Il consolidamento delle strutture murarie

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INDICE

INDICE DEGLI ARGOMENTI

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Degrado delle strutture murarie e loro consolidamento

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Consolidamento del Palazzo del Monte Frumentario ad Assisi (PG) Consolidamento della chiesa di S. Vito a Morsasco (TO)

Ristrutturazione di un edificio da adibire a pinacoteca e gipsoteca (CZ) Consolidamento del Castello di Lombardia (EN)

Recupero del convento di S. Domenico di S. Giorgio a Morgeto (RC) Consolidamento delle volte di Palazzo Roccella (NA) Consolidamento del Ponte San Gallo (VE)

La durata dei materiali compositi: l’esperienza di più di 20 anni di Kimia Referenze di lavori effettuati

Questo quaderno fa parte di una collana editoriale sviluppata da KIMIA S.p.A. con lo scopo di illustrare a professionisti ed operatori del settore le referenze maturate nei campi di intervento che caratterizzano la sua produzione. In particolare vengono qui illustrati alcuni dei lavori effettuati nell’ambito del ripristino e del consolidamento strutturale con materiali compositi. E’ un settore questo nel quale KIMIA S.p.A. opera già dalla fine degli anni ’70 e sui quali può vantare referenze relative a opere significative sia per dimensione che per importanza storica. Su tali interventi KIMIA S.p.A. ha svolto un’attività di monitoraggio e verifica della durabilità, in collaborazione con enti di ricerca, in modo da garantire ai progettisti l’efficienza e la durata dimostrata dagli interventi effettuati da oltre venti anni. Kimia ringrazia tutti i progettisti che hanno collaborato alla stesura di questo quaderno mettendo a disposizione il loro materiale. KIMIA S.p.A. attesta la qualità dei propri materiali grazie al proprio Sistema di Qualità UNI EN ISO 9001:2000 ed alle certificazioni ottenute dai propri prodotti presso Istituti di Ricerca e Laboratori universitari. In particolare i compositi prodotti da KIMIA S.p.A. sono stati testati tra l’altro secondo le normative americane ASTM presso il Dipartimento di Analisi ed Ingegneria Strutturale dell'Università di Napoli Federico II, in conformità al documento CNR-DT 200/2004.

DEGRADO DELLE STRUTTURE MURARIE Il nostro patrimonio costruttivo appare costituito per la quasi totalità da edifici a struttura muraria, realizzati con laterizi, conci lapidei a seconda delle diverse aree geografiche e dei diversi periodi storici. Nonostante i numerosi eventi sismici che hanno interessato il nostro paese molti di questi edifici, soprattutto a carattere monumentale, sono rimasti a testimoniare la perizia dei costruttori. Accortezze costruttive tramandate oralmente e materiali di buona qualità hanno permesso a questi edifici di rimanere fino ai nostri giorni e di dimostrare la loro piena adeguatezza statica. Ma a fianco di questi, esiste un vasto panorama di edifici per i quali questa sapienza non è stata utilizzata. Le condizioni di povertà che caratterizzavano aree del nostro paese nei secoli passati hanno determinato la presenza di un vasto patrimonio con forti elementi di debolezza, tragicamente dimostrata a seguito dei vari eventi sismici susseguitisi. Questa debolezza è spesso aggravata dalle trasformazioni subite nel tempo. Gli ampliamenti e le trasformazioni necessarie per adattare gli edifici ad usi sempre diversi (accrescimenti, superfetazioni, ampliamenti planimetrici, aperture nelle murature portanti), hanno determinato ulteriori e più pesanti livelli di vulnerabilità, spesso aggravati anche da una ridotta manutenzione. La buona qualità delle murature e degli ammorsamenti, l'uso d’architravi d’adeguata rigidezza, la realizzazione di un comportamento scatolare tramite catene e cerchiature, raramente si trovano nell’edilizia storica minore, e pertanto si pone la necessità di intervenire con presidi e opere atte a garantire adeguati livelli di sicurezza alle persone che vivono in queste strutture. Ma non solo l’edilizia minore presenta i caratteri di vulnerabilità prima descritti. Anche le strutture monumentali spesso presentano elementi di debolezza legati alle offese subite nel tempo. I dissesti subiti durante i terremoti storici, ad esempio, ci hanno restituito manufatti dal comportamento strutturale diverso rispetto a quello antecedente all’evento, con lesioni nella muratura, ferite che non sono mai state completamente cancellate ed alle quali oggi occorre porre rimedio. La scarsa regolarizzazione dei blocchi lapidei che costituiscono la muratura, i ridotti collegamenti tra i paramenti murari, sono alcuni degli elementi più frequenti e che rendono maggiormente vulnerabili alcuni edifici del passato. A queste mancanze si può dare risposta con tecniche tra loro differenti, volte a ristabilire la connessione tra paramenti o a contrastare l’eventuale spinta che potrebbe derivare da una sollecitazione sismica o a fornire maggiore resistenza a taglio a murature di scarsa fattura. Le tecniche “tradizionali” per ristabilire la connessione tra paramenti oramai sono sufficientemente consolidate e parte del patrimonio di ogni costruttore: cuci e scuci, cuciture armate, incatenamenti. Anche le tecniche di intervento utili a migliorare la resistenza a taglio della struttura muraria sono oggi sufficientemente consolidate. Tra queste, quella che ha dimostrato la maggiore efficienza, con sperimentazioni che si susseguono dai primi anni ’80, è l’iniezione nelle murature di malta. La tecnica consiste nel riempire i vuoti lasciati dalla malta originaria o causati da dissesti con l’iniezione (6-8 fori/m2 di parete) di nuova malta in modo da ripristinare la sua azione di regolarizzazione e collegamento tra i blocchi costituenti la tessitura muraria. L’iniezione permette di omogeneizzare il comportamento della muratura andando a saturare le cavità e ripristinando la continuità del materiale ed innalzando come conseguenza la resistenza a taglio.

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Quale che sia l’intervento, per la sua riuscita è necessario sempre utilizzare materiali sufficentemente sperimentati in modo da avere garanzie sulla loro idoneità. In particolare le malte, elemento fondamentale di ciascuno di questi interventi, devono essere appositamente formulate e risultare compatibili con il supporto in termini meccanici e fisici. I requisiti che devono possedere queste malte sono resistenze meccaniche comparabili con i materiali originari, l’assenza di sali solubili in modo da non apportare danni ad eventuali affreschi presenti e una formulazione tale da rendere necessario il contenuto di acqua minimo per l’idratazione in modo da non alterare lo stato igroscopico delle murature. Nel caso specifico delle malte da iniezioni, altro requisito è la facile iniettabilità in modo da poter riempire efficacemente i vuoti e gli interstizi presenti nella muratura, ristabilendo la continuità meccanica e riducendo gli stati tensionali localizzati. A fianco alle tecniche tradizionali, l’applicazione dei materiali compositi agli edifici in muratura rappresenta oggi un promettente campo operativo per il consolidamento ed il miglioramento e/o adeguamento sismico. Tali materiali, dotati di eccellenti caratteristiche di resistenza a trazione, consentono di porre agevolmente rimedio a situazioni precarie che interessano sia le strutture di elevazione che le strutture orizzontali, consentendo, a differenza di interventi realizzati con materiali tradizionali, ridotta invasività, in quanto permettono di mantenere pressoché inalterate le dimensioni degli elementi precedenti. I materiali compositi sono risultati efficaci in una vasta serie di applicazioni e con il tempo un numero sempre maggiore di tecniche di intervento prima realizzate con il cemento o l’acciaio trovano questi materiali come validi sostituti. Il campo nel quale questi materiali più di 20 anni fa hanno trovato le prime applicazioni è quello del consolidamento e del miglioramento alle azioni sismiche di strutture voltate. Molto spesso a seguito di eventi come cedimenti fondali, un sisma o semplicemente per un non adeguato progetto della struttura stessa, le volte sono interessate da stati deformativi che le portano a perdere l’originaria capacità di resistenza per forma. Con la deformazione la curva delle pressioni, la quale dovrebbe essere contenuta all’interno dell’arco stesso si sposta dando luogo a punti di cernierizzazione pericolosi per la stabilità della volta stessa. Per dare risposta a questi problemi la tecnica che nel passato ha trovato più frequentemente applicazione è stata quella della realizzazione di una cappa armata. Ma le problematiche di compatibilità igrometrica date da questo tipo di interventi e la scarsa compatibilità dei materiali usati (cemento) hanno portato allo sviluppo sempre maggiore di interventi con materiali compositi. Gli interventi realizzati per il consolidamento delle volte con i materiali compositi già dalla fine degli anni ’70 da KIMIA, consistono nell’applicazione (generalmente all’estradosso) di fasciature spaziate tra di loro in modo da dare capacità di resistenza a trazione ed impedendo quindi come conseguenza la formazione di cerniere o l’ampliamento delle fessure esistenti. Operando in questo modo si imita un modo di costruire le volte che si trova nelle volte in foglio, volte di esiguo spessore, nelle quali si trovano spesso nervature disposte perpendicolarmente alle generatrici con il chiaro compito di irrigidire la volta e di migliorarne le capacità portanti, aumentandone localmente lo spessore. Si ottengono così strisce di volta che,in caso di perturbazioni del normale stato di equilibrio, hanno una maggiore probabilità di contenere nel proprio spessore il poligono funicolare. Anche per le strutture di elevazione i materiali compositi sono risultati efficaci in una vasta serie di applicazioni. Ad esempio, a seguito della dimostrazione che i materiali compositi sono risultati utili per l’ottenimento di un incremento della resistenza a compressione su pilastri in CA, anche per pilastri in muratura si è diffuso l’uso della fasciatura laterale con azione di confinamento, ottenuta mediante l’applicazione in forma continua di un nastro tesato durante l’applicazione. 2

Per il dimensionamento di questi interventi, riferendosi a [Borri,Grazini, 2004] ai quali si rimanda per ulteriori approfondimenti, si può ipotizzare che, nel caso si consideri la modalità di collasso per rottura della fibra, il carico ultimo può essere espresso come: Nu= A*(fmd0+2klkekgρrfu) Dove A = area della sezione, fu tensione di progetto del nastro applicato e ρr rapporto meccanico di armatura = t/b (t spessore del nastro; b dimensione caratteristica della sezione). kl= 2.4* (f’l/fmd0)^(-0.17) [i coefficienti indicati sono stati proposti dagli autori citati] f’l=ke*fl con ke coefficiente di forma (1 per colonne circolari, 0.687 per pilastri quadrati a spigoli arrotondati e 0.476 per pilastri quadrati a spigoli non arrotondati) kg = 1 per colonne circolari e pilastri quadrati ad angoli smussati; 0.71 per pilastri quadrati ad angoli non smussati. Nel caso in cui si voglia invece l’epressione del carico ultimo per collasso dell’elemento murario si può assumere: Nu= A* fmd0 *(1+2klkekgv0ρrn) dove v0 = 0.7 e n = Ef / Ee (rapporto di omogeneizzazione tra i due materiali) Altra applicazione che oggi sta trovando sempre maggiore diffusione riguarda gli interventi, precedentemente realizzati con opere in CA o acciaio, che mirano a porre rimedio ai possibili meccanismi di collasso delle strutture murarie, ed in particolare il ribaltamento semplice, la flessione verticale e la flessione orizzontale. Per ciascuno di questi sono oggi possibili soluzioni di rinforzo con materiali compositi competitive rispetto alle soluzioni tradizionali. Il meccanismo di collasso che più frequentemente è necessario eliminare è quello di ribaltamento semplice. Il cinematismo che avviene interessa il pannello murario, il quale, in assenza di adeguate legature alle pareti perpendicolari, può, per l’effetto di un sisma, ribaltarsi rigidamente rispetto ad una cerniera cilindrica alla base. Un presidio con nastri in FRP può essere una efficace alternativa all’incatenamento con tiranti in acciacco e consiste semplicemente nell’inserimento di uno o più nastri orizzontali incollati nella parte sommitale della parete in oggetto, girati sulle pareti ortogonali, se possibile, ed ancorate meccanicamente ad esse. Il dimensionamento può essere effettuato considerando che la forza di trazione che il tessuto in FRP deve essere in grado di contrastare è pari a F=(P/2)*(Cr-b/h)+N(Cr-di/h) Dove: P = peso proprio della parete; N = carico verticale; Cr = coefficiente di collasso; b = base della parete; h = altezza della parete; di = distanza d’applicazione del carico N dal bordo estremo della parete. E quindi lo spessore di tessuto necessario è pari a: tf= F/(bn*ffd) dove bn è l’altezza del tessuto e ffd è la resistenza a trazione di progetto. Nella figura a fianco è indicata la simbologia adottata. Altra applicazione riguarda il rinforzo a flessione per azioni ortogonali al piano. La presenza in sommità di dispositivi di connessione tra pareti tende a impedire meccanismi di collasso per ribaltamento analoghi a quelli sopra descritti, ma non è infatti in grado di impedire la formazione di una cerniera ad una certa altezza del pannello murario (flessione verticale), dovuta al fatto che la muratura è in grado di sopportare sollecitazioni flessionali solo in virtù della presenza di un sforzo assiale, capace di mantenere i centri di pressione all’interno della sezione. 3

L’uso di FRP consente di by-passare questa deficienza fornendo alla muratura la capacità di resistere a sollecitazioni flessionali, assorbendo su di se gli sforzi di trazione e consentendo quindi la presenza di carichi eccentrici. Per il dimensionamento si può considerare che la massima forza di trazione agente sui nastri in zona tesa è data da: S= (c*(P*h1*h2)/(2*h*B))-(P+N)/2 Dove l’altezza della cerniera h1 si rivava da: h1= (h*((2*(P+N)/N)^0.5)/ (1+((2*(P+N)/N)^0.5)) Il significato dei simboli è indicato nella figura in basso. Altro cinematismo di collasso di edifici in muratura è quello dovuto a flessione orizzontale. Questo si presenta quando il collegamento tra il pannello murario e le murature perpendicolari si presenta efficace, (altrimenti si avrebbe ribaltamento) ed il pannello murario tende ad assorbire la spinta di eventuali archi o degli elementi di copertura con una flessione sul proprio piano. L’applicazione di FRP consente di contrastare questo meccanismo trasformando la sezione resistente orizzontale del pannello da arco compresso a trave con sezione composta (muratura-FRP). L’azione delle fibre , è diretta in direzione tale da produrre un momento stabilizzante opposto rispetto a quello provocato dalle forze inerziali di origine sismica. Per il dimensionamento si può considerare che la forza di trazione sul nastro è pari a: S= d[(1/L)* Σ Fi*(L-Li)+(p/2)*(L-d)]/s Dove : p (carico orizzontale distribuito) = c * γ (peso spec. Muratura) * s(spessore muratura) * b (altezza della porzione di muratura coinvolta nel cinematismo=h per pannelli con aperture e h/2 per pannelli privi di aperture). Mentre d,L,Li,Fi, hanno il significato indicato nella figura in fondo. Altra applicazione promettente e similare in alcuni aspetti all’intervento precedentemente descritto è il rinforzo dei pannelli murari in modo da migliorarne la resistenza a taglio e nel contempo attuare una azione di confinamento. Si tratta di una tecnica alternativa all’iniezione di murature con malte speciali e che prevede la realizzazione sulle due facce del pannello murario di fasce realizzate con materiali compositi. Le fasce disposte a costituire un reticolo resistente e collegate con connettori trasversali (posti nello spessore della muratura) hanno il compito di assorbire su di se parte dell’azione tagliante che avrebbe interessato il pannello permettendo di ottenere quindi un rinforzo delle strutture stesse. Questa tecnica viene efficacemente applicata a strutture snelle (es. campanili) in quanto permette di realizzare anche una efficiente azione di confinamento e legatura delle membrature murarie. Altra tecnica promettente riguarda la realizzazione di cordolature in materiali compositi. L’analisi delle strutture murarie di un edificio in muratura mostra chiaramente come se da un lato i singoli elementi murari sono generalmente in grado di fornire elevate resistenze ai carichi verticali e discrete resistenze ad azioni nel proprio piano, dall’altra risultano fortemente vulnerabili ad azioni ortogonali al proprio piano. Questi effetti possono essere efficacemente contrastati se le singole pareti sono adeguatamente vincolate e per questo si è fatto diffusamente ricorso alle cordolature in cemento armato. Tali cordolature, se ben realizzate, se efficacemente legate alla muratura sottostante e se la muratura è di buona qualità, risultano un presidio efficace. Tuttavia se manca uno degli elementi prima citati (scarsa qualità muraria o inefficace legatura...) questi elementi possono essere non solo inefficaci, ma essi stessi causa di gravi danni alle strutture murarie. Per tale motivo oggi è possibile sostituire le cordolature in CA con cordolature realizzate con materiali compositi ponendo elementi in laterizio sfalsati tra di loro a più strati ed interponendo tra questi strati di materiale composito. La struttura derivante equivale ad una trave lamellare in grado, se adeguatamente vincolata, di svolgere una funzione analoga a quella delle cordolature in CA ma risultando meno invasiva del cemento stesso. 4

CONSOLIDAMENTO DEL PALAZZO DEL MONTE FRUMENTARIO AD ASSISI (PG) ANNO 2004 Committente: Comune di Assisi Progettazione e D.L.: Ing. R. Vetturini (www.riccardovetturini.com) Analisi strutturali: Ing. R. Vetturini Impresa esecutrice: Alto s.c.a.r.l.

IL PALAZZO DEL MONTE FRUMENTARIO A seguito dei danni causati dagli eventi sismici del 26 settembre 1997 e delle successive scosse il palazzo del Monte Frumentario in Assisi ha subito danni per i quali è stato necessario intervenire con opere di consolidamento. Il progetto di consolidamento e restauro statico ha mirato a ripristinare le condizioni di agibilità dell’intero edificio eseguendo un intervento di miglioramento sismico delle strutture nel rispetto della valenza architettonica ed artistica del bene. Il progetto di recupero va al di là del semplice recupero strutturale e secondo gli intendimenti della stazione appaltante, procede alla rifunzionalizzazione di un palazzo monumentale destinandone gli spazi a servizi connessi con l’attività Universitaria. La costruzione è del tredicesimo secolo ed assunse subito la funzione di ospedale, uno dei primi ospedali pubblici creati in Italia, proposto dai rettori delle Arti e dai consoli della Mercanzia in luogo di “casalini e ruderi” di loro proprietà. Dal XIII° secolo, progressivamente, la struttura subì degli ampliamenti e delle sopraelevazioni fina alla quota di via S. Francesco dove fu creato il porticato di ingresso costituito da sette arcate a sesto ribassato sorrette da piccole colonne munite da capitelli compositi. La parete di fondo del portico presenta affreschi di scuola giottesca; in adiacenza del porticato vi è la Fonte Oliviera attribuita a Galeazzo Alessi. Contigua al fronte su via Fontebella si prospetta la Fonte Marcella sormontata da un fastigio con lo stemma di papa Paolo IV. Il “Monte Frumentario” vero e proprio, come Istituto, fu creato nel secolo XVII. Esso, al contrario del Monte di Pietà che effettuava il prestito di monete, si adoperava per quello del grano e di altri prodotti della terra. Naturalmente il prestito avveniva con il sistema del pegno. L’attività del “Monte Frumentario” si protrasse, con alternative vicende, fino al 1924. 5

CONSOLIDAMENTO E RESTAURO STATICO DEL PALAZZO DEL MONTE FRUMENTARIO AD ASSISI (PG)

Dopo questa data (anni ’50) i locali furono adibiti a sala cinematografica ed in parte ad uso scolastico. Attualmente il complesso ospita nei locali dell’ ex. “Monte Frumentario” (di proprietà privata) una esposizione di oggetti di antiquariato e negozi di souvenir. I locali sottostanti (ex ospedale degli Esposti) sono stati adibiti, ultimamente, ad abitazioni, archivio di Stato, magazzini e laboratori artigianali. LO STATO DI FATTO DELLE STRUTTURE Il palazzo del Monte Frumentario è un complesso monumentale che nel corso dei secoli ha subito molteplici trasformazioni, ampliamenti e sopraelevazioni. Una delle particolarità dell’edificio è la forte differenza di quota che esiste tra la zona di monte (+18.80m) e quella di valle (0.0m). A monte l’ingresso principale al palazzo è in via S. Francesco, mentre a valle il prospetto si affaccia su via Fontebella con l’immagine caratteristica del palazzo che appare come una “Torre” che si eleva fino a circa 28m di altezza. L’edificio è particolarmente articolato sia in pianta ma soprattutto in altezza. L’ultima sopraelevazione dell’edificio, che ha portato alla configurazione architettonica attuale ha trascurato in parte gli allineamenti murari sottostanti. Si rilevano pertanto alcune pareti in falso su volte, spessori murari che subiscono forti rastremazioni. E’ questa la condizione statica in cui si trova la parete che chiude il fianco destro (guardando da valle) della navata presente all’ultimo livello del palazzo. Un altro elemento di grave vulnerabilità dell’edificio è la scarsa presenza di setti murari trasversali. In particolare all’ultimo livello, laddove per altro si riscontra un maggiore grado di dissesto, sono presenti ampie sale le cui murature sismo resistenti sono presenti solo lungo il perimetro esterno. Le manomissioni e gli interventi di trasformazione sono causa della scarsa ammorsatura delle connessioni d’angolo e degli incroci in particolare modo nell’ultimo livello. Le lesioni ed i dissesti presenti nell’edificio sono per la quasi totalità riconducibili all’evento sismico verificatosi il 26 settembre 1997 e successive scosse. Sulla base dei sopralluoghi, dell’esame a vista delle lesioni e dei saggi effettuati sulle murature, è possibile delineare un quadro generale delle condizioni di danneggiamento del fabbricato nel suo complesso, anche se esistono alcune aree dell’edificio che con maggior evidenza denunciano lesioni e fessurazioni di rilievo. Il dissesto di maggior entità e certamente più pericoloso per lo stato di conservazione delle strutture murarie è il danneggiamento dell’ultimo livello dell’edificio. Ampie lesioni interessano la facciata di valle e la quasi totalità degli archi che coprono l’ampio salone. In corrispondenza degli archi in pietra sono fuoriuscite dalle sedi d’appoggio le travature lignee di copertura. Le scosse sismiche del 26 settembre 1997 e successive hanno seriamente provato le strutture murarie evidenziando i difetti strutturali della fabbrica: in particolare l’evoluzione costruttiva che caratterizza fortemente l’edificio. In corrispondenza del salone centrale del piano secondo le fessure interessano le volte del soffitto scendendo fino ad interessare le pareti murarie. La quasi totalità degli architravi manifesta segnali di dissesto. La parete di facciata del prospetto di ingresso non è particolarmente danneggiata, sebbene lesioni di ampiezza capillare si delineano ad andamento diagonale in corrispondenza delle fasce murarie sopra e sotto le aperture. Queste fessure attraversano integralmente lo spessore murario e in parte interessano affreschi di notevole pregio artistico. LE CAUSE DEL DISSESTO Dall’analisi della tipologia del dissesto e correlando questa con la configurazione strutturale dell’edificio è possibile risalire alle cause del danneggiamento, individuare gli elementi che determinano la vulnerabilità dell’edificio e stabilire i “rimedi” nel rispetto della valenza architettonica e monumentale del bene. 6

CONSOLIDAMENTO E RESTAURO STATICO DEL PALAZZO DEL MONTE FRUMENTARIO AD ASSISI (PG)

Il dissesto congruente con le lesioni presenti all’ultimo livello è riconducibile alla tendenza ad “aprirsi” della scatola muraria; in particolare le forti modificazioni che l’edificio ha subito nel corso dei secoli hanno delineato un complesso strutturale particolarmente disarticolato. Il palazzo è caratterizzato da sovrapposizioni murarie che hanno in parte trascurato il percorso delle sollecitazioni ed eventuali concentrazioni di tensione. La vulnerabilità dell’edificio è di particolare rilievo anche in relazione alla morfologia plano-altimetrica del palazzo. L’ampio salone dell’ultimo livello di forma rettangolare allungata, è praticamente privo di setti trasversali capaci di assorbire la componente orizzontale delle azioni sismiche. Lo stesso salone è caratterizzato da una serie di archi in pietra a sostegno delle coperture che incrementano la probabilità di collasso per rotazione dei paramenti verso l’esterno. La fabbrica è caratterizzata dalla forte differenza di altezze del prospetto di valle, (alto ben 28m) rispetto il prospetto di monte (circa 6m). Una così forte diversità tra le rigidezze e tra le condizioni al contorno che condizionano le singole porzioni dell’edificio, sono un elemento di notevole vulnerabilità dell’edificio a fronte di eventi sismici. IL PROGETTO DI CONSOLIDAMENTO E L’INTERVENTO Gli interventi effettuati hanno mirato a ridurre la vulnerabilità dell’edificio nel suo complesso nel rispetto della valenza artistica e architettonica del monumento. L’intervento prioritario per il ripristino delle condizioni strutturali e di danno che l’edificio manifestava è stato la sistematica disposizione di tiranti metallici che hanno permesso di eliminare la probabilità di collasso per rotazione verso l’esterno delle pareti di facciata. Le “catene” hanno permesso infatti di collegare le opposte pareti e al tempo stesso di inserire nella fabbrica un utile dispositivo resistente a trazione capace di assorbire lo stato di tensione conseguente alle azioni sismiche. Si è ritenuto necessario procedere alla riduzione delle masse strutturali, ed al consolidamento delle volte che coprono livelli più alti. Si è quindi incrementata la resistenza specifica dei setti murari procedendo al consolidamento dei maschi murari mediante iniezioni di calce idraulica. IL CONSOLIDAMENTO DELLE VOLTE A seguito dell’esteso intervento di incatenamento delle masse murarie il progetto ha mirato a ridurre le masse strutturali gravanti al di sopra delle volte in modo da garantire la riduzione delle masse strutturali che in fase sismica incrementano proporzionalmente le azioni inerziali orizzontali. Si è rimosso il materiale incoerente presente al di sopra delle volte. Si è quindi applicata sulla superficie da trattare la resina sintetica consolidante bicomponente in dispersione acquosa Kimicover Fix con un consumo minimo di 0,3 kg/mq. Si è steso a spatola l’adesivo epossidico tixotropico a due componenti esente da solventi tipo Kimitech EP-TX con un consumo minimo di 3,5 kg/mq. con funzione di livellare la superficie da rinforzare e di creare uno strato adesivo per la successiva applicazione del rinforzo. Si è quindi applicato a fresco il tessuto di armatura bidirezionale KIMITECH ST160 (diviso in due in modo da ottenere nastri da 50 cm di larghezza). Il tessuto è stato steso con rullo o spatola nella direzione di progetto ed incorporato nella massa resinosa facendo attenzione a non creare bolle d’aria. Successivamente è stato impregnato a fresco il tessuto in fibra di carbonio con resina epossidica bicomponente fluida priva di solventi ed a bassa viscosità Kimitech EP-IN. Il prodotto è stato applicato a pennello o rullo in più mani e lentamente in modo che l’impregnazione del tessuto fosse completa. A lavoro ultimato il rinforzo è stato rasato per l’applicazione dei frenelli. Il ripristino del piano orizzontale di calpestio è stato realizzato sui frenelli con un tavellonato e una soletta di completamento. A tale soletta è affidato il compito di ricondurre le azioni ortogonali alla parete ai setti disposti trasversalmente; in sostanza alla soletta è affidato il compito di controventamento del piano orizzontale. 7

CONSOLIDAMENTO E RESTAURO STATICO DEL PALAZZO DEL MONTE FRUMENTARIO AD ASSISI (PG)

IL CONSOLIDAMENTO DELLE MURATURE CON INIEZIONI E INTERVENTI DI CUCI E SCUCI Il progetto ha mirato a incrementare la resistenza specifica dei setti murari procedendo al consolidamento dei maschi murari mediante iniezioni di calce idraulica per saturare i vuoti all’interno degli ampi spessori murari. L’intervento è stato effettuato pulendo e mettendo a vivo il paramento murario e procedendo alla successiva stuccatura di tutte le lesioni e fessure esistenti nella muratura con malta pronta all’uso composta da calce idraulica pozzolanica ed inerti silicei Limepor MT. Si è quindi effettuata la perforazione orizzontale in corrispondenza dei giunti di malta della muratura con sonde diamantate a rotazione per evitare pericolose vibrazioni. Le perforazioni sono state in media di nr 4 a mq. con un diametro di 20-24 mm. tale da garantire una saturazione omogenea della muratura. Si sono quindi posizionati nelle perforazioni eseguite i tronchetti di rame (iniettori). E’ stata effettuata la sigillatura con malta pronta all’uso composta da calce idraulica pozzolanica ed inerti silicei Limepor MT. Successivamente è stato effettuato un accurato lavaggio interno della muratura con acqua in leggera pressione attraverso gli iniettori di rame precedentemente posizionati procedendo dall’alto verso il basso. A questo punto si potuto procedere alla Iniezione con idonee attrezzature di miscela da iniezione pronta all’uso costituita calce idraulica pozzolanica e filler carbonatico Limepor 100. La miscela è stata iniettata a pressione variabile fra 3-4 atmosfere cominciando dal basso e procedendo verso l'alto, fino alla completa saturazione della muratura. Terminato il lavoro di iniezione, sono stati rimossi tutti gli iniettori e sono stati chiusi i fori risultanti con malta pronta all’uso composta da calce idraulica pozzolanica ed inerti silicei Limepor MT. A questo lavoro sono state associate anche perforazioni armate in modo da migliorare le connessioni d’angolo in corrispondenza degli angoli e incroci che a seguito delle modifiche realizzate nel corso dei secoli apparivano frequentemente prive di “morse” in pietra efficaci e sufficientemente profonde. Il completamento della bonifica del complesso murario ha previsto il ripristino della continuità della muratura pertanto, là dove esistevano lesioni di ampiezza millimetrica o superiore sono state sufficienti iniezioni di calce idraulica, mentre nei casi di maggior dissesto, là dove le lesioni interessavano anche i conci della muratura sono stati eseguiti interventi di cuci-scuci. Anche per tali interventi si è prevista una modalità di intervento che preservasse i decori sulle pareti. E’ stata effettuata inoltre la chiusura di vani o nicchie per dare maggiore continuità alle strutture murarie tuttavia, al fine di assicurare la salvaguardia di elementi architettonici di rilievo, cornici, bugnati ecc., la chiusura non è stata effettuata per l’intero spessore ma arretrando di circa 10 cm o più per conservare la lettura del manufatto originario. L’intervento in oggetto è stato effettuato realizzando la scucitura della muratura interessata mediante l'asportazione dei suoi elementi degradati e/o lesionati, ivi compresa la malta di allettamento esistente e tutto quanto potesse pregiudicare le applicazioni successive. Si sono ricostruite le parti rimosse impiegando elementi ammorsati alla vecchia struttura in ambo i lati, lasciando, tra la vecchia e la nuova struttura, lo spazio necessario all'inserimento forzato di appositi cunei in legno. Per la posa si è utilizzata una malta realizzata mediante l’impiego di legante costituito da calce idraulica pozzolanica Limepor LGS ed inerti lavati di granulometria 0-5 mm. con un dosaggio di 500 kg/mc. Ad avvenuto ritiro della malta, si è proceduto nella realizzazione del collegamento tra la vecchia e nuova struttura, rimuovendo i cunei in legno ed inserendo al loro posto elementi posati con la malta di cui sopra. La stilatura dei giunti della muratura realizzata, è stata eseguita con malta confezionata con l’impiego di legante costituito da calce idraulica pozzolanica tipo Limepor LGS impastato in cantiere con acqua potabile ed inerti lavati di granulometria 0-5 mm. con un dosaggio di 500 kg/mc. 8

CONSOLIDAMENTO DELLE VOLTE IN PIETRA DELLA CHIESA DI S. VITO A MORSASCO (AL) ANNO 2002 Committente: Parrocchia di S. Bartolomeo Apostolo Progettazione e D.L.: Studio ARC “Architettura Restauro Conservazione” Acqui Terme (AL) Arch. A.B. Caldini, G. Finocchiaro coll. Arch T. De Iaco Impresa esecutrice: N.T.E. S.A.S. Villanova M.VI' (CN) - N. SCIAMMACCA Visone (AL)

LA CHIESA DI SAN VITO A seguito dell’evento sismico del 21 agosto 2000 la chiesa romanica di San Vito a Morsasco (AL) ha riportato danni tali da indurre le autorità competenti a sollecitare un intervento urgente di miglioramento sismico. La chiesa risale al periodo alto-medievale ma non esistono dati certi sul periodo esatto di realizzazione. Dallo schema planimetrico dell’edificio, e ancora di più dalla lettura della tessitura muraria degli alzati, è possibile dire che le fasi principali di trasformazione di questo organismo architettonico sono state almeno quattro. La parte certamente più antica è quella dell’abside semicircolare e di parte della muratura dell’aula: si tratta, infatti, della struttura di una prima piccola chiesa costruita con conci parallelepipedi in pietra arenaria, squadrati con scarsa precisione e posti in opera regolarmente a corsi orizzontali. Il passaggio alla seconda fase è determinato dal crollo improvviso dell’aula e dalla sua ricostruzione, con il prolungamento delle pareti laterali: questa fase è facilmente leggibile sul tessuto murario nelle saldature tra la parte originaria e le aggiunte successive. In questo caso, diversamente dalla fase precedente, la muratura in arenaria è però costituita da conci grossolanamente spaccati e disposti in modo più irregolare. E’ presumibile che tale fase risalga ad un periodo antecedente il 1585. anno in cui il visitatore apostolico Mons. Montiglio - Arcivescovo di Amalfi e Vescovo di Viterbo - ordinò alla comunità di Morsasco il restauro del tetto, del pavimento e l’imbiancamento delle murature dell’edificio: «Si restauri […] nel Tetto, nel pavimento et nelle mura, imbiancandole tutti». La costruzione del portico per dare riparo ai contadini della zona segna il passaggio alla fase successiva. Questa volta la fonte va ricercata nel libro dei Convocati e dei Causati di Morsasco (Libro II, dal 1692 al 1706), dove risulta conteggiata la spesa per l’acquisto di n.200 coppi destinati a coprire il tetto del portico. La tecnica costruttiva di questa terza fase prevede una muratura realizzata in pietra arenaria del posto, grossolanamente spaccata e posta in opera a corsi orizzontali irregolari. La volta del portico è a vela, costituita da mattoni posti di foglio e con i pennacchi irrobustiti utilizzando mattoni messi a coltello. 9

CONSOLIDAMENTO DELLE VOLTE IN PIETRA DELLA CHIESA DI S. VITO A MORSASCO (AL)

La costruzione del campanile e la modifica della copertura interna dell’aula, che richiese il tamponamento delle vecchie bucature e l’inserimento delle catene negli archi che delimitano le tre volte a crociera, risalgono quasi certamente ad un periodo successivo (attorno alla metà del XVIII secolo). Dalla lettura delle fonti d’archivio emerge, infatti, che a partire dal 1762 nella chiesa vennero eseguiti importanti interventi di manutenzione (visto l’avanzatissimo degrado) tra i quali proprio quelli relativi alla costruzione della nuova copertura dell’aula. A questa data risulta, inoltre, che il campanile era già stato costruito. All’interno dell’edificio, nell’emiciclo absidale, si conservano due importanti affreschi di autore ignoto, risalenti entrambi al XV secolo: si tratta di una Crocifissione, collocata nella zona centrale dell’abside e di una Madonna in trono con bambino, collocata sulla parete di sinistra.

IL PROGETTO DI CONSOLIDAMENTO A seguito dell’evento sismico l’edificio è stato sottoposto ad una serie di indagini diagnostiche finalizzate a valutare l’effettivo stato di conservazione della fabbrica. Si sono effettuate in particolare prove dinamiche sui tiranti, prove soniche sulla muratura, esami endoscopici e monitoraggi termoigrometrici. Si sono riscontrate in particolare lesioni lungo i meridiani del catino absidale. L’emiciclo murario dell’abside presentava inoltre diverse fessurazioni alcune dell’ordine di un paio di centimetri. La lesione più estesa era quella centrale, difficilmente valutabile a livello dimensionale, essendo stata in passato risarcita con una stuccatura cementizia; tuttavia per effetto del sisma si è riaperta, come testimonia il divaricamento dei lembi di intonaco in corrispondenza dell’affresco. L’elemento lapideo verticale sul lato sinistro della bucatura presentava una serie di lesioni verticali che sembravano indicare un meccanismo di schiacciamento. Il progetto di consolidamento strutturale ed antisismico dell’abside della Chiesa di San Vito ha avuto come scopo principale quello di rendere agibile e staticamente sicuro l’immobile danneggiato dall’evento sismico del 21 agosto 2000. L’intervento ha riguardato unicamente la zona absidale che a seguito del sisma è risultata maggiormente compromessa, anche se l’intera fabbrica necessiterebbe di ulteriori interventi di restauro statico versando in condizioni di particolare disagio. I lavori hanno riguardato principalmente il consolidamento del catino absidale all’estradosso per contrastare eventuali cinematismi. L’intervento di consolidamento è stato eseguito utilizzando materiali compositi. In particolare la direzione lavori ha disposto l’inserimento di fasce di carbonio (Kimitech CB 320) sovrapposte e in doppio strato, lunghe circa 50 cm a seguire il profilo curvo della volta con l’aggiunta di due ulteriori fasce di rinforzo in direzione ortogonale alla precedente come rinforzo trasversale. La realizzazione dell’intervento ha previsto le fasi di seguito descritte. In primo luogo si è applicata sulla superficie da trattare la resina sintetica consolidante bicomponente in dispersione acquosa Kimicover Fix con un consumo minimo di 0,3 kg/mq. Si è quindi steso a spatola l’adesivo epossidico tixotropico a due componenti esente da solventi Kimitech EP-TX con un consumo minimo di 3,5 kg/mq con funzione di livellare la superficie da rinforzare e di creare uno strato adesivo per la successiva applicazione del rinforzo. Si è quindi applicato a fresco il tessuto di armatura monodirezionale KIMITECH CB320. Il tessuto è stato steso con rullo nella direzione di progetto ed incorporato nella massa resinosa facendo attenzione a non creare bolle d’aria. Successivamente è stato impregnato a fresco il tessuto in fibra di carbonio con resina epossidica bicomponente fluida priva di solventi ed a bassa viscosità Kimitech EP-IN. Il prodotto è stato applicato a pennello o rullo in più mani e lentamente in modo che l’impregnazione del tessuto fosse completa. Unitamente al consolidamento delle volte è stato effettuato anche il consolidamento delle lesioni presenti sulla muratura (interna ed esterna) tramite iniezioni di miscele leganti. 10

RISTRUTTURAZIONE DI UN EDIFICIO DA ADIBIRE A PINACOTECA E GIPSOTECA (CZ) ANNO 2003 Committente: Amministrazione provinciale di Catanzaro; Resp. unico del procedimento: Ing. G. Amato; Progettazione strutturale: Ing. S. Spagnolo; Progettazione architettonica: Arch. M. Giampà, Arch. R. Cina, Arch. L. Celli, Arch. M. Clerici, Arch. M. Trocino, Arch. G. Masciarelli, Ing. A. Procopio; Progettazione impianti: Studio Mascheroni (Bergamo); Impresa esecutrice: ATI Erminio Gallo – Euroimpianti sud; Resp. Tec. Impresa: Ing. E. Costabile;

L’EDIFICIO L’edificio, costruito negli anni 1840-1860, su un sito originariamente in leggero pendio è impostato su due diverse quote, con un parziale piano seminterrato e 2 piani fuori terra. La struttura portante è costituita da setti murari in pietrame misto a paramento unico, formanti maglie abbastanza regolari, ben connesse e con riseghe di spessore ai vari piani. Le fondazioni sono costituite dagli stessi setti murari che raggiungono lo strato di terreno consistente. Le coperture, tutte a falde inclinate, sono formate da capriate in legno con catena in ferro. Gli orizzontamenti di piano sono costituiti da solai in legno appoggiati sulle murature. Minime porzioni dei solai sono state ricostruite negli anni ‘80, in parte in profilati di ferro e tavelloni in laterizi e in parte con nervature parallele in c.a. e interposti blocchi di alleggerimento in laterizio. Al piano seminterrato esistono volte, a botte ed a crociera, realizzate con mattoncini o pignatelli tubolari in laterizio a foglio, riempite con materiale sciolto. I pignatelli (detti localmente carusielli) in particolare sono elementi tubolari di laterizio, forati dalle due parti, e dotati di buona resistenza a compressione, tradizionalmente utilizzati in queste zone per la realizzazione di volte. Il vantaggio dei pignatelli, che venivano disposti in verticale era quello di poter realizzare strutture voltate caratterizzate da buona portanza ed elevata leggerezza.

LO STATO DI CONSERVAZIONE ED IL PROGETTO L’edificio, prima dei lavori, si presentava in cattivo stato di conservazione. Le murature presentavano lesioni diffuse di tipo non passante e lesioni passanti in corrispondenza di alcuni vani-finestra. I solai e le coperture in legno apparivano fatiscenti e in gran parte crollati o prossimi al crollo. Le volte presentavano micro-lesioni e spessori non adeguati ai carichi d’esercizio richiesti. I cornicioni esterni, a livello delle coperture, apparivano costituiti da moduli a varie sagome e lavorazioni, probabilmente costruiti fuori opera in conglomerato di materiali misti e quindi connessi alle murature con leganti idraulici. 11

RISTRUTTURAZIONE DI UN EDIFICIO DA ADIBIRE A PINACOTECA E GIPSOTECA (CZ)

Esistevano inoltre alcune scale e balconi esterni realizzati con struttura in profilati di ferro e voltine in calcestruzzo per i quali lo stato di degrado era tale da richiedere necessariamente interventi di demolizione. I lavori di consolidamento hanno interessato l’intero fabbricato al fine di renderlo adeguato alla funzione prevista (pinacoteca e gipsoteca). In particolare si è reso necessario intervenire sulle murature (iniezioni e cuci e scuci), sulle volte in muratura di mattoni e/o pignatelli tubolari in foglio (consolidamento), sulle coperture (rifacimento) e sui solai intermedi in legno e sulle balconate (rifacimento).

L’ INTERVENTO SULLE VOLTE L’intervento da eseguire sulle volte è stato effettuato con lo scopo di scaricare le volte dei pesi inerti dovuti al riempimento dei volumi tra superficie curva (estradosso) ed intradosso dei solai piani, ripristinando la funzionalità di questi ultimi e lo schema statico di trave appoggiata ai due estremi sulle murature portanti. Si è pertanto effettuato il consolidamento delle volte mantenendo l’originale struttura e la relativa superficie intradossale a vista. A tal fine il sistema classico del placcaggio continuo in calcestruzzo più o meno armato con eventuali chiodature in acciaio non è stato ritenuto il più idoneo, sia per l’incremento dei carichi che ne sarebbe conseguito, sia per la riduzione della traspirabilità che avrebbe comportato. I progettisti si sono invece orientati verso un rinforzo realizzato con FRP a costituire delle fasciature estradossali. Tale scelta è derivata dalla volontà di conferire alle strutture resistenza a trazione, migliorandone le caratteristiche meccaniche con conseguenti vantaggi strutturali. La possibilità di localizzare i rinforzi sulle sole parti in trazione e con contenuti apporti materici grazie alle sezioni estremamente ridotte di FRP ha consentito inoltre di non alterare il comportamento in esercizio delle strutture originarie, consentendo all’asse neutro di posizionarsi all’interno della sezione, facendo riprendere al materiale murario il suo naturale comportamento a compressione e trasferendo i carichi di trazione sulle fibre di carbonio, in misura tanto più efficace quanto maggiore è il rapporto tra il modulo elastico del rinforzo e quello del supporto. Il rinforzo strutturale è stato eseguito tramite fasciature a reticolo quadrato lato 60 cm, all’estradosso. Preliminarmente all’intervento di consolidamento delle volte si è proceduto al puntellamento dal basso delle volte stesse, alla rimozione dei solai esistenti e del materiale di riempimento, all’asportazione dei materiali incoerenti e in distacco. Si è effettuata quindi la pulizia dell’estradosso con eliminazione totale di parti inconsistenti ed eliminazione totale della polvere dall’intera superficie con aspirapolvere.

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RISTRUTTURAZIONE DI UN EDIFICIO DA ADIBIRE A PINACOTECA E GIPSOTECA (CZ)

Successivamente si è steso a spatola, sulle zone interessate dall’intervento, l’adesivo epossidico tixotropico a due componenti esente da solventi Kimitech EP-TX con un consumo minimo di 3,5 kg/mq per creare uno strato adesivo per la successiva applicazione del rinforzo. Si sono quindi applicate a fresco le fasce di tessuto di armatura unidirezionale in fibra di carbonio da 325 gr/mq Kimitech CB 320. Il tessuto è stato steso con rullo o spatola nella direzione di progetto ed incorporato nella massa resinosa facendo attenzione a non creare bolle d’aria. Successivamente si è proceduto all’impregnazione del tessuto in fibra di carbonio con resina epossidica bicomponente fluida priva di solventi ed a bassa viscosità Kimitech EP-IN applicato a pennello in più mani e lentamente in modo che l’impregnazione del tessuto fosse completa. Il consumo è stato di circa 1 kg/mq.

INTERVENTI SUGLI ARCHITRAVI E SULLE MURATURE Poiché il rilievo del degrado delle facciate, sia esterne che interne, aveva evidenziato la presenza di diffuse micro-lesioni non passanti e di alcune macro-lesioni passanti localizzate sugli architravi di porte e finestre e, in minima parte, sui setti murari , si è scelto di effettuare due diverse tipologie di consolidamento delle murature: - iniezione di leganti idraulici; - chiodature localizzate. Il primo intervento consiste nella iniezione di leganti idraulici con lo scopo di riaggregare gli inerti murari. La tecnica d’intervento prevede le seguenti fasi: - pulizia del supporto; - stuccatura delle lesioni per prevenire la fuoriuscita del materiale iniettato; - esecuzione di fori di diametro 20-25 mm., con sonda a rotazione con lunghezza pari ad almeno i 2/3 dello spessore della muratura.; - pulizia dei fori con getto d’aria in pressione; - applicazione di ugelli, sigillatura e lavaggio con acqua fino a saturazione; - iniezione della boiacca per gravità a bassa pressione; - sigillatura dei fori; - rimozione degli ugelli ad indurimento avvenuto. Il secondo intervento consiste nella chiodatura secondo il reticolo spaziale di progetto eseguito con iniezioni di malta per il bloccaggio di barre in vetroresina ø 20 mm. precedentemente posizionate in fori eseguiti mediante trapanatura con diametro ø 35 mm e lunghezza pari ai 2/3 dello spessore della muratura. La disposizione del reticolo è stata di tipo incrociato spaziale, secondo le diagonali rispetto alla sezione orizzontale.

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CONSOLIDAMENTO STRUTTURALE DEL CASTELLO DI LOMBARDIA (EN) ANNO 2000 Committente: Soprintendenza BB. CC. AA. di Enna Progettazione: Soprintendenza BB. CC. AA. di Enna Direzione Lavori: Arch. Mario Giunta; Geom. Angelo Varisano Impresa esecutrice: Geom. Messina Carmelo

LA STORIA Da un altopiano calcareo di elevate potenzialità difensive e strategiche, si erge oggi la mole del castello di Lombardia, in posizione predominante le vallate circostanti. Il castello, concepito su un più antico impianto bizantino (il castrum), avente scopo prettamente militaristico, fu ricostruito da Federico II di Svevia e la sua presenza viene documentata dal 1239 nell’elenco dei castra exempla. In un disegno anonimo è possibile leggere l’antico impianto che segue l’andamento del costone roccioso a strapiombo sulle vallati, sul quale si aprono due ingressi opportunamente inseriti. A differenza degli innumerevoli castelli che costeggiavano il mare, con corpo centrale, spesso turrito, qui sembra che tutto il complesso faccia parte di un complesso organico ben più articolato, spazialmente definito secondo precisi schemi appositamente studiati, con più torri merlate che costeggiano le mura di fortificazione, ad irrigidirlo anche strutturalmente ed isolarlo il meno possibile. Le torri, collegate da un camminamento sulla cimasa della cortina muraria e protette da merlature, asservivano al proprio compito di avvistamento nonché di difesa, obbligando ad un percorso costantemente controllato. All’interno tre grandi cortili filtrano l’ingresso della vera e propria residenza reale e dei servizi della corte, il maschio della difesa militare, costantemente protetto su tutti i fronti.

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CONSOLIDAMENTO STRUTTURALE DEL CASTELLO DI LOMBARDIA (EN)

LO STATO DI FATTO Spesse mura a sacco con blocchi di pietra calcarea sbozzata, costituiscono la robusta ossatura della cittadella, tecnologicamente ben costruita ed ammorsata con giunti in malta di calce sfalsati di spessore contenuto. L’apparato murario ha corsi regolari di differenti altezze e commessure molto sottili, mentre la parte interna, invece, è costituita da pietrame con i giunti inzeppati con ciottoli più piccoli e frammenti di pietra. L’edificio ha subito una serie consistente di interventi postumi di ampliamento, demolizione, restauro. Tali interventi, oltre a impedire oggi una valutazione oggettiva dell’insieme,e ad aver stravolto la matrice originaria compositiva del linguaggio architettonico, non hanno risolto i problemi strutturali del complesso. I numerosi smottamenti del terreno hanno prodotto infatti dissesti significativi alla struttura muraria (presentante molte lacune relative ai conci murari), aggravati dalla crescita di piante, per le pressioni esercitate dalle radici delle stesse.

L’INTERVENTO DI SOTTOMURAZIONE La progettazione, è stata eseguita dai tecnici della soprintendenza dei BB.CC.AA. di Enna, ed è stata fortemente improntata sulla conservazione delle testimonianze materiali e culturali delle tecniche edilizie, affrontando l’aspetto degradante dell’apparato murario, appurando le strategie d’intervento maggiormente compatibili con l’utilizzo di risorse locali rinnovabili. A seguito di un processo diagnostico che ha mirato ad individuare le specifiche cause del degrado, gli interventi hanno riguardato la sottomurazione, il consolidamento delle sconnessioni tra i conci lapidei e l’eliminazione delle piante infestanti la muratura. L’intervento di sottomurazione è consistito nella preventiva puntellatura della muratura soprastante. Si sono costruite le strutture di sostegno esclusivamente in mattoni pressati, che, proprio grazie alla propria maneggevolezza, peso contenuto e facilità di collocazione in opera, hanno garantito una maggiore flessibilità d’esecuzione. Per esigenze di compatibilità fisico-chimiche e meccaniche con i componenti del tessuto lapideo interessato, si è utilizzata della malta premiscelata Limepor MT, composta da calce idraulica pozzolanica ed inerti silicei selezionati. Il prodotto è stato scelto in base a verifiche di laboratorio. Si è scelto un prodotto con una resistenza caratteristica alla compressione e flessione del tutto simile alla struttura muraria in sito e con un basso tenore di sali idrosolubili. A termine dell’operazione si è opportunamente provveduto al risarcimento della cortina muraria esterna con conci di pietra locale, trovata sul posto, che ha chiuso internamente l’interevento di sottomurazione e altresì permesso di ripristinare la stabilità e unitarietà dell’ insieme, così come concepita in origine.

IL CONSOLIDAMENTO DELLE STRUTTURE MURARIE La reintegrazione ed il miglioramento delle caratteristiche meccaniche dell’apparato murario ha costituito la fase più delicata l’intervento, mediante rigenerazione con iniezioni di calce idraulica pozzolanica previa stilatura profonda dei giunti con malta di calce. Per il tipo d’intervento si è utilizzato Limepor 100, una miscela di calce idraulica pozzolanica ottenuta per cottura di marne e calcari naturali, a basso tenore di sali idrosolubili e compatibile sotto il profilo chimico-fisico con i materiali preesistenti.

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CONSOLIDAMENTO STRUTTURALE DEL CASTELLO DI LOMBARDIA (EN)

Fondamentale, al fine dell’iniezione entro il vano murario, il basso modulo elastico della malta nonché le elevate resistenze meccaniche a compressione e flessione, rispettivamente 18 MPa e 4 MPa a 28gg di stagionatura . Dopo aver scarnito in profondità i giunti con raschietti e lavato con acqua a modeste pressioni dall’alto verso il basso, si è proceduto alla stilatura con malta di calce Limepor LGS e sabbia locale grossa per chiudere completamente eventuali fori, che, altrimenti avrebbero causato la fuoriuscita della calce iniettata post operam. Si sono eseguiti una serie di fori di 20 mm ogni metro lineare di muratura e su entrambe le facce, con carotiere a rotazione, secondo una schema appositamente elaborato a maglia, inserimento dei tubetti in pvc e relativo fissaggio con malta stessa. Il lavaggio successivo, attraverso l’introduzione di acqua nei perfori, ha permesso di eliminare le polveri e saturare i materiali originari che tenderebbero a disidratare la miscela, nonché permettere di verificare l’esistenza di ulteriori lesioni nascoste con la fuoriuscita della stessa. L’ iniezione della calce idraulica pozzolanica Limepor 100, è stata poi effettuata dal basso verso l’alto e dalle zone perimetrali verso l’interno fino a completa saturazione, a pressione moderata fino a 1,5 atmosfere, per evitare la formazione di pressioni all’interno della massa muraria e le conseguenti coazioni con le cortine esterne. La pressione è stata mantenuta costante fino alla fuoriuscita della miscela dai fori adiacenti, successivamente sigillati. Fase conclusiva è stata l’operazione di consolidamento, la listatura dei giunti con legante di calce idraulica Limepor LGS, miscelata con sabbia locale e pigmentata con terre naturali, fino ad ottenimento della colorazione più simile all’originale. Altro intervento effettuato sulle murature è stato la realizzazione della copertina sulla cimasa muraria. L’intervento ha avuto lo scopo di proteggere la sommità della muratura dagli agenti atmosferici, per mezzo dell’applicazione della calce idraulica pozzolanica Limepor LGS, assieme ad inerti locali di opportuna granulometria e cocciopesto. Una prima mano di malta grossa è servita ad uniformare le irregolarità della superficie, applicando poi, una retina in fibra di vetro su tutta la superficie da rivestire e sulla quale infine si è stesa la calce idraulica pozzolanica con cocciopesto ed inerti finissimi. Un’ opportuna lisciatura, nella fase terminale il restauro, ha consentito di chiudere le porosità eccessivamente ampie e le imperfezioni lasciate durante l’applicazione della malta, in modo da dotare le superfici stesse di adeguate pendenze ed evitare che le acque meteoriche vi stagnassero sopra e penetrare fino entro la muratura.

CONSOLIDAMENTO E PROTEZIONE SUPERFICIALE A seguito degli interventi sulla struttura muraria si è effettuato un consolidamento superficiale dei conci lapidei,mediante Kimistone KSE. E questo è un consolidante a base di esteri etilici dell’acido silicico, in grado di penetrare all’interno della pietra e consolidarla evitando la formazione di barriere al vapore acqueo (in quanto il prodotto non altera significativamente la struttura porosa del materiale) e viraggi cromatici. L’applicazione a pennello ha permesso l’imbibizione del manufatto lapideo sino a rifiuto ed ha altresì favorito un approccio più diretto con lo stesso, valutando in opera, le concentrazioni di prodotto nelle zone più o meno estese di degrado.

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RECUPERO DEL CONVENTO DI S. DOMENICO A S. GIORGIO MORGETO (RC) ANNO 1998 Committente: Comune di San Giorgio Morgeto Progettazione e D.L.: Ing. F. Corica, Arch. R. Bellantoni, Geom. Custoza, Arch.G.Mammì, Geom. D. Fazari, Arch. A. Francone Impresa esecutrice: Restauro costruzioni

IL CONVENTO DI S. DOMENICO Il Convento di San Domenico costituisce in Calabria uno dei pochi complessi monastici “Basiliniadi” di origine bizantina ancora integri. Esso rappresenta un manufatto di grande valore storico, le cui origini si fanno risalire al 1393, anno in cui Giovanni Caracciolo, barone di S.Giorgio Morgeto edificò la Chiesa della SS.ma Annunziata sullo stesso luogo ove sorgeva l’immagine della Madonna dell’Odegitria. Nel 1444 Fra Cataldo da Taranto , Vicario Generale dei Domenicani, accettò la concessione della Chiesa dell’Annunziata da Parte del Barone Caracciolo per la fondazione di un monastero che assunse il nome insieme alla stessa Chiesa di San Domenico. Con il terribile terremoto del 1783 il Convento subì gravi danni . Sia il convento che la Chiesa furono per la maggior parte ricostruiti. Con il terremoto del 1908 e la successiva alluvione del 1951 il convento subì altri danni a seguito dei quali vennero effettuali lavori di consolidamento. I lavori modificarono profondamente il complesso in quanto furono realizzati dei solai piani in c.a. al posto dei tetti a falde preesistenti, furono eliminate alcune volte a botte, inserite travi in c.a. e nuovi muri di spina. Cessata la funzione monastica, l’edificio dall’inizio del secolo fu utilizzato come scuola e da alcuni anni è in stato di totale abbandono.

LO STATO DI FATTO E LE INDAGINI DIAGNOSTICHE Lo stato di abbandono in cui versa da lunghi anni , oltre ad interventi scarsamente rispettosi della struttura originaria, hanno determinato uno stato di degrado sia a livello delle finiture che a livello delle strutture murarie.Sulle strutture principali si manifestano lesioni attribuibili a cedimenti fondali mentre sulle strutture orizzontali (volte, solai) si evidenzia uno stato di degrado molto elevato. Tutto ciò ha reso necessario un radicale intervento di recupero conservativo ed adeguamento sismico che garantisse il mantenimento statico-strutturale del monumento. Al fine di orientare correttamente il progetto, preliminarmente allo stesso, è stato effettuato un piano diagnostico,condotto dalla SGM srl, che ha compreso le seguenti attività: - determinazione delle geometria delle fondazioni mediante carotaggi; 17

RECUPERO DEL CONVENTO DI S. DOMENICO A S. GIORGIO MORGETO (RC)

- prove di carico statiche sulle volte e sugli archi in muratura; - prove non distruttive sulle murature (prove microsismiche ultrasoniche, penetrometro Windsor ed indagini endoscopiche); - prove con martinetti piatti e doppi e prove di resistenza a taglio in situ; - prove di laboratorio volte alla caratterizzazione meccanica dei materiali costituenti le murature ed alla verifica di eventuali processi di degrado di natura chimica in atto sui materiali di finitura. I risultati ottenuti dai martinetti piatti hanno permesso di stimare tassi di lavoro dei maschi murari compresi tra 4 e 8 Kg/cm2 ed hanno individuato un modulo elastico compreso tra 5600 e 9800 Kg/cm2. Le prove di resistenza a taglio hanno permesso di individuare una tk=23 t/m2.

IL PROGETTO DI CONSOLIDAMENTO Sulla base dei risultati ottenuti con le analisi diagnostiche si è passati alla progettazione dell’intervento che ha previsto: - il consolidamento delle fondazioni con micropali radice; - il consolidamento delle murature lesionate con tecniche di cuci e scuci e limitati interventi di iniezione con malte; - la demolizione controllata dei solai di copertura inc.a.; - il rinforzo con FRP degli orizzontamenti (volte, archi, solai…); - il ripristino dei collegamenti in testa alle murature con cordoli a livello di copertura integrati con fasciature in FRP ed incatenamenti ai marcapiani sempre con FRP. In particolare la realizzazione dell’intervento di fasciatura ha previsto la preliminare sabbiatura delle zone di muratura interessate dall’intervento, la formazione di alloggiamenti sulla muratura perimetrale per l’ancoraggio meccanico delle fibre ed il livellamento delle irregolarità presenti con la malta antiritiro fibroarmata Betonfix FB additivata con resina per migliorarne le caratteristiche di adesività. Per le fasciature verticali si sono utilizzate lamine(KIMITECH PLATE 65), mentre per le fasciature orizzontali nastri (KIMITECH CB 320). L’intervento di applicazione delle lamine è consistito nel trattamento della superficie con la resina sintetica consolidante bicomponente in dispersione acquosa Kimicover Fix con un consumo di 0,3 kg/mq. Si è poi steso a spatola l’adesivo epossidico tixotropico a due componenti esente da solventi tipo Kimitech EP-TX con un consumo minimo di 3,5 kg/mq. con funzione di livellare la superficie da rinforzare e di creare uno strato adesivo per la successiva applicazione del rinforzo. Si è quindi applicata la lamina KIMITECH PLATE 65 a rullo in modo da ottenere una perfetta adesione al supporto. Per quanto riguarda le fasciature orizzontali si è invece utilizzato il tessuto di armatura monodirezionale KIMITECH CB320. Ripetute le operazioni preliminari sopra descritte (preparazione del fondo con KIMICOVER FIX e stesura a spatola dell’adesivo epossidico KIMITECH EP-TX), si è quindi applicato a fresco Il tessuto unidirezionale in fibra di carbonio KIMITECH CB320 con rullo, incorporandolo nella massa resinosa e facendo attenzione a non creare bolle d’aria. Successivamente è stato impregnato a fresco il tessuto in fibra di carbonio con resina epossidica bicomponente fluida priva di solventi ed a bassa viscosità Kimitech EP-IN. Il prodotto è stato applicato a pennello o rullo in più mani e lentamente in modo che l’impregnazione del tessuto fosse completa. Al fine di garantire adeguata protezione, è stato applicato a fresco sulla resina KIMITECH EP-IN uno spolvero con sabbia di quarzo KIMIFILL 1/F sul quale si è realizzato un intonaco a calce (LIMEPOR MT) armato con rete porta intonaco (KIMITECH 500). Parallelamente si sono svolti lavori di consolidamento delle volte in laterizio. Si sono utilizzate per tale lavoro le fibre in carbonio a tessitura unidirezionale KIMITECH CB320. La realizzazione dell’intervento ha previsto le fasi di lavorazione analoghe a quelle precedentemente descritte. In primo luogo si è applicata sulla superficie da trattare la resina sintetica consolidante bicomponente in dispersione acquosa Kimicover Fix. Si è quindi steso l’adesivo epossidico tixotropico a due componenti esente da solventi tipo Kimitech EP-TX e si è applicato a fresco il tessuto di armatura monodirezionale KIMITECH CB320. Il tessuto è stato steso con rullo nella direzione di progetto ed incorporato nella massa resinosa facendo attenzione a non creare bolle d’aria. Successivamente è stato impregnato a fresco il tessuto in fibra di carbonio con resina Kimitech EP-IN. 18

MIGLIORAMENTO CONTROLLATO DEL PALAZZO ROCCELLA (NA)

Committente Comune di Napoli Progettazione: Prof. Di Stefano, Ing. De Fez Direttore dei Lavori: ing. Giacchetti Impresa esecutrice: Coedil s.r.l., Coimp, Sicci Sud

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MIGLIORAMENTO CONTROLLATO DEL PALAZZO ROCCELLA (NA)

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CONSOLIDAMENTO PONTE S. GALLO VENEZIA

CONSOLIDAMENTO PONTE S. GALLO VENEZIA ANNO 2002 Progettazione: Ing. Claudio Modena, Ing. Francesco Colleselli Responsabile intervento: Geom. G. Molon (Insula S.p.A. - VE) Direttore Tecnico: Ing. Ivano Turlon (Insula S.p.A. - VE) Impresa appaltatrice: TIOZZO G. S.r.l. MARGHERA (VE) Impresa esecutrice: FIBE S.r.l. FONTANAFREDDA (PN)

IL PONTE SAN GALLO Il ponte San Gallo, sito a Venezia, è stato costruito in due fasi successive, ma con caratteristiche costruttive sostanzialmente omogenee. La struttura portante è costituita da una volta in muratura con spessore di 3 teste (36 cm) nella zona centrale e di 4 teste (ca. 55 cm) nella zona delle reni all’incastro nelle spalle. Le spalle sono in pietra nella zona più vecchia ed in calcestruzzo nella zona più recente. Il ponte si trovava precedentemente ai lavori di recupero in cattive condizioni di conservazione e non in grado di sopportare i carichi previsti dalla normativa vigente per i ponti di prima categoria. Le prove effettuate con martinetti piatti e carotaggi avevano infatti dimostrato la non capacità del ponte di sopportare i carichi concentrati previsti dalla normativa vigente. Il progettista ha quindi ipotizzato un interevento di consolidamento volto ad utilizzare il più possibile le capacità portanti della struttura esistente, integrandole con interventi aggiuntivi eventualmente rimovibili. LE CARATTERISTICHE DELL’INTERVENTO L’intervento si divide sostanzialmente in due parti. Una prima parte ha previsto tecniche tradizionali volte ad integrare la struttura muraria esistente ed a realizzare dei cordoli in ca ancorati a micropali. Una seconda parte ha previsto l’uso di materiali compositi nell’estradosso del ponte con l’effetto di contenimento dell’arcata. Nella prima parte dell’intervento, la volta nel tratto centrale a tre teste è stata aumentata di spessore, ed è stato garantito il necessario indentellamento grazie al gradino dovuto alla variazione di spessore dell’arcata (da 3 a 4 teste) e ad ammorsamenti ottenuti con mattoni ed in parte con spinotti metallici inghisati. Inoltre il nuovo cordolo di fondazione intestato su micropali ha permesso di assorbire gli incrementi di carico rispetto a quelli massimi già supportati dal ponte. 21

CONSOLIDAMENTO PONTE S. GALLO VENEZIA

In tali condizioni la struttura offriva un margine di sicurezza geometrico pari a ca. 2.2 nei confronti della situazione limite di collasso data dalla cernierizzazione dell’arco. Un ulteriore incremento del margine di sicurezza, e tale da rincodurlo ai valori di normativa vigenti, è stato ottenuto con l’applicazione all’estradosso della volta di striscie di tessuto monodirezionali in fibra di carbonio. Le verifiche relative al consolidamento del ponte rinforzato con lamine di frp, da parte del progettista, sono state condotte verificando a rottura il campo resistente della sezione rinforzata, assumendo una legge elastica lineare per le fibre ed una legge tipo stress block rettangolare per la muratura. DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI Le lavorazioni previste sono state le seguenti · Demolizione e rimozione della pavimentazione; · Scavo del riempimento; · Realizzazione, mediante micropali delle paratie provvisionali a sostegno dello scavo fino alla base della fondazione in c.a. da realizzare; · Scavo del riempimento tra le paratie, fino alla quota –1.40 sul L.m.m., per la preparazione del piano di posa della nuova fondazione in c.a.; · Realizzazione di micropali di sottofondazione; · Getto della trave di fondazione in c.a. di collegamento delle teste di micropali; · Costruzione alle reni dell’arco di rinfianchi in muratura di mattoni pieni; · Costruzioni di volta in muratura di spessore di 12 cm, sovrapposta alla volta esistente nel tratto di spessore 36 cm, connessa a quest’ultima mediante mattoni in piedi, inseriti con la tecnica dello scuci-cuci, integrati nel tratto centrale con barre in acciaio ø20, inghisati con malte epossidiche in fori appositamente praticati; · Preparazione della superficie estradossale dell’arco per l’applicazione di compositi fibrosi (FRP) effettuata mediante asportazione del materiale incoerente o ammalorato e scarifica della malta interstiziale delle fughe dei mattoni allo scopo di consentire un buon aggrappo per la successiva applicazione della malta di rinforzo; - applicazione di uno strato di malta con spessore 1-3 cm allo scopo di consolidare la superficie e regolarizzarla per la successiva applicazione del rinforzo strutturale in FRP. La malta sarà pronta all’uso composta da calce idraulica pozzolanica ed inerti silicei con granulometria massima di 3 mm; - a stagionatura avvenuta della malta, applicazione del primer epossidico bicomponente a base acquosa e privo di solventi Kimicover Fix; - stesura di adesivo epossidico bicomponente tixotropico esente da solventi Kimitech EP-TX; - a fresco, applicazione del rinforzo in tessuto di carbonio unidirezionale da 320 gr/mq, Kimitech CB 320; - a fresco, impregnazione del tessuto stesso effettuata con resina epossidica fluida a due componenti a bassa viscosità e priva di solventi Kimitech EP-IN

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LA DURATA DEI MATERIALI COMPOSITI: L’ESPERIENZA DI PIÙ DI VENTI ANNI DI KIMIA Molti sono i vantaggi che fanno preferire i materiali per il consolidamento strutturale: leggerezza, elevatissime resistenze meccaniche, facilità di conformazione secondo forme complesse. Ma non sono noti aspetti legati alla durata di tali materiali in interventi di restauro. Per tale motivo la KIMIA , avendo sviluppato questi interventi già dalla fine degli anni ’70 ha supportato un programma di ricerca volto a verificare la compatibilità e la durata offerta dai propri interventi risalenti a 20 anni fa. La ricerca ha compreso due fasi. La prima fase è consistita nell’analisi di interventi di consolidamento effettuati nei primi anni ’80 mediante prove in situ volte a valutare la durata degli interventi a distanza di oltre 20 anni. In particolare sono state effettuate verifiche di pull-off accoppiate ad analisi di tipo ultrasonico e rilievi di natura igrometrica accoppiati ad analisi di tipo chimico dei materiali prelevati. La seconda fase è consistita in una serie di attività sperimentali volte a verificare su diverse combinazioni di tipologie di supporti e compositi l’effetto di alcune sollecitazioni di natura termica ed igrometrica, ed in particolare cigli gelo-disgelo a secco ed a umido, effetti thundershower (soleggiamento seguito da ruscellamento di acqua ad effetto temporale), alte temperature. Le indagini, i cui risultati sono di seguito riportati relativamente a due edifici, hanno evidenziato sostanzialmente la durata offerta dagli interventi effettuati e l’adeguata capacità del supporto di resistere alle sollecitazioni ambientali. Chiesa di S. Biagio in frassineto (AR) La chiesa di Frassineto, realizzata nella prima metà dell’800, si caratterizza da un punto di vista planimetrico, per una pianta a Croce latina con transetto. Lo spazio dell’unica navata e del transetto è coperto da volte a botte realizzate con laterizi in foglio. Al di sopra dell’intersezione tra navata principale e transetto vi è un tamburo con una cupola sferica leggermente ribassata. La cupola, di diametro pari a ca. 8 m, anch’essa realizzata con laterizio posti in foglio, presenta quattro costoloni di irrigidimento alla base realizzati con elementi in laterizio. I costoloni, che portano ad aumentare localmente lo spessore della volta fino ad una testa, partono dalla base di imposta ed arrivano fino a ca. ad un’altezza di 1.30. Tale altezza corrisponde ad un angolo sotteso di ca 40°-45° a partire dalla base, ed è l’angolo al di sopra del quale teoricamente si ha una inversione di segno delle azioni lungo i meridiani della cupola (da trazione passano gradualmente a compressione). Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 si sono manifestate deformazioni e successive lesioni nella cupola a causa dei movimenti delle masse murarie del transetto (dissesti fondali uniti alla spinta degli archi sui quali è impostata la cupola). In particolare si è aperta una lesione orizzontale per un quarto di cerchio nella cupola. Tale dissesto ha portato a far perdere alla struttura esistente la propria capacità di resistenza per forma, con il pericolo di crollo dell’intera cupola. Il progettista ha quindi previsto un intervento basato sul parziale recupero della forma originaria della cupola e sull’utilizzo di materiali compositi costituiti da fibra di vetro e resine epossidiche. A distanza di 20 anni da questo intervento sono state condotte verifiche volte a valutare eventuali degradi intervenuti a carico dei materiali compositi e la capacità dei materiali compositi di mantenere il legame adesivo con il supporto. Per quanto riguarda il degrado dei materiali, le analisi effettuate sulle resine hanno permesso di evidenziare un leggero incremento della permeabilità all’acqua rispetto ai valori originari ma non tale da pregiudicare la durata stessa dei materiali. Le analisi effettuate in FT-IR sulle fibre e sulle resine evidenziano la stabilità dei materiali impiegati. Per quanto riguarda il mantenimento del legame adesivo, le prove di pull-off hanno evidenziato meccanismi di rottura sempre a carico dei materiali costituenti il supporto e con valori caratteristici dei 23

materiali presenti. Le prove con ultrasuoni hanno premesso di evidenziare zone con presenti distacchi rispetto al supporto. Tali distacchi appaiono tuttavia essere imputabili non a una decoesione posteriore all’intervento ma a difetti esecutivi originari per il non utilizzo di una malta di rasatura come strato di livellamento. Ciò ha comportato, anche in relazione alla presenza di zone con dislivelli tra i laterizi significativi, una situazione di iniziale non adesione al supporto in alcune parti della struttura. Al fine di valutare il comportamento termoigrometrico della intera volta, si sono determinati i contenuti igroscopici di acqua nel laterizio e nella resina. I risultati hanno evidenziato la stabilità dei valori rilevati intorno alle condizioni di equilibrio. Conferma a tali valori è l’assenza di viraggi cromatici a carico delle pitture sottostanti. Tuttavia in alcuni punti di prelievo dove è evidente la presenza di guano di piccioni si sono rilevati valori del contenuto d’acqua molto più alti e superiori di un ordine di grandezza a valori legati a possibili accumuli igroscopici. Le analisi chimiche effettuate (analisi in FT-IR e cromatografie ioniche) hanno evidenziato che tale anomalia appare essere legata a composti formatisi a seguito della deposizione di guano dei piccioni e presumibilmente già presenti prima dell’intervento di fasciatura. Non appaiono tuttavia presenti fenomeni di degrado a carico dei materiali in tali zone legati a questa anomalia. Chiesa di S. Martino a Levane (Arezzo) Nei primi anni ’90 all’interno dei lavori di restauro che hanno interessato tutta la Chiesa è stato effettuato un intervento di consolidamento a carico della volta in laterizio posta a copertura di una parte della navata della Chiesa. La volta appare essere stata realizzata in laterizio, con mattoni posti in foglio e costoloni di irrigidimento superiori. La volta presentava un quadro di dissesti consistente in fessure, distacchi e perdite di geometria in diverse parti della volta. Sulla base delle lesioni presenti, il progettista ha previsto un intervento basato sul parziale recupero della forma originaria della volta e sull’utilizzo di materiali aventi la capacità di ridare continuità statica rendendo al sistema ed in particolare l’utilizzo di tessuti in fibra di vetro disposti a fasce (spaziate di ca. 1m) al di sopra della struttura in laterizio perpendicolarmente all’asse della volta. Le analisi effettuate a distanza di 20 anni relativamente al possibile degrado dei materiali confermano quanto già rilevato per la chiesa di Frassineto. Analoga situazione si è ricavata per i test relativi al mantenimento del legame adesivo. I meccanismi di rottura sono risultati sempre a carico dei materiali costituenti il supporto e con valori caratteristici dei materiali presenti.

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REFERENZE

Kimia nell'arco della sua attività ha fornito materiali per numerosi interventi di ripristino e consolidamento di strutture in muratura. 1. Intervento: Castello di Fiumefreddo Bruzio (CS) Committente: Comune di Fiumefreddo Bruzio (CS) Progettazione: Ing. F. Tucci - Arch. C. Capolingua - Arch. N. Esposito Direzione Lavori: Ing. F. Tucci - Arch. C. Capolingua Impresa: A.T.I. CO.SE.V. Lavori S.r.l. SOCIETA’LAVORI GENERALI S.r.l. IDROIMPIANTI S.n.c. Fiumefreddo Bruzio (CS) 2. Intervento: Castello Roccella Ionica (RC) Committente: Comune di Roccella Ionica (RC) Progettazione: Ing. Antonino Alvaro Ing. Capo: Ing. Bruno Romeo Resp. Proc.: Ing. Surace Lorenzo Direzione Lavori: Ing. Alvaro Impresa: ATI PORTA Geom. Antonio – RUSSO S. & C. 3. Intervento: Cittadella vescovile di Gerace (RC) Committente: Soprintendenza per i B.A.A. della Calabria - Cura Vescovile di Locri (CZ) Progettazione: Dott. Arch. V. Spada Dott. Arch. G. Ariani - Dott. Ing. e. M. Carravetta - Dott. Arch. G. Famularo Dott. Ing. C. Faraoni - Prof. Arch. M. Lo Curzio - Dott. Arch. L. Scaramuzzino - Prof.ssa L. Valtieri - Prof. A. Ietto Resp. Proc.: Prof. Ing. P.F. Cecati Direzione Lavori: Dott. Arch. S. De Paola Impresa: Costruzioni S.r.l. Altamura (BA) Resp Tec. Impresa: Geom. M. De Luca 4. Intervento: Chiesa di S. Maria Assunta di Zagarise (CZ) Committente: Comune di Zagarise Progettazione: Arch. A. Anselmi - Ing. M. Gentile - Ing. S. Ierardi Direzione Lavori: Ing. M. Gentile - Ing. S. Ierardi - Arch. V. Alcaro Impresa: Rotundo Costruzioni s.r.l. 5. Intervento: Chiesa di S. Martino Levane (AR) Committente: Parrocchia di S. Martino a Levane Progettazione e D. L.: D.L. Arch.Vanzi, Geom. A. Garofalo Assistente Tecnico ai Lavori: Sig. R. Gori Impresa: Zanni 3 srl di M. S. Savino (AR) 25

REFERENZE

6. Intervento: Chiostro delle Vergini (CS) Committente: Soprintendenza per i Beni A.A.A.S. della Calabria Consulente Tecnico-Scientifico: Prof. Ing. L. Ascione Direzione Lavori: Arch. F. Terzi Impresa: GEO SONDAGGI S.r.l. Rende (CS)

7. Intervento: Consolidamento delle volte della sala Norsa ad Assisi (PG) Committente: Ente "Custodia del Convento di S. Francesco" Progettazione e D.L.: Dott. Ing. Antonio Rossi Impresa: Guerciolini S.a.s. - Petrignano di Assisi (PG)

8. Intervento: Progetto di recupero per la realizzazione di un auditorium-sala riunioni e convegni presso la Chiesa di S. Francesco al prato (PG) Direzione Lavori: Arch. Fabio Bussani Resp. Procedimento: il Soprintendente dott.ssa Vittoria Garibaldi Progetto architettonico e D.L.: Studio Signorini Associati - Arch. Bruno Signorini Progettista e D.L. opere strutturali: Ing. Riccardo Vetturini Impresa: Romagnoli S.p.A. 9. Intervento: Chiesa di San Francesco Larino (CB) Committente: Soprintendenza B.B.A.A. di Campobasso: Geom. Nicola Vitale Arch. Marilena Dander Progettazione e D.L.: Ing. Alberto Lemme Arch. Lavinia Melloni Arch. Giovanni Vitiello Impresa: De Vincenzo Costruzioni S.r.l. Arch. Duccio De Vincenzo 10. Intervento: Consolidamento e restauro dell’Acquedotto Alessandrino Committente: Direttore della IV U.O. Edilizia Monumentale Arch. Lucia Funari Resp. Proc. : Arch. F. Giovanetti Progettazione e D.L. : Arch. Laura Sannibale Impresa: A.T.I. Cassandra S.r.l. (RM) D’Adiutorio C. Montorio al Vomano (TE)

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REFERENZE

11. Intervento: P.co dei quartieri Spagnoli (NA) Committente: Ministero per i beni e le attività culturali Soprintendenza per i beni ambientali architettonici di Napoli e Provincia Prog. e Direttore dei Lavori: Prof. Arch. Paolo Rocchi Responsabile Lavori: Arch. Tommaso Russo Impresa: Materazzo Ing. Lucio s.r.l. Direttore di cantiere: Ing. Simona Materazzo 12. Intervento: Campanile Chiesa S. Maria Assunta - Ripalimosani (CB) Committente: Arcidiocesi di Campobasso Progettazione: Ing. Vincenzo Picciano Impresa:DE VINCENZO COSTRUZIONI S.R.L. 13. Intervento: Reggia Quisisana Committente:Comune di Castellammare di Stabia (NA) Progettazione: Soprintendenza Archeologica di Pompei Coordinamento della Direzione dei Lavori: Arch. Bruno Sammarco Direzione dei Lavori: Arch. Lea Quintavalle, Ing. Giovanni Angellotto Consulente strutturale: Prof. Ing. Renato Sparacio Impresa esecutrice: Ati S.A.B.E.S.A S.p.a. e Mir s.a.s. Direttore di cantiere: Ing. Paolo Scalabrini 14. Intervento: Chiesa dei Girolomini (NA) Committente: Soprintendenza per i beni ambientali architettonici di Napoli e Provincia Progettazione e Direzione dei Lavori: Prof. Arch. L. Morrica Arch. P. Lampa Impresa esecutrice: Inca Costruzioni Direttore di cantiere: Arch. A.Saccone

15. Intervento: Real Albergo dei Poveri (NA) Committente: Comune di Napoli Progettazione e Direttore dei Lavori: Prof. Ing. Renato Sparacio Impresa esecutrice: Valentino Giuseppe s.r.l., Società consortile COSAP, Ing. Antonio Pompa s.r.l.

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REFERENZE

16. Intervento: Chiesa S. Maria degli Angeli, Convento dei Cappuccini Alì Superiore (ME) Responsabile Lavori: Impresa: C.E.A. di Letojanni (ME)

17. Intervento: Palazzo Zaccaleone, Comune di Priverno (LT) Committente: Soprintendenza del Lazio Responsabile Lavori: Impresa: IMAC s.r.l. Roma D.L.: Arch. Andreocci Alberto, Arch. Valle Loreto

18. Intervento: Casinò Inglese (LT) Committente: Ministero delle Politiche Agricole Responsabile Procedimento: Ing. F. Maglitto Impresa: Geom. Mario Cera Progettazione Architettonica: Arch. Marina Francavilla

19. Intervento: Saluzzo Committente: Privato Progettisti: Manna Gianni Impresa: NTE sas Villanova Mondovì (CN)

20. Intervento: Sanfront Committente: Privato Progettisti: Manna Gianni Impresa: NTE sas Villanova Mondovì (CN)

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REFERENZE

21. Intervento: Consolidamento Volte in Mattoni di tufo disposti a foglio P.zzo Riccio di Trapani (TP) Committente: Comune di Trapani Progettazione: Prof. Paolo Marconi Direzione Lavori: Arch. Maltese Impresa: Cassano Giovanni di Mazzara del Vallo (TP)

22. Intervento: Chiesa S. Giacomo Maggiore in Villarosa (EN) Committente: Curia Arcivescovile di Piazzarmerina (EN) Progettazione: Arch. Paolo Vaccaro RESP. PROC.: Arch. Paolo Vaccaro Direzione Lavori: Arch. Paolo Vaccaro Impresa: Aloi di Piazzarmerina

23. Intervento: Recupero, Consolidamento e Restauro Chiesa di S. Francesco (PS) Committente: Comune di Macerata Feltria (PS) Progettazione e D.L.: Arch. Antonio Scaglioni, Arch. Vincenzo Fusco Impresa: CO.PROGET, Pietragalla (PZ), PROETI S.r.l, (ROMA) Coordinatore Sicurezza: Ing. Fabio Vernarecci Resp. del Procedimento: Geom. Emanuele Santini Resp. Cantiere: Geom. Donato Summa

BIBLIOGRAFIA Avorio, A. Borri, A. Corradi, M. Celestini, G. “Miglioramento sismico: Sperimentazione e analisi sull’utilizzo dei materiali compositi nelle costruzioni in muratura”, in L’Edilizia, editrice De Lettera, pagg. 60-71, N.9-10, settembre-ottobre 1999, anno XIII, Milano. Avorio, A. Borri, A. Corradi, M. Celestini, G. “Sperimentazione sull’uso dei materiali compositi per il miglioramento sismico di costruzioni in muratura: alcuni risultati preliminari”, International workshop “ Seismic Performance of Built Heritage in small Historic Centres”, Assisi, 22-24.04.1999. Bastianini F., A. Di Tommaso and G. Pascale, Ultrasonic non-destructive assessment of bonding defects in composite structural strengthenings Composite Structures, Volume 53, Issue 4, September 2001 Bernardini A., R.Gori, C.Modena, An application of coupled analytical models and experiential knowledge for seismic vulnerability analyses of masonry buildings, 'in "Engineering aspects of earthquake phenomena", vol. 3, Koridze A. Editor, Omega Scientific, Oxon,1989. Bernardini, A.,Qualitative and quantitative measures in seismic damage assessment and forecasting of masonry buildings, in A. Bernardini (Editor), “Seismic damage to masonry buildings”, Proceedings of the International Workshop on Measures of Seismic Damage to Masonry buildings, Monselice, Padova, 25-26 June, 1997. Borri A., Grazini A., Criteri e metodologie per il dimensionamento degli interventi con FRP nel miglioramento sismico degli edifici in muratura.In XI Congresso nazionale l’Ingegneria sismica in italia, Genova, 2004. Borri, A. Corradi, M. “Consolidamento di strutture lignee con tessuti in materiale composito: risultati di una sperimentazione”, in L’Edilizia, editrice De Lettera, pagg. 58-63, N.56, maggio-giugno 2000, anno XIV, Milano. Borri, A. Corradi, M. Guarino, F. Kenny, J. M. “Il consolidamento di strutture lignee con tessuti in materiale composito”, in Atti del II Convegno “Materiali e tecniche per il restauro”, organizzato da Università degli studi di Cassino, AIMAT, INSTM, pagg. 213-222, Cassino (FR), 1-2 Ottobre 1999. Borri, A. Corradi, M. Vignoli, A. “Tecniche di rinforzo di murature per azioni nel piano: risultati di sperimentazioni eseguite su edifici interessati dal sisma umbro-marchigiano del 1997-98”, in L’Edilizia, editrice De Lettera, N.5-6, maggio-giugno 2000, anno XIV, Milano. Borri, A. Corradi,. M. “Sull’impiego di tessuti in materiale composito per il consolidamento di strutture lignee: primi risultati di una sperimentazione” in “I materiali compositi nel rinforzo delle murature e del cemento armato”, Atti del convegno 29.01.1999, Firenze. Gilstrap J.M. and C. W. Dolan, Out-of-plane bending of FRP-reinforced masonry walls , Composites Science and Technology, Volume 58, Issue 8, August 1998 Hamid Saadatmanesh, Extending service life of concrete and masonry structures with fiber composites , Construction and Building Materials, Volume 11, Issues 5-6, 1997 Luciano R. and E. Sacco, Damage of masonry panels reinforced by FRP sheets,International Journal of Solids and Structures, Volume 35, Issue 15, May 1998 Modena C.,M. Valdemarca, M.R. Valluzzi,Volte murarie rinforzate mediante FRP”, L’edilizia N. 5/6,1999 Sameer Hamoush, Mark McGinley, Paul Mlakar and Muhammad J. Terro, Out-of-plane behavior of surface-reinforced masonry walls , Construction and Building Materials, Volume 16, Issue 6, September 2002 Thanasis C. Triantafillou, Composites: a new possibility for the shear strengthening of concrete, masonry and wood Composites Science and Technology, Volume 58, Issue 8, August 1998 Valluzzi M.R., D. Tinazzi and C. Modena, Shear behavior of masonry panels strengthened by FRP laminates, Construction and Building Materials, Volume 16, Issue 7, October 2002. CNR-DT 200/2004 istruzioni per la progettazione l’esecuzione ed il collaudo di interventi di consolidamento statico mediante l’utilizzo di composti fibrorinforzanti.

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Questo quaderno fa parte di una collana edita da KIMIA. Gli altri volumi sono reperibili nel sito www.kimia.it insieme alle pubblicazioni ed ai CD tecnici che KIMIA riserva ai professionisti del settore.

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