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Italian Pages 436 Year 2016
L ucilla Guidi
Il rovescio del peifo'rmativo SI 11dio .ml/a f e1101111mologia di l leirlt:gger
«Es 1st so schwer, den Anfang zu finden. Oder besser: Es ist schwer, am Anfang anzufangen. Und nicht zu versuchen, weiter zuriickzugehen.» L. Wittgenstein, Vber Gewiflheit
Alla mia famiglia
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Prefazione di Vincenzo Vitiello
"il più nascosto dono della verità" 1. Heidegger immer wieder. È accaduto anche a grandi personalità della storia, che in vita avevano richiamato su di sé l'attenzione del mondo, di patire post mortem di un notevole calo di interesse pubblico. Esemplare, per limitarmi all'ambito della filosofia, il caso di Hegel, che Marx lamentava venisse trattato come "un cane morto"'. Forse lo 'spirito del mondo' ha bisogno di silenzio, prima di esprimersi su un autore 'celebrato' in vita, e cioè se la sua opera merita di passare dagli effimeri clamori della cronaca alla più duratura presen7.a nella storia (dell'eterno è bene che noi mortali non si parli). Ma con Heidegger ciò non è accaduto: le 'luci della ribalta' non si sono mai spente su di lui, anche dopo la morte. E quando accennavano ad affievolirsi, le polemiche sulle sue scelte politiche e ideologiche - l'adesione al nazionalsocialismo e l'anti-
1. K. Man,
Il capitale, libro I, Editori Riuniti, Roma 19645, pp. 44-45.
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giudaismo- presto le riaccendevan2. Tuttavia mai Heidegger ha occupato la scena mondiale della 6loso6a e ancor più dei "media", come da quando è cominciata la pubblicazione dei Quaderni neri, in particolare per lo scandalo sollevato dalle sue affermazioni contro gli ebrei. Schwar.r.e Hefte, già il titolo fa pensare a chissà quali postume rivelazioni, ed invece ha modestissima ragione: il colore della copertina dei quaderni usati dal 6losofo. Invero del nazismo e dell'antigiudaismo di Heidegger - mai da lui rinnegati, come pure qualcuno, un Poeta ebreo, aveva invano sperato, e pur chiesto3 - si sapeva, se non tutto, abbastanza, e non era certo poco. È peraltro sufficiente aprire le Conferenze di Brema, per sapere come la pensava Heidegger ancora nel 1949: è n che si legge l'agghiacciante confronto tra la meccaniz:7.azione dell'agricoltura e "la fabbricazione di cadaveri nelle camere a gas e nei campi di sterminio"4• Questo per dire che l'importanza dei Quaderni neri va cercata altrove: nell'incessante interrogarsi del 6losofo, in un periodo cruciale per la storia del mondo - gli anni che vanno dal 1932 al 1948 -, sull'incidenza della filosofia, la sua ma non solo la sua, nella prassi pedagogico-politica, e sul futuro del mondo, in un intreccio di temi che evidenziano insieme l'inquietudine del pensatore e la piena, orgogliosa consapevolezza del valore della sua opera. Non esitò, infatti, ad
2. Ben diverso destino conobbe Giovanni Gentile, ucciso dai partigiani dopo la sua adesione alla Repubblica di Salò (in meritov. G. Mecacci, LA Gh;rlan,da fiorentina e la morte dl Giovanni Gentile, Adclphi, Milano 2014), e per lunghi anni 'rimosso', in Italia, dal dibattito filosofico. 3. Il riferimento è a Paul Celan, del quale si veda la poesia '-rodnauberg: Id., Poe.sie, testo tedesco a fronte, a cura di Giuseppe Bevilacqua, Mondadori, Milano 1998, pp. 960-963. In merito rimvio al mio I tempi della poesia Ieri/ Oggi, Mimesis, Milano 2007, P.11, cap. II, "Erbe e pietre: il linguaggio della natura. Paul Celan•, pp.123-138. 4. M. Hcidegger, Bremer und Freiburger Vortròge, Klostermann, Frankfurt/M. 1994, trad. it. di G. Giurisatti, Adelphi, Milano 2002, p. 50.
13 accostare Essere e tempo alla Fenomenologia delle spirito e al Capitale, affiancando le loro date di pubblicazione, come a suggerire nascoste cadenze temporali nella storia dell'esserel. E tra le note degli anni Quaranta, una delle più lunghe ed articolate, si legge che "L'unico pensiero" della sua vita, "che gli era stato destinato", era "Essere e tempo". E "Cosa è pensato in Essere e tempo? Essere e tempo pensa la verità dell'essere". Die Wahrheit des Seins: la 'domanda', la Frage, su cui, sell7.a quiete, aveva sempre 'sostato'6• Niente di meglio per introdurre alla lettura di questo lavoro di Lucilla Guidi, dedicato all'interpretazione del libro che rese Heidegger un filosofo weltbekannt, che la diretta testimonianza del suo Autore sulla centralità dell'opera in tutto l'arco della sua vita. Testimonianza, peraltro, di molti anni successiva non solo alla pubblicazione di Sein und Zeit, ma anche alla cosiddetta "svolta": quella.Kehre su cui tanto si è scritto, spesso prestando attenzione più alla cronologia delle opere, che non al pensiero in esse espresso. Ha detto una volta Heidegger, parlando di sé, Herkunft bleibt stets Zukunft: "L'origine resta sempre futuro''1. Aveva certamente una grande considerazione di sé, ma non si può negare che si conoscesse bene.
2. Il rovescio del performativo. Studio sulla fenomenologia di Heidegger, sebbene sia limitato allo studio del decennio 19195. Cfr. M. Heidegger, Gesamtausgabe ( • GA), Klostermann, Frankfurt/M, Bd 97, 2015, p. 131; ma cfr anche Bd. 94, p. 53.
6. "Stehenbleiben" - è il verbo che Heidegger impiega: cfr. GA, Bd. 97, pp. 174-177, e 181. 7. M. Heidegger, Untenvegs zur Sprache, Niemeyer, Pfullingen, 19755, p. 96; trad. it. di A. Caracciolo e M. Caracciolo Perotti, Mursia, Milano 1973,
p.90.
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1929, contribuisce, attraverso un'originale ri-lettura di Sein und Zeit e del suo processo di elaborazione, ad illuminare in modo significativo l'intero Denkweg heideggeriano. Infatti, come si dirà in modo più dettagliato al termine di questa Prefazione, il 'corulitto' con sé stesso che ha travagliato il lìlosofo per tutta la vita, e che, a partire dalla metà degli anni Trenta, assumerà la 'figura storica' di un'opposizione radicale tra la concezione pagana del mondo, da lui molto rimarcatà", e il mai spento sentimento giudaico-meno del no&•, cit., p. 131. 117. M. Heidegger, GA 21 p. 110, trad. it. pp. 74-75. 118. M. Heidegger, GA 20p. 73, trad. it. p. 69.
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Tanto quindi in quello che è per Husserl "il principio di tutti i principi" quanto nel nous aristotelico, il presentarsi dell'ente in quanto tale, l'essere dell'ente, il suo primario esser-vero che rende possibile il disgiungere apofantico, è l'esser-presente della presenza, la (auto)presentillcazione: cosl viene pensato il "come", il suo modo di essere. Possiamo dire dunque che il rapporto che congiunge essere e tempo è radicalmente fenomenologico, si tratterà infatti di mettere in questione il senso d'attuazione dell'Anschauung, o meglio: di mostrare il suo scaturire dal senso d'essere che si esprime con i pronomi personali, il cui senso di riferimento (wie) è tale da essere a sua volta riferito alla totalità del contesto attuativo (dass ), in questione è la stessa rottura della correlazione, dell'identità di datità e modo di datità: Il fondamento inespresso della logica tradizionale è una determinata temporalità, orientata primariamente al presentare (gegenwlirtigen), orientamento che si esprime in maniera estrema nella formulazione del concetto greco di conoscell7.a come purotheornrn, puro intuire (Anschauen). Tutta la verità della logica è verità dell'intuizione (Anschauungs-Wahrheit); intuire inteso come presentare. (... ] Ma se nella temporalità dell'esserci devono risiedere più radicali possibilità temporali, tali possibilità dovrebbero allora porre un limite essenziale alla logica e all'ontologia tradizionali. 119
§6 L'enunciate ermeneutic.o-indicatioo come enunciato performativo
È possibile a questo punto mostrare il fondamento della verità assertiva, la modalità in cui si dà, c'è l'"in quanto" ritornando a quella forma di discorso all'interno dell'effettuazione che è modalità non assertiva, pre-predicativa ma non pr~di-
119. M. Heidegger, CA 21 p. 415, trad. it. p. 275.
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scorsiva120, in cui le cose sono scoperte in quanto tali. La verità dell'asserzione non si fonda nell'identità di datità e modo di datità come autopresentifìcazione, bensl è quest'ultima a scaturire dalla motilità di scadimento (Verfallen) temporale dell'esserci, dal suo essere presso le oose. Da questo modo d'essere scaturisce, dunque, l'autopresentifìcazione inscritta nell'attuazione del riferimento noetico e la sua graduale cri~tallizzazi,me nella verità dell'asserzione. A partire da qui è possibile chiarire il carattere performativo che appartiene tanto agli enunciati fenomenologici (e correlativamente ai modi d'essere che essi esprimono), quanto alla forma della verità da essi implicata. Nel corso del 1925, il carattere temporalizzante dell'in quanto ermeneutico, del "come", viene descritto attraverso un movimento di slancio in avanti e retrocessione, «comportamento[ ... ] che si rivela come tempo» 121 • Leggiamo questo lungo passo: In questo comportamento fornito dall'tn quanto, in questo significare, qualcosa è già sempre stato compreso, in quan-
120. Come afferma Demmerling, con cui concordiamo pienamente: «Dass der BegrifT des -Votpriidikativen•• sich bei Heidegger nicht allein auf Vor• sprachliches, sondem v.a. auf etwas "vc>rder Aussage" be-.deht, machen erst weitere Text:stellen deutlich. So geht er offensichtlich davon aus, dass es neben den theoretischen Aussagen nicht nur weitere, sondem im gleichen Sinn fundamentale Sprachmoglichkeiten gibt, die sich nicht umstandslos auf die Aussage zuriickruhren lassen». C. Demmerling, Hermeneutik der Alùaglichkeit und ln-der-Welt.sein, in T. Rentsch (Hrsg.), Martin Heldegger: Sein und Zeit Kommentar, Alcademie Verlag, Berlin 2001, p. 109. La prospettiva di Demmerling si situa in continuità con quella di C. Lafonte, Sprache und Welter.schll=ung. Zur llngu.sttschen Wende der Hermeneutik Heideggers, Suhrkamp Frankfurt a. M. 1994, si vedano p. 80 e ss. Al contrario, ad Identificare pre-predicativo e pre-llnguistico è, In particolare, H. Dreyfus, Holism and Hermeneutics, in «Review of Metaphysic,,, 34, 1980, pp.3-23. 121. M. Heidegger, GA 21, p. 147, trad. it. p. 98.
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to questo che ho inteso incontrando un oggetto, una cosa, questa porta. L'in-quanto-che«>sa a partire dal quale comprendo e che ho già sin drul'inizio [... ] è colto quindi non tematicamente in questo "aver lìn dall'inizio"; io oioo nella comprensione dello scrivere, dell'illuminare, dell'uscire, dell'entrare. Più esattamente, come esserci sono qualcosa che parla, che cammina, che comprende, sono un rapporto di comprensione. Il mio essere nel mondo non è nient'altro che questo muovermi già comprendente in questi modi dell'essere. Se quindi adesso guardiamo più attentamente, vediamo che quelli che chiamiamo uno schietto avere-a-disposizione, uno schietto modo di cogliere questo gesso qui, come questa lavagna, come quella porta, considerati strutturalmente non sono affatto un modo di cogliere direttamente qualcosa; vediamo che io, preso strutturalmente, non accedo direttamente rula cosa schiettamente presa, ma che la colgo essendo già, per cosl dire, sin dall'inizio in rapporto con essa, che la comprendo in base a ciò cui essa serve. Dunque, in questo modo apparentemente schietto di cogliere le cose circostanti, io sono sempre nel cogliere e nel comprendere, già oltre [... ]; io sono sempre già oltre nella comprensione di ciò per cui (in quanto che cosa) viene preso quel che è dato e incontrato. E solo a partire dal per-cui e dall'in-quanto-che-cosa, presso il quale già sempre mi trovo, ritorno a quel che mi è venuto incontro. Lo schietto modo di cogliere proprio le cose circostanti [... ) nella maniera più naturale è quindi un costante retrocedere verso quel che mi viene incontro, ed è un constante retrocedere, che è necessariamente un retrocedere. [. ..] Poiché il mio essere è fatto in modo che io sia sempre avanti a me, devo, per cogliere qualcosa che mi viene incontro, retrocedere da questo esser-avanti a quel che mi viene incontro. Già qui si mostra la struttura immanente del modo di cogliere, del comportamento adeguato rul'in-quanto, struttura che [. .. ) si rivela come il tempo. E questo essere-
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aoonti-a,.sé come retroce.ssicne è un peculiare movimento, se così posso dire, che l'esserci compiecostantemente. 122
Se ritorniamo alla forma del discorso ermeneutico in cui viene espresso il con-che della prassi: "il martello è pesante!" possiamo mettere in risalto la motilità estatico-intenzionale da cui è intessuto, che coincide con il fenomenizzarsi del fenomeno: l'accadere della totalità di senso della cura, la verità (Erschlossenheit) come aprirsi dell'esser-ci. È possibile associare all'apertura (che, come ha sottolineato Tugendhat, va compresa come una fonna media verbale'~, dunque alla cooriginarietà dei suoi modi di temporaliZl.aZione, le direzioni di senso elaborate nei primi scritti friburghesi: l'attuarsi (dass) del rife-
122. lbidem. 123. E. Tugenclhat, Der Wahrheitsbegrilfbei Husserl und Heidegf,er, cit, p. 304: «Das Wort "Erschlossenheit" ist aber nicht nur als das Abstraktum zu "Erschlie8en" gemeint, sondem zugleich zu "Erschlossensein", wobei das Wort von Heidegger nun aber nicht nur passivisch als das objektive Korrelat des Erschlie6ens verstanden ist, sondem - wenn es vom Dasein selbst gebraucht wird - mediai. Das Dasein "erschliellt sich", heillt also hier. es offnet sich fùr (Erschlle8bares), und dieses Sich-Erschlie6en ist die Bedingung fùr alles Erschlie6en-von, nicht als blo6e Voraussetzung, sondem als durchdringende Bestimmung,-.
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rimento (wie) al contenuto (was)124: l'esser-avanti-a sé (wie) essendo già sempre (dass) presso qualcosa (was ) 125• A partire dalla "for7.a", dalla motilità estatica che incarna il discorrere ermeneutico inteso come avere-a-che-fare nel conche dell'effettuazione, reso dall'espressione "il martello è pesante!", è possibile provare a descrivere, con un cambiamento d'accento, la motilità di scadimento costitutiva dell'esserci e il suo esser-dato a sé nel modo del via da sé, il suo esser già sempre assorbito in ciò (was) di cui si prende cura, il primato
124. Neicorsi primo-friburghesi la totalità del fenomeno-l'esperienza fattizia della vita-viene esplicata fenomenologicamente rispetto al suo senso di contenuto (was),al suo senso di riferimento (wie) e al suo senso d'attuazione (class). Al senso di contenuto appartiene il carattere della significatività inscritto in ciò in cui la vita vive, cioè il mondo ambiente (Umweù), il mondo del con (Mitwelt) e il mondo de sé (Sellmwelt). Al senso di riferimento (Wie ), alla modalità in cui l'esperienza della vita esperisce la significatività dei mondi appartiene invece una costitutiva indifferenza, che coincide con la tendenza al decadimento (abfollende Tendenz) del -oome" nel -cosa". Indifferenza del "oome" e significatività del "oosa" vanno insieme. Il Volkug è il modo in cui il riferimento alla significatività si attua. Una sintesi della totalità delle dire.doni di senso del fenomeno, presenti in tutti i primi corsi friburghesi, è offerta in M. Heidegger, GA 60 cit., in particolare pp. 4-18, trad. it. pp. 40 e ss. Come emergerà nel confronto con la lettura heideggeriana delle lettere paoline, inoltre, le tre dimensioni di senso del fenomeno hanno carattere temPorale, o meglio: temporaliztante. Approfondiremo nel prossimo studio (Infra, cap. Il) questi temi. 12.5. «La comprensione si fonda primariamente nell'awenire (anticipare o aspettarsi). La situazione emotiva si temporalizza primariamente nell'essere-stato (ripetizione e oblio). La deie-.i:ioneè radicata in senso temporale primariamente nel presente (presentazione o attimo)•. M. Heidegger, GA 2 p. 463, trad. it. p. 414. Prenderemo in considerazione le modalità estatiche in cui si incarna il fenomeno esserci più dettagliatamente nel prossimo studio (Infra, cap. II) dedicato al confronto con la fatticità cristiana; per ora mi interessa soltanto sottolineare che temporalità propria e impropria - dunque presentazione/attimo, ripetizione/oblio, anticipare/aspettarsi - non si situano affatto su un piano assertivo-disgiuntivo che le oppone l'una all'altra. È necessario dunque recuperare un altro senso di dis-giunzione.
96 cioè dell'orizzonte del presente da cui scaturisce anche l'interpretazione dell'essere dell'ente come presenza essenziale, "cristallix7..azione" di quel presentificare (Gegenwt'irtigen) che è l'esser-scoperto dell'ente in quanto tale nell'aver a che fare con esso, il suo esser scoperto in quanto "per": La comprensione dell'appagativltà che rende possibile in generale l'uso di un mezzo è u n aspettarsi ritenente in cui il meZ?..o viene presentificatc come questo meZ?.o detennina-
to.'26 Come afferma Cardini, in questo caso, «l'estasi del presente, che qui viene privilegiata, ha come proprio schema la presenza, o, in senso più esplicito, il "per": questo schema del "per", che diviene qui dominante, esprime precisamente il carattere di utiliz,,abile, che è mezz.o per qualche cosa» 127• È proprio il carattere del "per" e dunque il primato del senso di contenuto (was) a profilare la motilità di scadimento dell'esserci, l'esseraperto a sé nel modo del via da sé e il suo comprendersi a partire da ciò di cui si prende cura. In questa costellazione di senso, l'accento cade sulla presentificazione, il fenomeno si fenomeniz:za come far presente, il senso di contenuto, il "che cosa" satura, per così dire, le altre dimensioni di senso. Qui emerge anche, tuttavia, la costitutiva ambiguità inscritta nella motilità di "scadimento" dell'esser-ci e cooriginariamente nella motilità dell'henneneuein. Da un lato, l'essere del mezzo non è compreso come una proprietà di esso ma riferito alla "verità", all'apertura (Erschlossenheit) del comportamento interpretante, nella trascenden7,a verso la sua appagatività, verso la totalità di significatività, dei rimandi; dal]'altro, la ripetizione (dass) di questa anticipazione {wie), è un obliarsi (dass) dell'aspettarsi (wie) in ciò (was) che viene presentificato: così
126. M. Heidegger, GA 24pp. 215-216, trad. it. p . 281.
121. M. Gardini, Filosofia dell'enunciaz.icne, cit., p. 70.
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la totalità di rimandi appare come qualcosa di dato nel e col mez:zo128 (il martello è pesante!). Questa motilità di temporaliz:zazione implica parimenti lo scadimento, l'oblio del "chi" in vista di cui la totalità di appagatività viene rilasciata: Alla temporalità costitutiva del lasciar appagare è essenziale un oblio particolare. Il sé-Stesso, per intraprendere «realmente» delle opere e volgersi alla manipolazione «perso» nel mondo dei mezzi, deve obliare sé stesso.120
L'essere appropriato del mezzo al contesto d'uso nella motilità dinamica del suo scoprimento fa tutt'uno dunque con il carattere temporalizzante del fenomeno: così il con-che dell'effettuazione "il martello è pesante!" si trasforma (in un Gradualismu.s non misurabile per "gradi"), devitalizzandosi, nell'esser-detto (Gerede) pesante del martello. Il sentire e il comprendere si sono attaccati anticipatamente a ciò che il discorso dice. La comunicazione non «partecipa» il rapporto ontologico originario con l'ente di cui si discorre, ma l'essere-assieme si realizza nel discorrere-assieme e nel prendersi cura di ciò che il discorso dice. [ ... ) L'essere detto [ ... ] si fa ora garante della genuinità e della conformità alle cose del discorso e della sua comprensione. 130
Parimenti è dalia modificazione, dalia decontestualizzazione della prassi a offrirsi '1'intomo a cui" (woraber) del discorso assertivo determinante: Quando usiamo un meu.o sulla scorta della visione ambientale preveggente possiamo dire ad esempio: «il martello è troppo pesante»; oppure: «è troppo leggero». Anche l'affermazione «il martello è pesante» può esprimere una riflessione prendente cura e significare: «non è leggero», oppure:
128. lol, pp. 69-70. 129. M. Heidegger, GA 2 p. 468, trad. it. p. 431. 130. M. Heidegger, GA 2 pp. 223-224, trad. it. p. 207.
98 «renderà faticoso il suo uso». Ma l'affermazione può anche significare: )'ente che mi sta davanti e che noi conosciamo ambientalmente come martello ha un peso cioè ha la proprietà della pesanteZ7.a, esercita una pressione sul suo appoggio, togliendo il quale cade. Un discorso siffatto non si esprime più nell'oriZ7.onte dell'attesa e del ritenimento di un insieme di mezzi e dei relativi rapporti di appagatività. [ .. .] Il discorso ambientalmente preveggente circa «il troppo pesante» e «il troppo leggero» non ha più alcun «senso»; l'ente che ora si incontra non offre più come tale alcun riferimento a qualcosa in virtù del quale esso possa essere «trovato» troppo pesante o troppo leggero. [ ... ] Nell'affermazione di ordine fisico: «il martello è pesante» non viene saltato solo il carattere di strumento del!'ente che si incontra ma la determinazione tipica di un utilizzabile: il suo posto. •a•
Inoltre, nella costellazione di senso determinata dal senso di contenuto, cioè dalla presentiJìcazione, l'in vista di (wommwillen), il poter-essere in vista di cui l'esserci esiste, che è anche parimenti il "chi" con cui termina la catena dei rimandi, la dimensione "attuativa" (dass) della "modalità" (wie) si offre solo come poter-essere determinato, come "possibilità reale" tra le altre: L'inautentico auto progettarsi nelle possibilità desunte da ciò di cui ci si prende cura attraverso la presentazione attualiz7.ante, è possibile solo se l'esserci ha già obliato il suo poteressere più proprio e gettato. 1:11
Mentre la modalità impropria di temporalizzazione del fenomeno è un mantenersi presso le cose, assorbendosi in ciò che si fa presente, è dunque un obliante (dass) aspettarsi (wie) ciò che si presenta (was ), nella modalità propria di temporalizza-
131. loi, pp. 471-478, trad. it. pp. 426-428. 132. loi, p. 448, trad. it. p. 401.
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zione del fenomeno l'estasi del presente si mantiene in quella dell'essere stato ( dass) e dell'awenire (wie) ,ro_ Il presente che fa parte della decisione si mantiene nello speci6co avvenire (anticipazione) ed essere-stato (ripetizione) della Entschlossenheit. Il presente che appartiene alla decisione e che da essa scaturisce noi lo chiamiamo attimo. 134
Nell'"attimo" si mantiene il "fatto" del "come", la struttura di ripetizione (Wiederiwlung) dell'awenire: in un certo senso l'attimo non è altro che un ritardo che trattiene, rimanda la motilità di temporalizzazione del fenomeno. Qui si comincia a pronlare la radicale distinzione tra il non sapere, la non verità inscritta nell'esserci e dunque il senso della disgiunzione esistenziale di verità e non verità e la agnoia come ignoranza, come non percepire, come mancato accesso alla trasparenza di sé con sé. Nel caso dell'enunciare ermeneutico, in questione è il carattere temporalizzante dello stesso fenomeno, la stessa motilità dell'enunciare (e cooriginariamente di tutti gli esistenziali): si tratta della motilità di scadimento dell'esserci in quanto tale, in questo scadere. La chiusura [infatti] non è affatto un non-sapere come fatto, ma costituisce J•effettività dell'esserci. Essa determina anche il carattere estatico dell'abbandono dell'esisten7.a al nullo fondamento di sé stessa.•~
È qui ad emergere la necessità di una Umstelwng, di una trasformazione immanente, in situazione, nell'esser-sempre mio di tutti e di ciascuno, che conduca la fenomenologia fino a sé. Si tratta di una dimensione costitutivamente ambigua (zweideutig) che pervade lo stesso discorso fenomenologico
133. M. Heidegger, CA 24 p. 407, trad. it. p. 275. Cfr. M. Cardini, Filosofia deU'enunciaZione, cit. pp. 70-71. 134. Ibidem. 13.5. loi, p. 412.
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ermeneutico e che appartiene a tutti gli "esistenziali" cooriginari che la fenomenologia esplica. L'aver-a-che-fare mondano, il suo discorso comprendente e situato, in cui il "fatto" del "come" decade nel "cosa" e dunque in ciò che è detto-intonato-compreso, presentificatc, convive con l'enunciare indicativo ermeneutico, che invece ha la funzione di indicare il "come", quel movimento di sottrazione (di attuazione) del "come" nel che cosa, "la ripetizione dell'avvenire" che accade, qui e ora, nell'esser di volta in volta dell'esser-ci: «nell'attimo (Augenblick ), (dell') aprire la rispettiva (jeweilige) situazione e con essa la situazione '1imite" originaria»136• Questa Grenzsituation non è altro che la situazione qui e ora dell'esser sempre mio l'un con l'altro nel mondo, di volta in volta geweils), la cooriginarietà della temporalizzazione di tutti gli "esistenziali". Come si legge in una delle tesi o, meglio, degli enunciati indicativ~rmeneutici di Sein und 2'.eit: «La cura nella sua apriorità esistenziale si situa "prima" di ogni "comportamento" e "situazione" effettiva dell'esserci, cioè già sempre in ognuno di essi»131• Quel che mi interessa sottolineare è l'intreocio tra proprio e improprio a partire da cui viene riformulata la disgiunzione tra verità e non verità e dunque il senso della negazione. In questo contesto, non è possibile intendere la Grenzsituation "originaria" in contrapposizione a una "non originaria", in base a un rapporto logico disgiuntivo che appartiene alla sola dimensione apofantica: non si tratta di differenti stati di cose (Tatsache) o condizioni (IAge) rappresentati in un'asserzione. Parimenti, quindi, il discorso "autentico" non si situa in opposizione disgiuntiva al discorso "inautentico", alla chiacchiera, così come il temporaliX1.arsi, l'aver-luogo, il "fatto" (dass) di questo discorso comprendente e intonato non è altro tempo che quello cronologico, e l'angoscia non è altra 136. M. Heidegger, CA 2 p. 461 , trad. it p. 413 137. lol,
p. '11',7, trad. it. p. 236.
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Stimmung che la paura (e tutte le altre): 22, quel tempo contratto che tiene in sé kair6s e chrorws - momenti che non possono essere separati ma vanno mantenuti in questa fo17.a oppositiva che li tende l'uno dis-giunto dall'altro. Se l'at22. Nel Deutsches Wi:irterbuch di Jacob e Wilhelm Grimm il significato di Vollziehen è sia attuare e realizzare, sia compiersi nel senso cairologico dell'evento. Quest'ultimo senso viene riferito a Lutero. Riportiamo il passo della voce del dizionario che ci interessa. «Vollziehen kann ,vie vollenden auf etwas durch thatigkeit hervorgebrachtes be-.oogen werden, und die Vorstellung des ahschlieszens und beendens tritt auch In andere Verbindungen vor: und "hat Moses ausgepredigt und sein Wort volzogen (Luther 16, 155 W.)"•. Je W. Grimm, Deutsches Wiirterbuch, bearbeitet von R. Meiszner, Verlag von S. Hir.tel, Leipzig 1951 p. 729. Come afferma Ardovino, con cui in questo contesto concordiamo pienamente: «va comunque tenuto presente che, nel Vollwg o nel Voll:tiehen della vita effettiva, oltre alla dimensione performativa dell'attuazione-esecuzione risuonano un "adempiere" e "portare a compimento" che si fanno carico di un'indubbia valenzacairologica, in base alla quale la stessa indagine "matura" una sua temporalità specifica e connessa alla decisione appropriante•. A. Ardovino, Esistenza ed ejfettioltiJ, cit., p. 23. Non siamo d'accordo invece sul fatto che il Voll:tiehen- che è insieme un attuare e un compiersi - scompaia in Sein und Zeit. Scrive Ardovino: «la dimensione performativa ed esecutiva dell'attuazione dell'ermeneutica della vita effettiva andrà tenuta presente nella sua demarcazione dalla proposta sistematica e trascendentale dell'ontologia fondamentale». foi, p. 24. A mio avviso, è proprio il non tener presente la concettualità indicativoformale che si Inscrive nella modalità del significare, nella dimensione di senso, di verità, di ogni esistenziale a condurre a una comprensione di Sein und Zeit a partire da una impostazione trascendentale e non più attuativa e performativa. L'esistenziale, il "come" è solo in quanto si temporali=i, si attua, solo nella Entschlossenheit, solo dunque in una trasforma:àone immanente, in situazione. Non si tratta di una a-priorità trascendentale ma "esistenziale", cioè performativa (negativa), come ci proponiamo di mostrare. Sull'impostazione non trascendentale di Sein und Zeit ci soffermeremo (Infra, cap. V) seppur in modo breve e nient'affatto esaustivo. Sul tema rimandiamo al testo di V. Vìtiello, Heidegger: il nulla e la fondazione della storicità. Dalla Obenvln®ng der Metaphyslk alla Daselnsanalyse, Argalia, Urbino 1976, in particolare pp. 321-38.5.
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tuazione della correlazione intenzionale a fronte dell'indifferen7.a del "come" conduce Husserl a sottoporre l'atteggiamento naturale al processo delle riduzioni, in questo contesto l'unico accesso a quello che viene determinato dapprima come "Situation-ich" (GA58), poi come Ich-Selbst, Dasein (GA60) è la Selbstwelt e dunque, inscindibilmente, la Mitwelt e la Umwelt, in cui l'esperirsi indifferente in questa significatività di mondi è parimenti il modo in cui la correlazione si attua. Coscienza trascendentale, connessione di atti [... ] tutto ciò non ha alcun interesse per noi. Nella vita effettiva io non esperisco me stesso né come connessione coerente dl esperiew.e vissute (Erlebnisswsammenhang) [ ... ] e neanche come un qualche obietto-Io (Ich-Objekt), bensl mi esperisco in ciò che (was) faccio, subisco, e ml accade, nei miei stati di depressione e dl gioia. Io stesso non esperisco nemmeno il mio io separatamente, bensl, nel farlo, sono sempre legato al mondo ambiente. L'esperire sé stessi non è né "riflessione" (Reflexion) teoretica, né "percezione interna", bensl "selbstweltliche Eifahrung", poiché l'esperire stesso ha un carattere mondano, possiede un'accentuata significatività, nel senso che, dl fatto, il proprio mondo del sé non è assolutamente pii) staccato dal mondo ambiente ( Umwelt).23
È proprio questa significatività a partire da cui l'esperienza esperisce sé stessa a mettere in questione la _J>Ssibilità di seguire Husserl nel processo delle riduzioni24• E nota, infatti, la 23. M. Heidegger, GA 60 p. 13; trad. it. p . 45.
24. Sulla discussione del rapporto tra il metodo fenomenologico husserliano e la critica heideggeriana in questi primi anni di rielaborai,;ione della fenomenologia come Urwissenschaft, segnaliamo in particolare: M. Riedcl, La fondazione originaria dell'ermeneutica fenomenowgica. Il primo confronto tU Heidegger con Hu.sserl, in «Paradigmi•, VII, 1989, pp. 299-317; M. Gro8heim, Phanomenologie du Bewwstseins oder Phanomenologie du .Lebens"i' Hu.sserl und Heidegger in Freiburg, in G. Figa), H.-H. Gander (Hrsg.), Heidegger und Hu.sserl. Neue Perspektiven, Klostermann, Frankfurt a. M. 2003, pp. 101-136.
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modalità in cui Heidegger interpreti il metodo riduttivo husserliano25, cosl come è emersa la critica al senso di riferimento formale-teoretico di una fenomenologia trascendentale. I passi delle riduzioni hanno la funzione di principio di eliminare l'attuazione fattizia di chi esperisce, per guadagnare la sfera della coscienza nella sua pureZ7.a trascendentale ed eidetica. In tal senso, con la riduzione trascendentale si mette fra parentesi l'atteggiamento naturale nella sua concreta attuazione, mentre la riduzione eidetica implica la possibilità di accedere al tema di una scienza trascendentale. Infine la riflessione, il terzo passo del metodo fenomenologico, comporta una presa di distaw..a dalla concreta e irriflessa attuazione dei molteplici riferimenti d'esperienza26• Tuttavia in questo caso la significatività - Mit-Selbst e Umwelten - i contesti di mondo implicati nel carattere attuativo, storico e mondano dell'esperiew..a vanno perduti, e con essi va perduta la totalità del fenomeno, il suo senso pieno (Vollsinn), che non può essere ricostituito ex post, in una regione immanente che ha i tratti del Cogito cartesiano. Fondamentale è il carattere di evento (Ereignis) espresso proprio con la forma delle impersonali, che tiene insieme due direzioni contrapposte: "spontaneità del Se"lbst" e impersonalità (es) dell'accadere (Geschehen, Geschichte), ridefinendo la correlazione coscienza-mondo. Il senso di riferimento non è un rapporto tra due oggetti, ma è già esso stesso il senso di un'attuazione (Vollzug). Il Sé non è un punto egologico ultimativo. Si può vivere pur sem.a ave-
25. Com'è noto, Heidegger si dedica a una approfondita discussione del metodo husserliano nel corso nel semestre estivo del 1925 contenuto in CA 20, cit., in particolarepp. 125-157. 26. Su questo punto si veda in particolare H-H- Gander, Phiincmenclogle im Obergang. Zu Heideggers Auseinadersetzung mit Hu.sserl, in A. Denker, H.H. Gander, H. Zaborowski (Hrsg.), Heidegger und die Anflinge seine.s Denkens, in, «Heidegger-Jahrbuch», 1, Karl Alber, Freiburg-Miinchen 2004, pp. 294-306.
re sé stessi. A partire da questo si dà in vario grado (comvo mio) una possibile Rackgang verso il raccogliersi dell'attuazione (Vollwg) (del senso di riferimento), e lìnalmenteverso la spontaneità del Selbst. ll senso d'attuazione scaturisce dalla spontaneità del Selbst. 27
Il senso di attuazione (dass) del riferimento (wie) ai contesti di mondo si lega dunque alla "Ruckgang" e allo scaturire dalla "Spontaneitttt des Se"lbsts" che tuttavia assumono tratti che hanno ben poco a che fare con un "ritorno" e un «cominciare da sé» 28: l'attuazione del riferimento alla significatività è piuttosto descritto in termini che mettono in risalto il cortocircuito tra attivo e passivo, a partire da cui può essere compreso anche il carattere feticistico della fatticità, la preoccupazione della vita come movimento di contraffazione. Questo feticismo costitutivo, il senso di riferimento dell'atteggiamento (Einstellung) che caratterizza l'indifferenza del "come", è la motilità di decadimento in cui si incarna la Bekammerung fattizia: L'esperienza fattizia della vita è l'autosufficiente cura della signilìcatività conforme all'atteggiamento, decadente e Indifferente quanto al riferimento. (die einstellungmas~
ge, abfallende, bezugsmiissig-indifferente, selbstgenugsame Bedeutsamkeitsbekammerung).29
27. M. Heldegger, GA 58, p. 260. 28. la critica alla no-tione dì libertà come spontaneità, come cominciare da sé, è formulata anche in Vom Wesen des Grundes. Anche in questo contesto la libertà in quanto trascendenza si attua nel /ascian, che all'esserci un mendo si imponga (walten) e si faccia mendo (welten). Il lasciare qui va inteso nel senso del •tet· inglese (M.M. Olivetti): si tratta dì un "far imporsi" e rimanda al cortocircuito tra attivo e passivo, al "medio" espresso con quella forma dì impersonali in cui il sostantivo viene trasposto in verbo. Cosl suona il passo: «Fmheit allein kann dem Dasein eine Welt walten undwe/ten fu.s.. sen. Welt ist nie, sondem weltet». M. Heidegger, Vom Wesen des Grundes, in Wegmarken, GA 9, cit., p. 164, trad. it. p. 120. 29. M. Heidegger, GA 60 p. 15, trad. it. p. 49.
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Questa indifferenza del "come", il carattere dell'atteggiamento (Einstellung) decadente (abfallende), non solo tende a costituire contesti significativi autonomi che acquisiscono una realtà indipendente dall'esperienza e nei cui confronti si atteggia una presa di conoscenza atematica, determinando una continuità tra l'indifferenza dell'atteggiamento fattizio e la Kenntnisnahme, che sfocia nella costituzione di Ordnungen obiettive, proprie delle scienze obiettive~, ma qui .il dabei sein des Ich e il suo essere coinvolto dal mondo (mitgen01Tv menwerdens) è indifferente~31 • Questa motilità di contraffazione appartiene costitutivamente alla struttura della Beki.immerung fattizia, e apparterrà costitutivamente anche alla Cura, a partire da quel movimento strutturale che è il Verfallen: la motilità di fuga che verrà inscritta nell'esistenza dell'esserci. Anche terminologicamente la decadenza del riferimento (.Abfallen) della Beki.immerung e la deiezione (Verfallen) della Sorge si richiamano a vicenda. Ai lìni del nostro discorso importa mettere l'accento proprio sul fatto che si tratta in entrambi i contesti di un movimento costitutivo. La "deiezione" (Verfallen), come si legge in SundZ, è «una determinazione esistenziale dell'esserci stesso e non ha nulla a che fare con un esserci concepito come semplice presenza. [ ...] Il termine, che non importa alcuna valutazione negativa, sta a significare che l'esserci è innanzitutto e per lo più presso il "mondo" di cui si prende cura»32• Questa motilità «sarebbe fraintesa se si volesse attribuirle il senso di una qualità ontica negativa e deplorevole, che il progredire della civiltà potrebbe un giorno annullare»:33. Si tratta piuttosto di
30. lv~ in particolare pp. 14 ss., trad. it. p. 47 ss. 31. lo~ p. 16, trad. it. p. 49. 32. M. Heidegger, GA 2 p. 233, trad. it. p. 216. 33. lv~ p. 234, trad. it. pp. 215-216 .
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un modo esistenziale dell'essere nel mondo, di un .concetto ontologico di movimento»34 : esserci cade da sé stesso e in sé stesso (corsivo mio) nella infondatezza e nella nullità quotidiana impropria. Lo stato interpretativo pubblico gli nasconde però questa caduta [corsivo mio]»35• Non si tratta affatto dunque di negare, di eliminare "questa caduta nella infondatezza e nella nullità quotidiana impropria", bensl di li-trovarsi in questa in-fondatezza, in questa stessa im-proprietà, esperendo il nascondimento di questa "caduta". Qui è in gioco il rapporto proprio/improprio e il costitutivo processo di scadimento, di caduta, di indifferen:za decadente (abfallen) del riferimento ai contesti di mondo e con esso a sé, tanto per quanto riguarda la fatticità della vita, tanto in relazione all'esserci.
.r
Una formulazione di questo rapporto, contenuta nel testo Der Begriffder 7.eit, è utile a chiarire che in questione è la stessa figura, anche perché, in questo contesto, gli "attrezzi" primofriburghesi sono ancora mescolati a quelli ontologico esistenziali: Il proprio (eigentlich) essere dell'esserci è ciò che è solo in quanto esso è propriamente (eigentlich) improprio (uneigen-
tlich): l'inautentico autentico (l'improptio propt1o): ovverosia si 'supera' [hebt auf135 in sé stesso. Esso non è un qualcosa che debba e possa sussistere per sé accanto all'impropt1o; infatti il wme acquisito nella risolutez,_.a (Entschlossenheit) dell'anticipare è propt1o solo e soltanto In quanto determlnatez,.a di un agire da afferrare nell'adesso dell'essere-assieme.37
34. Ivi, p. 238, traci. it. p. 219. 35. Ivi, p. 237, trad. lt. p. 218. 36. Sul confronto tra dialettica ed ermeneutica, che non rientra negli scopi di questo studio, si veda il testo di V. Vitiello, Dialettica ed ermeneutica, Hegele Heidegger, Guida, Napoli 1979. 37. M. Heidegger, Der Begriffcler Zelt, Klostennann, Franlcfurt a. M. 2004, CA 64 p. 81 (trad. L.G.].
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La motilità di caduta dell'essere-nel-mondo - allo stesso modo della Bewegtheit di contraffazione dell' esperieni.a fattizia della vita - è costitutiva: lo stesso movimento di apertura è un rovinare oia dasé stesso che nasconde però questo suo oia da sé, questa improprietà, e si chiude quindi a sé stesso. Il toglimento38 della chiusura indicato dal suffisso Ent-, che si inscrive nell'apertura, nella verità dell'essere-nel-mondo (ErEntschlossenheit), l'"a sé", si dà solo come accadere (es), qui e ora, del via da sè (Man) costitutivo che nasconde sé stesso. Non c'è dunque alcun "ritorno" a un "Sé autentico", dunque, insieme, a "io" e "noi" intatti, che sarebbero a parte e prima del movimento di contraffazione, del Man, ma solo l'accadere (es), di volta in volta, di questo costitutivo movimento di contraffazione che, rovinando via da sé stesso, si nasconde perciò il proprio oia da sé, la propria im-proprietà, nascondendo così sé stesso.30 Anche nel 1920 emerge tutta l'equivocità tra signi38. Il riferimento è, com'è noto, al ~54 di Sein und Zeit. 39. La nostra lettura si discosta dalla tesi secondo cui la traduzione ontologica del Vollsinn del fenomeno e l'emergere della questione dell'essere a partire dal confronto con Aristotele segnerebbero una retrocessione del fattizio a favore dell'esistenziale. In base a questa prospettiva la fatticità verrebbe a coincidere con l'ontico e con l'esistentivo, e parimenti con l'essere-gettato, mentre si assisterebbe all'assunzione crescente dell'autenticità come carattere ontologico e originario dell'esistenziale. A mio avviso, invece, se si tengono presenti: 1) La modalità del significare di ogni "esistenziale", dunque il carattere indicativo formale, performativo, dell'enunciato ermeneuticoindicativo (la non coincidenza quindi tra ontico/esistentivo e Gewoefenheit e Befindlichkeit, in quanto si tratta di "esistenziali" cooriginari); 2) La centralità del rapporto tra Befindlichkeit e Ve,fallen, anch'essi esistenziali cooriginari; 3) li ruolo chiave della Stimmung, in particolare dell'Angrt a cui venà riportato l'essere-per-la-morte; infine, 4) se si considera il convergere del progetto (wie) e della gettateu.a (dass) nel carattere di "non" proprio d ell'esistenza dell'esser-:Lante, condiviso anche da Husserl, che mira a determinare le sfere regionali dell'essere entro le quali incasellare le individualità intese come oggetti, Heidegger ricerca ancora una volta le motivazioni preliminari
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dell'è predicativo della validità obiettiva - la regione obiettiva del neokantismo e i suoi apriori regionali (che appartengono alla medesima regione cosale di ciò che determinano), ovvero il senso d'essere della copula ottenuto nel processo di Generalisierung - sia la regione formale husserliana, la Einstellung teoretico-formale, l'operazione apofantica originaria "S è P" che, husserlianamente, è un atto intuitivo che ha essere ideale e implica il senso d'essere ottenuto nel processo di Formali-
sierunt6.
"rispetto alle quali" è possibile riferirsi a qualcosa. In tal modo, il compito dell'elaborazione di un'ontologia formale, teoreticamente intesa, viene ricondotto al piìl originario attingimento del senso stesso della possibilità di un rapporto e della sua attuazione. L1ndica:àone formale, all'interno di questa prospettiva, consiste appunto nell'apertura anticipata della dire-.àone in cui un rapporto può essere attuato. Essa indica preventivamente il riferimento del fenomeno, senza con ciò determinare o subordinare a una generalità il caso particolare considerato, ma tenendolo Invece "in sospeso" per quanto riguarda le sue potenzialità di realizzazione in un concreto rapporto. E proprio in tal modo, come indicazioni formali, devono essere intesi tutti i concetti di cui Heidegger fa uso•. A. Fabris, L'ermeneutica della fafficità nei primi corsi friburghesl, in F. Volpi (a cura cli), Guida a Heldegger, Later4, Bari 2002, pp. 87-88. 56. La formale Anzelge, il "modo" in cui si accede alla situa:àone fatti:,;ia, che è appunto formalmente indicata, viene delimitata negativamente sia rispetto all'espressione obiettiva (che de termina il suo oggetto a partire dal genere che lo sussume, appartenendo alla medesima regione cosale di ciò che determina), sia rispetto all'espressione formale husserliana (che determina l'oggetto entro la Ordnung formale, a partire cioè dal "come~ esso si dà ed è colto all'interno della coscienza ridotta). In quest'ultimo caso non si tratta di un prooesso che giunge per astrazione progressiva al genere sommo (Generalisierung), il quale condivide con la specie che sussume il medesimo ambito cosale, bens\ di un'intuizione che dal singolo astrae il suo "modo" di datità (Fomialisierung). Mentre nel rapporto tra genere e specie il genere sommo e il singolo appartengono al medesimo ambito cosale, nel rapporto tra singolo ed essenza vi è una radicale eterogeneità. A mio avviso, (contra S. Bancalari, Generalizzazione, Fomializzazione, epochè, cii.) è proprio questa eterogeneità a venir radicalizzata nella formale Anzelge: eterogeneo non è solo il "come" rispetto al ·cosa·, ma la stessa "modalità" è ete rogenea
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Per la questione della unità o molteplicità della situazione è importante che la possiamo acquisire solo nell'indicazione formale. L'unità non è logico-formale, bens\ solo formalmen-
rispetto a sé stessa, non può cogliersi riRessivamente ma appunto si attua (Vollwg) "iniRessivamente". È questo il senso della Anzelge: indicare "l'attua:àone" del "come". Non si tratta dunque soltanto di lasciare in sospeso il "come", di sottoporlo aepochè, ma di indlcarn al contesto di senso in cui, qui e ora, di volta in volta, esso si attua. (È qui a divenire anche comprensibile, a mio avviso, il senso della Destrokttcn: la mappatura dei contesti storici in cui il "come" si "attua"). È a partire dalla distinzione che 'ossessiona' Heidegger nei corsi primo-friburghesi tra "ordinamento obiettivo" (senso d'essere della copula) e "ordinamento formale" (operazione apofantica originaria, intui:àone originariamente offerente) che è possibile leggere anche il ritorno ad Aristotele, cioè il significato precipuamente fenomenologico del rapporto tra Aussage e Anschauung, apqpharnesthai e nous. In vista di comprendere lo statuto di senso, di espressione, di verità, della fenomenologia a partire dalla performatività la formale Anzeige è cruciale. È infatti proprio il suo uso pragmatico, «quell'uso metodico di un senso nel suo significato più generale,, (M. Heidegger, CA 60 p. 55, trad. it. p. 90), che avverte, dice: «Wamung!» (Ioi, p. 63, trad. it. p. 100) rispetto a una previa determina:àonc del "come" in senso teoretico - obiettivo e oggettivo - a offrire il "verso" a partire da cui leggere tutti glì enunciati fenomenologici; questi, infatti, sebbeneabbiano la formadell'asser.done, non fanno altroche indicare a chì scrive, legge e ascolta, a chi è nel mondo, la modalità in cui il "come" si "attua". L'enunciato fenomenologico "segnala" il "modo" in cui di volta in volta l'esser-sempre-mio l'un-con-l'altro nel mondo è riferito a sé, al suo "che". È dunque la/orma/e Anzelge, il carattere indicativo formale di tutti gli esistenziali e del discorso fenomenologico a esibire la dimensione pragmatica e performativa della fenomenologia. Sul carattere formalmente indicante di tutti gli esistenziali Heidegger si esprime esplicitamente anche dopo SundZ nel corso del 1929-1930: «Ich spreche daher be-.ruglich einer solchen Charakteristik des .aJs· von .,der formalen Anzeige". Die Tragweite derselben fùr die gesamte Begrifflichkeit der Philosophie kann hier nicht dargelegt wcrden. Nur eins soli erwiihnt sein, wcil es flir das Vcrstiindnis des Weltproblems - aber auch der beiden anderen Fragen - von besonderer Beàeutung ist. Alle philosophischen Begnffe sind formai anzeigend, und nur, wenn sie so genommen werden, geben sie dle echte M6glichkeit des Begreifens». M. Heidegger, CA 29/30 p. 425. Su questo ci soffermeremo più approfonditamente in Infra cap. III.
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te indicata. L'indicazione formale consiste nel "né-né~ (das 'Weder-Noch"): essa non è né qualcosa di conforme all'ordinamento né esplicazione di una determinazione fenomenologica.S7
E ancora: non c'è alcun apriori regionale, bensl una originarietà swrica e unadecisione swricapro o contro- non in senso teoretico, ma in senso conforme all'attuazione, poiché si attua di volta in volta soltanto cosl.M
Si tratta cli sottolineare proprio questa dimensione cli senso che lega insieme l'essere nelle espressioni con i pronomi personali, quella differenza che qui viene messa in risalto come distinzione tra il già citato "è della predicazione e il sono dell'ipseità in modo conforme ali'attuazione" e, parimenti, il carattere non intuitivo, non ideale, non "formai-logico" dell'apriori, e dunque della sua dimensione cli senso, bens'i "il suo attuarsi di oolta in oolta soltanto cosr. Qui non c'è alcuna Ordnung "logico-formale" permanente, atemporale, ideale bens'i "un attuarsi cli volta in volta soltanto cosl". Torneremo su questo punto, per ora mi interessa mettere l'accento proprio su questo "attuarsi cli volta in volta soltanto cosl" che caratterizza il senso dell'esisten2:a, mettendo in eviden2:a il fatto che esso si leghi esplicitamente al senso dell'"io sono" e alla necessità cli esprimere sempre questo senso d'essere facendo ricorso ai pronomi personali. Nella conferenza tenuta cli fronte ai teologi cli Marburgo nel luglio del 1924 e dedicata a Il Concetto di Tempo verrà usata anche l'espressione «Diesmaligkeit», «l'essereunicamente questa volta qui»511 • «Il senso dell'è dell'ipseità
57. !vi, 91, tn.d. it. pp. 130-131. 58. !vi, p. 148, tn.d. it. p. 194. 59. M. Heidegger, Der Begriff der Zeit, GA 64 p. 124, ed. it. a cura di F. Volpi, Il concetto di tempo, Adelphi, Milano 1998, p. 49.
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(esisten7.a) in modo conforme all'attuazione»ro indica proprio ali'essere questa volta qui della "situazione", che viene definita formalmente, ribadiamo, come "il modo in cui l'ichlich è e ha il nicht-ichlich". Tanto il senso del "sono" e la sua dimensione veritativa, espressiva, quanto il concetto fenomenologico di situazione vanno di pari passo con la necessità di ripensare la stessa attuazione della correlazione intenzionale a partire dalla temporalità della fatticità della vita, dal suo piano di senso, dalla sua espressione: si potrebbe dire: dato che ogni oggettualità si costituisce nella coscienza, essa è temporale, e con ciò si sarebbe ottenuto lo schema fondamentale del temporale. Tuttavia questa determinazione "universale-formale" del tempo non è una fondazione, bensl una falsificazione del problema del tempo, poiché con essa si prefigura un quadro per il fenomeno del tempo sulla base del teoretiro. Invece il problema del tempo va concepito nel modo in cui noi, nell'esperien7.a fattizia, esperiamo originariamente la temporalità (z.eitlichkeit), quindi a prescindere completamente da ogni coscien7.a pura e da ogni tempo puro. La via è dunque quella opposta. Dobbiamo chiedere piuttosto: [. .. ) che cosa significano, nell'esperien7.a fattizia, passato, presente e futurorls1
Una considerazione contenuta nella recensione a Jaspers lega esplicitamente il senso dell'essere che va espresso con i pronomi personali, che Heidegger definisce nel '20 il senso attuativo dell'io sono rispetto ali'è della predicazione o anche l'è dell'ipseità (Esisten7.a) conforme ali'attuazione, e la loro temporalità, che cosa significano cioè, nell'esperien7.a della vita fattizia, passato, presente e futuro62 :
60. Ibidem. 61. M. Heidegger, GA 60 p. 65, trad. it. p. 101. 62. Sul legame tra l"indica:àone formale e il senso della temporalità inscritto nell'esistetw1 si è soffermato A. D'Angelo, Heideggere Kierlcegaard: la
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L'esperie!l7.a fondamentale dell'avere-me-stesso non è [ ... ] disponibile senz'altro e non è di tale natura da riferirsi necessariamente all"'io", ma, se si vuole che il senso specifico del "sono" possa divenire esperibile in un'autentica approprl82ione, l'attuazione dell'esperiell7.a deve prendere origine nella piena concrezione dell'io e ad essa risalire in una determinata modalità. Quest'esperle!l7.a non è una peroezione immanente attuata in un intento teoretico che miri a constatare qualità "psichiche" di atti e processi, ma essa ha la sua estensione storica autentica nel passato dell'io, passato che non è per quest'ultimo un'appendice che esso trascina con sé, ma viene esperito, nell'oriz:,.onte d'attesa anticipato dall'io stesso, come passato dell'io che esperisce in senso storico e che in questa esperienza arriva ad aversi come sé. ( .. .) Nella misura in cui l"'io sono" può essere articolato come qualcosa, quindi in un "egli", "ella", "esso è" (qualcosa), allora si può dire formaliter dell'esistenza che è un senso, una modalità d'essere. Resta ancora da notare che l'"è", quando lo si intende concretamente come "egli, ella, esso è" può significare di nuovo cose diverse, e queste diversità delimitano una molteplicità di connessioni vitali[ ... ]: "egli è" può avere il senso dell'essere presente sottomano, dell'apparire in una natura oggettivamente rappresentata (molteplicità di oggetti e di relazioni), oppure può significare l'avere un ruolo nel mondo sociale circostante come nella più banale delle domande: "che cosa fa il signor X in Y?''. Per questo "è", assume un significato decisivo il suo "era" e il suo "sarà" in relazione all'"egli".63
recensione a Jaspers e l'indicazione formale, in «La Cultura», 47, 2009, pp. 61-90, mettendo in rilievo la differenza tra il concetto kierkegaardiano di esistenza (inteso come l'individuo di un universale) e il concetto "indicativo formale" di esistenza. 63. M. Heidegger, Anmerlcungen w &rl Jaspers' "Psychcwgw der WeLtanschouungen", in Wegmarken, GA 9, cit. p. 31, trad. it. a cura di F. Volpi, Note sulla "Psicclogia delle oisioni del mondo" dl K. Jaspers, in Segnavia, Adelphi Milanopp. 459460.
155 Di questa lunga citazione mi interessa mettere l'accento sia sul fatto che , 64 che individua il "sapere" storico fattizio dell'esperien7.a della vita di coloro che vanno perdendosi e non accolgono il wgos paolino - movimento che prefigura sen7.a dubbio tanto il Veifallen quanto il Vorlaufen in SundZ, il rapporto proprio/improprio. Parimenti mi preme sottolineare il legarsi di questi elementi al significato che la temporalità assume nell'era, nell'è e nel sarà riferiti di volta in volta a chi esiste, al senso dell'essere sotteso a tutti i pronomi personali. A partire da queste considerazioni è possibile interpretare, in modo qui soltanto preliminare, i caratteri fondamentali della dimensione di senso del discorso paolino, il fenomeno dell'annuncio e la peculiarità della situazione fattizia di Paolo e delle sue comunità, la situazione cioè di chi porta e accoglie l'annuncio, e la modalità stessa in cui il riferimento (wie) al suo mondo ambiente, al suo mondo comune e al suo mondo del sé (was) si attua (dass). Fondamentale nel fenomeno dell'annuncio e nella dimensione di senso legata a questo modo del discorso e alla fatticità cristiana, ali'esperienza della vita che esso implica, è il fatto che nasca «con l'annuncio che coglie l'uomo in un dato momento e da allora in poi conviva costantemente e simultaneamente nella attuazione della vita.>&S. Questa considerazione è cruciale per ripensare la dimensione veritativa della prassi fenomenologica a partire dalla riformulazione del
64. M. Heidegger GA 60p. 109, trad. it. p. 151. 65. lo~ pp. 116-117, trad. it. p. 159.
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concetto di perfonnatività. Il momento sorgivo della fatticità cristiana, l'accoglimento dell'annuncio - ovvero il compimento (Vollzug) di questo discorso - non è mai passato bensl sempre, di volta in volta, entum, la sua dimensione "imminente": il tò njln, di volta in volta, qui e ora, dell'attuazione della vita effettiva
"Dire: prima", in questo contesto, significa indicare la necessità dell'imminem:a, il riferimento della vita a sé, al suo "che", ora ~eri ton chr6non kaì ton kairon). È così che il passato, per usare la celebre espressione di Sein und Zeit, "scaturisce in certo modo dall'awenire". "Prima", in questa dimensione di senso, di verità, in questa modalità del discorso (di cui sono cooriginari comPortarsi-sapere-e--Stimmung) rimanda a un'intensificazione della necessità dell'imminenza della parusfa. In questo contesto, dunque, il proton non esprime ciò che precede un evento futuro, non enuncia qualcosa che sarà stata prima che la parusfa sarà, bensl indica al "sarà stato" di questo tempo-momento: tò njìn, ora. "Dire: prima'' significa richiamare ciascuno a sé stesso, rinviare (wie) la vita al "che" del suo esser-divenuta, intensificando l'angustia dell'imminen1.a della parusfa. «In questo caso, dunque, il "prima" (das 'Tuoor") è intensificazione della suprema necessità. Perciò Paolo dice soltanto: state saldi e conservate le tradizioni di cui avete esperienza,,m.
176. Ioi,p.108, trad. it.p. 149. 177. Ioi, p. 115, trad. it. p. 157.
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Nella cosiddetta Apocalisse è contenuto )'elemento decisivo: la posizione decisiva è caratterir.zata dall'ook edéxanto (non aver accolto l'annuncio) 178 [ ••• ]. In base alla capacità di riconoscere l'anticristo si decide chi è veramente cristiano. L'evento, che deve giungere prima (corsivo mio) della parus8 , riprendendoladomanda di Sini. Non si deve compiere questo determinato esercizio, si può anche non compierlo, cosl come se ne può compiere un altro; tuttavia, in ogni esercizio che viene compiuto o rimane incompiuto (nel senso transitivo del verbo), quel che in questo esercizio si fa, il suo farsi (nel senso intransitivo e riflessivo della forma verbale) funge, per cos'I dire, da sottotesto. Il "dovere" quindi, in questo contesto, non è un "tono morale" ma il non poter non fare come si fa (intransitivo). Del resto, anche gli enunciati husserliani possono essere compresi solo se i correlati d'essen7,a vengono (ri)visti. E con ciò non si vuole dire che "devono" essere rivisti, ma che in ogni visione non si può non vederli. Qui, tuttavia, alla visione in presa diretta husserliana, si sostituisce, per cosl dire, la post-sincrcmizzazinne: un discorso che usa il "significato", il contenuto d'esperiema, il "detto", come indicazione formale, come cioè un segnale, un'indicazione al contesto di senso, alla totalità della situazione: «al modo in cui l'egoico» - chi vive, esperisce, sa, parla, sente, ascolta - «ha il
methodische Moglichkeitsbedingungen der Anthropologie; sie lassen sich
spradJJch verdeutlichen in den Unterscheidungen der Anthropologie; explizit also, oder, wie Heidegger sagt: enstential, und sie lassen sich andererseits sprachlich verdeutlichen an den Unterscheidungen der alltiiglichen Rede, der Umgangssprache. Der transzendentale Konstitutionsgedanke bei Heidegger ist sehr wohl auch sprachphilosophisch orientiert. Mit Be-.rug auf seinen Phanomenbegriff heisst das: Der Phanomensbereich (hier: das menschlichen Leben) ist bereits sprachlich gegeben. Bestimmte existentielle Formen (Lebensformen) artikulieren sich immer schon in bestimmten Unterscheidungen der Sprache. Die transzendentale Phanomenologie der menschlichen Situation muss sprachphilosophisch fundiert sein,.. T. Rentsch, Heide(!,l!,er undWittgenstein, cit.,pp. 164-16.5. 8. C. Sini, Scrioere in fenome,w, cit., p. 124.
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non-egoico»0, si riferisce cioè alla significatività e, parimenti, riferendosi a essa, è rimandato a sé, a questo "che" (dass), al contesto dunque dell'esperienza, alla totalità, di volta in volta, della sua situazione (in base alla distinzione secondo cui «l'egoico è e ha il non egoico il non egoico, è solo e non ha» 10). È proprio questo Sich-mit-haben, che compare anche nella interpretazione indicativo-formale del Cogito cartesiano, questo "con-aversi", il senso d'essere sotteso a tutti i pronomi personali. È questo peculiare autoriferimento 11 (che non coincide con il carattere riHessivo della Bewusstsein) ciò che distingue l'è della predicazione apofantica dal senso d'essere sotteso a tutti i pronomi personali, dall'io sono, tu sei, egli è, noi siamo, voi siete, essi sono: l'esistenza12 • Non a caso, in Sein und Zeit, è la stessa struttura fenomenologica dell'autoriferimento, «il ne va di» 13, Existenz, a comparire esplicitamente come «indicazione formale» 14 - altra rara ma cruciale occorren7.a esplicita del termine.
9 . M. Heidegger, CA 60 p. 193, trad. it. p. 131.
IO. Ibidem. 11. L'intento di chiarire il senso d'essere del .sum che compare nel Cogito cartesiano è, del resto, com'è noto, esplicitamente affermato in Sein und Zelt: .Cartesio, a cui si attribuisce con la scoperta del Cogito .sum l'avvio della problematica filosofica moderna, indagò entro certi limiti il cogitare dell'ego. Per contro lasciò indiscusso il .sum [ ... JL'analitica pone il problema ontologico dell'essere del .sumo. M. Heidegger, CA2 p. 61, trad. it. p. 65.
12. Su questo le pagine a cui abbiamo fatto già riferimento, in particolare M. Heidegger, CA 60 pp. 96 ss., trad. it. pp. 193 ss. 13. Come si legge nel §9 di Sein und Zeit «L'essere di cui ne va per questo ente nel suo essere è sempre mio. [ ... ] Il discorso rivolto ali'esserei deve, in conformità alla struttura dell'esser-sempre--mio, far ricorso costantemente al pronome personale: "io sono", "tu sei"». M. Heidegger, CA 2 p. 57, trad. it. p. 61 14. Riportiamo il passo per intero: «Da ciò la tesi: la sostanza dell'uomo è l'esistenza. [... )Maanche questa idea, formale ed esistentivamente nonobbligatoria,porta già con sé un "contenuto" ontologico determinato, sebbene
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Ritorniamo all'esercizio; com'è noto, ogni richiamo a Cartesio ha come bersaglio indiretto la fenomenologia husserliana. Setl7.a poter analizvirP., in questa sede, il complesso rapporto tra Cartesio, Husserl e Heidegger 15 rispetto a1 senso e a1 menon chiarito, il quale, al pari dell'idea di realtà che si contrappone a esso, "presuppone" un'idea dell'essere in generale. Soltanto entro l'ori:aonte di tale idea può aver luogo la distinzione di esistenza e realtà. Ambedue infatti significano es.sere. ( ... ) Con l'idea di esistenza si è forse stabilita una premessa dalla quale, poi, avvalendosi delle regole formali dell'inferenu, si dedurrebbero conseguenze intorno all'essere dell'esserci? O invece questo presupporre ha il carattere del progettare comprendente, cosicché l'interpretazione che elabora questa comprensione cede finalmente la parola proprio all'ente che deve essere interpretato, affinché esso, in base a sé stesso, decida se, in quanto è tale ente, possiede o no quella costituwme ontologica In conformità alla qualeesso fu aperto nel progetto medlante un'Indicazione formale?». M. Heidegger, GA 2 p. 417, trad. it pp. 373-374. 15. Su questo tema, si veda in particolare il lavoro di J-L Marion, L'ego et le Dasein. Heidegger et la "destruction» de Descartes dans Sein und ZeU, in «Revue de Metaphysique et de Morale», 92, 1988, pp. 25-53. Secondo Marion non si tratta affatto di rifiutare la questione del "soggetto" bensì di ripensarla radicalmente entro il Dasein. Segnaliamo anche il rei, pp. 270-271.
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quotidiano ("vieni qui!n, "sono qui", "vado di sotton) mostra già sempre un tale orientarsi nello spazio.87
Non si tratta dunque di rendere oggetto di studio il modo in cui linguisticamente si esprime lo spazio, di analizzare cioè, come farebbe la linguistica, natura e senso degli avverbi di luogo, bensì di indicare in che modo nel linguaggio si mostra l'esser-spaziale dell'esserci. Come afferma Heidegger in relazione al tempo: «Prima della domanda su come il linguaggio esprima tematicamente il tempo ve n'è una più originaria su come nel linguaggio come tale si mostra l'esser-temporale dell'in-essere» 88• A fronte di ciò possiamo dire che i luoghi non "sono" nello spazio, ma che il muoversi in luoghi familiari già sempre compresi, interpretati, intonati, parlati si fa spazio: il
87. Riportiamo ancora una volta il branooriginale: «Exemplifìzieren wir den Aufweis existentialer Moglichkeitsbedingungen noch einmal am Beispiel der exi.stentielle Riiumli.chkeit. Der gelebte Raum ist - wie der von Heidegger vemachliissigtegelebte Leib (Merleau Ponty)-eine Form der Welt. Bei diesem Aufweis soli sich zeigen: Der transzendentale Status dieses Existentials kann auch unter Rekurs auf die Alltagssprache gezeigt werden. Und: Auch hier wird die Absetrung der Heideggcrschen Analyse dcs Raums als Lebensform von der Analyse Kants (Raum als apriorische Anschauungsform) grcilbar. Heidegger beginnt seinc Analyse bei der alltaglichcn Raumlichkeit dcs Daseins. Die Dinge, mitdenen wir umgehen, Cerate, Wcrkzeuge sind in ihrer Dienlichkeit zuhandcn, in der Nahe. Sie haben Ihre Pliitze, wo sic hingehoren. Der Raum ist durch das umsichtigbesorgende Dasein sinnhaft gcgliedcrt. Dasein hat sich immer schon auf diese Weise im Raum Orientierung verschaffi. "Das .Oben" ist das .an der Decke", das .Unten" das .am Boden", das .Hinten" das .bei der Tiìr"; alle Wo sind durch die Gangc und Wege dcs alltaglichcn Umgangs cntdeckt und umsichtig ausgelegt, nicht in betrachtender Raumausmessung festgcstellt und ver.reichner. lvi, p. 271. 88. Riportiamo questo passo cruciale nella lingua originale, di cui abbiamo fornito la traduzione: «Vor der Fragc, wie die Sprachc »die Zcit« selbst thematisch ausdriickt, liegt die urspriìnglichere, wie in der Sprache als solcher sich das Zcitlichsein dcs lnseins ze;gt,.. M. Hcidegger, Der Begnffder Zeit, GA 64p. 74.
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"come" di questo muoversi-in interpretato, parlato, intonato è spazio, "spazieggia". Temporalità e spazialità esistenziali a rigordi termini, infatti, non "sono": li tempo è il "come". Quando viene domandato cosa sia il tempo, non dobbiamo avventatamente dipendere da una risposta del tipo "il tempo è questo o quest'altro", la quale intende sempre un "che cosa". La proposizione fondamentale: "il tempo è temporale" è pertanto ladetennlnaxione plil propria e non è affatto una tautologia, poiché l'essere della temporalità significa diversamente dal!'essere della realtà. [ . .. ] Il tempo è se117.a senso; tempo è temporale.89
O, come si esprimerà Heidegger in Essere e Tempo e in molti altri luoghi: "7,eitlichkeit zeitigt sich". Possiamo quindi provare a rispondere alla domanda posta in precedenza: Qual è il senso del verbo essere nelle proposizione indicative, "esistenziali"? In che senso il mondo è? Ogni esistenziale, in quanto indicazione formale, non si riferisce né a un oggetto mondano, a un significato o a un denotato, non descrive dunque alcuna Tatsache in un enunciato constativo-apofantico, la cui forma di verità è il poter essere vero o falso, né si riferisce ad un correlato essenziale entro la Ordnung formale della Bewusstsein, l'operazione apofantica originaria "S è P", bensì indica la modalità in cui, qui ora, ogni comportamento determinato riferendosi a un esperito, a un significato, è parimenti riferito a questo "che", a "sé", in questo tempo momento. Il senso del verbo essere sotteso a tutti i pronomi personali, a tutte le indicazioni formali, a tutti gli 89. Il brano originale: «Die Zeit ist das Wie. Wenn nachgefragt ,vird, was dle Zeit sei, dann darfman sich nicht voreilig an eine Antwort hiingen (das und das ist die Zeit), die immer ein Was besagt. [... ] Die Grundaussage:die Zeit 1st zeitlich, ist daher die eigentlichste Bestimmung -und sie ist keine Tautologie, weil das Sein der Zeitlichkeit ungleiche Wirklichkeit bedeutet. [ ... ] Die Zeit ist sinnlos; Zeit ist:,.eitlich». loi, pp. 123-124.
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esistenziali può essere inteso come un performativo negativo: il contenuto degli enunciati esistenziali indica l'aspetto illocutivo e perlocutivo di ogni esperien1..a, l'accadere dei suoi stessi presupposti, qui e ora, in e con essa In questo senso, il mondo non "è" ma si fa mondo (es weltet), cosl come lo spazio non "è" e il tempo si temporalizza. Nello stesso senso "è", "esiste" l'esserci e il suo esser-sempre-mio essendo-l'un-con-l'altro--divolta-in-volta, cosl io sono, tu sei, egli è, noi siamo, voi siete, essi sono. Gli esistenziali indicano indirettamente i presupposti di ogni esperiew..a determinata e, parimenti, co-incidono con i cooriginari fenomenizzarsi (zeitigt sich, es gibt, es weltet) di questi stessi presupposti con e in questa esperienza determinata. L'apriori quindi non è né "dietro" ai fenomeni, né assume i tratti di un res, «di un post-posto reilìcato»00, bensl ha il carattere, se cosl possiamo esprimerci, di una forma verbale intransitiva, co-incide cioè con l'immanente trascendersi, temporalizzarsi, possibilizzarsi dell'esperienza, qui e ora, in e con ogni esperienw. Riprendendo le parole di Heidegger già citate: «La cura nella sua apriorità esistenziale si situa "prima" di ogni "comportamento" e "situazione" effettiva dell'esserci (cioè già sempre in ognuno di essi)»01 • Non solo dunque "il contenuto" dell'enunciato indicativo formale, esistenziale, co-incide effettivamente con il "fatto" dell'enunciare, ma questo "fatto" non può essere pensato come un'azione in prima persona poiché implica l'esserci, il temporalizzarsi della totalità degli esistenziali cooriginari (che incarnano ogni esperienza determinata) con e in questa esperienza determinata:
90. P.Virno, Quando Il oerbo si fa carne, cit, p. 121. 91. M . Heidegger, GA 2 p. 2157, trad. it. p. 236.
254 L'esserci non è da dimostrare in quanto ente, ma neppure
da mostrare. Il riferimento primario ali'esserci non è la riflessione, bensl l'esserlo... [Das Daseln 1st als Selendes nlcht zu beweisen, nicht einmal aufzuweisen. Der prima.re Bezug zum Dasein 1st nicht die Betrachtung, sondem das ~es sein".)
Si tratta adesso di approfondire la natura media, negativa e impersonale di questo performativo, il senso della tautolcgia: die zeit ist zeitlich, che non mette in atto la potew...a, la dynamis di ciò che può essere diversamente da quel che è, ma indica il Moglichsein, un senso della possibilità che co-incide col negarsi.
92. M. Heidegger, Der Begriffder 7.eit (Vortrag 1924), GA 64 p. 114, m d. it. ll concetto dl tempo, cit. p. 34.
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Capitolo quarto La rottura della praxis aristotelica: la riformulazione del performativo
§1 L'interpretazionefenomenologica del VI libro dell'Etica nicomachea Affrontiamo l'interpretazione heideggeriana del VI libro dell'Etica nicomachea per provare a disegnare la figura di quel che in via preliminare abbiamo definito "performativo standard". Il nostro intento non è quello di chiarire il rapporto tra Heidegger e Aristotele, a cui del resto sono stati dedicati già numerosissimi studi 1, bensl di affrontare la questione solo
1. Segnaliamo gli studi a nostro awiso più significativi tra quelli che si concentrano sul rapporto tra Heidegger e Aristotele anteriore a SundZ e, in particolare, all'interpretazione fenomenologica del VI libro dell'Etica nicomachea, che è al centro di questo studio: J. A. Escudero, El giooane Heidegger. Asimilacion y radicalizacion de la filcsofia pràtica de Aristòteles, in «Logos, Anales del Seminario de Metafisica», 34, 2001, pp. 179-221; R. Bernasconi, Heùkgger's Destructicn of phr6nesis, in «The southem Joumal of philosoph)'>', 28, 1989, pp. 127-147; J. Taminiaux, Heideggerandthe project offandamental ontolcgy, SUNY Press, New York 1991; dello stesso autore si veda anche: Heidegger et la prdxis, in «Cahiers de l'Ecole des Sciences Philosophiques et Religie~, 6, 1989, pp. 29-54; J. Van Buren, Theyoung Heidegger, Aristotle and Ethics, in A. Dallert e C. Scott (ed.), Ethics and Danger. Essey on Heùkgger oontinental thought, State University Press, Albany 1992, pp. 16.5-18.5. Segnaliamo inoltre il primo numero monogra-
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indirettamente, in vista dei nostri scopi: usare l'interpretazione fenomenologica delle figure chiave dell'Etica aristotelica per provare a pensare, a partire dall'indissolubilità di kair6s e chr6nos, proprio e improprio inscritta nel Dasein (ed emersa nell'interpretazione fenomenologica della fatticità espressa nell'Annuncio paolino), la dimensione performativa negativa della prassi, la rottura della sua autotelicità, dell'identità pratico-noetica In altri termini: il rovescio negativo della performatività. Perché infatti rivolgersi all'Etica nicomachea per esplorare i differenti modi dello scoprimento (alethéuein)? Perché, in altre parole, affrontare il problema della verità in un testo di "etica", da anteporre (tra l'altro) all'analisi del Sofista platonico?! La necessità interna al discorso fenomenologico di dar conto di quel circolo delle fondazioni in base al quale la Anschauungs-Wahrheit pur fondando la logos- Wahrheit ne condivide parimenti la forma, allo stesso modo in cui il nous, pur risalendo al fondamento della verità apofantica, intende parimenti la coinciden7.a tra datità e modo di datità
fico dedicato a Heidegger e Aristotele dello Heldegger-Jahrbuch: A. Denker, G. Figa), F. Volpi, H. Zaborowski (Hrsg.), Heldegger und Ari.stoteles, Heldegger-Jahrbuch 3, Karl Albert, Freiburg und Miìnchen 2007. Per una bibliografia completa rinviamo all'archivio della Albert Ludwig Univer.ritat Freiburg http:/lwww.ub.uni-freiburg.de/fileadminlublreferate/Wheidegger/heidegger_20.html. Non abbiamo fatto riferimento qui ai lavori di Volpi poiché, nel corso di questo studio, ci confronteremo criticamente con l'inte,pretazione pioneristica e paradigmatica del filosofo italiano. Gli studi di Volpi verranno indicati nel prossimo paragrafo (Infra, cap. IV §2). 2. Il riferimento è alla Vorlewng del semestre invernale 1924-1925 dedicata al Sofista di Platone, introdotto con la lettura del VI libro dell'Etica nicomachea di Aristotele: M. Heidegger, Plato.Sophistes, JClostermann, Frankfurt a. M., 1992, GA 19, ed. it. a cura di N. Curcio, Il «Sofista• di Platone, Adelphi, Milano 2013.
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come identità, come esser presente della presen1.a3, impone di andare a cercare un'altra modalità del légein e parimenti dell'alethéuein, in base alla loro cooriginarietà. Ecco perché un testo di "etica"; o meglio, ecco perché un testo in cui si domanda quale sia la belt!ste héxis umana: che al contrario del puro nomn, aneu 'l6gou, è sempre meta 'l6gou dove il meta «non significa che il parlare sia un accessorio arbitrario dell'alethéuein, bensì il meta, che deriva da meson [... ] significa che in sé stesso, intrinsecamente, l'alethéuein è un légein» 4• Questa osservazione trova la sua motivazione profonda nel fatto che l'essere umano dell'uomo risiede nel 'l6gon éclum: Poiché l'essere dell'uomo è determinato In quanto z6on légon échon, poiché l'uomo parla e appella le cose che vede, il puro percepire (Vemehmen) è sempre un discutere (Durchsprechen). Il puro noefn si attua come thigefn. Ma il noefn che si attua all'interno dell'ente che ha il wgos è sempre un chanoefn.5
Il puro noein rivolto all'asyntheta la cui modalità di attuazione è il thigmn implica una coinciden1.a tra datità e modo di datità, cosa (was) e come (wie), trasparente a sé stessa: la correla3. Dobbiamo l'imposta:done fenomenologica dell'interpretazione heideggeriana dell'Etica aristotelica alle analisi svolte da P. Ciccarclli, Il difficile fe-
nomeno del rwus: la phr6nesis aristotelica nell'interpretazione di Heidegger, cit. p. 134. Al contrario di quest'ultimo, tuttavia, ritroviamo la figura della correlazione e dunque la coappartenenza di "cosa• e "come• nell'inscindibilità del rapporto tra kairose chr6nos emersa nel confronto con la fatticità cristiana, ben prima dunque del confronto con Kant, a cui C. attribuisce la radicalizzallione della finite-aa. In ogni caso, quel che in questo studio ci interessa affrontare è la riformulazione della figura dell'autoriferimento performativo a partire da un senso non apofantico di disgiunzione, chiarendo in che modo si riconfiguri il rapporto tra p6iesislprtixis a partire dalla dis-giunzione CO$titutiva kair6slchr6nos e da un senso del "non" né negativo né privativo. 4. M. Heidcgger, CA 19 p. 27, trad. it. p. 72 [trad. mod.]. 5. fol, p. 179, trad. it. p. 209.
258 zione cioè assume il senso dell'esser presente di fronte a ciò che è eternamente presente (aei). Il noein, infatti, pensato in paralleld al toccare, è esso stesso il medio attraverso il quale il percepire si attua, non si tratta di un percepire tramite un medio, come è il caso ad esempio di vista e udito che per percepire hanno bisogno della luce e dell'aria. In tal senso dunque il noei'n, nel rivolgersi all'asjìntheta, a ciò che è sempre in atto e non permette alcuna separazione sintetico-àiaretica - in linguaggio fenomenologico: nell'intenzionare il plesso in cui coincidono cosa e come - è parimenti trasparente a sé stesso. È proprio questo parallelismo, a mio avviso, a dar conto ancora una volta della convergenza tra il noùs aristotelico e il principio di tutti i principi husserliano: «l'ente che si mostra nel thigein e nel phanai ha la sua propria vicinanza - osserva Heidegger - al cui interno non c'è alcuna distanza [ ... ],c'è invece solo quel che si fa incontro in sé stesso, nient'altro che ciò che è presente puramente in sé stesso» 7• Abbiamo quindi nel thigei'n una coincidenza tra datità e modo di datità, cosa e come, una trasparenza, che richiama con il "toccare" un "medio" che è esso stesso sarx, quell'avere le cose in carne e ossa in cui si rivela la cifra della fenomenologia, ovvero il luogo in cui la fenomenologia husserliana «concependo in modo caratteristicamente ampio e fondamentale l'intuizione - il dare e l'avere un ente nella sua Leibhaftigkeit
6. Ci riferiamo all"interpreta:done heideggeriana di Met. Theta 10 contenuta in M. Hcidegger, Logik. Die Froge nach der Wahrheit, CA 21, cit. p. 176, trad. it. p. 100. Sul rapporto tra il noetn e il thtgetn nell"interpreta:done heideggerianasi veàa il già menzionato testo di F. Chiereghin, Essere e Verità, Note Logik. Dle Froge nach der Wahrheit, cit. Chiereghin situa la rottura di Heidegger con la comprensione grei, pp. 113-114, trad. it. p. 77. 9. H. C. Gadamer, Heideggers "theologische» Jugendschrift, in M. Heidegger, Phiirwmenologische lnterpretationen :tu Aristoteks (192.2), Philipp Reclam, Stuttgart 2003, p. 84.
10. M. Heidegger, CA 19 pag. 134, trad. it. p. 169.
260 mente: le cose infatti non sono "date" di contro a ( Gegenstiinde) o presenti nel loro esser presenti (Gegenwiirtig) ma innanzitutto incontrate ccme pragma e, per questo, pro-gettate (Entwoifen ), oltrepassate. Già nel concetto paolino di parusfa è emersa una co-incidew..a tra datità e modo di datità che esclude l'immanenza, l'esser-presente della presen1.a intesa nel termine greco, implicando una torsione verso il non-più e il non-ancora (lari-comparsa del messia già comparso) che inscrive nella presen1.a di ciò che è presente, nella co-incidenza di "cosa" e "come", un "no" che non si identifica né con una privazione né con una semplice negazione, implicando parallelamente un senso peculiare del tempo in base al quale "futuro" non significa "ora non ancora" bensì in quanto non-ancora già non-più. Sintetizzando il senso della temporalità emersa nel confronto con Paolo: il modo in cui il futuro, il "come", il "non-ancora", l'attesa, si dà, si fenomeniZ7.a, è il "non-più", l'esser-divenuto: il "dass". Nei termini di Sein und Zeit: il "passato scaturisce dall'avvenire" poichè il modo in cui l'avvenire si dà è "l'esser-stato". È questa stessa modalità di attuazione del "come", l'esser-stato dell'avvenire, il suo carattere gewesen a implicare il suo oblio nell'aspettarsi: il suo non esserci, il non della sua non attuazione (vollzugsmiifJige-Nicht), ,