»

&t

&g

nitatis cultu, quod congruit; ita his (quod absit) non mediocre periculum est; qui, cum parere debeant, despiciunt. Et si cunctis generaliter sacerdotibus recte divina tractantibus, fidelium convenit corda submitti, quanto potius sedis illius praesuli consensus est adhibendus, cunctis sacerdotibus et divinitas summa voluit prmeminere, et subsequens Ecclesiae generalis jugiter pietas celebravitY» (P. L., 59, quem

42). Cfr. ATANASIO, Storia degli Ariani, c. 44. S. GREGORIO NAZIANZENO, orat. 17, ad Theodosium: «Tu quoque, imperator, imperio meo et throno lex christiana subjicit. Imperium enim et nos episcopi gerimus; 111) Enciclica del LEONE

adde 1

etiam praestantius et perfectius». 1885.

novembre encicliche

Praeclara gratulationis e NobilisXIII, 112) sima Gallorum gens. S. AGOSTINO, de Civitate Dei, 1. XIX, c. 17: «ut... inter servetur... civitatem concordia» utramque (P. L., 41,

645). 113) «Quidquid igitur est in rebus humanis quoquo modo sacrum, quidquid ad salutem animarum cultumve Dei, pertinet, sive tale il-

223

Non si tratta, in realtà, che di una esigenza evanMa la Chiesa non avrà mai pace fino a quando non rinuncerà a ricordarla al mondo.

gelica.

Quanti fatti cruenti lo stanno a testimoniare! Nella sua moderazione, ma anche nella sua fermez-

esigenza

za, questa

giche, da

e stata

vissuta,

della fede.

ricorderanno il

ne

rivendicata. Il

Grandi Vescovi l'hanno

più

nostro secolo ne ha conosciuto

steri

in circostanze tra-

tutta una schiera di martiri e di confessori

nome

di

uno

onore.

con

ed i poRicordia-

l esempio lontano di quel Wason di Liegi che, esprimere la sincerità del suo lealismo nell'ordine temporale, dichiarava nel 10+I : «Quand' anche l'immo

per

peratore mi facesse strappare l'occhio destro, mancherei di usare il mio occhio sinistro per il per il

onore e

suo

servizio». Ma,

rivolgendosi

non suo

diretta-

Enrico III, osava ancora affermare: «Noi dobbiamo al Sommo Pontefice l'obbedienza ed a mente

a

sit natura sua, sive rursus tale intelligatur propter causam ad quam refertur, id est omne in potestate arbitrioque Ecclesiae». Lo stesso pensiero è espresso da Pio XI, enciclica Quadragesimo anno: « In nessun modo però puo (la Chiesa) rinunciare all'ufficio da Dio assegnatole, d'intervenire con la sua autorità, non nelle cose tecniche, per le quali non ha nè i mezzi adatti, nè la missione di trattare, ma iud

in tutto perchè il clamano

ciò

che

campo -

una

ha

attinenza con

politico

eccezione.

dovrebbe Perchè

la

la morale». costituire

Non si vede quindi come alcuni re-

qui

legge è la stessa per tutte le

ma-

pubblica che privata. E' poi la legge generale che presiede ai rapporti tra natura e grazia. Non esnifestazioni

dell'attività

umana,

sia

sendo la grazia separata dalla natura, essendo lo spirituale dappertutto in senso eminente autorità frammisto al temporale, la Chiesa ha -

-

su tutto, senza per questo dover uscire dal suo terreno. Diversamente bisognerebbe confessare che essa non ha in pratica autorità su nulla, e che è ridotta a non parlare mai altro che in astratto. Essa non può limitarsi a tracciare in assoluto dei principi, senza mai indicarne poi le applicazioni pratiche, a proclamare «al di sopra della mischia», la dottrina e il diritto. Essa deve potere quando giudica che la si-

tuazione lo esiga nunc

le

quali

questa

224

o condannare, hic et concrete, gli scritti, le attività, le istituzioni nelle dottrina, e questo diritto sono in gioco.

realtà

decidere, ossia approvare

Voi, o re, la fedeltà; è a voi che rendiamo conto della nostra amministrazione temporale, ma è a lui che rendiamo conto di tutto ciò che concerne l'ufficio divino»

mula

>&

t; l ;). Ed è c

iar

che c n ques a ul

intendeva affatto

qualche insignificante disposizione liturgica... Egli era uno di quegli uomini non

di Chiesa che sostenendo

con

cattolica fedeltà i di-

ritti di Dio salvavano la giustizia

e

la libertà dello

spirifo. Questo Wason di Liegi non faceva che applicare il principio che aveva fatti tanti martiri nei primi secoli della Chiesa. Di fronte al suo imperatore, si

venne a trovare

zati

nelle condizioni dei sudditi battez-

dell'imperatore Giuliano fu

un

Giuliano.

imperatore infedele, fu apostata,

tuttavia i soldati cristiani servivano queidolatra, sto imperatore infedele. Ma quando si trattava della e

causa di Cristo, non riconoscevano altro

Capo che

quello del cielo. Cosi, quando Giuliano voleva che sacrificassero agli idoli, essi gli preferivano Dio; e tuttavia quando diceva loro di andare a combattere il nemico, prontamente gli obbedivano. Distingueil potere eterno da sottomessi al

vano

erano meno

quello temporale, padrone temporale

e

non

a

cau-

del potere eterno a). Nonostante la diversita di tempi e di situazioni non è questo, sostanzialmente, lo stesso, identico atsa

114) citati

Gesta episcoporum Leodiensium, t. Il, pp. 58 e 60. Testi Agostino FLICHE, la Réforme grégorienne, t. I (1924), pp. S. 124. Cfr. GREGORI& mp; NAZIANZ NO, El gi di Basi

da

114 e 50, n. 2. a) S. AGOSTINO, in Psalm. 124, n. 7. (P. L., 37, 1653-1654). Cfr. S. GIUSTINO, Apol., I, c. 17 (P. G., 6, 353). Ricordiamo anche, fra tanti altri, l'esempio di S. Tommaso More. Cfr. Gli scritti della prigionia. c.

15.

Il Volto della Chiesa.

—

225

teggiamento che ritroviamo oggi in un altro uomo di Chiesa, il prete cinese Tong Che-tche? Se ne giudichi da alcune frasi del discorso, ormai celebre, pronunciato a Chung-king, il 2 giugno 1931, davanti alle autorita civili ed ecclesiastiche: ...Un movimento che si

gerarchia cattolica che

rappresenta

il

ci incita

Papa,

sviluppa oggi ad

al di fuori della attaccare colui

vicario di Gesù Cristo...

un anima e non la posso divicorpo che può essere diviso. Il meglio, mi pare, è offrire tutt'intera la mia anima a Dio e alla Santa Chiesa, e il mio corpo alla patria...

Signori,

dere;

io

ma

Poichè

non

ho

sono

ho che

un

impotente

a

porre rimedio a questa situa-

(al conflitto che oppone la Chiesa allo Stato), mi resta niente di meglio da fare che offrire la

zione non

una delle due parti, ed il mio corpo all'altra in sacrificio, nella speranza di suscitare la loro reciproca comprensione....Io sono un cattolico

mia anima ad

cinese. Amo il mio paese; ma amo anche la mia Chiesa. Io condanno categoricamente tutto ciò che si tanto alle leggi del mio paese quanto alle della mia Chiesa, e, prima di tutto, mi rifiuto a tutto ciò che potrebbe generare la discordia. Ma se la Chiesa ed il governo non possono giungere ad oppone norme

un

non

accordo, presto rimarrà

o

che

più perchè

tardi ad ogni cattolico cinese sola possibilità: quella di

una

non offrire subito la propria vita per affrettare la reciproca comprensione delle due parti?» & t &g

morire. Allora

115) Questo discorso è stato integralmente pubblicato in 8tudes, t. 271, pp. 3-9; e in Eglise vivante, t. III, 1951, pp. 303-309. «L'intervento del sacerdote Tong aveva risvegliato la cristianità insonnolita. Il 10 giugno, il vicario capitolare (che prima aveva sbagliato) feuna ritrattazione pubblica i cui termini ce dalla cattedra... costitui-

226

Queste di

un

non

sono

fazioso. Come il

parole

nè di

un

sedizioso, nè

feudale del secolo XI, stessi difensori cristiani di

vescovo

senza dubbio, come gli Roma, il cinese patriota del secolo XX

tanto leale

è ardente cattolica una

le

e

sottomesso; l'amore verso il la sua dedizione è totale. La

non

non

è sol-

suo

popolo

sua

fedeltà

lo intacca minimamente. Ma

ancora

e

volta

l'«vPggg» del potere temporale, che vuoaccaparrare tutto l'uomo, non consente altra

soluzione che il martirio. Del resto,

se

invece di considerare i due

poteri

astratte, ci si pone dal punto di vista delle realtà concrete, o, come si dice oggi, «esicome

delle

essenze

stenziali », si sarebbe forse indotti a vedere come lo stato, per una fatale inclinazione, tenda ad uscire dal limite che gli è assegnato. «Senza l'influenza mo-

deratrice del potere spirituale, esso scivola quasi di istinto verso le più brutali forme dell'assolutismo pa-

a). Si comprenderà allora come, malgrado gli sforzi di tanti uomini di buona volontà, rinascano costantemente i conflitti. Più o meno cosciente e

gano»

più

o meno

oscura

attiva, c'è sempre nello Stato

volontà di potenza,

una

come una

forza irrazionale di

espansione, che non tollera ostacoli. E' insofferente di ogni limite. Anche se si piega, temporaneamente, al compromesso, non sottoscrive mai il principio revano una solenne professione di fede. Essa fu un colpo di fulmine e suscitò gioia ed entusiasmo in tutta la diocesi... Il Vicario capitolare venne arrestato per primo. L'abate Tong subi la stessa sorte, il 2 luglio; lo si potè intravvedere il di seguente, bastonato e circondato di ufficiali; poi, è scomparso& t; A la lett ra el uo discorsostamento, all'annunzio di tutte queste notizie, un fremito di fierezza, di coraggio e di forza ha attraversata tutta la Chiesa di Cina». TCH'ANG DJEN TSUAIN, Fidelité de l'dglise de Chine (loc. cit., p. 309). a) J. LECLER, op.

cit. p. 37.

227

strittivo della sua competenza che Sant'Ambrogio formulava in questi termini: «Ea quae sunt divina,

imperatoriae potestati

non

esse

subjecta

~

>&

t;&

ammette volentieri che ci sia, come diceva Origene, in seno ad ogni città, un altro genere di patria fon«

data dal Verbo di Dio»

>&g ;> )„, Og i plice appartenenza» gli è sospetta e gli sa di

peci tradi-

mentO. Per questo, anche se il potere ecclesiastico rinuncome ha fatto, ad alcune pretese o a certe forme di supremazia, storicamente spiegabili e anzi largamente giustificabili, gli urti non potranno mai mancia,

scaturiscono dalla natura delle

care:

ha

un

cose.

bel dichiarare ormai decaduto tutto

mento antico che

La Chiesa un

ordina-

«conseguenza del diritto pubblico allora in vigore e che si reggeva «col consenso delle nazioni cristiane ~ >& t;&l ;) e sa a un be

giare

gli

era

eccessi di alcuni

teologi combattivi,

o

forse

116) Cfr. ANDRR LATREILLE, op. cit., p. 40: «Ogni potere tende, come per legge di gravità, all'assolutismo, che lo porterebbe ad accentrare in se stesso non soltanto l'autorità temporale, ma anche quella spirituale; è poi il cesaro-papismo dei monarchi di ieri, oppure il totalitarismo dei ditpiù terribile ancora per la libertà interna tatori contemporanei». PIO IX, allocuzione Maxima quidem e Sylla-

-

bus,

n.

39.

ORIGENE. Contra Celsum, 1. VIII, c, 75. Già Celso rimproverava ai cristiani una divisione tra di loro che ne faceva degli «ingrati ». La stessa diffidenza e la persecuzione non fanno che accentuare inevitabilmente tale dualità. 117)

118) PIO IX, dichiarazione del 20 luglio 1871. Analoga dichiarazione di PIO XII, discorso ai membri del Tribunale della Rota, 6 ottobre 1946, (Documentation catholique, 1946, col. 1187). GOSSELIN, Recherches historiques sur le droit public au moyen age relativement à

la deposition des princes temporels (in FRNELON, Oeuvres, t. I, 1843). Non è quindi il caso di rimproverare alla Chiesa di avere nel passato «usurpati i diritti dei principi s (Cfr. Sillabo, prop. 23). Dopo l enciclica Immortale Dei, tutti i tentativi diretti a risuscitare la teoria nel suo valore iniziale cosidetta del «potere diretto» oppure la teo-

ria

228

del

«potere

indiretto»,

sono

votati

-

all'insuccesso.

semplicemente attardati; ha un bel forma di «giurisdizione temporale ~

rifiutare o

ogni:

«civile»,

or-

anche «causale» straordinaria, e che sia «ad bonum totius fidei » o soltanto «ratione de-

dinaria licti

o

essa non può mai dirigere imperativamente »

:

abdicare al

suo

mandato di

le coscienze, ricordando

a

tutti, in ogni circostanza, l universale regalità di Cristo. Come molto giustamente è stato detto, il cristianesimo è universale non soltanto nel senso che tutti

uomini hanno in Gesù Cristo il loro

gli

anche nel senso che tutto l'uomo ha Salvatore, in Gesù Cristo la sua salvezza. ma

Ora mano

nel

tutti i

destini

del

cristianesimo

alla Chiesa. La Chiesa è

senso

che niente di

sono

in

cattolica anche

umano

dunque le può essere

estraneo.

Se dobbiamo respingere tome indegna di essa una forma di intervento che la assimilerebbe più o meno ai

poteri carnali,

non

competenza ad alcune rialmente determinate.

Spirituale e

nel

no,

suo

nel

fine, il

oggetto come nella sua natura potere si estende a tutto l'uma-

si estende

perchè

siasi affare

suo suo

umano

formemente

neppure limitare la sfere di attività mate-

possiamo

sua

esso

a

tutto

si trovi

spirituale, in qualimplicato >& t;&g

lo

al voto arditamente espresso da Féne-

119) PIO XI, enciclica Quas primas. Cfr. il nostro articolo sul Potere della Chiesa in materia temporale, nella Revue de sciences religieuses, 1932, pp. 329-354, IVO DE MONTCHEUIL, l'Sglise et le monde actuel (1945). JOSEPH LECLER, l'Sglise et la souverainete' diceva GERSONE de Istat (1946): « tutti gli uomini principi o altri, sono sottomessi al Papa, in quanto essi vorrebbero abusare del loro potere contro la legge divina e naturale» (Sermo de pace et unione graecorum, consideratio 5). -

-

229

lon

12o),

essa

ha respinto

una

situazione che i secoli

avanzi di e

che

non

derivano dalla

senza

equivoci gli

sua essenza.

ultimi

avevano creato

«La Chiesa

esige altro per gli operai del Vangelo ed Cristo, che il diritto comune, la sicurezza

e la liber-

121).

tà»

Anche sulle nazioni cristiane nessuna

essa

non

specie di sovranità temporale

dominio»

politico.

Non c'è

metta di confonderla

mondo. Essa appare,

con a

tutti

più

o

fa valere di

Se sa

non

«alto

nulla oggi che per-

una

potenza di questo

gli

occhi che vogliono della sua magistra-

vedere, nella augusta semplicità tura spirituale. Ma tanto basta per perpetuare i flitti.

ma

non

i fedeli di

con-

limitiamo la nostra attenzione allo Stato, a tutte le forze terrene che la Chie-

la estendiamo

piegare alla Legge di Dio, la apparirà più inevitabile e più implacabile an«Prima della predicazione della Parola di Dio, era tranquillo, tanto che l'allarme non era mai

ha la missione di

lotta cora.

tutto

risuonato: non vi era

lotta;

ma

da allora il regno di

120) Nell'Appendice, scoperto e pubblicato a cura di Ernesto JOVY, Fénelon inédit d'après ics documents de Pistoia (Vitry-le-Frangois, 1917). Clemente XI aveva letto questo memoriale e ne era rimasto contento. Cfr. JEAN ORCIBAL, Fénelon et la cour romaine, nelle Mélanges d'archéologie et d'histoire, 1940, pp. 280-281. Già nella sua dissertazione latina sull'Autorità del Sommo Pontefice,. Fénelon espone chiaramente e giustifica i punti essenziali della dottrina che avrebbe poi prevalso come universalmente accettata. 121) PIO XI, Enciclica Rerum Ecclesiae. La stessa frase si legge anche nella lettera di PIO XI ai vescovi e prefetti apostolici della Cina, 15 giugno 1926, nel Messaggio alla Cina del 1 agosto 1928. Documentation catholique, 10 ottobre 1928. 230

Dio patisce violenza» >~ ). Esi te semp e, ed esi dovunque, in tutti i campi ed in tutti i cuori, quella grande città che San Leone evocava, nel momento in cui i due apostoli Pietro e Paolo vi entravano come «una

dal

no

foresta fremente di belve», come «un oceasconvolto e torbido». Essa, come

fondo

diceva San Girolamo, è la città costruita da Caino, a forza di delitti e che non sarà mai distrutta finchè il tempo sussisterà >~ gt ). E' l'orgo liosa Babi contende il dominio al Re Gesù. E' la Sodoma rituale ed è

l'Egitto spirituale, che accoglie

oni spi-

i cada-

veri dei santi assassinati ed i cui abitanti «si abbandonano

all'allegrezza

e

si scambiano doni

si

perchè

sono

liberati da questi testimoni che li tormentava-

no»

120).

In breve, è il mondo, nel

senso maledetto, questo mondo che risale incessantemente attraverso mille sorgenti dalle profondità stesse degli isolotti espugna-

ti sulla

sua

fangosa palude.

Il

più

beli'~ ordine

so-

riuscirebbe ad eliminarlo >~ A misura che si estende, la Chiesa se lo ritrova in se ciale cristiano»

non

stessa, più sottilmente minaccioso. «Perchè i cittadini di Babilonia e i cittadini di Gerusalemme sono insieme mescolati nella stessa

casa e

tà, anzi nella stessa comunità» 122) ORIGENE, 123) 124)

a).

nella stessa citPiù' ancora, la

in Josue, hom. 12, n. 1; hom. 14, GIROLAMO, Epist. 46 (ediz. HILBERG, t. A poc., XVII, 5; XI, 8-10.

S.

n.

1.

I,

p.

336).

125) Cfr. Paradoxes (1946), cap. 5-7. Il «migliore dei mondi » non sarebbe il Regno di Diof Potrebbe essere un mondo di «anime morte».

Un paradiso «sociale» può essere un inferno spirituale. significati della parola «mondo» nella Scrittura, vedi S. AGOSTINO, Sermo 96, n. 4-9 (P. L., 38, 586-588) ; DIDIMO, in 19. Epist. Judae, V, Circa i

due

a) S. CESARIO D'ARLES, Expositio in Apoc. Cfr. ORIGENE, in Jer., hom. lat. 3, n. 2. S. AGOSTINO, in Psalm. 61, n. 6, ecc.

231

lotta è dentro

membra, e durerà scoraggiarsi mai, tutculla in utopie. Sa che questo Regno di essa continuamente va promuovendo e a

ognuna delle sue

fino alla fine. Essa lo tavia non si

Cristo, che

invocando,

non

sa:

senza

sarà mai stabilito solidamente sulla

terra; che il torbido, l'errore e la perversità tenteranno sempre di compromettere la sua opera. La viluce della sua fede non le impedisce di costatare, secondo quanto sembra apparentemente, « il cammino cieco delle cose». Essa assiste alla continua defezione del bene: dappertutto vede rinascere idolava

trie, e vede i suoi stessi figli lacerarsi tra di loro. Sa anche che i progressi più certi e le conquiste più ammirevoli dell'uomo hanno sempre qualche cosa di

ambiguo

da cui il Male

stero di

può

partito.

trame

dubbio,

ha

Il «Mi-

iniquita», prosue peggiori rovine. Come in quasi tutte le epoche della sua storia, e forse più che mai, essa ne vede oggi salire l'ombra terribile... >& senza

non

ancora

dotto le

»

Ora ciò che accade alla Chiesa, accade anche ad ognuno di noi in particolare. I suoi pericoli sono i

nostri

pericoli.

Le

sue

lotte

sono

in ognuno di noi, la Chiesa fosse

missione,

essa

certamente

sarebbe spesso,

più amata;

sarebbe

le nostre lotte. Se, più fedele alla sua il suo Maestro, ascoltata: ma sa-

come

più

V'è controsenso a proposito di S. Agostino e di S. Tommaso in G. MENSCHING, Sociol. relig., pp. 256-257. Cfr. A. LAURAS e E. RONDET. Il tema delle due città nell'opera di S. Agostino, Etudes augustiniennes (1953). 126) Catholicisme, pp. 231-232. Fino dal primo secolo del monachesimo, S. GIOV. CRISOSTOMO constatava che « il canto delle caste spose del Cristo è già stato scandalosamente invaso da mille intruse, portanti mille (stonate) voci con sè»: Dialogo sul sacerdozio, 1. III (traduz. Frane. F. MARTIN, p. 64).

732

rebbe anche

sciuta

e

senza

dubbio,

come

Lui, più miscono-

più persegiutata >~

Io ho comunicato loro la tua Parola e

il mondo li ha odiati...

>~

I cuori sarebbero svelati in

lo

scandalo

scoppierebbe

luce

una

cruda

più

e

maggior violenza;

ma

da questo scandalo deriverebbe al cristianesimo

un

con

slancio, perchè «nei tempi in cui è oggetto dell'odio del mondo, il cristianesimo non è un nuovo

affare di parole persuasive, «

Il

di

ma

grandezza» >~

«ribasso dell'anticlericalismo», di cui si è

rallegrarsi, potrebbe anche non essere un buon segno. Senza dubbio può essere determinato da un cambiamento nella situazione oggettiva, o da un reale miglioramento da una parte e dall'altra. Ma potrebbe anche significare che coloro, attraverso i quasoliti

li la Chiesa è

conosciuta, pur proponendo

mondo alcuni

apprezzabili valori,

si

sono

ancora

al

conforma-

lui, ai suoi ideali, alle sue consuetudini, ai suoi costumi. Da quel momento cessano d'essere inquieti

a

tanti. Che il sale possa

insipidire,

il

Vangelo

to abbastanza chiaramente;

e se

la

viviamo

grande maggioranza quilli in mezzo al mondo, intiepiditi.

noi

—

parlo per pressochè tran-

127) Cfr. S. TOMMASO, in Joannem, XV, 18: Augustinum non debent se membra supr a recus are

cum

capite

se

in

corpore

esse,

lo ha det-

è segno forse che ci siamo

4um ne c

ce

io

—

nolendo

e ...Et

ideo

verticem

mundi

secun-

extollere,

odium

sustinere

x.

128) Jo., XVII, 14; cfr. XV, 10-21. 129) S. IGNAZIO D'ANTIOCHIA, ad Romanos, III, 3.

233

IL SACRAMENTO DI GESU' CRISTO

La Chiesa è

un

mistero, cioè, in altri termini,

). «Pu to di incon ro di tu t

>

sacramento

un

i sac

menti cristiani », è essa stessa il grande sacramento, che contiene e vivifica tutti gli altri ~). Essa è sulla

terra il sacramento di Gesù Cristo, come Gesù Cristo stesso è per noi, nella sua umanità, il sacramento di

~). Ogni

Dio

realtà sacramentale, «vincolo sensibile di » < ), prese ta na dupl ce caratteristi a.

due mondi

1) Cfr Dom J. GROBOMONT, du Sacrement de l'Eglise et de ses réalisations imparfaites, in Irenikon, t. XXII (1949), pp. 345-367. J. PINSK, Die sakramentale Welt, in Ecclesia orans (1938). S. TYSZKIEWICZ, op. cit., pp. 188-192. 2) Concilio di Firenze, Decretum pro Jacobitis (1441-42): « tumque tibus 3)

valere

ad

S.

salutem

Cfr.

Avvento:

ecclesiastici

4)

234

nisi

ecclesiastica

Messale

Epist.

Christus»

JOSEPH

DE

L.,

n.

34:

38,

MAISTRE,

prefazio tuae

plebi

187,

(P.

unitatem,

sacramenta

ambrosiano,

« ...manifestans

AGOSTINO,

rium,

corporis

ut

in ea

...

tan-

manen-

proficiant ». della

Unigeniti

«Non

solum

est

prima tui

enim

domenica

di

sacramentum... ». aliud

Dei

myste-

845). Lettre

à

une

dame

russe

(Oeuvres,

una

parte, essendo segno di un'altra realtà, deve solo

es-

totalmente trascesa. Non possiamo arrestarci al segno. Esso non vale per se stesso; per definizione è cosa diafana, si annulla sere

non

davanti

parzialmente,

ciò che

a

sarebbe niente

significa,

se

ma

come

il vocabolo che

non

conducesse dritto all'idea. A

non

questa condizione, esso non è una realtà intermediaria ma mediatrice. Non isola uno dall altro i due termini che ha il compito di congiungere, non mette

loro

tra

un

distacco,

rendendo presente la

è

al contrario li unisce,

ma

cosa

che

esso evoca.

Ma, d'altra parte, questa realtà sacramentale non un segno qualunque, provvisorio e cambiabile a vo-

lontà. Essa si trova in

rapporto essenziale

un

con

la nostra condizione presente, la quale, se non si svolge più nel tempo delle pure figure, non comporta tuttavia ancora il

pieno possesso della «verità» > seconda caratteristica, perciò, indissociabile dalla prima, è quella di non poter mai essere respinLa

sua

ta come se fosse ormai

priva

di utilità.

Questa

real-

tà diafana che noi dobbiamo sempre e totalmente attraversare, non potremo mai trascenderla definitivamente, perchè è sempre attraverso ad essa che si

attinge

ciò di cui

essa

è segno. Non

superata sorpassata. Questo duplice carattere

può

mai

essere

o

lo riscontriamo

in

già

Cristo. «Se voi conosceste me, conoscereste anche il Padre mio... Filippo, chi vede me, vede anche il

t.

VIII,

Cantica, 5)

Per

p.

74).

sermo il

Cfr. 33,

l'ammirabile n.

significato

cfr. Corpus mysticum,

c.

pagina

di

S.

BERNARDO,

in

3. sostanziale IX:

della

usata

in

tal

senso, parola «Vérité et vérité; Histoire et Esprit, pp.

217-230.

235

< ). Nessu o, an he se ave se raggiu to il v spirituale, potrà mai pervenire ad una conoscenza del Padre che lo dispensi dal dover passaPadre»

tice della vita

re attraverso Colui che rimane, per sempre e per tutti, « la Via» e «1 Immagine del Dio invisibile» > Lo stesso avviene per la Chiesa. Nella totalità del

suo

essere essa

condurci

a

ha per fine di rivelarci il Cristo, di sua grazia; in bre-

Lui, di comunicarci la

ve, non esiste che per metterci in rapporto con Lui. Essa sola lo puo fare e non potrà mai cessare di farlo. Non verrà mai il momento, tanto nella vita degli individui quanto nella storia dei

compito debba mondo perdesse

o

la

popoli, in cui il suo semplicemente possa finire. Se il Chiesa, perderebbe la Redenzione.

Il Nuovo Testamento che ha fondato la Chiesa affidandole l'eredità di Israele, è anche il «Testamento ultimo». La Chiesa non è, come era la Legge, un

pedagogo

necessario all'adolescenza

ma

per l'età matura. «L'educazione divina

è depositaria in

tempo,

e

quindi

mezzo a

noi, ha la

noi abbiamo in

~

superfluo

di cui

essa

stessa durata del

essa non un annun-

zio soltanto, una preparazione più o meno prossima, ma « tutto l'avvento del Figlio dell'Uomo» a). Essa rimane costantemente presente al dialogo dell'anima col suo Signore. Interviene attivamente in ognuna delle sue fasi, senza ostacolarne l'intimità, ma al

contrario garantendola. Colui che si crede o ricco in doni spirituali, deve ricordarsi che

prima di

tutto sottomettersi ai comandi del

6) Jo., XIV, 7-9. 7) Col., I, 15; Jo., XIV, 6. a) ORIGENE, in Matt., serie, 47: Filii

736

hominis».

« in

qua

totus

est

profeta occorre

Signore

adventus

gli vengono espressi mediante la sua Chiediversamente profetizza invano ed i suoi doni lo

cosi come sa:

portano alla

perdizione < Chi, cedendo alla seduzione di lismo, volesse scuotere la Chiesa

volesse eliminarla

come un

un

facile

come

intermediario

spirituagiogo o ingombran-

un

ben presto non abbraccerebbe più che il vuoto finirebbe per abbandonarsi ai falsi dei. Se dopo es-

te, o

appoggiato alla Chiesa, egli credesse di poter anpiù lontano di essa, non sarebbe più che un mistico fuorviato. Chi immaginasse nell'awenire una sersi

dare

«realizzazione della Gerusalemme celeste ~, che apra «un nuovo periodo della storia ~ ed assi-

sulla terra

curi finalmente specie rebbe

il

completo trionfo dello spirituaprofetizzare.un ritorno della umana al paradiso perduto > ); in rea tà on che un sogno orgoglioso e malsano.

le», potrebbe

«

credere di

Cosi purtroppo Tertulliano, caduto nell'errore, andava dicendo: «La durezza del cuore ha regnato fino

a

Cristo; l'infermità della

tempo del Paraclito»

ge

e

oppurre

dura fino al

ancora:

«La leg-

i Profeti hanno educato il mondo nella

la

fanzia; gelo, mentre tà

a);

carne

sua

gioventù

venne

a

sua

in-

sbocciare col Van-

con il Paraclito cammina nella maturi-

b)

»

Tutti

gli

Terza Età, di una età dei successiva all'età dei «dottori », di

annunci di

«contemplativi

»

una

8)

I Cor., XIV, 37-38: «Si quis videtur propheta esse aut spiricognoscat quae scribo vobis, quia Domini sunt mandata. Si quis autem ignorat, ignorabitur». 9) René GURNON, Autorité spirituelle et pouvoir temporel (1930),

talis,

pp.

151-152. a)

De

b)

De

Monogamia, c. 14. velandis virginibus, c.

1.

237

Chiesa di S. Giovanni successiva

a quella di > ) o di un Re no fut ro de lo Spir to succ sivo al Regno attuale del Cristo ed alla disciplina della sua Chiesa, introducono delle separazioni letali. Possono dare periodicamente una seduzione nuouna

Pietro

al vecchio montanismo che trasformano, secondd il gusto di ogni secolo, in una specie di filosofia della storia > gt;); p ssono anche prese tarsi molto so uniti a pensieri nobilissimi: non sono per questo utopie meno nocive > va

«Verrà,

verrà

certamente

esclamava

Lessing perfezione! vo Vangelo, di questo Vangelo eterno che troviamo promesso agli uomini negli stessi libri della Nuova Alleanza!» a). Quest'effusione lirica non esprimeva nient'altro che una ben piatta teoria del progresso; —

Verrà il tempo del Nuo

l'età della

—

annunciava nient'altro che un'età di razionalismo

non

e che noi possiamo giudicare. Ma le formule del vecchio abate Gioacchino da

che è difatti venuta

Fiore, o quelle dei suoi fanatici discepoli, non cessano di rifiorire su nuove labbra, per incantare nuovi

uditori. Soltanto ieri le abbiamo

trovate in Nicola

10) Cfr. GIOACCHINO DA FIORE, il Salterio

a

dieci

corde

(trad. frane. E. AEGERTER, p. 165). Ibid., p. 157: «Come il velo di Mosè è stato sollevato da Cristo, cosi il velo di Paolo sarà sollevato dallo Spirito Santo, ecc... ». Al che rispondeva già S. BONAVENTURA, in Hexaemeron, collatio XVI: «Post novum Testamentum non erit aliud» (Quaracchi, t. V, p. 403). 11) A proposito di Gioacchino il rilievo è già stato fatto da M. Eugène ANITCHKOF, Joachim de Flore et les milleux courtois (1931),

p.

Chiesa, essa

169.

Forse

12)

è

stata una

Spirito

Santo,

de MAISTRE indulgente Pétersbourg, a)

238

giustificazione

talvolta troppo

naturale

della

che implica una certa qual dimenticanza del compito svolto in

dallo

undicesimo

L'educazione

del

a

rendere

con

per

—

gli «illununati

compensazione ».

Cfr.

trattenimento. genere

umano,

n.

85-86.

Soirées

Joseph

—

de

Saint-

intendimento ben diverso da quello di

Berdiaeff

con

Lessing:

profetizzavano

la «definitiva»,

una nuova

rivelazione, quel-

epoca dello Spirito», Santo» nella quale verrà

« ~uova

«Chiesa dello

una

letto mo

una

Spirito Vangelo eterno»! una «religione dell'uomaggiorenne» corrispondente a una «nuova «

il

struttura

della coscienza

bra dai detriti che la schiavitù

finalmente «sgomparalizzavano» e « liberata dalla umana»

dell'oggettivazione» b).

Può

darsi, come per lo stesso Gioacchino da Fiore, che si debba ravvisare in questi «presentimenti » un'espressione non troppo felice; può darsi che

il

«nuovo eone»

che s'intravvede

dopo questa

«no-

vecchia epoca agonizzante» non abbia ad iniziare che alla fine del mondo attuale, perchè ci è stra

pure detto che allora saranno instaurati «nuovi rapporti tra l'uomo e il cosmo» e che « le attese messia-

niche ma

non

potranno realizzarsi nei limiti della storia,

si realizzeranno fuori di

essa»

c); può

darsi infine

che, sia nello stesso Berdiaeff, sia almeno in qualcun altro, l'annunzio profetico non sia altro che una forma stilistica per esprimere la necessità d'un continuo ricorso allo Spirito, al fine d evitare gli arresti fatali nel campo pratico dell esistenza... In tutti i casi però, davanti alle illusioni che inducono simili promesse, bisogna dire molto chiaramente che i tempi annunziatori

sono passati, e che noi oggi abbiamo la realtà vivente, e che finchè durerà questo mondo, questo stato di cose, nella sua essenza non si può

b) Dialettica esistenziale del Divino

e

dell'Umano

(1947) p. 225

e

228-244.

c) Op. cit., pp. 65, 226-227, 221.

239

superare. Nella misura con cui ci sforzeremo di misconoscerlo, dalla speranza cadremo nei miti illusori. Dopo che Gesù è stato glorificato ci è stato dona-

Spirito ed è questo dono dello Spirito nel giordella Pentecoste che ha ultimato la costituzione della Chiesa > gt;). L'era dello S irito Santo erc la dobbiamo più aspettare: essa coincide esattamento lo

no

te

l'era del Cristo

con

>

Communicatio Christi, id es.t Spiritus Sanctus > E' lo Spirito che ci insegna ogni verità; ma anch' Egli, come

Gesù, l'inviato del Padre,

stesso e non cerca

la

sua

non parla di se gloria, > Q. Fed le a la m

sione ricevuta da Colui «nel

nome»

del quale ci è

13) I Thess.. IV, 8; I Cor., II, 12. Jo., VII, 39: e Egli diceva questo dello Spirito che avrebbero dovuto ricevere quelli che crein lui; infatti lo Spirito non era ancora stato dato, perchè dono Gesù non era ancora stato glorificato». Cfr. GIOACCHINO DA FIORE, Super quatuor evangelia: «Etsi secundum litteram completa est post resurrectionem Domini promissio illa Filii de donatione Spiritus sancti, secundum tamen illam plenitudinem quam ostensurus est cum fuerit a rebelli quoque Judaeorum populo converso ad Dominum et ejus socios glorificatus, etiam nunc dicere possumus: per Eliam, Spiritus non erat datus quia Jesus nondum erat glorificatus» (edizione a cura di Ernesto BUONAIUTI, Roma, 1930, p. 24). 14) Rom., VIII, 9-10: « ...si tamen Spiritus Dei habitat in vobis. Si quis autem Spiritus Christi non habet, hic non est ejus. Si autem Christus in vobis est... ». Cfr. Gal., IV, 6. DIDIMO IL CIECO, Dello Spirito Santo, traduzione di S. GIROLAMO: « Idem autem Spiritus Dei et Spiritus Christi est, deducens et copulans eum qui in se habuerit Domino Jesu Christo». (P. G., 39, 1068). S. ILARIO, De Trinitate, 1. VIII, c. 27. 15) S. IRENEO, Adversus Haereses, l. Il, c. 24, n. 1 (ediz., F. SAGNARD, «Sources chrétiennes», 34, pp. 398-400). 16) Jo., XII, 49-50. Cfr. Saint JURE, L'uomo spirituale, I parte c. 1. G. MONCHANIN, Teologia d mistica dello Spirito Santo, in Dio Vivente, 23, p. 76: «Una mistica dello Spirito Santo, non è soltanto una mistica dello Spirito Santo, ma è la mistica per eccellenza del ed anche la mistica Cristo del Padre; un invito continuo a oltrepassare le apparenze, ad attraversare la Scrittura, il Doche interiorizzandola la nutrono e perfezionanogma e la Liturgia -

a

contemplare inoppugnabilmente il prosodos zione deificata e più amorevolmente ancora coglimento

7/Q

della Trinità... ».

e

l'exodos

l'espansione

della e

il

crearac-

stato inviato, egli ci fa comprendere il suo messaggio, ci «ricorda» le sue parole, ma non vi aggiunge nulla; interviene, per cosi dire, a mettere il sigillo al suo insegnamento a). Ci dispone al suo Vange-

lo, ma non lo trasforma. Sovente egli ha parlato, prima ancora della venuta di Gesù; ma era unicamente per annunciarlo: qui locutus est per ProphePadre, egli continua

D.acchè Gesù è risalito al

tas

parlare;

ma

stimonianza,

è

a

unicamente per rendergli teGesù rende testimonianza al Pa-

ancora

come

;), e pe fare proc am re a sua unica ria. Non è per sostituirsi a Lui. In breve, egli è « lo Spirito di Gesù» >

dre >

Ora

g

non

esiste altro

Spirito

che lo

Spirito

di Ge-

di Gesù è l'anima che vivifica il

lo

suo Spirito ). C me ra de ge riun va l'ant la lett corpo > la Le popolo, cosi lo Spirito plasma il popolo nuovo > Noi siamo oggi nella Spiri' come siamo nel Cristo;

sù,

e

possiamo dire indifferentemente di essere stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo come si esprime S. Paolo, oppure, come commenta San

Basilio, di a) illud.

essere

stati battezzati in

«Quodammodo

obsignaturus»:

un

LEONE

solo corpo per

XIII,

enc.

Divinum

17) Jo., XIV, 26, XV, 26; XVI, 13-14. Cfr. VII, 39; XX, 22. Act., Il, 23. S. EPIFANIO, Adversus omnes haereses, VII, a riguardo dei montanisti, che pretendono «Paracletum plura in Montano Wcisse, quam Christum in Evangelium protulisse». c. p.

18) I Cor., XII, 3. Cfr. S. BASILIO, Trattato dello Spirito Santo, 18 (traduz frane. B. PRUCHE, O. P., «Sources chrétiennes», 17, 197). Act., XVI, 7. 19) S. AGOSTINO,

Sermo 268, n. 2: «Quod est spiritus noster, est anima nostra, ad membra nostra, hoc est Spiritus sanctus ad membra Christi, ad corpus Christi, quod est Ecclesia» (P. L., 38, 1232); Sermo 267, n. 4 (col. 1231). Cfr. Rom., VIII, 9; II Cor., III, id

Gal., IV, 6. Vedere precedentemente, cap. IV. II Cor., III, 6-11; Phil., III, 3; Cfr. I. Cor., IV, 4, ecc. 17;

20)

16.

Il Volto della Chiesa.

XII,

13;

Eph.,

—

2&l

un solo Spirito ~> ). La Chi s è la «soci Spirito» ~~). Ed è nella Chiesa che lo Spirito glorifica Gesù, come è in essa, in questa «dimora

formare dello

di Cristo», che Egli ci viene donato ~> ), «allea eterna e finale» a). Guai

Vangelo!

dunque Guai

a

colui che separa la Chiesa dal colui che le vorrebbe sottrarre il

a

che essa mescola alla pasta umaa co ui he ne la Chi sa te ta di «s ~< lo gnere Spirito!» ~> ). Ma g ai ugualme t a co che pretende liberarne la fiamma rifiutando la Chiefermento r

sa!

spirituale

)! G

na

a

26). La Chiesa è il sacramento di Gesii Cristo.

significa Lui

un

Questo

termini, che essa ha con di identità mistica. Ritroviamo qui rapporto ancora,

in

altri

21) S. BASILIO, Dello Spirito Santo, c. 26, n. 61, nel commento Cor., XII, 18 (P. G., 32, 181 B). Cfr. L'osservazione di S. TROMP, de Spiritu sancto anima corporis mystici, I, p. 34. 22) «Societas Spiritus»: S. AGOSTINO, Sermo 71, c. 19, n. 32 (P. L., 38, 462) ; c. 23, n. 37: «congregatur in Spiritu. sancto» (col. 466). 23) PSEUDO-BEDA, in Joannem (P. L., 92, 862 A-B). S. AGOSTINO, De Trinitate, 1. XV, c. 19, n. 34. a) S. GIUSTINO, Dialogo, c. 11, n. 2. 24) Cfr. ORIGENE, Scholia in Lucam, XIII, 21: «Accipi potest mulier pro Ecclesia, fermentum pro Spiritu sancto, etc. » (P. G., 24, 565). 25) I Thess., V, 19. O a chi le impedisce di ringiovanire connuamente il deposito affidato- alla Chiesa e il vaso stesso che lo contiene. (cfr. S. IRENEO, Adv. Haer. III, 24, 1). 26) Oppure che profetizza un altro Vangelo oltre il Vangelo di Gesù predicato dalla Chiesa. Cfr. Liber introductorius in expositionem in Apocalypsin, c. 5: « Il primo degli stati del mondo si è svolto sotto il regno della Legge; il secondo è stato instaurato dal Vangelo e dura fino al momento presente; il terzo incomincierà verso la fiae di questo secolo; già noi intravvediamo il suo svelarsi, in pieno affrancamento spirituale... Questo tempo dell'intelligenza spirituale, che va continuamente aprendosi, sarà messo sotto l'influenza del regno dello Spirito Santo... L'angelo teneva in mano un Vangelo eterno; che cosa c'è in questo Vangelo? Tutto quello che va oltre il Vangelo del Cristo» traduz frane. E. AEGERTER, t. Il, pp. 90-118; riassunto). a

I

202

le metafore

paoline

e

le altre

la Tradizione cristiana

non

immagini bibliche

che

ha mai cessato di uti-

lizzare. Vi si trova espressa la stessa intuizione della fede. Capo e membra non formano che un solo corpo, un solo Cristo una sola carne. Corpo la governa dal è nello stesso

~> ). Lo Sp s e la Sp sa s della sua Chiesa, il Cristo non di fuori: essa dipende da Lui, ma ne tempo il compimento e la «pienez-

~~). Essa è ancora il Tabernacolo della sua Pre~> ), l'Edifi io di ui E l è insi me l'Archite e la chiave di volta; il Tempio ove Egli insegna e dove attira con sè tutta la Divinità > ). E s è la N di cui egli è il pilota > gt;), 'Arca dalle randi di cui egli è l'Albero maestro, che assicura la comunicazione col cielo di tutti coloro che essa accoglie ~~). E il Paradiso > gt ), i cu gli è l' l er e la so ge za»

senza

27) S. AGOSTINO, in Psalmum 54, n. 3: «Caput et membra, unus Christus» (P. L., 36, 629). S. TOMMASO, Tertia, q. 48, a. 1: «Caput et membra, quasi una persona mystica»; cfr. q. 49, a. 1; q. 19, a. 4; de Veritate, q. 29, a. 7, ad 11m. 28) Eph., captivité,

pp.

I, 22. Cfr. 167-171.

JOSEPH HUBY,

in Apocalypsin

29) BERENGAUD, Cfr. Exod., XXV, 8. 30) ORIGENE, in

San Paolo,

(P. L.,

17,

884

Epftres B-C;

de la

937 B).

Lucam, hom. 18 e 20 (ediz., RAUER, pp. 132). S. AGOSTINO, Enchiridion, c. 56 (P. L., 40,259). S. de 31) IPPOLITO, Antichristo, c. 59. 32) UGO DI S. VITTORE, de Arca Noe morali, l. Il, c. 7: «Co-

123-124 e

lumna in medio

arcae erecta ...ipsa est lignum vitae quod plantatum est in medio paradisi, id est Dominus Jesus Christus in medio Ecclesiae suae, quasi premium laboris, etc. » (P. L., 176, 640). Si rico-

nosce biamo

qui già

il

fondamentale

simbolo

studiato

a

in

dell'albero du

cosmico,

che

Bouddhisme,

noi

ab-

Il, pp. 55-79. 33) S. IRENEO, Adversus Haereses, 1. V, c. 20, n. 2 (P. L., 7, 1178 A). TERTULLIANO, Adversus Marcionem, 1. Il, c. 4: «translatus in paradisum, jam tunc de mundo in Ecclesiam» (ediz. parte

Aspects

cap.

(1951),

-

KROYMANN, p. 338). BERENGAUD, in Apoc. (P. L., 17, 778 D). UGO DI S. VITTORE, op. cit., l. Il. c. 9: «Dominus Jesus Christus in medio Ecclesiae suae quasi lignum vitae in medio paradisi plantatus est, de cujus fructu quisque digne manducare meruerit, vi-

243

vita; è l'astro che riceve da Lui

tutta la luce e che

> Se non si è, in qualche modo, membra del corpo, iion si riceve l influss del Capo. Se non si aderisce all'unica Sposa, non si è amati dallo Sposo. Se si profana il Tabernacolo, si resta privi della Presenza sacra. Se si abbandona il Tempio, non si intende pi@, la Parola. Se si rifiuta di entrare nell'Edificio o di rifugiarsi nellArca, non si può trovare Colui che ne è il centro e la volta. Se si sdegna il Paraàiso, non si può essere nè dissetati, nè nutriti. Se si rischiara la nostra notte

crede di poter fare a meno della luce riflessa, si rimane per sempre immersi nella notte dell'ignoranza.

Praticamente, per ciascuno di noi, Gesù Cristo è la sua Chiesa, sia che noi consideriamo soprattutto la gerarchia ricordando le parole di Gesù: «Chi ascolta, voi ascolta me; chi disprezza voi, disprezza

>

me»

gt; , s a c

e noi gua

questa intera Assemblea in

d

seno

tu

to il o quale Egli ri-

amo a

alla

e si manifesta, e dal cui seno si eleva ininterrotta, nel Suo nome, la lode di Dio > lt ). La ar Giovanna d Arco ai suoi giudici esprime nello stesso

siede

profondità mistica della fede ed il buon pratico del credente: «Di Gesù Cristo e della

tempo la senso

Chiesa io penso che siano la stessa cosa,

questo punto vet

in

aeternum» l.

Allegoriae, Quatuor 638-639),

Qumina ecc.

L.,

(P.

c.

I,

6:

fontis,

Cfr.

176,

«Fons

4

che

e

su

si debbano fare difFicoltà».

non

643).

RICCARDO

qui est in paradiso, sunt Evangelia

quatuor Esdra,

CIII,

52,

su

DI

S.

VITTORE,

Christum

Christi»

(P.

Gerusalemme:

significat. L.,

175,

«Vobis

apertus est paradisus, piantata est arbor vitae,... aedificata est civitas». 34)

ORIGENE,

35) Luc., 36) versetto

X,

Psalm. 27.

16.

Sulla

Genesi,

Matt.,

XXXIV,

v.

X, 18;

hom.

I,

n.

5.

40. Psalm.

XXV,

v.

12;

Psalm.

LXVII,

di

Questo grido di tutti i Dottori

un

cuore

Per quanto gravi possano ci

fedele riassume la fede

»). essere

le difficoltà che

i turbamenti che rischiano di sviarci, atteniamoci saldamente a questa equivalenza. Come

assalgono

e

Ulisse che si faceva legare all'albero della

difendersi,

suo

nave

per

dalle voci delle sirene, agnecessario, senza più nulla ascolta-

malgrado,

grappiamoci, se è re e nulla vedere, alla verità salvatrice di cui Sant'Ireneo

ci dà la formula:

di Dio, Chiesa ed ogni

Spirito

e

«Dov'è la Chiesa, là c'è lo Spirito di Dio, là c'è la

dove è lo

grazia,

narsi dalla Chiesa

è

e

lo

Spirito

è verità; allonta-

rifiutare lo

Spirito e perciò «escludersi dalla vita > Crediamo sempre con San Giovanni che è impossibile intendere lo Spirito senza ascoltare ciò che Egli ha detto alla Chiesa > gt;). Ricord amo i c ~

esiste alcuna speranza di solida unità al di fuori di colei che ne ha ricevuto le promesse.

Teniamo

può 37)

come

un

principio

assoluto che

non

ci

mai essere nessun valido motivo per staccarsi da

AGOSTINO, de Doctrina christiana, l. III, c. 31, n. 44: et Ecclesiae, unam personam nobis intimari » (P. L., 34, 82). S. GREGORIO, Moralia in Job., prefazione, c. 14: «Redemptor noster unam se personam cum sancta Ecclesia, quam assumpsit, exhibuit... » («Sources chrétiennes», 32, p. 136). Ciò, del resto, non S.

«Christi

sopprime affatto la subordinazione della Chiesa al Cristo, ma la supS. Gregorio infatti aggiunge: «De ipso enim dicitur: Qui,est caput omnium nostrum, et de Ecclesia ejus scriptum est: Corpus Christi quod est Ecclesia», cfr. l. 3OQCV, c. 14, n. 24: «Christus et pone;

Ecclesia, id est caput et corpus, una persona est» (P. L., 76, 762 C). 38) Adversus Haereses, l. III, c. 24, n. 1 (SAGNARD, p. 400). E' appunto per questo che la Chiesa è «arrha incorrupte]ae, et confirmatio fidei. nostrae, et scala .ascensionis ad Deum» (ibid.). 39) Cfr. Apoc., II 7, ecc. S. BERNARDO, in Vigilia nativitatis Domini sermo 3, n. 1: «Ecclesia, quae secum habet consilium et spiritum Sponsi et Dei sui » (P. L., 183, 94 D).

Z45

lei < ). Sappi mo comprend re in tu ta la ua piezza e nel suo austero rigore l assioma tradizionale già formulato da Origene: Extra Ecclesiam nemo salvatur:

< >) compre de lo in tu ta a sua mag ampiezza, perchè, come spiegava S. Agostino, «nella ineffabile prescienza di Dio, molti che sembrano fuori lo sono già almeno in voto, sono invece dentro» «

—

cioè col desiderio»

mentre

—

~

molti che sembre-

rebbero dentro, sono fuori »; sempre però « il Signore riconosce quelli che sono suoi » a). Nello stes-

tempo, però, comprendere quest'assioma nella

so sua

esigenza assoluta, perchè colui che

dalla comunione cattolica» della

salvezza, «si rende da

ed

«si separa «esce dalla Casa»

se stesso

responsabile

del-

la propria morte» b) No.n lasciamo mai che si insinui in noi l infausta idea di «rompere il vincolo della pauna sacrilega separazione 4~). Non illudiafuori della Chiesa, di poter ancora mettendoci moci, ce»

con

restare «nella comunione del Cristo». Ma

ripetia-

5, AGOSTINO, Contra apistulam Parmeniani, 1. III, est igitur securitas unitatis, nisi ex promissis Dei Ecclesiae declarata... Inconcussum igitur firmumque teneamus, nullos bonos ab ea se posse dividere, etc. » (P. L., 43, 104-105). 41) In Jesu Nave, hom., 3, n. 5 (ediz. W.-A. BAEHRENS, pp. 306-307). a) De Baptismo, 1. V, c. 27, n. 38 (P. L., 43, 195-196); cfr. c. 16, n. 20-21; c. 21, n. 29 (col. 186-187, 191); De ordine, l. Il, c. 10, n. 29, (P. L., 32, 1008) : « Illud divinum auxilium... certius quam nonnulli opinantur, officium clementiae suae per universos populos n.

40)

S.

28:

«Nulla

.

agit ». b) De Baptismo, 1. V, c. 19, n. 25; c. 4 (P. L., 43, 189 e 179). ORIGENE, loc. cit.: «Si quis forte exierit, mortis suae ipse fit reus». S. ILARIO, Trattato dei misteri, c. 9. Omelie pasquali, I, n. 13. LATTANZIO, Divin. Institut. l. IV, c. 30 (P. L., 6, 542-543). SAN FULGENZIO DI RUSPA, De remissione peccatorum, l. I, c. 19 (P. L., 65, 543) S. GREGORIO, Moralia in Job., 1. XIV, n. 5 (P. L., 75, 1043). Sul pensiero di S. CIPRIANO:-G. KOPF, «Fuori della Chienon vi è salvezza», origini d'una formula equivoca, in Cahiers universitaires catholiques, 1953, pp. 302-310. 42) S. AGOSTINO, de Baptismo, l. Il, c. 6, n. 7: «Vos ergo quare separatione sacrilega pacis vinculum dirupistis. » (P. L., 43, 130). sa

246

noi stessi con Sant'Agostino: «Per vivere dello Spirito di Cristo, bisogna rimanere nel suo Corpo» < ) e anco a è «ne la mis ra he si ma la Chi di Cristo che si possiede lo Spirito Santo» < mo a

Può darsi che molte cose, nel contesto umano della Chiesa, ci deludano. Può anche darsi che, senza alcuna colpa da parte nostra, noi siamo profon-

damente incompresi. stesso seno non

è

Può darsi infine che nel

suo

Il

caso

noi abbiamo

impossibile,

a

patire persecuzione.

benchè

evitare di

occorra

appli-

presuntuosamente a noi stessi. Pazienza ed amoroso silenzio varranno allora più di ogni altra carlo

cosa;

non avremo

da temere il

giudizio

di coloro che

possono leggere nei cuori < & t;) e pen ere o Chiesa non ci dona mai con tanta pienezza Gesù

non

Cristo

quando ci offre l'occasione di essere conalla Sua Passione. figurati Noi continueremo a servire con la nostra testicome

monianza la fede che la Chiesa non cessa di predicare. La prova sarà forse più pesante quando non viene dalla malizia di alcuni uomini, ma da una situazione che può parere inestricabile: perchè allora,

superarla,

per

non

è

più

sufficiente

43) Testo citato da Mons. FELTIN, quaresima 1951 su il Senso della Chiesa. 50:

«Proinde

Ecclesia

catholica

sola

un

perdono

pastorale per la Epist., IS5, c. 11, n.

Lettera Cfr.

corpus

est

Christi...

Extra

hoc

Spiritus sanctus... Non habent itaque Spiritum sanctum, qui sunt extra Ecclesiam» (P. L., 33, 815). In Jo., tract. 27, n. 11 (P. L., 35, 1621). Cfr. De consensu evangelistarum, 1. III, n. 72: «Ne quisquam se Christum agnovisse arbitretur, si ejus corporis particeps non est, id est, Ecclesiae!» (P. L., 34, 1206). SAN GREGORIO, in septem psalmos poenitentiae, 1. V, (P. L., 77, 602). 44) S. AGOSTINO, in Joannem, tract. 32, n. 8: «Quantum quisque amat Ecclesiam Christi, tantum habet Spiritum sanctum» (P. L., 35, 1646). 45) S. ROBERTO BELLARMINO, de romano Pontifice, l. I, 4, corpus

c.

neminem

vivificat

20.

207

generoso o l oblio di se stessi. Siamo lieti tuttavia, davanti «al Padre che vede nel segreto», di partecipare in tal modo a quella Veritatis unitas

imploriamo per tutti nel giorno del Venerdl Santo. Siamo lieti di poter acquistare allora, a che noi

prezzo del sangue dell'anima, quell'esperienza intima che darà efficacia alla nostra parola quando

dovremo sostenere qualche fratello gravemente scos«No, so, dicendogli con S. Giovanni Crisostomo: non separarti dalla Chiesa! Nessuna potenza ha la sua forza. La tua speranza, è la Chiesa. La tua salvezza, è la Chiesa. Il tuo rifugio, è la Chiesa. Essa è più alta del cielo e più grande della terra. Essa non

invecchia mai: la

sua

giovinezza è

eterna

~

4<

La Chiesa, tutta la Chiesa, l'unica Chiesa, quella di oggi come quella di ieri e di domani, è il sacramento di Gesù Cristo. A dire il vero, essa non è altro che questo. Il resto non è che un di più. Molti tuttavia, che non intendono affatto esserne avversari, si in-

gannano sulla la

grandezza

temente

sua natura.

umana.

sensibili

Non

ne

percepiscono che sono prevalen-

Tra essi, alcuni

alla

forza

d'ordine

e

di

conser-

che essa incarna. credersi obbligati adeguare le loro opinioni secondo i di lei insegnamenti, nè tanto meno assorbirne lo spirito, le manifestano tutto il rispetto» e arrivano spesso perfitenerezza filiale» no a circondarla d'una certa qual Senza

vazione

di

«

«

46) Homilia de capto Eutropio, ciclica Satis cognitum).

c.

6

(P. Q., 52, 402 citato dall'en-

a).

Ammirano la

sa

stabilità in

sua

la

lunga durata,

sua

prudenza del suo che essa conserva, la coesione sociale che ra, le restaurazioni che to piii che messaggera

custode del

e

assicu-

essa

di sperare. Mol-

essa consente

Vangelo,

loro, l'augusta erede del mondo greco

per

meraviglio-

alle tempeste del mondo, la governo, il principio di autorità

mezzo

essa è

e romano.

Per alcuni, anzi, essa è questo in opposizione a quello. Altri invece vedono in essa soprattutto una grande forza di

e di progresso, che strappa inerzia, immette nel cuore di una élite la passione della giustizia, comunica a tutta la storia uno slancio incoercibile. Alcuni umanisti

i

propulsione

alla

popoli

la lodano di antica nel

loro

aver

periodo

salvato

i monasteri la cultura

con

barbarico

e

di

aver

prolungato

in

noi il miracolo della «civiltà mediterranea».

mezzo a

aver incoraggiato le arti, le bellezze della da intenditori, apprezzano, esperti sua liturgia sebbene non ne conoscano general-

Le

sono

riconoscenti di

—

mente

o

non

ne

ammettano

Spiriti saggi, aperti

ai

problemi

fanno assegnamento su di essa spirituale capace di dominarli Da

parti opposte influenza civilizzatrice,

che

si

la

forma

del

loro

tempo, sulla sola forza

come e

esalta

latina.

di risolverli... volentieri

la

sua

la

disciplina che essa imai la costumi, pone magnifica fioritura di opere educatrici o dei suoi istituti caritativi, le cure con cui essa circonda ogni fase dell'esistenza umana. Tante non

ammirazioni, tante lodi, tante speranze ci lasciano insensibili. Nonostante il loro esclu-

sivismo,

a)

esse

esprimono quasi

sempre

Cfr. ALESSIO DI TOCQUEVILLE, 14 genn. 1857.

qualche

lettere

veduta

ad Arturo de Go-

bineau,

249

e di grande portata. Non si riconoscerà mai abbastanza la profonda umanità della Chiesa, speesatta

—

in cui il bel vocabolo umacie nel nostro tempo nesimo è sempre più monopolizzato, col consenso dei —

cristiani, dagli avversari di Dio a). Le opposte parzialità di coloro che l'esaltano, sono ancora un omag-

gio

alla

ed all

pienezza

equilibrio

della

sua

azione.

Ma dal momento che viene misconosciuto l'essenziale, la deviazione è vicina.

Quando che mo

non

sappiamo più vedere nella Chiesa quando non la consideria-

i suoi meriti umani,

più che

in vista di

come un

per quanto nobile sia, temporale, quando in essa noii

un

fine

mezzo,

pur rimanendo vagamente di mistero cristiani, fede, non la comprendiamo nulla. Gli più per aspetti stessi che noi ammiriamo

sappiamo più scoprire, un

L'elogio che ne pronunciamo non più quando non diventa bestemmia. Sovente, per esempio, essa non appare più che come una specie di museo, da cui la vita si è ritirata sono

snaturati.

è

a

che vanità,

poco

coglie,

poco, e tutte le lodi che essa ancora racnon si rivolgono più che al suo passato. Opa

a) Fra tante altre dichiarazioni analoghe della Gerachia, cfr. LEONE XIII, enc. Militantis Ecclesiae, 1 ag. 1897, nella ricorrenza centenaria del Canisio: « ...re ipsa ostendere, fidem divinam non modo a cultu humanitatis nullatenus abhorrere, sed ejus esse veluti culmen fastigium... naturam non hostem, sed comitem esse atque atque administram religionis». C. MOELLER ha scritto giustamente: «Invece di vedera nel tentativo umanista dei gesuiti una concessione per gli spiriti moderni ammalati, e nel giansenismo la posizione permanente del cristianesimo, occorre dire, al contrario, che la prima è uno degli adattamenti più fecondi della Chiesa nel corso della sua storia», Humanismo e santità (1946) pag. 217. Cft. Fr. CHARMOT, L'humanisme e l'humain (1934); Fr. de DAINVILLE, Les Jésuites et l'éducation de la société francaise, la naissance de l'humanisme moderne (1940) ; H. BERNARD, Matthieu Ricci e la société chinofse de son temps (2 voi., 19).

250

essa

pure

che

si

diventa

un

contendono

campo di forze contrastanti di questa potenza

l'appoggio

morale.

Ognuno le impone di dichiararsi per la sua che trasforma in crociata; per il proprio partito, che erige a mistica. Gli uni l'annettono alla «reazione», gli altri alla «rivoluzione» < gt;). causa,

accaparrarla, gli altri se i primi hanno di esalsecondi altrettante ragioni di

uni sembrano riuscire ad

gli

allontanano, tarla diventano ne

denigrarla

e

le

ragioni che

per i

di accusarla.

o

Ne derivano

a

volte situazioni

paradossali

in cui

alcuni ostentano di sostenere la Chiesa senza credere alla a

o

missione divina, ed altri incominciano perchè non li segue nei loro sogni. Qua

sua

dubitarne

là, pare talvolta che

perchè

lo

Spirito

essa

loro che la rappresentano,

essa,

una

si lasci compromettere, non dona a tutti co-

che l'assiste

chiaroveggenza

o

o

che si richiamano ad

una

energia

senza

debo-

lezza; nè li preserva da ogni passo falso. Ci sono non soltanto uomini politici, ma talvolta anche uodi Chiesa, che non esitano a fare della Sposa di Cristo lo strumento dei loro calcoli umani 4<

mini

Tuttavia,

cosciente di ciò che

47) Cfr. le osservazioni del P. plexe social en France, in Xtudes, cial et le Religieux ».

essa

è, fedele

a

PHILIPPE LAURENT, le Com1951, pp. 19-25: «le So-

ottobre

48) PIO XII, Messaggio di Natale 1951: «Il divin Redentore ha fondata la Chiesa per comunicare con essa all'umanità la sua verità e la sua grazia sino alla fine dei tempi. La Chiesa è il suo corpo mistico. Essa è interamente del Cristo, e il Cristo è di Dio. Uomini politici e

talvolta persino uomini di Chiesa che volessero fare della Sposa del Cristo la loro alleata o lo strumento delle loro macchinazioni politiche nazionali o internazionali, attenterebbero all'essenza stessa della Chiesa e danneggerebbero la sua stessa vita; in una parola la abbasserebbero al piano stesso sul quale si dibattono i conflitti di interessi temporali. E questo è e rimane vero anche allorchè si avessero in vista fini e interessi in sè legittimi».

251

ciò che

crede, ben presto afferma la

essa

pendenza. Allora, timenti: gli uni

da le

indi-

sua

ogni parte, esplodono i risenrimproverano con amarezza di

abbandonare i suoi tradizionali difensori, per cedere alle correnti del giorno. Tanto più violenti o sdegnosi rano

oggi, quanto piu elogiativi ieri, pronti a non vedere più in essa

«estranea

al

nostro

nostra civiltà classica»

ed

Occidente




ricchezza, la Chiesa è miserabile < gt ). La h esa è s er le se l

No,

se

Gesù Cristo

rito di Gesù Cristo

non

non

è la

sua

la feconda

~4).

Il

suo

edi-

50)

I Cor., II, 14. 51) Cfr. S. LEONE, Lettera a Flaviano (Epist. 28), c. 5: «Catholica Ecclesia hac fide vivit,. hac proficit» (P. L., 54, 777 A) SAN AMBROGIO, Epist. 21, n. 24: Ecclesiam congregavit... fides Dei » (P. L., 16, 1057), ecc. Cfr. LEONE XIII, enc. Tametsi futura, 1 Nov. 1900: «Tueri in terris atque amplificare imperium Filii Dei... munus est Ecclesiae». 52) Cfr. I Cor. XV, fede

14-19. NE& AN, Disc rso s lla te ria d

religiosa.

53) Epistola a Diogneto, c. VI, n. 2 (MARROU, pp. 64-65). 54) Cfr. S. IPPOLITO, citato dal P. NAUTIN, op. cit., p. 46.

2&g

ficio crolla il

se

Gesù Cristo

se

Spirito

suo

non

ne

è l'Architetto,

e

è il cemento che tiene insieme cui è costruito a). E' senza bel-

non

le pietre viventi con lezza, se non rispecchia l'unica bellezza del Volto di Gesù Cristo b); e se non è l'Albero la cui radice è la Passione di Gesù Cristo

>

gt ). La s ie za i

è falsa; è falsa la sapienza che l'adorna, convergono l'una e l'altra in Gesù Cristo c); ta

sua

luce

non

è

una

ui s

se

non

e se

la

luce illuminata» che tutta vie-

«

da Gesù Cristo, essa ci obbliga alle tenebre di d). E' menzogna tutta la sua dottrina, se essa

ne

morte non

annuncia la verità che è Gesù Cristo la

na tutta

sua

gloria,

se essa non

l'unità di Gesù Cristo

gt

>

>

lt

).

la fa consistere nel-

).

te s

l su nome

subito il solo

dato

indifferente, agli uomini per la loro salvezza > ). on rapprese nulla per noi se essa non è, per noi, il sacramento, il segno efficace di Gesù Cristo. se

non

evoca

nome

a) ORIGENE, in Gen., hom. 2, n. 4; in Lev., hom. 7, n. 2. b) S. AMBROGIO, in Psalm. 48, 11. 55) S. AGOSTINO, Senno 44, n. 2: «Unde haec tanta pulchritudo De nescio qua radice surrexit, et ista pulchritudo in magna gloria est? Quaeramus radicem. Consputus est, humiliatus est, (Ecclesiae)?

est, crucifixus est, vulneratus est, contemptus est: ecce hic species est; sed in Ecclesia gloria radicis pollet. Ergo ipsum describit sponsum illum contemptum, inhonoratum, abjectum: sed modo videre habetis arborem, quae surrexit de ista radice et implevit orbem terraflage11atus

rum. Radix in terra sitienti » c) Cfr.

S.

1034), ecc. d)

APOSTINO,

ORIGENE, in

56) autem, Veritas

Gen.,

(P. L.,

38, 259).

De Trin., 1. XIII, c. 19, n. 24 (P. L., 42, hom.

I,

n.

5-7.

S.

IRENEO, Adversus Haereses, l. III, c. 5, n. 1. «Apostoli discipuli Veritatis existentes extra omne mendacium sunt... ergo

Dominus

noster

existens».

57) S. LEONE, Serrno 25, c. 5: «Agnoscat igitur catholica fides in humilitate Domini gloriam suam et de salutis suae sacramentis gaudeat Ecclesia, quae est corpus Christi » (P. L., 54, 211 B). 58)

25%

Act.,

IV,

12.

La

Chiesa

ha per unica missione di rendere Gesù Cristo in mezzo agli uomini. Essa presente deve annunciarlo, mostrarlo, dario a tutti. Il resto,

ripetiamolo

ancora, non è che un di

piamo che

essa

Essa è

sarà

e

del Cristo:

Io

«

non

può

mancare

a

più.

Noi sap-

questa missione.

in

sempre, sono con

tutta verità, la Chiesa voi fino alla fine del mon-

Ma que lo

he e s è in se stes a, biso na lo sia anche nei suoi membri. Quello che essa è per

do»

>

).

noi, lo deve anche essere per mezzo nostro D.obbiamo essere anche noi gli annunciatori del Cristo, lasciandolo trasparire attraverso il nostro essere. Tutto questo è qualcosa di più di un obbligo: è, si

può dire,

una

necessità organica. I fatti vi

rispondo-

sempre? Attraverso il nostro ministero, la Chiesa annuncia veramente Gesù Cristo? no

Dobbiamo

porci

seriamente la

rappresenta soltanto

un

questione. problema di ordine

Essa

non

morale

o

di condotta individuale. Non vuole portare ad un'esortazione, ma avviare ad una riflessione. Non si tratta

di risvegliare

o di raddrizzare uno zelo sempre vacilma di protegg re que to z lo con ro peric sempre rinascenti. Senza voler misconoscere le ine-

lante


gt; avevano

zelo attivo

e

sincero

non

è necessariamente 'sempre umane. La

sciolto da vedute

egualmente illuminato, procede può non essere sempre cientemente pura. Supponiamo tuttavia che o

fede da cui le nostre

«

invenzioni

»

siano necessarie.

domandarci se, per una controllo finisce per sfuggirci, ancora

Possiamo

proliferazione esse

non

suffi-

tutte il cui

finiscano

per intrecciare una rete nella quale il nostro zelo rischia di lasciarsi impigliare.

68) II Cor., IV, 5. Cfr. Col., I, 25: Paolo è divenuto «ministro della Chiesa» per «annunziare pienamente la parola di Dio»; Eph., VI, 18-20: «Pregate per me, affinchè con bocca liberamente aperta mi sia dato di annunziare con sicurezza il mistero del Vangelo, di cui -.nelle mie catene sono l'ambasciatore; ch'io possa predicarlo arditamente come ne ho il dovere/». -

69) Act., passim. Cfr. ANDREA RETIF, Foi au Christ et mission 84-110.

(1953), pp.

70) Luc., II,. 10. 71) Cfr. Martirio di Policarpo, XIX, ces

17.

chrétiennes»,

Il Volto della Chiesa.

—

1

(ediz., CAMELOT, «Sour-

10, p. 269).

257

Ci sono, è anche troppo vero, le necessità dell'apoCi sono gli interessi del cattolicesimo da

logetica.

promuovere, c'è la massa dei fedeli da organizzare e da proteggere, ci sono opere di ogni specie da creare e poi da sostenere, ed ognuna risponde ad un

indiscusso

bisogno.

Ci

sono

le tecniche da cristianiz-

zare, e perciò anzitutto da conoscere. Quanti ostacoli da superare! Quante direttive occorre dare! Quante lotte da impegnare! Quanti organismi da amministracumulo di problemi di ogni specie, teorici e pra-

re : un

impongono all attenzione: problemi di diritto, di scienza, di economia, di finanza... Una imponente varietà di compiti specializzati che richiedono adeguate competenze e sollecitano dedizioni, oscure o tici, si

brillanti. Nascono attività di ogni genere, si ramificano a servizio di altre attività che, a loro volta, non sono che un anello di una lunga catena. Bisogna ancora tener

conto

delle diverse mentalità, delle lentezze pregiudizi degli altri.

e

dei

Bisogna,

da

degli uni

una

parte,

bilità e di interessi forse

fare

con

lunga pazienza

tener

conto di suscetti-

legittimi; dall'altra, un

occorre

lavoro di accostamento.

Non trattar nulla

con asprezza, e nulla spegnere. Non si può neppure trascurare interamente la propaganda. Occorre forse procurarsi delle collabora-

E' pur necessario ancora inserirsi ovunque, nella vita sociale, nazionale ed internazionale, man-

zioni.

rapporti ufficiali... Tutto ciò, certamente, è fatto «per il Vangelo» ~> ); tut o, in definiti a è er il Re no di D o; ma tenere

72) 258

I Cor.,

IX, 22.

vie spesso indirette! Tutto è orientato al medesimo fine, ma quanto spesso i mezzi sono poco conformi a questo fine, per sè nobilissimo.

quali

Ancora

volta,

una

tutte

necessarie. Sono nella na

di

e

non

sono

forse

della condizione

uma-

queste

logica

cose

si possono trascurare. Sarebbe

quell'«evangelismo

tà al Vangelo. Potrebbe

essere una

diamoci

facile

da

dunque

una

~, che non è mai intera

un

forma

fedel-,

diserzione. Guar-

disprezzo, preoccupia-

moci del buon ordine in tutte le cose, non misconosciamo le regole del buon senso nè le concrete esi-

genze della carità, accettiamo e favoriamo tutto ciò che una determinata situazione suggerisce alla ingegnosità dello zelo, siamo aperti

a

tutte

le forme

di azione che devono assicurare ovunque la presenza della Chiesa.

Non si

rimane

impone fitta, riesce

meno

vero

questione:

una

ancora

a

che,

a

lungo andare,

attraverso una rete cosi

filtrare il messaggio essenziale?

legge che trova applicazione in campi, oltrepassare un certo limite, non ci in direzione opposta alla nostra prima intenporta zione? La preparazione all'apostolato, l'organizzazione dell'apostolato, i servizi ausiliari all'apostolato lasciano ancora il tempo e le disponibilità necessarie all'apostolo? Non rischiamo di rinchiuderei in Per effetto di

una

tutti i

circolo vizioso? Non finiamo per isolarci talvolta proprio da coloro coi quali cerchiamo di stabilire un un

Non finiamo per indebolire e forse per falsain noi re, stessi, lo spirito che vogliamo alimentare. In breve, il Vangelo è sempre adeguatamente ancontatto?

nunciato? Ma c'è di

piri

:

avviene talvolta che, per

imperizia, 259

noi facciamo della Chiesa stessa

uno

schermo. E'

in essa, lo sappiamo, che si attua l'incontro dell'anima col Cristo > gt ). L f de ce l ice e l'espe ie conferma. Allora, com'è nostro dovere, noi predichiamo la Chiesa, noi spieghiamo la sua insostituibile funzione, stabiliamo i fondamenti della sua autorità. Più essa ci appare misconosciuta e più noi ci ap-

plichiamo

a

magnificarla.

Niente in tutto questo di interessato. Noi abbiamo, in linea di principio, mille ragioni. Ma questa predicazione cosi insistente può tradire il nostro

desiderio. Essa

prende

talvolta

di rivendicazione quasi

o

un

tono

di

apologia,

di difesa, che rivela

una

segreta debolezza. Parlando troppo esclusivamente della Chiesa, noi non la mostriamo più, di fatto, nella

sua

vera

realtà che è di natura sacramentale.

Senza volerlo, noi arrestiamo su di essa il nostro sguardo. Essa diventa allora, per coloro che ci ascole che non ne vivono ancora il mistero, una specie di oggetto opaco. Non risplende più nella sua mistica trasparenza. Di qui l impressione largamente

tano

diffusa, che gli

uomini di Chiesa

piegamento, persino ragione diretta dei

predicano

se

stessi.

reticenza, un ridiffidenza, che cresce in

Ne nasce, di conseguenza, una

una

nostri

appelli alla confidenza, alla sottomissione, all abbandono filiale. «Se la Chienon ha altro scopo che il proprio servizio, ha scritto Carlo Barth, essa porta in se stessa le stigmate della morte» > lt;) Ogni cat ol co ne con ie sa

evitiamo sempre di dare

una

simile

impressione?

73) S. GREGORIO MAGNO, «Nuptiarum domum, id est tam

Ecclesiam».

74) KARL BARTH, Schizzo di

260

una

dogmatica, pag. 144.

sanc-

E

non

basta

Dobbiamo fare i conti con saggiare le correnti che lo

ancora.

la malizia del mondo

e

orientano, sotto pena di

patteggiare

con

il mondo

senza

accorgercene. Ora, una delle correnti fondamentali è la

immanentista, che

te

che

con

attacca le verità della

l'aperta negazione, con una approfondirle e

sione. Pretende di

verità ultima, interiorizzandole. La la di una sacramentalità invertita.

interiore

di

sua

corren-

fede, più corro-

scoprirne la legge è quel-

In questo sistema, in cui convergono sostanzialmente tanto i seguaci di Hegel quanto quelli di Compte, e che oggi è diffuso ovunque, Dio non vie-

«ucciso», ma assimilato; diventa il simbolo dell'uomo, e l'uomo, la verità di Dio. La Chiesa si trasforma allora in quel grande Essere il cui culto prene

para, tra i popoli monoteisti, il culto del solo, vero Grande Essere: durante un periodo indispensabile di

transizione, la Chiesa diventa il sacramento della Umanità. Cosi si manifesterebbe quella che Augusto

Compte chiamava omogeneità

«

la nostra crescente tendenza

reale tra

gli adoratori e gli esSecondo questa interpretazione, che. vuole essere nello stesso tempo una filosofia della storia, l'interesse crescente, portato nel cattolicesimo al dogma della Chiesa, segnerebbe dunque, dopo l'interesse portato alla cristologia ed al suo annesso, verso una

seri adorati

la

».

mariologia >

gt; , una

fede in Dio. Sarebbe cesso

75)

passo avanti nel lungo prodi immanentismo che deve « finalmente conclu-

Infatti

Femminino ries

nuova tap a nel d clino

d un

« l'apoteosi ci avesse

non

paien

mystique,

un

de11'umanità la

non

sua parte»: p. 516.

sarebbe

LOUIS

completa,

MRNARD,

se

il

Rdve-

261.

dersi

>

con

l

la totale eliminazione dell essere fittizio

;).

u mo si abitu re be n ta

~

odo a rie tr

possesso di se stesso e preparerebbe la sua apoteosi. Cosi, forse, si soggiunge ancora, ~ in forza di una

inevitabile dialettica, la religione del Dio fatto uomo finalmente in una antropologia». Facendo

sfocia

evolvere il

dogma dell'Incarnazione nel dogma della Chiesa, il cattolicesimo entrerebbe dunque nella sua ultima fase, contribuendo esso stesso alla eliminazione di ogni noscere

teologia. Esso, infatti, ci avvierebbe finalmente che la religione era «

lizzazione fantastica dell'essenza deve

essere

considerata

come

la

umana»

e

espressione

a

la

che

ricorea-

essa

simbolica

del dramma sociale ed umano, il solo reale» ). Certo un tale schema evolutivo, nella sua assurda pretesa di rivelarci il senso profondo delle nostre credenze, è una evidente pazzia. E tuttavia, non indignamoci troppo facilmente come se nulla di simile ci potesse mai minacciare. L accento quasi messo sulla capacità della Chiesa a procu-

esclusivo

l'ordine sociale e la felicità temporale, oppure alcune diffuse concezioni relative al «corpo mistirare

76) AUGUSTE COMTE, Système de politique positive, t. Il, p. 108; t. III, p. 455; cfr. p. 433, a proposito del cattolicesimo medioevale. Idee analoghe si trovano in Proudhon; cfr. Proudhon et le christianisme (1945) pp. 245-261). 77) Prendiamo a prestito queste espressioni di M. Maurice MERLEAU-PONTY, che a sua volta cita e giustifica Marx, in Sens et Non-sens, pp. 151 e 258. Dichiarare « inevitabile» una dialettica perchè essa marcia in direzione delle proprie aspirazioni e della propria negazione, non vuoi affatto dire fornire un argomento e neppure dimostrare di aver capita la dottrina di cui si parla. L'autore tuttavia arriva fino a riconoscere che l'incarnazione è un «messaggio ambiguo» (p. 357); deplora che nel cristianesimo essa non sia affatto «seguita fino alle ultime conseguenze... La religione del Padre resta ancora... Dio non è tutto intero con noi » (p. 361). Cfr anche P. LEROUX, La grève de Samarez, voi. Il, p. 155. 262

co», un certo confuso

un

Corpo,

dove

non

misticismo, inebriato

tutto di

il

una cer-

più

emerge

Capo a),

illusione segretamente alimentata, «di una contisenza soluzione radicale tra il Creatore e la

ta

nuità

creatura, tra il Salvatore ed i essere sufficienti

potrebbero Non

che

un

peccatori redenti darei

a

una

»

>

smentita.

era forse già una deviazione di questo genere dottore del secolo XV denunciava con veemen-

rimproverando ai membri del Concilio di Basilea piegato il ginocchio, cantando l articolo del Credo relativo alla Chiesa > gt; ? Non do biamo cr del resto, che per evitare il pericolo sia sufficiente continuare a ripetere letteralmente, per abitudine, le afza,

di

avere

uno spostamento dei centri di interesse può, in alcuni casi, rivelare un cedimento

fermazioni della fede :

una specie di svuotamento, peggiori di taluni errori più appariscenti che non sono altro, forse, che innocenti improprietà di linguaggio. Nes-

dottrinale ed

sun

giungerà fino «panteismo sociologico

cristiano sincero

sare un

~ :

al punto di profesma si può dire che

tutti, nelle loro reazioni sentimentali e nei loro atteggiamenti pratici, siano sempre sufficientemente premuniti contro la tendenza del nostro tempo ad

bire Dio nella comunità

umana

assor-


gt ). In gn no i n

tura

~

>

uomo

sa

deve annullarsi davanti al

più che

suo

Signore,

non essere

dito che Lo indica < lt; , un vo trasmette la Sua Voce. Ognuno di noi deve essere, alla sua maniera e nel suo ordine, un «Servitore delun

la Parola»

>

«Che il Signore sia nel mio

labbra, affinchè

cuore

sulle mie

e

come si degnamente Vangelo!» < lt;). uesta pre hie sacerdote fa al momento di leggere il Vangelo ogni della messa, non deve essere una semplice formula rituale. Se la nostra predicazione e la nostra attività nella Chiesa non sono, in ogni circostanza, costan-

conviene il

io annunci

e

suo

81) S. AGOSTINO, Sermo 138, n. 10: «Amate hanc Ecclesiam, estote in tali Ecclesia, estote talis Ecclesia!» (P. L., 38, 769). 82) Cfr. Mare., XVI, 15. 83) ABSALON, Sermo 30 in Matt., V: «Per lucernam lumen evangelicae praedicationis, per candelabrum Ecclesia designatur... Candelabrum (enim) ex se non lucet, sed lucernam sibi superimpositam portat» (P. L., 211, 177-178). 84) Cfr. S. AMBROGIO, in Luc., 1. V, c. 97: «...Pides quoque digito Ecclesiae reperitur» (P. L., 15, 1162 C). 85) Cfr. Act., IV, 4. 86) Messa romana: «Dominus sit in corde meo et in labiis meis, ut digne et competenter annuntiem Evangelium suum!». 264

temente

ispirati

giudizio che,

a

questa preghiera, noi meritiamo i]

torto, biasimati da Geremia : ai

«Quanto e

a

la Parola

profeti, non

pronunciavano

essi

non sono

risiede in essi!»

gli

Israeliti

altro che vanità


organizzano invitandosi reciprocav

gioia.

Congaudentes iubilemus Harmoniae novum genus concordi melodia;

Deponamus vetus onus, Dulcisque resultet sonus ex nostra concordia! >

Allora, traboccando dalla comunità, la carità si diffonde al di fuori. Essa vuole «cantare con tutta la terra»

>

lt;). Prev nend ogni ric iamo, a te

91) Ad Ephes., c. IV, n. I (CAMELOT, 2a ediz., p. 72). Cosi pure è frequente, la parola «unanimità» in S. CLEMENTE ROMANO, Ad Corinthios. 92) S. AGOSTINO, Sermo 27, n. 1 (P. L., 38, 178). Ufficio romano della Dedicazione delle Chiese, I.o Responsorio: « In dedicatione templi decantabat populus laudem, et in ore eorum dulcis resonabat

sonus».

93) Prosa ritmata della Chiesa di Saragozza, per la Dedicazione delle Chiese (MISSET e WEALE, Thesaurus hymnologicus, t. Il, 1892, p. 379). 94) S. AGOSTINO, Sermo 33, n. 5 (P. L., 38,209).

266

ogni miseria,

essa

tende le braccia

verso

coloro che

assisi all'ombra della morte», e questi, destati dal suono della lira, si levano per andarle incontro. «sono

Gesù, per mezzo della sua Chiesa, è sempre il novello Orfeo. Diffondendo sui suoi la sua allegrez-

pasquale, che si espande in nuova armonia > Egli comunica loro nello stesso tempo quel meraviglioso potere, che fa nascere in tutti coloro che li guardano un desiderio nuovo di canto» > lt;). R za

«

~

«

tandoli dalla vetustà del male o del timore, accende sulle loro labbra questo cantico sempre nuovo, che fa capire a tutti gli uomini quanto il suo giogo sia ed il suo peso leggero > Le loro opere fanno brillare sulla notte del mondo una luce serena, e coprono con un'ombra ristorasoave

trice l'aridità del deserto a). O ancora, per esprimerei

con San Gregorio Nisseno, quando la comunità cristiana è fedele a Colui che la riunisce per abitare in mezzo ad essa, tutti

contemplare, attraverso la Sposa, la bellez Sposo. Ognuno può cosi ammirare ciò che impenetrabile ad ogni creatura. Ora, è San

possono za dello resta

Giovanni che

nè lo San

ce

lo dice,

può vedere;

nessuno

ha mai visto Dio,

ma, secondo la testimonianza di

Paolo, Egli ha fatto della Chiesa il

suo corpo, che si costruisce nell'amore. Sul volto di questa Chiesa Egli mette un raggio della propria bellezza, in

modo che

gli

amici dello

Sposo

si elevano per

mez-

95) CLEMENTE D'ALESSANDRIA, Protrepticon, c. I (ed. Claude MONDESERT, «Sources chrétiennes», 2, 2a ediz., p. 44). 96) Cfr. PAUL CLAUDEL, le Soulier de satin, 3e journée, p. 15. 97) S. AGOSTINO, Sermo 9, c. 7, n. 8 (P. L., 38,81-82). a) S. 278-279).

PAOLINO

DI

NOLA,

Epist.

23,

n.

33-34

(P.

L.,

61,

267

essa fino all'Invisibile; come gli occhi non posfissare il sole, ma lo possono tuttavia vedere riHesso nello specchio dell'acqua, cosi, guardando il zo

di

sono

gli occhi dell'anima contemplaspecchio tersissimo, il Sole di

volto della Chiesa, no,

come

Giustizia

in

uno

>

grande forza della testimonianza della u st è l suo tr onfo quel t ion gt;). > noi siamo sempre troppo inclini a concepire in prospettive carnali >o ). E' il trio fo he e sa otti nello Spirito, quando si abbandona al suo soffio. E' la gloria che essa irradia, quando appare come la «Donna vestita di sole» >& Questo trionfo, purtroppo, non è mai totale. Questa gloria non sempre risplende, tutt'altro! e coloro Qui

sta la

Chiesa

che ci

osservano

dal di fuori

non

hanno affatto biso-

gno di farsi ciechi per non vedere sempre la bellezza di un Volto che noi ci adoperiamo a deformare >!! o

per

non

scoprire sul proprio

ra ardente di carità

vrebbe costituire

~

orizzonte

quella

«

ter-

che ogni comunità cristiana do-

>&

Ascoltiamo le energiche espressioni di Bossuet: «O esecrabile infedeltà di coloro che si gloriano del nome cristiano! I cristiani si distruggono da se 98) S. GREGORIO DI NISSA, in Cantica canticorum, hom. 8 (P. G., 44, 949 A-B); cfr. hom. 13 (col. 1049-1052). 99) Act., IV, 33. Cfr. PAUL DONCOEUR, S. J., La Sainte Vierge dans notre vie d'hommes (1940): «Si pub immaginare un mondo in cui il prete non sia altro che un testimonio di Gesù Cristo?». 100) Cfr. S. AGOSTINO, de Perfectione j ustitiae, c. 15, n. 35 : «Non dicendum est Ecclesiam esse gloriosam quia reges ei serviunt: ubi est periculosior majorque tentatio» (P. L., 44, 310). 101) A poc., XII, 1. 102) Cfr, ORIGENE, in Cantica, l. III (ediz. BAEHRENS, p. 232). 103) Cfr. PASCAL, Pensées: e Effundam spiritum meum. Tutti i popoli erano nell'infedeltà e nella concupiscenza, tutta la terra fu ardente di carità... »

268

insanguinata dall assassinio dei figli stessi; e come se tante guerre e tante stragi non fossero sufficienti a saziare la nostra spietata crudeltà, noi ci dilaniamo stessi; suoi

tutta la Chiesa è

figli

massacrati dai suoi

nelle nostre stesse città, nelle nostre stesse case, sotto gli stessi tetti, con irriconciliabili inimicizie. Chie-

ogni giorno la pace e poi ci facciamo la guerA tal punto abbiamo dimenticato il Vangelo che è una disciplina di pace.... Con i nostri dissensi facdiamo ra...

ciamo regnare il diavolo, che è il padre della discordia e cacciamo lo Spirito pacifico, cioè lo Spirito di Dio. Se voi, o mio Salvatore, avete voluto che la santa unione dei fedeli fosse il segno della vostra venuta, che cosa fanno ora tutti i cristiani se non proclamare pubblicamente che il vostro Padre non vi ha inviato, che il

Vangelo

i vostri misteri

sono

è

una

chimera,

altrettante favole»

Sl,

e

che tutti

>o

i Gentili sono fin troppo scusabili se sempre intendono questo canto di gioia, questo to

non can-

dell'«uomo nuovo», che dovrebbe essere quello gli uomini rigenerati ed uniti nel Cristo dal-

di tutti

la maternità della Chiesa

>O gt ); e non sc rgo che apporta con esultante» quella «pace sè il Risuscitato >o lt; ; « e non inco tr no in nostri cuori a noi »

«quella giusti

tenda dei

Musa della Gioia che abita sotto la »

>O

gt );

e non v do o, in t tti

104) BOSSUET, Sur le Mystèr e de la Sainte Trinité (1655). Oeuvres oratoires, ediz., a cura di J. LEBARCQ, nuova ediz., t. Il. (1914), pp. 64-65. 105) S. AGOSTINO, Sermoni curati da LAMBOT, p. 34. De cantico novo, sermo ad cathecurrtenos, c. I. n. 1 (P. L., 40, 678-679). S. AMBROGIO, de Sacramentis, 1. Il, n. 7: « Deposuisti peccatorum senectutem, sumpsisti gratiae juventutem» Omelie pasquali, I, n. 20: « i1

rinnovamento

che

è

ne1

Cristo».

106) Col., IV, IS. Cfr. Act., VIII, 8. 107) S. ILARIO, in Psalm., 149, n. 2 (ediz. A. ZINGERLE, p. 867). 269

ove ci si fregia del nome di cattolico, schiudersi la primavera delle anime, la primavera dello Spirito» >o ) e il mo do rifior re c me in un nu vo pa

ghi «

diso

>o

Sono fin troppo scusabili se, vedendoci vivere, non comprendono come l'obbedienza cattolica sia al-

la base di quella libertà superiore che, sola, opera l'unità. Come possono sospettare che la Chiesa perveramente sulla terra l'opera del Figlio di Dio, venuto nel mondo per liberare il genere umano dai demoni che l opprimono >& t; ), e noi tes dimostriamo coi fatti, con « i costumi nuovi del Vangelo ~ >& t;& t;) ch er noi « l'antica s rvitù» è r

petui

che « tutto è stato rinnovato»? Come possono credere che il Cristo risuscitato viva sempre nella sua

e

Chiesa,

se

noi

proviamo

non

con

la nostra vita che

Pasqua», ch' Egli ci ha fermento e continua a sfamarci «con i pani azzimi della purezza e della verità» & t; & t;~) Come potr bbero ricon scere Egli

è veramente la «nostra

effettivamente liberati dal vecchio

comunità cristiana la vivente testimonianza del

saggio redentore, partito, una setta,

se

la vedono

comportarsi

mes-

come un

fazione? Se certe sue asprezze e le sue divisioni interne offrono l orribile spettacolo di un cattolicesimo senz'anima? una

108)

S. GREGORIO NAZIANZENO, Discorso 44, in fiae (P. 620 D). 109) Cfr. RUPERTO DI DEUTZ, in Cantica, l. I e IV: «...reQorescere mundum Ecclesiis... », «novum Quere paradisum, id est novam propagari Ecclesiam de multitudine gentium» (P. L., 168, 862 C e 901 D). 110) Cfr. S. ALBERTO MAGNO,&

assiste allora, attorno alla città nel suo seno, alla irruzione di tensi

denze anarchiche.

Ogni secolo registra sempre nuoesempio, verso la fine del secolo XVIII, quell'effervescenza mistica manifestatasi in reazione al razionalismo arido e superficiale della generazione precedente: invece di ricondurre le anime alla fede della grande comunità cristiana, nella maggior parte dei casi non fece che fuorviarle in mezzo a sette di illuminati. Troppi sintomi, in quel triste periodo, facevano pensare, come scriveva Claudio vi casi. Ricordiamo ad

a) Hebr., VI,

5-6.

b) Jo., V, 37-38. 113) Cant., III, 1-2.

271

de Saint Martin, che i sacerdoti

«avessero

cato la

dimenti-

parola d'ordine» e non conoscessero più i misteri del Regno di Dio»! (>& t;1 ). Disper

sono

Salvatore.

suo

All'origine della loro secessione può esserci, malgrado le non poche illusioni e puerilità, non soltanto molto ardore, ma anche molta rettitudine, molta buona volontà, molto amore del Cristo e del suo

gioco a denunciare in abusi, pesantezze, incoerenze, scandali >& t; lt ). In un c rpo co i ra de se n no sempre raccogliere in abbondanza, anche nelle Essi hanno buon

Vangelo. mezzo

a

tanti

noi

114) S. MARTINO, Ecce homo. JOSEPH DE MAISTRE, Quatre chapitres sur la Russie, c. 4 (Oeuvres, t. VIII, p. 329). In certe note inedite, DE MAISTRE parlava degli spiriti religiosi che, non contentandosi di quel che vedono, cercano qualcosa di più sostanziale, di E. DERMENGHEM, 1946, p. 71) ; fatto normale, giudicava lui nella «Europa protestante», ma l'anormale della cosa è che un tale stato spirituale possa verificarsi nel cattolicismo. e

s'attaccano

Joseph

de

a

idee

Maistre

mistiche»

mystique,

2a

(nel lavoro ediz.,

115) Cfr. GIOVANNI XXII., nella sua condanna dei Fraticelli datata dal 1318: «Duas fingit ecclesias, unam carnalem, divitiis pressam,... sceleribus maculatam, cui Romanum praesulem aliosque inferiores praelatos dominari asserunt; aliam spiritualem... in qua ipsi soli eorumque complices continentur... ». Una tale condanna non sarebbe forse stata necessaria, se molti nella Chiesa, nei secoli passati, avessero avuto la lucidità generosa e veramente evangelica di un InIII. Cfr. l'articolo citato dal P. CHENU, L'expérience des Spirituels du XIII siècle, in Lumière et Vie, giugno 1953, pp. 75-94. 116) Cfr. FRNELON, Lettres sur l'Eglise, VII: «E' vero che voi potrete trovare presso di noi molti dottori vuoti di Dio e pieni di se stessi, molta ignoranza e persino superstizione nella gente; ma la nocenzo

vera

Chiesa

non è esempio di scandali. Bisogna lasciar crescere il grano insieme a quello buono, per timore che una riforma temeraria non strappi il buon grano insieme al cattivo, e che essa cattivo

non

272

abbia

a

fare

una rovina invece

di

riformare... ».

epoche più rimproveri,

>& t;&

belle

che

vertono

con tutto non

sono

t;). Ma d'alt a pa te, ess il loro fervore e con tutti i loro altro che dei

esistendo che in virtù della

non

continuando

a

vivere

parassiti; perchè, grande Chiesa e non

per quanto tempo ancora?—

—

capitale che essa ha loro conservato, essi sono tuttavia ormai perduti per la grande opera comune e per la grande Testimonianza... Stiamo attenti, però, che la nostra fedeltà non diventi farisaica. Siffatti smarrimenti, bisogna ricordarlo, possono essere dei fenomeni di compensazio che sul

loro modo, la prova del nostro in. >& t

.grido

Entrati

più mistico,

nella

Dimora

dell'universo,

vaste

Claudel

dirà :

santa, dalle dimensioni divenuti membra del Corpo «noi

non

disponiamo più

soltanto delle nostre forze per amare, conoscere e servire Dio, ma di tutta la realtà insieme: dalla Vergine benedetta nell'alto dei cieli fino al povero leb. broso africano, che, con un campanello in mano, si serve di una bocca mezza disfatta per mormorare le risposte della messa. Tutta la creazione, visibile ed invisibile, tutta la storia, tutto il passato, tutto il

presente

e

tutto

tutta la natura, tutto il

l'avvenire,

tesoro dei santi suscitati dalla

Grazia,

nostra

è

disposizione, gamento ed è un prodigioso tutto

ciò

un

tutto ciò è a

nostro

prolun-

strumento nostro. Tut-

santi, futti gli angeli ci appartengono. Noi possiamo servirci dell intelligenza di San Tommaso, del braccio di San Michele, del cuore di Santa Giovanna ti i

8)

Cfr. Eph., IV,

3-4 e il

relativo commento

di S. GIOV. CRI-

SOSTOMO, in loc., hom. 9, n. 3 (P. G., 62, 72). 9) S. GREGORIO DI NISSA, in Cantica, hom. 15 (P. G., 45 1116-1117). Altri riferimenti in Catholicisme (Sa ediz., 1952), p. 354. %fr. Cant., VI, 8. 10) BOSSUET, Quatrième lettre à une demoiselle de Metz, n. 1 MARIA DELL'INCARNAZIONE, Explication des mystères de la foi, p. 79: «La santa Chiesa cattolica. Quest'articolo conferma la grazia della nostra vocazione, perchè Dio non ci ha chiamati che per incorporarci alla sua Chiesa e farei membra del corpo mistico di Cfr.

suo Figlio».

.278

d Arco

e

di Caterina da Siena

latenti che noi

sorse

di tutte

e

quelle

ri-

abbiamo che da toccare

non

perchè

entrino in azione. Tutto ciò che 'si fa di be-

ne, di

grande

e

di bello da

terra, tutto ciò che « fa dice di un malato che

~

«

un

capo all'altro della come un medico

santità,

fa» febbre, è

come

fosse

opera nostra. L'eroismo dei missionari, l'ispirazione dei dottori, la generosità dei martiri, il genio degli artisti, la

preghiera tane è al

infiammata delle clarisse

come se

fossero nostre :

Sud, dall'Alfa all'Omega,

dente, tutto fa

una cosa

sola

noi mettiamo in movimento ritrova

nell'operazione

sono

e

delle carmeli-

nostre! Dal Nord

dal Levante all'Occi-

e

con

noi; noi rivestiamo,

tutto questo, e tutto si

orchestrale da cui noi siamo

nello stesso tempo valorizzati

e

annientati. Nutrizione,

respirazione, circolazione, eliminazione, appetenza, equilibrio perfetto del dare e dell'avere, tutto ciò che nel corpo indiviso è affidato al popolo festante delle cellule, tutto ciò trova il suo equivalente in seno a questa immensa circoscrizione della Cristianità. Tutto ciò che è in noi quasi senza che noi lo sappiamo, la Chiesa lo traduce in proporzioni vastissime e lo proietta fuori di noi su una scala di magnificenza. I nostri brevi, oscuri

impulsi sono assunti, ripresi, in immensi movimenti, stellainterpretati, sviluppati ri. Fuori di noi, a delle distanze astronomiche, noi decifriamo il testo

piii profondo del

microscopicamente >

inscritto nel

nostro cuore»!

Al di la di tutte le realizzazioni umane, attraverso sono il prezzo del peccato e lo

le sofferenze che

11)

Paul CLAUDEL interroge

le

Cantique

des cantiques.

279

della redenzione, si compie il mistero di comunione. La Chiesa, nella sua stessa visibilità, è quel nustrumento

cleo vitale attorno al età in età, coloro che

quale

vengono

riunirsi di

a

per vie che spesso ci sfuggono, tutti saranno salvati. Quelli che essa ha già e

riuniti sono veramente l'anima del mondo; sono l'anima di questo grande corpo umano, come diceva nel II secolo l'autore dell'Epistola a Diogneto >

Quale audacia in proferiva non

che la

simile asserzione! Il cristiano che la voce di un piccolis-

era

simo gregge, miserabile e perseguitato, tenuto per saggi e dai potenti di questo mondo. Questo

vile dai

modesto raggruppamento, è vero, si damente. Sciamava ogni giorno ed

accresceva un

avrebbe potuto, fin da allora,

servatore

rapi-

attento

os-

prevedere

12) A Diogneto, c. 6, n. 1, 2, 7, 10: «Quello che è l'anima nel corpo, lo sono i cristiani nel mondo. L anima è distribuita in tutti i membri del corpo come i cristiani nelle città del mondo... I cristiani sono come detenuti nella prigione del mondo: tuttavia sono proprio loro che mantengono il mondo... Il posto che Dio ha loro assegnato è cosi nobile, che non hanno il permesso di disertare» (Ediz., H. I. MARROU, «Sources chrétiennes», 33, 1952, pp. 65-67). Il commento a pp. 119-176, mette bene in luce « il compito cosmico dei cristiani » nella antica tradizione apologetica: «Qui non si tratta più soltanto dei cristiani persi in se stessi, del loro felice destino, dei loro progressi, del loro modo di utilizzare il loro inserimento in questo mondo perverso per il maggior profitto del loro interesse trascendente, bensi d'una fecondità per gli altri e per il mondo in se stesso, I

della

cristiani

presenza,

rentemente

devoluta

-

dei

dell'azione

adempiono nel mondo nel

una

pensiero

cristiani

funzione

ellenistico

nel

analoga

suo

a

all'anima

seno...

quella

cor-

cosmica...

(Come ben presto farà capire Origene), è perchè la Chiesa è il corpo mistico di Cristo, che noi possiamo riconoscerle quel compito di animatrice del mondo che il pensiero pagano riservava a una potenza

divina... (Orbene), questi cristiani... sono quei pochi uomini, sconosciuti, disprezzati, o dispersi in un impero che risponde al loro appello con l'odio e la persecuzione. Il contrasto cosi fieramente sottolineato, impone all'attenzione del lettore moderno feconde riflessioni... ». Cfr. 1.

la

Chiesa

pagina 398).

280

anche S. IRENEO, Adversus Haereses, 1. III, c. 24, n. «animare la creazione». (ediz. F. SAGNARD,

deve,

che fra

non

pero. Ma nostro

iiiolto tempo avrebbe

non

cristiano

Non

era

ter.-estrc:

era

sommerso

l'Im-

questa previsione che ispirava al questa audacia sicura e tranquilla.

era

affatto una considerazione d'avvenire unicamente la sua fede era la consa-

pevolezza di parlare in nome della Chiesa Egli si esprimeva, potremmo dire, da vero

di Dio. «eccle-

siast'co»». Nel e

linguaggio

consunto, per

attuale questo bel dire degradato.

non

tato il titolo corrente di

una

sui registri di stato civile,

è frusto

nome

Esso è divenprofessione da apporre

come

una

etichetta che

stoffa speciale per determinati abiti. distingue Nella Chiesa stessa noi non lo usiamo quasi più che una

come una

ridone-

rà la

render-

sui

designazione tutta esteriore. Chi gli ampiezza e la sua nobiltà? Chi saprà

ci nuovamente sensibili ai valori che so

un

tempo

es-

evocava? Nella sua accezione

originaria

senza

distinzione

laico, 1«ecclesiastico», vir è l'uomo di Chiesa, l'uomo nella Chieecclesiasticus, obbligata tra chierico

sa;

meglio. egli

e

è l'uomo della Chiesa, l'uomo della non possiamo più rimette-

comunità cristiana. Se

in uso il vocabolo in questo preciso significato, conserviamone almeno la realtà. Che essa riviva in re

molti di noi!

«Per conto mio, aspirazione è di essere

proclamava Origene,

—

veramente

la mia

—

ecclesiastico»

>

13) In Lucam, hom. 16 (ediz. RAUER, p. 14 e 109); In Jo. XIII, 44; cfr. Dialektos (ediz., Jean SCHERER, pp. 140 e 142). S. ATANA-

281

Union c'è altro mezzo, pensava

giustamente, per vivere pienezza il cristianesimo. Chi formula un simile voto non si accontenta di essere in ogni cosa leale e in

sottomesso,

non

si limita

ad

samente tutto ciò che la sua

richiede.

Egli

La Chiesa ha

spirituale.

la bellezza della Casa di Dio.

ama

rapito

Essa è

~

adempiere 'scrupoloprofessione di cattolico

il

sua

suo

cuore.

madre

e i

E' la

la di ciò che la tocca lo lascia indifferente sibile.

Egli

patria

sua

suoi fratelli

».

o

Nul-

insen-

si radica in essa, 'si forma a sua immagiesperienza, si sente ricco del-

ne, s'inserisce nella sua

le

sue

ricchezze

re, per

mezzo

di

> lt;) essa e

di

E li ha cos ie za di part

Non la

giudica,

gioia di

ma

sola, alla stabilità di

essa

Dio > lt;). Dalla hiesa si lascia

ara a iv r ed a m giudicare. Accetta con m

tutto sacrificare alla sua unità.

Uomo della

Chiesa, egli

ne

ama

il passato,

ne

medita la storia, ne venera e ne esplora la Tradizione. Non per votarle un culto nostalgico o per rifugiarsi in a

una suo

antichità, che può eventualmente ricostruire

piacimento,

ancor

meno

per condannare la

SIO (cfr. G. MUELLER, Lexicon athanasium, I, 452). S. GREGORIO di NISSA, Contra Eunomium, l. Il, n. 12 (P. G., 45, 544). S. GIROLAMO, passim. REMIGIO DI AUXERRE, (P. L., 117, 39 A, 82 B). S. %h~TINO DI LEON, (P. L., 208, 30 B-C), ecc. 14) Cfr. MOEHLER, Atanasio il Grande, trad. frane., p. 184: «Atanasio si teneva aggrappato alla Chiesa come un albero si tiene al suolo»; pp. 194-195: «Radicato con tutto il suo essere nella Chiesa e nell'intero suo passato, egli seppe diventarne una immagine fedele; la di lei fermezza, la di lei vera immutabilità divenne cosi pienamente una dote di Atanasio. Questa unità di esistenza con la Chiesa ebbe ancora un altro risultato: siccome egli si era nutrito a sazietà dei suoi frutti e l'intera sua vita era legata alla Chiesa e mediante lei a Gesù Cristo, o mediante Gesù Cristo alla Chiesa, egli si sentiva felice di tanta ricchezza interiore... ecc. ». S. AGOSTINO, De Baptismo, 1. V, c. 17, n. 23 (P. L., 43, 188).

15) S. AGOSTINO, in Psalm. 121, n. 6: «Ipsius stabilitatis participat illa civitas, cujus participatio est in idipsum» (P. L., 37, 1623).

282

Chiesa del chiata

>

tempo,

suo

;), c

l

me

come

se

fosse ormai invec-

l suo Sposo l' vesse rip men o gli r pugna spontanea

se

> gt;). imile atteggi Se ama riandare col pensiero ai tempi della Chiesa nascente a), a quei tempi in cui, come dice S. Ireneo, la predicazione degli Apostoli riecheggiava anin cui il sangue di Cristo era cora b), a quei tempi «

caldo, in cui la fede bruciava viva nei cuori dei credenti ~, diffida tuttavia dei miti dell'età d'oro ancora

che favoriscono la naturale inclinazione alle intemperanze, alle

indignazioni,

Egli oggi come ieri,

ai facili anatemi.

sa, del resto, che il Cristo è sempre presente,

tinuare la

sua

e

fino alla 6ne del mondo, «per

vita,

non

per ricominciarla»

>

con-

gt;

16) rità dei

Cfr. la 95.a proposizione di QUESNEL, condannata: «Le vediventate come una lingua straniera per la maggior parte cristiani, e il modo di predicarle è come un linguaggio sconosono

sciuto, tanto esso dalla portata dei

è

lontano

fedeli.

E

dalla non

semplicità degli Apostoli e fuori si riflette che tale difetto è una

delle

caratteristiche più spiccate della vecchiaia della Chiesa e della collera di Dio sopra i figli suoi ». 17) Cfr. le seguenti espressioni di SAINT-CYRAN a S. Vincenzo de' Paoli:

«Si, lo confesso, Dio mi ha dato grandi lumi. Mi ha fatto capire che non c'è più la Chiesa... No, non c'è più la Chiesa: Dio mi ha fatto conoscere che, da cinque o seicento anni, non esisteva più la Chiesa. Prima, la Chiesa era come un grande fiume, dalle acque chiare, mentre adesso quel che ci sembra la Chiesa non è che fanghiglia... E' vero che Gesù Cristo ha edificata la sua Chiesa sulla pietra; ma c'e tempo di edificare e tempo di distruggere. Essa era la sua Sposa; però adesso è un'adultera e una prostituta; è ben per questo che egli l'ha ripudiata, e vuole che gliene sostituiscano un'altra, che gli sarà fedele.». In L. ABELLY, citato dal COSTE, Monsieur Vincent, t. III, pp. 140-141. Cfr. S. VINCENZO DE' PAOLI, Corrispondenza, monianze in Ji 602-604

COSTE, t. XI (1923), p. 355. Testi e testiJean Duvergier de Hauranne (1947) pp. compensati da altri, citati a pp. 621-625).

ediz.,

ORCIBAL,

(alquanto

a) Cfr. GILBERTO d'OLANDA, in Cantica, s. 13, n. 12: «Contemplare adhuc initia lactentis Ecclesiae... » (P. L., 184, 64 B). b) Adversus Haereses, 1. III, c. 3, n. 3 (P. G. 7, 849). 18) CAUSSADE, l'Abbandono alla divina Provvidenza (a cura di ediz., Paoline Milano 1955). BOSSUET, Sixième Avertisse-

Ramière,

283

quindi ripetendo

va

fuit sic. Egli

non

dei Dottori morti Essa

non

destra

a

Non

».

e

a

interroga

non

«

sinistra: Ab initio

Chiesa muta

«una

fossilizza

~

e

la tradizione.

è per lui

presente : è

una

nente che non

una cosa del passato più che del grande «Forza» > >) v v nte e è possibile dividere. Non gli verrebbe

mai in mente di richiamarsi, contro l insegnamento attuale del Magistero, a qualche antico stadio della dottrina o delle istituzioni, nè di invocare questo per

quello ~o) che assoluta ~>

interpretare per eludere cioè egli, al contrario, accetta come la —

aux

ment

Protestants,

n.

109:

«La

—

norma

Chiesa

è

sempre

c.

10,

viva

per

svi-

lupparsi ». 19) ~gg

capo Cfr. in

S.

IRENEO,

~a()abáac(r)g (P. 29,

n.

73:

1 oratoriano

administatione

CEFORO

DI

Adversus Haereses, G.,

(( z()

7,

552).

Tgg

MORIN, sacramenti

SAN

nagagdaga)g

I,

caxugáy»

Commentarius poenitentiae

COSTANTINOPOLI,

l'Armeno (P. G.,

1.

BASILIO

n. de (P.

historicus (1865),

Anthirreticus,

2: (( j~

ggyapgg))

Spiritu

32

disciplina

prefazione. 3

Sancto,

G de

contro

204).

S.

NI-

Leone

100, 386-391). SCHEEBEN, Dogmatica, trad. BELET.

t. I, p. 231.

diceva ancora SAINT-CYRAN, 20) Non bisogna mai «parlare delle cose di Dio secondo le proprie vedute, ma seguire intieramente in tutti i campi l'autorità e la, tradizione della Chiesa»; aggiungeva però: «Lo Spirito di Gesù Cristo non può cambiare nulla delle dei suoi ordinamenti, e neppure degli ordinamenti sue istituzioni nè di quelli che egli ha confermati per dopo la sua Ascensione mezzo dello Spirito Santo che tiene il suo posto nella Chiesa» (Pensées sur le Sacerdoce). Cosi pure ARNAUD, dopo aver ricordata la e dottrina la disciplina antica: «E' impossibile che la Chiesa non abbia ancor oggi gli stessi sentimenti», De la fréquente communion, nelle Oeuvres, t. XXVII, p. 443; cfr. pp. 125-128. Una critica di questo atteggiamento, v. in D. PETAU, S. J., de la Pénitence publique... (1644) e in FRANQOIS BONAL, O. F. M., le Chrétien du temps, 3a parte, cap. 8-9 (2a ediz. 1688, t. D, pp. 100-120). E' poi la stessa tendenza denunziata da)l'enciclica Humani generis, quando critica quelli che vorrebbero «spiegare mediante gli scritti degli antichi le costituzioni e decreti recenti del magistero» Cfr. anche SAN PROSPERO, quando scriveva a S. AGOSTINO a proposito dei Pelagiani: «Obstinationem suam vetustate defendunt » (P. L., 33, 1003). 21) PIO XI, enciclica Mortalium animos (1928) : « Il magistero della Chiesa che è stato quaggiù stabilito dal divino Consiglio per -

-

284

-

Egli crede che Dio ci ha tutto rivelato, una volta per sempre, per mezzo del Figlio, ma egli sa tuttavia che il pensiero divino «adatta ad ogni epoca, nella Chiesa e per la Chiesa, l intelligenza del mistero

di Cristo»

~~). Egli sa molto suo Magistero,

nell'esercizio del

alcuna invenzione nuova, cosi

propria iniziativa»; vera

non

come

pretende

per insultarla

abusa del

propone ~

come

a) :

la si

essa non

la rivelazione divina

della direzione interiore dello come

non

dice nulla per la di essere lei

«non

sorgente della rivelazione»,

qualche volta a torto seguire e dichiarare dato

bene che la Chiesa,

Spirito

«

accusa

fa che

in forza

S=.nto che le è

Dottore». «Coloro che insegnano che essa

suo

potere per diffondere la menzogna,

non

hanno fede in Colui dal quale è governata» ~> ). Scr tura, Tradizione, Magistero: egli vede in queste tre cose il triplice ed unico canale attraverso il quale gli la Parola di Dio. Lungi del nuocersi

giunge conservare

perpetuamente

intatto

il

deposito

della

dottrina

o

dal

rivelata

viene esercitato ogni giorno dal Pontefice rotrasmetterlo mano e dai Vescovi in comunione con lui, esso per6 ha anche l'inè necessario resistere efficacemente agli errori e combenza quando e

per

-

-

agli attacchi degli eretici, nell'anima

cisione

di

procedere

solenni.

zione

e

L'uso

non

dei

o

fedeli

imprimere con maggior chiarezza e precerte spiegazioni della sacra dottrina

alle

opportune definizioni mediante decreti e decisioni magistero straordinario non introduce invenaggiunge novità alcuna alla somma delle verità almeno di

questo

implicitamente contenute nel deposito della Rivelazione divinamente trasmessa alla Chiesa; invece esso dichiara le verità che forse potevano sembrare ancora oscure a molti, oppure prescrive di considecertuni mettevano ancora in discussiorare come di fede quelle che ne». Cfr. A. VACANT, le Magistère de l'Eglise et ses organes (1887). J. BELLAMY, la Théologie catholique au XIXe siècle (1904), pp. 234242. SCHEEBEN, Dogmatica, trad. frane., t. I, pp. 250-252. 22) JEAN LEVIE, S. J., Exégèse critique et interprétation théologique, in Mélanges Lebreton, t. I, p. 252. a) Cfr. KARL BARTH, Dogmatica, voi. I, p. 33-34. 23) BOSSUET, Exposition de la doctrine catholique, cfr. 19 (Oeuvres complètes, ediz., MIGNE, t. I, 1867, col. 1164).

285

limitarsi

a

vicenda esse, al contrario, si sostengono

reciprocamente, si organizzano tra di loro, si confermano, si rischiarano, si rafforzano scambievolmente. Egli sa che la loro sorte è legata insieme e riconosce in esse quel funiculus triplex» che non si lascerà mai spezzare > Tuttavia, la sua totale fedeltà al Magistero non lo dispensa affatto dal dovere di nutrirsi delle Sacre Scritture nè da quello di prendere e di conservare con la Tradizione della Chiesa un contatto approfondito. «

Non vi è forse costantemente incoraggiato dal Magistero stesso? E a questo contatto non è indotto da semplici preoccupazioni scientifiche, ma da preoccupazioni ben altrimenti importanti. Egli sa di non poter giungere ad una

vera

cul-

tura ecclesiastica, senza una dimestichezza amorosa e disinteressata con coloro che egli, giustamente, chiama i «classici » della sua fede. In loro egli non cerca

tanto

la

compagnia

quella di «uomini

di

«grandi spiriti quanto spirituali > gt;) Eg »

veramente

»

24) Eccl. IV, 12. S. CIRILLO DI GERUSALEMME, Catechesi V, «xz'guai xe zgqgaou pdugu @gu beò z'gg Exxil gulag uve do'

~ 3» 2~ naqaB>Bopd g z ju gx n$ gg pqa gg cbgvqcopdug )) ( Come ha detto il MOEHLER, «la Chiesa, il Vangelo e la tradizione

o

cadono

o

sussistono

sempre

insieme».

Cfr.

S.

AMBROGIO,

in

«Corpus ejus (Christi) traditiones sunt Scripturanun; corpus ejus Ecclesia est » (P. L., 15, 1677A). Quando si nota l'incosciente facilità con la quale certi campioni della «sola Scrittura» Lucam,

1. VI, n.

33:

al posto di questa un sistema personale, diventando ciechi su tutti i passaggi ad esso contrari, meno che mai si sente la voglia di pensare che l'autorità della Chiesa universale, evitando di lasciarci fuorviare dal nostro proprio pensiero, faccia alla Scrittura una mettono

concorrenza indebita. AGOSTINO, che oppone ai «magna ingenia» i vere spiritales viros»: Epist. IlS, c. 5, n. 32 (P. L., oppure quando rifiuta di lasciar stornare la sua attenzione

25) Cfr. doctos

«pie

S.

et

33, 448); dalle «orationes quotidianae» a causa delle «operosae disputationes», anche allorchè queste divengano necessarie per difendere la verità minacciata:

286

De

dono

perseverantiae,

c.

7,

n.

15

e

c.

25,

n.

63

(P.

dunque, per quanto gli è possibile, nell'intimità di coloro che hanno prima di lui, nella Chiesa, pregato il Cristo, che hanno vissuto, lavorato, pensato, sofferto per il Cristo. Sono loro i padri della tra

anima. Frequentandoli acquista qualcosa almeno quell'«ethos» cattolico che nè la scienza nè la stessa ortodossia potrebbero supplire. E come comprende, per esempio, l'entusiasmo di un Newman ancora anglicano, quando scopri la vera Chiesa ritrovando la Chiesa dei Padri e, per una 'specie di reminiscenza platonica o meglio, per una illurninazione dello Spirito, riconobbe in essa la propria Madre! ~< sua

di

»

«

Senza lasciarsi turbare dal fatto evidente delle differenze lo si ammetta o no, molte cose, in ciò che non è essenziale, cambiano secondo i tem—

secondo i

li si stu ia di s luoghi ~&g €” e prirne la continuità, più reale ancora. Senza nulla

pi

e

escludere dal prova, sentire

suo

egli può e

;)

orizzonte di ciò che la Chiesa aple sue preferenze personali,

avere

coltivare

delle affinità che Dio

certamente volute invano,

L. c.

ma

non

accorderà sempre

ha una

45, 1082 e 1131). Cfr. Contra Julianum opus imperfectum, l. I, 117: «Ecclesiam docuerunt, quod in Ecclesia didicerunt» (P. L.,

44,

1125). 26) J. H. NEWMAN, Apologia pro vita sua, cap. V: In questa Chiesa dei Padri, dal suo zelo trionfante per il mistero della fede, «io riconobbi la mia spirituale Madre. Incessu patuit dea. La rinunla pazienza dei suoi martiri, lirresistibile detervescovi, lo slancio gioioso della sua marcia in avanti, mi esaltavano e mi confondevano nello stesso tempo». (Traduz. frane., L. MICHELIN-DELIMOGES, 1939, p. 62). Cfr. Historical Sketches, t. Il, p. 219; du Culte de la Sainte Vierge dans l'E-

cia dei suoi asceti, minazione dei suoi

glise catholique (trad. frane. 1908), pp. 37-38. BOSSUET, Défense de la tradition et des Saints Pères, I, l. IV, c. 18. L. DE GRANDMAISON, in 8tudes, 1903, t. 3, p. 476. 27) Cfr. NEWMAN, Il culto della Vergine pp. 30-31.

287

attenzione

alcune

fatti

privilegiata ad esemplari: l'era dei

primi martiri, lo

epoche

ad alcuni

e

sviluppo

della vita monastica, le principali tappe della formazione del dogma, l'opera dei grandi santi e quella

dei

grandi dottori, le grandi primavere spirituali. ignorare, almeno nelle sue linee fondamentali, la storia dell'espansione missionaria. Non Non vorrà

trascurerà l'antica tradizione dell'Oriente cristiano, questa culla primitiva ~< ), que to ce po venerab da cui tutti deriviamo. Inoltre, se è un uomo di studio utilizzerà il me-

glio possibile

piu o meno felice disciplina richiede, ma senza

con

—

metodi che la

sua

esito

menticare mai che la Tradizione cattolica tutto il

suo

Chiesa

a

non

di-

rivela

essenziale ad. una indagine essa non diventa pienamente colui che, immerso in essa, può

contenuto

sia pure esauriente

intelligibile se osservarla dal

i

—

:

non a

di

dentro

e

vive

della

fede

della

~>

Vomo di Chiesa, non si forma questa cultura titolo di curiosità, per un godimento intellettuale,

«come

colui che visita i monumenti di

città» > ). E

l

a tot le servi io de

nità. Ne condivide le gioie

e

le prove

grande la gra de co > gt;). Par una

28) LOUIS BOUYER, les catholiques occidentaux et la liturgie byzantine, in Dieu Vivant, 21 (1952), p. 17. 29) Cfr. MOEHLER, progetto di prefazione all'opera l'Unité dans l'Eglise. Questo testo, tradotto in G. GOYAU, Moehler, pp. 20-21, viene citato dal P. Léonce de GRANDMAISON, Jean-Adam Moehler et l'Ecole catholique de Tubingue, nelle Recherches de science religieuse, t. IX. (1919). Cfr. Histoire et Esprit, p. 9-12. 30) CLEMENTE D'ALESSANDRIA, Stromata, 1. I, c. I, n. 6, 3 (ediz., Claude MONDRSERT e Marcel CASTER, «Sources chrétiennes»., 30, 1951, p. 48). 31) Cfr. il lamento di CHAMPION DE PONTALLIER, le Trésor du chrétien (1785), t. I, p. 129: «Da che cosa deriva che i Fedeli, che un tempo erano soldati, sono divenuti spettatori oziosi della

288

alle

sue lotte. Sta attento, in ogni circostanza, a non lasciare dominare in sè nè, se lo può, attorno a sè, —

una

—

sensibilità

viva per le

piir

cause

temporali che

per le cause del suo Signore. Coltiva in se stesso, e si studia altresl di alimentario nei suoi fratelli lontani o

vicini, il

della solidarietà cattolica

senso

>

).

Ha

avversione per tutto ciò che sa di esoterismo. Resiste alle seduzioni del mondo, ed un si-

particolare

istinto

fa discernere

gli spirituali.

curo

ricoli

Non è estremista cosciente di Chiesa

uno

non

e

aver

degli eccessi; tuttavia,

diffida

ricevuto nei sacramenti della

di timore

spirito

i pe-

tempestivamente

ma

di forza

>

gt;

, non

ad impegnarsi per la difesa e per l'onore della sua fede. Sapendo che è possibile peccare molto per omissione, parla ed agisce intrepido «opportune et importune» anche a rischio di dispiacere a molti,

anche

quali

a

costo

di

Mentre evita

frainteso da coloro

essere

ci terrebbe di

più

con

ad andare d'accordo

cura

tutte

con

i

>

le vie di cui l'auto-

rità competente gli segnala il pericolo, si applica ai doveri positivi a cui essa lo invita, di cui egli stesso ne

vede l'urgenza

na

lo

porterebbe

sempre pronto, guerra Citato

e

che

forse

come

a

una

prudenza troppo

trascurare.

Vorrebbe

inculca S. Pietro,

a

umaessere

rendere testi-

implacabile che vien fatta ogni giorno alla loro Madre?» da B. GROETHUVSEN, Ori gines de l'esprit en France, I,

l'Eglise et la Bourgeoisie (1927), p. 39. 32) E' quello che raccomanda la Lettera pastorale di Mons. FELTIN, sull'Unità nella Chiesa, parlando della «dimensione orizzontale» di questa unità, aderire,

(sulla traccia del R. P. CONGAR): e Non basta al Capo, alla Testa della Chiesa, ossia al

individualmente,

Cristo; e neppure ai suo corpo, indistintamente. Bisogna ancora sentirsi e voler essere solidali con gli altri cattolici, nostri fratelli, ecc. ». 33) II Tim., I, 7. 34) Cfr. Il Tim.,

19.

III,

10-15 e IV, 2-5.

Il Volto della Chiesa.

—

289

monianza

a

tutti della speranza che è in lui a), e teincapace per l'abitudine ad oriz-

di rendersene

me

zonti troppo ristretti o per la preoccupazione della propria tranquillità. Ci tiene a pensare sempre non solamente «con la Chiesa», ma, come diceva anche l autore degli Esercizi spirituali, «nella Chiesa» b), ciò che importa insieme

una fedeltà più profonda e partecipazione più intima, e, di conseguenza, un camminare più spedito: il camminare proprio d'un vero figlio, d'un figlio di famiglia. In ogni cosa si lascia illuminare, guidare, foruna

dalle abitudini

mare

non

dalla

verità

o

dalle convenienze,

Come

dogmatica.

ma

Newman, egli può

di tanti altri, alle «difficoltà della religione»; ma, sull'esempio di quest'uomo eminente, non stabilirà mai uri nesso reale « tra essere

sensibile

come

più

e

il fatto di avvertire queste difficoltà, per quanto forti ed estese esse siano, e quello di concepire il minimo

dubbio intorno al mistero che le ha fatte

na-

scere».

Come Newman,

ancora

una

volta, egli

bisce affatto la tentazione «di fare

a

pezzi

non

su-

l'eredità

intellettuale che ci è stata trasmessa per i tempi presenti » da uomini come un Sant'Ireneo, Sant'Ata-

gt ). Si

nasio, Sant'Agostino

o

San Tommaso

invece di conservarla

e

di valorizzarla. Vorrebbe

strare a ma

coloro che

se ne

interessano

>

con cura

mo-

gelosa, più

talvolta pusillanime, che questo patrimonio è

a) I Petr., III, 15. b) Cfr. P. LETURIA, Sentido verdadero en la Iglesia militante, in Gregorianum, 1943, pp. 137-168. Testo della, versio prima delle Regole d'ortodossia: «Ad certe et vere sentiendum in Ecclesia militanti, sicut tenemur, serventur regulae sequentes». 35) J. H. NEWMAN, Apologia pro vita sua, c. V (pp. 275 e 2S6).

290

più nutriente di quanto essi non penricco di linfa feconda, garanzia di nuovi frutti. Egli ripudia ogni senso di moderna sufficienza ricco

ancora e

sino,

più

ed ogni forma di liberalismo dottrinale. Ma l'intransigenza della fede, l'attaccamento alla tradizione, non si mutano mai, nel vero uomo di Chiesa, in durezza, in disprezzo, in aridità di cuore. Non sopprimono in lui il dono della simpatia aced aperta, e non lo imprigionano in una cittadella di atteggiamenti negativi. Non dimentica infatti che, tanto nei suoi mem-

cogliente

bri

come

nel

suo

Capo,

la Chiesa

non

deve

essere

«Si », ogni rifiuto non essendo altro che il rovescio o il secondo tempo di un adesione positiva. Senza cedere come non cede la Chiesa. che

—

allo spirito di compromesso, vorrebbe sempre, lei, « lasciare aperte tutte le porte attraverso le

come

quali

diversi possono accedere alla medesima verità» > lt; . Non divers me te d le , non vo « imporre oneri troppo gravosi ai neoconvertiti », e

spiriti

questa moderazione meritoria, che fu quella dell'apostolo S. Giacomo al concilio di Gerusalemme, gli sembra non soltanto più umana e più sapiente, ma

più rispettosa del Disegno di Dio che non lo siano le esigenze di qualche zelota a). Sul suo esempio ancora, egli rifiuta di lasciarsi ipnotizzare da una sola idea come un volgare fanatico > gt;), erch egli cre 36) Queste parole di STEFANO QILSON in elogio di S. Tommaso d'Aquino (Jean Duns Scot, introduction à ses positions fondaci semrnentales, 1952, p. 627) potrebbero altrettanto bene definire -

lo spirito della Chiesa stessa. Cfr. CLEMENTE D'ALESSANDRIA, Stromata, l. I, c. 5, 29 (ediz., citata, pp. 65-66). a) Atti, XV, 19. 37) L'espressione è di CHESTERTON, Orthodoxy. bra

-

291

essa,

tutta la sua

—

dogmatica

delle eresie lo conferma

che

nell'equilibrio» > guarda ugualmente

Si

sia da fermezza dottrinale

lo dimostra

«che

—

e

la storia

c'è salvezza

non

dal confondere l'ortodos-

la grettezza e la pigriquia durum aliquid, ideo rectum, ripete con Sant'Agostino > & t; e si r che uno dei suoi compiti è di illustrare agli uomini del suo tempo le cose necessarie alla salvezza a). Ha grande cura di non lasciare che un'idea astratta prenda a poco a poco il posto della Persona di Gesài Cristo 4~). E' preoccupato della purezza della dottrizia

con

mentale. Non ideo

«

~

na

ed attento alla precisione teologica, ma non è attento a non lasciare degradare in ideologia

meno

il mistero della fede. La

sua

totale

mai in

degenera 4> ). Qua

siale

ed una

incondizionata sorta

do rien ra

fedeltà

non

di nazionalismo ecclein

se stes o, pave ta

di

dere nell'errore vitale di quei « teologi » che, divenuti «saggi e prudenti », « fanno del Vangelo un oggetto di scienza e si

più perfetta

gonfiano d'averne

che i comuni fedeli

una

conoscenza

», mentre «sovente

38) S. GREGORIO NAZIANZENO, Discorso Il, c. 34 (P. G., 35, 441 B-C). 39) De Civitate Dei, l. XIV c. 9, n. 6 (P. L., 41, 417). E il grande vescovo soggiunge: «aut quia stupidum, ideo sanum». Cfr. PIERRE CHARI.ES, S. J., l'Esprit catholique, nella Nouvelle revue théologique, 1947, p. 228: «L'ortodossia cattolica, per il suo rispetto a tutta l'opera di Dio, è infinitamente più larga di qualunque sistema di sapienza umana». a) S. IGNAZIO DI LOYOLA, Regole per pensare come la Chiesa. 40) ROMANO GU')INI, L'essenza del cattolicesimo (trad. frane. PIERRE LORSON, pp. 88-89) e il R. P. PERRIN, introduzione a SIMONE WEIL, Attente de Dieu, p. 26, hanno recentemente attirata l'attenzione su questo punto. 41) Cfr. le giuste riflessioni di JACQUES MARITAIN, Religion et culture, p. 65.

sono

proprio loro

senso

voluto da Gesù Cristo»

che lo

comprendono meno nel b) Si tiene lontano da ogni consorteria e da ogni intrigo c), resiste a quei moti passionali da cui non sono sempre esenti gli ambienti teologici e la sua vigilanza non è mai ma.

nia di sospetto. Egli è consapevole

che lo spirito cattolico, ricomprensivo, e uno spirito «più caritatevole che litigioso» < ), oppo to ad o ni «s rito di fazione» o semplicemente di chiesuola siagoroso insieme

e

che si cerchi di sottrarsi all'autorità della Chiesa, sia, al contrario, di accaparrarsela. Ogni lodevole iniziativa, ogni istituzione approvata, ogni nuovo focolare di vita

spirituale grazia.

è accolto

gioia

con

e

con

rendi-

mento di

Nemico dello «zelo

amaro

e

delle

schermaglie

4> ); sape do he lo spir to malig o, dot di un arte raffinata per seminare il disordine, è abilissimo nel turbare il corpo della Chiesa sotto il pre-

verbali

»

testo di discussioni ideologiche

44);

temendo inoltre

r

b) J. N. GROU, S. J., L'ecole de Jésus-Christ, 51a lezione, De. qui l'Evangile est connu, pp. 285-286. c) Sine ulla conventiculorum segregatione»: S. AGOSTINO, Devera religione, c. 6, n. 11. 42) PASCHAL RAPINE, op. cit., t. I, p. 21. Cfr. BERULLE Discours de controverse (1609) : e ...Come negli antichi sacrifici che si offrivano per la pace e la concordia coniugale, si toglieva il fiele agli animali offerti, cosi alle fatiche che sono consacrate essenzialmente alla pace e alla concordia della Sposa di Dio, vale a dire della Chiesa, si deve togliere il fiele e l'amarezza delle contesex. Citato da JEAN DAGENS, la Jeunesse de Bérulle (1952), pp. 234-235. 43) I Tim., IV, 4. FRNELON, Lettres sur l'autorité de l'Eglise, VII (Oeuvres, ediz., di Parigi t. I, p. 212). Cfr. CLEMENTE D'ALESSANDRIA, Stromata, l. SERT, Marcel CASTER,

I, c. 3, n. 1 (ediz., CLAUDE MONDR-. e Sources chrétiennes», 30, p. 60). 44) S. GREGORIO NAZIANZENO, Discorso IV. c. 13 (P. G., 35, 740 A-B). Cfr. Jean PLAGNIEUX, Saint Grégoire de Nazianze. théologien, (1952), p. 217.

293

falsi

rigori

dove

principio salva

che

alle

l'unità

l'unità

velano

esiste, egli

essa

non

legittime

profonda dimostra

discordanze.

carità

della

si

nella

anche là ostile per

«Purchè

fede

sia

cattolica»,

le ritiene, al contrario, anche necessarie, perchè si può sopprimere « la varietà dei modi umani di

non

sen-

gt ); le r

tiene p rfino ti i, ut inno escat Sapientia Dei < lt; . Non dente che anche la teologia di S. Paolo non s'identifica con quella di S. Giovanni »? a). Non le trasforma, con una logica gretta e superficiale, in opposizioni e in contradizioni, ma le vede piuttosto, nel «vincolo dell'amore», completarsi e fondersi «come le sfumature sul collo della tortorella» 4~). Se pretendesse, di propria testa, ridurre tutto all'uniformità, si giudicherebbe nemico della bellezza della Sposa < ). An he qua do avvi ne tire»


). Qua

lascia per lo di coloro che

essa, e le manovre Paolo chiamava già i ~ falsi fratelli

San

inducono

a

»

non

lo

ricorrere alle stesse armi. Perchè

egli si pacifica,

ricorda che «la sapienza celeste è pura, moderata, conciliante», che la carità deve

essere

che «il frutto della giustizia si semina nella pace» > gt;). Tu to l suo comport dà a vedere che lo spirito fortiácante che ha ricevuto finzione»

«senza

e

è nello stesso tempo

«spirito d'amore e di sobrietà». Egli sa con certezza, per quanto breve sia la sua '=sperienza, che non c'è da fare affidamento sugli uomini;

le

ma

gli anni,

con

Dio stesso

dolorose

conserva

la

giovinezza

sua

ha votato alla Chiesa

egli

accumulandosi

costatazioni,

potranno spegnere la

non

ne

e

sua

gioia:

l'amore che

uscirà purificato.

Membro del corpo,

qualunque sia il suo posto compito specifico, egli è sensibile a ciò tocca gli altri membri ed è colpito da tutto ciò paralizza, appesantisce, ferisce il corpo intero.

ed il che che

suo

Non solo

può 50) tatis

si

non

sentirà di riderci sopra,

ma

non

rimanerne indifferente. Cfr. BONIFACIO VIII, bolla Unam Sanctam (1302): « ...cariunitatem. Haec est tunica illa Domini inconsutilis

Ecclesiae

(Jo., XIX, 23)... » Adam SCOT, Sermo 40, c. 8 (P. L., 198, 368 B). Il rilievo fatto dal R. P. CONGAR, le Christ, Marie et l'Eglise (1952), p. 32, non è che troppo vero: «Sembra che uno spirito di scisma, nel vero senso della parola, sia stato inspirato dal diainvece di aver in comune l'essenziale volo all'uomo moderno, perchè rispettando le differenze questi non cerca altro che di differenziarsi, -

-

di opporsi

a

tutti

i

costi,

e

vuoi

trasformare

zione perfino tutto quello che potrebbe tenere

in

motivo

di

opposi-

gli altri in spirito di comunione». Eph., IV, 16: La Chiesa «si edifica nella carità». 51) Jac., III, 17-18. Rom., XII, 9. Cfr. I Cor., XIV, 35. 52) II Tim., I, 7. Sulla «moderatio» di San Leone: HUGO RAHNER, in M. GRILLMEIER e H. BACHT, Das Konzil von Chalkedon, Geschichte und Gegenwart, t. I (1951).

296

con

Egli soffre dei mali interni della Chiesa; la vorrebbe, in tutti i suoi membri, più pura e più unita, più attenta al richiamo delle

anime, più attiva nella

sua

testimonianza, più ardente nella sua sete di giustizia, più spirituale in ogni cosa, più schiva di ogni il mondo

con

compromesso

e

con

la

sua

gna. Vorrebbe sempre che, in tutti i suoi Chiesa celebrasse una Pasqua di sincerità

rità

menzo-

figli, e

di

la ve-

53).

~

Senza nutrire

utopistico, e senza ometdi tutto se stesso, respinge prima il facile adagiarsi dei discepoli del Cristo nel trope non si rassegna al loro ristagnare po umano», in margine ai grandi movimenti umani. Egli vede spontaneamente il bene, se ne rallegra, cerca di fartere

di

un

sogno

accusare

«

—

lo conoscere, senza tuttavia chiudere gli occhi sui difetti o sulle miserie che alcuni vorrebbero negare e

di cui altri si scandalizzano; o anche soltanto la sua

lealtà

non

crede che la

esperienza l'obblighi-

ogni abuso. Egli sa del resto durata semplice logora molte cose, che molti vamenti sono necessari se si vogliono evitare no

sanzionare

a

nefaste

che

e

«una

rale alla Chiesa» Non è cose e

che

un «

sono

scoraggiare

in

sua

che la rinnonovità

tendenza alla riforma è connatu-

~<

fanatico del passato» < gt;). erciò del tempo, egli non vuole denigrare

anticipo ogni desiderio ed ogni tenpiuttosto di «discernere gli

tativo di novità. Si sforza

spiriti

».

Cerca

con

coloro che

cercano.

Temerebbe

53)

I Cor., V, 8. 54) Mons. P. W. von KEPPLER. Ueber wahre und falsche Reform (1903), p. 24; citato da KARL ADAM, il vero volto del cattolicismo, trad.

frane. E. RICARD, p. 270. 55) IVO DE MONTCHEUIL, Vie chrétienne et action temporelle

(1943). 297

opporsi forse al Disegno di Dio

di

con

una

severi-

tà troppo pronta o troppo dura e non vorrebbe in alcun modo arrestare un'evoluzione necessaria solo essa è accompagnata da qualche passo falso. Prima di spegnere uno slancio, tenterà sempre di raddrizzarne la direzione. Tuttavia, se le circo-

perchè

stanze lo invitano ad intervenire, non si sottrae, ma sta attento allora a non essere mosso da nessun altro

impulso

che

talvolta

fino

che egli

si

bile della

non sia quello della sua fede. Sente, all'angoscia, la duplice responsabilità

assume:

sua

«ministro del Cristo e responsao di tradirne per

dottrina, egli ha paura

troppa condiscendenza la verità integrale, o di comcon sistemi troppo umani l'autorità divina; guida delle anime, egli teme o di impoverire

prometterne

in esse la fede cristiana di cui devono vivere, o di renderla loro intollerabile con delle esigenze ingiu-

stificate!»

>

lt ). a c

ò c e gli

spi

a una

imile pe

sità è anche ciò che gliela fa sormontare. L'uomo di Chiesa rimane sempre aperto alla speranza. L'orizzonte, per lui, non è mai chiuso. Come

l'apostolo S. gioia nelle

Paolo, anch' egli vuoi

essere

«pie-

sofferenze», osando credere d'esser chiamato per vocazione anche lui, come tutti; no

di

sue

completare ciò che manca ai patimenti di Cristo pro del suo Corpo che è la Chiesa», convinto che in Cristo «la speranza della sua gloria» a). In-

«a a

è

56) G. LEBRETON, S. J., Chronique de théologie, nella Revue pratique, d'apologétique, t. III, 1907, p. 543. Cfr. voi. IV, p. 221: «Fra due cristiani che discutono con sincerità della propria fede, può nascere più d'un malinteso, ma di breve durata, malinteso nato dall'umana oscurità delle cose, ma il giorno dopo la luce di Dio lo dissiperà?». a) Coloss., I, 24-27.

298

sieme a tutta la comunità dei credenti, attende il ritorno di Colui che egli ama. Non dimentica che è in riferimento a questo termine che deve essere in

definitiva, tutto ciò che passa. Ma non neppure che l'attesa deve essere attiva non deve distogliere da nessuno dei compiti di

giudicato,

dimentica e

quaggiù. CO1OS1. Il suo

Essa li rende, anzi,

più urgenti

e

più

ri-

atteggiamento è dunque escatologico, ma non alla maniera degli gt; ; non con iste come

alla maniera di San Paolo, illuminati di Tessalonica >

talvolta sembra pensare, nel trascurare i doveri del presente, nel disinteressarsi della terra, o nel mettere a riposo la carità fino alla fine del mondo. cuno

Egli accoglie e fa sua, nella sua intenzione profonda, l'esigenza di veracità, di autenticità, di «povertà spirituale ~, caratteristica di un tempo « in cui il timore

maggiore d'un'anima ben

nata è il timore

nel dominio del

sacro» dell'impostura, specialmente do av so a la Gerusale ). Ave to acce me san < «città della verità», nella quale ha incontrato il «Dio di verità», il Dio senza menzogna e verace» ~~), ricordandosi che lo Spirito Santo è nemico di ogni finzione < ) e he G sù ste so ha incl so la «bu fede» tra i precetti più gravi, con la giustizia e la misericordia» ~> ), e li fug e, er pa te s a, so «

57) II Thess. Cfr. GEORGES DIDIER, Eschatologie et engagement chrétien, in Nouvelle revue théologique, 1953, op, 3-14. 58) P. R. REGAMEV, O. P., Architecture et exigences liturgiques, in la Maison-Dieu, 29 (1952), p. 87. 59) Zach., VIII, 3 : «Jerusalem, civitas veritatis». Psalm. XXX v. 6; Martirio di Policarpo, XIV, 2 (loc. cit., p. 263). Rom., III, 4: «Est autem Deus verax». Apoc., XV, 3. 60) Sap., I, 5: Cfr. Jac., IV, 8. 61) Matt.,

«Spiritus enim sanctus disciplinae effugit fictum».

XXIII,

Z3;

cfr. XII,

36.

299

forme, la pia menzogna < ). Appre za t silenzio, e sa inoltre che c'è un tempo per ogni cosa, che le iniziative apparentemente fuori stagione» e che, in migliori, possono essere definitiva, non tocca a lui giudicare della loro opportutte le sue

tavia il valore del

«

tunità. Non si stupisce di dovere talvolta «seminare nelle lacrime» < gt;). P rsino nel e sue iniz ati fortunate

non vuoi mai dimenticare che, come egli raccoglie sempre ciò che altri, prima di lui, ha seminato, cosi non deve presumere di poter raccogliere

ciò che lui stesso ha seminato.

Egli rifiuta, infine, soluzioni semplicistiche perchè, anche se non intaccano direttamente la fede, sminuiscono in qualche modo la pienezza, l'equilibrio

e

la

profondità

L'uomo di Chiesa

del

non

patrimonio cattolico


Del resto, lo condanni o l'ammiri, l'incredulo non può mai farsene che un'« idea molto falsa ~ : perchè non è che una società umana, fu prola prio più degna di venerazione e la più esperta», «se

la Chiesa

altrimenti essa

non

si

giustificherebbero

richieste > gt ). Il cat olico

nv

le esigenze da ce a he se la

dientia: «O sancta obedientia. Tu humilitatem nutris, tu patientiam probas, tu mansuetudinem examinas (P. L., 40, 1249). 69) FRNELON, Lettres sur l'autorité de l'Eglise, II (pp. 202-203). Tuttavia Fénelon non mostra che uno dei due aspetti della verità, allorchè aggiunge: «I misteri ci sono proposti per domare la nostra ragione e per sacrificarla alla suprema ragione di Dio». QUESNEL scriveva di Fénelon, con dispetto, il 12 maggio 1704: «Egli è olsull'autorità della Chiesa quanto sull'amore di Dio». 70) Dom ANSCHAIRE VONIER, l'Esprit et l'Epouse, p. 20: «A meno di essere persuasi sotto l'azione della fede che è lo Spirito Santo a rendere la Chiesa una e vivificata, l'ideale che noi ce ne facciamo sarebbe indubitabilmente una rivendicazione stravagante e un fardello intollerabile». Per quanto riguarda l'esercizio dell'obbedienza, rileggere l'articolo del R. P. MERSCH, la Raison d'etre de l'obéissance religieuse, nella Nouvelle revue théologique, 1927, e H. MOtranzista

GENET, S. J., la Vocation religieuse dans l'Eglise (1952), pp. 101108. I principi in essi contenuti sono validi per ogni tipo di obbedienza cattolica. 71) IVO DE MONTCHEUIL, Mélanges théologiques, pp. 121-122: «E' proprio per questo che certuni, fra gli increduli, hanno esaltata la concezione dell'autorità e della disciplina esistenti nella Chiesa, riducendo questa a non essere pih che una istituzione umana. Ebbene,

302

comanda, è perchè essa per prima obbedisce a Dio 7&g ;) E li v oi ess re un «u mo liber », ma ric che fanno della libertà di essere di quegli uomini

sa

~

mantello per nascondere la propria malizia». Sa che l'obbedienza è il prezzo della libertà, e la condizione dell'unità : hoc vinculum quem non alligat, ser-

un

> gt;)

vus

est

sue

contraffazioni

E e

li la dis dalle

ohimè troppo corrente

sue

ing

e co

caricature,

cura

elosa

moneta,

—

e non cerca di piacere agli uomini, ma a Dio > ). li ese pi de la stor a, c quelli della propria esperienza, gli fanno vedere sia il desiderio di conoscere le cose divine che travaglia l'animo umano, sia la debolezza che l'espone ad essere vittima d'ogni specie di errori. Cosi comprende il beneficio del magistero divino, al quale ci si sottomette liberamente, e ringrazia Dio di averglielo donato nella Chiesa: ed è, questa, una partecipazione alla pace dell'eternità ch' egli già prova, disponen—

essi non hanno potuto farlo se non sottovalutando la persona umana, e logicamente la loro dottrina dellobbedienza, invece di essere veramente conforme alla fede cattolica, è una dottrina immorale». 72) Cfr. S. CIRILLO D'ALESSANDMA, Fragmenta in Cantica G., 69, 1292 A). Rom., I, 5. S. PIER DAMIANI, S. 45 (P. L., 144, 743 B). 73) S. AGOSTINO, Serrno 26S, n. 2 (P. L., 38, 235). Cfr. SAN AREGOMO MAGNO, Moralia in Job., 1. XXXV, c. 14, n. 28 : « .Sola namque virtus est obedientia quae virtutes caeteras menti (P.

. ~

inserit, insertasque custodit... Tanto igitur quisque Deum citius placat, quanto ante ejus oculos, repressa arbitrii sui superbia, gladio praecepti se immolat... Vir quippe obediens victorias loquitur, quia dum alienae voci humiliter subdimur, nosmetipsos in corde superamus» gP. L., 76, 765 B e C). Cari FECKES, das Mysteriurn der heiligen Kirche, p. 211. 74) Cfr., Gal., I, 10. S. GREGORIO, in Evangelia, hom. 6, n. 2: «Et quid per arundinem, nisi carnalis animus designatur? Qui mox ut favore vel detractione tangitur, statim in partem quamlibet inclinatur?» (P. L., 76, 1096 C); in Ezech., l. I, hom. 9 (col. 874-875: « ...Distinguiamo sempre la libertà dall'orgoglio, l'umiltà dal timore... »).

303

dovisi sotto la Legge eterna con l'obbedienza della a). Distinguendo convenientemente la portata

fede

rispettiva di ognuno degli atti della gerarchia, cosi numerosi e cosi diversi, non separandoli gli uni da-

gli altri, nè opponendoli gli uni agli altri, ma accogliendoli tutti nel modo che essa stessa esige, comprendendoli come essa li comprende, egli non adot.ta mai nei suoi confronti un atteggiamento di contestazione come se dovesse difendere ad ogni costo un'autonomia minacciata. Come non ammetterebbe di stazione» con

«entrare in conte-

Dio, cosi si rifiuta di farlo

con

coloro

che Lo rappresentano > gt;). Anc e ne ca i più do e in questi casi più chiaramente che in tutti gli

—

altri

egli

convergenza tra ciò che

gli imposizione ispirazione interiore: perchè lo Spirito di Dio non l abbandona, più di quanto non abbandoni la Chiesa intera, e ciò che Egli opera nella Chiesa lo opera egualmente in ogni anima cristiana > lt ). Di ront alle es gen la Madre gli manifesta, l'istinto battesimale» del —

pareva

una

scopre

una

esterna e la sua

«

a) S. AGOSTINO, De civitate Dei, 1. XIX, c. 14 (P. L., 41, 642). Cfr. Psalrn. 118 : «Et ambulabam in latitudine, quia mandata tua exquisivi ». 75) Cfr. MASSILLON, Sermon sur la Parole de Dieu (Oeuvres, ediz., LEFEBVRE, 1838, t. I, p. 165). FRNELON, Lettres sur... l'Eglise, I: «Un uomo può ragionare con un altro uomo; ma con Dio non c'è che da pregare, da umiliarsi, da ascoltare, da tacere, da seguire ciecamente». (Loc. cit.). 76) Per quanto riguarda quel principio, già accennato sopra, che garantisce la vita della persona salvandola dell'individualismo, e che è tanto importante sia per l ecclesiologia che per la vita spirituale, cfr. Histoire et Esprit, c. IV. Cfr. G. MOUROUX, L'experience chrétienne (1953), p. 202: «Finalmente, poichè è nello stesso Spirito che si fondono l'autorità e l'obbedienza, l'esteriore, per quanto sia vero, si radica e si completa in un'interiorità più profonda che è il mistero stesso della Chiesa».

300

figlio risponde

con uno

slancio

gioioso >

ritus Domini, ibi libertas > Anche quando non si tratta di

gt;

questioni

. Ub

dottri-

nali, nella vita di ogni giorno, nei vari settori della sua attività esteriore, di fronte a decisioni il cui oggetto sarebbe, di per sè, discutibile, il vero obbediente non indugia piu del necessario in considerazioni

queste, anche se esatte e ragionevoli, finireblungo andare, per offuscare la luce della fede. Se non può ignorarle, nè sempre disprezzarle— lo spirito soprannaturale non fiorisce sulle rovine del buon senso egli trascende le contingenze che rischiano di nascondergli il puro Volere Divino. Si fida dei suoi capi e si sforza di entrare nelle loro vedute. Indipendentemente dai possibili vincoli di naturale reciproca simpatia, egli offre loro il suo ornaggio d'amore sincero e si sforza di rendere loro meno umane:

bero,

a

—

pesante l esercizio di la

sua

anima

>

una

funzione di cui beneficia

gt;). Co vinto dell'as ioma: disc

personam est trillere oboedientiam vede Gesù Cristo stesso.

a),

in

essi

egli

Certo, l'assistenza che lo Spirito dona alla Sposa lo assicura che gli ordini da essa impartiti siano

non

migliori. La storia della Chiesa non è cerfatta di questo idillio assurdo! L'uomo che gli comanda può a~ere torto o ragione, può essere sempre i tamente

77) Cfr. H. CLERISSAC, O. P., le Mystère de l'Eglise (1918), p. 121. S. AGOSTINO, in Epist. Joannis, tract. 3, n. 13 (P. L., 35, 2004). 78) II Cor., III, 17. Cfr. Salmo CXVIII, v. 45: «Ambulabam in latitudine, quia mandata tua exquisivi ». S. AGOSTINO, de Spiritu et littera, c. 16, n. 28 (P. L., 44, 218). S. GREGORIO, Moralia in Job. l. XXXV, c. 14 n. 32: « Ipsa obedientia, non servili metu, sed caritatis affectu servanda est» (P. L., 76, 768 A). 79) Cfr. Hebr., XIII, 17. a) ACH. GAGLIARD, De piena cognitione Instituti S. J. p. 67.

20.

Il Volto della Chiesa.

—

305

cieco sere

o

chiaroveggente,

pure

o

le

sue

intenzioni

tortuose, tutto ciò

possono esha che una im-

non

portanza relativa. Dal momento che quest'uomo è investito di autorità legittima e non gli ordina nulla

di male, è sempre

ed il credente torto

pre

a

nome

a

di Dio che gli comanda,

che, in ogni circostanza, avrà

sa

sem-

disobbedire.

Se l'obbedienza

«non

può

mai

obbligare

far

a

nulla di male», può però « indurre ad interrompere o ad omettere il bene che si faceva o che si desiderava

fare»

ne

di fede che nulla

priori, per una convinziopotrebbe infirmare e che la storia conferma con una duplice serie di opposte esperienze. Anche se può essere, in certi casi, una dura verità, per lui è sempre e soprattutto una «meraviglios& verità» ~>

~o). Egli

lo

sa a

80) S. GREGORIO, loc. cit., n. 29: «Sciendum vero est, quod numquam per obedientiam malum fieri, aliquando autem debet per obedientiam bonum quod agitur intermitti » (P. L., 76, 766 B). LEONE XIII, enciclica Diuturnum illud: «Là dove si trattasse di infrangere sia la legge naturale, sia la volontà di Dio, il comando e l'esein cuzione sarebbero egual modo criminali ». SAN IGNAZIO DI LODOLA, Lettera sull'obbedienza, n. 16, citando S. Bernardo, dice: «ubi tamen Deo contraria non praecipit homo». 81) Cfr. la preghiera di NEWMAN, nella sua vita: «Ch'io non possa

dimenticare

un

istante

solo

che

Tu

hai

stabilito

sulla

terra

un

regno che Ti appartiene, che la Chiesa è la Tua opera, la Tua fucina, il Tuo strumento, che noi siamo sotto la Tua guida, le Tue leggi, e sei Tu che parli. il Tuo sguardo, che quando parla la Chiesa -

Che la familiarità con questa meravigliosa verità non mi renda insensibile verso di essa, che la miseria dei Tuoi rappresentanti umani non mi induca a dimenticare che sei Tu che parli e agisci per mezzo loro».

R. GROSCHE, op. cit., pp. 210-225: Newman und die Autoritat. S. GREGORIO, in Evangelia, hom. 6, n. 6: utrum juste an injuste obliget pastor, pastoris tamen sengregi timenda est, ne is qui subest, et cum injuste forsitan Cfr.

kirchliche «Sed tentia

ligatur, ipsam obligationeml suae sententiae ex alia culpa mereatur... Is autem qui sub manu pastoris est, ligari timeat vel injuste; nec pastoris sui judicium temere reprehendat, ne etsi injuste ligatus est, ex

ipsa tumidae reprehensionis superbia, culpa quae non erat, 1201 B). S. TOMMASO, Suppl., q. XXI, a. 4).

(P. L., 76,

306

fiat »

Ben inteso, finchè l'ordine non è definitivo, egli abdica alle responsabilità di cui l hanno investito

non

il

suo

ufficio

o

se

la

le circostanze. Farà

dunque

tutto il

è necessaria, per illuminare l'autorità. Non soltanto ne ha il diritto: ne ha il dovere, e la pratica di questo dovere l'obbliga talvolta all'eroi-

possibile,

cosa

non spetta a lui l'ultima parola: la Chiesa quale abita, è una «dimora d'obbedienza» a). Se, infine, gli viene impedito di realizzare ciò che, a suo giudizio, gli pareva bene, egli si ricorderà allora, che, pur supponendo la bontà della sua iniziativa, non è la sua azione che conta; penserà che l'opera della Redenzione, alla quale Dio lo chiama a collaborare, non è soggetta alle stesse leggi che regolano le imprese umane; si convincerà che non ha null altro da fare, in definitiva, che inserirsi nel piano di Dio che lo guida per mezzo dei suoi rappresentanti, nella certezza di partecipare cosi infallibilsmo.

Ma

nella

mente all

«

infallibile

sicurezza della Provvidenza»

"~). Sarà persuaso, infine, che non si tradisce nessuna causa, non si manca mai di fedeltà agli altri, a se stessi o a Dio, quando, con tutta semplicità, si obbedisce. Nessun

sofisma,

nessuna

apparenza di bene,

nes-

a) ORIGENE, in Matt., serie 77 : «Oportebat autem haec in Bethania fieri, quae interpretatur domus oboedientiae.... Domum autem oboedientiae Ecclesiam intelligi oportere dubitat nemo». L'epressione è stata ripresa poi, come si sa, da S. Ignazio di Loyola sua e Lettera sull'obbedienza». 82) Frangois CHARMOT, S. J., la Doctrine spirituelle des hommes d'action (1938), p. 315: «Noi non diciamo che il superiore è infallibile, ossia che, considerando le sue vedute e le sue ragioni, non ci si possano trovare errori. Noi diciamo che la Provvidenzaè infalliile e onnipotente, e che come afferma il Concilio Vaticano conformando la nostra condotta ai suoi piani, noi veniamo pratinella

-

camente

a partecipare a questa Sapienza».

307

suna

persuasione del suo buon diritto può velare ai splendore delle due parole con cui San

suoi occhi lo

Paolo propone alla nostra imitazione il Cristo factus oboediens .Nulla gli può fare dimenticare che è me-

diante

un atto

di totale abbandono che si è

compiuta

la salvezza del genere umano, e che l'Autore di questa salvezza, «pur essendo Figlio, imparò con le proprie sofferenze cosa significhi ubbidire» > >) e solo per Lui, solo con Lui e solo in Lui che noi possiamo essere «nello stesso tempo salvati e salvatori » a). Questo semplice ricordo è per lui più efficace di tutte le teorie, di tutti i discorsi e gli impedirà :empre di ridurre l'obbedienza cristiana, che è conformità al Cristo obbediente, acl una virtù di interesse sociale: limitarsi

a

questo aspetto, incontestabile del resto,

sa-

rebbe ai suoi occhi, misconoscere la parte migliore ~4). Ma egli non si ipnotizza su questi casi estremi

(che nondimeno

era pur necessario ricordare per fare nella sua emergere, purezza, il principio dell'obbedienza cattolica). Anche quando gli si impone il do-

di agire e perciò di giudicare, egli conserva una diffidenza di principio nei confronti del proprio giudizio; procura dunque di farsi controllare, e se avviene che lo si disapprovi, lungi dall impuntarsi, vere

certa

ammette, all'occorrenza,

di

non

vederci chiaro.

Ap-

83) Philipp., II, 8. Hebr., V, 9; cfr. X, 3-5. Messale Romano, Prefazio della Croce. a) PIO XII, enc. Mystici corpori, con CLEMENTE, Strom., 1. VII, c. 2. 84) E' appunto per questo che crediamo insufficienti le spiegazioni del R. P. TH. DEMAN, O. P., Pour une vie spirituelle objective. Tutto quanto non viene compreso nell'«oggetto» quale l'intende l'autore, non è ancora necessariamente quel «soggettivo» nefasto o inconsistente che noi respingiamo come lui. Cfr. Louis LALLENANT, S. J., la Doctrine spirituelle, 6.o principio, sezione 3.a, cap. V (nuova edizione 1908, pp. 400-403).

308

plica allora buon

gravemente

errare

questa verità di elementare

stesso

migliori intenzioni si può, più semplicemente, le

con

o

si

si rende conto

Egli non

se

anche

tutto, ed è utile

a

pensare

di

a

senso:

poter

esserne

avvertiti.

infine, in ogni circostanza,

membro attivo

essere un

puo non

se non

è

dap-

membro sottomesso, agile e docile alle direttive del capo. Egli non vuole svolgere la propria attività in margine alla comunità, sia pure rimanen-

prima

un

do, a rigore, sottomesso in ogni cosa. Non riconoscerebbe a se stesso il diritto di chiamarsi uomo di Chiesa se, innanzitutto non ne fosse figlio.

e

sempre, in tutta sincerità,

Ritroviamo qui la distinzione fondamentale che già esposto > gt ). La h esa è una com

abbiamo nia

una

per poter

gerarchia.

essere

una

comunità

è

innanzi tutto

La Chiesa che noi chiamiamo «Ma-

dre nostra», non è una Chiesa ideale ed irreale: è questa stessa Chiesa gerarchica, e non quale noi la

possiamo

sognare,

ma

quale,

di fatto, esiste nel

no-

tempo. Perciò l'obbedienza che le votia-

stro

stesso

mo

nella persona di coloro che la governano, non essere che un'obbedienza filiale. Essa non ci ha

può

generati per poi abbandonarci e lasciarci correre da soli la nostra avventura: ci custodisce e ci tiene tutti uniti nel suo

la

sua

vita,

seno materno

«come

~<

); vivi mo sem re d seno della madre

i bambini nel

85) Capitolo III.o. 86) S. CIPRIANO, de catholicae Ecclesiae unitate, c. 23: e ...ut consentientis populi corpus unum gremio suo gaudens Mater includat » (ediz. HARTEL, t. I, p. 230): e Quicquid a matrice discesserit, seorsum vivere et spirare non poterit, substantiam salutis amittit» (p. 231). Epist. 40, n. 3 (HARTEL, p. 607). Alcuni altri testi si possono trovare in Catholicisme, pp. 4042.

309

vivono della vita di lei

~

a). Ogni

vero

cattolico

nu-

per essa un sentimento di tenera di chiamarla col nome di «madre»

pietà. E' lieto zampillato dal cuore dei suoi primi figli, come è ampiamente documentato da molti testi dell'antichità cristiana ~> ). gni vero cattolico proclama, con S. Cipriano ~~) e S. Agostino ~&g ; : « on uò av re io er pa re tre

non ha la Chiesa per madre». Quando vuole esporre i titoli che la Chiesa possiede per esigere la sua obbedienza, il cattolico prova talvolta un certo disagio, o meglio, è invaso da

lui che

una

certa

tristezza. Non

insufficienti;

ma

egli

già

avverte

che che

questi

titoli siano

nell aridità

della

loro lettera essi non rendono sufficientemente conto

qualcosa che egli ritiene tuttavia come Egli commenta i testi, cosi luminosi nel di

essenziale. loro insie-

me, delle Scritture; mette in riIievo i fatti della storia; sviluppa inoltre degli argomenti di convenienza. Con tutto questo

egli

ha soltanto stabilito che ci

a)

BERULLE. Discorsi dello stato e grandezza di Gesù, 10. 87) Cfr. la bella monografia di Joseph PLUMPE, Mater Ecclesia, an Inquiry into the concept of the Church as mother in early Christianity (Washington, 1934), e Christine MOHRMANN, in Vigiliae christianae, II, 1. 88) De catholicae Ecclesiae unitate, c. 6 (HARTEL, p. 214). Epist. 74, n. 7: e Ut habere quis possit Deum Patrem, habeat antea Ecclesiam matrem» (p. 804). De Lapsis, c. 9 (HARTEL, p. 243). TERTULLIANO, de Oratione, c. 2 (P. L., 1,1154). 89) In Psalm. 88, sermo 2, n'. 14: «Amemus Dominum Deum nostrum, amemus Ecclesiam ejus: illum sicut patrem, istam sicut matrem... Tenete ergo, carissimi, tenete omnes unanimiter Deum patrem et matrem Ecclesiam» (P. L., 38, 1140-1141). Serrno de Alleluja: «Neque poterit quispiam habere Deum patrem, qui Ecclesiam contempserit matre... » (ediz., MORIN, pp. 332-333). Contra litteras Petiliani, l. III, c. 9, n. 10 (P. L., 43, 353). Sermo 216, n. 8: e Pater Deus est, mater Ecclesia» (P. L., 38, 1081). De Symbolo ad cathecurnenos (P. L., 40, 668). Epist. 80, c. 2 (P. L., 33, 188). Epist 98, c. 5 (362), ecc. Cfr. ORIGENE, in Levit., hom. 11, n. 3 (ediz. BAEHRENS,

p.

452).

si deve sottomettere, che questa sottomissione è giusta e salutare: ma non ha ancora spiegato lo slan-

cio spontaneo del suo cuore nè la gioia che egli prova nella sua sottomissione > ). Ha stabil to un dove

ha comunicato

non

sua

Chiesa,

ma non

entusiasmo. Ha

un

è

dere, dal di dentro, il vero sistenze dell'uomo naturale,

municare, attraverso la

sua

monianza vivente della

splendore

giustificato

la

riuscito.a fame comprencarattere. Per vincere le re-

ancora

sua

egli deve perciò saper coargomentazione, la testifede. Deve mostrare lo

della visione cattolica! Non deve mai pre-

come potenza dominatrice o come legislatrice implacabile Colei che viene come messaggera della Buona Novella, Colei che porta la Vita! Non si contenti dunque di spiegare con rigorosa precisione come l'autorità non sia, in se stessa, nè arbitraria nè estrinseca > gt ), ma i nga fare int

sentare

dere almeno come, nel

suo stesso

esercizio, ogni fedele

si

senta validamente sostenuto nel dono di se stesso

al

Cristo;

come, mediante la rete che essa tesse, ognu-

no si trovi realmente unito a tutti i suoi

fratelh;

che insegna e che manda, ognuno intenda, ancora oggi, la voce del me,

attraverso

la

voce

umana

cocosuo

Signore... > Spieghi infine, o meglio faccia sentire, la fecondita spirituale del sacrificio. Scopra davanti a chi si meraviglia, i più bei miracoli della santità cattolica, 90) Christi,

Il

fatto è rilevato dal R. P. PIERRE CHARLES, nella Nouvelle revue théologique, 1929, p. 450. In particolare le decisioni del supremo magistero

Vicarius

91) interpretano la tradizione di tutta la Chiesa e suppongono la collaborazione degli stessi fedeli, mentre dichiarano la loro fede. Veder per esempio BAINVEL, introduzione a J. BELLAMY, op. 92) La Chiesa, diceva il MOEHLER, Simbolica, «Gesù Cristo che va continuamente rinnovandosi ».

J.-V.

cit., p. XIV. c. V, n. 36,

è

311

quei miracoli che fioriscono all'ombra dell'obbedienza

e

sul terreno dell'umiliazione.

E' anzitutto contro la Chiesa Romana che viene lanciata l

assurdo

accusa

di tirannia. Si istituisce talvolta

un

parallelismo politico. E contro

tra lei ed i sistemi di assoluti-

di essa che si rivolgono le obiezioni, anche di numerosi cristiani, che pur riconoscono la necessità di un'autorità visibile. Ma è ansmo

che ad essa, in compenso, che innanzitutto pensa il cattolico quando parla della Chiesa come della pro-

pria Madre. Egli la ritiene infatti,

con

tutta

la Tra-

dizione, per «radice e madre della Chiesa cattolica» ~> ), er «Ma r e Maes ra di tu te le Chie e» «madre e maestra di tutti i fedeli di Cristo» >

Egli considera il suo capo come « il capo dell'episcopato», come « il padre di tutto il popolo cristiano» > gt ), e, s c ndo l espre si ne di S. I na io di la, come « il padrone di tutta la messe di Cristo». La 93) S. CIPRIANO, Epist. 48 c. 3; cfr. Epist. 59, c. 14. 94) Quarto Concilio Laterano, c. V. Eugenio di Cartagine, in VICTOR DE VITA, Historia persecutionis africanae provinciae, l. Il, c. 41 (ediz. PETSCHENIC, p. 40). Pascasino al concilio di Calcedonia (MANSI, t. VI, 580). Concilio di Sardica, ADRIANO, lettera al patriarca Tarasio (MANSI, t. XII, 1081). INNOCENZO III; «totius christianitatis caput et magistra» (P. L., 214, 59 A, 21 D; 215, 710), ecc. 95) S. AGOSTINO, Epist. 43, c. 5, n. 16: «patrem christianae plebis» (P. L., 33, 167). S. LEONE, Sermo 4, c. 2: «Unus Petrus eligitur, qui... omnibus apostolis cunctisque Ecclesiae patribus praeponatur, ut, quamvis in populo Dei multi sacerdotes sint multique pastores, omnes tamen proprie regat Petrus, quos principaliter regit et Christus» (P. L., 54, 149-150). S. PASCASIO RADBERTO, Expositio in Matthaeum, 1. VII, c. 15: « In ipso (Petro) est forma omnium in quo unitas Ecclesiae commendatur» (P. L., 120, 528 A). Cfr. 312

Sede di Roma è per lui la «Santa Sede», la «Sede per eccellenza > lt;) E li a che a

apostolica»

afficlata la

responsabilità non soltanto degli anche delle pecorelle; che Gesù stesso ha pregato perchè la fede di Pietro non venga mai meio; che Egl! ha :

Egli comprende che Pietro personifica tutta la > ) e c e, c me o ni vesc v è lo sp so de

Chiesa

propria Chiesa, cosi Pietro,

vescovo

di Roma, può

chiamato anche lo Sposo della Chiesa universale a), la quale, tutta intera, ha in lui il suo fondaessere

mento

visibile

~~).

all obiezione,

Contrariamente

Pierre BATIFFOL, Cathedra Petri (1938, pp. 169-195); e pp. 95-104: «Petrus initium episcopatus». 96) Per la storia di questo titolo, cfr. P. BATIFFOL, op. cit., pp. 151-168. S. AGOSTINO, Epist. 43, c. 3, n. 7: « ...Romanae Ecclesiae, semper apostolicae cathedrae viguit principatus» (P. L., 162). GELASIO, Ep. 30. 97) Matt., XVI, 18-19. Jo., XXII, 32. Per l'esegesi dei testi riportati, vedere Léon VAGANY, Pierre chef et docteur, in Tu es in

qua

33,

Petrus (1934), pp. 3-26. F. M. BRAUN, O. P., Aspects nouveaux du problème de l'Eglise (1942), pp. 81-98. J. C. DIDIER, D'une interprétation récente de l'expression « lier-délier», in Mélanges de science reli gieuse, 1952, pp. 55-62. Per quanto concerne il testo fondamentre A. LOISY ne acmentale di Matt., XVI, si può rilevare che -

l'applicazione a Pietro capo l'autenticità e la storicità (Evangiles cettava

ai

nostri

ne

giorni

restringe

con

M.

Oscar

della

Chiesa

synoptiques,

CULLMANN

ne

negandone t.

accetta

Il, la

però 7-8)

storicità,

ma

possibilit~ di applicazione al solo Pietro dei suoi successori: Saint Pi erre disci

ogni

l'esclusione

pp.

pie,

storico, apotre et

martyr (1952). a) Cfr. PIO VI, Caritas illa, 16 giugno 1777. 98) S. AGOSTINO, Epist. 53, c. I, n. 2: e ...(Petrus) cui totius Ecclesiae figuram gerenti Dominus ait: Super hanc petram... » (P. L., 33, 196); In Joannem, tract. 124, n. 5 (P. L., 35, 1973); Sermo 295, n. 2 (P. L., 38, 1349). Sul significato del Papato nella Chiesa, cfr. G. DEJAIFVE, S. J., Sobornost ou PapautéP nella Nouvelle revue théologique, 1952. 99)

Giuramento

antQodernistico (1910) :

«Ecclesiam...

super

Pe-

apostolicae hierardhiae principem... aedificatam». ORIGENE, in Exod., hom. 5, n. 4; e ...magno illi Ecclesiae fundamento et petrum

313

frutto d'ignoranza, ammette pure che questo fondamento visibile non sminuisce affatto l unico Fondamento che è il Cristo, allo stesso modo che questo pastore visibile non eclissa il ~ Buon Pastore»,

perchè

si

non

aggiunge

stesso scelto il

Lui

a

), ave do G

>o

Pietro per esprimere quest'identità subordinata, frutto della fede >& Credendo che la Chiesa ha ricevuto la promessa

della durata

nome

della vittoria sulla morte, e aveva in vista lei in quella

e

costa-

tando che Cristo del

viaggio

Cesarea,

a

ha difficoltà

non

e

dere, oltre tutto, che questo fondamento

costruzione,

to alla Chiesa per la sua

trae

caeli

Epist.

Liber

mozarabicus

a.

3,

X,

aliud

l.

V.

21:

n.

10

G.,

(P.

«Petrus

etiam,

fundamentum»

ma Agostino,

sacramentorum

5:

e XXI, la

Ecclesiae

enim

«Non

n.

11.

S.

101) siam

Vedi

(ed.

15-19.

M.

«potestas

fundamentum

Tu

sopra

es

c.

III,

Cfr.

est

nota

Aedificavit

AGOcaput.

145;

queste

ad Agostino

contesta affatto). 140.

col.

FEROTIN),

debetur

«soli

BERENGAUD,

Petrus,

et

aliud 17,

d.

17,

Christo,

in

Apoc.:

Christus

Jesus,

849 C-D). I Cor.,

140. de

Sermo

AGOSTINO,

S.

S. TOMMASO, in 4 Sent.,

excellentiae»

fundamentum».

cognoscendam.

amore Petri:

enim

Christus

« ...In

Petro

Ecclesiam

Eccle-

non

super super Petri confessionem. Quae est confessio Petri? Christus Filius Dei vivi. Ecce petra, ecce fundamentum, ecce

hominem, ubi

1035).

33,

non le

citandole,

quia Petrus est Membrum Christi Jesu» (P. L., III,

14,

mai

potrà

Apostolorum L.,

(P.

visibile, da-

non

da un testo di origine romana inviato

1-18

sol.

1,

est

9,

Ecclesiae

Casulanus,

100) Jo.,

qui

et

sono tratte

dal prete

c.

57,

janitor,

parole

q.

in Rom.,

solidissimae»;

STINO,

scena

compren-

est

sed

Ecclesia

aedificata,

quam

portae

inferorum

non

vincunt...

discipulus a petra Petrus, quorhodo a Christo christianus» (ediz., C. LAMBOT, Revue bénédictine, t. XLIX, 1937, p. 253; Sermo n. 1 76, (P. L., 38, 479). Cfr. Retract. l. I, c. 21, n. 1 (ediz. BARDV, Ergo

p.

iste

400),

e

il

RUPERTO,

commento in

che

Matthaeum,

ci l.

fa III:

ROZAVEN, «Super

op.

petram

cit., fidei,

pp.

161-162

quam

con-

fessus est Petrus, Ecclesiam suam aedificat, ecc... » (P. L., 168, 1385 A). GILBERTO POLIOT, Expositio in Cantica,' III, 1: «Tu es Petrus, est, in fide mei tamquam petra firmus; et sic Petrus a me tamquam petra nominatur. Et super hanc petram quam me esse intelligo et in te esse constituo, aedificabo Ecclesiale meam, id est, vires id

sum non

314

daturus

Ecclesiae,

et

praevalebunt adversus

aedificabo tam eam»

firQter, quod portae inferi

(P. L., 202, 1244 D).

venirle

meno

fino

zione, cioè fino Pietro non

a

a quando essa è in via di costruquando dura questo mondo >&

rivestito del

venne

perderlo cosi subito,

potere per

suo

perchè lo trasmettesse ad altri dopo di lui >O gt;). «Egli co t nua a v v presiedere, a giudicare, nei suoi successori, i vescoma

della Sede di Roma da lui fondata

vi

col

sangue» a). Infine, il cattolico,

e

consacrata

suo

non

e

di

s'accontenta d'ammetter-

comprenderlo, rallegra al vedere che, alla fin fine, la Chiesa si riassume, per cosi dire, tutta in Pietro. Non si lascia smuovere da quelli che tenlo

tano di

il

senso

ma

fargli capire che

una

me se e

tutta

~ ha perduto che sottomet-

in questo modo

della totalità della Chiesa»

tendosi all'autorità del

che

si

Papa

fede comandata

e

si condanna

e una

morale

a non avere

prescritta;

co-

«nella romanità ben intesa» tutta la dottrina la vita della Chiesa risiedessero unicamente

nella sola persona del

suo

capo

b). Questo

sarebbe

102) CONCILIO VATICANO, Costituzione Pastor aeternus (18 luglio 1870). S. LEONE, Sermo 9, c. 3: «Manet ergo dispositio veritatis, et beatus Petrus in accepta fortitudine petrae perseverans, su146 B); c. 2: scepta Ecclesiáe gubernacula non reliquit » (P. L., 54, e Soliditas illius fidei quae in apostolorum Principe est laudata, perpetua est; et sicut permanet quod in Christo Petrus credidit, ita permanet quod in Petro Christus instituit » (145-146). S. TOMMASO Contra gentiles, 1. IV, c. 74: «Tamdiu igitur oportet hanc potetatem perpetuai, quamdiu necesse, est post mortem discipulorum Christi usque. ad saeculi finem». Cfr. GOFFREDO DI S. VITTORE, 11ficrocosmus, c. 103 (ediz. PH. DELHAYE, 1951, p. 115). 103) Cr. LUCIANO CERFAUX, Saint Pierre e sa succession, in Ricerche scienza religiosa, 1953, pp. 188-202. G. DEJAIFE, M. Culi~nn e ld question de Pierre, in Nouvelle revue théologique, 1953, pp. 365-379: e l'interpretazione del logion che attribuisce a Cristo la vodi una duratura lontà fondare Chiesa su un fondamento fragile e destinata a scomparire, noq è conforme alla coerenza dell'immagine nè tanto meno alla sapienza del suo autore» (p. 379). a) FILIPPO, legato rom. al Conc. di Efeso, Mansi, t. IV, (col. 1296). b) Cfr. A. S. KHOMIAKOFF, L'Eglise latine e le Protestantisme au point de vue de l'Eglise d'Orient (1872), pp. 104-142-160-301.

315

se si volesse negare l'esistenza del circolo perchè si afferma che deve avere un centro, oppure cocome

voler negare l'esistenza del corpo

me

perchè

si par-

la della testa. A queste di a

ragioni esterne, frutto d'un

errato punto

vista, egli 'oppone l'evidenza della propria fede; queste obiezioni risponde con la parola d uno dei

suoi Vescovi:

Quando

il

Papa compie

un

d'autorità nel

atto

campo della fede, non avviene che sia un uomo che impone il peso d'un giogo esterno su una società religiosa, per proprio capriccio, ma è la Chiesa stessa di cui egli definisce la fede. Senza essere subordinato al suo consenso, è tuttavia in collegamento con lei ch' egli essa

parla; egli

traduce

e

la verità di cui

precisa

vive; assicura il significato della

nostra

fede,

ne

analizza il contenuto, ne raddrizza l'eventuale deviazione, ne conferma la forza. Cosi quando noi rivol-

giamo alla Chiesa le parole rivolte dall'Apostolo al Salvatore, autore della Chiesa : «Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna», non è che ci rimettiamo, per maggipr comodità, a un'autorità scelta perchè pensi e fatichi per noi, ma secondo il detto di Newman, per la convinzione di «riposare nella pienezza

cattolica»

a). potrebbe anche richiamare alle dichiaraziodegli stessi papi, i quali, quando s'accingono «con Ci si

ni

l'assistenza

divina»

a

definire

ben lungi dal considerare la ciamento d'un oracolo» in armonia alla S. a) b)

316

un

punto di fede, il «pronuninvece ascolto,

cosa come

b), prestano

Scrittura, alla «venerabile tradizio-

S. E. Mons. BLANCHET (novembre 1950). KHOMIAKOFF op. cit., pp. 107-110.

Chiesa, ala). Cosi s'illustra ai suoi occhi il senso e la ragione dell'infallibilità pontificia, infallibilita che non va mai disgiunta da quella dell'intera Chiesa, che però non è derivata da quella dei vescovi o delle altre membra : infallibilità ch», in realtà, non è che quella della Chiesa stessa, posseduta nella sua pienezza in modo assoluto e personale da colui che, per mettere fine ad ogni controversia. l'interpreta con autorità >o Ecco perchè, in definitiva, il cattolico riconosce Pietro senza alcuna di quelle speciose riserve che poneva il gallicanismo, per colui che «ha la cura della Chiesa universale» >O gt;) ecco p rchè, s co ne, al sentimento secolare del corpo della

l'accordo dei vescovi

e

dei fedeli

»

espressioni consacrate dal Concilio Vaticano, guarda a lui come al «giudice supremo dei fedeli » e come a

colui che detiene nella Chiesa

tere»

b); «Ubi Petrus,

pre,

ecco

non

«

la pienezza del pocon S. Ambrogio:

perchè egli ripete >o lt

ibi Ecclesia»

). In ietr

soltanto la roccia incrollabile sulla

ved

quale

a) PIO IX Bolla Ineffabilis (1854): « ...quam divina eloquia, venetraditio, perpetuus Ecclesiae sensus, singularis catholicorum Antistitum ac fidelium conspiratio et insignia Praedecessorum Nostrorum randa

acta, constitutiones mirifice illustrant atque declarant... ». 104) Ex sese, non ex consensu Ecclesiae. Spesso la polemica è caduta in errore su questa formula del concilio Vaticano, quasi che questa significasse un'infallibilità a sè stante. 105) S. LEONE: «Totius Ecclesiae princeps», «curam Ecclesiae universalis habens», ecc. Cfr. P. BATIFFOL, le Siège apostolique (1924), pp. 613-614. b) Costituzione Pastor aeternus, c. 3: judicem supremum fidelium; ...tutam plenitudinem hujus supremae potestatis». 106) In Psalrn. 40 n. 30 (P. L., 14, 1082 A). E mentre altri, fermando il loro sguardo ai dettagli umàni e mondani, sembrano temere sempre un atto di forza e di dominio, egli si appoggia spontaneamente pieno di confidenza sulla spiegazione data dallo stesso S. AMBROGIO a nome di tutti i capi di Chiesa: «Nec quaedam nos aneit de domestico studio et ambitione contentio, sed communio so-

~17

si fonda la

propria

solidità

>~

gt

), ma

a

ch

« i

della verità e dell'unità cattolica» >~ ), l'un centro visibile di tutti i figli di Dio >o gt;). Nell rità di Pietro vede il sostegno della propria fede e il pegno della propria comunione >& t;&l ;) co i l tro

deltà alla fede cristiana si concretizza in fedeltà a Pietro, il suo amore dell'unità cristiana si concretizza in amore a Pietro >& t;>). N nosta te tutte situdini esteriori, egli aderisce a Iui con tutte le fibre dell'anima.

dissociata perturbat »: commentato da P. BATIFFOL, CaPetri, pp. 78-79. 107) S. LEONE, Epist. 10, c. I: «qui ausus fuisset a Petri soliditate recedere» (P. L., 55, 629 A); Sermo 3, c. 2 (54, 145-146»; Sermo 5 c. 4 (155 A); Sermo Sl c. I (309 B). ORMISDA, Epist. Inter iuta

et

thedra

ea (517): «Sedes apostolica..., in qua est integra et verax christianae religionis et perfecta soliditas» S. GREGORIO M. Epist. ad Theode« In vera fide persistite et vitam vestram in petra lindam (594) : Ecclesiae, id est in confessione beati Petri solidate» (P. L., 77, 712-713). 108) PIO IX, Bolla Ineffabilis Deus. 109) FSNELON, Lettera ad Alamanni (Cambrai, 15 luglio 1710): «Per grazia di Dio sono attaccato alla Santa Sede con l'amore più vivo e più tenero. Non si puo amare la religione senza amare santa madre che ci ha generati in Gesù Cristo e che ci nutre con 1o spirito di vita. Non si può amare l'unità se non in si desidera che tutti i cristiani siano riuniti in questo unico dei figli di Dio». (GURRIN, op. cit., pp. 394-395). 110) Vale la pena rileggere l'indovinata riflessione fatta

da

questa tuttora quanto centro BOS-

SUET ne1 suo Exposition de la doctrine de l'Eglise catholique, c. J9, riguardante i dissidenti: «Del resto, se i nostri avversari consultano un po' la 1oro coscienza, trovano che i1 nome stesso di Chiesa esercita su di loro una maggiore autorità di quella che osano ammettere nelle dispute; e non credo ci sia tra di 1oro alcun uomo di buon senso,

il

dente

che

vedendosi solo a sostenere una posizione, per evinon abbia orrore della sua singolagli possa sembrare

quale

-

-

rità. Tanto è vero che gli uomini hanno bisogno, in queste materie, di essere sostenuti nei loro sentimenti dall autorità di qualche gruppo sociale che la pensi come loro. Per questo motivo Dio, che ci ha fatti, e che conosce le nostre proprietà, ha voluto per nostro bene che tutti i particolari fossero sottomessi all'autorità della sua Chiesa, la quale tra tutte le autorità è senza dubbio la più stabile... » (ediz. MIGNE, t. I, col. 1165). 111) Cfr il bel Test@mento spirituale del cardinal FAULHABER.

318

Troppo vago e troppo astratto, questo ritratto del cattolico in cui si è destata la coscienza di essere di Chiesa; è anche, d'altra parte, evidentemente troppo idealizzato. Qui come in tutto il resto, quale distacco, di solito, tra la fede più sincera, la più amorosa disposizione e la pratica effettiva! L'uouomo

è sempre incoerente. Ma quello che veramente importa di vedere non è il tributo che, più o meno mo

gravosamente, ognuno paga alla debolezza è la natura

umana:

la portata del suo desiderio. Il mistero della Chiesa e la sua benefica influenza sono sempre al di là di quel poco che noi praticamente viviamo. Noi

non

e

ci

appropriamo

mai che di

piccola pardispensa. è un figlio ingrato, gratitudine al quale una

te delle ricchezze che la Madre nostra ci

Ma ogni cattolico, canta

se

non

suo cuore l'inno di

nel

ha dato nei nostri giorni la sua verbale. Ogni cattolico esclama con Paul Claudel: «Sia benedetta, sempre, questa grande Madre augusta, sulle cui ginocchia ho tutto appreso! un

grande poeta

forma

~

112). Si, sia ginocchia

benedetta questa grande Madre, sulle cui noi abbiamo infatti tutto appreso e con-

tinuiamo ogni giorno a tutto apprendere! E lei che ci insegna, ogni giorno, la

legge

di

Gesù Cristo, ci mette in mano il suo Vangelo e ci aiuta a decifrarlo. Che ne sarebbe di questo piccolo libro, o in quale forma ci sarebbe pervenuto se, per 112)

CLAUDEL, Ma Conversion (in Contacts oppure in Pages de prose, raccolte e presentate BLANCHET, p. 279).

stances,

PAUL

et

circon-

da André

319

ipotesi impossibile, servato

lica?

e

>& t;>

fosse stato redatto

non

commentato

nella

e poi congrande comunità catto-

). Quali def

rma

ioni no avrebb

quali mutilazioni, nel testo e nella Ma che bisogno c è di ricorrere reali? La storia è abbastanza tano

interpretazione.... a supposizioni ireloquente. Non si con-

le aberrazioni che si richiamano al Vangelo. sono cosi caduti « in dottrine atee ed empie,

Quanti

stupide e ridicole. ». Lo faceva già Origene ed il grande pensatore biblico non

in credenze

o

osservare temeva

di denunciare

«

la tentazione che si annida

nella lettura dei «Libri Santi

> gt;4) uan o leggono nella Chiesa. A queste lezioni del passato, il nostro secolo aggiunge le sue. « Il senso del mistero scritto non può appartenere che all'unità sociale che ha in se stessa la rivelazione di questo mistero» a), e se è vero che si può affermare con S. Francesco di Sales che la Scrittura è più che sufficiente», in certo qual senso, «ad istruirci in tutto», occorre aggiungere, pure con lui, «che l insufficienza è in noi, che senza la Tradizione e il Magistero della Chiesa, »

«

non

sapremmo determinare il senso che dovrebbe

ave-

b). Cosi quando consultiamo questa Tradizione ed ascoltiamo questo Magistero, «non è che preferiamo la Chiesa alla Scrittura, ma la spiegazione del1". Scrittura fatta da tutta la Chiesa alla nostra indire»

113) Cfr. Jacques GUILLET, S. J., La naissance de l'Evangile dans l'Eglise, in Lurnière ef Vie, ottobre 1952. 114) Sulla preghiera, c. 29, n. 10. S. IRENEO, Adv. Haerees, l. IV, c. 26, n. 5: (I vescovi) «Scripturas sine pericolo nobis exponunt» (P. G., 7, 1056 A-B); c. 33, n. 8: (Presso di loro si trova) «sine fictione Scripturarum tractatio..., secundum Scripturas expositio legitima, et diligens, et sine periculo, et sine blasphemia» (1077 B-C). a) A.-S. KHOMIAKOFF, op. cit. p. 279. b) Lettera a un Padre gesuita, 17 agosto 1609.

320

viduale spiegazione a). Noi crediamo che la Parola di di Dio è rivolta alla Chiesa b), ed è per questo che l'ascoltiamo

e

la

leggiamo nella

Chiesa. Noi

non

lo-

deremo pertanto la Madre nostra, come a più riprese è stato fatto, di aver addomesticato il Vangelo fi-

renderlo

a

no

i miasmi

«

inoffensivo ~; di Un simile

averne

eliminati

elogio sarebbe la

pegimpuri giore delle bestemmie. No, essa non ha attenuato i paradossi del Vangelo, non ha nè alterato la sua freschezza nè edulcorato la sua forza >& t;& t; . on ne h t adito lo Essa è sempre quel Paradiso, in mezzo al quale il Vangelo zampilla come una sorgente pura > g ;& spande in quattro fiumi, per fertilizzare la terra inte«

~.

a) FRNELON, De l'education des failles, c. VII. Cfr. Deuxteme lettre sur l'autorité de l'Eglise: «C'è bisogno d'una autorità visibile che parli e decida, per sottomettere, per riunire e per fissare tutti gli spiriti su una stessa spiegazione delle sante Scritture», «ci vuole quindi un autorità che viva, che parli, che decida, che spieghi il testo

sacro».

Cfr.

Fr.

Martini

Lutheri; (a 1520: « ...quod sacram Scripturam sibi subjiciat (Papa)... Op. om. v. Il, 1600 p. 258). b) Cfr. KARL BARTH, Dogmatica, voi. I, p. 251. Federico

di

Sassonia

LUTERO, Appellatio contro Leone X, 17

novembre

115) AD. HARNACK stesso doveva riconoscerlo nel corso di una conferenza nella quale pure si manifesta il suo pregiudizio anticattolico. L'essenza del cristianesimo (trad. frane. p. 317): «Il complesso delle cose temporali nella Chiesa non ha affatto diminuito il Vangemalgrado il peso che minaccia di 'soffocarlo, esso si svincola e riappare continuamente. Esso agisce proprio come un lievito x. Cfr. S. IRENEO, Adversus Haereses, l. Il, prefazione: «potestatem Evanlo;

gelii » (ediz. SAGNARD, p. 94). 116) Cfr. il cap. IX. S. IRENEO, Adversus Haereses, l. V, c. 20, n. 2 (P. G., 7, 1178 A-B). S. CIPRIANO, Epist. 73, c. 10. S. PAOLINO DI NOLA, Epist. 32, n. 10 (P. L., 61, 336): Petram superstat ipsa Petra Ecclesiae, De qua sonori quatuor fontes meant Evangelistae viva Christi Qumina. Battisteri antichi di Napoli, di Milano, di Oued Ramel (Tunisia) descritti da Luciano de Bruyne, La decoration des baptistères paléochrétiens, in Miscellanea liturgica in honorem L. Cuniberti Mohlberg, voi. I, (1948), pp. 260-204. S. PIER DAMIANI, Sermo 14 (P. L., 144, 572 C).

21.

Il Volto della Chiesa.

—

321

lei, di generazione in generazione, esso a tutti, ai piccoli come ai grandi di questo mondo, ed è colpa nostra se non sempre proGrazie

ra.

a

viene proposto

duce in noi i suoi frutti di vita. Sia ancora benedetta questa grande Madre, per il Mistero divino che ci comunica introducendoci per la doppia porta sempre aperta della sua Dottrina e della sua Liturgia! Sia benedetta per il perdono che ci assicura! Sia benedetta per i focolari di vita religiosa che suscita, che protegge, e di cui alimenta

la fiamma!

Sia benedetta per il mondo interiore e nella cui esplorazione la sua mano

che ci scopre

guida! >& t;~ . Sia ben

ci

det a er il des

d

ri

speranza che alimenta in noi! >& t;& t;). Sia ene che per le illusioni che smaschera e dissipa in noi,

affinchè più pura sia la

nostra adorazione! Sia bene-

questa grande Madre! Madre casta, essa ci infonde

detta

e

ci conserva

una

fede sempre integra, che nessuna decadenza umana, nessun cedimento spirituale, per quanto profondo esso

sia, potrà mai intaccare. Madre feconda,

non

di donarci sempre nuovi fratelli. Madre univerha sale, ugual cura di tutti, dei piccini come dei grandi, degli ignoranti e dei sapienti, dell umile popolo cessa

117) Cfr. Pierre VAN DER MEER DE WALCHEREN, Journal d'un converti (3a ediz., 1921), p. 240: «Io che sono ancora in attesa fuori della Chiesa, con una gioia sempre crescente ho il presentimento di un mondo infinito in cui lo spirito può liberamente spaziare, in cui l anima trova Dio, Abyssus abyssum invocat, e di fron-. te al quale il mondo visibile dev' essere una cosa trascurabile, quasi inesistente. Che universo magnifico, inimmaginabile, deve star rac-

chiuso

nel

cuore

della

Chiesa!».

Questo

presentimento

non

era

fal-

lace. 118)

Cfr.

Apoc.,

XXII,

17,

e

20.

«Sponsa

dicunt:

Veni...

Etiam venio cito. Amen. Veni, Domine Jesu!». E proprio per causa sua se noi restiamo «irremovibili nella speranza che ci viene dal Vangelo» (col. I, 23).

—

322

—

delle

parrocchie come del gregge scelto delle anime consacrate. Madre veneranda, essa ci conserva l'eredità dei secoli e trae per noi dal suo tesoro le cose antiche

le

e

nuove.

Madre

paziente, riprende

sem-

pre, senza stancarsi mai, la sua opera di lenta educazione e raccoglie a uno a uno, i fili dell'unità che i suoi

figli

protegge

lacerano continuamente. Madre vigile, ci Nemico, che si aggira attorno

contro il

preda. Madre amorosa, essa sè che per avviarci all'incontro con Dio che è tutto Amore. Madre chiaroveggente, per quante siano le ombre che l'Avversario si sforza di a noi cercando la sua non

ci attira

a

spargere, essa non può non riconoscere un giorno i suoi figli che ha generato: essa avrà la forza di ral-

legrarsi del loro amore, ed essi troveranno tra le sue la propria sicurezza. Madre ardente, mette nel

braccia

figli migliori uno zelo sempre attento come messaggeri di Gesù Cristo. Madre saggia, ci tiene lontano dalle intemperanze settarie, dagli entusiasmi ingannatori seguiti da bruschi voltafaccia; essa ci insegna ad amare tutto ciò cuore e

dei suoi

li manda ovunque

che è buono, tutto ciò che è vero, tutto ciò che è giusto, a non rigettare nulla senza prima averlo esaminato

>&

spada, Sposo >~ essa

t;> ). Madre olo osa, al cuore trafi rivive di età in età la Passione del suo

). Ma re for e, ci eso t a combatt r e stimoniare per il Cristo >& t;&g ;), anzi o esit 119) Cfr. I Thess., V, 21; I Jo., IV, 1, ecc, 120) Cfr. Luc., II, 35. S. AGOSTINO, Sermo á2, c. 3, n. 5: c Quod tunc corpus ipsius in turba patiebatur, hoc patitur Ecclesia ipsiusx (P. L., 38, 416). AMBROGIO AUTPERTO, Sermo in Purificatione B. M., n. 13: e Ipsam beatam Virginem, cujus animam gladius transfodisse perhibetur, typum Ecclesiae praetendisse reperimus x. Cfr. C. JOURNET, Les sept paroles du Christ en croix (1952), p. 130. 121). S. AGOSTINO, Sermo 301, n. 1, sulla madre dei Maccabei: «Una mulier, una mater, quomodo nobis ante oculos posuit unam

passare attraverso la morte

a

cominciare da

—

la prima morte che è il battesimo ad una vita più alta...

per

—

quelgenerarci

Sia benedetta per tanti benefici! Sia benedetta soprattutto per tutte queste morti che essa ci procura, morti che l'uomo non avrebbe avuto il coraggio

sarebbe condannato a stesso, chiuso nel cerchio miserabile della propria limitatezza! Sii benedetta, o Madre del beli'amore, del timo-

di affrontare restare

e senza

le

indefinitamente

quali

se

salutare, della scienza divina

re

e

della santa speran-

Senza di te, i nostri

pensieri rimangono sparsi e fluttuanti : tu li raccogli in un fascio robusto >& t; dissipi le tenebre nelle quali ognuno si intorpidisce, o si dispera, o, miseramente, «si costruisce a modo suo il romanzo dell'infinito» >& t;> ). Senza di da nessuna iniziativa, tu ci guardi dai miti ingannatori, tu ci risparmi gli errori ed il disgusto di tutte le Chieza.

se

fatte da

mano

d'uomo. Tu ci salvi dalla rovina al

cospetto del nostro Dio! Arca vivente, Porta dell'Oriente! Specchio macchia dell'attività dell'Altissimo! Tu che sei dal

del mondo

sei

senza

ama-

ai suoi

Signore greti, Tu ci insegni ciò che a Lui più piace. Il Tuo soprannaturale splendore, anche nelle ta

più

e

oscure, non si offusca mai

matrem

ammessa

>~

se-

ore

). La nos ra no te

sanctam

Ecclesiam, ubique exhortantem 61ios suos pro illius de quo eos concepit et peperit. » (P. L., 38, 1380). 122) S. GREGOMO, Moralia in Job., l. Il, c. 52, n. 82: e Exhortatione sanctae Ecclesiae cunctae in auditorum mentibus diffusae conomine mori,

gitationes ligantur... » (Ediz., A. de GAUDEMAMS, p. 240). 123) ERN EST RENAN, Discorso pronunciato a Quimper il agosto 1885.

17

124) Cfr. Sap. VII, 26; VIII, 4; IX, 9 e 18; VI, 12. Cfr. VI, 10-11: La sua luce non s'estingue e tutti i beni ci vengono con lei.

324

per te, fasciata di luce! Per te

ogni mattina il sacerdote sale all'altare del Dio che allieta la sua giovinezza. Sotto l'oscurità del

tuo involucro terrestre,

>~ gt ). Tu c don giorno Colui che, solo, è la Via e la Verità. Per te noi abbiamo, in Lui, la speranza della Vita >~ lt tuo ricordo è più dolce del miele, e colui che ti ascolabita in Te la Gloria del Libano

ta

non

sarà mai confuso

>~

Madre santa, Madre unica, Madre immacolata! O grande Madre! Chiesa santa, vera Eva, sola vera

Madre dei Viventi >~! 125) Is., LX, 13. Cfr. XLV, 14. 126) S. IRENEO, Adv. Haereses, l. III, c. 4, n. 1: «Haec est unum Vitae introitus» (P. G., 7, 855 B). 127) Cfr. Eccli. XXIV, 17-21. Judith. XIII, 25. Liturgia romana della S. Vergine. 128) TERTULLIANO, de Anima c. 43: «Vera mater viventium... Ecclesia x. (ediz. REIFFSRSCHEID-WISSOWA, p. 372) ; Adversus Marcionern, l. Il, c. 4 (ediz. KROYMANN, p. 338). S. AMBROGIO,. in Lucam, l. Il, c. 86: «Haec est Eva mater omnium viventium... Mater ergo viventium Ecclesia est » (P. L., 15, 1585 A), ecc. Per quanto riguarda le cure materne della Chiesa: S. AGOSTINO, de Moribus Ecclesiae catholicae, l. I, c. 30 (P. L., 32, 1336; de Nuptiis, 1. Il, c. 4, n. 12: «Nam in hoc, quod appellata est vita materque viventium, magnum est Ecclesiae sacramentumo (P. L., 44, 443); De. Genesi contra Manichaeos, 1. Il, c. 24, n. 37 (P. L., 34, 216), etc. Liturgia ambrosiana, Prefazio della Dedicazione. GUERRIC, In Assumpt. s. 1, n. 2 (P. L., 185, 188 B-C).

LE NOSTRE TENTAZIONI DI FRONTE ALLA CHIESA

Quante

tentazioni

verso

questa Madre

a

cui

non

:dovremmo altro che amore! Tentazioni violente, ma chiare. Ma anche tentazioni oscure, più insidiose. 'Tentazioni di sempre e tentazioni piu specifiche del nostro tempo. Sono troppo diverse, spesso addirittura contradditorie, perchè ognuno di noi possa credersi al sicuro dalla loro minaccia. Non

mancano

identificare quella della

cosi

mai coloro che

sono

la loro

perfettamente

pronti ad causa

con

Chiesa, da finire per ridurre, in buona la causa della Chiesa alla loro. Non immaginafede, no neppure che per essere servi veramente fedeli dovrebbero mortificare

Vogliono

parecchie

servire la Chiesa,

ma

cose

in

se

stessi.

intanto. la mettono

al loro servizio. «Passaggio dialettico», rovesciamento dal pro al contro, tanto agevole quanto inavvertito. La Chie326

pratica, è per essi un certo ordine di cose col quale si sono familiarizzati e di cui vivono. E un dato tipo di civiltà, un determinato numero di principi, un determinato complesso di valori che la sua sa, in

più o meno cristianizzati ma che, in gran rimangono per questo meno umani. Tutto ciò che turba quest'ordine o compromette questo equilibrio, tutto ciò che li inquieta o, più sempliceinfluenza ha

parte,

non

mente, li stupisce è, ai loro occhi,

un

attentato contro

l istituzione. divina. Non

sempre,

forme

quelle

l'onore

surano

in

reso

confusioni, si

simili

di «clericalismo

volgari a

Dio

con

i

~

tratta

di

che commi-

vantaggi

accordati

ai suoi ministri, o che misurano il progresso del dominio di Dio 'sulle anime o del regno sociale di Gesù Cristo, in base all'influenza, occulta o palese, del clero sull'andamento

degli affari profani. Tutto può concepito. Cosi il grande Bossuet, nei suoi ultimi anni, ricalcava tutto l ordine cattolico su un certo ordine Luigi-quattordicesimo. Non vedeva altro che pericolo per la religione nelle forze confuse che cominciavano a disgregare una sintesi innegabilmente brillante, ma conessere

nobilmente

testabile in molti suoi elementi, e comunque, certamente contingente, essenzialmente caduca. Perciò

energie cercava di fronteggiarle. intrepido quanto perspicace il vecchio vesco-

con tutte

Era vo.

Ma

volontà

non

le

lo

sue

era

tuttavia che

a

metà. «Con

una

naturalmente

imperiosa, spirito > ). Avre be vol to conserv re etername salvo a riprendere alcuni errori o a criticare corag-

timido

aveva

uno

~

—

1) A. MOLIEN, Simon (Richard, catholique, t. XIV, col. 2112.

nel Dictionnaire de théologie

327

il mondo mentale e giosamente alcuni abusi sociale in cui il suo genio si spiegava liberamente. Non poteva immaginare che la fede potesse sopravvie tra loro ci vere; simile a quegli antichi romani furono anche dei Padri della Chiesa per i quali —

—

—

la

caduta

dell'impero

romano

poteva

non

essere

altro che l'annuncio della fine del mondo: tanta

era

l'influenza che esercitava sopra di loro la potenza la maestà romana a). Ma appunto

perchè

sognava

sibile, finiva necessariamente questo mondo colpito

una

cosa

e

impos-

per compromettere,

con

morte, anche la Chiesa, che doveva invece svincolarsene per portare la vita ad altre generazioni. Opponendo al male una diga im-

potente,

egli

a

soffocava nello stesso tempo i germi campi in cui impegnò la

dell'avvenire. In tutti i

lotta, egli fu apparentemente vincitore; ma vinse in maniera tale, che fu l irreligione ad avvantaggiar-

~). Cosi, forse, noi siamo tanto più sicuri e più gorosi nei nostri giudizi, quanto più sospetta è sene

che talvolta

causa

difendiamo.

Forse

noi

ri-

la

dimentichiamo

che praticamente se non teoricamente della fede non è la durezza l'intransigenza passionale di chi vuole imporre agli altri le sue idee od i suoi gusti personali; che i nostri irrigidimenti com—

—

promettono, assai più di quanto

non

proteggano,

a) Cosi anche TERTULLIANO, Apologia, c. 32, n. 1; c. 39. n. 2; ad Scapulam, c. 2. Anche MELITONE (in EUSEBIO, Hist. Eccl. l. IV, c. 26, n. 11). 2) Non si possono leggere senza una profonda tristezza, per esasperate che possano risultare, le riflessioni fatte in proposito da aule Progrès de tori miscredenti, quali p. es. LEON BRUNSCHVICG,

la conscience dans la philosophie occidentale, t. I (1927), pp. 221-222. 328

l'agile fermezza della verità; che che

si

chiuda

in

volutamente

cristianesimo

un

atteggiamento esclusivamente difensivo, rinunciando ad ogni apertura ed ad ogni assimiliazione, non sarebbe già più un

cristianesimo; che l'attaccamento sincero alla Chiesa può servire a canonizzare i nostri pregiudizi e non può conferire alle nostre parzialità il carattere non

assoluto della fede universale. Sarà bene

perciò

ridirlo

a

noi stessi:

una

certa

parte dello spirito cattolico. Dai templi stessi dei demoni la Chiesa sa trarre, a suo tempo, ornamenti per la propria difiducia ed

un

certo distacco fanno

il miracolo è sempre inedito e sempre imma noi sappiamo che si ripeterà > ). er qu to sia radicata nella storia, la Chiesa non è schiava di

mora:

previsto,

epoca storica e di nessuna realtà essenzialtemporale. Il messaggio che deve trasmettere

nessuna

mente e

la vita che deve diffondere,

non

con un

sociale, nè Chiesa lo deve talvolta ricordare tro

sono

regime politico, nè con con una forma particolare

«nè

mai solidali

una

con

situazione

di civiltà»; la

energia,

con-

le false evidenze derivanti da solidarietà create

ripete ancora con la voce di Agostino, parole il senso più ampio : «Quid expavescis, quia pereunt regna terrena7» a).

dall'abitudine

4).

Essa ci

dando alle

S.

sue

3) S. ILARIO, in Psalm. 67, n. 12 (ediz. A. ZINGERLE, pp. 287-288). 4) Mons. BRUNO DE SOLAGES, Pour rebdtir une chrétienté (1938), p. 174. Cfr. LEONE XIII Lettera a Sua Eminenza il scardinai Rampolla, S ottobre 1895: «Le cose umane cambiano, ma la benefica virtù del Magistero supremo della Chiesa viene dall'alto e resta sempre identico... Stabilito per durare quanto i secoli, esso segue con vigile attenzione colma d'amore il carmmino dell'umanità, e non rifiuta di accocome pretenderebbero falsamente i suoi detrattori -

-

modarsi nel limite del possibile alle ragionevoli necessità dei tempi». a) Sermo 105, n. 9 (P. L., 38, 623).

Essa è fondata

su

un'unica roccia

:

la fede di Pietro,

che è fede in Gesù Cristo. La Chiesa non è neppure un partito od una società riservata. Non si può rassegnare, per il solo benessere di quelli che le sono tradizionalmente fe-

deli,

a

lasciarsi isolare da coloro che

no. ancora. meno

virtualmente, suoi figli,

avversari. Essa

cerca

non

la

conosco-

sono

tutti, al-

non

positivi, che

uomini

Negli

vede affatto

degli ogni male,

di liberarli tutti da

donandoli al loro Salvatore. Rivestiamoci menti, che

sono

poniamoci,

se

dunque anche

questi senti&g ;) ed

noi di

i sentimenti di Gesù Cristo

le necessarie mortificazioni.

occorre,

Non

rinneghiamo della fede; al contrario,

in

tal

modo

l'intransigenza

solo cosi le rimarremo fedeli

fino in fondo. Non si tratta di attenuare il nostro zelo per la verità cattolica, ma di purificarlo. Stiamo attenti a non esser di quegli «uomini carnali », come ce ne furono fin

dalla prima generazione cristiana, che, considerando la Chiesa come un bene di famiglia,

impedivano praticamente agli Apostoli di annunciare

il

Vangelo

ai Gentili

<

Noi ci esporremmo, in tal caso, ad anche peggiore: quello di collaborare militante facilitandole il

ne

relegare

la Chiesa

e

la

sua

un

infortunio l

irreligiocompito propostosi di con

dottrina tra le

Noi le forniremmo, per cosi dire,

scienza, perchè questa irreligione

cose morte.

buona cocapisce nulla

una

non

dell'attualità dell'eterno. «La Chiesa, essa dice, rie si intuisce facilmente a quamanga ciò che è», —

5) Philipp., II,

5.

6) S. AGOSTINO, Serrno 252, n. 3 (P. L., 38,

330

1173-1174).

le genere di immobilismo corrisponde un tale invito allora «verrà accolta con la benevolenza riservata

—

ai ruderi storici > ). Mescola do volutame t i c più diversi, confondendo con il dogma opinioni od »

atteggiamenti ereditati da situazioni passate, questa irreligione insorge contro quelle «concessioni » nelle

quali fiuta «cattiva fede o frivolezza > Redige essa stessa delle liste di gente sospetta, ad uso delle autorità religiose e, all'occorrenza, richia~

ma

all'ordine le stesse autorità. Avendo deciso

una

volta per sempre che nella fede cristiana non ci può essere nulla di ragionevole, essa bolla col marchio di ~

liberalismo»

o

e

nella

ogni sforzo per autentica purezza come se si trattasse di

di «modernismo»

ritrovare il cristianesimo nella sua eterna

giovinezza,

sua

deviazione dottrinale... Nel pensiero dei Giustidei Clementi di Alessandria o dei loro emuli moni, essa non vuole assolutamente vedere che & t; derni,

una

d'un'apologia sacrificante la rigidezza dei dogmi, al desiderio di piacere a quelli che vuole conquistare ~. Taziano, Erma, ecco, questi si! Il loro metodo è, a suo modo di vedere, il solo metodo crinon può afferma ancora stiano a). «La Chiesa mai scostarsi dal proprio passato... La religione è un

concessioni

—

tutto

te

il

che

suo

sua un

non

si tocca... Dal momento che si discu-

riguardo, si principio, ma

a suo

—

b) «T.utto o niente», è intendere il tutto alla di patto

è atei a

»

maniera, che non è quella della Chiesa: come Rénan, che rendeva la fede cattolica solidale in

7) ERNESTO RENAN, Du libéralisme doctrinal in Liberté de penser, 15 maggio 1848. S) ERNESTO RENAN, lettera all'abate J. Cognat, 5 settem. 1846; in J. COGNAT, M. Renan hier et aujourd'hui (nouv. éd., 1886), p. 203. a) E. RENAN, Marcaurelio, p. 109; cfr. pp. 403-404. b) E. RENAN, Questions contemporaines, p. 423; Drames philosophiques. pp. 278-280 (Le Pretre de Némi, act. I). 331

aeternum

dell'autenticità

del

Libro

di

Daniele

o

fatto analogo ~). Che gioia, per essa, quando dal seno stesso di «questa povera e vecchia Chiesa ~ >! ), si alz no de

di

qualche

voci che sembrano confermare ed

applaudire! Quan-

cosi causare, contrariamente alla tenzione, una falsa intransigenza!

to male

può

sua

in-

Questa prospettiva deve costituire per noi un più per diffidare di noi stessi. Diffidiamo

motivo di anche di

la

una certa

forma di umiltà che confina

superbia. Temiamo

una

usurpazione sacrilega.

con

Rac-

cogliamo l'esortazione che S. Agostino rivolgeva ai suoi compagni di lotta nel fervore della battaglia

partito di Donato : Sine superbia de veritate praesumite > gt;). Ricord amo i he la ostra s è sempre solo parziale, e che quaggiù intravvediamo contro il

la Verità divina sempre soltanto «come in uno specchio, e in modo oscuro i a). Ináne, invece di insediarci nella Chiesa come in un nostro dominio o possesso con noi

privato, invece di identificarla più stessi,

sforziamoci

piuttosto,

Newman, senza attenderci successi personali, ti6care noi stessi con la Chiesa >

Più

o

meno

faceva di iden-

come

senza dubbio, più appariscennelle sue provocazioni, è chiassosa talvolta te, più

frequente oggi

9) Lettera all'abate J. Cogaat, ibid.; Souvenirs d'enfance et de jeunesse; Questions contemporaines, p. 457. 10) P. J. PROUDHON, de la Justice dans la Révolution et dans l'Eglise, nouv. éd., t. IV, p. 332. 11) Corgtra litteras Petiliani, l. I, c. 29, n. 31 (P. L., 43, 259). a) I. Cor., XIII, 12. 12) Apologia pro vita sua, c. 5.

332

tentazione opposta. Si riassume in una parola: tentazione di critica. Anch' essa, del resto, si insinua per lo più sotto l'apparenza del bene e si presenta volentieri all'apostolo come una indispensa-

una

la

bile preoccupazione di lucidità. Non sarà perciò possibile superarla, di solito, senza un preventivo

lavoro di «discernimento degli spiriti ~. Lo stesso vocabolo «critica significa discer~

riimento. Esiste

oggi

come

è

dunque

si dice,

una

una

critica

e

specialmente,

auto-critica eccellente. Essa

sforzo di realismo nell'azione. E' un rifiuto opposto a tutto ciò che non è autentico. E' un esame uno

condotto nell'umiltà, che sa riconoscere il bene compiuto, ma è anche frutto di una inquietudine apostolica e di una esigenza spirituale sempre desta. Insoddisfazione

del

lavoro

compiuto,

desiderio

ardente del meglio, lealtà nella valutazione dei

me-

todi, ribellione nella volontà di romperla

abi-

con

tudini ingiustificate, nel voler sfuggire all abitudine e

agli abusi; soprattutto,

nel desiderio di rimediare

elevata concezione della vocazione cristiana nella missione della Chiesa:

ecco

e

fede

alcune delle di-

sposizioni da cui essa procede e da cui è alimentata. Essa provoca allora una accresciuta attività, uno 'spirito di iniziativa, un fervore di ricerche e di «espe--

rienze» che, senza dubbio, dovranno essere talvolta sfrondate e che, spesso, sconvolgono un po' troppo le nostre abitudini. Severa con le illusioni che essa scopre,. può, a volte, accoglierne delle altre che saranno ben presto oggetto di una critica analoga... E tuttavia, quanto è preferibile all'ingenuo e soddisfatto compiacimento di sè che non consente alcuna

riforma,

non

permette

nessuna

salutare trasfor333

mazione! Essa è assai

meno dannosa di una certa euforia che si immerge a poco a poco nel suo sogno, o di una certa ostinazione che si illude di tutto con-

accumulando dei ruderi > Sarebbe ingiusto volerne impedire per principio ogni espressione pubblica. Quando, nei suoi figli, la Chiesa si riveste di umiltà, è assai più attraente servare

quando domina in essi la preoccupazione troppo del prestigio. Giacomo Maritain osservava un giorno, non senza una legittima sfumatura di ironia, che a molti cristiani del nostro tempo, ogni confessione delle nostre deficienze sembra in qualche modi

umana

«

do indecente

~.

«Si direbbe, aggiungeva, che temano

apologetica...; gli antichi Ebrei, e pernon facevano tanti complimenti > I Santi dei secoli passati, ancora meno. Rileggiamo, per esempio, la celebre lettera di San Gerolamo al Papa San Damaso & t; ), le d tribe di San Bernardo contro i cattivi pastori > il programma di riforme che egli traccia nel De Con sideratione»), oppure una certa invettiva di Santa di dar noia all

sino i Niniviti

13) Cfr. il Panegirico di S. Remigio, tenuto a Reims da Mons. CHAPPOULIE, vescovo di Angers: Davanti «all'intensa trasformazione che da più di un secolo va operandosi nella società», il dovere del cattolico è quello «di cercar di comprendere, e soprattutto di voler amare». Senza dubbio «certe audacie ci possono far ombra, certe «scoperte» ci possono sembrare delle «ingenuità», ma «a conti fatti è forse preferibile... chiudersi in un rifiuto sdegnoso e immobile, tenersi paurosamente rifugiati nell'amor del passato?». Per sapere svincolare a tempo, da un passato caduco, l'eterna verità del Vangelo, secondo «l'insegnamento di S. Remigio», ci vuole «una possente fede in Gesù Cristo e nell'avveramento del suo regno». Semaine religieuse d'Angers, e Témoignage chrétien, vembre 1952. 14) Du régime temporel et de la liberté (1933), p. 139. 15) Epist., 15 (P. L., 22, 355). 16) In Cantica, sermo 77, n. 1-2 (P. L., 183, 1155-1156). 17) Specialmente nel l. IV (P. L., 182, 771-788).

33%

14

no-

Caterina da Siena contro alcuni alti stici: «O uomini, o ni visibili, quanto vi

meglio, acceca

non

dignitari

uomini

ecclesia-

ma

demo-

l amore disordinato che

voi portate alla putredine del vostro corpo, alle delizie ed agli splendori del mondo!» > gt;). Rico

Santa

una

Brigida,

un

Gersone,

un

San Bernardino

da Siena, un San Tommaso More; e più vicino a noi, un San Clemente Hoffbauer... Pensiamo alle lotte dei

«Gregoriani » per liberare il governo della Chiedal sistema che lo asserviva; all'arditezza di un Gerhoh di Reichersberg che, come San Bernardo, insa

dirizzava al

Papa Eugenio III

la

sua

opera «sullo

quella d'un Ruggero Clemente IV di «purgare il

stato corrotto della Chiesa»,

a

Bacone che chiedeva a Diritto Canonico» e di gettare fuori della Chiesa gli elementi pagani che vi si erano introdotti con l'antico Diritto civile»

a); a quella di un Guglielpubblicava un trattato de modo concilii celebrandi et corruptelis in Ecclesia reforrnandis», o ancora alla supplica che il certosino Pietro di Leyde rivolgeva al Ponte6ce romano nella preDurand che

mo

~

fazione all'edizione delle opere del

suo

confratello

> ). Evochia o, att quest'ultimo esempio, grande movimendi riforma cattolica, troppo genericamente indi-

Dionigi da lui curata nel 1530 verso

to

tutto il

18)

Lettera 315 (al. 312). Compendiurn, c. 1 e 4. 19) Opuscula, di DIONISIO CARTUSIANO, dedica: e Io mi rivolgo a Vostra Beatitudine, non a nome mio, ma a nome di molti, per non dire a nome di tutti. L'atto di sollecitudine che reclamiamo, a)

lo chiamiamo riforma della Chiesa... Cosa c'è nella Chiesa che non sia contaminato o corrotto' Cosa resta dell'integrità del clero, dell'onore della nobiltà, della sincerità del popolo. Tutto è confuso, ferito, rovinato, mutilato. Dalla pianta dei piedi alla sommità del capo, non esiste più nulla di sano» (Trad. frane. J. DACxENS, Bérulle..., 1952, p. 80).

cato sotto il nome di «contro-riforma»: presa non avrebbe senza una

ha

registrato

non

Tuttavia per

lucido

simile im-

neppure abbozzata decisa volontà di autocritica, di cui la storia

potuto

essere

illustri testimonianze.

poche

critica opportuna, per

una

un esame

fecondo, quanti eccessi, quante intemperanze! Per un atto coraggioso, quanta vana agitazione! Quante critiche negative! La santità non è free

quente, e la più sincera buona volontà non ha nè gli stessi diritti ne gli stessi privilegi. Competenza ed opportunità possono anche far difetto. Anche determinato rimprovero è giusto, non si è per questo sempre autorizzati a farlo. Bisogna inoltre riconoscere e l'osservazione è importante— un

se

—

che

oggi

la situazione

è

non

più quella

dei secoli che

noi chiamiamo cristiani. Allora, tutto si svolgeva, per cosi dire, in famiglia. Non c'era l'irreligione sempre in agguato per trar profitto da tutto. Oggi invece che da ogni parte la Chiesa

è

in

ve-

di accusata, oggi che è incompresa, dileggiata nella sua esistenza e nella sua stessa santità, ogni ste

cattolico deve vigilare di

essa

a

non

lasciar sfruttare contro

quanto esprime

con

l'intenzione di

meglio

da fatali malintesi:

delica-

servirla. Deve

guardarsi

tezza filiale che

non

ha nulla

a

vedere

con

il riserbo

affettato o col calcolo ipocrita. Non è possibile'formulare in questo campo nessuna regola precisa, ma all'uomo veramente «ecclesiastico ~, quale noi ab-

biamo cercato di definire più sopra, e che non puo mancare di essere veramente «spirituale», lo Spirito Santo

non

sarà certamente

siglio. Comunque, dobbiamo 336

avaro

del dono del

nettamente

con-

distinguere

la

autocritica, anche

sana

se

perdita

che deriverebbe da una

o malestra, da sterile, da tutto ciò

eccessiva

tutto ciò che sarebbe lamento

o

da

semplicemente

diminuzione di fiducia nella Chiesa. Certo, sarebbe empio denigrare, prendendo pretesto da qualche fatto increscioso, « tutto quel meraviglioso e siuna

lenzioso lavorio del cristianesimo contemporaneo per confessare le proprie insufficienze, per cercare di

comprendere,

amare

nato fuori della

la tempesta nuova»

Ma tare il

e

> perchè

suo

e

salvare ciò che di valido è

inHuenza diretta, per uscire nelraccogliere i primi materiali della casa sua

un

tale sforzo possa

frutto, si deve

svilupparsi

e

por-

stare attenti a non lasciarlo

spirito totalmente diquello della sua ispirazione iniziale. In certi periodi si moltiplicano i sintomi di un male che si diffonde come una epidemia. E' una contaminare dal soffio di uno

verso

da

crisi

di

sono

colpiti,

i%on

nevrastenia

collettiva.

Per

coloro

tutto diventa materia di

che

ne

denigrazione.

più soltanto di ironia, di fronda, 'o di da cui, in ogni tempo, certi temperamenti sanno sufficientemente difendersi. Tutto riceve si tratta

amarezza non

interpretazione sinistra. Ogni conoscenza, anche

una

le nuove scoperte,

sere;

esatta, accresce il malesmale assimilate, le nuove

tecniche, male utilizzate, ritenere vita

più

scosse

spirituale a

le

sono altrettanti motivi per assise tradizionali della fede. La

si indebolisce cosicchè

vedere nulla nella

illuminati,

e

non

si

sa

sua

più

20) EMMANUEL MOUNIER, Georges Bernanos, p. 113. 22.

Il Volto della Chiesa.

vera

non

si riesce

luce. Ci si crede

discernere l essenziale.

Un surnaturalisme historique,

—

337

Non si

sa

più scoprire,

sbocciate di fresco, attorno

forse, le mille invenzioni dello Spirito, sempre uguale a se stesso e sempre nuovo. Le vedute e le

a

noi

di valutazione dello

norme

l'effetto di

spirito

di fede fanno

velo illusorio... Allora, per mille vie, si insinua lo scoraggiamento. Cio che avrebbe potuto un

risveglio ha invece un effetto paralizpuò essere ancora sincera, ma è ormai minata da ogni parte. Ci si mette a guardare la Chiesa come estranei, per giudicarla. Il lamento della preghiera si è trasformato in recriminazione tutta umana ~> provocare

un

zante. La fede

Con

questo

movimento

specie di secessione interiore, ma

su

farisaico,

con

questa

dichiarata, si avvia pà

non ancora

per questo meno perniciosa, ci strada che può portare al rinnegamento. Voglia Iddio che ci si possa accorgere in tempo non

una

reagendo immediatamente! Non si tratta di chiudere volutamente gli occhi di fronte ad insufficienze di ogni genere, sempre troppo reali; non si tratta di soffrirne: l'indifferenza potrebbe essere peggio-

non

di una emozione troppo viva. La lealtà totale e fervente della nostra adesione non esige da noi una re

ammirazione o

può

essere

puerile pensato

per tutto ciò che e

può esistere,

fatto all'interno della Chiesa.

Sposa del Cristo, che il suo Sposo ha voluto perfetta, santa, immacolata, non è tale che nel suo principio. Se essa brilla di uno splendore senza macchia, è «nei sacramenti ove genera i suoi figli e li Questa

nutre, nella fede che

essa

conserva

sempre al sicuro

21) Cfr. PAUL CLAUDEL, lettera ad André GIDE, 9 gennaio 1912: « ...I veri figli di Dio tacciono, soffrono, e pregano; ce ne sono più di quanti voi pensiate, ma bisogna esserci in mezzo per conoscerli » (p. 190). 338

da ogni attacco, nelle leggi santissime che essa impone a tutti e nei consigli evangelici che a tutti propone e, infine, nelle grazie celesti e nei carismi so-

prannaturali

i

con

quali

essa

genera, con inesauribile

fecondità, schiere innumerevoli di martiri, di confessori e di vergini ?~). Se la sua anima è lo Spirito di ~

Cristo, i suoi membri nondimeno sono uomini. Ora, lo sappiamo bene, gli uomini non sono mai all'altezza della missione divina loro affidata. Non

completamente duttili e docili alle ispiraSpirito del Cristo. Se essi non riescono corrompere la Chiesa, perchè la sorgente della sua

sono

mai

zioni clello a

forza santificatrice

non

risiede in loro, neppure la completamente in

Chiesa riuscirà mai ad inaridire

essi, finchè dura la condizione terrestre, la sorgente contraria. La loro buona volontà non è una garanzia

di intelligenza,

e

l'intelligenza

non

è sempre

pagnata dalla forza. I migliori tra loro

non

accomcessano

di opporre mille ostacoli al bene che Dio vorrebbe operare per loro mezzo ~> ). Re ti dun ue en chi

la storia, a questo riguardo, è una preziosa maeche da parte degli uomini ci possiamo aspettare di tutto e nulla ci deve meravigliare. Non siamo forse uomini anche noi? Non sentiae

—

stra

—

forse anche noi la nostra miseria e la nostra incapacità? Non sperimentiamo costantemente la nostra mo

limitatezza? Non ci è mai successo di

sorprenderci

in

22)

PIO XII, enciclica Mystici corporis, p. 36. 23) Questo è un pensiero che torna a più riprese nella corrispondenza di S. Francesco Saverio. Egli lo inculca ancora nei suoi ultimi ricordi al suo fedele discepolo Gaspard Barzée. Cfr. CATERINA RANQUET, lettera al P. de Bus, 4 maggio 1647: «Io non sono, davanti a Dio, che un ostacolo ai suoi disegni, e la distruzione della sua opera... » (G. GUEUDRE, Catherine Ranquet rnystique et educatrice, 1952, p. 168).

339

Ragrante, sa

santa

evidente contraddizione, servendo una caudei mezzi dubbi? Non dobbiamo rico-

con

noscere che le nostre deficienze più gravi sono quelle che sfuggono al nostro sguardo? Non avvertiamo, qualche volta almeno, di essere senza intelligenza di fronte al mistero che siamo chiamati

a

vivere?

Perchè escluderei, allora? Perchè questo isolamento, da cui deriva tanta severità di sguardo? Cadiamo cosi nella stessa illusione del

misantropo,

che

prende

il genere umano come se lui fosse di un altra stoffa; mentre è cosi facile «intenderei a fondo con l'Umanità: basta fame parte, aderirvi con tutto il in

uggia

peso del

proprio essere, con l'intreccio di tutte le proprie membra»; «non ci sono più allora nè accuse, nè distacchi, nè apprezzamenti, nè confronti 4). Avvertito e sofferto prima di tutto in noi stessi, l evi~

dente contrasto esistente tra la miseria umana di coloro che formano la Chiesa e la grandezza della sua missione, non sarà più per noi motivo di scandalo. Sarà anzi uno stimolante. Capiremo allora che una

forma di autocritica, tutta tesa al di fuori, potrebbe non essere altro che la ricerca di un alibi per sottrarci ad un doveroso esame di coscienza a). certa

24) PAUL CLAUDEL interroge le Cantique des cantiques (1948), p. 277. a) Cfr. la lettera del card. VISZYNSKI, novembre 1952, alla redel periodico cattolico di Cracovia Tyodnik Po~szechny: «La presenza attiva dei cattolici nella Chiesa universale richiede un approfondimento... Dev'essere la presenza, dei domestici /dei, incorporati al Cristo vivente nella Chiesa... E' necessario condurre gli uomini a romperla con l'individualismo religioso, con la facile critica di questi osservatori lontani che impongono alla Chiesa, concepita sovente in modo molto astratto, delle grandi esigenze, mentre dimentiche cano queste esigenze occorre imporle anzitutto a se stessi, perchè la Chiesa... siamo noi». Vedi anche IVO de MONTCHEUIL, Aspect de l'Eglise pp. 77-79. dazione

340

E l'umile accettazione della solidarietà cattolica, darsi serva a risvegliarci da qualche illusione.

può Può

darsi

serva a farei amare nuovamente, in una luce nuova, tutti quegli aspetti della saggezza della nostra Chiesa, delle sue istituzioni, delle sue tradizioni, del-

le

sue

esigenze

che noi

eravamo

portati

a

non

più

capire.

Ma per far presa sulle nostre anime, l'inquietudine riveste oggi delle forme più precise. Anche l'apostolo più umile non vi sfugge. Anche in lui nasce,

l'aperto ed angosciato interrogativo: l'azione della Chiesa sul nostro tempo è veramente adeguata? Una irrecusabile esperienza non la rivela forse tragicamente inefficace? Da qualche anno soprattutto, simili questioni vengono agitate un po' dovunque. Non misconosciatalvolta,

mone un

la serietà. Non scartiamole troppo presto, con aprioristico. Non faremmo che turbare mag-

rifiuto

giormente coloro che, forse perchè di noi, si dibattono in Ma anche sforziamoci, scernere

esse

in

senza

meno

una

notte

intorpiditi dolorosa.

intemperanze, di di-

gli spiriti > parti vien

Da diverse valore attuale,

non certo

posto l'interrogativo sul del cristianesimo in se stes-

25) Non tocchiamo qui nessuno dei problemi oggettivi che realmente si potrebbero porre in trattazione; non è che vogliamo contestarne l'importanza: ma è che questo sarebbe uno sconfinare dal nostro argomento. Il nostro sforzo mira solo a definire l'atteggiamento senza il quale i problemi in parola sarebbero forzatamente male impostati e comporterebbero sin dal loro enunciato il rischio dell'equivoco o della deviazione.

341

«pezzi » di cui si compone, per cosi dire, il vecchio strumento religioso, quale i secoli l'hanno forgiato. Se ne constata un rendimento trop-

so, ma di molti

scarso.

po

ti, a

Se

denunciano

ne

gli ingranaggi

consun-

vedono allentate le molle. Si fa il processo molte usanze. Si parla di metodi o di istituzioni se ne

sorpassate. Che in tutto questo ci sia

rovescio, che nella

scelta

ancora una

tanto nella

rimedi

dei

più di una illusione a diagnosi del male quanto si insinui qualche errore,

volta, chi potrebbe stupirsene? Una giu-

bisogni nuovi puo andar congiuninadeguata o con qualche chimera.

sta intuizione dei ta con una scienza

La distinzione esatta tra ciò che deve

essere conserva-

ciò che è bene cambiare

si fa sempre di

to

e

non

primo colpo. Si dispera talvolta un po' troppo presto di una forma che sembra morta, ma che potrebbe essere

rianimata.

Ma Se

non

è il

caso

di allarmarsene eccessivamente.

è retta,

l'ispirazione

non

si durerà molta fatica ad

apportare, in un programma un po' cessarie rettifiche, o a completare

compensativi

uno

affrettato, degli

con

le

ne-

sforzi

sforzo unilaterale.

Ma è precisamente questa ispirazione che deve essere attentamente controllata. In essa, infatti, il peggio può rasentare il meglio. Può, anzi, scaltramente insinuarsi sotto le apparenze del meglio. Di questa preoccupazione di adattamento, di questo sofferto bisogno di una piu efficace « incarnazione» preoccupazione e bisogni giustissimi in se stessi ~&l ; e sp —

26) Quello Action

342

che

catholique

il ef

R.

P.

action

Alfred

de

temporeIle

SORAS sulla

scriveva

e legge

nel

1938

in

d'incarnatione &g

so

incoraggiati dall'autorità suprema della Chiesa ~&g qual è la vera e reale sorgente? Nasce forse, come

—

in

S. Paolo che, ad imitazione di Cristo, voleva farsi

a tutti, da pura esuberanza di carità? Non si mescola forse l'illusione, troppo naturale nell'uomo di mestiere, quale è inevitabilmente, in una certa misura, ogni prete, che basti cambiar metodo, come

tutto

farlo un'impresa umana, per ottenere dei risultati che suppongono innanzitutto un cambiamento del cuore? Considerazioni realistiche, inchie-

potrebbe

ste oggettive, statistiche, formulazioni di « leggi sociali », elaborazione di nuovi piani metodici, rotture piccole o grandi con le forme di apostolato del tempo passato, messa a punto di tecniche nuove : di tutto può servirsi uno zelo molto puro e molto retto. Chi le denigra opponendo loro i mezzi del Curato d'Ars si attribuisce troppo facilmente la parte brillante. Tuttavia è necessario mantenerle sempre al loro posto, ad esclusivo servizio dello Spirito di Dio. Cosa ancor

tudini,

più

grave: in misura

dezza, to disgusto una

non

piu

si mescola alle nostre

o meno

grande,

inquie-

una certa

timi-

di sicurezza intima, un segredella tradizione della Chiesa? Pensando

mancanza

emanciparci da uno spirito ritenuto senile, volendo lottare contro l'anchilosi e la sclerosi, non andiamo incontro a qualche «malattia infantile? «?> ). di

circa la sua profondità, la sua estensione e i suoi problemi, resta tutvalido.

tora

27) Uno degli esempi più recenti ne è il discorso di S. S. PIO XII aHe Superiore delle famiglie religiose convenute a Roma nel settembre 1952: « ...Nelle cose che non sono essenziali, cercate di adattarvi quanto ve lo consigliano la ragione e la carità bene ordinate». 28) Cfr. JOSEPH FOLLIET, Présence de l'Eglise, cap. III: «Malattie senili e malattie infantili dei cattolici francesi» (1949); e l'inper

vito

del R.

P.

LOUIS

BEIRNAERT

a non «rinchiudersi

nel risen-

34%

scambiamo forse per un risveglio di personalità il di una cieca seduzione? Non finiamo per

frutto

giudicare ogni

cosa

in base

criteri

a

«moderni?». Non ci lasciamo

superficialmente abbagliare dai valori

mondo ostenta davanti a noi? Di coloro che li rappresentano, non ci lasciamo prendere a poco a poco da un meschino complesso che il

profani f~onte

a

di.inferiorità? i

più sacri,

Sugli oggetti

non

che per noi devono essere già subendo l'idea di

stiamo forse

coloro di cui dovremmo invece

compiangere l'accestupidamente sedurre dal«superbia vitae. ». In breve,

camento? Non ci lasciamo le manifestazioni della senza flettere

ancora

remmo, se cosi si fede in essa ~>

dalla nostra fede,

può dire,

a

non

comince-

lasciar cedere la nostra

Converrebbe allora ricordare

più esplicitamente a «Quando sarò inme» > ). Que ta par

noi stessi alcune costanti verità.

nalzato da terra, trarrò tutti a non ci invita certo ad un'imitazione letterale

di Gesù

noi, del resto,

Sapienza

in persona per

poterei accontentare di dire : «Venite

a me, e sarete

e

timento»: Fédelité 151, p. 16.

non

à

siamo la

l'Eglise

et

fédelité

à

l'homme,

in

Etudes,

t.

29) La tentazione sarà già per buona parte dissipata se noi vediamo che altri prima di noi l'hanno conosciuta e vinta. Trattando da un punto di vista ben differente dal nostro, NEWMAN, nel suo periodo anglicano, era stato sul punto di soccombere. Egli scriveva da Malta il 26 gennaio 1833 : « Il mondo cristiano, gradualmente sta diventando sterile e si esaurisce come una terra che diventa sabbia. Noi abbiamo durato ormai più zogiorno, ma sembra che stiamo passando anche p. 295); citato da Louis BOUYER, Newman, sa

sfruttata a fondo e a lungo che il meznoi». (Lettere t. I, vie, sa spiritualité,

D'un certo uomo politico è stato detto'.«egli crede 1932; p. 178). nella sua verità ma nello stesso tempo dispera di essa» (Etienne in Terre humaine, ottobre 1952, p. 7). Quanto è più illogfco BORNE, un tale stato d'animo in un cristiano, per rapporto alla sua fede! 30) Jo., IX, 39. Cfr. il suggestivo studio di BENGT SUNDKLER, Gesù e i pagani, nella Revue d'histoire et de philosophie religieuse, —

1936,

344

pp.

462-499.

ricolmi della mia ricchezza!»

to

a

>

gt; . San aolo, co

Cristo, ha percorso il mondo, precursore di

una

legione di apostoli, e la Chiesa resterà sempre missionaria. Questa affermazione di Gesù è indicativa di uno spirito. In altre parole, abbiamo ragione di non voler essere «separati dagli uomini che si tratta di condurre a Cristo, se alludiamo con ciò alla necessità »

di abbattere le barriere create tra loro e noi da forme di vita e di pensiero dissuete e, a fortiori, da usanze che solo un ideale di benessere o di tranquillità potrebbe giustificare. Abbiamo ragione di non lasciarci rinchiudere, suna specie di

guardarci

da noi stessi, in nesdobbiamo ugualmente

dagli altri o ghetto. Ma

dal misconoscere tanto la

posizione

real-

mente centrale che la nostra fede ci assicura nella sua vitalità, quanto l'essenziale condizione di «separati », propria di ogni cristiano e, a fortiori, di ogni sacerdote nei riguardi del mondo > gt ). Se siamo ver mente «conv r iti a Dio» biamo abbandonati gli idoli possiamo «aggio-

misura stessa della

~

garci

~

con

coloro che

e non

ne sono

invece sedotti

>

gt

in questa santa segretezza e nella pratica gioiosa di tutto ciò che essa comporta, noi dimostreremo di essere veramente

vivi,

saranno

rati da questo focolare di vita più «separati » da noi. Attraverso la

nostra

vita

gli altri ad e

si

a

non

essere

voler

perpetuerà

atti-

essere

cosi

il

miracolo dell'attrazione del Cristo.

31)

Eccli.

XXIV.

= segregatus. Cfr. Act., XIII, 2; Rom., I, 1: tus apostolus, segregatus in evangelium Dei». 33) I Thess., I, 9; I Cor., VI, 9-12; II Cor., VI, 14-17.

32) Sanctus

345

Non temiamo dunque di profonda simpatia con gli

di

dano. Sforziamoci di

essere

sentirci in comunione uomini che ci circon-

pienamente umani; è

dovere di sincerità interiore

un

anzi, cosi

e

di carità fraterna;

disposizione dovrebbe essere in noi naturale, cosi congenita, che non dovrebbe riuna

chiedere

tale

nessun

sforzo.

Non confondiamo la nostra fedeltà all'eterno un

attaccamento

meschino,

o

con

persino morboso,

al

passato. Ma, nel medesimo tempo, diffidiamo della sufficienza moderna. Stiamo attenti a non fare nostre

le debolezze, le infatuazioni, le ignoranze presuntuose, le grettezze dell'ambiente circostante. Badiamo

accogliere in noi stessi la mondanità, popolare borghese, volgare o raffinata. O piuttosto, poichè purtroppo ne siamo sempre in qualche modo contagiati, non stanchiamoci mai di liberarcene. In breve, cerchiamo di essere sempre, e con la maggior non lasciamo spontaneità possibile, «adeguati a non

o

» :

ma

mai che, nel nostro comportamento o nel 'nostro pensiero, si adegui minimamente il cristianesimo allo del tempo. Non lasciamo mai che si umanizzi si abbassi, insipidisca o devii. E il Mistero cristiano non perda mai, in noi, il

spirito o

suo

vigore >

La difficoltà

in certi

sofferenza, in certe anime,

spiriti si fa più viva, e la più acuta, quando si crede

34) Rom., XII, 2: e Nolite conformari huic saeculo». Ci siamo già spiegati più diffusamente su queste questioni in Paradoxes, pp. 4145 e 73-85. 346

di dover costatare che, malgrado tutti gli sforzi di per effetto di cause che rendono im-

adeguamento,

potente ogni iniziativa, l azione della Chiesa è ben lontana dall'essere efficace. Lungi dal progredire, regredisce. Anche là dove apparentemente essa predomina, anche là dove la sua influenza è riconosciuta ed

incoraggiata, se

la Chiesa

stessa, il Vangelo,

non

mato secondo i suoi

riesce

a

far regnare, con non è trasfor-

l'ordine sociale

e

principi. Ora,

non

si

giudica

forse lalbero dai suoi frutti? Non abbiamo ragione allora di credere che la Chiesa ha fatto il suo tempo?

Non c'è da

temere che essa non possa mai realizzare

altrimenti che in simbolo

quello

che altri si vantano

di tradurre, finalmente, in realtà effettiva? E non si deve, per conseguenza, trasferire su questi ultimi la fiducia che si

era concessa

in

alla Chiesa?

Quanti equivoci, ragionamento in apparense tutti, nella Chiesa, fossesemplice! Certo, ro quello che dovrebbero essere, è chiaro che il Regno di Dio progredirebbe con un altro ritmo, sia

za

un

cosi

pure in

mezzo

osservavamo

in

ad ostacoli sempre accresciuti, come un capitolo precedente, e benchè

sempre invisibile all occhio non illuminato da Dio. E' ugualmente vero che una data incidenza storica od un deteiiiiinato contesto sociale, indipedente dalle volontà individuali, può creare delle condizioni sfavorevoli, dei malintesi profondi, dei «divorzi », e

problemi. Ma per avere questi problemi o quanto probabilità se riconoscerne meno, alcuni, provvisoriabisogna porre cosi dei formidabili

di risolvere

mente

insolubili, per

mantenere intatta la

fiducia,

dissipare pochi equivoci latenti. Lasciando dunque da parte tutte le considerazio-

occorre

non

347

sociale, è di questo discernimento preliminare che importa anzitutto trattare >

ni d'ordine

Quando progresso

o

parla della Chiesa, non giudichiamo di di regresso, di successo o di insuccesso,

si

un metro umano, alla stregua delle realtà puramente temporali. Il bene soprannaturale, di cui essa con

è

quaggiù l'artefice, raccoglie nell'eterno.

si La

totalizza

nell'invisibile, comunione dei santi

si si ri-

estende di generazione in generazione. E non cominciamo neppure a sognare di una Chiesa esteriormente trionfante. Il suo Maestro non le ha pro-

strepitosi e sempre crescenti. Non all'eloquenza o ad un sentimento romantico, ma enunciamo una legge della sua natura, ripetendo a suo riguardo la parola di Pascal: essa deve essere, come il Cristo, in agonia fino alla fine del mondo. Non dimentichiamo le esigenze della «saggezza redentrice» > lt;). V diam com essa opera vita e nell'azione di Gesù: questa contemplazione ci aiuterà, a rimanere pazienti nella nostra stessa inquietudine; ci farà superare 1 inquietudine, trascendendola, non spegnendola in una specie di rassegnazione che potrebbe essere una decadenza. L'apomesso

successi

cediamo

stolo deve saper attendere. Il sacerdote deve sovente accettare di sentirsi impotente; deve accettare di non

quasi mai compreso. Soprattutto non inganniamoci

essere

su

questo Regno

35) Cfr. JEAN CLRMENCE, S. J., le Discernement des esprits dans les Exercices spirituels de saint Ignace de Loyola, nella Revue d ascétique et de mystique, 1951; p. 359: se il pericolo che minaccia le anime ancora mediocri è costituito dalle vigliaccherie, «quello che minaccia le anime generose è dato dalle illusioni». 36) Cfr. Alfred de SORAS, S. J., Bisogno attuale d'una sapienza redentrice, in Masses ouvrières, marzo 1952.

di Dio che è il fine della Chiesa

missione di

Ne

anticipare.

va

Senza misconoscere affatto sociali sa



l'insostituibile

di

che

e

essa

mezzo tutta

l'urgenza

contributo

apporta alla loro soluzione»),

dei che

come

ha la

la fede.

problemi la

Chie-

dimenticare,

senza grave danno, che essa vuole risolvere un problema non meno urgente ma più profondo e più va-

sto, più costante

e

più

universale? Come le malattie

l'evolversi dell'ambiente apportatore di germi, lottando contro il rimedio e rinascendo non appena si era creduto di vincerle, cosi il male radica-

mutano

con

le annidato in fondo all'essere dell'uomo, rinasce, sotto aspetti imprevedibili, benchè sia, in fondo, sostanzialmente

uguale,

a

misura che la società si tra-

sforma. La

psicologia, l'uomo,

vono:

gnifica cerca

ad

costumi, i rapporti sociali si evolil suo male, rimane. Ciò non si-

rinunciare ad

del

una

i

con

ogni possibile sforzo nella

La tenacia del male è

meglio. più ostinata

lotta

e

uno

più perseverante.

ri-

stimolo Ma

an-

che supponendo e ne siamo ben lontani, purtropun funzionamento sociale perfetto, che non po! sia cioè una macchina economica e politica poten—

—

te,

ma un

ordine esteriore veramente umano, l'opera non sarebbe ancora, per cosi dire, nep-

della Chiesa

pure incominciata. Perchè

essa

non

vuole

adagiarci

37) Il cattolicesimo sociale si trova un po' nella'situazione della filosofia cristiana. Non può essere, non potrà mai essere un sistema compiuto nè una riuscita totale. In ciò che essa ha di fondamentale, l'azione del cattolicesimo sulla società, come sul pensiero, del resto è essenzialmente indiretta. Tuttavia nel corso del recente periodo, in cui la condotta delle società e degli Stati è stata cosi poco sottomesdella Chiesa, bisogna ancora ammirare le realizzazioni quello che è stato chiamato il cattolicesimo sociale: un'opera di dottrina e di penetrazione i cui frutti sono tutt' altro che trascurabili. sa

di

a11'influenza

nell'esistenza ter'ena, ma sollevarci al di sopra di essa. Portandoci la Redenzione di Gesù Cristo, essa vuole strapparci al male che è in noi ed aprirci ad un'altra esistenza. Al contrario, tato

soprattutto

se essa cercasse

risul-

un

le sarebbe negato anche questo. Se per realizzare in mezzo al mondo l'opera della salvezza, essa aspettasse che le condizioni temporali fossero finalmente migliori, comunque si intenda

temporale,

—

sarebbe infedele alla sua missioquesto optimum ne che non consiste nel condurre in porto, in un —

avvenire remoto, salvare,

lungo

una

lontana umanità futura, ma nel tempi, la totalità del

tutto il corso dei

genere umano; non una umanità del mito, uomini concreti di ogni generazione.

Se dunque abbiamo la preoccupazione di

ma

gli

essere

realisti, è necessario però che il nostro realismo non si inganni sul suo oggetto. Se abbiamo la preoccupazione dell'efhcacia, non dobbiamo fare assegnamento su

sviarci dallo scopo. dobbiamo, essere severi

mezzi troppo estrinseci, atti

Se

possiamo

talvolta

e,

a

coloro che portano il nome di cattolici, noi stessi dobbiamo esserlo meditatamente in con

con

no-

non siano falsati. Non dobbiamo perdere di vista l'essenziale. Ora, questo essenziale, che non potrebbe neppur più rimanere sul nostro orizzonte come un lontano obiettivo, se rifiutiamo di accoglierlo nel cuore me

di criteri che

della nostra azione presente, un

per no

va

giudicato

da

mezzo

degli

altri secondo

leggi che ci rimangoapplicazioni, ma

sconosciute nelle loro concrete

il cui

350

non

punto di vista quantitativo. Dio salva gli uni

principio

si

impone

alla nostra fede. Sono le

misteriose della comunità di salvezza. La preghiera di intercessione ed il sacrificio dell amore non hanno perso nulla, oggi, della loro segreta potenza. D'altra parte, l'esistenza anche di un solo santo sa-

leggi

rebbe già una testimonianza sufficiente del valore divino del principio che lo ha nutrito. Ma abbiamo noi la necessaria purezza di sguardo per discernere in mezzo a noi, in quest'ordine di san-

tità, l'efficacia della Chiesa? Sforziamoci almeno di intravvederla, e sappiamo scoprire, dietro le massiccie apparenze che la nascondono, la realtà centrale. Le chiassose

dispute ideologiche

non

ci devono

di intendere questa silenziosa respirazione della santità... Capo di una comunità formata, allo-

impedire

ra, quasi esclusivamente di povera gente, poco istrui-

apprezzabile influenza sui destini dell'ImSan Cipriano diceva già: «Noi non parole, ma a fatti; non diciamo delle ma le viviamo» > ). Que to gr do di um cose, grandi ta,

senza

pero, il grande siamo filosofi a

fierezza rimane sempre vero. L'essenziale non viene tanto discusso. La vitalità cristiana dipende molto meno

di quanto

l'opinione,

pensi da sulla

tutto

svolge agitazioni della, politica

ogni tempo, Sotto le

uno

si

scena

che, in

ed i risucchi del-

sotto le correnti di idee e le

lontano dai crocicchi

ciò

del mondo.

controversie,

dalle piazze pubbliche, sfugalle auscultazioni ed alle inchieste, continua a gendo trasmettersi ed a rinnovarsi una vita di cui è quasi impossibile poter giudicare dal di fuori. I ciechi e

38) S. CIPRIANO, de Bono patientiae, c. 3: «Nos autem... qui phi1osophi non verbis sed factis sumus..., qui non loquimur magaa sed vivimus» (ediz., C. HARTEL, t. I, p. 398). MINUCIO PELICE, Ottavio c. 38, n. 6 (P. L., 3, 359 A). S. ANTONIO, riportato da San ATANASIO (cfr. MOEHLER, Atanasio il Grande, t. Il.

351

i.edono, i sordi intendono, i morti risuscitano, i poveri sono evangelizzati > gt ). Il Re no i Dio op profondità

e nel segreto. Qua '.o rivelano. Si formano delle

dono, si lano di



e

improvvisi sprazzi

zone

di luce, si esten-

congiungono. Nella notte alcuni punti brilun più vivo splendore. Talvolta, qualche

macchia

di sangue, per costringerei all'attenzione: altrettanti segnali annunciatori.

iono

discussioni sul cristianesimo del tempo, fra tanti lamenti relativi alla sua ~ assenza di adattamento» e alla sua inefficacia» è necessario tornare a queste considerazioni molto semIn

mezzo a tante

nostro

«

plici. piu vivi, non si trovano neneppure generalmente, tra i sapienti i fur i, ra li intellettu l o r i politi i;

I cristiani

essariamente &

t;

r

migliori,

i

e

». Per conseguenza la loro voce risuona nella stampa, ed i loro atti non interessano il pubblico. La loro vita è nascosta agli occhi

le «autorità sociali non

del mondo

e

non

è che tardi ed eccezionalmente,

he alcuni giungono il

:on

rischio

di

a qualche notorietà, e sempre strane deformazioni. All interno

>te so de la Chie a, sa à, er morte che qualcuno acquisterà

>ta

più >

&

lo p ù, solta to d po un prestigio inconte-

o. Epp re s no prop io l ro he contribuisco gli altri, ad impedire che la nostra terra

di tutti ia

un infer

I più, non t; adeguat »,

si

domandano

nè se e

se

sa ia «effic

la loro fede 'sia ce

~. Si content

di viverla, la fede, come la realtà più vera e sempre attuale, ed i frutti che ne derivano, anch' essi spesso

nascosti,

non

sono

39) Luc., VII, 22.

per questo

meno

meravigliosi.

Anche

se

si

non

sono direttamente

impegnati

in

un'attività esterna, essi sono all'origine di tutte le iniziative, di tutte le attività, di tutte le istituzioni che non sono condannate alla sterilità. E sono loro

che

conservano

in

noi,

che ci ridonano,

o

speranza. Oseremmo forse dire che

rosi

e

meno

operanti che

oggi

in altri

di

fronte

alla

sono meno nume-

tempi 4~)? Per

un

chiudiamo gli fecondità reale della nostra

sogno forse chimerico di e8icacia

occhi

qualche

non

Madre.

C'è un'altra tentazione. Anche questa tazione di anime volgari; è la

più

non

costatazione che

sa si insinua muovendo da

una

già

«Vedete, fratelli,

stata fatta da S. Paolo:

veva

è ten-

grave di tutte. Es-

S. Paolo ai cristiani di Corinto

non

—

era

scri-

—

ci

sono

molti saggi, molti potenti, molti nobili in mezzo a voi » 4 ). I saggi, i potenti ed i nobili possono anche la riflessione

dell'Apostolo profonda e multiforme. Agli occhi del mondo la Chiesa, come il suo Signore, ha sempre l'aspetto della schiava. Esiste quaggiù in forma di serva» 4~). E non è soltanto la saggezza del mondo, nella sua accezione più materiale essere venuti in conserva

seguito,

intatta la

ma

sua

verità

«

40) Cfr. Par adoxes, pp. 89-117 (su11'efficacia). Si potrà anche consultare HENRY DUMERY, Les trois tentations de l'apostolat moderne (1948) IVO M.-J. CONGAR, Jalon pour une théologie du laicat (1953), c. IX, Au monde 41) I Cor., I, 26. 42) Philipp., II, 7.

23.

Il Volto della Chiesa.

—

et pas du

monde.

353

che le

manca: è anche, almeno apparentemente, la saggezza dello spirito. Essa non è nè un'accademia di scienziati, nè un cenacolo di raffinati spirituali, nè un'assemblea di

superuomini. E' anzi esattamente il contrario. S'affollano gli storpi, i deformi, i miserabili di ogni sorta,.fanno ressa i mediocri, che si sentono particolaraiiente a casa loro e che impongono ovunque il loro tono. I suoi più splendidi progressi non fanno che accentuare questo carattere nella maggioranza dei suoi membri, come nel tessuto quotidiano della sua esistenza. Sarebbe anche troppo facile dimostrarlo con

esemplificazioni

concrete. In compenso è diffi-

cile, o piuttosto, assolutamente impossibile, all uomo iiaturale, fino a quando non sia intervenuto in lui una

radicale trasformazione

4>

), riconosc re in que e la traccia

fatto il compimento della Kenosi salvifica adorabile della ~ umiltà di Dio ~ < Da

quando esiste,

la Chiesa si è sempre attirata

43) Fin tanto che non sarà intervenuta la e metànoia=pentimento». Cfr. Mare., I, 15; Rom., XII, 2; Eph., IV, 23. 44) S. AGOSTINO, Enchiridion, c. 108: e ..ut humana superbia per humilitatem Dei argueretur ac sanaretur» (P. L., 40, 283). Sermo 1S4, n. 1: e Teneant ergo humiles humilitatem Dei » Sermo Sl, n. 4-5. (P. L., 38, 336); Sermo ll7, n. 17 (P. L., 38, 671); Senno 123, n. 1 (col. 684); Sermo 142, n. 2 (col. 778). De doctrina christiana, l. I, c. 14, n. 13 (P. L., 34, 24). Confessioni: «Non enim tenebam Jesum, humilis humilem». In Joannem, tract., 2, n. 4; tract. 25, n. 16 (P. L., 35, 1390-1391 e 1604). De Trinitate, l. IV, c. 2, n. 4 (P. L., 42, 889); 1. VIII, c. 5, n. 7 (col. 952). De agone christiano, c. 11, n. 12 (P. L., 40, 297); de Div. Quaest. S3, q. 69, n. 9 (col. 79). S. LEONE, de Ascensione Domini, sermo 2, c. 1: e Sacramentum salutis nostrae... per dispensationem humilitatis impletum est» (P. L., 54, 397 A). S. GREGORIO, Moralia in Job., l. Il, c. 35, n. 58: «Dum ipse humilitatem carnis suscepit, in se credentibus vota humilitatis inhmdit » loc. cit., p. 224). Cfr. P. ADNRS, l'Umiltà, virtù specificamente crisecondo S. Agostino, nella Revue d'ascétique et de mystique, 1952. E. BERGSON ha saputo parlara della «umiltà divina»: Les deux Sources..., p. 249. stiana

il ti

disprezzo di una élite. Filosofi o spirituali, molspiriti superiori, preoccupati d una vita profonda, le

rifiutano la loro adesione. Alcuni le

ostili. Come Celso essi

sono

apertamente

disgustati da «questa accozzaglia di gente semplice» 4> ) e se ne allonta no, con la serenità olimpica di un Goethe o negli acsono

cessi di furore dionisiaco di

un

Nietzsche. Voi preten-

il Corpo del Cristo, il Corpo di Dio! Il Corpo di Dio sarebbe fatto di una pasta cosi grossolana? E, tanto per cominciare, la dete, sembrano dire, di

essere

Divinità può

corpo

un

avere

4<

Molti altri, invece, tra questi saggi, sono convinti di rendere giustizia alla Chiesa e protestano quan-

do si

sentono definire suoi avversari.

sposti

a

proteggerla

mava uno

Sarebbero di-

all'occorrenza! «Come!

di essi in

risposta

escla-

—

ad amici che lo trova-

troppo favorevole alle scuole confessionali— pretendete che io spieghi il Parmenide alla mia cuo-

vano

ca?»


gt; . Una s retta appart alla Chiesa cattolica, si dice, ostacolerebbe la libera ricerca, frenerebbe l audacia dello slancio spirituale,. e condurrebbe ad un rigido inquadramento e ad una volgare promiscuità. L'eco più o meno smorzata di queste obiezioni e di queste ripugnanze, raggiunge anche alcune coessere

scienze cristiane. Se la fede

non

ne

rimane scossa,.

a)

Is., XXIX, 14; I Cor., I, 19. 50) S. AGOSTINO, Confessioni, 1. V, c. 3-7 (ediz., Paoline Roma 1951). 51) Dom Odon CASEL, trattando dei Libri ermetici, le Mémorial du Seigneur (trad. frane. Henry CHIRAT, 1945), pp. 59-60.

357

si

allentano

talvolta i vincoli

però

almeno in ciò che

avevano

Non si giunge alla rottura,

ma

religiosa.

Sul

e

di attivo.

si dimentica la stret-

ta correlazione della fedeltà ecclesiastica



la Chiesa

con

di cordiale

piano della verità,

con

la fedel-

il cristianesimo

può bensl uscire vincitore dalla prova: ma non per questo sarebbe giustificata l'esistenza della Chiesa o

non sempre la sua giustificazione teorica vincere queste ripugnanze. Una inchiesta imparziale può provare che la sa-

almeno

riuscirà

à

che

pienza

consiste in

essa un

propone e che essa infonde non di «puerili futilità», come

ammasso

Sant'Agostino prima che le prediche di Sant'Ambrogio gli avessero aperto gli occhi > ). E sa inoltre portare a scoprire la solidità del suo dogma, può fare intravvedere la profondità dei suoi misteri credeva

e della interpretazione ortodossa datane dai grandi dottori. Essa può, infine, fare ammirare gli splendori dell'arte e la ricchezza della cultura che, a]-

meno

in certe

epoche,

ne

illuminarono il volto

uma-

Tutto questo non muta l'evidente volgarità del tessuto connettivo a cui ogni esistenza cattohca

iio.

deve adattarsi

giorno

per

giorno

e

nel

quale

anzi

deve inserirsi.

pitture delle espressione figurata della

Davanti

alle

catacombe

romane, Parola che risuonò

-prima nel Cristo, André Malreaux esclama: «Quale distanza tra queste povere figure e quella voce profonda! > gt ). i può est ndere l'osserva ion . N 52) Confessioni,

1. VI, c. 4, n. 5: «Confundebar et convertebar et gaudebam, Deus meus, quod Ecclesia, tua unica, corpus Unici tui, in qua mihi nomea Christi infanti est inditum, non saperet infantiles nugas». 53) André M~RAUX, la Monnaie de l'Absolu, p. 160.

verificherà fatalmente la stessa ne,

qualunque

cattolica.

sia il modo

ne

Nella

o

predicazione

di ogni espressiola natura, della realtà corrente, infatti, che

cosa

diventa la Rivelazione? Che

cosa diviene l'appello di Dio nella comune raffigurazione? Che cosa diventa il Regno di Dio in molte immaginazioni, cosa

devote o teologiche? Che cosa diviene, in cuori troppo poco purificati dalle passioni umane, l'amore santo dell'unità? E nei manuali a che casa si riduce

troppo spesso il Mistero? Pascal ammirava la capacità che

esso

ha

di

tenere i due capi percorrendone tutto l'intervallo, unendo cosi tante verità» che sembrano contrastanti, ma che sussistono tutte in un ordine mirabile»

>

):

ma

in prati a, que

ta sint si al

cambia forse nella banale formula del

~

ta

giusto

on

mez-

ZO &g

La meravigliosa «complexio oppositorum ~ che il cattolicesimo offre sotto tutti i suoi aspetti, fa paura a

tanti credenti!

abitualmente

La

nè i

Chiesa stessa

non incoraggia nè le spiarditi, pensieri troppo

ritualità troppo sublimi: le forme che essa approva più volentieri non devono forse essere tali da poter essere

tollerate

dall'«ambiente

cattolico

che è sempre «qualcosa di molto molto mediocre? ~ >

medio ~, insipido e di

E anche da parte di coloro che si credono dotti, quale pascolo, rinnovato di età in età, offerto alla irrisio in6delium. Sinceramente, se la consideriamo con

uno

sguardo realista,

non

nel cielo delle pure

54) Pensieri, (ediz. Paoliae, Alba). 55) PAUL CLAUDEL, op. cit., p. 362. Cfr. la BRIEL

sua

lettera

a

GA-

FRIZEAU, loc. cit., p. 35.

359

idee

nella

ma

Chiesa

realtà concreta, «che

sua

cosa

è la

per cosi dire, un corpo di umihazione che provoca, in coloro che non vivono di fede, l'insulto, l'empietà, l'avversione o quanto meno un inse non,

dulgente

riserbo?»

>

Ora è proprio questo, è tutto questo complesso che si tratta non soltanto di subire in quello che ha e di fatale, neppure, certo, di canonizzare in bloc—

co un

ma

—

di assumere

totale lealtà. Non esiste

con

«cristianesimo privato

~

cosi

>

&

t;) e per acc tt re la

è, tanto nella sua bisogna prenderla umana e quotidiana, quanto nella sua idea eterna e divina, perchè, di diritto come di fatto, la dissociazione è impossibile. Per amare la Chiesa è neces-

sa,

come

realtà

sario, vincendo ogni ripugnanza, amarla nella massiccia

tradizione ed

immergersi nella

sua

sua

vita

il grano affonda nella terra; è necessario pure rinunciare al veleno sottile dei mistici e delle filo-

come

religiose che

sofie

fede

vorrebbero

prendere

che si offrono

il posto del-

tramutarla. Questa è la maniera cattolica di perdersi per ritrovarsi. Senla

sua

za

questa mediazione ultima, il mistero di salvezza

iion

o

può raggiungerei

e

a

trasfigurarci.

fino al limite la logica della Incarnazione, per cui la divinità si adegua alla debolezza umana. Per possedere il tesoro bisogna avere il

Bisogna spingere

«vaso

d'argilla» che

lo contiene

>

), fu ri el q

56) NEWMAN, Sermone sul Cristo nascosto al mondo (trad. frane. di Pierre LEYRIS, Cardinal Newman, le Christ, 1943, p. 189). 57) Cfr. E. KAESERMANN, citato da C. SPICQ, l'Epftre aux Hébreux (1952), p. 277: Questa Epistola «non conosce cristianesimo privato, e la fede esattamente come che della comunità in quanto tale». 58) Cfr. Il Cor., IV, 7.

360

l'obbedienza,

sono

caratteristi-

esso si sperde. Bisogna accettare quello che S. Paolo, che conosceva le tentazioni avversarie, chiamava « la semplicità nel Cristo» a). Bisogna far parte, senza alcuna riserva, della «plebe di Dio». In

le

altri termini, la necessità di essere umile per aderire a Gesù Cristo comporta la necessità di essere umile per cercarlo nella sua Chiesa e la necessità di unire, alla sottomissione della

fraternità» te

>

intelligenza,

~

l'amore della

gt;). So tanto col i che imane

le membra del

suo

Corpo, partecipa

u ito

del Cristo.

Il ricco, il forte, il saggio, non dicono al povero, al debole, all'ignorante : tu non mi sei necessario... Sa che fa

parte del Corpo di Cristo che è la

deve sapere che quelli che nella Chiesa appaiono deboli, poveri, ignoranti, devono essere tenuti in maggior onore e circondati di migliori cure,

Chiesa,

e

precisamente trà dire di

come

se stesso:

i

peccatori. In questo modo poIo ho il timore di Dio. Anzichè

mostrarsi infastidito, deve aver compassione di simili persone; deve soffrire con quelli che soffrono, per dimostrare, con i fatti, che siamo tutti un solo Corpo, solidali con le diverse membra b) Qu.esto il prezzo tolica.

dell'inapprezzabile

bene: la comunione cat-

E' quanto già scriveva San Clemente Romano, dei successori di San Pietro, cogliendo, di

uno

Il colpo, il senso profondo della Chiesa: a coloro che sentono umilmente, appartiene «

Cristo non

a

a) Cfr. Il Cor., XI, 3. 59) I Petr., I, 22: «in fraternitatis amore simplici»; II, 17: «Fraternitatem diligite»; III, 8: « fraternitatis amatores». I Thess., IV, 9. b) S. AMBROGIO, in Psalrn. 11 S, serm. 8, n. 54 (P. L., 15, 1317 C-D).

361

coloro che si innalzano al di sopra del gregge» < Nella Chiesa, agli occhi dell'uomo superiore, tutto è basso. Ma

«

la forza si accorda

con

questa bassez-

gt ). Si ac orda, anzi, so tan o con es a. Le ideali di cui l uomo superiore si compiace, gli sembra-




la portata:

egli

agli ocpiù bello, e,

non

sareb-

be stato Cattolico

71) Confessioni, l. VIII, c. 2, n. 3-4. Su S. Simplicano che suca S. Ambrogio nella sede di Milano, cfr. G. BARDV, in Opepere di S. Agostino, voi. 10 (1952 p. 383-389). 72) Teniamo a precisare che questi inni, come le altre opere cristiane di Vittorino, sono posteriori alla sua conversione pubblica. Per cesse

quanto riguarda Mario Vittorino, cfr. P. SEJOURNE, Victorinus Afer, nel Dictionnarie de théologie catholique, t. XV, 2887-2954. Tre inni alla Trinità si trovano nella P. L., 8, 1139-1146. 73) Di qualcuno tra i problemi accennatj in questo capitolo, si potrà trovare un esame più approfondito nella recente pubblicazione del R. P. KARL RAHNER, S. J., Die Chancen des Christenturns

368

beute

(Colonia,

das

Erzbischofliche

Seelsorgearnt).

IX.

LA CHIESA E LA VERGINE

E' un fatto significativo e degno di nota. le stesdifficoltà che si riscontrano nei riguardi della Chiesa, si ritrovano, spesso, in certi credenti, nei riguardi se

della

Vergine.

Più

chiaramente

fondamentali che la riforma

le

ancora:

rivolge

accuse

all'idea cattoli-

della Chiesa, corrispondono a quelle che essa rivolge al culto cattolico della Vergine. Nella funzioca

che la fede tradizionale riconosce alla Chiesa, essa riconosce a Maria, si teme la stessa sacrilega usurpazione. Si crede di vedere in ne

ed in quella che un

essa

Gesù della

e

altro attacco contro l'unica mediazione di l'assoluta sovranità di Dio. Tanto nel

giustificazione

quello della discesa

di

ciascun

del Verbo in

fedele,

caso

quanto in

mezzo a

noi,

non

si dovrebbe forse credere che tutto avviene «per la sola grazia di Dio e per la sola operazione dello Spirito

Santo,

na?»

senza

alcun

intervento

dell'opera

urna

>

1) LUTERO, Dictata super Psalrnos, in Psalm. IDOLI (Opera, ed. di Weimar, t. III, p. 468). Il R. P. CONGAR, citando il presente

369

L'espressione è di Lutero e se ne trova l'equivaancora oggi tra i suoi eredi spirituali. La teologia cattolica risponde che una tale esigenza è solo apparentemente più cristiana. In realtà, la gratuità dell'iniziativa divina e la trascendenza dell'azione divina non possono venire danneggiate da una econolente

mia salvifica che fu istituita da Dio stesso. Maria

e

sostituiscono minimamente, ai nostri occhi, l'Umanità di Gesù Cristo, come qualcuno, persino tra coloro che fanno il più encomiabile sforzo

.la Chiesa

non

di comprensione, sembra temere ~). Al contrario, il mistero misconosciuto dalla Riforma, mentre costituisce l indispensabile garanzia della serietà del-

duplice

l'Incarnazione > ), attes a, al te po stes o, il Dise divino di associare la creatura all'opera della sua salvezza

4).

Dominus dabit

dabit fructum suum

benignitatem

et terra nostra

>

testo, dice a giusta ragione che esso ha «qualcosa di inquietante. Lutero vi tratta interamente di sfuggita il significato di Maria e quello le Christ, Marie della Chiesa»: et l'Eglise (1952), pp. 24-25. NEWMAN, del Culto della S. Vergine nella Chiesa cattolica, trad. frane. (1908), p. 53, osserva che i primi Padri «non consideravano la santa Vergine come un puro strumento fisico dell'Incarnazione di Nostro Signore, ma come una causa intelligente e responsabile... ». Il Froude gli aveva inculcato in pari tempo l'amore verso la Vergine e l'ammirazione verso la Chiesa cattolica. 2) Cfr. MAX THURIAN, le Dogme de l'Assomption, in Verbum Caro, t. V, (1951), pp. 2-41. 3) Cfr. S. GIOV. DAMASCENO, De fide orthodoxa, l. III, c. 12: «Il solo nome della Madre di Dio contiene tutto il mistero dell'Economia (dell'Incarnazione)» (P. G., 94, 1029 C). 4) Louis BOUYER, le Culte de la Mère de Dieu dans l'Eglise catholique (coli. « Irenikon», Chevetogne, 1950), pp. 12-13. CONGAR, op. cit., p. 97. E. MERSCH, le Théologie du Corps mystique, t. I, p. 212. E. DRUWE, S. J., Position et structure du traité marial, nel Bullettin de la societé frangaise d'études mariales, 1936. NEWMAN stesso notava, op. cit., p. 138, che «i paesi e i popoli che hanno perduta la fede nella divinità del Cristo sono precisamente quelli che hanno abbandonata la devozione verso sua Madre». 5) Salmo LXXXIV, 13. Is., XLV, 8: « ...Aperiatur terra et germinet Salvatorem»; cfr. IV, 2; Salmo LXVI, 4-7; Gen., II, 6: «Fons

370

Queste due e l'altra,

l'una e

verità cattoliche esercitano dunque, una funzione analoga nella difesa

nella illustrazione di tutto il Mistero cristiano.

Circoscrivono ma

reale

con

esattezza

capitale,

e

la

dell'attività

parte

umana.

subordinata, C'è

una profonda verità nell'affermazione di Carlo Barth, che fa del dogma mariano il dogma centrale del cattolice-

simo

la

più

—

sia cattolica»

chiara

espressione, egli dice,

non

—

nel

senso

che

dell'~

ere-

eclissi il che è il

esso

dogma del Verbo Incarnato, ma nel senso dogma «critico», quello «partendo dal quale s'illuminano tutte le altre posizioni decisive». Dice il Barth: «E

infatti nella dottrina mariana

e

nel culto

mariano dove appare l'eresia della Chiesa cattolica romana quella che permette di comprendere tutte le altre. «La Madre di Dio» del co

romano,

totipo

e

è

semplicemente

il

il riassunto della creatura

dogma cattoli-

principio, umana

il pro-

che

coo-

pera alla propria salute, servendosi della grazia che la previene; e, come tale, è anche il principio, il

prototipo, il riassunto della Chiesa... Cosi, la Chiesa nella quale vien reso un culto a Maria, deve com-

prendere se stessa come si è compresa al Concilio Vaticano; questa Chiesa è necessariamente la Chiedell'uomo, il quale, in virtù della grazia, coopera alla grazia» a). Possiamo accettare lanalisi bartiana, a parte il sa

giudizio del valore che l'accompagna. La fede cattolica riassume simbolicamente nella Vergine Santissiascendebat e terra». BOSSUET, Sermon pour la fete de la Conception: «Cosi necessario è stato per gli uomini che Maria abbia desiderata la loro salvezzaf ». (Oeuvres oratoires, t. V, p. 603). a) KARL BARTH, Die Kirchliche Dogmatik, I, 2 (1938), p. 157 e 160.

privilegiato, la dottrina della coopeRedenzione, offrendo cosi come la sintesi o l'idea del dogma della Chiesa < E' stato anche detto, giustamente, che i due dogmi reggono o crollano insieme > ). on stupi perciò che la storia li mostri costantemente associati e che gli sviluppi da essi assunti nella coscienza comune vadano spesso di pari passo. Il nostro tempo ne offre una nuova conferma. Ma non se ne coglie ancora la ragione profonda fino a quando ci si limita a costatare, tra l'uno e l'altro una analogia di funzioni, più o meno estrinseca per di più. Tra la Chiesa e la Vergine, i legami non sono ma, nel suo caso

razione

umana

alla

soltanto numerosi

e

tessuti dal di dentro

stretti;

sono

> ). Que

essenziali. Sono in-

ti ue mist ri de

la

più che solidali: si è potuto affermare che essi sono «un solo ed unico mistero > ). Dic mo, almeno, che essi sono tra loro in un tale rapporto

stra

fede

sono

~

che si

avvantaggiano sempre ad essere chiariti l uno l'altro; più ancora, all'intelligenza dell'uno è indispensabile la contemplazione dell'altro. con

6) J. HAMER, O. P., Mariologie et théologie protestante, in DiThomas (Freiburg), settembre 1952, p. 359. Cfr. PIERRE MAURV, la Vergine Maria nel cattolicismo contemporaneo, nella pubblicazione le Protestantisme et la Vierge Marie, p. 47: «Tutto è collegato con la più ferrea logica nel sistema romano. La Chiesa di Roma, per una profonda necessità interna, è nello stesso tempo la Chiesa della cooperazione umana alla Redenzione, la Chiesa dei mee la Chiesa di Maria». riti, la Chiesa dispensatrice di salute, 7) CHARLES.JOURNET, l'Eglise du Verbe incarné, t. Il, p. 392. 8) Clément DILLENSCHNEIDER, C. SS. R., le Mystere de la Corédemption mariale (1951), p. 79: «Non esiste soltanto una semplice somiglianza tra l'una e/ l'altra. E' in base ad una connessione intima, oggettiva, che quanto conviene alla Chiesa, madre del Cristo collettivo, si sia prima realizzato nell'esistenza personale di Maria». Cfr. dello stesso autore Maria Corredentrice, edizioni Paoline, Roma, 1955. 9) RUPERTO MARIA DE MANRESA, citato da R. LAUREN TIN, Marie„ l'Eglise et le sacerdoce, conclusione. vus

—

/

372

Nella tradizione,

gli stessi simboli biblici vengoapplicati, alternativamente o simultaneamente, con identica e sempre crescente profusione, alla Chiesa ed alla Vergine. Tutte e due sono la novella Eva > ); tu t e ue s no il Paradi o & t; >) l'a bero diso, il cui frutto è Gesù > ) e anc ra il gra albero che Nabucodonosor vide in sogno, piantato al centro della terra > gt;). L una e l altr sono 'Arc l'alleanza > ), la Sc la di Giaco be & t; ), la Por no

10) Testi patristici in S. TROMP, Corpus Christi quod est Ecclesia, I (1946), pp. 35 segg. NEWMAN, op. cit., pp. 48-66. Card. DECHAMPS, la Nouvelle kve (Oeuvres complètes, t. V). J. B. TERRIEN, la Mère de Dieu et la Mère des hommes, 2a parte, t. I, 1. I, pp. 3-49. A. M. DUBARLE, les Fondements bibliques du tftre marial

de Nouvelle kve, nelle Mélanges Lebreton, t. I, L ampio parallelismo istituito da S. IRENEO tra Eva e sus Haereses, 1. III, c. 22, n. 4, si è imposto a tutta Cfr. l'edizione F. SAGNARD, (e Sources chrétiennes»,

pp.

49-64.

Maria, Adverla tradizione.

34, 1952), pp. 378-383, e l'Appendice B, pp. 422-428. GUERRIC, In Assumptione, 5. I, n. 2 (P. L., 185, 188 B). 11) ORIGENE, in Cant., 1. III: e Ecclesia Christi, quae est paradisus deliciaruxn» (p. 193). S. GIOVANNI DAMASCENO, in Dormitione 4, I, n. 8 (P. G., 96, 712). TEOFANO DI NICEA, Sermo in. $$.'

Deiparam. ANASTASIO SINAITA, Contempl. in Hexeam, l. VII (P. G., 89, 971-976). S. AGOSTINO, De Gen. ad litt., 1. XI, c. 25, n. 32 (P. L., 34, 442). S. PIER DAMIANI, Sermo in Nativ. M. (P. L., 144, 753) PSEUDO-BEDA (P. L. 93, 276 A). AIMONE, in A pocalypsis (P. L., 117, 968 C). ONORIO D'AUTIN, in Cantica, (P. L., 172 425 A). RICCARDO DI SAN VITTORE, Allegoriae in Vetus Testamentum (P. L., 175, 639 A) ERMANNO DI SAN MARTINO, Tractatus de incarnatione Christi, c. 8 (P. L., 180, 28-31). FILIPPO DI HARVENG, de Silentio clericorum, c. 26 (P. L., 203, 986 D), ecc. Fr. POIRE, S. J., la Triple Couronne de la Mère de Dieu Presso i Padri, la novella Eva (ediz. del 1849), t. Il, pp. 96-103. sarebbe forse più di frequente la Chiesa, e il Paradiso più di fre—

quente Maria? CONGAR, nella Revue des sciences philosophiques et théologiques, 1951, p. 625. 12) S. BERNARDO, de Adventu Domini, sermo 2, n. 4 (P. L., 183, 43 A). RICCARDO DI S. VITTORE, in Cantica, c. 39 (P. L., 196, 517). AMEDEO DI LOSANNA, de Laudibus Virginis, hom. 1 e 8 (P. L., 211; con riferimenti alla Vergine nelle col. 755-756). ADAMO DI PERSEIGNE, in Annunt. s. 1. 13) G. REINSMYLLER, Corona stellarum duodecim (1652), pp. 544-551. 14) DECHAMPS, op. cit., pp. 359-360. 15) S. ANDREA DI CRETA, in Dormitionem

sanctae

Mariae

373

cielo:

la

Porta orientale della

quale

il

entra

no-

Pontefice, questa Porta elevata che lascia passare il Signore d'Israele > Q. L' n e l'al ra s no la c stro

elevata sulla sommità dei monti deone

gt ), il Ve lo

>

il Tabernacolo dell'Altissimo

a),

>

), il Tr

di Salomone, la Fortezza inespugnabile... L'una e l'altra sono la Città di Dio, la Città del Gran Re, la città mistica cantata dal Salmista, della quale sono dette tante cose gloriose > gt;). L una e l' ltra, a

3 (P. G., 97, 1105) Liturgia greca, Inno «acatisto» (P. G., 92,1337 C). S. GIOV. DAMASCENO, Sulla dormizione della Vergine, hom. 1 (P. G., 96, 714). Pascasio RADBERTO, Expositio in Psalm. XLIV, 1. I (P. L., 120, 1009 A). S. LORENZO DA BRINDISI, Sermo I in Assumptionem, c. 10 (Opera Omnia, t. I, 1928, p. 583), ecc. Ufficio romano della Dedicazione: «Vidit Jacob scalam, suaunitas ejus caelos tangebat, et descendentes angelos... » Allorsermo

—

chè Maria viene paragonata alla sommità della Scala, questo simbolo viene a confondersi con quello della Porta del cielo; cosi in RUPERTO, de Divinis Officiis 1. III, c. 18 (P ANASTASIO I D'ANTIOCHIA, in Annunt.

L.,

170,

SAN

75-77).

16) RABANO MAURO, in Genesim, l. III, c. 14 (P. L., 107, 593 D), ecc. Liturgia romana della S. Vergine, Inno delle Lodi (VENANZIO FORTUNATO): «Tu regis alti janua, et aula lucis ful—

S.

gida». n.

48,

21

GIROLAMO, in Ezech.,

S.

17)

t.

Glose

a)

18) G.,

IX,

ord.

(col.

GUARNERIO 19) 639),

in

Jud.,

S.

VI,

Assumptione cfr.

3&

F.

ANDREA

(P. G.,

1090). DI

97,

DI

877 D);

RICCARDO,

Is.,

II,

40

B.

M.

V.,

sermo

I

2.

S. BERNA

DO, S

per Mi

POIRE,

DE op.

op.

FROIMONT, cit.,

t.

Il.

in Psalm. XVIII, v. 6 (P. in Nativitatem Beatae

CRETA,

in Dormitionem Sanctae Mariae

Sermo

ROCHEFORT,

ELINANDO

ecc.

in

687-691);

in Exod., hom. 9, n. 3;

1243-1244). 3

0); Ep

183, 63).

Mariae, sermo 4 sermo

pp.

ORIGENE,

12,

(P. L., 25, 41&4

510).

BONAVENTURA,

(Quaracchi,

est (P. L.,

L., 22,

(P.

l. XIII

cit.,

(P.

L.,

37

(P.

L.,

205,

(P.

L.,

Sermo

pp.

I9

103-116.

S.

175,

661

C).

807-808). 212,

638-

LORENZO DA

BRINDISI, Super: Fundamentum ejus, sermones sex (op. cit., pp. 333-380). Ufficio della S. Vergine, Salmo CXLVII, ecc. Checchè se ne pensi della celebre Vie de la très Sainte Vierge di MARIA D Asi deve convenire che il titolo è « la bello: GREDA, giusto e mistica Città di Dio». Cfr. ALANO DI LILLA, in Annunciatione (P. L., 210, 200-202). Sull'interpretazione Mariana del Salmo 86, cfr.

PASSAGLIA, 374

pp. 435-439 e 743-754.

sono

la Donna forte del libro dei Proverbi

Sposa adornata

per comparii la Donna nemica del serpente apparso nel cielo descritto na e

vestita di Sole

l'altra

dopo

—

~o),

la

davanti al suo Sposo, ~&g ; e il gra de se

nell'Apocalisse:

la Don-

vittoriosa del dragone ~> ). L' sono la sede della Sail Cristo e

—

pienza o il suo libro > ) o anc Sapienza stessa ~< ). L' n e l'al

e, d ra s

po il Cris o, un mo

no

20) S. AGOSTINO, Sermo 37 (P. L., 38, 221-235). S. B EDA, de Muliere forti libellus (P. L., 91, 1039-1052). S. BERNARDO, SuELINANDO DI per Missus est, hom. 2 n. 5 (P. L., 183, 63 B) FROIMONT, Sermo 20 (P. L., 212, 646-652). ADAMO DI PER~

SEIGNE, Mariale, sermo 211, 733-744). 21) S. METODIO DI

5

in

Assumptione

baetae

Mariae

(P.

L.,

OLIMPIA, Simposio, 1. VIII, c. 5-11 (P. G., 18, 145-157). S. BRUNO DA SEGNI, Expositio in Genesim (P. L., 164-169 D; sulla Chiesa), ecc. 22) BERENGAUDO, in Apocalypsim, (P. L., 17, 874-878). CAN ANDREA DI CESAREA, In Apoc., (P. G., 106, 320). ARETA DI In A poc. (P. G., 106, 660-661). S. BEDA, Explanatio Apocalypsis, 1. Il (P. L., 93,165-166). PSEUDO-ALCUINO, in Apoc.: «mulier amicta sole beata virgo Maria est, obumbrata Altissimi virtute; in qua etiam genus, id est Ecclesia intelligitur, quy,e... mulier dicitur, quia novos quotidie populos parit, ex quibus generale Christi CESAREA,

corpus conformetur» (P. L., 100, 1152 D). AIMONE, in Apoc., l. III, : « Ipsa autem beata Dei genitrix in hoc loco personam gerit Ecclesiae» nica in fra

(P. L., 117, 1081 A). S. BERNARDO, Sermo in domioctavam Assumptionis, n. 3 (P. L., 183, 430 D). RUin PERTO, Apoc., 1. IV, c. 12 (P. L.,169,1043 A). Cfr. NEWMAN, op. cit., pp. 80-92. TERRIEN, op. cit., 2a parte, t. Il, pp. 59-84. R.-M. DE LA BROISE, Mulier amicta sole, essai exégétique, in 8tudes, t. LXXI (1897), pp. 300-306. A. RIVERA, Inimicitias ponam..., in Verbum Domini, t. XXI (1941). HENRI RONDET, S. J., nel Bulletin de la Societé frangaise d'études mariales (1949), p. 84 e in Assomption de la T. S. Vierge. (1950), p. 171. J.-J. WEBER, la Vierge Marie dans le Nouveau Testament (1951), pp. 113-122. 23) S. BERNARDO, Sermo 52 de diversis (P. L., 183, 674-676), ecc. Prov., IX, 1. 24) Messa dell'Immacolata Concezione (Prov., VIII, 22-31). Messe della S. Vergine (Eccli., XXIV). S. BERNARDO, Sermo 52, n. 2 (P. L., 183, 674, 675). ALANO DI LILLA, Sententiae (P. L., 210, 262). J.-J. OLIER, citato da Charles FLACHAIRE, la Dévotion à la Vierge dans la littérature catholique au commencement du XVIIe siècle (1916), p. 128. ELINANDO, loc. cit., (P. L., 212, 638 C-D). Per la Chiesa, cfr. supra, cap. Il. Cfr. S. ANSELMO, Homilia I, che applica Eccli., XXIV all'umanità del Verbo (P. L., 158, 585-595).

375

prodigiosa a). riposano all'ombra del Cristo >

nuovo», «una creazione

tra

~

L'una

e

l'al-

Ora in tutto questo non si tratta soltanto d'un o di un uso alternato di simboli

semplice parallelismo

ambivalenti. La coscienza cristiana l ha subito percepito; e sempre, nel corso dei secoli, l'ha proclamato in mille modi nell'arte e nella

liturgia,

come

nel-

la figura ideale della Chiesa ); n è il sacrame ~< to ~ lo specc io in ui ri8ette la Chiesa intera ~ ~> ). La Chi sa tr va in e

la letteratura: Maria è ~

«

)

tipo e il suo esemplare, il sua punto d'origine perfezione. Ad vicem Matris ejus(C,hristi), Matris npstrae Ecclesiae forma constituitur c). In ogni momento della sua esistenza, Maria parla e agisce in nome della Chiesa figuram in se sanctae Ecclesiae demonstrat > ) â on in vi il e

suo

di

—

<

Nelle

sue Institutions liturgiques, t. Il (2a ediz. 1880, p. 57), Dom GU5RANGER critica «la sfrontata audacia che aveva portati i correttori del Messale di Harlay a sopprimere tutte le Epistole che la Chiesa romana aveva prese dai Libri sapienziali per le messe della S. Vergine... Un simile scandalo aveva già avuto luogo per quanto il Breviario»; in questo modo «una delle sorgenti del mistico delle Scritture» veniva a trovarsi «chiusa per lungo tempo ». a) S. G. DAMASCENO, in Vatir. M. h. 2 (P. G., 96, 684 A-B). 25) DIONISIO CARTUSIANO, in Cantica (Opera omnia, t. VII, 1898, pp. 329 e 345). S. GREGORIO, Mor. in Job., 1. XVIII, n. 32-33 (P. L., 76-55). concerneva senso

Clément DILLENSCHNEIDER, op. cit., p. 79. b) Inno Mariae praeconio, XIII sec. (Analecta hymn. t. 54, p. 391). 27) PIERRE GANNE, S. J., la Vierge Marfe dans la vie de l'Eglise, in Dialogue sur la Vierge (1950), p. 152. Cfr. A. M. HENRY', 26)

ecc., la Sainte Vierge figure de l'Eglise, nei Cahiers de la Vie spirituelle (1946). AMBROGIO AUTPERTO, in A poc., XII: « Ipsa beata ac pia Virgo hoc loco personam gerit Ecclesiae, quae novos quotidie populos parit » (Maxima Bibl. Patrum, Lyon, t. XIII, pp. 530-531). ALANO DI LILLA, Elucidatio in Cantica: «Virgo enim Maria similis est Ecclesiae Dei in pluribus» (P. L., 210, 60 A). RUPERTO, de Spiritu sancto, 1. I, c. 8. c) PSEUDO-ILDEFONSO (P. L., 96, 269 D). 28) S. AMBROGIO, in Luc., l. Il, n. 7 (P. L., 15 1555 A). SAN

376

una

specie

di decisione sovrapposta, nè, beninteso, una intenzione esplicita da parte sua, per cosi dire, essa la porta e la contie-

per effetto di

perchè, già tutta intera nella sua persona. Essa è, dice la Chiesa reil tutto della Chiesa»; è l'Olierr gno e sacerdozio, riunito in una sola persona» a). Quello che le antiche Scritture annunciavano profeticamente della Chiesa, riceve come una applicazione nuova nella persona della Vergine, di cui la Chiesa diviene cosi la figura: «Quanto sono belle queste cose che, sotto la figura della Chiesa, furono profetizzate di Maria!» > gt ); e, reciproca ent , c il Vangelo riferisce della Vergine, prefigura altretma ne

«

«

tanto bene la natura ed i destini della Chiesa: Sicut

Maria, ita Ecclesia b)

In .tutto ciò che ci fu detto, c). «Cosi la Vergine Ma-

latent Ecclesiae sacramenta

ria, che fu la parte migliore dell'antica Chiesa pridi Cristo, ha meritato di diventare la Sposa di

ma

AGOSTINO, De simb. ad cat., c. I (P. L., 40, 661); Sermo Denis 25, n. 8 (MORIN, p. 163). PSEUDO-AGOSTINO, Sermo 121, n. 5 (P. L., 39, 1989), etc.

a) R. LAURENTIN, op. cit., p. 111, commentando lo Pseudo-Bernardo. 29) S. AMBROGIO, de Institutione virginis, c. 14, n. 89 (P. L., 16, 326). DRIEDO, de Regula et Dogmat. S. Scripturae, t. I, p. 121. e Tutto quanto noi troviamo nei Libri santi circa la magnificenza, lo splendore e la santith della Chiesa, viene giustamente appropriato in ogni parte dell'universo alla gloriosa Vergine: perchè Ella è, fra tutti i membri della Chiesa cattolica, il più santo, quello che Dio nostro Signore ha colmato di tante grazie quante ne ha distribuite a tutte le altre membra. Ecco perchè, seguendo l'antico uso, noi cantiamo in onore della Madonna i passaggi della Scrittura che, nel loro senso naturale, dovrebbero essere interpretati come applicati alla Chiesa di Gesù Cristo y. Cfr. Liber mozarabicus sacramentorum, testo citato più sotto (nota 78). b) IVO DI CHARTRES, De Nat. Domini (P. L., 163, 570 C).

c) AMBROGIO AUTPERTO, Sermo de lectione evangelica (P. L., 89, 1302 B; cfr. 1304 D).

377

Dio Padre per diventare anche

l'esemplare

della

nuo-

Chiesa, Sposa del Figlio di Dio» a). Ciò si verifica ugualmente per ognuno dei due aspetti fondamentali che noi abbiamo precedentemente distinto nella Chiesa, quello sotto il quale va

essa

come

appare

santificante

le appare come santificata

e

quello

sotto il qua-

>

Secondo il primo di.questi due aspetti, la Vergine è in tutto l'immagine della

ternità della

ternità della Chiesa. «Colui che Maria

mama-

Vergine

ha

generato, la Chiesa lo genera ancora tutti i giorni ~ b) «.La gloriosa Vergine Maria, scrive Onorio dAutun, rappresenta la Chiesa, che è anch' essa vergine e madre. Madre, perchè fecondata dallo Spirito San-

to, ogni giorno essa dona a Dio nuovi figli nel battesimo. Vergine nello stesso tempo, perchè, conservando intatta

l'integrità della fede, non si lascia per nulla contaminare dalla bruttura dell'eresia. Cosi Maria fu Madre, generando Gesù, e Vergine rimanendo inviolata dopo il parto» c). «L'una ha dato ai popoli la salvezza, l'altra dona i tore. L'una ha portato la Vita nel

popoli

al Salva-

suo seno,

l'altra

a) RUPERTP, De Spiritu sancto, l. I, c. 8 (P. L.). 30) Bibliografia critica su Maria e la Chiesa di R. LAURENTIN, in Etudes mariales, Marie et l'Eglise, (Bull. della Soc. frane. di studi mariaxii, IX, 1951, pubblicato nel 1953). In questo stesso vo-

lume, studi di M. J. NICOLAS, H. HOLSTEIN, A. MULLER, G. FRENAUD, e soprattutto di BARRR, al quale noi ispireremo la citazione di parecchi brani. b) Apoc. c)

378

BERENGAUDO, in Apoc., (P. L., 100, 1152 D), etc. Sigillum

beatae

Mariae

(P.

XII, L.,

3-5.

172,

PSEUDO-ALCUINO,

499 D).

in

la porta nella fonte del sacramento. Ciò che cesso,

venne

Maria nell'ordine carnale, è pure conspiritualmente, alla Chiesa: concepisce il Ver-

concesso

a

sua fede incrollabile, lo genera in uno liberato da ogni corruzione, lo contiene in un'anima adombrata dalla virtù dell'Altissimo» >

bo nella

spirito

Ma la rassomiglianza è più perfetta ancora. Non si esaurisce soltanto in un rapporto che va dall'ordine della carne all'ordine dello spirito; perchè prima ancora

di averlo

concepito

concepito

nella

Maria aveva fede verginale, gt ). Et ipsa

sua carne,

il Verbo di Dio nella

sua

credendo alla parola dell'Angelo > credendo peperit, credendo conceperat > gt ). questo, soggiunge Onorio, che « tutto quanto è scritto della Chiesa si

può

anche

leggere pensando

a

Ma-

ria ~; e, aggiungiamo noi, tutto ciò che è scritto di Maria, si può anche leggere, per quanto concerne 31) Lib. mozarabicus sacramentorum, Missa de Nat. Domini: Illa salutem populus creavit, haec populos; illa utero vitam portavit, haec lavacro... Quod praestitum est carnaliter sed singulariter tunc Mariae, nunc spiritaliter praestetur Ecclesiae: ut te fides indubitata concipiat, te mens de corruptione liberata parturiat, te semper anima virtute Altissimi obumbrata contineat» (ediz. M. FEROTIN, 1912, col. 54). IVO di CHARTRES, Sermo 8: « Iste agnus sine macula et ruga virginem sibi sociavit, sicut ibi matrem virginem antea sanctificavit. Unde nativitas, temporaliter natus est Christus, non dissimilis est nativitati, a qua spiritualiter nascitur christianus. Sicut enim Christi mater virgo concepit, virgo peperit, virgo permansit, sic mater Ecclesia Christi sponsa, qua

lavacro aquae in verbo christianos populos quotidie generat, ut virgo permaneat. In illa carnis integritas, in hac commendatur fidei puritas» (P. L., 162, 570 B-C). 32) Messale di Rodez (1540), prosa latina per l'Assunzione: «BenecBcta tu fuisti, Quae per fidem concepisti Redemptorem hominum!» (MISSET e WEALE, op. cit., t. Il, p. 291). Messale di Saragozza (1485), id.: « ...ut jam nec in subcalcari possit robur infirmari virginalis fideil » (Id., p. 375). 33) PSEUDO-ILDEFONSO, in Assumptione beatae Mariae, sermo 7 (P. L., 96, 266 C). Cfr. S. AGOSTINO, Sermo, (P. L., 38, 1019, irginitate, c. 3 (P. L., 40, 398). 1074; 46, 937-938) ; De sancta S. LEONE, s~rmo 21, c. ~ (P. L.„54, 191 B), etc. —

—

—

—

379

l'essenziale, pensando alla Chiesa. Ritorneremo

tra

questo principio fondamentale. Già nel II secolo, nella celebre lettera che Eusebio ci ha conservata, i cristiani di Vienna e di Lione breve su

della santa Chiesa, con implicita ma chiaallusione alla Vergine, come della ~ nostra madre verginale i > ). Un iscrizi ne el Battist ro di an G

parlavano ra

ì

ugualmente che «a questa sorgente, la Chiesa, madre nostra, genera dal suo vanni in Laterano dice

seno

verginale

soffio di Dio»

~

i

figli >

che

essa

ha

concepito

sotto il

I Padri esaltano spesso, nella loro predicazione, i misteri della Chiesa vergine» > l ;), e San

di Verona precisa che questa madre, che ci partorisce gemito, rimane vergine dopo il parto > gt;). costamento si fa esplicito in Sant'Ambrogio : la Chiesenza

sa, come la madre di Gesù, è sposata, ma intatta; ci ha concepiti, vergine, per opera dello Spirito; ci partorisce, vergine, senza doglia > 34) EUSEBIO, Storia ecclesiastica, 1. V, c. I, n. 45 (P. L., 20, 240). 35) Vedere anche TERTULLIANO, de Monogamia, c. 11 (P. L., 2, 943 C). S. PAOLINO DI NOLA, Epist. 32, n. 5 (P. L., 61, 332). S. AMBROGIO, in Lucam, l. Il, c. 57 (P. L., 15, 1573 A). RUFINO, in Symbolum, c. 39 (P. L., 21, 376). S. LEONE, Sermo 24, c. 3: «Omni homini renascenti aqua baptismatis istar est uteri virginalis» (P. L., 54, 206 A); Sermo 63, c. 6 (356 B-C). 36) GREGORIO D'ELVIRA, Tractatus XII (ediz. BATIFFOLWILMART, p. 123). S. EPIFANIO, Expositio /dei (P. G., 42, 776 A-B; 781 C-D), ecc. Ecclesia Morinensis, messale del 1516: «Gaude, virgo mater Ecclesial » (MISSET e WEALE, op. cit., t. I, p. 347). 37) Tract. 4, n. 1 (P. L., 11, 290-291); tract. 30 e 92 (col. 476 e 477-478) ; tract. 33: «Fontanum semper virginis Matris dulcem ad uterum convolate» (479 A). S. PACIANO, De baptismo, c. 6 (P. L., 13, 1092-1093). 38) In Lucam, l. Il, c. 7: «Bene desponsata, sed virgo, quia est Ecclesiae typus, quae est immaculata, sed nupta. Concepit nos virgo de Spiritu, parit nos virgo sine gemitu x (P. L., 15, 1555 B). De virginibus, l. I, c. 3, n. 12 (P. L., 16, 192 A); cfr. c. 6, n. 31 (col. 197 C). De institutione virginis, c. 14, v. 88-89 (P. L., 16, 322 C-D;

380

In

Sant'Agostino

il tema diventa

frequente:

nam

Ecclesia quoque et mater et virgo est > gt;). Anch ammira, nell'una e nell'altra, la stessa verginità fe-

conda, o la stessa fecondità verginale re la perpetua verginità della grande

a). Per celebra-

Madre dei viventi» 4o), che la fa ~ simile alla madre del suo Signore ~ b), Agostino ricorda, preceduto in questo da altri 4> ), la ua f de sem re integ a, la ua fe ma s ranza

ed il

suo amore

sincero

~

4> ). E li

tre questa «vergine sacra», questa

~

fa ved re in

Madre spiritua-

A-B). Cfr. S. BONAVENTURA, in Festo omnium sansermo 2 (Quaracchi, t. IX, p. 603), ecc. 39) De sancta virginitate, c. 2: Maria corporaliter caput hujus corporis peperit, Ecclesia spiritualiter membra illius capitis parit » cfr.

344

ctorum,

(P. L., 40, 397); c. 6: «Oportebat enim caput nostrum propter insigne miraculum secundum carnem nasci de virgine, quo significaret membra sua de virgine Ecclesia secundum spiritum nascitura» (col. 399). Sermo 138, n. 9 (P. L., 38, 768). Cfr. Fritz HOFFMANN, Mariologie des bl. Augustinus im lichte seiner Soteriologie in Festschri ft fiir Karl A dam (1952). a) De s. virginitate, c. 2 (P. L., 40, 397). PASCASIO RADPERTO, In Psal. 44 (P. L., 120, 1001 C). IVO DI CHARTRES, De die

Nativ.

Domini (P. L., 162, 570 B-C). 40) De nuptiis et concupiscentia, 1. Il, c. 4, n. 12: «Nam in hoc, quod appellata est vita materque viventium, magnum est Ecclesiae (P. L., 44, 443) ; in Joannem, tract. 120, n. 2 (P. in Psalm. 40, n. 10 (P. L., 36, 461). b) Enchiridion, c. 34 (P. L., 40, 249); De symbolo, c. 8 (MORIN, pag. 447). PASCASIO RADBERTO, De partu virginis (P. L., 120, sacramentum»

L.,

35,

1953) ;

1384 B). HERVR (P. L., 181, 1097 D). 41) Cosi S. ILARIO, ad Constantium (P. L., 10, 558). ORIGEecclesiasticam castitatem» (p. 62); In NE, in Matt., series 33: « Levit., hom. XII, 5. ...

42) Sermo 191, n. 2 (P. L., 38, 1010); in Psaim. 147, n. 10: Contra «Virginitas cordis, fides incorrupta» (P. L., 37, 1920) ; Julianum, l. Il, c. 10, n. 37 (P. L., 44, 700); in Jo., tract. 13, n. 12 (P. L., 35, 1499); Sermo Denis 25, n. 8 (p. 164), ecc. Cfr. BEDA, in Joannem (P. L., 92, 675 B). S. PIER DAMIANO, Liber qui dicitur Dominus vobiscum, c. 12: «sanctae Ecclesiae quae procul dubio virgo est, quia fidei integritatem inviolabiliter servat» (P. L., 145, 241 C). FILIPPO DI HARVENG, de Continentia clericorum, c. 59 (P. L., 203, 741 D). ALANO DI LILLA, Elucidatio in Cantica, sulla Vergine: «Terribilis ut castrorum acies ordinata, id est ita fide, spe et dilectione munita, ut nullis tentationibus inimici valeat penetrari » (P. L., 210, 95 A).

381

le»


Maria e la Chiesa, dice Isacco della Stella, «dànno, l'una e l'altra, a Dio Padre una posterità : Maria, senza alcun peccato, fornisce al corpo il suo capo; la Chiesa,

con

la remissione di tutti i

questo Capo il

a

dunque

peccati,

dona

corpo. L'una e l'altra sono madre del Cristo: ma nessuna delle due lo suo

genera tutto intero, senza l'altra ~ > gt;). Mari cI fre il suo áglio, ci dice l'abate Guerric, è la Chiesa che dona la Parola di Dio

5>

Per la celebrazione delle pre necessario, ci

nozze

spiega Ruperto

spirituali, è sema proposito

di Deutz

49) Missa in vigilia Paschae, Inlatio: « ...In aeternam modo vifilii lucis oriuntur, quos matutino partu per gratiam spiritalem hac nocte progenerat mater Ecclesia, sine corruptione concipiens, et cum gaudio pariens: exprimens in se formam Virginis genitricis, absque ullo humanae contagionis fecunda conspectu» (Ibid., col. 250). a) Cfr. VIVES, Oracional Visigotico (1946) p. 70. tam

b) De celanda confessione (P. L., 150, 6266). 50) De corporis et sanguinis dominici veritate, 1. Il 149, 1459). 51) Sereno ál (P. L., 194, 1863). Cfr. Sermones 27 e 1778-1779 e 1841). 52) Sermo 3,

384

n.

2

(P. L., 185, 72-73).

(P. 45

L., (col.

di Cana, che sia presente la Madre di Gesù, vale a dire la Madre Chiesa ~~). E se questo inno della Chiesa

Vergine Maria, tutta la Tradizioo piuttosto ci invita, ad apVergine Madre :

di Sens canta la

ne ci autorizza

plicarlo

all'altra

tuttavia,

Arca Novi Testamenti, in qua nostri sacramenti continetur veritas; repletur vino mero, cella piena pane vero,

Vas

sub quo latet Deitas

>

Tra i

teologi moderni, Scheeben, dopo il Cardinale Dechamps, Mons. Laurent ed alcuni altri, fu particolarmente sensibile a questo primo aspetto; o almeno, l'ha messo maggiormente in luce negli scritti che furono pubblicati non senza alcune rigidezze o contestabili precisazioni > lt; . Nel egli abbozzava un parallelismo tra le funzioni di Ma—

ria Santissima e il sacerdozio della Chiesa. Scrivendo nel 1870, egli notava «una ricca e sorprendente analogia tra il dogma della Immacolata Concezione, purezza assoluta della Sedes sapientiae, ed il dogma del-

la infallibilità della Santa Sede, purezza assoluta della

53) In Joannem: «Illic tantummodo harum caelestium nuptiarum solemnitas celebratur, ubi est mater Jesu, id est ubi est mater Ec clesia» (P. L., 169, 285 C); « ...Mater Ecclesia, quae illas parturit donec Christus formetur in eis» (col. 285 D). 54) MISSET e WEALE, op. cit., t. I, p. 218. 55) Scheeben non ha esaurito tutto il suo pensiero dottrinale su questo argomento. Alla fine del suo trattato sulla Santa Vergine, egli rimanda al suo futuro trattato sulla Chiesa, che non venne mai compilato.

25.

Il Volto della Chiesa.

—

385

Cathedra

Sapientiae

~

> lt;)

Egl ve e ra e due

relazione cosi intima ed universale, che le parole corrispondenza o analogia gli sembrano insufficienti ad esprimerla. Si tratta piuttosto di una

riità

una

pericoresi > gt;). A rebbe otuto ripr nd re l espressiva di Serlon de Savigny: Maria in Ecclesia, et Ecclesia in Maria figuratur a). C'è, infatti, un costante scambio ed una reciproca compenetrazione, che autorizza una certa «comunicazione degli idiomi &g ;, di ui abbi mo ne la t ~

~

mula cosi

dizione alcuni esempi: come San Beda il Venerabile che, ispirandosi a Sant'Ambrogio e Sant'Agostino, saluta la Chiesa col titolo di Dei Genitrix > ); oppu

correlativamente, Gilberto Foliot che chiama Cristo

figlio della ogni giorno, «

Chiesa»

b): perchè

ancora

adesso,

e

usque hodie la Chiesa mette al mondo Colui che Maria ha già generato; ogni volta che un uomo

diventa cristiano, è il Cristo che nasce nuoc) e una nuova nascita verginale procura al

vamente

una nuova infanzia d). Le due maternità ripoentrambe sulla animazione dello Spirito Santo in vista della comunicazione di una vita tutta santa.

Cristo sano

56)

Periodische

Blatter,

1870,

pp.

505

sgg.

Cfr.

Dogmatik,

1.

V, p. 629. 57) Scheeben

è più che un professore: un vero teologo. Ce se ne accorge qui una volta di più. Secondo la sua abitudine, egli m4luppa il senso profondo della dottrina al di là degli schemi scolastici. a) In Nativ. B. M. 58) In Lucam, I, 2 (P. L., 92, 330). S. AGOSTINO, de sancta Virginitate, c. 5: «Mater ejus est tota Ecclesia...» (P L., 40, 397). Sermo Denis 25 (MORIN, p. 163). La parola è passata nella Glossa su S. Luca. SERLON DE SAVIGNY: «Est enim Ecclesia mater ejus, verbi praedicatione ipsum generando». b) In Cant. (P. L., 202, 129 A). c) BEDA, in A poc. (P. L., 93,

165-166). BERENGAUDO, Apoc. (P. L., 17, 877 A), etc. (cfr. BARRE, loc. cit., pp. 74-75). d) PASCASIO RADBERTO, in Matt. (P. L., 120, 104 C).

386

ir-

E' all'una come all'altra delle due madri, che si il cantico di Tobia a Gerusalemme:

appropria

Brillerai d'una luce Ti

splendente... figli, riuniranno presso il Signore. a).

rallegrerai

Perchè si

nei tuoi

Come la funzione materna di Maria consiste nel do. nare

al mondo l'Uomo-Dio, cosi la funzione materna che culmina, come si è visto, nella ce-

della Chiesa

lebrazione della Eucaristia, consiste anch' essa nel donarci il Cristo, «capo, sacrificio ed alimento delle membra del suo corpo mistico». «Come Maria genera il Cristo terrestre, cosi la Chiesa genera il Cristo eucaristico. Come tutta la vita di Maria è imperniata sulla educazione e prote-

zione del Cristo, cosi la vita profonda ne

della Chiesa

sono

imperniate

e

la sollecitudi

sull Eucarestia. Co-

me Maria dona il Cristo, terrestre al mondo... e come da questo dono nascono i figli di Dio, cosi la carne ed il sangue eucaristici, procurati dalla Chiesa, devono formare dei viventi figli di Dio. Come Maria, ai piedi della croce, ha offerto, unita a Lui, il Cristo,

cosi tutta la Chiesa, in ogni messa, offre, con Lui, il sacrificio. Come, ai piedi della Croce, Maria riceve tutto il tesoro di grazia per amministrarlo spiritualmente, cosi la Chiesa l'ha ricevuto, e lo riceve

in

qualche modo di nuovo, in ogni messa, per amministrarlo e distribuirlo ministerialmente. Come Maria è nel cielo, dopo il Figlio suo, l autentica supplicante, cosi la Chiesa prega per i suoi 6gli con sicura a)

Tobia XII,

17.

387

efficacia. La Chiesa significa per soggettiva ciò che Maria rappresentò to della redenzione oggettiva» ~> Le prerogative dell'una passano reciprocamente. Come fa la Chiesa

la

redenzione

nel

compimen-

cosi all'altra

e

stessa, « finchè vi sono dei fedeli in questo mondo, membra del Cristo, cosi Maria, in certo qual modo, le contiene e le porta nelle proprie viscere» a). Se la Chiesa, con la sua sottomissione alla Parola, allontana tutte le ere-

sie, Maria le ha ugualmente vinte credendo alla parola dell'angelo b) L.a Chiesa genera tra i dolori e pur

gioia, Maria che ha messo al mondo figlio primogenito», non genera di nuovo il

tuttavia nella «

il

suo

Cristo nelle nostre anime che nel martirio della

sua

pietà c). La maternità di Maria, nei riguardi del Cristo, maternita spirituale nei riguardi di

comporta una ogni cristiano

unum

—

genuit carnaliter,

omne tamen

, â€c genus humanum genuit spiritualiter < maternita spirituale della Chiesa, nei confronti di gt;

tutti, include quel potere sull Eucaristia mediante il cui esercizio si può dire che la Chiesa assolve, nei ri-

59) FECKES, in

sa,

Das

Maria

Mysterium

come de

hl.

immagine, Madre e cuore della ChieKirche (Paderborn, 1933, 2a ediz.,

1935,

p. 270-271). a) SALAZAR, in Prov., p. 684 D. b) «Cunctas haereses sola interemisti

de

in

universo

mundo».

c) RUPERTO (P. L., 169, 170), etc. Cfr. F. M.BRAUN, La Mère fidèles, essai de théologie johannique (1935), pp. 100-105.. 60)

racchi,

S. BONAVENTURA, de Nativitate B. V. M., sermo I (Quat. IX, p. 706); cfr. De Purificatione B. V. M., sermo I (pp.

634-635). S. EPIFANIO, Haeres. 78, c. 18 (P. G., 42, 728-729). SAN PIER CRISOLOGO, Sermo 117: «Virginei fontis uterum caelestis Spiritus arcana luminis sui admixtione fecundet, ut quod origo limosae

stirpis profuderat sub misera conditione terrenos, caelestes pariat et ad similitudinem sui perducat auctoris» (P. L., 52, 521 B).

388

guardi del Cristo stesso, terna
es

a «un

minor b

so

di grazia che in tutti noi » > Come ognuno di noi, essa è naturalmente indi-

salvezza

e

gente: esurientes implevit bonis; deve tutto alla misericordia di Dio: Adimplevit in ea misericordiam

70) Sermo Denis 25, n. 7: «Sancta Maria, beata Maria, sed melior est'Ecclesia quam virgo Maria. Quare? Quia Maria est portio sanctum excellens membrum, membrum, Ecclesiae, supereminens membrum, sed tamen totius corporis membrum. Si totius corporis, plus est profecto corpus quam membrum. Caput Dominus, et totus Christus caput et corpus... » ( ediz. A. MORIN, p. 163). Cfr. de Div. quaest 83, q. 69, n. 10: « ...Christum universum, quod est Ecclesia». 71) Cfr. Dom STOLTZ, Scheeben et le mystère de l'Eglise, p. 121. AIMONE, loc. cit., : «Ecclesia, cujus et mater Domini membrmh est » (P. L., 117, 1081 A). a) AMBROGIO RAUP ERTO, GOFFREDO DI S. VITTORE, SERLON DE SAVIGNY, etc. Cfr. S. AGOSTINO, Serm. ined., 25, n. 7 (P. L., 46, 938). 72) E' quello che ricorda il R. P. DILLENSCHNEIDER, Mystère de la corédemption mariale, p. 164. 73) Rom., III, 24. 74)

LOUIS

BOU YER,

op.

cit.,

p.

le

22.

393

suam.

Il nostro Salvatore è anche il

suo

Salvatore.

dice Arnaldo di Bonneval, quando offriva al Padre per gli uomini il sacrificio del pro-

«Gesù,

—

—

prio sangue, comprendeva insieme a tutti anche la propria Madre a), perchè anche lei è interamente figlia della nostra razza. Il suo privilegio non le è punto acquisito per un diritto più antico del mon~

~

do ~,

è conseguenza d'un decreto anteriore al piano della redenzione b), ma, benchè riscattata come noi, essa lo è in una maniera totalmente diversa, non

singulari salvatione sublimiori modo c), redempta > gt;). «E sa fu in

che la differenzia radicalmente: con tutta

la

e contrasse

razza

umana,

anch' essa,

nella sentenza di Adamo,

noi, il suo debito; ma, a riscattarla, come noi sulla

come

causa di Colui che doveva

croce, il debito le fu rimesso per anticipazione ~ > Fin dall'istante della sua concezione, preservandola dal

peccato

e

dalla

nascere sa

da lei il

in tutta la

schiavitù, Dio le

sua

ventivamente la

grazia Figlio unico

sua

~

la

concesse

preparò

pre per far

e, con Lui, la Chieestensione». E' per lei, è nel suo

suo

sua

e

a) De laudibus Virginis (P. L., 189,1731 C). Luc. I, 47: « ...in Deo salutari meo». b) Cfr Mons. G. B. MALOU, L'Immaculée Conception de la B. V. Mariae..., voi. I. (1857) pp. 9-11. c) PSEUDO AGOSTINO, De Assumpt., V (P. L., 40, 1145). 75) PIO IX, Bolla Ineffabilis Deus: «Omnes norunt quantopere solliciti fuerint sacrorum antistites palam publiceque profiteri, sanctis simam Dei genitricem Virginem Mariam, ob praevisa Christi Domini Redemptoris merita..., praeservatam omnino fuisse ab originis labe, et idcirco sublimiori modo redemptam». Cfr. SUAREZ, Opera (Venezia, 1746), t. XVII, pp. 6-22. LOUIS BILLOT, S. J., introduzione a Marie mère de grdce, étude doctrinale, a cura di R.-M. DE LA BROISE e J.-V. BAINVEL (1921), pp. V-IX e l'Ami du clergé, 15 giugno 1939. «Preredenzione privilegiata x la chiama CL. DILLENSCHNEIDER, op. cit., p. 134. 76) NEWMANN, op. cit., pp. 72-73. Inno acatista, v. 230 «Ave, princeps redemptae plasmationis. » (Trad. latina del IX sec.).

394

che

tutta la Chiesa fu aggregata al Verbo ed unita a Dio con un'alleanza eterna» > gt;). art seno

«

riae, fructus Ecclesiae > lt;). uan o nel m ster l'Incarnazione, « il Re celeste celebrò le nozze del Fi-

glio suo dandoGli le santa Chiesa per sposa, il seno di Maria servi da letto nuziale per questo Sposo re-

gale» 79). Situazione unica e privilegiata di Maria, sinin che eminet molti autogulariter pii corpore a) ri esprimono con una immagine ormai classica, modificandone però il simbolismo abituale: Guidati, sembra, dal Cantico dei Cantici, che paragona il collo dello Sposo alla Torre di Davide, non vedono più nel —

—

collo soltanto l'immagine del Cristo mediatore b), o l immagine della Chiesa o dei suoi predicatori e

dottori, dottrina

o o

della Scrittura stessa che ci fa giungere la la volontà divina c), ma vi vedono Maria,

che unisce la testa alle altre membra del corpo

tri,

seguendo

77) PSEUDO-ILDEFONSO, (P. L.,

~o).

Al-

San Bernardo, la mostrano coronata di

Sermo

2

de

Assumptione

B.

M.

V.

96, 252).

78) Liturgia mozarabica, Messa cfr. Post Pridie, col. 57). Ad diem illum, 2 febbraio 1904. 56:

di

Al

—

Natale, Inlatio (op. Calvario: PIO X,

cit., col. enciclica

79) S. GREGORIO MAGNO, Hom. 98 in evangelia, n. 3 (P. L., 1283). a) ELINANDO, in Assump. s. I (P. L., 212, 406 A). b) GILBERTO D'OLANDA, in Cant., s. 26, n. 7 (P. L., 184, 138 B). c) Cosi ancora GILBERTO D'OLANDA (P. L., 184, 157 A);

76,

DI SEGNI (P. L., 164, 1240 C) ; GILBERTO FOLIOT (P. L., 202, 1198 D); BONAVENTURA, De donis Sp. Sancti col. V, n. 1 (Q., voi. V, pag. 479)), etc. Cfr. ALCUINO, in Cant. (P. L., 100, 561 C). BRUNO

80) ERMANNO, op. cit., c. 8 (P. L., 180, 30 A). HELINANDO, Sermones 19 e 22 (P. L., 206, 122 C) AMEDEO DI LOSANNA (P. L., 188, 1311 D). FILIPPO DI HARVENG (P. L., 203, 260 B). ELINANDO

(P. L.,

212,

640 A,

667

A-B).

395

sole

e con

la luna sotto i

due astri, la Chiesa

Questo rapporto re

e

piedi:

vincolo vivente tra i

Gesù Cristo

tuttavia nè esteriorizzato, nè

Bisogna vederlo piuttosto

cipazione ricoresi

»

~>

di subordinazione reso

come una

non

già Clemente

esse-

specie. di partequella «pe-

di identita mistica, frutto di di cui ci parlava Scheeben. E o

deve

troppo rigido.

quanto fa-

quando scriveva: «Non c'è che una sola vergine madre, e mi piace chiamare cosi la Chiesa» > gt ). Lo seudo M to compiaceva pure lui a «confondere la Vergine con la Chiesa» a). Analoga intenzione animava senza dubbio S. Cirillo di Alessandria quando esaltava «Maria, ceva

d'Alessandria

la sempre vergine «r jy aycay sxxi1ga(av» ~~). Dopo aver additato nella generazione del Cristo

l'origine del popolo cristiano» > ), S. Le ne Ma riconosceva nel mistero attuale della nostra generazione da parte della Chiesa, il fine della passata generazione di Gesù da parte di Maria e come la sua continuazione sotto l influenza del medesimo Spirito ~~). 81) Sermo de duodecim praerogativis B. M. V., in dominica infra octavam Assumptionis, n. 5 (P. L., 183, 431-432). NEWMAN, op. cit., Prosa contenuta nel messale dei Cavalieri Teutonici (1499) : Solem et lu«Vellus inter rorem et aream, Christum et Ecclesiam, nam, limes es Maria! (MISSET e WEALE, op. cit., t. Il, p. 585). RICCARDO DI S. VITTORE in Cant., (P. L., 196, 517 B-C). Cfr. nota 68. 82) Pedagogo, 1. I, c. 6 (P. G., 8, 300). Cfr. TERTULLIANO, De carne Christi, c. 20 (P. L., 2, 787 B). a) P. G., 18, 381 A-B. Cfr. LAURENTIN, op. cit., pp. 22-23. 83) Omelie diverse, hom. IV, in fine (P. G., 77, 996), trad. latina: «Mariam semper virginem, sanctum videlicet (Dei) templum». Cfr. S. EPIFANIO, Panar., 78, 19. 84) S ermo 26, c. 2: «Generatio enim Christi, origo est populi christiani » (P. L., 54, 213 B). 85) Sermo 63, c. 6: «Omnia igitur quae Dei Filius ad reconciliationem mundi et fecit et docuit, non in historia tantum praeteritarum

actionum novimus, s ed etiam in pr e sentium Ipse est qui de Spiritu sancto ex matre

mus.

396

operum

editus

virtute

senti-

Virgine inconta-

Il nostro Medio Evo latino pensava la stessa

Maria et Ecclesia, una mater Senza l'aiuto di nessuna e

senza

aver

bisogno

di

cosa:

plures < speculazione teologica essere orientate da questi et

antichi testi, alcune anime ne hanno avuto la percezione viva e diretta. Basti ricordare quel giovane di

venticinque anni che,

con

lo

spirito

ancora

colmo

di avversione, seguiva le funzioni di Notre-Dame di Parigi. Al canto del Magni6cat, in una sera di Natale, tutta la fede della di obiezioni ed il

cuore

pieno

Chiesa aveva fatto irruzione in lui. Tornava adesso nella vecchia cattedrale per seguirvi il suo corso di teologia ed era « la Vergine stessa che l'istruiva con grande pazienza e maestà». Con la faccia addossa-

«egli guardava vivere la

ta contro la grata del

coro

Chiesa»,

questo spettacolo, che lascia

e

attraverso

in tanti altri spiriti una noia inerte, egli comprendeva tutto ormai... Perchè, egli spiegherà più tardi, «ciò mi diceva, ciò che Agostino mi inseil gnava, pane che Gregorio mi spezzava con l'antifona ed il responsorio, erano gli occhi di Maria al che

Paolo

di sopra di me che me lo spiegavano». La «matere rassicurante maestà» da cui allora si sentiva

na

avvolto,

Chiesa

Egli minatam ptismatis

era e

insieme, indissolubilmente, quella della

quella

non

di Maria.

aveva

che da appoggiarsi,

senza

troppe

suam eadem inspiratione fecundat, ut per bagignatur» partum innumerabilis filiorum Dei multitudo 54, 356 B-C), Tra il seno di Maria e il fonte battesimale Ecclesiam

(P. E,, esiste qualcosa

di più che un semplice parallelo, Sermo 20, c. 5: e Originem quam sumpsit in utero virginis, posuit in fonte baptismatis; dedit aquae quod dedit matri; virtus enim Altissimi et obumbratio Spiritus sancti quae fecit ut Maria pareret Salvatorem, eadem facit ut regeneret unda credentem o (P. L., 54, 211 C). 86) ISACCO DELLA STELLA, in Assumptione beatae sermo I (P. L., 194, 1863 A).

Mariae,

397

su questa duplice e unica Madre, «che medita silenziosamente nel suo cuore e riunisce in un solo centro tutti i termini di contraddizione» ~>

distinzioni,

La Chiesa la

Maria soltanto per

a

Quando la si consisecondo dei suoi aspetti, come comunità di di santificati, l analogia non si rivela meno

dera nel

santi

rassomiglia

non

maternità santificante.

sua

o

feconda. Se è e

vero

che questa Chiesa, attraverso le miserie indugi dell esistenza temporale, ri-

inevitabili

gli

a poco a poco, il paradiso perduto, di queparadiso restaurato, più bello del primo, Maria la prima cellula ~~). Se è vero che il mondo è stato

costruisce

sto è

fatto per la Chiesa, è altrettanto stato fatto per Maria

data sulla fede nel sione ne e

>

suo

gt )

Se

Signore,

Maria, per la forza della

portò

tutto l'edificio della

vero

che

esso

è

ve o he la h esa nel

corso

della Pas-

propria fede, Chiesa,

come

sosten-

un'ar-

87) PAUL CI.AUDEL, l'8pée et le Mfroir, pp. 198-199; cfr. pp. 202-203. Lettera ad André Gide, 7 dicembre 1911: « ...La Chiesa dei Concili, la formidabile Theotokosl »,. (p. 184). Ad Andrea Suarez, 3 dic. 1911 (pag. 171). E ancora: «La Santa Vergine Maria, per me è lo stesso che la Chiesa, e non ho mai imparato a distinguere l'una dalE Paul Claudel interroge l'Apocalypse (1952) p. 80. In Cantica, l. IV (P. L., 168, 895-897). IVO CONGAR, op., cit., p. 21. L. BOUYER, le Sens de la vie monastique, p. 57. J.-J. OLIER, Explication des cérémonies..., p. 231: «E' nel

l'altra». 88)

RUPERTO,

segreto del cuore della SS. Vergine che la Religione santa di Gesù ha preso il suo avvio a. 89) PSEUDO-BERNA)O: « ...Ut breviter concludam, de hac (Maria), ob hanc et propter hanc omnis Scriptura facta est, propter hanc totus mundus factus est, et haec gratia Dei piena est... » (P. L.,

398

184,

1069).

matura di

legno incorruttibile; quand era

in

piedi

da-

vanti alla croce, tutta la Chiesa era presente in lei > ); a la s ra el Vene dl San o, men re in tu ti altri la fede ebbe a subire almeno un oscuramento,

Maria, da sola, per la la Chiesa di Gesù >

to,

mentre il Cristo

vita del

cercarvi

Corpo rifugio,

sua g

fede sempre viva, costitui

;), e

riposava

nella lunga egl a del nel sepolcro, tutta la

mistico s'era raccolta in lei, quasi a come nel proprio cuore. Se la Chie-

è una sposa vergine ~~), dalla indefettibile fedeltà, Maria, « l'anima più fedele della Chiesa, è questa sposa per eccellenza i > gt ). Se la C ies , ne sa

90) NICOLA BIARD, citato dal BARRE, op. cit., p. 84. Cfr. Gen., VI, 14. RICCARDO DI S. LORENZO: « In sola Virgine stetit Ecclesia... ». etc. (BARRE, p. 63). 91) SERVASANCTUS DI FAENZA, Mariale; J. Da VARAGINE, etc. (BAIUtE p. 84). ODON D'OURSCAMP, Quaestiones (ed. PITRA, Analecta novissima, II, p. 63) S. BONAVENTURA, in 9 Sent., d. 3, q. I, a 2. q. 3, ad 2m: « Ipsa fuit in qua fides Ecclesiae remanserat solida et inconcussa». S. ALBERTO, Mariale (ediz. BORGNET, t. 37, pp. 119 e 213). S. TOMMASO, in 9 Sent., d. 3, a. 2 q. 2, ad 1m. DURANDO DI MENDE, Rationale divinorum officiorum (ediz. di Napoli, 1857), p. 145, ecc. E' risaputo che questa credenza è stata l'origine del sabato come giorno consacrato alla Madonna. La controversia protestante la fece abbandonare o la diminui d'intensità; cfr. IVO CONGAR, Incidence ecclésiollgique d'un thème de dévotion mariale, fn Mélanges des science religieuse, 1950, pp. 287-291. 92) S. GIROLAMO, in Jer., I, 44; in Matt., I, 15 (P. L., 26, 57 A); Adversus Jovinianum, l. I, c. 31 (P. L., 23, 254). 93) Vita interiore della Santa Vergine, opera raccolta dagli scritti di M. Olier (Roma, 2 voi., 1866) t. I, p. 421. Si sa che quest'opera, edita con alcuni rimaneggiamenti di stile e aumentata di riflessioni a cura di M. Paillon, riusci a malapena a sfuggire all'Indice, a causa di 'alcune esagerazioni; (cfr. Ch. FLACHAIRE, op. cit., p. 104; HENRY BRRMOND, Histoire littér aire du sentiment religieux..., t. III, pp. 494495; Cl. DILLENSCHNEIDER, Marie au service del notre rédemption (1947), p. 190), esagerazioni date forse da «una certa tenpensa il R. P. CONGAR (op. cit., p. 85) denza monofisita». Cfr. FRANZELIN, de Verbo incarnato, p. 331. -

-

Un riassunto, autorizzato dalla Congregazione ne fu dell'Indice, pubblicato nel 1875 a cura di M. ICARD. Una edizione più critica e meno ridotta sarebbe aupicabile. R. LAURENTIN, op. cit., p. 362.

santi, merita di

essere

madre di Cristo,

come

chiamata

egli

spiritualmente la giorno a er a sua pe fetta la prima a meritare

stesso ebbe un

proclamare > lt;), ari , dienza alla volontà del Padre, è questo titolo > gt ). Se la h esa è ta mente unit

Spirito Santo, simbolo

da

della

essere designata, come Lui, sotto il colomba, Maria condivide con lei

privilegio > Ánche Maria è un

questo

>

gt ), ed i

l'una

e

suo'

c

«sacramento or

è un «V

di Gesù Cristo» ngelo vi

ente

&g

all'altra conviene il titolo di «vergine fedele»

94) PSEUDO CRISOSTOMO, De caeco et Zacchaeo, n. 4 (P. G., 59, 605- 606). RICCARDO DI S. VITTORE, in Apoc, l. IV (P. L., 196, 799 A-B). S. GREGORIO, in Evangelia, l. I, Hom. 3, n. 2: e Sciendum nobis est quia qui Christi frater et soror credendo, mater efficitur praedicando; quasi enim parit Dominum, quem cordis audientis infuderit; et mater ejus efficitur, si per ejus vocem amor Domini in proximi mente generatur» (P. L., 76, 1086 D). AIMONE, in Apoc., 1. III, : « Ipse dicit in evangelio: Si quis fecerit voluntatem Patris, etc.: ipsa enim Ecclesia reputatur in matrem, reputatur in filium; quia dum quoslibet ad finem adducit, mater est..., in illis autem qui accedunt ad baptismum et confitentur se in Christum credere, filius est» (P. L., 117, 1082 A). 95) S. AGOSTINO, De sancta virginitate, c. 5-6 (P. L., 40, 399). 96) S. GIUSTO DI URGEL, in Cantica (P. L., 67, 980 A). PASCASIO RADB ERTO, Expositio in Matthaeum, 1. Il, c. 3 (P. L., 120, 172-174); Expositio in Psalm. XLIV, l. I: «Haec est igitur Ecclesia una et perfecta columba Dei, veraque catholica mater, et sponsa et virgo. Mater, quia generat; virgo, quia fide incorrupta perseverat. Nec enim fecunditate virginitas corrumpitur, nec virginitate fecunditas impeditur» (1001 B-C). BRUNO DA SEGNI, in Cant. (P. L., 164, 1263 C). RUPERTO, in Cant. (P. L., 168, 912 B). ADAMO DI PERSEIGNE, Fragmenta mariana (P. L., 211, 750-752; cfr. riferimenti col. 774-776). SCHEEBEN, Dogmatik., 1. V, n. 1612. SAN GERMANO DI COSTANTINOPOLI, in Praesentatione Deiparae, hom. 1: «Maria è la colomba d'oro che brilla sotto i riQessi dello Spirito» (P. G., 98, 297). Liber mozarabicus sacramentorum M. FEROTIN, 1912), col. 75-78. 97) OLIER, Receuil de la sainte Vierge, pp. 134-138 (in CHAIRE, op. cit., p. 117). 98) S. GIOVANNI EUDES, Oeuvr es, t. VIII, p. 431.

400

(ediz. FLA-

e

di

«

sono

immacolata»

~>

). Do

circondate di angeli

n

o Cit à, l'

n

e l'al

:

...Sponsaeque ritu cingeris Mille angelorum millibus >o «Giardino chiuso»,

«Fontana

sigillata»,

«Teso-

nascosto», «Torre di Davide» >o gt;), «Casa d «Terra benedetta», «santuario del Paraclito» >o Trono di Dio, Vigna mistica, Porta d Oriente; «Tesoro venerabile del mondo intero, Luce sempre viva, Corona della verginità, Scettro dell'ortodossia» a); ro

«nuovo

cielo

la salvezza...

e

>

nuova &

tanie della Chiesa litanie di Maria

terra»,

«aurora

e

annunciante

sono pe so le litanie della Chiesa sono le

t; : le l ta ie di

>O lt;

. T

a una

Mari

s

rie e l altr c'

dei tempi, una catena di reciproci meglio, è un bene che rimane indiviso. corso

scambi;

o

99) ORIGENE, in Cantica, prol.: «immaculata Ecclesia» (p. 74). AMBROGIO, De vir gin., 1. I, c. 6 n. 31 (P. L., 16, 197) ; in Lucam, l. Il, c. 26 (P. L., 15, 1562 A). S. AGOSTINO, Sermo 191, n. 3: « ...ut sibi immaculato immaculatam consociaret Ecclesiam» (P.

S.

L.,

38, 1010). 100) Inno della Dedicazione delle Chiese. 101) Liturgia mozarabica, Liber Ordinum

(ediz.

M.

FEROTIN),

1904, p. 178. 102) «Terra

benedicta»: RUPERTO, in Cantica, l. IV (P. L., Sacrarium Paracleti»: A-B). «Maria templum Domini, Rhytmus ad sanctam Mariam (P. L., 158, 965). «Gratissimum Dei Templum, Spiritus sancti sacrarium, janua regni caelorum»: 53a orazione di S. ANSELMO (P. L., 158, 959 B-C); Psalterium Dominae 168,

899

—

nostrae (col. 1042, 1045, 1050). a) S. C. D'ALESSANDRIA,Hom. div., 4, (P. G., 77, 992), etc. 103). Cant. VI, 9. Per la Chiesa: S. GREGORIO, Moralia in Job. 1. XVIII, c. 29, n. 46 (P. L., 76, 62 A); ecc. Cfr. GUARNERIUS, Gregorianum, 1. XII, c. 3 (P. L., 193, 365-366). 104) S. BEDA, in Cant., 1. IV (P. L., 91, 1148-1150). PSEUDOISIDORO, in Cant. (P. L., 83, 1124 D). THOMAS GALLUS et JOANNES ALGRINUS, in Cant., 1. VII (P. L., 206, 452~

Tutte le grazie dei santi s'adunano in lei, come s'adunano nel mare le acque dei fiumi b). «Su di essa, sempre presente davanti al suo sguardo, l'Eterno ha tutto modellato» >O lt ). I e sa si ab o za tempo stesso attinge già la sua pienezza, tutta la Chiesa >O gt;) E s ne è i si me il « er e» e il

>o

roma»

). N è la fo

ne sanctorum

beati

» :

detentio

ma perfe ta &g

mea.

;o

gt;): in p

E la «dimora di tutti i

sicut laetantium omnium habitatio est in te

Maria «sta alla Chiesa come l'aurora al firmamento»

>&

t

o),

e n

l suo «gio anile sple

dore

ssa è gi

DI PERSEIGNE, Mariale, sermo 5: «Hanc itaque Ecclesiam sanctorum, sive hortum conclusum, sive signatum fontem, sive thesaurum in agro absconditum, sive regnum caelorum, sive pudoris claustrum, sive mulierem fortem nomines... » (P. L., 211, 741 B). S. GIROLAMO, Epist., 9, c. 9 (P. L., 30, 132 A-B). a) Parnassus Marianus; in RAGE, Himnarium quotidianum B. M. V., pp. 19 e 165. 105) Vie intérieure de la très sainte Vierge, t. Il, p. 75. MO

b) CORRADO DI SASSONIA, Speculum B. M. V., lect. 3. 106) PAUL CLAUDEL, le Cantique des cantiques, p. 23. 107) GERHOH, Liber de gloria..., c. 10: «post 61ium suum Ecclesiae sanctae nova inchoatio» (P. L., 194, 1105 B). 108) OTTO SEMMELROTH, op. cit., p. 40. CH. JOURNET, les sept Paroles du Christ en Croix, p. 63: «Nella Chiesa, la Vergine da sola è la Chiesa più che tutta la Chiesa stessa». 109) PS.-ILDEFONSO, de Assumptione, sermo 3: cita ut in ea esset forma non solum virginum, sed etiam omnium Bcclesiarum Dei » (P. L., 96, 257 A). 110) BRULLE, Vie de Jésus, c. VI.

402

nuovo che la Chiesa dovrà faticosamente realizzare >& t; gt;). l opol d Dio, in lung teo lentamente e penosamente la vetta che Maria rag-

niondo

giunse d'un

sol

colpo. La Chiesa, privilegiate c),

di tutte le anime

«che è la bellezza

sarà

« tutta. bella» alla fine del tempo: Maria è ~la stessa bellezza»; è tutta bella fin dal suo primo sbocciare alla vita. La

sua

risposta

le ed il

suo

~

alle premure divine è immediata e Diletto può dirle subito: «Non c'è

totamac-

chia in te»

>& «Quale meraviglioso. spettacolo

vedere

riunito

in questa sola anima, fin dai suoi inizi, tutto ciò che lo Spirito di Dio riverserà un giorno su tutta

>& t;>) Quando, f nc ulla, fu pr tutta al suo Dio, Maria offriva offrendosi Tempio, con se stessa anche la Chiesa. Quando il Verbo, inla Chiesa!»

carnandosi nel

suo

seno,

riversava

tesori, nella persona della sava ed arricchiva la Chiesa cettava

la

di lei i suoi

piena realizzazione delle promesse non personalmente, ma anche per tutti sta o nome >& t; l ;), e

tanto per lei lettivamente 111)

su

propria Madre Egli spo>& t; lt;) I Fiat di solcoldi

CHARLES PRGUY, Tapisserie de Notre-Dame. Nicolas CAediz., M. JUGIE, Patrologia ori entalis, t.

BASILLAS, Homélie, XIX, col. 495.

a) GILBERTO D'OLANDA, in Cant., s. 47, n. 3 (P. L., 184, 247 A). 112) Cant., IV, 7, cfr. l'Ufficio dell'Immacolata Concezione e il cantico del XIV secolo: e Tota pulchra es s. PIO IX, bolla Ineffabilis Deus: «Pulchritudine pulchriorem, venustate venustiorem, sanctiorem sanctitate o. GIORGIO DI NICOMEDIA (P. G., 100, 1437 B). 113) Vie intérieure..., t. I, p. 111. 114) TH. DE PERSEIGNE, in Cant., 1. IV: e In utero Virginis factae sunt nuptiae divinae et humanae naturae, sive Christi et Ecclesiae+ (P. L., 206, 380 A). OLIER, Mémoires autographes, II, p. 338 (FLACHAIRE, pp. 113 e 115). 115) EDMOND ORTIGUES, S. M., Note théologique sur la révélatioe et l'8criture à propos du dogme de l'Assomption, nei Ca-

403

questo Fiat è

stato ascoltato

di tutta la Chiesa che esclamò mia anima venne

pi

un

glorifica

il

Signore.

Maria esul-

a). Quando

gioia davanti ad Elisabetta,

tò di

»

è

ancora

a

nome

profeticamente: «La >& t; lt;). l ior

al Tempio per presentare il suo bambino, comatto che la Chiesa continua a compiere, e quan-

do lo

Simeone, era incominciava atto, questo ad offrire al Padre l'ostia dei nostri peccati. Quando,

depose

la Chiesa

a

tra le braccia del vecchio

ancora

che,

con

Nazareth, contemplava il

suo

figlio

e

silenziosa-

mente l'adorava, preludeva agli omaggi che Egli avrebbe ricevuto da tutti i santi futuri, tenendo cosi il posto della Chiesa intera che rappresentava davan-

ti

a

>& t;> . Quan o «M dre muta el Ver r — ) — Verbi si enti muta > Dio ai misteri del fatto uomo, oscomprenderli

Lui

zioso» senza

mat

gt;

servando tutte queste cose, conservandole

dole nel

suo

cuore, essa

cedersi di memorie

e

e

rimeditan-

prefigurava quel lungo

suc-

di intensa ruminazione che

stituisce l anima della Tradizione della Chiesa

co-

>&

hiers universitaires catholiques, dicembre 1950, p. 140. Cfr. Dom PICHERY, le Coeur de Marie Mère du Dieu Sauveur (1947),

E. p.

presente in Lei, per dire di si al Signore che veniva a prenderla per sua sposa». a) S. TOMMASO, Tertia, q. 30, a. 1 RUYSBROECK, L'ornement des noces spirituelles. (p. 36). 116:

«Tutta la Chiesa futura era

misticamente

IRENEO, Adversus Haereses, 1. III, c. 10, n. 2: «Proet exsultans Maria clamabat pro Ecclesia prophetans... » (ediz. SAGNARD, p. 164). 117) A. AUTPERTO, in Purif.: «Non sit vile illud spectaculum..., 116)

pter

in

S.

quod

multa

Ecclesiae

sacramenta declarantur» (P. L., 89, 1294Purificatione serm. 3 (P. L., 185, 72 D). I, pag. 373; t. Il, pag. 20 Cfr. PAUL CLAUDEL, l'gpée et le Miroir, p. 25 sulla Madonna che allatta suo figlio: questa tenera Chiesa lattescente». 118) SANTEUIL, Inno della Purificazione. Cfr. RUPERTO, In Cantica, l. I: «religiosum silentium Virginis... circa secretum Dei... » quo

1304). GUERRIC, Vie intérieure..., t.

(P.

in

L., 168, 844 A). 119) H. PAISSAC, O. P., Théologie, science de Dieu, in Lumière

%04

a

Al Calvario infine, durante le tre lunghe ore di agonia, tenendo ai piedi della Croce il posto della Chiesa,

essa

riceveva da

tutta la Chiesa

e

Figlio l insegnamento definitipiù a parole, per il si chiariscono >~ ) A n me tutte le generazioni cristiane, es-

suo

insegnamento in quale tutte le parole vo,

per

atto non

guardava a questa Croce, principio dal quale vengono capite tutte le cose, sintesi vivente e dolorosa, nella cui inquadratura vengono risolte tutte le consa

traddizioni,

«concordanza delle Scritture, limite

et Vie, n. 1 (1951), p. 47: «La Chiesa sola, come la Vergine Maria, può dire ciò che conserva nel suo cuore». 120) PAUL CLAUDEL, l'dpée et le Miroir, pp. 73-75. Forse nessuna pagina meglio di questa riesce a provare che, all'epoca at tuale, la grande letteratura mariana è tutt' altro che morta. «La nostra Madre Maria sul Calvario, ha altro da fare che piangere; essa deve ricevere a nome di tutta la Chiesa appena istituita nella e

sua persona,

tarda

di

cuore

la

sua

a

credere

lezione

di

catechismo.

O

gente

dirà piu tardi il Cristo

—

troppo

ai

stolta

discepoli

di Emmaus a quanto hanno detto i profeti: non bisognava forse ohe il Cristo patisse tutto questo, per entrare cosi nella sua gloria? L'insegnamento, da Lui minuziosamente e quasi linea per linea impartito a quegli uomini grossolani, ora è a libro aperto e a veli strap—

pati ch' Egli lo somministra alla Donna Forte. E Lei, che da si lungo tempo conservava e pensava tut te le cose nel suo cuore: Eccomi, ecce adsum! La fusione è stata operatat Ecco voltarsi la pagina che tutto rischiara, come quel grande foglio illustrato del messale, ben conosciuto dai sacerdoti quando si preparano a leggere il cànone: non detto, infatti, che a capo di tutto il Libro sta scritto di Me? qui, splendente e dipinta in rosso, la grande pagina che seTutto sulle quanto la Vergine ha imparato para i due Testamentit ginocchia di Anna, tutti i «volumina» di Mosè e dei profeti immagazzinati nella sua memoria, tutte quelle generazioni da Adamo in poi che lei contiene nel suo seno, la promessa di Abramo e di David, la sapienza di Salomone, il desiderio incandescente di Elia e di Gioe in preghiera delle turbe nel limbo; ebbene, tutto vanni Battista questo sotto il raggio vivificatore della Grazia, nel suo cuore si è messo a respirare, a comprendere, a sapere! Tutto si è messo in movimento, ci si riunisce da ogni parte: sollevatevi, portali eterni! Tutte le porte si aprono alla fede, tutte le opposizioni scompaiono, tutte le contraddizioni si risolvono. Ella si serve, per vedere, di tutta lenergia visiva posseduta assieme a lei da tutte le generazioni t Maria vede essa tutto t contempla! essa assiste a questa Elevazione che è

stato

Eccola

dura

tre

ore!... y.

405

ed insieme

luogo dove confluiscono l'uno e l'altro a); e mentre si compiva la profezia di Vergine, «associata a tutto il mistero»

Testamento»

Simeone, la che trovava la Gesù

sua

consumazione

con

la morte di

>~ gt;), inau urava uella pe

petua «co sione» della Chiesa che rimarrà trafitta dalla spada

fino alla fine del mondo anche la realizzava passava. La Chiesa

sa

tutto

d'istinto, fa passare

rifugia

sotto la sua

>~ ). compiutamente

La inaugura in sè e la

a, sor-

ciò, ed è per questo che,

tutto attraverso la

protezione»;

Vergine.

si copre del

to; pone la propria lode all'ombra della

~

Si

suo man-

>& t;> grazia in Maria, o piuttovittoria, propria sua

vittoria totale ed incessante della essa

vede l annuncio della

sto, poichè

non

c'è qui alcuna estraneità, in

essa

a) S. PIER DAMIANI, Sermo 48 (de exaltat. sanctae crucis hom. 2): «Crux igitur est concordia Scripturarum, et limes quidam atque confluvium veterum et novorum» (P. L., 144, 771 B-C). 121) BOSSUET, Sermon sur la Compassion (Oeuvres oratoires, t. Il, 1914, p. 465). 122) S. BEDA, in Lucam, l. I: «Et tuam ipsius animam pertransiet gladius... Hoc est dolorem dominicae passionis ejus animam pertransisse..., sed et usque hodie et usque ad consummationem saeculi presentis Ecclesiae animam gladius durissimae tribulationis pertransire non cessatx (P. L., 92, 346-347). AMBROGIO AUTPERTO (P. L., 89, 1301 PSEUDO-BEDA (P. L., 94, 340) AIMONE (P. L., 118, 86 D), etc. 123) Cfr. il Sub tuum praesidium, la più antica preghiera alla Vergine, trovata nel 1938 su di un papiro del III secolo. Vie intérieure..., t. Il, pp. 329-332: «Come tempio vivo, Maria sola contiene in grado eminente tutte le lodi che Gesù Cristo può ricevere dai suoi veri adoratori. E per di più essa stessa si converte in perfette lodi... E ben per questo che la Chiesa, incapace di onorare Gesù Cristo come Egli meriterebbe per la sua dignità, non Gli rende mai tributo di lode... senza unirsi alla SS.ma Vergine... Prima di tutte le ore canoniche, dopo aver recitato sottovoce il Pater, che è la lode e la in conformità al movimento preghiera di Gesù Cristo, la Chiesa —

dello

di Gesù

ai suoi figli 1Ave Maria, per insegnare loro che il mezzo di unirsi a Gesù e alle lodi che Egli rende a Dio, è quello di unirsi alla sua Santissima Madre e di partecipare cosi alla lode perfetta ch'Ella stessa Gli rende s.

406

spirito

stesso

fa recitare

—

già la propria vittoria, raggiunta fin d ora nel più verginale del proprio essere. Il mistero

scorge

punto

dell'Assunzione,

che,

nei

suoi

stessi

riHessj

cor-

porei, segna in Maria il trionfo definitivo e completo dell'opera divina, non rappresenta affatto una prodigiosa eccezione al destino comune, a noi totalmente estranea; esso viene celebrato dalla Chiesa promessa ed anticipazione del proprio trionfo

come

>~4

Haec assumpta nos assumat in caelis cum Filio ut antiqua sic assumptis reddatur promissio >& Perciò questo giorno è per tutti i suoi membri giorno di meravigliosa speranza : Pri miti ae Maria

Praevia dux est Ecclesiae

>~ ;) « In uesto i degli spiriti angelici vedono la nostra natura umana, quella natura che fu tratta dal dal fango e tremano!» a). Come, nel giorno dell'Annunciazione, Maria fu l'espressione più alta della spel

cori infiammati

ranza

cristiana, cosi, nel giorno della

sua

Assunzione,

diventa il pegno. La sua incoronazione in cielo ed il bacio che Maria ricambia al Cristo, come ingegnone

samente

insegna il portale scolpito della cattedrale di

124) Cfr. Jean DANIRLOU, S. J., le Dogme de l'Assomption: « Il dell'Assunzione ci insegna che in Maria la trasfigurazione del cosmo, che ha il suo principio nella risurrezione del Cristo, ha già incominciato a produrre i suoi effetti. Essa è l'alba della nuova creazione, i cui primi raggi filtrano nell oscurità del mondo. Le energie divine sono già al lavoro, ecc... » (8tudes, dicembre 1950, pp. 301-302). 125) Prosa della Chiesa di Aix, de Assumptione beatae Mariae (MISSET e WEALE, Thesauris hymnologicis supplementum amplishosimum, t. I, 1888, p. 79). Inno del XIII sec.: «Exaltatur hodie mistero

—

minis natura

in Maria virgine Dei mater pura a (Anal. hymnica, XIV, p. 199). SERLO DE SAVIGNY, in Assumpt. 126) ONORIO d'AUTUN, Sigillum, IV (P. L., 172, 506 A). a) Antica liturgia armena (M. JUGIE, La mort et l'Assomption

de la S.

—

—

Vierge p. 309).

407

Reims, dove la

statua della Chiesa fa riscontro a

la della

Vergine incoronata,

ne ed il

bacio della Chiesa >

sono

quelgià l'incoronazio-

&

Christum, os virgineum Osculatur hodie, Ut sit pax Ecclesiae! >~! Nella

Vergine, tutta la Chiesa prende ormai parte liturgia dell'eterno Sommo Sacerdote,

alla «celeste

alla In

sua

permanente intercessione presso il Padre».

segni della con-passione, trova glorioso compimento il «sacerdozio regale» tutto il popolo di Dio >& essa,

ornata

dei

il suo

di

Poiche la Chiesa dei santi, nella misura in cui si identifica già con il Regno dei Cieli, non è altro, in definitiva, che l insieme delle anime fedeli >& t; rapporto tra Maria

127) PSEUDO tia qua illustratut eam omnis Christi gratia et beatitudo

e

la Chiesa è anche, per ognuno

ILDEFONSO, de Assumptione, sermo 3 : « ...granon tantum beata ipsa Virgo, verum etiam per

Ecclesia» (P. L., 96, 254 C); «Collata quippe est in specie, ut diffunderetur in omne genus Ecclesiae; unde nec immerito beata et venerabilis hodie praecellit in genere totius corporis, quae ultra omnes fecundata est in specie, prolis» (256 C). Vie intérieure, t. Il, pp. 290-291. Cfr. JOSEPH DUHR S. J., le Dogme de l'Assomption de Marie (supplemento al «Précis de théologie dogmatique» di Mons. BARTMANN, (1952 p. 20). 128) Messale di Ratisbona, in Assumptione Beatae Mariae Virginis, in Sequentiae ex Missalibus... collectae, a cura di J.-M. NEALE (Londra, 1852), p. 170. 129) H. HIRSCHMANN, TIN, op. cit., p. 738.

S.

J.,

(1950),

citato

da

R.

LAUREN-

130) ORIGENE, in Cantica, l. I. e III (pp. 90 e 232). S. GIROLAMO, tract. de Psalm. S6 (A necdota Maredsolana, t. III, 2, p. 104). S. AGOSTINO, De sancta virginitate, c. 24 (P. L., 40, 409). AIMONE, in Cantica: «Sponsa Christi Ecclesia est, quae ex singulis fidelium animabus constat» (P. L., 117, 335). Questo va compreso, s'intende, nel quadro delle precisazioni apportate sopra, cap. III.

408

di noi, il rapporto tra Maria e la nostra anima. Maria, la Chiesa e l'anima: su questo triplice ed unico

tema, la Tradizione ci offre alcuni

poemi dogmat;ci >& t;&g

;)

tra i suoi

Come i

piu bei

s rmone i Is

la

Stella, di cui abbiamo precedentemente citato breve passo... Secondo un'usanza allora invalsa, !sacco riuscl ad unire, distinguendoli, i tre temi del

un

suo poema,

grazie all'uso

concertato di tre avverbi:

applica «universalmente» alla Chiesa, egli ci dice, si applica a Maria «specialmente» e individualmente», «singolarmente», vale a dire all'anima fedele & t; & Questi tre avverbi non furono scelti a caso. Come ciò

che

si

«

l'ha dimostrato il P.

Barré, per comprenderli

occor-

Ticonio, la cui quarta «regola per interS. la Scrittura», chiamata de specie et genere, pretare rifarsi

re

venne

a

ripresa

da S.

Agostino

e

commentata

da tut-

ta la tradizione latina. La S. Scrittura, diceva Ticonio, usa nascondere la species sotto il genus, come sotto un

membro si nasconde

a

volte tutto il corpo

a).

Si

131) Vedere anche Paul CLA UDEL interroge le Cantique des cantiques, p. 12: «Chi sarebbe questa donna, altri che l'anima umana, altri che Maria, altri che la Chiesa, alla quale il grande salmo 44 consiglia di dimenticare la casa di suo padre?». 132) «La stessa cosa viene detta universalmente della Chiesa, spectalmente di Maria, singolarmente dell'anima fedele... l'eredità del Signore, in senso universale è la Chiesa; in senso speciale, è Maria; in

senso singolare (individuale), ogni anima fedele» (P. L., 194, 1865). Questo sermone di Isacco ci fa rimpiangere che il commento al Cantico, il quale come ci assicura l'Histoire lettéraire de France è opera della sua mano, non sia stato pubblicato. Cfr. AIMONE, in Apoc. 1. III (P. L., 117, 1080). S. PIER DAMIANO, in —

—

Assumptione. ODILONE DI CLXJNY, idib. FILIPPO DI HARVENG, Moralitates in Cantica, (P. L., 203). a) TICONIO, Regulae... (P. L., 18, 33-46). S. AGOSTINO, De doctrina christiana, l. III, c. 34, a. 47-49 (P. L., 34, 83-86). SAN BEDA, in Apoc. praef. (P. L. 93, 131-132), etc. Cfr. H. BARRE, op. cit., p. 114-115 e 118-124.

009

applica questo principio ai rapporti della Chiesa con Vergine Santissima. belle narrazioni del vangelo, là dove si parla di Maria, si scorgeva già realizzata

la

«

in

specie» quanto

si doveva realizzare

genere ~; si vedeva questo

~

antecedenza, per cosi dire,

più

tardi

~

in

genus» tutto riunito in in questa «species» a);

soltanto che non si aveva che < ue termi i, iò impediva di definire la triplice reiaz'one di cui stiamo

parlando.

cies

~

non

D'altra parte, tra il «genus

vi è forzatamente

semplice relazione, simile

una

e

dipendenza,

la «spema una

quella esistente tra la parte e il tutto, benchè in senso inverso si applichi specialiter alle singole anime, ciò che è stato detto generaliter della Chiesa b) D.i qui la necessità d'introdurre un terzo termine che permettesse d'assegnare a Maria Santissima il

suo

a

posto eminente,

senza

estende-

affatto il legame della reciproca inclusione tradizionalmente affermata. Specialis (o «specialiter») re

~

venne

dele

riservato per la

si

vedeva

gularis» usa

un

o

Vergine, mentre l'anima fepiuttosto l epiteto «sin-

attribuito

l'avverbio «singulariter

~.

Alle volte si sottolinare la

comparativo: specialius, per ma non entra completamente nell'uso,

sfumatura;

perchè terrotta

dovendosi cambiare il vocabolo, avrebbe inun'abitudine ormai fatta, avrebbe obbli-

gato a diverse varianti. Non meno sarebbe stato nella logica del parlare, e soprattutto avrebbe fornito all'espressione della fede una forma felice e semplice.

La differenza tra ~ specialiter i e ~ singulariter», quindi di capitale importanza, quando i due

risulta

a) S. PASCASIO RADBERTO, in Matt., 1. Il (P. L., 120, 103 D) 104 C-D, 106 C). b) Cosi RICC. DI S. VITTORE, jn Cant. (P. L., 196, 409 D),

termini vengono usati in senso contrario, come presIsacco della Stella. Difatti, in questo caso, il c sin-

so

specifica alcun essere in particolare, qualità particolare, ma può opporsi semplicemente a «pluraliter» e lo si può dire d infinit esemplari. Lo si dice, per esempio, d ogni anima fedele, chiunque sia: «Sicut est Ecclesiae deprecatio generalis, sic esse potest cuicuique animae figulariter»

non

nè attribuisce alcuna

deli oratio singularis» a). Al contrario invece lo «specialiter» è unico; si deve intendere come a significare: «senza confronto, per eccellenza, in modo sovreminente, incomparabile ~. Già S. Pascasio Radberto sentiva fortemente la sfumatura, quando nel commentare il salmo +f alle vergini consacrate al Signore, spiegava che il nome di vergine e di sposa, dati in

dalla S. Scrittura a tutta la Chiesa, le anime cristiane, conveniva loro per un titolo speciale b) Qu.anto più allora alla Vergine Sancioè

generale

a tutte

tissima!

«Specialis» equivale quindi strettamente a «singularis et unica~' ; specialiter» equivale a et «singularis superexcellenter» c). Se, per esempio, lo Sposo celeste ha celebrato, nel seno di sua madre, ~

le

la natura umana, Maria nondimeno go«gloria speciale» d) e d'una ~ potenza spe-

nozze con

de d'una

a) S. BRUNO DA SEGNI, tn Cant. (P. L., 164, 1238 C). GII BERTO FOLIOT, in Cant. (P. L., 202, 1268 A): «siagulis et unia tutti e a ciascuno (1172 A). versis» b) Expositio in Psalrn. 44 (P. L., 120, 996 B, 1001 A e D, 1005 A, 1053 A). c) RUPERTO, in Cat. (P. L., 168, 941 D) RAOUL ARDENT, Hom. 30 in Assunrptione (P. L., 155 1423 A e C, 1425 A). Cfr. S. PIER DAMIANI: «proprium et singulare» (P. L., 144, 747 B). d) Prosa,Ecclesiae Trecensis (Messale del 1497): —

Laude s

Christo

dee antamus,

éjus qui gaudemus Speciali gloria!

Matris

411

a), perchè essa è, e rimane la Sposa speciale» b), oggetto d'uno «speciale amore» >& t;&g ; . modo «speciale unita allo Spirito Santo» > g ;& questo «privilegio speciale» essa sola ne attinge una «speciale eccellenza >& Si esprime cosi la stessa idea enunciata dall'Olier quando, per contrassegnare la perfezione unica della Vergine, le fa dire, in una effusione lirica che attinciale»

«

~

ge la più alta poesia:

«

Io ho fatto tutta sola col

Sposo giro di questi grandi cieli che essere la dimora data in premio agli eletti: mio

il

devono

gyrum coeli circuivi sola» >& t;&l ;). Cos anc ra, o ni a ta è la città di Dio, ma la descrizione di questa città conviene a Maria «specialiter» >& t;&g ;). A e, V cialis la.salutano i cantici medievali, Decus nostrunr speciale, Mulierum specialis /os in caeli curia! >&

Specialis

et

anselmiana

incomparabilis Virgo, dice una orazione >& t;> ); Unic Regina, pecial s Vr go

poema anonimo del secolo XI esaltando Maria sot-

a) S. PIER DAMIANI, Serm. 40 in Assumpt. (P. L., 144,732 C). b) DIONISIO CARTUSIANO, in L,ucam, sulle parole : «Dixit autem Maria». 133) GOFFREDO, hom., 31, in Annunt. 5 (P. L., 174, 768 A) hom. 66, in Assumpt. 3 (col. 972 A). 134) S. PIER DAMIANI, loc. cit., borum

enodanda proprietas,

quae

(cok 719 B) ; « illorum verMatri sunt specialiter de-

Virgini

dicata»

(719 A). 135) PIETRO DA CELLA, Sermo 6 in Adventu (P. L., 202, 649 D). PSEUDO-FILIPPO DI HARVENG, in Cant. (P. L., 203, 355 B). 136) J.-J. OLIER, Recueil de la Sainte Vierge, p. 119 (FLACHAIRE, p. 128). 137) J. ALGRINUS,

in Cantica: «Haec ergo descriptio urbis beatae Virgini specialiter convenit » (P. L., 206, 458 C). GUARNERIO DI ROCHEFORT, Sermo 40, de Arca spirituali: « ...specialis et singularis arca» (P. L., 205, 828 A) ; Sermo Maria... » (col. 808 A). 138) MISSET e WEALE, op. cit., t. I, p. 139) Oratio 53 (P. L., 158,,959 B).

412

37: 351.

«Specifice

Virgo

Sapienza o, se si preferisce, la Sapienza sotto i tratti di Maria >& E nel XII secolo Adamo di San Vittore canta: to i tratti della

Haec est sponsa

Vero sponso

spiritalis, specialis! >&

D'altra parte il rapporto dell'avverbio «universaliter» che è la ripetizione di «generaliter» con i due altri ha qualcosa d'ambiguo. In un senso, esso

due, poichè l'universalità abbrac-

li racchiude tutti e

cia tutti

i casi

particolari

e

Maria è,

poichè

senso,

assume

al

un

valore

più

unico

come

un

altro

limitato davanti al

caso

ognuno di noi, membro della Chiesa;

ma

in

vero universale

concreto

«speciale», comprende eminentemente, nella sua comprensiva ed assoluta purezza, la somma di perfezione di tutti gli altri membri: Ecclesiae 'totius porti~o maxima, portio optima, portio praecipua, portio electissima >& t;~), erchè Mar a può di si la «cr atura uni le» a). caso

che

Dio infatti ha

ogni

d'ogni

bene»

messo

>&

t;&g

in

Maria

;); l'ha

la pienezza di riempita «emin «

sostanza di cui è formata la Chiesa». Le ha

conferito

«

in

un

ammirabile

grandezza

tutte le au-

140) Poema edito a cura di M.lie M. Th. D'ALVERNY, la Sagesse et ses sept plles, Recherches sur les allégories de la philosophie et des arts libéraux du IXe au XIIe siècle, nelle Mélanges Félix Grat, t. I (1946), p. 275. 141) Prosa per l'Epifania. Oeuvres poétiques d'Adarn de Saint-Victor, texte critique, a cura di Léon GAUTIER (2a ediz., 1881), p. 23. 142) RUPERTO, in A poc., l. VII, c. 12 (P. L., 169, 1043 A). GERHOH, loc. cit., (P. L., 194, 1105 D). a) OLIER, Trattato dei ss. Ordini, p. 3, c. 6. 143) LEONE XIII, enciclica Supremi Apostolatus, 1 settembre 1883: Dio ha collocato in Maria «totius boni plenitudinem s. 013

guste qualità Chiesa

a).

~

~

Il

di cui adorna suo

Verbo

«

la

nasce in

sua

sposa, la santa

ogni fedele >

nella Chiesa intera, ma ad immagine della nascita nell'anima di Maria.

me

4)

sua

Perciò, affinchè in noi maturi il frutto della fede,

bisogna che in ognuno di noi ci sia 1 anima di Maria che magnifica il Signore, lo spirito di Maria che esulta in Dio >4 g ;). I tre sensi fi urati della Scr t u a : l goria che si riferisce alla Chiesa, la tropologia che concerne l'anima, e l'anagogia che ci trasporta nei cieli, convergono in un vertice che li sorpassa tutti per disegnare questa Meraviglia unica >4 Come Dio ha raccolto tutta la nobiltà sparsa nel

grande

universo per deporla nell'uomo, suo Egli ha raccolto tutta la nobiltà di

voro, cosi

niverso

capolaquell'u-

spirituale che

è la Chiesa, per deporla in Maè il em io d Dio, M ri >4 Santuario di questo Tempio b); se la Chiesa è questo Santuario, Maria, come l'Arca, vi è dentro c); e se la gt ). Se la h es

ria

a) OLIER,

Recueil ms. pp. 107 e 130 (LAURENTIN, p. 371). 144) ORIGENE, in Cant., hom. 2: e Et in te, si dignus fueris, nascitur sermo Dei» (p. 51). 145) S. AMBROGIO, in Lucam, l. Il, c. 26: e ...Sit in singulis sit in ut magnificet Dominum; Mariae singulis spiritus anima, Mariae, ut exsultet in Deo... » (P. L., 15, 1561 D). S. BONAVENTURA, de Nativitate B. V. M., sermo 5, 146) trattando del simbolo dell'Arca Apoc., XI, 19 (Quaracchi, t. IX, p. 715). 147) S. LORENZO DA BRINDISI, Super fundamenta ejus, sermo 4, c. I: c Sicut enim Deus totius majoris mundi nobilitatem collegisse visus est et posuisse in homine, ita totius Ecclesiae et militantis in terra et triumphantis in caelo nobilitatem collegit in Virgine»

(op. cit., p. 365). Presso gli omelisti greci, e se si paragona al tempio, più spesso vien detta naos, che significa: santuario riservato ai sacermentre doti, più di rado è chiamata hieron, che si riferisce al temb)

pio esteriore. R. LAURENTIN, op. cit., p. 77; cfr. p. 57 e 78 c) S. ANDREA DI CRETA, in Dormitionem, sermo 2 (P. G., 97, 1101). PASCASIO RADBERTO, Sermo in Assumptione:

Chiesa stessa è paragonata all'Arca, Maria allora è come il Propiziatorio che la ricopriva, piu prezioso d'ogni altra cosa a). Se la Chiesa è il Paradiso, Maria è la sorgente dalla quale zampilla l'acqua che lo ren-

de fertile b); è il fiume che rallegra la Città di Dio >4 l ;); c me il cedro sulla vet a del L ba o, l di Gerico. E' nella Santa Sion, come il quartier generale, come la Torre di Davide che dominava tutta la Città >4 gt ). Tu loria jer salem

C'era in questo modo di vedere un principio di esegesi non soltanto fecondo, ma perfettamente ogdal punto di vista della fede. E' questo piincipo che, più o meno coscientemente e completamente applicato più o meno

gettivo

—

«Apertum est templum Dei in caelo, et arca testamenti ejus visa est. Quae profecto arca non illa Moysi fabricata, sed beata Virgo Maria est, quae hinc jam transposita erat... Quia in caelo visa est, monstratur species in genere, sicuti et genus per speciem declarotur... In templo Dei visa est, scilicet in Ecclesia Dei; Ecclesia vero in ejus virginitatis fructu penitus Domino dedicatur; ac per hoc... in templo ejus non immerito visa est, quia Ecclesia et ipsa virgo est » (P. L., 96, 250 A) Ibid.: «Pulchrior (Maria) quam luna, quia in ejus specie genus omnium Ecclesianm resplendet » (col. 241-242). ONORIO D'AU499 C). GUARTUN, Sigillum beatae Mariae,(P. L., 174, 498 A NERIO DI ROCHEFORT, Sermo 32: « Ista enim arca in templo Domini, id est in honore Ecclesiae Dei posita est » (P. L., 205, 776 C). Apoc., XI, 19. a) FILIPPO CANCELLIERE, in Annunt. 9 (ms. BARRR, p. 135, -

nota 276). b) ESICHIO, De Dei parae laudibus, S. MODESTO DI GERUSALEMME, in dormit. B. M., VI. Cfr. S. PIER DAMIANI IV, Sermo 11 (P. L., 144, 558 D). 148) Psalm. XLIV, 4. QUIRINO DI SALAZAR, in Pror. (1619). p. 671. Cfr. Eccl. 21, v. 28; Cant., IV, 15. 149) Cant., IV, 4. RUPERTO, in Isaiam, l. Il, c. 31. ALGRINO, in Cant. (P. L., 206, 415 C). 150) Judith. XV, 10. Rosa di Gerico: ONORI, Sigilluns B. Albero del Paradiso: ABSALON, In Assumptione, sermo 4.

M.

felicemente anche

ispira

—

i

numerosi comnienti

mariani del Cantico dei Cantici. Gli esegeti continuano a discutere sulla preistoria di questo piccolo libro enigmatico e sul suo si-

gnificato originario. Noi possiamo notare che coogni interpretazione «mistica» feriscono le fibre più sacre del nostro cuore e le radici teologiche più profonde della nostra fede» >& D'altra parte la loro esegesi naturalistica, quando non si riduce ad incredibili banalità, non riesce neppure essa ad evitare ogni uso dell'allegoria, e più d'ogni altro giunge a cadere in stranezze >~ Che dire di un Lutero che respinge tutta la tradizione esegetica anteriore come intempestiva e loro che ne rifiutano «

«

mirabolante ~, basata sopra «un'ignoranza ed una cecità inconcepibili » ed incapace di produrre al«

frutto», per sostituirla poi

cun

con

l idea

«semplice

del buon governo di Salomone & t; & t; gt;)? n s ggio d l gener altri ancora, più aggiornati scientificamente ma non e

naturale

~

di

un

infiammato

elogio

arbitrari, sono fatti apposta per ricondurci sui sentieri battuti dai nostri padri. per questo meno

Una

prima cosa, comunque, è certa, partendo quale risulta perfettamente logico lo svilupsuccessivo dell'esegesi cristiana del Cantico. Il

dalla po

Cantico fu

ammesso e conservato nel

canone

ebrai-

151)

PAUL CLAUDEI, op. cit., p. 13. 152) P. MJLLIAUD, le Cantique des cantiques d'après la tradition juive, pp. 19-29. 153) In Cantica canticorum brevis enarratio (4538). Opera, t. IV (Jena, 1583), fol. 268-290. Il «Qos campi » e il «lilium convallium», per esempio, diventano le due classi di magistrati, inferiori e superiori (f. 274 v.). Nei momenti in cui ragiona però, Lutero si accosta allinterpretazione comune: «Est enim totus liber, quasi colloquium inter Deum et populum suum, seu inter conscientiam et Verbum» (f. 275).

416

delle Scritture, perchè in esso si videro leggiati i rapporti d'amore tra Israele ed Dio >&g co

simboil

suo

Come la sposa fa la gioia dello sposo tu farai la gioia del tuo Dio! >&

Questo

simbolismo

tura ebraica:

esso

non

risale al

era

nuovo

nella lettera-

profeta Osea >~

trova nei libri di Isaia, di Geremia, di Ezechiele e viene sviluppato nel salmo XLV.

lt ),

>~

Notiamo inoltre che il progresso della critica, costringendoci a negare a Salomone la paternità del

Cantico, la cui lingua è piena di parole aramaiche, per vedere in esso uno scritto posteriore all'esilio, ha reso

più

verosimile la tesi tradizionale che riconosceva

in esso, fin dall'origine, un poema sacro. Venendo dopo le allegorie dei Profeti, alcune delle quali, molto ardite, sono anche molto sviluppate, l'allegoria del Cantico stupisce molto meno. Essa è soltanto più

154) A. ROBERT, le Cantique des cantiques (1951, Bibbia di Gerusalemme), introduzione, pp. 8 e 15: «Gli Ebrei hanno sempre inteso il Cantico in senso allegorico. Il tema che esso suggerisce loro sin dall'inizio è quello dell'amore di Vahvé per la nazione eletta, e della sua unione con lei in un matrimonio mistico: questo tema essi lo manterranno sempre inalterato... L'autore del nostro libro dipende strettamente dalla mirabile tradizione profetica che fa capo a Osea... » A. FEUILLET, le Cantique des cantiques et la tradition biblique, nella nouvelle revue théologique, 1952, p. 732: «Con tutte le sue fibre questo poema d'amore si riallaccia alla letteratura profetica sotto il punto di vista teologico ai passi che trattano del matrimonio di Vahvè con Israele; sotto il punto di vista psicologico e storico agli scritti profetici contemporanei, allesilio o ai primi tempi della restaurazione». 155) Os., II. 156) Jer., II, 2; XXXI, 17-22. Is., LI, 17-22; LII, 1-12; LIV, 4-8; LXI, 10-11; LXII, 4-5. Ez., XV, XVII, XXXIV, ecc. 157) Is., LXII 5: «Il tuo sposo, è il tuo creatore >

27.

Il Volto della Chiesa.

—

417

spinta dei a

suoi modelli, e forse ci fa penetrare più fondo nel Disegno di Dio. E' in base ad una analoga considerazione che

Rabbi Akiba poteva dire: «Tutti i libri della Scrittura sono santi, ma il Cantico dei Cantici è sacrosan). L'aut re di Zo ar scriv

>~!

to!»

contiene

so

Akciba

«



iù ta di he e Rabbi

in sintesi tutta la Scrittura»,

proclamava

ancora, nel suo

entusiasmo, che

prezioso del giorno in cui Israele ricevette dal Signore il Cantico! Ma, in secondo luogo, un'altra cosa è egualmente certa: nel quadro della storia della salvezza, dopo il mondo intero

era meno

l'Incarnazione del Verbo, la Chiesa ha preso il posto di Israele. Di qui il carattere cristologico ed ecclesiale dei primi commenti cristiani del Cantico. Essi

«pio sotterfugio» per sottrarsi ad un imbarazzo», come con molta leggerezza ha scritto Rénan, nè hanno cercato di travestire» il vecchio Cantico per «salvarne l'onore» >& t;& l'inizio del III secolo S. Ippolito fornisce loro ciò non

un

sono

evidente

«

~

158)

«Libro augusto e proprio amabile» (cfr. Cant., V, 16), dirà XII Ibn Ezra. Cfr. Louis-Frangois d'ARGENTAN, Conférences théologiques et spirituelles sur les grandeurs de la Très la Sainte Vierge Marie Mère de Dieu, t. Il (Rouen, 1680), 3a connel

secolo

—

n. 2 (pp. 336-337) : «La Chiesa non avrebbe mai incluso questo Cantico tra le Sacre Scritture, se esso non avesse avuto altro singificato che quello naturale; e quand' anche fosse vero quel che alcuni hanno pensato, cioè che egli (Salomone) abbia composto questo ferenza,

verso la fine della sua vita, allorchè era ormai completamente depravato dall'amore per le donne e parlava quindi come un uomo privo di buon senso, ubriaco di passione e d'amore cieco: malgrado tutto cio, non si può mettere in dubbio che lo Spirito Santo, il quale libro

ha fatto cosi spesso uscire genuine verità divine dalla bocca dei più scellerati (come il falso. profeta Balaam nel Libro dei Numeri, c Caifa nel Vangelo), non gli abbia dettate tutte le parole con cui egli ha composto questo meraviglioso Cantico, e che non ci abbia nascosto sotto un senso interamente spirituale e divino». 159) Les Cantique des cantiques (2a ediz., 1861), pp. 105 125, 146. Cosi pure E. de FAVE, Origene, t. III (1928), p. 145.

che

ne

costituirà per tutti i secoli il fondo immutato. sua opera sia stata scritta specialmente

Pare che la per

per portarli al Vangelo >& alcun bisogno degli «sforzi disperati

gli Ebrei, Senza

da Rénan,

»

interpretazione nuova, ma per nulla improvvisata poichè presuppone, al contrario, e riprende quella corrente nella Sinagoga gli serve ad illustrare l'insegnaimmaginati

ancora

una

—

—

mento di S. Paolo e di S. Giovanni concernente l'unio-

>& t;& t; . Non illustrazione e nepingegnosa di una pure «applicazione particolarmente fondata» >& t ~). pir& t; fort rag one ess non er af «violenza» fatta all'origine giudaica del poema, come se il popolo ebraico, respingendo ogni simbolismo ne del Cristo e della sua Chiesa

tava soltanto di

una

mistico in

della

rendere

nome

per

sempre

sua

stessa

fede,

avesse

voluto

impossibile «ogni reciprocità >& t;> . Que ta nuova

tra il cielo e la terra»

tazione

non

rinnegava

la tradizione di Israele:

essa era

160) L. MARIES, Hippollite de Rome, Sur les bénédictions d'Isaac, de Jacob et de Moise. Notes sur la tradition manuscrite, texte grec, version arménienne et géorgienne (1935). Cfr. S. METODIO D'OLIMPIA, Banquet, l. VII, c. 7 (P. G., 18, 133); S. CIPRIANO, Ep. 69, 9; 74, 11; De unitate, 4; Ep. 75, 4 (FIRMILIANO); SAN AMBROGIO, passim.; SAN EPIFANIO, Expositio fidei (P. G., 42, 776-785, 809, 821); SAN AGOSTINO. Sermo 46, n. 35 (P. L., 38, 290); Sermo 138, n. 9 (P. L., 38, 768); Speculum (P. L, 4, 925). S. GIROLAMO, Epist. 53 e 107 (P. L., 22, 547 e 876). ANASTASIO SINAITA, q. 41 (P. G., 89, 592 D), etc. 161) Eph., V, 25-33; I Cor., VI, 16-17; II Cor., XI, 2. Apoc. XIX, 7; XXI, 9-10; XXII, 17. Cfr BOSSUET, Préface sur le Cantique des cantiques: «Questa figura la si trova sparsa in tutti i Libri sacri, nei quali nessuna cosa s'incontra cosi spesso come l'alleanza eterna di Dio con la Chiesa, l'amore ardentissimo e la fedeltà inviolabile che la accompagnano, rappresentate sotto l'immagine di uno sposo e di una sposa» (Oeuvres, ediz. F. LACHAT, t. I, p. 610). 162) P. JOUON, op. cit., n. 21, p. 19; n. 15, p. 16. 163) Cfr. RENAN, op. cit., p. 121. Circa le origini ebree dell'immagine della Sposa, cfr. Joachim JEREMIAS, in G. KITTEL, Theologisches W'orterbuch zum Neuen Testament, t. IV, col. 1092-1099.

il

di

frutto

tima,

ma

una

trasposizione

soltanto legit-

non

necessaria, trasposizione che porta,

vera-

mente, delle trasformazioni più profonde che alcuni storici dei nostri giorni non sono inclini ad ammettere, che implica tuttavia, sotto la stessa disconti-

nuità,

garla,

una ne

reale continuità. Lungi

continuava, al contrario,

to. Era la

scoperta del

senso

un

più

però dal rinneapprofondimen-

vero

voluto dallo

Spirito. Per

usare

le antiche

una

accezione che fu

che

non

a

è

parole dei nostri lungo ammessa da

del nostro

Padri, in tutti,

ma

propiù quella il passaggio obbligato dalla «storia» alla «allegoria». In altri termini, era una delle conseguenze della grande trasposizione» reale, del del grande «passaggio», passaggio unico e definitivo, dall'Antico Testamento al Nuovo >& t;4 quello è impossibile che S. Paolo stesso non ne abbia già avuto un esplicita percezione. Quando scriveva agli fano,

essa

uso comune e

era

«

Efesini che il Cristo ha voluto prepararsi nella Chiefidanzata « tutta splendente, senza macchia e

sa una

quando parlava ai Corinti della sua «gelosia divina», possiamo pensare ch egli ricordasse proprio i versetti corrispondenti del Cantico dei Cantici e ne volesse far vedere la bellezza a). Ad ogni modo è certo che l'esegesi, che prese voga dal tempo d'Ippolito, non fece che applicare la sua dottrina. Coloro che pur ammettendo, a rigore, l'allegoria del rapporto tra Israele e Yahweh, vogliono escludere senza

ruga», o

La Doctrine du quadru pie sens, in Mélanges F. CA(1948), pp. 347-366. PSEUDO-FILIPPO DI HARVENG, Moralitates in Cantica, prefazione: «Si ergo apud illos figura Mt, apud nos veritas esse debet » (P. L., 203, 491 D). 164

Cfr.

VALLERA

a) Cfr. A. FEUILLET,

op. cit., p. i

420

104 e

113.

oggi dall'interpretazione del Cantico

«

tasticherie cristiane»

on ann c ò c

mandano :

vogliono

>& una

t;&

t;),

tutte le fan-

rinuncia alla «nostra Pa-

squa» ed un ritorno all'ebraismo. Ma non era ancora tutto finito. Per effetto di

un'altra una

doveva

a

evolversi

una vera

trasposizione, che non era più prolungamento, l'«allegoria»

ma un

volta, in questo

'sua

:in

sfociare in di

di

specie

sostituzione «

tropologia

~,

la

come

in

altri casi,

«mistica»

doveva

«morale». Anche qui bisogna parlare necessità. Perchè è una legge costan—

già ripetutamente incontrata— generale, si cristiano in particolare >& t; lt;)

te e noi l'abbiamo «

tutto ciò che si verifica per la Chiesa in

verifica per il

dice un commentatore moderno del no

~

Cantico, P. Marti-

del Rio, ratio totius a singulis partibus non >& t; gt;). In altr termin a cora la vita

est

alie-

s iritua duce in ogni anima il mistero della Chiesa stessa. E qui, in definitiva, che questo mistero trova il suo compimento interiorizzandosi. Vel Ecclesia, vel anima >& t;& t;& t;). Con

O

compiere questo igen , a met

de

colo, questa interpretazione è pienamente acquisita. Scrivendo il commento al Cantico il grande Alessandrino ha realizzato

uno

dei suoi

capolavori >& t;&l

172 GUIDO SAUVARD, Saint Jean de la Croix et la Bible, nei Cahiers sioniens, giugno 1952, p. 138; cfr. p. 136: l'esperienza del popolo di Dio, Israele e la Chiesa, fonda e garantisce quella di ciascuno dei suoi membri. 173) II Cor., XI, 2. 174) A. ROBERT, loc. cit., p. 25. 175) Si resta meravigliati leggendo in uno storico cosi preparato come ANDERS NVGREN, che nel medioevo, «per esprimere la comunione intercorrente tra l'anima e Dio, si ricorre volentieri aldi l immagine già in uso nelle religioni misteriche dell Antichità un matrimonio spirituale»: Eros et Agapé, la notion chrétienne de l'amour et ses transformations (trad. frane. Pierre JUNDT, t. III, —

—

1952, p. 234). Quasi che la suddetta immagine non fosse stata conosciuta dall'antichità cristiana, e quasi che le sue origini ebraiche fossero trascurabili. 176) Cfr. Histoire et Esprit, loc, cit., e pp. 192-194. E' noto il giudizio di San Girolamo, Praefatio in Or. Cant.: «Origene, che ha superati tutti gli interpreti in tutti i libri della Scrittura, ha superato se to

stesso nell'interpretazione del Cantico». è stato pienamente ratificato dai secoli.

Questo

apprezzamen-

423

ha dato

stiano

all'intelligenza cristiana una espressione in cui

all'amore cri-

e

—

—

si riconosce

essa

pienamente. Ora,

appare chiaramente nei suoi scritti che egli inau-

come

negli scritti della lunga tradizione gura e domina, le nozze della Chiesa e

l'anima

non

forza di

dubbio,

sono

due

esposte

sistemi

come

Giusto di Urgel

una

e

le

accanto

indipendenti.

nozze

del-

all'altra in

Alcuni,

senza

Teodoreto, Gregorio d'Elvira, San o

S. Bruno da

Segni, parlano soprat-

tutto delle nozze della Chiesa. Altri invece come San

Gregorio

di Nissa, San Nilo, o nei tempi moderni, il Luigi da Ponte, Cathius, San Roberto Bel-

venerabile

larmino, San Giovanni della Croce dànno maggior rilievo alle nozze dell anima: il «mistero del Cantico»

si rivela allora come

t;

M

un

itinerario di

perfezione

il pri o g uppo no esclude del secondo, il secondo gruppo, a sua

>& si spirituale

gt;)

come

volta, presuppone come acquisita l'esegesi ecclesiale del primo. Guglielmo di S. Thierry se ne dà ragiola chiarezza

in

prefazio a). Gregorio Magno, ve moltissimo ad Origene due prospettive sono egualmente in luce, e si vede meglio allora come esse siano armoniosamente disposte ed intrecciate tra loro in un'esegesi organica. Non costituiscono due chiavi diverse da scegliersi a piaidem est ed il regno cimento, ma una sola, ne,

con tutta

possibile,

—

177)

un

in San Bernardo, che de>& t; ), ed in altri a co

In San

—

GREGORIO DI NISSA, in Cantica, hom. I (P. G., 44, e 765 D; 769-772). a) Expositio altera in Cantica (P. L., 180, 476 A). 178) I lavori di Dom JEAN LECLERCQ. O. S. B., hanno messa in piena luce l'inQuenza esercitata da Origene su S. Bernardo neiS.

764-765

l'interpretazione

424

dei

Cantico.

che questa chiave ci apre, non è un regno illusorio. «E' nelle anime che la Chiesa è bella» >& t;&g ;),

Ambrogio e d'altra parte, come dice San Pier Damiani, «ogni anima, per il mistero del sacraferma S.

mento, è in qualche modo la Chiesa nella nezza»

sua

pie-

>&

Senza doverne forzare troppo il significato inipossibile tradurre l'espressione «anima

ziale, è stato ecclesiastica»

con

quest'altra: «quest'anima che

la Chiesa»; e la Ven. Maria dell'Incarnazione faceva altro che esprimersi in conformità alla

sicura tradizione

quando,

nei suoi

è

non

più pensieri spirituali,

scriveva:

«Mi è sembrato che l'anima, che è destinata ad abitare in questa santa città, debba essere simile ed avere qualche accostamento alla città stes-

perchè qualità di sa,

essa

che è pure la»

è il regno di Dio in forza delle belle Sposo della Gerusalemme celeste,

cui lo suo

sposo, si è

compiaciuto

di adornar-

a). Conviene soltanto

aggiungere, come fa S. Bernarseguendo Origene >~ gt; , he se la hi sa «è tà delle anime, o meglio, la loro unanimità», nella realtà concreta ogni anima individuale non fa mai altro che partecipare, in modo più o meno imperfetto, secondo il suo grado di progresso spirituale, ai privilegi della Chiesa che sono, a buon diritto, i suoi. do

179) De Mysteriis, VII, 39 (ediz. BOTTE, p. 120). 180) S. PIER DAMIANI, op. cit., c. 5: « ...ut et omnis universalis Ecclesia non immerito una Christi perhibeatur sponsa, et unaquaeque anima per sacramenti mysterium piena esse credatur Ecclesia» (P. L., 145, 235). a) Relations d'oraison, I, X, 2 (Ecrits). 181) In Cantica, sermo 12, n. 11: « Ipsa (Ecclesia) audacter secureque sese nominat sponsam... Quod etsi nemo nostrum sibi arrogare praesumat, ut animam suam quis audeat sponsam Domini appellare, quoniam tamen de Ecclesia sumus, quae merito hoc nomine et re

425

Tutto

dunque è sempre riferito «principalmente» >~ tutti questi commenti, il particolare allegori-

alla Chiesa In

evidentemente, è spesso gratuito. Quella specie di consacrazione letteraria che il suo uso frequente co,

nel

dei secoli

corso

fondere

gli ha conferito,

un

è da

con-

una

Possiamo riconoscere con nei suoi autori «una esuberanza di che desta talvolta

non

tradizione dottrinale. Rénan che esso denota

l'autorità di

con

vero

immaginazione

stupore» >& t;>). C

molo apertamente: esso è sovente fastidioso ed arbitrario. Le opere che ne fanno sfoggio sono divenute per noi quasi illeggibili. La bellezza di alcuni brani

basta

dar vita all'insieme ed è

proprio possiamo seguire questi autori venerabili «nel dedalo delle loro applicazioni letterarie» nè imitarli quando, per voler far presto, riallacciano in modo semplicistico i testi dell Antico Testamento vero

non

che

a

non

«

alla Tradizione cristiana del loro tempo ~; e, per contrasto, stimiamo molto più saggio un San Giovanni

clelia Croce

quando

punto per punto» il libro biblico a). Ma agli antichi

e

non

«rinuncia

a

far

corrispondere

Cantico spirituale con il vogliamo rendere giustizia

suo

se

privare

noi stessi di

un

autentico

nominis gloriatur, non immerito gloriae hujus participium usurpamus. Quod enim simul omnes piene integreque possidemus, hoc singuli sine contradictione participamus x (P. L., 183, 833 C-D). Serrno 61, n. 2 (col. 1071 C). Cfr. RICCARDO DI S. VITTORE, in Cantica canticorurn expositio, prologus: «Toti simul sponsa sunt, quia toti simul Ecclesia suntx (P. L., 196, 410). 182) MARTIN DEL RIO, loc. cit.: « ...non debere sic de quavis anima justi intelligi, ut non id praecipue de Ecclesia universa dictum putemus». 183) Op. cit. p. 123. a) A. FEUILLET, op. cit.,ipp. 241 e 129.

tesoro, stiamo attenti a non essere vittime nei nostri giudizi di vedute troppo analitiche. Benchè fossero legittimamente persuasi di poter ottenere, mediante la amorosa,

«

contemplazione di l'intelligenza delle Scritture»,

una non

fede

pare, valore

quanto è dato sapere, che accordassero un senza critica, ad ognuna delle allegorie, delle tropologie o delle anagogie che essi distingueva-

a

assoluto,

e sviluppavano nelle loro esegesi. Numerose osservazioni disseminate qua e là o alcune sfumature di parole ce lo dimostrano. Non miravano al rigore no

di

una

resto,

assai larga, vizio di

scientifica in

oggettività

non ne

tanto

una

un

campo che, del

comporta. Non disconoscevano la parte

più larga forse perchè era al serpiù profonda, di un coefficiente

verità

personale. Mantenendosi costantemente nella luce della fede e procedendo sempre secondo la sua «ana-

logia

~, essi cercavano di

ligenza delle Scritture»

chiarezza, per poterne

più meditato

e

più

portare la desiderata intelad un punto di maggior

avere

«

in tal modo

un

possesso

comunicabile.

Bastava loro di sentirsi in

mano

lo strumento

adatto che permettesse di esporre, ad uso della predicazione, il Mistero ovunque latente nel testo sacro

Tutto questo, nonostante l'apparenza contraria derivante da tanta abbondanza di particolari, supponeva in loro una coscienza molto forte dell'unità del Libro ed

una

linea sintetica di

pensiero. La molspiegazioni

delle loro

meno, teplicità, organizzata figurate, ci può dare l'impressione d'un mosaico: in o

realtà

spezzava il concetto unico che essi avevaintelligenza spirituale. Il particolare non ave-

non

no

dell

va

per essi valore che nell'insieme,

come

segno par427

ziale

e

non

come

parte isolabile

bene che, significante Scritture è uno >~

sapevano molto il Mistero delle

e

significato,

o

Ne segue che sovente, «per il sotterfugio di una a noi appare e che è, veramente, spesso (se non si guardano che i particolari,

esegesi che fantasiosa»

bella posta isolatamente), essi raggiungevano, quale profondità. il «vero significato» a). Videte, fratres, quanta est unitas Scripturarum! b) V.iclete qupmodo abyssus abyssum invocat, quomodo diversa Scripturae capitula sibi conveniunt c.). presi

a

e con

Perchè la ricerca dei sensi mistici ad

un

illusorio artificio

o

ad

un

non

gioco,

si riduca

è certamente

necessario che tra il passo commentato ed il Cristo esista un nesso reale. Essi ne erano convinti al pari

di

noi. Ma il

principio

dell

analogia

consentiva loro

di intendere questo rapporto in maniera più duttile; d'altronde questo stesso principio può essere

applicato

in tutta la sua forza solo

quando

regna la

coscienza dell'unità della Rivelazione. In questa flora talvolta strana, spesso invecchiata,

oggi comunque appassita, disseccata, che conser-

l'erbario dei vecchi commentari bisogna abituarsi a non vedere altro, va

del

Cantico,

qualunque sia il genere letterario adottato dal poeta sacro, ispirantesi più o meno o alla parabola o all'allegoria— che un libero procedimento destinato a mettere in —

184) Cfr. RUPERTO, in Matthaeum, l. Il: «omne Scripturarmn sacramentum» (P. L., 168, 1348 C). a) P. M. STANDAERT, La doctrine de l'image chez saint Berin Ephemerides theologicae lovanienses, 23 (1947), p. 134. b) S. BERNARDO, in festo omnium sanctorum, s. 2 n. 4 (P. L., 183, 467 A). c) GILBERTO D'OLANDA, in Cant., s. 18, n. 4 (P. L., 184,

nard,

94 A).

luce l'idea essenziale...

>& t;>). Pro edi ento anzi apparire tanto più libero quanto più è chiaro

l'originario carattere allegorico del testo : poichè, evidentemente, il modo di procedere ed i particolari descrittivi sono diversi nell'allegoria e nella parabola). Ora l'idea essenziale qui espressa, non è per nulla

«arbitraria». Di conseguenza,

generato, come Rénan foresta di interpretazioni » to

non

ha affat-

sembra

credere, «una divergenti derivanti da lt ). Se la consid riam al a sua

sistemi diversi >~ e nella sua costante intenzione, l'interpretazione tradizionale del Cantico dei Cantici, una nella dua-

ne

lità, si basa su un'eredità storicamente documentata e, al tempo stesso, su un profondo simbolismo di cui Gesù stesso ha voluto servirsi > g ;&g ;) e he ha

ontologico >&

L'interpretazione mariana, più tardiva,

necessariamente

è ovvio, doveva essere benchè se ne trovino

185) SAN BERNARDO, in Cant., s. 78, n. 1. M. GHISLERI, opera cit., prefazione, c. 16, si sforza di dimostrare, dopo aver ammesso con DEL RIO il carattere parabolico del Cantico, come nondimeno sia permesso all'esegeta di cercare un senso mistico sotto ogni parola che lo costituisce. .186) Op. cit., p. 123. Edoardo REUSS vedeva più giusto quando scriveva, op. cit., p. 7: «Se queste elucubrazioni differiscono qualche poco le une dalle altre, si tratta soltanto di interpretazione dei dettagli particolari ». 187) Matt., IX, 15; XXII, 1-10. Cfr. Matt., XXV, 1-33; Jo., III, 29. 188) Cfr. LOUIS BEIRNAERT, S. J., la Signification du Symbolisme conjugal dans la vie mystique, in Mystique et continence (1952), pp. 381-384. BOSSUET, loc. cit., pp. 610-611: «Chiunque mediterà queste parole con attenzione allontando dall'opera di Dio, che è santa e casta, la macchia obbrobriosa della concupiscenza causata dal peccato, comprenderà agevolmente che Salomone ha avuto ragione di rappresentare i casti amori della Chiesa e delle anime fedeli

42~

siriaci

o

dall'epoca dei Padri greci, latini ). an Pasca io Radber o, el IX seco

alcune tracce fin

già

>~

la propone già come unà interpretazione comune >& t; gt;). Un Ambrogio Autperto ne l'ottav s S. Pier Damiani nell undecimo la sfruttano nei loro sermoni per le feste della Vergine a). Anzi, la vedia.Tuttavia mo nella liturgia anche anteriormente b) è soltanto nel secolo XII che

essa assume,

in Occiden-

te, una forma sistematica. Il principale iniziatore qui è Ruperto di Deutz, il quale, del resto, ammette seminterpretaziopre l interpretazione ecclesiale come

fondamentale >& t;& t;). N l s colo IV vi

ne

la

sotto

in

Irenikon,

indubbiamente

e

dell'amore

figura

TILLON,

quello

194, che

della p.

coniugale». Jean CHA«Questo simbolismo nuziale è meglio di tutto la natura intima società

135:

esprime

DI S. VITTORE, op. cit.: sponsae cum intellectu intimae caritatis, id est, nuptiali venire, id est, digna caritatis intelligentia; qua si non induimur, ab hoc nuptiali convivio in exteriores

e

divenire

il

«Debemus

RICCARDO

della Chiesa».

ad

has

sponsi

nuptias cum veste

et

id est 196, L., tenebras, caecitatem, (P. ignorantiae repellimur» 405-406). S. TERESA, sul Cantico, c. I. 189) Specialmente in Ippolito, Epifanio, Andrea di Creta, Teodoro Studita, Giorgio di Nicomedia, Efrem; GIROLAMO, Epistulam ad

Paulam

ginis,

n.

et

Eust.

(P.

87-89

(P. L., Matthaeum

30,

L., 16,

134-135);

AMBROGIO,

De

inst.

vir-

326-327).

l. Il, proemium: « ...ubi nimirum universalis 190) In Ecclesia praesignatur, tandem de Spiritu sancto replenda, per quem in cordibus credentium et ipsa Christum quotidie non solum parit, quia mater de de

et

virgo est, sed etiam sponsa in omnibus appellatur... Quod (Maria) specialiter dictum est in Canticis quamvis generaliter Ecclbsia significatum intelligamus» (P. L., 120, 103-104 e 106).

hac

a) P. L., 89, 1275-1276; 144, 508 A, 510 D, 561 C, 717-722, 754, 760-761. E i sermoni sull'Assunzione dello Pseudo Ildefonso, che potrebbe essere Pascasio Radberto (P. L., 96, 239-282. b) pp.

Alcuni testi datici da G.

54-56,

del

sec.

XI.

La

FRENAUD, in Maria e la Chiesa I, scrive dom Celestino CHAR-

Liturgia,

chrétienne, 1, (1953), p. 124: «ha fatto del Cantico dei Cantici la fonte della propria ispirazione mariana con una sicurezza d'interpretazione che è ben lungi d all'essere, come LIER,

in

Bible

et

vie

qualcuno ha voluto dire, un semplice accomodamento... ». 191) P. L., 168, 1387 B, 1603 B, etc. Vedere il magnifico prologo nel quale egli giustifica la sua iniziativa, col. 837-840. Egli si serve ugualmente del Cantico per dare la spiegazione della sua stessa inii

430

tata, in Oriente, dall'imperatore Matteo Cantacuzeno, divenuto monaco al Monte Athos. In un comche non è privo di bellezza, egli saluterà nel«più bella di tutte le donne» l'anima più santa e «di gran lunga la più gloriosa» di tutta la Chiesa, la «Vergine Immacolata». Negli inviti che lo Sposo le rivolge in primavera, egli riconoscera la voce del Verbo in quel momento primaverile della storia in cui sta per compiersi 1Incarnazione >~ ). on o mento

la

rà ancora, tuttavia, unire armonicamente queste interpretazioni in una esegesi organica: secondo lui

alcuni

passi

del Cantico si riferiscono alla

Vergine, >&

mentre altri alludono alla Chiesa dei Gentili

Teofano

suo contemporaneo e che fu in utilizza anch egli il Cantico per lui, lodare la Vergine a). I Latini si erano mostrati di colpo più audaci,

di Nicea,

relazione

con

pensando che l'interpretazione

mariana potesse esten-

dersi

rigore, infatti, anche

a

tutto

il

questa interpretazione nuova.

A

Cantico.

Non soltanto

non

essa

costituisce

non

è

una

«quella

chiave

corona

di

poetiche menzogne che l immaginazione cristiana ha intrecciato attorno all'oggetto prediletto dei suoi sogni

»

>&

mo,

sviarci in

zone

lt;), m sarebb neppure suf

iciente legittima» >& t;< ). Lu periferiche, essa ci riporta, al contra-

t;

definirla

«molto

è rettamente intesa, al centro del mistero di rio, cui la rivelazione fatta ad Israele e consegnata nel se

(col. 1453. Cfr. PSEUDO FILIPPO DI HARVENG, Moralitates in Cantica, prefazione (P. L., 203, 491-493). 192) In Cantica canticorum (P. G., 152, 1008, 1020, 1024, 1051...). 193) Op. cit., (P. G., 152, 1021 A-B).

ziativa

cit., (JUGIE, pp. 25, 133-135, .163, 171, RSNAN, op. cit., p. 141. P. JOUON, op. cit., n. 23, p. 20. Cfr. 195)

a)

Op.

194)

179,

181).

Cantico

era

l'annuncio

figurato: nell'intenzione preè, in realtà, un inno all'Invuole celebrare la prima unione

cisa dei suoi autori carnazione.

del Verbo

Essa con

essa

la natura

gine, il primo bacio che unione finale >&

umana

Egli

nel

seno

della Ver-

le dona in pegno della

Questa interpretazione, non foss'altro che sotto l'aspetto dei rapporti del Verbo e di Maria, era destinata un bel giorno a svilupparsi, in virtù della stessa logica inerente al Mistero cristiano che abbiamo già vista operante >& t;& t;). Per ac oglierla lib bisognerebbe soltanto lasciar cadere qualche spiegazione di carattere tradizionale concernente il passaggio effettuato dalla Sinagoga alla Chiesa dei Gentili, o

la conversione individuale da

cato

>~ ). el res

o

o,

che il Cantico, anche nel supponga nella vita della

suo

Sposa

>& t;~). Interpret ndolo dizione

profetica anteriore,

uno

è nemm

di pecno mo to sic

stato

primitivo significato, una

parte di peccato

roppo strett men e on l

si rischia forse di misco-

noscere, sotto questo punto di vista, la sua tà. Perchè, il soggetto primitivo del libro è

originaliveramen-

196) Cfr. il titolo del commentario di RUPERTO: In Cantica canticorum de incarnatione Domini, e l'inizio del l. I (P. L., 168, 839-840). 197) Pseudo FILIPPO DI HARVENG, Moralitates in Cant., l. VI: « ...Dignum est ut ad beatae Mariae Virginis personam stylum nostrum dirigamus, quia in eius laudem et sanctae Ecclesiae honorem totum librum istum a Spiritu sancto editum per os Salomonis non dubitamus» (P. L., 203, 571 D). Cfr. ETOBAC, Une d'hist. de l'exegèse (Revue d'hist. eccl., 1952, pp. 520-521). 198) Cfr. A. ROBERT, loc. cit., pp. 24-25 A. FEULLET, op. cit., pp. 110-111. 199) E' appunto quello che pensa D. BUZV, le Cantiqu e des cantiques (1949), pp. 24-25: « Il Cantico si stacca dalla concezione dei profeti... Noi elimixuamo dal Cantico persino l'ombra d'una infedeltà... ». Lo stesso afferma il P. Luciano Maria di S. J., loc. cit., pp. 15, 22-23, 37, 38.

432

te

il

vole

perdono che Dio accorda pentito? Gli inviti che

e

«ritornare» come re

si

al

suo

popolo colpe-

la Sunamite riceve

debbono necessariamente

inviti alla conversione?

Oppure

a

intendere

si dovra vede-

nel «monte nel deserto» un'allusione all'uscita

dalle terre desolate del peccato? Sembra che almeno ne possa dubitare a). Inoltre l'unione tra Israele

se e

Iahweh vi appare più allo stato di desiderio e di non un fatto compiuto; la sua piena

ricerca che

realizzazione

non è vista che in prospettiva. Da questo punto di vista si potrebbe sostenere che esso si applica meglio alle nostre anime itineranti che alla Vergine perfetta: «Ho cercato Colui che il mio cuo-

l'ho cercato e non l'ho trovato... ». Gilberto Foliot ha notato nella prefazione ai suoi commentari: «Oui si parla della Chiesa oppure dell'anima arre ama;

dente d'amore che

cerca Dio, ma che non lo possieSenza dubbio, è questa la ragione che lo distoglieva dal far riferimenti mariani b).

de

ancora».

Comunque sia, le due opinioni che oggi si affronerano già apparse, almeno allo stato di tendenze, nel Medioevo. Cosi l'abate Ruperto pensava che tutto, nel Cantico, poteva essere riferito a Maria ~oo). Secondo lui, i testi relativi alla ricerca dello Sposo da parte della Sposa convengono a Lei meglio ancora che ad altre anime meno progredite, perchè la Vergine è l'espressione più alta della ricerca e del desiderio ~~> ). Dion gi il Certos no d rà he il «Ve bo Dio è cercato con molta maggior perfezione, con più tano

a) Cfr. GIUSTO D'URGEL, in Cant., n. 147 e 178 (P. L., 67, 986 B-C e 990 B). b) Expositio in Cantica (P. L., 202, 1150 B). 200) P. L., 169, 1550. 201) In Cantica, 1. III (P. L., 168, 874-876). M. CANTACUZRNE

28.

Il Volto della Chiesa

—

433

frutto

e con

più affetto

'che da coloro che

non

da coloro che Lo posseggono Lo posseggono» ~~~), e più

tardi ancora, anche Michele Ghislieri, all inizio del suo grande commento, adotterà questo punto di vista

~o~).

Cosi

difficoltà

di Harveng non aveva più alcuna vedere nel Cantico «un'intera allegoria

Filippo a

alla Vergine»; lo presentava come «un dialogo d'un dramma» tra il Verbo e Maria, scortati l'una dagli apostoli e dai fedeli, l altro dagli angeli a). L'abate Guerric, con una sfumatura diversa, osser-

che in questo tipo di esegesi simbolica, «pur rispettando la sostanza delle cose, ci si può permettere una certa libertà nel dettaglio» ed è soltanto col beneficio di questa osservazione che egli pensavava

di poter applicare le sunzione di Maria ~>

va

parole

del Cantico all'As-

evita la difficoltà con una interpretazione a base di fatti esteriori: Maria non trova più suo figlio sulla terra quando Egli è nel sepolcro, oppure dopo l'Ascensione (P. G., 152, 1052). 202) In Cantica, a. 11: «Ab habentibus cum quaeritur, multo perfectius, affectuosius et fructuosius, quam a non habentibus» (Opera omnia, t. VII,

1898, p. 359). 203) Op. cit., p. 12: «Cum beatissima Virgo Maria supra omnem creaturam (unica excepta humanitate Christi) divino amore Qagravit, necessario illud consequitur, ut super omnes antiquos patres divinae Incarnationis langueret desiderio, per quam tanto prae aliis Deo disuo arctius uniretur, quanto prae ceteris universis una electa esset, ex cujus carne Deus ipse humanam assumeret carnem... (Quindi, se gli antichi Padri hanno desiderata l'Incarnazione dicendo : lecto

«Osculetur me osculo oris sui»), quanto congruentius eadem a Beatissima Virgine dieta asseremus?». Cfr. p. 439, commento al Cant., III, 2 («Circuivi civitatem... et non inveni »), sulla Santa Vergine il Figlio suo durante il «triduum mortis». a) Cfr. N. L. RENVIAUX, in Maria, voi. Il, p. 718. Si noterà che il curioso commentario, tutto dionisiano, di Tommaso di Vercelli, che del resto non parla della Vergine, vede nella Sposa non che sta cercando

una Chiesa imperfetta o un'anima ancora peccatrice, ma le «deiformis anima» (in B. PEZ, Thesaurus Anecdotorum noviss., voi. Il, P. I, 1721). 204) P. L.,

185,

190 D.

Cfr.

Mgr.

MALOU.

«L'Immaculée Con-

Infatti anche

negli epigoni questa esegesi

mariana

conserverà sempre una certa elasticità ~o> ). Tuttav una volta formulata, doveva divenire per forza di cose l

inteiyretazione privilegiata : ultima in ordine di tempo e di invenzione, ma prima nell ordine logico. Si impose ben presto ai commentatori. Ispirò poemi liturgici ~o< ), sboc iò nell'ar e. Sal o, anc una

volta, il dettaglio,

vamente notevole

che, in verità, è quantitati-

—

non

—

si tratta di fantasia

con-

Maria infatti è per eccellenza la Sposa amata dallo Sposo: inter omnes sponsas prae omnibus fuit ac permanet ornata ~o> ) I privil gi de

templativa.

Sposo le si addicono amplius et perfectius a); soltanto lei ne realizza la figura ideale, nella sua bellezza macchia «d'ordine escatologico». Essa è sole altre l'anima decora, l'anima raggiante

senza

pra

tutte

di bellezza,

di cui

unione

il Verbo

con

Origene >o

aveva

cantato

la casta

). E s è chiam

ta m

ception... », p. 310-311: «L'interpretazione del senso mistico della Scrittura non segue il cammino severo e timido dell'interpretazione del senso letterale; e essa ha più liberi i movimenti, più spigliati; è meno schiava delle' parole che delle cose, etc». 205) Per esempio, senza togliersi la possibilità di applicare spesso il medesimo testo a tre oggetti diversi, THOMAS de PERSEIGNE, scrive, in Cantica, 1. X: «Per sponsam diximus quod aliquando designatur Virgo Maria, aliquando anima ambulans in justitia, aliquando militans Ecclesia» (P. L., 206, 697 C). 206) Cfr. nel Messale di Tournai (1498), la lunga Prosa infra octavam Nativitatis Beatae Mariae (MISSET e WEALE, t. Il, pp. 166-168). 207) GERHOH, loc. cit., (P. L., 194, 1105 B). Cfr BOSSUET, loc. cit., p. 677. a) Alcuni accenni in BARRE, loc cit., note, 72, 73, 74 bis, 116. 208) In Cant., hom. I, n. I. Nella sua edizione di queste omelie di Origene sopra il Cantico, Dom Olivier ROUSSEAU pensa di poter forse già scorgere, hom. 2, n. 2, la prima allusione, ancora lontana e indiretta, ad u@a relazione tra la Sposa del Cantico e la Vergine Maria

(«Sources

chrétiennes»,

1953).

montium, virgo virginum,

sanctorum

sancta

>&

Il Cantico dei Cantici, canto d'amore per eccellenza, è dunque prima di tutto il canspecialissime —

di Maria

~> spiegherà cappuccino Luigi to

—

Lo

molto bene, nel secolo XVII, il Francesco d'Argentan:

«La Santa Chiesa è la Sposa diletta di Gesù risto, che gli parla nel sacro Cantico e tutte le anime che fanno parte di questa Chiesa gli possono parlare come il tutto, di cui esse sono una parte. E'

dunque certissimo che la Santissima Vergine, la prima e la più nobile di tutte le anime che compon-

quella che, da sola, più vale, che è più più favorita delle sue grazie di tutta la Chiesa insieme, è veramente la cara Sposa, la colomba, l'unica, l'incomparabile a cui si rivolge particolarmente tutto il sacro Cantico. E' per quegono la Chiesa,

amata da Dio e

sto che i Commentatori usano dare tre sensi a tutte

parole. uno, che riguarda la Chiesa in genel altro che riguarda ogni anima in particolare; rale; ed il terzo, che è evidentemente il principale, che

le sue

la persona della Santa Vergine» ~> «Tutti i misteri di questo libro, diceva Goffredo benchè d'Admont, convengano perfettamente tan-

riguarda

—

—

to alla Chiesa universale, quanto ad ogni anima fedele in seno alla Chiesa, esprimendo in modo spirituale, grazie al senso mistico, il mutuo amore che le-

209) RUPERTO, 1. VII (P. L., 168, 962 A). 210) ALANO DI LILLA, Elucidatio in Cantica: «Cum canticum amoris scilicet epithalamum Salomonis specialiter et spiritualiter ad Ecclesiam riosam

referatur,

Virginem

tamen

reducitur»

specialissime (P.

L.,

210,

et

spiritualissime 53).

«Quodam

ad

036

glo-

specialis

dirà MARTIN DEL RIO, op. cit., p. 9. praerogativae jure» 211) Op. cit. t. Il, pp. 337-338. E MALOU, voi. I, p. 297-312. —

Sposa, sembrano tuttavia convenispeciale» alla Beata Vergine Maria che fu, al di sopra di tutte le anime, ripiena di una «speciale» dilezione e che, più di tutte, merit6 di essere «specialmente» amata dallo Sposo >& Nec primam similem visa est, nec habere sequentem ~> gt;) E sa è d ce S. Fra ce co di ales «u

Sposo

ga lo

la

e

modo

in

re

«

tutto

lomba cosi singolarmente unica in amore, che tutte le altre, a paragone di essa, meritano piuttosto il di cornacchie che

nome

non

di colombe»

~>

).

di Sion si ritirano percio di fronte ad essa proclamandola beata. Le ancelle della Sposa e gli amici

figlie

dello

geli

e

Sposo, cioè i perfetti ed i principianti, gli angli uomini ~> gt;), risp tt no i e sa un m

uniCO. O si

~

piuttosto richiamiamo

rità. Passando ma

da

anche

qui

evocata da Scheeben. Eliminiamo

a un

Maria

o

nell'applicazione

la

«pericore-

ogni

esterro-

del Cantico dall'ani-

dalla Chiesa all'anima, non si passa interpretazione ad un altro. Ci si

sistema di

Maria

sempre in una stessa rete di corrispondenza. è amata per prima, ma, in essa, è ugualmente

amata

ogni anima

muove

santa e innanzitutto la Chiesa inte-

ra, di cui Maria è la « forma» ~> lt ). Il m stero cr no è unico : in Maria, nella Chiesa, in ogni anima, 212) P. L., 174, 972. 213) SEDULLIO, Carmen paschale, l. Il. RUPERTO, In Cantica (P. L., 168, 854 A, 935 A); « ...Una et electa est, quia nec inter angelos, nec inter homines, similem vel primam habet, vel sequentem habitura est » (col. 936 B). 214) Traité de l'amour de Dieu, l. X, c. 5 215) RICCARDO DI S. VITTORE, In Cantica (P. L., 196, 409). 216) Cfr. il Pastore JEAN DE SAUSSURE, Méditation sur la Vierge, in Dial. sur la Vierge (1950). P. CLAUDEL, l'8pée et le Miroir, pp. 42 e 73. S. AMBROGIO, de Virginitate, c. 4, n. 20: «Est enim anima quae spiritualiter parit Christum» (P. L., 16, 271 B).

437

è sempre lo stesso.

Qui tutto dev' essere compreso, Barré, «nel quadro più generale della perpetuità dei misteri del Cristo, cosi fortemente calcati da S. Leone e ripresi da Beda, da Autperto o Aimone: sed usque hodie et usque ad come rammentava il P.

consummationem saeculi, Dominus in Nazareth connasci in Bethleem, non desinit ...Il mistero del-

cipi,

la Chiesa, più che essere la copia prefigurata del mistero di Maria, ne è la continuazione. Lo stesso mistero che si

prolunga

intelligitur

Gratia in

diffunditur

b)

si rivela»

a). specie collata,

e

In

specie

in

omne

genus

genus questo sacramento nuziale ~ la diventa la Cliiesa ed ogni singola anima

Vergine

.In

o se si vuole, la Chiesa ed ogni singola anima fedele «diventano la Vergine», per l'inte-

fedele ~,

«

grità del volere ma

un

sermone

la purezza della fede». Lo afferdi Pier Lombardo '2> g ;), e R

e

di Deutz

ce lo spiega mostrando~i come tutto ciò detto del grande corpo diffuso della Chiesa converga e si riunisca come nel suo centro o nel suo vertice nell'anima singolare di Maria, l'Unica, la

che

era

Diletta

218).

a) Loc. cit., p. 114; cfr. Histoire et Esprit, pp. 206-217. b) Cfr. PSEUDO-ALCUINO, in A poc., (P. L., 100, 1152 D). PSEUDO-ILDEFONSO, Sermo 3 de Assumptione (P. L., 96, 256 C). 217) Sermo 55 in Annuntiatione: « In hoc conceptu (Christi) maet mirabile sacramentum, conjunctionis scilicet Christi et Ecclesiae, seu Verbi et animae. Virgo enim Maria facta est Ecclesia, vel quaelibet anima fidelis, quae incorruptione voluntatis, castitate et sinceritate fidei virgo est» (P. L., 171, 609). gnum

...adunando et con218) De glorificatione Trinitatis, l. VI c. 13: gregando voces tam magni tamque diffusi corporis Ecclesiae in snam et unicae dilectae Christi Mariae... » (P. L., 169, singularis 155). Cfr. ONORIO D'AUTUN, Expositio in Cantica (P. L., 172, 494 in : sermo n. «Si tamen 3 3, Assunzptione quis C-D). GUERRIC, curiose inquirere velit, cujus potissimum vox illa sit, « in omnibus

axdmam

Senza erudizione nè riflessione filosofica, nella del suo cuore cristiano, la piccola sandi Lisieux l'aveva compreso quando diceva alle

spontaneità ta

sue

«Non si deve credere, come spesso ho con le sue prerogative la Santa Ver-

sorelle:

inteso dire, che

gine eclissi la gloria di tutti i Santi, come il sole al suo sorgere fa scomparire tutte le stelle. Mio Dio, che la

cosa strana

madre che fa scomparire Per conto mio, penso tutto figli! credo che essa accrescerà di molto la sarebbe

una

dei suoi

gloria

il contrario,

e

gloria degli eletti!» >& t;& t;). San Bo aventura la stessa idea con la scelta appropriata di due verbi. Considerando la

«superiorità

fronti della Chiesa universale

sol

praecellit

et

decofat

della ~

Vergine nei conSicut egli diceva: ~

totius

corpora

mundialis, sic beata Virgo praecellit

machinae

et decorat mem-

Ecclesiae»»o). «perciò esulta con la Vergine benedetta» ~> gt;). Tu ta la hiesa par ec pa l suo p gio. Tutta la Chiesa intende con Maria l invito che lo Sposo le rivolge nel Cantico: «Vieni con me dal Libra totius

Tutta la Chiesa

bano, mia sposa, vieni. ». E con Maria la Chiesa risponde: «Vieni, mio Diletto, accorri! ~ >~ ) E

grido

che

innalza

essa

requiem quaesivi

»,

est Mariae,

est

219)

vox

Novissima

ancora

lungo

i secoli, tesa verso

est utique sapientiae, vox est Ecclesiae, vox cujuslibet sapientis animae» (P. L., 185, 195 A). verba, pp. 156-157. vox

220) De Nativitate B. V. M., sermo 3 (Quaracchi, t. IX, p. 712). Eccli., XXVI, 21. in Purif. IV: «Plenitudo enim quae fuerit in Virgine Maria redundavit in totam Ecclesiam» p. 651).

Cfr.

221)

Inno

AMANN,

Le

di

S.

Efrem

Dogme

alla

Vergine, tradotto in francese da E. dans les Pères de l Eglise, pp. l'Intérieur de Jésus et de Marie, p.

catholique

221-223.

Nicolas

493:

«Lo

poli

dei

Spirito Santo nel giorno della Pentecoste manda ai disceraggi del suo fuoco sacro; però li riunisce tutti intorno a

GROU,

S.

J.,

Maria». 222) Cant., IV, 8;

VII,

12.

Cfr.

VIII,

13-14.

la consumazione,

è detto nell'ultima

pagina Signore Gesù!» ~~> ). il Cantico e l'Apocalisse c'è una meravigliosa corrispondenza. Lo stesso Cristo vi parla alla stessa Sposa: «Eccomi, vengo subito. ». Tutta la rivelazione come

delle Scritture. «Sr, vieni,

e

la storia della salvezza vi terminano in uno d'amore che preannuncia il medesimo

tutta

stesso

o

canto

canto eterno

~>

lt; . Nel m sa co di S. Ma ia in T

vere, sullo sfondo dorato dell'abside, il gesto maestoso e tenero del Cristo che abbraccia la Vergine dextera illius

—

me, mentre la

amplexabitur

sua ma-

è sinistra porta la scritta: «Veni, electa mea anche il gesto col quale- egli invita ed abbraccia la

no

—

Chiesa

Per

a).

un

miracolo che è al centro dell'uni-

quale noi siamo introdotti per mezzo della il Verbo di Dio può dire, senza alcuna sfugrazia, matura di esclusivismo : nel

verso

Unica è la mia Colomba, Unica è la mia Perfetta ~>

Utrobique dilector 223) Apoc., XXII, 17 Cfr.

De

RUPERTO,

224)

Molti

et 20.

divinis

di

corrispondenze

della

storia della Chiesa vi

sotto

una

serie

questa

FEUILLET, loc.

di

op.

cit.,

pp. 23-25 Un affresco

ordine

e

non

c.

VII,

esteriore,

Ma vuoi

p. 83; 67.

analogo,

ma

sono

cercare

predetti degli sterili

anche

meno

le

e

a

D altra

storiche.

MARIA

è

eventi

nell'altro

perditempo.

LUCIANO

vi

stessi

gli

nell'uno

allusioni

conosciuto,

93, 206 C).

tra questi due libri

che

quasi

significare

(P. L., 25.

si trovassero

simboli.

riserva

cit.,

a)

1.

amator

utrobique

in Apoc.

BEDA,

officiis,

commentatori hanno voluto

delle

parte,

mirabili s,

di

Cfr. S.

Subiaco.

J.,

Sul-

Mariana del Cantico in Francia, vedere: EMILIO MALE, L'art Religieux de la fin du moyne Bge en France, pp. 220-226. 225) Cant., VI, 9. Cfr. THOMAS GALLUS (de PERSEIGNE) e J.

l'iconografia

ALGRINUS,

in

GREGORIO

NISSENO,

440

Cantica,

l. in

IX

(P.

Cant.,

L.,

206,

hom.

15

638 (P.

A-B G.,

e

44,

643 1117

A).

S.

B-C).

singularis

...

~~<

). T

li pensi

ri s no sem

senziale è entrato nella scolastica, S. Tommaso, il quale ritiene la

re vi i. L'

specialmente in doppia interpretae

zione ecclesiale

e mariale ~~~). Presso autori postequali la teoria raggiunge una precisione quasi mecc=nica, vi si aggiunge qualche volta un quarto termine ancora; ma non si percepisce piu gran che il collegamento vitale tra le diverse interpretazioni ~~< ). Tutta ia la fo ma tro po sistemat di cui sono state rivestite, non è riuscita a svigorirle, perchè affondano le loro radici nel terreno permanente della mistica cristiana. La Liturgia della Vergine continua a farle fiorire. I recenti sviluppi del dog-

riori, nei

226) UGO DI S. VITTORE, De Assumptione (P. L., 177, 1211 A-B). Cfr. PIETRO DA CELLA, in Assumptione s. 6 (P. L., 202, 863-864), ecc. 227) Il commentario è stato studiato da M. GRABMANN, Die Lehre de~ hl. Thomas von Aquin von der Kirche als Gotte' werk. (1903). pp. 296-300. 228) DIONIGI CERTOSINO, in Cantica, proemium: «Triplex est sponsa Christi, videlicet: tota universalis Ecclesia, quae vocatur sponsa... generalis; et quaelibet anima fidelis et amorosa, quae beatissima dicitur Christi particularis; itemque Virgo sponsa Maria Christifera, quae Christi sponsa singularis censetur... Sed et quaecumque particularis Ecclesia sponsa est Christi, et respectu animae potest dici sponsa communis» (Opera omnia, t. VII, 1898, p. 201); cfr. in cap. I, a. 5: «Sponsa singularis et singulariter unica atque ineffabiliter praedilecta sponsi caelestis est... mater ipsius» (p. 321). Nel suo decimo «cànone», CORNELIO A LAPIDE distingue in questo modo i tre sensi tradizionali: «Totalis et adaequatus sensus litteralis hic est de connubio sive conjunctione Christi et Ecclesiae per fidem et amorem; partialis litteralis est de conjunctione Christi cum anima sancta, praesertim quae studet perfectioni: haec est enim pars et membrum Ecclesiae; partialis principalis est de Christo et beata Virgine: haec enim est praecipua pars, primumque membrum Ecclesiae» (p. 2); e per ogni versetto egli avrà un triplice commento, diviso in tre distinti paragrafi. Lo stesso si dica di M. GHISLERI, op. cit., nel quale vengono evocate ad una ad una «prima Sponsa, Ecclesia Christi», «secunda sponsa, anima justi» e «tertia sponsa, Beata Maria», ecc. Cfr. SALAZAR, S. J., Canticum canticorum Salomonis allegorico sono et prophetica mystica et hypermystica expositione productum. (Lione, 1643).

441

ma

mariano contribuiscono

la chiesa:

duplice aspetto

a

di

ravvivarle. «L anima, una medesima Spo-

i cui volti, incessantemente fusi colorano dei raggi dell'Immacolata sa

229) PAUL CLAUDEL, op. cit., p. 213.

e ~

ricostituiti, si

>~

CONCLUSIONE

squarciassi i cieli e scendessi! > ). Verbo di Dio ha squarciato i cieli. Egli è disceso nel seno di una Vergine ed una Vergine lo custodisce ancora nel suo seno. Questo Tabernacolo di Dio in mezzo agh uomini, oggi, è la Chiesa ~). «Oh,

se tu

~

Ave, Sion,

in qua Deus Habitavit, homo factus

Ammiriamo questo

grande

a)!

mistero! Il

di

Figlio

1) Is., LXIII, 19. Cfr. Cant. VIII, 1-2, e il commento di FEUILLET, op. cit., pp. 42-44. Salm. XVII, 10. 2) ISACCO DELLA STELLA, in Assumptione B. M., sermo «Et

in

versaliter ma.

In

haereditate

Domini

morabor.

Haereditas

enim

Domini

A.

I:

uni-

Ecclesia, specialiter Maria, singulariter quaeque fidelis anitabernaculo

uteri

Mariae

moratus

est

Christus

novem

men-

sibus; in tabernaculo fidei Ecclesiae usque ad consuaunationem saein cognitive et dilectione fidelis animae in saecula saeculorum morabitur... Qui creaverat eam novam creaturam in seipso, requievit in utero suo Christus» (P. L., 194, 1865 C e 1866 A). METODIO di OLIMPIA, citato dal NIESSEN, die Mariologie des hl. Hieronymus (Munster, 1913), p. 32. Cfr. supra. Eccli., XXIV, 8: «Qui creavit, requievit, in tabernaculo meo». S. EFREM, Inni sul paradiso, VI, 1-19: «(Deus) in medio Ecclesiae fixit Verbum... Habitavit in Paradiso quem plantavit... » (trad. frane. Edmund BECK, O. S. B., Studia asselmiana, 26, 1951, (pp. 51 e 53). S. BONAVENTURA, De Nativitate B. M. V., sermo 5 (Quaracchi, voi. IX, p. 715). a) PSEUDO-ANSELMO, Psalterium.

443

Dio, in

tutta la sua

Padre nel

integrità,

è

sceso

dal

cuore

del

di Maria, e dal seno di Maria nel della Chiesa. Come è nel Padre, cosi è nelseno

grembo Vergine;

e come è nella Vergine, cosi è nell'unità della Chiesa... Cosi i cieli stillarono la misericor-

la

venne donato; casi è difintero, Colui, senza del Qua-

dia; cosi il Verbo di Dio ci

fuso dappertutto,

tutto

le nulla esiste... Lui, nostro Dio, nostro Re, è sostanzialmente racchiuso nel seno d'una vergine, perchè «egli ha operato la salvezza sulla terra ~, questa terra di cui è scritto che

non

vi era nessuno che

(Salmo 73, Gen. 2).

ne

se

Ed è anche nella

occupasse Chiesa, secondo quanto dice il salmista (Salmo 43) : «L'Altissimo ha santificato il suo Tabernacolo; se

Egli

sta con

Haec est

Lui, arca

non

rovinerà» a).

continens

manna

Haec sancti sacrarium Spiritus

delicatum, sacratum

b).

Non la conoscono nè i popoli che non hanno inteso la Parola, nè coloro che L'hanno respinta, nè gli increduli, nè i mondani, nè i politici, nè gli specialisti della sociologia, nè i mistici solitari. E non la conosciamo neppure noi che siamo suoi á-

gli,

noi che

parliamo, anzi,

in

suo nome.

Nel mondo

noi ci imbattiamo ovunque nella incomprensione del suo mistero. Non finiamo mai di dissipare gli

equivoci che la gio. E inoltre

velano, di fame intravvedere un ragdobbiamo costantemente correggere

le concezioni che la

carne

ed il sangue ci

ispirano

a) S. PIER DAMIANI, Sermo 43, de sancto Victore con), (P. L., 144, 733-734). b) In RAGEY, op. cit., p. 425. l

4%4

a

riguardo. Non basta

suo

la

cercare

di

approfondirne

Nella nostra stessa fedeltà e nel nostro amore, nel nostro zelo per difendere la Chiesa o per estenderla, si impone un incessante sforzo di conoscenza.

purificazione. Nulla ci potrebbe plare la Vergine.

aiutare

meglio che

il contem-

Nell'ora solenne in cui proclamava il suo trionfo, consacrando lo slancio di una pietà popolare che ingenera sospetto in alcuni zelatori dellAltissimo, il

Sommo

Pontefice

dell'Assunzione

affermava :

porterà

nità, perchè l'orienterà ma Trinità» >

Soli La

Deo

«La

grande la gloria

verso

della Santissi-

teologale.

proclama. perfezione della carità. E' la perfetta E' la

fede, della speranza e della realizzazione «della religione dei Poveri del

Signore

dato alla

la

sua

si annienta davanti

umiltà

definizione

beneficio all'uma-

T.utto in Maria lo

gloria

santità è tutta

sua

un

4).

a

Ammira la

».

L ancella

Colui che ha guarsua

potenza. Esalta

fedeltà. Esulta in Lui solo s ); Tu ta la ua funzi ne mat ). E è la > ua glo ia sua

3) Già

misericordia

e

la

sua

PIO XII, costituzione Munificentissimus Deus, 1 novembre 1950. IX, bolla Ineffabilis Deus (1854): «ad honorem Sanctae

PIO

Trinitatis». 4) Luc., II, 46-48. Cfr. J.-H. NEWMAN, op. cit., Maria non è la rivale di suo Figlio, ma la sua serva. RUPERTO, in Cantica, 1. In eo videlicet, quod magna est Il: «'In quo facies tua decora? fides, magna humilitas» (P. L., 168, 869 D). et

Individuae

—

5) Lu c., II, 47-53. Cfr. S. BERNARDO, Sermo de duodecim pr aerogativis, n. 12-13 (P. L., 183, 436-437). S. AMBROGIO, de Spiritu sancto, 1. III, c. 11, n. 80: «Maria erat templum Dei, non Deus templi. Et ideo ille solus adorandus, qui operatur in templo» (P. L., 16, 795 A). De laudando in Maria Deo: è il titolo di un'opera del protestante Giov. Oecolampade (1521) ; cfr. R. LAURENTIN, cit., p. 168. a) LEON BLOY era entusiasta di quest'idea, ch' egli esprimeva a suo modo. Mon Journal. p. 308: e Mi ritorna quest'idea un tempo

op.

405

na verso

di noi consiste nel condurci

a

Lui. Cosi è Ma-

ria, cosi è anche la Chiesa madre nostra: la perfetta acloratrice. Questo è il vertice più alto dell'analogia tra l'una e l'altra. In ambedue opera il medesimo Spirito. Ma mentre in Maria questa umile ed alta perfezione brilla di purissimo splendore, in noi, che siamo ancora appena. sfiorati da questo Spirito, essa stenta ad emer-

gere. La Chiesa, materna,

rarci alla vita dello Ma il pericolo

non

ha mai finito di gene-

Spirito. più grande

per la Chiesa la tentazione più

per noi, che siamo la Chiesa perfida, quella che sempre rinasce, insidiosamente, allorchè tutte le altre sono vinte, alimentata anzi da —

—

stesse

queste

vittorie, è quella che Dom Vonier chia-

spirituale ~. Con questo atteggiamento che si

«mondanità

mava

tendiamo, diceva, ta praticamente come

«un

nità, è la ne.

un

noi in-

presendistacco dall'altra monda-

il cui ideale morale, nonchè spirituale, non gloria del Signore, ma l'uomo e la sua perfezioma

atteggiamento radicalmente antropocentrico;

Un

mondanità dello spirito. Essa diverrebbe irremissibile nel caso di supponiamolo possibile ecco la

—

un

uomo

rituali,

ma

—

che sia dotato di tutte le che

non

le riferisca

a

Dio

perfezioni spi<

~

Se questa mondanità spirituale dovesse invadere la Chiesa e lavorare a corromperla attaccandosi al su@ principio stesso, sarebbe infinitamente più disastrosa di

gio

ogni mondanità semplicemente di quella lebbra infame che,

ancora

cosi familiare, che la gloria di Dio è Maria». La pensée religieuse de Léon Bloy, p. 178. 6) Lo Spirito e la Sposa.

morale.

Peg-

in certi

mo-

Cfr. M. J.

LO',

menti della storia, sfigurò cosi crudelmente la Sposa diletta, quando la religione pareva introdurre lo scan-

dalo nel

«santuario stesso e, rappresentata da

un

papa libertino, nascondeva sotto pietre preziose, sotto belletti ed orpelli, il volto di Gesù» >

Nessuno di noi è totalmente al sicuro da questo male. Un umanesimo sottile, avversario del Dio Vivente, e, segretamente,

non

meno

nemico dell'uo-

mo, puo insinuarsi in noi attraverso mille vie tortuose. La curvitas originale non è mai in noi defini-

tivamente raddrizzata. Il «peccato contro la Spirito ~ è sempre possibile. Ma nessuno di noi si identifica con

la Chiesa. Nessun nostro tradimento

gnare

al Nemico la Città che il Il

Magnificat non giardino dell'Ebron:

disce.

nel

«

è stato

secoli sulle labbra della Chiesa» ta

la

sua

stre

~), ~

tenebre la luce della Divinità

una

messo

dove

forza. Di età in età la Chiesa,

Maria, magnifica il Signore,

ne

Signore

è stato detto

può

conse-

stesso custo-

sola volta

per tutti i

conserva tut-

come

la

Vergi-

nelle

portando > ). L'i

~

no-

ea di l

7) Auguste VALENSIN, S. J., le Sourire de Léonard de Vinci, in Etudes, t. 274, p. 47. 8) PAUL CLAUDEL, lettera a Gabriel Frizeau, 25 settembre 1907 (Op. cit., p. 111). Cfr. il Pastore Giov. di SAUSSURE, Meditations sur la Vierge, figure de l'Eglise: «Povertà di tua madre, sola della

ricchezza

Chiesa!

Umiltà

di

tua

madre,

sola

grandezza

della

Chiesa!». 9) ADAMO DI PERSEIGNE, Epist. 17, Quomodo Maria Dominum magnificaverit: «Magnificans ergo... lumen verae deitatis incognitum mundanis tenebris inferendo» (P. L., 211, 643 B). Noi possiamo dire anche alla Chiesa come a Maria: «At tu, Mater misericordiae, quia sum sicut lapis in acervo Mercurii, et quasi plumbum in

aquis vehementibus, et ponderosus sum, quia me movere non possum: trahe me post te, ut currere post te valeam, in odorem unguentorum tuorum..., et postea, tecum amando et justitiam operando, magnificare Deum, cui est honor et gloria... » (col. 643-644). Cfr. SAN CIRILLO D'ALESSANDRIA, acclamazione a Maria alla fine del concilio di Efeso: «E' per mezzo Tuo che la Trinità è glorificata! x (P.

G.,

77,

1032-1033;

tutto

il

passo

è tradotto

da BOSSUET,

Ca-

447

divina è sempre associata al suo nome > ) A dispe delle nostre resistenze, lo Spirito di Cristo non cessa di animarla, perchè essa è, in verità, il Corpo di

Cristo. E' la Casa di Dio costruita sulla sommità dei monti, al di sopra di tutte le colline; ad essa affluiranno tutte le nazioni e diranno: «Gloria a Te, Signore!» > gt;). Anche oggi, nono tante tu te le opacità, essa è, come la Vergine, il Sacramento di Gesù Cristo. Nessuna nostra infedeltà

di

essere

«

la Chiesa di Dio»

e

«

può impedirle

l ancella del Si-

gnore». Essa inaugura nel tempo la grande Liturgia eterna > ) A tut i, on la ua v ce possen e, he nu riuscirà a soffocare, essa rivolge il grande invito li-

beratore

:

«Venite, o popoli, adoriamo la Divinità in Tre Persone: il Padre nel Figlio e con lo Spirito Santo. Perchè il Padre, da tutta l'eternità, genera un Verbo co-eterno e con-regnante, e lo Spirito Santo è nel Padre, ca

glorificato

con

il

Figlio, potenza unica,

uni-

sostanza, unica divinità. E' questa che noi adoria-

dicendo: Santo Iddio, che hai tutto creato per mezzo del Figlio con il concorso dello Spirito Sanmo

to; Santo Forte, per il quale noi abbiamo conosciuto il Padre e per il quale lo Spirito Santo è venuto nel

mondo; Santo Immortale, Spirito Consolatore, che des prières ecclésiastiques, spiegazione delle litanie della Madonna). 10) Cfr. Heby., II. 12, con inclusa la citazione del Salmo XXI, 23. S. AGOSTINO, Sermo 252, n. 11: «Ecclesiam futuram, ubi semper laudabitur Deus» (P. L. 38, 1178). 11) Pontificale romano: «Fundata est domus Domini super verticem montium, et exaltata est super omnes colles, et venient ad eam théchisme

omnes gentes, et dicent: Gloria tibi Domine. ». 12) Apoc., V, 6-14; VII, 9-12.,

448

procedi gloria a

dal Padre Te!»

e

riposi

nel

Figlio: Trinita Santa,

>

IPSI GLORIA

IN ECCLESIA. AMEN

13) Liturgia bizantina, Maggiori (trad. frane. P. esprimendo la dottrina del tolici, questo testo rimane

>

Idioméle di Leone di Despota, ai Vespri MERCENIER, t. Il, 2, p. 365). Pur non Filioque, rigettata dagli Orientali non cattuttavia irreprensibile col suo tenore posi-

tivo nei riguardi della teologia cattolica. Cfr. S. CIRILLO D'ALESSANDRIA, Hom. div., 4: e Per te è benedetto nei Vangeli Colui che viene nel nome de1 Signore... Per te è glorificata la Trinità... Per te risplendette la luce del Figlio unico su quelli che sono nelle tenebre e nell'ombra di morte x (P. G., 77, 992). 14) Eph., III, 21; cfr. Apoc., I, 6; Psabn. LXVII, 27; Rom., XI, 36.

449

I N D I C E

Prefazione

pa'.

I. La Chiesa è

un

mistero

Il. Le dimensioni del mistero III. I due

IV. Il

aspetti deg'unica

cuore

Chiesa

della Chiesa

V. La Chiesa in

mezzo

al mondo

185

VI. Il sacramento di Gesù Cristo VII. Ecclesia Mater

275

VIII. Le nostre tentazioni di fronte alla Chiesa

326

IX. La Chiesa

369

Couclusione

e

la

Vergine