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Italian Pages 125 [108] Year 1999
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Prefazione di Gianni Canova
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Intervista a Lars von Trier (di A. Addomi.io, G. Carrara, M. De Simone, R. Lippi, E. Premuda, P. Spina)
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Da L:elemento del crimine a Europa: palinodie sono ipnosi di Eugenio Premuda
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Medea e la tragedia di avere un destino di Geremia Carrara
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Movimento e fissità: Le onde del destino e Idioti di Ma11imiliano De Simone
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Nei sotteranei del Regno di Antonio Addonizio e Roberto Lippi
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Di alcuni motivi in Lars von Tricr di Mili Romano
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Dogma 9.5
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Biografia
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Filmografia
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Bibliografia
Prefazione di Gianni Canova
Come seri/lo sull'acqua, come fallo dif/uui e di gocce. Liquido e sco"evole. Perennemente instabile, tendenzialmente mutevole. Di volta in volta trasparente o opaco, limpido o denso, il cinema di ùzrs von Trier attraversa la società dello speltacolo di fine millennio con l'energia spumeggiante di un'onda o con l'insistenza /illa di uno scroscio di pioggia. Pulisce, deterge e rinfresca, il cinema di Lars. Ma nello stesso tempo bagna, im"ta, infastidisce. Rallenta la circolazione. A volte la blocca perfino. E obbliga, in tal modo, a riconsiderare le relazioni fra spazio e tempo. A riosservare da fermi il paesaggio circostante. A sbirciare di sfuggita i volti degli altri viaggiatori (spella/ori). Colano Ira le pareli scrostate del "Regno• del cinema, i film di Lars von Trier. Si insinuano nelle crepe, scivolano negli interstizi, gorgogliano negli an• /ralli dei muri diroccati del nostro immaginario Colano, scivolano e ti1/ettano. Perché è contagioso, ti cinema di Lars. Dove passa, lascia i l segno. Diffonde virus, dogm,; stili, epidemie. Dopo il suo passaggio, nulla è pi,ì come prima: per quelli che scelgono di seguirlo e di insinuarsi con lui nel Dogma più antidogmatico della storia del cinema, ma anche per quelli che fanno fin/a di niente e che vo"ebbero liqui• darlo in /rei/a come un malanno fastidioso. Ma non si può liquidare ciò che è già da sempre liquido. Anzi:· ogni tentativo di manomissione o di esorcismo produce sui film di Lars l'effetto opposto, e li fluidifica ancora di pit). Non ci sono pitÌ alibi, dopo il cinema di von Trier. Vietalo nascondersi dietro la mancanza di soldi, l'o/lusità dei produltori, la miopia del mercato. Ma vietalo anche indossare la maschera del più sfrontato narcisismo auto• ria/e per occultare la propria (la nostra) cronica, assoluta e disarmante mancanza di idee. Lars obbliga tu/li a mostrare le carie. A parlare di cinema invece che di Autori, di film invece che di budget. Ci obbliga a ridiscutere di estetica e di poetica, di ritmi e di stil,; di necessità o di gratuità del filmare. Ci obbliga, soprallullo, a ritrovare con le immagini un rapporto appassionato e adesivo. Come quello, appunto, che ha l'acqua col mondo. O come quello che aveva, un tempo, il cinema con la vita. Cinema liquido, cinema acquatico. Come Stalker di Tarkovski, come The Night of the Huntcr di Laughton (non a caso, due dei "classici• pi,ì amati da Lars).
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Cinema che viola le norme e le regole, che non rispetta i confini. Cinema che sgocciola e filtra, cinema che deborda sempre fuori di sé. Cinema, infine, che 11011 teme di ricorrere al trucco e alla maschera, alla si• mulaiione e all'arllficio, pur di infrangere - come fanno i protagonisti di ldiots - il tranquillo Iran Iran di un mondo/cinema borghese, tanto più tronfio e spavaldo quanto più fatalmente disamorato di sé Questo libro assomiglia al cinema di cui parla. Somiglia ai film che studia, al Dogma che discute. È doppio e ambiguo come loro. Oscilla fra adesione e distacco, fra estasi e tormento. Aggredisce il cinema di Lars con la fono spumeggiante di un'onda e lo titilla come se le parole fossero gocce di pioggia. Non ci ati,ta a capire (11011 c'è quasi mai nulla da capire, ,iel cinema di Lars), ci rende visibile il nostro sentire. Non poco, per un libro di cinema. Molto, anzi. Forse perfino moltissimo: rigoroso ma 11011 pedante, innamorato ma 11011 frivolo, dogmatico ma anche scellico, è a suo modo un libro fallo nello stile del Dogma. E lo è quale che sia la decisione degli autori a proposito dell'inevitabile dilemma di ogni aspirante "dogmatico": la scelta se mettere o no il proprio nome prima del titolo in copertina.
Intervista a Lars von Trier di A. Addonizio, G. Carrara, M. De Simone, R. Lippi, E. Premuda, P. Spina, realizzata a Copenaghen il 25-26 gennaio 1999. Traduzione dall'inglese a cura di Eugenio Premuda l, Thomas Vimerbcrg, re, g.isra di Festen, primo fJm Dogma 1998.
Cominciamo con alcune domande di carattere generale per poi proseguire seguendo if,1m cronologicamente. Sono pronto. Per prima cosa, in Italia sorprende molto che in Danimarca un regista arrivi al suo primo film in giovanissima età. Pensiamo, ad esempio, al recente
esordio di Thomas Vi11terberg 1 ma anche ad altri. Tu hai iniziato a vento/lo anni. Come sei arrivato al cinema, come sei arrivalo cosl presto a girare il tuo primo film? In Danimarca abbiamo una scuola di cinema, e frequentarla è in pratica l'unico modo per entrare nei giochi dell'industria cinematografica. Credo che ne escano circa quattro registi ogni due anni o qualcosa dd genere. Abbiamo anche un onimo sistema di finanziamenti e chi finanzia i film ha una sorta di obbligo morale di sostenere almeno una parte dei registi che escono daUa scuola. Per la verità oggi non è più proprio così. Capita che si arrivi a fare un film senza frequentare la scuola di cinema, ma ai miei tempi quella era l'unica strada. Hai frequentato la scuola di cinema di Copenaghen o di un'altra città? Sì, ho frequentato il Danish Film Institute che ... non saprei come dire, ma era dawero l'unico modo per entrare nella produzione.. .è stato difficile essere ammesso. Ho provato così tante volte... E nel frallempo hai studiato qualche altra disciplina? Lel/eratura per esempio... Dato che non riuscivo ad entrare alla scuola di cinema, ho studiato al1'università per tre anni, queUa che qui da noi chiamano "Film science". In pratica si tratta di leggere un sacco di testi sul cinema e vedere molti film .. .ne ho visti dawero tanti, sapete. Cinque film al giorno. E si studiava anche teatro, drammaturgia? Sono certo che la si poteva studiare ma io non ho fatto altro che vedere film ftno a che non ho cominciato a girare le prime cose in 16mm. Giravi già in 16mm durante il pen'odo degli studi? Sì, quando ero ancora aU'università. Più tardi, dopo questi primi due film, sono andato alla scuola di cinema con l'intenzione di diventare un regista. Prima di aver frequentalo l'università e la scuola di cinema, qual'era il tuo rapporto, con l'importantissima lradhz'one cinematografica danese e più in ge-
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nera/e sca11di11ava? In Italia Cari Theodor Dreyer e gli altri registi del cinema muto danese sono delle vere e proprie leggende. Sentivi un qualche legame con quella stagione del cinema? Beh, devo dire di no per quanto riguarda l'esperienza alla scuola di cinema. Da questo punto di vista è stata una fortuna che io sia andato prima all'università. La maggior parte de!Jc persone che andava alla scuola di cinema non sembrava granché interessata aUa storia del cinema, o a cosa fosse accaduto prima, contrariamente a quanto aweniva all'università. Devo dire che sono dawero innamorato di Dreyer. Se guardate là sopra (indica lo scaffale pitì alto di 11110 libreria) potete vedere una tazza rossa, magari dovete alzarvi per vederla; quella è una tazza che apparteneva a Cari Drcyer, la usava ogni giorno, non chiedetemi perché, è una specie di. ..si è rona diverse volte e ho dOVlllO incollarla ...
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Però la tieni molto nascosta. Non possiamo vederla re non alzandoci in piedi... Oh, devo starci attento, credo di averla nascosta per via dei miei bambini, in modo che non possano raggiungerla. E ora, dopo i tuoi studi e dopo tante esperienze nel cinema, e'è 1111 nuovo rapporto, pitì sire/lo, Ira te e il cinema del passato, oppure continui a guardare avanti?
La maggior parte dei film l'ho vista quando seguivo l'università. Quelle sono, in un certo senso, le mie basi. Oggi non guardo quasi per niente film. No, mol10 di rado, ma se lo faccio si tratta urucamente di vecchi film. Non so perché, non vado al cinema, non mi piace, così vedo solo film in cassetta e, comunque, non spesso. Segui 1111 criterio particolare per scegliere quali film guardare o si /rolla di 11110 scelta casuale? Possiedo una piccola colle-,ionc di nastri. Non è una scelta casuale. Mi piacciono i vecchi grandi mm, sapete. Ho visto da poco qualcosa cli Visconti, non ricordo quale. Sì, i vecchi grandi fùm. Come sono comi11cioti i tuoi rapporti con la produzione, al /er,iline degli studi? E come vanno oro, dopo sedici anni di esperienza? All'inizio ci sono dei produttori privaii che ricevono agevolazioni dallo sraro, il che mi sembra costituisca un buon sistema. Come cercavo di dirvi prùna, è dawero facile in questo paese arrivare a debuttare. Basta fare un confronto con la Svezia dove non c'è nessun giovane regista. Il problema sta tutto nel sistema cli finanziamento, nei modi cli ottenere denaro, in quanto rischio deve correre un produttore privato. La Danimarca è veramente un buon posto per cominciare a fare cinema, e c'è dawero molta gente che riesce a girare un primo film. I problemi iniziano quando si tratta di farne un secondo. Per qualche ragione i produnori si sentono obbligati ad aver un buon numero di registi esordienti che escono dalla scuola di cinema. Peraltro mi sembra che ora le cose vadano molto bene, ci sono molti soldi che circolano nel sistema produttivo. Quando ho cominciato io sono srato dawe-
ro fortunato perché c'era un uomo, un produttore, che era davvero impopolare, non piaceva a nessuno e nessuno cercava i suoi soldi. A mc non importava chi fosse e lui non aveva nessun altro da finanziare. Perciò aveva SO· lo la mia sceneggiatura per !.:elemento del crimine e non credo neppure che gli piacesse un granché, ma ...
Com'è iniziata l'avventura con la Zentropa? Dunque, L:elemento del crimine fu selezionato a Cannes, il che fu decisamente positivo per il film. Dubito che altrimenti avrei potuto fare un aJ. tro film, che ne avrei avuto la possibilità. Invece ho potuto fare dei ftlm e ho incontrato Peter Aalbaek che è diventato mio socio. Sapete, io e Peter abbiamo fondato la Zencropa e ognuno di noi ne possiede il cinquanta per cento. Le cose vanno a meraviglia, sono produttore e adesso abbiamo ap• pena comprato degli studi. Si tratta di vecchissimi edifici, dovreste andarli a vedere ... Ci siamo stati ieri pomeriggio, sono davvero belli. Oh, ci siete stati! Si, è un gran posto.
Non è stato cost'/acile trovare la Zentropa. Per me è una grande libertà avere quel luogo un po' fuori mano. Quegli edifici così vecchi mi piacciono, tutto è un po' in rovina. Mentre se vai in uno studio cinematografico di solito ogni cosa ricorda un industria com• merciaie. Invece, laggiù, mi sento davvero bene. Spero anche che buona parte dei giovani che lavorano nell'ambiente e stanno emergendo vengano a lavorarci così da farne un l)iccolo villaggio. Al momento sei coinvolto in molte coproduzioni internazionali? Abbiamo visto che Idioti gode di finanziamenti da numerosi paesi. Sì, ma è Peter Aalbaek, che ha un vero talento per queste cose, a tenere insieme tutti questi affari. E vi occupate voi di vendere i film che producete? Sl, direi di si, anche se lascio tutti questi aspetti a Peter Aalbaek. Ci chiedevamo se sei interessato a creare una sorta di squadra di giovani registi che carallerizzino la produzione della Zentropa o se preferisci una pro, duzione più aperta. Dirci che ciò che mi interessa al momento è creare in questi studi che abbiamo comprato una specie cli luogo molto aperto. Quand'ero ragazzo abitavo vicino a degli studi cinematografici ed ero solito girarvi attorno, curiosando da dietro i cancelli. Non mi era permesso di entrare, gli studi ci• nematografici rappresentano tradizionalmente un mondo impenetrabile. Ma data questa mia esperienza e tenuto conto che con le nuove aurezzatu• re, con un computer come sapete, chiunque può fare un film, e che quindi il cinema dovrà per forza aprirsi, mi piacerebbe lavora.re in questa direzione. Stiamo progettando qualcosa su internet, e sarebbe bello se riuscissimo a creare qualcosa di molto aperto. Abbiamo molte persone che lavorano in
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quegli studi e sarebbe bello se per contrario chiunque voglia lavorarci debba frequentare un master class. Non so se sapete di cosa si tratta. Un po' come awienc per la musica classica, si tratterebbe di prendere degli studenti a piccoli gruppi, ponarli sul set e insegnare loro il mestiere; sarebbe fanta• stico se si potessero fare questi inconrri una o due volte al mese, gratuita• mente; questo è ciò che spero.
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Puoi parlarci del rapporto con i tuoi collaboratori wl set? I tuoi film sono così solidi e centrati che 11011 si può non pemare ad uno sire/lo lavoro di equipe, ad 11110 condivisione di idee. Come organiv.i il lavoro sul set? Per la verità è cambiato molto, dato che i miei primi film seguivano uno storyboord molto dettagliato. Per Europa ne avevamo uno storyboard incredibilmente voluminoso, con molteplici spunti e possibilità tutre annotate per iscritto. Mi ricordo che venne sul set Luc Besson, e si accorse che ognu• no della troupe aveva una copia di quell'enorme storyboard. Anche lui era abituato ad usare storyboard deuagliari ma li teneva per sé, come un segre• to, e mi ricordo che era piuttosto scioccato. Comunque sto solo dicendo che si trattava di un modo di lavorare diverso. Sapete, nei primi film ho lavora• to con molti ·carrelli e inquadrature complesse di ogni tipo. Ogni cosa era pianificata, lo studio era preparato in anticipo, sapevi che in quel momento dovevi girare la tale inquadratura, nell'altro la tal'altra. Quindi era senza dubbio un altro tipo di lavoro di squaclr-a rispetto a quello richiesto da Idioti che è stato completamente improwisato e andava inventato sul momento. fo un certo senso, nei miei primi lavori l'invenzione veniva prima, mentre ora le cose che faccio cerco di inventarle durante le riprese. E solo un altro modo di lavorare e non sto dicendo che non richieda un lavoro di squadra. Quindi non c'è un tuo specifico sistema nel passare dalla sceneggiatura alle riprese che sia rimasto tinmulalo nel tempo, conlillui a cambiare? Sì, sta cambiando, lo sto ancora elaborando. Hai incontrato il direi/ore della fotografia di Dreycr, Henning Bcndtsen, e hai collaborato con lu,: Com'è stata quest'espcrie11v,? Sì è vero, ho lavorato con Henning Bendrsen. Per un certo periodo mi ha anche fatto da insegnante alla scuola di cinema. E non credo proprio che ci fosse qualche srudenre alla scuola di cinema interessato a Cari Dreyer. Era molto impopolare anche in vira, quando ancora faceva film. Era molto impopolare e spesso veniva considerato troppo all'avanguardia, un tipo dif. ficile con il quale collaborare. Ma io ero sempre stato molto interessato, spe• cialmente all'ultimo film che girò, Gertrud, non so se lo conoscete. Un film che tutti odiavano perché sembra che ci vedessero dentro troppo teatro. Dunque, Henning Bendtsen fotografò quello e anche il film precedente, non mi ricordo quale fosse. Ordct Esatto, Ordct, che è un bellissimo ftlm. E quando venne alla scuola discutemmo a lungo delle key-lights, delle lampade piccolissime che non so più
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se aveva solo utilizzato o se addirittura le avesse inventate. Con quelle luci ogni cosa andava pianificata e c'era una luce diversa per ogni singolo attore. Era estremamente complicato. In Gertrud c'era un lungo carrello, per il quale il sistema