I fiori di Tarbes ovvero Il terrore nelle lettere 8821173534, 9788821173530


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I fiori di Tarbes ovvero Il terrore nelle lettere
 8821173534, 9788821173530

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a cura di l)ora Rienairné

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Indice

Si parla con piacere...

9

I. Ritratto del Terrore

11

1. La Letteratura allo stato selvaggio

A

grande speranza, grande delusione lnsufficienza della critica L'uorno muto

II. Les Fleurs de Tarbes ou La Terreur dans les Lettres @ Editions Gallimard, Paris 1941 l-a_ presente_ _traduzione riproduce _ il testo delle oeuures complètes di J-.Paulhan, Tchou,_ "Au ceròle du livre précieux", paris 1966-1970, vol. III @ Associazione culturale « In forma

I

Edizione

Traduzione

O

di

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3. Le parole fanno paura

27 27 29

Bienaimé

1989 Casa Editrice Marietti Via Palesuo 10/8 - Tel. 0L\l89t2j4 76122 Genova

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della critica

mito del potere-delle-parole 4. Particolari del Iemore

24

31

11

35

Un argomento politico

37 37

Il

Teruore scopre

il

suo filosofo

)9

Del Teruore come metodo

4l

5. In cui il lettore

45

vede l'autore alla rovescia

Ci riuolgiamo inuano agli eruditi Friuolezza della critica Una singolare confusione

1989

di Dora

pàrole

r5 17

2. La miseria e la fame Rottura con il luogo comune Di un primo alibi: l'autore diaerso Di un altra alibi. l'autore irresponsabile

Il cliché. segno tl'inerzia Il potere delle parole Il Terrore, o la situazione Titolo originale:

13 13

6. In mancanza del Terrore In cui lo scrittore inuenta i suoi luoghi comuni In cui lo scrittore irupiega un cliché Il potere-delle-parole, la sirena e il minotauro

45 47

49 52 52

54 56

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Terrore può essere uerosimile Terrorc a?parc ueritiero

Di

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il

senso delle Lettere

suo nome

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Note e Documenti 1.

)

81 83

una legge dell'espressione

Accadde ciò che

11 74



Un apparecchio per capovolgere il

critico e l'elefante Una retorica che non rittela

,l

7B

Di un metodo preucnliuo La Retorica, o il Terrore perfetto 10.

77

l5

9. Di un Temore rcalizzato Su alcuni difetti tecnici

Il

Il

segreto della uitica Primct aspetto del segreto. la nouità Secondo dspetto del segreto; il disintpeguo Terzo aspetto del segrato; l'autonomia, o il pericolo delle parole

2. Taine giudica Jean-Jacques L Di un rratrato di Retorica 4. Cambiare la ragione

87 87

90 92 95 97

99 100 106

115

L2t 124

)

135

)

Tre pagine di chiarimenti ltestct aggiunto)

139

di Doru Bienaimé

145

Po.stfazione

Per André Gide

Si parla colt pidcere del. mistero della poesia e delle Lettere. Se ne parla firuo alla nausea. Eppure bisogna conaenirne: non si cltiarisce niente quando si euoca la magia o I'estasi, la pietra incantata, l'animale uigile. Non si dice proprio niente quando si parla di ineffabile. Non si suela niente quando si parla di segreti. Che il poeta sia un uomo uotato, bene. Ma a quale fede? Lo scrittore, uru erudito, d'accordo. Ma in quale scienza?

Che

il

poeta

o il

romanziere

si accontenti in questo caso di

una

confusione inconcepibile, padronissimo di farlo. Non è affar suo spiegare il mistero, se lo sente e lo dffinde. E forse riesce ad esprimerlo *rgl., proprio perché si rifiuta di spiegarlo. Ma esiste un altro scrittore, i[ cui compito è di ricordare incessantemente ciò di cui si tratta, e cbe sembra andato perduto. Strano_a dirsi, pare che il critico abbia ogi rinunciato al suo priuilegio, e abbandonato ogni potere di corutrollo sulla Letteratura. Aueua un ordine da imporre. No, si perde in stupide riuerenze. Dice; o Comirucino gli autori! ,>. Oppure: « Cbe posso fare da solo? ». Si limita a pregare che lo lascino ossen)are, e tenere la contabilità (ma anche questi gli

uenà tolto). Quando ho intrapreso questo studio non agitauo simili problemi, tutt'altro. Mi sarebbe parso pretenzioso e uano ffiontarli. Del resto la letteratura pone, oggi, mille domande più urgenti: la miseria, la solitudine, l'eccesso.

I

Ritratto tlcl'l'errore

L. La Letteratura allo stato selvaggio Mentre stavo per ripetere le parole che m'insegnava quella gentile indigena: « Si fermi! esclamò. Ogni parola serve per una volta soia... ».

(Borzanno, Voyges, XY1

In Letteratura non succedono avvenimenti tali da ammaliarci. Non è tutto; è come se fossimo sulla difensiva di fronte a questa malra. La belTezza non è alfto che un motivo di diffidenza per noi. Uno dice: le opere perfette sono indifferenti. Un sécondo: il pericolo di un argomento sta nella sua bell.ezza. E un terzo: non c'è cosa che faccia pensare alla mediocrità, come Ia perfezione. Cito i critici più avveduti '. >, diceva Hugo. Altro non rimane che il carattere, e la sorpresa. Ora, anche ciò che la letteratura finge così di darci, subito se lo riprende. Questo caratte-

re, appena riproposto, diventa meccanico; questa sofpresa, abituale, e contrario di una sorpresa. Péguy ritiene che uno scrittore crei una prima opera autentica, e passi il resto della vita ad imitarsi. Gourmont aggiunge che l'opera personale diventa subito oscura se non ha successo, banale se ha successo, e scoraggiante in ogni caso. Così labellezza comincia, e il carattere finisce col deluderci. Non c'è molta differenza. Tutto sommato, abbiamo rinunciato, o quasi, a conoscere ciò che ci deae la letteratura: ce la troviamo davanti, indifesi e privi di metodo, completamente disorientati.

il

Non è per mancanza di speranze, né di

pretese.

A grande speranza, grande delusione Victor Hugo si credeva un papa, Lamartine uno statista e Barrès un generale. Paul Valéry si aspetta dalla Letteratura ciò che un filosofo

' Cfr. ThéodoreJouffroy (Pensées), EdmondJaloux (« Les Nouvelles Littéraires >>,7 settembre 1929), e Andté Maurois (« Bravo », 15 gennaio i9l0). « Perché i perfetti non sono i grandi? » chiedeva Victor Hugo (Post-scriptum de ma uie).

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I I'IoRI DI

TARBES

RITRATTO DEL TERRORE

n()n s('nìpr('()srr slxÌrarc dalla filosofia: vuole conoscere che cosa può l'rr«rrro. l, ( litlc, chc cos'è. A (,lrrrrrlcl bastcrebbe ricostnrire, sui resti di una società laica, quelI'r rrrivt^rso s,rcrzrle, noto al Medioevo. Tuttavia Breton esige il ttionfo di rrrr't'tit'a lìLlova, fondata sul crimine e sulla meraviglia. . Stavo per scoppiare in lacrime, quando aggiunse con lo

È probabile che le Lettere abbiano corso i loro rischi da sempre. Hrjlderlin impazzisce, Nerval s'irnpicca, Omero è sempre stato cieco. Quando una scoperta sta per camLriare la faccia della terra, sembra che il poeta veda se stesso appeso, come Colombo, al suo albeto maestro e minacciato di morte. Che io sappia, non c'è pericolo più insidioso né maledizione più meschina di quelli di un tempo in cui padronanza e perfeziorue designano all'incirca l'artificio e la vana convenzione, in cui bellezza, uirtuosismo e perfino letteratura significano prima di tutto ciò che non

si

deae fare.

Alf ingresso del giardino pubblico di Tarbes, leggiamo questo cartello: È pRorsrro

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Oggi lo troviamo anche all'ingresso della Letteratura. Eppure, sarebbe piacevole vedere le rugazze di Tarbes (e i giovani scrittori) con in rnano una fosa, un papavefo, un fascio di papaveri.

Rottura con

il

luogo comune

I retori - al tempo in cui esistevano le retoriche - spiegavano amabi]mente come si possa accedere alla poesia: con quali cadenze e quali parolc, quali artifici, quali fiori. Ma una retorica moderna - a dire il vcro cliftr-rsa e inconfessata, ma tanto più violenta e ostinata - ci inse-

cimento. se non il loro mistero, almeno quella loro parte che è suscet_ 9pprt., tibile di riqole, di operazioni, di mestiere. Perché le regole e i generi seguono i cliché in esilio. chi tenta di tracciare la storia dèila poesia, del dramma o del romanzo da.un secolo a questa parte, scopre in un primo

momento che la tecnica si è lentamente disgregata, e clisiociata; poì, che ha perduto i suoi mezzi propri, e si è visia i"noud"re aui ,"gr.? é aui procedimenti delle tecniche affini: la poesia dalla prosa, il romanzo dal lirismo, ii dramma dai romanzo. Maupassant dicevà ingenuamente che il critico (e il romanziere) dovevano ; un'a16a scuola lo invita a u. dissociare la materia delle parole Un tipo originale, il signor Iliazd, è arrivatg perfino u ,.o*po.t. Ie lettere: la sua opera è strana a vedersi, e anche a ioccarsi, perché le nuove lettere che egli impiega sono in rilievo.

Di un altro alibi:

l'autore irresporusabile

a cui fanno meravigrande senza che scopriamo, pensare parecchie dichiarazioni (e Dio se gli sa poètici romanzi o glia, all,inizio di molti componimenti poesia far bastasse se giustificarsi, come di si sforzino iutori, oggi, non p.r .ompi.nderla, come se qui il poeta o il romanziere avesse un qualche àiritto, se non ,r., qrul.h" dorr.r., di dare spiegazioni' Ma la àlpa dei critici è gravissima). >, dicono. Opprre, o Qrrestisono i fatti. Che posso farci?... Sono soltanto un apparecchio iegistratore... La sincerità, mia unica guida... U-no spec.irio l,rrgo la siiada... l'agente passivo di forze sconosciute"' Ho bandito ogni criterio di giudizio ». Sivede bene dove vada a parare una modestia quanto mzri sospetta. Perché, se il luogo comune è il .li.hé sono inevitabili in letteratura, perlomeno lo ,.iittor" può non aucrne colpn. Non_è lui clrc forgia e i-porr" il cliché. Lo lasiia passare, semplicemenrc. Non è lui che dice: u ia marchesa è uscita alle cinque ». E la marchcsa che è uscita. Strana idea; ma insomma, lui non c'entra proprio. Ii neppure « il forzato irriducibile elaragazza perduta »>. No. Gli viene dal profondo. È qualcosa di diuerso dÀtro di l"i. Esile argomento e molta arte, clic&a Racine. Poca arte, e argomento nutfito, dicono spesso Balzac, Stendhal, Zola, e anche Rimbaud, Nerval. >. Jammes diceva a André Gide: . Nel frattempo, dalla parte ()pposta del giardino, ecco il romanziere che si appassiona e s'interessa alla verità, ai fatti, all'osservazione, a tal punto da dimenticare che scrive: . A questo punto il romanziere, anche lui in preda alla follia critica, aggiungerà: >. E anche: > '. Così vanno le Lettere, oscillanti tra il giornalista e il medium. Un altro aspetto, non meno curioso, della malattia che ci interessa, è che si voglia parlar solo per annullarci più completamente di fronte a ciò che parla in noi. Non che il rapimento mistico o l'annullamento dell'uomo colto - e neppure la rivoluzione di cui sopra - mi sembrino minimamente disprezzabili. Affatto. Diffido solo di una rivolta, di un'espropriazione che giungono così a proposito a trarci d'impaccio. Insomma, sono stupito nel vedere che ricorrete subito ad una menzogna. Perché, malgrado tutto, scriuete, anche se non volete ammetterlo, e questo lo sapete benissimo.

Non abbiamo affatto perduto di vista il nosro cartello. A proposito, è sembrato oscuro? Ecco all'incirca (credo) che cosa è successo: una signora passeggiava con una rosa in mano. I1 custode le ha detto: « Lei sa che è proibito cogliere i fiori. - Ce I'avevo enrando, ha risposto la signora. - Allora sarà proibito entrare con dei fiori ». $§

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Emile Zola. cvidentemcnte. '--

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26

I IIIORI DI

TARBES

Mrr, trir gli scrittori, vc ne sono alcuni che scelgono i fiori più strani, l'lrlrrilcgia c la petunia: >. L'argomento comune sarebbe all'incirca: .

Ma anche qui bisognava eludere la difficoltà. Tre critici ci sono rirrsciti molto bene.

Il

cliché, segno d'inerzia

Rémy de Gourmont, che se la cava col distacco,'osserva gli scrittori un entomologo osserva un bruco, senza speranza di modificarlo. Antoine Albalat, più ingenuo, suppone che l'attenzione, la pazienza, lo studio dei grandi scfittori possano rendere un po'meno mèdiocre uno

c()rne

" Citerei anche Curtius, Forster o Cecchi se, non appena si tratta di parole e di frasi, non r,,nvcnisse mantenersi nell'ambito di una stessa lingua, affinche almèno questo dato de1 1,r'oblema resti immutato.

2li

I IIIORI DI

TARBES

scritt()rc lìrcdiocre . Marcel Schwob riduce il suo trattato ad una semplicc' raccnlt.er cli locuzioni miserabili o spregevoli. Abbiamo così tre arti rlello stilc, lc ultime apparse: Le Problème du style, L'Art d'écrire e Les hlrrurs dcs Diurnales, del resto abbastanza diverse per ispirazione da abbrircciarc l'intero campo letterario, se la prima induce a considerare grandi scrittori Rirnbaud o Mallarmé, la seconda, France o Loti; l'ultima, ..fules Renard o Villiers de I'Isle-Adam. Ora, pur essendo in disaccordo sul resto, c'è un punto pedomen. ora Proust, a sua volta, tratta É..rrun - . Faguet,- Taine da >, (come fascismo), ed ecco che il colonnellò de La Rocque esclama nel « Petit Journal >>: e anche la critica tutta, della quale, più sopra, abbiamo posto in luce i1 segreto. Come se il Terrote (che fin dall'inizio trova il suo regista: Sainte-Beuve; poco dopo, i suoi dottrinari'.Taine o Renan; in seguito, i suoi eruditi, i suoi collezionisti, i suoi uomini di mondo: Faguet, Schwob, Lernaitre; i suoi grandi inquisitori: Brunetière, Gourmont) avesse dovuto attendere fin verso il 1900 il metafisico che lo dimostri, ma al tempo stesso 1o faccia peggiorare, e precipitare.

E strano osservare. {i1o a che punto re riflessioni di Bergson sul quel linguaggio fragire e sempre ricorrenre'che è ra -e.su

- srano diuentate vere. come se non avessimo aspettato altro. Come se, grazie=.ad esse, sapessimo infine come ..g.frr.i. Bergson scrive: >. Ma nessuno scrittore era convinto pru ,irro.ru-enie di lui di essere vittima delle propri. ,"n,p"r,._ §", p.. certi aspetti, Stendhal prrò semLnrare irritante, è-proprio-; e il signor Jean-Richard Bloch: >. Ma no. Si tratta sempre soltanto degli altri. E non è tr.rtto., Si tratta degli altri quando banno torto, quanda vcdiamo chiaramente questo torto: degli altri, diversissimi da noi, rrvversari, nemici. I{.G. §ilells fa notare il pericolo che, nella critica Ictteraria, deriva da una parola bell'e fatta cc-rn la sua sfumatur:a fissa di t'logio o di biasimo (come, ad esempio, roiltunzo d'appendice, o drantma iltologico). Aggiunge: « Il fatto è che gli imbecilli se ne servono :rlrlrondantemente ». D'accordo. Natutalmente Iù(/ells non è un irnbecilIc; e i capi di Stato, che abbiamo visto, per fortuna si sotmaggono alla

50

I FIORI DI

TARBES

IL MITO DEL POTERE-DELLE.PAROLE

decadenza intellettuale (secondo la roro espressione) che si manifesta nell'obbedienza alle cubisrno, uguigtiarii'ai;' airir, società formur-edelle Nazioni; e 1l signor Maurras non-si Tur.iu ."rio-'i-rreu*r.. du democrazia e_ n.pprr. il signor Jean-Richara Él*n,-à, ,"'fi)orr. sra pure. Ma non v-enite più a parrarmi di un avryenimenta interiore e imponderabile. se fosse interio-re non riuscireste u perché lei, Jean-Richard Bloch, non è rerigioso e rei, M;;;;;r, ".d"rt. .o;,P.Tì tutto I'opposto, e se si tratta infiné di saperé;À. ".-Jd".*o.ru,i.o* awiene nell rntrmo di una coscienza democratica o credente, non verrò certo a cnlederlo a vot. occo*e insistere ancora. In questi casi, il potere delle parole non si piega mai alle leggi di un'osservazione d .;;i;;, sembra -.toài.r; insorgete ogni qualvolu q"9r_,_, osservazion. ,ir*Àà 1"..ÀpÉt, . l*possibile, quando it difettò dell'osserva zione, per qralchà ;ir';, misteriosa, è in funzione di questo potere. ,,-J_ulien Betf ;;;";; polemi sta", parla-con grandè convinzione dÉl V.ro, d.l'Ci"r;;,?l B.rr.. Queste parole possiedono.per lui ogni virtù e sorìo d.g". diùscinarsi crretro tutte le altre convinzioru... »>. sì, ma al contràrio il bene o il giusto per Julien Benda sono, di fatto,'lr pri".ipio à i, ,..ira, a .,ri confronto tutto il resto sembra parole e frasi: rivela forse una cefta fresca sensibilità, una certa ingenuità d'immaginazione. Vede _questa notte, sente questi rintocchi, ne sgbisce il fascino. Si aspetta che il lettore senta ancLe lui lo stesso fascino (e non sempfe si sbaglia). La poesia consiste anche nel vedere con maggiot fteschezza le cose che tutti potevano vedere. Si àira forse che il macellaio era ignorante, mentre Carco e Decourcelle non lo sono? Ma c'è ,nu grand" differenza tra la fisiologia e le Lettere, e la verità di un avvenimento, l'urgenza di urra riflessione sono ampiamente sufficienti a farci dimenticare le frasi che conoscevamo al

51

I }IIORI DI

t-iguarclo.

o

l'rasi-

TARBES

IL MITO DEL

perlomeno a fare in modo che non ci appaiano più come

Questo dialogo ne è un esempio: Il dovere m'impone di... ! II tlovere, è solo una parola. - Sì, quando la usate voi ,, ,, in cui si sottintende chiaramente: può d-arsi che uoi, quando padate di dovere, abbiate in mente ,o1o purole . irrri Mu p", ir. tàir,r_..rr. il contrario. E ancora: o se àico clre la mattinata è radiosa e che >. , dice. Succede in questi casi che autore e lettore, parlante e parlato, situati sui due vetsanti opposti del linguaggio - come lo sono l'artigiano all'opera e il collezionista di tappezzerie - si vedano alla rovescia, uno rispetto all'altro. Proprio perché lo scrittore non si è curato a sfficienza delle parole, al lettore sembra troppo loquace, astuto, verbale. Ma se, al contrario, egli avesse riconosciuto l.rnà frase nel cliché - se l'avesse evitato, o perlomeno modificato quel tanto che basta per indicare nettamente quale accezione sceglieva -, il lettore si sarebbe potuto affidare liberamente al senso, allo spirito. Se Bourget sembra molto verbale a Gourmont, ciò non awiene benché egli si abbandoni al suo pensiero, ma perché vi si abbandona. Paul Valéry osserva che >, ma in altri è piacevole e ha un suo fascino. ora >, e altre ,rilt., u Non riesce ad esprimersi con naturalezza, a chiamare le cose col loro nome >>. così il rimprovero è ancora più vivo perché si tratta di un mito che ognuno crea a-suo piacimento, o, ,rr.glio, lascia che insorga nel pr_rnto d'incontro di due uedute opposte,

a seconda dell'illusione di proiezione.

I1 Terrore ha un che di lusinghiero e di comodo. chi sentenzia che uno scrittore si è arreso alle paròle e alle frasi, si sente subito migliore. (>. Ma l'altro: . Corneille è libero di essere nuovo, ossia stravagante, perché la retorica gli pone,davanti indifferentemente il cliché, il faradosso. Ma Baudelai re non 1o è, se solo il paradosso gli conferisce senso e dignità; è necessario che Nerval s'impicchi, e che Hòlderlin impazzisca. -così'gli altri: perché la febbre è pèr Pascai un fatto occasionàle ma per Byr6n una missione. E la prostituta di victor Hugo nasce dalla diclriarazione dei principi: si fa testimonianza. Ma, per Àacine, la principessa non è

DI UNA RETORICA

9I

puro, in cui le passioni si esplicano libere da impedimenche " un luogo

E' ;; ;#r;,' ;";;Èé p.or,i,, ta ; -la s.econda, benché principessa' una solo ;;.h. 1à stilé p.rro*là, per T'a'Bruy-ère o per.Marivaux',è gusto, dalla compost-

;i.

qualità tra altrè cento, e senz'altro differente dal ,-ior., dalla preoccupazione del vero' Ma per Schwob o per Gourmont' delle loto altre ,".."a.-q"uLà a.àro, è 1a ragione steJsa e 1a fonte coccodrillo, ma un di iÉe.u-a,J è dir..t..,te come ;'r1,1à. IÌ;;;il iìàt,to surrealista è noioso come una dimostrazione' Retorica Definiamo meglio questo aspetto, f questa dlffercnza: la di cui avvenimenti degli *d.;^;;iil ?"bÈr? " i.tiu no,,ità, solo "t'o e la, per eccellenza, mezà il è tratta 1o s*ittore. M; ;.; il T"r.or. il che può die si Così awenimenti' forma che assumo; ili aliri la preferisce, si. se e dell,espressione ,)iiirri d.ll,op.ra, it iir,.Àu deila pàrola)- rimane ttlto' come 1o ..i6.i.u (nel ànso .;il; Terrore' è in scheleffo'di un mammifeto, nella Conservazione; mal nel Cautier si trova ;;d;;;;, .... if guscio di un crostaceo. In Théophile come nel all,esrerno, .o-. .r.tiLulorru. Ma in Racine, àlf i.rt"..to, le passioni' ;;."ilÉ.r-.trrri* t iiÉ;t, di presentarci ar'.venimenti' opinioa commiste .; ,..,,.. ùa I'opera romantica ie l. prete.ttaI1solo tiene conto del À"i irrr,,.rpr.ràirrì, .ioJ, "ru letttàtt'ru' retore di amore trattare di poi libero ii;;;;;i;""à uolt, p", trit., e si trova farlo se può non terrorista il ;'ài;:il, di ,.tt*irt o di iibertà. Ma del assillo co-ntinuo un liL'ertà,. ;; ;;;;;" ulu puriu, ull u-o", alla e spettri nott.e, neila luci cadenti, ii;;.*gil; J.fi'érp.*rione. Casielli qualeil romantica scuola una per tutra -alla sosni (ad esempio) sono i;i,u' - uitulità- semplici convenzioni' come la ffi.;ffi;;;"tidr; rirria e le tre unità.-tutu ,o.ro convenzioni che uengono regolarrnente può dire di, aver mai scambiate per sogni e curtelli, mentre nessuno vera, 7l pezzente ;il; G ;..'unità."La prostituta sembra una prostituta quale..lo scrittore deve Lìn vero pezzefiie. [rlesta J lu -""^gnu ullu è qui ricotrere, costfetto di ogni forma di Tàrore. Anche il linguaggio linguaggio' essere di ultr.ttunio i-po.turrtà. Ferò bara, e non riconosce ogni scuola letteSiarno rimasti ,orpr.rl ,.1 o.d"té ton quale asprezza e il loro convenzioni loro pei le .uiiu .riti.hi oggi 1. ,crole rivali ragione. hanno tutte che è cosa più ,orpr.nd"ttte ,=rU"firÀÀ. ''N;;;;;g"àMa""la perfettamente, compr€so per es.sere .t. il ferror., e più esise un ..iii.o più esperto ritpètto -al critico della Retorica' il essere di accetti cose, alle p". u..edere i-flerr.Lr*,';; i;"..'.h", e quei corridoi per tutti passare a aitposto secondo dell'arrtore, . ti, ingrasembrare Può facile' sempre è non cornpito Àp"i.rr"tà" Ora, if

92 ro'

I FIoRI DI

TARBES

INVENZIONE DI UNA R.ETORICA

Fatemi vedere tutti i mos*i che vorete, diceva chamfort. Non portatemi die*o re quinte o. o L.r .ì-u.rra tirr.i,uio àr'i; forza >>, risponde it Terrore..N. .orr.gÀ'.È. ii r.r,";:'ìi H,i."J' jnorrno L sLessa impressione,ri mistificazlone-cÀe' re q.,nre suscitano neil,onesto e candido sperrarore. Cfi glre É;;;.-trèr" rimprovera prima di tutto a lìaudelaire' Lemairre a.MrlrrrmJ,-È;;;:; a.Verraine, sarcey a Barrès e Souday a .Jules Romains, ,o,io';'iori'r.l,.rri di cattivo gusto. Ne consegue' inoltre, che ir Terro.ir,u iràurl"i l.ì,rri,'r"irl"oil - perché devono impegnarsi pi* tondo - ma meno ntrmerosi difanatici quelli del conservarore. ciri;r;r; r;ù';;:;;s rer.rouué a IJrysses. da ulysses alle Tapi'rsercs e dafie'rriitt*i7i ui"É,li* bi rnolto quanro all'argomento ull,ur.,rrf.rr, ^urrnajeurs,non è che cam,.rrr;É,:;r;:,ro (e la cosa non è facile) a camhiaru " iriiii ,"ire poetica.

9)

. Letterario o banale, il luogo comune è un aauenintento del linguaggio che, al suo apparire, suscita in noi un trasporto dell'animo. Ci sembra prestarsi a mille significati diversi, che a mano a mano si approfondiscono. Nel luogo comune, la parte spirituale è così incommensurabile rispetto alla pate di parole e ài matèria, che sembra liberarsi per un attimo dall'asservimento del linguaggio, e noi ci liberiamo insieme ad esso. Ed è senza dubbio per questò che s'imprime profondamente nelia memoria, perché è un segno di trionfo. Oru, la sola cosa che abbiamo scoperto è che il cliché - se non si vuole che diventi un segno di disfatta, e di viltà- richiede di essere vagliato continuamente, rimesso in questione, ripulito. Come se si dovesse rispondere con un eccesso di linguaggio a questo eccesso di spirito 6'. L'errore dei Terroristi porebbe ben definirsi angelismo: l'espressione è ridotta a pensiero. Ma 1a Retorica si preoccupa piuttosto di equilibrio e di mantenimento. Il trattato dei Paysages u' invita il poeta >: non è in questo modo che si parla di un uomo colto' Ma dir.i di ,n acrobata, di un corridore o di un campione di salto. Cr;; ; ìott.urri ,ll. id".-.o.a.'.. .ÀrrJ.rr,rt., ui sentimenti acquisiti, alre abitudini banali _i"-t;";;, essere autentici - non fosse nreno difficire o meno pericoloso che vincere per un attimo [a disranza o ra forza di gravità. Erogiamo ,.ì..,u-.nte Io scriltore oercrré è riuscito u-iru.rirri, la novità dell'immagine o della ,i*"a^ rrf" a suincorarsr, e iop,rtutto un segno e un,apparenza di questa liberazione" Ne derivano due stfane conseguenze. una potrebtre essere chiamata; uirtù der difetto. consiste neila diffi_ denza che proviamo, prima ancora di' anarizzarro, di fronte ad un successo rroppo grande:

il

il

levigaro, il ril-iniro rono'p., noi altrettanto sospetti, come se riveiassero ,inu e forme gzrì srabilite'" (Altrimentt. po)r"**o."r,, obbedienza a regore riconoscerri subito come bello o perfetto?). Al contraiir,;;ii;rto hu;;h; Jiillirgti..o, perché, quanro meno, rivela l,indip;;;;;r, il rifiuto della convenzio_ ne, la sincerità. Se Montherlant incespica

beilo.

E Pierre Bonardi: Non so se a Montherlant convenga vincere i suoi difetti, perché i difetti che hanno un certo sapore, come pure l'assoluta esigenza di perfezione, concorrono a7l'affetmazione

di una personalità.

Anche i difetti sono qui così degni di elogio da far nascere il sospetto che Montherlant li abbia simulati, e che sia stato malaccorto di proposito. J.-J. Brousson sctive quanto segue: In Montherlant il disordine è una forma

è perché guarda davanti a sé. E soprartutto non cerchi di correggersi.

parla di difetti >, >

8e.

» màtzo 1921 (Pierre-André May); « La Dépéche de Strasbourg VauSenne)'. a"""ti, o L.,,t.. d'Auiourd'hui », 8 dicembre 1922 ""'.'' ; l";-ù.rt'.tÈì'li,,.rrires'. I 2 marzo le27 t Edmon.l Jaloux). J"tt. pu."l. si conoscono anche troppo gli effetli; oggi

" Cfr. Intentions >>, gennaio i923 (J'-L '>' 5 4 febbraio 19» (C.S"",.flii;-tti* Nouvelles Littéraires (Le , altre >. È il pro'bl.rna essenziale che abbiamo esaminato in- seguito. Il modo sressà con cui i critici 1o eludono avrebbe dovuto farci riflettere, fin dall'inizio, che il problema più grande e più urgente era questo.

l. Di un tratrato

NOTE

di Retorica

DOCUMENTI

t25

spartire con questo figlio d'asino? >>. Ma Simonide venne pagato rneglio e si mise a cantarei >.

La sffanezza dera nostr2 condizione è che sia facile *ovare giustificazioni per le azioni singolari, aiffi.ii. p"r le azionicomuni. Un uomo che mangia carne rli. rr'0"'..r* ;;*;rr*';,i,^urro, -;r;;;; se cessa di mangiare manzo ,ortri,r.rJolo;;X-Èilil

^u i, ,ir., a"r. rlco*ere a un'infinità di giustificazioni, re une più plausibili delle ar*e. un rivoluzionario ci sottopone per ore e ore al fuoco di fila dei suoi innumenevol, .r.r?]l,ure"rr.n1i J ì.s;; ; r, i I b.rsh;r; J't,op"rui,.,, p.. ore e ore, può benissimò non dire-u-na ,ntu p*,rÌu-;r"rur",j'a; essere operaio o b.rghese. È come banali, ma giustificazioni per re azioni '. "'i't.rr"."o rr.r".. E in realrà vecriamo che re persone comuni soro_ misterior. àffirti.É,-.Joi* ,Jiiirrr.r.rr"ro a una società segfeta. "J Non esiste scienzà più-banare della retorica, questo vorevo a.,ivarc a dire. Banale, com,è gi"4" n-1r*'*i.rrat;"ì;ri., banale come scrivere, perche la ietorica a ,.r;u".., perché + ur," rnaggior artenzione rivolra ailo scrivere, ur pu.ràr" E non JiÀ ì;",,,? che già non si sappia quando.dico,.h" oggi'ni, .rir," r.i"rru' [li'irirì.rioru, apparentemente oiù inutire o aiiurda. r'rrrorir-gii-rl".i.i,", partire" daile ricerch" d; bhririofÀ;rb;;;l'.i.onor.,rno di buon grado che I'Europa è nara il qiorno in cui, a scuora. e stato commentato ir De oratore di Ciceronel N;.";r;;;; .r,àì]nr.n,e che se l;ari"p, oggi ci -irr;;;,'#ì."1i" preoccupa, è per mancun u di..tori.r. ,i, , segreto degli antichi rerori, ;;;l*o Ia pena cli scoprirro. "rr. L'ho ricercato niir sopra (e forse, ,lon.nul...Va perlomeno può indicare ciò che n"n i;,";;'lir."'u'tlrn" irusioni chc persinoi e ",-suo (illusioni naturale creare al posto di .,ri è solo il rovescio).

i;;;'i;i"'illl",

j;;#,

O meglio, l'illusione, perché l,illusione è yna. Farò clue esempi in 1i quall se ne pa:s:lo.immaginare moltissimi aitri,

but:.

ci [u un incidenre.ai Giochi de si rifiutava di cerebr;;;

E

oilil;;;i vcrso ir 480, perché simoni"iii.ri"'ii u.n muro; « che cos,ho da

E, più vicino ai nostri tempi, sappiamo che, nel 1913, un certo signor Dudoux andò a chiedere all'avvocato Henri Robert, di insegnargli l'eloquenza. Fu stabilito che i corsi sarebbero stati calcolati globalmente: i\ prezzo era di diecimila franchi, che l'allievo avrebbe pagato se avesse vinto la sua prima causa. Tuttavia le lezioni vanno per le lunghe; l'ailievo si sente trascurato e avverte il rnaestro che ci rinuncia. « E i miei diecimila franchi? - Io non le devo niente >>. La cosa viene

quindi discussa in tibunale. I1 signor Dudoux: . E cosa cotrnune che

I FIORI DI

126

NOTE E DOCUMENTI

TARBES

voi ed io, in ogni momento, quando deploriamo il potere delle parole e delle frasi. Ma chi volesse difendersi dall'illusione dovrebbe pensare in ogni momento che non c'è nulla nelle parole che non sia anche nelle cose. (Oppure ricordarsene confusamente, se è troppo difficile pensarlo).

Brunetto Latini, notaio di professione, fu un erudito e di sottile ingegno; di costumi contro natura, stando a Dante, che d'altronde lo ricolma di lodi ". Si occupò di politica, si fece esiliare: guelfo, e dei più fanatici. Più tardi, tornato a Firenze, fu nominato a settantatré anni arringatore. L'aruingatore era un oratore di Stato, al quale nessuno osava replicare.

Occorte ricordare che una democrazia cavalleresca portava ai limiti dell'assurdo gli scrupoli di equità dei Fiorentini. I magistrati erano tenuti segregati nelle torri e nei sotterranei. Si affidava ad un principe straniero il compito di decidere delle guerre civili. Non si veniva a contesa senza aver prima fatto suonare per un mese intero, lungo le frontiere, la Martinella. Da cui si presume che l'arringatore non fosse un oratore trionfante, ma piuttosto un dissertatore accanito: capace di formulare e di difendere tutri gli argomenti escogitati da una decina di awersari, dichiarandosi infine vincitore solo in casi estremi. Brunetto se la cavava con onore. Fu lui a decidere la guerra contro Arezzo, alla quale prese parte, senza distinguersi in modo particolare, il giovane Dante. E tante altre paci o guerre. Ecco alcuni frammenti del trattato di retorica che Brunetto scrisse durante il suo esilio a Parigi. Il suo stile è rapido e spoglio. I concetti sono molto semplici: perlomeno questa semplicità ha i suoi vantaggi. Il segreto dei retori non è così facile. Nulla ci dismagga dunque dal vagliarlo in ogni momento nelle pagine che seguono. Natura della retorica

La più alta scienza di governo è la retorica, cioè la scienza della parola. Perché, se non ci fosse stata la parola, non avremmo avuto né città, né istituzioni giuridiche, né umano consorzio. Nondimeno, se la parola è data a tutti

gli uomini, la

saggezza

dunque che ci sono quatmo specie di parlatori:

è data a pochi. Dirò i primi hanno grande

e' T)i una così grande stima che l'erudito Cl. Fauriel pensa addirittura che Dante abbia il suo vecchio maestro--alfinferno, ne1 girone dei-pederasti, allo scopo di dare più Iorza, grazie al contrasro, alle sue lodi. Ma forse questo è un po' troppo sottile. -

posto

r27

intendimento e fine eloquio, sono il fiore della società; i secondi sono ;;t;i;ieloquio e d'intendimenro, ed è, questa, grande calamitàl i terziil questo'. :';;;;.r.=dÉ;;di."."to, ma'purluiorl tafflnati, ed è, costrettl a sono ma sensi, di ricchi sono gli ultimi maggiore; p"ricoio aiuto' chiedono ;;;;, *'ò; p.. iu" poveità del loro eloquio, e così É1"a"É*Uite che la scienza'retorica non è affatto dovuta alla ,ru*.u e all,uso, ma all'insegnamento e all'arte. Per questo dico che

d;;r.LL. po... turto"il suo zelo e la sua cura nell'apprenderla. ;il; inferiori-e più i""flì";r-ai...h.j se gli uomini in rnolte cose sonoh.anno la fac.oltà i.Uàfi a.gii alrri animfii. li superano solo.in quanto di parlarel Da cui consegue, i.1 tytla evidenza, che si puo

acqursrre

supera n.ui-rd" nobiltà ,. si ,rrp"r"ano gli altri uomini, così come 1'uomo più che.natura. p.;.iò val nutrimento che pròverbio?ice il f;;;1.. O.u là"irno di ogni uomo è buono per natura' M1 quò cambiare per f" m.iirl^ del coipo in cui è racchiuio, come i vini ii guastano..per la

l'anima ààri-q"riiia à.li'o..io. Ma,quando-il c.orpo è sano, conforta. l'abitudine e l'arte che à-.à*.iir"irc" alla sua eccellenza. E allira É""". ,iriU su di esso: l'arte dandogli consigli opportuni, l'abitudine

rendendolo pronto e aperto e agguerrito all'opera'

Del prologo

"

Prendi esempio da colui che vuole costfuife la sua dimora: egli non corre precipitoiament" all'opera, ma prima misura la casa col metro del suo cuofe e r. .o-po."' nella mente I'intero ordine e f immagine. a E i",iri u,,ento che laiua lingua non corra a parlare' e, la tua P?no de-[ tuo briÌancta sulla lungo a scrivere. che il tuo argomento resti ; ivi riceva l'ordi"ne del suo percorso e del suo fine' ;;;r; --S.,;;i;[e-gli uditori abbiano deiiderio di.apprendere ciò che dirai (sia che l,rrgoriento sia oscuro, o per qualsiasi altra ragione.), a-[lora tu à.ri, ,ttr"iiio del tuo racconto, ài.. ln po-che parole e .chiaramente l'.rrà.rrirl. dell'argomento, cioè' il punto iul quale. verterà, la. maggior uomo che ha desiderio di ;;;;;;i-.,,o:rà?ro. E, sappl'ché.ogni Ma se ha solo desideàscoltare. di deiiderio ha certamente io.ror...., non ha necessariamente desiderio di conoscere. Que.i. ai "riirt,are, sta -- è la differenza tra l'uno e l'altro' q"à"a. il tuo argomento è degno, non hai bisogno .lr alcun prete.ro--.ioÈ di *olt." parole che Lascherano e nascondono i fatti plr.f,''e-ì"r""à della cosa ri procura già la benevolenza degli uditori' oer cu1 non convlene lavorarci u,.oiu sopra' E puoi introdurti con i"ggrrrrru con un breve, p-iacevole inizio' Ma se l'argomento è avver,o1-o dolo.oso, o con*oì1 di.it,o,.o se vuoi chiedere cosa grande o .à.^ o i^.o.sueta, allora tu devi colorire il tuo prologo per acquietare

" Cicetone. " O Dell'esordio.

I FIORI DI

12B

il -

NOTE E DOCUMENTI

TARBES

corruccio che, nell'emozione, gli uditori già sentono confo di te perché in cuor loro possono aver pensato di non concederti nulla,

quanto alla tua richiesta

il

* e per mortificare la loro

inmansigenza.

tuo argomento non sia gradito, bisogna .lr. nél tro prologo tu ti cauteli nel modo che segue: quando si tra"tta di un uomo o di .qualcosa che non sia gradito, non li nòmin erai, ma, al posto loro, nominerai un altr'uomo, o qualche aTtra cosa che sia piacevole e amabile. così catilina, quando voleva discolparsi dalla congiura contro Roma, ricordava ai senatori i suoi avi e 1è loro iniziattve lodevoli, e. aggiungeva che non era per peggiorare le cose, ma per aiutare i deboli e i non potenti, com'era suì costume. p euando tu abbia acquietato c.lui al quale ti rivolgi, dirai che, per .L'affarc in questione,,tu non ne sai nul1a, il che equival"e a dire che'non hai commesso il male che altri hanno fatto. Così diceva nelle sue lettere la prima amante di parjde, qua.ndo egli l'ebbe lasciata per arnore di Eleìa: « Non ti chiedo dli..va - né denaro, né preziosi per l'af{itto del mio corpo >>. I1 che equivale a clire: tutto questo, Elena 1o esige. In seguito, bisogna che tu néghi di dire di iui proprio ciò che stai dicendo. Cicerong parlando .à.rt.o Verre: « Non arriverò a dire (dice) che ti sei imposseisato delle proprietà dei trroi amici, né che hai saccheggiato casè e città ». E ciò equivaie a dire: tutte queste cose, tu le Éai fatte. Ma devi guardarti-clal dire alcuna_ cosa,apertamente, se la cosa è tale da dispiaére ai tuoi uditori o a coloro che essi amano) ma fàllo senza parere,-in modo che essi non se n'accorgano per niente, ma lascino che si allontani dal suo primo intento il loro cuore, che tu conduci a tuo piacimento. E qrru.rdo lu cosa è.giunta a questo punro, devi ricordare qualche esempio analogo, proverbio o sentenza, o anche far appello all-'autorità dei^saggi, e Tar vedere che il tuo compito è uguale- à1 loro. - Così, qualunque sia l'argomento del nosmo esposto, ci conviene di fare. una di queste re cose: o ottenere la benevolènza di colui al quale ci rivolgiamo, o suscitare in lui il desiderio di ascoltare i nosti detti, ovvero di venirne a conoscenza. Perché, quando l'argorrento non è onesto, o è fantasioso, o è dubbio, il noiro prolog.-o deve cercare di ottenere la benevolenza, e quando l'argomerito è*meschino, deve i,fondere il desiderio di ascoltailo, . qruran l'argomento è oscuro, di Se accade che

conoscerlo.

Dei fatti

ea

Dopo il prologo, vengono i fatti: è quando ]o scrittore dice le cose _ che sono o non sono accadute, cioè quando a trattare la cosa 'iene stessa che costituisce il rnorivo e i'argomento del suo intero racconto, e

'" O Delld narratione

questo

Àente

t29

in tre maniere: prima, un modo affabile che espone sempliceper cui 1o si

il fatto di cui si tratta ed enumera le ragioni

presenta. ^ La seconda maniera è quando ci si discosta un poco dall'argomento, e si passa ad altro, sia pei avvalorare il L,ene o il male che su di esso è stato detto, sia per -oitru.. che le due cose sono strettamente legate, per divèrtire gli uditori con qualche- facezia. oppure maniera è puro gioco e diletto. Ed è bene che sc ne prenda ,.iru Lu dimestichezza, p"r.hé .o.t ìrro si diventa più abili parlatori per le

grandi .arse. È-qrundo i detti sono favolosi, intendo dire quando non iono né veri né verosimili, come un battello che 'ola; oppure storici, cioè quando trattano avvenimenti accaduti ma lontani nella nosSa memoriu: o ancora prctestuosi. cioè a dire che si riferiscono ad avvenimenti che ,-ro.o .ut o accaduti, ma che sarebbero potuti accadere' Ma il maestro torna qui sulla prima maniera che viene chiamataurbana. Questa maniera àev'essere breve, chiara e credibile. L'esposìzioiie.è breve, se non dice niente di più di ciò che è.utile sapere, se non sl passa ad alffe cose estranee) se non si ripete ciò. che già u-revarno lasciàto intendere. Perché, se tu hai già dett.: « Andavaio doo. potevano >>, non è bene aggiungere: « Non andavano dove .ro1 pot.iurro ». Tuttavia, guardati anclie Cal dire in poche pat'ole tante cose, per cui il tuo racconto possa sembrare lungo, e noioso per

chi ascolta.

fatto è sgradito agli uditori al punto da suscitare in loro la Àil.ru e l'odio, non-bisogna-raccontarlo così com'è accaduto, patola per parola e tutto di un tratto, ma, frammerrtandolo, raccontarne ora ,rrn pu.,., ora un'a.ltra, e aggiungere ad ogni parte motivazioni e buoni argomenti. Ed è difetto quando, nei tuoi detti, tu stesso poni innanzi ci§ che torna a profitt. del tuo avversario, o quando dici c.n turbamento o di maLvoglia ciò che deve tornare a tuo vantaggio' Per evirare questi difetti, devi abilrnente voigere i tuoi detti a vantaggio della tua causa e tacere quanto possibile ciò che 1e è contrario' Quando

il

Dell'c,rdine del discorso Quanrlo si è ben ideato e soppesato l'argomento nel nostro animo, rirrràne da ordinare il rioslo dirè, ciciè mettere ogni cosa al prtiprio posto. Ma quest'ordine segue due maniere, una chiamata naturale, e

,n'rlffu artificiale. Il

maesiro dirà dunque le regole che appattengono (ji.li.o, ridufre 1a luce in,fumo, dei fiimo luce, e non dirà niente con regole, che non iliustri

a quest'ordine. perché non vuole com.

,r.u

fu..

subito dopo con esempi. L'ordinè che viene èhiamato naturale se ne va dritto per la strada maestra, daila quale non devia, né da una parte né dail altle, ma racconta e dice 1e cose come sono state, dall'inizio alla finel ciiì r:he

730

I FIORI DI

TARBES

NOTE

viene prima, viene p-fiqa; ciò che sta nel mezzo, nel mezzo dei racconto; e la line, alla finel e quesra maniera di fare n"n"n..lrri,, grande _maestria, quindi non ce ,,. o..up.r"ro.

L'ordine artificiale non segue ra strada maestra. ma se ne va per una scorciatoia che lo condu.e più prontamenre Ià J;r. ;r;l; ;nJrli'No' dice ogni cosa come si è svolta. fUu ,p"rìu indiero . ,f ..*à.i;

.fr. veniva prima, non in modo wrade-vole,, ma in modo Ài;di;i;;^; p". fortificare la sua inrenzione. ésì ir ;;.ì;;;. cambia sovente di posro al prologo

e alla conclusione, e u tri," l. ,i;;;;;i d;i';;;r;.;",., avendo cura tuttavia di porre all,inizio. Uà fi"i t..;;;;;;;;;à _^ deboti. E quando ,,"i .iìp.ÀJ.." ,l"i[',"*.ìàrt., ::].,1::l]:,pìù oevl rar comlncrare iI tuo esp-osto dalla sua ultima dimostrazione nella quale egli probabilment..o.r?du di più. òàme colui.n"ìrJrr..à"ore una storia vecchia o-già sentita Éb..r. che ne.rporolgà-iii;r,r. ne varii I'ordine in modò tale che sembri nrour,-r"ìàr*?.raìr.. i sermoni e per rutri gli.argomenti: e sempre bisogna ,..Sàr"-o., Lii". cro che_puo pracere di pi! a rhi ascolta. ciò che può toccare il suo cuore. E quest'ordine artificiale si divide in otto maniere: La prima consiste nel dire arl'inizio ciò che era stato detto La seconda,_nel cominciare con ciò che stava nel mezzo. aila fine. l,inizio del racconto ài ,igrif.àì" aì ,r, p.o_.-k^rrrru,nell'affidare

VefEro.

La quarta, nell'incen*are il racconto sul significato di un proverbio. La quinta, nel costruire ia fine del racconto su un provrcrbio.

settima e ottava, nel costruire l,inizio, tu .,'!u,r:.ru, [rìé...r-t.utl nne oel racconto su un esempio.

oU

Ecco come: dalla fine comincia colui che dice: benché il sole al tramonro ci abbia lasciato Ia nera.notte, al.mattino ar* pìi .f"ig;;rn te' E colui che dice: f. quando Abramo si apprestarru ad uccidere sucr farne sacrificio a Dio .h. t'*gàlJ;h

lrj:,,1._l sacrlilcare.

il;;;-ffiil'a,

Ma nel mezzo comi.cia colui che dice: Abramo lasciò ir suo servo con l'asino ai piedi della montagna, perché non voleva .lr. ,r..rirr. u

conoscenza del suo proposito. E in mezzo al racconrà che impiega

il proverbio, colui che dice: . // ignorare il seg.reto ietiuo iigrorr. É"r";i..;,iÈ;r." rt servo quando salì per fare il sacrilicio, Impiega,il proverbio alla fine, colui che dice: o Non è uDp()rtuno , ,,nd lede granlc,.perdlt cb,! i suoi neriti. Nosrro Signore trr.io.rrinai ad suo figlio, che era già sull'altare .lel iacrilicio ,. -r--' ^Abramo Comincia secondo il significata di un esempio, colui .lr" ,1i.., u U, buon albero produce bu.ii.frutti. n", q,."rio bio volle .i. iiÌìgfì"'al Abramo fosse posto sull'altare ,, tr*urrin-.he non m.risse >>. Impiega l'esempio nel mezzo del suo racconto, *t"i ii q"rfe dice: >

scrive già nel 1920 a Paul Valéry' E nel maggio 1925,.i",YI'lettera linguaggio e É. po"i. ' si rammarica che .1 oggi »- nessuno s'interessi al »>' Ora' langage de ;.p;;;;i;" litu t"tr".utura, la q"u19 è.. '. Sulla scrittura, Paulhan fa convergere il su«r sapere di filosofo, di poeta, di critico, owero di >: così si è autodefinito con una punta di civetteria, come ha notato Ungaretti" Sia dato, in una zona segreta dell'essere, il luogo o il momento di quel raccoglimento che egli non definisce mai ., ispirazione »: è qui che attende la parola al varco, spostando impercettibilmente l'asse dell'invenzione dal sentimento al7'espressione di questo sentimento. La parola eletta non è la sola eleggibile, ma tutte 1o sono potenzialmente; in particolare nei cliché, proverbi, forme fisse e « luoghi ,> dell'espressione - falde antichissime dei linguaggio e della memoria collettiva - si sedimenta l'ancestrale consapevolezza del parlante: mentre la sffuttura soggiacente al proverbio e agli altri stereotipi rimane immutata, il pensiero, in ogni tempo e in ogni luogo, è libero d'imprimervi ia propria diversità. Le forme fisse si prestano dunque, per Paulhan, ad una sperimentazione senza fine suscitando un senso di vertigine (« une extase légère ») nello scrittore affascinato dai significati polivalenti e dalle risorse cornbinatorie del linguaggio al quale si abbandona, come il nuotatore ad uno stesso grande mare. Paulhan scrive, nelle Fleurs, che si è limitato ad illusmare I'evidenza, tutti sanno ,r. Ma, a suo avviso, occorre-

a dire con chiarczza « ciò che 2 Lcttere

di .l . Paulhun a P.Valér1 (Bibliothèque Doucet), 29 marzo l92c).

749

va dimostrare questa ovvietà affinché risultasse patente. A.chi? Non ali'uomo .o.r'trrÀ", che generalmente parla come respira,--bensì allo scrittore e, più ancora, à1 critico, questo « specialista ". dell'espressio.r". o.corr.va dimostrare, con un'iÀdagine capillare (. O l'amico Ponge: '), e a farsi interlocutore in quel dibattito o dialogo che nessuno, neppure Valéry, gli ha mai concesso. Perché Paulhan, con questo suo saggio, esce dall'ossessiva, splendida Corri' spondenza a senso unico, indirizzata nel 1935 all'inesistente Monsieur de Hohenhau u, per rivolgersi a noi. Di fatto, quest'opera, essenziale e necessaria, fu recepita (bene o male, con sensate riserve o con elogi irritanti) soltanto da un pubblico colto e maturo di scrittori, i quali stavano vivendo, o avevano già vissuto la stessa awentura, superato Sans doute. Si - come Paulhan - la crisi del silenzio (« Torlt a été dit. les mots n'avaient pas changé de sens; et le sens, de mot >> '), riconducendo un linguaggio stremato ad attingere all'inestingurblle icchezza del codice. Perché f inaudito è pura illusione e anche l'ineffabile è dicibile. Terrore e Retorica, invenzione e tradizione, si presentano "

A. Gide, cartolina da Nizza, 15 ottobre 19'11; F. Ponge, lctteta del1'll novembre 1941,

'

J. PaurHaN, Sade et autres primitifs,

Archivio l.P.

-précieux", Paris 1966-7970, vol. IV, p. 7.

in

Oeuures Complètes, Tchou,

"Au cercle du livre

u J. P.turnaN, Traité du rauissemànt, Lettres à Monsìeur de Hohenhau, Périple, Iraris 1981; 1a sua piìr impottante opera postuma. Anche le Lettres à l[adame de,19ls, inedite a rutt'crggi, cost-ituiscc,nc, un'alta Coriispondenza a senso unico, sui problemi dell'espressione. ' J.?aur.rrer.r, Sade et dutres primitifs, in Oeuures Complètes, cit., vol. IV, p 7.

t5r

come un'unica faccia dello stesso problema, nell'espressione che lo scrittore, il paflante, mette al mondo, o , per usare I'espressione forte di Paulhan. L'animazione del dibattito, sofretta da una sapiente scienza dell'argomentazione, è articolata in tre momenti dialettici: 1) estro e brio nell'illustrazione dell'estetica letteraria dal Romanticismo al Surealismo (Rn ingrata nel vaglio degli argomenti tratto del Terrore); 2) applicazione prodotti dal ,, Terror" , u detrimento del linguaggio, e gratificante àostanza nell'eccellente rivalutazione del luogo comune (ll mito del potere-delle-parole); J) tono ispirato nella difesa deltre Retoriche (lnuen'zione di unà rebrica). Nelle Tre pagine di chiarimenri qui tradotte al seguito delTe Fleurs. più ancora che nella lunga Lettre à Maurice Nadàu '0, Paulhan ripeicorre con grande chrarezza i tre momenti delf inchiesta da lui .o.rJottu. Ma essa continua ad essere problematica per l'> (siamo noi, il primo venuto) in quanto, specialmente nell'ultirnapafie del saggio, egli si tova di fronte a quella resistenza che le parole òppot goro ,ot-ul.t.ttte, resistenza che, qui in particolare, rivella il pasiàggiò dall'argomentazione « scientifica , a quella empiirca, dal procediÀénto logicò alla coincidenza degli opp-osq, quest'ultima decisàmente formaliziata con una doppia funzione algebrica in Clef de la poésie. Le parole inquietanti sono infatti: passaggio, ribaltamento, mètamorfosi, legge non formulata, e pur tuttavia operante. La diificoltà dell'argomànto accentua in Paulhan una tendenza naturale ad una certa reticenza verbale: le rapide scansioni dell'ellissi, più ancora, i suoi famosi costtutti circonlocutori le cui sinuosità, tracciate con estfema finezza, ci sospingono nella lettura. Siamo irretiti in un complesso sistema di rimandi che ritardano e anticipano al tempo stesso la vattazione di un nuovo postulato, il quale - a sua volta - richiede una serie di verifiche e infiniie cautele" Non a caso la prolessi è così frequente e, tra le >), opera il trasferimento del termine in letteratura: se il > è rivolta contro la letteratura dei passato e contro il linguaggio (>), se privilegia il messaggio a danno del codice, esso impone alla letteratura -- come suggerisce Beaujour - imperativi che le sono estranei ". Sartre, non meno di Breton è, per Paulhan, un . Alla forza dell'argomentazione contribuisce, nelle Fleurs, quella particolare ; le parole stesse, a volte , oppure s'incrostano; l'espressione poggia su ull supporto, e il linguaggio è simile a un manufatto. È poiilUit. ., assistéi, ai nostri stessi luoghi comuni, sposare un signifiiato (come si sposa una donna, una causa), avventarsi contro un fantasma, lasciare che la Retorica marcisca in catene. Paulhan desume dall'universo fenomenico, o dalla realtà quotidiana quale essa appare alI'uomo, i termini di un conflitto eminentemente spirituale, esemplando1o con amabili allegorie: il giardino di'Iarbes, il miele che le api fanno la via regia fra tanti sentieri nella boscaglia. Nascono dalla stessa malice gli aneddoti, le facezie, le rnassime, gli aforismi innumerevoli e le espressioni colloquiali - specchio e controparte del linguaggio letterario - in cui vediamo la « malattia » dilagare) scavare l'abisso ffa due interlocutori. In questo modo egli ci dice il sr,ro sdegno iniziale, cui fa seguito f irraggiante contentezz1 di chi produce argomenti e prove convincenti, poi arrcora l'ansia leggera di chi sente di awicinarsi al punto d'incontro di drr" mondi opposti e apparentemente inconciliabili, un momento arduo per la ragione, non dissimile dal . "

L'opera suscitò vivaci reazioni fin dal giugno-ottobre 1936 quando uscì per la prima volta nella ,, Nouvelle Revue Frangaise

>>.

In seguito,

Paulhan la rielaborò ampliandola e modificandola ancora per cinque

anni fino all'edizione definitiva del 1941, che ebbe una risonanza ancora più vasta. Se si pensa che l'idea risale al \927 , si può valutare quale importalza ebbe per l'autore. Egli teneva informati gli amici sulla sua lenta stesura, come risulta dalla Corrispondenza e, quando il libro uscì, le lettere di amici, nemici, critici - più di un centinaio 1'cominciarono ad arrivare. L'autore le ha accuratamente archiviate in un raccoglitore titolato Lettres et Articles: Fleurs de Tarbes (1936 1941). Sono di grande interesse, non solo perché inedite e sicuramente poco note agli studiosi di Paulhan, ma per le opinioni espresse da molti scrittori e critici, alcuni dei quali alla lettera hanno fatto seguire un articolo o un saggio. Gli argomenti sollevati al seguito di queste prime imptessioni offrono un secondo panorama della critica sulle Fleurs, accanto a quello già esistente e suscitano nuovarnente,

a

tanti anni di distanza, alcune domande sull', - Un altio argomento ricorrente nelle lettere confidenziali è il « luogo comune )>, connesso al problema della Retorica. P.J. Jouve, in una lettera non datata, osserva che occorre distinguere ra cliché e cliché. Quello di cui parla Paulhan non coincide con lo stereotipo, . >. Il luogo comune innesca pericolosamente un processo di involuzione linguistica, evidente nelle letterature d'avanguardia (come la surrealista, nota sempre Jouve), le quali prediligono il cliché, inverrtano stereotipi, mentre la tendenza . Al contrario, tutte le forme parametriche, fisse eppure flessibili, sono gli stilemi prediletti da Paulhan che ne studia globalmente le possibilità di trasformazione, denro e fuori dal contesto, mentre Aragon, Eluard, Leiris, Queneau, ne fanno uno strumento d'invenzione poetica. Le riserve di J. Vaudal vertono ancora sugli esem-

non è detto (Paulhan non lo dice mai) che gli stereotipi debbano essere sempre assunti nelle loro forme ctistallizzate; al contrario, i luoghi comuni sono per lui un vero e proprio >, mentre il luogo comune è creatir.,o quando si trasforma in immagine, metafora. Un altro

dubbio sorge a proposito del funzionamento dell'illusione di proiezione, ed egli si chiede ingenuamente (ma, le domande ingenue * com'è noto - sono spesso le più problematiche) come si faccia a sapere se uno scrittore sia davvero libero daile parole. Ne consegue che, nel Settecento, il Preziosismo veniva criticato per eccesso di artifici, oppure, più tardi, Mallarmé, per la sua . Se l'autore che utilizza il cliché mette in fiia dei cadaveri, non vede bene perché il lettore debba sentirsi responsabile di non capire che l'autore è ven'.rto ., ad abitare,r.per un attimo, in questo cadavere (20 giugrro l')-16). È pur vero che Paulhan ci presenta gli esernpi più banali e più scoirtati di luoghi comuni: 1o fa espressamente per sottolineare la necessità di un recupero totale del linguaggio e, in fondo, gli esernpi hanno un valore molto relativo rispetto all'analisi accurata dei cliché che treggiamo nel capitolo ln mancanza del Terrore. Tuttavia, la frarnrnentazione dell'esempio isolatcl dal contesto, e la tendenza all'abbreviazione - corne ha notato anche A. Dhdtel - non contribuireL,bero alla limpidezza della sua dimostrazione" André Salmon si compiace, invece - e la c-osa non sorprende - dell'ambiguità del cliché: « Le lieu comml1n.." ce beau square ouvert à tous les complots cornme à toutes Ies idylles! (25 novembre 1941). La verifica più convincente può essere fatta osservando come Paulhan si serve e . Sostenere che I'assunto, esffemamente (>), quest'ammissione dello stesso autore sembra essere incompleta a M. Aymé: >

''

J. BrNoa,

La France

Byzantine

, Gallimard, Paris

1945

-T 158

POSTFAZIONE

POSTFAZIONF,

et avide. Le Grand Inquisiteur en personne (22 ottobre l94l). Così, anche D. de Rougemont, al quale lo stile di Paulhan appare > (9 agosto 1936). A M. Heine questo Terrore non dispiace affatto (14 luglio 1936), mentre H. Michaux, che giudica >

datata).

G. Ungaretti ", come A.M. Schmidt e A. Dhòtel, awicinano il saggio di Paulhan a un dialogo di Platone. Stesso procedimento dei Dialogbi socratici, ritrovato per altre vie: stessa scienza, stesso fervore, scrive Dhdtel: (lettera non

ogni volta ripete queste cose che gli sembrano chiarissime, e ogni volta con parole nuove e suggestive, come quando in una lettera inàita aF. Hellens (24 setembre 7941) definisce Les Fleurs come un'operu d'iniziazione desdnata a un lettore , o an.h. q.,àndo, scrivendo a J. Grenier'e, s'interroga sulla sua , avvalendosi di uno stile letterario. Quanto all'importanza del suo libro, nega di aver voluto sostenere una tesi ben definita (>) e, per chiarire l'articolazione del suo saggio a chi non l'avesse colta, scrive e riscrive diversi schemi che ne illustrano le parti, i quali, a seconda del destinatario, sono spiritosi, provocatori (come nelle risposte a J. Benda), oppure

tonato.

suo avviso, la validità dell'opera sta nell'aver denunciato

alcune illusioni che nascono quasi naturalmente quando si ratta dell'interrelazione pensiero-parola. Ad esempio, precisà paulhan, le illusioni

  • in quanto, nei suoi scritti sulla letteratura e sul linguaggio, non è mai sfiorato dal sospetto che questa letteratura

    poffebbe essere 2r. Il successo di Paulhan è dovuro al fatto che oggi siamo perfettamente consapev-oli della giustezza della sua modestia, dell'impòrta nza della sua >. Perché, a panire dagli anni Sessanta, con grande ritardo, abbiamo preso atto delle intuizioni, spesso luminose] deila protolinguistica, delle suggestioni dello Struttuialismo, delle certezze della linguistica. Il risveglio dell'interesse per i problemi connessi alla Retorica ha confermato l'evidenza e la necessità àella sua soprawivenza nella ffasformazione continua delle forme letterarie. solò alora il contributo di Paulhan cominciava ad essere messo debolmente in !u9e in saggi d'insieme sul romanzo del primo Novecento (y. Tadié, J. Ricardou, J. Bersani) e in alcune operè sul percorso storico della Retorica (C. Perelman, R. Barilli, H. MeschonnlC). Sl vide allora l, le intuizioni e le scoperte cli Paulhan, inalterato il senso della sua lunga avventura. *""

    f..:i -:

    .

    1,..ì

    'o J. PaurnaN, Choix de Lettres (1917-1936), ctt. " La dernière interuiea- de J. Paulhan, testimonianza raccolta qualche mese prima della morte Jello scrirtore. da J.L. Girodor per la rivisra o Adam ,, fctbraio t9t,t. ' " Breve articolo firmato Jean Guérìn (pseudonimo di J.P.j in calce a quello di A. Anrauo, ,4 la grande nuit,