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Italian Pages 929 Year 1992
LA CHIESA IN AMERICA LATINA
Cittadella
hdinie
41 500° anniversario dell'arrivo di Colombo in America ‘ha dato il via a molte celebrazioni e ricerche, ‘soprattutto in Spagna e in Italia: su questo argomento abbiamo tante cose gloriose da ricordare, studiare, discutere e presentare. Ma sono sempre Vopera, le virti (miste a qualche intemperanza) e 1 valori nostri, degli scopritori, che proponiamo. Dalt'altra parte dell’oceano Atlantico, da coloro ‘che hanno subito loccupazione, arriva da alcuni anni un clamore sempre pit forte, in cui si mescolano 4 tristi ricordi del passato ¢ la terribile situazione del presente, resa drammatica dallo sfruttamento delle loro terre, dalla loro economia dipendente e dall’enorme indebitamento economico. In tutta questa «storia» quale ruoto hanno avuto ‘sia 'Europa sia il Cristianesimo, visto che oggi l’America Latina & un continente pit cristiano della stessa Europa, e «gli scopritoriy erano tutti cristiani? 24 autor, latinoamericani di nascita o di adozione, rispondono a entrambi gli interrogativi: far apparire i! «rovescio della storia» attraverso la voce dei vinti e contemporaneamente dirci quale ruolo ha avuto il Cristianesimo. La questione & affrontata da tre prospettive diverse: cronologico-storica, geografico-nazionale € problematico-esistenziale. II quadro risultante non & cosi luminoso come ci piacerebbe, ‘ma & certamente pit: completo e veritiero.
I
collana: LA CHIESA tra i popoli emergenti
della stessa collana
in preparazione Autori vari
LA CHIESA IN AFRICA Autori vari
LA CHIESA IN ASIA
a cura di ENRIQUE
DUSSEL
LA CHIESA IN AMERICA LATINA — 1492-1992
il rovescio della storia
ed. italiana a cura di
Antonio Dal Bianco e Giuseppina Pompei
Cittadella Editrice - Assisi
In copertina bozzetto di LUIS MARSIGLIA Alcuni chasqui (prima semplici informatori, poi araldi del re e infine messaggeri divini, tipiche figure della religiosita andina) vengono mandati dalle divinita celesti ad annunciare un grande evento simboleggiato dalla polvere d’oro che scende dai loro scettri.
Titolo originale
A HISTORY OF THE CHURCH IN LATIN AMERICA Traduzione di
MIRELLA COMBA CORSANI - ENZO DEMARCHI GERMANO
GARATTO
LUIGI MURATORI
- MIRANDA
MONTORZI
- BRUNO PISTOCCHI - GIANNI PULIT
© BURNS & OATES of Wellwood, North Farm Road Tunbridge Wells, Kent, England 1992
© per la lingua italiana
CITTADELLA
EDITRICE
ISBN 88-308-0509-2
- ASSISI
1992
INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA Stefano Cavallotto
La ricorrenza del V Centenario dell’arrivo di Cristoforo Colombo nelle Indie occidentali ha riproposto all’attenzione mondiale un problema storico di enorme rilevanza: il significato, la valutazione storica e, ancor prima, la verita dei fatti iniziati il 12 ottobre 1492 in quelle terre che oggi sono i Caraibi e l’America Latina. I] dibattito si é acceso non soltanto intorno alla questione della cosiddetta «scoperta» (se cioé fu scoperta, esplorazione, incontro e civilizzazione o non piuttosto conquista, invasione, colonizzazione e negazione del Nuovo Mondo), ma — coinvolgendo le Chiese ed i cristiani — ha toccato pure la dimensione pitt propriamente religiosa strettamente collegata con l’azione dei «conquistadores», vale a dire la «cristianizzazione-evangelizzazione» degli indios. Su questo aspetto specifico ¢ apparso sempre pit decisivo I’interrogativo, se e fino a che punto I’espansione missionaria sia stata un effettivo annuncio della Buona Notizia del Regno di Dio alle popolazioni indigene o non invece — tranne qualche eccezione e al di Ja delle intenzioni dei singoli missionari — la semplice traduzione sul piano spirituale della logica dell’assoggettamento, sostenuta ultimamente da una «teologia di dominazione»!, ' La discussione intorno a tali interrogativi ha gia prodotto una bibliografia sterminata. A titolo esemplificativo ricordiamo I. P. Maguidévich, Historia del descubrimiento y exploracién de Latinoamérica, Ed. Progreso, Moskva 1972; P. Chaunu, Conguéte et exploitation des Nouveaux Mondes, PUF, Paris 1977; E. Schmitt (ed.), Die grossen Entdeckungen, Il, Beck, Miinchen 1984; T. Todorov, La conquista dell’America. Il problema dell’altro, Einaudi, Torino 1984; P. Richard, Mort des chrétientés et naissance de l’Eglise, Paris 1978; F. Mires, En nombre de la cruz. Discussiones teoldgicas y politicas frente al holocausto de los indios (periodo della conquista), San José 1986; E. Dussel, «La cristianita moderna di fronte all’altro. Dall’indio “rude” al “buon selvaggio”», in Concilium 15(1979) 1695-
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Stefano Cavallotto
Com’é facile comprendere, la sola posizione di interrogativi cosi radicali, rimette in questione le tradizionali interpretazioni ottimistiche, dominanti nella cultura eurocentrica, della «scoperta» e dell’evangelizzazione del Nuovo Mondo e fa apparire decisamente inadeguate anche le pit recenti trattazioni manualistiche sulla storia delle missioni. Si pud dire che a rendere sempre piti urgente una svolta ermeneutica nell’analisi della realta latinoamericana sia stato l’emergere, quali soggetti-protagonisti alla ricerca della loro storia e della loro identita, dei «destinatari-vittime» dell’espansione coloniale e civilizzatrice dell’occidente europeo. Col risultato che il recupero della «memoria dei vinti» ha finito per provocare un rovesciamento dell’ottica eurocentrica, convalidando per altro la convinzione che una storia fatta e scritta solamente dai «vincitori» e volta all’edificazione dell’epopea della «conquista» é una storia mutilata, impossibilitata pertanto a tramandare la complessita e la molteplicita di «cid che é effettivamente accaduto». 1709; Id. «Scoperta o invasione dell’ America? Una riflessione storico-teologica», in Concilium 24 (1988) 1041-1050; AA. VV., L’America Latina alle soglie del V Centenario della Conquista, Ed. Associate, Milano 1988; M. Squillacciotti (ed.), «1492-1992. L’altra storia: la Conquista dell’ America. Saggi sulle culture ed i movimenti indigeni latinoamericani», in Quaderno di Latinoamerica, Roma, 11(1990), supplemento al n. 38; L. Boff e V. Elizondo (edd.), «1492-1992. La voce delle vittime», in Concilium 26(1990), numero monografico; G. Gutiérrez, Dio el’oro. Il cammino di liberazione
di Bartolomé de las Casas, Queriniana, Brescia 1991; J. Ramos Regidor, «Conquista/invasione/ resistenza. 500 anni di negazione dell’altro», in Bollettino della Campagna Nord-Sud 1(1991) 4-24 (sintesi ottima e ben documentata dello status quaestionis; all’autore rivolgiamo in questa sede un grazie sincero peri preziosi suggerimenti). 2 Ci riferiamo a buona parte della pubblicistica storiografica europea, ai pur validi contributi di L. Lopetegui-F.Zubillaga, Historia de la Iglesia en América Espanola, Desde el Descubrimiento hasta comienzos del siglo
XIX: México, América Central, Antillas, BAC, Madrid 1965 e di A. De Agafia, Historia de la Iglesia en América Espanola. Desde el Descubri-
miento hasta comienzos del siglo XIX. Hemisferio Sur, BAC, Madrid 1966, e sulla Storia delle Missioni alle trattazioni di G. Martina, «Cenni su alcuni tra i principali problemi della Storia delle Missioni», in 1, La Chiesa
nell’etd dell’Assolutismo, del Liberalismo, del Totalitarismo. Da Lutero ai nostri giorni, Morcelliana, Brescia 1970, 402-430; di J. Glazik, «La primavera missionaria all’inizio dell’eta moderna», in H. Jedin (ed.), Storia della
Chiesa, vol. VI, Jaca Book, Milano 1972, 699-750; di M. Marcocchi, «L’evangelizzazione del Nuovo Mondo», in Storia della Chiesa (gia A. Fliche-V. Martin), vol. XVHI/2: La chiesa nell’eté dell’assolutismo confes-
sionale. Dal concilio di Trento alla pace di Westfalia (1563-1648), L. Mez-
zadri (ed.), Paoline, Milano 1988, 275-313.
Introduzione all’edizione italiana
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Da qui l’impegno programmatico a riscoprire e rivalutare le fonti indigene e ad iniziare una ricerca sistematica sulla storia taciuta,
sia essa quella delle «vittime»,
sia essa parte non
ufficiale della storia dei «vincitori»?. In questo progetto di ricerca gia dalla meta degli anni sessanta si sono mossi in Ametica Latina studiosi di varie discipline con l’esplicito obiettivo di tentare un «riscatto» della memoria del popolo latinoame-
ricano*. In ambito religioso si é avviato negli stessi anni un
lavoro storico-teologico volto a «ridare voce» a quel mondo (indios, neri, meticci, ma anche contadini, operai, emarginati) che dal 1492 in poi é stato sistematicamente negato, occultato e oppresso’. Di fronte alla sfida della «nuova soggettivita» latinoamericana, coraggiosamente impegnata nelle lotte per la liberazione dall’oppressione e dallo sfruttamento, an-
3 Alla storia «non ufficiale» appartengono ad esempio le testimonianze profetiche dei vari Antonio De Montesino, Diego de Humanzoro, Juan del Valle, Julian Garcés, Bartolomé de las Casas, Pablo de Torres, Augustin de la Corufia, Antonio de Valdivieso, Jerénimo de San Miguel, Alonso Maldonado de Buendia, Tomas de Ortiz, Gonzalez de San Nicolas e di tanti altri difensori degli oppressi fino ad Oscar Romero, Ignacio Ellacuria e gli altri gesuiti della UCA, Helder Camara, Pedro Casaldaliga, Ernesto Cardenal... 4 Tra i molti autori cfr. M. Leén-Portilla, Visidn de los vencidos. Relacidnes indigenas de la conquista, México 1980°; Id., I/ rovescio della conquista. Testimonianza azteca, maya e inca, Adelphi, Milano 1987; E. Galeano, 1 Saccheggio dell’America Latina, Einaudi, Torino 1976; Id., L’A-
merica non ancora scoperta, Ed. Associate, Roma 1987; Id., Memorie del
Juoco, Le origini. Dalle prime voci al 1700, Sansoni, Milano 1988; Id., Me-
moria del fuoco. I volti e le maschere. Dai 1700 al 1900, Sansoni, Milano 1990; N. Wachtel, La visione dei vinti. Gli indios del Peri di Sronte alla conquista spagnola, Einaudi, Torino 1977; T. Todorov, La Conquista delVAmerica. Il problema dell’altro, Einaudi, Torino 1984; M. Rivera (ed.), Chilam Balam de Chumayel, Madrid 1988; T. Todorov eG. Baudot, Racconti aztechi della conquista, Einaudi, Torino 1988; M. de Castelo Branco, «La negazione del soggetto nell’impresa coloniale», in Emergenze 2-3 giugno 1988, 19-23; E. Dussel, «Dalla scoperta al disoccultamento. Verso un risarcimento storico», in Emergenze 2-3 giugno 1988, 24-29; A, Pagden, La caduta dell’uomo naturale. L’indiano d’America e le origini dell’etnologia comparata, Einaudi, Torino 1989.
> Tl riferimento evidente é soprattutto all’apporto determinante della teologia della liberazione. Questa linea di ricerca é sviluppata in molti dei titoli sotto 2.2.B.X: I! cammino di liberazione della Chiesa, alla fine delPultimo capitolo Font! E BIBLIOGRAFIA del presente volume. Vedi inoltre I. Ellacuria e J. Sobrino (ed.), Mysterium Liberationis. Conceptos fundamentales de la teologia de la liberacién, 2 voll., Madrid 1990, di imminente pubblicazione in traduzione italiana presso Borla, Roma e Cittadella Ed., Assisi.
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Stefano Cavallotto
che le Chiese rispondevano in un ritrovato spirito profetico nella linea del Vaticano II con la «opzione preferenziale per i poveri», decisa a Medellin (1968) e riconfermata a Puebla (1979). E all’interno dell’opzione ecclesiale per un’evangelizzazione liberatrice che é venuta a costituirsi agli inizi degli anni settanta la Comisidn de Estudios de Historia de la Iglesia en América Latina (CEHILA), appoggiata dal CELAM e dall’Jnstituto Pastoral Latinoamericano, col compito specifico di promuovere, coordinare e realizzare uno studio storico che doveva portare al superamento dei limiti della storia mutilata d’impostazione europea, ma che doveva qualificarsi anche per il suo coinvolgimento chiaro e positivo nel progetto di emancipazione dei poveri dell’ America Latina’. Veniva programmata, cosi, una «nuova» storia della Chiesa latinoamericana militante, collocata nella prospettiva degli oppressi, la cui ragion d’essere ed il cui criterio ermeneutico assoluto e primario sarebbe stato l’annuncio della liberazione secondo il dettato di Le 4,16-21: evangelizare pauperibus misit me... ’. Si optava cioé, pur nel pluralismo delle singole posizioni, per 6 Fin dalla sua fondazione nel 1973 — sottolinea E. Dussel animatore e coordinatore di tale commissione — «la CEHILA si propose come criterio fondamentale di interpretazione storica, ma nello stesso tempo come interpretazione di teologia cristiana, di rileggere la storia a partire dai poveri, dagli oppressi, dal popolo latinoamericano», cfr. E. Dussel, «Introduccion general a la Historia de la Iglesia en América Latina», in CEHILA, Historia General de la Iglesia en América Latina, vol. 1/1, Sigueme, Salamanca
1983, 56. 7 Sulla CEHILA e la sua impostazione epistemologica cfr. AA. VV., Para una Historia de la Iglesia en América Latina, Barcelona 1975; AA. VV., Materiales para una historia de la teologia en América Latina (VUI Encuentro latinoamericano de CEHILA, Lima 1980), San José di Costa Rica 1981; E. Dussel, Introduccién general..., op. cit., 11-102. Cfr. anche
Introduzione generale al presente volume. Sulle posizioni epistemologiche della «nuova scuola» di storici latinoamericani cfr. le osservazioni critiche — dal versante europeo — diG. Ruggieri, «Nuovi soggetti alla ricerca della loro storia. Una proposta latinoamericana», in Cristianesimo nella storia 3(1982) 287-295. Pid in generale sulla questione dello statuto della storia della Chiesa cfr. G. Alberigo, «Nuove frontiere della storia della chiesa», in H. Jedin, Introduzione alla storia della chiesa, Brescia 1973, 7-30 e G. Ruggieri, «Histoire de l’Eglise entre théologie, sciences humaines et méthode historico-critique», in Eglise et histoire de l’Eglise en Afrique. Actes du colloque de Bologne, 22-25 ottobre 1988, G. Ruggieri (ed.), Paris 1990, 347-363. Nella linea dei nuovi criteri ermeneutici si colloca anche l’opera del luterano H. J. Prien, Die Geschichte des Christentums in Lateinamerika, G6ttingen 1978.
Introduzione all’edizione italiana
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una interpretazione «teologica» e «cristiana» della storia, in cui il «senso» dell’avvenimento si sarebbe dedotto dal suo rapporto (positivo o negativo) con il povero®. Al piano di ricerca della CEHILA — che é venuto concretizzandosi soprattutto con la pubblicazione di parte dell’imponente Historia General de la Iglesia en América Latina, prevista in 11 volumi (i volumi I/1, V, VI, VII e VIII sono stati pubblicati dalla Ed. Sigueme, Salamanca, a partire dal 1977; il volume II/1-2 dalla Ed. Vozes, Petrdépolis; il volume X, sugli Ispani in Usa, dal Macc, San Antonio, 1983. Il catalogo della CEHILA include un buon numero di pubblicazioni sulla storia della Chiesa nel nostro continente, alle quali rimandiamo) — ed ai suoi criteri ermeneutici e metodologici si collega direttamente anche questa breve, ma completa storia della Chiesa in America Latina’, frutto della collaborazione di numerosi specialisti di formazione cattolica e protestante e diretta da Dussel’®. Dall’enorme quantita di documentazione e di fonti indigene, abitualmente poco utilizzate dalla storiografia eurocentrica e qui invece opportunamente studiate e valorizzate (é questo a nostro avviso uno degli apporti pit rilevanti ed originali dell’opera!'), viene fatto riemergere e narrato il vissuto cristiano latinoamericano — per troppo tempo soggetto ad una sorta di censura — nella sua estrema complessita e vivacita, ma anche nella sua interna discordanza e conflittualita. Per cui si fa riaffiorare non solamente la diversita, ma pure — con onesta, senza falsi pudori e con forte senso critico — la contraddittorieta fra quelli che potremmo definire i vari «modelli» concreti con cui le Chiese cristiane, nelle diverse tappe del loro itinerario storico (dal XV secolo ai nostri giorni!?) ed
8 Cfr. E. Dussel, Introduzione generale a questa storia della Chiesa. ® Cfr. ivi le enunciazioni programmatiche di Dussel circa i criteri ermeneutici e metodologici preposti a questo lavoro storico.
10 1 ’argentino E. Dussel, attuale presidente della CEHILA, ha contri-
buito in maniera decisiva all’impostazione metodologica della Commissione gia agli inizi degli anni sessanta con Historia de la Iglesia en América Latina. Coloniaje y liberacidn (1492-1973), Nova Terra, Barcelona 1972? (14 ed. 1964) e soprattutto con Hipétesis para una Historia de la Iglesia en
América Latina, Estela, Barcelona 1967.
11 Data Pimpossibilita evidente di entrare nel merito dei singoli argo-
menti, ci si limitera a qualche breve puntualizzazione di carattere generale.
12 Alla ricostruzione di questo itinerario nel tempo sono dedicati i nove
capitoli della Prima Parte.
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Stefano Cavallotto
in tutte le latitudini del continente dell’America Latina (dal Messico al Cono Sud, dal Brasile al Pert), hanno inteso realizzare l’obiettivo storico concreto di Gesu, l’annuncio dell’Evangelo ai poveri: dalle encomiendas alle «riduzioni»; dal genocidio degli indios alla vibrata profezia di Montesino e di Las Casas o al martirio di Romero; dalla tratta degli schiavi neri, dal De instauranda Aethiopum salute di Alvaro de Sandoval alla Veritas ipsa di Paolo III, ai movimenti ed alle teologie della liberazione; dal metodo della tabula rasa, dalle tesi di Sepulveda e dal sistema del requerimiento alla Ad Gentes ed alla Dignitatis Humanae; dalla Sublimis Deus e dalle bolle alessandrine alla Gaudium et Spes ed alla Populorum Progressio; dalla teologia del «Patronato» all’Evangelii Nuntiandi, a Medellin e a Puebla; dalle posizioni della Chiesa gerarchica e «di cristianita» a quelle delle Ces e della «Chiesa popolare». Per ricordare solo alcuni dei momenti della presenza dei cristiani e delle Chiese nella storia del Nuovo Mondo. Una contraddittorieta che i nostri autori non rilevano semplicemente, ma valutano criticamente con passione e chiara scelta di campo sulla base di un giudizio storico-teologico; ne verificano cioé l’autenticita@ o meno (= senso storico cristiano) in rapporto all’annuncio evangelico della liberazione ed alla «causa» dei poveri, delle vittime e dei «negati» della storia, che di quell’annuncio é il riscontro concreto. Un’ operazione, quest’ultima, preziosa in ordine ad una testimonianza di fede profeticamente impegnata nel «riscatto» del Sud del mondo, ma che sul piano della ricerca squisitamente storica non é priva — in verita — di rischi ed insidie, non ultimi quelli delle trasposizioni anacronistiche, dell’ unilateralita e delle semplificazioni. Rimane tuttavia indiscutibile che questa storia della Chiesa latinoamericana, e pil a monte il progetto storiografico della CEHILA, contribuendo finalmente in modo decisivo alla «riscoperta» dell’America Latina altra, cioé quella dei «vinti», negata per secoli dal trionfalismo europeo della «scoperta», costituisca un primo passo irreversibile — nonostante i limiti di ogni lavoro pionieristico e con gli opportuni aggiustamenti
3 La storia «regionale» é trattata nella Seconda Parte. La Terza e ultima Parte affronta invece sotto il profilo storico-teologico alcune «sfide particolari» di fronte alle quali le chiese sono venute a trovarsi nei cinque secoli di storia: le «riduzioni», la schiavitu, la rivoluzione cubana e nicara-
guense, i diritti umani, la teologia della liberazione, la presenza degli ordini religiosi, l’azione delle chiese protestanti, le CEB.
Introduzione all’edizione italiana
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epistemologici — verso quella storia che tende alla completezza della comprensione-interpretazione del dato storico. Lo «svelamento», grazie anche a questi contributi storici, della via crucis — per usare |’espressione dei teologi della liberazione — patita dal popolo latinoamericano e della sua strenua «resistenza» sino al martirio per la difesa della propria identita culturale e storica, non ci offre certo la totalita del «fatto» cristiano in America Latina (semmai questa totalita sara raggiungibile); ne palesa, tuttavia, innegabilmente una dimensione rilevante e costitutiva. Di questa realta vista dal «rovescio della storia» il mondo
europeo é€ sollecitato a tenere conto,
—
se non
in forza di un
«cristiano» dovere di «riparazione» e «riconoscimento» dopo la sistematica e secolare «negazione dell’altro» o di una «restituzione», come predicava Las Casas, dopo Vespropriazione della «conquista» — dovere indubbio per chi si professa discepolo di Cristo'*, almeno a motivo di una correttezza scientifica, non essendo pit sostenibile una Jettura mutila della storia. L’esclusione della voce dei «vinti» non ha costruito, infatti, solo una nuova violenza su di essi, ma ha provocato un ulteriore impoverimento culturale degli stessi «vincitori». Il punto d’incontro epistemologicamente pit corretto e fecondo ci sembra essere allora un’interpretazione di tutta la storia degli eventi iniziati nel 1492 nell’ottica dei «vinti», ma in dialogo onesto e critico col punto di vista dei «vincitori». In questa direzione l’opera edita dalla Cittadella Editrice ci sembra un primo e prezioso strumento. Roma, aprile 1992
STEFANO CAVALLOTTO
'4 Un gesto chiaramente indicativo, anche se troppo isolato e non sufficientemente autocritico, dell’obbligo di «riparazione» e di «restituzione» che grava sulla coscienza cristiana europea verso le popolazioni del Nuovo Mondo é apparso I’atto di pentimento, per la tratta dei neri, compiuto dall’autorita suprema della Chiesa cattolica il 22 febbraio di quest’anno nell’isola di Gorée: «Sono venuto a rendere omaggio a tutte queste vittime senza nome — ha detto Giovanni Paolo II nel cortile della Casa degli schiavi —. Uomini, donne e bambini sono stati condotti in questo piccolo luogo, strappati dalla loro terra, per esservi venduti come mercanzia. Essi venivano da tutti i paesi e, in catene, partivano verso altri cieli, conservando come ultima immagine dell’ Africa natia la massa della roccia basaltica di Gorée. Si pud dire che quest’isola rimane nella memoria e nel cuore di tutta la diaspora nera. Da questo santuario africano del dolore nero imploro il perdono del cielo».
GLI AUTORI
ARNAIZ, ANGEL
Residente in Nicaragua, dell’Ordine dei Predicatori, membro della Cenita. Autore di «Historia del Pueblo de Dios en Nicaragua», Centro Valdivieso, Managua 1990.
BASTIAN, JEAN-PIERRE
Residente in Messico, protestante. Dottore xico), professore di storia nella Universita na/I. Coordinatore dell’area protestante «Historia del protestantismo en América 1990; curatore di «Protestantes, liberales CeniLa, México 1990.
in storia (Colegio de MéAutonoma Metropolitanella CeHiLa. Autore di Latina», Cupsa, México y francmasones», FCE-
BEOZZO, JOSE OSCAR Brasile, sacerdote cattolico. Dottore in sociologia (Lovanio), professore di storia (Sao Paulo), membro della CeHiLa. Autore di «Histdria da Igreja no Brasil. Segunda Epoca», della «Histéria Geral da Igreja na América Latina», Vozes, Petrdpolis 1980.
BIDEGAIN, ANA MARIA
Nata nel 1948, Uruguay, cattolica. Laureata in storia a Lovanio, professoressa di storia nella Universita di Alcald, membro della CEHILA, autrice di «Asif actuaron los cristianos en la historia de América Latina», Crec, Bogotd 1985; «Iglesia, Pueblo y Politica. Un caso de conflicto de intereses en Colombia: 1930-1955», Javeriana, Bogotdé 1985; «From Catholic Action to Liberation Theology. Historical Process of the Laity in Latin America in the Twentieth Century», Working Paper 48, Kellogg Institute, Notre Dame 1985.
CARDENAL,
RODOLFO
Nicaragua, cattolico, della Compagnia di Gesu, laureato in storia (Austin, Usa), professore di storia della Chiesa (Uca, San Salvador), membro della Cenita, curatore del volume sull’America Centrale della «Historia General de la Iglesia en América Latina», CEHILA-Sigueme, Salamanca.
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Gli autori
COMBLIN, JOSE Residente in Brasile, sacerdote cattolico, dottore in teologia (Lovanio), professore in Brasile e a Lovanio, autore di numerose opere di teologia, sociologia della religione e storia, In italiano: «Antropologia cristiana», Cittadella Ed., Assisi 1987; «Spirito Santo e liberazione», Cittadella 1989; «Teologia della citta», Cittadella, 1971; «La forza della parola», Emi, Bologna 1989.
COUTO TEIXEIRA, FAUSTINO
Brasile, cattolico, ricercatore di sociologia della religione nell’Istituto Giovanni XXIII, autore di «A génese das Cess no Brasil», Paulinas, Sao Paulo 1988. DURAN, MARGARITA Paraguaiana, cattolica, dottoressa in storia (Universita Cattolica, Asuncion), professoressa di storia, autrice di numerose opere di storia della Chiesa in Paraguay tra cui «Presencia Franciscana en Paraguay: 1538-1824», Biblioteca de Estudios Paraguayos, Universidad Catdlica, vol. XIX, Asuncion 1987. DUSSEL, ENRIQUE Nato nel 1934, Argentina, residente in Messico, cattolico, professore nell’Universita Autonoma Metropolitana/I e nella UNam (Messico), professore di storia della Chiesa in diverse istituzioni, membro Sondatore della CEHILA, autore di «Historia de la Iglesia en América Latina 1492-1992», 7° ed., Mundo Negro, Madrid 1992 (tradotta in diverse lingue); «De Medellin a Puebla», Ceg-Edicol, México 1979; «El episcopado hispanoamericano. Institucién misionera en defensa del indio 1504-1620», Cipoc, Cuernavaca, voll. I-IX, 1969-1971; curatore generale della «Historia General de la Iglesia en América Latina», CEHILA, voll. I-XI, 1977. In italiano: «Etica comunitaria», Cittadella, Assisi 1988. GOMES MOREIRA, JOSE APARECIDO Nato nel 1951, Brasile, cattolico, laureato in storia ed etno-storia (Messico), membro della Cex, autore di «Conquista y Conciencia cristiana, El pensamiento indigenista y juridico-teoldgico de Don
Vasco de Quiroga», Ed. Abya-Yala e Cenami,
Quito-México 1990;
«Para una historia de la Juventud Obrera Catdlica», in «Revista Mexicana de Sociologia», luglio-settembre 1987; «El pensamiento teoldgico de Don Vasco de Quiroga», in «Raices de la teologia latinoamericana», DE!, San José 1985.
GOMEZ TRETO, RAUL Nato nel 1932, Cuba, cattolico, consulente giuridico dell’episcopato
cubano, autore di «The Church and Socialism in Cuba», Maryknoll, New York 1988.
Gli autori
HOORNAERT,
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EDUARDO
Nato nel 1930, residente in Brasile, cattolico, diplomato all’Universita di Lovanio, professore di storia della Chiesa in diversi centri del Nord-Est, membro fondatore della CEHILA, autore di «Formacao do catolicismo brasileiro», Vozes, Petrépolis 1974; «Histdéria da Igreja no Brasil» (1% epoca), Vozes, Petrdpolis 1977, della CEHILA; «O cristianismo moreno do Brasil», Vozes, Petrdpolis 1991. In italiano: «La memoria del popolo cristiano», Cittadella Ed., Assisi 1989.
HURBON, LAENNEC
Haiti, cattolico, dottore in sociologia, membro del Cnrs (Parigi), della CEHILA, autore di numerose opere di sociologia della religione, antropologia e storia di Haiti e dei Caraibi. KLAIBER, JEFFREY Nato nel 1943, residente in Pert, cattolico, della Compagnia di Gesu, dottore in storia (Washington), professore di storia nell’Universita cattolica del Peri, autore di «Religidn y Revolucidn en el Pert 1824-1976», Universidad del Pacifico, Lima 1980; «La Iglesia en el Perti», Puc, Lima 1988; «Violencia y crisis de valores en el Perti», Puc, Lima 1987; curatore del volume su Peru, Ecuador e Bolivia della «Historia General de la Iglesia en América Latina», CEHILA.
LAMPE, ARMANDO
Nato nel 1958, Aruba (Caraibi), sacerdote cattolico, dottore in scienze sociali (Amsterdam), membro della CEnILA, autore di «Descubrir a Dios en el Caribe», De1, San José 1991; «Los nuevos movimientos religiosos en el Caribe», in J.-Pierre Charle, «Los movimientos sociales en el Caribe», Ed. Universitaria, Santo Domingo 1987; «Iglesia y Estado en la sociedad esclavista de Curacao», in «Anales del Caribe» 9 (1988). MALLIMACI, FORTUNATO Nato 1’8 aprile 1950, sposato, tre figli. Titolo di studio: dottorato in Sociologia all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Parigi, 1988. E professore di storia sociale argentina nel corso di Sociologia alla facolta di Scienze Sociali dell’Universita di Buenos Aires. Inoltre @ membro dell’«Encuentro de Entidades No Gubernamentales» per lo sviluppo dell’Argentina. E responsabile per il Cono Sud della CenILA. Principali pubblicazioni: «El catolicismo integral en Argentina: 1930-1946», Biblos, Buenos Aires 1989; «El catolicismo entre el liberalismo integral y la hegemonia militar (1900-1980)», in «500 anos de Cristianismo en Argentina», di AA. Vv., Centro Nueva Tierra/Cehila, Buenos Aires 1992. MARZAL, MANUEL Nato nel 1931, residente in Perti, cattolico, della Compagnia di Gesu, dottore in filosofia (Universita Cattolica di Quito), professore nel dipartimento di scienze sociali (Universita Cattolica del Pert),
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Gli autori
autore di «Historia de la antropologta indigenista: México y Pert», Puc, Lima 1981; «El sincretismo iberoamericano», Puc, Lima 1985; «Los caminos religiosos de los inmigrantes de la gran Lima», Puc, Lima 1988.
MEIER, JOHANNES
Nato nel 1948, Germania, sacerdote cattolico, dottore in storia (Wurzburg), professore di storia nella Universita di Wiirzburg (Germania), membro della CEnHILA, autore di «Die Anfange der Kirche auf den karibischen Insein (1511-1522 bis zur Mitte des 17. Jahrhunderts)», in «Neue Zeitschrift fiir Missionswissenschaft» (Immensee), 1991; «Der priesterliche Dienst nach Joannes Gropper» (1503-1559), Aschendorff, Miinster 1977.
PUENTE, MARIA ALICIA
Messico, cattolica, diplomata a Lovanio, curatrice di una «Historia de la Iglesia en México», in corso di stampa. RODRIGUEZ, MARIO Nato nel 1950, Puerto Rico, cattolico, dell’Ordine dei Predicatori, dottore in storia, professore di storia della Chiesa in America Latina nel CEDoc e nel Convento di San Juan de Letrdn a Cuba, autore di «Bayamon: Notas para su historia», San Juan 1985; «Sinodo de San Juan de Puerto Rico de 1645», Madrid-Salamanca 1986; «Fray Bartolomé de las Casas y la Teologia de la Liberacidn», Cataho 1989. ROUX, RODOLFO DE Nato nel 1945, Colombia, cattolico, dottore in scienze sociali (Parigi), professore all’Universita Pedagogica Nazionale (Bogotd), membro della CEHILA, autore di «Una Iglesia en estado de alerta. Funciones sociales y funcionamiento del catolicismo colombiano 19301980», Sccs, Bogotdé 1983; «Dos Mundos enfrentados», CInEP, Bogotd 1990; curatore del volume su Colombia-Venezuela della «Historia General de la Iglesia en América Latina», CEHILA. SALINAS, MAXIMILIANO Nato nel 1958, Cile, cattolico, dottore in teologia (Salamanca), cercatore di storia all’Universita Cattolica del Cile, coordinatore progetto di Storia della Teologia (CEHILA), autore di «Historia Pueblo de Dios en Chile. La Evolucién del Cristianismo desde Perspectiva de los Pobres», Rehue-CEHiLA, Santiago 1987.
ridel del la
SANDOVAL, MOISES Nato nel 1930, ispanico degli Stati Uniti, cattolico, laureato alla Marquette University e alla Columbia University, direttore della rivista «Maryknoll». E membro dell "Advisory Commission e coautore di «The History of the Hispanic Church in the US in the 20th Century», Notre Dame; autore di «On the Move: A History of the Hispanic Church in the United States», Maryknoll, New York 1990;
Gli autori curatore di «Fronteras. A History of the Latin American the US since 1513», Macc, San Antonio 1983.
17 Church in
SCHOBINGER, JUAN Nato nel 1928, Argentina, dottore in archeologia, membro della Chiesa Evangelica Riformata, professore ordinario all’Universita Nazionale di Cuyo (Mendoza); autore di «Arqueologia de la Provincia de Neuquén», in «Anales de Arqueologia y Etnologia» (Mendoza), XII e XIII (1956-1957); «Prehistoria de Sudamérica», Labor, Barcelona 1988; «Cazadores de la Patagonia y agricultores andinos», Ediciones Encuentro, Madrid 1985.
NOTA Le cartine/grafici delle pagine 53.81.101.181.183.201.307.405.449.493 sono state prese dal Nuovo Atlante Storico Zanichelli, sotto la direzione di P. Vidal-Naquet © Hachette, Paris 1986, 1991: tr. it. © Zanichelli, Bologna 1986, 1991 alle pagine: 137,133.135.207.207.215.301.209.221.209. — (Ci scusiamo con I’editore Zanichelli per non aver potuto — per difficolta tecniche dell’ultima ora — apporre, a ogni cartina/grafico, la suddetta dicitura).
— Le cartine/grafici delle pagine 409.423.429.489.510.511.527.547.717 sono state prese dall’At/ante Universale Storia della Chiesa, Piemme e Libreria Editrice Vaticana, Casale Monferrato (AL) - Roma 1991, alle Pagine: 146.84.84.146.86.86.85.85.147. — Le due cartine delle pagine 635.637, sono apparse su Nigrizia, Rivista dei Missionari Comboniani, Verona, febbraio 1992. — La riproduzione della pagina 695.é stata presa da Citta Maya, di P. Ivanoff e M.A. Asturias, A. Mondadori, Milano 1970, p. 89. ~ Le riproduzioni delle pagine 119.661, sono apparse su Cross and Sword, Orbis Books, New York 1989, alle pp. 4 e 54. — Le fotografie delle pagine 363.772.773, sono state prese dalla rivista Kontraste Impuls, 2/90; p. 18; 3/91, p. 10 e 2/90, p. 20; Herman-Herder Verlag, Freiburg i.B. — La cartina e i due grafici delle pagine 179.389.599, sono desunte dalla Storia della Chiesa in America Latina: 1492-1992, di E. Dussel, Queriniana, Brescia 1992, pp. 76.55.189.
INTRODUZIONE GENERALE Enrique Dussel presidente della Cehila
Ogni avvenimento storico é irripetibile, unico. Nessun resoconto o descrizione di un fatto storico pud essere trasparente, neutrale e senza mediazione. Ogni resoconto presuppone una «interpretazione», sia essa cosciente o no, voluta o involontaria. Ogni storia della Chiesa presuppone un certo modo di utilizzare i fatti ecclesiali. Dalla concezione (quotidiana o teologica) che si ha della Chiesa dipende la storia che si fara. In America Latina stiamo cercando di fare una storia della Chiesa partendo da una certa esperienza della comunita istituzionale fondata da Gest Cristo. Il programma della missione storica del fondatore del cristianesimo é, al tempo stesso, la missione e l’essenza della Chiesa. Questo programma fu enunciato da Gest Cristo quando apri il rotolo di Isaia al capitolo 61,1: Si recd a Nazaret [...] e trovo il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore é sopra di me; per questo mi ha consacrato con Punzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione [...]. Oggi si ¢ adempiuta questa scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi» (Lc 4,16-21).
Se «evangelizzare i poveri»' é stato il suo obiettivo storico 1 Tl concetto di «poveri» (ptochdi in Luca, hanawim in Isaia) é stato enunciato come la chiave interpretativa fondamentale del progetto di una Storia generale della Chiesa in America Latina da parte di CEHILA (Comisién de Estudios de Historia de la Iglesia en América Latina) nel 1973 (cfr. CEHILA,
Para una historia de la Iglesia en América Latina, Nova Terra,
Barcelona 1975, pp. 23 ss.). L’iniziativa ha la sua prima origine nei colloqui avuti a Nazaret nel 1959 con Paul Gauthier (J poveri, Gest e la Chiesa, Borla, Torino 1963), nei quali abbiamo concepito l’idea di scrivere una storia deila Chiesa «al rovescio»: dalla parte dei poveri (cfr. Hipdtesis para una
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Enrique Dussel
concreto e l’obiettivo specifico della sua Chiesa, questo deve ugualmente essere il criterio assoluto e primario dell’interpretazione cristiana della storia della Chiesa: un’interpretazione scientifica, ma allo stesso tempo cristiana (nella prospettiva della fede). Il «senso» dell’avvenimento si deduce allora dal suo rapporto (positivo o negativo) con il povero, con 1’oppresso, con il popolo semplice. Il criterio per scrivere la storia della Chiesa non é il trionfalismo delle grandi cattedrali e lo splendore dell’incoronazione degli imperatori da parte del papa, ma la carita nella «frazione del pane» delle comunita cristiane, perseguitate, povere, missionarie, profetiche. Una storia nella prospettiva del popolo, per il popolo, dello stesso popolo in funzione pastorale, catechetica, evangelizzatrice. Per ottenere questo, come abbiamo detto, occorreva costruire la categoria biblica di «povero», oppresso, spodestato, come categoria della scienza storica. La globalita sociale di un’epoca dovrebbe essere studiata nella sua determinazione da parte di una certa globalita pratico-produttiva (di tipo tributario oppure capitalistico, ecc.) che da parte sua permetterebbe di definire le classi sociali. I modi diversi in cui queste classi si articolavano in congiunture storiche, «blocchi storici», spiegherebbero il significato di un’epoca, un periodo, una fase o un avvenimento. Partendo dal povero, in quanto razza, sesso, classe, etnia, nazione dominata, si pud scoprire il significato cristiano dell’avvenimento. Allo stesso modo la Chiesa, la sua storia istituzionale, pud essere descritta in modo significativo se si scopre la conneshistoria de la Iglesia en América Latina, Estela, Barcelona 1967). Tuttavia, col passare degli anni, emerse sempre pit la difficolta ermeneutica del concetto di «povero», quando si cercava di costruirlo come una categoria utilizzabile nella descrizione storico-scientifica. Nel 1979 CEHILA tenne il suo VII Incontro-simposio a San Juan di Puerto Rico, per chiarire questa difficolta metodologica. Sull’argomento si veda quello che abbiamo esposto nel capitolo I, vol. 1/1, della Historia general de la Iglesia en América Latina, Sigueme, Salamanca 1983. Rimandiamo a quest’opera in 11 volumi per tutte le indicazioni bibliografiche sulla storia della Chiesa in America Latina (edita parzialmente da Vozes, Petrdpolis [Brasile] dal 1977, eda Sigueme, Salamanca, dal 1981). Vedi anche F. Zubillaga - L. Lopetegui A. de Egaiia, Historia de la Iglesia en América espanola, t. 1-I], BAC, Madrid 1965-1966; H. J. Prien, Die Geschichte des Christentums in Lateina-
merika, Vandenhoeck, Géttingen 1978. Nel 1981 é apparsa la traduzione inglese della mia opera History of the Church in Latin America, Eerdmans, Grand Rapids; l’edizione tedesca é stata pubblicata da Griinewald, Mainz 1989.
Introduzione generale
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sione di detta comunita storica con la societa globale intesa complessivamente. Nei primi tre secoli della sua esistenza, la Chiesa si é sviluppata nella societa organizzando le sue strutture e annoverando tra i suoi fedeli solo i dominati (popoli periferici e classi oppresse). Chiesa dei poveri, Chiesa perseguitata, Chiesa dei martiri. E stato un «modello» di Chiesa che non si confondeva con lo Stato e non si appoggiava sul potere delle classi dominanti. Dal IV secolo appare un altro «modello», la cristianita, come ha definita Kierkegaard. Da quel momento la Chiesa giustifica P'azione coattiva dello Stato e lo Stato svolge funzioni ecclesiali (come la costruzione di chiese, la protezione dei suoi missionari, imponendo ai dissidenti l’obbligo di sottoporsi all’autorita della Chiesa, ecc.). Il «modello» di Chiesa dei poveri o la cristianita vengono cosi a essere categorie ermeneutiche che operano come principi di interpretazione. Si tratterebbe di scrivere, soprattutto e specialmente, la storia della Chiesa @ partire dai poveri per i poveri e — questo é l’ideale al quale vorremmo awvicinarci? — da parte degli stessi poveri. Da questo tuttavia siamo molto lontani e la presente opera lo dimostrera. Questo problema epistemologico potrebbe essere oggetto di un lungo dibattito. Ci rendiamo conto che é importante e, soprattutto, che ha profonde esigenze metodologiche che abbiamo solo cominciato a intravedere.
I. L_AMERICA LATINA NELLA STORIA UNIVERSALE Come storici della Chiesa deli’ America Latina avevamo di fronte una duplice difficolta: non solo dovevamo scrivere una storia della Chiesa, ma anche reinterpretare una storia dell’ A2 Nella sua assemblea di Manaus (IX simposio annuale) CEHILA ha organizzato un tipo sperimentale di «laboratorio di produzione storico-popolare», in cui lo storico da gli elementi fondamentali (spesso immagini o semplicemente il contesto degli avvenimenti conosciuti dalla memoria popolare degli «anziani», dei «saggi» o poeti popolari) perché il popolo stesso esprima, con le sue categorie, il suo linguaggio e i suoi simboli, la storia della Chiesa. Cosi il popolo ridefinisce la «scoperta» dell’ America da parte di Colombo e
dei cristiani come «invasione» dell’ America
(rispetto agli ame-
rindi che abitavano questa terra), come ci si espresse in un laboratorio di storia popolare a Recife (Brasile). Cfr. E. Hoornaert, «A questao de destinador e do destinatario», in Boletin CEHILA
14-15 (1978) 19 ss.
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Enrique Dussel
merica Latina che potesse essere un supporto sufficiente per la storia della Chiesa che ci accingevamo a scrivere. Era necessario risituare la storia dell’America Latina nella storia universale, per ridare valore al popolo oppresso: prima all’indio,
poi allo schiavo
africano
e, infine,
al contadino
peraio e alla donna in tutte le epoche e classi.
e all’o-
1. L’Amerindia come storia originaria L’Amerindia non fu solo né principalmente il contesto della scoperta e della conquista da parte della Spagna e del Portogallo, degli europei, come se gli amerindi fossero comparsi nella storia universale dopo che Colombo era partito dall’Europa. L’Amerindia é@ un insieme umano di culture il cui centro di emigrazione é situato nel nord-est dell’ Asia e che é passato per Bering. Il suo centro di influenza neolitica é nell’Oceano Pacifico. Percid le culture americane vengono dall’est. Infatti, se la rivoluzione neolitica raggiunse il suo culmine in una confederazione di citta della Mesopotamia del IV millennio a. C. o nell’Egitto del III millennio e nelle culture della valle dell’Indo, o nel II millennio in Cina, é necessario situare le grandi culture urbane americane in questa immensa corrente civilizzatrice che va dall’Occidente verso I’Oriente, dal Medio Oriente all’Estremo Oriente e dalle culture della Polinesia verso l’America. Nel I millennio d. C. (all’incirca dal 300 al 900 d. C.) fioriscono in America due grandi culture classiche: quella del Tiahuanaco unito al Titicaca (nell’odierna Bolivia) e quella di Teotihuacan, non lontano dal lago Tezcoco (valle di Messico). Lo splendore di queste culture, che raggiungono il loro massimo sviluppo con l’impero inca (in Pert) e azteco (in Messico) nel XV secolo d. C., significa un posto chiaro per l’ America Latina nella storia mondiale. L’americano (che appartenesse ai nomadi del nord o del sud, ai piantatori dalle valli del Mississippi e dalle Antille fino all’Orinoco,
al Rio delle Amazzoni
0 al Rio de la Plata, o
alle culture urbane gia citate, cui dovrebbero aggiungersi ancora i maya e i chibcha) fu dunque soggetto di alte culture, produttore originale di civilta, di un mondo religioso meraviglioso per la sua ricchezza e il suo significato?. E su quest’uomo,
sulla sua razza,
cultura
e religione,
che
3 Cfr. W. Krickeberg - H. Trinmborn - W. Miiller - O. Zerries, Die Religionen des alten Amerika, Kohlhammer, Stuttgart 1961.
Introduzione generale
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la «invasione» cristiano-europea si lancera come «lupi e tigri e leoni affamati da molti giorni» — dira Bartolomé de las Casas.
La dignita, il numero
e Ja bellezza dell’uomo
america-
no sono il suolo fecondo e positivo su cui sara edificata la storia dell’America Latina, un suolo disprezzato, dimenticato, sfruttato.
2. La protostoria della Chiesa latinoamericana suo
Come Ia storia delle religioni e delle culture americane, nel momento originario o fontale, deve avere il suo posto
nella storia della Chiesa
in America
Latina,
cosi
deve
essere
considerata come sua propria, anche se in modo diverso, tutta la storia del cristianesimo (dalle sue origini, attraverso la sua esperienza e la sua assimilazione della cultura del Mediterraneo, fino ad arrivare alla Penisola Iberica). Questa storia della cristianita germano-latina sara la sua protostoria, il suo processo primo e determinante, con le sue virtt e i suoi gravi difetti. Una rilettura completa della storia della Chiesa nel suo insieme e dalle sue origini é necessaria perché possiamo capire la nostra storia latinoamericana. Infatti, la capacita dello storico della Chiesa in America Latina di interpretare criticamente il cristianesimo che «ci ¢ giunto» dall’Europa nel XV secolo dipende in larga misura dal fatto che abbia una sua propria visione (e che parta dal criterio di «evangelizzare i poveri») del processo globale del fatto cristiano nella storia mondiale. Rileggere la storia completa del cristianesimo é percid compito dello storico cristiano nel Terzo Mondo. ; Sulle culture e sugli stati indoeuropei (dai frigi e dagli ittiti, attraverso greci e latini, medi e persiani, fino ad arrivare agli ariani e a tanti altri) irruppero dal deserto siroarabo i semiti: dagli accadi, assiri o babilonesi, fenici o amorei, fino agli ebrei e nei secoli seguenti gli arabi. La storia d’Israele si inserisce nel contesto della storia dei semiti, in particolare per le sue lotte contro i regni di Mesopotamia ed Egitto, contro ellenisti e romani. Quello che ci importa é che la «comunita religiosa» d’Israele (dai patriarchi e dai profeti fino alla sinagoga nella diaspora) é un «modello» religioso molto diverso da quello della monarchia,
popolo Allo secoli, poveri
in cui lo stato si confondeva con il
eletto. stesso modo il cristianesimo primitivo dei primi tre Chiesa dei martiri, sara un «modello» di Chiesa dei molto diverso dal «modello» di cristianita postcostan-
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tiniana. Le cristianitd armena, georgiana, bizantina, latina, copta e, piu tardi, russa, morava, polacca, ecc. saranno totalizzazioni storiche che inevitabilmente identificheranno il cristianesimo con le culture occidentali, europee (con l’eccezione, fra quelle nominate, di quella copta). Per questo il cristianesimo iberico, passando attraverso la sua prima tappa romana per poi entrare nel periodo visigoto, quello dell’occupazione musulmana e il lungo processo della riconquista (che termina nel 1492 con la presa di Granada), sara il contesto successivo dell’espansione del cristianesimo in America Latina. Il cristianesimo ispanolusitano arrivera determinato da una lunga storia della cristianita e permettera che il processo di evangelizzazione sia contemporaneamente ed equivocamente un processo di civilizzazione, cioé un processo di annientamento culturale e politico dei popoli amerindi. L’evangelo arrivera insieme alla spada dell’oppressione, della violenza e della conquista. L’America ha dunque subito una Chiesa identificata con lo Stato. L’americano ha conosciuto il cristianesimo in un «modello» di cristianita latina e iberica.
II. PRIMA FASE. LA CRISTIANITA COLONIALE (1492-1807) La storia della Chiesa in America Latina ha tre ere distinte’: 1) la cristianita india sotto il dominio ispanolusitano, di capitalismo mercantile e di esclusivita cattolica; 2) la crisi della cristianita delle Indie e la situazione del nuovo patto neocoloniale sotto il dominio anglosassone (prima inglese e poi nordamericano), di dipendenza dal capitalismo industriale, prima con libero scambio e poi imperialista, e di crescente presenza del protestantesimo (prima europeo e poi quasi esclusivamente nordamericano, fino a lasciar spazio al pentecostalismo e alle sette fondamentaliste); 3) la terza era sara quella della lunga crisi della dipendenza capitalista, che attualmente si manifesta come consolidamento del dominio del nord sul sud.
“ La nostra divisione in periodi non coincidera nei particolari con i contributi che compongono la prima parte di quest’opera. Cerco di fornire una visione d’insieme per dare unita al materiale degli altri lavori.
Introduzione generale
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1. Primo periodo. I Caraibi (1492-1519) e il litorale brasiliano (1500-1549) Fra i compagni di Colombo sembra ci fosse un sacerdote, che celebrd la prima messa nel continente nel 1492, nella «Isla de los Lucaios»: si tratta di Pedro de Arenas. In ogni modo la scoperta (l’invasione dominatrice sulle popolazioni americane), realizzata da un mercante e da naviganti del Mediterraneo, era una fase dell’espansione del cristianesimo iberico. Spagna e Portogallo erano al centro dell’ impero-mondo, come direbbe Emmanuel Wallerstein. Il periodo isabelliano (1492-1504) e quello fernandino (1505-1516) fornirono la struttura alla cristianita delle Indie, estendendo il patronato dalle isole Canarie e da Granada alle nuove terre dominate. Con la fondazione, nel 1524, del Consiglio delle Indie, il patronato sulla Chiesa si consolido fino al XIX secolo. Ii primo ciclo delle Antille fu quello dell’oro e delle encomiendas (concessioni di sfruttamento degli indios). Sebbene la ripartizione degli indios sia avvenuta definitivamente nel 1514, dopo l’epidemia di vaiolo, a Santo Domingo nel 1518 rimanevano appena 3000 indigeni. Era la fine del ciclo dell’oro e J’inizio del ciclo dello zucchero, della schiavitt dell’africano e delle piantagioni. Con fra Bernal Boy! il potere ecclesiastico si separa da quello civile retto da Colombo, gia nel 1493, garantito dalla bolla Piis Fidelium. Fu allora che arrivarono i frati laici francescani, fu allora che ebbe inizio l’evangelizzazione latinoamericana. Nel 1505 i francescani creano la prima missione nelle Indie occidentali. Nel 1510 arrivano i domenicani, che nel 1511 lanciano il primo grido profetico con Antén de Montesinos: «Io sono la voce che grida nel deserto di questa isola». Il 15 novembre 1504 Giulio II da inizio al lungo processo di istituzione delle prime tre diocesi americane: a Santo Domingo e a Concepcién de la Vega (Hispafiola) e San Juan (Puerto Rico). Ferdinando si oppone e ottiene il patronato della Chiesa india. E l’inizio formale della cristianita, con la bolla Universalis Ecclesiae del 28 luglio 1508. Su proposta del re, nel 1511 sono finalmente nominati i primi tre vescovi di Santo Domingo, Concepcion de la Vega e Puerto Rico. Nella Giunta di Burgos del 1512 si da al re il diritto di riscuotere le decime. Coscientemente o no, la Chiesa si collega, nelle sue strut-
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ture gerarchiche egemoniche, con il potere dei conquistatori. La classe dei conquistatori, dei concessionari e dei commercianti si presenta a quella indigena mescolata al gruppetto dei missionari e del clero secolare. Ci saranno importanti eccezioni. Allo stesso modo, il ciclo del litorale brasiliano, nella sua prima tappa (1500-1559), dall’arrivo di Pedro Alvares Cabral fino a Tomé de Sousa, un periodo caotico di sfruttamento dell’indigeno, del pau brasil e della divisione del territorio in capitanie, non favori lo sviluppo della missione in modo sistematico. II lavoro di pochi francescani non assicurera una presenza cristiana modello. Ii Brasile era un punto di appoggio per passare in Africa, al «mare degli arabi» (Oceano Indiano) e in Estremo Oriente (verso Goa, Cochin, ecc.).
2. Secondo periodo. Le grandi missioni (1519-1551) e i gesuiti in Brasile (dal 1549)
Nel 1519, con I’invasione dell’impero azteco da parte di Hernan Cortés, partito da Cuba, ha inizio il processo di evangelizzazione globale. Si passa cosi dal I ciclo di evangelizzazione (dei Caraibi) ai cicli messicano, centroamericano, incaico e chibcha (cicli II, IV, V e VI). La risiedeva la maggior parte della popolazione americana preispanica. Allo stesso modo, !’arrivo in Brasile, il 7 gennaio 1549, di Tomé de Sousa, accompagnato dai primi gesuiti, segna l’inizio sistematico del ciclo I o del litorale lusoamericano. La Spagna di Carlo V (sotto reggenza fino al 1516, re fino al 1556) e il Portogallo del grande impero navale sono al culmine del loro splendore. Sono il centro dell’«impero-mondo», sebbene non si sia ancora giunti al boom dello sfruttamento minerario. E il tempo del «cattolicesimo bellicoso», in cui l’evangelizzazione, stile tabula rasa, struttura il modello della cristianita delle Indie. Insieme a Hernan Cortés va in Messico fra Bartolomé de Olmedo; con Pizarro e Almagro parte fra Vicente Valverde. «Nuestra Sefiora de los Remedios» difende Cortés dagli aztechi e «Nossa Senhora de Vitéria» appoggia Alvaro de Castro contro gli indigeni brasiliani nel 1555. La religione cristiana giustifica il dominio. L’evangelizzazione organica inizia quando il 14 marzo 1524 arrivano a San Juan de Ulua (Messico) i «dodici apostoli» francescani. II 2 luglio 1526 sbarcano 12 domenicani; il 22 maggio 1533 gli agostiniani. I missionari passarono rapidamente dalla predicazione attraverso interpreti alla conoscenza
Introduzione generale
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personale di numerosissime lingue, traducendo dizionari, grammatiche, catechismi, regole dei confessori, libri di prediche. Se Santa Maria la Antigua del Darién (in seguito Panama) fu fondata come diocesi nel 1513, Cuba (= Baracoa) nel 1517 e Tierra Florida nel 1520, gli episcopati continentali furono: quello della cittaé Carolense (che successivamente avra sede a Puebla) nel 1519, Messico nel 1530, Honduras, Nicaragua e Coro (poi Caracas) nel 1531, Santa Marta, Cartagena e Guatemala nel 1534, Oaxaca nel 1535, Michoacan nel 1536, Chiapas nel 1539 e Guadalajara nel 1549 (le ultime 4 si trovano in Messico)°. Nel sud, conformemente alle Capitulaciones de Toledo del 26 luglio 1529, Pizarro partiva da Panama. Nel 1537 veniva fondata
la diocesi di Cuzco,
nel
1541
quella di Lima,
nel 1546
quelle di Quito e Popayan e nel 1547 quella di Asuncion del Paraguay — non attraverso il Pert, ma dall’Atlantico del sud —. In Brasile, da Paraiba fino a SAo Vicente, prima i gesuiti, poi i francescani e altri ordini, svolsero lungo il litorale il loro lavoro di evangelizzazione. Cominciava cosi a formarsi, lentamente, il popolo «cristiano». Aveva inizio, anche contro la volonta dei cristiani ispanolusitani, la ricezione originale e creativa dell’evangelo da parte del popolo meticcio latinoamericano, un popolo oppresso, classi sfruttate, cultura nascente: indigeni, meticci, schiavi africani, spagnoli e portoghesi ridotti in poverta. Le ribellioni iniziali — specialmente degli inca mai vinti del tutto — daranno spazio al lungo cammino della liberazione. Gia nel 1537 in Messico si ribellarono gli schiavi africani, e nel 1539 nel nord si ribellarono i huaynomota e i guazamota. Contro la cristianita dominante nasceva un altro modello di Chiesa: una «Chiesa del popolo povero», che oltrepassava la «repubblica degli spagnoli» e, nelle campagne e nei quartieri poveri delle citta, si identificava con il Cristo sofferente, paziente, sanguinante del «tremendismo» (immagini fortemente cruente delle chiese popolari) del popolo Iatinoamericano in attesa della sua liberazione. In questo periodo ebbero inizio anche le azioni di lotta per
5 Nell’indicare la data dell’istituzione (fondazione) di nuove diocesi, gli autori sono a volte tra loro discordanti, perché alcuni indicano l’anno (0 il mese) in cui il papa pubblicé il relativo documento, mentre altri fanno rife-
rimento all’anno (mese) in cui ebbe luogo l’inaugurazione o la presa di possesso della sede da parte del vescovo eletto a quella carica. Un discorso analogo va fatto anche per altri eventi simili (NdR).
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la giustizia, intorno alle Nuove Leggi del 1542 e, sebbene la posizione di Las Casas sia poi sconfitta su tutta la linea, rimarra come un esempio per il nostro presente. II cristianesimo delle Indie veniva cosi costruito sul sangue dell’indio e sulla sofferenza dello schiavo negro.
3. Terzo periodo. L’organizzazione ecclesiale
(1551-1620)
Nel 1551 viene fondata la prima diocesi brasiliana, San Salvador de Bahia, e si celebra il primo Concilio provinciale latinoamericano, quello di Lima. Inoltre, nel 1546, vengono organizzate le prime tre arcidiocesi (Santo Domingo, Messico e Lima). Nel 1556 Carlo V abdica e sul trono sale l’avido Fi-
lippo II. Nel 1548 si scopre l’argento nel nord del Messico (e
inizia cosi il III ciclo di evangelizzazione) e quasi contemporaneamente in Peru (VIII ciclo di evangelizzazione). Il «cattolicesimo bellicoso» comincia a cedere il passo a una classe dominante, un’oligarchia di proprietari terrieri, piantatori di zucchero (ingenios) e proprietari di miniere: é il «cattolicesimo patriarcale» del «signore della casa grande» che domina la senzala (l’abitazione degli schiavi). Con la Grande Giunta del 1548 la Chiesa viene a essere totalmente controllata dallo Stato, in un sistema di patronato nel quale tutti, dal pit: basso livello del sacrestano fino all’arcivescovo piu importante, vengono proposti per la nomina dall’autorita civile e politica. Ai numerosi concili provinciali (11 in tutto) e diocesani (pit di 70 fino al XVII secolo), alle universita (quelle di Lima e di Messico, fondate nel 1553, ma pit di 30 centri conferivano licenze in teologia), ai seminari maggiori, si devono aggiungere le fondazioni delle seguenti diocesi: nel nord solo Vera Paz e Yucatan (Messico) nel 1561; nel sud Charcas (Bolivia) nel 1552, Santiago del Cile nel 1561, Bogota (Colombia) nel 1562, Concepcién (Cile) nel 1564, Cérdoba del Tucuman (Argentina) nel 1570, Arequipa e Trujillo (Pert), nel 1577, La Paz e Santa Cruz, (Bolivia), Huamanga, (Pert) nel 1609. Nel 1620, per chiudere praticamente |’organizzazione ecclesiale al tempo della cristianita delle colonie spagnole, mancheranno solo Durango del Messico e Buenos Aires. E il tempo dell’arrivo dei gesuiti nell’ America spagnola, ma é anche il tempo della fondazione dell’Inquisizione a Citta del Messico, Cartagena e Lima. Il «cattolicesimo popolare» fa la sua strada: confraternite
Introduzione generale
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laiche, opere pie, ospedali e organismi di aiuto e prestito, associazioni e terz’ordini, «doctrinas» degli indios. E il tempo dei primi quilombos (villaggi di schiavi negri liberati) e della loro resistenza all’oppressione. Le ribellioni cristiane indigene si moltiplicano. Il «popolo cristiano» non accetta il dominio del cristianesimo degli europei e dei creoli bianchi. In ogni modo la Chiesa nelle sue strutture gerarchiche é andata trasformandosi, con onorevoli eccezioni, nell’apparato di Stato che crea il consenso nella societa civile. L’egemonia delle classi dominanti ha bisogno della Chiesa per raggiungere i suoi obiettivi di dominio sulla cristianita delle Indie.
4. Quarto periodo. La Chiesa nel XVII secolo Nel 1621 veniva incoronato Filippo IV; nel 1623 Roma progetta di fondare la Propaganda Fide contro il patronato spagnolo. E la fine dell’egemonia spagnola, l’inizio della sua decadenza e l’inizio dell’ascesa dell’Olanda e poi dell’Inghilterra. La pace di Westfalia segna la fine di Spagna e Portogallo, del capitalismo mercantile e del boom minerario. Per il Brasile @ Vinizio delle «penetrazioni» (bandeiras) verso Minas Gerais, Mato Grosso e Goyds, risalendo i fiumi. E il tempo dell’inizio delle missioni del Maranhao e Para (III ciclo lusoamericano). Allo stesso modo, nell’America degli spagnoli, sara il secolo delle reducciones: dall’Orinoco e dai Llanos de Colombia a Maynas, los Moxos e Chiquitos, Chiriguanos e, infine, le reducciones del Paraguay, nel loro genere un modello di socialismo. E il tempo della cultura del barocco gesuitico, arte complessa e dorata, soggettiva ed emotiva, con le sue chiese imponenti, le sue sculture, i suoi altari e¢ le sue opere letterarie. E il tempo della crescente autonomia creola rispetto alla Spagna, che da il via alla protostoria dell’emancipazione. La «Chiesa creola» si riunisce con la «Chiesa dei poveri», delle classi oppresse da quasi due secoli, contro gli spagnoli, gli europei, coloro che non sono nati nell’ America Latina. E il tempo delle dispute campanilistiche: dei francescani contro i domenicani e di questi contro i gesuiti e le loro universita. I monaci contro il clero secolare e la Chiesa in generale contro l’autorita civile. Si discute su decime e primizie, su donazioni della corona ed «encomenderos», su tariffe parrocchiali e cattive abitudini dei sacerdoti. «Vita quotidiana» di una cristianita americana trapiantata, ingabbiata, lontana.
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E un tempo di enorme arricchimento della Chiesa, attraverso legati di eredita: grandi latifondi, terreni urbani, denaro nei monti di pieta (le banche dell’epoca). In tutto il XVI secolo non c’é stato anno in cui nell’ America ibericolusitana non ci sia stata una sollevazione ad opera di indigeni, neri o meticci. Quando il 22 marzo 1660, un lunedi santo, migliaia di indigeni che celebravano la settimana santa si ribellarono nella provincia di Tehuantepec, dove c’erano pit di centocinquantamila uomini soggetti a tributi, in solo cinque ore pili di duecento villaggi presero le armi. Solo il vescovo creolo Cuevas Davalos di Oaxaca riusci a soffocare la guerra. Il «popolo cristiano» segnava il passo aspettando la sua liberazione. Nell’America spagnola il protestantesimo era perseguitato dall’Inquisizione. Il crimine di «luteranesimo» era fra i pit perseguiti (con sferzate, carcere ed espulsione dalle Indie). A parte la breve presenza della colonia tedesca dei Welser nella conquista della Colombia, fu il Brasile che vide una presenza protestante pil stabile, sia per mezzo della colonia ugonotta di Nicol4s Durand de Villegagnon a Rio de Janeiro fin dal 1555, sia soprattutto per mezzo della colonia olandese di Pernambuco, che, venuta per un breve soggiorno, durera fino al 1654, quando il nordest brasiliano fu riconquistato dai portoghesi. Ma il protestantesimo si affermera chiaramente nei Caraibi. Nel 1625 l’Inghilterra occupera le Barbados e nel 1655 arrivera in Giamaica, mostrando cosi l’inizio della teologia del Western Design di Cromwell, che secoli pit tardi si prolunghera nel Manifest Destiny. Nel 1694 vengono occupate le Bahamas. Da parte sua I’Olanda nel 1625 era nel Suriname e nel 1634 a Curacao. La Francia prendera Guadalupe e Martinica nel 1635, Haiti nel 1659 e Caienna nel 1664. Per questo, se il cattolicesimo giunse nell’America Latina con la violenza conquistatrice del capitalismo mercantile, il protestantesimo arrivera nelle nostre terre con l’espansione del nascente capitalismo industriale anglosassone. Nessuno dei due é esente da colpe e imputazioni. Entrambi avevano in mente un modello di cristianita: da un lato quello ispanolusitano cattolico; dalV’altro quello anglicano, calvinista o altro dell?Europa centrale. Un «popolo cristiano» oppresso, schiavi neri, comincid ugualmente a ricevere l’evangelo in modo originale e creativo, in questo caso contro il protestantesimo capitalista dominante.
Introduzione generale
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5. Quinto periodo. Crisi della cristianita delle Indie (XVIII secolo) Nel 1700 ha inizio in Spagna la guerra di successione, che termina con il trionfo di un Borbone francese come re di Spagna. Col trattato di Methuen del 1703 il Portogallo passa a dipendere dall’Inghilterra. Ora la penisola iberica, da centro dell’impero-mondo, diventa semiperiferica rispetto agli Stati che sono il centro del capitalismo industriale. L’emergere in Spagna e Portogallo di una borghesia commerciale, dipendente dalla borghesia industriale anglosassone, produce il cambiamento
del «blocco storico» al potere anche nelle Indie,
dove le oligarchie e la burocrazia degli Asburgo vengono estromesse per essere sostituite da una borghesia commerciale che dipende da Cadice (e non pit da Siviglia). D’altra parte, il ritorno allo sfruttamento dell’oro e dell’argento (sia in Messico che in Brasile), la riorganizzazione burocratica delle «intendencias», la rivoluzione nello sfruttamento agricolo gia iniziata in Inghilterra e ora estesa al mondo iberico, costituiranno per |’America un secolo di enorme crescita, ma anche di crisi profonda. Gli sviluppi fondamentali della prima meta del XVIII secolo avvengono in Brasile: si tratta di un «cattolicesimo minerario» intorno a Ouro Préto (IV e poi V ciclo di evangelizzazione luso-americano). [1 boom dell’oro moltiplica la popolazione; ma |’evangelizzazione é laica, fatta di confraternite e santi eremiti, quasi senza religiosi. Le diocesi di Olinda, Rio e Sao Luis del Maranhao nel 1676, con l’arcivescovado di Bahia nello stesso anno, sono seguite dalla fondazione di Para nel 1719 e di Mariana e Sdo Paulo nel 1745. Inoltre nel 1707 si svolge il primo sinodo di Bahia. E l’inizio del «grande Brasile». Questa prima parte del secolo finisce nel 1757 con I’espulsione di quasi 500 gesuiti dal Brasile e Maranhao per disposizione di Pombal, rappresentante del cattolicesimo del periodo i/luminista. E una vera rottura storica. Invece nell’America spagnola é pill importante la seconda meta del XVIII secolo. Inizia proprio nel 1757 con l’ascesa al trono di Carlo III e con la politica di Aranda in Spagna, Tanucci a Napoli e Choiseul in Francia. L’espulsione dei gesuiti (quasi 2200 dalla sola America spagnola e quindi la decadenza delle reducciones come esperienza missionaria prototipica) avviene nel 1759 in Brasile e nel 1767 nell’America spagnola (in Francia questa misura é presa nel 1764). La cristianita indigena é definita ora come una colonia. Vengono aumentate
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le imposte, e i creoli, gli indigeni e gli schiavi vedono ora aumentare l’oppressione. II 20 novembre 1761, il capo maya di Cisteil,
esclama:
l’indio
Santos
Canek,
quando
inizia
la
ribellione
«Miei amatissimi figli: non so cosa aspettiate dal giogo pesante e dalla servith penosa in cui vi ha messi l’asservimento agli spagnoli; io ho camminato per tutta la provincia e ho osservato tutti i suoi villaggi, e considerando con attenzione quale utile o beneficio ci porti la soggezione alla Spagna, non trovo altro che una penosa e invincibile schiaviti».
Ora il «popolo cristiano» oppresso dalla cristianita borbonica é costituito non solo dagli indigeni, dagli schiavi e dai meticci, ma anche dalle classi creole intermedie. La Vergine di Guadalupe, devozione esclusiva degli indios, come quella di Copacabana nel Titicaca, é ora venerata dai creoli in contrapposizione agli spagnoli. Nelle lotte per l’emancipazione gli spagnoli portavano come bandiera la Vergine dei Rimedi di Hernan Cortés e gli americani la Vergine di Guadalupe. Lotta di Vergini, lotta di classe. Con il Tomo regio il «cattolicesimo illuminista» si propose la riforma della Chiesa e degli ordini religiosi. Si rafforzava Vepiscopato fedele al re contro i religiosi, la lettura della Bibbia contro la scolastica, il ritorno ai Padri della Chiesa e l’appoggio al clero secolare. Negli anni settanta si favorirono i concili provinciali a sostegno della politica borbonica. In ogni modo si accentuarono le tensioni interne: la cupola ecclesiastica doveva fedelta al Patronato e il basso clero, i creoli e il «popolo cristiano» tendevano sempre pili verso l’autonomia. In base alle tradizioni del «cattolicesimo popolare», l’emancipazione era una aspirazione condivisa. La ribellione
dei comuneros
a Nueva
Granada,
la sollevazione
in
tutto il vicereame del Pert dell’inca Tupac Amaru, giustiziato nel 1781, faranno saltare il modello di cristianita pazientemente strutturato, durato tre secoli.
III. SECONDA FASE. LA CHIESA DURANTE LA DIPENDENZA NEOCOLONIALE (1807 - 1959) Se é vero che |’America Latina si emancipo dalla Spagna e dal Portogallo all’inizio del XIX secolo, non é€ meno vero che in realta passO a una situazione di dipendenza neocoloniale
Introduzione generale
;
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nei confronti del capitalismo industriale anglosassone, prima inglese e poi nordamericano. E per questo che, se oggi si parla in America Latina di «liberazione» si tratta, in senso stretto, della liberazione dalla dipendenza capitalistica anglosassone; strettamente parlando, né |’ Africa né I’ Asia vivono questa situazione in senso cosi preciso; l’America Latina infatti é stata aggredita in modo speciale dalle potenze anglosassoni; Vinvasione del Panama nel 1989 é l’ultima di tali aggressioni.
1. Primo periodo. La Chiesa durante Vemancipazione nazionale (1807-1831) Dal momento in cui Napoleone invade il Portogallo (1807) e poco dopo la Spagna (e cid ha segnato I|’inizio del processo
americano di emancipazione) fino a quando,
il 28 febbraio
1831, papa Gregorio XVI nomina i primi sei vescovi residenti, si svolge la lotta per l’emancipazione delle nuove nazionalita latinoamericane. La cristianita registrera una contrapposizione al suo interno: i vescovi fedeli al re si opporranno al basso clero patriota e antispagnolo. I religiosi, i sacerdoti e perfino i laici prenderanno le armi e creeranno, a modo loro, una teologia della liberazione. Per capire il processo sara pero bene ricordare che ci furono cinque cicli di emancipazione con Caratteristiche diverse e in tre diversi momenti sincronici. In un primo momento (1807-1814), la ribellione é contro Napoleone e a favore di Ferdinando VII. A ogni modo i creoli prendono il potere ed espellono molti vescovi fedeli al re. In un secondo momento Ferdinando torna al potere in Spagna e si riappropria del potere sulle colonie. Papa Pio VII condanna |’emancipazione nell’enciclica Etsi longissimo del 30 gennaio 1816. Il terzo movimento, ora contro lo stesso re, porta all’indipendenza definitiva verso il 1821. Di nuovo c’é
un’enciclica pontificia, Etsi iam diu, del 24 settembre 1824, in
cui si esige l’obbedienza al re spagnolo. Errori storici con gravi conseguenze e che producono nella cristianita coloniale una crisi irreversibile. I cicli di emancipazione di El Rio de la Plata (I) e di Nueva Granada (II) hanno un andamento simile. Da El Rio de la
Plata, il generale San Martin, appoggiato dal basso clero e
dai religiosi e senza l’appoggio della maggioranza dei vescovi, emancipa |’Argentina, il Cile e il Peru. Partendo dal Venezuela il generale Bolivar emancipa la Colombia, |’Ecuador e la Bolivia, verso il sud (1810-1821). Da parte loro il sacerdote Miguel Hidalgo e poi un altro sacerdote, Morelos, lottano
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contro creoli e spagnoli e sono sconfitti in Messico (18101815). Nel 1821 con Iturbide, Messico e America Centrale ottengono la loro indipendenza. Si tratta del III ciclo di emancipazione. Da parte sua il Brasile segue un altro ritmo (IV ciclo di emancipazione). Dato che il re del Portogallo fugge da Napoleone e organizza a Rio la capitale del suo dominio, il Brasile non vive propriamente una guerra di emancipazione, anche se eroi come Tiradentes anticipano 1a lotta dell’emancipazione popolare. Quando Pietro I annunzia il suo fico (= io rimango) (1822), il Brasile é indipendente dal Portogallo e mantiene un sistema politico monarchico fino al 1889, quando si costituisce la repubblica. La Chiesa per tale processo soffre meno che nell’area spagnola e non si vede tanto violentemente spaccata al suo interno. Il V ciclo di emancipazione, quello dei Caraibi, é pil complesso e, cominciato all’inizio del XIX secolo, a tutt’oggi non é terminato (dato che ci sono nazioni che devono ancora diventare libere). Haiti si emancipa nel 1804, prima di qualsiasi altra nazione latinoamericana. Santo Domingo ottiene la sua autonomia dalla Spagna, ma é occupata da Haiti (1822-1844). Cuba e Puerto Rico continueranno a essere colonie spagnole fino al 1898, quando passano nelle mani degli Stati Uniti. Le altre isole dei Caraibi dovranno sopportare ancora per molto tempo il dominio inglese, francese e olandese, come nel caso delle Guyane, del Suriname, ecc. A ogni modo i nuovi governi pretesero immediatamente di organizzare il Patronato dello stato sulla Chiesa, e nella maggior parte dei casi ci riuscirono anche contro la volonta romana. La guerra dell’emancipazione nazionale sconvolse la cristianita: furono chiusi seminari, incendiate biblioteche, sconvolta la vita dei conventi, impedito l’arrivo di nuovi missionari. In ogni modo il «popolo cristiano» identificava la lotta di emancipazione con la sua fede e le sue usanze di cattolicesimo popolare. Nessuna frattura si produceva nella sua coscienza. Non cosi nella nuova classe creola che pass6 al potere, i liberali, classe di commercianti legata al capitalismo industriale anglosassone.
2. Secondo periodo. La Chiesa e ’organizzazione nazionale (1830-1880) La classe liberale, soprattutto l’oligarchia commerciale che favoriva la dipendenza, e quella conservatrice dei proprietari
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terrieri, che esportavano prodotti agricoli tropicali o minerari, costituiscono i nuovi stati che stringono il patto neocoloniale: vendono materie prime e comprano manufatti. In Brasile é il tempo di Pietro II (1840-1889), in Messico di Santa Ana e di altri governi di breve durata (1824-1857), della distruzione dell’unita centroamericana (1831), dell’instabilita colombiana dopo la morte di Bolivar (+ 1830), di José Antonio Pérez in Venezuela (1829-1846), di Rosas in Argentina (1835-1852), di Flores e poi di Rocafuerte in Ecuador, cui seguira Gabriel Garcia Moreno (1860-1875); nel Cile é il tempo dei pipiolos fino al 1861, e in Paraguay del dittatore Francia (t 1840). Per la Chiesa, dopo che l’ambasciata Tejada della Gran Colombia era riuscita a mettersi in contatto con Roma, dopo il fallimento della missione Muzi nel 1823, con cui Roma prese per la prima volta contatto diretto con l’America Latina, e sebbene in seguito fossero stati nominati vescovi residenti, la situazione diventava sempre pid difficile. Unita in qualche modo ai conservatori, la Chiesa, che difendeva le sue ricchezze nelle campagne (beni di «mano morta» o di sfruttamento tradizionale non capitalista) subi un processo di secolarizzazione 0 di crescente espropriazione dei suoi beni da parte dei liberali, che consideravano come base dello sviluppo nazionale il libero scambio e il capitalismo. E in questo periodo che i liberali si rafforzano Gin Colombia sono al potere dal 1849 fino al 1866, in Brasile gia negli anni settanta, in Argentina da Mitre e con il trionfo di Buenos Aires dal 1860, in Messico con Judrez nel 1857, in Cile i liberali salgono con Pérez nel 1861, i colorados in Uruguay nel 1852). Cid significa che lo Stato non permette alla Chiesa di attuare il modello di cristianita; tutt’altro: pretende di organizzare un’egemonia ideologica educativa antiecclesiale. Inoltre in Europa si é prodotta una crisi missionaria, di fronte alla rivoluzione sociale insorgente, e solo con la restaurazione ha inizio una nuova epoca. In realta nel 1858 viene fondato a Roma da parte di Pio IX il Collegio Pio latinoamericano, nel quale verranno formati in buona parte i vescovi influenti della fine del XIX secolo. Le congregazioni religiose dedite all’insegnamento cominciano anch’esse a mandare in America Latina i loro membri dalla meta del XIX secolo. Si comincia a produrre una «romanizzazione» della Chiesa latinoamericana che fino a quel momento era stata pid iberica che romana. E in questo periodo (trattato di Guadalupe: 1848) che I’a-
ct i eee NE
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rea settentrionale del Messico (Texas, New Mexico, Arizona e California) viene annessa con la forza dagli Stati Uniti nella loro avanzata verso il Far West. Nasce cosi una Chiesa chicana (= messicana, termine dispregiativo) - ispana, dominata dal cattolicesimo angloamericano, con vescovi francesi o anglosassoni, dato che i suoi sacerdoti messicani sono scomunicati e questa Chiesa non puo esprimersi nella sua lingua né nella sua cultura fino a dopo gli anni sessanta.
3. Terzo periodo. La Chiesa e la dipendenza dall’imperialismo (1880-1930) Intorno al 1870-1880 si verifica un cambiamento fondamentale nelle maggiori potenze capitaliste: cio da una piega diversa alla realta latinoamericana e all’influenza sulla Chiesa, permettendo, d’altra parte, una presenza protestante graduale ma costante. L’imperialismo, nuova fase dello sviluppo del capitalismo, come concentrazione di capitale finanziario e industriale di tipo monopolistico, penetra in America Latina in modo sistematico. Con la ferrovia entra il nuovo «spirito imprenditoriale». Il liberalismo, come classe fondamentalmente dipendente, ottiene un’egemonia indiscussa e struttura lo stato neocoloniale. Le masse popolari, il conservatorismo, il «liberalismo di mercato interno» (e non di importazione, che ottiene solo un dominio passeggero in Paraguay e sara distrutto nel 1870), e la stessa Chiesa sono sulla difensiva, resistono, in attesa della tappa successiva. Si deve allora capire che il «positivismo» (come quello di Comte, Darwin o quello di Spencer) diventa l’ideologia di lotta della nuova classe dominante. La Chiesa non ha una risposta né pastorale né teologica capace di fermare l’avanzata della nuova ideologia. Perd il vescovo di Montevideo, Mariano Soler, é un intellettuale che sa dialogare con il positivismo. Questi sono gli anni del porfiriato in Messico (1876-1910), della repubblica liberale brasiliana (dal 1889), del governo di Roca in Argentina (dal 1880), per menzionare i tre paesi pit collegati con |’espansione anglosassone. E vero che in questi anni si celebra a Roma il Concilio plenario latinoamericano (1899), con la partecipazione di 13 arcivescovi e di 41 vescovi; tuttavia, il luogo stesso in cui esso si svolse, Peccessiva influenza del diritto canonico romano e la preparazione del Concilio da parte di teologi esclusivamente
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europei, fecero di questo grande avvenimento un atto piu formale che pastoralmente efficace. Lo spirito era quello di «conservare la fede», difenderla, proteggerla. Era una posizione conservatrice, di retroguardia. In ogni modo si ebbe una nuova fase missionaria. I francescani minori e i cappuccini evangelizzarono |’ Amazzonia dal 1860, i domenicani dal 1880 ¢ i salesiani dal 1895. In Peru, dal 1895, Leone XIII da impulso alle missioni andine. In Argentina i salesiani arrivano nel 1879 per |’evangelizzazione della Patagonia quando la «invasione del deserto» da parte di Roca avanza assassinando gli indios. In Colombia gia nel 1840 era iniziato il rinnovamento: gli agostiniani arrivano nel 1890, i monfortiani nel 1903, i lazzaristi nel 1905, i claretiani nel 1908, i carmelitani e i gesuiti nel 1918. Da parte sua il protestantesimo si affermera solidamente. Si potrebbero considerare tre tappe: fino al 1880 gruppi isolati; dal 1880 al 1916 insediamento crescente; dal 1916 al 1930 radicamento profondo nell’ America Latina. Il 19 novembre del 1920 Diego Thomson celebrava in Argentina il primo culto protestante. A Buenos Aires vengono aperte varie cappelle anglicane quando, nel 1825, arrivano 250 scozzesi. Nel 1836 arrivano dagli Stati Uniti i metodisti. In Brasile, nel 1819, si costruisce la prima cappella anglicana. Nel 1824 arrivano comunita luterane tedesche che si stabiliscono a Santa Catalina. Poco dopo arrivano in Uruguay i valdesi e poco a poco la loro presenza si diffonde in tutta l’America Latina. Ma é con l’arrivo delle prime organizzazioni missionarie, come quelle metodiste in Messico nel 1871, in Brasile nel 1876, nelle Antille nel 1890 e poi negli altri paesi, che il protestantesimo inizia la sua fase di espansione. I presbiteriani entrano in Brasile nel 1860, in Argentina nel 1866, in Messico nel 1872, in Guatemala nel 1882. I battisti arrivano in Brasile nel 1881, in Argentina nel 1886, in Cile nel 1888. All’inizio del XX secolo i loro membri erano gia centomila. Con il Congresso di Panama (1916), di Montevideo (1925) e dell’ Avana (1929) il protestantesimo diventa una realta latinoamericana.
4. Quarto periodo. La Chiesa di fronte al populismo (1930-1955) La crisi economica del 1929, la lotta per l’egemonia al centro del capitalismo (degli Stati Uniti contro l’Inghilterra, anche se a dare inizio alle ostilita sono state le potenze dell’«As-
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se»), distruggono in parte il patto neocoloniale inglese e indeboliscono la classe coloniale importatrice. E questo il momento in cui emerge una nuova classe: la borghesia nazionale industriale latinoamericana, erede dei liberali del «mercato interno», dei gruppi di artigiani e dei conservatori proprietari terrieri non esportatori. Un nuovo «blocco storico» prende il potere: il populismo latinoamericano. Questa borghesia nazionalista non era antiecclesiastica, poiché i suoi nemici congiunturali erano le potenze industriali anglosassoni. Percid vede nella Chiesa un’alleata naturale (dato che quest’ultima era stata antiliberale e nazionalista). I populisti latinoamericani (Vargas in Brasile dal 1930, Irigoyen dal 1918 e Perén dal 1945 in Argentina, con eccezione di un Cardenas dal 1934 in Messico, dove la ribellione dei cristeros nel 1926 mette la Chiesa contro lo stato messicano) tornano a proporre alla Chiesa un modello di cristianita. Percid parliamo del periodo della «nuova cristianita». Infatti lo stato populista (cosi chiamato perché, pur avendo un progetto capitalista, é di autonomia nazionalista e di progressismo operaio e contadino) permette alla Chiesa di «conquistare le piazze» con enormi congressi eucaristici e di insegnare la religione cattolica nelle scuole dello Stato (cosa proibita dal liberalismo a partire dall’insegnamento laico attorno al 1880). Il fenomeno religioso della «nuova cristianita» fu rappresentato specialmente dall’espansione dell’Azione Cattolica (organizzata in Italia in una situazione analoga, dato che Mussolini aveva strutturato il populismo italiano). Nel 1929 l’Azione Cattolica viene organizzata a Cuba, nel 1930 in Argentina, nel 1934 in Uruguay, nel 1935 in Costa Rica e in Peru, nel 1938 in Bolivia. La Chiesa pone tutto il suo interesse nella piccola borghesia, che ha un ruolo politico centrale nei populismi latinoamericani e nei fascismi europei. Si verifica percid un rinnovamento intellettuale importante, in parte ispirato a Jacques Maritain, che in Brasile significhera la presenza di Tristao de Ataide (Amoroso Lima), che viene a occupare il posto di Jackson de Figueiredo (morto nel 1930). In Argentina, gli intellettuali antipositivisti (come Manuel Estrada, 1842-1894) avevano abbandonato la generazione di formazione privilegiata (come Martinez Villada, 18861959), per aprire la strada a nuovi gruppi del dopoguerra che inseriscono il pensiero cristiano nella vita intellettuale del paese. La stessa cosa avviene in Messico con Vasconcelos o Antonio Caso. Certo é che vengono fondate nuove universita cattoliche (dato che quelle coloniali erano state nazionalizzate
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dai liberali nel XIX secolo): la Xaveriana di Bogota (1937), di Medellin (1945), Sao Paulo (1947), Porto Alegre (1950), Campifias (1956), Buenos Aires e Cérdoba (1960), Valparaiso (1961) e cosi decine e decine di nuovi centri di formazione. Anche la lotta sociale forma nuovi quadri: il sindacalismo cristiano e i centri di ricerca sorti dopo la seconda guerra mondiale. In modo speciale la fondazione della Joc, che in Brasile nel 1961 contava cinquecento sezioni e quasi centomila membri. La stessa cosa accadeva con la Jac (Juventud Agraria Catolica).
5. Quinto periodo. Chiesa, «Desarrollismo» e Seguridad Nacional (1955-1959) Tratteremo con maggior cura questo periodo, che é il piu recente e ha un’importanza particolare, e lo divideremo in tre fasi: la prima (1955-1964), quella propriamente detta del «desarrollismo» (politica dello sviluppo) o di un modello di sviluppo che presupponeva |’introduzione di capitali e di tecnologie americane ed europee; la seconda fase (1964-1976): della dittatura pill crudele con i colpi di stato militari di Seguridad Nacional; la terza fase (dal 1976) quando Ia crisi delle dittature militari (e quella economica degli Stati Uniti) insieme al fenomeno del debito estero, permettera lentamente una certa «democratizzazione» con modelli tanto diversi come quelli neopopulisti, socialdemocratici, neoliberali, ecc.
a) «Desarrollismo», Democrazia cristiana e rinnovamento ecclesiale I dieci anni
successivi alla guerra (1945-1955)
furono
un
tempo sufficiente agli Stati Uniti per imporre la loro egemo-
nia sull’Europa (il «miracolo» tedesco) e sull’Asia (l’ascesa del Giappone). Rivolgendo gli occhi verso la periferia, trovarono in America Latina governi di capitalismo nazionalista. Il «nazionalismo» fu considerato come il nemico principale della nascente espansione di quelle che in seguito saranno le Societa transnazionali. Cadono i populismi (Vargas nel 1954, Per6n nel 1955, Rojas Painilla e Pérez Giménez nel 1957, Batista nel 1959, ecc.) e al loro posto salgono governi che attuano la politica dello sviluppo, i quali strutturano la dipendenza del capitalismo nordamericano ed europeo (Kubitschek in Brasile nel 1956, Frondizi in Argentina nel 1957, Lépez Mateos in Messico nel 1958, Betancourt in Venezuela nel 1959 e insieme a questi i democratici cristiani E. Frei in Cile nel 1964
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e Calderas in Venezuela nel 1969). Questi governi sono tutti formalmente democratici. La Chiesa ha iniziato il suo rinnovamento del dopoguerra e ha un modello da proporre: il rinnovamento liturgico, catechetico, pastorale; rinnovamento teologico europeo; Azione Cattolica sul piano laico; Democrazia Cristiana sul piano po-
litico. Quella del Cile é la Chiesa che costituisce un esempio e
una guida. Mons. Manuel Larrdin é il prototipo del vescovo. E tempo di crescita, di organizzazione. Dal 25 luglio al 4 agosto 1955 viene organizzata la I Conferenza Generale dell’Episcopato latinoamericano a Rio de Janeiro e viene fondato il CELAM (Consiglio Episcopale Latino-Americano). E il tempo in cui si fonda la Confederazione Latino-Americana dei Religiosi (CLAR, 1958), l’Organizzazione dei Seminari Latino-Americani (OSLAM, 1958), la Conferenza della Federazione Internazionale della Gioventi Cattolica (1953), il Centro d’informazione Joc (1959), La Delegazione degli Impresari Latino-Americani (UNIAPAC, 1958), Il Movimento Familiare Cristiano (1951), l’Istituto Latino-Americano di Catechesi (1961), ’ Unione Latino-Americana della Stampa Cattolica (ULapc, 1959), la Confederazione Latino-Americana dei Sindacalisti Cristiani (CLasc, 1954), l’Organizzazione delle Universita Cattoliche dell’America Latina (OpucaL, 1953), l’Unione Cristiana Americana degli Educatori (1955), ecc. E cioé per il continente il momento della presa di coscienza, con ottimismo, delle possibilita di sviluppo e di intervento cristiano. D’altra parte i vescovi partecipano al concilio Vaticano II (1962-1965) ancora come spettatori, come «osservatori», non ancora come attori e creatori. Ci si rende conto che su 186 milioni di cattolici ci sono solo 39 mila sacerdoti (4700 fedeli per pastore). I problemi pit assillanti sono in quel momento la mancanza di sacerdoti, il progredire del comunismo, la penetrazione del protestantesimo evangelico fra i cattolici. Da parte loro i protestanti dal 1930 avevano fatto notevoli progressi. Nel 1935 erano circa due milioni e quattrocentomila i fedeli delle Chiese e delle denominazioni protestanti. Nel 1960 arrivavano gia a dieci milioni. Questo é il tempo della crescita del protestantesimo ecumenico e della nascita di organismi di collegamento a livello latinoamericano.
b) La Chiesa sotto le dittature di «Seguridad Nacional» Quando per le democrazie formali desarrollistas (che attuano una politica dello sviluppo) diventa impossibile far smobilitare il popolo sempre pil represso dal capitalismo di-
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pendente da quello nord-americano, si passa ad applicare un nuovo modello: quello delle dittature militari che permettono lo sviluppo del capitalismo senza democrazia. I] 31 marzo 1964 avviene il colpo di stato militare in Brasile; nel 1971 in Bolivia; nel 1973 si scioglie il Congresso in Uruguay; 111 settembre dello stesso anno viene assassinato Allende e sale al potere Pinochet; nel 1975 in Peru prende il potere Francisco Morales Bermudez; nel 1976 cade il governo nazionalista in Ecuador; nello stesso anno in Argentina sale al potere Videla. L’ America latina sprofonda nella repressione e nella persecuzione. E il tempo della cattivita. Da parte sua la Chiesa fara una delle sue esperienze pit profonde da quando si é stabilita in America. Dopo il concilio Vaticano II, la I1 Conferenza Generale dell’Episcopato a Medellin sara uno spartiacque fra la Chiesa desarrollista e quella della liberazione. La teologia della liberazione nasce contemporaneamente a una grande coscienza di impegno politico a favore degli oppressi. Oppressi dal desarrollismo, dal capitalismo dipendente, ora lo sono anche da dittature feroci e sanguinarie. Dal 1964-1965 al 1968 é tempo di crescita e preparazione. Dal 1968 al 1972 (da Medellin alla XIV Assemblea del CELAM a Sucre, Bolivia) si assiste a un momento di profonda creativita, di impegni popolari di molti cristiani, di movimenti profetici che rivelano un esperimento nuovo di vita cristiana. Nascono e crescono le comunita ecclesiali di base (= CEB), prospera l’Istituto di Pastorale (IPLA) del CeELAM. Nel 1969 facciamo la prima esperienza del martirio: Antonio Pereira Neto muore martire a Recife (Brasile) torturato, crivellato di colpi e appeso a un albero da forze paramilitari di destra, e da questo momento saranno centinaia e centinaia i testimoni dell’evangelo. E il primo sacerdote. I] 24 marzo 1980 sara martirizzato mons. Oscar Romero: non pit laici o sacerdoti, ma un vescovo. I laici, gli operai, i contadini cristiani morti per la propria fede sono innumerevoli. Nasce cosi, lentamente, un nuovo modello di Chiesa. Nel 1973 i vescovi del nordest brasiliano scrivono un documento: «Ho udito il clamore del mio popolo!». Si tratta della formazione di una Chiesa dei poveri, una Chiesa che nasce dal popolo, per spinta dello Spirito. Ora il popolo ha preso la parola, ha la sua pastorale, la sua teologia, i suoi vescovi, i suoi pastori®. 6 Cfr. la mia opera De Medellin a Puebla. Una década de sangre y esperanza (1968-1979), Edico, México 1979, pp. 618. Per la bibliografia sul
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Enrique Dussel
Per questo nella tappa pit difficile (da Sucre all’ascesa di Carter, dal 1972 al 1976) la chiesa ha vissuto un’esperienza di conversione, in cui la spiritualita del martirio si accompagna al realismo. La Chiesa latinoamericana appare cosi nel sinodo romano del 1971 e poi nel 1974 con una sua posizione. Ma, allo stesso tempo, percorre il suo lungo cammino della croce. c) La Chiesa e i nuovi modelli «democratici»
del capitalismo dipendente
Dopo la caduta dei populismi (1955), il capitalismo latinoamericano pud essere solo dipendente e repressivo. Le dittature «dure» (brasiliane, argentine, cilene, ecc.) si indeboliscono. Carter propone un «ammorbidimento», la difesa dei diritti umani, il ritorno alla democrazia. Cid tuttavia dura poco. Ronald Reagan (1980-1988) propone un ritorno alla repressione popolare. Sono modelli fluttuanti di un periodo storico nel quale la dipendenza dal capitalismo impedisce ai popoli di svilupparsi per la continua sottrazione di capitali, e questo mobilita le classi oppresse. Con George Bush si avra linvasione del Panama (e la guerra dell’Iraq), dimostrando che la fine della «guerra fredda» é l’inizio di un nuovo ordine mondiale nel quale il nord si propone un’egemonia totale sopra il sud. Il problema del diritto al lavoro, alla vita (tema teologico centrale del nostro momento) indica una crisi strutturale del capitalismo latinoamericano, con una poverta crescente nelle grandi masse. La Chiesa é divisa. Da una parte il modello desarrollista di «nuova cristianita» che tende, con la democrazia cristiana o le social-democrazie, a rinnovare la Chiesa latinoamericana sullo schema di quella europea — con la sua teologia, la sua pastorale, ecc. —. Dall’altra parte, il modello di Chiesa dei poveri, che cerca di impegnarsi con il popolo stesso, con il popolo povero, oppresso, affamato: crea per esso una nuova pastorale, una nuova teologia, ecc. Nella II Conferenza Generale dell’Episcopato a Puebla (1979), si rivelarono chiaramente queste due posizioni, che continuano ancora il loro cammino nella IV conferenza di Santo Domingo (1992). protestantesimo consultare J. Sinclair, Protestantism in Latin America: A Bibliographical Guide, W. Carey Library, South Pasadena 1976. Cfr. anche il capitolo finale dell’opera presente: Font! £ BIBLIOGRAFIA, 2.2.B, IX: «ll cristianesimo protestante» con molta bibliografia in italiano. Sul cattolicesimo c’é una bibliografia iniziale nella mia opera, History and Theology of Liberation, Orbis Books, New York 1976, pp. 183-189.
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Dopo la morte di mons. Manuel Larrain in Cile (1966) e la nomina di mons. Lorscheider a presidente della CNBB (1968), la Chiesa che indica la via da percorrere é quella brasiliana, con oltre centomila comunita ecclesiali di base, con i suoi vescovi impegnati nella difesa della terra dei contadini, dei diritti degli indigeni, nell’appoggio agli scioperi e alle rivendicazioni operaie (specialmente a Sao Paolo), dando spazio all’organizzazione politica e alla critica intellettuale. La Chiesa in Brasile svolge un particolare lavoro profetico. Da parte sua il protestantesimo (con organizzazioni come IsAL, ULAJE, CELADEC) giunge a un momento decisionale nel Congresso Latino-Americano di Evangelizzazione (CLADE) a Bogota (1969), nel quale si invita alla responsabilita di fronte alla crisi. Nella II] Conferenza Evangelica Latino-Americana (CELA III), si giunge a una chiara definizione in campo politico, economico e sociale. I] protestantesimo é@ ora latinoamericano, con una propria personalita nel protestantesimo mondiale. L’Assemblea delle Chiese di Oaxtepec (1978) segna il passaggio dalla Unione Evangelica Latino-Americana (UNELAM) alla Conferenza Latino-Americana delle Chiese (CLAI) che indica un nuovo momento di profetismo dei movimenti ecumenici.
IV. TERZA FASE. CRISI DEL CAPITALISMO PERIFERICO (1959-1992) I fenomeni storici non avvengono simultaneamente. II processo di emancipazione nazionale comincid ad Haiti all’inizio del XIX secolo e termind nel Belize negli anni ottanta. Vale a dire, la seconda fase é cominciata nel Belize. Allo stesso modo nel momento in cui i cristiani, le Chiese, cominciano a vivere la crisi del capitalismo dipendente, in alcuni casi chiaramente postcapitalista, con problemi nuovi e sconcertanti, situazioni e strutture sconosciute fino a questo momento, siamo spinti a pensare di trovarci all’inizio di una terza fase. In realta, in America Latina i cristiani condividono la crisi continentale — lenta, sporadica, occulta, con un chiaro passo indietro per la caduta del socialismo in UrRss e nell’Europa orientale —. Questo é vissuto in modo pit vivo nei Caraibi e nel Centroamerica. Per questo, per finire, prenderemo due esempi prototipici di questa terza fase.
Enrique Dussel
1. La Chiesa a Cuba Quest’isola dei Caraibi fu scoperta da Colombo il 27 ottobre 1492 e fu colonia spagnola fino al 1898. Nel 1954 venne eletto presidente Fulgencio Batista, che di fatto governava fin dal 1933. Nel 1956 l’avvocato Fidel Castro inizid la lotta contro il dittatore in Sierra Maestra. Mons. Pérez Serantes, arcivescovo di Santiago de Cuba, aveva interceduto a favore dei fuggitivi che avevano attaccato la caserma Moncada. Al momento di morire, mons. Serantes esclamava, riguardo alla ri- . voluzione trionfante capeggiata da Fidel Castro: «Tutto quello che ci sta succedendo é provvidenziale. Credevamo nei nostri collegi pit: che in Gest Cristo». Infatti, il 2 gennaio 1959 Castro entrava a Santiago e 18 era accolto trionfalmente all’Avana. Quello stesso mese papa Giovanni XXIII annunziava la convocazione di un concilio. Certo la Chiesa cubana non si rendeva conto di entrare, senza la preparazione sufficiente, in una nuova era Storica. La prima fase della rivoluzione poté essere chiamata «democratica e a misura d’uomo». L’arcivescovo di Santiago diffonde comunque, il 29 gennaio, una forte circolare «Di fronte alle fucilazioni». Il 17 maggio viene promulgata la legge della riforma agraria, che tocca gli interessi della proprieta privata dei nordamericani, che possedevano il 40% delle terre cubane coltivabili. Nel novembre del ’59 il Congresso cattolico convocato all’Avana faceva coro: «Vogliamo una Cuba cattolica» e anche «Cuba si, Russia no». Aveva inizio la contrapposizione frontale. Il 27 giugno Castro pronunzia il discorso decisivo: «Chi é¢ anticomunista é antirivoluzionario». Siamo nel 1960. Il 17 aprile del 1961 avviene l’invasione della Baia dei Porci da parte di esiliati anticastristi appoggiati dalla CIA e su indicazione di J. F. Kennedy. La Chiesa si pone tutta dalla parte antisocialista. Castro esclama: «I preti sono alleati del furto, del crimine, della menzogna: oggi sono la quinta colonna della controrivoluzione». Il periodo dal 1961 al 1968 é il tempo della frattura, dell’incomprensione totale, dall’una e dall’altra parte. La Chiesa assume un atteggiamento conservatore capitalista che non ha giustificazioni; buona parte del partito al potere segue un marxismo dogmatico altrettanto ingiustificabile, importato. Mons. Cesare Zacchi, delegato apostolico di Roma, comincia a lanciare ponti. E certo che il Concilio e specialmente Medellin danno alla Chiesa una fisionomia diversa. Lo stesso Fidel
a ere mn
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dira nel gennaio del 1968, parlando all’Avana a 500 intellettuali: «B innegabile che ci troviamo davanti a fatti nuovi. Questi sono i paradossi della storia: come ci rassegneremo vedendo settori del clero diventare forze rivoluzionarie (pensiamo fra gli altri a Camilo Torres), e settori del marxismo diventare forze conservatrici?».
Mons. Zacchi dichiara: «La Chiesa dovrebbe cominciare a pensare al luogo che deve occupare nélla nuova societa socialista».
Il 20 aprile 1969 l’episcopato critica il blocco nordamericano contro Cuba:
«Cercando il bene del nostro popolo e fedeli al servizio dei pit poveri, secondo il mandato di Gest Cristo e Limpegno proclamato nuovamente a Medellin, denunziamo questa ingiusta situazione di blocco che contribuisce ad aumentare le sofferenze».
E1’8 settembre dello stesso anno viene diffuso un altro comunicato: «Questa é un’ora nella quale, come in tutte le ore, dobbiamo saper scoprire la presenza del regno di Dio negli aspetti positivi della crisi... (per questo esiste} un campo enorme di impegno comune di tutto l’uomo fra tutti gli uomini, atei o credenti che siano».
Poi nell’isola verra la lenta maturazione, il rinnovamento a partire dall’apertura del dialogo fra vescovi e governo, fino a che la crisi della perestroika imporra a Cuba e anche ai cristiani un momento, oggi, particolarmente critico’.
2. La Chiesa nella crisi centroamericana
Il problema della religione
L’America Centrale, violentemente conquistata nel XVI secolo, sfruttata durante tutta la sua storia, divisa dagli interessi del capitalismo anglosassone, occupata e infine svuotata dalle multinazionali e da un’oligarchia di proprietari terrieri senza sensibilita sociale, alla fine viene messa in ginocchio, e con essa i cristiani. Dal santo vescovo Antonio Valdivieso o.p., martirizzato nel febbraio del 1550 per aver difeso gli indigeni contro il conquistatore Contreras a Leén (Nicaragua), fino alle svariate migliaia di martiri dei nostri giorni, l’ Ameri7 Per una visione completa del caso «Cuba» vedere, pili avanti, il cap.: «Chiesa e rivoluzione a Cuba e in Nicaragua».
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ca Centrale ¢ oggi un esempio di cristianesimo impegnato nelle lotte di liberazione del popolo. Dall’inizio degli anni settanta era cominciata un’esperienza sfuggita agli occhi dei migliori osservatori. Un gruppo di giovani, fra i quali si annoverano i comandanti del gruppo sandinista «Proletarios» (Luis Carrién, Joaquin Cuadra e molti altri, come la comandante Monica Baltodano) che come studenti si occupavano di impegni cristiani a Santa Maria de los Angeles, una parrocchia di Managua, entrarono nel Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FsLN). L’inserimento di cristiani nella lotta di liberazione era un fatto nuovo. Essi entravano, trionfanti, insieme agli altri, il 19 luglio 1979, alla testa di un popolo vittorioso. Le comunita di base, gli stessi vescovi, la Chiesa in generale avevano lottato apertamente contro la dittatura di Somoza, anche se il nunzio pontificio aveva brindato con il dittatore pochi giorni prima che questi facesse bombardare Leon. Il 17 novembre dello stesso anno, l’episcopato del Nicaragua diffuse una storica lettera pastorale su «Impegno cristiano per un nuovo Nicaragua». Vi si dice: «Se socialismo significa, come deve significare, preminenza degli interessi della maggioranza nicaraguense e un modello di economia pianificata a livello nazionale, solidale e di progressiva partecipazione, non abbiamo nulla da obiettare... Se il socialismo presuppone un potere esercitato nella prospettiva delle grandi masse é€ sempre pil condiviso dal popolo organizzato, di nuovo nella fede trovera solo motivazione e appoggio. Se il socialismo porta a processi culturali che risveglino la dignita delle nostre masse, si tratta di una umanizzazione convergente con la dignita umana proclamata dalla nostra fede. Abbiamo fiducia che il processo rivohuzionario sara qualcosa di originale, creativo, profondamente nazionale e in nessun modo imitativo».
Un anno dopo, il 7 ottobre 1980, la Direzione Nazionale del Fronte Sandinista diffuse un «Comunicato ufficiale della Direzione Nazionale del FSLN sulla religione», che nella parte centrale dice: «Noi sandinisti affermiamo che la nostra esperienza dimostra che quando i cristiani, appoggiandosi alla loro fede, sono capaci di rispondere ai bisogni del popolo e della storia, le loro stesse convinzioni li spingono alla militanza rivoluzionaria. La nostra esperienza ci dimostra che si pud essere credenti e insieme rivoluzionari coerenti e che fra le due cose non c’é contraddizione insana-
bile».
E la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra!
Era la prima
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volta che un movimento rivoluzionario postcapitalista esprimeva praticamente e teoricamente questa posizione sulla religione. Era un passo avanti nell’evangelizzazione dell’epoca e le sue ripercussioni non si fecero attendere a Cuba, in Mozambico e in altri paesi socialisti. A partire dall’esperienza nicaraguense, ma ugualmente attraverso la presenza decennale di cristiani, sacerdoti, religiosi, laici, fino alla figura di martire di mons. Oscar Romero — eroe del popolo e gia proclamato santo dalle folle — nei processi di liberazione del Salvador e del Guatemala, e anche in Honduras, si pud dire che la Chiesa dei poveri cresceva incontenibilmente, dalla base, dal popolo stesso. Nel Salvador, dal tempo della strage di contadini del 1932, la popolazione contadina era rimasta dispersa. Fu la Chiesa, con le sue comunita di base — e il primo apostolo fu p. Rutilio Grande s.j., morto martire come mons. Romero, uno degli oltre venti sacerdoti assassinati in America Centrale in quegli anni — a dare ai contadini salvadoregni organicita, coscienza, mobilitazione. La Chiesa si trovava cosi alla base, all’origine del processo stesso di liberazione. Non era pit un’invitata
nell’?ora
del
trionfo;
era
al
suo
servizio
al
momento
stesso della nascita del processo popolare. L’evangelizzazione, col sangue dei martiri e l’opera dei cristiani di tutti i giorni, avanzava nonostante l’attivita contraria di molti cristiani responsabili delle strutture ecclesiali. Ora ¢ lo stesso popolo, il popolo umile e semplice, povero, quello che era stato violentemente dominato durante la conquista, oppresso da proprietari di terre e di miniere, da oligarchie e da liberali, da proprietari terrieri paternalisti e da multinazionali capitaliste, che diviene il soggetto della sua liberazione, identificato con il Cristo falegname, torturato e crocifisso, insanguinato davanti ai soldati dell’impero. La perdita delle elezioni del FsLn nel 1990 cambia radicalmente la situazione della zona, tuttavia la Chiesa, sebbene divisa dagli avvenimenti precedenti, continuera il suo cammino in modo molto simile, avendo raccolto un’esperienza storica enorme.
V. CONCLUSIONI La prima fase della cristianita coloniale ha i suoi difetti strutturali, ma al tempo stesso i suoi valori inoccultabili: la generosita di migliaia di missionari, di laici spagnoli, porto-
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ghesi, meticci, indigeni, africani, e la donna in quanto grande costruttrice della Chiesa. La seconda fase inizia con la crisi della cristianita, con la guerra di emancipazione, e finisce col patto neocoloniale. La Chiesa, conservatrice, si trova comunque insieme al popolo oppresso dai liberali. Nel XIX secolo esiste una «Chiesa dei poveri», una Chiesa laica, spesso senza sacerdoti, come ridotto di resistenza contro l’ideologia positivista, contro la dipendenza antinazionalista. La Chiesa non fu allora, come vuole la storia liberale, solo oligarchica; fu anche, in modo contraddittorio, popolare. E partendo dalla memoria del popolo, dalla presenza di una parte della Chiesa nelle lotte di resistenza del popolo stesso che oggi, nella ferza fase, ci sono cristiani soggetti attivi della liberazione®.
® Per una accurata ricerca storica su tutta la problematica di questa Introduzione generale, cfr. a fine libro: Font1£ BisuioGRaFIA (N.d.R.).
parte prima
PERIODI DELLA STORIA DELLA CHIESA IN AMERICA LATINA
LE RELIGIONI AMERINDIE
1.
Juan Schobinger
Sono passati 500 anni dalla scoperta «ufficiale» dell’? America da parte degli europei dell’est e del sud (quelli del nord l’avevano gia scoperta cinque secoli prima, anche se la loro presenza era durata poco). Nessuno mette in dubbio il significato storico di questa data, ma le interpretazioni differiscono. La visione dei vinti} € ovviamente diversa da quella dei vincitori. Questi hanno sempre creduto che, in quanto vincitori, erano superiori ai vinti e che pertanto non era necessario conoscerli e comprenderli. Non era forse quella anche la mentalita dei nostri nonni? Ma nel XVI secolo non esistevano ancora le discipline che oggi sono entrate nella scienza antropologica. Per questo si dovette aspettare la fine del XIX secolo e il suo sviluppo nel XX anche nell’ambito americano. Qui si dovettero faticosamente superare antiche teorie e speculazioni e solo negli anni cinquanta si comincio a coltivare una storia etnica delle alte culture dell’ovest americano che andasse al di la della superficialita etnografica e, combinata con i grandi progressi dell’archeologia, permettesse di intravedere la complessita e la profondita dell’anima precolombiana. Solo poco a poco stiamo eliminando l’immagine distorta dell’«indio» americano. In termini generali, occorre dire che le idee e le pratiche religiose precolombiane sono intimamente connesse con una cosmovisione che nasce da una mentalita diametralmente opposta alla nostra: intuitiva, aperta alla natura e al cosmo (e non rinchiusa nell’ego), comunitaria (e non individualista), in
cui tutto il visibile é simbolo di una realta maggiore, dalla
quale dipende. L’America (e qui parliamo soprattutto delle alte culture) @ un notevole esempio di conservazione della 'M. Leon - Portilla, La visidn de los vencidos, México 1972.
Juan Schobinger
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mentalita magico-mitica che costituisce una delle grandi tappe nell’evoluzione culturale dell’umanita. Per questo, l’urto avvenuto nel XVI secolo non fu solo fra culture esterne, o fra razze, o fra prodotti storici diversi; non fu di «progrediti» contro
«retrogradi»,
né di «civilizzati»
essenzialmente fra due forme fu tanto doloroso.
contro
di coscienza.
«barbari».
Fu
Forse per questo
I. LE CULTURE DEI CACCIATORI Risalendo alla preistoria, dobbiamo ammettere di non sapere nulla sulle religioni dei cacciatori paleolitici americani. Dall’anno 11000 circa a. C. le loro attivita sono caratterizzate da svariate forme di punte di proiettile e, due o tremila anni pid tardi, dopo la fine dell’era glaciale, alcuni gruppi cominciano a eseguire pitture nelle caverne del nordest e dell’est del Brasile e del sud della Patagonia. Uno dei loro motivi, le mani dipinte in «negativo», é identico a quello delle caverne del paleolitico superiore in Francia e Spagna e permette di supporre che rifletta un rito simile a quello praticato dai cacciatori dell’Europa occidentale cinque o seimila anni prima. Le pitture di animali (guanachi) e di mani continuano fin quasi alla fine dell’era precristiana, quando sono sostituite da due nuovi modelli stilistici: le incisioni con simboli biomorfi (ispirate soprattutto alle impronte di animali diversi e anche del piede umano), e le pitture geometriche di diversa complessita. Queste ultime arrivano fin quasi a tempi etnografici e il loro significato magico é stato dimostrato (in grado maggiore 0 minore lo ha anche tutta l’arte rupestre universale). Per questa tappa — segnata da quella che é stata chiamata «amentalita magica»? — le pratiche rituali dovettero essere relativamente semplici, poiché si pud supporre |’esistenza di un protosciamanesimo, combinato con la cosiddetta magia di caccia. Questa spiegherebbe le scene di omini che seguono camelidi in movimento o girano loro intorno, nelle grotte del Rio Pinturas nella provincia argentina di Santa Cruz, come anche in alcune localita della Sierra peruviana e del nord del Cile, dominio dei cacciatori-raccoglitori andini che si diffusero in quelle zone e nell’altopiano boliviano all’incirca fra 2 J, Gebser, Ursprung und Gegen wart, t. 1, Deutsche Verlagsanstalt, Stuttgart 1949.
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Papa Alessandro VI divide il mondo tra Spagna e Portogallo
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1’8000 ¢ il 4000 a. C.3. In altri casi doveva avere un ruolo I’idea della fertilita; in questo caso ci sarebbe un’altra analogia con i cacciatori preistorici del Vecchio Mondo. Non sappiamo se in America sia arrivato a svilupparsi un vero totemismo — che peraltro pit che una religione é un vero sistema sociale. Grazie a sopravvivenze etnografiche possiamo supporre che una sua variante si fosse sviluppata tra i popoli dell’America settentrionale e forse del nord della Patagonia. Sempre in base a sopravvivenze etnografiche nella Terra del Fuoco (i cacciatori ona e i raccoglitori-pescatori ydmana) possiamo intravedere un ricco animismo espresso in danze rituali da gente mascherata, insieme a pratiche di iniziazione, pitture corporali, ecc. Qui non ci sono segni importanti di un culto «animalista», che invece era presente nel /oncomeo (danza dello struzzo) delle tribt del nord della Patagonia, adottato anche dai loro vicini araucani. Nell’ansia di identificarsi con esseri superiori («spiriti») o di incorporarli, possiamo vedere in germe tra i cacciatori qualcosa che prese forma pit definita nelle culture paleoagricole: lo sciamanesimo tipico americano.
II. LE CULTURE DEGLI AGRICOLTORI E DEI CERAMISTI Sebbene lo sciamanesimo abbia la sua forma prototipica tra i popoli cacciatori del centro e del nordest dell’Asia, se ne trovano forme e varianti anche tra i popoli americani allo stadio agricolo. Cid suggerisce che lo sciamanesimo si associa, pitt che a una forma esteriore di cultura o economia, a un tipo di mentalita. E stato detto che la religiosita americana é di natura essenzialmente sciamanistica: questo spiegherebbe come anche nelle alte culture si riflettano riti di questo genere, almeno nelle loro fasi iniziali (vedi paragrafo III). Riteniamo che lo sciamanesimo nasca in Asia e in America come un tentativo di ricuperare, attraverso tecniche pit o meno artificiali, un contatto intimo con il mondo e le sue forze immanenti (considerate come divine), un fatto naturale nelle tappe pit antiche dell’umanita. Anche se a un livello piu 3 J, Schobinger,
Prehistoria
Alianza Editorial, Madrid 1988.
de Sudamérica:
culturas precerdmicas,
Le religioni amerindie
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«primitivo» dei riti di iniziazione vigenti nelle culture del Mediterraneo e dell’Occidente asiatico, anche lo sciamanesimo americano da origine a un particolare esoterismo le cui manifestazioni possono scorgersi tanto nelle culture templari («cultiste») del Centroamerica e del Peri (olmeche, chavin, ecc.) come in alcune culture di livello «medio» (agro-ceramisti) dell’area andina meridionale e della conca amazzonica (per esempio i mapuche o gli araucani del Cile). Come nell’Asia occidentale, ci furono nel nostro continente vari millenni di «agricoltura incipiente», preceramica, le cui tracce sono state trovate tanto in Mesoamerica come in zone dell’area andina. Delle sue pratiche religiose non sappiamo nulla fino a circa il 2300 a. C., quando cominciano ad apparire costruzioni per uso rituale, prima sulla costa centrale del Pert e poco dopo nell’interno della cordigliera. Tra queste due zone c’era un costante interscambio di prodotti, soprattutto dopo l’apparizione della ceramica intorno all’anno 1000 a. C., quando l’agricoltura é gia pienamente sviluppata e cominciano a diffondersi i canali di irrigazione lungo le
valli.
Da notare il fatto che gid mille anni prima esistevano in Colombia e in Ecuador comunita sedentarie e dedite alla ceramica. Qui, sulla costa pacifica e un po’ all’interno, abbiamo il primo gruppo relativamente ben conosciuto: la cultura di Valdivia, datata con l’analisi radiocarbonica fra il 3000 circa e il 1500. Dopo una fase con ceramica locale ne inizia un’altra caratterizzata da una ricca ceramica con vari motivi incisi, che mostra notevoli analogie con la decorazione di una cultura contemporanea delle isole meridionali del Giappone, chiamata Jomon‘. Non si tratta di una cultura di modesti pe-
scatori come si pensava quando si comincié a studiarla tren-
t’anni fa. Insieme a un crescente interscambio di prodotti queste antiche comunita neolitiche moltiplicano e sviluppano
4 Da quando é esistita la navigazione in alto mare, possono esserci stati arrivi occasionali al Nuovo Mondo di imbarcazioni con pescatori o commercianti. Il problema é fino a che punto influirono sullo sviluppo culturale americano. Mentre i possibili arrivi attraverso I’ Atlantico non ebbero significato, poterono invece averlo gli arrivi dall’est ¢ dal sudest dell’ Asia attraverso il Pacifico. I] contatto con Jomon sarebbe il primo di quattro momenti che si possono documentare archeologicamente. I tre successivi sarebbero: Cina e cultura megalitica dall’Indonesia all’America Centrale, IL-I millennio a. C.; influenze indi-buddiste sull’ America Centrale, I millennio d. C.; influenze polinesiane sull’occidente sudamericano, I millenniod.C.
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Juan Schobinger
nel loro interno una crescente attivita religiosa. Nel corso del terzo millennio a. C. alcuni villaggi della cultura Valdivia diventano centri cerimoniali, caratterizzati da piccole colline che circondano un grande cortile. Belle statuine femminili di ceramica costituiscono la loro principale manifestazione artistica. Esse sono l’espressione pit antica di un simbolismo che indica la fecondita come forza divina. Questo é comune a molte altre culture di livello neolitico nel Vecchio Mondo e si trova anche in altre culture posteriori del continente americano. Per il resto, accanto alle rappresentazioni slanciate, di un sereno realismo (col rilievo dato alla pettinatura), ce ne sono alcune in stato di gravidanza, quasi in posizione di parto. Scorgiamo qui un’antica e persistente idea, esperienza o sensazione, che si deve definire religiosa, anche se non sappiamo a quali riti concreti fossero associate quelle statuine. Il neolitico (a torto chiamato anche «formativo») si sviluppa e si diffonde su ampie zone centrali del continente (compreso il sudest degli Stati Uniti) durante il terzo e il secondo millennio a. C. Tutto indica che lo sciamanesimo va intimamente associato a questo sviluppo. In qualche momento si comincia a far ricorso, nel processo di iniziazione sciamanica, a sostanze vegetali con proprieta psicotrope (o «allucinogene»). Questo argomento — molto studiato negli ultimi anni - ha bisogno di una spiegazione. Ci sono prove sufficienti che dimostrano I|’uso da parte dei popoli amerindi di almeno ottanta droghe con proprieta psicotrope ottenute dalle numerose specie vegetali americane che le contengono, mentre nel Vecchio Mondo se ne conoscevano solo sei o sette. Per chi scrive, la spiegazione pil’ convincente deriva dal loro inserimento nell’ampio contesto paleopsicologico menzionato all’inizio di questo contributo: coll’accrescersi dell’autocoscienza dell’individuo (che culmina pit o meno verso la fine dell’era precristiana), si ricorre sempre di pil al consumo di sostanze allucinogene ottenute dalle citate specie vegetali, come mezzo per ristabilire il contatto con le forze divine. Si tratta cosi di rafforzare le «tecniche arcaiche dell’estasi», secondo un’espressione di M. Eliade’.
5M. Eliade obietta all’uso di queste sostanze in quanto cid significa uno snaturamento della «pura trance». Confrontato con le pratiche iniziatiche dell’ Asia e del Mediterraneo antico, si tratterebbe di una forma «decadente». Tuttavia questo giudizio categorico corrisponde pit al punto di vista di uno storico classico delle religioni che a quello di un antropologo. Quest’ ul-
Le religioni amerindie
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Le testimonianze archeologiche sulla religiosita di questi popoli sono scarse, per cui facciamo ricorso ad alcuni popoli di aree esterne (rispetto a quelli delle culture alte) che rappresentano sopravvivenze, pi o meno modificate, delle culture paleoagricole menzionate. a) Gli anasazi: questo popolo delle regioni semiaride del sudovest degli Stati Uniti ebbe una fase iniziale detta dei «basket-makers» (cestai) all’inizio dell’era cristiana. Nelle loro tombe sono stati trovati dei piccoli «dischi da gioco» di legno od osso con incise delle linee (per pratiche di divinazione?). I riti sciamanici sono testimoniati da pipe tubolari di pietra, come anche dai graffiti e dalle pitture rupestri attribuiti a questo periodo e a quello successivo, abbondanti soprattutto sull’altopiano dell’alto Rio Colorado nell’Utah. Nella III fase dei «basket-makers» (400-700 d.C.) si sviluppano i villaggi formati da abitazioni pili o meno rettangolari semisotterranee con corridoi di entrata. Un esempio interessante é il villaggio di Shabik’eschee nel nordovest del Nuovo Messico. Nelle fasi Pueblo I e Pueblo II, caratterizzate da ceramica decorata con figure geometriche, vengono mantenute ancora le case semisotterranee, ma poi si vanno formando agglomerati pi’ grandi. La caratteristica nuova che attira maggiormente I’attenzione é la deformazione intenzionale del cranio dei bambini che si otteneva comprimendo la parte posteriore del cranio dei piccoli tra le assi della culla, un uso frequente nell’area andina e meno frequente nell’America Centrale. Crediamo che anche questo sia di ispirazione sciamanica (per il suo simbolismo implicito), che si abbina all’importanza crescente della Kiva come luogo dell’iniziazione maschile e della pratica di riti in trance. Nella III fase Pueblo (1050-1300) si costruiscono grandi complessi di abitati collegati, come quello di Chaco Canyon nel nordovest del Nuovo Messico. Alcuni di questi abitati, come quello chiamato Pueblo Bonito, avevano centinaia di recinti. Le kivas pit piccole stavano al loro interno, altre pil grandi stavano nella grande piazza semicircolare verso cui era rivolto il grande complesso abitativo. Nel centro, immediatamente dietro il muro frontale, si trovava la «Gran Kiva», attorniata da abitazioni rettangolari; senza dubbio il principale centro religioso e probabilmente timo riconoscera la validita delle tecniche allucinogene nella misura in cui esse fanno parte autentica di ogni cultura e/o gruppo sociale e costituiscono un mezzo positivo per soddisfare le loro necessita. Questo chiaramente non succede nella nostra cultura.
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anche politico. Tutto cid fa pensare all’esistenza di un protosacerdozio. b) I diaguitas: gli spagnoli chiamarono cosi alcuni popoli agro-ceramisti che vivevano nelle valli e nei luoghi montuosi del nordovest argentino. Nelle fasi iniziali e centrali della loro storia essi vivevano in villaggi pi o meno autonomi, sui quali gli sciamani esercitavano una forte influenza direttiva. Cid si
riflette nell’uso che fanno di grandi pipe, di mortai scolpiti
per la preparazione di vegetali psicotropi, nel simbolismo del felino (giaguaro) che in certi momenti diventa «draghiforme» e nell’esistenza di sacerdoti-guerrieri-sacrificatori, cosi come in molti motivi dell’arte rupestre. Questo riguarda soprattutto la fase o cultura di La Aguada (600-900), nel cui ambito si erigono le prime strutture cerimoniali a forma di piccole piramidi con tre piattaforme e una rampa di accesso, davanti a una piazza di forma rettangolare. Si costruiscono anche le prime fortezze sui fianchi di alcune colline. Nel periodo tardo della cultura diaguita (900-1550) si perde il simbolismo del felino e si mantengono invece l’uccello e il serpente (talvolta a forma di S con una testa a ogni estremita, di cui non conosciamo il significato) e si aggiungono, nella simbologia, il rospo, lo struzzo e la figura umana oltre a vari motivi geometrici. Una forte credenza nell’aldila si manifesta nella inumazione dei bambini in urne di misura media 0 grande, decorate con pitture ispirate specialmente a quella simbologia. In questo periodo sorgono villaggi con una concentrazione maggiore di abitanti, che in alcuni casi sono situati in luoghi alti e fortificati (pucard). Si pensa che ogni valle importante formasse una «signoria» retta da un cacicco principale; vale a dire che la conduzione sociale non fosse pit in mani sciamanico-sacerdotali, ma politico-militari. L’influenza dei sacerdoti sarebbe stata ridotta alla sfera rituale, psicoprotettiva e medicinale. I dati etnico-storici sulla religiosita dei popoli del nordovest argentino sono scarsi e per di pid é difficile distinguerli dagli elementi derivati dall’influenza incaica alla quale questi popoli furono sottoposti all’incirca fra il 1475 ¢ il 1532. Secondo p. Lozano essi adoravano il tuono e il lampo, ai quali avevano dedicato «alcune piccole case ai cui muri circolari interni inchiodavano dei rami spruzzati col sangue di carneros de la tierra [lama], che poi rivestivano con piumaggi di vari colori». Egli afferma anche che essi rendevano il loro culto in questi luoghi ad «altri idoli che chiamavano caylles, di cui elaboravano le immagini in lamine di rame», che porta-
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vano con sé e collocavano nei seminati, nelle abitazioni o in altri luoghi che volevano proteggere da epidemie o disgrazie. I luoghi 0 edifici destinati al culto erano chiamati zupca, che secondo Lozano significa «luogo di sacrifici». I racconti dei missionari parlano spesso dell’esistenza di queste case o mochaderos, con numerosi rametti piumati, destinati secondo loro a gozzoviglie e sacrifici. Questi ambienti erano situati in luoghi isolati, affidati a stregoni-sciamani, che i missionari solevano chiamare «padri della menzogna», perché dicevano di parlare con le loro divinita e di essere i loro messaggeri®. Quelli che gli spagnoli chiamano borracheras (luoghi di ubriacature) erano in realta sessioni di pratiche sciamaniche con assunzione di allucinogeni. Nel nordovest argentino e nelle zone vicine si ottenevano in due modi principali: mediante pipe da fumare o inalando la polvere ottenuta macinando il vegetale usato. Quello usato pili spesso era il cebil (anadenanthera), un albero gommifero che cresce sui versanti pit: orientali dei monti andini. Si usavano tavolette di legno, a volte artisticamente intagliate, o di pietra, e un tubo inalatore’. Come la maggior parte dei popoli andini, i diaguitas vene© Citazione presa da A. Serrano, Los aborigenes argentinos. Sintesis etnografica, Editorial Nova, Buenos Aires 1947, pp. 37-38. 7 Di un altro gruppo andino meridionale, gli huarpes della provincia di Mendoza e di San Juan, ci viene data la descrizione — forse deformata — di una forma tardiva della cerimonia di trasformazione felinica che caratterizzO in epoche e luoghi diversi lo sciamanesimo americano. Un missionario gesuita riferisce intorno al 1625 quanto segue: «Gli indios in mezzo ai quali sono vissuto si invitano reciprocamente a baccanali ai quali accorrono da vari villaggi. Il cacicco del villaggio nel quale si celebra il banchetto costruisce con la paglia una capanna rotonda che ha alcune aperture. Gli uomini ballano e bevono per tre o quattro giorni senza dormire. Le donne stanno fuori, ed entrano solo con la testa voltata e gli occhi chiusi per dare vino ai loro mariti; se non fanno attenzione e li vedono, sono condannate a morte. Per giustificare questa crudelta dicono che se le loro mogli li guardano mentre si divertono con danze e banchetti, il diavolo li uccide. Alle loro orge assiste it demonio, la cui bestia infernale chiamano in questo modo: un anziano attorniato da ballerine suona il tamburo fino a che appare Satana in forma di uomo, di volpe o di cane, con grandi ululati e non disdegna di bere; poi rivolge un discorso ai convenuti: i bambini presentati dai loro padri li graffia con gli artigli e, facendoli sanguinare, li inizia a riti nefandi» (cit. da A. Serrano, op. cit., pp. 157-158). Cid che gli spagnoli ritenevano ubriacature causate dal vino erano, come abbiamo gia detto, pratiche sciamaniche con assunzione di preparati allucinogeni in forma liquida. Commenta l’autore, che questa cerimonia destinata, sembra, all’iniziazione di giovani maschi, ricorda quelle fatte dai cacciatori meridionali, onas e ydmanas della Terra del Fuoco.
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ravano la Pacha-Mama, un’antica divinita tellurica equivalente alla Grande Madre asiatico-mediterranea. Fecondatrice di piante e animali, ancora oggi, sugli altipiani, essa «viene implorata perché dia fertilita ai campi, buon viaggio ai viandanti, buon parto alle donne, felicita in tutte le imprese. II suo culto é il sacrificio di sangue e l’offerta del primo frutto della raccolta, del primo boccone o del primo sorso quando si mangia o si beve»®. Come la maggior parte dei popoli «formativi» (agro-ceramisti preurbani) d’America, anche i diaguitas facevano statuette di ceramica (e in qualche caso «idoli» di pietra) che probabilmente avevano qualche relazione con quel grande archetipo femminile.
III. CULTURE TEMPLARI ANTICHE 1. Pert (circa 2200-300 a. C.) Grazie alle eccezionali condizioni di conservazione nell’ arida frangia costiera, sappiamo qualcosa del processo di rinnovamento e dello sviluppo culturale che si svolse nei secoli che vanno dal «periodo preceramico cotoniero» ai primi tre o quattro secoli del «periodo ceramico iniziale». La regione della costa centro-settentrionale del Peri, da Las Haldas a nord fino alla localita di Asia a sud di Lima, appare come il nucleo originario di vari elementi tipici dei periodi successivi sebbene alcuni compaiano anche nelle terre alte del nord. Si tratta di templi e di piattaforme piramidali, costruzioni diversificate di pietra, mattoni e fango, corredi funerari, sepolture multiple in cui si sacrificavano alcuni individui per accompagnare nel suo viaggio all’aldila qualche persona importante. Le prime costruzioni templari del settore centrale della costa sono quelle di Rio Seco e di Chuquitanta (fra il 2000 e il 1800 circa a. C.), quest’ultima con vari ampliamenti nei secoli seguenti. Qui tuttavia la popolazione era meno densa che al nord. Questo fa pensare che per la sua costruzione e il suo mantenimento collaborassero persone che vivevano in luoghi vicini. C’era gia un sistema comunitario organizzato e una divisione gerarchica del lavoro. Come nel Mesoamerica e in altre parti del mondo, la costruzione dei primi templi implica
8 A. Serrano, op. cit., p. 41.
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l’esistenza di una incipiente casta sacerdotale che dirigeva la vita sociale. La tendenza alla monumentalita e alla complessita dei centri cerimoniali continua durante i secoli del periodo ceramico iniziale o «formativo precoce». Cid indica che i gruppi sacerdotali acquistano sempre pid prestigio e potere. I villaggi si estendono in gran parte nell’area andina centrale; strutture templari compaiono sulla costa settentrionale e nelle alte valli andine e ne vengono ingrandite alcune della costa centrale, come Las Haldas e La Florida alla periferia dell’attuale citta di Lima. Si tratta in questo caso di una grande piramide con scalini, non fatta di mattoni, secondo lo stile della costa, ma di pietre sostenute con malta di stucco (fango e gesso). Ai loro piedi c’erano altre costruzioni e altri cortili. Rappresentava senza dubbio il punto focale per le comunita dei villaggi dispersi lungo il fiume Rimac. Alcune strutture furono abbandonate, come quelle del Rio Seco, e altre nuove ne sorsero, come una con piattaforme sovrapposte lungo una falda costiera ad Ancon. In altri casi si approfittava della parte superiore di una collina o di un’altura per fare costruzioni e grandi spianate allineate, come avviene a Las Haldas (una localita situata a sud della valle di Casma), dove inoltre si aggiunse una strana bassa struttura di forma ovale. Questo complesso per cerimoniali misura circa 650 m. per 200, senza contare un lungo accesso su terrapieno. L’ubicazione di questo complesso (su un promontorio roccioso che si estende verso il mare), fa pensare a un culto antico alla «Mama-Cocha», I’acqua primordiale materializzata nell’oceano e anche in alcuni laghi, specialmente il Titicaca, culto ancora esistente all’epoca della conquista. La morfologia e l’evoluzione dei nuclei templari non fu uniforme, e questo indica che c’erano tradizioni ideologico-rituali divergenti. Per quanto riguarda la zona costiera sono stati individuati due tipi di costruzioni: una a guisa di piattaforma pit o meno alta, con un cortile a livello inferiore (circolare o rettangolare) davanti a un altro, pit frequente, a forma di U, consistente in due o tre piattaforme sovrapposte, con cortile frontale delimitato da due ali o piattaforme laterali, la cui apertura generalmente guarda verso est o nordest, cioé verso la cordigliera, da cui viene l’acqua che da vita alle valli. Nelle zone interne invece esiste un altro gruppo comprendente cinque spazi, su livelli diversi. In questo gruppo é compreso il centro di Kotosh. La caratteristica fondamentale di questo tipo di costruzioni é costituita da una stanza rettan-
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golare con un piano a due livelli: il pit basso, anch’esso rettangolare, si trova nel centro e ha funzione di focolare o fuoco rituale, nel quale si bruciavano offerte diverse. Questo gruppo é considerato rappresentativo di una «tradizione religiosa Kotosh», con il culto igneo come manifestazione principale reperibile archeologicamente. Rappresenterebbe una polarita rispetto al culto acquatico che caratterizza la tradizione religiosa della costa. Un nuovo passo nell’evoluzione socioreligiosa del Peri é rappresentato dalla costruzione, intorno al 1400 a. C., nel centro di Sechin Alto nella valle di Casma, di una piattaforma di terra rivestita di pietre, lunga circa 300 m. per 250 di larghezza e circa 40 di altezza. Su di essa fu edificato un centro cerimoniale con pianta a U orientato verso nordest, cioé una versione pit. grande e complessa delle strutture gid conosciute in vari centri della costa peruviana fra il VII secolo e il XII. Mezzo secolo pit tardi, un altro nucleo fu edificato alla base del Cerro Sechin, a circa 1.500 m. a sud di Sechin Alto. Consiste in un edificio rettangolare con diverse suddivisioni, in cui sono state identificate quattro fasi di costruzione con pareti di mattoni. Ai due lati della scalinata a nord c’erano, uno per ogni lato, dei pesci incisi e dipinti di 3 metri e 70 di lunghezza. All’interno c’erano altre figurazioni, ma queste sono molto rovinate. In una fase di ampliamento, intorno al 1300 a. C., viene costruita la «piattaforma delle Stele Incise», una strana serie di incisioni su lastre di pietra grandi e piccole, addossate al muro esterno, sulle quali si alternavano figure di guerrieri armati di mazze, con decorazioni di teste con gli occhi chiusi, corpi sezionati e qualcos’altro che sembra essere ossa e visceri. Alcuni lo interpretano come la commemorazione di un’invasione cruenta di gente venuta dalla sierra; altri — pit felicemente — lo collegano con l’inaugurazione di
un’importante estensione dei lavori agricoli nella valle e con i
conseguenti riti di fertilita che comprendevano sacrifici umani. In ogni caso questo lungo fregio che apparentemente continuava lungo le pareti laterali era destinato a «ispirare terrore» (ai non iniziati?), inaugurando cosi l’arte litica monumentale andina segnata da questo elemento. Notiamo poi che ci furono almeno mille anni di architettura cerimoniale in zone della costa e dell’interno peruviano prima che sorgesse la famosa struttura di Chavin. Questa poi non si caratterizza come un’improwvisa apparizione di origine sconosciuta e come centro unico del primo grande stile artistico andino (come fino a due o tre decenni fa si credeva), ma
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come un centro tardivo che raccoglie, elabora e amplia molte esperienze precedenti; come una sintesi brillante che sviluppa in un senso immaginativo e profondo, in forma monumentale e altamente barocca, idee e pratiche di origine sciamanica che cominciarono a essere elaborate gia nel tardo periodo preceramico. Chavin de Hudntar, a circa 3.000 metri nelle Ande del Pert centro-settentrionale, sovrasta un’antica via di comunicazione tra la costa, l’alta valle chiamata Callejon de Huaylas e la valle del fiume Marafion, che a sua volta costituisce l’inizio della regione boscosa amazzonica. Verso l’anno 900 a. C., un gruppo umano sconosciuto costrui con pietre tratte dai colli vicini un tempio a forma di U, con l’apertura verso oriente. La sua larghezza, se si include la base delle ali laterali, superavai 100 metri e costituiva cosi la prima struttura di dimensioni monumentali nella sierra peruviana. Di fronte c’era un «cortile a livello inferiore» di forma circolare. Due secoli pili tardi, consolidato il potere di questo gruppo sacerdotale, sembra che sia stato creato un protostato, cosi che Chavin divenne una citta aperta (cioé un centro cerimoniale e amministrativo con villaggi di artigiani, commercianti e contadini tutt’intorno). Ne ¢ espressione un importante ampliamento del tempio verso sud, che !o trasformd in quello che gli spagnoli chiamarono il «Castello» e che gli archeologi hanno chiamato il «Tempio Recente».
Il monumento principale del tempio antico ¢ un gran monolito incastrato nell’intersezione di due gallerie, chiamato per la sua forma «El Lanzén» (antica lancia). Si tratta di un’impressionante figura antropomorfa scolpita in un blocco di granito lungo 4 metri e 60, una specie di colonna o menhir (huanca in terminologia aborigena), la cui punta fu interrata in un buco lasciato nel pavimento e il cui prolungamento superiore sostiene il tetto della galleria. La testa del personaggio, di forma approssimativamente quadrata, é umana nei suoi contorni generali; la bocca ha gli angoli rivolti all’insi, e questo produce l’effetto di una «deita sorridente»; questo effetto € contrastato da due lunghi denti canini diretti dall’alto al basso. Intorno agli occhi, due vipere sottolineano i sopraccigli, e anche i capelli sono serpentiformi. Dagli orecchi pendono orecchini circolari. A ogni lato sono disegnati un braccio e un piede, a cinque dita, con unghie che sono a meta strada fra quelle umane e gli artigli degli uccelli e dei felini. Qui si osserva l’unica asimmetria esistente fra i due lati: il braccio destro é volto verso l’alto e quello sinistro verso il basso.
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L’interpretazione di questa figura non é facile. Ci sono casi analoghi in cui essa rappresenta una divinita. Come nel preclassico americano, qui e nelle altre manifestazioni dell’ arte Chavin, abbiamo una triade: rapace (il cui modello sarebbe Vaquila rapace della zona selvatica), felino (il giaguaro, anch’esso della zona boscosa), serpente (delle zone tropicali in generale), separati o associati alla figura umana. Sarebbe un _ grande simbolo cosmico-naturale-umano, ma con caratteristi' che, per il nostro gusto, mostruose. Tenendo conto della sua ubicazione, all’incrocio delle due gallerie del fondo del tempio antico, possiamo supporre che si trattasse dell’immagine che dovevano affrontare i sacerdoti nella tappa finale del loro processo di iniziazione. Non conosciamo nei dettagli i riti e le idee religiose della cultura Chavin, ma gli indizi archeologici e comparativi indicano che il simbolismo del felino vi ebbe un ruolo importante. Questo ha potuto essere studiato in epoca moderna fra etnie come i tukano dell’ Amazzonia colombiana’? e si sono verificati alcuni interessanti parallelismi in questo senso. Lo stregone o sciamano tukano, quando ingerisce la droga chiamata yajé o la inala come fosse tabacco, pud «trasformarsi» in giaguaro e cosi acquisire poteri superiori al normale. E probabile che qualcosa di simile succedesse per i sacerdoti chavinesi, ma in un contesto molto pili complesso. Altre due culture andine con importante arte megalitica, posteriori a Chavin (San Agustin in Colombia e Tiahuanaco nell’altopiano boliviano) presentano anch’esse il motivo del felino associato all’uomo; a questo si aggiunge come ultimo anello verso il sud, la gia commentata cultura di La Aguada nel nordovest argentino, la cui arte ceramica, litica e rupestre ha una diretta origine sciamanica. E certo comunque che nel complesso culturale Chavin sono contenute alcune delle credenze basilari caratterizzanti il grande «orizzonte formativo» dell’ America Nucleare, che costituisce la base delle sue due grandi civilta, che nelle loro fasi classiche hanno inizio nei primi anni della nostra era. 2. Mesoamerica
(circa 1300 a. C. - anno 0)
Quando verso la meta del XIII secolo a. C. un gruppo umano comincid a spianare una terrazza di circa 1.200 metri di lunghezza nelle vicinanze dell’abitato di San Lorenzo, si 9G. Reichel - Dolmatoff, EJ Chamdn y el Jaguar. Estudio de las drogas narcéticas entre los indios de Colombia, Siglo XXI, México 1978.
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gettavano le basi della cultura olmeca e con questo della civilta mesoamericana. Questa struttura si trova nella zona umida e selvaggia del sudest dello stato messicano di Vera Cruz, ai piedi di una zona di vulcani spenti denominata «los Tuxtlas». Sul terrapieno artificiale furono costruite colline e piattaforme distribuite lungo un asse nord-sud, con cortili rettangolari, canali sotterranei e lagune artificiali. Nell’arco di 300 anni, una élite di origine sconosciuta, con caratteristiche sacerdotali, riusci a concentrare e a dirigere gli aborigeni della zona per i lavori di trasporto e di lavorazione di rocce per altari, cippi e le prime grandi teste alte pit di 2 metri e pesanti fino a 2 tonnellate. A quest’arte monumentale si aggiungono le statuette e gli strumenti fatti di serpentina, selce, ossidiana, ecc. la cui materia prima veniva presa all’interno del paese e i cui prodotti finiti erano a loro volta trasportati in localita come Tlatilco e altrove nel Messico centrale. Qui nasce il primo grande stile di arte mesoamericana basata a sua volta sul primo grande culto religioso il cui simbolo principale é il felino, e pit specificamente il giaguaro. Si ripete il processo di cui abbiamo parlato per la cultura di Chavin, comprese le chiare reminiscenze sciamaniche. Il processo di «trasformazione felinica» € rappresentato dinamicamente da alcune figurine olmeche. L’altra fase di questa cultura é rappresentata dalla struttura di La Venta (a circa 100 km a nordest di San Lorenzo e pit. vicino al Golfo del Messico), che fiorisce tra il 900 e il 400 circa a. C. Anche La Venta é formata da una serie di «complessi rituali» con strutture di terra rettangolari, pil o meno allungate, e il tutto é coronato dalla pit antica «piramide» conosciuta in Mesoamerica. Si tratta di un grande cono tagliato, di 35 metri di altezza, sopra una piattaforma rettangolare, tutto di terra battuta. La sua superficie presenta dieci
dossi e dieci depressioni e simula le falde di un vulcano. A
nord della piramide si elevavano due lunghe colline fra le quali si trovava una piccola piattaforma. Le cerimonie dovevano svolgersi all’interno di due piazze rettangolari circondate da colonne di basalto incassate in basi di mattoni. In questo complesso, come in un altro situato pit a sud, c’erano numerosi monumenti scolpiti in basalto portato da lontano: stele, altari, varie sculture, comprese le teste colossali, il cui significato non é ancora chiaro. In vari luoghi sono state rinvenute offerte di statuine e altri elementi. Sono interessanti anche tre mosaici di serpentina verde, collocati sul pavimento. Guardandoli dall’alto si riconosce una grande figura stilizzata di giaguaro.
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In generale la cultura preistorica olmeca viene considerata la base principale della civilta maya. La somiglianza dell’ambiente ecologico (selva umida), la probabile appartenenza della lingua olmeca alla famiglia linguistica maya, l’importanza particolare della sua attivita rituale manifestata dalle «citta aperte», il simbolismo del giaguaro che, sebbene attenuato, continua a esistere fra i maya; particolari artistici come |’esistenza di stele e di altari monolitici decorati con scene, statue di personaggi che sembrano uscire da nicchie, nascondigli che contengono offerte di giada, l’uso del cinabro nelle sepolture, e soprattutto il fatto di essere gli inventori del sistema di numerazione e del calendario (nella fase di Tres Zapotes) usato poi dai maya, sono tutti aspetti che fanno pensare all’esistenza di una connessione genetica. D’altra parte, le influenze olmeche nel Messico centrale significarono a loro volta un impulso importante per la nascita di centri rituali come quelli di Totimehuacan a Puebla, Tlapacoya e Cuicuilco vicino alla capitale odierna e poi, nei primi anni della nostra era, della prima grande citta pianificata dell’ America: Teotihuacan.
IV. IDEE E PRATICHE RELIGIOSE DELLE ALTE CULTURE STATALI 1. Centroamerica (anno 0 - 1521 d. C.) a) Area maya Il periodo di splendore di questa civilta, che corrisponde al maya classico, fra il 300 e il 900, si manifesta soprattutto nelle citta-stato delle terre basse di Chiapas e del Petén guatemalteco (Palenque, Tikal e Uaxactin, Copan e Quirigua, ecc.). Il loro governo era nelle mani di una casta sacerdotale che comandava in nome e per ispirazione delle divinita. Alla sua testa c’era il Halach Uinic («il Vero Uomo»); la sua carica era ereditaria, anche se si conoscono casi di cambiamenti di dinastia. Questo sistema era rispettato dalle classi inferiori (artigiani, commercianti, contadini), ma anche i gruppi dirigenti di citta diverse si rispettavano reciprocamente, dato che in generale non c’era guerra fra loro. Anche se esistevano guerrieri (le cui armi erano di legno e di pietra, dato che, come a Teotihuacdn, durante il periodo maya classico, non si conosceva ancora la metallurgia), la loro principale attivita
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sembra essere stata quella di vigilare sull’ordine e di respingere attacchi nel settore occidentale del territorio. Questo sarebbe il caso delle interessanti pitture di Bonampak, in Chiapas. La societa era dunque fortemente stratificata. Una serie di fattori ancora in fase di studio (oscillazione climatica? impoverimento del suolo per un aumento smisurato dei lavori agricoli?) si coniugarono con una probabile decadenza intellettuale e morale della classe dirigente maya che alla fine cred uno stato di ribellione (una specie di «disobbedienza civile») della popolazione contadina e artigiana che ebbe come conseguenza |’interruzione dei lavori di costruzione e il successivo abbandono dei grandi centri rituali della regione delle terre basse del sud. L’ultima data che noi conosciamo si trova su una stele di Uaxactun e corrisponde all’anno 889. In questo periodo ci fu una specie di rinascita culturale, che ebbe il suo centro nelle citta della penisola dello Yucatan,
10 Visto dalla nostra ottica secolarizzata, si potrebbe dire che qui «la religione fu lo strumento principale per sottomettere le culture sviluppate dell’epoca pre-cortesiana. In generale, la religione é sempre stata un elemento di dominio che si presenta nel quadro della separazione fra lavoro manuale e lavoro intellettuale. E molto probabile che nell’organizzazione sociale maya, coloro che erano incaricati dell’arte, della religione e della politica abbiano collaborato molto da vicino per istituire un sistema omogeneo di simboli di potere. La legge, l’arte e la letteratura agirono congiuntamente come una gamma di conoscenze, oggetti e massime inappellabili, intrasformabili e insuperabili. Si deve supporre che gli strati inferiori della popolazione (quelli dediti al lavoro manuale) rimanessero soggiogati di fronte al potere monolitico che si presentava loro attraverso queste manifestazioni sovrastrutturali. Da un lato la persona veniva annullata, ma dall’altro si sentiva integrata come parte — anche se inferiore — di questa totalita cosmica, i cui segreti potevano essere decifrati solo da quei signori della nobilta. Si giustificava cosi il fatto che alcuni detenessero il potere, poiché sembrava che soltanto loro fossero gli eletti per custodire il rapporto tra il gruppo ufficiale e gli déi. Non é strano allora che il messaggio sia sempre quello della sottomissione di fronte a uno o vari déi. In ultima analisi, implicava la sottomissione di fronte al lavoro e di fronte al gruppo sociale che vegliava sugli interessi degli déi su questa terra» (D. Schavelzon e J. Zatz, El derecho y los mecanismos de justificacidn ideoldgica del poder. Cfr. Bibliografia, p. 117). Da parte nostra diremo che in realta l’americano delle culture «classiche» — tanto nel Centroamerica quanto nel Peru — si sentiva ancora immerso in un ordine cosmico-umano, in un ritmo armonico dell’ universo i cui rappresentanti e interpreti erano i sacerdoti. Pertanto non doveva sentire come un peso ingiusto questa dominazione finché quelli avessero conservato la «scintilla divina», finché non si fosse indebolita la loro sapienza. Abbiamo gia visto che periodicamente si producevano crisi di questo tipo.
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anche se impregnata di influenze tolteche soprattutto in Chichén Itza. Del resto, bisogna distinguere la religiosita popolare (quella che in qualche modo soprawvisse nel folklore) da quella «ufficiale» delle classi alte, che si riflette nell’architettura e nelle arti associate. D’altra parte, qui come nella maggior parte delle alte culture antiche, americane e anche asiatiche, ci dovette essere un culto esterno, rituale, ricco di simbolismo, associato alle feste, al calendario, ai cicli agricoli, ecc., e un altro esoterico, con pratiche di iniziazione alle quali dovevano sottoporsi i principali sacerdoti e |’Halach Uinic di ogni citta. Le piramidi a gradini rappresentavano una forma simbolica di avvicinamento al cielo, cioé al mondo cosmico. Si pud supporre che I’antica religione maya fosse fondamentalmente astrale, senza escludere una controparte naturalistica o terrestre. Di qui l’importanza dell’astronomia e del computo del tempo. Un altro aspetto era la cosmogonia, che sopravvisse in resoconti tardivi come il Popol Vuh. Alla base c’era l’idea che ci fossero state quattro eta anteriori a quella che si stava vivendo, ognuna terminante con un grande cataclisma ordinato dagli déi scontenti delle imperfezioni della loro creazione precedente. Solo dopo aver messo da parte gli esseri precedenti (trasformati in scimmie, ecc.) pud finalmente nascere l’uomo attuale, che ha la missione di invocare e servire gli déi (e anche di «alimentarli» mediante offerte diverse, compreso il sangue). Ma anche la creazione attuale puo essere annientata; da qui le liturgie speciali che si svolgevano all’inizio di ogni anno e alla fine di ogni ciclo di calendario che ammontava a cinquantadue anni, per cercare di impedire questo annientamento. Questa idea fini col diventare un’ossessione e contribui a fomentare la pratica dei sacrifici umani (che ebbero origine fra i toltechi e furono adottati dai maya sotto la loro influenza). La loro cosmovisione comprendeva un universo formato da tredici cieli sovrapposti, chiamati Oxlahuntiku; la nostra terra costituiva il cielo inferiore; sotto la terra si scaglionavano nuovi mondi sotterranei chiamati Bolontiku; il pit profondo di questi mondi apparteneva al Signore della morte. Ognuno di questi mondi, come ogni fenomeno della natura e i giorni (kin), gli uinal (mese di venti giorni), i kattin (periodo di venti anni, alla fine dei quali si soleva erigere una stele commemorativa) aveva il suo dio. Il pantheon maya era vasto e complesso e per il resto, come fra gli aztechi, esisteva in molti casi un dualismo: divinita come quella della pioggia,
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del tuono e del lampo, avevano un carattere benefico e si opponevano a una serie di déi malefici. Il creatore del mondo era Hunab; suo figlio Itzamnd, signore dei cieli, della notte e del giorno, era anche I’eroe civilizzatore, poiché aveva dato ai maya la scrittura e il calendario; veniva invocato nei riti di propiziazione dell’anno nuovo al fine di evitare disastri pubblici. Il suo culto era spesso associato a quello di Kinch Ahau, dio del sole. Chaak, dio della pioggia, svolgeva una funzione importante riguardo al clima, specialmente nello Yucatan che manca di fiumi. In generale veniva rappresentato con un gran naso, tanto nei codici scritti come
nelle
sculture.
Era
associato
a Kukulkdn,
il Serpente
Piumato, che in una delle sue manifestazioni era il dio del vento. Il dio del mais o dio dell’agricoltura era rappresentato con i tratti di un uomo giovane portatore di una spiga di mais. Il dio della morte si chiamava Ah Puch; come testa aveva un cranio scarnificato e portava una grande quantita di sonagli. In quanto divinita malefica era legato al dio della guerra, Ek Chuah. Tutti questi déi erano oggetto di un culto molto complesso il cui rituale era strettamente osservato. Le cerimonie erano precedute da digiuni o da severe astinenze. I sacrifici avevano una parte importante: uno di essi consisteva nel far zampillare il proprio sangue perforandosi il lobo dell’orecchio o la lingua con un sottile coltello di selce o una spina di pesce. I sacrifici documentati, riguardanti il periodo classico, sono quasi sempre pacifici; offerte di cibo, di animali o di oggetti preziosi. Pili tardi appaiono, soprattutto nello Yucatan, le rappresentazioni di sacrifici umani (per esempio nel Tempio dei Giaguari associati al «Gioco della palla» e nel tempio dei Guerrieri a Chichén Itza). Nella fase posteriore della cultura maya, chiamata di «assorbimento messicano», si produsse un altro declino culturale. Ci furono alleanze e guerre fra le principali citta dello Yucatan (Chichén Itz4, Uxmal e Mayapan) che contribuirono alla sua decadenza e al parziale spopolamento. Quando i primi spagnoli passarono attraverso l’area maya (1524-1527) non
c’era un potere in grado di affrontarli, a differenza degli az-
techi nel Messico centrale, e gli spagnoli praticamente non capirono che li era esistita una civilta antica e splendida. Dei maya rimanevano i contadini e alcuni signori e sacerdoti che conservavano tradizioni riflesse nei codici o libri pittografici; qualcosa in comune con i mixtechi e gli aztechi. Gran parte di
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questi codici fini bruciata a causa della «ossessione antidiabolica» dei frati spagnoli; se ne conservarono solo tre dell’area maya e alcuni dell’area messicana centrale. b) Messico centrale Abbiamo gia visto che a partire dalle influenze olmeche ci fu, tanto nei dintorni del lago di Citta del Messico come nella valle di Oaxaca (Monte Alban), un processo per il quale si passa da una semplice societa che vive in villaggi a una gerarchizzazione crescente, che a sua volta porta alla formazione di societa teocratiche. I] luogo dove questo si cristallizzd con maggior forza é a circa 50 km. a nordest dell’attuale capitale messicana. Negli ultimi secoli prima dell’era cristiana i piccoli villaggi preesistenti erano integrati in cid che diventera il pit grande complesso simbolico-rituale mesoamericano, la «citta» (tollan) per antonomasia, eretta in omaggio alle divinita che per il loro sacrificio nel tempo primordiale diedero origine al mondo e all’uomo: Teotihuacdn. Si tratta di un luogo pianeggiante, delimitato a nord da alcuni rilievi. In tempi antichi un corso d’acqua aveva formato una galleria che andava da est a ovest. Questa comincid a essere usata a fini rituali, probabilmente di iniziazione. Fu forse l’esistenza di questo luogo sotterraneo a far si che vi venisse costruita sopra una piattaforma, alla fine della fase preclassica locale? Che cosa fece si che il sacerdote ottenesse tanto prestigio e potere da far progettare poi un centro di élite la cui estensione e magnificenza superasse le realizzazioni olmeche e quelle delle altre popolazioni del Messico centrale? E certo comunque che verso |’anno zero della nostra éra o poco prima viene iniziata la costruzione (sopra la galleria e la piattaforma rituale citata) della cosiddetta Piramide del Sole, di 68 m. di altezza e circa 225 di base; per far questo erano necessarie non solo conoscenze matematiche e architettoniche, ma anche una forza lavoro grande e bene organizzata. Come fu possibile ottenere questo risultato, dal momento che non esisteva ancora (per quanto ne sappiamo) un’organizzazione statale consolidata, con alla testa un re divino, come nel caso dell’antico impero egizio? Forse per questo il tempo di costruzione fu pit lento di quello delle piramidi egiziane, poiché si pensa sia durato pit di cento anni. A meta del periodo chiamato protoclassico (circa 0 - 300 d. C.) si costruisce quella che le € complementare, la Piramide della Luna e, alla fine di questo periodo, il grande complesso chiamato «La Cittadella», costruita come la prima piramide sul lato orientale di
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quella che gli aztechi chiamavano «la strada dei morti» (perché credevano che le rovine di templi e palazzi situati ai due lati fossero tombe). All’interno del recinto della Cittadella c’era la piramide che, essendo decorata con rappresentazioni del Serpente Piumato, é stata chiamata «di Quetzalcodatl». Nel VII secolo avviene la caduta di questa grande citta-stato teocratico. Diverse sono le cause che vi contribuirono: inaridimento del clima, perdita del prestigio e del potere della classe dirigente, penetrazione a volte violenta di trib. barbare del nord. Tuttavia, la loro cultura si propagd ad altri centri come Atzcapotzalco, Xochicalco e Cholula, la cui alta piramide ispirata a quelle del Sole e della Luna continud per molto tempo a essere un attivo centro religioso. La chiesa costruita sulla sua sommita in tempi coloniali riflette una continuita cultuale, frequente nell’ambito americano; si sostituisce una religione con un’altra, ma il /uogo sacro rimane. L’espansione della cultura teotihuacana, a causa del commercio e delle fattorie situate in luoghi talvolta lontani, significd una prima unificazione politico-culturale della regione sul piano della «civilta» (nel senso di cultura urbana). Senza di essa non ci sarebbe stato un regno tolteco né in seguito un impero azteco. Furono tutti eredi pit o meno diretti di Teotihuacan. Quanto abbiamo detto vale soprattutto per i concetti mitico-religiosi. Il prestigio della classe sacerdotale teotihuacana durd attraverso i secoli e si riflette nel fatto che sono considerati «giganti» coloro che costruirono le due grandi piramidi (gia in rovina all’epoca della conquista), in un’epoca anteriore alla nascita del Quinto Sole che attualmente illumina i mortali. Fu a Teotihuacan che gli déi si riunirono per dare origine a questa nuova éra dopo un’éra di oscurita; fu li che, capeggiati da Nanahuatzin, il «pustoloso» (che si gettd nel fuoco e diventd il Sole), crearono il mondo attuale e l’uomo mediante il loro sacrificio. Il nome di Teotihuacan significa «citta degli déi», ma ha anche un’altra accezione: «citta nella quale gli uomini diventano déi». La tradizione aborigena diceva che in quelle che si ritenevano tombe ai lati della «Strada dei morti» erano stati sepolti antichi re e signori il cui spirito era salito al mondo divino. Secondo noi questo pud riflettere l’importanza che nella cultura teotihuacana (come certamente nella cultura olmeca che la precedette) ebbero i riti di iniziazione. Ricordiamo a questo riguardo la galleria situata sotto la Piramide del Sole. Nelle esperienze di questo tipo ebbero origine i miti e le ceri-
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monie poi ereditate dai gruppi mesoamericani posteriori. Li vediamo figure come Huehuetéotl, il vecchio dio del fuoco; Xipe-Tétec, «Nostro Signore lo Scuoiato», che simboleggia il rinnovamento annuale della vegetazione; divinita cosmiche (il Sole e la Luna, cui sarebbero state consacrate le piramidi) e una dualita manifestata nella piramide della Cittadella; Quetzalcéatl («Serpente Piumato») e Tlaloc (dio della pioggia, cioé dell’acqua fertilizzante). Non sappiamo se gia esistesse l’identificazione di Quetzalcodatl con un personaggio storico o mitico, come fu a partire dal periodo tolteco; ma é probabile che gia per i teotihuacani fosse il dio civilizzatore di cui ci parlano le tradizioni posteriori. Se la Cittadella ebbe tra le sue funzioni quella di palazzo reale (come alcuni pensano), potrebbe esserci stato un culto ufficiale per Quetzalcdéatl, come dio tutelare della citta e ispiratore dei suoi governanti. «Concepito come |’eterna dualita delle cose, la vita e la morte, é il serpente che dalla terra, il luogo dove ha sede la vita, cerca di raggiungere il cielo sotto forma di uccello; é il sole che muore quando si fa tardi ed é la stella Venere, che porta il sole a spalle, quella che annunzia il ritorno alla vita. Le divinita di questo periodo faranno parte del pantheon tolteco e di conseguenza di quello azteco. La filosofia della vita che vi sta dietro (unione dei contrari, morte come trasformazione e seme di nuova vita, ecc.) perdurd fino a conquista ispanica molto avanzata e contribui a dare lunita della “toltechita” caratteristica del Messico, le cui basi si trovano a Teotihuacan»!!, L’incendio degli edifici principali di Teotihuacan fu il primo anello di una catena di sventure che toccarono tutti i gruppi culturali mesoamericani fra |’ VIII e il IX secolo. Sorgono e si ingrandiscono nuove citta come le gia menzionate Cholula e Xochicalco, che veneravano Quetzalcéatl; poco pit tardi sara Tula (circa 40 km a nord dell’attuale Citta del Messico), a essere costituita capitale di un regno importante. Da questo momento possediamo gia tradizioni che menzionano un pio sacerdote del X secolo chiamato Topiltzin Quetzalcdatl (del quale é detto che fu espulso dalla citta dai suoi nemici). Tula cade per gli assalti di nuovi gruppi «barbari» (chichimecas) giunti dal nord; ma un considerevole gruppo di toltechi si trasferisce nello Yucatan e, come abbiamo visto, da nuova vita alla citta di Chichén-Itza. Diverse signorie si di'! Q, Silva, Prehistoria de América, Editorial Universitaria, Santiago
de Chile 1983°, p. 96.
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sputano il potere; fra queste un nuovo gruppo immigrato dal suo mitico luogo di origine chiamato Aztlan: si tratta dei mexicas, meglio conosciuti come aztechi, che nel XIV secolo fondano Tenochtitlan in un’isola del lago di Citta del Messico. Acculturati,
si considerano
eredi dei toltechi. La loro reli-
gione accentuera qualcosa che gia esisteva nelle culture precedenti: i sacrifici umani, per alimentare col prezioso sangue umano gli déi e in modo speciale il sole, e compensare in certo qual modo il suo sacrificio che diede vita agli uomini. Per questo si fece ricorso a guerre vittoriose al fine di ottenere prigionieri. Questo significhera il predominio del guerriero solare Huitzilopochtli sul pacifico e sofferente Quetzalcdéatl. Tuttavia rimarra qualcosa della sapienza di quest’ultimo, che dopo la conquista si amalgamera (con alti e bassi e in modo pil o meno sincretistico) col cristianesimo ispanico. Cosi termina la trimillenaria tradizione mesoamericana!?, 2. Area andina centrale (Pert e nordovest della Bolivia: anno 0 - 1532) a) Culture preincaiche Alla fine dell’era precristiana le culture derivate da Chavin cedono il passo a varie brillanti sottocivilta regionali. I loro stili artistici,
riflessi soprattutto
nella ceramica,
ma
anche
in
altri materiali come i tessili, sono marcatamente tipici. Sebbene l’architettura continui a essere soprattutto religiosa e funeraria, tutto indica che si sono formati veri stati governati da una casta sacerdotale guerriera. Per sette o otto secoli questi
12 Data l’impossibilita di riassumere la complessa mitologia, le pratiche
rituali e l’organizzazione sacerdotale azteca, rimandiamo alle pubblicazioni sull’argomento. Fra le altre ci sembra abbiano particolare validita L. Sejourné, Pensamiento y religidn en el México antiguo, Fondo de Cultura
Econémica, México 1957; Id., E/ Universo de Quetzalcoéatl, Fondo de Cultura Econémica, México 1962; R. Pifia Chan, Quetzalcéatl, Serpiente Emplumada, Fondo de Cultura Econémica, México 1977; Y. Gonzalez Torres, El sacrificio humano entre los Méxicas, INAH e Fondo de Cultura
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illustrata, di E. Matos Moctezuma, Aztechi, Jaca Book(«Corpus Precolombiano»),
Milano
1989; Id., Teotihuacdn,
la metropoli degli Déi, Jaca
Book («Corpus Precolombiano»), Milano 1990.
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gruppi hanno una vita relativamente stabile, finché in modo abbastanza rapido decadono o si trasformano, rimanendo conglobati in misura maggiore 0 minore nel «secondo orizzonte panperuviano» che ha avuto origine a Tiahuanaco. Della loro religiosita concreta sappiamo molto poco, poiché ne abbiamo solo manifestazioni archeologiche indirette. Alcune sono notevoli, come le pratiche funerarie della cultura di Paracas (con il complesso simbolismo tessile delle loro «mummie» disseccate dal clima della costa meridionale), o i grandi geoglifi formati da lunghi solchi lineari che a volte si intrecciano, e anche uccelli e altri esseri, che sono rimasti incisi nella pampa di Nazca e attribuiti alla cultura di questo nome (testimonianze di un culto celeste?). L’edificio rituale pit importante della costa settentrionale del Peru si trova vicino all’attuale Trujillo: la «tomba del Sole», cui si aggiunge quella chiamata «tomba della Luna». Si tratta di grandi piattaforme costruite con blocchi di mattoni e corrispondono alla cultura mochica (famosa per i suoi «vasi con ritratti»). Un’altra grande civilta andina ha il suo periodo di esistenza fra il III e il XII secolo in un ambiente completamente diverso: l’altopiano intorno al lago Titicaca, a pit di 3.800 m. di altitudine. Dopo che per molti secoli si sono adattate al suo clima rigido e hanno sviluppato le loro possibilita economiche (coltivazioni a grande altitudine, allevamento di camelidi) le comunita dei villaggi vedono sorgere al loro interno una metropoli pianificata, conosciuta con il nome di Tiahuanaco. Di nuovo appaiono i sacerdoti-sciamani come promotori di questo processo. Questo luogo abbina il carattere cittadino di centro commerciale e manifatturiero con quello di luogo sacro dove, per ispirazione delle divinita, si ordina e si dirige la vita sociale. Come abbiamo visto a Chavin e in vari gruppi dell’America Centrale, una élite sacerdotale accumula prestigio e potere, riuscendo a esprimerlo con costruzioni monumentali e arti associate. Bisogna pensare che gli sciamani, portatori di attributi mitici, specialmente quelli del giaguaro, e dotati di poteri eccezionali, devono avere esercitato un’influenza considerevole sulla popolazione, specialmente attraverso i cosiddetti «riti di santificazione». Mediante l’intensa esperienza religiosa indotta da questi nelle loro cerimonie, la comunita vedeva riaffermate le sue pid profonde intuizioni e credenze. Tutto fa pensare che, quando gli interessi dei protosacerdoti e dei capi locali coincisero, i primi abbiano cominciato a fare «riti di santificazione» per dare parvenza di verita a questioni pid arbitrarie, come per esempio la trasmis-
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sione delle cariche autorevoli ai soli membri di certe famiglie della societa. In questo modo l’ideologia nata dai riti di iniziazione sciamanica sembra essere stata strumentale per i signori, poiché essa forni loro il fondamento religioso in modo che tra la comunita e i capi si interponesse una cupola dirigente virtualmente perpetua. Nella loro qualita di maestri o saggi della comunita, i sacerdoti-sciamani erano le uniche persone capaci di determinare il calendario dei riti e delle altre attivita associate all’agricoltura e all’allevamento dei camelidi. Essi «parlavano» con le colline, le sorgenti, le grotte, sicuramente anche con il sole e la luna, e in generale con le forze che governavano i fenomeni legati all’attivita produttiva. Soltanto loro potevano controllare la siccita, le gelate, le piogge torrenziali, le inondazioni. Non c’é dubbio che essi affiancarono i primi signori che organizzarono la popolazione dell’area di Tiahuanaco nel preparare la coltivazione delle terre annualmente inondate dallo straripamento dei fiumi. Questi e altri fattori costituirono passi verso l’istituzionalizzazione di Tiahuanaco come «luogo sacro» prima, come «centro del mondo» poi, e infine come
capitale di uno
stato teocratico,
dotata di monumentali
strutture architettoniche di pietra alla cui costruzione si lavord fra gli anni 200 e 700. Tra il VII e I’XI secolo ci fu un’espansione imperiale di questa cultura, che ebbe il suo centro politico nella citta di Huari (presso Ayacucho nel sud del Pert). Tiahuanaco sembra essere rimasta il centro economico e soprattutto rituale, visitato da pellegrini. In modo del tutto improvviso (e anche qui come in altri centri culturali e religiosi dell? America Centrale e delle Ande) essa decade durante il XII secolo e rimane praticamente abbandonata. Si indaga ancora sulle cause di questo processo. L’impero di Huari si frammenta in vari regni locali, uno dei quali ha sede a Cuzco. Questo sara il centro di una nuova e ultima espansione andina, rappresentata dall’impero incaico a partire dal 1438, che in pochi anni inglobera tutti questi regni (compreso il pil grande, quello di Chimu della costa settentrionale) al pari di altre regioni pit lontane come |’Ecuador e il nordest argentino. Ma l’arrivo delle truppe di Pizarro nel 1531 abbattera questo esempio notevole di organizzazione socio-economica che alcuni hanno denominato «pax incaica». Quando nel XVI secolo gli invasori spagnoli chiesero quale fosse l’origine dell’uomo andino, gli abitanti di Cuzco dissero che i primi uomini erano venuti dal paese dei collas, cioé
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dall’altopiano. Dalle acque del Titicaca era emerso prima il dio Con-Ticsi-Huira-Cocha. Questi fece uscire il sole e la luna e fece seccare alcuni popoli esistiti nell’éra precedente fino a trasformarli in pietre. A Tiahuanaco cred gli uomini attuali, dando vestiario e nome a ogni nazione. Quindi ordind loro di entrare nella terra e di tornare poi a uscirne in luoghi diversi per ripopolare cosi il mondo. Fra quegli uomini (continua la leggenda raccolta da qualche cronista) c’erano gli antenati dei monarchi inca, i quattro fratelli Ayar con le loro mogli. La leggenda «ufficializzata» diceva che erano usciti da una localita situata a circa 40 km. a sudest di Cuzco: il «Tamputoco», la grotta «delle tre finestre». Per mandato divino, uno di loro si stabili in una valle elevata (3.400 m.), fondo la citta di Cuzco («ombelico» = centro del mondo) e si fece riconoscere come figlio del Sole. In questo modo, con Manco Capac sarebbe iniziata la dinastia dei sovrani inca. Secondo alcuni potrebbe essere stato un alto capo aymara, partito da Tiahuanaco all’epoca del suo spopolamento. In ogni modo, questo racconto riflette il carattere sacro del lago Titicaca e allo stesso tempo rivela il prestigio che la societa di Tiahuanaco continud a mantenere nella regione andina, molto tempo dopo la fine del suo antico splendore. Collegando la sua stirpe regale a coloro che eressero la gia allora leggendaria citta, i monarchi di Cuzco rivendicavano per se stessi il diritto di forgiare il loro impero. b) L’impero incaico (Tahuantinsuyu
= le quattro regioni)
La grande espansione imperiale ebbe inizio con |’ascesa al trono del principe Yupanki nel 1438. Le sue fortunate attivita belliche e le sue riforme nell’organizzazione dello stato gli valsero il titolo di «Pachacuti» («colui che capovolge le cose», «il rinnovatore»). Con lui si passa alla tappa etnico-storica, che significa dati pi numerosi e affidabili sulla storia politica e socioculturale centroandina. Per questo ultimo aspetto c’é consenso sul fatto che gli inca furono eredi di pil di 3000 anni di sviluppo culturale andino e in modo pit diretto di Tiahuanaco-Huari"3.
E cosi anche gli inca riconobbero I’antica divinita creatrice
Huira-Cocha (scritto anche Viracocha) come Essere Supremo
13 Anche il nome di Cuzco nel senso di ombelico o centro di un universo
diviso in quattro settori cosmico-terrestri si é ispirato a Taipicala (in aymara «la pietra di mezzo»), qualificazione antica del centro rituale di Tiahuanaco.
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e padre degli déi e degli uomini. In realta non aveva un nome proprio né uno che ne definisse perfettamente le caratteristiche: Con-Ticsi-Huira-Cocha era in origine una sigla cosmologica, in cui si alludeva ai quattro elementi fondamentali: fuoco, terra, aria e acqua, come é stato dimostrato da Imbelloni, il quale aggiunge che «sono le stesse che determinano le quat-
tro distruzioni successive del mondo, poste alla fine di ognu-
no dei soli o grandi anni solari, “Intipwata”, che sono a loro volta unita caratteristiche della ciclografia peruviana, strettamente apparentata con quella del Mesoamerica»"*. Nell’epoca del contatto spagnolo, Viracocha era stata relegata a una figura un po’ lontana, che aveva lasciato la cura immediata di tutto il creato a una serie di déi gerarchicamente inferiori, capeggiati dal Sole (Inti). Come abbiamo visto, questo, a sua volta, era il padre del leggendario Manco Capac e della sua sposa Mama Ocllo, fondamento del diritto divino nella monarchia di Cuzco. Pachacuti e i suoi successori diedero al sole il carattere di dio imperiale, giustificando le loro conquiste con la necessita di imporre la sua venerazione nei quattro settori del mondo conosciuto (Tahuantinsuyu). Il Sole aveva come sposa la Luna (Mama Quilla), che presiedeva al cielo notturno con i suoi astri e le sue costellazioni. Venerazione speciale veniva riservata a Illapa, che si manifestava attraverso il tuono e il lampo, annunziatori della pioggia. A queste divinita dell’alto (collegate in qualche modo con I’Hanan-pacha o «mondo di sopra» dove andavano i virtuosi dopo la morte) si contrapponeva I’antica divinita terrestre Pacha-Mama, la Magna Mater americana (Coatlicue fra gli aztechi), a fianco della quale esisteva anche per i popoli della costa la Mama-Cocha come grande divinita acquatica. D’altro lato, si attribuivano poteri sovrannaturali a certi luoghi e oggetti chiamati genericamente huacas: determinate colline, pietre di ubicazione o forme speciali, tombe, luoghi di adorazione ubicati in luoghi sacri o lungo le strade, ecc. Lo stato incaico pud essere definito teocratico-militarista, sostenuto da un’efficiente organizzazione economica che comprendeva una estesa rete di scambi e di ridistribuzione. Per questo aveva una fitta rete di strade, che partivano dalla capitale. Nella ferrea organizzazione sociale incaica, il sacerdozio occupava un posto di rilievo. I suoi membri facevano 14 J. Imbelloni, La segunda esfinge indiana, Hachette, Buenos Aires 1956, p. 403; cfr. anche Id., Religiosidad indigena americana, Castafieda, San Antonio de Padua (Buones Aires) 1979.
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parte della classe dominante (gli orejones = lett.: orecchioni) e avevano il compito di realizzare i numerosi atti rituali scaglionati nel corso dell’anno (specialmente in occasione di solstizi ed equinozi). Tutto era impregnato di profondo simbolismo. Un esempio: |’oro non aveva valore materiale e non era oggetto di proprieta privata per nessuno. II Sapa Inca lo faceva cercare e lo amministrava in quanto era una diretta manifestazione della divinita solare. Inoltre 1a religiosita incaica sembra aver perduto il caratteristico misticismo di origine sciamanica delle grandi culture precedenti, mettendo invece Paccento sull’aspetto rituale che, a sua volta, era in rapporto con un certo cambiamento di mentalita, ma d’altro lato anche con la collocazione della religione al servizio dello stato. In quanto alla morale individuale e sociale, tanto nell’America Centrale come nelle Ande, essa era controllata dalla tradizione familiare e comunitaria e dallo stato pit che dalla religione. Questa si occupava piuttosto di argomenti che potremmo chiamare «metafisiciy e di insegnare a dirigere le azioni rituali, che comprendevano offerte vegetali, animali e, in casi speciali, umane. Fra queste ultime, richiamano I’attenzione le recenti scoperte di sacrifici di bambini su alti picchi delle Ande centromeridionali. Questo é in rapporto con la venerazione delle montagne sacre come centri di potere e fonte di vita. E una credenza popolare proveniente dall’altopiano, che gli inca seppero assimilare e in certo modo ufficializzare, come avvenne in altri casi.
V. CONCLUSIONE. ALCUNE RIFLESSIONI DAL PUNTO DI VISTA ANTROPOLOGICO Le pagine precedenti danno solo una pallida idea della varieta e della ricchezza delle idee e pratiche religiose dell’ America precolombiana. Si é detto che le religioni sono intimamente
connesse con le rispettive culture, «dando
loro forma»
dall’interno. I] confronto con quelle dell’Asia antica mostra un notevole parallelismo. Indipendentemente dal vecchio problema se cid sia dovuto a un processo di diffusione, si deve dedurre una fondamentale conservazione della forma mentis arcaica fra gli amerindi, in cui (come abbiamo gia detto all’inizio) |’elemento intuitivo aveva il sopravvento sul razionale e il senso comunitario sull’individualismo. Sarebbe stato cosi doloroso il «contatto di culture» del XVI secolo se gli europei
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si fossero resi conto di questa realta e se avessero saputo rispettarla? Avrebbero, per esempio, considerato «primitivi» gli indigeni per il fatto che non usavano la ruota per fini pratici o che per lavorare la terra si servivano solo del bastone, quando in realta cid non era dovuto a incapacita, ma a ragioni simboliche, in rapporto con la venerazione del Sole e della Madre Terra? Avrebbero attribuito a mera «idolatria» molte credenze e pratiche se si fossero resi conto del loro profondo simbolismo le cui radici lontane si collegavano in qualche modo con Ja loro stessa religiosita? Come cristiani dobbiamo rallegrarci che, sebbene in forma imperfetta e avvolto nei panni dell’epoca, il cristianesimo sia arrivato a queste terre. Ma come storici e antropologi non possiamo fare a meno di riconoscere che esso arrivo «male accompagnato», e pertanto di lamentare che abbia avuto anche la sua parte di responsabilita nel non necessario processo di distruzione delle alte culture americane. Lo fu anche la conquista e tutto quello che essa implicd? Non siamo in grado di rispondere e ci troviamo di fronte a questo grande punto interrogativo, che piu che un problema di speculazione storica contiene un dilemma esistenziale per tutti noi che siamo americani di origine europea.
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I regni degli Aztechi e dei loro precursori
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Principali luoghi delle religioni amerindie indicati nella cartiha geografica a fianco
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Rio Pinturas (pitture rupestri di cacciatori antichi). Zona de Lagoa Santa (Id.). Zona de S4o Raimundo Nonato (Piauf) (Id.). La Aguada (area diaguita, nordovest dell’ Argentina). Tiahuanaco. Cuzco. Pachacamac. Kotosh. Chavin. Sechin Alto y Cerro Sechin. Moche (Huaca = tomba, collina del Sole e della Luna). Valdivia. San Agustin. Tikal. Copan. Palenque. Uxmal. Chichén-Itza. La Venta. San Lorenzo. Monte Alban. Tenochtitlan (Messico attuale). Teotihuacan. Tula. Chaco Canyon (area anasazi, sudovest degli Stati Uniti).
INVASIONE ED EVANGELIZZAZIONE
2.
Mario A. Rodriguez Leon
La prima tappa storica dell’evangelizzazione dell’ America Latina é costituita dal periodo che va dall’arrivo nei Caraibi di Cristoforo Colombo e dei primi cristiani fino all’incirca all’anno 1550. Il violento scontro culturale tra il mondo europeo e le societa e civilta del cosiddetto
Nuovo
Mondo,
creo un profon-
do mutamento che ebbe gravi conseguenze nella storia dei popoli amerindi. La superiorita militare degli europei porto alla sconfitta degli indigeni, dopo che questi si erano ribellati ai conquistatori. Se é vero che la Corona di Castiglia fu mossa da una genuina motivazione per l’evangelizzazione delle nuove terre, é ancora pili sicuro che fu il grande interesse economico che ispird le imprese di conquista in America. Questa dicotomia tra l’evangelizzazione e |’interesse per l’oro fu chiaramente evidenziata nel Parecer de Yucay del 1571, nel quale si segnalava tacitamente che «se non c’é oro non c’é Dio nelle Indie»'. Per l’autore del memoriale scritto contro la linea di Las Casas (fra Garcia de Toledo), l’oro si convertiva in vero mediatore della presenza di Dio nelle Indie. Come scrive
Gustavo
Gutiérrez,
la posizione
assunta
da
Garcia
de
Toledo é una specie di cristologia a rovescio. In ultima istanza l’oro occupa il posto di Cristo come intermediario dell’amore del Padre; perché grazie all’oro gli indios possono ricevere la fede e salvarsi; al contrario senza questo sarebbero condannati. Questo é il nucleo della teologia del Parecer de Yucay’. Questo accentuato interesse per l’oro, che Las Casas con1G. Gutiérrez, Dios o el oro en las Indias, Sigueme, Salamanca 1989, p. 113 (tr. it. Queriniana, Brescia 1990). Cfr. anche il Glossario pp. 904 ss. 2 Tbid., p. 115.
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danno tanto, deve essere collocato nell’ampio quadro dell’economia del mercantilismo commerciale del XVI secolo, epoca di grandi cambiamenti socio-economici, culturali e religiosi in Europa. Con il sorgere delle monarchie nazionali nel Vecchio Mondo, s’impose l’autorita centrale di uno Stato forte e organizzato. Nel caso particolare della Spagna, questa situazione politica facilito grandemente l’invasione europea in America. Lo sviluppo del mercantilismo commerciale fu I’asse propulsore delle grandi scoperte colombiane. Gli spagnoli, desiderosi di accrescere il possesso di oro e argento, trovarono nelle Antille, durante i primi tre decenni del XVI secolo, il miglior modo per ottenerlo. Il mercantilismo, con le sue numerose teorie economiche miranti a sviluppare il commercio e Vespansione dei mercati europei, nella sua prima fase americana ando di pari passo con la storia dei Caraibi. Fu dalle Antille che il cristianesimo si diffuse nel resto del continente, avendo come base questo sistema economico-sociale mercantilista, agrario e medievale.
1. La Espaiiola (Haiti e Rep. Dominicana) Il 27 novembre del 1493 giunse nell’isola di Quisqueya la spedizione organizzata da Cristoforo Colombo per dare inizio al processo di popolamento delle nuove terre. La spedizione era composta da pit di trecento volontari, tra cui gentiluomini, artigiani e lavoratori. Questo variegato gruppo di cristiani s’incontro con gli indios tainos che abitavano la valle del Cibao e la costa del sud dell’isola. Gli indios vivevano in famiglie raggruppate in tribt: governate da un capo che poteva essere uomo o donna. La loro religione era animista e totémica. Fra Ramon Pané, nel suo Relacidn acerca de las antiguedades de los indios, ci dice che gli abitanti di Quisqueya e delle altre isole dei Caraibi credevano in idoli che essi fabbricavano in pietra o in legno. C’é un Essere Supremo che «credono stia in cielo, é immortale
e nessuno
pud
vederlo;
ha una madre,
ma
non ha principio; lo chiamano Yocahu Baque Ma6rocoti, e sua madre viene chiamata Atabey»?. Cioé gli indios tainos credevano in Dio; l’unica novita che introdussero gli spagnoli fu quella di Cristo e del Vangelo. La religione svolgeva un ruolo di grande importanza poiché dava coesione e senso alla 3 Fra R. Pané, Relacidn acerca de las antiguedades de los indios, Siglo XXI, México 1974, p. 21.
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Mario A. Rodriguez Leon
loro cultura. Questa religione indigena entrd in conflitto con quella dei conquistatori spagnoli. Fra Bartolomé de las Casas, che giunse a La Espafiola nel 1502 e fu testimone oculare dell’impatto culturale tra indios e spagnoli, diceva: «I cristiani davano loro schiaffi, pugnalate e bastonate, arrivavano fino a mettere le mani sui signori di quei paesi. E si giunse a tanta temerarieta e vergogna che un capitano cristiano violento la moglie di uno dei re pid potenti, signore di tutte le isole. Per questo gli indios cominciarono a cercare il modo di cacciare i cristiani dalle loro terre». I fatti violenti dell’invasione e della conquista, uniti al problema della «encomienda» che era legale nelle Indie dal 1503,
contribuirono
all’incremento
dello sfruttamento
indige-
no. In principio la «encomienda» era |’atto di distribuzione o concessione perpetua di indios, a nome del re, a residenti spagnoli. Poi, questa pratica diventd ereditaria. II principio della «encomienda» fu duramente messo in questione dai domenicani di La Espajiola, che la consideravano «contro la legge divina, naturale e umana»’. E nel contesto di questa situazione che dobbiamo capire il processo di evangelizzazione intrapreso dai domenicani. I] 21 dicembre del 1511, quarta domenica d’Avvento, per ordine del superiore fra Pedro Cérdoba e con l’approvazione di tutta la comunita, fra Antonio Montesino, che aveva fama di buon predicatore, sali sul pulpito della chiesa e comincid a predicare: «Io sono la voce che grida nel deserto...». Con autorita e fermezza denuncid il peccato della schiavith indigena € Si oppose energicamente agli «encomenderos»*. Gli spagnoli e le autorita civili presenti s’indignarono per le pesanti accuse che Montesino faceva contro di loro e chiesero la sua ritrattazione. In un secondo sermone Montesino confermd quello che aveva detto nella prima predica: «... in verita la domenica scorsa predicai e mostrerd che quelle mie parole, che tanto vi amareggiarono, sono vere»’. La profetica denuncia di Montesino ¢ della sua comunita religiosa ebbe una profonda ‘Fra B. de las Casas, Brevisima relacion de la destruccién de las Indias, Alianza, Madrid 1985, p. 72 (tr. it. Mondadori, Milano). 5G. Gutierréz, Dios 0 el oro en las Indias, op. cit., p. 41. ® Fra B. de las Casas, Historia de las Indias, vol. 11, Ediciones del Continente, S. A., Santo Domingo 1985, p. 441; G. Sanderlin (ed.), Witness. Writings of Bartolomé de Las Casas, Orbis Books, Maryknoll 1992. Cfr. Istituto Storico Centroamericano (ed.), II sangue dei giusti, Cittadella, Assisi 1983, pp. 190s.
1 Tbid., p.444,
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risonanza nella societa coloniale di Santo Domingo e in Spagna. Gli «encomenderos» reagirono fortemente contro i domenicani che furono accusati davanti al re. Fra Pedro de Cérdoba e fra Antonio Montesino tornarono in Spagna per difendere la loro posizione. Frutto di questo soggiorno nella penisola fu la promulgazione delle cosiddette Leyes de Burgos del 1512, primo codice di legislazione a difesa degli indios. L’evangelizzazione iniziata dai frati non era finalizzata al battesimo in massa degli indios. Pit che la quantita interessava la qualita; cioé una solida formazione cristiana dei convertiti alla nuova fede. Quattro aspetti fondamentali sintetizzano la metodologia evangelizzatrice di questa prima comunita domenicana: la conoscenza della lingua e della religione degli indios, l’esposizione dottrinale sotto forma di racconti e non di astrazioni teologiche, la frequente predicazione basata sulla Sacra Scrittura e la testimonianza di poverta e vita di preghiera del missionario®. Come membri di una comunita evangelizzatrice, i domenicani utilizzavano la Doctrina cristiana di fra Pedro de Cérdoba, primo catechismo scritto in America. La Doctrina cristiana era un insieme catechetico-pastorale organizzato metodologicamente. Come predicatori della prima comunita domenicana nei Caraibi, furono profeti e testimoni del regno di Dio e della sua giustizia. Si distinsero come uomini lungimiranti e di talento che elaborarono e misero in pratica un progetto di evangelizzazione, partendo dalla concreta situazione nella quale vivevano gli indios. Il contatto diretto con la realta di oppressione e ingiustizia alla quale erano sottoposti gli indios li spinse a impegnarsi con loro e, attraverso la predicazione, a essere voce di denuncia e di critica del sistema economico imperante. 2. Puerto Rico L’invasione spagnola a Boriquén rappresentd un cambiamento radicale per la societa taina dell’isola. Il duro lavoro a cui furono sottoposti, la cattiva alimentazione, le malattie che i nativi contrassero dagli spagnoli e l’esodo verso altre isole, furono fattori che contribuirono all’allarmante diminuzione demografica della popolazione india’. 8 M. A. Medina, «Metodologia evangélica de fray Pedro de Cordoba», CIDAL, nn. 4e 5, maggio-dicembre 1982, p. 39.
91. Fifueroa, Historia de Puerto Rico, vol. 1, Editorial Edil, Rio Pie-
dras 1979, p. 60.
88
Mario A. Rodriguez Leén Nel
1508,
con l’intervento
armato
di Juan
Ponce
de Leon
e dei suoi compagni, la storia di Puerto Rico prese una nuova direzione; é a partire da questa data che il cristianesimo fu introdotto nell’isola. In questa, come in altre parti d’America, il cristianesimo ebbe inizio sotto il segno della violenza e delVoppressione. Nel 1511, dopo la morte di Agueybana I e la perdita della liberta, gli indios si ribellarono agli spagnoli sotto la guida del nuovo capo Agueybana il Bravo. Ristabilita la pace nell’isola, gli spagnoli cominciarono a introdurvi le loro istituzioni politiche e religiose. L’8 agosto del 1511 fu istituita la diocesi di Puerto Rico dal papa Giulio II per mezzo della bolla Romanus Pontifex. Nella stessa data e per mezzo della stessa bolla furono istituite anche le diocesi di Santo Domingo e di Concepcién de la Vega’. L’isola di San Juan de Puerto Rico fu la prima diocesi del Nuovo Mondo ad avere un vescovo. Si tratté di Alonso Manso, che giunse alla sua sede nel dicembre del 1512''. Le tre prime diocesi dell’ America erano suffraganee della sede episcopale di Siviglia. Nel 1515 venne fondata l’abbazia di Giamaica, il cui abate mitrato godeva del privilegio del bastone pastorale e dell’autorita episcopale. Appena giunto alla sua diocesi, Alonso Manso si scontrd con l’urgente necessita di avere un maggior numero di sacerdoti e con la poverta economica dell’isola. La sua prima cattedrale, costruita a Caparra, era di legno e paglia. Dal 1515 al 1519 il vescovo Manso stette in Spagna. Al suo ritorno a Puerto Rico nel 1519 si presentd con il titolo di Inquisitore Generale delle Indie!?. La diocesi di Puerto Rico era composta da tre parrocchie soltanto: San Juan, San German e l’isola Cubagua. Nel 1518 furono annesse alla diocesi di Puerto Rico, le isole Trinidad, Margarita e nell’oriente venezuelano Barcelona, Cumana e Guayana. II vescovo Manso introdusse schiavi neri provenienti da La Espafiola. Nel 1521 sollecitd dall’imperatore Carlo V il permesso per comprare piu schiavi, che furono utilizzati nel lavoro delle falde aurifere e nella costruzione della cattedrale’?. Manso aveva un buon numero di 10 |. Lopetegui e F. Zubillaga, Historia de la Iglesia en la América
Espanola, BAC, Madrid 1965, p. 248.
lV. Murga e A. Huerga, Episcopologio de Puerto Rico I. D. Alonso
Manso, Primer Obispo de América (1511-1539), Universidad Catélica de Puerto Rico, Ponce 1987, p. 89.
12 Thid., p. 170.
13. Diaz Soler, Historia de la esclavitud negra en Puerto Rico, Universidad de Puerto Rico 1970, p. 57.
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indios e di schiavi neri al suo servizio: indios da «encomienda» e indios schiavi. Come abbiamo detto, il primo vescovo dell’ America non si distinse per la sua difesa degli indios e dei neri, come fecero altri prelati.
3. Cuba Il cristianeismo venne introdotto il 27 ottobre del 1492 con Colombo, che chiamo l’isola con il nome di Juana. Durante il secondo viaggio dell’ Ammiraglio fu celebrata la prima eucaristia nel Nuovo Mondo. A Cuba la popolazione nativa era composta da siboyenes e un popolo chiamato guanahatahibes. C’erano anche indios tainos. Quando giunsero gli spagnoli, gli indios erano all’incirca 100.000. Nel 1532 erano diminuiti a 14.000. La conquista di Cuba fu effettuata sotto il comando di Diego Velazquez che, nel 1510, giunse nell’isola accompagnato da circa trecento uomini. L’occupazione fu portata a termine in tre periodi. Prima si stabilirono vicino a Guantanamo, dove affrontarono la resistenza degli indios capeggiati da Hatuey, che era ivi emigrato da La Espajiola fuggendo dalle persecuzioni che gli spagnoli infliggevano agli indios. Dopo una cruenta resistenza gli indios furono presi, imprigionati e molti di essi morirono. A causa della superiorita bellica degli spagnoli, la resistenza indigena fu annientata. L’indio Hatuey fu fatto prigioniero. Fu giudicato come eretico e ribelle e fu condannato
a essere
bruciato
vivo.
Bartolomé
de las Casas,
che fu testimone a Cuba del crudele supplizio al quale fu sottoposto l’indomito Hatuey, cambid per questo fatto totalmente il suo atteggiamento di fronte alla conquista e all’evangelizzazione nelle Indie'*. Dopo la morte di Hatuey, Diego Velazquez oriento tutti i suoi sforzi a sottomettere la parte orientale dell’isola. In questa seconda fase della conquista il comando fu affidato a Francisco Morales e Panfilo de Narvaez, che occuparono le regioni di Maniabén e Bayamo!5. Tutti e due i conquistatori usarono metodi crudeli e violenti contro gli indios, e questo provocé la loro ribellione. La terza fase della conquista consistette nell’occupazione del resto di Cuba. Il 2 febbraio del 1517 venne istituita la se‘4 Cfr. B. de las Casas, Brevisima relacion, op. cit., p.81. 28.
15 R, Guerra, Manual de historia de Cuba, Ediciones Madrid 1975, p.
90
Mario A. Rodriguez Leén
de episcopale di Baracoa. Il suo primo vescovo fu fra Bernardo de Mesa, criticato duramente da Las Casas. II secondo vescovo fu il domenicano fiammingo Juan Witte, che non risiedette mai nella sua sede episcopale, ma nel 1522 ottenne il trasferimento dalla sede originaria di Baracoa a quella di Santiago de Cuba. Dopo la rinuncia del vescovo Witte nel 1525, quella sede fu occupata da un altro domenicano, fra Miguel Ramirez, che arrivd a Cuba nel 1529, ma non mostro grande interesse ad affrontare le ingiustizie che subivano gli indios per colpa degli spagnoli'*, Durante la prima meta del XVI secolo l’evangelizzazione si estese soprattutto a Cuba attraverso |’opera missionaria dei domenicani, francescani, gesuiti e sacerdoti diocesani. II processo di evangelizzazione mise a confronto molti problemi: conflitti e differenze tra conquistatori e governanti, ribellioni indigene, attacchi di corsari, poverta economica, calamita naturali e mancanza di sacerdoti. 4. Messico e America Centrale Partendo da L’Avana, Hernan Cortés comincid la conquista dell’impero azteco nel 1519. Fra Bartolomé de Olmedo, mercedario, accompagno Cortés nelle sue conquiste in qualita di cappellano. Appena Cortés fu confermato, nell’ottobre del 1522, governatore della Nuova Spagna, sollecitd il monarca spagnolo affinché inviasse religiosi per l’evangelizzazione. La prima chiesa sorse a Tlaxcala nel 1522. Cortés si mostrd sempre molto interessato alla conversione degli indios. Egli stesso dichiaro che il «fine della sua spedizione era |’estirpazione dell’idolatria e la conversione degli indigeni alla fede cristiana»!’, Per Cortés l’evangelizzazione occupava il primo posto nella Nuova Spagna, perché coltivava l’idea di fondare nelVantico impero azteco un regno autonomo e per riuscire in tale progetto era necessaria l’unita religiosa e politica. Cortés si trovd a fronteggiare un Messico eterogeneo e seppe recepire abilmente i dissensi interni tra le diverse popolazioni indigene sottomesse dagli aztechi. Moctezuma assunse un atteggiamento incerto ed enigmatico di fronte alla crudelta dei conquista-
16 Sui primi due vescovi domenicani a Cuba, consultare Dr. I. Testé,
Historia Eclesidstica de Cuba, t. 1, Burgos 1969, pp. 65-72. '7 ¥), Ulloa, Los predicadores divididos. Los dominicos Espana, siglo XVI, El Colegio de México 1977, p. 88.
en Nueva
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tori; il suo successore Caunhtémoc, al contrario, resistette e li combatté coraggiosamente. L’evangelizzazione sistematica e metodica del Messico comincio nel 1524 con l’arrivo dei primi dodici francescani. I missionari francescani avevano autorita apostolica in qualsiasi luogo in cui mancassero i vescovi. La prima sede episcopale fu fondata da Clemente VII 1’11 ottobre 1525 a Tlaxcala. Il suo primo vescovo fu il domenicano fra Juan Garcés. Nel 1539 la sede fu trasferita a Puebla de los Angeles. I] 2 settembre 1530 venne fondata la diocesi di Citta del Messico e il suo primo vescovo fu il francescano fra Juan de Zumarraga. Nel 1546 la sede fu elevata al rango di arcivescovado. Nel 1526 giunsero a Citta del Messico dodici missionari domenicani e siccome non avevano dove abitare, furono ospitati fraternamente nel convento dei francescani. Gli agostiniani vi si stabilirono nel 1532. Nel 1559 i francescani avevano in Messico 80 case e 380 religiosi; i domenicani 40 case e 210 religiosi; gli agostiniani 40 case e 212 religiosi!*®. Senza dubbio un fatto che contribui notevolmente al progresso della diffusione del cristianesimo tra gli indios messicani fu P’apparizione della Vergine di Guadalupe all’indio Juan Diego sulla montagna del Tepeyac nel 1531!9. La prima tappa della conquista del Centro America comincidé quando nel 1523 Pedro de Alvarado parti dal Messico per ordine di Cortés per sottomettere la regione del Guatemala. Nel 1524 Alvarado, accompagnato da 300 spagnoli e indios tlaxcaltechi, texcoani e aztechi, giunse in Guatemala. I maya resistettero ma, vinti costoro, Alvarado prosegui la sua avanzata verso il sud, attraversando la costa del Pacifico. Frattanto nel sud la conquista e l’evangelizzazione era cominciata a Panama nel 1501 dopo I’arrivo degli spagnoli nell’istmo. Nel 1514 il re spagnolo, in occasione della nomina a governatore di Pedroarias, chiamo la regione Castiglia d’Oro, mentre «Panama» era il nome indigeno. La, il 15 agosto 1519, Pedroarias fondo la citta di Panama”. Santa Maria la
188. Dussel, Historia de la Iglesia en América Latina, Nova Terra, Bar-
celona 1974, p. 93. Sul vescovo Zumarraga cfr. I] sangue dei giusti, op. cit., pp. 98s. 19 Cfr. P. F. Veldzquez, La aparicidn de Santa Maria de Guadalupe, Jus, México 1931; I. Gebara e M. C. Bingemer, «Alcune tradizioni del culto a Maria in America Latina», in Maria Madre di Dio e Madre dei Poveri, Cittadella Ed., Assisi 1989, pp. 157-194. 20 A. Ariza, Los dominicos en Panamd, Bogota 1963, p. 11.
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Antigua del Darien, fu la prima sede episcopale del continente (1513): la sua inaugurazione avvenne |’1 dicembre 1521. L’insediamento del cristianesimo in Centro America si trovo di fronte a innumerevoli problemi e difficolta, tra cui le frequenti rivalita tra i conquistatori e la resistenza degli indios. Il primo periodo di evangelizzazione in Guatemala, dal 1524 al 1529, fu caratterizzato dalla presenza attiva di sacerdoti diocesani. Gli ecclesiastici erano pochi e non avevano una gran cultura religiosa. I] secondo periodo del processo di cristianizzazione puo essere fissato tra il 1530 e il 1541 quando avvenne l’insediamento degli spagnoli in Guatemala. II terzo periodo va dal 1541 alla morte del vescovo Francisco de Marroquin nel 1563. In questi periodi dell’evangelizzazione del Guatemala risalta l’opera svolta dai domenicani, che nel 1529 posero le fondamenta del loro primo convento. Nell’evangelizzazione di Tezulatlan primeggiano le figure dei domenicani Bartolomé de las Casas e Luis Cancer. Con mezzi pacifici riuscirono a guadagnarsi le simpatie degli indios della regione che sarebbe stata chiamata Verapaz?!. Secondo Rodolfo Cardenal: «Molte regioni gia conquistate furono abbandonate e pit tardi di nuovo attaccate e riconquistate. Il periodo d’instabilita e arbitrarieta si prolungo fino al 1540 quando si chiuse ufficialmente la fase militare della conquista del Centro America», Con Vapprovazione de Las Leyes Nuevas del 1542 che sopprimevano in parte le «encomiendas» e proibivano la schiaviti. degli indios, nel Centro America si ebbero intensi conflitti tra le autorita civili e religiose per la loro applicazione. Il vescovo domenicano Antonio de Valdivieso del Nicaragua, che aveva stretto relazioni con il vescovo di Chiapas, Bartolomé de las Casas, ebbe serie difficolta con gli «encomenderos» che non erano disposti a mantenere cid che era stato stipulato in «Las Leyes Nuevas». Il vescovo Valdivieso si attirO l’inimicizia del governatore Rodrigo de Contreras, che manteneva gli indios in stato di sfruttamento. L’ appassionata difesa degli indigeni da parte del vescovo, che seguiva la
21 L, Hanke, Estudios sobre Fray Bartolomé de las Casas y sobre la juSticia en la conquista espahola de América. Universidad Central de Venezuela, Caracas 1968, pp. 117-126; M. Mahn-Lot, Bartolomeo De Las CaSas, Jaca Book, Milano 1985 (con ampia bibliografia). Sul vescovo Francisco Marroquin cfr. // sangue dei giusti, op. cit., pp. 71s.
2 CEHILA, Historia General de la Iglesia en América Latina, Sigue-
me, Salamanca 1985, p. 21.
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linea di Las Casas, provocd il suo assassinio a pugnalate da parte dei seguaci di Contreras il 26 febbraio 15507. Questa tragica morte non fermo l’avanzata missionaria, né la difesa dei religiosi in favore degli indios del Centro America. Il 6 settembre del 1531 venne fondato il vescovado di Trujillo in Honduras. Nel 1561 la sede episcopale fu trasferita a Comayagua. L’evangelizzazione nel territorio honduregno fu lenta e non esente da problemi a causa dei frequenti dissapori tra i conquistatori, la poverta economica, la resistenza indigena e la scarsa popolazione cristiana. Gli indios vivevano disseminati, e cid fu di ostacolo al processo di cristianizzazione’. Simile situazione si ripeté nel territorio che oggi comprende Costa Rica, le cui prime esplorazioni e tentativi di evangelizzazione furono portati a termine lungo la costa del Pacifico ed ebbero un esito relativo. Fino al 1561 i conquistatori spagnoli non penetrarono nelle valli centrali
della regione”.
5. Costa Continentale La prima spedizione evangelizzatrice nella regione di Piritu (costa orientale del Venezuela) fu portata a termine dai domenicani
Antonio
Montesino,
Francisco
de Cérdoba
e Juan
Garcés. Parti da La Espafiola con meta Puerto Rico dove Montesino si ammald gravemente, per cui dovette stabilirsi in detta isola, mentre i suoi due compagni continuarono il viaggio verso la terra ferma. Anche se risulta difficile precisare la data esatta dell’arrivo di questi religiosi a Piritu, tuttavia sembra che fosse nel 15146, I due frati si dedicarono alla predicazione agli indios e sollecitarono fra Pedro de Cérdoba perché inviasse loro altri frati. Una nave spagnola al comando di Gomez de Ribera, catturd il capo Alonso e la sua famiglia e li fece prigionieri. Questa azione provocd la diffidenza e la protesta degli indios, 23 Cfr. Fra F. Ximénez, Historia de la Provincia de San Vicente de
Chiapas y Guatemala, t. IV, Citta del Guatemala 1965, pp. 1029-1040. Cfr. Ilsangue dei giusti, op. cit., pp. 46s. 24M. Carias, «Honduras», Historia General de la Iglesia en América, t. IV: América Central, CEHILA 1985, pp. 61-63. Cfr. I/ sangue dei giusti, op. cit., p. 84.
25M. Picado, «Costa Rica», Ibid., pp. 70, 72.
26D, Ramos, «El P. Cérdoba y Las Casas en el plan de conquista paci-
fica de Tierra firme», Estudios de Historia Venezolana, Caracas 1988, pp. 126-130.
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che sollecitarono i frati perché il loro capo fosse liberato. Malgrado |’interessamento dei domenicani perché gli indios prigionieri fossero rilasciati, tutto fu inutile. I frati Juan Garcés e Francisco de Cordoba furono uccisi dagli indios nel 1515. Per questa ragione si pose fine al progetto di evangelizzazione pacifica sulla terra ferma?’. Fra Pedro de Cérdoba non si scoraggid per l’uccisione dei suoi frati e sollecito la Corona perché gli concedesse 200 leghe di terra lungo la costa continentale nella quale non ci fosse presenza alcuna di spagnoli, ma soltanto frati e persone scelte. Fra Antonio Montesino fu la persona incaricata di ottenere questa concessione dalla Corte. Cosi ebbero origine le riduzioni indigene che poi i gesuiti avrebbero sviluppato pit ampiamente in Paraguay. Una situazione molto simile a quella delle missioni di Piritu nell’oriente venezuelano si ripeté con l’evangelizzazione de-
gli indios dell’attuale Colombia. Nella prima meta del secolo
XVI, la cristianizzazione degli indios fu inconsistente. Le continue spedizioni che si facevano per catturare gli indios e venderli come schiavi, accentuarono l’ostilita e la resistenza degli indigeni alla cristianizzazione. Fernandez de Angulo, vescovo di Santa Marta, diocesi fondata nel 1534, scriveva al re in una lettera del 1541: «E sapra come in queste parti non ci siano cristiani, ma demoni; non ci sono servitori di Dio né del re, ma traditori della sua legge e del suo re. Perché in verita il maggior ostacolo che trovo, per trasformare gli indios guerrieri in indios pacifici e a quelli in pace far conoscere la nostra fede, é il duro e crudele trattamento che gli indios pacifici ricevono dai cristiani»®.
6. La zona andina degli incas L’evangelizzazione dell’antico impero degli incas inizid nel 1531 con la conquista di Francisco Pizarro, che portd con sé il religioso domenicano fra Vicente Valverde e Juan de Sosa del clero secolare. Furono i religiosi che si assunsero la responsabilita dell’evangelizzazione nelle zone delle missioni di popolazione india, mentre il clero secolare si stabili principalmente in comunita di spagnoli. La costante scarsita del clero, 27M. A. Medina, Una comunidad al servicio del Indio. La obra de Fr.
Pedro de Cordoba, o.p. (1482-1521), Instituto Pontificio de Teologia, Madrid 1983, pp. 107-109.
28 B. delas Casas, Brevisima relacion, op. cit., p. 114.
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sia religioso che secolare, durante i primi sta, cred notevoli difficolta per una buona conquistatori approfittarono delle divisioni Huascar e Atahualpa per poter consolidare Cuzco,
la capitale dell’impero
inca,
anni della conquievangelizzazione. I interne dei fratelli il loro potere.
fu eretta a diocesi 1’8
gennaio 1537. IJ suo primo vescovo fu il domenicano fra Vicente Valverde. Inizialmente l’estesa diocesi di Cuzco partiva da Nueva Granada (Colombia) fino al Cile e al Rio de la Plata. Il 13 maggio del 1541 il papa Paolo III eresse la sede episcopale di Ciudad de los Reyes. Ebbe come primo vescovo il domenicano fra Jerénimo de Loaysa (1543-75) il quale nel 1551-52 celebro il I concilio di Lima, di grande importanza nello sviluppo della catechesi e dell’evangelizzazione. Nel 1567 fu celebrato il II concilio; nel 1582-83 il secondo arcivescovo di Lima, san Toribio de Mogrovejo, portd a termine il III concilio di Lima, uno dei pid importanti celebrati nel
Nuovo Mondo”.
Il Pert a differenza del Messico non ebbe,
nella sua prima tappa missionaria, un buon numero di religiosi che conoscessero bene le lingue degli indios, situazione che contribui al ritardo della conversione cristiana. A meta del secolo XVI l’ecclesiastico Pedro de Quiroga scrisse un libro intitolato Coloquios de la Verdad que trata de las causas e incovenientes que impiden la doctrina y conversidn de los indios de los reinos del Pert y de los daitos. L’inca Felipe Guaman Poma de Ayala descrivendo la condotta dei sacerdoti nei confronti degli indios del Peru dice: «Siccome i padri e i sacerdoti delle “dottrine” sono molto collerici e signori assoluti e superbi e sono molto seri, i detti indios fuggono per la paura; e non si ricordano i citati sacerdoti che Nostro Signore Gesucristo si fece povero e umile per riconciliare e attrarre i poveri peccatori e portarli alla sua santa chiesa, e di li portarli nel suo regno del cielo»*°. Dopo aver vinto la resistenza indigena, Sebastian de Benalcazar fondo la citta di Santiago de Quito. Appena fondata giunsero nel 1535 i primi francescani, nel 1537 i mercedari e quattro anni dopo i domenicani. Nel 1545 fu creata la diocesi di Quito, suffraganea di Siviglia e poi di Lima a partire dal 1546. Nel 1542 il governatore del Peru, Cristébal Vaca de Castro, invid una spedizione che nel 1545 scopri le miniere d’ar29 Cfr. Tercer Concilio Limense, 1582-1583, Facultad Pontificia y Civil de Teologia de Lima 1982. Cfr. I/ sangue dei giusti, op. cit., pp. 62s.
30 F. G. Poma de Ayala, Nueva Cronica y Buen Gobierno, t. II, Biblio-
teca Ayacucho, Caracas 1980, p. 10.
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gento del Potosi, luogo che sarebbe diventato uno dei centri minerari di maggior sfruttamento della popolazione india. Secondo il viceré Hurtado de Mendoza, Potosi era «il nerbo principale del regno». Eduardo Galeano dice che «In Potosi largento edificd templi e palazzi, monasteri e bische, offri motivo alla tragedia e alla festa, sparse sangue e vino, accese la cupidigia e scatend lo sperpero e l’avventura. La spada e la croce marciavano unite nella conquista e nella spogliazione coloniale»?!, 7. Il Cono
sud: Asuncion
Con la spedizione composta da 16 navi e circa 1.500 uomini e donne, sotto il comando dello spagnolo Pedro de Mendoza, ebbe inizio nel 1536 l’evangelizzazione nel Rio de la Plata. A questa spedizione si unirono undici membri del clero secolare, due mercedari e quattro frati geronimiani??. Mendoza fondo il forte di Nostra Signora del Buen Aire, che poi si sarebbe trasformata in Buenos Aires; ma la citta che porta questo nome non sara fondata prima del 1580. In principio Pevangelizzazione fu a carico dei missionari che accompagnavano i conquistatori. L’evangelizzazione sistematica dell’esteso territorio argentino fu portata a termine principalmente dai missionari. I francescani si prodigarono in una grande ed efficace attivita apostolica; vi si distinse la figura di S. Francisco Solano (1549-1610), che per venti anni percorse le terre di Tucuman, il Chaco, il Paraguay e le rive de La Plata. Durante il XVI secolo in Argentina si stabilirono quattro importanti ordini religiosi: i mercedari (1536), i francescani che arrivarono dall’est; i domenicani dal nord (1549) e piu tardi i gesuiti (1585). La storia della Chiesa dell’Uruguay affonda le radici in una feconda e singolare esperienza evangelizzatrice. Nel 1538 due
francescani,
Bernardo
de Armenta
e Alonso
de Lebron,
abbandonarono la spedizione di Alonso de Cabrera e sbarcarono nella regione della fascia orientale dell’Uruguay con tre 31 B, Galeano, Las venas abiertas de América Latina, Siglo XXI, México 1975, p. 31.
2 Cfr. B. Cayetano, Historia de la Iglesia en la Argentina, vol. | (secolo XVI), Buenos Aires 1966.
3 R. Gonzdlez «La Orden Dominica en la Argentina», Communio.
Commentarii internationales de Ecclesia et Theologia, Studium Generale,
O.P., Sevilla, vol. XVIII,
1985, p. 271. SuS. Francesco Solano cfr. // san-
gue dei giusti, op. cit., p. 119.
Invasione ed evangelizzazione
97
sacerdoti secolari, iniziando in questo modo la diffusione del vangelo in queste terre. Questa comunita di frati e secolari riusci a cristianizzare un’area di 480 kmq. e organizzO uno stile di vita cristiana con caratteristiche prevalentemente indigene. A differenza delle altre regioni dell’ America nelle quali Vevangelizzazione fu abbinata a un violento processo di colonizzazione, in Uruguay questo primitivo cristianesimo dette notevoli frutti senza grande scontro culturale. Durante questa epoca si misero le basi di una organizzazione ecclesiale senza diretta ingerenza di autorita politico-economiche e senza vescovo. Gli indios si convertirono in agenti attivi dell’evangelizzazione**. La spedizione che proveniva da Cuzco, con a capo Diego de Almagro (1475-1538), giunse alla valle del Copiaspé6, ma poi si divise e l’intento di colonizzare il Cile fu abbandonato. Il suo successore Pedro de Valdivia (1500-1554) giunse alla valle del Mapocho dopo undici mesi di lungo viaggio. In questo luogo il 12 febbraio 1541 fu fondata la citta di Santiago, che il 27 giugno 1561 fu eretta a diocesi, suffraganea della arcidiocesi di Lima. Mercedari e domenicani intensificarono |’evangelizzazione della regione verso la meta del XVI secolo. Nel 1553 comincid l’eroica guerra dell’Arauco, che tenne in scacco gli spagnoli per due secoli**. 8. Brasile Nell’evangelizzazione del Brasile si profilano chiaramente due tappe. La prima comincia con Pedro Alvarez del Cabral, il quale al comando di una flotta di 13 navi giunse alle coste del Brasile nel 1500. Cabral era accompagnato da alcuni sa-
cerdoti diocesani e da 15 francescani.
Durante la prima tappa la questione del trattamento umano degli indios del Brasile fu impostata con grande saggezza, per il fatto che i portoghesi, a differenza degli spagnoli, si trovarono di fronte indios agricoltori e non le grandi civilta del Messico e del Peri. La colonizzazione propriamente detta comincié nell’anno 1530 con l’arrivo della spedizione di Martim Affonso de Souza e con Il’introduzione della canna da zucchero. A partire da quel momento comincid, in grandi 34 Instituto Enrique Florez, Diccionario de Historia Eclesidstica de
Espana, Madrid 1975, p. 2680.
35 Cfr. F. Araneda Bravo, Breve historia de la Iglesia en Chile, Santiago
1968.
98
Mario A. Rodriguez Leén
proporzioni, lo sbarco degli schiavi dall’Africa in terra brasiliana; cid cred, con il tempo, una societa di signori e di schiavi. Il clero secolare arrivo in Brasile per fare fronte alle necessita religiose dei portoghesi e fu veramente poco cid che fece per l’evangelizzazione degli indios e dei neri. Nel 1543 il re del Portogallo divise le terre del Brasile in 15 capitanie, cioé in feudi in mano dei capitani, che esercitavano il potere assoluto. Il re lusitano godeva del diritto del patronato, per il quale il monarca portoghese s’incaricava, tra le altre cose, della fondazione di parrocchie, di diocesi, costruzione di chiese, conventi, nomine di parroci, vescovi e del sostentamento di collegi**. L’effettiva evangelizzazione del vasto territorio brasiliano fu a carico dei missionari, in particolare dei gesuiti che giunsero alla baia di Todos os Santos il 29 marzo 1549. A partire da questa data comincia la seconda tappa della diffusione del cristianesimo in Brasile. Con l’insuccesso del sistema delle capitanie si rese necessaria l’organizzazione di un governo centrale. Nel marzo 1549 giunse il primo governatore generale Tomé de Souza, il quale si stabili a Bahia. Lo accompagnavano alcuni gesuiti che ebbero l’incarico di catechizzare gli indios. Il gruppo dei sei gesuiti, sotto la direzione del p. Manuel de Nobrega, fece sentire subito il suo impatto sul Brasile. Nel 1550 giunsero altri quattro gesuiti, e tre anni dopo arrivO l’illustre gesuita nativo delle isole Canarie, José de Anchieta (1534-1597), il quale compose rapidamente una rudimentale grammatica in lingua tupi-guarani e adattd gli insegnamenti cristiani alle melodie degli indios}’. L’azione evangelizzatrice di p. Anchieta é un buon esempio di infaticabile apostolato e inserimento nelle culture indigene. Ma il fecondo lavoro missionario dei gesuiti fu ostacolato dal vescovo dom Pedro Fernandes Sardinha, la cui diocesi fu creata a Bahia nel 1551. Il vescovo proibi ai gesuiti di fare catechesi nella lingua degli indios. Secondo il prelato i missionari dovevano annunciare loro il vangelo in portoghese*®. I gesuiti tentarono in Brasile l’istituzione di «riduzioni». Nel 1552 Diego Alvares fondd la prima «riduzione» a Bahia.
36 P, Richard (ed.), Historia de la Teologia en América Latina, CEHI-
LA, San José 1981, pp. 43-44.
37 W. V. Bangert, Historia de la Compania de Jestis, Sal Terrae, Santander 1981, pp. 53-54.
38 J. O. Beozzo, «La evangelizacién y su Historia Latinoamericana»,
Separata de Medellin, vol. IV, nn. 15-16, sett.- dic. 1978, p. 340.
Invasione ed evangelizzazione
99
Siccome il vescovo Sardinha era contrario, p. Ndébrega scelse un luogo adatto per l’istituzione di una «riduzione» sulle rive del fiume Tieté e convinse gli indios a stabilirsi in quel luogo. Cid dette origine a quella che successivamente sarebbe stata la citta
di Sdo
Paulo.
Dal
1553,
con
listituzione
della loro
provincia del Brasile, i gesuiti mantennero la propria indipendenza dal vescovo”?. Mentre nelle colonie spagnole la creazione di strutture era stata rapida, in Brasile lo sviluppo della chiesa istituzionale fu lento. Secondo José Oscar Beozzo: «I vescovi svolsero un ruolo minore e smorzato in tutta la storia della diffusione della fede in Brasile; cid é illustrato dal semplice fatto che fino al 1675 ci fu un solo vescovo, quello di Bahia, e spesso non ce ne fu nessuno, a causa dei lunghi periodi di Sede episcopale vacante per morte o rinuncia dei prelati»®. 9. Osservazioni finali La breve informazione generale che abbiamo dato sul primo periodo dell’evangelizzazione dell’America Latina, pone in risalto alcuni aspetti e circostanze che caratterizzarono il tipo di Chiesa che s’impose nelle nuove terre conquistate. Lo sgretolamento e la disarticolazione del mondo sociale, politico, economico e religioso degli indios fu la realta con la quale si dovettero confrontare i missionari nel loro grande lavoro di evangelizzazione. Ma non tutti i missionari compresero il mondo religioso degli indios. Come afferma Hans-Jurgen Prien: «Si condannd in blocco tutto cid che era indio come opera diabolica, togliendo cosi in pratica agli indios la loro identita e degradandoli a esseri di seconda classe, la cui umanita dipendeva, secondo il giudizio dei conquistatori, dal grado di acquisizione della religione e della civilta iberica»*!. Questo mondo indigeno, composto da «elementi disintegrati € sparsi», avrebbe opposto una grande resistenza alla vera catechesi e a una efficace azione. La stessa situazione si avra con l’arrivo di neri, sfruttati e sradicati dall’Africa. A questa cruda realta, prodotto della conquista, si opposero alcuni missionari che si resero conto del fatto che la croce e la spada 39H. J. Prien, La Historia del cristianismo en América Latina, Sigue-
me, Salamanca 1985, p. 210. 4 J. O. Beozzo, «La evangelizacién», op. cit., p. 340.
41H. J. Prien, La Historia del cristianismo, op. cit., p.70.
100
Mario A. Rodriguez Leén
non potevano andare unite se, veramente, si desiderava una autentica evangelizzazione. Cosi sorse la comunita profetica dei domenicani dei Caraibi. L’eccelsa figura di fra Bartolomé de las Casas, difensore degli indios e dei neri, diventera la voce di quelli che la conquista europea aveva messo a tacere. Sorse poi una pleiade di missionari, domenicani, francescani, agostiniani, mercedari e gesuiti che si collocd in una prospettiva evangelizzatrice molto diversa da quella in cui si muovevano le corone di Spagna e Portogallo legate al sistema del patronato regio. Due progetti di evangelizzazione si trovarono in lotta tra loro. Da un lato quello della Corona, con uomini illustri che legittimavano Pimperialismo e la guerra contro gli indios, come nel caso di Juan Ginés de Sepulveda che, basandosi su Aristotele, sosteneva l’inferiorita degli indios e favoriva il fatto che fossero governati dagli spagnoli, e dalValtro lato una evangelizzazione ben diversa portata a termine da un certo numero di religiosi. Il progetto evangelizzatore di Las Casas consisteva nel fondare «villaggi di indios liberi» nella costa da Paria a Cumana, nel Venezuela e a Verapaz in Guatemala. Las Casas appoggiava un ambiente e un clima di liberta come condizione indispensabile per la predicazione del
vangelo, e difendeva un sistema di comunita nel quale sareb-
be stata possibile la predicazione e la crescita spirituale. Secondo Las Casas: «Cristo concesse agli apostoli solamente la facolta e l’autorita di predicare il vangelo a quelli che volontariamente volevano ascoltarlo, ma non di forzare o infliggere fastidi o contrarieta a quelli che non volevano ascoltarlo»”, Ma il modello di catechesi, evangelizzazione pacifica e inculturazione promosso dai domenicani e da altri ordini religiosi, falli davanti al progetto evangelizzatore della Corona che avrebbe fatto diventare le Indie una cristianita coloniale. La Chiesa che nacque da questo modello di cristianita, unito al sistema del patronato regio, avrebbe lasciato una profonda traccia nel cristianesimo latinoamericano. Si sviluppo una cristianita periferica e dipendente dalla Chiesa europea, anche se certamente diede vita a un fiorente cattolicesimo popolare. La Chiesa istituzionale in America Latina pose le sue basi economiche sullo sfruttamento degli indios nelle miniere e
#2 Citato nel lavoro di J. A. Barreda, «Primera anunciacién y bautismo
en la obra de Bartolomé de las Casas», in Ciencia Tomista, maggio-agosto 1989, n. 379, p. 303.
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180
Ana Maria Bidegain Greising
Stato, erano pit funzionari che pastori e costituivano una seconda sfera amministrativa del governo, legata agli interessi dei grandi proprietari. All’interno della Chiesa si distinguevano due grandi correnti di opinione. Una corrente era guidata da p. Antonio Feijé6 e comprendeva i sacerdoti e il vescovo di S4o Paulo, che consideravano necessario costituire una Chiesa nazionale il cui centro di unita doveva essere un Consiglio Nazionale legato allo Stato: questi seguaci dell’IJluminismo sostenevano un sacerdozio senza celibato e la liquidazione degli ordini religiosi. L’altra corrente, che aveva alla testa il vescovo di Bahia, Antonio de Seixas, propugnava la formazione di un clero celibe, pit legato a Roma, indipendente dal potere politico. Le autorita civili, da parte loro, consideravano la Chiesa come una tra le varie istituzioni del potere assoluto dello Stato, che doveva mettere la religione al suo servizio, e la Chiesa come una delle sue istituzioni fondamentali per mantenere la pace e l’ordine, garanzia essenziale dell’unita nazionale. Anche se nel caso del Brasile, a differenza dell’ America spagnola, furono incrementati i rapporti con Roma e vennero nominati dei nunzi apostolici, l’influenza romana nella vita religiosa del Brasile era quasi nulla, veniva considerata non necessaria e quasi sospetta, dati i limiti e i presupposti del Patronato; d’altra parte cid era dovuto al fatto che gli stessi nunzi pit che pastori si sentivano ambasciatori, rappresentanti degli Stati Pontifici come organizzazione politica, senza alcun interesse per la vita del Brasile.
7. Impatto dell’emancipazione sulla vita religiosa del popolo latinoamericano Alla fine del processo di indipendenza, le diocesi americane erano per la maggior parte vacanti, fatta eccezione per quelle di Arequipa, Popaydn, Maracaibo, Guatemala, Puebla, Oaxaca e Yucatan. Si infransero le regole conventuali, ci furono numerose secolarizzazioni, scomparvero moltissimi piccoli monasteri che avevano cura delle popolazioni contadine disseminate, furono chiusi i seminari e la mancanza di rapporti con Roma faceva presagire la continuazione della crisi istituzionale della Chiesa ispanoamericana. In Brasile le caratteristiche di carente organicita ecclesiale non rivelavano una istituzione che potesse ridare impulso alla vita religiosa. Da una parte continuava a esistere la separazione tra la religiosita illuminista dei maschi della classe privilegiata e il ba-
Le guerre per I’indipendenza Carabobo
1821
Cartagena
1812
18 (insurrezione 1810}
Santa F Pichincha
1822 (3000
Junin (3300 m) Ayacucho
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1824
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Campagne di Simon Boli * 1812-1816
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1819-1822 Liberadione (Grande Colombia) 1822-1825 Liberazione da)
sud
1817-1822 Campagne di Sat\ insurrezioni urbane Battaglie decisive
Marti
La Paz {809
182
Ana Maria Bidegain Greising
rocchismo delle donne e del popolo. Le classi privilegiate — creola, ispanoamericana o brasiliana — cercavano in Europa la loro ispirazione ideologica e religiosa, poiché erano sedotte da correnti che accentuavano |’importanza dell’identificazione della volonta individuale con la volonta divina e mettevano in discussione il valore della funzione sacramentale della Chiesa istituzionale e dei suoi ministri; per questo ritenevano necessaria una Chiesa dipendente dallo Stato. D’altra parte, facendosi eco delle critiche gianseniste al cristianesimo del mondo coloniale, respingevano la religiosita popolare. La cristianita europea, che era il risultato della simbiosi del cristianesimo con le religioni pagane, greche, latine, celtiche, germaniche, non accettava che si facesse lo stesso con gli indios e i neri. In questo modo all’emarginazione socio-economica di cui soffriva la popolazione indigena dal tempo della conquista si aggiunse quella religiosa. Tuttavia la religiosita popolare continud a esistere. Da una parte, perché le sue pratiche, anche se criticate, furono tollerate. La religione era la maggiore espressione della vita sociale e ogni festa era una celebrazione religiosa; il cattolicesimo barocco era festoso, trionfalista, ma era anche nazionalista, e questo tornava utile in un momento nel quale si doveva costituire uno Stato nazionale. Ma soprattutto continud a esistere per il carattere della vita religiosa coloniale. La famiglia, in quanto espressione religiosa, aveva una grande importanza, ed era nell’ambiente familiare che si imparavano le preghiere e i comportamenti religiosi. D’altra parte, in molti luoghi i contatti dei fedeli con i pastori si riducevano a occasioni speciali, generalmente nel chiasso delle grandi feste. A mantenere viva la pratica religiosa organizzata, pitt che l’impegno dei sacerdoti, erano le confraternite, le fraternita e gli ordini terziari. Questo carattere laico della Chiesa coloniale e le madri
come nuclei delle famiglie furono i sostenitori della vita reli-
giosa di fronte alle trasformazioni e ai tumulti dell’emancipazione.
nuovi stati indipendenti, 1811-1830 le esportazioni dal 1850 ad oggi
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BRASILE 1822
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1870-1900 Cauccia 1890-1910 -
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Possedimenti spsgnoli, 1812 "_ Territorio effettivamente controtlato
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G. Guy
Frontiere alia proclamazione dell’indipendenza Principali esportazioni a partire dal 1850
S. Suri
GF. Guy 2000 km
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LA CHIESA DURANTE L’ORGANIZZAZIONE NAZIONALE (1830-1880)
6.
Enrique Dussel
Si tratta di un mezzo secolo, 1830-1880, che va dalla fine delle guerre di emancipazione fino al tentativo di consolidamento dello Stato nazionale liberale (fenomeni che avvengono in Europa a partire dal XVI secolo e nell’Africa nera o nell’Asia postcoloniale a partire dalla meta del XX secolo), e in questo periodo la Chiesa!, come unica istituzione che passa dall’ordine coloniale ispano-lusitano al nuovo momento politicamente indipendente (neocoloniale da un punto di vista
1 Come bibliografia generale cfr. T. Halperin Donghi, Historia contempordnea de América Latina, Alianza, Madrid 1969, pp. 134-279 (tr. it. Einaudi, Torino 1972). Specificamente sulla Chiesa vedere la nostra opera Historia General de la Iglesia en América Latina, Comisién de Estudios de Historia de la Iglesia en América Latina (CEHILA),
Sigueme, Salamanca,
icui voll. 1/1 (1983), V (1984), VI (1986), VII (1979) e VIII (1987) sono gia stati pubblicati; i voll. 11/1 e 11/2 pubblicati da Vozes, Petrépolis 1977; il vol. X, sulla storia degli ispanici negli USA, é stato pubblicato sotto il titolo Fronteras da MACC, San Antonio 1984, in inglese. Possediamo gran parte dei materiali inediti dei volumi IV (sui Caraibi) e IX (sul Cono Sud). Vedere la mia Historia de la Iglesia en América Latina, Mundo Negro, México — Madrid 19845. Vedere il periodo che stiamo trattando in H.J. Prien, Die Geschichte des Christentums in Lateinamerika, Vandenhoeck & Ruprecht, G6éttingen 1978, o in J. Meyer, Historia de los cristianos en América Latina, Siglos XIX y XX, Vuelta, México 1989. Inoltre C. Pape, Katholizismus in Lateinamerika, Steyler, Siegburg 1963; R. Pape, El catolicismo contempordneo en Latinoamérica, Fides, Buenos Aires 1951. Troviamo trattazioni globali in F. Pike, «La Iglesia en Latinoamérica», in Nueva Historia de la Iglesia, vol. V, Cristiandad, Madrid 1977, pp. 316-371. Opere come quelle di L. Mecham (Church and State in Latin America, University of North Carolina, Chapel Hill 1966) possono essere utili. In it., J. Metzler, Storia
della
chiesa.
Dalle
missioni
alle
chiese
locali
(1846-1965),
vol.
XXIV, Paoline, Milano 1990; Nuova storia della Chiesa, vol. 4° «Secolo
dei lumi, Rivoluzioni, Restaurazioni», Marietti 1976.
Chiesa/organizzazione nazionale
185
economico), dovra soffrire i colpi di una storia piena di conflitti che possono essere interpretati come un processo di formazione delle istituzioni della societa politica delle nascenti nazionalita (spesso nelle mani di élites che esercitano un nuovo tipo di dominio sul popolo), ma che poco cambiano il livello della vita quotidiana della societa civile, chiaramente tradizionale. La Chiesa sara quasi sempre vittima del militarismo scatenato dalle stesse guerre di emancipazione e si trovera davanti allo Stato nazionale nascente, la cui gestazione caotica e sempre incompleta mettera le mani sulla ricchezza esistente (che poi era solo quella della Chiesa), senza saper condividere con essa un’egemonia precaria sempre priva di una sufficiente legittimita. La lotta ideologica era inevitabilmente associata a quella istituzionale. Ma, nel fondo, ci fu una tensione che, iniziando poco dopo Il’emancipazione, copre tutta la storia latinoamericana fino all’inizio del XX secolo: si tratta della contraddizione tra l’affermazione di un’identitd con il passato (indio, coloniale, latinoamericano: aspetto conservatore) e la necessita di una modernitd futura (come sistema capitalistico industriale sviluppato: aspetto liberale); una tensione fra tradizione e sviluppo; fra comunita culturale e individualita democratica; fra l’apprezzamento per cid che é nazionale e proprio (aspetto federale) e l’ammirazione per cid che é straniero, anglosassone, tecnico, che comunque é necessario (aspetto unitario). La Chiesa in generale era incline al primo di questi valori; i fondatori dello Stato liberale ai secondi. La soluzione adeguata avrebbe dovuto tener conto di entrambi, ma erano tempi di contraddizione e non di sintesi. Inoltre, il popolo dei poveri (indios, schiavi, contadini, gente emarginata e diventata povera), centro di queste tensioni, subi, per motivi diversi, oppressioni da parte di tutti e due i settori, anche se, partendo dal suo « Cfr. CEHILA, Fronteras: A History of the Latin American Church in the USA since 1513, MACC, San Antonio 1983, pp. 143 ss. © Cfr. CEHILA, Historia General de la Iglesia en América Latina, vol.
VI, pp. 243 ss.
192
Enrique Dussel
ro. La battaglia con la Chiesa fu di tipo giuridico-istituzionale (come esigenza di legittimazione del potere liberale), ma, dato che queste élites, per la loro origine erano conservatrici e legate alla Chiesa gerarchica, tutto fu ridotto alla «introduzione del matrimonio civile e del divorzio, alla secolarizzazione dei registri civili, dei cimiteri e dell’educazione, alla temporanea soppressione di alcuni ordini religiosi, alla temporanea espulsione di rappresentanti del clero e in generale alla proclamazione della laicita dello Stato»’. 1 governi conservatori di Rafael Carrera (1839-1865), di Francisco Ferrer (18401853) e il «Regime Conservatore» in El Salvador (1839-1871) non producono cambiamenti sostanziali; tutto questo non ha nulla che possa paragonarsi a cid che avverra dal 1871 in Guatemala, con Justo Rufino Barrios, o nello stesso anno nel Salvador con Santiago Gonzales, o con Zelaya in Nicaragua, dove la Chiesa, a quel punto si, subira l’attacco liberale, che si consolida in Guatemala con la costituzione del 1879, che aprira la via alla penetrazione del capitale straniero, con I’espansione imperialista della fine del secolo. Mons. Bernardo Pifiol y Aycinena in Guatemala, o Bernardo Augusto Thiel in Costa Rica, sono due dei grandi prelati della fine del periodo in questione.
7. La Chiesa nella grande Colombia e nell’area andina
Nella regione colombiana®, la separazione del Venezuela e la morte di Bolivar nel 1830 segnano l’inizio di questo periodo. In Colombia, un primo periodo (1830-1848) inizia con Vinterregno di Santander (1832-1837). José Ignacio Marquez si oppose alla Chiesa, ma pill tardi non poté evitare la Costituzione conservatrice del 1843. Il predominio liberale (18481880), con José Hilaro Lépez liberale militante, che come prima misura espulse i gesuiti, e, qualche tempo pit tardi |’arcivescovo Mosquera, portera alla separazione violenta tra la Chiesa e lo Stato (1853). Tuttavia alla fine del periodo ci fu una certa conciliazione di fatto tra liberali e conservatori, tra Chiesa e Stato. In Venezuela, a partire dagli anni ’30, vengono espulsi tutti i vescovi, a cominciare dall’arcivescovo Ramon Ignacio 7R. Cardenal, in [bid., pp. 283-284.
8 Cfr. CEHILA, Historia General de la Iglesia en América Latina, vol. VII, 1981, pp. 299 ss.
Chiesa/organizzazione nazionale
193
Méndez, perché non avevano voluto giurare fedelta alla costituzione di José Antonio Pdez (che esercita una certa egemonia dal 1829 al 1846). Questa tappa, che ha carattere caotico e piuttosto conservatore, finisce con l’egemonia liberale
(1859-1899). In Ecuador’, che fino al 1930 fece parte della Grande Co-
lombia, il governo di Juan José Flores (1829-1834) e quello di Rocafuerte proclamano «la religione cattolica, apostolica, romana» religione ufficiale dello Stato, con |’esclusione di tutte le altre. Rocafuerte, di ispirazione liberale, da impulso, come tanti altri del suo tempo, all’introduzione del protestantesimo. Il governo di Gabriel Garcia Moreno (1860-1875) é¢ forse il governo conservatore piu tipico di tutto questo periodo: dato che egli era un ultramontano convinto, attud alla lettera le aspirazioni di Pio IX. «Sotto la sua guida, tra il 1859 e il 1875, l’Ecuador visse una dittatura progressista, fondata sul cattolicesimo pid intransigente che si possa immaginare»'®. Garcia Moreno cercd nel cattolicesimo la via per fare un pacse moderno e composto da indios, meticci e bianchi. Nella prospettiva del pensiero di de Maistre, Bonald e Donoso Cortés, salutd il Sillabo come una norma provwvidenziale. In Peru, una corsa faziosa al potere personale ebbe un effetto autodistruttivo e impedi la stabilita (1821-1845). L’emancipazione lascid al potere la stessa classe oligarchica di proprietari terrieri. In quel periodo conservatore ci furono buoni rapporti con la Chiesa. Gia nella costituzione del 1823 si riconosceva il cattolicesimo come unica religione ammessa. Tra il 1822 e il 1835, José de Goyeneche fu l’unico vescovo residente di tutto il Pert. I futuri vescovi furono uomini virtuosi, peruviani, ma tutti ultramontani. Ii pit importante sul finire di questo periodo sara Bartolomé Herrera (1808-1864), di umili origini, rettore dell’Istituto San Carlos, conservatore, ma, al tempo stesso, impegnato nella difesa e nell’educazione dell’indio. La Chiesa tuttavia aveva perduto un vero rapporto globale e di evangelizzazione con I’indio. Un secondo periodo peruviano (1845-1879), inizia dal consolidamento di Ramén Castilla (dal 1845 al 1862), con il boom del guano e del salnitro, che portd al potere Manuel Prado. Solo nel 1855 furono abolite le decime e nel 1856 il
9 Cfr, CEHILA,
Historia General de la Iglesia en América,
vol. VII,
1987, pp. 247 ss. 10 J. Meyer, Historia de los cristianos en América Latina. Siglos XIX y XX, Vuelta, México 1989, p. 128.
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Enrique Dussel
foro ecclesiastico. L’oligarchia della costa, zuccheriera e cotoniera, aveva ora l’egemonia politica e, sebbene fosse liberale, stabili con la Chiesa un modus vivendi, che si manterra fino all’inizio del XX secolo. L’invasione cilena del 1880 segnera la fine di questo periodo. La questione indigena non sara risolta dalla Chiesa, che tuttavia restaurera le sue antiche posizioni e produrra al suo interno una profonda riforma: romanizzazione ultramontana, ma con un certo orientamento sociale, popolare e peruviano. In Bolivia, dal 1825, lo stesso Sucre sente, come quasi tutti
i governi nazionalisti, la responsabilita di riformare la Chiesa (soppressione di conventi religiosi con pochi membri, liberalizzazione dei beni ecclesiastici, regolamentazione della vita parrocchiale, ecc.)!!, un fatto che peraltro continua la tradizionale politica coloniale ispano-lusitana. Durante il governo di Andrés de Santa Cruz (1829-1839) si riorganizzano I’episcopato (nel 1827 c’era solo il vescovo José Mendizabal) e alcune comunita religiose (come quella dei francescani, che arrivano a essere dieci nel 1835). Nel caos politico successivo la Chiesa non poté svolgere una pastorale conforme alle necessita. 8. La Chiesa nel Cono
sud
La regione pit povera dell’epoca coloniale (per mancanza di sfruttamento minerario, di prodotti tropicali e per la presenza di numerose popolazioni indigene) sara la pit favorita nell’organizzazione del sistema capitalistico nella tappa di libero scambio, ma anche in seguito, nel momento dell’espansione imperialista, con Roca a partire dal 1880. L’influenza inglese sara costitutiva sul piano nazionale di questi paesi (con eccezione del Paraguay che tentera uno sviluppo autonomo rispetto al dominio inglese, il che gli procurera il genocidio della guerra del 1870). Nelle Province Unite di El Rio de la Plata (Argentina), il Congresso costituente del 1816 decretava la liberta di culto, per permettere la presenza di inglesi anglicani, anche se buona parte dei costituenti erano membri del clero secolare, o religioso. Nel 1822, Benardino Rivadavia, ministro di Stato di Buenos Aires, promulga una legge di riforma ecclesiastica al‘1 Cfr, J. Barnadas, «La Iglesia en la formacién del nuevo Estado boliviano», in CEHILA, Historia General de la Iglesia en América Latina, vol. VIII, pp. 230 ss.
Chiesa/organizzazione nazionale
195
la maniera del «cattolicesimo illuminato» di Carlo III: vengono eliminate le decime, la giurisdizione ecclesiastica, la presentazione delle spese di culto allo Stato, ecc. La cosa pit importante fu la liberta di culto, per fare cosa gradita ai commercianti inglesi!?. La gerarchia fu riorganizzata con la nomi-
na a vescovo di Justo Santa Maria de Oro nella provincia di
Cuyo nel 1834. A Buenos Aires veniva nominato Mariano Medrano e poco pit tardi come suo ausiliare Mariano José de Escalada (con l’appoggio di Juan Manuel de Rosas). Benito Lascano fu nominato a Cordoba nel 1836. Questi vescovi diedero inizio a una lenta restaurazione dell’organizzazione ecclesiale, con l’evangelizzazione degli indios e il ritorno dei gesuiti. In generale la Chiesa, e il popolo povero, si orientarono a favore di Rosas, anche se questi nel suo secondo governo divenne un regalista diffidente, che pretendeva, per esempio, di mettere nelle chiese ’embiema federale rosso. Medrano si trasformo in una marionetta del governo. Quando il legato pontificio Ludovico de Besi arrivd a Buenos Aires trovo la Chiesa completamente sottomessa al governo. Nella costituzione del 1853, pur affermando nell’articolo 2 che «il governo federale sostiene il culto cattolico apostolico romano», nell’articolo 14 si afferma che nella nazione tutti gli abitanti hanno il diritto di «professare liberamente il loro culto». E una costituzione regalista con poteri patronali. Per opera di Juan Bautista Alberdi a Roma e del nunzio Marino Marini a Rio, viene fondata la diocesi di Parana (1859). Da questo momento la vita quotidiana del popolo cambiera profondamente. Il flusso migratorio fu tale che nel 1869 ¢’erano un milione e ottocentomila abitanti e fino al 1914 entreranno pit di sei milioni di immigranti europei, causando un processo di secolarizzazione. II liberalismo, il positivismo, la massoneria e la presenza del protestantesimo daranno una maggiore complessita alla vita quotidiana del popolo argentino. Nuovi ordini religiosi fondano istituti di educazione popolare. Ebbe grande influenza e popolarita il sacerdote Gabriel Brochero (morto nel 1914), il «prete gaucho» che lavord con il popolo dei poveri a Cérdoba, fondando nel 1879 la casa di esercizi spirituali del Transito. Con i governi di Mitre,
12 Cfr, E. Mignone, «El siglo XIX», in CEHILA, Historia de la Iglesia
en América Latina, vol. IX, Cono
Sud, quinto periodo, inedito, che sara
pubblicato prossimamente da Sigueme, Salamanca. Questa liberta di culto fu anche inserita nella Carta de Mayo pubblicata dal governatore di San Juan per quella provincia.
196
Enrique Dussel
Sarmiento e Avellaneda, la Chiesa entra nell’Argentina moderna. Nel 1876, il generale Julio Argentino Roca, che disponeva del fucile Remington e del telegrafo, stermina gli indios della pampa. Allo stesso tempo cominciano le missioni della Patagonia: francescani, lazzaristi e poi salesiani (1875).
In Paraguay", tutta la prima parte di questo periodo é oc-
cupata dalla «dittatura» del dott. Francia (José Gaspar Rodriguez 1816-1840), che fini col chiudere conventi di religiosi € seminario e mettere agli arresti domiciliari il vescovo Pedro Garcia de Penés. Applicd al Paraguay il catechismo regalista del vescovo San Alberto (sostituendo la persona del re con quella dello stesso Francia) e domind la Chiesa contro ogni ragione e saggezza. Al momento della sua morte (1840) nessun sacerdote paraguaiano volle tenere l’elogio funebre. Nel 1844 Basilio Antonio Lopez, fratello maggiore del futuro presidente, fu nominato vescovo di Asuncién. Francisco Solano Lépez, figlio del tiranno, fu nominato presidente nel 1862, giungendo a chiamarsi «Figlio dell’Altissimo» e «Dio sulla terra». Fino alla fine della guerra del 1870, quando il Paraguay fu completamente annientato e con la sopravvivenza di solo 40 sacerdoti, la Chiesa non poté iniziare la sua organizzazione se non con molte vicissitudini, per cui la Chiesa moderna del Paraguay avra inizio solo con la nomina, anni pit tardi, del vescovo Juan Sinforiano Bogarin (prelato dal 1894 al 1949). Il seminario diocesano riaprira le sue porte nel 1880 e qui si formera il clero della Chiesa all’inizio del XX secolo. In Uruguay (che solo nel 1878 diventa sede episcopale, nella persona di Jacinto Vera, in partibus dal 1865) la piccola Chiesa di 12-15 sacerdoti (fra il 1830 e il 1860) segue l’andirivieni delle lotte interne e di quelle fra Argentina, Brasile e Paraguay. Nel 1830 la costituzione dichiara la religione cattolica religione ufficiale dello Stato. Negli anni quaranta furono bruciate Bibbie «protestanti» su spinta di p. Ramon Cabré, gesuita. Durante tutti questi anni fu una Chiesa discreta, sotto il potere vigilante del liberalismo (nell’universita) e della massoneria (nel settore politico). Solo con la successiva nomina del vescovo, e poi arcivescovo, mons. Mariano Soler (morto nel 1908), la Chiesa uruguaiana si sviluppera in un paese profondamente secolarizzato.. In Cile, dopo il trionfo dei conservatori nel 1830, la costi13 Cfr. M. Duran, «Historia de la Iglesia en el Paraguay», in CEHILA,
Historia General de la Iglesia en América Latina, vol. IX, Cono Sud. Quin-
to periodo (inedito).
Chiesa/organizzazione nazionale
197
tuzione del 1833 riconosce il cattolicesimo come religione di Stato. Con Diego Portales (morto nel 1837) lo Stato si organizza e la Chiesa conservatrice viene rispettata. Nel 1840 Santiago diventa arcidiocesi e Manuel Vicufia Larrain suo primo arcivescovo. Tuttavia il pit importante dell’epoca sara mons. Santiago Rafael Valdivieso (dal 1845 al 1878 a Santiago) che riorganizza la curia, gli ordini religiosi ed é fra i fondatori del Collegio Pio Latinoamericano a Roma nel 1858. Mons. Mariano Casanova (dal 1887) sara l’altra grande personalita cilena del XIX secolo. Nel 1874 abbiamo la cosiddetta «questione teologica», si abolisce il privilegio ecclesiastico, si sopprimono le decime, si aprono le porte ai protestanti. Con la presidenza di Pinto comincia l’epoca liberale (1876). 9. La Chiesa nei Caraibi Nella storia della Chiesa del XIX secolo, i Caraibi sono la regione in cui ci sono pit complicazioni. Alcuni paesi (come Haiti nel 1804 o Santo Domingo) si emancipano prima; altri, invece, lo faranno alla fine del secolo (Cuba, Puerto Rico e le Filippine nel 1898) per cadere nelle mani degli Stati Uniti; alcuni, come le colonie britanniche, francesi e olandesi dovranno aspettare il XX secolo per cessare di essere colonie. Al tempo stesso, la Chiesa cattolica é presente nelle Antille spagnole, le Grandi Antille (Cuba, Santo Domingo, Haiti e Puerto Rico e alcune altre isole), mentre le altre colonie, ad eccezione di quelle francesi, saranno protestanti’*. Ad Haiti, dal 1801 Toussaint L’Ouverture riconosce che la religione cattolica ¢ Punica che pud essere professata pubblicamente, anche se allo stesso tempo si decreta la liberta privata di culto. In ogni modo la Chiesa dei bianchi francesi scomparira per sempre dall’isola. Nel 1822 Haiti occupa Santo Domingo fino al 1844. Nel 1830 il presidente Boyer espelle gli arcivescovi di Santo Domingo e di Port-au-Prince. Diversi delegati apostolici mandati da Roma falliscono nel loro tentativo di ristabilire le relazioni. Il vescovo Joseph Rosati di Saint Louis firmera un concordato col governo in nome di Roma. Solo nel 1860 la Chiesa riorganizza le parrocchie e le missioni, vi si stabiliscono ordini religiosi e istituti di insegnamento popolare. In quel momento c’erano un arcivescovado e quat-
14 Cfr. il volume in corso di stampa sui Caraibi di CEHILA,
General de la Iglesia en América Latina, vol. IV.
Historia
198
Enrique Dussel
tro diocesi. I sacerdoti haitiani erano formati nel seminario di Saint Jacques de Quimper in Francia. Santo Domingo", la culla del cristianesimo in America, si liberd da Haiti nel 1844, come abbiamo detto, sotto il motto: «Dio, Patria e Liberta!». Mons. Tomas de Portes fu nominato arcivescovo nel 1848. Durante Il’occupazione spagnola di Santo Domingo nel 1861, i sacerdoti dominicani furono sostituiti da spagnoli nelle parrocchie pit importanti; cid durd poco perché l’occupazione ebbe fine nel 1865. Nel 1880 p. Fernando Arturo de Merifio fu eletto presidente, e il suo governo é stato riconosciuto come il migliore del XIX secolo. In seguito fu consacrato arcivescovo della capitale (1885); mori nel 1906. La Chiesa visse tutte le crisi che Santo Domingo ebbe in quegli anni. A Cuba, che in questo periodo era colonia spagnola, Felix Varela
esprime,
all’inizio
del XIX
secolo,
col seminario
San
Carlos, la coscienza di emancipazione dell’isola. Il vescovo Espada (morto nel 1832), con la sua lettera del 1826, dimostro che la schiavith non era cristiana. Nel 1851 fu nominato vescovo di Santiago colui che sara canonizzato come sant’ Antonio Maria Claret. Comunque, dal 1792 lo sfruttamento zuccheriero era diventato brutale e i padroni degli ingenios si opponevano all’insegnamento religioso agli schiavi. Le ribellioni insegnarono loro, nel 1866, che era necessario tornare al cristianesimo come mezzo per rendere gli schiavi «umili, lavoratori e rispettosi»'®. A questo si opponeva Nicolas de Azcarate dicendo che «se la predicazione era conforme ai principi di Gest Cristo, sarebbe stata contraria alla schiavitu e avrebbe risvegliato aspirazioni alla liberta»!’. In ogni modo, la Chiesa nel suo insieme, gerarchia ed élites, approvava la schiavitu. Era una Chiesa senza governo, manipolata. Nella lotta per ’emancipazione, iniziata nel 1851 a Camaguey, Claret, che era vescovo, intercede per la vita dei patrioti. Quando nel 1868 Carlos Manuel de Céspedes si leva in armi per la liberta di Cuba, come cristiano proclama allo stesso tempo la liberta degli schiavi. I successori dei vescovi Fleix, all’ Avana (1865) e Claret (1859) uniranno la Chiesa alla Spa-
'5 Cfr. W. Wipfler, Poder, influencia e impotencia. La Iglesia como
factor socio-politico en Reptiblica Dominicana, Ediciones CEPAE, Santo Domingo 1980, pp. 54 ss.
'6 Cfr. Guia para utilizar el Proyecto de reflexion sobre la historia de la
evangelizacion de Cuba, La Habana, dicembre 1983, ciclostilato, p. 36. Ibid.
Chiesa/organizzazione nazionale
199
gna in modo indissolubile e deprecabile fino al 1898. I combattenti cristiani del 1895, in qualche modo riscattarono l’onore del cristianesimo. Alla fine dell’epoca coloniale la popolazione africana era molto poco evangelizzata e lo scarso clero si occupava poco della popolazione bianca, spagnola o creola. A Puerto Rico’ la Chiesa, nel secolo XIX, stara dalla parte dei conservatori e della Spagna, ancora potenza coloniale. Il primo vescovo portoricano, Juan Alejo Arizmendi (1803-1814) lascid in Spagna l’impressione che fossero necessari vescovi pit leali alla penisola. Percid quelli che verranno dopo (Mariano Rodriguez: 1826-1828 e Pedro Gutiérrez: 1826-1833) saranno spagnoli fuggiti dal continente liberato. Nel 1830 viene inaugurato il seminario San Ildefonso, sogno del vescovo Arizmendi, per rendere portoricano il clero, ma l’idea falli. Nel 1851 si firmo il Concordato. Nel 1868 il Grito de Lares fu opera di cattolici partigiani della liberta e di molti sacerdoti patrioti. Il vescovo Benigno Carrién chiese il perdono dei patrioti. I liberali tornarono al potere e dichiararono decaduto il Concordato, lanciando una chiara persecuzione contro la Chiesa. Nel 1873 viene abolito perfino il preventivo per il culto e si separa la Chiesa dallo Stato.
Ma
con Alfonso
XII,
nel 1876,
si ristabili-
scono rapporti amichevoli. Le Antille inglesi!®, le isole Barbados, Giamaica e altre furono oggetto di missioni da parte delle Chiese protestanti, prima di tutto quella anglicana, e la loro storia é parallela a quella del protestantesimo. Dobbiamo ricordare, in ogni modo, che il primo vescovo anglicano delle Barbados, Hart Coleridge (1824-1842), insegnava agli schiavi la dottrina cristiana. Nel XIX secolo nelle Antille olandesi” si accettd la necessita dell’emancipazione degli schiavi. La Chiesa cattolica aveva creato la diocesi della Guyana nel 1790; nel Suriname entro nel 1825; e nel 1859, quattro anni prima dell’abolizione, c’erano 9.500 cattolici. Dal 1830 gli schiavisti permisero |’evangelizzazione degli africani. A Curacao, dopo forti conflitti, il potere coloniale si riconcilid con la Chiesa cattolica e permise fe missioni. 18 Cfr, S, Silva Gotay, «II Periodo de la crisis de la Cristiandad Espajfio-
la en Puerto
Rico:
1810-1898»,
di prossima pubblicazione nel vol. IV di
CEHILA, Historia General de la Iglesia en América Latina.
19 Cfr, K. Hunte, «The Church in the West Indies», in CEHILA, Histo-
ria General de la Iglesia en América Latina, vol. IV, inedito.
20 Cfr. J. van Raalte - J. Vernooy - C. Streefkerk - A. Lampe, «Historia
de la Iglesia en las Antillas holandesas», in Historia General de la Iglesia en América Latina, vol. IV, inedito.
200
Enrique Dussel
CRONOLOGIA 1830 1831 1840 1840 1844
1850
- Morte di Bolivar. - Gregorio XVI nomina i primi vescovi residenziali. - Pedro II diventa imperatore del Brasile. - Muore in Paraguay il dittatore Francia. -La Repubblica Dominicana si libera dell’occupazione haitiana. - Nomina di Valdivieso a vescovo di Santiago, Cile. Morira nel 1875. - Pio IX é eletto papa. Morira nel 1878. - I liberali in Colombia. - Annessione agli Stati Uniti di Texas, Nuovo Messico, California (Trattato Guadalupe Hidalgo). - Vengono creati gli episcopati autonomi di San Salvador e Co-
1851 1852 1857 1858 1860
-
1845 1846 1848 1848
1863 1864 1864 1864 1868 1868 1869 1871 1873 1876 1880 1889
-
sta Rica.
,
S. Antonio Maria Claret diventa vescovo di Santiago (Cuba). Rovesciamento di Rosas in Argentina. Liberalismo in Messico con Juarez. Fondazione del Collegio Pio Latinoamericano a Roma. Gabriel Garcia Moreno eletto presidente cattolico dell’Ecuador (sara assassinato nel 1875). Chiusura dell’universita di Citta del Messico. II Sillabo di Pio IX contro il liberalismo. Comincia la guerra della Triplice Alleanza contro il Paraguay (finira nel 1870). Massimiliano in Messico (sara fucilato nel 1867). Il Grito de Lares a Puerto Rico. Inizia a Cuba la prima guerra d’indipendenza. Inizia il concilio Vaticano I (finira nel 1870). I liberali in Guatemala. Dom Vital (Brasile) sospende le confraternite. Porfirio Diaz in Messico. Roca in Argentina. La Repubblica in Brasile.
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LA CHIESA DI FRONTE ALLO STATO LIBERALE (1880-1930)
7.
José Oscar Beozzo
Nel mezzo secolo compreso tra queste due date (18801930) !’America Latina e i Caraibi furono coinvolti, in modo talora silenzioso ma per lo pit violento, nelle trasformazioni del mercato mondiale: nel loro sistema di trasporti e di comunicazioni (navigazione a vapore, ferrovie, automobili e autocarri; telegrafo, stampa e, negli anni venti, la radio); nella loro tecnologia (macchine a vapore, elettriche e motori a scoppio); nei loro prodotti (agricoli: cotone, cacao, tabacco, caffé, sisal o agave
tessile,
frumento,
ecc.; pastorizi,
in partico-
lare lana e carne bovina; estrattivi, come guano e gomma 0 minerali: salnitro, rame, ferro, argento, petrolio); nelle loro relazioni di lavoro (schiavi, agregados, huasipungueros', sostituiti da lavoratori salariati nella campagna e nelle citta); nel diversificarsi delle classi; nella composizione della popolazione (sterminio di popolazioni indigene, cessata importazione di schiavi africani, rimpiazzati da «indentured servants» — gente contrattata — che gli inglesi portavano dall’India e gli olandesi dall’Indonesia, o da coloni e lavoratori immigrati dall’Europa, dal Medio Oriente, dalla Cina e dal Giappone). Dentro i 21 milioni di chilometri quadrati dell’ America Latina vivevano nel 1880 circa 50 milioni di abitanti; all’inizio del secolo essi erano passati a 65 milioni, e nel 1930 a un po’ piu di 100 milioni. Alcune aree subirono una trasformazione spettacolare. Nel 1852 l’Argentina ospitava poco pit di 1 Gli agregados abitavano in una fattoria come lavoratori «aggiunti», prestando servizi occasionali senza paga fissa; gli huasipungueros, in cambio di vari servizi, ottenevano dai padroni un pezzo di terra (huasipungo) da coltivare per proprio conto, senza esserne padroni e da cui potevano essere cacciati per qualsiasi motivo (Cfr. il romanzo omonimo, Huasipungo dell’ecuadoriano Jorge Icaza) (NdT).
Chiesa/Stato liberale
203
un milione di abitanti. Nel 1924 essi raggiungevano i 10 milioni duecentomila, mentre in cinquant’anni l’area coltivata si era moltiplicata per 60. La popolazione del Brasile era salita da 9 milioni novecentomila nel 1872 a 30 milioni nel 1920. Si ebbe pure un profondo cambiamento politico con Ja creazione di un patto neocoloniale in base al quale si andava imponendo l’egemonia britannica, alleata della nuova borghesia agro- e minero-esportatrice; mentre in ogni paese erano in gestazione i cosiddetti Stati liberali, si assistette a una articolazione di questi nuovi interessi con la nuova dominazione esterna. In alcune zone i capitali francesi, e soprattutto quelli tedeschi, tentarono di competere con i capitali e l’influenza britannici, con maggiore o minor successo, perché i nordamericani riuscivano a estendere sempre pit il loro raggio d’azione e d’influenza. I] motto «L’ America agli americani (del nord)», inventato da Monroe nel 1823, ebbe realizzazione piena nella seconda meta del secolo XIX per |’ America Centrale e per i Caraibi (guerra ispano-nordamericana del 1898 con l’occupazione di Cuba e di Puerto Rico) e nel decennio dopo la prima guerra mondiale (1914-1918) per 1’ America del sud. In questo periodo l’automobile prese il posto delle ferrovie: petrolio e carbone, insieme a capitale e dominazione nordamericana sostituirono |’egemonia britannica in quasi tutto il continente. Le modifiche furono egualmente profonde in campo religioso. L’antico monopolio cattolico, che si faceva forte dell’unione tra Stato e Chiesa, sotto l’egida del «Patronato» regio ispano-portoghese o dei nuovi Stati nazionali, scomparve giuridicamente con la liberta di culto delle costituzioni liberali, con l’arrivo di missioni protestanti nordamericane e con |’entrata in massa di immigrati appartenenti a varie confessioni religiose: musulmani e indu nelle Guyane e nelle isole britanniche o olandesi dei Caraibi; seguaci di Confucio, buddhisti e shintoisti tra i «coolies»? cinesi e gli immigrati giapponesi; musulmani, cristiani maroniti e ortodossi tra gli immigrati dell’impero ottomano; anglicani, luterani, fratelli moravi, riformati, valdesi, mennoniti, cattolici uniati e ortodossi tra gli immigrati dell’Europa centrale e dell’est. Il cattolicesimo degli immigrati di origine irlandese, tedesca, francese, spagnola, portoghese, polacca, ma soprattutto italiana, divenne mag-
José Oscar Beozzo
204
gioritario in alcuni paesi o regioni (Argentina, Uruguay, sud del Brasile), scontrandosi col precedente cattolicesimo ispanoportoghese mescolato alle tradizioni indigene e africane. Negli altri paesi e regioni, |’arrivo di ordini e congregazioni europee,
in sostituzione del clero nativo,
provoco
lo stesso urto
e conflitto profondo col cattolicesimo popolare di origine coloniale. La Chiesa, a sua volta, dovette far fronte alla sfida e alla contestazione delle nuove classi salite al potere, classi piu secolarizzate e con un progetto di societa e di Stato laici e laicizzanti, che trovavano forza e incremento in associazioni, giornali e partiti liberali, in societa letterarie e soprattutto nelle logge massoniche. Quando le classi che avevano dato impulso al modello agro-esportatore si impadronirono del potere, stabilendo come correlativo sistema politico lo Stato liberale, imposero le proprie idee sulla questione religiosa: separazione tra Stato e Chiesa, secolarizzazione dei beni ecclesiastici, scuola laica, stato civile delle nascite e dei matrimoni, secolarizzazione dei cimiteri e trasformazione di conventi e chiese in beni nazionali. Nei settori popolari, gli spostamenti di popolazione nelle campagne, il sorgere di una classe operaia nelle citta, di una scuola pubblica laica, scalzarono le antiche fedelta e fecero spuntare, a volte, un sordo anticlericalismo contro le alleanze della gerarchia cattolica con i settori conservatori e anche con quelli liberal-moderati. Al tempo stesso, si estese l’influenza di anarchici, liberali di sinistra e socialisti. L’appartenenza alla Chiesa fu molte volte soppiantata dall’indifferenza o dall’adesione ai sindacati e ad altre organizzazioni di lavoratori. Esamineremo dunque la Chiesa non solo nei confronti dello Stato liberale ma anche del complesso di trasformazioni accennate, segnalando i conflitti e le risposte date man mano, a seconda delle regioni e dei paesi. 1. Trasformazioni economiche e conflitti
politici, sociali e religiosi
La rivoluzione industriale inglese, seguita da altri paesi europei, arrivd in America Latina e nei Caraibi in una maniera del tutto particolare. Nella seconda meta del secolo XIX, a partire dal nucleo propulsore inglese, si assistette a una nuova divisione internazionale del lavoro, basata su un mercato internazionale del quale l’America Latina e i Caraibi entreranno a far parte come produttori di materie prime agricole e minerarie. Senza che intervenisse una rivoluzione industriale,
Chiesa/Stato liberale
205
si ebbe da noi (= in America Latina) una rivoluzione nelle campagne, ove fu introdotto il sistema agro-esportatore. Nello stesso tempo, questa situazione nuova si presentd sotto la forma di trasporti tra zone di produzione agricola e mineraria, da una parte, e porti e servizi urbani nelle capitali e nelle grandi citta portuali, dall’altra. Venne pure accompagnata dall’ideologia del libero commercio, dall’identificazione del liberalismo col progresso materiale e scientifico, con i viaggi e gli svaghi musicali operistici dei teatri dove ogni anno approdavano le compagnie liriche europee. Col liberalismo venne pure la ferma convinzione che con l’istruzione e la forza delle idee si poteva cambiare il mondo degli uomini. Per l’ideologia liberale si trattava della lotta dei lumi della ragione contro l’arretratezza e l’oscurantismo (la religione cattolica e la tradizione ispano-lusitana), da sconfiggere mediante la diffusione delle idee economiche inglesi, filosofiche francesi e protestanti nordamericane. Si trattava anche della lotta della civilta contro la barbarie (le popolazioni indigene, gauce, africane, meticce), lotta che sarebbe stata vinta con l’eliminazione o la sostituzione di queste popolazioni da parte di immigrati europei. Domingo F. Sarmiento, in Argentina, proponeva come modello gli Stati Uniti, dove Vimmigrazione europea aveva creato una nazione industriosa e potente: «Non cerchiamo di fermare la marcia degli Stati Uniti! Cerchiamo di essere !’America... Cerchiamo di essere gli Stati Uniti»?. Un altro argentino, paladino della modernizzazione tramite immigrazione ed istruzione, Juan Batista Alberdi, criticando l’istruzione in mano al clero coloniale, si domandava: «Potrebbe mai il clero dare alla nostra gioventu quegli istinti mercantili e industriali che devono distinguere VPuomo del Sudamerica? Sapra forse tirar fuori dalle sue mani questa febbre di attivita e di intraprendenza che lo faccia diventare lo yankee ispanoamericano?»*. Il progetto liberale era di ricolonizzare America ibero-luso-americana secondo questo progetto civilizzatore: «Questo vuol dire rigenerare la razza, cambiare la mente: la razza, mediante una colossale immigrazione; la mente, mediante |’istruzione»’. Questa operazione fu condotta con successo in Uruguay, con un milione di immigrati nel periodo che stiamo studian-
31. Zea, Filosofia de la Historia Americana, Fondo de Cultura Econ6mica, México 1987, p. 250.
4 Tbid., p. 250.
5 Ibid., p. 247.
206
José Oscar Beozzo
do, e in Argentina, con 6 milioni e mezzo; e in maniera pit difficoltosa e limitata, in Cile, in Costa Rica, nel sud del Brasile, dove entrarono 4 milioni e mezzo di immigrati, sia nella piccola proprieta di Rio Grande do Sul, Santa Catarina, Parana, sia, per un 80%, come salariati nelle fattorie del caffé di Sao Paulo e del sud-est di Minas Gerais. Tuttavia, il progetto si riveld completamente inattuabile sul piano fisico-biologico nelle altre regioni del Brasile e nei Caraibi, a motivo della depressione economica di cui soffriva la produzione saccarifera e della densité di popolazione di origine africana; o ancora in paesi come Peru, Bolivia, Ecuador, Guatemala, Messico, per il peso che vi ha il mondo indigeno e meticcio. In ogni modo, |’operazione fu tentata sul piano culturale, linguistico e religioso, con tanta maggior violenza quanto pit grande era la resistenza a quest’azione forzata di «civilizzazione» e di «europeizzazione», che riusci a penetrare nelle élites, ma che ando a cozzare contro l’opposizione tenace dei ceti popolari. La stampa e la scuola laica furono comunque i grandi strumenti di questa battaglia liberale. Nel cattolicesimo, paradossalmente, la «romanizzazione» rappresentO anch’essa una
«europeizzazione»,
offrendo
alle élites conserva-
trici collegi cattolici dove poter usufruire, senza inviare figli e figlie nel vecchio continente, di un’educazione europea francese, italiana o tedesca, moderna perché europea, tradizionale e «nazionale» perché cattolica. Dal punto di vista del collegamento del capitalismo delle campagne col mercato internazionale, si formarono tre gruppi di paesi: — quelli della zona temperata, in sostanza Argentina e Uruguay, che si inserirono fornendo tradizionali prodotti europei: frumento, lana e carne, fondamentalmente per il mercato inglese; e facendo venire immigrati europei per sostenere V’espandersi delle proprie coltivazioni, terre da pascolo e servizi annessi: ferrovie, porti, frigoriferi, infrastrutture urbane come acqua, rete fognaria, gas, elettricita, tram e, a Buenos Aires (la pit. grande e ricca citta del continente), persino il metro, tutto praticamente finanziato, costruito e sfruttato dagli inglesi; — i paesi della zona tropicale, che ai prodotti coloniali tradizionali (zucchero, tabacco) aggiunsero nuovi prodotti, come cauccili della foresta amazzonica, banane, cacao e caffé; quest’ultimo, a partire dal Brasile, si estese a Colombia, Ecuador, America Centrale, Caraibi e, a determinate regioni del Messico e del Venezuela. Disponendo I|’Inghilterra di zone
Chiesa/Stato liberale
207
coloniali proprie in cui rifornirsi di tali prodotti, l’esportazione fu diretta verso il mercato nordamericano ed europeo continentale, diversificando cosi la dipendenza; — un terzo gruppo di paesi dovette il suo inserimento alla produzione mineraria: il Cile con il salnitro e i] rame, la Bolivia con lo stagno, il Peri col rame, il Venezuela col petrolio, il Messico con l’argento e il petrolio®. Queste trasformazioni economiche arrivarono, in forma visibile, mediante l’incorporazione di nuove terre alla produzione attraverso la navigazione a vapore nei bacini interni (Amazzonia, bacino del Plata, Parana, Paraguay, Magdalena in Colombia), nel cabotaggio oceanico e nei percorsi transoceanici, e principalmente attraverso le ferrovie che collegavano le zone interne ai porti. In tutti i paesi si cred un mercato capitalista di terre, quasi sempre con la nazionalizzazione e la vendita dei beni ecclesiastici, soprattutto delle proprieta rurali e urbane degli antichi ordini religiosi, di confraternite e terz’ordini, in alcuni paesi addirittura di parrocchie e diocesi. «Cid accadeva proprio la dove la Chiesa aveva accumulato, ai tempi della colonia, patrimoni terrieri assai estesi, mantenendoli sostanzialmente incolumi durante la guerra rivoluzionaria: é il caso del Messico, Nueva Granada o Guatemala; l’opposizione agli ordini religiosi pud avere in gran parte la sua spiegazione nella bramosia suscitata dalle loro terre, diventando la loro espropriazione un processo irreversibile (cosi, in Nueva Granada la restaurazione della supremazia cattolica si accompagna a indennizzi pecuniari agli ordini, ma i nuovi proprietari laici possono senza disturbo fruire del loro patrimonio territoriale). Pero le tendenze ostili alla situazione tradizionale della Chiesa esistono anche 14 dove Ja sua ricchezza — relativamente scarsa ai tempi della colonia — non si é ben difesa dalle bufere rivoluzionarie e non presenta piu |’attrattiva di un buon bottino»’, Le terre appartenenti alle comunita, in particolare le terre indigene, furono fatte entrare in quello stesso mercato che favori l’accaparramento di terre da parte di famiglie e gruppi sia nazionali sia stranieri, che si erano dati alle attivita agro-esportatrici. Cosi in Guatemala le terre migliori per il caffé furono occupate dai tedeschi, che ne controllarono pure 6 Cfr. C. Furtado, Formacao econé6mica da América Latina, Lia Editor, Rio de Janeiro 1970, pp. 61-65.
7 T. Donghi Halperin, Historia contempordnea de América Latina, Alianza Editorial, Madrid 1969, p. 231 (tr. it., Einaudi, Torino 1972).
208
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il finanziamento e la commercializzazione. I nordamericani sottrassero al Messico tutte le terre a ovest della Louisiana e a nord del Rio Grande, occupando il Texas (1845) e poi l’Alta California e il Nuovo Messico (1848), incorporando nella loro espansione pili di 2 milioni di chilometri quadrati. Entrarono pure in Puerto Rico e a Cuba, occupando le terre adatte alla coltivazione della canna da zucchero e poi le due isole stesse nella guerra ispano-nordamericana (1898). Con la scoperta dell’oro in California, gli Stati Uniti, allo scopo di stabilire linee di comunicazione tra la costa orientale e occidentale del Nicaragua attraverso il Rio San Juan e il lago del Nicaragua, tentarono di occupare questo paese riconoscendo come presidente l’avventuriero nordamericano William Walker (1857). Nel 1903 intervennero militarmente in Colombia per separarne la provincia di Panama. Imposero quindi al Panama il trattato che consegnava ai nordamericani la zona del canale e la sua costruzione e amministrazione «in perpetuum». La United Fruit e altre compagnie bananiere degli Stati Uniti si appropriarono di grandi estensioni di terre — i bassopiani caldi e umidi di Honduras, Guatemala, Nicaragua, Costa Rica, Ecuador — cominciando a intervenire siste-
maticamente nella vita politica di questi paesi. Tali interventi
erano sempre accompagnati da esigenze economiche a tutto vantaggio dei capitali nordamericani, ma anche da esigenze religiose: liberta di culto, che in pratica voleva dire permesso alle missioni protestanti nordamericane di entrare liberamente e di aprirvi le loro scuole.
2. Hi campo religioso cattolico sulla difensiva Le conseguenze religiose di questo riordinamento della ter-
ra e dell’economia si fecero sentire anche sulla societa e sullo Stato e furono di vario tipo:
1. Nei paesi dove furono espulsi gli ordini religiosi e venne soppressa |’inalienabilita (il cosiddetto diritto di manomorta) dei beni, e soprattutto delle terre, della Chiesa — Méessico sotto Judrez (1856), Colombia sotto Mosquera (1861), Guatemala sotto Garcia Granado e Barrios (1872) — la Chiesa ne usci indebolita dalla perdita dei suoi quadri e di una parte notevole della sua base economica. D’altra parte, essa poteva in tal modo liberarsi, anche se non sempre ci riusci, dalla tradizionale e scomoda posizione di naturale alleata dei grandi proprietari e degli sfruttatori di schiavi (Brasile), di indios o di contadini privi di terra. La soppressione dei diritti di ma-
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nomorta dei beni ecclesiastici, se ~ ma a volte nemmeno questo disastrate, non porto perd mai a della proprieta tra coloro che la sferire il latifondo ecclesiastico a sportatore.
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in alcuni luoghi fu di aiuto — a delle finanze pubbliche una effettiva redistribuzione lavoravano. Si limitd a traun latifondo liberale agro-e-
2. In paesi dove certi territori passarono in proprieta 0 sotto l’occupazione pill o meno prolungata degli Stati Uniti, gli effetti furono differenti. Nei territori che erano appartenuti al Messico — Texas, Nuovo Messico, Arizona, California — la popolazione cattolica venne a subire una pesante discriminazione, per il fatto di essere di origine indigena, ispanica, meticcia, in una parola, cattolica, in un paese dominato dai Wasp (Whites, Anglo-Saxons, Protestants), ossia da bianchi, anglosassoni e protestanti. Anche all’interno della Chiesa cattolica, i messico-americani furono anch’essi discriminati con 1’imposizione da parte di Roma di una gerarchia francese, e subito dopo irlandese, che cerco di eliminare rapidamente il clero nativo, dando origine a una situazione di isolamento linguistico e culturale della popolazione cattolica ispanoamericana’, A Puerto Rico, dopo il 1898, gli occupanti nordamericani imposero Vinglese come lingua ufficiale, incentivarono |’«americanizzazione» dell’isola attraverso la venuta di Chiese e scuole protestanti, al tempo stesso in cui venivano confiscati conventi e altre proprieta della Chiesa cattolica. Contro gli sforzi della Chiesa locale, che chiedeva un vescovo scelto tra il clero della capitale, San Juan, ottennero da Roma la rapida sostituzione della gerarchia ispanica con un vescovo di origine tedesca, James Blenk, proveniente dagli Stati Uniti, sotto il patrocinio del governo degli Stati Uniti’. In tutti gli altri paesi, 'occupazione nordamericana apri sempre le porte alla fondazione e al consolidamento delle missioni protestanti, come in Haiti (1915-1934), Nicaragua (1912-1933), Repubblica Dominicana (1916-1924), anche se va riconosciuto che la presenza di qualche Chiesa protestante risaliva al secolo XIX. A 8 Cfr. M. Sandoval, Fronteras - A history of the Latin American Church in the USA since 1513, MACC, San Antonio 1983, capp. 6,7 e 8, pp. 169-222. 9S, Arroyo, «Puerto Rican Migration to the United States», in Sandoval, op. cit., pp. 269-276; S. Silva Gotay, La Iglesia Catdlica durante los primeros 30 anos del dominio colonial de los Estados Unidos en Puerto Rico: 1898-1930, pp. 1-125, ciclostilato.
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José Oscar Beozzo
fianco di questa pressione esterna, il liberalismo e la massoneria, una volta al potere, favorirono sempre Chiese e scuole protestanti, come modo di indebolire l’influenza della Chiesa cattolica: é quanto si é visto per il governo di Juarez (18551864) e di Lerdo Tejada (1872-1875) in Messico, o durante la questione religiosa in Brasile (1872-1874). 3. L’espansione delle grandi fattorie agro-esportatrici avvenne quasi sempre in conflitto con gruppi indigeni e a scapito delle loro terre. In questo continuo avanzare su territori indigeni, al conflitto economico per il possesso della terra si aggiunse, in linea generale, un processo militare e religioso. Molti governi tentarono di associare la Chiesa alle loro campagne militari contro gruppi indigeni, sia per asserragliarli in maniera «pacifica» nelle «riduzioni», cosi da mettere le loro terre a disposizione dell’occupazione da parte della grande proprieta agro-esportatrice, sia per riunire in «missioni» i sopravvissuti a quelle spedizioni militari che si trasformavano facilmente in campagne di sterminio. La preoccupazione dei governi non era mai |’evangelizzazione, bensi quella che chiamavano opera «civilizzatrice» dei selvaggi e la loro incorporazione nella nazione, come «elementi utili e produttivi». Anche all’interno della Chiesa venne assimilata l’ideologia del ruolo «civilizzatore» della Chiesa e del cristianesimo, confondendo annuncio della fede con imposizione della cultura e dei costumi europei e servizio da prestare agli interessi del nuovo ordine imposto dallo Stato e dalla dominazione economica e sociale della grande proprieta. Ancorché la Chiesa cercasse di alleviare le sofferenze e salvare la vita degli indigeni, si deve ammettere che i risultati furono modesti e che ben poco resta delle antiche missioni di questo periodo, per non parlare dei popoli indigeni a cui erano destinate. In Messico il rapido espandersi della rete ferroviaria (dai 1.073 km nel 1880 ai 19.280 nel 1910, alla fine dell’era di Porfirio Diaz) dischiuse nuove terre allo sfruttamento del le10 Cfr, D. Vieira Gueiros, O Protestantismo, a Magonaria e a Questao
Religiosa no Brasil, UNB, Brasilia 1980; «Protestantes, liberales y francmasones en América Latina — siglo XIX», in Cristianismo y Sociedad, XXV/2, n° 92, con articoli di D. Vieira Gueiros e A. Gouvéa Mendonga (Brasile), R. del Carmen Bruno-Jofre (Pera), W. Padilla (Ecuador), J.P. Bastian (Messico); cfr. pure, per una lettura evangelica del periodo liberale in America Latina, H.J. Prien, La Historia del Cristianisrno en América Latina, ed. Sigueme, Salamanca, Sinodal, Sao Leopoldo 1985, capp. 10, 11, 12, pp. 387-808.
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gname, dell’estrazione mineraria, delle piantagioni di cotone, di agave tessile (sisal), di pascoli per il bestiame, ma si realizZO a prezzo di gravi scontri con gli indigeni: guerra agli Yaquis del nord, gia confinati da Porfirio Diaz nelle piantagioni di sisal dello Yucatdn o venduti alle piantagioni di canna da zucchero di Cuba; sterminio di molti gruppi nella regione di Chiapas; infine, la grande rivolta contadina di Pancho Villa al nord e di Zapata al centro del Messico (1910-1917). In Brasile, la corsa allo sfruttamento della gomma (cauccit) nella foresta amazzonica, fece affluire in quella regione, tra il 1870 e il 1910, mezzo milione di nordestini, creando al tempo stesso un sanguinoso conflitto con le popolazioni indigene di quell’area. Il governo imperiale fece ricorso ai francescani della Bolivia e poi dell’Italia perché provvedessero a sistemare in villaggi gli indigeni, evitando cosi gli scontri con i proprietari e i raccoglitori nelle foreste di cauccit. I primi francescani, arrivati nel 1870, giunsero ad aprire 22 missioni. Tuttavia, nel 1888 tutti i missionari si ritirarono a Manaus, dopo essere stati presi dentro il vortice di violenza e di avidita sfrenata che schierava rivenditori, proprietari, commercianti e anche raccoglitori di cauccit contro gli indios!!. Furono incapaci di proteggerli, di salvare loro la vita o di catechizzarli. Nel sud, invece, il governo concedeva agli immigrati europei nel Rio Grande do Sul, Santa Catarina e Parana, varie terre in zone indigene, scatenando sanguinosi conflitti in cui gli indios avevano sempre la peggio di fronte a spedizioni armate di cacciatori d’indios (bugreiros), contrattati per sterminarli o perlomeno metterli in fuga. L’espansione caffearia dell’ovest paulista penetro nelle terre dei Kaingangues, coroados, ofaiéxavantes, sterminandoli senza pieta. A quel punto (1910), la Chiesa separata ormai dallo Stato (1890), il governo stesso, di fronte alle proteste dell’opinione pubblica e di elementi proindigeni dell’esercito, cred il Servizio nazionale di Protezione all’Indio (Spi). Finché ne fu a capo il generale Rondon (19101930), lo Spi riusci a scongiurare ulteriori e pid. vasti massacri della popolazione indigena. In seguito lo Spi ebbe un atteggiamento noncurante, quando non attivamente connivente con gli interessi di fazendeiros e di imprese per lo sfruttamento del legname e I’estrazione di minerali, trattandosi di frodi ai danni delle terre indigene. In Argentina il governo decise di eliminare la presenza de11 Cfr, J.O. Beozzo, «A Igreja e os Indios, 1875-1889», in Historia da
Igrejano Brasil, vol. 11/2, Vozes, Petrdépolis 1980, pp. 296-307.
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gli araucani — ona e fueguinos — dalle terre desiderate dai grandi proprietari, allevatori di bestiame o coltivatori di frumento, aprendo allo stesso tempo la pampa umida e le pianure del sud alle compagnie inglesi per le ferrovie. La loro espansione fu forse ancor pili spettacolare di quella del Messico, dal momento che la rete ferroviaria passO da 2.500 a 33.000 km tra il 1880 e i] 1914". «Il primo ministro della guerra al tempo del presidente Avellaneda, Adolfo Alsina, concepi un piano di graduale avanzata (sui territori indigeni) offensiva-difensiva, che ottenne pochi risultati (1874). Gli succedette il generale Julio Argentino
Roca,
che
si era distinto
nell’esercito
nazionale
con-
tro le sollevazioni jordanistas, mitristas e portenas. Sviluppd un piano minuziosamente preparato, simile a quello di Rosas, destinato ad attaccare gli indios nelle loro stesse basi per obbligarli ad attraversare la cordigliera o ad arrendersi (1876). Possedeva a tale scopo due vantaggi tattici sui suoi predecessori: il fucile Remington e il telegrafo, con i quali riusci ad avere la meglio sulla velocita di spostamento e sulle armi degli indigeni. All’inizio non si proponeva lo sterminio, ma in pratica arrivo a questo risultato»!. Per lo Stato argentino, «... il problema indigeno nel sud trovd una soluzione e milioni di ettari di terreno vennero incorporati all’allevamento del bestiame e all’agricoltura, dopo essere stati accaparrati da poche centinaia di grandi proprietari, amici del governo. Pit avanti, durante la presidenza di Roca (1880-1886), si usd lo stesso metodo nel nordest, e si organizzarono i territori nazionali di Misiones, Chaco, Formosa»'4, Quanto all’interesse umano e missionario della Chiesa, scrive Mignone: «Esisteva nell’episcopato di allora e nelle congregazioni religiose che erano state chiamate per questo obiettivo (francescani, lazzaristi e salesiani) una preoccupazione per l’evangelizzazione degli indios. Si concepiva pero questa attivita per il dopo «pacificazione» e con l’intento di insegnare agli indios i rudimenti della fede, amministrare loro i sacramenti e imporre le forme della civilta europea, senza rispettare i loro diritti e i loro valori morali e culturali. Come conseguenza della sconfitta indigena, un grande numero di !2 Cfr. T. Halperin Donghi, op. cit., p. 306.
13, Mignone, Historia General de la Iglesia en América Latina, CEHILA, vol. [IX - Cono sud, pro manuscriptis, p. 51. 14 Thid., p. 51.
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trib’ furono incorporate coattivamente nell’esercito, come carne da cannone; concentrate in colonie; trasferite a forza in
altre
regioni,
mentre
le donne
venivano
assegnate
come
domestiche a famiglie di Buenos Aires. Su questa base di dolore e di umiliazione si tentd l’evangelizzazione, che ottenne pochi risultati perché la maggior parte dei beneficiari mori ben presto, duramente provata da miseria, denutrizione, alcolismo e soprattutto tubercolosi, che fece vere stragi. Nella campagna militare si impiegarono metodi cruenti: era comune l’esecuzione di prigionieri e feriti. Esistono testimonianze dirette in documenti privati dei missionari che accompagnavano le truppe, i quali fecero indubbiamente degli sforzi per mitigare la situazione. Mancd perd una denuncia pubblica, organizzata, profetica, capace di commuovere le coscienze, proporre alternative diverse e alleviare tante sofferenze’’. In
Cile,
negli
anni
1870,
si organizzd
anche
Vinvasione
delle terre mapuches con una violenta spedizione militare che spezzo la secolare linea divisoria del fiume Biu-Biu, confine settentrionale fissato per il popolo mapuche in trattati del secolo XVI. Quella che fu chiamata la «pacificazione dell’Araucania» si concluse nel 1881, togliendo ai mapuches 800.000 ettari di terra coltivabile e 600.000 di foreste. Le loro terre migliori, con centro a Temuco, furono consegnate a immigrati tedeschi, usate per le coltivazioni di frumento e per la pastorizia. Dopo la sconfitta militare, a prendersi cura degli immigrati e degli indios del sud furono chiamati missionari gesuiti, salesiani e cappuccini. 4. La risposta del mondo contadino e indigeno a questa penetrazione violenta del capitalismo nelle campagne fu quella di una sorda resistenza o di movimenti messianici 0 ancora di sollevazioni armate. Sulla sierra peruviana scoppiarono una serie di rivolte intorno al lago Titicaca. «Le cause di queste ribellioni erano quasi sempre le stesse: gli abusi
delle autorita
locali, l’arbitraria imposizione
di tributi,
il monopolio del sale, la mita (tributo sotto forma di lavoro forzato) e altre forme di serviti. Nel 1915 un capo-battaglione dell’esercito, Teodomiro Gutiérrez Cuevas, assunse il nome di battaglia di Rumi Maqui (“mano di pietra”) e si mise alla testa di un movimento di protesta nei dintorni di
'5 Tbid., pp. Sis.
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Puno. La sollevazione termind in un massacro dei contadini»!6, In Brasile, nei primi anni della repubblica, contadini cacciati dalle loro terre in seguito all’espandersi delle piantagioni di cotone, facilitate dalla ferrovia tra Salvador e Juazeiro e dalla navigazione a vapore sul fiume Sao Francisco, si radunano in una fattoria abbandonata in riva al Vaza-Barris, costruendo il villaggio-accampamento di Canudos. Sotto il comando di Antonio Conselheiro, una specie di santone laico, vengono innalzate circa cinquemila case di fango attorno alla chiesa del Buon Gest, nello Stato di Bahia, al punto di diventare, essa, la «Troia de Barro», la seconda citta dello Stato. Occupando la terra, ristabilendo la produzione contadina di sussistenza, opponendosi alla repubblica liberale e alla sua accettazione da parte della gerarchia della Chiesa, creando nelle terre desolate e affamate dell’interno un rifugio per tutti i miserabili, Canudos attirava un sempre maggior numero di gente che scorgeva in quel luogo la restaurazione del regno di Dio sulla terra. Per il sert@o si spargeva la voce che a Canudos «i fossi erano pieni di frittelle di farina di granturco» e che «le aride terre del sert#o sarebbero diventate come il mare». Un cappuccino italiano, fra Giovanni Evangelista, inviato dall’arcivescovo di Bahia e dal governo per convincere i contadini a disperdersi e a tornare ai loro luoghi d’origine, dove li aspettava la secolare dominazione del latifondo o i salari di fame delle nuove fattorie agro-esportatrici, falli nella sua missione e dovette abbandonare il villaggio. Fu il via libera alla repressione poliziesca e poi militare che, dopo quattro spedizioni armate, due anni di guerra aperta (1896-97) e un assedio implacabile, ridusse Canudos alla fame e alla sete, con l’artiglieria che, giorno e notte, vomitava ferro e fuoco sulle fragili costruzioni di fango. L’attacco finale, all’arma bianca, con la conquista di una casa dopo I’altra e infine della chiesa, risultO un massacro spietato: i prigionieri venivano sgozzati, non si risparmiavano nemmeno le donne incinte, a cui veniva squarciato il ventre con la baionetta perché non potessero nascere nuovi piccoli banditi (jaguncinhos)»".
16 J. Klaiber, Historia General de ia Iglesia en América Latina, CEHI-
LA, vol. VIII: Peri, Bolivia ed Ecuador, Sigueme, Salamanca 1987, p. 280.
'7B. da Cunha, Os Sertées, Cultrix, S40 Paulo 19823; D. Teixeira Mon-
teiro, «Um confronto entre Juazeiro, Canudos e Contestado», in B. Fausto, Histdria Geral da Civilizacado Brasileira, tomo II (1889-1930), vol. II,
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Nel sud del paese, nella regione di Contestado, tra gli Stati di Santa Catarina e Paranda, scoppio un’altra guerra di tipo messianico. La popolazione che viveva nella regione di un’agricoltura di sussistenza e dell’estrazione di erba-mate dai boschi nativi, comincid a essere incalzata e cacciata a causa della costruzione della ferrovia Séo Paulo-Rio Grande do Sul: il governo consegnava al consorzio costruttore dieci chilometri per lato, cosi da ricavare legname per le traversine e per le locomotive a vapore e lottizzare il terreno vendendolo a coloni capaci di produrre e di procurare cosi merce trasportabile per ferrovia. Queste terre erano gia occupate e i contadini, guidati dai monaci Jofo Maria e José Maria e, dopo la loro morte, dalla veggente Teodora e dalla «vergine»'® Rosa Maria, resistettero per quattro anni (1912-1916) alle truppe locali e poi all’esercito nazionale. Ancora una volta, il segnale per la repressione militare fu dato dall’incapacita del francescano tedesco, fra Rogério Neuhaus, a convincere i contadini a gettare le armi e a sottomettersi al nuovo ordine’’. In Messico, invece, la rivoluzione contadina (1910-1917) di Pancho Villa e Zapata (in particolare del primo che viene dal Messico del nord, pit capitalista e modernizzato, dalle grandi proprieta) é animata da rancore anticlericale pit raffinato sviluppatosi in gruppi dirigenti di stampo pili borghese, come quelli che fanno capo a Carranzas e Calles. Secondo J. Meyer: «Sotto il governo dei liberali (1859-1910), la Chiesa cattolica aveva effettuato una seconda evangelizzazione, dando vita a movimenti di azione civica e sociale nello spirito di Leone XIII. Era dunque in piena espansione quando sopraggiunse una rivoluzione che, durante i primi tre anni, le fu favorevole. Ma con la caduta del presidente democratico Francisco Madero (febbraio del 1913), la rivoluzione tornd ad avvampare, e la fazione trionfante di uomini del nord, bianchi, segnati dalla frontier nordamericana, imbevuti dei valori del protestantesimo e del capitalismo anglosassoni, ignoravano DIFEL, Sao Paulo 1977, pp. 39-92; M.I. Pereira de Queiroz, O Messianismo no Brasil eno mundo, Dominus Editora/EDUSP, Sao Paulo 1965. 18 «Vergine» era anche chiamata la giovane biancovegtita che accompagnava le immagini dei santi in processione (NdT). 19 Frei A. Stultzer, A guerra dos fandticos (1912-1916) - A contribuigao dos franciscanos, Vila Velha (ES) 1982; D. Teixeira Monteiro, Os errantes do novo século- Um estudo sobre o surto milenarista do Contestado, Duas Cidades, Sao Paulo 1974; M. Vinhas Queiroz, Messianismo e conflito social (A guerra sertaneja do Contestado: 1912-1916), Atica, Sao Paulo 19772.
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volutamente il vecchio Messico meticcio, indio, cattolico. Per essi la Chiesa incarnava il male, era una “carnevalata pagana che non perde occasione di far denaro, approfittando delle leggende pit fantastiche, facendosi scherno della ragione e della virti pur di raggiungere i suoi scopi””°. La costituzione di Queretaro del 1917 sintetizzd nel modo pit crudo la visione liberale sulla religione e sul posto sociale da assegnare alla Chiesa cattolica, arrivando a privarla di qualsiasi personalita giuridica: «La Costituzione del 1917 chiude alla Chiesa le porte dell’educazione, non riconosce i voti monastici e proibisce le congregazioni religiose, impedi’ sce il culto fuori dei templi, nazionalizza i beni ecclesiastici e nega alla Chiesa ogni personalita giuridica; i sacerdoti sono riconosciuti alla stregua di chi esercita una professione e dipendera quindi dallo Stato regolarne il numero, vengono limitati i loro diritti politici e di espressione, non riconosciuti gli studi compiuti nei seminari; sono inoltre proibiti i partiti politici confessionali. Non é un semplice regime di separazione tra Stato e Chiesa, si tratta invece di “stabilire la netta supremazia del potere civile sull’elemento religioso”, con un obiettivo specifico: impedire alla Chiesa di svolgere qualsiasi funzione direttiva all’interno della societa messicana nata dalla rivoluzione»?!. In un altro senso, la rivoluzione dei cristeros (1926-1929) in Messico rappresenta I’indisponibilita della Chiesa e di vasti settori di piccoli proprietari delle zone elevate di Jalisco, braccianti delle fattorie, che vedevano nella regolamentazione, ad opera di Calles, degli articoli religiosi della Costituzione del 1917 un’intollerabile oppressione dello Stato sulla fede e sul suo esercizio. Per i contadini che imbracciano le armi hanno un loro peso anche le promesse inadempiute di riforma agraria, né va negata |’esistenza di un filo unico di agitazioni che lega tra loro superstiti della guerriglia zapatista, convertiti in combattenti cristeros”. In tutte le sommosse contadine e indigene, a eccezione della rivoluzione
messicana,
la gerarchia della Chiesa
fu sempre
20 J. Meyer, Historia de los cristianos en América Latina: siglos XIX y
XX, Vuelta, México 1989, pp. 231-232. 21 J.M. Romero de Solis, «La Iglesia en México», in Q. Aldea ed E. Cardenas, Manual de Historia de la Iglesia, Herder, Barcelona 1987, pp. 900-901. 22 Cfr. J. Meyer, La Cristiada, vol. 1: La guerra de los cristeros; vol. I:
El conflicto entre la Iglesia y el Estado: 1926-1929; vol. II: Los cristeros, México 1973-1974.
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chiamata a esercitare un ruolo di mediatrice, moderatrice, oltre al ruolo tradizionale di disciplinatrice delle popolazioni rurali chiamate
a entrare
nel nuovo
ordine
capitalista,
sotto-
mettendosi ai suoi valori e alla sua dominazione. Anche in Messico, tuttavia, si pose fine alla sollevazione dei cristeros solo dopo che furono presi «accordi», patrocinati dall’ambasciata nordamericana, tra governo e gerarchia cattolica”’.
3. La Chiesa e la sfera politica nell’ordine liberale La maggior parte degli studi di storia della Chiesa in America Latina riassumono quanto é avvenuto in questo periodo esaminandolo sotto l’aspetto di uno scontro senza tregua tra Chiesa e Stati liberali e loro legislazione: la Chiesa lotta per salvaguardare il suo statuto di confessione religiosa della maggioranza del popolo e i privilegi ereditati dal periodo coloniale, mentre i liberali si sforzano di spezzare il suo potere religioso-sociale e politico, riducendo il suo spazio di azione alla sfera privata. La storia é in realta pit complessa. All’interno della Chiesa esisteva infatti una tradizione di laici e sacerdoti liberali, formatasi nelle guerre per l’indipendenza; d’altra parte, esistevano in politica dei liberali che erano sinceramente cattoli-
ci, pur sostenendo
la formula «libera Chiesa in libero Stato»,
sistematicamente rigettata dalla gerarchia. Il progetto liberale consisteva nel ridurre a tutti i costi il potere della Chiesa: nella sfera politica, separandola dallo Stato; nella sfera economica, secolarizzandone i beni, sospendendo la raccolta delle decime ecclesiastiche e cessando di pagare i suoi ministri e professori di seminario o di sovvenzionare le sue opere, scuole e missioni; nella sfera sociale, proibendo processioni e altre manifestazioni pubbliche; nella sfera ideologica, infine, promuovendo l’istruzione laica e laicizzante nella scuola pubblica e un’intensa campagna anticlericale mediante la stampa. Nei momenti di maggior conflitto, lo Stato liberale mando in esilio vescovi e sacerdoti, espulse ordini e congregazioni religiose e proibi la venuta di nuovi, impedi l’entrata di sacerdoti e religiosi stranieri, oppure ruppe le relazioni con la Santa Sede. Altra misura generalizzata fu listituzione del registro civile per nascite e morti, la seco23 Cfr. CEHILA, Historia General de la Iglesia en América Latina: Mé-
xico, vol. V, Sigueme, Salamanca / Paulinas, México 1984, pp. 332-333.
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larizzazione dei cimiteri e l’emanazione di leggi sul matrimonio civile e il divorzio, sottraendo alla Chiesa la regolamentazione dell’ordine familiare. La battaglia su tutti questi fronti fu ingaggiata in primo luogo sulla stampa, per passare poi in parlamento, dove presero forma le costituzioni liberali, o nel palazzo del governo, dove leggi e decreti vennero emanati in maniera autoritaria, dittatoriale o rivoluzionaria, a seconda dei regimi che si succedevano al potere. Altra conseguenza di tali lotte fu la politicizzazione estrema degli affari religiosi. Mentre l’orientamento generale dei vescovi riformatori della Chiesa,
nella seconda
meta del seco-
lo XIX, era di allontanare il clero dalle dispute politiche, di fatto si andava contemporaneamente sviluppando una complessa ed estesa alleanza tra la Chiesa e le forze politiche conservatrici. Si stabilivano tra le due parti scambi di favori: i conservatori appoggiavano le rivendicazioni della Chiesa e questa offriva loro appoggio politico e sostegno ideologico. Diventava comune I’identificazione tra cattolico e conservatore, mentre si affermava come un postulato la totale incompatibilita tra liberalismo e cattolicesimo.
In Bolivia, José Santos
Machicado, insigne portavoce de «La Unidén Catdlica», scagliava !’anatema contro coloro che «pretendono di essere cattolici in religione e liberali in politica, spiriti deboli o compiacenti che cercano di operare l’impossibile amalgama del bene col male, della verita con l’errore, dal momento che — continuava — causavano alla Chiesa maggior danno dello stesso liberalismo, quasi cavallo di Troia nelle file della Chiesa». In Cile, «... odio della Chiesa conservatrice contro il presidente della Repubblica, José Manuel Balmaceda, era il segno dell’aggressivita cattolica neocoloniale, presentata come ira di Dio. Un cugino del presidente ricorda in tal senso la propria formazione nel collegio San Ignacio di Santiago: “(il fratello Llanas) terminava dicendoci che tutti quelli che facevano parte del partito liberale erano inesorabilmente condannati alle fiamme eterne dell’inferno...”». Questa opinione puo esser fatta valere per tutto il conti-
24 J.S, Machicado, Discorso «La Unién Catélica», La Paz 1897, pp.
14-15, citato da J. Barnadas in Historia General de la Iglesia en América Latina: Pert, Bolivia y Ecuador, CEHILA, vol. VI, Sigueme, Salamanca
1987, p. 311. 25 M. Salinas, Historia Geral da Igreja na América Latina: Cono Sur, vol. IX, pro manuscriptis, p. 149.
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nente, nella misura in cui si esaspero il conflitto, lasciando ai margini da una parte e dall’altra — in campo cattolico e in campo liberale — quelli che avevano posizioni pil sfumate. Se nella Chiesa cattolica crebbe una posizione contraria al liberalismo, acuita dall’atteggiamento intransigente di Pio IX col Sillabo (1864) e col concilio Vaticano I (1869-1870), d’altro lato la posizione liberale si ando facendo egualmente intransigente, tanto pit che il liberalismo raramente poté fare assegnamento sulle masse popolari, rimaste fedeli, soprattutto nelle campagne, alla tradizione cattolica. «Il peruviano Mariategui osservo (nel 1928) che lo sviluppo estremo del liberalismo del secolo XIX portava a preconizzare il protestantesimo e la Chiesa nazionale come logica necessita dello Stato moderno. Questa logica non ando oltre il campo speculativo in tutti gli altri paesi tranne che nel Messico, dove si tradusse in concreto tra il 1926 e il 1938. La politica del generale Calles, tra il 1926 e il 1934, e poi quella del generale Cardenas, almeno fino al 1938, mirava a integrare la Chiesa cattolica nello Stato»?*, Verso la fine del secolo, e soprattutto dopo la prima guerra mondiale e la crisi del 1929, tali posizioni vennero via via superate, tanto pit che il liberalismo cominciava a subire, alla sua sinistra, la sfida proveniente dal movimento popolare in crescita, dalla formazione di una classe operaia che faceva capo non gia al progressismo liberale, ma alla critica anarchico-sindacalista, socialista o massimalista, come veniva allora chiamato il marxismo. II liberalismo si fa sempre piu conservatore, e viene spinto ai margini della vita politica dall’insuccesso del suo modello agro-esportatore nella crisi del 1929, dalla richiesta di maggior democrazia da parte delle classi medie urbane, dall’ascesa dei populismi, nazionalismi e autoritarismi di destra e di sinistra degli anni trenta. A dire il vero, le oligarchie liberali e quelle conservatrici, che in fondo si distinguevano poco essendo unicamente separate da anticlericalismo da una parte e clericalismo dall’altra, si uniscono contro i settori popolari e le loro proposte politiche. Nello stesso tempo, le posizioni cattoliche si fanno piv flessibili in politica e pid aperte in campo sociale, spezzando quel cerchio di ferro in cui Popposizione liberali-conservatori le avevano confinate. Secondo Pablo Richard, la conversione della Chiesa, avvenuta negli anni venti e trenta, al progetto nazionalista e de-
26 J, Meyer, Historia de los cristianos, op. cit., p. 238.
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sarrollista, le permise di superare una serie di contraddizioni e di limiti propri del periodo precedente (1870-1930): «Innanzi tutto, la Chiesa riusciva a liberarsi o uscire dal falso dilemma “conservatorismo-liberalismo”. Tale dilemma limitava, falsificava e isteriliva Vazione della Chiesa, se si considera che la sua opposizione al liberalismo veniva presentata e interpretata erroneamente dall’ideologia come un’opposizione al “progresso”, alla “scienza” e alla “modernita”. La Chiesa passa allora dalla contrapposizione ‘“conservatorismo-liberalismo” a quella “liberazione nazionale (o latinoamericana) — dominazione o dipendenza straniera”, “sviluppo-sottosviluppo”. A partire da allora, la Chiesa pud affrontare il liberalismo positivista muovendo da una posizione nazional-desarrollista che difficilmente potra essere interpretata come conservatrice. In secondo luogo, il progetto nazionalista e desarrollista obbligava la Chiesa a superare il proprio carattere tipicamente europeizzato e romanizzato, estraneo alla realta nazionale e latinoamericana. A partire dal 1930, si verifica un lento processo di nazionalizzazione e di latinoamericanizzazione delia Chiesa e di valorizzazione dell’identita e della cultura autoctona latinoamericana. In terzo luogo, la decisione di interessarsi ai problemi nazionali e latinoamericani, ai problemi sociali e del sottosviluppo, fa si che la Chiesa esca dall’ambiente puramente devozionale, familiare o educazionale, nel quale si era rinchiusa durante il periodo anteriore al 1930. In quarto luogo, il progetto nazionalista, populista e desarrollista, permetteva finalmente alla Chiesa di espandere la propria base sociale al di la della cerchia ristretta delle élites oligarchiche in cui si era prima rinchiusa, aprendosi ai “ceti medi” e alle masse popolari. Il progetto populista-nazionalista-desarrollista permetteva alla Chiesa di allargare la sua base sociale senza provocare una frattura con lo Stato e con le classi dominanti, anzi appoggiandovisi e migliorando il suo rapporto con esse»?’. 4. fl cattolicesimo latinoamericano nel contesto internazionale della Chiesa Una valutazione del cattolicesimo latinoamericano nel periodo qui preso in esame (1880-1930) non é comprensibile se 27 p. Richard, Morte das cristiandades e nascimento da Igreja, Pauli-
nas, Sao Paulo 19842, pp. 96-97.
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non si analizza il ruolo cruciale svolto da Roma nell’evoluzione storica di questo periodo. Pit che in qualsiasi altro momento precedente, Roma offre la chiave di interpretazione delle trasformazioni e dell’espansione dell’apparato ecclesiastico. La situazione peculiare del «Patronato» regio, che subordinava ai re di Spagna e Portogallo la vita della Chiesa nei loro possedimenti in America, in Africa e in Oriente, limitd sensibilmente il potere di Roma e lo stesso radicamento del cattolicesimo della controriforma tridentina. Nemmeno lindipendenza rappresentd sempre la fine del «Patronato» regio, che in realta si trasformava in «Patronato» imperiale in Brasile (1822-1889) o in «Patronati» nazionali nelle altre repubbliche, a partire dalle lotte per l’emancipazione (1810-1824). La rottura si avra solo con l’avvento dei governi liberali nella seconda meta del secolo XIX, a cominciare dalla Colombia (1853) e dal Messico di Judrez (1857), fino a interessare assai piu tardi il Brasile, con la repubblica (1889) che instaura la separazione tra Stato e Chiesa e la liberta di culto (7 gennaio 1890), 0 il Cile (1925). I liberali introdussero sia la separazione tra Stato e Chiesa, sia un raddoppiato intervento dello Stato negli affari ecclesiastici, come nel Messico delle leggi di riforma (1859) e della costituzione rivoluzionaria (1917), nel Guatemala (1871), nel Venezuela di Guzman Blanco (1870-1888), nell’Argentina di Roca (1880), nell’Ecuador di Eloy Alfaro (1895) e cosi via, un paese dopo I’altro. I risultati sono paradossali. Arrivati all’intransigenza reciproca, non resta ormai pit: spazio per coloro che volevano essere allo stesso tempo cattolici e liberali o liberali e cattolici. La rottura si consuma a partire dal decennio 1860-1870, quando le élites intellettuali e politiche, salvo rare eccezioni, cessano di presentarsi pubblicamente come cattoliche. Ai desideri di riforma della Chiesa, da cui furono animati certi ministri liberali come Nabuco in Brasile (1855), si sostituisce Vintento di spezzarle la spina dorsale, attaccandone la base materiale con Ja nazionalizzazione dei beni ecclesiastici, con l’eliminazione delle decime a sostegno del culto e dei suoi ministri; liquidandone i quadri con I’espulsione dei gesuiti e degli altri ordini religiosi e riducendone l’influenza ideologica con la laicizzazione della scuola pubblica e l’instaurazione del registro civile per le nascite, del matrimonio civile e dei cimiteri pubblici. Tali misure non furono mai popolari al di fuori della ri-
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222
stretta cerchia delle élites liberali, creando un profondo divorzio tra il paese reale, rimasto cattolico, e le classi dirigenti che diventavano attivamente e dichiaratamente anticlericali. «Dopo le guerre d’indipendenza e le guerre civili del secolo XIX, lo Stato, nel suo sforzo di costruzione nazionale, cerca di servirsi della Chiesa cattolica, che conserva un potere sociale e politico. Se é vero che rare volte intende eliminarla, va detto perd che si propone di assoggettarla a sé per sottomettere e unificare la societa civile. Questa forma di regalismo repubblicano dura fino al 1860, e anche oltre in alcuni paesi. In Messico lo Stato rivoluzionario (1914-1940) respinge la Chiesa come istituzione religiosa, vorrebbe addirittura disintegrarla con l’aiuto della massoneria, dei protestanti, dei “rossi”. Non é un processo di secolarizzazione, bensi il processo di egemonia politica di un gruppo sull’insieme della societa. La Chiesa viene trattata come un ostacolo al progresso, alla scienza, ai lumi. Dato che positivismo e liberalismo sono propri della classe al potere, risultano al tempo stesso antipopolari e anticlericali, e cid permette a Mariategui di scrivere a proposito del Peru: Demos é diventato clericale. Questa campagna di educazione razionale, questa “secolarizzazione” non tocca la cultu. ra popolare. La Chiesa reagisce a tale stato di cose in una triplice maniera. In continuita con la storia, difende i suoi diritti tradizionali ricercando un concordato o I’alleanza con gli oligarchi conservatori. Gioca poi la sua carta puntando sull’educazione e sulla famiglia, sviluppando le iniziative pedagogiche, la stampa cattolica, le pratiche devozionali: si tratta di guadagnarsi le élites e insieme di conservare il popolo, per riconquistare un giorno lo Stato. Riceve infine da Roma e dalle Chiese italiana, francese, spagnola, tedesca e belga un aiuto decisivo: i loro uomini, il loro pensiero, le loro organizzazioni si trasferiscono in America; gli ordini religiosi e le congregazioni francesi in particolare, cacciate dalla loro terra dall’anticlericalismo, svolgono una parte decisiva in questa europeizzazione, in questa romanizzazione della Chiesa cattolica»?®, L’offensiva dello Stato liberale port, come immediata e pid visibile conseguenza, a pit stretti legami delle Chiese locali con Roma, donde poteva venir loro aiuto. Trasformo pure la Chiesa latinoamericana in una Chiesa profondamente ultramontana, dipendente in tutto da Roma. Per trovare un 28 J. Meyer, op. cit., pp. 205s.
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proprio spazio di sopravvivenza cercd di ridefinire il suo statuto legale mediante concordati, firmati tra Roma e lo Stato, anche se la fluida situazione politica portava poi al disconoscimento o alla rottura, da parte di governi liberali, di concordati firmati da governi conservatori. Vistasi sbarrata la strada della scuola pubblica ad opera delle politiche di laicizzazione dell’insegnamento, le Chiese locali tentano di creare un apparato di scuole cattoliche per mezzo di congregazioni europee giunte in America Latina in gran parte tramite Roma. Sono queste stesse congregazioni a introdurre e promuovere le nuove devozioni, trasformate in «universali» dal sigillo romano. Si inseriscono in questa linea, in modo particolare, la devozione al sacro Cuore di Gesu, al quale Leone XIII consacra il mondo intero il 1° gennaio 1900, e la devozione alla Madonna di Lourdes (1858), strettamente collegata al dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato da Pio IX nel 1854. Pio IX fu il primo papa ad avere un’esperienza personale dell’America Latina. Egli aveva accompagnato mons. Gio-
vanni
Muzi,
inviato
da
Leone
XII
nel
1823,
dopo
le guerre
d’indipendenza, per riannodare i legami episcopali direttamente con Roma, senza !’interferenza della Spagna. Partirono su invito di O’Higgins del Cile. Percorsero via terra tutto il tratto da Buenos Aires a Santiago, attraversando il deserto e la cordigliera, in un viaggio che durd 9 mesi da Genova a Santiago. La missione risultd praticamente un fallimento, ma valse al futuro papa un soggiorno di quasi due anni nel continente, segnando profondamente la sua vita e le sue relazioni con |’America Latina. Fu su ispirazione di sacerdoti latinoamericani (José Ildefonso Pefia, messicano, negli anni trenta; José Villaredo, messicano, nel 1853; e infine José Ignacio Victor Ezayguirre, cileno, che portd avanti l’idea e fu il fondatore del collegio in questione) che Pio IX benedice la fondazione in Roma, il 21 novembre 1858, del collegio Pio Latinoamericano che comincera a preparare la riforma ultramontana della Chiesa nel continente. Dal Pio Latino uscira infatti buona parte della nuova gerarchia, senza pit tracce di gallicanesimo e di progetti di Chiese «nazionali», una gerarchia in sintonia con le direttive della S. Sede e reticente, quando non apertamente ostile, alle politiche religiose degli Stati nazionali. Dal Pio Latino verranno egualmente i formatori del nuovo clero, quali saranno i professori di teologia, morale e diritto canonico praticamente di tutti i seminari del continente. Come libri di testo saranno introdotti quelli del collegio Roma-
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no (a quel tempo cosi si chiamava I’universita Gregoriana). I! collegio Pio Latino e la Gregoriana erano entrambi retti dai padri gesuiti, i-quali lasciarono l’impronta della loro pedagogia, della loro spiritualita e delle loro idee sull’insieme del clero diocesano dei vari paesi. I vescovi latinoamericani che presero parte al Concilio Plenario Latinoamericano (1899) tenutosi nei locali del collegio di Roma, scrissero una circolare agli altri prelati d’ America Latina, rivolgendo loro un urgente appello «perché ognuno inviasse qualche alunno al collegio, cosi da imparare in questa Citta Eterna quello spirito veramente romano di fede cieca, di obbedienza perfetta e di completa dipendenza nei riguardi della Cattedra infallibile di Pietro, che unisce tutte le Chiese disseminate per |’orbe cattolico all’unico e vero centro della Chiesa di Gest Cristo, nostro redentore e re eterno», Nei primi cent’anni del collegio (1858-1957) passarono nei suoi banchi 2.283 alunni, dei quali pit di mille conseguirono una laurea: 482 in teologia, 240 in diritto canonico, 436 in filosofia, ma soltanto 4 in storia ecclesiastica e 2 in sacra Scrittura. Altri 500 circa conseguirono la licenza per l’insegnamento. Di questi alunni, 1.054 furono ordinati sacerdoti, 183
divennero vescovi e 7 cardinali°. Questi anni di studio in co-
mune, lontano dai rispettivi paesi, abitando nello stesso collegio e frequentando la stessa universita, creavano una conoscenza, amicizia e solidarieta-uniche tra questi studenti (futuri professori dei seminari e futuri vescovi) di tutti i paesi dell’America Latina: dal Cile al Messico ne risultava un corpo omogeneo di chierici, imbevuti della tradizione romana. Si superava anche la barriera linguistica del continente, dato che per quasi 80 anni anche i brasiliani frequentarono il Pio Latino, fino all’inaugurazione del collegio Pio Brasiliano nel 1934. Fino a quella data avevano studiato nel Pio Latino 423 brasiliani?!. I moti rivoluzionari del 1848, l’unificazione d'Italia nel 1860 sotto il segno dei garibaldini e della politica liberale di Cavour, con l’annessione «manu militari» degli Stati pontifici, portd 1a S. Sede, e in particolare Pio IX, a un giudizio
29 P. Maina, Memorias del Pontificio Colegio Pio Latino Americano de
Roma, desde su fundacion hasta nuestros dias: 1858-1958, Roma 1958, pp.
250-251, dattiloscritto, citato da L. Medina Ascensio, in Historia del Colegio Pio Latino Americano: Roma 1858-1978, Editorial Jus, México 1978, p. 90.
30L. Ascensio Medina, op. cit., p. 339.
31 Tbid., p. 162.
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sempre pill negativo e pessimista sulla modernita e sui principi liberali. Il Sillabo nel 1864 é espressione diretta di questa rottura, senza mezzi termini, con il complesso dei valori liberali, chiudendo anche per Il’America Latina l’era del cattolicesimo liberale e dei liberali cattolici. I! Sillabo e la sua applicazione pratica aprirono una crisi immediata nelle confraternite che ospitavano molti uomini di tradizione cattolica, in campo religioso, e liberali e/o massoni, sul piano ideologico e politico, inclusi i sacerdoti. Datera da questo periodo la scomunica di numerosi sacerdoti affiliati alla massoneria, e il passaggio di vari tra loro, come in Brasile il famoso p. José Manuel da Concei¢ao, alle nascenti Chiese protestanti?2. Ricercando una conciliazione, divenuta impossibile in quel momento, tra cattolicesimo e liberalismo, non restd loro altra strada se non quella delle Chiese protestanti che arrivavano dagli Stati Uniti. In tali Chiese la duplice appartenenza alla Chiesa e alla massoneria diverra una questione cruciale nei decenni seguenti, stabilendo la linea divisoria tra protestantesimo di profilo pit liberale e protestantesimo di stampo pid: fondamentalista. In un periodo successivo, quando si accentuera la romanizzazione, una versione internazionalizzata del cattolicesimo in contrasto con le radici culturali locali, sorgeranno in tutta l America Latina delle piccole Chiese cattoliche nazionali, come quella fondata nel 1915 a Itapira (Sdo Paulo) o la ICAB (Chiesa cattolica brasiliana) nel 1941, dove la componente nazionalista diventa elemento catalizzatore. Due altre esperienze serviranno a imprimere un orientamento romano al continente nel suo complesso: il concilio Vaticano I (1869-1870) e il concilio plenario Latinoamericano (1899). Dopo quasi quattro secoli dall’arrivo di Colombo in America, per la prima volta vescovi del continente prendevano parte a un’assemblea conciliare della Chiesa universale. Benché nel secolo XVI i vescovi residenti fossero gia una quarantina, nessuno di loro prese parte alle tre sessioni del concilio di Trento (1545-1563). Una quarantina di vescovi latinoamericani partecipd invece al Vaticano I: dieci dal Messico (il gruppo pid numeroso), sei dal Brasile, cinque dal Cile, due dall’Ecuador, ma uno solo, il vescovo di Costa Rica, Thiel, per tutta l’America centrale. Nessuno di loro si allined con i rappresentanti della mino22 Cfr. CEHILA, pp. 245ss.
HIGIAL,
Brasil, vol. H/2, Vozes,
Petrépolis
1980,
226
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ranza conciliare, formando un unico blocco a fianco del partito ultramontano o infallibilista. Commenta uno storico messicano: «Riguardo al tema incandescente dell’infallibilita pontificia, potremo notare che la loro vita di lotta contro le teorie e gli abusi delle leggi di riforma, l’aver sperimentato sulla propria carne le punizioni frutto dei propositi regalisti e febroniani del liberalismo di Juarez e di Massimiliano, li resero naturalmente immuni dalla tentazione (se mai poterono averla) dell’antiinfallibilismo. ..»3. Col dogma dell’infallibilita si rafforzava l’autorita papale non solo in campo disciplinare, amministrativo e pastorale, ma anche in campo propriamente dottrinale, rispondendo cosi in maniera decisa al discredito che liberalismo e spirito moderno gettavano sull’autorita, e alla contestazione dottrinale che aveva le sue radici nel razionalismo e nella critica filosofica e scientifica. L’esperienza del concilio fu decisiva per la «questione religiosa» (1872-1874) in Brasile: due vescovi finirono davanti ai tribunali e furono condannati a quattro anni di lavori forzati per aver voluto imporre la legislazione canonica romana in contrasto col diritto civile-ecclesiastico dell’impero*.
L’intransigenza cattolica, dopo il Sillabo e il Vaticano I,
divenne praticamente incompatibile con l’ordine liberale, esasperando i detentori del potere, forti dell’avere in mano le leve dello Stato, ma deboli quanto ad accettazione e consenso da parte del popolo e praticamente privi di una legittimita culturale che si estendesse oltre le élites cittadine. Il politico liberale Aquileo Parra, presidente della Colombia tra il 1876 e il 1878, confessava: «Bisogna riconoscere che l’unica cosa veramente diffusa e profondamente radicata nelle nostre masse popolari, e anche nella quasi totalita delle classi colte di sesso femminile, é la credenza cattolica»*>. Pit decisiva ancora fu l’esperienza del concilio plenario
na,
33 A. Alcala Alvarado, Historia General de la Iglesia en América Lativol.
V:
México,
CEHILA,
Sigueme,
Barcelona / Paulinas,
México
1984, p. 260. 34 Per una lettura a partire da uno dei vescovi, protagonista dell’ episodio, cfr. D.A. Macedo Costa, A questao religiosa do Brasil perante a Santa Sé ou a missao especial a Roma em 1873 a luz de documentos publicos e inéditos (...), Lisboa 1886; per una lettura dal punto di vista liberale, cfr. R. Maciel de Barros, «A questo religiosa», in S. Buarque de Holanda, HGCB,t.U, vol. IV, DIFEL, Sao Paulo 1971, pp. 338-365.
35 Memorias, Bogota 1912, citato da Q. Aldea ed E. Cardenas (edd.), in
Manual de Historia de la Iglesia, Herder, Barcelona 1987, p. 491.
Chiesa/Stato liberale
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Latinoamericano, convocato da Leone XIII a Roma nel 1899, su suggerimento, fin dal 1892, dell’arcivescovo di Santiago del Cile, D. Mariano Casanova. II sogno bolivariano di unificare l’antico impero spagnolo, sara ampliato e concretizzato nella sfera religiosa da Roma, radunando in vista di un progetto comune i vescovi delle antiche colonie spagnole, francesi (Haiti) e portoghesi (Brasile). Cosi si esprimeva Leone XIII nel suo invito ufficiale: «Sin dall’epoca in cui si celebro il quarto
centenario
della
scoperta
dell?’America,
abbiamo
co-
minciato a meditare seriamente sul modo migliore per aver cura degli interessi comuni della razza latina, a cui appartiene pit: della meta del nuovo mondo. Cid che abbiamo ritenuto pit conveniente é che voi tutti, vescovi di queste repubbliche, vi riuniste per conferire tra voi, con la nostra autorita e su nostro invito»®*. Il concilio fu aperto in Roma il 28 maggio, nel collegio Pio Latinoamericano, con la partecipazione di 13 arcivescovi e 40 vescovi, provenienti da 18 repubbliche latinoamericane. Per la prima volta, dopo molte riluttanze, vescovi brasiliani sedevano accanto a vescovi ispanoamericani per tracciare direttive comuni per il continente. In realta il concilio era stato tutto preparato a Roma da un gruppo di teologi e canonisti italiani, tedeschi e spagnoli, nessuno dei quali aveva avuto qualche contatto con America Latina, se si eccettuano il cappuccino spagnolo Vives y Tuto, missionario per alcuni anni in Ecuador, e gli italiani Angelo Di Pietro, per un certo tempo delegato apostolico in Paraguay e in Brasile, e Vannutelli, con identico incarico in Ecuador, Peru, Colombia e America centrale. Oltre tutto, degli otto consultori ufficiali che potevano prender parte alle sedute, nessuno era latinoamericano. Vives y Tuto, il pit influente, creato cardinale durante la celebrazione del concilio, sin dal 1884 sosteneva nella Curia un «dichiarato antiliberalismo, derivante dal gruppo di integristi spagnoli da cui usci il libro El liberalismo es pecado»*’. L’intenzione del concilio non era di penetrare a fondo nella realta latinoamericana, bensi di riadattarla alla nuova
fisionomia della Chiesa,
incentrata interamente
su
Roma. La materia approvata abbraccia 16 capitoli e 998 articoli redatti in latino, pil un volume di allegati. Ci fu una traduzione ufficiale in spagnolo, ma non in portoghese, pubblicata nel 1906. Le fonti del concilio sono fondamentalmente Trento, Vaticano I e le encicliche degli ultimi papi, in partico36 Atti del Concilio Plenario Latinoamericano, pp. XXI-XXII 37Q. Aldea, op. cit., p. 522.
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lare Pio IX e Leone XIII, rimanendo totalmente esclusa la ricca tradizione conciliare e sinodale dell’America Latina. Si concludeva cosi una tappa che consumava la rottura col passato e l’eredita coloniale, perlomeno per quanto riguardava il corpo clericale della Chiesa, al quale erano rivolte gran parte delle decisioni conciliari. Si allargava al tempo stesso il fossato tra clero e religiosita popolare, che si alimentava ad altre fonti e a una diversa tradizione. I decreti conciliari entrarono in vigore il 1° gennaio del 19007*. Tali decreti furono in parte revocati, ma nel loro complesso rafforzati, con la promulgazione del Codice di diritto canonico nel 1917, che venne a completare e perfezionare I’ uniformazione giuridica della Chiesa latina, e della Chiesa latinoamericana in seno ad essa. Nel periodo successivo al concilio, i vescovi furono sollecitati a riunirsi ogni tre anni per province ecclesiastiche, allo scopo di adattare le norme del concilio plenario alle circostanze locali. In Messico si ebbe una prima riunione gia nel 1900; in Brasile le province meridionali approvarono un grande vademecum pastorale, dopo 15 anni di lavori (1901, 1904, 1907, 1911, 1915) che si tradussero nella Pastorale collettiva del 1915: una sintesi creativa a partire dalla realta pastorale del sud del paese e dai decreti conciliari, convertiti in norme pastorali, di carattere eminentemente pratico, destinate prima di tutto ai parroci*®®. Le province del nord, che facevano anch’esse le loro riunioni, sia pure con maggior difficolta, finirono per adottare la medesima pastorale proveniente dall’area pit! moderna ed europeizzata per applicarla a regioni profondamente diverse da quelle del sud, diversita dovute alla loro eredita indigena nel nord e nei sertdes del nord est, e afrobrasiliana lungo il litorale e nella zona della canna da zucchero. Cio che pil interessa, tuttavia, é esaminare come questo movimento di europeizzazione e romanizzazione dei quadri 38 Cfr. «El primer Concilio Plenario de América Latina - 1889», in Al-
dea Quintin, op. cit., pp. 465-552; Actas y decretos del Concilio Plenario de América Latina celebrado en Roma el ano del Senor de MDCCCXCIX, Roma 1906. Esiste una prima edizione latina del 1900, da parte della Poliglotta Vaticana. 39 Pastoral Collectiva dos Senhores Arcebispos e Bispos das Provincias Ecclesidsticas de S. Sebastiao do Rio de Janeiro, Marianna, Sao Paulo, Cuyabdé e Porto Alegre, communicando ao clero e aos fieis o resultado das Conferéncias Episcopaes realizadas na cidade de Nova Friburgo de 12 a 17 de janeiro de 1915, Martins de Araujo, Rio de Janeiro 1915.
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clericali del cattolicesimo arrivera a influenzare i ceti popoJari. In realta la penetrazione maggiore avverra a livello di classi medie in formazione nelle grandi citta o tra i gruppi di immigrati che cominciavano ad aprirsi, per via dell’istruzione secondaria, ai nuovi valori e modelli di comportamento, anche in campo religioso. Il nuovo cattolicesimo romanizzato é
assai pit individualista, nello stile del «salvare la propria ani-
ma», meno sociale e pili intimista, insistendo sulla conoscenza dottrinale e sulla pratica religiosa sacramentale: confessione, comunione e matrimonio cristiano. Il grande sacramento dell’era coloniale era stato il battesimo, col quale da pagani si diventava cristiani e si veniva incorporati nella cristianita coloniale ispanica o portoghese. L’accento si sposta ora dal battesimo all’eucaristia (preceduta dalla confessione auricolare), come pure dalla societa alia famiglia. La Chiesa, che aveva tollerato l’assenza quasi totale dell’istituto familiare tra gli schiavi africani, in mezzo ai quali il tasso di figli illegittimi superava facilmente il 95%, reagisce all’instaurazione del matrimonio civile e alla propria emarginazione dall’ordine sociale e politico insistendo con raddoppiata energia sull’istituto del matrimonio religioso e sull’importanza della famiglia al fine di perpetuare la fede cattolica. Senza pit lo Stato e senza la scuola pubblica, la famiglia diventa il fulcro del nuovo sforzo pastorale. La liberta di culto e il diffondersi di nuove proposte religiose, in particolare di quella protestante, ma anche di proposte areligiose o antireligiose, costituiscono una sfida per la fede, che arriva cosi a porre vigorosamente I’accento sull’appropriazione personale, razionale e dottrinale della fede stessa, accompagnata dalla pratica sacramentale e non solo da una diffusa appartenenza cattolica, retaggio del battesimo e della tradizione sociale dominante. In tal senso, sara decisiva sia l’istituzione del catechismo parrocchiale e la creazione della pastorale della prima comunione dei bambini, promossa da Pio X, sia lo sforzo di istituire una rete di scuole cattoliche in tutti i paesi. Per questa nuova impresa, malgrado lo sforzo di sacerdoti secolari nella creazione di scuole o collegi nelle loro parrocchie e l’iniziativa di vescovi nella fondazione di collegi diocesani, fu determinante la venuta di congregazioni religiose europee, dedite alVattivita educativa. Accolte con simpatia dalla popolazione, con sorda e talvolta anche aperta opposizione dalla stampa liberale, ricevettero dai governi appoggio, quand’erano al potere i conserva-
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tori, restrizioni e addirittura decreti di sospensione dell’ attivita e di espulsione dal paese da parte dei liberali. I gesuiti furono quasi sempre al centro della controversia ed ebbero un’esistenza travagliata nella maggior parte dei casi. In un paese come |’Ecuador, sotto il governo apertamente clericale di Garcia Moreno (1860-1875), si stabili per concordato con la Santa Sede (1862), all’articolo 3, che «l’istruzione della gioventid in universita, collegi e scuole fosse in tutto conforme alla dottrina della religione cattolica»*”. Garcia Moreno intendeva «civilizzare» indios e meticci, per i quali nutriva disprezzo. «Religiosi francesi dirigono il sistema scolastico a tutti i livelli, sostituendo man mano il clero locale persino nella vita ecclesiastica»*!. La risposta liberale del generale Veintemilla fu la secolarizzazione dell’insegnamento nel 1877”. Anche nel Messico delle leggi di riforma (1859) e dello scioglimento degli ordini religiosi (1873), le congregazioni religiose svolgeranno una parte di notevole importanza nell’ istituzione di scuole e opere di assistenza a malati, vecchi e bambini: i passionisti giungono dagli Stati Uniti nel 1865 (espulsi
nel ’73, ritornano
nel ’79); i giuseppini si stabiliscono nel
1884; i claretiani nel 1884; i salesiani nel 1889; i padri maristi nel 1887; i fratelli maristi nel 1889; gli ospedalieri di san Gio-
vanni di Dio nel 1901; i fratelli delle Scuole cristiane nel 1905;
i redentoristi nel 1908; i padri del sacro Cuore nel 1908. Tra le congregazioni femminili arrivano le adoratrici perpetue (1879); le dame del sacro Cuore (1883); le suore del Verbo incarnato (1885), la compagnia di santa Teresa (1888), le salesiane (1893); le suore del Verbo incarnato e del SS. Sacramento (1894); le suore della Visitazione (1898); le suore di san Giuseppe di Lione (1903). Tra il 1872 e il 1910 vengono fondate altre dodici congregazioni religiose femminili di origine messicana*, In Pert gli arrivi cominciano pit presto: lazzaristi nel 1858; gesuiti nel 1871; redentoristi e padri del sacro Cuore nel 1884; salesiani nel 1891; maristi nel 1907; claretiani nel 1909;
40 J.M. Vargas, in Historia General de la Iglesia en América Latina, vol. VIII: Peri, Bolivia y Ecuador, CEHILA / Sigueme, Salamanca 1987,
p. 328.
41 T, Donghi Halperin, op. cit., p. 155. 42 3M. Vargas, op. cit., p. 323. 43 CEHILA, Historia General, op. cit., vol. V, México, pp. 265-268.
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e tra il 1911 e il 1920 carmelitani, fratelli delle Scuole cristiane e passionisti**. In Brasile l’impero, sotto il dominio di governi liberali, con decreto del 1855 proibi l’entrata di novizi brasiliani negli ordini
allora esistenti,
in attesa della loro riforma;
rese pure
alquanto difficile l’arrivo di nuove congregazioni. Con la repubblica, tuttavia, ci fu una vera valanga di nuove congregazioni sia maschili che femminili, per un totale di 37 maschili, tra il 1880 e il 1930: 12 dall’Italia, 10 dalla Francia, 4 dall’Olanda e dalla Germania, 3 dalla Spagna e una rispettivamente da Belgio, Austria, Uruguay, Ucraina; e ben 109 femminili, includendo il periodo immediatamente precedente il 1880: 28 dalla Francia, 24 dali’Italia, 9 dalla Germania, 9 dalla Spagna, 5 dal Belgio, 3 dal Portogallo, 3 dall’Austria e una rispettivamente da Egitto, Colombia, Polonia, Uruguay, Russia, Olanda, mentre 22 provenivano dal Brasile stesso. Tutte queste congregazioni diedero un volto «moderno» e nuova vita al cattolicesimo latinoamericano, operando in nuovi campi di apostolato (stampa, scuole, universita, accoglienza degli immigrati, missioni tra gli indigeni, apostolato socioassistenziale) o supplendo alle carenze che si registravano nella pastorale parrocchiale*. Molti vescovi esigevano dalle congregazioni che sollecitavano l’apertura di un collegio si assumessero, al tempo stesso, incarico di una o pid parrocchie. Persino gli ordini contemplativi dovettero dare la loro parte di collaborazione all’apostolato parrocchiale. Il rovescio della medaglia fu perd costituito da una rapida sostituzione del clero secolare con quello religioso, e del clero nazionale con quello straniero. Tale sostituzione, a cent’anni di distanza, continua a lasciare il segno sulla struttura dei quadri clericali della Chiesa. In Peru, per esempio, alla vigilia dell’indipendenza il vicereame contava 3.000 sacerdoti per una popolazione di 2 milioni di abitanti. Nel
1984,
nella stessa area,
c’erano
2.265
sacerdoti per
18
milioni di abitanti. Il clero nazionale, che nel 1901 rappresentava 1’82% degli effettivi, nel 1973 era sceso al 38,8%*. La novita maggiore fu data dalla presenza e dal rapido 44 CEHILA, Historia General, op. cit., vol. VIII, p. 287.
45 1.0. Beozzo, «Decadéncia e morte, restauracdo e multiplicacao das
ordens e congregacGes religiosas no Brasil, 1870-1930», in R. Azzi(ed.), A vida religiosa no Brasil - Enfoques histéricos, CEHILA / Paulinas, Sao Paulo 1983, pp. 85-129. 4 Cfr. J. Klaiber, La Iglesia en el Perti, PUC del Pert - Fondo Editorial, Lima 1988, pp. 59-60.
232
José Oscar Beozzo
espandersi della vita religiosa femminile attiva, anche con un grande numero di fondazioni locali, aprendo campi d’azion e fino a quel momento vietati alla donna latinoamericana, in particolar modo neil’insegnamento e nei servizi ospedalieri. In Brasile, nel 1872 furono censite 286 religiose; nel censimento del 1920 esse avevano decuplicato i loro effettivi , salendo a 2.94447,
‘7 J.0. Beozzo, art. cit., p. 108.
—
.
-_
emigrazione
europea
in milioni
LA CHIESA DURANTE I REGIMI POPULISTI (1930-1960)
8.
Fortunato Mallimaci
Il periodo che ci accingiamo a esaminare é delimitato da un avvenimento socio-economico: la crisi mondiale del 1929 (e le sue ripercussioni sociali, politiche, economiche e simboliche in America Latina) e da un processo socio-religioso: l’annuncio del concilio Vaticano II come una nuova autocomprensione del cattolicesimo alla luce dei «nuovi segni dei tempi». Si tratta dunque dell’analisi dettagliata di una crisi economica che si ripercuote sulla societa nel suo insieme e dell’emergere di un processo religioso con le sue nuove vie e le sue aperture nei confronti del sociale, del culturale e del politico in una delle principali religioni istituzionalizzate in America Latina: quella cattolica romana. Cercheremo di comprendere e di analizzare il cattolicesimo latinoamericano tra il 1930 e il 1960 in entrambi gli aspetti, quello sociale e quello religioso, ma avremo cura di prendere in considerazione le complesse e diverse dinamiche interne che mettono a fuoco le distinte posizioni del cattolicesimo latinoamericano evitando di studiarlo solo come riflesso di processi economici e/o religiosi prodotti in altri campi o aree geografiche. Questo lavoro non puo sfuggire ai nuovi interrogativi che vengono posti tanto al cattolicesimo quanto alla societa nel suo insieme in un momento di «perdita di credibilita» e di «crisi di modelli». Davanti all’ignoto, alcuni pretendono di «restaurare» vecchi valori; altri «si rifugiano nell’individuale»;
altri sognano
la «fine
della storia».
Alcuni
credono
che
«si sia trionfato»; si dichiara che «non ci sono pit rivali». Non dobbiamo avere tanta fretta. Continuano a esistere memorie, storie e tradizioni che non dobbiamo tanto presto considerare «superate». Comprendere i diversi cammini intrapre-
Chiesa/regimi populisti
235
si a partire dalla crisi degli anni trenta, potrebbe forse aiutarci a comprendere meglio la diversita attuale. Come storici possiamo apportare elementi nel tentativo di spiegare come e perché certe cose sono accadute. E poiché per noi «spiegare» significa quasi sempre «raccontare le cose dall’inizio» e «individuare i fili conduttori», tenteremo dunque di cercare nella storia del cattolicesimo latinoamericano questo rapporto particolare, diverso e complesso tra cattolicesimo, Stato e societa tra il 1930 e il 1960, rapporto che negli anni sessanta cedera il passo all’emergere di un tipo di cattolicesimo latinoamericano con una sua identita e un suo profilo, che fara proprie specialmente la causa dei poveri e la lotta per la giustizia. Ma !’emergere di un cattolicesimo che fa proprio i] mondo dei poveri non ci deve far dimenticare gli altri cattolicesimi con le loro connessioni e collusioni con altre classi sociali e altre istituzioni di potere nella societa latinoamericana e neppure i rapporti e i legami che ci sono tra loro. Questo significa analizzare il cattolicesimo come «un luogo sociale» con correnti, linee, proposte, legami tanto all’interno del campo religioso quanto rispetto al resto della societa, dove i con/litti fra i cattolicesimi devono essere analizzati all’interno di un grande consenso che permette Dincontro, il dialogo e l’interazione tra gruppi diversi e contrapposti. I limiti di questo consenso sono storici, cioé si «muovono»
secondo linee, momenti e processi concreti in cui coloro che «dominano |’apparato ecclesiastico» come quelli che vi si oppongono, cercheranno di far risalire la sua legittimita alle «origini e alla vera tradizione». Il rapporto fra cattolicesimo e societa deve essere compreso anche in una dimensione temporale piu ampia, in cui il rapporto difficile e diversificato fra il cattolicesimo e la modernita occupa il primissimo posto. L’ America Latina, sorta come somma di Stati nazionali a meta del XIX secolo, vivra anch’essa questo conflitto. I dirigenti dei nuovi Stati cercheranno di limitare la presenza ecclesiastica e di ridurla alla «sfera del privato», al «culto», cercando di essere loro a statalizzare e rendere pubblica la vita quotidiana: registro dello stato civile per nascite e matrimoni, scuola pubblica per un numero crescente di persone, ospedali pubblici per andare incontro ai problemi della salute, cimiteri per tutti i morti. In tutti questi momenti, uomini e donne «potevano scoprire lo Stato» senza bisogno della mediazione della Chiesa. A sua volta lo Stato nazionale cercava di creare (con caratteristiche
236
Fortunato Mallimaci
particolari in ogni caso specifico) nuove lealta: alla patria, alla bandiera, alla repubblica, al progresso. Lo fara anche sul piano religioso presentando un Gest umanista e allo stesso tempo libero, che cerca di rendere difficile la crescita dell’istituzione ecclesiale volendola sottomettere alla sua autorita e al suo controllo. A questo Stato liberale (chiamato da alcuni autori: oligarchico, poliziesco, oppressore, positivista), trasformatore di mentalita e di strutture sociali, si opporranno |’insieme dell’istituzione ecclesiale, il nascente movimento operaio con organizzazioni socialiste, anarchiche e comuniste, le diverse ribellioni «messianiche» di masse contadine contrapposte a universi culturali che non possono pit controllare e gli antichi settori dominanti trascinati ora dal sorgere di una nuova classe borghese che ha interessi propri ed é legata al capitalismo straniero, specialmente inglese e nordamericano. In America Latina, a differenza per esempio dell’Europa, sara lo Stato a tentare di «costruire e plasmare» la societa e non viceversa. Se questi Stati nazionali usavano sia il consenso «liberale» per governare, sia la coercizione violenta e militare per mantenere i privilegi, e pensavano a un’evoluzione lenta, controllata e selettiva, la rivoluzione messicana del 1910, quella russa del 1917 e la grande guerra del 1914-18 in Europa mostrarono i limiti del «progresso indefinito». A sua volta cid significd V’emergere di trasformazioni portate avanti a partire da altre tradizioni e classi sociali. Il modello di paese agro-esportatore legato solo ai macchinari inglesi (nel quale i paesi dell’ America Latina provvedevano materie prime e gli inglesi vendevano prodotti industrializzati) non pud pit rispondere alle crescenti domande interne né alla presenza sempre pili penetrante del capitale e dello Stato americano. Un modello sociale, politico, culturale e religioso entrera in crisi e scoppiera con la grande depressione del 1929-1930, facendo andare a pezzi il modello agro-esportatore seguito fino a quella data e soprattutto il tipo di Stato e le legittimita in vigore fino a quel momento.
I. CRISI DELLO STATO IN AMERICA LATINA Negli studi sull’America Latina, la questione dello Stato appare sempre pit rilevante. Non si tratta dei classici studi sul «potere» in astratto, ma di comprendere formazioni so-
Chiesa/regimi populisti
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ciali concrete e, all’interno di queste, di analizzare lo sviluppo storico dello Stato. E un tema centrale in un momento nel quale si stabilisce che i problemi del subcontinente nascono dall’eccessivo spazio dato allo Stato o dall’incapacita congenita dello stesso a rispondere alle richieste della societa. Di che cosa dunque si tratta? Diverse «scuole» hanno cercato di rispondere; é segno che non c’é una sola spiegazione «universale». Lo Stato non é solo un fenomeno burocratico; neppure la semplice espressione sovrastrutturale del dominio di una classe sull’altra. Non rappresenta neanche gli interessi concentrati del settore o della frazione della classe dominante che esercita l’egemonia e che pertanto sarebbe la forma pit chiara di istituzionalizzazione dell’alienazione. Non é neppure la razionalita istituzionalizzata che fa dire a un autore: «La funzione dello Stato é quella di pensare»!, Noi crediamo che I’azione dello Stato non sia solo il frutto del conflitto sociale esterno, ma che possa anche esistere una certa autonomia dell’ente statale. In altre parole, si da il caso che le politiche sociali non siano necessariamente il risultato di pressioni sociali — dei padroni o dei lavoratori o dei contadini o di gruppi di interessi specifici — ma che possano essere create da «funzionari ed esperti» in questioni sociali, interessati pid al funzionamento della societéa nel suo insieme che a questo 0 quel tipo di arricchimento. Inoltre l’autonomia dello Stato — a questo ci riferiamo — varia nel tempo secondo la congiuntura storica, poiché pud essere riattivata o abbandonata, dato che dipende dai gruppi e/o dai funzionari che lo gestiscono e dai loro conflitti. Non
1 Aggiungo altra bibliografia a quella classica per spiegare la funzione e il rapporto fra Stato e societa: N. Lechner, La crisis del Estado en América Latina, El Cid, Caracas 1972; M. Garcia Pelayo, Las transformaciones del Estado contempordneo, Madrid 1985; O’ Donnell - Cardoso - Kaplan - Perez Lindo e altri, «Etat et société en Amérique Latine», in Revue de I’Institut de Sociologie, Université Libre de Bruxelles 1981; Portantiero - Ipola, Estado y sociedad en el pensamiento cldsico, Cantaro, Buenos Aires 1987; A. Pla, Estado y sociedad en el pensamiento norte y latinoamericano, Cantaro, Buenos Aires 1987; J. Graciarena, «El estado latinoamericano en perspectiva. Figura, crisis, perspectiva», in Pensamiento Iberoamericano, Madrid, 5 (1984); A. Touraine, E/ regreso del actor, Eudeba, Buenos Aires 1986 (tr. it., I! ritorno dell’attore sociale, Ed. Riuniti, Roma 1988); J. Habermas, «Conciencia histérica e identidad post-tradicional», in Letras Internacionales, Madrid, 10 (1988).
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Fortunato Mallimaci
dobbiamo neanche dimenticare |’interpenetrazione esistente fra lo Stato e la societa. Lo Stato é compenetrato dalla societa e da parte sua mantiene stretti rapporti con questa. Un nuovo modo di considerare i rapporti fra cattolicesimo, Stato e societa deve partire dall’idea che lo Stato non é un mero strumento delle classi dominanti. I suoi rapporti con la societa civile non devono essere intesi in un senso unico (oppressori/oppressi), ma é necessario prestare attenzione ai collegamenti pit o meno strutturati e gerarchizzati di rapporti tra lo Stato e la societa civile; collegamenti a partire dai quali i diversi gruppi di una societa tengono vivo il potere dello Stato e cercano cosi di consolidare i loro privilegi 0 le loro influenze personali e/o istituzionali. Allo stesso modo si devono conoscere i legami attraverso i quali i membri dello Stato cercano di influenzare i segmenti strategici della societa civile per fini pubblici o personali. Questa possibilita di compenetrare lo Stato dipendera dal livello di burocratizzazione e dalla storia specifica di ogni Stato nazionale che in ogni singolo caso dobbiamo tenere presente nell’analizzare queste interrelazioni. Ma dove nascono e dove si costruiscono questi collegamenti? Dove vengono formati i funzionari che occuperanno questo o quel posto nell’amministrazione dello Stato? Dove svolgono il loro «apprendistato sociale» che in seguito permettera loro di usarlo nelle sfere statali? «Per la maggior parte dei paesi, piti che nello Stato stesso, é nei circoli sociali e pit’ particolarmente in quei laboratori di idee che sono le associazioni, i circoli politici e di pensiero, i gruppi che fanno capo a riviste, ecc., nei quali si creano i nuovi modelli in materia di azione pubblica. In ogni modo, i legami presenti nelVelaborazione delle politiche differiscono sensibilmente secondo le strutture istituzionali dei diversi paesi. La legittimita non poggia sugli stessi gruppi sociali e questo spiega in gran parte il carattere nazionale delle soluzioni prese». Nella creazione di questi nuovi e diversi modelli sono presenti i diversi gruppi cattolici??. Nell’ America Latina, con Stati nazionali in crisi di legittimita (come quella del 1930), la possibilita di ricreare nuove adesioni apre la porta ad altre esperienze. Se gli Stati nazio2 F.X. Merrien, «Etat et politiques sociales: contribution a une théorie “néo-institutionnaliste”», in Sociologie du Travail, Paris 3 (1990). Sull’au-
tonomia dello Stato cfr. P. Evans - T. Skocpol, Bringing the State back,
Cambridge University Press, New York 1985.
Chiesa/regimi populisti
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nali si sono formati in America Latina a meta del XIX secolo e si sono consolidati all’inizio del XX, a partire dagli anni trenta, di fronte alla crisi, comincia una nuova tappa che si estende fino alla meta degli anni settanta, quando di fronte a cid che si considera la «morte dello Stato liberale», si cercheranno alternative che possono essere riformiste, socialiste o burocratico-autoritarie. Oggi, alla fine del XX secolo, la crisi della societa e quella dello Stato tornano a essere al centro del dibattito sul futuro dell’America
Latina.
«Tutto
alla
societa»,
«Tutto
allo
Sta-
to», «Controlliamo lo Stato», «Controlliamo la societa» sono state utopie mobilitanti e contrapposte dei protagonisti sociali dalla fine del secolo scorso fino al momento attuale. II cattolicesimo non ne é rimasto fuori. Anzi, vi ha portato avanti progetti presenti fino a oggi. Conoscere il loro funzionamento nella crisi del 1930 potrebbe forse fornirci elementi per comprendere meglio lo sviluppo della societa latinoamericana.
II. RIPERCUSSIONI SOCIALI DELLA CRISI DEL 1930 A partire dalla crisi del 1930, il capitalismo a livello mondiale (al quale le economie dell’ America Latina sono associate) trasforma i suoi orientamenti principali. Un nuovo tipo di Stato, chiamato Welfare State, Stato assistenziale, Stato provvidenza, Stato populista, Stato bonapartista, cerca di rimpiazzare |’antico modello di «Stato prescindente»?. Accanto a questo processo appare la maggiore bellicosita di quegli Stati nazionali «del centro» che non parteciparono alla «rapina coloniale» (Germania e Italia) che, insieme col modello di Stato socialista in Unione Sovietica, si presentano come possibili modelli sostitutivi. Nazionalismi, socialismi, neoliberalismi e le loro diverse combinazioni appaiono come «le uniche vie d’uscita» dalla crisi.
3 La crisi attuale ha portato a interrogarsi sul cosiddetto Welfare State o Etat Providence o Estado de Bienestar che alcuni associano allo Stato populista. P. Flora - A. Heidenheirer (edd.), The Development of Welfare State in Europe and America, Transaction Books, London 1981; P. Rosan-
vallon, La crise de l’Etat Providence, Seuil, Paris 1981 (tr. it., Stato Provvidenza fra liberalismo e socialismo, Armando, Roma 1984).
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Fortunato Mallimaci
Gli Stati e le societa latinoamericane, a modo no anch’essi queste opzioni. Fascismo, nazismo, lare, guerra di Spagna, democrazia popolare, smo, antisemitismo, populismo... non sono solo ma sono anche processi che suscitano adesioni,
loro, vivranfronte popoparlamentarifatti lontani, rifiuti e com-
promessi nelle societa latinoamericane, specialmente nei settori dirigenti.
Di fronte alla crisi, le societa e le economie regionali cerca-
no nuovi riadattamenti, e questo dipendera dal potere delle economie nazionali e dai processi sociali che vi si svilupperanno. Le risposte nazionali saranno diverse, mostrando cosi Vimportanza che ogni economia nazionale aveva sul piano del mercato capitalista, il suo grado di «saldatura» con i centri di potere e, di conseguenza, i suoi diversi parametri di dipendenza. Quanto pit le societa sono collegate al mercato mondiale, tanto pit forte é l’impatto della crisi. La seconda guerra mondiale (1939-1945) riattivera alcune economie latinoamericane, aprendo un periodo di attesa. Alla fine della guerra, una nuova potenza egemonica irrompe in tutta area: gli Usa. L’antico dominio inglese cede il passo a quello nordamericano; le ferrovie sono sostituite da strade; i treni da autocarri; l’automobile é il simbolo della nuova mobilita e del nuovo potere. La caduta dei prezzi nel settore primario e la caduta della produzione nel settore industriale (appesantito nei paesi centrali dai preparativi bellici) porta varie nazioni a organizzare un nuovo modello di crescita basato sulla sostituzione delle importazioni e sulla valorizzazione del mercato interno. Cid significa la comparsa di nuovi protagonisti e il declino di altri, e specialmente il consolidamento di un nuovo tipo di Stato che non si estrania, ma che anzi é¢ sempre pit presente nella vita economica, sociale, politica e religiosa della sua popolazione. Lo Stato regola, lo Stato compra, lo Stato vende, viene sovvenzionato questo o quel gruppo o settore industriale, si da impulso a nuove politiche monetarie e dei cambi, si fanno trattenute sulle esportazioni del settore primario, ecc; In tutti i paesi si contesta la coltivazione di un unico prodotto per l’esportazione: «La diversificazione diventa una consegna molto ben accolta e concretamente si tende a fare alcuni tentativi (con risultati diversi ed effetti in generale modesti) per pilotare la diversificazione dell’economia»‘,. 4 T. Halperin Donghi, Historia contempordnea de América Latina, Alianza, Madrid 19797.
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Di fronte all’antico Stato liberale «prescindente», nasce come proposta I’uso di uno Stato che sia presente e diriga, anche se questo puod significare lotta, confronto e conflitto all’interno dei gruppi dominanti. Ma per dare risposte, questo Stato deve ampliare i «diritti di cittadinanza», specialmente a quei soggetti ignorati o repressi o sfruttati fino a quel momento: le grandi masse lavoratrici della campagna e della citta. Si sviluppano in America Latina i movimenti populisti che nasceranno sulla scia di queste trasformazioni e rappresenteranno, in quel periodo, il livello pit alto di coscienza e organizzazione raggiunto da grandi masse di uomini e donne dei settori popolari nella loro lotta contro i detentori del potere in America Latina. Nei paesi dove arrivano a controllare lo Stato daranno inizio al cosiddetto Stato populista, tanto contraddittorio come il movimento sociale che gli da origine. Movimenti pluriclassisti e quindi respinti tanto dai settori dominanti quanto dai partiti minoritari «della classe operaia e dei proletari»; movimenti riformisti e pertanto capaci di ottenere trasformazioni volute dal popolo, ma incapaci di consolidarle nel tempo; movimenti creatori di dignita e responsabilita per vasti settori popolari e medi; movimenti nei quali la giustizia sociale ha avuto il sopravvento sulla liberta individuale, creando un fossato difficile da colmare fra i «diritti civili» e i «diritti sociali». Alcuni dei loro intellettuali, volendo reagire contro «l’illuminismo illuminato» dalla ragione che aveva fatto sua la consegna di Sarmiento di «civilta o barbarie», tornarono, senza volerlo, al mito del «buon selvaggio» di J.J. Rousseau, parlando delle bonta innate del contadino, del popolo, del lavoratore «non contaminato dal liberalismo». Ne consegue che alcuni autori, come O. Ianni, distinguono tra «il populismo di Stato» e «il populismo delle masse», o, come Charles Reilly che si interessa ai diversi tipi di «populismi religiosi», analizzano quello che c’é di legittimazione, resistenza e continuita in questi movimenti che percorsero l’America Latina dagli anni venti in avanti. L’importante € vedere che questo populismo, secondo E. Laclau, fu quello che mise maggiormente in discussione le ideologie dominanti dell’epoca. T. Di Tella presenta diversi tipi di populismo secondo la base sociale, le alleanze e il tipo di societa in cui sono inseriti, considerando il populismo come «movimento politico che gode dell’appoggio della classe operaia
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Fortunato Maillimaci
e/o della classe contadina organizzata, ma che non é il risultato della capacita organizzativa di nessuno di questi gruppi»*. Altri, come Weinberg (e non é |’unico), lo definiscono un «pensiero reazionario di destra, frutto del romanticismo politico tedesco e italiano del XIX secolo, che rivalutando le diverse culture, attenta all’universalismo razionalista»®. C’é una vasta letteratura che ci informa sul cardenismo, sull’aprismo, sul varghismo, sul peronismo, sul sandinismo, sull’unita popolare cilena, sul MNR boliviano, ecc. Non dobbiamo dimenticare quale fascino ha esercitato tanto sulla sinistra quanto sulla destra del nostro continente questa vasta mobilitazione di settori popolari. Una letteratura di lotta e di riflessione che di fronte agli insuccessi storici del populismo valorizzo il socialismo e il liberalismo. Il populismo opposto al socialismo; il populismo opposto al liberalismo; il socialismo opposto al liberalismo. Un conflitto triangolare che di fronte alla crisi e agli insuccessi (con le loro sequele di morti, violenza e ingiustizie) di ciascuno dei modelli storici accettati in America Latina sta forse generando uno spazio maggiore per il pluralismo, la ricerca della giustizia e la valorizzazione della democrazia’. Il processo di sostituzione delle importazioni e di sfacelo delle economie agrarie, ormai non pili redditizie, produce un fenomeno massiccio di urbanizzazione. Masse rurali emigrano nelle citta. L’industria si concentra la dove il mercato é piu vicino e popoloso: le capitali, le principali citta portuali e quelle nelle quali gli anni venti avevano dato inizio a un lento, ma vigoroso, processo di industrializzazione. La guerra 5G. Germani - T. Di Tella - O. Ianni, Populismo y contradicciones de
clase en Latinoamérica, Eros, México 1973; F. Weffort, Populismo, marginacién y dependencia, San José 1973; C. Reilly, «Populistas religiosos en América Latina», in M. De La Rosa - C. Reilly (edd.), Religidn y politica en México, Siglo XXI, México 1985; E. Laclau, Politica e ideologia en la teoria marxista. Capitalismo, fascismo, populismo, Siglo XXI, México 1980, dove afferma: «Non c’é socialismo senza populismo, ma le forme piu alte di populismo possono essere solo socialiste». ® G. Weinberg, «Populismo y educacién en América Latina», in AA. VV., El populismo en Argentina, Plus Ultra, Buenos Aires 1973. 7Un approccio alla discussione del passato decennio da uno dei versanti critici: J.C. Portantiero - E. de Ipola, «Lo nacional popular y los populismos reales», in Nueva Sociedad 54 (1981) Caracas. Una critica agli statismi autoritari e alle loro concezioni: H.C. Mansilla, «La herencia ibérica y la persistencia del autoritarismo en América Latina», in Cristianismo y Sociedad 100 (1989) México.
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mondiale, forse pit che la crisi, accelera questa nuova industrializzazione specialmente nei paesi con maggior mercato interno: Messico, Brasile, Argentina. Questa industrializzazione sara dunque pit un prodotto della congiuntura che di vere capacita di essere competitivi in un mondo capitalista ogni volta pit: tecnicizzato, efficiente e interdipendente’®. E un processo che rendera possibile, in quei paesi, l’ascesa sociale specialmente di settori medi urbani: professionisti, impiegati e burocrati statali, operai legati a industrie dinamiche e di servizi, ecc., che faranno pressione per avere un posto nel nuovo spazio simbolico e di potere che si sta creando in America Latina. Questa nuova egemonia supera Il’antica egemonia restrittiva dell’ oligarchia. I progressi dell’egemonia economica nordamericana sono pit lenti della sua influenza politica. La politica del buon vicinato, «good neighbour policy», implica la rinuncia — momentanea — all’intervento armato diretto e all’appoggio crescente alle organizzazioni panamericane. Questa politica sorgera quando gli Usa saranno riusciti a organizzare, nelle zone che occupano militarmente (specialmente in America Centrale e nei Caraibi) forze armate locali che tutelino i loro interessi economici e strategici. Gli ostacoli all’egemonia yankee con il suo progetto «panamericano» verranno soprattutto da paesi pil legati a metropoli europee e con vocazione egemonica. Sotto questo aspetto la politica dello Stato argentino é tipica: la sua contrapposizione agli Stati Uniti (ruolo che si era assegnato fin dal secolo scorso, dato che le economie non erano complementari ma competitive), va di pari passo con la neutralita nelle due guerre mondiali (cid é vitale per un paese che vive delle esportazioni di prodotti alimentari). La sua opposizione al panamericanismo va indebolendosi negli anni 30-40, poiché riflettono la sua decadenza e quella dell’impero britannico, incapace ormai di rivaleggiare con l’ascendente dominio statunitense’. Un esempio di questo «nuovo ordine» sara la situazione di fronte alla seconda guerra fra le potenze del nord. Nel 1943,
8 Processo di urbanizzazione che é continuato in America Latina fino al
giorno d’oggi: su un totale di quasi 422 milioni di uomini e donne, il 69,8%
é popolazione urbana. Cifre in BID, Progreso econdmico y social en América Latina. Informe 1990, Washington 1990. ° T. Halperin Donghi, El espejo de la historia. Problemas argentinos y perspectiva latinoamericana, Sudamericana, Buenos Aires 1987.
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Fortunato Mallimaci
e prima della pressione degli Stati Uniti, la Conferenza panamericana riunita a Rio raccomanda la rottura dei rapporti con le potenze dell’ Asse. I paesi centroamericani e dei Caraibi (dov’é maggiore il controllo degli Stati Uniti) dichiarano la guerra nel 1941; il Messico nel maggio e il Brasile nell’agosto del 1942, il Cile nel 1943 e l’Argentina, per ultima, nel marzo del 1945 quando tutto é gia deciso. Certi studiosi superficiali ritennero a torto che questa scelta di mettere al primo posto la sua alleanza con I’Inghilterra fosse favorevole al fascismo o al nazismo o, da un altro punto di vista, fosse imperialista, e non si accorsero della triangolazione in gioco (specialmente per gli esportatori agricoli e di bestiame). Si trattava di continuita in una politica che si ripetera per esempio durante la sanguinosa dittatura del generale Videla (1976-1981). Di fronte all’embargo per i cereali decretato contro l’URss dal presidente degli Usa Jimmy Carter, dopo l’invasione dell’Afghanistan, la giunta militare argentina dovra forzatamente essere il principale fornitore di cereali alla «Unione Sovietica comunista». «Business is business...» (= «gli affari sono affari...»)®. Nel 1948 viene creata l’Organizzazione degli Stati Americani (OBA) con l’inclusione degli Stati Uniti e quella di paesi legati alle antiche colonie. La proposta di creare organismi rappresentativi senza la presenza degli Usa non riuscira a farsi strada. Occorrera aspettare fino al 1955 perché nasca un’ organizzazione sociale e rappresentativa non egemonizzata dagli Usa. Questa si sviluppa per iniziativa della Chiesa cattolica. Nasce il Consiglio Episcopale Latino-Americano (CELAM) che abbraccia tutte le Chiese nazionali a sud del Rio Bravo, compresa quella di Puerto Rico ed escluse quelle degli Stati Uniti e del Canada.
III. RISPOSTE DI QUESTO PERIODO Tranne forse il Messico, dove la rivoluzione del 1911 riesce a istituzionalizzarsi e quindi a diventare egemonica, le altre societa latinoamericane vivono processi di rotture democrati10 M. Rapoport, «La politica britanica en la Argentina a comienzos de
1940», in Desarrollo econdmico 62 (1976), Buenos Aires; Aspiazu - Khavis-
se - Basualdo, E/ nuevo poder econdmico en Argentina, Hispanoamérica, Buenos Aires 1987.
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che e comparsa di nuovi leaders e nuove adesioni, insieme con una perdita di credibilita nella cornice istituzionale vigente fino a quel momento. Alcuni elementi vanno tenuti in considerazione: 1) Il regime democratico comincia a essere associato con il liberalismo e pertanto subira, dove ci sono forze sociali che lo «destabilizzano», la stessa sorte di quello. I «mali» che afflissero la societa prima della crisi del 1930 saranno attribuiti alla responsabilité dei governi precedenti, fossero essi liberali o conservatori. E un’associazione che trova adesione nei gruppi € partiti socialisti e comunisti come nei nascenti e vigorosi movimenti nazionalisti che percorrono il continente. Ancora una volta non dobbiamo dimenticare che tra i principali «guastatori», «delegittimatori» «dell’ordine liberale» si trova il cattolicesimo «vissuto integralisticamente»!'. 2) Le terze posizioni cominciano a essere sempre pit frequenti come alternative in America Latina. Sia da tradizioni indigeniste o ispaniste o di difesa della cultura nazionale, o a partire dalla dottrina sociale della Chiesa, o da socialismi chiamati essi stessi democratici, o da messianismi contadini, i gruppi che si organizzano e contestano «lordine vigente» partono rifiutando globalmente il liberalismo come il comunismo e anche i partiti e i movimenti politici che si definiscono o vengono definiti come legati a quei due mondi. I motivi sono diversi e disparati. 3) Questa critica al «demoliberalismo» presupporra in alcuni settori anche una denuncia «dell’imperialismo yankee»; una denuncia fatta in termini economici (contro le imprese o il capitale di quel paese), in termini sociali (contro l’American way of life), in termini politici (’egemonia statunitense nella regione), in termini militari (contro l’invasione o la presenza di truppe degli Stati Uniti in alcuni paesi del continente), in termini culturali (con la difesa della cultura cattolica o indigena o nativa o luso-ispanica o europea contro il «protestantesimo anglosassone»), in termini classisti-razzisti (critica al capitale usuraio ebraico-nordamericano) dando luogo cosi all’an1! Raccomandiamo la lettura delle opere del sociologo e storico del cat-
tolicesimo Emile Poulat, che espone con chiarezza questo tipo di cattolicesimo intransigente e integralista con caratteristiche antiliberali e antisocialiste nella sua lunga lotta contro la modernita. Tra i suoi libri: Histoire,
dogme et critique dans la crise moderniste, Casterman, Tournai 1962; Inté-
grisme et catholicisme social, Casterman, Paris 1977; Eglise contre bourgeoisie, Paris 1978 (tr. it. Chiesa contro borghesia. Introduzione al divenire del cattolicesimo contemporaneo, Marietti, Genova 1984).
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tisemitismo popolare, specialmente dove c’é una presenza ebraica significativa. 4) A scatenare la crisi finale dei regimi liberali e oligarchici furono costellazioni e reti di agenti politici e sociali. Uno dei loro tratti dominanti sara la delegittimazione dei partiti politici, accusati di corruzione, fraudolenza, demagogia, e quindi la delegittimazione delle pratiche parlamentari e dei politici di professione. In opposizione (e alcuni diranno in superamento) appare idea vaga e totalizzante del movimento. «Si postula la necessita di sostituire la “politica di comitato”... con una combinazione di istituzioni e linee d’azione tecnocratiche e semicorporative che non escludano, in linea di principio, la possibilita di mobilitare le masse controllate dall’alto»!?. 5) La critica alla corruzione, alle manipolazioni «sporche» della politica, portera alla ricerca di «virtuosi» e «asceti», preoccupati non del loro interesse personale, ma del bene comune, della patria, della nazione, del popolo. Dove incontrarli se non nelle caserme e, talvolta, nelle sacrestie? L’insediamento di regimi militari (familiari, corporativi e con appoggio popolare) indica la comparsa sulla scena di un nuovo protagonista: le forze armate. Ma per evitare equivoci una cosa deve essere chiara: «Occorre mettere in rilievo il costante e platonico attaccamento professato nei riguardi delle istituzioni rappresentative della democrazia occidentale. Gli stessi che violano o distorcono i principi liberali e i quadri istituzionali dichiarano il loro amore per i valori permanenti dell’ordine democratico». Coloro che propagano il fascismo e i regimi corporativi non riescono a imporli nei paesi dell’ America Latina. Presto o tardi si cerca il voto legittimatore. Civili e militari giurano solo per la democrazia (quella «vera») e non riconoscono altra legittimita che quella storicamente esistita nelle costituzioni: potere esecutivo, potere giudiziario e potere legislativo. I Trujillo, i Somoza,
i Duvalier, gli Stroessner, come i loro pre-
decessori e contemporanei si fanno regolarmente rieleggere dal popolo e mantengono, come in una rappresentazione teatrale, scenari di «legalita», «opposizione», «camere», «liberta di espressione». Le sospensioni della legalita sono dunque sempre, e per definizione, transitorie. 12 W. Ansaldi, La crisis del orden oligdrquico y la constitucidn del esta-
do burgués,
Rico 1981,
Congresso
ciclostilato.
latinoamericano
di sociologia,
San Juan,
Puerto
13 A. Rouquie, L état militaire en Amérique Latine, Seuil, Paris 1981.
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Negli anni trenta l’America Latina vive cosi un processo accelerato di militarizzazione della societa. Tuttavia non si tratta di un fenomeno nuovo. Stato e forze armate appaiono come agenti importanti nei rapporti sociali del continente. II militare di carriera, «quello di professione», cioé quello che ha come unico sistema di vita e mezzo di sussistenza l’istituzione armata, colui che risponde alle caratteristiche di tecnicizzazione, disciplina e spirito di corpo’ ha percorso in America Latina tre tappe: «Da un militarismo senza militari nellindipendenza... si passa a militari senza militarismo quando gli Stati nazionali si consolidano alla fine del XIX secolo. La terza tappa é quella attuale. Inizia, a seconda dei paesi, all’inizio del XX secolo o a partire dal secondo decennio... i militari vengono militarizzati per meglio statalizzare l’esercito, ma in questo processo essi si impossessano delle risorse organizzative e morali per intervenire nella vita politica». In una societa come quella latinoamericana dove prima si é stati soldati e poi cittadini, la creazione del servizio militare obbligatorio cercava di plasmare la mentalita dei futuri elettori. Viene cosi istituito in Cile nel 1900, in Peru e Argentina nel 1901, in Ecuador nel 1902, in Bolivia nel 1907 e in Brasile nel 1916. Il contatto con la truppa e il suo ricambio annuale permettono anche agli ufficiali di apprezzare l’evoluzione socio-economica e di scoprire la miseria e l’oppressione dando una dimensione professionale e corporativa alle loro preoccupazioni sociali. Ne deriva la difficile classificazione ideologica di certi regimi militari. Il settore militare della burocrazia dello stato ha cosi una funzione triplice: a) centralizzare il potere; b) controllare |’insieme del territorio; c) integrare le diverse componenti etniche, sociali e regionali della «nazionalita», rivendicando per sé la funzione di propulsore della «brasilianizzazione, nicaraguizzazione, peruvianizzazione...» delle loro rispettive societa locali. E in quest’ultima funzione che respingera tutti coloro che cercano di «distruggere la patria» e si sentira affiancato ad altre istituzioni che predicano l’armonia e la pace sociale, partendo dalla difesa dell’identita nazionale. L’incontro tra le forze armate e un cattolicesimo «datore di identita nazionale
14§ P, Huntington (ed.), Changing Patterns of Military Politics, New
York 1962.
15 A. Rouquie, op. cit.
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e garante di ordine e gerarchia» sara solo questione di tempo's,
La «nazionalizzazione» della Chiesa (processo realizzato con l’appoggio romano) si coniuga con il protagonismo crescente delle forze armate. L’esercito non aspetta le dottrine della sicurezza nazionale del Pentagono o di visitare l’accademia di West Point o di vedere la guerra fredda per privilegiare il nemico interno. I massacri e le repressioni di contadini, indigeni od operai in Guatemala, Ecuador, Cile, Argentina o Brasile trovarono le loro giustificazioni «nel pericolo che correva la patria». E dalla nascita dello Stato moderno in America Latina fino al giorno d’oggi, gruppi i liberali o conservatori o populisti o socialisti o cattolici o protestanti giustificarono |’eliminazione «dell’altro» nel nome di un sacro bene superiore chiamato ragione, patria, classe, liberta, civilta, religione, progresso...
IV. IL CATTOLICESIMO DI QUESTO PERIODO 1. La politica romana Sebbene la realta e il cattolicesimo dell’America Latina abbiano le loro particolarita, il tipo di struttura gerarchizzata che lega i componenti della cattolicita fa si che l’influenza dal centro romano si faccia sentire nelle Chiese locali. Ancor pit quando questo periodo é la continuazione del lungo processo di «romanizzazione e lotta contro la modernita» che il cattolicesimo vive specialmente a partire da Pio IX (con il Sillabo del 1864) e che sara messo in questione, ma non smantellato, a partire dal concilio Vaticano II negli anni sessanta. Tre papati segnano il periodo che stiamo studiando: quello di Pio XI (1922-1939), quello di Pio XII (1939-1958) e quello ‘6 In ogni paese dell’ America Latina ci saranno espressioni cattoliche di questa identita tra forze armate, Chiesa Cattolica e nazionalita, e di reciproca seduzione tra «virtuosi e asceti». Non si devono confondere queste posizioni cattoliche con aitre fasciste o naziste. Sono reti che hanno dei rapporti ma che non si identificano. Alla posizione di Charles Maurras, «politique d’abord», risponderanno con «catholique d’abord», «solo il cattoli-
cesimo sta, di chiave nidad,
possiede la verita». Un cattolicesimo profondamente antimoderniradici ispaniste, che dove poté, cercd di farsi popolare. Un libro per la ripercussione sul periodo é R. de Maeztu, Defensa de la hispaHuemul, Buenos Aires 1986 (prima edizione nel 1934).
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di Giovanni XXIII, che apre «le porte e le finestre» della Chiesa con la convocazione del concilio nel 1959”. Di fronte a quelli che cercavano una «conciliazione» con questo o quel sistema sociale storico, la risposta di Roma é chiara e perentoria: «Solo il cattolicesimo vissuto integralmente dara una soluzione duratura alla crisi vissuta dal mondo moderno». Le condanne continuano a essere presenti nelle diverse encicliche: se Pio IX col suo Sillabo (1864), Leone XIII con Immortale Dei (1885) e Pio X con Pascendi (1907) avevano condannato senza attenuanti il liberalismo e la modernita capitalista, ora, senza dimenticare questi, si denunciano i nuovi
nemici.
Si denunciano
cosi il fascismo,
il nazismo
e il comunismo con le rispettive encicliche, Non abbiamo bisogno (1931), Mit brennender Sorge (1937) e Divini Redemptoris (1937). Rispetto alle guerre europee la posizione di Roma si mantenne invariata. Tanto Benedetto XV durante la prima, come Pio XII nella seconda, cercarono di mantenere la neutralita. Di fronte alla richiesta dei belligeranti di appoggiare l’una o V’altra delle parti, il Vaticano opté per proclamare la pace. Né le «potenze dell’ Asse», né i «paesi democratici» poterono contare sull’appoggio esplicito del Vaticano'’. La lotta contro il comunismo, catalogato come «intrinsecamente perverso», é presente in tutto il periodo. Allo stesso modo si denunciano coloro che «sono concilianti con il liberalismo». Ne deriva la reticenza romana davanti all’ espansionismo degli Stati Uniti e dei loro alleati. Le cause sono diver17 Diverse opere storiche sono oggi disponibili sulla Chiesa e sul cattolicesimo di questo periodo. Per questo studio abbiamo tenuto conto dell’importante sforzo realizzato dalla CEHILA, che ha gia pubblicato parecchi volumi della sua Historia general de la Iglesia en América Latina (HGIAL) con la casa editrice Sigueme di Salamanca in Spagna. E. Dussel, A History
of the Church in Latin America, Eerdmans, Grand Rapids 1981; Id., Introducciédn general a la historia de la Iglesia en América Latina, Sigueme, Salamanca 1983; Id., Los ultimos cincuenta anos (1930-1985) en la historia de
la Iglesia en América Latina, Indo Press, Bogota 1986. Altre prospettive in: F. Pike, «La Iglesia en latinoamérica», in Nueva Historia de la Iglesia, Cristiandad, Madrid, vol. V, 1977; H.J. Prien, Die Geschichte des Christentums in Lateinamerika, Vandenhoeck & Ruprecht, Gdttingen 1978; LI. Mecham, Church and State in Latin America, University of North Carolina Press, Chapel Hill 1966; J. Chelin, L’Eglise sous Pie XII. La tournante 1939-1945, Fayard, Paris 1983. 18 Di questo periodo ne analizza la continuita e Je rotture nel discorso e nella pratica romana E. Poulat, Une Eglise ébraniée, Casterman, Paris 1980.
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se: l’antica diffidenza nei riguardi del protestantesimo; la polemica con la modernita borghese sul posto che deve occupare il dato religioso; il rifiuto di accettare il «mercato» come la «legge principale» della societa; il rifiuto del /aisser faire come modello di vita e di morale; il continuo sospetto di fronte ai «regimi democratici», di fronte al fascino esercitato dai corporativismi di origine cristiana. L’ American way of life non trova seguaci né nella curia romana, né negli ordini religiosi, né nei «futuri vescovi» scelti per andare a studiare a Roma. Nel caso dell’America Latina, «l’ispanismo» si presentera negli anni trenta e quaranta come un progetto sociale e culturale opposto «all’americanismo»: le radici culturali iberiche opposte alla cultura Wasp (White Anglo-Saxon Protestant). 11 cattolicesimo romano e ultramontano non accetta l’egemonia sociale e culturale degli Stati Uniti nell’«America iberico-cattolica». Si tratta di una continuita significativa che non deve essere ignorata. Presto o tardi pud scoppiare il conflitto. Durante questo periodo si consolida dunque la romanizzazione e l’istituzionalizzazione (burocratizzazione) della Chiesa latinoamericana, specialmente con la creazione di strutture di funzionamento e di modelli pastorali che, pid che rispondere alle necessita delle maggioranze latinoamericane, trasmettono un tipo di Chiesa pensata in Europa. La nomina di vescovi e cardinali (vengono eletti solo quelli «cresciuti» a Roma), |’arrivo sempre pill frequente di missionari e missionarie, prima europei e poi, dal 1949 (con l’avvento di Mao Tze Tung al governo della Cina) nordamericani; «l’esodo» di ordini religiosi verso il «nuovo mondo» con la conseguente fondazione di istituti d’istruzione, ospedali, cappelle, associazioni; la crescente partecipazione dei nunzi romani alla vita quotidiana delle Chiese locali... danno forma a questo nuovo cattolicesimo integrista, presente «in tutta la vita». Mentre si ignora il «vecchio» cattolicesimo ispano-lusitano radicato in vasti settori popolari, si combattono i residui del cattolicesimo regalista e conciliatore delle classi alte che, individualmente o a gruppi, avevano accettato l’egemonia dello Stato liberale oligarchico. Combattendo queste due ali, cerca di consolidarsi il progetto di «restaurazione sociale in Gest Cristo». Si comincia dunque a formare un cattolicesimo istituzionale di forte contenuto antiliberale e anticomunista in cui prevalgono, fra gli altri, due modelli dominanti di cattolicesimo di azione, ed entrambi cercano di creare una nuova egemonia
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culturale prima del crollo dell’egemonia liberale che si presume prossimo e definitivo. Da un lato il modello che propone di creare una nuova cristianita accettando la democrazia, ma che abbia un orientamento cristiano, e dall’altro quelli che propongono di ricreare un nuovo medioevo con il controllo e la presenza diretta nello Stato di militari, lavoratori e clero, ossia di quelli che fanno la guerra, lavorano e pregano!’. Tutti e due nascono pensati e usati da classi medie e alte che si trovano di fronte al modello di Stato oligarchico e liberale, con la ricerca dell’appoggio subordinato dei settori popolari.
2. La riproduzione della politica romana in America Latina La centralizzazione impostata da Roma permette di ricomporre la struttura, dopo la dispersione durante l’indipendenza all’inizio del XIX secolo e il tentativo degli Stati nazionali di «statalizzare» il cattolicesimo. La burocratizzazione avra il vantaggio di poter prendere le distanze non solo dall’apparato statale, ma anche dai «notabili» cattolici, membri di classi borghesi e proprietari terrieri o funzionari di compagnie straniere o dirigenti politici locali che avevano «monopolizzato» lidentita cattolica. a) Militanti e Azione Cattolica In quest’ottica devono essere visti anche la spinta a dar vita a strutture per la partecipazione dei laici e la creazione delle diverse conferenze episcopali nazionali. La «novita» di includere «uomini e donne comuni» (come lunga mano della gerarchia) nello spazio riservato fino a quel momento a «uomini e donne consacrati» verra realizzato non senza innumerevoli conflitti, con l’apertura di nuovi spazi di legittimita e pertanto di contestazione dei modelli considerati «caduchi». Come ogni nuova creazione nella Chiesa, questo presuppone il riconoscimento di errori e di carenze, cioé apre la possibilita legata al fatto che se si é cambiato una volta sia anche possibile rifarlo. L’universo religioso cattolico mono19 Uno studio eccellente su questa concezione dei tre poteri che sostituisce il tipico schema binario dei primi secoli del cristianesimo in G. Duby, Los tres 6rdenes o lo imaginario del feudalismo, Petrel, Madrid 1980 (tr. it. Lo specchio del feudalismo. Sacerdoti, guerrieri e lavoratori, Laterza, Bari 1989%),
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polizzato dai «chierici» o «notabili» salta lasciando aperta agli «ultimi arrivati» la possibilita del rinnovamento, della creazione e delle rotture”®. Una figura nuova appare sulla scena: il «militante cattolico». Questi fonda la sua legittimita e conquista nuovi spazi di potere non a partire dalla sua origine sociale o familiare, ma dalla sua vocazione, dedizione, devozione e inserimento nel movimento cattolico. Nasce cosi per innumerevoli uomini e donne, specialmente giovani, la possibilita di fare una «carriera militante» nella Chiesa. Essi provengono soprattutto dalle nuove classi medie in ascesa sociale, frutto del nuovo modello populista di arricchimento nato in America Latina. Con l’estendersi dello Stato a partire dagli anni trenta, parecchi di questi militanti «sfoceranno» nella sua amministrazione, creando cosi reti e cinghie di trasmissione privilegiate tra la Chiesa che li aveva formati e lo Stato che dava loro la possibilita di attuare la loro missione. L’istituzione per eccellenza che in America Latina «reclutera» questi militanti a partire dagli anni trenta sara I’ Azione Cattolica; qui essi avranno la possibilita di prepararsi, arrivando a conoscere attraverso riunioni, congressi e opuscoli la realta nazionale, latinoamericana e mondiale. Sara «l’unione di forze cattoliche di una nazione per la diffusione dei principi cattolici e per la difesa dei diritti della Chiesa e delle sue componenti, organizzata fuori e al di sopra dei partiti politici, concepita come l’esercito che difendera la Chiesa; il compito dell’ Azione Cattolica sara la formazione dei suoi militanti per ’azione negli ambienti sociali, politici ed economici retti da principi non cristiani»?!. Due temi occupano l’attenzione di questi nuovi militanti: 1. Si parte dalla convinzione che le classi popolari in America Latina erano cristiane e che la scristianizzazione proveniva da una élite (di liberali o socialcomunisti o massoni) che si era impossessata dello Stato e delle organizzazioni popolari. 2. La partecipazione politica in organizzazioni di orienta20 | diversi tipi di organizzazione create storicamente dal cristianesimo hanno generato diverse legittimita e autocomprensioni dell’ essere cristiano. Uno studio in F. Mallimaci, «Ernst Troeltsch y la sociologia histérica del cristianismo», in Sociedad y Religidn 4 (1987), Buenos Aires. 21 Uno studio dettagliato che mette in rilievo il lavoro dei laici ei legami di solidarieta, si pud trovare in A.M. Bidegain, La organizacidn de los mo-
vimientos de Juventud de Accidn Catélica en América Latina, Tesi di dot-
torato, Universita Cattolica, Louvain 1979, ciclostilato; Id., «Presencia del laicado en América Latina», in Nueva Tierra 10 (1990), Buenos Aires.
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mento cristiano era richiesta come un dovere di carita sociale, ma senza confondere |’Azione Cattolica con un partito politico. Pid tardi (negli anni quaranta) l’Azione Cattolica si strut-
turera anche
in Azione
Cattolica di settore, in cui si cerca di
rispondere a seconda degli «ambienti»: quello operaio, quello contadino, quello studentesco. Questi movimenti si struttureranno a livello locale, nazionale, latinoamericano e mondiale, con posizione emergente della Gioventti’ Operaia Cattolica, della Gioventi Studentesca Cattolica, della Gioventt, Universitaria Cattolica e dell’Azione Cattolica Rurale. Il metodo di questi movimenti («vedere, giudicare e agire», detto anche «osservazione, riflessione, azione») nato in un continente dove le grandi masse sono sfruttate e credenti, produrra spaccature, rotture e richieste di un impegno radicale con il mondo dei poveri e sara alla base della teologia latinoamericana della liberazione”. I diversi momenti della creazione dell’ Azione Cattolica e gli sviluppi differenti mostrano il peso delle resistenze locali — sociali e religiose — al suo impiego e alla sua crescita. La creazione di nuove parrocchie per coprire il territorio e lo sviluppo dell’Azione Cattolica per arrivare agli «ambienti» fanno cosi parte dello stesso processo di «ricristianizzazione» della societa e di «modernizzazione» degli strumenti pastorali. b) Presenza massiccia Insieme con queste esperienze «militanti», il cattolicesimo latinoamericano sviluppera in questo periodo un cattolicesimo di presenza sociale, specialmente fra le masse urbane. II crescente e rapido processo di urbanizzazione provocato dopo la crisi del ’30 dall’emigrazione di masse contadine nelle citta, non significhera come in Europa la «perdita del controllo sociale ecclesiastico», ma, al contrario, la possibilita da parte di questo popolo di trovare il cattolicesimo nella sua forma integrale. Il clero scarso (se lo si paragona a quello europeo) e le grandi distanze rendevano difficile una sua presenza quotidiana fra i settori rurali. L’utilizzo, da parte della Chiesa, «dei mezzi moderni di comunicazione dell’epoca», come gli altoparlanti, i periodici, la radio, il cinema e il moltiplicarsi delle
22 Un classico: G. Gutiérrez, Teologia della liberazione, Queriniana, Brescia 19814.
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parrocchie urbane permettono di dare una risposta alle richieste religiose degli «ultimi arrivati nelle citta». Il cattolicesimo ha cosi Ja possibilita di «integrare» questi settori sociali nella vita cittadina dando un’identita nazionale al loro essere religioso. Tuttavia questa identita non si realizza nel modello liberale dello Stato oligarchico, ma in un altro tipo di Stato che si sta costruendo: lo Stato assistenziale. E la dove ha delle possibilita, la Chiesa cerchera di essere il nuovo referente sociale, culturale e simbolico. La lotta per il controllo dell’immaginario e per la storicita del medesimo diventa centrale. I grandi congressi di massa, i pellegrinaggi ai santuari delle Madonne locali, i congressi eucaristici e mariani tanto nazionali quanto internazionali cercano di dare una presenza locale
al cattolicesimo, frantumando in questa tappa il modello libe-
rale di «privatizzazione della fede». Le acclamazioni ora a Cristo Re («Viva Cristo Re» come grido di guerra dell’ Azione Cattolica) spiazzano il Gesii umanista e libero. I congressi «eucaristici», come quelli di Citta del Messico e di La Paz nel 1936, di Managua nel 1928, di Salvador de Bahia nel 1933, di Buenos Aires nel 1934, che culminano, per il periodo in questione, con quello di !’Avana nel 1959, sono momenti di presenza «sociale». Si integra cosi in modo stretto la ricerca di identita nazionale con «il gran capo che é il papa». E un processo accompagnato da un rinnovamento anch’esso integrale: teologico (il «corpo mistico» come concetto che supera quello di «Chiesa = societa perfetta»); pastorale (presenza pill aggressiva); liturgico (messe dialogate, diffusione sempre pill massiccia della Bibbia e uso delle lingue moderne); sociale (creazione di settimane sociali, di circoli di studio) e con un’idea precisa: guadagnare terreno! Allora, poco alla volta, il concetto di comunita va associandosi a quello di «istituzione giuridica». Si andra configurando una matrice di movimento cattolico latinoamericano che rilegge i postulati del «dominio sociale di Gest
Cristo»,
in chiave di terza posizione e di conflitto trian-
golare: né capitalismo né comunismo, né individualismo né collettivismo, in cui il cattolicesimo non appare come una via intermedia, ma come un’altra via, diversa. I partiti e i movimenti nascenti di orientamento democratico cristiano cercheranno di essere quella terza via; ma non é la sola opzione. Il nazionalismo latinoamericano, nelle sue diverse e impensate varianti, trovera anche eco, ricezione e diffusione in questo tipo di cattolicesimo, aprendo strade e itinerari personali
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di ogni genere, mostrando la seduzione reciproca — specialmente in militari, intellettuali, studenti, funzionari e dirigenti popolari — seduzione verificatasi tra il nazionalismo e il cattolicesimo integrale in America Latina. Quest’«altra via» che i militanti cattolici auspicano come quella che «salvera il popolo latinoamericano dalle tentazioni liberali o marxiste» é piti una strada da costruire che un cristianesimo o un modello da ricollocare. Ne consegue che questi militanti posti di fronte a scelte politiche, raramente andranno d’accordo con partiti liberali o comunisti ortodossi, poiché cercheranno di creare le loro esperienze (di destra, di centro o di sinistra) o aderiranno a movimenti che fanno propria la «terza posizione», che potranno essere «populisti», «democristiani» o «socialdemocratici». A differenza delle societa europee costruite in secoli di criSstianita (e da qui la ricerca mitica di «ricrearla»), il passato dell’America Latina possiede realta indigene, nere, mulatte, meticce, nelle quali la presenza del cattolicesimo, anche se maggioritaria, ¢ multiforme e con molte sfaccettature. Coesistono cosi popoli che continuano con le loro tradizioni e religioni ancestrali e che prendono dal cattolicesimo cid che permette loro di dare un senso migliore alla loro vita, senza che questa significhi necessariamente dipendenza o controllo ecclesiastico. La buona notizia latinoamericana non fa altro che riflettere questa realtaé quotidiana religiosa, simbolica, mitica e immaginaria che da vitalita ai nostri paesi e li conforma: M. Vargas Llosa, O. Paz, G. Garcia Marquez, J. Amado, A. Roa Bastos, A. Carpentier, ecc.”3 3. Modernizzazione istituzionale I] nuovo Stato in America Latina esige ogni volta di pit risposte centralizzate e nazionali da parte della Chiesa. Si incrementa in questi anni la creazione di diocesi. Ma «l’arcivescovo» della capitale non pud rispondere per tutti. Nascono cosi alla fine degli anni quaranta e negli anni cinquanta le conferenze episcopali nazionali. Ormai non é pit necessario 23 F, D’Agostino, Imaginacidén simbélica y estructura social. La reli-
gidn en la evolucion social, Sigueme, Salamanca 1985; L. Sfez, La symbolique politique, Collection «Que sais-je?» n. 2400, Puf, Paris 1988. Sulla narrativa latinoamericana: T. Halperin Donghi, «En el trasfondo de la novela de dictadores: la dictadura hispanoamericana como problema historico», in El espejo..., op. cit.; A. Rama, «La narrativa en el conflicto de las culturas en América Latina» in A. Rouquie, Argentina hoy, Siglo XXI, Buenos Aires 1982.
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ricorrere a Roma di fronte a problemi interni o con la societa. Le riunioni della conferenza creano vincoli di solidarieta e formano, poco a poco, «un corpo episcopale» con funzioni e responsabilita proprie. Ma il passo pill «audace» é fatto da coloro che cercano non solo di ricostruire una cristianita nazionale, ma anche di dare dimensione latinoamericana ai progetti pastorali. Cosi dal 25 luglio al 4 agosto 1955 si riunisce la I Conferenza del’episcopato latinoamericano a Rio de Janeiro. Cosi come in anni precedenti erano stati i diversi movimenti laici che avevano creato le strutture regionali, ora si cerca «l’unita episcopale». In questa Conferenza viene fondato il Consiglio Episcopale Latino-Americano (CELAM) che avra una sua struttura, un funzionamento permanente e finanziamento esterno. Le figure di mons. Larrain in Cile, di mons. Bogarin in Paraguay e specialmente di mons. Helder Camara in Brasile stanno al centro della nuova iniziativa. Questa integrazione sara seguita dal clero religioso che cerca unita continentale e autonomia quando nel 1958, anche a Rio, viene creata la Confederazione Latinoamericana di Religiosi (CLAR) che apre un processo di democratizzazione ecclesiale tollerato pitt che accettato dalla curia romana. Vescovi, religiosi e religiose e laici possiedono strutture proprie tanto sul piano nazionale quanto su quello latinoamericano. Solo il clero regolare rimane fuori da qualsiasi organizzazione autonoma. Li crescera il malessere che si manifestera anni dopo nella contestazione dei modelli dominanti di Chiesa. Si diffonde e sviluppa un processo che provochera in numerosi presbiteri (secolari e religiosi) una perdita del senso delle vocazione e un radicalismo nelle impostazioni e nelle scelte individuali che portera centinaia di sacerdoti all’abbandono del loro ministero pastorale.
V. LE ESPERIENZE NAZIONALI Cercheremo di analizzare come la crisi dello Stato oligarchico di legittimita liberale prenda forme diverse in ogni paese e specialmente il ruolo che ogni Chiesa locale dara alla sua azione. Ci interessa tanto il cambiamento della societa, quanto il cambiamento nel campo religioso, che possono o non possono coincidere. E impossibile riassumere la ricchezza di
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ogni esperienza nazionale. Allo stesso tempo siamo coscienti delle particolarita di ogni formazione sociale e di ogni cattolicesimo locale che devono renderci prudenti con le grandi generalizzazioni. Dato che nella regione alcuni paesi hanno una certa importanza, a questi dedicheremo una speciale attenzione. 1. Brasile Il colpo di stato militare del 1930 che porta Getulio Vargas al governo mostra quei cambiamenti nella societa, nello Stato e nella Chiesa che abbiamo indicato prima. Un profondo conoscitore della realta ce lo presenta cosi: «Negli anni venti... il momento si presenta propizio poiché lo stato oligarchico entra in crisi e il suo discorso sul progresso e sulla modernita perde consistenza in una soluzione di crisi. C’é una crisi di legittimita dello Stato oligarchico liberale e la Chiesa si offre per soccorrerlo a condizione di poter mutare la sua posizione nella societa e i suoi rapporti con il potere»*‘. Industrializzazione crescente e apparizione di nuovi protagonisti sociali sono le caratteristiche principali dell’epoca. Una figura ecclesiastica unifica i diversi gruppi cattolici ed esercita una funzione direttiva sufficiente a rappresentare la Chiesa di fronte al nuovo Stato e a sua volta a mobilitare le masse cattoliche alla ricerca del «Brasile cattolico». Questo leader fu dom Sebastian Leme, arcivescovo di Olinda e Recife (1916-1922), coadiutore a Rio (1922-1930), primo cardinale dell’America Latina (1930), arcivescovo di Rio (1930-1942) e fondatore, nel 1935, dell’ Azione Cattolica. Dom Leme segna cosi «la comparsa dei settori medi sulla scena nazionale come nuovi protagonisti politici alla stregua della settimana dell’arte moderna, della “rivolta dei tenenti”
e della fondazione del partito comunista del Brasile»?5.
L’impostazione di dom Leme é semplice, decisa e simile a quella di altri paesi del continente: «Il Brasile, per tradizione 4 3.0. Beozzo, «A Igreja entre a revolucdo de 1930, o Estado Novoea
Redemocratizacao»,
in Historia Geral da Civilizacao brasileira.
Republicano, Economia e Cultura, Difel, Sio Paulo 1984.
O Brasil
5 Rall Della Cava, «Igreja e Estado no Brasil do século XX», in Estu-
dos Cebrap. Sete monografias recentes sobre o 1916-1964, 12 (1975) Sao Paulo. La «rivolta dei colpo di stato a Sao Paulo, da parte di un gruppo mate, che diventera poi l’avanguardia del fronte che governera a lungo in Brasile (1924) (NdR).
catolicismo brasileiro de tenenti» é un tentativo di di ufficiali delle forze arpopulista civico-militare
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e per fede, é una nazione essenzialmente cattolica. La repubblica aveva purtroppo portato al potere una minoranza miscredente, lasciando i credenti che costituiscono la maggioranza senza potere decisionale riguardo ai problemi della nazione... Per invertire questa situazione era necessario mobilitare una crociata di militanti cattolici al fine di rieducare la nazione»”, La reazione cattolica contro il liberalismo e il socialismo si realizza anche rivitalizzando gli intellettuali. Il Centro Dom Vital (in omaggio al vescovo che nel XIX secolo si contrappose al liberalismo) viene fondato nel 1922 sotto la direzione del fratello laico Jackson de Figuereido (1891-1928) assecondato poi dall’altro fratello laico Alceu Amoroso Lima. La rivista A ordem divulghera questo pensiero. La sua azione si ispira a Joseph de Maistre, Donoso Cortes, Charles Maurras, Chesterton, ma con fedelta totale a dom Leme e a Roma, che decidono riguardo a errori o cambiamenti di posizione. Nelle sue memorie Amoroso Lima dice del suo amico: «Jackson era un conservatore, un tradizionalista, un antiliberale ma, allo stesso tempo, un nazionalista giacobino e un feroce antiplutocrate, amava la lotta, detestava i timidi, i disincantati...»?7, La mobilitazione massiccia del 1° maggio 1931 in onore della patrona del Brasile, Nostra Signora Aparecida, é un esempio della nuova presenza sociale e della lotta per il significato dei simboli. La data in cui socialisti e comunisti festeggiano il giorno dei lavoratori si trasforma in pellegrinaggio alla Madonna. Per anni il cattolicesimo ha contrapposto al 1° maggio «rosso» il 19 marzo «cattolico», giorno di san Giu-
seppe lavoratore. Allo stesso modo si insedia il Cristo Reden-
tore sul colle del Corcovado a Rio, il 12 ottobre, festa della «scoperta» e dell’«inizio dell’evangelizzazione» (con cui si cerca di tornare alle radici iberiche dell’identita). Questi «fatti sociali» mostrano alla nuova repubblica il tipo di spazio sociale e simbolico cercato dal cattolicesimo. Allo stesso tempo viene creata un’organizzazione che possa raccogliere tutti i gruppi laici: nasce nel 1935 1’Azione Cattolica Brasiliana (Acs), la cui presidenza tra il 1935 e il 1942 sara tenuta da Amoroso Lima. Gli sforzi per «impregnare la societa brasiliana di dottrina cristiana, unico argine sicuro 26 AM. Bidegain, Los movimientos..., op. cit.
27 A. Amoroso Lima (Tristan de Athayde), Memorias improvisadas,
Vozes, Petrépolis 1973.
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contro la dissoluzione dei costumi» indurra i nuovi funzionari dello Stato a legare gli interessi del cattolicesimo al nuovo blocco di potere. Si completa cosi il diagramma di presenza nella societa e di «seduzione» grazie alle nuove possibilita aperte dallo Stato alla «missione restauratrice». Lo spirito di crociata, molto simile in tutta l’ America Latina, si esprime cosi in questo rapporto di mons. Leme alla Giunta Nazionale della Acs nel dicembre del 1935. «Andiamo in guerra: guerra al peccato, guerra al vizio, guerra ai nemici che insidiosamente ci circondano! Andiamo a portare Gesu. Cristo nelle scuole, nelle carceri, negli ospedali, nelle fabbriche, all’esercito, alla marina, nelle case, a tutta la societa. Andiamo alla guerra nel nome di Gest Cristo. La nostra arma é l’amore, la nostra bandiera l’evangelo. Non dobbiamo temere, la vittoria é sicura; Gesu Cristo, nostro capo, non é stato vinto e non
muore»’8,
Si da impulso a un cattolicesimo di azione e di natura sociale. Cid portera i «militanti» a cercare, presto o tardi, presenza e influenza nella politica dello Stato. Dom Leme e il Centro Dom Vital sono interessati all’intervento nella vita politica, ma non alla creazione di un partito. Si cerca di stare al di sopra e al di fuori dei partiti. Si crea cosi la Lega Elettorale Cattolica (LEc) che si iscrive come partito ma non presenta candidati; sottopone ai partiti un questionario in cui essi devono rispondere sui temi di maggiore interesse per la Chiesa. Un altro gruppo di cattolici pensa tuttavia di dover creare una struttura politica. Nasce cosi l’Azione Integralista Brasiliana (Arp). Le sue consegne sono: «Dio, Patria e Famiglia». I leaders cercavano di ravvicinare |’ Azione Integralista all’Azione Cattolica e il loro cattolicesimo integrale li porta a «unire», «integrare», e non separare l’azione politica dalla loro condizione di cattolici. Quelli che proponevano di «distinguere il politico dal religioso» per non «confondere» erano accusati dagli integralisti di essere «liberali, conciliatori, modernisti». L’integralismo giunse a guadagnare vasti settori della militanza cattolica, dato che la sua predicazione antiborghese, antiliberale e antisocialista veniva fatta risalire alVimmaginario cattolico dell’inizio del secolo e trovava in que-
sta congiuntura nuove possibilita di azione”’.
28 AM. Bidegain, Los movimientos..., op. cit. 29 Maggiori particolari sul rapporto storico fra politici, militari e religiosi nella loro lotta contro il «liberalismo cattolico»: C. Antoine, O integrismo brasileiro, Ed. Civil. Bras., Rio 1980. L’autore ci ricorda: «Curio-
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La nuova costituzione del 1934 sanci il riconoscimento pubblico della Chiesa cattolica: istitui l’insegnamento religioso nelle scuole dello Stato; cred la presenza ecclesiale nelle istituzioni ufficiali e militari, ecc. Il cattolicesimo venne riconosciuto come «la religione del popolo brasiliano». Cid servi a dimostrare che le principali rivendicazioni erano state raggiunte non attraverso i partiti cattolici, ma nel legame diretto dello Stato con la crescente burocratizzazione ecclesiale consolidata come corpo episcopale. Tuttavia l’integralismo continua per alcuni anni a guadagnare adepti. La formazione dell’Alleanza Nazionale di Liberazione, diretta dall’allora tenente, oggi perd leader del comunismo, Carlos Prestes, con infuenza su settori operai e contadini, spinge laici, sacerdoti e vescovi ad appoggiare la Ars come «il mezzo migliore per affrontarei comunisti». Nel clero, il caso forse pitt conosciuto é quello del sacerdote Helder Camara (poi arcivescovo), uomo d’azione e di impegno e uno dei principali dirigenti della Ars nel nord-est negli anni trenta e inizio dei quaranta”®. Il nuovo colpo di stato del 1937 per opera proprio di Getulio Vargas proclama lo Estado Novo. I partiti sono lasciati da parte e il putsch militare organizzato dai cattolici di Alp nel 1938 viene facilmente controllato. «L’ordine e la stabilita» dell’Estado Novo non sono attribuiti all’integralismo socio-religioso della Als, ma a un nuovo tipo di rapporti tra Chiesa e Stato. La guerra spagnola, come avviene in altri paesi, divide profondamente questo cattolicesimo di azione: guerra giusta, guerra santa, pacificazione sono per alcuni intellettuali strade senza ritorno. «A partire dal 1938 ho fatto un esame di coscienza e sono tornato politicamente a quello che ero prima
samente, i tre paesi di cui si interessava “La Sapiniére” di mons. Benigni (rete segreta integrista organizzata a Roma e con filiali nella cristianita che aveva l’obiettivo di denunziarei “liberali cattolici”) nel 1911, cioé Brasile,
Argentina e Cile, sono oggi precisamente i tre primi paesi in cui si trovano gruppi integristi organizzati e violenti». Dello stesso autore: L’Eglise et le pouvoir au Brésil. Naissance du militarisme, Desclée de Brouwer, Paris 1971. 30 I] sacerdote, poi vescovo, Helder Camara é un esempio tipico di come la lotta contro la modernita e il liberalismo possa prendere le strade pit diverse ed essere un «programma di vita e di azione» ininterrotto. Dom Helder Camara, Les conversions d’un évéque, Seuil, Paris 1977. Informazione pid particolareggiata in W. Todaro, «Integralism and the Brasilian Catholic Church», in Hispanic Historical Review 3 (1974).
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della conversione. Sono giunto alla convinzione che la Chiesa, prima di essere una difesa dell’autorita é una difesa della liberta e della giustizia»*'. Il nascente partito democristiano ritrovera Amoroso Lima fra i suoi dirigenti. Dal 2 al 20 luglio 1939 si svolge il Concilio Plenario Brasiliano in cui hanno rilievo tre temi: protestantesimo, spiritismo e questione sociale. Anche la Chiesa comincia ad agire come un corpo nazionale. Morto il card. Leme nel 1942 e di fronte alla mancanza di nuovi leaders, c’é nella Chiesa del Brasile un periodo di transizione verso la ricerca di nuovi referenti. Né l’Ac né I’ArB né la nascente Dc riescono a ricuperare la vitalita degli anni precedenti. Sebbene nel 1945 Vargas venga messo da parte da un colpo di stato, nel 1950 torna a vincere le elezioni. Emerge il fatto che per la presidenza del paese si presentano candidati religiosi che non provengono dal cattolicesimo. «Né l’opposizione della Lec, né le minacce di scomunica della gerarchia cattolica contro tutti i possibili elettori del presbiteriano Jodo Cafe Filho poterono impedire la sua elezione alla vice-presidenza nel 1950». Anni dopo si ripetera lo stesso fenomeno con i presidenti militari sorti sulla scia della dittatura del 196472, Nel frattempo viene nominato assistente ecclesiastico della Acs il sacerdote Helder Camara, che a partire dal 1950 riorganizza il laicato seguendo il modello francese, cioé per ambienti sociali. I movimenti settoriali tipo Joc, JEc, Juc, cominciano a diffondersi e danno dinamismo al corpo ecclesiale. A partire da questa esperienza si fa un passo ulteriore: la riorganizzazione dei vescovi. Nel 1952 Roma approva gli statuti della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile. Nasce cosi l’istituzione pit: dinamica della societa civile: la CNBB. Alla figura personale del card. Leme succede negli anni cinquanta quella di un corpo collegiale con mentalita organizzativa e pianificatrice: la CNBB. Se nel 1940 si superava gia il numero di 100 diocesi, fra il 1951 e il 1964 se ne aggiungono altre 46 e nel 1964, quando si verifica un altro colpo militare se ne contano 178. 31 A. Amoroso Lima, Memorias..., op. cit. 2 H.J. Prien, Historia..., op. cit. Sullo stato populista e su l’Estado
Novo in Brasile: E. Carone, As revolugées do Brasil contempordneo. 19221938, Difel, Sido Paulo 1975, e A terceira Republica 1937-1945, Difel, Sao
Paulo 1976.
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L’ansia di essere presenti nei settori rurali e contadini, dove i grandi proprietari dirigevano con mezzi militari la realta sociale, politica, religiosa ed economica, culminera con la creazione del movimento di Educazione di Base (MgB) nel 1961. Questo programma cerca di alfabetizzare i contadini partendo dalla loro stessa realta di sfruttamento. L’educatore Paulo Freire figurava tra gli animatori di questa esperienza che ben presto fu accusata di «sovversione comunista» da funzionari dello Stato e anche da gruppi cattolici legati ai proprietari; il MEB sara disciolto dopo il colpo militare nel 1964. Come dice José O. Beozzo: «Fra le varie soluzioni, la Chiesa brasiliana scartd due possibilita: una sarebbe stata la mobilitazione permanente nel campo politico dei cattolici brasiliani, attraverso un partito... l’altra di occupare questo posto con la mobilitazione del laicato (l’azione cattolica). La mediazione con lo Stato deve allora essere realizzata dall’episcopato. Gli unici che potranno parlare per la Chiesa, anche nel campo politico, saranno i vescovi»’, Questo periodo apre — con gli spazi di liberta creati — la possibilita di mettere in questione lo Stato autoritario che si afferma nel 1964. Ma per questo sara necessaria una presenza pit. profonda in mezzo alle classi e ai movimenti popolari emergenti.
2. Argentina Anche se con fatti e sviluppi simili a quelli del Brasile, la trasformazione del cattolicesimo argentino avra le sue caratteristiche specifiche. La crisi del 1930, i ricorrenti colpi di stato civil-militar-religiosi (1930, 1943, 1955, 1966, 1976), la difficolta perché un settore sociale si affermi sull’insieme della societa hanno fatto dell’ Argentina «il paese della crisi perma-
nente»**,
La crisi del «granaio del mondo» negli anni trenta travolge anche il liberalismo integrale che con le sue «lodi al progresso indefinito, alla civilta, alla ragione borghese» aveva mostrato i suoi limiti all’arrivo del primo governo eletto dal voto popolare, quello del radicalismo con Hipdlito Yrigoyen nel 1916. A partire dal golpe militare del 1930, ogni volta che un candi33 J.0. Beozzo, A Igreja..., op. cit. 34 A, Rouquie, «Hegemonia militar. Estado y dominacién social», in
A. Rouquie (ed.), Argentina hoy, Siglo XXI, Buenos Aires 1982.
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dato fu eletto col voto della cittadinanza, una coalizione di «civili, militari e religiosi» in nome della «vera democrazia» poneva fine all’esperimento popolare chiamandolo «demagogico». Il cattolicesimo di «conciliazione» con lo Stato liberale che
si sviluppa all’inizio del secolo, negli anni venti comincia a es-
sere lasciato da parte. Appare ogni volta pit egemonico un cattolicesimo che fa della sua lotta e del suo confronto col liberalismo il principale asse di azione. Si tratta di un cattolicesimo «sociale» per definizione che non accetta di «essere rinchiuso» in chiesa o in sacrestia. La «restaurazione» ha una pietra miliare importante nella creazione dei Corsi di Cultura Cattolica (Ccc) nel 1922. Si tratta di intellettuali e professionisti legati a famiglie importanti (spiccano i nomi di Atilio Dell’?Oro Maini, Tomas Casares, Cesar Pico, ecc.) che respingono chiaramente |’Argentina liberale e cercano di ricostruire «una nuova Argentina, |’ Argentina cattolica». Come altri colleghi dell? America Latina, fonderanno una rivista per esprimere il loro pensiero e le loro opere: nel 1928 nasce la rivista Criterio, diretta da Atilio DelOro Maini fino al 1929, da Enrique Oses fino al 1932 e dal sacerdote Gustavo Franceschi fino al 1957 e che si pubblica ancora oggi. Un nuovo passo dello sviluppo sulla linea del cattolicesimo integrista sara fatto con la fondazione nel 1931 (sotto un governo militare) dell’Azione Cattolica Argentina. Con l’appoggio romano, ma anche con l’impegno di quattro sacerdoti (Antonio Caggiano, Froilan Ferreira Reinafe, Silvino Martinez e Cornelio Vignati) mandati espressamente a prepararsi in Italia (uno per ciascuna delle diocesi funzionanti in quel momento) questo movimento comincia a svilupparsi. L’Aca appare cosi lo strumento pili efficace per incanalare i nuovi militanti di classi medie e popolari che li troveranno non solo un canale di ascesa sociale, ma la possibilita di formarsi, crearsi una mistica, ricreare solidarieta e simpatie. Col passar del tempo potranno offrirsi come «personale sostitutivo» a quello che considerano «partitocrazia corrotta, liberale, inoperante, clientelare» e si aggregheranno tanto a esperienze di stato come a esperienze populiste. I diversi incontri e convegni hanno un prima e un dopo nella grande manifestazione sociale del Congresso Eucaristico Internazionale del 1934 svoltosi a Buenos Aires e con la presenza eccezionale del segretario di stato del Vaticano, a quel tempo il cardinale Pacelli. Si raccolgono circa un milione di
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persone che rivelano la presenza di una nuova legittimita: quella cattolica, disposta ora ad accompagnare il nuovo tipo di Stato assistenziale in sviluppo. In Argentina questo cattolicesimo non va ad aiutare lo Stato poliziesco, ma cerca di creare un altro tipo di Stato e di societa che si allontana tanto dal liberalismo quanto dal socialismo. Le principali autorita del cattolicesimo non cercano di creare organi paralleli, ma di compenetrare quelli esistenti. Come dice uno dei suoi dirigenti: «Non vogliamo partiti cattolici, ma che i cattolici dirigano i partiti; non vogliamo sindacati cattolici, ma che i cattolici dirigano i sindacati, non vogliamo scuole cattoliche, ma che i cattolici dirigano |’educazione nazionale!»*. «Compenetrare» é la parola d’ordine principale di questo cattolicesimo. Molto presto si realizza l’incontro con altri protagonisti sociali, che si considerano al pari di loro «asceti e virtuosi»: le forze armate. La difesa del «bene comune», della «patria», della «identita nazionale», «dell’ordine e delle gerarchie» unira uomini della Chiesa a uomini delle forze armate in una collusione che segnera indelebilmente la vita della societa e il cattolicesimo in Argentina®. Nazionalisti cattolici appaiono come paladini della restaurazione e alla ricerca di nuovi modelli storici. Suggestionati dalle immagini medioevali di identita fra coloro che pregano, coloro che fanno la guerra e coloro che lavorano, e «sedotti» dai governi forti e autoritari, essi vanno creando gruppi e reti tra il mondo militare, quello del lavoro e quello religioso. Un sacerdote emerge sugli altri: Julio Meinvielle. La sua predicazione antiliberale, anticomunista, antidemocratica, antisemita e antiyankee, oltre alla sua capacita di far nascere gruppi e adesioni (fu consulente della Joc, degli scouts, di militari, creatore di riviste, polemista) lo trasformano in una figura centrale fino agli anni settanta*’. 35 Sui conflitti nel periodo 1930-1946 si pud vedere F. Mallimaci, Cato-
licismo integral en Argentina, Biblos, Buenos Aires 1988.
36. Mignone, Iglesia y dictadura, EPN, Buenos Aires 1986.
37 1) sacerdote Julio Meinvielle é il «tipo ideale» di questo cattolicesimo: ispiratore di diversi gruppi di azione (Scouts, JOC, atenei) e creatore di nu-_ merose riviste di «battaglia» con proiezioni che arrivano all’attualita. I legami di p. Meinvielle con figure cattoliche dell’ America e dell’Europa, insieme con la sua costante ricerca «dell’errore progressista all’interno della vera Chiesa» ne fanno una figura centrale. Tra le sue opere: Concepcidn catélica de la politica, CCC, Buenos Aires 1934; Concepcidn catdlica de la economia, CCC, Buenos Aires 1936; El judfo. Antidoto, Buenos Aires 1936; De Lamennais a Maritain, EP, Buenos Aires 1945.
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Lo accompagnano numerosi laici, tra i quali emerge César Pico, animatore dei Ccc e autore di un libro sulla collaborazione dei cattolici con i movimenti di tipo fascista*®. Inizialmente compatti, ma prendendo le distanze con I’arrivo della guerra mondiale nel 1939, sono i cattolici nazionalisti, cioé quelli che vedono nel cattolicesimo integrista, nella «argentinita», il «vero nazionalismo», ma si oppongono a quelli che «sono concilianti» col fascismo o col «nazionalismo esagerato». Sono forse la grande maggioranza dei militanti cattolici. Aderiscono alla «terza posizione», ma di radice cattolica e, sebbene attratti dallo Stato, non si lasciano trascinare. Un sacerdote appare come figura centrale: Gustavo Franceschi, con Ja sua continua predicazione per un cattolicesimo sociale nel quale coesistano «ricchi e poveri»*?. In questi anni sorgera un terzo settore, nato anch’esso da questa matrice di non accettazione del dominio liberale. E il settore di quei cattolici che intendono la loro fede legata alla sorte di operai e lavoratori. Vogliono che la Chiesa rompa i suoi legami con le «classi oligarchiche» e che si unisca alle classi lavoratrici. In minoranza, avranno uno dei loro principali portavoce nella figura del padre Hernan Benitez, confessore di Eva Perdén e animatore della fondazione di aiuto sociale creata dal governo”.
38 C. Pico, Carta a Jacques Maritain sobre la colaboracion de los catéli-
cos con los movimientos de tipo fascista, Adsum, Buenos Aires 1937. La
logica é chiara e contundente: «Se il mondo avanza verso il fascismo, noi
cattolici dobbiamo compenetrarlo per togliergli i valori marli in cristiani». Si critica il «nuovo Maritain», quello integrale, che non da il suo appoggio alla «guerra santa» «l’assassino rosso». Si é solidali con il Maritain che scrisse
pagani e trasfordell’ Umanesimo in Spagna contro |’ Antimoderno.
39 Tl sacerdote Gustavo Franceschi (1881-1957) rappresenta i cattolici di
ispirazione nazionalista, ma di un nazionalismo «vero, quello di origine cristiana». Uomo di fiducia della gerarchia ecclesiale, fu propulsore della presenza sociale e politica dei cristiani nella societa. Simpatizzante del colpo di stato militare del 1943, egli si oppose al peronismo fin dai suoi inizi nel 1945 e, prima di morire, appoggid la nascente democrazia cristiana, della quale era stato un propagandista nella sua gioventu. La critica al liberalismo e al socialismo lo accompagnod in tutta la sua vita, nella ricerca della «soluzione cristiana e integrale ai problemi attuali». Fu oratore privilegiato al Congresso eucaristico internazionale del 1934. Fra le sue opere: La angustia contempordnea, Difusién, Buenos Aires 1928; Totalitarismo, liberalismo,
catolicismo, Difusién, Buenos Aires 1940; La democracia cristiana,
Difusién, Buenos Aires 1955. # Si tratta di un abbozzo di corrente cattolica che cerca di nascere partendo dagli ambienti operai e sindacali, contrapposta a un’altra che é legata
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Il colpo di stato militare del 1943 porta questo movimento cattolico ad assumere gran parte dell’amministrazione dello Stato. Per la prima volta un golpe veniva fatto con la legittimazione cattolica. I «militanti» cattolici assumono il loro posto come parte della loro missione restauratrice. Una delle principali misure sara quella di proibire i partiti politici e di instaurare l|’insegnamento religioso nelle scuole dello Stato. La lotta «contro I’ateismo nelle scuole» iniziata nel 1884 era, secondo
la loro
concezione,
prossima
alla fine.
A
partire
da
questa data, i diversi colpi di stato militari in Argentina potranno contare nelle loro file su militanti cattolici, di origini e provenienze diverse. La «seduzione da parte dello Stato» arriva in tutti i settori*!. Al tempo stesso hanno luogo trasformazioni nella identita delle classi popolari. C’é anche il tentativo di modernizzare lo stato benefattore ricorrendo per questo a diverse istituzioni, fra cui le forze armate, i sindacati, la Chiesa cattolica, l’imprenditoria®. La classe operaia organizzata (dopo anni di lotta e repressione) irrompe massicciamente nella vita sociale e politica dell’Argentina. Il 17 ottobre 1945 marcia verso la Plaza de Mayo, simbolo del potere. A partire da questa data se ne dovra tener conto in ogni sviluppo sociale. Il justicialismo si autodefinisce «umanista e cristiano». Afferma che la sua dottrina é «la dottrina sociale della Chiesa», occupa lo spazio «social-cristiano» e impedisce la crescita e lo sviluppo massiccio di partiti tipo Democrazia Cristiana. II cattolicesimo ora si diffonde in modo profondo nelle classi popolari, non solo partendo dalla struttura ecclesiale, ma da uomini e donne di settori popolari che si definiscono peronia padroni e proprietari terrieri. Cattolicesimo di radice «ultramontana», profondamente antiliberale e anticomunista, fa della giustizia sociale la sua bandiera principale. Adotta posizioni sempre pit «operaiste» vedendo nel movimento peronista il luogo nel quale «gia» stava compiendosi la dottrina sociale della Chiesa. Un’opera chiave: H. Benitez, La aristocracia argentina frente a la revolucion y la verdad justicialista en lo social, politico, economico y espiritual, Ed. dell’ Autore, Buenos Aires 1953. 4 Altri particolari sulle matrici culturali che hanno permesso il rapporto fra cattolicesimo e militarismo in F. Mallimaci, Catholicisme et état militaire en Argentine, tesi di dottorato, EHESS, Paris 1988, ciclostilato.
42 Nuovi studi hanno cercato origini diverse alla formazione del movi-
mento peronista. Ne troviamo un esame dettagliato e uno studio nella prospettiva della «trasgressione simbolica» in D. James, «17 y 18 de octubre de 1945: el peronismo, la protesta de las masas y !a clase obrera argentina», in Desarrollo Econdémico 107 (1987), Buenos Aires.
an
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sti e che proclamano che «il vero cristianesimo é il peronismo». Dal 1945 fino alla sua morte nel luglio del 1974, la figura del colonnello e poi generale Juan Perdn segnera la societa argentina, specialmente nei suoi settori popolari. Tutte le elezioni libere svolte in Argentina dal 1946 al 1973 sono state vinte dal peronismo con pit del 50% dei voti: «Il fatto maledetto del paese borghese», come lo descrisse uno dei suoi intellettuali®. Il cattolicesimo argentino, sempre pit: legato allo Stato e accettato in una societa che identifica l’essere nazionale con l’essere cattolico (in cui l’influenza della immigrazione massiccia a partire dalla fine del XIX secolo é decisiva per capire questo processo), vive i conflitti all’interno dello Stato come conflitti intraecclesiali. Ricordiamo che dal 1934 il paese avra il primo cardinale dell’ America ispanica: Santiago Luis Copello, che dirigera il cattolicesimo argentino fino al colpo di stato militare del 1955, dovendo poi abbandonare il paese di fronte alle pressioni del governo di turno. L’Azione Cattolica Argentina (Aca) fa passi da gigante: da 20.206 associati nel 1933 passa a 51.145 nel 1943 e a 123.753 (comprese le sezioni preparatorie) nel 1950. Le parrocchie diventano pili numerose. Mentre nel 1928 esistevano 39 parrocchie nella citta di Buenos Aires, nel 1939 ne esistono 105. Mentre nel 1934 esistevano 11 diocesi, nel 1960 esse sono gia 54 (ricordiamo che né durante il radicalismo, 1916-1930, né durante il peronismo, 1946-1955, vengono create nuove diocesi). I rapporti fra il peronismo e il cattolicesimo come due versanti della stessa identita nazionale (una religiosa, l’altra politica) hanno avuto il loro terreno di confronto nei settori popolari. I rapporti fra l’apparato burocratico dello Stato peronista e la Chiesa cattolica sono stati conflittuali. Governo e Chiesa si arrogavano il diritto di determinare «cid che € cattolico». Due totalitarismi erano a confronto. II conflitto fra loro diventera sempre pit violento. Quando alcuni gruppi di opposizione civile e militare si oppongono al governo nel 1954 e nel 1955, un vasto settore del clero e dell’episcopato, e anche notabili e militanti cattolici, decidono di appoggiare la ribellione. Le processioni furono usate come spazio di protesta in una societa che ogni volta incontrava meno liberta a causa del controllo autoritario del43 JW. Cooke, «La revolucion y el peronismo», in La lucha por la liberacién nacional, Granica, Buenos Aires 1973.
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lo Stato sulla quotidianita, specialmente negli ambienti medi, intellettuali e studenteschi. Settori delle forze armate, in nome «della Vergine, della liberta e della tradizione cattolica», si sollevano nel 1955. Centinaia di persone indifese sono bombardate nella piazza della capitale da aerei che hanno la croce dipinta sulle loro ali. Settori peronisti rispondono incendiando chiese e collegi cattolici, e perseguitando «notabili» e sacerdoti. E il principio della fine. Nel settembre del 1955 il governo peronista é abbattuto da un colpo di stato militare che trova la sua legittimazione nel cattolicesimo. Interdizioni, fucilazioni e arresti mostrano che la violenza é tornata a insediarsi nella societa. L’esperienza é stata traumatica per il cattolicesimo. L’esperienza liberale cercava di allontanarlo dal sociale e di riservarlo per il culto. Lo Stato populista cercava la sua legittimita e una presenza sociale mobilitante. I partiti politici nell’una e nell’altra esperienza cercavano di penetrare nelle sue file. L’instabilita crea diffidenze. La sicurezza portata dai governi militari contrasta con le difficolta di quelli democratici. La tentazione e la seduzione dello Stato militare come la possibilita di realizzare trasformazioni partendo da li, penetrd nell’insieme del movimento cattolico argentino. I] Vaticano II mettera in crisi questi modelli, ma non li eliminera“.
3. Cile A differenza degli altri paesi del Cono sud, in Cile si era creato un forte partito conservatore che contava sull’ampio appoggio della Chiesa cattolica, al punto che gli oppositori identificavano gli uni con gli altri. Allo stesso tempo, le grandi famiglie proprietarie di terre e miniere fornivano figli per il sacerdozio e per le cariche episcopali di maggiore responsabilita. La crisi del 1930 incrina il monopolio conservatore e apre le porte, come in altri paesi dell’America Latina, a nuove esperienze. Nasce cosi «un importante tentativo cattolico di affrontare da un lato la crisi crescente della “cristianita” e dall’altro l’avanzata del movimento popolare... processo limitato in quanto non poté esercitare a fondo una critica del modello di “cristianita” (cercd piuttosto di rinnovarlo proget* Altri particolari sul cattolicesimo argentino in «Historia de la Iglesia en el Cono
sur», in HGIAL,
corso di stampa.
CEHILA,
vol. IX, Sigueme,
Salamanca,
in
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tando la nuova cristianita) e neppure arrivd a identificarsi con il movimento popolare»*. La figura aggregante di questo processo di presa di distanza dalla forza conservatrice é rappresentata dal card. José Maria Caro che cercd di costituire un cattolicesimo sociale inserito specialmente nelle classi medie. Con la creazione delP’Azione cattolica nel 1931 si mobilita il laicato, specialmente nei suoi settori giovanili, che con l’appoggio del cardinale cerca di fondare un «partito sociale cattolico e popolare»*. Si crea cosi la Falange Nazionale negli anni quaranta (le sue reminescenze ispaniche sono difficili da nascondere). I suoi aderenti provengono dal partito conservatore e dai movimenti giovanili cattolici. La Falange si trasformera nel 1957 nella Democrazia Cristiana. I giovani nati dalle esperienze dell’Azione cattolica, come Eduardo Frei, Rodomiro Tomic, Bernardo Leighton, sono fra gli animatori di questo gruppo. E fondamentale l’influenza democratica dei loro avi conservatori e di Jacques Maritain (soprattutto con la sua opera Umanesimo integrale). Sono giovani che hanno fatto la loro esperienza sociale, politica e religiosa nei movimenti di intellettuali e universitari. Diversi ordini religiosi (Compagnia di Gesu, Sacro Cuore, ecc.) collaborano in questo apostolato. Li accompagnano due figure centrali. Sono gli assistenti dell’Azione cattolica: da un lato p. Alberto Hurtado, sacerdote noto per il suo polemico libro Es Chile un pais catdélico?, scritto nel 1941, nel quale contesta la «tradizione cattolica» conservatrice, proponendo un modello alternativo di cristianita nuova‘; dall’altro lato p. Manuel Larrain Errazuriz, rinnovatore del cattolicesimo cileno, poi vescovo di Talca e insieme con dom Helder Camara animatore del rinnovamento latinoamericano a partire dal CELAM fino alla sua morte prematura nel 1966. Questi due sacerdoti provengono entrambi
da famiglie aristocratiche.
Lo spirito democratico del cattolicesimo cileno (pit forte che in altri paesi e comprendente diversi strati del mondo cattolico) fu dimostrato nel riconoscere il trionfo del Fronte Po45 M. Salinas, Historia del pueblo de Dios en Chile, CEHILA-Reuter,
Santiago 1987. 46 Archivio Arcivescovile di Santiago, «Actas de las sesiones de los obispos de Chile 1874-1934», sessione del 4-9-1933, in M. Salinas, Historia..., op. cit.
47 Sui modelli di nuova cristianita e la loro utilizzazione in America La-
tina cfr. Popera del sacerdote cileno P. Richards, Mort des chrétientés et naissance de |’Eglise, Centre Lebret, Paris 1986.
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polare nel 1938, una coalizione di cui faceva parte, fra gli altri, il Partito Comunista. Questo spirito spingeva, per esempio, mons. Caro ad appoggiare, in questo periodo, diversi scioperi e manifestazioni popolari che chiedevano migliori condizioni di vita. Queste posizioni sono comprensibili in una realta come quella cilena (caso unico in questo periodo in America Latina) in cui le forze dei partiti socialista e comunista e di altri gruppi di sinistra riuscirono a ottenere la fiducia di ampi settori e strati della popolazione cilena, comprese le forze armate’, Non é strano cosi osservare una popolazione urbana e di periferia, cattolica o pentecostale per quanto concerne la religione e simpatizzante del Fronte Popolare da un punto di vista politico. Né il cattolicesimo integrista («cattolicesimo in tutta la vita»), né il comunismo integrista «ateo e totalitario» riuscirono a dominare i loro rispettivi campi’. Cid permette di sviluppare un altro tipo di cattolicesimo che si nutre di esperienze sociali e politiche nate e sviluppate in settori popolari. Tale é l’esperienza del gruppo «Germen» che negli anni venti tenta di essere presente negli ambienti operai. Leader di questo gruppo sara il dirigente operaio cattolico Clotario Blest (1899-1989), uno dei fondatori nel 1953 della potente Cur (Central Unica de Trabajadores) e che per anni ne sara il presidente. 48 E importante mettere in rilievo che l’irruzione militare moderna avviene in Cile «da sinistra». Nel giugno 1932 gli aerei dell’esercito volano su Santiago lanciando su La Moneda volantini che annunciano la Repubblica Socialista del Cile «che mettera fine alla crisi e aiutera i meno favoriti contro lo sfruttamento da parte delle oligarchie nazionali e degli imperialisti stranieri». Una confluenza di gruppi di diversa estrazione sociale e ideologica (socialisti, populisti, seguaci dell’ex-presidente Ibaiiez, destituito nel 1931, cristiani) appoggiano |’ex-capo della forza aerea, comandante Marmaduke Grove, per abbattere il presidente eletto. Nasce cosi la repubblica socialista. Il suo slogan sara: «Pane, casa e vestiti». I suoi dirigenti respingono tanto il capitalismo quanto il comunismo. «Questo socialismo tecnocratico e militare pone l’accento pit sulla pianificazione che sulla lotta di classe». L’esperienza dura solo 13 giorni. Ci interessa far vedere che il Partito Socialista Cileno, lo stesso che portera Salvador Allende alla presidenza nel 1970, emerge da questa congiuntura partendo dalla confluenza di
gruppi socialisti, nazionalisti e populisti di cui il comandante Grove sara uno dei fondatori nel 1933. Altri particolari in P.W. Drake, Socialism and
Populism in Chile (1932-1952), Urbano, Illinois 1978.
“ Sulla religiosita popolare in Cile: C. Parker Gumucio, Religidn y cla-
ses subalternas urbanas en una sociedad dependiente, Universita Cattolica, Louvain 1986. Sul pentecostalismo: C. Lalive d’Epinay, Estudio socioldgico del protestantismo en Chile, Ed. del Pacifico, Santiago 1968.
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Nel 1933 il gruppo «Germen» esprime il suo desiderio di «spezzare in modo definitivo e radicale i turpi lacci che inconsciamente hanno legato i cattolici al criminale regime capitalista nel quale viviamo». Al grido di «Cristo Re» propagato in tutta l’America Latina dai giovani dell’ Azione Cattolica si rispondera con la figura di «Gest operaio». Simbolo del gruppo «Germen» sara la croce unita alla falce e al martello®, Questo antico tentativo di «conciliare» cristianesimo e socialismo non avra né forza né adesione sufficiente per svilupparsi in questi decenni. La maggior parte dei militanti cattolici e dei quadri ecclesiali si affannera per un cattolicesimo che non sia conciliante né col liberalismo né col socialismo, cercando nella propria tradizione e simbologia risposte alle loro crisi. Ne deriva che sara la Democrazia Cristiana a canalizzare il maggior numero di militanti e di speranze nel campo del cattolicesimo sociale. Per ottenere l’appoggio di nuovi settori sociali stabilisce nella sua piattaforma de! 1957 di «dare impulso all’ascesa delle forze popolari tendenti a trasformare le strutture della societa del nostro tempo»*!. Questo non significa che un nutrito gruppo di notabili cattolici non continui a esprimere la sua natura cattolica appoggiando il partito conservatore, diventato partito nazionale, creando cosi conflitti che con il passare degli anni diventeranno irriducibili, poiché gli uni e gli altri pretenderanno decisioni dalle autorita episcopali. Il rapido risveglio democratico del cattolicesimo in Cile insieme con l’appoggio da parte di settori del clero e dell’episcopato, permisero di sviluppare esperienze pluraliste a livello sociale quanto religioso, per cui la «seduzione dello stato», caratteristica di altre nazioni, lascid il posto alla presenza nel sociale, specialmente attraverso il rafforzamento di diversi partiti politici di ispirazione cristiana. Questo cattolicesimo di «nueva cristiandad» vedra coronati i suoi sforzi con il trionfo della Dc nel 1964, prima esperienza di questo tipo che giunge al potere in America Latina. Eduardo Frei giunge alla presidenza con la consegna «rivoluzione nella liberta». Si apre cosi un nuovo periodo per il cattolicesimo cileno.
50M. Salinas, Historia..., op. cit. Dello stesso autore, «Historia del ca-
tolicismo en Chile», in HGIAL, vol. IX, op. cit. 51D. C., La Démocratie Chrétienne dans le monde. Résolutions et déclarations de 1947 a 1973, UMDC, Roma 1973.
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4. Paraguay Questo periodo sara segnato dalla guerra del Chaco, che vede opposti Bolivia e Paraguay per il controllo di zone petrolifere tra il 1932 e il 1935, dall’instabilita politica e dalla continua militarizzazione che avra come risultato la pit lunga dittatura personale del continente: quella del generale Alfredo Stroessner (1954-1989). E in questo clima repressivo e di crescente impoverimento (migliaia e migliaia di paraguaiani emigrano specialmente in Argentina) che la Chiesa Cattolica cerca di organizzarsi, arrivando a essere l’unica istituzione della societa civile che abbia la possibilita di contestare il modello autoritario. Come in altri paesi della regione, il possesso della terra é il filo conduttore per capire la storia. Una Chiesa devastata dalla guerra della triplice alleanza (Argentina, Uruguay e Brasile, 1865-70) contro il Paraguay, dove solo trentatré sacerdoti sopravvissero tra il popolo paraguaiano. Appare una figura a guidare la «riorganizzazione»: quella di mons. Juan Sinforiano Bogarin, vescovo dal principio del secolo e arcivescovo di Asuncién dal 1930 al 1949°2. Lo Stato liberale si dissolve con la guerra del Chaco e cede il passo allo stato «personale» di A. Stroessner, che solo nel 1989, dietro forti controlli sociali e militari, sembra disposto a creare spazi democratici. In tutto questo processo il cattolicesimo paraguaiano é stato presente in modi diversi. Dopo la guerra con la Bolivia, nel paese si estesero le agitazioni popolari: i contadini tornavano dalla guerra con la speranza di ottenere nuove terre. Dall’altra parte, gli ufficiali nazionalisti domandavano come e a chi sarebbero stati consegnati gli immensi territori conquistati dall’esercito nella parte occidentale del paese. Il 17 febbraio 1936 gli ex-combattenti insieme con settori delle forze armate danno inizio alla «rivoluzione di febbraio». Si legalizza il liberalismo e si riforma la costituzione del 1870. Si cerca di modernizzare la societa: giornate lavorative di otto ore; aumenti salariali; creazione di scuole. La riforma agraria proclamata non é abbastanza ampia da accontentare la massa contadina, ma allo stesso tempo é contestata dai «grandi signori della terra». Comincia l’instabilita politica e militare. Nel 1950 l’inte52 Prendiamo come materiale di riferimento: M. Duran Estrago, «Hi-
storia de la Iglesia en Paraguay», in HGIAL, vol. IX.
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grazione con |’Argentina peronista viene respinta a causa della nuova politica degli Usa nella regione: «L’irritazione nordamericana divenne collera quando Perén ripeté col Paraguay del presidente Chavez nel 1950 la politica seguita con il Cile di Ibafiez, coronata in questa occasione dal successo poiché entrambi i presidenti sottoscrissero un trattato commerciale e di amicizia. Nel 1953, il Dipartimento di stato degli Usa, sotto la guida di Foster Dulles, cospirava contro tutto cid che non si sottometteva incondizionatamente ai suoi piani», Con la creazione dell’ Azione Cattolica il 25 aprile 1932 e con la nomina di mons. Anibal Mena Porta nel 1936 a coadiutore di Asuncién, viene vissuto un processo di istituzionalizzazione del cattolicesimo paraguaiano. Nel 1937, quando si celebra il quarto centenario della fondazione di Asuncion, si svolge il Primo Congresso Eucaristico nazionale. La Chiesa del Paraguay, organizzata durante il lungo espiscopato di mons. Bogarin, ha la sua prima grande mobilitazione nazionale e popolare. A partire da li si continua con incontri nazionali di laici dal 1942; si pubblica la rivista Trabajo da parte dell’ Azione Cattolica paraguaiana nel 1946, ecc. La ricerca di riconoscimento sociale, dopo «l’interregno liberale che privilegia il privato», la porta a unirsi all’esperienza riformista del momento. La mentalita che si diffonde nell’Ac non differisce da quella di altri paesi e mostra che si tratta pid della riproduzione di un modello che di una risposta alla societa, in questo caso in massima parte contadina e di origine indigena. L’Ac contribui, secondo un testimone di quell’epoca, mons. Agustin Bluzchi, «alla cristianizzazione della famiglia, alla difesa della fede nella lotta contro il comunismo ateo e il protestantesimo aggressivo, alla valorizzazione della figura del papa, alla difesa dei diritti umani, soprattutto di quelli dell’operaio,
alla formazione
di una mentalita cristiana nella gente ben
pensante e, in generale, alla ricerca affannosa del regno di Cristo Re nella famiglia e nella societa»*. La creazione del CELAM nel 1955 rendera possibile un avvicinamento ad altre esperienze nazionali. Tra i vescovi emerge la figura del giovane mons. Bogarin, parente del defunto arcivescovo di Asuncidén. C’é anche il tentativo di una maggiore presenza in settori contadini, specialmente a partire dal53 AA. VV., El Paraguay contemporaneo en América Latina: Historia
de medio siglo, Siglo XXI1, México 1977.
54M. Duran, op. cit.
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la creazione di organizzazioni di base, come saranno le leghe agrarie, organizzazioni che, sotto la dittatura di Stroessner, subiranno vessazioni e repressioni di ogni genere. D’altra parte, il rafforzamento di ordini religiosi stranieri (con la fondazione di collegi, ospedali, radio, movimenti apostolici) e la creazione dell’universita cattolica di Asuncion nel 1960 allargano l’influenza in settori urbani aperti. In una societa sempre pil autoritaria, la Chiesa diventa uno dei pochi spazi di liberta. Sulla Chiesa di questo periodo possiamo concludere con questa citazione di mons. Acha Duarte, vescovo nell’interno del paese: «Passiamo da una Chiesa che rivela pubblicamente fiducia nel governo dello Stato e offre un’aperta collaborazione e una storica dipendenza nel campo economico, in quello sociale e perfino in quello religioso... a una Chiesa che davanti al potere temporale adotta forme di rapporto sobrie e rispettose... che chiede allo Stato non gia protezione e aiuto, ma uno spazio di liberta per poter proclamare l’evangelo»*.
5. Uruguay Il cattolicesimo uruguaiano, come la sua societa globalmente, vive in modo «meno traumatico» il passaggio dallo
Stato oligarchico allo Stato riformista®®. La secolarizzazione
della vita quotidiana raggiunge in questo paese proporzioni maggiori che nei paesi vicini e mostra un cattolicesimo popolare «adattato» alle nuove circostanze. Il processo di riforme nella societa uruguaiana comincia a essere vissuto dall’inizio del secolo. Conoscere questo processo pud darci delle indicazioni per capire lo sviluppo successivo. Queste riforme furono assunte in modo differenziato alVinterno del cattolicesimo. Tradizionalmente sono state analizzate come un’opposizione fra cattolici e riformisti. Studi piu approfonditi mostrano la varieta del cattolicesimo e le contrapposizioni fra le diverse correnti. I nuclei conservatori del cattolicesimo uruguaiano avevano espresso la loro opposizione alle riforme sociali portate avanti
53 A, Duarte, «Los ultimos treinta afios del episcopato de Anibal Mena
Porta», in Accidn 39-40 (1978) Asuncion.
56 G, De Sierra, «Consolidacién y crisis del capitalismo democratico en
Uruguay», in Gonzalez Casanova (ed.), América Latina. Historia de Medio Siglo, Instituto de Investigaciones Sociales de la UNAM, vol. I, Siglo XXI, México 1977.
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dall’amministrazione di Battle y Ordofiez del partito «Colorado» all’inizio del secolo. Questi fu accusato di condurre «la repubblica per le strade della rivoluzione sociale»*’. Nata da questa esperienza si sviluppa un’altra proposta di cattolici uruguaiani. Nel 1904 viene fondata la Upc (Unién Democratica Cristiana), movimento promotore deli’azione sindacale fra gli operai, di cui fanno parte «lavoratori manuali» e «lavoratori di professioni diverse», che propugnano una trasformazione radicale delle strutture produttive e, al tempo stesso, sfidano la volonta riformista del battlismo senza per questo opporvisi. Pubblicheranno E/ Demdcrata fino al 1924. Una figura di rilievo di questo gruppo é quella di J. Zorrilla de San Martin. Nel 1911 si decide di unificare le forze cattoliche con un’attenzione speciale al lavoro sociale, sindacale e politico. Quest’ultimo ricade sulla Uc (Unién Civica) che diventa cosi il partito dei cattolici, malgrado l’opposizione dei democristiani. Nel 1917 si riunisce l’Assemblea Costituente che decide la separazione della Chiesa e dello Stato, consolidando 1’educazione statale con l’esplicito divieto di impartire |’insegnamento religioso. L’insuccesso elettorale della Union Civica (arrivata appena al 5% dei voti) mostra che i cattolici uruguaiani si riconoscono nei partiti tradizionali (Blanco e Colorado). Allo stesso tempo crea le condizioni per cercare altri modi di arrivare allo Stato. Dalle file della Uc e degli ex-militanti della Upc nascono «amici dell’ordine e della disciplina» che avranno una posizione antisemita, profascista, che favorira la posizione conservatrice che porta al colpo di stato di Terra nel 1933»**. La politica secolarizzata — in un paese con un’alta percentuale di immigrati — pud appoggiarsi su un consenso maggioritario tra i diversi partiti politici, su un consenso politico che attraversa il campo religioso e allinea gruppi dall’una e dall’altra parte. Secondo H. J. Prien «in verita la politica anticlericale contd anche sull’appoggio opportunista dei protestanti, per i quali era possibile ottenere l’uguaglianza religiosa solo con la distruzione dei privilegi della Chiesa cattolica»’’.
57 Fl Bien, organo dell’ Azione cattolica, Montevideo, 17-10-1910. 58 C, Zubillaga - M. Cayota, Cristianismo y cambio social, in quaderni
Caleh 26-27-28, Montevideo 1982.
59H.J. Prien, Historia del..., op. cit. Vedere anche E.E. Sobrado, «In-
fluencia social de la Iglesia Catdlica en el Uruguay», in Aportes 10 (1968), Paris.
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La creazione nel 1935 dell’ Azione cattolica e il sorgere di intellettuali cattolici non arrivarono a cambiare il panorama. Le possibilita di «restaurazione» non ebbero successo e la continuita della vita democratica annullo i tentativi di fare un «Uruguay cattolico» simile ai suoi vicini argentini. Ma cid consenti la presenza di militanti cattolici in diverse esperienze sociali e di partito e apri le porte al pluralismo. Negli anni quaranta e specialmente negli anni cinquanta, la formazione di esperienze di tipo democratico cristiano di nuovo tipo incanald parte della militanza ecclesiale dell’ AC e dei
movimenti
settoriali.
Questo
partito,
non
cercando
di
«rappresentare» ufficialmente la Chiesa né il cattolicesimo nel suo insieme, diede la possibilita ai suoi membri di un’esperienza pluralista e ampia e permise cosi di consolidare |’esperienza democratica, senza perO una propria identita di massa. Secondo un autore: «Emarginazione, rifiuto e neutralizzazione furono i tre modi mediante i quali il consevatorismo cattolico impedi nel primo quarto di secolo il progresso del pensiero cattolico nel Rio de la Plata. Quando tre decenni pit tardi si proiettd sul piano politico, subi una sorta di abbinamento con i componenti dell’esperienza DC europea della seconda guerra. Cid che ne derivé non sempre riusci a superare i rischi dell’ibridismo ideologico»®. Riforme, secolarizzazione della politica e della vita democratica non impediranno che negli anni sessanta e settanta l’Uruguay entri, come gli stati vicini, nell’era militare.
6. I paesi andini La crisi del 1930 comincia a mettere in questione le grandi oligarchie nazionali sorte attorno alle materie prime esportabili. Il Peru’ con lo zucchero, il cotone e le miniere; la Bolivia con le miniere d’argento, di stagno e d’oro; l’Ecuador con il cacao e le banane sono scossi dalla caduta -vertiginosa dei prezzi di quei prodotti. Il sistema sociale e politico costruito a partire dall’appropriazione di queste eccedenze da parte delle «oligarchie locali» é contestato da una profonda reazione nazionalista (con ingredienti diversi e con caratteristiche proprie dei paesi con maggioranze indigene e meticce) che dara come risultato I’in© C, Zubillaga, «Sincronia de un fracaso. La primera democracia cristiana en Argentina y Uruguay (1902-1924)», in Los partidos politicos en el
Rio de la Plata (1890-1930), in quaderni Caleh 50, Montevideo 1985.
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sorgenza di movimenti riformisti e rivoluzionari di ispirazione sia marxista sia nazionalista. In Peri (prototipo in America Latina dello Stato oligarchico) Victor Raul Haya de la Torre (1895-1979) e il suo partito Alleanza Popolare Rivoluzionaria Americana (APRA) domineranno la scena sociale durante questi anni. Insieme con l’APRA nasceranno piccole esperienze socialiste e comuniste, specialmente in settori urbani e intellettuali dove emerge la figura di José Carlos Mariategui, el Amauta (1897-1930)*. In Bolivia emerge la figura di Victor Paz Estenssoro e del Movimento Nazionalista Rivoluzionario (MNR). In Ecuador, in una prospettiva diversa, il riformismo si incarno nella figura di José Maria Velazco Ibarra, che fu eletto presidente varie volte dopo il 1930 (nel 1934-35; nel 1944-47; nel 1952-56; nel 1960-61 e nel 1968-72). Il carattere antioligarchico dell’ApRA e del MNrR, e anche i loro forti contenuti antimperialisti, li portarono a un aspro confronto con le forze armate, le Chiese e i settori tradizionalisti di quei paesi. Nel caso della Bolivia, la rivoluzione violenta del 1952, la creazione di milizie popolari e l’appoggio dato dal movimento dei minatori alla figura del vicepresidente Juan Lechin (leader sindacale minerario) mostrarono le forze fino a quel momento nascoste del movimento operaio e popolare in quel paese. Un dato da non dimenticare: a differenza dei paesi d’immigrazione del Cono sud, qui ci incontriamo con Chiese fortemente presenti fin dall’arrivo degli spagnoli e con peso storico molto forte. Mettiamo per esempio in rilievo che la Chiesa é grande proprietaria di terre in campagna e di immobili su terreni comunali delle periferie urbane. Ha rapporti con le «oligarchie».
a) Peru Lo sfaldamento dello stato oligarchico nel Pert degli anni
61 Le figure di Haya de la Torre e di José Carlos Mariategui sono emble-
matiche di due modi di rispondere allo Stato oligarchico e alle richieste della societa: una nazionalista populista e l’altra socialista-marxista autoctona. Entrambe hanno creato una maggiore coscienza e organizzazione in contadini, operai e popoli indigeni del Peri, ma non sono riuscite a rovesciare il modello rapace e ingiusto del capitalismo dominante. Opere caratteristiche: H. dela Torre, E/ antimperialismo y el Apra, 1928, in cui si formula il progetto dell’Indoamerica; J.C. Maridtegui, Siete ensayos de interpretacion de la realidad peruana, 1929, una lettura socialista partendo dalla realta peruviana.
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venti e trenta produce da un lato la radicalizzazione di ampi settori popolari e medi urbani aderenti principalmente all’APRA, insieme con una sempre maggiore incidenza delle forze armate nella vita politica del paese. Questa sara la contrapposizione principale nel periodo di cui ci occupiamo, in cui le altre forze politiche e sociali o rimangono emarginate (come nel caso dei contadini) o dovranno optare fra queste due proposte. Tuttavia il regime di proprieta della terra, tema centrale in un paese agricolo come il Peru, rimarra invariato fino alle riforme del governo di Velazco Alvarado negli anni settanta. Il cattolicesimo peruviano, specialmente a partire dagli anni trenta, comincid anche a organizzare il suo laicato e a preoccuparsi maggiormente del settore sociale. Come nel resto dell’America Latina, il protestantesimo, il comunismo e la societa moderna appaiono come i «nemici 0 i mali da combattere». Ma a differenza di altri paesi, il cattolicesimo peruviano va al confronto con i movimenti riformisti, in questo caso con l’AprRA. Si ha cosi una maggiore identificazione con i settori oligarchici e le classi alte, essendo difficile la presenza.in ambienti medi e popolari urbani. I massacri delle forze armate contro militanti dell? APRA, nella citta di Trujillo nel nord del Pert nel 1932, mostrarono ancora una volta le risposte dei settori dominanti davanti alle «minacce» contro l’ordine costituito. Il silenzio della Chiesa di fronte a questi fatti segnera la distanza storica che si formera tra la militanza aprista e quella cattolica, facendo a sua volta vedere le opzioni di classe degli uni e degli altri. La mobilitazione dei nuovi cattolici segna una tappa decisiva nella celebrazione del primo Congresso Eucaristico nazionale nel 1935, dopo il quale nasce |’ Azione Cattolica peruviana. Come leaders intellettuali emergono le figure di Victor Andrés Belaunde e José de la Riva Aguero, «legati, il primo a una corrente corporativa sociale cristiana e il secondo a un corporativismo autoritario e ispanista». La riflessione sulla religiosita delle grandi masse indigene é ignorata o disprezzata®, Nel 1933 viene emanata una nuova costituzione che mantiene la protezione ufficiale della Chiesa da parte dello Stato, ma sopprime la sua confessionalita. Il Patronato passera nelle mani del parlamento, nel 1940 passera al presidente e verra 6 J. Kleiber, «El laicado y la cuestion social en el Pert, in AGIAL, vol. VIII, Sigueme, Salamanca 1987.
ESE OR
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soppresso definitivamente nella nuova costituzione del 1979. La ricerca di nuove legittimita da parte dello Stato porta a decretare nel 1935 l’insegnamento religioso obbligatorio in tutte le scuole della repubblica. La realta dell’indio e del povero nella societa peruviana non sara assunta nella sua totalita. Le correnti ispaniste sviluppatesi negli anni trenta, che mettono in rilievo la «peruvianita», la condanna «dell’indigenismo radicale» da parte della Chiesa e dei militanti provenienti dalle classi alte o arricchite rendono difficile un avvicinamento trasformatore al mondo dei poveri. Né per la provenienza sociale, né per l’ideologia né per la pratica sociale si poteva arrivare a fare propria la causa del mondo contadino indigeno. Il movimento cattolico continuera a essere bianco e urbano; percid il processo di romanizzazione non fa altro che allontanarsi dalle grandi masse e diffidare della loro religiosita popolare. Di fronte alle rivolte popolari e alla conseguente «ingovernabilita» si auspicano soluzioni drastiche. E di nuovo in gioco lo schema triangolare: «Liberalismo, capitalismo e democrazia... hanno distrutto la gerarchia di classi e valori... hanno generato il comunismo come reazione e rimedio attuale. L’unica soluzione é il ritorno alla tradizione medioevale, cattolica, spagnola, quale é attualmente incarnata dal fascismo», Un altro gruppo di cattolici si interroga sulla «peruvianita», scoprendola nella nuova cristianita. Nel 1941 gli studenti cattolici si esprimevano cosi: «Peruvianita non é sinonimo di ispanicita perché non puo prescindere dall’apporto indigeno; neppure di indianita, il cui contenuto culturale si diluisce nell’ispanico. Peruvianita é un termine nuovo, simbolo della nuova via che portera verso quell’ideale universale e unico della cultura che é il cristianesimo»®. Il «cattolicesimo in tutta la vita» passera dal sociale al politico, ma nella misura in cui é antiaprista e anticomunista per formazione cerchera di creare organizzazioni sue proprie. In questo periodo, i militanti dell’Azione cattolica e di movimenti settoriali troveranno il loro canale naturale in forze politiche di ispirazione cristiana. Cosi nel 1955 un gruppo fon-
63 Citato da F.K. Pike, «Southamerica’s Multifaceted Catholicism», in H.A. Landsberger,
The Church and Social Change in Latin America, Uni-
versity of Notre Dame Press, Chicago 1970. © Confederazione ibero-americana di studi. Secondo congresso iberoamericano degli studenti cattolici, Lima 1941, citato da J. Klaiber, op. cit.
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dera la Democrazia Cristiana che non avendo appoggio popolare andra «settarizzandosi» e cerchera di arrivare allo Stato per altre vie non democratiche. Gli anni del dopo guerra producono un cambiamento nella composizione del clero. Chiusa la frontiera cinese dopo il tricafo di Mao nel 1949, molti ordini religiosi degli Stati Uniti e del Canada manderanno i loro missionari in America Latina per evitare «che cada nelle mani del comunismo». La Chiesa peruviana ne ricevera parecchi. Il clero peruviano diventa «straniero» e allo stesso tempo si internazionalizza. L’inserimento nel CELAM permette all’episcopato peruviano di approfondire la sua riflessione sulla realta sociale. La via si apre con la prima Settimana Sociale del Perti nel 1959 in cui si contestano modelli pastorali e si cerca un nuovo inserimento popolare. Uno dei suoi principali animatori sara mons. Dammert Bellido, figura centrale nei decenni successivi nella Chiesa del Pert e dell’America Latina. Ma € a livello di laici e sacerdoti che l’impegno sociale diventa effettivo verso la fine degli anni cinquanta e sessanta. I diversi movimenti settoriali come l’Unione Nazionale di Studenti Cattolici (UNEc), la JEc e la Joc, aprono la via a una maggiore presenza e comprensione del mondo popolare. Emerge la figura di un assistente della UNEC: dopo aver studiato a Lione e Lovanio, sara uno dei grandi animatori spirituali della chiesa dei poveri: p. Gustavo Gutiérrez®. b) Bolivia In questo periodo la situazione boliviana é segnata da due fatti centrali: la guerra contro il Paraguay, conosciuta come guerra del Chaco (0 conflitto tra le societa petrolifere inglesi e nordamericane e lotta per le nuove frontiere nazionali) fra il 1932 e il 1935 e il movimento rivoluzionario del 1952. La crisi aperta con la sconfitta nella guerra con il Paraguay mise in questione «l’ordine vigente» creando le condizioni per contestare il dominio liberal-conservatore dominante fino dal secolo scorso. La proprieta della terra, la condizione sociale e lavorativa nelle miniere, le proteste di ampi 6 Altri particolari sul cammino di questa corrente della Chiesa in Pert in: R. Oliveros, Liberacidn y teologia. Génesis y crecimiento de una reflexidn (1966-1976), CEP, Lima 1977. Sull’esperienza dei movimenti settorialiin America Latina: B. Pelegri, JECI-MIEC: su opcion, su pedagogia, JECI-MIEC, Lima 1977.
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settori contadini, le richieste universitarie di una maggiore democratizzazione dell’educazione formano !o scenario di questi anni. La rivoluzione popolare del 1952 é «l’avvenimento popolare pid straordinario di tutta la storia della repubblica»®. Portata avanti dal Mnr, nazionalizza le tre grandi imprese minerarie, allarga il diritto di «cittadinanza» al popolo povero, realizza la riforma agraria e democratizza l’istruzione. Unico paese dell’ America Latina dove «il popolo armato» sconfigge l’esercito professionale, non potra perd continuare questo processo di riforme. Nel 1964 un nuovo colpo di stato militare mette fine a questo processo di trasformazioni e cerca di affermare un modello di restaurazione. La crisi e i continui colpi militari si instaurano nella societa boliviana. Il cattolicesimo boliviano cerchera di accompagnare questi processi di trasformazione, ma nelle sue strutture continuera a esserci timore e preoccupazione di fronte all’irruzione delVelemento popolare organizzato. Davanti alla crisi della legittimita liberale, la Chiesa cerca ora di manifestarsi in campo sociale e pubblico. Nel 1925 si svolge il primo Congresso Eucaristico Nazionale e si consacra la repubblica al Cuore di Gesu. Nel 1933 viene fondata I’Azione Cattolica e nel 1939 si svolge il secondo Congresso Eucaristico. Nel 1957 questo processo di mobilitazione sociale , culmina con la Grande Missione Nazionale. pubblica: presenza della l’obiettivo E chiaro fra i cristiani «La Bolivia cattolica non deve vergognarsi di nessuno dei suoi elementi, ma deve gloriarsi del suo cattolicesimo, confessarlo e praticarlo a gran voce», dira l’episcopato boliviano nella sua lettera pastorale collettiva del 1946°. Come nel resto dell’America Latina, l’Azione Cattolica non fu la prima né ultima organizzazione laica, ma convisse con altre esperienze come le Congregazioni Mariane, la Legione di Maria, le Conferenze Vincenziane, Sorelle e Fratelli di san Vincenzo de Paoli. L’esperienza religiosa indigena rimase estranea al movimento cattolico. Negli anni cinquanta crescono i movimenti settoriali, sebbene «la loro nascita deb-
6 R. Zavaleta Mercado, «Consideraciones generales sobre la historia de Bolivia (1932-1971)», in América Latina: historia..., op. cit. Cita lila seguente strofa popolare: «Carajo denme un fusil / denme un fusil, compafieros / Manuel ha muerto en abril».
67 J.M. Barnadas, «El laicado y la cuestién social en Bolivia», in
HGIAL, vol. VII.
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ba essere vista come espressione della coscienza militante secolare davanti all’offensiva protestante, all’espansione marxista e all’atmosfera rivoluzionaria; nascono nuclei forti quando c’é un sacerdote capace ed entusiasta, ma non si pud dimenticare che l’atteggiamento generale del clero secolare non fu particolarmente entusiasta»®, Come negli altri paesi andini, in questo periodo il clero si arricchisce di elementi stranieri, e questo produce emarginazioni e tensioni. Le vocazioni indigene diminuiscono. Se consideriamo l’arcivescovado di La Paz (ma non dobbiamo dimenticare che viene suddiviso col passar degli anni), esso ha 138 sacerdoti nel 1888, 102 nel 1908, 74 nel 1929 e 29 nel 1968°, La grande Missione Nazionale del 1957 é un nuovo esempio del modello vissuto in questi decenni. Si afferma che «il popolo é cattolico, ma disorientato per colpa dei marxisti e dei protestanti». La soluzione verra — si pensa — con un clero pili numeroso, un approfondimento della dottrina e una vita di fede comunitaria. Secondo Barnadas: «La chiesa locale continuava a dipendere da stili pastorali esterni e contava per la sua riabilitazione sull’aiuto straniero; la sua preoccupazione era sostanzialmente trionfalista, poiché cercava la conservazione». La discussione per la conservazione o restaurazione lasciava da parte il ruolo avuto dalla Chiesa nei proces- _ si rivoluzionari vissuti in Bolivia e anzi, occultava la sua adesione a gruppi dominanti e il suo scarso inserimento nel processo di liberazione del mondo dei poveri. c) Ecuador La «rivoluzione degli ufficiali» delle forze armate il 9 luglio 1925 da «rivoluzione juliana») segna l’inizio della presenza dei militari nella vita sociale dell’Ecuador. Si tratta di una societa in cui le grandi masse contadine sono sfruttate (nel 1972 il settore urbano rappresentava il 39,4% del paese) e un gruppo di proprietari (i conservatori della sierra o i liberali della costa) esercitano il controllo sociale e politico fin dalVindipendenza nel XIX secolo. Quindi il golpe da inizio alla partecipazione diretta di settori medi urbani al controllo dell’apparato dello Stato. Il rigore aristocratico deve cedere il passo all’integrazione di que-
68 Tid.
6 Pro Mundi Vita, Le clergé en Bolivia, Bruxelles 1970.
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sti settori in ascesa. Ma, come in altri paesi e in altri momenti storici, di fronte alla necessita di scegliere fra l’accettazione di nuovi protagonisti popolari e l’accordo con i gruppi di potere, si opta per questi ultimi. «Nello stesso 1929, cioé quando si dava corso a una nuova costituzione di principi progressisti, il governo non esitava a reprimere sanguinosamente le sollevazioni indigene... Come si vede, la modernizzazione dello Stato aveva limiti di classe estremamente chiari»”. La crisi aperta nel 1929 accelerd il dissolvimento delle classi dominanti, cedendo il passo a nuove opzioni e legittimita. Dalla crisi si passa alla stabilita: dal 1925 al 1948 si succedono 23 governi e nel periodo dal 1948 al 1960 tre presidenti con posizioni ideologiche diverse. Il cattolicesimo ecuadoriano optd per l’aiuto allo Stato, non alle classi «oligarchiche», legittimando il nuovo blocco al potere. La figura che guidera questo processo é quella del cardinale Carlos Maria de la Torre, che occupera successivamente le cariche di vescovo di Loja, Riobamba, Guayaquil e Quito dopo essere stato eletto cardinale nel 1953. Stabiliti rapporti sia nella costa e sia nella sierra, egli cerca di unificare i settori cattolici dietro la figura «pubblica» di Cristo Re e comincia a celebrare le sue feste a partire dal 1929 a Guayaquil, Un’altra volta, di fronte alla crisi dello Stato, si cerca una presenza sociale e massiccia dell’immaginario cattolico. Secondo quanto dice José M. Vargas, «egli approfittd di questa solennita per organizzare concentrazioni massicce di fedeli che, nell’ambiente di Guayaquil, finivano con essere pubbliche confessioni della fede cristiana. Diede inizio a questa esperienza a Quito a partire dal 1933... la continud con l’incoronazione canonica dell’immagine di Nuestra Sefiora de Quito nel 1943 e con la realizzazione del secondo Congresso Eucaristico Nazionale nel 1949»”!. In questa stessa linea deve intendersi la fondazione dell’ Azione Cattolica negli anni trenta. La presenza in settori popolari urbani si realizzera attraverso la Confederazione Ecuadoriana di Operai Cattolici (CEDOc) che celebra il suo primo congresso nel 1938, presentandosi come alternativa rispetto al comunismo e al liberalismo.
7 A. Cueva,
de..., op. cit.
71 JM.
«El Ecuador
(1925-1975),
in América Latina: Historia
Vargas, «El laicado y la cuestién social en Ecuador», in
HGIAL, vol. Vii.
deg
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I nuovi tempi di convivenza rimangono «ufficializzati» con gli accordi firmati tra il Vaticano e lo Stato ecuadoriano, che ristabiliscono relazioni diplomatiche, con l’arrivo nel 1937 del vescovo Efrain Forni. Si concorda un nuovo modus vivendi che da come concluso cid che portavoce ecclesiastici definiscono «attacchi dello Stato all’integralita della Chiesa»72, Questo nuovo rapporto fra Stato, societa e Chiesa permette la creazione, nel 1946, dell’universita cattolica e la canonizzazione nel 1950 di Santa Maria de Jesus presentata come «santa della patria» tanto dal governo quanto dalla Chiesa. I suoi resti, dopo la sua canonizzazione, percorreranno le diverse «zone» dell’Ecuador (sierra, costa e foresta) ravvivando Videntita fra cattolicesimo e nazionalita. La centralizzazione ecclesiale fece un passo decisivo nel 1956 con la creazione della Conferenza Episcopale Ecuadoriana, mentre la militanza cattolica formata nell’ Azione cattolica o nei movimenti settoriali in questo periodo canalizzera il suo impegno politico nei movimenti cristiano-sociali e nell’Azione Rivoluzionaria Nazionale Ecuadoriana (i primi legati alla democrazia cristiana; i secondi di taglio falangista) e una parte considerevole del clero e di «notabili» cattolici lo fara nel partito conservatore o attraverso le forze armate. Come negli altri paesi della regione, la tematica dell’indio e quella del nero, delle loro condizioni di vita e di lavoro, saranno trattate in modo assistenziale. La proprieta della terra non sara affrontata. I] latifondo statale, privato o ecclesiastico, sara alla base delle grandi disuguaglianze del paese. L’accordo a favore dei contadini e l’assunzione delle loro lotte e speranze comincia a svilupparsi a partire dall’impulso portato dal CELAM in tutta la regione e dallo sforzo di sacerdoti e laici inseriti in questa realta. Comincia a prendere rilievo una figura, quella di mons. Leonidas Proajio. 7. Colombia La storia sociale della Colombia é segnata fino al giorno d’oggi da due grandi partiti politici: quello liberale e quello conservatore. La contrapposizione tipica fra conservatori-cattolici con appoggi nelle campagne, e liberali-anticlericali con presenza
urbana,
ha
alimentato
approfondire molto il problema. Ibid.
una
ricca
letteratura,
senza
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Il 9 febbraio 1930 si frantumd l’egemonia dei conservatori durata mezzo secolo, nella quale, fra altri aspetti, fu favorita Distituzionalita ecclesiastica. Vescovi, sacerdoti e laici mantenevano legami diretti e stretti con il partito conservatore che consideravano il partito della Chiesa. A livello popolare (fra quelli che votavano) l’appartenenza cattolica non impediva l’adesione, per esempio, al partito liberale. La caduta di questa egemonia non significd, come in altri paesi, il ricorso alle forze armate e pertanto la rottura democratica. Il disinganno prendera altre strade: la violenza crescente e il crescente impoverimento. I cristiani non rimasero estranei a queste realta’?. Nel 1930 nasce anche il Partito Comunista che andra crescendo con il nuovo processo di industrializzazione aperto con la crisi del 1929. E un processo simile a quello vissuto in altri paesi del continente, specialmente dove il movimento operaio preme per nuove rivendicazioni. Come nella maggior parte dell’America Latina, la sua affermazione popolare sara scarsa anche se significativa, poiché i settori operai si orienteranno verso altre identita culturali e politiche. Nel 1936 il governo liberale modifica la costituzione, dalla quale, fra altri cambiamenti, vengono soppressi i privilegi per la Chiesa, si ammette la liberta di culto e si introduce il suffragio universale maschile, indipendentemente dalla proprieta e dall’analfabetismo. Sebbene fossero stati deliberati, il matrimonio civile e l’insegnamento ufficiale, laico e gratuito, non poterono essere approvati a causa della resistenza ecclesiastica e dell’opposizione dei conservatori. Il 29 luglio 1933, per «restaurare e rinnovare la societa colombiana», nasce I’ Azione Cattolica che, con la Rivista Javeriana, fondata lo stesso anno, cerca di rivitalizzare l’intellettualita e la nuova militanza cattolica. Nel 1948, il leader liberale e popolare Jorge E. Gaitan viene assassinato nella capitale e scoppia una serie di rivolte e manifestazioni conosciute come il Bogotazo; riprende ora in modo sistematico la violenza, in cui contadini dei due partiti 73 Una delle figure pit note é quella di p. Camilo Torres (1929-1966),
che, dopo aver studiato in Europa e assunto un impegno per il mondo dei poveri, si unira alla lotta armata. Muore nel 1966 combattendo contro le forze armate. La sua figura sara un simbolo per diversi gruppi cristiani dell’America Latina che vedranno nella guerriglia l’unica possibilita di cambiare le strutture.
II suo pensiero si trova in C. Torres, La violencia y los
cambios socio-culturales en las areas rurales colombianas, Primo Congresso Nazionale di sociologia, Bogota 1963.
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(liberale e conservatore) si confronteranno provocando migliaia di morti. Si calcola che fra il 1948 e il 1965 ci siano stati fra i 150 e i 500 mila morti’. La Chiesa, vista come parte dell’alleanza conservatrice, non sfuggi a questa situazione. Furono assassinati, feriti o arrestati parroci e missionari, incendiate chiese ed edifici ecclesiastici. Di fronte a questa realta, nel 1948 l’episcopato colombiano elabora una pastorale collettiva in cui vengono enfatizzati i luoghi comuni del cattolicesimo integralista: si attacca il comunismo come «intrinsecamente perverso»; si denunciano gli errori del liberalismo dottrinario e si propone come soluzione la dottrina sociale della Chiesa cattolica, «la sola che pud risolvere i problemi sociali e i conflitti che possono sorgere tra il capitale e il lavoro». In questo modello di integralismo si sviluppano nella societa civile strutture cattoliche parallele: universita cattoliche (quella Javeriana a Bogota e quella Bolivariana a Medellin); sindacati e associazioni cattoliche: la Unidn de Trabajadores de Colombia creata nel 1945 dalla Coordinacién Nacional de Accién Social Catélica (creata dalla conferenza episcopale nel 1944), la Federacién Agraria Nacional nel 1946 e la Union Corporativa Nacional nel 1949. Per l’istruzione dei contadini viene creata nel 1947 la Accién Cultural che alfabetizza e organizza gruppi partendo dall’educazione impartita per radio. Dice R. de Roux: «Questo parallelismo cattolico permette di esercitare un’azione missionaria vigilata dalla gerarchia e di proteggere i cattolici dal pericolo di contaminazione causata dai nuovi valori e dalle forze secolari. Si promuove una sottocultura che da soluzioni cattoliche ai problemi sociali»”. La crisi prodotta dalla «violenza» sconvolge tutta la societa. Lotta fra poveri; lotta contro le forze armate o provocata da queste, che fa scomparire il «monopolio della violenza legittima» da parte dello Stato; nascita di nuove esperienze sociali e politiche. Nel 1953 il generale Gustavo Rojas Pinilla, comandante in capo delle forze armate, assume il potere per mettere fine «al caos istituzionalizzato». Sebbene ottenga una certa pacificazione in nome di «Cristo e Bolivar», quattro anni pit tardi 74 Q. Borda Fals, Historia de la cuestién agraria en Colombia, Bogota
1975.
73 R, De Roux, «La Iglesia Colombiana en el periodo 1930-1962», in
HGIAL, vol. VI, Sigueme, Salamanca 1979.
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dovra abbandonare la carica di fronte alla pressione di industriali, studenti, banchieri e clero. Si giunge cosi nel 1957 a un nuovo accordo fra i settori dominanti nel quale si consacra un regime di alternanza tra liberali e¢ conservatori. Coloro che cercavano un altro tipo di alternative dovranno percio ricorrere a sbocchi «antisistemici» tornando ad alimentare il processo di violenza. Per consolidarsi, il nuovo accordo ha bisogno della legittimazione ecclesiastica. Dice de Roux: «Ufficialmente si cancellano, almeno a livello di dichiarazione e di impegno, Ie frontiere religiose fra i due partiti politici, ponendo fine a una disputa secolare in questo senso»”®. Per questo furono anche necessarie trasformazioni nelle classi dirigenti. «Tra i liberali ci furono alcuni cambiamenti: contrariamente alla loro tradizione, risalente al XIX secolo, che attribuiva allo Stato solo una funzione di custode, essi inclusero nel loro programma anche la cura della giustizia sociale, il che significd un certo numero di interventi nel campo socio-economico»”’. Alla fine degli anni cinquanta comincia a nascere fra clero e militanti di movimenti settoriali l’idea che la Chiesa deve prendere le distanze da politiche partitiche tradizionali e cer- ~ care una nuova presenza nei settori popolari. L’impossibilita di farlo in partiti politici maggioritari, la difficolta di pianificare a lungo termine e il rifiuto episcopale di qualsiasi trasformazione li esporranno alla «tentazione» di sbocchi messianici, settari e violenti. 8. Venezuela Dopo le prolungate dittature militari di Juan Vicente Gomez (1908-1935), continuazione di quella di Cipriano Castro (1899-1908) che si prolungheranno con quella dei generali Lopez Contreras e Medina Angato (1935-1940 e 1941-1945), un gruppo di giovani ufficiali e il partito di Azione Democratica abbattono il governo post-dittatoriale. Nei tre anni successivi si instaura una democrazia con appoggio popolare, ma di nuovo un colpo di stato militare pone fine all’esperienza di R. Betancourt e R. Gallegos. La dittatu- ra del colonnello Perez Jimenez governa fino al 1958 e da allora, malgrado sollevazioni, azioni di guerriglia, «pronuncia76 Ibid.
HJ. Prien, Historia..., op. cit.
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mientos» militari, prevalgono i civili organizzati in partiti politici. Questo processo va di pari passo (0 deve ritenersi collegato) con il «boom petrolifero». La scoperta del petrolio a Maracaibo negli anni venti trasforma la vita sociale venezuelana. Dopo il 1935, le finanze pubbliche dipendono dalla rendita petrolifera. Governo, amministrazioni e funzionari mantengono cosi un rapporto stretto, e talvolta subordinato, con le grandi societa petrolifere. Il paese trasforma la sua economia agricola in un’economia industriale e petrolifera. Durante questi anni la Chiesa riesce a consolidare le sue strutture. Con la creazione dell’ Azione cattolica, la nascita di riviste specializzate e con la formazione di giovani delle classi alte e dei nuovi ambienti medi urbani negli organismi di istruzione cattolica, il cattolicesimo ottiene una presenza nelle nuove classi dirigenti. Sebbene le dittature abbiano potuto contare sul silenzio, a volte complice, dei vescovi, non ebbero la legittimazione necessaria per essere confuse con la Chiesa. Verso la fine delle dittature appaiono due partiti che si disputano l’appoggio popolare e quello delie classi dominanti. Da un lato, Accién Democratica (Ap) di influenza socialista non comunista, guidata da Romulo Betancourt e, dall’altro, il comitato di Organizacién Politica Electoral Independiente (Cope!) dove l’egemonia appartiene al Partito Democratico Cristiano guidato da Rafael Caldera. Fino a oggi sono stati i due partiti che hanno governato il «moderno» Venezuela”. In un processo carico di dubbi e incertezze, la Chiesa del Venezuela é stata capace di accettare la sfida democratica e di convivenza pluralista da una posizione subordinata. Non é stato facile. Nel 1947, di fronte al tentativo di portare le scuole private nella sfera statale, si reagisce accusando di «comunismo» il governo della AD e settori ecclesiastici cospirano per portare a termine un nuovo colpo militare. «La Chiesa, nemica della secolarizzazione dell’educazione privata, si unisce alle élites politiche tradizionali, ai proprietari, alle imprese straniere e ai conservatori di ogni tipo per formare un fronte unico contro il nuovo regime». Malgrado queste campagne (o grazie a esse), Accién De78 Sull’evoluzione sociale ed economica del periodo: M. Zavala, «Hi-
storia de medio siglo en Venezuela (1926-1975)», in America Latina: Historia..., op. cit.
79 A. Rouquie, L’état..., op. cit.
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mocratica nelle elezioni costituenti e presidenziali del 1948, raggiunge la schiacciante maggioranza del 78,4% e del 74,4% dei voti. Ma lungi dal consolidare la sua legittimita, questo contribuisce alla sua fragilita. Ancora un colpo di stato e dominio militare fino al 1958, quando un nuovo rovesciamento mette fine all’autoritarismo militare. La dittatura di Perez Jimenez trova ora a Caracas un nuovo arcivescovo, mons. Rafael Arias Blanco (1955-59) che prende distanza dai settori dominanti e cerca un maggiore inserimento nei quartieri poveri. A questo fine crea parrocchie e impegna gli ordini religiosi che desiderano aprire centri educativi per gli ambienti medi e alti a destinare contemporaneamente del personale per il lavoro negli ambienti popolari®. Come negli altri paesi del continente, dare impulso a nuove forme pastorali significa, per la mentalita dell’epoca, rivolgersi al clero straniero. Se nel 1912, su un totale di 469 sacerdoti, 399 erano diocesani (1’88,5%), nel 1945 su 664 lo sono 357 (53,7%); nel 1955 su un totale di 1031 solo 487 sono diocesani e nel 1965 su 1850 sacerdoti ce ne sono 761 diocesani (41,1%) e 1129 religiosi (il 58,9%). Se consideriamo che i religiosi sono in maggioranza stranieri e che il 52% del totale dei religiosi si dedica a compiti educativi, vediamo la difficolta di essere vicini e di rispondere a un popolo nel quale la religiosita unisce il nero, l’indigeno, il meticcio e il bianco*!. Questo tentativo di presenza nelle classi popolari portera mons. Arias Blanco a denunziare pubblicamente e con forza, il 1° maggio 1957, che «le masse vivono in condizioni che non si possono definire umane», a criticare «l’ingiusta distribuzione dei beni», a esigere «un salario minimo obbligatorio», il «rafforzamento dei sindacati» e a darsi da fare per una maggiore partecipazione popolare. Questo pronunziamento significa abbandonare le collusioni con settori antidemocratici e cercare una presenza nella nuova egemonia. Si delineano cosi i tratti che caratterizzano la Chiesa venezuelana nell’epoca moderna (1936-1965). Essi sono: «a) socialmente ricuperata.. specialmente a partire da una indovinata politica di educazione delle classi dirigenti; b) economicamente stabilizzata...; c) pastoralmente cultuale; d) decentra80 V. Iriarte, «La arquidiécesis de Caracas de 1900 a 1966», SIC 297 (1967), Caracas.
81 Pro Mundi Vita, E/ clero en Venezuela, n. 14, Bruxelles 1966.
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mento amministrativo...; e) affidamento del compito educati-
vo al clero regolare; e g) predominio del clero straniero (nel 1970 1’81,5% era nato all’estero)»*®. La gerarchia ecclesiastica, consolidato il suo prestigio sociale e pubblico, appoggia la caduta di Perez Jimenez e sostiene il patto democratico sottoscritto a New York dai partiti politici, chiamato Pacto de Punto Fijo, in cui si fissa un obbligo di comportamenti e di coesistenza tra i due partiti maggioritari. Quando nel 1958 torna a trionfare Accién Democratica, questo partito non rinnova il suo discorso anticlericale e non viene accusato dai pulpiti di «comunismo». Avviene nel campo religioso una lenta trasformazione. Anzi, «molti sacerdoti riformisti, negli anni sessanta, furono vicini ad Accién Democratica»®, Nel 1969, per la prima volta, la Democrazia Cristiana ha in Venezuela la maggioranza dei voti e porta alla presidenza Rafael Caldera, indicando cosi ai settori cattolici una via diversa per accedere al potere. Allo stesso tempo nasce una nuova sfida. Per la Chiesa non si tratta dunque solo di appoggiare la democrazia di fronte alle dittature, ma di ottenere
una maggiore democrazia sociale ed economica facendosi carico della causa diversa e multiforme dei poveri venezuelani. 9. Messico
La realta di questo paese é segnata da cid che alcuni storici e sociologi definiscono «rivoluzioni sociali», «trasformazioni radicali», «cambiamenti fondamentali di strutture». Possiamo affermare che la rivoluzione messicana iniziata nel 1911 e di cui l’attuale stato-governo si dice continuatore, é uno dei fatti centrali nell’ America Latina del XX secolo. Questa rivoluzione ha cercato di istituzionalizzarsi alle porte del grande impero del nord; é quella che ha raggiunto la maggiore stabilita in tutta 1’America Latina sfidando rivolte, sollevazioni, gruppi guerriglieri e autoritarismi militari. E una rivoluzione che ha influito in mille modi diversi sul resto dell’America Latina e che, per il caso specifico del cattolicesimo messicano, significhera una revisione generale del
821. Ugalde, «La iglesia venezolana», in HGIAL, vol. VII.
83 Secondo A. Pollak Eltz, Die Kirche in Venezuela, Aconcagua 1968,
citato da H.J. Prien, Historia del..., op. cit.
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suo passato e della funzione da svolgere nella societa emersa dalla rivoluzione. E una rivoluzione che possiede la sua «storiografia ufficiale», riprodotta e ampliata fino a oggi, dominante sull’insieme della societa messicana grazie all’educazione statale e alla propaganda quotidiana, in cui le visioni critiche di questo passato sono rapidamente squalificate come «antirivoluzionaTie», Per il periodo che ci interessa (1930-1960), c’é un modello che si stacca dalla grande matrice: il cardenismo. Le riforme cui diedero impulso il presidente Lazaro Cardenas (19341940) e i suoi seguaci, segneranno il periodo mostrando continuita con altri processi in America Latina, ma anche particolarita specifiche del Messico. Ha rilievo l’intensa distribuzione di terre, il rafforzamento dell’industrializzazione, i benefici sociali per i lavoratori, il protagonismo sindacale attraverso la Confederacién Regional Obrera Mexicana (CRoM). Una storia del cattolicesimo in questo periodo potrebbe limitarsi a rendere conto della «romanizzazione» e della strumentalizzazione del Messico. Potremmo cosi menzionare, come nel resto dell’America Latina, la creazione nel maggio 1930 dell’Azione cattolica messicana, secondo il modello italiano dei quattro rami. Alcuni decenni dopo nascono i movimenti particolari come la Joc (1959), che cercano di rinnovare le vecchie associazioni come la Confederacién Nacional Catdlica del Trabajo (1925) e la Asociacién Obrera Guadalupana (1946) che riunisce operai intorno alla devozione della Vergine di Guadalupe. Allo stesso modo, per unificare gli sforzi di intellettuali e clero nelle attivita sociali, nel 1922 viene fondato il Secretariato Social Mexicano con l’appoggio della Compagnia di Gesu, in cui avra rilievo la figura di p. Pedro Velasquez, direttore fin dal 1946®°. Nel 1937, le correnti ispaniche cattoliche che si trovano in tutto il continente mettono piede anche in Messico. Di fronte alla minaccia del pericolo «comunista-giudaico-massonico», uniscono le loro forze e fondano la Unién Nacional Sinarqui-
4H. Aguilar Camin, México, 50 aos de revolucién, FFCC, México 1960; F.X. Guerra, Le Mexique: de I’Ancien Régime a@ la Révolution, 2 voll., L’Harmattan, Paris 1985; S. Herzog, Breve historia de la Revolucién
Mexicana, FCE, México 1960.
85 Sulla Chiesa in Messico: C. Alvear Acevedo, «La Iglesia en México
enel periodo 1900-1962», in HGJAL, vol. V, Sigueme, Salamanca 1984.
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sta che, secondo le sue stesse fonti, dice di contare, nel 1940, circa 500.000 aderenti. I militanti dell’ Azione cattolica e delle diverse organizzazioni di laici hanno cosi un luogo di impegno sociale e politico «integrale». Il loro discorso, simile a quello di altri paesi, é tanto antiliberale quanto anticomunista. Cercano di riscattare la «eredita spagnola», la «cattolicita del popolo indigeno» denunziando, da buoni cattolici integralisti, «l’imperialismo nordamericano» che vuole dominare |’economia e la cultura non solo del Messico che é vicino, ma di tutta l’ America Latina. I sinarchisti, come altri movimenti con caratteristiche settarie, si impegnavano ad agire solo pacificamente e a opporsi ai loro nemici (come indica il Discorso sul monte contenuto nel Vangelo) incrociando le braccia. Le loro consegne erano «patria, giustizia e liberta». Il loro periodico, E/ Sinarquista, arrivo a una tiratura di quasi centomila copie. Il sinarchismo riusci a dinamizzare settori contadini proponendo cooperative di credito, corporazioni di contadini e comitati per una migliore organizzazione dei villaggi. Nel” 1944, davanti alla difficolta di «perforare» lo stato laico e rivoluzionario, si frazionano e nasce il partito Fuerza Popular, che nel 1953 si trasforma in Unidad Nacional, ma ormai senza alcuna possibilita di crescita®. Un altro spazio politico per i militanti di Azione Cattolica che non aderiscono al «processo rivoluzionario» sara dato dal Partito Nazionale fondato nel 1939 e che in questo periodo sembrera legittimare il regime partecipando alle elezioni del parlamento. Questa storia, simile a quella di altri paesi, si riferisce specialmente alla militanza cattolica di ambienti medi legati alPapparato istituzionale che cerca di «restaurare la societa». Ma da nessun punto di vista dobbiamo dimenticare la storia degli altri cattolici, specialmente delle classi popolari che, di fronte alle strade imboccate dalla postrivoluzione, presero una posizione di intransigenza attiva, combattiva e violenta. Per questo é importante risalire alle diverse origini della rivoluzione messicana, a volte ignorate o nascoste. In questo processo la figura di Zapata e dei suoi seguaci incarnera la simbiosi tra religiosita popolare e trasformazione sociale. Se ci furono settori che fecero della rivoluzione una crociata anticlericale e antireligiosa (dobbiamo ricordare i sacerdoti as86 Sul sinarchismo: J. Ledit, Le front des pauvres, Ed. Fides, Montréal
1959,
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sassinati, le chiese profanate, le religiose violentate), gli zapatisti al contrario rispettavano le chiese e si preoccupavano di elevare cappelle di campagna. Nel 1915 le truppe zapatiste entrano nella capitale sotto lo stendardo della Vergine di Guadalupe. La costituzione firmata nel 1917 fu la pit drastica in tutta l’America Latina per cid che si riferisce a questioni religiose. Viene decisa la secolarizzazione delle scuole, sono proibiti i voti e gli ordini religiosi, si vigila sulle chiese, si statalizzano i numerosi beni immobili e si abolisce il diritto delle Chiese di acquisire immobili. L’articolo 130 toglie la personalita giuridica alle Chiese, stabilisce che ogni stato dell’Unione Messicana deve decidere il numero massimo di appartenti al clero (ci sono stati che ne stabiliscono tre, altri cinque...), si proibisce l’ingresso di clero straniero, ecc. Secondo J. Meyer, «l’intenzione dei giacobini era di estromettere la Chiesa dal campo politico, distruggere la sua influenza sociale e limitarla strettamente all’ambito della religione»*’, . Questo tentativo di «sfrattare» il cattolico dalla vita quotidiana incontrera una forte risposta specialmente fra le masse contadine che cercarono di opporsi con tutti i mezzi all’assalto statale. Qui si inizia la cristiada, ’opposizione violenta di masse cristiane armate allo stato rivoluzionario che «tradi» i suoi obiettivi. La crisi esplode nel 1926 e si devono cercare in quella costituzione le origini della rivolta. «La Chiesa messicana, che si ispirava tanto al cattolicesimo sociale tedesco quanto all’insegnamento di Leone XIII e alla sua opera storica coloniale, fu presa da una dinamica simile a quella dei rivoluzionari e si dispose a creare una democrazia cristiana prima che questo concetto fosse inventato... L’anticlericalismo della minoranza al governo era insieme espressione dell’odio e del disprezzo che sentivano per il vecchio Méssico... credevano di disprezzare il clero, ma in realta disprezzavano i contadini cristiani.
Questa era la causa profonda della cristiada»®.
Con larrivo, nel 1924, del governo di Calles, si approfondisce l’applicazione della costituzione del 1917. Nei piu diversi ambienti i cristiani cominceranno a far la guardia alle chie87 Un lavoro profondo e rigoroso in: J. Meyer, La cristiada. 1. La guerra de los cristeros; Il. El conflicto entre la Igiesia y el Estado en México e III. Los cristeros: sociedad e ideologia, Siglo XXI, México 1973.
88 Ibid.
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se. Da Roma si cerca di gettare acqua sul fuoco. Tuttavia «nel popole semplice maturava la disposizione al martirio nella misura in cui cresceva anche la convinzione che la guerra stava avvicinandosi»®?. Tra il 1926 e il 1929 si produce la contrapposizione tra i
«guerriglieri di Cristo Re» e l’esercito federale. Con «la co-
scienza di essere la nazione cristiana e il regno di Cristo, per cui versavano il loro sangue», morirono pit di centomila per-
sone.
La crisi del 1929 e un accordo fra vescovi e governo mettono fine al conflitto. Il 27 giugno 1929 si tornano a celebrare messe, ma tra il 1929 e il 1935, 5000 cristiani saranno assassinati e fra questi 500 dei loro capi. Si passa, secondo Meyer, «dalla Chiesa del silenzio al silenzio della Chiesa». La Chiesa «inesistente» torna a cercare uno spazio sociale e fara di nuovo ricorso alla simbologia guadalupegna. Nel 1931, pit di mezzo milione di persone insieme con 27 vescovi
e 200 sacerdoti celebrano il 400° anniversario dell’apparizione
della Vergine di Guadalupe. Ma I’esperienza di «autogestione religiosa» vissuta durante la cristiada rendera pit difficile qualsiasi tipo di manipolazione o imbrigliatura istituzionale. Il processo di contrapposizione tra i dirigenti dello Stato e il cattolicesimo torna a riacutizzarsi nella cosiddetta crociata scolastica del 1934-1937 con la modifica dell’art. 3 della costituzione che diceva: «L’istruzione impartita dallo Stato sara socialista e non si limitera a escludere dai suoi programmi ogni tipo di dottrina ecclesiastica, ma dovra combattere il fanatismo e i pregiudizi». Questo da luogo a una nuova sollevazione cristiana ma di ampiezza molto minore. L’arrivo al governo di Lazaro Cardenas modera i conflitti dato che la preoccupazione deve essere concentrata pil su problemi sociali ed economici che su problemi religiosi. Nel 1938 la nazionalizzazione del petrolio crea conflitti interni ed esterni. In questo momento diversi personaggi della societa, compresi i vescovi, danno il loro appoggio al governo, mostrando cosi le possibilita di accordo fra di loro. Dopo il 1938, l’anticlericalismo militante dei primi decenni della rivoluzione verra a poco a poco sostituito da una collaborazione pragmatica e da un rispetto reciproco. Sebbene non ci fossero lezioni di religione nelle scuole dello Stato (come in altri paesi del continente) si permise l’apertura dei se89 H_J. Prien, Historia del..., op. cit.
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minari e si tollerarono le scuole cattoliche. Se nel 1935 il numero dei sacerdoti autorizzati era di 305 per una popolazione di quasi 20 milioni (in un terzo degli stati federali di quell’epoca nessun sacerdote aveva il diritto di esercitare la sua attivita) verso la meta degli anni settanta il numero dei sacerdoti arrivava a 10.000. Segno delle trasformazioni e della lenta burocratizzazione della rivoluzione erano i cambiamenti del partito dominante. Nel 1929 viene creato il Partito Rivoluzionario Messicano, che nel 1946 (e fino a oggi) passa a essere chiamato Partito Rivoluzionario Istituzionale. Secondo J. P. Bastian, cid fa si che «il nazionalismo messicano si separi dalla ispanicita per modellarsi sui valori utilitaristici nordamericani ricuperati dalla nozione di “messicanita”»™, Tuttavia i rapporti fra cattolicesimo, Stato e societa sono rimasti segnati da questo modus vivendi. La legislazione non verra cambiata, data la possibilita che certi conflitti possano ripetersi. Vediamo tuttavia come la religiosita popolare rimanga e col tempo si trasformi creando i suoi propri codici, ritmi e presenze”'. I} movimento cattolico «romanizzato» la disconoscera o la combattera in quanto alienante o vorra manipolarla. Il cardenismo cerchera di sfruttarla per creare nuove legittimita davanti ai processi di nazionalizzazione. Né gli uni né gli altri otterranno adesioni di massa. La Vergine di Guadalupe continuera a incanalare (senza che ci siano intermediari che possano monopolizzarle) le esigenze religiose di vasti settori popolari. 10. America centrale La crisi del 1930 apre un periodo che continua fino agli anni sessanta, quando si acutizzano i problemi nati dal sistema di monocoltivazione per l’esportazione instaurato nei paesi dell’area. In quest’area le reazioni saranno violente e produrranno uno stato di guerra civile permanente. Il calo del prezzo del caffé e dello zucchero, i prodotti principali della zona, mette in crisi il «modello liberale» pra%* J.P. Bastian, «El protestantesimo y la revolucién mexicana - 19141940», in HGIAL, vol. V. Una visione pit globale in: Id., Historia del pro-
testantismo en América Latina, Cupsa, México 1990.
9! G. Giménez, Cultura popular y religion en el Anahuac, CEC, México 1978.
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ticato fino a quel momento. Dobbiamo di nuovo essere cauti con i termini. I partiti politici autoritari e repressivi della zona si autodefiniscono liberali. In una societa dove le parole «si deteriorano tanto rapidamente», pit che i discorsi ci devono interessare le azioni concrete dei protagonisti della societa. Questa crisi provoca a sua volta un impoverimento delle masse contadine, indigene e nere, e apre dunque la porta alla ricerca di nuovi modelli e legittimita. Per capire questi paesi continua a essere centrale il tema della proprieta della terra e il ruolo che deve avere lo Stato. Ricordiamo che lo Stato prende il posto di un settore privato che era fallito nel campo bancario, in quello dei servizi pubblici e in quello della modernizzazione dell’agricoltura. Un altro dato fondamentale per capire questa zona é la presenza economica e militare degli Stati Uniti. Invasioni, pressioni, insediamento di forze armate fedeli mostrano come fin dall’inizio si intese la politica di «buon vicinato». Vi furono cosi «marines salvatori», la «diplomazia della cannoniera», il vile sfruttamento della «United Fruit Company» o simili, il «canale di Panama», le «amicizie privilegiate come Anastasio Somoza, Trujillo o Batista», la «lotta contro il pericolo comunista», che mostrano come la principale potenza mondiale sorta negli anni trenta o consolidatasi dopo la seconda guerra mondiale intende i suoi rapporti con l’America Latina, il «cortile che sta dietro casa». La crisi dello Stato liberale apre in tutta la regione la strada ai reiterati colpi di stato e ai governi civili-militari, di cui il Nicaragua dei Somoza («signori» del paese dal 1936 al 1979) é il migliore esempio. Ma questo permettera a masse contadine, piccoli nuclei operai, gruppi cristiani diversi, ambienti intellettuali e studenteschi di fare nuove esperienze sociali e politiche, sia nel nascente partito comunista, sia nei diversi movimenti riformisti di ispirazione cristiano-sociale, sia nelle molte organizzazioni corporative e sindacali create nella zona. La soggezione non deve nasconderci la creativita, l’immaginazione e la lotta per la dignita di questi uomini e donne latinoamericani®. %2 Una spiegazione «dipendentista», a volte pitt poetica che storica e che riflette tutta una mentalita legata all’epoca in E. Galeano, Las venas abiertas de América Latina, Siglo XX1, México 1971. Quando si tenta di mostrare il «volto selvaggio», lo sfruttamento, il dominio, la repressione e la devastazione sofferti nel continente, rimangono in secondo piano le creazioni politiche, sociali e culturali dei poveri del continente. Una critica a certe posizioni «statistiche», facendo parlare altri protagonisti sociali in Esprit, «Amérique Latine ala Une», Paris, n. 10, 1983.
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La situazione del Costa Rica, in cui si consolida presto un regime democratico, evita i «bagni di sangue» dei paesi vicini. Per questo sara molto importante l’impegno al quale arrivano i movimenti di ispirazione liberale, socialista, cristiana e comunista per garantire il patto democratico ed evitare, almeno apparentemente, la militarizzazione del paese. La crisi dello Stato liberale permettera al cattolicesimo di fare nuove opzioni. Davanti alla crisi dei partiti tradizionali, la Chiesa si é trasformata in una delle istituzioni pit importanti della societa. I nuovi stati non possono ignorarla. In questo senso deve intendersi la soppressione delle leggi anticlericali™. La dove lo Stato abbandona I’appoggio liberale-oligarchico, la Chiesa pud portare nuove legittimita al nuovo Stato e/o ai movimenti sociali. Le medesime possono essere ottenute da posizioni anticomuniste che legittimano i nuovi gruppi dominanti (civili o militari); possono essere ottenute da posizioni antiliberali in aree del «bene comune» e della «giustizia sociale». Come nel resto dell’ America Latina, da Roma si insiste sulla «organizzazione del laicato», sul farsi carico della «questione sociale». Ma il modello che si presenta (quello dell’ Azione cattolica) non risponde a societa a maggioranza contadina con una grande presenza indigena o nera (specialmente nei Caraibi) dove le diverse religiosita hanno un peso considerevole e dove il modello di restaurazione cattolica le considera come «nemiche». I nunzi insistono sull’introduzione dell’ Azione cattolica, ma incontrano nel clero locale poca disponibilita alla sua diffusione. a. In Guaternala™ nel 1935 viene creata I’Azione cattolica insieme al tentativo di una presenza intellettuale con la fondazione dei periodici El Crisol e Verbum. La Chiesa cerca di identificare nazionalita con cattolicesimo, democrazia con liberalismo, e pertanto di squalificare i partiti politici, poiché in essi cresce il «pericolo comunista». Il cattolicesimo si divide di fronte alle riforme sociali del governo eletto democraticamente del colonnello Arbenz (1951-1954), che tenta una riforma agraria e appoggia la sindacalizzazione contadina. Da un lato Parcivescovo del Guatemala pubblica, nell’ aprile del 1954, una lettera pastorale in cui denunzia «l’avanzata co93 Sulla Chiesa in America centrale abbiamo preso come materiale di ri-
ferimento «América Central», in HGIAL, vol. VI, CEHILA,
Sigueme, Sa-
lamanca 1985. 94. Bendajfia, «El laicado y la cuestion social en Guatemala», ibid.
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munista in Guatemala». Dall’altro, sacerdoti e militanti cattolici sostengono che la strada da seguire é quella delle riforme sociali. Il colpo di stato militare del 1954, appoggiato dagli Stati Uniti, dai dittatori della zona, come Somoza e Trujillo, dalle societa multinazionali e dalla gerarchia cattolica locale, mostro i limiti che i settori dominanti della zona erano disposti a tollerare. Il colpo militare tornd a instaurare il clima di violenza e di repressione che per anni caratterizzera questo paese. b. Nel Salvador la situazione non é molto diversa. Nel 1931 viene eletto in elezioni libere l’ultimo presidente civile che governd il paese, ma alla fine dell’anno viene fatto cadere. Ii calo del prezzo del caffé provoca un tumulto di contadini che é duramente represso nel 1932 con un numero di morti che va da 10 a 30 mila. Come in altri paesi, la Chiesa predica «la pace, la rassegnazione e infine la fedelta alle autorita. Vengono intensificate le campagne anticomuniste e si benedicono lo Stato e le sue forze armate perché hanno liberato il paese dal flagello del comunismo», Si cerca allora di incoraggiare le organizzazioni di laici per combattere la «irreligiosita e |’immoralita». Nel 1941 viene fondata la Joc, nel 1943 l’Azione Cattolica e nel 1949 l’Acus, che é il ramo universitario. c. In Nicaragua l|a vita sociale ¢ dominata dalla famiglia Somoza fin dal 1936. Dal 1927 al 1933 l’intervento militare nordamericano incontrd una forte opposizione popolare armata. Un generale «liberale» dirige la «resistenza nazionale antimperialista»: Augusto César Sandino. Questo «generale di uomini liberi», ammirato e difeso da scrittori latinoamericani come Barbusse, Gabriela Mistral, Ugarte, Vasconcelos, e da riviste cattoliche come Criferio in Argentina, conduce per sei anni la guerra contro l’occupante. Sandino depone le armi nel 1933 quando i marines si ritirano. Ma, prima di andarsene, la forza di occupazione degli Stati Uniti lascia in piedi la sua garanzia nel paese: la Guardia Nacional diretta da A. Somoza che fa assassinare A. Sandino. E l’inizio della sua dinastia. Il silenzio timoroso e un po’ complice dei vescovi davanti a questi fatti é rotto dal vescovo di Granada: nel 1932 egli be-
95. Cardenal, «El laicado y la cuestién social en El Salvador», ibid.
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nedice le armi dei marines allargando la distanza tra la Chiesa e le masse contadine in lotta. La lotta armata non impedisce che il 1° gennaio 1931 si celebri il primo Congresso eucaristico e contemporaneamente si pubblichino lettere pastorali sulla morale, il matrimonio, il divorzio e i pericoli del comunismo. Due intellettuali cattolici emergono in quel periodo: Pedro J. Cuadro Chamorro e Car-
los Cuadro Pasos. Per loro la «questione sociale» é prioritaria, ma entro i limiti di un cattolicesimo delle classi. Questo panorama porta J. E. «Dal 1929 fino al 1971 la Chiesa mantenne manente con i regimi liberali (il partito di A.
di riconciliazione Aureliano a dire: un’armonia perSomoza)»™.
d. In Honduras, una Chiesa con forte presenza straniera cerca di istituzionalizzarsi attraverso grandi celebrazioni: nel 1941 il Congresso eucaristico, nel 1947 la citta di Tegucigalpa celebra il bicentenario della Vergine di Supaya. Nel 1954 l’arcivescovo Turcus y Barahona, consacrato nel 1947, in una lettera pastorale denunzia i mali della societa,
specialmente il comunismo.
Lo stesso anno
c’é un grande
sciopero bananiero, durante il quale nasce il sindacalismo organizzato. Nel 1959 si cerca di «modernizzare» la presenza della Chiesa nella societa. Per questo, con grandi mezzi economici e chiamando clero straniero si svolge la Grande Missione di Tegucigalpa che poi si estendera al resto del paese. I risultati saranno modesti e riveleranno che non era questa la strada per una maggiore presenza nei settori popolari®. e. Ci sembra importante, tuttavia, soffermarci sull’esperienza del Costa Rica, unico paese nella zona e uno dei pochi in America Latina (insieme con Venezuela, Colombia e Messico) in cui le relazioni fra civili e militari (negli ultimi 40 anni) sono state rispettose verso le istituzioni democratiche. Dal 1917 il Costa Rica non ha avuto un solo colpo di stato militare e non possiede (caso unico in tutta l’America Latina) un esercito professionale dal 1948. E difficile da capire, ma é un caso da studiare, in una zona tanto piena di conflitti come il Centroamerica™.
% JE. Arellano, «El laicado y la cuestién social en Nicaragua», ibid. 57 M. Caries, «La Iglesia en la dictadura (1933-1950), ibid.
58 Altri particolari su questo paese in J.L. Vega Carballo, Costa Rica:
una interpretacién socio-politica de su desarrollo reciente, San José 1977; C. Urcuyo Fournier, Les raisons, les fonctions et les limites de l’abolition
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La situazione del cattolicesimo in Costa Rica ci fa anche vedere come sia possibile prendere strade diverse all’interno del campo cattolico. I protagonisti come anche le strutture sono importanti in questo paese quando si esamina il comportamento cattolico. Davanti all’egemonia liberale, i rapporti fra potere politico e Chiesa sono di reciproca accettazione e€ di sostegno dei rispettivi interessi. Ci sono persone che lasceranno un’impronta sulla vita di questo cattolicesimo. Da un lato abbiamo la figura del sacerdote Jorge Volio Jimenez (1881-1955), poliedrico, che fu deputato, guerrigliero, agricoltore e docente universitario. Nel 1902 egli fonda il periodico Justicia Social, organo di espressione del pensiero cristiano, che prende le classiche distanze «dall’individualismo liberale» e anche dal «collettivismo socialista». Per questo sacerdote «il cristianesimo é amore per i poveri e gli abbandonati, protezione per i deboli, onore per il lavoro». Nel 1912 si trasferisce in Nicaragua per appoggiare la rivolta popolare ed ¢€ eletto generale per le sue capacita in combattimento. Quando torna a San José viene allontanato dalla sua carica di presbitero. Quando scoppia una sollevazione militare-oligarchica, oppone le armi fino a ottenere la vittoria (19171919). Si unisce poi al partito riformista «rinnovatore e socialista cristiano coerentemente con le norme dell’enciclica Rerum Novarum. Si tratta del primo partito classista e ideologico del Costa Rica. La vita di questo gruppo fu breve, ma segno il futuro. Vari dei suoi membri fonderanno nel 1931 il partito comunista. Tuttavia l’influenza riformista delle sue origini é un fattore importante per spiegare i rapporti che nel 1943 intavolera con la gerarchia cattolica®™. Altro personaggio centrale é la figura di mons. Victor Manuel Sanabria (1899-1952), storico e futuro arcivescovo di San José. Nel 1935 viene fondata l’Azione Cattolica, ma questo vescovo cerca di sostituirla con qualcosa di pit adatto alla realta locale e al cattolicesimo sociale che auspica. Appoggia la creazione della Joc (a livello operaio e contadino) ma con poco successo. Tuttavia questa esperienza permettera lo sviluppo della Centrale Sindacale Rerum Novarum, fondata nel 1943 e che avra un rapido sviluppo.
de l’armée au Costa Rica, San José 1979, ciclostilato, citato da A. Rouquie, L état militaire... % Questi e altri dati sono presi da M. Picado, «EI laicado y la questién
social en Costa Rica», HGIAL, vol. V; Id., La Iglesia costarricense: Entre Dios y el César, CEI, San José 1988.
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Ma la cosa pit importante di questo vescovo sara l’appoggio dato al governo del presidente Rafael Caldéron (19001970) che governa tra il 1940 e il 1944 e che «mobilitera il paese per la sua esperienza piu importante di trasformazione sociale»'™, Uno dei primi atti del governo di Calderon sara ristabilire Veducazione religiosa nelle scuole elementari. Di fronte all’attacco dell’oligarchia per le riforme decretate, egli sopprime le leggi anticlericali e ottiene l’appoggio della Chiesa. Ma questo non deve essere interpretato semplicemente come uno scambio di concessioni: «Il significato profondo é¢ un segno del cambiamento fondamentale che si stava operando: la sostituzione dello Stato liberale con un nuovo Stato, lo Stato assistenziale, prodotto finale delle convulsioni degli anni quaranta», Per poter realizzare riforme antioligarchiche, questo nuovo Stato deve poter contare sull’appoggio della Chiesa che puo cosi legittimarlo sia a livello popolare sia in altri settori sociali. In una lettera pastorale del 1941, intitolata De/ giusto salario, mons. Sanabria denunzia la miseria dominante, difende la funzione sociale della ricchezza e appoggia cosi la nuova legislazione sociale. Questo appoggio ecclesiale si aggiunge a quello portato dal partito comunista. La cosa importante da ricuperare é quella che Picado chiama «l’abbraccio inverosimile». I] Partito Comunista appoggiava il governo, ma sapeva anche che questo appoggio «indeboliva» il governo di fronte agli attacchi oligarchici. I dirigenti del PC, con un atto di coraggio e di pluralismo, decidono di cercare appoggio presso l’arcivescovo di San José. L’arcivescovo, in modo poco o affatto comune, decide, dopo aver consultato gli altri vescovi, di rendere pubblica la posizione secondo cui i cattolici possono entrare nel Pc a condizione che esso cambi il suo nome in Avanguardia Popolare. L’alleanza tra la Chiesa, il governo e i comunisti «scandalizza» gli ambienti dominanti, abituati ad avere la legittimazione dell’autorita religiosa. Allo stesso tempo consolida il presidente ed evita la guerra civile. Il vescovo da la priorita all’unita dei settori interessati alla giustizia sociale rispetto a consegne dottrinarie o a interessi settoriali congiunturali. Questo esempio per la causa dei poveri, di tolleranza e di 100 Ibid. 101 Thid.
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pluralismo di una Chiesa locale che vede in uomini e donne non dei «materialisti storici», ma dei difensori della giustizia, é anche alla base della singolare esperienza sociale e politica che si sviluppera in questo paese. Nel 1952 muore mons. Sanabria e il suo successore Rubén Ochoa Herrera (1952-1959) continua ad appoggiare la presenza sociale in settori popolari, ma senza la forza del suo predecessore. Ma gia lo Stato si é consolidato. Nascono nuove classi medie, i settori contadini sono protetti, i partiti politici istituzionalizzati, e questo rende difficile qualsiasi avventura autoritaria. Consolidata la democrazia, la lotta per una maggiore giustizia ed equita sociale sara la nuova sfida con cui il cattolicesimo dovra confrontarsi.
11. Le isole dei Caraibi: Cuba, Puerto Rico, Repubblica Dominicana e Haiti Cuba e Puerto Rico presentano un caso speciale nella storia dell’America Latina. La loro indipendenza tardiva (fine del XIX secolo) mise le due isole direttamente nelle mani della potenza che aveva l’egemonia nella zona: gli Stati Uniti. Puerto Rico sara annesso agli Stati Uniti e Cuba sara «amministrata» politicamente ed economicamente dagli Stati Uniti fino alla rivoluzione del 1959. Anche oggi (1992) gli Stati Uniti possiedono una base militare nell’isola: Guantanamo. a. A Cuba V’istituzione ecclesiale deve ricomporre i suoi quadri dopo il primo esodo di sacerdoti spagnoli nel 1898. Nel 1938 viene fondata |’ Azione cattolica, che si sviluppera in ambienti studenteschi e intellettuali. Lo sforzo per creare parrocchie, scuole, movimenti di apostolato, esige una grande attenzione pastorale e davanti alla debolezza del clero del posto si tornano a chiamare sacerdoti stranieri, specialmente spagnoli. Nel 1946 viene creata l’universita cattolica e nel 1947 la Joc. La politica di «ricristianizzazione delle élite» viene intesa come uno sforzo per avere una presenza attraverso i collegi cattolici. «Mentre nel 1953 all’Avana che aveva quasi un milione di abitanti, c’erano solo 16 parrocchie con una media di due sacerdoti ciascuna, nei collegi della citta lavoravano quasi duecento sacerdoti»!. 12 F. Houtart, L’Eglise force antirévolutionnaire? De 1789 4 1968, Pa-
ris 1968.
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La figura dominante di questo periodo é quella di mons. Manuel Arteaga y Betancur (1879-1963), che fu arcivescovo e cardinale dell’ Avana dal 1941 fino alla rivoluzione. La vita sociale non é diversa da quella delle repubbliche del Centroamerica. La crisi del ’*30 provoca ’abbassamento del prezzo dello zucchero con le conseguenti rivolte contadine, scioperi generali e cambiamenti di governo. La dittatura liberale di Gerardo Machado (1925-1933) é seguita da un’esperienza democratica che culmina con l’assunzione del potere da parte del sergente Fulgencio Batista. Nel 1940 Batista convoca una costituente «che adotta una costituzione socialmente progressista, poi si fa eleggere presidente con il fermo appoggio del partito comunista, ma anche degli interessi nordamericani e l’accettazione di quasi tutte le classi sociali»!. : Nel 1952 un colpo militare di F. Batista, allora capo dell’esercito, seguito, nel 1953, dall’attacco di Fidel Castro e dei suoi uomini alla caserma La Moncada, danno inizio al processo di trasformazione che portera al trionfo della rivoluzione cubana nel 1959. L’identificazione fra «Cuba e cattolicesimo» cercd di sostituire P’antica legittimita liberale e per questo si cercd la vicinanza allo Stato, qualunque esso fosse. Anche se non mancava la preoccupazione sociale (mons. Perez Serantes, arcivescovo di Santiago di Cuba, difese nel 1953 coloro che diedero l’assalto alla caserma La Moncada, data la presenza di militanti cattolici), l’anziano cardinale mantenne stretti legami con il potere di F. Batista. Questa posizione portd il cardinale a invitare il dittatore alla benedizione della statua di Cristo eretta sulle alture della Cabana il 24 dicembre 1958, quando gia i rivoluzionari stavano per impadronirsi del potere (che assumeranno il 1° gennaio 1959), Come ogni processo di trasformazione portato avanti in questo periodo in America Latina, la rivoluzione cubana contera all’inizio sulla partecipazione attiva di sacerdoti, laici dell’Azione cattolica e dei movimenti settoriali. Le riforme sociali del 1959 ricevono un tiepido appoggio, ma le concezioni ideologiche che vanno prendendo sempre pit: piede sono categoricamente respinte. «Latinoamérica», la rivista dei gesuiti, bilanciando le posizioni dell’epoca, diceva: «L’opposizione della dittatura coin103-T Hugh, Cuba or the Pursuit of Freedom, London 1971.
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volse a fondo molti membri delle organizzazioni giovanili cattoliche, che si videro accusati ufficialmente dal regime di Batista. All’origine dei primi disordini, questi pubblicarono un valido manifesto sottoscritto dai loro assistenti... ma l’episcopato, nel suo insieme, ritenne pit: prudente non lanciare ufficialmente la Chiesa in una lotta... Batista aveva sempre mostrato rispetto e deferenza nei riguardi dei prelati e spesso fa-
ceva donazioni per varie opere cattoliche»'™.
Quando la rivoluzione prende una posizione di militanza marxista e atea (con persecuzione per i dissidenti e isolando o rendendo difficile la vita religiosa quotidiana), ]’anticomunismo cattolico riappare a rendere pid tesi i rapporti e poi a romperli. : Il Congresso Cattolico Nazionale del novembre 1959 — a undici mesi dall’arrivo di Fidel Castro — con le sue migliaia di partecipanti e le sue consegne di «Roma o Mosca», «Vogliamo una Cuba cattolica», mostrava che avevano trionfato gli intransigenti di entrambe le parti!™. b. Il fatto centrale in Puerto Rico sara costituito dall’annessione, nel 1898, agli Stati Uniti. La personalita di maggior rilievo sara quella del laico Pedro Albizu Campos, fondatore del Partito Nazionalista di Portorico, che verra giudicato e incarcerato fino al 1948', Albizu rappresenta il cattolicesimo di radice popolare e nazionalista che si oppone alla «americanizzazione» del paese. La gerarchia cerca un modus vivendi con la nuova situazione. Sebbene legata al resto dell’ America Latina attraverso il CELAM (non fa parte della Conferenza Epicopale degli Stati Uniti), vive nel territorio degli Stati Uniti, e questo provoca una divisione presente fino al giorno d’oggi fra «americanisti» e «nazionalisti». c. Repubblica Dominicana e Haiti. Una piccola isola e due realta diverse. Qui si vive la particolarita di popoli in cui coesistono almeno tre culture, quella india, quella nera e quella 104 In Estudios Sociales, 73 (settembre 1988) Santo Domingo. Vi si presentano quattro documenti sulla Chiesa e la rivoluzione cubana. II primo, preso dalla rivista dei padri gesuiti Latinoamérica, del febbraio 1959, riflette il primo amore di un vasto settore della Chiesa per la rivoluzione in quei primi giorni di effervescenza.
105 Altre informazioni su questo periodo in A. Biintig, «Hacia una nue-
va frontera», in Revista CIAS 193 (1970), Buenos Aires.
106 S. Silva Gotay - M. Rodriguez, «Historia de la Iglesia en Puerto Ri-
co», in HGIAL, vol. IV, CEHILA, in corso di stampa.
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bianca, insieme con i diversi incroci di razze degli ultimi 500 anni. Nella Repubblica Dominicana, la Chiesa vive quest’epoca segnata dalla figura del dittatore Rafael Trujillo (1930-1961), capo dell’esercito grazie all’appoggio dei marines degli Stati Uniti. Come Somoza egli «rispetta una certa legalita»: i suoi parenti e amici si alternano al governo. I] suo «ispanismo» lo porta ad affrontare e a degradare la «negritudine» di migliaia di dominicani e di haitiani migranti. Nel 1937 avviene il massacro di pit di 15.000 immigrati accusati di sollevare i contadini.
Il dittatore cerca di legittimare il suo modo di agire da una
posizione che identifica ispanismo con cattolicita, dove alla Repubblica Dominicana tocca il primato dei valori della cultura cristiana per essere stato il primo insediamento permanente di europei. Nel 1954 a Madrid dira che «fu la primogenita delle province ultramarine della Spagna, la radice della ispanicita in America». Inaugurando il seminario diocesano, nel 1948, egli insiste sulla «consustanzialita del cattolicesimo e della nazionalita; il cattolicesimo non é per la nazione dominicana un fatto secondario o un aggettivo, ma é sostanza, essenza e vita del nostro popolo»!”, Questo discorso vede una minaccia all’identita dominicana in tutto quello che attenta contro la patria cattolica (si tratti di comunismo o «della frontiera nera o francese»). Il 20 aprile 1931, mettendo fine «all’era liberale» si concede personalita giuridica alla Chiesa cattolica e nel 1954 si firma il concordato. Questo rapporto privilegiato del dittatore con la cattolicita fara si che l’istituzione abbia una parte subalterna ma totalmente tollerata rispetto al potere. Nel 1959 il paese contava 168 sacerdoti, cioé uno ogni 12.000 abitanti!™. R. Trujillo sara assassinato dai suoi collaboratori nel 1961; questo aprira un’era di trujillismo senza Trujillo fino al 1963, quando nelle elezioni si impone il riformista J. Bosch, con l’appoggio di militanti e intellettuali formati nei movimenti settoriali dell’Azione cattolica. Il suo tentativo di democratizzazione viene interrotto da una nuova invasione nel 1965 dei marines degli Stati Uniti, i quali tornano a imporre il loro ordine disordinato. 107 1.L. Saenz, «Catolicismo e hispanidad en la oratoria de Trujillo», in
Estudios sociales 73.
108 W. Wipfler, Poder, influencia e impotencia. La Iglesia como factor
socio-politico en R. Dominicana, Cepae, Santo Domingo 1980.
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L’altra parte dell’isola, la Repubblica di Haiti, ha una storia politico-militare simile, ma con legittimazioni diverse. Antica colonia francese, primo paese libero dell’ America Latina, libero dal dominio europeo grazie a un governo di neri, fu occupato dai marines fra il 1914 e il 1934. A partire da quel momento la garde d’Haiti mantiene |’ordine nel paese. Dal punto di vista religioso, i culti afro-americani hanno
in questa repubblica (insieme con il Brasile) il loro principale
luogo di insediamento. La religione vudu é diventata «religione dei poveri ed espressione culturale delle grandi masse rurali», : La Chiesa cattolica, romanizzata sotto questo aspetto, lo ha considerato una «superstizione» e ha lanciato, senza successo, forti campagne per contrastarlo. Ricordiamo che nel 1954 c’erano 350 sacerdoti, cioé circa 8.000 abitanti per sacerdote. Francois Duvalier, papa Doc, giunge al potere nel 1957 inaugurando la dinastia familiare e cercando l’appoggio della Chiesa per rafforzarsi: i suoi primi due ministri dell’educazione saranno sacerdoti. I] paese pit! povero dell’ America Latina sara controllato e represso tanto dalle guardie locali quanto con l’appoggio degli Stati Uniti. L’arrivo del Concilio e una maggiore presenza del clero francese impegnato nella causa popolare andra creando spazi per una maggiore presenza liberatrice in settori contadini e urbani!!°,
109 A Métraux, Le voudou haitien, Paris 1958. 110 E Verdien - W. Smarth, «Histoire de ’Eglise en Haiti», in HGIAL,
vol. IV, in corso di stampa.
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I. IL RINNOVAMENTO CONCILIARE E MEDELLIN (1959-1972) Inquadreremo questo periodo fra due avvenimenti importanti!: la convocazione del concilio Vaticano II nel gennaio ! Come bibliografia generale si pud consultare l’opera che abbiamo curato: Historia General de la Iglesia en América Latina, della CEHILA, Sigueme, Salamanca, i cui volumi I/1 (Introduzione generale, 1983), V (Messico, 1984), VI (America Centrale, 1986), VII (Colombia e Venezuela, 1979) e VIII (Bolivia, Peri ed Ecuador, 1987) sono gia stati pubblicati; i volumi II/1 (Brasile coloniale) e II/2 (Impero in Brasile) sono pubblicati da Paulinas, Sao Paulo 1977; e il vol. X, sulla storia degli ispanici negli Stati Uniti, sotto il titolo Fronteras, dal MACC, San Antonio 1984, in inglese. Abbiamo a disposizione gran parte dei materiali inediti dei voll. IV (sui Caraibi) e LX (il Cono sud). Cfr. la mia opera Historia de la Iglesia en América Latina, Mundo Negro, México/Madrid 1984° e una sintesi in History and Theology of Liberation, Orbis Books, New York 1976. Per il periodo 19681979 ho pubblicato De Medellin a Puebla, CEE-Edicol, México 1979, con bibliografia che non torneremo a citare in questa opera. Si pud vedere questo periodo trattato da H.J. Prien, Die Geschichte des Christentums in La-
teinamerika, Vandenhoeck & Ruprecht, Géttingen
1978; H. Borrat, La
svolta. Chiesa e politica tra Medellin e Puebla, Cittadella Ed., Assisi 1979; J. Meyer, Historia de los cristianos en América Latina, Vuelta, México
1989, pp. 209 ss. Inoltre C. Pape, Katholizismus in Lateinamerika, Steyler, Siegburg 1963; R. Pape, El catolicismo contempordneo en Latinoamérica,
Fides, Buenos Aires 1951. Troviamo panoramiche in F. Pike, «La Iglesia en Latinoamérica», in Nueva Historia de la Iglesia, Cristiandad, Madrid,
vol. V (1977) pp. 316-371; M. Ferré, «La Iglesia latinoamericana de Rio a Puebla (1955-1979)» in Historia de la Iglesia, a cura di Fliche-Martin, EDICEP, Valencia, I volume complementare, 1981, pp. 697-725; F. Zubillaga, «Die Kirche in Lateinamerika», in Handbuch der Kirchengeschichte H. Jedin (ed.), Herder, Freiburg, vol. VII, 1979. Opere come quelle di L. Me-
Dal Vaticano II ai nostri giorni
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1959 e la XIV assemblea del CELAM a Sucre (Bolivia) nel 1972, che cambia l’orientamento pastorale della Conferenza Episcopale dell’America Latina. La II conferenza generale di Medellin (1968) ne é il centro di convergenza, che a grandi linee continuera a dare impulso alla Chiesa durante i decenni successivi. 1. La Chiesa nel decennio del «desarrollo» e della sua crisi L’elezione, il 29 ottobre 1958, di Giovanni XXIII non faceva presagire che nel gennaio del 1959 egli avrebbe convocato un concilio. IJ 1° gennaio, nei Caraibi, trionfa la rivoluzione di Fidel Castro. Se ricordiamo che nel 1953 era morto Stalin e che in UrRss, nel 1956, il XX congresso del partito aveva con Kruscev sotterrato un’epoca, e se aggiungiamo che nel 1961 negli Stati Uniti veniva eletto John Kennedy, possiamo capire che questa era un’epoca di distensione. In America Latina la «Alleanza per il progresso», nel decennio detto del «desarrollo» (1955-1965) indica un momento di ottimismo nel sistema del capitalismo dipendente. Papa Giovanni XXIII emanava la Mater et Magistra (1961) e la Pacem in terris (1963), che diedero il via a un rinnovamento negli impegni politici in America Latina. Lo stesso papa parlava della «Chiesa dei poveri»?. Accanto alla teoria del «desarrollo» c’era in America Latina una corrente rivoluzionaria. Il 15 febbraio 1966 viene ucciso Camilo Torres e nel 1967 «Che» Guevara. Quell’anno cham, Church and State in Latin America, University of North Carolina, Chapel Hill
1966; D. Levine,
Churches and Politics in Latin Ameri-
ca, Sage Pubblications, Beverly Hills 1980; e Id., Religion and Popular Protest in Latin America, Kellogg Institute, Notre Dame 1986; B. Smith, Church Strategies and Human Rights in Latin America, Woodstock Theological Center, Georgetown University 1979; T. Bruneau, The Catholic Church and Religion in Latin America, Developing Area Studies, McGill University 1984; e di grande utilita generale, anche se circoscritto all’America Centrale, cfr. P. Berryman, The Religious Roots of Rebellion.
Christians
in
Central
American
Revolutions,
Orbis
Books,
New York 1984. Una visuale ampia e attuale in L. Boff, 500 anni di evangelizzazione.' Dalla conquista spirituale alla liberazione integrale, Cittadella Ed., Assisi 1992. 2Espressione adottata dal papa Giovanni XXIII e dal concilio Vaticano Il (cfr. Ecclesia Christi Lumen Gentium, 8, Coleccién de Enciclicas, BAC, Madrid, vol. I, 1967, p. 2493) (ed. it. Enchiridion Vaticanum, vol. 1, EDB,
Bologna 1979!'», voce «Chiesa e poverta» Indice analitico).
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Paolo VI (1963-1978) pubblica la Populorum Progressio, nella quale si parla dell’«imperialismo internazionale del denaro». Un anno prima, il 31 luglio, 17 vescovi dei paesi poveri fanno conoscere la «Dichiarazione dei vescovi del Terzo Mondo» (1966) destinata ad avere un profondo impatto. E in questo periodo che la «teoria della dipendenza» comincia a mettere teoricamente in questione la «teoria del desarrollo», mostrando la necessita non di riforme bensi di una /iberazione strutturale di portata continentale. La ribellione giovanile messicana soffocata nel sangue il 2 ottobre 1968 a Tlatelolco, le manifestazioni universitarie a Berkeley contro la guerra del Vietnam, il «maggio» di Parigi, hanno fatto di questo 1968 (espressione della crisi del capitalismo nel 1967) un momento centrale. Salvador Allende verra eletto presidente in Cile nel 1970 e il papa pubblichera la Octogesima Adveniens (1971) in cui si legittimera il socialismo democratico.
2. Due fasi dello sviluppo collegiale La Chiesa latinoamericana pass attraverso due fasi, inquadrate in grandi riunioni, incontri, conferenze, seminari. La prima fase (1959-1968) é stata come un grande rinnovamento preparatorio di avvenimenti importanti. L’11 ottobre 1962 cominciava il concilio Vaticano II. Erano presenti 601 vescovi latinoamericani (22,23%) contro 849 europei (31,60%). Il card. A. Caggiano di Buenos Aires fu uno dei cinque che presiedettero l’apertura?. Quando il concilio si concluse nel dicembre 1965, si era prodotto un movimento profondo nella Chiesa, dal Messico all’Argentina. Il CELAM organizzd a Roma varie assemblee annuali, presiedute da mons. M. Larrain (che sarebbe stato presidente dal 1963 al 1966). Immediata fu la reazione in certi gruppi minoritari ma profetici. Prima ci fu l’incontro episcopale latinoamericano di Bafios (Ecuador), nel giugno 1966, con i responsabili delle commissioni di educazione, apostolato secolare, azione sociale e pastorale collettiva; poi a Mar del Plata la X assemblea del CELAM su «II ruolo della Chiesa nello sviluppo e nell’integrazione in America Latina» (nell’ottobre dello stesso anno), alla quale il governo dittatoriale di Ongania impedi a dom 3 Su tale questione si pud consultare la mia Historia de la Iglesia en América Latina, op. cit., pp. 219-223.
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Helder Camara di essere presente; nel 1967, l’incontro di pastorale universitaria di Buga (Colombia) che propose la riforma delle universita cattoliche e permettera un riciclaggio di intellettuali importanti (in Cile questo significd scioperi, sospensioni, manifestazioni studentesche; lo stesso in altri paesi); ’'incontro latinoamericano per le vocazioni, Lima (1967), in cui si stabili la riforma dei seminari teologici. II primo incontro di pastorale delle missioni indigene (aprile 1968) a Melgar (Colombia), in cui la questione indigena entrd nella Chiesa. Infine, incontro di pastorale sociale a Itapoan (Brasile) nel maggio 1968. Tutto questo prepard la strada all’avvenimento centrale della Chiesa latinoamericana del XX secolo: la seconda conferenza dell’episcopato latinoamericano a Medellin‘* su «Presenza della Chiesa nell’attuale trasformazione dell’ America Latina». Da questo momento abbiamo la seconda fase (1968-1972), in cui inizia l’opera di rinnovamento di tutta la Chiesa da parte del CELAM. L’IPLA (Istituto Pastorale) di Quito, da dove usciranno pit di 500 operatori di pastorale (fra cui una figura come quella di p. Rutilio Grande s.j., martire di El Salvador, e tanti altri), l’Istituto di Catechesi (Manizales), di Liturgia (Medellin), della Gioventti (Bogota) svolgono un lavoro di approfondimento e di allargamento. Gli incontri per il rinnovamento episcopale produssero un cambiamento profondo in molti vescovi (quello di Medellin nel luglio 1971 con la partecipazione di 56 prelati, da Adalberto Almeida, arcivescovo di Chihuahua, fino a mons. Jorge Manrique de La Paz o mons. Oscar A. Romero di El Salvador). Peraltro, nei sinodi romani del 1967 0 1969 le voci latinoamericane si fecero udire, ma i vescovi latinoamericani ebbero
una presenza vera solo nel III sinodo del 1971. Nella questio-
ne «Giustizia nel mondo» essi mostrarono una posizione chiara di liberazione esposta dal segretario esecutivo del CELAM, mons. Eduardo Pironio. E nella Spagna, ancora franchista, si organizzO all’Escorial dall’8 al 15 luglio 1972 l’incontro «Fede cristiana e cambiamento sociale in America Latina», in cui pit di 30 teologi della liberazione esposero in Europa l’esperienza vissuta in quegli anni dalla Chiesa latinoamericana). 4 Cfr. H. Parada, Crdnica de Medellin, Indo-American Press, Bogota
1975; ela mia opera De Medellin a Puebla, Edicol, México 1979, pp. 67 ss.
5 Cfr. Autori vari, Fe cristiana y cambio social en América Latina, Sigueme, Salamanca 1972 (tr. it. Cittadella Ed. Assisi 1975).
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3. Le grandi sfide Tre sembrano essere le grandi sfide alla Chiesa in questo periodo. La prima é la sfida del popolo latinoamericano, come soggetto storico della formazione sociale concreta, storica, come blocco sociale degli oppressi la cui «memoria» risale fino a prima dell’arrivo degli spagnoli o dei portoghesi nell’America Latina. E tutta la questione della cultura popolare, della religione del popolo (il cattolicesimo popolare), del protagonismo politico di quel popolo con cui la Chiesa istituzionale si era abituata a «convivere» ma che aveva smesso di animare daill’interno. Si operava sopra la sua testa, ma non era questo popolo che operava in quanto cristiano. In Argentina, il «Movimento di Sacerdoti per il Terzo Mondo» (dal 1966) costituisce il primo collegamento con il movimento popolare (non esclusivamente classista e dovendo evitare la deviazione populista). Le «comunita ecclesiali di base» (CEB) che nascono in molte parti dell’America Latina, ma soprattutto nel nordest del Brasile, saranno la risposta all’organizzazione cristiana del popolo come «popolo di Dio» (Lumen Gentium del concilio Vaticano). Questa corrente si imporra al
cattolicesimo latinoamericano
(tanto progressista quanto di
liberazione) a partire dalla meta degli anni settanta. La seconda sfida é quella che si interroga se optare solo per la riforma o anche per la rivoluzione. La rivoluzione cubana del ’59 presento ai cristiani la possibilita di un trionfo «fochista» immediato. La via dell’uso delle armi apparve politicamente ed eticamente possibile. D’altra parte, per la prima volta si discusse seriamente la «opzione socialista». Fu in Cile, a partire dalla crisi dell’ILADEs nel 1969 e dalla fondazione del Mapu, che i «Cristiani per il socialismo» (1972) iniziarono il lungo cammino storico dell’incontro fra cristiani e marxisti. I tempi della «guerra fredda» e degli antimarxismi degli anni trenta sono rimasti indietro, ma non necessariamente le dispute a tutti i livelli fra i cristiani riformisti, progressisti, che sperano nello sviluppo del capitalismo dipendente, e quelli che lottano per l’utopia del superamento di questo capitalismo. La sfida diventera ancora pid profonda nel periodo successivo. La terza sfida riguarda il «modello» stesso di Chiesa o il modo di intendere la sua funzione nella societa politica e civile. Il modello di «Cristiandad», che si appoggiava allo Stato per svolgere le sue azioni (insegnamento religioso nelle scuole dello Stato, cappellani militari, sovvenzioni per le chiese) entra in crisi e si fa strada il modello di una Chiesa dei poveri.
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Si tratta, secondo il programma del CeLam, tra il 1963 e il 1972, di irradiare la testimonianza cristiana direttamente al popolo, al povero. Il «povero» diventa il luogo di tutte le opzioni, discussioni, azioni. La «Teologia della liberazione» — riflessione di un’intera generazione di teologi latinoamericani che non deve essere attribuita a persone — arriva a formulare questa opzione storica per il povero, che trasforma la Chiesa in «Chiesa dei poveri» e che assegna al popolo, come soggetto storico protagonista, la responsabilita della propria evangelizzazione: la «Chiesa serva» della liberazione del popolo dei poveri, nello spirito di Giovanni XXIII. 4, Rinnovamento
delle strutture ecclesiali
In questo periodo i vescovi cessano di essere isole sperdute e si collegano fra di loro fino a costituire veri movimenti. Uno dei segni dei nuovi tempi fu l’atteggiamento preso di fronte alla questione della terra, alla riforma agraria. Nel 1961 duemila contadini guidati da p. Antonio Melo occupano alcune terre. Mons. Helder li appoggia e anche il card. Motta. Invece mons. Geraldo de P. Sigaud si oppone e pubblica un Catechismo anticomunista, nella linea del movimento «Tradizione, famiglia e proprieta» (Fiducia). L’11 marzo 1962 mons. Larrain consegna i 342 ettari di «Alto Las Cru_ ces» perché l’INPROA (Istituto per la Riforma Agraria) organizzi i contadini come proprietari delle antiche terre della Chiesa. Il card. Silva Henriquez consegna 1.213 ettari ai suoi contadini a «Las Pataguas». Allo stesso modo l’arcivescovo di Cuzco, mons. Jurgens Byrne, consegna nel 1963 quindicimila ettari della Chiesa ai suoi contadini. Nel 1969 mons. Leonidas Proajio fara la stessa cosa con il podere «Tepeyac» di tremila ettari consegnati alla CESA. Questi atti di volontario impoverimento della Chiesa sono seguiti da azioni concrete, non come aiuto, ma come promozione del movimento popolare stesso. Dom Helder in Brasile, mons. Larrain in Cile, mons. A. Devoto di Nevares, o Enrique Angelelli in Argentina, Sergio Méndez Arceo a Cuernavaca (che assistera al I incontro di cristiani per il socialismo a Santiago nel 1972), mons. Antulio Parrilla Bonilla che sara presente a Puerto Rico quando, come atto di protesta, si bruceranno certificati militari, mons. Gerardo Valencia che interverra a Buenaventura in favore della popolazione nera, il card. J. Landazuri che dona per sistemare il carcere e un nuovo ospedale il milione di pesos destinato dal governo al restauro della catte-
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drale, e tanti altri come mons. Jorge Manrique a La Paz, Felipe Benitez a Villarrica, Carlos Parteli in Uruguay, non possono essere dimenticati. Ma c’é al tempo stesso un profondo rinnovamento nella struttura sacerdotale. Movimenti come quello dei Sacerdoti per il Terzo Mondo in Argentina (dal 1965) che dalla riflessione su problemi come il celibato dei preti passano a optare per la «rivoluzione popolare»; il movimento Onis (1968) in Pert, il «Golconda» (1968) in Colombia, la «Confederazione dei Sacerdoti del Guatemala» (CospEGUA, 1969), il gruppo degli «80» in Cile (1970), «Sacerdoti per il popolo» nel Messico (1970), il gruppo SAL in Colombia, il Movimento Nazionale Cristiano di Liberazione (MNCL) in Ecuador, «Esodo» in Costa Rica, ISAL (Chiesa e Societa in America Latina) in Bolivia, e tanti altri, fanno vedere che il sacerdote cessa di essere solo un professionista del culto o del rito, per trasformarsi in un profeta in senso sociale, reale, storico. Cosi fanno anche gli ordini e le congregazioni religiose. Nasce, come abbiamo detto, la CLar (Confederazione Latinoamericana dei Religiosi), la cui prima assemblea generale si svolse a Lima nel 1960. Specialmente le comunita femminili (che arrivano ad avere fino a 140 mila membri) «assumono l’opzione per i poveri». Dal 15 al 25 agosto 1968, con la presenza del generale dell’Ordine, il padre Constantino Koser, i francescani (la cui storia sul continente é tanto lunga) tengono il primo Incontro latinoamericano francescano. Dal 25 gennaio al 2 marzo 1972 si organizza a Medellin il primo Corso di Provinciali Religiosi detl’America Latina. Certo il rinnovamento di questo decennio (1962-1972) non ha uguali nella storia degli ordini religiosi nel continente latinoamericano. Da parte loro, i movimenti dei laici mostrarono una altrettanto crescente vitalita. All’inizio si trattava di occupazioni di chiese o di proteste che chiedevano la riforma della Chiesa (come quella del Corpus Domini a Buenos Aires il 4 aprile 1966, o la presa della cattedrale di Santiago da parte di 300 laici 111 agosto 1968, o l’occupazione pacifica delle chiese a Lima nel 1970). L’ Azione Cattolica si trovava in grande difficolta, specialmente dopo la crisi della Juc brasiliana. Da parte sua il sindacalismo cristiano si secolarizza e il militante cristiano comincia a «confondersi» con la massa dei leaders che lottano per la classe operaia o contadina in un senso strettamente classista. L’enciclica Humanae Vitae (1968), sulla morale matrimoniale, da di fatto maggiore autonomia alla coscienza delle
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coppie cristiane che si erano organizzate nel Movimento Familiare Cristiano (Montevideo 1961). L’impegno politico riformista trova un canale nella Democrazia Cristiana. Nel 1947 si estende dal Cile al Venezuela (CopE!), nello stesso anno nasce l’Organizzazione Democratica Cristiana d’America (OpcA). Nel 1954 viene fondata in Argentina e in Bolivia, nel 1956 in Peri e Guatemala, nel 1960 nel Salvador, in Paraguay e in Panama, nel 196! a Santo Domingo, nel 1962 in Uruguay e Brasile, nel 1964 in Ecuador e Colombia. Nel 1964 in Cile con l’arrivo al potere di Eduardo Frei 0 nel 1968 in Venezuela con Rafael Caldera, la Dc comincera a prendere le distanze dalla gioventt cristiana rivoluzionaria. 5. La Chiesa di fronte alla realta del socialismo in America Latina Il 1° gennaio 1959, col trionfo di Fidel Castro a Cuba®, ha inizio /a prima fase del rapporto tra Chiesa e rivoluzione, che é quella del «disorientamento», come mette in rilievo R. Gomez Treto. Il 29 gennaio l’episcopato emette una circolare di taglio critico: «Di fronte alle fucilazioni». Dal 13 al 18 febbraio difende la scuola privata. Il 17 maggio mette in guardia contro l’ingerenza del socialismo nelle leggi della Riforma agraria. Infine organizza il Congresso cattolico nazionale che ha il suo momento culminante il 29 novembre davanti alla venerata immagine della Vergine Maria de la Caridad del Cobre. Mons. Enrique Pérez Serantes, che nel 1953 aveva difeso Fidel Castro quando questi aveva attaccato la caserma Moncada e gli aveva salvato la vita, presiedeva la cerimonia alla quale era presente lo stesso comandante Castro. Si grido: «Cristo si, un altro no!», «Cuba, si, la Russia no!». Eravamo ancora in clima di «guerra fredda». Lo stesso CELAM, il 19 novembre, nella IV assemblea di Fomeque (Colombia) condannava «gli inganni del comunismo» e la «incompatibilita tra comunismo e cristianesimo». I] 7 agosto 1960 la circolare collettiva dell’episcopato dichiara che «la maggioranza assoluta del popolo cubano, che é cattolico, solo con l’inganno potrebbe essere condotta a un regime comunista». I pochi beni della Chiesa vennero colpiti dalla Riforma Urbana del 14 ® Cfr. A. Biintig, «La Iglesia en Cuba. Hacia una nueva frontera», in Revista de CIAS, Buenos Aires, 193 (1970) 21 ss.; la mia opera De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 84ss.
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settembre, quando furono confiscate le proprieta e abbassati gli affitti a favore delle masse impoverite. La seconda fase, di «confronto», ebbe inizio col discorso del 2 giugno 1960, quando Castro dichiard: «Chi € anticomunista é antirivoluzionario». I dirigenti cristiani della piccola e dell’alta borghesia passarono in massa all’opposizione. Comincid l’emigrazione verso Miami e molti si impegnarono in azioni di cospirazione contro il governo. Il 6 giugno 1961 venne nazionalizzato l’insegnamento, annullata la moneta, furono confiscati i cimiteri, si vietd la processione della Caridad del Cobre e tutto culmino il 12 settembre con |’espulsione di centotrentatré sacerdoti, fra i quali si trovava il futuro arcivescovo dell’Avana, mons. Francisco Oves Martinez. Nel 1969 rimarranno 230 sacerdoti dei 745 presenti nel 1960 e nel 1970 circa 200 delle 2.225 religiose. La terza fase (1962-1967), quella della «evasione dalla realta», sara una fase di silenzio, di approfondimento. Arrivano i nuovi venti del Concilio, con la presenza del delegato apostolico mons. Cesare Zacchi, che ha esperienza dei paesi socialisti dell’Est, e ha come segretario p. Pietro Sambi, che ritroveremo nel 1979 in Nicaragua. Il 21 dicembre 1964 moriva, con onori da comandante morto in guerra, p. Guillermo Sardinas che aveva fatto la guerra insieme con Castro raggiungendo il grado di comandante e che dal 1959 era stato reintegrato come parroco di Cristo Re all’Avana. Nel 1966 venne aperto il nuovo seminario maggiore San Carlos y San Ambrosio. L’Azione Cattolica fu sciolta e riorganizzata come FLAC (Formazione, Liturgia, Apostolato, Catechesi), che si preparo perché Cuba fosse presente a Medellin (1968); a Cuba tuttavia l’impatto di questa conferenza fu molto limitato. La quarta fase (dal 1968), del «dialogo», fu iniziata dallo stesso Castro, che nel Congresso di intellettuali all’Avana, davanti a 500 dirigenti di tutto il mondo, esclamd: «Questi sono i paradossi della storia: quando vediamo settori del clero diventare forze rivoluzionarie, come ci rassegneremo a vedere settori del marxismo diventare forze ecclesiastiche?»’. Il 20 aprile 1969 l’episcopato, in un Comunicato, condanna il blocco economico e politico attuato dagli Stati Uniti. Il 19 luglio viene consacrato arcivescovo mons. Oves. L’8 settembre viene emesso un altro comunicato:
7 Citato da A. Gheebrant, La Iglesia en América Latina, Siglo XXI, México 1970, p. 194.
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«Dobbiamo avvicinarci all’uomo ateo con tutto il rispetto e la carita fraterna... Nell’impresa dello sviluppo, nella promozione di tutti gli uomini e di tutto l’uomo c’é un enorme campo d’impegno comune fra tutte le persone di buona. volonta, siano esse
atee o credenti»®,
Dal 23 al 30 aprile 1971 si svolse il Congresso Nazionale di Educazione e Cultura. Fidel Castro fu in Cile dal 5 novembre al 4 dicembre e sostenne il «Dialogo» con gli «80» sacerdoti che poi visitarono Cuba nel febbraio 1972. Una delegazione cubana sara presente a Santiago del Cile per il Primo Incontro Latinoamericano dei Cristiani per il Socialismo. In Cile®, dal 1959 al 1968, si compie una tappa di rinnovamento «desarrollista» sotto l’ispirazione del Centro Bellarmino. Il card. Raul Silva Henriquez diventa nel 1961 arcivescovo di Santiago. Nel 1960 aveva avuto luogo una «Settimana pastorale» con la presenza del canonico Boulard. Nel 1962 si lancia il primo piano di pastorale collettiva. Le diocesi di Talca e di Santiago, come abbiamo detto, attuano la riforma agraria in alcune terre ancora possedute dalla Chiesa (1961). Cinquemila giovani vanno in pellegrinaggio a Maipu il 7 ottobre a pregare per l’esito del concilio. L’episcopato emana una lettera pastorale su «Il dovere sociale e politico nel momento attuale». La rivista Mensaje dedica un numero alle «Riforme rivoluzionarie in America Latina». Si pud dire che la Chiesa cilena fu la pit attiva dell’ America Latina per il concilio, con la sua organizzazione, i suoi teologi, il progetto preso in considerazione per il testo Sulla Chiesa. Inoltre nel 1963 furono organizzate le «settimane sociali», la grande missione di Santiago e nel 1967 i sinodi di Santiago, Concepcién y Talca. Il Cile ebbe anche una parte essenziale nella realizzazione della Conferenza di Medellin. Tuttavia, dall’arrivo al governo di Eduardo Frei (19641970) questa Chiesa ha cominciato a perdere la sua posizione di guida in America Latina. Nel 1967 la Democrazia Cristiana reprime un movimento contadino a Puerto Montt. Comincia lo scontento fra certi gruppi cristiani. L’episcopato fa conoscere l’ultimo grande documento su una linea creativa e non di condanna: Chile: voluntad de ser (1968). Poco dopo, I’11 agosto, la «Chiesa giovane» occupa la cattedrale di San8R. Gomez Treto, op. cit., p. 37, inedito.
° Cfr. F. Aliaga, «Historia de la Iglesia en Chile», in HGIAL, vol. IX inedito; De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 92 ss.; la mia opera Historia de la Iglesia en América Latina, pp. 257 ss.
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tiago, chiedendo riforme. II gruppo di destra Fiducia («Tradi-
zione, Famiglia e Proprieté») diventa pid attivo. Ha inizio la
crisi decisiva — per capire tutto lo sviluppo posteriore della Chiesa latinoamericana — nell’Istituto latinoamericano ILaADEs. Una corrente (Pierre Bigo e Roger Vekemans, «desarroglisti» secondo alcuni), accusa Gonzalo Arroyo e Franz Hinkelammert di «marxismo» (i primi tre sono gesuiti, solo Arroyo é cileno). Nel 1969 la situazione é insostenibile e l’ILADES si divide in due: Vekemans partira in seguito per il Venezuela (1970), arrivera a Bogota e spingera il presbitero Alfonso L6épez Trujillo nella sua carriera vertiginosa (vescovo ausiliare di Bogota, arcivescovo e cardinale di Medellin). Gonzalo Arroyo fondera poi, come vedremo, «Cristiani per il socialismo». Nel frattempo, in quello stesso 1969, la Democrazia Cristiana si divide e viene fondato il Movimento di Azione Popolare Unitaria (Mapu), che si inserira nel governo socialista di Unidad Popular, che vince le elezioni del 4 settembre
1970"°. Il 16 aprile 1971, come risultato di un incontro di «80» sacerdoti su «Partecipazione dei cristiani alla costruzio-
ne del socialismo in Cile», appare una dichiarazione pubblica nella quale é detto: «Come cristiani non vediamo incompatibilita tra cristianesimo e socialismo». Il 27 maggio l’episcopato replica con una lettera pastorale su «Cristiani, politica e socialismo», preceduta da un altro documento del 22 aprile diretto ai sacerdoti. Dal 23 al 27 marzo 1972 si svolgera a Santiago il primo Incontro di Cristiani per il Socialismo. Gonzalo Arroyo dice: «L’analisi obiettiva della realta politica latinoamericana porta alla convinzione che i ripetuti insuccessi della sinistra nell’attirare le masse in una lotta decisa contro le forze nazionali e internazionali del capitalismo esige che i cristiani entrino in modo massiccio nel processo rivoluzionario». :
Nelle conclusioni si dice esplicitamente: «La costruzione del socialismo é un processo creativo contrario a ogni schematismo dogmatico e a ogni posizione acritica... In queste condizioni la religione perde il suo carattere di oppio del popolo... ed é un ulteriore fattore di ispirazione nella lotta per la pace, la liberta e la giustizia».
L’11 settembre 1973 Augusto Pinochet seppellisce questa esperienza di Chiesa con una repressione mai vista. 10 Cfr. P. Richard, Cristianos por el socialismo, Sigueme, Salamanca
1976, in cui si seguono gli avvenimenti dal 1970 al 1973.
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Il rapporto cristianesimo-socialismo comincid a essere trattato esplicitamente nei gruppi studenteschi cristiani soprattutto dal 1959 con la rivoluzione cubana. Il precedente pit lontano avvenne in Brasile, dove la Juc, su proposta di p. Almery Bezerra e partendo dalla problematica dell’«Ideale storico» dell’IsEB (Instituto Superior de Estudios Brasilefios), impostd la problematica nel congresso che tenne nel decennale della sua fondazione. II pensiero di p. T. Cardonnel, e soprattutto di Henrique de Lima Vaz, sara attuato come «impegno politico nella Accién Popular», raggruppamento politico, che nel suo «Documento di Base» ammette un’azione rivoluzionaria e marxista. Nel giugno 1968, il Congresso Nazionale della Joc-Aco condannera il capitalismo e prendera atto della «lotta di classe» ammettendo |’analisi marxista della realta sociale. Decine di gruppi cristiani in America Latina accetteranno la strategia «fochista» rivoluzionaria di «Che» Guevara, come il caso limite della «Guerriglia del Teoponte» di Néstor Paz Samora (1970, Bolivia), il cui esponente pit noto fu p. Camilo Torres (morto il 15 febbraio 1966). Di fronte all’insuccesso del «fochismo», la Unidad Popular cilena costitui un nuovo modello democratico. Ma in futuro si dovranno comunque cercare altre strade dopo la sua sconfitta da parte del colpo di stato militare. 6. La Chiesa di fronte al «desarrollismo» del Cono sud In Brasile'' questo periodo ha tre fasi. La prima termina certamente nel 1964. Dom Helder Camara, che aveva lavorato nella Lec, che era stato assistente nazionale dell’Azione Cattolica dal 1947, aveva fondato la CNBB; e questo grazie al nunzio dom Armando Lombardia (che sara sostituito solo nel 1964) e a mons. Montini (collaboratore a Roma di Pio XII). Fu il periodo della guida carismatica della Conferenza Nazionale dei Vescovi (CNBB). In questo periodo furono fondate 43 nuove diocesi (con 109 nuovi vescovi), 11 nuove arcidiocesi (con 24 arcivescovi) e 16 prelature. Questi vescovi giovani, progressisti, saranno determinanti a partire dal 1968. Inoltre la CNBB di quell’epoca era guidata da vescovi del nordest!. 1! Cfr. SEDOC (Servizio di Documentazione) a partire dal 1964; inoltre
opera di Th. Bruneau gia citata alla nota 1; De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 193-211.
12 Cfr. Th. Bruneau, op. cit., p. 198.
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Dal 1959 al 1961 la Chiesa dovette affrontare, nella sua prima fase, il problema dell’insegnamento, per il quale si fecero pressioni sul governo attraverso la Asociacién de Educacién Catélica (AEc). La legge sulle «Direttive e Basi per 1’Educazione Nazionale» del 20 dicembre 1961 accettd i punti di vista della Chiesa. Allo stesso tempo avvenne la lenta rottura della Chiesa con l’oligarchia agraria. Le dichiarazioni a Natal nel 1951, a Campifia Grande nel 1956 e di nuovo a Natal nel 1959, in appoggio ai contadini e al sindacalismo rurale aprono una strada al cambiamento sociale’. Nel luglio 1962 @ lo stesso Comitato Centrale della CNeB a dichiarare che «nessuno pud disconoscere il clamore delle masse che continuano a essere martirizzate dalla fame». A partire dall’esperienza colombiana di radio Sutatenza, inizia in Brasile un vasto movimento di educazione radiofonica. Nel 1961, poco a poco nasce a Recife, intorno a Paulo Freire, il Movimento di educazione di base (MEB). Nel frattempo |’Azione Cattolica e in modo particolare la JEc-Juc e la Joc (€ nata anche la Jac, Juventud Agraria Catélica) vanno radicalizzandosi e assumono posizioni classiste e politiche (il domenicano francese Thomas Cardonnel é dal 1959 uno degli iniziatori teorici di questo movimento tendente a sinistra). Nel 1961 un militante della Juc viene eletto presidente della UNE (Unione Nazionale degli Studenti): Aldo Arantes. Per svolgere la sua funzione nella societa civile, la Chiesa non ha pitt bisogno dell’alleanza con lo Stato, come nel modello di Nueva Cristiandad; ora possiede essa stessa istituzioni che le permettono di compiere direttamente la sua azione nel mondo. Ma questa azione é «desarrollista», a causa di minoranze profetiche che agiscono «sul» popolo. La seconda fase (1964-1968), dal colpo di stato militare, é un retrocedere a posizioni gid superate. Nell’assemblea della CnsB del 1964, tenuta a Roma durante il concilio, viene scelto come presidente il card. Angelo Rossi, come responsabile dei laici mons. Scherer e come vicepresidente mons. Brandéo Vilela. Il «piano d’insieme» (1964) che doveva attuare il «piano d’emergenza» (1962) rimane nelle mani di una CNBB senza Helder Camara, priva di una leadership o di una volonta di conduzione. Inoltre si cominciano a perseguitare i membri della Ac, della Joc e dell’Accién Popular. Il MEB é privo di collegamenti e i grandi leaders sono in prigione o partono per 13 Cfr. E. Kadt, Catholic Radicals in Brazil, Oxford University Press,
London 1970.
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lesilio. Ha inizio il regime di «sicurezza nazionale» che anni piu tardi si diffondera in tutta l’ America Latina. La terza fase (1968-1973) inizia quando nelle elezioni della Cnss del 1968 viene scelto come segretario generale mons. Aloisio Lorscheider, che mostrera immediatamente una grandissima capacita organizzativa e la volonta di cambiare. E qui che si formera lentamente, in mezzo alla persecuzione e al martirio (p. Antonio Henrique Pereira Neto sara assassinato il 27 aprile 1969 dopo essere stato torturato; aveva 28 anni, era assistente della Juc di Recife e segretario di dom Helder)'*, la Chiesa che sostituira quella cilena nell’indicare la via e il modello di azione cristiana in America Latina alla fine del XX secolo. In Argentina's’, in questo periodo (1955-1976), che comprende i 18 anni tra il secondo e il terzo governo di Perén, di
carattere «desarrollista», e del ritorno di Perén e del peroni-
smo, la Chiesa si dividera rapidamente in due posizioni fortemente radicalizzate: quella che opta per un’alleanza con le classi dominanti (prima «desarrolliste» con Frondizi, poi militariste a partire da Ongania), e l’altra che si impegna con le classi popolari (i cui esponenti principali saranno gli 850 «Sa-
cerdoti per il Terzo Mondo», con una opzione popolare e in
alcuni casi perfino socialista latinoamericana). Di fronte a una gerarchia conservatrice (guidata dal card. Antonio Caggiano, vescovo anche delle forze armate), il clero giovane porto il peso del rinnovamento ecclesiale, durante il Concilio e a Medellin, e da li fino a quando comincia la pit violenta repressione sofferta dalla Chiesa argentina (gia dal 1973 nelle mani della destra peronista). Dopo la caduta di Perén alcuni posero la loro speranza nella giovane Democrazia Cristiana, che presto, nelle elezioni del 1957, mostrd i suoi limiti. Dall’altra parte risorge la Juc nelle sue riunioni nazionali di Lavallol, Santa Fe (1961), Embalse (1962), Tandil (1963). Dall’«umanesimo» universitario e daila Democrazia Cristiana, si passa a posizioni di sinistra piu radicali, al «Social-cristianesimo»; alcuni di questi gruppi faranno poi parte del movimento peronista di sinistra montoneros. Nel 1965, colui che fa conoscere una Chiesa impegnata
14 Cfr, la mia Historia de la Iglesia, op. cit., pp. 234-243 e 287 ss. 15 p, Richard, Morte das Cristiandades e nascimiento da Igreja, Pauli-
nas, SAo Paulo
1982, pp. 117 ss.; la mia opera De Medellin a Puebla, op.
cit., pp. 106-122; Historia de la Iglesia, op. cit., pp. 243 ss. e293 ss.
322
Enrique Dussel
con gli oppressi é mons. A. Podesta, vescovo di Avellaneda, una zona operaia di Buenos Aires. Nel 1966, al tempo del colpo di stato militare di Ongania, il clero giovane si opporra a un cattolicesimo di destra, favorevole ai militari (nel governo sono riuniti molti che avevano partecipato ai Cursillos de Cristiandad). 11 28 giugno 1965, 80 sacerdoti, insieme con il vescovo Podesta e ad Antonio Quarracino, si riuniscono per una riflessione sul Concilio. Dal 1° al 2 maggio 1968 si svolge a Cérdoba il primo incontro nazionale di quello che sara chiamato «Movimento di Sacerdoti per il Terzo Mondo» (Msptm). II secondo incontro si svolse nel maggio del 1969; il terzo nel maggio del 1970. Il punto massimo di avanzata della Chiesa si trova nella Dichiarazione di San Miguel, fatta conoscere dall’episcopato nella sua riunione annuale del 21-26 aprile 1969, per adattare Medellin aiArgentina. Su Cristianismo y Revolucidn (rivista fondata nel settembre del 1966) si potra leggere cid che di pit critico si scrivera in quel periodo da un punto di vista teologico-politico. Saranno anni di profonda polarizzazione, della nascita di un modello di «Chiesa dei poveri» che in seguito sara profondamente repressa’*. In Paraguay" Alfredo Stroessner governa dal 1954. Fra il 1966 e il 1976 la Chiesa prende una certa distanza dal governo e comincia una difesa attiva dei diritti umani. Questo fa si che nel 1969 i rapporti fossero. particolarmente freddi. Mons. Felipe S. Benitez dichiara che «la Chiesa non pud tacere davanti alla violazione dei diritti umani». II vescovo di Villarrica appoggia alcuni operai in sciopero; il governo lo accusa di comunismo; i suoi 75 sacerdoti difendono il vescovo. II 26 ottobre lo stesso mons. Anibal Mena Porta arriva a scomunicare il capo della polizia per detenzioni e torture. I] 31 ottobre viene sequestrata la rivista Comunidad. P. Francisco de Paula Oliva s.j. viene espulso dall’universita cattolica. Nel 1971 p. Uberfil Monzon é incarcerato e torturato. La Chiesa prende allora le distanze dal regime. In Uruguay'’, fin dal 1955 il modello populista di esportazioni si esaurisce a causa del dominio nordamericano. Tutta
16 Cfr. la mia opera Historia de la Iglesia, op. cit., pp. 299 ss.
‘7 Sul Paraguay cfr. la mia opera Historia de la Iglesia, op. cit., pp. 248
ss., 296 ss., 316ss.; e De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 220-225.
18 Sull’Uruguay De Medellin a Puebla, op. cit., p. 212; Historia de la
Iglesia, op. cit., I, p. 317.
Dal Vaticano II ai nostri giorni
323
la societa civile entra in crisi. La Chiesa, anche se perseguitata dai liberali e in un paese profondamente laicista, aveva goduto di una certa tranquillita. Nel 1962 viene fondato il Movimento di Liberazione Nazionale (MLN Tupamaros); molti giovani cristiani entrano nelle sue file. Nell’epoca del Concilio la Chiesa si rinnova. Nel 1968, 27 sacerdoti di Tacuarembé e il loro vescovo firmano una lettera
riguardo «alle sofferenze,
angustie e speranze degli uomini
della nostra regione». P. Juan C. Zaffaroni s.j. guida una marcia di tagliatori di canna da zucchero. Mons. Carlos Parteli, nel documento finale dell’Incontro socio-pastorale di Montevideo nel dicembre del ’68 dopo aver descritto il «periodo d’oro» del modello uruguaiano di esportazioni dei settori dell’agricoltura e della pastorizia, conclude: «Oggi scopriamo tutto quello che in questo sviluppo della societa uruguaiana era solo apparente». Nel 1969 comincia la persecuzione nei confronti dei Tupamaros e con essa inizia anche la repressione contro la Chiesa. I] 12 agosto 1970, il provinciale dei gesuiti intercede a favore di p. Justo Asiain e del pastore Emilio Castro (che, negli anni ottanta, divenne segretario del Consiglio Ecumenico delle Chiese a Ginevra) arrestati. Ci saranno carcerati, torturati, assassinati; laici, donne, religiose, sacerdoti. Mons. Parteli, nel discorso del 25 agosto del ’72, menziona «le uccisioni, le detenzioni e il terrore imperante». 7. La Chiesa nell’area bolivariana In Perw'® la Chiesa passera attraverso profonde trasformazioni di orientamento. Le «Esigenze Sociali del Cattolicesimo in Peru» é il tema della I Settimana Sociale del 1959 a Lima, che scopre l’impegno di azione sociale della Chiesa. Nel 1961, nella II Settimana, sulla «Proprieta», ad Arequipa, si continua per la via intrapresa. Quello stesso anno l’episcopato pubblica una lettera pastorale su «I cattolici e la politica»; su questo tema ritornera nel 1963 con «Politica, dovere cristiano». Il card. Juan Landazuri Ricketts (consacrato a Lima dal 1962) € ’uomo del rinnovamento del concilio, all’inizio specialmente per la liturgia e la catechesi. Tutto questo si sviluppa nel IV Congresso Eucaristico Nazionale di Huancayo nel 1965. Nel 1966 l’episcopato dichiara: «Siamo particolarmente 19 Cfr. C. Romero, «Cambios en la relacién Iglesia-Sociedad en el Pert
1958-1978», in Debates en Sociologtfa (Lima) 7 (1979), pp. 115-141; e della stessa autrice il contributo analogo sul Pert in HGIAL, t. VII inedito.
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Enrique Dussel
preoccupati per la situazione sociale ed economica della popolazione contadina della sierra». Nel 1967 viene organizzata a Lima la Missione Conciliare. Arriviamo cosi al 1968, con il colpo di stato militare di Velazco Alvarado, di taglio nazionalista e populista, e alla seconda Conferenza di Medellin. In luglio, a Chimbote, p. Gustavo Gutiérrez esponeva a un gruppo di sacerdoti quello che sarebbe stato il punto di par-
tenza della teologia della liberazione. Quando il governo pro-
mulga la legge della riforma agraria, il cardinale e la Chiesa si rallegrano col governo — prendendo cosi le distanze dalla oligarchia agraria — e la diocesi di Cuzco attua la riforma nelle terre della Chiesa. Da’ il suo appoggio al governo prima delle espropriazioni petrolifere di la Brea e Parifias. Appoggia anche la legge industriale del 1970. E prima della riforma urbana, quando un gruppo di emarginati occupa alcuni terreni, il vescovo ausiliare, mons. Bambarén, celebra una messa per gli «invasori»: questo produrra una contrapposizione col governo che andra lentamente spostandosi a destra. Per il sinodo romano del 1971 la Chiesa peruviana presenta forse il documento pit avanzato, nel quale si arriva a dire, dopo aver fatto un’analisi della miseria in America Latina, che «per questo tanti cristiani riconoscono oggi nelle correnti socialiste un certo numero di aspirazioni che portano dentro di sé in nome della fede». In Bolivia®,
come
in molte parti, il rinnovamento
venne
da «fuori», dal concilio Vaticano II. Degli anni sessanta biso-
gna ricordare le esperienze di una «Chiesa aymara», che alla fine di questo periodo sara guidata da mons. Adhemar Esquivel (ausiliario di La Paz dal 1969). Nel 1965, nel seminario di Cochabamba (con padri spagnoli della OcsHA) ha inizio il rinnovamento teologico. Dalla Jec e dalla Joc sorgono alcuni dirigenti sistematicamente espulsi dal paese. L’esperienza del «Che» Guevara nella guerriglia di Nancahuazu (1967), sara continuata nel Teoponte dal mistico cristiano Néstor Paz (1970)?}. Dal 1969 Chiesa e Societa in America Latina (ISAL) sara uno strumento di impegno nel mondo dei minatori e dei contadini; la sua terza assemblea di Cochabamba nel febbraio del 1971 segnera un momento fondamentale. In quell’anno mons. Manrique fara dichiarazioni che 20 Cfr. J. Barnadas, «Historia de la Iglesia en Bolivia» in CEHILA, HGIAL, vol. VIII, Sigueme, Salamanca 1987. 2! Cfr. H. Assmann, Teoponte, una experiencia guerillera, Oruro, ISAL 1971.
Dal Vaticano II ai nostri giorni
:
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non chiudono ai cristiani l’opzione socialista, e il 26 luglio 1971 lo stesso card. Maurer deplorera che «accusiamo di comunismo coloro che difendono diritti legittimi». Tuttavia dal luglio 1971 il nunzio Gravelli fa pressioni perché si condanni la linea del Secretariado de Accién Social. I] colpo di stato di Hugo Banzer segna la fine di questo periodo, nel quale si scatena una persecuzione frontale contro la Chiesa che si é impegnata con i poveri. In Ecuador, nell’estate del 1964, un istituto pastorale itinerante comincia a rinnovare una Chiesa profondamente tradizionale. In seguito si organizza un Istituto Nazionale di Pastotale (INPE) con un gruppo di sacerdoti che si riuniscono come «gruppo di riflessione». Nel 1967, quando il vescovo di Riobamba, mons. Leonidas Proafio, é anche presidente del Dipartimento di Pastorale del CELAM, viene fondato a Quito I’Istituto Pastorale Latinoamericano (IPLA), un’istituzione centrale nel processo di rinnovamento latinoamericano nel suo insieme (chiuso dalle nuove autorita del CELAM nel 1973). P. Rafael
Espin, direttore dell’IpLA, mobilita un movimento sacerdotale
di estensione nazionale. L’incontro nazionale si svolge nell’aprile del 1971. Nel frattempo la diocesi di Riobamba, prototipo per molte azioni profetiche, lancia il suo «Piano pastorale» che nel 1969 trasforma le parrocchie in diaconie. In Colombia® i] concilio causa sensazione pili per le questioni di forma che per quelle di fondo: la riforma delle rubriche nella liturgia, la nuova catechesi, l’abbandono dell’abito talare da parte dei sacerdoti, ecc. Diverso é il caso del sacerdote Camilo Torres Restrepo (1929-1966), di famiglia conservatrice e oligarchica, sociologo di fama e tra i fondatori della «sociologia latinoamericana», che avendo studiato a Lovanio segna un’epoca: «Abbandonai il sacerdozio», scrive nel 1965, «per gli stessi motivi per i quali avevo preso quell’impegno. Scoprii il cristianesimo come una vita centrata totalmente nell’amore per il prossimo... Nonostante questo mi considero sacerdote per |’eternita e ritengo 2 Cfr. J. Moreno Alvarez, «La Iglesia en el Ecuador desde 1962» in HGIAL, vol. VIII, inedito; la mia opera De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 146-151; Historia de la Iglesia, op. cit., pp. 295 ss., 316 ss.
33 Cfr. R. de Roux, «La Iglesia colombiana desde 1962», in HGIAL
vol. VH, pp. de la Iglesia, Micheo - L. bla, op. cit.,
559 ss.; De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 170-180; Historia op. cit., pp. 258 ss.; 295 ss. Per la Chiesa in Venezuela cfr. A. Ugalde, in HGIAL, vol. VII, pp. 632 ss.: De Medellin a Puepp. 180-184; Historia de la Iglesia, op. cit., pp. 315 ss.
326
Enrique Dussel che il mio sacerdozio e il suo esercizio si compiono nella realizzazione della rivoluzione colombiana, nell’amore per il prossimo e nella lotta per il benessere della maggioranza».
La sua morte, il 26 febbraio di quel 1966, provocd molte conseguenze. L’8 settembre furono espulsi i direttori della rivista El Catolicismo (uno dei suoi direttori, p. Mario Revollo divenne arcivescovo di Bogota e presidente dell’episcopato colombiano). Verra poi il XX XIX Congresso Eucaristico Nazionale di Bogota con la presenza in agosto 1968 di papa Paolo VI; per la prima volta nella storia un papa visitava 1’ America Latina. La Chiesa colombiana, il suo episcopato («uno dei pitt conservatori dell’America Latina», dice un commentatore) respinge il Documento di Base, redatto nel gennaio di quello stesso ’68. La II Conferenza generale tenu-
ta a Medellin il 24 agosto, ebbe meno ripercussioni in Colom-
bia che negli altri paesi per l’opposizione che l’episcopato vi fece sempre, giungendo fino a critiche frontali espresse negli orientamenti della XXIX Assemblea del dicembre 1973, Giustizia ed esigenze cristiane, che mons. Lopez Trujillo si adoperera ad attuare con fervore e obbedienza. Nel luglio del 1968 tocchera invece al gruppo Golconda, guidato da mons. Gerardo Valencia Cano, vescovo dei neri della diocesi Buenaventura, far conoscere i suoi punti di vista.
8. La Chiesa in Messico, in America Centrale e nei Caraibi In Messico™ si vivono in questo periodo due fasi chiaramente distinte. La prima, che arriva fino al 1968, ha inizio con la fondazione della Joc, alla fine del 1959. Nel 1961 si istituzionalizza la Conferenza delle Organizzazioni Cattoliche Nazionali (Con), che coordina le pit dinamiche istituzioni laiche, sacerdotali e religiose del paese; il loro coordinatore fu p. Pedro Velasquez (che fu il direttore del Segretariato Sociale Messicano [Ssm] dal 1946 fino alla morte nel 1968). Mons. Samuel Ruiz, vescovo di Chiapas, sara collegato alla creazione della Con, della UMAg, della pastorale indigenista, e sara uno dei protagonisti di Medellin, una persona indubbiamente 24 Cfr. J. Garcia, «La Iglesia mexicana desde 1963», in HGIAL vol. V,
pp. 361-493; De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 158-170; Historia de la Iglesia, op. cit., pp. 256 ss. 312 ss.; E. Larry Mayer, La politica social de la Iglesia catélica en México
1977 inedito.
1964-1974,
tesi di dottorato,
UNAM,
México
Dal Vaticano II ai nostri giorni
327
centrale in questo periodo. Nel 1962 si riunisce la I Conferenza dei Segretariati Sociali, che erano gia pit di 30 (ma negli anni settanta arriveranno a essere fino a 150). Intanto fra i vescovi si organizzd una riunione (UMAE) che raccoglieva i pit’ progressisti (dal 1964), che nel 1967 coordinava 25 prelati. Si trasformd in un gruppo mobilitante dell’episcopato e fondo la Commissione Episcopale di Pastorale Collettiva. Per suggerimento della Con nel maggio 1964 viene organizzato il I Congresso su «sviluppo e integrazione». Dalla base sono nate esperienze come il Centro Nacional de Ayuda de las Misiones Indigenas (CENAMI, 1961) e il Centro Nacional de Comunicacién Social (CENCOs), quest’ ultimo, fondato durante il Concilio, da Alvarez Icaza, che nel 1970 dovra rompere con |’episcopato e continuare indipendentemente la sua azione cristiana. In questi anni, nella diocesi di Cuernavaca ci saranno due contrapposizioni con Roma. Il caso del convento benedettino fondato da Gregorio Lemercier (che si serviva dalla psicanalisi, 1966-1967) e il conflitto con il Cipoc di mons. Ivan Illich (che ebbe il suo momento critico tra il 1968 e il 1969). E certo che il 1968 apre la seconda fase, intorno agli avvenimenti di Tlatelolco (2 ottobre). Trentasette sacerdoti prendono pubblicamente posizione e si cominciano a delineare le scelte. Nel I Congresso Nazionale di Teologia «Fede e Sviluppo», che si svolse dal 24 al 28 novembre 1969, si aprono in Messico le prime piste della Teologia della liberazione, con la presenza di sacerdoti come Luis del Valle o Javier Lozano, che in questo periodo erano fra i teologi progressisti. Il documento presentato da una commissione ad hoc su «Giustizia nel mondo» per il sinodo del 1971 dell’episcopato messicano era uno dei pil’ avanzati dell’epoca e mostrava una linea d’impegno per i poveri. Nel Centroamerica® |’episcopato centroamericano dettd la sua prima Lettera pastorale a Managua nel 1956, all’interno di un anticomunismo militante: «Poco o nulla conoscono del fondo filosofico del comunismo ateo coloro che pensano che la sua finalita suprema sia migliorare le condizioni economiche dell’operaio e del contadino». Il rinnovamento
sara lento.
25 Sul Centroamerica cfr. P. Richard - G. Meléndez, La Iglesia de los
pobres en América Central 1960-1982, DEI, San José 1982; e il vol. VI della
HGIAL, inedito.
328
Enrique Dussel
In Guatemala* la Conferenza Episcopale viene organizzata solo nel 1959. Vengono fondate la Radio Metropolitana e la Conferenza di Religiosi (CONFREGUA). Non pit tardi del 15 agosto 1962 l’episcopato mette in guardia contro il pericolo comunista in una campagna per la «giustizia sociale». Quando nel 1964 muore mons. Rossell, gli succedera mons. Mario Casariego — uno dei periodi piu bui di una sede episcopale tanto importante —. Nel 1966 inizia una grande repressione contro le organizzazioni popolari della Chiesa: ci sono martiri, uccisioni, torture?’. Solo nell’agosto del 1968, 800 operatori di pastorale si riuniscono per la I Settimana di Pastorale Collettiva, in cui comincia il rinnovamento postconciliare della Chiesa guatemalteca. I sacerdoti fondano un movimento (COSDEGUA) che giunge ad avere 594 membri. In Nicaragua* ebbe un’importanza decisiva anche il I Incontro Pastorale che si svolse dal 20 gennaio al 1° febbraio 1969 sotto la direzione di mons. Julid4n Barni. Vi presero parte 258 operatori (vescovi, sacerdoti, religiosi, laici). P. Noel Garcia s.j. dichiard che la «Chiesa nel Nicaragua é priva della vera guida spirituale dei suoi pastori». I padri Pablo Antonio Vega e Floridan Ruskamp svolsero un ruolo importante. Ernesto Cardenal aveva gia fondato la sua comunita contemplativa di Solentiname seguendo le direttive di Thomas Merton; e p. Fernando Cardenal s.j. era presidente di una commissione dell’episcopato incaricata di organizzare la pastorale giovanile. Il 29 giugno 1971 i vescovi resero pubblica una lettera pastorale «Del dovere della testimonianza e dell’azione cristiana nell’ordine politico». In Honduras” le scuole via radio iniziarono i loro programmi nel 1961. P. Pablo Ghuillet estese il programma verso il sud e solo nella parrocchia di El Corpus c’erano 160 gruppi di contadini che si riunivano per seguire i suoi programmi. Nel 1963, a Comayagua, vengono ridefiniti gli obiettivi delle scuole via radio e si adotta il sistema brasiliano impostato da Paulo Freire. P. Molina Sierra é@ V’iniziatore di questo rinnovamento. Da questo movimento nascera |’ Azione
26 Cfr. R. Bendaiia, op. cit.; De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 226 ss. 27 Cfr. T. Melville, Guatemala. The politics of Land Ownership, Free
Press, New York 1971.
28 Cfr. G.E. Arellano, op. cit.; De Medellin a Puebia, op. cit., pp. 235 ss. 2° Cfr. De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 233 ss.
Dal Vaticano II ai nostri giorni
329
Culturale Popolare dell’Honduras fra i contadini. E nel 1969 che si comincia a vedere il frutto del rinnovamento nato dal concilio e da Medellin. Nel Salvador*® a preparare la strada furono gli Incontri di
Attualizzazione (1958-1962) in cui predicava p. Lombardi del
Mondo Migliore. Nel 1960 il Segretariato Sociale Arcidiocesano si fa promotore della lettera dei vescovi «Dell’impegno temporale del laico». Si deve tuttavia ritenere che il rinnovamento abbia inizio col I Seminario Nazionale di Pastorale Collettiva del 1970, sotto la direzione di mons. Chavez y Rivera y Damas. Nel 1970 viene sequestrato p. Inocencio Alas, a motivo del I Seminario di Pastorale, e nel dicembre dello stesso anno é assassinato p. Nicolds Rodriguez; inizia cosi
una nuova epoca.
A Panama*’, il sequestro e la scomparsa di p. Héctor GaHegos (1938-1971) segnera la Chiesa dell’Istmo. Organizzatore delle comunita di base, promosse le lotte del popolo e si oppose all’ingiustizia. L’episcopato, in un comunicato del 20 agosto 1971 al sinodo di Roma, scrive: «Sacerdoti sonali, sia pulpito la p. Héctor
panamensi e stranieri hanno subito intimidazioni perper il loro lavoro tra i poveri, sia per aver detto dal stessa cosa che avevamo dichiarato riguardo al caso di Gallegos...».
Nei Caraibi, a Santo Domingo” 1a Chiesa non ebbe un ruolo positivo dopo la morte di Trujillo, il 30 maggio 1961. La Chiesa adottd la posizione antipopolare di opporsi sistematicamente a Juan Bosch, accusandolo di comunismo e fu perfino organizzato un «Comitato Civico Anticomunista» che non vide di buon occhio |’annullamento del contratto con la Esso. Lo stesso mons. Polanco Britos, nel suo discorso dell’8 settembre 1963, forse con la sua ambiguita, apri la via al golpe del 25 settembre. La Chiesa mantenne un silenzio totale durante il dominio nordamericano, e sebbene avesse subito l’assassinio di p. Arthur Mackinmon, non si oppose e non condannd l’occupazione dell’isola da parte degli Stati Uniti, e neppure oppose resistenza al nuovo dominio di Joaquin Balaguer (1966-1978).
30 Cfr. R. Cardenal, op, cit.; De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 231s. 31 Cfr. De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 151-157. 32 Cfr. De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 238 ss.
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Ad Haiti® invece Francois Duvalier domino totalmente la Chiesa durante questo periodo con una dura repressione e
con il consenso
del Vaticano,
che accettO i suoi capricci.
Tut-
to comincid nel maggio del 1959 con l’opposizione alla nomina di mons. Maurice Choquet a vescovo di Cap Haitien. II 24 novembre 1960 giungera a espellere |’arcivescovo di Port-auPrince, mons, Francois Poirier. Da quel momento in avanti espelle sacerdoti stranieri e in seguito anche haitiani che tanto aveva difeso precedentemente, sequestrando e assassinando laici e portando a termine una repressione sistematica. 9. Dal «desarrollo» alla «liberazione» (1959-1972) In questo periodo osserviamo il passaggio da un modello di «Nueva Cristiandad» (l’Azione Cattolica, la Democrazia Cristiana sono considerati i suoi esponenti migliori) a un impegno della Chiesa con lo stesso popolo sfruttato dei poveri (comunita ecclesiali di base, impegno politico non confessionale e spesso in una linea radicale e perfino rivoluzionaria, dialogo
con
il socialismo,
ecc.):
un
modello
di «Chiesa
dei
poveri». Gia nel 1963 Juan Luis Segundo impostava questo cambiamento di modello nel suo lavoro E/ porvenir del criStianismo en América Latina**; io stesso nell’ Hipdtesis para una historia de la Iglesia en América Latina, (1964) mostravo la crisi del modello, in base all’esperienza che feci a Nazareth con Paul Gauthier (1959). Si dovra tuttavia attendere fino al 1968, con le opere di Gustavo Gutiérrez (La pastoral de la Iglesia en América Latina, Lima 1968), di Richard Shaull*> e di Rubem Alves (Religidn: opio o instrumento de Liberacidn?, Montevideo 1968) perché il movimento della teologia della liberazione cominci il suo cammino. Si sviluppera allora la tensione non gia tra la Chiesa conservatrice, tradizionalista da un lato e quella modernizzante dall’altro, ma tra i progressisti modernizzanti o «desarrollisti», appoggiati dai tradizionalisti, ma ancora non sufficientemente organizzati, e i movimenti impegnati nella liberazione. 33 Cfr. W. Smarth, «L’Eglise concordataire sous la dictature des Duvalier 1957-1980», in HGJAL, vol. IV inedito. Nello stesso volume IV si consulti il materiale su Puerto Rico ele Antille britanniche, francesi ed ex olandesi.
34 Lettre (Paris) 54 (1963) 7-12.
35 Cfr. 1a storia della Teologia in appendice alla mia opera A History of
the Church in Latin America, Eerdmans, Grand Rapids 1982, in riferimen-
to al periodo successivo al 1968.
peep ne eg
Dal Vaticano II ai nostri giorni
331
In ogni modo la Chiesa cessa di essere una istituzione isolata dalla storia latinoamericana, con una reazione difensiva davanti agli avvenimenti esterni e si trasformera in un protagonista storico a partire dalla vita reale, politica, economica, culturale e religiosa del popolo dei poveri sfruttati.
II. LA CHIESA DAL 1972 A OGGI Questo periodo si apre con la XIV Assemblea ordinaria del CELAM tenuta a Sucre (Bolivia) dal 15 al 23 novembre 1972, assemblea che viene messa in ombra dai colpi di stato militari che oscurarono l’orizzonte dell’America Latina (da quello brasiliano del 1964 a quello argentino del 1976). Questo periodo vede la «apertura» democratica intorno al 1984 e terminera con la IV Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano di Santo Domingo, nell’ottobre del 1992. L’America Latina non é pil oppressa dalle dittature militari, ma cresce la miseria, di cui uno degli effetti é l’epidemia di colera che si estende su tutto il continente. Carlos Torres, ministro della sanita del Pert, parlando del colera afferma: «ll problema del Pert non é il colera, ma la poverta. Se consideriamo i ventidue milioni di abitanti del Peru, il 70% della popolazione si trova in uno stato di miseria»*. 1. Le tre fasi in un contesto mondiale
Sotto i governi di Richard Nixon (1969-1974) e di J. Ford (fino al 1977), quando la direzione del Dipartimento di Stato era nelle mani di Henry Kissinger, l’ America Latina visse sotto il terrore. Nella prima fase (1972-1976), ultimi anni del pontificato di Paolo VI (che mori nel 1978), la Chiesa latinoamericana subi una repressione mai immaginata in altri tempi. I sinodi romani del 1974 (il IV), del 1977 (il V) e del 1980 (il VI) non furono importanti come i precedenti. L’8 dicembre 1975 il papa promulgd la Evangelii Nuntiandi, una grande enciclica nella quale riuniva il tema dell’evangelizzazione e quello della liberazione. I gesuiti riunivano a Roma la loro XXXII Congregazione straordinaria e concludevano che «la Compagnia deve essere al servizio della Chiesa in questo periodo di rapido mu36 SIAL 5 (1991) 26-27.
332
Enrique Dussel
tamento mondo priorita Una Jimmy
del mondo e deve rispondere alla sfida che questo ci lancia». La loro opzione per la giustizia fu una decisa in quel 1973. seconda fase (1976-1979) si apre con l’elezione di Carter (1977-1981) che, ispirato dalla Commissione
giunta al suo punto esplosivo nel 1974-1975, dovette operare qualche apertura e smettere di appoggiare le dittature militari. La caduta di Balaguer e l’elezione di Guzman a Santo Domingo indicava un cambiamento. In un anno a Roma si succedono tre papi: Paolo VI, Giovanni Paolo I, seguito poi da Giovanni Paolo II (1978). La terza fase (dal 1979 al 1984) si apre con due avvenimenti: la III Conferenza Generale di Puebla all’inizio del 1979 e il trionfo della rivoluzione sandinista il 19 luglio dello stesso anno. Ma allo stesso tempo, l’ascesa di Ronald Reagan (1981-1989) e il progetto di includere i problemi religiosi tra i problemi politici della regione (la Declaraci6n de Santa Fe, nel 1979, e I’Istituto di Religione e Democrazia coordinato da Michael Novak)*’ rendono di nuovo la situazione sommamente tesa. In America del Sud si produce la «apertura», ma in America Centrale e nei Caraibi continuera la politica tradizionale dello strangolamento. Nel 1979 Giovanni Paolo II va in Messico e nel 1981 promulga l’enciclica Laborem Excercens, di grande trascendenza, ma nello stesso tempo da impulso a una politica contraria nella sua visita in Nicaragua il 4 marzo 1983, e specialmente con la «Istruzione su alcuni aspetti della Teologia della Liberazione» (del 3 settembre 1984) e il «dialogo» tra Leonardo Boff e la Sacra Congregazione per la dottrina della fede (il 7 dello stesso mese). La quarta fase, a partire dal 1984, é la «apertura» democratica che lentamente va verificandosi in tutto il continente. Questo cambiera drasticamente la situazione della Chiesa, della sua pastorale e degli impegni prioritari. La seconda «Istruzione» sulla teologia della liberazione (1986) distende gli spiriti. Saranno indice della fine della guerra fredda: |’inizio della perestroika attorno al 1985 (la caduta del muro di Berlino [1989], la rivoluzione pacifica di Gorbaciov, la sua stessa rinuncia [1991], la dissoluzione dell’Urss), ma anche la 37 Tl cattolicesimo conservatore nordamericano si é mostrato somma-
mente attivo. Cfr. il «Documento
de Santa Fe», in DIAL,
(Paris) D 757
(1981). L’Istituto di Religione e Democrazia nacque a Washington nell’aprile del 1981 (cfr. DIAL 38 [1982] 1 ss).
: : : :
Dai Vaticano II ai nostri giorni
333
guerra del Golfo (1991), anche se con significato opposto. D’altra parte, la fine del governo di Reagan, con la successione di George Bush (1988-1992), crea una nuova situazione geopolitica mondiale.
2. Le sfide principali Pensiamo che siano quattro le grandi sfide che in certo modo approfondiscono le risposte gia date nel periodo precedente. La prima sfida é il collegamento con la vita del popolo, ma di un popolo sofferente che subisce la repressione pit: violenta mai vissuta in America Latina, forse dal tempo della conquista. Ma il popolo vive in resistenza attiva, sa festeggiare in mezzo al martirio. Le comunita ecclesiali di base sorte nel periodo precedente hanno, a partire dal 1972, un’espansione enorme. Per esempio, oltre agli incontri nazionali (cinque in Brasile e dodici in Messico), hanno avuto dei veri e propri «concili» di base. Il primo Incontro Latinoamericano delle Comunita Ecclesiali di Base si svolse in Brasile nel 1980. Il II incontro, dal 23 al 28 luglio 1984, con 220 delegati di 12 paesi, pubblicd delle «Conclusioni» su quattro temi: «La pratica profetica nelle nostre comunita; la comunita come alternativa di servizio; la CEB e l’organizzazione popolare; la nostra spiritualita come Chiesa dei poverin. Al punto 28 le comunita ecclesiali di base dicono: «Nel nostro cammino verso la liberazione, ci troviamo con altri fratelli che sono anch’essi organizzati, che cercano Ja liberazione del popolo e che vogliono essere un’alternativa a questo sistema di oppressione. Sapere che abbiamo altre organizzazioni che, anche se non nate alla luce della fede, cercano anch’esse una nuova societa, giusta e umana, é un motivo per rendere grazie a Dio»’®,
Come si pud osservare, la Chiesa non va verso il popolo; ora é lo stesso popolo-Chiesa che parla di sua iniziativa e per se stesso. Questo modello di Chiesa fa tremare la concezione clericale o elitaria della Chiesa: da qui le tensioni esistenti in ; America Latina. dei difesa dalla partire a lanciata stata é La seconda sfida resistenza la o , repressione della negativo lato i] diritti umani, come esigenza di rispetto per chi ha subito la tortura, la mor-
38 DIAL 185 (28 sett. 1984) 3.
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te o Pesilio; ora i cristiani esiliati sono migliaia. II capitalismo dipendente non pud funzionare senza reprimere il popolo; questo principio é stato espresso dal modello di regime antiinsurrezionale e di sicurezza nazionale proposto da H. Kissinger ai presidenti Nixon e Ford. Le date fondamentali dell’instaurazione di questo regime sono: 31 marzo 1964 colpo di stato di Castelo Branco in Brasile; 21 agosto 1971 di Hugo Banzer in Bolivia; 27 giugno 1973 liquidazione del Congresso in Uruguay; 11 settembre 1973 colpo di stato militare di Augusto Pinochet in Cile; 28 agosto 1975 di F. Morales Bermudez in Peru; 13 gennaio 1976 di Rodriguez Lara in Ecuador; 24 marzo 1976 di Jorge Videla in Argentina. Vale la pena ricordare che, di ritorno dalla loro II Conferenza interecclesiale delie comunita di base, tenutasi a Vitoria (Brasile), il 12 agosto 1976, diciassette vescovi di vari paesi latinoamericani (tra cui alcuni vescovi oriundi messicani degli Usa) furono imprigionati a Riobamba (Ecuador); il fatto fece dire a uno di essi: «Se questo pud succedere a noi, che siamo ben conosciuti, cosa pud succedere a contadini, lavoratori e a nativi, quando vengono arrestati?»9. A questo punto la Chiesa abbandona la precedente posi-
zione narcisista di lotta in difesa dei suoi diritti (all’insegna-
mento, al culto, ecc.) per difendere i diritti dell’altro, del povero, dell’indifeso, di colui che non ha voce. In centinaia di casi, nelle pastorali degli episcopati, nelle dichiarazioni di sacerdoti, religiosi, comunita di base, associazioni come «Justicia y Paz» o «Vicaria de la solidaridad», ecc., l’istituzione ecclesiale rivela la sua funzione storica contro i regimi di Sicurezza Nazionale. E un passo avanti qualitativo. La terza sfida, non pit insieme col popolo martirizzato, ma nel popolo protagonista, é quella dei processi rivoluzionari e specialmente, dal 1979, di quello centroamericano. Di nuovo la Chiesa non arriva «tardi» per condannare o approvare; attraverso le sue basi prende parte in modo pieno ai processi rivoluzionari, non senza contraddizioni interne e critiche violente da parte dei gruppi cristiani conservatori. II secondo incontro di Cristiani per il Socialismo a Quebec nell’ottobre del 1974; il terzo incontro a Roma nel gennaio del 1977 e il quarto a Barcellona nel 1983 mostrano che questo movimento segue il suo corso e si allarga a tutto il mondo. Ma, in realta, il suo corso pill profondo si attua nella vita quotidiana di Nicaragua, %° R. Concagliolo - F. Reyes Matta, Iglesia, prensa y militares, ILET,
Mexico 1978, p. 91.
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Salvador, Guatemala, nei movimenti popolari. Per questo rimane in piedi la questione marxista. I] Superiore generale dei gesuiti lo diceva nel suo intervento nel IV sinodo romano del
1977:
«La catechesi non pud trascurare il marxismo, specialmente quando comprende in modo corretto la dimensione politica della vita e degli obblighi del cristiano»,
Questo ordine religioso, che come altri ha tanti martiri in
America Latina, riafferma, attraverso la voce del suo nuovo Superiore generale, p. Piet Hans Kolvenbach: «Perché la fondata su gnore, con l’'ingiustizia
meditazione delle Beatitudini sia vera, deve essere una comunione di vita e di morte, sull’esempio del Sii poveri e con coloro che piangono, con le vittime dele con coloro che hanno fame»*'.
La quarta sfida @ \’ambiguita dell’apertura democratica, che dara alla Chiesa grandi possibilita di organizzazione popolare, ma per via della sua stessa critica interna alle comunita di base e alla teologia della liberazione, invece di trarre profitto da tale apertura, la Chiesa ne risultera indebolita nella base, e cid permettera un’espansione senza precedenti delle comunita pentecostali e di quelle fondamentaliste interdenominazionali. In ogni modo, la fine della guerra fredda dissolve il «mostro» del comunismo e lascia la destra cattolica priva dei suoi «nemici» tradizionali; cid mette questi gruppi in una crisi che non sara facile superare. 3. Crescita della Chiesa e tensioni interne
Da una parte, la Chiesa dei poveri, — che esprime chiaramente il suo modello nella dichiarazione dei vescovi del nordest brasiliano «Ho udito il clamore del mio popolo» (1973) —, si sviluppa in tutti i paesi dell’ America Latina. Una pastorale popolare che opera partendo dalla religiosita del popolo stesso, non gia utilizzando la credenza del popolo, ma mobilitandolo perché lotti per i suoi diritti. Una Chiesa che ha come martiri dei vescovi come Enrico Angelelli in Argentina e Oscar Arnulfo Romero in El Salvador (poiché non possiamo menzionare le decine di sacerdoti e di donne consacrate e le migliaia di persone appartenenti al popolo cristiano martiriz40 Servir, 25 (1977) 1. Cfr. J.Y. Calvez, Fede e giustizia, Cittadella, As-
sisi 1986.
41 Omelia tenuta a Roma nell’ ottobre del 1983, in Jbid, 28 (1983) 1.
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zati in questi anni*?). Una Chiesa che considera la sua teologia come riflessione sulla. propria prassi e che ha la sua memoria in una storia della Chiesa che racconta cid che ha fatto. Dall’altra parte, come il Memorandum del gruppo piu rappresentativo di teologi tedeschi contemporanei indicava nel 1977, c’é tutta una corrente contraria all’opzione dei poveri e alla teologia della liberazione, che diffida delle comunita ecclesiali di base e cerca di smantellare (cambiare programmi, professori, luoghi, ecc.) gli istituti del CELAM. La «forza di propulsione di questa campagna é p. Roger Vekemans» e, «da parte dell’episcopato latinoamericano, é appoggiata prima di tutto dai vescovi ausiliari colombiani A. Lopez Trujillo e Dario Castrill6n»*, Di fatto a Sucre, if 23 novembre 1972, fu nominato segretario generale del CELAM mons. Alfonso L6pez Trujillo; nel 1974 egli fu eletto presidente e rieletto il 31 marzo 1979 a Los Teques (Venezuela) per un secondo periodo. Quando nel 1983 nell’assemblea di Haiti, dovette abbandonare le cariche direttive, mons. Lépez Trujillo era stato undici anni alla direzione del CELAM e lascid al suo posto come segretario esecutivo mons. Dario Castrillén e come presidente mons. Antonio Quarracino (persone di sua fiducia). Mentre egli occupava quell’alta posizione furono modificati gli istituti del CELAM, si lanciarono campagne latinoamericane contro i teologi della liberazione, contro la rivoluzione nicaraguense e contro le comunita ecclesiali di base. L’elezione della nuova commissione della CNB nel 1983, in una linea esattamente contraria, equilibrd la situazione nell’ambito di una tensione intraecclesiale costante. L’unita della Chiesa viene cosi vissuta nella contraddizione.
4. Lo sviluppo della teologia latinoamericana Certamente uno degli aspetti pit originali della storia recente della Chiesa latinoamericana é la sua novita teologica. Nella storia della teologia latinoamericana si pud vedere, dal 1959 al 1968, una tappa di preparazione, di maturazione, tra il Concilio e Medellin, prima di tipo piuttosto «desarrollista» ® Cfr. if martirologio della Chiesa latinoamericana di quegli anni in I/
sangue dei giusti, a cura dell’ Istituto Storico Centroamericano, Cittadella, Assisi 1983. 8 Cfr. il testo completo in Uno mds Uno (México) 26 dicembre (1977) p.3.
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é poi come «teologia della rivoluzione». Solo nel 1968, come abbiamo detto prima, appaiono le prime opere di teologia della liberazione propriamente dette, come quelle di Rubem Alves, Richard Shaull, Gustavo Gutiérrez, Hugo Assmann nel 1970 o Lucio Gera. In quegli anni si tengono numerosi incontri e congressi di teologia a Citta del Messico, Bogota, Buenos Aires, ecc. Il periodo dal 1968 al 1972 @ quello della grande espansione della teologia della liberazione, che diventa la teologia del CELAM, dei suoi incontri, seminari, istituti. Da Sucre (1972), si comincia a mettere in questione la teologia della liberazione, ma é a quel punto che essa approfondisce le sue tesi iniziali. L’incontro teologico dell’Escorial in Spagna (1972) e il I Incontro di Teologia Latinoamericana a Citta del Messico (agosto 1975)“, danno al movimento una dimensione continentale. Poco pitt tardi, con Theology in the Americas (Detroit 1975) si fa conoscere questa teologia negli Stati Uniti, negli ambienti messicani, neri e minoritari. Dal 1976 hanno inizio gli incontri dell’ Associazione Ecumenica dei Teologi del Terzo Mondo (Eatwot): il primo a Dar-es-Salaam (Tanzania) nel 1976, il secondo ad Accra (Ghana) nel 1977, il terzo a Wennappywa (Sri Lanka) nel 1979, il quarto a Sdo Paulo nel 1980, il quinto a Delhi nel 1981 e il sesto a Ginevra nel 19834, La riunione organizzata dal card. J. Ratzinger a Bogota dal 26 al 30 marzo 1984 con le commissioni teologiche di 22 paesi latinoamericani*, la gia menzionata «Istruzione» romana del 3 settembre e il «dialogo», cui abbiamo accennato, con Leonardo Boff poco pit tardi, cercano di limitare gli effetti di questa teologia latinoamericana.
5. La Chiesa di fronte ai regimi di sicurezza nazionale
In Brasile“’ la Chiesa ricevette l’attacco frontale a partire dal golpe del 1964, e soprattutto dal 1968 con l’atto costitu“ Cfr.
1976.
Cautiverio y Liberacidn,
Publicacién
el I Encuentro,
México
45 Cfr. il mio articolo «Teologie “periferiche” e “centro”» in Concilium
1 (1984) 154-173. 4 Cfr. SIAL 8 (Roma) (30 aprile 1984) 12-15. Cfr. il mio articolo «So-
bre la Teologia de la Liberacién», in Le Monde Diplomatique, (México) 73
(gennaio 1985) 27. 47 Cfr. De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 297-326. La pubblicazione SEDOC da un’informazione permanente di grande valore documentario sulla Chiesa brasiliana.
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zionale n. 5. Centinaia di militanti cristiani furono sequestrati, torturati e perfino assassinati. Tito de Alencar e Frei Betto subirono quattro anni di carcere (con alcuni anni di tortura © che portarono il primo a suicidarsi anni pit tardi). I padri Rodolfo Lunkenbein (15 luglio 1976) e Joao Bosco Penido Burnier (1’11 ottobre dello stesso anno) furono assassinati. I 22 giugno 1982 furono condannati i padri Aristides Camio e Francois Gouriou a 15 e 10 anni di prigione, per il loro impegno con i contadini di SAo Gerlado do Araguaia. II card. Paulo
Evaristo
Arns,
difeso
il 24 agosto
1984
da 3.000
pro-
fessori di scuola secondaria pubblica, non cattolica, perché attaccato dalla stampa di destra, guidd l’azione della Chiesa nel mondo operaio dell’industria urbana e in quello intellettuale universitario. Gli scioperi metallurgici ricevettero il pieno appoggio della Chiesa di SAo Paulo. Mons. Pedro Casaldaliga guidd il mondo contadino, del sertao povero e affamato, che nel quinto incontro interecclesiale delle comunita di base a Canindé (dal 4 all’8 luglio 1983) dichiarava: «Nella nostra storia la fame generalizzata nel nostro popolo non
é mai stata cosi grande»*,
Mons. Tomas Balduino, presidente del Cimi (Consejo Indigeno de Misiones) incoraggia e difende il fronte indigeno, dove la Chiesa si é trasformata nell’unica forza del Brasile in difesa delle etnie. Questa é la Chiesa che si é contrapposta allo Stato militarista di Sicurezza Nazionale. Mons. Luis Fernandez era coordinatore delle oltre ottantamila comunita ecclesiali di base (CEB), che tennero il loro primo incontro nella sua diocesi di Vitoria (1975). Il terzo incontro fu a Joao Pessoa (1978), il quarto a Itaici (1981). Migliaia di delegati, con la presenza di vescovi (ce ne furono 33 nel quinto incontro) espressero una nuova esperienza della Chiesa. I] documento del primo incontro: «Una Chiesa che nasce dal popolo», ebbe ripercussioni in tutta I?’America Latina. Mons. Helder Camara continua a essere il profeta della denuncia. Mons. Aloisio Lorscheider fu presidente del CELAM e oggi é cardinale di Fortaleza. Mons. Ivo Lorscheiter, presidente della CNBB guida questa Chiesa che ha un nuovo «modello». In effetti, il 6 maggio 1973, i vescovi del nordest, nel documento «Ho udito il clamore del mio popolo», lo dicono chiaramente:
48 DIAL 111 (1983) 2.
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«Solamente esso, il popolo dei sertdes e delle citta nell’unione e nel lavoro, nella fede e nella speranza, pud essere quella Chiesa di Cristo che invita, quella Chiesa che opera per Ia liberazione. Solo nella misura in cui entriamo nelle acque del Vangelo diventiamo Chiesa, Chiesa-popolo, Popolo di Dio»*?.
In Argentina®, un episcopato eletto con cura secondo una linea conservatrice (qui non ci fu un Helder Camara né un nunzio come Armando Lombardi, ma i Pio Laghi), non seppe resistere agli assalti dell’esercito e della grande borghesia agraria. In realta, i vescovi giustificarono la repressione come mezzo per annientare i movimenti guerriglieri: «Quando si vivono circostanze eccezionali... (possono) essere sacrificati, se necessario, i diritti individuali a favore del bene comune. Ma per una repressione legittima si deve procedere sempre nell’ambito della legge e sotto la sua protezione... una forma di
esercizio della giustizia»*'. E tutto questo perché «il bene comune
(é stato) ferito da una guerriglia terrorista»**. «Si deve anche discernere fra la giustificazione della lotta contro la guerriglia e i metodi usati... Anche la repressione illegittima ha portato lutti
alla patria»®,
Il 20 giugno 1973, con la strage della gioventti a Ezeiza, inizia la repressione contro le forze popolari. Nel 1974, con la morte di Perédn si accelera la congiuntura; sotto il governo che di fatto é esercitato da Lopez Regam aumenta la repressione che culminera con il golpe militare del ’76. P. Carlos Mugica (del MspTM) viene assassinato alla porta della sua chiesa di povera periferia 1’11 maggio 1974 — ma egli é uno fra i tanti. Il 4 agosto 1976 si giunge ad assassinare il vescovo de la Rioja, mons. Enrique Angelelli, profondamente impegnato col suo popolo, proprio quando tornava dall’aver esaminato la situazione creatasi con I’assassinio di due sacerdoti della sua diocesi*; i responsabili erano membri della forza ae49 Brasil Milagro - Engano?, CEP, Lima 1973, p. 110. °° Cfr. De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 352.ss. 5! Documento della XXXV Assemblea Plenaria della Conferenza dei
Vescovi dell’ Argentina del 7 maggio 1977, in Servir 6 (1977) 3. 2 Tbid., p. 5.
53 Documento dell’episcopato «Iglesia y comunidad nacional» della
XLII Assemblea dei 30 giugno 1981, Servir, p. 5. L’episcopato «giustifica» chiaramente la «repressione /egittima» contro la guerriglia, ma i metodi usati dai militari la rendono invece illegittima. La guerriglia, da parte sua, non ha invece alcun tipo di legittimita.
54 «Il dossier Angelelli», in DIAL 114 (1983) e 152 (1984) 1-6. 11 18 lu-
glio avevano assassinato i padri Gabriel Longueville e Carlos Murias.
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rea del Chamical. La causa di tanto martirio deve essere ricercata in un modello economico di dipendenza dal capitalismo nordamericano, diretto nella sua tappa di maggiore oppressione dal ministro Martinez de Hoz, con un forte indebitamento del paese. La cosa triste é che la Chiesa, nella sua parte gerarchica, per il suo modello di cristianesimo, stringe un’alleanza con lo Stato militarista e con le classi dominanti e condanna senza attenuanti la guerriglia. Un movimento di difesa dei diritti umani come «Justicia y Paz», diretto dal Premio Nobel Adolfo Pérez Esquivel, cristiano militante, e le «Madri di Plaza de Mayo» — ugualmente cristiane, fra le quali si contavano le due religiose francesi torturate e assassinate il 13 dicembre 1977 — sono I’altro volto della Chiesa. Per questo, quando, il 12 novembre 1983, nella XLVII assemblea dell’episcopato, si chiede al popolo di perdonare, i vescovi non hanno pit autorita, perché la giustizia verso i torturatori e gli assassini é la condizione del perdono e della riconciliazione. In Cile* il golpe sanguinoso dell’11 settembre instaura una repressione che nel paese andino non si era mai vista. Una vera «teologia del massacro» giustifica l’azione dei militari**. Il 13 settembre, solo due giorni dopo che A. Pinochet ha instaurato la sua dittatura, l’episcopato condanna Cristiani per il Socialismo con il documento «Fede cristiana e comportamento politico», quando molti di quelli che vi erano coinvolti erano morti o erano stati sottoposti a tortura o in carcere, oppure partivano per |’esilio. Condannando la scelta socialista e non approvando il golpe, l’episcopato avrebbe lasciato sempre aperta la porta alla soluzione preferita: la Democrazia Cristiana, cui ora si sbarrava definitivamente il cammino. Alcuni vescovi, come Tagle a Valparaiso, Fresno (futuro arcivescovo di Santiago) di La Serena, Vicufia di Puerto Monitt, Valdés di Osorno, si manifestarono favorevoli alla giunta militare. Altri al contrario, come Hourton, Aristia, Gonzalez, Pifiera, ecc., si opposero. Il card. Silva Henriquez mantenne dapprima una posizione equidistante. I] «Comitato di cooperazione per la Pace», presieduto da mons. Aristia, difese il popolo oppresso. Quando il Comitato venne soppresso per la pressione del governo, comparve la «Vicaria de la Solidaridad». La Chiesa continuo a essere l’unica istituzione che si 55 Cfr. F. Aliaga, op. cit.; De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 334 ss. 56 Cfr, F. Hinkelammert, Ideologia del sometimiento, EDUCA / DEI,
San José 1977, pp. 41 ss.
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contrappose allo stato militarista. Per questo, il segretario del Partito Comunista del Cile, in esilio, Luis Corvalan, scrive da Mosca: «In del gna un
queste condizioni la religione perde il suo popolo e, al contrario, nella misura in cui per l’uomo, si potrebbe dire che invece di fattore di ispirazione nella lotta per la pace,
stizia»*”.
carattere di oppio la Chiesa si impeessere alienante ¢ la liberta e la giu-
Per questa via la Chiesa scopre nuove dimensioni, fra cui le problematiche della «cultura popolare»*, il problema indigeno”. La repressione comunque continua; la recente morte di p. André Jarldn (in un quartiere di estrema poverta e poco dopo l’assassinio di un giovane amico del padre)® rivela Ia situazione della Chiesa nazionale. Il 25 marzo 1984 l’arcivescovo Juan F. Fresno Larrain lancia un appello al governo per aprire una via verso lo sbocco democratico di unione nazionale. In Bolivia®', dopo il golpe di Banzer, il 23 ottobre 1971 cadeva assassinato dalla repressione p. Mauricio Lefevre, che era stato decano della facolta di sociologia nell’universita nazionale. Era nato il movimento dell’Ecn (Esercito Cristiano Nazionalista), fascista, davanti al quale il nunzio Gravelli diceva che «i rapporti fra Chiesa e Stato sono cordiali»®. In novembre il nunzio accoglieva a Sucre i partecipanti alla XIV Assemblea del CELAM, che avrebbe cambiato la storia della Chiesa in tutta ’America Latina. Si espellono i membri delVIsAL, si chiude la radio «Pio XII», si perseguitano tutti i cristiani progressisti, si massacrano contadini nella Valle di Cochabamba il 25 gennaio 1974 («Abbiamo visto montagne di cadaveri di contadini ammucchiati come legna», dice un soldato)®. Per questo, un po’ prima, il 20 gennaio 1973, 99 sacerdoti rendono pubblico un documento su «Vangelo e violenza». Anche quando ci sara l’apertura democratica (nuova-
57 Excelsior (México) (2 giugno 1977) 1; e (3 giugno 1977) 2 ss.
58 | ettera del Comitato permanente «Caminar juntos en la Iglesia», del 16 luglio 1982, punto 3.4.2, in Servir 22 (1982) 15. 59 La Chiesa ha programmato lavori specialmente fra i mapuches (anti-
chi araucani).
6 Viene assassinato il 4 settembre 1984: cfr. DIAL 186 (1984) 1-4.
61 Cfr, De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 128 ss. e 319 ss.; inoltre il te-
sto di J. Barnadas, op. cit.
© Informations Catholiques Internationales 401 (1972) 56. 63 Signos de lucha y esperanza, CEP, Lima 1969, p. 25.
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mente insanguinata dal golpe del 17 luglio 1980 mentre il 12 aprile veniva assassinato p. Espinal), non per questo diminuira la crisi sofferta da «tutti i cittadini, ma soprattutto dalle classi popolari, che sono state duramente punite dalla crisi economica» (dice l’episcopato il 26 novembre 1983). In Uruguay, i vescovi, sebbene il 27 giugno 1973 si fossero opposti allo scioglimento del congresso, il 23 novembre parlano di «sforzo di riconciliazione». Questo tema (la riconciliazione) viene ripetuto spesso nelle dichiarazioni degli episcopati di questi anni in America Latina. Il 30 novembre viene arrestato Héctor Borrat e chiusa la rivista Vispera. In un coraggioso documento del 12 ottobre dello stesso anno, la Chiesa prende le distanze dal governo repressore, di estrema destra, antipopolare: «La Chiesa non riceve la sua liberta come un regalo degli uomini, ma come un attributo essenziale che le é stato dato da Dio stesso. D’altra parte, questa liberta é riconosciuta dalle leggi dei
popoli civili, siano o non siano cristiani»®.
Nella sua omelia del 1° aprile 1984 su «La Buona Notizia
della dignita dell’uomo» (frutto della difesa del «Servizio Justicia y Paz» contro le azioni dei militari durate pid di dieci anni con la scusa della lotta contro i Tupamaros), mons. Carlos Parteli, annunziando l’avvicinarsi della democrazia, dice: «Il co, ti e gale
nostro popolo si trova alla della riaffermazione di uno difesi i diritti, i doveri e le coerente cen la tradizione
In Paraguay’, a differenza 1975 l’episcopato dichiara:
vigilia di un nuovo periodo storiStato in cui sarebbero ben definigaranzie di tutti, in un ambito lenazionale»®™.
di altri momenti,
I’8 marzo
«La Chiesa, profondamente identificata con l’anima e con le aspirazioni del popolo paraguaiano, sta sempre cercando il bene di tutto il paese... Durante gli ultimi anni, per vari avvenimenti occorsi, ha avuto luogo un deterioramento nazionale... Vogliamo innalzare una preghiera... perché la Chiesa continui a essere fedele alla sua missione di evangelizzazione e di difesa dell’uomo e
della sua dignitan®.
* Cfr. De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 326 ss. 65 Signos de lucha y esperanza, op. cit., p. 199. 6 STAL VIL, 8 (1984) 8. °7 Cfr. De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 330ss.
88 Praxis de los Padres de América Latina, Paulinas, Bogotd 1979, pp.
682-683. Qui ci sarebbe da aggiungere una descrizione della Chiesa a Haiti,
Santo Domingo, Guatemala, Honduras, El Salvador e Nicaragua, sotto le
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343
6. La Chiesa di fronte a situazioni di repressione minore In Peri la Chiesa appoggera gli ultimi anni riformisti di Velazco Alvarado: «La missione liberatrice della Chiesa, che é annuncio efficace del vangelo, significa una opzione piena di speranza per tutti gli uomini, in quanto fratelli, ma specialmente per quelli che subiscono l’ingiustizia, per i poveri e gli oppressi... E evidente che la solidarieta verso i poveri e gli oppressi porta con sé anche 1’azione perché vengano cambiate le strutture ingiuste che mantengono una situazione di oppressione»,
come dichiarera la XLII Assemblea dell’episcopato nel gennaio del 1973”. Quando lo stato di poverta del popolo aumenta, a causa delle misure adottate dalla dittatura di Morales Bermudez a partire dall’agosto 1975, la Chiesa ha uno spazio maggiore per la sua azione con il popolo e prende le distanze dallo Stato. Il 10 luglio del ’77 i vescovi dell’altopiano denunciano la miseria dei contadini: «Raccogliendo le grida e le aspirazioni dei poveri... la sofferenza del nostro popolo... aumento continuo del costo della vita, il congelamento dei salari, per tutti questi motivi denunciamo fa
violenza della repressione...»7!.
Qualche tempo prima, il 4 ottobre 1976, di fronte alla critica di certi settori conservatori sul rinnovamento ecclesiale iniziato a partire dal 1968, l’episcopato riafferma: «Rinnoviamo questa lealta e questa fedelta, proprio quando gli orientamenti di Medellin corrono il rischio di essere dimentica-
ti»,
Nel marzo del 1984, quattordici mesi dopo che la Congregazione romana per la dottrina della fede aveva suggerito allepiscopato peruviano di condannare la teologia della liberazione, i vescovi si astengono dal farlo e, sebbene il cardinale J. Landazuri venisse accusato persino di marxismo, non ven-
misure della «Sicurezza Nazionale». Cfr. per questo De Medellin a Puebla, op. cit..
© Cfr. HP, pp. 365 ss,; ¢ i testi inediti di C. Romero e J. Klaiber in
HGIAL, vol. VII, inedito.
0 Praxis de los Padres, op. cit., p. 496. 71 Signos de lucha y esperanza, op. cit., pp. 39-40. ?2 Praxis de los Padres, op. cit., p. 847.
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ne formulata alcuna condanna contro il teologo Gustavo Gutiérrez, segno che questa Chiesa in Peri manteneva una. sua tradizione di autonomia, anche se in seguito ai colloqui con mons. A. Vargas Alzamora, successore del card. Landazuri, nel 1990 Gutiérrez riscrisse l’introduzione, aggiunse alcune note esplicative e riformuld il cap. 12 del suo noto libro sulla Teologia della liberazione. In Ecuador® la figura di mons. Proafio di Riobamba si distingue per la chiarezza nel definire i problemi e le soluzioni concernenti il popolo povero degli indigeni della sierra. Sebbene subisca una «visita» mandata da Roma, per la pressione di gruppi interessati, il suo lavoro continua. «Justicia Social» (agosto 1977)’, il documento pid importante e lungo dell’ episcopato in tutti questi anni, viene emanato in vista della II Conferenza di Puebla, e sembrerebbe scritto in vista degli scontri che si produrranno in questa Conferenza (condanna dei Cristiani per il Socialismo, che in Ecuador non esisteva-
no, ecc., anche se ci sono dei precedenti nell’esortazione del
25 settembre 1976 su «Integrita del messaggio cristiano»). In generale la maggioranza della Chiesa gerarchica non ha rotto il suo antico rapporto con la borghesia agro-mercantile conservatrice. In Colombia” si accentua la polarizzazione della Chiesa. Da una parte, il 20 febbraio 1974, p. Domingo Lain muore nella guerriglia dell’ELN. Dall’altra invece, il 26 giugno 1975, il cardinale di Bogota riceve l’Ordine Antonio Narifio dell’esercito colombiano (mentre viene proclamato lo stato di assedio) e nominato generale dell’esercito colombiano nel giugno del 1976 (durante uno sciopero bancario il cardinale sospende sacerdoti e religiose che stavano dalla parte degli impiegati in sciopero). Il documento nel quale appare il maggior numero di condanne a membri della Chiesa, centri di studio, riviste (tutti con i loro nomi e titoli) é quello che ’episcopato emana il 21 novembre 1976: «Identita cristiana nell’azione per la giustizia». Come indica il Memorandum della Rand Corporation, si tratta dell’episcopato pit conservatore dell’ America Latina. Il 10 novembre 1984 fu assassinato p. Alvaro Ulcue Chocue, primo sacerdote autenticamente indigeno, della etnia 3 Cfr. De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 371-378. 4 Praxis de los Padres, op. cit., pp. 920-966. 3 Cfr. R. de Roux, art. cit., in HGIAL, vol. VII, pp. 583 ss.
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pdez. 11 9 giugno di quell’anno i consigli indigeni del Cauca avevano fatto una dichiarazione e in ultima analisi lottavano per occupare le loro terre. Un gruppo di proprietari terrieri si rese responsabile della vita di padre Alvaro, che era aila testa dei suoi fratelli. Lo stesso episcopato, in una dichiarazione del 15 novembre, affermd: «Con questo crimine si é messa a tacere la voce di un valoroso apostolo che predicd l’Evangelo con la sua testimonianza e la sua parola, esponendosi ai rischi connessi, secondo la Parola del Signore, all’annuncio della salvezza: “Beati i perseguitati per causa
della giustizia, poiché di essi é il regno dei cieli” (Mt, 5,10)». In Messico”, episcopato emand il documento: «L’impegno cristiano davanti alle scelte sociali e politiche» che optava chiaramente per le classi popolari. Comunque la lettera pastorale non ebbe molte conseguenze a causa della mancanza di movimenti ecclesiali operai o contadini: infatti, per i conti-
nui conflitti fra Chiesa e Stato, la Chiesa si ¢ preoccupata di sopprimere qualsiasi movimento cristiano che potesse essere scomodo per lo Stato. Solo la questione educativa del «testo obbligatorio» all’inizio del governo di Luis Echeverria pro-
dusse una certa contrapposizione, e di fatto i testi furono mo-
dificati. D’altra parte, nel 1976, la rapida costruzione di una nuova basilica alla Vergine di Guadalupe, in cui il governo ¢ le banche ebbero una parte molto attiva, indicd una riconciliazione fra la Chiesa e lo Stato. Come in altri paesi, il 21 marzo 1977, l’assassinio di p. Rodolfo Aguilar, che lavorava in un quartiere povero di Chihuahua, mette in evidenza gruppi di potere che si opponevano al lavoro della Chiesa fra i poveri. In realta, un movimento importante di molte migliaia di comunita ecclesiali di base cresceva in tutto il paese. Nel X incontro nazionale delle CEB a Tehuantepec, nell’ottobre del 1981, il vescovo Arturo Lona affermd: «Da tutte le parti sfida e sofferenza: questo senza conflitti: repressioni, sospetti, torture, Sono molte migliaia i contadini, gli indigeni merica Latina che sono stati in carcere per il
comunita ecclesiali di base»”®.
cammino non si fa carcere e morte... e gli operat dell’Aloro impegno nelle
16 Servir 29 (1984) 5. Cfr. DIAL, 173 e 184 (1984). Sul Venezuela, De
Medellin a Puebla, op. cit., pp. 444 ss.
71 Cfr. J. Garcia, «La iglesia mexicana desde 1962», in HGIAL, vol. V,
pp. 361-493.
78 Servir 21 (1981) 4.
es 5 patel naa
yo
346
Enrique Dussel
Nel IX incontro nazionale delle Ces a Concordia (Cohauila), con i rappresentanti di 38 diocesi, il 9 ottobre 1983 cinque vescovi scrissero una vibrante lettera agli altri membri dell’episcopato. D’altra parte, é evidente che la visita del papa Giovanni Paolo II nel 1979, in occasione della III Conferenza di Puebla, mobilito la coscienza cristiana e indicd l’importanza della Chiesa in questo paese. 7. La Chiesa nella rivoluzione del Centroamerica e dei Caraibi Il 24 giugno 1977, il Segretariato Episcopale dell’ America Centrale (SEDAC) dichiarava: «Lamentiamo profondamente che per far tacere coloro che con fedelta a Cristo e all’Evangelo realizzano il loro impegno nel campo sociale, si ricorra al facile espediente di etichettarli come comunisti, sovversivi e seguaci di dottrine esotiche... e tutto questo in flagrante violazione dei diritti umani»”?.
In Nicaragua®, nel marzo del 1972 mons. Obando y Bravo dichiarava che «in America Latina il socialismo avanza a grandi passi; la socializzazione deve essere realizzata a tutti i livelli e non in modo unilaterale»®!. La lettera pastorale del 19 marzo «Sui principi dell’attivita politica della Chiesa», é come un atto di indipendenza rispetto al somozismo. In quei mesi, dopo il terremoto del ’72, un gruppo di giovani cristiani (fra i quali Luis Carrién, Roberto Gutiérrez, Joaquin Cuadra,
Monica
Baltodano,
che,
con Emilio
alcuni
dei quali
sono
morti
in com-
battimento e altri divennero comandanti della rivoluzione) lasciavano la parrocchia Santa Maria de los Angeles, dove era parroco p. Uriel Molina o.f.m., per entrare nel Fronte Sandinista, con grande scandalo della comunita cristiana di quel tempo. Quello stesso anno 1972, Ernesto Cardenal scrive la sua opera En Cuba y La santidad en la revolucion®, Il 18 luglio 1979, Uriel Molina racconta l’incontro con i giovani cristiani della sua parrocchia che erano a capo dell’esercito sandinista che aveva sconfitto Somoza: «Improvvisamente rimasi di sasso: era Roberto Gutiérrez
79 8 8! 82
Baltodano,
Oswaldo
Lacayo
e Joaquin
Praxis de los Padres, op. cit., p. 858. Cfr, De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 380s. Informations Catholiques Internationales 406 (1972) 26. 4 Cuba, Cittadella Ed., Assisi 1985.
Cua-
Dal Vaticano II ai nostri giorni
347
dra, marciavano verso Managua. Ci abbracciammo. “La a Masaya abbiamo lasciato la morte... Qui veniamo a trovare la vita”... Era un immenso grido di trionfo»®, La prima fase postrivoluzionaria della Chiesa durd dalla vittoria del 19 luglio 1979 fino al Comunicato «Sulla religione» del 7 ottobre 1980. In questo primo momento, la Chiesa nel suo insieme appoggid il processo sandinista: la CONFER, l’Universita Cattolica e lo stesso episcopato che nella sua lettera pastorale del 17 novembre «Impegno cristiano per un nuovo Nicaragua» dichiarava: «Si sente dire, talvolta con angoscia e timore, che il presente processo nicaraguense si avvia verso il socialismo... Non potremmo accettare un socialismo che, andando al di 1a dei suoi limiti, pretendesse di strappare all’uomo il diritto alle motivazioni religiose deila sua vita... Se invece socialismo significa preminenza degli interessi della maggioranza dei nicaraguensi... un progetto sociale che garantisca il destino comune dei beni e delle risorse del paese... una crescente diminuzione delle ingiustizie... se significa partecipazione... del lavoratore al prodotto del suo lavoro... nulla c’é nel cristianesimo che implichi contraddizione con questo
progetto».
Nella Crociata Nazionale di Alfabetizzazione, che in pratica in pochi mesi sradico l’analfabetismo in Nicaragua, p. Fernando Cardenal s.j., direttore della campagna, fece usare il metodo della pedagogia della liberazione di Paulo Freire (cristiano del nordest brasiliano) e la tecnica pedagogica del colombiano salesiano Mario Peresson; nel capitolo 22 del testo per l’alfabetizzazione che porta il titolo «Gloria agli eroi e ai martiri», viene usato l’esempio Iglesia per sillabare gla, gle, gli, glo e glu. Poiché il «campo religioso» divenne molto presto un luogo di tensioni, il FSLN emano un comunicato sulla religione: «Noi sandinisti affermiamo che la nostra esperienza dimostra che quando i cristiani, appoggiandosi alla loro fede, sono capaci di rispondere ai bisogni del popolo e della storia, le loro stesse convinzioni li spingono alla militanza rivoluzionaria... e che non ci sono contraddizioni insanabili tra le due cose».
La seconda fase comincia quando il 1° giugno 1981 si esercita pressione — da parte del CELAM e di Roma — per una rinuncia dei ministri sacerdoti Ernesto e Fernando Cardenal e 83 U. Molina, «El sendero de una experiencia», in Nicaragua (Managua) 5 (1981) 37 ss. Cfr. il mio studio «La Iglesia en Nicaragua 1979-1983», in Historia de la Iglesia en América Latina (1983) pp. 429-447,
348
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Miguel D’Escoto. Reagan é giunto al potere e ha inizio la lotta antirivoluzionaria degli antichi somozisti alla frontiera con Honduras. L’episcopato va prendendo una posizione sempre pit critica di fronte alla rivoluzione e nella Chiesa si accentuano le tensioni interne. La terza fase termina con la lettera inviata il 29 giugno 1982 da papa Giovanni Paolo II, lettera nella quale egli indi-
ca i pericoli derivanti alla Chiesa dalla sua divisione interna
quando si opta per progetti concreti diversi. I] papa chiede ai vescovi obbedienza. I] 10 marzo 1980 aveva invece scritto un’altra lettera: «Formulo i migliori auguri perché l’amato popolo del Nicaragua viva un futuro di pace, di concordia, di solidarieta, di accordo con la sua secolare tradizione cristiana».
Ancora nel 1980 il Vaticano veniva informato dal delegato apostolico Piero Sambi che non risiedeva in Nicaragua; in seguito sara nominato un nunzio definitivo. La quarta fase, fino alla visita del papa il 4 marzo 1983, é di aumento delle tensioni interne. L’opposizione sa che il «campo religioso» é l’unico nel quale pud affrontare la rivoluzione. Peraltro, i cristiani impegnati nella rivoluzione da parte loro reagiscono. Mons. Bettazzi, nel rapporto di Pax Christi sulla situazione in Nicaragua, aveva scritto: «L’arcivescovo si lascia trasformare in leader di un’opposizione che non ha un’altra personalita da opporre al regime. I] CELAM, la CLAT e i partiti democristiani latinoamericani ed europei dovrebbero smettere di sognare e prendere atto invece di questa semplice realta: il processo rivoluzionario é irreversibile»™.
La visita del papa, che chiedeva di appoggiare senza restrizioni l’arcivescovo di Managua, apre la quinta fase successiva al trionfo del sandinismo. Dopo il 4 marzo in Nicaragua accade qualche cosa. Le posizioni si fanno pit ferme. L’episcopato, per esempio, si oppone al servizio militare obbligatorio (il 29 agosto 1983) e questo solleva un gran numero di reazioni (p. es. della comunita dei gesuiti, dei domenicani, delle comunita di base, ecc.) che mettono in rilievo le omissioni nelPanalisi della realta vissuta dal paese. Conflitti come quelli degli indigeni misquitos, l’espulsione di p. Timoteo Merino (il 13 maggio 1983) o quella dei dieci sacerdoti stranieri (il 9 luglio 1984) mostrano il cammino della Chiesa del Nicaragua in un processo rivoluzionario nel quale i cristiani agiscono or84 Nuevo Diario (Managua) 12 novembre (1982).
Dal Vaticano II ai nostri giorni
mai in modo dopo il 1959. Nel 1985® ni con il 67% 4 luglio 1986
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molto diverso da come avevano fatto a Cuba I venti anni non erano passati invano. il sandinismo vince democraticamente le eleziodei voti. La pressione nordamericana cresce. Il mons. Pablo Vega appoggia |’invio da parte de-
gli Stati Uniti di duecento milioni di dollari per la lotta con-
tro il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale. I 20 dicembre 1989, Uriel Molina, fondatore del Centro Antonio Valdivieso, @ allontanato dalla sua parrocchia periferica di Managua, Santa Maria de los Angeles. Il 25 febbraio 1990 viene diffusa in tutto il mondo la notizia della sconfitta elettorale del Fronte Sandinista. La pressione della guerra e le difficolta economiche sconfissero il FsLN, che tuttavia continuera come partito di opposizione e si prepara per tornare al governo nel 1996. Violeta Chamorro prende il potere. In «Dando razon de nuestra esperanza» 148 sacerdoti dichia-
rano:
décristiani dell’America Latina. Noi cristiani «Questa é ora fedele al Dio dei poveri malgrado la chiusappiamo che Gesii fu sura di tutti gli orizzonti\e la crocifissione da parte dell’impero. Dio e il vangelo non sono cambiati. Dobbiamo rimanere fedeli. Il regno di Dio é vicino. /Convertiamoci e crediamo al vangelo
(Marco 1,15)»**.
Ne! Sai/vador*’ il popolo contadino é stato massacrato per anni: nel 1974 questo é avvenuto a San Francisco Chinamequita, La Cayetana, Tres Calles, Santa Barbara, Plaza de la Libertad nella capitale stessa. L’arcivescovo Chavez esclamava che «qui il caffé divora gli uomini», per indicare che i proprietari di terre sfruttavano i giornalieri nelle loro tenute. La persona che simboleggia questi anni é p. Rutilio Grande, assassinato il 12 marzo 1977. Il parroco di Aguilares non fu l’unico martire sacerdote: I’11 maggio dello stesso anno veniva ucciso p. Alfonso Navarro, il 28 novembre 1978 p. Barrera Motto e il 20 gennaio 1979 Octavio Ortiz.
Il 22 febbraio 1977 assume l’arcidiocesi mons. Oscar Arnulfo Romero, che in poco tempo manifesta una speciale sensibilita per il contatto col popolo dei poveri e degli oppressi.
85 Per tutta l’ America Centrale é utile vedere la recente pubblicazione
del Collettivo di Analisi delle Chiese nell’ America Centrale: La Iglesia en Centroamérica. Guatemala, El Salvador, Honduras y Nicaragua. Informacidn y Analisis, CEE, México 1992.
86 STAL 5 (1991) 28-32.
87 Cfr. R. Cardenal, op. cit., in HGIAL, vol. VI, inedito.
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Il 5 marzo 1977 i vescovi dichiarano che «questa situazione si é qualificata come situazione di ingiustizia collettiva e di violenza istituzionalizzata»®. Cid non nega le contraddizioni. Mentre mons. Romero presiede una processione che affronta le baionette dell’esercito nel giorno della morte di Rutilio Grande nella sua parrocchia di Aguilares, dove fino al 1983 sono stati assassinati pit’ di 220 militanti delle comunita ecclesiali di base, mons. Pedro Aparicio appoggia il governo e critica i laici nel sinodo romano dei 1977. Tutto culminera il 24 marzo 1980, quando assassini di professione legati all’esercito uccidono mons. O. A. Romero nel momento in cui sta per offrire il sacrificio della messa. Il 20 gennaio mons. Romero aveva detto che esisteva un progetto che pesava sul destino di El Salvador: «ll progetto oligarchi¢o.pretende di servirsi di tutto un immenso dominio economico per impedire che si portino avanti riforme strutturali che colpiscono i sudi interessi ma favoriscono la mag-
gioranza dei salvadoregni»®?.
Cinquantamila uccisioni, con desine di sacerdoti e religiose (tra cui quattro nordamericane) e lo stesso arcivescovo ci parlano di una Chiesa che non si allontana dal suo popolo. II massacro del fiume Sumpul del maggio\ 1980, dove pit di 600 fra uomini, donne e bambini persero la vita, rimarra sempre scolpito nel ricordo della storia. La Conte (Coordinazione Nazionale della Chiesa Popolare) organizza i suoi lavori nelle «zone liberate», dove i cristiani vivono ormai una quotidianita che é al di la del sistema vigente di oppressione. A mons. Rivera y Damas, che si era fatto notare gia prima di Medellin, tocca un’epoca difficile di lotte fratricide. Il 14 ottobre 1986 Ignacio Ellacuria scriveva: «Secondo la CEPAL, alla fine degli anni Settanta il 55% della popolazione centroamericana vive in stato di poverta e il 42% in stato di estrema poverta: in termini assoluti tredici milioni di poveri e otto milioni in stato di estrema poverta»™. Non stupisce che un simile filosofo e teologo, militante e attento osservatore della situazione salvadoregna, sia stato martirizzato insieme con altri cinque gesuiti e due donne il 16 novembre 1989, sette giorni dopo la caduta del muro di Berli88 Praxis de los Padres, op. cit., p. 967. 89 Servir 1 (1980) 1.
% STAL 4 (1987) 1.
re
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no, quando tutti, nei paesi «centrali», invocavano la democrazia e la liberta. Infine, nel mese di febbraio del 1992 si concludono i patti di pace tra l’esercito e il FMLN, con la creazione di una forte polizia neutrale, e nel paese comincia lentamente una «normalizzazione» che non sara rapida né senza incidenti. Mons. Rivera y Damas é stato la figura centrale del processo pacificatore, nella scia di mons. Oscar Arnulfo Romero. In Guatemala ha avuto grande sviluppo il movimento chiamato dei «Delegati della Parola», militanti cristiani contadini che guidano le loro comunita povere, specialmente nelle diocesi di Huehuetenango, Quezaltenango, Verapacez e Izabel. Inoltre, alla fine del 1973 nasce il I Congresso Nazionale dei Religiosi (CONFREGUA) che coordina pit di 996 religiose e 551 religiosi del paese. Il] 25 luglio 1976 l’episcopato, sotto la presidenza ons. Juan Gerardi, porta a conoscenza il documento «Uniti nella speranza» — che il card. Casariego non volle firmare — hel quale si diceva che «da lunghi anni il Guatemala vive sotto H segno del timore e dell’angustia», Questa testimonianza del Comitato Cristiano di Solidarieta valga come un esempio fra mille: «La comunita del borgo di San Francisco viveva tranquilla. Aveva i suoi campi di mais che coltivava, curava le sue galline e il suo bestiame... Il 17 luglio 1981 si presentd l’esercito, prese coloro che componevano le pattuglie civili, istituite dal governo stesso, e li uccise. Accerchid il borgo e distrusse tutto. Uccise bambini, vecchi, donne e uomini. Morirono tutti. Dei 350 abitanti riuscirono a sopravvivere, per miracolo, solo dodici persone... Chiamarla una cosa bestiale sarebbe un’offesa alle bestie. Vengono violentate le donne, la gente viene concentrata in luoghi solitari dove poi viene torturata e uccisa. I bambini vengono scaraventati contro i tronchi degli alberi... e subito dopo vengono di-
vorati i loro cervelli ancora tiepidi...»%°.
Sarebbe molto lungo raccontare gli orrori vissuti dalla Chiesa in Guatemala. E certo, per esempio, che il 13 giugno 1980”, dal vescovo fino ai sacerdoti e alle religiose tutti ab-
9! Cfr. De Medellin a Puebla, op. cit., pp. 382 ss.; P. Richard - G. Me-
léndez, op. cit.
% Praxis de los Padres, op. cit., pp. 792-817. 93 «La Bestia apocaliptica de la represién», in DIAL 36 (1982) 1.
54 1 16 giugno dichiaravano: «Tre sacerdoti erano stati assassinati, uno sequestrato, vari sacerdoti e religiose sono stati minacciati di morte», in Servir 9 (1980) 2-3.
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bandonarono la diocesi di El Quiché a causa della persecuzione che si subiva, poiché lo stesso mons. J. Gerardi era stato vittima di un attentato il 19 luglio 1979. Ii comunicato dell’episcopato dice anche: «Si uccide, si sequestra e si tortura e perfino si profanano con furore irrazionale i cadaveri delle vittime...».
L’8 giugno 1981 p. Luis Eduardo Pellecer s.j. fu sequestrato con violenza di fronte a testimoni. I] 30 settembre, dopo avergli fatto subire isolamento totale, tortura e «lavaggio del cervello», lo obbligarono a rendere una testimonianza contro la Chiesa, trasmessa per televisione. Poi non fu pit visto. Dozzine di sacerdoti furono assassinati, fra cui p. Augusto Ramirez o.f.m., parroco di San Francisco a Guatemala la Antigua. «Il suo corpo martoriato fu trovato abbandonato in una delle strade della citta di Guatemala»®. Era il 7 novembre 1983. La repressione continua e per questo il maggio 1984 i vescovi messicani della regione del sud-est pongeno il problema e spiegano la situazione di centomila guatemaltechi rifugiati nel sud del Messico. Nel 1991, mons. Julio Cabrera, vescovo di El Quiché, parla della realta del paese e si d perché l’esercito sia passato tra il 1979 e il 1989 da 44. dati a 176.000. La classe militare é un gruppo totalmente autonomo dallo Stato e dalla nazione guatemalteca e realizza propri fini (di lucro e protezione). Continua a crescere il numero dei martiri e l’orrore per il loro spargimento di sangue. In Honduras”, mons. Héctor Santos, dal 1962 arcivescovo di Tegucigalpa, non cesso di orientare la presenza della Chiesa verso le organizzazioni contadine. Insieme con CONCORDE e la Caritas era sorto un movimento operaio e contadino di ispirazione cristiana, tanto nella Confederacién General de Trabajadores come nella Unién Nacional de Campesinos. I «Celebranti della Parola» andarono aumentando dal 1975 in poi poiché sapevano leggere la realta sociale alla luce dell’Evangelo. I proprietari terrieri cominciarono a fare pressioni contro i leaders di base, che accusavano di marxismo. Il 25 giugno 1975 a Olancho furono assassinati p. Ivan Betancourt e p. Casimiro Zephyr, insieme con altri cristiani. P. Betancourt aveva fondato I’Istituto Santa Clara per la preparazione 9% Servir 14 (1980) 1.
9 DIAL 134 (1984) 1.
% Cfr. P. Richard - G. Meléndez, op. cit.
Dal Vaticano II ai nostri giorni
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dei contadini e sapeva quale rischio corresse la sua vita. Per questo istituto le cose cominciarono ad andare male quando il CELAM il 23 giugno 1982 parld di infiltrazione marxista tra i sacerdoti quasi per opporsi alla valutazione favorevole alle forze popolari di Pax Christi, dove mons. Bettazzi criticava,
ritenendola sbagliata, la politica del CeELAM in Centroame-
rica. Il 18 marzo 1985 é stata messa in prigione dai militanti ed espulsa dal paese suor Marina Eseverry, che lavorava nella parrocchia di Tocoa (Colén). I vescovi dell’Honduras hanno protestato pubblicamente per questo fatto.
In Costa Rica®, il settimanale Pueblo, diretto da Javier Solis, ha avuto un forte impatto. Nel 1972 viene fondato 1’Istituto Teologico dell’America Centrale (ITAC) e la Scuola Ecumenica di Scienze della Reli e (EEcR), gli unici organismi teologici in una universita nazidnale in America Latina. I! Dipartimento di Studi e Investigazioni (DEI), fondato da Hugo Assmann nel 1974, in cui collaborano Franz Hinkelammert, Pablo Richard, Guillermo Meléndez}ecc., ha portato a termine un lavoro importante di riflessione e di pubblicazione. Il 20 dicembre 1989 il Panama é invaso dai\nordamericani: un’invasione simile a quella perpetrata dall’Iraq nel Kuwait. Secondo Didlogo Social™ pia di 5.000 panamensi muoiono in scontri armati. Il 3 gennaio 1990 Noriega si consegna alla nunziatura di Panama. Gli occupanti, sotto la guida del generale Maxwell Thurman, impongono come presidente Guillermo Endara. I vescovi dicono che «la dittatura, la crisi prolungata e l’invasione nordamericana hanno disgregato la struttura della nazione», e aggiungono: «Il Panama ha diritto a una riparazione per i danni causati dall’invasione e gli Stati Uniti hanno il dovere morale di dare l’aiuto necessario per ricostruire il paese»'™.
A Cuba" la crisi era passata, tuttavia la Chiesa continuava a rimanere staccata dal rinnovamento della Chiesa dei po%8 Cfr. M. Picado, op. cit.; P. Richard - G. Meléndez, op. cit.
» La commissione guidata dall’ex ministro di giustizia degli Stati Uniti d’ America, Clark, calcola 7.000 morti panamensi. Pit di 20.000 persone rimasero senza casa (SIAL 8 [1991] 1).
100 STAL 8 (1991) 3. 1°! Cfr. De Medellin a Puebia, op. cit., pp. 456 ss.; R. Gémez Treto, op.
cit., pp. 45 ss. (dattiloscritto inedito).
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veri, dalla teologia della liberazione. Il 27 marzo 1974 mons. Agostino Casaroli visita isola; viene nominato nunzio mons. Cesare Zacchi, che nel 1975 sara sostituito da mons. Mario Tagliaferri. Nel 1975, in dicembre, si svolge il primo Congresso del Partito Comunista cubano che, pur manifestando un’apertura al dialogo, continua ad affermare una posizione «dogmatica»: «scienza e religione si oppongono in modo inconciliabile». L’articolo 35 della Costituzione Socialista dice: «La professione di tutte le religioni é libera... La Chiesa é separata dallo Stato che non potra sovvenzionare alcun culto». Due fatti, la condanna del terrorismo contro la linea aerea cubana da parte dell’episcopato (in Granma del 16 novembre reciproca apertura. Percid, all’XI Festival Mondi Gioventt del luglio 1978, mons. Oves poté dire: «Nulla é pit conforme all’esigenza evangelica di fraternita in Cri sto dell’ideale di una societa senza classi, antagonistiche economicamente e socialmente; ma mi domando: come aiutarci a incanalare l’impegno dei cristiani nella realizzazione progressiva di questo ideale, se si presenta la fede cristiana come qualcosa di necessariamente ostile?... Vorremmo dare un fondamento a questa nuova considerazione partendo dai principi della specifica
scienza sociale marxista, che non separa la teoria dalla realta»!.
La rivoluzione sandinista venuta pil. tardi comincera a mostrare a Cuba una via di rapporti fra Chiesa e rivoluzione. Dal 26 febbraio al 3 marzo 1979 si svolse a Matanzas una storica riunione di 77 teologi provenienti da paesi socialisti (d’Europa, Asia e Africa) e dall’America Latina, che discussero sulla possibilita della teologia della liberazione nei loro rispettivi paesi. Nel 1986 il documento preparatorio dell’Incontro ecclesiale cubano (ENEC) diede il via a un movimento di massa senza precedenti. Il 25 maggio di quell’anno, in una «Istruzione pastorale», i vescovi cubani fecero riferimento all’ENEC: «Cuba ha cambiato, la Chiesa deve cambiare»!. Nel documento finale dell’ENEc é detto: «Viviamo in un’epoca di revisione e cambiamento (GS 5-7). Non é la fine del mondo, ma é la fine di un mondo. II pensiero umano, le sue strutture sociali, lo stile della vita cambiano. Cuba ne
102 &] Heraldo Cristiano (La Habana) XXIV, 9-10 (1978) 16-18.
103 STAL 21 (1986) 1-12.
Dal Vaticano I] ai nostri giorni
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ha cambiati molti in venticinque anni. La Chiesa é una realta in
mezzo alla realta che cambia»!™,
Tuttavia, l’attuale processo della ex-Unione Sovietica sta chiudendo l’orizzonte di Cuba. II 13 luglio 1989 é stato fucilato il generale Arnaldo Ochoa. Ora Cuba sta vivendo momenti critici della sua necessaria trasformazione politica. Ad Haiti'™ fino alla fine del 1980 si mantenne una situazione di legittimazione incondizionata del governo di JeanClaude Duvalier. Quando nel paese la repressione divenne generalizzata, il 24 ottobre 1980 la Conferenza haitiana dei Religiosi emise un comunicato: «La CHR ritiene suo dovere fare un appello al-senso cristiano e patriottico... vogliamo ancora una volta alzare le nostre voci in favore del rispetto dei diritti dell’uomo nel nostro paese, del rispetto dei diritti dei nostri fratelli e sorelle esiliati ed esWiate, incarcerati e incarcerate... La Chiesa non pud tacere quando si tratta di rendere la vita pi umana e di coscientizzare la pdpola-
zione»'™,
Lo stesso nunzio Luigi Conti appoggié i religiosi. I] 21 d cembre l’episcopato, sotto la presidenza dell’arcivescovo Francois Wolf Ligondé, si pronunzié neilo stesso senso. Dal 2 al 6 dicembre 1982 si svolge un simposio in occasione del Congresso Eucaristico Mariano. In questa occasione la Chiesa annuncia una chiara opzione per i poveri, i contadini, i neri che sono Ia massa totale del popolo. Quando il 27 gennaio 1983 l’episcopato e la Conferenza dei religiosi si rivolgono al popolo haitiano per preparare la visita di papa Giovanni Paolo II, pongono come condizione al governo la liberazione del leader Gerard Duclerville, che era stato arrestato il 28 dicembre quando coordinava un incontro di «Chiesa e comunita ecclesiali di base». Ha inizio tutto un rinnovamento che non era mai stato visto nel paese francese dei Caraibi. II 2 febbraio 1984, a Pilate, si svolse if I Incontro nazionale delle comunita di base. Nel loro comunicato i leaders laici dicono: «Dieci anni fa, alcune parrocchie di quello che noi chiamiamo le Ti Léglis o un’esperienza totalmente nuova nella nazionale ci ha dato, prima di tutto, la
Haiti cominciarono, con le Fraternidades, a vivere Chiesa... questa riunione convinzione che le comu-
104 Thid., 2. 105 Cfr, W, Smarth, op. cit., in HGIAL, vol. IV (inedito). 106 Servir3 (1981) 10-12.
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nita ecclesiali di base, necessita urgente. Le seggera, ma la forma miglia a quella che 47)"
nei villaggi e in periferia, sono comunita di base non sono una che la Chiesa stessa prende oggi aveva ai tempi degli apostoli
per noi una moda pase che asso(Atti 2,42-
La visita del papa ad Haiti il 9 marzo 1983 ebbe un effetto completamente diverso da quello che aveva avuto in Nicaragua. Non vogliamo terminare senza prima ricor la lettera pastorale del 21 novembre 1975 diffusa dalla Confere pale delle Antille (dei vescovi delle Antille minori brit: olandesi, con la presenza anche dei francofoni) dove é detto: «L’azione della Chiesa non pud ridursi alla sacrestia o all’altare... Dio si é rivelato come liberatore dell’oppresso e difensore del povero... La Chiesa non deve condannare senza discriminazione tutti i tipi di socialismo... Nessun sistema socialista é accettabile se distrugge i diritti fondamentali dell’individuo... I] vero socialismo, che il cristiano pud accettare, lungi dal distruggerle, deve combattere per difendere queste liberta e anche per ampliar-
ne il campo d’influenza»!%,
8. La Chiesa di fronte alla «apertura» democratica dal 1984 al 1992'” Il processo di «apertura» democratica deve essere situato al suo inizio nel 1976, quando la Commissione Trilaterale, sotto Jimmy Carter, mostrd la «governabilita della democrazia». Nel 1978 veniva eletto a Santo Domingo Luis Guzman. In Bolivia, Pereda Asbun viene rovesciato da un governo con pretese di democrazia. Nelle Filippine cade Marcos e ad Haiti Duvalier. Nel 1983 in Argentina viene eletto Raul Alfonsin e in Brasile nel 1985 Tancredo Neves. Questo apre una tappa di «democrazie formali» (senza riforma sociale né economica) con il progetto di «stato minimo» (nella linea del pensatore nordamericano Nozik) o di «mercato libero» di concezione neoliberale (nella linea di Hayek o Friedman).
107 DIAL 147 (1984) 1. Su Santo Domingo, Puerto Rico e gli ispanici ne-
gli Stati Uniti, cfr. De Medellin a Puebla,
Fronteras, op. cit., pp. 339 ss.
op. cit., pp. 411
108 Praxis de los Padres, op. cit., pp. 518-528.
ss. e 540 ss.;
109 Su quest’ultima fase si pud consultare la mia Storia della Chiesa in America Latina, Queriniana, Brescia 1992, capitolo V, 8: «L’ apertura democratica e la crisi del socialismo».
Dail Vaticano H ai nostri giorni
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Dopo un lungo compromesso con i militari'!°, l’episcopato invita a riconciliarsi senza che prima siano stati castigati i colpevoli di tanti delitti: «Dobbiamo alzare la bandiera della riconciliazione, con umilta e fiducia, con magnanimita e coraggio»!"'. Sul fronte opposto, il 10 dicembre 1986, la CONADEP (Comision Nacional de Personas Desaparecidas) presentava nel suo libro Nunca mds, una raccolta di documenti riguardanti la violazione di diritti umani compiuti durante la dittatura militare. Mons. de Novares, di Neuquén, criticando il «Punto finale» (= perdono senza castigo per i criminali), esclamava: «Fin dall’inizio Dio mostra come castigare l’omicida (Caino) che assassina I’altro. Ai piedi del Sinai dira: “Non uccidere!”. Dio maledice Caino per il suo delitto. Questa é la maledizione finale di Dio, questo si é un punto finale»'?, L’elezione di Menem nel 1989 non fa altro che accentuare la miseria, colpendo anche quella parte della popolazione cht finora non l’aveva conosciuta. In Brasile la morte di Tancredo
ney,
latifondista
del
Maranhao,
che
lascia al potere José Sarha di fronte
una
demo-
crazia formale senza riforma sociale o economica. Le occupazioni di terre, da parte della gente che vi lavora, si moltiplicano e le guidano molti sacerdoti e pastori. I] 10 maggio 1986, Si registra la morte, una fra tante, del padre Josima Morae Tavares,
di 37 anni,
della Commissione
pastorale
della terra
nella diocesi di Emperatriz (Maranhao)'}. Il 26 ottobre muore il padre Maurizio Maraglio di San Mateus, diocesi di Coraota (Maranhao). La Chiesa brasiliana, nella sua veste di promotrice di grandi innovazioni, giunge al suo tramonto nel 1992. Molti dei grandi vescovi protagonisti del concilio Vaticano II e di Medellin devono ritirarsi o muoiono. La Chiesa subisce una tra0 Cfr, opera di E. Mignone, Iglesia y dictadura. El papel de la Iglesia
a la luz Social, militari poggio
de sus relaciones con el régimen militar, Ediciones del Pensamiento Buenos Aires 1986. In questa opera Mignone provai rapporti con i e la responsabilita dei vescovi per le torture, le repressioni e |’apalla cosiddetta «guerra sporca» dal 1976 al 1983.
1) F *Osservatore Romano, 23 maggio 1985. 12 STAL 2 (1987) 12. ‘13 Pochi giorni prima del suo martirio, il padre aveva scritto a un amico
in Italia: «E la “via crucis” del popolo, bagnato dal sangue dei martiri che ho conosciuto e che hanno lasciato nella chiesa l’esempio silenzioso e tuttavia eloquente: nessuno ha un amore maggiore di colui che da la vita per i suoi» (SIAL 23 [1986] 5).
358
Enrique Dussel
sformazione drastica per la nomina di vescovi conservatori, una politica costante della Congregazione dei vescovi a Roma. La persecuzione ossessiva contro Leonardo Boff mostra bene questa strategia. In ogni modo, la Chiesa cattolica nazionale pili numerosa del mondo continuera a indicare il cammino profetico per molto tempo. In Cile, i movimenti popolari dal 1983 lanciano un processo che culmina con |’elezione del democratico cristiano Patricio Aylwin il 30 luglio 1987. L’episcopato si era gia espresso con una lettera pastorale su «Vangelo, etica e politica», in cui apriva le porte alla necessaria democrazia. Tuttavia, ora nel 1992, Augusto Pinochet conserva molto del suo antic potere. In Bolivia, ascesa al potere di Jaime Paz Zamora, del Mir, non riesce a strappare dalla sua crisi permanente questo paese impoverito. Gia nel 1983 i vescovi avevano dichiarato: «Il clamore del popolo, specialmente del popolo pit povero, che subisce grandi e immeritate sofferenze, é giunto a noi, vescovi e pastori. Tutti i cittadini, ma specialmente le classi popolari, sono
stati duramente colpiti dalla crisi economica»'!'*.
In Uruguay, il 25 novembre 1984, dopo dodici anni di dittatura, viene eletto nuovo presidente della repubblica Julio Maria Sanguinetti. In Paraguay", il 17 marzo 1987, duemila persone sfidano la dittatura e manifestano contro Stroessner. Viene chiusa la radio cattolica Manduti ed espulso p. Javier Alarcon. II 20 aprile i vescovi lanciano un messaggio sul Didlogo Nacional. Il nuovo governo di Andrés Rodriguez, sebbene appartenga anch’egli all’antico gruppo al potere, permette una certa apertura verso la democrazia, che rende possibile il ritorno di molti esiliati. Il Paraguay vive cosi un momento creativo. In Pert, ’elezione di Alan Garcia nel 1985 non fa superare la crisi. I vescovi del sud andino, nel loro documento Testimonio de la Resurreccién del 10 maggio 1987 affermano: «Costruire la chiesa come popolo di Dio, secondo la prospettiva del concilio Vaticano II, costituisce ancora oggi una sfida per
114 STAL 1 (1984) 7.
15 Cfr. C. Kunde - J. Schvindt, Paraguay. Del cautiverio a la esperan-
za, Coleccién Testimonio, CLAI, Quito 1991.
Dal Vaticano II ai nostri giorni noi. I poveri deila nostra regione hanno
359 poco
scienza del loro essere chiesa, popolo di Dio»!!*.
a poco preso co-
Alberto Fujimori continua a gestire una crisi sempre piu profonda e devastante, anche con colpi di scena come quello del marzo 1992. In Ecuador, la morte, il 31 agosto 1988, di mons. Leénidas Proajfio, il vescovo degli indios, uno dei santi e grandi profeti e pastori del XX secolo, segna una pietra miliare nella storia della Chiesa latinoamericana. Nella II Consulta di pa-
storale indigena, con partecipanti provenienti da 15 paesi lati-
noamericani, nel documento Quinientos atos de dominacién y de evangelizacidn, si era giunti alla conclusione che nel 1492 era iniziata la «invasione europea» del continente americano. Nel 1990, col sostegno della forza spirituale di mons. Proajio, ebbe luogo la prima «Insurrezione indigena» in tutto I’Ecuador. Fu un fatto senza precedenti.
In Colombia, la violenza e il narcotraffico hanno minato
le basi del paese. Tuttavia il processo di pacificazione con I’M-19 (Movimento Guerrigliero Nazionalista) ha portato alla promulgazione della nuova costituzione del 1991, che da una posizione giuridica alle etnie indigene, all’integrazione latinoamaricana e ai diritti del popolo al lavoro e alla cultura. Ad Haiti, il 26 luglio 1985, la Conferenza episcopale protesta per l’espulsione di tre sacerdoti francesi. I] 7 febbraio del 1986 Claude Duvalier fugge dall’isola. Il 27 giugno I’episcopato fa conoscere un documento concernente la «Carta fondamentale sul passaggio a una societa democratica», una delle dichiarazioni di principio pit. chiare di tutta 1’America Latina contemporanea. II 25 agosto 1987 un gruppo di Totdn Macute cerca di assassinare il padre salesiano Jean-Bertrand Aristide. L’attentato falli e fu ripetuto 1’11 settembre 1988, quando furono assassinati dodici fedeli della parrocchia di Aristide. Infine, il Fronte nazionale per il cambiamento e la democrazia (FNcD) lancid la «Operazione Lavalds»!’. II padre Aristide (il popolare «Titide») fu eletto il 16 dicembre 1990 col 67% dei voti. Il presidente dell’episcopato haitiano, 116 STAL 13 (1987) 13-14. "7 In creolo haitiano /avalds significa «alluvione», grande quantita
d’acqua che scende dalle montagne, e che nelle sudice e povere citta haitiane prima di tutto «pulisce» le strade. E un movimento di pulizia morale e sociale della corruzione delle élites nere dell’isola, appoggiata dal continuo intervento del governo e di gruppi interessati nordamericani.
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Enrique Dussel
mons. Laroche, pronunzid davanti al nuovo presidente queste parole: «Mosé, quando ricevette da Dio la missione di guidare il popolo verso la Terra promessa, domandd: “Chi sono io?”. Yahvé gli rispose: “Io sard con te”. Oggi, Eccellenza, le é stata affidata una missione importante. Certamente non sara facile come non lo fu per Mosé il lungo pellegrinaggio per il deserto. Che I’ Altissimo, il Dio onnipontente, si degni di mettere nel suo cuore, caro padre Aristide, gli stessi sentimenti che animarono il suo servo Mo-
sey
8,
Chi avrebbe immaginato che il giovane sacerdote, teologo della liberazione, sarebbe stato oggetto di un colpo di stato il 30 settembre 1991, prima che fosse passato un anno? E certo che Haiti é di nuovo sottoposta a militari senza scrupoli, in un momento in cui la gid profonda miseria aumenta immensamente a causa del blocco che si é stabilito per riportare il presidente al potere. In ogni modo sono passati i tempi dei facili colpi di stato, perché ormai gli Stati Uniti non ne traggono pid vantaggio. La Chiesa fu duramente perseguitata durante l’interregno militare e in modo particolare lo furono i sostenitori di Aristide. Per questo la IV Conferenza dell’episcopato latinoamaericano, che si svolgera nell’ottobre del 1992 a Santo Domingo, come commemorazione dei cinquecento anni dell’arrivo dei cristiani in questo continente, apre aspettative in mezzo a profonde ambiguita. I documenti preparatori sono stati accusati di superficialita, sia nella parte storica, sia in quella teologica e pastorale. Le nuove autorita del CELAM, elette nel 1991, cercano di «riparare» in parte cid che é stato fatto nel passato, ma non é facile. D’altro lato, il Vaticano nominera il presidente, i vicepresidenti e il segretario esecutivo della IV Conferenza, contrariamente a cid che tradizionalmente si faceva (dato che a occupare queste cariche erano ipso facto le autorita del CELAM). Peraltro la CAL (Commissione per |’America Latina) interviene da Roma sempre piu frequentemente. E se consideriamo che nel 1991, nell’Assemblea di Citta del Messico, la Confederazione Latinoamericana di Religiosi (CLAR) subi un’intromissione con cui, ignorando gli statuti della CLAR, si impedi agli stessi religiosi di eleggere i loro organi direttivi, si é¢ portati a pensare che la situazione é travagliata da profonde tensioni.
118 STAL 5 (1991) 25.
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Enrique Dussel
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In questi ultimi 20 anni di storia la Chiesa latinoamericana ha vissuto un vasto processo di crescita. Nel primo periodo (1972-1983) di prolungata «notte oscura» di sofferenze, torture e martirio (tipici delle dittature militari di sicurezza nazionale) le Comunita ecclesiali di base rappresentarono la realta concreta nella quale il popolo dei poveri ha dato vita alla resistenza ed é cresciuto in modo creativo nella sua fede cristiana. Attraverso la rivoluzione sandinista, a partire dal 1979, é stata accesa una fiamma di speranza attraverso tutto il continente, anche se, nella maggior parte dei paesi, il processo di indebitamento estero ha obbligato i poveri a una vita di maggiori sofferenze. A partire dal 1983-1985 (in Argentina con Alfonsin e in Brasile con Sarney) un crescente processo di introduzione di «democrazie» formali concesse al «popolo di Dio» una maggiore liberta, anche se sempre inserite in una situazione economica angustiante. Comunque questa «apertura» politica crea una situazione nuova in tutto il continente. L’elezione di Aristide alla presidenza (anche se essa é per ora terminata con la sua destituzione forzata) manifesta il fatto che il popolo dei poveri, le comunita ecclesiali di base, sono diventati attori politici. Perd la politica di «restaurazione» del Vaticano — sotto la direzione del card. Ratzinger — contro la Teologia della liberazione e la pastorale delle comunita ecclesiali di base, l’esclusiva nomina di vescovi conservatori (solo quelli raccomandati dai nunzi), sta paradossalmente mettendo il popolo dei poveri nelle braccia delle sette o di gruppi pentecostali, che possono riempire un vuoto (con la loro vita di preghiera, di comunita, di solidarieta), un vuoto che la Chiesa vaticana, impegnata in una istituzionalizzazione formale, sta producendo in America Latina. Migliaia di grandi martiri e santi — molti dei quali anonimi in quanto appartenenti al popolo di Dio, e molti con un volto e un nome per i! ruolo di rilievo che hanno avuto, come mons. Enrique Angelelli, Rutilio Grande, mons. Oscar Romero 0 Ignacio Ellacuria, filosofo e teologo della liberazione —, caratterizzano con il loro sangue questo periodo della storia della Chiesa latinoamericana, che, per il tanto sangue versato dal popolo e dai suoi profeti, é forse il periodo pit glorioso del suo lungo percorso di 500 anni di resistenza e liberazione.
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9. Conclusione (del periodo 1972-1992)
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parte seconda
STORIA REGIONALE DELLA CHIESA
LA
CHIESA IN BRASILE
10.
Eduardo Hoornaert
1. La terra, i fiumi e le montagne Quando, nel 1500, i primi portoghesi sbarcarono sulle spiagge dell’Atlantico meridionale non immaginavano Pimmensita delle terre che con il tempo sarebbero diventate le loro due colonie sudamericane, il Maranhdo e il Brasile. Solo nel 1822, con l’indipendenza, le due colonie avrebbero formato il Brasile come é oggi. Il Maranhao comprendeva la rete fluviale amazzonica formata attorno al fiume pitt grande del mondo, il rio delle Amazzoni, di 6.577 km di lunghezza. Questa rete occupa il 56% della superficie del Brasile attuale. Il Brasile a sua volta comprendeva a quell’epoca tre reti fluviali con le terre adiacenti, cioé gran parte del bacino de La Plata composto dai sistemi fluviali Parana di 4.000 km di lunghezza, Paraguay di 2.000 km e Uruguay; il bacino del rio Sao Francisco che comprende gran parte degli odierni stati di Minas Gerais e Bahia e che durante il periodo coloniale fu l’area dove si formo la nazionalita «sertaneja» (distinta da quella litoranea), e infine diversi bacini fluviali meno importanti, ma sempre formati da fiumi di oltre 1.000 km di lunghezza, come il Mearim e I’Itapicuru nel Maranhao, il Parnaiba nel Piaui, il Jaguaribe nel Ceara, il Jequitinhonha nel Minas Gerais e il Paraiba nello Stato di Rio de Janeiro. Tutti questi fiumi, quali importanti vie di comunicazione, consentirono agli invasori portoghesi di penetrare nell’interno (il sertao). La rivalita tra Portogallo e Spagna per il possesso del bacino de La Plata non cessd prima del 1750, quando, con il trattato di Madrid, fu deciso che il Portogallo avrebbe mantenuto il bacino amazzonico e la Spagna quello de La Plata. Venne cosi fissata la sorte delle due grandi vie d’accesso atlantiche al continente sudamericano. Ma c’erano altre porte di ac-
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Eduardo Hoornaert
cesso di minore importanza geo-politica ma non meno rilevanti per capire la storia del paese e quindi del cristianesimo nel paese. Con i suoi 5.864 km di spiagge (9.198 km se considerate dettagliatamente in tutte le loro rientranze) il Brasile litoraneo presenta in genere coste basse e scarsamente frastagliate. Esistono tuttavia alcune rientranze importanti che svolgono un ruolo di rilievo nella storia; sono il «golfo» amazzonico di 974 km, quello del Maranhao di 237 km, la baia di Todos os Santos dove sorse la citta di Salvador, che fu la capitale nei primi due secoli, e la baia di Guanabara dove sorse e si sviluppd la citta di Rio de Janeiro. Olinda e Recife non sorsero in un golfo o in una baia, ma al riparo delle barriere frangiflutto che proteggevano le imbarcazioni dalla violenza delle onde. Con questa descrizione abbiamo gia elencato i principali punti logistici dell’insediamento degli invasori portoghesi lungo |’Atlantico meridionale: Belém do Parad, Sao Luis de Maranhao, Olinda e Recife, Salvador da Bahia, Rio de Janeiro. Il Brasile non possiede catene montuose alte che si snodano lungo il suo territorio, il suo rilievo ¢ modesto e il 90% del suo territorio si trova al di sotto dei 900 m. sul livello del mare. Tuttavia, i portoghesi non osavano penetrare nell’interno
se non spinti da impellente necessita. Preferirono rimanere
aggrappati come granchi a una fascia costiera di circa 3.000 km, dove organizzarono la produzione della canna da zucchero, la risorsa principale fino al secolo XIX.
2. La complessita etnologica Altra sorpresa: i portoghesi certamente non si resero conto, per tutto il periodo della loro dominazione in Brasile (15001822), della complessita etnologica di quel paese. Non sospettarono mai che il Brasile fosse uno dei paesi pit. complessi del mondo quanto a cultura umana, con circa 1.400 popoli diversi appartenenti a 40 famiglie linguistiche; di esse, solo due ceppi linguistici, il tupi e il Macro-Jé, vennero in qualche modo studiati. Ma esistevano altre famiglie linguistiche come ]’Aruak, il Karib, il Tukano, oltre ad altre lingue isolate e scomparse, come il Kariri. La mappa storico-etnologica elaborata da Curt Nimuendaju nel 1944 ci riveld questa complessita, che non figura in alcun testo portoghese se non in forma molto larvata. I portoghesi abbracciavano tutta questa realta con l’espressione molto vaga di indio. «In Brasile non c’é niente, solo indios». Questo indio, nella mente dei colonizzatori, era un essere generico e stereotipo, un selvaggio e un pagano o infedele, che doveva essere civilizzato ed evangelizzato.
La Chiesa in Brasile
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In realta, il cosiddetto mondo indigeno lancia ancora oggi una sfida alla civilta cristiana, perché si dimostra fondato sul principio dell’armonia, dell’integrazione nella natura e non sul principio «missionario» della trasformazione della natura e della societa. Una sfida che non é stata ancora presa sul serio. Per incapacita o cattiva volonta i colonizzatori e i loro discendenti non impararono assolutamente |’arte di comunicare con le culture che incontrarono sul posto. L’atteggiamento era quello di distruggere e di ridurre al progetto europeo di colonizzazione. Non mancarono segni di vitalita e di resistenza da parte dei popoli soggiogati, come dimostrano le guerre e le guerriglie che esplosero in ogni parte del territorio: la confederazione dei Tamoios nel secolo XVI, la resistenza Aimoré fino al secolo XIX (nell’attuale Stato di Espirito Santo), la resistenza dei villaggi cristiani, governati dai gesuiti, contro i «bandeirantes» nel secolo XVII, la guerra guaranitica degli anni 1750 (con Sepé Tiaraju), la confederazione dell’Acu nella seconda meta del secolo XVII (con Caninde), la rivolta di Manu Ladino negli anni 1710-1720 nel Piaui e nel Ceara, la guerra dei Manao (1724-1727), le guerriglie dei Mura nel rio Madeira, durate circa un secolo, tra il 1740 e il 1840, la Cabanagem nel Para (la pit. grande rivoluzione popolare della storia del Brasile), tra il 1835 e il 1845. Oltre a questi conflitti armati, i cosiddetti indios seppero mantenere viva la guerra culturale, tramite la resistenza della loro cultura che con |’andar del tempo é stata ereditata dai meticci e dai contadini in generale. 3. Gli africani in Brasile Il primo progetto economico concepito dai nuovi detentori del potere in Brasile era quello della produzione della canna da zucchero per il mercato internazionale. Occorreva quindi manodopera abbondante per gli engenhos (piantagioni e zuccherifici) e si pensd quindi di incrementare il traffico degli schiavi dall’Africa, gia sfruttato in forma modesta per servizi domestici nella penisola iberica. Dal 1500 al 1850 venne organizzato un intenso traffico negriero tra le coste brasiliane (le citta mercato degli schiavi erano soprattutto quattro: Sdo Luis, Olinda e Recife, Salvador e Rio de Janeiro) e le coste dell’ Africa Occidentale e del Mozambico. Forse furono circa 3.600.000 gli africani inviati ufficialmente dall’Africa in Brasile, senza contare il contrabbando, che fu particolarmente attivo nel sec. XIX. Questo movimento di importazione di manodopera africana introdusse definitivamente |’Africa nella sfera principale
370
Eduardo Hoornaert
della realta brasiliana. Non si pud capire guardare all’orizzonte africano, da dove ci ispirazione, oltre a una manodopera senza la rebbe fatto niente in questo paese. I! gesuita nel Settecento,
affermava:
il Brasile senza é venuta vita e quale non si saAntonio Vieira,
«II Brasile é lo zucchero
e lo zuc-
chero é il nero», e «il Brasile ha il corpo in America e l’anima in Africa». Con l’importazione di manodopera nera venne stabilito definitivamente il triangolo Europa-America-Africa come schema per comprendere il Brasile: Europa =
—fucili, tessuti, aicool
zucchero —*, Brasile =~
lucro
manodopera
Africa
Chi prevale in questo «ingranaggio» é l’Europa, unica destinataria dei profitti che rendono possibili investimenti in manodopera e infrastrutture per la creazione di nuove imprese destinate al mercato internazionale. Ben presto gli africani reagirono contro le condizioni di vita alle quali erano sottoposti in Brasile, sia politicamente, organizzando comunita di fuggiaschi dette Quilombos, il pit famoso dei quali fu il Quilombo di Palmares (1570-1665), sia culturalmente, conservando la memoria culturale dell’Africa in esilio, come nel Candomblé e in altri cosiddetti «culti afro-brasiliani». Guerra politica e culturale, oltre a una non sottovalutabile guerra di nervi. 4. Come
essere cristiani in Brasile
Una storia del cristianesimo in Brasile non puod evitare il confronto con queste due realta fondamentali: il mondo indigeno e il mondo africano. Come ha reagito il cristianesimo partendo dai suoi principi di base? Per rispondere a questo interrogativo, dobbiamo analizzare, da una parte, i processi fondamentali attraverso i quali gli indigeni e gli africani vennero inseriti nel progetto coloniale europeo e dall’altra, tentare di definire cid che intendiamo per «essere cristiani», cioé il modo di essere cristiani. Quanto al secondo punto, quello della definizione del «modo di essere cristiani» sfortunatamente fino ad oggi, dopo duemila anni, i cristiani non sono ancora riusciti a elaborare una «teoria del cristianesimo» una-
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La Chiesa in Brasile
371
nimemente accettata. Forse é addirittura impossibile, dato il carattere specifico del movimento iniziato da Gest e dai suoi apostoli. Molti evitano questo problema identificando semplicemente cristianesimo e cultura occidentale. Cosi fecero i cronisti del Brasile, dal sec. XVI in poi: cristiani sono gli europei, pagani sono gli indigeni e gli africani. Cosi le cose sono apparentemente risolte: cristianizzazione equivale a occidentalizzazione e civilizzazione. La diffusione del cattolicesimo nel secolo XVI coincide semplicemente con la diffusione del cristianesimo e del vangelo. Noi non dobbiamo cadere in questa confusione, ma d’altra parte i cristiani cominciano a non capirsi piu proprio quando cercano di trovare una definizione concreta di cosa significhi «essere cristiani». Forse essere cristiani significa seguire Gest che disse con tanta insistenza che «non si pud servire contemporaneamente a due padroni, a Dio e al Denaro»? Oppure, «essere cristiani» comporta fare una opzione effettiva per gli emarginati e i poveri? Di fronte a questa mancanza di una «teoria» accettata da tutti preferiamo seguire i dettami della teologia della liberazione che ha il merito di essere esplicita: essere cristiani significa fare una opzione per gli emarginati della storia e per gli esclusi della societa, non per semplice misericordia, ma per la convinzione che i poveri sono gli eletti di Dio per operare la trasformazione della societa umana nel suo insieme!.
5. Il cristianesimo degli «aldeamentos» Durante i primi due secoli di colonizzazione (prima del 1750), ma in alcune regioni anche negli ultimi decenni del secolo XIX e addirittura nel secolo XX, tramite il Servizio di Protezione dell’Indio (Spi) o la Fondazione Nazionale dell’Indio (FUNAD), il colonialismo portoghese, e pit tardi quello brasiliano, adottarono un metodo specifico di controllo delle popolazioni indigene, detto «aldeamento» (da «aldeia», villaggio) o anche missione («dottrina» nell’ America spagnola). Il nome secolarizzato di oggi é «posto indigeno». Numerose citta brasiliane sono nate da una «missione» o «aldeamento» o «riduzione», come Braganca o Santarém nel Para, Baturité, Crato, Vicosa, Campina Grande nel nordest, Niteréi e Guarulhos nel sudest, Guarapuava al sud, per fare
1 J. Comblin, «Os pobres como sujeito da Histéria», in: Revista de In-
terpretacao
1989, 36-48.
Biblica
Latino-Americana
(RIBLA),
Vozes,
Petrépolis,
3,
372
Eduardo Hoornaert
solo alcuni esempi. Possiamo anche affermare che quello degli aldeamentos, ideato originariamente da gesuiti, francescani, carmelitani, cappuccini, oratoriani e pit tardi dai salesiani fu il metodo per mezzo del quale la popolazione brasiliana di origine indigena in generale fu evangelizzata. E quindi importante un’analisi del fenomeno dell’aldeamento in una visione globale della storia del cristianesimo in questa nazione. L’aldeamento pud essere definito come un processo di formazione della popolazione, un sistema di produzione di «gente nuova», senza memoria del passato 0 con una memoria «negativa», cioé di rifiuto del passato. Si trattava fondamentalmente di «convertire» l’indio specifico — abbiamo gia parlato dei 1.400 popoli che vivevano nel territorio che oggi é brasiliano, prima del 1500 — in indio generico detto caboclo, tapuio, caipira o semplicemente cabra, con tutta la carica di rifiuto espressa da quei termini. I portoghesi, dovunque colonizzavano, usavano questo metodo dell’aldeamento missionario, tanta era la fiducia che riponevano in esso. In realta si trattava di campi di concentramento di indios presi manu militari, provenienti da popoli diversi, meglio se con difficolta di comunicazione tra loro; ivi subivano un processo di spogliamento della loro cultura, della loro lingua e dei loro costumi e di sommario apprendistato di una nuova religione, di una nuova morale e di una nuova lingua. L’aldeamento funzionava né pill né meno come un mulino culturale che triturava e diluiva la peculiarita della cultura ancestrale, preparando cosi una massa uniforme e culturalmente depauperata, pronta per essere immessa nel mercato del lavoro offerto dal sistema capitalista. Alcuni lo equiparano a un brutale processo di sradicamento attraverso il quale la persona perde la memoria delle sue radici culturali, la propria identita e la capacita di formulare progetti propri per il futuro. Questo lo schema teorico dell’aldeamento:
lingua: relig.: norme:
indio tribale
indio dell’aldeamento
particolare
generale (tupi, nheengatu) generica (es. Tupa)
particolare (es.Jurupari)
particolari generiche e (es.educazione) | impoverite
indio generico (meticcio) portoghese cattolica (Dio dei portoghesi) occidentalizzate
La Chiesa in Brasile
373
La lingua tradizionale e specifica di ogni comunita indigena nell’aldeamento viene sostituita dalla lingua tupi, che non é il tupi parlato originariamente da numerosi popoli del Brasile, ma una lingua artificiale creata dai missionari, soprattutto dai gesuiti, per riuscire a comunicare in Brasile, una specie di «lingua franca» o «lingua generale» che scomparve poco dopo il 1750, quando il governo portoghese comincid a imporre sistematicamente la lingua portoghese in tutto il Brasile. La religione specifica, che per esempio usava il termine Jurupari per identificare il mondo indigeno nei confronti di quello europeo, venne sostituita da una nuova religione, che non era ancora il cattolicesimo ma usava nomi come Tupé (il tuono) per presentare un dio terribile in grado di incutere «timore agli indios» (l’espressione é di de Noébrega). Questa religione intermediaria consta di una catechesi ripetitiva e infantile — che ha ancora qualche eco nella catechesi parrocchiale — consistente nella ripetizione meccanica di domande e risposte che dovevano essere imparate a memoria dietro minaccia di castigo e di tortura. Le norme che reggevano la societa indigena — per esempio nel campo dell’istruzione — vengono sostituite da altre norme di comportamento impoverite. I missionari sottraevano i bambini ai loro genitori per iniziarli ai
comportamenti del mondo occidentale e coloniale.
Tra queste contraddizioni, tuttavia, indichiamo due elementi di cristianizzazione propriamente detta, presenti nell’esperienza missionaria degli aldeamentos. La prima riguarda la sostituzione della «religione originaria»? del mondo indigeno con la tradizione biblica. L’impatto fu violento e non vogliamo giustificare il modo con cui venne realizzato. Il nocciolo della questione é costituito dall’unicita della tradizione biblica che i missionari portoghesi portarono in Brasile. Per quanto incredibile possa apparire a prima vista, gli indios erano pit religiosi dei missionari, che ebbero un impatto secolarizzante sugli usi e sui costumi delle societa brasiliane ancestrali, avendo «smitizzato» importanti settori della vita umana, come il settore politico, quello sociale e, fino ad un certo punto, quello morale. Il Dio dei missionari era diverso dal «dio» degli indigeni, nel senso che Egli era allo stesso tempo assolutamente trascendente, invisibile e coinvolto nelle faccende umane, pit rispettoso della storia e della liberta. Il
2M. Gauchet, Le Désenchantement du Monde (Une Histoire Politique de la Religion), Gallimard, Paris 1985.
374
Eduardo Hoornaert
Dio dei missionari non si presentava ad ogni istante nello scenario degli avvenimenti con miraggi e apparizioni, sogni e presagi. Era un Dio pit discreto, apparentemente pit lontano, ma nello stesso tempo pil esigente, perché fondatore di una nuova etica di impegno nei confronti del «prossimo», o «dell’altro». Le religioni indigene, in tutta la loro complessita, rappresentavano la dipendenza totale e incondizionata del divenire umano di fronte al mondo sacro, come dimostrd M. Gauchet}. La religione indigena presa in senso filosofico era il principio stesso della permanenza e dell’immobilismo. In fondo, non accadeva niente di nuovo, tutto era ripetizione attraverso i cicli della natura nella quale l’uomo era inserito. In questa continuita non esisteva spazio per il cambiamento. I missionari infransero violentemente questo involucro di immobilismo e aprirono a quelle culture la prospettiva del cambiamento e della trasformazione. Ripetiamo che questo avvenne nell’ambito deile contraddizioni insite nell’imposizione del sistema coloniale capitalista che non potra mai essere giustificata. Ma le due cose non si equivalgono. Ci fu evangelizzazione in Brasile nella misura in cui la prospettiva biblica dell’esodo, della liberazione, del cammino e della trasformazione, della conversione e del cambiamento sostitui l’antica prospettiva della totale dipendenza di fronte ai cicli della natura, dell’immobilismo, della permanenza e dei riti dell’ «eterno ritorno» (Mircea Eliade). Un secondo elemento propriamente cristiano presente nelVesperienza degli aldeamentos missionari consisteva nella scelta di condividere la sorte degli indios, in quanto oppressi ed emarginati, che si delined a poco a poco nell’orizzonte dellazione missionaria. La lettura delle lettere e di altri documenti che i missionari — soprattutto i gesuiti — inviarono ai loro superiori in Europa ci consente di seguire questa evoluzione dell’orientamento e della prassi. I] nuovo orientamento é pit: evidente negli aldeamentos del sud del Brasile (odierni Stati di Santa Catarina e di Rio Grande do Sul), dove nel 1628 due missionari gesuiti preferirono rimanere prigionieri con gli indigeni ed essere obbligati a camminare per giorni e giorni verso il luogo di prigionia in Sdo Paulo, in occasione dell’attacco del bandeirante Raposo Tavares contro gli aldeamentos del Guaird. E nota la posizione assunta dai gesuiti
3 Ibidem.
ae Te
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nella guerra guaranitica del 1750, conosciuta attraverso il film Mission. Ma non si tratta di un caso isolato; in tutto il Brasile, e specialmente nella regione amazzonica, con |’andar del tempo i missionari si resero conto che la loro opzione per la vita degli indios implicava la militarizzazione degli stessi perché fossero in grado di difendersi dagli attacchi dei bandeirantes e di altri emissari del potere coloniale*. Fu questo atteggiamento dei missionari gesuiti a favore degli indios che condiziond le scelte del Marchese di Pombal, ministro plenipotenziario di dom José I, re del Portogallo, che nel 1759 decretd l’espulsione dei gesuiti da tutti gli aldeamentos del Maranhao e del Brasile.
6. Il cristianesimo delle piantagioni di canna da zucchero Per lo sviluppo del cristianesimo brasiliano, pit importante degli aldeamentos fu il mondo delle piantagioni di canna da zucchero. Come abbiamo gia detto, infatti, fino al secolo XIX il Brasile era lo zucchero e lo zucchero significava la casa grande, la senzala (il gruppo di baracche destinate ai negri) e la cappella, secondo la felice espressione di Gilberto Freyre’. Il tipo di cristianesimo vissuto nelle piantagioni di canna da zucchero per oltre tre secoli — in certe regioni fino ad oggi — si diffuse in tutto il Brasile per il semplice fatto che nei primi tre secoli la popolazione della colonia si era concentrata nella stretta fascia costiera delle piantagioni, da dove si estese nelle altre regioni del Brasile. Solo il Brasile meridionale, formato da immigrati europei fin dai primi decenni del secolo scorso, sfuggi ai condizionamenti di quel cristianesimo nato dalla convivenza tra padroni e schiavi nelle piantagioni di
canna.
Lo schiavo africano entrava in quel mondo senza cerimonie, eccetto quella della bastonatura che Manuel Ribeiro da Rocha, sacerdote baiano del sec. XVIII, defini ironicamente «teologica», perché si trattava di mostrare esemplarmente allo schiavo appena arrivato a quale «Dio» doveva obbedire da allora in poi®. Non c’erano catechismi e vocabolari per inse4B. Preziae E. Hoornaert, Esta Terra tinha Dono, Ed. FTD, Sao Paulo 1989, pp. 92-93. 5G. Freyre, Casa Grande e Senzala, Buenos Aires 1943. 6 M. Rocha Ribeiro da, Ethiope Resgatado, Lisboa 1758. Questo importante testo di un brasiliano, abolizionista ante litteram non fu mai ristampato in Brasile.
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gnargli i rudimenti della nuova fede vissuta in Brasile e nel primo giorno del suo arrivo si univa alla «Nhé6nhd» (moglie del padrone della piantagione), alle schiave di casa e agli altri schiavi per seguire la preghiera di fronte all’oratorio domestico della casa grande. Possiamo dire che veniva cristianizzato non attraverso la catechesi ma per «immersione culturale» nel mondo devozionale della piantagione. Il padrone della piantagione era il signore assoluto del «microcosmo» a lui affidato, delle terre, delle macchine, degli animali, degli uomini e delle donne e soprattutto della manodopera portata dall’Africa che rappresentava il maggior investimento finanziario della piantagione. Ii risultato della lunga convivenza tra Africa ed Europa unite nel mondo dei padroni e dei servi, dei bianchi e dei neri, dei liberi e degli schiavi, fu il cristianesimo europeizzato ma anche africanizzato, in qualche modo meticcio, molto lontano dal modello vissuto in Europa e che impressiond i viaggiatori americani, inglesi, tedeschi od olandesi che si recarono in Brasile nel sec. XIX, un cristianesimo di «molta preghiera, pochi preti molti santi, pochi sacramenti, molta festa poca penitenza, molte promesse poche messe»’. Il cristianesimo delle piantagioni si discostava molto dal modello parrocchiale classico venuto dall’Europa. Lo comprendiamo leggendo un testo di Antonil, il gesuita che nel 1711 pubblico il noto libro diventato un classico della letteratura storica brasiliana. Cultura e Opulencia do Brasil por suas drogas e minas®, nel quale descrive la funzione del sacerdote in una piantagione di canna da zucchero: dire messa nella cappella della piantagione e insegnare «la dottrina cristiana», «ascoltare le confessioni degli abitanti», dirimere le discordie che eventualmente sorgono in quel piccolo mondo della piantagione, onorare Dio e la Vergine «cantando nei sabati le litanie e il rosario», abitare fuori della casa del padrone, benedire la piantagione, insegnare ai figli del padrone, fare in modo che «tutti rendano grazie a Dio nella cappella al
7 Espressioni usate comunemente per qualificare la cosiddetta «religiosita popolare» ® Antonil, Cultura e Opuléncia do Brasil por suas Drogas e Minas, ed. Melhoramentos, Sao Paulo 1928.
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termine del raccolto». Il prete in realta é al servizio della piantagione e non di una parrocchia facente parte di una diocesi. Siamo di fronte a un cristianesimo autonomo, senza legami con l’episcopato e tantomeno con Roma, senza interferenze se non la visita sporadica di missionari itineranti che fanno la «missione»?, Non solo: é un cristianesimo alla rovescia. Le «Prime Costituzioni dell’ Arcivescovado di Bahia», del 1707, primo tentativo di inquadrare il cristianesimo delle piantagioni nell’ambito della legge canonica, recitano: «Come i signori sono obbligati... a insegnare o a far insegnare la dottrina cristiana ai... servi e agli schiavi» (Libro Primo, Titolo secondo). I padroni devono «evangelizzare» gli schiavi. Ma che «buona notizia» possono annunciare loro? L’unica vera buona notizia predicata agli schiavi sarebbe quella della liberazione dal potere del padrone e certamente egli non avrebbe predicato cid che avrebbe comportato la rovina della sua impresa. Siamo quindi di fronte a una situazione assurda, se considerata partendo da un punto di vista specificamente cristiano. Se cristianesimo significa opzione per i poveri e gli oppressi, per coloro che soffrono e sono privati della liberta pit elementare, allora il cristianesimo delle piantagioni é un controsenso. Fu quanto scoprirono i gesuiti, ancora loro, appena sbarcati a Salvador da Bahia nel 1549. La Compagnia di Gesu era molto giovane e i sette missionari che avevano accompagnato Nobrega erano i primi partiti dall’Europa per una missione straniera. Essi dimostrarono un’eccellente sensibilita cristiana di fronte alla situazione che trovarono nel Brasile schiavista e individuarono ben presto il male di fondo deil’esperienza in atto, cioé il rapporto tra signore e schiavo. Tra il 1550 e il 1580 discussero a fondo tra loro sull’argomento fino ad arrivare alla conclusione di attuare uno «sciopero dei confessionali», rifiutando l’assoluzione sacramentale a coloro che avessero dichiarato in confessione di avere schiavi al loro servizio'®. Lo sciopero fu organizzato contro il clero secolare e il vescovo che era dalla parte dei proprietari di terre e di schiavi. Sorgeva cosi il primo grande conflitto etico della storia del Brasile: é possibile essere cristiani e nello stesso tempo
9 Ibidem, p. 101.
10 Abbiamo discusso l’importanza di questo episodio nella Historia da
Igreja no Brasil: Primeira Epoca, Vozes, Petrdépolis 1977, pp. 53, 59 e 308. Cfr. anche S. Leite, Histdria da Companhia de Jesus no Brasil, Rio de Janeiro, vol. II, pp. 227 e 229.
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padroni di schiavi? Il padrone della piantagione pud dirsi «cristiano»? La situazione divenne insostenibile perché la dialettica gesuitica arrivd a mettere in discussione la legittimita del progetto Brasile («senza schiavi non esiste Brasile») e il primo visitatore che la Compagnia di Gest. mando dail’Europa cercd di risolvere l’impasse ottenendo che i «capi» del «movimento», i gesuiti Goncalo Leite e Miguel Garcia, venissero rimpatriati"!. 7. Il cristianesimo devozionale Nel paragrafo precedente abbiamo accennato al problema del cristianesimo delle devozioni. Abbiamo detto che |’africano venne evangelizzato attraverso la devozione e non attraverso la missione propriamente detta. Cosa significa questo? La vita delle devozioni, delle promesse ai santi, delle novene e altre preghiere, delle processioni e dei pellegrinaggi, é in grado di evangelizzare? Questa religiosita popolare ha valore evangelico? Per molti no, perché considerano la religione del popolo come pura negativita (superstizione, ignoranza religiosa, ritardo culturale, fanatismo). Vogliamo affrontare la questione dal punto di vista storico, partendo dall’analisi di un libro che nel secolo XVIII fu un bestseller in Minas Gerais; ebbe cinque edizioni (portoghesi) tra il 1728 e il 1765, cioé durante il suo periodo d’oro, e perdette popolarita solo alla fine del secolo XIX di fronte al successo dei romanzi e delle poesie romantiche. E il Compéndio narrativo do Peregrino da América, che descrive i viaggi di un devoto attraverso Minas Gerais. Nel Peregrino da América’, il cammino verso la santita non passa attraverso i sacramenti, ma attraverso la devozione ai santi e l’osservanza dei comandamenti. E un cristianesimo senza mediazione sacerdotale specifica, pit, ancora un cristianesimo che cerca di evitare le persone di chiesa. Il Peregrino dice testualmente: «Evitino, quando possono, di trattare o essere in familiarita con persone ecclesiastiche perché, benché siano paragonate agli angeli, molte volte é accaduto che attraverso il cammino della virti: sono entrati nella strada della cattiveria. E sufficiente rispettarli da lontano, perché anche la devozione verso gli angeli e i santi del cielo si fa da questa terra. Si contentino 4 Thidem. 12 N. Marques Pereira, Compéndio Narrativo do Peregrino da Améri-
ca, Academia Bras. de Letras, Rio de Janeiro 1939, vol. I, p. 15.
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di ascoltarli e vederli sugli altari, sui pulpiti e nei confessionali, che sono i luoghi dove i sacerdoti rappresentano Cristo. Bada che il demonio é come il ladro: questo ruba per le strade, quello quando se ne presenta |’occasione». Sembra di ascoltare le imprecazioni di Gest contro i sacerdoti in Mt 25, o le ammonizioni di san Francesco nel suo Testamento. Da dove deriva questa tradizione di un cristianesimo autonomo, devoto e diffidente nei confronti del clero? Come si form questa via alla santificazione che non passava attraverso i sacramenti ufficiali della Chiesa se non in forma periferica e occasionale e che guardava ai sacerdoti da lontano e con una certa diffidenza? Dobbiamo ritornare all’Europa del secolo XIV per trovare le radici di cid che stava accadendo in Minas Gerais nel secolo XVIII ed é ancora vivo tra noi. Intorno al 1370, infatti, comincid a formarsi nelle Fiandre un movimento — chiamato pit’ tardi Devotio moderna — che si diffuse rapidamente in tutta l’Europa cristiana, compreso il Portogallo, e che rappresentd una riformulazione delle norme della devozione alVinterno del cristianesimo. Fino ad allora la santita era riservata a coloro che vivevano nei conventi, separati dal «popolo comune». Solo loro erano tenuti a praticare la «perfezione cristiana» attraverso i voti di castita, poverta e obbedienza. La gente comune, invece, viveva seguendo le leggi dell’imperfezione, attraverso il matrimonio, la ricerca della ricchezza o almeno dei mezzi per vivere e senza consegnare la propria volonta nelle mani di un «superiore». La Devotio moderna venne a infrangere questa chiusura forzata della santita nei conventi, questa riserva clericale della perfezione cristiana, proclamando che tutti erano chiamati alla santita, indiscriminatamente, laici ed ecclesiastici, sposati e celibi, gerarchia e popolo fedele. Tutti erano uguali davanti a Dio. In pochi anni la Devotio conquistd il popolo cristiano dell’Europa, senza alcun appoggio ufficiale e nel 1430 produsse gia un piccolo libro che a tutt’oggi é il testo pit letto dai cristiani, dopo la Bibbia; si tratta dell’Jmitazione di Cristo. Di questo piccolo testo si conoscono tremila edizioni, settecento manoscritti, e traduzioni in 95 lingue. Oggi I’ Imitazione viene criticata per la sua spiritualita a-sociale, ma dobbiamo situare questo testo nella sua epoca per scoprirne tutta la grandezza; é un testo che si rivolge a tutti i cristiani senza discriminazioni gerarchiche; vale sia per il papa che per I’ultimo dei fedeli che 13 Ibidem, p. 292.
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non fa niente di straordinario se non cercare di seguire Cristo nella quotidianita della sua vita «comune». Con I’Imitazione la santita lascia i conventi e si mescola al popolo della strada. Si tratta di una critica radicale alla struttura gerarchica della Chiesa, poiché proclama che anche coloro che non hanno una buona formazione monastica 0 teologica possono diventare perfetti nella vita cristiana. E una critica anche del sistema sacramentale che porta alla separazione tra il clero e il laicato e alla supremazia del clero sul corpo sociale cristiano. Attraverso il Portogallo, l’Imitazione penetrd in Brasile, soprattutto in Minas Gerais, all’epoca dell’oro (1700-1750), e si diffuse ovunque, soprattutto attraverso i beatos (devoti e devote che guidavano le devozioni popolari). Ma non solo: sappiamo che Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesu, fu influenzato dalla Devotio e nella corrispondenza" dei primi gesuiti dal Brasile scorgiamo una base di vena devozionale. Nella devozione al Crocifisso, nella invocazione frequente di «Gest Cristo dolcissimo», nel rifiutare il clero che indossa l’abito di san Pietro (clero secolare), che «non edifica il popolo», ma «assolve ingiuste schiavitt (di indios) e da comunioni sacrileghe» o anche «assolve i concubini e si lascia comprare per quattro misure (di zucchero)», affiorano accenti tipicamente devozionali (nel senso tecnico della Devotio moderna) di stampo gesuitico. E non erano devoti solo i gesuiti. I documenti dell’epoca coloniale ci parlano di sacerdoti che baciano le immagini dei santi che i devoti portano con sé, o di sacerdoti iscritti come «confratelli» nelle confraternite e che indossano l’abito del terz’ordine di san Francesco o del Carmelo. Questo cristianesimo devozionale cred il clima religioso tipico del Brasile coloniale e «assorbi», per cosi dire, le culture che erano venute da fuori o dalla tradizione indigena. Abbiamo gia detto come furono evangelizzati gli africani, cioé per immersione culturale, prima ancora di giungere a una pianificazione specifica (catechesi, sermoni, dottrina, corsi). I documenti ufficiali relegano questo cristianesimo alla periferia delle loro riflessioni, classificandolo come «religiosita popolare». Questa politica corrispondeva a quella seguita in Europa nei confronti della Devotio moderna. Poiché l’influsso della Devotio si dimostrava corrosivo nei confronti della struttura gerarchica della Chiesa, le autorita ecclesiastiche la 14S. Leite, Monumenta Brasiliae, 1, Roma 1956, pp. 114, 115, 372, 420,
421; ell, pp. 166, 167, 257, 421.
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considerarono sempre con sospetto, aspettando il momento opportuno per capovolgere la situazione, dal momento che le ripercussioni della Devotio si avvertivano in tutta !’Europa. La svolta venne con la comparsa del protestantesimo nel secolo XVI — influenzato anch’esso dalla Devotio, come si vede chiaramente negli scritti di Lutero — che paradossalmente offri alla gerarchia l’occasione per rafforzare il progetto clericale attraverso il concilio di Trento. In Brasile, l’armonia tra sacerdoti e devoti, gerarchia e popolo attraverso la devozione, sopravvisse fino alla romanizzazione della seconda meta del secolo XIX. Con la moltiplicazione dei seminari e l’imposizione del modello romano nella formazione clericale si formd un tipo di sacerdote che non era piu in grado di entrare in dialogo con il mondo dei devoti. Al riguardo sono significative le vicende di p. Cicero, a Juazeiro do Ceara'. Si spezza cosi un anello vitale tra societa politica e societa civile in Brasile, un paese cosi povero di mezzi di comunicazione e di articolazione sociale. 8. La romanizzazione
Nel 1808 i porti marittimi brasiliani vennero aperti alle navi non portoghesi. Con l’ingresso di navi francesi, inglesi, nordamericane, tedesche e di altre nazioni nei porti di Rio de Janeiro, Santos, Salvador, Recife e Belém inizid una nuova epoca per il Brasile e per il cattolicesimo brasiliano. Esso cess0 di essere unicamente lusitano e subi gli influssi della romanizzazione e non fu pili nemmeno l’unica religione, dal momento che con i primi viaggiatori stranieri arrivd anche il protestantesimo. Il Brasile comincid a intravedere un mondo piu vasto di quello strettamente portoghese e cattolico. Prese il via una nuova conquista coloniale, apparentemente pacifica e liberale, la «conquista borghese» del Brasile. In base alle leggi dell’internazionalizzazione del colonialismo il Brasile entrd a far parte del mondo coloniale inglese. Per tutto il secolo XIX, fummo (noi brasiliani) praticamente una colonia inglese, pur mantenendo la lingua portoghese e la religione cattolica. Non siamo mai stati colonizzati come nel secolo XIX, che creo gli strumenti della virtuale eliminazione degli indios (Legge della Terra del 1850) e intensificd il traffi15 P. Cicero entra in conflitto con la gerarchia proprio perché si appog-
gia alla forza sociale dei beati e beate. Cfr. Cavalcanti Barros, O. Luitgarde, A Terra da Mae de Deus, Francisco Alves, Rio de Janeiro 1988.
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co negriero. La legge aurea del 1888, abolendo la schiavitu, non fece che emarginare il numeroso contingente nero del paese. Nel secolo XIX, la Chiesa del Brasile cessd di essere governata dalla Mesa de Consciéncia e Ordens, che aveva sede a Lisbona, per entrare nell’orbita del Vaticano di Roma. Questa romanizzazione fu consacrata nel «Concilio plenario» dei vescovi di tutta l’America Latina, tenutosi a Roma nel 1899, sotto il pontificato di Leone XIII. I decreti di quel concilio costituiscono la Magna Carta della romanizzazione di tutta l’America Latina. L’orientamento di quei decreti non ha niente a che vedere con la storia del cristianesimo in questo continente, ma deriva fondamentalmente dal concilio ecumenico di Trento, tenutosi nel secolo XVI, ma fino ad allora poco seguito in America Latina e soprattutto in Brasile. L’idea di base era la clericalizzazione della vita ecclesiale. Ma in Brasile, alla fine del secolo scorso, la forza della religione cattolica risiedeva nelle confraternite, almeno negli agglomerati urbani. Nelle campagne, invece, come abbiamo detto, regnava un cristianesimo devozionale guidato da beatos e beatas e che per lo pitt faceva a meno della presenza del sacerdote. La nuova clericalizzazione cred quindi un campo di conflitti, sia tra il clero e le confraternite, sia tra il clero e i beatos e il cosiddetto «fanatismo religioso». Il conflitto religioso che scoppid tra il vescovo di Pernambuco, dom Vital, e le confraternite di Recife (1875) é un esempio dei contrasti con le comunita laiche urbane, mentre il caso tragico della guerra contro Canudos (1896-1897) esemplifica l’incompatibilita tra la gerar‘ chia e il mondo dei devoti. Altro caso famoso é quello di p. Cicero, a Juazeiro, a cui abbiamo gia accennato. L’accentuata clericalizzazione della vita ecclesiale in Brasile non era in linea con quanto era venuto sviluppandosi tra noi nei tre secoli precedenti. Il principio pid comunitario delle confraternite e dei beatos e beatas aveva trovato un modus vivendi con il principio pill gerarchico sostenuto dal clero. C’era comprensione vicendevole e relativa autonomia dei movimenti religiosi sorti tra il popolo. Con la romanizzazione, invece, tutta la vita ecclesiale doveva dipendere dall’autorita clericale che era localizzata nell’area della societa politica (area del potere). Dietro il conflitto della romanizzazione si delineava la discussione sul modo migliore di inserire |’esperienza cristiana in una societa come quella brasiliana, o attraverso l’alleanza con il potere dello Stato (metodo classico usato dal clero) o attraverso l’alleanza con le forze vive del
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paese (metodo delle comunita). Il senso per cosi dire «statale» di ogni forma di romanizzazione di esperienze cristiane locali deve essere analizzato in termini di centralizzazione burocratica. La burocrazia di Roma si rispecchio in tutti i campi della vita ecclesiale del Brasile, nella liturgia e nella teologia, nella pastorale e nella spiritualita. Il grande strumento della romanizzazione della Chiesa in Brasile fu il seminario. Nel seminario lo studente doveva acquisire anzitutto lo «spirito della corporazione». L’ideologia soggiacente era che |’ambiente cattolico, in quanto tale, ¢ un beneficio per ’umanita. Ma il cattolicesimo deve esser accettato in blocco, perché costituisce — proprio a causa della sua coesione che dipende dallo spirito di corpo che regna tra il clero — la miglior garanzia di salvezza per il mondo in cui viviamo. Insomma, il cattolicesimo é buono semplicemente perché tale, e influisce su tutta la societa tramite spinte che vengono dal clero, depositario di tutte le speranze del sistema. La cosa pill importante, quindi, é mantenere l’uniformita religiosa, l’unica valida per tutti. 1 contenuti della romanizzazione vennero chiaramente esposti nella famosa lettera pastorale che dom Sebastido Leme, futuro cardinale arcivescovo di Rio de Janeiro, scrisse nel 1916 al momento di prendere possesso della diocesi di
Olinda e Recife. Secondo Leme, il Brasile é la «pit grande
nazione cattolica del mondo», un paese quasi «essenzialmente» cattolico, ma sfortunatamente si tratta di un cattolicesimo mal divulgato, mal compreso e mal assimilato dal popolo. Occorre, quindi, evangelizzare con tutti i mezzi, divulgare il pensiero cattolico nelle famiglie, nelle scuole, nelle universita, nella stampa. Le iniziative di dom Leme come cardinale arcivescovo di Rio de Janeiro dimostrano il suo modo di intendere la pastorale. Diamo un rapido elenco delle sue realizzazioni, eloquenti per se stesse: |’Universita in Rio de Janeiro (Puc), 1921; il Centro dom Vital, come strumento di cristianizzazione degli intellettuali brasiliani (1922); la rivista A Ordem, come espressione del pensiero cattolico (1921); l’Azione Cattolica Brasiliana (AcB), nel 1935; i Congressi Eucaristici; il Collegio Pio Brasiliano di Roma; le Pasque Collettive; il monumento a Cristo Redentore sulla vetta del Corcovado di Rio; l’opera delle Vocazioni Sacerdotali; Nossa Senhora Aparecida, patrona del Brasile; il Movimento dei Circoli Operai; ’Adorazione Perpetua; la Lega Elettorale Cattolica (LEc), specie di super partito che aveva il compito di indicare i candidati accettabili ai cattolici; la legislazione contro il divorzio e contro l’instaurazione di rapporti diplomatici con la Russia.
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Il pensiero di dom Leme si avvicinava alla visione di papa Leone XIII (1878-1903), il cui punto di riferimento ideale era, in ultima analisi, il Medioevo visto come !l’epoca della fede vissuta universalmente da tutta la societa. Né dom Leme né Leone XIII amavano lo spirito moderno che inculcava negli animi le idee di liberta, di autonomia, di ricerca scientifica. Ritenevano che la modernita avrebbe distrutto l’influsso del cattolicesimo sulla societa con il suo «liberalismo» nell’affrontare i problemi della vita e della societa, partendo dal principio del libero esame, svincolato da credenze o dogmi. 9. La svolta del cattolicesimo Con
la morte
di dom
Leme,
nel 1942, inizid un nuovo
pe-
riodo per il cattolicesimo brasiliano, segnato dall’apertura alle gravi questioni sociali che agitavano il paese. Con una popolazione in maggioranza povera, in un continuo processo di impoverimento e soprattutto con una rapida urbanizzazione che metteva davanti agli occhi di tutti la piaga della poverta (favelas), il Brasile necessitava di urgenti riforme. Grazie all’Azione Cattolica di settore — di influsso belga e francese — molti cattolici presero coscienza della loro responsabilita sociale e politica. Erano attive soprattutto la Juc (Gioventt Universitaria Cattolica) e la Joc (Gioventi Operaia Cattolica) e passarono rapidamente, gia negli anni cinquanta, dall’ideologia del «desenvolvimento» (sviluppo) alla convinzione che in Brasile la poverta non era conseguenza del ritardo tecnologico o culturale, ma fondamentalmente della dominazione straniera sul paese’®, Nello stesso tempo, e per la prima volta nella sua storia, il Brasile ebbe il beneficio di un episcopato che si collocava di fronte alla societa come difensore dei diritti degli umili e degli emarginati contro la violenza dello Stato che, dopo il golpe militare del 1964, divenne dittatoriale. Dal 1964 al 1986 abbiamo avuto un episcopato profetico tramite la Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (CNBB). Negli anni della repressione militare, la CNBB divenne I’istituzione pili rispettata della societa brasiliana, perché prendeva posizione di fronte ai gravi problemi creati dallo sfruttamento capitalista del paese. Con il sostegno della CNBB vennero prese importanti ini16S, Mainwaring, Igreja Catélica e Politica no Brasil: 1916-1985, Brasi-
liense, Sdo Paulo 1989.
Re te ERE WS
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ziative pastorali di stampo sociale e politico, come la Cpr (Commissione pastorale della terra), la Po (Pastorale operaia), la Pymp (Pastorale dei giovani delle classi popolari), il Ci (Consiglio indigenista missionario). Questi ed altri gruppi dinamici costituiscono un importante contingente di responsabili della pastorale, giovani e ragazze dalle eccellenti doti umane e cristiane, che cominciano a diffondere una coscienza politica e sociale piu lucida e consolidata. Contemporaneamente la pastorale della Chiesa si avvicina ai movimenti popolari esistenti nella societa civile e che molto spesso difendono aspetti concreti legati alla vita quotidiana del popolo, come la casa, i trasporti, il salario, la salute pubblica, la sicurezza pubblica, l’istruzione; da questo avvicinamento, negli anni sessanta nacque l’esperienza delle Comunita di Base (CEB). L’esempio dei primi cristiani e della loro vita in mezzo al popolo venne ricordato spesso nelle CEB e con esso la questione dell’eucaristia celebrata in assenza del sacerdote (messa senza prete). Ma poiché il Vaticano si oppose tenacemente a qualsiasi tentativo che potesse essere visto come un attentato contro le prerogative del clero in materia di sacramenti, questa discussione ministeriale intraecclesiale venne accantonata e le Ces si orientarono verso questioni che non coinvolgessero in forma cosi diretta il sistema ecclesiale stesso. Tutta questa attivita a favore dei poveri e degli emarginati ebbe un valido sostegno nella teologia della liberazione che mise radici in tutta l’America Latina (Gustavo Gutiérrez, in Pert, 1972), ma in particolare in Brasile, negli anni settanta (Hugo Assmann, Rubem Alves, Leonardo Boff). Un aspetto importante di questa teologia é la sua dimensione mistica a sostegno dell’impegno dei responsabili della pastorale in ambienti di poverta. La letteratura successiva ha sottolineato la dimensione politica della teologia della liberazione, ma non possiamo dimenticare che nella quotidianita delle attivita pastorali in loco essa funziona anzitutto come una teologia mistica. Il Dio dei cristiani é stato riscoperto come il Dio biblico dell’alleanza con gli emarginati e gli esclusi dalla societa. In questa linea dobbiamo ricordare le cosiddette «piccole comunita di inserimento» di religiosi e soprattutto di religiose nei quartieri popolari delle grandi citta o negli ambienti poveri dell’interno del paese'’. Queste esperienze di inserimento 17 M.J. Rosado Nunes, Vida Religiosa inserida nos Meios populares, Vozes, Petrépolis 1985. Cfr. il caso concreto nel libro di L. Bimbi, Lettere
sci Lae
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provocano gradualmente una riformulazione della vita religiosa soprattutto femminile, una riscoperta dei tre voti della vita religiosa in ambiente di poverta e di solidarieta con i poveri. Le religiose che vivono in periferia sono ancora una piccola minoranza, ma il movimento é in lenta crescita e influira, in modo per ora imprevedibile, negli orientamenti pastorali della gerarchia. Siamo di fronte a un movimento popolare all’interno della stessa «grande Chiesa», nel settore pit conformista (o pili sottomesso) qual é quello femminile. Tutto questo interessa in forma nuova le parrocchie brasiliane. Siamo convinti che non esista alcuna parrocchia cattolica brasiliana che non sia stata coinvolta in qualche modo in questi nuovi dinamismi, sia delle pastorali «impegnate» (CPT, Po, Pimp, CIMI, ecc.), sia delle «piccole comunita» di religio-
si o religiose o delle CEB e, indirettamente, della teologia del-
la liberazione.
10. Opposizioni e difficolta Ma non tutto é tranquillo in questo nuovo corso del cattolicesimo. Le opposizioni esterne si assommano alle contraddizioni interne. Esternamente, il cattolicesimo é tradizionalmente identificato con gli interessi della classe dirigente economico-politica. Gli interessi del capitalismo dominante naturalmente si sentivano colpiti o almeno minacciati da quanto accadeva in seno al cattolicesimo in America Latina e specialmente in Brasile e questo non poteva non avere riflessi a livello ecclesiale. Oggi appare chiaro che l’episcopalismo profetico della Cnss ha i giorni (0 gli anni) contati di fronte alla politica delle nomine vescovili adottate dal Vaticano, che privilegia sistematicamente ecclesiastici di scarso impegno sociale e di provata fedelta «romana» (cfr. par. 8). Non sappiamo come le Comunita di base o la teologia della liberazione reagiranno quando perderanno |’importante appoggio della CNBB. Oltre alle opposizioni esterne, il nuovo corso del cattolicesimo deve fare i conti anche con le contraddizioni interne. Il rapporto tra il dinamismo attuale che si manifesta nelle CdB e in altre esperienze e il dinamismo storico del cristianesimo devozionale, descritto nel par. 7, € molto confuso. I responsabili della pastorale di oggi non sanno chiaramente come aun amico. Cronache di liberazione al femminile plurale, Marietti, Genova 1990.
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collocarsi di fronte alle devozioni del popolo che in ultima analisi rappresentano la maggior esperienza di resistenza e di autoaffermazione di questo popolo nel corso di quasi cinquecento anni di dominazione. Essi hanno difficolta a considerare questo devozionalismo come un cristianesimo autentico, almeno tanto autentico quanto quello dei vescovi, dei sacerdoti e dei religiosi. Sebbene la pastorale brasiliana abbia fatto notevoli progressi per quanto riguarda |’analisi sociale, politica ed economica, in termini culturali é ancora molto legata agli schemi del passato e non ha avuto la stessa creativita dimostrata in altri campi. Alcuni elementi ben precisi rivelano questa contraddizione interna esistente nella «Chiesa dei poveri»: — Dopo oltre vent’anni di lavoro, le CEB non sono ancora riuscite a formare un gruppo guida popolare autonomo, come era nei suoi progetti iniziali. I «responsabili della pastorale» continuano ad essere indispensabili e non riescono a trasferire le responsabilita a persone della base. — Il rapporto tra il movimento di base e il denaro proveniente dall’estero rimane confuso. Organismi internazionali appoggiano le attivita della base in Brasile; se da un lato questo era necessario in un primo momento,
dall’altro non si vede
bene come passare a una fase di autofinanziamento delle attivita della base. — La proposta degli addetti della pastorale in termini di «coscientizzazione» rimane ambigua. Essi non partono normalmente dall’esperienza storica del popolo, ma introducono elementi portati da fuori, in modo che le persone della base difficilmente riescono a capire di cosa si tratta, se della loro vita concreta o di qualche teoria di difficile comprensione. — C’é un impulso latente a trasformare i gruppi di base in una specie di nuova «cristianita», ossia le menti sembrano dominate pit dalla conquista del potere dello Stato che dalla di-
namica specificamente cristiana di cui abbiamo
parlato nel
par. 4. L’ideologia della cristianita non é del tutto superata nelle nuove esperienze ecclesiali'®. 11. Conclusione
Siamo stati evangelizzati dall’alto e dall’esterno. Sia il cristianesimo delle piantagioni di canna da zucchero (par. 6) che quello degli aldeamentos (par. 5) erano basati su un capovol18. C, Perani, Rumos da Igreja no Brasil, in «Cadernos do CEAS», Sal-
vador, n° 100, 1985, pp. 68 ss.
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Eduardo Hoornaert
gimento di valori che camuffava la specificita del cristianesimo. II colonialista era sull’altare e il povero alla porta, il denaro apriva le porte delle chiese e i poveri rimanevano fuori, insieme a chiunque parlasse in loro favore. Gli interessi finanziari ed economici dei gruppi stranieri hanno avuto sempre la meglio sugli interessi del popolo brasiliano, anche in termini religiosi. Ma non c’é da disperare; abbiamo avuto i gesuiti che prima del 1759 rappresentarono la maggior forza sociale contraria agli interessi dei padroni delle piantagioni, dei latifondisti e dei bandeirantes. Abbiamo avuto i beatos e le beatas che guidavano il popolo lungo le vie di una devozione che salvaguardava il senso dell’identita e della capacita di resistenza culturale. In questo secolo abbiamo il profetismo dei vescovi identificati con la causa popolare, le CEB, la teologia della liberazione, le «piccole comunita» di vita religiosa inserite negli ambienti popolari. Abbiamo soprattutto la memoria di Gesti e dei suoi apostoli, la grande tradizione giudeo-cristiana dell’opzione per gli emarginati, e della scelta tra Dio e il potere del denaro, del prestigio e della violenza.
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Rodolfo Cardenal
rono per molti anni nel mondo l’immagine del cristianesimo nicaraguense. Malgrado cid nessuna di queste esperienze riusci a cambiare la struttura della Chiesa, che continud a essere fondamentalmente tradizionale. Le tappe iniziali delle comunita di base furono caratterizzate dall’enfasi data alle trasformazioni religiose. Gradualmente questi gruppi cristiani presero coscienza della loro dignita umana e cristiana e allora si impadronirono del movimento religioso con zelo missionario. Il fattore determinante fu la Bibbia, che leggevano insieme e che commentavano adattandola alle loro necessita comunitarie. La prima dimensione riscoperta fu quella del vizio e della moralita. Poi parteciparono attivamente alla liturgia. Dall’enfasi morale passarono ad analizzare la loro situazione sociale partendo daila Bibbia. Allora l’oppressione, l’ingiustizia sociale e il contenuto peccaminoso della dittatura formarono parte del discorso religioso. Simultaneamente furono messi alla prova con la repressione della Guardia Nazionale di Somoza, che si diresse contro i pid noti operatori pastorali e poi si generalizzo nei confronti delle comunita rurali, quando i giovani entrarono nel Fs_tn. Dopo il terremoto del 1972, le prime proteste partirono dalle parrocchie, ma poi passarono nell’ambito nazionale con lettere aperte, pronunciamenti, occupazioni di chiese, scioperi della fame, veglie. Quando la Guardia Nazionale impediva di uscire in strada, pregavano, riflettevano e protestavano nelle chiese. Nelle comunita i giovani si distinsero in modo particolare. L’impegno cristiano li porto alla lotta politica. Tra il 1977 e il 1978 la maggioranza dei giovani era legata al FSLN in un modo o in un altro. Il passaggio alla militanza rivoluzionaria in molti avvenne attraverso |’impegno cristiano. Particolare importanza ebbe la comunita universitaria del quartiere Riguero. Questo gruppo universitario portd nel FSLN la sua formazione cristiana e la sua buona conoscenza del marxismo, facendo si che questo potesse abbandonare il suo dogmatismo e permettesse di armonizzare le sue diverse tendenze interne. La maggioranza del clero nicaraguense rimase prigioniera dei suoi timori e paure, estranea a questo processo di rinnovamento prima, al processo rivoluzionario dopo. I religiosi furono quelli che mostrarono una maggiore apertura entusiasta. Il clero pi impegnato si rafforzd, dopo il trionfo rivoluzionario, con l’arrivo di religiosi e operatori pastorali. [1 piano era quello di creare una nuova pastorale e uno spazio nuovo ¢ originale. Erano mossi dalla volonta di risolvere le rela-
La Chiesa in Centroamerica
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zioni tra marxismo e cristianesimo con una nuova esperienza. Siccome questi operatori pastorali provenivano da esperienze latinoamericane avanzate, alla fine degli anni ’80 avevano rapidamente bruciato le tappe. A partire dal 1981 fu necessario ripensare i ritmi del processo ecclesiale e l’impostazione generale. Neppure l’episcopato ha saputo vedere la novita e !’opportunita che gli si presentava in campo pastorale. Dopo un decennio di rivoluzione, la Chiesa nicaraguense continua a essere fondamentalmente una Chiesa tradizionale, contraria alla novita rivoluzionaria. Anche le esperienze di liberazione continuano ad essere poche e isolate. La vittoria dell’UNo, la coalizione di forze eterogenee antisandiniste, nel febbraio 1990, ha creato un nuovo equilibrio Stato-Chiesa: non pit la polemica e lo scontro, ma neppure la ricchezza delle iniziative precedenti, bensi una calma di tipo tradizionale. I mancati miglioramenti economici promessi in campagna elettorale hanno portato il paese a una crisi profonda e generalizzata. Per di pid la linea tradizionale dell’episcopato, del clero e degli altri dirigenti della Chiesa cattolica non é in grado né di offrire nuove idee, né di costituire uno stimolo per
affrontare il difficile momento ma anche religioso.
sociale, economico, politico,
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LA CHIESA IN COLOMBIA E IN VENEZUELA
15.
Rodolfo R. de Roux
1. La Chiesa coloniale
Al loro arrivo i conquistatori spagnoli non trovarono né agglomerati umani né civilta paragonabili a quelle del Messico o del Peru, ma solo una turbolenta molteplicita di piccole tribt. disperse su un vasto territorio. Il gruppo indigeno pit importante per numero e sviluppo culturale era quello chibcha 0 muisca, che occupava gran parte della zona andina colombiana; si calcola che agli inizi del secolo XVI superasse il milione di abitanti. Una stima molto approssimativa valuta a due o tre milioni gli indigeni presenti nella Colombia attuale, e a trecentomila quelli presenti in Venezuela, raggruppati soprattutto nella zona costiera e montagnosa. Le immense regioni delle savane (/lanos), del bacino dell’Orinoco e del Rio delle Amazzoni erano scarsamente popolate da tribu di raccoglitori, pescatori e cacciatori. Alcuni gruppi indigeni — come i guajiros della costa atlantica — si mantennero relativamente indipendenti durante tutta l’epoca coloniale e si mostrarono refrattari alla cristianizzazione. In altre regioni — Llanos e parte meridionale delOrinoco — il cristianesimo penetrd solo a partire dal secolo XVII. Le tribt che abitavano le immense foreste amazzoniche rimasero praticamente, fino al secolo XX, al margine dell’impresa coloniale-evangelizzatrice. Il vangelo entrd assieme alla spada. I primi ecclesiastici che percorsero il territorio lo fecero in qualita di cappellani dei conquistatori, dal momento che la Corona spagnola esigeva che i capitani portassero nelle loro spedizioni almeno due sacerdoti. La colonizzazione spagnola comincid dalla costa atlantica agli inizi del secolo XVI; in Colombia i conquistatori, mossi dalla sete dell’oro di un favoloso e mitico Eldorado, avanzarono rapidamente verso l’interno del paese dei chibcha. Il
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controllo del territorio avvenne lentamente, a causa della resistenza indigena e degli ostacoli geografici. Gli insediamenti coloniali si ridussero ad alcuni spazi costieri, andini e interandini, dove gli spagnoli esercitavano un controllo pit o meno effettivo sulle frange territoriali contigue ad alcuni rari centri urbani. L’organizzazione ecclesiastica, come quella di tutta !’America, ebbe luogo simultaneamente all’organizzazione civile. Santa Marta e Cartagena, fondate rispettivamente nel 1526 e nel 1533, divennero sedi episcopali nel 1534. Popayan fu creata diocesi nel 1546, nove anni dopo la fondazione della citta. Santa Fé di Bogota, fondata nel 1538, fu eretta arcidiocesi nel 1564. In Venezuela, Coro, fondata nel 1527, diveniva sede vescovile nel 1531 (nel 1577 venne deciso il trasferimento della capitale per il governo del Venezuela da Coro a Caracas, ma il vescovado fu trasferito solo nel 1615). Le diocesi sunnominate — del periodo coloniale — comprendevano la quasi totalita degli attuali territori colombo-venezuelani, al punto che le rare volte in cui un prelato decise di visitare la sua diocesi, il fatto passd alla storia come esempio di eroismo. E il caso di Hernando Arias de Ugarte, vescovo di Bogota, e di Mariano Marti, vescovo di Caracas. Il primo impiegd cinque anni a visitare la sua diocesi a partire dal 1619; per il secondo ci vollero pit di dodici anni (1771-1784). Si comprende come, in un mondo cosi vasto, fosse abbastanza limitato il controllo pastorale e disciplinare che la gerarchia poteva esercitare sul clero. Bisogna ricordare, inoltre, che i forti ordini religiosi erano autonomi dalla gerarchia, come anche tra loro. Durante il secolo XVI i vescovi furono quasi tutti francescani o domenicani. Nelle loro relazioni sono ricorrenti un certo numero di temi: il poco rispetto che si aveva per la vita e per la dignita degli indigeni; le difficolta per la loro evangelizzazione;
la scarsita
del clero
e, nel caso
del Venezuela,
la
poverta della terra, che faceva dipendere questa giurisdizione dalle Casse reali del Nuovo Regno per supplire alle esigue entrate fornite dalle decime; a cid si aggiungeva |’attrattiva che, per motivi opposti, spingeva verso la Nuova Spagna (Messico), il Pert e il Nuovo Regno di Granada (Colombia) la corrente immigratoria di sacerdoti e laici. Per gli indigeni residenti nel perimetro dei «villaggi spagnoli» si stabilirono le cosiddette doctrinas (luoghi dove si impartiva l’istruzione, soprattutto sulla dottrina della fede: si «addottrinava»). Quando la doctrina raggiungeva uno svilup-
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Rodolfo R. de Roux
po considerevole si trasformava in «parrocchia per indios», e il doctrinero in parroco'. Gli indigeni delle doctrinas furono quelli che, tranne rare eccezioni, caddero sotto il regime delle encomiendas (lavoro forzato al servizio degli encomenderos, concessionari di terre). AlPinizio la maggior parte delle doctrinas furono affidate ai religiosi, sostituiti poi progressivamente (malgrado la loro resistenza) dal clero diocesano che stava crescendo di numero. Di tale aumento del clero diocesano — a partire dalla seconda meta del secolo XVI — possiamo farci un’idea da un resoconto ufficiale del 1663, secondo il quale nell’arcidiocesi di Bogota il clero diocesano possedeva 96 doctrinas, i francescani 28, i domenicani 27 e gli agostiniani 12. Non dovette essere gran cosa cid che i «protettori e difensori degli indios» poterono fare per migliorare la triste sorte di una popolazione indigena rapidamente decimata dalla guerra, dai lavori forzati e dalle epidemie di recente importazione, come quella del vaiolo, che fece strage nel Nuovo Regno nel 1566 e nel 1588. E quanto testimoniano le continue confessioni di impotenza da parte di questi ecclesiastici. Fra Alonso de Zamora cita, per esempio, come uno dei motivi che spinsero il futuro san Luis Bertran a tornare in Spagna (era giunto come missionario nel Nuovo Regno nel 1562), il fatto di sentirsi incapace di porre rimedio ai maltrattamenti subiti dagli indigeni’. Durante il secolo XVI non furono pochi i vescovi e religiosi che si rivolsero al re per denunciare i soprusi di cui erano vittima gli indigeni?. Sono fin troppo noti i limiti che l’impresa colonizzatrice impose a questo tipo di lotte per la dignita degli indigeni, ma giustizia vuole che si segnalino le voci famose che, in nome del vangelo, si levarono in loro difesa, come quella del seguace di Las Casas, Juan del Valle, primo vescovo di Popayan‘, e quella del successore, fra Agostino della Corufia. 1 Molte delle disposizioni relative alle doctrinas sono reperibili in J. M. Pacheco, «El Catecismo del Illmo. Sefior D. Luis Zapata de Cardenas», in Ecclesiastica Xaveriana, Bogota, 8-9 (1958-1959), 166-172. 2 A. de Zamora, o.p., Historia de la Provincia de San Antonio del Nuevo Reino de Granada, Caracas 1930, p. 209.
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3 Cfr. undici casi di denuncia in CEHILA, Historia general de la Iglesia en América Latina, vol. VII (Colombia-Venezuela), Sigueme, Salamanca 1981, p. 30. 4 J. Friede, Vida y luchas de Don Juan del Valle, primero obispo de Popaydn y protector de indios, Editorial Universidad, Popayan 1961.
La Chiesa in Colombia e in Venezuela
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Il francescano Juan de los Barrios, primo arcivescovo di Bogota, vi convocd nel 1556 il primo sinodo diocesano, che cercd di riformare i costumi dei conquistatori. Molte delle sue disposizioni furono desunte dal I Concilio di Lima (1551) e dal I Concilio messicano (1555), e cid dimostra l’unita di criteri che informava questa Chiesa coloniale; qualcosa di analogo sarebbe successo con i futuri sinodi. Juan de los Barrios cerco invano di far osservare le disposizioni del Sinodo. Gli encomenderos opposero una tenace resistenza trovando appoggio nei giudici (oidores). La audiencia (tribunale, civile con relativa giurisdizione) si appelld pure contro alcune disposizioni sinodali che reputo lesive dell’autorita civile. Le costituzioni del Sinodo furono inviate al Consiglio per le Indie per la revisione e la vennero archiviate. E questo un esempio del complicato
intreccio coloniale nel quale le sfere civile ed ecclesiastica non
solo si completavano ma si controllavano e si intralciavano a vicenda dimostrandosi molto gelose nella difesa dei propri privilegi giurisdizionali, e questo condusse naturalmente a ripetuti conflitti. Se gli indigeni poterono contare su dei difensori, la schiavitu dei neri fu vista invece come qualcosa di normale. Gli schiavi furono portati dall’Africa occidentale fin dalla prima meta del secolo XVI per lavorare nelle miniere d’oro, nella pesca delle perle sulla costa atlantica, o nelle grandi fattorie di canna da zucchero, di cacao e per |’allevamento del bestiame. Nel secolo XVII si registro un aumento nel traffico di schiavi e Cartagena delle Indie ne divenne uno dei principali centri nell’ America spagnola. Persino i religiosi ebbero a disposizione degli schiavi nelle loro fattorie e nei loro conventi. Una onorevole eccezione a questo generalizzato disinteresse per la sorte dei neri fu costituita da due eminenti gesuiti: Alonso de Sandoval (1576-1652) che, giunto a Cartagena nel 1605, ha tramandato le sue esperienze e metodi in un’opera importante dal titolo De instauranda Aethiopum salute; e il suo discepolo Pedro Claver, morto a Cartagena nel 1654 e canonizzato nel 1888.
Alla fine del secolo XVI il panorama dell’evangelizzazione si presentava fosco. Nel 1583 la audiencia di Bogota dichiarava che in molti dei nativi «non si ¢ trovata né si trova religione che non sia solo di nome», dal momento che la loro istruzione
si era ridotta a un certo numero di preghiere in spagnolo’. I
sinodo di Santafé del 1606 riconosceva che «in questo regno 5 E. Ortega Ricaurte, Libro de acuerdo de la audiencia real del Nuevo
Reino de Granada, II, Bogota 1949, pp. 254-256.
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Rodolfo R. de Roux
gli indios, dopo sessantacinque anni, sono pieni di idolatria come all’inizio, cosa che dovrebbe provocare in noi forti scrupoli e grande sconforto»*. Si denuncid allora una «reviviscenza delle idolatrie» che condusse a una nuova campagna di «distruzione degli idoli». Accanto alla dispersione della popolazione e alla varieta delle lingue, i missionari segnalarono come ostacoli alla cristianizzazione il cattivo esempio degli spagnoli, il lavoro eccessivo imposto agli indigeni e la poca cura posta dagli encomenderos nell’istruirli’. A tutto cid si aggiungeva l’odio ingenerato da una conquista violenta. Odio contro i conquistatori che si estendeva al Dio dei cristiani: «E lavorare a persuaderli d’altro é come voler prosciugare if mare e dar adito a rendere oggetto di risa, di beffe e di scherno Cristo e la sua legge», scriveva all’imperatore il vescovo di Santa Marta nel 15408. Verso la meta del secolo XVII si rinnovd il dinamismo evangelizzatore mediante il sistema delle missioni (1652). I missionari si trasformarono in avanguardie del vangelo e della Corona nei territori fino ad allora poco esplorati. Nel 1662 si riuni a Bogota una «commissione per le missioni», che divise i territori dei //anos orientali tra francescani,
agostiniani,
domenicani e gesuiti. I francescani operarono come missionari sulla costa del Pacifico, i cappuccini e gli agostiniani sulla costa atlantica. In Venezuela il lavoro missionario venne iniziato a partire da tre centri di irradiazione: la regione costiera centrale, la regione delle Ande (dipendente dal vicereame del Nuovo Regno), e soprattutto la regione orientale (a partire da Cumana e lungo il fiume Orinoco). Anche qui artefici del lavoro missionario furono francescani, domenicani, cappuccini e gesuiti. Ii metodo missionario consistette fondamentalmente nel «ridurre» gli indigeni alla vita dei villaggi, nell’organizzare questi ultimi per catechizzare gli indigeni. Per la «riduzione» (reduccidn) degli indigeni si usd il metodo detto «apostolico», di pacifiche penetrazioni nei loro territori, o il metodo di incursioni con squadre armate®. Grandi fondatori di villaggi 6 «Constituciones sinodales», cap. 2, in Ecclesiastica Xaveriana, Bogo-
ta, 5 7 8 tore
(1955), 157. Cfr. «Proemio» del Compendio storico di fra Pedro de Aguado. Lettera del vescovo di Santa Marta, Fernandez de Angulo, all’imperaCarlo V (20 maggio 1540), in J. Friede, Documentos inéditos para la
historia de Colombia, V, Bogota 1957, p. 331.
° Su queste penetrazioni o incursioni con squadre armate, cfr. B. de Carrocera, «La cristianizacién de Venezuela durante el periodo hispani-
La Chiesa in Colombia e in Venezuela
499
(pueblos), i missionari contribuirono cosi in maniera efficace al controllo del territorio e della popolazione; basti pensare che i soli cappuccini fondarono in Venezuela circa duecento
villaggi!®.
Nonostante alcuni sforzi per imparare le lingue indigene!', si impose la soluzione di insegnare lo spagnolo ai nativi (all’inizio del secolo XVIII la maggioranza dei chibcha si esprimeva ormai in spagnolo). E vero che la lingua é sempre stata compagna fedele dell’impero, ma c’é anche da osservare che la babele amerindia era una realta capace di scoraggiare i pit entusiasti. Basti un esempio: nei /lanos di Caracas esistevano pit di trenta nazionalita indigene, ognuna con una sua lingua distinta dall’altra, e senza scrittura. Agli inizi del secolo XVII, la Chiesa si trovava istituzionalmente ben organizzata e si era consolidata nella sua capacita di cementare ideologicamente la societa coloniale. Nel 1610 si insedid a Cartagena un tribunale dell’Inquisizione'?. Tutte le citta, anche quelle di media importanza, potevano contare su uno o pit conventi di religiosi che collaboravano col clero diocesano all’amministrazione delle parrocchie. Particolare importanza assunsero i ferzi ordini francescano e domenicano, le confraternite della Madonna del Rosario (domenicani), dell’Immacolata Concezione (francescani) e le congregazioni mariane (gesuiti). Le religiose ebbero invece scarsa importanza nell’epoca coloniale; i loro conventi (cinque nel Nuovo Regno e cinque in Venezuela) servivyano in generale da rifugio alle giovani «della buona societa» che per mancanza di dote o per altro motivo non potevano contrarre matrimonio. La Chiesa cattolica controllava i costumi e il pensiero sul senso dell’esistenza, accompagnava i fedeli dalla culla alla tomba e regolava la vita quotidiana al suono delle campane e al ritmo delle celebrazioni domenicali, delle molteplici feste religiose e dei tempi liturgici «forti», come il Natale e la Settimana Santa. Questa presenza ecclesiastica era particolarmente manifesta in Colombia, dove sin dal secolo XVII si poté fare assegnamento su un numero sufficiente di clero, sia religioso che diocesano, e per la maggior parte creolo (ad ecceco», in Memoria del IIT Congreso venezolano de historia eclesidstica, Caracas 1975, pp. 190-196.
10 Cfr. il loro elenco dettagliato in CEHILA, o.c., pp. 82-87. 1! Nel 1619 venne pubblicata in Madrid la prima grammatica in lingua
chibcha, composta dal domenicano Bernardo de Lugo. 2 Cfr. J. T. Medina, Historia del tribunal del Santo Oficio de la Inqui-
sicidn de Cartagena de Indias, Bogota 19522.
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zione dei gesuiti). Quando nel 1630 il provinciale dei domenicani chiese che fossero inviati ventidue religiosi spagnoli, tre giudici e il procuratore generale della audiencia di Bogota non li ritennero necessari, dal momento che c’era gia un numero sufficiente di religiosi!3.
Anche il controllo dell’educazione e della pubblica benefi-
cenza era nelle mani della Chiesa cattolica. I fratelli di san Giovanni di Dio, per esempio, furono incaricati degli ospedali di Cartagena (1613), Bogota (1635), Tunja, Villa de Leiva, Pamplona, Santa Marta (1746), Cali (1759), Medellin e Cucuta. I gesuiti contarono su una decina di collegi nel Nuovo Regno; non cosi importante fu la loro attivita educativa in Venezuela dove, forse proprio per questo, domenicani e francescani svolsero un lavoro educativo pit intenso del solito. Nel secolo XVII furono fondate a Bogota due universita che hanno continuato a formare centinaia di alunni fino ai nostri giorni: la «Javeriana» (1623) dei gesuiti, e quella di «Santo Tomas» (1639) dei domenicani, che hanno pure avuto la direzione, in un primo tempo, dell’importante Collegio di «Nuestra Sefiora del Rosario» (Bogota, 1653), attualmente universita. Nel 1727 il seminario di Caracas (eretto nel 1673) fu elevato al rango di universita. Con l’avvento al trono dei Borboni, a partire dal 1700, il regalismo spagnolo assunse un atteggiamento pid laico e antiromano. Il Patronato ando perdendo il senso di privilegio concesso dai papi, e fini per essere considerato un diritto inerente al potere regio. Di conseguenza si trattd di assoggettare pit’ rigorosamente la Chiesa agli interessi dello Stato. La Chiesa tuttavia conservo un forte controllo sulla societa; era infatti nelle sue mani non solo il destino eterno dei fedeli ma anche gran parte della vita temporale: legittimava l’autorita dei poteri civili, controllava l’educazione, la beneficenza e lo stato civile delle persone (matrimonio ecclesiastico obbligatorio). A tutto cid bisogna aggiungere l’ampia autonomia economica di cui disponeva, grazie all’accumulazione di una ricchezza considerevole. I segreto che circondava gli affari economici della Chiesa venne infranto con l’espulsione dei gesuiti nel 1767, che rese i loro archivi di pubblico dominio". Tut3 Nel 1625 l’arcidiocesi di Santafé contava 216 parrocchie, di cui 130
amministrate da sacerdoti diocesani. La provincia francescana di Santafé nel 1698 aveva 286 religiosi; gli agostiniani avevano 172 sacerdoti nel 1674; ei gesuiti erano 142 nel 1696. Cfr. CEHILA, o.c.., p. 190.
4 Cfr. G. Colmenares, Haciendas de los Jesuitas en el Nuevo Reino de
Granada, siglo XVITI, Bogota 1969.
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to sta comunque a indicare che, anche nel caso di altri ordini religiosi, la poverta collettiva non é stata certo una virtt della Chiesa coloniale. I governi liberali del secolo XIX cercheranno di spezzare questo potere, e di approfittarne a loro volta. L’unione (non esente da conflitti) tra il trono e l’altare sara anche una gravosa eredita che si vorra far pagare alla Chiesa nel periodo repubblicano. Un esempio di cosi rischioso connubio é dato dal fatto che i due primi arcivescovi di Bogota, nel secolo XVIII, riunirono nelle proprie mani il potere civile ed ecclesiastico, diventando a turno presidenti della real audiencia. Alla fine del secolo, inoltre, si ebbe un arcivescovo-viceré, Antonio Caballero y Géngora (1723-1796), famoso per il suo decisivo e machiavellico contributo alla «pacificazione» della cosiddetta «rivoluzione dei comuneros» (1781), importante rivolta, preludio all’Indipendenza e contemporanea di quella di Tupac Amaru in Pert.
2. La Chiesa dell’indipendenza e della Repubblica Il vortice delle guerre d’indipendenza (1810-1821) diede una forte scossa alla Chiesa cattolica, producendovi una divisione clamorosa. La maggioranza dei vescovi rimase a fianco del re, al quale doveva fedelta essendo stati da lui nominati vescovi. L’atteggiamento indeciso del vescovo di Caracas, Coll i Prat, fu sufficiente per sollevare sospetti sul suo conto e farlo richiamare in Spagna. Tra il clero creolo vi fu un nutrito gruppo di ferventi patrioti. Era un clero sempre pit risentito per il virtuale monopolio delle alte cariche ecclesiastiche da parte dei «peninsulari» (ci fu, per esempio, un solo venezuelano tra i 27 vescovi che ressero la diocesi di «Caracas e Venezuela» durante tutta epoca coloniale). Inoltre, sotto il regalismo borbonico, molti privilegi del clero erano stati minacciati, in particolare il «foro ecclesiasticom, che garantiva l’immunita di fronte alVautorita civile. La Corona minacciava pure di appropriarsi della terra e dei capitali appartenenti a fondazioni e cappellanie religiose (decreto del 26 dicembre 1804), mentre era con tali entrate che il «basso clero» arrotondava i suoi magri stipendi. Giunto il momento, 16 ecclesiastici (su un totale di 53 firmatari) sottoscrissero in Colombia I’Atto di Indipendenza (1810). In Venezuela (1811), lo sottoscrissero cinque sacerdoti. Ci fu anche un buon gruppo di sacerdoti realisti, soprat-
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tutto tra i religiosi, dove gli spagnoli erano presenti in piti alta proporzione. Ci si batteva per il re da una parte, per la patria dall’altra, e per Dio da entrambe le parti. Gli avversari condividevano un’identica fede nell’aiuto che poteva loro offrire il «Dio degli eserciti» e la Vergine Maria. Da una parte e dall’altra si moltiplicarono le arringhe, i discorsi, le scomuniche e persino le pratiche devote, come le «novene» patriote «in onore della Vergine Addolorata», o quelle realiste «in onore del glorioso san Isidro, patrono di Madrid». La legittimazione della politica funziond ampiamente, dato il profondo inserimento della Chiesa nella societa di allora. Costituisce un caso significativo il Catechismo composto nel 1814 da Juan Fernandez de Sotomayor (1777-1849), parroco di Mompos e massone, alla pari di altri sacerdoti di quel tempo'’. Il Catechismo mirava a spiegare perché la dominazione spagnola non fosse fondata sulla giustizia e come la guerra di indipendenza fosse «giusta e santa» (nel campo contrario, si spiegava esattamente l’opposto). II tribunale dell’Inquisizione condanno |’opuscolo per le sue idee antimonarchiche, scomunicd l’autore in contumacia e lo dichiard «reo di alto tradimento e di lesa maesta nei confronti del sovrano don Fernando VII». Dopo la vittoria dei patrioti, Ferndndez de Sotomayor fu consacrato vescovo di Cartagena (1834). L’istituzione ecclesiastica si trovO coinvolta nella contesa. Varie diocesi rimasero per anni senza vescovo, per esempio Caracas (1817-1827) e Bogota (1818-1827). I beni ecclesiastici furono sottoposti a ripetuti saccheggi da parte dell’una e delPaltra fazione. Il clero subi un calo notevole per chiusura di seminari, scarsita di ordinazioni, esclaustrazioni, decessi durante la guerra o rimpatrii in Spagna del clero realista. Un’i-
dea delle proporzioni del fenomeno ci viene offerta dal dato
seguente: nel 1810 Ia diocesi di Caracas contava 547 sacerdoti, mentre nel 1819 essi erano ridotti a 110°°,
Tra il 1819 e il 1830, Colombia, Venezuela ed Ecuador fecero parte della repubblica della Colombia (Gran Colombia). 'S Cfr. A. Carnicelli, Historia de la masoneria colombiana I, Bogota
1975, senza indicazioni editoriali. Per gli anni 1810-1826, Carnicelli presenta una lista di circa quaranta ecclesiastici massoni, del clero secolare ¢ regolare.
16 CEHILA, o.c., p. 613.
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La Chiesa aveva perso parte del suo potere, ma la sua partecipazione alla causa emancipatrice le garanti una posizione preminente nella nuova societa in gestazione (la Camera dei Rappresentanti in Colombia, nel 1823, era formata per un terzo da sacerdoti)!’. Tuttavia, i conflitti non avrebbero tardato a presentarsi. I governanti della giovane repubblica si considerarono gli eredi legittimi del patronato spagnolo. Nel 1824 approvarono un Patronato repubblicano, col quale miravano a controllare l’influenza sociale della Chiesa e a godere, al tempo stesso, della legittimazione religiosa che essa forniva ai poteri civili. Si apriva un’epoca di tensioni tra Chiesa e Stato. In Colombia lo scontro definitivo si verificd a meta del secolo XIX, quando il /iberalismo radicale al potere prese una serie di misure anticlericali: soppressione del foro ecclesiastico, abolizione delle decime, espulsione dei gesuiti (1850) e di vari vescovi'®, separazione tra Chiesa e Stato (1853), legge sulla liberta religiosa, matrimonio civile obbligatorio e divorzio (1855), espropriazione dei beni della Chiesa («eliminazione dell’ammortamento dei beni di manomorta») e ispezione (tuicidn) dei culti (1861). Nella sua lotta contro i liberali, la Chiesa poté contare sulla salda alleanza col Partito Conservatore. La componente religiosa fu una costante delle numerose guerre civili che flagellarono il paese e dalle quali, alla fine, usci vittorioso il conservatorismo. A partire dalla Costituzione del 1886 e dalla firma del Concordato nel 1887, la vita si svolse in un regime di «cristianita repubblicana». Il Concordato del 1887 (riformato nel 1973) dichiarava che «la religione cattolica, apostolica, romana, é la religione della Colombia; i poteri pubblici la riconoscono come elemento essenziale dell’ordine sociale, e si obbligano a proteggerla e a farla rispettare». Cosi fecero, e fin troppo. Dopo cinquant’anni di «repubblica dei conservatori» (1880-1930), la Chiesa cattolica aveva consolidato le sue posizioni ed esercitava un notevole influsso sulla vita nazionale.
227.
171), Bushnell, E/ régimen de Santander en Colombia, Bogota 1966, p.
18 Tra il 1850 e il 1877 furono espulsi dal paese gli arcivescovi di Bogota (in tre occasioni) e i vescovi di Cartagena (due volte), Pamplona (due volte), Popayan, Pasto e Medellin. L’internunzio papale Ledochowsky fu espulso nel 1861. Cfr. CEHILA,
o.c., pp. 361-362.
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Dopo l’interregno della «repubblica dei liberali» (19301946), i conservatori tornarono al potere, contando su un buon appoggio ecclesiastico in un sanguinoso conflitto con i liberali (conflitto che viene chiamato semplicemente e significativamente: «La Violenza»). In meno di dieci anni (1948-
1956), la guerra civile fece pit di 160.000 morti!; ad essa po-
se fine un patto tra liberali e conservatori («Fronte Nazionale» nel 1957). Si approvo allora (plebiscito del 1957) una riforma costituzionale nel cui preambolo viene affermato «il riconoscimento da parte dei partiti politici che la religione cattolica, apostolica e romana é la religione della nazione e che come tale i poteri pubblici la proteggeranno e faranno si che sia rispettata come elemento essenziale dell’ordine sociale». Dopo il concilio Vaticano II (1962-1965) e la riunione del CELAM a Medellin (1968), sorse una significativa protesta intraecclesiale tendente a spaccare il conservatorismo sociale dell’istituzione ecclesiastica cattolica. Questo movimento ebbe il suo precursore nella figura del sacerdote guerrigliero Camilo Torres Restrepo; dopo la sua morte, avvenuta nel 1966, sorsero i movimenti della sinistra sacerdotale Golconda (19681972) e SAL (Sacerdoti per l’America Latina, 1972-1980), ai quali si aggiungono (dal 1975 fino ai nostri giorni) diversi e svariati gruppi di «Cristiani per il socialismo», vicini alle posizioni della «Teologia della liberazione». La sfida che si presenta oggi alla Chiesa non viene dal di fuori (i massoni hanno cessato di esistere, i liberali sono diventati alla fine degli alleati, i protestanti sono adesso «fratelli separati» mentre i marxisti si trovano profondamente in crisi), bensi proprio dal fatto di aver messo profonde radici nelle sfere di potere e nella vita istituzionale di una nazione che sta attraversando una crisi profonda. Crisi dovuta a certe strutture economiche e sociali ingiuste, e a una situazione di violenza quasi endemica (militare, paramilitare, di guerriglia e di delinquenza comune), a cui si associa, nell’ultimo decennio, il degrado del tessuto sociale e la violenza collaterale provocata dalla mafia del narcotraffico. La «nazione cattolica» che i vescovi dicono di presiedere e che il presidente della repubblica consacra ogni anno, a partire dal 1903, al Sacro Cuore di Gesu, é un paese che si é spo9 P. Oquist, Violencia, Conflicto y Polftica en Colombia, Biblioteca
Banco Popular, Bogota, pp. 17-20 (statistiche cronologiche sul numero di morti).
La Chiesa in Colombia e in Venezuela
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gliato fin troppo in fretta della sua condizione agraria e pastorizia. Se all’inizio del secolo 1’80 % della popolazione viveva nelle campagne e il 20 % nelle citta, al giorno d’oggi le percentuali sono invertite. Un cosi accentuato processo di urbanizzazione e di industrializzazione é stato accompagnato da una grande esplosione demografica: dai quattro milioni di abitanti nel 1900, si é passati ai trenta milioni nel 1990. In tal
modo, chi in Colombia ha pitt di quarant’anni comprende fa-
cilmente due cose: che cosa significhi una «societa cattolica» e€ come questa possa secolarizzarsi e, in alcuni casi, disgre-
garsi.
Il contrasto con i liberali nel secolo scorso fu ancor pid duro in Venezuela, dove la Chiesa cattolica non poté fare assegnamento sull’appoggio di un partito conservatore. Nel
1833 si tornd a ratificare il «Patronato repubblicano»; furono
soppresse le decime e il clero comincid a dipendere dall’erario nazionale. Nel 1834 fu emanato il decreto sulla liberta di culto. Nel 1848 furono aboliti i conventi maschili e si proibi l’entrata ai gesuiti. Lo Stato organizzo scuole nazionali nelle sedi degli antichi conventi di clausura utilizzando le loro rendite. Nel 1870 venne esiliato l’arcivescovo Guevara y Lira. Nel 1872 furono sospesi i seminari di Caracas, Mérida, Guayana, Maracaibo e Barquisimeto. Nel 1873 si proibi di accettare le «primizie» che, dopo la sospensione delle decime, i fedeli davano spontaneamente alla Chiesa; venne promulgata la legge sul matrimonio civile e fu espulso il vescovo di Mérida. Nel 1874 furono chiusi tutti i conventi di suore e sequestrati i loro beni. Questi contrasti toccarono il loro punto culminante durante il mandato del liberale Antonio Guzman Blanco (18701888); alla fine di questo periodo la Chiesa si trovd esausta. Se nel 1810 c’erano 547 sacerdoti nella sola arcidiocesi di Caracas, nel 1881 ce n’erano soltanto 393 in tutto il Venezuela”. A Guzman Blanco succedettero una serie di governi instabili e di dittature che cominciarono ad aprire la porta a vari ordini religiosi affinché si occupassero degli ospedali, dell’educazione e delle missioni. Con Juan Vicente Gomez, dittatore per 27 anni (1908-1935), ebbero fine i caudillos, le liberta 20 CEHILA, 0.c., p. 619.
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pubbliche... e la persecuzione contro la Chiesa. D’altra parte, perd, Gdmez mise in atto rigidamente la legge del Patronato e controlld in maniera drastica il clero. Juan Vicente Gémez permise |’entrata di vari ordini religiosi che si dedicassero soprattutto all’educazione (fratelli delle scuole cristiane, gesuiti, carmelitani, benedettini, redentoristi, eudisti, maristi, fratelli di san Giovanni di Dio, lazzaristi, ecc.). L’arrivo degli ordini religiosi comportd un rafforzamento della Chiesa cattolica venezuelana, imprimendole alcune caratteristiche che ancora la distinguono: prevalenza del clero regolare su quello secolare, del clero straniero su quello nazionale e una presenza relativamente predominante in campo educativo2!. Negli anni trenta, come la Colombia, cosi anche il Venezuela si ando trasformando da paese agrario in urbano e industrial-petrolifero. Entra a far parte di questa nuova epoca una Chiesa povera (essendo state eliminate le decime e incamerati i beni), economicamente dipendente dallo Stato (cid che la obbligava a limitare il proprio impegno sociale e profetico), e operante in un ambiente anticlericale abbastanza generalizzato; ne scaturiva naturalmente una scarsa attrattiva
per i giovani a entrare nelle file del clero.
A poco a poco, tuttavia, la Chiesa comincid a raccogliere i frutti della sua politica di educazione delle élites e a occupare un posto sociale rispettato dai governanti. La firma di un accordo tra il governo venezuelano e il Vaticano (1964) regolarizzO i rapporti tra Chiesa e Stato. La presa del potere da parte del Partito Social-Cristiano Cope! (1968) fu vissuta in alcuni settori come un trionfo della Chiesa: avevano contribuito a tale vittoria lunghi anni di lavoro con gruppi di Azione Cattolica e con universitari, operai e contadini, negli anni cinquanta e sessanta; lavoro nel quale si segnald il gesuita Manuel Aguirre Elorriaga. Paradossalmente le innovazioni prodotte dal Vaticano II e dai vescovi latinoamericani nella conferenza di Medellin (1968), sopraggiunsero quando la Chiesa cattolica venezuelana sembrava vivere il migliore dei suoi momenti in 150 anni di vita repubblicana. Da qui la difficolta di metterle in pratica e l’atteggiamento adottato da molti: «si rispetta, ma non si 21 Nel 1970 c’erano 2.007 sacerdoti, di cui 1.158 religiosi (57,7%), che si
dedicavano per il 40% all’educazione scolastica. Del numero complessivo di sacerdoti (2.007), solo 369 erano nativi del Venezuela, vale a dire, il 18,4%. Cfr. CEHILA, o.c., pp. 630-631.
La Chiesa in Colombia e in Venezuela
507
osserva». Cid nondimeno, in altri settori si é andata approfondendo 1a coscienza che non é compito della Chiesa legittimare l’ordine sociale esistente; si é messo in discussione il lavoro educativo che si stava compiendo, e si é invece incrementato il lavoro nei settori pik poveri della societa. Resta da superare una seria debolezza strutturale che dura da lungo tempo: la scarsita di clero, costituito per 1’80% da sacerdoti stranieri, provenienti da pit di una ventina di paesi diversi. Nel frattempo la popolazione cresce rapidamente: da due milioni nel 1900 si é passati a diciotto milioni nel 1990.
3. Il protestantesimo in Colombia ein Venezuela Era
praticamente
inesistente
sotto
il dominio
coloniale
spagnolo. I primi gruppi di protestanti a stabilirvisi furono dei soldati giunti con la «Legione britannica» durante la guerra di indipendenza dalla Spagna. Arrivarono successivamente, nei primi decenni del secolo XIX, commercianti, diplomatici e propagandisti biblici. Nel 1826 si organizzo una Societa Biblica a Bogota e un’altra a Caracas. I vari governi liberali del secolo XIX aprirono poco alla volta le porte al protestantesimo perché si diffondesse come reazione e in opposizione all’egemonia del cattolicesimo. I liberali consideravano i protestanti come portatori di modernita economica e politica, e di principi etici tali da permettere di superare quelle che essi chiamavano «le fosche tenebre del medioevo» e «il giogo teocratico» della Chiesa cattolica. Nel 1834 si costrui una chiesa anglicana a Caracas; quello stesso anno arrivarono come coloni 374 protestanti tedeschi che si sistemarono nella zona settentrionale dello Stato di Aragua. Nel 1858 giunse a Santa Marta il pastore Henry B. Pratt, della Chiesa presbiteriana, a cui si aggiunsero negli anni seguenti altri missionari. Nella seconda meta del secolo furono fondati i «collegi americani» di Bogota (1869), Barranquilla (1890) e Caracas (1896). Stando al rapporto fornito dal primo Congresso evangelico latinoamericano tenutosi a Panama nel 1916, esistevano allora in Colombia 326 «membri effettivi» in tutte le Chiese evangeliche, 558 assistenti alle scuole domenicali, 18 missionari stranieri e 43 «operai» nazionali. Nello stesso Congresso fu data notizia che in Venezuela c’erano 139 «membri effettivi», 719 iscritti alle scuole domenicali, 27 missionari stranieri e 11 «operai» nazionali. Cinquant’anni dopo si calcolava che
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ci fossero in Colombia duecentomila protestanti e un numero analogo in Venezuela”; |’aumento era notevole, anche se rappresentava rispettivamente solo 1’1% e 1’1,5% della popolazione complessiva. La crescita si registrava maggiormente nei ceti poveri e tra la classe media delle zone urbane. Tranne la Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti d’ America, al Congresso di Panama (1916) non era presente come missionaria in Colombia e in Venezuela nessun’altra denominazione che avesse radice nella Riforma protestante del secolo XVI. In Colombia pero arrivarono altre missioni «non tradizionali», come The Gospel Missionary Union (1901), la Alleanza Missionaria
Scandinava
(1918),
la Alleanza
Cristiana
e Mis-
sionaria (1923) e The Interamerican Mission (1945). In Venezuela, oltre ai presbiteriani, esistevano nel 1945 altri cinque gruppi protestanti: gli «scandinavi» (Libera Chiesa Evangelica e Missione Scandinava); la Orinoco River Mission; i Plymouth Brethren (noti come «Chiesa della Sana Dottrina»); i pentecostali e le Assemblee di Dio. Col ritorno dei conservatori al potere nel 1946, in Colombia ebbe inizio una persecuzione politico-ecclesiastica contro il protestantesimo, tacciato di movimento separatista e antipatriottico che attentava all’unita religiosa del paese e apriva la strada al diffondersi di sistemi estranei che col tempo avrebbero distrutto la nazione. Secondo la Confederazione evangelica della Colombia, nel decennio 1949-1959 ben 116 persone furono assassinate a motivo del loro credo protestante, 270 scuole vennero chiuse per ordine del governo o in seguito a violenze, e 60 chiese distrutte”’. Col Vaticano II arrivd anche l’ecumenismo, sia pure a passi timidi e cauti. Il pericolo per l’egemonia religiosa della Chiesa cattolica non viene dalle «Chiese storiche» protestanti, che proiettano ancora l’immagine di una sottocultura religiosa straniera, estranea al passato nazionale e caratterizzata dalla «disoccupazione sociale» (disimpegno nei riguardi dei problemi sociali) e dagli ideali della classe media conservatrice nordamericana. La sfida — anche per le Chiese protestanti — viene dalle 22 Cfr. CEHILA, 0.c., pp. 591 e593.
3 Cfr. J. Goff, The persecution of protestant christians in Colombia: 1948-1958, CIDOC, Cuernavaca (Messico) 1968. Il libro di Goff costituisce per la Confederazione evangelica della Colombia la storia ufficiale di cid che é accaduto. II principale rappresentante della versione cattolica é stato E. Ospina, s.j., Las sectas protestantes en Colombia, Imprenta Nacional, Bogota 1955.
La Chiesa in Colombia e in Venezuela
509
numerose sétte e gruppi pentecostali che si sono «creolizzati» registrando una crescita esponenziale tra i settori pil svantaggiati della popolazione. Si calcola che la maggior parte (75%?) della popolazione protestante sia attualmente da assegnare a tali sétte, anche se la loro storia con le sue conseguenze € ancora tutta da scrivere. Questo tipo di protestantesimo — avulso dalle sue antiche radici e dal progetto di riforma intellettuale e morale dei protestantesimi liberali del secolo scorso — sembra si stia trasformando in un millenarismo analfabeta per emarginati e oppressi.
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LA CHIESA IN PERU, ECUADOR E BOLIVIA
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Jeffrey Klaiber
Introduzione
La maggior parte della catena delle Ande si estende nelle tre attigue repubbliche del Peri, Bolivia ed Ecuador. Il Peri é stato il centro dell’impero Inca e sotto il dominio spagnolo il vicereame del Peru includeva tutto il sud America escluso il Brasile portoghese. Dalla valle di Cuzco nel XIII secolo gli inca si diffusero nel Peru meridionale e costituirono un vasto impero che si estendeva dall’Ecuador settentrionale al Cile centrale. L’impero assimild una moltitudine di culture e di lingue differenti, molte delle quali sopravvivono fino ad oggi. Gli inca imposero la loro lingua quechua ai sudditi conquistati dando cosi unita linguistica a quella regione del sud America. Sotto il dominio spagnolo la Bolivia, conosciuta allora come «Charcas» o «Pert superiore», e l’Ecuador erano ambedue audiencias, cioé giurisdizioni regionali sotto il viceré di Lima. Charcas fu separato dal Pert nel 1776 per divenire parte del vicereame di El Rio de la Plata (Argentina e paesi confinanti) e nel 1825 divenne una nazione indipendente che prese il nome da Simon Bolivar, il «Liberatore». Quando il Perti conquistd la sua indipendenza nel 1821, I’Ecuador fu incorporato nella Grande Colombia ma si rese indipendente nel 1830. Dati questi comuni legami storici, etnici e geografici, le tre repubbliche formano una unita naturale. Il Pert, con una superficie di 1.285.215 km2, aveva nel
1987 una popolazione di 20.727.000 abitanti. Quasi il 40%
della popolazione parla il quechua, mentre la maggior parte dei rimanenti sono bianchi di lingua spagnola, o «meticci» (figli di indios e di bianchi). C’é anche una parte di popolazione di razza nera e asiatica. L’Ecuador, pit a nord, é molto
pit piccolo, con un territorio di 283.561 km? e una popola-
zione (nel 1986) di 9.647.000 abitanti. Al tempo della conquista inca, nella regione settentrionale dell’impero, c’erano solo
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piccoli, sperduti gruppi di indigeni. La capitale dell’Ecuador, Quito, fu fondata dagli spagnoli nel 1534. La Bolivia, unita al Pert da un grande e aspro altopiano e con un comune confine al centro del lago Titicaca, é stata la patria ancestrale degli indios di lingua aymara che ancora oggi, in entrambi i paesi, abitano la regione attorno al lago. La Bolivia che fu anche il centro dell’impero pre-inca di Tiahuanaco, ha una superficie di 1.098.581 km* e una popolazione (1987) di 6.547.000 abitanti. Francisco Pizarro rovescid l’impero inca nel 1531 e poco dopo gli spagnoli imposero la cultura europea ai loro sudditi andini. L’impatto biologico della conquista fu devastante: a distanza di un secolo dall’arrivo degli europei, la popolazione india dell’ex-impero inca scese da circa 7-8 milioni a 600.000. Sotto il regime degli encomenderos gli indios furono costretti a lavorare nelle ricche miniere di oro e di argento del Peri centrale e superiore. Quando nel 1569 giunse il viceré Francisco Toledo, gli indios furono trasferiti nelle reducciones, piccoli villaggi, al fine di proteggerli da ulteriori sfruttamenti indiscriminati e per accelerare il loro processo di evangelizza-
zione.
1. L’evangelizzazione La prima fase dell’evangelizzazione fu piuttosto sporadica. I conquistatori e gli encomenderos imposero il battesimo agli indios, senza una previa adeguata preparazione. I primi missionari, francescani, domenicani, agostiniani e mercedari senza distinzione ricorsero alle conversioni in massa. Nel 1537 Cuzco fu eretta prima diocesi di tutto il sud America. Nel 1541 Lima divenne arcidiocesi metropolitana dalla quale dipendevano tutte le altre diocesi del Sudamerica spagnolo. Primo arcivescovo fu il domenicano Jeronimo de Loayza. Quito fu eretta diocesi nel 1545 e nel 1552 lo fu La Plata (Chuquisaca, l’odierna Sucre in Bolivia). Verso la fine dell’epoca coloniale nel Peru c’erano una arcidiocesi (Lima) e cinque diocesi; nel Charcas (Bolivia), una arcidiocesi (La Plata) e due diocesi; e in Ecuador, due diocesi (Quito e Cuenca). In tutti gli insediamenti di una certa importanza gli ordini religiosi fondarono universita, seminari, ospedali e scuole superiori. L’arrivo di Toledo e dei gesuiti (1568) segno I’inizio di una seconda fase dell’evangelizzazione. I gesuiti fondarono missioni pilota a Juli, vicino al lago Titicaca e il provinciale dei gesuiti, José de Acosta, promosse uno studio pil approfondi-
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to delle culture e delle lingue indie. Ma il grande organizzatore della chiesa fu Toribio de Mogrovejo, del clero secolare, che giunse nel 1581 come secondo arcivescovo di Lima. Toribio convocd il II Concilio di Lima (1582-1583) in cui vennero promulgate le norme per l’evangelizzazione degli indios secondo metodi molto pit sensibili alle loro culture. I sacerdoti nelle doctrinas, le parrocchie degli indios, erano obbligati a imparare le lingue indigene. Un secolo pit tardi, Alonso de la Peiia y Montenegro, vescovo di Quito, pubblicd un famoso lavoro, Itinerario para Padrrocos de Indios («Vademecum per i parroci degli indios») che rafforzd la visione missionaria di Toribio (il quale per i suoi lunghi viaggi attraverso il Peru per battezzare e cresimare gli indios fu canonizzato nel 1726). L’Inquisizione fu istituita ufficialmente a Lima nel 1569, ma gli indios furono esentati dalla sua giurisdizione. A causa di questa limitazione e per l’assenza di ebrei e di protestanti, ’Inquisizione di Lima dedicd la maggior parte delle sue energie a problemi di pubblica moralita. Verso la fine del dominio coloniale la sua attenzione fu rivolta ai creoli, ai sacerdoti e ai laici accusati di slealta verso la corona. I gesuiti furono i principali incaricati di sorvegliare l’ortodossia degli indios.
Nelle numerose campagne condotte contro l’idolatria furono
distrutti migliaia di idoli e di mummie. Nelle doctrinas la nuova fede si consolidd. La messa domenicale divenne il punto centrale nella vita degli indios che impararono a memoria il catechismo, pubblicato in spagnolo, quechua e aymara su indicazione del III Concilio di Lima. Inoltre molte verita del cristianesimo venivano insegnate mediante rappresentazioni bibliche e morali che gli stessi indios mettevano in scena. Essi svolsero anche una gran varieta di compiti come cantori, sacrestani, catechisti e delegati del parroco. Ma il concilio di Lima proibi loro di diventare sacerdoti (proibizione revocata pit tardi durante l’epoca coloniale). Benché l’educazione ufficiale fosse riservata alle popolazioni spagnole e creole, ci furono alcune eccezioni degne di nota. Il francescano fiammingo, Jodoco Ricke, fondd a Quito una scuola per gli indios che ebbe vita breve e i gesuiti, a Lima e a Cuzco, aprirono scuole per i figli dei caciques (capi trib indios). Tupac Amaru, che guidd la grande ribellione india nel 1780, era il pit famoso diplomato alla scuola di Cuzco. Il cronista indio del XVI secolo Philip Huaman Poma de Ayala, che lavord come catechista, scrisse diffusamente criticando il duro trattamento che alcuni sacerdoti delle doctrinas riservavano ai neofiti. Egli propose anche metodi di evangelizzazione piii umani e citd spesso l’esempio dei gesuiti.
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Verso la meta del XVII secolo il processo di evangelizzazione era formalmente completato. Le campagne anti-idolatriche erano terminate e ovunque gli indios professavano il cattolicesimo. Ciononostante essi agirono in modo da assimilare il cattolicesimo spagnolo nella misura che rispondeva alle loro necessita. Il cattolicesimo andino fece un amalgama di festivita comunitarie e rassegnazione stoica, ossequio verso la Pachamama (Grande Madre Terra) e profonda devozione alla Vergine Maria, a Cristo e ai santi, libagioni rituali (e collettive) ai funerali e una sentita e devota partecipazione alle liturgie. Nonostante i suoi difetti, la religione pervase la vita quotidiana degli abitanti delle Ande. Una delle pit importanti espressioni di questo cattolicesimo popolare andino sono i pellegrinaggi ai grandi santuari regionali, come quello di Nostra Signora di Copacabana, sul lago Titicaca. Nel 1583 un indio, Francisco Tito Yupanqui, scolpi la statua divenuta poi il centro di questa devozione. Gli schiavi neri, importati per lavorare nelle piantagioni costiere di canna da zucchero, diedero vita al loro miscuglio di religiosita «creola» (collegata alla cultura degli spagnoli nati in America) e africana. Nel 1641, uno schiavo anonimo dipinse un’immagine di Cristo crocifisso su un muro nel quartiere nero di Lima. I] muro rimase in piedi nonostante un violento terremoto e poco dopo una riproduzione dell’ originale fu portata in processione. Il «Signore dei Miracoli», come era conosciuto, si affermd in breve tempo come la principale devozione dei neri e, in seguito, di tutti gli strati sociali di Lima. Sul finire del XX secolo é divenuta la pitt popolare devozione di tutto il Pert. 2. L’eta barocca Nel XVII secolo, che corrisponde approssimativamente alla «eta barocca», il Peri era diventato una societa fortemente stratificata. Al vertice c’erano gli spagnoli, poi i creoli seguiti dai meticci, gli indios e i neri. Uno strumento essenziale all’evangelizzazione furono le confraternite. Quasi tutti, secondo il loro ceto, classe sociale e razza, appartenevano a queste associazioni di laici. C’erano molti santi. Nel Pert i pit’ famosi furono Rosa da Lima (1586-1617), figlia di genitori spagnoli, e Martino di Porres (1579-1639), un mulatto che si segnald a
Lima per i suoi atti di carita. Nelle foreste dell’altro versante
delle Ande, i gesuiti nella regione settentrionale dell’ Amazzonia, detta «Mainas», e i francescani nel sud, organizzarono
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missioni tra le molte culture indie che esistono ancora. Questi due ordini operavano anche tra gli indios della Bolivia orientale. 5
3. Tupac Amaru e l’indipendenza Nel Pert l’assolutismo borbonico toccé l’apice con il viceré Amat y Junient (1759-1788). Amat esegui l’ordine di espulsione dei gesuiti (1767) che erano circa 503. Ma gia molto tempo prima di quella crisi, la Corona aveva dovuto affrontare una crescente resistenza ai suoi programmi di riforma degli ordini religiosi. Per esempio, nel 1680, per arginare la crescente influenza creola nella Chiesa, la Spagna aveva imposto la «alternanza» ai francescani di Lima. Con questa norma, in ogni ordine religioso, il successore di un superiore creolo doveva necessariamente essere uno spagnolo. Gli ordini, che rivelavano molte delle mancanze della Chiesa medievale europea — eccesso di membri non idonei, grandi proprieta terriere, condotta riprovevole — certamente avevano bisogno di essere riformati. Ma la politica aggressiva della Corona servi unicamente ad esacerbare le tensioni tra spagnoli e creoli. Il secolo XVIII fu testimone di una serie di ribellioni di creoli e di indios in parte causate dalle riforme dei Borboni. Nel 1742, un meticcio di nome Juan Santos Atahualpa guidd in aperta ribellione le tribt indie nella regione orientale della foresta vicino a Tarma. In questo classico movimento messianico simboli cristiani si mescolarono a quelli pagani. Juan Santos usd la croce come simbolo di resistenza e rivendicd la creazione di un clero indio. Questo movimento fu stroncato nel 1756. La rivoluzione di Tupac Amaru del 1780 rappresento per la potenza spagnola un pericolo molto maggiore. José Gabriel Condrocanqui era un indio della nobilta inca che aveva studiato alla scuola dei gesuiti di Cuzco per i figli dei caciques. Il suo movimento, molto ben programmato e che interessO l’intera area a sud di Cuzco, si proponeva la creazione di uno stato cristiano inca. José Gabriel assunse il titolo di «Tupac Amaru II», in onore di Tupac Amaru, l’ultimo re inca, decapitato dal viceré Toledo nel 1572. Nel maggio 1781 la rivoluzione fu repressa nel sangue da un’armata inviata dalla Spagna. Tupac Amaru dimostrd la sua formazione biblica paragonando la sua sollevazione alla fuga dei figli di Israele e con Davide che si misurava con Golia. Anche sua moglie, Micaela Bastidas, era cristiana praticante che ricorreva spesso al consiglio dei sacerdoti.
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Questa rivoluzione segno I’eclissi del potere spagnolo in Pert. Benché il vescovo di Cuzco, Juan Manuel Moscoso, avesse scomunicato Tupac Amaru, si sapeva che molti sacerdoti creoli simpatizzavano per I’indio ribelle. Quando Napoleone invase la Spagna, il Peru, come il resto dell?America spagnola, proclamo la sua fedelta a Ferdinando VII durante la sua prigionia. Ma questa lealta iniziale presto lascid il passo a una totale ribellione in favore dell’indipendenza. Gli ecclesiastici ebbero un ruolo predominante in tutto il movimento. In generale, con poche notevoli eccezioni, la gerarchia condanno la ribellione mentre il clero creolo, che costituiva la maggioranza del basso clero, sostenne vigorosamente questa causa. Nel 1812, il vescovo di Quito, José Cuero y Caicedo, benché riluttante, fu eletto presidente di una Junta (comitato direttivo ad hoc) che reclamava la separazione dalla Spagna. Nel 1814, il vescovo creolo José Pérez Armendariz, diede il suo appoggio a un movimento di indipendenza che aveva scosso il Peri meridionale. Quando l’esercito da Cuzco raggiunse Arequipa, un sacerdote creolo, Mariano José de Arce, rivendicd una completa rottura con la Spagna, mentre un altro ecclesiastico, Ildefonso Mufiuecas, guidd un’armata verso il Peru settentrionale. Quando il generale José de San Martin, nel luglio 1821, proclamd l’indipendenza del Peru, il clero creolo e qualche sacerdote spagnolo inneggiarono alla notizia. Molti sacerdoti furono eletti nella prima assemblea costi-
tuente,
1822-1823.
Il patriota venezuelano Simon Bolivar sconfisse le ultime armate spagnole dell’ America del sud nelle pianure di Ayacucho: nel dicembre 1824 ma, nonostante gli sforzi del «Liberatore» di tenere unite in una sola confederazione le cinque repubbliche (Venezuela, Colombia, Ecuador, Pert e Bolivia), ogni regione scelse l’indipendenza nazionale: il Pert nel 1821, la Bolivia nel 1825 e l’Ecuador nel 1830. 4. Le crisi del XIX
secolo
La Chiesa usci dalle guerre d’indipendenza relativamente illesa. Le nuove repubbliche proclamarono la Chiesa cattolica Chiesa di Stato ed esclusero tutte le altre religioni. Ciononostante, i liberali che assunsero il potere cercarono di controllare la Chiesa e di ridurne i privilegi. I governi del Pert e della Bolivia decretarono la soppressione di molti monasteri e la fine di molti ordini religiosi e, nel 1856, il congresso peruviano approvo la fine del sostentamento statale a favore della
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Chiesa, ad eccezione dell’onorario ai vescovi. In Bolivia il liberalismo raggiunse l’apice nei primi anni del XX secolo quando fu garantita a tutti la liberta di religione (1901) e fu confiscata la proprieta della Chiesa. L’Ecuador forni un classico esempio della lotta tra liberali e cattolici nel contrasto tra Garcia Moreno e Eloy Alfaro. Gabriel Garcia Moreno, presidente dell’Ecuador tra il 1860 e il 1875, tentd di creare uno Stato cattolico quasi teocratico che culmino nella consacrazione della nazione al Sacro Cuore, nel 1874. Nonostante avesse promosso anche programmi di sviluppo sociale, egli fu assassinato nel 1875 da un liberale anticlericale. Nel 1895, il generale Eloy Alfaro mise in atto una completa rivoluzione liberale e si sforzO di annullare tutti i provvedimenti adottati da Garcia Moreno, arrivando a celebrare la «sconsacrazione» dell’Ecuador dal Sacro Cuore. Molti sacerdoti furono espulsi e l’educazione laicizzata. Fu nel 1937 che Chiesa e Stato in Ecuador normalizzarono finalmente le loro relazioni. Il Peru evitd la maggior parte di queste tensioni nonostante la tradizione liberale sia continuata fin verso la meta del XX secolo, specialmente nel partito Aprista. La Chiesa fronteggid I’attacco liberale in molti modi: con un maggior appoggio sul papato, con l’invito a nuovi ordini religiosi provenienti dall’Europa a fondare scuole o a fare opera missionaria nella foresta e con l’aperto sostegno ai gruppi conservatori. Come nel resto dell’America Latina, le Chiese in queste repubbliche andine acquisirono un’identita spiccatamente romana a spese del loro peculiare carattere latinoamericano. I nuovi vescovi nominati da Roma tendevano a dare grande importanza a problemi tipicamente europei come i pericoli della massoneria e del liberalismo, ma trascurarono le realta indie dei loro paesi. I religiosi europei che arrivavano, come i gesuiti, i padri e le suore del Sacro Cuore, i fratelli delle scuole cristiane, ecc. aprirono scuole che furono apprezzate dalle classi medie e alte. La Chiesa tuttavia non riusci a superare una grande crisi: la crescente mancanza di preti, fenomeno pit: notevole nelle aree a maggioranza di popolazione india. Senza il sostegno dello Stato, la carriera ecclesiastica divenne molto meno interessante per i giovani attirati dalle nuove possibilita che si aprivano con l’entrata dell’America Latina nei mercati capitalistici mondiali, specialmente dopo il 1850. Inoltre, con le sue campagne antiliberali la Chiesa acquisi, in modo sempre crescente, un’immagine conservatrice. Infine, la cultura degli indios era cosi diversa da rendere molto difficile il loro inseri-
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mento nei seminari di stile occidentale (e romano) dell’ America Latina. Negli ultimi otto anni di questo secolo il clero del Peru e della Bolivia era composto, quasi per il 60%, da missionari nati all’estero; in Ecuador questa percentuale era del 30%. Malgrado queste sconfitte della Chiesa ufficiale, il cattolicesimo popolare, in gran parte non toccato dal liberalismo, continud a prosperare. Nelle numerose rivolte contadine del XIX secolo, per esempio, i capi indios non manifestarono alcuna animosita verso la religione e la Chiesa. Nel 1885, a Huaraz, citta delle Ande peruviane settentrionali, un capo contadino, Pedro Pablo Atusparia, capeggié una delle pit significative rivolte contro gli abusi dei latifondisti e delle autorita governative. Egli celebro la sua vittoria iniziale con una messa di ringraziamento e un sacerdote era il suo rappresentante presso le truppe governative. Atusparia fu sconfitto ma piu tardi graziato dal governo centrale.
5. Populismo e rivoluzione Nel 1924, Victor Raul Haya de la Torre fondo il partito Aprista che, per anni, divenne una forza di maggioranza nella politica peruviana. Quello che nella storia del Pert fu il primo partito di massa dei lavoratori e delle classi medie, fu proscritto e perseguitato negli anni ’30, ’40, ’50. Molti giovani peruviani, per la mancanza di una Chiesa sensibilizzata socialmente, trasferirono i loro sentimenti religiosi nel movimento Aprista e nel carismatico Haya de la Torre. Il grido di un militante aprista ucciso nel 1932: «Possa Dio salvare la mia anima e |’ApRA da solo salvera il Peru!», rivela il potenziale esplosivo di politica e religione che c’era nel nuovo risveglio politico delle classi popolari. L’altro fondatore della sinistra peruviana fu José Carlos Mariategui la cui opera Siete ensayos de interpretacién de la realidad peruana (Sette Saggi d’Interpretazione della Realta Peruviana) del 1928, divenne un classico del pensiero marxista latinoamericano: egli ammiro |’istinto religioso dell’uomo e sogno un socialismo latinoamericano che avrebbe dovuto scaturire dalla profonda fede religiosa degli operai e dei contadini. Tuttavia, unico movimento populista andino che sali al potere e portd a compimento
una
rivoluzione
sociale,
fu il Movimento
Nazionali-
sta Rivoluzionario di Victor Paz Estenssoro, in Bolivia, nel 1952. La principale risposta della Chiesa a questi movimenti fu
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la creazione dell’Azione Cattolica, che prese a modello ]’Azione Cattolica Italiana. Essa formd una nuova coscienza lai‘ca militante e produsse una presa di coscienza della dottrina sociale della Chiesa. Molti precursori della Chiesa postconciliare si formarono in questi anni. I] vescovo di Cajamarca, José Dammert (dal 1962), negli anni ’40, fu consigliere di un gruppo cattolico guidato da Gustavo Gutiérrez, studente di medicina all’universita statale di San Marcos a Lima. Inoltre, uscirono dall’Azione Cattolica molti dei fondatori dei partiti democratici cristiani. Altri leaders cattolici degli anni ’30 e ’40, cercarono tuttavia di creare una nuova cristianita ispirata
allo Stato corporativo medievale. Le due guide intellettuali cattoliche degli anni ’30, nel Peru, furono Victor Andrés Belaunde, che propugnava una specie di «Democrazia Cristiana», e José de la Riva-Agiiero, il quale sosteneva uno Stato autoritario fondato sui valori spagnoli. L’universita cattolica del Peru, fondata nel 1917, divenne un centro della rinascita cattolica.
6. La Chiesa dei poveri In un tempo relativamente breve le Chiese conservatrici e,
a volte,
letargiche
del Peru,
Ecuador
e Bolivia,
si trasforma-
rono in modelli di Chiesa socialmente progressista e pastoralmente in sintonia con i bisogni pid profondi delle classi pit umili. Con il cardinale Juan Landazuri Ricketts, arcivescovo di Lima dal 1955 al 1990, la Chiesa peruviana guido il processo in atto. La presenza di religiosi provenienti dalle democrazie occidentali, specialmente dagli Stati Uniti, aiutd ad accelerare il processo di trasformazione. Il governo populista di Fernando Belaunde (1963-1968), prometteva di essere il modello per le politiche «desarrolliste» dell’Alleanza per il Progresso, ma i programmi di riforma di Belaunde fallirono e i militari, sotto il generale Juan Velasco Alvarado, presero il potere (1968-1975) e misero in moto significative trasformazioni sociali. Questa
rivoluzione detta delle «attese nascenti»,
ebbe il suo impatto anche sulla Chiesa. La conferenza eniscopale di Medellin, nel 1968, diede ulteriore impulso al desiderio di cambiamento. La pit significativa espressione del cambiamento fu la nascita delle teologia della liberazione e di un movimento popolare di base entro la Chiesa. Gustavo Gutiérrez (nato nel 1928), sacerdote diocesano di Lima, é tuttora assistente nazionale degli studenti cattolici ed é stato consigliere dei vesco-
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vi a Medellin. Il suo libro, Teologia della Liberazione, pubblicato la prima volta nel 1971, attird l’attenzione mondiale. Nel 1974, a Lima, p. Gutiérrez fonda il Centro Bartolomé de las Casas per promuovere un cambiamento nella Chiesa. L’universita cattolica organizza ogni anno un corso biblico che riunisce dai due ai tremila partecipanti, in maggioranza studenti, operai e contadini di ambo i sessi. P. Gutiérrez e altri teologi analizzano i temi biblici alla luce dei problemi sociali contemporanei. Per un certo tempo |’organizzazione di sacerdoti, conosciuta come «ONIS» (Ufficio Nazionale di Informazione Sociale) ha svolto un ruolo preminente nel chiedere riforme sociali. Alcuni vescovi hanno avuto una influenza notevole nel plasmare la nuova Chiesa: José Dammert di Cajamarca, Luis Bambarén, prima a Lima e pit tardi a Chimbote, German Schmitz, vescovo ausiliare di Lima e il cardinale Landazuri. Le grandi parrocchie nelle «giovani citta» (termine usato per indicare i popolosi insediamenti alle periferie delle citta) divennero centri di promozione dello sviluppo. La cosiddetta «Chiesa Andina Meridionale», a Cuzco e a Puno si é particolarmente distinta per il suo contributo alla riforma agraria e al miglioramento delle condizioni dei contadini. Il Centro Las Casas, a Cuzco, diretto dai domenicani e l’Istituto Pastorale Andino, a Sicuani, fondato dai vescovi, hanno decisamente influenzato la crescita di questa Chiesa popolare. Anche se la presenza del clero straniero é molto visibile, questo fatto é compensato da un aumento delle vocazioni peruviane e soprattutto dall’emergere di una Chiesa fatta di laici. In ogni diocesi progressista (il Peri ha ora 52 diocesi), ci sono numerosi catechisti, «animatori» o responsabili di comunita che svolgono il compito di coordinatori delle attivita religiose. La Bolivia ha in gran parte seguito la stessa strada del Peru. L’arcivescovo Jorge Manrique, di La Paz (1967-1987), e Julio Terrazas, vescovo di Oruro e presidente della Conferenza Episcopale Boliviana (dal 1988), per citarne solo due, aiutarono Ia Chiesa boliviana a trasformarsi in una delle Chiese socialmente pid progressiste dell’ America Latina. In numerose occasioni la Chiesa ha fatto da intermediaria tra il governo e i minatori (uno dei settori principali della forza lavorativa), anche se di solito ha fatto da portavoce dei secondi. I domenicani americani, nel 1964, fondarono I’Istituto Boliviano di Azione Sociale (IBEAS) per promuovere la ricerca di un cambiamento sociale. Un programma per la creazione di un dia-
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conato laico tra i contadini aymara ebbe grande successo. In tutte e tre le repubbliche le scuole per i poveri «Fede e Allegria», condotte dai gesuiti (nella sola Bolivia ce ne sono pil di 120) rappresentavano un importante settore dell’ educazione nazionale. In Ecuador, Leonidas Proafio (1954-1985) trasformo la diocesi agricola di montagna di Riobamba in un modello di Chiesa stile Vaticano II. Proafio fu al centro dell’attenzione mondiale quando, nel 1976, assieme ad altri 17 vescovi e ospiti invitati, fu arrestato dal governo militare con l’accusa di «sovversione». Sia lui che il card. Pablo Mufioz Vega (Quito) sostenevano le riforme agrarie. Le visite papali, la prima in Ecuador e Peru, nel 1985, e poi in Bolivia, nel 1988, diedero vita ai pit. grandi raduni popolari nella storia andina. Chiaro segno dell’ampia accoglien-
za di cui la Chiesa rinnovata gode tra i poveri. Ciononostan-
te, benché la stragrande maggioranza (dal 90 al 98%) della popolazione dei tre paesi si dichiari cattolica, soltanto una minoranza frequenta la chiesa in modo regolare. Molti praticano quello che é definito «cattolicesimo popolare», che comprende alcuni sacramenti, professioni, devozioni a santi particolari, ecc. Benché la Chiesa in questa regione non abbia dovuto affrontare, nei tempi recenti, una sistematica persecuzione da parte del governo, come in altri paesi latinoamericani, essa é stata vittima della violenza terroristica dell’estrema destra e dell’estrema sinistra. Nel 1980, a La Paz, il gesuita Luis Espinal é stato ucciso per le sue critiche ai militari. In Pert «Sendero Luminoso» ha sistematicamente distrutto tutti i progetti sociali della Chiesa e ucciso due sacerdoti.
7. Il protestantesimo Le statistiche sul numero dei protestanti nelle tre repubbliche andine variano dovunque dal 5 all’8% della popolazione. I primi protestanti furono piccoli gruppi di stranieri, principalmente inglesi giunti dopo l’indipendenza, dediti al commercio: Diego Thomson, mandato dalla Societa Biblica Britannica per l’Estero, distribui bibbie e verso il 1820 promosse in Pert e in Ecuador il sistema lancasteriano di educazione. Nel 1877 giunsero dagli Stati Uniti i primi missionari metodisti ma fu soltanto con l’arrivo di Francisco Penzotti, nel 1888, che i protestanti predicarono in pubblico. Penzotti, un italo-uruguayano, fu imprigionato ma in seguito rilasciato per le pressioni dei liberali. Il primo gruppo a lavorare tra gli
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indios fu quello degli avventisti nordamericani, giunti nel 1898. Essi aprirono numerose cliniche e scuole e si guadagnarono la generale ammirazione dei liberali e dei difensori degli indios. I primi missionari in Bolivia (1898) erano battisti canadesi. I] governo di Eloy Alfaro in Ecuador (1895-1911) accolse i missionari protestanti che giungevano specialmente dagli Stati Uniti. In Peru, il dottor MacKay, pastore presbiteriano scozzese, fondo a Lima la scuola anglo-peruviana e aiutd Haya de la Torre. Nel 1931, a Quito, fu fondata la «Voce delle Ande» che sarebbe diventata una delle pit potenti radiotrasmittenti in Sudamerica con programmi in quechua e altre lingue indie. Il protestantesimo comunque non fece notevoli progressi se non dopo la seconda guerra mondiale. I «Traduttori della Bibbia di Wycliffe» cominciarono a lavorare con le tribu della foresta in Peri nel 1945, in Ecuador nel 1953 e in Bolivia nel 1955. In seguito, nel 1953, i mennoniti cominciarono la loro opera nella regione del Chaco, in Bolivia. Negli anni ’60 avvennero contemporaneamente tre fatti che influenzarono profondamente il protestantesimo andino: il formarsi di leaders indigeni, il movimento ecumenico e l’improvviso sviluppo delle sette fondamentaliste e di altre nuove religioni. Per molti anni gli Avventisti del Settimo Giorno erano stati la maggiore denominazione protestante in tutti e tre i paesi. Ma attorno agli anni ’90 la percentuale maggiore di non cattolici 6 composta di pentecostali e di altri gruppi fondamentalisti. Le Chiese storiche, luterane, metodiste, presbiteriane e altre, strinsero pit! forti e reciproci rapporti ecumenici. Nel 1968, l’unione cristiano-evangelica della Bolivia si uni alla chiesa evangelica del Peri per formare una confederazione. Allo stesso tempo queste Chiese divennero molto pit inculturate. In Bolivia i metodisti e i quaccheri hanno promosso con grande successo la creazione di una Chiesa aymara. Infine le Chiese storiche hanno tutte stabilito rapporti ecumenici permanenti con la Chiesa cattolica in vista di un comune impegno per i diritti umani e per lo sviluppo sociale.
CRONOLOGIA 1531 - Pizarro conquista il Peru. 1537 - Cuzco é eretta prima diocesi del Sudamerica. 1568 - Arrivano i primi gesuiti.
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1569 - Il viceré Toledo comincia a raccogliere gli indios nelle reduc-
ciones.
1582-1583 Toribio de Mogrovejo presiede il III Concilio di Lima. 1609 - Cominciano le campagne anti-idolatriche. 1651 - Uno schiavo negro dipinge Il’immagine di Nostro Signore dei Miracoli. ° 1742 - Juan Santos Atahualpa capeggia una rivolta nella foresta. 1767 - Espulsione dei gesuiti. 1780 - Tupac Amaru II si mette a capo di una rivoluzione sociale. 1821 - Il generale San Martin dichiara l’indipendenza del Peru. 1825 - La Bolivia si dichiara indipendente. 1830 - L’Ecuador si stacca dalla Grande Colombia. 1890 - Francisco Penzotti é imprigionato per proselitismo. 1895 - Il generale Eloy Alfaro fonda in Ecuador un regime liberale. 1935 - In Pert si tiene il I Congresso Eucaristico Nazionale. 1952 - Rivoluzione Nazionale Boliviana. 1954 - Leonida Proafio é nominato vescovo di Lima. 1955 - Juan Landazuri Ricketts é nominato vescovo di Lima. 1968 - Gustavo Gutiérrez auspica una «teologia della liberazione».
1968 - Il generale Juan Velasco Alvarado inizia grandi riforme in Peru. 1980 - Il sacerdote gesuita Luis Espinal é assassinato a La Paz. 1985 - Papa Giovanni Paolo II visita Ecuador e Peru. 1988 - Il papa visita la Bolivia.
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LA CHIESA NEL CONO SUD (CILE, ARGENTINA, PARAGUAY E URUGUAY)
17.
Maximiliano Salinas C.
I, IL PROCESSO STORICO DELLA CHIESA IMPERIALE DALL’INIZIO FINO AL SUO DECLINO 1. La Chiesa imperiale, religione ufficiale della Corona spagnola Il cattolicesimo si stabili e si istituzionalizzo in maniera ufficiale attraverso la Chiesa imperiale, controllata e finanziata dalla Corona spagnola. Nel Cono sud I’inizio di questa ChieSa si articold in sei vescovadi dipendenti in un primo tempo dall’arcivescovo di Lima: Asuncién (1547), Santiago del Cile (1559), La Imperial o Concepcién del Cile (1561). Cérdoba del Tucumdan (1570), Buenos Aires (1617) e Salta in Argentina (1806). La Chiesa dovette far coincidere la funzione evangelizzatrice con la costituzione dell’ordine legale e amministrativo dell’Impero d’oltremare, al punto di imporsi come la pit forte istanza di controllo etico-politico della popolazione in generale. Quest’impresa, cosi ardua e contraddittoria insieme, fini per dare a tale Chiesa il suo profilo caratteristico in un curioso amalgama tra gli interessi di Dio e quelli di Cesare, tra lo Stato assoluto e l’assoluto di Dio. Nel Cono sud si distinsero vescovi di diversa levatura, a seconda degli interessi che facevano maggiormente valere. Il primo titolare di Tucuman, il domenicano Francisco de Vitoria (1582-1590) fu un pioniere del commercio tra El Rio de la Plata e il Brasile, e fece largamente uso dell’ Inquisizione. Un suo successore, Manuel Abad Illana, si distinse nel 1768 per aver preso le difese degli indios e denunciato lo stato di depravazione in cui vivevano i ricchi encomenderos che avevano dimenticato i loro obblighi verso la Corona. Le conseguenze disastrose dell’invasione spagnola tra gli indigeni del Cono
La Chiesa nel Cono Sud
529
sud (fame, malattie, sfruttamento all’eccesso) misero alla prova il senso della duplice fedelta a Dio e a Cesare, essendo quest’ultima vissuta in modo angosciante e con senso di colpa. Il vescovo di Santiago del Cile, il francescano Diego de Humanzoro (1662-1676) tormentato dall’oppressione di cui erano vittime i mapuches (araucani), e dalla propria responsabilita politico-religiosa, giunse alla fine a proclamare il giudizio avverso di Dio nei confronti dell’Impero spagnolo nelle
Indie. Questo
alto livello di coscienza tra i dirigenti della
Chiesa imperiale fu perd un’eccezione. Caratteristica del modello adottato, soprattutto al tempo delle guerre per l’indi-
pendenza
nel
secolo
XIX,
é stata
l’alleanza
di
interessi
tra
Dio e Cesare, com’ebbe a insistervi con evidente esagerazione sul finire del secolo XVIII il vescovo del Tucuman, fra José Antonio de San Alberto (nel suo Catecismo Real del 1786).
2. Il funzionamento della Chiesa imperiale e le sue forme tipiche di religiosita L’inizio ufficiale del cattolicesimo nel Cono sud si fondava sul presupposto che la salvezza cristiana dovesse necessariamente comportare il riconoscimento della civilita europea e la subordinazione ad essa da parte delle popolazioni native; supponeva pure il riconoscimento del valore dei suoi rappresentanti considerati come immagine di una cultura o religione superiore. Tale convinzione fu siglata dalle «apparizioni» miracolose della Vergine e dei Santi spagnoli che sconfiggevano gli indigeni, come san Biagio tra i guarani, o la Vergine e I’apostolo san Giacomo tra i mapuches; o dalle argomentazioni del teologo del III concilio di Lima, il gesuita José de Acosta (De procuranda indorum salute, 1576). Con un etnocentrismo ingenuo e commovente, la Chiesa tentd di convincere gli indigeni del dovere di sottomettersi simultaneamente a Dio e a Cesare. Fu quanto propose nella sua missione tra i pehuenches della cordigliera del Cile meridionale il francescano Pedro Angel de Espiiieira (1727-1778), vescovo di Concepcién. Quali risposte suscité questa proposta della Chiesa nel Cono sud? Si ebbero fondamentalmente due tipi di risposta tra loro contraddittori, che determinarono il buono o il cattivo funzionamento dell’istituzione di fronte alle popolazioni indigene. Tra i guarani del Paraguay e dell’Uruguay ci fu l’accet-
tazione
della tutela,
spagnola.
e quindi
Tra i mapuches
il riconoscimento,
del Cile meridionale
della Chiesa
ebbe
invece
530
Maximiliano Salinas C.
luogo l’insubordinazione e di conseguenza l’insuccesso della Chiesa. Tra i guarani la Chiesa funziond per mezzo delle riduzioni gesuitiche, che ebbero origine nel 1609 e che poterono sussistere fino al 1750 unicamente con l’appoggio della Corona spagnola. Nel periodo di maggior fioritura (1656-1750), le riduzioni espressero la speranza di armonizzare gli interessi di Dio con quelli di Cesare (difesa dell’impero e degli indios). Tale equilibrio venne a spezzarsi nel secolo XVIII, quando gli interessi di Cesare divennero predominanti fino a provocare Vespulsione dei gesuiti nel 1768. Pur di continuare a vivere sotto la «tutela gesuitica», i guarani promisero spontaneamente di aumentare la quota dei loro tributi alla Corona (Memorial del pueblo guarani de San Luis al gobernador Bucareli de Buenos Aires, 1768). Nel caso dei mapuches, la Chiesa non ottenne mai risultati degni di nota: l’alleanza di Dio con Cesare riusciva loro inintelligibile. Il piano dei gesuiti delle «reducciones» causd la rivolta del 1766. Ci furono missionari che ritennero i mapuches incapaci di entrare a fare parte della Chiesa (Antonio Maria Fanelli s.j., nel 1699). Uno dei missionari della Chiesa spagnola che pit si distinse in quelle regioni, Luis de Valdivia S.J. (1561-1642), cercd di legare l’evangelizzazione alla cessazione della guerra contro gli indigeni, ma i suoi tentativi furono infruttuosi. Al di 1a del suo buono o cattivo funzionamento, non v’é dubbio che la Chiesa forgid un tipo di religiosita sulla base dell’immaginario fondamentale dell’armonizzazione tra la causa di Dio e quella dell’Impero. Fu la religiosita barocca — austera, solenne e trionfale — a estendersi dall’Europa fino alle estremita australi del Nuovo Mondo (nel 1703 fu tradotta in guarani l’opera della Controriforma spagnola De la diferencia entre lo temporal y eterno, del gesuita J. E. Nieremberg). Un’ evangelizzazione legata al processo civilizzante/barbarizzante dello Stato spagnolo non poté evitare di esercitare la violenza sulle culture e religioni autoctone. I missionari introdussero tra i guarani la pratica delle frustate: ancora nel 1744 il IV sinodo di Concepcidn (Cile) decretava il castigo delle frustate agli indios che non assistevano alla catechesi. Il mondo post-tridentino delle sacre immagini si manifesto in tutto il suo rigoglio. Il regno di Dio poté esprimersi persino sotto le divise militari delle forze armate spagnole. Ecco alcuni versi raccolti a Jujuy (Argentina) agli inizi del secolo XX:
La Chiesa nel Cono Sud
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Cristo é il colonnello che avanza imponente e sergente maggiore é il patriarca san Giuseppe (...). San Tommaso d’Aquino avanza come alfiere (...). Marciano a suon di tamburo, con grancasse e con trombe (,..).
La Chiesa arrivo a forgiare nel Cono sud non solo una religiosita, ma tutto uno stile di vita: una cultura barocca che riproponeva i modelli europei. In campo intellettuale fu eretta, per esempio, l’universita di Cordoba, istituita come tale dalia Corona e dalla Santa Sede nel 1622, 0 il collegio gesuita di Santa Fé, dove venne educata un’importante élite coloniale del Rio de la Plata. In campo economico, la Chiesa fu un complesso di enormi proporzioni, proprietaria di aziende agro-pastorali, di mandrie bovine, di schiavi (nel 1767 la Compagnia di Gest: possedeva in Cile una quantita di beni che si avvicinavano ai due milioni di pesos: la pil’ importante ricchezza che sia mai potuta esistere in questa povera Capitania generale). 3. Il declino Il disgregarsi della dominazione spagnola nel Cono sud provoco la crisi istituzionale e teologica della Chiesa agli inizi del secolo XIX. Le Chiese locali rimasero acefale: i vescovi delle sei diocesi della regione furono deposti e anche esiliati per la loro condotta politica di fedelta alla Corona, com’era stato prescritto dalla Santa Sede. Furono mandati in esilio, tra gli altri, i prelati di Cordoba, Salta e Santiago del Cile (Orellana, Videla del Pino e Rodriguez Zorrilla). Anche molti sacerdoti furono cacciati dal paese. Cosi accadde nel 1810 con i francescani del Paraguay, e nel 1817 con gli ultimi missionari francescani di Chillan (Cile). La riforma della Chiesa intrapresa dai nuovi governi liberali lascid certe regioni praticamente senza clero regolare, come avvenne nella nuova repubblica dell’ Argentina con le riforme di Bernardino Rivadavia (1826). La rivoluzione compiuta con l’indipendenza mostro i limiti della Chiesa istituzionale; non mancarono infatti sacerdoti, e naturalmente nemmeno laici, che adottarono le idee rivoluzionarie (dei 29 firmatari nel 1816 dell’Atto di Indipendenza di Tucumdn, 16 erano sacerdoti). Un certo clero liberale o illuminato mise in questione le convinzioni etico-politiche della Chiesa mostrandosi critico nei confronti dell’Inquisizione o dell’intolleranza religiosa. Fu il caso di Juan Ignacio Gorriti (1767-1842) 0 di Camilo Henriquez (1769-1825), rispettiva-
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mente in Argentina e in Cile. In El Rio de la Plata la presenza di un clero rivoluzionario divenne palese con la partecipazione francescana al movimento gaucho capeggiato da José Gervasio Artigas (1764-1850). I cattolici che parteggiavano per |’indipendenza misero in discussione l’equivoco fondamentale della Chiesa: l’alleanza tra Dio e Cesare proclamata per secoli come incontrovertibile. Cosi mentre la rivoluzione era per i monarchici una sorta di diabolico complotto, per quanti erano in contrasto con la Chiesa essa era invece un’esperienza liberatrice: Dio abbandonava |’Impero per spingere alla rivolta i popoli americani e abbattere la Corona spagnola per le responsabilita che aveva avuto nel saccheggio coloniale (Lettera di mons. José Ignacio Cienfuegos al dirigente repubblicano Bernardo O’ Higgins, Valparaiso, Cile, 1822).
Il. NASCITA E SVILUPPO DEL CRISTIANESIMO POPOLARE Al di la delle sue intenzioni e della sua coscienza, la Chiesa funziond come un colossale meccanismo centralizzato e burocratico, che fini per non prendere mai sul serio l’identita e la cultura delle maggioranze popolari. Queste, nel loro variegato comporsi di indigeni, spagnoli poveri, neri, meticci, ecc., furono innanzi tutto oggetto di benevolenza o di repressione da parte del paternalismo della Chiesa. In mezzo a questa dominazione religiosa le maggioranze oppresse, rifiutandosi di essere semplice oggetto della pastorale della Chiesa, e sulla base delle proprie matrici culturali, diedero vita a forme di cristianesimo popolare ad esse appropriate, le quali si rivelarono espressioni profonde di evangelizzazione dei poveri.
1. La resistenza degli indigeni e dei neri di fronte alla Chiesa imperiale Nell’ambito della resistenza guarani ebbe particolare risalto nel 1579 il movimento di Oberd, un indigeno educato da un sacerdote cattolico. Si proclamd liberatore del suo popolo e incitd i suoi seguaci a delle danze sovversive che avrebbero sicuramente abbattuto l’ordine dell’Occidente. Nel secolo successivo il movimento del cacicco Yaguacaporo nel territo-
rio del Paraguay,
tra il 1635
e il 1637,
elesse vescovi e vicari
La Chiesa nel Cono Sud
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indios incitando i guarani a confederarsi contro i gesuiti (il folclore di quel popolo cred la figura di Peruri ma, un indigeno simbolo di protesta contro la tutela missionaria delle riduzioni). La resistenza mapuche alla Chiesa fu molto energica. Le ribellioni contro gli invasori bianchi furono contra ssegnate da proteste contro la Chiesa. Durante la sollevazione del 1598 gli indigeni «profanarono» pit di 50 chiese o cappel le e rinnegarono il proprio nome cristiano. Il materialismo contadino dei mapuches costitui una specie di sbarramento di fronte all’escatologia cattolica: gli antichi padroni della terra del Cile non accettarono l’inferno e immaginarono un cielo colmo di piaceri terreni (testimonianze del missionario F. J. Wolfwiesen nel 1742, e del vescovo Espifieira nel 1769). La resistenza dei neri alla Chiesa e alla teologi a imperiale fu anch’essa ncotevole e generalizzata. Alcuni missio nari che avevano cercato di evangelizzarli nel Cono sud non nascosero Vinutilita dei loro sforzi (Alonso de Ovalle S.j., secolo XVII). Nei processi inquisitoriali del secolo XVI si sono potuti accertare atteggiamenti di rifiuto da parte dei neri del Dio europeo e dei suoi rappresentanti.
2. L’influenza del cristianesimo popolare spagnolo La nascita del cristianesimo popolare nel Cono sud é da ricollegare all’influenza esercitata dal cristianesim o delle classi povere della Spagna che ripararono nel Nuovo Mondo per Sfuggire alla fame, alla miseria e allo sfruttamento di cui erano vittima nella penisola iberica. Ii cristianesimo popolare latinoamericano getta le sue radici nella religiosita di questa moltitudine di emargi nati e delinquenti, o «picaros», gli antieroi dell’Impero, che tuttavia diffusero la loro cultura e la loro fede a vantaggio dell’evangelizzazione dell’ America. Molte
volte,
pur andando
contro
le norme
e i valori dello
Stato e della Chiesa ufficiale — secondo i canoni della Controriforma il «picaro» era la figura del peccat ore —, la religione popolare ispanica trasfuse nelle Indie un vigoroso cristianesimo laico, festoso, giullaresco e anticle ricale (lungo quel versante folclorico tracciato a partire dal secolo XIV con Juan Ruiz e il suo Libro del Buen Amor fino al Lazarillo de Tormes, opera picaresca proibita nel secolo XVI). Questo cristianesimo getté immediate e profon de radici nelle classi popolari coloniali con i suoi tratti tipici che lo
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qualificavano come una religione non gia del potere, dell’Impero e della sua sacralita, bensi delle necessita fondamentali di uomini e donne, delle aspirazioni comuni ai poveri. Nel secolo XVI si trovano gia in Cile delle espressioni di questa religione popolare censurate dalla Chiesa ufficiale (Marcos Rodriguez, un argentiere di Santiago, si lamentd di Dio che.non faceva bene le cose, e Gonzalo Hernandez, un sarto di Con-
cepcidn, disse tranquillamente che credeva in Gest ma non in
san Paolo). Era la religiosita della gente comune, di emarginati e «picaros» che popolavano il Cono sud, diffidando e facendosi beffe di una Chiesa che con tutto il suo potere e la sua teologia non era poi all’altezza della dignita umana. Basandosi sul folclore spagnolo, in Argentina e in Cile, il cristianesimo popolare accentuo le proprie certezze:
Se il Santo Padre da Roma mi dicesse di non «fare l’amore» io gli direi di no anche se poi mi condannasse.
3. Una religione di oppressi e di emarginati Il cristianesimo popolare — indigeno, afroamericano, meticcio, ecc. — formd un arazzo sorprendente, tessuto come il rovescio della Chiesa ufficiale. Laico per antonomasia, queste cristianesimo generO con autonomia e liberta espressioni ritagliate su misura per i poveri e le loro culture: feste, devozioni, preghiere, poesie, leggende e atteggiamenti inconfondibili della gente emarginata, sfruttata, che scopriva Dio, Maria o i Santi come liberatori dei poveri. Nella zona di Salta (Argentina) si coltivarono le romanze, spesso di origine ispanica, che misero in luce la disgraziata condizione dei poveri, e l’impegno di Cristo per la loro causa (cfr. i canti popolari: Si un pobre llega a una casa, El rico no piensa en Dios, Senora yo he visto un nino, Salié un pobre una manana, ecc.). In questa religiosita i ricchi si rivelano ostili al Gest: dei poveri,
questi ultimi invece, per la loro soli-
darieta spontanea, sono ben voluti da Dio (cfr. la leggenda di Caa Yari, o dell’erba «mate», diffusa in Paraguay e in Argentina, che presenta Dio accanto agli oppressi). Col suo potere e con la sua ricchezza, la Chiesa apparve nel Cono sud agli occhi dei poveri come qualcosa di irritante che trasformava i sacerdoti in esseri sovrumani (o inumani?). In Argentina e in Cile fu popolare questa critica tipicamente «picara» alla Chiesa barocca:
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La Chiesa nel Cono Sud Il prete non sa arare, meno ancora in base alla sua giusta legge, miete la Trinita del cielo egli é la quarta ammassa beni, per il prete non c’é
attaccare un bue al giogo, ma senza aver seminato (..). Delpersona (...). Intasca denaro, cattiva annata (...).
Gli oppressi non trascurarono nemmeno di ricuperare certi tratti o personaggi della Chiesa ufficiale a partire da cid che loro interessava. Cosi capitd col francescano san Francisco Solano (1549-1616) del Tucuman, un missionario che non si era particolarmente interessato della condizione sociale degli indios. Una leggenda popolare volle invece che nell’assistere una volta a una cena di gente ricca, egli spezzasse un pane da cui comincio a stillare sangue, e pronunciasse queste profetiche parole: «Non posso mangiare a una mensa dove si mangia il pane impastato col sangue degli oppressi». Importanti manifestazioni del cristianesimo popolare si ebbero in luoghi di culto distanti dai centri di influenza della Chiesa istituzionale, e che risultavano quindi pit vincolati alla natura: vi si scopriva in particolare la forza e la devozione di Maria, la Madre di Dio, e la sua predilezione per il laicato povero (indigeni, neri, ecc.). Questo avvenne nei centri di pellegrinaggio di Andacollo (Cile, a partire dal 1584), Caacupé (Paraguay, dal 1603) o Lujan (Argentina, dal 1630), situati ai margini della religione e della cultura ufficiale dell’Impero (fino a che punto non ci sara stato li un riappropriarsi delle divinita americane della terra o dell’acqua, ecc.?).
Ill. IL. LOGORAMENTO DELL’ORDINE COLONIALE COINVOLGE LA CHIESA CONSERVATRICE 1. La Chiesa conservatrice, l’ordine neocoloniale e il progetto della Sede Romana A partire dalla seconda meta del secolo XVIII, il capitalismo ebbe in Occidente un impulso travolgente, che porto inesorabilmente alla crisi finanziaria e politica dell’Impero spagnolo e alla perdita delle sue colonie. La Chiesa istituzionale soccombette di fronte al costituirsi dei nuovi Stati indipendenti e all’influenza esercitata da un clero e un laicato liberali (in Argentina, per es., dal decano Gregorio Funes, 1749-
1829).
In tali condizioni, la Sede Romana
patrocino
— come un
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Maximiliano Salinas C.
modo di «salvaguardare» I’ordine cattolico nella regione — un vasto progetto di restaurazione ecclesiale a partire da papa Gregorio XVI. Dopo l’emancipazione, giunse nel Cono sud il primo rappresentante papale che fosse mai approdato in America Latina: l’arcivescovo Giovanni Muzi (1772-1849), che suscito vivaci polemiche. Espulso da Buenos Aires, ottenne tuttavia che fosse creato un Vicariato apostolico a Montevideo (1832). Dal punto di vista politico, Muzi non nascose le sue simpatie per la monarchia e il suo malessere di fronte alle tendenze «patriottiche» e liberali delle repubbliche del Cono sud. La Chiesa conservatrice si venne organizzando mediante un processo di disciplina e di gerarchizzazione delle Chiese locali nei riguardi di Roma: furono eretti arcivescovadi nelle quattro capitali degli Stati repubblicani (Santiago del Cile 1840, Buenos Aires 1865, Montevideo 1897 e Asuncién 1929), e moltiplicati i vescovadi. Solo nel 1925 Pio XI avrebbe creato 7 diocesi in Cile e nel 1934 13 diocesi per l’ Argentina. Le nuove autorita ecclesiastiche si segnalarono per |’energia con cui contrastarono le «moderne» tendenze ideologicoculturali emergenti nella societa neocoloniale: liberalismo, laicismo, socialismo. Mariano Medrano (1767-1851), vescovo di Buenos Aires nel 1832, si distinse per la sua opposizione alla riforma della Chiesa intrapresa da B. Rivadavia (1780-1845), il leader repubblicano influenzato da De Pradt e da H. Grégoire; Rafael V. Valdivieso (1804-1878), secondo arcivescovo di Santiago del Cile, criticd e censurd Francisco Bilbao (18231865), discepolo di Lamennais nel proprio paese. Agli inizi del secolo XX, due dei tredici arcivescovi presenti al concilio plenario latinoamericano di Roma (1899), Mariano Soler (1846-1908) di Montevideo, e Mariano Casanova (1833-1908) di Santiago del Cile, furono figure di spicco nel Cono sud per la loro fedelta a Roma e alla civilta cristiana occidentale. Alcuni prelati eccessivamente zelanti per Pordine sociale stabilito, a scapito della ricerca della giustizia sociale sempre pid precaria nella regione, mostrarono i limiti drammatici della Chiesa conservatrice.
Gregorio
Urbieta, vescovo
del Pa-
Taguay, appoggid nel 1863 la nuova pubblicazione di quel Catecismo real (composto nel secolo XVIII dal vescovo del Tucuman, José Antonio de San Alberto) che era una legittimazione religiosa delle dittature del suo paese. Mariano EspinoZa, arcivescovo di Buenos Aires (1900-1923) sciolse nel 1919 la Lega democratico-cristiana fondata nel 1902 dal sacerdote redentorista Friedrich Grote, paralizzando cosi l’azione sociale dei cattolici.
La Chiesa nel Cono Sud
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Uno dei vescovi pid insigni di questa Chiesa conservatrice nel Cono sud fu Juan Sinforiano Bogarin (1863-1949), primo arcivescovo di Asuncion. Prese parte al concilio plenario di Roma nel 1899, fu nemico dichiarato del laicismo, del protestantesimo e del comunismo. Preoccupato della questione sociale, fondo nel 1932 |’Azione cattolica del Paraguay. Alla sua morte, la Sede Romana lo elogid come il frutto pit prezioso dei 400 anni di vita della diocesi del Paraguay!
2. Le forme della religiosita La Chiesa conservatrice nacque dalla crisi della Chiesa imperiale e dell’ordine sociale cattolico coloniale, crisi viste come destabilizzazioni dell’ordine del mondo. Nel Cono sud si pud cogliere questa coscienza di crisi nei versi ripresi dalla tradizione orale di Santiago del Estero (Argentina): La religione é ormai alla do le passioni (...). Ah, non c’é pill corona (...). preti (...). La religione é
fine con virt e devozioni; alzano il griche terribile disgrazia! Non c’é piu re, Non ci son pil vescovi, non ci son piu ormai alla fine.
Le notevoli e il pit: delle volte ingiuste trasformazioni economiche e sociali operate dall’avanzata del capitalismo neocoloniale condussero la Chiesa cattolica a una sorta di religiosita della desolazione. La lotta liberale contro il potere accumulato dalla Chiesa durante la dominazione spagnola contribui a esasperare tali sentimenti religiosi incarnati nella figura di Gest Cristo e del sacro Cuore offeso («In questi tempi calamitosi [...] viene amareggiato {il sacro Cuore di Gesu] tutti i giorni, non solo con la dimenticanza, ma con ingiurie e attacchi ancor pit criminosi», Concilio plenario latinoamericano di Roma, 1899). Benché i nuovi Stati del Cono sud riconoscessero inizialmente il cattolicesimo come religione ufficiale delle repubbliche (Costituzioni politiche dell’Uruguay nel 1830, del Cile nel 1833, dell’Argentina nel 1853), le nuove situazioni storiche non tardarono a modificare il regime ereditato dalla colonizzazione (separazioni tra Stato e Chiesa in Uruguay nel 1917 e in Cile nel 1925; la fine dei regimi di Patronato in Argentina e in Paraguay nell’ultima parte del secolo XX). La Chiesa conservatrice tent di arrestare |’avanzata della cultura neocoloniale in modo generalmente indiscriminato con un atteggiamento di sottomissione alla Sede Romana e con la diffusione delle tesi del tradizionalismo spagnolo e francese. Nel Cono sud si formo al riguardo una élite con
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Mamerto Esquit (1826-1883), vescovo di Cérdoba (Argentina), la cui causa di beatificazione fu iniziata nel 1952; José Manuel Estrada (1842-1897), anch’egli argentino, lottd contro il liberalismo del presidente Roca; Francisco Bauza (18511899) e Juan Zorrilla de San Martin (1855-1931) in Uruguay; José Ignacio Victor Eyzaguirre (1817-1875), detto «il Balmes del Cile», e fondatore nel 1858 del Collegio Pio-latinoamericano di Roma per I’educazione del clero continentale. Benché in essa fossero accolte e trovassero determinate risposte le classi subalterne danneggiate dal processo neocoloniale, la religione conservatrice fu guidata da settori delle classi dominanti cattoliche del Cono sud. Nell’Uruguay del secolo XIX i «blancos», conservatori in lotta contro i «colorados», difesero sia il clero che gli allevatori di bestiame. L’Unione civica che si oppose alla separazione tra Chiesa e Stato nel 1917, era legata a settori dell’alta finanza. In Cile il partito conservatore e confessionale della Chiesa rappresento, tra il 1880 e il 1930, gli interessi dei grandi proprietari di terre e della borghesia cattolica. La religione conservatrice continud a essere, in forza della sua attivita sociale e simbolica, e come lo era stata la Chiesa imperiale, una religione dei potenti e del potere, un po’ sbiadito ma deciso a rifarsi un trucco nuovo (copid la pieta europea di Cristo Re, i congressi eucaristici, ecc.). L’architettura monumentale della Chiesa di quell’epoca ne fu una testimonianza importante: la basilica di Lujan (Argentina), costruita tra il 1887 e il 1935, con le torri che raggiungono i 106 metri d’altezza, i numerosi altari, cappelle, vetrate e campane portate dall’Europa, proprio non si adattava alla piccola e umile immagine della Vergine che nel secolo XVII era stata custodita da un nero.
3. Il logoramento Nonostante la sua aggressivita fino ai tempi del concilio Vaticano II, la Chiesa conservatrice comincid a perdere la sua influenza a causa dello stesso sviluppo storico dell’ordine neocoloniale. Le nuove tendenze sociali, culturali e religiose moderne — liberalismo, socialismo, Chiese evangeliche (metodisti e presbiteriani a partire dal secolo XIX, pentecostali dal secolo XX) — indebolirono il progetto restauratore cattolico nel Cono sud. Forse una delle forme pit tristi per mantenere il suo potere fu quella di cercare appoggio nello stesso ordine neo-
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coloniale e nelle sue espressioni fasciste. Cid avvenne con la copertura che la Chiesa conservatrice diede ai regimi militari di «sicurezza nazionale» nell’ultima parte del secolo XX, particolarmente in Argentina dove esisteva un’importante tradizione integrista. Da una prospettiva differente, e con una maggiore intuizione delle nuove condizioni storiche, altri settori della Chiesa cattolica seppero riconoscere le trasformazioni democratiche della regione. In Cile fu questa la posizione di prelati di ascendenza conservatrice, come Crescente Errdazuriz (18391931), arcivescovo di Santiago, in favore della separazione tra Stato e Chiesa nel 1925, e Manuel Larrain Errazuriz (19001966), vescovo di Talca, cugino del precedente, e fondatore della Conferenza episcopale latinoamericana (CELAM). Il logoramento ormai manifesto della Chiesa conservatrice precipitd dopo il concilio Vaticano II (1962-1965), dove le posizioni di questa Chiesa subirono un intralcio considerevole: molti dei suoi rappresentanti dovettero constatare che le loro aspirazioni erano state disattese (l’arcivescovo di Concepcion, che era anche rettore dell’ Universita cattolica del Cile, Alfredo Silva Santiago, 1894-1975, chiese inutilmente che il concilio emanasse una solenne condanna del comunismo). Come in tutto il continente, anche nel Cono sud sorse un movimento di sacerdoti e laici destinato a dar vita al «rinnovamento conciliare» che metteva radicalmente in discussione Videntita storica della Chiesa conservatrice. Nel 1965 scoppid il conflitto tra un gruppo di sacerdoti di Mendoza e l’arcivescovo Buteler (Argentina), e il conflitto tra gli studenti cattolici dell’Uruguay e il nunzio Forni. Dopo l’occupazione della cattedrale di Santiago del Cile nel 1968, si organizzd il movimento «Iglesia joven», alla ricerca di un collegamento tra Chiesa cattolica e lotte popolari. Sempre nel 1968 si tenne a Cérdoba (Argentina) il primo Incontro nazionale dei «sacerdoti per il Terzo Mondo», un gruppo che di li a poco sarebbe entrato in conflitto con l’episcopato e il governo militare del proprio paese (sulla critica alla Chiesa conservatrice da parte di questi movimenti di «rinnovamento conciliare» nella seconda meta degli anni sessanta, cfr. Ronaldo Mufioz, Nueva conciencia de la Iglesia en América Latina, Salamanca 1974). Una delle espressioni pit forti del declino della Chiesa conservatrice fu la comparsa di figure ecclesiali che, facendo proprio lo spirito del concilio Vaticano II e delle conferenze di Medellin (1968) e Puebla (1979) offrirono con la testimonianza della loro vita l’immagine di una Chiesa riformata:
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una Chiesa al servizio degli oppressi e incarnata nella loro storia. Le loro stesse esistenze segnarono (0 lasciarono presagire) la fine della Chiesa conservatrice. Fu il caso, tra gli altri, di due vescovi del Cono sud, nominati da papa Giovanni XXIII: Enrique Angelelli (1923-1976), vescovo a Cérdoba e a La Rioja (Argeritina) tra il 1961 e il 1976, ed Enrique Alvear (1916-1982), vescovo a Talca, San Felipe e Santiago (Cile) tra il 1963 e il 1982. Entrambi ebbero la lucidita e l’originalita di combattere l’ordine neocoloniale capitalista dal punto di vista della liberazione degli oppressi e di delineare i tratti salienti della nuova «Chiesa dei poveri» auspicata dal concilio Vaticano II (E. Angelelli fu assassinato a La Rioja il 4 agosto 1976).
IV. IL CRISTIANESIMO POPOLARE E LE SUE SFIDE 1. La critica religiosa dei poveri alla Chiesa conservatrice Con l’avvento della rivoluzione che porto all’indipendenza dall’Impero spagnolo, agli inizi del secolo XIX, la religione ufficiale (e clericale) cattolica fu costretta a un ripiegamento. Cid favori la critica del cristianesimo popolare nei confronti della Chiesa ufficiale dell’Impero. Nel 1814 il vescovo monarchico di Concepcién (Cile), Diego Antonio Navarro (17591827), si lamentava delle critiche del popolo contro il clero, la cui crisi istituzionale non faceva che aggravare in quel momento le critiche stesse. Un certo clima di «eresia» irruppe nella chiusa societa dell’estremo sud dell’ America Latina. Negh ambienti rurali, e pitt ancora in quelli urbani, sia per le tradizioni «picaresche» derivanti dal tempo coloniale, sia per le nuove influenze secolarizzanti, il progetto della Chiesa conservatrice fu sottoposto dai poveri a severa critica. Benché sia vero che in altri casi il popolo oppresso adottd i canoni conservatori, non mancd perd nemmeno allora il filone contestatore che li scherniva (in Cile il popolo diede il nome spregiativo di «bigotti» a coloro che adottarono tali canoni). La critica folclorica all’ordine clericale conservatore dilagd nel Cono sud dalle campagne e daile miniere fino alle citta e ai loro abitanti poveri. Preti e frati furono fatti passare per persone di malaugurio, una presenza funesta da neutralizzare
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con opportuni riti magici (cfr. Julio Vicufia Cifuentes, Mitos y supersticiones recogidos de la tradicidn oral chilena, Santiago 1915). Il clero conservatore, come una classe sociale privilegiata, che accampava i diritti parrocchiali o «di stola» per amministrare i sacramenti al popolo semplice, situato al margine delle classi lavoratrici, venne smascherato in denunce che qui citiamo prendendole dal folclore di Salta e di Jujuy (Argentina): Sposati, mi dice vuole i miei soldi to il prete, ma io si, faccia in modo
il prete, ma io non voglio sposarmi; se il prete si metta dunque a lavorare. Spdsati, mi ha detgli ho detto: no, vicario, se vuole che io mi spoche si sposi prima il commissario.
Una strofa popolare in Argentina e in Cile svela la complicita misteriosa esistente tra il clero conservatore e i ricchi: Nelle novene celebrate dai padri di san Francesco il povero paga le candele ma il miracolo é per il ricco.
Insieme alla critica contro il clero, simbolo della religione ufficiale, i poveri del Cono sud imboccarono la strada della sfrenatezza (e desacralizzazione), a carattere carnevalesco, delle credenze e degli obblighi della Chiesa cattolica seguendo i canoni della cultura comica popolare (inversioni, parodie, esagerazioni, ecc.): L’altra notte ho fatto un sogno che mi sembrava cosa da ridere, ho sognato che mi alzavo all’alba per andare a messa. Sono stato nel purgatorio e ho visto tutte le pene, e ho visto che per aver fatto l’amore nessun’anima si é dannata. Quando Cristo venne al mondo, da sud a nord e a ponente, lascid a pro dell’uomo vino, chicha* e acquavite. E Dio con la sua onnipotenza, e il suo cosi nobile cuore, il ricco lo mantiene ricco, e il povero lo mantiene
povero.
2. Festa e trasformazione del mondo Il cristianesimo popolare del Cono sud prese la forma di una tradizione festosa di trasformazione del mondo a partire dai pia piccoli e dai pit: dimenticati: le vittime dei sistemi di oppressione coloniale e neocoloniale. Potremmo domandarci fino a che punto i poveri non si siano identificati con una sorta di cristianesimo festoso e carnevalesco che sognava un mondo con posizioni capovolte in proprio favore. L’esperienza del carnevale — indubbiamente riprovata dalla Chiesa — fu * «Chicha»: bevanda alcolica sacra per i popoli andini.
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invece per i poveri un avvenimento di identificazione ed esaltazione religiosa (imparentato forse con le religioni cosmiche precolombiane, col culto alla Pachamama, ecc. ?). Molte feste cattoliche popolari, come quelle dedicate alla Vergine del Carmine, al Natale, ai Santi, alla Settimana Santa, alla Croce di maggio (invenzione della S. Croce), ecc., furono altrettante occasioni di festa carnevalesca o collocate in una prospettiva di trasformazione del mondo a partire dai piccoli della terra e dalle loro culture (si possono cosi comprendere riti «arcaici» popolari di trasformazione del mondo, quali sono i «roghi in cui viene bruciato Giuda», in contesti di critica sociale). Creando in un certo senso un’escatologia parallela a quella delle religioni ufficiali, il cristianesimo popolare del Cono sud modellé un universo celeste composto da una moltitudine di eroi-vittime, di poveri della loro storia: donne e uomini semplici canonizzati dalla tradizione degli oppressi (donne come «la difunta Correa» o «la Telesita» in Argentina, «la Marinita» in Cile, banditi sociali come «el gaucho Bairoletto» [1894-1941] 0 «el gaucho José Dolores» [1805-1858] in Argentina, ecc.). Nella regione non mancarono movimenti messianici degli oppressi, come quello di Jeronimo Solané, medicone e stregone chiamato «el Tata Dios», in Argentina nel secolo XIX. Perseguitato dai massoni, parlava con san Francesco, era capace di far piovere, annuncio una liberazione di prigionieri nel 1872, e il suo cavallo «Spirito Santo» lo trasportd in alto nei cieli. 3. Lesfide Di fronte al contemporaneo esasperarsi della dominazione neocoloniale, e al generalizzarsi delle relazioni sociali capitaliste e del sistema culturale borghese, che ne é del cristianesimo popolare? Rimane il fatto fondamentale che esso non scompare, né diminuisce la sua influenza. Puo darsi che le sue intuizioni derivino dai processi di lotta sociale degli oppressi, soprattutto da quelli che sono sotto l’influenza del protestantesimo (cfr. Christian Lalive, El refugio de las masas. Estudios socioldgicos del protestantismo chileno, Santiago 1968). E dal cristianesimo popolare che prendono ancora vigore le espressioni storiche ed é in esso che trovano appoggio spirituale le lotte sociali dei lavoratori. Nello stesso movimento operaio del secolo XX sorsero figure mistiche ispirate a un Cristo identificato con i poveri e con le loro lotte (in Cile si é imposto all’at-
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tenzione il caso del fondatore della Centrale unica dei lavoratori nel 1953, Clotario Blest 1899-1990). Il logoramento (e la crisi?) della Chiesa conservatrice nel Cono sud ha permesso,
a sua volta, l’esodo di operatori pastorali
verso gli ambienti popolari, incoraggiando nei poveri nuove esperienze religiose e sociali di liberazione. In Paraguay le Leghe agrarie cristiane, tra il 1960 e il 1976, manifestarono il vigore di un movimento sociale degli oppressi disposto ad affrontare i latifondisti e la stessa gerarchia cattolica. D’altro canto nel Cono sud le cosiddette «comunita cristiane di base» hanno cominciato ad aprire uno spazio dove i piccoli di questo mondo possano trovare un luogo dove far vivere le loro speranze, le loro lotte e le loro tradizioni popolari in nome di Gesu Cristo.
CRONOLOGIA Chiesa imperiale e cristianesimo popolare: epoca coloniale 1547 1561 1579 1584 1597 1603
-
Fondazione della diocesi di Asuncién (Paraguay). Fondazione della diocesi di Santiago (Cile). Movimento di Obera (Paraguay). Ha inizio la devozione indigena alla Vergine di Andacollo (Cile). I sinodo di Tucuman (Argentina). Ha inizio la devozione guarani alla Vergine di Caacupé (Para-
guay).
1609 - Hanno inizio le riduzioni dei gesuiti (Paraguay). 1619 - Fallimento della missione di L. de Valdivia in favore della pace con i mapuches (Cile). 1622 - Fondazione dell’ universita di Cérdoba (Argentina). 1635/1637 Movimento di Yaguaraporo: simboli cristiani guarani. 1656/1750 Periodo di maggior fioritura delle riduzioni dei gesuiti (PaTaguay). 1744 - Feste popolari cristiane a Concepcién (Cile): censurate dal vescovo Pedro F. de Azia. 1754-Fondazione del collegio di Propaganda Fide: francescani di
Chillan (Cile).
1766 - Rivolta mapuche (Cile) contro l’Impero ei gesuiti. 1786 - José Antonio de San Alberto (vescovo di Tucuman): «Catecismo Real»: dispotismo illuminato. 1818 - Battaglia di Maipu: fine del dominio spagnolo. II vescovo R. Orellana (Tucuman) ritorna in Spagna.
Chiesa conservatrice e cristianesimo popolare: epoca neocoloniale 1824 - Missione apostolica della Sede Romana: G. Muzi.
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Espulsione del vescovo J. S. Rodriguez Zorrilla (Cile). 1840/1850 Morte e miracolo de «la difunta Correa»: devozione popolare (Argentina). 1850-L’arcivescovo R. Valdivieso (Santiago del Cile) contro F. Bilbao, ’intellettuale romantico-sociale. 1865 - Creazione dell’arcidiocesi di Buenos Aires (Argentina). 1870/1880 Attivita del «Tata Dios» Jerénimo Solané, medicone e stregone (Argentina). 1910- «Oraciones, ensalmos y conjuros del pueblo chileno»: collezione folclorica di R. Laval (Cile). 1917 - Separazione tra Stato e Chiesa (Uruguay). 1919- L’arcivescovo M. Espinoza (Buenos Aires) scioglie la Lega democratica cristiana (Argentina). 1934- «Cancionero popular de Jujuy»: collezione folclorica di J. A. Carrizo (Argentina). 1951 - Devozione popolare a «la Telesita», proibita dal governo e dalla Chiesa (Argentina). 1960/1976 Lotta delle Leghe agrarie cristiane (Paraguay). 1965 - Il gesuita Renato Poblete pubblica «Crisis sacerdotal» (1 sacerdote ogni 2.783 cattolici) (Cile). 1968-1] sociologo Aldo Buntig dimostra come esista un abisso tra Chiesa e «fedeli» (Argentina). I Incontro nazionale «sacerdoti del Terzo Mondo» (Argentina). Occupazione della cattedrale di Santiago: movimento «Iglesia Joven» (Cile). 1976 - Assassinio del vescovo di La Rioja, Enrique Angelelli (Argentina). 1990- Morte di Clotario Best, dirigente operaio e mistico cristiano (1899-1990) (Cile).
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Paraguay e Uruguay) La Chiesa nel Cono Sud (Cile, Argentina,
parte
terza
LA CHIESA DI FRONTE A SFIDE PARTICOLARI
IL PROTESTANTESIMO IN AMERICA LATINA
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La storiografia latinoamericanista non si é quasi interessata del fenomeno religioso protestante. Predominano i racconti agiografici e apologetici degli operatori del movimento. Fondati su fonti esclusivamente protestanti, questi saggi, pit che un tentativo di interpretazione scientifica, sono testimonianze e documenti sul protestantesimo in quanto tale. Numerose tesi e opere prodotte nell’ambito di istituzioni teologiche protestanti non superano il circolo vizioso dell’analisi soggettiva e apologetica. Recentemente tuttavia qualche ricercatore audace ha tentato di comprendere il protestantesimo latinoamericano attraverso una storia sociale e politica, prendendo sul serio la presenza di autori protestanti in specifici avvenimenti politici e sociali. I] nostro sforzo va in questo senso. Dal nostro punto di vista il protestantesimo deve essere colto in quanto fatto sociale, partendo da una storia sociale che situa l’elemento religioso eterodosso nei suoi rapporti con la societa globale. Di qui l’importanza della ricerca di nuove fonti al di 1a di quelle protestanti stesse, fonti legate agli attori della societa civile e dello Stato con i quali il protestantesimo viene ad interagire. Questo ci ha spinto a leggere la presenza protestante in America Latina non solo come quella di un’organizzazione religiosa, ma prima di tutto come un fenomeno della societa, inserito nei rapporti della societa latinoamericana con la modernita, dalla colonizzazione portoghese e spagnola fino a oggi. Ricostruire la storia del protestantesimo ci ha permesso di cogliere la distanza attuale dei movimenti protestanti rispetto al loro passato e quindi di percepirne meglio i mutamenti. In altri termini il protestantesimo esiste come questione e come problema in seno a un ordine sociale e politico che non ha mai cessato di considerarlo come una pianta esotica, a dispetto dei sincretismi creati dallo stesso protestantesimo. Per questo |’analisi e lo studio di un’eterodossia religiosa, minoritaria e ai margini dello spazio della
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coscienza latinoamericana, sono una sfida e un incitamento a percepire i grandi problemi latinoamericani. La cultura religiosa minoritaria ci rinvia incessantemente alia globalita e viceversa. Per questo la nostra storia del protestantesimo non vuole parlare del solo protestantesimo, ma piuttosto di un fatto religioso che non pud non essere anche politico in un continente in cui la secolarizzazione della societa civile é poco pregnante. Dal protestantesimo coloniale ai nuovi movimenti religiosi protestanti contemporanei, Velemento religioso eterodosso e politico si sono trovati strettamente legati.
I. IL PROTESTANTESIMO COLONIALE (1492-1808) La riforma protestante europea e |’espansione coloniale della Spagna e del Portogallo in America Latina sono due eventi contemporanei. A questo riguardo, se € vero che lo sviluppo del protestantesimo in America Latina fu un fenomeno legato ai processi di secolarizzazione liberale del secolo XIX, la storia del protestantesimo nel continente inizia con la conquista lusitano-spagnola. Questo perché alle origini della conformazione degli spazi geopolitici coloniali il protestantesimo si pose come problema e sfida. Da una parte la Spagna fu il simbolo della Controriforma in Europa, e quindi ci sara |’eliminazione sistematica delle idee eterodosse in tutto lo spazio coloniale americano. Dall’altra, la lotta per ’egemonia marittima e commerciale sull’Atlantico ebbe una connotazione religiosa nella misura in cui nazioni cattoliche (Spagna e Portogallo) si confrontavano ostilmente con nazioni protestanti (soprattutto Paesi Bassi e Inghilterra). Alinterno degli spazi coloniali lusitano-spagnoli il protestantesimo fu quindi considerato come eresia che minacciava Vintegrita ideologica e politica di una composita unita sociopolitica, eretta sul modello della cristianita. La minaccia dell’eterodossia protestante si produsse a due livelli: all’interno dello spazio coloniale poiché potenzialmente sowversiva, in quanto suscettibile di essere adottata da eventuali op-
positori dell’ordine coloniale; all’esterno come religione del
nemico marittimo. E con questa duplice presenza della «questione protestante» alla periferia degli imperi coloniali lusitano-spagnoli e ai margini della coscienza coloniale che si gioca l’inizio di una storia del protestantesimo in America Latina.
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1. Protestantesimo coloniale periferico La presenza di imprese coloniali delle nazioni europee, in cui il protestantesimo aveva trionfato, si fece sentire molto presto nel continente americano. Cosi, fin dal 1528, alcuni minatori tedeschi della regione di Augsburg, da poco passata al luteranesimo, presero parte all’impresa dei Welser, banchieri di Carlo V, nel territorio dell’attuale Venezuela. Tuttavia la prima colonia protestante si identificd con l’effimera impresa ugonotta francese dell’ammiraglio Nicolas Durand de Villegaignon, che si impossesso nel 1555 dell’isola di Guanabara di fronte all’attuale Rio de Janeiro, isola chiamata «forte Coligny» dal nome del grande militare e politico ugonotto. In vista di un’eventuale espansione francese nel Nuovo Mondo, la colonia ugonotta ricevette l’appoggio di Calvino che vi invid tra l’altro il pastore ginevrino Jean de Léry la cui Histoire d’un voyage fait dans la terre du Brésil, pubblicata nel 1578, costituisce una preziosa testimonianza di un’avventura che ebbe fine nel 1560 quando i portoghesi riuscirono a respingere i francesi in mare. Durante i cinque anni di presenza ugonotta furono celebrati, secondo le norme calviniste, culti e altre funzioni religiose. Tuttavia, come ha osservato Michel de Certeau, «l’isola dei francesi», pil) che un centro missionario, fu una modalita esotica del Rifugio in cui molto rapidamente le polemiche religiose europee presero il sopravvento sulle solidarieta nazionali; questo avvenne proprio ai confini del Nuovo Mondo di cui Léry ci trasmette un primo resoconto etnologico pieno di meraviglia per la societa indigena Topinamba, da lui osservata durante i suoi soggiorni sulla «terra ferma». La Francia falli in tutti i suoi tentativi di insediamento nel Nuovo Mondo al di fuori di questa breve esperienza brasiliana. La presenza degli ugonotti francesi in Florida nel 15641565 fu dovuta a un errore di orientamento e solo nella baia di S. Lorenzo ci sara un insediamento stabile a partire dal secolo XVII. Fu in questo momento che i marinai olandesi alleati degli inglesi cominciarono a dominare i mari dopo la disfatta delVinvincibile armata spagnola (1598), ampliando le relazioni commerciali della nuova Repubblica delle Province Unite dei Paesi Bassi settentrionali, che aveva appena adottato il calvinismo come religione di Stato al sinodo di Dordrecht (1619). La Compagnia delle Indie occidentali, fondata nel 1621 allo scopo di promuovere gli interessi commerciali olandesi nell’Atlantico, organizzo diverse spedizioni il cui obiettivo era la
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conquista della costa nordorientale del Brasile, che sembrava facile togliere ai portoghesi. Dopo un primo precario tentativo a Bahia nel 1624 gli olandesi riuscirono a prendere Recife nel 1630 e poco dopo Olinda, assicurandosi cosi per 24 anni il controllo del Pernambuco e dominando nel 1641 ben 14 capitanie portoghesi del nordest brasiliano. L’impresa colonizzatrice olandese ebbe una forte componente religiosa nella mi-
sura in cui il calvinismo divenne la religione del Brasile olan-
dese, ma in un contesto di ampia tolleranza religiosa verso il giudaismo e il cattolicesimo, come gia in Olanda. La colonia si consolido nelle sue strutture politiche con l’arrivo nel 1537 del principe Jean Maurice de Nassau-Siegen. Questi, calvinista convinto, sostenne la creazione di una struttura religiosa sul modello di quella olandese. Durante 24 anni di colonizzazione olandese si organizzarono 22 chiese e congregazioni, tra cui le pil importanti furono quelle di Recife e di Olinda. Circa 50 pastori lavorarono nel corso di questi anni all’edificazione di una Chiesa riformata, il cui organo di gestione fu il concistoro con la celebrazione, tra il 1636 e il 1648, di 19 riunioni del presbiterio e di 4 sinodi, tutti nella citta di Recife, centro politico della colonia. La colonia olandese del Pernambuco é un caso paradigmatico per un confronto tra l’evangelizzazione cattolica e quella
protestante in America Latina. La tolleranza religiosa assicu-
rata dagli olandesi contrastava fortemente con l’intolleranza costitutiva delle colonie portoghesi e spagnole, il cui strumento privilegiato fu il tribunale dell’Inquisizione. Tuttavia a proposito della schiavitt l’atteggiamento di entrambe fu identico. E vero che gli olandesi sbarcarono imbevuti dell’etica calvinista circa la dignita del lavoro e la santita della vocazione umana, cercando di sostituire i rapporti di produzione schiavisti con il lavoro libero. Tuttavia, poiché la popolazione olandese era concentrata nelle citta, fu costretta «dalla pressione degli interessi economici, pit forti della morale di Calvino», a catturare nuovamente gli schiavi fuggitivi a causa della mancanza di mano d’opera nelle piantagioni di canna da zucchero. Come ha giustamente notato Roger Bastide, «l’etica calvinista fluttuava come un’immagine priva di qualunque dinamismo creativo, al di sopra di una realta che la
negava apertamente».
Analogamente, le altre colonie protestanti dei Caraibi cominciarono a strutturarsi a poco a poco a partire dalla conquista della Giamaica, realizzata da Cromwell con una spedizione del 1655. Gli olandesi nell’isola di Curacao, i danesi
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nelle isole Vergini (1666) e gli inglesi nelle Piccole Antille misero in piedi un’economia di piantagioni di canna da zucchero, la cui forza propulsiva fu lo sfruttamento schiavista di una mano d’opera di origine africana. La Chiesa anglicana mantenne una posizione di legittimazione degli interessi coloniali e le congregazioni protestanti, soprattutto i metodisti e i battisti, adottarono solo tardivamente posizioni antischiaviste. Sebbene in Giamaica lo Slave Code (1696) prevedesse l’obbligo per i coloni di assicurare l’evangelizzazione dei loro schiavi, cid avvenne in modo precario e pit per opera delle congregazioni protestanti che della Chiesa anglicana. Come ha fatto notare Eric Williams, la Chiesa anglicana traeva benefici dalla schiavitu e il clero stesso era proprietario di schiavi. Nello stesso modo le congregazioni puritane non si opposero alla schiavitu; per esempio i 65 piantatori quaccheri delle isole Barbados nel 1680 possedevano 3307 acri di terra e 1631 schiavi. Fu solo alla fine del secolo XVIII che i metodisti, e un po’ pit tardi i battisti, cominciarono a sviluppare un’opera evangelizzatrice a forte contenuto antischiavista, cosa che provocd molto rapidamente la loro persecuzione da parte dei piantatori. Nell’isola di Trinidad il governatore obbligo i metodisti a chiudere la loro missione e il 26 ottobre 1823, nelle Barbados, i piantatori distrussero la cappella metodista, accusata di essere promotrice della «plebea societa africana» (per Pabolizione della schiavitt). In Giamaica il pastore William Knibb, alla fine degli anni 1820, fu un simbolo di questa determinazione evangelica antischiavista. Cid si verificava tuttavia nel momento in cui, nell’agosto 1833, il parlamento britannico approvava |’atto di emancipazione che doveva entrare in vigore in modo progressivo fin dall’agosto 1834. La reazione antischiavista delle congregazioni puritane aveva cominciato a manifestarsi nel momento in cui l’economia di piantagione delle colonie britanniche dei Caraibi cominciava a decadere e l’interesse britannico si spostava dapprima verso le colonie della Nuova Inghilterra e in seguito verso l’'India, per concentrarsi su quest’ultima dopo la perdita delle prime. Alla fine del secolo XVIII il grande risveglio pietista scosse le coscienze cristiane e stimold la lotta antischiavista degli umanisti e dei filantropi cristiani, mentre i rivoluzionari francesi proclamavano i diritti dell’uomo e del cittadino (1792). Contemporaneamente, il moyimento rivoluzionario degli schiavi di Haiti sfociava nel 1804 nella creazione di una repubblica nera con Dessalines e Toussaint-Louverture. Nelle colonie «protestanti» inglesi, olandesi e danesi l’emancipazione degli
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schiavi si verificava in modo meno violento e lentamente; fu il movimento libertario degli schiavi haitiani, pit che lo spirito di Wesley, a risvegliare la coscienza dei neri protestanti delie Antille.
2. La dottrina luterana ai margini dell’identita coloniale portoghese e spagnola L’evangelizzazione delle colonie lusitano-spagnole si accompagna a una chiara coscienza di dover ricostruire nel Nuovo Mondo una cristianita capace di sfuggire alle fratture europee. Ben lo comprendeva uno dei cronisti della conquista della Nuova Spagna quando scriveva, riferendosi all’opera di fra Martino di Valenza, uno dei dodici «apostoli» francescani evangelizzatori della Nuova Spagna: «Il mantello di Cristo stracciato da un Martino eretico, veniva ricucito da un altro Martino cattolico e santo» che portava in seno alla Chiesa ancor pit fedeli di quanti questa ne avesse persi. La prima evangelizzazione delle colonie spagnole fu realizzata essenzialmente attraverso gli ordini religiosi. Desiderosi di emendare le pratiche religiose cattoliche nello spirito umanista erasmiano,
francescani
e domenicani
non tardarono
a entrare in
conflitto con il clero secolare. Questa lotta di influenza si concluse con il trionfo dei vescovi sul clero regolare e dello spirito della Controriforma cattolica su quello dell’umanesimo erasmiano. A partire dalla seconda meta del secolo XVI, il costituirsi dell’apparato dell’Inquisizione spagnola sul territorio coloniale (Cartagena 1568, Messico 1571, Lima 1610) simboleggio l’emergere di una cristianita cattolica controriformista sostenuta da una «truppa d’assalto»: i gesuiti. La totalizzazione degli spazi coloniali lusitano-spagnoli si realizzo sul modello di cristianita cattolica, ispirato al pensiero aristotelico-tomista. L’ordine coloniale venne eretto su una struttura corporativa e patrimoniale, gerarchica e verticale, in seno alla quale il cattolicesimo venne a rafforzare la percezione dell’ordine sociale in quanto ordine naturale, con caste contrassegnate dalle differenze razziali, nel senso di una gerarchia discendente dal bianco all’indio, al nero, attraverso tutti i meticciati possibili. In questo contesto ilg@protestantesimo fu considerato, fin dalla meta del secolo XVI, come una minaccia al processo coloniale totalizzante, minaccia che si manifestd a due livelli. Ad extra si trattava di indebolire il nemico marittimo e di condannare come eretici i corsari e i pirati inglesi, olandesi e
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francesi ugonotti. Sebbene questi non avessero mai manifestato alcuna intenzione evangelizzatrice, la semplice presenza e mentalita antispagnola e anticattolica di cui erano portatori rappresentava un pericolo legato a eventuali conquiste territoriali. La loro condanna sistematica ebbe un’altra conseguenza nel corso degli ultimi tre decenni del secolo XVI: quella di inculcare nella popolazione coloniale, grazie a straordinari auto da fe, una coscienza antiprotestante e xenofoba, reciprocamente legate nell’inconscio collettivo coloniale. Di 224 pirati e corsari giudicati dall’Inquisizione spagnola nelle Americhe durante la seconda meta del secolo XVI, solo 18 furono condannati a morte; tuttavia gli auto da fe e i processi ebbero un impatto psicologico le cui tracce si ritrovano ancora oggi nel sospetto e nell’assimilazione del protestante all’eretico e all’agente privilegiato della penetrazione straniera. Parafrasando Serge Gruzinski (1988), possiamo affermare che il protestante era abbinato alla «serie dei devianti, dei fantasmi e delle ossessioni che infestano l’immaginario delle societa iberiche insieme agli ebrei, ai sodomiti e agli stregoni». Ad intra, a partire dal secolo XVII, fu il nemico politico interno ad essere accusato e condannato di eresia protestante; fu questo il caso di Guillen de Lampart, accusato di voler fare della Nuova Spagna un regno indipendente (1649), e dei sacerdoti Miguel Hidalgo e José Maria Morelos, padri dell’indipendenza messicana, condannati nel 1810. Questi ultimi furono condannati non solo come eretici luterani, ma anche come materialisti e atei, giacché alle varianti protestanti, che gid ampliavano la lista dell’eresia, si aggiungevano le eresie dei lumi e in particolare la «dottrina della tolleranza». Di fronte all’identita coloniale cattolica i protestanti sembravano essere chiaramente considerati come portatori di una modernita liberale rifiutata dall’ordine coloniale in quanto pericolosa per l’ordine «naturale» e per il dominio razziale, e dunque economico e politico. Sebbene alla fine del periodo coloniale il numero dei protestanti non fosse aumentato rispetto all’inizio, le idee protestanti legate alla modernita rappresentavano una minaccia molto grande per l’ordine costituito. Si aggravd la persecuzione nei confronti dei possessori
di libri e dei lettori clandestini, nonostante le riforme borbo-
niche (dal 1701) nella Nuova Spagia o Brasile (1760), che rappresentavano una gli spazi coloniali. Questa apertura si della ricerca di una modernita cattolica pretendeva usare con parsimonia le idee
quelle pombaliane in relativa apertura neprodusse nel quadro sui generis, che pero protestanti e le loro
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moderne manifestazioni politiche repubblicane e democrati-
che. Percid, pit’ che parlare della presenza marginale degli eretici, bisogna dire che la questione protestante passd dai margini dell’inconscio collettivo al cuore del problema del rapporto tra cattolicesimo coloniale totalizzante e modernita liberale. Questa sfida che attraversa i tre secoli di colonizzazione portoghese e spagnola risorgera intatta con le nazioni
indipendenti
uscite
dalle
rivoluzioni,
all’inizio
del
secolo
XIX, nella misura in cui la conciliazione del cattolicesimo e della modernita liberale si riveld un cammino difficile, per non dire impossibile.
II. ORGANIZZAZIONI PROTESTANTI E MODERNITA LIBERALE (1808-1959) Le rivoluzioni di indipendenza (1808-1826) scossero il continente latinoamericano e provocarono la formazione di statinazione che adottarono costituzioni repubblicane. Un’illustre eccezione fu il Brasile, trasformato in impero sotto la guida della monarchia portoghese in esilio; di fatto l’imperatore Don Pedro I instaurd nel 1822 un regime monarchico costituzionale che durd fino alla proclamazione della repubblica nel 1889. Il Messico visse un breve intermezzo monarchico con Yimperatore Agustin de Iturbide (1821-1824) prima di diventare a sua volta una repubblica come gli altri stati-nazione delVantico impero spagnolo. Essenzialmente le nuove costituzioni si ispirarono di pit alla costituzione liberale spagnola di Cadice (1812) che a quelle francese e nordamericana. Infatti per le élites liberali al potere uno dei maggiori problemi consisteva nel costruire una modernita liberale, pur giungendo a conciliare cattolicesimo e repubblicanesimo. I! repubblicanesimo era una delle condizioni di ingresso nell’economia e nel mondo inglese e di apertura degli stati-nazione in formazione ai vantaggi del progresso economico. Tuttavia il cattolicesimo
era considerato l’unica ideologia capace di dare consistenza
alle identita nazionali e di saldare le fragili nazionalita minacciate dalle forze centrifughe degli interessi regionali e delle rivolte latenti o manifeste delle «nazioni» indigene. Le élites creole e bianche, rispetto alle masse meticce indigene o nere, percepivano dunque nel cattolicesimo e nella Chiesa una forza sociale necessaria e utile per la difesa dei loro interessi, ma a condizione che la Chiesa accettasse una riforma e si piegas-
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se in particolare al nuovo «patronato» repubblicano. In questo senso la costituzione liberale spagnola di Cadice, che manteneva il cattolicesimo-come religione di stato, ma difendeva i principi di una democrazia liberale, esercitava la sua attrazione sulle élites creole latinoamericane. La resistenza delle Chiese cattoliche nazionali al «Patronato» repubblicano moderato, il loro costante sostegno agli interessi conservatori e l’emergere di un cattolicesimo ultramontano, che $pazzo via il cattolicesimo liberale e che ingaggid una lotta frontale contro la modernita liberale, condannd alla sconfitta il progetto liberale moderato. Per questo, a partire dalla meta del secolo XIX, i liberali della seconda generazione, di fronte all’impossibilita di riconciliare cattolicesimo e liberalismo, furono spinti a radicalizzare le loro posizioni e a imporre una secolarizzazione attraverso nuove costituzioni (in Colombia nel 1853, in Argentina nel 1854, in Messico nel 1857), che rompevano con il monopolio religioso cattolico o nel migliore dei casi sancivano la separazione tra Stato e Chiesa. La ricomposizione delle relazioni tra la Chiesa cattolica e lo Stato oligarchico, come conciliazione di interessi, e il successivo trionfo dei populismi neocorporativisti attraverso gli scontri con la Chiesa cattolica 0 attraverso la cooptazione del cattolicesimo, sono altrettanti elementi che condizionano l’emergere e lo sviluppo del protestantesimo, intrinsecamente legato alla modernita liberale radicale.
i. Riforma del cattolicesimo, tolleranza religiosa e immigrazione Uno dei dilemmi che i liberali della prima generazione tentarono di risolvere fu quello di assicurare il «cammino politico del progresso», i cui simboli erano prima di tutto l’Inghilterra e gli Stati Uniti, senza dover «protestantizzare» le nazioni latinoamericane. In altri termini essi si chiedevano in che modo far scaturire i valori morali e religiosi che sembravano accompagnare lo sviluppo del liberalismo anglosassone, da una realta diversa forgiata da secoli di cattolicesimo coloniale. Per questa prima generazione di liberali il cammino doveva essere quello della riforma del cattolicesimo nel senso della modernita e non I’adozione del protestantesimo. Per questo furono molto favorevoli alle iniziative dei primi distributori di bibbie, inviati dalle societa bibliche protestanti inglesi o nordamericane di recente creazione. II pastore battista scozzese James Thomson (1788-1854), un esempio tra tanti
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altri, comincid a diffondere bibbie nella versione cattolica fin dal 1818, data del suo sbarco a Buenos Aires come inviato della Societa biblica britannica, che contemporaneamente lo aveva incaricato di diffondere il sistema lancasteriano di alfabetizzazione. Accolto in Argentina con l’appoggio del presidente Bernardo Rivadavia, Thomson portd avanti la sua opera realizzando un autentico periplo continentale che lo condusse successivamente in Cile (1821), in Pert (1822), in Ecuador (1824), in Colombia (1825), in Messico (1827), nei Caraibi (1833 e 1837). Ricevette dovunque l’appoggio entusiasta dei liberali moderati; la sua azione corrispondeva al desiderio di riforma cattolica che le élites liberali moderate speravano di suscitare insieme a numerosi membri del clero come il messicano José Maria Luis Mora (1794-1850). Con questo sforzo i liberali moderati si aspettavano che, nel contesto di una progressiva riforma politica ed economica, si affermasse un cattolicesimo illuminato capace di promuovere un riorientamento delle idee e delle credenze rafforzando le nascenti nazionalita. In materia di religione questo primo liberalismo era il prolungamento del riformismo illuminato dei Borboni o delle riforme pombaliane. Questa continuita si riflesse soprattutto nell’esclusivita accordata al cattolicesimo dalle nuove costituzioni, di cui fugaci eccezioni furono la legge fondamentale della provincia di San Juan del luglio 1825 (Rio de la Plata) e il decreto del Congresso guatemalteco presieduto da Mariano Galves, del 2 maggio 1832, garante della liberta religiosa. Il problema della tolleranza religiosa e quello molto pit radicale della liberta di culto furono l’argomento principale di molti dibattiti durante tutta la prima meta del secolo XIX in tutti i paesi del continente. In particolare il liberale ecuadoriano Vicente Rocafuerte (1773-1847) scrisse un esemplare trattato che difendeva il principio della tolleranza religiosa generalizzata (1833), come condizione necessaria per una modernita politica ed economica. Né i liberali moderati, né tanto meno i conservatori che si alternarono al potere in questa prima meta del secolo XIX, approvarono il principio di tolleranza religiosa per i loro cittadini. Questo fu accettato solo in seguito a pressioni esterne ed esclusivamente per i cittadini, protestanti stranieri residenti in America Latina. Questa duplice pressione venne esercitata dai trattati commerciali e dalle politiche di immigrazione. I trattati commerciali tra i paesi tatinoamericani e I’ Inghilterra, la Prussia o gli Stati Uniti inclusero, spesso dopo molti e aspri negoziati, una clausola in cui si autorizzava la pratica
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religiosa protestante per gli stranieri residenti. Cosi il trattato angloportoghese del 1810 fu uno dei primi a permettere ai cittadini britannici di costruire chiese: nel 1819 a Rio de Janeiro fu eretta una cappella e venne creato un cimitero per i protestanti britannici. Fu cosi anche per il trattato tra l’Inghilterra e le Province Unite del Rio de la Plata, che si tradusse nella Costituzione di Rivadavia del 1826, con una clausola in cui si assicurava la tolleranza di culto ai cittadini britannici. In Messico la prima versione del trattato anglomessicano del 1825 non poté includere la tolleranza religiosa per i britannici poiché, secondo il presidente Guadalupe Victoria: «l’esigenza della tolleranza religiosa non concordava con la Costituzione messicana e una simile risoluzione non sarebbe stata accettata dal popolo messicano», Nella versione definitiva del 1826 il problema del libero esercizio del culto religioso fu risolto solo in modo asimmetrico, limitando l’esercizio del culto protestante al quadro privato delle residenze britanniche in Messico, mentre in compenso i messicani residenti in Inghilterra potevano esercitare le loro pratiche religiose nelle chiese cattoliche esistenti. Con la garanzia dei trattati internazionali sorsero chiese destinate ai residenti nei principali porti e centri commerciali del continente. Ad esempio nel 1831 a Buenos Aires fu inaugurata una chiesa anglicana, una presbiteriana scozzese nel 1833 e una metodista nordamericana nel 1843. Tuttavia se lo straniero non cattolico poté beneficiare della difesa dei propri diritti da un punto di vista legale, si trovd di fronte nella vita civile a un ostracismo virulento e a ripetute pressioni sociali, frutto di una mentalita cattolica forgiatasi in tre secoli di Inquisizione coloniale; in particolare, di fronte a intenzioni di matrimonio con un cattolico, era regola generale che il cittadino straniero protestante dovesse cedere alla pressione familiare e sociale e convertirsi al cattolicesimo. Queste minoranze di commercianti e di residenti stranieri meritano di essere meglio studiate e, come ha sottolineato William Glade, furono indubbiamente decisive per lo sviluppo delle economie latinoamericane nel corso di tutto il secolo XIX. Dovrebbe essere oggetto di approfondite ricerche |’impegno a ricostruire queste comunita religiose e cercare di comprendere la loro difesa della liberta di culto come parte integrante della modernita che si proponevano di sviluppare. Tuttavia il problema della tolleranza e della liberta di culto fu legato anche a una politica diversa da quella commerciale, cioé alla necessita di attirare popolazioni immigranti verso le terre vuote del continente.
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Infatti una delle maggiori giovani nazioni indipendenti zione europea, considerata della modernita economica. identico successo dovunque
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preoccupazioni dei governi delle fu quella di favorire l’immigraun essenziale fattore di stimolo Tale politica non incontrd un e venne condizionata da diversi
fattori, come per esempio la qualita della terra offerta e il suo
costo, la serieta delle compagnie incaricate di reclutare e assicurare il trasporto degli europei fino alle coste del continente, per non parlare della situazione politica vigente. Anche |’esistenza o meno della tolleranza religiosa fu un elemento determinante; a tale riguardo é interessante paragonare la politica del Brasile e del Messico in materia di immigrazione e di tolleranza religiosa. Come ha dimostrato Bernecker (1989), in Messico, a dispetto dei numerosi tentativi dei diplomatici tedeschi al fine di negoziare la tolleranza religiosa come condizione dell’immigrazione tedesca, tale tolleranza fu sempre negata tra il 1830 e il 1854. Questo fatto scoraggié Pimmigrazione dei coloni tedeschi che preferirono andare negli Stati Uniti. In compenso in Brasile la Costituzione imperiale del 25 marzo 1824 difese la liberta di espressione religiosa, precisando che nessuno poteva essere molestato per motivi religiosi, pur mantenendo il cattolicesimo come religione di stato, clausola non
sufficiente per i non cattolici. Questa politica religiosa mode-
rata favori nel 1824 l’immigrazione dei coloni tedeschi negli stati del Rio Grande do Sul, a Santa Catarina e nel Parana, nel sud del paese. Dei 300.000 immigrati tedeschi censiti fino al 1871 un po’ pit della meta era protestante e il resto cattolico. Cosi nelle regioni di Porto Alegre, San Leopoldo, Rio Grande do Sul, dei 5393 coloni tedeschi registrati nel 1847, 3365 erano luterani e disponevano di otto cappelle, mentre i cattolici ne avevano quattro. Da un confronto tra le politiche immigratorie del Messico e quelle del Brasile risultano notevoli differenze. Il Brasile ottenne un immediato beneficio geopolitico popolando una regione di frontiera pressoché priva di abitanti e ambita dail’ Argentina. Come ha fatto notare Dreher (1984), questo fattore strategico si aggiungeva al desiderio di «rendere pit bianca la razza», di lottare contro gli indigeni, di valorizzare la terra e di fornire mano d’opera a buon mercato. In Messico, nello stesso periodo, le regioni di frontiera del nord erano anch’esse senza popolazione. La non accettazione della tolleranza religiosa sembra essere stato un freno decisivo per l’immigrazione in questi territori che, ambiti dai nordamericani, non tardarono a cadere sotto il loro
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controllo. E interessante rilevare che, appena proclamata 1’indipendenza del Texas dal Messico nel 1837, fu adottato il principio della liberta di culto che favori l’immigrazione e che indubbiamente rispose anche agli interessi espansionistici nordamericani. Altrettanto avvenne per |’effimera repubblica dello Yucatan (1843-1844) che sperd di rinforzare la sua autonomia nei confronti del Messico adottando la liberta di culto e augurandosi, grazie a questa, di aprire lo Yucatan all’immigrazione europea. In Pert una politica intollerante, simile a quella messicana, chiuse il paese all’immigrazione; al contrario |’ Argentina, alla caduta del governo conservatore di Rosas (1829-1852) adottd una costituzione liberale (1853) che difese la tolleranza di culto come la libertad di espressione, rafforzando una politica immigratoria particolarmente dinamica. La fondazione delle colonie di Esperanza (Santa Fé) nel 1856 e di San José (Entre Rios) nel 1857 avvenne con la partecipazione di coloni protestanti svizzeri e tedeschi che non tardarono ad affiliarsi al metodismo. In numerose altre colonie di popolamento degli stati di Chubut, Buenos Aires, Entre Rios e Santa Fé apparvero congregazioni protestanti fondate dagli immigrati. Cio nondimeno il censimento del 1895 ne mise in evidenza i limiti, poiché solo il 2% della popolazione di queste province, meno dell’1% della popolazione del paese, era protestante. Dall’altro lato del Rio de la Plata coloni italiani delle valli valdesi del Piemonte si stabilirono in Uruguay, seguendo le tradizioni religiose protestanti valdostane gid dal 1856. In modo identico alle altre Chiese trapiantate, le congregazioni religiose create dagli immigrati protestanti rafforzarono 1’identita etnica e servirono a differenziare il gruppo protestante dal resto della societa civile, cosa che provocd pitt un ripiegamento su di sé che un’integrazione; quest’ultima avvenne molto lentamente a causa del carattere minoritario del protestantesimo in seno a societa modellate dal cattolicesimo e nelle quali, per di pit, predominava, ad eccezione del sud del Brasile, un’immigrazione cattolica italiana, spagnola e polacca. Per i liberali argentini Domingo F. Sarmiento (1811-1888) e Juan Bautista Alberdi (1810-1884) la colonizzazione europea doveva imporre nuovi stili di vita rurale legati allo sviluppo della piccola proprieta e porre fine alla «barbarie» agricola. Nello stesso modo, secondo loro, Ia tolleranza religiosa e la presenza dei coloni protestanti dovevano favorire la diffusione dei valori di una religione del progresso, il protestante-
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simo, che forse un giorno avrebbe sostituito, almeno cosi speravano, il cattolicesimo ispanico, percepito come portatore di valori che rappresentavano un freno per la modernita. In Brasile il liberale Aureliano C. Tavares Bastos riteneva anch’egli che il progresso economico del paese dipendesse in parte da un’immigrazione tedesca e anglosassone e dalla correlativa diffusione del protestantesimo. Tuttavia ad eccezione del sud del Brasile la presenza di immigrati protestanti fu estremamente limitata. Quindi, pit delle politiche migratorie, fu l’anticattolicesimo delle minoranze liberali radicali, esacerbato dall’ultramontanismo romano del pontificato di Pio [IX (1846-1878), a essere favorevole al radicamento del protestantesimo conferendogli cosi una radice endogena che gli permise di superare la limitazione alle sole «enclaves» straniere.
2. Societa di pensiero, anticattolicesimo e liberalismo radicale Dalla fine degli anni ’50 del secolo XIX, una nuova generazione di liberali tentO di mettere fine ai regimi repubblicani conservatori e autoritari che rispondevano agli interessi corporativisti e il cui principale appoggio era la Chiesa cattolica. Visto che i tentativi liberali moderati non erano riusciti ad eliminare gli interessi corporativisti legati ai grandi proprietari terrieri e alle strutture militari e religiose di origine coloniale, i liberali radicalizzarono il loro obiettivo di porre fine alla coalizione conservatrice. Questa nuova generazione lottd per imporre gli strumenti della modernita liberale e capitalista in seno a societa profondamente segnate dalla mentalita, dai comportamenti e dai valori tradizionali corporativisti. Contro il corporativismo sottrassero i beni di manomorta ai grandi proprietari terrieri, alla Chiesa e alle comunita indigene. Con cid stesso liberarono anche una mano d’opera fino a quel momento in stato di semischiaviti e suscitarono la formazione di una forza lavoro migrante che sarebbe servita alle nascenti industrie e avrebbe costituito a poco a poco I’embrione di una classe operaia. Imposero |’educazione laica allo scopo di creare le basi di una democrazia borghese. Ugualmente tentarono di sottomettere la Chiesa allo Stato e, nel migliore dei casi, di separare |’una dall’altro. Questo processo di modernizzazione, legato all’espansione di un capitalismo internazionale, avido di investire le proprie eccedenze in un continente ricco di materie prime, doveva poggiare su una riforma
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politica, il cui simbolo fu proprio il periodo detto, in Messico, «la Riforma» (1855-1860), sotto la guida di Bénito Judrez (1806-1872), avvocato liberale radicale di origine indigena. A causa dell’opposizione della Chiesa a una costituzione liberale (1857) e alle leggi che svincolavano i beni di manomorta e nonostante la costituzione liberale fosse ancora molto moderata in materia di relazione Stato-Chiesa, i liberali messicani radicalizzarono violentemente le loro posizioni in senso anticattolico. Promulgarono allora una serie di leggi di riforma, gia dal 1859 e in piena guerra civile, che sancivano la separazione tra Chiesa e Stato, laicizzarono il registro civile, i cimiteri, linsegnamento, proclamarono la liberta di culto (1860) e ruppero le relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Questa radicalizzazione anticattolica liberale ebbe il suo corrispondente in Colombia gia dal 1853 per iniziativa del presidente Thomas Cipriano de Mosquera e anche in Argentina, sebbene senz’altro in modo molto pit moderato, durante i governi liberali dell’«organizzazione nazionale» (1852-1880). In compenso in Ecuador il liberalismo veniva spazzato via dalla teocrazia cattolica di Gabriel Garcia Moreno, al potere dal 1859 al 1875, che tentd di creare un modello di modernita cattolica unificando il popolo «in un sistema integratore, arcaico per le sue radici clericali e moderno nella misura in cui sopprimeva gli ordini religiosi e i corpi intermedi», pur stipulando un concordato con il Vaticano. E cosi l’America Latina della meta del secolo XIX oscillava tra due estremi: la violenta radicalizzazione liberale di tipo messicano da una parte e il repubblicanesimo autoritario e cattolico di un Garcia Moreno in Ecuador dall’altra. Tra questi due estremi esistevano numerose situazioni politiche e religiose intermedie, espressione del rapporto di forza StatoChiesa. E nel quadro di questo conflitto costitutivo della modernita in America Latina che bisogna cogliere l’emergere delle associazioni religiose protestanti e il loro senso. Queste, lungi dall’essere la prima conseguenza di un’espansione missionaria
nordamericana,
ebbero piuttosto le loro radici nella cultura
politica del liberalismo radicale latinoamericano e nell’effervescenza associativa che questi stessi liberali tentarono di fomentare in seno alla societa civile, al fine di costituirsi una base di potere. La storiografia latinoamericana comincia appena a interessarsi delle nuove associazioni portatrici di una cultura politica liberale e democratica. Queste assunsero la forma di club di Riforma in Messico e in Brasile, di societa
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dell’ Uguaglianza in Cile intorno al 1850, di societa democratica in Colombia tra il 1850 e il 1854. Tra queste nuove forme associative bisogna aggiungerne altre in trasformazione come le logge massoniche, che nel contesto dell’ultramontanismo romano venivano private della partecipazione del clero liberale ed erano animate a poco a poco da un crescente anticattolicesimo. Tale anticattolicesimo spinse queste nuove associazioni a favorire scismi cattolici e attivita religiose dissidenti che, a partire dal 1860, si avviavano molto rapidamente verso il protestantesimo, ma anche verso lo spiritismo e la teosofia. Infatti in un continente in cui, come del resto in Europa, il cattolicesimo liberale si arenava, i liberali avevano perso ogni speranza di riconciliare cattolicesimo e modernita repubblicana liberale. Vedevano dunque nella fondazione di nuove organizzazioni religiose non romano-cattoliche una possibilita di estendere, di rinforzare e di consolidare un nuovo popolo liberale radicale, ultraminoritario, sorto all’interno dello spazio aperto dalle societa di pensiero. Nella misura in cui gli scismi cattolici fallivano, le organizzazioni protestanti, ma anche i circoli spiritistici e le stesse Chiese positiviste come nel caso del Brasile, diventavano una potenziale alternativa religiosa. Le recenti monografie di Gueiros Vieira (1980) sul Brasile della «questione religiosa» (1872-1875) e di Bastian (1989) sul Messico della Riforma (1855-1876) e del Porfiriato (18761911) permettono di sostenere l’ipotesi dello stretto legame e della continuita d’azione tra le societa liberali latinoamericane e Je associazioni protestanti nascenti. In Brasile sono la rete di logge del Grande Oriente della Valle dei Benedettini, sotto la direzione del liberale Joaquin Saldanha Marino e quella delle congregazioni cattoliche liberali, sotto l’influenza del vecchio sacerdote e frammassone José Manuel da Conceicio (1822-1873), che, a partire dal 1863, precedettero e servirono da base all’espansione presbiteriana e metodista. In particolare da Conceigao si converti al presbiterianesimo nel 1863 ¢ inseri la rete di comunita cattolica sotto il suo controllo nello stato di San Paolo nella nascen-
te Chiesa presbiteriana. Ugualmente uno dei primi dirigenti
presbiteriani brasiliani fu il pastore Miguel Vieira Ferreira (1837-1895), firmatario del Manifesto Repubblicano del 3 dicembre 1870, anticipatore della lotta contro la monarchia in favore della repubblica liberale. Anche in Messico furono le basi della Chiesa messicana di Gest, movimento scismatico cattolico, per due volte fomentato senza successo nel 1861 e nel 1867, e le reti «cattoliche evangeliche» modellate sulle
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logge massoniche e dirette da vecchi ufficiali degli eserciti liberali, soprattutto in regioni rurali di lotte tra hacienda e piccoli proprietari contadini, a servire da fermento e da base alle future Chiese presbiteriane, metodiste e congregazioniste. Simultaneamente si stabilirono stretti legami tra le congregazioni protestanti in formazione e le societa mutualiste, recentemente create in ambiente operaio tessile e minerario, in cui si diffondeva un anarchismo cristiano rappresentato da Plotino C.
Rhodakanati,
fondatore
di mutue
societa
e professore
di
greco e di filosofia nel seminario della Chiesa messicana di Gest, origine dell’attuale Chiesa protestante episcopale. _ Anche a Cuba, durante i trent’anni che precedettero I’indipendenza (1868-1898), le congregazioni protestanti, fondate esclusivamente da liberali e soldati cubani, servirono da struttura di collegamento alle idee liberali e ai loro dirigenti; nello stesso modo le logge furono perseguitate dal potere spagnolo. Affinita tra i liberali recentemente giunti al potere e lo sviluppo delle societa protestanti si manifestarono sia nella Colombia di Mosquera (1861) che nel Guatemala di Justo Rufino Barrios (1885); alcuni studi approfonditi sull’esistenza delle societa di pensiero, precedenti di qualche anno quelle protestanti in Messico e in Brasile, ci permettono di giungere a una prima osservazione fondamentale per 1’interpretazione dell’origine del fenomeno protestante in America Latina. II fatto é che l’emergere delle congregazioni e delle societa protestanti durante il periodo di confronto tra Chiesa e Stato non corrispose né a una penetrazione né a un’invasione, né alla pretesa cospirazione che la stampa cattolica e conservatrice denunciava, ma alle richieste dei settori liberali radicali ultraminoritari desiderosi di ampliare le loro basi. Cid ci permette di avanzare Pipotesi che questa domanda esistesse almeno a tre livelli: prima di tutto tra le preesistenti associazioni liberali radicali di tipo religioso; in secondo luogo tra i dirigenti liberali al potere che speravano cosi di rafforzare la loro lotta contro la Chiesa cattolica romana e contro i settori politici conservatori; infine tra quanto rimaneva di un clero cattolico liberale che, non incontrando alcuna possibilita di sviluppare un cattolicesimo liberale attraverso scismi infruttuosi, vide nel protestantesimo una potenziale modalita di proseguire la propria azione riformista. E fondamentale comprendere questa articolazione organica tra associazioni protestanti nascenti, liberalismo radicale e societa di pensiero portatrici di modelli politici democratici e secolarizzanti, se si vuole poter distinguere alPinterno del protestantesimo latinoamericano cid che negli
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anni successivi sara autoctono da cid che sara importato. Per lo meno, in attesa di nuove ricerche, é legittimo affermare che quando i missionari appartenenti alle societa protestanti nordamericane cominciarono la loro attivita di proselitismo, non incontrarono un terreno deserto e sterile. Al contrario vi erano state gettate dalle minoranze liberali radicali le basi feconde di un protestantesimo latinoamericano. E in questo terreno che penetrarono i missionari protestanti nordamericani con i loro valori anch’essi liberali e i loro modelli associativi che offrirono una maggior coesione ai diversi ed eterogenei movimenti di dissenso religioso preesistenti; le loro scuole primarie e superiori, rapidamente edificate, corrisposero a un autentico slancio verso l’educazione dei settori sociali che aderivano al protestantesimo. In questa prospettiva é facile comprendere come, all’arrivo dei missionari, si giunse a un accordo, in base al quale i dirigenti protestanti latinoamericani, formatisi in ambienti legati alle societa di pensiero ¢ impregnati di cultura politica liberale radicale, misero a disposizione dei missionari i loro canali e i contatti stabiliti precedentemente, ribattezzandoli, dall’oggi al domani, con il nome delle rispettive denominazioni protestanti. Dal canto loro i missionari offrirono i mezzi finanziari per portare avanti il loro lavoro, le scuole e una stampa militante. Cosi facendo, il protestantesimo latinoamericano nasceva sotto forma di un sincretismo religioso liberale; gli eroi delle lotte liberali anticonservatrici, come Hidalgo, Judrez e Ocampo in Messico, Tiradetes in Brasile, Sarmiento in Argentina e Marti a Cuba, avrebbero alimentato il loro civismo con le idee delle societa di pensiero liberale dei loro primi tempi, pit' che con quelle di Lutero, Calvino o Wesley.
3. Una geografia protestante e liberale Se il radicamento delle organizzazioni protestanti latinoamericane corrisponde alla fase di radicalizzazione anticattolica e anticorporativista propria dei movimenti liberali di «riforma», il loro sviluppo e la loro diffusione ebbero luogo nel contesto dei governi liberali oligarchici e neocorporativisti, che succedettero ai primi e che si rafforzarono appoggiandosi alla Chiesa cattolica, al fine di consolidare il loro potere nel tempo. Nel corso degli anni ’80 i regimi oligarchici liberali tentarono uno sviluppo economico autoritario, legato agli interessi delle societa capitaliste internazionali, disposte a investire i loro capitali nei trasporti, nell’industria, nelle miniere e
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nell’agricoltura intensiva. Il continente cambid rapidamente fisionomia durante i due ultimi decenni del secolo XIX, con una urbanizzazione accelerata, la comparsa di strati medi della popolazione legati ai servizi e le costanti migrazioni di una classe operaia in formazione verso i poli di sviluppo economi-
co. Il positivismo, con il motto «ordine e progresso», fu Pi-
deologia privilegiata dalle minoranze al potere, che non esitarono a ricorrere all’appoggio della Chiesa cattolica per mantenere il consenso e la pace quando si accentuavano le differenze e le ineguaglianze sociali. Dal canto suo, grazie al tacito 0 esplicito appoggio dello Stato oligarchico, la Chiesa cattolica visse un periodo di espansione e di ristrutturazione. A un cattolicesimo sulle difensive degli anni ’50 e ’60, quale appare nell’enciclica Quanta cura e nel Syllabus del 1864, subentrd un cattolicesimo rinnovato, all’offensiva, le cui principali espressioni furono l’enciclica Rerum Novarum (1891) e il pontificato di Leone XIII. Non si trattava pid di condannare frontalmente la modernita liberale, ma piuttosto di accettarla, o meglio, di aggirarla per riconquistare |’influenza della Chiesa ridotta a mal partito dalla secolarizzazione liberale. In questo senso, nei termini di Emile Poulat, un cattolicesimo di movimento, di organizzazione o di associazione, doveva condurre a una partecipazione attiva dei cattolici alle trasformazioni politiche e sociali; questo sempre in una prospettiva tomista, cioé con la pretesa di cristianizzare l’ordine sociale e di offrire un modello di societa cristiana da contrapporre ai modelli secolarizzatori socialisti e capitalisti. Gli ordini religiosi proliferarono e furono elementi chiave della riconquista della societa civile; si costituirono nuove diocesi, aumentarono le scuole cattoliche, cosi come i seminari e i sacerdoti, e si fece strada anche un cattolicesimo sociale che fondo le organizzazioni operaie cattoliche. E in un tale contesto politico oligarchico autoritario e di riconquista cattolica che bisogna situare lo sviluppo e l’espansione delle organizzazioni protestanti alla fine del secolo XIX e durante i primi due decenni del secolo XX. Infatti l’interesse delle organizzazioni missionarie protestanti nordamericane (praticamente le uniche presenti in America Latina, giacché i protestanti europei consideravano cristiano questo continente) prese corpo solo dopo la guerra civile che scosse gli Stati Uniti dal 1862 al 1865. Fu quindi solo a partire dal 1870 che inizid l’arrivo sistematico di missionari e solo dagli anni ’80 che vennero create la maggior parte delle scuole e delle opere di cultura protestante in America Latina. Come abbiamo sot-
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tolineato, questi missionari (pastori, insegnanti, medici, infermieri, ecc.) non incontrarono una realta priva di organizzazioni «protestanti». Un po’ ovunque preesistevano movimenti religiosi scismatici, influenzati dal cattolicesimo liberale o dalle logge, i cui dirigenti servirono come prime reclute per costituire le Chiese protestanti in formazione attraverso una azione congiunta. In altri termini le organizzazioni protestanti straniere vennero a rafforzare un movimento eterodosso «protestante» latinoamericano, ancorato alla cultura politica liberal-radicale degli anni ’50 e 60. Anche la diffusione delle associazioni protestanti negli anni successivi interessO uno spazio preciso che corrispondeva a quella che potremmo definire una geografia liberale e protestante. Le organizzazioni protestanti in espansione all’interno delle minoranze liberali reclutarono i loro membri in settori sociali di transizione. Né oligarchia, borghesia, strati medi tradizionali, né indigeni, peones, lavoratori agricoli delle haciendas si interessarono o poterono interessarsi al protestantesimo. Primi fra tutti divennero membri delle nuove organizzazioni religiose i minatori, gli operai delle fabbriche tessili ¢ delle ferrovie. Nello stesso modo queste organizzazioni reclutarono piccoli proprietari fondiari (rancheros, aparceros, medieros, arrendatarios e inquilinos) e operai agricoli salariati delle moderne piantagioni, in costante migrazione. Infine si rivelarono recettivi anche i settori sociali urbani legati ai servizi (educazione, banche, impiegati del commercio, ecc.), soprattutto quelli della seconda generazione di protestanti «urbanizzati», provenienti in particolare dai settori rurali menzionati. Sarebbe utile poter ricostruire in ogni paese le reti di associazioni per verificare meglio la loro affinita elettiva con i settori sociali di transizione, animati da un enorme desiderio di progresso, pur essendo condizionati da una precarieta economica dovuta alla loro particolare posizione nella struttura produttiva, particolarmente sensibile alle ricorrenti crisi economiche. Per il Messico uno studio simile condotto in modo sistematico ha rivelato una geografia precisa di queste minoranze protestanti. E vero che le congregazioni protestanti si _ sono insediate nei moderni centri urbani, vicino alle miniere e alle industrie tessili e lungo le linee ferroviarie. Tuttavia, esaminando sistematicamente l’insieme delle congregazioni salta agli occhi una forma di concentrazione in una serie di spazi rurali, tutti situati alla periferia dei centri regionali del potere, in distretti politici di tradizione liberale, di lotta degli indios contro gli spagnoli e in cui predominava la piccola pro-
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prieta e una moderna economia agro-esportatrice (caffé, banane, limoni, cauccill, cotone, ecc.). Questi distretti rurali in cui si manifestavano vecchi antagonismi con i tradizionali centri del potere politico, economico e religioso, furono attratti da una pratica e da un’ideologia religiosa protestante che, oltre a rafforzare il liberalismo radicale e la loro autonomia religiosa nei confronti del controllo del centralismo liberale autoritario e della Chiesa cattolica, offrivano proprio quei servizi educativi qualificati di cui erano sprovwvisti. Poiché quindi rafforzavano un liberalismo radicale antioligarchico € anticonciliatore, non pud sorprendere di ritrovare questa geografia protestante e liberale alla base dei movimenti rivoluzionari messicani del 1910, dopo quaranta anni di indottrinamento di principi e valori democratici all’interno di queste minoranze. Similmente uno dei pochi studi regionali sulla diffusione del protestantesimo nello stato di San Paolo in Brasile negli anni ’70 e ’80 ha rivelato Ia presenza di una serie di congregazioni presbiteriane lungo la frontiera di produzione del caffé, tra una popolazione di piccoli proprietari o di inquilinos (sitiantes) delle fazendas di caffé, cosi come tra i lavoratori agricoli salariati e migranti. Le congregazioni presbiteriane proliferarono cosi in un triangolo alle frontiere degli stati di San Paolo e del Minas Gerais, tra una popolazione agricola animata da un liberalismo radicale repubblicano e antimonarchico (poi, dal 1889, antioligarchico) in cui, come in Messico, si ritrovarono numerosi militari dei ranghi inferiori degli eserciti repubblicani. Anche in Colombia le congregazioni protestanti erano presenti nelle regioni di sviluppo caffeario e qui si sviluppd una geografia liberal-radicale. E qui che quasi un secolo piu tardi, a partire dal 1948, dilagarono la violenza antiliberale, la persecuzione e le esecuzioni di cui furono vittime soprattutto protestanti, massoni e spiritisti. E vero che il valore numerico del protestantesimo latinoamericano fu del tutto insignificante se si considerano le cifre assolute e la loro progressione, giacché la popolazione protestante non superd mai 1’1% della popolazione latinoamericana prima degli anni 40 e ’50. In compenso se paragoniamo le reti associative costituite da queste societa con altre simili, come quelle delle logge, dei circoli Spiritistici, delle mutue societa e anche delle associazioni del cattolicesimo sociale, le reti protestanti furono di uguale importanza, se non addirittura spesso meglio strutturate e soprattutto piti indipendenti dalle influenze governative.
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In seno a queste associazioni protestanti, come del resto all’interno di altre societa di pensiero, si forgiava un popolo nuovo, diverso da quello cattolico e corporativista. Questo nuovo popolo ultraminoritario era frutto dell’indottrinamento di valori e di pratiche democratiche religiose ma anche politiche, nella misura in cui la vita associativa fungeva da autentico laboratorio sperimentale in un contesto politico generalmente autoritario e antidemocratico. Infatti con il loro regime assembleare, sinodale o congressuale, le organizzazioni protestanti, il cui modello di moderna organizzazione derivava certamente dalle organizzazioni protestanti nordamericane, inculcavano pratiche e principi negati sia dalla Chiesa cattolica romana che dallo Stato oligarchico, liberale, conservatore, antidemocratico e neocorporativista.
4. Una pedagogia protestante e liberale Uno dei contributi significativi delle associazioni protestanti fu la creazione di strutture scolastiche. Questa attivita educativa non si identificd solo con la trasmissione e con l’elaborazione di metodi pedagogici moderni; lattivita protestante fu un progetto pedagogico globale. Da una parte la chiesa e la scuola primaria furono sempre abbinate e il pastore era nello stesso tempo maestro. Questa funzione educativa del dirigente protestante si esercitd anche attraverso scuole domenicali, la cui importanza per la formazione di una cultura popolare é stata sottolineata, nel contesto operaio inglese della prima meta del secolo XIX, da Laqueur (1976)!. D’altra parte il progetto scolastico protestante fu sempre considerato sia come un mezzo e sia come fine: un mezzo per ottenere una pid facile accettazione da parte dei settori moderati della popolazione che simpatizzavano con il progetto protestante, e ancor di pit l’accettazione da parte dei governi e delle autorita politiche locali e liberali, agli occhi delle quali le organizzazioni protestanti conquistarono una certa legittimita; un fine, nella misura in cui lo scopo della pedagogia consisteva nel trasmettere valori protestanti, liberali e democratici, al di 1a delle chiese e dei circoli associativi protestanti. L’adesione al protestantesimo da parte dei settori sociali di 'T, Laqueur, Religion and Respectability, Sunday Schools and English Working Class Culture, 1780-1850, Yale University Press, New Haven e London 1976.
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transizione fu percepita come un mezzo privilegiato di accesSO ai servizi educativi ad esso legati. In particolare nelle regioni rurali sprovwviste di strutture educative statali e di qualita, le scuole primarie protestanti furono luoghi di educazione privilegiati. Queste scuole primarie istituite dai presbiteriani, dai metodisti, dai battisti e soprattutto dai congregazionisti furono estremamente limitate se paragonate ai mezzi di cui gli stati disponevano per diffondere !’educazione pubblica. I loro budget fu limitato e dipese per i due terzi dai generosi contributi delle societa missionarie nordamericane. Tuttavia queste strutture furono indubbiamente significative se paragonate a quelle che altre societa di pensiero cercarono di costituire, incluse quelle cattoliche. Cosi in Messico le scuole protestanti rappresentavano nel 1910 1’1,7% di tutte le scuole censite; quelle cattoliche il 4,8%, ma quelle protestanti erano le uniche scuole private che potevano entrare in competizione con quelle cattoliche. Le scuole primarie protestanti portarono per lo pit il nome di qualche eroe liberale, segno dell’appartenenza a questa cultura politica, come Judrez, Hidalgo, Ocampo in Messico, Sarmiento e Alberdi in Argentina, Marti a Cuba; e quando si trattava di scuole femminili diventavano «figlie di Judrez o di Hidalgo» in opposizione alle loro antagoniste cattoliche «figlie di Maria». Senza dubbio la struttura educativa protestante acquista una importanza maggiore se si prendono in considerazione le scuole superiori, secondarie, medie, commerciali, industriali e teologiche che formarono un complesso scolastico urbano di alto livello, tale generalmente da superare quello delle scuole cattoliche dello stesso tipo e all’altezza del sistema educativo pubblico. Tutto il continente latinoamericano si riempi cosi di scuole superiori protestanti tra il 1880 e il 1920; in particolare a Cuba, in Messico e in Brasile si contano dalle trenta alle cinquanta scuole in gran parte destinate all’educazione femminile, trascurata dagli stati oligarchici. Fondati il pit delle volte da maestri di scuola nordamericani, questi collegi beneficiarono della collaborazione dei migliori pedagoghi liberali del momento, come Médardo Vitier a Cuba, Ignacio M. Altamirano in Messico, Luis Alberto Sdnchez e Raul Porras Barrenechea in Peru. A loro volta queste scuole formarono generazioni di eccellenti educatori protestanti di cui furono casi esemplari Erasmo Braga e Julio Ribeiro in Brasile, Andrés Osuna e Moisés Saenz in Messico. Quest’ultimo in particolare fu il padre dell’indigenismo e uno dei maestri della pedagogia attiva sulla linea di John Dewey di cui fu allievo alla
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Columbia University di New York. Sarebbe troppo lungo parlare del ruolo pionieristico di questi pedagoghi protestanti in Argentina, in Uruguay, in Bolivia, in Pert, in Messico e a Cuba. L’influenza dei collegi protestanti va ulteriormente approfondita e per ora é importante sottolineare la specificita del progetto educativo protestante in quanto portatore di una modernita antioligarchica. Nel contesto dei regimi oligarchici la pedagogia delle scuole protestanti si differenzid sia da quella delle scuole cattoliche che da quella delle scuole pubbliche influenzate dal positivismo. Della prima i pedagogisti protestanti rifiutarono la visione del mondo radicata nella tradizione tomista che considerava l’ordine sociale come ordine naturale, strutturato corporativamente, integrista e verticale. Della scuola positivista criticarono la visione «scientista» del mondo, il cui ateismo pretendeva di eliminare la questione etica e di fondare la modernita non sulla persona morale ma sul potere unificatore di una scienza che doveva favorire un progresso economico e sociale, premessa della futura democrazia in America Latina. Di fatto il positivismo rafforzava l’autoritarismo e il corporativismo intrinseco a una cultura forgiata da secoli di cattolicesimo coloniale e rinviava le forme democratiche ai tempi a venire, quando le masse avrebbero imparato a leggere e a scrivere. Contro questo progetto delle oligarchie liberali i protestanti promuovevano una pedagogia le cui radici affondavano nell’esperienza della vecchia avanguardia liberale dei movimenti di riforma della meta de! secolo XIX; a questo si aggiungevano le influenze anglosassoni e quelle del liberale spagnolo Emilio Castelar e del krausismo spagnolo che pretendeva di fondare il progresso economico e sociale sull’individuo eticamente rigenerato. Questo progetto fu condannato come «metafisico» dai pedagoghi positivisti che, secondo la legge dei tre stadi di Comte, ritenevano che lo stadio metafisico dovesse essere definitivamente superato dal pensiero razionale positivista, condizione unica e necessaria per il progresso. Per i pedagoghi protestanti la strada del progresso doveva essere aperta anche con il contributo delle trasformazioni economiche e sociali capitaliste. Tuttavia il progresso economico doveva fondarsi sulla democrazia e questa sull’individuo-cittadino, soggetto di una sovranita da costruire e da consolidare con la pratica del voto. L’accento sull’individuo da parte delia pedagogia protestante univa sia i principi pedagogici anglosassoni della scuola di Dewey sia le grandi idee del liberalismo radicale in voga, in particolare la pedagogia della liberta
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di coscienza e del libero esame. Nell’insegnamento protestante cid si tradusse in una pedagogia dell’impegno individuale, del carattere e della volonta, fondato a un tempo su una coscienza morale e religiosa. Le organizzazioni giovanili furono portatrici di questa pedagogia insieme ai «licei» e ad altre organizzazioni di allievi che incrementavano sia il lavoro intellettuale che quello manuale, appellandosi alla pratica dello sport come scuola di volonta e di competitivita. Nello stesso tempo vi era strettamente legato il progetto politico democratico, cosa che spiega la costante partecipazione dei protestanti e prima di tutto degli allievi delle scuole superiori alle lotte democratiche antioligarchiche fin dal 1880. L’insegnamento delle pratiche democratiche passava attraverso forme didattiche dette «comuni» o «repubbliche scolastiche» e attraverso le associazioni letterarie e civili che servivano da laboratorio e da banco di prova per la vita associativa e democratica. Nello stesso tempo si sviluppava un civismo liberal-radicale che fu certamente uno degli elementi endogeni di una religione che fu prima di tutto civica. Questa religione civica difendeva la tradizione liberale anticattolica e democratica e in Messico assunse la forma esasperata di un vero calendario liturgico liberale secondo il quale si festeggiavano nelle scuole, nelle chiese e nella stampa protestante il 5 febbraio (Costituzione del 1857), il 5 maggio (battaglia di Puebla contro Pinvasore francese), il 18 luglio (morte di Juarez) e il 16 settembre (indipendenza dalla Spagna) e molte altre ricorrenze di carattere locale o regionale. Questo civismo entusiasta, opposto al freddo civismo del liberalismo oligarchico ufficiale, fu portatore di una cultura politica di opposizione al regime di Porfirio Diaz (1876-1911) e spiega importante partecipazione della base protestante al movimento rivoluzionario del 1910. Ritroviamo un fenomeno simile, ma forse meno esacerbato a causa dei diversi contesti politici, in Brasile, soprattutto dopo il trionfo della repubblica del 1889 caduta nelle mani dei positivisti e degli oligarchici e nella quale le scuole protestanti, oltre all’anniversario della proclamazione della repubblica, celebravano Tiradentes, l’eroe della lotta antiportoghese al tempo della colonia e il giorno dell’abolizione della schiavitt. Anche a Cuba le scuole protestanti festeggiavano I’abolizione della schiavit. come anche l’anniversario della morte di José Marti. Come ha sottolineato Pereira Ramalho (1976), nel caso del Brasile, si trattava di «preparare gli allievi a esercitare una cittadinanza effettiva (secondo la concezione liberale), sebbene questa preparazione avvenisse solo all’interno delle
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rava a questo, scuole, giacché la societa globale non li prepa ai principi dieva oppon si che te un’éli da ra dominata com’e fesi da tali collegi?. ori di moSebbene questi collegi protestanti fossero portat gli unici, o affatt furono non ani, meric delli educativi norda fecero ici, scolast i sistem i re istitui per stessi, i giacché i govern Arin ento Sarmi appello a pedagoghi nordamericani come negli si formar a scuola di i gentina o inviarono i loro maestr che CarranStati Uniti, cosi come fecero in Messico sia Diaz educaziodell’ za. Tuttavia nei collegi protestanti il contenuto a pocultur della peso ne fu nazionalista semplicemente per il i di maestr dei tanti, protes basi litica liberale radicale delle aendev compr che ammi progr dei anche e scuola, dei pastori studio Io e o no la storia liberale radicale, lezioni di civism questo le scuodelle costituzioni liberali di ciascun paese. Per ne di una culorazio l’elab per anti le protestanti furono import va sulla confonda si che a ratic democ e tura antiautoritaria sabilita rerespon versione individuale come via d’accesso alla libero esadel pio princi Il ligiosa, morale e civica a un tempo. ericale anticl era non che esimo me si univa a un anticattolic non riche smo sitivi antipo un a e o) ligios (nel senso di antire no cammi il per e fiutava il valore della scienza e della ragion del sione espres fu e izion del progresso. Questa duplice oppos di o icesim cattol dal ta forgia taria rifiuto di una cultura autori un anche Era nze. coscie le e he pratic le gnate cui erano impre lismo oligarchirifiuto della politica di conciliazione del libera con la Chiesa o alleat era si co che, tradendo i suoi principi, e una pace sso progre il ne, l’ordi rare cattolica al fine di assicu . lianza neguag sull’i sociale fondata anza proteDi fronte agli interessi corporativisti, la minor vano un forma li radica i stante e i suoi simpatizzanti liberal ¢ politiosa religi a uardi avang come uito gruppo liberale costit Una tanti. protes ca a un tempo all’interno delle associazioni uno tenere saputo delle sue principali caratteristiche fu l’aver o vivend e, liberal ca politi a stretto legame con la propria cultur disuoi I ale. nazion a cultur la con ica in una relazione dinam va sociale e polirigenti erano in grado di pensare un’alternati México Integro pera tica; tali furono Moisés Sdenz nell’o ali Chihuahua region scritti suoi (1936), Alberto Rembao nei a la Nacién so Discur entali contin e de mis amores (1920) zzante John A. evangélica (1949) e anche il missionario ispani ade, um estudo de socio2 Pereira Ramalho, Prdctica educativa e socied 1976. Janeiro de Rio Zahar, ao, educac la logia de
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Mackay nel suo E/ otro Cristo Espanol (1932). Questa relazione privilegiata di una religione dissidente con la cultura nazionale e liberale fu il frutto del sistema educativo protestante e dell’origine liberale degli adepti delle societa protestanti latinoamericane. A partire dal 1940 la cancellazione
della tradizione liberale, la perdita delle scuole protestanti na-
zionalizzate e la comparsa di un protestantesimo pentecostale e analfabeta trasformarono il protestantesimo latinoamericano in una cultura religiosa subalterna e anomica, priva di intellettuali.
5. Protestantesimo e lotte antioligarchiche Verso il 1910 il protestantesimo era profondamente radicato su tutto il continente latinoamericano in questa geografia liberal-radicale e ultraminoritaria dei settori sociali di transizione. Questa minoranza religiosa si era organizzata a poco a poco e sotto l’influenza dei modelli missionari; era retta da strutture assembleari, da sinodi, conferenze o congressi, secondo le tradizioni presbiteriane, congregazioniste, luterane, metodiste e battiste. Queste strutture organizzative davano forma alle organizzazioni protestanti ed erano luoghi privilegiati di insegnamento delle pratiche e dei valori democratici. Nello stesso tempo venivano prese iniziative unitarie che annualmente riunivano le diverse organizzazioni a livello nazionale, trasformandosi presto in un movimento omogeneo a livello continentale, in occasione del primo congresso delle organizzazioni protestanti in America Latina, celebrato nella citta di Panama nel febbraio 1916. Uno dei paradossi del movimento fu che le organizzazioni protestanti, nate dagli interessi liberal-radicali latinoamericani, non poterono sfuggire a una costante dipendenza economica, in particolare nei confronti delle organizzazioni missionarie nordamericane. Questa dipendenza economica non fu mai una caratteristica esclusiva del protestantesimo latinoamericano, ma piuttosto un fenomeno economico strutturale, condizionato dai termini dello scambio a livello internazionale. Infatti durante il decennio successivo, alla fine della prima guerra mondiale (1914-1918), il capitale nordamericano supero gli investimenti inglesi ed europei che fino a quel momento erano stati egemonici. Questa crescente presenza economica nordamericana fu strettamente legata a una politica di controllo dei regimi politici latinoamericani attraverso interventi militari. Nello stesso tempo la crisi economica mondiale del
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1929 ebbe come conseguenza in America Latina il riorientamento della politica economica verso una sostituzione delle importazioni e verso un crescente nazionalismo che prese la forma dei regimi populisti neocorporativisti sostituitisi a poco a poco alle oligarchie liberali al potere. Le organizzazioni protestanti furono direttamente implicate nelle trasformazioni politiche di tutto il continente. In primo luogo appoggiarono attivamente movimenti democratici. Poi furono portatrici di nazionalismo in linea con il liberalismo radicale che le aveva viste nascere e che le spinse a sottrarsi agli interessi missionari nordamericani. Ma questo nazionalismo non porto a neocorporativismi populisti e la loro dipendenza economica nei confronti delle organizzazioni missionarie nordamericane non tardo a trasformarle in bersagli privilegiati di attacchi provenienti sia da settori cattolici che da una sinistra populista, talvolta affascinata dallo stalinismo. L’azione politica dei protestanti fu particolarmente significativa in quattro paesi. In Pert il collegio anglo-peruviano, fondato dal missionario scozzese John A. Mackay (18891983), fu uno dei principali centri di diffusione e di azione delle idee di Victor Raul Haya de la Torre (1895-1978), fondatore dell’Alleanza Rivoluzionaria Popolare Americana (APRA), dai tempi del suo esilio messicano nel 1924. I legami tra Mackay e Haya de la Torre iniziarono nel 1916, anno in cui si conobbero sui banchi dell’Universita di San Marcos a Lima. Anche Haya era professore del collegio anglo-peruviano dove insegnarono anche altri apristi di fama. La casa di Mackay servi da rifugio a Haya de la Torre quando questi fu perseguitato in seguito a una manifestazione operaio-studentesca contro il tentativo, sostenuto nel 1923 dal governo oligarchico di Augusto Leguia (1919-1930), di consacrare il Pera al Sacro Cuore di Gest. Come ha sottolineato lo stesso Mackay, i pastori e i laici protestanti peruviani furono entusiasti sostenitori dell’APRA che per loro, come per Mackay, era simbolo di una politica anticonservatrice, antimperialista e antiautoritaria che fondava un progetto di societa democratica su un forte imperativo etico. Quando Haya de la Torre ritornd in Peru nel luglio del 1931 perse le elezioni presidenziali e venne imprigionato dal vincitore, il colonnello Sanchez Cerro (maggio 1932); anche i protestanti che l’avevano appoggiato furono vittime della persecuzione politica. Questa alleanza di protestanti e democratici venne introdotta anche in Brasile dove i movimenti militari «tenentisti»
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del 1922, 1924, 1930 e la rivoluzione costituzionalista paolista del 1932 contarono sulla partecipazione attiva di luogotenenti (tenenti) protestanti, mentre nella rivoluzione paolista persero la vita pit di 300 ex-allievi del collegio Mackenzie. L’ Estado Novo di Getulio Vargas (1930-1945) mise fine al regno dell’oligarchia positivista e fondd un neo-corporativismo populista su una coalizione di interessi che certamente inglobd una parte dei protestanti, senza tuttavia rispondere alle loro radicali esigenze democratiche, spingendo in seguito alcuni ad appoggiare il Partito dei Lavoratori Brasiliani (PTS). Similmente a Cuba é nota la presenza protestante nelle lotte contro il regime autoritario del generale Gerardo Machado Morales (1925-1933). Come ha rilevato Marcos A. Ramos (1986), i protestanti militavano nei movimenti politici di opposizione la cui lotta sfocid nella rivoluzione democratica del 1933. Il governo che sorse da questa rivoluzione durante I’estate del 1933 fu precario. Dopo aver ristabilito la costituzio-
ne liberale del
1901,
il governo
liberale fu rovesciato
dal col-
po di stato del sergente Fulgencio Batista Zaldivar che rimase al potere fino al 1959 quando un’altra rivoluzione democratica vi pose fine. Il Messico fu senza dubbio il paese in cui si consolidd in modo evidente il legame tra processo politico democratico antioligarchico e protestantesimo. Decine di pastori e centinaia di membri delle congregazioni protestanti parteciparono armati ai movimenti rivoluzionari antiporfiristi guidati da Francisco I. Madéro, tra il novembre del 1910 e il giugno del 1911. La caduta della dittatura di Diaz fu provocata dalla lenta elaborazione di una cultura politica dissidente attraverso strutture prepolitiche forgiate dalle societa di pensiero, incluso il protestantesimo. I principali focolai rivoluzionari sorsero nel novembre e nel dicembre del 1910, proprio nelle zone rurali in cui si erano concentrate le congregazioni protestanti. Gli stessi principali capi rivoluzionari regionali, come Pacual Orozco e i suoi quadri del villaggio di San Isidro, Chihuahua e il commerciante Ignacio Gutiérrez Gémez nella Chontalpa del Tabasco, erano componenti delle strutture protestanti. Mentre il primo proveniva dalla famiglia che aveva fondato la congregazione protestante del suo villaggio, il secondo era il predicatore presbiteriano locale. La rivoluzione era fallita nei centri urbani in cui le persone sospette erano state facilmente arrestate dalla polizia di Diaz nei giorni che precedettero il 20 novembre 1910 (data prevista per l’insurrezione generale); scoppid invece e si consolidd laddove il lavo-
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ro associativo delle societa di pensiero aveva rafforzato in quarant’anni una cultura politica liberal-radicale e una rete organizzativa prepolitica. Quando nel febbraio del 1913 venhe assassinato Madéro e si instaurd un regime militare sostenuto dalla Chiesa cattolica, i protestanti si mobilitarono nuo-
vamente negli eserciti del movimento rivoluzionario costitu-
zionalista, guidati dal generale Venustiano Carranza, ex governatore dello Stato di Coahuila. E significativo che, dopo il trionfo di Carranza nell’agosto del 1914, numerosi pastori e maestri di scuola protestanti servirono da quadri secondari alPinterno dell’apparato rivoluzionario. Il maestro di scuola ed ex-pastore metodista Andrés Osuna ricopri l’incarico di ministro dell’educazione dal 1916 al 1918; nel 1919 gli successe il presbiteriano Eliseo Garcia, quando Osuna divenne governatore del Tamaulipas. Nello stesso modo il pastore presbiteriano Gregorio A. Velasquez divenne, nel 1914, capo dell’ufficio di propaganda e di informazione costituzionalista da lui fondato; dal 1918 diresse il quotidiano ufficiale del regime El Pueblo, trasformandosi in uno dei principali ideologi del carranzismo. La maggior parte dei protestanti messicani appoggiarono la formazione di un governo civile che doveva succedere a quello di Carranza, secondo la volonta da lui stesso manifestata. Per questo, quando trionfd una fazione rivoluzionaria militarista dopo un colpo di stato a capo del quale si pose il generale Alvaro Obregon, i protestanti furono momentaneamente emarginati dall’amministrazione obregonista (1920-1924) che introdusse un populismo neocorporativista. Sebbene sia evidente che i protestanti sostennero un po’ dappertutto in America Latina i movimenti democratici dal 1910 al 1940, cid nonostante venne intensificata la campagna cattolica che li accusava e li denunciava come «agenti dell’imperialismo americano», in particolare con i libri dei gesuiti Régis Planchet (1928) e Augusto Crivelli (1932). Durante gli anni ’20 e ’30 questa stessa propaganda cattolica si fece sostenitrice della legittimita ispanica del continente contro le organizzazioni religiose eterodosse e_contro i regimi populisti secolarizzatori come quello di Calles (1924-1932) in Messico. E vero che il legame ambiguo delle organizzazioni protestanti latinoamericane con le loro consorelle nordamericane, da cui dipendevano economicamente, si prestava a simili attacchi. In pit le organizzazioni protestanti missionarie nordamericane e il Comitato di Cooperazione in America Latina, che queste avevano organizzato nel 1914 sotto la guida di Samuel Guy Inman, appoggiarono una politica nordamericana
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moderata nella regione. Contro le invasioni di «marines» e contro la politica del «Big Stick», promossa dagli interessi economici dei cartelli, Inman scrisse molti libri difendendo il panamericanesimo e la politica di «buon vicinato» con cui tento di migliorare i rapporti tra il nord e il sud del continente. La grande maggioranza dei missionari appoggidO questa prospettiva, tentando anche talvolta di essere portavoce degli interessi latinoamericani nel loro paese, testimoniando in favore dell’autodeterminazione dei popoli latinoamericani contro le «lobbies». Il nazionalismo esacerbato dei rispettivi paesi, influenzato dal populismo, spinse i dirigenti protestanti latinoamericani a difendere posizioni nazionaliste nei confronti dei missionari nordamericani. I! congresso della Chiesa protestante latinoamericana, che ebbe luogo a L’Avana, Cuba, nel 1929, fu il riflesso di questa ricerca di un’identita protestante latinoamericana, di fronte alle critiche cattoliche e ai sospetti di vassallaggio filo-imperialista. Sotto la guida di un giovane giornalista e rivoluzionario messicano, il metodista Gonzalo Baez Camargo, e con una forte presenza messicana, il congresso riunito a L’Avana prese in esame le relazioni ecclesiastiche con le organizzazioni nordamericane e il tema dell’imperialismo nordamericano nella regione. Respinse in particolare l’imposta sullo zucchero introdotta dal governo nordamericano, che metteva in pericolo l’economia dell’isola. Prima di tutto, essendosi dato una direzione e una conduzione esclusivamente latinoamericana, questo congresso fu espressione di un protestantesimo latinoamericano che si affermava come tale. Questa ricerca di un’identita protestante latinoamericana, propria di una «nazione evangelica», doveva accentuarsi negli anni a venire con la creazione di Chiese autonome da un punto di vista amministrativo dalle organizzazioni missionarie nordame-
ricane.
6. Il protestantesimo latinoamericano tra persecuzione e rivoluzione I] nazionalismo protestante degli anni ’30 e ’40 si fondava su un umanesimo cristiano portatore di una democrazia borghese rappresentativa e partecipativa. I] «discorso alla nazione evangelica» del messicano Alberto Rembao sintetizzO nel 1949 quella che era stata la base della concezione protestante -e liberal-radicale, fin dagli inizi di questa organizzazione in America Latina nella meta del secolo XIX. Si trattava di tra-
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sformare la societa-base corporativa e verticale, e di democratizzarla creando un nuovo tipo di uomo e di donna, entrambi rigenerati dal punto di vista morale e attori economici attivi, disciplinati, creatori di ricchezze socialmente ridistribuite, soggetti politici di una sovranita da costruire. Questo discorso tipico della maggior parte degli scrittori protestanti latino. americani, a partire dalla seconda meta del secolo XIX, si opponeva a tutta la cultura e al retaggio ispanico che concepiva una societa-base caratterizzata da attori sociali collettivi e un ordine corporativista e organico. Per questa ragione dal 1920 al 1930 il protestantesimo non crebbe numericamente, sebbene queste minoranze fossero state molto attive dal punto di vista politico, educativo e sociale. Cosi lo stretto cammino che le organizzazioni protestanti si erano tracciate sembrava oscillare tra la persecuzione che dovevano sopportare da parte degli attori tradizionali della societa-base e la partecipazione attiva alle rivoluzioni democratiche borghesi; e doveva essere cosi, se volevano vedere un giorno una trasformazione globale della prassi e della mentalita. La persecuzione dei protestanti duro per tutti gli anni ’40 e ’50 e fu religiosa e politica. La Colombia fu il teatro privilegiato, ma non esclusivo, di questa duplice persecuzione nei confronti dei protestanti che, legati alla cultura politica liberale, si ritrovavano inesorabilmente coinvolti nel destino delle forze liberali. Cosi, in seguito all’insurrezione popolare conosciuta come «bogotazo», guidata il 9 aprile 1948 dal capo operaio populista Jorge Eliecer Gaitan nella citta di Bogota, si sviluppd una sanguinosa persecuzione politica e la repressione dei settori popolari e liberali da parte delle forze armate e del potere conservatore di Laureano Gomez. II paese entrd aliora in una guerra civile che causd, fino al 1958, circa 85.000 morti di parte liberale. Le 126 vittime contate da parte protestante sembravano del tutto insignificanti; tuttavia é molto probabile che non riflettessero la realta di un fronte liberale formato da protestanti, massoni, liberi pensatori e spiritisti, dirigenti di mutue societa, nelle quali i simpatizzanti del protestantesimo erano pitt numerosi rispetto alla stretta Statistica dei membri affiliati. A questa cifra si aggiunse la chiusura di 270 scuole protestanti per ordine del governo o per azione violenta dei conservatori, la distruzione di 60 chiese, senza contare il clima di oppressione e di coercizione che contrassegno la vita quotidiana con canti e predicazioni antiprotestanti da parte del clero, minacce, insulti, perquisizioni
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delle case, confisca dei beni, interferenza nelle pratiche religiose e altre violazioni dei diritti dell’uomo, che sono state meticolosamente documentate da James E. Goff (1968). Questa situazione si ripeté in altri Paesi dell? America Latina, in particolare in Messico, anche se in modo meno esasperato, a partire dal 1940, quando il governo di Avila Camacho si riconcilid con la Chiesa cattolica. Cid spinse i protestanti a partecipare, contro gli interessi cattolici e conservatori, ai movimenti democratici degli anni ’40 e °50. Cosi in Guatemala il movimento rivoluzionario del generale Juan José Arevalo (1945-1951) e soprattutto quello del suo successore, il generale Jacobo Arbenz (1951-1954) ricevettero l’appoggio dei protestanti che in particolare sostennero la riforma agraria. A Cuba l’appoggio a una rivoluzione democratica fu ancora pit evidente quando un giovane avvocato e leader studentesco, Fidel Castro, prese la guida della sollevazione del 26 luglio 1953, che qualche anno pit tardi si concluse con l’ingresso trionfale delle truppe rivoluzionarie a l’Avana nel gennaio 1959. Molti protestanti come il medico presbiteriano Faustino Pérez fecero parte della guerriglia della Sierra Maestra. Indubbiamente il pit illustre fu Frank Isaac Pais Garcia (19341957), originario di Santiago di Cuba, giovane istitutore e figlio di un pastore battista. Frank Pais organizzo il movimento di azione rivoluzionaria nella parte orientale dell’isola e fu considerato capo rivoluzionario in seconda della sollevazione del 26 luglio, prima di essere assassinato dal governo al potere il 30 luglio 1957 ed essere sepolto con il grado di colonnello, il grado pit alto delle truppe ribelli. All’ingresso delle truppe rivoluzionarie a I’Avana 1’8 gennaio 1959, «un apprezzabile numero di pastori protestanti» si trovava sul palco dal quale Fidel Castro arringava la folla e numerosi protestanti assunsero responsabilita politiche all’interno del nuovo governo democratico, tre di loro con il rango di ministro e altri due con quello di viceministro. Sempre nel 1959 i pastori della capitale si riunirono in un parco de l’Avana per celebrare un atto civico-religioso di appoggio alla rivoluzione e per festeggiare poco dopo il comandante Raul Castro, in occasione di una sua visita al Collegio metodista Candler. I protestanti _cubani appoggiavano la riforma agraria in corso, i programmi di alfabetizzazione, la lotta contro la corruzione amministrativa, sempre nel quadro di una democrazia liberale. In compenso, quando il primo ministro Fidel Castro impose una svolta radicale proclamando il carattere marxista-leninista
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della rivoluzione cubana, tra il 1961 e il 1965 180% dei pastori e dei membri delle congregazioni protestanti prese la strada dell’esilio. E questo nel quadro di tensioni create dalla chiusura delle scuole protestanti, dalla sospensione delle trasmissioni radiofoniche religiose, dallo stretto controllo delle spedizioni di bibbie e di letteratura religiosa, dalla chiusura di cappelle di campagna sconsacrate a causa dell’emigrazione dei fedeli, dall’invio dei pastori riluttanti al Servizio del Lavoro Obbligatorio, dove si ritrovavano con omossessuali e prigionieri comuni. Queste misure rivolte in primo luogo contro la Chiesa cattolica, che continuava a essere la principale forza di opposizione alla rivoluzione, si spiegano nel contesto della guerra fredda e dell’anticlericalismo di alcuni settori rivoluzionari. Tuttavia i protestanti cubani, modellati dalla cultura politica liberale delle lotte indipendentiste della fine del secolo XIX, non erano in grado di comprendere il senso e la sfida di una democrazia socialista. Solo una minoranza che condivideva gli obiettivi della rivoluzione tentO di conservare cid che restava dell’eredita protestante all’interno di una rivoluzione che apriva nuove prospettive ai neri, ai meticci e ai bianchi poveri e che, almeno all’inizio, ricuperava anche una forte esigenza etica. La rivoluzione cubana radicalizzata metteva a nudo i limiti del progetto protestante politico e sociale che, nato dal liberalismo radicale del secolo XIX, si dimostrava incapace di porsi come un’alternativa democratica diversa dal rifiuto degli autoritarismi di destra e di sinistra. Ma nello stesso tempo questo protestantesimo liberale si trovava minacciato nell’ambito religioso da una nuova espressione religiosa protestante che, radicatasi nel continente all’inizio del secolo XX, sembrava dover assumere un’ampiezza insospettata nel quadro della distruzione dei tradizionali rapporti di produzione nell’ambiente rurale delle societa capitaliste dipendenti. Infatti fin dall’inizio del secolo XX un’eccezione anticipd e infranse il disegno unitario liberale del protestantesimo latinoamericano. Si verificd tra il 1902 e il 1910 la sorprendente irruzione di una nuova espressione religiosa all’interno della congregazione metodista di Valparaiso in Cile. Si trattava, come ha sottolineato Lalive d’Epinay (1968), di una nuova mentalita religiosa protestante che fu condannata dalla Conferenza annuale della Chiesa metodista cilena, in occasione della sessione del 10 febbraio 1910 come «antimetodista, contraria alle Scritture e irrazionale». Anche E/ Mercurio, giornale liberale di Santiago, in un articolo del 3 novembre 1909
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aveva denunciato queste randole il segno «di un quotidiano della capitale La duplice condanna liberale evidenziava, fin
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nuove espressioni religiose considefanatismo malato», mentre un altro le considerd «cerimonie di indios». della Chiesa metodista e del giornale dall’inizio di queste nuove manifesta-
zioni religiose pentecostali, una tensione e una lotta tra due
espressioni del protestantesimo latinoamericano che a tutt’oggi non si sono ancora placate. Si tratta di due manifestazioni antagoniste: la prima, fondata sulla dipendenza delle societa di pensiero dal liberalismo radicale, considerava il protestantesimo uno strumento di rigenerazione sociale attraverso I’educazione; il suo scopo consisteva nel creare avanguardie religiose e politiche democratiche, che alla lunga dovevano contribuire alla trasformazione e «rigenerazione» dei popoli latinoamericani. In questo senso tale protestantesimo «storico» si concepiva come un movimento di riforma religiosa, intellettuale e morale, secondo le norme delia grande Riforma europea del secolo XVI e delle sue successive varianti religiose; in tal modo avrebbe contribuito attivamente alla creazione di una cultura democratica liberale e protestante a un tempo, allinterno di un continente dominato dalla cultura autoritaria del cattolicesimo intransigente. La sua azione si sviluppera su un fronte religioso e culturale tanto ampio quanto minoritario, accanto alle altre societa di pensiero e, sebbene questo protestantesimo fosse legato ai settori sociali di transizione, non disperava di avere accesso un giorno alle élites 0 addirittura di poterle formare nelle sue scuole. In compenso il nuovo protestantesimo che era sorto per la prima volta in Cile e che doveva avere in seguito una diffusione senza precedenti, non si preoccupava affatto della diffusione di una cultura democratica. Appariva piuttosto come una religione popolare degli oppressi e degli emarginati, ignorata sia dalle élites che dalle avanguardie ideologiche liberali e protestanti. In questo senso l’osservazione del giornale cileno che la collegava alla religione popolare indigena era pertinente. Il pentecostalismo nasceva pil come sincretismo religioso che come espressione protestante, come movimento religioso indipendente e persino antagonista della cultura politica protestante, ma anche come denuncia e condanna dell’incapacita del protestantesimo di uscire dalle strutture ultraminoritarie liberal-radicali. Il pentecostalismo, ignorato e denigrato dal protestantesimo storico fin verso il 1960, cominciava gia dal 1920 a conoscere una diffusione e un’espansione che oggi é arrivata a produrre un tale sconvolgimento da instaurare nell’ambito re-
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ligioso simo. Cosi trovava giosa e
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latinoamericano un rapporto di forza con il cattoliceall’inizio degli anni ’60 il protestantesimo liberale si rinchiuso in un progetto portatore di modernita relisociale per le minoranze, la cui ristretta distribuzione
geografica ne sottolineava i limiti. Tuttavia si percepiva in
modo sempre pili manifesto un protestantesimo popolare effervescente e di tradizione orale, che a poco a poco sembrava in grado di conquistare le masse emarginate e in costante migrazione, rese anomiche dai rapidi mutamenti economici.
Il]. L: ASSOGGETTAMENTO DEI MOVIMENTI PROTESTANTI (1959-1989) Uno dei rimarchevoli fenomeni sociali della societa latinoamericana e caraibica di questi ultimi trent’anni, segno della loro evoluzione, é la rapida trasformazione nell’ambito religioso. Se la Chiesa cattolica romana resta predominante a livello nazionale nella maggior parte dei paesi, in breve tempo rappresentera in molte regioni meno della meta del totale delle forze religiose presenti. Secondo le statistiche di Johnstone, citate da Stall (1990), i protestanti oscillavano nel 1986 tra il 5 e il 10% della popolazione in Argentina, Honduras, Nicaragua, Bolivia, Costarica, Repubblica Dominicana e Guyana francese; tra il 10 e il 20% in Brasile, Salvador, Haiti, Panama e Suriname; tra il 20 e il 30% nel Belize, Cile, Guatemala, Guyana e Puerto Rico; e pit del 30% nei Caraibi di lingua inglese (Bahamas, Barbados e Giamaica). In compenso la regione andina (Venezuela, Ecuador, Peru), il Paraguay e l’Uruguay, al pari di Cuba e Messico, hanno percentuali inferiori al 5%. Queste cifre del tutto approssimative servono solo come indicatori di una tendenza, osservabile dall’inizio degli anni 60, verso un’atomizzazione esponenziale del campo religioso e una correlativa differenziazione che fa si che oggi i protestanti siano lontani dal rappresentare la totalita dei movimenti religiosi secondari. Sebbene i pentecostalismi rappresentino ancora probabilmente la parte dominante dello spazio religioso secondario, numerose organizzazioni religiose non protestanti (Mormoni, Testimoni di Geova), sincretiste (La Luz del Mundo), taumaturgiche (Umbanda) e cattoliche millenariste, proliferano in un universo religioso in espansione, cui dobbiamo aggiungere i movimenti religiosi di origine
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orientale e gli antichi e nuovi esoterismi (spiritismo e la Grande Fraternita). Una delle prime conseguenze metodologiche dell’evoluzione del campo religioso é l’impossibilita di studiare il protestantesimo in sé e per sé e ancor meno di pensare di spiegare le trasformazioni dell’attuale ambiente religioso latinoamericano limitandosi ai vari movimenti protestanti. Solo studi comparativi come quelli condotti da Rodrigues Branddo (1986 e 1987) in Brasile, partendo da una teoria del campo religioso, possono permettere di superare le aporie del riduzionismo. Tuttavia non si pud affrontare l’analisi dei movimenti protestanti contemporanei, senza rifarsi in primo luogo ai lavori fondamentali e finora non superati di Lalive d’Epinay (1968 e 1975). Sempre Lalive e Willems (1967) furono i primi a osservare, partendo dal fenomeno protestante, il mutamento accelerato del campo religioso latinoamericano gia dagli anni ’60. Se é vero che oggi si notano i limiti dell’opera di Lalive d’Epinay — per lo spazio regionale preso in esame — perché fondamentalmente circoscritta all’Argentina e al Cile, paesi atipici tenuto conto del resto di un continente indigeno, nero 0 meticcio, e anche a causa del suo argomentare limitato ai movimenti protestanti, non é meno vero che questo autore ha posto i problemi essenziali. Da una parte ha elaborato una tipologia che resta operativa, tentando di classificare l’ampio spettro di movimenti religiosi protestanti secondo il parametro Chiesa-sette-culti. D’altra parte ha per primo recepito, al contrario di Willems, il processo di acculturazione dei movimenti protestanti rispetto ai valori della religione e della cultura popolare. Nel quadro di una teoria della crisi economica e sociale e della corrispettiva anomia che ne deriva, Lalive d’Epinay ha compreso le organizzazioni protestanti di tipo settario come controsocieta in seno alle quali si ricostruiva cid che egli ha definito il modello della hacienda. All’interno dell’ organizzazione religiosa dissidente, come egli constata, il pastore svolge il ruolo del padrone, instaurando rapporti di clientelismo con i fedeli, su un modello di gestione del religioso di tipo autoritario e antidemocratico. Fin dal 1960 i movimenti protestanti settari costituiscono la maggioranza delle organizzazioni protestanti; Lalive ha dunque ben rilevato la tendenza all’acculturazione nei confronti del corporativismo, senza giungere a individuare la rottura con i precedenti modelli protestanti che cid implicava e a mettere in questione Puso del termine «protestantesimo» per definire movimenti
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religiosi fondamentalmente sincretisti. Affronta tuttavia i movimenti protestanti settari nel senso della continuita e della rielaborazione di una cultura religiosa popolare e si chiede se questi movimenti «non debbano essere interpretati sia come una riforma del cattolicesimo popolare che come un rinnovamento interno al protestantesimo». E proseguendo [’analisi, situa questi protestantesimi settari all’interno del «panorama delle religioni popolari, a fianco degli animismi, degli spiritismi, delle religioni afroamericane, dei messianismi, delle forme popolari del cattolicesimo cresciute intorno ai santuari, ecc.»3, Mentre Willems spiegava lo sviluppo dei movimenti protestanti settari con l’urbanizzazione e la razionalizzazione, Lalive d’Epinay, constatando il radicamento sia rurale che urbano dei movimenti protestanti settari, li pone nella logica dell’adattamento alla mentalita religiosa popolare. Da qui anche l’analisi pertinente del loro rapporto con l’ambito politico, definito dall’autore come «disimpegno conformista», «modalita passiva della funzione di testimonianza»‘. Tutte le questioni poste da Lalive d’Epinay e le conclusioni alle quali arriva si rivelano oggi fondamentali e pertinenti nella discussione sul ruolo dei movimenti protestanti in America Latina e nei Caraibi. Tuttavia dal nostro punto di vista la diffusione dei gruppi pentecostali non corrisponde né a una riforma del cattolicesimo popolare, né a un rinnovamento del protestantesimo; si tratta piuttosto di un rinnovamento della religione popolare nel senso di un mosaico e di un’acculturazione dei movimenti protestanti rispetto ai valori e alle pratiche della cultura cattolica popolare. Nel corso degli anni ’70, quando il tema della religione popolare era di moda, molti ricercatori hanno sottolineato l’autonomia della prassi religiosa dai controlli della gerarchia nel senso di una giustapposizione di momenti religiosi, articolati ma non integrati. Probabilmente sia l’evoluzione centralizzatrice e verticale del cattolicesimo nella forma di romanizzazione, sia la distruzione dei tradizionali rapporti di produzione in regioni indigene e le correlative migrazioni hanno favorito i tentativi di rielaborazione simbolica da parte di settori sulbalterni delle societa latinoamericane. In questa prospettiva un’ipotesi avanzata nel 1965 da Pierre 3C. Lalive D’Epinay, Dynamique sociale, religion et dépendance. Les
mouvements protestants en Argentine et au Chili, Mouton, Paris 1975, pp.
178-179. 4Id., Dynamique sociale..., op. cit., p.279.
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Chaunu pud rivelarsi feconda: i movimenti protestanti popolari sarebbero in realta forme di cattolicesimo sostitutive, che vanno a occupare un vuoto; come scriveva Chaunu (1965): «Questo protestantesimo radicale senza esigenze dogmatiche, completamente dipendente dall’ispirazione, interamente consacrato all’intervento di Dio, non é, a conti fatti, vicino al cattolicesimo senza sacerdoti di una parte delle masse?»».
Molte recenti monografie, dedicate allo studio dei pentecosta-
lismi in ambiente indigeno, dimostrano la plausibilita dell’ipotesi. Cosi presso gli indios Tobas del Chaco argentino, come hanno constatato Miller (1979), Wright (1984 e 1988) e Santamaria (1990), la continuita delle pratiche pentecostali con le pratiche sciamaniche genera un vero mosaico religioso. Secondo Wright la creazione nel 1961 della Chiesa evangelica unita toba, diretta da una gerarchia religiosa indigena secondo le norme tradizionali del potere religioso simbolico e politico, ha rappresentato un tentativo di legittimazione di vari aspetti della loro cultura ancestrale, attraverso l’appropriazione di un linguaggio e la costituzione di un’entita religiosa riconosciuta e accettata dalla societa globale che rifiuta i codici autoctoni di comunicazione. Per Santamaria (1990) si tratta di una strategia di adattamento che ridefinisce |’etnicita attraverso un nuovo culto, di origine cristiana come la societa globale, ma che, dotandosi di manifestazioni religiose proprie, si ritrova nell’atmosfera ancestrale. Samandu (1988) ha constatato la stessa continuita in America Centrale, sottolineando che «le credenze pentecostali rendono possibile la libera espressione del mondo religioso popolare abitato dai demoni, dagli spiriti, dalle rivelazioni e dalle guarigioni divine... in modo tale che i credenti riconoscono nel pentecostalismo la “loro” religione, con profonde radici nella cultura popolare da tempo squalificata come superstizione dalle classi colte», Questa acculturazione non é specifica del pentecostalismo, poiché la maggior parte delle Chiese storiche, eccetto le Chiese trapiantate del Cono sud, si sono pentecostalizzate nella pratica religiosa e si sono cosi assicurate una crescita numeri-
5 Pp, Chaunu, «Pour une sociologie du protestantisme latino-américain», in Cahiers de Sociologie Economique, Le Havre, maggio 1965, n. 12, p. 17. © L. Samandu, «El pentecostalismo en Nicaragua y sus raices religiosas populares», in Pasos, San José Costa Rica, n. 17, maggio-giugno 1988, pp. 1-10.
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ca e, come per esempio la Chiesa nazionale presbiteriana messicana, una base rurale indigena. Ma non si pud comprendere il processo di acculturazione se non si situano le diverse espressioni protestanti attuali nello spazio delle proposte religiose in cui, come nel caso del villaggio brasiliano di Santa Rita, «nessuna proposta religiosa é riuscita a imporre la sua egemonia, e in cui la mobilita religiosa e la pluralita
delle credenze», caratterizzano spesso.le pratiche religiose del-
la popolazione. In altri termini i movimenti protestanti popolari fanno parte di una cultura religiosa «a mosaico» in cui «sono frequenti i passaggi da una Chiesa all’altra; spesso i fedeli dell’ Assemblea di Dio frequentano il terreiro dell’umbanda e pil raramente la Chiesa cattolica». Questa permanenza dei tratti della cultura religiosa popolare e sociale era gia stata osservata da Roger Bastide (nel 1973), quando scriveva a proposito del protestantesimo a Puerto Rico: «Cid che pid mi colpisce come antropologo é il processo di acculturazione del protestantesimo con la cultura cattolica di massa; i seminaristi protestanti portano catenine con la croce e persino medaglie sacre; gli uomini e le donne si dividono in due gruppi separati nelle chiese, le feste (con il pretesto di raccogliere fondi) svolgono un ruolo pit importante degli studi biblici, il “caudillismo” ispanico viene mantenuto attraverso i conflitti tra le diverse Chiese, reinterpretato, perd, in forma di dogmi e differenze liturgiche; l’indifferenza verso le istituzioni conquista le giovani generazioni; cid fa si che oggi molti siano contemporaneamente cattolici e protestanti o protestanti e spiritisti o che diventino addirittura estranei alla vita della Chiesa in cui sono stati battezzati»’. L’assimilazione dei millenarismi e dei messianismi dei movimenti protestanti da parte della cultura religiosa e politica ci permette di percepirli oggi pit in continuita che in rottura con l’universo culturale e religioso fatinoamericano. Per questo possiamo chiederci se si pud ancora parlare di protestantesimo o se non si tratti piuttosto di nuovi movimenti religiosi sincretisti che si inscrivono nella strategia di un’efficacia simbolica di resistenza e di sopravvivenza, segno di un assemblaggio religioso da parte dei settori subalterni della popolazione. Negli ultimi vent’anni la maggior parte dei ricercatori ha sottolineato la crescita esponenziale dei pentecostalismi nelle 7R. Bastide, «Contributions a une sociologie des religions en Amérique
Latine», in Archives des Sciences Sociales des Religions, 35, 1978, p. 146.
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societa rurali, in cui i conflitti politici di origine agraria sono violenti. Molti studi su casi particolari hanno messo in evidenza il crescente controllo, da parte delle tradizionali élites indigene o meticce, un controllo stile «cacicco», che, attraverso il cattolicesimo popolare e il controllo della religione, mantengono il potere e il monopolio sulle terre, sul commercio e sulle strutture politiche della societa rurale. Di fronte al monolitismo delle strutture politiche di controllo, verticali e autoritarie, rafforzate dal cattolicesimo popolare, i nuovi movimenti religiosi sono diventati l’unica opzione per poter rompere il potere religioso simbolico, preludio di un’eventuale rottura del potere politico. Garma (1987), nel suo studio d’avanguardia sui movimenti protestanti della Sierra del nord dello stato di Puebla in Messico, ha dimostrato che le élites meticce che controllavano il commercio del caffé erano cattoliche, mentre quelle indigene avevano optato per le pratiche religiose pentecostali degli anni ’60, allo scopo di spezzare l’egemonia commerciale e politica meticcia, attraverso il dissenso religioso che assicurava loro una certa autonomia. In ambiente rurale é probabile che i capi religiosi eterodossi si presentino come fautori di rinnovamento della leadership politico-religiosa, nel senso della rimessa in questione del potere delle élites rurali tradizionali. Nel caso degli indigeni Paez e Guambianos del sud della Colombia, Rappaport (1984) ha notato che il protestantesimo sincretista rafforzava |’identita etnica permettendo la realizzazione del culto, senza intermediari non indigeni e «inserendo le loro nuove credenze nei sistemi di pensiero tradizionale e in particolare negli aspetti che legittimano e strutturano la loro attivita politica orientata alPautodeterminazione»?, E questo nel contesto di una diffidenza storica nei confronti del cattolicesimo, strumento della violenza politica negli anni precedenti. Sembra proprio che si possa parlare di una resistenza attiva, legata a un simbolismo creativo, che permette di ristrutturare l’identita del gruppo dominato nel senso della modifica del rapporto di forza religiosa simbolica e politica a un tempo, nella speranza di ottenerne vantaggio a breve termine. Senza dubbio questi pentecostalismi si inscrivono nella tipologia dei messianismi e dei millenarismi proposti da Pereira de Queiroz (1968), che distingueva i movimenti restauratori da 8 J. Rappaport, «Las misiones protestantes y la resistencia indigena en
el sur de la Colombia»,
116.
in América Indigena,
México,
XLIV/1,
1984, p.
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quelli riformisti e sovversivi. In questa ottica di analisi il conformismo passivo, che sembrava essere I’elemento dominante, é solo uno degli aspetti della resistenza di questi settori subalterni. Tale resistenza «passiva» pud realizzarsi, come ha notato Hurbon (1987) per quanto riguarda i Caraibi, «con un lavoro segreto del sistema di simboli e di immagini allo scopo di produrre una cultura dei Caraibi, irriducibile alla cultura occidentale»®. Attraverso il processo di «legittimazione o di rifiuto dei nodi simbolici e delle immagini tradizionali, il convertito — secondo Hurbon — si impegna in un processo di allontanamento dai valori dominanti. Forse la principale espressione della resistenza e del conformismo passivo, sottolineato da Lalive d’Epinay, risiede nella protezione che l’organizzazione religiosa offre all’individuo, rinchiudendolo in una controsocieta e in una cultura religiosa subalterna relativamente autonoma. Tuttavia, a mio avviso, la comprensione del conformismo passivo dei movimenti protestanti popolari deve essere sviluppata discutendo i suoi rapporti con la cultura politica e religiosa dominante, animata da una simbolica corporativa, autoritaria e antidemocratica, che si ritrova pure sia nelle comunita pentecostali, sia nei nuovi movimenti religiosi. Gli studi condotti sulle organizzazioni pentecostali hanno raramente ripreso in modo esplicito le considerazioni di Lalive d’Epinay circa il modello di organizzazione religiosa derivato da quello della hacienda e la corrispettiva funzione del pastore-padrone. Sebbene Lalive d’Epinay abbia tentato di sfumare la riproduzione del modello evidenziando un aspetto innovatore nel fatto che, al contrario della hacienda, chiunque pud diventare padrone, egli non ha abbastanza sottolineato gli elementi di continuita con i valori e le pratiche tradizionali della cultura politica e religiosa corporativa. Oggi la maggior parte delle comunita religiose pentecostali sono dirette da veri capi, proprietari, caciques e caudillos del movimento fondato da loro stessi e tramandato di padre in figlio secondo un modello corporativo all’interno del quale i legami di parentela hanno un ruolo determinante. Cosi la grande Chiesa pentecostale «Brazil para Cristo» vive all’ombra del suo fondatore. In Messico La Luz del Mundo é stata fondata da un bracero (lavoratore agricolo immigrato), trasformato in messia e che alla sua morte ha ceduto la conduzione di un 91. Hurbon, «Nuevos movimientos religiosos en el Caribe», in Cristianismo y Sociedad, XXV/3, 1987, p. 60.
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impero religioso internazionale al figlio. Il capo dell’organizzazione pentecostale conosciuta in Pert come «gli Israeliti» si € progressivamente messianizzato e si fa chiamare «Compilador biblico, Gran y unico misionero general, Guia espiritual, Profeta de Dios, Maestro de Maestros, Espiritu Santo y Cri-
sto de Occidente»!°,
Questo messianismo,
tipico di tutte le
sa, ma ne é anche il padrone assoluto. Come
rileva Wright, tra
grandi organizzazioni pentecostali, si ripete a tutti livelli, cominciando da quello locale in cui il pastore non solo é proprietario del terreno e della chiesa della sua organizzazione religio-
i pentecostali tobas «i leaders religiosi sono riconosciuti per il loro ascendente sugli altri membri, ascendente che si basa su poteri di origine sovrannaturale, e anche per il prestigio sociale ed economico»'!. Un’analisi pit’ approfondita dei legami di reciprocita e di ridistribuzione che derivano dai dirigenti pentecostali, rivelerebbe con maggiore evidenza la continuita con la cultura politica corporativa e con l’opposizione totale alla cultura politica del protestantesimo latinoamericano del secolo XIX. Questo fenomeno non é esclusivo del pentecostalismo e appartiene anche ai movimenti protestanti storici, che non solo si sono pentecostalizzati adottando manifestazioni religiose fervide, ma hanno anche assimilato i modelli della cultura politica corporativa, in rottura con i modelli missionari e liberal-radicali che li avevano originati. Una recente tesi di Carrasco (1988) ha dimostrato chiaramente questo processo «di episcopalizzazione dei quadri dirigenti battisti latinoamericani». Egli conclude che «le Chiese evangeliche battiste si trovano dirette da un’élite di tendenza oligarchica che capitalizza un potere religioso simbolico e un’autorita di tradizione, in funzione di una visibilita istituzionale continua»'?. Questa acculturazione di una societa protestante storica, tra le pid radicali perché di tipo congregazionista, é rivelatrice di una realta che riguarda la maggior parte delle comunita protestan10M. Granados, «Los Israelitas», in Socialismo y participacién, Lima,
marzo 1988, n. 41, p. 95.
" P.G. Wright, «Tradicién y aculturacién en una organizacién socio-
religiosa toba contemporanea», 1988, n. 48, p. 74.
in Cristianismo y Sociedad,
XXVI/1,
2 PE. Carrasco, Les cadres dirigeants baptistes latino-américains en-
tre le croire et le pouvoir; étude sociologique d’un processus d’épiscopalisation dans une société religieuse congrégationaliste en Amérique Latine. Tesi di dottorato in Teologia protestante, Centro di sociologia del Protestantesimo, Universita di Strasburgo, dicembre 1988, pp. 231-232.
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591
ti storiche, a eccezione dei movimenti protestanti trapiantati del Cono sud. In compenso si ritrova lo stesso modello autoritario, centrato su un fondatore e padrone, all’interno di centri di studio ecumenici eterogenei che proliferarono negli anni ’60, collegati al Consiglio Ecumenico delle Chiese. Come scrive Carrasco, questo processo di verticalizzazione, questa
episcopalizzazione, pone i dirigenti in una situazione di rilie-
vo sociale e cid avviene, aggiungerei, secondo le norme della cultura politica corporativa dominante. E in questo senso che ho realizzato uno studio comparativo dei rapporti tra i movimenti protestanti popolari del Guatemala e del Nicaragua e la politica, all’interno di regimi antagonisti in cui, in fin dei conti, essi sono retti dalla stessa logica corporativista. 1 quadri dirigenti protestanti urbani erano, in entrambi i casi, in relazione di clientela religiosa privilegiata con lo stato-padrone, in una congiuntura in cui le tensioni Chiesa cattolica-Stato andavano accentuandosi. Il conformismo passivo, lungi dall’essere un elemento di ripiego su di sé della controsocieta religiosa, é di fatto una caratteristica fondamentale della dinamica corporativista dei movimenti protestanti contemporanei in America Latina. E per questa ragione che la leadership pentecostale in alcuni paesi ha potuto trasformarsi nel corso di questi ultimi 20 anni in leadership politica nel senso tradizionale di mediazione corporativista. Senza contare che, come in Guatemala nel 1984 (Jorge Elias Serrano) o nel Pert del 1990 (il capo degli «lsraelitin), gli stessi dirigenti protestanti non esitano piu, sulla base delle loro clientele religiose, a proporsi alla presidenza del loro paese. In generale é dunque lecito tentare di formulare l’ipotesi che i movimenti protestanti latinoamericani di oggi non siano pid portatori di una cultura religiosa e politica democratica, ma, al contrario, abbiano assimilato o si siano lasciati assimilare dalla cultura religiosa e politica autoritaria e si sviluppino secondo la logica del negoziato corporativista.
IV. CONCLUSIONE Se si tiene conto dell’evoluzione globale dei movimenti protestanti latinoamericani, a partire dalla seconda meta del secolo XIX fino a oggi, non si pud non essere colpiti dal mutamento che hanno subito dagli anni 1960. In generale € pos-
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Jean Pierre Bastian
sibile affermare che se i movimenti protestanti del secolo XIX sono sorti dalla cultura politica del liberalismo radicale, democratico e articolato con una pedagogia della volonta individuale, i movimenti protestanti popolari contemporanei provengono dalla cultura religiosa cattolica popolare, corporativa e autoritaria. Mentre i primi erano una religione del Libro, civica e razionale, i secondi sono una religione dell’ oralita, analfabeta ed effervescente. Mentre i primi erano portatori di pratiche e di valori democratici, i secondi veicolano modelli cacicchi e caudillisti di controllo religioso e sociale. Il peso dei movimenti protestanti popolari é oggi tale, come modello
di espansione,
che
i movimenti
protestanti
storici
hanno
in
gran parte rotto con il loro retaggio liberale e si sono acculturati rispetto ai valori corporativisti, aderendo anche a progetti politici autoritari. In questo senso il loro studio compete alla sociologia dei mutamenti religiosi, suggerita da Bastide. In generale é lecito affermare che i movimenti protestanti latinoamericani, a eccezione delle chiese trapiantate nel sud del continente e di qualche organismo ecclesiastico uscito dalle Chiese storiche, sono in generale dei sincretismi. In questo senso essi non differiscono quasi dagli altri nuovi movimenti religiosi e possono essere analizzati solo in questa prospettiva di confronto. E lecito domandarsi se i movimenti protestanti popolari caratterizzati da un millenarismo e da un messianismo effervescente, «in una congiuntura molto diversa, non rappresentino in qualche modo una ridefinizione storica dei movimenti messianici del secolo XIX e dell’inizio del secolo XX, attualmente non pit praticabili»'3. D’altronde é opportuno porsi la questione del rapporto dei movimenti protestanti popolari con la modernita democratica in America Latina. Come abbiamo sottolineato, i movimenti protestanti storici furono portatori di una modernita liberale e democratica contro i tradizionali attori sociali defla cultura corporativa, e percid furono presenti nelle lotte sociali e politiche democratiche. Invece i movimenti protestanti popolari contemporanei sembrano aver assimilato la cultura politica della repressione, come ha dimostrato Alves (1985). E in questo rapporto con la cultura politica tradizionale che bisogna comprendere anche il mutamento globale dei movimenti protestanti latinoamericani di questi ultimi 30 anni e il loro ap'3 R. Reyes Novaes, «Os escolhidos de Deus, pentecostais, trabalhado-
res e cidadania», in M. de Saint Martin, Actes de la Recherche en Sciences Sociales, Paris, nn. 52-53, giugno 1984, p. 113.
Il protestantesimo in America Latina
593
poggio ai regimi politici autoritari sia di destra che di sinistra, stabilendo relazioni di clientelismo religioso in situazioni di confronto tra Chiesa cattolica e Stato. Da protestatari, i movimenti protestanti sarebbero diventati fondamentalmente fautori/assertori e la loro affinita elettiva con la cultura politica corporativista e autoritaria pone |’interrogativo se si tratti ancora di protestantesimo, cioé di un movimento di riforma religiosa, intellettuale e morale, o se sia invece una variante della cultura religiosa popolare latinoamericana, in quanto rafforzamento e adattamento ai tradizionali meccanismi di controllo sociale. Nella misura in cui il principio protestante é stato eliminato da questi movimenti protestanti popolari, si tratta di un insieme di nuovi movimenti religiosi non cattolico-romani, in posizione simile a quella della religione popolare cattolica, relativamente autonoma rispetto alla Chiesa, piuttosto che di un fenomeno religioso protestante. Invece di seguire l’ipotesi di Stoll (1990), secondo la quale l’America Latina starebbe diventando protestante, a noi sembra che i movimenti protestanti si siano latinoamericanizzati a tal punto da assimilare la cultura religiosa corporativista. Infine ci si pud chiedere se la differenziazione dell’ambito religioso latinoamericano e la sua atomizzazione vadano nel senso del rafforzamento dell’autonomia degli agenti sociali e dello sviluppo di una forte societa civile, condizione della formazione di un’opinione pubblica autonoma, e di conseguenza, di una prassi democratica. Come scrive il sociologo francese Alain Touraine, «non possono esistere istituzioni rappresentabili, se non esistono a monte agenti sociali rappresentabili. La democratizzazione non pud essere definita come passaggio dal caos alla liberta o dalla massa al governo. Essa suppone la preliminare organizzazione di domande sociali e l’autonomia di azione delle associazioni, dei sindacati o di altri gruppi di interesse. Suppone anche che si formi un dibattito anteriore a quello delle istituzioni politiche, dibattito il cui luogo é l’opinione pubblica. Se quest’ultima é dominata dal confronto tra partiti, la democrazia non ha base»'*, Ora i movimenti protestanti del secolo XIX, in quanto societa di pensiero, furono proprio luoghi di formazione dell’opinione pubblica attraverso l’affermazione del libero arbitrio religioso e del dibattito. I movimenti protestanti attuali, verticisti e autoritari, fungono piuttosto da elemento di trasmissione nel 14 A. Touraine, La parole et le sang, politique et société en Amérique
Latine, Odile Jacob, Paris 1988, p. 447.
594
Jean Pierre Bastian
controllo sociale verticale di una societa bloccata nella sua evoluzione verso la modernita liberale e democratica. Oggi la trasformazione democratica della societa latinoamericana, condizione della democrazia economica, sembra essere bloccata. Come fa notare anche Touraine, negli anni ’60 e ’70
hanno trionfato i regimi militari e gli anni ’80 e "90 sembrano
annunciare pit il ritorno dei populismi che una trasformazione democratica. In questo contesto i movimenti protestanti popolari e millenaristi sembrano essere portatori di un progetto sociale e politico di restaurazione piu che di riforma. Come sottolinea ancora Touraine, le societa latinoamericane «continuano a essere ostinatamente dualiste. Da una parte c’é il mondo della parola, cioé della partecipazione non solo dei ricchi ma anche della classe media e di gran parte della classe operaia, e dall’altra c’é il mondo del sangue che é quello della poverta e della repressione». In questo universo dualista, i movimenti protestanti popolari sorgono dal mondo del sangue e dovrebbero compiere un enorme sforzo per passare a quello della parola. Il limite di un tale esercizio sta nel fatto che esso avviene secondo la logica del mondo della parola, cioé dei modelli di controllo corporativisti dell’ambito sociale e religioso, ancorati al predominio delia cultura e della mentalita cattolica.
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O%
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LE RIDUZIONI
19.
Margarita Duran Estrag6
I. PRIMI TENTATIVI (1503 - 1580) Gli europei che giunsero in America pensavano che i nativi americani fossero identici agli europei, vale a dire, assimilabili al loro modo di essere. Avrebbero dovuto quindi parlare come loro, vestirsi come loro e vivere secondo gli schemi culturali dell’Occidente. Ma oltreché non identici, li scoprirono differenti perché andavano in giro nudi e vivevano dispersi nelle selve, perché si ubriacavano e danzavano fino all’esaurimento, perché mangiavano carne umana ed erano idolatri. Gli spagnoli non incontrarono negli indigeni d’America degli esseri a loro eguali, ma dei soggetti inferiori da «umanizzare». La nudita, i loro corpi pitturati e adorni di piume, la lunga capigliatura, la poligamia, la stregoneria, la coabitazione e le ubriacature costituivano, assieme agli altri vizi, forti ostacoli alla penetrazione della «civilta» in America. La dispersione degli indigeni rendeva impossibile «ridurli» (riunirli e assoggettarli) a vita politica e umana, condizione primaria della loro conversione alla fede e vita cristiana. La necessita di raggrupparli in villaggi fece si che la Corona emanasse, agli inizi del secolo XVI, le prime norme legali tendenti alla formazione di «riduzioni» o villaggi di indios. Le prime istruzioni infatti, inviate ai governatori e funzionari dell’America spagnola in relazione alla concentrazione degli indigeni in villaggi, risalgono rispettivamente al 20 e al 29 marzo 1503: sono decreti regi firmati in Alcald de Henares, a undici anni dall’entrata dei primi conquistatori in America. Nel marzo del 1509 tali ordini vengono rinnovati e indirizzati questa volta a Diego Colombo, figlio ed erede dell’«ammiraglio» Cristoforo Colombo. Le famose leggi di Burgos del 1512, scritte sotto l’influen-
Le riduzioni
601
za del domenicano fra Antonio de Montesinos, residente nelVisola La Espafiola (l’attuale Repubblica Dominicana), facevano delle riduzioni il metodo fondamentale di colonizzazione. Le istruzioni consegnate ai frati geronimiti nel 1516 manifestano ancora una volta la necessita di concentrare i nativi in villaggi al fine di ottenere la loro «civilizzazione» e cristianizzazione (in tal senso le riduzioni erano anche chiamate «dottrine»). P. Bartolomé de las Casas, sacerdote «encomendero» (concessionario di terre e di indios che servivano a lavorarile), si rese conto dell’ingiusta posizione che rivestiva di fronte ai «suoi indios» e cambio vita dedicando il suo sacerdozio alla causa della giustizia e liberazione degli indigeni d’America. Nel 1514 Las Casas lascia Cuba per la Spagna, dove presenta un memoriale in difesa dell’indio. Nel 1519 ottiene dalla Corona l’approvazione del suo progetto di fondare «villaggi di indios liberi» con la collaborazione di agricoltori ispano-indios. Questo primo tentativo di villaggio fu compiuto sulla costa di Paria, nella regione di Cumana (Venezuela), nel 1520. L’esperienza durd solo due anni, a causa degli interessi degli encomenderos di Santo Domingo, delle molteplici attivita di Las Casas e, infine, a causa della sollevazione degli stessi indios, che finirono per attaccare la fondazione nel 1522! Fra Juan de Zumadrraga, vescovo di México, incoraggié la fondazione di un coilegio per bambini discendenti da capi indigeni (cacicchi) a Tlatelolco (Messico) nel 1536. Questa fondazione non poté prosperare a causa delle pressioni della popolazione spagnola che impedi ai sacerdoti delle campagne di fare opera missionaria tra gli indios. Zumarraga insisteva sulla necessita di concentrare gli indios in villaggi per evitarne cosi la dispersione in mezzo alle foreste sui monti, dove morivano senza che nessuno si occupasse dei loro corpi e delle loro anime: in tal modo, diceva, «non entrera mai in mezzo a loro la fede e il buon ordine finché non siano riuniti»’. La voce di Zumarraga ottenne che si promulgassero decreti di fondazione di citta, come quella di Michoacan (Messico) nel 1534. Fu questo il primo ordine di notevole importanza che
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Espafia»,
1966, p. 323.
in Missionalia
Hispdnica,
anno
XXIII,
n. 69, Madrid
602
Margarita Duran Estragé
venne dato per la concentrazione di indigeni nel Messico, dove l’influenza del vescovo Vasco de Quiroga si fece sentire con tutta la sua forza. Gia nel 1531 Quiroga lancia le sue prime idee riduzioniste in una lettera al Consiglio delle Indie, dove propone la riduzione degli indigeni come mezzo per proteggere gli orfani e i poveri e per ottenere la perseveranza nella fede dei nuovi cristiani educati dai frati nei loro conventi?. Quiroga, primo vescovo di Michoacan, fonda gli alloggi-villaggi di Santa Fé a completamento dell’educazione religiosa. Impartisce agli indios un’istruzione elementare e alcuni rudimenti di agricoltura. I] suo metodo pedagogico parte dalla conoscenza e dal rispetto dell’educando. Vuole eliminare il carattere sanguinario della «conquista» per attirare gli indios con opere buone. Quiroga dedicé la sua vita ai nativi di Michoacan, ma tutta la sua fatica educativa risultd un’esperienza utopica che, tutto sommato, rimase «una buona intenzione»*. Anche qui gli encomenderos e gli altri coloni spagnoli si opposero all’azione evangelizzatrice del vescovo e minacciarono di invadere i villaggi-alloggio di Santa Fé. Finalita primaria dell’opera di Quiroga era ospitare gli indios che venivano alla «dottrina» e i pellegrini che durante la loro permanenza nell’insediamento condividevano con gli altri i buoni modi e le virtt. praticate da chi vi abitava. Dopo varie esperienze non riuscite, e sotto l’ispirazione di fra Bartolomé de Las Casas, si porta a termine in Guatemala (1537-39) la prima riuscita esperienza di un’evangelizzazione libera e pacifica degli indios. Si tratta della missione di Verapaz, un fatto che dopo il trionfo della tesi di Las Casas con la sua opera «Del unico modo de atraer a todas las gentes a la religi6n verdadera» ispird la promulgazione delle Leggi Nuove nel 1542 e diede nome al territorio prima conosciuto come Tetzulutian o «terra di guerra». Da allora quella terra si trasformd in «Verapaz»: terra della vera pace. Questa missione era situata nella regione boscosa del nordest del Guatemala, abitata da gruppi maya, non ancora sottomessi dalla conquista spagnola. I domenicani riuscirono a raggiungerli per mezzo di messaggeri indios inviati con musiche accattivanti: i loro versi tradotti in «quiché» parlavano della creazione del mondo, del paradiso, della necessita della redenzione, della 3 P_ Borges, «Vasco de Quiroga...» op. cit., p. 327.
4A.G.
Matabuena, «Origen y exigencias histdricas de la obra misional
de Verapaz», in Separata de Ciencia Tomista, t. CVII, n° 350, genn.-aprile 1980, Salamanca p. 95.
Le riduzioni
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seconda venuta. passione e morte di Gest Cristo e della sua tarsi al cacicpresen Gli indios convertiti arrivarono persino a Fu un suci. canzon loro le con co principale e a festeggiarlo la nuosse intere grande con arono ascolt cesso pieno. I maya ai meschiese o cacicc il e e canzon in rmata trasfo na va dottri come i cantor dai ti saggeri che venissero quei religiosi descrit oppotutto del usanze no aveva spagnoli vestiti di bianco, che che fondarono ste a quelle degli altri spagnoli. 1 domenicani degli indios, e lingua la o cevan conos az Verap di ne la missio del messaggio ssione cid facilito la comunicazione e la trasmi vi di fondatentati primi i che to evangelico. Benché sia assoda avvenne finale e zazion realiz la 1537, nel fatti zione furono Chiapas di o dopo il 1544, quando Las Casas, gid vescov di rea dozzin una di pit’ (Messico), tornd dalla Spagna con la no giava appog e te richies sue le o scritti regi che approvavan altri per a vietav ti rescrit tali di Uno mala. Guate missione del terre a far guercinque anni agli spagnoli di entrare in quelle re scandali, semina né , rapine ra, «né compiere aggressioni € rcio né comme di via per né indios, gli né mettere in subbuglio dalle sempre per o bandit essere di pena sotto in altro modo, facescosi ue chiunq Indie e di perdere la meta dei propri beni
Guatemala se». Queste disposizioni della Corona crearono in
entrare nel terun clima di grande tensione. La proibizione di s provocd la ienda encom le mere soppri di e ritorio e Pordin prova i difendura a sollevazione di numerosi spagnoli e mise sori dei diritti dell’indio. nari anTra persecuzioni e prove, fino al martirio, i missio Creamala. darono dissodando il campo pastorale del Guate e inserir a fino no indige rono nuovi centri di raggruppamento to scimen ricono In astica. ecclesi Verapaz nella giurisdizione insigne di Tetdei meriti di fra Pedro de Angulo, missionario della diocesi o zulutlan, papa Pio IV lo nomino primo vescov di Verapaz nel 1561. e costiera L’idea di «ridurre» gli indios guarant della region de Arrdo Berna Fra 1538. al risale ico Atlant meridionale dell’ nell’igiunti scani menta e Alonso Lebron, missionari france Intendell’« ione spediz la con sola di Santa Catalina (Brasile) gli indios guadente» Alonso Cabrera, presero contatto con Armenta scriarrivo, loro il dopo mesi Alcuni rani del posto. e contadini inviar ve al Consiglio delle Indie sulla necessita di ero stati sarebb lui, o second e artigiani d’ogni genere, i quali, attirare facile pit é che to momen pid utili «dei soldati, dal
5 A. G. Matabuena, op. cit., p. 107.
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questi selvaggi per mezzo della dolcezza che per mezzo della forza»®. Tra i tupy del Brasile attuale operarono come missionari alcuni francescani portoghesi che, secondo Manuel de Nobrega, s.j. — 1549 —, furono uccisi per colpa degli stessi «cristiani»’. I gesuiti, arrivati in Brasile nell’anno sopra citato, aprirono una scuola per bambini portoghesi e indios. Presero parte alla fondazione di citta, impararono la lingua tupi, ne scrissero la grammatica e cominciarono a raggruppare gli indigeni in villaggi. Verso il 1566 andarono a La Florida, quindi in Peri, Messico, Nueva Granada (Colombia e Venezuela) e Paraguay. Frutto di tutti i tentativi di raggruppamento degli indigeni in villaggi fu la politica riduzionista del viceré del Peru, Francisco de Toledo, nel 1570. La necessita di evangelizzare gli indios e di arrestare il loro vertiginoso calo demografico fu tra i motivi determinanti della politica di Toledo. Juan de Matienzo, cronista peruviano, propose nella sua opera
«Il Governo
del
Pert»,
nel
1567,
una
serie di norme
per l’applicazione del sistema delle riduzioni in tutto quel territorio. Dopo aver motivato la necessita di applicare tale piano, fondandola sui gravi incovenienti derivanti dalla dispersione degli indios sui monti e in mezzo alle foreste, suggerisce di esplorare le terre occupate dagli indigeni e di fare un censimento dei cacicchi e della loro gente. Propone di raggruppare 500 indios per ogni villaggio, e che ci sia in esso acqua, legna e buone terre da coltivare. Quanto al tracciato dei villaggi, stabilisce che si formino gruppi di case a forma di «isolati» che racchiudano nel mezzo una piazza, che in una di esse si eriga la chiesa e la casa del missionario, alcune stanze per gli ospiti, inoltre la casa del giudice-alcalde (corregidor) spagnolo, la prigione con tanto di ceppi e le varie celle. In un altro isolato, il Cabildo o luogo di riunione del consiglio e la casa del cacicco principale. Negli altri appezzamenti si costruiranno case per gli spagnoli sposati che vorranno vivere tra gli indios. Subito appresso verrebbero te case degli indios con un
®L. Cano, «Las érdenes religiosas en los Treinta Pueblos Guaranies después de la expulsion de los jesuitas. Los Franciscanos», Separata del Ter-
cer Congreso de Historia Argentina y Regional,
Santa Fe - Parand, luglio
1975, Academia Nacional de la Historia, Buenos Aires 1977, p. 123. 7M. Pereira, «Actividad evangelizadora y cultural de los Franciscanos Portugueses en el Brasil durante el siglo XVI», Separata del Segundo Con-
greso Internacional de los Franciscanos en el Nuevo Mundo, siglo XVI, La
Rabida 1987, p. 908.
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appezzamento ciascuna, due se si trattasse di famiglie grandi o di quelli che avessero il titolo di cacicco®. Il viceré Toledo mise in esecuzione il suo piano di riduzioni con la fondazione di Santiago (Lima) nel 1570, pit. nota income El Cercado (il recinto), a causa delle mura innalzate la futorno allo scopo di controllare gli indios e di impedirne in ga. La politica di Toledo consisteva nel riunire gli indios d’omano ndante un’abbo di villaggi per poter cosi disporre obpera e riscuotere con facilita il tributo che gli indios erano fu Cercado El bligati a pagare agli spagnoli. La riduzione di nencomie per ti distribui divisa in 35 frazioni e queste in lotti di esdas, secondo il numero di indios disponibili in ciascuno sottenerli e Lima di a necessit alle ere rispond poter da si cosi ne riduzio La tomessi al potere del rispettivo encomendero. direla mentre o, spagnol era governata da un «corregidor» azione spirituale restava nelle mani dei gesuiti. Essa annover (rei assessor o eri consigli da o compost indio o» «cabild un va magidores), sindaci (alcaldes), ufficiale giudiziario (alguacil delomos) mayord y ador (procur yor), economo e dispensieri Vospedale e del villaggio e da un segretario. I cacicchi erano incaricati di vegliare sull’adempimento degli obblighi deil’encomienda e sul regolare pagamento dei tributi. Come castigo si infliggevano frustate e altre pene a fuggitivi, idolatri, stre-
goni, ladri e omicidi. Quanto all’evangelizzazione, i missiona-
ri erano obbligati a insegnare 1!a dottrina cristiana e ad ammiil nistrare i sacramenti. Attendevano al servizio della chiesa tribuil pagare dal esenti erano quali i sacrestano e i cantori, gli to, alla pari dei cacicchi e dei membri del cabildo. Tutti sero mita alia indios al di sopra dei 18 anni furono obbligati vizio personale nelle miniere e nelle coltivazioni dei rispettivi d’eencomenderos. Tale obbligo si estendeva fino ai 50 anni quanservizio questo avano prolung spagnoli gli spesso ta, ma do Vindio fosse in grado di continuare a rispondere fisicamente alle esigenze del lavoro. Tra il 1570 e il 1575 l’indice demografico del vicereame del Perti ebbe un calo notevole. L’obbligo delle riduzioni per gli indios era eseguito con tanta durezza e crudelta che gli incaricati di portare avanti il piano strappavano con la forza gli indios dal loro habitat e, dopo averne bruciate le capanne, li Peruano 8 L. Hurtado Galvan, «As reducdes de Toledo no Planalto
(1570-1580)»,
en Das
Reducodes
Latino-Americanas
Atuais, IX Simpdésio Latinoamericano della CEHILA, gosto 1981, Paulinas, Sao Paulo 1982, p. 27.
ds Lutas
Indigenas
Manaus, luglio-a-
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conducevano come branchi di bestie nei nuovi insediamenti situati vicino ai posti di lavoro, per poterli sfruttare e controllare meglio. Anche le epidemie contribuirono a mietere vittime tra gli abitanti dei villaggi di indios, e le riduzioni del viceré Toledo sortirono un effetto esattamente opposto a quello che si ripromettevano gli ideologi del piano. La riduzione di El Cercado e gli altri villaggi fondati in Peru ebbero una vita effimera a causa della fuga degli indios per liberarsi dai lavori forzati nelle miniere d’argento e di mercurio, per sfuggire ai molteplici patimenti a cui erano sottoposti e per tornare, nelle selve e sui monti, ai loro riti e cerimonie religiose. Il piano di riduzioni di Toledo distrusse l’organizzazione socioeconomica del regime incaico togliendo gli indios dai loro luoghi d’origine per sottoporli a forme di vita assai differenti da quelle in cui erano vissuti per secoli.
II. NUOVE
FORME
DI RIDUZIONE
(1606 - 1800)
Con l’arrivo in Paraguay, nel 1575, dei francescani Luis Bolafios e Alonso de San Buenaventura, ha inizio in forma stabile e sistematica l’evangelizzazione dei guarani. Bolafios impara la lingua degli indios e traduce in guarani il catechismo che era stato approvato nel 1583 al III Concilio di Lima. Una volta superato Vostacolo della lingua, Bolafios e i suoi compagni cominciano a riunire in villaggi gli indios dispersi nelle selve, dando inizio nel 1580 alle prime riduzioni guarani. Benché la Spagna avesse ormai da molto tempo raccomandato la fondazione di riduzioni e si fossero gia realizzate alcune esperienze, la novita del caso paraguayano é data dal ruolo essenziale che in tali riduzioni viene ad assumere il missionario e dall’importanza delle loro istituzioni economiche e sociali che le differenziano, tra ]’altro, dalle riduzioni o villaggi nucleari del Pert e del Guatemala. Questo nuovo tipo di organizzazione di villaggi che nasce con le prime missioni francescane in Paraguay arrivé a delineare le caratteristiche delle riduzioni periferiche, di cui fu fondatore Bolaiios. E opportuno segnalare che all’arrivo di questi francescani in Paraguay, quasi tutta la provincia si trovava sul piede di guerra. Il sistema di encomienda impiantato nel 1556 dal governatore Domingo Martinez de Irala, oltre che rendere gli
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indios oggetto di abusi e maltrattamenti da parte degli encomenderos, aveva spinto la popolazione india alla ribellione. I religiosi presero contatto con questa realta e si proposero di pacificare gli indigeni e di riunirli in villaggi, ancorché pacificazione volesse dire prendere le difese della popolazione indigena, ma anche legare gli indios alla encomienda. Con le riduzioni di Altos, Ita, Yaguarén, Ypané, Guarambaré, Tobati, e molte altre ancora, i francescani conseguirono prima della fine del secolo XVI quell’effetto tanto desiderato ma mai ottenuto con le armi: la pacificazione e sottomissione dei guarani, che permise non solo |’evangelizzazione degli indios ma anche il loro assoggettamento all’encomienda’. Le riduzioni guarani del secolo XVI non potevano ancora contare sulla presenza costante del missionario. Lo scarso numero di religiosi che dedicavano la loro opera agli indios obbligava Bolafios e i suoi compagni a svolgere compiti molteplici, come quelli di evangelizzatore itinerante, assistente sociale, animatore ed educatore degli indios delle riduzioni. Erano i coloni (vobleros) e i capi encomenderos a governare tali riduzioni, come pure, in minor misura, i principali cacicchi dell’etn{a. Questi capi spagnoli insegnavano agli indios a usare laratro nei campi, ispezionavano i lavori di filatura delie donne, davano ordini e facevano osservare gli obblighi del servizio personale dovuto all’encomendero. I] sinodo celebrato ad Asuncién nel 1603 accusava i coloni di «dar scandalo» agli indios e di «vivere come se fossero demoni», di far lavorare gli indios in giorni festivi, di fustigarli secondo il loro capriccio e di abusare sessualmente delle indie. In queste prime riduzioni guarani l’organizzazione economica si reggeva ancora sulla caccia, pesca, e raccolta di frutti e miele selvatico, anche se verso la fine del secolo XVI si cominciarono a usare |’aratro e i buoi, e comparvero le prime officine di falegnameria e una fonderia nella riduzione di Ita. Il peso della encomienda e la mancanza di assistenza permanente dei religiosi causarono la decadenza delle riduzioni alla fine del secolo XVI. Constatate le deficienze di queste prime riduzioni, Bolafios e i suoi compagni, con l’aiuto del governatore Hernando Arias de Saavedra (Hernandarias), promuovono un nuovo
piano di riduzioni: a partire dal 1606, anno della fondazione
9L. Nécker, Indiens Guarant et Chamanes Franciscains: Les Premiéres Réductions du Paraguay (1580-1800), Anthros, Paris 1979, p. 81.
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di Caazapa, il missionario rimpiazza l’encomendero e durante i primi dieci anni di riduzione scompare il servizio personale. Questo cambiamento nella politica delle riduzioni fu possibile grazie all’aumentato numero di «doctrineros» di indios (frati assegnati alle parrocchie delle riduzioni, dette appunto «doctrinas»), alla celebrazione del sinodo diocesano del 1603, e alle ordinanze emanate da Hernandarias in quella stessa occasione. In esse si rendeva obbligatoria la fondazione di riduzioni e si ordinava una serie di misure protettive nei riguardi degli indigeni e di aiuto economico al doctrinero da parte dei signori encomenderos. Altro avvenimento importante che aiutd a consolidare il potere dei religiosi doctrineros di fronte agli encomenderos fu Papplicazione delle ordinanze dell’auditore (giudice) di Charcas, Francisco de Alfaro, nel 1611. Queste leggi davano grande importanza alle riduzioni, non solo come strumento di «umanizzazione» e controllo degli indios, ma anche come centro di protezione contro gli abusi degli encomenderos: «perché non subiscano torti, bisogna che siano riuniti in villaggi...»'°. D’altro lato, tali ordinanze aumentavano I|’influenza e il potere dei doctrineros poiché si affidava loro, oltre alla cura spirituale degli indios, l’amministrazione temporale dei beni comunitari di produzione e il controllo e l’approvazione delle elezioni alle cariche del cabildo indigeno. La fondazione di Caazapa ottenne la pacificazione dei parand (un raggruppamento guarani) e consolidd il potere dei sacerdoti doctrineros. A partire da allora, sia le riduzioni francescane che quelle gesuitiche, iniziate nel 1609 con la fondazione di San Ignacio Guazu, sarebbero rimaste esenti dalla encomienda per lo spazio di dieci anni. Trascorso questo tempo, i gesuiti ottennero la proroga della scadenza fino a liberare completamente gli indios dal regime coloniale, eccettuate le tre riduzioni di Santa Maria de Fé, San Ignacio Guazu e Santiago, che per lungo tempo non poterono sottrarsi al servizio della encomienda. Si sa che, almeno a partire dal 1618, le riduzioni francescane, a eccezione di Itapé, furono tutte soggette ai loro encomenderos!!.
10 BR. de Gandia, Francisco de Alfaro y la condicién social de los indios,
El Ateneo, Buenos Aires 1939, art. 3 de las Ordenanzas de buen gobierno
por Hernandarias de Saavedra de 1603, trascritte nell’opera di Gandia.
1! «Informacion de servicios de 1618», in A. Millé, Crdnica de la Orden
Franciscana en la Conquista del Peru, Paraguay y el Tucuman y su conven-
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il Le riduzioni guarani fondate dai francescani raggiunsero villaggi trenta loro i e gesuiti i con re splendo o massim loro Pafamosi, situati principalmente sulle due sponde dei fiumi rana e Uruguay. é La differenza fondamentale tra le due forme di riduzione di ridata dal fatto che i francescani coniugarono il sistema delduzione col sistema coloniale. Essi accettarono il servizio stestempo al ma i, riduzion delle indios la encomienda per gli oso lottarono perché fossero osservate le leggi per la protezi l’avverni occasio molte ne dell’indigeno, cid che valse loro in invece sione dei governatori provinciali’?. I gesuiti isolarono a, comiend dall’en i liberarl per ni riduzio loro nelle gli indios tipo altro un a benché gli stessi indios fossero poi sottoposti milidi obblighi inesistenti negli altri villaggi, come il servizio iolavoraz la e to traspor il marmo, di cave tare, il lavoro nelle . officine e collegi chiese, di ione costruz la per pietre di ne Pur esistendo riduzioni fondate dal clero secolare o a esso abiaffidate, in realta furono quasi tutte affidate alla respons la de Rio El in solo non questo e gesuiti, e cani lita di frances seconda nella Plata, ma anche nel resto dell’America. Solo nia di meta del secolo XVIII, dopo l’espulsione della Compag cani e domeni i cui tra , religiosi ordini altri Gesu nel 1767, gli le delle ij mercedari, accettarono l’incarico della cura spiritua ex-riduzioni gesuitiche.
Le riduzioni di indios continuarono a esistere fin verso la
e parmeta del secolo XIX, per trasformarsi poi in villaggi inizio cosi aveva rocchie, quando si aprirono agli altri coloni: ultimi. la fusione razziale di questi
II]. STRUTTURA URBANISTICA DELLA RIDUZIONE fondate Sia le riduzioni francescane e gesuitiche, sia quelle varono conser i, da sacerdoti secolari o da altri ordini religios 1580) (1570Toledo viceré del in linea generale la legislazione s, Buenos Aires to del antiguo Buenos Aires 1612-1800, Emecé Edicione 1961, pp. 407 ss.
del Paraguay, 12 Lettera del superiore delle «doctrinas franciscanas» n, vol. 8 SH; Asuncio de l Naciona Archivo in 1704, nel fray Lucas de Garay ne del 1677 Predica di fray Manuel de Espinosa nel giorno dell’ Assunzio come «Libelo infamatoconsiderata dal cabildo di Asuncién del Paraguay
de Actas Cario contra los encomenderos de la ciudad», in A. N. A. Copia pitulares, t. 11, p. 673.
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e le ordinanze sulla colonizzazione del 1573, relative all’aspetto urbanistico dei villaggi di indios. Le condizioni di insediamento erano identiche per tutte le riduzioni, identica pure la distribuzione di massima degli elementi urbanistici, quali la chiesa, il collegio o casa dei padri, il cabildo, le officine e le abitazioni. Cid nonostante, esistono variazioni sostanziali nella struttura di una riduzione francescana e di una gesuitica. La prima aveva la chiesa in mezzo alla piazza, e cid obbligava a spostarsi da collegio, officine, magazzini e altre dipendenze per recarsi nella zona riservata alla chiesa. Nel caso del Paraguay e degli altri villaggi de El Rio de la Plata, questo modello urbanistico si mantenne attraverso i secoli conferendo una peculiarita ai villaggi della campagna. Le riduzioni gesuitiche avevano invece una piazza centrale con la chiesa costruita su un lato della medesima. Accanto a essa si innalzavano il collegio e le officine. Le abitazioni indigene formavano lunghe «file» di strade che circondavano la piazza, e nel caso dei gesuiti si adotto il sistema dell’isolato a forma quadrata (manzana-isla), molto tipico delle missioni. In entrambi i casi le abitazioni erano dotate di porticati coperti costruiti lungo l’edificio, e questo permetteva ai residenti di sostare davanti alle proprie case o di passare davanti alle altre senza subire gli effetti del caldo, della pioggia e del freddo. e Tutte le case erano delle stesse dimensioni, con la porta che guardava sulla piazza, allo scopo di poter controllare gli indios e impedirne cosi la fuga. Nel mezzo della stanza c’era il fuoco che la donna alimentava per preparare il cibo, illuminare e riscaldare i familiari. Dormivano in amache che venivano stese di notte e «non comparivano di giorno»!, La chiesa costituiva il centro delle manifestazioni esteriori del culto religioso e la sua costruzione, ornamentazione e conservazione erano a carico degli indios, i quali «ci tengono moltissimo che le loro chiese risplendano di tutto lo sfarzo e ricchezza possibile...»'*. Le pale d’altare, le statue e gli altri arredi, cosi pure i piu svariati strumenti musicali uscivano dalle officine della riduzione. Il collegio o casa dei padri aveva in generale due corti13 Pp. F. J. Cherlevoix, Historia del Paraguay, tradotta da Pedro Her-
nandez, Madrid 1912-1913, t. II, p. 62.
14 p. J. de Parras, Diario y derrotero de sus viajes 1749-1753, Ediciones Argentinas Solar, Buenos Aires 1943, p. 170.
EE OS gt
en
|
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li; in tale casa si trovavano gli appartamenti dei doctrineros, la sala da pranzo e le dispense dove si conservavano i beni della comunita. Su un lato della piazza si levava il cabildo con lo stemma reale sulla porta. Era un edificio di due piani e vi funzionava la prigione con i suoi ceppi e le sue celle. La giustizia era completata dal rollo (rocchio), consistente in una pietra d’un sol pezzo o in un tronco d’albero che venivano collocati in genere nella piazza. Non avevano le caratteristiche della forca oO gogna dei popoli spagnoli, dato che nelle missioni non si applicava la pena di morte; servivano invece a tenere legati gli indios sottoposti a frustate per far loro pagare con castighi pubblici i delitti commessi. Accanto al cabildo o nel collegio funzionava la scuola elementare, dove i figli dei cacicchi imparavano a leggere e scrivere in spagnolo, e cid per disposizione dei re spagnoli: «Si istruiscano gli indios... in spagnolo... essendo (la lingua) propria dei monarchi, e... affinché... si affezionino alla nazione conquistatrice...»!5. Imparavano anche a leggere in latino per accompagnare il celebrante nelle messe e recitare i salmi a mattutino e a lodi. Non trascuravano la lettura e la scrittura
nella lingua nativa: lo testimoniano varie petizioni del cabildo
indirizzate alla Spagna o presentate alle autorita locali. In ogni riduzione c’era una scuola di musica, dove gli indios cantori eseguivano spartiti musicali con grande facilita e bravura. Non mancavano nei villaggi di indios le officine pit varie, dove i mastri artigiani insegnavano a scolpire il legno, a policromarlo
e dorarlo,
a fabbricare carrette e carrettoni,
vestiti,
mobili, recipienti, tessuti e buoni strumenti musicali. Fabbricavano tegole e mattoni lavorando e cuocendo I’argilla, preparavano il pane nei loro forni e il miele con le loro attrezzature. Uno dei cacicchi si occupava del tambo o foresteria, dove pernottavano i mercanti e le altre persone di passaggio nella riduzione. Ospedale e cimitero completavano la struttura urbana del villaggio. Nelle sue adiacenze si trovavano le fattorie agricole (chacras) e pastorizie (estancias) dove si coltivavano le terre comuni e si allevava ogni sorta di bestiame, specialmente bovino. Le riduzioni gesuitiche disponevano pure di una casa 15 Rescritto reale del 10 maggio del 1770: perché vengano sradicati dai regni delle Indie «los diferentes idiomas de que se usa en aquellos Dominios y solo se hable el Castellano», A.N.A.., 62SH.
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destinata alle vedove, per fatti delittuosi.
a donne
anziane,
a orfani e a recluse
IV. ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO Nelle riduzioni il lavoro era obbligatorio. Tutti gli indigeni che fossero in eta e in condizione di farlo, dovevano essere al servizio del villaggio. Le riduzioni soggette al sistema coloniale dovevano assolvere i loro obblighi verso gli encomenderos e al tempo stesso lavorare per il villaggio e per la propria famiglia. I governatori si arrogarono pure il diritto di servirsi della mano d’opera indigena a vantaggio proprio e dei villaggi spagnoli. Periodicamente veniva ordinato al sacerdote doctrinero di inviare degli indios per provvedere alle fortificazioni, remare sulle zattere, lavorare negli zuccherifici in mano agli spagnoli, riparare le strade della citta, ricostruire chiese, ecc. Nemmeno i bambini erano liberi dai «comandi» del governatore. Venivano tolti dai loro villaggi per lavorare come domestici nelle case degli spagnoli, dove egualmente andavano a finire le donne per allattare il figlio dello spagnolo, trascurando cosi di nutrire il proprio. Gli abusi commessi dagli encomenderos contro gli indios al loro servizio causavano gravi danni alla famiglia e all’economia della riduzione. Il lavoro della donna consisteva nel prendersi cura della casa e dei figli e nel consegnare ogni fine settimana il filato di cotone che le era stato dato da preparare. Si occupava pure di portare in casa legna e acqua e di aiutare nei campi al tempo della semina e del raccolto. Nei villaggi gesuitici come in quelli francescani si possono distinguere due settori economici: uno privato dei singoli indios, e l’altro comunitario. Il primo assicurava il sostentamento della famiglia, e la terra variava in proporzione al numero di figli su cui ogni famiglia contava. Il raccolto apparteneva all’indigeno, ma non i buoi e gli aratri, che erano di proprieta della comunita. Potevano tenere animali in casa, come galline e maiali, destinati al consumo familiare. Nelle riduzioni soggette al sistema della encomienda il settore privato era quasi nullo, dovuto al fatto che gli indios venivano trattenuti dai loro padroni e al ritorno dalla citta dovevano lavorare per ]’economia comunitaria.
Le riduzioni
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Erano le donne, in tal caso, a fare doppio lavoro, quello proprio e quello che toccava all’uomo nel suo podere, per riuscire cosi a nutrire i propri figli. Il settore comunitario comprendeva le terre destinate all’agricoltura e all’allevamento del bestiame, la cui produzione era destinata al mantenimento della comunita, alle spese di culto e al pagamento del tributo annuo al re, quando si trattava di riduzioni esenti dal servizio della encomienda. Anche il lavoro e i prodotti delle officine appartenevano all’area comunitaria, come il filato e i tessuti destinati al vestiario della popolazione. Le «chacras», i luoghi destinati all’allevamento del bestiame e le «estancias» erano dotate di un oratorio-cappella e di case per gli indios capisquadra e per i braccianti che vi lavoravano, dal momento che le distanze impedivano di tornare ogni giorno alle riduzioni. La produzione di tabacco, cotone, mate, caffé, canna da zucchero e di altri generi occupava una grande quantita di indios, anche se non tutti i villaggi potevano contare su una diversificazione di prodotti tale da motivare il commercio interno ed esterno. Gli articoli di importazione per la comunita consistevano, tra laltro, in oro e argento per le dorature, olio, generi di lino e seta per ornamenti, sale, ferro, attrezzi da lavoro, cera e vino. I villaggi vendevano prodotti della terra e tessuti di cotone.
V. VITA QUOTIDIANA Pur con qualche variante, la vita quotidiana nella riduzione cominciava alle prime luci del giorno. A suon di tamburi gli indios si recavano fino alla porta del sacerdote doctrinero per cantare il «Bendito», e insieme andavano poi fino alla chiesa per la messa. I bambini facevano la colazione comunitaria nell’atrio della chiesa, una volta terminato l’insegnamento della dottrina. Subito dopo svolgevano lavori comunitari, come tenere in ordine la piazza e pulite le strade. Al pomeriggio tornavano al collegio per l’insegnamento elementare e la dottrina, seguiti da una merenda in comune. Il lunedi veniva dato il cotone da filare alle indie del villaggio che ne erano capaci, e che l’avrebbero riconsegnato il sabato seguente per essere pesato davanti all’ispettore del vil-
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laggio e dello scrivano che teneva i conti delle consegne. Se uno tralasciava di lavorare o portava meno filo del dovuto «gli davano ipso facto venticinque frustate»!*, Nelle riduzioni gesuitiche le donne ricevevano il castigo sulle spalle, mentre gli uomini venivano frustrati sulle natiche e «sulla pubblica
piazza quando cid servisse di lezione»!’.
Il doctrinero amministra i beni della comunita, alimenta e veste i suoi membri, dato che tutto il villaggio «é composto di minori il cui tutore e curatore é il sacerdote»'®. Gli uomini lavoravano nelle officine, nelle campagne, nelle estancias, nelle coltivazioni di mate, caffé, canna da zucchero, a seconda della produzione a cui si dedicava il villaggio. A tutto questo si aggiungeva il lavoro per l’encomendero o il servizio militare, nel caso in cui gli indios appartenessero a riduzioni gesuitiche situate in zone di frontiera. Nei giorni festivi tutti andavano in chiesa per la messa. Dopo Patto religioso si dedicavano alla caccia, alla pesca, a gare di tiro al bersaglio, a giochi di precisione o alla gara delPanello, a danze rituali e ad altre manifestazioni ricreative. Le nozze si celebravano in forma comunitaria e venivano contratte all’eta di 14-16 anni, nell’intento di compensare le perdite demografiche.
VI. CONCLUSIONE Le riduzioni di indios costituiscono un modello di evangelizzazione seguito da alcuni ordini religiosi, principalmente da francescani e gesuiti; ma esse furono al tempo stesso un mezzo di pacificazione e di assoggettamento degli indigeni alla dominazione spagnola. Con le riduzioni ebbero fine le soilevazioni indigene, dato che gli indios deponevano ogni atteggiamento di ostilita davanti ai doctrineros e ai governanti. Eppure essi continuarono a mantenere una resistenza passiva di fronte alla religione e alla cultura occidentale imposte.
16. J, de Parras, op. cit., p. 171. 171), Muriel, Historia del Paraguay, tradotta da Pablo Hernandez, Ma-
drid 1918, p. 542.
18 p. J. de Parras, op. cit., p. 170. (I «minori», cui si fa qui riferimento,
sono tutti gli indios, indipendemente dall’eta. Erano considerati tali, perché non erano cittadini «a pieno diritto»; come per es. i discendenti degli spagnoli [N.d.R.]).
Mare
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TE ae
EN TOT OD a pet
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Nécker sostiene che oziosita, ubriachezza, furto, trascuratezza, fuga, attaccamento ai valori autoctoni sono il segno di una resistenza indigena passiva. Lo stile di vita delle riduzioni riusci a trasformare molte culture indigene intermedie di raccoglitori e di cacciatori in popolazioni agricole e sedentarie. Nonostante le fughe, le epidemie e i maltrattamenti, le riduzioni riuscirono a stabilizzare e a conservare la popolazione indigena, cid che non fu invece possibile in luoghi dove i religiosi non poterono contare su tale organizzazione. Riassumendo, le riduzioni o dottrine di indios furono un male minore all’interno dell’oppressivo sistema coloniale imperante.
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1
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XVI
2 Tarasco
1550-1580
4 AmazCnia Peruana
XVII
1 Cuzco
3 Nova Espana
1580-1768
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1675-1767
9
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1687-1767
11 Tucano
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1693-1755
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26
LA CHIESA E LA SCHIAVITU AFROAMERICANA
20.
Laénnec Hurbon
Il bilancio dei rapporti tra la Chiesa e la schiaviti nel Nuovo Mondo é decisamente disastroso: il clero é, di regola, proprietario di schiavi e-per l’amministrazione coloniale svolge un ruolo di legittimazione. Sicuramente provati da quasi tutti gli storici, questi fatti sono tuttavia soggetti a interpretazioni diverse, quando addirittura non originano polemiche di natura teologica sul senso dell’azione della Chiesa nel mondo. La Chiesa, si dice spesso, pretende di agire gradatamente sulle mentalita per trasformare a poco a poco le strutture sociali. Non le attacca direttamente, ma si prefigge un compito educativo che, alla lunga, provochera la fine della schiaviti. Questa strategia corrisponderebbe alla natura stessa del cristianesimo il cui scopo é essenzialmente spirituale. Cosi, per esempio nell’impero romano, il ruolo della Chiesa potrebbe essere giudicato globalmente positivo di fronte all’istituzione schiavista. Da un lato la dottrina egualitaria del cristianesimo enunciato da S.Paolo: «Non c’é piil né ebreo, né greco, né schiavo, né padrone...» sarebbe sufficiente, una volta compresa dagli schiavi, a metterli sulla strada del loro affrancamento di massa. Dall’altro lato pud essere che laddove il cristianesimo inizia, venga sempre messa al primo posto la dignita di ogni uomo e la schiavitt diventi necessariamente obsoleta. In entrambi i casi sembra difficile abbordare con neutralita i rapporti tra la Chiesa e la schiavith. Tuttavia credo utile ravvivare questo dibattito che é a un tempo di ordine storico e teologico, nella misura stessa in cui vi é un’incidenza considerevole non solo sul destino della teologia della liberazione, che sostiene la necessita di mantenere un legame indissolubile tra azione spirituale e azione politica della Chiesa, ma anche sull’avvenire delle comunita nere negli Stati Uniti, in America Latina e nei Caraibi, che dovranno prima o poi li-
620
Laénnec Hurbon
quidare il passato schiavista troppo spesso banalizzato dalle posizioni della Chiesa missionaria occidentale. Mi propongo nelle pagine seguenti di dimostrare che la Chiesa costituisce un elemento strutturale nel dispositivo giuridico e ideologico della schiavitih nel Nuovo Mondo. In secondo luogo esaminero i tentativi di lotta contro l’istituzione schiavista in quanto tale, in cui si sono impegnati alcuni membri del clero. Infine, cercherd di indicare le fonti delle ambiguita e le esitazioni del pensiero teologico sul problema della schiavith moderna*. 1. La Chiesa nell’ istituzione schiavista del nuovo mondo Al momento della scoperta del Nuovo Mondo la schiavitt non era un’istituzione i cui principi potessero essere oggetto di contestazione. Nel secolo XV veniva ancora praticata in Europa, soprattutto in Sicilia e in Italia. Nel 1434 una bolla del papa Nicola V da al re Alfonso del Portogallo il diritto di asservire i popoli infedeli. Cosi nel 1495 la possibilita di ridurre gli indios in schiaviti permettera di invocare il diritto naturale di predicare e di convertire gli infedeli. La schiaviti in quanto tale viene allora ammessa dall’opinione pubblica europea: é€ vista a volte come un costume legato alla guerra giusta che fa del vinto uno schiavo, invece di sottoporlo a una condanna a morte, altre volte come un tempo di penitenza offerto ai «cattivi» per la loro conversione. Gli indios caraibici, considerati da Colombo e dai primi conquistatori come cannibali e ribelli all’evangelizzazione, saranno quindi proposti come schiavi. Certo la regina Isabella ha potuto convocare teologi e giuristi per avere il loro punto di vista sulla legalita della riduzione degli indios in schiavitu!. Ma un anno * Per una trattazione globale del problema cfr. D. Brion Davis, //
problema della schiaviti nella cultura occidentale, SEI, Torino 1971. Una analisi abbastanza tradizionale, che mette in evidenza i meriti del
cristianesimo (e dell’Italia) nel superamento della schiavitu (moderna), é quella di G. Bertieri Bonfanti, Schiavi, Apostoli e Negrieri, Massimo, Milano 1964. 1 Sulle esitazioni e le incertezze della Chiesa nei confronti della difesa degli indios vedi lo studio di E. Dussel, E/ episcopado latino-americano y la liberacidn de los pobres 1504-1620, Centro de Reflexion Teolégica, México
1979, pp. 28-56. Vedi anche H. Méchoulan, Le sang de l’autre ou l’honneur de Dieu. Indiens, Juifs et morisques au Siécle d’Or, Fayard, Paris 1979.
La Chiesa e la schiavitt afroamericana
621
e mezzo dopo accetta il principio della schiavith per tutti coloro che resistono all’evangelizzazione. Questa opinione é talmente diffusa che Las Casas, nella sua arringa in favore della liberta degli indios, deve continuamente predicare che non sono né barbari, né infedeli, né nemici della cristianita e quindi che non meritano la schiavith. Sappiamo che il grido di Las Casas é risuonato nel deserto; gli indios, non potendo sopravvivere ai lavori forzati nelle miniere d’oro de La Espajfiola, muoiono in massa. Si decide allora di sostituirli con una mano d’opera dichiarata pit adatta alla schiavitu e si intraprende la tratta dei neri. Questi erano gid a La Espafiola come schiavi
dal
1503.
Attraverso
|’«asiento»,
il Portogallo
accor-
dava il monopolio a certe compagnie per il traffico di schiavi africani, per cui l’istituzione schiavista prosperera a lungo nelle Americhe, per declinare solo tre secoli pid tardi. Rare sono le voci discordi contro la schiaviti dopo la morte di Las Casas. Nelle isole Canarie*, durante tutto il secolo XVI, la schiaviti é lo strumento di produzione dominante, legalizzato e giustificato dalla Chiesa. Cid che i vescovi criticano é I’acquisto di schiavi con mezzi illeciti, come le guerre ingiuste. Ma per la Chiesa la schiavith ha per obiettivo la conversione di quegli infedeli che sono i neri africani. Serve alla salvezza della loro anima. La pratica schiavista riacquista cosi uno statuto di normalita in modo che, nelle isole Canarie, vescovi, canonisti, chierici e religiosi possiedono da soli il 21% degli schiavi. Ma per comprendere in che modo la Chiesa sia stata corresponsabile della lunga durata della schiavith nel Nuovo Mondo (circa quattro secoli), conviene interrogare non solo le testimonianze dei missionari, ma anche le ordinanze, i regolamenti e le leggi emanate dal!’amministrazione che concorrono a tracciare per la Chiesa un ruolo nel sistema schiavista. Su questo aspetto della storia della Chiesa l’essenziale ¢ stato detto da A. Gisler nella sua magistrale opera L’esclavage aux Antilles Francaises (secoli XVII-XIX)} che, a nostro avviso, non é stato ancora superato e le cui tesi non hanno potuto
2 Vedi l’articolo di M. Lobo Cabrera, «El clero y la trata en los siglos
XV y XVII: el ejemplo de Canarias», in S. Daget (ed.), De /a traite a l’esclavage, t. I, Centre de recherche sur l’histoire du monde atlantique et societé francaise d’outre-mer, Paris 1988, pp. 481-496. 3 Faccio uso della nuova edizione rivista e corretta (Karthala, Paris 1981) dell’opera di A. Gisler: L’esclavage aux Antilles francaises XVHX1IXeme siécle — Contribution au probléme de |’esclavage, uscito prima presso le Ed. Universitaires de Fribourg, Suisse 1965.
622
Laénnec Hurbon
che essere confermate dal recente lavoro di J. F. Maxwell, Slavery and the Catholic Church (London 1975). L’argomento di base usato da Luigi XIII per autorizzare la tratta e la schiavitt: nelle colonie francesi del secolo XVII era lo stesso che papa Nicola V proponeva per la conversione degli africani. Condurli alla vera religione e liberarli dall’idolatria: questo é Vobiettivo della schiaviti. Per tre secoli questo argomento verra ripreso da quasi tutte le ordinanze reali e dai regolamenti disciplinari. Dal punto di vista del papato e delle autorita reali, la Chiesa non va a inserirsi nella societa schiavista per umanizzarla o semplicemente per mettersi al servizio sia dei padroni sia degli schiavi: essa deve orientare l’insieme delle sue attivita a servizio della struttura coloniale schiavista, cioé in funzione degli interessi dei padroni, dell’amministrazione e dell’autorita reale. Pil esattamente creare parrocchie e rendere saldi i fondamenti della societa schiavista sono un’unica e medesima cosa. Dopo il Portogallo e l’Olanda, la Francia si é appunto lanciata nella tratta dei neri creando la famosa Compagnia delle Indie Occidentali nel 1664, cui affida il compito di introdurre nelle isole alcuni ecclesiastici «per predicarvi il santo Vangelo, istruire quei popoli sulla credibilita della religione cattolica, apostolica e romana, come anche costruire chiese e stabilirvi parroci e sacerdoti per officiare il servizio divino»*. I coloni saranno dunque obbligati, sotto pena di ammenda, a portare i loro schiavi al catechismo e a messa. Del resto prima di essere imbarcati sulle navi negriere, gli schiavi generalmente hanno gia ricevuto il battesimo. I portoghesi, seguendo le direttive del loro re, non correvano mai il rischio di introdurre in Brasile schiavi non battezzati. Era ammesso infatti che la deportazione degli africani mirasse essenzialmente a incoraggiare la loro evangelizzazione. E stato spesso segnalato come i primi missionari delle colonie spagnole, portoghesi e francesi siano stati poco numerosi nel secolo XVII, ma come fossero tutti dediti al loro compito di evangelizzazione. In verita questi comprendevano il loro compito in uno spirito di subordinazione al potere del re. E lui che si incarica del reclutamento dei sacerdoti e della loro sussistenza. Ben presto vengono pagati in schiavi e dispongono di loro proprie abitazioni. Man mano che costruiscono parrocchie, consolidano il sistema schiavista. Pit degli amministratori e degli intendenti sono loro che costituiscono i pilastri del sistema. Infatti 4 Cfr.
J. B. Dutertre,
Histoire générale des Antilles habitées par les
Francais, Paris 1666, t. III, p. 47.
La Chiesa e la schiavith afroamericana
623
é nelle Chiese che padroni e schiavi imparano a riconoscersi nelle loro rispettive posizioni sociali. Una teologia del dovere di Stato’ ispira la predicazione e fa della Chiesa il luogo della riproduzione dell’istituzione schiavista. 2. Le testimonianze dei missionari Fermiamoci per il momento alla testimonianza del secolo XVII offertaci per esempio dai racconti di p. Dutertre nelle colonie francesi. Per lui non vi @ separazione nelle colonie tra la vita religiosa e la vita sociale. Ma, prima di tutto, non perché la religione fosse la preoccupazione profonda «di un’epoca in cui la vita era modulata dalla preghiera e dalla pratica religiosa»®. Conviene piuttosto precisare che nelle colonie di schiavi V’ordine schiavista sarebbe crollato se i missionari (cappuccini, carmelitani, domenicani, gesuiti) che accompagnavano i coloni si fossero preoccupati di dichiarare lo schiavo uguale al padrone sul piano spirituale. A questo proposito sono incline a pensare che la Chiesa cattolica fosse regredita rispetto a com’era neil’impero romano. Certamente nel secolo XVII essa perde a poco a poco ogni autonomia di fronte al potere regio; avrebbe potuto mettere a profitto la sua lunga esperienza di quindici secoli, e non Pha fatto. Che la sua condizione di proprietario di schiavi costituisca per il clero un handicap fondamentale per il suo compito evangelizzatore é innegabile. Ma é sconvolgente constatare come nel secolo XVII non si levi nessuna voce dalla Chiesa, né dalla colonia, né dall’Europa contro il principio stesso della schiavitd dei neri. Padre Dutertre (1654) é considerato colui che ha manifestato la maggiore commiserazione per lo schiavo nero ¢ tuttavia in nessun momento lascia trapelare un dubbio sul giusto fondamento dell’istituzione schiavista. Lo schiavo, egli dice, lavora dal mattino alla sera e anche la notte. E mal vestito, male alloggiato e anche dopo la sua morte é perseguitato dalla miseria: «di cinquanta che muoiono non ce n’é due che venga5 Per una maggiore precisione su questo orientamento delle pratiche della Chiesa del secolo XVII nei confronti della schiavitt vedi il mio contributo: «A Igreja catolica nas Antilhas francesas no seculo XVII» in Escravidao negra e historia de Igreja na America Latina e no Caribe, a cura della CEHILA, Ed. Vozes, Petrépolis 1987, pp. 84-103. 6G. Debien, Les esclaves aux Antilles francaises XVII-X Villeme siecle, Basse Terre (Société d’histoire de la Guadeloupe) et Fort de France (Société d’histoire de la Martinique) 1974, p. 252.
624
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no sepolti in un lenzuolo: li si porta coperti dei loro miseri stracci...». Padre Dutertre confessa che ha «spesso deplorato la spaventosa miseria di questa condizione», ma crede che il compito del missionario é consolare il «povero negro»’, poiché nella colonia é l’interesse che conta, il desiderio di ammassare ricchezze al pil presto, traendo «dai negri tutto il servizio possibile»®. In questo contesto in cui la crudelta del padrone non ha kmiti e in cui la misera condizione dello schiavo é al massimo, il missionario dunque persegue solo un compito spirituale. Certamente ¢ spesso presente l’ossessione di non lasciar morire uno schiavo senza la visita di un sacerdote e quindi di salvare le anime, ma cid che veramente importa é spingere il padrone e lo schiavo a realizzare in modo perfetto le loro rispettive condizioni. Il fatto che la miseria dello schiavo ispiri la pieta e che si debba anche spingere il padrone a manifestare pid umanita non produce altro che un migliore funzionamento del sistema schiavista. In un certo senso la Chiesa vede pit lontano dei coloni e comprende il suo compito di evangelizzazione come un compito sociale e politico di correzione degli errori e degli eccessi dei padroni nel loro rapporto con gli schiavi. E in questa prospettiva che il missionario si preoccupa di far pregare gli schiavi ogni sera sotto la direzione del loro responsabile, organizza sedute di catechismo tutte le domeniche e infine inquadra tutta la vita dello schiavo perché si conformi alla sua condizione 0, se si vuole, perché faccia della sua stessa condizione un mezzo di salvezza. Tuttavia i padroni hanno sempre visto di cattivo occhio listruzione religiosa degli schiavi; per p. Dutertre gli schiavi compiranno meglio il loro dovere se la loro conversione al cristianesimo sara pid sincera. Percid pit si favorisce il matrimonio degli schiavi, pid si creano possibilita di riproduzione della schiaviti: «I nostri francesi hanno cura di sposarli il pit presto possibile per aver bambini che, in seguito, succedano al padre, facciano lo stesso lavoro e la stessa assistenza»?. A proposito degli schiavi fuggiaschi p. Dutertre rivela con molta pill precisione il suo concetto della schiaviti. Infatti scarta il desiderio di liberta come causa principale delle fughe, invocando l’estrema miseria dei neri in Africa: «sono piu felici di essere schiavi da noi, quando sono decentemente nutriti e quando vengono trattati con dolcezza, che essere liberi nel lo™P, J.B. Dutertre, Histoire générale des Antilles, op. cit. , t. I, p. 538.
8 Ibid., p. 523.
9 Ibid., p. 469.
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ro paese dove muoiono di fame»'®. Bisogna comprendere allora che nel secolo XVII il mito «bianco» della maledizione di Cam é ripreso dai missionari per giustificare l’asservimento dei neri: ne va del compimento dell’inconcepibile disegno di Dio sui neri; cosicché p. Dutertre potra scrivere: «la loro schiaviti é il principio della loro felicita, la loro disgrazia ¢ causa della loro salvezza»!'. Un’altra testimonianza dell’atteggiamento della Chiesa nei confronti della schiaviti ci viene questa volta dal gesuita Alonso de Sandoval, che pubblica a Siviglia nel 1627 un’opera intitolata: De instauranda Aethiopum Salute. El mundo de la esclavitud negra en América. 1 gesuiti sono stati infatti al’avanguardia nella Chiesa per un’evangelizzazione meno improvvisata degli schiavi neri. L’autore propone di incoraggiare la Compagnia di Gest a questo compito, facendo appello a tutte le risorse della teologia. Ma anche qui si resta sorpresi nel non riscontrare nessuna esitazione nell’ammettere il principio della schiaviti. Tutt’al pit A. de Sandoval arriva a discutere il fondamento della tratta dei neri. Per lui, conformemente all’opinione diffusa tra i teologi e i canonisti, non deve esserci nessuno scrupolo a comprare «negri» che sono gia prigionieri e in ogni caso, egli ci spiega, i religiosi in Brasile non hanno mai considerato questo traffico illecito e comprano essi stessi degli schiavi'?. In compenso, per cid che concerne Pordine schiavista, invoca la necessita di occuparsi dell’evangelizzazione dei neri cosi come di quella degli indios. I neri, egli dice, sono a nostro temporaneo servizio, € giusto che ci interessiamo della loro salvezza spirituale’?. Ma nello stesso tempo
ritiene
che,
attraverso
la religione,
essi realizzeranno
meglio la loro vocazione che é quella di obbedire fedelmente ai loro padroni, anche quando questi ultimi commettono eccessi*. La teologia del dovere di stato, sostenuta partendo da san Paolo, viene qui a rassicurare il padrone e il clero missionario, proprietari di schiavi. Quando, verso la fine del secolo XVII, nelle isole francesi dei Caraibi, p. Labat dell’ordine dei domenicani dimostra uno zelo poco comune nella catechizzazione degli schiavi e nella loro
10 Thid., p. 535.
" Tbid., p. 502.
12 A. de Sandoval, De instauranda Aethiopum Salute. El mundo de la esclavitud negra en América, Sevilla 1627, ried. Bogota 1956, p. 98.
3 Ibid., pp. 584-585. '4 Tbid., p. 202.
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Laénnec Hurbon
iniziazione alle pratiche della confessione, egli pretende di condurre un’opera di beneficienza e di umanita, ma riconosce che la sua devozione é quella di un proprietario di schiavi che vede la conversione al cristianesimo come un mezzo sicuro per far interiorizzare allo schiavo la sua condizione e trattenerlo cosi dalla rivolta. P. Labat'5, raccontera con abbondanza di particolari i metodi di tortura che utilizza per ridurre i suoi schiavi alla totale sottomissione alla loro sorte. Sembra anche proporre come esempio la sua insensibilita alla sofferenza degli schiavi, giacché secondo lui, senza la pratica dell’intimidazione, il nero potrebbe sia fuggire (o darsi alla macchia) sia attaccare il padrone. In questo contesto il senso dell’istruzione religiosa dello schiavo é dato come elemento fondamentale di un sistema di terrore. E cid che possiamo vedere pit: chiaramente esaminando i regolamenti di disciplina e i codici di leggi in cui il potere reale e l’amministrazione delineano il piano d’azione per la Chiesa nella societa schiavista.
3. Codici, leggi e regolamenti Ci accontenteremo qui di richiamare gli articoli del Codice nero francese (del 1685) che ci interessano e a proposito dei quali i lavori di L. Peytraud (1897)'®, A. Gisler (1964) e piu recentemente L. Sala-Molins?’ ci dispensano da un dettagliato commento. Il Codice nero infatti é¢ per la schiaviti il mezzo giuridico pit importante, per la sua precisione, per la lunga durata (resta in vigore fino all’abolizione ne! 1848) e per il suo carattere paradigmatico. Quasi dappertutto nelle Americhe, dove viene praticata la schiaviti, viene attribuito alla religione un ruolo centrale grazie alle leggi promulgate dall’am-
15 Pp, Labat,
Voyage aux Iles d’Amérique,
1693-1705, Ed. Duchartre,
Paris, t. II, pp. 54-55, in cui l’autore racconta come ha dovuto picchiare a morte un «negro stregone».
161. Peytraud, L’esclavage aux Antilles francaises avant 1789. D’apres
des documents inédits des Archives Coloniales, Librairie Hachette,
1897.
Paris
17 L. Sala-Molins, Le code noir ou le calvaire de Canaan, Presses Universitaires de France, Paris 1986. Per un’analisi delle ordinanze spagnole
sulla schiaviti del Cédigo negro del 1784 vedi gli studi di Carlos Esteban Deive, La esclavitud del negro en Santo Domingo 1492-1844, (2 tomi) Ed. Museo del Hombre Dominicano, Santo Domingo, Rep. Dominicana 1980, vedi soprattutto il t. II, pp. 377-399: «Los negros y la Iglesia Catolica»; per la Giamaica e le isole britanniche vedi Orlando Patterson, Sociology of Slavery, Mc Gibbon and Kee, London 1967.
La Chiesa e la schiaviti afroamericana
627
ministrazione. Nelle colonie spagnole, portoghesi e francesi la Chiesa cattolica é il luogo in cui si conduce lo schiavo a un atteggiamento di sottomissione. I poteri regi non agiscono senza l’assenso della Santa Sede, dei superiori religiosi e dei teologi europei. Il preambolo del Codice nero inizia con |’obiettivo espresso da parte del potere reale di usare la propria autorita per «mantenere la disciplina della Chiesa cattolica, apostolica e romana». La Chiesa in quest’epoca tende a fare affidamento sul potere secolare nella lotta che conduce contro il protestantesimo. La rievocazione dell’editto di Nantes fa parte del contesto di elaborazione e promulgazione del Codice nero. A poco a poco lo Stato assolutista si consolida, intendendo controllare e subordinare la religione. Ma va precisato subito che molto prima, dall’inizio del secolo XVI, la Chiesa faceva parte integrante del dispositivo di conquista coloniale del Nuovo Mondo scoperto in vista dell’estensione della cristianita (europea); disponeva dunque gia per suo conto di una teologia fondatrice della schiaviti. E questa teologia a essere riportata agli onori dal potere reale in Francia, come in Spagna e in Portogallo. L’articolo 1 del Codice nero propone all’amministrazione di scatenare la caccia ai protestanti e agli ebrei, saldamente insediati nelle isole, partendo dall’argomento secondo cui essi sono «i nemici del nome cristiano». Si tratta di assicurare cosi la perfetta egemonia del cattolicesimo e di difendere l’idea che la schiavith resta conforme al disegno di evangelizzare i neri. L’attenzione é spostata qui sulla religione, come se quest’ultima fosse la preoccupazione essenziale fondata su se stessa: Art. 2: «Tutti gli schiavi che si troveranno nelle nostre isole saranno battezzati e istruiti nella religione cattolica». Ma il gruppo di articoli che va dal 3 all’11 mira a mantenere una distinzione netta tra schiavi e sudditi del re, anche a livello delle pratiche religiose come il matrimonio e la sepoltura; per gli schiavi infatti sono i padroni che, con i commandeurs. come intermediari, devono vegliare scrupolosamente sulla loro edificazione spirituale. Come nel diritto romano é proibito ai sacerdoti benedire un matrimonio tra schiavi senza il consenso del padrone (art. 10 e 11)'®. In definitiva la preoccupazione principale del legislatore sembra quella di legare la 18 Cosi le disposizioni prese nel secolo XIX per l’isola Bourbon nella Martinica, nella Guadalupa, nella Guyana, per censurare gli ecclesiastici, in A. Gisler, L’esclavage aux Antilles frangaises, op. cit., pp. 174-175, nota 2.
628
Laénnec Hurbon
Chiesa al potere del padrone. Costui non deve preoccuparsi di giustificare il suo dominio sullo schiavo; questo rapporto é un fardello da cui lo Stato intende sbarazzarlo attraverso il Codice che paradossalmente enuncia il non diritto dello schiavo ¢ il solo diritto del padrone. C’era bisogno quindi che questo non-diritto fosse ancorato a una sfera capace di fare da sostrato alla questione: la sfera religiosa. Cid che p. Dutertre chiamava Pinconcepibile disegno di Dio sui neri si traduce nel diritto positivo. Per questo l’osmosi tra l’azione della Chiesa e quella dell’amministrazione é@ prevista come fondamentale per la solidita del sistema schiavista. Tuttavia c’é una manifesta contraddizione nel Codice nero: riguarda il concetto dello schiavo-cosa, bene mobile e quindi non soggetto di diritto, e quello dello schiavo come essere umano dal destino spirituale simile a quello del padrone, a causa della sua anima da salvare per il cielo. Dalla pratica religiosa dovrebbe teoricamente derivare uno statuto civile che dia accesso alla condizione di suddito del re. Questa contraddizione é tuttavia superata da una promessa che ricorre in tutto il codice: la promessa di un’umanizzazione dello schiavo, che si realizzera soltanto,
per cosi dire, a livello escatolo-
gico, al termine di quel purgatorio che é la schiaviti. Lo schiavo nero ha infatti un deficit capitale: non ha i parametri della vita culturale che definiscono l’uomo. Bisognera dunque ricorrere gia attraverso il Codice nero alla divisione razziale. Lo schiavo é affetto da tare biologiche e la conversione al cristianesimo non gli conferisce automaticamente la totale dignita di essere umano.
4. La Chiesa e le lotte degli schiavi per l’emancipazione Se ora analizziamo le pratiche della Chiesa dopo la promulgazione del Codice nero, ci accorgeremo che la Chiesa é sempre stata tenuta, fino alla vigilia dell’abolizione (1834 per le colonie britanniche, 1848 per le colonie francesi) sotto stretta sorveglianza. I] minimo sgarro viene sanzionato dallamministrazione’® e ad ogni modo viene sottolineato in modo
marcato,
mentre
nuovi
regolamenti
ancora
pit
severi dal
punto di vista religioso vengono periodicamente a rinforzare il Codice nero. Bisogna comprendere infatti che la tratta verra praticata a pieno ritmo specialmente nel corso di tutto il 19 G. Debien, Les esclaves aux Antilles ‘francaises, op. cit., p. 288.
La Chiesa e la schiavitt afroamericana
629
secolo XVIII. Per quanto riguarda |’Inghilterra per esempio, dal 1680 al 1780, circa 2.130.000 neri sono deportati nei Caraibi, in media 20.000 all’anno. Alla fine del secolo XVIII il Brasile avra ricevuto da solo 2 milioni di schiavi. Nel 1774 si raggiunge la cifra di 500.000 neri nel sud degli Stati Uniti. Aumentando dunque il numero degli schiavi diventano pit frequenti i rischi di rivolta. Ma ogni volta ci si rivolge al clero per chiedergli una pid stretta sottomissione ai governatori e agli intendenti. I gesuiti per esempio, ritenuti i preti dei neri a Santo Domingo (colonia francese che verso la fine del secolo XVIII contava pitt di 400.000 schiavi, contro una popolazione di 30.000 bianchi), saranno espulsi gia dal 1763. Sono infatti sospettati di cercare di catechizzare gli schiavi nella loro lingua — il creolo — e anche di avere una certa compassione dei fuggitivi. Nella stessa epoca si dovette creare in Francia un seminario delle colonie, d’accordo con il papa, per formare un clero adatto a servire senza incrinature |’ordine schiavista. Nel 1777 un documento intitolato Le Réglement de discipline pour les négres adressé aux curés des iles Srancaises de l’Amérique,
emanato
dal
Prefetto
apostolico
delle
missioni
dei Cappuccini nelle isole del Vento, p. Charles-Francois de Contances, non solo pone sullo stesso piano «l’interesse pubblico, l’interesse dei padroni, la salvezza delle anime» come motivo principale dell’istruzione catechistica degli schiavi, ma propone anche la Chiesa come luogo di disciplina penitenziale per gli schiavi fuggiaschi. Concretamente la domenica e i giorni festivi, per un periodo da tre a sei mesi, uno schiavo denunciato dal padrone viene messo in ginocchio sulla soglia del portale della chiesa; il giorno di Pasqua il parroco pronuncia sullo schiavo fuggiasco la seguente formula: «servitore infedele e cattivo, poiché avete mancato al servizio del vostro padrone... per esporvi alla perdita della salvezza e della vita, vi condanniamo con I’autorita del nostro ministero a fare penitenza...». E allo schiavo avvelenatore: «scellerato, infame, odioso a Dio, indegno di essere annoverato tra gli uomini, pit crudele delle bestie feroci... ’atrocita del tuo crimine merita la morte e tutti i tormenti...»°, Ben si comprende come con l’aumentare delle ribellioni (fughe, avvelenamenti o aborti) si esiga dalla Chiesa che essa sviluppi con pit rigore le proprie capacita ideologiche di freno a tali ribellioni. E inutile sottolineare qui il carattere mediocre del clero, la sua immoralita e mancanza di disciplina. 20 A, Gisler, op. cit., pp. 185-186.
630
Laénnec Hurbon
In generale svolge piuttosto bene il suo ruolo, giacché prima della rivoluzione francese e soprattutto prima della grande insurrezione degli schiavi nel 1791 a Santo Domingo, non disponiamo di testimonianze di sacerdoti che abbiano contestato nelle colonie il sistema schiavista in quanto tale. In compenso l’amministrazione sospetta che |’istruzione religiosa degli schiavi nasconda in se stessa un aspetto pericoloso. Il governatore della Martinica 1’11 aprile 1764 sosteneva che la sicurezza dei bianchi esige che si tengano gli schiavi «nella profonda ignoranza» e che dai gruppi monastici piti che da sacerdoti secolari potrebbe venire «una rivoluzione nelle colonie ad opera dei neri»”!. Infatti pid tardi, nel 1781, un po’ dappertutto vengono prese misure per controllare le direttive dei superiori ecclesiastici nell’isola Bourbon, nella Guyana, nella Martinica e nella Guadalupa. Ma da quando viene scatenata il 22 agosto 1791 l’insurrezione degli schiavi a Santo Domingo, Si osservano casi (rari, a dire il vero) di sacerdoti e di religiosi che si uniscono ai rivoltosi. Cosi per esempio p. Cachetan, parroco della Petite Anse, predica, secondo la testimonianza di un colono fatto prigioniero in un campo di insorti, che l’insurrezione é santa e legittima. Nello stesso modo p. Philémon, parroco di Limbé, offre la sua canonica come asilo per i rivoltosi. Si parla anche in questo periodo delle religiose di Notre Dame du Cap che hanno scelto di seguire le bande di schiavi rivoltosi a Santo Domingo. Talvolta persino alcuni preti partecipano ai negoziati tra gli schiavi e i padroni. Tuttavia non si potrebbe sostenere che il clero si fosse schierato in due campi in occasione dell’insurrezione degli schiavi a Santo Domingo. Nel contesto particolare in cui lo schiavo accedeva alla liberta con i suoi propri mezzi, la Chiesa poteva solo letteralmente sparire come istituzione alleata e legata ai coloni bianchi. Certamente le idee di emancipazione che si diffondevano aila vigilia della rivoluzione francese, specialmente in Inghilterra e poi in Francia, hanno avuto echi nelle colonie schiaviste. Ma c’é stato bisogno che giungesse in Europa e negli Stati Uniti la notizia dell’insurrezione del 1791, perché infine si prendesse atto della determinazione degli schiavi a sovvertire l’ordine schiavista. La rivoluzione francese aveva un bel proclamare i principi universali dell’uguaglianza e della liberta: sono le tesi di emancipazione graduale che prevalgono tra i difensori pit attivi dell’abolizione. Da parte della Chiesa la voce che si fa sentire in favore dell’a21 Tbid., pp. 172e 175.
EES ETS
EE
IN
La Chiesa e la schiaviti afroamericana
631
bolizione é quella dell’abbé Grégoire, che ben presto comprende la necessita di inviare a Toussaint Louverture dodici sacerdoti della costituzione civile del clero per sostenere la politica di emancipazione. Ma Roma, condannando la rivoluzione francese, dichiara scismatico il clero che si stabilisce a Santo Domingo con la complicita dell’abbé Grégoire. Nessuna traccia quindi di solidarieta da parte della Chiesa per l’insurrezione antischiavista che divampa sempre pit in tutte le piantagioni schiaviste del Nuovo Mondo. Possiamo invece osservare una tendenza alla denuncia delVimmoralita dei sacerdoti, della loro negligenza nel lavoro di istruzione degli schiavi, della loro complicita con i coloni”?. Liberato dalla schiaviti dal 1791 e divenuto uno stato indipendente nel 1804 con il nome di Haiti, Santo Domingo sara isolato dal resto del mondo per evitare il contagio delle idee di abolizione nelle altre colonie francesi, spagnole, britanniche, degli Stati Uniti e del Brasile, dove la schiaviti. scomparira solo una quarantina di anni pil tardi. In definitiva l’abolizionismo, fondato sul ricorso ai diritti umani
promulgati dalla rivoluzione francese,
non ha successo
nel clero coinvolto nella societa schiavista del Nuovo Mondo. Persiste piuttosto la tesi di una riforma del sistema schiavista o, tutt’al pid, quella di un’emancipazione graduale. Tuttavia non tutto nella Chiesa é stato negativo per lo schiavo. L’inquadramento ad opera del clero, le cerimonie religiose (soprattutto battesimi e funerali, i casi di matrimonio erano rari), Pistruzione religiosa, anche se offerta con parsimonia, sono state utilizzate in vista della propria liberazione, contro il disegno del clero, dei padroni e dell’amministrazione. | neri hanno dovuto trovare in se stessi, all’interno della loro cultura e del loro sistema religioso, le risorse per ricuperare la dignita umana. Hanno saputo reinterpretare moilti elementi del cattolicesimo (il calendario, i simboli, le immagini, la dottrina, il culto dei santi) e organizzare la loro integrazione in seno a nuove creazioni culturali; il vudid (ad Haiti e nella Repubblica Dominicana), la santeria (a Cuba), lobeaysmo (in Giamaica) o il candomblé e la macumba in Brasile ne sono ancora una viva testimonianza. Pratiche e credenze dell’ Africa, rifuse in un sistema mitologico e rituale coerente, nonostante il mescolarsi delle etnie pit diverse nelle piantagioni e nelle fattorie: queste creazioni sono servite da luogo di assem22 Vedi H. Wallon, Histoire de l’esclavage dans l’antiquité, Paris 1879, ried. Robert Laffont, Paris 1988, pp. 37-39.
632
Laénnec Hurbon
bramento, da mezzo di coesione degli schiavi e come ispiratrice della fuga e della lotta per la liberta.
forza
5. La visione del nero nella Chiesa Ben lontana dall’aver appoggiato gli schiavi in questa strategia culturale, la Chiesa é stata il primo ostacolo alla riacquisizione della loro dignita. Infatti la visione del nero africano, condivisa dall’insieme del clero europeo e coloniale, dall’inizio del secolo XVI alla fine del secolo XIX, é una visione totalmente razzista. Senza dubbio partendo, prima di tutto, da questa visione possiamo comprendere la pastorale adottata dalla Chiesa nei confronti degli schiavi. La maledizione di Cam che colpisce il nero africano a causa del colore della sua pelle é il primo schema che domina il clero coloniale delle Americhe. Nei secoli XVI e XVII le testimonianze dei missionari (come Dutertre, Labat o Sandoval) ci dipingono il nero come un essere abbrutito che non si cura della liberta e che é insensibile persino ai castighi e alla morte. P. Labat arriva fino a sostenere che i padroni dovranno «superare i limiti della moderazione nelle punizioni degli schiavi»”?. [1 fatto é che viene ad aggiungersi alla maledizione di Cam la tara dell’idolatria e della stregoneria. Ogni nero viene considerato uno stregone o tendente alla pratica della stregoneria, anche quando presenta tutti i segni apparenti di conversione al cattolicesimo. I] «Codice nero» delle colonie francesi del 1685 e i regolamenti delle colonie spagnole prevedono che il clero debba impedire sistematicamente agli schiavi di darsi alle loro danze e culti, attraverso cui si rivolgono ai demoni. Le pratiche terapeutiche degli schiavi sono anch’esse interpretate come atti di stregoneria. Nel 1686 p. Moreau, gesuita a St Cristophe, parla dei «neri stregoni» che usano droghe «con la cooperazione del demonio che agisce segretamente secondo un patto...»*4, Nel secolo XVIII gli amministratori, e cosi pure le autorita ecclesiastiche, parlano periodicamente di pratiche di avvelenamento legate a crimini di stregoneria che creano il terrore sia tra i bianchi che tra gli schiavi. Il gusto del sangue, dei sacrifici umani e del cannibalismo sara associato, soprattutto a Santo Domingo, al vudt di cui si riconosce la centrale importanza per l’insurrezione del 1791. Sono gli stregoni che vengono ri23 P. Labat, op. cit., t. Il, pp. 134-135. 41. Peytraud, op. cit., pp. 187-188.
La Chiesa e la schiavitt afroamericana
633
conosciuti come capi dagli insorti: Don Pedre, Makandal, Boukman sono i nomi pit celebri della «stregoneria» vudu. Questa demonizzazione dei culti africani?>, fatti propri dagli schiavi assieme a molti elementi del cattolicesimo, tra cui il culto dei santi, durera fino al secolo XX nella Chiesa cattolica. Secondo il clero la causa della difficolta degli schiavi ad abbracciare il cattolicesimo nella sua purezza proviene dall’ignoranza e dalla barbarie. L’Africa nera é considerata massivamente
votata
ad
abbrutire
il nero
pit
della
schiaviti,
che
passera allora per un male minore e per una possibilita di accesso alla civilta. Nel Réglement de discipline pour les négres adressé aux curés des tles francaises, che abbiamo citato prima, vengono ripresi i temi ricorrenti nell’opinione pubblica europea, come quello del «popolo rozzo», «duro di comprendonio», «senza culto, senza leggi e senza costumi». Possiamo dire che il paradigma dell’opposizione barbaro/civile reggeva i discorsi e le pratiche del clero a tal punto che la Chiesa dovette apparire agli occhi degli schiavi come il luogo in cui si sperimentava pit. violentemente il razzismo presente nel sistema schiavista. Le fonti di tale razzismo andranno cercate prima di tutto nel processo di subordinazione della Chiesa allo Stato del secolo XVII; Bossuet per esempio sostiene in questo secolo una legittimazione della schiavitu, che parte dalla visione dello Stato imperiale come organo provvidenziale per la salvezza del mondo e dalla trasposizione del concetto di barbaro al non cattolico. Su questa base il dibattito riaperto da Las Casas nel secolo XVI sul diritto naturale passa in secondo piano. Nemmeno le teorie fondatrici dello Stato di diritto del secolo XVII (di Grotius, Bodin o Pufendorf), come in seguito le opere di Montesquieu, Rousseau e Kant, tutte contrarie alla schiavit come istituzione legata allo jus gentium o fondata nella natura, sono riuscite a imporsi negli ambienti teologici. Nella Chiesa continuano a prevalere le tesi di sant’ Agostino, di san Tommaso e di Suarez sulla condizione dello schiavo, come corrispondente non alla natura prima dell’uomo ma alla sua natura seconda, cioé al ruolo sociale. Se lo schiavo non deve la sua sorte alla maledizione di Cam, la deve al peccato o almeno a una natura abbrutita, insomma a uno stato di barbarie da cui il potere civile pud progressivamente liberar-
25 Suila demonizzazione dei culti africani, vedi il nostro ultimo lavoro Le barbare imaginaire, Ed. du Cerf, Paris 1988.
634
Laénnec Hurbon
lo*, EB anzi necessario che egli vi si sottometta come a una provvidenza, come propone san Paola («schiavi, obbedite ai vostri padroni»). Dopo la rivoluzione francese e nella scia dei dibattiti sull’abolizione, alcuni storici hanno tentato di riesaminare le posizioni della Chiesa nei confronti della schiavith e di sostenere l’idea di un ruolo positivo da essa svolto per addolcire la condizione dello schiavo e anche per far entrare nei costumi il principio dell’uguaglianza. Cosi per esempio Henri Wallon perora la causa dell’incompatibilita del cristianesimo con la schiavitt?’. Ma negli interventi della Santa Sede —
di Pio
V, Urbano
VII,
Benedetto
XIV
—
si cercherebbe
invano una condanna dei principi stessi della schiavitt?*. Per
questi papi restano valide le tesi tomiste sulla schiavitu. Sebbene indios e neri debbano essere considerati interamente esseri umani, guerre giuste che producono prigionieri possono legittimare la schiavith e dovra essere condannato solo il cattivo reclutamento di schiavi. 6. Chiesa e diritti umani
La schiaviti-rimedio,
la schiavitu-penitenza
o disciplina
per condurre lo schiavo alla condizione di essere umano: questa é la teologia del clero coloniale che potra lamentarsi incessantemente degli eccessi dei padroni senza mai mettere in causa il diritto al possesso di schiavi, considerare con pieta la sorte degli schiavi, chiedere per loro favori e nello stesso tempo rifiutare loro il diritto alla liberta e alla rivolta. Tuttavia — ed é qui il paradosso — lo schiavo non ha mai cessato di ricorrere alla Chiesa e di farne, contro l’intenzione del clero e dei padroni, un luogo di lotte e di espressione dei diritti umani. Indubbiamente, come ha chiaramente mostrato Genovese a proposito del cristianesimo dei neri ameri26 Vedi anche i nostri articoli su «Etat et Religion au XVII siécle face a l’esclavage du Nouveau Monde», nella rivista Peuples méditerranéens, Paris 1984, 27-28, pp. 39-56; «Esclavage moderne et Etat de droit», nella rivista haitiano-caraibica Chemins critiques, Ed. du Cidhica, Port-auPrince e Montréal 1989, vol 1., 2, pp. 37-57; o il capitolo «Révolution anti-esclavagiste et Révolution francaise» nel mio lavoro Comprendre Haiti: Essai sur l’Etat, la nation, la culture, Ed. Karthala, Paris 1987, pp. 75-
27H. Wallon, Histoire de l’esclavage dans l’antiquité, op. cit., p. 864. 28 Vedi ancora la dimostrazione di p. A. Gisler, op. cit., pp. 155-156,
nota 2.
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636
Laénnec Hurbon
cani”, questa performance si é realizzata pit nei templi protestanti, sebbene molto spesso i padroni avessero scelto di opporsi alla conversione dei loro schiavi. II fatto é che nel protestantesimo il fedele ha un accesso pit facile alla Bibbia. L’ascolto del messaggio di salvezza e di redenzione spirituale per tutti non puod che condurre lo schiavo alla critica della sua condizione terrena. Ma si deve comunque segnalare che le due parti — il padrone e lo schiavo — si impegnano in una lotta per l’interpretazione del cristianesimo in funzione dei loro rispettivi interessi. Forse oggi la teologia della liberazione rende possibile il ritorno del dibattito sul diritto al riconoscimento della dignita umana inviolabile in ogni uomo, qualunque siano la sua cultura e la sua religione e, in contrappunto, Vemergere di un conflitto di interpretazione all’interno della Chiesa, la dove questa non pone pit in un rapporto insostituibile se stessa e i poteri politici dominanti o la cultura euro-
pea’,
29 RB, Genovese, Roll, Jordan, Roll: The World the Slaves Made, Pan-
theon Books, New York 1972; per una discussione sull’interpretazione della dottrina paolina della schiavitt vedi O. Patterson,
Slavery and social
death:A comparative study, Harvard Univ. Press 1982, pp. 66-76.
3° La bibliografia in italiano su tutta la questione é reperibile piu avanti
nel capitolo finale: FonTIE BIBLIOGRAFIA, 2.2.B.V: «Da schiavi a latinoamericani» (NdR).
Oe PAESE
POPOLAZIONE
NERi
Anguilla Antigua
7.100 80 000
90.9% 94 8%
Barbados Belize Bermuda
300.000 180.000 60.000
89.2% 61.0% 56.5%
28 500.000 22.000
25.8%
POPOLAZIONE
NER
MULATTI
100.000 Grenada Guadalupa 340.000 Guatemala 8.930.000 GuayanafFrancese 90.000 Guyana 900.000
52.7% 10.0% 2.0%% 7.8% 30.4%
42.2% 77 Oe 54.0% 17%
2.5%
0.8%
Haiti
Honduras
Isole Vergini (GB)
Isole Vergini (USA) Martinica
Montserrat Nicaragua
Panama
Paraguay - Peru
Puerto Alico Saint Kitts
=
Saint Lucia
Saint Vincent
Stati Uniti
Suriname
Trinidad e Tobago Turks e Caicos
Uruguay
Venezuela
6.504.000
4.950.000
94.5%
12.000
90.0%
12.000
96.3%
110.800 350.000
3.800.000
62.3% 94.7%
8.0%
10.600.000
12.0%
Rep. Dominicana ~ 100.000 10,490.000 Ecuador 2 450.000 Giamaica
10.7% 5.0% 79,14%
Cuba
go.o00 = 88.0%
A
110.000
65.5%
19.9%
400.000
-
17%
19.700.000
10.0%
3.100.000
45.4%
37.7%
42.0% 77.0%
70.9% 1.0% 14.6%
.
~ -
11.0%
1.280.000 7 440
1.0%
47.3%
5.0%
3.290.000 50.000
WI%
9.0%
15.0%
0.7%
10.0% 5.0%
50.3%
0.3% se
1.6%
15.0% 90.5%
130.000
22.0%
9.0% =
59.5%
249.000.000
.
5.4%
14.0%
4.280.000 2.790.000
6.0%
10.0%
BRASILE
2.370.000
4.0% 0.5%
10%
2.950.000
_Abtlantice | Dominica
PAESE
6.0%
2.300.000
‘alombia
Oceano | Costa Rica :
11.0%
186 $00.000
Canada cayman
8.0%: 3.5%.
86.9% 14.2%
49% 72.3%
Antille Olandesi — 270.000% Bahama 250.000
Brasile
MULATTI
.
16.3% 17.3% =
Atroamericani
>
.
—
GLI ORDINI RELIGIOSI IN AMERICA LATINA
21.
Johannes Meier
Da cinque secoli gli ordini religiosi hanno contribuito in maniera notevole a costituire il quadro del cristianesimo in America Latina; fin dall’«ora zero» essi parteciparono alla storia della Chiesa nell’emisfero occidentale della terra. Quando Cristoforo Colombo giunse nel novembre del 1493 per la seconda volta nei Caraibi, con diciassette navi e un equipaggio di circa 1500 uomini, al suo seguito si trovavano anche dei religiosi. I] loro capo era Bernardo Boyl, eletto dal papa Alessandro VI nella bolla «Piis fidelium» il 25 giugno 1493 a vicario apostolico delle terre che erano state scoperte; Bernardo era un benedettino di Montserrat che nel 1492 era entrato a far parte del nuovo ordine dei minimi (Paolani) fondato da S. Francesco di Paola!. Si conoscono anche i nomi di altri otto membri del gruppo. Quattro erano francescani, fra Rodrigo Pérez, sacerdote, e tre fratelli laici, Juan Deledeule,
Juan Tisin e Juan Pérez. Accanto a
loro tro-
viamo i due mercedari Juan de los Infantes e Juan de Sol6rzano, e inoltre fra Jorge dell’ordine cavalleresco di Santiago e il geronimitano Ramon Pané, fratello laico. Il cronista Pedro Martir de Anghiera riferisce che Colombo, il 6 gennaio 1494, fondo nella costa nord di Haiti la prima citta spagnola nel nuovo mondo e la chiamo «La Isabella» in onore della regina di Castiglia: «nel giorno in cui noi festeggiamo i tre Re Magi, in quel luogo venne celebrata una santa messa, alla quale pre-
1, Fita, «Fray Bernal Buyl y Cristobal Colén. Nueva coleccién de cartas reales, enriquecida con algunas inéditas», in Boletin de la Real Academia de la Historia 19, Madrid 1891, pp. 173-233; B. Biermann, «Die ersten Missionen Amerikas», in Festschrift 50 Jahre Missionswissenschaft in Minster 1911-1961, Minster 1961, pp. 115-130, soprattutto p. 120.
Gli ordini religiosi in America Latina
639
altro monsero parte tredici sacerdoti, si potrebbe dire in un
do, lontano da ogni civilizzazione e religione».
e la magNon ottemperando al proprio mandato, p. Boyl si prenon vano mpagna l’acco che astici ecclesi gior parte degli di Haiti; sero affatto cura come missionari della popolazione nelle diatribe si lasciarono invece coinvolgere negli intrighi e o preso avevan che europei ionali che insorsero fra i connaz gia Spagna in arono rientr alcuni ¢ le, colonia resa parte all’imp il per le augura nel 1494, altri nel 1495. Appare come segno poe laica sita religio la cui cattolicesimo latinoamericano, in lo mantengopolare hanno assunto un ruolo tanto rilevante e o resistito abbian laici fratelli tre solo che fatto il , no tuttora o manifeabbian e a sul posto fino alla fine degli anni novant favorenona autoct zione popola stato il loro interesse per la furoessi ita: religios la e pandon svilup e done la civilizzazione DeJuan scani france due i e Pané Ramon mitano geroni no il a definiv si che Pané, ledeule e Juan Tisin. Fra loro Ramon sucun 1498 nel redatto ha , pobre ermitano, povero eremita di Haiti, i cinto resoconto sulle esperienze fatte fra gli indios vi di tentati i tainos, illustrando nel contempo i suoi semplic TiJuan e ule Delede Juan evangelizzazione’. Degli altri due, pree 1499 nel Spagna in arono sin, sappiamo solo che ritorn z de Cisnegarono I’arcivescovo di Toledo, Francisco Jiméne ad Haiti in scano france dine dell’or membri dei inviare di ros zione del delega la con loro aiuto. In effetti nell’anno 1500, si recaroscani france tre lla, Bobadi governatore Francisco de governadel quella con 1502, nel e tali occiden no nelle Indie questo di re superio tore Nicolas de Ovando, altri diciassette; la cao, Doming Santo A *. gruppo era fra Alonso de Espinal essi Haiti, ad mpo fratte nel a fondat pitale degli spagnoli, die neue Welt». Tradu2p, Martyr von Anghiera, «Acht Dekaden tiber Le II, in Texte zur Forvoll. hofer, Klingel H. di note e zione, introduzione (46).
utto Erste Dekade II, 11 schung 5 e 6, Darmstadt 1972 e 1975, sopratt
los indios. El primer 3R. Pané, «Relacién acerca de las antiguedades de apéndices por José y mapa notas, con , escrito en América. Nueva versién 1984. Il resoconto Juan Arrom», in Coleccién América Nuestra 5, México da Ferdinando scritta ia biograf nella volta prima la venne pubblicato per
1571; P. Martire era a conoColombo su suo padre apparsa a Venezia nel
ne ha riportato degli scenza di questo resoconto di Pané e nelle sue Decadi Erste Dekade IX utto sopratt cit., art. n..., estratti: P. Martyr, Acht Dekade 49-54 (114-122). Cross of Espafiola, 4 A. Tibesar, «The Franciscan Province of the Holy 1505-1559»,
in The Americas
13 (1956/57) 377-389, soprattutto 379-381;
encia franciscana L. Gémez Canedo, «Evangelizacién y conquista. Experi México 1977, 4-6. en Hispanoamérica», in Biblioteca Porria 65,
640
Johannes Meier
eressero una piccola capanna, e incominciarono a celebrarvi anche la messa e a predicare, e vi conservavano anche il santissimo sacramento; questa piccola capanna é la prima chiesa fra tutte le chiese in queste isole’.
1. L’epoca coloniale Con Vinvio del gruppo facente capo ad Alonso de Espinal ebbe inizio il grande impegno della Corona spagnola per la missione d’oltremare. Con I’esclusione intenzionale dei contemplativi, e cioé degli ordini dei benedettini e dei cistercensi strettamente legati alle strutture agrarie feudali e degli ordini cavallereschi, che erano stati gli autori della Reconquista della penisola spagnola dai mori, vennero inviati in America proprio coloro che appartenevano agli ordini mendicanti. Dopo i francescani furono i domenicani nel 1509 a ottenere il permesso di recarsi in missione, poi i mercedari (1514), gli agostiniani (1533), pil tardi i gesuiti (1565) ed infine i cappuccini (1657). Senza l’esame preventivo e l’approvazione da parte del Consiglio delle Indie — |’autorita centrale costituita nel 1524 per i possedimenti spagnoli d’oltremare — nessun religioso poteva recarsi in America®. Si applicavano dei criteri molto rigidi al riguardo; si richiedevano zelo religioso e condotta di vita esemplare e inoltre i] benestare dei superiori’. Era sempre il Consiglio delle Indie a decidere il numero dei Jrayles che potevano partire, e lo faceva in base alle richieste che gli pervenivano da parte delle autorita ecclesiastiche o anche civili tramite i governatori locali o meglio i presidenti dell’ Audiencia oppure i viceré; da parte loro le congregazioni religiose nominavano un commissario che aveva il compito di raccogliere nei vari conventi della Spagna il numero di con-
5 V. Fricius, Iudianischer Religionstandt der gantzen newen Welt beider Indien gegen Auff und Nidergang der Sonnen, Ingolstadt, Wolffgang Eder 1588, p. 160. © Recopilacidn de leyes de los Reynos de las Indias. Prologo di R. Menéndez y Pidal, studio preliminare di J. Manzano Manzano, voll. I-IV, Madrid 1973 (facsimile dell’edizione di J. de Paredes 1681), lib. I, tit. XIV,
legge 5 (I, f. 60v): «Ordenamos que no se entreguen en las Secretarias de nuestro Consejo de las Indias 4 los Comissarios, que llevaren Religiosos
por cuenta nuestra, sus despachos, hasta que hayan presentado relacion de los Religiosos que llevaren, con las sefias de sus personas, en qué Convento han residido, y de donde son naturales, y aprobacién del Consejo». 7 Recopilacion..., op. cit., lib. I, tit. XIV, leyes 13 e 15 (1, f. 62r).
641
Latina Gli ordini religiosi in America
autorizzato a partire*. Non apfratelli che il Consiglio aveva e lo si era provwvisto del despapena si era radunato il gruppo de la e, lo si inviava alla Casa cho del Consiglio delle Indi giaipag Vequ per va e provvede Contratacion a Siviglia, la qual sacri, libri e vimento
necessario
—
vestiti, paramenti,
arredi
della nave anche i costi della veri — e pagava ai proprietari ibili il loro carico; in vista di poss traversata per le persone ¢ agin e anch veva rice viaggiatore fermate intermedie, ogni speole picc le per ro dena del a giunta un entretenimiento, ossi onalrdoti secolari pagavano pers sace i re gene in re Ment se?. ogni are vers va la Corona dove mente il viaggio in America, o mess rio iona miss e onal il pers anno delle ingenti somme per a disposizione dagli ordini?®. non stava solo alla base del Il diritto regio di patronato trareligioso ¢ delle modalita di processo di scelta del clero afond i punt in e anch rminava sporto in America, ma dete presi i locali. I governatori, mentali la vita delle comunita ante cost re esse ré erno tenuti ad denti dell’ Audiencia e i vice ti i e rispettivi occupanti situa ster mona sui i mente informat Ogni tre anni
nistrativo'. nell’ambito del loro distretto ammi alla Corona; questa si rio osit in prop
essi dovevano riferire I eventualmente delle visite!?. servo il diritto di predisporre toli capi ai are ecip part potevano rappresentanti dello stato col loro assenso i provinciali solo ni; ordi degli provinciali o’. rizzati ad assumere Pincaric scelti dai capitoli erano auto ad ica Amer in ri a i suoi funziona La Corona inoltre obbligav a nell i gnat impe iosi relig aspetti i appoggiare sotto tutti gli nativi dei ) rina doct y ion vers (con conversione e nell’istruzione si fuere y hagan lo mismo y mds, , igan pros que a en anim y s". ramo y bondad espe posible, como de sus personas un in America Latina ebbero e attiv e gios reli Le comunita strazioni regi ndo Seco ri. memb continuo incremento dei loro fine de la Contratacién, fino alla conservate presso la Casa ivaless comp ali dent le Indie occi del 1518 erano partiti per un francescani, 32 domenicani, 89 cui fra iosi relig mente 124 pard’ap cui non é noto l’ordine mercedario e due religiosi di ). I, tit. XIV, leyes 3e4(l, f: 60r/v 8 Recopilacion..., Op. cit., lib. 1r). 60v-6 f. 6, ley I, tit. XIV, 9 Recopilacion..., Op. cit., lib. in Saeculum 9 (1958) «Weltmission und Kolonialismus»,
10H. Jedin,
393-404, soprattutto 395.
tit. XIV, ley 1 (1, f. 59v). 11 Recopilacion..., op. cit., lib. 1, 66v). tit. XIV, leyes 42.e 43 (I, f. I, ib. 12 Recopilacion..., Op. cit., 69v € 701). f. (I, 64 ¢ 60 leyes tit. XIV, 13 Recopilacion..., op. cit., lib. I, 65 (I, f. 70v). I, tit. XTV, ley 14 Recopilacion..., Op. cit., lib.
642
Johannes Meier
tenenza5, Tale numero crebbe nei trecento anni che seguirono fino alla fine dell’epoca coloniale (intorno al 1820) tanto da raggiungere i 16.000 circa; dei religiosi inviati per via ufficiale nel nuovo mondo 15.097 sono identificabili'®; come essi possano essere singolarmente raggruppati, lo possiamo dedurre dalla tabella!’ che segue: XV
XVI
=(XVIT
OXVITE
5 — _— — 3 _— _ 2
2782 351 1579 _ 312 348 28 18
2207 1148 138 205 73 31 12 _
2736 1690 116 571 —
10
5418
3814
5114
sec. Francescani Gesuiti Domenicani Cappuccini Mercedari Agostiniani Carmelitani Diversi
sec.
sec.
sec.
_— —
|= XIX sec.
somma_
71 —
1
8441 55,91 3189 =. 21,12 1837 12,16 802 5,31 388 2,57 380 2,51 40 0,26 20 0,13
4 26 _ — — _
741
in %
15097
100.00
Nella fase iniziale le comunita religiose in America rimasero dipendenti dalle rispettive province-madri in Spagna; non appena pero si raggiunse un sufficiente numero di conventi, si ebbe il distacco dalla Spagna e l’elevazione a provincia autonoma. Quando Lépez de Velasco intorno al 1570 compose la Geografia y descripcidn universal de las Indias, elencd in America otto province dell’ordine francescano con 127 conventi, solo due province di domenicani con 126 conventi,
due
province
di
agostiniani
con
settanta
conventi,
quattro di mercedari con 26 monasteri ed anche due case di 5 L. Tormo, «Historia de la Iglesia en América Latina», vol. I: «La
evangelizacién de la América Latina», Estudios Socio-religiosos LatinoAmericanos 8, Fribourg e Bogota 1962, p. 78. 16 A questo punto bisogna ricordare le ricerche fatte con grande abnegazione dal mercedario J. Castro Seoane, che vengono proseguite dopo la sua morte (17 marzo 1971) dal suo confratello R. Sanlés Martinez ei cui ri-
sultati appaiono da tre decenni in una serie di articoli in «Missionalia Hi-
spanica»; basandosi sulle fonti dell’«Archivo General de Indias» esse of-
frono un panorama, che si addentra fin nei minimi dettagli, di tutte le spedizioni di missionari verso 1’ America Latina durante il XVI
conda dei rispettivi ordini d’appartenenza. '7 Cfr. P. Borges Moran,
secolo, a se-
«El envio de misioneros a América durante
la época espafiola», in Bibliotheca Salmanticensis, Estudios 18, Salamanca 1977, p. 537.
Gli ordini religiosi in America Latina
643
gesuiti'’. Nell’anno 1600 il numero delle province dei francescani arriva a dieci, quello dei domenicani a sette e quello degli agostiniani a quattro; inoltre i mercedari avevano quattro province e i gesuiti gia tre!®. L’incremento continud anche nel XVII secolo, e infatti alla fine del secolo nell’America spagnola c’erano 17 province di francescani, nove di domenicani, otto di mercedari e sette sia di agostiniani che di gesuiti°. Gli ordini sul suolo americano godettero fin dal loro arrivo di ampi privilegi che concessero loro liberi spazi e condizioni promettenti per il lavoro d’evangelizzazione. Importante fu soprattutto la bolla Omnimoda di papa Adriano VI del 9 marzo 15227'. Nell’interesse della cristianizzazione dell’America il papa concesse agli ordini omnimodam auctoritatem nostram in utroque foro; a una distanza che andasse oltre j due giorni di viaggio dalla pid vicina sede episcopale agli ordini fu concessa piena liberta di esplicare la propria attivita religiosa compresa |’amministrazione di quei sacramenti altrimenti riservati al vescovo”. Negli anni ’30 e ’40, papa Paolo 18 J. Lépez de Velasco, «Geografia y descripcién universal de las Indias», edito da M. Jiménez de la Espada: Biblioteca de Autores Espanioles 248, Madrid 1971, p. 2. Riferendosi ai francescani, Lépez de Velasco menziona, oltre alle otto province, anche una custodia; elencando le province dei domenicani commette un errore, infatti nel 1570 essi avevano cinque province: B, Biermann, «Die “Geografia y la descripcion universal de las Indias” des Juan Lépez de Velasco als Quelle fiir die Missionsgeschichte (1570)», in Neue Zeitschrift fiir Missionswissenschaft 17 (1961) 291-302, soprattutto 293, nota 3.
'? H. Pietschmann, «Die Kirche in Hispanoamerika», in W. Henkel,
Die Konzilien in Lateinamerika. Parte 1, México 1555-1897, Paderborn 1984, pp. 1-48, soprattutto 27 s.; P. Castafieda Delgado, Die Kirche in Spanisch-A merika: Gold und Macht. Spanien in der Neuen Welt. Eine Austellung anlasslich des 500. Jahrestages der Entdeckung Amerikas, Wien 1986, pp. 125-132, soprattutto 127. A causa di un errore di traduzione, i mercedari vengono scambiati con i fratelli della misericordia.
20 A. M. Heinrichs, «La cooperacién del poder civil en la evangeliza-
cién de Hispanoamérica y de las islas Filipinas», in Diss. phil. Université Laval, Laval 1971, pp. 136ss. 21 B. de Tobar, «Compendio Bulario Indico», t. I-II, in Publicaciones de la Escuela de Estudios Hispano-Americanos de Sevilla, M. Gutiérrez de Arce (ed.), 82 e 167, Sevilla 1954 e 1965, soprattutto I pp. 90-92 (datata in modo anomalo il 10 maggio); F. J. Hernaez, Collecidn de Bulas, Breves y otros documentos relatives a la Iglesia de América y Filipinas», t. I-II, Bru-
xelles 1879, soprattutto t. I, pp. 382-384.
22 P. Torres, «Vicisitudes de la “Omnimoda” de Adriano Vien elaspec-
to de sus insignes privilegios en la labor misional de Indias», in Missionalia
Hispanica 3(1946) 7-52, soprattutto 7 ss; R. C. Padden, «The Ordenanza
644
Johannes Meier
III con diversi scritti incrementd ed amplid Vesenzione del suo predecessore*?. Queste esenzioni erano spesso d’intralcio alla costituzione di un’organizzazione diocesana da parte dei vescovi; e cosi, dopo il concilio di Trento, che aveva rivalutato il ruolo dei vescovi, iniziarono interminabili conflitti di giurisdizione*. Gli ordini religiosi allora si difesero, contro una riduzione dei loro privilegi, facendo riferimento ai meriti acquisiti nell’evangelizzazione dei territori americani; in un primo tempo essi ebbero pure successo, in quanto papa Pio V, con il Breve Exponi nobis del 24 marzo 1567, garanti loro di nuovo di poter esercitare la cura d’anime nelle regioni di missione senza lo specifico permesso dei vescovi diocesani del luogo**. Questa regolamentazione che divergeva dal comune diritto canonico e contravveniva alle intenzioni del Tridentino venne abrogata da Gregorio XIII il 1 marzo 1573 con il Breve In tanta rerum. Gli ordini religiosi tuttavia cercarono ancora per lungo tempo di difendere i privilegi che erano stati loro concessi; in questo contesto il francescano Juan de Focher formuld per la prima volta la dottrina del vicariato della Corona spagnola: siccome la Corona avrebbe inviato nelle missioni i religiosi per incarico diretto del papa Alessandro VI, costoro non avrebbero avuto bisogno — cosi spiegava Focher ~ di alcuna particolare giurisdizione da parte dei vescovi locali?’. Proprio i francescani aspiravano a sottrarsi ad un pit del Patronazco 1574. An interpretative essay», in The Americas 12(1956) 333-354, soprattutto 337; A. Ennis, «The Conflict between the Regular and the Secular Clergy», in R. E. Greenleaf (ed.), The Roman Catholic Church in Colonial Latin America, Tempe 1977, pp. 63-72, soprattutto pp. 66s.
3 Bolla «Alias felicis» del 15 febbraio 1535, in B. de Tobar, Compen-
dio Bulario Indico..., op. cit., 1, pp. 194s; F. J. Hernaez, Coleccion..., op. cit., 1, pp. 390s; Breve «Exponi nobis» del 13 ottobre 1539, in B. de Tobar, Compendio Bulario Indico..., op. cit., 1, pp. 239s; Breve «Ex debito» del 9 genn. 1544, ivi, pp. 256s; F. J. Harnaez, Coleccidén..., op. cit.,1, pp. 392s.
24.C. R. Boxer, «A Igreja e a Expansao Ibérica (1440-1770)», in Lugar da Historia 11, Lisbona 1989, pp. 86s. 5B. de Tobar, Compendio Bulario Indico..., op. cit., 1, pp. 351; F. J. Hernaez, Coleccidn..., op. cit., 1, pp. 397 s. (qui datato il 23 marzo 1567);
P. Torres, Vicisitudines..., art. cit., pp. 31s; A. Ennis, The Conflict (nota 22), p. 70.
2 B. de Tobar, Compendio Bulario Indico..., op. cit., 1, p. 398; F. J.
Hernaez, Coleccion..., op. cit., 1, p. 477 (erroneamente datato il 1 marzo 1572).
27 A, de Egafia, «La teoria del Regio Vicariato Espafiol en Indias», in
Analecta Gregoriana 95. Series Facultatis Historiae Ecclesiasticae, Sectio B, n. 17, Roma 1958, pp. 60-76; P. Leturia, Relaciones entre Santa Sede e
Gli ordini religiosi in America Latina
645
stretto controllo da parte dei vescovi diocesani appoggiandosi maggiormente alla Corona: essi istituirono (1572) Vufficio del commissario generale per le Indie occidentali al quale il generale dell’ordine conferi praticamente pieni poteri sui monaste-
ri ispanoamericani;
e cosi essi andavano
incontro a un deside-
rio di Filippo II, che in questo modo naturalmente, come si era visto anche nella «Junta Magna» del 1568, perseguiva in primo luogo il disegno di imporre ulteriormente il diritto di patronato della Corona sulla Chiesa ispanoamericana; siccome i domenicani, gli agostiniani e i mercedari rifiutarono la creazione di un ufficio analogo, i francescani, in questa ma-
niera,
si assicurarono,
nel tempo,
numerosi
vantaggi
in seno
al Consiglio delle Indie rispetto agli altri ordini religiosi?8. I contrasti fra vescovi e clero secolare da un lato e ordini religiosi dall’altro, causati dai decreti tridentini di riforma, durarono ancora per lungo tempo nella chiesa ispanoamericana. La contraddittorieta dello sviluppo si spiega in parte col fatto che la maggioranza dei vescovi allora in carica apparteneva ad ordini religiosi. Il vescovo Diego de Salamanca di Puerto Rico, per esempio, che apparteneva all’ordine degli agostiniani, in una lettera del 3 gennaio 1578 espresse insistentemente l’opinione che egli riteneva fosse la cosa migliore, que las iglesias de por acd fuesen regulares reduziendolas a la antigua ynstitucién, en que persevera oy la de Pamplona; basandosi sulle cattive esperienze fatte con i sacerdoti secolari, specialmente con quelli non oriundi da Puerto Rico, egli credeva di poter meglio assolvere al suo compito se nella pastorale avesse potuto impiegare esclusivamente religiosi?’. II Breve Quantum animarum cura di papa Gregorio XIV del 16 settembre 1591 riconobbe ancora una volta il contributo degli Hispanoamérica
1493-1835,
t. 1: «Epoca del Real Patronato
1493-1800,»
A. de Egafia (ed.), Roma-Caracas 1959, pp. 107-122; B. Biermann, «Das spanisch-portugiesische Patronat als Laienhilfe fiir die Mission», a cura di J. Specker e W. Biihlmann, e «Das Laienapostolat in den Missionen», in onore del prof. dr. J. Beckmann s.m.b., in Neue Zeitschrift fiir Missionswissenschaft, Supplementa X, Schéneck-Beckenried 1961, pp. 161-179, so-
prattutto p. 175.
8 E. Schafer, El Consejo Real y Supremo de las Indias. Su historia, or-
ganizacion y labor administrativa hasta la terminacién de la Casa de Au-
stria, voli. I-II, Sevilla 1935 e 1947, soprattutto II pp. 229-232; P. Borges
Morén, «La Santa Sede y América en el siglo XVI», in Estudios Americanos 21, 1961, pp. 141-168, soprattutto pp. 145s.
** Sevilla, Archivio General de Indias (= AGI), Santo Domingo 172, n.
49. Diego de Salamanca allude al fatto che come vescovo di Pamplona ve-
niva tradizionalmente nominato qualcuno del monastero di Leyre.
646
Johannes Meier
ordini religiosi, conferm6
loro l’esenzione dall’ispezione epi-
scopale e li esonerdé dal contribuire al sostentamento econo-
mico dei nuovi seminari*®, D’altro canto si moltiplicavano pero anche le voci di coloro che esprimevano il loro malcontento per lo zelo religioso che andava affievolendosi e per le infrazioni disciplinari che invece aumentavano negli ordini religiosi, indicando come causa di queste manifestazioni il numero dei membri che cresceva in modo sproporzionato?!, linutile dispersione causata dalla fondazione di numerose piccole case’, ma principalmente la crescente ricchezza dei monaste-
ri3, Su questo retroscena papa Gregorio XV con il Breve Jne30 B. de Tobar, Compendio Bulario Indico..., op. cit., I, p. 483; F. J. Hernaez, Coleccidn..., op. cit., 1, p. 408.
3! Lettera del governatore di Cuba Francisco Carrefio a Filippo II del 20
giugno 1577, citato da I. Teste, Historia eclesidstica de Cuba, voll. I-V,
Burgos e Barcelona 1969-1975, soprattutto I, p. 93: «... pues hay tanta co-
pia de ellos y cada dia toman tantos el hdbito, no hay necesidad de que V. M. gaste en enviarlos»; L. Marrero, Cuba: Economia y Sociedad, voll. I-II, Rio Piedras e Barcelona 1972 e 1974, soprattutto II, p. 153.
32 Relazione al re del vescovo di Santiago de Cuba, Juan de las Cabezas
Altamirano, del 24 giugno 1606 (AGI, Santo Domingo 150, n. 34, f. 7r): «... la casa que no pudiere sustentar seis religiosos por lo menos... no gose de titulo de convento ni de los previlegios a los conventos dados ni los frailes que a este numero no llegaren no gosen del previlegio de conventuales en materia de justicia ni en casos que contradigan a la jurisdicién del ordinario, porque es cosa lastimosa de ver por estas partes que en algunas no hazen mas de hazer una casa de paja con favor de dos o tres regidores metese un religioso en ella y dasele titulo de convento o vicaria y en lugar de ser quoadjutores de los obispos los tales conventuales en virtud de sus previlegios que muestran al pueblo son los que mas pasadumbres dan al ordinario... En conventos grandes ay observancia, clausura, son de mucho fruto
los tales conventos en la yglesia de Dios, pero donde no ay clausura ni observancia ni la puede aver, bastara que las tales casas sirvan de hospedarias». 33 Coll’andar del tempo molti monasteri ed anche altre istituzioni ecclesiastiche si trasformarono in grandi latifondi e accumularono enormi patri-
moni; essi assunsero anche il ruolo di banche e concessero crediti, di modo
che in alcuni luoghi pit della meta della proprieta terriera veniva controllata direttamente o attraverso ipoteche dalla Chiesa, fatto questo che deve aver stimolato in modo non irrilevante |’anticlericalismo molto diffuso in ambito civile in America Latina. Cfr. al riguardo B. R. Hammett, «Church Wealth in Peru. Estates and Loans in the Archdiocese of Lima in the Seventeenth Century», in Jahrbuch fiir Geschichte von Staat, Wirtschaft und Gesellschaft Lateinamerikas 10(1973) 113-132; P. Castafieda Delgado e J. Marchena, «Las ordenes religiosas en América. Propriedades, diezmos, exenciones y privilegios», in Anuario de Estudios Americanos 35(1978)
647
Gli ordini religiosi in America Latina
scrutabili Dei providentia del 5 febbraio 1622 revoco definitivamente tutte le esenzioni degli ordini in contrasto col concilio di Trento, includendovi anche due disposizioni del 1614-15
i atdel suo predecessore Paolo V, in base alle quali i sacerdot
tivi nei territori di missione («doctrinas») dovevano in ogni caso venir esaminati e approvati dal vescovo competente, afal fermando inoltre che si doveva concedere la precedenza reliordini gli ioni disposiz queste di virtt In *. clero secolare prigiosi nel corso del secolo XVII persero un po’ della loro delle causa a anche olirono mitiva importanza; essi s’indeb centensioni interne insorte fra creoli e oriundi spagnoli*; nei detera cio incomin secolare clero il a spagnol erica dell’Am tri minare in misura crescente l’immagine esterna della Chiesa, ruolomentre invece i religiosi poterono affermare il proprio ninsegna ori, predicat come esempio per ambiti, guida in altri ti e scienziati*; comunque essi rimasero indispensabili nelle lavoro zone rurali periferiche, dove era ancora necessario un comquesto in indios; gli fra ne pionieristico di evangelizzazio alaccanto modo, ar particol in distinse si avanti pito d’ora in le comunita gia menzionate precedentemente, la Compagnia e abdi Gesu, tra l’altro l’unico ordine che in epoca colonial straniemolti anche a spagnol America bia potuto inviare nell’ ri, fra cui circa 1000 mitteleuropei>’.
I missionari gesuiti giunsero addirittura a porre dei «limiti» al regno coloniale spagnolo in America. Certo non senza per appoggio da parte delle istanze politiche e militari, ma in o recaron si padri i pacifici, mezzi con principio sempre vicostume coppia fra gli indios, che «secondo il loro antico vevano
nelle
foreste,
sui monti
e nelle
valli,
presso
torrenti
due, nascosti, in tre, quattro o sei capanne, separati fra loro
Sugar, Wine 125-158, soprattutto 131-136; N. Cushner, Lords of the Land:
1980. and Jesuit Estates of Coastal Peru 1600-1767, Albany
F. J. 34.B. de Tobar, Compendio Bulario Indico..., op. cit., 11, p. 85;
Hernaez, Coleccién..., op. cit., 1, pp. 481-486.
f 35 A. Tibesar, «Social tensions among the friars», R. E. Greenlea
Gia chiaramen(ed.), The Roman Catholic Church..., op. cit., pp. 98-107. ntavano nei rapprese XVIII nel creoli i XVII, secolo nel te in maggioranza Moran, «Casingoli ordini pit dei tre quarti del personale, cfr. P. Borges as: Evangeliracteristicas sociolégicas de las érdenes misioneras american ional de Internac Simposio X XVI)», zacion y teologia en América (Siglo 1990, pp. 619Teologia de la Universidad de Navarra, vol. I. Pamplona 625, soprattutto p. 621.
Ma36 R Gomez Hoyos, La iglesia de América en las leyes de Indias,
drid 1961, p. 194.
621. 37 P. Borges Moran, Caracteristicas socioldgicas..., op. cit., p.
648
Johannes Meier
tre o pil miglia», per «riunirli con un costante sforzo in centri abitati maggiori e condurli ad una vita civile e umana»?8, In queste «riduzioni» gli indios vennero introdotti con cautela nella civiltaé europea e avviati alla pratica della fede cattolica; essi-nel contempo divennero sudditi della Corona spagnola. Siccome i gesuiti sfruttarono perfettamente tutte le possibilita di uno sviluppo separato previste dalla legislazione, riusciro-
no a creare all’interno del sistema coloniale una alternativa, in cui la cultura india e il cristianesimo coesistevano, fino a
quando, con l’espulsione dell’ordine, le riduzioni vennero aperte allo sfruttamento coloniale, prima di venire poi totalmente annientate nelle lotte per |’indipendenza e nelle guerre
successive”, Negli anni 1768-69 ben 2617 gesuiti furono de-
portati dalle province dell’ordine del Paraguay, Cile, Peru, Quito, Nuova Granada, Messico e Filippine. Un dramma simile s’era svolto un decennio prima in Brasile e nelle altre colonie portoghesi®. I primi gesuiti erano giunti in Brasile nel 1549, prima che nell’ America spagnola; il loro influsso e il loro prestigio erano ancora maggiori che nel regno coloniale spagnolo nell’America lusitana fino alla re-
pressione attuata dal marchese de Pombal,
anche se 1’unifica-
zione delle due corone iberiche fra il 1580 e il 1640 aveva portato a qualche adeguamento nella politica religiosa ed ecclesiastica. Nato a Lisbona e cresciuto in Brasile, Ant6nio Vieira impersona come nessun altro il ruolo particolare del gesuita portoghese; egli era predicatore di corte di Jodo IV e operd
come
coraggioso
missionario
nel Maranhdo;
si batté con non
minore passione, sia per |’esistenza e i diritti umani degli indios nelle foreste dell’ Amazzonia, sia per la gloria e il primato del Portogallo fra tutti i popoli della terra‘. 38 A. Ruiz de Montoya, Conquista espiritual feita pelos Religiosos da
Companhia de Jesus nas Provincias do Paraguai, Paranda, Uruguai e Tape,
A. Rabuske (ed.), Porto Alegre 1985, p. 34.
3° J. Meier, Die Missionen der Jesuiten bei den Guarani-Vélkern in Pa-
raguay - Eine unterdriickte Alternative im Kolonialsystem:
Lateinamerika? Die Antwort der Opfer, Miinchen/Ziirich
Wem gehort
1990, pp. 59-79
(Bibl.). 4 Tl numero dei membri che facevano parte dell’«Assistenza» portoghese della Compagnia di Gesi nel 1759, !’anno dell’espulsione, ammontava a 1698, di cui 909 nell’oltremare, 453 dei quali in Brasile: L. von Pastor, Geschichte der Papste seit dem Ausgang des Mittelalters, vol. XV1/1: Benedikt XIV. und Klemens XIII., 1740-1769, Freiburg 1931, 574 s., nota 1 (tr. it. Desclée, Roma 1931 ss).
41 Per una prima informazione sulla personalita del Vieira si raccomanda la pubblicazione: A. Vieira, Die Predigt des heiligen Antonius an die Fi-
649
Gli ordini religiosi in America Latina
All’immagine delle citta coloniali americane diedero la loro fondamentale impronta anche i monasteri delle clarisse, delle domenicane, delle carmelitane e di altre congregazioni nei cui conventi poterono entrare le figlie nubili dell’ aristocrazia e della borghesia. Di regola esse portavano con sé una © pill ragazze indie o nere come domestiche o schiave. Citta del Messico alla fine del diciassettesimo secolo contava 22 monasteri femminili, Puebla ne aveva dieci. In quel periodo, suor Juana Inés de la Cruz, mentre curava le proprie consorelle nel convento delle gerolimitane del Messico, venne con-
tagiata; essa viene considerata una delle pili straordinarie personalita femminili dell’inizio dell’era moderna“. I monasteri femminili assunsero principalmente dei compiti educativi, per esempio la formazione scolastica delle figlie delle famiglie spagnole e creole e la cura degli orfani. Spesso in questi conventi
entravano
delle
vedove,
e la fondazione
dei
monasteri
femminili risale di frequente ad alcune ricche vedove. Numerose donne pie e attive nel settore caritativo si riunivano in comunita domestiche senza approvazione canonica; soprattutto in Brasile queste beatas costituirono una colonna del tradizionale cattolicesimo popolare®. L’espulsione dei gesuiti fu una specie di segnale che preannunciava i mutamenti e i rivolgimenti che presto avrebbero scosso gli altri ordini religiosi, la chiesa in generale ed anche, nonostante le numerose riforme politiche attuate, lo stesso dominio coloniale. E vero che alcune rivolte come quelle di José Gabriel Tupac Amaru nelle Ande peruviane (1780-81) e di Joaquim José da Silva Xavier (Tiradentes) in Minas Gerais (1789-91) vennero sanguinosamente represse; ma la penetrazione delle idee liberali non poté venir bloccata da una politische, con una introduzione di H. Loetscher su p. Antonio Vieira, Ziirich 1966.
42 kK. Vossler, «Die “zehnte Muse von Mexico” Sor Juana Inés de la
Cruz», in Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Phil.-Hist.
Abteilung,
annata
1934,
quaderno
1,
Miinchen
1934;
L.
Pfandl, Die 10. Muse von Mexico. Juana Inés de la Cruz. Ihr Leben, ihre Dichtung, ihre Psyche, Muenchen (forse 1943); N. M. Scott, «Sor Juana Inés de la Cruz
(1651-1695)»,
in Orientierung 54(1990) 213-216;
O. Paz,
Sor Juana Inés de la Cruz oder die Fallstricke des Glaubens, Frankfurt 1991,
43R. AzzieM. V. V. Rezende, «A vida religiosa feminina no Brasil co-
lonialy, R. Azzi (ed.), A vida religiosa no Brasil. Enfoques Historicos, Sao
Paulo 1983, pp. 24-60; D. E. Zegarra Lépez, Monasterio de Santa Catalina
de Sena de Arequipa y Da. Ana de Monteagudo, Priora, Arequipa 1985.
650
Johannes Meier
ca repressiva, tanto pil che essa veniva alimentata dalle riforme illuministe nelle universita spagnole e all’universita di Coimbra e quindi si poté avvertire anche nel clero (nel clero creolo diocesano comunque pit che nelle congregazioni religiose). Alexander von Humboldt, che dal 1799 al 1804 aveva intrapreso un viaggio di esplorazioni attraverso il Venezuela, Nuova Granada, Ecuador, Pert, Messico, Cuba e Stati Uniti, che avevano gia ottenuto l’indipendenza, pud considerarsi un testimone oculare, particolarmente attendibile, delle condizioni di quel tempo; Humboldt entrd in contatto con molti missionari, poiché durante la sua spedizione si serviva continuamente delle infrastrutture della chiesa“. Da un lato egli abbondava in apprezzamenti per i costanti contributi culturali dei missionari; per esempio sull’opera prestata dai cappuccini aragonesi e catalani nel Venezuela orientale egli diede il giudizio seguente: essi «in un territorio di pit di 120000 miglia
quadrate... senza denaro e forze fisiche, ma con volonta erculea e con indefesso zelo protocristiano, hanno posto fra
molte migliaia di indios la base per le relazioni sociali. Essi hanno indotto (i nativi) a vivere insieme, hanno insegnato loro a costruire abitazioni piu solide e piu comode, a preparare delle stoffe per vestirsi, a piantare delle piante utili»®. D’altro canto Humboldt critica liberamente e implacabilmente ogni sorta di abusi in cui s’é di continuo imbattuto nelle missioni nel corso del suo viaggio. Egli ritiene particolarmente dannose la «coercizione e la squallida uniformita del governo della missione»; il fatto che in molte missioni gli indios fossero chiusi e depressi rivelerebbe «quanto mal volentieri essi avessero sacrificato la liberta alla quiete. La disciplina monastica, trapiantata nei luoghi selvaggi del nuovo mondo, applicata a tutti i rapporti della vita sociale,... soffoca di genera-
4 «Io ho parlato, perché ho visto con i miei occhi e senza alcun odio verso i monaci, che non mi hanno mai fatto personalmente qualcosa di male, e fra cui ho conosciuto un numero di persone degne di grande stima... sono stato ben accolto nelle missioni, e non vi sono andato né per grazia né segretamente ma sono stato accolto per ordine diretto del re. Uno storico
non ha altro dovere che quello della veridicita, ed essa deve essergli tanto pit sacra in quanto da cid dipende ta sorte delle regioni pit estese.» Citato da A. von Humboldt, «Lateinamerika am Vorabend der Unabhangigkeitsrevolution. Eine Antologie von Impressionen und Urteilen, zusammengestellt und erlautert durch M. Faak», in Schriftenreihe der Alexander-vonHumboildt-Forschungsstelle der Akademie der Wissenschaften der DDR, vol. V, Berlin 1982, p. 145.
45 A. von Humboldt, «Lateinamerika am Vorabend..., art. cit., p. 157.
: : :
Gli ordini religiosi in America Latina
651
zione in generazione lo sviluppo spirituale,... ostacola le relazioni fra i popoli, rigetta tutto quello che eleva |’anima ed amplia la sfera dell’immaginazione»*. Poiché |’indiano delle foreste viene trattato come un servo della gleba nella maggior parte delle missioni, poiché egli non si rallegra dei frutti del proprio lavoro, le colonie presso l’Orinoco si spopolano*”’. 2. Secoli XIX
e XX
Il 3 settembre del 1804 Alexander von Humboldt mise di nuovo piede nel vecchio continente. Gia Il’anno seguente egli ebbe modo di conoscere a Parigi Simon de Bolivar, il futuro liberatore della parte settentrionale del Sudamerica. Subito dopo l’occupazione del Portogallo e della Spagna da parte delle truppe di Napoleone nel 1807-1808, in molte regioni dell’America spagnola scoppiarono delle rivoluzioni, e il Cile, l’Uruguay, il Paraguay, Nuova Granada e il Venezuela dichiararono l’indipendenza. In Brasile lo sviluppo ebbe un corso diverso. La corte portoghese trasferi la propria sede a Rio de Janeiro; fra i diplomatici del seguito c’era anche il nunzio. Per la prima volta nella storia della Chiesa giunse allora in un paese latinoamericano un inviato del papa. I] suo influsso pero fu relativamente scarso; invece, proprio in quegli anni il clero liberale riusci a consolidare le proprie posizioni e a sviluppare cosi il carattere nazional-brasiliano della Chiesa cattolica. Nel 1814 invece di ritornare nel Portogallo liberato, re Joao VI elevo il Brasile a regno con parita di diritti; solo nel 1821 egli si decise, di fronte ad una ribellione, a fare ritorno a Lisbona; affido a suo figlio Pedro la reggenza del Brasile; senza spargimento di sangue l’anno seguente il Brasile si staccd dal Portogallo e venne proclamato impero. Le rivoluzioni nei paesi ispanoamericani furono opera dei creoli
che
si consideravano
politicamente,
economicamente,
socialmente, culturalmente ed anche ecclesiasticamente svantaggiati nei confronti degli spagnoli. La Chiesa non assunse una posizione univoca nei confronti dei movimenti d’indipendenza: mentre il basso clero simpatizzO con la rivoluzione o vi prese perfino attivamente parte, la maggioranza dei vescovi 4 A. von Humboldt, Die Reise nach Stidamerika. Von Orinoko zum Amazonas, rielaborato secondo la traduzione di H. Hauff e edito da J.
Starbatty, Bornheim-Merten 1985, p. 69.
47 4 von Humboldt, Die Reise nach Siidamerika..., op. cit., p. 225.
652
Johannes Meier
stette lealmente dalla parte della Corona spagnola. Molti di loro vennero espulsi dai nuovi governi o decisero da soli di far ritorno in Spagna. Quando il capo di stato maggiore di
Bolivar,
José
de
Sucre,
il 9 dicembre
del
1824
sull’altipiano
delle Ande presso Ayacucho costrinse alla capitolazione l’ultima armata spagnola in Sudamerica e fece prigioniero il viceré José de la Serna, la maggioranza delle 44 diocesi ispanoamericane erano gia state abbandonate. Gran parte del clero spagnolo aveva lasciato il continente spontaneamente o perché costretto a farlo. II flusso di religiosi che da piu di tre secoli era continuato dalla Spagna verso l’oltremare, era giunto ad esaurimento. In Messico il numero dei religiosi da 3112 nell’anno 1810 scese a 1726 nel 1831, quello dei conventi da
208 a 155; il numero
delle suore si ridusse dalle 2098 del 1810
alle 187 del 1911. In Pert i 1891 religiosi dell’anno 1792, intorno al 1820 erano gia notevolmente diminuiti; nella provincia francescana di Lima fra il 1770 e il 1800 emise la professione religiosa una percentuale di 6,9 religiosi l’anno, nel 1810-1820 solo il 2,3 per cento e nel 1821-1837 pit nessuno®. La Santa Sede considero il movimento nazionalistico americano uno sviluppo negativo simile alla rivoluzione francese; Pio VII nel Breve Etsi longissimo (1816) e similmente anche Leone XII in £tsi iam diu (1824) esigevano dal clero la sottomissione alla Corona spagnola; entrambi i papi rifiutarono di riconoscere i governi che erano scaturiti dalla rivoluzione. Solo quando i problemi pastorali si inasprirono e si pose inoltre il problema della legittimita dopo la rivoluzione di luglio anche nei confronti dei nuovi governi della Francia e del Belgio, nella curia romana s’impose una valutazione piu realistica che venne esposta nella Bolla «Sollicitudo Ecclesiarum» (1831) di Gregorio XVI. E cosi in seguito si poterono nominare dei vescovi residenziali per la Grande Columbia (Venezuela, Nuova Granada, Ecuador), Messico, Argentina, Cile, Pert e altre nazioni. Nel 1836 venne inviato a Bogota un internunzio con giurisdizione su tutta l’America Latina di lingua spagnola. Fin dal
1829
c’era gid unabnunziatura
a Rio
de Janeiro;
Ro-
48 T numeri sono riportati secondo H. J. Prien, Die Geschichte des Chri-
stentums in Lateinamerika, Gottingen 1978, p. 396, nota 74. Prien fa riferimento a Paul v. Murray,
The catholic church in Mexico. Historical essays
Jor the general reader, I: 1519-1910, México D. F. 1965, pp. 115s; D. Ol-
medo, «Modern Mexico», in New Catholic Encyclopedia, New York 1967, IX, pp. 775-783, soprattutto p. 777; A. Tibesar, «The Peruvian church at
the time of independence in the light of Vatican II», in The Americas 26 (1970) 349-375, soprattutto 356s.
Gli ordini religiosi in America Latina
653
ma, in questa circostanza, riconobbe il trasferimento del diritto di patronato dal re portoghese all’imperatore brasiliano. Veramente la curia non accordé questo diritto di successione alle repubbliche; tuttavia in seguito, quando si giunse alla stipula di concordati, essa molte volte concesse dei privilegi simili a quelli del precedente diritto di patronato*’’. Il clero latinoamericano nel XIX secolo rimase orientato, molto pit a lungo del clero europeo, in senso illuministico, patriottico, propendendo anche per una Chiesa di stato. Lo si poté notare in modo particolare allorché in Brasile, durante la minore eta di Pedro II (1831-1840), la reggenza venne temporaneamente assunta dal sacerdote liberale Diego Anténio Feij6. Punti programmatici della sua politica ecclesiastica di reggente furono fra gli altri l’abrogazione delle pene canoniche per i sacerdoti sposati e interventi di riforma nella vita degli ordini religiosi; alcuni conventi, che erano quasi vuoti, vennero confiscati. Sebbene Pedro II, quando nel 1840 assunse personalmente il governo, avesse limitato l’influsso politico del clero liberale, la pressione statale sugli ordini religiosi tradizionalmente rappresentati in Brasile (francescani, benedetti-
ni, carmelitani,
mercedari) venne mantenuta;
giustizia José Tomas Nabuco di accogliere dei novizi fino fosse stata regolamentata in che questa norma abbia avuto Bahia,
Romualdo
Anténio
il ministro della
proibi nel 1855 a questi ordini a quando la loro riforma non un concordato. E sintomatico il consenso dell’arcivescovo di
de Seixas,
e del vescovo
di Maria-
na, Anténio Ferreira Vicoso. Ferreira Vicoso, nominato vescovo nel 1844, opto decisamente per l’ammissione di altri ordini fino allora non rappresentati in Brasile, chiamandoli dall’Europa; si deve osservare in proposito che questo vescovo apparteneva ai lazzaristi di san Vincenzo de Paoli che erano arrivati in Brasile solo nel 1820, dapprima con alcuni confratelli portoghesi cui poi se ne associarono alcuni di nazionalita francese; venne loro affidato anche il seminario della diocesi “°K. M. Schmitt, «The Clergy and the Independence of New Spain», in
Hispanic American kamps,
Historical Review 34(1954) 289-312;
Staat und Kirche in den unabhaengigen
Carl H. Hille-
Staaten Lateinamerikas:
Religion, Kirche und Staat in Lateinamerika, Miinchen 1966, pp. 119-138; J. F. Schwaller, «The episcopal Succession in Spanish America 18001850», in The Americas 24(1968) 207-271; G. Vilar de Carvalho, A /ideran-
¢a do clero nas revolugdes republicanas 18] 7-1824, Petrépolis 1980; H. J. Konig, «Auf dem Wege zur Nation. Nationalismus im Prozess der Staats -
und Nationbildung Neu-Granadas
1750 bis 1856», in Beitrége zur Kolonial-
und Uberseegeschichte 37, Wiesbaden 1988.
654
Johannes Meier
di Mariana. Nel frattempo, nel 1840, si era concesso ai cappuccini italiani di entrare in Brasile come missionari per gli indios; ai cappuccini francesi provenienti dalla Savoia il vescovo Anténio Joaquim de Melo affidd la formazione del clero di Sfo Paulo™, In questi fatti si preannunciava il grande mutamento cui venne sottoposta la chiesa brasiliana dalla meta del secolo XIX, la cosiddetta romanizzazione. Passo dopo passo s’impose un diverso concetto ecclesiologico incentrato sul papato e lo si inculcO alle nuove generazioni del clero in via di formazione nei seminari. Con i religiosi stranieri si importd in Brasile l’ultramontanismo.
I] catechismo,
i sacramenti
e l’au-
torita del clero furono posti al centro della prassi religiosa ed emarginarono la religiosita popolare che si richiamava alle feste di Cristo, di Maria e dei santi. Nella maggior parte dei paesi dell’ America Latina si ebbe la stessa evoluzione del Brasile. Papa Pio IX fondd a Roma nel 1858 il Collegio Pio-Latinoamericano; qui alla élite del clero vennero insegnati ed inculcati lo slancio apostolico, la levatura morale e il distacco dal mondo. In quegli anni la Santa Sede stipuld dei concordati con numerosi paesi: Bolivia (1851); Guatemala (1852); Costa Rica (1852); Honduras (1861); Nicaragua (1861); El Salvador (1861); Venezuela (1862); Ecuador (1862). In questo modo la religione cattolica venne riconosciuta come religione di stato e vennero garantiti alla Chiesa importanti privilegi, fra Paltro nella scuola. II presidente dell’Ecuador, Gabriel Garcia Moreno, fervente ultramontanista, fra il 1861 e il 1875, anno del suo assassinio, cerco di fare del suo paese uno stato cattolico modello; orientO la legislazione alle encicliche di Pio EX e al Syllabus, mise l’intero sistema scolastico nelle mani della Chiesa e per attuare la propria politica chiamo in Ecuador dall’Europa numerose congregazioni religiose; il suo zelo religioso giunse ad un punto tale che egli consacro il paese al cuore di Gesii e tolse la cittadinanza a tutti i non-cattolici*!. Dalla meta del secolo XIX alla prima parte del secolo XX 5° J, O. Beozzo, «Decadéncia e morte, restauracdo e multiplicagao das ordens e congregagoes religiosas no Brasil 1870-1930», in R. Azzi, A vida religiosa no Brasil..., op. cit., pp. 85-129, soprattutto pp. 87-92 e 99-101. 511. R. Davila, Garcfa Moreno: Origenes del Ecuador de hoy, vol. IV,
Cajica, Puebla, 1968. Per la situazione odierna negli altri paesi dell’ America Latina cfr. Il sommario in C. Pape, «Katholizismus in Lateinamerika»,
in Verdffentlichungen des Missionspriesterseminars St. Augustin, burg, n. 11, Steyl 1963, pp. 92-113.
Sieg-
Gli ordini religiosi in America Latina
655
si ebbe un mutamento nell’identita del cattolicesimo latinoamericano. Nel caso del Brasile si pud dimostrare in modo molto evidente quanto questo mutamento coincida con il peso crescente che gli ordini religiosi andavano assumendo nella chiesa del paese. Quando nel 1889 il Brasile divenne una repubblica e nell’anno seguente lo Stato e la Chiesa effettuarono la loro separazione giuridica senza grosse ostilita, questo processo s’accelero ulteriormente. I francescani, i benedettini e i carmelitani, cui per decenni era stata vietata l’accoglienza di novizi, vennero rivitalizzati dall’ingresso nei rispettivi ordini di tedeschi e olandesi®?. La chiesa brasiliana, da parte sua, schiuse le porte ad un gran numero di ordini e di congregazioni, che si riversarono in quel paese dall’Europa e in particolare dall’Italia, patria di molti emigranti, e dalla Francia - dove all’inizio del secolo si era imposta una politica ostile alla Chiesa. Per quanto concerne le congregazioni religiose maschili vedere nella pagina seguente il quadro che emerge, ripartito per paesi di provenienza e data d’insediamento in Brasile™. Per quanto concerne le congregazioni femminili vedere la corrispondente tabella della pagina seguente**. Nel censimento dell’anno 1872 furono registrati in Brasile 2.256 sacerdoti secolari e inoltre 107 religiosi e 286 religiose”. Il censimento del 1920 non é del tutto comparabile con quello del 1872 perché non si é fatta la distinzione fra clero diocesano e quello appartenente a ordini religiosi, ma solo per sesso e nazionalita. Vennero registrati 6.059 sacerdoti di cui 3.218 brasiliani e 2.838 stranieri e altri tre di cui non fu possibile determinare la nazionalita®®. Quindici anni pit tardi (1935) il
52 Per la provincia settentrionale dei francescani (di San Antonio) cfr.
V. Willeke, «Die Neubelebung der nordbrasilianischen Franziskanerprovinz», in Zeitschrift fiir Missionswissenschaft und Religionswissenschaft
52 (1968) 277-288. Per la provincia meridionale (dell’Immacolata Concezione di Maria) cfr. A. Stulzer, «Da restaura¢do da Provincia da Imacula-
da Conceicdo», in Vida Franciscana. Provincia Franciscana da Imaculada
Concei¢éo, anno LV, n. 52, giugno 1978, pp. §-15. Peri benedettini cfr. M.
E. Scherer, «Domingo Machado, der Restaurator», in Studien und Mitteilungen zur Geschichte des Benediktinerordens und seiner Zweige,
nuova
serie 74(1964) 7-162; Id., «Ein grosser Benediktiner, Abt Michael Kruse
von Sao Paulo (1864-1929)», in Studien und Mitteilungen zur Geschichte des Benediktinerordens, Numero speciale 17, Muenchen 1963.
53 JO, Beozzo, Decadénciae morte..., op. cit., p. 120. 54 Id., Decadéncia e morte..., op. cit., p. 126.
53 1d., Decadéncia e morte..., op. cit., p. 97. 56 1q., Decadéncia e morte..., op. cit., p. 105.
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Gli ordini religiosi in America Latina
657
numero totale degli appartenenti al clero era ancora lievemente aumentato a 6.269; qui il rapporto fra sacerdoti secolari (2.466) e religiosi (3.803) é indicato*’. Se si confrontano questi numeri con quelli del 1872 si puO notare come il clero secolare in 63 anni sia cresciuto soltanto del 9,3%; i religiosi in-vece sono aumentati di ben trentacinque volte! Le religiose fra il 1872 e il 1920 si sono pit! che decuplicate, passando da 286 a 2.944; di queste 1.761 erano brasiliane, 1.181 straniere e 2 di nazionalita sconosciuta; particolarmente impressionante perd appare il fatto che esse nei quindici anni seguenti fino al 1935 triplicarono ulteriormente passando da 2.944 a 8.826 suore; qui si rispecchia la presenza della Chiesa — resa possibile fin dall’inizio degli anni venti dalla crisi del liberalismo e andata ulteriormente crescendo col passar del tempo — nel sistema scolastico, nella cura dei malati e nell’attivita so-
ciale*’,
Tuttavia per valutare correttamente lo sviluppo globale fin dal secolo XIX bisogna tener presente il contesto storico. Il Brasile nel 1872 contava solo 9.930.478 abitanti, nel 1920 invece 30.642.041. Accanto all’incremento naturale della popolazione il paese aveva accolto, in quel periodo, circa cinque milioni di emigranti, principalmente dall’Italia, Spagna, Germania e Polonia, Vicino Oriente e Giappone; solo nello stato federale di Sdo Paulo fra il 1877 e il 1914 si insediarono un milione e settecentomila immigrati, la meta dei quali italiani (845.816). Quindi se l’identita della Chiesa cattolica del Brasile andava mutando, questo mutamento andd di pari passo con quello della composizione etnica della popolazione brasiliana®, Il Brasile rappresenta un caso forse spettacolare ma per nulla singolare. Nella sua lotta contro il liberalismo la Chiesa fece di continuo ricorso a nuove forze, cosi per esempio in Bolivia ai gesuiti (nel 1881), ai salesiani (1896), ai lazzaristi (1905), ai redentoristi (1910), ai mercedari (1912), ai claretani (1919), ai fratelli delle scuole cristiane di san Giovanni de La Salle (1920), ai passionisti e ai cistercensi (1928), ai carmelitani (1929) e agli agostiniani (1932); a questi va affiancata una lista altrettanto lunga di ordini religiosi femminili®. Alla fine 57 1d., Decadéncia e morte..., op. cit., p. 108. 381d., Decadéncia e morte..., op. cit., pp. 105 e 110. 59 1d., Decadéncia e morte..., op. cit., pp. 97 e 105-107.
60 J, M. Barnadas, «La reorganizacién de la iglesia ante el estado liberal
en Bolivia», E. Dussel e J. Klaiber (edd.), Historia general de la iglesia en
658
Johannes Meier
del secolo XIX e agli inizi del XX attraverso gli ordini religiosi si sono pure allacciati molti rapporti fra la Germania e l’America Latina. Per indicare solo due esempi: durante il Kulturkampf i lazzaristi vennero espulsi dalla Germania; passando per |l’Ecuador del presidente Garcia Moreno essi giunsero nel 1875 in Costa Rica; fra loro c’era p. Bernhard August Thiel, che gia nel 1880 venne nominato vescovo ausiliare di San José e durante il periodo in cui rimase in carica fino al 1901 si rese molto benemerito al paese, specie in ambito sociale; p. Thiel é annoverato fra i primi compagni di Adolf Kolping e Elberfeld®'. Nell’anno 1895 i cappuccini bavaresi assunsero
la cura d’anime
in Araucania,
la zona in cui
viveva il popolo dei Mapuche nel sud del Cile; seguendo la migliore tradizione dei missionari dell’epoca coloniale, molti di loro, e soprattutto i padri Felix Joseph Augusta e Ernest Wilhelm Moesbach, hanno esplorato e studiato la lingua e i miti, gli usi e i costumi dei Mapuche; in questo contesto va ricordato anche p. Sebastian Englert di Dillingen, che per tre decenni fu parroco nell’isola di Pasqua e profondo conoscitore della loro cultura, molto apprezzato, non solo per questo, dall’etnologo Thor Heyerdahl®. In Messico, i contrasti fra Chiesa cattolica e Stato liberale subirono un’escalation fin dal 1910 nella cornice di una rivoluzione sociale. Le terre della Chiesa vennero espropriate, la scuola statalizzata, la stampa cattolica proibita, e impedita ogni attivita religiosa al di fuori delle organizzazioni ecclesiastiche. Quando negli anni venti si volle imporre per legge la chiusura di tutte le organizzazioni di cui facevano parte dei sacerdoti, esplose la Cristiada, cioé l’opposizione delle masse popolari credenti. Circa 20.000 cristeros, la maggior parte giovani contadini, lavoratori e studenti, imbracciarono le armi; nella lotta contro l’esercito migliaia di loro vennero ucci-
América Latina, vol. VII:
«Pert,
Bolivia y Ecuador»,
Salamanca
1987,
pp. 308-324, soprattutto p. 314. 61 Vv, M. Sanabria Martinez, Bernardo Augusto Thiel. Segundo Obispo de Costa Rica. Apuntamientos historicos, San José 1941. (Altri autori non hanno valutato cosi positivamente l’opera del vescovo Thiel. Cfr., sopra, cap. La Chiesa in Centro America di R. Cardenal: «La grande crisi liberale» [NdR]).
6&2 AO.
Noggler, «Vierhundert Jahre Araukanermission. 75 Jahre
Missionsarbeit der bayerischen Kapuziner», in Neue Zeitschrift fiir Missionswissenschaft, Supplementa XX, Immensee 1973.
Gli ordini religiosi in America Latina
659
si?, Durante il periodo della persecuzione (1926-29) vennero assassinati anche 78 sacerdoti e religiosi, fra loro il giovane padre gesuita Miguel Agustin Pro, la cui esecuzione, avvenuta per ordine esplicito del presidente Plutarco Elias Calles, sconvolse i cattolici di tutto il mondo™. Con il successivo presidente Emilio Portes Gil si giunse poi a concordare un armistizio; tuttavia in Messico le tensioni fra Stato e Chiesa perdurarono anche durante gli anni trenta. Gli eventi messicani, se confrontati con quelli dello stesso periodo in America Latina, appaiono atipici. Proprio nei pit grandi paesi del sud (Argentina, Brasile e Cile) nel medesimo periodo vi fu un crescente coinvolgimento della Chiesa nella politica, nella cultura e nella vita sociale; importante strumento di questa partecipazione della Chiesa nella vita civile fu l’«Azione Cattolica», che mise l’accento sull’apostolato cristiano nel mondo moderno. Nel 1928 venne fondata |’Azione Cattolica in Argentina, nel 1931 in Cile, nel 1935 in Brasile. Le élites cristiane dovevano influenzare i pit diversi settori della societa, il mondo operaio, la popolazione rurale, gli artigiani, gli imprenditori, gli intellettuali®. Nel contempo ci s’attendeva un arricchimento spirituale dai nuovi insediamenti degli antichi ordini contemplativi, come i cistercensi di Himmerod a Itaporanga/Brasile (1936), i benedettini di Solesme a Las Condes/Cile (1938) e quelli di Einsiedein a Los Toldos/Argentina (1948). La Chiesa del Cile in quegli anni riusci meglio delle altre a sviluppare un intuito particolare per i segni dei tempi. Il p. gesuita Alberto Hurtado scrisse nel 1941 il libro «Il Cile é un paese cattolico?» due anni prima che l’abate Henri Godin ponesse la stessa domanda in Francia®. Convinto assertore della dottrina sociale cattolica, — gia da studente si era impegnato in favore dei molti disoccupati che si erano riversati a Santia6 R. E. Quirk, The Mexican Revolution and the Catholic Chuch 1910-
1929, Bloomington
1963; J. Meyer, La Cristiada, I: La guerra de los criste-
ros; II: El conflicto entre la iglesia y el estado en México; III: Los cristeros. Sociedad e ideologia, México e Madrid 1973/74. 64 WM. Havers, Christliche Befreiung in Mexico. Lebenszeugnisse aus fiinf Jahrhunderten, St. Augustin 1986, pp. 93-168; M. Sievernich, «Martyrer im mexicanischen Kirchenkampf. Zur Seligsprechung von Pater Miguel Agustin Pro SJ (1891-1927)», in Geist und Leben 61(1988) 285-302.
65 Per |’ Azione Cattolica cfr. L. Gera, «La iglesia frente a la situacién
de dependencia», in A. J. Biintig, O. Catenae L. Gera, «Teologia, pastoral y dependencia», in Dependencia 10, Buenos Aires 1974, pp. 102-104. 6 La France, pays de mission? , Paris 1943.
660
Johannes Meier
go dopo paese —
il fallimento dell’industria del nitrato nel nord del Hurtado criticd l’egoismo dei benestanti; nel 1941
fondo l’Asociacidén Sindical Chilena e istitui un’opera per la
formazione cristiana dei leaders sindacali. Edificd case per i senza tetto, i poveri e gli orfani, denominandole Hogar de Cristo. La rivista dei gesuiti cileni Mensaje, che Hurtado pubblico per la prima volta nel 1951, un anno prima di morire, é riconosciuta come suo testamento intellettuale e spirituale. Nell’anno della morte di Hurtado, i Piccoli Fratelli di Gesi si stabilirono in un quartiere povero di Santiago. La sfida della poverta e dei poveri entro negli anni cinquanta in forma sempre pili ampia nell’ ottica della Chiesa®’. Nel 1958 venne istituita la Confederacién Latinoamericana de Religiosos (CLAR), l’associazione latinoamericana dei religiosi. Essa tenne la sua prima assemblea generale nel 1960 a Lima. La statistica dimostra che in quell’anno c’erano 185.050.000 cattolici in America Latina, con 18.647 sacerdoti secolari e 19.464 religiosi®; il numero delle suore ammontava a circa 113.000. Fra l’assemblea di Lima e quella seguente tenutasi a Rio de Janeiro nel 1963 inizid il concilio Vaticano II. La Cuar ha prestato il proprio contributo al Concilio, ma dopo la sua conclusione essa ha soprattutto accolto il suo invito ad un opportuno e adeguato rinnovamento della vita re-
67 FE. Dussel, Die Geschichte der Kirche in Lateinamerika, Mainz 1988,
pp. 178s.
68 C. Pape, Katholizismus in Lateinamerika..., op. cit., p. 154. 6 E. Dussel, Die Geschichte..., op. cit., p. 332. Il numero dei membri
maschili degli ordini religiosi, che non erano sacerdoti, non é riportato né da Dussel né da Pape; esso avrebbe dovuto aggirarsi fra i 15.000 ei 18.000. Come in precedenza anche in seguito la quota di stranieri fra i religiosi si mantenne molto elevata; nel 1967 dei 23.029 sacerdoti appartenenti ad or-
dini religiosi 10.908 erano indigeni e 12.121 stranieri: E. Dussel, Die Geschichte..., op. cit., p. 330. Alla fine del 1959 operavano in America Latina 7,352 sacerdoti spagnoli, tutti appartenenti ad ordini religiosi eccetto 352 sacerdoti diocesani; allora provenivano dalla Spagna anche 1.342 fratelli religiosi laici e 10.491 suore. Dalla Germania provenivano 1.480 sacerdoti,
513 religiosi laici, 2.464 suore e 3 missionari laici (i numeri si riferiscono al 1957); eccettuati 16 che erano sacerdoti diocesani tutti gli altri erano membri di ordini religiosi; i contingenti maggiori erano forniti dai francescani (350), dai Missionari Verbiti (310), dai Pailottini (127) e dai Missionari del-
la Sacra Famiglia (101), cfr. C. Pape, Katholizismus..., op. cit., p. 259, nota 35 e p. 260, nota 37. Per quanto concerne il numero molto elevato di sacerdoti spagnoli appartenenti ad ordini religiosi nell’anno 1959 bisogna notare che non pochi di loro in seguito hanno assunto una cittadinanza latinoamericana.
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Juana Inez de la Cruz (1658-1695): poetessa, studiosa e suora. Figura emblematica nel Messico dei XVII secolo
662
Johannes Meier
ligiosa e l’ha caldeggiato con enorme impegno e coraggio. Vennero criticamente rivisti i compiti tradizionali e riconosciute nuove priorita alla luce del Vangelo, soprattutto nel mondo dei poveri. Religiosi, ma soprattutto suore hanno tenuto a battesimo le comunita di base in cui l’ecclesiologia del concilio ha preso forma: «... nei poveri e nei sofferenti essa (la Chiesa) riconosce l’immagine di colui che I’ha fondata e che era pure povero e sofferente egli stesso. Essa é impegnata ad alleviare la loro sofferenza, e cerca di servire Cristo in loro»”, Non deve per nulla meravigliare che questo processo, date le sue dimensioni e la sua importanza, non si sia svolto e non si svolga senza controversie, tanto all’interno degli stessi ordini che fra questi e la gerarchia”!. Esso comunque é gia Stato suggellato anno dopo anno dal sangue di un numero crescente di fratelli e sorelle, che in Cristo e nei poveri hanno trovato qualcosa, «per cui vale la pena vivere, anzi forse qualcosa per cui si pud morire»”,
® Concilio Vaticano II, «Costituzione Dogmatica sulla Chiesa: Lumen
Gentium»,
citata
secondo
K.
Rahner
e H.
Vorgrimler,
Kleines Konzils-
kompendium, Herder Biicherei 270-273, Freiburg 1969, p. 131.
" E. Dussel, Die Geschichte..., op. cit., pp. 332-337 (Bibl.). Sull’undi-
cesima assemblea plenaria della CLAR a Cuautitlan/México nel febbraio 1991 cfr. N. Klein, «Unerwiinschte Propheten?», in Orientierung 55(1991) pp. 137-139. Sul ruolo degli ordini religiosi oggi in America Latina, cfr. L. Boff, 500 anni di evangelizzazione. Dalla conquista spirituale alla libera-
zione integrale, Cittadella Ed., Assisi 1992.
” Da una lettera di Ita Ford, suora di Maryknoll assassinata in El Salva-
dor il 2 dicembre del 1980, indirizzata alla nipote sedicenne Jennifer, per
Ponomastico nell’agosto del 1980. Qui citata secondo D. Sélle, «Ita Ford, eine Nonne aus Brooklyn», in Jm Hause des Menschenfressers.
Frieden, Reinbek 1981, pp. 165-167, soprattutto p. 166.
Texte zum
EE OE Spas
SB
STORIA DELLA TEOLOGIA IN AMERICA LATINA
22.
Enrique Dussel
Oggi c’é sull’argomento una vasta bibliografia', ma noi ci limiteremo a dare una visione d’insieme sulla tematica. In questo contesto indicheremo sette grandi momenti attorno ai quali organizzare in modo chiaro un materiale tanto vasto.
! Si pud trovare un compendio storico della teologia in America Latina nella mia opera Hipdétesis para una historia de la teologia en América Latina, Indo-American Press, Bogota 1986. Cfr. inoltre CEHILA,
Historia de
la Iglesia en América Latina, VUII Incontro latinoamericano, Lima 1980, DEI, San José 1981; P. Richard (ed.), Raices de la Teologia Latinoameri-
cana, DEI-CEHILA,
San José 1985. Per il periodo recente si consulti S.
Silva Gotay, El pensamiento cristiano revolucionario en América Latina, Sigueme, Salamanca 1981; R. Oliveros Maqueo, Liberacion y teologia. Génesis y crecimiento de una reflexidn (1966-1976), CRT, México 1977; J. Comblin, «Kurze Geschichte der Theologie der Befreiung», in H. J. Prien,
Lateinamerika: Gesellschaft, Kirche, Theologie, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1981, vol. II, pp. 13-38; H. J. Prien, La historia del cristianismo en América Latina, Sigueme, Salamanca 1985, pp. 1072 ss.; W. Ferm Deane, Profiles in Liberation. 36 Portraits of Third World Theologians, Twenty-Third Publications, Mystic, Connecticut 1988, pp. 114-193; Idem,
Third World Liberation Theologies. An Introductory Survey, Orbis
Books, New York 1986, pp. 3-58; come introduzione generale, P. Berryman, Liberation Theology, Pantheon Books, New York 1987; pit teologici del precedente sono J. Ramos Regidor, Gesu e il risveglio degli oppressi,
Mondadori, Milano 1981, e M. Cuminetti, La teologia della liberazione in America Latina, Borla, Bologna 1975. Per il contesto nella storia della
Chiesa, cfr. l’opera collettiva della CEHILA, Historia General de la Iglesia en América Latina, Sigueme, Salamanca, voll. I-X, dal 1977 in avanti, non
ancora terminata; vedere la mia opera De Medellin a Puebla. Una década de sangre y esperanza, Edicol-CEE, México 1979 e Loyola, Sao Paulo, voll. I-III, 1985 ela mia Hipdtesis para una historia de la Iglesia en América Latina, Estela, Barcelona 1967; inoltre, per quanto riguarda le tensioni interne, bisogna consultare P. Lernoux, Cry of the People. United States in the Rise of Fascism. Torture and Murder and the Persecution of the Catholic Church
in Latin America,
Doubleday,
New
York
1980;
P. Richard,
664
Enrique Dussel
I, TEOLOGIE
AMERINDIE
In generale non viene considerato il periodo preispanico, ma voglio farvi esplicito riferimento per la sua importanza fino al giorno d’oggi. Le cosmovisioni e i riti religiosi degli abitanti autoctoni dell’ America latina avevano raggiunto un grado
di razionalizzazione
che,
sebbene
non
avesse
un
carattere
scientifico, pud comunque essere situato nella categoria delle spiegazioni codificate in tradizioni orali (e anche scritte come nei codici aztechi)?. Le teogonie dei popoli meno sviluppati, del nord e del sud del continente, popoli che erano spesso cacciatori e pescatori nomadi (ne! sud, magallanici, della Pampa, del Gran Chaco; nel nord, del Brasile orientale, perfino californiani) affermavano l’esistenza di un «padre nei cieli» (quindi uranico), «l’Anzianissimo» degli yahganes, il «Temaukel» degli ona, che stava in qualche modo in rapporto con il sole. Questo porto W. Schmidt a pensare che c’era una rivelazione primitiva del Dio uno’. Insieme con questi c’erano gli déi gemelli, spiriti, demoni, la Grande Madre (dla
luna) e anche gli déi totemici delle tribu, dei clan e delle fami-
glie. I popoli piantatori (dagli araucani fino ai guarani e ai tupi-arawaks, ai caraibi e agli abitanti delle praterie del Nordamerica), e specialmente le culture urbane (inca, chibcha, maya e aztechi) hanno teogonie molto pit sviluppate. Fra gli inca c’é un
dio
trascendente,
Pachacamac,
dio
creatore,
spiri-
tuale, che popolarmente si concretizza in Inti (il sole, fecondatore, origine della fertilita e dio dei cacciatori e guerrieri — come lo Huizilopochtli dei nahuatl messicani, ma in questo caso molto pit sanguinario). La luna (Quilla fra gli inca), ela terra con cui é messa in rapporto (la Pachamama o la Coatiicue per gli aztechi) dominano nei pantheon. Non mancano
Muerte de la cristiandad, nacimiento de la Iglesia. Per una posizione critica rispetto alla teologia della liberazione e con una bibliografia molto buona,
R. Vekemans,
Teologia de la liberacion y cristianos por el socia-
lismo, Cedial, Bogota 1976. 2 Cfr. W. Krickeberg - W. Miiller - H. Trimborn, Die Religionen des alten Amerika, Stuttgart 1961; la mia introduzione generale alla Historia general de la Iglesia en América Latina, 1/1, pp. 123-156; H.-J. Prien, La historia del cristianismo en América Latina, pp. 29-52.
3 Nella sua opera Ursprung und Werden der Religion. Tatsachen, Minster 1930.
Theorien und
Storia della teologia in America Latina
665
neppure gli déi totemici, i riti ciclici e la razionalizzazione, che funzionano come prototeologie‘.
Il. LA TEOLOGIA CRITICA DI FRONTE ALLA CONQUISTA (1511-1553) La scoperta dell’ America da parte degli spagnoli e dei portoghesi significa una rivoluzione geopolitica senza precedenti nella storia mondiale. Dal 1493 le bolle pontificie giustificano ampiamente la conquista dell’ America. Fallito il tentativo del cardinale Jiménez de Cisneros di occupare le Indie senza usare le armi, la conquista sara violenta, come anche lo sara la conquista che a suo tempo faranno olandesi, inglesi, francesi e perfino tedeschi (ancora nel XIX secolo in Africa). Tuttavia si leva un pugno di profeti, di grandi cristiani missionari, difensori dell’indio*>. Per quanto riguarda la teologia vogliamo citarne solo alcuni. A parte qualche
fratello laico
francescano,
fu Antonio
de
Montesinos 0.p. (+ 1545) che, per ordine del suo priore Pedro de Cérdoba o.p. (1460-1525), lancid in America nel 1511 il primo grido critico profetico. Quel 30 novembre il religioso Bartolomé de las Casas (1484-1566) sente il sermone a favore degli indios e contro gli «encomenderos». Bartolomé de las Casas con Josué de Acosta (1530-1600) in Pert e Bernardino de Sahagun o.f.m. (t 1590) in Messico, fra gli altri, sono i teologi della prima generazione o almeno di coloro che si confrontarono con la realta del loro tempo con occhi meno ideologici dei loro compagni di conquista o di evangelizzazione. Si consideri, nel testo che proponiamo, la chiarezza con cui espone la principale contraddizione della sua epoca e come fa vedere il buio ideologico nel quale vivono i suoi contemporanei: «Dio deve riversare sulla Spagna il suo furore e la sua ira, 4Cfr. J. de Acosta, Historia natural de las Indias; J. Soustelle, «La religion des Incas», in Histoire Générale des Religions, vol. I, Paris 1948, pp.
201 ss; F. Hampl, «Die Religionen der Mexikaner, Maya und Peruaner», in Christus und die Religionen der Erde, Freiburg, vol. I, 1951, pp. 754-784:
Toynbee (A Study of History), Oxford 1963, vol. VII (nella parte che si riferisce alle «Universal Churches»), pensa che ci fu una prototeologia (il viracocinismo inca). > Cfr. la mia opera El episcopado hispanoamericano, institucién defen-
sora del indio (1504-1620), vol. II, Cuernavaca 1969, pp. 6-147.
666
Enrique Dussel
poiché essa tutta ha partecipato e ha condiviso in misura maggiore o minore le ricchezze sanguinose usurpate e ingiustamente avute e con tante stragi e annientamenti di quelle genti, se essa non fa una grande penitenza, e temo che lo fara tardi o forse mai, poiché la cecita per i nostri peccati che Dio ha permesso in grandi ¢ piccoli e specialmente in coloro che si presumono o sono chiamati saggi e hanno la pretesa di comandare il mondo, (che ha permesso) per i loro peccati e in generale (per i peccati) di tutta la Spagna; dico ancora, questa oscurita degli intendimenti tanto recente, che da settant’anni, quando hanno cominciato a scandalizzare, rubare e uccidere ed estirpare quelle nazioni, non sia stata avvertita fino al giorno d’oggi, che tanti scandali e tante infamie nella nostra santa fede, tanti furti, tante ingiustizie, tante stragi, tante uccisioni, tante prigionie, tante usurpazioni di stati e di signorie straniere e infine, devastazioni e spopolamenti tanto universali siano stati peccato e grandissima ingiustizia»®. I suoi trattati teologici come il De tinico modo, la Historia de las Indias, la Apologética historia sumaria (trattato di religiosita precristiana), una quantita di opuscoli, memoriali, difese, la Brevisima relacidn de la destruccién de las Indias, i Dieciséis remedios para la reformacién de las Indias, Y Argumentum apologiae, Los tesoros del Peru, ecc. partono tutti dalia prassi di un grande cristiano. Questa teologia non accademica o pre-universitaria, non perché fosse contro l’universita, ma perché effettivamente in America Latina queste sedi di studio non esistevano ancora, e inoltre perché nasceva nel vivo della lotta stessa e non come frutto di esigenze pili o meno artificiali della vita di qualche organizzazione professorale, questa teologia critico-profetica era missionaria, formava uomini d’azione, illuminava norme, scopriva peccati strutturali e personali. Tutto questo anticipa di quattro secoli !’esperienza attuale della teologia creativa in America Latina. E necessario studiare bene il primo sforzo teologico nel nostro continente per trovare fra noi un primo modello, in questa parte dell’Atlantico, dell’esercizio di una corretta riflessione sulla prassi cristiana in situazione coloniale, «periferica». Bartolomé intravide l’imperialismo europeo nel suo inizio; sottopose a giudizio l’inizio dell’espansione in tutto il mondo dell’oppressione del «centro»; condannd cosi ® Obras escogidas, vol. V, BAE, Madrid 1961, p. 539. Si pud trovare un’informazione sintetica della vita e bibliografia di Bartolomé nel mio articolo «Bartolomé de las Casas», nell’ Encyclopedia Britannica, 1974.
Storia della teologia in America Latina
667
in modo globale il sistema che si stava organizzando: «E ingiusto e tirannico tutto cid che in queste Indie si faceva nei riguardi degli indios»’.
III. LA TEOLOGIA DELLA CRISTIANITA DELLE INDIE (1553-1750) Il 3 giugno 1553, a Citta del Messico, apre i corsi universitari di teologia il professor Francisco Cervantes di Salazar, maestro di retorica ed eloquenza. Questa inaugurazione accademica della teologia in un’organizzazione che concedeva titoli come quelli delle universita di Alcala e Salamanca, é l’inizio formale di una tradizione che durera due secoli e mezzo. In realta gia nel 1538 i domenicani avevano aperto nel loro convento di Santo Domingo le prime cattedre di teologia per i loro studenti. Il 1° luglio 1548, sempre i domenicani fondarono una cattedra analoga a Lima. Qualche tempo prima, a Tiripetio (Michoacan), il celebre agostiniano Alonso de la Veracruz insegnava anch’egli teologia a Citta del Messico. Con decreto reale di Filippo IJ, il 21 settembre 1551, e con la bolla corrispondente,
venivano
fondate
le universita
di Lima
e di
Citta del Messico®. Col decreto regio di Filippo IV del 26 maggio 1622 e con la bolla di Gregorio XV del 9 luglio dell’anno precedente, fu7 «Historia de las Indias», in op. cit., vol. III, 1979, p. 357.
8 Per il periodo coloniale cfr.: J. Gallegos Rocafull, E/ pensamiento mexicano en los siglos XVII, XVIIT, México 1951 (Bibl. pp. 397-414); la Bibliotheca Missionum I-LX, Minster
1916-1939; J. Garcia Icazbalzeta, Bi-
bliografia mexicana del siglo XVI, México 1886; J. Jiménez Rueda, Herejia y supersticiones en la nueva Espana (los heterodoxos en México), México 1946; C. B. Plaza y Jaen, Crdnica de la Real Pontificia Universidad de México, México
1931; O. Robles, Fildsofos mexicanos del siglo XVI, Mé-
xico 1950 (dove si trova materiale per il nostro tema); e l’opera di J. Jiménez Rueda, Historia juridica de la universidad de México, México 1955; cfr. inoltre, F. Ossores, Historia de todos los colegios de la ciudad de México desde la conquista hasta 1760, México 1929. Trai teologi coloniali non si dimentichi J. Palafox y Mendoza, Obras, voll. I-X VII, Madrid 1762. L’opera di Guillermo Furlong sul pensiero in El Rio de la Plata, per esempio, riempie il vuoto su questa zona latinoamericana. Lavori come quelli di p. H. Urefia, Historia de la cultura de América hispdnica, México 1947, servono come riferimento contestuale. Dobbiamo perd ammettere che non c’é alcun lavoro sulla storia della teologia in America Latina, sebbene esista un minimo di materiali sufficienti per farsi un’idea d’insieme.
668
Enrique Dussel
rono fondati istituti superiori che potevano conferire un titolo accademico, dalla lontana Manila (Filippine) fino a Cuba,
e, sul continente,
a Mérida,
Puebla,
San Luis Potosi nel Mes-
sico; a Guatemala e Panama nell’America centrale; a Caracas, Santa Fe de Bogota e Popayan in Nueva Granada; a Cuzco, Huamanga e Quito in Peri; a Charcas (che nel 1798 venne elevata al rango di universita come Lima e Citta del Messico), Cordoba e Santiago del Cile in El] Rio de la Plata. A questo si dovrebbero aggiungere molti seminari tridentini nei quali si insegnava teologia, come il famoso collegio palafoxiano di Puebla, fondato nel 1641, che esisteva anche a Guadalajara e Oaxaca. Inoltre i collegi dei gesuiti conferivano anch’essi dei titoli fin dal 1578. Citta del Messico risplendette nel «secolo d’oro», il XVI secolo; Lima nel XVII secolo, di cultura barocca; Chuquisaca o Charcas nel XVIII, nel secolo dell’umanesimo gesuita (fino al 1767, quando questi furono espulsi). Per esempio, Alonso de la Veracruz (1504-1584), autore di numerose opere, fra cui
un commentario
al libro dei Proverbi,
un altro alle lettere di
san Paolo, una Relectio de libris canonicis e anche una Relectio de dominio in infideles et iusto bello. Questo teologo, come altri, era uno degli antichi missionari, che quando era a Tripetio (insediamento indigeno) divenne nel 1545 priore di Tacambaro e da li pass6 al convento di Atotonilco el Grande fra gli indios otomi, per essere eletto provinciale messicano nel 1548, carica cui era abbinata la responsabilité accademica.
Qui
c’era,
come
suo
collega,
Pedro
de la Pefia,
o.p.
(+
1583), stimato professore di Prima, che avrebbe abbandonato la cattedra per andare in missione a Verapaz (1563-1565) e per diventare infine insigne vescovo di Quito (1565-1583), autore di commentari alla Summa. Bartolomé de Ledesma o.p. (+ 1604), autore di un noto trattato De iure et iustitia e di un Sumario
de los siete sacramentos,
vo di Citta del Messico;
Pedro
della Secunda secundae;
Andrés
scrisse
De
pubblicd
natura
un
theologiae,
Tractatus
su richiesta dell’ arcivesco-
de Ortigosa
De
essentia
s.j. (1557-1626)
Dei,
commentari
de Valencia s.j. (1582-1645)
de Incarnatione;
il fecondo
Juan
de
Ledesma (1576-1636) scrisse sedici volumi di cui uno solo é conservato: De Deo uno; Pedro de Pavia o.p. (+ 1589) porto a conoscenza del pubblico il De sacrosanto sacramento eucharistiae. La lista diventerebbe pit lunga se solo per Citta del Messico in questo secolo parlassimo anche di Esteban de
Salazar o.s.a., Andrés de Tordehumos o0.s.a., Juan de Gaona o.f.m., Bernardo de Bazan o.p., Francisco de Osuma o.f.m.,
Storia della teologia in America Latina
669
Pedro de la Concepcién, Juan Lépez Agurto de la Mata, eccetera. In ogni modo questa teologia fu imitatrice della seconda scolastica che, ripetendosi in America, nascondeva non solo le ingiustizie del continente
antico,
ma
anche
quelle
del nuo-
vo. Tuttavia una storia documentata della nostra teologia mostrera molti aspetti critici, come per esempio il trattamento teorico del tipo di proprieta guarani esposto dal p. Muriel? nell’universita di Cérdoba nel Tucuman su cui si basava I’organizzazione delle famose reducciones di tipo socialista del Paraguay'®, o di proprieta comune dei prodotti del lavoro — esperienza che ebbe importanza nel XVIII secolo francese, protostoria di quello che sara poi chiamato il «socialismo utopistico», per l’influenza che esercitO su persone come Meslier, Mably e Morelli. Questo tipo di proprieta non fu negato da alcun teologo coloniale. In essa c’era una specie di critica anticipata della societa borghese, ma in nome di una societaagraria o arcaica.
IV. TEOLOGIA POLITICA DI FRONTE ALL’ EMANCIPAZIONE (1750-1830) Tupac Amaru nei suoi proclami definisce la ribellione nella prospettiva di una esplicita teologia della liberazione e questo gli varra la scomunica da parte del vescovo di Cuzco: «[...] liberandoli dell’onere e del pesante giogo che fino al giorno d’oggi ci ha tenuti tanto oppressi sotto il suo peso, mediante il governo tirannico della Spagna, che non sembrava cosa diversa da una soggezione di totale schiavitt simile alla cattivita di Babilonia, in cui il popolo di Dio israelita gemeva»!!, «Avendo di mira la cessazione delle offese di Dio [...] per toglierli alle ingiuste servitt che hanno patito». Tupac vede gli indigeni al posto degli schiavi d’Egitto, il ° Cfr. J. Miranda, Vida del venerable sacerdote don Domingo Muriel, Cérdoba 1916. Di Muriel si conoscono Fasti novi orbis, Venezia 1776; Rudimenta juris naturae et gentium, Venezia 1791, e una Collectanea dogmatica de seculo XVII, Venezia 1792, fra le altre sue opere.
10 T*opera pitt completa sull’argomento delle reducciones del Paraguay é quella di Guillermo Furlong.
'! Proclama del 19 marzo 1781 in B. Lewin, La rebelidn de Tupac Ama-
ru, Buenos Aires 1967, p. 423. !2 Del 17 novembre 1789, [bid., p. 415.
670
Enrique Dussel
faraone come il re di Spagna e quelli che si liberano come il popolo d’Israele. E evidente che non poté fare a meno di identificarsi con Mosé. In questa interpretazione la novita costante consiste nel fatto che Tupac Amaru diventa cosi un eroe e un teologo popolare della liberazione. Il rinnovamento teologico si fece sentire, d’altra parte, in tutti gli ambienti creoli, influenzati dall’Illuminismo. Nel 1794, per esempio, procurd la prigione nelle condizioni pid disumane al frate domenicano Servando Teresa de Mier, per un discorso su Nostra Signora di Guadalupe nella cattedrale di Citta del Messico. E questo semplicemente perché aveva affermato l’antica tradizione del XVI secolo'*, secondo cui Vapostolo Tommaso, partendo dalla Palestina, nel I secolo, sarebbe passato per il sud dell’India e sarebbe arrivato fino in America. In questo modo avrebbe predicato fra i toltechi la fede cristiana e l’apparizione della Vergine di Guadalupe (della cui presenza in Messico vedeva il preannunzio in Apocalisse 13, le cui grandi acque sarebbero state il lago Texcoco). Non ha importanza |’esattezza delle sue conoscenze storiche; la cosa importante era che non si voleva accettare il fatto che la fede, il dono maggiore del cristiano, provenisse dalla Spagna, contro cui i creoli cominciavano visibilmente a lottare. Questa predicazione guadalupegna era gia teologia della liberazione, in quanto giustificava una prassi di emancipazione. La Vergine dei Rimedi, che aiutdé Cortés nella conquista contro gli aztechi, divenne la bandiera dei realisti spagnoli. La Vergine di Guadalupe,
apparsa a un indigeno,
Juan Diego,
fu
la bandiera degli oppressi, la bandiera di liberazione. Non fu forse una lotta «tra Vergini», simbolo di una lotta tra creoli e spagnoli, classi distinte e contrapposte? Non é strano allora che Manuel Belgrano (1770-1820), un creolo di El Rio de la Plata, laureatosi avvocato a Salamanca, generale degli eserciti dell’emancipazione, facesse pubblicare
a Londra,
nel
1813,
un commentario
in quattro
volumi
di p. Lagunza, gesuita cileno, sull’Apocalisse di Giovanni, E/ reino del Mesias en gloria y majestad, un’opera che nell’ambito del suo messianismo indica il senso del futuro in un movimento politico escatologico; o che nello stesso anno si ripubblichi a Bogota la Destruccidn de las Indias di Bartolomé
3 Cfr. J. Lafaye, Quetzaicdatl y Guadalupe, FCE, México 1977, pp.
3575s.
14 Thid., pp. 253 ss.
Storia della teologia in America Latina
de
las
zione!’,
Casas
Quando
per
appoggiare
671
lo
stesso
processo
di
libera-
il sacerdote Miguel Hidalgo fu scomunicato e di-
chiarato eretico,
scrisse al suo vescovo,
in un chiaro
discorso
nella linea di quella che potremmo chiamare la Teologia della liberazione, contro la teologia di dominazione del vescovo che giustificava il dominio del re e ordinava l’obbedienza alVordine coloniale costituito: «Aprite gli occhi, americani, non lasciatevi sedurre dai nostri nemici: essi non sono cattolici altro che per politica: il loro Dio é il denaro e le alleanze hanno per oggetto solo l’oppressione. Credete forse che non possa essere un vero cattolico colui che non é soggetto al despota spagnolo? Da dove ci é venuto questo nuovo dogma, questo nuovo articolo di fede?»'s, «Il movente di tutti questi sforzi (degli spagnoli) non é altro che la loro sordida avarizia»'’, Ma forse il teologo pit interessante che abbiamo scoperto finora é il laureato Juan German Roscio, laico, patriota e membro del primo governo di liberazione venezuelano, che sviluppa in un’opera teologica le ragioni per cui un latinoamericano, cittadino e cristiano, potrebbe impugnare le armi contro la tirannia del re cristiano spagnolo: «Tanto costante é stata l’ostinazione dei teologi del potere arbitrario nel volere amalgamare due cose inconciliabili: il cristiano e il dispotismo [...] vizi propri degli ostinati difensori della monarchia assoluta e indegnamente attribuiti al nostro rapporto con |’Essere Supremo»'®. «Gest Cristo, il cui carattere era quello di /iberatore e redentore, non poteva approvare l’usurpazione degli imperatori di Roma e poi degli oppressori di quell’epoca [...] La dottrina di Gest Cristo era una dichiarazione dei diritti dell’uomo e dei popoli»'’. L’epoca della prima emancipazione (quella del 1810 e dei decenni successivi) é una miniera quasi inesplorata della teo'5 Lo storico Roberto Tisnés ha esaminato questa edizione (la sua opera é stata pubblicata dalla Commissione di Studi di Storia dell’ America latina). Per il movimento
apocalittico cfr.: H. Cerutti, «América en las uto-
pias del renacimiento», in Hacia una filosofia de la liberacidn latinoamericana, Buenos Aires 1973, pp. 53 ss. 16 «Manifiesto que hace al pueblo» (1810). Cfr. la mia opera Religidn, Edicol, México 1977, p. 201. 1” Ibid, p. 202. 18 El triunfo de la libertad sobre el despotismo (1811), Caracas 1953, vol. I, p. 20.
19 Ibid., vol. II, p. 90.
672
Enrique Dussel
logia della liberazione, critica, politica e in contraddizione con l’altra teologia che giustificava Ja continuazione del dominio ispano-lusitano. Questo fu il secondo periodo della teologia della liberazione latinoamericana, che aveva per soggetti i creoli, i nati in America, ma generalmente di razza bianca o meticcia. Quello che osava enunciare un discorso teologico non era ancora il popolo stesso come corpo sociale degli oppressi. In ogni modo fu un discorso di liberazione e fondazione delle nazioni libere latinoamericane.
V. TEOLOGIA NEOCOLONIALE SULLA DIFENSIVA (1830-1930) In questo lungo secolo la teologia passa dal semplice ricordo della teologia della cristianita coloniale e delle euforie dei due decenni posteriori al 1809, alla chiusura dentro una posizione conservatrice tradizionalista, provinciale, sempre in ritardo rispetto agli avvenimenti (almeno fino alla meta del XIX secolo). Il positivismo (che per influenza francese é presente in Brasile con opera di M. Lemos, Comte: Philosophie positive, 1874; in Messico attraverso l’opera di Gabino Barreda, in Argentina con P. Scalabrini, ecc.) fu criticato dai teologi conservatori che perd hanno anche qualche merito: tra gli altri, Mamerto Esquit (1826-1883) in Argentina e, poco pit! tardi, Jacinto Rios (1842-1892). La situazione sara leggermente modificata dalla «romanizzazione» che si produrra lentamente dopo la fondazione a Roma del Collegio Pio latinoamericano (1858), che coincide con l’ingresso delle élites del liberalismo neocoloniale anticlericale in Colombia nel 1849, in Messico con Juarez nel 1857, in Brasile con la repubblica nel 1889. Un certo gruppo di pensatori, teologi o vescovi, assume alla fine del secolo questa posizione liberale (in 20 La crisi era importante. Secondo J. Jiménez Rueda, in Historia jurt-
dica de la universidad de México,
pp.
152-153,
Mora
affermava
che nel
1830 sarebbe stata necessaria «la soppressione di una quantita esorbitante di cattedre di teologia che per anni interi non hanno nessuno studente». Nel 1834 a Citta del Messico viene cambiato il piano di teologia: «la cattedra teologica che era chiamata prima di “Teologia” diventa di Luoghi teologici; quella di Scrittura manterra il suo nome; la terza sara di Storia ecclesiaStica (op. cit., p. 160). Poco a poco la teologia abbandonera per sempre |’universita statale. Nel 1857 la biblioteca di teologia passa alla Biblioteca Na-
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politica sara chiamata la «democrazia cristiana»). E interessante vedere come Mariano Soler (1846-1908), primo arcivescovo di Montevideo, fra i primi allievi del Collegio Pio latinoamericano di Roma, che inaugura e presiede il concilio plenario latinoamericano (1899), nella sua opera El catolicismo, la civilizacidén y el progreso (1878)*', in cui critica il darwinismo, il protestantesimo (sic), il razionalismo, Ja propaganda irreligiosa, ecc. usa una terminologia e perfino categoria e problematica progressiste e liberali (con bibliografia di scritti dell’epoca in francese, inglese e italiano), ma all’interno di una posizione fondamentalmente conservatrice e tradizionalista. C’é a quel tempo una sfiducia nella nascente cultura borghese tecnologica, angloamericana, che comincia a essere imperial-monopolistica, ma per ragioni eurocontinentali, latine e per una tradizione agraria conservatrice latinoamericana. Tuttavia é all’inizio del secolo e a partire dalle minoranze di «cattolici liberali» che si inizia un superamento di questa posizione e si sviluppano le opzioni che poi saranno assunte decisamente dalla teologia progressista, praticata comunque dai settori o dai ceti medi, alleati dell’alta oligarchia. Il passaggio, in questo periodo, da un pensiero teologico conservatore a un altro liberale e perfino popolare é un fatto al quale si deve prestare attenzione. Per esempio, una figura come quella di Julio Cesar de Morais Carneiro (1850-1916) in Brasile potrebbe ben essere considerata prototipo di questo periodo. In ogni modo gli argentini menzionati sopra, i cileni come Pedro Félix Vicufia o Juan José Julio Erizalde (tutti laici), Riva Agiiero o Victor Andrés Belaunde in Pert, Trinidad Santos in Messico e tanti altri (tra cui si devono menzionare i redentoristi di fine secolo, i padri Grote o Sonderns, che, forti della loro esperienza tedesca, lanciano i «Circoli operai»), ci indicano che non tutto fu conservatorismo e che il liberalismo adottato da alcuni cattolici dovra essere studiato con maggior cura. zionale. Nel 1867 viene definitivamente soppressa la facolta. E in questo ambiente che sorge il movimento del «liberalismo cattolico». Cfr. N. T. Auza, Catdlicos y liberales en la generacidn del 80, CIDOC, Cuernavaca, voll. I-II, 1969. 21 Cfr. J. M. Vida, El primer arzobispo de Montevideo Dr. Mariano Soler, voll. I-II, Montevideo 1935, in cui compaiono pit di cento opere dovute alla penna di questo teologo. Su! concilio plenario del 1899 si pud consultare P. Correa Leon, El concilio plenario latinoamericano, Bogota, senza data; F. Cejudo Vega, El primer concilio plenario de América Latina, Ottawa 1948; ela tesi di laurea in storia di M. M. Esandi a Lovanio (inedita).
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Cresce la presenza di Roma e particolarmente quella delV Italia. I teologi del concilio Vaticano I hanno un’influenza diretta per i sempre pil numerosi studenti in teologia che vanno a Roma. Solo il Cile, dopo la fine del XIX secolo, manda alcuni seminaristi all’estero, ma non in Italia. E il tempo della terza scolastica. Nel 1869 viene fondata l’universita cattolica del Cile, che diventa il pit’ importante centro teologico dell’America latina anche per buona parte del XX secolo.
VI. LA TEOLOGIA DELLA «NUEVA CRISTIANDAD» (1930-1959) In questo periodo awverra il passaggio dalla teologia tradizionale, riflesso delle classi che possedevano le terre o i proprietari terrieri, teologia integralista (i cui nemici sono il liberalismo borghese, il comunismo, il protestantesimo e i «tempi moderni»), alla teologia dello sviluppo, riformista che, si, assume l’efhos borghese, ma nella tragica posizione di capitalismo dipendente (questo nel caso migliore, perché la maggior parte dei nostri paesi non raggiunge neppure il livello di capitalismo ed é solo una neocolonia di sfruttamento di materie prime senza una borghesia nazionale propriamente detta). Nel 1928 vanno a Roma a studiare l’organizzazione delVAzione Cattolica i presbiteri Antonio Caggiano (che sara poi cardinale di Buenos Aires, Argentina) e Francisco Miranda (futuro cardinale del Messico). Dal 1929 questa si istituzionalizza lentamente in tutti i nostri paesi. La teologia implicita dell’Azione Cattolica distingueva chiaramente fra «temporale» e «spirituale»; il laico era responsabile di cid che era temporale, terreno, materiale e politico; il sacerdote era «Puomo dello spirituale», il vicario del regno di Cristo. La funzione del popolo cristiano, del militante, era di «svolgere Vapostolato». Questo «invio» o missione era definito come una «partecipazione all’apostolato gerarchico della Chiesa», intendendo per gerarchico quello dei vescovi e dei sacerdoti. In questo modo i ministeri e il sacramento dell’ordine sopprimevano praticamente il significato dei carismi e il sacramento del battesimo. I laici potevano operare in politica in partiti di «ispirazione cristiana»; cosi nel 1936 nasce in Cile il gruppo della «falange», che si separa dalla gioventt del Partito Conservatore e che, dopo la seconda guerra mondiale e per in-
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fluenza italiana, si chiamera «Democrazia Cristiana», che fiorira soprattutto fra il 1950 e il 1970; potranno operare in sindacati operai, ma anche questi di «ispirazione cristiana»; cosi fu organizzata la CLASc o Confederazione Latino-Americana di Sindacati Cristiani, che nella maggior parte dei casi non furono altro che sindacati riformisti. Il compito dunque é quello di riconvertire le nazioni latinoamericane in nazioni cattoliche: il regno di Cristo esige che si riconosca la religione cattolica come religione ufficiale e maggioritaria. La Chiesa sogna dunque di ricuperare la quota di potere perduta nel XIX secolo dopo la crisi della cristianita; i suoi mediatori sono i laici militanti. Questa teologia della «Nueva Cristiandad» non @ accademica ma militante; tuttavia non é direttamente politica, ma piuttosto dualista, nel senso di temporale-spirituale, StatoChiesa, in quanto societa perfette, ciascuna al suo livello e non in conflitto fra loro. Si dovra aspettare fino al 1955 perché ci sia il passaggio verso una teologia «desarrollista», cioé quella tipica del momento in cui i cristiani o parte dei cristiani assumono decisamente il progetto borghese (e della piccola borghesia) di espansione e sviluppo. Tuttavia, questo é chiaro, non c’era ancora la coscienza del problema delle classi e della dipendenza dal potere economico, politico e militare degli Stati Uniti di cui soffriva il continente latinoamericano. La terza scolastica era stata sostenuta da Jacques Maritain e per ultimo da Emmanuel Mounier, con i quali era rifiorita una certa interpretazione della realta. Questo é il periodo in cui vengono fondate molte facolta e i centri teologici diventano universita come quella Xaveriana di Bogota (fondata nel 1937), quella Cattolica di Lima (1942), quella Bolivariana di Medellin (1945), quelle Cattoliche di Sao Paulo e Rio de Janeiro (1947), Porto Alegre (1950), Campinas e Quito (1956), Buenos Aires e Cordoba (1960), Valparaiso e Centroamericana in Guatemala (1961), e molte altre in seguito. La teologia «all’europea» aveva un ambito accademico nel quale poteva crescere in attesa del suo momento creativo. Anche la prassi ecclesiale stava crescendo. L’Azione Cattolica fondata nel 1931 in Argentina e Cile, nel 1934 in Uruguay, nel 1935 in Costa Rica e Pert, nel 1938 in Bolivia e un po’ alla volta in tutti i paesi, permette di passare a una certa «lotta sociale». Gruppi come quelli di «economia umana» che si ispirava a Lebret, o il «centro Bellarmino» a Santiago
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del Cile, creano una coscienza. Lo stesso puod dirsi dei centri di ricerca sociale e religiosa fondati a Buenos Aires, Santiago, Bogota, Citta del Messico, che permetteranno di cominciare ad avere una certa visione sociografica (non dico sociologica e tanto meno economico-politica) della realta latinoamericana.
VII. LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE (1959-1992) Per una migliore comprensione storica, esporremo questa tappa tanto importante della storia della teologia latinoamericana in cinque fasi”?.
1. Tempi di preparazione teologica (1959-1968) Dal 1959, data dell’annunzio del concilio Vaticano II, inizia la crisi dell’ Azione Cattolica (e da qui l’importanza dell’opera: El fracaso de la Accién Catélica {1961] di José Comblin [nato nel 1923]) che é frutto del crollo del «populismo». In questo periodo si pud individuare la linea di fondo del rinnovamento della Chiesa dovuto al concilio Vaticano II (19621965), che avra un impatto sui futuri teologi della liberazione. I teologi cattolici della prima generazione vanno preferibilmente in Francia; i protestanti negli Stati Uniti. José Miguez Bonino (metodista, nato nel 1924) negli anni cinquanta studia negli Stati Uniti; Juan Luis Segundo (cattolico, nato nel 1925) dalla meta degli anni cinquanta si prepara a Lovanio; José Porfirio Miranda (1924) studia a Francoforte e a Roma; Gustavo Gutiérrez (1928) si prepara a Lovanio e Lione; Hugo Assmann (1933) in Brasile e insegna a Miinster dal 1967; Enrique Dussel (1934) studia teologia a Parigi e Miinster (arriva in Spagna nel 1957, ma a Parigi nel 1961, legato alla missione di Francia); e potremmo continuare a ricordare la formazione teologica di ognuno. E il periodo della «dipendenza» teologica, inevitabile. Se dovessimo cercare un primo testo che indichi l’apparizione di una riflessione teologica latinoamericana, usando an22 Oltre alla bibliografia indicata alla nota 1, cfr. in inglese l’antologia di testi di A. Hennelly (ed.), Liberation Theology. A Documentary History, Orbis Books, New York 1990.
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cora la sociologia funzionalista, non potremmo fare a meno di citare l’opera di Juan Luis Segundo, che nel 1962 pubblica un libricino, Funcidn de la Iglesia en la realidad rioplatense??, corso di «aggiornamento cristiano» tenuto a Montevideo nel 1961. Vi leggiamo: «Per impostare meglio e pil concretamente il nostro problema, cominciamo facendo un’osservazione di tipo sociologico [sic]. Cerchiamo di scoprire qualcosa di pit profondo sul significato della Chiesa per i cattolici rioplatensi. Scegliamo per la nostra inchiesta quella categoria di cristiani [...] dotati di cid che comunemente chiamiamo spirito apostolico [...], ma impegnati in un apostolato pit diretto esercitato attraverso la comunita, la professione, |’azione politica, ecc.»4. Teologicamente tuttavia non si possono dimenticare gli impegni politici della gioventi cristiana (della Juc e della Joc). Ma tutti questi impegni, compresa la «teologia della rivoluzione»**, non possono ancora essere considerati come espressioni di una teologia «autoctona» dell’ America Latina che appartiene piu alla teologia europea critica, di modernizzazione, e anche rivoluzionaria. I] passo fondamentale doveva ancora essere fatto. In primo luogo esisteva nella Chiesa una profonda aspirazione alla «poverta». La «poverta» degli individui (vescovi, sacerdoti, militanti laici) come testimonianza di vita evangelica, conseguenza della conversione del concilio”*; e in secondo 23 Barreiro y Ramos Editores, Montevideo 1962. 24 Tbid., p. 6.
25 Nel campo protestante, ¢ attraverso un legame molto pit stretto con l’Africa e |’Asia, che avevano grandi esperienze di lotta per l’emancipazione nazionale fin dal 1948 o di rivoluzioni socialiste, come quelle della Cina o del Vietnam, a partire dal Consiglio Ecumenico di Ginevra (WCC) era sorta una «Teologia della rivoluzione», che pero, in realta, era «l’applicazione» della teologia europea, nel suo capitolo di morale sociale, al campo della politica rivoluzionaria. Sergio Arce, a Cuba, fu il primo a iniziare questa corrente. 26 Ricordo l’esigenza di poverta nella mia permanenza a Nazareth (Israele: 1957-1959), con Paul Gauthier. Egli in seguito scrivera il libro profetico Jestis, la Iglesia y los pobres (Casterman, Tournai 1963), dove gia si imposta la questione del «povero» (eravamo senza saperlo nella preistoria della futura teologia della liberazione). Papa Giovanni XXIII parlo per la prima volta della «chiesa dei poveri» grazie al lavoro di Gauthier con il vescovo di Nazareth, mons. Hakim, con quello di Tournai, mons. Hammer, con l’arcivescovo di Bologna, card. Lercaro, e anche con mons. Helder Camara alla fine del concilio. Un movimento per la «poverta» nella Chiesa e per l’opzione a favore dei «poveri» aveva origine a Nazareth fin dal 1959.
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luogo l’esperienza «classista», che ha origine nell’ Azione Cattolica «settoriale»: la Gioventtii Operaia Cattolica (Joc), che comincia a prendere coscienza del suo essere classe proletaria; e la Gioventt Universitaria Cattolica (Juc), o Studentesca (JEc), o il Movimento Studentesco Cristiano protestante (FuMEC). E a partire da questo gruppo di militanti, operai o membri della piccola borghesia (quest’ultima non solo non é negativa, ma si rivelera una classe essenziale nel processo rivoluzionario latinoamericano in generale, come si vedra nel Fsin), che la Chiesa nel suo insieme sperimentera un nuovo tipo di comprensione dell’esistenza cristiana in generale e politica in particolare. E dalla prassi di questi gruppi e dalla loro teoria che emergera la rottura teologica pil. importante della storia latinoamericana dopo il XV secolo. Nel 1967 é apparsa la mia opera Hipdtesis para una historia de la Iglesia en América Latina’, nella consapevolezza che ci si apriva a una nuova epoca.
2. Formulazione della teologia della liberazione (1968-1972) Il 1968 fu un anno di fondazione. In generale si dimentica l’apporto protestante. Rubem Alvez, presbiteriano del Brasile, sostiene nel 1968 a Princeton la sua tesi in teologia che ha Cfr. il capitolo di J. Miguez Bonino sul tema dei «poveri» al concilio Vaticano, in Los pobres (Guadalupe, Buenos Aires 1976, pp. 134-147). Il testo fondamentale era quello di Isaia 61,1 che Gest lesse a Nazareth (Luca 4,18): «Lo Spirito del Signore é sopra di me... e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio...».
27 Estela, Barcelona 1967. Scritta a Mainz e Miinster (dal 1963 al 1964)
nell’Institut fiir europaische Geschichte, studiata con il prof. Josef Lortz, fu la prima interpretazione storica d’insieme e fu inoltre un’interpretazione teologica della storia della Chiesa in America Latina nella linea del concilio
Vaticano II. L’edizione attuale di Griinewald, Die Geschichte der Kirche in
Lateinamerika, (1988), contiene parti di quella prima edizione (pp. 69199). Li dialogavamo con Juan Luis Segundo (p. 195, nota 69), con il quale ci eravamo concosciuti da studenti. Nel 1961 avevamo scritto la nostra prima opera su «Universalismo y misién en los poemas del Siervo de Yahveh», dove si pud gia osservare il senso della missione legata al lavoro e al povero (lo si pud trovare pubblicato pit tardi come appendice di E/ humanismo semita, scritto anch’esso nel 1961 e pubblicato da EUDEBA, Buenos Aires 1969, pp. 127-170). Dal 1968 abbiamo cercato di fondare un organismo per poter scrivere una storia della Chiesa in America Latina. Solo nel 1973 fu fondata la Commissione di Studi di Storia della Chiesa (CEHILA) nell’ Istituto Pastorale di Quito (IPLA), che dipendeva dal Dipartimento di Pastorale del CELAM.
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il titolo Towards a Theology of Liberation, che aveva ideato nel 1967. L’opera sara pubblicata sotto il titolo Theology of Hope* in inglese e in spagnolo Religidn: Opio o instrumento de liberacidn®. Vi si critica in primo luogo la soluzione puramente tecnologista o economicista dei problemi umani in generale, a partire dalla diagnosi di H. Marcuse, specialmente in L’uomo a una dimensione, e collegandosi, attraverso lui, alla scuola di Francoforte, ma anche facendo continuamente ricorso a Paulo Freire, A. Vieira Pinto o Franz Fanon, o a Feuerbach, Marx, Buber, Bloch, Kierkegaard, Heidegger o Nietzsche, e a teologi come H. Cox, G. Ebeling, J. Robinson, D. Bonhoeffer, e in posizione critica rispetto a R. Bultmann, K. Barth o J. Moltmann. In questa stessa tradizione, Richard Shaull si interroga sull’articolazione della speranza escatolo-
gica e la «liberazione dell’uomo»*’.
Inoltre Hugo Assmann
mettera in guardia contro i limiti della teologia «desarrollista», aprendo la strada al suo superamento?!. Nel marzo di quell’anno abbiamo tenuto a Villa Devoto (Buenos Aires) un corso su «Storia della Chiesa e cultura», in cui si indicava l’importanza della cultura preispanica, di quella coloniale e della cultura popolare*.
Quando nell’agosto 1968 si svolse a Medellin la II confe-
renza generale dell’episcopato, in alcuni documenti si manifestava in embrione una nuova teologia. Nel primo, sulla «Giustizia» é detto: «Esistono molti studi sulla situazione dell’uomo latinoamericano. In tutti si descrive la miseria che emargina grandi gruppi
28 Corpus Books, Cleveland 1969. 29 Tierra Nueva, Montevideo 1970.
3° Cfr, «Consideraciones teoldgicas sobre la liberacién del hombre», in IDOC 43 (1968); e «La liberaci6n humana desde una perspectiva teoldégica», in Mensaje 168 (1968) 175-179.
31 Cfr. H. Assmann, «Tareas e limitacdes de uma teologia do desenvol-
vimento», in Vozes 62 (1968) 13-21.
32 Cfr. Cultura latinoamericana e historia de la Iglesia, Facultad de
Teologia (PUCA), Buenos Aires 1968. Ricordo la presenza entusiasta delPallora seminarista Rodriguez Melgarejo e del suo professore, Lucio Gera; questi corsi hanno permesso alla teologia argentina di considerare anche la storia popolare della sua cultura. Entrambi scriveranno, quasi immediatamente dopo il corso menzionato, l’importante articolo: «Apuntes para una interpretacién de la Iglesia argentina», in Vispera 15 (1970) 59-88. Il gruppo di studio costituito poco pit tardi da Aldo Biintig sul «cattolicesimo popolare» continuera in questa tradizione che da priorita al «popolo» come soggetto storico.
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umani
[...]. Per questo, per la nostra vera liberazione, noi uo-
mini abbiamo tutti bisogno di una profonda conversione»’.
Nel documento sulla «Pace», cui partecipava come consulente Gustavo Gutiérrez, si dichiara: «Ci riferiamo qui, in modo particolare, alle conseguenze che portera ai nostri paesi la loro dipendenza da un centro di potere economico, intorno al quale essi gravitano»*. Nello stesso anno appariva La pastoral de la Iglesia en América Latina® di Gustavo Gutiérrez, che non manifesta ancora le linee di fondo che andavano formandosi; in alcune note destinate a una conferenza a Chimbote nel 1964 e che apparira nel 1969° é gia presente il tema della teologia della liberazione. Sulla questione ritornera nel novembre del 1969, in un incontro nella citta di Cartigny (Francia), quando espose alcune «Notes pour une théologie de Ia libération»’’; egli partiva sia dalla critica fatta sul piano sociologico (nel quale Fals Borda, protestante, aveva appena scritto una Sociologia de la liberacién a Bogota) e sia dalla filosofia, che era l’angolatura dalla quale Augusto Salazar Bondy pubblicava la sua opera Cultura de dominacion (1968) a Lima. Poco pit tardi, nel 1969 come opuscolo e in seguito come libretto, appare un lavoro di Hugo Assmann, Teologia de la liberacién. Una evaluacién perspectiva, che deve essere considerata la prima «demarcazione» rispetto alle altre teologie esistenti, cioé la prima chiara definizione epistemologica’®. 33 Los documentos de Medellin. Iglesia y liberacion humana, Nova Ter-
ra, Barcelona 1969, pp. 53-55.
34 Thid., p. 70.
35 MIEC-JEC,
Montevideo 1968. Lo schema (pastorale di cristianita,
crisi della cristianita, pastorale di «nueva cristiandad», pastorale profetica)
ha uno stretto rapporto con l’interpretazione che era stata lanciata nella storia della Chiesa (cfr. la mia Hipdtesis para una Historia de la Iglesia en América Latina, pubblicata l’anno precedente) e questo rivela la fecondazione reciproca della riflessione del momento. Scrivera ancora un articolo di storia «De la Iglesia colonial a Medellin», in Vispera 10 (1970) 3-8. 36 Hacia una teologia de la liberacién, opuscolo pubblicato da MIECJEC, giugno 1969.
37 Appare fra l’altro in «Notes pour une théologie de la libération», in
IDOC 30 (1970) 54-78; in CEP, Lima 1970.
38 Apparira nel 1970 nel Servizio di Documentazione, MIEC-JEC, Doc.
Serie 1, 23-24. Un primo abbozzo fu pubblicato, pit breve, in «La dimension politica de la fe», in Vida pastoral 21 (1970) 16-25; e in Perspectivas de Didlogo 50 (1970) 306-312; e nei suo libro Teologia desde ta praxis de Ia liberacién. Ensayo teoldgico desde la América dependiente, Sigueme, Salamanca 1973, pp. 15-102.
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Assmann inoltre situava la nascente teologia della liberazione rispetto alla teologia tedesca. Fino a quel momento aveva dialogato con la teologia francese??. Nel frattempo si stavano facendo numerosi incontri, assemblee, simposi, corsi sulla teologia della liberazione. Dal 24 al 28 novembre 1969 la Societa Teologica Messicana organizzO un congresso su «Fede e sviluppo», che pubblicd Memoria del primer Congreso Nacional de Teologia: Fe y desarrollo, in due volumi*, nei quali compaiono figure come quella di Luis del Valle, e si concluse che il tema era in realta quello della teologia della liberazione. Vi parteciparono pid di ottocento persone. Tra il 6 e il 7 marzo 1970 ci fu una riunione internazionale su «Liberazione: opzione della Chiesa negli anni Settanta»: anche su di esso si pubblicarono due volumi di atti”. A Buenos Aires, dal 3 al 6 agosto, IsaL convoca venti teologi, pubblicando le loro comunicazioni in Fichas de ISAL (26) e in Cristianismo y Sociedad (23-24). Un secondo incontro di teologia
della liberazione
si tenne
a Bogota,
dal 24 al
26 luglio, e i suoi atti sono pubblicati nel bollettino Teologia de la Liberacidn, diretto da Gustavo Pérez, 1970, Bogota. Dal 16 al 18 ottobre si riunisce nella citta di Juarez (Messico) un seminario di teologia della liberazione i cui lavori rimasero solo ciclostilati#?. A Oruro (Bolivia), dal 2 al 19 dicembre si tenne un corso di pastorale sulla teologia della liberazione. A Buenos Aires, dal 14 al 17 agosto 1971, si tenne un incontro nel quale si metteva in rapporto la teologia con la filosofia della liberazione.
Erano
Dussel, J. C. Scannone,
presenti O. Ardiles,
L. Gera*.
H. Assmann,
E.
Questi esempi di riunioni
39 Questo problema riveste un certo interesse, poiché J. Moltmamnn appare in parte nell’opera di R. Alves, ma J. B. Metz non é citato. Quando Assmann situa la nascente teologia della liberazione rispetto alla teologia politica o alla teologia della speranza tedesche, non lo fa in quanto teologie che si trovano all’origine della nuova teologia latinoamericana ma, al con-
trario, in quanto teologie diverse. La teologia della liberazione nasce dalla realta latinoamericana:
dalla realta ecclesiale,
politica,
rivoluzionaria
e
«scientifica» (delle scienze sociali latinoamericane). L’orizzonte teorico della teologia francese aiutava poco una teologia dal forte profilo, legata ai processi politico-rivoluzionari. La teologia tedesca é presentata per la prima volta di prima mano e globalmente da Hugo Assmann. ecc.
# Ediciones Alianza, México 1970. 4! Gia citato, Bogota 1970; contributi di J. Hernandez, G. Gutiérrez.
#2 Possono essere consultati presso IDOC, Roma. “ Cfr. «Dialéctica de la liberacion Latinoamericana», in Strdémata
(Buenos Aires) 1-2 (1971) e in seguito un’opera collettiva Hacia una filosoJia de la liberacidn latinoamericana, Bonum, Buenos Aires 1973.
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vengono fatti solo per indicare che la teologia delia liberazione é un movimento «ecclesiale», frutto di un crocevia della Chiesa come totalita e di una «generazione» di teologi. Diversamente dall’Europa e dagli Stati Uniti, scriveva Rosino Gibellini dall’Italia quando vide i quasi tremila partecipanti a un corso di teologia che organizzammo a Citta del Messico a proposito del I incontro di teologi della liberazione nel 1975: «L’europeo che legga qualche testo di teologia della liberazione intende concettualmente le istanze della teologia della liberazione, ma non si rende conto del fatto che é un movimento ecclesiale». E stata importante anche la riunione di biblisti sul tema «Esodo e liberazione» tenuta a Buenos Aires nel luglio del 19705. Lo stesso segretario generale del CELAM, mons. Eduardo Pironio, scrisse un testo sulla «teologia della liberazione» per l’incontro del Dipartimento di Educazione, che si svolse dal 27 agosto al 2 novembre 1970*. Per questo, quando nel 1971 (deve averla scritta tra la fine del 1970 e l’inizio del 1971, dato che ci sono poche citazioni del 1971 e solo negli ultimi capitoli) venne pubblicata a Lima Vopera di Gustavo Gutiérrez sulla teologia della liberazione*’, essa rappresento la fine dell’epoca costitutiva della nuova teologia latinoamericana. L’autore mostra come questa teologia non sia l’opera di alcune persone, ma sia la meditata conseguenza di una «opzione della Chiesa latinoamericana»*: é la teologia di una esperienza ecclesiale (in modo particolare dal
44 In Cristus (Messico) 479 (1975) 9.
45 A questo incontro é stato dedicato il numero del 1970 della Revista Biblica. Cfr. anche H. Bojorge, «Exodo y liberacién», in Vispera 19-20 (1970) 33-37; P. Negre, «Biblia y liberacién», in Cristianismo y sociedad 24-25 (1970) 69-80; J. Miguez Bonino, «Teologia y Liberacién», in Actualidad Pastoral (Buenos Aires) 8 (1970) 83 ss.; J. de Santa Ana, «Notas para una ética de la liberacién», in Cristianismo y Sociedad 23-24 (1970) 43-60. Pubblicato in Teologia (Villa Devoto, Buenos Aires) 8 (1970) 7-28. Dello stesso autore cfr. anche «Teologia de la liberacién», in Criterio, Bue-
nos Aires 1970, pp. 1607-1608. Cfr. inoltre di H. Borrat, «Para una teologia de la vanguardia», in Vispera 17 (1970) 26-31; e pili tardi «Hacia una teologia de la liberacion», in Marchar (Montevideo) (1971) 1-15.
47 Teologia de la liberacion, prima edizione in CEP, Lima, 1971 (tr. it.
Queriniana, Brescia, 1981‘). Ne @ apparsa una nuova edizione in inglese, modificata: A Theology of Liberation, Orbis Books, New York 1988, in cui ci sono parecchie varianti e una nuova introduzione (pp. XVII-XLVD. L’ultima edizione con ampi ritocchi, note e aggiunte é del 1990. 48 Capitolo III, quello centrale nell’opera (pp. 111-183).
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1968) di portata continentale, a differenza delle correnti teologiche che dipendono da un fondatore. Nel frattempo Juan Luis Segundo aveva continuato a produrre. La sua Teologta abierta para el laico adulto* costituira la prima grande opera teologica caratterizzata da una visione d’insieme. Ma nel 1970, in De la sociedad a la teologia®, Segundo studia gia il passaggio da una teologia alla societa nel suo insieme e comincia a elaborare una teologia dell’ideologia che l’occupera molto di pit nel futuro. Penso che questa tappa di costituzione culmini con I’incontro dell’Escorial, avvenuto in Spagna nella celebre localita che porta questo nome, nel luglio del 1972. Il numero della rivista Concilium®' apparso nel 1974 é stato organizzato all’Escorial e pud essere considerato un frutto di quell’incontro. 3. La conflittualita e l’esilio (1972-1979) In questo periodo, dopo I’assemblea del (1972), appaiono le prime critiche contro la berazione, come per esempio le conclusioni Bogota del novembre 1973*? e di Toledo del
CELAM a Sucre teologia della lidell’incontro di 1974*?. Nel set-
4 Lohlé, voll. I-V, Buenos Aires 1969-1971. E certo che parte ancora
dalla tradizione della teologia rinnovata e progressista del postconcilio, ma non é ancora teologia della liberazione. Molto importante é la sua traduzio-
ne inglese in Orbis Books, New York. Cfr. inoltre De la sociedad a la teologia, Lohlé, Buenos Aires 1973; Liberacidn de la teologia, Lohlé, Buenos
Aires 1975; Masas y minortas en la dialéctica divina de la liberacidn, La Aurora, Buenos Aires 1973.
50 Lohlé, Buenos Aires 1970. 5! La rivista Concilium ha dedicato il n. 6 del 1974 alla teologia della li-
berazione latinoamericana. Vi hanno collaborato J. L. Segundo, G. Gutiérrez, L. Boff, E. Dussel, S. Galilea, J. Comblin e altri partecipanti all’incontro di El Escorial, dove si é impostato il numero. 52 | risultati sono pubblicati in Liberacién: Didlogos en el CELAM, CELAM, Bogota 1974, dove spicca l’articolo di B. Kioppenburg, «Las tentaciones de la teologia de la liberacién» (pp. 401-515), in cui si possono leggere tutti gli argomenti dell’epoca contro la teologia della liberazione. Cosi Jorge Mejia, in «La liberacién, aspectos biblicos», obietta a partire dagli studi esegetici (pp. 271-307); o mons. Lopez Trujillo, in «Las teologias de la liberacion en América Latina» (pp. 27-67), distingue tra le teologie della liberazione «buone» e quelle «cattive».
53 Pubblicate sotto il titolo di Teologra de Ia liberacidn. Conversaciones
en Toledo, Burgos 1974, con la partecipazione, fra gli altri, di Jiménez Urresti, Yves Congar, Lépez Trujillo. Qui si parla di «tanti autori, altrettante teologie», «liberazione integrale dell’uomo e universale di tutti gli uomini» (pp. 295 ss.). Non si osserva la conflittualita esistente in una situazione di
684
Enrique Dussel
tembre del 1975 si organizza ancora un altro incontro critico™, Roger Vekemans pubblica la sua opera Teologia de Ia liberacién y cristianos por el socialismo®. Argomenti dello stesso tipo verranno usati nella «Istruzione» del 1984 della Congregazione per la Dottrina della Fede. Intanto alcuni teologi subiscono l’esilio (dal Brasile devono partire J. Comblin e H. Assmann e pit tardi tutti e due dovranno partire dal Cile, da dove saranno esiliati anche G. Arroyo, F. Hinkelammert e molti altri; Dussel dall’Argentiha, ecc.) perseguitati dai regimi militari (e spesso con la complicita di certi membri della Chiesa). Appaiono nuove figure teologiche: Ignacio Ellacuria e Jon Sobrino in El Salvador**, Luis de Valle in Messico*’, Virgilio Elizondo tra i chicanos degli Stati Uniti**, Raul Vidales, messicano che all’inizio lavorava a Lima®, Alejandro Cussianovich che lavorava in Pepeccato:
dominio
di una nazione
sull’altra,
di una classe sull’altra, ecc.
«L’universalismo» nasconde le contraddizioni. * 54 Conflicto social en América Latina y compromiso cristiano, CELAM, Bogota 1975. Incontro tenuto a Lima con l’esclusione di tutti i teologi della liberazione. Sul nuovo orientamento del CELAM, F. Houtart pubblicava «Le Conseil Episcopal d’Amérique Latine accentue son changement», in Informations Catholiques Internationales 481 (1975) 10-24.
5 Op. cit. (cfr. nota 1). 56 Del primo, «Posibilidad, necesidad y sentido de una teologia latino-
americana», in Christus 471 (1975) 12-16; 472 (1975) 17-23. Pit tardi Free-
dom Made Flesh, Orbis Books, New York 1976. Su Sobrino ci soffermeremo pit avanti.
>? Autore di diversi articoli nella rivista Christus (Messico); teologo del
movimento di «sacerdoti per il popolo» (chiamato pid tardi «chiesa solidale»). Inoltre, «Hacia una perspectiva teolégica a partir de acontecimientos», in Liberacidn y Cautiverio, pp. 103-127. °8 Specialista in teologia del mondo chicano. La sua opera principale é stata Galilean Journey. The Mexican-American Promise, Orbis Books, New York 1983. Fu per molti anni direttore del Mexican American Cultural Centre (MACC) di San Antonio (Texas), e animatore teologico della gente di lingua spagnola in USA. A. Guerrero ha pubblicato A Chicano Theology, Orbis Books, New York 1987. >? La sua tesi in IPLA, La Iglesia latinoamericana y la politica después de Medellin, IPLA, Quito 1972. Numerosi articoli nelle riviste Servir, Christus e Contacto (Messico). Anche «Evangelizacion y liberacién popular», in Liberacion y Cautiverio, pp. 209-234, in cui si esprime chiaramente: «Se intendiamo cosi popolo, possiamo parlare allora delle masse popolari nel loro senso pil rivoluzionario e tenendo conto della loro complessita interna, poiché nelle masse stanno non solo i gruppi che chiamiamo propriamente classi sociali [...] (operai, contadini), ma anche tutti quei settori che sono relegati in situazioni di emarginazione socic-economica, politica e culturale» ([bid., p. 223).
685
Storia della teologia in America Latina
ra, Rafael Avila che lavorava in Colombia", Rolando Mufioz che lavorava in Cile, con la sua opera Nueva Conciencia de la Iglesia en América Latina®, ecc. Allo stesso tempo i martiri suggellano con la loro vita cid che la teologia esplicitera pit tardi in modo teorico. Antonio Pereira Neto, assassinato in Brasile nel 1969, Héctor Gallegos, scomparso in Panama nel 1972, Carlos Mujica, crivellato di colpi in Argentina nel 1974, Ivan Betancourt, morto in Honduras nel 1975, fino a Rutilio Grande e mons. Oscar Romero, martiri di El Salvador e simboli di un’epoca®, La teologia latinoamericana si apre al mondo periferico™ e cosi comincia a dialogare in modo diretto, senza intermediari del «centro». Il primo incontro si svolse a Dar-Es-Salaam (Tanzania), dal 5 al 12 agosto 1976. In ventidue teologi, provenienti da Asia, Africa e America Latina e dalle minoranze degli Stati Uniti, iniziammo un dialogo teologico del Terzo Mondo. Ii secondo incontro si svolse ad Accra (Ghana) dal 17 al 23 dicembre 1977. Il terzo a Wennappuwa
6 Cfr, Nos ha liberado, Sigueme, Salamanca 1973, opera destinata ai gruppi di base per insegnare a pensare secondo la tradizione della JOC, della teologia della liberazione, col metodo del vedere — giudicare — operare. Anche Desde los pobres de la tierra, Sigueme, Salamanca 1977. 61 Teologo laico colombiano, specializzato in catechesi e nella tematica eucaristica. Per esempio,
Biblia y liberacién, Ediciones Paulinas, Bo-
gota 1973; Implicaciones socio-politicas de la Eucaristia, Policrom, Bogota
1977; Teologia
y politica,
Presencia,
Bogota
1977,
con
intuizioni
molto creative. 62 Ediciones Nueva Universidad 1973, autentico vademecum ecclesiologico latinoamericano; un classico in materia.
6 Nel 1975 appare gia un martirologio in Scarboro Missions, Ontario,
giugno 1975. Pit tardi J. Marins pubblichera El martirio in América Latina, Misiones Culturales, México 1982, in cui espone la necessita di una pastorale di accompagnamento dei torturati, dei carcerati, delle famiglie degli scomparsi, come nel cristianesimo primitivo: tempo di persecuzione e di martirio. Altro martirologio latinoamericano é quello pubblicato dalIstituto Storico Centroamericano, I/ sangue dei giusti. Memoria di martirio in America Latina, Cittadella, Assisi 1983. 64 Le pubblicazioni di questi incontri sono state: The Emergent Gospel, Orbis Books, New York 1976; African Theology in Route, Orbis Books, New York 1979; Asia’s Struggle for Full Humanity, Orbis Books, New York 1980. Nel 1980 ci fu il quarto incontro a Sao Paulo (The Challenge of Basic Christian Communities, Orbis Books, New York 1981, il quinto a Nuova Delhi nel 1981 e, infine, a Ginevra nel gennaio del 1983, sul dialogo tra teologi della periferia e del centro.
686
Enrique Dussel
(Sri Lanka) nel gennaio del 1979. Questi incontri hanno certamente aperto nuovi canali alla teologia, non solo lati-
noamericana,
ma
anche
dell’Africa
e dell’Asia,
come
pure
delle minoranze nere e ispaniche degli Stati Uniti; si produsse cosi la «mondializzazione» di una teologia la cui riflessione partiva dalla prassi dei cristiani oppressi del mondo attuale. Da questo momento dunque le teologie dell’Asia, dell’ Africa e dell’ America Latina (e delle minoranze degli Stati Uniti) entrano in una tappa di reciproca fecondazione. Si fanno grandi passi avanti in Cristologia®: il Gest Cristo liberatore di Leonardo Boff® costituisce la prima opera sulPargomento. La Cristologia desde América Latina di Jon Sobrino® affronta non tanto la questione «Cristo —ragione» (prima presentazione), ma «Cristo — prassi trasformativa» (seconda presentazione: il marxismo), cioé una cristologia di liberazione. Benché sia passato del tempo, El hombre de hoy ante de Jestis de Nazaret di Juan Luis Segundo é la cristologia pil avanzata fino a oggi®, anche se l’autore spiega: «Il tentativo che facciamo in questo volume potrebbe definirsi meglio come anti-cristologia che come un/’altra cristologia. Neppure lo definiremmo come /a cristologia sulla linea della teologia della liberazione latinoamericana»”. 6 J, Ramos Regidor, op. cit., pp. 268-353, (buona bibliografia che non
ripeteremo qui). 6 Cfr. diH. Assmann, «La actuacién histérica del poder de Cristo. Notas sobre el discernimiento de las contradicciones cristolégicas», in R. Gibellini, La nueva frontera de la teologia en América Latina, Sigueme, Salamanca 1977, p. 135 (era apparso in precedenza in un numero di Cristianismo y Sociedad 43-44 [1975], dedicato alla cristologia) (orig. it. Queriniana, Brescia 1975). «La prospettiva — aggiunge Assmann — del prossimo futuro in America Latina fa prevedere che continueranno a esserci Cristi dalle due parti: quello dei rivoluzionari e quello dei reazionari» (Ibid).
°? Jesucristo Liberador, Vozes, Petropolis 1972 (tr. it.: Cittadella, Assi-
si 19904). Inoltre E/ evangelio del Cristo cdsmico, Vozes, Petrépolis 1970; A resurrei¢ao de Cristo, Vozes, Petropolis 1972; «Salvezza in Gest Cristo e processo di liberazione», in Concilium 6 (giugno 1974) 98-113; e in modo molto speciale «Pasidn de Cristo y sufrimiento humano», in Jesucristo y la liberacién del hombre, Cristiandad, Madrid 1981, pp. 283-443, ecc.
6 CRT, México, 2a ed. riveduta e aumentata, 1977.
69 Cristiandad, lio nella sua stessa volume é in realta Marx, a partire americana.
Madrid, voll. I-III, 1982, frutto del lungo silenzio d’esipatria impostogli dalla dittatura militare uruguaiana. II! un’ opera indipendente, che sostanzialmente si riferisce a da Lukacs e Althusser; sempre in chiave latino-
7 Op. cit., vol. II, p. 29: E interessante che Segundo dialoghi con le al-
tre cristologie latinoamericane (ved. J. Comblin,
Jesus de Nazareth,
Vo-
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Storia della teologia in America Latina
Anche in ecclesiologia’', la caratteristica della teologia della liberazione é quella di non essere ecclesiocentrica. Dopo 1’esperienza delle comunita ecclesiali di base, le opere di Leonardo Boff? avranno un’enorme ripercussione. In modo particolare Chiesa: carisma e potere”, quando tratta delle «Patologie del cattolicesimo romano»”. Il movimento contemplativo che genera il processo di liberazione emerge come una nuova «spiritualita». Arturo Paoli fu uno degli iniziatori con il suo Didlogos de la liberacidn” a partire dal suo lontano arrivo in America Latina nel 1959. Ernesto Cardenal, trappista nella comunita di Thomas Merton, é il creatore di un nuovo stile di vita monastica a Solentiname, e di impegno sociale, specialmente a partire dal suo coinvolgimento rivoluzionario, espresso tanto nei suoi Salmi” come in
La santidad de la revolucién”
— poiché la santita non é solo
cristiana, ma é di coloro che per amore danno la vita per i loro fratelli. Allo stesso modo, tra il 1969 e il 1971, Frei Betto scrive, dal Brasile sotto la dittatura militare, Lettere dalla prigione®®, Jon Sobrino, da El Salvador che vive i dolori agonici del zes, Petropolis 1971; B. Ferraco, A significacéo politica e teoldgica da morte de Jesus, Vozes, Petropolis 1977; J. Ellacuria, «The Political Character of Jesus’s Mission,» in Freedom Made Flesh, Orbis Books, New York 1976, pp. 23-86).
71 J, Ramos Regidor, op. cit., pp. 354-511 (con buona bibliografia).
? Eclesiogénese, Vozes, Petropolis 1977 (tr. it.: Ecclesiogenesi, Borla,
Roma 19867); con Cl. Boff, Comunidade eclesial, Comunidade politica, Vozes, Petrépolis, 1978; cfr. il mio articolo in Concilium 4 (1975) 76-89.
B Iglesia, carisma y poder, Vozes, Petrépolis 1981 (tr. it. Borla, Roma
1984). "4 Ibid., pp. 138 ss.
75 A. Paoli, Didlogos de ia liberacion, Lohlé, Buenos Aires 1970; La Igle-
sia que nace entre nosotros, Indo-American Press, Bogota 1970; Elevange-
lio politico de San Lucas, Lohlé, Buenos Aires 1973; Pan y vino, Tierra (del exilio ala comunion), Coleccién Alcance, Bilbao 1980; ecc.
76 Lohlé, Buenos Aires 1969: «Beato l’uomo che non segue le consegne del partito/ non assiste ai suoi incontri/ e non si siede a tavola con i gangsters/ [...] (p. 9); trad. it. Cittadella, Assisi. Magnifica poesia nicaraguense, latinoamericana, mondiale. Il pit. grande poeta latinoamericano vivente, dopo la morte di Neruda. La sua ultima opera, La cantata cosmica (1990) € un poema unico nel suo genere nella storia della poesia latinoamericana. 77 Sigueme, Salamanca 1976: «Credo sia importante che ci siano anche persone che ricordano all’umanita che la rivoluzione continua anche dopo la morte [...]. Ma la rivoluzione c’é perché l’umanita si maturi e realizzi poi jenozze con Dio» (pp. 21-22).
78 Das Catacumbas. Cartas de prisao, Civilizacao Brasileira, Rio 1978
(tr. it. EMI, Bologna 1989), commoventi testimonianze di un’ America Lati-
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Enrique Dussel
parto, riflette sulla preghiera cristiana, personale e comunitaria”. Lo stesso Gustavo Gutiérrez si sofferma sull’argomen-
to®. Per lui, l’antologia di Eduardo Bonnin®!, o l’opera di
Robert McAffee Brown apparsa negli Stati Uniti®?, mostrano gia le ricchezze della nuova spiritualita latinoamericana di liberazione.
4. La teologia della liberazione
di fronte alla rivoluzione centroamericana e al modello brasiliano (1979-1984)
La III Conferenza di Puebla e la rivoluzione sandinista segnano una nuova epoca. A partire da questi avvenimenti due linee di fondo andranno divaricandosi negli anni successivi. Da una parte, coloro che nella Chiesa si legano sempre di pit alle élites dominanti (militari o borghesia nazionale o transnazionale, fedeli alla politica del Dipartimento di Stato nordamericano,
ecc.) e dall’altra coloro che, seguendo una tradizio-
ne diversa, continuano |’impegno con i poveri portato avanti fin dal tempo del concilio Vaticano II. Dobbiamo risalire almeno fino al 1976 per vedere apparire in diversi punti dell’ America Latina e dell’Europa una stessa na che prega in mezzo alla tortura e alla morte, come nei primi secoli del cristianesimo.
” La oracidn de Jesus y del cristiano, Ed. Paulinas, Bogota 1979. Cfr.
anche Spirituality of Liberation. Toward Political Holiness, Orbis Books, New York 1985.
80 Nella sua opera La fuerza histdrica de los pobres (CEP, Lima 1979;
tr. it. La forza storica dei poveri, Queriniana, Brescia 1984) inizia a trattare questo tema, ma é in Beber en su proprio pozo. Enel itinerario espiritual de un pueblo (CEP), Lima 1983 (tr. it. Bere al proprio pozzo, Queriniana, Brescia 1984) e in Hablar de Dios desde el sufrimiento del inocente. Una reflexion sobre el libro de Job (CEP, Lima 1986; tr. it. Parlare di Dio. A par-
tire dalla sofferenza dell’innocente. Una riflessione sul libro di Giobbe, Queriniana, Brescia 1986) che la «spiritualita» viene trattata in modo coerente con la prassi di un popolo sofferente, ma pieno di speranza. Su Giobbe cfr. J. Pixley, E/ libro de Job. Comentario biblico latinoamericano, Seminario biblico, San José 1982. 81 Espiritualidad y liberacién en América Latina, DEI, San José 1982, con contributi di V. Araya, Frei Betto, L. Boff, P. Casaldaliga, S. Galilea, G. Gorgulho, J. Hernandez Pico, C. Maccise, E. Pironio, O. Ramirez, P.
Richard, J. Sobrino (mancano A. Paoli, R. Alves, ecc.). Anche A Cruz. Teologia e spiritualidade, di vari autori (C. Broneto, M. Perdia, ecc.), Ed. Paulinas, Sao Paulo 1983.
82 Spirituality and Liberation, Westminster Press, Philadelphia 1988.
Storia della teologia in America Latina
689
posizione. Roger Vekemans pubblica il suo libro Teologia de la liberacidn y cristianos por el socialismo® nel 1976, l’unico libro fino al giorno d’oggi che si occupi tanto ampiamente in modo critico della teologia della liberazione. In Germania, con Vaiuto di «Adveniat», si organizza un «Gruppo di studio Chiesa e Liberazione» che si riunisce dal 2 al 7 marzo 1976 a Roma (con la presenza di A. Lopez Trujillo, R. Vekemans, P. Bigd, insieme a Mons. Hengsbach, vescovo di Adveniat e poco dopo «ordinario» dell’esercito tedesco, Weber, Cottier, ecc.) a discutere su «Speranza cristiana e prassi sociale»*™, Ci furono nella stessa linea opere come quelle di Bonaventura Kloppenburg, Iglesia Popular, in cui si arriva a dire che «la chiesa popolare é una nuova setta»®, e altre apparse su riviste quali Medellin, Tierra Nueva, ecc. Nell’ottobre di quell’anno la Commissione Teologica Internazionale a Roma da un parere sulla teologia della liberazione (il primo del genere cui fara seguito la «Istruzione» del 1984). Il testo é misurato e in realta non condanna concretamente quella teologia e nessuno dei grandi teologi latinoamericani; in effetti tutte le osservazioni erano gia state enunciate dagli stessi teologi della liberazione. L’opera di Franz Hinkelammert, che collega l’esperienza della
persecuzione
in Cile
alla
rivoluzione
sandinista,
ha un
rilievo particolare. Las armas ideoldgicas de la muerte. El discernimiento de los fetiches**, preceduta, pochi mesi prima, da un altro libro che rifletteva teologicamente sull’esperienza
83 Cedial, Bogota 1976.
84 «Studienkreis Kirche und Befreiung», che pubblica Kirche und Befreiung, Pattloch, Aschaffenburg 1975, Atti di un incontro svoltosi dal 12 al 13 ottobre 1973; Kirche in Chile, ivi 1976 (a cura di Hengsback, Lépez Trujillo, Bossle, Rauscher, Weber); Id., Utopie der Befreiung; Christlicher Glaube und gesellschaftliche Praxis, ivi 1978. In una linea pit accademica K. Lehmann, Theologie der Befreiung, Johannes, Einsiedeln 1977, in cui appare il parere della Commissione Teologica Internazionale romana (in edizione spagnola in Teologia de la liberacién, BAC, Madrid 1978). Urs von Balthasar arriva a scrivere: «In realta, le situazioni potranno essere ingiuste, ma in se stesse non sono peccaminose; peccatori saranno colo-
ro che hanno la colpa di queste situazioni e le consentono quando potrebbero eliminarle o migliorarle» (ed. spagn. p. 179). Il teologo tedesco ha una concezione individualista, coscienzialista e ingenua del peccato. Non avverte il senso del «peccato istituzionale» (cfr. la mia opera Ethik der Gemeinschaft, Patmos, Diisseldorf 1988, pp. 29 ss., specialmente pp. 33 ss.).
85 Rd. Paulinas, Bogota 1977, p. 63. 86 EDUCA-DEI, San José 1977.
690
Enrique Dussel
della repressione in Cile: Ideologia del sometimiento*’, apre la riflessione sul rapporto tra economia e teologia: «La valorizzazione della vita reale é sempre stata il punto di partenza delle ideologie degli oppressi, in contrasto con l’assolutizzazione dei valori della dominazione»*, Il 17 novembre 1979 i vescovi del Nicaragua dichiarano: «Se socialismo significa preminenza degli interessi della maggioranza dei nicaraguensi [...], um progetto sociale che garantisca la destinazione comune dei beni [...], non c’é nulla nel cristiano che implichi contraddizione con questo progetto», La Chiesa dunque appoggia il progetto rivoluzionario. Tuttavia, 1’8 maggio 1980, viene organizzato un seminario di vescovi centroamericani sotto la direzione del CELAM. Da allora in avanti tutto cambia. Nel 1981, nel 90° anniversario della Rerum Novarum, Venciclica Laborem Exercens da motivo a molte riflessioni teologiche. Dal Centroamerica il libricino Sobre el trabajo humano™, mostra che nell’enciclica si usa una nuova cornice teorica di categorie: concetti come «classe» (Laborem Exercens, n. 2), «lavoro in senso oggettivo» (n. 5), «in senso soggettivo» (n. 6), «priorita del lavoro nei confronti del capitale» (n. 12), «capacita di lavoro» (n. 12) ecc. rivelano l’in-
fluenza del pensiero marxista”!. L’opera di Otto Maduro, Re-
ligidn y lucha de clase acquistera un rilievo particolare. Nel frattempo erano stati fatti passi avanti su nuovi fronti. In primo luogo, la questione della teologia della donna: la donna come soggetto storico e teologico. Nel seminario su «La donna latinoamericana, la prassi e la teologia della liberazione» a Tepeyac (Messico), dall’1 al 5 ottobre 1979, Elsa Tamez si rivela un’iniziatrice in questo campo con il suo articolo «La mujer como sujeto en la produccién teoldgica»®.
8? BDUCA-DEI, San José 1977.
88 7 as armas ideoldgicas de la muerte, p. 240. 89 Cfr. il mio articolo «La Iglesia en Nicaragua (1979-1983)», in Histo-
ria de la Iglesia en América Latina, 1983, pp. 429-447. ® Gruppo DEI, San José 1982, pubblicato anche in Pert, dal CEP 1982.
9»! Nella nostra opera Etica comunitaria (Cittadella Ed., Assisi 1988) abbiamo potuto prescindere da Marx, e solo con l’aiuto dell’enciclica
Laborem Exercens abbiamo esposto la stessa dottrina.
92 Bl Ateneo, Caracas 1979. %3
Conclusione
personale
dell’incontro
menzionato
prima;
articolo
pubblicato in Mujer latinoamericana, Iglesia y Teologia, Ed. MPD, Méxi-
EES
nnn nnn nnn nna ee eee I
Storia della teologia in America Latina
691
Su un altro fronte la teologia comincia a scoprire il razzismo, in modo particolare quello contro la popolazione afroamericana. Nel dicembre del 1979 ci fu il primo incontro sull’argomento a Kingston (Giamaica)™*. Nei Caraibi (in modo particolare con Laennec Hurbon a Haiti) e in Brasile (con José Oscar Beozzo), il tema si é trasformato in un nuovo fruttuoso capitolo della teologia della liberazione®. Armando Lampe, da Aruba, scrive, nella consulta di EATwot su «Cultura negra e teologia en América Latina» (dal 6 all’8 dicembre 1984): «La teologia afroantillana della liberazione avra le fonti seguenti: la Bibbia, la tradizione cristiana, l’attuale processo di oppressione-liberazione e le tradizioni religiose afroamericane e non-occidentali (come l’induismo). Quest’ultima fonte é quella che distingue la teologia antillana dalla teologia latinoamericana della liberazione»™. Altro nuovo tema centrale é la questione indigena. L’etnicita, la nazione ancestrale amerindia, fu il primo tema di un incontro a Chiapas, dal 3 all’8 settembre 1979: «Movimento indigeno e teologia della liberazione». In questo seminario, cui parteciparono indigeni di dodici paesi latinoamericani, si manifesto la capacita teologica degli abitanti autoctoni del
continente™”,
co 1980; inoltre «La fuerza del desnudo», in E/ rostro femenino de la teolo-
gia, Ed. Sebila, San José 1986; e, soprattutto, Tedlogos de la liberacidn hablan sobre la mujer, DEI, San José, 1986. Inoltre, fra i teologi, le opere di L. Boff, O rostro materno de Deus, Vozes, Petropolis 1979 (tr. it. I] volto
materno di Dio, Queriniana, Brescia 1981); E. Dussel, La erdtica latinoamericana, USTA,
Bogota
1980 (si tratta del III volume di Para una ética
latinoamericana de la liberacidén, Edicol, México 1977; ripubblicato da La Aurora, Buenos Aires 1987). 4 Cfr. Como enfrentar el racismo en la década del 80?, CELADECCMI, Lima-Ginevra 1980; cfr. il mio articolo «Racismo, América Latina negra y teologia de la liberacién», in Servir 86 (1980) 163-210.
55 Vedi fra l’altro le conclusioni dell’incontro a Trinidad Tobago di CE-
HILA (cfr. La esclavitud negra y la historia de la iglesia en América Latina,
Ed. Paulinas, SAo Paulo, 1987).
% Cultura negra y teologia, DEI, San José 1986. Tra i partecipanti L.
Hurbon, A. Lampe, J. O. Beozzo, ecc.
” Un esempio paradigmatico é quello di A. Wagua «Erfahrungen im
Dialog zwischen dem Christentum und der einheimischen Religion der Kuna,» in J. B. Metze P. Rottlander, Lateinamerika und Europa. Dialog der Theologen, Kaiser-Griinewald, Miinchen-Mainz 1988, pp, 135-145. In
questo volume vi sono contributi di L. Boff, G. Gutiérrez, J. C. Scannone, E. Dussel, R. de Almeida Cunha, ecc. Si tratta di un incontro teologico tenuto a Miinster nel novembre del 1987.
692
Enrique Dussel
In Nicaragua il processo rivoluzionario esigera un chiarimento teologico della fede. L’ideologia sandinista non é una pura ripetizione di qualcosa gia conosciuto®. Dal cambiamento di politica della Chiesa gerarchica, indotta per alcuni da Roma e dal CeLaM, deriva una mancanza di dialogo tra la rivoluzione e i vescovi®. Tra il 24 e il 28 settembre 1979, pochi mesi dopo il trionfo della rivoluzione, ci fu un seminario su «Fede cristiana e rivoluzione sandinista in Nicaragua», in cui la situazione comincié a essere definita teologicamente. Un’opera come Nicaragua: trinchera teoldgica™, é una fra le tante pubblicate in questi ultimi anni. Secondo noi, |’opera fondamentale fino a questo momento é quella scritta da Giulio Girardi: Sandinismo, marxismo, cristianesimo nel nuovo Nicaragua’,
5. Dopo P’«Istruzione» del 1984 L’«Istruzione su alcuni aspetti della teologia della liberazione», firmata il 6 agosto e pubblicata il 3 settembre 1984, fece involontariamente conoscere la teologia latinoamericana a tutto il mondo. I teologi di Concilium con la firma di Yves Congar fecero presente ’inopportunita di quel documento’. Poco pit tardi Karl Rahner scrivera al cardinale di Lima: «La teologia della liberazione é del tutto ortodossa. E cosciente del suo significato limitato all’interno della globalita della teologia cattolica. Inoltre ha la consapevolezza — e con ragione — che la voce dei poveri deve essere ascoltata dalla teologia nel contesto della Chiesa latinoamericana»'!™. Venne pubblicata dunque |’«Istruzione» e Leonardo Boff fu chiamato a Roma per rispondere ad alcune domande da%8 D. C. Hodges, Intellectual Foundations of the Nicaraguan Revolu-
tion, University of Texas Press, Austin 1986. ° Cfr. A. M. Ezcurra, Agresién ideoldgica contra la revolucidn sandinista, Nuevomar, México 1983.
10 Con ta partecipazione, fra gli altri, di J. Wheelock, J. Hernandez
Apico, A. Arguello, R. Gomez Treto, S. Arce (i due ultimi di Cuba), P. Richard, ecc., Fe cristiana y revolucidn sandinista en Nicaragua, IHC, Managua 1980.
101 Con la partecipazione, fra gli altri, di P. Casaldaliga, M. D’Escoto,
F. Cardenal, U. Molina, M. Lopez Vigil, G. Girardi, J. Gorostiaga, F. Hinkelammert, J. Arguello, E. Cardenal, ecc. (Centro Ecuménico Antonio
Valdivieso, Managua 1987).
102 Nuevomar, México-Managua 1986; Borla, Roma 1986. 103 Cfr, it documento in C. De Lella, Cristianismo y liberacion, p. 255. 104 Thid., pp. 254 ss.
Storia della teologia in America Latina
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vanti alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Per la prima volta la stampa mondiale si occupd della contestazione della teologia della liberazione. I] Santo Uffizio affrontava per la prima volta «l’opinione pubblica» e perdeva la battaglia. L’«Istruzione», paradossalmente, mostra argomentazioni troppo deboli. Percid Juan Luis Segundo, l’unico che ha avuto la pazienza di studiare a fondo la questione, conclude: «Secondo me, e dopo l’analisi pit accurata di cui sono capace, il documento da essa [la Congregazione per la Dottrina della Fede] pubblicato non ha ancora presentato la prova che la teologia della liberazione, nelle sue linee pid sostanziali e fondamentali conosciute universalmente, sia una “grave deviazione della fede cristiana” e, ancor meno, “una negazione pratica della stessa” [...}»!9. La nuova «Istruzione» del 1986 e la lettera di papa Giovanni Paolo II all’episcopato brasiliano del 9 aprile dello stesso anno, in cui si scrive che «la teologia della liberazione non é solo opportuna, ma utile e necessaria», ha significato un momento nuovo in questa teologia cristiana legata alla prassi popolare. A quel punto i teologi della liberazione cominciavano a redigere l’opera complessiva «Teologia e liberazione», progettata in cinquanta volumi (editi in Italia da Cittadella, Assisi; sono gia usciti 18 volumi). Negli ultimi anni sono apparsi, tra gli altri, i seguenti volumi: di Jorge Pixley e Clodovis Boff, Opzione per i poveri; di Eduardo Hoornaert, La memoria del popolo cristiano; di Rolando Mufioz, I/ Dio dei cristiani; di Leonardo Boff, Trinitd e societa; di José Comblin, Spirito Santo e liberazione; di Enrique Dussel, Etica comunitaria; di Yvonne Gebara y M. Bingemer, Maria, Madre di Dio e Madre dei poveri; di J. de Santa Ana, Ecumenismo e liberazione. Riflessioni sulla relazione tra unita cristiana e regno di Dio; di Marcelo Barros e José L. Caravias, Teologia de la tierra e molti altri. Questa opera complessiva presenta una visione d’insieme dei problemi teologici latinoamericani. Dal novembre del 1989 c’é una nuova sfida: la crisi del socialismo reale, tanto nell’Europa dell’Est quanto nella stessa Unione Sovietica. Alcuni teologi, come J. Tischner in Polo5 Teologia de la liberacién. Respuesta al Cardenal Ratzinger, Edicio-
nes Cristiandad, Madrid 1985, p. 95. Il teologo conclude che la teologia soggiacente all’«Istruzione» contraddice la teologia del concilio Vaticano II, ossia «non c’é una continuita visibile tra espressioni diverse del Magistero ordinario» (Ibid., p. 94). E un libro valido e necessario.
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nia, hanno creduto che la crisi del socialismo, e del marxismo come teoria, sarebbe stata anche Ia crisi della teologia della liberazione. Tuttavia, e questo si vedra chiaramente nei prossimi decenni, la teologia della liberazione non dipende dal marxismo come suo maggiore ispiratore. Ha, al contrario, la capacita di rivitalizzarlo, se fosse necessario, in vista del progetto storico di liberazione dei poveri e dal punto di vista degli oppressi nel continente latinoamericano'™, Infine, di fronte al gigantesco processo di «impoverimento» dell’America Latina, in un modello di capitalismo periferico recessivo (previsto dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale) la teologia dovra rimanere fedele alla sua capacita di esprimere il grido degli oppressi. E un compito non aggirabile ed é una responsabilita storica. Nel novembre del 1989, un teologo della liberazione (padre Ignacio Ellacuria) é stato martirizzato nel Salvador; il 7 febbraio 1991 un altro teologo, leader delle comunita di base e sacerdote salesiano (Jean Bertrand Aristide) é stato insignito della presidenza della Repubblica di Haiti. Due segni dei tempi.
106 Da parte nostra abbiamo terminato un terzo volume sull’ opera matura di Marx, El ultimo Marx (1863-1882), (gia citato), che apre la porta a una completa reinterpretazione dell’ opera di Marx.
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Divinita Maya: teologia della creazione e della vita
LE COMUNITA ECCLESIALI DI BASE IN BRASILE
23.
Faustino Luiz Couto Teixeira
Le comunita ecclesiali di base (CEB) costituiscono oggi in Brasile uno dei fenomeni pid determinanti per la configurazione di una nuova prospettiva di Chiesa. Esse esercitano una funzione di primo piano nel progetto di realizzazione di una Chiesa dei poveri. Manifestano non solo «l’amore preferenziale della Chiesa per il popolo umile» (Puebla 643), ma aiutano anche la Chiesa a «scoprire il potenziale evangelizzatore dei poveri» (Puebla 1147). Si tratta di un’esperienza comunitaria che rende possibile l’affermazione del diritto dei poveri di essere soggetti sociali ed ecclesiali. Nella dinamica interna delle Ces si verifica un fenomeno di enorme importanza, cioé lirruzione della parola, o meglio ancora, il diritto di prendere la parola. E certamente un’esperienza embrionale di rottura dell’isolamento e una condizione che rende possibile l’affermazione del diritto di cittadinanza dei poveri. L’esperienza delle comunita rende possibile la presa di coscienza della dignita e del valore dei poveri in quanto soggetti sociali. Esperienza che é vissuta come un arricchimento personale e come «un’intensificazione della loro qualita di soggetti»'. Oltre ad affermare la loro dignita, i poveri nelle CEB si aprono anche alla dimensione comunitaria. La comunita emerge come spazio di ricostruzione del tessuto umano e sociale in una societa segnata da una «struttura dissociativa». La comunita genera un clima di scambio (condivisione), di affettivita, di accettazione, di convivenza, di socializzazione e di solidarieta. Questo clima conferisce identita al gruppo ed é la condizione fondamentale per fare emergere una coscienza critica. I poveri in comunita veri' E, Ribeiro Durham, «Movimentos sociais: a construcdo da cidadania», in Novos Estudos CEBRAP (10) 28, 1984.
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ficano che i problemi che li affliggono sono comuni, che tutti hanno lo stesso valore e meritano lo stesso rispetto (esperienza di uguaglianza nel bisogno comune). A partire da questa duplice percezione della dignita della persona e del bisogno collettivo, si sviluppa la prassi concreta in favore delle trasformazioni sociali. In tutto questo processo dinamico di riconoscimento del diritto di cittadinanza dei poveri, vissuto nell’esperienza delle Ces, non si pud tralasciare un aspetto fondamentale che é la dimensione della fede. Questa é la fonte da cui scaturisce la forza e la speranza dei poveri nella comunita. Dimensione considerata essenziale nella «formazione dell’universo motivazionale»?. Le Ces non solo stimolano l’emergere di una nuova coscienza e di una nuova prassi in campo pubblico, ma favoriscono anche l’affermazione della dignita battesimale dei poveri, cioé il riconoscimento dei poveri come portatori di valori ecclesiologici, come soggetti ecclesiali.
I. ELEMENTI ESPLICATIVI DELLA GENESI DELLE CEB IN BRASILE La comprensione del significato dell’esperienza delle CEB comporta una riflessione sulla loro origine. «La storia del problema é il problema della storia»?. Si parte qui dal principio che qualsiasi struttura parziale per essere compresa meglio deve essere inserita_nel contesto di una struttura immediatamente inglobante. E il contesto ampio dei fenomeni socio-politico-ecclesiali che spiegano la genesi delle Ces. E dunque qui che occorre situare la corretta comprensione del loro significato e l’articolazione tra fede e vita al loro interno‘. Per chiarire meglio la genesi delle Ces in Brasile occorre articolare due aspetti fondamentali. Il primo é collegato al contesto socio-culturale ed ecclesiale brasiliano e il secondo al contesto ecclesiale pili ampio. 2H, Assmann, «Quando a vivéncia da fé remexe 0 senso comum dos pobres», in REB, 46 (183) 1986, 565.
31, Goldmann, A criagio cultural na sociedade moderna, Difusao Eu-
ropéia do Livro, Sao Paulo 1972, p. 105. 4 Come punto di riferimento essenziale per questa parte storica, cfr. F. L. Couto Teixeira, A génese das CEBs no Brasil, Paulinas, Sao Paulo 1988.
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1. Il contesto socioculturale ed ecclesiale brasiliano Come fattore pi remoto possiamo segnalare /a tradizione laica del cattolicesimo popolare e il dinamismo presente nel modo di organizzare la Chiesa nel periodo anteriore al processo di romanizzazione’. II cattolicesimo in Brasile, fino a meta del secolo XIX, assunse aspetti prevalentemente laici. Questa originalita fu favorita dal precario controllo esercitato dalla struttura ecclesiastica sui nuclei della vita religiosa di allora. La stessa istituzione del Patronato regio, che delegava ai re del Portogallo il compito dell’evangelizzazione e dell’amministrazione religiosa, consolidé questo stato di cose, insieme al numero limitato di diocesi, alle lunghe assenze dei vescovi, alla scarsita di prelati in grado di prendersi cura dellimmenso territorio nazionale e alla scarsa applicazione in Brasile delle norme del concilio di Trento. Nel contesto del Patronato, la figura del clero occupava un luogo relativamente secondario. I sacerdote ricopriva il ruolo di un funzionario pubblico, pagato dalla tesoreria del re per esercitare le funzioni liturgiche della religione ufficiale della societa coloniale. In pratica erano i laici che portavano avanti le iniziative religiose, introducendo determinate devozioni, costruendo oratori ed eremi per il culto dell’immagine venerata, organizzando confraternite, associazioni e presiedendo alle pratiche devozionali. La caratteristica principale del cattolicesimo popolare in questo periodo era il culto dei santi. Attorno a quell’asse si imperniava tutta la vita reli-
giosa.
Hl contatto tra i laici e il clero si realizzava in occasione della cosiddetta «pastorale delle visite», ossia assolvendo Vobbligo pasquale annuale (durante la visita che il sacerdote faceva annualmente nelle cappelle della sua parrocchia per amministrare i sacramenti) e in occasione delle missioni popolari (visita dei missionari per la predicazione e la rinascita della fede). In quelle occasioni avveniva il contatto tra il cattolicesimo ufficiale e quello popolare: contatti sporadici, ma che servivano a garantire e mantenere |’unita religiosa dell’intera societa a livello delle componenti significative. Veniva cosi reso possibile il «consenso religioso» tra i diversi gruppi sociali, che si riconoscevano come parte dello stesso gruppo cattolico. 5 Per una riflessione sistematica sul tema della romanizzazione del cattolicesimo in Brasile cfr. P. A. Ribeiro de Oliveira, Religizo e dominacao de classe; génese, estrutura e funcdo do catolicismo romanizado no Brasil, Vozes, Petropolis 1985.
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Tutta questa dinamica religiosa subira un forte attacco in occasione del processo di romanizzazione del cattolicesimo brasiliano, avviato nella seconda meta del sec. XIX. Verranno messi in atto diversi procedimenti per trasformare radicalmente gli «aspetti» del cattolicesimo preesistente. La cosidetta «romanizzazione» é collegata al processo di restaurazione cattolica in Europa, incentrato attorno al potere religioso della Santa Sede. E, a livello nazionale, alla ristrutturazione dell’«apparato ecclesiastico» brasiliano, caratterizzata dall’azione dei vescovi riformatori della seconda meta del secolo XIX, mirante a imporre un maggior controllo sui laici e sulle associazioni, per introdurre un modello universale di adeguamento del cattolicesimo brasiliano alle direttive centralizzatrici di Roma. Il processo di romanizzazione di fatto portd a una disarticolazione del cattolicesimo popolare, con risultati pit evidenti nella dimensione pubblica della sua espressione esteriore, che pass sotto il controllo clericale. Il cattolicesimo popolare si ridusse alla pratica domestica, si privatizzo. In questo modo, il laico, a poco a poco, passd ad occupare una posizione passiva in campo religioso. La base laica venne sempre pit controllata da una complessa rete di mediazioni (associazioni, parrocchie, diocesi), attraverso la quale si concretizzo un vero lavoro capillare. Questa visione delle cose comincid ad essere messa in discussione negli anni del concilio Vaticano II (1962-1965). Nonostante la virulenza con cui la romanizzazione fu compiuta in Brasile, dobbiamo sottolineare che la corrente devozionale continuo ad essere profondamente presente (primaria, in senso sociologico), mentre la clericalizzazione avvenne a livello di socializzazione secondaria. Questo conflitto spiega, almeno in parte, come all’improvviso esplose un’iniziativa popolare che era in gestazione, cioé le CEB. E difficile stabilire un effettivo legame storico, reale e organico tra il «cattolicesimo coloniale laico» e il cattolicesimo delle CEs. Tuttavia non é possibile negare elementi di somiglianza che avvicinano queste esperienze. Le Ces, infatti, favoriscono la rinascita del cattolicesimo popolare tradizionale, cioé la pratica e la liberta di organizzare la Chiesa. Questo processo assunse forme nuove, rispondendo a esigenze diverse. Con le CEB viene ricuperata un’esperienza di cattolicesimo in cui il laico pud assumere una posizione attiva all’interno della comunita religiosa. Una posizione di soggetto, di produttore di valori ecclesiologici. Nelle Ces la figura di colui
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che guida le preghiere, di quello che organizza le feste, del «beato», del profeta ritorna nell’animatore dei gruppi di base. Animatore, la cui qualifica di responsabile religioso, come nel cattolicesimo tradizionale, viene conferita in seguito al riconoscimento, da parte della comunita, della sua competenza e della sua autorevolezza nell’esercizio della sua funzione religiosa. L’animatore dei gruppi di base é riconosciuto come portatore di ecclesialita e operatore di evangelizzazione. Con l’avvento delle CeB quella realta presente nel periodo anteriore alla romanizzazione viene ricuperata e arricchita dalla presenza di un nuovo fattore, che é I’accesso del popolo al Vangelo. E significativo rendersi conto che la nascita delle Ces fu favorita anche dalla crisi della Chiesa-istituzione (crisi della parrocchia, mancanza di ministri ordinati per il servizio religioso tra la popolazione, ecc.). La necessita del rinnovamento di tutta l’azione pastorale della Chiesa fu alla base di gran parte delle iniziative e dei movimenti che si svilupparono in Brasile negli anni ’50 e nei primi anni ’60. In tutti i casi i pastori furono spinti ad affidare maggiori responsabilita ai laici. Accanto a questo fattore pil remoto gia segnalato, vanno individuati alcuni elementi concreti, presenti nella Chiesa del Brasile che in anni pit recenti hanno esercitato un ruolo precursore, preliminare e germinale delle CEs. Tra questi fattori possiamo elencare quelli che esprimono una preoccupazione per I’educazione di base e |’evangelizzazione comunitaria: l’esperienza della catechesi popolare di Barra do Pirai, il Movimento del Natal, l’esperienza pastorale di Nizia Floresta e il Movimento di Educazione di Base. L’esperienza della catechesi popolare di Barra do Pirat, nello stato di Rio de Janeiro, nacque nel 1956 dalla necessita avvertita da dom Angelo Rossi (vescovo diocesano) di sviluppare un progetto di evangelizzazione in grado di raggiungere tutta la grande area della sua diocesi e di far fronte alla penetrazione protestante che preoccupava molto i cattolici della regione. Poiché i sacerdoti ¢ i religiosi erano insufficienti per coprire il vasto campo dell’apostolato, il problema fu risolto facendo ricorso ai laici, nella figura dei catechisti popolari. Per svolgere questa funzione era sufficiente saper leggere. Il compito essenziale dei catechisti popolari consisteva nel leggere nei diversi villaggi il materiale preparato dalla diocesi. In altre parole tutta l’attivita si svolgeva dentro i rigidi confini della struttura ecclesiastica vigente. C’era di fatto un controllo del clero sull’operato dei catechisti. E importante pero sot-
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tolineare che la pratica popolare incoraggiata dall’esperienza della catechesi popolare di Barra do Pirai non sempre rimase vincolata ai limiti imposti da coloro che l’avevano ideata. La pratica popolare possiede una sua dinamica. Anche se l’esperienza aveva obiettivi conservatori, l’azione popolare risveglio la coscienza del popolo che maturd la propria consapevolezza. I catechisti popolari riunivano il popolo per la lettura della lezione di catechismo, per la preghiera quotidiana, per |’ organizzazione dei canti, per le letture spirituali, per seguire spiritualmente la messa celebrata nella chiesa madre, per l’organizzazione delle novene, per le litanie, ecc. Senza trascurare i limiti presenti in quell’esperienza, essa rappresentd un primo germe di valorizzazione delle capacita dei laici, che cominciarono a prendere nelle loro mani cid che prima era ritenuto competenza esclusiva del sacerdote. Il Movimento del Natal pud essere caratterizzato dall’insieme delle attivita sociali e religiose sviluppate dalla diocesi di Natal, nello stato del Rio Grande do Norte (nordest brasiliano), dal 1948 in poi. Il Movimento, sensibile al grave problema del sottosviluppo della regione, aveva nei suoi progetti tre grandi obiettivi: listruzione di base, la trasformazione delle strutture politiche, sociali ed economiche e l’educazione religiosa. Tra i canali attivati per raggiungere gli obiettivi prefissati c’era ’istruzione attraverso la radio. L’iniziativa parti nel 1958, per impulso di dom Eugénio Salles, all’epoca vescovo amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Natal. Si trattava della prima esperienza brasiliana di scuole via radio per listruzione di base e seguiva un modello analogo gia attuato in Colombia (Sutatenza). L’esperienza brasiliana conteneva un elemento di originalita: nei suoi programmi radiofonici introdusse aspetti sociali comunitari, religiosi e di coscientizzazione politica. Non si mirava solo all’alfabetizzazione del popolo, ma all’educazione delle masse. I risultati furono significativi e l’esperienza, dopo tre anni di attivita, venne adottata dalla conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (CNBB) ed estesa a vaste aree del Brasile. Intorno al 1963 c’erano circa 1410 scuole via radio solo nel Natal, con un raggio di azione che raggiungeva circa 50 municipi, per un totale di 24 mila
alunni. Il movimento del Natal non limitd le sue attivita all’istruzione di base, ma operd anche nel campo della sindacalizzazione rurale. Anche in questo settore il Movimento fu un pioniere. La decisione della diocesi di favorire la nascita di sindacati contadini aveva lo scopo di neutralizzare la penetrazio-
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ne delle leghe contadine di Francisco Juliao. Ossia, il progetto di sindacalizzazione mirava soprattutto a fronteggiare la minaccia dell’indottrinamento socialista. Anche se non metteva in discussione la struttura fondamentale della societa e manteneva da sempre una prospettiva «centrista», e sotto il permanente controllo della gerarchia, il Movimento del Natal apri uno spazio per una prospettiva liberatrice dell’educazione e dell’evangelizzazione di tutto l’uomo. In questo senso pose le premesse di qualcosa che in seguito diventera fondamentale nell’esperienza delle CEB, cioé il legame tra religione e vita. Intimamente legata all’esperienza del Movimento del Natal, ¢ ’esperienza pastorale di Nizia Floresta. L’esperimento fu motivato dalla ricerca di una soluzione del problema della mancanza di sacerdoti per il lavoro di evangelizzazione. L’idea nacque intorno al 1962 e si concretizzo nel 1963. L’esperimento missionario in parrocchie prive di sacerdoti prese corpo nella piccola citta di Nizia Floresta, a 43 km dalla capitale (Natal). Quattro suore missionarie di Gest Crocifisso vennero invitate a dirigere l’esperimento, assumendo la responsabilita di tutto il lavoro di evangelizzazione. Le suore si preoccuparono soprattutto dell’animazione della vita comunitaria con particolare attenzione al rapporto con il popolo. Privilegiarono, tra gli altri elementi, la crescita della fede e della vita cristiana in comunita, la partecipazione del laicato, la formazione dei responsabili e la partecipazione alla vita liturgica. C’era nella comunita una forte preoccupazione di sintonizzare il lavoro comunitario con le direttive del Piano di Emergenza della CNB (1962). Anche se limitato, l’esperimento pastorale di Nizia Floresta rappresento la prima concreta messa in discussione delVimmagine di una Chiesa esclusivamente clericale, che non lasciava spazio alla partecipazione dei laici. L’esperienza dimostro che la Chiesa pud essere evangelizzatrice, anche quando non c’é la presenza costante del sacerdote. Nel caso concreto delle CEB, l’esempio di questo esperimento é singolare per aiutare a capire l’importanza che le(i) religiose(i) ebbero nell’apertura di nuovi spazi di partecipazione comunitaria alVinterno della Chiesa. Innumerevoli esperienze delle CEB in Brasile sono nate dalla presenza di religiose(i) nella pastorale popolare, nello svolgimento della loro missione di incrementare le comunita di vita e di preghiera. L’esperimento di Nizia Floresta ebbe un influsso molto indiretto sulle CEB, ma contribui a creare un clima di partecipazione, di risveglio del laico e di declericalizzazione del lavoro tra la gente.
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Tra i movimenti che prepararono il terreno per la nascita delle Ces, uno dei pit importanti fu senz’altro il Movimento di Educazione di Base (MEB). Si tratta di una delle iniziative piu vaste intraprese dalla Chiesa nel campo dell’educazione popolare in Brasile. Il Movimento nacque nel marzo del 1961, come proposta della CNBB, per arricchire l’esperimento dell’istruzione attraverso la radio, promossa dalla diocesi di Natal. D’accordo con il governo federale, la CNBB si lancid piena di speranza in questo progetto, indicando come aree prioritarie di intervento il Nordest, il Nord e il Centro Ovest del paese. Facevano parte dei quadri del MEB gli operatori dei gruppi locali, statali e nazionali come pure gli animatori. I primi erano professionisti, professori o studenti universitari. Molti dei responsabili provenivano dall’Azione Cattolica Specializzata, soprattutto dalla Gioventu Universitaria Cattolica (Juc). Gli animatori, invece, erano elementi provenienti dall’ambiente rurale (contadini, piccoli agricoltori, salariati), la cui attivita consisteva nell’organizzare, animare e vigilare sulle comunita. Erano i responsabili naturali del posto e fungevano da collegamento tra il Movimento e la comunita. II ruolo svolto dagli animatori era un elemento essenziale in tutto il processo di educazione di base e di animazione popolare. Nelle loro case erano sistemate le scuole via radio ed erano anche incaricati di seguire e di aiutare gli alunni nelle attivita scolastiche. Si mantenevano sempre in contatto con l’équipe di responsabili locali. E interessante costatare che il MEB supero nella pratica Vimpronta conservatrice che ne aveva ispirato la creazione. Nato come un’alternativa alle Leghe Contadine, con un carattere chiaramente anticomunista, assunse un ruolo di coscientizzazione e di formazione di base. Questa sua ridefinizione fu favorita da una serie di avvenimenti, tra i quali possiamo indicare la sua originale pedagogia popolare che armonizzava teoria e prassi, le speranze risvegliate dalla convocazione del concilio Vaticano II, l’atmosfera creata dalla pubblicazione in Brasile dell’enciclica Mater et Magistra di Giovanni XXIII (maggio 1961) e anche il clima politico di apertura che stava vivendo il Nordest. Per la convergenza di questi e di altri fattori, il Movimento ebbe nella pratica una realizzazione molto pili radicale di quanto avessero originariamente pensato i suoi fondatori. Il Movimento di Educazione di Base operd su diversi fronti: nell’istruzione di base, nell’animazione popolare e nella
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sindacalizzazione rurale. Tra i suoi obiettivi principali c’era la coscientizzazione; una parola che diventera comune in tutto il lavoro di organizzazione popolare negli anni successivi. La coscientizzazione era vista come qualcosa di essenziale per |’educazione di base. Venivano cosi fornite agli alunni le conoscenze indispensabili per una vita dignitosa, e le motivazioni per la partecipazione all’impegno di trasformazione. La metodologia pedagogica utilizzata nel MEB cercava di rispettare profondamente la liberta degli allievi. C’era molta flessibilita per poter incorporare durante tutto il processo educativo le iniziative degli alunni. Veniva decisamente respinta qualsiasi proposta massificante o impositiva. C’era accordo sul fatto che il popolo dovesse essere il soggetto della propria storia. Una delle esperienze pili ricche realizzate dal MEB fu |’Animazione Popolare (ANPO). Essa nacque dalla necessita di una maggior integrazione della scuola con la comunita. Con l’ANPO venne favorito un lavoro concreto di crescita comunitaria. Vennero aperti canali eccezionali di comunicazione tra 1 responsabili e la popolazione locale, di creativita, di iniziative dinamizzatrici, di incontro e di approfondimento della cultura popolare. L’incontro con il mondo popolare, tramite il lavoro della ANPO, rappresentO per i responsabili una trasformazione radicale della loro visione del mondo; scoprirono la capacita creativa degli alunni, la loro cultura e il loro sapere. Il Mes favori di fatto un innegabile progresso per quanto riguarda l’istruzione popolare. Il legame stretto con la realta sociale concreta rese possibile, sia a livello di elaborazione teorica che a livello di creativita educativa, un arricchimento innegabile, se confrontato con le esperienze precedenti. Il MEB mise le premesse importanti per la ridefinizione dell’azione critica dei cristiani all’interno della Chiesa e della societa brasiliana. Fu un incentivo alla partecipazione dei laici alle attivita della Chiesa, all’articolazione dialettica tra attivita pastorale e attivita politica e al coinvolgimento concreto con i poveri. Evidenzid questioni chiave che, in un certo modo, preannunciavano e anticipavano i temi che sarebbero emersi pit tardi nella teologia della liberazione e nelle riflessioni delle comunita di base. Un altro fattore importante che ebbe un ruolo essenziale per l’origine delle Ces fu l’affermazione del diritto di cittadinanza del laicato attraverso l’esperimento singolare condotto in Brasile dall’Azione Cattolica Specializzata, in particolare dalla Gioventt. Universitaria Cattolica (Juc), dalla Gioventu Studentesca Cattolica (JEc) e dalla Gioventti Operaia Cattoli-
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ca (Joc). L’Azione Cattolica Brasiliana si iscrive tra i movimenti che favorirono un clima di grande apertura ecclesiale nel paese, contribuendo decisamente a una prospettiva di presenza critica del laicato, e a una nuova articolazione della fede con la realta sociale. Il movimento dell’Azione Cattolica, introdotto ufficialmente in Brasile nel 1935 secondo il modello italiano, che era il pit. centralizzato e conservatore, divenne realmente importante soprattutto dopo la sua riformulazione nel 1950. In quegli anni, il modello tradizionale italiano cedette il posto a quello belga, canadese e francese dell’Azione Cattolica Specializzata, organizzata in base a settori di penetrazione ambientale. In particolare, si affermarono con grande vitalita la Juc e la Jec gia nella seconda meta degli anni cinquanta. Per quanto riguarda la Joc, la sua presenza pili incisiva si fara sentire durante la seconda meta degli anni sessanta, quando si impegno nel processo di cambiamento sociale radicale, sotto la spinta della fede cattolica. L’evoluzione della coscienza e della prassi della Juc é esemplare delle trasformazioni avvenute all’interno dell’ Azione Cattolica. Seguendo la suddivisione proposta da Luiz Alberto Gémez de Souza, possiamo distinguere tre momenti nell’evoluzione del movimento. Il primo momento (tra il 1950 e il 1958) @ caratterizzato da un processo di progressivo inserimento nell’ambiente universitario e nell’attivita politica studentesca. Il secondo momento (tra il 1959 e il 1964) corrisponde allo spostamento dell’impegno dall’ambiente studentesco all’attivita politica che diventa sempre pit intensa e radicale. Il terzo momento (tra il 1964 e il 1967-68) corrisponde al ripensamento dell’azione politica e all’impegno nell’ambiente universitario, dovuto alla nuova situazione politica creatasi nel paese con il golpe del 1964°, Il Congresso del decennale della Juc, tenutosi a Rio de Janeiro nel 1960, segnala un’altra trasformazione nell’universo della Juc, se confrontato ai consigli nazionali anteriori. I livello della presa di coscienza dei militanti raggiunge un alto senso della realta. Le attivita sociali nelle quali erano stati coinvolti resero possibile if superamento dell’antica posizione culturalista, favorendo nello stesso tempo un maggior impegno politico. Tra i militanti c’era un diffuso desiderio di trovare solu6 L.A. Gomez de Souza, A JUC: os estudantes catélicos e a politica, Vozes, Petrépolis 1984, pp. 103s.
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zioni cristiane al problema dello sviluppo e una linea di azione comune per combattere l’ingiustizia. Motivati dalle riflessioni di P. Lebret e di E. Mounier, i jucisti si dedicarono seriamente all’impegno politico, con una critica lucida che portava al rifiuto delle posizioni del capitalismo e a una crescente simpatia per il socialismo. Queste scelte della Juc non avvennero senza crisi e conflitti con alcuni settori cattolici. I malintesi con la gerarchia si accentuarono progressivamente con il crescere dell’impegno critico dei militanti nello scenario nazionale. Tra scontri e schiarite, soprattutto dopo il 1961, quando nella citta di Natal si tenne un consiglio nazionale della Juc molto teso, fu avanzata l’ipotesi della creazione di una formula pill ampia di partecipazione politica, attraverso la quale i jucisti potessero organizzarsi autonomamente. Nacque cosi, nel 1962, per iniziativa di un gruppo di jucisti e di alcuni professionisti cristiani, Azione Popolare (Ap). Con questa formula i jucisti credevano di aver trovato una soluzione definitiva nei rapporti con la gerarchia. Pur contando sulla partecipazione di moltissimi cristiani, |’AP non si presentava come un movimento confessionale. Voleva essere un movimento di avanguardia, per una preparazione rivoluzionaria attraverso un processo di mobilitazione generale. Durante il suo periodo di vita legale (19621964), l’Ap crebbe significativamente. Divenne rapidamente una delle tre maggiori organizzazioni di sinistra della politica brasiliana. Aveva carattere nazionale, con rappresentanze nelle principali citta del paese, con un significativo influsso sul movimento universitario e studentesco, oltre che in altri settori della societa. L’AP a quell’epoca non presentava un’ideologia chiusa. C’era nel movimento una flessibilita, un’apertura e una sensibilita per il movimento reale, un cammino di sperimentazione che la distingueva da altri gruppi ideologici anch’essi attivi in quel periodo. «L’umanesimo dell’ Ap, la sua attenzione per la liberta e la partecipazione e le sue dure critiche al socialismo burocratico preannunciavano atteggiamenti che riscontreremo in seguito nella Chiesa popolare degli anni settanta»’. Dopo il golpe del 1964, entrando in clandestinita, Ap subi una rapida radicalizzazione politico-ideologica che nel 1966 la porto alla sua opzione per il marxismo leninismo. La conseguenza diretta di questa evoluzione fu la perdita delle sue basi sociali, costituite dai cristiani progressi7S. Mainwaring, Igreja catdlica e politica no Brasil (1916-1985), Brasi-
liense, Sdo Paulo 1989, p. 87.
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sti. Da allora in poi fu caratterizzata da un anticlericalismo aggressivo. Non possiamo negare |’importanza del ruolo svolto dall’Azione Cattolica Brasiliana nella preparazione del terreno dove in seguito si sarebbero sviluppate le CEB. Il suo compito principale fu la creazione di un nuovo spazio di partecipazione sociale e politica dei cristiani. Partendo proprio dall’attivita concreta dell’ Azione Cattolica (specialmente della JEc, della Joc e della Juc) l’idea di partecipazione dei cristiani alla vita sociale e politica acquistd diritto di cittadinanza. Essa trasferi nella pratica il metodo «vedere, giudicare e agire», vivacizzandolo nel senso di un’attuazione significativamente critica e trasformatrice. Questo metodo, in seguito, motivera tutta l’esperienza delle CEB. Partendo dalla riflessione e dalla prassi dei militanti della Juc, della JEc e dell’Ap il rapporto tra fede e politica divenne fondamentale nella riflessione e nell’azione dei cristiani. Anche gli sforzi della CNBB per una pianificazione nazionale possono essere indicati come fattori esplicativi importanti nella genesi delle CEB in Brasile. La pianificazione fu preceduta da un periodo di intensa coscientizzazione a scala nazionale sulla necessita di rinnovamento pastorale e di coordinamento degli sforzi evangelizzatori. Il Movimento per un Mondo Migliore (MMM), che operd tramite corsi tenuti a vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, svolse molto bene questo ruolo preparatorio. Esso ebbe una funzione singolare nel rinnovamento del clero brasiliano e per Io snellimento dell’attivita pastorale, superando le resistenze che vi si opponevano e preparando la coscienza dei cristiani e del clero in generale per una visione di Chiesa che verra poi consacrata dal Vaticano II. ll Brasile fu forse uno dei paesi pit aperti e ricettivi nei confronti di questo Movimento molto stimato da Pio XII (che gli diede il nome). Nel 1960 si ha il momento forte del suo radicamento in Brasile, in occasione del VII Congresso Eucaristico Nazionale tenutosi a Curitiba. Anche prima di quella data, pero, erano stati tenuti diversi corsi organizzati dal MMM. Da questo clima di apertura e di rinnovamento della vita ecclesiale nacquero i Piani di Pastorale della CNBB, che rappresentarono uno sforzo di pianificazione della pastorale. La prima espressione di questo sforzo fu il Piano di Emergenza (PE) del 1962. Fu il movimento che inizid il rinnovamento parrocchiale, ministeriale, educativo e di presenza della Chiesa nella vita socio-economica. Svolse un ruolo da pioniere di grande portata storica in quanto elemento di spinta per signi-
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ficativi cambiamenti nella CNBB, preparo il clima adatto per le vaste riforme del Vaticano II e mise la Chiesa del Brasile chiaramente di fronte alla necessita di un rinnovamento profondo. Venivano fatti i primi passi per un avvicinamento sempre maggiore della base e delle forze vive della Chiesa nel
segno della corresponsabilita e della comunione. Sottolineia-
mo alcuni elementi significativi del Ps: il bisogno di aggiornamento della parrocchia, di rinnovamento della diocesi, di valorizzazione della Chiesa locale; l’importanza attribuita alla collegialita episcopale e all’inserimento pastorale dei religiosi e la valorizzazione dei laici e della loro azione carismatica e ministeriale nella Chiesa. Ancora non si parla di CEB, ma si intuisce gia nel PE un bisogno di valorizzazione delle comunita naturali gia presenti nella grande comunita parrocchiale. Queste comunita, a differenza delle parrocchie (immense e sovrappopolate), offrivano maggiori possibilita di vita comunitaria. I frutti e le esperienze del PE vennero riprese tre anni dopo, nel 1965, con il Piano di Pastorale d’Insieme (PPc), che venne discusso e approvato dalla VII assemblea della CNBB a
Roma. Il piano si proponeva di «essere una prima e decisiva
applicazione alla Chiesa, in Brasile, delle grandi linee e delle decisioni del Concilio»®. In questo senso il Ppc cercd di valorizzare il rinnovamento istituzionale della Chiesa e il processo di pianificazione organica della pastorale, in una prospettiva di comunione e di corresponsabilita. Incentivo la partecipazione dei laici al piano di azione diocesana e anche alle strutture ecclesiali, stimolandoli alla testimonianza missionaria attraverso il loro impegno temporale. Il Prc contribui ad accentuare il processo di decentramento della parrocchia, favorendo la nascita e il potenziamento delle piccole comunita di base. Per la prima volta, a livello di episcopato nazionale, si parlo di comunita di base, come fattore di rinnovamento ecclesiale, di integrazione e di pratica comunitaria, nella quale i cristiani possono sentirsi accolti e responsabili. Nel Ppc le comunita di base vennero indicate come spazi privilegiati di apostolato dei laici, della loro testimonianza missionaria nel temporale, di promozione dell’annuncio della parola, di approfondimento e di dinamizzazione della fede, e di incremento della partecipazione liturgica. 8 CNBB. Bilancio del Piano della Pastorale di Insieme, gennaio-giugno 1966, in G. Fernandes de Queiroga, CNBB: comunhao e corresponsabilidade, Paulinas, So Paulo 1977, p. 374, n. 2.
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Il Pec apri gli spazi della pratica pastorale in Brasile, offrendo una visione pit ampia di Chiesa, un tentativo concreto di rendere possibile l’idea di Chiesa, popolo di Dio. In diocesi piti aperte il Ppc favori il consolidamento di esperimenti innovatori o stimolé la nascita di nuove esperienze di base, contribuendo cosi al rinnovamento dell’attivita pastorale della Chiesa. Oltre ai movimenti citati, possiamo aggiungere ancora la ristrutturazione della pastorale popolare e la pressione della situazione politica, come fattori molto significativi che contribuirono alla creazione di un clima propizio per la nascita delle CEB. Non possiamo dimenticare la crescita dei movimenti e delle forze sociali popolari che, soprattutto a partire dagli anni sessanta, si impegnarono in progetti di trasformazione della societa. Senza dubbio la Chiesa fu stimolata da tutto questo movimento popolare. All’inizio, la presenza della Chiesa a fianco delle classi popolari era limitata a movimenti isolati. Successivamente si ebbe un progressivo avvicinamento di settori significativi della Chiesa ai movimenti delle classi popolari. Questo spostamento fu favorito da diversi fattori, tra i quali vanno sottolineati gli avvenimenti successivi al golpe militare del 1964: aggravamento della miseria del popolo, violazione dei diritti umani, chiusura politica, repressione dei movimenti popolari e della Chiesa stessa. Dopo il golpe del 1964 tutti i settori che esercitavano l’opposizione subirono una violenta repressione. Anche i settori della Chiesa (MEB, Acs, ecc) furono oggetto di crescenti e violente ondate repressive: denunce, arresti, torture e uccisioni. La repressione subita, in pratica costitui anche un fattore di unita e di coesione della Chiesa. Contrariamente a quanto si potrebbe credere, la situazione che si venne a creare favori nuovi e pil coscienti spostamenti di settori della Chiesa a difesa dei diritti umani. Soprattutto dopo I’Atto Istituzionale n. 5 (Ar 5) del 1968, con la recrudescenza della repressione, anche settori delia Chiesa considerati di centro e addirittura conservatori si sentirono indignati per quanto accadeva. Non possiamo minimizzare il peso esercitato dall’esprit de corps all’interno della Chiesa, soprattutto quando a subire la repressione erano membri dell’episcopato. Non furono pochi i vescovi che presero coscienza davanti alle pratiche repressive e alla condizione di vita subumana imposta ai contadini e ai lavoratori; é quanto accadde, per esempio, a dom Paulo Evaristo Arns, dom Moacyr Grechi, dom Adriano Hypdlito e dom Patrick Hanrahan. In quegli anni, la Chiesa divenne praticamente
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l’unico luogo di incontro, di espressione, di pensiero e di riorganizzazione della base popolare. La Chiesa, convertita dai settori popolari, si trasformdé a poco a poco in «voce» di quella base, da cui si era lasciata coinvolgere. Le CEB nasceranno in questo spazio di coinvolgimento. Come possiamo dedurre dalle precedenti riflessioni, si tratta di contributi complementari, importanti a diversi livelli. Alcuni movimenti creano spazi ecclesiali di rinnovamento pastorale, di partecipazione dei laici come forza viva all’interno della Chiesa, di incentivo alla dinamica comunitaria, ecc. Altri movimenti, e al riguardo possiamo accentuare |’attivita del MEBs e dell’ Azione Cattolica Specializzata, oltre ad appoggiare i movimenti popolari, imboccano la strada della riflessione critica, dell’analisi teologica e dell’impegno politico, cioé indicano le intuizioni fondamentali che acquisteranno caratteristiche popolari con le CEB. Sono elementi che «si trovano in grande sintonia con le CEB nella creazione di una nuova riflessione teologica, nella critica comune del sistema sociale dominante, nella speranza condivisa, anche se in momenti storici diversi, dal movimento popolare emergente, per alcuni come aspirazione, per le CEB gia come prassi realizzata in concreto»?,
2. Il contesto ecclesiale pit: ampio del rinnovamento teologico pastorale Il contesto socio-culturale ed ecclesiale brasiliano, anche se fondamentale, non é pero sufficiente per spiegare la complessa questione della genesi delle Cres in Brasile. E necessario parlare anche del contesto ecclesiale pid ampio delle iniziative di rinnovamento teologico e pastorale avviate agli inizi del secolo XX, assimilate e consacrate dal concilio Vaticano II e rafforzate dalle conferenze di Medellin (1968) e di Puebla (1979). In questo contesto dinamico si inseriscono i movimenti di rinnovamento biblico, liturgico, ecclesiologico e della mistica
della poverta, oltre che la rivalutazione dell’insegnamento so-
ciale della Chiesa. Tale rinnovamento contribui a creare un clima di dialogo, di partecipazione, di vita comunitaria, di promozione dei laici, di apertura al mondo, di semplicita rituale, di slancio pastorale e di sensibilita sociale. Inoltre, so9L. A. Gémez de Souza, prologo del libro di F. L. Couto Teixeira, «A génese das CEBs no Brasil», op. cit.,p. 11.
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prattutto il movimento biblico, favori l’accesso dei fedeli alle Sacre Scritture. Tutto questo fermento evangelico, in atto nella Chiesa soprattutto dal 1930 in poi, confluira in quel grande evento dello Spirito che fu il concilio Vaticano H (1962-1965). Il concilio favori in particolare nuovi orientamenti nella Chiesa, aprendo la via per nuove e originali esperienze ecclesiali. Ebbe una funzione singolare nel legittimare, realizzare e catalizzare innovazioni teologiche, liturgiche e pastorali gid presenti nel tessuto della Chiesa. In rapporto al contesto latinoamericano, il Vaticano II produsse un inaudito processo di accelerazione ecclesiale, aprendo le frontiere della Chiesa nel campo sociale, risvegliandola a una nuova sensibilita ecclesiale, offrendo lo spazio per esperienze creative e originali. Non é possibile capire correttamente l’origine delle CEB in Brasile al di fuori dell’orizzonte di liberta e di profetismo sintonizzato con l’evento conciliare. Le CEB nascono proprio in questa atmosfera dinamizzata e resa possibile dal concilio. Sulla scia del Vaticano II fu tenuta la Conferenza di Medellin (1968). Medellin non solo confermd lo spirito rinnovatore del concilio, ma lo proietté verso un impegno concreto della Chiesa in campo sociale, facendo coraggiosamente una opzione per i poveri e per la liberta integrale. Questa conferenza episcopale fu di fondamentale importanza per incentivare e incrementare le comunita di base. In linea con Medellin, la Conferenza di Puebla (1979) confermd tutte le opzioni definite in precedenza dall’episcopato, in special modo l’opzione per i poveri e per le CEB. E bene precisare tuttavia che, pur avendo individuato alcuni fattori che favorirono la nascita delle CEB, sia a livello brasiliano che continentale, non vogliamo affermare che le stesse nacquero solo come un movimento in continuita con i precedenti, per una specie di meccanicismo determinista. La verita é che le CEB non furono solo frutto di quei fattori, perché assunsero determinate caratteristiche peculiari e originali. In questo senso esse costituirono una rottura rispetto alle esperienze precedenti, imprimendo un nuovo ritmo alla prassi pastorale. Esse manifestarono un singolare aspetto «popolare», rappresentato dal superamento del clericalismo, del verticismo, del protezionismo e della visione apologetica, presenti ancora in molte delle esperienze ritenute precorritrici.
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If. LO SVILUPPO DELLE CEB IN BRASILE Nei paragrafi precedenti abbiamo cercato di sviluppare alcuni elementi esplicativi della genesi delle Ces in Brasile. Abbiamo costatato l’importanza dei due aspetti che incisero sulla loro nascita; il primo é legato al contesto socio-culturale ed ecclesiale brasiliano e il secondo si riferisce al contesto ecclesiale pi) ampio. Da una parte abbiamo il fermento popolare del paese, seguito dalla notte della repressione scatenata dopo il golpe militare del 1964, dall’altra la Chiesa in rapido processo di rinnovamento. I due aspetti suddetti si riferiscono alle condizioni previe che resero possibile la nascita delle CEB in Brasile. Si tratta, cioé, di elementi esplicativi che collocano le comunita nel contesto ampio della loro storia. Rimane tuttavia ancora aperta la questione dell’origine delle CEB stesse, cioé dei primi segnali della loro formazione. Sappiamo infatti che l’esperienza delle CEB non fu semplicemente una sequenza naturale innestata sugli elementi antecedenti; essa introdusse fattori originali e di rottura. La questione della nascita delle Crp é ancora oggi (almeno in Brasile) molto frammentata. Disponiamo di dati importanti disseminati in articoli o studi sul fenomeno, ma non di uno studio storico rigoroso sulle loro origini. E difficile precisare con esattezza le prime esperienze che diedero inizio alle Ces in Brasile. Anche la definizione stessa di Ces é soggetta a interpretazioni non omogenee, il che rende ancora pil’ complesso il compito di determinarne |’ origine. Alcuni studi tendono a fissare ]’origine dell’esperienza gia intorno al 1960. Altri studi affermano che le prime esperienze
risalgono al 1964. Possiamo, tuttavia, affermare che fu pro-
prio a partire dal concilio Vaticano II e nel contesto del vasto movimento popolare che scosse il Brasile negli anni sessanta, che l’esperienza acquisto diritto di cittadinanza. Tenendo presenti le relazioni elaborate in funzione dei vari Incontri Interecclesiali delle CEB, si constata che il momento forte di irradiazione delle piccole comunita si ebbe all’interno del contesto generale di rinnovamento religioso favorito dal Vaticano II e sostenuto pit: tardi da Medellin’. 10 Per consultare le varie relazioni elaborate in funzione degli Incontri Interecclesiali delle CEB cfr. AA.VV., Uma Igreja que nasce do povo, Vozes, Petrépolis 1975; SEDOC, 9 (96): 453-576, 1976; SEDOC, 9 (95): 259264 e 438-444, 1976. Si tratta delle relazioni dei due primi Incontri inter-
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Di regola le Ces nascono per motivazioni religiose 0 sociali. Da un lato possono sorgere dalla necessita di una presenza pastorale liberatrice: da una proposta di un sacerdote, di un(a) religioso(a) o di un laico, come frutto di piccoli gruppi di riflessione, di circoli di lettura biblica o di celebrazione della Parola. La loro nascita pud coincidere anche con il trasferimento di un sacerdote che spinge i laici a continuare il suo lavoro, o con un corso di formazione per responsabili di attivita comunitarie, o pud avvenire dopo un incontro libero e informale con il popolo, o pud essere suscitata dalla forza invisibile deil’esempio e della testimonianza di altre Ces. Oppure il gruppo pud risvegliarsi in presenza di problemi sociali: impegno per discutere i problemi del quartiere, per resistere alla persecuzione, per rivendicare il diritto alla casa, per evi-
tare il pericolo di un’invasione della terra dei contadini da
parte dei grandi proprietari. Proprio partendo da fatti come questi un gruppo scopre |’importanza di riunirsi in comunita, alla luce della parola di Dio, per riflettere, pregare, cantare e cercare di risolvere i problemi angosciosi della vita quotidiana. Le CEB non nacquero in seguito a una programmazione pastorale premeditata. Tuttavia in diverse relazioni di incontri intraecclesiali viene sottolineata l’importanza dell’impulso del rinnovamento pastorale (anche come decisione diocesana) basato sul Vaticano II e Medellin. All origine dell’esperienza traspare la presenza attiva di responsabili della pastorale come promotori della formazione delle piccole comunita. In genere sono sacerdoti, religiose(i) e laici coloro che danno l’impulso iniziale per la formazione di gruppi di base. In alcune esperienze fu significativa anche la presenza del vescovo. Spinti da un forte ideale evangelico, questi responsabili della pastorale optano per un impegno concreto a fianco delle classi popolari. In molti casi si avverte che esiste tutto un processo che va da una fase di lento inserimento del responsabile nella realta locale fino alla progressiva strutturazione comunitaria. Processo di apprendistato, di vita
vissuta insieme alle classi popolari, di presa di coscienza dei
problemi del popolo, ecc. Il processo di organizzazione e di mobilitazione delle comunita, in vista della creazione di una realta alternativa, segue un ritmo differenziato e condizionato da fattori interni ecclesiali, in cui la questione della genesi delle CEB appare con maggior frequenza.
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(relazionati al dinamismo interno delle comunita) e da fattori esterni (rapportati al momento storico, alla situazione concreta). Normalmente le comunita cominciano le loro lotte partendo da necessita molto concrete, relazionate ai problemi immediati e urgenti che le riguardano (acqua, luce, casa, salute, scuola ecc.). Con l’andar del tempo, attraverso la riflessione delle comunita sui loro problemi e le relative iniziative di aiuto reciproco, matura una presa di coscienza pili ampia della situazione di oppressione soggiacente alla realta locale di poverta, che comporta la necessita di nuove forme di partecipazione e di organizzazione collettiva pit stabile per far fronte a detta situazione. L’aspetto ecclesiale é sottolineato dal permanente contatto con la parola di Dio che costituisce V’elemento essenziale di ogni dinamica comunitaria e dalle celebrazioni sacramentali e creative che le comunita organizzano. Anche se non é possibile trovare una definizione unica e onnicomprensiva dell’esperienza in corso, tuttavia é possibile delineare alcune delle sue caratteristiche: la localizzazione (dal momento che le comunita sono formate da membri di una stessa localita), la presenza e l’ascolto regolare della parola di Dio, la dinamica partecipativa e i servizi ministeriali, limpegno per gli altri e il rapporto dinamico tra fede e vita.
III. LA CEB COME NUOVA REALTA EVANGELIZZATRICE Essendo nate soprattutto dopo la seconda meta degli anni sessanta, le comunita di base assunsero una funzione di grande importanza sia nella ridefinizione dell’azione pastorale che nell’articolazione dei movimenti popolari. Da una parte é naturale che tutta la dinamica interna delle comunita susciti un decentramento della vita pastorale e una maggior: partecipazione popolare nell’essere e nel fare Chiesa. I] «prendere la parola» da parte dei poveri nelle Ces avviene come volonta crescente di partecipare anche alle decisioni pastorali. Questa partecipazione popolare si verifica anche come disponibilita per un impegno pid politico: partecipazione di membri delle Ces alle associazioni di quartiere, ai sindacati, ai partiti e ad altri movimenti popolari. Tutta questa effervescenza si ha soprattutto negli anni settanta e ottanta. Le CEB vivono in questo periodo una fase di grande crescita. In queste circostanze
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si realizzano gli Incontri interecclesiali di Base, allo scopo di favorire una maggior articolazione delle comunita tra di loro. Il primo fu tenuto nella citta di Vitéria (Stato di Spirito Santo) nel 1975. Il momento attuale pud essere definito come momento di transizione pastorale. Oggi, la pastorale popolare, in particolar quella delle Ces, si trova di fronte a una realta diversificata. Il momento politico attuale evidenzia una situazione di estrema gravita. Una crisi che coinvolge tutti gli aspetti deila societa. Il clima generale é di grande scetticismo, di perplessita e di diffidenza crescente del popolo, aggravati dalla ricorrenza quotidiana di scandali e di corruzioni che coinvolgono i vertici e le classi dirigenti. Per quanto riguarda l’orizzonte ecclesiale generale, si delinea una situazione di chiara restaurazione neo-conservatrice (molti parlano di inverno della Chiesa) non favorevole alla dinamica creatrice delle comunita di base. Senza sottovalutare tutto l’impatto esercitato dalla situazione di restaurazione nella Chiesa sulla presente realta delle CEB (il suo effetto paralizzante), sarebbe sbagliato ridurre il momento singolare che sta attraversando questa esperienza a un sottoprodotto della situazione ecclesiale. Equivarrebbe a ridurla indebitamente a un fatto intraecclesiale. Si tratta invece di una realta con radici molto pit complesse. In questi ultimi anni, numerose diocesi che furono le matrici dell’esperienza delle CeB in Brasile, sono state coinvolte in un processo di valutazione pastorale (Vitéria; Goids Velho; Sao Félix do Araguais; Cratets ecc.). Questo é molto significativo in quanto espressione di una nuova tappa nel cammino delle comunita, caratterizzata dalla «diminuzione delle certezze» e dall’xaumento delle indagini». Si approfondisce una nuova coscienza della CeB come realta viva e in continuo pro-
cesso di creazione e di ricreazione, attenta e aperta ai nuovi
segni dei tempi, per scoprire sentieri inediti e resistere alle tentazioni manichee e semplificatrici. Oggi esiste la convinzione chiara che la storia delle CEB é una storia in divenire e non sclerotizzata. Non c’é pia spazio per cosificazioni idealizzatrici. E il momento di una nuova sensibilita per percorrere le strade del reale. AlVinterno di questo nuovo orizzonte emergono le sfide odierne per le CEB, tra le quali possiamo indicare l’inculturazione della fede e il dialogo con la religione popolare; la sfida della spiritualita e dell’identita religiosa delle CEB; la sfida dell’approfondimento della dimensione missionaria delle CEB
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nel mondo dei pit poveri; la sfida del pluralismo interno e dei canali di partecipazione; la sfida dell’emergere della soggettivita, del gratuito e del simbolico; la sfida ecologica e della qualita della vita; la sfida del rapporto con i non poveri, cioé con i settori medi e creatori di opinione. Si tratta di sfide fondamentali, diventate gia oggetto dell’attenzione delle comunita anche se in via ancora preliminare. Sono problemi emergenti, ma che non aboliscono o minimizzano la questione fondamentale presente fin dall’inizio del cammino delle comunita, cioé l’affermazione della vita e dell’opzione evangelica a favore della gente impoverita. L’impegno a favore della vita e il coinvolgimento nel sociale non é assolutamente abolito. Oggi pero se ne cerca la realizzazione all’interno di una sintesi nuova, dove vengano incluse anche le sfide emergenti.
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CHIESA E RIVOLUZIONE A CUBA E IN NICARAGUA
CUBA Raul Gomez
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(1959-1992) Treto
La Chiesa cristiana, soprattutto nel suo tronco cattolico romano, é vissuta e sopravvissuta praticamente in tutte le culture e sistemi sociali. Fondata per annunciare a tutti la «buona Notizia» della loro liberazione, essa, sia pure con «luci e ombre» pit. o meno accentuate, ha continuato a farlo durante i suoi venti secoli di esistenza in mezzo alle «tenebre del mondo», grazie allo Spirito che le viene infuso da Cristo, suo Capo. Essendo il suo corpo formato da peccatori, la Chiesa ha vissuto Punita della sua fede nelle tensioni provenienti dalle contraddizioni che il peccato dei suoi membri fa sorgere al suo interno e nelle sue relazioni col mondo. Cid dipende talvolta da circostanze etniche, razziali 0 sociali; talaltra da condizionamenti ideologici — compresi quelli teologici —, filosofici, politici e persino economici. Tali contraddizioni si sono sempre fatte pit acute in momenti di crisi sociale, di rivoluzione, fino a giungere in certi casi alla rottura interna dello scisma, come avvenne in Oriente (secoli IX-X]), in Inghilterra e in altri paesi europei a causa della protesta luterana e della Riforma calvinista (secolo XVI). In America Latina la Chiesa ha vissuto momenti di forte tensione durante le guerre di indipendenza, anche se va rilevato che in questo continente non si giunse mai alle rotture avvenute nella vecchia Europa. Non passano tuttavia inosservati casi come quelli dei sacerdoti Hidalgo e Morelos nelle insurrezioni del Messico agli inizi del secolo XIX; cosi pure, poco dopo a Cuba,
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Raul Gémez Treto
anche se con minore intensita, quelli del vescovo Espada e del sacerdote Varela, per non parlare dei cento sacerdoti che, a fine secolo, durante le guerre cubane per l’indipendenza, furono chiamati «infidentes» nei confronti della Spagna perché dichiararono abolita la loro fedelta al re di quel paese. In tempi pit recenti, durante la guerra di liberazione nazionale (1956-1958), abbiamo avuto a Cuba il caso speciale del sacerdote Guillermo Sardifias, il quale, senza rompere in assoluto con la Chiesa, arrivé a essere un comandante dell’esercito ribelle, accettando stoicamente di essere ripudiato da parte dei membri conservatori della Chiesa'. Identico é il caso di Camilo
Torres,
sacerdote
colombiano,
e di molti
altri nel
continente, in particolare in Centroamerica. Nella nostra America, tuttavia, non si deve ripetere il caso doloroso di una Giovanna d’Arco, condannata a morte per stregoneria, e successivamente canonizzata come martire della fede, una volta mutati gli obiettivi della Sede di Roma, in conformita con i suoi interessi politici. La storia, grande maestra dell’umanita, insegna che anche la Chiesa, UNA nella sua fede e SANTA in virth del suo Capo, soffre di lacerazioni interne originate dal peccato dei suoi membri, fenomeno che diventa pid acuto in tempi di rivoluzione sociale. La rivoluzione socialista di Cuba, iniziata poco dopo il trionfo popolare del 1959, ebbe identiche ripercussioni di fondo all’interno delle Chiese — quella cattolica e le altre — come pure nelle loro relazioni col popolo e col nuovo Stato cubano. II fatto che si siano man mano superate tali contraddizioni dimostra che esse sono superabili, oltre che non necessariamente riproducibili e reiterabili, e che tutto sommato qui a Cuba — ed eventualmente fin d’ora in altre parti del mondo — le contraddizioni non rivestiranno pit la gravita e brutalita che ebbero nell’Europa medievale, moderna e anche contemporanea.
I. IL CASO
CUBANO
Gli ultimi anni vissuti dal popolo di Cuba in situazione di
rivoluzione incompiuta e la parte svolta dalla Chiesa cristiana, fondamentalmente
dalla Chiesa cattolica, sono un esem-
' Y. Sardifias, El sacerdote comandante, Ed. Cultura Popular, La Habana 1987; cfr. pure Documentario (15 min.), a cura del Instituto Cubano del Arte y la Industria Cinematografica (ICAIC), La Habana 1989.
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pio della superabilita delle contraddizioni nate pit da pregiudizi reciproci, ereditati e importati, che da realta materiali e spirituali tipicamente evangeliche e scientifiche. Una periodizzazione di tali anni servira a mettere in rilievo questo processo di contraddizione e del suo lento e graduale superamento.
Prima tappa: disorientamento della Chiesa (1959-1960) , La gerarchia ecclesiastica — sia quella cattolica, di formazione spagnola, sia quella protestante, di stampo nordamericano —, alla pari della maggior parte dei rispettivi sacerdoti e pastori, riteneva che col trionfo della rivoluzione non sarebbero stati intaccati gli interessi della Chiesa, non sempre coincidenti con la sua essenziale missione evangelizzatrice. Il fatto che ci fossero stati dignitari e membri della Chiesa che in misura pili 0 meno grande avevano preso parte — in certi casi fino all’eroismo del martirio — alla lotta popolare per il potere, faceva pensare che I’istituzione ecclesiastica sarebbe rimasta al coperto da ogni attacco politico, ideologico o economico. Quelle Chiese preconciliari non tenevano conto del fatto che comportamento e immagine della Chiesa non sono determinati dai suoi santi ma dalle sue comunita, e che a Cuba lapparato istituzionale della Chiesa si era assai compromesso con i governi corrotti e con le classi privilegiate del passato, che costituivano le basi del suo sostegno materiale. Le prime misure legali e pratiche del governo rivoluzionario erano dirette a spogliare le classi dominanti dei loro privilegi e dei loro mezzi di ingiusto sfruttamento del popolo. Non avevano un senso antireligioso né antiecclesiastico, ma cid non impedi alle Chiese di sentirsi colpite nelle loro stesse istituzioni, o indirettamente nei settori arricchiti che le mantenevano materialmente. Ben presto alcuni portavoce della Chiesa cominciarono ad accusare di comunismo la rivoluzione — facendo eco alle campagne imperialiste statunitensi che, ispirate al capitalismo, non possono digerire alcun tipo di rivoluzione — , qua-
lificandola quindi come atea, antiecclesiastica, antireligiosa.
Nella coscienza sociale di quel tempo cid equivaleva praticamente a tacciarla di immorale e diabolica, in seguito alle condanne del comunismo espresse da papa Pio XII negli anni quaranta e cinquanta. Il Congresso Cattolico Nazionale, tenutosi nel novembre del 1959, fu la dimostrazione pid evidente di queste contraddizioni. Mentre grandi masse accorrevano a quel richiamo per
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dimostrare la compatibilita della fede cristiana, pid o meno pura o sincretizzata, con le misure rivoluzionarie che risultavano a tutto vantaggio del popolo, il messaggio dottrinale e le lettere pastorali che ne seguirono erano invece francamente di tipo populista, anticomunista e controrivoluzionario?. II disorientamento iniziale si trasformd in diffidenza che sarebbe poi sfociata in contraddizione.
Seconda tappa: confronto-scontro tra Chiesa e Stato (1961-1962) L’atteggiamento dell’istituzione ecclesiastica — ben differenziata dalle masse «credenti» che praticano una religiosita popolare o «sincretica», frutto della povera «evangelizzazione» che si é avuta a Cuba e apertamente contraria alla rivoluzione
—
suscitod da parte del governo
rivoluzionario,
istituito col
massiccio appoggio del popolo beneficiario della sua gestione, una logica reazione: la repressione di ogni azione controrivoluzionaria (antipopolare) da qualunque parte provenisse, fosse pure dal settore credente, cristiano, cattolico. Si disse allora: la rivoluzione si fa con l’esercito, senza l’esercito o contro |’esercito; si sarebbe anche potuto dire — benché di fatto non lo si sia mai detto — che la rivoluzione si faceva con la Chiesa, senza la Chiesa e magari anche contro la Chiesa. Furono quelli i giorni in cui ben noti portavoce laici della Chiesa — non esclusi alcuni frati e sacerdoti —, zelanti difensori delle proprieta e dei «diritti ecclesiastici», si unirono, assumendone persino la guida, a organizzazioni controrivoluzionarie che non trovarono alcun appoggio da parte del popolo. Sono segni di questo «momento» la fallita invasione della Playa de Girdn (Baia dei Porci), sconfitta in 68 ore dall’esercito e dalla polizia rivoluzionaria appoggiati dalle milizie popolari; e pit tardi, la «Processione della Vergine della Carita», promossa dal vescovo ausiliare di L’Avana e parroco del santuario diocesano della «Patrona di Cuba,» mons. E. Boza Masvidal: esorbitando dai limiti e dalle tradizioni di questa parrocchia e volendo fare una «processione» inusitata per le vie della citta, il vescovo si scontrd con l’opposizione del popolo che vi scorse una evidente politicizzazione. II risultato fu la
? Memoria del Congreso Catolico Nacional, La Habana 1960; cfr. Bo-
letin de las Provincias Eclesidsticas de la Republica de Cuba, anno XLIII,
gennaio-febbraio 1960, nn. Le 2.
‘
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morte di un giovane, allo stesso tempo cattolico e miliziano rivoluzionario. La risposta del governo fu l’espulsione immediata dal territorio nazionale di 135 sacerdoti, qualificati come «falangisti» stranieri (benché non tutti lo fossero e restassero invece nel paese altri che lo erano davvero). Questa azione scompagino la rete controrivoluzionaria che manipolava il clero e il laicato docile o reazionario. Davanti
alla sconfitta politica della Chiesa cattolica, il ne-
mico del popolo cubano tentd di manipolare altre Chiese di provenienza statunitense o britannica, ma anche questo tentativo si concluse poco tempo dopo con un fallimento.
Terza tappa: l’evasione dalla realta (1963-1968) Sconfitto politicamente l’apparato ecclesiastico, sia cattolico che protestante, ebbe inizio una fase in cui ci si chiudeva ed isolava in un «ghetto», che era al tempo stesso un modo di evadere o «fuggire» dalla realta del paese. Pit di un vescovo, sacerdote, religiosa o pastore raccomandavano di «salvarsi dal comunismo» e mettevano a disposizione mezzi materiali per poter abbandonare la patria. Si «tenevano i piedi nell’isola, ma la testa era a Miami o a Madrid». Si diede cosi man forte a quella «fuga di cervelli» a cui incitavano i nemici della rivoluzione per sconfiggerla. Dopo l’episodio della Baia dei Porci, la Chiesa chiuse i suoi seminari e noviziati, mandando i pochi seminaristi e novizi a terminare gli studi all’estero. Alcuni ritornarono, ma non tutti rimasero poi nel paese. La scarsita di clero obbligé alcuni sacerdoti ad accettare l’incarico di 4 o 5 parrocchie. Su circa 800 sacerdoti, poco piti di 130 vennero espulsi, mentre 470 «se n’andarono» di loro volonta, dal momento che ne restarono solo 200. Questa campagna svuoto le chiese dei loro fedeli tradizionali, riempiendole per6 di altri «insoliti», che cercavano l’appoggio del clero per abbandonare il paese e ottenere raccomandazioni onde poter godere di privilegi all’estero. Parallelamente a questo, si ebbe l’atteggiamento di coloro che, senza disertare la Chiesa, rimasero col popolo, poiché «erano popolo», appoggiando tutto quello che di positivo c’era nell’opera della rivoluzione, facendo attivamente parte delle sue organizzazioni e istituzioni — tranne che del Partito comunista che richiedeva la professione di ateismo — nell’ottica della loro fede cristiama e nell’esercizio di quell’«amore efficace», pieno di coraggio e di speranza, quale voleva il sacerdote Camilo Torres in Colombia.
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Al Vaticano II assistettero vari vescovi cubani, ma lo spirito del concilio, se si eccettuano alcuni cambiamenti formali nella liturgia, non penetrd nella comunita cattolica cubana almeno non al punto da riuscire a disincagliare la Chiesa dalle secche del suo isolamento e delle sue tendenze evasive. In quel frattempo fu istituito nel paese il servizio militare obbligatorio, al quale venivano richiamati i giovani al di sopra dei sedici anni. In un primo momento, la diffidenza verso individui che avevano manifestato non solo opposizione o apatia nei confronti della rivoluzione, ma anche comportamenti antisociali, ispiro la creazione delle Unita Militari di Aiuto alla Produzione (UMap). A tali unita militari furono indebitamente aggregati molti cristiani cubani, persino sacerdoti giovani (uno dei quali sarebbe diventato, anni dopo, l’attuale arcivescovo di L’Avana, mons. Jaime Ortega Alamino). Fu un errore a cui si rimedid ben presto, essendo caduta !’abitudine di richiamare sacerdoti, pastori e seminaristi al servizio attivo. Le UMapP sono state sostituite dalla Colonna Giovanile del Centenario e in seguito dall’Esercito Giovanile del Lavoro (EJT: Ejército Juvenil del Trabajo), corpi militarizzati addetti ai lavori pesanti per lo sviluppo del paese: i loro membri possono raggiungere meriti e riconoscimenti sociali analoghi a quelli delle truppe regolari.
Quarta tappa: la Chiesa si incontra di nuovo con il popolo (1969-1978) E stato a partire dalla Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano a Medellin (Colombia), nel 1968, che la Chiesa comincio, in generale, ad abbandonare il suo isolamento e la sua chiusura prendendo coscienza della propria vocazione missionaria di servizio alla societa di cui fa parte. Due gesti della gerarchia caratterizzarono questo progressivo atteggiamento di apertura. Il primo fu la lettera pastorale pubblicata dall’episcopato cattolico il 20 aprile 1969; vi veniva trattato il tema assillante dello sviluppo e del necessario coinvolgimento dei cristiani cubani negli sforzi del paese. A questo riguardo, l’episcopato cattolico si pronuncid contro il blocco economico imposto al popolo di Cuba dal governo degli Stati Uniti e dai loro alleati, qualificandolo come ingiusto e contrario alla morale internazionale’. 3 In Vida Cristiana, suppl. n° 327, domenica 27 aprile 1969, ed. da p. Donato Cavero, s.j., con licenza ecclesiastica, La Habana.
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Il secondo gesto significativo fu l’altra lettera pastorale dei vescovi cattolici, pubblicata 1’8 settembre dello stesso anno: in essa, trattando della fede e dell’ateismo, si raccomandava al laicato cattolico di non autoemarginarsi dalla vita sociale, economica e politica del paese, bensi di inserirsi responsabilmente, in forza della loro fede, del loro amore e della loro speranza, in tutte le strutture secolari del paese conformemente alla loro vocazione, sempre che per fare questo non fosse richiesto di ripudiare la propria religione. A tale scopo si richiamavano i cattolici al dovere di avvicinarsi ai loro compagni atei con tutto il rispetto richiesto dalla carita fraterna e dovuto a tutti per il solo fatto di essere creature umane‘,
Questa nuova posizione per cui la Chiesa tornava a incontrarsi col popolo fu motivo di sorpresa e di amarezza nei settori pili conservatori della Chiesa stessa; porto invece pace e sollievo di spirito a tutti coloro che fino a quel momento sentivano pesare su di sé il dubbio e il sospetto per il fatto di appoggiare la rivoluzione. Da parte loro, gli atei pit recalcitranti interpretarono il gesto ecclesiastico come un rinnovato tentativo di «infiltrarsi» nella rivoluzione per sviarla dalle sue finalita; quel gesto ottenne tuttavia un pubblico riconoscimento da parte del governo rivoluzionario e della direzione del Partito Comunista, i quali orientarono la «lotta ideologica» nel senso della moderazione e del rispetto. Sono altamente significativi, in tal senso, i discorsi pronunciati da Fidel Castro in Cile (1971) e in Giamaica (1974) sulla necessita di un’alleanza strategica (a lungo termine) tra i marxisti e i cristiani rivoluzionari’; egualmente significative sono le risoluzioni del I e II Congresso del partito®. 4 Dépliant fatto stampare dalla Conferenza Episcopale (cattolica) di in Cuba in data del documento rivolto a sacerdoti e fedeli e distribuito
tutte le chiese cubane la domenica seguente.
5 Cuba-Chile, commissione di Orientamento Rivoluzionario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba, Edizioni Politiche, La Habana 1972; oppure Fidel en Chile: textos completos de su didlogo con el pueGranma, blo, Empresa Editora Nacional Quimantu, Cile 1972; eil giornale 2; riorgano ufficiale del CC del PCC, La Habana, 3 novembre 1977, pag. esper (CEC) Cuba di o Ecumenic Consiglio del Studi prodotto dal Centro sere distribuito nella VIII Giornata Nazionale «Camilo Torres», celebrata a L’Avana il 24 febbraio 1978. 6 Primer Congreso del Partido Comunista de Cuba: Tesis y Resoluciones, Ed. Dipartimento di Orientamento Rivoluzionario (DOR) del CC del a PCC, La Habana 1976; e Plataforma Programdtica del Partido Comunist
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Quinta tappa: il dialogo (1979-1986) In questa tappa si moltiplicarono e si intensificarono i rapporti e gli scambi reciproci con Chiese di altri paesi, comprese quelle degli Stati Uniti; allo stesso modo, alti dignitari ecclesiastici della Santa Sede e del Consiglio Mondiale delle Chiese visitarono le Chiese cubane e la stessa Cuba, ricevuti dalle piu alte autorita del governo, dello stato e del partito. Avanzando in questa linea di nuovo incontro col popolo per servirlo con onesta e disinteresse, vale a dire evangelicamente — come unico modo di «riconciliare» la Chiesa con Dio, dopo le sue storiche «ombre» —, a partire dal 1980 I’intera Chiesa cattolica comincid un serio processo di autocritica e di riflessione sulla sua autentica missione a Cuba. La cosiddetta «Riflessione ecclesiale cubana» fu programmata ed effettuata a tutti i livelli e in tutti i settori ecclesiali; e tutte le sue conclusioni parziali entrarono alla fine a far parte di un documento di lavoro che sarebbe servito di base all’«Incontro nazionale ecclesiale cubano» (ENEC: Encuentro Nacional Eclesial Cubano). Realizzatosi nel febbraio del 1986, esso segno il punto d’arrivo di cosi ampia e seria riflessione e, al tempo stesso, il punto di partenza per la prima esecuzione pratica, nella storia del paese e della Chiesa, di un programma di pastorale organica da attuare progressivamente e a lungo termine’. AIPENEC presero parte tutti i vescovi cubani e rappresentanti scelti da tutti i settori e livelli della Chiesa: sacerdoti, religiosi, suore, laici; uomini, donne, giovani; professionisti, operai, contadini, ecc.; vi assistettero inoltre, come invitati, vescovi provenienti da Stati Uniti, America Latina, Spagna; cosi pure una delegazione del CELAM e, come inviato papale, il presidente della Pontificia Commissione per i Laici, card. Eduardo Pironio, il quale portd il saluto e la benedizione personale di Giovanni Paolo II. All’incontro furono anche presenti, in qualita di osservatori, alcuni rappresentanti del Consiglio Ecumenico (delle Chiese evangeliche) di Cuba (CEc), del governo rivoluzionario e del partito comunista di Cuba. L’ENEc fu, per cosi dire, una pietra miliare nella storia della Chiesa e del paese; a partire dall’incontro, appoggiato e assecondato dal Cec e da altre Chiese cristiane, ha cominciade Cuba, Ed. DOR del CC del PCC, La Habana 1976; e IT Congreso del
PCC: Documentos y Discursos, Ed. Politica, La Habana 1981.
7 Encuentro Nacional Eclesial Cubano: Documento Sinal e Instruccién pastoral de los Obispos, Tipografia Don Bosco, Roma 1987.
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La Chiesa a Cuba
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to a svilupparsi, pil che un dialogo, una ricerca onesta e sincera di spazi di possibile collaborazione tra la Chiesa e lo Stato, sulla base della rispettiva identita e del reciproco rispetto, sempre pero a vantaggio di tutto il popolo che entrambe le istituzioni sono chiamate a servire. I ripetuti elogi che Fidel Castro rivolse pubblicamente e ufficialmente al lavoro delle suore nel campo della sanita e dell’assistenza, citandole come esempio dell’umanitarismo e dell’efficacia di cui dovrebbero dar mostra tutti i comunisti e gli altri lavoratori cubani, fu un segno incoraggiante dell’accoglienza che il rinnovato atteggiamento della Chiesa andava ottenendo in seno al partito e al governo!,
Sesta tappa: presenza evangelica (1987-1992) Il ruolo svolto dalla Chiesa — in tutti i suoi aspetti e le sue manifestazioni — a partire dall’ENEc, si inquadrera decisamente nelle linee pastorali tracciate in quello storico evento e, d’altra parte, nelle necessita reali del popolo cubano. Di fronte alla gestione globale del governo socialista, non viene certo chiesto alla Chiesa di assumere istituzionalmente la gestione della beneficienza pubblica mediante strutture sue proprie. La rivoluzione é andata riempiendo il vasto spazio esistente — come ancora succede in altri paesi — tra i ricchi e i poveri: nel paese non ci sono pit ricchi, ma non ci sono nemmeno poveri. La missione della Chiesa é quella assegnatale dal Vangelo nell’«aggiornamento» operato dal Vaticano II: essere sale delia terra, luce del mondo, anima della societa. Risulta pit importante la formazione etica dei cristiani e la loro proiezione, per nulla proselitista ma totalmente «contagiosa» in virtd della loro esemplarita, in tutti gli ambienti sociali cosi da poter servire e animare gli altri loro compagni. E in questa linea che si muovono tutti i passi pastorali che la Chiesa ha compiuto nel suo «post-ENEC». Risulta significativo dentro tale prospettiva il fatto che lo Stato abbia autorizzato l’ingresso nel paese di sacerdoti stranieri animati dal rinnovato spirito evangelico del post-concilio. Fidel Castro ha addirittura prospettato alla Chiesa la necessita che varie centinaia di suore vengano a lavorare a Cuba 8 Giornale Juventud Rebelde, organo ufficiale dell’ Unione Giovani Comunisti (di Cuba), La Habana, giovedi 5 luglio 1984, pag. 1, coll. 4e S;e Fidel y la religidn: conversaciones con Frei Betto, Ed. del Consiglio di Stato (della Repubblica di Cuba), La Habana 1985 (cfr. ed. it. Paoline, 1986).
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in opere sociali, persino assumendone la direzione, data la loro esperienza, efficacia e umanitarismo esemplare.
Il. CONCLUSIONE Le esperienze vissute dalla Chiesa durante questi ultimi tre decenni della storia rivoluzionaria del popolo cubano dimostrano che la fede e le ideologie possono tradursi in pregiudizi e dogmatizzazioni assurde, e invece di portare liberazione e pace provocano solo contraddizioni estranee ai rispettivi principi originari. Nel caso cubano, i momenti di maggior tensione non hanno mai rivestito la gravita di altre istanze storiche e geografiche verificatesi durante la lunga vita della Chiesa. Tra i due estremi, ci sono state persone e gruppi responsabili che hanno gradualmente affermato !’armonia, la comprensione, il rispetto reciproco, e hanno aperto spazi alla collaborazione onesta che tutte le istituzioni sociali devono attuare in spirito di servizio. Questo esempio fa vedere le «ombre» da cui rifuggire e le «luci» con cui illuminare la marcia del popolo verso la sua liberazione integrale. E la missione della Chiesa ed é anche quella dello Stato. E un assurdo — un peccato ~ che entrambe le istituzioni si schierino l’una contro l’altra. E necessario che esse collaborino facendo cid che spetta a ognuna.
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Ratil Gomez Treto
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EEE SESSA
ES
NICARAGUA
(1979-1992)
Angel Arnaiz Quintana Pur mancando ancora una prospettiva storica per affrontare gli ultimi tredici anni di presenza cristiana nella rivoluzione popolare sandinista, l’intensita e l’eccezionale importanza dei fatti vissuti ci obbligano a studiarli in profondita. Come osservava il vicepresidente del passato governo sandinista, dottor Sergio Ramirez, a Caracas il 28 giugno 1983: «La rivoluzione sandinista sorge in Nicaragua come risposta storica a una duplice situazione: di ingiustizia secolare all’interno e di soggezione agli interessi imperiali degli Stati Uniti all’esterno. Entrambe le condizioni, ingiustizia e dominazione, sono intimamente intrecciate tra loro nella storia del Nicaragua e in quella del continente latinoamericano. Possiamo quindi anche affermare che la rivoluzione sandinista é una risposta, © parte di una risposta storica latinoamericana all’ingiustizia e alla dominazione». E in questa prospettiva che occorre giudicare i fatti ed esaminare la nostra situazione. Una rivoluzione é la realizzazione di cambiamenti profondi e rapidi in una societa a vantaggio delle maggioranze costrette alla poverta. La rivoluzione sandinista é una rivoluzione moderata che, sotto la guida del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN), riprende lo spirito nazionalista e popolare di Augusto C. Sandino il quale, con un esercito di operai e di contadini, era riuscito nel 1933, dopo pid di sei anni di combattimenti, a espellere i marines Usa dal Nicaragua. L’anno seguente — 1934 — egli veniva assassinato da coloro che il governo degli Stati Uniti aveva lasciato in Nicaragua per salvaguardare i propri interessi: Anastasio Somoza e la sua fazione, che per pit di 45 anni e sotto la protezione delle amministrazioni nordamericane avrebbero mantenuto il paese sotto una sanguinosa dittatura.
La rivoluzione sandinista é stata caratterizzata dai princip? di
economia mista, pluralismo politico, non allineamento internazionale e democrazia rappresentativa e partecipativa. I cristiani che prendono attivamente parte a questa rivoluzione sono per la maggioranza membri della Chiesa cattolica, dato che i protestanti o evangelici, pur essendo cresciuti molto in questi anni (cfr. dati statistici alla fine), nel 1979 erano una minoranza. Si tratta di un cristianesimo a base popolare,
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teologicamente arretrato, con minoranze molto attive e coscienti, un cristianesimo che si associa alla rivoluzione con un senso etico e morale dalle profonde radici cristiane, senza fare in un primo momento troppe disquisizioni teoriche. Si tratta di farla finita con la corruzione e l’ingiustizia, gli abusi di potere e le uccisioni, e di creare una societa dove i poveri abbiano la loro opportunita e la loro parola sia ascoltata.
I. 1978-1990: PRIMA TAPPA IN TRE FASI Dal gennaio 1978 al febbraio 1990 possiamo distinguere tre fasi nella partecipazione dei cristiani al processo rivoluzionario:
Gennaio 1978 - maggio 1980: pluralismo cristiano nel trionfo rivoluzionario L’unita di forze contro la dittatura somozista non nasconde tuttavia la diversita delle posizioni ecclesiali presenti in tale lotta: dagli alleati di Somoza fino ai guerriglieri sandinisti, attraverso i vari settori della borghesia dipendente, in tutti i settori sociali vi sono dei cristiani. Ogni settore riflette in maniera diversa le sue convinzioni cristiane, anche se per un’analisi teologica cid che conta é studiare i fatti pratici e, in sintonia con essi, le parole di chi li sostiene. I] policlassismo ecclesiale si manifesta in modo evidente in una congiuntura cruciale come questa.
Maggio 1980 - luglio 1986: verso la contrapposizione interna totale La dinamica di guerra che i settori pit. conservatori degli Stati Uniti impongono al Nicaragua va polarizzando le posizioni politiche interne e creando una forte tensione intraecclesiale: se ne vedra la punta massima nell’appoggio dato da alcuni vescovi alla richiesta del presidente Reagan per ottenere cento milioni di dollari da parte del congresso degli Stati Uniti a sostegno della guerra controrivoluzionaria in Nicaragua. Cid fu motivo di azioni non violente e profetiche del ministro degli esteri della repubblica, il sacerdote Miguel D’Escoto, con ripercussioni internazionali e interne molto forti. La cosiddetta «guerra di bassa intensita», iniziata dai governanti
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degli Stati Uniti dopo la loro sconfitta in Vietnam, include tra l’altro la distruzione di centri economici e un grande apparato propagandistico, e cosi pure quella che viene chiamata «la polonizzazione della Chiesa», consistente nel creare un focolaio di opposizione al sandinismo a partire dalle strutture ecclesiali, incentrate intorno alla figura di mons. Obando, che sara nominato cardinale della Chiesa.
Luglio 1986 - febbraio 1990: una politica di mediazione e di neocristianita
Il logorio prodotto dalla contrapposizione e la gravita della situazione centroamericana sono all’origine di un cambiamento nell’atteggiamento del Vaticano verso il Nicaragua. Con difficolta si va imponendo una linea di dialogo e di collaborazione tra governo e gerarchia cattolica, anche se all’interno della Chiesa continuano a essere screditati coloro che manifestano la volonta di appoggiare il progetto popolare sandinista. La Chiesa promuove una linea di mediazione in sintonia con i suoi interessi istituzionali e con lo sforzo di neocristianita che incoraggia in tutta l’ America Latina.
a) Gennaio 1978 - Maggio 1980: policlassismo ecclesiale e pluralita politica Con l’assassinio, su ordine del dittatore Somoza, del giornalista Pedro Joaquin Chamorro Cardenal, riceve nuova spinta e si intensifica il moto insurrezionale popolare. Nel settembre di quell’anno il Fronte Sandinista promuove I’insurrezione finale contro la dittatura, che cadra il 19 luglio 1979. Durante l’insurrezione finale, il nunzio del Vaticano in Managua, mons. Montalvo, nelle feste «nazionali» brindava ancora col dittatore, mentre questi faceva bombardare citta come Esteli e Leén. Altri sacerdoti figuravano come cappellani, con grado di ufficiali, della guardia di Somoza. Non mancarono sacerdoti e religiose che nella fase pit: acuta della guerra chiusero case, chiese e collegi per evitare che vi entrassero combattenti o feriti. E col trionfo della rivoluzione molti lasciarono il paese per non farvi pit ritorno. Se da una parte c’era questa Chiesa cattolica identificata col somozismo, dall’altra i guerriglieri sandinisti, i loro familiari e vasti settori popolari e della classe dirigente combattevano e si organizzavano per motivazioni strettamente religiose. Celebrazioni di ringraziamento, rosari al collo, veglie, voti..., cosi il popolo espresse la propria fede quando si arrivd
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al trionfo rivoluzionario di quel famoso 19 luglio. Un mese pit tardi, i religiosi e le religiose del Nicaragua pubblicarono una dichiarazione ufficiale di appoggio al processo rivoluzionario: «Con immensa gioia vediamo inaugurarsi un nuovo periodo nella storia della societa nicaraguense... E nota a tutti la scelta che i cristiani pil coscienti hanno fatto in questi ultimi anni per la liberazione dei poveri. Abbiamo accompagnato, anche a rischio delle nostre vite, il processo che conduce alla vittoria»?. Due sacerdoti, Francisco Luis Espinosa e Gaspar Garcia Laviana, facevano parte di quella schiera di popolo che ha dato la propria vita in quella lotta. Vari altri facevano parte del nuovo governo di ricostruzione nazionale. Erano il simbolo della partecipazione in massa dei cristiani al processo rivoluzionario. Fatto del tutto speciale nella storia universale, perché inedito fino ad allora. Persino i vescovi, in una famosa lettera in data 17 novembre 1979, appoggiarono il processo e videro in maniera positiva il socialismo che si sarebbe potuto instaurare in Nicaragua. Nel frattempo il nunzio a Managua era stato sostituito e quello nuovo aveva preso parte alle trasformazioni dell’Algeria. Anch’egli tuttavia sarebbe stato ben presto trasferito. La posizione dei vescovi del Nicaragua di fronte alla rivoluzione riflette bene quella mantenuta dalla borghesia: indecisa e titubante. Lo rispecchiano i documenti emanati in quei mesi. Dall’appoggio alla lotta insurrezionale, gia nel giugno 1979, e dalla citata lettera del novembre, fino ai silenzi e ai tentativi di composizione con intervento dell’ambasciata nordamericana, come capitd a mons. Obando che, al momento del trionfo, si trovava a Caracas con i partiti tradizionali in cerca di una via d’uscita per Somoza. Alla fine di luglio del 1979, in piena euforia rivoluzionaria e in mezzo a limitazioni evidenti, i vescovi inviano una lettera sui pericoli e le insufficienze del momento. Nel febbraio del 1980 if CELAM di Ldpez Trujillo indisse una campagna internazionale di preghiere per il Nicaragua. All’interno del Nicaragua promosse studi, conferenze e seminari — come se in Nicaragua non ci fosse mai stato nulla di pastorale — su una linea tra le pit conservatrici, sul tipo delle conferenze tenute dal teologo Kloppenburg a vescovi e sacer9 Giornale Barricada, 19 agosto 1979, 1. Sia questo giornale che La Prensa e El Nuevo Diario, i tre giornali pid diffusi in Nicaragua, hanno assicurato grande attenzione agli elementi religiosi, e bisognera rifarsi a essi peri fatti che vengono qui studiati.
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doti. Lépez Trujillo pare desiderasse ottenere dei riconoscimenti a Roma in seguito alla sua azione anticomunista, ¢ scelse il Nicaragua per darne la prova. Di fatto cid gli valse il cardinalato’®. Tra l’aprile e il maggio del 1980 si verifica una forte crisi nella coalizione di governo. I rappresentanti della borghesia, Violeta Barrios Chamorro, vedova del giornalista P. J. Chamorro C., e Alfonso Robelo, imprenditore nel settore delle agroesportazioni, abbandonano la Giunta di ricostruzione nazionale. Queste rinunce cercano di provocare il caos nello Stato rivoluzionario, ma non vi riescono. Partecipano alla crisi anche alcuni mezzi di informazione a livello nazionale, come il giornale «La Prensa», dal quale escono i principali collaboratori di P. J. Chamorro per fondare «El Nuevo Diario». Questi due giornali, oltre che «Barricada», organo ufficiale del FsLN, sono diretti da diversi membri della stessa famiglia Chamorro: un segno della situazione del paese! In coincidenza con tutto questo, il 13 maggio i vescovi diffondono un comunicato nel quale chiedono l’abbandono dei loro posti di governo ai sacerdoti che ne fanno parte, ritenendo ormai superata la situazione di eccezione contemplata dal Diritto Canonico. Ma i sacerdoti implicati rispondono che tale eccezione continua. Lo stesso comunicato episcopale arriva inoltre a screditare vari centri di riflessione teologica e di appoggio pastorale di ispirazione cristiana. E il primo scontro intraecclesiale visibile dopo il trionfo. Nel marzo era iniziata la grande campagna nazionale di alfabetizzazione, che ridusse al 12% l’analfabetismo che prima superava il 50% della popolazione. A questa straordinaria mobilitazione presero parte sacerdoti e religiose, molti di loro impegnati in collegi. I! contatto con |’estrema poverta di larghi strati della popolazione produsse su questi religiosi un impatto enorme, cosi che al termine di quella campagna essi misero in discussione la loro vita e le istituzioni di cui facevano parte. Alcuni furono allontanati dai loro posti e anche dal Nicaragua, perché si vedeva che stavano diventando «comunisti»; altre congregazioni piu sensibili iniziarono o allargarono il loro inserimento stabile in ambienti popolari di citta o di campagna.
10 J. M. Vigil, Nicaragua y los tedlogos, México 1987, pp. 88-89. Corrisponde a un’intervista fatta a José Comblin. Cfr. Pintervista a Ernesto
Bravo in Amanecer 10 (luglio 1982) 16.
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La rivoluzione avanzava e obbligava ogni giorno ciascuno a decidere pit! chiaramente da che parte stare. b) Maggio 1980 - Luglio 1986: verso la polonizzazione e la polarizzazione della Chiesa La massiccia partecipazione dei cristiani a un processo di cambiamenti profondi in favore delle maggioranze povere fu vista con preoccupazione nei centri di potere che avevano relazioni con gli Usa. Per questo si pensd a un progetto alternativo nel quale la Chiesa istituzionale, unita intorno al suo principale rappresentante, facesse da muro di sbarramento e di opposizione al sandinismo. Si riproduceva cosi il modello polacco, a cui era tanto sensibile papa Woytjla. La debolezza dei partiti tradizionali trovava un forte sostegno nell’alleanza con questo modello di Chiesa. Un primo passo, accanto ad altre opposizioni iniziali, consistette nell’eliminare sacerdoti, religiose e religiosi e dirigenti ecclesiali in genere, dai loro posti pastorali. A tale scopo si fece ricorso all’espulsione diretta o indiretta, come sospensione di contratti in vigore per parrocchie, istituti, collegi, ecc. Varie furono le diocesi colpite da questi provvedimenti, ma la grande maggioranza dei casi ebbe luogo nell’arcidiocesi di Managua, dove mons. Obando si adopero perché sacerdoti diocesani, religiosi e religiose lasciassero i loro posti di lavoro e lo stesso Nicaragua. Casi famosi furono quelli del domenicano Manuel Batalla, del diocesano Arias Caldera, del francescano Mauro Iacomelli, delle suore dell’Assunzione di San Judas, delle suore carmelitane di Chiliquistagua, per non parlare di decine d’altri. Si poté cosi dire che nella Chiesa alcuni vescovi attuavano una vera persecuzione contro i religiosi maggiormente legati a una pastorale aperta. Di fronte alla piega che stavano prendendo gli avvenimenti, il Fronte Sandinista nell’ottobre del 1980 emand un documento famoso, il primo di questo genere trattandosi di un partito rivoluzionario al potere, sui principi che guidavano il suo agire in campo religioso. In esso si riconosce che i cristiani spinti dalla loro fede hanno preso parte ai cambiamenti e sono di fatto membri del FsLN. Furono molti a rallegrarsi di una tale dichiarazione. La conferenza episcopale tuttavia, nella risposta che diede a questa dichiarazione, vi scorse totalitarismo, ateismo, tentativo di strumentalizzare la Chiesa, e altri mali ancora. L’anticomunismo si manifestava gid come un’arma irresistibile per delegittimare il governo in carica. Nel frattempo, le Chiese evangeliche o protestanti conti-
ee eabe
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nuavano il loro cammino di penetrazione nella convulsa realta sociale del Nicaragua. Vasti settori popolari si videro influenzati da Chiese di tipo pentecostale o facenti riferimento al giudizio finale. In tutto il paese venne introdotta una grande campagna del tipo «Cristo viene, preparati». Tale campagna ebbe luogo in coincidenza con I’intensificarsi della controrivoluzione in varie zone contadine del nord e del centro del Nicaragua: molti videro cosi una correlazione tra entrambe. Altre Chiese, in particolare le cosiddette Chiese protestanti storiche, come quella battista, ia luterana e la anglicana, mantenevano davanti alla rivoluzione i loro principf e atteggiamenti, che in molti casi erano di appoggio. Neila costa atlantica, che occupa la meta orientale del paese, benché la sua popolazione sia molto ridotta e sia abitata da etnie come quelle dei miskitos e dei sumos e da alcuni altri gruppi caratteristici, come neri, mulatti e garifoni, |’influenza religiosa sugli avvenimenti era assai marcata. Con una fede cristiana strutturata sulla linea della Chiesa morava, soprattutto tra gli indigeni, e di altre confessioni importanti come quella cattolica, la sua traiettoria politica, militare, sociale e religiosa é risultata assolutamente tipica. II governo sandinista rispose con una Legge di Autonomia della Costa Atlantica, che risulta esemplare nel riconoscimento dei diritti storici
delle popolazioni indigene. La partecipazione di vescovi, sa-
cerdoti, pastori, religiose e religiosi e delegati della Parola e catechisti é stata in molte occasioni determinante per la direzione che prendevano gli avvenimenti e a cui non possiamo qui far altro che accennare. La campagna di polonizzazione ecclesiale promosse |’esautoramento del vasto settore cristiano che favoriva i] processo
rivoluzionario,
accusandolo
di politicizzare
il vangelo,
di
strumentalizzare la Chiesa e di non essere fedele ai legittimi pastori — leggi: vescovi, soprattutto mons. Obando — e persino di non essere in comunione col papa. Si stava costituendo una Chiesa parallela — cosi la qualificavano i suoi oppositori politici — , una Chiesa popolare. Alla Radio Cattolica del Nicaragua, sotto la guida della curia arcivescovile, si parlava dei veri cattolici in contrapposizione a quelli della Chiesa popolare. L’allarme giunse a Roma. In una lettera di papa Giovanni Paolo II, in data 29 giugno 1982, si parlava dell’unita della Chiesa, ma anche della Chiesa popolare; questo termine, secondo il papa, ha un duplice significato: quello gia ricordato di contrapposizione alla gerarchia, oppure quello riconosciuto nella tradizione della Chiesa, in quanto essa viene costituita come popolo di Dio.
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I fatti sarebbero giunti al culmine con l’annunciata visita del papa in Centroamerica, e in particolare nel Nicaragua. Ricevettero allora conferma molte delle cose che stavano succedendo. La guerra controrivoluzionaria era in crescendo: un giorno prima della visita del papa a Managua, sulla stessa piazza ci fu la veglia funebre davanti ai corpi di 17 giovani uccisi in un’imboscata. Si pensava che il papa avrebbe parlato della pace. Accorse una folla immensa: il governo adoperd tutti i mezzi a sua disposizione per garantirne la presenza. Quando il popolo riunito chiese pace e una preghiera per i defunti, papa Giovanni Paolo II parld della Chiesa, dell’unita intorno ai vescovi e a mons. Obando. Si alzarono pit forti le grida. Alla fine risiitava predominante un sentimento indefinibile: tutti si sentivano frustrati. In ambienti internazionali la si considerO una profanazione e un’offesa al papa; i cattolici si trovavano divisi: per alcuni i sandinisti avevano voluto strumentalizzare la visita e provocato le grida; per altri il papa non aveva saputo rispondere alle speranze che erano state riposte nel suo viaggio perché lo avevano consigliato male. Cio che é certo é che quel 3 marzo. 1983 un popolo intero aveva detto al papa qualcosa che egli non era abituato a udire. Il popolo aveva preso la parola e voleva essere ascoltato, non soltanto ascoltare!!. Anche la religiosita popolare si vide coinvolta in questa controversia, che, non lo si dimentichi, era di carattere politico. Nessuno mai infatti sollevd questioni dottrinali, morali o di autorita, anche se spesso gli avversari della rivoluzione volevano portare le cose su questo terreno. A partire da semplici episodi fino ai momenti di grave tensione, da célebrazioni con sempre crescente concorso di popolo fino all’abbandono di credenze e usanze, l’avanzare del processo rivoluzionario e delle Chiese protestanti hanno modificato gli equilibri e i rapporti. Un fatto significativo, per esempio, fu quello che avvenne con l’immagine di Cristo Crocifisso, molto venerata in Managua e chiamata col nome di «La Sangre de Cristo». Sono i religiosi cappuccini a custodirne il culto fin dal 1916; se'! Tepala, El Papa en Nicaragua, Madrid 1983. Comprende una vasta
gamma di documenti sulla visita. Particolarmente importante é il documento, considerato top secret, Asf fue asesorado el Papa: el documento clave, 161-176. Oltre a una visione ideologizzata e assai parziale del Nicaragua, si insiste sulla necessita di rafforzare la figura dell’allora mons. Obando, cosi pure di presentare il modello polacco come esempio in vari punti, come quello di sollecitare la presenza di un nunzio polacco o di cercare l’unita attorno al primate, «com’é stato nel caso della Polonia».
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nonché Ia settimana santa del 1985, dopo la tradizionale processione del venerdi santo, essa venne trasferita senza alcun permesso in una parrocchia diversa da quella in cui si trovava. L’arcivescovo non voleva che fossero membri della Chiesa popolare — cosi furono qualificati i cappuccini — a custodirla. A nulla valsero i loro reclami a Roma. Nell’aprile del 1985 mons. Obando é nominato cardinale. La sua prima messa di cardinale, prima di arrivare in Nicaragua, viene celebrata a Miami, dove si é autoesiliato un folto gruppo di somozisti e loro soci, che assistono alla messa. In Nicaragua poi, il cardinale compie una visita a tutte le diocesi, con manifestazioni che ne mettono in mostra il marcato carattere antisandinista. La guerra controrivoluzionaria cresce nei suoi effettivi e tocca ormai il paese da nord a sud, dalla frontiera honduregna a quella del Costa Rica. Aumenta il boicottaggio economico, sotto l’incitamento dell’amministrazione degli Stati Uniti. Crescono azioni terroristiche come il bombardamento di punti nevralgici quali i depositi di combustibile, il minamento dei porti, ecc. Aumentano ogni giorno i morti, i profughi, gli orfani, i sequestrati dalla «contra», i mutilati di guerra. I poco piu di tre milioni di nicaraguensi si vedono costretti a subire un salasso umano e una distruzione infernale.
Nel luglio di quello stesso 1985, il ministro degli esteri del-
la Repubblica, Miguel D’Escoto, sacerdote di Maryknoll, inizia un digiuno prolungato in una parrocchia di Managua per richiamare I’attenzione mondiale e suscitare una risposta cristiana davanti all’ingiustizia dell’aggressione. A lui si uniscono migliaia di nicaraguensi e persone da tutto il mondo. Nel febbraio del 1986, di fronte al continuare della guerra e alle sue caratteristiche interne, lo stesso Miguel D’Escoto fa una via crucis per la pace e la vita partendo dalla frontiera honduregna, da dove provengono la maggior parte delle aggressioni, per arrivare fino a Managua. Questo metodo non violento suscita anch’esso una grande risposta nella popolazione, anche se la polarizzazione della societé nicaraguense ¢ ormai un fatto compiuto e molti lo respingeranno. Alla conclusione della via crucis, davanti alla cattedrale di Managua, semidistrutta dal terremoto, parteciparono pit di settanta sacerdoti, il che rappresenta — tenuto conto di quelli che non poterono venire ma erano solidali
— quasi la meta dei sacerdoti del Nicaragua, poco pit di 200 in
tutto. In tale celebrazione Miguel d’Escoto parlé con una forza che impressionO tutti e che ricordava i profeti biblici. In quelVoccasione furono pronunciate parole gravi, come quelle che
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dicevano che il cardinale Obando avrebbe dovuto smettere di celebrare la messa perché complice delle uccisioni che avvenivano in Nicaragua.
E un dato di fatto che sia il cardinale Obando che il vescovo
di Juigalpa, Pablo Vega, si recarono in quegli stessi giorni a Washington per appoggiare la richiesta di Reagan al Congresso, diviso, di approvare la consegna di cento milioni di dollari alla controrivoluzione armata. Lo stesso Reagan riconobbe l’importanza della presenza di tali vescovi per la realizzazione del piano. Si otteneva cosi l’unita di partito su un progetto che divideva l’opinione pubblica nordamericana, dove pacifisti e gente solidale col popolo del Nicaragua manifestarono pit di una volta la loro opposizione alla politica beilica nordamericana. Questi fatti segnano il punto culminante dei contrasti, sia della Chiesa antisandinista nei confronti della rivoluzione, sia in seno alla Chiesa stessa, tra quelli che appoggiano e quelli che si oppongono al progetto rivoluzionario. c) Luglio 1986 - Febbraio 1990: verso una politica di mediazione ecclesiale Il logoramento prodotto sia nella Chiesa che nel governo da questo schierarsi gli uni contro gli altri, come pure gli interessi della Chiesa cattolica in tutta l’America, oltre che le voci giunte a Roma su cid che avveniva, furono motivo di un cambiamento di rotta nella politica vaticana sul Nicaragua. Fu di nuovo cambiato il nunzio, ora con sede solo a Managua. Fu nominato don Paolo Giglio, che aveva appena svolto importanti funzioni diplomatiche nei riguardi della Chiesa nazionale cinese, e cid sta a indicare l’orientamento che egli avrebbe dato alle cose. Nel settembre si tenta di riannodare il dialogo Chiesa-Stato; benché interrotto e ripreso varie volte, esso serve almeno a diminuire le tensioni. Aumenta anche il numero dei vescovi. Da sette che erano nel 1979 si passera a dodici, dieci anni dopo. Benché si siano conservati uniti tra loro, era nota la diversa posizione che all’interno della conferenza episcopale mantenevano soprattutto i quattro vescovi della famiglia francescana, pit disposti a continuare nella linea di un incontro rispettoso col governo. Alla fine del 1986 scoppia negli Stati Uniti lo scandalo Iran-contras, che finisce per mettere in evidenza |’illegalita delle azioni del governo degli Stati Uniti in base alle stesse leggi nordamericane. Alcuni mesi prima, la Corte internazionale di giustizia dell’Aia, il pit alto organismo del genere,
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aveva dichiarato J’illegalita di quella guerra di fronte alle leggi internazionali. Ma né I’una né I’altra cosa impedirono al governo del presidente Reagan di seguitare a fornire fondi per la guerra stessa. Fu proprio una bomba finanziata da questo governo a provocare la morte del francescano Tomas Zavaleta e di una delle sue catechiste, oltre che ferite gravi a un altro francescano e ad altri che erano con lui. Era il 3 luglio 1987. In quello stesso anno ha inizio il processo di ricerca d’intesa, passata sotto il nome di accordi di Esquipulas, da parte dei presidenti centroamericani, che tentano di fermare le guerre in Centroamerica, e in particolare in Nicaragua. Uno dei passi intrapresi consiste nel creare delle commissioni nazionali di riconciliazione. Il presidente Daniel Ortega offre la presidenza di tale commissione al cardinal Obando. In Nicaragua erano intanto stati fatti grandi passi in avanti e ci fu un momento in cui sembrd che il governo e la controrivoluzione fossero sul punto di firmare degli accordi. Ma l’intervento, ancora una volta, del governo degli Stati Uniti fece naufragare i risultati. La guerra continuava. Per Washington, il sandinismo era da eliminare. Con esso non sono possibili né accordi né mediazioni. C’é da aggiungere che l’ambasciatore degli Stati Uniti in Nicaragua organizzd un piano di destabilizzazione, detto «piano Melton», che fu denunciato dai giornali messicani e che obbligd il governo sandinista a espellere l’ambasciatore dal Nicaragua, insieme ad altri funzionari. In tale piano figurava una lettera dei vescovi che denunciava la persecuzione. Fu pubblicata anch’essa, com’era previsto, e cid contribui ad accentuare le distanze tra Managua e Washington e a raffreddare nuovamente i rapporti tra Chiesa e Stato. Nella visita ad limina dal papa, nel 1988, i vescovi manifestano la loro fedelta a Roma e il fervore della fede mariana ed eucaristica del popolo nicaraguense, come pure l’unione esistente con i legittimi pastori. La macchia nera é costituita da un gruppo di religiosi, religiose, sacerdoti e laici che, per dirla col cardinal Obando, sono impegnati in quella guerra («beligerantes») che mira a dividere la Chiesa. Le conseguenze pratiche saranno queste: numerosi operatori pastorali, pienamente autorizzati dai loro superiori e in regola con i requisiti canonici, non ricevono pit il permesso per esercitare il loro lavoro; si continua, d’altra parte, a cercare di allontanare coloro che manifestano un’apertura al processo sandinista. Questa larvata persecuzione intraecclesiale avviene ancora in pieno 1989. Trascorsi dieci anni di governo sandinista, sono questi i
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dati relativi alla crescita degli operatori pastorali, stando alle informazioni del governo: Chiesa cattolica parrocchie sacerdoti diocesani congregazioni religiose religiosi religiose seminari seminaristi
167 144
178 167
incremento 11 23
54 149 400 2 25
83 272 621 10 315
29 123 221 8 290
54% 83% 55% 400% 920%
Chiese protestanti (evangeliche)
1979
1988
incr. %
16 1500
120 2000
incremento 74 500
denominazioni pastori popolazione praticante (%)
1979
1988
3.5%
17,5%
14%
incr. % 6% 16%
150% 34% --
II. 1990-1992: SECONDA TAPPA. NUOVO GOVERNO E NUOVI RAPPORTI CON LA CHIESA II bisogno di pace, dopo un salasso di enormi proporzioni per gli abitanti, e dopo la distruzione e il logoramento economico provocati da dieci anni di guerra, favori l’alternativa filo-nordamericana nelle elezioni del febbraio 1990, le pit limpide nella storia del Nicaragua. E evidente |’influenza del cardinale e della Chiesa cattolica in generale sul nuovo governo. In questo senso si é raggiunto l’optimum dell’intesa per realizzare quella che possiamo chiamare |’aspirazione a una neocristianita, nella quale la Chiesa legittima il potere civile ricevendone in cambio benefici e privilegi per il suo inserimento sociale attraverso mezzi di comunicazione, educazione, leggi e altro ancora, senza escludere aiuti economici. Come aveva scritto nel 1985 un teologo, i vescovi del Nicaragua «non solo non riuscirono a superare una visione antiquata del ruolo della Chiesa nella societa, ma restarono coerentemente legati a una determinata classe sociale, la classe borghese. In altre parole, quando la borghesia nicaraguense divenne somozista, i
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vescovi
divenne
erano
somozisti;
antisomozista,
quando
i vescovi
la borghesia
furono
nicaraguense
antisomozisti;
quan-
do la borghesia nicaraguense simpatizzO con i sandinisti, i vescovi fecero lo stesso; e quando la borghesia ruppe con i sandinisti, anche i vescovi si sono messi contro i sandinisti. Non esiste solo questo legame di classe; in realta la conferenza episcopale del Nicaragua ha agito, e soprattutto agisce ora, come un partito politico». Un vivace settore della Chiesa si mantiene tuttavia fedele alla liberazione dei poveri in una linea piil collegata allo sviluppo della coscienza e dell’organizzazione popolare. In questi tredici anni sono inoltre cambiate le condizioni socioculturali del Nicaragua, né si potra pit esercitare una dominazione come in passato. Bisogna inoltre fare i conti con la popolazione appartenente alle Chiese evangeliche o protestanti, la cui forza ¢ veramente notevole in certi settori sociali. Si prevede infine, nei mesi e negli anni prossimi, un maggior dinamismo dei gruppi cristiani, pur dovendo tener conto di significativi settori che si sono scristianizzati in questi anni, o per non essere mai stati cristianizzati prima o per aver abbandonato la fede di fronte alla mancanza di testimonianza da parte di molti rappresentanti ecclesiali.
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12 Frei Betto, «Entrevista», in Amanecer 8 (aprile 1982) 12. Del medesi-
mo autore, cfr. «El compromiso cristiano con Nicaragua», in Nicarauac 5
(aprile 1985).
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LA CHIESA E LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI
25.
José Comblin
Come riassumere questi ultimi due decenni di storia della Chiesa? Abbiamo scelto i «diritti umani» come simbolo delVazione della Chiesa latinoamericana in questo periodo. Per vent’anni la Chiesa ha trovato nei diritti umani come una nuova ragion d’essere e una missione nel mondo; ma nel 1990, la missione di difendere i diritti umani é arrivata a una fase di esaurimento. La Chiesa cerca un’altra definizione in una nuova societa pill’ enigmatica che mai, ma ancora non I’ha trovata. Forse 1a «nuova evangelizzazione» in America Latina potrebbe essere qualcosa di pit di un programma di facciata per mascherare una mancanza di orientamenti. La situazione storica alla quale avevano dato una risposta sia il Vaticano II che Medellin era ormai venuta meno. La maggioranza dei vescovi latinoamericani erano appena rientrati nelle loro diocesi che gia dovevano affrontare situazioni nuove. Medellin voleva rispondere alla sfida dell’avanguardismo rivoluzionario ispirato al modello cubano. Le avanguardie rivoluzionarie vennero ben presto eliminate, in parte sotto i colpi della repressione delle dittature militari e in parte perché accadde qualcosa di ancor pit grave; esse stesse si resero conto di non riuscire a coinvolgere le masse dei poveri. Venendo a mancare il collegamento con le masse impoverite, come potevano liberarle senza di esse, o addirittura contro di esse? Quasi tutte le nazioni latinoamericane hanno attraversato una fase di dittatura militare ispirata ai programmi della dottrina della sicurezza nazionale. Le dittature combatterono i movimenti rivoluzionari, distruggendo contemporaneamente i nazionalismi politici ed economici. Promossero un modello economico neoliberale, cercando di inserirsi nella geopolitica degli Stati Uniti.
La Chiesa e la difesa dei diritti umani
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In quasi tutti i paesi le Chiese locali tentarono di opporsi al terrorismo praticato dai governi militari; in alcune nazioni capeggiarono addirittura la lotta per i diritti umani, mentre in altre collaborarono con diverse istituzioni. I governi militari si esaurirono nel giro di alcuni anni. Non
poterono pit contare sulle metropoli, e i loro capi pit. consa-
pevoli, come il gen. Golbery do Couto e Silva, in Brasile, si resero conto che i militari potevano raggiungere lo stesso scopo senza ricorrere al mezzo pericoloso costituito dall’esercizio diretto del potere politico. Per questo i militari non si opposero radicalmente al ritorno alla democrazia propugnato daimovimenti popolari e dalla Chiesa. Nel 1989 cadde l’ultima dittatura militare, quella del Cile. Ma il ritorno alla democrazia non ha portato a cid che si sperava, cioé alla mobilitazione di movimenti popolari forti e a una politica di riforme sociali capaci di invertire la situazione estremamente precaria delle masse. Le nuove democrazie hanno confermato i modelli neoliberali, accrescendo ulteriormente le ingiustizie della ridistribuzione. In genere le masse hanno eletto presidenti conservatori, scelti unicamente per le loro qualita carismatiche: Collor de Melo in Brasile, Menem in Argentina, Fujimori in Peru, Paz Estensoro in Bolivia e lo stesso C. A. Perez in Venezuela. Per gli anni novanta possiamo diagnosticare il fallimento della democrazia, incapace di realizzare le riforme diventate pill urgenti che mai, il fallimento del liberalismo economico responsabile del «decennio perduto» degli anni ottanta e del crollo del socialismo, colpito a morte nel 1973 in Cile. Di fronte al crollo dell’UrRss e dei suoi satelliti, le sinistre rimaste stanno cercando qualcosa di nuovo. Che cosa? Ribellioni popolari irrazionali? Un nuovo decennio di prostrazione? Chi lo sa? Nessuno osa prevedere il futuro. Vent’anni fa, tutti credevano di sapere cosa sarebbe accaduto. Ma ogni previsione si é rivelata sbagliata. E la Chiesa? Anzitutto c’é un movimento di massa: le masse stanno passando dal cattolicesimo al protestantesimo pentecostale. Si tratta del movimento religioso pit importante dal sec. XVI ad oggi. Praticamente la Chiesa cattolica sta perdendo le masse senza rendersene conto e senza prendere alcun provvedimento. E del tutto impotente di fronte a questo fenomeno di massa. Vincolata a strutture medievali e senza la volonta né la capacita di cambiare tali strutture, la Chiesa assiste passivamente al dissolvimento delle sue basi. La gerarchia cattolica ha raggiunto una situazione di abulia: é incapace di prendere decisioni.
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José Comblin
Roma lotta contro un modernismo inesistente e contro un comunismo morto vent’anni fa; lotta per ricostruire un centralismo radicale che sta dando l’ultimo respiro. La nuova centralizzazione romana paralizza il clero proprio nel momento in cui avrebbe pit bisogno di creativita e di liberta. Ma la rete informativa del Vaticano é opera di fanatici incapaci di capire l’evoluzione degli avvenimenti. La Chiesa di Medellin vide i suoi progetti, i progetti di una Chiesa dei poveri, ostacolati accanitamente dai governi militari. Cosi la liberazione si limitd alla cosa pit urgente, cioé alla lotta per i diritti umani. Questa lotta, perd, monopolizzo tutte le forze (della lotta per la liberazione), senza riuscire a realizzare una vera liberazione. La Chiesa di Medellin diede vita a una Chiesa di militanti (CEB, pastorale popolare) nel momento in cui le masse si stavano svegliando. Oggi le masse scelgono i pentecostalismi. Anche in seno alla Chiesa cattolica, il movimento in maggior espansione é il Rinnovamento carismatico cattolico. Questo spiega la perplessita dei pastori degli anni novanta, dopo due decenni che hanno sconvolto tutte le previsioni.
1. Il tramonto delle avanguardie rivoluzionarie Il modello cubano aveva convinto buona parte delle élites cattoliche, quelle che ritenevano insopportabile la situazione di «violenza istituzionalizzata» dell’America Latina (espressione della conferenza episcopale di Medellin). La morte del sacerdote colombiano Camilo Torres, durante la guerriglia del 1965 e quella di Che Guevara in Bolivia, nel 1967, non scoraggiarono gli entusiasti, che non seppero vedere in quelle due morti un avvertimento. Anzi, |’eroismo costitui un’attrattiva, forse proprio perché si trattava di eroismo tragico. I! modello cubano continuo ad esercitare la sua influenza ed era in auge proprio negli anni della conferenza episcopale di Medellin: 1968 (2a conferenza episcopale latinoamericana). Successivamente figure eminenti del mondo cattolico si recarono a Cuba dove vennero accolte nel miglior modo possibile da Fidel Castro: il vescovo di Cuernavaca, mons. Sergio Mendes Arceo, prima, e poi il sacerdote e poeta nicaraguense Ernesto Cardenal, il sacerdote e ministro degli esteri del governo del Nicaragua, Miguel d’Escoto, frei Betto del Brasile, il cui libro Fidel Castro: la mia fede (1985), divenne un bestseller mondiale. Nel 1971, durante la sua visita in Cile all’e-
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incontro con sacerdoti poca di Allende, Fidel Castro ebbe un del card. Silva. Segnacileni e ricevette una Bibbia dalle mani anni prima questo avDieci li di un crescente avvicinamento. fluenza decisiva. In un’in avere o vicinamento avrebbe potut quel momento invece era troppo tardi.
studenteschi del Nel contesto di Medellin, dei movimenti oame-
molti paesi latin 1967-68 e dello scoppio di guerriglie in «contestatori» in didoti sacer di i ricani, nacquero moviment vano sia la struttura ecversi paesi (dal 1968 in poi). Contesta furono i «sacerdoti clesiale che quella sociale; in Argentina mento Golconda movi il per il Terzo Mondo», in Pert PONIs, paesi. In Cile e altri in tanti impor in Colombia e gruppi meno questo genere. Ma proin Brasile non ci furono movimenti di i sacerdotali furono pit prio i paesi nei quali questi moviment
versando una fase forti attraversarono e stanno ancora attra
di forte repressione intraecclesiale. ono la repressione Quei movimenti ebbero vita breve: subir i sacerdoti furono ucdella polizia e delle forze armate, alcun essati dalla gerarchia e molti scelsero
cisi, molti vennero sconf entro nella guerrila riduzione allo stato laicale. Qualcuno
glia. ate via dagli appaNel 1972 le guerriglie erano state spazz in Brasile, in Peru, in rati di sicurezza in quasi tutti i paesi: fu neutralizzata. mbia Colo Bolivia e in Uruguay, mentre in nel Cile di ono ntrar conce si Le speranze dei rivoluzionari (1970-1973). In Cile i Unidad Popular di Salvador Allende ione con Unidad Popugiovani cristiani scelsero la collaboraz ma importanti per il lar, all’interno di partiti poco numerosi il MAPU (1969) e Sierano i; valore delle loro élites intellettual nistra Cristiana (1971). rsitari cattolici, soNon a caso gli intellettuali e gli unive Azione Cattolica, si prattutto quelli formatisi nelle file dell’
ismo leninismo. Il sentirono irresistibilmente attratti dal marx inizio anni in Brasile prototipo fu Azione Popolare, fondata universitaria lica catto e Azion °60 da ex membri dell’
(Juc).
al Partito comuniNel 1976 AP decise di aderire formaimente aria del
e pili rivoluzion sta del Brasile (frazione contestataria brasiliano). ista tradizionale Pc, detto partito comun doti e laici rivolusacer to rocen Nell’aprile del 1972 quatt Cile per il congresso di zionari si riunirono a Santiago del per il socialismo». fondazione del movimento «Cristiani in Cile dette il colIl golpe militare dell’11 settembre 1973 In America Latina . lismo po di grazia ai Cristiani per il socia la caduta del reCon . golpe al se il movimento non sopravwvis
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gime di Allende scompariva il sogno della transizione democratica al socialismo. Né guerriglia, né democrazia: cosa rimaneva? La sinistra latinoamericana entrd in una crisi profonda da cui non si é ancora ripresa. In Argentina, ci fu un fenomeno tragico di un’assurdita apparentemente surreale. Perdn, il capo carismatico esiliato nel 1955, tornd nel 1972; nel 1973 fece eleggere presidente il suo luogotenente Hector Campos, lo obbligd a dimettersi e riconquistd la presidenza nel 1973, ma mori pochi mesi dopo, lasciando il paese in preda a una completa anarchia. Dal 1972, due movimenti guerriglieri, Erp e Montoneros, presero a rivaleggiare per conquistare il potere. Lo stesso Perén permise una repressione feroce; il 23 giugno 1973, trecento giovani che erano andati ad accogliere Perén all’aeroporto di Ezeiza, morirono fucilati, mentre Perdén atterrava all’aereoporto militare di Moron. Un segnale di quanto stava per accadere. Isabel Perén, la vedova del capo, assunse la presidenza, ma non fece o non volle fare niente per contenere la repressione. Quando i militari presero il potere, nel 1976, la guerriglia era gia sconfitta, ma il nuovo governo prese il pretesto della guerriglia per eliminare tutta la gioventi rivoluzionaria: 30.000 torturati e desaparecidos, tra cui molti giovani cattolici. Possiamo dire che i migliori giovani intellettuali cattolici furono eliminati nella repressione dei movimenti guerriglieri, sia che prendessero parte attiva a quei movimenti sia che fossero simpatizzanti o semplicemente sospettati di esserlo. Questo accadde soprattutto in Brasile, Argentina, Uruguay, Peri e Colombia. Un’intera generazione di cui si sentira la mancanza piu tardi. I sopravvissuti di quella generazione perduta oggi hanno aderito ai partiti politici delle nuove democrazie. Sono tutti convertiti alla democrazia e ai diritti umani. Tutti hanno ripudiato da tempo il sistema dell’Urss e quelli che sono rimasti fedeli al marxismo gli attribuiscono significati pid: simbolici che reali. I veri seguaci del marxismo sono gli anziani che erano marxisti gia prima degli avvenimenti del 1965-75. C’é un’eccezione, almeno apparente, in questa evoluzione, ed é quella dell’America Centrale. In America Centrale la guerriglia raggiunge il suo sviluppo maggiore dopo la sua scomparsa dall’America Meridionale. In Nicaragua fino al 1978 la guerriglia era stata molto limitata. Fu allora che gli eccessi della repressione di Somoza provocarono un’insurrezione popolare che arrivd alla vittoria il 19 luglio 1979, prima guerriglia vittoriosa dopo quella di Cuba.
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Le condizioni perd sono diverse. Il sandinismo non vuole applicare un programma marxista. La sua base popolare era limitata, ma il consenso gli venne assicurato dalla «Chiesa popolare». Nel governo sandinista entrano tre ministri sacerdoti e numerosi laici cristiani convinti. Il regime sandinista ¢€ formato in gran parte da cristiani. I cristiani esercitano un influsso notevole sul regime. Il Nicaragua pud diventare un nuovo esempio per |’ America Latina? In Nicaragua molti pensano che El Salvador seguira lo stesso cammino. Dal 1976/77 le violenze aumentano. Dal 1980 El Salvador é in stato di guerra civile. Anche il Guatemala é in stato di guerra civile da quasi vent’anni. Nei movimenti rivoluzionari di El Salvador e del Guatemala i cristiani occupano posizioni di rilievo. Molti provengono da una democrazia cristiana che ha deluso. Ma le elezioni del 1990 dimostrano che anche il Nicaragua tende a essere ricuperato da un sistema cosiddetto democratico. Fino a quando? Le guerriglie di El Salvador e del Guatemala cercano le vie del negoziato. Anche i movimenti guerriglieri della Colombia cercano il negoziato. Cid che si sperava gia nel 1967/71 si sta realizzando. La scelta della guerriglia viene abbandonata dalla maggior parte delle sinistre e anche dai cristiani. C’ ancora Sendero luminoso che opera in Pert dal 1980, seguito dal movimento Tupac-Amaru. Ma i cristiani non sono presenti in questi movimenti. Per i cattolici la fase delle avanguardie rivoluzionarie é ormai conclusa. La Chiesa gerarchica rifiutd fin dall’inizio qualsiasi avvicinamento ai movimenti guerriglieri. A Cuba, per dieci anni, non ci fu alcun rapporto con il governo di Fidel. Solo negli anni settanta si instaurO una certa tolleranza di fatto. Ma ancora recentemente i cattolici erano esclusi dalla vita pubblica e dalle universita. Medellin respinse la soluzione della violen-
za insurrezionale, ma la dichiard giustificabile. Non ci si po-
teva aspettare di pi. I discorsi di Paolo VI in Colombia, nel 1968, prima dell’apertura di Medellin, erano stati molto pit decisi. Nei confronti delle guerriglie latinoamericane Roma fu sempre intransigente. Non tanto per il rifiuto della violenza in quanto tale, dal momento che, in Nicaragua, papa Giovanni Paolo II non disse una parola di condanna contro la guerriglia antisandinista. La condanna della Chiesa riguardava i movimenti di sinistra e non la violenza in se stessa. Tuttavia, nel 1979, poche settimane prima del trionfo sandinista (giugno 1979), i vescovi del Nicaragua proclamarono la legittimita dell’insurrezione popolare che stava gia vincendo.
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I] rifiuto della gerarchia non colpi solo il socialismo guerrigliero, ma anche la transizione per via democratica, come nel caso cileno. La gerarchia esprimeva il punto di vista dei cattolici. In Cile i cattolici erano elettori della destra o della democrazia cristiana. Le simpatie dei vescovi andavano alla democrazia cristiana. L’alleanza con il socialismo fu respinta in un documento pubblicato pochi giorni prima del golpe militare del 1973. In generale l’apertura di Paolo VI nei confronti del socialismo «democratico» dell’enciclica Octogesima Adveniens (1971) fu ben accolta in alcuni settori laici, ma ebbe scarsa accoglienza da parte della gerarchia e del clero in generale. Al tempo dei Cristiani per il socialismo i vescovi aperti a una soluzione socialista non erano pit di dieci in tutta l’America Latina. Tra di essi il vescovo di Cuernavaca (Messico), mons. Sergio Mendes Arceo; ma tutti sapevano che mons. Sergio era «atipico». Nel 1972 aveva preso parte al congresso dei Cristiani per il socialismo, ma la sua presenza non fu gradita all’episcopato cileno. Un’ apertura maggiore verso il socialismo si manifestd solo in Pera, nel 1971, in un documento preparatorio per il sinodo romano. A quell’epoca il presidente era il generale Velasco e i militari peruviani che erano al potere puntavano alla realizzazione di un programma socialista. Anche in Nicaragua, dopo la vittoria sandinista, l’episcopato pubblicd (novembre 1979) una dichiarazione nella quale riconosceva una forma di socialismo. Da allora la conferenza episcopale non ha pit dato nessun altro segno di conciliazione. Pochi mesi dopo per impulso del CELAM venne messa a punto una nuova politica; i vescovi avevano scelto la via dello scontro. 2. La Chiesa di fronte alle dittature militari di sicurezza nazionale Fin dal 1947, nell’ambito della guerra fredda, gli Stati Uniti avevano adottato la dottrina della sicurezza nazionale come base della loro politica estera. Essa fu prevalentemente una dottrina militare, una dottrina sulla guerra. Venne elaborata nelle scuole militari, soprattutto nel National War College (1948). L’idea era semplice: ci troviamo in una situazione di guerra totale. Totale perché coinvolge tutte le risorse della nazione, totale perché abbraccia tutto il tempo e lo spazio, totale perché tutte le nazioni vi sono coinvolte. Ben presto gli strateghi arrivarono alla conclusione che non ci sarebbe stato
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uno scontro totale e diretto tra Usa e Urss, ma esso sarebbe avvenuto nel Terzo Mondo. In questo campo Ia guerra ideologica era di primaria importanza. Si pensava che l’URss facesse tante conquiste proprio grazie alla sua guerra ideologica. Gli Usa fondarono nella zona americana del canale di Panama scuole militari per insegnare a migliaia di ufficiali degli eserciti latinoamericani la dottrina della guerra totale, della sicurezza nazionale, della guerra ideologica e i mezzi per condurre tale guerra (uno di essi é il College of the Americas). Per America Latina il programma comportava, in caso di necessita, la presa del potere da parte dei militari. La dottrina diceva che le democrazie latinoamericane erano troppo deboli per poter lottare contro la guerra ideologica comunista. Poiché la guerra ideologica occupava una posizione centrale nelia dottrina della sicurezza nazionale, era urgente individuare i nemici. E i nemici erano le forze intellettuali, tra cui le universita, le organizzazioni popolari e la Chiesa cattolica. I militari
che
assunsero
il potere
in America
Latina,
tra
il
1964 e il 1976, erano tutti convertiti alla dottrina della sicurezza nazionale e il loro programma era |’applicazione della dottrina insegnata negli Stati Uniti (completata dalla dottrina francese della guerra d’Algeria). Le uniche eccezioni furono i peruviani e i panamensi (1968) e il generale J. J. Torres in Bolivia (1970). I seguaci migliori furono gli argentini, gli uruguaiani, i brasiliani, i boliviani, i paraguaiani, i cileni e i centroamericani. Il primo golpe ispirato alla dottrina della sicurezza nazionale si ebbe in Brasile (1964) e un secondo golpe, nel 1968, venne a rafforzare il primo (Atto Istituzionale n. 5 che sospese le ultime liberta civiche). Nel 1968 ci furono golpes militari di tipo nazionalista in Peri e nel Panama, rispettivamente con il generale Velasco Alvarado e il generale Omar Torrijos. Questi regimi non entrarono in conflitto con la Chiesa. In Bolivia, il generale Banzer assunse il potere nel 1971 e si riveld un fedele sostenitore della dottrina. In Uruguay si sono avuti sempre presidenti civili, anche sotto sistemi militari. La dottrina della sicurezza nazionale domina chiaramente dal 1973 in poi. In Cile, il golpe del 1973 fu realizzato da militari formati alla scuola nordamericana. Fu uno dei pit duri. Nel 1976 fu la volta dell’ Argentina: il regime dei generali Videla, Viola e Gualtieri fu il pit sanguinario di tutti. In Colombia non ci fu golpe milita-
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re, ma il presidente Turbay, nel 1979, conferi ai militari tutti i poteri di un sistema di sicurezza nazionale. Infine, i nordamericani esercitarono in America Centrale un controllo molto pil diretto sulie forze armate. Nel decennio degli anni ottanta, la dottrina della sicurezza nazionale assunse il carattere di una guerra latente, ma i metodi collaudati nella fase anteriore servirono e fornirono ai regimi i mezzi di una repressione implacabile (Nicaragua di Somoza e piu tardi l’appoggio ai «contras», El Salvador, Guatemala, invasione di Panama, occupazione effettiva dell’Honduras come base militare). In Paraguay la dittatura del generale Stroessner risaliva al 1954, ma si adattd alle circostanze e divenne repressiva quanto e forse pil delle altre. In Ecuador fu pit blanda, ma divenne famosa per l’episodio di Riobamba di cui parleremo. In questo periodo la politica del Vaticano nei confronti dei governi militari latinoamericani fu messa a punto dal card. Sebastiano Baggio, presidente della commissione pontificia per l’America Latina. Baggio era stato nunzio in Brasile durante i primi anni della dittatura militare. Fu un alleato fedele dei militari e un avversario altrettanto fedele dei vescovi che si ribellarono alla dittatura. Fu uno dei nemici pid accaniti di dom Helder Camara. Dopo Medellin, il card. Samoré, rappresentante della Santa Sede nell’assemblea in quanto titolare della commissione per |’America Latina, venne esonerato dal suo incarico. Fu ritenuto responsabile delle «sciocchezze» di Medellin. Il Vaticano infatti reagi immediatamente contro Medellin. Il 13 agosto 1976, un gruppo di 17 vescovi americani di 8 diverse nazioni vennero arrestati a Riobamba, in Ecuador e internati in una caserma di Quito. C’erano anche 4 vescovi nordamericani; |’ambasciata nordamericana protestd insieme ad altre. Chi non protestd fu il nunzio e non lo fece nemmeno il card. Baggio e nessun rappresentante della curia romana, anzi proibirono ad altri di farlo. Il card. Baggio era d’accordo. II nunzio in quegli anni era mons. Luigi Accogli; egli Sapeva, era d’accordo e ando addirittura a sfidare i vescovi prigionieri nella caserma della polizia. Il caso suscitd tanto clamore in Ecuador che il nunzio fu inviato nel Bangladesh. Anche il CELAM protestd con scarsa convinzione. Non a caso il CELAM (Consiglio Episcopale Latinoamericano) non condanno mai la dottrina della sicurezza nazionale. Durante tutto il periodo delle dittature militari, il CELAM non prese mai chiaramente posizione per difendere i diritti umani violati con tanti eccessi in numerosi paesi.
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Inoltre, i vescovi latinoamericani che nei rispettivi paesi guidarono la lotta per i diritti umani ebbero sistematicamente la disapprovazione di Roma; dom Helder Camara (arcivescovo di Olinda e Recife dal 1964 al 1984, proprio nel periodo della dittatura) venne perseguitato dalla curia romana e si salvd solo per la fiducia personale di Paolo VI (che pero non osd mai difenderlo pubblicamente). A dom Helder Camara, nel 1985, succedette dom José Cardoso la cui missione consiste non solo nel disfare quanto é stato realizzato da dom Helder, ma anche nel distruggerne la memoria storica. In Cile il card. Raul Silva capeggid la lotta di resistenza contro il generale Pinochet, ma dovette affrontare l’opposizione romana ed ebbe come successore una persona gradita a Pinochet. In Brasile, fin dal suo insediamento, avvenuto nel 1970, il card. Paulo Evaristo Arns é stato il piti accanito difensore dei diritti umani non solo nella sua diocesi ma nell’intera nazione e addirittura in America Latina. E stato insignito di innumerevoli premi internazionali in riconoscimento della sua lotta per i diritti umani. Ha ricevuto numerose lauree «honoris causa» in tutti i continenti. Ma sia Roma che il CELAM lo osteggiano sistematicamente. Ultimamente gli hanno suddiviso la diocesi in cinque parti, pensando di sottrargli la base popolare. Possiamo dire che quasi tutti i vescovi che hanno assunto posizioni decise di lotta contro gli abusi delle dittature militari, sono stati osteggiati da Roma, hanno ricevuto visitatori apostolici e, una volta andati in pensione, hanno avuto come successori uomini della sponda opposta, con la missione di disfare quanto essi avevano fatto. Negli anni in cui l’America Latina imboccava la via della dittatura militare ispirata alla sicurezza nazionale, ci fu un cambiamento radicale nel CELAM. Roma non aveva accettato Medellin. Nelle elezioni per la nuova presidenza, svoltesi a Sucre nel novembre del 1972, la Santa Sede obbligd i vescovi a votare i suoi candidati. Venne imposta l’elezione a presidente dell’argentino mons. Pironio, ora cardinale di curia, e fu scelto come segretario generale il giovane vescovo ausiliare (solo un anno di consacrazione episcopale) di Bogota, Alfonso Lopez Trujillo (in seguito arcivescovo di Medellin e cardinale). Alfonso Lopez rimase segretario generale fino al 1979, quando si candido e si fece eleggere presidente. In pratica diresse il CELAM dal 1972 al 1983. Soppresse tutti gli organismi e tutto il personale del CELAM precedente e trasformd quell’istituzione in una macchina di potere personale. Eletto con un vero e proprio «golpe», egli rappresentd nella Chiesa latino-
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americana |’equivalente dei dittatori militari. Governd con la stessa disinvoltura, con lo stesso autoritarismo e potere. Dal 1972 in poi il CELAM é stato impegnato a combattere la teologia della liberazione, le comunita di base e soprattutto la conferenza episcopale del Brasile. In generale possiamo dire che i golpes militari erano visti di buon occhio dagli episcopati nazionali e dal clero. I militari apparivano come salvatori della patria contro un’imminente invasione comunista. Ma gli eccessi della repressione furono tali e talmente arbitrari da suscitare reazioni da parte di diversi episcopati. In generale i cattolici avevano fiducia nei militari. Ma ci furono tante vittime che i crimini commessi in nome della lotta anticomunista non potevano essere spiegati solo in base a colpe individuali; c’era un vero e proprio sistema di lotta da «guerra civile». Allora gli episcopati si divisero. Alcuni vescovi si schierarono dalla parte dei militari, come dom Sigaud e dom Castro Mayer in Brasile, mons. Tortolo in Argentina e i vescovi castrensi in generale (i vescovi dei cappellani militari). In tutti i paesi ci furono vescovi favorevoli ai militari e vescovi contrari. Ma la proporzione variava a seconda dei paesi. Rimasero globalmente dalla parte dei militari le conferenze episcopali dell’Argentina (fu il caso pit: evidente: solo 4 0 5 contrari su 60 vescovi), dell’Uruguay, della Colombia (dittatura militare con presidente civile), dell’Ecuador, di El Salvador (fecero eccezione mons. Oscar Romero e il suo successore mons. Rivera y Damas) e, in un primo tempo, quella del Guatemala. Furono critiche nei confronti dei militari le conferenze episcopali del Brasile (eccetto alcuni vescovi su un totale di 350), del Cile (fino a che le nuove nomine non ebbero sufficientemente militarizzato la conferenza), della Bolivia e del Guatemala negli ultimi tempi. In Brasile si ebbe la prima denuncia del sistema di sicurezza nazionale in uno scritto di dom Candido Padin, pubblicato nel 1968, come preparazione a Medellin. Nel 1964 la conferenza episcopale aveva salutato il golpe militare come atto eroico delle forze armate per salvare la patria dal comunismo. Dom Helder Camara dovette lottare sette anni per cambiare la mentalita dei vescovi del Brasile e nel 1971 riusci a far sostituire il presidente della Conferenza episcopale. Dom Aloisio Lorscheider, prima vescovo di Santo Angelo (Rio Grande do Sul) e dal 1973 in poi arcivescovo di Fortaleza (Ceara) divenne presidente per otto anni ed ebbe come suc-
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cessore suo cugino dom Ivo Lorscheiter, vescovo di Santa Maria (Rio Grande do Sul), prima segretario generale per otto anni, e poi presidente per altri otto anni. Dom Luciano Mendes de Almeida, ausiliare di Sao Paulo e poi arcivescovo di Mariana, diresse la conferenza nazionale dei vescovi dei Brasile (CNBB) dal 1987, dopo essere stato segretario generale per otto anni. Furono vent’anni di continuita in un’afferma-
zione di indipendenza di fronte alla dittatura e di lotta aperta
per i diritti umani. Quasi ogni anno la conferenza pubblico un documento sottolineando diversi aspetti della situazione nazionale. Il documento pit significativo fu quello del 1977, intitolato Esigenze cristiane di un ordine politico. A livello locale, tre centri capeggiarono la lotta contro Poppressione della dittatura: Recife, con dom Helder Camara; nel 1972, 17 vescovi e superiori religiosi pubblicarono un manifesto, intitolato Ho ascoltato il grido del mio popolo che ebbe una risonanza mondiale. Nello stesso anno, da Goiania, secondo centro, con l’arcivescovo dom Fernando Gomes (morto nel 1985), usci un altro documento significativo: Emarginazione di un popolo, \\ terzo centro fu Sao Paulo. Nel 1975 i vescovi dello Stato di Sido Paulo pubblicarono il documento Non opprimere tuo fratello, per protestare contro le torture e le arbitrarieta della dittatura. Nel 1973, un gruppo di vescovi dell’Amazzonia denuncid il genocidio messo in opera contro gli indios della foresta: L’indio, colui che deve morire. Nel 1972 fu creato in Brasile, con l’appoggio della conferenza episcopale, il Cim1 (Conselho indigenista missionario) per lottare in difesa degli indios, della loro terra e della loro cultura. Da allora i] Crm ha appoggiato centinaia di lotte locali delle trib: indigene sparse in tutto il territorio nazionale. Diverse commissioni di Justitia et Pax, soprattutto la commissione nazionale e quelle di Sdo Paulo e di Recife difendono le cause degli oppressi. Molti vescovi appoggiano i contadini espulsi dalle loro terre: dom José Maria Pires, arcivescovo di Joao Pessoa, dom Pedro Casaldaliga di Sao Félix de Araguaia e in generale i vescovi dell’Amazzonia, del Maranhdo, del Mato Grosso. Nel 1978 viene fondato in Sao Paulo il segretariato nazionale di Giustizia e Non Violenza. Un gruppo internazionale di vescovi si riunisce regolarmente per parlare del tema della lotta sociale con strumenti non violenti. Nel 1982 un grande numero di istituzioni che hanno come scopo la difesa dei diritti umani, tiene a Petrdépolis il Primo Incontro nazionale sui Diritti Umani.
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Conviene sottolineare Viniziativa presa nel 1973 dalla CNBB (dom Candido Padin ne era l’animatore), per preparare le «Giornate Internazionali per una societa che superi le dominazioni». La CNBB aveva ricevuto l’appoggio delle conferenze episcopali degli Stati Uniti, del Canada e della Francia. Si arrivd a formare un segretariato permanente a Parigi e il primo incontro era programmato per il 1977, a Dakar. Roma proibi l’incontro e il card. Gantin fece pressione sulle conferenze episcopali perché ritirassero il loro appoggio. In Cile, di fronte alla violenza incredibile della repressione militare, subito dopo il golpe, fu costituito a Santiago un Comitato per la Pace al fine di offrire almeno un gesto di aiuto a tutti i perseguitati. A poco a poco furono usati tutti i metodi di repressione, la tortura sistematica e la prassi dei detenuti desaparecidos, internati in case di pena segrete dalla DINA (polizia politica) e poi uccisi clandestinamente. Nel 1975 il lavoro del Comitato fu inserito dal card. Raul Silva tra le attivita della diocesi, e fece capo alla «Commissione della Solidarieta». L’anima di quella commissione e del precedente Comitato fu il sacerdote Cristian Precht. Il suo brillante operato in difesa dei diritti umani gli valse l’inserimento del suo nome nella lista nera; non diventera mai vescovo, nonostante sia il vero pastore della diocesi, in quanto responsabile della pastorale, dopo le dimissioni del card. Silva. La Commisione della Solidarieta divenne famosa in tutto il mondo per il suo coraggio. Oso sfidare l’assolutismo di Pinochet. Pensiamo che I’azione decisa della Commissione e dei vescovi che la appoggiarono nelle loro diocesi contribui a limitare gli eccessi della violenza repressiva; le vittime furono venti volte meno numerose che in Argentina, dove |’episcopato si rifiuto di esporsi pubblicamente. In Argentina, la maggior parte dei vescovi decise di non fare alcun gesto che potesse irritare né dire alcuna parola che potesse dispiacere ai militari. Si dice che sottoponessero sempre i loro dubbi ai generali. I generali, dal canto loro, continuavano a negare e i vescovi si ritenevano soddisfatti delle risposte negative dei generali e chiudevano le porte delle loro case alle vittime della repressione. Ci furono poche eccezioni. Solo tre vescovi osarono affrontare i generali: de Nevares (Neuquén), Hesayne (Viedma) e Novak (Quilmes). Quando l’architetto argentino Adolfo Perez Esquivel, dopo essere stato arrestato e torturato in condizioni disumane per 14 mesi, senza alcuna ragione, ricevette nel 1980 il premio Nobel per la pace, la conferenza episcopale si dissocid pubbli-
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camente e ripudid anche il movimento internazionale di azione non violenta da lui fondato, il Servizio Pace e Giustizia (con sede in Rio de Janeiro). L’azione a favore dei diritti umani fu patrocinata da diversi vescovi di altri stati, ma in forma molto isolata: mons. Leonidas Proafio di Riobamba, mons. Sergio Mendes Arceo di Cuernavaca (Messico), mons. L. Bambarén e G. Schmidt, ausiliari di Lima, in Pert; da allora mons. Bambarén risiede a Chimbote. L’esempio pit significativo fu certamente quello di mons. Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, nel 1977. Quando fu nominato arcivescovo, la repressione delle forze paramilitari contro tutte le organizzazioni popolari era in piena ascesa e, nel 1980, sfocio nella guerra civile che é continuata fino agli inizi degli anni ’90. Nella repubblica di El Salvador la repressione é stata pit selvaggia che altrove e ha provocato oltre 70.000 vittime su una popolazione di 5 milioni di persone, abbattute dalle forze armate e dalla polizia. Oscar Romero denuncio tutte le violenze, chiedendo con apertura insolita pace e giustizia. Fu ucciso da un tiratore scelto, mentre celebrava la messa,
il 24 marzo
1980.
Mons. Oscar Romero non fu l’unica vittima della repressione contro i difensori dei diritti umani. Mons. Enrique Angelelli, vescovo di La Rioja (Argentina), mori il 4 agosto 1976, vittima di un incidente stradale provocato dalla polizia. Nel 1972 era scomparso, in un disastro aereo criminosamente provocato, il vescovo difensore degli emarginati mons. Geraldo Valencia Cano, vescovo di Buenaventura, in Colombia. Pid di venti sacerdoti furono uccisi per le loro attivita contro le violazioni dei diritti umani. Citiamo solo alcuni dei piu famosi: p. Carlos Mugica, rappresentante di spicco del clero argentino e dei movimenti popolari (11 maggio 1974); p. Joao Bosco Penido Burnier, braccio destro di dom Pedro Casaldaliga (12 ottobre 1976); p. Rutilio Grande, braccio destro di mons. Oscar Romero in San Salvador (12 marzo 1977). Inoltre furono decine di migliaia i martiri dell’America Latina che morirono per rimanere fedeli alla loro missione di laici dirigenti, di militanti, di ministri della parola, di responsabili di comunita, di catechisti. Furono numerosi soprattutto nel’America Centrale; in Nicaragua, 1977-1979; nel Salvador, 1975-1990; in Cile, 1973-1976; in Paraguay 1970-1976; in Colombia e Guatemala (senza interruzione); ma anche in Messico, Haiti, Bolivia, ecc. Da allora la celebrazione dei martiri é parte integrante della vita religiosa in America Latina. Nel 1979, la terza Conferenza dei vescovi dell’ America La-
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tina, riunita a Puebla, denuncid e condanno la dottrina della sicurezza nazionale. Ma la mano segreta che a Roma corresse il testo finale delle conclusioni, prima della loro pubblicazione, addolci i termini della condanna:
i militari avevano trova-
to, ancora una volta, protettori a Roma. Dopo quella condanna, le conferenze episcopali dell’ Argentina e della Colombia non si sentirono chiamate in causa, ma le altre si sentirono appoggiate nella loro lotta di resistenza e per il ripristino della democrazia.
3. La nascita della «Chiesa dei poveri» L’opzione per i poveri solennemente fatta a Medellin dalla minoranza li rappresentata, consacr6 la nuova esperienza delle Comunita di base (CEB). Esse erano nate simultaneamente, sebbene con modalita diverse, fin dai primi anni sessanta, nel Brasile del Nordeste (Pirambu-Ceara; SAio Paulo de PotengiRio Grande do Norte), nel Panama (S40 Miguelito, quartiere periferico di Ciudad de Panama), in Cile (zona meridionale di Santiago). In Brasile le CEB erano state adottate ufficialmente dalla CNBB nel piano di pastorale quinquennale del 1965. Dopo il riconoscimento di Medellin, si diffusero attraverso il continente. In alcuni casi furono approvate ufficialmente dalle conferenze episcopali (Cile 1970), in altri vennero adottate da alcune diocesi di una nazione (Ecuador: Riobamba; Peru: Surandino, Cajamarca, Chimbote e periferie di Lima); in Messico vennero gradualmente introdotte in una decina di diocesi. In altri paesi si svilupparono contro la volonta dei vescovi (Colombia). Tuttavia, vent’anni dopo Medellin, poche diocesi sono interamente organizzate in base alle Ces. In Brasile: Crateus (dom Fragoso), Sao Felix do Araguaia (Pedro Casaldaliga), Volta Redonda (dom Waldyr Calheiros), Duque de Caxias (dom Mauro Morelli), le aree popolari della diocesi di Sao Paulo, oggi smembrate dal tronco originario. Ma nella maggior parte delle diocesi le CEB oggi sono presenti almeno parzialmente. Tappe della loro crescita sono state gli Incontri Intraecclesiali delle CEB (Vitoria 1975, Vitéria 1976, Joao Pessoa 1978, Itaici 1981, Canindé 1983, Trindade 1986, Duque de Caxias 1989). In Cile, anche se approvate ufficialmente, le CEB si sono sviluppate soprattutto nelle aree popolari di Santiago (circa 1000 CEB), o di Concepcion. Nelle diocesi rurali esiste I’ organizzazione ma con scarso riscontro nella realta. In Peru, le
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CEB sono molto fiorenti nella periferia popolare di Lima, o nelle diocesi della zona meridionale della regione andina, — soprattutto fino alla morte prematura di mons. Vallejos, arcivescovo di Cuzco (1982) — di Cajamarca, (mons. José Dammert) e di Chimbote. In Ecuador i capi del movimento furono mons. Leonidas Proafio (morto nel 1988) e mons. Luna (arcivescovo di Cuenca). Un caso a sé é quello de] Nicaragua. Nel 1979 le CEB erano quasi inesistenti. Con il trionfo sandinista cominciarono a svilupparsi, ma molti membri furono interamente assorbiti dalle loro funzioni in seno al governo sandinista. La visita del papa del 4 marzo 1983 venne a rafforzare l’atteggiamento di antagonismo di fronte al sandinismo adottato dall’episcopato nazionale, aiutato dal CELAM e da buona parte del clero. Tuttavia il movimento delle CEB conobbe nuova vita quando comincid a valorizzare di pit la religiosita popolare, partendo da tre avvenimenti significativi: il digiuno (7 luglio - 6 agosto 1985) di padre Miguel d’Escoto, ministro degli esteri della repubblica, la visita di dom Pedro Casaldaliga in molte localita del Nicaragua (dal 28 luglio al 22 agosto del 1985) e la grande via crucis che si snodo per 326 km, dal 14 al 28 febbraio 1986, con la famosa esortazione personale di Miguel d’Escoto al card. Miguel Obando, arcivescovo di Managua. Altro caso particolare é quello della Colombia. Nonostante l’episcopato sia saldamente legato alle oligarchie locali, una parte del clero continua a promuovere il progetto di una Chiesa dei poveri. Dopo lo smantellamento del movimento sacerdotale Golconda, i sacerdoti aderenti a quel movimento popolare, nel 1972, organizzarono la SAL (Sacerdoti per |’A-
merica Latina), attiva fino al 1980, i Cristiani per il Sociali-
smo (CPs, 1975-1988) e, a partire dal 1978, fondarono la rivista «Solidaridad». Nel 1982 organizzarono il primo incontro nazionale delle CEB a Cundinamarca. II secondo verra realizzato a Buga, nel 1984 e il terzo nel 1987 a Diutama, Boyaca. Nel 1988 organizzarono a Bogotd un incontro nazionale ecumenico «per la vita». Tutte queste iniziative, peré, vennero condannate dai vescovi. A Puebla il papa aveva messo in guardia contro il pericolo di una «Chiesa popolare» staccata dalla gerarchia. In seguito a questo, i portavoce del conservatorismo ecclesiale (B. Kloppenburg appoggiato dal CELAM) denunciarono I’esistenza di una Chiesa popolare del genere in seno alle Ces. Per diversi anni agitarono lo spauracchio di una Chiesa popolare scismatica; ma finora non c’é stata nemmeno |’ombra di un possibile scisma.
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Oltre che nelle Crs, struttura ecclesiale, i cristiani sono stati presenti in molti movimenti popolari. In Brasile una trentina di «pastorali» specializzate hanno stimolato la partecipazione a movimenti popolari (CPT, commissione pastorale della terra, pastorale operaia, dei pescatori, delle donne emarginate, dei minori, ecc.). I cattolici hanno preso parte attiva ai movimenti popolari che hanno avuto il loro massimo sviluppo tra il 1978 e il 1984 (grandi scioperi dei metalmeccanici di Sao Paulo e dintorni, movimento contro il carovita). Si sono impegnati sempre pit a fondo nei sindacati riuniti nella Centrale Unica dei Lavoratori (Cut), fondata nel 1983. In Cile, la Commissione della Pastorale Operaia si sviluppo sempre pit dopo il golpe, diventando il centro operativo di una pastorale popolare pit efficace, dopo che fu aperto il dialogo con i socialisti e i comunisti, da sempre maggioritari nella classe operaia. La rivista «Pastorale Popular» fondata negli anni sessanta, diventO un organo di portata latinoamericana. Nei paesi andini e in Messico o nel Guatemala i cristiani presero attivamente parte ai movimenti indigeni. Molte volte capeggiarono tali movimenti. Nel 1980 si tenne a Sdo Paulo il Primo Incontro ecumenico di pastorale indigena. I! 20 dicembre venne celebrato per la prima volta il Giorno della Coscienza Nera (Dia de Zumbi), a Uniao dos Palmares, Alagoas (Zumbi fu un eroe della resistenza degli schiavi neri, capo di un famoso quilombo, una repubblica indipendente di schiavi fuggitivi). In quell’occasione fu celebrata la «Messa dei quilombos», da dom José M. Pires, arcivescovo nero di Jodo Pessoa. La messa comprendeva canti e danze di origine africana e, dopo la seconda celebrazione, avvenuta nello stesso anno a Recife, fu severamente proibita dalla Santa Sede. Cio che caratterizzO maggiormente questo periodo fu la partecipazione dei cattolici alla rivoluzione sandinista, sia nella fase insurrezionale che durante il periodo del governo sandinista (1979-1990). I] sandinismo divise la Chiesa. L’episcopato, capeggiato dal card. Obando y Bravo, divenne il capo dell’opposizione, dando appoggio ai guerriglieri contras, mentre una parte del clero e di laici collaborarono attivamente con il governo sandinista. Il simbolo di questa collaborazione fu la presenza nel governo di tre sacerdoti ministri: Miguel d’Escoto, ministro degli esteri e sacerdote della congregazione di Maryknoll, Ernesto Cardenal, ex cistercense e sacerdote di Managua, ministro della cultura, e il gesuita Fernando Cardenal, ministro dell’Educazione. Dal 1981 i vescovi
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cominciarono a fare pressione per costringere i sacerdoti ad abbandonare i loro incarichi politici. Durante la sua visita del 1983, il papa rimproverd pubblicamente Ernesto Cardenal. caso si concluse nel 1984, quando, dopo l’espulsione di Ernesto, suo fratello Fernando fu espulso dalla Compagnia di Gesu (10 dicembre). D’Escoto non é mai stato estromesso, ma non celebra pitt. Nel decennio tra 1’80 e il 90 tutte le dittature subirono un processo di democratizzazione. I mesi precedenti al ristabilimento della democrazia furono momenti di intensa mobilitazione popolare. Si aveva l’impressione che il popolo sarebbe diventato il soggetto storico del proprio destino (Brasile, 1984-1985; Argentina, 1983; Cile, 1987-1988; Peru, 1980; anche in Messico dove il Pri si senti minacciato dalla candidatura popolare di Cuauctemoc Cardenas, 1987). Al ritorno di un certo tipo di democrazia, almeno a sistema elettorale, ¢ seguita immediatamente la delusione di un’immensa smobilitazione popolare. In questo contesto, sia le CEB che i movimenti popolari sono entrati in crisi; si rendono conto di non riuscire a raggiungere e a muovere le masse, che si rivolgono sempre piu verso il pentecostalismo, le religioni africane e le tradizioni indigene. La Chiesa perde il controllo sulla religione delle masse. E l’intera strategia di coscientizzazione liberatrice, base del programma di Medellin, rischia di crollare.
4. La teologia della liberazione I fondatori della teologia della liberazione (TdL) avevano cominciato a scrivere gia prima di Medellin: Juan Luis Segundo (Uruguay, 1964), Gustavo Gutiérrez (Peru, 1966), Hugo Assman (Brasile, 1966). Ma l’espressione comincia ad apparire solo nel contesto di Medellin. Il primo incontro su questo tema si realizza a Bogota nel 1970. Nel 1971 esce il libro di G. Gutiérrez, Teologia della Liberazione, che costituisce il manifesto del movimento. E un classico che ha avuto diverse edizioni in tutte le lingue europee ed é stato corretto dall’autore nel 1990, dietro pressione della gerarchia peruviana e della Santa Sede. Durante una prima fase che si chiude nel 1973, con il golpe del Cile, la teologia della liberazione prende le mosse da alcune opzioni, che sono Il’impiego della teoria della dipendenza come sistema di categorie sociologiche; l’apertura verso un’eventuale collaborazione con il marxismo, soprattutto di tipo latino americano, come quello di Mariategui; l’opzione per una trasformazione radicale della societa; il rifiuto del
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modello cubano puro dell’insurrezione armata tipo Che Guevara e Camilo Torres (che aveva studiato con i fondatori della TdL e apparteneva alla stessa generazione); la valorizzazione delle avanguardie intellettuali e soprattutto degli intellettuali. In una prima fase i teologi lavorarono anzitutto con gli intellettuali ¢ gli studenti. In seguito J. L. Segundo lamentera che la teologia della liberazione si é allontanata dalle sue origini. ~ Dal 1972/1973 in poi i brasiliani Leonardo e Clodovis Boff, il cileno Ronaldo Mufioz indirizzano la TdL verso la pastorale popolare e le CEB, conferendole cosi un orientamento pit! popolare che intellettuale. Ne scaturira una riflessione sulla religiosita popolare. Ci furono due grandi incontri internazionali: il congresso di El Escorial (Spagna, 1972), dove erano presenti tutti i protagonisti della teologia della liberazione insieme con teologi e sociologi di altre tendenze: in Messico (1976) erano presenti tutti i rappresentanti della prima e della seconda generazione. Oltre agli autori gia citati, in America Centrale operavano i gesuiti Jon Sobrino, Ignacio Ellacuria, Juan Hernandez Pico e i messicani Luis del Valle, Raul Vidales e Miguel Concha. L’ Argentina rimane fuori dal movimento. Agli inizi Lucio Gera e J. G. Scannone erano insieme ai fondatori, ma ben presto si resero conto che l’Argentina non era un terreno adatto. Fondarono allora una variante culturalista della TdL che ebbe successo nel CELAM: Gera fu consultore ufficiale a Puebla, mentre tutti i teologi della liberazione furono esclusi. Negli anni settanta si nota un’evoluzione che si accentua ulteriormente negli anni ottanta: la teologia della liberazione diventa sempre meno socio-politica e sempre pit religiosa ed ecclesiale. Dopo I|’insuccesso catastrofico del governo popolare in Cile, la sociologia latinoamericana si chiuse nel silenzio. Non aveva pit uno schema per interpretare |’evoluzione. II marxismo lascid sempre pit il posto alla critica del marxismo. Dal 1979 in poi l’America Centrale diventa il centro dell’attenzione degli intellettuali e dei teologi. Si impone un nuovo centro della teologia della liberazione; é il DEI di Costa Rica, con Franz Hinkelammert, Hugo Assman (nuova versione), Pablo Richard. Si accentua il movimento che porta alla critica della religione e della Chiesa tradizionale. Nello stesso tempo la TdL comincia a uscire dalle frontiere della teologia propriamente detta. Nel 1972 venne fondata la CEHILA (Commissione di Studi di Storia della Chiesa in America Latina) coordinata da E. Dussel (un argentino trapianta-
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to in Messico). La CEHILA pubblica una voluminosa serie della storia della Chiesa in America Latina. Organizza un simposio annuale su argomenti di storia della Chiesa e pubblica altre collezioni minori. Lo stesso Enrique Dussel lancia il movimento della filosofia della liberazione.
Nel 1976 nasce una Commissione ecumenica di teologi del
Terzo Mondo (EATwor). Essa riunisce per la prima volta, nel 1976, a Dar-es-Salaam, teologi dell’ America Latina, dell’ Asia e dell’Africa. La teologia della liberazione latinoamericana continua ad esercitare il suo influsso sia tra i teologi dell’ Asia che dell’ Africa, nonostante la diversita di tradizioni. La Eatwot si riuni nel 1977 ad Accra, nel 1979 nello Sri Lanka, nel 1980 a Sado Paulo, nel 1981 a New Delhi, nel 1986 a Oaxtepec, in Messico. Il promotore fu il sacerdote cileno Sergio Torres allora in esilio a New York. Nel 1980 Carlos Mesters fonda in Brasile il CEBI, centro ecumenico per lo studio della Bibbia secondo una lettura popolare sulla linea della opzione per i poveri e della teologia della tiberazione. Nel 1983 venne lanciato a Petrépolis, in Brasile, il progetto di una vasta collana di teologia della liberazione, in 54 volumi, da pubblicare non solo in spagnolo e in portoghese, ma anche in inglese, in tedesco, in italiano e in francese. Tutte le edizioni sono in via di pubblicazione. Nel 1983 prende il via il progetto del commentario biblico, che segue lo stesso indirizzo. I primi volumi uscirono nel 1985. Lo stesso gruppo lancia in Brasile la rivista «Estudos Biblicos», il cui primo numero esce nel 1985. Nel 1988 esce la rivista «RIBLA» (Rivista di interpretazione biblica latinoamericana) pubblicata contemporaneamente in spagnolo e in portoghese. Il centro DE! di San José di Costa Rica pubblica, fin dal 1985, la rivista «Pasos» e i gesuiti di San Salvador pubblicano dal 1984 la «Revista latinoamericana de teologia». Due sono gli oppositori principali che organizzarono la lotta contro Ia teologia delle liberazione, ancor prima dell’uscita dei primi libri. In realta, la lotta comincid il giorno dopo Medellin. I] nemico pit potente fu ed é ancora il card. Alfonso Lopez Trujillo che ha potuto usare tutti i mezzi e il prestigio delle sue funzioni all’interno del CELAM, del quale é stato l’incontrastato presidente per 10 anni e nel quale gode di una posizione di prestigio. In una prima fase, negli anni settanta, Lopez Trujillo operd insieme al gesuita Roger Vekemans. Questi fondd a Bogota, nel 1971, un centro CEDIAL e la rivista «Tierra Nueva», destinati esclusivamente a combattere la teologia della liberazione. Tutto cid che in seguito é
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stato ripreso nei documenti romani era gid apparso nella rivista «Tierra Nueva» dieci anni prima. Vekemans organizzo il forte triangolo Bogota-Francoforte-Roma, collegando gli episcopati tedesco e colombiano con alcuni circoli romani. Organizzd congressi e orchestrO una grande campagna di diffamazione. In tempi pil recenti, Lopez Trujillo per organizzare le sue campagne si é appoggiato in modo particolare all’?Opus Dei, con cui ha organizzato, nel 1985, l’incontro di Los Andes in Cile, e nel 1990 quello di Santiago del Cile (Univ. catt. del Cile). La lotta si concentro soprattutto contro due uomini: Gustavo Gutiérrez e Leonardo Boff. Dopo quasi 15 anni di denunce su riviste e giornali gli articolisti riuscirono a smuovere le istituzioni romane. Nel marzo del 1983, il card. Ratzinger invia all’episcopato peruviano dieci osservazioni sulla teologia di Gustavo Gutiérrez. L’episcopato peruviano discute per oltre un anno, senza arrivare a un accordo o a una decisione. Convocata a Roma, la stessa conferenza pubblica finalmente un testo abbastanza moderato, senza alcuna condanna ma solo con benevole esortazioni. Ma la congregazione romana non si da per vinta. Negli anni successivi, soprattutto dopo il 1988, grazie a una politica di nomine episcopali pilotate, la maggioranza della conferenza cambia posizione e cominciano nuove trattative, relativamente discrete, tra il teologo peruviano, la conferenza episcopale e la Santa Sede. Nel 1990 cambia l’arcivescovo di Lima e nella persona del card. Landazuri, Gustavo Gutiérrez perde il suo protettore di sempre ed é obbligato a pubblicare alcune «ritrattazioni». Il processo di Leonardo Boff fu preparato da denunce pubblicate dalla Commissione per la Difesa della fede dell’arcidiocesi di Rio de Janeiro (Card. Eugénio Sales, difensore dell’ortodossia nella Chiesa del Brasile). Le proposizioni denunciate erano contenute nel libro, Chiesa carisma e potere, pubblicato nel 1981. Dopo 3 anni di accuse e di denunce, in Brasile e all’estero, il 7 settembre 1984 Leonardo Boff fu chiamato a Roma a deporre davanti alla Congregazione per la dottrina della fede. La conclusione fu inviata al teologo il 20 marzo con una serie di osservazioni che vennero accolte. Gli fu imposto un periodo di silenzio che duro circa un anno. In seguito Leonardo Boff ha subito diverse restrizioni nelle sue funzioni all’interno dell’Ordine, nell’insegnamento e nelle pubblicazioni'. ' Recentemente (maggio 1991) L. Boff é stato nuovamente colpito da interventi punitivi da parte dell’autorita ecclesiastica: gli é stata tolta la di-
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Nello stesso periodo, il 6 agosto 1984, il card. Ratzinger firmd un’istruzione molto dura Su alcuni aspetti della Teologia della Liberazione, che faceva di questa teologia il riassunto di tutte le eresie e la maggior sintesi eretica di tutti i tempi. La TdL veniva assimilata né pili né meno che al marxismo. I marxologi europei erano stati convocati per stilare un documento fatto apposta per spaventare. In America Latina tutti i teologi della liberazione non si sentirono chiamati in causa perché non riconoscevano la loro teologia nel ritratto dato dall’istruzione. Due anni dopo, il 22 marzo 1986, lo stesso card. Ratzinger pubblicava un’altra istruzione sulla Liberta cristiana e la liberazione, molto pit: sfumata della precedente e dove riprendeva molti dei temi proposti dalla teologia della liberazione. I! clima si rasserend. Soprattutto perché il 9 aprile 1986 il papa invid ai vescovi del Brasile una lettera sulla TdL nella quale diceva che «la teologia della liberazione non é solo opportuna, ma utile e necessaria». Il papa affidava ai vescovi del Brasile la missione speciale di portare questa teologia non solo in Brasile, ma anche nel resto dell’ America Latina. Tuttavia da allora in America Latina é all’opera una vera € propria inquisizione. Nel maggio del 1984, il card. H6ffner, arcivescovo di Colonia, visitd la facolta di teologia di Sao Paulo per denunciarvi il marxismo che, secondo lui, vi si insegnava. Segui una visita apostolica in tutti i seminari del Brasile con la stessa finalita. Il risultato pit vistoso fu la chiusura, nel 1989, dell’Istituto di Teologia di Recife e del seminario regionale nel Nordeste (Recife); entrambe le istituzioni erano state fondate, vent’anni prima, sotto il patrocinio di dom Helder Camara, dall’episcopato del nordeste del Brasile. Oggi la teologia della liberazione ¢ argomento proibito in tutti i seminari dell’ America Latina; é proibita la circolazione e la lettura di libri, sono proibite le lezioni scolastiche sull’argomento. Solo in alcuni seminari del Brasile ¢ ancora autorizzata la lettura e la presentazione di questa teologia. L’ Inquisizione non fu altrettanto efficace in passato. L’ultimo episodio della caccia alla teologia della liberazione, nell’aprile del 1989, fu la proibizione della pubblicazione del «Progetto Parola e Vita», un programma di aggiornamento biblico per i religiosi dell’America Latina, proposto dalla CLAR (Confederazione latinoamericana dei Religiosi). rezione della rivista di teologia, pubblicata da Vozes, ed é stato privato delPinsegnamento della teologia (N.d.R.).
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In quell’occasione la Santa Sede interferi negli statuti dell’istituzione, imponendo un segretario generale contro Ia scelta dell’organizzazione. Gia in precedenza la pubblicazione della coliana «Teologia e liberazione» aveva suscitato problemi. La collana era stata lanciata nel 1983 dopo un lungo periodo di gestazione. Nel 1984 uscirono i primi volumi. Ma la Santa Sede frappose una serie di ostacoli alla loro pubblicazione. Oggi la sua diffusione é molto limitata in tutti i paesi dell’America Latina e in Europa, tanto forte é la pressione di Roma e del CELAM. 5. Puebla Il CELAM prepard la conferenza generale dei vescovi dell’America Latina, convocata a Puebla agli inizi del 1979, proponendosi di far condannare la teologia della liberazione e offrire un’alternativa sia a questa teologia che al programma di Medellin. Il risultato, a detta dei commentatori, fu l’opposto di quello previsto. I vescovi favorevoli alla teologia della liberazione riuscirono a ottenere che le conclusioni rinnovassero e riprendessero i temi di Medellin con il linguaggio della liberazione e l’appoggio dato alle CEB. Tuttavia l’assemblea tenne ben presenti gli avvertimenti dati dal papa nel suo discorso inaugurale contro il «magistero parallelo» e la «Chiesa popolare», oltre che |’insistenza sulla necessita di affermare la verita su Cristo, sulla Chiesa e sull’uomo. Tutto questo sembrava riferirsi alle CEB e alla teologia della liberazione. Alcuni testi si ispiravano anche alla teologia alternativa della corrente argentino-peruviana, cioé a una teologia della cultura ispirata alla teologia degli argentini L. Gera e J. C. Scannone. Alcuni capitoli riflettono un’ispirazione «culturalista» e altri un’ispirazione «liberazionista». Dopo Puebla, la linea di Medellin si senti stimolata, ma anche l’altra corrente si senti incoraggiata e subito dopo poté usufruire dell’appoggio e della risonanza derivanti dalla campagna della nuova evangelizzazione lanciata da Giovanni Paolo II e dai movimenti internazionali.
6. Giovanni Paolo I e la «Nuova Evangelizzazione» Il papa ha visitato tutti i paesi latinoamericani e caraibici, eccetto le minuscole isole dei Caraibi. Nel 1979 inizid una lunga serie di visite. I viaggi pi notevoli furono il primo, in
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che coincise
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bla; i discorsi del papa vennero abbondantemente utilizzati nelle conclusioni. Poi, nel 1980, ci fu il lungo viaggio in Brasile con una serie di discorsi che vennero interpretati come un appoggio alla linea della CnBs. Il pit tragico fu il viaggio in Nicaragua del 4 marzo 1983: il papa si dichiard contrario a ogni collaborazione con il sandinismo, appoggio chiaramente l’opposizione sistematica capeggiata dall’arcivescovo di Managua, provocando una profonda divisione nella Chiesa locale. Nel 1986 in Cile, la visita del papa fu occasione della prima manifestazione pubblica di massa contro il regime di Pinochet. L’11 e il 12 ottobre 1984, a Santo Domingo, capitale della Repubblica Dominicana, il papa apri solennemente le celebrazioni del V Centenario della Conquista dell’America con una preparazione che doveva durare nove anni (= novena). Lancid Pappello per una nuova evangelizzazione e da allora ripete in ogni occasione lo stesso appello. ll programma della nuova evangelizzazione si manifesta in diversi modi. Anzitutto la Santa Sede ha accentuato il movimento di restaurazione della disciplina «tridentina» gia inaugurato nel 1972 con il «golpe» di Sucre nel CELAM, cioé con la nomina di vescovi soprattutto amministratori e pil preoccupati della disciplina interna che della presenza nel mondo; insistenza sulle vocazioni sacerdotali e sulla formazione secondo un modello tradizionale; ripristino della disciplina nella liturgia, nella catechesi, nell’organizzazione. E stato attribuito a questa svolta un fatto che probabilmente si sarebbe realizzato anche senza di essa: i seminari, spopolati in seguito alla grande crisi della gioventu degli anni 67-72, si sono nuovamente riempiti ritornando ai livelli precedenti. Le ordinazioni sono aumentate ma non consentono di prevedere nelVarco di tempo di una generazione una proporzione migliore di 1 sacerdote per ogni 10.000 abitanti in alcuni paesi come il Brasile o, nel migliore dei casi, di 1 sacerdote ogni 5.000 abitanti altrove. Tuttavia il cosiddetto problema della scarsita del clero, denunciata negli anni cinquanta, rimane senza soluzione. Le comunita cattoliche dell’ America Latina si stanno protestantizzando perché si abituano a celebrare senza eucarestia. Nella misura in cui la nuova evangelizzazione si é rivelata un movimento nuovo, diverso da quello inaugurato a Medellin, ¢ stata adottata con maggior entusiasmo dai movimenti internazionali che hanno cominciato a svilupparsi molto pit
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tardi del 1970. L’Opus Dei conta quasi meta dei suoi 70.000 membri in America Latina, dove la sua diffusione é maggiore nelle universita e nei seminari, soprattutto in Colombia, Peru, Cile, Venezuela e Messico. L’Opus Dei ha gia dato pid di dieci vescovi all’America Latina e tutto fa pensare che il numero crescera molto presto. I Cursillos de cristiandad esistevano gia ma si sono sviluppati molto in questi ultimi anni. Sono in crescita vertiginosa anche gli Incontri degli Sposi con Cristo. Il movimento dei Focolarini era gia presente fin dagli anni sessanta ma é cresciuto e conta migliaia di aderenti a tuttii livelli. Anche il movimento neocatecumenale é presente in quasi tutti i paesi e in alcune diocesi é alla base della pastorale diocesana. Il movimento di Comunione e Liberazione ¢ presente in tutti i paesi. Nel 1986 il fondatore, Luigi Giussani, tenne un incontro latinoamericano a Cordoba (Argentina) per il Sud del continente. La loro rivista italiana «30 Giorni» pubblica edizioni in portoghese e in spagnolo. Sia i Focolarini che Comunione e Liberazione hanno case editrici di grande rilievo in America Latina. Il movimento di Schénstatt si é sviluppato soprattutto in Cile, dove ha gia dato due vescovi e conta una forte presenza nel mondo universitario (legato a Schénstatt é il principale sociologo dell’attuale destra cattolica in America Latina, il cileno Pedro Morandé, perito in tutte le assemblee ecclesiali, compresi i sinodi romani), e anche in Argentina. Questi movimenti sono cresciuti rapidamente nel decennio degli anni ottanta, ma vengono ampiamente superati dalla grande forza del cattolicesimo latinoamericano attuale (1992) rappresentata dal Rinnovamento carismatico cattolico. Il movimento conta sulla collaborazione di milioni di membri. E il movimento che cresce pid di tutti gli altri; si tratta di una vera e propria valanga, paragonabile solo all’espansione sensazionale del pentecostalismo protestante. I] Rinnovamento carismatico ha fatto suo il progetto Lumen 2000 ed Evangelizzazione 2000. E dotato di un’infrastruttura efficiente e conta sull’entusiasmo incondizionato dei suoi affiliati. Moltiplica le sue affermazioni di fedelta alla gerarchia. Tuttavia é un movimento che segue una sua dinamica e difficilmente si integra nella pastorale diocesana, eccetto nel caso in cui esso stesso organizzi la pastorale diocesana. I movimenti laici costituiscono la forza pil dinamica, sia come forze di sinistra (le CEB), che come forze di destra (i movimenti transnazionali). I] clero si burocratizza sempre pit: distribuisce sacramenti e fa riunioni; ha perso quasi del tutto
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il contatto con le persone concrete. I vescovi fanno riunioni, i religiosi fanno riunioni, e l’evangelizzazione tocca ai laici. Oggi le nazioni hanno riconquistato la democrazia, ma queste nuove democrazie sono molto instabili. Il processo di sviluppo si é arrestato. Non c’é futuro possibile. Le classi dirigenti non sanno che fare per mantenere i loro privilegi in una situazione potenzialmente sempre pit esplosiva. Rimandano le riforme e cosi la societa si deteriora sempre pit. La Chiesa si
trova di fronte a una sfida nuova: una miseria che in questi
vent’anni non ha fatto che crescere; un’urbanizzazione quasi assoluta (75% della popolazione é urbana) e forma oggi un immenso sottoproletariato in attesa; una situazione economica senza speranza e con poteri politici che sono pit parvenze che realta. Le potenze del Primo Mondo, del tutto indifferenti alla sorte dell’uomo in un capitalismo selvaggio, si considerano trionfanti. La Chiesa gerarchica se ne resta muta perché non sa cosa dire. Siamo in un’epoca in cui la Chiesa é attiva solo nella base, in quelle cellule invisibili dove i poveri elaborano le forme di presenza del regno di Dio in un mondo che non ha pit senso. Tutto sta a indicare che la Chiesa del clero e dei poteri ecclesiastici sara sempre meno capace di dire una parola che non sia la ripetizione delle formule vuote del passato che non trovano pit ascolto in una cultura nuova. L’evangelizzazione avverra in silenzio negli strati profondi della popolazione; per la durata di una generazione tutto avverra in segreto. A meno che non si verifichi un’esplosione sociale dalle conseguenze imprevedibili e di portata altrettanto impreve-
dibile.
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I dilemma della Chiesa in America Latina: proteggere la dignita umana con !a croce, !a preghiera e la predicazione?...
oppure difendere e appoggiare i gruppi che lottano
su vari fronti per la loro vita?... Un dilemma irrisolto.
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FONTI E BIBLIOGRAFIA
FONTI E BIBLIOGRAFIA Enrique Dussel - José A. Gomes Moreira
Portando a termine quest’opera d’insieme, affronteremo il tema considerando in primo luogo le «fonti» della Storia della Chiesa in America Latina e, in secondo luogo, la «bibliografia», alla quale si deve aggiungere tutta quella gia citata da ciascun autore negli articoli che precedono e nella nostra Historia General de la Iglesia en América Latina, citata sotto. Gran parte dei titoli in italiano sono riportati nella Bibliografia tematica posta alla fine.
1. FONTI Divideremo questa materia in due parti, le fonti inedite e quelle pubblicate, per permettere allo studioso che inizia questa ricerca di avere una visione panoramica dell’argomento!.
1.1. Fonti inedite Indicheremo solo alcuni riferimenti, dato che un lavoro esauriente implicherebbe un’opera di proporzioni maggiori. Cid che segue dovra dunque servire per chi comincia da zero nella ricerca di storia della Chiesa in America Latina. Per la storia della Chiesa ispano-americana all’epoca coloniale, si trova in Spagna l’archivio pi importante, /’Archivo General de Indias (aci), nel palazzo della Lonja a Siviglia. 1 fondi che ci interessano si trovano nella Sezione di Patronato (194 fascicoli) e in quella di Udienze (quasi 19.000 fascicoli), sebbene si possano trovare materiali utili in tutte le altre sezioni?. Non possiamo dimenticare |’ Archivo | Vedi L. Gomez Canedo, Los Archivos de la Historia de América, México,
voll. I-II, 1961.
2 Vedi J. Torre Revello, El Archivo General de Indias de Sevilla, Buenos Aires 1929. Su questo archivio ci sono anche opere di Torres Lanzas, G. Latorre, C. Bermudez, ecc.
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General di Simancas*, dove c’é molto materiale sugli indigeni e la famosa bolla di Alessandro VI, Inter caeteras, del 3 maggio 1493. Sui gesuiti e il tribunale dell’ Inquisizione ci sono documenti nell’ Archivo Histdrico Nacional. Nella Biblioteca Nacional c’é molto materiale per la storia della Chiesa*. Lo stesso pud dirsi della biblioteca del Palazzo reale* o della biblioteca della Real Academia de Historia, dove si trovano le opere di Juan Bautista Mufioz, cronista delle Indie. Anche nella biblioteca dell’Escorial® ci sono documenti, come la Historia di Motolinia o il testo del III Concilio di Lima; lo stesso dicasi per la biblioteca provinciale di Toledo (in cui é custodita la Coleccién Lorenzana, con il IV Concilio del Messico, oltre ad altri documenti). Anche in Portogallo, c’é una grande quantita di archivi per la storia della Chiesa in Brasile e nel Maranhao. Prima di tutto, |’.Arquivo Nacional da Torre do Tombo’, dove si potranno trovare documenti come le collezioni di bolle, gli archivi de!l’Ordem de Cristo, della Mesa de Consciéncia e Ordens, del Santo Uffizio, ecc. La sezione del Corpo cronologico é analoga a quella del Patronato delV Archivo de Indias. In secondo luogo, |’ Arquivo Histérico Ultramarino®, meglio studiato del precedente per i nostri fini, che é come VP Archivo de Sevilla per il Brasile. In terzo luogo, la Biblioteca Nacional di Lisbona, dove si trova la Colepao Pombalina, che é importante. Non si possono omettere la biblioteca del Palacio da Ajuda? o quella dell’Academia das Ciencias, \’Arquivo Histdrico Militar, \e biblioteche pubbliche di Porto! e di Evora, Arquivo do Ministerio de Negécios Estrangeiros, o quelli che si trovano a Coimbra. Si pud consultare l’opera di Jorge Hugo Pires da Lima, Valiosa colecao do
3 Per questo e per altri archivi spagnoli vedi P. Torres Lanzas, Guia histdrica y descriptiva de los archivos, bibliotecas y museos arqueoldgicos de Espana, Madrid 1916. Per la Spagna si pud consultare la Guta de fuentes para la historia de Iberoamérica conservadas en Espana, Madrid 1966. 4 Vedi J. Paz, Catdlogo de los manuscritos de América existentes en la Biblioteca Nacional, Madrid 1933. 5 VediJ. Dominguez Bordona, Manuscritos de América, Madrid 1935. § Vedi E. Zarco Cueva, Catdlogo de los manuscritos castellanos de la Real Biblioteca de El Escorial, Madrid 1924-1929. 7 Su tutto questo argomento vedi J.D. de Macedo Soarez, Fontes da Histéria da Igreja Catédlica no Brasil, Sio Paulo 1954. Per l’archivio di Torre do Tombo: P.A. de Azevedo - A. Baiano, O Archivo da Torre do Tombo, Lisboa
1905.
8 Vedi E. Castro-e Almeida, Inventario dos Documentos relativos ao Brasil existentes no Arquivo de Marinha e Ultramar de Lisboa, Rio, voll. 1-VIII, 1913-
1936. 9 Vedi C.A. Ferreira, Inventario dos manuscritos da Biblioteca da Ajuda re-
Serentes a América do Sul, Coimbra 1946. 10 Vedi Catdlogo dos manuscritos ultramarinos da Biblioteca Publica do Porto, Lisboa 1938.
Fonti inedite
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arquivo dos feitos findos para o estudio da colonizagzo do Brasil, Lisboa 1961. In terzo luogo, e ancora in Europa, ci sono gli archivi di Roma.
Nell’Archivio Vaticano!! si trovano i Regesta Vaticana (con bolle fi-
no al 1605), i Regesta Lateranensia (fino al 1803) e, fra altre cose, i Breves Lateranenses (1490-1800). L’Archivio Concistoriale (Acta Cameranii) é tra i pi importanti dell’Archivio Vaticano per quanto
riguarda la nomina dei vescovi. In Processi si trovano informazioni
sulle cause di molti latinoamericani. Ha importanza tutto il materiale delle visite ad limina. Nella Congregazione per gli affari straordinari c’é molto materiale, specialmente per il periodo dell’emancipazione, su cui ha lavorato in modo particolare Pedro de Leturia. Inoltre presso la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli (De Propaganda Fide) ci sono materiali a partire dal 1623. Dobbiamo ricordare gli archivi centrali dei francescani', dei ge-
suiti}3, dei domenicani, degli agostiniani, ecc.
Inoltre, nell’archivio dell’ambasciata di Spagna presso la Santa Sede si conserva parte del materiale della presentazione di vescovi e altre pratiche presso il Vaticano. Nella Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele si trovano incartamenti con le cause di beatificazione di numerosi santi latinoamericani: Francisco Solano, Juan Masias, Palafox y Mendoza, Mariana de Jesus, José de Anchieta, Martin de Porres, Pedro Claver, Pedro de Urraca, Santa Rosa, Santo Toribio, Sebastian de Aparicio, ecc. Ovviamente |’ America Latina é il luogo nel quale si trova la maggiore quantita di materiale d’archivio'*. E il Messico, nonostante le devastazioni, il paese nel quale si trovano pit documenti di storia
della Chiesa!>. Nell’Archivo General de la Nacidn ci sono serie di
documenti sul nostro argomento, come per esempio, clero secolare e regolare (217 volumi), ospedali, indios, inquisizione (1.702 volumi), gesuiti, vescovi e arcivescovi, santa crociata, chiesa e conventi, uni-
11 Vedi Lajos Pastor, Guida delle fonti per la storia dell’America Latina ne-
gli Archivi della Santa Sede e negli Archivi ecclesiastici d’Italia, Vaticano 1970. 12 Vedi J.M. Pou y Marti, «Index Regestorum Familiae Ultramontanae», in Archivum Franciscanum Historicum (Firenze), voll. XII-XX, 1919-1927. 13 Dei cui archivi si vanno pubblicando i Monumenta Historica Societatis Jesu, dei quali F. Zubillaga ha consegnato la parte relativa alla Florida, A. Egafia quella peruviana e S. Leite parzialmente la parte brasiliana.
14 Vedi R.R. Hill, The National Archives of Latin America, Cambridge
University Press, Mass. 1945; Idem, «Ecclesiastical Archives in Latin America» in Archivum (Paris) 3 (1954) 135-144; J.P. Harrison, Guide to materials on Latin America in the National Archives, Washington, voll. I-I], 1961-1967.
15 Vedi L. Medina Ascencio, Archivos y bibliotecas eclesidsticas, México
1966; L. Gomez Canedo, «Archivos eclesidsticos de México», in Anuario de Bibliotecologia, Archivologia e Informatica (México), III, 1971; J. Specker, «Missionsgeschichtliches Material», in Neue Zeitschrift fur Missionswissenschaft XXX (1974) 220ss.
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versita (572 volumi). C’é anche un archivio di fondi dell’inaH (Jnstituto Nacional de Antropologia e Historia), e molti altri. Nell’archivio del cabildo si trovano gli Atti capitolari dal 1536 fino a oggi. Ci sono archivi conventuali, parte dei quali sono stati incorporati ad archivi del governo. In tutte le cattedrali o parrocchie principali ci sono archivi, come l’archivio ecclesiastico dell’arcivescovado di Guadalajara, la biblioteca del vescovo Palafox di Puebla, di Oaxaca, Durango, Zacatecas, e praticamente in tutti gli stati del paese. Inoltre ci sono archivi indigeni maya, come per esempio a Chiapas, a Ebtum (Yucatan) e San Pedro Yolox (Oaxaca). I Caraibi non sono terra di archivi: l’umidita e i tarli li rovinano in poco tempo. A Santo Domingo si pud trovare molto poco nelPArchivo General de la Naciodn o nell’archivio della cattedrale (libri
di battesimo e atti del cabildo ecclesiastico)!®. A Puerto Rico Parchi-
vio storico dell’universita a Rio Piedras ha raccolto il materiale pit importante. Ne esistono altri (Archivo General del Estado, Archivo Histérico municipal). Nella cattedrale il materiale é stato riorganizzato grazie al lavoro di Arturo Davila. Mario Rodriguez sta lavoran-
do sugli archivi parrocchiali!?. A Cuba c’é del materiale nell’ Archivo Nacional de Cuba**, ma ci sono pochi documenti anteriori al XVIII
secolo. L’archivio arcivescovile dell’ Avana e quello del cabildo nella cattedrale conservano documenti di valore. Nell’America Centrale il pit importante é l’Archivo General del
Gobierno de Guatemala", in cui abbondano gli incartamenti che ri-
guardano il Real Patronato (1634-1820); missioni, santa crociata, conventi, ecc. C’é un settore dell’archivio sugli affari ecclesiastici. L’archivio dell’arcivescovado é in buono stato e molto ricco. Ci sono anche gli archivi del collegio missionario di Cristo crocifisso e quello dei francescani. In Costa Rica bisogna mettere in rilievo l’archivio nazionale di San José, in Nicaragua l’archivio nazionale e quello della curia ecclesiastica di Ledn, quest’ ultimo il pit importante per la Chiesa; in Honduras, nell’archivio nazionale c’é poco sulla Chiesa. Lo stesso avviene nel Salvador dove si trova qualche cosa nell’archivio della curia ecclesiastica. Nel Panama niente o molto
poco.
16 Vedi F. Sevillano Colom, «El Archivo General de la Nacién y el servicio
de microfilm de la UNESCO», in Boletin del Archivo General de la Nacién (Santo Domingo), XXII (1952) 205-225; H. Polanco Brito, «Archivos Eclesidsticos de América Latina», in Boletin CEHILA, 16-17 (1979) 26-29.
7 Su questo tema vedi l’articolo di L. Hanke, «Archivos eclesidsticos de
América Latina», in Boletin CEHILA,
16-17 (1979) 8-10.
18 Vedi L. Marino Pérez, Guide to the Material for American History in Cuban Archives, Washington 1907. Vedi R. Chamberlain, «Report on Colonial Materials in the Government Archives of Guatemala City», in Handbook of Latin American Studies, Cam-
bridge 1936.
Fonti inedite
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In Colombia”, l’archivio nazionale é il pit importante, dato che
nel 1948 fu incendiato l’importante archivio dell’arcivescovado di Santa Fe. Sono trattati argomenti come quello degli indios (78 volumi), delle cappellanie (26 tomi), dei conventi (78 volumi) e molti altri: preti e vescovi, istituti di studio, ecc. che hanno rilevanza per la storia della Chiesa2!. Sono state pubblicate serie di indici delle diverse parti dell’archivio. All’interno ci sono archivi ecclesiastici importanti (come l’archivio dell’arcivescovado di Popayan, quello del Collegio francescano delle missioni a Cali, ecc.). Nel Venezuela, nell’Archivo General de la Nacidn a Caracas ci sono capitoli come le bolle della santa crociata, le decime, le chiese, gli indigeni, le missioni, gli affari ecclesiastici e altri che sono utili ai
nostri fini. L’archivio arcivescovile di Caracas” conserva molto ma-
teriale, e cosi pure l’archivio del cabildo ecclesiastico che conserva gli Atti capitolari dal 1580 ai nostri giorni. Ci sono archivi dell’ordine francescano e archivi parrocchiali interessanti, anche all’interno di altri archivi (come l’archivio storico di Zulia e Maracaibo o I’archivio storico della provincia di Mérida). Nel Pert, regione importante quanto il Messico, i documenti hanno sofferto peripezie tali che ce ne sono pervenuti pochi rispetto a quanti dovrebbero essercene. Ci sono incartamenti utili ai nostri fini nell’Archivo Nacional, nella Biblioteca Nacional, nell’archivio degli affari esteri, ma soprattutto nell’archivio arcivescovile di Li-
ma23, in cui si trovano decine di fascicoli, fra altri documenti, sulle
cause di beatificazione dei santi peruviani, e molto sulla storia popolare della Chiesa (in capitoli come «comunita di devote», soccorsi agli indios poveri, fraternita, ecc.). Inoltre, archivi come quello del convento di San Francesco (con materiali abbondanti sulla storia dei francescani in Sudamerica), degli scalzi, del convento di Sant’Agostino, della Mercede, del cabildo ecclesiastico (i cui atti capitolari iniziano nel 1575), del Seminario Santo Toribio di Mogrovejo, ecc.4. Non possiamo fare a meno di parlare dell’Archivo Histdrico
20 Vedi Restrepo Posada, «Los archivos eclesidsticos colombianos», in Revista de la Academia Colombiana de Historia Eclesidstica, (Medellin) 1/2 (1966)
169-173.
21 Vedi Wendell Graff, «Inventario de algunos archivos locales de Colombia y Cundinamarca», in Anuario Colombiano de Historia Social (Bogota) 5
(1970) 219-229.
22 Vedi J. Suria, Catdlogo General del Archivo arquidiocesano de Caracas, Caracas 1964; M. Bricefio Perozo, «Concentracién de archivos eclesidsticos», in Memoria del I Congreso Venezolano de Historia Eclesidstica, Caracas 1970,
259-261.
23 Vedi R. Vargas Ugarte, «El archivo arzobispal de Lima», in Handbook of Latin American Studies, Cambridge 1936. 24 Vedi F. Barreda, «Libros parroquiales de ciudades del Peru», in Revista del Instituto Peruano de Investigaciones Genealdgicas 10 (1957) 79-85.
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di Cuzco (nel quale c’é materiale sulla storia della Chiesa), e specialmente dell’archivio arcivescovile, del cabildo ecclesiastico, della Mercede, di San Francesco, ecc. Se ne trovano anche ad Arequipa (archivio arcivescovile), Trujillo (archivio arcivescovile e del cabildo ecclesiastico), nel Collegio di Ocapa, ecc. In Ecuador, |’ Archivo Nacional de Historia & meno importante dell’Archivo Municipal di
Quito”5, con fonti dal 1534 in poi. L’archivio arcivescovile di Quito
e quello del cabildo ecclesiastico sono utili. Ci sono archivi di valore nell’ambito municipale di Ibarra, Ambato, Cuenca, Riobamba,
Guayaquil, ecc.”6,
In Bolivia, l’Archivo Nacional sta a Sucre’, dove si trovano, per esempio, 41 volumi riguardanti Mojos e Chiquitos. Si trova qualcosa nell’archivio del cabildo ecclesiastico di Sucre (dal 1572). Ci sono materiali anche a Santa Cruz de la Sierra” e in altre citta dell’interno, specialmente Cochabamba. Nel Cono Sud, in Argentina, l’Archivo General de la Nacién, fondato nel 1821, é il pid antico d’America e ci sono materiali utili: decime, missioni (particolarmente dei gesuiti), ecc.2°. L’archivio delVarcivescovado di Buenos Aires andd in gran parte bruciato nel 1955; ¢’é poco nel cabildo ecclesiastico, qualcosa in quello di San Francesco. A Cordova l’archivio storico e quello arcivescovile, ora ben curati, possiedono documenti interessanti, cosi come l’archivio dell’universita (dal 1609, quando fu fondato il collegio dei gesuiti a Santiago del Estero). A Mendoza c’é un archivio generale della provincia e un altro nella cattedrale, e anche a Salta, Santa Fe e Corrientes.
In Paraguay, |’Archivo Nacional e quello della curia ecclesiasti-
ca sono i pit importanti.
conserva alcuni materiali?!.
In Uruguay
esiste il Museo Nacional che
In Cile, l’Archivo Nacional a Santiago conserva fonti su gesuiti, inquisizione e I’«Archivo Eyzaguirre». Nella Biblioteca Nacional si
25 Vedi J.H. Pazmifio, «ArShivo arzobispal de Quito», in Boletin CEHILA
16-17 (1979) 15-17.
6 Vedi O. Romero Arteta, «Indice del Archivo de la Antigua Provincia de Quito de la Compaiiia de Jesus», in Boletin del Archivo Nacional de Historia
(Quito) IX/14-15 (1965) 180-191.
2? Vedi J. de Zengoitia, «The National Archives and the National Library of
Bolivia at Sucre», in The Hispanic American Historical Review (1949) 17-28.
28 Vedi C. Lépez - F. Cajias, «Archivo de la catedral de Santa Cruz de la
Sierra», in Boletin CEHILA 16-28 (1979) 17-28. J.C. Zuretti, «Documentos eclesidsticos de la época de la revolucién existentes en el Archivo General de la Nacién», in Archivum IV/1 (1960) 297-370; G. Furlong, «Disefios de caracter eclesidstico que se conservan en el Archivo General dela Nacién», in Archivurn III/2 (1959) 303-337.
30 Vedi H.F. Pérez, Los Archivos de la Asuncion de Paraguay, Buenos Ai-
res 1923, 31 Vedi Revista Histdrica (Montevideo) XV (1944) 85-105.
Fonti inedite
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trova la Sala Medina del grande storico. L’archivio arcivescovile nel-
la curia comincia dal 1634. Quello dei francescani comincia nel 1553 ed é molto valido. Si é scoperto il valore degli archivi parrocchiali>?. In Brasile>3 si deve menzionare prima di tutto l’ Arquivo Nacional
a Rio, che comprende non solo il periodo coloniale, ma anche il periodo della permanenza della corte in Brasile. Le collezioni Eclesidstica, Affari del Portogallo: problemi ecclesiastici (fino al 1820) con incartamenti che riguardano la Mesa de Consciéncia e Ordens, Irmandades, ecc. Anche a Rio de Janeiro nell’archivio arcivescovile ci sono circa 1.600 documenti (dal 1575). A Sao Paulo dobbiamo indicare l’Arquivo publico do Estado e \’Arquivo Municipal, anche se Parchivio arcivescovile non ha documenti del XVI secolo, ma dal 1640. A Bahia c’é un registro parrocchiale a partire dal XVII secolo e un archivio della curia metropolitana. Ci sono archivi anche a Belém, Cuibé, Goids, Mariana, Olinda, Séo Luis de Maranhdo. Delle sedi episcopali posteriori al XVIII secolo bisogna menzionare quelle di Aparecida, Campinas, Curitiba, Diamantina, Floriandpolis, Limoeiro do Norte, Petrépolis e Sobral, che hanno archivi; da parte loro, anche gli ordini religiosi (benedettini, carmelitani, francescani) hanno archivi. Questa rapida carrellata ci permette di capire che la storia della Chiesa in America Latina, cominciando con lavori monografici su fonti d’archivio di prima mano, dovra proseguire il suo lungo cammino fino al XXI secolo inoltrato. Per questo la nostra Historia General de la Iglesia en América Latina é una sintesi provvisoria su questo cammino, tenendo presenti i suoi limiti, ma anche la sua necessaria funzione in quanto permette una visione d’insieme e, al tempo stesso, alimenta la prassi del credente, del militante. Fino a questo momento in America Latina non abbiamo alcuna informazione sistematica intorno agli archivi e alle fonti non pubblicate riguardanti il protestantesimo. Non esiste neppure una descri-
zione del contenuto degli archivi, quando questi esistono. Lo studio-
so deve percid rivolgersi in ogni paese alla sede centrale di ogni organizzazione religiosa protestante, dove, nella maggior parte dei casi, trovera un archivio denominazionale. In Messico, per esempio, la Chiesa Metodista ha costituito un archivio storico e ha organizzato una societa di studio della storia del metodismo nel paese. Oltre agli archivi denominazionali sono stati creati archivi nelle federazioni
32 Vedi R. Diaz Vidal, in Revista de Estudios Histéricos (Santiago) 10
(1962). Vedi l’opera di Cl. Morin, «Los libros parroquiales como fuente para la historia demografica y social», in Historia Mexicana XXI/83 (1972) 389-418. 33 Vedi M.R. da Cunha Rodrigues, «As fontes primdrias existentes no Arquivo da curia de Sio Paulo», in Revista Histdrica de Sao Paulo 66 (1966) 437 ss.; B.J. Barbosa, Arquivo Histdrico da Venerdvel Ordem Terceira da Nossa Senhora do Monte do Carmo, Rio de Janeiro 1872.
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evangeliche nazionali che servono o hanno servito di stimolo per l’ecumenismo ail’interno del protestantesimo latinoamericano. Questi archivi sono situati nella sede di ogni Consiglio evangelico nazionale e sono ricchi di informazioni sul movimento interdenominazionale cominciato con il Congresso di Panama (1916). Anche i movimenti ecumenici sorti negli anni sessanta hanno costituito archivi propri che si trovano nella sede centrale di ogni organismo. A Lima si trovano gli archivi del ceLADEC (Comisién Evangélica Latinoamericana de Educacién Cristiana) e dell’uLarE (Unidn Latinoamericana de Juventud Ecuménica). In Messico si trovano gli archivi dell’ asEL (Accidn Social Ecuménica Latinoamericana); una parte degli archivi di Iglesia y Sociedad en América Latina sono stati trasferiti da Montevideo a Buenos Aires, Valtra é stata distrutta dalla repressione. In Messico si trovano anche gli archivi del FuMEc (Federacién Universal de los Movimientos Estudiantiles Cristianos). La copEc (Coordinadora de Proyectos Ecuménicos) ha sedi in Puerto Rico e in Messico, e gli archivi dell’uNELAM (Movimiento pro Unidad Evangélica en América Latina) sono dispersi 0 attualmente ricollocati nella sede centrale del cLal (Consejo Latinoamericano de Iglesias) in Brasile. Infine, i grandi seminari protestanti latinoamericani hanno biblioteche in cui sono conservate molte raccolte di riviste evangeliche regionali e nazionali; sono imprescindibili per la ricerca. L’1SEDET (Instituto Superior de Estudios Teoldgicos) a Buenos Aires, la Facultad Evangélica de Teologta a Santiago del Cile, i seminari metodista e presbiteriano a Rio de Janeiro, il seminario battista di Recife, la Facultad de Teologia Luterana di Sao Leopoldo, il Seminario Biblico di San José in Costa Rica, il Seminario Evangélico de Teologia di Matanzas a Cuba, il Seminario evangélico teoldgico di Rio Piedras, Puerto Rico, e la Comunidad Teoldgica de México a Citta del Messico hanno anch’essi del materiale. Tuttavia, le pid importanti fonti d’informazione sul protestantesimo latinoamericano si trovano fuori del continente, negli Stati Uniti e in Europa. Non abbiamo una descrizione sistematica dell’ubicazione e del contenuto di tali archivi; sono per lo meno in buone condizioni. In primo luogo si devono consultare gli archivi delle organizzazioni missionarie nordamericane ed europee, particolarmente quelli metodisti del nord e del sud degli Stati Uniti, dei battisti del nord e del sud, e anche delle decine di denominazioni, missioni di fede e gruppi pentecosfali. Per quanto riguarda i presbiteriani nordamericani possiamo menzionare le fonti seguenti: a Montreal, N.C., Fondazione di storia delle chiese presbiteriane ¢ riformate (Rapporti e lettere delle missioni in America Latina); a Nashville, Tenn., Board of World Mission della Chiesa Presbiteriana negli Stati Uniti (Latin America’s Missions files); a Philadelphia, Pa., Societa storica presbiteriana (Lettere latinoamericane);
Fonti pubblicate
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a Princeton, N.J., Princeton Theological Seminary, Documenti di Robert Speer; a Washington, D.C., Biblioteca del Congresso, Settore manoscritti. Documenti di Samuel G. Inman Tutti i dati sulle missioni dei moravi dell’ America Latina si trovano in Europa, nella sede centrale della chiesa a Hernhutt in Germania. Infine, due archivi sono imprescindibili per qualsiasi studioso del protestantesimo latinoamericano e mondiale. Da un lato, l’archivio e la biblioteca del Consiglio Ecumenico delle Chiese (cEc - in inglese wcc) che ha sede a Ginevra. Qui si trovano tutti i documenti relativi al movimento ecumenico nei quali possiamo seguire l’operato e la partecipazione dei latinoamericani e lo sviluppo dei vincoli che si sono stabiliti nel corso degli anni. Allo stesso modo I’archivio e la biblioteca del National Council of Churches degli Stati Uniti (Ncc-usa), che si trovano a New York, sono di primaria importanza per conoscere la storia delle missioni protestanti in America Latina.
1.2. Fonti pubblicate Di seguito indichiamo una lista di fonti pubblicate, storia della Chiesa in America Latina.
utili per la
AMERICHE DI Carta. Percorsi bibliografici sulle Americhe e le popolazioni native a cinquecento anni dalla Conquista, di M. Serra e A. Trevisani, SAB, San Lazzaro di Savena (BO), 1992. AZzEveEDO, P.A. de BAIANO, O Arquivo da Torre do Tombo, Lisboa, 1905. Barrepa, F., «Libros parroquiales de ciudades del Peru», in Revista del Instituto Peruano de Investigaciones Genealdgicas 10 (1957) 79-85. Bibliografia su religioni e societa nel Centroamerica, di G. Paolucci, Giardini, Agnano Pisano (PI), 1982. BrICENO PEerozo, M., «Concentracién de archivos eclesidsticos», in Memoria del I Congreso Venezolano de Historia Eclesidstica, Caracas, 1970, 259-261. CASTRO E ALMEIDA, E., Jnventario dos Documentos relativos ao Brasil existentes no Arquivo de Marinha e Ultramar de Lisboa, Rio de Janeiro, 1913-1936, t.I-VIII. «Catdlogo de exposicao da Histéria do Brasil», clase VI: Histdria Eclesiastica, in Annaes da Bibliotheca Nacional, vol.9, 18811882, 749-812. ; Catalogo dei manoscritti d’oltremare della Biblioteca Pubblica di Porto, Lisboa, 1938.
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c. Fonti protestanti pubblicate Tra le fonti protestanti pubblicate prendiamo in esame, prima di tutto, gli atti e i documenti delle grandi conferenze missionarie continentali: Il Congresso di Panama (Christian Work in Latin America, Panama Congress, New York, 1917, 3 voll.) e le conferenze regionali
che seguirono (Regional Conferences in Latin America, New York,
1917). Il Congresso di Montevideo (Christian Work in Latin America, Montevideo Congress, New York, 1925, 2 voll.) per l’America meridionale, e it Congresso dell’Avana per il nord del continente (G. Baez Camargo, Hacia la Revolucién en Hispanoamérica, México, 1930; S. G. Inman, Evangelicals at Havana, New York, 1919). Le
Fonti pubblicate
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conferenze presentate durante il congresso dell’Avana compaiono in una pubblicazione a parte (Ponencias para el Congreso Evangélico de La Habana, La Habana, 1929). Delle conferenze latinoamericane ricordiamo: quella di Buenos Aires nel 1949 (El Cristianismo evangélico en la América Latina. Informe y resoluciones de la Primera Conferencia Evangélica Latinoamericana, Buenos Aires, 1949), la conferenza di Lima, 1961 (Cristo: la esperanza para América Latina. Ponencias, Informes, Comentarios de la Segunda Conferencia Evangélica Latinoamericana, Buenos Aires, 1962), quella di Buenos Aires del 1969 (Deudores al mundo. Montevideo, Conferencia Evangélica Latinoamericana, Tercera en América Misidn y (Unidad 1978 nel 1969) e quella a Oaxtepec Latina, Oaxtepec, 1978; San José, Costa Rica 1980). Inoltre la prima Conferenza latinoamericana di Evangelizzazione, CLADE (Accidn en Cristo para un continente en crisis, San José, 1970). In secondo posto dobbiamo tenere presente gli atti ¢ i documenti delle grandi conferenze missionarie internazionali, in particolare la Conferenza Missionaria Mondiale di Edimburgo, Scozia, 1910 (World Missionary Conference, 1910, Edimbourgh-London, 9 voll.), l’assemblea di Gerusalemme de! Consiglio Missionario Internazionale nel 1928 (The Jerusalem Meeting of the International Missionary Council, London, 1928, 6 voll.), ’Assemblea Missionaria Mondiale di Tambaram, India, 1938 (La Misidn Mundial de la Iglesia. Informe oficial del Consejo Misionero Internacional, Buenos Aires, 1939), cosi come gli altri resoconti delle riunioni del Consiglio Missionario Internazionale di Whitby, Canada 1947; di Willingen, Germania 1952; di Achimota, Ghana 1957-58; di México 1963; di Bangkok 1972-72 e di
Melbourne 1980. Al terzo posto dobbiamo consultare come fonti pubblicate le varie relazioni delle riunioni dei movimenti ecumenici latinoamericani: Uxase (Con Cristo un mundo nuevo. Congreso Latinoamericano de Juventudes Evangélicas, Lima, 1942); Isa. (Encuentro y desafio. Conclusiones y resoluciones de la Primera Consulta Evangélica Latinoamericana sobre Iglesia y Sociedad, realizada en Huampani, Montevideo, 1961; América hoy, accidn de Dios y responsabilidad del hombre, Montevideo, 1966; América Latina movilizacién popu-
lar y fe cristiana, Montevideo, 1971). La maggior parte delle relazioni delle assemblee generali dei suddetti movimenti ecumenici non é stata pubblicata: ci sono solo dei ciclostilati. UNELAM dal canto suo ha pubblicato le relazioni di due incontri; uno sulla donna in America Latina (E/ rol de la mujer en la Iglesia y en la sociedad, Montevideo, 1968) e Paltro sulla presenza missionaria del continente (Misioneros norteamericanos en América
Latina, para qué?, Montevideo, 1971). Inoltre bisogna ricordare le due conferenze missionarie celebrate
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negli Stati Uniti da parte dei comitati missionari sul loro lavoro in America Latina (Ecumenical Missionary Conference on Foreign Missions, New York, 1902, 2 voll.; Conference on Mission in Latin America, New York, 1913); i vari incontri di singoli organismi e di raggruppamenti di organismi tenutisi nel continente per motivi specifici: Informe oficial del Congreso Evangélico Centroamericano, Ciudad de Guatemala, 1941; Consultation on Religious Liberty in Latin America, New York, 1955; The Listening Isles, Puerto Rico - New York, 1957; Christian Literature Program for Latin America, México, 1941; Informe de la Primera Asamblea Evangélica Interamericana de Obra Rural, México, 1956; Carlos Gattinoni, Vida y Mision de la Iglesia Metodista, Buenos Aires, 1961; Committee on Latin America, Geneva, 1963. Infine gli «Informes Anuales del Comité de Cooperacién para América Latina» (Ccra) dal 1916 al 1965, che si trovano nella «Missionary Research Library» a New York e le relazioni ciclostilate dellufficio per l’America Latina del «Concilio Nacional de Iglesias de Cristo» si trovano nella sede del medesimo organismo a New York. d. Elenchi di vescovi
ALEGRE, F. J., vari elenchi in Historia de la Provincia de la Com-
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2. BIBLIOGRAFIA Suddivideremo la Bibliografia in due grandi capitoli: il primo per la «Bibliografia bibliografica» e i] secondo per la bibliografia propriamente detta. Quest’ultima poi, per cid che riguarda le opere fondamentali, ricevera una sistematizzazione tenendo presente tutto i! continente (e suddividendola per paesi); seguira una bibliografia per paesi (organizzati per regioni, cosi come é stato fatto nella seconda parte del presente volume).
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