Gli affreschi dell'Aula Gotica del monastero dei Santi Quattro Coronati. Una storia ritrovata. Ediz. illustrata 8876249362, 9788876249365

Il volume, dedicato al ciclo pittorico dei Santi Quattro Coronati a Roma, illustra un capolavoro del XIII secolo, inedit

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Italian Pages 408 [398] Year 2007

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Table of contents :
Copertina
Sommario
Introduzione
I dipinti dell’Aula gotica
Gli affreschi
I mesi, parete occidentale
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
I mesi, parete meridionale
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
I mesi, parete orientale
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Le arti, parete occidentale
La Grammatica
Le arti, parete meridionale
La Musica
L’Aritmetica / Computo
Le arti, parete orientale
L’Astronomia
Telamoni
Le stagioni
L’Inverno
La Primavera
L’Estate
L’Autunno
La volta
Il paesaggio marino
Lo zodiaco
Le costellazioni
L’omicidio di Abele
Le virtù, parete occidentale. Primo registro
Le virtù, parete settentrionale. Primo registro
Le virtù, parete orientale. Primo registro
Mitra tauroctono, figure allegoriche, sole e luna. Secondo registro
Telamoni della campata settentrionale e nicchia
L’apparato epigrafico nel ciclo dei Santi Quattro Coronati
Osservazioni sul supporto murario e sul suo stato di conservazione
Le vicende costruttive dell’Aula gotica nel complesso dei Santi Quattro Coronati
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Gli affreschi dell'Aula Gotica del monastero dei Santi Quattro Coronati. Una storia ritrovata. Ediz. illustrata
 8876249362, 9788876249365

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Andreina Draghi

Gli affreschi dell'Aula gotica nel Monastero dei Santi Quattro Coronati Una storia ritrovata Introduzione di Francesco Gandolfo Contributi di Claudio Noviello, Francesca Matera Giuseppina Filippi Moretti

Progetto grafico

Referenze fotografiche

,'v1arcello F rancone

Redazione Elisa Bagnoni

impaginazione Antonio Carrninati

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l'autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti " dell'editore

© 2006 Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per il Comune di Roma © 2006 Soprintendenza per il Patrimonjo Storico Artis tico ed Etnoantropologico del L azio © 2006 Ski.ra editore, Ivlilano Tutti i diritti riservati Finito di stampare nel mese di novembre 2006 a cura di Ski.ra, Ginevra-Ivlilano Printed in Italy www.skira.net

La documentazione fo tografica degli affreschi dell' Aula got ica è stata fornita per la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il P aesaggio per i.I Comune di Roma da .'vfaurizio Necci (campata meridionale) e Maurizio Fabretti (campata settentrionale). © Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano: figg. 50, 51 , 52 , 63 , 64, 124, 125, 126, 146. Istimro Archeologico German ico, Roma: figg. 37, 38, 113 , 117. Is timto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, Roma: figg. 45, 68, 69, 70, 72, 74 , 75, 77, 83 , 92, 107,109, 151 . Sergio Zevi, Roma: figg. 66, 71, 73 , 76, 85 , 86, 88,89, 91, 94, 97, 98. 99,1 00, 104, 119, 123, 135 , 136. Foro Ferrame (contributo F ilippi Moretri): figg. 4, 5, 6, 9 , IO.

Ringraziamenti Desidero ringraziare la Madre Priora Rica Mancini e la Comunità delle Monache Agostiniane per l'affetto dimostratomi e la semplicità con cui hanno accettato, d urante questo lungo periodo, le limitazioni loro imposte dal cantiere d i restauro; il Iv!inistero per i Beni e le Atti,~tà Culturali che nel corso di questi anni ha finanziato il restauro dei dipinti: l'allora Direttore Generale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico Mario Serio, il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio Luciano Marchetti; i Soprinten denti che nel tempo si sono alternati: Francesco Zurli, Ruggero Martines, Roberto Di Paola, M.aurizio Gallerà, Rossella Vodret.

Tn questi anni sono stati ind isp~nsabili i colloqui, le riflessioni e le indicazion i di coloro che, a titolo diverso, hanno condiviso il lavoro e le difficoltà connesse al restauro e che qui desidero ringraziare: Maria Andaloro Enrico e Alessandra Arbarello Girolamo Amaldi Lia Barelli Claudia Barsanti Gabriele Barrolozzi Casti Carlo Bertelli Luciano Bcllosi Alessandro Bianchi Marco Bona Castellani Miklos Boskovits Daniela Candilio G iovanni Carbonara Don Lorenzo Cappelletti Enrico Castelnuovo Don Federico Corrubolo, la Comunità delle Piccole Sordlc dell'Agnello Mario D 'Onofrio F rancesca Flores d'Arcais Mara Falconi Dan iela Fonti Chiara F rugoni Anna Gallina Zevi Francesco Gandolfo Julian Gardner Elisabetta Giorgi Carlo G iantomassi Padre Prospero Grecb Renato Guglielmini lngo H erklotz Salvatore lntrieri Herbert L. Kesslcr Adriano La Regina Eugenio La Rocca Padre Anton io Lombardi Hubertus Mandenscbeit Paolo e Gabriella Marocchi Clemente Marsicola Patrizia Masini Monica Morbidelli

Gabriele Novembri Enrico Parlato Raffaele Pugliese Goffredo P ugnali Carlo Arruro Quintavalk Serena Romano Maria Cristina Rossini Riccardo Santangeli Valenzani lllir Shaholly Elizabeth Jane Shephcrd Luigi Spezzafcrro Claudio Srrinati Tommaso Strinati Almamaria Mignosi Tantillo Ilaria T oesca Paola Tollo Alessando Tornei Stefano Tumidei André Vauchez Donatella Zari Fausto Zevi Un ringraziamento particolare all'Accademia dei Lincei (Biblioteca Corsiniana), all'Accademia di San Luca, all 'Archivio di Stato d i Roma, all 'Archivio Segreto Vaticano e alla Biblioteca Apostolica Vaticana per avere facilitato la consultazione dei documenti. Un senrin1ento d i profonda gratitudine per Sergio, Giulia e Laura che mi sono stati accanto in questi anni di lavoro. Le ricerche archivistiche sono state condotte da Alessandra Daga. Il rilievo ortofotografico è stato svolto dalla Società Azimut. Le analisi chimiche sono state curate da Maria Laura Santarelli. La campagna fotografica è stara realizzata da Maurizio Necci della Società Azimut e da Maurizio Fabretti. La posa in opera e lo smontaggio dei ponteggi sono stati eseguiti da Fabrizio Tabuani e Annibale Galeotti.

Al visitatore che si incammina per il Celio, non 4ugge il /ascino che sprigiona uno dei luoghi meno frequentati del centro della città, situato su un'altura minore del colle, attraversata in epoca romana dalla via Tuscolana. Il complesso monumentale dei Santi Quattro Coronati è custodito dalla fine del XVI secolo dalla Comunità delle Monache Agostiniane e, pur essendo vicino alla chiesa di San Clemente e poco lontano dalla basilica di San Giovanni in Laterano, resta a margine degli usuali itinerari turistici. Non è cosi' per gli innamorati della Città Eterna: ai conoscitori più attenti; il rito della "ruota" attraverso la quale le monache di clausura affidano al visitatore la chiave destinata alla visita della preziosissima cappella di papa Silvestro resta come un'esperienza indimenticabile. Questo luogo appartato e solitario, ricchissimo di stratificazioni storiche e molto rilevante per le connessioni con la sede papale di San Giovanni in Laterano, è stato teatro, nel 1997, di una stupefacente scoperta. Durante i I.avori di restauro pittorico è affiorato sulle pareti di un ambiente monumentale, situato al primo piano del monastero, uno straordinario ciclo di a/freschi; sottratto alla memoria collettiva dalla presenza dei molti strati di calce che abitualmente venivano distesi sulle murature per risanare gli ambienti dalle pestilenze che con regolarità minavano la città. Sulle superfici dell'Aula si dispiega un apparato decorativo sorprendente che, per la ricchezza del repertorio, la vivacità dell'impaginazione, la qualità stilistica si configura come una delle opere più importanti della pittura italiana del Duecento: l'eccellente stato

di conservazione e l'alto livello esecutivo dei dipinti consentono di definire con rinnovato impulso le vicende artistiche della metà del XIII secolo, restituendo alla pittura romana un ruolo centrale. La scoperta, non casuale, è la conseguenza di sistematici interventi di restauro e di studi; condotti per più di dieci anni nel monumento, grazie anche all'A mministrazione statale che ha disposto, con continuità, finanziamenti e impegno nella tutela del nostro patrim onio. Sono stati necessari quasi nove anni di intenso lavoro, condotto dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per il Comune di Roma e dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico del Lazio, per portare a termine il restauro sia dei dipinti che del!' architettura del!'ambiente, la quale, per i suoi rari caratteri gotici; riveste un grande interesse nel panorama edilizio di Roma nella prima metà del XIII secolo. Come uno degli innamorati del Celio e dei Santi Quattro, sono particolarmente lieto di presentare questo volume che illustra in modo integrato i diversi aspetti della scoperta, attraverso un insieme rilevante di studi e ricerche a/ferenti le diverse discipline. Siamo specialmente orgogliosi di poter restituire al godimento della collettività una nuova e così importante testimonianza artistica, che arricchisce in modo molto significativo il nostro patrimonio culturale.

On. Francesco Rutelli Vice Presidente del Consiglio e Ministro per i Beni e le A ttività Culturali

Sommario

11

Introduzione Francesco Gandolfo

17

I dipinti dell'Aula gotica Andreina Draghi

109

Gli affreschi Schede di Andreina Draghi

353

L'apparato epigrafico nel ciclo dei Santi Quattro Coronati Claudio Novie!lo

363

Osservazioni sul supporto murario e sul suo stato

di conservazione Francesca Matera 3 91

Le vicende costruttive dell'Aula gotica nel complesso dei Santi Quattro Coronati Giuseppina Filippi Moretti

Introduzione Francesco Gandolfo

Da quando, per l'esaurirsi delle motivazioni, la storia dell'arte ha abbandonato la sua fase eroica e fondativa, di attenta e costante esplorazione del territorio , alla riscoperta di un contesto, più che perduto , dimenticato, ci sembra sempre meno probabile che, dalle nebbie del passato, possano emergere testimonianze di tanta importanza e di così chiaro significato da imporre un ripensamento su quelle che, con il tempo , sono divenute delle conclusioni saldamente sedimentate. Solo il restauro forse può ancora riservarci l'emozione della scoperta, con la sua capacità di superare i limiti materici della superficie e di entrare, in profondo, all'interno dello stratificarsi delle vicende storiche. È il caso dell'imponente ciclo di affreschi scoperto nel complesso romano dei Santi Quattro Coronati, al di sotto di un pesante strato di scialbo che lo rendeva, fino a pochi anni addietro, del tutto ignoto. Con la conclusione dei lavori, l'occasione meritoria alla quale oggi felicemente si approda è la pubblicazione integrale del complesso, in una maniera esaustiva e puntuale, così da fornire agli studi tutti gli strumen ti necessari per svolgere quelle revisioni che l'importanza del ciclo rende urgenti e inevitabili, in un quadro storico che va ben al d i là dei limiti dello specifico. Le novità sono venute già dall 'architettura che il ciclo accoglie sulle sue pareti. L'ambiente è stato giustamente, anche se in via del tutto convenzionale, riconosciuto, fin da subito, come "Aula gotica", quasi che rispondesse, in maniera totale, a una dimensione stilistica inequivocabile, sia pure tutta da riconoscere . Nella realtà si tratta di uno spazio di impianto rettangolare, diviso al mezzo da

un 'arcata trasversa la quale crea i quadrati necessari all'impianto di due volte a crociera semplice, con le nervature poggianti su mensole. Niente di eccezionale, si potrebbe dire, se poi non si desse il caso che, per l'epoca di presumibile realizzazione del complesso residenziale dei Santi Quattro, non oltre gli anni quaranta del Duecento, non siamo in nessun modo in grado di citare costruzioni romane di analogo nitore strutturale. Pur nella loro semplicità, prive come sono di appoggi e di ulteriori articolazioni, quelle due volte a crociera rivelano una inclinazione nuova, una scelta nella direzione delle coperture in muratura che mette bene in luce il fatto che anche a Roma ci si era ormai avventurati ad abbandonare l'uso millenario del tetto a vista. Alla luce di queste considerazioni, individuare quella struttura con il termine "gotico" è quanto di più ragionevole si possa fare, proprio perché permette di riconoscere un cambiamento netto nelle abitudini locali, in fatto di architettura, e l'avvio di un percorso nuovo, indipendentemente dalla necessaria considerazione che, se si desse peso allo schietto dato formale, quelle volte sono largamente superate, in "goticità", dalle contemporanee esperienze, cistercensi e federiciane, di cui non citano nessuna delle ragioni caratterizzami. A fronte di queste valutazioni, c'è da chiedersi il perché della scelta delle volte e qui entra in campo il ciclo pittorico, il quale vive e trova ragione al suo disporsi proprio in virtù della presenza di quel tipo di copertura. Nella campata meridionale il tema guida è rappresentato dalla sequenza calendariale delle allegorie d ei dodici Mesi. Anche questa, per l'ambiente romano , non è una novità. 11

Esistono frammentari, o sono ricordati da fonti indirette, altri cicli analoghi, come è il caso, nello stesso complesso dei Santi Quattro Coronati, dell'ambiente antistante alla cappella di San Silvestro. In genere però quelle rappresentazioni sono funzionali al tema del calendario liturgico dei cui cartigli accompagnano la scansione che, sulla parete, svolge funzione di protagonista. Ben diversa è la situazione in questo caso, perché è come se i termini della questione fossero stati ribaltati. Il ciclo dei Mesi non è al culmine di un percorso che poi dispiega, al di sotto di esso, la sua reale ragione funzionale, come avviene nei calendari, ma è la base di partenza di un sistema pittorico a salire che, per organizzarsi, pretende la presenza delle volte. I grandi lunettoni creati dalla ricaduta delle vele sono occupati, nella porzione inferiore, dalle scene dei Mesi e vengono conclusi, nella porzione superiore, al di là di una trabeazione, dalle rappresentazioni delle Arti e dei loro interpreti. Sul filo della connessione delle vele sono poi rappresentate le Stagioni, con i Venti, e nelle vele stesse i Segni zodiacali e le Costellazioni, al di sopra di un Paesaggio marino. Un qualcosa di analogo avviene anche nell'altra campata dove, alla stessa altezza dei Mesi, sono disposte le Virtù e le Beatitudini le quali portano sulle spalle le immagini dei protagonisti dell'Antico e del Nuovo Testamento e dei santi più significativi che le hanno esercitate, anche moderni, come san Francesco e san Domenico, dominati al centro della parete settentrionale, in relazione con la Giustizia, dalla figura di Salomone che di certo suggerisce qualcosa sulle ragioni funzionali e di destinazione dell'ambiente. Riprendendo il motivo che già sui primi del 1123 aveva caratterizzato il ciclo di affreschi che papa Callisto II aveva fatto realizzare, a celeb razione della stipula del concordato di Worms, nel palazzo Lateranense, con i pontefici che avevano condotto la lotta per le investiture seduti in cattedra e colti nell'atto di calpestare gli an tipapi che nel corso del tempo erano stati contrapposti loro dagli imperatori, anche qui delle figurette si dispongono al di sotto dei piedi dei personaggi rappresentati, a significare una implicazione in chiave didattica del ciclo, forse di sapore politico, in rapporto con la realtà storica del momento, incentrata sullo scontro tra papa Gregorio IX e l'imperatore Federico II. Riprendendo la logica organizzativa dell'altra campata, ma ribaltandola in un percorso di lettura che, in questo caso, va dall'alto verso il basso, a ribadire la funzione rigeneratrice della Chiesa, nella parte superio12

re della lunetta sono raffigurati i Vizi antitetici alle Virtù, rappresentate a loro volta al di sotto, accompagnati da un personaggio che, nell'immaginario collettivo, ne è stato l'interprete, ovviamente negativo, per eccellenza. Come si può intuire, il programma decorativo, per articolarsi, approfitta in maniera convinta della presenza delle volte, utilizzando come fattore d 'ordine il loro percorso in salita. Questo fa pensare che la scelta di quel tipo di copertura sia stata condizionata proprio dalla complessità tematica messa in campo dal sistema pittorico e che dunque sia giusto cogliere in questo aspetto una delle sue caratteristiche distintive, protesa, grazie a questo calcolato artificio, alla conquista di una dimensione stilistica nuova. Non vi è dubbio poi che, a somiglianza con quanto accade negli stessi anni nella vicina cappella di San Silvestro, dove, approfittando della storia di Costantino e di papa Silvestro, letta attraverso il filtro della falsa donazione, la superiorità del papato nei confronti dell 'impero viene affermata a chiare lettere, anche il programma decorativo dell'Aula gotica insiste, nel fondo, sul ruolo primario della Chiesa. Lo fa in maniera diversa, più sfumata e distaccata, meno sfacciatamente calata nella dimensione storica, rispetto a quanto accade nell'altro ambiente, ma in termini che sembrano preludere alle grandi scenografie allegoriche trecentesche, come gli affreschi lorenzettiani del Buono e del Cattivo Governo. Per fare questo deve ricorrere a un bagaglio di conoscenze di tipo enciclopedico che, per essere efficace, ha bisogno di ordine, come accade nelle miniature didattiche, in cui la pagina viene organizzata grazie alla presenza di un telaio grafico che connette tra loro immagini e didascalie. Grazie alla chiarezza formale dettata dai percorsi lineari che ne organizzano la struttura, la volta forniva ai programmatori del ciclo l'equivalente in muratura di quel sistema grafico e dunque doveva apparire loro come il sottofondo necessario per un insieme tanto complesso. In fin dei conti, per quello che ne sappiamo, anche la dimensione allegorica, fondata su un sostrato di conoscenze di tipo enciclopedico, rappresentava in quel momento una ragionevole novità nel campo delle scelte decorative, tanto è vero che per trovare a Roma un qualcosa di analogo dobbiamo arrivare ai primissimi anni del Trecento, alla cosiddetta "enciclopedia" delle Tre Fontane, una constatazione che mette sempre più in risalto il valore innovativo del ciclo dei Santi Quattro Coronati. Quest: funzione di novità è bene rappresen-

tata dal ruolo che il programma svolge nel quadro dell'organizzazione decorativa degli interni di un ambiente di palazzo. Per quel che riguarda il primo Duecento , la decorazione figurata si era limitata in genere a un fregio al culmine delle pareti, spesso con scene di caccia o di battaglia, al di sotto del quale un ornato aniconico si stendeva a fingere una stoffa. Per certi aspetti è il sistema che si trova anche nel più noto dei palazzi laziali di quel periodo , quello dovuto forse a Gregorio IX ad Anagni La decorazione dell'Aula gotica mantiene l'ornato aniconico sulla pareti ma, in virtù della presenza delle volte, ha modo di sviluppare il proprio immaginario ben al di là del semplice fregio e questo mostra bene l'intimo legame che esiste tra pittura e architettura. Un precedente in questa stessa direzione era già stato fissato dalla decorazione della cripta del duomo di Anagni: i termini allegorici vi avevano trovato spazio in maniera ancora limitata e occasionale, nei pochi casi di volte a carattere cosmologico e scientifico, mentre molto più studiata era stata la questione della scansione decorativa in rapporto a un contenuto narrativo. Se il precedente c'è ed è indubbio, il caso dei Santi Quattro Coronati rivela tutta la sua autorevole novità nella capacità che ebbe il suo programmatore di adattare alla bisogna logiche antiche in cui la pittura romana si riconosceva da secoli. Il sistema di incorniciatura del ciclo dei mesi ha il suo debito iniziale nei confronti di quello che era il perduto sistema di scansione del decoro a mosaico del mausoleo di Santa Costanza, ma quello stesso partito era già stato usato, tra XI e XII secolo, negli affreschi con le Storie di san Clemente, in quella che è oggi la basilica inferiore, e poi nel ciclo , del tempo di Callisto II, già ricordato in precedenza come esistente nel palazzo Lateranense e andato perduto. Per quanto sia impressionante il rinnovato vigore con cui viene espresso sul piano compositivo , il telaio decorativo rappresenta dunque un solido ancoraggio dei pittori attivi ai Santi Quattro Coronati alla tradizione romana. Ciò che semmai ne fa nuove le intenzioni è un certo non taciuto realismo, una disinvoltura descrittiva che, nelle raffigura zioni dei M esi, trova il modo di esprimersi a fondo. Rispetto alle usuali rappresentazioni del ciclo, vi prevale una interpretazione delle attività umane, legate al singolo mese, teatralmente corale, recitata da più attori e aperta fino alla scena, più che di genere, di sostanziale realismo. Il topo che nella rappre-

sentazione del mese di Gennaio si avventura in bilico sull'asta alla quale sono appesi gli insaccati, posti a seccare al di sopra del braciere nel quale bolle la minestra, è un inserto rivelatore. L'affumicatura degli insaccati, assunta a rappresentare le attività di un mese, era stata introdotta, pochi anni prima, nel ciclo che decorava il perduto portale meridionale della cattedrale di Ferrara, solo che in questo caso manca il topo. La presenza del roditore, più che una aggiunta, è una notazione assolutamente romana, resa possibile dalla tradizione che di questi inserti di genere arrivava dall'antichità classica , come mostra bene la donna che dà da mangiare ai polli nel mosaico absidale della chiesa di San Clemente le cui fonti sono state riconosciute nelle perdute tarsie marmoree, con scene di genere, del battistero lateranense il quale, a sua volta, avrà certamente avuto modelli più antichi. Il punto nodale della questione è che valore dobbiamo dare a tutto ciò. Il caso del topo è soltanto un dettaglio periferico, utile a mettere in risalto quella che è la vera sostanza nuova del ciclo , un'intenzione realistica di fondo che vuole andare al di là del semplice rappresentare, per mettere in scena una recita variegata del vivere quotidiano, con tutti i suoi umori e i suoi afrori. Certamente tutto questo avviene sotto la maschera di atteggiamenti convenzionali, tanto è vero che il mese di Marzo, al quale viene tolta una spina dal piede, esprin1e il proprio dolore con la stessa maschera facciale utilizzata qualche anno prima, al Sacro Speco di Subiaco, per raccontare la disperazione di san Giovanni ai piedi della Croce. Ciò che conta però è l'intenzione, l'impeto di vita vissuta che si cerca di mettere in atto in queste rappresentazioni e che fa cogliere la volontà di trovare un legame nuovo e diverso con la realtà e con il modo di rappresentarla, un'operazione che può essere collocata soltanto nella dimensione innovativa del "gotico". Il richiamo alla cappella di San Gregorio al Sacro Speco di Subiaco spinge ad andare subito nella direzione di quella che è la novità più intrigante rappresentata, sul piano storico, dal ciclo dei Santi Quattro Coronati. Da tempo ormai è stato assodato che gli affreschi che decorano le volte e le pareti della cripta del duomo di Anagni rappresentano, almeno per la parte riferita al cosiddetto Terzo Maestro, il più significativo complesso di pittura della prin1a metà del Duecento laziale. Gli stretti legami di queste pitture con quelle del Sacro Speco di Subiaco sono stati anch'essi individuati, fin dal pionieri13

stico intervento di Pietro Toesca, e sono ormai entrati nella consuetudine delle valutazioni, tanto da fare del cosiddetto Terzo Maestro l'autore, almeno parziale, di entrambe le opere. Fin qui tutto bene, con però la necessità di due considerazioni a latere. Le testimonianze di quella maniera pittorica, straordinaria e innovativa, erano tutte concentrate al di fuori di Roma e questo apriva uno scenario, insieme ampio e incerto, circa la sue origini e le ragioni della sua formazione. Tanto è vero che per dare conto della qualità di una parte dei dipinti di Anagni si è spesso fatto ricorso all'ambiente federiciano, agli spunti di novità di cui esso si fa importatore e alle intenzioni che ne sono derivate, di un classicismo vissuto nella moderna dimensione del naturalismo gotico. Tuttavia su questo punto occorre essere sinceri: il rimando delle pitture anagnine alle miniature di ambiente federiciano, siano essere quelle gustose ma fredde del De balneis puteolanis o quelle sontuose, ma regalmente impegnate in una cerimonialità di maniera, della Bibbia di Manfredi non soddisfa più di tanto, soprattutto non spiega affatto la disinvoltura compositiva e la scioltezza narrativa di tanti brani del ciclo. L'altra considerazione necessaria è di carattere squisitamente cronologico. Il ciclo del Sacro Speco di Subiaco ha una data di realizzazione inequivocabile, il 1228. I suoi legami solidi e stretti con le pitture del duomo di Anagni non hanno evitato che, malgrado ciò, si aprisse, per queste ultime, una forbice cronologica assai ampia che, sulla base di quelle che erano già state le indicazioni date da Toesca, va in genere dal 123 1, della documentata conclusione dei lavori di pavimentazione della cripta dell 'edificio, al 1255 , della consacrazione della chiesa soprastante, al termine di una stagione di ampie trasformazioni della struttura di primo XII secolo. In questo modo il nesso stretto ed evidente tra le pitture del Sacro Speco e una parte almeno di quelle della cripta anagnina finiva con l'essere trascurato, sul piano della ragione cronologica, a favore, almeno a mio parere, di un ingiustificato allontanarsi tra loro nel tempo di quelle esperienze. Tanto è vero che parecchi anni addietro ebbi già occasione di sostenere che, a mio giudizio, sembrava più logica una datazione degli affreschi anagnini entro il 1231, in concomitanza con i lavori all'interno della cripta e con la residenza nella città di papa Gregorio IX, la cui p resenza trova una eco nell'impostazione del programma decorativo. La discussione si è fermata a questo 14

punto, perché non aveva argomenti nuovi per andare avanti: in quella stessa occasione notavo come non esistesse a Roma un equivalente degli affreschi di Anagni e come questo vuoto fosse alla base dello scenario di incertezza circa la provenienza e la formazione dei pittori che li avevano realizzati, almeno per la parte che corre sotto il nome convenzionale del Terzo Maestro. Gli argomenti nuovi di cui c'era bisogno per riaprire la discussione sono rappresentati proprio dal ciclo dei Santi Quattro Coronati. Sul fatto che esso sia opera della complessa e variegata compagnia che, ad Anagni, corre sotto il nome di Terzo Maestro penso sia un dato di fatto che nessuno vorrà porre in discussione. Salvo dover riconoscere che, accanto a quella identità di fondo, compare traccia della presenza di adepti di quel modo di fare pittura che ad Anagni viene riconosciuto con il nome del Maestro Ornatista, a conferma della considerazione che vuole gli affreschi della cripta realizzati in un ciclo di lavorazione continuo: alla fase, iniziale e autonoma, dovuta al Maestro delle Traslazioni fece immediatamente seguito l'intervento delle altre due botteghe le quali evidentemente si fusero in una sola prop rio sul cantiere anagnino e proseguirono a Roma, ai Santi Quattro Coronati, la loro attività, visto che a Subiaco, certamente la prima e più antica tappa del percorso, non vi è traccia della maniera di quella che si identifica sotto l'etichetta convenzionale del Maestro Ornatista. L'intervento ai Santi Quattro Coronati è sicuramente posterior e al 1235, anno d i canonizzazione di san Domenico, che vi compare raffigurato come tale, ma non può andare oltre gli anni della organizzazione del complesso palaziale, bene punteggiati dalla data del 1246 di consacrazione della cappella di San Silvestro nelle cui pitture, in passato, qualcuno ha voluto addirittura vedere la mano del Maestro Ornatista. Si tratta di un'indicazione eccessiva, se presa alla lettera, ma giusta se usata come riferimento alla realtà pittorica, di robusta costituzione lineare, che aveva trovato il proprio spazio di formazione osservando la maniera veneziana approdata al cantiere musivo della basilica di San Paolo fuori le Mura, in virtù delle iniziative di papa Onorio III, negli anni del suo pontificato, tra il 1216 e il 1227. Del resto non riesco a trovare scandaloso pensare che gli affreschi della cappella di San Silvestro, decisamente più statici e legnosi, possano essere stati eseguiti da una frangia derivata dal gruppo attivo in precedenza ali' Aula

gotica, la stessa che si può riconoscere nelle figure dei mesi di Gennaio e di Febbraio e che ha in sé indubbi ricordi della maniera del Maestro Ornatista. Il restauro ha posto in luce che, nell'Aula gotica, la porzione di affresco corrispondente a quelle figure è frutto di un intervento di rifacimento operato in antico, poco dopo la conclusione dei lavori. Questo suggerisce la possibilità che il resto delle pitture preceda nel tempo quelle della cappella di San Silvestro e si collochi immediatamente a ridosso dei lavori di Anagni , anche se, necessariamente, dopo il 1235. Del resto non si può escludere che quel restauro sia stato operato proprio dai pittori delle Storie di san Silvestro e di Costantino, nel momento in cui provvedevano alla decorazione della cappella dedicata al santo, il che lascia spazio alla considerazione che le pitture dell'Aula gotica, in quel momento , dovevano essere ormai concluse da tempo. La presenza nuova del ciclo dei Santi Quattro , nel quadro d ella vicenda pittorica della prima metà del Duecento laziale, ha il pregio di mandare ragionevolmente all'indietro nel tempo la esecuzione delle pitture della cripta del duomo di Anagni, a ridosso appunto del momento di sicura esecuzione degli affreschi del Sacro Speco di Subiaco. Non voglio, con l'occasione, portare acqua al mio mulino, ma, alla luce di questa realtà nuova, la mia vecchia ipotesi di una realizzazione del complesso anagnino entro il 1231 mi sembra ancora non solo sostenibile ma dorata anzi di un rinnovato vigore. Soprattutto, al di là delle questioni cronologiche, le caratteristiche compositive e decorative messe in campo dal ciclo dei Santi Quattro Coronati garantiscono di una ragione locale nella formazione dei loro esecutori. Come si è già visto in precedenza, è significativo il loro porsi in sintonia con la lunga tradizione decorativa del Medioevo romano. Sintomatica in questo senso è la dimestichezza con la quale sviluppano forme come il fregio di mensole poste in finta prospettiva e popolate, negli spazi di risulta tra l'una e l'altra, da agili figurette di uccelli: un motivo eterno nelle abitudini ornamentali del Medioevo romano, visitato , in ogni epoca, secondo soluzioni diverse, ma sempre legate tra loro da un filo rosso di identità comune che vieta di pensare altro che a Roma come al luogo possibile della sua trasmissione da una generazione all'altra. Il discorso si potrebbe tranquillamente applicare, negli stessi termini, a tutta la ricca messe di varianti decorative che sono presenti nel ciclo e che si imparentano strettamente a quelle degli

affreschi della cripta del duomo di Anagni. Insieme a quelle, esse risalgono a ritroso nel tempo alla lunga tradizione decorativa, di ricalco e di rielaborazione dell'antico, propria dei pittori romani, la stessa che aveva avuto uno dei suoi momenti di maggiore fulgore tra XI e XII secolo, al tempo della cosiddetta "rinascita paleocristiana" . Il modo come i pittori dei Santi Quattro Coronati sostanziano la propria maniera decorativa in quel retroterra , per poi farne , nella realtà dei fatti , una cosa nuova, afferma con netto e insindacabile giudizio la loro romanità e, di conseguenza , la romanità dei pittori di Anagni e, a ritroso, di Subiaco i quali agivano su quella stessa linea e con i quali essi finiscono con l'identificarsi. La constatazione è importante perché porta a legare le esperienze di quel momento della pittura romana, intensamente creativo, alla fase, altrettanto significativa, della prima metà del )CII secolo, scavalcando il vuoto di testimonianze che c'è nella seconda metà dello stesso secolo. Occupandomi degli affreschi umbri, ma di mano romana, di San Pietro in Valle a Ferentillo, ho già avuto occasione di notare come il ciclo rappresenti, nel corso degli anni ottanta del XII secolo, la concreta realizzazione di un qualcosa che in precedenza era stato solo nelle intenzioni e cioè la fusione di un telaio decorativo all'antica con figure del tutto degne di una stessa valenza evocativa, in virtù della carnosa e solida tornitura della forma pittorica con la quale sono costruite. Questo modo di fare subirà a Roma un'interruzione, prima a causa della ventata incombente dell'astratto e dinamico linearismo bizantino che si incarna nel cantiere per il mosaico absidale della basilica di San Pietro, poi per la rocciosa durezza delle forme veneziane, messe in campo in quello di San Paolo fuori le Mura. Per quanto sia pienamente cosciente che questa interpretazione d ei fatti farà storcere il naso a più d'uno, resto convinto che, prese le debite distanze generazionali e stabilite le opportune misure sul piano delle ragioni compositive, la catena pittorica che va da Subiaco ai Santi Quattro Coronati, passando per Anagni, una volta conclusa la stagione delle mode bizantine e veneziane, non è altro che la riaffermazione di quella dimensione genuinamente romana di fare pittura che a F erentillo, nel corso del XII secolo, aveva trovato l' ultima possibilità di esprimersi al meglio, visto lo sfacelo conservativo dei poco più tardi affreschi di San Giovanni a Porta Latina. È una dimensione pittorica che trova nell'antico il suo costante punto di riferimento, ma che non si esau15

risce in un'archeologia fine a se stessa, proprio perché è saggiamente interessata a una solida e convinta vivacità di impostazione del racconto per immagini. Questo ci permette di vedere nei Magi di Ferentillo, in procinto di intraprendere il viaggio di ritorno, con il loro curioso entrare e uscire da un loggiato in groppa a svelti cavallini pomellati, gli an tesignani, se non delle forme, del gusto compositivo del Maggio dei Santi Quattro Coronati, altrettanto deliziosamente agile e immedesimato nella sua funzione di cavaliere. Così come guardano con convinzione al passato, in maniera altrettanto netta gli affreschi dell'Aula gotica preludono al futuro. È innegabile che il modo in cui la decorazione si rapporta al sistema delle volte e si organizza, per fare quadratura intorno alle scene, ha il suo inevitabile rimando al tempo di Niccolò III, tra il 1277 e il 1280, nella decorazione del Sancta Sanctorum. Certo il giudizio vale solo in termini generali, perché se le due decorazioni vengono confrontate nel dettaglio le differenze generazionali, in termini di gusto pittorico e di repertorio decorativo, si fanno sentire nette e inequivocabili. Questo tuttavia non significa nulla, perché ciò che conta sul piano della ricostruzione del tessuto storico è quel sentore di fondo in comune che, ancora una volta, rimanda a un antico vissuto in chiave moderna e dunque fatto cosa nuova e diversa. Con il tempo anche la carne p ittorica ha mutato di consistenza, si è fatta solida e compatta, allentando l'ingerenza del reticolo di linee e di lumeggiature, a favore di una tessitura del colore sempre più in grado d i dare corpo alla forma attraverso il suo impastarsi con luci e ombre. Ciò malgrado è abbastanza facile inseguire all'interno d ei due cicli la condivisione di echi e di rimandi. Sul piano dell a disinvoltura pittorica con la quale entrambi affrontano il dettaglio descrittivo, trovo indicativo il confronto tra il giovinetto che, nell'allegoria della Musica, con il mantice soffia aria all'interno del1'organo e il carnefice che, nel Sancta Sanctorum, compie la stessa fun zione per attizzare la fiamma al di sotto della graticola su cui viene martirizzato san Lorenzo. Non sappiamo se il pittore del Sancta Sanctorum ha guardato o meno a quel particolare del ciclo dei Santi Quattro Coronati: ciò che conta è che il confronto tra quei due dettagli me tte b en e in risalto, tra analogie e differenze, il senso di appartenenza dei due cicli a una vicenda culturale comune. Sono le stesse considerazioni che si possono fare davanti alla catena creata da fattori 16

di più tradizionale sostanza tipologica: come il volto del contadino che, ai Santi Quattro Coronati, interpreta l'Estate, che è lo stesso del Cristo di Anagni, al centro della volta con le Storie di Saul e di Samuele, ma che, prese le debite distanze sul piano della tessitura cromatica, è ancora quello del Cristo a cui, nel Sancta Sanctorum, Niccolò III rende omaggio il quale, a sua volta, prelude al tipo che, ad Assisi, nella basilica superiore, diventa infine il volto dell'Eterno torritiano nella scena della Creazione. In questa catena gli affreschi dei Santi Quattro Coronati rappresentano l'anello ch e finora mancava per poter dire che tutto il percorso di quella storia pittorica è intensamente e intimamente romano, al punto di non dover neppure fare ricorso, per gli affreschi della cripta di Anagni, alle insoddisfacenti suggestioni federiciane, per spiegarne la sostanza. Se queste considerazioni si rivolgono al p rima, a un certo punto bisognerà avere anche il coraggio di farne qualcuna sul dopo. In passato, quando ancora erano piagati dalle ridipinture, per spiegare gli affreschi del Sancta Sanctorum si è fatto ricorso, tra le altre cose, anche al nome di Cimabue, perch é sembrava impossibile che a dare sostanza alle novità di quel ciclo n on fosse intervenuta una mano "fiorentina" . Adesso che il restauro e, a mio vedere, la presenza alle sue spalle del ciclo dell'Aula gotica, insieme con l'avvenuta valorizzazione dei pochi e a lungo d imenticati frammenti superstiti delle pitture che decoravano la navata della basilica di San Paolo fuori le Mura, ne mettono in luce, in maniera irreversibile, la ragione compiutamente romana, è giunto di n ecessità il tempo di dover ridiscutere l'interpretazione esclusivamente e, aggiungo, ostinatamente fiorentina, di schie tta marca vasariana, che ha dominato e, in molti ambienti, ancora domina, la ricostruzione delle vicende p ittoriche degli ultimi decenni del Duecento.

I dipinti dell'Aula gotica Andreina Draghi

La scoperta del ciclo di affreschi che decorano le pareti dell'Aula gotica ebbe luogo durante i lavori di restauro che da oltre dieci anni la Soprintendenza conduceva nel complesso dei Santi Quattro Coronati: gli affreschi della cappella di Santa Barbara; nella chiesa il ciborio marmoreo commissionato da Innocenzo VIII Cybo, i dipinti situati lungo la parete perimetrale della navata destra e nella controfacciata; nella cappella di San Silvestro i murali della parete occidentale1 • I test di descialbo, già programmati nel 1989 anche per altri ambienti del monastero, furono eseguiti nel 1996 (figg. 1-3). Furono giornate memorabili: lentamente iniziavano ad affiorare dalla muratura i dipinti che per circa trecento metri quadrati decorano le pareti dell'Aula e che, originariamente, coprivano una superficie di circa ottocento metri quadrati2 (figg. 4-5). I restauri condotti in questo lungo periodo hanno permesso di comprendere il sistema architettonico che collega gli ambienti situati al pianterreno - la cappella di San Silvestro, la "Stanza del Calendario", l'ambiente denominato "stamperia" con le grandi aule del piano superiore (fig. 6): un pala zzo cardinalizio di estese dimensioni e di grande rilevanza, in relazione con il Laterano' , come è stato analizzato dalla letteratura storica e artistica sul complesso4. L'attinenza architettonica e decorativa che, nel programma del committente, univa la cappella di San Silvestro all'Aula gotica soprastante è molto rigorosa: non si può delineare la funzione del grande ambiente situato al piano superiore senza richiamare alla memoria il carattere pubblico dell'oratorio. Nella parete meridionale di questo ambien te è

murata l'epigrafe che ne ricorda la consacrazione a opera del vescovo di Ostia e di Velletri, Rainaldo dei Conti di Jenne, futuro Alessandro IV (1254-1261), secondo il desiderio di Stefano Conti, cardinale della chiesa di Santa Maria in Trastevere nel 1246, il venerdì preceden te la Domenica delle Palme5 (figg . 7 -8). Il complesso realizzato da Conti non fu edificato ex novo, bensì utilizzando parte dei resti della basilica leonina e di costruzioni preesistenti (fig. 9) . La volontà di porre in relazione i Santi Quattro con il palazzo Lateranense è documentata dal titolo della cappella, a San Silvestro, in analogia con l'oratorio lateranense; dalla traslazione delle reliquie dei papi Lucio I (253-254), Bonifacio I (418-422) , e Lino (67-76), primo successore di San Pietro. L'insieme è completato delle reliquie dei martiri Gennaro, Teodoro, Ippolito, Nereo, Achilleo, Maria, Marta, Papia, Mauro d'Alessio, Lucia, Prassede, Pudenziana, Dorotea, Essuperanzia . Un programma di reliquie rilevante e fuori luogo per un oratorio privata6. La data della consacrazione della cappella e l'indulgenza concessa a chi l'avesse visitata costituiscono elementi di sostegno importanti per convalidare l'ipotesi che l'ambiente avesse una destinazione prevalentemente pubblica. L'indulgenza, di quaranta giorni, veniva offerta ai fedeli che si fossero recati nel luogo sacro il giorno stesso della consacrazione oppure, ogni anno, nella sertimana che corre dal venerdì precedente la Domenica delle Palme sino al Venerdì Santo. Il periodo indicato permetteva di inserire la cappella di San Silvestro nell'itinerario religioso dei pellegrini che affluivano a Roma per partecipare alle funzioni liturgi17

1. Roma, complesso dei Santi Quattro Coronati, facciata. 2. Roma, chiesa dei Santi Quattro Coronati, interno.

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che della Settimana Santa: le celebrazion i della Domenica delle P alme, del Giovedì e del Saba to San to si svolgevano al Laterano; nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme aveva luogo la cerimon ia del Ven erdì Santoi. La relazione con il palazzo Lateranense è sottolineata dalla scelta dei santi indicati nel "calendario " dipinto sulle pareti dell'ambiente adiacente la cappella di San Silvestra8: nel mese di aprile sono ricordati sette vescovi romani; cinque nel mese di novembre, tra cui papa Siricio (384-399), sostenitore del primato della Chiesa romana9 (fig. 10). Nella lapide della consacrazione della cappella sono ricordati Stefano Conti e Rainaldo dei Conti di Jenne (fig. 7) . Nella prima metà del D uecento la famiglia Conti riveste un ruolo di p rimo piano nell'amministrazione dello Stato della Chiesa, un ruolo iniziato da Innocenzo IIl dei Conti di Segni (1 198-1216). Una pianificazione atten ta, che, in cinquant'anni, porta questa famiglia a dominare una vasta zona del L azio meridionale, con il controllo di Poli, Anagni, Segni, Valmontone e Arpino, e a occupare le cariche di maggior rilievo nell'amministrazione della Chiesa10 • Ottaviano Conti fu cardinale diacono della chiesa dei Santi Sergio e Bacco 11 , la quale, con i Santi Q uattro Coronati, costituiva un possesso dell'abbazia benedettina di Santa Croce a Sassovivo sin dal 1138 12 • Stefano Conti è nominato, nel 12 16, cardinale diacono di Sant'Adriano al Foro Romano. Ugolino Conti, vescovo di Ostia e di Velletri, sale al soglio pontificio nel 1227; nel 1228 Stefano è nominato cardinale di Santa Maria in Trastevere e, l'anno seguente, arciprete di San Pietro. Rainaldo dei Conti di Jenne fu can onico del duomo di Anagni; nominato da Gregorio IX cardinale della chiesa di Sant'Eustachio (18 settembre 1227) fu, in seguito, vescovo di Ostia e di Velletri, seguendo lo stesso percorso di G regorio lX13 • Rivestiva il ruolo di "camerario ", la p iù alta carica amministrativa della Chiesa. Alla morte di Innocenzo IV, avvenuta a N apoli 1'8 dicembre 1254, a un giorno di distanza da Stefano Conti, fu prescelto dal conclave e assunse il nome di Alessandro IV (1254-1261 ). La carriera di Stefano Conti si svolse all'interno dell'amministrazione giudiziaria della Curia e nel governo del Patrin1onio di San Pietro. Se si escludono gli anni nei q uali fu vicario del pontefice, ricoprì per tutta la vita il ruolo di uditore del tribunale della Curia.

3. Cappella di San Silvestro, Roma, complesso dei Santi Quattro Coronati.

4. Aula gotica, Roma, complesso dei Santi Quattro Coronati, monastero.

5. Aula gotica, particolare dei tasselli di descialb o.

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6.Roma, complesso dei Santi Quattro Coronati, planimetria della basilica e degli edifici annessi. 7. Cap pella di San Silvest ro, lapidi collocate nella parete meridionale, Roma, complesso dei Santi Quattro Coronati. 8. Cappella di San Silvestro, interno, Roma, complesso dei Santi Quattro Coronati.

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A mio avviso lo svolgimento di questo incarico è determinante per comprendere le funzioni dell'Aula gotica e il significato del ciclo di affreschi dipin to sulle pareti. Sia Stefan o sia Rainaldo Conti svolsero un'intensa attività giuridica. Onorio III (12 16- 1227 ) riconobbe le p rofonde capacità del cardinale di San ta Maria in Trastevere affidandogli incarichi giudiziari riguardanti il governo delle diocesi italiane ed estere 14 , e d al 1233 l'attività di Stefano Conti in qualità di uditore curiale è ben documentata 15 : nel 1235 gli fu affidato l 'incarico di mediare la pace tra i romani e la sede papale; sette anni p iù tardi rapp resentò il papato nelle trattative con Federico II per giungere alla liberazione dei cardinali imprigionati a Montecristo. L'attività di uditore del tribunale fu molteplice e varia, sia durante il pontificato di Gregorio IX (1227-1241) sia sotto Innocenzo IV (1243-1254 ). Particolarmente Sinibaldo Fieschi, autorevole giurista e canonista di fama, si avvalse delle profonde conoscenze giuridiche di Stefano Conti, iniziando una collaborazione che durò tutta una vita e che lo rese uditore del tribunale della Curia tra i più accreditati 16• La partenza di Inn ocenzo IV da Roma per la Francia (giugno 1244), comportò la scelta di non ricomporre il dissidio con Federico II, colpito da scomunica sin dal 1240 da Gregorio IX per non avere promosso la crociata per la liberazione della Terra Santa. I lavori del concilio di Lion e si svolsero dal 26 giugno al 17 luglio 1245: la deposizione di Federico II fu stabilita non senza conflitti 17 . La difesa del Patrimonio di San P ietro e della città di Roma fu affidata a Stefano Conti, Raniero Capocci e Riccardo Annibaldi, cardinale della chiesa di Sant'Angelo in Pesch eria, imparentato con i Conti di Ceccano 18 . Come è noto, il 13 settemb re 1245 il cardinale di Santa Maria in Trastevere è nominato vicarius urbis, incarico che manterrà sino al 1251. Nel 1252 gli succederà Riccardo Annib aldi, la cui carriera si svolse nella medesima direzione: alla morte di Stefano fu nominato da Alessan dro IV, suo parente, arciprete di San Pietro 19 • Negli anni seguenti gli viene affidato l'incarico di predicare la crociata contro Federico II a Roma e in Campagna e Marittima. Sicuramente parte dell'ala settentrionale del complesso d ei Santi Q u attro Coronati fu realizzata in questi anni, sui resti della navata della basilica carolingia e, p resumibilmente, di altre costruzioni p reesistenti20 • Il convento apparve a Stefano Conti un luogo sicuro per la Curia

pontificia, nel quale erigere una sontuosa architettura con diverse funzioni, composta dalla cappella di San Silvestro, dagli ambienti attigui e, al piano superiore, da un sistema di sale di cui l'Aula gotica, proprio per la sua decorazione, costituisce il fulcro. La particolare posizione topografica del complesso, che controllava l'antica via Tuscolana, il collegamento con il palazzo Lateranense, la titolarità dell'oratorio di San Silvestro, con l'elevato numero di reliquie, conferiscono un carattere peculiare a questo luogo. L'imponenza del complesso, sicuramente molto più che una residenza cardinalizia privata, la maestosità architettonica degli ambienti e il rinvenimento del ciclo pittorico denotano una destinazione pubblica, quantomeno per alcune sale. Nei documenti dell 'epoca il complesso dei Santi Quattro Coronati appare avere una funzione non chiaramente definita, o meglio una pluralità di funzioni. Sovente è indicato come "castrum "2 1 , la sicura destinazione a ospitare la residenza cardinalizia non ne esclude l'utilizzazione come pertinenza fortificata del Laterano, con funzioni anche di rappresentanza. Vi risiedette il cardinale della chiesa di Santa Maria in via Lata, Ottaviano degli Ubaldini22 ; fu utilizzato dai senatori Enrico di Castiglian e Carlo d 'Angiò. A quest 'ultimo, che il 23 maggio 1265 si era insediato nel palazzo Lateranense senza la debita autorizzazione, Clemente IV impose di soggiornare in un altro luogo. Carlo d'Angiò non scelse il palazzo Senatorio in Campidoglio, abitato dal vicario, bensì il complesso dei Santi Quattro Coronati al Celia24. L'l dicembre 1267 fu stipulata , nel complesso, un 'alleanza tra Roma, Pisa e Siena 25 . Ancora nel XV secolo è documentato questo aspetto di pertinenza del Laterano. Il banchetto che seguì l'incoronazione imperiale del re tedesco Sigismondo, avvenuta il 31 maggio 1433 , fu allestito ai Santi Quattro 26, anche se non è dato sapere in quale ambiente: se nel complesso realizzato da Stefano Conti o negli spazi restaurati dal cardinale Alfonso Carrillo , durante il pontificato di Martino V (1417-1431 )27, come documentano gli stemmi che datano gli affreschi a carattere decorativo recentemente rinvenuti28 (fig. 11). Tuttavia, i festeggiamenti per l'incoronazione di Federico III, il 19 marzo 1452 , si svolsero nuovamente al Laterano29 . Questa pluralità di funzioni è accentuata dalla presenza dei benedettini dell'abbazia di Santa Croce di Sassovivo, ai quali, nel 1138, Innocenzo II (1130-1143 ) aveva

9. Roma, complesso dei Santi Quattro Coronati, secondo cortile, prospetto settentrionale. 10. Particolare della "Stanza del Calendario", Roma, complesso dei Santi Quattro Coronati, monastero. 11. Ambiente decorato con stemmi, Roma, complesso dei Santi Quattro Coronati.

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12. Aula gotica, campata meridionale, parete orientale, particolare degli affreschi dopo il descialbo, Roma, monastero dei Santi Quattro Coronati. 13 . ll portale di comunicazione tra l'Aula gotica e la "Sala delle pentafore", Roma, monastero dei Santi Quattro Coronati.

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affidato l'abbazia dei San ti Quattro insieme alla chiesa dei Santi Sergio e Baccorn. Questo privilegio comportò che il monastero del Celio non fosse più retto da un abate, bensì da un priore, il quale svolgeva le funzioni di procuratore per l'abbazia di Santa Croce, presso la Curia papale, come dimostra la nota di cancelleria "Sanctorum IIII. or", registrata nel verso di quasi tutte le bolle pontificie dell'archivio di Sassovivo3 t . Dall'insieme dei documenti riportati risulta come il complesso dei Santi Quattro andasse oltre il carattere di residenza cardinalizia, per assumere la funzione di pertinenza del Patriarchio, con un parallelismo, per il carattere fortificato, con Castel Sant' Angelo. Una pertinenza con una destinazione anche pubblica, nell'Aula gotica della quale trovava luogo, presumibilmente, un tribunale della Curia e in cui si amministrava la giustizia. Gli atti di archivio documentano i dissidi sorti con i monaci benedettini, insediatisi nell'ala meridionale, e il desiderio reciproco di ampliare gli spazi a spese della parte confinante; i rapporti di convivenza non dovevano essere felici se il pontefice Benedetto XII (13341342) indirizza da Avignone, nel 1340, un'epistola, nella quale richiama all'ordine entrambe le parti e ribadisce gli spazi p e rt inenti al car dinale: " ... quod magnum palatium una cum quodam orto sibi contiguo pleno iure spectaret ad ipsius ecclesie cardinalem ... "32 • Gli affreschi sono emersi dagli strati di scialbo con uno stato di conservazione disomogeneo; accanto a brani pittorici in condizioni più che discrete, erano presenti lacune molto estese, soprattutto nelle volte e nelle zone superiori delle pareti (fig. 12). Questa disomogeneità mi ha fa cto supporre che la causa prima della perdita di gran parte d ella decorazione delle volte e delle pareri potesse attribuirsi a un terremoto, forse il sisma del settembre del 1349, localizzato nell'Appennino centrale, che provocò a Roma danni ingenti, documentati dalle fonti. Matteo Villani ricorda come fossero crollati il campanile della chiesa di San Paolo, la torre delle Milizie e la torre dei Contin. Francesco Petrarca, con intensa commozione, descrive lo stato della città dopo il terre moto, registrando i danni subiti dalla chiesa di San P aolo, dalla basilica lateranense, dalla torre dei Conti: " ... Da ultimo, [ ... ] ecco che perfino Roma - cosa che forse ancora non sai

- venne violentemente scossa da un inconsueto terremoto, così gravemente che mai qualcosa di simile avvenne nella sua storia di oltre duemila anni. Crollarono quei grandi antichi edifici che i cittadini trascurarono e gli stranieri ammirarono; la Torre dei Conti, unica al mondo, rovinò danneggiata da ingenti crepe e ora , mozzata, vede al suolo il capo di cui andava fiera e orgogliosa, e anzitutto è crollata buona parte della basilica di San Paolo e la sommità di quella di San Giovanni in Laterano, contristando di gelido orrore l'ardore del Giubileo, minore fu il danno a San Pietro ... "34. Dalle fonti risultano danneggiati gli edifici situati nell' area meridionale della città - Laterano, torre delle Milizie -, la zona, dunque, in cui insiste anche il complesso dei Santi Quattro, per il quale tuttavia non si ha alcuna documentazione relativa a eventuali lesioni subite. Nondimeno, in due documenti successivi, datati rispettivamente 1365 e 1379, il castrum dei Santi Quattro è indicato con le sue "domus diruptas " 3' . Nella seconda metà del Trecento il Memoriale de mirabilibus et indulgentù quae in Urbe Romana existunt ricorda, tra gli edifici ecclesiastici di maggior rilievo, il monastero dei Santi Quattro Coronati e le belle pitture che vi si trovano36 . La testimonianza, tuttavia, può riferirsi agli affreschi dell'Aula gotica come ad altre decorazioni presenti nel convento. I dipinti potrebbero essere stati scialbati a seguito della pestilenza del 1348 o nella prima metà del XVI secolo , quando si ha notizia dell'abbandono del monastero da parte dei camaldolesi, a causa di una nuova epidemia di peste37 • Nel Codice Barberino Latino 4315 , databile al secondo decennio del XVII secolo, è presente una citazione, purtroppo vaga e confusa, degli affreschi dell'Aula soprastante l'oratorio di San Silvestro: " ... In SS. Quattro, alla cappella fatta fare dal Card.le Stefano Armandi, vi sono pitture sotto Innocenzo 4, e quelle della tribuna sotto Pasquale Il, fatte da un tal Pavolino, riguardevoli l' una e l'altra pittura per gli habiti e molte cose di quei tempi, dove fra l'altre si vedeva Salomone con la diadema rotonda di G esù come si vede in Gedeone della libraria di quella casa "' 8 . La memoria, sia pure imprecisa , dei dipinti dell'Aula gotica, lascerebbe supporre una loro scialbatura non lontanissima nel tempo. Le pitture sono state sicuramente coperte prima che gli oculi, che illuminavano l'aula, fossero tamponati all'interno: la strombatura era

14. "Sala delle pentafore" , particolare del loggiato a pentafore, Roma, monastero dei Santi Quattro Coronati. 15. Aula gotica, Roma, monastero dei Santi Quattro Coronati.

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l7. Aula gotica, rilievo ortofotografico della parete orientale.

Pagine 28-2~ 18. Aula gou ca, rilievo -. ortofotograh co della parete senemrionale. 19. Aula gotica, rilievo ortofotografico della parete meridionale.

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20. Aula gotica, campata meridionale, parete occidentale.

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coperta da un velo di calce. A questo proposito i documenti consultati registrano una manutenzione del complesso costante nel tempo: la chiesa, il monastero e la cappella di San Silvestro, dal XVI al XLX: secolo , sono oggetto continuo di migliorie architettoniche, di rifacimento dei tetti, di modifica delle aperture, di coloriture dei prospetti e degli ambienti interni, di ristrutturazioni della pavimentazione nell'area antistante la chiesa, di restauri parziali39 • Le carte di archivio hanno restituito i nomi di architetti, operai e artigiani attivi nella fabbrica, consentendo di indagare minuziosamente le trasformazioni avvenute nel complesso. Al 1548 risale l'esecuzione dei dipinti situati sopra l'ingresso della chiesa e della "Casa" 40; al 1690 la realizzazione del modesto affresco raffigurante i Santi Quattro Coronati, opera di di Pompilio Pizzi41. el 1654-1655 i lavori sono diretti dall'architetto Pietro Moraldo ed eseguiti da mastro Girolamo Angelini: riguardano gli ambienti del monastero nel loro complesso, le sale antiche, l'infermeria, i dormitori delle monache. In questa fase è murato un

finestrone del salone 42 • La manutenzione ordinaria e straordinaria degli ambienti è eseguita ininterrottamente dal 1662 al 1671 , con interventi condotti anche nella chiesa, come il rifacimento parziale di una parte del pavimento 43 . L'edificazione della "fabrica " nuova del monastero , contigua al vecchio, risale agli anni compresi tra il 1672 e il 1673. In questo periodo furono realizzate importanti opere: la costruzione d el nuovo edificio44, i lavori negli ambienti destinati a dormitorio , "verso S. Giovanni "45, la recinzione in muratura del chiostro nuovo del monastero46 ; la costruzione della volta a crociera nel "portico grande nuovo" 47 , la nuova pavimentazione in " ammattonato rosso rotato con acqua" nel portico grande verso San Giovanni48 , la muratura del "passo del corridore sopra il cortiletto " 49 . In questi anni furono anche stuccate e imbiancate le pareti della chiesa, i cori, i muri della sagrestia, della scala che immette nel "salone "50 e della "loggia al pianterreno". Fu dato il "color di travertino " ai cornicioni, ai pilastri, agli aggetti e agli

21. Aula gotica, campata meridionale, parete meridionale.

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22 . Aula gotica, campata meridionale,

parete orientale.

arcbi della loggiaH. Altre opere si susseguono negli anni ottanta del XVII secolo, tra le quali, nella chiesa, un piccolo restauro del pavimento cosmatesco52 e diversi interventi relativi agli altari, tra cui quello di San Sebastiano53. Nuove opere sono condotte nel XVIII secolo54. Sono inoltre ben documentati i "restauri" che hanno alterato la lettura stilistica dei murali della cappella di San Silvestro 55 . Aula gotica L'Aula gotica è situata al primo piano del complesso di edifici sorti intorno alla basilica dei Santi Quattro, sul lato settentrionale, ed è disposta ortogonalmente alla cappella di San Silvestro (fig. 6). Un grandioso portale a sesto acuto, realizzato in conci di pietra e travertino , collega l'Aula a un ambiente che potremmo denominare "Sala delle pentafore" per il ritrovamento di un loggiato a pentafore formato dall'intreccio di archi a tutto sesto con archi a sesto acuto, le cui ghiere sono decora-

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te da un motivo a finti mattoncini dipinti56 (figg. 13 -14). Imponente nelle dimensioni, ha una lunghezza di 17,30 metri, una larghezza di poco più di nove metri (9,20 metri) e un'altezza di 11 ,50 metri. L'ambiente è costituito da due campate divise da un'arcata ogivale, i cui costoloni terminano su mensole , ed è coperto da due volte a crociera (fig. 15). Le pareti dell'Aula sono scandite da diverse aperture emerse nel corso del restauro: sul lato ovest della campata meridionale è situata una porta a sesto acuto, in conci di peperino, originariamente dipinta, come lasciano supporre le tracce di colore rinvenute. Erano affrescate anche le tre nicchie situate lungo le pareti occidentale e orientale. L'illuminazione naturale dell'ambiente era assicurata da cinque oculi posti nella parte superiore delle murature e da altre aperture, alcune delle quali decorate negli intradossi (figg. 16-19). Due cicli si snodano lungo le pareti delle campate e la decorazione si svolge orizzontalmente all'interno di

23. Aula gotica, campata meridionale, veduta d'insieme della vela nordoccidentale. 24. Aula gotica, campata meridionale, veduta d'insieme della vela sudoccidentale.

ognuna di esse, delimitata, laterahnen te, da bordure di motivi fitomorfi di esuberante vitalità cromaticai7 • Nella campata meridionale, entro archi inflessi, formati da delfini con le code intrecciate, sono raffigurati i dodici Mesi dell'anno; negli spazi di risulta fra le arcature, su un fondo decorato da tralci vegetali, sono campiti i Vizi, che compaiono anche nel registro inferiore della parete meridionale, con una serie purtroppo frammentaria (figg. 20-22). Al di sopra di una trabeazione con mensole, popolata da un campionario di volatili , si dispongono le figure delle Arti: la Grammatica , la Geometria, la Musica, la Matematica, l'Astronomia (figg. 2022) . Quattro Telamoni si dispongono nei pennacchi, al di sopra di capitelli dipinti; nei costoloni delle volte sono rappresentate le Stagioni con i Venti; seguono un

Paesaggio marino e nelle vele, parzialmente perduti, i Segni zodiacali e le Costellazioni (figg. 23 -26). Nella campata successiva, alla stessa altezza dei Mesi; entro archi inflessi, analogamente formati da code di delfini intrecciate ma di minori dimensioni, trovano luogo le Virtù e le Beatitudini, raffigurate in abiti militari ma non armate (figg. 27 -29) . Recano sulle spalle le figure dell'Antico, del Nuovo Testamento e dei santi distintisi nel loro esercizio. Al centro della parete settentrionale è rappresentato Salomone, il quale, secondo la lettura da sinistra verso destra (che rispecchia la concordanza tra Antico e Nuovo Testamento), è preceduto dalle figure veterotestamentarie ed è seguito dai rappresentanti dell'Ecclesia. Nella mano sostengono un cartiglio dispiegato con un'iscrizione. Ai loro piedi, secondo lo schema della calcatio, 33

25. Aula gotica, campata meridionale, veduta d'insieme della vela sudorientale. 26. Aula gotica, campata meridionale, veduta d 'insieme della vela nordorientale.

sono dipinte due piccole figure genuflesse, una delle quali presenta alla vista dell'osservatore un cartiglio . Nella fascia di esergo sono vergate le iscrizioni relative alla scena rappresentata nella parte superiore, che risultano composte da due termini: il primo è una denominazione che illustra il vizio antitetico alla virtù rappresentata; il secondo indica il personaggio storico o la religione assurti a emblema della relativa tipologia di corruzione. È l'immagine della Chiesa che fonda se stessa sull'esempio offerto dalle opere realizzate in vita dai suoi fedeli e sostenitori, che ribadisce la superiorità del "Sacerdozio" sul "Regno", tema introdotto dalla raffigurazione dell' Omicidio di A bele, dipinto all'interno della nicchia situata sulla parete occidentale (fig. 223 ). Il programma teologico si completa con gli affreschi del registro superiore, dove sono dipinte le immagini di Mitra tauroctono e di due figure maschili, raffigurate con un'iconografia simile a quella adottata per la personificazione dei Fiumi, e si chiude con la presentazione del tema cardine del Nuovo Testamento. Al culto pagano di .Mitra si contrappongono 34

i due luminari cristiani, il Sole e la Luna, che nel pensiero patristico sono espressione di Gesù Cristo e dell' Ecclesia. Un ricchissimo apparato di tituli e di iscrizioni correda le rappresentazioni, contribuendo in modo risolutivo a chiarire il programma della decorazione e la funzione della sala 58 • È dunque affrescata una sorta di summa etica che palesa la natura limitata dell'uomo in uno spazio e in un tempo governati dall'ordine divino , la difficoltà del percorso, costellato di conflitti, per giungere alla conoscenza di Dio; la funzione insostituibile della Chiesa nell'indirizzare e governare questo tragitto travagliato e inquieto. Le citazioni dalle Scritture rimandano a un testo e a un tempo "eterno " per eccellenza59, come è eterno l'ordine stabilito dalla Creazione: il succedersi dei mesi, l'avvicendarsi d elle stagioni, il movimento degli astri. In questo tempo eterno si inseriscono un tempo narrativo - le attività agricole svolte dall 'uomo durante i mesi - e un tempo storico rappresentato da Giobbe, David, Daniele, Paolo, Martino/ Agostino , Pietro, G irolamo, Francesco, Domenico e dalle citazioni

2ì. Aula gotica, campata settentrionale, parete occidentale.

dei "campioni del male": Maometto, Aria (?), Giuda, Nerone, Alessandro Magno, Giuliano l'Apostata. Il programma decorativo p resenta una rete strettissima di corrispondenze con la trattatistica liturgica e in particolare con le opere di O norio di Autun (1080 circa 1157 circa) , di Ruperto di Deutz (1075- 1129/1130), del vescovo d i Cremona Sicardo (1155 circa - 1215) , d i Bruno di Segni ( 1049-1123), di G iovanni Beleth ( t 1182), di Guglielmo Durando (1230/1237-1296), le quali , ricollegandosi alla tradizione precedente, presentano una lettura simbolica dello spazio e degli elementi architettonici che lo costituiscono. Tale tradizione è indubitabilmente alla base del complesso programma dell'Aula, come confermano le corrispondenze rintracciate con il Gemma Animae di Onorio di Autun 60 , con il De Trinitate et operibus ej us dell'abate Ruperto61, con l'opera di Bruno di Segni Sententiarum62, con la Summa de ecclesiasticis o/ficiis di Giovanni di Beleth, e anche con il Rationale Divinorum officiorum di G uglielmo Durando 6 l, testi che ebbero una

vasta diffusione e che costituirono per secoli una delle basi dell'educazione religiosa"4. Bruno di Segni nel libro II (De ornamentis) esamina il programma decorativo della chiesa e, dunque, il percorso da seguire per vivere secondo i dettami d i una vita cristiana. Sono presentate, come primo ornamento, le Virtù teologali, le cardinali e, a seguire, le qualità predicate da Cristo attraverso il suo esempio: l'Umiltà, la Misericordia, la Pace, la Pazienza la Castità, l'Obbedienza, l'Astinenza. Le attinenze sono tali che risulta patente quale possa essere stata l'importanza di testi come quelli di Bruno di Segni o di Guglielmo Durando per la stesura dei murali dell 'Aula palaziale dei Santi Quat t ro, un ambiente destinato presumibilmente ali' amministrazione della giustizia, come fa supporre la presenza di Salomon e, dipinto al centro della parete settentrionale, con il capo coronato da un diadema, che vale a identificarlo come Cristo sole di giustizia . Seguendo questa linea interpretativa, e alla luce degli affreschi disvelati, ho ipotizzato che l'ala settentrionale 35

28. Aula gotica, campata settentrionale, parete settentrionale.

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29. Aula gotica, campata settentrionale, parete orientale.

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30. Cappella di San Silvestro, veduta con il fascio di luce che illumina le scene del Battesimo di Costantino e San Silvestro mostra a Costantino le e/figi dei santi Pietro e Paolo, Roma, complesso dei Santi Quattro Coronati.

del complesso dei Santi Quattro fosse la figurazione dell'Ecclesta militante, giustapposta all' Ecc!esia trionfante testimoniata dalla presenza del tempioM. I dipinti del1' Aula sono profondamente connessi con gli affreschi della cappella di San Silvestro; la luce che filtra dalla finestra dell'oratorio non illumina genericamente la parete settentrionale ma si dirige sui due riquadri che illustrano non il primato temporale, bensì la supremazia spirituale della Chiesa: il Battesimo di Costantino e San Silvestro mostra a Costantino le effigi dei santi Pietro e Paolo66 (fig. 30). I murali dell'Aula gotica intendono invece rappresentare l'Ecclesia militante sostenuta e convalidata dalla tradizione vetero e neotestamentaria e dal contributo degli ordini mendicanti: "quatuor status Ecclesiae militantis, scilicet statum pacis, tyrannicae persecutionis, haereticae pravitatis, simulatae familiaritatis "67 • Campata meridionale Nel primo registro, entro archi inflessi formati da code intrecciate di delfini, sono raffigurati i dodici Mesi del38

l'anno e le attività agricole che li connotano (figg. 20-22). È un tema relativamente raro in ambito romano, essendo scomparso il calendario che decorava l'abbazia delle Tre Fontane, ed essendo sopravvissute, in frammenti molto lacunosi, le serie situate nel convento di San Saba (fig. 31 ) e in un ambiente del palazzo Senatorio. Nel Lazio permangono i dipinti della parrocchiale di Ceri, del santuario della Santissima Trinità a Monte Autoré 8, in Abruzzo gli affreschi della chiesa di Santa Maria ad Cryptas a Fossa, in provincia dell'Aquila, e il ciclo dell' oratorio di San Pellegrino a Bominaco69 • Il tema, inoltre, in Italia è meno rappresentato di quanto non lo sia in Francia: secondo Perrine Mane a ottanta calendari monumentali francesi corrispondono quarantasette esempi italianii0 . Negli affreschi dell'Aula c'è una perfetta consonanza con il clima italiano: la potatura avviene in Febbraio, in Giugno la mietitura , in Ottobre la vendemmia, la cerchiat u ra delle botti in Settembre , la semin a in Novembre, la macellazione del maiale in Dicembre. La

31. Particolare della decorazione di un ambiente, Roma, convento di San Saba. 32 . Aula gotica, campata meridionale, p arete meridionale. 33. Placchetta in osso raffigurante

Dioniso nello schema di Apollo Liceo, l\lessand ria, Museo GrecoRomano. 34. L'Ira o

Omicidio, Aula gotica, campata meridionale, parete meridionale.

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35. La Banda dei Vizi, illustrazione del Manoscritto di Moissac, fine dell'XI secolo, Parigi, Bibliorhèque narionale.

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costruzione della composizione segue uno schema prestabilito: nei mesi di Gennaio, Marzo, Agosto, Settembre e Ottobre un albero centrale assume la funzione di bipartire la scena; nei mesi di Aprile, Novembre e Maggio coppie di alberi, le cui chiome reiterano l'inflessione dell'arca tura, sono disposte, a guisa di quinte, ai lati della scena racchiudendo la raffigurazione dell'attività agricola. elle personificazioni di Gennaio, Dicembre, Agosto la presentazione frontale costituisce un 'eredità della raffigurazione dell'immagine divina: è introdotto il mese e lateralmente è raffigurata l'occupazione agricola che lo connota7 1; diversamente, nei mesi di Settembre, Ottobre e Luglio , caratterizzati dall'intenso lavoro agricolo, la composizione diventa corale e il ritmo narrativo è incalzante. Quanta attenzione è posta nella descrizione degli strumenti agricoli utilizzati, nell'abbigliamento, nella bisaccia appesa all'albero, nella ripartizione del lavoro, che vede affidate ai giovani contadini le operazioni più faticose e all'uomo anziano il compito di dirigerle72 , come nel mese di Luglio. el ciclo dei Santi Quattro coesistono, dunque, due modelli rappresentativi: uno ancora vincolato a schemi iconografici precedenti; l'altro propriamente gotico73 • Il ciclo dei Mesi rappresenta una fase del percorso spirituale il cui termine ultimo è, in una prospettiva salvifica, il riavvicinamento a Dia74. L'inizio dell'anno coincide con la manifestazione della Trinità75 e Gennaio, dal triplice volto, rappresenta l'avvio del percorso spirituale (fig. 20). La raffigurazione del banchetto allude alla mensa della divina scrittura, delle cui delizie si nutrono le anime. Il cibo che Gennaio chiede è il nutrimento spirituale delle Scritture e il vino è la bevanda soave e densa di sapore della comprensione della legge divina. Con Marzo è introdotto il tempo del peccato e della penitenza, connotato dalla riflessione sul sacrificio compiuto da Gesù (fig. 20). Il risveglio della natura, la trasformazione del paesaggio nei colori e nei profumi che connotano Aprile e Maggio sottendono l'avvento di una nuova vita (fig. 21). Nel mese di L uglio le messi alludono ai volumi della Scrittura e la trebbiatura corrisponde alla loro investigazione profonda. I bambini nudi che nel mese di A gosto si accingono a raccogliere i frutti tra le fronde dell'albero rappresentano gli eletti che si nutrono del cibo divino; nel mese di Ottobre è palese il riferimento al simbolismo della vigna; le aspettative riposte nella semina che rappresenta il mese di Novembre rivestono un significato spirituale e riflettono l'abbandono totale a Dio (fig. 22).

Gennaio è il governatore dell 'ordine temporale del cosmo, Dicembre, raffigurato con lo scettro, rappresenta la conclusione del ciclo agricolo (figg. 20-22 ). el simbolismo che lega i mesi d ell'anno ai discepoli di Gesù i dodici apostoli partecipano a questa mensa gioiosa , e come scrive Sicardo: "Annus est generalis Christus cujus membra sunt quatuor tempora, scilicet quatuor evangelistae. Duodecim menses hi sunt Apostoli, septimanae, quilibet septem d ona sancti spiritus habentes; dies, quilibet per fidem Trinitatis ad o cto beatitudines pervenientes" 76 .

I Vizi Negli spazi di risulta tra le arcature, su un fondo decorato da tralci vegetali, sono raffigurati i Vizi, che connotano e accompagnano l'attività umana esemplata dalle occupazioni agricole condotte durante l'anno (figg. 2022). Nella campata settentrionale, in posizione corrispondente, sono dipinte le Virtù rappresentate come figure femminili velate, in correlazione con le loro personificazioni (figg. 27-29). È dunque affrescata una summa etica in cuj si dispiega la finitezza e l'instabilità dell'animo umano, in balia dei Vizi, controllati e frenati nel loro operare dalle virtù dipinte nell'altra campata per due volte. Il percorso di lettura non segue solo un andamento orizzontale. Il viaggio per giungere alla conoscenza divina è costellato di conflitti. I Vizi sono rappresentati secondo un' iconografia di derivazione classica: come eroti, in base allo schema di Apollo Liceo (figg. 32-33 ), con un drappo variamente composto che copre loro le spalle, analogamente alle immagini musive della volta del Mausoleo di Santa Costanza. La serie p revedeva la presenza di otto/nove figure, se si consid era l'immagine , and ata perduta, dipinta tra i mesi di Luglio e Agosto (fig. 21). Accanto a Gennaio è

rappresentata la figuretta di un uomo nudo e alato che reca una coppa di fiori. Le spalle sono coperte da un drappo , il ventre è gonfio, l'espressione è maliziosa . Forse è l'immagine della Superbia - capostipite di tutti i vizi secondo la definizione dell'Ecclesiastico e la codificazione operata da Gregorio Magno, ripresa nella letteratura sul settenario 77 - o, forse, la Gola, presentata come un uomo dal ventre gonfio che reca una coppa colma di fiori. Nella parete meridionale si possono riconoscere l'Avarizia, connotata dalla borsa sostenuta nella mano sinistra, anziché essere appesa al collo, e l'Ira, o Omicidio raffigurato nell'atto di scoccare una freccia, come recita il Salmo 11 (10, 3): "Poiché gli empi, ecco tendono l'arco I han pronte sulla corda le saette I per trafiggere al buio gli uomini retti I (e disperderli via dalla terra)" (figg. 21, 34 ). Nella Banda dei Vizi, raffigurata nel manoscritto parigina78, la Superbia appare incoronata, la Vanagloria solleva un drappo , l'Invidia, con lo sguardo torvo, indica la regina dei Vizi, la Rapina si affretta a nascondere il suo bottino all'interno di un drappo, l'Omicidio è rappresentato nell'atto di scoccare una freccia, la Gola si riempie la bocca insaziabile di cibo, la Tristitia posa il mento sulla mano, l'Ira si strappa i capelli, l'Impazienza appare sconvolta , l'Avarizia ha riempito le pieghe della veste (fig . 35). Come è noto, il sistema dei Vizi era stato elaborato da Evagrio Pontico (345-399) e nel V secolo fu ripreso dal monaco Giovanni Cassiano (360 circa - 435 circa), che nelle Istituzioni Cenobitiche e nelle Collazioni contribuì in modo determinante al loro esame, sviluppando il tema della battaglia per la quale era necessario munirsi di armi spirituali . Alla fin e del VI secolo , Gregorio Magno (535/540-604), nei Moralia in ]ab, descrive l'esercito dei Vizi ed elabora un sistema che sarà determi-

36. La Catena dei Vizi, Aula gotica, campata meridionale, parere meridionale.

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3ì. Sarcofago, Ostia Antica, Museo Ostiense. 38. Sarcofago, Roma, Museo Torlonia. 39. Particolare del rilievo con il Bagno di Diana, Parigi, Musée du Louvre.

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nante per la cultura medievale. In seguito, un grande contributo nell'elaborazione del sistema dei Vizi fu offerto dalle opere del chierico inglese Tommaso di Chobam, del domenicano Guglielmo Peraldo, dalla Summa attribuita ad Alessandro di Hales, e da quella stilata da san Tommaso d'Aquina79 • Se nella campata settentrionale l'antitesi tra Virtù e Vizi è presentata all'interno di una composizione organica che discende dalla Psycomachia dello scrittore cristiano Prudenzio (348-410 ) - il quale sviluppa il messaggio paolino di munirsi di armi per sconfiggere il male80 - , non altrettanto può dirsi per la campata meridionale, dove sopravvive parzialmente la serie dei Vizi affrescata al di sotto dei mesi Maggio-Agosto (fig. 36) . La perdita dei murali dipinti, alla stessa altezza, sulle altre pareti, non consente di definire la successione dei peccati. È riproposto uno schema compositivo di derivazione classica: giovani nudi sorreggono sulle spalle festoni di fiori in un intreccio indissolubile: è la Catena dei Vizi e delle loro filiazioni così ben descritti dalla letteratura sul settenario (figg. 37-39). La Lussuria, secondo un'iconografia consueta, è morsa al sesso da un serpente/ drago come, tra i molti esempi, nella decorazione scultorea del porticato meridionale di Moissac o del portale di Santa Croce di Bordeaux (figg. 40-41). È un programma che risente dell'influenza esercitata dal ciclo dei Vizi e delle Virtù realizzato, nella prima decade del XIII secolo, nel portale centrale della facciata di Notre-Dame a Parigi, la cui importanza fu determinante nello sviluppo del tema. elle cattedrali di Lione e di Auxerre Virtù e Vizi sono raffigurati nella finestra del coro; nella cattedrale di Amiens alla base degli stipiti del portale centrale occidentale; nella cattedrale di Chartres nell'archivolto del portale settentrionale e nei pilastri del portale meridionale81 . Nella parete meridionale, al di sopra della porta che immette nella "Sala delle pentafore" , è dipinta l'immagine di un Leone che azzanna un cervo (fig . 42). Secondo l'esegesi di Bruno di Segni la scena potrebbe indicare la Chiesa che abbatte e divora i Vizi82 • Era dunque evidente, per chiunque entrasse nella sala , la natura limitata dell'uomo al confronto di uno spazio e di un tempo governati dall 'ordine divino, la difficoltà del percorso, costellato di conflitti, per giungere alla conoscenza divina; la funzione insostituibile della Chiesa nell'indirizzare e governare questo tragitto travagliato e inquieto.

40. La Lussuria, particolare d ella

Catena dei Vizi, Atùa gotica, cam pata meridionale, parete meridionale.

41. La Lussuria, particolare della decorazione scultorea d el porticato meridionale, Moissac, abbazia.

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42. Leone che azzanna un cervo, Aula gotica, campata meridionale, parete meridionale.

Lo schema compositivo di questa scena deriva, a evidenza, dalla scultura romana, come documentano le opere plastiche con il motivo della caccia o le fronti dei sarcofagi (fig. 43 ). La trabeazione

Una bellissima trabeazione, decorata con pietre preziose, si snoda per l'intero ambiente e costituisce il solo elemento che unifica i murali delle due campate. Non è raffigurata prospetticamente, trattandosi di una costruzione assonometrica, con le mensole allineate in modo parallelo (figg. 20-22, 27-29, 44). È un sistema decorativo che affonda le sue radici nel mondo classico e paleocristiana83 e che testimonia la diffusione di un repertorio ornamentale impiegato usualmente nella decorazione degli edifici ecclesiastici. I ventagli, i tralci nascenti da coppe, il motivo delle arcature con piccole nicchie sono presenti , per non citare che alcuni esempi, a Roma, nelle chiese di Santa Maria Nova, di San Clemente, di San Crisogono, di San Giovanni a Porta Latina, di San Saba e nel Sancta Sanctorum, e ad Anagni, nella cripta del duomo, nella fascia che corre al di sotto dei ventiquattro Seniori 84 (fig. 45). La trabeazione dei Santi Quattro può essere accostata al frammento di cornice della "Sala dei Chiaroscuri" nel palazzo Vaticano8'. Inoltre, per inciso, la vivissima decorazione a tralci rinvenuta nelle strombature delle due aperture dell' Aula gotica (lari orientale e occidentale) è analoga ai mori44

vi decorativi che ornano lo strombo della finestra nella "Stanza di Innocenzo III " nel palazzo Apostolico Vaticano. La trabeazione è un elemento decorativo così imponente che palesa la volontà di inquadrare l'intera figurazione dell 'Aula entro una cornice architettonica ben definita, la quale, a mio parere, potrebbe rivestire anche un significato simbolico. Pietre preziose sono incastonate nelle membrature ed è ornata da un campionario quanto mai variegato di volatili: gazze, pappagalli, fagiani, cigni popolano le nicchie. In Apocalisse (XXI, 18-21) le pietre preziose ornano la Città Spirituale, la Gerusalemme Celeste, e, in Esodo (XXVIII ) impreziosiscono i paramenti sacerdotali di Aronne e dei suoi figli Nadab, Abiu, Eleazaro, ltamar. Scrive Rabano Mauro: " ... Lapides [ ... ] intelliguntur sancti, Apostoli et omnes sancti de quibus in Apocalypsi civitas regis magnis constituitur" 86 • La ricchissima trabeazione potrebbe illustrare l'ingresso al regno di Dio: significativamente nel registro superiore sono raffigurate le A rti, tramiti insostituibili per accedere alla sapienza divina. Scrive Rabano Mauro in merito al significato d ello zaffiro , incastonato , insieme alle altre pietre, nella membratura architettonica: " .. . Secundus sapphirus. Hujus lapidis colorem pariter et sacramentum Moyses exposuit: cum Dei habitum describens diceret: sub pedibus ejus quasi lapidis opus sapphiri [ ... ] Ezechiel quoque dicit quod locus in quo thronus Dei sit , sapphiri habeat

43 . Rilievo raffigurante un

ViteUo assalito da una tigre, Parigi, Musée du Louvre.

45 . P articolare del Seppellimento di san Magno , Anagni, d uomo, crip ta di San Magno, abside maggiore. 44 . Particolare della trabeazione, Aula gotica, campata meridionale, parete orientale.

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46. Sacramentario fu/dense, miniatura con la personificazione del Tempo entro il cerchio con i segni zodiacali, Gottinga, N iedersiichsische Staatsuniversitiits bibliothek, Cod. Theol. 231, f.

250v. 47. Chronicon Zw1faltense minus, miniatura con la raffigurazione di Annuscome Rex temporum, Stoccarda, Wiirttembergische Landesbibliothek, Ms. Hist. fol. 415,

f. 17v. 48.Annales Computus (Martirologio di Suabia), Stoccarda, Wiirttembergische Landesbibliothek, Kapiteloffiziumsbuch, Cod. Hist. 2°415 , f.17v.

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51. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Reg. Lat. 1263, f. 76r. 52. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Reg. Lat. 1263, f. 77,. 49. Particolare dei mosaici della volta, Roma, chiesa di Santa Costanza.

50. Cinà del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Reg. Lat. 123, f. 192v.

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53 . Mosaico proveniente da Sanr'Agata in Petra Aurea, Città del Vaticano, Musei Vaticani. 54. Lo Zodiaco,

Montecassino, Archivio dell'abbazia, Ms. Cas. 132 , f. 235v.

similitudinem, et gloria domini in colore consistat [ ... ] Nam quod in Rubro mare reperiri dicitur, significat per Domini passionem; et sacri baptismatis lavacrum, mentes mortalium ad praesumenda coelestia sublimiter erigi" 81 . I vivacissimi uccelli, situati tra il registro che illustra le attività dell'uomo durante l'anno e le Arti, potrebbero indicare la contemplazione delle cose celesti attraverso cui l'uomo può elevarsi verso il cielo88 •

Le Arti Nel registro superiore sono rappresentate le A rti liberali secondo l'antica suddivisione del trivium e del quadrivium in base alla quale era organizzato il sistema del sapere medievale, bene illustrato in un celebre passo di Isidoro di Siviglia 89 (figg. 20-22 ). Come è noto, dopo Varrone (116 a.C. - 27 a.C. ), il primo autore nei cui scritti sono nominate le arti liberali90 , sarà sant' Agostino (354-430) a riprenderne il concetto: "Quest 'opera dell'Onnipotente da chi può essere adeguatamente descritta o immaginata? Anzitutto le arti per una vita buona e per raggiungere la felicità eterna, le Virtù come vengono chiamate, dono della sola grazia di Dio risiedente in Cristo ai figli della promessa e del regno, poi le grandiose e innumerevoli arti scoperte e utilizzate dall'ingegno umano [ ... ]. Nei tessili e nelle costruzioni, a quali opere stupende , a quali meraviglie non è giunta l'industria umana! Quali progressi non ha compiuto nell'agricoltura e nella navigazione [ ... ] Per proteggere e ricuperare la salute fisica quante medicine e rimedi non ha accumulato! [ ...] E per esprimere i pensieri e renderli persuasivi, che abbondanza e varietà di strumenti, in primo luogo le parole e l'alfabeto! Per il diletto dello spirito, quali eleganze nella prosa, quale varietà e profusione di poesia! Per accarezzare l'udito quanti strumenti musicali, quali modulazioni nel canto non ha inventato! Quale abilità non ha esplicato nella misurazione e nel calcolo, quale acume nel capire i corsi e i sistemi stellari! Quante cognizioni fisiche non ha accumulato dentro di sé! "91 • Poco dopo Marziano Capella (410-439), con le Nozze di Filologia e Mercurio, ne stabilisce il canone; inoltre, essendo il primo aurore a personificarle, svolse con la sua opera un ruolo fondamentale nell'elaborazione dell'iconografia delle arti liberali, destinata a passare in eredità alla cultura medievale. Le Nozze fu uno dei testi più diffusi nelle scuole, circolò in un enorme numero di

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manoscritti e fu oggetto di commentari numerosi e importanti 92 • La suddivisione delle arti fu trattata da Boezio (480-524) 9) e, successivamente, da Cassiodoro (447 circa - 570) nelle Institutiones94. Non tutti gli autori, sia antichi sia moderni, concordano sul numero e l'entità delle arti95 . La codificazione nel numero di sette è il frutto di una profonda elaborazione, con un preciso riferimento al significato simbolico assegnato dall' a ritmologia antica al numero sette, e quindi in relazione con i pianeti, i doni dello Spirito Santo, le Virtù, i Sacramenti%. Secondo l'esegesi cristiana le arti cos tituiscono un mezzo di istruzione per l'uomo. Sono le sette colonne su cui si fonda il tempio della Sapienza di cui parla Salomone9; e, come insegna Alcuino (730-804), sono il "tramite necessario" alla conquista della scienza divina98. Sono il mezzo per l'uomo di liberarsi dall"' esilio", dalla Babilonia dell'ignoranza, per giungere alla Gerusalemme della sapienza, come dirà Onorio di Autun. Nell'opuscolo De Animae exilio et patria l'autore raffigura l'ignoranza come Babilonia e la sapienza come Gerusalemme: l'itinerario dell'anima si snoda attraverso le dieci città (le sette arti cui si aggiungono la medicina, la meccanica, l'economia), per giungere dall'esilio alla G erusalemme della sapienza99 • Fra le numerosissime testimonianze che documentano la concezione delle arti subordinate alla teologia, piace ricordare il bel contrasto che l'abate Ruperto offre tra le discipline ancora soggette al paganesimo , descritte come fanciulline verbose, garrule e, successivamente, ordinate, composte, in una prospettiva religiosa 100 . Nel Convivio Dante paragonerà le "arri ai cieli dello nostro universo ": i cieli dei pianeti corrispondono alle arti del trivio e del quadrivio; ali' ottava sfera, cioè alla stellarn, corrisponde "la scienza naturale che fisica si chiama" , alla nona sfera corrisponde la scienza morale, e al decimo cielo quieto la "scienza divina che è teologia appellata" 101 . L'allegoria ideata da Marziano, con le damigelle della sposa a rappresentare le sette arti, insieme con l'interpretazione formulata dai commentari medievali, ispirarono scultori , pittori e miniatori 102 , come testimoniano, tra i molti esempi, in età carolingia, il componimento del vescovo di Orleans Teodulfo e, per rimanere in ambito italiano - cronologicamente prossimi all'esecuzione degli affreschi dei Santi Quattro -, i pulpiti di Nicola Pisano eseguiti per il battistero di Pisa e per il

55. Particolare della decorazione di una

nicchia, Roma, convento di San Saba.

49

56. Rosone e fin estra del transetto meridionale, Chartrcs, cattedrale di Notre Dame.

so

duomo di Siena , la Fontana Maggiore di P erugia, il Candelabro Trivulzio 103 • Sulle pareti dell' Aula dei Santi Quattro si dispiega la rappresentazione di un ordine naturale, che è un ordine divino, e dalla raffigurazione delle attività agricole si passa all'esercizio delle arti, preludio imprescindibile per la conoscenza di Dio. È un complesso programma teologico monumentale e, non casualmente, le Arti sono situate al di sotto dello zodiaco, della volta stellata , come nel più tardo cappellone degli Spagnoli in Santa Maria Novella a Firenze. La lettura si svolge, come per i mesi, in senso antiorario, iniziando dalla parete occidentale. Capostipite e pilastro delle Arti è la Grammatica, seguita dalla Geometria . Sulla parete meridionale sono dipinte le personificazioni della Musica , dell'Aritmetica e, sul lato orientale, dell'Astronomia (figg. 20-22 ). Sono raffigurate come giovani d onne dall 'aspetto seducente: indossano la tunica e un manto; il cap o è coperto e si presentan o con un andatura danzante. Accanto, assiso su un trono tempestato di gemme, è raffigurato il poeta, l'erudito, lo scienziato, che più di ogni altro si è distinto nell 'esercizio dell 'arte e che, pertanto, la personifica. Rispetto alla codificazione formulata da Isidoro mancherebbero la retorica e la logica (dialettica), e anche la disposizione risulta diversa, con un'anticipazione delle posizioni della geometria e della musica. Tuttavia, bisogna considerare che gli affreschi sono frammentari: a sud, a causa dell'apertura della grande finestra realizza ta nel XVII secolo, e sulle due pareti per le estese lacu ne causate dalla caduta dell'intonaco. Pertanto, se si ipotizza che una serie di sette arti liberali fosse dipinta sulle pareti dell'Aula la disposizione dovrebbe essere la seguente: Grammatica (assimilata alla Ret orica, non raffigurata separatamente); Logica (in lacuna ); Geometria; Musica; Aritmetica (assimilata al Computo, non raffigurato separatamente); Astronomia; Medicina, oppure Architettura (in lacuna). Tuttavia, considerando l'estensione delle zone danneggiate, si può anche ipotizzare che fosse dipinta una serie maggiore: sulla parete orientale avrebbero potuto essere raffigurate tre o quattro personificazioni, unitamente alle due per la parete meridionale, sdoppiabili rispettivamente in Musica/ Armonia e Aritmetica/ Computo. A mio parere, il modello ideato da Marziano ha influito sulla resa iconografica di alcune discipline, quali la

57. Vetrata

dei "CavaLeri", Tewkcsbury (Gloucestershire), abbazia. 58. Avorio raffigurante le Virtù trionfanti, Firenze, Museo Nazionale del Bargello.

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Geometria, la Musica e l'Astronomia, realizzate come fanciulle dall'espressione malinconica e dall'incedere danzante (figg. 20-22). La diversità con le immagini campite nel registro inferiore è soltanto apparente.

59. Hortus

Deliciarum di Herrad di Landsberg (manoscritto distrutto). 60. Hortus

Deliciarum diHerrad di Landsberg (manoscritto distrutto).

61. Apocalisse di Bamberga, Bamberga, Staatliche Bibliothek, Cod. A.Il.42, f. 60r.

La volta Gli affreschi presentano estese lacune a causa della caduta dell'intonaco pittorico: mancano quasi completamente la parte centrale e cospicue sezioni dei costoloni. Dopo le raffigurazioni del Calendario e delle Arti lzberali, viene trattato il ciclo delle Stagioni, raffigurate nei pennacchi insieme ai Venti. ella volta, suddivisi in tre fasce concentriche, sono rappresentati un Paesaggio marino, i Segni zodiacali e le Costellazioni 104 (figg. 23-26). È dunque illustrato il ciclo cosmico con i suoi cambiamenti, le variazioni metereologiche, le implicazioni connesse all'evoluzione e alla crescita delle piante e degli animali, nel quadro della perpetua e costante ripetitività dei fenomeni e dei movimenti celesti, con le proprie sincronie, nella prospettiva della certezza dell'inalterabilità e dell'eternità del cosmo. In questo contesto di perfetto equilibrio, uomo, natura e creato sono parte di un unico disegno, secondo una concezione religiosa del mondo non estranea già agli autori classici e testimoniata, ad esempio, nell 'opera di Manilio 105 . Naturalmente nell'Aula dei Santi Quattro la rappresentazione dell'ineluttabilità della legge cosmica è inserita nel contesto teologico cristiano, che rispecchia le elaborazioni della dottrina platonica condotte dai Padri della Chiesa e riprese, nel XII secolo, a Chartres e a Parigi, dove fiorivano i commenti al Timeo di Guglielmo di Conches (1090 circa - 1154 circa), del vescovo di Poitiers, Gilberto Porretano (1142 -1154), di Bernardo Silvestre (metà del XII secolo) , di Teodorico di Chartres (prima metà del XII secolo - 1155 circa) 106 • Il lento svolgersi dell'anno attraverso il succedersi dei mesi, l'avvicendamento delle stagioni e il movimento delle costellazioni riflettono l'ordine superiore dell'armonia divina . L'attività umana illustrata dai lavori agricoli caratteristici di ogni mese si accompagna al concetto di tempo documentato dallo svolgersi dei mesi e delle stagioni e alla

concezione dello spazio illustrata dalla raffigurazione del paesaggio marino - inteso, forse, come i confini del mondo - , dello zodiaco e delle costellazioni 107 • L'alzato architettonico, costituito dalle pareti dell'Aula, dalla volta e dai raccordi con essa, si dispone come una composizione circolare, analogamente ai diagrammi cosmo52

logici, quali, fra i numerosi esempi, il Sacramentario Fuldense (X secolo), in cui la personificazione del Tempo è circondata dai quattro elementi e dall'an ello zodiacale (fig. 46) 108; l'immagine articolata del Chronicon Zwi/altense CXII secolo) 109 (fig. 47); il Martirologio di Suabia CXII secolo) 110 in cui Cosmos/Annus, raffigurato con il Sole, la Luna, il Giorno , la Notte, è circondato dall'Anello zodiacale, dai Mesi, dai Venti, d alle Stagioni e dalle quattro parti del giorno (fig. 48). Le Stagioni Il raccordo tra le pareti e la volta è risolto con una composizione molto articolata. Al di sopra di capitelli dipinti, raffigurati con un tentativo di costruzione prospettica, sono affrescati quattro giovani Telamoni: un lungo e ricco drappo è avvolto intorno alle loro spalle, con l'effetto di mimetizzare lo sforzo fisico . Indossano una veste corra che lascia scoperte le gambe muscolose, flesse nello sforzo, e calzature diverse le une dalle altre (figg. 2326)11 . Il motivo del drappo ha un'origine classica come, a titolo esemplificativo, documenta la volta del Mausoleo di Santa Costanza (fig. 49), e una consuetudine figurativa costante nel tempo (fig. 50)112• L'immagine del telamone sarà ripetuta nella basilica inferiore di Assisi. Al di sopra, nei pennacchi, sono dipinte le quattro Stagioni. Le rappresentazioni sono contenute entro una specchiatura di colore verde: quello che sembra essere un particolare cromatico svolge la funzione di fare emergere le figure verso lo spettatore, accentuandone la profondità. La parte superiore del raccordo, più ampia, è risolta compos itivamente con le immagini dei tre Venti che, secondo il modello derivato da Seneca, caratterizzano ogni stagione (figg. 23-26). Vi è una perfetta coincidenza tra il modello letterario e la scelta compositiva; tra l'elemento architettonico e il motivo decorativo: l'équipe d ei frescanti rivela una grande sapienza sia progettuale sia tecnica, riscontrabile in ogni parte dell' Aula, e l'armonia tra l'architettura e la pittura è totale. Le Stagioni sono rappresentate come figure m aschili con gli attributi specifici: un vecchio , il cui corpo è coperto da una folta pelliccia, personifica l'Inverno; un giovane, con un ramo e una cesta di fiori, rappresenta l 'allegoria della Primavera; un adolescente forte e abbronzato che reca il gran o appena mietuto è la personificazione dell'Estate; un uomo anziano, la barba e i capelli bianchi, con il raccolto sulle spalle rappresenta

62. Reliquiario raffigurante le Virtù trion/'tmti, Troyes, cattedrale. 63. l'vliniatura raffigurante il Sole, Città del Vaticano, Bib lioteca Apostolica Vaticana, Ms. Reg. Lat. 123, f. 164r.

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64. Miniatura raffigurante la Luna, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ms. Reg. Lat. 123,

f.

167r.

65. Cappella di San Silvestro, sbocco del portavoce, Roma, complesso dei Santi Quattro Coronati.

l'Autunno . L'Inverno, la Primavera e l'Estate sono rappresentati in modo frontale rispetto all'osservatore; diversamente, l'Autunno è campito di profilo: essi documentano nell'iconografia la persistenza della tradizione classica. È soltanto dal II secolo d.C. che le Stagioni cominciano a essere effigiate come figure maschili, dapprima come putti, fino ad assumere successivamente, dal III secolo d.C., l'aspetto di giovani adolescenti, come testimoniano, tra i molti esempi, i rilievi dell'Arco di Settimio Severo e di Costantino a Roma e dell'Arco di Traiano a Beneventorn. Il simbolismo delle Stagioni è ricchissimo e, nel mondo religioso romano, riveste un ruolo centrale. O vidio, nelle Metamor/osz114, le collega al ciclo della nascita e della morte: " ... E poi non vedi che l'anno si snoda in quattro stagioni diverse, I come se cercasse d'imitare la nostra vita? I Tenero, come un bambino che succhi ancora il latte, I è l'anno a primavera: allora l'erba fresca e ancora elastica I è turgida, morbida, e incanta di speranza i contadini; I allora tutto fiorisce e del colore dei fiori sorride I la campagna in sboccio, ma nelle fronde ancora non c'è forza. I Dopo primavera, l'anno invigorito si trasforma in estate I Crescendo in baldo giovane: non c" è infatti stagione più robusta, I stagione più feconda e ardente dell'estate. I E come l'autunno che, perduto il fervore della giovinezza. I È maturo e mite, giusto in equilibrio fra un giovane I e un vecchio, con qualche capello bianco sparso fra le tempie. I Infine con passo incerto, senile e squallido, giunge l'inverno, I spoglio dei suoi capelli o, se qualcuno gliene rimane, canuto. I Anche il nostro corpo si modifica senza sosta, I continuamente, e domani più non saremo ciò che siamo stati I o che siamo ... ". Nelle religioni misteriche della tarda antichità sono associate alle quattro età della vita e testimoniano la transitorietà, la rinascita o la felicità ultraterrena; nell' esegesi cristiana sono variamente rappresentate a indicare, a seconda del contesto, i quattro temperamenti, la ricchezza del Vangelo e i tempi liturgici della Chiesa. Scrive Rabano Mauro che la primavera simboleggia il battesimo, ovvero la rimascita della vita; l'estate prefigura la gioia futura ed esprime il fervore della carità; l'autunno, il periodo della vendemmia, è il tempo del Giudizio Universale, quando ciascuno raccoglie il frut-

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66. San Francesco, Parigi, Musée du Louvre. 67. La Vergine con il Bambino e San Pietro, Anagni, duomo.

to del suo lavoro; l'inverno rappresenta la fine della vita

mortale Nell'Aula le Stagioni sono raffigurate, come i Mesi, con un andamento antiorario: l'allegoria dell'Inverno è campita a nord-ovest ; la Primavera a sud-ovest; l'Estate a sud-est e l'Autunno a nord-est. La disposizione non è casuale: riflette una letteratura vastissima sull'argomen to, in cui le stagioni corrispondono ai punti cardinali 116 e, dunque, alle parti del cielo, di un cielo naturale, ma anche simbolico (figg. 5 1-52). A una lettura delle stagioni ricca di osservazioni quotidiane - si pensi agli strumenti raffigurati nella personificazione dell'Estate, al fardello che A utunno reca sulle spalle - si sovrappone una lettura simbolica che riflette la tradizione letteraria esegetica, nella quale le stagioni sono paragonate ai quattro tempi del giorno e, di conseguenza, ai quattro tempi della liturgia ecclesiale. Come le prime si trasformano nel succedersi dei mesi, così la liturgia si svolge attraverso il tempo della deviazione, della revocazione, della riconciliazione e della peregrinazione 117 • 11 ~.

Il tempo dell'inverno è il tempo della deviazione del genere umano, dell'idolatria, durante il quale gli uomini si allontanarono d al culto di D io . È il tempo della cecità; corrisponde alla notte, in cui regnano l'oscurità e la morte118 • La primavera è il tempo del rinnovamento, durante il quale gli uomini sono edotti dell'Avvento di Gesù grazie al dono della Legge e all'opera dei profeti. È un periodo in cui regna il peccato, non per ignoranza ma per la debolezza della carne; durante il quale la luce si alterna ad ampie zone di oscurità e perciò corrisponde all'aurora 119 • L'estate, la stagione di massima chiarezza, corrisponde al mezzogiorno, alla certezza del sole, che è sole di giustizia; è il tempo della riconciliazione durante il quale la Grazia di Dio è scesa sugli uomini con la predicazione dei Vangeli e si estende dal1' ottava di Pasqua all'ottava di Pentecoste 120 • L'autunno concorda con il vespro, un momento nel quale molte zone di oscurità si alternano al chiarore. È il tempo della peregrinazione; rappresenta la Chiesa dall'ottava di Pentecoste sino ali' Avvento del Signore 121 • 55

68. Cripta di San Magno, Anagni, duomo.

I Venti Al di sopra delle Stagioni sono rappresentati i tre Venti che le caratterizzano. Le poderose teste alate sono dipinte nell'atto di soffiare: le gote rosse e piene tese nello sforzo, le bocche vigorose spalancate nell'atto di emettere l'aria (figg. 23-26). È una raffigurazione che riflette la tradizione classica. Esistono due modelli di riferimento: quello erodoteo, che prevedeva una rosa di otto venti e quello elaborato da Seneca, ripreso da Plinio e successivamente da Isidoro, che constava di una rosa di dodici venti 122 • Il diagramma del Cod. Reg. Lat. 1263 12' (figg. 51-52), il Martirologio di Suabia (fig. 48), il Chronicon Zwzfaltense124 (fig. 47), il manoscritto XVII.3 della Biblioteca Laurenziana12' documentano la trasmissione di questo modello, al quale appartengono anche i murali dei Santi Quattro. Frequentemente la rappresentazione dei venti è circoscritta alla sola testa, come, tra i molti esempi classici, nel mosaico proveniente da Sant'Agata in Petra Aurea sulla via Nomentana (fig. 53 ); nell 'opera conservata a 56

Tunisi, nel Musée National du Bardo, sono rappresentati frontalmente e con le ali sulla testa; analogamente nelle applicazioni in bronzo conservate ad Aquileia, nel Museo Nazionale, e datate alla metà del III secolo

d.c.126. I dodici Venti compaiono come teste che soffiano nel Calendario Astronomico e nel Martirologio di Suabia: al centro del diagramma è raffigurato Annus con il Sole, la Luna, la Notte e il Giorno; nelle rotae i Segni zodiacali e i Mesi; ai quattro angoli le Stagioni, i Venti e infine le quattro parti del giorno 12i (fig . 48). Ad Anagni, nei pennacchi della volta I nella cripta del duomo, sono rappresentati alati e cornuti nell'atto di suonare la tuba 128 ; nell'Aula dei Santi Quattro poderose corna caratterizzano soltanto il vento principale della stagione invernale, Septentrio, ovvero Borea (fig. 23 ). Con il loro movimento influenzano le stagioni e, poiché sono creature dell'aria, sono imparentati con Psiche (anima) e hanno una parte rilevante nel mito filosofico dell'anima. Hanno una natura ambivalente, positiva o

69. l santi Pietro, Paolo, un vescovo e san Giovanni Evangelista, Anagni, duomo, cripta di San Magno.

demoniaca, in relazione al contesto in cui sono raffigurati129. Secondo Rabano Mauro possono rappresentare le anime come alludere alla parola dei dodici apostoli 1'0 . Il Paesaggio marino Gran parte della decorazione è andata perdura e, come lascerebbero supporre le lesioni situate nella volta, probabilmente a causa di un evento sismico, forse il terremoto del 1349 che danneggiò la zona meridionale della città. È perduta la zona centrale, tuttavia i fram menti superstiti permettono di ricostruirne il disegno compositivo. Al di sopra delle Stagioni e dei Venti, a guisa di un diagramma cosmografico, entro tre cerchi concentrici, sono raffigurati, dal basso verso l'alto, rispettivamente, un Paesaggio marino, i Segni zodiacali, le Costellazioni. Un ricco apparato epigrafico, purtroppo frammentario , vergato entro fasce circolari, corredava le rappresentazioni (figg. 23-26). Nella letteratura esegetica le acque rivestono diversi significati. Scrive Rabano Mauro: "

Acquae in Scriptura sacra aliquando Spiricum Sanctum, aliquando scientiam sacram, aliquando scientiam pravam, aliquando tribulationem, aliquando defluentes populos demonstrare solent "lll . Già in epoca classica il cerchio delle acque rappresentava i confini del mondom; in seguito animali come le sirene furono rappresentati a indicare i limiti della terra come, ad esempio, nel mosaico del duomo di Torino o a Modena, nei capitelli della facciata del duomo u3 • Nel1'Aula dei Sami Quattro l'estensione della lacuna non consente un'interpretazione certa, tuttavia l' assenza del gigantesco serpente - il Leviatano - , che awolge nelle sue spire i pescatori, rende plausibile l'ipotesi che la composizione rappresenti il /inis terrae, i confini del mondo, secondo il modello classico. Lo Zodiaco Al di sopra delle acque iniziava la rappresentazione dello spazio/ cielo. In un cielo cosparso di stelle erano rappresentati i segni dello Zodiaco . Dell'intera figura57

70. Storie di Samuele e Saul, Anagni, duomo, cripta di San Magno.

58

71. Battaglia di Maspht, Anagni, duomo, cripta di San Magno.

72. Distruzione degli idoli e Ritorno di Israele a Dio, Anagni, duomo, cripta di San Magno.

73. Storie dell'Arca a Bet-Semes ea Cariat-]earim, Anagni, duomo, cripta

di San Magno.

zione rimangono soltanto l'Acquario, il Capricorno, i Pesci, il Toro, Io Scorpione, disposti, naturalmente , in corrispondenza delle relative stagionill4 (figg. 23-26). Nel Martirologio di Suabia l'anello zodiacale si dispone intorno a Cosmosl Annus, raffigurato con il Sole, la Luna, il Giorno, la Notte (fig. 48). Nel manoscritto di Rabano Mauro, De Originibus Rerum 135, i dodici segni dello zodiaco circondano i due luminari, il sole e la luna (fig. 54); nel Chronicon Zwt/altense minus l'immagine di Annus, presentato come Rex temporum 1' 6 (fig. 47). Il ciclo dello zodiaco è affrescato anche ad Anagni nella volta, sostenuta dai Venti, dipinti con le braccia levate nell'atto di suonare la tuba, all'interno della raffigurazione di Cosmos/A nnusm. Le stelle sono di colore rosso, con riferimento alla materia ignea di cui sono composte n8, e nella tradizione esegetica designano i santi che insieme a Cristo regnano immutabilin9 .

74. Guarigione di Italo e R esurrezione di Paterniano di L eone, Anagni, duomo, cripta