Il mondo dei Greci : profilo di storia, civiltà e costume 9788842420613, 8842420611


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Il mondo dei Greci : profilo di storia, civiltà e costume
 9788842420613, 8842420611

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Giovanna Daverio Rocchi Il mondo dei Greci Profilo di storia, civiltà e costume

Φ

Bruno Mondadori

Indice

ix

Prem essa P arte

Tutti i diritti riservati © 2008, Pearson Paravia Bruno Mondadori S.p.A. Per i passi antologici, per le citazioni, per le riproduzioni grafiche, cartografiche e fotografiche appartenenti alla proprietà di terzi, inseriti in quest’opera, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire nonché per eventuali non volute omissioni e/o errori di attribuzione nei riferimenti. E vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno didattico, con qualsiasi mezzo, non autorizzata. Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15 % di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, corso di Porta Romana n. 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.aidro.org Redazione: Maria Diletta Strumolo

3 5

r ic e r c a d e l l a g r e c it à

1. C hi erano i G reci 1.1. H èllenes p. 14

17

1.2.Cronologia e periodizzazione 1.2.1. M isurare i l tempo, p. 17; 1 .2 .2 .1p e rio d i della storia e della civiltà dei Greci, p. 20

23 24

2. D alla m em oria alla storia. L e basi docum entarie 2.1. Storia e storiografia 2 .1 .1. Visibilità, oralità e scrittura, p. 24; 2.1.2 . Storici e storiografia greca, p. 25; 2 .1 .3 . Storici greci d ’Occidente, storia locale epolitèiai, p. 32; 2.1.4. Fonti letterarie complementari, p. 33

35

2.2. Altre basi documentarie 2 .2 .1. Iscrizioni, fo n ti papirologiche e numismatiche, p. 35; 2.2.2. A rcheo­ logia e fo n ti iconografiche, p. 38

45 46

3. L a storia 3.1. Civiltà minoica e micenea 3 .1 .1 . La Creta d i M inosse, p. 46; 3 . 1 . 2 . 1 Micenei, p. 50; 3.1.3. La guerra di Troia, p. 52

54 Cartine: Studio Margil - Certosa di Pavia (PV)

3.2. Dark A ge e arcaismo: l’età dell’esperimento 3.2 .1. Dark Age o “età buia’’, p. 54; 3.2.2. Arcaismo, poleogenesi e santua­ ri, p. 55; 3.2.3. D alla regalità alle aristocrazie, p. 58; 3.2.4. Aretè e mondo omerico, p. 60; 3.2.5. I l cittadino soldato e l ’oplitismo, p. 61; 3.2.6. Colo­ nizzazione, tiranni, legislatori, p. 63

Realizzazione editoriale: Erregi - Milano

www.brunomondadori.com

- A lla

1.1 .1. I l processo d i form azione, p. 5; 1.1.2 . Un popolo d i contadini, m ari­ n ai e pastori, p. 9; 1.1.3. I l confronto con l ’ “altro”: il barbaro e lo straniero,

Ricerca iconografica: Massimo Zanella

La scheda catalografica è riportata nell’ultima pagina del libro.

p r im a

68

3.3. L’età classica 3 .3 .1. Grecia e Persia, p. 68; 3.3.2. La pentecontezia, p. 71; 3.3.3. L’età di

Pericle, p. 72; 3.3.4. L’età della guerra del Peloponneso, p. 74; 3.3.5. I l I V secolo, p. 78

81

4 .3 .1. Agonism o sportivo, p. 185; 4.3.2. Atletica e a tleti nella società della polis, p. 188; 4.3.3. Gareggiare a l fem m inile, p. 189

3.4. L’ellenismo

3.4.1. A lessandro M agno e l ’ellenism o, p. 81; 3.4.2. La Grecia e Ro­ ma, p. 91 P arte

97 98

se c o n d a

- P o l is

1. C he cos’è la polis 1.1. Morfologia della polis 1 .1 .1 . Per una definizione della polis, p. 98; 1.1.2 . C entro urbano e territo­ rio, p. 98; 1.1.3. Forma d ista to e d i governo, p. 104; 1.1.4. La polis come si­ stema economico, p. 105; 1.1.5 . A l d i fu o r i della polis: ifivillaggio e l ’ethnos, p. 108

111

P arte

195 196

terza

- O ik o s

1. Lo spazio del privato 1.1. La casa 1.1.1. La dimora e la proprietà, p. 196; 1.1.2 . La fam iglia, p. 198; 1 .1 . 3 . 1 f i ­ gli, p. 200

203

1.2. Il sistema educativo 1.2 .1. La paidèia, p. 203; 1.2.2. La ginnastica, la palestra e il ginnasio, p. 208; 1.2.3. Lefebia e la “festa d ell’orsa’’, p. 210

1.2. La società della polis

213 213

2. M oda e pratiche alim entari 2.1. L’abbigliamento

1.2 .1. C ittad in i e non cittadini, liberi e schiavi, p. I l i ; 1.2.2. La donna n el­ la società della polis, p. 114

217

2.2. L’alimentazione

2 .1 .1. G li abiti, p. 213; 2 .1.2 . Accessori e acconciature, p. 216

2.2. 1. La tavola quotidiana, p. 217; 2.2.2. I l banchetto e il simposio, p. 219

129 130

2. A tene e l ’uguaglianza quantitativa 2.1. La costruzione della democrazia

225

Cronologia

233 237 239 240

Indici Argomenti e cose notevoli Nomi di persona storici e mitici, gentilizi Divinità, templi e santuari, feste e gare Nomi etnici e geografici

243

Riferim enti iconografici

2 .1 .1 . Isonomìa e demokratìa, p. 130; 2.1.2 . Prima della democrazia: no­ mografia, Solone e la tirannide, p. 131; 2.1.3 . La riform a d i d is te n e , p. 134

138

2.2. La forma della democrazia 2 .2 .1. Le istituzioni politiche, p. 138; 2.2.2. La pratica della democrazia, p. 140; 2.2.3. La parola democratica, p. 142; 2.2.4. 13A te n e dei demi, p. 145

147 149

3. S parta e l ’uguaglianza selettiva 3.1. L’ordinamento politico 3 .1 .1 . La R etra d i Licurgo, p. 149; 3 .1 .2 . L e istituzioni politiche, p. 150

151

3.2. Il kòsmos spartano 3 .2 .1. La società spartana, p. 151; 3.2.2. Lo stile d i vita, p. 154; 3.2.3. Spar­ ta e A tene: due m odelli antitetici, p. 156

159 162

4. L uoghi e form e del culto 4.1. Lo spazio del culto 4 .1 .1 . C u lti p oliad i e panellenici, p. 162; 4 .1 .2 . I l m om ento della festa,

p. 167

169

4.2. Festa, gare e spettacolo 4 .2 .1 .1 G iochi panellenici, p. 169; 4 .2 .2 .1 G iochi Olimpici, p. 170; 4.2.3. Le feste della polis, p. 174; 4.2.4. Lo spettacolo teatrale, A ten e e la demo­ crazia, p. 179; 4.2.5. Pubblico e committente, p. 182

185

4.3. Sport e competizione

Premessa

Non c’è una storia senza fantasia [ ...] . L’indagine storica non tenta d i restituire nella m aniera più completa possibile il diario del mondo; né d i spiegare p er mezzo d i esempi lo “specchio dei costumi’’. Essa cerca le vette e le vedute d all’alto, e solo da p u n ti felici, e in ore felici, le riesce di guardare in basso alle leggi im m utabili della necessità, che stanno eternam ente salde come le A lpi, e alle m ultiform i passioni degli uom ini che girano loro intorno come le nuvole senza alterarle.

Theodor Mommsen, da una conferenza tenuta nel 1854

Avvertenza: Sulle parole greche traslitterate compare l ’accento tonico, in corrispon­ denza della sede sulla quale cade l ’accento nella pronuncia. Per le parole greche che ricorrono frequentemente nel testo (es.: polis, plur. poleis; ethnos, plur. ethne) si è usato il carattere corsivo solo alla prima occorrenza.

L’esigenza di offrire, in am bito universitario, una risposta d id atti­ ca attuale p er la form azione, oltre che di futuri insegnanti, d i cate­ gorie professionali operanti nei settori della storia, d e ll’arte, dello spettacolo, d ella m usica, d e ll’edito ria, delle attività m useali, b i­ bliotecarie e archivistiche ha dato vita a percorsi d idattici articola­ ti, seppure n e ll’am bito di corsi di lau rea om ogenei per finalità e contenuti. In questi percorsi l ’avviamento allo studio della grecità antica im pone di ripensare le m odalità di insegnam ento, con l ’o­ b iettivo di fornire g li strum enti cu ltu rali ad egu ati al ra g g iu n g i­ m ento di conoscenze e com petenze com patibili con g li sbocchi professionali previsti, m a tenendo anche conto del fatto che parte degli studenti proviene da indirizzi scolastici diversificati ed estra­ nei a una specifica form azione classica. Senza m ai rinunciare a un sapere di alto livello qualitativo, il testo si propone di gu id are il lettore alla conoscenza degli snodi principali della storia e della ci­ viltà greca d e ll’antichità, aiutandolo a m aturare una valutazione critica grazie a num erosi riferim enti alle fonti antiche, ad am pie ci­ tazioni e ad un essenziale corredo bibliografico. Viene aperta una IX

Il mondo dei Greci

finestra sulla storia del passato, il che non deve essere inteso come invito a percorrere la strada della cultura con la testa rivolta a ll’indietro, bensì com e possibilità di arrivare a capire il processo di co­ struzione della tradizione classica che d all’antichità è arrivata fino ai giorni nostri, di riflettere sul rapporto dialettico tra passato e presente, di percepire la storia come l’autentica custode di tutte le diversità che n ei m illenni gli uom ini hanno creato, la sola capace di tutelarle com e patrim onio condiviso. R ipercorrere il m ondo degli antichi G reci richiede alcune p reci­ sazioni per chiarire la struttura d ell’esposizione e fissare i confini entro i quali si intende sviluppare l ’argom ento. Si è scelto di dare alla trattazione una scansione m odulare, pensata p er fornire m o­ no grafie tem atich e autonom e, m a n el contem po organizzata in m odo da costruire un discorso unitario om ogeneo e coerente. S e­ guendo il filo conduttore di ogni nucleo si è cercato di m ettere in risalto il senso d ella grecità, inteso com e som m a delle form e di pensiero con cui i G reci stessi elaborarono l ’im m agine della loro iden tità rispetto a ciò che consideravano “altro ”, m a anche come insiem e di spazi nei quali il sentim ento di appartenenza trovava concreta valorizzazione, e di eventi che costituirono le tappe p rin ­ cip ali del divenire storico; com e tem i-guida sono stati individuati la p ò lis e Yòikos, la città e la casa, in quanto luoghi privilegiati d el­ l ’esistenza dei G reci sui p ian i del pubblico e del privato, differen­ ti m a legati da m olteplici connessioni che im pediscono di creare una rigida b arriera tra l ’uno e l ’altro. Il m ondo dei G reci che il vo­ lum e intende esplorare è quindi quello della società, delle sue isti­ tuzioni p ubbliche e delle sue pratiche di vita, nel quale la civiltà si coniuga con la storia per proporre u n ’esposizione necessariam en­ te essenziale, m a sufficiente p er tracciare il quadro evenem enziale, sociale e istituzionale che costituisce la base indispensabile e com ­ plem entare alla conoscenza del pensiero, d ella letteratu ra e del teatro.

X

P arte

A lla

p r im a

r ic e r c a d e l l a g r e c it à

1. Chi erano i Greci

P ausania, autore greco vissuto nel II sec. d.C ., al culm ine d ell’età im periale rom ana, com m entando le tradizioni m itiche conservate d agli abitanti della G recia a proposito del loro passato scriveva: Quando ho incominciato a comporre la mia opera ero incline a consi­ derare questi racconti dei Greci come delle sciocchezze, ma, dopo es­ sermi inoltrato nelle vicende degli Arcadi mi sono formato su di essi questa idea: nei tempi antichi coloro che erano ritenuti sapienti tra i Greci si esprimevano in forma enigmatica e non semplice. Ho immagi­ nato pertanto che i racconti relativi a Crono rappresentino una qualche espressione della sapienza dei Greci. (Pausania, V ili 8,3) L’autore ritien e che i racconti m itici non siano m eno veri della storia perché appartengono a una dim ensione altrettanto au ten ti­ ca delle form e di pensiero con cui g li uom ini si interrogano sulla propria esistenza, conservano la m em oria del passato e prefig u ra­ no ciò che verrà. E la dim ensione plasm ata d alla sop h ìa , d alla sa­ pienza con la quale i G reci organizzavano ogni esperienza m ate­ riale e in tellettu ale. D a questo sapere era disegn ata l ’im m agine con cui intendevano autorappresentarsi, p arte di un retaggio cu l­ turale che esprim eva un sentim ento spontaneo di appartenenza a un sistem a di idee e v alo ri condivisi. I racconti m itici ne co stitu i­ vano u n a com ponente essen ziale: davano form a u n ita ria a d i­ scorsi, im m agini, ritu ali stratificatisi n el tem po, a tradizioni o rigi­ nariam ente indipendenti, ricom poste per creare una m em oria co­ m une. E la n atura costruttiva di questi racconti ad assegnarvi una dim ensione storica, in quanto com unicano i m odi e i segni con cui un popolo o un gruppo um ano sceglie consapevolm ente di conservare la sua storia. Con il m ito i G reci elaborarono la m e­ m oria del loro passato p iù rem oto e spiegarono le loro origini. 3

Chi erano i Greci

1.1. H èllen es

La Grecia, il mar Egeo e la costa occid en tale d ell’Asia Minore.

1.1.1. I l p r o c e s s o d i fo r m a z io n e

4

Il nom e di G reci che noi m oderni usiam o è di origine in certa. Si lascia derivare da un etnico G ra ecu s (attraverso toponim i ed etno­ nim i quali G ràia, Graikà, G raikòi) riconducibile a una regione in ­ torno ad O ropo nella B eozia m eridionale e forse arrivato in O cci­ dente tram ite la m ediazione della colonizzazione proveniente d al­ l ’isola d e ll’E ubea p rospiciente O ropo, oppure d alla definizione che i Rom ani diedero alle popolazioni della G recia settentrionale in seguito estesa agli abitanti della G recia intera. I G reci del pas­ sato, com e ancora i G reci di oggi, definivano se stessi H èllen es. L’etim ologia era spiegata nel m ito d ella discendenza dal caposti­ p ite H èllen o s, figlio di D eucalione. D i fatto i G reci di età storica sapevano che la designazione di H èllen es rappresentava l ’esten­ sione del nom e inizialm ente circoscritto agli ab itan ti della regione m eridionale della Tessaglia. T ucidide (1 3 ,2 -3 ), ricordando la d e­ rivazione del nom e da Elleno, precisa che prim a della guerra di Troia l ’intero paese non portava ancora il nom e di H ellàs. I poem i om erici si riferiscono ai G reci chiam andoli A chei (o più raram en ­ te D anai). Il figlio e il nipote di H èllen o s, D oro e Ione, furono riten u ti i progenitori ed eponim i d elle popolazioni che abitavano, prove­ nendo d a ll’esterno (i D ori) ovvero da sem pre (gli Ioni), risp etti­ vam ente il Peloponneso e l ’A ttica con l ’E ubea, da dove av reb b e­ ro preso l ’avvio m ovim enti di colonizzazione verso le isole e le coste o rie n ta li d e ll’A sia M in o re. L a co lo n izzazio n e io n ic a r i­ guardò il tratto costiero che prese il nom e di Ionia e le isole Cicladi, m entre la colonizzazione dorica riguardò le isole di Rodi, di Cos e su lla costa C nido e A licarnasso. A H èllen o s si ascrisse un altro figlio, Eolo, capostipite di gen ti stanziate in Tessaglia e in B eozia, che d ied ero v ita ad alcu n e fo n dazio n i co lo n iarie n elle Sporadi e a Lesbo. L a ram ificazione genealogica del mito dava una versione u n ita­ ria, secondo criteri di appartenenza parentelare, alla storia di un passato rem oto fatto risalire fino alle origini, nella quale riversare la m em oria nebulosa di m ovim enti di popoli e gruppi um ani che 5

Il mondo dei Greci

Chi erano i Greci

interessarono l ’intero bacino del M ed iterran eo e che toccarono anche la penisola e le isole greche d ell’Egeo. L’im m agine, per lu n ­ go tem po prevalente nella storiografia contem poranea, di u n ’ere­ dità indoeuropea cui ascrivere queste m igrazioni, con discrepanze in m erito al loro carattere pacifico o violento, è stata m essa in d i­ scussione contestualm ente alla visione stessa di spostam enti di p o ­ poli in dicati con il nom e di indoeuropei, provenienti dalle p ian u­ re d e ll’A sia centrale ed em igrati in E uropa, dando un profilo rad i­ calm ente diverso alle società qui stabilite. Contro questa risoluzio­ ne e la conseguente ipotesi di rilevanti m utam enti culturali ricon­ du cib ili agli indoeuropei viene opposta la carenza di testim onian­ ze in proposito. Q ualsiasi possano essere stati gli esiti della storia pregressa, e a prescindere dal ruolo vero o presunto di una m atrice indoeuro­ pea, !è p iù im portante pren dere in considerazione il m om ento a p artire dal quale i G reci incom inciarono ad avere consapevolezza delle loro origini, e, soprattutto, valutare le form e con cui ne e la ­

borarono la m em oria, perché questa elaborazione altro non è che la costruzione consapevole e consensuale di una identità ellenica fondata su un patrim onio d i valori e di idee condivisi e posta alla base di una rappresentazione unitaria. Tra la fine d e ll’età del Bronzo e gli inizi d ell’età del F erro la po­ polazione d ella G recia può considerarsi in linea d i m assim a stabi­ lizzata secondo la tripartizione etnica conservata dalla tradizione m itografica e recepita d alla m em oria ufficiale dei G reci di età sto­ rica. A lcune popolazioni, come gli Ateniesi, afferenti alla stirpe d e­ g li Ioni, si consideravano autoctone, riconducendo la stanzialità sul territo rio su cui risiedevano a o rigin i antichissim e, ovvero a una presenza ininterrotta a partire dai prim ordi della loro storia. L’antichità e la continuità fornivano le basi alla legittim a occupa­ zione del territorio. A questa m edesim a epoca;i G reci di età stori­ ca riconducevano l ’arrivo d i popolazioni dal settentrione, assom ­ m ate nella definizione di D ori, tra i quali si conservò in p artico la­ re la m em oria di quelli che occuparono la L aconia, in quanto co­ stituirono gli antenati degli Spartani, destinati a dare vita alla città che nel corso d ell’età classica avrebbe spartito l ’egem onia in G re­ cia con Atene. M entre la m em oria degli E oli non conservò che alcune tracce nel linguaggio della poesia (noto dai versi dei gran d i poeti lirici di Lesbo, Alceo e Saffo), nel tem po si perpetuò la distinzione tra Do­ ri e Ioni. È bene peraltro non sottovalutare il fatto che questa d i­ stinzione non si sottrae a ll’im m agine d ell’artificio retorico e della propaganda invocato in m om enti di em ergenza p er fare fronte a una m inaccia com une, o se ne m anifesta l ’uso strum entale in vista di obiettivi di potere e di conquista che non hanno nulla a che fa­ re con contrapposizioni etniche. Non a caso fu utilizzata dalla pro­ paganda spartana e ateniese p er rafforzare l ’adesione e la fedeltà dei rispettivi alleati nel corso della guerra del P eloponneso.ìln li­ nea di m assim a i G reci ebbero una forte coscienza della com une iden tità ellenica e questo si palesa in m aniera evidente a ll’epoca delle guerre persiane. Erodoto spiegava le ragioni che, n ell’im m i­ nenza d ell’arrivo d ell’esercito di Serse nel 480 a.C ., anim avano gli E lleni a unirsi p er opporsi a ll’invasore con il fatto che essi «av ev a­ no lo stesso sangue, parlavano la m edesim a lingua, avevano san­ tu ari e cu lti com uni, id en tic i costum i». L o storico delin eava in

6

7

Le m igrazioni secondo la tradizione letteraria. Da J.M . Hall, A History of thè Archaic Greek World, ca. 1200-479 BCE, London 2 0 0 7 , p. 44.

Chi erano i Greci

Il mondo dei Greci

Quella che ora è chiamata Grecia non era una volta abitata sta­ bilmente, ma prima avvenivano migrazioni e facilmente ciascun popolo lasciava il suo paese cedendo di volta in volta a uno che era più numeroso. [...] Soprattutto le terre migliori subivano continui mutamenti di abitanti, come quella che ora è chiamata Tessaglia e la Beozia, e la maggior parte del Peloponneso ad ec­ cezione dell’Arcadia. (Tucidide, 1 2 ,1 ,3 ) Anche dopo la guerra di Troia la Grecia conobbe ancora colo­ nizzazioni ed emigrazioni sì da non poter, con tranquillità, svi­ lupparsi. Infatti il ritorno dei Greci da Troia, avvenuto dopo molto tempo, portò molti mutamenti e per lo più nelle città fece sorgere lotte intestine, in seguito alle quali alcuni venivano esi­ liati e andavano a fondare nuove città. [...] E i Dori dopo ottan­ ta anni conquistarono il Peloponneso sotto la guida degli Eraclidi. A stento e dopo molto tempo la Grecia godette di una calma sicura e, non più in sommovimento, inviò colonie. E gli Atenie­ si colonizzarono la Ionia e la maggior parte delle isole, i Peloponnesi la maggior parte dell’Italia e della Sicilia e alcuni luoghi del resto della Grecia. Tutti questi luoghi però furono coloniz­ zati dopo la guerra di Troia. (Tucidide, 1 12,1-4)

questo m odo i segn i form ativi che ap p aren tan o i G reci, q u elle com ponenti che a suo dire tutte insiem e form ano lo h ellen ik ò n , nozione che esprim e l ’idea di grecità, m ettendo in prim o piano so­ stanziali om ologie culturali nella lingua, nelle tradizioni religiose e nel costum e, nel loro insiem e concorrenti a costruire il patrim o­ nio d ella civiltà greca. L’esperienza p o litica che diede una dim ensione ufficiale alla d i­ stribuzione dei g ru p p i um ani sul territorio portò a riconoscersi nella definizione delle singole e specifiche p ò le is o dei popoli d i­ stribuiti sul territorio della G recia. C ’erano gli A teniesi, i L aced e­ m oni, i Corinzi, g li A rcadi e così via. Non dobbiam o però pensare a un sistem a di appartenenze ordinato gerarchicam ente d all’entità locale e regionale a ll’unità nazionale, quanto piuttosto a una rete estesa orizzontalm ente di identità, tutte suscettibili di com porre la 8

dim ensione d ell’uom o greco. Da questo quadro risulta che è bene utilizzare in m an iera sfum ata la nozione d i p articolarism o della G recia, inteso come incapacità a far prevalere l ’unità politica d el­ la nazione. Fu questa u n ’interpretazione afferm ata con particolare forza da studiosi appartenenti a ll’epoca posta tra o vicina alle due guerre m ondiali del X X secolo (riproponendo o riallacciandosi a schem i della storiografia ottocentesca), sensibili alle vicende p o li­ tiche del loro tem po, quando la costruzione e la difesa d ell’in te­ grità degli stati nazionali rappresentò uno dei grandi doveri d el­ l ’etica collettiva e potè influenzare il giudizio sulla storia del p as­ sato. E preferibile parlare di policentrism o, guardando alla costel­ lazione stessa di poleis, ovvero di piccoli stati indipendenti, d istri­ buite entro il territorio di proporzioni lim itate della G recia, come al prodotto di u n ’esperienza originale che i G reci hanno espresso nel cam po del politico, il loro risultato più alto, m aturato intorno al principio d ell’autonom ia, senza ignorare le pulsioni unitarie che non fecero m ai m an care aggregazio n i allargate n ei m om enti di em ergenza, e rigenerate d alle feste celebrate a scadenza periodica nei santuari delle grandi divinità com uni a tu tti g li E lleni, e alle quali essi partecipavano in massa. In conclusione i G reci che hanno dato vita alla storia racchiusa tra la guerra di Troia e la conquista d ell’im pero persiano da parte di A lessandro M agno, qualsiasi possa essere stato il luogo della lo ­ ro provenienza e il m om ento deH’origine, si iscrivono in un lungo processo di form azione che si è realizzato sul territorio della G re­ cia. Come risulterà con chiarezza dai capitoli successivi, è il retag­ gio dei risultati raggiunti nel campo del pensiero, della poesia, d el­ l ’arte a fornire il riscontro di un livello di civiltà che non sarebbe stato raggiunto al di fuori di un percorso in tellettuale e spirituale com une, anche se realizzato sulle strade autonom e delle singole poleis.

1.1.2. Un p o p o lo d i con ta d in i, m a rin a i e p a sto ri G li H èllen es avevano la cognizione di abitare la H ellàs. L a defini­ zione territo riale faceva riferim ento al m edesim o distretto della Tessaglia m eridionale che si lega all’origine d ell’etnonim o, prim a d i estendersi a ll’intera G recia peninsulare. L a G recia costituisce 9

Il mondo dei Greci

Chi erano i Greci

la p arte term in ale d ella pen iso la b alcan ica, e, protendendosi in profondità entro il M editerraneo, fornisce il punto d ’arrivo quasi naturale per ogni spostam ento um ano dalle regioni settentrionali del continente europeo verso sud e il m are, m entre la centralità della sua posizione ne fa una sorta di ponte naturale tra O riente e O ccidente. Si possono distinguere tre am pie zone geografiche sul­ la terraferm a e una zona insulare : a) procedendo da sud verso nord, il Peloponneso, ripartito in sei regioni (A rgolide, A rcadia, L aconia, M essenia, E lide, A caia), che ospitavano un num ero cospicuo di città tra le più im por­ tanti della G recia: Sparta, Corinto, A rgo e il centro religioso di O lim pia; b) a nord del Peloponneso, l ’A carnania, l ’Etolia, la Tessaglia, fino alle regioni p iù settentrionali d ell’Epiro e della M acedonia; c) verso est si p rotende n ell’Egeo la penisola d ell’A ttica dove sor­ ge Atene; il settore centrale della G recia è occupato dalla B eo­ zia con la città d Tebe, dalla Focide con il prestigioso centro religioso di D elfi, dalle due L o cridi (occidentale o O zolide e orieptale o O punzia); d) la G recia includeva (e in clude oggi) una m iriade di isole e iso­ lotti di varia grandezza che costellano il m ar Egeo: la lunga e stretta isola d ell’Eubea che corre p er 175 km davanti alle coste d e ll’A ttica, d ella Beozia e della L o cride fino al golfo M aliaco; Rodi, e tutte quelle raggruppate negli arcipelaghi delle Sporadi e delle C icladi. D irim petto al golfo di Eieusi, tra l ’Attica e il P e­ loponneso, sorge E gina; a occidente, n el m ar Ionio, C orcira (odierna Corfù), m entre a sud il m ar Egeo è chiuso dalla gran ­ de isola di Creta. Non è possibile pensare alla G recia senza collegarla aH’èlem ento m arino. Il m are fu la strada che i G reci utilizzarono p er estendere la loro presenza al di fuori del territorio continentale. A p artire dalla m età circa deH’VHI secolo ebbe inizio la colonizzazione a oc­ cidente, che portò a ll’insediam ento stabile di G reci nella Sicilia e lungo le coste d ell’Italia m eridionale (M egà le H ellàs). Se Sicilia e M agna G recia costituirono le direttrici p rin cip ali d ell’espansione greca nel M editerraneo occidentale, non furono però le uniche. L a 10

presenza greca si irradiò sulle sponde della penisola iberica, sulle coste della F rancia, con M assalìa (odierna M arsiglia) alla foce del Rodano. I G reci fondarono città che in qualche caso, com e per esem pio Siracusa, erano in grado di com petere con le città della m adrepatria per grandezza, bellezza, capacità politiche e m ilitari. U tilizzarono b asi com m erciali a cui davano il nom e di em pòrio,, che non erano veri e propri insediam enti urbani, m a che si rivela­ vano utilissim i p er creare una rete di scam bi. I G reci esportavano i prodotti che il loro suolo perm etteva di coltivare con successo, il vino e l ’olio, in cam bio di cereali e di m aterie prim e di cui erano scarsi. D al m ar Ionio le rotte si inoltrarono n ell’A driatico, g iu n ­ gendo sulla costa occidentale fino alla foce del Po. A oriente furo­ no i territori situati a settentrione d ell’Egeo, oltre lo stretto dell ’Ellesponto a richiam are un m ovim ento di colonizzazione che si dilatò fino alle coste del M ar Nero. G li insediam enti costieri non erano che il punto di inizio di traiettorie che si inoltravano nell ’entroterra, dando vita a una fitta rete di contatti e di scam bi m er­ cantili con le popolazioni locali. Non m ancarono situazioni e m o­ m enti segnati da reciprocità negativa sfociati in conflitti anche san­ guinosi che opposero G reci e indigeni, m a anche tra G reci. I G reci del m ondo coloniario erano tuttavia profondam ente d i­ versi dai connazionali della m adrepatria. L a quotidianità dei rap ­ porti con un m ondo anellenico li rendeva più aperti a esperim entare nuove form e di convivenza,.im poneva scelte e p riorità p o liti­ che ed econom iche differenti rispetto alle poleis della G recia p e­ n insulare, e tutto questo di generazione in generazione influiva sulla m entalità generando una società dai caratteri suoi propri e creando nuovi m odi di vivere alla greca. A tutto questo m ondo si adatta m eglio la definizione di grecità, che rende in m aniera più efficace la dim ensione d ella fluidità e d ell’adattam ento in conse­ guenza della varietà di luoghi e situazioni in cui i G reci hanno p la­ sm ato o si sono conform ati a ll’am biente di vita, e che riassum e quella m olteplicità di rappresentazioni e m anifestazioni che com ­ pongono lo h ellen ik òn . ! N el corso di questi viaggi i G reci si fecero un popolo di m arinai. Il m ar Egeo con il suo m osaico di isole m etteva a disposizione una serie pressoché ininterrotta di approdi, utilissim i perché i G reci praticavano la navigazione di cabotaggio. 11

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N onostante q u esta in ten sa attiv ità p er m are, i G reci furono em inentem ente un popolo di agricoltori. D el resto, l ’econom ia stessa, non diversam ente da quanto avvenne p er tutta l ’econom ia antica, restò sem pre fondam entalm ente agraria.' L e coltivazioni p rivilegiate erano la vite e l ’ulivo, da cui si ricavavano olio e vino in q u an tità su fficien ti a p ro d u rre ecceden ze da destin are a ll’e ­ sportazione. D ata la n atura del suolo, in gran p arte arido e b ru l­ lo, cui aggiungere la scarsità di tratti p ian eggian ti, nonché la p o ­ vertà endem ica d i risorse idrich e, la produzione cerealicola non bastava a sfam are tutti. Solo in alcune aree dotate d i pian ure suf­ ficientem ente am pie, come la M essenia, la L aconia e la Tessaglia, era possibile u n a produzione in grado di assicurare l ’autosuffi­ cienza degli abitanti. A ltrove, come in A ttica, era necessario r i­ correre alle im portazioni. L a stessa colonizzazione di epoca a r­ caica portò oltrem are una popolazione di contadini che, giunti a destinazione, si dedicarono alla lavorazione della terra. D alla p o ­ vertà e dalla configurazione del suolo dipese anche la qualità d e l­ l ’allevam ento, che riguardò p rincipalm ente bestiam e ovino e ca­ prino, p iù raram ente i bovini, e del resto nella dieta alim entare la carne bovina fu sem pre scarsa e co n siderata un lusso. L’allev a­ m ento equino su scala intensiva praticato in Tessaglia grazie alla d isponibilità di am pie pian ure rim ase un fatto circoscritto e re la­ tivam ente eccezionale.

Lo sviluppo m arittim o favorì un processo di urbanizzazione più precoce sulle coste, soprattutto nella parte centro-m eridionale del­ la G recia e nelle isole. Si deve però ricordare che nella stessa A te­ ne, nel V secolo a capo di un im pero m arittim o, n ell’im m inenza d ella guerra del P eloponneso, come d ice lo storico T ucidide, la m aggior parte della popolazione viveva ancora nei cam pi. U n popolo d i m arinai e contadini. M a esiste una terza G recia collocata al di là della frontiera ecologica segnata dal paesaggio ru ­ rale e m arittim o. Avanzando verso il centro e il nord della G recia la presenza della m ontagna si fa via via più invasiva, fino a diven­ tare preponderante. L e cim e e gli avvallam enti sono ricoperti da fitti boschi fino alle altezze dove la vegetazione è consentita. L’ac­ qua è più abbondante. Il m assiccio del P arnaso, con i suoi ripidi dirup i dom ina la Focide e incom be sul santuario d i D elfi adagiato lungo la sua parete m eridionale. P iù a nord l ’O lim po, con la sua cim a di poco m eno di 3000 m (la più alta d ella G recia), dove se­ condo le credenze dei G reci abitavano gli dèi, con le sue p ropag­ gini si estende tra la Tessaglia e la M acedonia, e collegandosi con le catene del P in d o e d e ll’O ssa crea una successione pressoché ininterrotta di m ontagne in direzione d ell’Epiro. G li abitanti vive­ vano di u n ’econom ia silvo-pascoliva, dediti per esigenze di sussi­ stenza al brigantaggio e alla pirateria, pastori-guerrieri per i quali la pratica delle arm i apparteneva alla quotidianità. Terra e m are, p ianura e m ontagna, città e cam pagna costituisco­ no altrettante realtà com plem entari che concorrono a dipingere il paesaggio della G recia e a tracciare il profilo dei suoi abitanti.

A proposito della Grecia, così Fernand Braudel scriveva: «L a sua vita è mescolata alla terra, la sua poesia è più che a metà ru­ stica, i suoi marinai sono contadini,: è il mare degli oliveti e delle vigne quanto degli stretti battelli a remi o dei navigli rotondi dei mercanti, e la sua storia non è separabile dal mondo terrestre che l’awolge più di quanto non lo sia Γargilla dalle mani dell’o­ peraio che la modella». (F. Braudel, Civiltà e im peri d el M editer­ raneo n ell’età di Filippo II, p. XXVIII)

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1.1.3. I l co n fr o n to co n l ’“a ltro ”: il ba rba ro e lo stra n iero Il sentim ento d ella com une id en tità ellen ica si è costantem ente confrontato, com e abbiam o visto sopra, con l ’appartenenza alla propria com unità politica. Q uesta situazione ha fatto convergere nella figura delT“altro” lo straniero culturale e lo straniero politico, attraverso cui si stabilivano piani differenti per intendere l ’alterità.

I l barbaro D all’osservatorio ellenocentrico da cui i G reci guardavano il m on­ do, il barbaro era colui che non condivideva le loro idee, i loro m edesim i valo ri e costum i, ossia l ’estraneo alla loro civiltà. Era detto “b arb aro ” dalla parola che etim ologicam ente si ritiene signi­ ficare “colui che b alb etta” (sulla base d ell’onom atopea bar bar), nel senso che si esprim e a fatica nella lin gua greca. B arbari erano definiti i P ersiani - e non aveva im portanza, o ne aveva poca, il fatto che essi fossero colti e raffinati, eredi della m illenaria cultura orientale - allo stesso modo degli Sciti delle pian ure danubiane, che conservavano form e di vita nom adiche e prim itive, celebri per la sfrenatezza dei loro costum i, a p artire dalla proverbiale m an­ canza di m origeratezza nel bere, o dei Traci tem uti p er la loro cru­ deltà. A prescindere dalle differenze nei m odi di vita e nelle m anife­ stazioni culturali p iù estem poranee, che tratteggiano lo stereotipo del barbaro sulla base di un profilo convenzionale, l ’alterità in ter­ pretava una gam m a articolata di rappresentazioni. Il confine stes­ so tra il m ondo dei barbari e la grecità costituiva una dim ensione flu ttu an te a seconda dei contenuti assegn ati alla definizione di barbaricità. Poteva addirittura entrare entro i lim iti geografici d el­ la G recia stessa. N ella categoria dei b arb ari definiti secondo crite­ ri culturali T ucidide includeva gli abitanti della parte centro-set­ tentrionale del paese, come gli Etoli, p er le loro p ratiche di vita prim itive, quali l ’uso di circolare arm ati com e sopravvivenza delle antiche abitudini al brigantaggio, e la dieta alim entare basata sul consum o di carne cruda: «p o p o li che vivono alla m aniera dei b ar­ b ari e parlano una lin gua in co m p ren sib ile». A fferm azione d alla quale traspaiono tutti i pregiudizi del cittadino acculturato della polis, nonché l ’attitudine a una visione restrittiva e poleocentrica 14

dello h ellen ik ò n , e im perfetta dal m om ento che la lin gua p arlata d agli Etoli è greca. A nche i popoli d ell’Epiro e della M acedonia non si sottraevano a ll’im m agine di barb ari, sebbene le rispettive dinastie regali proclam assero la loro discendenza da eroi greci, per giunta tra i più carichi di suggestione neU’im m aginario ellenico, q u ali N eottolem o figlio d i A chille e il popolarissim o E racle. In questo caso il m etro per m isurare le differenze attingeva ai m odel­ li della cultura politica tracciando un discrim ine ideologico, che ancora una volta penetrava dentro al territorio d ella G recia, tra coloro che abitavano nella polis e quanti vivevano dispersi in v il­ laggi. E ra questa la visione che com pletava il profilo del barbaro nel quadro tucidideo , poi ripresa dal filosofo A ristotele. L’organizzazione dello spazio offriva un criterio interpretativo delle form e d i convivenza civica. L a polis rappresentava la m ani­ festazione p iù alta della coesistenza in quanto fondata su ll’armonia assicurata dalle leggi e sulla partecipazione di tutti i cittadini alla gestione del potere, e, prim a di tutto, garanzia di lib ertà. In questo m odo la distinzione degli Elleni dai b arb ari della P ersia se­ gnava un solco incolm abile tra un popolo di cittadini lib eri che fa­ ceva uso consapevole d ell’autogoverno e un popolo di sudditi. La conclusione andava a vantaggio della superiorità dei G reci sui b ar­ bari. E uripide chiudeva la tragedia I figen ia in A u lid e con queste p arole (w . 1400-01): «A g li E lleni conviene im perare sui b arb ari, e non ai barbari, o m adre, sugli Elleni. Essi sono schiavi, noi uom i­ ni lib eri». L a posizione p iù estrem a in questa direzione fu rag giu n ta da A ristotele, che giunse a dare una spiegazione biologica del diffe­ rente statuto del barbaro asserendo che questi è schiavo per statu­ to naturale (p h y sei d o ù lo s). N el suo delinearsi, la contrapposizione con il barbaro funziona­ va p er rafforzare l ’identità stessa degli Elleni e tendeva a porre in risalto le differenze culturali in una prospettiva em inentem ente ellenocentrica. Q uesto non significa che i due m ondi fossero im pe­ netrabili l ’uno a ll’altro. Il confine culturale e ideologico era conti­ nuam ente tagliato dalle frontiere econom iche e sociali. I territori b arb ari erano ricchi di giacim enti m inerari, di oro in particolare, di cui intraprendenti greci detenevano la proprietà e sfruttavano a loro vantaggio. C ostituivano i serbatoi cui attingere per rifornirsi 15

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di schiavi, alcuni di alta specializzazione come i peltasti traci che nel IV secolo form avano corpi scelti d ell’esercito ateniese e g li ar­ cieri sciti im piegati come schiavi p u b b lici in servizi di ordine p u b ­ blico ad Atene. M atrim oni tra esponenti di fam iglie d ell’aristocra­ zia greca e dinasti barbari non erano inconsueti. Scam bi diplom a­ tici, accordi e alleanze tra il G ran Re di P ersia e le poleis accom ­ pagnarono la storia della G recia nei due secoli che intercorrono tra le guerre p ersiane e la conquista d ell’im pero persiano da parte di A lessandro M agno. A nche la rappresentazione non era m onolitica n el consegnarci un ritratto totalm ente negativo. Lo storico Erodoto guardò con l ’attenta curiosità d ell’erudito i differenti costum i di paesi barbari, fossero essi i territori degli Sciti o l ’Egitto dalla cultura m illenaria e che poteva essere catalogato com e barbaro solo in ragione della collocazione anellenica, ed era consapevole che il Vicino O riente aveva offerto un contributo incalcolabile alla cultura e alla scienza dei G reci. M a il suo interesse non si dissocia d all’osservatorio ellenocentrico da cui guarda il diverso, p er confrontarlo con tutto ciò che è racchiuso entro il suo orizzonte di vita che rim ane greco. Ed è proprio Erodoto, insiem e a Eschilo nei P ersian i, con la celebra­ zione della vittoria di Salam ina come trionfo della libertà sul d i­ spotismo, a inventare, come sottolinea acutam ente Lorenzo Braccesi, l ’antitesi culturale, politica e religiosa tra G reci e barbari, d e­ stinata a fornire il paradigm a alla giustificazione storica d ell’oppo­ sizione fra E uropa e Asia dei secoli successivi. U na p ro sp ettiva che si atten u erà in età e llen istica quando la m appa politica ridisegnata sulle conquiste di Alessandro favorirà il form arsi di una società del tutto nuova rispetto al microcosm o d el­ la polis, una società che, sia pure con i lim iti im posti d all’ap p lica­ zione di definizioni m oderne al m ondo antico, può definirsi multietnica e pluriculturale.

m ente non greci e greci. A l di fuori della m adrepatria decadevano la protezione delle leggi d ella città e la sicurezza della fam iglia. La precarietà d ell’individuo al di fuori del suo spazio di vita è form u­ lata con efficacia da Omero, che definisce lo straniero «senza leg a­ m i di parentela, senza leggi e senza focolare», secondo la m entalità greca figura potenzialm ente ostile nella m isura in cui proveniva da un m ondo esterno. N onostante le cautele e le diffidenze, verso lo straniero i G reci manifestarono una disposizione di m aggiore aper­ tura rispetto al barbaro. N ei suoi confronti si attivò un com plesso di forme di accoglienza, già attestate nella società om erica, che ri­ spondevano a ll’obbligo m orale di attenuare la precarietà della sua condizione. Costituirono una sorta di codice d i leggi d ell’ospita­ lità, che dalla ospitalità privata (x en ìa) ritualizzata dallo scam bio di doni si sviluppò n ell’istituto pubblico della prossenìa, sicché la qualifica di x èn os passò a indicare contestualm ente l ’ospite. Tram ite la prossenìa prese vita una rete di contatti, che in assen­ za, nella G recia antica, di una diplom azia perm anente, assicurava relazioni continuate tra le città. Il pròsseno infatti aveva il com pi­ to di accogliere nella propria città è tutelare i cittadini d ella com u­ nità che gli aveva conferito il titolo. L a persona dello straniero fu garantita anche dalla asylta, tram ite la quale due città si accorda­ vano per non applicare reciprocam ente ai rispettivi cittadini il te r­ ribile diritto di rappresaglia, il sylo n , che autorizzava a esercitare il sequestro di persone e b eni di un individuo al di fuori della sua patria.

Lo stra n iero Vi era u n ’altra form a di alterità im personata da coloro che viaggia­ vano e si spostavano per necessità econom iche, senza risiedere in perm anenza in una città greca come i m eteci, oppure esuli che vo­ lontariam ente o forzatam ente abbandonavano la loro patria. C o­ storo costituivano g li x èn o i (sing. x èn o s ), gli stranieri, indifferente­

Convenzionalm ente la storia di ogni epoca è organizzata secondo scansioni cronologiche che individuano periodi distinti sulla base di criteri di interpretazione proposti dalla storiografia m oderna. L a periodizzazione tradizionale della storia greca distingue u n ’età arcaica a p artire dalla fine del IX al V I secolo a.C ., cui seguono in ordine l ’età classica che copre il V e parte del IV secolo, e l ’elleni-

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1.2. C ronologia e periodizzazione

1.2.1. M isu rare il tem p o

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smo che durò a lungo e di cui vedrem o più avanti le differenti po ­ sizioni storiografiche a proposito della sua fine. L a decifrazione delle tavolette in L ineare B e l ’allargarsi delle co­ noscenze a seguito dei risultati forniti d all’archeologia hanno d i­ m ostrato che i M icenei parlavano greco, possedevano la scrittura e che la civiltà m icenea nel suo com plesso pertiene a una protostoria greca, im ponendo di rivedere la data d ’inizio della storia dei G re­ ci, tradizionalm ente fatta coincidere con la prim a testim onianza letteraria fornita d ai poem i om erici. Tra l ’età m icenea che si in ter­ rom pe bruscam ente alla m età circa del X III secolo e l ’età arcaica si incunea un periodo di transizione cui è dato il nom e di Dark A ge, ovvero “età oscura” oppure “m edioevo ellen ico ”, per sottoli­ neare la lunga fase di povertà, ristagno sociale e isolam ento cu ltu ­ rale che la caratterizza. Basti pensare alla scom parsa della scrittu­ ra, che ritornerà neU’VIII secolo con l ’adozione d ell’alfabeto feni­ cio, anche se, proprio come nel m edioevo europeo, è nelle d in a­ m iche sociali e n egli assetti territoriali quali vanno configurandosi in questo periodo che sono da ricercarsi le origini degli equilibri futuri, riscoprendo fondam entali continuità al di sotto di una so­ stanziale cesura con il passato. L a definizione dei periodi non appare om ogenea. Se la defini­ zione di arcaico in d ica un tem po prim o e rem oto e privilegia la dim ensione tem porale, che cosa significa “classico”? L a parola è utilizzata per delim itare l ’arco di tem po nel quale è racchiuso l ’a ­ pogeo della civiltà greca e appare costruita intorno a ll’idea di un canone culturale proprio di questa epoca, m odello che irrad ia la sua influenza sui secoli futuri, da considerarsi irrip etib ile e testi­ m onianza di una perfezione con la quale ci si deve confrontare. L’inizio d ell’età classica fluttua tra prim a o dopo le guerre p ersia­ ne e ugualm ente incerta è la data finale. M entre alcuni studiosi la fanno coincidere con il 338 a.C ., quando F ilippo II sbaragliò la coalizione greca guid ata da A tene e Tebe a Cheronea, evento che avrebbe posto fine alla lib ertà delle città greche, altri la spostano a dopo la m orte d i A lessandro nel 323 a.C . M a la lib ertà greca finì con l ’afferm azione dei sovrani m acedoni, Filippo e suo figlio A les­ sandro, o vi posero term ine i Rom ani nel 146, quando, dopo la d i­ struzione di C orinto, la G recia divenne p rovincia rom ana? Né m ancano posizioni estrem e, come qu ella di G aetano De Sanctis

che anticipava al 399 a.C ., data del processo a Socrate, la fine d e l­ la lib ertà della polis. L’età ellenistica è definita sulla base di una nozione di “ellen i­ sm o” nata d all’intuizione d i uno studioso tedesco del X IX secolo, G ustav D roysen, per descrivere il quadro politico e culturale con­ solidatosi nei regni sorti d alle conquiste di A lessandro, e con cui si intendeva com unicare l ’id ea di una civiltà sorta d all innesto sulla cu ltu ra greca di elem enti orientali. L’età ellen istica fu un epoca lunghissim a, nella quale la grecità, sia pure adattata e trasform ata dal contatto con am bienti anellenici, fu la com ponente dom inante del sistem a di potere e diede l ’im pronta a tutta la cultura fiorita nel periodo. L a data tradizionalm ente più nota per la fine d ell’e l­ lenism o è il 31 a.C ., quando la vittoria di C esare O ttaviano A ugu­ sto ad Azio sulla flotta di C leopatra, ultim a discendente dei Tolom ei, pose term ine alla dinastia regnante in Egitto, 1 unica rim asta di quelle discese dai successori di Alessandro M agno in un m ondo orm ai unificato dalla presenza romana. È però spostata in avanti da H erm ann Bengtson fino al 529 d.C ., quando G iustiniano fece chiudere la scuola platonica di Atene, perché questo atto sancì la m orte della cultura greca pagana.

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XIII-XII sec. a.C.

Età micenea

1200-700 a.C.

Dark A ge

700-490 a.C.

Età arcaica

490-323 a.C.

Età classica

323-31 a.C.

Età ellenistica

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1.2 .2 .1 p e r io d i d ella storia e d ella civ iltà d e i G reci G li anni si contano convenzionalm ente partendo da un anno zero coincidente con la nascita di Cristo e com putando g li anni d ell’E ­ vo antico prim a di Cristo in senso decrescente d al più alto al più basso, quelli dopo in crescendo. G li antichi G reci non avevano una datazione unica. Si afferm ò la datazione per O lim piadi a sca­ denza quadriennale, m a si continuò a ricorrere a cronologie locali (per lo più annuali) sulla base della successione delle cariche magistratuali e sacerdotali. N ella nostra datazione degli eventi si suo­ le adeguare la cronologia a quella ateniese regolata secondo la ca­ rica annuale d ella m agistratura degli arconti. L’anno arcontale in ­ com inciava in luglio e perciò copriva g li ultim i sei m esi del calen­ dario giuliano e i prim i sei di quello successivo. Ecco il motivo del doppio sistem a di datazione che si suole adottare nella datazione greca (es.: riform a di d is te n e , 508/07).

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2. Dalla memoria alla storia. Le basi documentarie

L e prim e fonti p er conoscere la grecità del passato sono g li stessi autori greci antichi. Si sono conservate le opere di un num ero re­ lativam ente cospicuo di autori, anche se la p erd ita o la trasm is­ sione fram m entaria di m olta della produzione storiografica d e l­ l ’antichità non possono che lasciare un vuoto incolm abile. Esiste una seconda m em oria che ha conservato nei secoli il ricordo dei G reci e della loro civiltà in particolare. E tram andata dalle tracce della loro presenza sul territorio fatte conoscere d all’archeologia, d agli edifici, d ai m onum enti, da tutto quel com plesso di artefatti che attestano la civiltà m ateriale e artistica. Sia i testi scritti sia il m ateriale arch eo lo gico non costituiscono che schegge rim aste d ell’antico patrim onio letterario e m onum entale del passato, m et­ tendo in evidenza quello che è il problem a di fondo quando ci si avvia ad affrontare la conoscenza del m ondo antico. Lo storico del passato deve fare i conti con la scarsità delle inform azioni, per così dire “tecn ich e”, di cui dispone rispetto al suo om ologo che si occupa della storia di oggi e che si può servire d i un ventaglio ric ­ chissim o, se non ad d irittu ra di un eccesso, di dati, m essi a dispo­ sizione da m ezzi di inform azione di vario tipo, d alla carta stam ­ pata, alla televisione, alla telem atica. P er questo m otivo nella ricostruzione storica deve avvalersi di tu tti i dati possibili e prove­ nienti dalle direzioni p iù diverse, com e tante tessere di un m o sai­ co che si ricom pongono a form are un disegno unitario. L a storia si fa con tutto il m ateriale in grado di offrire risposte che co n d u­ cano alla com prensione di u n ’epoca, di un singolo o di una con­ catenazione di eventi, di fenom eni sociali. N el loro insiem e questi elem enti costituiscono le b asi docum entarie p er la nostra cono­ scenza o “fo n ti”, come si suole per consuetudine definirle. 23

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Dalla memoria alla storia. Le basi documentane

2.1. Storia e storiografia

fatti il m essaggio che il testo intende com unicare e gli obiettivi che esso persegue.

2.1.1. Visibilità, oralità e scrittu ra 2.1.2. S torici e storiogra fia g reca Coloro che si accinsero a conservare p er iscritto la conoscenza d el­ la loro storia si interrogavano su qu ali basi condurre il racconto dei fatti e dei loro protagonisti. Tra i canali che convogliavano le inform azioni, im portanti erano la òp sis e Yakoè. L a òp sis, il vedere, e ancor più l ’ “au to p sia”, il vedere con i propri occhi, costituiva una delle autenticazioni p iù autorevoli. L’ak oè, ovvero ciò che si è sentito dire, rim andava alla tradizio n e orale, a qu el b agaglio di inform azioni conservate dalla m em oria trasm essa di generazione in generazione e che n ell’età della scrittura qualche volta acquistò la fisionom ia della favola e del mito. O ralità e scrittura non devo­ no essere considerate come fenom eni successivi. Soprattutto n el­ l ’età arcaica l ’o ralità affiancò, quando non fu ad d irittu ra p rem i­ nente, la scrittura nella trasm issione del sapere in tutti cam pi, e ci furono settori, com e p er esem pio le leggi sacrali e i rituali religio ­ si, che rim asero in non pochi casi appannaggio di un patrim onio orale che i sacerdoti e gli addetti al culto ricevevano dalla voce dei predecessori p er trasm etterli ai loro eredi. Fu però la scrittura a stab ilire il discrim ine che segnalava la nascita d ella storiografia. Non solo la storia scritta, m a anche l ’inform azione diventava con­ sultazione di una docum entazione scritta. P er questo T ucidide con la sua opera storica prendeva le distan­ ze d al discorso m itico, polem izzando con i predecessori, im plici­ tam ente con Erodoto: La mancanza del favoloso in questi fatti li farà apparire, forse, meno piacevoli all’ascolto, ma se quelli che vorranno investigare la realtà degli avvenimenti passati e di quelli futuri considereranno utile la mia opera, tanto basta. Essa è un possesso che vale per l’eternità più che un pezzo di bravura da essere ascoltato momentaneamente. (Tucidide, I 22, 4)

È consuetudine fare incom inciare la storia nel suo senso più pieno a p artire dal m om ento in cui la m em oria del passato e la registra­ zione del presente sono consapevolm ente affidate alla scrittura, e la narrazione storica si coniuga con la redazione in prosa. L a p a ­ rola deriva dal term ine greco b is to r te , coniato da Erodoto e dallo storico usato nel senso di “in d agin e” e “ricerca”. L a m atrice in tel­ lettuale riconduce a concetti e attitudini speculative propri della scienza e della filosofia. D eve essere ricercata nella cultura della Ionia, dove nel corso del V I secolo i filosofi Talete, A nassim ene, A nassim andro elaborarono le prim e teorie sulla form azione della terra e le redassero in scritti in prosa. Non è un caso che proprio in questa regione si siano esperim entate le prim e form e di scrittu ­ ra storica e che lo stesso Erodoto, il prim o degli storici, provenis­ se da qui. Allo stesso m odo non può considerarsi una coincidenza che in queste regioni e nel m edesim o periodo la poesia lirica trovò le sue prim e e p iù alte espressioni grazie ai versi di A lceo e Saffo. L a Ionia del VI secolo fu un laboratorio culturale e in questo ebbe sicuram ente un peso non indifferente la sua posizione di frontiera, a contatto con un entroterra che aveva profondam ente assorbito le eredità lasciate dalle splendide civiltà succedutesi nei m illenni p re­ cedenti, dai Sum eri ai B abilonesi. G ran parte della storiografia greca è andata p erd u ta nel corso dei secoli. Non sono m olti i casi fortunati di opere conservatesi in ­ tegralm ente. D i m olti autori, anche im portanti, restano solo sezio­ ni parziali, o ad d irittura fram m enti, salvatisi dalla p erdita perché riportati da autori posteriori nei loro scritti, qualche volta n ulla di più che il nome.

La scrittura non è uno strum ento indifferenziato. L’uso da parte di uno storico o di un poeta, di un filosofo o di uno scienziato non è il m edesim o, com e pure dobbiam o assegnare un significato suo proprio a ll’im piego della parola scritta delle iscrizioni. C am bia in ­

a. D alle origini a ll’apogeo della storiografia (VI-IV secolo) L e origini affondano le rad ici nella logografia fiorita nella Ionia di fine VI secolo. Con questa parola si intendono gli scrittori di lò g o i (discorsi) che già gli antichi consideravano come i fondatori della storia, anche se non ancora storici a pieno titolo. I lò g o i rig u ard a­

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Dalla memoria alla storia. Le basi documentarie

vano g ii argom enti p iù diversi, p rin cip alm en te in relazione alle cosm ogonie (genesi del k òsm os, ovvero del m ondo) e alle teogo­ n ie (sulla genesi degli d èi), e in questa direzione D elfino Am baglio ritiene che la logografia possa considerarsi una sistem azione letteraria del patrim onio religioso greco. T ucidide (1 2 1 ,1 ) accu ­ sò i logografi di p erseguire il p iacere d e ll’ascolto piuttosto che la verità. Il nom e eccellente tra i logografi fu quello di Ecateo di M ileto (ca. 560-490 a.C .). D ella sua opera non rim angono che citazioni in dirette di autori più tardi. G li è attrib uita la P e r ie g e s i d ella terra, corredata da una carta geografica, nella quale erano descritte l ’E u­ ropa e l ’Asia, a quel tem po ritenute coincidere con la terra intera, sofferm andosi sui costum i e le m odalità di vita degli abitanti. L’a l­ tra opera di Ecateo am piam ente conosciuta n e ll’antichità consi­ steva nelle G en ea lo gie, in cui l ’autore intraprendeva la costruzione degli alberi genealogici m iranti a creare una concatenazione razio­ nale tra la storia degli uom ini e le origini ricondotte al tem po m i­ tico degli dèi.

la qualità d ell’argom ento e l ’am piezza della trattazione, hanno in ­ dotto gli studiosi a interrogarsi sulla genesi d ell’opera, avanzando l ’ipotesi di una serie di lò g o i indipendenti che furono successiva­ m ente ricollegati con un racconto sulle guerre persiane. P revale n ell’opera la visione ellenocentrica del m ondo esterno alla G recia, m a con la curiosità dello studioso attento alla b isto rte, parola che con Erodoto entra nel vocabolario degli storici con il significato puntuale di ricerca, indagine, ovvero la storia affronta­ ta con l ’attenzione critica della speculazione scientifica. P er q u an ­ to concerne la sua visione politica, Erodoto lesse nelle guerre p er­ siane l ’opposizione inconciliabile tra il m ondo dei cittadini lib eri della polis e un popolo di sudditi, l ’antitesi tra l ’obbedienza alle leggi e la sottom issione alla tirannide. Ebbe un peso non indiffe­ rente nel creare q u ell’antitesi tra G reci e b arb ari che accom pagnò la storia greca fino ad A lessandro M agno.

T ucidide

E rod oto Il «p ad re della storia», com e lo definì Cicerone, è Erodoto, nato intorno al 490 a.C. ad A licarnasso, città della C aria (Asia M inore). D opo avere intrapreso m olti viaggi E rodoto si stab ilì ad A tene, dove visse la splendida età periclea, prim a di rip artire nel 444 a.C. alla volta d ell’O ccidente insiem e ai fondatori della colonia di Turi, prom ossa da P ericle in M agna G recia. L e sue S torie, divise in no ­ ve lib ri, ognuno intitolato a una M usa dai gram m atici alessandrini, conservano la narrazione p rincipale d alla quale conoscere le guer­ re persiane. M a il racconto contiene m olto di più, perché il con­ flitto dà allo storico motivo per approfondire la storia pre-persiana dei popoli del Vicino O riente, dai M edi ai B abilonesi (libri IIV), com e p ure p er introdurre nel piano d ell’opera sezioni d ed i­ cate alla descrizione di popolazioni anelleniche, con q u ell’interes­ se per i loro usi e le loro consuetudini che fa dello storico una sor­ ta di precursore degli studiosi di etnografia, e senza trascurare l ’at­ tenzione alla geografia del territorio. Tra le p iù significative si ri­ cordano l ’ex cu rsu s sull’Egitto, che occupa l ’intero libro II, e qu el­ lo sugli Sciti (IV 5-82, 99-117). Q ueste digressioni, im portanti p er

Tucidide nacque ad Atene in una data incerta intorno al 460 a.C. D ella sua biografia si sa con certezza che apparteneva a una fam i­ glia dei ceti superiori im parentata con i dinasti della Tracia, regio ­ ne nella quale era p roprietaria di m iniere d ’oro; che nel 424 fu im ­ pegnato in qualità di stratego nelle operazioni m ilitari in C alcidica, m a è solo oggetto di ipotesi se a seguito del loro esito negativo fu condannato a lasciare A tene p er trascorrere un esilio ventennale, secondo alcuni nei suoi possedim enti di Tracia, secondo altri nel Peloponneso. Scrisse la storia della guerra del Peloponneso, otto lib ri dedicati al conflitto trentennale che oppose A tene e Sparta, rim asta incom pleta: si interrom pe, infatti, con g li avvenim enti del 411, dedicando particolare spazio alla rivoluzione oligarch ica dei Q uattrocento e alla b attaglia di Cinossem a nelle acque d ell’Egeo. L a sua opera storica si distanzia in m aniera m olto netta dal rac­ conto erodoteo perché è storia contem poranea e perché, com e Tu­ cidide stesso precisa non senza una p unta polem ica con i logogra­ fi e con Erodoto, rifiuta i fatti favolistici e m eravigliosi. Com e spie­ ga nel proem io, lo storico si accinge a narrare un evento epocale, la guerra più grave nella quale i G reci si siano trovati coinvolti, scoppiata quando i due contendenti erano a ll’apice della loro po­ tenza; distruttiva p er durata, trent’anni, e conseguenze, com e l ’al-

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Il mondo dei G reti

to num ero dei m orti in guerra, le epidem ie e le carestie, i risvolti locali nelle guerre civili che scoppiarono un p o ’ ovunque, e, prim a tra tutte, l ’estensione del conflitto, che coinvolse tutte le città e i popoli della G recia, e alla fine anche la P ersia. Tucidide ha chiara la percezione d i un conflitto che in ragione delle forze in cam po, nel quadro della geografia p olitica del tem po, equivale a una guer­ ra m ondiale. N ella sua visione politica il conflitto interrom pe il b i­ polarism o egem onico che dalle guerre persiane fino al 431 aveva diviso i G reci in due blocchi gravitanti intorno a Sparta e ad A te­ ne in un sostanziale equilibrio di potenza. Individua le cause con­ tingenti che costituiscono la scintilla che innesca le ostilità, m a è più attento a m ettere in luce le cause profonde, ricondotte alla cre­ scita a dism isura d ella potenza m arittim a ateniese, responsabile della rottura d e ll’equilibrio. In questa prospettiva apre la narrazione con una rassegna delle grandi talassocrazie del passato, a p artire da quella m itistorica di M inosse a Creta, alla quale fa seguito la descrizione del cinquan­ tennio intercorso tra la fine delle guerre persiane e l ’inizio della guerra del Peloponneso, l ’epoca cruciale nel definirsi di quell’eq u i­ librio di potenza che sancisce u n ’egem onia contintentale di Sparta opposta al prim ato m arittim o di Atene presto trasform atosi in im ­ perialism o. E labora un vocabolario storico, inventando la defini­ zione di a rch a iologìa {lògos, “discorso” di archàia, “cose antiche”) per la storia del passato e di p en tek o n ta etìa (p en tèk o n ta , “cinquan­

L’ateniese Tucidide descrisse la guerra tra Ateniesi e Peloponnesi, come combatterono tra di loro cominciando subito al suo sor­ gere e immaginandosi che sarebbe stata grande e la più impor­ tante di tutte quelle avvenute fino allora. Lo immaginava dedu­ cendolo dal fatto che le due parti si scontrarono quando entram­ be erano al culmine di tutti i loro mezzi militari e vedendo che il resto della Grecia si schierava o con l ’uno o con l’altro dei due contendenti, gli uni subito, e gli altri pensando di farlo in seguito. Certo, questo è stato il più grande sommovimento che sia mai av­ venuto fra i Greci e per una parte dei barbari, e per così dire, an­ che per la maggior parte degli uomini. (Tucidide, I 1, 1-2)

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ta ” e è t e , “an n i”) p er circoscrivere il cinquantennio tra il 479 e il 431 a.C., ritenuto fondam entale nello svolgersi degli eventi.

I co n tin u a to r i d i T ucidide Storici delle generazioni successive si assunsero il com pito di com ­ pletare la narrazione della guerra del Peloponneso. I continuatori di T ucidide sono tre: Senofonte, Teopom po e l ’autore anonim o delle E llen ich e d i O ssirin co. Tutti però superarono la data della fi­ ne del conflitto (404 a.C.) per proseguire oltre, ed estesero il rac­ conto agli eventi di tutta la G recia. Insom m a le loro opere diven­ nero scritti di h ellen ik à , ovvero di “cose g rech e”, introducen do nella storiografia greca il criterio di un ’opera di storia generale. Di questi scritti sono giunte fino a noi com plete solo le E llen ich e di Senofonte. Senofonte, ateniese, nacque intorno al 430 a.C. S ulla sua form a­ zione in tellettu ale esercitò una grande influenza il sodalizio con Socrate, di cui fu allievo, conservandone un ricordo vivace in a l­ cune delle sue opere {M em orabili, A pologia di S ocra te, S im p o sio ). L a produzione letteraria di questo .autore è vastissim a e di vario genere, com prendendo, oltre alle opere socratiche, scritti di argo­ m ento teorico e politico nei quali peraltro sono da riconoscere an ­ che in ten ti d id ascalici e apologetici {C ostituzione d e g li Spartani, A gesilao, le r o n e , C iropedia), di econom ia {Le en tra te, E co n o m ico ), tr a tta ta li di carattere tecnico {Arte d ella ca ccia , A rte eq u estre, I l co m a n d a n te d i cava lleria ). G li scritti storici com prendono YAna­ b a si e le E llen ich e. Il prim o è una sorta di d iario di v iaggio nel q u ale racconta la sua p artecip azio n e alla spedizione m ilitare in A sia come uno degli ufficiali dei D iecim ila, i m ercenari greci in ­ gaggiati da Ciro p er detronizzare il fratello, legittim o erede al tro ­ no di P ersia, e la sofferta ritirata dopo la sconfitta a C unassa (401 a.C .), quando, m orti Ciro e il com andante greco C learco, lo stori­ co guidò i superstiti fino alla costa e alla salvezza. Con le E llen ich e Senofonte com pone una storia del suo tem po, in 7 lib ri, d al 411, riallaccian do si al racconto degli eventi laddove si interrom pe la narrazione tucid id ea, al 363 a.C. (battaglia di M antinea), caratte­ rizzata da una visione spartocentrica con la quale risultano coe­ renti om issioni nella narrazione su fatti e protagonisti non com29

Il mondo dei Greci

O alla memoria alla storia. L e basi docum entarie

p atib ili con questo disegno, e in cui si inserisce una palese attitu ­ dine antitebana. b. L a storiografìa ellenistico-rom ana L a conoscenza della storiografia dei prim i secoli d e ll’età ellen isti­ ca (fine IV-III a.C .) è purtroppo lim itata dal naufragio di gran p ar­ te della produzione letteraria del periodo. In lin ea generale però è possibile riconoscere il cam biam ento rispetto alla produzione d el­ l ’età precedente e gli specialisti ne propongono una classificazione secondo categorie tem atiche e scuole di pensiero. Si parla di sto­ riografia retorica in ragione d ell’im pronta persuasiva, didascalica e m oralistica che indirizza l ’opera storica; di storiografia tragica e m im etica per la tendenza a im pressionare il lettore con un raccon­ to dram m atico o volto a su scitarn e l ’em ozione; d i sto rio grafia p ragm atica entro 1 orizzonte di una concezione che p rivilegia la conoscenza d ella storia sulla base di fatti p o litici e m ilitari. A lla storiografia retorica si riconduce Eforo, allievo insiem e a Teopompo del retore Isocrate, e autore di una prim a storia universale, di cui rim angono soprattutto gli estratti confluiti n e ll’opera di D io­ doro, m entre tra i nom i degli esponenti della storiografia tragica e m im etica si ricordano alm eno quelli di D uride di Samo, Filarco, Ieronim o di C ardia.

G li s to r ici d i A lessa n d ro M a gn o Con questa definizione si indica una categoria di storici accom u­ nati dal tem a delle loro opere, le conquiste di A lessandro M agno, dalle finalità divulgative e d al tono encom iastico della trattazione. I prim i furono contem poranei e anche com pagni e collaboratori del sovrano; se ne conosce il nom e, m a degli scritti sfo rtun ata­ m ente non rim angono che fram m enti o citazioni di seconda m ano da parte di autori p iù tardi. Tra questi Tolomeo, uno dei generali di A lessandro e tra i suoi am ici più fidati, fondatore della dinastia dei Tolomei regnante in Egitto fino al 31 a.C ., alla cui opera am ­ m ette esplicitam ente di avere attinto A rriano, storico greco di età rom ana (II sec. d.C .) autore di una A nabasi d i A lessa nd ro, raccon­ to d ella spedizione in Asia, così intitolato in om aggio a Senofonte. C allisten e di O linto, n ip o te di A ristotele, storico ufficiale d ella cam pagna in A sia, fatto uccidere da A lessandro perché ritenuto 30

coinvolto in una congiura contro la sua persona. N earco, autore di u n a N a viga z io n e co s tie r a d e ll ’In dia, n e lla q u ale descriv e la sua esperienza di am m iraglio che guidò la flotta di A lessandro d ai fiu ­ m i d ell’India a ll’oceano Indiano fino a raggiungere il golfo P ersi­ co.

P olib io Il gigante che si erge nel panoram a della storiografia ellenistica è P olibio. O rigin ario d i M egalo p o li, figlio di un capo d ella L ega achea, e lu i stesso coinvolto negli eventi politici, m ilitari e dip lo ­ m atici del suo tem po, dopo la vittoria rom ana a P idna del 168 a.C. fu portato a Rom a come ostaggio. Q ui visse per sedici anni e p re­ se coscienza del ruolo egem one che la potenza rom ana aveva as­ sunto n el M editerran eo . È da questa consapevolezza che prese form a la sua concezione del prim ato del fatto politico e m ilitare per la com prensione della storia, da cui discendeva la necessità di privilegiarlo n ell’esposizione narrativa. P er questi aspetti si suole vedere in Polibio il fautore di una storiografia pragm atica, da co­ n iugare peraltro con gli obiettivi d ell’autore di scrivere lin a storia universale. U na universalità peraltro declinata alla lu ce d ell’ascesa di Rom a di cui già vedeva il destino di ca p u t m u n d i, capitale m on­ diale. D elle sue S torie in quaranta lib ri è andata p erd uta una parte consistente. D iod oro S icu lo U n’interpretazione singolare di storia universale presenta D iodo­ ro, originario di A girio (odierna A gira n ell’entroterra della Sicilia). L a m onum entale B ib lioteca storica in 40 lib ri abbraccia la storia del m ondo d all’età del mito fino a G iulio Cesare. Non ne rim angono che 15 (I-V, X II-X X ), che coprono la storia dal 480 al 302/01. E n­ tro la concezione di una storia universale, l ’autore registra p u n ­ tualm ente la storia greca e la storia rom ana anno p er anno, tenen­ dole separate. N ello sviluppo narrativo utilizza storici che prim a di lu i hanno affrontato la m ateria, riportando estratti interi della loro opera, m olto spesso senza preoccuparsi di m odificare il testo e neppure di citarli. In sostanza la sua opera costituisce un enorm e serbatoio di opere storiografiche altrim enti perdute e il suo lavoro di storico è consistito nel produrre un’enorm e epitom e di storia. 31

Dalla memoria alla storia. Le basi documentarie

Il mondo dei Greci

2.1.3. S torici g r e c i d ’O ccid en te, storia lo ca le e politèiai L a precisazione geografica di “storici d ’O cciden te” sta a indicare un gruppo di storici originari di città d e ll’area greca occidentale e non intende segnalare un filone separato della tradizione storio­ grafica greca, che nel suo insiem e deve considerarsi fondam ental­ m ente unitaria perché, com e scrive R iccardo Vattuone, « l ’hum us entro cui si form a e si sviluppa la form a storica è la m edesim a». A utori di opere sulla storia della Sicilia (Sikelikà) e d ell’Italia (Italikà) si innalzano sopra il piano della storia locale p er porsi al m e­ desim o livello degli storici di H ellenik à, vale a dire di una storia generale per il respiro d ell’arco cronologico e dei contenuti della narrazione, che escono dai confini della S icilia e della M agna G re­ cia p er abbracciare le coste del M editerraneo. Tra questi si ricor­ dano i nom i di Antioco e Filisto di Siracusa, Ippi di Reggio, T i­ meo di Taurom enio (odierna Taorm ina), dei quali non si può che rim piangere la p erd ita delle opere, note da testim onianze fram ­ m entarie e da citazioni di autori posteriori. L a storia locale si riferiva a città e regioni, era orientata verso in ­ teressi di tipo antiquario piuttosto che storico, trattando del culto, del m ito, delle antiche leggi sacrali, occupandosi della storia delle origini e delle geneaologie, descrivendo la geografia di un territo ­ rio e celebrando eroi locali, m itici o reali che fossero. Base delle inform azioni degli storici locali erano le tradizioni orali (m n èm a i) e scritte (gra p h à i ), queste ultim e p aragonabili a cronache p relette­ rarie, rep erib ili principalm ente negli archivi p ub b lici e dei san tua­ ri, che gli scrittori di storia locale ebbero cura di riprodurre e p u b ­ blicare. Essi stessi appartenevano a fam iglie sacerdotali che di g e ­ nerazione in generazione si trasm ettevano un sapere religioso e giuridico inaccessibile ai più, e che conferiva alla loro persona un profilo autorevole e prestigioso. I prim i antecedettero Erodoto e Tucidide, m a il periodo p iù fecondo della storia locale incom incia nel IV secolo, forse dopo che la perd ita d ella lib ertà politica e l ’in ­ gresso d elle città d ella G recia n el q u ad ro d e ll’am m in istrazione m acedone resero p iù acuto il tim ore di sm arrire la p ropria identità e sollecitarono il desiderio di conservare la m em oria delle proprie radici. 32

Particolarm ente ricco si rivela il filone ateniese com posto da un nutrito gruppo d i scrittori d i antiquaria e storia locale d ell’A ttica noti come A ttidografi (scrittori di A tthìs, cioè “storia d ell’A ttica”), tra i quali si ricordano E llanico di Lesbo, Androzione, Clidem o e Filocoro, lim itando la citazione ad alcuni dei nom i p iù rappresen­ tativi del genere. L a paróla p o litèia definisce l ’ordinam ento e la costituzione dello stato. G li scrittori di p o litè ia i posero come oggetto della loro in ­ dagine gli ordinam enti vigenti n ei diversi stati della G recia, ne de­ scrissero gli aspetti form ali e ne ricostruirono la storia. Scritti di p o litèia i sono attribuiti a Protagora, il sofista protagonista d ell omonim o dialogo platonico, a Ippodam o di M ileto, urbanista e teo­ rico del pensiero politico. In tale genere di produzione letteraria si distinsero A ristotele e i suoi discepoli. A d essi la tradizione poste­ riore attribuisce 158 scritti di p o litèia i, di cui rim ane pressoché in ­ tegra (m anca la parte iniziale) la C ostitu z ion e d e g li A ten iesi, ragio ­ nevolm ente opera di A ristotele, conosciuta da un papiro venuto alla lu ce alla fin e d el X IX secolo, m en tre d elle a ltre restan o o fram m enti o i soli titoli. In questo o rd in e di in teressi si in serisce la C o stitu z io n e d e g li S pa rtan i di Senofonte, n ella quale la descrizione degli istitu ti si unisce a chiari intenti apologetici e didascalici, per m ostrare 1 ec­ cellenza d ell’ordinam ento d i questa città e additarlo come esem ­ pio. L a C ostitu z ion e d e g li A ten iesi di autore sconosciuto, giunta fi­ no a noi nel Corpus delle opere senofontee, si presenta piuttosto com e un p a m p h let politico violentem ente ostile alla dem ocrazia ateniese.

2.1.4. F on ti letter a r ie co m p lem en ta ri P er la conoscenza della storia politica, sociale ed econom ica, oltre che p er il diritto, risultano di grande valore le notizie d educib ili da fonti in dirette che non si possono considerare storia, m a che forniscono inform azioni storiche. In questa d irezio n e si colloca l ’oratoria politica e giudiziaria ateniese. G li oratori d ell’età classi­ ca, L isia, D em ostene ed Eschine, Isocrate, per non citare che al­ cuni nomi, aprono una finestra sulla storia interna di Atene, la lot­ ta politica, la litigiosità degli A teniesi, in alcuni casi per proporre 33

Il mondo dei Greci

Dalla memoria alla storia. Le basi documentarie

un fram m ento di vita che ci allontana dai grandi avvenim enti d el­ la storia evenem enziale p er calarci nella m icrostoria che concorre a ricostruire la civiltà di u n ’epoca. L e orazioni di L isia rappresen­ tano una fonte p rim aria per gli eventi relativi al governo oligarch i­ co dei Trenta T iranni ad A tene e alla restaurazione dem ocratica del 403 a.C. I contrasti tra D em ostene ed Eschine portano alla lu ­ ce il tragico dilem m a posto d all’avvento di F ilippo II di M acedo­ nia in G recia: scegliere tra la difesa della libertà invocata da D e­ m ostene, alla quale l ’oratore dà voce veem ente nelle celebri F ilip­ p ich e, da un lato, e d all’altro il pragm atism o di Eschine, favorevo­ le a u n ’intesa p er salvare la città dalla guerra, nella certezza che si trattava di un confronto im pari. N ella sua scuola di retorica Iso­ crate educò a p arlare in pubblico u n ’intera generazione di uom ini politici ateniesi. O ltre a curare gli aspetti “tecn ici” (la tè c h n e rh eto rik è ) il retore si addentrò nei contenuti della riflessione politica, che form ulò per iscritto in num erose orazioni. Favorevole a una dem ocrazia m oderata e conservatrice, fu il teorico della p à tr io sp o litèia , vale a dire della costituzione degli antentati, nel senso di un ritorno alla dem ocrazia delle origini corrotta d agli uom ini p u b b li­ ci del suo tem po; n ell’orazione A reo p a gitico collega questo ritorno alla restaurazione d ell’autorità d ell’Areopago. P uò considerarsi il cam pione del panellenism o, tem a ispiratore di orazioni quali il P a­ n eg irico , il P a n a ten a ico , la P ace, il F ilippo. I richiam i a ll’unità dei G reci e gli inviti alla concordia tuttavia non possono essere v alu ­ tati disgiuntam ente da una visione ellenocentrica in chiave funzio­ nale all afferm azione della grecità sul barbaro, fornendo il retro­ terra ideologico p er legittim are ruoli egem onici e progetti di con­ quista. Un capitolo particolarm ente im portante è quello del genere d el­ la biografia. È possibile intravedere le tracce d ell’interesse a cono­ scere i grandi protagonisti della storia e a ricostruirne il profilo n el­ la letteratura del V e del IV secolo. M a l ’opera in tal senso più si­ gnificativa è costituita dalle Vite P a ra llele di Plutarco, la quale non è peraltro che una parte d e ll’im ponente produzione letteraria di questo autore, nato a Cheronea in Beozia nel 45 a.C. L a struttura d e ll’opera prevede la presentazione sinottica di un personaggio greco e uno rom ano, accoppiati secondo un criterio che tiene con­ to dei caratteri etici, dei destini personali e delle vicende storiche, 34

chiusa da un confronto critico. L a base di partenza presuppone al­ cune analogie nei profili dei protagonisti, che stabiliscono le affi­ nità e giustificano l ’abbinam ento, m a esam inate con l ’obiettivo di m ettere in luce le differenze e le specificità d ell’uno e d ell’altro. U n autore che si colloca a pieno titolo nel solco d ella storiogra­ fia greca è P ausania, anche se la sua opera non può considerarsi storica in senso stretto. Vissuto nel II secolo d.C ., forse originario d ell’A sia M inore, ha scritto la G uida (P er ie g e si) d ella G recia. I 9 lib ri ripercorrono l ’itinerario com piuto dall autore che, partendo da A tene e d all’A ttica, attraverso l ’istmo passa nel Peloponneso e poi nelle regioni della G recia centrale. N el suo viaggio non si lim i­ ta a descrivere il paesaggio naturale e urbano e i m onum enti che vede, m a si interroga sulla storia dei luoghi e delle opere d ’arte, m ostra un gusto specifico per i particolari e g li aneddoti eruditi, raccoglie tradizioni locali dei paesi che visita attingendole alle cro ­ nache locali o alla m em oria orale degli abitanti, si inform a consul­ tando do cum en ti conservati d a ll’ep ig rafia, legge le o pere d ella grande storiografia del passato. P ausania guarda una G recia con­ tem poranea im poverita e decaduta, m onum enti in rovina, città ab ­ bandonate, m a dalla sua narrazione riem erge, come in una sorta di ricostruzione virtuale, la G recia m agnifica e sontuosa del passato. L’opera di P ausania sfugge a ogni catalogazione di genere: ap p ar­ tiene alla letteratura di viaggio, m a è anche uno scritto di arte, cu l­ tura ed erudizione; la narrazione storica è preponderante, l ’atten­ zione a ll’am biente rivela sensibilità ecologica, la registrazione p un ­ tigliosa della m icrotoponim ia locale ne fa un testo utile per la to ­ pografia del territorio.

2.2. A ltre basi docum entarie

2.2.1. Iscrizioni, f o n t i p a p ir o lo g ich e e n u m ism a tich e L a p ietra e il m etallo (più raram ente) hanno fornito il supporto a un m essaggio scritto che si caratterizza per un suo proprio lin ­ guaggio e propri codici di com unicazione. L’iscrizione o epigrafe (dal greco e p ì e grà p h ein , “scrivere su ”) è attestata presso m olti popoli, m a è nel m ondo greco e in quello rom ano che si verifica 35

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Dalla memoria alla storia. Le basi documentarie

quella “esplosione” di m ateriale epigrafico che ha fatto p arlare di civiltà dell epigrafia . In epoche in cui l ’opinione p ubblica non disponeva di m ezzi p er la circolazio ne delle notizie, le ep igrafi potero n o fu n zio n are com e strum en to d e lla co m u n icazio n e di m assa. Il m essaggio scritto si prestava a essere raggiunto dal m ag­ gior num ero di utenti. E ra iscritto su m ateriale non d ep erib ile, adatto a essere esposto in pubblico e p er lungo tem po, in luogo accuratam ente scelto p er consentirne la m assim a visibilità, red at­ to in linguaggio sem plice ed essenziale, quasi uno slogan, per cap ­ tare l ’attenzione del passante, anche di quello distratto o di c u l­ tura m odesta. Q ueste considerazioni valgono soprattutto per le epigrafi u tiliz­ zate per l ’inform azione ufficiale: leggi, decreti, trattati e così via. Inoltre questi docum enti rivelano la loro im portanza di fonte sto­ rica per le conoscenze che conservano p er tutto un settore della vita p ub b lica di una polis e delle relazioni interstatali altrim enti sconosciuto. Forniscono inform azioni supplem entari sul lin gu ag­ gio ufficiale d e ll’am m inistrazione p ubblica con i suoi form ulari, il suo vocabolario. L epigrafia ha avuto un largo im piego nella sfera religiosa e nel privato, per gli scopi più vari, riflettendo la vita degli individui n el­ la loro quotidianità: abitudini, m odi di pensare, il sistem a delle re­ lazioni affettive in seno alla fam iglia e nel rapporto tra i vivi e i m orti, il sacro e il profano, il m ondo della cultura, che veniam o a conoscere dai luo gh i di fruizione del sapere e d alle loro regole. U na classificazione per tipologia, lim itata ai generi docum entati con m aggior abbondanza, perm ette di distinguere: iscrizioni sacre, onorarie, com m em orative, dedicatorie, funerarie (o epitaffi), in ­ vettive, le quali però non sono che una parte di una produzione estrem am ente variegata. Il valore d ell’epigrafia come fonte storica è incom m ensurabile perché essa offre la testim onianza diretta di una docum entazione p rim aria. R iguard a la storia ufficiale della polis, intrecciandosi con la grande storia evenem enziale, ma è in p artico lare in relazione alla storia della m entalità e del costum e che fornisce una docum entazione pressoché unica. Il papiro, ottenuto dalla lavorazione d ell’omonim a pianta che r i­ copriva in abbondanza le sponde del N ilo, costituì un supporto scrittorio di largo im piego in tutta l ’antichità entro e al di fuori 36

Parte superiore d i u n ’iscrizione su una stele di marmo (222/21 a.C.); registra la con­ segna d ei pesi e delle misure ufficiali da parte degli ispettori (metronomo!) uscenti a q uelli che subentrano nella carica. Atene, M useo d ell’Agorà.

d ell’Egitto, dove fu inventato e utilizzato a partire d all’età dei fa­ raoni. In tutta l ’età greco-rom ana fu destinato alla conservazione di due tipi di m ateriale: letterario e docum entario. P er il prim o ca­ so, a titolo esem plificativo, ricordiam o che fu il supporto principe per tutta q u ell’attività di trascrizione e conservazione della lettera­ tura classica cui diede vita la B iblioteca di A lessandria, per il se­ condo rim ane l ’abbondantissim a docum entazione di testi d ell’am ­ m inistrazione pubblica e della vita privata provenienti dall Egitto greco-rom ano. N el II secolo a.C. venne introdotto un nuovo genere di suppor­ to scrittorio ricavato dalla conciatura delle pelli di anim ali (pecore, capre, vitelli), che dalla località dove fu inventato (Pergam o) p re­ se il nome di pergam ena. L a pergam ena era trattata fino a ottene­ re fogli sottili, che cuciti insiem e form avano il codice, il supporto scrittorio principale in tutta l ’età m edievale. 37

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L a num ism atica fornisce una serie di inform azioni fondam enta­ li per approfondire la conoscenza d ell’econom ia e della finanza. Attraverso la diffusione delle m onete risulta possibile ricostruire i percorsi dei traffici m ercantili, fornendo risposte a problem i rela­ tivi a ll’entità del com m ercio e al genere dei prodotti im portati ed esportati, o al rapporto tra iniziativa privata e intervento pubblico. I tipi m onetali riflettono inoltre l ’ideologia ufficiale e i mezzi posti in atto per la sua divulgazione. P roblem i specifici richiederebbero di inoltrarsi in questioni tecniche che non è il caso di approfondi­ re in questa sede; rim ane la certezza che le risposte offerte dagli specialisti si inseriscono in un discorso più am pio che è quello d el­ la storia e della civiltà. 2.2.2. A rch eologia e f o n t i ico n o g r a fich e II terreno conserva fram m enti di m em oria storica che riguardano i luoghi che un popolo o un gruppo um ano scelsero p er abitare, le tracce biologiche della loro presenza, i m ateriali utilizzati per la costruzione delle loro dim ore e le tecniche im piegate, i tem pli che innalzarono ai loro dèi, i m anufatti di uso quotidiano, gli abiti che indossavano. Tutti questi elem enti costituiscono le fonti m ateriali di una civiltà, accanto alle fonti letterarie ed epigrafiche. Le tec­ nologie attuali, sem pre p iù sofisticate, per la ricognizione del suo­ lo hanno allargato il cam po dei dati a nostra disposizione e fanno sì che l ’archeologia interagisca in m aniera sem pre più stretta con le altre fonti per consentire progressi nella conoscenza storica. Si im pone una lettu ra nel com plesso a largo raggio delle eviden­ ze archeologiche, che tenga conto non solo d ell’artefatto di alto valore qualitativo, m a anche dei dati quantitativi dai quali ricavare inform azioni sui m odi di vita, gli strum enti di lavoro e di uso do­ m estico, tenendo presente che quanto p iù il m ateriale è abbon­ dante e vario, tanto più aum entano le coordinate per ricostruire la cultura m ateriale di una civiltà. L a stessa qualità artistica degli og­ getti di pregio è m eglio valorizzata se analizzata nel suo contesto socio-storico. G li edifici sacri e profani che costituiscono il paesaggio m onum entale di una città o di un luogo devono essere con­ siderati entro un discorso nel quale la storia d ell’arte sappia inte-

Gli scavi ancora in corso a Messene, nel Peloponneso, mostrano i progressi che si possono ottenere nella conoscenza storica quando l’archeologia interagisce con la tradizione letteraria. La città di Mes­ sene fu fondata nel 369 a.C. in concomitanza con la costituzione dello stato della Messenia, dopo che la popolazione con l’aiuto di Epaminonda riuscì a porre fine alla dominazione spartana e a libe­ rarsi dallo statuto di iloti a cui era stata ridotta a seguito delle guer­ re messeniche dei secoli V ili e VII, conclusesi con la vittoria di Sparta. È conosciuta dalla descrizione di Pausania (nel libro IV del­ la Guida della G recia ) e dai resti monumentali, le mura e gli edifici portati alla luce nel corso degli scavi sul sito dell’antica città, inco­ minciati alla fine del XIX secolo da Themistoklìs Sophoulis e dal 1987 interessati da un intenso programma promosso dalla Società Archeologica di Atene sotto la guida di Petros Themelis. Messene sorse sulle pendici del monte Itome, che offriva alla città una sorta di possente baluardo naturale, e luogo carico di sugge­ stione perché qui si era consumata la rivoluzione del 464 a.C., quan­ do, approfittando di un terremoto catastrofico che aveva colpito Sparta, i Messeni si ribellarono e tentarono vanamente di riconqui­ stare la loro libertà. Asserragliati sul monte resistettero per più anni all’assedio degli Spartani prima di essere costretti alla capitolazione. Le mura, impressionanti nelle loro dimensioni che avevano suscita­ to lo stupore di Pausania, correvano per 9,5 km e furono intera­ mente costruite con l’impiego di enormi blocchi rettangolari di cal­ care ricavato dal massiccio roccioso dell’Itome.

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1. Tempio clorico - 2. Altare - 3. Ekklesiastèrion - 4. B ouleutèrion

Alla fine del III secolo a.C. risale un programma edilizio urbano di ampio respiro, nel quale si colloca la costruzione ά ύ Υ Asklepièion, cuore della vita pubblica della città: un vasto spazio quadrangolare (71,91x66,97 metri) chiuso da quattro portici ornati da colonne co­ rinzie, con l’imponente tempio dorico in posizione centrale e anti­ stante l’altare, intorno al quale si articolava un complesso di edifici dalla chiara funzione politica, come il bouleutèrion e Γèkklesiastènon. La descrizione di Pausania configura ΓAsklepièion come una sorta di museo di opere d’arte per il gran numero di statue - e di al­ to pregio artistico - che Tornavano, notizia del resto ampiamente confermata dalla quantità e dalla qualità dei ritrovamenti, nonché per le sontuose pitture parietali dell’opistodomo del tempio che Pausania vide, ma oggi andate perdute. Per quanto riguarda Ascle­ pio, l’opinione più accreditata ritiene che a Messene non avesse il ca­ rattere di divinità terapeutica, quanto piuttosto di figura politica, che Pausania colloca nell’albero genealogico dei mitici re di Messene.

del corpo del defunto, inum azione o crem azione, costituiscono al­ trettanti elem enti che la ricognizione sul territorio m ette a dispo­ sizione e che, soprattutto in relazione a epoche e/o luoghi p er i quali la docum entazione letteraria è scarsa o assente, gettano q u al­ che luce sul sistem a di vita di un gruppo um ano o di un popolo. D el passato si è conservata una quantità relativam ente cospicua di im m agini, com prendendo in questa definizione ogni rap p re­ sentazione figurata, sia che si tratti di im m agini scolpite, statue, bassorilievi, dipinti, sia di artefatti del tipo più diverso. Il loro uso più elem entare come fonte storica riguarda la capacità di offrire una rappresentazione diretta della realtà. Le decorazioni della ce­ ram ica, per esem pio, fanno conoscere la moda e i gusti di u n ’ep o ­ ca attraverso la foggia degli abiti e delle acconciature delle figure um ane che vi appaiono, nonché gli oggetti di uso quotidiano, ma non si può separare il dato visivo dalla consapevolezza che in linea di m assim a - soprattutto per la ceram ica potoria di età arcaica - a essere riproposta è l ’im m agine dei ceti sociali superiori, rap p re­ sentati nei m om enti di vita e negli am bienti a loro più consoni, quali il banchetto, la caccia, la guerra, le gare atletiche, il gineceo. P er restituire la corretta visibilità alTimmagine, in questo caso oc­ corre ancorarla ai gusti di una società o di una com m ittenza isp i­ rata dallo stile di vita delle élites.

ragire con la storia p olitica e l ’ideologia, e che v aluti l ’intreccio spesso illum inante tra aspirazioni artistiche e strategie di potere. A nche le differenze nelle pratiche funerarie segnalate dalle se­ polture, individuali o collettive, e dalle m odalità nel trattam ento

Personaggi a banchetto; da un cratere corinzio (VII sec. a.C.). Parigi, Musée du Louvre.

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l ’esecutore artistico. In alcune circostanze si rivela tutta l ’utilità di un discorso com plem entare tra monumento ed epigrafia. Relativa­ m ente al Partenone e all’Eretteo d ell’acropoli e al tem pio di A scle­ pio a Epidauro si sono conservati i rendiconti dei lavori che forni­ scono i riscontri econom ico-finanziario d ell’opera con i costi del m ateriale im piegato, sociale con la menzione della m anodopera im ­ pegnata, e anche artistico, perché insiem e ai costi indicano il tipo di m ateriale per le decorazioni, dandoci un’idea della sontuosità della com ponente decorativa originaria che nel tem po è andata persa.

B ibliografia

Lo storico può collegare cam biam enti nelle form e artistiche a m u­ tam enti nella sfera del sociale o in conseguenza di program m i po ­ litici. Lo stile geom etrico riflette i gusti più sem plificati degli ab i­ tanti della G recia che subentrano alla società m icenea, m a ne m o­ strano anche le acquisizioni nel cam po della tecnologia, come il com passo a pettine che perm ette di disegnare cerchi regolari. Gli edifici dell’acropoli di Atene, sui quali avremo occasione di ri­ tornare nei capitoli successivi, esprimono il progetto monumentale tanto di Pericle che ne fu l ’ideatore politico che di F idia che ne fu

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Il mondo dei Greci

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3. La storia

G li antichi storici greci si interrogarono sul significato della storia e il com pito degli storici. Erodoto afferm ava di voler im pedire che la m em oria degli even­ ti um ani andasse perduta nel corso del tem po e che le im prese m e­ ravigliose com piute da G reci e barbari restassero senza fama: Questa è l’esposizione delle ricerche di Erodoto di Alicarnasso, perché gli eventi umani non svaniscano con il tempo e imprese grandi e mera­ vigliose, compiute sia dai Greci e sia dai barbari, non restino senza fa­ ma. (Erodoto, I 1) Senofonte rivendicava la p ari dignità alla m em oria delle grandi e delle piccole città: Infatti, delle grandi città, se fecero qualche cosa di bello, tutti gli stori­ ci se ne ricordano; a mio parere, se una città, pur essendo piccola, ha compiuto molte e belle azioni, è ancora più giusto divulgarle. (Se­ nofonte, VII 2,1) E ra alta la coscienza dei rapporti tra storia e verità. L a verità si co­ niugava con il criterio d e llu tile perché la storia ha un com pito, quello di fissare la m em oria degli eventi come una conoscenza d e­ finitiva. P er questo stesso m otivo la narrazione storica doveva d e­ finirsi in rapporto alla tradizione orale, che per sua stessa natura lasciava spazio aU’im m aginazione, a ll’invenzione e a ll’oblio. L a ri­ cerca della verità non poteva che essere indagine e speculazione in risposta al fantastico del m ito e del racconto orale: Tali dunque si sono presentati alle mie ricerche gli antichi avvenimenti, ma sono tali da rendere difficile il prestar fede a un qualunque indizio

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La storia

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su di loro, così come viene. Giacché gli uomini accettano ugualmente senza sottoporle a prova le tradizioni orali degli avvenimenti preceden­ ti, anche se essi riguardano avvenimenti del loro paese. [...] Così poco faticosa è per i più la ricerca della verità, e a tal punto i più si volgono di preferenza verso ciò che è a portata di mano. (Tucidide, I 20, 1, 3) Luciano, autore greco della fine del II secolo d.C. di uno scritto C om e si d e v e s c r iv e r e la sto ria , polem izzava con coloro che riten e­ vano facile scrivere la storia: La storia non è uno di quei compiti che si possono intraprendere sen­ za sforzo e con leggerezza, ma è al contrario qualche cosa che richiede ampio possesso di pensiero. [...] La storia ha una missione e un fine, l’utile, e questo è dato solo dalla verità. (Luciano, C om e si d eve scrive­ re la storia 5, 9) Lo scrittore tracciava q uin di il profilo etico e in tellettu ale dello storico: senza timore, incorruttibile, libero, amico della libertà di espressione e della verità, [...] non concedendo nulla all’odio o aU’amicizia, senza mostrare né indulgenza, né vergogna, né ossequio; come un giudice imparziale ben disposto verso tutti gli uomini, [...] non credendo al­ l ’opinione, ma basandosi sui fatti. (Ivi, 41)

3.1. C iviltà m inoica e m icenea

3.1.1. La C reta d i M in osse ^Tucidide apre la sua rassegna delle potenze m arittim e del passato con la talassocrazia di M inosse, signore di Creta. Secondo la m e­ m oria dello storico, M inosse da C reta estese la sua suprem azia sul­ le isole C icladi, attuando un intenso program m a di colonizzazione e sottoponendo i centri insulari a un regim e tributario, e svolse un efficace ruolo p er la sicurezza della navigazione elim inando o ri­ ducendo la pirateria. Q uesto passaggio tucidideo rappresenta l ’u ­ nica testim onianza scritta del prim ato m arittim o di C reta nel suo remoto p assato i che si aggiunge a una citazione di O m ero che ri­ 46

corda la «fertile e b ella [ . . . ] isola d alle novanta c ittà » {O dissea X IX ). I resti m ateriali forniti d all’architettura fanno conoscere una civiltà o pulenta e raffinata fio rita su ll’isola tra il 2800 e il 1400 a.C ., com patibile con il livello di potenza di cui p arla T ucidide e con il paesaggio urbano om erico, per definire la quale è utilizzato il nom e del m itico re M inosse (ma forse la parola non è altro che un titolo equiv alen te a “sign o re”). L’organizzazione p o litica ed econom ica im perniata intorno al palazzo del signore autorizza a p arlare di civiltà palaziale. Il palazzo più grande, tra quanti sono venuti alla luce, è quello scavato a Cnosso, m a si segnalano anche i palazzi di Festo, M allia, G urnià. Nel palazzo di Cnosso, la stanza che con qualche anacronism o potrem m o definire sala del trono, i lo cali ad ib iti al culto, gli archivi per la conservazione dei d o cu ­ m enti della cancelleria, gli am pi spazi destinati a ll’im m agazzinam ento delle derrate alim entari configurano l ’edificio come centro del potere politico, religioso, econom ico, oltre che dim ora del si­ gnore che si collocava al vertice d ell’intero sistem a. Il com plesso palaziale non era circondato da m ura, m ostrando perciò un siste­ m a di potere che non si sentiva m inacciato da pericoli esterni. L a scrittura era conosciuta, la cosiddetta “L ineare A ”, a tu tt’oggi indecifrata e usata in prevalenza a scopi am m inistrativi e nella contabilità, come, per esem pio, nei sigilli per contrassegnare og­ getti e beni. L a prosperità di C reta proveniva dallo sfruttam ento di risorse fornite dalla produzione e dalla trasform azione di m ate­ rie prim e, come i tessuti di lana e la fabbricazione di m anufatti che attestano raffinate capacità artistiche e avanzate conoscenze tec­ nologiche. L a m itica figura di D edalo, ricordato com e architetto del L abirinto nei sotterranei del palazzo di Cnosso, e come arti­ giano e artista d i altissim o livello, sta a testim oniare l ’eccellenza raggiunta in tutti i cam pi d alla civiltà m inoica. Ciò che resta degli affreschi p arietali dei palazzi denota, oltre all’opulenza e alla raffi­ natezza del signore, una capacità artistica elevatissim a. Il com mercio portò i C retesi lungo tutte le rotte del M ed iterra­ neo orientale: erano conosciuti anche dagli E gizi con il nom e di Keftiù. Esercitarono un vero e proprio dominio m arittim o, politico e m ilitare tram ite la riscossione di trib uti dai centri insulari e co­ stieri, la repressione della pirateria, e diffondendo in altre località, come le isole C icladi, il loro stile di vita e il loro gusto artistico. 47

Il mondo dei Greci

La storia

I C retesi non erano greci, appartenevano piuttosto a quel crogiuo­ lo di popoli che abitarono i centri insulari e costieri del M ed iter­ raneo nei prim i m illenni della storia, m a dopo barrivo dei G reci su ll’isola intorno al 1450 a.C. la loro civiltà fu inglobata nel m on­ do culturale greco. G li stessi m iti dei G reci rielaborarono questa continuità facendo di M inosse il figlio di Zeus, il dio suprem o del pantheon greco, e

Nel 1600 a.C. il vulcano dell’isola di Thera (Santorini) esplose, fa­ cendo sprofondare nel mare gran parte dell’isola che da allora as­ sunse la caratteristica forma a mezzaluna, e ricoprendo di una spes­ sa coltre di cenere e pomice dell’altezza di molti metri la parte che restava. Gli scavi intrapresi dall’archeologo Spyridon Marinatos nel 1967 in località Akrotiri riportarono alla luce i resti di un’intera città. Non furono trovati cadaveri e questo particolare induce a ritenere che, a differenza che a Pompei, gli abitanti ebbero il tempo di met­ tersi in salvo abbandonando risola, anche con il loro bestiame e i be­ ni più preziosi. I resti delle abitazioni permisero di ricostruire il pro­ filo di una società agiata, residente in case dotate di soluzioni tecno­ logicamente avanzate negli impianti idrici e igienici, e abbellite da af­ freschi parietali di altissima qualità artistica. I soggetti di questi di­ pinti sono i più vari: decorazioni floreali attestanti l ’estro e la fantasia dell’artista - non sappiamo se e quanto in risposta a richieste del committente - scene di vita quotidiana, nelle quali appaiono i perso­ naggi più diversi (guerrieri armati, ma anche un pescatore che regge nelle mani mazzi di pesce, un pastore...), una ricca sfilata di figure femminili colte in momenti delle loro incombenze quotidiane, come attingere acqua al pozzo, e ancora scene del paesaggio urbano, con il porto davanti al quale alcune imbarcazioni si accingono a salpare con gli uomini ordinatamente disposti ai remi.

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La religione dei Cretesi si manifestò nel culto della Madre Terra, co­ me testimonia una statuetta ritrovata nel palazzo di Cnosso che ri­ produce una figura femminile che tiene due serpenti nelle mani e un gatto sulla testa; nella natura vegetale e animale veniva riconosciuta la manifestazione di forze soprannaturali. Animale sacro e oggetto di culto era il toro, sia in quanto simbolo positivo della rigenerazione e della riproduzione nel ciclo della vita, sia perché espressione pauro­ sa di una potenza sovrumana, destinataria di rituali magico-religiosi. I volteggi sulla groppa del toro, mentre l’animale si slancia contro il giovane che lo affronta, nonché i due piccoli pugili immortalati nel­ l ’affresco proveniente da Thera fanno pensare a esibizioni sportive e agonali allo scopo di placare le conseguenze della sua furia selvaggia. Al toro si ricollega la figura mostruosa del Minotauro, metà uomo e metà toro, rinchiuso nel Labirinto. Uno dei numerosi ambienti del palazzo di Cnosso presenta strutture che portano a identificarlo co­ me teatro. Complessivamente alcuni aspetti della civiltà cretese pre­ figurano pratiche e luoghi che troveranno la cornice istituzionale nella polis della Grecia.

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T ucidide, che scriveva nella seconda m età del V secolo, riteneva di porre la talassocrazia di M inosse com e prim o esem pio del p ri­ m ato greco nel M editerraneo.

3 .1 .2 .1 M icen ei L a civiltà m inoica scom parve verso il 1450 a.C. p er cause scono­ sciute, verosim ilm ente a seguito di crisi interne, senza escludere l ’ipotesi delle conseguenze di cataclism i naturali, com e lo tsunam i originato d all’eruzione vulcanica che nel 1600 inabissò gran parte d ell’isola di T hera (Santorini). In questo m edesim o arco di tem ­ po, i M icenei giunti dalla G recia continentale si installarono su ll’i ­ sola, conquistarono Cnosso e subentrarono ai C retesi nel control­ lo del M editerraneo orientale. N ei docum enti egizi scom paiono i Keftiù e fanno la loro com parsa gli abitanti «d e lle isole del grande v erd e», i M icenei appunto. L a civiltà m icenea deriva il suo nom e da M icene, il centro p rin ­ cipale in cui fiorì, anche se sono più di cinquecento le località nel-

Pilo. Mègaron d el palazzo d i Nestore; a l centro il vasto focolare.

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le qu ali si individuano tracce di insediam enti m icenei (in A rgolide oltre a M icene Tirinto, Pilo in M essenia, Atene, Tebe e G ià in B eo­ zia, Iolco in Tessaglia, per lim itarci ad alcuni dei nom i più in d ica­ tivi). Il palazzo del signore fu il centro del potere politico, m ilitare, econom ico e religioso, m a si distingue dal palazzo cretese perché si presen ta com e una roccaforte, collocata in posizione elevata (acropoli) e racchiusa entro una cinta m uraria, espressione di una società m ilitarizzata che fa della guerra uno dei m om enti decisivi della sua esistenza. L a società appare stratificata secondo un ordine gerarchico che d al vertice occupato dal w ànax, titolare della regalità, scende al la w a g èta s , com andante m ilitare che esercita la sua autorità su una aristocrazia di guerrieri, e alla fascia com posta da u n ’élite di d i­ gnitari e sacerdoti, fino alla base della piram ide sociale dove si co l­ loca la massa dei lavoratori liberi, contadini, fabbri, artigiani, p a ­ stori e così via, che nel loro insiem e form ano il d à m os, m a sono a r­ ticolati in gerarchie sociali interne che prevedono artigiani di ran ­ go più elevato, come i fabbricanti di arm i e gli artigiani specializ­ zati nella lavorazione del bronzo. L’econom ia appare regolata dal palazzo che funziona da collettore e centro di ridistribuzione dei beni prodotti, a ll’interno di un com plicato sistem a di dipendenza dei rapporti econom ici che vincolavano le differenti categorie di lavoratori al palazzo reale. I M icenei furono un popolo di m ercanti e navigatori. Solcarono il m ar M editerraneo sostituendosi ai C retesi a oriente e allargaro ­ no le loro rotte a occidente verso le coste del m ar Ionio, del basso Tirreno, della Sardegna e della penisola Iberica. D ettero vita a em ­ pori che costituirono in non pochi casi l ’antecedente di fondazio­ n i coloniali d ell’età arcaica. L’am m inistrazione altam ente centralizzata del palazzo esigeva un rigoroso controllo di tutti i settori della vita com unitaria, e a questo scopo la scrittura costituì uno strum ento indispensabile. I testi scritti conservatisi, in cisi su tavolette d ’a rg illa, consistono esclusivam ente in docum enti della cancelleria, elenchi dei trib uti versati e della ripartizione delle prestazioni lavorative, delle quote riservate alle differenti categorie di dignitari e sacerdoti. Si tratta di una scrittura sillabica com posta da 87 segni, il “L ineare B ”, d e­ 51

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cifrata nel 1952 da due studiosi inglesi, M ichael Ventris e John C hadw ick, ed è una lingua protogreca.

3.1.3. La gu erra d i Troia L a più nota delle im prese m ilitari in cui i M icenei risultano essere stati im pegnati è la guerra decennale contro Troia (la fiorente città situata sulle coste d ell’A natolia, in posizione strategica per il con-

Scavando a Micene nel 1876, Heinrich Schliemann, divenuto cele­ bre come scopritore di Troia, rinvenne un complesso di tombe a fos­ sa eccezionali per la ricchezza dei tesori seppelliti insieme ai defunti (circa 14 chilogrammi di oro in oggetti e monili di fattura pregevole). Tra queste ritenne di avere individuato la tomba di Agamennone per la particolare sontuosità del corredo, a partire dalla maschera d’oro che ricopriva il volto del defunto, che oggi si lascia ammirare al M u­ seo Archeologico Nazionale di Atene. Ulteriori studi hanno dimo­ strato che le tombe appartengono a un’età più antica (XVI secolo) ri­ spetto all’epoca di Agamennone (XIII secolo), ma offrono tuttavia la testimonianza incontestabile della magnificenza della regalità mi­ cenea e dell’autorità del suo wànax, esponente di gruppi dirigenti che amarono autorappresentarsi con caratteri guerrieri e l ’ostenta­ zione di grande ricchezza.

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trollo delle rotte del M ar N ero), com battuta verso la m età del XIII secolo sotto la guid a di Agam ennone, w ànax di M icene e com an­ dante suprem o della spedizione m ilitare. Q uesto conflitto fo rn i­ sce il retroterra storico a ll ’Ilia d e (Ilio è nome alternativo di Troia) di Omero. Il re e gli eroi che si recano al campo di b attaglia sui lo ­ ro cocchi, splendidi nelle arm ature d ’oro e di bronzo, che si scam ­ b iano doni p er stringere rap p o rti di am icizia o stip u lare legam i m atrim oniali, che si intrattengono in banchetti e sim posi sontuosi, in una certa m isura riflettono m odelli riconducibili al m ondo m i­ ceneo. A lla loro m orte venivano seppelliti in grandi tom be m onu­ m entali, situate entro o fuori delle m ura, insiem e alle loro arm atu­ re e ad un ricco corredo funerario. Sintom i del declino del m ondo m iceneo sono in parte ravvisabi­ li nelle vicende stesse della guerra di Troia, che si colloca cronolo­ gicam ente in anni non di m olto precedenti al crollo definitivo in ­ torno al 1200 a.C. L a stessa durata decennale del conflitto d enun­ cia una vittoria faticosa senza conseguenze: non cam biam enti di potere nella ricca città anatolica e neppure l ’insediarsi di una p re ­ senza m icenea nella regione. Il ritorno degli eroi non ebbe n ulla di trionfale, in m olti casi al contrario fu costellato da lutti, dram m i fam iliari, perigliosi e lunghi viaggi di ritorno, conflitti di potere. B asti pensare ad A gam ennone, ucciso nella congiura di palazzo ordita dalla stessa consorte C litennestra, o al travagliato ritorno di O disseo dopo dieci anni, l ’unico conosciuto nei dettagli grazie a O m ero, m a al quale si possono aggiungere tradizioni fram m enta­ rie relativ e ad altri eroi tro ian i che ebbero sorte analoga com e D iom ede. Intorno al 1200 il m ondo m iceneo crollò in m odo tanto rapido quanto radicale. L e tracce di incen di nei palazzi di M icene, P ilo e C nosso sono in d icato ri d i eventi trau m atici, p er i q u ali non si possono che proporre interpretazioni ipotetiche in m ancanza di conoscenze dirette. C onseguenze di invasioni esterne aggressive e d istru ttiv e da p arte di popolazioni provenienti da settentrione, oppure opera di quei P opoli del m are che in varie fasi sem inaro­ no il terrore sulle sponde del M editerraneo del II m illennio p e ­ n etran d o in E gitto, d istru ggen d o C ipro e po rtan do al collasso l ’im pero degli H ittiti. M a anche lotte intestine tra i signori locali o nei singoli centri a seguito delle rivendicazioni di un ceto a ri­ 53

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stocratico che contestava la regalità, com e sem brerebbe del resto adom brato d alle vicende dei P roci n e ll’isola di Itaca, situazioni che in certa m isura prefigurano il quadro sociale e politico della D ark A ge dei secoli successivi. C onflitti di potere forse favoriti da rivolte del d è m o s contro i signori dei palazzi e da collegare a con­ dizioni di carestia e siccità in conseguenza di m utam enti clim ati­ ci che com prom isero l ’econom ia rurale. U n insiem e di fattori che p ro b ab ilm en te non si escludo n o a v icen d a e che tu tti in siem e portarono alla fine.

3.2. D ark A ge e arcaism o: l ’età d ell’esperim ento

3.2.1. D ark A ge o “età b u ia ” Con il m ondo m iceneo scom parve la fiorente civiltà che lo aveva caratterizzato. Il periodo che seguì tra X II e IX secolo è conven­ zionalm ente definito Dark A ge o “età b u ia ” p er com unicare l ’im ­ m agine di un periodo di profonda recessione, segnato da im pove­ rim ento sociale, isolam ento econom ico e culturale, anche se i dati più recenti inducono a sfum are questa rappresentazione, alm eno per alcune regioni come l ’A ttica e l ’Eubea, dove, sia pure in m a­ n iera ridotta, i contatti e g li scam bi oltrem are non si erano m ai com pletam ente interrotti. I palazzi fortificati e le acropoli vennero abbandonati, m entre la popolazione viveva in dim ore sem plificate e dispersa in villaggi. L a scrittura scom parve. G li stessi cam biam enti nelle pratiche d el­ la sepoltura segnalano una nuova fase storica. L a crem azione so­ stituì la tum ulazione e le tom be non avevano più n ulla a che fare con la com plessa architettura funeraria m icenea. Si estesero le te r­ re incolte a scapito d ell’agricoltura, si privilegiarono coltivazioni spontanee che richiedevano un m inim o im piego di m anodopera come l ’olivo, si increm entò il pascolo, nel quadro di un’econom ia di sussistenza che m odificava le ab itudin i di vita e la dieta alim en­ tare. Il prevalere di u n ’econom ia pascoliva largam ente basata su l­ la transum anza ebbe riflessi nelle form e di occupazione del suolo, costituite in larga m isura da insediam enti abitati saltuariam ente, e fece prevalere una dieta carnea. I dati faunistici forniti da alcune 54

lo calità sem brerebbero conferm are questo cam biam ento a favore di u n ’alim entazione che g li sp ecialisti ritengono n el com plesso m eno equilibrata rispetto a una dieta fondata sui prodotti agrico­ li, e possibile fattore di alterazioni nei tassi di riproduzione, co rre­ sponsabile del calo dem ografico nella G recia di questi secoli in ­ siem e a ricorrenti carestie e ad una siccità endem ica. Si verificò una contrazione sensibile degli scam bi e delle im portazioni, m en­ tre i m anufatti erano prodotti localm ente. È il periodo di quella m obilità sociale che determ ina i cam bia­ m enti negli assetti sociali nelle diverse regioni della G recia segna­ lati nel prim o capitolo, tra cui l ’arrivo dei D ori da settentrione. Sem bra disgregarsi anche l’unità culturale che aveva caratterizzato la civiltà m icenea, m entre i singoli centri andavano acquistando specificità autonom e. A questa epoca risale la diversificazione lin ­ guistica risultante dalla form azione di dialetti parlati nelle diverse regioni della G recia e che portò a distinguere quattro grandi g ru p ­ pi: dorico, ionico-attico, eolico, arcado-ciprio. In questo panoram a di recessione generale si segnala u n ’im por­ tante novità: l ’introduzione del ferro n ell’XI secolo, accom pagna­ ta dallo sviluppo delle tecnologie connesse alla sua lavorazione.

3.2.2. A rcaism o, p o le o g e n e s i e sa n tu a ri A p artire dal IX secolo si registra u n ’inversione di tendenza per una serie di fattori tra loro concatenati: il ritorno a u n ’econom ia agraria, la ripresa dei traffici m ercantili, un m aggior benessere dif­ fuso e la crescita dem ografica. Ricom parve la scrittura, che adottò com e base l ’alfabeto fenicio, segno in d iscu tib ile, anche questo, della riapertura dei contatti com m erciali con popolazioni esterne alla G recia. N ella frantum azione sociale e politica seguita alla fine d el m ondo m iceneo, len tam en te in com inciarono a farsi strad a nuove forme di convivenza civile e di articolazione del potere, da cui si avviò il processo di form azione della polis. Q uesto potè d ir­ si concluso nelle sue linee essenziali alla fine d ell’età arcaica, seb ­ bene in alcune regioni la sua realizzazione si spostò m olto p iù in là n el tem po per q u elle sfasature nei processi di sviluppo che, so­ prattutto nella parte centro-settentrionale della G recia, pro lun ga­ rono condizioni sociali e politiche di arcaism o. N ella tarda età ar55

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O ggetti ap p arten en ti a l ricco corredo fu n era rio della tomba a cremazione d i una donna di alto rango, scavata n e ll’agorà d i A te n e . D e c o ra z io n e con m o tiv i g e o m e tric i (m età d e l IX secolo a.C. ca.). Tra g li oggetti un m anufatto c o s titu ito da un b a sam en to s u l q u a le p o g g ian o cin q u e c o n te n ito ri a fo r m a conica, che riproducono quella d i reci­ p ien ti p er i l grano. Può essere utilizzato come in ­ dicatore d e ll’increm ento della produzione cerealicola in que­ sto periodo, e contestualm en­ te come testim onianza d e ll’o r­ goglio della defunta o d ei suoi fa m ilia r i d i c o llo c a rs i n e lla classe d ell’alta aristocrazia ter­ riera.

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caica la diffusione della polis risultava concentrata nelle aree co­ stiere della G recia m eridionale e nelle isole. L a G recia dei secoli IX-VI fu in realtà un laboratorio di espe­ rienze a largo raggio, che aggregò intorno alla genesi della polis un ventaglio di acquisizioni nei cam pi della cultura, d e ll’arte, della poesia e del pensiero. “Età della sperim entazione” com e è stata definita, nella quale la polis fu il fulcro, secondo le parole di A n­ tony Snodgrass, di una rivoluzione strutturale: stab iliv a le b asi econom iche della società greca e il suo profilo sociale nelle linee essenziali, disegnava la m appa politica della G recia destinata a d u ­ rare nei secoli e la form a di governo secondo la quale i G reci o rd i­ navano la loro esistenza com unitaria. Il ritorno a u n ’econom ia agraria favorì l ’aum ento num erico e la crescita in grandezza di in ­ sediam enti stabili, prom uovendo una catena di attività indotte n el­ la sfera artigianale e degli scam bi, sicché al problem a della soprav­ vivenza del gruppo si affiancò un com plesso più articolato di n e­ cessità che richiedeva di organizzare la vita com unitaria su basi m utate. Tuttavia l ’accelerazione d ell’VIII secolo non si potrebbe spiegare se ai m utam enti nel sociale e n ell’econom ico non si ag ­ giungesse il ruolo dei centri di culto locali e regionali nel prom uo­ vere processi di aggregazione intorno al tem pio di una divinità che gli abitanti avevano scelto com e loro protettrice, che si ergeva al centro della città, sull’acropoli, dove nel passato incom beva il p a ­ lazzo del signore m iceneo. L a condivisione del culto ebbe un ruo ­ lo non secondario nella costruzione d ell’identità civica. Basti p en ­ sare ad Atene, la città di A tena, e quindi agli A teniesi che si autorappresentavano com e figli di Atena. N el m edesim o arco di tem po in cui si consolidavano la presenza e il ruolo dei culti poliadi, altre sedi religiose si svilupparono in d i­ rezione opposta, richiam ando affluenza di fedeli da distanze cre­ scenti e configurandosi come luoghi di culto com uni a tutti gli ab i­ tan ti della G recia. In sostanza la costruzione d e ll’identità civica procedette di p ari passo con la presa di coscienza della grecità co­ m e appartenenza a un sistem a condiviso di valori, m entalità, lingua e consuetudini. I principali punti di riferimento furono i santuari panellenici, tra i quali il prim ato spetta a quelli di Zeus a O lim pia e di Apollo a Delfi (vd. pp. 164 ss.). L’istituzione dei G iochi O lim pi­ ci nel 776 a.C. sotto questo profilo appare altam ente significativa. 57

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3.2.3. D alla rega lità a lle aristocra zie L a storia della polis in tutta l ’età arcaica crebbe tra le tensioni che opposero il d èm o s, com posto dai piccoli e m edi proprietari terrie­ ri, a u n ’aristocrazia nelle m ani della quale si concentrava la p ro ­ p rietà della terra e che deteneva il controllo del potere. In alcune situazioni, soprattutto nei secoli fluttuan ti tra la fine della Dark A ge e l ’inizio d ell’alto arcaism o, appare prem inente la figura di un unico capo al quale è conferito il titolo di basilèu s. Si tratta però di una regalità profondam ente diversa da quella m icenea: l ’autorità del b a silèu s era affiancata da q u ella d i un consiglio di anziani, espressione delle fam iglie aristocratiche, e alla sua figura si adatta il profilo di quello che gli antropologi definiscono “B ig-m an”, un capo la cui autorità non si basa su un potere precostituito, quanto piuttosto su doti personali e carism atiche; p ersonalità influente che am m inistrava la giustizia, presiedeva alle cerim onie religiose, assum eva il com ando in caso di guerra. L a sua dim ora non aveva nulla della grandiosità del palazzo m iceneo, m a era nel m èga ro n delle dim ore di questi signori che gli aedi e i rapsodi erano in vita­ ti a svolgere la loro attività di cantori itineranti, m antenendo viva con i loro racconti la m em oria delle im prese degli eroi che com ­ batterono a Troia e del loro ritorno in patria, racconti che Omero avrebbe elevato a poesia eccelsa, con i poem i d e ll’Ilia d e e d ell’Odissea, le prim e opere scritte della letteratura occidentale. In epoche in cui l ’auto rità centrale era debole o inesistente, in seno alla co m u n ità il g ru p p o g en tiliz io co stitu iv a la stru ttu ra chiave della società. I vincoli di p aren tela erano ricondotti a un capostipite com une illu stre, anche di n atu ra m itica come un dio o un eroe, che dava il nom e a ll’intero gruppo fam iliare, o g è n o s (ad esem pio, g li A trid i da A treo, gli A lcm eonidi da A lcm eone e così via). Era u n a struttura chiusa, regolata da gerarch ie in terne e con una forte so lid arietà che univa i suoi m em bri. P rim a che n ella polis p rendessero form a istitu ti di governo com unitari, il capo del g è n o s , in genere un esponente anziano, costituiva l ’au ­ torità assoluta, alla quale i m em bri del gruppo gentilizio faceva­ no riferim ento: egli gestiva i beni d ella casa (òik os), am m in istra­ va la giustizia, esercitava funzioni sacerdotali, in caso di guerra g u id av a g li u om ini d ella fam iglia che pren d evan o le arm i. Ap58

partenenza al g è n o s e possesso di ricchezza conferivano p resti­ gio, e im ponevano congiuntam ente un com plesso di norm e eti­ che e di doveri che costituivano il codice di condotta degli espo­ nenti d i u n ’élite che si autodefinivano com e gli à risto i (da cui la p aro la “aristo crazia”), i “m ig lio ri”. I valori che li ispiravano e ra ­ no l ’onore e la lealtà, il coraggio in guerra, l ’eccellenza nelle gare atletiche o nella caccia.

Scavi effettuati a Lefkandì, sull’isola dell’Eubea, tra il 1980 e il 1990 hanno riportato alla luce i resti di un edificio databile ai secoli X-IX, compatibile con la dimora di un basilèus·, un vasto ambiente a pian­ ta rettangolare (10x45 metri), chiuso tra un vestibolo e un’abside, in­ nalzato su un basamento di pietra, con muri in mattoni crudi, e sor­ montato da un tetto di paglia, successivamente utilizzato come tom­ ba per il signore e la sua consorte, che qui furono sepolti insieme a un ricco corredo funerario di armi e gioielli.

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O ccorreva in o ltre saper affrontare le situazioni p iù diverse con spirito di com petizione, senza sottrarsi al confronto con l ’altro. \darisi èia aristocratica includeva l ’am ore per la poesia e la m usi­ ca e il gusto p er uno stile di vita raffinato; nel com plesso rigu ard a­ va u n ’esistenza concessa a una m inoranza. M a non possiam o igno­ rare che è nei sim posi degli à risto i che trovarono voce le liriche di poeti come Alceo e della poetessa Saffo. E se i recipienti dalle ele­ ganti decorazioni che am m iriam o nei m usei erano un privilegio ri­ servato alle tavole di pochi, è però attraverso questi beni in uso tra gli à ristoi che ci è possibile apprezzare l ’abilità degli artigiani che li produssero p er i ricchi com m ittenti.

3.2.4. A retè e m o n d o o m erico I valori d ell’aristocrazia arcaica erano i m edesim i che ispiravano gli eroi om erici. Il m ondo dei poem i di O m ero è u n ’affascinante m istione di anacronism i, dal m om ento che sono assegnati ai pro ­ tagonisti di eventi p iù vicini a ll’età m icenea (I lia d e ) o alla Dark A ge (O d issea ) m entalità, com portam enti, usi che appartengono al­ l ’epoca in cui visse il poeta ( V ili sec. a.C .). Di conseguenza, sia pure con la prudenza suggerita d all’utilizzare un testo poetico co­ m e testim onianza storica, è tuttavia possibile riconoscere nella so­ cietà om erica le tracce di quelle che furono pratiche di vita e for­ me di pensiero proprie dei ceti superiori nei prim i secoli di storia della polis. V irtù e codici di condotta si assom m avano nella concezione di a r etè intesa come risultato e m anifestazione di una superiorità m o­ rale e fisica che legittim ava la pretesa a esercitare il controllo del potere. Nel sistem a delle relazioni che gli eroi om erici intrattene­ vano tra loro, un posto di prim o piano occupò il dono. I capi dei G reci si scam biano doni e questo rappresenta un dovere che nes­ suna norm a im pone, m a viene sentito come vincolante in quanto appartiene agli im perativi m orali derivanti dallo statuto sociale su­ periore. N ella sua reciprocità il dono crea legam i indissolubili che poggiano su ll’am icizia: senso di lealtà e di solidarietà che im p e­ gnano a non tradire, ad aiutare in caso d i bisogno, al m utuo soc­ corso in caso di conflitto. Il dono fa inoltre parte di quel com ples­ so di azioni che rientrano tra i doveri d ell’ospitalità: accogliere chi 60

si presenta alla propria casa, e im pegno di chi accetta l ’accoglien­ za a condividere le regole e le consuetudini d ell’oikos nel quale en­ tra. L a pratica dello scam bio dei doni è alla base di rapporti in ter­ personali che anticipano la form azione delle relazioni ufficiali tra le poleis e testim oniano la rete di contatti am ichevoli e pacifici che univa le com unità greche nonostante la presenza invasiva d ella guerra. M a il m essaggio poetico e m orale d e ll’Ilia d e e àe\Y O d issea andò m olto oltre l ’epoca della loro com posizione, perché i due poem i divennero per i G reci dei secoli successivi una sorta di B ibbia sul­ la quale form arono la loro p a id èia . P er generazioni i fanciulli ap ­ presero a leggere sui poem i om erici. D all’intreccio di capacità in ­ tellettuali ed eccellenza fisica che m odellava l ’eroe om erico e ave­ va ispirato la condotta aristocratica derivò quel com plesso di virtù che costituirono la base dell 'a retè civica della polis e che furono vissute con il m edesim o spirito com petitivo. L’agonism o si radicò profondam ente nella m entalità e nei com portam enti dei G reci e perm eò m olti aspetti della loro esistenza com unitaria.

3.2.5. I l citta d in o so ld a to e l ’o p litism o Di p ari passo con la form azione della polis, i suoi abitanti, i p o lìta i , m aturavano una crescente consapevolezza critica del loro ruolo, da cui l ’esigenza di creare strutture adeguate alla partecipazione collettiva agli organism i di governo (assem blea, consiglio, m agi­ strature). L a storia della polis può essere letta come un cam m ino verso l ’afferm azione delle istituzioni pubbliche. L a sua im m agine di luogo com une a tutti i cittadini, a cui tutti avevano il diritto e il dovere di provvedere, si perfezionava insiem e a ll’idea d ell’obbligo collettivo alla sua difesa, sottraendo la guerra alla sfera del dom i­ nio esclusivo dei ceti superiori. Il com battim ento eroico tra cam ­ pioni che confrontavano la loro forza e il loro coraggio in un d u el­ lo fu sostituito dal com battim ento di m assa, sostenuto dai cittad i­ ni che si arm avano per difendere la patria quando era necessario. Cam biavano la scala dei valori e la m entalità: alle prodezze e agli eroism i in d ivid u ali subentrarono la d isciplina e la so lid arietà di corpo, virtù necessarie ad assicurare l’efficienza della falange oplitica, un esercito di massa. 61

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N acque il cittadino-soldato, figura chiave della società ugualita­ ria della polis, nella quale com battere era per il cittadino un dove­ re, m a anche un privilegio, nella m isura in cui sanciva il suo statu­ to di m em bro di diritto della com unità civica. A rm arsi a proprie spese, come previsto dal sistem a d ella polis, significava stabilire per la com unità politica e m ilitare un confine più largo rispetto al­ la città aristocratica, m a com unque chiuso ai ceti più bassi, privi di mezzi per acquistare e m antenere l ’arm atura. In definitiva u n ’u ­ gu aglian za im p erfetta secondo i n ostri p aram etri, m a per quei tem pi l ’unica possibile per coniugare i criteri u gualitari con la sta­ bilità sociale. Il cittadino-soldato era l ’oplita (fa h òp la per eccel­ lenza erano lo scudo e la lancia), l ’equipaggiam ento era standar-

Oplita d i Dodona; bronzetto (V I-V sec. a.C.). Berlino, Staatlichen Museen.

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dizzato, secondo param etri di uguaglianza m ilitare speculare a ll’u ­ g u aglian za p o litica. T ram ontava l ’epoca d elle arm i rilu cen ti di bronzo degli eroi om erici e solo i corredi funerari rinvenuti nelle tom be dei sovrani m acedoni, di m olti secoli posteriori, furono in grado di com petere per ricchezza e m agnificenza con i tesori d el­ la tom ba di Agam ennone.

3.2.6. C olonizzazione, tiranni, leg isla to r i Colonizzazione, tirannide e legislazione rappresentano i tre p rin ­ cipali fenomeni che accom pagnano, dagli ultim i decenni deU’VIII secolo alla fine d ell’età arcaica, la storia dei G reci, che a partire da questo periodo è storia della polis, declinata al plurale attraverso la costellazione di città-stato nelle quali si gettano le basi dei p rin ­ cipi fondativi della forma di stato e di governo propri della città greca, l ’autonom ia e l ’autogoverno, nei quali, in definitiva, risie­ dono l ’essenza e l ’originalità della polis e che autorizzano a rite­ nerla l ’invenzione più im portante dei G reci nel cam po del politico e nelle esperienze di governo. Sarebbe inesatto negare che il cam ­ m ino della polis fosse già incom inciato n ell’età delle aristocrazie, m a esso ebbe una forte accelerazione dopo che i regim i aristocra­ tici entrarono in difficoltà per una serie di fattori che riguardava­ no la crisi agraria che interruppe la crescita produttiva, il m alcon­ tento dei ceti em ergenti dei com m ercianti e degli artigiani, rivalità interne tra i gru p p i nobiliari. N el loro insiem e queste situazioni concorsero a diffondere u n ’esigenza di cam biam ento che nel cor­ so dei secoli VII e VI produsse un nuovo assetto sociale e un d i­ verso sistem a di potere, che fece dei cittadini d ell’intera com unità gli attori assoluti della loro esistenza individuale e collettiva. Lo squilibrio tra risorse e bisogni, che trasformò la crescita posi­ tiva in eccedenza dem ografica, i traffici m ercantili che facevano co­ noscere nuove terre, la form azione di fasce variam ente consistenti di dissidenti in seno alla stessa aristocrazia, costituiscono un insie­ me di fattori che crearono i presupposti da cui presero avvio nel VII e nel VI secolo flussi m igratori in direzione d ell’O ccidente dove interessarono la Sicilia e le coste d ell’Italia m eridionale - e, in m isura minore, verso O riente, oltre l ’Ellesponto nel M ar Nero. S i­ racusa, Catania, Taranto, Reggio, Crotone, Cuma, N apoli non sono 63

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che alcuni dei nom i di colonie che a loro volta diedero vita a sub­ colonie, ram ificando in m aniera capillare la presenza greca in que­ sti territori. Erano città com pletam ente indipendenti e autonome, m a non spezzarono m ai i legam i religiosi e cultuali che le legavano alla m etrò p olis, la città-m adre da cui i coloni erano partiti. M a al tem po stesso la storia delle colonie si forgiò attraverso i contatti, che da luogo a luogo o nel dipanarsi del tempo poterono essere p a­ cifici o ostili, con le popolazioni indigene. Si formava una grecità di frontiera, che possiam o definire con questa attribuzione non per indicare una m arginalità negativa, quanto piuttosto per sottolinea­ re processi di assim ilazione, circuiti com m erciali trasversali, una tram a di rapporti che assegnava ai G reci delle colonie un loro p re­ ciso profilo. Q ueste società coloniali, calate in un am biente estra­ neo, erano quasi naturalm ente più inclini ad attitudini di apertura. Il loro mondo fu un laboratorio di esperienze politiche e intellet­ tuali innovative. In O ccidente nacquero le prim e scuole di pensie­

ro nelle quali la speculazione filosofica e scientifica si interrogava sulle origini d ell’universo, poneva le prim e leggi m atem atiche e le basi della m edicina. Basti pensare a Em pedocle e a Pitagora. Q ui, inoltre, si codificarono le prim e legislazioni scritte. Lo squilib rio tra u n ’élite aristocratica esclusiva detentrice del potere e la fascia degli esclusi tra i quali particolarm ente vivaci era­ no gli artigiani e i com m ercianti che avevano raggiunto alti livelli di benessere grazie al crescente im pulso degli scam bi m ercantili, il processo di im poverim ento dei ceti agrari m edi e piccoli, e la con­ centrazione della proprietà della terra nelle m ani dei più ricchi fu­ rono fattori diversi m a convergenti nel m ettere in discussione le p rero gative d e ll’aristo crazia, e n el chiedere una ridistrib u zio n e della terra, in una situazione di grave tensione sociale. Le strade verso il rinnovam ento furono sostanzialm ente due: attraverso una rottura traum atica a seguito d ell’azione di un tiranno che con un atto di forza instaurava un potere su base personale; un percorso

All’incremento degli scambi mercantili si ricollega un’importante in­ novazione dell’età arcaica, la moneta, usata per la prima volta dai Lidi e in seguito adottata da tutte le città della Grecia come stru­ mento principale delle transazioni economiche. Le prime monete fu­ rono dischetti di diverso peso e grandezza, arrivarono alla standar­ dizzazione dopo che le poleis intervennero ufficialmente per fissare titolo, peso e valore, di fatto creando la moneta coniata e facendo del tipo monetale che imprimevano sulle loro coniazioni una sorta di “marchio”, in quanto ogni polis aveva i suoi propri tipi.

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C ipselo a Corinto, P olicrate a Samo, Teagene a M egara, d is te n e a Sicione, Pisistrato (vd. pp. 134-5) ad A tene nel com plesso gover­ narono con saggezza e m oderazione, al punto che alcuni di loro come P eriandro figlio di C ipselo e Biante di M ileto figurarono tra i Sette Sapienti, quel gruppo di uom ini di governo e di pensiero che furono ritenuti il canone della saggezza, insiem e a Solone e a Talete. L e corti dei tiranni furono un crogiuolo di iniziative cultu­ rali, che richiam arono poeti e artisti di ogni genere. A i tiranni r i­ salgono i prim i im portanti program m i di urbanizzazione nelle r i­ spettive poleis con interventi sia nel settore dei servizi (strutture portuali, acquedotti e fontane per assicurare il rifornim ento idrico dei centri urbani), sia d ell’arredo urbano.

R isposta non traum atica alla crisi dei regim i aristocratici fu la legislazione. In realtà la codificazione delle leggi rifletteva un fe­ nom eno più am pio e profondo, che non era solo la reazione a un sistem a da cam biare. N asceva dalla progressiva acquisizione della consapevolezza da parte di tutti coloro che form avano la com u­ nità civica del loro ruolo di cittadini, con doveri e diritti uguali, che era im perativo riconoscere come fondam enti di ogni o rdin a­ m ento che si proponesse di regolare la convivenza. Fu in p artico ­ lare la nom ografia, la legislazione scritta, a costituire il punto di arrivo p iù alto, perché la scrittu ra p rivilegiav a il m om ento del p ub b lico sul privato, assum eva la funzione di controllo sociale con il superam ento della legislazione orale (nonostante la p arzia­ le sopravvivenza, in alcuni settori, delle leggi sacre), espressione di un sapere norm ativo esclusivo appannaggio di fam iglie aristocra­ tiche e interpretato a loro discrezione. Le prime leggi scritte si affermarono a Locri, in M agna Grecia, per opera del legislatore Zaleuco e a Catania di Caronda, a conferma del ruolo trainante che la grecità coloniale seppe esercitare anche ri­ spetto alla m adrepatria. In Atene Draconte gettò le basi del diritto penale, ma fu Solone (arconte nel 594 a.C.) a dare ai suoi concitta­ dini il codice che avrebbe costituito la base della legislazione atenie­ se in tutta la storia della città. In questo panoram a si distingue L i­ curgo di Sparta, perché la sua legislazione, raccolta nella Retra, con­ servò una trasmissione orale, per volontà del suo stesso autore, e gli Spartani vi tennero sempre scrupolosamente fede. In realtà, sia p u ­ re in contesti molto diversi, sia Licurgo sia, in m isura minore, Solo­ ne con la loro legislazione contemplarono una serie di settori che an­ davano oltre la sfera del diritto costituzionale e del diritto pubblico, e riguardavano piuttosto il codice di comportamento m orale d ell’in ­ dividuo in tutti gli aspetti della sua esistenza. L a legislazione licurghea in particolare, mirando a garantire l’integrità del sistema ugua­ litario spartano, si configurò come un vero e proprio sistema di con­ trollo onnipervasivo che interveniva sulla vita sociale, m orale e an­ che biologica degli Spartani (vd. pp. 149 ss.). Solone unì le sue leggi a una riforma sociale e politica per dividere la cittadinanza in quat­ tro classi censitarie sulla base del reddito finanziario che sostituiva l’indice della ricchezza regolato secondo la proprietà terriera, get­ tando in questo modo un cuneo nell’esclusiva società dell aristocra­

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pacifico di riform e grazie a ll’introduzione di leggi p er disciplinare i vari aspetti della vita com unitaria. Il tiranno era, nella quasi totalità dei casi, un esponente d ell’ari­ stocrazia entrato in forte contrasto con gli appartenenti al suo stes­ so ceto, che governò con il consenso di quella parte della cittadi­ nanza - contadini, artigiani, m ercanti - che per ragioni differenti aveva interesse a spezzare il prim ato degli aristocratici. P er questo motivo Aristotele coniò per queste figure tiranniche d ell’arcaismo la definizione di «tiranni-dem agoghi». Nel contesto dell’epoca non ebbero quella connotazione negativa che venne loro attribuita in se­ guito, quando nella tirannide si respingeva l ’occupazione persona­ le del potere, e nel tiranno si incarnò l ’antitesi al sistema della polis fondata sulle leggi che i cittadini si erano liberam ente e consensual­ m ente dati per governarsi e garantire giustizia e uguaglianza.

Sul finire del V secolo, in piena età democratica, cosi Euripide met­ teva a confronto tiranno e leggi: «Nulla più di un tiranno è nefasto alla città, quando non ci sono leggi uguali per tutti, ma un uomo so­ lo ha il potere, stabilendo le leggi a suo arbitrio, e viene meno l’u­ guaglianza. Quando invece ci sono leggi scritte, il povero e il ricco hanno uguali diritti e ai più deboli è possibile contrastare il potente se questo l’offende, e il piccolo, se ha la ragione dalla sua, vince il grande». (Euripide, Supplici, w . 429 ss.)

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zia agraria. Gli antichi diedero il nome di eu n om ìa alla legislazione di Licurgo e di Solone. Il primo a definire in questo modo la Retra licurghea, a non grande distanza di tempo dalla sua introduzione, fu Tirteo. La parola letteralm ente significa “buone leg gi”, m a nel senso con cui la usava il poeta intendeva indicare la perfezione dell’ordina­ mento spartano in conseguenza dell’applicazione delle leggi di L i­ curgo. Fu invece Solone stesso, poeta oltre che legislatore, a dare questo nome alla propria legislazione nell’elegia in cui, per dare con­ to del proprio operato, spiegava di avere cercato di dare al popolo buone leggi per far prevalere la giustizia, l ’ordine e la disciplina, e quindi eu n om ìa diventava sinonimo di “buon governo” (vd. p. 133). G li storici del V secolo, da Erodoto a Tucidide avevano la cogni­ zione che proprio in virtù della sua buona legislazione Sparta non subì m ai l ’esperienza della tirannide.

3.3. L’età classica

3.3.1. G recia e P ersia

Persepoli. Palazzo reale (Apadana); fregio raffigurante i sudditi recanti il tributo a l G ran Re.

Intorno al 530 a.C. i Persiani, sotto la guid a di C iro della dinastia degli A chem enidi, im posero n el Vicino O riente il loro dom inio su un vasto territorio esteso dai lim iti m ontuosi d ell’odierno A fgha­ nistan fino alle coste orientali d ell’Egeo su cui si affaccia la Ionia, popolate dalle città greche. Era un elefantiaco stato m ultietnico, che i P ersiani governarono con tolleranza, accettando che le n u ­ m erose etnie che lo com ponevano conservassero lingua, religione e consuetudini di vita secondo le loro tradizioni avite e im ponen­ do la presenza della loro am m inistrazione tram ite la riscossione di un tributo. D im ostravano invece assoluta intransigenza verso ogni form a di sedizione, che reprim evano con estrem a durezza. N el 499 a.C. M ileto si pose a capo di una rivolta delle città della Ionia e chiese, ottenendolo, l ’appoggio degli A teniesi, facendo appello agli antichi legam i di sangue che li univano per il tram ite d ell’ap ­ partenenza alla stirpe degli Ioni. Il G ran Re sconfisse i ribelli e ra­ se al suolo M ileto. L’episodio suscitò enorm e im pressione in A te­ ne: il tragediografo Frinico, che aveva messo in scena una tragedia per com m em orarne la m em oria {La d istru z ion e d i M ileto), fu con-

dannato perché colpevole di avere ricordato «m ali p atri». Succes­ sivam ente D ario rivolse la sua attenzione a quei G reci d ’O ccidente che avevano osato m ettersi sulla sua strada e organizzò un in ­ tervento m ilitare p er punirli. Sono queste le prem esse delle guerre persiane, che segnano il d i­ scrim ine tra età arcaica e classica con un evento m ilitare strao rd i­ nario e quasi in cred ib ile n egli esiti im m ediati - la vittoria di un piccolo popolo contro la superpotenza del tem po - , e trasform ato d alla m em oria collettiva delle generazioni successive nella vittoria di un popolo di lib eri su un popolo di sudditi, perché proprio n el­ la lib ertà furono trovati le ragioni e gli stim oli alla lotta. D ieci anni dopo la battaglia di M aratona (490 a.C .), nella quale gli Ateniesi sotto il comando di M ilziade sconfissero l ’esercito in ­ viato dal G ran Re Dario com andato da D ati e Artaferne, e con la quale di fatto inizia e finisce la prim a guerra persiana, Serse, succe­ duto al padre D ario m orto nel frattem po, organizzò una grande spedizione terrestre e m arittim a, con uno spiegam ento im pressio­

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nante di forze m ilitari e con l ’utilizzo di soluzioni tecnologicam en­ te avanzate per quei tempi, allo scopo di superare difficoltà logisti­ che, come il ponte di barche sul Bosforo per traghettare le truppe di terra d all’A sia sul continente europeo. L a m arcia del G ran Re verso il sud della G recia fu una catena di incendi e devastazioni. L ungo il percorso a tutte le città veniva richiesta « la terra e l ’ac­ q u a», form ula rituale e terribile per im porre la sottomissione, pena l ’annientam ento in caso di rifiuto. G li A teniesi furono costretti a evacuare la popolazione civile m entre la loro città veniva incendia­ ta. Salam ina (480 a.C.) e P latea (479 a.C.) sono i luoghi gloriosi d el­ la vittoria dei G reci, per m are e per terra, anticipata dal sacrificio della vita di L eonida e dei Trecento alle Termopili nel tentativo di ferm are l ’avanzata del nemico. Per far fronte ai Persiani, le città del­ la G recia (ma non tutte) si erano riunite nella L ega ellenica, ed è in questa capacità di unirsi in una coalizione nel momento del perico­ lo com une la testim onianza del sentim ento della grecità profonda­ m ente radicato nella coscienza degli Elleni, anche se questa allean-

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za m ilitare fu disciolta al term ine del conflitto e m olte città della G recia, p er tim ore delle rappresaglie del nem ico, si schierarono dalla parte persiana o meglio, come dissero i G reci, “m edizzarono”.

3 3 .2 . La p en teco n tez ia Salam ina, la flotta, Temistocle: tre elem enti chiave p er la dem ocra­ zia ateniese, che uniscono la vittoria, i m eriti della flotta ateniese e il suo artefice, per ricondurre a questo evento la tappa iniziale d el­ l ’evoluzione di Atene in direzione del m are, fino alla talassocrazia e a ll’im perialism o. A ll’indom ani del conflitto la creazione della L ega delio-attica (478/77 a.C .), che riuniva in una alleanza m ilitare in ­ torno ad Atene i centri insulari e costieri dell’Egeo, delineava le p ri­ m e tracce della bipartizione tra una egem onia continentale (Sparta) e una m arittim a (Atene), che avrebbe scandito la storia della G re­ cia nei decenni successivi. M are e terra come spazi reali e sim bolici di due schieram enti di potenza. G iustam ente Tucidide potè id en ti­ ficare un cinquantennio a partire dal dopoguerra, la pentecontezia (p en tèk o n ta , “cinquanta”e ète, “anni”) per usare la parola inventa­ ta dallo storico proprio in riferim ento a questo arco di tem po, co­ m e u n ’epoca cruciale m eritevole di u n ’identificazione a sé n ell’evolversi degli eventi. L’equilibrio delle forze in campo garantiva la speranza di un periodo di pace, rafforzata dai trattati stipulati da A tene con la P ersia (pace d i C alila, 449 a.C .) e con S parta (446 a.C.) per una durata di trent’anni. A ristide, cui la tradizione storio­ grafica attribuisce la paternità della L ega delio-attica (cosiddetta perché ebbe i suoi centri prim a presso il tem pio di Apollo n ell’iso­ la di Deio e poi ad Atene), e Cimone, il figlio di M ilziade, grazie a una serie di brillanti vittorie sul mare contro la flotta persiana, sono i nom i ai quali ricondurre la rinascita di Atene. N el 454/53 a.C. il tesoro della L ega delio-attica fu trasportato da Deio ad Atene e d e­ positato nel Partenone. Q uesto trasferim ento rivestì un grande si­ gnificato, perché dava v isib ilità al cam biam ento intervenuto nei rapporti interni tra i m em bri della Lega, in direzione d ell’egem onia di Atene che soffocava la lib ertà e l ’autonom ia delle città alleate; in un certo qual m odo segnava l ’inizio d e ll’im perialism o ateniese. Congiuntam ente im poneva sulla scena internazionale una talasso­ crazia che sbilanciava il bipolarism o tradizionale. 71

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3.3.3. L’età d i P ericle L’artefice del prim ato di Atene, che è prim ato politico con la piena realizzazione di tutti gli strum enti che perm isero l ’esercizio del po­ tere popolare, m a anche prim ato del pensiero e dell’arte, fu Pericle, per parte m aterna nipote di d iste n e , il fondatore della dem ocrazia e appartenente alla fam iglia degli Alcm eonidi, tra le più prestigiose d ell’aristocrazia ateniese. Dal 445/44 a.C. per circa una quindicina di anni resse le sorti di Atene; fu, come riconobbero gli antichi, il prim o cittadino di Atene. E grazie alle sue iniziative se Tucidide potè scrivere che Atene era diventata la «scuola d éll’E llade». O ggi questa espressione non si sottrae all’im pressione di una certa ridon­ danza retorica, m a dobbiam o pensarla detta da un contemporaneo che poteva confrontare la qualità della vita della sua città, la cultura e l ’arte che vi fiorivano con quelle di altre città del suo tempo. Il program m a edilizio per la ricostruzione m onum entale della città dopo l ’incendio persiano fece dell’acropoli un palcoscenico d ell’ar­ te. Il grandioso accesso alla spianata della rocca attraverso i Propilei e soprattutto il Partenone, tem pio di Athena Parthenos protettrice della città, suscitavano la m eraviglia dei contemporanei così come la loro bellezza e l ’imponenza delle loro proporzioni destano lo stupo­ re am m irato dei visitatori ancora oggi. Il dinamismo politico e cul­ turale richiam ò artisti e intellettuali da ogni parte della Grecia, sic­ ché Atene divenne un cantiere di opere d ell’ingegno oltre che di edifici insuperabili. Pericle fu il punto di riferimento di una cerchia di intellettuali che insiem e a Fidia, responsabile d ell’intero progetto architettonico d ell’acropoli e m irabile artista dalla cui mano furono realizzati la statua crisoelefantina della dea e i fregi del Partenone, riuniva filosofi come Anassagora (ca. 500-428 a.C.) e urbanisti come Ippodam o di M ileto, al quale venne affidata la ristrutturazione del porto del Pireo, e anche lo storico Erodoto. Il teatro tragico riproponeva attraverso situazioni e personaggi del m ondo eroico il protocollo della dem ocrazia. L a com m edia di Aristofane portava in scena, attraverso la sua satira a volte im p ie­ tosa, il piccolo m ondo dei bottegai e degli artigiani, una società di cittadini operosi, nel suo com plesso benestante, a volte gretta è chiusa nei suoi pregiudizi. È agli um ori e alle idee di questa so­ cietà che Aristofane attinge p er costruire il ritratto grottesco di So72

crate, abitante di un paese delle nuvole dove la sua casa è un cesto appeso al cielo, m a anche p er presentarci le donne riunite in as­ sem blea, per proporre un m ondo rovesciato nel quale peraltro è proprio l ’assurdo a perm ettere la denuncia politica, m a sem pre nel quadro di q u ell’organism o assem bleare che costituisce il fulcro della vita dem ocratica. Il relativism o dei sofisti, per i quali non esi­ steva una verità assoluta, m a tante certezze possibili da dim ostrare con l ’ab ilità del ragionam ento, appariva com patibile con la vita politica condotta in assem blea, dove contava saper convincere gli astanti che la propria opinione era m igliore di quella d ell’avversa­ rio. U n sapere dunque nato nella e per la politica, da coniugare con l ’arte della dialettica e della retorica, che insegnava l ’uso della parola e che ebbe tra i suoi protagonisti più celebri P rotagora di A bdera (ca. 485-415 a.C.) e G orgia originario della siciliana Leontini (ca. 480-430 a. C.). A lle novità intellettuali si univano m odi di vita non convenzionali, che scandalizzavano l ’opinione pubblica, come la scelta di P ericle di lasciare la fam iglia per convivere con la raffinata e colta etera Aspasia. Tra i contem poranei, come non di rado succede alle grandi personalità, egli ebbe non pochi avversa­ ri, m a per contro ricevette il soprannom e di O lim pico per la sta­ tura intellettuale che lo innalzava al di sopra degli uom ini com uni e lo equiparava agli dei d ell’O limpo.

La statua d’oro della dea fu opera di Fidia, il cui nome è scritto sul basamento; ma tutto il complesso dei lavori, in realtà, era sotto la sua direzione, ed era lui ad avere la sovrintendenza su tutti gli arti­ sti, grazie all’amicizia di Pericle. Questo procurò invidia all’uno e diffamazione all’altro. [...] I comici diffusero maldicenze calunnio­ se sulla sua dissolutezza [...], ma chi vorrebbe stupirsi che uomini dissoluti come satiri nella loro vita privata lanciassero calunnie a ogni occasione contro uomini più potenti, come pasto votivo al de­ mone dell’invidia popolare. [...] E a me sembra che quel suo so­ prannome di Olimpico, sebbene ingenuo e ampolloso, perda la sua odiosità e appaia adeguato in base a questa sola considerazione, che con tale appellativo si vuole indicare un’indole buona e un’esisten­ za capace di restare pura e immacolata nell’esercizio di un potere così grande. (Plutarco, Vita di P ericle 13,14-16; 39,2)

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3.3.4. 13età d ella gu erra d e l P elo p o n n es o N el 431 a. C. Sparta e Atene entrarono in guerra e si com batterono p er tren t’anni. Di fatto il conflitto, come vide con la sua straordi­ naria lu cid ità Tucidide, che degli eventi fu spettatore e protagoni­ sta oltre che storico, fu una guerra “m ondiale”, perché coinvolse tutte le città della G recia e perfino la potenza persiana: m ise tutte le città della G recia nella condizione di schierarsi al fianco di Sp ar­ ta o d i A tene, d ivid en d o le in due b lo cch i contrapposti; suscitò guerre civili entro le città dove si scontravano fazioni dem ocrati­ che e oligarchiche a favore d ell’uno o d ell’altro dei contendenti, con conseguenze devastanti nel tessuto sociale e nei rapporti um a­ ni, perché causarono lutti e stragi che si aggiunsero ai caduti sul cam po di battaglia. Fu la guerra come «m aestra di violenza», se­ condo il giudizio di Tucidide. L a causa è da ricercare nella cresci­ ta della talassocrazia ateniese che aveva alterato l ’equilibrio del si­ stem a egem onico b ipolare d ell’età della pentecontezia. G li elen ­ chi dei cittad in i caduti in guerra, conservati d alle epigrafi, p e r­ m ettono di integrare, per questo aspetto, le inform azioni più sfu­ m ate della tradizione storiografica riguardo al fatto che a partire dalla m età circa del V secolo A tene era im pegnata su più fronti di g u erra contem poraneam ente, con costi notevoli di vite um ane: nella spedizione in Egitto conclusasi in un insuccesso, nel Chersoneso, a Bisanzio e «n elle altre guerre». In sostanza, in politica este­ ra P ericle non si discosto dalla strada d e ll’im perialism o. Il piano strategico pericleo prevedeva di com battere sul m are, contando sulla flotta e sui rifornim enti p er la popolazione assicu­ rati d alla rete di traffici m arittim i che facevano capo al Pireo, eva­ cuando la cam pagna d ell’A ttica e concentrandone gli abitanti en­ tro le m ura urbane. L a strategia periclea rivelò da subito una gran ­ de debolezza. In conseguenza delle strutture urbane inadeguate a ll’eccedenza di popolazione e a causa delle carenti strutture ig ie­ niche scoppiò u n ’epidem ia di peste che causò un num ero incalco­ lab ile di m orti, tra cui lo stesso P ericle, m entre le incursioni an ­ nuali d ell’esercito spartano nelle cam pagne d ell’A ttica fecero terra bruciata dei cam pi e dei raccolti. Dopo una prim a fase conclusa nel 421 d alla p ace di N icia (lo stratego ateniese che la siglò) in condizioni di sostanziale p arità, il conflitto si riaperse nel 418 e

continuò con le crescenti difficoltà di A tene collegate alla strategia m arittim a: i costi della flotta che facevano lievitare l ’entità dei tri­ buti im posti agli alleati, le conseguenti rivolte represse con la for­ za, la fallim entare spedizione in Sicilia per colpire Siracusa, allea­ ta di Sparta (415 a .C ), e, infine, l ’ingresso nel conflitto, al fianco di Sparta, della P ersia, che m ise a disposizione navi e risorse fi­ nanziarie. N onostante le difficoltà m ilitari, la vita in città non si ferm ava. Il program m a edilizio iniziato con P ericle continuava, e nel 423 a.C. fu in au gu rato l ’E retteo, lo sp len dido com plesso arch itetto n ico d ell’acropoli a fianco del Partenone, om aggio a colui che il mito ri­ cordava come il prim o re di Atene. L e rappresentazioni teatrali avevano luogo regolarm ente. G li anni postpericlei coincidono con il periodo più fitto delle com m edie di Aristofane, m entre E uripide m etteva in scena le sue tragedie. Tuttavia la popolazione incom in­ ciava a m anifestare segni di stanchezza nei confronti della guerra, soprattutto la società contadina che aveva subito più duram ente le conseguenze della strategia m arittim a periclea, prim a con l ’eva­ cuazione e poi con le annuali incursioni del nem ico nella cam pa­ gna attica. Il teatro aristofaneo intercetta il m alcontento, non tan ­ to sotto la form a della protesta e della denuncia, quanto piuttosto dando voce alla nostalgia di un tempo felice, quando i cam pi era­ no in grado di sfam are i contadini e questi non erano costretti ad abbandonare l ’aratro per im pugnare la lancia - come negli A carn e s i (gli abitanti del dem o rurale di A carne), in cui il contadino D iceopoli conclude una pace separata con gli Spartani - , oppure al desiderio di porre fine alla guerra - come nella com m edia La p a ce, im perniata sulle avventure del contadino Trigeo per lib erare E ir èn e (P ace ), te n u ta p rig io n ie ra in u n a cav e rn a d a P ò le m o s (G uerra). A P ericle era subentrato Cleone, che aveva indirizzato la p o liti­ ca sul cam m ino della dem ocrazia radicale e che aveva convinto il popolo a co n tin uare n e ll’opzione m ilitare e ad app ro vare l ’a u ­ m ento del tributo riscosso dagli alleati a fronte dei costi crescenti della flotta (gli A teniesi a q u ell’epoca non erano sottoposti a regi­ me fiscale), una politica che fece precipitare i già difficili rapporti con gli alleati della L ega delio-attica, m oltiplicando le ribellioni e le defezioni. N ella fase p iù critica d ell’im perialism o ateniese, sa­

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L’erede intellettuale e politico di P ericle fu considerato A lcibiade, cresciuto e form atosi nella casa del grande statista, uomo brillante, geniale e am bizioso, che occupò la vita p ubblica oltre che per le sue capacità politiche per le sue stravaganze e gli eccessi nel lusso e nella vita privata. Suscitò grande am m irazione e popolarità, m a altrettan to forti critich e e inim icizie. E letto n el collegio dei tre strateghi preposti al com ando della spedizione in Sicilia, poco p ri­ m a della partenza fu denunciato per aver partecipato a un b an ­ chetto nel quale si erano profanati i M isteri E leusini; l ’episodio, sacrilegio di per sé gravissim o secondo le tradizioni religiose po ­ polari degli A teniesi, fu associato a un fatto altrettanto in quietan­

te: la m utilazione, durante la notte precedente la partenza, delle erm e che ornavano le strade di Atene. In entram bi gli atti 1 o p i­ nione p u b b lica in trav id e azioni eversive antidem ocratiche. P er evitare il processo, A lcibiade, nel frattem po salpato alla volta di Siracusa, abbandonò la flotta ateniese e riparò a Sparta. C ondan­ nato in contum acia e poi perdonato, fece ritorno ad A tene nel 408. Accolto con onori eccezionali, m a ritenuto responsabile d el­ la sconfitta nella b attaglia navale di Nozio (407 a.C .), si allontanò definitivam ente e si ritirò n ei suoi possedim enti d ella Tracia, da dove a seguito della sconfitta di Atene nella guerra del P elopon­ neso riparò in F rigia; qui il satrapo Farnabazo lo fece uccidere a tradim ento. Tra successi e rovesci, A lcibiade fu un protagonista della storia d ell’Atene postpericlea, ora acclam ato come il degno successore di P ericle, come lu i intellettuale e uomo di cultura, fre­ quentatore degli am bienti cu ltu rali sofistici e socratici, an tico n ­ venzionale nelle scelte di vita che n ell’opinione p ub b lica facevano scandalo, m a che appartengono al profilo di questo personaggio controverso e affascinante, secondo il ritratto conservato d alla tra­ dizione letteraria. Il dissenso verso il regim e dem ocratico, ritenuto responsabile del disastro m ilitare e delle defezioni degli alleati, si espresse a li­ vello politico nel 411 con il colpo di stato dei Q uattrocento. G li o lig arch i d i A tene p resero il potere, istitu iro n o un governo di quattrocento m em bri e si accinsero a m odificare la costituzione ateniese in direzione restrittiva, delim itando i diritti politici ai cin­ quem ila cittadini delle fasce superiori di reddito. L a rivoluzione oligarch ica fallì grazie al pronto intervento d ella flotta ateniese, che al m omento del com plotto si trovava a Samo e che rim ase fe­ dele alla dem ocrazia, di m odo che nel 410 a.C. il regim e dem ocra­ tico era restaurato. Il tentato colpo di stato m etteva in luce tuttavia una società spaccata, nella quale l ’adesione o il dissenso verso la dem ocrazia esprim evano diverse forme di contrasto, tra dem ocra­ tici e oligarchi, tra ricchi e poveri, m a anche tra una società rurale più incline alla pace e i ceti urbani che traevano vantaggi da tutto q u ell’indotto che la flotta, strum ento base della strategia periclea, creava. L a fine fu siglata dalla b attaglia com battuta nelle acque di Egospotam i (405 a.C .), dove il navarco spartano L isandro riportò una

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rebbe stato C leone, secondo T ucidide, il responsabile della pro ­ posta di m andare a m orte tutti gli abitanti di M itilene colpevoli di essersi rivoltati ad Atene, decisione fortunatam ente rim asta in at­ tuata, perché gli A teniesi subito dopo si pentirono e inviarono in gran fretta una nave con la m issione, andata a buon fine, di in ter­ cettare q u ella g ià p artita con b o rdin e di esegu ire la condanna. C leone può essere considerato il prototipo di una nuova figura di uom o politico, espressione dei ceti m ercantili e artigianali che in ­ terro m p evan o la trad iz io n e di u n a v ita p u b b lic a do m in ata da esponenti delle fam iglie nobiliari, ancorché di ispirazione dem o­ cratica. G li antichi costruirono intorno alla sua persona il profilo del dem agogo, parola con cui venivano definiti quei protagonisti della vita pubblica, di orientam ento dem ocratico, che ottenevano consenso e potere grazie alla capacità di convincere e trascinare il popolo; anzi, sarebbe stato il prim o dei dem agoghi secondo la tra­ dizione storiografica. P roprietario di una fabbrica p er la conciatu­ ra delle pelli, fu uno dei bersagli preferiti della satira aristofanea, ispiratore della figura del salsicciaio dei C avalieri. Il ritratto im ­ pietoso della com m edia lo presenta in assem blea in grem biule da lavoro, m entre grid a e gesticola scom postam ente, offendendo il tradizionale decoro degli oratori. Così lo presenta Tucidide: Cleone figlio di Cleeneto, che aveva fatto trionfare la precedente pro­ posta di uccidere tutti i Mitilenesi, era il più violento dei cittadini sot­ to ogni rispetto e colui che a quei tempi riusciva a persuadere il popo­ lo. (Tucidide, III 36, 6)

La storia

Il mondo dei Greci

Il IV secolo incom inciò sotto il segno della doppia egem onia di Sparta, continentale e m arittim a (ereditando la rete delle alleanze della ex L ega delio-attica n e ll’Egeo), e con l ’attività della dip lo ­ m azia persiana, che non esitò a ricorrere alla corruzione dispen­ sando oro nelle poleis della G recia per favorirne le divisioni, con l ’obiettivo di im pedire che qualcuna di esse potesse raggiungere una potenza pericolosa per il prim ato d ella P ersia, fattori entram ­ b i che ottennero il risultato di m antenere la G recia per altri qu in ­ dici anni in un periodo di altissim a turbolenza. L a cessazione del­ le ostilità sem brò raggiunta nel 387/86 a.C., quando le città greche e il G ran Re stipularono un trattato di pace generale (k o in è eirèn e). Q uesta pace, tram andata dalla storiografia antica con il nome di p ace del Re, o di A n talcid a (il p len ip o ten ziario che la sotto­ scrisse per conto di Sparta), fu una novità di rilievo non solo per gli effetti sugli eventi im m ediati, m a, soprattutto, perché introdu­ ceva una nuova concezione dei rapporti tra gli stati nelle relazioni

internazionali. Sul piano politico, la k o in è e ir è n e riconosceva in sostanza due grandi sistem i politici - a occidente il m ondo p o li­ centrico delle poleis libere e autonom e, a oriente il dom inio asso­ luto del G ran Re - separati da una lin ea di confine che correva lungo la costa orientale d ell’Egeo. Era la fine delle attese autono­ m istiche delle città greche d ’A sia M inore, che, a poco m eno di un secolo dalle guerre persiane iniziate per la loro liberazione, rito r­ navano sotto l ’autorità del m onarca persiano. In questa prospetti­ va si trattò quindi di un successo diplom atico della Persia. Q uesta pace però rivestì un significato dalla portata incalcolabile sul p ia ­ no delle relazioni internazionali, che andava oltre gli obiettivi con­ tingenti. L a parola e ir è n e entrò nel vocabolario del diritto per in ­ dicare un trattato d i pace che instaurava rapporti b asati su ll’as­ senza di conflittualità per una durata indeterm inata, e di n atura vincolante per tutte le poleis della G recia. In sostanza si dava veste ufficiale a una società internazionale nella quale la pace e non la guerra era lo strum ento per regolare i reciproci rapporti, un risu l­ tato si può dire rivoluzionario, dopo che per tutta la loro storia fi­ no a quella data i G reci avevano avuto pressoché esclusivam ente la nozione di una pace negativa: i rapporti tra le polis, infatti, erano stati regolati da accordi di pace di validità lim itata alle parti che li contraevano (per lo più b ilaterali) e di durata tem poranea. Q uesto fatto ha indotto una parte d ella storiografia m oderna a ritenere che la guerra e non la pace fosse stata la condizione prim aria delle relazioni interstatali nella G recia antica, e a considerare il trattato di pace come una tregua, una sospensione tem poranea delle osti­ lità di durata variabile, entro un contesto di guerra perm anente. M entre le tendenze conservatrici del ceto dirigente spartano fa­ cevano prevalere nella politica estera di Sparta la rinuncia a ll’eg e­ m onia m arittim a, e A tene riconquistava la suprem azia del m are (nel 378/77 aveva preso vita la seconda L ega m arittim a, nel solco della L ega delio-attica, sia p ure con sostanziali differenze a m ag­ giore tutela delle autonom ie degli alleati), sulla scena internazio­ nale fece il suo ingresso la città di Tebe. Sotto la spinta di capi ab i­ li ed energici come P elòpida e, in particolare, Epam inonda, questa città m irava a im porsi come potenza dom inante della G recia, e v a ­ no si rivelò il tentativo di Sparta di ferm arla affrontandola sul cam ­ po di battaglia a L euttra (371 a.C.). A gli ordini di E pam inonda, i

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vitto ria folgorante e, com e scrisse lo storico Teopom po, A tene «p erse le sue navi e le sue speranze». L a città cadde due anni d o ­ po p er fame. A ssediati per m are e per terra, gli A teniesi resistette­ ro fino allo strem o delle forze, m a furono costretti ad accettare la capitolazione quando la m ancanza di cibo incom inciò a m ieter v it­ tim e tra la popolazione civile. P er volontà dei vincitori la L ega d e­ lio-attica fu disciolta, la flotta distrutta (tranne 20 navi), le m ura abbattute « a l suono delle flautiste e in mezzo a un grande entusia­ smo - dice Senofonte - perché erano in m olti a pensare che quel giorno segnava l ’inizio della libertà p er la G recia» (E llen ich e II 2, 23). L a dem ocrazia sembrò scom parire, perché il potere fu assun­ to dal regim e oligarchico filospartano dei Trenta Tiranni, che av­ viarono un program m a di persecuzioni e condanne a m orte dei dem ocratici, e tra i quali si distinse C rizia, enigm atica figura di po­ litico spietato e congiuntam ente di colto intellettuale allievo di So­ crate, autore di scritti sulle costituzioni e di eleganti com ponim en­ ti poetici, protagonista dei D ia logh i platonici. I Trenta T iranni re ­ starono al potere un anno circa e n e i 403 a.C. fu restaurata la d e­ m ocrazia.

3.3.5. I lI V s e co lo

La storia

Il mondo dei Greci

Tebani annientarono l ’invincibile falange spartana, grazie anche alle innovazioni tattiche da lu i introdotte nel com battim ento oplitico, innovazioni che hanno portato a inserirlo nella galleria dei g ran d i com andanti d ella sto ria e che ne fanno il precurso re di A lessandro M agno. Il num ero degli Spartiati caduti sul cam po di b attaglia aggravò il processo, già in atto da tem po, del loro calo dem ografico, con tu tte le conseguenze che questo com portava nella gestione di uno Stato com e quello spartano, in cui una r i­ strettissim a m inoranza deteneva il controllo di m asse di uom ini in condizioni di subordinazione e prive di diritti p olitici (vd. p. 153). L euttra ridisegnò la m appa p o litica del P eloponneso. Con l ’ap ­ poggio di E pam inonda, salutato nella regione com e il liberatore (ovunque furono innalzate statue in suo onore), la M essenia, dopo secoli d i sottom issione a Sparta, riacquistò la sua indipendenza (369 a.C .) e l ’A rcadia si costituì come stato federale (369 a.C.) con la creazione ex n o v o della capitale M egalopoli (m e g à le p ò lis, “la grande città”). Il IV secolo fu un periodo di grandi contraddizioni. Nonostante la m aturazione di una nuova visione della pace, la conflittualità ri­ m ase altissim a. S parta non fu capace di sfruttare le opportunità che la vittoria nella guerra del Peloponneso le aveva offerto e si av­ viò alla sconfitta di Leuttra; Atene seppe risollevarsi, ma gu ard an ­ do a ll’indietro, verso un passato nel quale ricercare idee, valori per un m odello da ripristinare; le forze em ergenti come Tebé furono incapaci di dare al cam biam ento uno slancio duraturo. P er questo motivo c’è chi parla di crisi della polis del IV secolo. Un giudizio che tuttavia appare restrittivo alla luce della vivacità culturale del tem po, che ha proprio nella riflessione intorno alla polis, al suo ruolo e al suo significato, uno degli esiti più alti. Se il processo di Socrate, condannato per le idee che professava, rappresenta una pagina oscura della storia di Atene, testim onianza della disgrega­ zione m orale e d e ll’incertezza in tellettuale m aturata insiem e alla sconfitta m ilitare della guerra del Peloponneso, il suo insegnam en­ to sopravvisse nelle opere di Platone, il discepolo fondatore del­ l ’Accadem ia, e di A ristotele, destinato a raccogliere l ’eredità plato­ nica e a farne il volano per una riflessione teorica che ha gettato le basi del pensiero occidentale. E nelle opere di questi due filosofi la riflessione intorno alla polis occupa un posto di prim o piano, che

si tratti di proporre un progetto utopico o di afferm are la polis co­ m e la form a più perfetta di convivenza per assicurare agli uom ini la felicità, o ancora di valutare le differenti esperienze costituzio­ nali m aturate nelle singole poleis. Attraverso l ’oratoria politica e giudiziaria del IV secolo si perfeziona la form ulazione del p rin ci­ pio d ell’autonom ia che costituisce l ’essenza stessa della polis e che i G reci posero a fondam ento della loro esperienza politica. In A te­ ne la scuola di retorica di Isocrate formò all’esercizio della parola la classe dirigente di un’intera generazione, nell’ottica appunto d el­ la partecipazione alla vita p ubblica dello stato. Non crisi dunque, m a un periodo segnato da trasform azioni incalzanti nate nel corso degli eventi politici e m ilitari, che non hanno messo in discussione, bensì hanno sollecitato a interrogarsi su quella particolare form a di stato e di governo che noi oggi com prendiam o come la p rin ci­ pale espressione d ell’identità storica dei Greci.

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3.4. L’ellenism o

3.4.1. A lessandro M agn o e l ’ellen ism o




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