Francesco e l’invenzione delle stigmate. Una storia per parole e immagini fino a Bonaventura e Giotto 9788806192235

Francesco fu il primo santo ad avere le stimmate. Tuttavia non spese mai una parola su queste ferite, che invece frate E

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Italian Pages 583 Year 1993

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Francesco e l’invenzione delle stigmate. Una storia per parole e immagini fino a Bonaventura e Giotto
 9788806192235

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Francesco fu il primo santo ad avere

biografie «controllate» appositamente

le stimmate. Tuttavia non spese mai

commissionate e distribuite nei con­

una

venti con stupefacente efficacia e si­

parola

su

queste

ferite,

che

potente Vicario

stematicità. Infine, la biografia uf­

dell'Oriente, aveva constatato sul suo

ficiale di san Bonaventura, per ripor­

cadavere. Si trattò di un ritrovamento

tare la luce, impose un nuovo France­

invece

frate

Elia,

vero o di un'audace invenzione? Cer­

sco, facendo di lui la figura dolce e

to Gregorio IX non vi credette, e nel­

un po' stucchevole che oggi siamo

la bolla di canonizzazione non ne fe­

abituati a conoscere.

ce parola, anche se più tardi mutò

Di pari passo furono distrutte tutte le

opinione; una versione ancora diffe­

biografie

rente fu quella di frate Leone, l'amico

non ufficiali, recuperate in parte e

più caro del santo. Incertezze e di­

fortunosamente, a volte in un unico

scordanze che si rispecchiano nelle

esemplare, solo nel secolo scorso. secoli,

anche

tre biografie ufficiali, commissionate

Così,

a Tommaso da Celano,

Francesco di Bonaventura.

sul quale

per

precedenti,

Francesco

quelle

fu

il

influiscono le tensioni e i mutamenti

Sfuggono al controllo le immagini,

dell'Ordine, diviso tra la fedeltà al

che pure avrebbero dovuto subire la

Francesco delle origini e l'adattamen­

stessa censura. Attraverso di esse è

to a una regola meno rigida che il

quindi possibile recuperare una di­

travolgente

versa

successo

del

fondatore

interpretazione

dell'episodio

Imponeva.

delle stimmate. Un episodio - con ri­

Originariamente simbolo di un modo

voluzionaria versione di Giotto - che

di intendere la religione diverso e in­

è l'avvenimento più famoso a conclu­

novatore rispetto alle tradizioni eccle­

sione della vita di Francesco. Non

siastiche, la figura di Francesco è sta­

meno controversa è l'interpretazione

ta in seguito oggetto di continue e si­

della predica agli uccelli, di cui si of­

stematiche revisione volte a censurar­

fre qui una nuova e suggestiva lettu­

ne gli aspetti più rivoluzionari. Il suo

ra.

percorso biografico appariva infatti

Incrociando quindi fonti scritte e ico­

come simbolo di molte di quelle i­

nografiche l'autrice riesce, con grande

stanze centrifughe, quanto non deci­

agio narrativo, a fornire non solo

samente sospinte su posizione ere­

un'inedita lettura della vita del santo,

tiche, contrastate dalla Chiesa, inca­

ma anche a recuperare un singola­

pace di riassorbirle. D'altra parte, il

rissimo momento di storia religiosa,

credito e la popolarità raggiunte dal

culturale e artistica.

santo, tenaci anche dopo la sua mor­ te, rendevano difficili e poco oppor­ tuno ogni tentativo di gettare discre­ dito alla sua figura. Di qui la neces­ sità di organizzare una campagna ca­ pillare di informazione,

affidata a

© I993 Giulio Einaudi editore s. p. a., Torino ISBN 88-06- I 28 I o-8

Chiara Frugoni

Francesco e l'invenzione delle stimmate Una storia per parole e immagini fino a Bonaventura e Giotto

Giulio Einaudi editore

Indice

p. XXI

XXIII

Abbreviazioni Premessa

Francesco e l'invenzione delle stimmate 3 51 105

I.

II. III.

Qualche riferimento: il problema delle fonti fl:ancescane La lettera di Elia, il biglietto di Leone «Ad imaginem et similitudinem nostram» Cristo nel pensiero di Francesco Cristo come «Verbum Patris>>

II3 u8 137

IV.

203 222

v.

233

VI.

269

VII.

Sulla Verna Le immagini, una voce a parte Appendice: san Pietro nella pala del Louvre

Francesco e la natura, la predica agli uccelli Francesco si racconta: le immagini senza«storie».

I primi due cicli ad Assisi I nodi e la tunica

275 278 280 293 296 321

La forma della tavola francescana, il primo «archetipo» Secondo « archetipo» La vetrata della Basilica superiore La tavola di Santa Maria degli Angeli VIII.

338

Francesco raccontato: le prime tavole con storie, in particolare la tavola di Pescia Appendice: guardando a Pistoia

357

IX.

La tavola Bardi, Francesco degli zelanti

399

x.

Tre tavole, tre figure: Francesco conventuale, Francesco contestato, il santo lontano

421

Indice dei nomi

Elenco delle illustrazioni

I.

Le stimmate di san Francesco, fine del XIII secolo, foglio di antifonario, minia­

tura.

Trieste, Collezione privata. (Foto Alinari, Firenze).

2.

Inizio del Genesi: Cristo, Adamo e Francesco, 1230-57, bibbia, ms 17,

miniatura.

f. 5v,

Assisi, Biblioteca Comunale, dal Sacro Convento di Assisi. (Foto Sacro Convento, Assisi).



Inizio del Genesi: creazione, crocifissione e stimmate di san Francesco, 1280 c., bibbia, ms D. XXI I, f. 7r, miniatura. Cesena, Biblioteca Malatestiana. (Foto Ivano Giovannini, Cesena).



Le stimmate di san Francesco, terzo quarto del d'Ore francescano, ms 280, f. 27, miniatura.

XIII

secolo, breviario e libro

Parigi, Bibliothèque de l'Arsenal. (Foto Bibliothèque Nationale, Parigi).



Le stimmate di san Francesco, 126o c., vetrata.

6.

Roberto d'Oderisio, Ecce homo, primi anni cinquanta del XIV secolo, tavola.

Erfurt, Barfiisserkirche, finestra sud 11, b. (Foto Sacro Convento, Assisi).

Cambridge (Mass.), Fogg Museum. (Foto Archivio Electa, Milano).



La visione di Ezechiele,

XIII

secolo, bibbia, ms 4, f. 64r, miniatura.

Boulogne, Bibliothèque Municipale. (Foto Bibliothèque Municipale, Boulogne).

8.

Il Cherubino, secolo XIV, ms Pluteo 30. 24, f. 3r, miniatura. Firenze, Biblioteca Laurenziana. (Foto Alfa Fotostudio, Firenze).



Crocifissione,

XII

secolo, smalto.

Baltimora, Walters Art Gallery. (Foto del Museo).

ro.

Le stimmate di san Francesco, metà del XIII secolo, libro d'Ore, ms 77, f. r8ov,

n.

Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e post mortem, 1235, tavola, particolare: Le stimmate.

miniatura.

Carpentras, Bibliothèque lnguimbertine. (Foto Bibliothèque Inguimbertine, Carpentras).

Pescia, San Francesco. (Foto Archivio Scala, Firenze).

12.

Cristo sul Monte degli Ulivi, inizio del XIII secolo, porta in bronzo, particolare (durante il restauro). Benevento, Cattedrale. (Foto Leonardo Damiani, Roma).

13·

Apparizione del Sera/ino a san Francesco, terzo quarto del XIII secolo, salterio forse di Isabella di Francia, ms 300, f. 204v, miniatura. Cambridge, Fitzwilliam Museum. (Foto dd Museo).

x

Elenco delle illustrazioni 14.

Le stimmate di san Francesco, seconda metà del f. 18rv, miniatura.

15.

Ambrogio Lorenzetti, Storie di san Nicola, 1330 c., tavola, particolare: Il bam­

xrn

secolo, graduale, ms 5,

Montalcino, Archivio Comunale. (Foto M. Grondona, Pisa).

bino resuscitato. Firenze, Galleria degli Uffizi. (Foto Archivio

16.

Scala, Firenze).

Maestro del san Pietro, San Pietro in trono, 1280 c., tavola, particolare: L'An­ nunciazione. Siena, Pinacoteca Nazionale. (Foto Archivio Electa, Milano).

17.

Maestro di san Francesco, Le stimmate di san Francesco, fme del sesto-inizi del settimo decennio del XIII secolo, vetrata, particolare: Il Serafino. Assisi, Basilica superiore

r8.

di San Francesco, finestra I, luce di sinistra, pannello •9·

Le stimmate di san Francesco e La predica agli uccelli, ultimo terzo del xm secolo, antifonario, ms B 87, f. 78r, miniatura. Roma, Biblioteca Vaticana, Archivio Capitolare di San Pietro. (Foto Biblioteca Vaticana, Roma).

19. 20.

Giotto, San Francesco riceve le stimmate, 1290 c., affresco.

Assisi, Basilica superiore di San Francesco. (Foto Sacro Convento, Assisi).

Giotto, San Francesco riceve le stimmate, 1300 c., tavola. Parigi, Musée du Louvre. (Foto Archivio Scala, Firenze).

21.

Giotto, San Francesco riceve le stimmate, 1320 c., affresco. Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

22.

Maestro delle tempere francescane (Pietro Orimina?), San Francesco riceve le stimmate, 1336 c., tavola. Collezione privata.

23.

Pietro Lorenzetti, San Francesco riceve le stimmate, secondo decennio dd xrv secolo, affresco.

Assisi, Basilica inferiore di San Francesco.

24.

Seguace di Cimabue, Croce dipinta, inizio del XIV secolo, tavola, particolare: San Francesco bacia il piede di Cnsto. Arezw, San Francesco.

25.

Seguace di Guido da Siena, San Francesco con miracoli in vita e post mortem, terzo quarto del XIII secolo c., tavola, particolare: La predica agli uccelli. Siena, Pinacoteca Nazionale. (Foto Mario Appiatti, Siena).

26.

Benozzo Gozzoli, Storie della vita di san Francesco, 1452, affresco, particolare:

La predica agli uccelli.

Montefalco, Museo Comunale di San Francesco. (Foto Alinari, Firenze).

27.

San Bonaventura, Legenda maior, XIII secolo, ms Vittorio Emanuele 4II, f. 5ov, miniatura, particolare: Francesco predica agli uccelli e alla gente. Roma, Biblioteca Nazionale. (Foto Augusto Forcella, Roma).

28.

La predica agli uccelli, fine del XIII secolo, salterio e libro d'Ore appartenuto a !olanda di Soissons, ms M 72, f. 139v, miniatura.

New York, John Pierpont Morgan Library. (Foto Pierpont Morgan Library, New York).

29.

Raimondo di Peiiaforte, Summa de poenitentia, II77-1275, ms 137 C, f. 17r, inizi del XIV secolo, miniatura, particolare: La predica agli uccelli. Liittich, Urtiversitiitsbibliothek. (Foto Urtiversité, Bibliothèque Generai, Liegi).

Elenco delle illustrazioni 30.

Xl

Maestro di san Francesco, San Francesco fra due angeli, sesto-settimo decen­ nio del xm secolo, tavola. Assisi, Santa Maria degli Angeli, Museo.

31.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del Xlii secolo, tavola.

32.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, se­ condo quarto del Xlii secolo, tavola, particolare: Il cartiglio che viene dal de/o.

Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

Ibidem.

33·

Giotto, San Francesco appare al Capitolo di Arles, 1320 c., affresco, particolare. Ibidem. (Foto Archivio Scola, Firenze).

34·

San Francesco e miracoli posi mortem, sesto decennio del

Xlii

secolo, tavola

(dopo il restauro).

Pisa, gi.à in San Francesco, in deposito al Museo di San Matteo.

35· 36.

San Francesco si asduga gli occhi, copia su tela da

un

originale perduto.

Greccio, Eremo. (Foto Istituto Centrale per il Catalogo c la Documentazione, Roma 35 294).

Giuliano da Rimini, Vergine in trono e santi, 1307, tavola. Boston (Mass.), Isabelle Stewart Gardner Museum. (Foto del Museo).

37·

Giotto, Il sogno di Gregorio IX, 1290 c., affresco, particolare. Assisi, Basilica superiore di San Francesco. (Foto Sacro Convento, Assisi).

38.

Autografo di san Francesco con note di frate Leone, 1224; 1257-58 (?), perga­

mena.

Assisi, Basilica superiore di San Francesco, Sacrestia segreta. (Foto Sacro Convento, Assisi).

39·

Crodfissione, seconda metà del Ix secolo, ms 24 (2o), miniatura, particolare. Angers, Bibliothèque Municipale. (Foto Bibliothèque Municipale, Angers).

40. 41.

Giotto, I funerali di san Francesco, 1290 c., affresco.

Assisi, Basilica superiore di San Francesco. (Foto Sacro Convento, Assisi).

Giotto, I funerali di san Francesco, 1290 c., affresco, particolare: Il crod/isso. Ibidem.

42 ·

Il Crodfisso che secondo la tradizione parlò a san Francesco, xn secolo, tavola. Assisi, Santa Chiara. (Foto Sacro Convento, Assisi).

43 ·

Giotto, San Francesco davanti al crodfisso di San Damiano, 1290 c., affresco, particolare: Il crod/isso.

Assisi, Basilica superiore di San Francesco. (Foto Sacro Convento, Assisi).

44·

Le stimmate di san Francesco, terzo quarto del Xlii secolo, leggendario dome­

nicano, ms 49· f. 222, miniatura.

Oxford, Keble College. (Foto Kehle College, Oxford).

45·

Le stimmate di san Francesco,

46.

Le stimmate di san Francesco,

secondo quarto dd XIV secolo, breviario e libro d'Ore, ms Douce 245, f. 457, miniatura.

Oxford, Bodleian Lihrary. (Foto Bodleian Library, Oxford).

f. 322v, miniatura.

Ibidem.

XIV

secolo, messale francescano, ms Douce 313,

Elenco delle illustrazioni

XII 47 ·

Il Sera/ino appare a san Francesco, Hne XIII-inizio XIV secolo, affresco. Cividale, Tempieno longobardo, parete nord esterna, ora inglobata all'interno del monastero delle Orsoline. (Foto Elio Cio!, Casarsa).

Il sogno e il risveglio di Giacobbe, XIII secolo, salterio di san Luigi, ms lat. 10525, f. 13v, miniatura.

Parigi, Bibliothèque Nationale. (Foto Bibliothèque Nationale, Parigi).

49·

Il sogno di Giacobbe e la lotta con l'angelo, XIII secolo, salterio, ms 6, f. 9{ir, miniatura.

Oxford,

:;o.

Ali Souls College. (Foto Ali Souls College, Oxford).

Mariotto di Nardo, La Trinità, san Francesco e la MaddiJlena, inizi del xv seco­ lo, pala d'altare. Già Fiesole (Firenze), Museo Bandini. (Foto Soprintendenza per i

51.

Le stimmate di san Francesco,

Beni Anistici e Storici, Firenze).

seconda metà del XIII secolo, reliquiario in

smalto.

Parigi, Musée du Louvre. (Foto Reunion des Musées Nationaux, Parigi).

52.

Andrea di Giovanni, Cristo sul Monte degli Ulivi, seconda metà del XIV seco­ lo, affresco. Belverde presso Cetona (Siena), Oratorio dd Salvatore. (Foto Soprintendenza per i Storici per le province di Siena e Grosseto).

53·

Beni Artistici e

Andrea di Giovanni, Le stimmate di san Francesco, seconda metà del XIV seco­ lo, affresco, particolare. Ibidem.

54·

Trittico con Storie di Cristo, santz� Ultima Cena e stimmate di san Francesco, inizi del XIV secolo, tavola. Forli, Museo. (Foto Giorgio Liverani, Forli).

:;:;.

Trittico con La crocifissione, santi, Cristo sul Monte degli Ulivi e stimmate di san Francesco, 1325-30, tavola.

:;6.

Jacopo e Pierpaolo delle Masegne, Il sogno di Gregorio IX, Hne del XIV secolo, scultura in marmo, predella dell'altar maggiore.

Firenze, Collezione Horne.

Bologna, San Francesco. (Foto Alinari, Firenze).

57 ·

Le stimmate di san Francesco, 1275,

calco del sigillo dei frati minori di Gand

(Gent, Belgio). Roma, Museo Francescano. (Foto del Museo).

58.

Le stimmate di san Francesco, seconda metà del XIV secolo, matrice per meda­

glie-ricordo del pellegrinaggio ad Assisi. Parigi, Musée de Cluny.

59 ·

Matteo Paris, Le stimmate di san Francesco, poco dopo il 1236, Chronica maio­ ra, ms 16, f. 66v, disegno colorato.

6o.

Maiestas Domini, 900 circa, piatto

Cambridge, Corpus Christi College. (Foto Corpus Christi College, Cambridge).

di rilegatura in avorio, particolare.

San Gallo, Stiftsbibliothek. (Foto Stiftsbibliothek, San Gallo).

61.

Sera/ino con i nomi delle Virtu iscritti nelle ali, nBo-90, ms 66, f. wor, minia­

tura.

Cambridge, Corpus Christi College. (Foto Corpus Christi College, Cambridge).

Elenco delle illustrazioni 62.

Le stimmate di san Francesco e La predica agli uccelli, inizio del

XIII xrv

calendario-obituario, ms 838, f. 112v, miniatura (montaggio).

secolo,

V alenciennes, Bibliothèque Municipale. (Foto L a Boite à lmages, Marly).

63.

Le stimmate di san Francesco, 1290 c., salterio francescano, ms 1076, f. 142v,

miniatura, particolare.

Parigi, Bibliothèque Nationale. (Foto Bibliothèque Nationale, Parigi).

64.

San Francesco, miracoli in vita e post mortem, terzo quarto del tavola, particolare: Le stimmate.

XIII

secolo,

Orte, Museo Diocesano.

65.

Le stimmate di san Francesco, XIV secolo, breviario diJeanne d'Evreux, ms 51, r887, f. 38or, miniatura. Chantilly, Musée Condé. (Foto Giraudon, Parigi).

66.

Apparizione del Sera/ino a san Francesco, fine del XIII secolo, Iacopo da Varaz­ ze, Legenda aurea, ms H. M. 3027, f. 138v, miniatura. San Marino (California), Henry E. Huntington Library and An Gallery. (Foto del Museo).

67.

Le stimmate di san Francesco,

xm

secolo, scultura in marmo.

La Verna (Arezzo), Cappella delle Stimmate, facciata. (Foto Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Anistici e Storici, Arezzo).

68.

Conversione di san Paolo e Il sogno di Anania, 846 c., « Prima bibbia di Carlo il Calvo», ms lat. r, f. 386v, miniatura, particolare. Parigi, Bibliothèque Nationale. (Foto Bibliothèque Nationale, Parigi).

69.

Le stimmate di san Francesco, metà del

70.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: Le stimmate.

XIII

Firenze, Galleria degli Uffizi. (Foto Alinari, Firenze 44

secolo, tavola.

402).

Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

71.

San Francesco, miracoli in vita e post mortem, metà del XIII secolo, tavola, par­ ticolare: Le stimmate e I funerali del santo. Pistoia, Museo Civico.

72.

Seguace di Guido da Siena, Dittico del beato Andrea Gallerani, 1270 c., tavola, particolare: Le stimmate di san Francesco. Siena, Pinacoteca Nazionale.

73·

Seguace di Guido da Siena, Dittico di santa Chiara, sportelli con Quattro sto­ rie dei santi Francesco, Chiara, Bartolomeo e Caterina da Alessandria, 1280 c., tavola, particolare: Le stimmate di san Francesco. Ibidem.

74·

Seguace di Guido da Siena, San Francesco con miracoli in vita e post mortem, terzo quarto del XIII secolo c., tavola, particolare: Il croct/isso di San Damiano. Ibidem.

75 ·

Seguace di Guido da Siena, San Francesco con miracoli in vita e posi mortem, terzo quarto del XIII secolo c., tavola, particolare: Le stimmate. Ibidem.

Elenco delle illustrazioni

XIV

Giacomo Pacchiarotti (?), Pietà, san Francesco e santa Caterina ricevono le stimmate, fine del xv-inizio del XVI secolo, predella della Pala di Santo Spiri­ to, tavola, particolare: Santa Caterina riceve le stimmate. Ibidem.

77·

Giacomo Pacchiarotti (?), Pietà, san Francesco e santa Caterina ricevono le stimmate, fine del xv-inizio del XVI secolo, predella della Pala di Santo Spiri­ to, tavola, particolare: San Francesco riceve le stimmate. Ibidem.

San Francesco, il Sera/ino e il Tetramor/o, sesto decennio del

XIII

tempera a secco, al centro un angelo scolpito.

secolo c.,

Parma, Battistero, nicchia n. 6. (Foto Bruno Zanardi, Parma).

79·

Visione del Tetramor/o da parte di Ezechiele, a commento però della visione di XII secolo, salterio, ms 7, f. 233v (ex 243v), miniatura.

Isaia, fme del

Atene, Biblioteca Nazionale. (Foto L. Ch. Ananiadhis, Atene. Per cortesia di Gianfranco Fiaccadori).

Bo.

San Francesco, intorno alu8o, affresco, particolare. Bominaco (Caporciano, Abruzzo), Oratorio di San Pellegrino, controfocciato.

81.

Giudizio Universale, intorno al 1159, Herrad di Hohenbourg, Hortus delicia­ rum, f. 253r, miniatura. Copia di A. de Bastard d'Estaing (1831) dal ms di­ strutto nel 1870. Parigi, Bibliothèque Nationale.

82.

Cristo fra i Serafini,

XII

secolo, formella della porta bron2ea.

Verona, San Zeno. (Foto Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici, Venezia).

83.

San Martino predica agli uccelli,

XIII

secolo, arazzo islandese, particolare.

Parigi, Musée de Cluny. (Foto Reunion des Musées Nationaux, Parigi).

84.

Matteo Paris, La predica agli uccelli, poco dopo il 1236, Chronica maiora, ms 16, f. 66v, disegno colorato. Cambridge, Corpus Christi College. (Foto Corpus Christi College, Cambridge).

85.

Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e posi mortem, 1235, tavola, particolare: La predica agli uccelli.

86.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con ston ·e della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: La predica agli uccelli.

Pc;cia, San Francesco.

Firenze, Santo Croce, Cappello Bordi.

87.

San Francesco, miracoli in vita e posi mortem, metà del XIII secolo, tavola, par­ ticolare: Conferma della regola e Una predica.

88.

San Francesco, miracoli in vita e posi mortem, terzo quarto del tavola, particolare: La predica agli uccelli.

Pistoia, Museo Civico. XIII

secolo,

Orte, Museo Diocesano.

8 9.

La predica agli uccelli, 1330 c., vetrata. Konigsfeld (Kralovo Pole, Slovenia), Chiesa del Convento di San Francesco.

90 ·

La predica agli uccelli, 1260-70 c., salterio, ms 410 (B), f. 18r, miniatura, parti­ colare.

Karlsruhe, Badische Landesbibliothek. (Foto Bodische Landesbibliothek, Karlsruhe).

Elenco delle illustrazioni 91.

xv

Maestro di san Gregorio, Consacrazione dell'altare da parte di Ugo/ino, al tem­ po vescovo di Ostia, 1228-29, affresco.

Subiaco, Sacro Speco, Cappella di San Gregorio. (Foto Istituto Centrale per il Catalogo e la Documen­ tazione, Roma).

92.

Maestro di san Gregorio, San Francesco, 1228-29, affresco, particolare (prima dell'ultimo restauro). Ibidem.

9 3-

Maestro di san Gregorio, San Francesco, 1228-29, affresco, particolare (dopo l'ultimo restauro). Ibidem.

94·

Maestro di san Gregorio, San Paolo, 1228-29, affresco. Ibidem.

95·

San Benedetto e l'abate Romano, primo quarto del

XIII

secolo, affresco.

Subiaco, Sacro Spero, Chiesa inferiore.

9(5.

Maestro di san Gregorio, Oddone e l'angelo, 1228-29, affresco. Subiaco, Sacro Speco, Cappella di San Gregorio.

97·

Maestro di san Gregorio, Un Sera/ino, 1228-29, affresco.

98-

Scuola di Bonaventura Berlinghleri, dittico con Storie della vita di Cristo e santi, fra cui san Francesco, intorno al 125o-6o, tavola, particolare.

Subiaco, Sacro Speco, Cappella di San Gregorio, volta. (Foto Istituto Centrale per il Catalogo e la Do­ cumentazione, Roma).

Firenze, Galleria degli Uffizi (già Galleria dell'Accademia).

99-

Gli angeli portano una corda a san Tommaso d'Aquino, fine del

XIV

tavola.

secolo,

Già Zurigo, KWlstmuseum (in deposito).

100.

Margaritone d'Arezzo (ricordato nel 1262), San Francesco, tavola. Zurigo, KWlsthaus. (Foto del Museo).

101.

Margaritone d'Arezzo (ricordato nel 1262), San Francesco, tavola.

102.

Margaritone d'Arezzo (ricordato nel 1262), San Francesco, tavola.

10 3 .

Margaritone d'Arezzo (ricordato nel 1262), San Francesco, tavola.

Arezzo, Museo d'Arte Medievale e Moderna (da Sargiano).

Castiglion Fiorentino, Pinacoteca Civica.

104 . 105.

Roma, Pinacoteca Vaticana.

Margaritone d'Arezzo (ricordato nel 1262), San Francesco, tavola, particolare. Roma, San Francesco a Ripa.

Margaritone d'Arezzo (ricordato nel 1262), San Francesco, tavola. Siena, Pinacoteca Nazionale.

106.

Margaritone d'Arezzo (ricordato nel 1262), San Francesco, tavola.

107.

Maestro di san Francesco, La rinuncia ai beni, 1257-59 c., affresco.

108.

Maestro di san Francesco, Cristo si spoglia per salire sulla croce, 1257-59 c., affresco.

Arezzo, già Museo Diocesano, ora Museo d'Arte Medievale e Moderna (da Ganghereto).

Assisi, Basilica inferiore di San Francesco. (Foto Sacro Convento, Assisi).

Ibidem.

Elenco delle illustrazioni

XVI

109.

Maestro di san Francesco, Francesco predica agli uccelli, 1257-59 c., affresco. Ibidem.

no.

Maestro di san Francesco, Deposizione dalla croce, 1257-59 c., affresco. Ibidem.

III.

Maestro d i san Francesco, Le stimmate d i san Francesco, 1257-59 c., affresco. Ibidem.

II2.

Maestro di san Francesco, I funerali di san Francesco, 1257-59 c., affresco. Ibidem.

I IJ.

Pietro Lorenzetti, Madonna col Bambino fra san Francesco e Giovanni Evan­ gelista, primi decenni del XIV secolo, affresco. Assisi, Basilica inferiore di San Francesco.

II 4 .

Maestro di san Francesco, Cristo tiene contro il suo petto san Francesco e Ma­ donna col Bambino, fine del sesto-inizio del settimo decennio del xm secolo,

vetrata, particolare.

Assisi, Basilica superiore di San Francesco, finestra XIII . (Foto Sacro Convento, Assisi).

II5.

Maestro di san Francesco, Sant'Antonio e Ev:elino da Romano, fine del sesto­ inizio del settimo decennio del XIII secolo, vetrata, particolare.

Assisi, Basilica superiore di San Francesco, finestra I, luce di destra, pannello b6. (Foto Sacro Conven· to, Assisi).

II6.

Polittico con Storie della vita di Cnsto, santa Chiara e san Francesco, 1 3 90, tavola, particolare: Sant'Antonio predica al Capitolo di Arles. Varsavia, Muzewn Narodwe (dalla chiesa francescana di Santa Maria a Torun). (Foto del Museo).

II 7 .

San Francesco e miracoli post mortem, 1250-60 c., tavola. Assisi, Museo dd Tesoro del Sacro Convento.

n8.

Maestro di san Francesco, San Francesco, seconda metà del XIII secolo, fram­ mento di paliotto. Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria.

I I9.

Maestro di san Francesco, Crodfissione, deposizione e sant'Antonio, seconda metà del Xlii secolo, frammento di paliotto.

Perugia, Galleria Nazionale deU'Umbria. (Foto Soprintendenza ai Beni Ambientali, Artistici, Archi· tettonici e Storici, Perugia).

120.

Seguace perugino di Meo da Siena, Madonna col Bambino e santi, metà del XIV secolo c., tavola (Dossale di Padano), particolare: San Francesco. Ibidem.

121.

Seguace perugino di Meo da Siena, Adorazione dei Magi. Nella cuspide: I san­ ti Pietro Martire e Francesco, metà del XIV secolo c., tavola. Ibidem.

122.

Seguace perugino di Meo da Siena, Adorazione dei Magi. Nella cuspide: I san­ ti Pietro Martire e Francesco, metà del XIV secolo c., particolare: San France­

sco.

Ibidem.

123 .

Guido da Siena, Madonna col Bambino e quattro santz; fra cui san Francesco, 1270, tavola. Siena, Pinacoteca Nazionale (Foto Alinari, Firenze 36 624).

Elenco delle illustrazioni

XVII XIII

124.

Maestro di san Gregorio, San Francesco, sesto-settimo decennio del secolo.

125.

Maestro di Figline (Giovanni diBonino?, attivo fra il 1320 e il 1360), San Fran­ cesco, tavola.

Parigi, Musée du Louvre, depositi. (Foto Reunion des Musées Nationaux, Patigi).

Worcester (Mass.),

126.

Art Museum. (Foto dd Museo).

San Francesco e miracoli post mortem, 1250-60 c., tavola. Roma, Pinacoteca V aticana.

127.

Cimabue, Madonna col Bambino in tronofra quattro angeli e san Francesco, fra il 1265 e il 1290, affresco, particolare: San Francesco. Assisi, Basilica inferiore di San Francesco. (Foto Sacro Convento, Assisi).

128.

Da Cimabue, San Francesco, fra il 1275 e il 1295, tavola.

129.

Bonaventura Berlinghieri (?), San Francesco, miracoli in vita e post mortem, 1228, disegno seicentesco della perduta tavola da San Miniato al Tedesco (Pisa).

Assisi, Santa Matia degli Angeli, Museo.

130.

Guglielmo, Croce dipinta, 1138, tavola. Sarzana, Cattedrale.

131.

Seguace di BonaventuraBerlinghieri, Croce dipinta, XIII secolo, tavola, parti­ colare della cimasa: Formula ridotta dell'Ascensione. Tereglio, Chiesa parrocchiale. (Foto Soprintendenza ai Beni Ambientali, Architettonici, Artistici c Storici per le province di Pisa, Lucca, Livorno e Massa Catrata).

132.

Croce dipinta, Xli secolo (?), tavola, particolare della cimasa: Formula rzdotta dell'Ascensione. Montalcino (Siena), Pinacoteca. (Foto Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici per le province di Siena e Grosseto).

133.

134.

Seguace di Bonaventura Berlinghieri, Croce dipinta,

XIII

secolo, tavola.

Tereglio, Chiesa parrocchiale. (Foto Soprintendenza ai Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici per le province di Pisa, Lucca, Livorno e Massa Carrata).

Berlinghiero Berlinghieri, Croce dipinta, prima del 1236, tavola. Lucca, Museo di Villa Guinigi. (Foto Archivio Electa, Milano).

135.

Berlinghiero Berlinghieri, Croce dipinta, prima del 1236, tavola, particolare della cimasa: Formula ridotta dell'Ascensione. Ibidem.

136.

Guglielmo, Croce dipinta, 1138, tavola, particolare della cimasa: Ascensione. Sarzana, Cattedrale.

137.

Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e post mortem, 1235, tavola (dopo il restauro del 1982). Pescia, San Francesco. (Foto Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici, Firenze).

138.

Stefano di Giovanni detto il Sassetta (1400 c.- 1451), Visione di san Tommaso

d'Aquino, tavola, particolare.

Roma, Pinacoteca Vaticano. (Foto dd Museo).

139.

Pona intagliata, prima metà del crocifissione.

v

secolo, legno di cipresso, particolare: La

Roma, Santa Sabina. (Foto Alinari, Firenze 27 948).

Elenco delle illustrazioni

XVIII

Bartolomeo e Agnolo degli Erri, Dossale di san Pietro Martire, particolare: San Pietro Martire davanti al croà/isso, 1450. Parma, Pinacoteca. (Foto Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici, Parma).

14 1.

1 42.

Croce dipinta n. IJ, prima metà del

XII

secolo (?), tavola.

Pisa, Museo di San Matteo. (Foto Soprintendenza ai Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici per le province di Pisa, Lucca, Livorno e Massa Carrara).

Croce dipinta n. IJ, prima metà del x u secolo (?), tavola, particolare: Cristo morto sulla croce. Ibidem.

1 43 .

Enrico di Tedice (ricordato nel 1254), Croce dipinta, tavola. Pisa, San Martino. (Foto Archivio Elecra, Milano).

144.

San Francesco e miracoli posi mortem, 1250-6o c., tavola, particolare: La bam­ bina dal collo torto. Assisi, Museo del Tesoro del Sacro Convento.

145.

Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e posi mortem, 1235, tavola, particolare: La bambina dal collo torto. Pescia, San Francesco.

1 46.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del xm secolo, tavola, particolare: Guarigioni alla tomba. Firenze, Santa Croce, cappella Bardi.

147.

Giotto, La canonizzazione di san Francesco, 1290 c., affresco, particolare. Assisi, Basilica superiore di San Francesco. (Foto Sacro Convento, Assisi).

1 48.

San Francesco, miracoli i n vita e post mortem, metà del XIII secolo, tavola, par­ ticolare: La bambina dal collo torto e Lebbrosi e storpi guariti. Pistoia, Museo Civico.

149.

San Francesco, miracoli in vita e posi mortem, metà del XIII secolo, tavola, par­ ticolare: Bartolomeo da Narni e L'ossessa.

150.

Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e post mortem, 1235, tavola, particolare: Il bambino di Montenero.

Ibidem.

Pescia, San Francesco.

151.

Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e posi mortem, 1235, tavola, particolare: Bartolomeo da Narni. Ibidem.

152.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: Bartolomeo da Narni.

153.

San Francesco e miracoli posi mortem, sesto decennio del particolare: Bartolomeo da Narni.

Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi. XIII

secolo, tavola,

Pisa, già in San Francesco, in deposito al Museo di San Matteo. (Foto Soprintendenza ai Beni Ambien­ tali, Architettonici, Artistici e Storici per le province di Pisa, Lucca, Livorno e Massa Carrara).

154-

San Francesco e miracoli post mortem, 1250-6o c., tavola, particolare: Pietro da Foligno. Assisi, Museo del Tesoro del Sacro Convento.

Elenco delle illustrazioni 155.

San Francesco e miracoli post mortem, sesto decennio del particolare: Gli storpi e i lebbrosi guariti.

XIII

XIX

secolo, tavola,

Pisa, già in San Francesco, in deposito al Museo di San Matteo. (Foto Soprintendenza ai Beni Ambien­ tali, Architettonici, Artistici e Storici per le province di Pisa, Lucca, Livorno e Massa Carrara).

156.

San Francesco e miracoli post mortem, 125o-6o c., tavola, particolare: Guari­ gione dell'ossessa.

157.

Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e post mortem, 1235, tavola, particolare: Guarigione degli ossessi.

Assisi, Museo del Tesoro del Sacro Convento.

Pescia, San Francesco.

158.

San Francesco e miracoli post mortem, sesto decennio del XIII secolo, tavola, particolare: Guarigione dell'ossessa.

Pisa, già in San Francesco, in deposito al Museo di San Matteo. (Foto Soprintendenza ai Beni Artistici, Architettonici, Artistici e Storici per le province di Pisa, Lucca, Livorno e Massa Carrara).

159.

San Francesco, miracoli in vita e post mortem, metà del XIII secolo, tavola (do­

po il restauro).

Pistoia, Museo Civico.

16o.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: La madre libera san Fran· cesco dalla prigionia.

Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

161.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: La rinuncia ai beni paterni. Ibidem.

162.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: La confezione dell'abito.

163.

San Francesco si taglia l'abito, metà del XIV secolo, « Taymouth Horae», libro

Ibidem.

d'Ore, ms Yates Thompson 13, f. 18ov, miniatura.

Londra, British Museum. (Foto del Museo).

164 .

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: L'ascolto del vangelo. Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

165.

Maestro della tavola Bard.i, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: Approvazione della regola. Ibidem.

166.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con ston·e della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: Il Natale di Greccio. Ibidem.

167 .

Seguace di Guido da Siena, San Francesco con miracoli in vita e post mortem, terzo quarto del XIII secolo c., tavola, particolare: Il Natale di Greccio.

168.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, se­ condo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: Il riscatto della pecorella.

Siena, Pinacoteca Nazionale.

Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

Elenco delle illustrazioni

xx

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, se­ condo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: Il riscatto dei due agnelli. Ibidem.

170.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: Predica al Sultano. Ibidem.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: La cura dei lebbrosi. Ibidem.

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: L'estrema rinuncia. Ibidem.

1 73·

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: Lo scampato naufragio. Ibidem.

1 74·

Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: Il ringraziamento dei mari­ naz.

Ibidem.

175.

San Francesco e miracoli post mortem, sesto decennio del particolare: La festa non rispettata.

XIII

secolo, tavola,

Pisa, già in San Francesco, in deposito al Museo di San Matteo. (Foto Soprintendenza ai Beni Ambien· tali, Architettonici, Anistici e Storici per le province di Pisa, Lucca, Livorno e Massa Carrara).

1 76.

Pietro da Rimini, I genitori di san Nicola da Tolentino implorano san Nicola di Bari, prima del 1 348 , affresco. Tolentino, Cappella

di San Nicola.

177.

Seguace di Guido da Siena, San Francesco con miracoli in vita e post mortem, terzo quarto del XIII secolo c., tavola (dopo il restauro) .

1 78.

San Francesco, miracoli in vita e post mortem, terzo quarto del tavola, particolare: Le stimmate che vanno e vengono.

Siena, Pinacoteca Nazionale. XIII

secolo,

XIII

secolo,

XIII

secolo,

One, Museo Diocesano.

179.

San Francesco, miracoli in vita e post mortem, terzo quarto del tavola, particolare: Il miracolo del pesce mutato in cappone.

r8o.

San Francesco, miracoli in vita e post mortem, terzo quarto del

Ibidem.

tavola.

Ibidem.

Abbreviazioni «AFH» Archivum Franciscanum Historicum. AA. SS.

Acta Sanctorum, apud Petrum Jacobs, Antverpiae 1707. AF Analecta Franciscana.

AFm Analecta Franciscana,m, Ex Typ. Collegii s. Bonaventurae, Ad Claras Aquas prope Floren­ tiam 1897. AFX Analecta Franciscana,X, Ex Typ. Collegii s. Bonaventurae, Ad Claras Aquas prope Floren­ tiam 1926-41. Bullarium Bullarium Franciscanum Romanorum ponti/icum constitutiones, epistolas, ac diplomata conti­ nens. . . , a cura di G. I. Sbaraglia (Joannis Hyacinthus Sbaralea) Romae 1759, ripr. anast., Edi­ zioni Porziuncola, Assisi 1983.

FF Fontifrancescane. Scritti e biografie di san Francesco d'Assisi. Cronache e altre testimonianze delprimo secolofrancescano. Scritti e biografie di santa Chiara d'Assisi, Movimento francesca­ no, Assisi 19782• I Ce!.

Thomae de Celano Vita pn·ma sancti Francisci, in Analecta Franciscana, in AFX, pp. 3-II7. II Ce!.

Thomae de Celano Vita secunda sancti Francisci, in AFX, pp. 129-268. ill Cel. Thomae de Celano Tractatus de miraculis b. Franasci, in AFX, pp. 271-330. Leg. 3 soc. Legenda trium sociorum. Édition critique a cura di Th. DesboiUlets, in "AFH », LXVII ( 1974), pp. 38-144; il testo si trova alle pp. 89-144. Leg. maior Bonaventurae Legenda maior s. Francisci, in AFX, pp. 557-652. Lemmens Testimonia minora saeculi XIII de s. Francisco Assisiensi collecta, a cura di L. Lemmens, Typ. Collegii s. Bonaventurae, Ad Claras Aquas 1926, Collectanea philosophico-theologica, 3· M. G. H. Monumenta Germaniae Historica.

xxn

Abbreviazioni

Opuscula Esser Sancti Patris Francisci Assisiensis Opuscula, a cura di K. Esser, Coll. S. Bonaventurae, Grot· taferrata (Roma) 1978.

PL Migne, Patrologia Latina. Scripta Leonis Scripta Leonis, Ru/ini et Angeli Sociorum s. Francisci, ed. e trad. ingl. di R. B. Brooke, Clasen· don Press, Oxford 1970. Speculum per/ectionis Speculum per/ectionis, ed. critica a cura di P. Sabatier, University Press, Manchester 1928.

Premessa

Mi è capitato spesso di vedere dei tesoretti sulla spiaggia, conchi­ glie e vetri colorati riuniti a mucchio, scelti, con impegno di tempo e attenzione da una piccola mano che a sera è stata costretta ad abban­ donarli, trattenendo ben poco di quel bottino, tutto ugualmente pre­ zioso e caro. Rispetto al mare della bibliografia francescana anch'io, dopo ave­ re tanto raccolto, per non scrivere un libro delle parole degli altri, mi trovo a lasciare titoli e schede accumulate. I compagni di lavoro che non vedranno il loro nome citato non si dispiacciano: se il mio libro è una conchiglia che deve la sua vita a quel mare, le onde l'hanno so­ spinta e infine deposta sulla spiaggia, in attesa a sua volta di uno scon­ tato destino. Fra tutti gli amici cui debbo consigli e suggerimenti desidero pri­ vilegiare la gratitudine per Grazia Tamasi e Marco Grondona che hanno letto con affetto, pazienza e attenzione il manoscritto. La mia variegata famiglia non si è chiusa in un rispettoso silenzio di fronte alle ansie di chi scrive, topos invidiato di tante dediche; con la sua presenza mi ha permesso però - ma non solo - l'agio di pensare e ripensare senza fretta, anche nel quieto pedalare pisano. La ringra­ zio di questo e del resto. Dedico il libro a Donato. Senza la sua figura queste pagine non sa­ rebbero mai state scritte.

Francesco e l'invenzione delle stimmate

Capitolo primo Qualche riferimento: il problema delle fonti francescane

Un re amò una donna povera e bellissima che viveva nel deserto e da questa ebbe molti figli. Una volta cresciuti ed educati nobilmente, la madre li esortò ad andare alla corte del re; essi temevano però di es­ sere respinti. La donna li rincuorò: venivano dal deserto, figli di una donna ignota, ma il re, loro padre, li avrebbe bene accolti e nutriti '. Cosi Francesco vede se stesso e i suoi figli (i francescani) - la sposa tuttavia rimane nel deserto ! - intorno al 1209 o 1210, dinanzi a Inno­ cenza III, che aveva giudicato « superiore alle forze umane » il pro­ getto di vita sottopostogli da Francesco per sé e per i suoi compagni cui il pontefice accordò, in effetti, un consenso solo formale. È un racconto polemico, in linea con il ritratto tracciato dalle fonti piu antiche, testi e immagini; prima che san Bonaventura ordinasse la distruzione di ogni biografia precedente alla propria e Giotto, suo ge­ niale interprete, facesse emergere un altro Francesco, quello che noi siamo stati costretti a conoscere. Con Bonaventura si misero a tacere le parti piu inquietanti del programma di Francesco, lo schierarsi con i poveri da povero e la rinuncia a ogni sicurezza del domani, il rifiuto delle regole di forza e di potere che dominano i rapporti umani: tanto per fare un esempio, Francesco, in dissenso silenzioso dalla scelta del­ la Chiesa per le armi crociate, sostenne la conversione pacifica degli infedeli. Quella prima Regola (del 1209 o 1210: sarebbe meglio dire « for­ mula vitae », una norma di condotta costituita dal solo accostamento di passi evangelici) è perduta. Neppure la seconda ottenne presso il papa un successo migliore; nota come Regula non buttata, priva cioè del sigillo di autenticazione pontificio, fu approvata soltanto dall'Ordine', nel 1221 quando Fran­ cesco già da un anno ne aveva lasciato il governo per i contrasti scop­ piati durante il suo soggiorno in Egitto '. La rep-entina moltiplicazione dei frati sospingeva fatalmente verso una collaudata organizzazione di vita di tipo monastico ': Francesco, piuttosto che rinnegare l'ade-

4

Capitolo primo

renza letterale al vangelo e impegnarsi in una lotta secondo regole di potere e dominio cui aveva del tutto rinunciato, preferf mettersi da parte. Senza mai esprimere a parole un dissenso aperto, ma mostran­ do il suo contrasto in positivo, con l'esempio e l'azione: l'atteggia­ mento del santo, fedele alla gerarchia ecclesiastica, è del tutto diverso dai moti nati da un genuino desiderio di riforma che finirono, nello scontro aperto, per essere respinti come eretici da una Chiesa incapa­ ce di assorbirne l'urto. A un compagno che insistentemente gli chiedeva perché non in­ tervenisse a frenare abusi e distorsioni, Francesco rispose con ama­ rezza dichiarando il suo fallimento: le dimissioni per malattia erano state un pretesto; se i frati avessero continuato a seguirlo sarebbe ri­ masto il capo dell'Ordine a tutti gli effetti. Ora invece la sua carica e la sua autorità sui fratelli erano esclusivamente spirituali, perché - egli disse - « devo cercare di dominare i vizi ed emendarli; perciò se non ci riesco soltanto con l'esortazione e l'esempio non voglio diventare un carnefice percuotendo e flagellando, come vedo fare a chi ha il potere nel mondo. [ . . . ] Vi giuro che fino al giorno della mia morte cercherò con l'azione e con l'esempio di ammaestrare i frati perché camminino nella via che Dio stesso mi ha mostrato e io ho mostrato loro ammae­ strandoli, affinché non abbiano alcuna scusa davanti a Dio, né io sia tenuto a rendere conto di me e di loro davanti al tribunale divino » '. Il problema della responsabilità personale nell'avere portato tanti fratelli su una via cosi ardua da non riuscire a essere percorsa senza deviazioni, una strada di fronte alla quale egli stesso si senti a tratti scoraggiato, accompagnò tutta la nuova vita di Francesco convertito e si fece piu acuto verso la fine, intrecciandosi al problema della sal­ vezza eterna, personale e dei compagni. Come Cristo dopo l'Ultima Cena si era rivolto al Padre celeste di­ chiarando la propria missione compiuta: « Manifestavi nomen tuum hominibus, quos dedisti mihi de mundo » Uo 17, 6), ma tradito dagli uomini si era rimesso alla volontà paterna e sul Monte degli Ulivi ave­ va pregato e sofferto presagendo la Passione, cosi Francesco portò la sua angoscia fino alla Verna, trovando infine pace e illuminazione - con la visione del Serafino - nell'accettare le tribolazioni che la vo­ lontà divina gli aveva riservato. Solo tre anni prima della morte del santo, nel 1223, Onorio III ap­ provò finalmente una regola, confermandola con la bolla (Regula bui­ lata), ma numerose fonti attestano una lunga elaborazione perché, prima di quella portata al pontefice, molte altre regole furono ap­ prontate da Francesco e poi perdute per incuria o trascuratezza '. Se-

Il problema delle fonti francescane

5

condo Bonaventura, il santo per spingere i frati a osservarla con fer­ vore, diceva di non avervi messo nulla di proprio ma di avere scritto cosi come gli era stato rivelato da Dio. E per conferma « passati pochi giorni, il dito del Dio vivente gli impresse le stimmate di Gesu Cristo. Le stimmate, in un certo senso, erano la bolla del sommo pontefice Cristo, che approvava in tutto e per tutto la Regola e il suo autore » '. Questa sorprendente interpretazione delle stimmate in chiave can­ celleresca escogitata da Bonaventura mostra, contro le stesse inten­ zioni del biografo; che solo l'intervento di Cristo come deus ex machi­ na poteva vincere la resistenza di una parte dei compagni di France­ sco, né unanimi né compatti nelle lodi verso il padre fondatore. La travagliata composizione, le reazioni di diffidenza della Curia o di aperta opposizione di una parte dei frati, indicano quanto fosse in­ novativa l'apparente semplicità della proposta di Francesco. « Se re­ spingiamo la richiesta di questo povero come troppo difficile e stra­ na, nel momento in cui ci chiede che gli venga approvata una forma di vita evangelica, stiamo attenti che non ci capiti di fare offesa al vange­ lo di Cristo. Se, infatti, uno dicesse che fra l'osservanza della perfezio­ ne evangelica e il voto di praticarla da parte di costui si trovasse qual­ cosa di strano o di irrazionale, oppure di impossibile a realizzarsi, di­ venterebbe reo di bestemmia contro Cristo, autore del vangelo », era stata l'acuta osservazione del cardinale Giovanni di San Paolo '. Il di­ scorso sagace non persuase del tutto il pontefice, e della sua reazione - lo potremmo ripetere per ogni passo della storia di Francesco e dei seguaci - le fonti ci hanno tramandato versioni contrastanti quando non addirittura opposte. La parabola del re e della prole appartiene alla seconda biografia ufficiale di Tommaso da Celano, che intorno al 1246-47 si era piegato, dopo forti pressioni, a una riscrittura completa della prima biografia composta per incarico di Gregorio IX una quindicina di anni prima. Francesco mori la sera del 3 ottobre del 1226. Il suo Testamento dove con un soprassalto di disperata energia aveva difeso il valore delle sue scelte, indicategli direttamente da Dio, e ribadito la fedeltà alla sua Regola, obbligando i frati a seguirla senza introdurre muta­ menti fu ben presto accantonato. Gregorio IX, con la bolla Quo elongati' del2 8 settembre 1230 si era infatti affrettato a togliere al do­ cumento il valore di testo vincolante e complementare alla Regola : va­ lore nettamente richiesto dal santo, che aveva cercato di reintrodurre, ormai morente, alcuni principi cassati o smussati nelle norme del 122 3. li pontefice, l'ex cardinale Ugolino nominato protettore del­ l'Ordine fin dal 122 0, sicuramente molto affezionato al santo, toglien-

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6

Capitolo primo

do valore normativo al Testamento aveva cercato di appianare in tal niodo i dissensi interni vertenti principalmente sul problema della povertà, fra i rigoristi che ne volevano l'osservanza piu stretta, nei sin­ goli e nella comunità, e quelli piu moderati, che ritenevano non in­ compatibile il possesso di beni da parte dell'Ordine. Nemmeno la bolla Exiit qui semina! di Niccolò III del 4 agosto 1279 ", che intende­ va difendere i mendicanti dagli attacchi del clero secolare, riusci a chiudere i dissidi con l'espediente dell' usus pauper: era consentito cioè l'uso ma non il possesso dei beni, di cui la Chiesa avocava a sé la proprietà. n contrasto fra rigoristi e i loro avversari, fra Spirituali � Conventuali come si chiameranno propriamente solo a partire da Clemente V (m. 134) ", durerà per secoli, con lacerazioni e costi du­ rissimi: alcuni francescani pagarono con il carcere a vita e persino con la morte la difesa delle proprie idee. n problema delle fonti francescane - di date, rapporti (chi prende da chi), di attendibilità - cui gli specialisti danno il titolo di « questio­ ne francescana » 12 è davvero intricato; con l'aggravante per noi che ciascuna fonte - so di dire concetti noti, ma non scontati - non si preoccupa di essere colta in contraddizione con altre. Vi accennerò solo come necessaria premessa ai temi di cui intendo propriamente occuparmi. Gregorio IX, con un processo rapidissimo, canonizzò Francesco due anni appena dopo la morte, il 16 luglio del 1228: per quel tempo doveva essere pronta una biografia che raccogliesse le virtu e i mira­ coli del santo da portare agli altari. La scelta del pontefice cadde su Tommaso da Celano (c. n9o - c. 1260), vissuto a lungo in Germania e per questo non particolarmente amico e vicino a Francesco, ma frate dotto, fine scrittore, capace - cosi aveva sperato Gregorio IX - di conciliare le direttive della committenza con le contrastanti testimo­ nianze dei compagni di Francesco, un riflesso a loro volta delle ten­ sioni dell'Ordine esplose già durante la vita del fondatore u. Per la ve­ rità, la data di quest'opera è fissata fra la fine del 1228 e il 1229, ma io azzarderò subito una ipotesi, che cioè le tre parti di cui è costituita, cosi sbilanciate fra loro, riflettano due stadi diversi di composizione, seppure vicinissimi nel tempo - uno costituito dalla Vita (prima e se­ conda parte), l'altro dalla canonizzazione (terza parte) - unificati da un Prologo generale, che è sempre l'ultima parte a essere scritta. La seconda parte si conclude infatti con «Amen, Fiat ! Fiat ! »: una for­ mula (Ps 71, 19) che in modo marcato segna la fine dell'opera. «Per incarico del nostro glorioso papa Gregorio mi sono accinto - dichiara subito Tommaso - a narrare diligentemente gli atti e la vita

Il problema delle fonti francescane

7

del beatissimo padre nostro Francesco. L'ho fatto come ho potuto, nel mio modesto stile, raccontando quelle cose almeno che ascoltai dalla sua viva voce o da testimoni fedeli e sicuri. Ho cercato di farlo con pia devozione, seguendo sempre la verità guida e maestra, tutto volendo riportare secondo l'ordine cronologico degli eventi: poiché nessuno può ritenere a memoria tutto quello che Francesco ha fatto e ci ha insegnato » : Tommaso giustifica abilmente le omissioni e si ap­ pella a un criterio di attendibilità e verità - vedremo, nel confronto con la seconda biografia, quanto personale. "

Ho diviso in tre parti e distinto in vari capitoli tutto quel che potei raccogliere attorno alla vita del santo: questo perché la varietà delle date non confondesse l'ordine dei fatti, facendo dubitare della loro verità. La prima parte segue l'ordine cronologico [non rigoroso] " e tratta soprattutto della purezza della sua vita, delle virtu esemplari e dei suoi salutari insegnamenti. Vi sono inseriti anche pochi mi­ racoli, tra i tanti che nostro Signore si degnò di compiere per mezzo di lui men­ tr'era in vita. La seconda narra gli awenimenti dal penultimo anno della sua vita fino alla sua santa morte. La terza infine raccoglie molti miracoli, e piu ne tace, operati su questa terra dal gloriosissimo Santo da quando egli regna a lato di Cri­ sto in cielo. Descrive pure il culto di venerazione, di onore e di lode che papa Gre­ gorio, felicemente regnante, e tutti i cardinali di santa romana Chiesa vollero tri­ butargli, allorché lo iscrissero nel catalogo dei santi ".

A conti fatti, si tratta di ottantasette paragrafi divisi in trenta capi­ toli per la prima parte, trenta paragrafi divisi in dieci capitoli per la se­ conda e trentadue paragrafi per la terza, di cui otto per la sola cano­ mzzazrone. Tommaso senti il bisogno di premettere alla se�onda parte un se­ condo e lunghissimo prologo in cui, dopo avere riassunto il lavoro compiuto e affermato di volere « riferire brevemente » degli ultimi due anni della vita di Francesco fino alla tumulazione del sacro corpo dispensatore di miracoli, « lasciando ad altri la via aperta per una piu ampia esposizione » ", si lancia in un articolato giudizio sul modello di santità che Francesco rappresenta. L' excusatio non mi pare possa es­ sere attribuita al poco tempo a disposizione, alla fretta del biografo di concludere avvicinandosi la data imposta per la consegna dell'opera, quanto invece alla difficoltà dei temi da trattare. La seconda parte è dedicata allo spinosissimo problema delle stimmate e ad appoggiare la proposta di vita che Francesco aveva te­ nacemente perseguito. È una difesa del santo e dei frati rimasti fedeli, di fronte allo snaturamento del progetto originario pensato per una /raternitas di pochi compagni - laici per la gran parte, come lo stesso Francesco - già avviato al fallimento di fronte ai problemi di gestione di migliaia di uomini, di un Ordine, ché tale era divenuto per un con-

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Capitolo primo

senso imprevisto e travolgente. Anche le gerarchie ecclesiastiche, di una Chiesa separata dal gregge dei fedeli sui quali vantava diritti di esclusive prerogative pastorali, premevano per una fatale clericalizza­ zione ", che riassorbisse la novità in una struttura omogenea alla loro, verso un ritorno al passato, alle sperimentate forme di vita religiosa consolidate da una lunga tradizione. Francesco prossimo alla morte « bramava ardentemente ritornare alle umili origini del suo itinerario di vita evangelica, e, allietato di nuova speranza per l'immensità del suo amore, progettava di ricon­ durre quel suo corpo stremato di forze alla primitiva obbedienza » ". Lo stesso impegno proponeva ai compagni: « " Cominciamo, fratelli, a servire il Signore Iddio, perché finora abbiamo fatto poco o nulla ! " Non lo sfiorava neppure il pensiero di avere conquistato il traguardo e, perseverando instancabile nel proposito di un santo rinnovamento, sperava sempre di poter incominciare sul serio. Voleva di nuovo ri­ tornare al servizio dei lebbrosi ed esser disprezzato, come un tempo lo disprezzavano » « Vedeva molti avidi di onori e cariche, e dete­ standone la folle corsa, cercava di ritrarli da questa peste con il suo esempio. [ . . ] Provava una grande amarezza nel vedere che alcuni, abbandonato quello che avevano cominciato, dimenticavano la sem­ plicità antica per seguire nuove stranezze; [ . . ] per questo implorava ardentemente la divina clemenza che liberasse i suoi figlioli e li con­ servasse fedeli alla loro vocazione » ". A questo ritratto di un France­ sco avvilito e sconfitto fanno eco due sconsolate preghiere di Tom­ maso: « O banditore illustre e nostro custode, non deporre con la tua carne mortale come la nostra, la cura dei tuoi figli ! Tu sai bene, lo sai, in quali pericoli li hai lasciati, tu che nelle innumerevoli fatiche e nelle frequenti prove con la tua benevola presenza in ogni momento eri il solo a confortarli e animarli » 22 • « Ricordati, o misericordioso, dei tuoi poveri figli, ai quali non resta quasi piu alcun conforto, ora che sei scomparso tu, che eri il loro unico e speciale sostegno: [ . ] essi sono ancora nel fango, chiusi in un carcere oscuro » ". Iniziando a narrare gli ultimi due anni della vita con la consapevo­ lezza di una crisi tanto vasta dell'Ordine, cresciuto a dismisura ma di­ viso fra fedeltà alle origini e adattamento alle trasformazioni in atto, Tommaso indica una possibile soluzione nella proposta di seguire Francesco secondo tre diversi modelli di santità, corrispondenti ad altrettanti gradi di fruizione a seconda dei destinatari: « Ogni perso­ na, di qualsiasi condizione, sesso ed età, può trovare in lui limpidi in­ segnamenti di sana dottrina e splendidi esempi di opere virtuose. Chi vuole, dunque, metter mano a cose grandi e conquistare le grazie p ili 20 •

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elevate di un cammino migliore, guardi nello specchio della sua vita e imparerà ogni perfezione. Chi invece preferisse un percorso meno ar­ duo e piu modesto, temendo di non farcela a scalare la cima del mon­ te, guardi ancora a lui: vi troverà gli insegnamenti adatti anche a que­ sta via. Chi infine va alla ricerca di rivelazioni e miracoli, interroghi la santità di Francesco e troverà quel che cerca » ". Comincia cosi, con un'operazione lucida e consapevole, la manipolazione dell'esperien­ za di Francesco ": le biografie ufficiali successive e soprattutto quella finale di Bonaventura, mostreranno al destinatario, interno o esterno (l'Ordine o i fedeli) il santo fondatore, di volta in volta aggiornato alla realtà storica del momento: Francesco, rispetto al presente, diviene il coerente profeta; rispetto al futuro, il rassicurante ideale. Nella terza parte della Vita prima Tommaso, dopo un breve prolo­ go che sembra la riscrittura di appunti presi durante la cerimonia del­ la canonizzazione (non senza una certa fierezza lo sguardo si spinge fino alla Francia lontana dove « il re e la regina e tutti gli altri dignitari accorrono a baciare con riverenza il guanciale usato da Francesco nella sua malattia » '•), comincia a narrare: « brevemente ma secondo verità i miracoli, che, come abbiamo sopra ricordato, furono letti per intero e annunziati al popolo, come Dio volle, presente il nostro papa Gregorio, nell'intento di eccitare la devozione sollecita dei contem­ poranei e corroborare la fede dei posteri » ". Il biografo si rivolge ora non piu ai suoi frati ma ai fedeli ; il piglio vivace, sicuro, assertivo, deriva dal proposito di promuovere e diffon­ dere il culto del santo recente, anche se l'epilogo contiene una reitera­ ta dichiarazione di incompletezza : « Abbiamo scritto poco dei mira­ coli del beato padre nostro Francesco, e ne abbiamo omesso la mag­ gior parte. Lasciamo' ad altri che vorranno andare in cerca delle tracce di Francesco di procacciarsi la grazia di nuove benedizioni » ". Se si osserva la dislocazione dei miracoli all'interno della Vita pri­ ma si nota che Tommaso non solo ha cercato di raggrupparli, come se non facessero parte della trama cronologica, ma prima di ogni se­ quenza ha sentito il bisogno di mettere sull' awiso il lettore che la san­ tità di Francesco va cercata altrove, nel suo modello di vita, non nei prodigi o nelle guarigioni insperate "'. Lo dichiarano il papa e i cardi­ nali che decidono la canonizzazione: « La vita santissima di questo santissimo uomo, essi affermano, non ha bisogno della verifica dei miracoli; noi stessi l'abbiamo vista con i nostri occhi, toccata con le nostre mani e vagliata tenendo la verità per maestra » '". Fanno ecce­ zione i due miracoli al di fuori di ogni canone agiografico, la predica agli uccelli e le stimmate - l'attributo che basta a identificare France-

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sco - talmente peculiari e connaturati alla sua spiritualità, da diventa­ re tappe del racconto biografico ". Nelle immagini spesso i due episo­ di sono riuniti: racchiusi in un'unica cornice sono ad esempio nella finissima miniatura di un antifonario della fine del XIII-inizio del XIV secolo conservato a Roma". A Tommaso interessano assai poco i miracoli, la meraviglia susci­ tata dal prodigio : lo dichiarerà e lo mostrerà esplicitamente nella se­ conda biografia; quello che gli sta a cuore, in questa prima opera, scritta dall'interno della proposta francescana, da minore che si rivol­ ge ai confratelli ", è raccontare la vita di un uomo : nel Prologo sottoli­ nea di volere narrare « gli atti e la vita ». L'esaltazione dei meriti straordinari della figura carismatica del fondatore non spegne l' esem­ plarità della crescita spirituale di un peccatore - giovinezza gaudente di Francesco, pessima educazione ricevuta da genitori sciagurati " ­ che mostra come la grazia di Dio non abbandoni neppure chi la re­ spinge, e anzi possa farne un santo. Dalla biografia di Tommaso dipendono, a grappolo, altre Legen­ dae, nel senso di libri di lettura, rifacimenti piu brevi, ognuna con un suo timbro speciale, ma senza grandi elementi di novità, che avrò tut­ tavia occasione di citare per qualche dettaglio inedito o scarto signifi­ cativo : la Vita s. Francisci del minore Giuliano da Spira composta fra il 1232-39 ", la Legenda sancti Francisci versi/icata del chierico e poeta Enrico d'Avranches (intorno al 1237) "', e la Legenda ad usum chori at­ tribuita allo stesso Tommaso, ridottissima, perché potesse far parte del breviario di ogni frate, datata di solito al 1230 ": io la ritengo ben piu tarda, posteriore al Trattato dei miracoli di cui è autore sempre Tommaso da Celano, proprio per il modo in cui è raccontato l'episo­ dio delle stimmate " e perché riporta una serie di miracoli che com­ paiono in forma piu distesa solo nel Trattato medesimo. Perduta nella sua forma integrale è la Legenda di Giovanni da Celano ", Quasi stella matutina, composta dopo la traslazione del santo (1230) e prima della seconda biografia di Tommaso. Dalla Quasi stella matutina sono sta­ te estratte però le Novem lectiones liturgicae inserite nel 1254 nel bre­ viario dei domenicani per commemorare la festa di Francesco, il 4 ottobre "'. Il tentativo di mediazione del primo biografo, fra tanti opposti condizionamenti, non riusci appieno; né resse l'urto delle vicende che segnarono nei decenni successivi la burrascosa storia dell'Ordi­ ne. Dopo l'accantonamento del Testamento di Francesco nel 1230 la crisi si acui con la deposizione di Elia da Cortona (1239). Quest'ulti­ mo era stato ministro provinciale in Siria, poi alla guida dell'Ordine

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- come vicario del santo dopo le sue volontarie dimissioni - dal 122 1 al 122 7. Elia, in posizione di primo piano dopo la morte di Francesco, fu il primo divulgatore del miracolo « inaudito » delle stimmate e il pro­ motore della costruzione della Basilica di Assisi. Ministro generale dal u 32 al 12 39, pur con indubbi meriti di capacità organizzative, ave­ va suscitato violente proteste per la durezza e i modi del suo governo e, avendo fallito nell'opera di pacificazione fra Gregorio IX e Federi­ co II, fini con l'incorrere nella scomunica papale, mai revocata ". Tommaso da Celano lo loda a piu riprese nella Vita prima e lo cita in tanti episodi come vigile compagno, specie negli ultimi anni di Fran­ cesco. Le ragioni però che determinarono una seconda biografia ufficia­ le non furono dovute unicamente a una figura imbarazzante da can­ cellare, al ruolo di Elia, divenuto una presenza intollerabile nella sto­ ria ufficiale del fondatore dei minori. L'Ordine, dopo vent'anni di espansione e di consenso, avvertiva l'esigenza di un'opera che sottoli­ neasse maggiormente il ruolo di aiuto e sostegno alla Chiesa svolto dai francescani e rafforzasse la venerazione per il fondatore, di cui si era nel frattempo affermato e propagato il culto. D'altra parte, molti dei seguaci di Francesco erano profondamente scontenti, gli uni, per­ ché troppi episodi, ritenuti importanti, erano rimasti attestati solo oralmente, gli altri, perché molti miracoli avvenuti dopo la canonizza­ zione non avevano ricevuto alcuna attestazione scritta ". Durante il Capitolo generale di Genova del 12 44, il ministro generale Crescenzio da Jesi (12 44-47) chiese che tutti i frati gli facessero pervenire « quid­ quid de vita, signis et prodigiis beati Francisci scire veraciter pos­ sent » ''. I compagni piu vicini a Francesco, Leone, Angelo e Rufino, redassero « per modum legendae » i loro ricordi e quelli, particolar­ mente attendibili perché di frati legati al santo da grande consuetudi­ ne, di Filippo visitatore delle Povere Dame, Illuminato dell'Arce, Masseo da Marignano e Giovanni « compagno del santo frate Egi­ dio » e trasmisero il tutto a Crescenzio. Che questa opera corrisponda a quella nota come Legenda trium sociorum e se le appartenga fin dal­ l'origine l'impegnata prefazione che come Epistola da Greccio si tro­ va unita, è una questione che ha fatto molto discutere, e vi ritornerò fra breve ". Alla richiesta di Crescenzio risposero anche numerosi al­ tri frati che si preoccuparono di raccogliere e far redigere per iscritto i tanti miracoli avvenuti « in diversis orbis partibus )) " . n medesim� ministro affidò ufficialmente ancora una volta a Tommaso da Celano, l forte dell'aura di scrittore pontificio, l'incarico di coordinare le noti-

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zie e scrivere una seconda biografia: Tommaso la portò a termine in circa tre anni ... Il ruolo provvidenziale del santo appare fin dall'inizio con il nuo­ vo episodio del crocifisso di San Damiano che si anima e ordina di ri­ parare la Chiesa in rovina - comando inteso dal neoconvertito Fran­ cesco in senso letterale e non translato. Tale prestigioso evento viene poi completato e confermato dall'autorevole sogno di Innocenza III, anche questo un racconto assente nella Vita prima : incerto se confer­ mare la Regola sottomessagli, il pontefice vede il Laterano prossimo a crollare, ma sostenuto dal puntello del piccolo uomo che ha da poco conosciuto". Secondo questa mutata prospettiva Francesco ha da sempre una missione da svolgere e perciò, da sempre è santo "': fin dalla giovinezza, allevato da genitori esemplari. La madre in partico­ lare, « specchio di rettitudine », diventa una seconda Elisabetta per le virtu e per lo spirito profetico nel presagire il destino del figlio, che aveva non a caso chiamato Giovanni in un primo tempo, nel segno di Giovanni Battista; fu mutato in Francesco « dalla Divina Provviden­ za, affinché per l'originalità e novità del nome piu facilmente si dif­ fondesse in tutto il mondo la fama della sua missione » ". Può stupire, paragonando le due biografie, leggere versioni in pa­ lese contraddizione reciproca a opera di un medesimo autore, garan­ te, per incarico ufficiale, di ricercare e rispettare in entrambi i casi fonti verificate e testimonianze attendibili. Dobbiamo subito ammet­ tere che il nostro concetto di verità storica è molto diverso da quello medioevale; credo che non dobbiamo però accusare Tommaso di in­ congruenza, anche se, tenendo presente questo quadro, si fa per noi piu complicato dialogare con il passato. Prendiamo ad esempio la descrizione dei 'trattifisici di Francesco, ben noto al biografo, destinata a essere letta dai frati che pure aveva­ no chiaro nella memoria il volto del loro compagno. Ci aspetteremmo un ritratto dal vero, ma non è cosi, perché Tommaso, invece di ab­ bandonarsi ai ricordi, copia con generosità, sovrapponendo alla fisio­ nomia di Francesco quella, tramandata letterariamente, di Bernardo da Chiaravalle ". Lo stesso si può ripetere per le immagini, nessuna delle quali ci ha fornito un ritratto realistico, pur essendovene la possibilità: la piu antica tavola conservata, quella di Bonaventura Berlin­ ghieri, è del 1235 e mostra un uomo altissimo - Francesco era molto piccolo " - fornito dei tratti tipici dell'asceta, una figura che appare immutata nelle tavole successive. Limitatamente a questo esempio, per i contemporanei di France­ sco non era affatto necessario trovare, sia nel testo che nelle immagi-

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ni, un ritratto « somigliante », che appagasse lo sguardo e la memoria, tramandando umili particolari - la forma di un orecchio, di quell'o­ recchio, magari brutto - indispensabili per riconoscerlo quando vive­ va. Ben piu importante era trattenere - sia pure riunendo a mosaico tessere attinte dal repertorio della convenzione idealizzante o di un già affermato modello di santità - il vero significato del messaggio e del carisma di Francesco, guida per la meditazione e l'arricchimento interiore. Enrico d'Avranches, dopo avere ricopiato, con abbellimen­ ti ovidiani, il ritratto fisico e spirituale fornito da Tommaso da Celano nella Vita prima, saggiunge rivolto al suo lettore: « Forse potresti giu­ dicare del tutto inutile e vano dipingere l'immagine e i costumi di quest'uomo; invece è importante fornire entrambi e ne vedrai il van­ taggio: la descrizione racchiusa in pochi versi permette che io faccia tornare alla mia memoria o possa immaginare i tratti di Francesco in modo che mi rimanga in mente il pensiero di un ritratto verosimile anche se non vero » ". Ritorno alla Lettera di Leone, Rufina e Angelo, indirizzata da Greccio a Crescenzio l'n agosto del 1246, in risposta alle richieste del Capitolo di Genova e trasmessa in tutti i codici, della fine del secolo XIII o inizio del XIV, come premessa alla Legenda trium sociorum. I principì che la ispirano non sono tutti riflessi nell'opera cui la tradi­ zione manoscritta la unisce; per questo, alcuni critici considerarono l'Epistola come preambolo di un'opera completamente perduta o di altre, conservate, cui l'hanno unita di forza; Théophile Desbonnets, ultimo editore di un'autorevole edizione critica della Legenda, acco­ glie l'Epistola senza esitazioni, ritenendola tuttavia prefazione a un'o­ pera p ili vasta di quella pervenuta " . I Tre compagni, sapendo di esse­ re tenuti a comunicare « i miracoli e i prodigi » di Francesco, dopo avere sottolineato la loro familiarità col santo attraverso la pericope « nos qui cum eo fuimus » ", sigillo di verità testimoniale, dichiarano di « avere ritenuto opportuno di presentare [ . . . ] alcune delle molte gesta di lui, delle quali siamo stati spettatori o di cui abbiamo saputo da altri santi frati » " : segue l'elenco nominativo che già conosciamo. Polemicamente precisano : « non ci accontentiamo però di narrare so­ lo miracoli, i quali palesano ma non fanno la santità; nostro intento è anche di mostrare alcuni aspetti salienti della santa vita di Francesco e le intenzioni della sua pia volontà, allo scopo di lodare e glorificare il sommo Dio e il santo padre Francesco, e di edificare quanti vogliono seguirne le orme » '•. Non avrebbero redatto una Vita vera e propria, dato che erano in circolazione opere che contenevano già biografia e

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miracoli, scritte - aggiungevano con modestia irridente - in modo ve­ ritiero ed elegante; ma, senza ripetere cose già note, avrebbero com­ posto un florilegio, non disposto in ordine cronologico: era a discre­ zione di Crescenzio fare inserire i nuovi ricordi nelle Legendae del passato. Si dichiaravano inoltre persuasi - insinuavano ancora con ironia - « che se a quei valentuomini autori delle Legendae fossero sta­ ti noti i presenti ricordi, non li avrebbero passati sotto silenzio; anzi, li avrebbero almeno in parte abbelliti con il loro stile, tramandandoli cosi alla memoria dei posteri » ". L'Epistola si opponeva con decisio­ ne alla linea di una parte dell'Ordine che attraverso notizie di nuovi miracoli intendeva accrescere il culto e la venerazione del santo come efficace procuratore di guarigioni e prodigi inaspettati ": destinatari, da un lato, devoti e pellegrini, il cui numero si sperava di vedere via via aumentare, convinti dalla forza taumaturgica di Francesco; dal­ l' altro i frati cui si proponeva, venendo a far parte dell'Ordine, di go­ dere il riverbero della luce gloriosa e della perfezione inaccessibile del fondatore. Senza condizionanti modelli agiografici o letterari la Legenda trium sociorum narra la graduale conversione di Francesco : la subli­ mazione - del tutto convincente da un punto di vista di coerenza e ve­ rità psicologica - nel bruciante desiderio di ripercorrere il cammino di Cristo di quello smisurato amore di sé e smania di fama che sono presentati come il tratto dominante della personalità di Francesco, prima del decisivo incontro con il lebbroso (assente nella Vita prima di Tommaso) ". Quell'incontro segna un capovolgimento di tutti i va­ lori, nella scoperta che la proposta evangelica si attua solo rivivendo l'amore senza limiti di Cristo per gli uomini. La Legenda trium socio­ rum è un racconto invitante e per niente convenzionale, che assomi­ glia piuttosto come genere letterario a un romanzo: accoglie episodi contrari a una trama di edificazione, anche gli scatti d'ira, le meschi­ nità, la megalomania del futuro santo, nel proposito di mostrare un Francesco storico e insieme irriducibile a uno schema sperimentato di santità. La premessa della Legenda costituita dall'Epistola di Greccio met­ te in luce i principi del nuovo contributo, biografia di una santità imi­ tabile e proposta da meditare perché già condivisa dai primi compa­ gni, linea di condotta per i frati presenti e polo di attrazione per i futu­ ri; per questo la Rubrica, una specie di sottotitolo in apertura della Le­ genda stessa "', segnala che sarà dedicato ampio spazio alle vicende che precedono la conversione e la prima storia della fraternità: « Queste sono alcune memorie, scritte da tre compagni del beato Francesco,

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sulla vita e condotta di lui mentre era nel mondo, sulla meravigliosa e perfetta sua conversione, sulla perfezione dell'origine e del fonda­ mento dell'Ordine nella di lui persona e in quella dei primi frati » ". Il testo della Rubrica conferma le conclusioni alle quali è arrivato l'editore, e cioè che la Legenda debba ritenersi compiuta con il capi­ tolo sedicesimo; i due ultimi, il diciassettesimo e il diciottesimo (rela­ tivi agli ultimi due anni di vita di Francesco fino alla morte e alla tra­ slazione del suo corpo nella nuova Basilica appena costruita), dipen­ dono dalla Legenda maior di Bonaventura .,, posteriori al resto dell'o­ pera, che il Desbonnets fissa al 1246, rispettando la data della Epistola di Greccio ... Voglio notare che la linea programmatica di quest'ulti­ ma risuona nel capitolo ventiseiesimo della Vita prima come giustifi­ cazione dello scarso spazio accordato ai miracoli, in linea con le diret­ tive papali. Subito dopo avere ricordato un esorcismo operato da Francesco, ma il merito è ricondotto a Dio, Tommaso spiega : « Sicco­ me ci siamo proposti di narrare non tanto i miracoli, i quali palesano ma non fanno la santità, bensi piuttosto l'eccellenza della sua vita e la purissima condotta del suo stile di vita, riprendiamo il racconto delle opere che gli meritarono la salvezza eterna, tralasciando proprio i mi­ racoli, a causa della loro incredibile quantità » "'. Quando Tommaso redigeva la Vita prima, brani confluiti nella Le­ genda trium sociorum potevano circolare come scritti indipenden­ ti: penso ad esempio ai rotuli di frate Leone che Ubertino da Casale (c. 1259-1325) ricorda come trascurati volontariamente da Bonaven­ tura, e poi già al suo tempo smembrati, alcuni perduti •• ; riaffioreran­ no tuttavia a tratti in quelle raccolte non ufficiali, composte a partire dalla fine del Duecento sino al primo Trecento, che si prefiggono di tramandare testimonianze scritte od orali di Francesco e dei suoi piu stretti compagni: mi riferisco in particolare allo Speculum per/ec­ tionis, un testo della fine del Duecento o degli inizi del Trecento che racchiude testimonianze dei compagni di Francesco assai antiche .., agli Scripta Leonis ., , agli Actus Beati Francisci et Socio rum eius (scritti fra il 1327 e il 1340) " e alla loro famosissima volgarizzazione nell'ulti­ mo quarto del Trecento: I Fioretti ". La data « finale » della redazione di queste diverse opere, in cui furono inseriti frammenti e parti cole di fonti anteriori, non aiuta affatto - lo si può ben capire - a precisare la scansione degli avvenimenti né la loro attendibilità, rendendo ulte­ riormente ramificata, per non dire impenetrabile, la foresta della « questione francescana », i cui alberi attendono ancora una rigorosa e paziente indagine filologica di recensione e collazione. Non voglio

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finire come Absalonne e mi fermo qui, paga d'aver segnalato la diffi­ coltà. Al Capitolo e a Crescenzio che avevano chiesto « signa et prodi­ gia » " Tommaso, rimessosi all'opera, risponde disattendendo ancora una volta le aspettative. Nel Prologo della Vita secunda dichiara infatti di volere esaudire i committenti, attribuendo loro il desiderio - che è invece di lui e degli amici di Francesco - che venissero « scritti i fatti e persino le parole del glorioso nostro padre Francesco, a conforto dei presenti e a memoria dei posteri. Noi l'abbiamo potuto conoscere meglio degli altri per lunga esperienza, frutto di assidua comunione di vita e di scambievole familiarità » ". Questa corale affermazione (« noi ») indica che la Vita secunda non ha piu come estensore il solo Tommaso ma è il frutto della collaborazione del gruppo vincente dei seguaci piu stretti di Francesco - fra quanti presumibilmente avranno voluto vedere accolto il proprio contributo e punto di vista - legati al ricordo e allo spirito dei primi tempi della comunità, sicuri che questa fosse la tendenza da privilegiare: lo si rileva dalla rivendicazione da parte di chi l'aveva conosciuto bene di un'autorevolezza e affidabilità superiori a quella degli altri frati. Il gruppo prevede le resistenze che incontrerà la « sua » verità: affettando incapacità di resa e scrittura, e !abilità di memoria, Tommaso dice di temere che « una materia di tanta importanza, trattata non come avrebbe dovuto esserlo, ci pro­ curi il risultato di dispiacere agli altri. [ . . . ] Il nostro tentativo potreb­ be essere imputato piu a presunzione che a obbedienza » "; se fosse solo Crescenzio a dover giudicare l'opera e decidere quali parti sop­ primere, gli estensori sarebbero ben contenti di accogliere le corre­ zioni. D'altronde « chi in tanta varietà di parole e di fatti potrebbe soppesare ogni cosa con una bilancia di precisione, in modo che risul­ tino tutti concordi sui singoli punti quanti abbiamo ascoltato ? » ". Poiché invece desiderano il bene di tutti, che i lettori compatiscano « la semplicità di chi riferisce i fatti »; l'autorità di chi ha ordinato ri­ petutamente di procedere alla stesura «valga a scusare presso tutti » i difetti dovuti all'incapacità. Il secondo paragrafo del Prologo traccia il piano dell'opera: la pri­ ma parte contiene alcuni episodi relativi alla conversione di Francesco « che non sono stati inseriti nelle Vite già composte, perché non erano state portate a conoscenza del loro autore. Vogliamo inoltre » - e qui riprende il sopravvento, con il passaggio dall'« autore » al « noi », il gruppo dei « nos qui cum eo fuimus » col programma che sta loro veramente a cuore - « esporre e mettere in luce, con attenzione e precisione, ciò che il santissimo padre Francesco davvero intese e volle

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di buono per sé e per i suoi, il suo ideale generoso, amabile, perfetto in

ogni esercizio della celeste disciplina e nella ricerca della somma perfe­ zione: ciò che fu sempre oggetto del suo santo amore presso Dio e dei suoi esempi davanti agli uomini. Come se ne offriva l'occasione, abbia­ mo inserito qua e là alcuni miracoli » " . E con questa sbrigativa conces­ sione è accolta la richiesta di Crescenzio e del Capitolo. Una preghiera finale, rivolta all'indulgenza del ministro generale perché benedica e corregga « questi doni, piccoli ma non indifferenti, del nostro lavoro, frutto di non poche e laboriose ricerche », conclude il Prologo. Anche la Vita secunda si compone di due parti estremamente dise­ guali fra loro : i primi diciassette capitoli mantengono l'ordinamento cronologico proprio della biografia precedente, dalla conversione di Francesco alla richiesta del cardinale Ugolino come protettore del­ l'Ordine; i restanti centosessantasette sono invece raggruppati secon­ do temi, ognuno dei quali illustra un aspetto caratteristico della pro­ posta evangelica del fondatore, « per esaltare il Santo e risvegliare il nostro amore intorpidito » ". La nuova opera non fu concepita come una riscrittura completa - per esempio manca il capitale episodio del­ le stimmate, richiamato soltanto in qualche cenno fuggevole - ma co­ me un completamento della precedente, attuato però con una diversa consapevolezza. Non troviamo alcun resoconto delle polemiche e delle tensioni esistenti mentre ancora viveva Francesco, ma non a ca­ so l'ordine cronologico si interrompe con il racconto del sogno della gallina piccola e nera " che non riesce piu a proteggere i pulcini sotto le sue ali, l'unico sogno che il santo racconti e insieme interpreti, tra­ sparente ammissione di un sostanziale fallimento. La gallina, commentò, sono io, piccolo di statura e di colore scuro, gallina cui debbo unire coll'innocenza della vita una semplicità di colomba: questa virtu quanto è piu rara nel mondo, tanto piu speditamente vola fino al cielo. I pulcini sono i frati, cresciuti in numero e in grazia, che la forza del povero Francesco non riesce a proteggere « dal turbamento degli uomini e dagli attacchi delle lingue ma· ligne » [Ps 3 0, 21]. Andrò dunque, e li raccomanderò alla santa Chiesa romana: in tal modo i malevoli saranno colpiti dalla verga della sua potenza e i figli di Dio go­ dranno ovunque di piena libertà, a maggior beneficio della salvezza eterna. [ ... ] La sua protezione difenderà l'Ordine dagli attacchi dei maligni, e il figlio di Belial non calpesterà impunemente le vigne del Signore. Persino quella Chiesa, che è santa, emulerà la gloria della nostra povertà e non permetterà che le nubi della su­ perbia possano offuscare i pregi dell'umiltà. Conserverà illesi tra di noi i vincoli di carità e pace, colpendo con severissimo rigore chi sarà causa di discordia. Alla sua presenza fiorirà sempre la santa osservanza della purezza evangelica e non con­ sentirà che svanisca neppure per poco il buon odore della vera vita 77 •

Tommaso dimentica che Francesco stava parlando in prima persona e interviene sovrapponendo la propria voce a quella del santo:

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spia è la distanza che Francesco prende da se stesso, citandosi in ter­ za persona. La fiducia che sposta nella futura e autorevole protezione della Chiesa il raggiungimento di quel disegno proprio da questa ostacolato, è solo un artificio retorico da parte di Tommaso per rinu­ merare le virtu della proposta francescana e la giustezza di quel pro­ getto, cui bisognava rimanere fedeli. Sullo stesso piano sono le fo­ sche previsioni che come profezie Francesco pronuncia lungo tutta l'opera: il futuro annunciato non è altro che il tempo vissuto da Tom­ maso e dai suoi compagni. La velata rassegna delle difficoltà interne ed esterne in cui i francescani si dibattevano doveva suonare come invito a riflettere a quali pericoli trascinassero le divisioni in seno al­ l'Ordine, che le trasformazioni in atto minacciavano di snaturare del tutto. Intorno al 1220 Francesco aveva rinunciato all'effettivo governo con la nomina del vicario Pietro Cattani ": diventava impossibile, in una biografia ufficiale del fondatore continuare la cronaca puntuale di una disfatta. Meglio invece organizzare il lavoro secondo raggrup­ pamenti tematici in modo che fosse messa in luce la vita esemplare e i meriti di Francesco, perché i frati rimasti orfani del loro padre spiri­ tuale, nell'attuale tribolazione e sbandamento, non solo sapessero e conoscessero nei dettagli le autentiche volontà di Francesco, ma an­ che si convincessero che solo tenendo fisso lo sguardo a quello spec­ chio, rimanendo fedeli agli ideali delle origini, la loro scelta di vita avrebbe mantenuto la forza fruttificante del vangelo, assicurando lo­ ro la salvezza e permettendo che si proponessero come valido aiuto alla cristianità, ai mali che l'affliggevano. La Vita secunda è scritta con la consapevolezza acquisita di un consolidato ricambio rispetto alla provenienza sociale e culturale dei primi compagni di Francesco - allora nella maggior parte laici illette­ rati e poveri - che aveva portato al graduale abbandono delle novità di Francesco: la possibilità che dei semplici laici, con la sola chierica, potessero predicare, totalmente incolti (« non ci capivano un'acca » « nec unam solam litteram noverant ») ", il lavoro manuale inteso co­ me mezzo primo di sostentamento, il ricorso all'elemosina solo in casi eccezionali di manifestata necessità, la vita itinerante priva di sicurez­ ze umane - dalla dimora ai mezzi di sostentamento - il divieto peren­ torio di richiedere alcun privilegio alla Chiesa che togliesse il frate mi­ nore da quella condizione esistenziale di precarietà e debolezza socia­ le che sola poteva veramente collocarlo fra i poveri e gli indigenti "'. Nelle intenzioni di Francesco il movimento era aperto « senza al­ cuna distinzione ai poveri e agli illetterati e non solo ai ricchi e ai col-

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ti » ., nota Tommaso nella Vita secunda, con una significativa inversio­ ne degli equilibri della fraternità rispetto al disegno delle origini. La scorata descrizione del presente, le frequenti preghiere al santo che dal cielo intervenga a proteggere e a guidare il gregge scomposto e at­ taccato sono tratti che, sfuggendo all'autocontrollo del biografo, ap­ pannano il luminoso ritratto del fondatore e dei suoi primi seguaci. Mentre aveva aperto il suo primo lavoro con il neutro enunciato: « In­ comincia la vita del nostro beatissimo padre Francesco » .,, Tommaso premette ora alla seconda composizione un vero titolo, inquieto e po­ lemico per il contenuto promesso, mentre il tono turbato fa affiorare il dolore di esistenze senza pace: « Incomincia il " memoriale nel rim­ pianto dell'anima" [Is 26, 8] delle azioni e delle parole del nostro san­ tissimo padre Francesco » •': nessun accenno ai miracoli, obiettivo principale nella richiesta dei committenti e neanche alla vita, soggetto della precedente biografia, ma solo un lungo sospiro per l'anima, per quello che Francesco aveva rappresentato: quasi che lo sguardo dopo la scomparsa della guida carismatica vedesse un orizzonte di vaste ro- · vine, sicuro segno dello sconvolgimento che il passaggio del santo aveva prodotto, ma senza che ci fossero piani per ricostruire il passa­ to. La « preghiera dei compagni del santo », e non del solo Tommaso, che chiude la biografia, ribadiva lo scoramento e insieme la ferma convinzione che l'attenersi alle vere direttive del fondatore fosse l'u­ nica soluzione perché l'Ordine francescano avesse un futuro: « Atti­ raci dunque a te, o Padre santo, perché corriamo nella fragranza dei tuoi profumi: tu vedi quanto siamo tiepidi e accidiosi, languidi e pi­ gri, quasi morti per la nostra negligenza! Il piccolo gregge ti segue già con passo incerto, e gli occhi deboli, abbagliati, non sopportano i rag­ gi della tua perfezione. Rinnova i nostri giorni come dall'inizio, spec­ chio e modello dei perfetti (" perfectorum speculum et exemplar"), e non permettere che siano dissimili nella vita quelli che ti sono confor­ mi nella professione. [ . ] Ricordati, o padre, di tutti i tuoi figli. Tu, o santissimo, sai perfettamente da quanto lontano, angustiati da gravi pericoli, seguano le tue orme. Dà loro forza per resistere, purificati perché risplendano, rendili fecondi perché portino frutto. Ottieni che sia effuso su di loro lo spirito della grazia e della preghiera, perché posseggano la vera umiltà, che tu hai avuto, osservino la povertà che tu hai seguito, meritino quella carità con cui tu hai sempre amato Cri­ sto crocifisso. Egli vive e regna col Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli, Amen » ". Umiltà povertà e carità sono le qualità che il gruppo dei « nos qui cum eo fuimus » ritien� Ql.JID_ç_hin...Q l!_J.l!olgL�i fr�..

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ti, ormai in maggioranza, dotti e fieri del loro sapere, incapaci di com­ prendere e accogliere con spirito fraterno i compagni laici e incolti. Una vasta ala dell'Ordine fu profondamente scontenta della nuo­ va biografia, non condividendo né il ritratto del fondatore né l'analisi della situazione e i rimedi suggeriti. Bisogna ammettere però che i turbamenti non nascevano soltanto dalle trasformazioni in atto, ma avevano una radice piu lontana, in una non risolta ambiguità del com­ portamento di Francesco. Di fronte allo snaturamento del suo pro­ getto preferf rimanere la coscienza scomoda dell'Ordine, un esempio immutato al quale guardare; non volle impartire direttive nette, cor­ rezioni efficaci, che lo avrebbero fatto rientrare nei meccanismi del potere e delle sue regole da cui egli si era distaccato con un rifiuto pri­ vo di compromessi. D'altra parte, esisteva il concreto pericolo che la Chiesa, incapace di assorbire propositi di rinnovamento, se fossero suonati condanna aperta alle sue scelte, avrebbe potuto sospingere e chiudere il progetto di Francesco in rivendicazioni eretiche. Il santo, con la decisione di abbandonare la guida concreta dell'Ordine per ri­ manere solo capo spirituale e carismatico, offrendo con l'esempio un modo diverso di vita e di condotta che per il suo semplice esistere avesse un contenuto innovatore e dirompente, operò una scelta elita­ ria e individualistica, ardua da trasformare in proposta seriale di com­ portamento. Francesco, per superare la disperazione degli ultimi anni, si rimise da un lato al disegno provvidenziale, agli orizzonti infiniti che il suo piccolo sguardo umano non poteva racchiudere, dall'altro privilegiò il colloquio diretto con Dio, divenuto interlocutore si può dire esclu­ sivo. La vita che allora conduce è di tipo eremitico, con un ritorno ai tempi della conversione; le malattie e la prostrazione fisica concorro­ no ad attenuare l'impegno di apostolato, di predicazione, di vita fra­ terna con i compagni, verso i quali mostra talvolta insofferenza e sfi­ ducia ". In vista della morte concentra le poche energie rimaste sul problema della salvezza finale sua e dei suoi frati, che acquista priori­ tà rispetto alle strategie in rapporto con il mondo esterno, sempre piu sfocato. Alla metà del secolo tredicesimo si affacciavano ormai generazioni di frati che non avevano conosciuto il fondatore, divenuto nel frat­ tempo famoso; occorreva fornire loro la glorificazione coerente della personalità di Francesco e del grande movimento da lui iniziato, e in­ sieme bilanciare le tentazioni giQaS�_mite .. che avevano preso a ser­ peggiare in seno all'Ordine, fronteggiare i problemi di espansione e

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proselitismo, ma anche le aspre accuse del clero secolare, preoccupa- . to di una concorrenza ormai temibile, tanto che Innocenza IV inter­ venne duramente a limitare i privilegi degli Ordini mendicanti, e dei minori in particolare, con la Etsi animarum del 21 novembre del 1254 ". Si comprendono allora le fortissime pressioni di cui si fa latore il nuovo ministro generale Giovanni da Parma (1247-57) per ottenere la continuazione dell'opera, ritenuta incompleta. « Questo generale or­ dinò con piu d'una lettera ("multiplicatis litteris" ) a frate Tommaso da Celano che completasse la vita del beato Francesco, detta Leggen­ da antica, dato che in quel primo trattato, scritto per incarico del mi­ nistro generale Crescenzio, aveva parlato soltanto delle sue parole e del suo sistema di vita, ma aveva omesso del tutto i miracoli. Allora Tommaso compilò un secondo trattato, che illustrava i miracoli del medesimo padre santo e lo mandò al ministro generale assieme alla lettera che inizia: "la nostra religiosa premura" » ... Giovanni da Parma, sostenitore degli zelanti, fautori di una inter­ pretazione rigorosa del Testamento e della Regola non aveva dato a Tommaso un incarico ufficiale, limitandosi a trasmettere le richieste di una parte dell'Ordine dalle cui posizioni era peraltro lontano, per­ mettendo di fatto all 'autore di dichiarare nella chiusa il proprio pro­ fondo scontento per essersi dovuto piegare all'immagine di France­ sco pretesa dai committenti ". li lavoro, che ebbe per titolo Tractatus de miraculis dovette essere iniziato intorno al 1250 e finito circa tre anni dopo, nel ' 53; fu appro­ vato probabilmente nel Capitolo generale di Metz del 31 maggio 1254 o al massimo un anno o due piu tardi "'. Per la terza volta fu dunque rimaneggiata la figura di Francesco; l'intervento non si limitò a risarcire le omissioni; fu un restauro deciso che offri un altro ritratto del santo e del movimento da lui suscitato. Vi si raccontano ex nova le guarigioni miracolose operate in vita e i miracoli letti durante la cerimonia della canonizzazione (dati per scontati nella seconda biografia, perché si potevano leggere nella pri­ ma opera di Tommaso) cosi come si fornisce un'ulteriore versione dell'episodio delle stimmate. Francesco non è piu l'incarnazione di una vita modellata « secund um formam sancti evangelii » in silenziosa contrapposizione alla Chiesa di Innocenza III. Il successo dell'Ordi­ ne significava anche il riuscito recupero delle « nuove forze religiose espresse dai gruppi eterodossi » guadagnate alla causa di Roma ., e a lei fermamente fedeli. Nel Tractatus non sono le stimmate ma la rapi­ da crescita dei francescani ad avere il diritto di inaugurare la lista dei

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miracoli. Nel posto privilegiato accordato al successo francescano si riflette l'autocoscienza di quella parte dell'Ordine ben consapevole di avere non solo come capostipite un santo e potente taumaturgo ma di poter vantare una panoplia di frati santi: abbiamo ritenuto bene collocare, all'inizio del racconto, quel prodigio solenne dal quale il mondo fu come awertito, scosso e terrorizzato. Costitui la nascita del­ la nuova Religione, fecondità della donna sterile, generazione di una discendenza con tante ramificazioni. [ . . . ] Di fatto, dal tempo degli apostoli non fu mai propo­ sto al mondo insegnamento cosi autorevole e ammirevole. [ . . ] Non soltanto ve­ diamo [questa vigna] in breve tempo moltiplicata nel numero dei figli, ma anche glorificata, poiché parecchi di quelli che ha generato sappiamo che conseguirono la palma del martirio, e molti di essi veneriamo nell'albo dei santi, a motivo d'una pratica perfetta della virtu. Ma, detto questo, volgiamo ormai il discorso al capo di tutti costoro, di cui ora intendiamo trattare ". .

Nelle due opere precedenti Tommaso da Celano, in armonia con le direttive papali che gli avevano permesso di eludere la precisa ri­ chiesta di Crescenzio e del Capitolo di raccontare « signa et prodi­ gia », era riuscito a imporre una nuova immagine di santità; privile­ giando soprattutto le virtu esemplari e la bontà dei costumi; in scarsa considerazione aveva tenuto invece i miracoli, per la maggior parte di natura ambigua. I portenti e i prodigi « contra naturam », cioè'in de­ roga al normale corso degli eventi, potevano essere suscitati anche da diavoli e maghi. Andavano accolti a pieno titolo - pur se molto rari quelli « supra naturam », operati da Dio direttamente ". Nella prima biografia Tommaso, cercando un compromesso con i compagni an­ corati al passato, aveva collocato nella casistica dei miracoli « contra naturam », ma subordinati all'intervento divino " sia i miracoli tera­ peutici in vita che le guarigioni avvenute post mortem davanti alla tomba di Francesco. li processo di canonizzazione conclusosi davanti al sepolcro imponeva che i miracoli operati dal sacro corpo avessero in quest'ultimo il necessario fulcro. Nella seconda biografia Tomma­ so non solo diminui drasticamente la presenza del meraviglioso ma omise i miracoli past mortem già narrati in precedenza; collocò i tera­ peutici in un rango inferiore mentre allargò l'accezione di miraculum includendo fenomeni diversi, in particolare le visioni celesti. Costretto a mettersi per la terza volta al lavoro si vide obbligato a convergere verso un'immagine piu tradizionale, ben radicata nella coscienza comune, che pensa il santo prima di tutto come il taurna­ turgo, da pregare e venerare, sollecito alleviatore della sofferenza at­ traverso miracoli terapeutici ". Tommaso comprese quanto la riscrit­ tura fosse in contrasto con le due opere precedenti di cui egli era l' au­ tore, e nella chiusa dichiarò la sofferta estorsione. Da una parte, co-

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stretto a raccontare eventi che oltrepassavano i limiti dell'umano in­ tendere - pensava alle stimmate, un miracolo ancora dibattuto - in­ vocò come prova della verità di quanto scritto il prodursi del miracolo di cui Cristo è autore, dall'altra, si trincerò dietro l'impossi­ bilità di appagare l'aspettativa di ognuno perché egli doveva destreg­ giarsi in un caleidoscopio di versioni: Poiché l'immensa pietà di nostro Signore Gesti Cristo ha confermato con l'o­ pera successiva dei miracoli come siano vere le cose scritte e divulgate sul conto del suo santo e nostro padre Francesco, e poiché sembra assurdo assoggettare a umano giudizio ciò che il miracolo di Dio approva, io, umile figlio di codesto pa­ dre, supplico e chiedo a tutti che accolgano le cose dette con devozione e le ascol­ tino con riverenza. [ . . ] Non possiamo ogni giorno coniare notizie nuove, né mu­ tare ciò che è quadrato in rotondo, e neanche applicare alle varietà cosi molteplici di tanti tempi e tendenze ciò che abbiamo ricevuto come unica verità. Non ci ha spinto affatto la vanità a scrivere, né ci siamo lasciati sommergere dall'istinto del nostro arbitrio fra tanta diversità di espressioni, ma ci costrinsero al lavoro le pressioni e le richieste dei confratelli e ancora l'autorità dei nostri superiori che ci ordinarono di portarlo a termine 96• .

L'attenzione si focalizza sui miracoli operati post mortem, il rim­ pianto è sostituito dal pegno prezioso del corpo, dalle icone miraco­ lose e perciò equivalenti alle reliquie, mete l'uno e le altre di un vasto flusso di pellegrini. Tommaso non è p ili protetto dalla committenza papale (Gregorio IX era morto nel I24J) né può trincerarsi dietro l' au­ torità del ministro generale (Giovanni da Parma si era limitato a tra­ smettere dei desiderata) ; cede di fronte al coro delle richieste dei reali committenti, l'ala influente di una parte dell'Ordine, che reclamano un'immagine del fondatore efficace e per cosi dire, esportabile. L' au­ tore continua però a tenere distinti i due...m.iracoli, le stimmate e l' ob­ bedienza delle creature, già finiti di raccontare al capitolo sesto, che apparterranno sempre al solo Francesco, dagli altri, comuni alla .tra­ dizione agiografica di qualsiasi altro santo. Frattanto l'Ordine impone l'allerta per raccogliere notizie anche di altri figli famosi, in modo da spostare l'attenzione da Francesco su nuovi santi se pur di ordine secondario, e promuovere in tal modo l'orgogliosa consapevolezza della positività dell'intera comunità e non soltanto del suo fondatore: Crescenzio da Jesi già nel 1245 aveva commissionato il Dialogus de gestis sanctorum /ratrum minorum, do­ ve la figura di Francesco è assente, un'opera da proporre come rifles­ sione e bilancio del successo francescano di tutte le Province "; il Ca­ pitolo generale di Padova del 1276, quello di Assisi del 1279, di Parigi del 1292 e di Assisi del 1295 continueranno a chiedere la trasmissione di informazioni per elaborare biografie di altri frati esemplari, ov-

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viamente anche di nuove notizie su Francesco, la cui menzione appa­ re però sempre piu in second'ordine e anzi, nel Capitolo del 1292, è soppressa del tutto. Ai minori, che si sentono oramai lontani dalla perfezione irraggiungibile quale appare quella del loro grande santo, si propongono modelli di santità per cosi dire inferiore, piu vicina da imitare, prossima anche nel tempo e nei luoghi ". Era certamente difficile procurarsi e maneggiare tre biografie di Francesco, scomode da consultare, faticoso ritrovarvi un episodio preciso, spesso raccontato in modo diverso. L'ala moderata inoltre, incline a interpretare piu duttilmente la Regola, si riteneva ferita dagli attacchi contenuti nella Vita secunda di Tommaso e poteva temere che il clero secolare ne traesse materia di scandalo e offesa per tutto l'Ordine; d'altra parte, forte di quegli stessi passi, l'ala degli zelanti si sentiva incitata a restaurare il clima eroico dei primi tempi della co­ munità e a contrapporsi, muro contro muro, a chi non condividesse i suoi stessi ideali; per non dire di frate Elia, lodato e largamente pre­ sente nella Vita prima, poi scomunicato, un personaggio da cancella­ re del tutto. Il nuovo ministro generale Bonaventura da Bagnoregio, successo a Giovanni da Parma (costretto alle dimissioni nel 1257 per essersi sbilanciato in difesa del gioachimita Gherardo da Borgo San Donni­ ne), con grande energia e lucidità affrontò la guida di un Ordine in crisi, per il problema dell'interpretazione della Regola - erano in cau­ sa i diritti, l'identità e l'ideologia dei minori, fondata sulla povertà - e per la dura controversia con il clero secolare insofferente che i mendi­ canti, in particolare i francescani, occupassero cattedre nello Studio di Parigi "'. Bonaventura per prima cosa riordinò la letteratura legislativa del­ l'Ordine presentando nel 1260 al Capitolo generale di Narbona una nuova redazione delle Costituzioni generali, esito di un riesame totale, ottenendo al tempo stesso la distruzione di tutte le precedenti, mano­ scritto dopo manoscritto "": venivano eliminate le divergenze d'inter­ pretazione della Regola in un intento bruscamente pacificatore, che pretese d'allineare tutti i frati, anche coloro che avendo conosciuto Francesco ne conservavano un ricordo non consono con le posizioni ufficiali: « et istis publicatis [costitutiones] veteres destruantur » 101 • In tal modo la memoria storica della travagliata vita della comunità rina­ sceva al tempo di Bonaventura, come da un bagno nel Lete. Nel medesimo Capitolo di Narbona a Bonaventura fu dato l'inca­ rico di comporre una nuova biografia, la Legenda maior, finita e ap­ provata nel Capitolo di Pisa del 1263 10' .

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Tre anni dopo, nel 1266, il Capitolo di Parigi ordinava la distruzio­ ne di tutte le precedenti Legendae: « >: I Cel., prologus, parr. 2-3, AF X, pp. 3-4. 17

« Diximus pauca de miraculis beatissimi patris nostri Francisci, et plura omisimus, relin­ quentes volentibus sequi vestigia eius, novae benedictionis gratiam studium exquirendi » : I Cel., pars III , epilogus, par. 151, AF X, p. n5.

" Negli Statuti del Capitolo generale di Narbona del 126o, non verrà piu ammessa nemmeno la possibilità che dei frati « illitterati» si mettano a impararlo : : I Cel., pars n. cap. IO, par. nS, AF x. p. 93·

" « Omnis proinde ordo, omnis sexus, omnis aetas habet in ipso doctrinae salutaris evidentia documenta, habet et sanctorum operum exempla praecipua. Si qui ad fortia proponunt mit­ tere manus et excellentioris viae charismata meliora aemulari niruntur, respiciant in speculo vitae suae, et omnem perfectionem addiscent. Si qui vero ad humiliora et planiora se confe­ runt, timentes ambulare per ardua et montis ascendere verticem, in hoc gradu etiam apud eum invenient congrua monimenta. Si qui denique signa et miracula quaerunt, ipsius interro­ gent sanctitatem, et quod postulant, consequentur »: I CeL, pars n, cap. I, par. 90, AF X, pp. 6S-69. Giacomo da Vitry (II?o-u4o), testimone diretto delle vicende di Francesco, in un brano la cui stesura risale probabilmente al I22I fa seguire a una grande lode per i minori qualche perplessità sul possibile mantenimento, anche in futuro, del livello spirituale rag­ giunto: «Ma questo Ordine di perfezione e l'ampiezza di questo spazioso chiostro non sem­ brano adatti per i deboli e gli imperfetti, facilmente esposti al naufragio, travolti da onde tem­ pestose se non illuminati dallo Spirito santo» ( « Hic autem perfectionis ordo et spatiosi clau­ stri arnplitudo infirmis et imperfectis congruere non videtur, ne forte descendentes mare in navibus et facientes operationem in aquis multis fluctibus procellosis involvantur, nisi [ . . . ] induantur vinute ex alto>>): Historia Occidentalis, ed. a cura di J. F. Hinnebusch, The Uni­ versity Press, Fribourg I972, p. r63; la data dell'opera è ancora controversa: cfr. L. Pellegrini, FF, pp. IS22 sgg. e I9IO. " L'arcivescovo di Pisa Federico Visconti, eletto nel I2H ma consacrato solo nel I2J7, in una predica tenuta a Pisa in occasione della festa di Francesco nel 1260, sollecitò i mercanti e gli artigiani della città a identificarsi con il mercante santo, loro consocio e perciò efficace patro­ no in paradiso, trascurando del tutto la scelta di vita di Francesco dal momento della sua con­ versione: I. Le Masne de Chermont, Le recueil des sermons de Frederic Visconti� archeveque de Pise de 1254 à 1277. Édition du santoral. Thèse dactyL de l' École cles Chartes, Paris I9S5, predica n. 57, p. 2S2 del dattiloscritto: >. Alcuni brani delle prediche di Federico Visconti sono state edite da M. Bihl, E sermonibus Friderici de Vicecomitis Archiepiscopi Pisani de s. Francisco, 1263-1267, in «AFH >>, I (I9oS) , pp. 652-55 (che riporta i sermoni secondo lo stile pisano: rispetto al no­ stro sistema di datazione aggiunge un anno: ad esempio il passo che ho appena citato, ibid., p. 25�h è posto all'anno I26I). È prevista la pubblicazione dell'intero ciclo di prediche edito dall'Ecole française de Rome cui partecipano, oltre Isabelle Le Masne de Chermont, Nicole Bériou, Pascale Bourgain, Emilo Cristiani, Marina Innocenti-Soriani e André Vauchez. Rin­ grazio Marina lnnocenti-Soriani per queste notizie.

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«Ad deosculandum et adorandum capitale, quo sanctus Franciscus in infirmitate fuerat

Capitolo primo usus, Francorurn rex et regina et universi magnates accurrunt»: I Ce!., pars III, par. 120, AF X, p. 95· 27 «Ad excitandam praesentium arnplectendam devotionem, et futurorum corroborandam fi. dem, miracula quae corarn Domino nostro papa Gregorio, ut dictum est, perlecta sunt et po­ pulo nuntiata, Christo duce, breviter sed veraciter conscribemus»: I Ce!., pars III, par. 127, AF X, p. 104. A proposito di « amplectendam» gli editori annotano: «gerundivum hoc per adiectivi modum sumitur» ; mi chiedo se non si tratti di una variante che come glossa a margi· ne sia poi scivolata nel testo. 28 I Ce!., pars III, par. 151, AF X, p. n5. Cfr. nota 17. 29 Cfr. nota 64. JO « Non indiget - inquiunt - miraculorum attestatione sanctissimi vita sanctissima, quam ocu­ lis nostris vidimus, manibus contrectavimus, magistra veritate probavimus>>: I Cel., pars III, par. 124, AF X, p. 99· " Una fine ad articolata analisi in R Paciocco, Da Francesco ai «Catalogi sanctorum». Livelli istituxionali e immagini agiografiche nell'Ordine francescano (secoli XIII-XIV), Edizioni Por· ziuncola, Assisi 1990, pp. 58 sgg. " Roma, Biblioteca Vaticana, Archivio Capitolare di San Pietro, ms B 87, f. 78r: P. Salmon, Les Manuscnpts Liturgiques Latins de la Bibliothèque Vaticane, Biblioteca Apostolica Vaticana, Roma, Città del Vaticano 1968, n. n9, pp. 62-63. n Escludendo la terza parte, assai breve, dedicata ai miracoli della canonizzazione. " «Dai genitori ricevette fin dall'infanzia una cattiva educazione, ispirata alle vanità del mon­ do» («A primaevo etatis suae anno a parentibus secundum saeculi vanitatem nutritus est in· solenter >>): I Ce!., pars I, cap. r, par. 1, AF X, p. 5· Nella seconda biografia Tommaso da Cela· no cambierà completamente idea; su questo problema: M. De Beer, La Conversion de saint François d'Assiseselon son premier biographe Thomas de Celano. Étude comparative des textes relat1/s à la conversion en Vita I et Vita II, Éditions franciscaines, Strasbourg 1963 e le rifles· sioni a proposito anche di questo libro di Miccoli, Francesco d'Assisi cit., pp. 199 sgg. " A. Gattucci, Cesario da Spira, in I compagni di Francesco e la prima generazione minoritica, At­ ti del XIX Convegno internazionale, Assisi 17-19 ottobre 1991, Centro italiano di studi sull'Al­ to Medioevo, Spoleto 1992, pp. 121·65. ,. Di solito datata ha il 1232 e il 1234 · Ma vedi le mie osservazioni al cap. II, nota 74· Il testo in la· tino è pubblicato in AF X, pp. 407-521: Henrici Abricensis Legenda sancti Francisci versifica­ ta; per la trad. italiana, spesso assai infedele: A. Cristofani, Il piu antico poema della vita di san Francesco d'Assisi, scritto innanzi all'anno I2JO, ora per la prima volta pubblicato e tradotto, Guasti, Prato 1882. 37 Di questo tempo la ritengono gli editori degli Analecta Franciscana: AF X, pp. XIX-xx. Su questo problema dr. cap. IV, nota 167. " Cfr. cap. IV, nota 167. '9 Bernardo di Bessa lo dice notaio della sede apostolica: Bernardi de Bessa, Legenda ve! vita s. Francisci (o Liberde Laudibus beati Francisci, dopo il 1297 circa) , AF III, pp. 666-92, pp. 666 e 665, nota 1. L'opera di Giovanni da Celano si data al 1285 circa: A. Chiappini, Fr. Ioannes de Celano S. Francisci Assisiensis biographus coaevus, in «Antonianurn», xxxv (1960), pp. 339· 42, p. 342. Per la data dell'opera di Bernardo da Bessa cfr.]. R. H. Moormann, The Sources /or the Li/e o/Saint Francis o/Assisi, University Press, Manchester 1940, p. 156. "' L'edizione critica dal titolo : Legenda liturgica antiqua ordinis fratrum Praedicatorum si può leggere in AF X, pp. 533·35· Di Giovanni da Celano soprawivono due sermoni, per la secon· da domenica di Awento e per la nascita di Cristo: A. Chiappini, Fratris ]oannis de Celano Ser· mones duo saec. XIII, in « Collectanea Franciscana>>, xxvm (1958), pp. 401-3. " G. Barone, Frate Ella, in «Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archi­ vio Muratoriano», LXXXV (1974·75), pp. 89-143 · " Ne dà notizia il francescano Salimbene de Adam (da Parma, 1221·1287) annotando come an­ cora al suo tempo molti miracoli fossero conservati solo oralmente: nel 1244 Crescenzio da Jesi eletto ministro generale dei francescani «precepit fratti Tbome de Cellano, qui primarn

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legendam beati Francisci fecerat, ut iterum scriberet alium librum, eo quod multa invenie­ bantur de beato Francisco que scripta non erant. Et scripsit pulcherrimum librum tam de mi­ raculis quam de vita, quem appellavit " Memoriale beati Francisci in desiderio anime". Sed processu temporis a fratre Bonaventura generali ministro, ex his omnibus, compilatus est unus optime ordinatus. Et adhuc multa repperiuntur, que scripta non sunt. Dominus enim cotidie in diversis partibus mundi per servum suum Franciscum magna miracula operari non desinit>>: Cronica, ed. critica a cura di G. Scalia, Laterza, Bari r966, vol. I, p. 254. 41

Cbranica XXIV Generalium Ministrorum Ordinis /ratrum Minorum, AF III, p. 262. L'opera per la massima parte fu composta prima del 1369 ma giunge fino all'anno 1374: ibid., p. VIII •

.., I nomi sono elencati nell Epistola unita alla Legenda: Legenda trium sociorum, a cura di Th. Desbonnets, in >: II Ce!., pars l, cap. r, par. 3, AF X, p. r3r. Forse nel­ la scelta del nome influirono i rapporti commerciali del padre con la Francia o la supposta origine francese della madre, una notizia senza fondamenti precisi. La ritiene invece certa R. C. Trexler, Naked Be/ore the Father, The Renunciation o/ Francis o/AssiSi, P. Lang, New York r989; ai complicati rapporti familiari e patrimoniali che l'autore ipotizza (il padre Ber­ nardone avrebbe voluto che Francesco rinunciasse soprattutto ai diritti sull'eredità materna) cfr. le convincenti obiezioni di A. Barbero, La rinuncia di Francesco all'eredità paterna, in >, 3 s., xxxi (1990), pp. 837-51. " I Ce!., pars l, cap. 29, par. 83, AF X, pp. 6r-62 e le note relative. " Lo afferma Tommaso da Celano (l Ce!., pars l, cap. 29, par. 83, AF X, pp. 6r) ed è stato con­ fermato quando, ritrovata la tomba, si procedette alla sua ispezione. " Henrici Abrincensis Legenda versificata cit., p. 476, w. 80-85: > (Cristofani, llpiu antico poema cit., p. 245 ma da un testo in latino un po' di­ verso). Enrico subito dopo avere descritto le stimmate, come fosse naturale aggiungere altre infermità sullo stesso piano di quelle appena descritte, si scatena in un impressionante elenco di durissime penitenze - la carne ancor viva è mangiata dai vermi- e non si perita a trasferire, copiando da Giovanni di Salisbury, quanto aveva già scritto per il martirio di Tommaso Bec­ ket: FF, p. 479· Quando giunge però alla malattia degli occhi che tormentava Francesco da anni, la descrizione non è piu di maniera ma si fa precisa e dettagliata, segno di una fonte di prima mano: lo spasimo insopportabile dei nervi fa addirittura storcere gli occhi resi di fuoco dal bruciore e dal continuo sfregamento delle mani che non sanno resistere al prurito inces­ sante; la vista vien meno, le palpebre sono gonfie con un continuo flusso di umori : sono par'

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Capitolo primo ticolari che trovano un'eco nell'insolito ritratto del santo conservato a Greccio, dove vediamo un Francesco sinceramente brutto, basso e tarchiato, mentre con un fazzoletto si frega gli occhi malati.

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" Desbonnets, Legenda cit., p. 87. " Per le possibili implicazioni di questa frase cfr. R. Manselli, Nos qui cum eofuimus. Contribu­ to alla questione francescana, Istituto Storico dei Cappuccini, Roma 1980. " « Visum est nobis qui secum licet indigni fuimus diutius convocati, pauca de multis gestis ipsius quae per nos vidimus vel per alias sanctos fratres scire potuimus»: Leg. 3 soc., Episto­ la, p. 89. " « Non contenti narrare salurn miracula, quae sanctitatem non faciunt sed ostendunt, sed etiam sanctae conversationis eius insignia et pii beneplaciti voluntatem estendere cupientes, ad laudem et gloriam Summi Dei et dicti patris sanctissimi, atque ad aedificationem volen­ tium eius vestigia imitari>>: Leg. 3 soc., Epistola, p. 89. " « Credimus enim quod si venerabilibus viris qui praefatas confecerunt legendas haec nota fuissent, ea minime praeterissent quin saltem pro parte ipsa suo decorassent eloquio et poste­ ris ad memoriam reliquissent >>: Leg. 3 soc., Epistola, p. 90. " Su questa linea si era già posto Onorio III che nel 1222 si era rifiutato di canonizzare Roberto di Molesme, morto nel nn, perché l'inchiesta aveva trascurato di raccogliere i miracoli in vi­ ta: Paciocco, Da Francesco cit., p. 43· Lo stesso Francesco, secondo la Chronica XXIV Gene­ ralium cit., p. 31, avrebbe deplorato il fatto che awenissero miracoli sulla tomba di frate Pie­ tro, uno dei suoi primi compagni, ordinando al defunto di farli cessare. " Non ancora convertito il mercante Francesco aspirava a diventare un gran principe: « Scio me magnum principem affuturum >>. Francesco amava anche ripetere: « Sarò adorato in tutto il mondo » (« Adhuc adorabor per totum mundum »): Leg. 3 soc., cap. 2, pp. 93 e 92. 60

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Non è presente in tutti i codici ma il Desbonnets l'ha accolta nella sua edizione. « Haec sunt quaedam scripta per tres socios beati Francisci, de vita et conversatione eius in habitu saeculari, de mirabili et perfecta conversione ipsius, et de perfectione originis et fun­ damenti ordinis in ipso et in primis fratribus»: Leg. 3 soc., p. 89.

" Desbonnets, Legenda cit., p. 86. Contrariamente al resto dell'opera solo nei capitoli 16 e f7 ci sono dei punti in comune con Bonaventura e la Vita secunda di Tommaso da Celano. " I due capitoli finali sono sbilanciati rispetto al resto della biografia che ha un andamento di racconto assai piu disteso; curiosamente un'analoga spartizione asimmetrica si riscontra nel­ la Vita prima di Tommaso fra la prima parte, dove la narrazione procede con agio, e le altre due che appaiono un precipitoso resoconto terminato con la prowisoria sepoltura in San Giorgio. Secondo Desbonnets, Legenda cit . , p. 87, i primi 16 capitoli dipendono da I Cel., da Giuliano da Spira e dall'Anonimo perugino, ma non da II Cel . ; poiché, a eccezione dell'Ano­ mino perugino, le altre tre opere sono perfettamente datate, la Legenda trium sociorum si si­ tua fra l'opera di Giuliano da Spira e la Vita secunda di Tommaso da Celano. La data di com­ posizione potrebbe essere quella indicata dalla Lettera di Greccio, cioè il 1246. Secondo l'edi­ tore una tale conclusione situa l'Anonimo Perugino a una data anteriore alu46: in realtà que­ sta deduzione non è dimostrata da alcun ragionamento filologico; tuttavia mi pare pericoloso mettere in campo un testo dalla data cosi controversa come l'Anonimo, perché a seconda del­ la data prescelta, àncora per stabilire il tempo della Legenda, diverranno rovinosamente flut­ tuanti i termini entro i quali i Tre compagni l'avrebbero scritta. Sofronius Clasen ritiene inve­ ce che l'Anonimo dipenda dalla Legenda trium sociorum, accettando, per questa, la data del 1246: Die Dreigefiihrtenlegende des heiligen Franziskus, D. Colede, Weri, Westf. 1972, pp. 1168; Lorenzo Di Fonzo, l'editore dell'Anonimo, è d'accordo sulle tre fonti principali della Le­ genda trium sociorum; colloca però l'opera dell'Anonimo fra il 1262 e il 1270, spostando in avanti la data della Legenda almeno alla fine del XIII secolo : L'Anonimo perugino tra lefonti francescane del secolo Xlll, in «Miscellanea francescana>>, LXXII (1972), ma 1973, pp. rry-483. In epoca postbonaventuriana la situa anche F. Cardini, 5. Francesco ed ilsogno delle armi, in « Studi francescani>>, LXXVll (1980), pp. 15-28, p. 27. Da parte mia, accetto le conclusioni cui arriva il Desbonnets circa la pertinenza della Lettera alla Legenda e il tempo di composizione della Legenda (1246), che tuttavia credo conservi delle parti antiche, anteriori alla Vita prima

n problema delle fonti francescane

41

di Tommaso da Celano, il quale, come spero di avere dimostrato, le tiene presenti almeno nei primi tre capitoli iniziali dedicati al decisivo sogno delle armi (e alle sue ripercussioni nella vi­ ta del santo) : C. Frugoni, La giovineua di Francesco nelle fonti (testi e immagim), in >, s.3, xxv, x (1984) , pp. n5-43 . .. « Verum, quia non miracula, quae sancritatem non faciunt sed ostendunt, sed potius ex­ cellentiam vitae ac sincerissimarn conversationis ipsius formam decrevimus explanare, his prae nimietate omissis, aeternae salutis opera retexemus>>: I Ce!., pars I, cap. 26, par. 70, AF X, p. 53· Tommaso e i Tre compagni (cfr. nota 56) enunciavano principi già a suo tempo for­ mulati da Gregorio Magno: >, xxn (1954), pp. 534-,, ripubblicato in Id., Ascesi e mi­ stica del Trecento, Le Monnier, Firenze 1957, pp. 85-146. Sulla sostanza storica dei Fioretti c&. M. D'Alatri, Genuinità del messaggio francescano dei Fioretti comprovata da un raffrontofilo­ logico con gli scritti di san Francesco, in «Collectanea Franciscana>>, XXXVIII (1968), pp. 5-77. lo seguo l'edizione di P. B. Bughetti, Collegio San Bonaventura, Quaracchi 1926, riprodotta in FF, pp. 1443-624.

orale trasmessa al suo supposto autore, Ugolino di Monte Giorgio da Leone Masseo ed Egi­ dio attraverso pochi intermediari: ]. R H. Moormann, The Sources /or the Li/e o/Saint Fran­ cis o/ Assisi, University Press, Manchester 1940, pp. 16o-62. Esistono due edizioni parziali: una a cura di P. Sabatier, Actus beati Francisci et sociorum eius, Librairie Fischbacher, Paris 1902, Collection d'Études et de Documents, vol. IV, Ia seconda, il cosiddetto Ms. Little, a cu­ ra di A. G. Little: Un nouveau manuscrit/ranciscain, ancien Philipps 12 290, aujourd'hui dans la b1bliothèque A. G. Little, Librairie Fischbacher, Paris 1914-I9. Con queste due pubblicazio­ ni i .n capitoli de I Fioretti hanno trovato una fonte parallela; rimangono tuttavia ventidue capitoli che appartengono soltanto agli Actus: FF, p. 261. Recentemente disponiamo di una nuova edizione, postuma, di ]. Cambell con il testo dei Fioretti a fronte a cura di M. Bigaroni e G. Boccali, Edizioni Porziuncola, Assisi 1988.

70

« Placuit sanctae universitari olim capituli generalis et vobis, reverendissime pater [ ... ] parvi­ taci nostrae iniungere, ut gesta vel etiam dieta gloriosi patris nostri Francisci nos [. . . ] ad con­ solationem praesentium et posterorum memoriam scriberemus>> («La venerata assemblea dell'ultimo Capitolo generale e vostra Paternità reverendissima [ . . .] hanno creduto bene di ordinare a noi, per quanto incapaci, di scrivere i fatti e persino le parole del glorioso nostro padre Francesco, a conforto dei presenti ed a memoria dei posteri >>): II Cel., prologus, AF X, p. 129. 71 «Ex assidua conversatione illius et mutua familiaritate plus caeteris diutinis experimentis in­ notuit >>: II Ce!., prologus, AF X, p. 129.

72

«> : ibid., col. =9 A. II Ce!., pars Il, cap. 145, par. 193, AF X, p. 241. « lncipit vita beatissimi patris nostri Francisci �: I Ce!., pars l, cap.

z,

AF X, p. 5·

" « >: II Ce!., pars l, cap. r, AF X, p. IJI. 84

«Trahe nos igitur ad te, digne pater, ut in odorem unguentorum tuorum curramus, quos uti­ que cernis desidia tepidos, pigritia languidos, negligentia semivivos! Sequitur te grex pusil­ lus iam nutanti vestigio; tuae perfectionis radios infirmorum luminum acies reverberata non sustinet. Innova dies nostros, sicut a principio, perfectorurn speculum et exemplar, nec pa­ tiaris vita dissimiles eadem tibi professione conformes! [ ... ] Recordare universitatis filiorum tuorum, pater, qui inexplicabilibus vexati periculis, quantum a remotis tua vestigia inse­ quantur, tu, sanctissime, perfecte cognoscis. Da vires, ut resistant; purifica eos, ut nitescant; laetifica, ut fruescant. Infundi super eos spiritum gratiae et precum impetra, pro vera humili­ tate habenda quam habuisti, pro servanda paupertate quam tenuisti, pro merenda caritate qua Christum crucifixum semper amasti. Qui cum Patre et Spiritu sancto vivit et regnat in saecula saeculorum amen»: II Ce!., pars Il, cap. 167, parr. 221 e 224, AF X, pp. 259-60.

" Subito dopo il prodigio delle stimmate, prodottosi sul monte della Verna due anni prima del­ la morte, il cambiamento di Francesco è evidente : « Si era infatti imbattuto in persone che esteriormente mostravano d'essere d'accordo con lui, mentre la pensavano diversamente: in sua presema lo apprezzavano, in sua assema lo disprezzavano; e questi se ne accattivarono il giudizio, e qualche volta gli resero un poco sospette anche persone che venivano a lui con sentimenti reni » (« lnvenerat enim aliquos sibi exterius concordantes et interius dissidentes, applaudentes corarn, irridentes retro, qui iudicium sibi acquisierunt et rectos ei suspectos ali­ quantulum reddiderunt »): I Ce!., pars II, cap. J, par. 96, AF X, p. 74· 86

F. Simoni Balis-Crema, Gli spirituali tra gioachimismo e responsabilità escatologica, in Chi

Capitolo primo

44

erano gli spirituali, Atti del III Convegno internazionale, Assisi I6-t8 ottobre I975, Edizioni Porziuncola, Assisi I976, pp. 147-79.., C. Eubel, Bullarii Franciscani Epitome, Typis Collegii S. Bonaventurae, Ad Claras Aquas I908, pp. 259-6I: le limitazioni per i frati riguardavano la possibilità di predicare, di ascoltare confessioni e di accogliere defunti nelle proprie chiese senza il preventivo permesso del ve­ scovo. Cfr. L. Pellegrini, Mendicanti e pa"oci: coesistenza e conflitti di due strutture organiz­ liJtive della «cura animarum », in Francescanesimo e vita religiosa dei laici nel '2oo, Atti del­ l'VIII Convegno internazionale, Assisi, I6-I8 ottobre I98o, Università degli Studi di Perugia, Assisi I98I, pp. I3I-67, pp. I62 sgg. 88

«Hic Generalis praecepit multiplicatis litteris fratri Thomae de Celano, ut vitam beati Fran­ cisci, quae antiqua Legenda dicitur, perficeret, quia solum de eius conversatione et verbis in primo tractatu, de mandato fratris Crescentii Generalis praedicri compilatio, omissis mira­ culis, fecerat mentionem. Et sic secundum tractatum, qui de eiusdem sancti Patris agir mira­ culis, compilavit, quem cum epistola, quae incipit: "Religiosa nostra sollicirudo", misit ei­ dem Generali »: Chronica XXIV Generalium cit., p. 276. Per antiqua Legenda e per primus tractatus si intende in realtà la Vita secunda: la Chronica crede che sia la prima biografia e la ' chiama antiqua perché dopo la falce di Bonaventura la prima era sparita e nel 300 non se ne sapeva piu niente. Nel Prologo della Vita secunda Tommaso ricorda come committenti uffi­ ciali Crescenzio da Jesi e l'assemblea del Capitolo generale del 1244: evidentemente la scelta di chi dovesse essere designato come biografo era già stata presa in quella occasione.

89

Cfr. nota 96-

"' AF x, p.

XXXVIII.

91 Paciocco, Da Francesco cit., p. 67.

92 «> (« Non dico questo per lodare gli eccessi, ma per mostrare il suo fer­ vore. Stia in guardia l'attento e saggio lettore per queste e molte altre imprese che lei affrontò, 99

Capitolo primo

111 1" m

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privilegiata dalla Grazia: privilegi destinati a pochi non possono diventare una regola genera­ le. Imitiamo le sue virt1i ma, senza quel suo particolare privilegio, non possiamo imitare le azioni che quelle virtu dettarono. Infatti, benché sia giusto costringere il corpo a servire lo spirito, benché sia vero che noi portiamo nel nostro corpo le stimmate del nostro Signore Ge­ su Cristo, tuttavia sappiamo bene che la lode del Re vuole giudizio e discernimento né è accetto a Dio il sacrificio proveniente dalla rapina del povero. Infatti non si deve sottrarre il necessario alla povera carne, ma solo sopprimerne i vizi. Quel che alcuni santi fecero - lo si legge - per un intimo contatto collo Spirito santo, ammiriamolo pure, ma non cerchiamo d'imitarlo»). « Eius namque ad Deum conversio forma estitit convertendis in venditione possessionum et elargitione pauperum »: I Ce!., cap. Io, par. 24, AF X, p. 21. Vauchez, Saints admirables cit., p. ryi. « Sed et a principio temporis, quo Crucifixo militare coeperat, diversa circa eum crucis prae­ fulsere mysteria, sicut vitae ipsius consideranti decursum clarius innotescit: qualiter appari­ tione crucis dominicae septiformi tam cogitatu quam affectu et actu totus fuit in Crucifìxi effigiem per ipsius ecstaticum transformatus amorem »: Leg. maior, pars II, cap. I, par. I, AF X, p. 627. «Ab ilio praecipue censui sumendum fore initium, in quo crucis Iesu virtus ostenditur et glo­ ria innovatur»: Leg. maior, pars II, cap. I, par. I, AF X, p. 627. «Ad huius stupendi miraculi irrefragabilem firmitatem [. .. ] ad omne mentis effugandum nu­ bilum ... »: Leg. maior, pars II, cap. I, par. 2, AF X, p. 627. Leg. maior, pars II, cap. I, par. 6, AF X, p. 630. L. Pellegrini, Il ruolo «pro/etico» di Francesco d'Assisi. Analisi sincronica del prologo della «Legenda Maior», in « Laurentianum », XXVI (I9S5), pp. 36I-95, p. 393· «Et ip se Angelus verae pacis, secundum imitatoriam quoque similitudinem Praecursoris de­ stinatus a Deo, ut viam parans in deserto [ . . . ] prophetali quoque repletus spiritu nec non et angelico deputatus officio incendioque seraphico totus ignitus et ut vir hierarchicus curru igneo sursum vectus, [ . . ] sub similitudine Angeli ascendentis ab ortu solis signumque Dei vi­ vi habentis adstruitur non immerito designatus >>: Leg. maior, prologus, par. I, AF X, pp. 557· .

121

, s.

« Superaffluentem in eo Dei misericordiam venerantes, ipsius erudiuntur exemplo, impieta­ tem et saecularia desideria funditus abnegare, Christo conformiter vivere et ad beatam spem desiderio indefesso sitire »: Leg. maior, prologus, par. 1, AF X, p. 557· 122 « Hunc Dei nuntium amabilem Christo, imitabilem nobis et admirabilem mundo servum Dei fuisse Franciscum, indubitabili fide colligimus, si culmen in eo eximiae sanctitatis ad­ vertimus, qua, inter homines vivens, imitator fuit puritatis angelicae, qua et positus est per­ fectis Christi sectatoribus in exemplum>>: Leg. maior, prologus, par. 2, AF X, p. 55S. Che Francesco sia detto « imitabile da noi >> dopo essere stato definito «Angelo del sesto sigillo>> e « nunzio di Dio » è affermazione di pura maniera senza nessuna volontà di partecipata esorta­ zione: del resto smentita immediatamente dalle parole che concludono il passo. 121 « Verum etiam irrefragabili veritatis testificatione confirmat signaculum similitudinis Dei vi­ ventis, Christi videlicet crucifixi, quod in corpore ipsius fuit impressum, non per naturae vir­ tutem ve! ingenium artis, sed potius per admirandam potentiam Spiritus Dei vivi »: Leg. maior, prologus, par. 2, AF X, p. 55S. 124 Pellegrini, Il ruolo pro/etico cit., p. 3S4, nota 32, che rinvia a B. Distelbrink, Bonaventurae scripta authentica dubia vel spuria critice recensita, Romae 1975 (Subsidia scientifica francisca­ na cura lnstituti Historici Capuccini, 5), p. 22 e I. Brady, The Writings o/Saint Bonaventura Regarding the Franciscan Order, in «Miscellanea francescana », LXXV (I975), pp. IOO·I. "' Bonaventurae Opera Omnia, Collegium Bonaventurae, Ad Claras Aquas 1S91, vol. V, cap. 4, n. 4 p. 307A. Bonaventura sviluppa il concetto della gerarchizzazione dell'anima nei suoi vari gradi anche nelle Collationes ad Hexaemeron: Pellegrini, Il ruolo pro/etico cit., p. 3S4, nota 32. Per altre occorrenze nell'opera di Bonaventura cfr.: AF X, p. 557· 120 Cfr. cap. m , nota 105.

n problema delle fonti francescane

47

117 Proprio cosi viene rappresentato Francesco in una tavola attribuita ad Andrea da Bologna

128

della seconda metà del XIV secolo, conservata nel Municipio di Falerone (Marche) purtrop­ po in pessimo stato di conservazione; il Serafino-Cristo appare al santo inginocchiato in mez­ zo a un coro di angeli: L. Serra, L'Arte nelle Marche, dalle origini cnstiane alla fine delgotico, G. Federici, Pesaro 1929, vol. I, p. 298 e fig. 494 a p. 299. Nelle immagini del xv secolo Fran­ cesco viene ad assumere l'iconografia di Cristo risorto: H. W. Van Os, The Earliest Altarpie­ ces of st. Francis, in Francesco d'Amsi nella storia, Istituto Storico dei Cappuccini, Roma 1983, vol. I, pp. 331-38. « Debemus enim venerari, si perfecte non possumus imitari. Quis enim piene beati Francisci sibique assistentium sociorum vestigia sequi possit? [ . . . ] Valer autem inspecta Sanctorum perfectio ad incitamentum vinutis et mores nostros eorurn lumine praevio dirigendos»: Ber­ nardi de Bessa Legenda cit., AF III , p. 666.

129

Pellegrini, Il ruolo «pro/etico » cit., pp. 361-95.

110

Leg. maior, cap. n , par. 4, AF X, p. 6o6: è il capitolo dedicato all'intelligenza delle Scritture e alla virtu profetica di Francesco.

La sconfitta awenne il 29 agosto del 1219: Leg. maior, cap. n, par. 3, AF X, p. 6o6 (per la data: ibid. , p. 43, nota 12); Bonaventura riprende quanto già aveva affermato Tommaso da Celano nella Vita secunda, pars II, cap. 4, par. 30, AF X, p. 49· In I Ce!., pars I, cap. 20, par. 57, AF X, p. 43, il biografo aveva registrato soltanto lo straordinario gesto del santo che « mentre in­ furiavano aspre battaglie tra cristiani e pagani » insieme a un compagno, non aveva avuto ti­ more di recarsi dal sultano nell'intento di convertirlo. In un'anonima opera in antico france­ se, databile fra il 1229·31, l' Estoire de l'Eracles empereur et la conqueste de la te"e d'outremer, si precisa che Francesco lasciò i crociati per recarsi in campo awerso perché amareggiato profondamente dal loro comportamento: solo da questa fonte sappiamo che il santo si fermò in Egitto fino alla presa di Damietta per passare poi in Siria: « Vint en l'oste de Damiate, et i fist moult de bien, et demora tant que la vile fu prise. ll vit le mal et le peché qui comença a creistre entre !es gens de l'ost, si li desplot, por quoi il s'en parti et fu une piece en Surie, et puis s'en vala en son pais»: H. Golubovich, Biblioteca Biobibliografica della Te"a Santa del­ l'Oriente cristiano, Tipografia del Collegio di San Bonaventura, Quaracchi (Firenze) 19o6, l. I, (I2IJ-13oo), p. 4 che trae il brano da Recueil des Historiens des CroiSades, vol. II, p. 348. Giacomo da Vitry registra con stupore il fatto che Francesco fosse stato bene accolto e ascol­ tato dal Soldano: Hzrtona occidentalis cit., pp. 161-62. 02 Opuscula Esser, pp. 260 sgg. Nella Regula bullata, solo il titolo del capitolo, che è ora il dodi­ cesimo, rimane inalterato; il contenuto ha subito profondissime modifiche e limitazioni: ibid., pp. 2 37 sgg. 01 A. Vauchez, Les théologiens /ace aux prophéties à l'époque des papes d'Avignon et du Grand Schisme, in Les textes prophétiques et la prophétie en Occident (xif-xvf siècles), Table ronde, Chantilly 30-31 mai 1988, École française de Rome, Rome 1990, volume-estratto da « Mélan­ ges de l'É cole française de Rome, Moyen Age», cu, 2 (1990), pp. 577-88, p. 578. "' La beata Oringa morta nel 1310, fondatrice di una comunità di terziarie francescane in Tosca­ na, rimase incapace di leggere nonostante la Vergine le avesse donato un libro. Brigida di Svezia, Caterina da Siena e Dorotea di Montau, che sanno leggere, devono giustificare questa capacità facendola passare come « scientia infusa ». Questo dono, nel XIV secolo, permette di conciliare l'immagine del santo dotto e sapiente con quella della tradizione agiografica: ibzd., pp. 467 e 472. Addirittura i domenicani si oppongono alla canonizzazione di un frate del loro Ordine, Marcolino da Forli, m. nel 1397, perché uomo trop po semplice e incolto: A. Vau­ chez, La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Age, d'après /es procès de canoniSa­ tion et les documents hagiographiques, É cole française de Rome, Rome 1981, pp. 472 sgg. 01 N. Bériou, Saint François, premier prophète de son ordre, dans !es sermons du xnt siècles, in Les textes prophétiques cit., pp. 535-56. 06 Nel convento dei minori, davanti ai membri dello Studio: Bériou, Saint Françoù cit., p. 538 che cita }. G. Bougerol, lnitza latinorum sermonum ad laudem sancti Francisci, in «Antonia­ num», LVII (1982), pp. 706-94, n. 90; per l'edizione del testo: J. G. Bougerol, La teori:u.axione dell'esperienza di san Francesco negliautorifrancescani pre-bonaventunani, in Lettura bzblico0'

Capitolo primo teologica delle fontifrancescane, Pontificium Athenaeum Antonianum, Roma I979• pp. 2476o. (Ringrazio l'autore che con la consueta cortesia e generosità mi ha fatto avere l'estratto). Questo testo servi da modello a un anonimo cardinale che lo ripeté, sempre a Parigi, intorno al 126o davanti a un uditorio universitario; fu attribuito, ma a torto, a Bonaventura, e pubbli­ cato perciò in Bonaventurae Opera omnill , ed. cit., Sermo IX, vol. 9, pp. '82-8': De sancto pa­ dre nostro Francisco. m

Cfr. nota 13,.

"' Vedremo nel prossimo capitolo come, a partire dalla testimonianza di frate Leone, l' appa­ rizione del Serafino si unisca alla consegna di profezie segrete soprattutto sul futuro del­ l'Ordine. "' Leg. maior, prologus, par. I, AF X, p. 557-,8. Tommaso da Celano racconta soltanto nella se­ conda biografia che appena nato, Francesco era stato battezzato Giovanni dalla madre, pre­ saga del futuro del figlio, quasi un nuovo Giovanni Battista: II Cel., cap. r, parr. 3-4, AF X, pp. 131-32. A volte però la capacità profetica del santo viene applicata a umili problemi di vita quotidiana: malato e trascurato dai frati stanchi di assisterlo, una notte, per ottenere poche foglie di prezzemolo di cui ha il desiderio, dopo avere ripetuto la richiesta diverse volte, per costringere il cuoco ad andare a cercarle nell'orto, Francesco deve profetizzare che saranno certamente trovate! È un episodio che si colloca nell'ultima settimana di vita del santo (l'orto è quello del vescovo di Assisi presso cui giace malato), e apre un amaro spiraglio sui reali rap­ porti di Francesco con i compagni, ben lontani dall'affettuosa devozione che mi sarei aspet­ tata: II Cel., cap. 22, par. 51, AF X, p. 162. 140

Leg. maior, prologus, par. I, AF X, pp. 5 ' 7-58 e cap. 4, par. 4, AF X, p. 573·

14 1

I Cel., cap. n , parr. 26-27, AF X, pp. 22-23. Cfr. cap. IV, p. 1,3.

142

E. K. Waterhouse, Exhibitions o/Old Masters at Newcastle, York and Perth, in «Burlington Magazine », xcm (I951), pp. 261-65, p. 26I, fig. I7. li pannello va unito a quello conservato a Roma, Palazzo Venezia, attribuito a Giovanni da Rimini, pittore attivo all'inizio del Trecen­ to.

"' M. Salmi, La Scuola diRimini, in « Rivista del R. Istituto d'Archeologia e Storia dell'Arte», m (1932), pp. 226-67, p. 228 e tav. I. "' Dove stava completando i suoi studi di diritto canonico: E. Paschetto, Il « De natura daemo­ num » di Witelo, in >: Paschetto, Demoni cit., p. 97· L'autrice pubblica l'edizione della dissertazione di Witelo, intitolata: Epistula de primaria causa poeni­ tentiae in hominibus et de substantia et natura daemonum. Witelo sostiene opinioni inconsue­ te cercando di spiegare attraverso la dottrina della doppia verità - non confuta ciò che è affer­ mato per fede, ma si muove solo su basi razionali - la natura delle >: Leg. maior, pars l, cap. I3, par. 8, AF X, pp. 6I8-I9. «Ex tunc ad illud sacrum miraculum tanta coepit devotione affici et aemulatione fervere, ut nullo modo pari posse, quod aliquis praefulgentia illa signa superba praesumeret impugna­ tione fuscare, quin eum severa increpatione feriret >>: Leg. maior, pars Il, cap. I, par. 2, AF X, p. 628. Francesco da Rimini, nel frammentario ciclo di affreschi dedicato al santo nella chiesa di San Francesco a Bologna (prima metà del secolo XIV), ha incluso nella scena del sogno di Grego­ rio IX l'episodio delle stimmate: in una serrata sequenza visiva si passa dallo ferita ricevuta da Francesco da un fascio di luce infuocata al sangue che sgorga dal suo petto versato nel vaso offerto dal pontefice dormiente: R. D'Amico, Per Francesco da Rimini, in Francesco da Rimi­ ni e gli esordi del gotico bolognese, catalogo della mostra per il VI centenario del San Petro­ nio, Nuova Alfa Editoriale, Bologna I990, pp. 5I-64, figg. a pp. I8 sgg. Sarebbe assai interes­ sante uno studio che si occupasse di tutti i cicli dipinti dopo il modello condizionante degli affreschi di Giotto nella Basilica superiore di Assisi, per valutare gli scarti e le innovazioni. Mi limito a ricordare come esempi il ciclo della chiesa di San Fermo a Verona e quello di San Francesco a Castelvecchio Subequo: F. Bisogni, Iconografia e propaganda religiosa: due cicli veronesi del Trecento, in Scritti di storia dell'arte in onore di Ugo Procacci, a cura di M. G. Ciardi Dupré Dal Poggetto e P. Dal Poggetto, Electa, Milano I977• vol. I, pp. I57-65.

" A. Vauchez, Les stigmates de saint François et leur détracteurs dans le derniers siècles du moyen age, in « Mélanges d'archéologie et d'histoire>>, LXXX (I968), pp. 595-625. 20

Questo è il soggetto rappresentato in un miracolo della tavola di Orte. Cfr. cap. x.

21 Vauchez, Les stigmates cit., p. 6I9. 22

Forse Valladolid, dato che in alcuni manoscritti invece di: « in Villa Oleti» (in questo caso si tratterebbe di Olite in Navarra) si legge « in Valle Oleti >> per l'appunto Valladolid. Cfr. FF, p. 79I.

" « Si de qualibet arte unus sanctus exsisteret, dierum numerus sanctorum excederet >> : III Ce!., cap. I2, par. 102, AF X, p. 307. " Due casi sono segnalati nel 1222 in due cronache inglesi: c&. Councils and Synods with other documents relating to the English Churches, vol. Il, pt. I, I205-65, ed. a cura di F. M. Powicke e C. Cheney, Clarendon Press, Oxford 1964, pp. 104-6. Si decretò che « muris lapideis inclusi vitam ibi terminarent»: ibtd. Questi casi sono stati raccolti da Vauchez, Le stigmates cit., p. 598. " « Facta sunt enim haec ut Scriptura impleretur: "os non comminuetis ex eo". Et iterum alia Scriptura dicit: "videbunt in quem transfixerunt" »: Jo 19, 36. " « Unus militum lancea latus eius aperuit et continuo exivit sanguis et aqua»: Jo 19, 34· 27 I Ce!., pars Il, cap. 3, par. 94, AF X, p. 73 · 28 Lucae Tudensis episcopi De altera vita, fideique controversiis adversus Albigensium errores li­ bri tres, curante Joanne Mariana (G. de Mariana), Andreas Angermarius, lngolstadii 1612, 1. Il, cap. n, p. 102: «Alii nulla fulti auctoritate asserebant [ . . . ] non dextrum larus eius, sed sini­ strum lancea vulneratum, sed omnipotens Deus [. .. ] per servum suum Franciscum [ ... ] ita il­ lorum elusit argumenta fallacia, ut etiam inviti cedant manifestissimae veritati>>. Segue la de­ scrizione del cadavere di Francesco.

Leg. maior, pars l, cap. 15, par. 2, AF X, p. 624: « Vulnus autem lateris rubeum et ad or­ bicularitatem quamdam carnis contractione reductum rosa quaedam pulcherrima videba­ tur». '" Cfr. cap. I nota I36. 29

" Bonaventurae Sermo J, De sancto patre nostro Francisco, in Opera omnia cit., vol. IX, p. 584: >. " p_ Andriessen, Les stigma/es de ]ésus, in « Bijdragen Tijdschrift voor Filosofie en Theologie Faculteiten der Nederlandsche Jezuientenjd>>, XXIII (1962), pp. 139-54- F. Mussner, Com­ mentario teologico del Nuovo Testamento, vol. IX, La lettera ai Galati, Paideia editrice, Bre­ scia 1981, p. 631, riporta senza discuterla l'opinione di Pau! Andriessen, accanto a quelle di al­ tri esegeti, alcune francamente inverosimili. " «Ecce, ego Paulus dico vobis quoniam, si circumcidamini, Christus vobis nihil proderit ». («Ecco, io Paolo, vi dico che se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà piii a nulla >>) : Gal

5> 2.

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« Poiché quanti di voi sono stati battezzati in Cristo, sono rivestiti di Cristo »: (Gal 3 , 27).

"

«In Christo enim Iesu neque circumcisio aliquid valet neque praeputium, sed nova creatu ­ ra >>. l6 «Si qua ergo in Christo nova creatura, vetera transierunt: ecce faeta sunt omnia nova; omnia autem ex Deo, qui nos reconciliavit sibi per Christurn et dedit nobis ministeriurn reconcilia­ tionis>>. " Decretalia, L 3; Tit. 42, cap. 3, Maiores ecclesiae causas (lettera del Pontefice al vescovo di Ar­ les Ymbertus, nel 1201), Corpus luris canonici, edidit Aemilius Friedberg et Aemilius Ludovi­ cus Richter, B. Tauchnitz, Lipsiae 1879-81, ripr. anast. Akademische Druck und Verlag­ sanstalt, Graz 1959, vol. II, p. 644. Per confutare l'opinione di chi sostiene che i bambini, non potendo credere, anche nel caso fossero stati battezzati sarebbero dannati, ribatteva: «Ad id autem taliter respondemus, quod baptisma circumcisioni successit. Absit enim, ut in illam damnatam haeresim incidamus, quae perperam affirmabat, legem cum evangelio et circum­ cisionem curn baptismo servandam, quoniam secundum apostolum dicentem ad Galatas: " si circumcidamini, Christus vobis nihil prodest " . Quum ergo circumcisio tam adultis quam parvulis ex praecepto Domini conferretur, ne baptismus, qui successit in loco ipsius, et gene­ ralior tamen exsistit, quum tam viri quam feminae baptizentur, minoris videatur effectus, tam adultis, quam parvulis conferendus >> (> ( Vita cit., cap. 2, 22, pp. 641-42). Il fuggevole accellllo in un passo dove il racconto procede con difficoltà mi pare presupponga quello ben piu disteso di Tommaso da Celano: il paragone con le stimmate di Cristo è suggerito ma non dichiarato e il commento del biografo loda la forza d'animo di Maria senza commentare affatto l'intervento dell'essere celeste. Alla Vita serina da Giacomo da Vitry Tommaso da Cantimpré aggiunse nel 1230-31 un supplemento. Sarei tentata di supporre un ritocco apportatovi dall'autore o dal continuatore dopo l'esperienza di Francesco, ma in mancanza di uno studio che affronti il problema verificando la tradizione manoscritta, lascio la questione sospesa. 68

Cfr. nota 6o di questo capitolo.

69

Salimbene, dopo avere ribadito l'unicità del miracolo delle stimmate aggiunse: « Nam, sicut dixit michi frater Leo, socius suus, qui presens fuit quando ad sepeliendurn lavabatur in mor­ te, videbatur recte sieut unus crocifixus de croce depositus >>: Salimbene de Adam, Cronica cit., vol. I, p. 282. Tommaso da Celano senza denunciare la fonte, riporta la medesima frase: «dum quasi recenter e cruce depositus videretur»: I Cel., pars I, cap. 9, par. II2, AF X, p. 88.

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« Sed temperabat moestitiam gaudium inauditum et miraculi novitas eorum mentes in stupo­ rem nimium convertebat »: I Cel., pars I, cap. 9, par. II2, AF X, p. 87. Elia aveva scritto: « an­ nuntio vobis gaudium magnum et miraculi novitatem »: ibid., p. 526.

71 « Videbatur autem socio suo W. de Maddeley, quod funus quoddam iacuit in choro, quod a

72

croce videbatur recenter depositum. Nam et quinque vulnera habuit in modurn crocifixiJe­ su Christi sanguinantia. Cum vero crederet, quod esset ipse dulcisJesus Christus, appropin­ quans cominus vidi t, quod erat frater Agnellus >>: Thomae fratris vulgo diete de Eccleston Tractatus de adventu /ratrum minorum in Angliam, a cura di A. G. Little, Universiry Press, Manchester 1951, collatio XIV, p. 77· Jacobi Vitriacensis episcopi et cardinalis (II80-124o) Sermones ad Fratres Minores, ed. a cura di H. L. Felder, in «Analecta Ordinis Minorum Cappuccinorom », XIX-XXI (1903-5), pp. 22-24, II4-22, 149-59, XIX (1903), p. 23, dove sono elencate le convincenti argomentazioni.

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Capitolo secondo

11

Jacobi Vitriacensis Sermones cit., Sermo secundus, p. 151: >. " «0 Christi miles, qui solus stigmata vitae l morte triumphantis vivens in mente latenter l et moriens in carne palam, Francisce, tulisti, l vatis opus tibi sume tui ... »: Henrici Abricensis Legenda cit., AF X, p. 408. L'opera di Enrico dipende dalla Vita prima del Celano e mi pare debba essere collocata non fra il 12 32-34 come di solito si afferma, ma al tempo in cui il ponte­ fice cambiò ufficialmente idea sulla veridicità delle stimmate, perciò intorno al 12 37, l'anno in cui Gregorio IX dichiarava per la prima volta e ripeteva in tre diverse bolle che quel miraco­ lo, insieme ad altri, aveva convinto la Chiesa alla canonizzazione; in particolare, con la bolla del 31 marzo Non minus dolentes, aveva per la prima volta nominato fra i segni di Francesco anche quello del costato : Bullarium, vol. l, p. 313.

" « Mortis enim Domini caro complantata figurae>>: Henrici Abricensis Legenda cit., AF X, p. 479-

76 « Praesentes Christi repraesentantia mortem l signa notant. . . >>: Henrici Abricensis Legenda cit., AF X, p. 486. Awertiamo un'eco della frase di Leone: « Crux distendisse videtur cor­

pus» e di Elia [dr. nota 4 di questo cap.) nelle parole di Enrico: «Praeter Franciscum quis partibus insita certis l vulnera quinque tulit morientis imagine Christi? » (« chi, all'infuori di Francesco portò mai le ferite e l'immagine di Cristo morente? >>): AF X, p. 486.

n ]. G. Bougerol, La teoriuaz:ione, p. 259: « ltem fecit eum Dominus similem sue mortis, quia sicut Christus habuit stigmata in corpore et pedibus et manibus. Unde potuit vere dicere ad litteram quod dicit Apostolus mistice: " stigmata in corpore meo porto " ». E dr. cap. 1, nota 136. 78

Scripta Leonis, cap. ror, p. 266; Speculum petfectionir, cap. 112, p. 315.

" Tommaso tace il nome: III Cel., cap. 6, par. 39, AF X, p. 287.

"' Tomrnaso da Celano non perde occasione per sottolineare che i segni delle stimmate erano in rilievo. Nel cap. 11, dedicato al prodigio della Verna descrive ancora una volta i chiodi di car­ ne con capocchia e punta ribattuta, quasi attraversassero le mani e i piedi di Francesco; alla morte del santo cita l'affermazione di Elia per negarla ancora una volta con risolutezza: « cer­ nebant [. .. ) non clavorum puncturas, sed ipsos clavos ex eius carnevirtute divina mirifice fa­ brefactos>>: III Cel., cap. 2, parr. 4-5, p. 274. 81

82 81

« Contemplatur pretiosum illud vas, in quo et thesaurus latuerat pretiosus, quinque margari­ tis ornatum. Cernit illas quas sola Omnipotentis manus toto orbe mirandas fecerat caelatu­ ras, atque insuetis piena laetitiis in amico morto reviviscit. Illico non dissimulandum consu­ lit, nec aliquatenus obtegendum inauditum miraculurn, sed provido nimis consilio cunctis oculo ad oculum demonstrandum [ . . . ) . Non fecerat Deus taliter omni nationi >> : III Cel., cap. 6, par. 39, AF X, p. 287. « Ilio tempore cum matre suis oculis vidit et manibus attrectavit libere hoc ipsum iurat, du­ biis omnibus confitetur>>: III Cel., cap. 6, par. 39, AF X, p. 287. « lohannes Frigia Pennates tunc puer, postea Romanorum proconsul et sacri palatii comes »:

ibid. Giacoma era vedova di Graziano Frangipane (per le varianti del nome in latino cfr. AF X, p. 286 nota 7), detta anche dei Settesoli dal nome della sua casa che occupava anche il Septiz:onium. 84 I Cel., pars III, par. 124, AF X, p. 99" I Cel., pars Il, cap. 3, par. 95, AF X, p. 73 · 86 II Cel., pars Il, cap. 1oo, par. 138, AF X, p. 210. 87 88

« Homo Dei Rufinus, cum seme! filiali affectu scalperet sanctum patrem, manu illapsa pla­ gam illam sensibiliter contrectavit>>: III Cel., cap. 2, par. 4, AF X, p. 274« Vidimus ista qui ista dicimus, manibus contrectavimus quod manibus exaramus, lacrimosis oculis delinivimus quod labiis confitemur, tactisque sacrosanctis, quod seme! iuravimus, om­ ni tempore protestamur »: III Cel., cap. 2, par. 5, AF X, p. 274- Questa affermazione contrad­ dice quanto affermato nella Vita prima. Non è poi chiaro, come gli stessi editori sottolineano,

La lettera di Elia, il biglietto di Leone

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se il «noi» si riferisca a Tommaso o ad altri compagni del santo: AF X, p. 274, nota 21. Nella

Benigna operatio del 29 ottobre 12 55 Alessandro IV si esprime con parole simili a quelle usate da Tommaso.

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Questo particolare non era mai stato segnalato.

90

« Frater Johannes de Parma, minister generalis, in pieno capitulo generali Januae praecepit fratri Bonicio, qui fuerat socius sancti Francisci, ut diceret fratribus de stigmatibus suis veri­ tatem, quia multi de hoc per orbem dubitabant. Et respondit cum lacrymis: « isti oculi pecca­ tores ea viderunt; et istae manus peccatrices contrectaverunt ea »: Thomae de Eccleston Tractatus cit., Collatio XIII, p. 74·

91 III Ce!., par. to, AF X, pp. 276-77. Dopo che nel 1476 il papa francescano Sisto IV fece mura­ re l'accesso alla tomba di Francesco perché non corresse il rischio di essere violata, comincia­ rono a fiorire una serie di leggende sulla sua ubicazione. In una di queste si affermava che Francesco fosse in piedi nel suo sepolcro con le stimmate grondanti sangue. Il quadro del 1630 di Laurent de la Hire dà credito a questo racconto e mostra il papa Niccolò V mentre al­ za il saio del santo, scoprendo i piedi feriti. Mi pare evidente che la leggenda si sia impadroni­ ta del sogno del francescano dubbioso. Soltanto nel 1818 la tomba fu ritrovata. Per la riprodu­ zione del quadro di Laurent de la Hire si veda: Storia dei santi e della santità cristiana, Era­ clea-Grolier Hachette, Milano - Paris 1991, vol. VI, a cura di A. Vauchez, p. 157. 92 « Plures nobiscum fratres, dum viveret sanctus, id aspexerunt, in morte vero ultra quam quinquaginta cum innumeris saecularibus venerati sunt. Nulli sit ambiguitati locus, nulli sempiternae huius largitio bonitatis dubia videatur. [. .. ] Sed jam poena inflicta incredulis satisfaciat indevotis et ipsos devotos efficiat ceniores>>: III Ce!., cap. 2, par. 5, AF X, pp. 274·75 ·

., F. Pennacchi, Saggio delprocesso per la canoni:aazione disan Francesco (le stimmate), in ricordato da Bonaventura (Leg. maior, cap. 15, par. 4, AF X, p. 624) che solo immergendo la mano nella ferita del costato di Francesco morto cambiò opinione e anzi «tactis sacrosanctis, iuramento iuravit ». Il foglio contiene, fra il secondo e il terzo elenco, il brano relativo all'apparizione delle stimmate esat­ tamente come compare in I Ce!., pars l, cap. 3, par. 95, AF X, pp. 72-73, da: > fino a « sanguine sacro >>. Nella nostra pergamena però , XIX (1926), pp. 931- 36� egli nota che se le scritture sul ree/o del foglio sono della prima metà del secolo XIII non appartengono però ad amanuensi molto esperti. Manca ogni formula giuridica: due elementi che contraddicono il supposto carattere di documento pubblico e importante. Inoltre la povertà dell'impagina­ zione, le poche frasi spezzettate che precedono l'elenco dei nomi stridono con la descrizione elaborata dei segni comparsi in Francesco. U Bihl ritiene che la pane narrativa sia stata copia­ ta dal testo di Tommaso da Celano, espungendo > e > che nel contesto non avevano significato: in Tommaso si riferiscono a una precedente descrizione riassuntiva. Chi collazionò, magari un francescano di Assisi, la pergamena con il testo di Tommaso aggiunse per fedeltà al testo ufficiale di Tommaso gli avverbi che erano stati omessi. Secondo il Bihl proprio le due bolle del t237, in origine attaccate alla pergamena, spinsero un anonimo frate

Capitolo secondo per ordine del pontefice o di frate Elia (ministro generale dal 1232 al 1239) a raccogliere un nuovo elenco di testimoni. Da pane mia noto che manca la ben piu ovvia descrizione delle stimmate offena dai testimoni all'esposizione del cadavere; delle due offene da Tommaso da Celano, una subito dopo l'apparizione del Serafino, l'altra al momento della mone di Fran­ cesco, chi trascrisse scelse la prima, piu ricca di panicolari ma non completamente esauriente rispetto alla seconda; sarebbe stato inoltre piu consono legare quest'ultima alla lista dei testi­ moni. Sarei tentata di trascinare il documento a una data vicina alla bolla del 29 ottobre 1255, tenendo presente che Bonaventura fu eletto ministro generale nel 1258: fra i testimoni della pergamena risulta Girolamo: l'ultimo biografo ricorda che il « miles » Girolamo giurò solen­ nemente sulla veridicità delle stimmate. 94

« Cum igitur gloriosae vitae ipsius insignia ex multa familiaritate, quam nobiscum habuit in minori officio constitutis, piene cognita nobis essen t. . . >>: Bullarium, vol. l, p. 44·

" « Volumus [ ... l vehementius ad miranda illa saltem jucunda dominicae passionis insignia quae in eiusdem sancti corpore manus caelestis operationis impressit. [ . . . ) Viderunt oculi, [ . . . ) digiti palpaverunt quod in manibus eius et pedibus expressa undique similitudo clavo· rum de subiecto proprio carnis excrevit, vel de materia novae creationis accrevit >> (« Videro gli occhi, [ . . . ) sentirono le dita: nelle mani e nei piedi da entrambe le pani era cresciuta dal corpo stesso una escrescenza carnosa simile in modo impressionante a dei chiodi, oppure cresciuta per una materia di nuova creazione, la qual cosa il santo, finché visse, con ogni cau­ tela nascose agli occhi degli uomini >>): Bullarium, vol. Il, p. 86. 96

«Cum ea nobis dudum nota fecerit plenior fides rerum; quando videlicet in minoribus con­ stituti, confessoris eiusdem familiarem ex munere divino meruimus habere notitiam, praefati praedecessoris nostri domesticis obsequiis tun c temporis insistendo>>: Bullarium, vol. n, p. 86. Lo zio Gregorio IX lo creò cardinale diacono nel 1227 e nel 12 31 cardinale vescovo di Ostia: Salimbene de Adam, Cronica cit., p. 554 e p. 609.

97 I passi salienti della Benigna operatio sono ripetuti parola per parola nella bolla del 1259, Quia longum esset: Bullarium, vol. Il, p. 358. '" « Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostrae prohibitionis, confirmationis et voluntatis infringere, vel ei ausu temerario contraire »: Bullarium, vol. n, p. 86. Nella Grande et singulare del dicembre del 12 56 Alessandro IV ribadiva che affermare la non veridicità del­ le stimmate derivava soltanto «ex cordis malignitate>>: ibid., p. 169. ,. « Fratres quoque, qui illa [femoralia) lavabant vel tunicam excutiebant pro tempore, quia in­ veniebant ea sanguine rubricata, indubitanter per evidens signum in cognitionem sacri vul­ neris pervenerunt, quod postmodum in mone revelata facie et ipsi cum aliis plurimis con­ templati simul et venerati sunt >>: Leg. maior, cap. 12, par. 8, AF X, p. 619. Bonaventura ripor­ ta come sola eccezione la testimonianza di due frati non nominati ma chiaramente riconosci­ bili in Elia e Rufino.

100 Leg. maior, cap. 15, par. 4, AF X, p. 624. 101 Cfr. p. 64. 102 Che abilmente retrodata di poco l'avvenimento, senza tuttavia riuscire a staccarlo con nettez­ za dal tempo della mone: « non diu ante monem frater et pater noster apparuit crucifixus>>: Epistola cit., par. 5, AF X, p. 526.

1" I Ce!., pars Il, cap. 3, par. 95, p. 73· 104 Cfr. nota 27. "' « Novus igitur homo Franciscus novo et stupendo miraculo claruit, cum singulari privilegio retroactis saeculis non concesso, insignitus apparuit, sacris videlicet stigrnatibus decoratus et configuratus in corpore monis huius corpori Crucifixi>>: Leg. maior, pars Il, cap. 1, par. 1, AF X, p. 627. Paolo (Ph 3, 10) aveva affermato che pur di raggiungere la salvezza finale era pron­ to a condividere tutte le sofferenze di Cristo fino a divenire conforme al Redentore motto: «Ad cognoscendum illum et vinutem resurrectionis eius et societatem passionum illius con­ figuratus motti eius, si quo modo occurram ad resurrectionem quae est ex monuis>>; in un passo di un'altra lettera (Rm 7, 24), aveva espresso il desiderio di liberarsi dal proprio corpo monale: « Quis me liberabit de corpore monis huius? »

La lettera di Elia, il biglietto di Leone 106 107 1118

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Leg. maior, pars Il, cap. I, par. 6, AF X, p. 63o; lo stesso miracolo compare per la prima volta in III Cd., cap. 2, par. 6, AF X, p. 275. P. Golinelli, Matrlde e i Canossa nel cuore del Medioevo, Camunia, Milano 1991, pp. 33-34. Donizone, Vita di Matilde di Canossa, ed. a cura di V. Fumagalli e P. Golinelli, Jaca Book, Milano 1987, vol. I, w. 407-16, pp. 41-42. I medesimi autori pubblicano anche il testo latino nell'edizione in facsimile del codice di Donizone, Vatic. Lat. ms 4922, }aca Book - Belser, Mi­ lano - Zurigo 1984. Sui furti di reliquie cfr. P. Geary, « Furta sacra ». The/ts o/ Re/ics in the Centra! Middle Ages, Princeton University Press, Princeton 19902•

109 I Fioretti, FF, p. r6o5. 110

Leg. maior, cap. 13, par. 7, AF X, p. 6r8. Nei Fioretti, dove riaffiorano ricordi antichi traman­ dati oralmente dai frati ma anche si riflette la sistemazione trecentesca delle memorie del pas­ sato, è Filippo il Lungo, dotato di virtu profetiche, ad avere le labbra toccate , XLVII (1954), pp. 199-201. Francesco dovrebbe

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averla appresa dalla formula con cui nelle diocesi dell'Italia centrale si ordinavano i sacerdo­ ti; l'autore suppone che il santo possa avere assistito all'ordinazione di un frate minore. Si sa­ rebbe ricordato di quella formula che adatta un passo biblico (N m 6, 24-26) perché la bene­ dizione era destinata a Leone, per l'appunto chierico. Interessanti osservazioni offre il contri­ buto di R. Rusconi, Cultura e scrittura in Francesco d'Assisi: a proposito degli autografi, in Ac­ tes du Colloque franciscain de Bonifacio [Corsica], 20-21 septembre 1982, pp. 51-62. D testo è introvabile in Italia: ho avuto la fotocopia dell'estratto da André Vauchez che ringrazio.

« Beatus Franciscus duobus annis ante mortem suam fecit quadragesimam in loco Alvemae ad honorem beatae Virginis, matris Dei, et beati Michaelis archangeli a festo assusnptionis sanctae Mariae Virginis usque ad festum sancti Michaelis septembris. Et facta est super eum manus Domini; post visionem et allocutionem Seraphim et impressionem stigmatum Christi in corpore suo, fecit has laudes ex alio latere cartulae scriptas et manu sua scripsit gratias agens Deo de beneficio sibi collato >> : Opuscula Esser, p. 92.

« Benedicat tibi Dominus et custodiat te; ostendat faciem suam tibi et miserearur tui. Con­ vertat vultum suum ad te et det tibi pacem. Domi nus benedicat, frater Leo, te>>: Opuscula Es­ ser, pp. 91-92. « Beatus Franciscus scripsit manu sua istam benedictionem mihi fratri Leoni »: ibid., p. 92. Tommaso parla dell'autografo nella Vita secunda dicendo che furono scritte insieme la bene­ dizione all'amico e le Lodi a Dio Altissimo. Il Ce!., pars Il, cap. 20, par. 50, AF X, p. r6r.

Per il Tau infisso su un monticello - forse il copista non ha capito che si trattava di una testa ­ riprodotto in un codice della Vallicelliana di Roma, cfr. cap. VII, p. 274. Sul Tau: D. Vorreux, Un symbole /ranciscain, le Tau, Éditions franciscaines, Paris 1977. G. Schiller, Iconography o/Christian Art, Lund Humphries, London 1972, vol. Il, The Pas­ sion o/]esus Christ, pp. 130-p. G. Schiller, Iconography cit., fig. 390: Angers, Bibliothèque Municipale, ms 24 (20), seconda metà dd

IX

secolo.

L'impaginazione della invocazione è tale che si possono pensare le parole: «Frater Leo te » frutto di un ulteriore ripensamento. Sul carattere della benedizione, che può essere letta in tutte le direzioni possibili, quasi come fosse una sorta di quadrato magico, e sulla grafia di Francesco si vedano le fini osservazioni di A. Bartoli Langeli, Le radici culturali della « popola­ rità» francescana, in Il Francescanesimo e il teatro medioevale, Atti del convegno nazionale di

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uo

Studi, San Miniato 8-Io ottobre I982, Società storica della Valdelsa, Castelfiorentino I984, pp. I-58. Francesco scrive con « una minuscola dell'area umbro-marchigiana [ . . . ] una scrittu· ra priva di una propria autonomia formale ed espressiva>>, avvicinandosi a quella «dei redat­ tori o sottoscrittori semicolti dell'area appenninica. [ ... ] La scrittura di Francesco è assai lon­ tana dalla scrittura dei libri, all'epoca monopolio dei chierici e dei religiosi: basti confrontar· la con la bella e semigotica libraria di frate Leone»: ibzd. , p. 55· Si veda sulla «educazione grafica laica>> e sul «livello appena funzionale di capacità scrittoria >> di Francesco, un tempo mercante, lettore di romanzi cavallereschi piu che scrivente in latino: A. Petrucci, Storia e geografia delle culture scritte (dalsecolo Xl al secolo XVIII), in Storia della Letteratura italiana, L'età moderna, a cura di A. Asor Rosa, vol. V, 2, Storia e Geografia, Einaudi, Torino I988, pp. n95-292, spec. pp. 1209·2n, con relativo corredo bibliografico. « Beatus Franciscus maiorem reverentiam habebat in Nativitate Domini quam in ulla alia sol­ lempnitate Domini, quoniam licet in aliis eius sollempnitatibus Dominus salutem nostram operatus sit, tamen ex quo natus fuit nobis, ut dicebat beatus Franciscus, oportuit nos salva­ ri>>: Scripta Leonis, cap. no, p. 282. « Praecipue incarnationis humilitas et charitas passionis ita eius memoriam occupabant, ut vix vellet aliud cogitare >>: I Cel., pars l, cap. 30, par. 84, AF X, p. 63. È quanto sottolinea Tommaso da Celano all'inizio del Tractatus de miraculis, passando in ras­ segna tutte le circostanze della vita di Francesco legate alla croce: III Cel., cap. 2, parr. 2-3, AF X, pp. 272-73. Già Luca di Tuy aveva ravvisato una doppia Tau nella forma del corpo umano e ancora una Tau nel modo come sono disposte le sopracciglia e il naso: Lucae Tu­ densis De altera vita, cit., L II, cap. Io, p. 99· Secondo Iacopo da Varazze Francesco era «legatus Dei. lpse enim tanquam legatus [Christi] bullam surnmi Pontificis secum ferebat, unde et in vita sua signo thau litteras sigillare con· sueverat. Tanquam legatus signa pontificalia [securn] ferebat ... »: Sermo III : De stigmatibus s. Francisci, Lemmens p. n5. III Cel., par. I59, AF X, p. 32I. In Nm 2I, 8 Mosè fece del serpente di bronzo un vessillo che guariva chiunque lo guardasse. Nelle immagini il > diventa una croce a Tau, simbo­ lo della croce di Cristo: si veda ad esempio la formella della porta bronzea di San Zeno a Ve­ rona; per il commento rimando al mio lavoro: La porta in bronzo della chiesa di S. Zeno a Ve­ rona, in Il Veneto nel medioevo, dai Comuni cittadini al predominio scaligero nella Marca, Banca popolare di Verona, Verona I99I, pp. I65-208, p. I9I. La porta è costituita di parti ap­ partenenti a tempi diversi, opera di almeno tre maestri: questa formella è della fine del secolo XII.

«Crux illi erant mundi deliciae, quia Christi crucem radicatam gerebat in corde. Et ideo stig­ mata exterius fulgebant in carne, quia intus radix altissima excrescebat in mente>>: Il Cel., pars II, cap. I6o, par. 2n, AF X, p. 252; con altre parole la medesima considerazione è svolta sempre in II Cel., pars II, cap. 75, par. 109, pp. I95·96, a commento della visione di frate Silve­ stro. Chiara da Montefalco, mentre era in vita andò ripetendo di portare dentro al cuore la croce di Cristo: il fratello di Chiara è un francescano e la santa fu sempre molto legata ai mi­ nori. Alla sua morte le suore aprirono davvero il cuore della compagna e vi trovarono tutti i simboli della Passione, crocifisso compreso : C. Frugoni, Domine, in conspectu tuo omne desi­ derium meum: visioni ed immagini in Chiara da Montefalco, in Santa Chiara da Montefalco e il suo tempo, a cura di C. Leonardi ed E. Menestò, La Nuova Italia, Firenze I985, pp. I54·74· « Erat in Marcha Anconitana saecularis quidam, sui oblitus et Dei nescius, qui se totum pro­ stituerat vani tati. Vocabatur nomen eius "Rex versuum", eo quod princeps foret lasciva can­ tantium et inventor saecularium cantionum >> : II Cel., pars Il, cap. 72, par. Io6, p. I92. « Videt corporeis oculis sanctum Franciscum duobus transversis ensibus valde fulgenti bus in modurn crucis signatum, quorum unus a capite ad pedes, alius a manu in manum per pectus transversaliter tendebatur. Non noverat ipse beaturn Franciscurn, sed tanto monstrato mira­ culo, mox cognovit eumdem >>: II Cel., pars Il, cap. 72, par. Io6, p. I93· «Aspexit enirn post pauca magnurn signurn Thau super frontem beati Francisci, quod diver­ sicoloribus circulis pavonis pulchritudinem praeferebat»: II Cel., pars II, cap. 72, par. ro6, p. 193· « Thau est ultima littera Hebraici alphabeti, exprimens formam crucis, qualis erat antequam

La lettera di Elia, il biglietto di Leone

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Domino crucifixo Pilatus titulum superponeret. [ ... ] Hoc signum gerit in fronte qui virtutem crucis ostendit in opere »: Innocenti i III papae Sermones de diversis, Sermo VI: In concilio ge­ nerali Lateranensi habitus, P. L. 2I"J, col. 677.

0 1 I Cherubini sono descritti con quattro ali a cerchi di pavone (Ez r, r8, e ro, 12) di solito rappre­

' sentati di colore' azzurro; i Serafini sono descritti invece con sei ali (Is 6, r-3), di solito rappre­ sentati di colore rosso. Sono gli angeli piu vicini al trono di Dio.

02

Cito a mo' di esempio la miniatura del breviario-libro d'Ore del secondo quarto del XIV seco­ lo conservato a Oxford, Bodleian Library, ms Douce 245, f. 557, dove l'essere celeste non ha che quattro ali anche se rosse (a f. 457, dove c'è di nuovo rappresentato Io stesso soggetto, 45 compare invece un Serafino con sei ali bianche venate di verde - in tutte e due le miniature non v'è traccia di croce): cfr. Ph. Faure, Vie et mort du Séraphin de Saint François d'Assise, in « Revue Mabillo n», Nouvelle série, 1 (LXII), 1990, pp. J:43-77, p. 164 e fig. 12 (che si riferisce al foglio 457 e non 557 come è scritto per errore). In un leggendario domenicano d'origine tede- 44 sca conservato a Oxford, Keble College, ms. 49, f. 222, del terzo quarto del xm secolo (Faure, Vie et mort du Séraphin cit., p. 157), un grande Serafino con le ali spiegate e la testa legger­ mente inclinata, appoggiato a una grande ruota raggiata, ricordo del carro dei Cherubini, ap­ pare frate Leone in medita2ione e Francesco in sinocchio che abbozza un gesto di srupore, mani, piedi e petto già segnati dalle stimmate. Desidero esprimere tutta la mia gratirudine a Philippe Faure che con grande generosità mi ha fatto leggere una parte del suo lavoro ancora non pubblicato e ha scambiato con me una lunga corrispondenza « francescana>> facendomi pensare - data la lentezza delle poste italiane - a quel tempo felice di carrozze e postiglioni che intrecciavano domande e risposte di tanti studiosi.

uJ Le Masne de Chermont, Recueils cit., predica n. 57 del 126o, p. 284: « Apparuit beato Franci­

sco Christus in specie Cherubim cum quinque plagis corporeis quas reliquid in corpore beati Francisci ». Su Federico Visconti come ideatore del programma del pulpito del battistero di Pisa: E. M. Angiola, Nicola Pisano, Federigo Visconti and the Classica! Style in Pisa, in >, ux (1977), pp. r-27.

u•

In una delle formelle (u3o circa) della porta in bronzo della già citata chiesa di San Zeno a 82 Verona, che rappresenta per l'appunto il Giudizio, il Redentore attorniato da due Cherubini incensanti e con i simboli della Passione poggia i piedi sulla croce sostenuta da due Serafini, ognuno appoggiato a una ruota alata. Nel legno i rami sono stati sommariamente tagliati senza togliere la corteccia: si trana di una variante della croce, detta o «verdeggiante>>, l' del paradiso perduto. Ricordo che Cherubini e Serafini occupano se­ condo Io pseudo-Dionigi il punto piu alto delle schiere angeliche, il piu vicino al trono di Dio, donde la loro intercambiabilità: Frugoni, La porta in bronzo cit., p. r8r. Nel Giudizio 81 universale rappresentato nell'Hortus deliciarum di Herrad di Hohenbourg (un tempo definita di Landsberg, badessa del monastero di Hohenbourg in Alsazia, dove mori nel u95), due Serafini su ruote, identificati come tali dalla serina - intorno al capo dell'angelo sono i tre animali simboli degli altri evangelisti - stanno al di sono di Cristo in maestà. Per l'edizione del manoscritto di Herrad, andato bruciato nel bombardamento di Strasburgo del 1870 ma for­ tunatamente copiato quarant'anni prima dal conte A. de Bastard d'Estaing cfr.: Herrad of Hohenbourg, Hortus deliciarum. A Reconstruction, a cura di R. Green, M. Evans, C. Bischoff e M. Curshmann, The Warburg Institute, E. J. Brill, London-Leiden 1979, II, p. 433, tav. 144, f. 253r.

u•

I Fioretti, FF, p. r6o5 .

.,. « Videt namque in somniis crucem auream de ore prodeuntem Francisci, cuius summitas caelos tangebat, cuius brachia protensa in larum utramque mundi partem amplexando cin­ gebant. [ ... ] Quid mirum si Franciscus crucifixus apparuit, cui tantum semper cum cruce fuit? >>: II Ce!., pars II, cap. 75, par. 109, AF X, p. 195. "7 us 09

Di Fonzo, L'anonimo Perugino cit., cap. 2, par. 13, p. 441·

Ibid. , cap.

r,

par. 8, p. 438.

Mentre era ancora « deditus vanitati duos gladios sibi connexos ad modum crucis de ore pa­ tris sanctissimi praedicantis exire conspexit, qua miraculo territus, est conversus et Francisci

IOO

Capitolo secondo

factus est imitator precipuus»: Thomae Tusci Gesta cit., p. 492. Il racconto di Tommaso da Celano è simile ma non identico e si presta a un diverso commento: cfr. pp. 73·74· 140 II Ce!., pars II, cap. 72, AF X, p. I92. 141 « Ego oculis meis vidi, quod frater Pacificus, vir eximie sanctitatis in tantum, ut a beato Fran­ cisco "pia mater" appellaretur, quandam tabulam parvam habebat, quam de nuce quadam, que iuxta quoddam altare cuiusdam ecclesie ruinose excreverat, fecerat exsecari, que ex ipsa sua sectione statim in se crucifixi ymaginem preferebat, non utique elevatam, sed planam, non artificis corruptibili manu pictam, sed ipsi tabule manu sapientie divine impressam ei­ que connatam, quam tabulam dictus frater ob reverentiam crucifixi semper secum cum qui­ busdam sanctorum reliquiis deferebat »: Thomae Tusci Gesta ci t., p. 492; Frate Tommaso da Pavia si è ricordato della frase di Bonaventura impiegata a descrivere nel Prologo della Legen­ da maior il prodigio delle stimmate: « In corpore ipsius fuit impressum non per naturae virtu­ tem ve! ingenium artis sed potius per admirandam potentiam Spiritus Dei vivi>> (Prologus, par. 2, AF X, p. 559). Sulla non contraffazione delle stimmate, soprattutto per quanto riguar­ da la ferita al petto, Bonaventura ritornerà anche nel capitolo che riguarda la morte del santo (Leg. maior, pars n. cap. I�, par. II, AF x. p. 624) . 1" La barba di Francesco era « nigra, pilis non piene respersa >>: I Ce!., pars l, cap. 29, par. 83, . AF X, p. 62. 143 Opuscula Esser, p. 3IO. 144 M. Nobili, La cultura politica alla corte diMatilde di Canossa, in Le sedi della cultura nell'Emi­ lia Romagna, Silvana editoriale, Milano 1983, p. 23�. 14' La lettera, indirizzata al ministro e ai frati della provincia minoritica di Francia è perduta: Thomae de Eccleston Tractatus cit., Collatio VI, p. 32. 146 Rusconi, Cultura cit., p. 52. Un secondo autografo di Francesco, pervenutoci, è ancora diret­ to a Leone, che se fu sempre attento a conservare - nota ancora il Rusconi - il ricordo del >): Is 4, u. TI profeta sta parlando della fine del re di Ba­ bilonia, ma l'esegesi patristica riferf la frase al piu bello degli angeli ribelli . ' : ]o I, 5I. ' Iohannis Scoti Eriugenae Expositiones in ierarchiam coelestem, a cura di I. Barbet, Brepols, Tumholti I975 (Corpus Christinanorum, continuatio mediaevalis 31). Sia Ilduino che Gio­ vanni Scoto Eriugena si servirono del medesimo manoscritto. Nel XII secolo il testo fu ritra­ dotto di nuovo da Giovanni Saraceno e poi nel Xlll da Roberto Grossatesta: su questo argo­ mento e per la bibliografia relativa: ]. Monfasani, Pseudo-Dionysius the Areopagite in Mid­ Quattrocento Rome, in Supplementum Festivum, Studies in honoro/Paul Oskar Kristeller, ed. a cura di]. Hankins,J. Monfasani, F. Purnell Jr., numero speciale di : Hugonis de S. Vietare Ex-

«Ad imaginem et similitudinem nostram » positio in Hierarchiam coelestem s. Dionysii Areopagitae, PL 175, l. V, cap. 4, col. 1015 D. Ugo cita l'Arcangelo Gabriele messaggero dell'incarnazione, la presenza angelica nelle tentazioni del deserto, sul Monte degli Ulivi: ibid., l. V, col. 1018 A-C e l. m, cap. 2, col. 990 A. 8 «N eque enim ultra mori poterunt ; aequales enim angelis sunt et filii sunt Dei, cum sint filii resurrectionis >>; lo stesso concetto è ripetuto in Mt 22, 30. ' Secondo Vgo di San Vittore è il grado di partecipazione a Dio, cioè di rassomiglianza, che de­ termina la posizione delle gerarchie angeliche in una concatenazione discendente sempre piu tenue, a partire da Dio, gerarchia suprema fino all'uomo la cui gerarchia è esemplata su quel­ la - che gli è irrunediatamente superiore - degli Angeli: Hugonis de S. Vietare Expositio cit., l. l, cap. 2, PL175, col. 929B; cap. 3, col. 930 A; cap. 5, col. 931C; l. IV, cap. 3, col. 1ooo A; cfr. anche Javelet, Image cit., vol. II, pp. 121-25. 10 Javelet, Image cit., vol. l, p. 158 e vol. II, p. 108, nota 40. Secondo Pietro delle Celle «l Cheru­ bini e i Serafini infiammati d'amore è come se dalla bocca di Dio prendessero acqua e cibo quando soccorrono all 'obbligo dell'amicizia verso gli spiriti che nella gerarchia sono loro piu prossimi>> (« Cherubim et Seraphim charitate infiammati quasi ori divino, cibum et potum deferunt, cum omnimodo aliis spiritibus vicinius ordine et amicitiae dignitate assistunt »): Petri Cellensis Mosaici tabernaculi mystica et moralis expositio, l. l, PL 202, col. 1052 D. 11 « Usque ad Cherubim et Seraphim, id est plenitudinem scientiae et rogum charitatis »: Isaac de Stella Epistola ad quemdam familiarem suum, De anima, PL 194, col. 188o B. 12 «Cum enim fertum in ignem proicitur [ ... ] paulatim in se ignis similitudinem trahit donec tandem totum liquefiat et a seipso piene deficiat, et in aliam penitus qualitatem transeat»: Ri­ chardi de S. Vietare De quatuor gradibus de violenta charitate, PL 196, col. 1221 B. " Gregorii Magni Homiliae in Evangelia, l. II, Hom. 34, parr. 7-8, PL 76, col. 1250 B e Moralia in Job, l. 32, cap. 23, par. 47, PL 76, col. 665 A-B. 14 Javelet, Image cit., vol. l, p. 162. La vocazione angelica dell'uomo - poiché l'angelo e l'uomo sono stati creati a immagine di Dio- crea un rapporto complicato fra loro e rispetto a Cristo, rapporto che Alano da Lille cerca di spiegare cosi: « Una cosa è il contrassegno (signaculum) di Dio un altro è il suo sigillo (sigillum): una cosa - voglio dire - la sua irrunagine (imago), un'altra i l suo segno (signum). «Sigillum » di Dio Padre è il Figlio, come volesse dire che in tutto «signat illum ». [ ... ] L'angelo invece è un contrassegno (signaculum) di Dio come a vo­ ler dire che lo « segna» solo in alcune cose, essendo simile a Dio in piu d'un tratto ma non in tutte. È il motivo per cui, riferendosi al suo stato prima della caduta si dice di Lucifero: "tu sei il contrassegno della somiglianza" ("tu signaculum sirnilitudinis") di Dio. Ora, il Figlio è sigillo del Padre per l'unità dell'essenza; l'angelo ne è contrassegno secondo le forme dell'imitazione. Si dice dell'uomo che sia immagine di Dio, quasi « imitago » perché non è co­ si precisamente simile a Dio come lo è l'angelo . Di ogni creatura si dice poi che essa è il segno di Dio, perché con la sua essenza, con la sua disposizione, con la sua bellezza è dimostrazione vivente di Dio » ( « Aliud est enim signaculum Dei, aliud sigillum, aliud ymago, aliud signum. Sigillum Dei Patris est Filius quasi in ornnibus signans illum. [ ... ] Angelus vero est Dei signa­ culum, quasi in aliquibus signans illum, quia in pluribus similis est Deo angelus etsi non in omnibus. Unde et de Lucifero dicitur secundum statum quem habuit ante casum: "Tu signa­ culum similitudinis" Dei. Sed Filius est sigillum Patris secundum unitatern essentie, angelus vero signaculum imitationis ratione. Homo vero dicitur ymago Dei quasi imitago, quia non ita si milis est expresse Deo sicut angelus. Quelibet vero creatura dicitur signum Dei, quia sui essentia, sui ordinatione, sui pulcritudine predicat Deum »): Alani de lnsulis In die s. Michae­ lis, Javelet Image cit., vol. II, pp. 132-33, nota 50. " « lustus vero est animus ex Deo, cuius imago est in eo per quam similis est angelis »: Petri Lombardi Commentarium in Psalmos, Ps 32, 12, PL 191, col. 333 B. 16 Garneri de S. Vietare Gregorianum, l. VI, cap. 23, PL 193, col. 277 B. 17 Si veda il commento di Pietro Lombardo al testo di Gregorio Magno: Sententiarum libri, l. Il, dist. 9, par. 7, PL 192, col. 671. 18 Cfr. qui cap. 1, nota 136 e Bougerol, La teoriua:r:ione cit., p. 25T «Creavit Dominus hominem primum Adam, scilicet, in principio ad imaginem et similitudinem suam. Sed ipse per pecca­ tum delevit imaginem et similitudinem Dei in se. Sed per beatum Franciscum imago et simili-

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Capitolo terzo tudo Dei reparantur. Unde de ipso recte potest dici: "Creavit Dominus hominem ", scilicet beatum Franciscum, "ad imaginem et simi.litudinem suam ". lpse enim configuratus fuit ad imaginem divinitatis et humanitatis Christi».

" La definizione presente nella profezia di Isaia soltanto nella versione dei Settanta è stata ac­ colta nella liturgia e si trova ripresa e commentata da molti autori del XII secolo come: Ansel­ mo d'Aosta, Onorio Augustodunense, Ugo di San Vittore. Dice ad esempio Ugo: «Hoc est quod ip se Jesus appellatur " magni consilii Angelus veniens" hoc est, in eo quod venit ad nos per nostram ordinationem id est secundum quod ordinaverat, vel ordinatum erat venire in nostra natura, quae ordinatio salutaris erat et benefica» (« Per questo Cristo è chiamato l'An­ gelo di gran consiglio che viene, per il fatto che venne per compiere il progetto che ci riguar­ da cioè secondo quello che aveva progettato - o che era stato progettato - : venire e assumere la nostra natura; questo progetto fu benefico e portatore di salvezza>>): Hugonis de S. Vie­ tare Expositio cit., l. V, PL 175, col. mr8 A. 20 21

Gameri de S. Vietare Gregorianum cit., l. l, cap. 2, par. 7, PL193, coli. 27 D-28 A, a proposito di ls 9, 5· « lpseJesus per nostram salutarem benefacentiam et manifestatoriam veniens ordinationem, Angelus magni consi.lii appellatur»: Johannis Scoti Eriugenae Expositiones cit., p. 82.

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«In i pso amo cuncta opera mea, quae facio, et non amare nequeo quod intueor simile illi, quem amo. Solus ille me offendit, qui ab eius similitudine recedit. lpsum audite. Magni con­ silii Angelus vobis mittitur [ ... ] . lpse est forma, ipse est medicina, ipse est exemplum, ipse est remedium, ipsum audite. Felicius fuisse semper tenuisse eius similitudinem; sed iam non mi­ nus erit gloriosum ad eius redire imitationem » : Gerhohi Reicherspergensis Commentarium in Psalmos, Ps 27, PL 193, col. 1223 A.

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Attivo fra il 1392 e il 142o; il dipinto è dell'inizio del '400 e proviene dalla pala d'altare della Santa Trinità dal Convento di Portico, già conservato al museo Bandini di Fiesole (Firenze): M. Horster, Castagno's Florentiner Fresken, in >: Petri Blesensis Trac­ tatus de chan·tate, cap. 21, PL 184, col. 6q A-B. 47 Per una esemplificazione ricchissima: ] avelet, lmage cit . , vol. I, pp. 414 sgg. 48 Aelredi abatis Rievallensis Speculum charitatis, PL 195, col. 620 C e cfr. Javelet, lmage cit., vol. II, p. 302, nota 33· 49 Javelet, lmage cit., vol. I, p. 417· lO «Ex iucunditatis exaltationisque magnitudine humana mens solet in extasim cadere, et se­ metipsam excedere»: Richardi de S. Victore Benjamin maior, l. V, cap. 14, PL 196, col. 185 D. " Richardi de S. Victore Explicatio in Cantica, cap. 27, PL 196, col. 484 C-D. " Riporto la parte centrale della preghiera perché sia subito chiaro il riferimento: « Deus, qui humanae substantiae dignitatem mirabiliter condidisti, et mirabilius reformasti: da nobis per huius aquae et vini mysterium, eius divinitatis esse consortes, qui humanitatis nostrae fieri di­ gnatus est particeps, Jesus Christus Filius tuus Dominus noster: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus sancti Deus» . " li Verbo riconcilia l'uomo con Dio, restituisce all'uomo il suo stato edenico e l'unisce al mon­ do angelico: Faure, Gli angeli cit., p. 102. " È questa la conclusione cui giunge D. B. Botte in un documentato articolo: L'ange du sacri/ice et l'épiclèse de la messe romaine au Moyen Age, in « Recherches de théologie ancienne et mé­ diévale», 1 (1929), pp. 285-308. Per epiclesi si intende la preghiera del canone della messa nel­ la quale si invoca da Dio la transustanziazione eucaristica a opera dello Spirito santo. " «Quis est iste angelus, nisi Angelus magni consilii, qui propriis manibus, id est singulari di­ gnitate praeditis operibus coelos meruit ascendere et in sublime altare, id est ad dexteram Patris pro nobis interpellans sublevare?» Questo passo si trova all'interno dell'opera che 44

« Ad imaginem et similitudinem nostram »

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spiega ogni momento della messa, come commento alla preghiera « Supplices te rogamus»: Senno V seu Opusculum de convenientia veteris et novi sacnficii, PL r62, col. ,7, citato da Botte, L'ange du sacrz/ice cit., p. 301, con numerosi altri esempi alle pp. 302 sgg. Nell'antica li­ turgia delle Gallie, che risente della liturgia bizantina, il ruolo degli angeli era piu accentuato tanto che anche Cristo, per il suo ruolo di mediatore, era detto « magni consilii Angelus». •• Lucae Tudensis Dealtera vita cit., l. r, cap. J4, p. 39: «Et sacerdos in sacratissimo canone sup­ pliciter petit, hoc sacrificium per manus sancti Angeli in sublime ante conspectum divinae maiestatis deferri: alioqui preces et sacrificium, minime supplicare!. Quis autem est ille An­ gelus, nisi ille magni consilii de quo dicit Hispaniarum doctor Isidorus: "Ubicumque in sa­ cris Scripturis pro Deo ponitur Angelus, non Pater, non Spiritus Sanctus, sed pro incarnatio­ nis dispensatione solus Filius intelligitur"? » " Ibùi., l. II, cap. 20, p. J41: «Angelus magni consilii, id est Dei filius in igne apparuit Moysi. [. .. ] Apparuit namque Deus in fiamma Moysi, ut se in illis insinuet per gratiam habitare, qui ardent fiamma inextinguibilis caritatis ». ,. Botte, L'ange du sacri/ice cit., p. 303. " Paris, Bibliothèque de I'Arsenal, ms 28o, f. 27 citata da Faure, Vie et mort du séraphin cit., pp. 157-58 e fig. 7· Un utile confronto mi sembra la miniatura di un messale del secolo xm dove la I dell'« lntroitus » mostra un sacerdote inginocchiato davanti all'altare mentre solleva davanti a sé un bambinello, cioè la sua anima; al di sopra della mensa, dentro una nuvola circolare a bordi ondulati, si mostra Cristo con il nimbo a croce e il globo in mano (Padova, Biblioteca Capitolare, ms D 34, f. 7'• pubblicata in Francesco D'Assisi. Documenti e Archivi cit., p. 312). n Serafino compare di nuovo &a le stelle, tutto chiuso dal bordo ondulato della nube celeste, in due reliquiarii smaltati quadrilobati (rame dorato, smalto champlevé limosino), conservati uno al Louvre proveniente da Palma di Maiorca, l'altro dato in deposito da questo museo al 51 museo di Cluny sempre a Parigi. Nella foglia inferiore del quadrilobo, Francesco, in piedi in mezzo ad alberi allegramente colorati, apre le mani in un gesto stupefatto. Sia il Serafmo che il santo hanno mani e piedi segnati dal rosso segno delle stimmate; Francesco mostra anche la ferita al petto dal saio aperto; il Serafino è privo di croce. Sono molto simili fra di loro e si di­ stinguono per lievi differenze. Quello del Louvre (che ha conservato interamente il suo pie­ distallo mentre il secondo ne è privo) oltre alle stelle mostra anche la luna e il sole, una rap­ presentazione enfatica e banalizzata del cielo (il sole e la luna ricordano il cielo oscuratosi alla morte del Redentore e sono un dettaglio preso dall'iconografia della crocifissione). n mo­ mento rappresentato mi sembra corrisponda a quello narrato da Tommaso da Celano nel Tractatus de miraculis (cap. 2, par. 4, AF X, p. 274) dove si dice che il Serafino sta al di sopra del santo « in aere » e le stimmate compaiono nel momento stesso in cui la visione svanisce. Sarebbe certo anche possibile pensare che il cerchio di nuvole neghi il Serafino alla vista del santo: in questo caso il momento sarebbe quello in cui, secondo la prima versione di Tom­ maso da Celano, scomparsa del tutto la visione, Francesco contemplò il prodigio nella pro­ pria carne. Il reliquiario del Louvre mi sembra copia di quello di Cluny, dove le sole stelle sono una precisa indicazione cronologica. La bibliografia è ferma a un vecchio articolo di H. Matrod, Le stimmate di san Francesco nella rappresentazione piu antica che si conosca, in «Miscellanea francescana», x (19o6-8), pp. 8-17, che pone entrambi i reliquiarii al 12z8-3o, data sempre ripetuta a catena nelle citazioni successive; dr.: Ornamenta Ecclesiae. Kunst und Kiinstler der Romanik. Katalog xur Ausstellung des Schniitgen-Museum in derJosefHaubrich­ Kunsthalle, a cura di A. Legner, Schnutgen-Museum, Koln 1985, vol. III, pp. r63-64, che de­ scrive entrambi i reliquarii in due schede assai minuziose. Tuttavia il dettaglio della ferita al petto mi spinge a pensare a una data posteriore rispetto a quella proposta dal Matrod; per le ragioni cfr. cap. v, p. 209. "' Di nuovo vediamo il santo inginocchiato in atteggiamento supplichevole davanti all'altare su cui si libra un Serafino affisso alla croce verdeggiante, il capo reclinato come se fosse spirato, in un medaglione dipinto su vetro della francescana chiesa di Erfurt in Turingia. Il santo, o!- 5 tre alle mani stimmatizzate, mostra ben visibile anche la ferita al petto. Sull'altare un libro aperto su cui si legge: « Domine, fac mecum signum in bono» e tutto intorno a mo' di cornice corre la scritta: « Plagis distinctum seraphin videt in croce vinctum. Ex hinc sunt isti mox in­ dita stigmata Christi ». L'immagine è apparentemente simile alla miniatura del ms D 34 della

IJO

Capitolo terzo Bibliothèque de l'Arsenal di Parigi, ma di significato diverso. Francesco è mostrato nel mo­ mento in cui la triplice apertura del libro sacro gli mostra i versetti della Passione, secondo la versione di Bonaventura che propone una identificazione fisica del santo con i dolori di Cri­ sto crocifisso. Per questo il Serafmo è inchiodato e come già morto: 8oo ]ahre Franx von Assi­ st; Franxiskanische Kunst un d Kultur des Mittelaters, Krem-Stein, Minoritenkirche, 15 Mai-I? Oktober I982, F. Berger und SOhne Gesellschaft, Wien I982, p. 647 e tav. a colori 53 di fronte a p. 659. La voce è a cura di E. Bacher che trascrive: « Ex hinc sunt isti mox inoita stigmata Christi », evidentemente senza senso. È pur vero che la lettura in quel punto è assai malage­ vole. Nelle fonti francescane « indita» ha due sole occorrenze: Leg. maior, cap. I, par. I, AF X, p. 56o; Leg. minor, cap. I, par. 2, AF X, p. 655. Sarebbe possibile pensare anche a « indu­ ta» ma con questa congettura verrebbe compromessa la lettura metrica. n Bacher data la pit­ tura, reinserita in una fmestra del coro del XIV secolo, a dopo il r230, anno in cui l'edificio sa­ cro doveva essere verosimilmente in uso. Io credo si debba collocarla almeno una trentina di anni piu tardi, dopo la biografia di Bonaventura.

61

La croce è posta nel vano della grotta presso cui si tiene Francesco inginocchiato già con le stimmate. Su questa tavola cfr. cap. x.

62 Escluso I'Officium passionis: N. Nguyen-Van-Khanh, Le Christ dans la pensée de saint Fran­

çois d'Assise d'après ses écrits, Éditions franciscaines, Paris I989, p. 59· L'espressione cristolo­ gica piu frequente di Francesco - con la quale conclude quasi ogni preghiera - è: « Dominus noster Jesus Christus », dove «noster» rimanda al riscatto operato e « Dominus » al potere divino; inoltre, Francesco associa sempre al nome di Cristo quello di « Dominus» e « Deus» - questi due termini invece sono citati anche da soli. Dichiaro volentieri il mio debito, per l'e­ same degli scritti di Francesco che vado svolgendo, al libro di N. Nguyen-Van-Khanh che mi è servito da guida.

6'

Per un esame dettagliato rinvio a Nguyen-Van-Khanh, Le Christ cit., pp. 6o-65.

64

> del salmo in « redemit» e « derelinquet ».

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131

69

« Filius [ ... ] quod aequalis est Patri, viderur a b aliquo aliter quam Pater, aliter quam Spiritus Sanctus. Unde omnes qui viderunt Dominum Jesum secundum humanitatem et non vide­ rum et crediderunt secundum spiritum et divinitatem, ipsum esse vere Filium Dei, damnati sunt»: Opuscula Esser, p. 6o; FF, p. 137.

70

Da parte dell'uomo è il primo motivo per rendere grazie a Dio. Dice Francesco ai frati: « Gra­ tias agite et adorate Dominum Deum omnipotentem in Trinitate et unitate, Patrem et Filium et Spiritum Sanctum, creatorem omnium »: Regula non bullata, cap. 21, Opuscula Esser, p. 278. La creazione è un'opera comune della Trinità: Regula non bullata, cap. 23, Opuscula Esser, p. 287.

71 72

I frati che vanno fra i saraceni devono esortarli: « Ut credant Deum omnipotentem Patrem et Filium et Spiritum Sanctum, creatorem omnium, redemptorem et salvatorem Filium>>: Re­ gula non bullata, cap. r6, Opuscula Esser, pp. 268-69. Nell'ultimo capitolo della medesima Regula non bullata dopo avere per cinque volte ricordato l'opera creatrice di Dio Francesco conclude: « Nihil ergo aliquid aliud desideremus, nihil aliud velimus, nihil aliud placeat et delectet nos nisi Creator et Redemptor et Salvator noster, solus verus Deus, qui est plenum bonum, omne bonum, totum bonum. [. . . ] Gratias agamus altissimo et summo Deo aeterno, trinitati et unita ti, Patri et Filio et Spiritui Sancto, creatori omnium et salvatori omnium »: Regula non bullata, cap. 23, Opuscula Esser, pp. 291-92.

" L'espressione « Rex coeli et terrae>> negli scritti di Francesco non è mai applicata al Figlio ma sempre al Padre: Nguyen-Van-Khanh, Le Christ cit., p. 96. 74

« Omnipotens, sanctissime, altissime summe Deus, Pater sancte et iuste, Domine rex caeli et terrae, propter temetipsum gratias agimus tibi, quod per sanctam voluntatem tuam et per unicum Filium tuum cum Spiritu Sancto creasti omnia spiritualia et corporalia et nos ad ima­ ginem tuam et similitudinem factos in paradiso posuisti. Et nos per culpam nostram cecidi­ mus. Et gratias agimus tibi, quia, sicut per Filium tuum nos creasti, sic per sanctam dilec­ tionem tuam, qua dilexisti nos, ipsum verum Deum et verum hominem ex gloriosa semper Virgine beatissima sancta Maria nasci fecisti et per crucem et sanguinem et mortem ipsius nos captivos redimi voluisti. Et gratias agimus tibi, quia ipse Filius tuus venturus est in gloria maiestatis suae mittere maledictos, qui poenitentiam non egerunt et te non cognoverunt, in ignem aeternum, et dicere omnibus, qui te cognoverunt et adoraverunt et tibi servierunt in poenitentia: "Venite benedicti Patris mei, percipite regnum, quod vobis paratum est ab ori­ gine mundi" »: Regula non bullata, cap. 2 3, Opuscula Esser, pp. 287-88.

" La parafrasi del «Pater noster» comincia con l'invocazione: «0 sanctissime Pater noster: creator, redemptor, salvator et consolator noster»: Expositio in Paternoster, Opuscula Esser, p. !_58. 76

Nguyen-Van-Khanh, Le Christ cit., p. 96. Cfr. il passo della Regula non bullata, cap. 23, citato alla nota 92. n « Omnes diligamus ex toto corde [ .. . ] Dominum Deum qui totum corpus, totam animam et totam vitam dedit et dat omnibus nobis, qui nos creavit, redemit et sua sola misericordia sal­ vabit, qui nobis miserabilibus et miseris, putridis et fetidis, ingratis et malis omnia bona fecit et facit »: Regula non bullata, cap. 23, Opuscula Esser, p. 291. 78 Regula non bullata, cap. 23, Opuscula Esser, p. 290. 79 D Padre ha mandato il Figlio che è nato e si è offerto in croce, « non pro se per quem facta sunt omnia sed pro peccatis nostris relinquens nobis exemplum, ut sequamur vestigia eius »: Epistola adfide/es, Il, Opuscula Esser, p. n6. 80 « Commoveatur a facie eius universa terra, dicite in gentibus quia Dominus regnavit a li­ gno »: Officium passionis Domini, Ad vesperam, 7-9, Opuscula Esser, p. 205. 81 È il servo che parla: «Iddio mi è venuto in aiuto e per questo non sento gli oltraggi; è per que­ sto che io ho reso il mio viso come pietra durissima e io so che non sarò confuso>> ( « Dominus Deus auxiliator meus, ideo non sum confusus, ideo posui faciem meam ut petram durissi­ mam et scio quoniam non confundar»): ls 50, 7· 82 «Et non verecundentur et magis recordentur, quia Dominus noster Jesus Christus, Filius

Capitolo terzo

81

Dei vivi omnipotentis, posuit faciem suam ut petram durissimam, nec verecundatus fuit. Et fuit pauper et hospes»: Regula non bullata, cap. 9, Opuscula Esser, pp. 258-59. Th. Matura, «Mi Pater sane/e», Dieu comme Père dans /es émis de François, in « Laurentia­ num », XXIII (1982), pp. 102-32, p. 124.

"' «Cui [Francisco] protinus sic affecto, quod est a saeculis inauditum, imago Christi crucifixi, labiis picturae deductis, colloquitur. Vocans enim ipsum ex nomine: "Francisce, - inquit ­ vade, repara domum meam, quae, ut cernis, tota destruitur" >> : II Cel., pars I, cap. 6, par. IO, AF X, p. 137. " Secondo una tradizione senza contestazioni. Recentemente ha espresso parere contrario M. Boskovits, Immagini e preghiera nel tardo Medioevo, osservazioni preliminari, in «Arte cristiana », LXXVI, fase. 724 (1988), pp. 93-104, secondo il quale difficilmente un crocifisso di tal genere sarebbe potuto rimanere in una chiesa tanto in rovina (ma l'autore non si sarà la­ sciato suggestionare dall'affresco di Giotto ?) Inoltre, secondo il Boskovitz i dati stilistici in­ dicherebbero la prima metà del XIII secolo (ibid, p. 102 nota 18; nella didascalia di p. 94 è in­ vece assegnato alla seconda metà del XIII secolo !) Anche se la croce dipinta ora ospitata nella basilica di Santa Chiara in Assisi non fosse quella proveniente da San Damiano, si tratterebbe comunque pur sempre - data l'epoca del miracolo - di una croce dipinta secondo uno sche­ ma identico, come mostra l'affresco di Giotto nella Basilica superiore di Assisi che illustra l'episodio. 86

Anche una ragione di verisimiglianza avrà contribuito a evitare un anacronismo: come infatti avrebbe potuto parlare e colloquiare un Cristo già morto? Per le riproduzioni dei due episodi del ciclo giottesco cfr. Ruf, Giotto cit., p. 205: Francesco morto nella chiesa della Porziunco­ la; p. I41: Francesco prega davanti al crocifisso in San Damiano. Un bel particolare del croci­ fisso dipinto in questa scena of&e G. Previtali, Giotto e la sua bottega, Fratelli Fabbri, Milano 1974. p. 48.

" Opuscula Esser, p. 287 . .•

.. lbid p. 203· " Nguyen-Van-Khanh, Le Christ cit., pp. 107 sgg. « Redemptor» si incontra tre volte negli scritti di Francesco, una volta applicata a Dio unico e vero, una volta al Padre, e una sola volta a Cristo: Regula non bullata, cap. 23; Expositio in Pater noster; Regula non bullata, cap. 16, Opuscula Esser, p. 291, p. 158, 269. li termine >, Ps 88, 28) cambiando i protagonisti del dialogo che si svolge fra Dio e il Fi­ glio, per la suggestione del versetto paolino: «Qui est imago Dei invisibilis, primogenitus omnis creaturae » (Col r, 15). 0' «Et prope passionem celebravit pascha cum discipulis suis et accipiens panem gratias egit et benedixit et fregit dicens: "Accipite et comedite, hoc est corpus meum". Et accipiens cali­ cem dixit: "Hic est sanguis meus novi testamenti, qui pro vobis et pro multis effundetur in re­ missionem peccatorum". Deinde oravit Patrem dicens: "Pater, si fieri potest, transeat a me calix iste". Et factus est sudor eius sicut guttae sanguinis decurrentis in terram. Posuit tamen voluntatem suam in voluntate Patris dicens: "Pater, fiat voluntas tua; non sicut ego volo, sed sieu t tu". Cuius Patris talis fuit volunras, ut Filius eius benedictus et gloriosus, quem dedit nobis et natus fuit pro nobis, se ipsum per proprium sanguinem suum sacrificium et hostiam in ara crucis offeret; non propter se, per quem facta sunt omnia, sed pro peccatis nostris, re­ linquens nobis exemplum, ut sequamur vestigia eius. Et vult ut omnes salvemur per eum et recipiamus ipsum puro corde et casto corpore nostro »: Epistola ad /ideles (recensio poste­ rior), Opuscula Esser, pp. n6-q. L'arrivo dell'angelo e il mutarsi del sudore in sangue sono particolari presenti solo in Le 22, 39-46. 02 « Nihil enim habemus et videmus corporaliter in hoc saeculo de ipso Altissimo nisi corpus et sanguinem, nomina et verba, per quae facti sumus et redempti de morte ad vitam » («Null'al­ tro abbiamo e vediamo con gli occhi del corpo su questa terra dell'Altissimo se non il corpo e il sangue, i sacri nomi e le parole attraverso cui siamo stati creati e redenti dalla morte alla vi­ ta»): Epistola ad Clen"cos, Opuscula Esser, p. 97· m « Postquam dimisimus mundum, nihil aliud habemus facere, nisi sequi voluntatem Domini et piacere sibi ipsi»: Regula non bullata, cap. 22, Opuscula Esser, p. 280. 04 Matura, «Mi Pater sande» cit., pp. n9-20. m Sulla devozione di Francesco per gli angeli si diffonde Tommaso da Celano: dr. II Ce!., pars II, cap. J49, par. 197, AF X, p. 243. Tommaso da Spalato ricorda una memorabile predica di Francesco pronunciata nel 1222 a Bologna davanti il palazzo pubblico, « ubi tota pene civitas convenerat» sul tema: «Angeli, homines, demones». L'autore registra anche l'ammirazione stupefatta di uomini « literati » per il sermone di un uomo incolto ma che predicava in modo tanto insolito e trascinante, come se pronunciasse un discorso: « Nec tamen ipse modum pre­ dicantis tenuit, sed quasi concionantis »: Thomae Spalatensis Historia Salonitanorum, et Spa­ latinorum ponti/icum, M.G.H., Scriptores, vol. XXIX, p. 580. 06 Lewis, The Art cit., p. 317 e fig. 201- Per una analisi dettagliata cfr. cap. IV, p. 163. 0 7 « Melius est discalciatis pedibus per spinas transire ad gloriam, quam cum equis per prata amena transire ad poenam aetemam. Qui autem cum Angelo magni consilii luctari volunt si­ cut Jacob et ab illo benedici, necesse est ut transeant vadum Jaboch [Gn 32, 22], id est tor­ rentem pulveris, ne temporalium pulvere retardentur» (« È meglio pervenire alla gloria a piedi nudi, passando attraverso le spine che a cavallo, passando fra prati ameni andare alla pena eterna. Coloro poi che vogliono lottare con !"'Angelo di gran consiglio" come lottò Giacobbe e dall'Angelo ricevere la benedizione, è necessario che passino il guado di J aboch, cioè il torrente di polvere affinché il loro procedere non sia rallentato dalla polvere delle cose mondane»: Jacobi Vitriacensis Sermones cit-, p. 153. Cfr. cap. I, nota n2, per quanto riguarda l'allusione alle stimmate in senso metaforico da parte del medesimo Giacomo da Vitry quan­ do scrive di Maria d'Oignies.

Capitolo quarto : Sulla Verna

Durante il ritiro sulla Verna non soltanto Leone soffriva per una crisi spirituale lunga e profonda '. Anche Francesco attraversava un tempo difficile: oppresso dalle malattie, ma piu ancora da un grave senso di impotenza di fronte ai problemi e alle controversie che l'ina­ spettato successo del suo primitivo progetto avevano suscitato '. Tommaso da Celano accenna a una «violentissima tentazione di spi­ rito » senza precisare una data: era angustiato e pieno di sofferenza, mortificava e macerava il corpo, pregava e piangeva nel modo piu penoso. Questa lotta durò piu anni. Un giorno, mentre pregava in Santa Maria della Porziuncola udi in spirito una voce: , ms lat. r , f. 386v, miniatura, particolare. Parigi, Bibliothèque Nationale. 69. Le stimmate di san Francesco, metà del xm secolo, tavola. Firenze, Galleria degli Uffizi.



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'1. ....

7 0 . Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del xm secolo, tavola, particolare: Le stimmate. Fi­ renze, Santa Croce, Cappella Bardi.

7 1 . San Francesco, miracoli in vita e post mortem, metà del xm secolo, tavola, particolare: Le stimmate e I funerali del santo . Pistoia, Museo Civico.

7 2 . Seguace di Guido da Siena, Dittico del beato Andrea Gallerani, 1 270 c., tavola, partico­ lare: Le stimmate di san Francesco. Siena, Pinacoteca Nazionale.

7 3 · Seguace di Guido da Siena, Dittico di santa Chiara, sportelli con Quattro storie dei santi Francesco, Chiara, Bartolomeo e Caterina d'Alessandria, 1 2 80 c., tavola, particolare: Le stimmate di san Francesco. Siena, Pinacoteca Nazionale.

Seguace di Guido da Siena,

74· San Francesco con miracoli in vita e posi mortem, terzo quarto del xm secolo c . , tavola, particolare: Il crocifisso di San Damiano. 75 · San Francesco con miracoli in vita e posi mortem, terzo quarto del xm secolo c., tavola, particolare: Le slimmale. Siena, Pinacoteca Nazionale.

Giacomo Pacchiarotti

(?),

76. Pietà, san Francesco e santa Caterina ricevono le stimmate, fine del xv-inizio del XVI seco­ lo, predella della Pala di Santo Spirito, tavola, particolare: Santa Caterina riceve le stim­ mate. 77. Pietà, san Francesco e santa Caterina ricevono le stimmate, fine del xv-inizio del XVI seco­ lo, predella della Pala di Santo Spirito, tavola, particolare: San Francesco riceve le stim­ mate. Siena, Pinacoteca Nazionale.

78. San Francesco, il Serafino e il Tetramor/o, sesto decennio del xm secolo c., tempera a sec­ co, al centro un angelo scolpito. Parma, Battistero, nicchia n. 6.

79 . Visione del Tetramotfo da parte di Ezechiele, a commento però della visione di Isaia, fine

del XII secolo, salterio, ms 7, f. 2JJV (ex 243v), miniatura. Atene, Biblioteca Nazionale .

Bo. San Francesco , intorno al 1 280, affresco, particolare. BomiJ;Jaco (Caporciano, Abruzzo),

Oratorio di San Pellegrino, controfacciata. 8 1 . Giudi:r.io Universale, intorno al I 1 95 , Herrad di Hohenbourg, Hortus deliciarum, f. 253r, miniatura. Copia di A. de Bastard d'Estaing ( r 8J I ) dal ms distrutto nel 187o. Parigi, Bibliothèque Nationale. 8 2 . Cristo fra i Serafini, XII secolo, formella della porta bronzea. Verona, San Zeno.

83 . San Martino predica agli uccelli, de Ciuny.

xm

secolo, arazzo islandese, particolare . Parigi, Musée

84. Matteo Paris, La predica agli uccelli, poco dopo il 1 2 36, Chronica maiora, ms 16, f. 66v, disegno colorato. Cambridge, Corpus Christi College.

85. Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e post mortem, 1 2 35, tavola, particolare: La predica agli uccelli. Pescia, San Francesco. 86. Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del xm secolo, tavola, particolare: La predica agli uccelli. Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

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87. San Francesco, miracoli in vita e post mortem, metà del xm secolo, tavola, particolare: Conferma della regola e Una predica. Pistoia, Museo Civico.

88. San Francesco, miracoli in vita e post mortem , terzo quarto del xm secolo, tavola, parti­ colare: La predica agli uccelli. Orte, Museo Diocesano.

89. Lil predica agli uccelli, 1 330 c., vetrata. Kiirùgsfeld (Kralovo Pole, Sloverùa), Chiesa del Convento di San Francesco.

90. La predica agli uccelli, 1 2 60-70 c., salterio, ms 4 1 0 (B), f. 1 8r, miniatura, particolare. Karlsruhe, Badische Landesbibliothek.

Maestro di san Gregorio, 9 I . Consacrazione dell'altare da parte di Ugolino, al tempo vescovo di Ostia, I 228-29, affresco. 9 2 . San Francesco, I 2 2 8-29, affresco, particolare (prima dell'ultimo restauro). 9 3 · San Francesco, I 2 2 8-29, affresco, particolare (dopo l'ultimo restauro). Subiaco, Sacro Speco, Cappella di San Gregorio.

94· Maestro di san Gregorio, San Paolo, 1 2 28-29, affresco. Subiaco, Sacro Speco, Cappella di San Gregorio. 95 · San Benedetto e l'abate Romano, primo quarto del xm secolo, affresco . Subiaco, Sacro Speco, Chiesa inferiore.

Maestro di san Gregorio,

96. Oddone e l'angelo, I 228-29, affre­ sco. Subiaco, Sacro Speco, Cap­ pella di San Gregorio. 97- Un Serafino, 12 28-29, affresco. Subiaco, Sacro Speco, Cappella di San Gregorio, volta.

98. Scuola di Bonaventura Berlinghieri, dittico con Storie della vita di Cristo e santi, fra cui san Francesco, intorno al 1 250-60, tavola, particolare. Firenze, Galleria degli Uffizi (già Galleria dell'Accademia).

99· Gli angeli portano una corda a san Tommaso d 'Aquino, fine del xrv secolo, tavola. Già Zurigo, Kunstmuseum (in deposito).

Margaritone d'Arezzo (ricordato nel 1 262), 1 00 . San Francesco, tavola. Zurigo, Kunsthaus. 1 0 1 . San Francesco, tavola. Arezzo, Museo d'Arte Medievale e Moderna (da Sargiano). 1 0 2 . San Francesco, tavola. Castiglion Fiorentino, Pinacoteca Civica. IOJ. San Francesco, tavola. Roma, Pinacoteca Vaticana.

Margaritone d' Arezzo (ricordato nel 1 262), 1 04 . San Francesco, tavola, particolare. Roma, San Francesco a Ripa. 1 0 5 . San Francesco, tavola. Siena, Pinacoteca Nazionale. 1 06. San Francesco, tavola. Arezzo, già Museo Diocesano, ora Museo d'Arte Medievale e Moderna (da Ganghereto) .

Maestro di san Francesco, 107. La rinuncia ai beni, 1 2 57-59 c., affresco. r o8 . Cristo si spoglia per salire sulla croce, r 257-59 c., affresco. 109 . Francesco predica agli uccelli, 1 2 57-59 c . , affresco.

Assisi, Basilica inferiore di San Francesco.

I I o.

Maestro di san Francesco, Deposizione dalla croce, inferiore di San Francesco.

I

257•59 c., affresco. Assisi, Basilica

I I I . Maestro di san Francesco, Le stimmate di san Francesco, 1 257-59 c., affresco. Assisi, Basilica inferiore di San Francesco.

I I 2. Maestro di san Francesco, Ifunerali di san Francesco, I 2 57-59 c., affresco. Assisi, Ba·

silica inferiore di San Francesco.

I I3

·

Pietro Lorenzetti, Madonna col Bambino fra san Francesco e GiOI)anni Evangelista, pri­ mi decenni del XIV secolo, affresco. Assisi, Basilica inferiore di San Francesco.

I I 4 . Maestro di san Francesco, Cristo tiene contro il suo petto san Francesco e Madonna col Bambino, fine del sesto-inizio del settimo decennio del XIII secolo, vetrata, particolare .

Assisi, Basilica superiore di San Francesco, finestra

XIII.

I I 5 . Maestro di san Francesco, Sant'Antonio e Ezzelino da Romano, fine del sesto-inizio del

settimo decennio del xm secolo, vetrata, particolare . Assisi, Basilica superiore di San Francesco, finestra I, luce di destra, pannello b6. 1 1 6. Polittico con Storie della vita di Cristo, santa Chiara e san Francesco, I J 90, tavola, p ar­ ticolare: Sant'Antonio predica al Capitolo di Arles. Varsavia, Muzeum Narodwe (dalla chiesa francescana di Santa Maria a Torun).

I I 7. San Francesco e miracoli post mortem, I 25o-6o c . , tavola. Assisi, Museo del Tesoro del Sacro Convento.

I 1 8 . Maestro di san Francesco , San Francesco, seconda metà del Xlii secolo , frammento di

paliotto. Perugia, Galleria Nazionale deii'Umhria.

I I 9 . Maestro di san Francesco, Crocifissione, deposizione e san­ t'Antonio, seconda metà del xm secolo, frammento di pa­ liotto. Perugia, Galleria nazionale dell'Umbria.

I 20. Seguace perugino di Meo da Siena, Madonna col Bambino e santi, metà del xrv secolo c . , tavola (Dossale di Paciano), particolare: San Francesco. Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria.

1 2 1 . Seguace perugino di Meo da Siena, Adorazione dei Magi. Nella cuspide: I santi Pietro Martire e Francesco, metà del XIV secolo c . , tavola. Perugia, Galleria Nazionale del­ l'Umbria.

122.

Seguace perugino di Meo da Siena, Adorazione dei Magi. Nella cuspide: I santi Pietro Martire e Francesco, metà del XIV secolo c . , particolare: San Francesco. Perugia, Galleria Nazionale dell'Umhria.

1 2 3 . Guido da Siena, Madonna col Bambino e q�attro santi, fra cui san Francesco, 1 270, ta­ vola. Siena, Pinacoteca Nazionale.

1 2 4 . Maestro di san Gregorio, San Francesco, sesto-settimo decennio del xm secolo. Parigi, Musée du Louvre (depositi).

1 2 5. Maestro di Figline (Giovanni di Benino?, attivo fra il 1 3 2 0 e il q6o), San Francesco, tavola. Worcester (Mass . ) , Art Museum.

I 26. San Francesco e miracoli post mortem , I 2 5o-6o c., tavola . Roma, Pinacoteca Vaticana.

1 2 7 . Cimabue, Madonna col Bambino in trono fra quattro angeli e san Francesco, fra il 1265 e il 1 2 90, affresco, particolare: San Francesco. Assisi, Basilica inferiore di San Fran­ cesco. 1 28 . Da Cimabue, San Francesco, fra il 1 2 75 e il 1295, tavola. Assisi, Santa Maria degli An­ geli, Museo.

Jmago .J/Francisci in Vrbe S.Mintati

.

12 2 8 .

I 29. Bonaventura Berlinghieri

(?),

San Francesco, miracoli in vita e post mortem, I 2 2 8

disegno seicentesco della perduta tavola d a San Miniato al Tedesco (Pisa).

1 3 0. Guglielmo, Croce dipinta, I I 38, tavola. Sarzana, Cattedrale.

I 3 I . Seguace di Bonaventura Berlinghieri, Croce dipinta, xm secolo, tavola, partico­ lare della cimasa: Formula ridotta dell'A­ scensione. Tereglio, Chiesa parrocchiale. I J 2 . Croce dipinta; XII secolo (?), tavola, parti­ colare della cimasa: Formula ridotta del­ l'Ascensione. Montalcino (Siena), Pinaco­ teca. I J 3 . Seguace di Bonaventura Berlinghieri, Croce dipinta, XIII secolo, tavola. Tere­ glio, Chiesa parrocchiale.

1 3 4. Berlinghiero Berlinghieri, Croce dipinta, prima del 1 2 36, tavola. Lucca, Museo di Villa Guinigi.

1 35. Berlinghiero Berlinghieri, Croce dipinta, prima del 1 2 36, tavola, particolare della ci­ masa: Formula ridotta dell'Ascensione. Lucca, Museo di Villa Guinigi. 1 36. Guglielmo, Croce dipinta, r r 38, tavola, particolare della cimasa: Ascensione. Sarzana, Cattedrale.

1 3 7 . Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e post mortem, 1 2 35, tavola (dopo il restauro del 1 982). Pescia, San Francesco.

138. Stefano di Giovanni detto il Sassetta (1400 c. - 1451), Visione di san Tommaso d'Aqui­ no, tavola, particolare. Roma, Pinacoteca Vaticana.

I 39· Porta intagliata, prima metà del v secolo, legno di cipresso, parti­ colare: La crocifissione. Roma,

Santa Sabina.

1 40. Bartolomeo e Agnolo degli Erri, Dossale di san Pietro Martire, par­ ticolare: San Pietro Martire da­ vanti al crocifisso, 1450. Parma,

Pinacoteca.

1 4 1 . Croce dipinta n. r5, prima metà del

xn

secolo (?), tavola. Pisa, Museo di San Matteo.

1 4 2 . Croce dipinta n. r5, prima metà del xn secolo (?), tavola, particolare: Cristo morto sulla croce. Pisa, Museo di San Matteo. 1 4 3 . Enrico di Tedice (ricordato nel

r

254), Croce dipinta, tavola. Pisa, San Martino.

I 44· San Francesco e miracoli post mortem, I 25o-6o c., tavola, particolare: La bambina dal collo torto. Assisi, Museo del Tesoro del Sacro Convento. I 4 5. Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e post mortem, I 2 3 5, tavola, particolare: La bambina dal collo torto . Pescia, San Francesco.

1 46. Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quar­ to del XIII secolo, tavola, particolare: Guarigioni alla tomba . Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi. 147. Giotto, La canonizza:r_ione di san Francesco, 1 2 90 c., affresco, particolare. Assisi, Ba­ silica superiore di San Francesco.

• •

148. San Francesco, miracoli in vita e post mortem, metà del xm secolo , tavola, particolare: La bambina dal collo torto e Lebbrosi e storpi guariti. Pistoia, Museo Civico.

1 49 . San Francesco, miracoli in vita e post mortem, metà del XIII secolo, tavola, paiticola�e: Bartolomeo da Narni e L 'ossessa . Pistoia, Museo Civico.

Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e p osi mortem, 1235, tavola, particolare: Il bambino di Montenero. Pescia, San Francesco. Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e posi mortem, 1235, tavola, particolare: Bartolomeo da Narni. Pescia, San Francesco.

152. Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quar­ to del xm secolo, tavola, particolare: Bartolomeo da Narni. Firenze, Santa Croce, Cap­ pella Bardi. 153 · San Francesco e miracoli post mortem, sesto decennio del xm secolo, tavola, particolare: Bartolomeo da Narni. Pisa, in deposito al Museo di San Matteo (già in San Francesco).

I 54·

San Francesco e miracoli post mortem, I 250-60 c., tavola, particolare: Pietro da Foligno. Assisi, Museo del Tesoro del Sacro Convento.

I 55·

San Francesco e miracoli post mortem, sesto decennio del x:m secolo, tavola, particolare: Gli storpi e i lebbrosi guariti. Pisa, in deposito al Museo di San Matteo (già in San Fran­ cesco).

I 56.

San Francesco e miracoli post mortem; I25o-6o c., tavola, particolare: G�tarigione del­ l'ossessa. Assisi, Museo del Tesoro del Sacro Convento.

I57. Bonaventura Berlinghieri, San Francesco, miracoli in vita e post mortem, I235, tavola, \ particolare: Guarigione degli ossessi. Pescia, San Francesco. I58. San Francesco e miracoli post mortem, sesto decennio del xm secolo, tavola, particolare: Guarigione dell'ossessa. Pisa, in deposito al Museo di San Matteo (già in San Fran­ cesco). I 59·

San Francesco, miracoli in vita e post mortem, metà del xm secolo, tavola (dopo il restau­ ro). Pistoia, Museo Civico.

Maestro della tavola Bardi,

16o

San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del xm secolo, tavola, par­ ticolare: La madre libera san Francesco dalla prigionia. 161. San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quiU'tO del xm secolo, tavola, par­ ticolare: La rinuncia ai beni patemi. .

Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

162. Maestro della tavola Bardi, San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quar­ to del xm secolo, tavola, particolare: La confezione dell'abito. Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi. 163. San Francesco si taglia l'abito, metà del xrv secolo, «Taymouth Horae», libro d'Ore, ms Yates Thompson IJ, f. r8ov, miniatura. Londra, British Museum.

Maestro della tavola Bardi, 164. San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, par­ ticolare: L'ascolto del vangelo. 165. San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, par­ ticolare: Approvazione della regola. Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

166. Maestro della tavola Bardi, San Fran­ cesco con storie della vita e miracoli, se­ condo quarto del XIII secolo, tavola, particolare: Il Natale di Greccio. Firen­ ze, Santa Croce, Cappella Bardi. 167. Seguace di Guido da Siena, San Fran­ cesco con miracoli in vita e post mor­ tem, terzo quarto del x:m secolo c., ta­ vola, particolare: Il Natale di Greccio. Siena, Pinacoteca Nazionale.

Maestro della tavola Bardi, I68. San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del ticolare: Il riscatto della pecore/la. I69. San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del ticolare: Il riscatto dei due agnelli. I 70. San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del ticolare: Predica al Sultano. Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

xm

secolo, tavola, par­

xm

secolo, tavola, par­

xm

secolo, tavola, par­

Maestro della tavola Bardi, I 7 I.

San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del ticolare: La cura dei lebbrosi. I 7 2. San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del ticolare: L 'estrema rinuncia. Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

xm

secolo, tavola, par­

xm secolo,

tavola, par­

Maestro della tavola Bardi,

17 3. San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, par­ ticolare: Lo scampato naufragio. 17 4. San Francesco con storie della vita e miracoli, secondo quarto del XIII secolo, tavola, par­ ticolare: Il ringraziamento dei marinai. Firenze, Santa Croce, Cappella Bardi.

175. San Francesco e miracoli post mortem, sesto decennio del XIII secolo, tavola, particolare: La festa non rispettata. Pisa, in deposito al Museo. di San Matteo (già in San Francesco).

I 76 .

Pietro da Rimini, I genitori di san Nicola da Tolentino implorano san Nicola di Bari, pri­ ma del I 348, affresco. Tolentino, Cappella di San Nicola.

177. Seguace di Guido da Siena, San Francesco con miracoli in vita e post mortem, terzo quarto del XIII secolo c., tavola (dopo il restauro). Siena, Pinacoteca Nazionale. 178. San Francesco, miracoli in vita e post mortem, terzo quarto del XIII secolo, tavola, par­ ticolare: Le stimmate che vanno e vengono. Orte, Museo Diocesano. 179. San Francesco, miracoli in vita e post mortem, terzo quarto del xm secolo, tavola, par­ ticolare: Il miracolo del pesce mutato in cappone. Orte, Museo Diocesano.

r8o. San Francesco, miracoli in vita e post mortem, terzo quarto del xm secolo, tavola. Orte, Museo Diocesano.

Sull a Verna

r69

Nel Trattato dei miracoli, scritto intorno al 1252-53, il primo posto è occupato dallo straordinario successo dell'Ordine e solo il secondo dalle stimmate; prima però di impegnarsi nel racconto del loro pro­ dursi Tommaso introduce una recisa petizione di principio: « Non c'è da chiedersi la ragione di tanto evento, perché fu cosa miracolosa, né da ricercare un altro esempio perché fu unico », cui fa seguire tutte le circostanze che devono considerarsi presaghe: il crocifisso di San Damiano miracolosamente parlante, la scelta dell'abito da parte del santo « crucis imaginem praeferens », le visioni di Silvestro (dalla bocca di Francesco usciva una grande croce che abbracciava il mon­ do intero), di Monaldo (vede il santo al capitolo di Arles crocifisso mentre Antonio predica sul titolo della croce), di Pacifico (vide sulla fronte di Francesco una grande Tau d'oro lucente, quella lettera che del resto aveva scelto come propria firma) . Tante « prove» schierate a battaglia per vincere ogni dubbio, un nemico che si intuisce ancora molto forte; Tommaso conclude: « Quanto appare degno, persuasi per un umano ragionamento, convinti per fede ortodossa, che chi era stato in precedenza investito d'amore per il miracolo della croce sia divenuto tanto mirabile per causa di uno stupefacente onore conces­ sogli dalla croce! Nulla pertanto è piu vero a suo riguardo, quanto ciò che si predica delle stimmate della croce » "'. Dopo questa rassicurazione Tommaso ripete la sequenza dei fatti già narrati nella prima biografia, con alcune varianti; sono minime al­ l' apparenza, ma permettono di approdare a una nuova versione. È una descrizione lineare perché il biografo non deve descrivere per la prima volta una esperienza fuor del comune e appianare versioni di­ scordanti; i punti di riferimento sono ora le ineludibili bolle papali. Tommaso non dice piu « vidit in visione Dei » ma soltanto « in visio­ ne ». Chi appare non è un uomo-Serafino ma solo un Serafino, de­ scritto esclusivamente attraverso le parole di Isaia ed Ezechiele, per­ ciò non « stantem supra se » ma « supra se extensum » '60• Nella Vita prima l'asprezza del dolore che la posizione del Serafino doveva sug­ gerire serviva a giustificare il violento turbamento di Francesco, ma lo sguardo sereno dell'Angelo rimaneva un forte elemento di contraddi­ zione. La soluzione della versione del Tractatus e poi, in maniera an­ cora piu netta, della Legenda maior è appropriata alla coerenza inter­ na della narrazione e meno attenta alla condizionante affermazione di Elia, nel frattempo uscito di scena. L'intervallo di tempo fra i due eventi, apparizione angelica, comparsa delle stimmate, viene ristret­ to: sono ora cosi vicini l'uno all'altro da rendere del tutto plausibile la loro concatenazione.

qo

Capitolo quarto

li Serafino è inchiodato mani e piedi in modo esplicito al legno della croce che ha acquistato un ruolo importante e nuovo. L'appari­ zione dai tratti evanescenti, forse del sogno, lascia il passo alla presen­ za di un essere dai tratti definiti, perché diversa è l'interpretazione da­ ta alle stimmate che non spiegano a posteriori l'evento di per sé in­ comprensibile, ma sono l'immediato effetto della visione. Tommaso accorcia infatti notevolmente il lasso di tempo intercorso fra visione e segni, fra « visio » e « stigmata », attraverso l'introduzione di tre im­ portantissimi avverbi: « protinus », « statim », « enim ». Ricopia alla lettera la frase della Vita prima relativa all'ansia che pervade il santo citca il significato della visione e la sua reazione mista di dolore e di gioia. Poi innova: « Ma, mentre cercando al di fuori di sé l'intelletto venne meno alla comprensione dell'avvenimento, immediatamente ("protinus" ) nella sua stessa persona gli si manifestò il significato. Su­ bito infatti (" statim enim" ) cominciarono ad apparire nelle mani e nei piedi i segni dei chiodi come poco prima aveva visto nell'uomo cro­ cifsso che stava librato sopra di lui nell'aria» '". È esattamente nel mo­ mento in cui insieme alla visione compaiono le stimmate che Tomma­ so recupera le parole usate nella versione precedente per descrivere soltanto la visione: « Virum unum [ . . . ] stantem supra se ». Specifica anche la posizione dove l'uomo si trova: « in aere ». Segue poi senza variazioni la minuziosa descrizione dei chiodi carnosi; saltata la testi­ monianza autoptica di Elia mantiene quella di Rufino. Infine, per rendere le macchie di sangue sulla tonaca sicura conseguenza della fe­ rita al costato, la cicatrice è colorata di rosso: « dextrum quoque latus, quasi lancea transfixum, rubra cicatrice obductum erat ». Anche in questa versione aggiornata dell'apparizione Tommaso non pronuncia mai il nome di Cristo associato a quello del Serafino; nel descrivere con maggior enfasi i cittadini di Assisi « assetati di ve­ dere lo spettacolo miracoloso e nuovo concesso da Dio per la prima volta nel mondo » corregge di nuovo l'innominata lettera di Elia a proposito del fatto che non di ferite si trattasse, prodotte da chiodi, ma di chiodi della carne stessa del santo, aggiungendo, a scanso di equivoci, una descrizione ancor piu dettagliata. La ripetizione della descrizione delle stimmate sul cadavere del santo è spia evidente della impossibilità di eludere questo momento narrativo perché l'unico a essere fin dall'origine corroborato da una vera testimonianza, quella di frate Elia appunto, sostituita ora con quella di Giacoma dei Sette­ soli. Tommaso aggiunge a rinforzo la notizia che molti frati videro le stimmate in vita '" e la testimonianza dei cittadini di Assisi che alla morte del santo poterono contemplarle, impegnandosi questa volta

Sulla Verna

1 71

addirittura in una cifra (« ultra guam quinquaginta ») un numero che rimanda a un elenco scritto di racconti giurati e firmati, raccolto pro­ babilmente dall'Ordine "'. Il biografo attribuisce l'origine dei chiodi carnosi all'imperscrutabile azione divina (« virtute divina mirifice fa­ brefacti ») senza istituire alcuna relazione con il Serafino : « Contem­ plavano [gli Assisiati] dunque il beato corpo divenuto prezioso per le stimmate di Cristo; nelle mani e nei piedi vedevano non già i fori dei chiodi, ma gli stessi chiodi formati in modo mirabile per virtu divina dalla sua stessa carne, anzi innati nella sua stessa carne, tanto che pre­ muti da qualsiasi parte, subito reagivano come nervi tutti d'un pezzo dalla parte opposta. Contemplavano anche il fianco rosso di san­ gue »,... Un indizio supplementare che la scoperta e la notizia del mi­ racolo fossero coincise con la vista del cadavere mi pare la frase con cui Tommaso apre il capitolo delle stimmate, un sottile intarsio di passi biblici e reminiscenze della lettera di frate Elia: « L'uomo nuovo Francesco risplendette per un nuovo e stupendo miracolo, quando per un singolare privilegio mai concesso nelle età precedenti, apparve insignito e adorno delle stimmate sacre, configurato nel suo corpo di morte al corpo del crocifisso •••. Qualunque cosa si possa umanamente dire di lui sarà sempre inferiore alla lode di cui è degno. Non c'è da chiedersi la ragione di un tanto evento, perchè fu cosa miracolosa, né da ricercarne altri esempi, perché fu l'unico » .... Sempre per ancorare piu saldamente il miracolo delle stimmate a una incontestata veridici­ tà, Tommaso ebbe cura di stringere a tenaglia il racconto dell'appari­ zione, facendolo precedere, come si è detto, dagli indizi che la presa­ givano, e seguire, a mo' di perentoria conclusione, da una serie di mi­ racoli « coercitivi », accaduti a persone che dubitavano del prodigio delle stimmate costrette poi, spontaneamente convinte o dopo una dura punizione, a ricredersi. Il Trattato dei miracoN fu scritto da Cela­ no controvoglia, per quella parte dell'Ordine e quel largo pubblico di devoti la cui concezione della santità coincideva con aspetti piu inge­ nuamente semplici ed esteriori, il dispiegarsi cioè del magico e del prodigioso nelle azioni compiute in vita, e soprattutto in morte, da parte dell'uomo portato agli altari. Un discorso diverso e piu riservato è quello che Tommaso svolge se diretto soltanto ai frati e ai piu colti; a loro propone la Legenda ad usum chori, in forma estremamente abbreviata, che senza essere un semplice riassunto mostra, rispetto al Trattato, scarti significativi '". Due anni prima che l'uomo santo migrasse a Dio e rendesse l'anima al cielo, dedito all'orazione sull'altissimo monte della Verna e acceso in modo piu vee­ mente del solito dell'amore e del desiderio di Dio, vide un Serafino venire dal cie-

1 72

Capitolo quarto lo verso di sé, con sei ali, le mani aperte e stese e i piedi traforati disposto nello schema della croce, che aveva sul lato destro una rossa ferita. Il Serafino impresse nel servo di Dio talmente i segni della sua crocifissione che Francesco sembrava a sua volta crocifisso: lo stesso Francesco appare segnato nelle mani, nei piedi, nel costato, dal marchio della croce; appaiono nel santo di Dio le preziose stimmate di Cristo. Poi il medesimo Serafino gli disse parole importantissime che il santo non volle mai rivelare a nessuno. Per quanto gli fu possibile il fedele di Dio si stu­ diò di tenere nascosti quei sacri segni agli occhi degli uomini, affinché la grazia a lui concessa non avesse a subire una diminuzione 168•

Non si tratta piu di una visione statica dove il rapporto fra il santo e l'essere angelico si limitava a un silenzioso scambio di sguardi. Tom­ maso ila soppresso l'espressione « vidit in visione Dei » della Vita pri­ ma e anche il «vidit in visione » del Trattato dei miracoli, lasciando un nudo « vidit »: il messaggero celeste ha assunto la concretezza di una persona vera; per questo, con piena coerenza, sceso dal cielo e rag­ giunto il santo, può lasciare sul suo corpo dei segni tangibili (come già il misterioso personaggio in lotta con Giacobbe, non a caso descritto come un semplice uomo) '": è un Serafino con sei ali, delle quali non viene piu descritta la posizione. L'omissione permette al biografo, per creare una perfetta corrispondenza con le stimmate del santo, di precisare audacemente che il Serafino aveva sul petto una ferita rossa, e che le mani aperte e i piedi perforati erano disposti nello schema del­ la croce. La croce vera e propria manca perché avrebbe ostacolato la coerenza del racconto. È il celeste messaggero infatti che con piena li­ bertà di movimenti imprime nel santo i segni della crocifissione e che parla comunicandogli messaggi di grande importanza. li Serafino di Francesco assomiglia moltissimo a quello che purifica con il carbone ardente le labbra di Isaia e gli trasmette una serie di profezie da tenere segrete. Ricordiamo quanto Leone fosse stato scontento del racconto di Tommaso, di come si fosse !agnato con frate Pietro di Tewkesbury, ministro provinciale d'Inghilterra"": la versione dell'episodio delle stimmate nella Legenda ad usum chori può essere letta come la volon­ tà da parte del primo biografo di rimediare al modo in cui era stato costretto a esprimersi nelle Legendae ufficiali, condizionato da con­ trastanti committenze. Manca la descrizione delle stimmate sul cada­ vere del santo: mi sembra un'assenza sintomatica dato che Tommaso per la prima volta è giunto ad attribuire all'azione del Serafino la com­ parsa dei segni nel corpo di Francesco; il racconto ha ora uno svolgi­ mento « plausibile » e rende inutile la seconda parte della storia, dove veniva ripetuta la descrizione delle stimmate, constatate solo allora dai frati e dai cittadini accorsi a compiangere la morte del fondatore dell'Ordine. Finché non fu saldamente istituita la connessione fra ap-

Sull a Verna

17 3

parizione del Serafino e trasformazione del corpo di Francesco non fu nemmeno possibile cancellare il momento fondamentale della te­ stimonianza pubblica del miracolo alla morte di Francesco. Tommaso, in questa versione destinata a circolare solo all'interno dell'Ordine si è davvero decisamente esposto, cambiando il significa­ to dell'episodio della Verna. Il Serafino col busto ferito è pronto a la­ sciare ormai il passo a Cristo. Sia Bonaventura che Giotto saranno solleciti nell'afferrare l'innovazione e nel profittarne. Poiché la ferita al costato è quella che conferma la divinità di Cristo e ora è il Serafino a imprimere sul corpo di Francesco cruci/ixionis suae signa (ma in che modo? Bonaventura si incaricherà della risposta) , è evidente quanto il santo fosse ormai vicino a essere identificato con il Redentore. Un altro punto da sottolineare è che per la prima volta, in relazione alla mutata interpretazione delle stimmate, Tommaso rinuncia alla de­ scrizione delle nere escrescenze carnose lasciando invece immaginare delle sanguinanti ferite: non piu una trasformazione prodottasi dal­ l'interno del corpo di Francesco ma una trasformazione che questi subisce. L'iconografia registrerà questa evoluzione: nelle prime im­ magini le stimmate alle mani e ai piedi di Francesco saranno dipinte di nero, poi di rosso e rossa sarà la piaga del costato resa visibile da uno squarcio del saio. Tale innovazione manterrà cosi a lungo un aspetto di vistosa audacia da mettere a disagio ancora agli inizi del ' 400 san Bernardino: « Sonci de' dipintori, a udire i quali quando de­ pingono santo Francesco, il dipingono co' le piaghe rosse. Veramen­ te elli ebbe pertusate le mani e' piei, come ebbe Cristo Iesu, per li chiovi» 171• Tommaso da Celano, per attribuire una tale promozione alla figu­ ra di Francesco si appoggiò - non sappiamo quanto suo malgrado - a un autorevolissimo sostegno e cioè alla bolla di Alessandro IV, Be­ nigna operatio, del 29 ottobre del 1255, dove il pontefice, oltre a sof­ fermarsi con enfasi sul significato della ferita al petto di Francesco, non descrisse il santo stimmatizzato ma l'intervento divino che im­ presse-verbo usato in questa accezione per la prima volta - nel corpo del santo le stimmate. Alessandro IV raccomanda la frequente medita­ zione di questo miracolo : « Vogliamo con tutta forza sottoporre alla vo­ stra attenzione come dobbiate considerare il piu frequentemente pos­ sibile e ammirare con il piu grande fervore i lieti segni della Passione del Signore che una mano celeste impresse nel corpo del nostro santo » 172• Conosco per ora una sola miniatura che abbia rispettato alla lettera la descrizione di Tommaso. Si trova in un frammento di Libro d'Ore della metà del XIII secolo "'. La scena si svolge all'interno di una

ro

1 74

62

Capitolo quarto

chiesa; Francesco in piedi vicino all'altare sopra al quale pende un lampadario con tre lampade a olio, ha le mani congiunte nel gesto della preghiera. Sfiora la mensa un grande Serafino perfettamente frontale con le ali spiegate rosse (ma anche blu e cosparse di occhi, ri­ cordo dell'iconografia del Cherubino) . Il suo sguardo è diretto al san­ to in un colloquio speciale. Le mani e i piedi di Francesco e dell'essere angelico sono segnate di rosso; in piu una macchia rossa sporca a sini­ stra le piume dell'ala che chiude con la compagna il petto del Serafi­ no. Il miniatore, nel libro che deve ritmare con le preghiere lo scorre­ re delle ore lungo la giornata, ha voluto sottolineare il momento in cui piu intensamente Francesco chiede e ottiene l'aiuto divino '". Ma an­ che altre miniature hanno situato l'apparizione del Serafino all'inter­ no dell'edificio saçro: oltre a quella già ricordata che pone addirittura Francesco in rapporto con l'Angelo di gran consiglio "', cito a mo' di esempio quella del calendario-obituario dell'inizio del XIV secolo, proveniente da Notre-Dame-des-Prés di Douai '": il santo inginoc­ chiato senza alcun segno di stimmate è volto verso l'osservatore men­ tre un Serafino-Cherubino (ha solo quattro ali) scende sull'altare, con le mani e i piedi appena segnati. La redazione di Bonaventura operò un'attenta collazione delle fonti precedenti per cancellare discordanze e contraddizioni e fornire una versione univoca, pacificante, del prodigio della Verna e dell'im­ magine del santo, sempre piu sospinto sulla strada dell'inimitabile santità. Il risultato, per quanto concerne l'episodio del Serafino, fu un racconto semplice, facile da illustrare, ma profondamente alterato nella sostanza. Vediamo Bonaventura al lavoro. li biografo interviene una prima volta quando introduce un devoto compagno a compiere la triplice apertura del libro sacro (per stornare ogni sospetto di superstizione dice che il gesto fu compiuto per rispetto della Trinità, « in sanctae Trinitatis nomine ») : meglio contare su un testimone piuttosto che af­ fidare al solo Francesco il compito di affermare quale fosse la parola di Dio manifestatasi nel rito. Altro « miglioramento »: le pagine si aprono ora sempre allo stesso punto perché è meglio avere un passo preciso e unico da citare come prova, piuttosto che vari, solo parzial­ mente coincidenti 177• Il brano non è piu quello relativo alla predizione della Passione - come aveva affermato Tomaso nella Vita prima '"- ma si riferisce al­ la Passione stessa, anzi al momento culminante del supplizio: si tratta di una variante importantissima perché conduce Francesco dal Mon-

Sulla Verna

1 75

te degli Ulivi al Calvario. Da un consentimento di natura spirituale, veemente slancio d'amore in risposta alla misericordia dell'incarna­ zione, il santo viene fatto passare a una imitazione - che rasenta ormai l'identificazione - nel corpo e nell'anima della vicenda terrena di Cri­ sto, fino all'epilogo sulla croce; la sofferenza mentale diventa anche fisica: « Comprese allora quell'uomo ripieno di Dio che cosi come aveva imitato Cristo nelle scelte e nella condotta di vita, allo stesso modo, prima di lasciare questo mondo, doveva essere a lui conforme nelle sofferenze e nei dolori della Passione » "'. Bonaventura tenne presente l'appunto di Leone per fissare la data dell'avvenimento e scelse la festa dell'Esaltazione della croce. Se però apriamo il cosiddetto « breviario di Francesco » e cerchiamo quale vangelo fosse letto in quel giorno, vediamo che il brano di Giovanni prescelto (12, 31-36) si riferisce all'entrata in Gerusalemme di Cristo che profetizza la morte imminente '"'. Questa previsione turba pro­ fondamente il Redentore; subito dopo, rivolgendosi al Padre, si ri­ mette alla sua volontà per terminare la missione affidatagli. L'invoca­ zione non rimane inascoltata e scende una voce dal cielo rassicurante. « La folla che stava li e aveva udito diceva ch'era stato un tuono; altri dicevano: " Gli ha parlato un angelo" » '". Bonaventura ancora una volta attua un intelligente compromesso: sceglie un giorno vicino alla festa dell'Esaltazione della croce perché costituisca quasi il titolo della propria narrazione - che inizia con la triplice apertura del libro non piu sull'annuncio della Passione ma sulla Passione nel suo svolgersi - orientando l'interpretazione delle stimmate quale esito dell'identificazione fisica di Francesco con il Cristo crocifisso; lascia tuttavia sussistere il ricordo della prima ver­ sione fornita da Tommaso da Celano e del suo significato per chi vo­ lesse ricordarsi della liturgia di quel giorno di festa. Lo stato d'animo di Cristo entrando in Gerusalemme è in tutto si­ mile a quello che dimostrerà sul Monte degli Ulivi dove interviene l'angelo a consolare: è l'episodio tenuto a modello da Tommaso nella Vita prima nel racconto delle stimmate. Del resto, all'inizio dell' appa­ rizione vera e propria e alla fine del racconto, Bonaventura sembra ri­ tornare all'interpretazione di Tommaso, in ogni caso enfatizzando il ruolo del rapimento estatico. Sono cautele e cure che rientrano in quell'opera di restauro apparentemente rispettoso, ma in realtà pro­ fondamente innovativo, dell'ultimo biografo. « Poiché dunque l'ar­ dore serafico del desiderio traeva Francesco a Dio e un tenero senti­ mento di compassione lo strasformava in Colui che per eccesso di ca­ rità volle essere crocifisso . . - è un'identificazione emotiva che opera .

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la trasformazione - un mattino, nell' awicinarsi il giorno della festa dell'Esaltazione della croce, mentre Francesco pregava sul fianco del monte . . . » 182: Bonaventura fa salire il santo di slancio accanto ai Serafi­ ni che della gerarchia angelica occupano il posto piu alto e piu vicino all'amore divino. Come data dell'evento soprannaturale sceglie, sulla scorta dell'appunto di Leone, a partire dal lungo digiuno « in onore di san Michele Arcangelo », una ricorrenza che giustifichi l'ardore mi­ stico raggiunto dal santo nelle sue meditazioni. Dopo avere precisato il luogo dell'apparizione, « in latere montis » Bonaventura trae le parole che seguono dalla Legenda ad usum eh ori, senza cessare dall'intervenire: « Vide una figura come di Serafino che aveva sei ali, infuocate e lucenti, discendere dall'alto dei cieli » '". L'apparizione, come già in Tommaso, è sul piano della percezione naturale: Francesco vide (« vidit »), ma il Serafino, forse per la luce e il fuoco che l'accompagnava (il dettaglio, tratto dal repertorio figurati­ vo, è un'aggiunta di Bonaventura) non è figura nitida. « Sceso dal cie­ lo con un volo rapidissimo - rincara il biografo - e tenendosi librato nell'aria - qui la fonte è il Trattato dei miracoli- giunse vicino al luogo dove stava l'uomo di Dio: e allora apparve fra le sue ali l'effigie di un uomo crocifisso che aveva le mani e i piedi disposti nel modo della croce e affissi alla croce » ,.... Facendo scendere il Serafino dal cielo in un bagliore di fuoco e con grande rapidità, Bonaventura da una parte dà conto dell'incer­ tezza con cui sulle prime si può definire l'apparizione, dall'altra, for­ nendo la nozione di una distanza che si annulla, può spiegare in modo plausibile come la figura, da lontano sfocata, precisasse i suoi contor­ ni solo nel momento in cui raggiunge il santo. In questo modo Bona­ ventura sostituisce al complicato e sfuggente concetto del Serafino­ uomo crocifisso due immagini distinte: da lontano l'essere celeste sembra un Serafino, da vicino è un uomo suppliziato. Le due figure offrono ai pittori la possibilità di rappresentare la visione nel momen­ to in cui è vicina allo sguardo di Francesco e dello spettatore; il Serafi­ no è diventato francamente Cristo affisso alla croce: dell'aspetto an­ gelico conserva solo le ali. L'espressione: « apparuit effigies hominis crucifixi, in modum crucis manus et pedes extensos habentis et cruci affixos » sottintende un'immagine, un dipinto composto secondo lo schema del Christus triumphans, con i piedi accostati. Passiamo velocemente in rassegna le tre versioni di Tommaso di questa frase decisiva, per renderei conto del finissimo intarsio opera­ to. Vita prima : « Vidit in visione Dei virum unum, quasi Seraphim sex alas habentem, stantem supra se manibus extensis ac pedibus co-

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niunctis, cruci a/fixum » ; Tractatus de miraculis: « Vidit in visione Se­ raph in cruce positum, sex alas habentem, supra se extensum, mani­ bus et pedibus cruci a/fixum »; Legenda ad usum ehori: « Vidit de caelo venire ad se Seraphim sex alas habentem manibus extensis et pedibus perforatis in modum crucis . . . » Soprattutto rispetto alla Legenda ad usum ehori dove la croce è assente e a ben vedere solo i piedi portano i segni dei chiodi - non i chiodi - lo scarto è molto forte. Bonaventura vuole costruire una scena il piu possibile vicina alla realtà e all' espe­ rienza quotidiana: un uomo in preghiera, un crocifisso; ma quello che il lettore immagina è già un dipinto in cui si vede il santo in orazione fra le rocce, e librato sopra di lui, Cristo in croce circondato invece che da un'aureola pura e semplice da sei ali lucenti disposte a corolla. Vorrei notare anche un cambiamento di punto di vista appoggiato ai due verbi: « vidit » e « apparuit ». Francesco vede, ma l'immagine è lontana e quindi in un certo senso fraintende: qui il rapporto è fra il mistico e l'oggetto della sua meditazione. Quando l'immagine è vici­ na è lei che appare e si mostra: il riconoscimento della sua identità non è piu condizionato dallo sguardo di Francesco ma si offre pienamente autonomo dichiarandosi allo spettatore-lettore. Anche dalla disposi­ zione sintattica del periodo si è portati quindi a prendere in maggiore considerazione l'« effigies hominis crucifixi ». Poi il biografo continua, copiando alla lettera dalla Vita prima: « Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano al volo e due velavano tutto il corpo ». Passa con tocco leggero al Tractatus de mira­ culis e prosegue: « A quella vista si stupi fortemente, mentre gioia e tristezza gli inondavano il cuore. Provava letizia per l'atteggiamento gentile con il quale si vedeva guardare da Cristo, nelle sembianze del Serafino, ma il vederlo trafitto in croce gli trapassava l'anima con la spada dolorosa della compassione » '". Ecco, tutto da ora in poi cambierà: Bonaventura di suo ha pro­ nunciato la parola chiave: Cristo, parola che Tommaso non si era per­ messa, continuando a usare in sua vece solo complicate perifrasi. Bonaventura aggiunge poi ancora di suo l'aggettivo « compassi­ vus » che gli permette di introdurre la citazione di un versetto di Luca (2, 35) riferito al dolore della Vergine per le sofferenze patite dal Fi­ glio in croce, secondo la profezia di Simeone: « Et tuam ipsius ani­ mam pertransibit gladius », con l'utile metafora della spada che feri­ sce: « sed crucis affixio com passivi doloris gladio ipsius animam per­ transibat » ,... Avendo pienamente descritto i sentimenti di Francesco con un linguaggio figurato che scivola con naturalezza in quello concreto del

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racconto, l'ultimo biografo prepara la soluzione finale, quella che scioglie i dubbi di Francesco e permette allo scrittore di sancire la contemporaneità dell'apparire delle stimmate e del loro manifestarsi: infatti la spada dolorosa della compassione suggerisce che la trasfor­ mazione nel corpo del santo fu causata dalla violenza dell'identifica­ zione emotiva, proveniente in qualche modo dall'esterno, per una fe­ rita che trapassa la carne. Bonaventura riprende ancora dalla Vita pri­ ma il tema di Francesco incapace di afferrare subito il significato del prodigio ma innova la causa, mostrandoci un Francesco che dotta­ mente disquisisce: Era preso da grandissimo stupore per l'aspetto cosi enigmatico della visione, sapendo che la sofferenza della Passione non poteva assolutamente coesistere con la natura immortale dello spirito serafico. Ma da qui comprese infine, per rivela­ zione di Dio, lo scopo per cui per divina provvidenza gli era stata mostrata una vi· sione: affinché l'amico di Dio potesse conostere anticipatamente che stava per es· sere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo, non mediante il martirio della carne ma mediante l'incendio dello spirito IB7.

Il dubbio di Francesco nella versione di Bonaventura è di natura dottrinale ed è molto sottile la spiegazione escogitata, in quanto è lo slancio d'amore provato meditando sui dolori della Passione a provo­ care quell'incendio i cui segni si fanno evidenti all'esterno. Il biografo rende perentoria la nuova interpretazione attribuendola direttamen­ te a Dio. In Tommaso Francesco capisce di dovere accettare la crisi in cui si dibatte, perché solo cosi segue fino all'ultimo il cammino di Cristo e il suo esempio; attraverso il Serafino e le stimmate che chiariscono il si­ gnificato della visione, è come se Francesco si convertisse un'altra volta, intuisse di nuovo la propria strada. Il significato in Bonaventura è distorto sottilmente, trasportato su un registro puramente fisico: Francesco non morirà di morte violenta come in Oriente aveva già sperato avvenisse; sarà un martirio diverso, una sofferenza prolungata, terribile e intensa come quella patita da Cristo sulla croce. Non a caso il motivo che Bonaventura aveva ad­ dotto per spiegare, alcuni capitoli prima, il fervore di carità e il desi­ derio di martirio del santo preludeva alla conclusione delle stimmate: « bramava trasformarsi totalmente, per eccesso e incendio d'amore in Cristo. [ . . . ] A tal punto quell'eccesso di devozione e di carità lo innal­ zava alle realtà divine, che la sua affettuosa bontà si espandeva verso coloro che natura e grazia rendevano suoi consorti » "•; poi, in un ab­ braccio sempre piu grande, Francesco vuoi recarsi dai saraceni e da­ gli infedeli. Varca il mare nello sfortunato viaggio verso la Siria:

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« L'infocato ardore della carità lo spingeva a emulare la gloria e il trionfo dei santi martiri, nei quali niente poté estinguere la fiamma dell'amore o indebolire la fortezza dell'animo. Acceso da quella cari­ tà perfetta, che caccia via il timore, bramava anch'egli di offrirsi, ostia vivente, al Signore, nel fuoco del martirio, sia per rendere il contrac­ cambio al Cristo che muore per noi, sia per provocare gli altri all'a­ more di Dio » "•. Nell'Itinerarium mentis in Deum Bonaventura troverà una formu­ la concisa e perfetta di questo « contraccambio». Ricordando l'estasi di san Paolo portato al terzo cielo per l'ardentissimo amore di Cristo crocifisso, prende lo spunto per affermare che quel medesimo amore ardentissimo del crocifisso « assorbi a tal punto la mente di Francesco che la mente si rese manifesta nella carne mentre egli portava nel suo corpo i sacri segni della Passione di Cristo, nei due anni che precedet­ tero la morte » '90• Bonaventura riprende la celebre definizione di Ugo di San Vittore dell'effetto trasformante e assimilativo dell'amore: « La forza dell'amore è siffatta che è necessario che tu ti faccia tale quale è colui che ami; e tu che sei stato congiunto attraverso l'affetto sei stato trasformato per quella stessa consuetudine d'amore nel sem­ biante di colui che ami » •••. Bonaventura, nel quinto sermone dedicato a Francesco, cita il passo di Ugo di San Vittore, proprio a proposito delle stimmate "'; no­ ta Etienne Gilson con finezza: « li Serafino crocifisso non può riceve­ re un senso che a questo prezzo: una Passione che sia allo stesso tem­ po una gioia non potrebbe mai essere un martirio doloroso della car­ ne, ma una trasformazione d'amore secondo l'immagine dell'oggetto amato » ,.,. Bonaventura, con la sensibilità di mistico che gli è propria, pone come nota dominante l'amore e tutto il prodigio è narrato con un' intensa adesione emotiva. Pensiamo il biografo sul monte della Verna mentre ascolta commosso la narrazione di quel miracolo nello stesso punto in cui era avvenuto ,.. . A Bonaventura rimaneva il compito di risolvere con un racconto coerente il momento dell'apparizione delle stimmate, prodotte da Francesco per un incendio interiore, visibili soltanto dopo la fine del­ l' apparizione: sono due punti che lo scrittore non sconfessa o non può sconfessare. Per risolvere tutte le contraddizioni del passato egli fa allora coincidere l'apparizione dei segni con il momento stesso in cui il Serafino svanisce: « Sparendo dunque la visione lasciò nel cuore di Francesco un ardore incredibile, ma anche impresse una non meno incredibile immagine lasciando dei segni nella carne ». Dopo questa frase che avvia il capovolgimento del miracolo, non piu prodotte le

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stimmate da Francesco ma dalla visione, Bonaventura torna sollecita­ mente a Tommaso da Celano e alla versione tradita, copiando dal Trattato dei miracoli: « subito infatti nelle mani e nei piedi comincia­ rono ad apparire segni di chiodi, come quelli che poco prima aveva osservato nell'immagine di quell'uomo crocifisso »: da notare però che Tommaso da Celano aveva usato il « poco prima » in un senso di­ verso, con una consequenzialità assai allentata; inoltre Bonaventura sostituisce il semplice « vir » di Tommaso con un'espressione piu de­ cisa ( « effigies viri crucifixi ») accentuando la presenza della croce e di una immagine reale (« effigies »). Rispetto alla tradizione testuale l'e­ sordio e la conclusione del racconto si svolgono dunque nel segno della conservazione; mascherano però un tessuto narrativo che inno­ va profondamente e prepara la rivoluzionaria soluzione iconografica di Giotto. Nella Legenda minor composta per uso liturgico, Bonaventura condensa la lunga descrizione, tiene presente il biglietto di Leone e introduce un paragone efficace, marcando nello stesso tempo con piu decisione l'anteriorità dell'amore in rapporto all'impressione delle stimmate: « svanendo dunque la visione, dopo un arcano e segreto colloquio, infiammò la mente di Francesco con tale ardore serafico che all'esterno insigni la carne con la conforme immagine del crocifis­ so: come se il sigillo si imprimesse sulla cera che il fuoco aveva lique­ fatto » "' . È evidente la preoccupazione di Bonaventura di mantenersi fedele alla Legenda ad usum ehori di Tommaso; rispetta la successione degli avvenimenti ma insieme li stringe in una sequenza cosi rapida da farla apparire unica; per questo egli recupera il ricordo del salmo cita­ to da Francesco stesso per l'ora nona del Venerdi Santo dell'Offi"cium passionis Domini: « et factum est cor meum tamquam cera lique­ scens » (Ps 21, 15) .... L'immagine del sigillo applicata alle stimmate suggerisce l'idea che Dio abbia inteso ratificare davanti agli uomini, poco prima della morte di Francesco, la dottrina e la vita del santo, concludendo con il marchio divino quel percorso iniziatosi con il si­ gillo apposto dal pontefice alla bolla che approvava la Regola. Benché l'apparizione delle stimmate sia ancora connessa a un processo spiri­ tuale e interiore di Francesco, tanto forte da manifestarsi all'esterno, sul corpo del santo la trasformazione non avviene piu, come per Tommaso da Celano, per mimesis (« ac si in cruce cum Christo pe­ pendisset »), ma, per cosi dire, per incarnazione, per assorbimento. Nella Legenda trium sociorum il capitolo dedicato alle stimmate - come il successivo - risulta posteriore alla Legenda di Bonaventu­ ra '", tuttavia non si discosta dalla linea programmatica precedente:

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l'opera vuole essere una biografia spirituale di Francesco, meno at­ tenta ai fatti - come sono invece quelle di Tommaso da Celano - e p ili preoccupata di cogliere l'essenza del messaggio del santo. La descrizione delle stimmate nella Legenda trium sociorum com­ menta la morte di Francesco, un modo per ricapitolare il significato e la specificità di una condotta di vita esemplare; andrà comunque no­ tata la collocazione del racconto che a tanti anni di distanza insiste an­ cora nel descrivere il prodigio soltanto nel momento in cui fu possibi­ le constatarlo e cioè sul cadavere del santo. In tal modo l'opera rivela di essere ancora influenzata dall'Epistola di frate Elia, peraltro citata e corretta - come già Tommmaso aveva fatto nella Vita prima - sul punto essenziale dei chiodi, chiodi di carne, che simulano il ferro at­ traverso il colore nero assunto dalla pelle in quel punto, e non evocati dalla traccia della ferita. La manifestazione dei segni prodigiosi non è altro che il segno vi­ sibile, esterno, di quell'amore bruciante rivelatosi davanti al crocifis­ so di San Damiano: lo segnala il concetto della liquefazione - che pre­ para il racconto vero e proprio della Verna - già usato per rendere il turbamento di Francesco dopo che l'immagine dipinta si era improv­ visamente animata: « Da quel momento il cuore di Francesco fu cosi ferito e liquefatto nel ricordo della Passione di nostro Signore che sempre, finché visse, portò nel suo cuore le stimmate di Gesu, cosi co­ me poi apparve chiaramente con il rinnovarsi nel suo corpo di quelle medesime stimmate fatte in maniera meravigliosa e dimostrate in mo­ do evidente »'". Iacopo da Varazze, in una predica dedicata alle stim­ mate di Francesco vere e proprie, le spiega come l'esito di un forte turbamento emotivo nel quale primeggia la veemente immaginazione o la contemplazione di un'immagine; come esempi in appoggio ripor­ ta due fra loro assai simili quanto a situazione di partenza: il primo, già raccontato da Girolamo, riguarda una donna sospettata dal mari­ to per avere generato un bambino nero; fu scoperto che questo le era accaduto perché aveva pensato intensamente a un Etiope visto in pre­ cedenza. Il secondo esempio riguarda di nuovo un neonato « diversis­ simo dalla famiglia che l'aveva generato »; in questo caso il dilemma viene risolto potendosi dimostrare che la donna aveva contemplato a lungo un'immagine che teneva nella camera da letto: se le soluzioni escogitate fanno sorridere non devono però farci dimenticare quale forza condizionante fosse attribuita alla suggestione esercitata dalle immagini '"'. Un'espressione simile a quella ricordata da Bonaventura, relativa ai poteri dell'amore, ricorre nella Leggenda dei tre compagni nel preambolo del racconto dell'apparizione del Serafino. Francesco

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« amò Dio con tanto fervore e tanta veemenza da sentirsi tutto lique­ fatto dentro ogni volta che lo udiva nominare; manifestava contem­ poraneamente all'esterno la sua emozione dicendo che il cielo e la ter­ ra dovevano inchinarsi davanti al nome di Dio » "". Le stimmate in quest'opera sono il segno visibile, esterno, di un amore bruciante fin dai tempi della conversione. Protagonista dell'e­ pisodio è il Serafino come metonimia dell'« ardor amoris » che porta Francesco, nel giorno dell'Esaltazione della croce, a un'estasi celeste, in cielo accanto agli angeli di fuoco: il testo segue molto da vicino quello di Bonaventura. Per la Legenda trium sociorum l'identificazio­ ne con Cristo si mantiene però sul piano della pura metafora, proprio come per lo pseudo-Dionigi nella traduzione di Giovanni Scoto il Salvatore poteva essere definito « Angelus magni consilii ». Pur evo­ cando l'immagine di Cristo l'essere ang�lico conserva la bellezza del puro spirito: « apparuit ei Seraph unus' sex alas habens et inter alas gerens formam pulcherrimam hominis crucifixi »'"'. Poiché appartie­ ne al cielo, solo la disposizione delle braccia e dei piedi evoca la croce cui ovviamente l'angelo non è inchiodato'"'. Sparendo la visione com­ paiono le stimmate, all'ardore dell'amore spirituale corrisponde il se­ gno visibile del turbamento di Francesco, ma come ho già anticipato, i chiodi di carne e la ferita al costato sono descritti soltanto quando si parla del cadavere del santo, finalmente esposto all'avido sguardo e alla pietà di frati e fedeli'"'. Per rendere visivamente comprensibile la contemporaneità dei due eventi, cioè lo svanire della visione e la com­ parsa delle stimmate, Giotto elaborò una nuova formula, collegando con raggi le stimmate di Francesco e quelle del Salvatore, il cui busto, abbassate le ali, fu reso visibile in modo che anche la ferita al costato fosse partecipe della simultaneità del fenomeno. È una formula gra­ dualmente elaborata e migliorata: l'esito finale mostrerà le stimmate non piu prodotte da Francesco in forma di neri chiodi, ma inferte dal­ l'esterno e dunque vere e proprie ferite, quasi che le piaghe di Cristo avessero il potere di colpire, come frecce, la carne del santo. Sarà la conclusione estrema del processo di meditazione cui il mi­ racolo fu sottoposto nel corso degli anni. Poiché a tale epilogo si giun­ se per gradi, intendo ora ripercorrere il cammino delle immagini. 1 II Ce!., pars II, cap. 20, par. 49, AF X, p. 161 e cfr. qui cap. 11, nota 178. 2 n Ce!., pars n, cap. 104, par. 143 e capp. II5·I6, parr. 155·56, AF X, pp. 213 e 219·20.

' «Quodam enim tempore immissa est sancto patri gravissima tentatio spiritus. [ . . . ]Angustia­ batur exinde et replebatur doloribus, affl.igebat et macerabat corpus, orabat et lacrimabat

Sulla Verna acerrime. Pluribus annis taliter impugnatus, dum oraret die quadam in Sancta Maria de Por­ tiuncula, vocem audivit in spiritu: "Francisce, si habueris fidem ut granum sinapis, dices monti ut transeat et transibit" . Respondit sanctus: "Domine, quis est mons quem velim ipse transferre ?" Et iterato audivit: "Mons est tentatio tua". Et ipse illacrimans dixit: " Fiat mihi, Domine, sicut dixisti " . Statim omni tentatione propulsa, liber efficitur et totaliter in intimis quietatur»»: II Cel., pars Il, cap. 8I, par. n5, AF X, pp. I98-99.



I Cel., pars II, cap. 2, par. 93, AF X, p. 7J.. L'apertura triplice della Bibbia, come sicura prova che è Dio che sta manifestando la sua volontà, è una cerimonia consueta fin dall'antichità cri­ stiana, nota col nome di « Sortes apostolo rum ». Su questo tratto quasi superstizioso, tipico della religiosità di Francesco cfr. R. Manselli, San Francesco, Bulzoni, Roma I98o, pp. 87 sgg.

' Cap. II, nota I62. Mi chiedo se un velatissimo accenno sia in I Cel., pars II, cap. 3, par. 96, AF X, pp. 73"74•

Speculum perfectionis ci t., vol. I, cap. 99, pp. 284-85: De gravissima tentatione quam habuit ul­ tra duos annos. «ln loco S. Mariae immissa fuit ei gravissima tentatio spiritus ad profectum

animae suae. Ex hoc autem affligebatur tantum mente et corpore quod a consortio fratrum multoties se subtrahebat quia non poterat eis se estendere laetum sicut consueverat>>. Segue la notizia dell'afflizione durata due anni interi ed il dialogo interiore a commento del passo di Matteo con la felice intuizione risolutoria. « Et statim ita perfecte liberatus est quod visum fuit ei numquam habuisse tentationem aliquam. Similiter in sacro monte Alvernae tempore quo recepit stigmata Domini in corpore suo tentationes et tribulationes passus fuit a daemo­ nibus quod non poterat se laetum estendere sieu t consueverat. Dicebat enim socio suo: "Si scirent fratres quot et quantas tribulationes et afflictiones faciunt mihi daemones, non est ali­ quis eorum qui non moveretur ad compassionem et pietatem circa me" >>.

7 Mt 4, I-n; Le 4, 2-I3; piu brevemente: Mr I, I2-I3-

8]. Le Goff, Le désert-/oret dans l'Occident médiéval, in «Traverses>>, XIX (I98o), pp. 23-33, trad. ital. in]. Le Goff, Il meraviglioso ed il quotidiano, Laterza, Bari I984, pp. 27-44-

, Scripta Leonis cit., cap. I3, p. no. Mi sembra che ) : II Cel., pars Il, cap. 26, par. 56, AF X, p. I65.

« Leges enim peregrinorum in filiis semper quaesivit, sub alieno videlicet colligi tecto, pacifi­ ce pertransire. [ ... ] "Dominus, ait [Franciscus] quando stetit in carcere, 'ubi oravit et ieiuna­ vit quadraginta diebus' (Mt 4, I-2), non cellam ibi fieri fecit, nec aliquam domum, sed sub sa­ xo montis permansit" »:II Cel., pars Il, cap. 29, par. 59, AF X, p. I67. Le parole di Francesco sono citate anche in: Speculum per/ectionis cit., vol. I, cap. 9, par. 8, p. 27.

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Thomae de Eccleston Tractatus cit., Collatio I3, p. n-

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« Instar spirituum supernorum in scalaJacob aut ascendebat in Deum, aut descendebat ad proximum. [ ... ] Bienno itaque, antequam spiritum redderet caelo, divina providentia duce, post labores multimodos perductus est in locum excelsum seorsum, qui dicitur Mons Alver­ nae »: Leg. maior, cap. I3, par. I, AF X, pp. 6I5·I6.

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D'ora in avanti metterò in corsivo le parole dei versetti biblici che sono state utilizzate nelle

Laudes Dei Altissimi. Dò di seguito il testo con i relativi riferimenti biblici cosi come è stam­ pato negli Opuscula Esser, pp. 90-9I: per comodità mia e del lettore invece che per paragrafi numero il testo linea per linea; a questi numeri mi riferisco nelle citazioni: I) Tu es sanctus Dominus Deus solus, qui 2) facis mirabilia (Ps 76, I5). Tu es fortis, tu 3) es magnus (cfr. Ps 85, ro), tu es altissimus 4) tu es rex omnipotens, tu pater sancte (Jo q, n) 5) rex caeli et terrae (cfr. Mt n, 25) Tu 6) es trinus et unus Dominus Deus deorum (dr. Ps I35, 2) 7) tu es bonum, omne bonum 8) summum bonum, Dominus Deus vivus et 9) verus (cfr. I Th I, 9). Tu es amor, caritas

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10) tu es sapientia, tu es humilitas, tu es u) patientia (Ps 70, 5), tu es pulchritudo, tu es 12) mansuetudo, tu es securitas, tu es quietas 13) tu es gaudium, tu es spes nostra et laetitia 14) tu es iustitia, tu es temperantia, tu es omnia 15) divitia nostra ad sufficientiam. Tu es r6) pulchritudo, tu es mansuetudo; tu es protector (Ps 30, 5) 17) tu es custos et defensor noster r8) tu es fortitudo (cfr. Ps 42, 2), tu es refrigerium 19) tu es spes nostra, tu es fides nostra 20) tu es caritas nostra, tu es tota dulcedo 21) nostra, tu es vita aeterna nostra: Magnus 22) et admirabilis Dominus, Deus omnipotens 23) misericors Salvator. > (ls 8, r6·r7). II Cel., pars II, cap. 49, par. 9, AF X, p. r6r. I Cel., pars II, cap. 3. par. 94, AF X, p. n Intorno al capo dell'angelo sono disposte le teste dell'aquila, del toro e del leone per compor­ re il tetramorfo descritto da Ezechiele. Cfr.J. Hubert, J. Porcher, W. F. Volbach, L'impero carolingio, Feltrinelli, Milano 1968, fig. 145, p. 159: Parigi, B. N., ms Lat. 9428, f. 15. Alani de lnsulis De sex alis Cherubim, PL 210, coll.\269-80. Testamentum, Opuscula Esser, p. 307. Ibid. , p. 92. Si tratta dell'attuale ms 694 conservato presso la Biblioteca comunale di Assisi, ricostruito con la riunione di due manoscritti assisana il 693 e il 696 provenienti dalla biblioteca del Sa­ cro Convento di Assisi; il breviario contiene >; il breviario minoritico ha adottato però un salterio diverso da quello usato dalla Curia romana: Abate, Ilprimitivo bre· vianò cit., pp. 48 e n6. Su questo stesso breviario : V an Dijk, The Breviary cit.; L. Gallane, L'Evangeliaire de Saint François d'Assise, in « Collectanea Franciscana >>, LIII (1983), pp. 6-22 e Id. L'Evangeliaire de Saint François d'Assise, quelques remarques à partir du contexte liturgi­ que et /ranciscain, in «Collectanea Franciscana>>, uv (1984), pp. 241-6o. In realtà è molto di piu di un breviario, dato che gli ultimi 55 fogli esistettero dapprima come un libro separato di vangeli. Appartiene, secondo considerazioni paleografiche, al primo quarto del XIII secolo ed è il piu antico documento della liturgia riformata di Innocenza III. L'occasione della con· fezione del nuovo codice fu data fra il 1257 e il 1258 dal trasferimento dellemonache di Chiara da San Damiano al nuovo monastero dentro le mura della città: V an Dijk, The Breviary cit., p. r8 e cap. 11, nota 148. Abate, Il primitivo breviario cit., p. 153. Enrico d'Avranches, che nella dedica ha mantenuto la versione delle stimmate fornita da fra­ te Elia, quando giunge a raccontare piu distesamente l'episodio della Verna, avendo come fonte narrativa davanti a sé soltanto la biografia di Tommaso da Celano è costretto a dipen­ derne, ma con un certo distacco. Secondo il poeta, il Serafino chiarirà a Francesco, in ansia per i patimenti che lo aspettavano e angustiato per la propria fine, i dubbi che la consultazio­ ne del vangelo apertosi sulla Passione di Cristo non aveva del tutto fugato: l'essere angelico, cittadino del cielo, è per il santo la valida promessa di diventarne presto concittadino. ll Sera­ fino predice che il tempo restante sarebbe passato però nel dolore; le sofferen2e di Cristo so­ no talmente prese a modello dal santo che la compassione si rende evidente quasi trasparisse attraverso le membra fattesi diafane, mostrando le escrescenze carnose in sostituzione dei chiodi della croce e la piaga al petto, che si sarebbe potuto quasi pensare provocata da un col­ po di lancia. Opuscula Esser, p. 192.

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" lbid. , p. 289. 26 PL 76, coll. 1246-59. TI buon pastore con l'animale ritrovato sulle spalle è Cristo, «perché rac­ cogliendo la nostra natura egli stesso portò i nostri peccati» (« quia humanam naturam susci­ piens, peccata nostra ipse portavit ») ; le nove dracme rappresentano i nove cori angelici, la decima ritrovata l'uomo perduto dal peccato ma ritrovato e redento da Cristo: PL 76, col. 1247; Gregorio Magno, Quaranta omelie sui Vangeli, a cura di G. Barra, Utet, Torino 1946, p. 356. (Questa traduzione in molti casi si è rivelata assai poco affidabile). 17

Gregorii Magni XL Homiliae cit., coll. 1250 D-1251 A; Gregorio Magno, Quaranta omelie cit. p. 357·

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lbid., p. 359; « Seraphim etiam vocantur illa spirituum sanctorum agmina quae ex singulari propinquitate conditoris sui incomparabili ardent amore. Seraphim namque ardentes ve! in­ cendentes vocantur. Quae, quia ita Deo coniuncta sunt ut inter haec et Deum nulli alii spiri­ tus intersint, tanto magis ardent, quanto hunc vicinius vident. Quorum profecto fiamma amor est, quia quo subtilius claritatem divinitatis eius aspiciunt, eo validius in eius amore flammescunt. Sed quid prodest nos de angelicis spiritibus ista perstringere, si non studeamus haec etiam ad nostros profectus congrua consideratione derivare? »: Gregorii Magni XL Ho­ miliae cit., col. 1252 B, par. n.

" lbid., p. 361; >: Gre­ gorii Magni XL Homiliae cit., col. 1253 C-D.

"' A proposito dei puri di spirito Francesco dà questa definizione: « Vero mundo corde sunt qui terrena despiciunt, caelestia quaerunt et semper adorare et videre Dominum Deum vi­ vum et verum mundo corde et animo non desistunt »: Admonitiones, cap. 16, Opuscula Esser, pp. 73-74. Gregorio Magno aveva detto: >. 46

«Et usque nunc pronuntiabo mirabilia tua» (Ps 70, f7); « Quantas ostendisti mihi tribulationes multas et malas! » (Ps 70, 20).

47 « Miserere mei, Domine, quoniam tribulor». 41

« Quoniam magnus es tu et faciens mirabilia, tu es Deus solus».

49

A ogni versetto viene ripetuta la frase: «Quoniam in aetemum misericordiam eius».

"' Ps 13.5, 4: «Qui facit mirabilia magna solus, quoniam in aeternum misericordia eius »; «Tu es sanctus Dominus deus solus, qui facis mira bilia» (linee uno-due) ; e Ps 13.5, 2: « Confitemini Deo Deorum, quoniam in aetemum misericordia eius »: «Tu es trinus et unus Dominus Deus deorum » (linea sei). 11

« Deus soluS» ricorre nella prima linea delle Laudes.

" Piuttosto che « omnia » come dà l'edizione Esser, difficilmente accordabile con « divitia »

Sulla Verna preferisco la scelta « omnis » dell'edizione Boehmer: S. Francisci Opuscula, a cura di H. Boeh· mer, ]. Mohr, Tiibingen 19(51, Analekten zur Geschichte cles Franziscus von Assisi, 4, p. 45· " Parole che Francesco riecheggia anche nell'Oratio ante cruci/ixum, « [ . .. ] Da mihi fidem ree­ ram, spem certam et caritatem perfectam »: Opuscula Esser, p. 224. " Dò di seguito una tavola riassuntiva di quanto sono andata esponendo a proposito delle Lau­ des DeiAltissimi, awertendo di avere riportato nella colonna di confronto solo quei versetti che trovano nel componimento un raffronto esplicito, dato che non mi è stato possibile rias­ sumere in uno schema tutti quei versetti-ponte, presenti alla memoria di Francesco ma non citati per un utilizw immediato: r.

Tu es sanctus Dominus Deus solus, qui

« Sanctus, sanctus, sanctus Dominus Deus Sabaoth Domine sanete, Pater om­ nipotens sanctus Dominus Deus » (ls. 6, 3)

2. facis mirabilia. Tu es fortis, tu

« Quis Deus magnus sicut Deus noster? Tu es Deus qui /acis mirabilia» (Ps 76, I5) « Vocabitur nomen eius adrnirabilis » (ls 9, 6) « quoniam magnus es tu et faciens mira­ bilia, tu es Deus solun> (Ps 85, 10) « qui facit mirabilia magna solus » (Ps 135, 4) Deus fortis, parer futuri saeculi, prin­ ceps pacis (ls 9, 6)

3· es magnus, tu es altissimus,

Deus in sancto via tua: quis Deus ma­ gnus sicut Deus noster? (Ps 85, IO)

4· tu es rex omnipotens, tu parer sancte,

Domine sancte, Pater omnipotens pater sancte (]o I7, n) Pater sande, serva eos in nomine tuo (Jo

5· rex caeli et terrae. Tu

confiteor tibi Pater domini caeli et ter­ rae (Mt II, 25) rex caeli et te"ae (Mt II, 25)

17,

6. es trinus et unus Dominus Deus deorum 7· tu es bonum, omne bonum,

n;

17, I7)

confitemini Domino . . . confitemini Deo

deorum (Ps I35, 2)

Confitemini Domino, quoniam bonus quid me dicis bonum? Nemo bonus nisi solus Deus (Le I8, I9)

8. summum bonum, Dominus Deus vivus et 9· verus. Tu es amor, caritas;

servire Deo vivo et vero (Thess I, 9) « in die tribulationis » (Ps 76, 2) « in tribulatione multa» (l Thess 1, 6)

IO. tu es sapientia, tu es humilitas, tu es n. patientia, tu es pulchritudo, tu es

caritas de corde puro et conscentia bo­

na et /ides non ficta (Tim I, 5) ut in me primo ostenderet Christus Jesus omne patientiam (Tim I, 6) quoniam tu es patientia mea domine (Ps 70, 5) [« pronuntuiabo mirabilia tua » (Ps 70, 17), « quantas ostendisti mihi tribulatio­ nes multas » (Ps 70, 20)]

Capitolo quarto

188 u.

mansuetudo, tu es securitas, tu es quietas

I3. tu es gaudium, tu es spes nostra et laetitia I4. tu es iustitia, tu es temperantia, tu es omnia I5. divitia nostra ad sufficientiam. Tu es

voluit Deus notas facere divitias gloriae (Col I, 27)

I6. pulchritudo, tu es mansuetudo; tu es protec­ tor

quoniam tu es protector meus (Ps 30, 5) [« miserere mei, Domine, quoniam tri­ bulor» (Ps 30, Io)]

I7. tu es custos et defensor noster; I8. tu es fortitudo, tu es refrigerium quoniam

/ortitudo mea et refugium meum es tu. (Ps 42, 2)

I9. tu es spes nostra, tu es fides nostra, 20. tu es caritas nostra, tu es tota dulcedo

finis autem praecepti est caritas (Tim I, 5-6)

21. nostra, tu es vita aetema nostra: Magnus

quam magna multitudo dulcedinis tuae, Domine (Ps 30, 20)

22. et admirabilis Dominus, Deus omnipotens,

nomen eius admirabilis. . . deus fortis (ls 9· 6)

23. misericors Salvator.

" n componimento inizia con « Sanctus Dominus Deus [ . . . ] deus fortis>> (Is 6, 3 e 9, 6), versetti

che rimandano al racconto del dialogo fra il Serafino e il profeta, e chiude con « admirabilis Dominus » (ls 9, 6), tratto dal medesimo passo di Isaia. ,. Epistola ad fide/es (recensio postenor), Opuscula Esser, p . II.'J.

" «Ante sex dies paschae, sciens Iesus quia venit bora eius, ut transeat ex hoc mundo ad Pa­ trem »: I Ce!., pars II, cap. 8, parr. 109-ro, AF X, p. 85. " Bonaventura dice: « Ante diem festum Paschae, sibi legi poposcit»: Leg. maior, cap. I4, par. 5, AF X, p. 622. " I Ce!., pars II, cap. 2, par. 93, AF X, p. 71. "' Hieronymi Commentaria in IsaùJm prophetam, l. 3, PL 24, coli. I29-31. 61 La riporto con le parole di GeroLlmo: , VIII (1954), pp. 77-90, fig. 74·

,. Oxford, Bodleian Library, ms Douce 13,, f. J2 segnalato e descritto da Ph. Faure in un artico­ lo non ancora pubblicato: Corps de l'homme et corps du Christ: l'iconographie de la stig­ matisation de saint François aux XIv' et xv' siècle en France et en Engleteffe, p. 19 del dattilo­ scritto. Ringrazio l'autore che mi ha permesso di leggere in anticipo il suo lavoro. n

I Ce!., pars I, cap. 20, par. ,7, AF X, p. 44: Tommaso commenta la conclusione incruenta del­ l'incontro con il commosso e turbato sultano: «Dominus ipsius desiderium non implevit, praerogativarn illi reservans gratiae singularis » («Il Signore non concedeva il compimento del desiderio [di martirio] del Santo, riservandogli il privilegio di una grazia tutta speciale ») .

78 «Tantum quoque animarurn diligebat salutem et proximorum sitiebat lucra, ut cum per se arnbulare non posset, asello vectus circuiret terras »; « Verum quia nondum impleverat ea quae passionum Christi deerant in carne sua, licet stigrnata eius in corpore suo portaret, infir­ mitatem oculorurn incurrit gravissimam» : I Cd., pars II, cap. 4, par. 98, AF X, p. n: delle stimmate Tommaso aveva parlato al capitolo precedente, ai parr. 94-9,, AF X, pp. 72-73.

79 II Ce!., pars I, cap. 16, par. 24, AF X, pp. 144 -4,. 80

Alani de Insulis De sex alis cit., col. 280 C.

82

Una minuziosa analisi delle parole che Tommaso da Celano murua da Elia si trova nella lunga nota 4 di AF X, p. 87 a commento di I Ce!., pars II, cap. 9: « Lamenrum fratrurn et gaudium cum eum cemerent signa ferentem crucis, et de alis Seraphim ».

81 II Ce!., pars II, cap. 41, par. 71, AF X, p. 174; II Cel., pars II, cap. 24, par. 54, AF X, p. 164.

" «Quadarn vero die, cum Domini misericordiarn super impensis sibi beneficiis miraretur, et conversationis suae suorumque processum concupisceret sibi a Domino indicari, locum ora­ tionis petiit, sicut et saepissime faciebat. [ . .. ] Quaedam laetitia indicibilis et suavitas maxima sensim coepit cordis eius intima superfundere. Coepit quoque a semetipso deficere, com­ pressisque affectibus ac tenebris effugatis quae timore peccati fuerant in corde suo concre­ tae, infusa est sibi certitudo remissionis omnium delictorum et fiducia exhibita est in gratiam respirandi. Raptus est deinde supra se, atque in quodarn lumine totus absorprus, dilatato mentis sinu, quae futura erant luculenter inspexit. Recedente denique suavitate illa cum lu­ mine, spiritu innovatus, iarn mutatus in virum alterum videbatur. Sicque reversus gaudenter dixit ad fratres: "Confortarnini, carissimi, et gaudete in Domino [ ... ] quoniam [ ... ] in maxi­ mam multitudinem faciet n6s crescere Deus et usque ad fines orbis multipliciter dilatabit. Ad vestrum quoque profectum dicere cogor quod vidi, quod et utique magis silere liberet, si charitas me non cogeret vobis referre »: I Ce!., pars I, cap. n, parr. 26-27, AF X, p. 22. " « Faciente ipso moram in eremitorio, quod a loco in quo positum est Alvema nominarur, duobus annis antequam animam redderet caelo, vidit in visione Dei virurn unum, quasi Se­ raphim sex alas habentem, stantem supra se, manibus extensis ac pedibus coniunctis, cruci affixum. Duae alae supra caput elevabantur, duae ad volatum extendebantur, duae denique totum velabant corpus. Cumque ista videret beatus servus Altissimi, admiratione permaxima replebatur, sed quid sibi vellet haec visio advertere nesciebat. Gaudebat quoque plurimum et vehementius laetabatur in benigno et gratioso respectu, quo a Seraphim conspici se vide­ bat, cuius pulchritudo inaestimabilis erat nimis, sed omnino ipsum crucis affixio et passionis illius acerbitas deterrebat. Sicque surrexit, ut ita dicatur, tristis et laetus, et gaudium atque moeror suas in ipso altemabant vices. Cogitabat sollicirus, quid posset haec visio designare, et ad capiendum ex ea intelligentiae sensum anxiabatur plurimum spiritus eius. Cum liquido ex ea intellectu aliquid non perciperet et mulrum eius cordi visionis huius novitas insideret, coeperunt in manibus eius et pedibus apparere signa clavorurn, quemadmodum paulo ante virum supra se viderat crucifixum. Manus et pedes eius in ipso medio clavis confixae vide­ bantur, clavorum capitibus in interiore parte manuum et superiore pedum apparentibus, et eorum acuminibus exsistentibus ex adverso. Erant enim signa illa rorunda interius in mani­ bus, exterius autem oblonga, et caruncula quaedam apparebat quasi summitas clavorurn re-

Sulla Verna torta et repercussa, quae camem reliquam excedebat. Sic et in pedibus impressa erant signa clavorwn et a carne reliqua elevata. Dextrum quoque latus quasi lancea transfixum, cicatrice obducta, erat, quod saepe sanguinem emittebat, ita ut tunica eius cum femoralibus multoties respergeretur sanguine sacro. Heu quam pauci, dum viveret crucifixus servus Domini cruci­ fixi, sacrum lateris vulnus cernere meruerunt! Sed felix Helias, qui, dum viveret sanctus, ut­ cumque illud videre meruit; sed non minus felix Rufinus qui manibus propriis contrectavit »: I Ce!., pars Il, cap. 3, parr. 94-95, AF X, pp. 72 - 73 ., « Sed temperabat moestitiam gaudium inauditum, et miraculi novitas eorum mentes in stu­ porem nimium convertebat. Versus est luctus in canticum, et ploratio in iubilationem. Num­ quam enim audierant, nec legerant in Scripturis quod oculis monstrabatur, quod et persua­ deri vix potuisset eis, si non tam evidenti testimonio probaretur.[ ... ] Resultabat revera in eo forma crucis [ ... ] dum quasi recenter e croce depositus videretur, manus et pedes clavis con­ fixos habens et dextrum latus quasi lancea vulneratum. Intuebantur namque carnem illius, quae nigra fuerat prius, candore nimio renitentem, et ex sui pulchritudine beatae resurrec­ tionis praemia pollicentem. Cernebant denique vultum eius quasi vultum Angeli. [. . . ] Cum­ que tam mira pulchritudine cunctis cernentibus resplenderet, et caro eius candidior esset ef­ fecta, cernere mirabile erat in medio manuum et pedum ipsius non clavorum quidem punc­ turas, sed ipsos clavos ex eius carne compositos, ferri retenta nigridine, ac dextrum latus san­ guine rubricatum. Non incutiebant horrorem mentibus intuentium signa martyrii, sed deco­ rem multum conferebant et gratiam, sicut in pavimento albo nigri lapilli solent»: I Ce!., pars Il, cap. 9, parr. m-n3, AF X, pp. 87-88. 86 Tommaso avrà forse trovato conforto in un passo di 2 Cor I2, 4-7 in cui Paolo scrive che dopo essere stato rapito al terzo cielo, in Paradiso, e avere udito « arcana verba quae non licet ho­ mini loqui », per la straordinaria grandezza di quelle rivelazioni, perché egli non insuper­ bisse, gli fu conficcata nella carne una spina a opera del demonio (« datus est mihi stimulus carnis meae angelus Satanae qui me colaphizet »).

III I Fioretti sottolineano a tanta distanza dalla versione di Tommaso, nonostante l'opposta ver­ sione di Bonaventura, il lungo lasso di tempo intercorso fra l'apparizione del Serafino e la comparsa delle stimmate: «Disparendo dunque questa visione mirabile dopo grande spazio e segreto parlare, lasciò nel cuore del santo un ardore eccessivo e fiamma d'amore divino, e nella sua carne lasciò una meravigliosa immagine e orma delle passioni di Cristo>>: I Fioretti, FF, p. I598.

" Leg. maior, cap. I3, par. 4, 89

AF X, p. 617.

L'espressione «cuius pulchritudo inestimabilis erat nimis» è calcata su quella del primo re­ sponsorio della festa dell'Assunzione «cuius odor inaestimabilis erat nimis»: festa con cui, secondo Leone, Francesco aveva iniziato la quaresima della Verna: AF X, p. 72, nota 5·

"' «Sacramentum hoc magnum est et praerogativae dilectionis indicat maiestatem; sed arca­ num in eo latet consilium et reverendum contegitur mysterium, quod soli Deo cognitum cre­ dimus, et per ipsum sanctum ex parte cuidam revelatum>>: I Ce!., pars Il, cap. I, par. 90, AF X, p. 69. 91

«Estote ergo imitatores Dei, sicut filii carissimi et ambulate in dilectione, sicut et Christus di­ lexit nos et tradidit semetipsum pro nobis oblationem et hostiam Deo in odorem suavitatis » (Eph 5. I-l).

92

Questo termine compare negli Actus beati Francisci et wciorum eius, ed. cit. Cambell, cap. 6, p. I54 e ne I Fioretti, cap. 7, FF, p. 469.

9' II Ce!. cap. I54, par. 203, AF X, p. 246.

" li biografo nel capitolo: «Quod pia fraude quidam illa inspexit >> narra di &a Pacifico che con un espediente riusd a vedere le mani di Francesco, di solito coperte, non senza ricevere un vi­ brato rimprovero da parte del santo; è una sostituzione che non risarcisce il vuoto d'autorità venutosi a creare con la indisponibilità della testimonianza di Elia : II Ce!., pars II, cap. 99, par. 137, AF X, pp. 208- 9 .

., «Sensum hoc humanum excederet, et ab omni rationis iudicio procul esset »: m Ce!., cap. Il, par. 6, AF X, p. 275.

Capitolo quarto 96

«At vero quia ineffabilem sui mutationem persensit, quod exprimere ipse non potuit, ex­ pedit nos silere. Infigitur ex tunc sanctae animae Ctucifixi compassio, et ut pie putari potest, cordi eius, licet nondum carni, venerandae stigmata passionis altius imprimunrur. Mira res et nostris saeculis inaudita! Quis non stupet ad ista? Quis quandoque similia intellexit? Quis Franciscum iam redeuntem ad patriam apparuisse dubitat crucifixum, cui, adhuc mundo piene exterius non conrempto, novo et inaudito miraculo de ligno crucis loquitur Christus? Ab ea igitur hora liquefacta est anima eius, ut dilectus ei locutus est. Patuit paulo post amor cordis per vulnera corporis »: n Cel., pars Il, cap. 6, parr. 10-rr, AF X, pp. 136-37·

97

Tommaso commentando l'apparizione del Serafino aveva scritto, come ricordavo sopra: « Gaudebat quoque plurimum et vehementius laetabatur in benigno et gratioso respectu, quo a Seraphim conspici se videbat, cuius pulchritudo inaestimabilis erat nimis, sed omnino ipsum crucis affixio et passionis illius acerbitas deterrebat >>: I Cel., pars II, cap. 3, par. 94, AF X, p. 72.

91

« Confabulabatur saepe verbis cum Domino suo. lbi respondebat iudici, ibi supplicabat pa­ tri, ibi colloquebatur amico, ibi colludebat sponso. [ . . . ] Quanta vero credis suavitate perfun­ di talibus assuetum? Novit ipse, nam ego potius miror. Experienti dabitur scire, non conce­ ditur inexpertis. Sic fervore spiritus bulliens acutus, et omnis aspectus et tota prorsus anima liquefacta iam in caelestis regni summa republica versabatun>: II Cel., pars n, cap. 61, par. 95, AF X, p. 187, eco del passo in cui Francesco stesso sente sé e i compagni sposi, fratelli e madri di Cristo: Epistola ad fide/es (recensio prior), Opuscula Esser, pp. 108-9; con le stesse parole si esprime nella Epistola adfide/es (recensio posterior), Opuscula Esser, pp. 122-23. Cfr. cap. m, nota II7·

., Era stato costretto a ricordare con quanta cura il santo celasse le stimmate, riportando la bru­ sca risposta di Francesco a chi indiscretamente indagava sulla natura dei segni sulle mani e sui piedi: II Cel., pars Il, cap. 98, parr. 135-36, AF X, p. 209.

100

« Usque in hodiernum enim diem, cum legitur Moyses, velamen positum est super cor eo­ rum; cum autem conversus fuit ad Dominum, auferetur velamen. [ ... ] Nos autem revelata fa­ cie gloriam Domini speculantes in eandem imaginem transfonnamur a claritate in claritatem, tamquam a Domini Spiritu »: 2 Cor 3, 16-18.

101 «Non enim nosmetipsos praedicamus, sedJesum Christum Dominum nostrum. [ ... ] Semper mortificationem lesu in corpore nostro circumferentes, ut et vita lesu manifestetur in corpo­ ribus nostris>>: 2 Cor 4, 4; 4, ro. 10' «Primo in tempo re, quo vero Christi amor in eamdem imaginem trasfonnarat amantem, tan­ ta cautela celare et occultare coepit thesaurwn, ut usque multa tempora nec ipsi familiares agnoscerent>>: II Cel., pars Il, cap. 98, par. 135, AF X, p. 208. 10' « Quem cum in secreto montis latere cerneret in oratione prostratum, expectare voluit quan­ do surgeret, ut ipsam quoque longanimitatem orationis eius exploraret, cum subito coelitus lux emissa super eum fusa est qui in orationis prostratus iacebat; tantaque se ilio in loco clari­ tas sparsit, ut tota pars regionis illius ex eadem luce candesceret . [ . . . ] "Quando su per me vi­ disti lucem de coelo descendere, vox etiam pariter venit, dicens: 'dimissum est peccatum tuum'. [ . . . ] [Deus] loquendo per vocem, radiando per lumen, exemplo suae misericordiae nostra ad poenitentiam voluit corda concutere "»: Gregorii Magni Homiliae in Evangelia, 34, PL 76, col. 1258.

104 Cfr. cap. v, p. 203. 11"

Cfr. cap. v, p. 212. 106 Ora conservata alla Frick Collection di New York. Su quest'opera cfr. ]. V. Fleming, From Bonaventure to Bellini. An Essay in Franciscan Exegesis, Princeton University Press, Prince­ ton 1982.

107

]. Gardner, The Louvre Stigmatixation and the Problem o/the Narrative Altarpiece, in « Zeit­

schrift fi.ir Kunstgeschichte», XLV, 3 (1982), pp. 217-47, p. 226. 108 «Non enim consueverat talia in domo sua videre, sed potius pannorum cumulos ad venden· dum. Cumque ad subitum rerum evenrum stuperet non modicum, responsum est ei, omnia haec arma sua fore militumque suorwn. Expergefactus quoque animo gaudenti mane surre-

Sulla Verna

I93

xit et praesagium magnae prosperitatis reputans visionem, prosperum futururn iter suum in Apuliam securatur. [ . .. ] In eo tamen perpendere poterat visionis huius suam interpretatio· nem non esse veram, quia licet satis rerum gestarum utcurnque similitudinem contineret, non tamen animus eius circa talia solito laetabatun>: I Cel., pars l, cap. 2, par. 5, AF X, pp. 8·9·

'"' In II Ce!., pars II, cap. 6, parr. 10·II, AF X, p. 137, a proposito del crocifisso di San Damiano Tommaso ha cura di annotare che si muovono le labbra dipinte («labiis picturae deductis »), di nuovo un dettaglio molto puntuale, ancorato alla realtà. 110

Luca di Tuy ha ben chiaro i motivi del mutamento iconografico che accentua lo spasimo del supplizio: « Sed dicit aliquis, ad hoc uno pede su per alio, uno clavo Dominum dicimus cruci­ fixurn, et consuetudines Ecclesiae volurnus immutari, ut maiori acerbitate passionis Christi populi devotio excitetur» («Ma qualcuno dice che per questo si va ora affermando che Cri­ sto sia stato crocifisso con un piede sopra l'altro tenuti da un unico chiodo e che si vogliano cambiare le consuetudini della Chiesa, perché con la crudeltà maggiore della Passione di Cri­ sto sia sollecitata nel popolo una maggiore devozione »): Lucae Tudensis episcopi De altera vita, cit., l. II, cap. rr, p. 104. ll crocifisso con tre chiodi comparve per la prima volta nelle re­ gioni nordiche alla metà del xn secolo e divenne veramente popolare nel tredicesimo. Uno degli esempi piu antichi è del II49: Reallexikon der deutschen Kunstgeschichte, A. Drucken­ miiller, Stuttgan 1958, vol. IV, pp. 525-26, s. v. Dreinagelcruci/ixus, a cura di K. A. Winh che li cita un suo lavoro, Die Entstehung des Dreinagelkreuzi/ixus und seine typengeschichtliche Entwicklung bis zum Mitte IJ Jahrhundert in Frankreich und Deutschland, Disserration, Frankfun am Main 1953, datt.

111

Non è un caso che Cesario da Heisterbach, monaco cistercense (Colonia II70 circa - Heister­ bach, 1240), scrivendo fra il 1220 e il 12 35 il suo Dialogus miraculorum nel capitolo XIX intito­ lato De cruci/ixione religiosorum, svolgendo il tema della crocifissione simbolica del monaco parli di tre chiodi che devono trafiggere la carne, che sono le tre vinu dell'obbedienza, pa­ zienza e umiltà che riescono a sconfiggere i vizi: Caesarii Heisterbacensis Dialogus miraculo­ rum, a cura di]. Strange, H. Lempenz, Coloniae, Bonnae et Bruxelles 1851, vol. II, distinctio VIII, p. 97· Sul tema delle vinu che configgono Cristo alla croce, già presente in Girolamo, cfr. G. Schiller, Iconography o/Christian Art, vol. Il, The Passion o/Jesus Chnst, Lund Hum­ phries, London 1972, pp. 137 sgg. e relativa bibliografia. Cfr. anche R. D. Sorrell, St. Francù o/

Assisi and Nature. Tradition and Innovation in Western Christian Attitudes toward the Envi­ ronment, Oxford University Press, New York, Oxford 1988, p. 31. 112

Fu fondato nel 1367 dal conte Niccolò della Corvaia (che in quell'anno si era fatto terziario francescano) . Notizie e riproduzioni in E. Carli, Gli a/freschi di Be/verde, Edam, Firenze 1977, in parr. figg. 50 e 51: Cristo sul Monte degli Ulivi.

m

La caduta parziale dell'affresco ha rivelato un'interessante sinopia: l'attuale Cristo-Serafino (pili Cristo che Serafino), senza croce, ma con i piedi sovrapposti confissi da un unico chio­ do, imprime le stimmate nel corpo di Francesco attraverso raggi che s'incrociano; nella sino­ pia precedente i piedi dell'essere celeste erano soltanto accostati, anche se i raggi manteneva­ no lo stesso percorso: il pittore ha sacrificato la chiarezza didascalica della prima versione (te­ stimoniata dalla sinopia), preferendo sottolineare la sofferenza fisica e un'identificazione da pane di Francesco con i dolori del corpo crocifisso. Sui raggi che « s'incrociano » cfr. cap. v, pp. 210 sgg.

'" La tavola, « dei primi anni Cinquanta» del Trecento, del pittore napoletano Robeno d 'Ode­ risio è conservata al Fogg Museum di Cambridge (Mass. ) . Cfr. P. L. de Castris, Pittura del Duecento e de/ Trecento a Napoli e ne/Meridione, in La Pittura in Italia, vol. II, Il Duecento e il Trecento, Electa, Milano 1986, pp. 461-512, p . 493, p. 656 (Dizionario biografico degli Anisti) e fig. 762.

m I Cel., pars II, cap. 3, par. 94, AF X, p. 72. Bernardino da Siena si sente ancora costretto a

chiarire che le apparizioni di Francesco non furono un sogno: « L'apparizioni che elli aveva, non erano sogno. Sai a che si cognoscono? Quando hanno queste condizioni, una apparizio­ ne che non è fantasia, si ti lassa la mente tuna allegra e nell'apparizione sf ti viene paura; e quelle che so' fantasie, sempre lassano la mente in qualche errore quando si so' parrite. Oh,

Capitolo quarto

1 94

quanto rimane in grande pericolo coloro che so' in quelle fantasie »: Bernardino da Siena,

116

117 118

Prediche volgan· sul Campo di Siena cit., vol. II, predica 32, 63, p. 928.

Predella dell'altar maggiore della chiesa di San Francesco a Bologna, scolpito da Jacopo e Pierpaolo delle Masegne in marmo a partire dal I388, riprodotto in J. Gardner, Piipstliche Triiume und Palastmalereien: ein Essay iiber mittelalterliche Traumikonographie, in Triiume im Mittelalter cit., pp. n3-14, fig. l di p. IZI.

TI calco è conservato al museo Francescano di Roma; per la riproduzione dr.: Francesco in Italia, nel mondo, Jaka Book, Milano I990, fig. 412 di p. 418. È conservata al museo di ClWly di Parigi. Riprodotta in Francesco in Italia cit., fig. 41I di p. 416.

1"

Quando Francesco predica agli uccelli - l'obbedienza delle creature irrazionali fu recepito come Wl miracolo eccezionale, tanto da diventare insieme con le stimmate l'episodio che im­ mediatamente identifica il santo - egli lascia sulla strada i compagni, che tuttavia da lontano possono assistere all'inconsueto sermone (l Ce!., pars I, cap. li, par. 58, AF X, pp. 44-45). È un particolare che mostra quanto a Tommaso fosse presente il problema di rendere conto delle sue fonti.

120

« Quodam mane, circa festurn Exaltationis sanctae crucis »: Leg. maior, cap. I3, par. 1, AF X, p. 6I6.

121

Itinerarium mentis in Deum, in Opera omnia cit., vol. V, cap. 7, par. 3, p. 312.

122

121

I Ce!., pars I, cap. 2, par. 5, AF X, pp. 8-9 (sogno della casa paterna piena di armi); n Ce!., pars I, cap. l, parr. 5-6, AF X, pp. 133-34 (sogno del palazzo, delle armi e della sposa di Fran­ cesco): sull'analisi di questo particolare sogno in tutte le fonti francescane mi permetto di ri­ mandare al mio lavoro: Frugoni, La giovinezza cit. Riferito per la prima volta nella seconda biografia di Tommaso: n Ce!., pars I, cap. Io, par. q,

AF X, p. I41· 12' 12'

126

Riferito per la prima volta nell'opera di Bonaventura: Leg. maior, pars II, cap. I, par. 2, AF X, pp. 617·28.

Jo q, 18. Il vescovo, destatosi, dopo avere dato notizia ai compagni, « accito notario, diem transitus notavit et horam » (« chiamato Wl notaio, fece segnare il giorno e l'ora del transi­ to»): n Ce!., pars II, cap. I66, par. 220, AF X, p. 257. È Wl dettaglio che denota l'importanza crescente della fama pubblica e del bisogno dell'attestazione verificabile sia da parte del bio­ grafo-cronista che dei suoi lettori. Cfr. p. 6o.

127

Mostrato nella stessa posa in cui è raffigurato il medesimo Matteo sul letto di morte, alla fine dei Chronica majora: London British Library, ms Roy. J4. C. VII, f. li8v. Cfr. Lewis, The Art o/ Matthew Paris cit., p. 3I8 e fig. I di p. 6.

128

Sono definizioni che provengono da Gregorio Magno, par. 9, PL 76, col. 809 B-C.

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La fonte immediata per queste didascalie è l'opera di Alano da Lille, De sex alis cit.; dr. nota I39 di questo capitolo.

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Boulogne, Bibliorhèque Municipale, ms 4, f. 64, in R. Branner, Manuscript Painting in Paris during the Reign o/Saint Louis, Berkeley-Las Angeles-London I977• tav. 271, da Faure, Vie et mort du séraphin cit., p. I57·

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Homiliae in Ezechielem, l. l, Hom. 3, Cherubim

Questa è la situazione che si realizza a Parma all'interno del Battistero dove Francesco è mo­ strato a colloquio con un Serafmo accanto al quale sta il tetramorfo: cfr. capitolo VI, p. 236. Cfr. p. 6o.

"' Mostrerò quanto sia tenace la rappresentazione del Serafino senza croce che resiste alla pre­ scrizione della fonte scritta, di solito ritenuta dagli storici Wl'autorità che non ammette con­ traddizioni. u
> : Rabani Mauri De !audibus sanctae Crucis ci t., lib. II, cap. 4, col. 269 B-C. "' Un utile confronto è ricordare la visione narrata da Cesario di Heisterbach cui ho già accen­ nato, apparsa al semplice converso Rodolfo. « Stando una notte dopo il mattutino all'aperto raccolto in preghiera, vide pendere dal vuoto Cristo, crocifisso alla croce, e intorno a lui quindici uomini, ognuno crocifisso alla propria croce ». Allo stupore di Rodolfo Cristo ri­ sponde: «Di tutto l'Ordine, solo costoro si crocifissero con me, conformando la loro vita alla mia Passione ». L'autore awerte il bisogno di dedicare tutto il capitolo successivo (il dician­ novesimo) a un esauriente commento per spiegare come, passando dall'allegoria della visio­ ne alla vita reale, si debba intendere l'applicazione del versetto paolina « Christo confixus sum cruci >> (Gal 2, 19). «Hic cum nocte quadam dictis matutinis ante lucem sub divo staret, et orationes aliquas diceret, Christum in aere cruci affixum pendere vidit, et circa eum quin­ decim homines singulos in singulis crucibus. Ex quibus decem erant monachi, et quinque conversi. [ . . . ] lta aer fuerat illuminatus ex Christi praesentia, ut singulos piene discernere!. [ . . . ] Dominus de cruce clamavit [ . . . ] : "Hi soli ex omni congregatione mecum crucifixi sunt, meae passioni vitam suam conformantes" >>: cap. 18. « Qui autem sunt Christi, qui cum Apo­ stolo dicere possunt: "Christo confixi sumus cruci"; carnem suam crucifixerunt, id est cruci affixerunt, cum vitiis operum, et concupiscentiis desideriorum pugnantes. Nec ponuntur illi duo genitivi plurales instrumentaliter, sed passive, eo quod per virtutes in carnis maceratione mortificentur. Tres clavi quibus corpus monachi cruci debet esse affixum, tres sunt virtutes, per quas teste Hieronymo martyres efficiuntur, scilicet obedientia, patientia, humilitas. Ma­ num monachi dexteram configat obedientia sine murmuratione; sinistram patientia sine si­ mulatione. [ ... ] Pedes illius vera humilitas configat»: cap. 19. Cesario ha modificato lieve· mente il testo, volgendo al plurale quello che Paolo aveva affermato per sé solo : «Crocifisse­ ro la loro carne, cioè si confissero alla croce, combattendo contro il male del loro operare e contro la concupiscenza dei desideri. Quei due genitivi plurali sono posti non per essere inte­ si in maniera strumentale ma passiva, dal momento che raggiunsero la mortificazione mace­ rando la carne con l'esercizio delle vinti Tre sono i chiodi con i quali il corpo del monaco de­ ve essere inchiodato alla croce, e sono le tre virtu attraverso le quali, come attesta san Girola­ mo, si diventa martiri, cioè l'obbedienza, la pazienza e l'umiltà »: Caesarii Heisterbacensis monachi Dialogus cit., vol. II, De diversis visionibus, distinctio octava, cap. 18, pp. 95-96; cap.

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Capitolo quarto 19, p. 97· Cesario ha presente l'immagine di un crocifisso con i piedi sovrapposti; nella minu­ ziosa esegesi si sofferma sul significato dei chiodi, delle mani e dei piedi, trafitti, ma - ov­ viamente, aggiungo io - non accenna ad alcuna ferita al petto, sia pure in senso traslato. Sol­ tanto in una visione simbolica è concesso di vedere uomini crocifissi e nemmeno nello spazio protetto dell'allegoria si può accennare alla loro ferita al petto. ll testo di Cesario, che scrive &a il 1220 e il 1235, è assai vicino cronologicamente alla biografia di Tommaso; mi pare degno di nota rilevare il fatto che la visione dei monaci crocifissi autorizzi un'interpretazione esclu­ sivamente metaforica e non letterale del supplizio. 1,.

« Quantum igitur et humana suadibili ratione et catholica acceptione dignum, ut qui sic mi­ raculo crucis erat amore praeventus, mirando etiam fieret crucis honore mirificus! Propterea nihil de eo verius quam quod de crucis stigmatibus praedicatur»: III Cel., cap. 2, par. 3, AF X, p. 273.

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Nella Vita prima aveva scritto: « Vidit in visione Dei virum unum quasi Seraphim sex alas ha­ bentem, stantem supra se, manibus extensis ac pedibus coniunctis, cruci affixum». Ora inve­ ce dice: « Vidit in visione Seraph in cruce positum, sex alas habentem, supra se extensum, manibus et pedibus cruci affixum»: I Cel., pars Il, cap. 3, par. 94; III Cel., cap. 2, par. 4, AF X, pp. 72 e 273.

161 « Verum dum extra se circuiens, ab inventione defluit intellectus, protinus in seipso sibi ipsi manifestatur sensu. Statim enim coeperunt in manibus eius et pedibus apparere signa clavo­ rum quemadmodum paulo ante virum supra se viderat in aere crucifixum »: III Cel., cap. 2, par. 4, AF X, pp. 273-74. 162

Con un'espressione al solito ambigua fa scivolare nel gruppo anche se stesso: : m Cel., cap. 2, par. 5, AF X, p. 274. 1., Riporto di seguito i due passi, dell 'Epistola di frate Elia (AF X, p. 526) e del Trattato deimira­ coli ( cap. 2, par. 2, AF X, p. 272) solo perché sia immediato il riscontro. Quanto all'indivi­ duazione di tutte le citazioni scritturali rinvio alle pagine del decimo volume degli Analecta Franciscana che ho sempre citato per il testo latino (rispettivamente alle pp. 526 e 272). Elia: «Annuntio vobis gaudium magnum et miraculi novitatem. A saeculo non est auditum tale si­ gnum, praeterquam in Filio Dei, qui est Christus Dominus. Non diu ante mortem frater et pater noster apparuit crucifixus quinque plagas, quae vero sunt stigmata Christi, portans in corpore suo». Tommaso: « Novus homo Franciscus novo et stupendo miraculo claruit, cum singulari privilegio, retroactis saeculis non concessus, insignitus apparuit, sacris videlicet stigmatibus decoratus, et configuratus in corpore mortis huius corpori Crucifixi ». L'espres­ sione: « Configuratus in corpore mortis huius corpori Crucifixi » mescola tre passi scritturali (Phi1 3, 10; 3, 21 e Rom 7,24) per approdare ad una insistenza sul nesso corpo-morte assente in Paolo. 166

« De quo quidquid humana lingua dicatur, minus erit a laude condigna. Non est quaerenda ratio, quia mirabile, nec petendum exemplum, quoniam singulare »: III Cel., cap. 2, par. I, AF X, p. 272.

167 La Legenda ad usum chori, è datata intorno al 12 30-32 da padre Bihl (M. Bihl, De s. Francisci Legenda ad usum chon· auctore /r. Thoma Celanensi iuxta novum codicem Senensem, in «AFH», XXVI (1933), pp. 343-89, p. 358), un'ipotesi accolta in AF X, p. xx. Secondo S.]. P. Van Dijk, Sources o/ the Modern Roman Liturgy, Brill, Leyden 1963, vol. I, p. 84, sarebbe da collocarsi fra gli anni quaranta e la metà del Duecento. Da parte mia noto che molti dei mira­ coli riportati dalla Legenda ad usum chori compaiono esclusivamente nel Tractatus de miracu­ lis: da un punto di vista metodologico mi pare impossibile che in un testo, per sua natura ne-

Sulla Verna

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cessariamente breve come è la Legenda, un miracolo sia raccontato per la prima volta in modo stringatissimo per essere sviluppato solo in seguito in un racconto piu ampio.

1'" « Duo bus namque annis, antequam vir sanctus migraret ad Deum et spiritum redderet caelo, in excelso monte Lavernae orationi vacans, Dei amore et desiderio vehementius solito accen­ sus, vidit de caelo venire ad se Seraphim, sex alas habentem, manibus extensis et pedibus perforatis, in modum crucis, in dextro latere habentem rubeum vulnus. Qui in famulo Dei sic crucifixionis suae signa impressit, ut crucifixus videretur; et ipse consignatur, manus, pe­ des et latus crucis charactere. Resultant in sancto Dei Francisco pretiosa stigmata Christi; ipse vero Seraph verba efficacissima sancto dixit, quae ipse nulli voluit revelare. Quantum vero potest, vir Deo fidelis haec sacra signa ab oculis hominum studet abscondere, ne in data sibi gratia deuimentum pateretur»: Legenda ad usum chori, par. n, AF X, p. 123. 16' 170

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«Et ecce vir luctabatur cum eo usque mane »: Gn 32, 24.

Cfr. capitolo 11, nota I62. Anche nell'inno « Sanctitatis nova signa » si dice che il serafino e Francesco parlano a lungo fra loro: « Verba miscent, arcanorum l multa clarent futurorum ». Per quanto riguarda le stimmate si precisa: « Cessat anis armatura l in membrorum apertura: l non impressit hos natura, l non tonura mallei »: AF X, p. 402. Qui il testo è attribuito a Tommaso da Celano. A me sembra che risenta della Leg. maior: il segno di Cristo fu impres­ so nel corpo di Francesco - scrive Bonaventura - «Non per naturae virtutem ve! ingenium anis sed potius per admirandam potentiam Spiritus Dei vivi»: Leg. maior, prologus, par. 2, AF X, p. 558. Bernardino da Siena,

Prediche volgari cit., vol. 2, predica 32, 33, pp. 920-21.

172 > : Bullarium, vol. Il, p. 86.

m 174

Carpentras, Bibliothèque lnguimbenine, ms 77 f. I8ov, riproduzione a colori in Francesco in Italia cit., p. 387; Kriiger, Der /rUbe Bildkult cit., p. I 50 dà altri esempi un poco piu tardivi.

Nella miniatura del manoscritto Paris, B.N., 1288, f. 52IV segnalatomi gentilmente da Philip­ pe Faure, il Serafino ha soltanto le stimmate ai piedi. n miniatore ha operato una medesima riduzione in Francesco, segnando le mani e il costato ma non i piedi: è stato un tentativo sen­ za fortuna di rappresentare la lentezza del manifestarsi delle stimmate in Francesco e insieme di attenuare il piu possibile nell'essere celeste i segni fisici, incompatibili con un puro spirito?

"' Cfr. cap. m, nota 59·

176

Conservato a Valenciennes, Bibliothèque Municipale, ms 838, f. mv. La miniatura con le Stimmate si trova in fondo alla pagina, collegata da un motivo decorativo alla rappresentazio­ ne di Francesco che predica agli uccelli, motivo che fa da comune piano d'appoggio alle due scene. Per le notizie sul codice si veda: Archéologie du livre médiéval (Catalogue d'exposition à Paris), CNRS-Bibliothèque Municipale, Valenciennes, I990, scheda a cura di M. P. Dion. Ringrazio l'autrice, Marie-Pierre Dion, per avermi segnalato questo volume.

"' Leg. maior, cap. IJ, par. I, AF X, p. 6I6.

1" I Ce!., pars Il, cap.

2, par. 93, AF X, p. ?I·

1" « lntellexit vir Deo plenus, quod sieut Christum fuerat imitatus in actibus vitae, sic conformis ei esse deberet in afflictionibus et doloribus passionis, antequam ex hoc mundo transiret »: Leg. maior, cap. I3, par. 2, AF X, p. 6I6. 180 181

182

L. Gallant, L'Evangeliaire de Saint François d'ASJise cit., p. r8, nota 221. Lo stesso brano è let­ to il sabato che precede la Domenica delle Palme (Jo I2, ro-36): ibid., p. Io, nota 84.

«Turba ergo quae stabat et audierat, dicebat tonitruum esse factum. Alii d.icebant: "Angelus ei locutus est" »: Jo I2, 29-30. « Cum igitur seraphicis desideriorum ardoribus sursum ageretur in Deum et compassiva dul­ cedine in eum transformaretur qui ex charitate nimia voluit crucifigi . . . »: Leg. maior, cap. 13, par. 3, AF X, p. 6I6 .

.., « Franciscus vidit Seraph unum sex alas habentem, tam ignitas quam splendidas, de caelo­ rum sublimitate descendere »: Leg. maior, cap. I3, par. 3, AF X, p. 616.

200

Capitolo quarto

"' « Cumque volatu celerrimo pervenisse! ad aeris locum viro Dei propinquum, apparuit inter alas effigies hominis crucifixi, in modum crucis manus et pedes extensos habentis et cruci af­ fixos »: Leg. maior, cap. I3, par. 3, AF X, p . 6r6. 18' >. Il testo citato di Gerolamo è: Liber Hebraicarum quaestionum in Gene­ sim, PL 23, col. 1035 B. Il commento in questione di Girolamo si riferisce a Gn 30. 200

« Sic enim ferventissime ac praecordialiter Deum dilexit, quod audiens eum nominari, lique­ factus totus interius, exterius prorumpebat, dicens caelum et terra deberent ad nomen Do­ mini inclinari >> : Leg. 3 soc., cap. f7, par. 68, p. 142.

201 Leg. 3 soc., cap. f7, par. 69, p. 4 2. 202 Secondo Bonaventura, invece, il Serafino, giunto davanti a Francesco si rivela come Cristo inchiodato alla croce.

"'' Da notare che il titolo del capitolo pospone la menzione delle stimmate a quella della mone: «De sacratissima mone Francisci et qualiter per bienniurn ante receperat stigmata Domini nostri Iesu Christi>>.

Capitolo quinto Le immagini, una voce a parte

La piu antica tavola che ci sia stata conservata con la rappresenta­ zione del prodigio della Verna è quella di Bonaventura Berlinghieri, datata 1235 . Francesco è in ginocchio e alza le braccia nel gesto dell'invocazione; per facilitare la comprensione del racconto, le mani e i piedi già portano il nero segno dei chiodi; non rosse ferite ma chiodi di carne, proprio come insistentemente tenne a precisare Tommaso da Celano. Dall'emisfero azzurro a cui appartiene è sceso il bel Serafino tutto chiuso nell'involucro delle ali '. La croce è assente e solo la di­ sposizione delle mani e dei piedi, appena segnate da nere capocchie vi allude. Il pittore ' ha tenuto presente, non senza qualche scarto signi­ ficativo, la versione della Vita prima calcando la composizione su quella tradita di Cristo sul Monte degli Ulivi, come si può vedere ad esempio prendendo a confronto un particolare che illustra questo momento della Passione sulla porta bronzea della cattedrale di Benevento dell'inizio del secolo XIII ' : identico è il modo di raffigurare il cielo in rapporto all'angelo, uguale la posizione dell'arante che si staglia sullo sfondo della montagna; del resto abbiamo già avuto occasione di ricordare dipinti dove i due episodi che hanno come protagonisti rispettivamente, Cristo e Francesco, sono intenzionalmente ac­ costati. L'Angelo, nella tavola del Berlinghieri, è in rapporto col santo me­ diante un fiume d'oro che sembra dividere in due la montagna, ac­ cende i fiori colorati ed enormi, sparsi con grazia e irrealtà a formare cespugli e alberelli sulle rocce. Il fascio di luce fa riferimento alla glo­ ria divina e all'intimo colloquio che si sta svolgendo. L'assenza della croce e l'indicazione del dialogo in atto ci avvertono che Leone non fu dimenticato : la sua versione dovette continuare a circolare per tra­ smissione orale o in testi che non ci sono pervenuti • . Sono le immagini che tenacemente la tramandarono, ignorando il compromesso di Tommaso da Celano, il quale tranne che nella Le­ genda ad usum eh ori - dove il nostro biografo si senti finalmente libe-

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Capitolo quinto

ro - indicò sempre la croce come terribile sfondo al Serafino, se pur variando il modo in cui l'obbligato supporto teneva legato a sé l'esse­ re angelico. Ignorano la croce le grandi tavole ' della Cappella Bardi a Firenze, di Pistoia, di Siena ', l'affresco della Basilica inferiore di Assisi e la vetrata della Basilica superiore, immagini destinate alla folla devota e, per quanto riguarda quelle della Basilica di Assisi, le prime a essere comprese in un ciclo della vita del santo che intendeva offrirne la rap­ presentazione, al momento, ufficiale, secondo il punto di vista dell'Ordine. L'ignorarono con tenacia le miniature, molte in codici composti per una circolazione interna all'Ordine; in alcuni mano­ scritti, forse perché miniati in luoghi periferici o appartenenti a Ordi­ ni religiosi diversi dal francescano, la croce continuò a essere assente anche dopo che la Legenda maior di Bonaventura si fu imposta di pari passo con la distruzione pressoché totale di tutte le biografie prece­ denti. In due miniature fra loro molto simili inoltre, addirittura né il Se­ rafino né Francesco hanno le stimmate: la scena rappresenta perciò il momento dell'incontro soltanto spirituale: mi riferisco al salterio for­ se di Isabella di Francia del terzo quarto del XIII secolo ' e a un manoscritto della Legenda aurea di Iacopo da Varazze della fine del XIII se­ colo •. In quest'ultimo il Serafino tiene fra i piedi la ruota, attributo del Cherubino; l'incontro è segnato da un reciproco sorriso, dell'An­ gelo e di Francesco, che si fissano intensamente: secondo il biglietto di Leone, il santo, per la gioia provata (« de beneficio sibi collato ») scrisse, dopo la visione, le Laudes Dei Altissimi. Nel salterio France­ sco, in ginocchio, si staglia sull'oscuro fondo della grotta e ha le mani aperte in un gesto che esprime una stupita accoglienza. n testo che ac­ compagna la miniatura con la richiesta a Dio perché renda possibile imitare l'esperienza del santo - la miniatura è iscritta nella « D » di Deus dell'invocazione - ci riporta al desiderio di Francesco di poter comunicare ai suoi seguaci il dono dell'apparizione della Verna, l'a­ vere cioè imparato a uniformarsi ai voleri divini accettando ogni pro­ va sull'esempio di Cristo, piegatosi alla volontà del Padre sul Monte degli Ulivi '. Senza stimmate sono rappresentati Francesco e il Serafino nella scultura del XIII secolo posta ora a destra della porta d'ingresso della Cappella delle Stimmate alla Verna (la cui pietra di dedicazione porta incisa la data del 1263) ••, secondo un'iconografia simile a quella della miniatura di Cambridge appena ricordata: in comune è il particolare dei piedi di Francesco che la grotta, qui l'edificio sacro, nasconde. n

Le immagini, una voce a parte

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colloquio è indicato da tre raggi che scendono dall'angelo verso il vol­ to alzato del santo. Un'ultima occorrenza - di un censimento assai imperfetto - si trova all'interno del Battistero di Parma - ma dato il complesso contesto in cui la rappresentazione è inserita ne tratterò a parte ". In molte miniature le stimmate sono segnate in maniera quasi im­ percettibile, come ad esempio nel breviario di Jeanne d'Evreux, del secolo XIV 12, dove il Serafino, sempre senza croce, ne è quasi privo; oppure, presenti in Francesco, mancano del tutto nel Serafino, come in un salterio francescano degli anni 1290 circa u oppure ancora, né il Serafino né Francesco le hanno in modo completo " : a seconda di quale preciso momento e significato il miniatore abbia inteso privile­ giare. In generale si può dire però che le immagini mantennero la ver­ sione di frate Leone, prima in maniera compatta, poi, dopo la vittoria di san Bonaventura piu sporadicamente, ma senza abbandonarla mai del tutto, sottolineando che l'apparizione fu soprattutto un messag­ gio di Dio di cui il Serafino-« Angelo di gran consiglio » era latore: portava a Francesco la carità infuocata che aveva spinto il Verbo al sa­ crificio, perché Francesco vi si misurasse e bruciasse in risposta ogni scoramento, in uno slancio di gratitudine altrettanto ardente-..Proprio perché si volle sottolineare l'incontro con la carità divina, la croce che allude al supplizio fisico è assente, mentre al colloquio in atto riman­ dano i raggi d'oro che collegano in tante immagini il santo all'angelico interlocutore, segno convenzionale del contatto celeste: Ad esempio, nella cosi detta « Prima bibbia di Carlo il Calvo » (circa 846), un fascio di raggi scende dalla mano di Dio che sporge dalla mezzaluna del cielo, dirigendosi verso il volto di Paolo nel momento dell'improvvisa conversione, e, per citare un esempio piu vicino al tempo di France­ sco, lo stesso avviene in una miniatura conservata ad Avranches del 1210 con l'identico soggetto. Nella Bibbia carolingia la mano di Dio fa scendere i suoi raggi anche durante il sogno del pio Anania perché ri­ cerchi Paolo e lo curi; la didascalia spiega: «Alloquitur Sabaoth Ana­ niae quaerere Saulum » u. Ugualmente tre raggi d'oro scendono da Dio Padre verso la Vergine nel momento in cui l'angelo si manifesta ad annunciare l'incarnazione; come un esempio per tutti scelgo la mi­ niatura degli Statuti del Consorzio dei notai di Perugia del 14o3 : la Vergine alza le braccia con il gesto che in tante immagini è di France­ sco, mentre accoglie provenienti dalla mezzaluna deréielo tre raggi d'oro su cui plana la colomba dello Spirito Santo; di fronte le sta ingi­ nocchiato l'angelo che piega le dita nel gesto della parola ". I raggi provenienti dal cielo del Padre possono raggiungere Cristo sul Monte

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Capitolo quinto

degli Ulivi, mentre contemporaneamente arriva l'angelo consolatore: cosi rappresenta la scena il mosaicista all'interno della chiesa di San Marco a Venezia ". Sulla tavola della Cappella Bardi a Firenze, che ho datato intorno al 1243, la scena delle stimmate segue ancora, con alcune innovazioni, lo schema di quella di Pescia del 1235 dovuta a Bonaventura Berlin­ ghierc.tre raggi d'oro scendono verso il volto di Francesco dalla mez­ zaluna del cielo; il Serafino librato in volo vicino al fascio di luce che tuttavia non lo attraversa, è privo di croce e di stimmate e guarda amorevolmente il santo che solleva le braccia in un gesto di accetta­ zione e di stupore. In primo piano è il rapporto diretto con Dio, men­ tre la presenza del rosseggiante Serafino qualifica la natura del mes­ saggio ". La tavola conservata alla Pinacoteca N azionale di Siena proveniente dalla chiesa di San Francesco a Colle Val d'Elsa, è di data, co­ me al solito, dibattuta, fra il 1275 e il 1290 " : dipinta io credo non molto tempo dopo la Legenda maior'", in un tempo in cui il rigore normativa di quella non era ancora di applicazione assoluta; lo prova, nella sce­ na delle stimmate, l'aspetto ancora del tutto angelico dell'essere cele­ ste e la resistenza ad accettare la nuova iconografia della ferita al co­ stato del santo: presente nella grande figura stante al centro della ta­ vola - uno dei primi esempi! - è invece assente in tutte le storie latera­ li, nel tacito presupposto che le dimensioni ridotte dei singoli riqua­ dri lasciassero passare inosservata la mancanza. Il pittore mostra Francesco mentre dalla posizione in ginocchio sta passando a quella eretta, come se cercasse di trattenere il Serafino che va svanendo nei cieli, completamente coperto dalle ali di fuoco, senza croce e senza stimmate. La mano destra del santo è ancora intatta a indicare la me­ tamorfosi in atto mentre tre raggi di luce scendono dai piedi del Sera­ fino e si confondono con lo sfondo d'oro ". Accanto alla grotta nera vediamo un orso, segno compendiario di paesaggio solitario e inac­ cessibile, ma proprio per questo, simbolo di quel particolare rappor­ to che Francesco sa instaurare con le bestie, anche le piu selvatiche ". n testo che piu da vicino mi sembra sia stato la fonte d'ispirazione è quello della Leggenda dei tre compagni: « Un mattino, Francesco si senti rapito in alto, verso Dio, da ardenti desideri serafici. [ . .. ] A lui, immerso nell'orazione su un versante della Verna [ . . . ] apparve un Se­ rafino: aveva sei ali e fra le ali emergeva la figura di un uomo bellissi­ mo, [ . . . ] con le mani e i piedi distesi come se fosse in croce. [ . . . ] Quan­ do la visione scomparve l'anima di Francesco rimase arroventata d'a-

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more e nelle sue carni si erano prodotte le stimmate di Gesu Cri­ sto » ". Il riquadro di questa tavola è stato copiato in modo pesantemente fedele in due sportelli della scuola di Guido da Siena, ognuno facente parte di un probabile reliquiario perduto: nel primo reliquiario, l'anta di sinistra esterna è stata divisa a metà per fare posto alle stimmate di Francesco e alla sconfitta dei saraceni, in fuga davanti alla pisside mostrata da Chiara ": la presenza della santa, canonizzata nel 1255, pone almeno un termine post quem alla ridda di date proposte dagli storici dell'arte. Per quanto riguarda l'apparizione della Verna, gli orsi che l'abitano sono diventati due e si sono moltiplicati anche gli al­ beri che spuntano dalla roccia brulla. Francesco ha mani e piedi se­ gnati dai chiodi neri allo stesso modo del Serafino, affisso alla croce, dal cui volto dolce e sereno partono tre raggi d'oro diretti alla testa del santo ". Sul lato interno dello sportello di destra del probabile reliquiario del beato Andrea Gallerani (che vi compare a pieno campo ad ante chiuse) , la scena delle stimmate è rappresentata senza varianti di rilie­ vo, piu simile a quella della grande tavola da Colle Val d'Elsa. I raggi sono oggi quasi del tutto scomparsi e Francesco è senza stimmate, a eccezione del segno sulla mano destra ,• . Mi è accaduto di ricordare piu volte la tavola ora conservata al museo Diocesano di Orte, del terzo quarto del XIII secolo ", e quindi ne accenno qui, soltanto per il fatto che l'iconografia dell'episodio delle stimmate è un'ulteriore rielaborazione del modulo berlinghie­ riano� il Serafino è inchiodato alla croce e dalla bocca invia tre raggi verso il volto di Francesco, in ginocchio, con i piedi fortemente sollevati a indicare il rapimento mistico; il santo prega sullo sfondo di una grotta dove è allestito un altare coperto dai paramenti sacri, sul quale è posta una croce ". Il pittore ha sottolineato, memore ancora delle parole di Leone, il momento del colloquio vivificante, risoluzione di una lunga crisi. Nell'affresco quasi coevo della Sala dei notari a Perugia (1296), è un raggio d'oro che parte dalla bocca del Verbo Creatore - « Christus » lo indica la scritta - verso « Adam » a rappresentare l'alito divino che forma e chiama alla vita il progenitore. Nella tavola di Orte un secondo miracolo, quello delle stimmate che compaiono e scompaiono da un'icona dedicata a Francesco, occupa a chiasmo uno dei due riquadri inferiori ". È raccontato nel Trattato dei miracoli di Tommaso da Celano e accolto dalla Legenda maior: una matrona ro­ mana si era fatta dipingere una tavola con rappresentato Francesco a mezzobusto e con le stimmate; un giorno tuttavia essa notò con dolo-

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re la loro mancanza - in realtà era stato il pittore a ometterle delibera­ tamente. Miracolosamente di li a qualche giorno le stimmate ricom­ parvero sul dipinto, ma dopo che il miracolo fu constatato anche dal­ la figlia della donna, esse svanirono di nuovo '0• Nella scena dipinta dal pittore di Orte il santo, a mezzo busto, nel gesto della parola bene­ dicente, si è sostituito in un certo senso al Serafino, dato che la super­ ficie dipinta che si anima, cancellando o facendo riapparire le stim­ mate si presenta come un evento soprannaturale che crea stupore e meraviglia nella folla: proprio i sentimenti causati a Francesco dal manifestarsi dell'essere celeste. N ella tavola l'impressione è rinforza­ ta dal fatto che l'icona di Francesco è collocata assai in alto sulla pare­ te, quasi fluttuasse nell'aria, mentre al di sotto, un mobile simile a un altare divide il gruppo della folla in ammirazione. Il tema del colloquio è frequente anche nelle miniature, alcune delle quali ho già avuto occasione di ricordare, come ad esempio quella del ms B 87 della Vaticana ", dove, su uno sfondo intensamente turchino un fascio di sottili raggi d'oro scende a pioggia dal volto an­ gelico illuminando lo sguardo del santo in preghiera. Ne voglio ricor­ dare ancora una perché di fine esecuzione e sinora inedita: è conservata all'archivio comunale di Montalcino ed è contenuta in un Gra­ duale della seconda metà del XIII secolo proveniente dal locale con­ vento di San Francesco ": l'immagine sembra quella, invertita, della miniatura della Vaticana; il Serafino ha delle discretissime stimmate sulle mani ma non sui piedi, ed è apparso nella notte stellata facendo vibrare con la sua voce d'oro il volto del santo in preghiera. Portiamoci ora ad Assisi dove tre cicli ufficiali, succedutisi a non grande distanza l'uno dall'altro ci mostrano nella chiesa madre del­ l'Ordine l'incessante meditazione cui venne sottoposta la scena delle stimmate: alludo ai due cicli di affreschi nella Basilica inferiore e su­ periore e a quello della vetrata di sinistra della prima finestra della medesima Basilica superiore, la piu vicina alla facciata. Nella Basilica inferiore, il cosi detto « Maestro di san Francesco », fu il primo a dedicare al santo un intero ciclo che corre lungo la parete di sinistra della navata per specchiarsi in quello di fronte, dedicato in­ tenzionalmente alla Passione di Cristo, gravemente mutilati a partire dal 1294 con le aperture delle cappelle laterali ". La data, quando sia lo stile a stabilirla, è come sempre assai dibattuta; ricordo che i1 25 mag­ gio del 12 53 Innocenza IV consacrava la Basilica inferiore e i suoi alta­ ri ". Intorno a questo tempo è ragionevole supporre l'edificio adorno degli affreschi, perché l'Ordine non volle certamente lasciare a lungo

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spoglie delle gesta di Francesco le pareti �sposte allo sguardo dei pel­ legrini che si portavano a venerare il corpQ li custodito ; la vista dei fat­ ti prodigiosi corroborava e fortificava la devozione al novello santo ". Mi sembra di poter registrare una tenden:.za ad accordarsi su una data fra il 1260 e il 1263, gli anni nei quali Bonaventura fu maggiormente presente in Umbria � Nella campata dedi cata all'episodio delle stim­ mate, di Francesco è rimasto solo un gin.occhio fortemente piegato: possiamo immaginare la figura volta all'it:ldietro per lo sconcerto pro­ vocato dall'apparizione. È stato risparm iato invece un dolcissimo Se­ rafino, tutto chiuso nelle sue ali, con dis creti segni di chiodi alle mani e ai piedi, privo di croce; l'assenza ten ace della croce proprio nella chiesa di Assisi dimostra quanto credito tnantenne la voce di Leone ". Un'iconografia molto simile è quella mostrata nell'analogo episo­ dio del breve ciclo della vetrata di sinistr a della prima finestra - la piu vicina alla facciata - della Basilica superiore, ricordata come tale per la prima volta nel 1258 " . L'episodio delle stimmate è disteso in due quadri distinti: in quello inferiore, davanti alla cella scavata nella roccia di cui si vede la porta chiusa da una grata, è posto il santo con le braccia e le mani aperte: sembra quasi ca dere all'indietro per la mera­ viglia. Nel riquadro superiore il Serafitlo, fra due alberelli ", senza croce, con un nimbo rosso intorno al cap o, purtroppo pesantemente restaurato, e il corpo velato da ali pu l"e rosse, si china a guardare Francesco, che ha già le stimmate alle m ani e ai piedi e, bene in vista, la piaga al petto nel saio squarciato. La ferita al costato che identifica nel suppliziato sulla croce il Re­ dentore è la stessa che, mostrata in Francesco, ne awia l'identità con Cristo. Gli affreschi della Basilica infel" iore, la vetrata della Basilica superiore e la curatissima tavola di Sant a Maria degli Angeli, attribuite al medesimo « Maestro di san Francesco », concorrono a sottoli­ neare come proprio ad Assisi e in un tell)po vicino all'impegnata azione da parte di Alessandro IV tesa ad att�stare la verità delle stimmate, in particolare di quella del costato, (la b olla Benigna operatio è del 29 ottobre 1255) sia stata creata la nuova iconografia destinata a una lunga fortuna, il saio cioè aperto sul lato d e stro di Francesco per rendere visibile la piaga sottostante "'. Da allora venne impiegata anche in im­ magini che mostrano il santo al di fuori dell'episodio delle stimmate: un esempio illustre, ancora nella Basilica inferiore di Assisi è l' affre­ sco di Cimabue, piu volte rimaneggiata , in cui compare Francesco in un immaginario ritratto dal vero, in piedi, accanto al trono dove siede la Vergine col Bambino circondata dagli angeli ". Tiene il libro chiuso davanti a sé in una posa studiata per facilitare la vista dell'ampia feri-

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ta. È sempre nella medesima Basilica che awiene l'ulteriore e decisiva svolta nella rappresentazione delle stimmate e del suo significato. Chi modificò, con decisione, la catena iconografica, fu un pittore d'ecce­ zione: Giotto. Dal 1266 la Legenda maior di Bonaventura era intanto diventata l'unica biografia ufficiale, ed è il testo cui si appoggia Giotto affre­ scando intorno al 1290 " lungo i muri e la controfacciata della Basilica superiore il grande ciclo con la storia del santo, modello e punto di ri­ ferimento d'ora in avanti per i pittori di Francesco ". Per quanto riguarda l'episodio delle stimmate, egli interpreta ed elabora la sua fonte. Per richiamare che la visione awenne nel giorno della festa dell'Esaltazione della santa croce - come aveva specificato Bonaventura '"' - nel soprarco della cappellina a ridosso delle rocce della montagna dipinse una croce e all'interno dell'edificio lasciò scorgere parte di un altare, quell'altare da cui il compagno Leone ave­ va preso devotamente il vangelo, apertosi per ben tre volte sul passo che narrava - nella versione di Bonaventura - la Passione in atto ". Lo stesso Leone è poi mostrato, qui per la prima volta, in assidua lettura sulla destra, sullo sfondo di un'altra cappella dove sul culmine del t et­ to svetta una croce. Il ruolo del compagno in un episodio tanto di­ scusso è particolarmente importante ad Assisi, centro di irradiazione del culto di Francesco, in un ciclo narrativo che intendeva offrire la versione ufficiale della vita del fondatore dell'Ordine. Nell'episodio delle stimmate si senti la necessità di visualizzare il testimone dell'e­ vento a maggior garanzia di veridicità. Giotto fece assumere al volto del Serafino, incorniciato dalla bar­ ba bionda e dal nimbo con la croce, i tratti ben riconoscibili di Cristo; abbassò le ali, che nella tradizione iconografica precedente velavano il corpo, in modo da scoprire interamente il busto e rendere visiva­ mente esplicito il rapporto fra le ferite divine e umane attraverso sot­ tili raggi che uniscono i piedi, le mani, e il petto di Cristo ai piedi, alle mani e al petto di Francesco. È un'innovazione di grande portata e veramente geniale, punto di partenza per il capovolgimento del signi­ ficato delle stimmate;: La sovrapposizione dei piedi del Serafino nel racconto di Tommaso da Celano rendeva meno chiara la correlazione fra le ferite di Cristo e i segni manifestatisi in Francesco; perciò Bona­ ventura, cui stava a cuore l'identificazione - nella carne sofferente ­ del santo con il Redentore, scrisse che i piedi dell'essere celeste erano « extensi » e non « coniuncti » come leggeva nella Vita prima di Tom­ maso, facendo cosi riferimento piuttosto che alla nuova iconografia del Christus patiens a quella tramontata del Christus triumphans.

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Giotto non dipinse la croce cui l'essere celeste era affisso�, né segnò delle crude ferite sull'apparizione eterea che appare come una grande nuvola rosata; si contentò di fare emettere in corrispondenza ai punti che nel corpo del Salvatore erano stati trapassati dai chiodi e dalla lancia, fasci a tre raggi di colore bianco, il colore della luce: un segno grafico convenzionale che indica un semplice collegamento. La carne del santo è segnata invece dalle capocchie nere dei chiodi alle mani e ai piedi e da una rossa cicatrice al petto. Giotto insomma segui la ver­ sione di Bonaventura che pur mettendo in evidenza l'aspetto cristi­ forme del Serafino continuava ad affermare con decisione che le stim­ mate provenivano dal corpo di Francesco medesimo: una conseguenza dell'amore bruciante verso Dio, amore generato dalla visione. Per il Cristo-Serafino - che del Serafino conserva solo le ali - Giotto adot­ tò, anche se ai suoi tempi si era saldamente affermata l'iconografia nuova del Crocifisso con i piedi sovrapposti, quella piu antica, con i piedi disgiunti, perché essa facilitava la visualizzazione dei raggi di collegamento che procedono lungo traiettorie parallele, come se cioè Francesco si guardasse in uno specchio, e invece della propria imma­ gine vedesse il Serafino. Il raggio unisce allora la mano sinistra del santo a quella destra di Cristo; lo stesso avviene per l'altra mano e per i piedi: Francesco si riflette nell'immagine creata dal suo slancio d'amore. Il santo, quasi del tutto rivolto allo spettatore, inginocchiato e leg­ germente sbilanciato all'indietro a esprimere lo stupore per quanto sta accadendo, guarda intensamente l'essere celeste librato a una cer­ ta distanza da lui nel cielo; le linee che lo uniscono al Serafino sono perfettamente visibili e l'occhio segue con agio la traiettoria luminosa che collega i piedi e le mani delle due figure secondo un andamento rettilineo. Soltanto un osservatore molto attento - il discorso non si rivolge piu al devoto pellegrino ma a un frate dell'Ordine - può nota­ re che il raggio fra il costato di Francesco e quello del Serafino-Cristo corre in diagonale (da destra a destra). Giotto, rendendo visibile la fe­ rita al petto di Francesco, dal lato destro, promuove in modo decisivo quella identificazione di Francesco con Cristo che Bonaventura aveva solo suggerito (e assai abilmente fatto scivolare anche nella metafora espressa non a proposito del racconto della Verna né della morte del santo, ma a conclusione dell'intero capitolo tredicesimo, dedicato al­ le stimmate) . L'apparizione celeste sul monte è, secondo l'ultimo bio­ grafo ufficiale, la conclusione delle precedenti apparizioni di Cristo a Francesco.


> intendo anche il committente che gli suggeri la com­ posizione e spesso anche i tratti iconografici. ' U. Mende, Die Bronxeturen des Mittelalters. 8oo-r2oo, Hirmer, Mi.inchen 1983, fig. 219, e pp. 179-84. ' I miracoli di Francesco venivano anche cantati lungo le strade, come viene attestato a propo­ sito di una giovane donna di nome Rogata che chiede e ottiene il miracolo avendo ascoltato «quemdam puerum Romano sermone canentem miraetlla quae Deus per beatum Franci­ scum fecerat iis diebus »: III Ce!., cap. 15, par. 48; con le stesse parole anche: Leg. maior, mi­ racula, cap. 8, par. 6, AF X, pp. 317 e 646. 129 ' Purtroppo non ci è stata conservata la tavola piu antica datata al 1228 da San Miniato al Tede­ sco, nota da un disegno seicentesco di un ignoto pittore che ha copiato con gravi fraintendi­ menti il modello, sia perché la tavola era a quel tempo molto rovinata, sia per ignoranza e im­ perizia, sia ancora perché già pesantemente ritoccata. n Serafmo è identico a quello dipinto da Bonaventura Berlinghieri: senza corpo perché le ali principiano direttamente dal viso, ri­ gidamente frontale e con lo sguardo rivolto a destra; sono propensa a pensare che la croce al

Le immagini, una voce a parte quale è affisso non gli appartenesse in origine, tanto p iii che il pittore fece partire i raggi - che solo a far tempo da Giotto collegano piaga a piaga il Serafino a Francesco - direttamente dal­ la croce e non dal Serafino, sfornito di mani e piedi, che risulta cosi del tutto privo di stim­ mate.

• Cfr. cap. VIII. Cambridge, Fitzwilliam Museum, ms 300 f. 204v: Gardner, The Louvre Stigmatization cit., p. 226 e fig. ro.

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8 San Marino (California), Henry E. Huntington Library and Art Gallery, ms H. M. 3027 f. 138v. Il testo che accompagna la miniatura e che inizia: « Franciscus servus et amicus Altis­ simi in civitate Asisii ortus ... >> è tratto dall'inizio del cap. J44 dell'opera di Iacopo da Varazze: Jacobi a Voragine Legenda aurea, a cura di Th. Graesse, ripr. fototipica dell'ed. del r89o, O. Zeller, Osnabriick r969, cap. 104, De sancto Francisco, pp. 662-74. Notizie su questo ma­ noscritto francese, portato poi in Inghilterra alla fine del XIV secolo dove ricevette una serie di correzioni, si possono leggere nella documentata scheda di C. W. Dutschke, Guide to Me­ dieval and Renairsance Manuscripts in the Huntington Library, The Huntington Library, San Marino (California) 1989, pp. 590-93.

' Leggo: « Deus qui ecclesiam tuam beati Francisci meritis fetu nove prolis amplificasti, tribue nobis ex eius imitatione terrena despice et celestium donorum semper parti�patione gaudere per Christum ». 10

Pubblicata dal Sabatier nella prima edizione dello Speculum per/ectionis, Fischbacher, Paris ccxiii. Purtroppo sull'importante scultura della Verna non ho trovato alcuno studio specifico. L'attuale sistemazione risale al 1924. Anteriormente si trovava nella chiesa stessa dietro una grata di bronzo. Dietro la scultura fu scoperta una lapide con l'antifona >, cxx1v, 947 (1982), pp. 65-69. L'autrice ritiene che siano stati eseguiti intorno al 1260-65 sotto l'influenza di Bonaventura. Sulla rottura degli affreschi per far posto alle cappelle: L. C. Schwartz, The Fresco Decoration o/the Magdalen Chapel in the Basilica o/St. Francis at Assisi, Ph. D. Dissertation (Indiana University) 1980, pp. 136-47. " S. Nessi, La Basilica di S. Francesco e la sua documentazione storica, Casa Editrice francesca­ na, Assisi 1982, p. 48. " L'arcivescovo di Pisa, Federico Visconti in una predica del 126o accennava all'intera chiesa definendola « gloriosa et pulcerima et spatiosa>>. Egli spiegava cosi la grande affluenza di pel­ legrini ad Assisi: «Quia gloriosus sanctus in tempore nostro et quia gloriosa et pulcerima et spatiosa eius ecclesia quam dominus noster papa Innocentius IV tesoribus dotavit et ditavit magnis privilegiis et multis rhesauris »: Le Masne de Chermont, Le recueil ci t., predica n. 57, p. 280. "' Cfr. la voce « Maestro di san Francesco » di S. Romano destinata presumibilmente al IV volu­ me dell'Enciclopedia dell'Arte Medioevale (Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, Ro­ ma), voce però già pubblicata nello specimen della medesima opera nel 1984, pp. 30-33.

" ll Serafmo si tiene librato nel cielo accanto a un pendio roccioso popolato da radi alberi; le scritte nell'aria azzurra e lungo il bordo inferiore della cornice sono purtroppo quasi del tutto scomparse e illeggibili.

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,. C&. cap. VII, nota 106.

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" n tronco deve continuare fino a raggiungere terra, ma il pittore si è fidato della nostra imma· ginazione e non ha rappresentato questo pani colare. Mi sembra che non sia mai stata notata la stretta rassomiglianza fra quest'opera e i due reliquiarii a smalto del Louvre e di Cluny: identica è la composizione della scena con il Serafino librato in aria perfettamente perpendi­ colare al santo; la presenza, nella vetrata, di due alberelli che incorniciano le figure è un detta­ glio che amplificato - da due alberi si passa a quattro - con la medesima funzione, si incontra anche nei due reliquiarii. Ci si potrebbe spingere a ipotizzare perciò una dipendenza dei due smalti dalla vetrata, dato che mi sembra piu facile supporre che sia stato un grande anista co­ me il « Maestro di san Francesco », con un'opera di carattere uffi ciale, a far da modello all'ar­ tigiano del reliquiario, piuttosto che viceversa. 40

Nell'affresco della Basilica inferiore è possibile osservare la ferita al petto soltanto sul corpo di Francesco morro e compianto dai compagni, perché della scena delle stimmate del santo è rimasto solo un piccolo frammento.

41 Le date proposte, &a il 1275 e il 1290, escludono una fedeltà fisiognomica reale: c&. cap. VII, pp. 302-3.

" Quando dico Giotto dico un nome di comodo; per la mia ricerca non è necessario distingue­ . re gli interventi delle maestranze; anche per la data ·mi attesto su quella che riscuote nei critici il maggior consenso.

" n ciclo della Basilica superiore di Assisi diventa ben presto il modello canonico cui rifarsi. Viene copiato a Rieti, Matelica, Pistoia e Todi: D. Blume, Wandmalerei als Ordenspropagan­ da. Bildprogramme im Chorbereich franziskanischer Konvente Italiens bis zur Mitte des 14 Jahrhunderts, Werner'sche Verlagsgesellschaft, Worms 1983, pp. 42 sgg.

" Leg. maior, cap. 13, par. 3,

AF X, p. 6r6.

" « Sacrum Evangeliorum librum de altari sumptum in sanctae Trinitatis nomine aperiri fecit per socium, virum utique Dea devotum et sanctum>>: Leg. maior, cap. 13, par. 2, AF X, p. 616. 46

Nonostante lo affermasse Bonaventura che aveva ripetuto quanto già costantemente scritto da Tommaso da Celano.

47 « lam denique, circa finem, quod simul tibi ostenditur et sublimis similitudo Seraph et humi­ lis effigies Crucifixi, interius te incendens et exterius te consignans tamquam alterum Ange­ lum ascendentem ab onu solis, qui signum in te habeas Dei vivi, et praedictis dat firmitatem fidei et ab eis accipit testimonium veritatis. Ecce, iam septem apparitionibus crucis Christi in te et circa te secundum ordinem temporum mirabiliter exhibitis et monstratis, quasi sex gra­ dibus ad istam septimam, in qua finaliter requiesceres, pervenisti »: Leg. maior, cap. 13, par. IO, AF x. p. 620. 48 Gardner, The Louvre Stigmatization cit., p. 2 34, di cui accetto, per le opere di Giotto esami­ nate, la sequenza temporale: affresco della Basilica superiore di Assisi, pala pisana ora al Louvre, affresco della Cappella Bardi in Santa Croce a Firenze. L'autore, avendo identificato nello stemma inserito nella cornice della pala ora al Louvre quello degli Ughi, la famiglia committente, pensa come possibile ubicazione originaria una delle cappelle laterali a sinistra del coro. Secondo il Vasari invece la pala era appesa a un pilastro, accanto all 'altare maggiore della chiesa francescana di Pisa: G. Vasari, Le Vite de' piu eccellenti Pittort; Scultori ed Archi­ tetti, ed. G. Milanesi, Sansoni, Firenze 1878-95, vol . I, p. 380. 49

Kriiger, Der/riihe Bildkult cit., p. ry6 non è d'accordo con la tesi del Gardner e pensa che si tratti piuttosto di «un ritratto di situazione >> (« Zustandbildnis ») : secondo l'autore davanti ai nostri occhi sta il ritratto di Francesco, sia pure nella circostanza delle stimmate che diven­ tano il commento al ritratto medesimo. Sono d'accordo con questa interpretazione se appli­ cata a quelle icone o miniature di Francesco nelle quali il santo si mostra al devoto, stante, mentre al di sopra di lui o accanto si colloca il Serafino, diventato davvero un semplice attri­ buto caratterizzante e non un elemento del racconto rappresentato: si veda ad esempio il san Francesco di Ambrogio Lorenzetti (Siena, Museo dell'Opera del Duomo) che ritrae il santo con le mani congiunte nella preghiera mentre un rosso Serafmo volteggia all'altezza della pia­ ga ben visibile del costato, o la piccola tavola della fine del secolo XIII, conservata al Museo

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francescano di Roma, dove ugualmente un piccolo Serafino si libra nell'aria mentre France­ sco stante, con una mano tiene il libro chiuso e con l'altra mostra la palma aperta e segnata dalle stimmate: 8oo Jahre cit., p. 537· A differenza di queste tavole con il Serafino-attributo, dove Francesco non è minimamente coinvolto nella visione, nella tavola del Louvre egli par­ tecipa con tutto se stesso all'evento che tocca anche la natura all'intorno. Una replica piutto­ sto fedele è la pala - purtroppo oggigiorno priva di predella - conservata al Fogg Art Mu­ seum di Cambridge (Mass.): Kriiger, Der/riihe Bildkult cit., pp. q8 sgg., fig. 345· La presenza del testimone è meno pressante per una tavola di committenza privata e desti­ nata a sostenere il culto del santo in un ambito locale, senza preoccupazioni di carattere uffi­ ciale. Per l'analisi di queste tre scene cfr. l'Appendice alla fine di questo capitolo. La collocazione dell'affresco al di fuori della sequenza narrativa, quasi un titolo sulla facciata della cappella, suggerisce visivamente un paragone con il grande crocifisso di Cimabue: Krii­ ger, Der/riihe Bildkult cit., p. 178. Nel marzo del 1987 ho tenuto un seminario aii' École des Hautes Études a Parigi dedicato al problema delle stimmate e alla traiettoria dei raggi che uniscono l'apparizione del Cristo­ Serafino a san Francesco nei dipinti di Giotto. Nel libro di Jean-Ciaude Schmitt, Il gesto nel Medioevo, Laterza, Bari prima edizione 1990, alle tavv. XXI e XXII e alle pp. 290-91 e relativo schema (fig. 31), ho ritrovato il succo del mio seminario parigino - ma senza la minima allu­ sione alla sottoscritta. L'autore aggiunse poi una rettifica nella seconda edizione del 1991, a p. 377, nota 64: « Sono debitore a Chiara Frugoni per l'analisi di queste opere da lei presentate nel corso di un seminario nel marzo del 1987 e che svilupperà in un prossimo libro su san Francesco ». La povertà dell'abito è l'insegna degli spirituali, simbolo di fedeltà al vangelo e alla vera in­ tenzione di Francesco: F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli, 12 66-1414 e un riesa­ me dell'arte nell'età fridericiana, V. Bozzi, Roma 1969, p. 237. Bologna, I pittori alla corte angioina cit., p. 240. Scripta Leonis, cap. 93, p. 254; Leg. maior, cap. 8, par. ro, AF X, p. 596. H. B.]. Maginnis, Pietro Lorenxetti: a Chronology, in >, LXVI 2 (1984), pp. 1832II, spec. p. 208. >: Actus beati Francisci, ed. Cambell cit., cap. IX, p. 192. Considerazioni sulle stimmate, Terza considerazione, FF, pp. 1597-98. Si tratta di un trattatello che il traduttore toscano degli Actus beati Francisci inserisce nei Fioretti ampliando a volte di suo. Bartholomaei de Pisa De conformi/ate vitae beati Francisci ad vitam Domini Jesu, in AF V, !912. Raimondo da Capua, entrato nell'Ordine verso il r350, dal 1374 direttore spirituale e confes­ sore di Caterina, divenuto dopo la morte di lei (29 aprile 1380) maestro generale dell'Ordine domenicano scrisse, fra il r385-95 una dettagliata Vita della santa, nota come Legenda maior (per distinguerla dalle altre numerose biografie e prima di tutto dal riassunto a opera di Tom­ maso di Antonio Nacci da Siena detto il Caffarini, che furono dette minores). li Caffarini, di­ scepolo di Caterina, si adoperò per ottenere il riconoscimento ufficiale del Terz'Ordine do­ menicano cui Caterina aveva voluto appartenere e la canonizzazione della sua concittadina, predicando già nel 1396, per un'intera quaresima, a Venezia, la conformità della vergine al Cristo crocifisso - ovviamente senza che il culto per la mantellata domenicana fosse stato ap­ provato ufficialmente dalla Chiesa! Poiché molti episodi riguardanti la vita di Caterina erano

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Capitolo quinto

stati omessi da Raimondo da Capua, il Caffarini li raccolse nel suo Supplementum legende prolixe (redatto nel I412) altra importantissima fonte per la conoscenza della santa: Thomae Anton ii De Senis, « Caffarini >> Libellus de Supplemento Legende prolixe virginis beate Caten·­ ne de Senis, a cura di L Cavallini e L Foralosso (Testi Cateriniani, III), Edizioni Cateriniane, Roma 1974. Per ulteriori notizie si rimanda alla voce Caterina Benincasa, a cura di A. Cartotti Oddasso, in Bibliotheca Sanctorum, Istituto Giovanni XXIII, Roma 1963, coli. 966-w44. 63 « Non ex incredulitate, sed pro memoriali magis notabili: "Et quod - inquam - signum, Do­ mine, das tu mihi quod haec facis?". Tunc ille inquit: "Extende manum ad me". Quod cum fecissem manu protulit clavum unum, cuius cuspidem ve! acutiem in medio palmae manus meae opposuit, tamque fortiter manum clavo strinxit, quod visum est mihi manum meam es­ se perforatam ex toto; et tantum dolorem sensi, quantum si fuisset clavo ferreo per malleum perforata. Itaque gratia Domini meiJesu Christi, ego jam habeo stigmata eius in manu dex­ tera: quod licet aliis sit invisibile, mihi est tamen etiam sensibile et continue afflictivum >>: Raimundi Capuani Vita S. Catharinae Senensis, in AA. SS. Aprilis, III, cap. 7, par. 193, coli. 852-958, col. 901; S. Caterina da Siena, Vita descritta dalbeato Raimondo da Capua, confessore della santa, tradotta da G. Tinagli, Cantagalli, Siena 1982, p. 209, par. 193. 64 «Subito nobis cernentibus, corpusculum eius, quod prostratum jacuerat, se paulisper erexit, et super genua stans, brachia extendit et manus, facie rutilante. Cumque sic diu staret totali­ ter rigidum et oculis clausis, tandem ac si fuisset letaliter vulneratum, nobis cernentibus ceci­ dir quodammodo in instanti, et post parvam moram reducta est anima eius ad sensus corpo­ reos. Post quod mox fecit me vocari, et secrete me alloquens, ait: " Noveritis Pater, quod stig­ mata DominiJesu misericordia sua ego iam in corpore meo porto". Cumque respondissem, quod ad gestus corporis eius, dum esset in extasi, perpendissem; petivi qualiter hoc a Domi­ no factum fuisset. At illa respondens: "Dominum - inquit - vidi cruci affixum, super me ma­ gno cum lumine descendentem; propter quod ex impetu mentis, volentis suo creatori occur­ rere, corpusculum coactum est se erigere. Tunc ex sacratissimorum eius vulnerum cicatrici­ bus quinque in me radios sanguineos vidi descendere, qui ad manus et pedes et cor mei ten­ debant corpusculi; quapropter advertens mysterium continuo exclamavi: 'Ha, Domine Deus meus, non appareant obsecro cicatrices in corpore meo exterius'. Tunc adhuc me lo­ quente, antequam dicti radii pervenissent ad me, colorem sanguineum mutaverunt in splen­ didum, et in forma purae lucis venerunt ad quinque !oca corporis mei, manus scilicet, et pe­ des, et cor". Tunc ego: "Igitur non pervenir aliquis radiorum ad latus dexterum?" At illa : "Non - inquit - sed ad sinistrum, directissime super cor meum. Nam linea ill a lucida proce­ dens a latere eius dextro, non transversaliter, sed recto tramite me percussit". Et ego: "Senti­ sne nunc in locis illis dolorem sensibilem?" Illa vero post magnum suspirium ait: "Tantus est doler quem sensibiliter patior in omnibus quinque locis; sed specialiter circa cor, quod nisi novum miraculum Dominus faciat, non videtur mihi vitam corpoream possibile stare posse cum tanto dolore, quin diebus brevibus finiatur" >>: Raimundi Capuani Vita S. Catharinae cit., cap. 7, parr. 194-95, pp. 9or-2. " « In domo Gherardi de Boncontibus, iuxta capeliam S. Cristine >> precisa il frate domenicano Baronto di ser Dato (Barontus ser Dati) durante il processo di canonizzazione: Il Processo Castellano, con appendice sul culto e la canonizzazione di santa Caterina da Siena, a cura di M. H. Laurent, Bocca, Siena 1942, p. 452. «" Numquid, mater, doler ille vulnerum inflictorum in corpore tuo, amplius persevera t?" At 66 illa : "Exaudivit - inquit - Dominus orationes vestras, licet cum meae mentis afflictione; et vulnera illa non modo corpus non affiigunt, sed etiam roborant et confortant; et unde prius prodibat afflictio, inde nunc confortatio, etiam me sentiente, procedit" »: Raimundi Capuani Vita S. Catharinae cit., cap. 7, par. 198, p. 902. 67 C. Frugoni, Le mistiche, le visioni e l'iconografia: rapporti e in/lussi, in Atti del Convegno su La mistica femminile del Trecento, Todi 1982, Accademia Tudertina, Todi 1983, pp. 5-45. Id., Il linguaggio dell'iconografia e delle visioni, in Culto dei santi, istituzioni e classi sociali in età preindustriale, Japadre, L'Aquila-Roma 1984, pp. 529-36. 68 Vita cit., par. 198, p. 213; AA. SS., col. 903. •• « Ut dignaretur eam sibi conformare non in pedum et manuum ac etiam lateris foris patenti

Le immagini, una voce a pane fossura, sed in dolore vulnerum prefatorum ita ut dolores tales sentiret in corde et tamen nul­ la de his apparerent exterius signa in oculorum visione>>: Il processo Castellano cit., p. 314· 70 « More suo in extasi posita, cum hoc donum a sponso suo devotius exposceret atque ferven­ tius, visa est a circumstantibus manus et pedes extendere, sicut depingi consuevit b. Franci­ scus cum sacra stigmata scribitur recepisse>>: Il processo Castellano cit., p. 314- L'episodio delle stimmate di san Francesco diventa nei secoli XIV e xv un soggetto frequente per piccole tavole o per altaroli, scelti dai privati come arredo domestico, soprattutto di camere da letto , immagini che aiutano a meditare e pregare. A uno di questi piccoli dipinti pensava, io credo, fra Bartolomeo. 71 « Illa manuum pedumque tam insueta et prolixa extensio>>: Ilprocesso Castellano cit., p. 314· 12 La Pala è rimasta nella chiesa; la predella è invece conservata nei depositi della Pinacoteca cittadina: P. Torriti, La Pinacoteca Nazionale di Siena, vol. II, I dipinti dal xv al XVIII secolo, Sagep, Genova 1978, pp. 53-_54, n. 4o6, figg. 44-47; l'autore inclina a ritenerla opera di un arti­ sta «di formazione umbro-peruginesca con cadenze dialettali piuttosto popolaresche ». Re­ centemente Esther Moench, in un articolo dedicato alla pala di santa Caterina che riceve le stimmate, di un pittore senese dell'inizio del xvi secolo conservata al Musée cles Beaux-Arts di Mulhouse, è tornata a discutere l'attribuzione della pala di Santo Spirito, mostrandone l'inconsistenza, data la mancanza di pitture sicuramente ascrivibili a Matteo Balducci, punto di partenza indispensabile per la costruzione di un catalogo: Entre Amico et Matteo. Les voyages d'une sainte Catherine de Sienne, in « Bulletin de la Société industrielle de Mul­ house>>, 1988, pp. 9-13. Per la recente attribuzione a Giacomo Pacchiarotti (Siena 1474-1_540) dr. Catherine de Sienne, Grande Chapelle du Palais des Papes. Avignon, 1992, Condor Com­ munication, Avignon 1992, pp. 238-39. 73 II Cel., pars. I, cap. 6, par. IO, AF X, p. 137. " L. Bianchi, D. Giunta, Iconografia di santa Caterina da Siena, Città Nuova Editrice, Roma 1988, pp. 78 e 81. " Cfr. nota 72 e Catherine de Sienne cit. , p. 249·

76 E. Sandberg-Vavalà, La Croce dipinta italiana, Multigrafica Editrice, Roma 1980 (ristampa

dell'ed. del 1929), pp. 590-91.

n

Rutilio Manetti, IJ7I·I6J9 [Siena, Palazzo Pubblico, 15 giugno-15 ottobre 1978], catalogo a cura di A. Bagnoli, Centro Di, Firenze 1978, p. 52. Lo stendardo è conservato a Siena, nella

cappella attigua all'Oratorio della Cucina (cosiddetto perché li era l'abitazione di Caterina). Bianchi, Giunta, Iconografia disanta Caterina cit., p. So. Riassumo da questo lavoro le fasi sa­ lienti della contesa. Con la bolla del 6 settembre 1472 il papa francescano Sisto IV (1471-84) proibi che fossero dipinte le stimmate nelle immagini di Caterina, comminando la scomunica nel caso il divieto non fosse osservato; nel 1475 ribadi il divieto di « habere pingere et facere >> immagini con l'attributo incriminato; nel 1478 abrogò la scomunica, dato che l'Ordine, nel Capitolo generale del 1477, si era impegnato al silenzio sulle stimmate, sia nelle immagini che nella predicazione. A sanare le continue deroghe deve intervenire però nel 1490 Innocenza VIII (1484-92): le immagini datate prima e dopo il 1472 non dovevano essere modificate, ma il divieto di rappresentare le stimmate sarebbe entrato in vigore per tutte quelle prodotte a par­ tire dal 1490. Ancora un'attenuazione con Alessandro VI (1492-1503), senza una vera soluzio­ ne del problema, che sembrò raggiunta con Clemente VITI (1592-1605) il quale nel 1598 abro­ gò i divieti di Sisto IV. Insorsero allora i francescani e la contesa fra i due Ordini indusse il pontefice ad affidare la questione e la sua soluzione alla Congregazione dei Riti, « dando cosi alla questione delle stimmate cateriniane il carattere di un problema di interesse generale per la Chiesa>> (ibid., p.So). ll riconoscimento dell'autenticità delle stimmate, che accoglieva la descrizione di Raimondo da Capua, avvenne nel 1630. " Thomae Antonii de Senis, > Libellus cit., p. 181. Da notare che il Caffarini aveva af­ fermato (Libellus cit., p. 156): >: Thomae Antonii de Se­ nis «Caffarini>> Libetlus cit., pp. r77 sgg. 81 Ibid. , p. r8r. " Secondo P. Toesca (Il Medioevo, vol. II, Utet, Torino 1965, ristampa anastatica dell'ed. del 1927, p. 1028, nota 43) e non opera di Margaritone d'Arezzo come la ritiene G. Didi­ Huberman, Un sang d'images, nel numero intitolato L'humeur et son changement, in >, invito che è rivolto a ogni creatu· ra, del cielo della terra e del mare: «et omnis creatura, quae in caelo est>>. Privilegiati, nell'or· dine, sono gli uccelli pe_I i quali Francesco ha una evidente predilezione, forse perché volano come gli angeli; anche nell' Exhortatio ad laudem Dei ( Opuscula Esser, pp. 155·56) dove il can· to dei tre fanciulli torna quattro volte, sono espressamente nominati gli uccelli: «Omnes vo· lucres caeli laudate Domino>>, sentiti rappresentativi per tutta la fauna. L'inno dei fanciulli compare quattro volte nel Cantico di Frate Sole, insieme a una doppia citazione del salmo 48, che a sua volta è citato ancora in due occorrenze nella già ricordata Exhortatio ad laudem Dei. 1 Che lo continuò ad attrarre, almeno periodicamente: il ritiro sulla Verna è uno di questi mo· menti. 4 C&. nota 9· ' San Bernardo scrive a Enrico Murdach: > (> secondo Salimbene de Adam, e datato al I2 30 circa, le cui miniature non sono lontane per stile ai dipinti dell' interno del Battistero. 28 G. Romano, Benedetto Ante/ami e il Battistero di Parma, in Battistero di Parma cit., pp. 65-79. 29 La tecnica di esecuzione delle pitture e le relative forme di alterazione sono identiche per la cupola, per le fronti e le semicupole dei nicchioni. Un altro elemento emerso dal restauro è che il ciclo pittorico è sicuramente posteriore alla messa in opera delle sculture, quest'ultime da collocarsi intorno al primo ventennio del XIII secolo: rimando al mio lavoro: I Mesi ante/a­ mici cit., pp. n e 23, dove mi sono giovata delle osservazioni del restauratore Bruno Zanardi che mi ha anche gentilmente messo a disposizione un suo lavoro non ancora pubblicato. In particolare, la figura di Francesco, mi assicura lo Zanardi, non mostra tracce di ridipinture, né il nimbo è in alcun modo aggiunto. Se è soltanto una pia tradizione il passaggio di san Francesco a Parma nel I22I è invece provato che i minori ebbero dimora in città sicuramente a partire dal r238 e che a Borgo San Donnino (oggi Fidenza) già dal r224 esisteva un convento francescano: Fiaccadori, Nota introduttiva cit., p. xv. '0 « Sembravano piuttosto uomini dei boschi >>: Anonimo perugino cit., cap. v, par. r9b, p. 445· " «Admirans non modicum, quomodo aves non surrexissent in fugam... »: I Ce!., pars. I, cap. 2r, par. 58, AF X, p. 45· " I Ce!., pars. I, cap. 2r, par. 58, AF X, p. 45· Secondo gli Smjlta Leonis: >: cap. 84, pp. 234-35· " La predica agli uccelli, come le stimmate, non hanno precedenti agiografici che si possano lo­ ro davvero accostare. Nel Viaggio diSan Brandano (cap. I7), i naviganti raggiungono il « Para­ diso degli uccelli » dove gli animali cantano le lodi a Dio e danno a Brandano e ai compagni istruzioni per continuare il viaggio: Sorrell, St. Francis o/Assisi cit., p. 25. Un giorno, raccon­ ta san Martino in una lettera diretta a Bassula, probabilmente la suocera, egli si trovò, come sempre insieme ai discepoli, sulla riva di un fiume dove uno stormo di uccelli acquatici (>) con particolare ingordigia dava la caccia ai pesci; dopo avere osservato la loro fa­ me insaziabile Martino concluse fossero dei demoni e ordinò loro di ritirarsi in luoghi deser­ ti. Nell'episodio agisce evidentemente il ricordo del salmo r23, 6-7, che paragona i demoni a cacciatori sempre in cerca di preda. Martino, come Francesco, suscita si l'ammirazione degli astanti: «Qui tantam in Martino virtutem viderunt ut etiam avibus imperaret » ma il santo si rivolge agli uccelli come a dei nemici da dominare e sconfiggere e non come a esseri che fan­ no parte del creato in una ristabilita concordia e innocenza edenica: Sulpicii Severi Epistula tertia Bassulae parenti, par. 7, in Sulpice Sévère, Vie de saint Martin, vol. I, a cura di]. Fontai­ ne, Édition du Cerf, Paris r967, pp. 336-39 e vol. III, p. !268 per il relativo commento. Alcuni monaci cistercensi intenti al lavoro nei campi vedono le cicogne roteare sulla loro testa, in procinto di migrare; il priore, credendo che gli uccelli vogliano ricevere la benedizione prima di partire, traccia il segno della croce e lo stormo allora si allontana: Caesarii Heisterbacensis Dialogus cit., distinctio X, cap. 58, vol. II, p. 257· Anche in questo esempio manca l'elemento fondamentale del miracolo di Francesco, e cioè l'idea di indirizzare una predica a degli ani­ mali come se fossero degli esseri umani e cristiani. Dal punto di vista iconografico si posso83 no invece trovare straordinarie coincidenze: cito ad esempio un tessuto ricamato islandese del XIII secolo, in deposito al museo di Cluny a Parigi, tutto dedicato alla vita di san Marti­ no - che ha in comune con Francesco la spartizione del mantello con il povero - in cui l'esor-

Francesco e la natura, la predica agli uccelli

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cismo sugli uccelli acquatici, a chi ignorasse la storia, potrebbe sembrare una vera e propria predica; lo stesso si può ripetere per l'incantevole « polittico di Scrofiano » di Sano di Pietro (4o6-48r), conservato alla Pinacoteca di Siena, dove, nella predella, viene mostrato il mira­ colo di san Biagio nutrito dagli uccelli : la data tarda autorizza a pensare piu che a coincidenze, a veri e propri prestiti iconografici: Torri ti, La Pinacoteca Nazionale cit., vol. I, p. 267, fig. 34· " Chiede Francesco: «Che comanda ch'io faccia il mio Signore Gesu Cristo? » e frate Masseo risponde: « Si a frate Silvestro e si a suora Chiara colle suore, che Cristo aveva risposto e rive­ lato che la sua volontà si è che tu vada per lo mondo a predicare, però ch'egli non t'ha eletto pure per te solo, ma eziandio per salute degli altri »: I Fioretti cit., cap. r6, FF, p. 488. Già nel titolo di questo capitolo vi è un accostamento dei frati agli uccelli: «Como santo Francesco, ricevuto il consiglio di santa Chiara e del santo frate Silvestro, che dovesse predicando con­ vertire molta gente, e' fece il terzo Ordine e predicò agli uccelli e fece stare quiete le rondi­ ni>> : ibid. , p. 487. " I Ce!., pars I, cap. 21, par. 6r, AF X, p. 47· " La definizione è in I Ce!., pars II, cap. r, par. 89, AF X, p. 68. Bonaventura, nella Legenda mi­ nor, riprende gli stessi temi ed aggiunge: « Quamobrem supematurali fiebat influente virtute ut [ ... ] et sensu carentia parerent ad placitum, ac si idem vir sanctus ut simplex et rectus ad statum iam foret innocentiae reformatus » («A causa di questo, aweniva per l'influsso della potenza soprannaturale che [ ... ] anche gli esseri insensibili obbedissero al suo cenno, come se quell'uomo santo quanto semplice e retto fosse già stato ristabilito nello stato della primiti­ va innocenza) »: cap. 3, lectio 6, AF X, p. 664. " I Ce!., pars I, cap. 21, par. 58, AF X, pp. 44·45· " « Coepit se negligentiae incusare, quod olim non praedicaverat avibus, postquam audirent tanta cum reverentia verbum Dei. Sicque factum est, ut ab ilio die cuncta volatilia, cuncta animalia cunctaque reptilia et etiam creaturas quae non sentiunt, ad laudem et amorem Crea­ toris sollicitus hortaretur, quoniam quotidie, invocato nomine Salvatoris, propria experien­ tia ipsarum obedientiam cognoscebat »: I Ce!., pars I, cap. 21, par. 58, AF X, p. 45· È la volon­ tà divina che ha reso semplice Francesco. Tommaso da Celano contrappone implicitamente alla predicazione dotta del clero il «verbum simplex » di Francesco ponendo il suo modo di indirizzarsi alla gente nel solco della predicazione errante degli apostoli , e di Paolo in parti­ colare, che si vanta della propria parola dimessa: I Ce!., pars I, cap. IO, par. 23, AF X, pp. 1920. Scriveva Paolo : « Et ego, cum venissem ad vos, &atres, veni non in sublimitate sermo­ nis.[ . . . ] Sermo meus et praedicatio mea non in persuasibilibus humanae sapientiae verbis, sed in ostensione spiritus et virtutis, ut fides vestra non si t in sapientia hominum, sed in virtu­ te Dei » (r Cor 2, 1-4). Tommaso sviluppa questo concetto citando I Cor 2, 1-2; 4, 20, a propo­ sito del modo nuovo di predicare di Francesco: II Ce!., pars II, cap. 73, par. 107, AF X, p. 193. L'ha osservato Kriiger, Derfriihe Bi/dkult cit., p. 103. " « Fratri etiam qui faciebat ortum dicebat, ut non totam terram orti coleret solummodo pro herbis comestibilibus, sed ab aliqua parte de terra dimitteret ut produceret herbas virentes, que temporibus suis fratres flores producerent. Ymo dicebat, quod frater ortolanus deberet facere pulcrum orticellum ab aliqua parte orti, ponens et plantans ibi de omnibus odoriferis herbis et de omnibus herbis que producunt pulcros flores, ut tempore suo invitarent ad lau­ dem Dei omnes inspicientes se, quoniam omnis creatura dicit et clamat: " Deus me fecit propter te, o homo" »: Scripta Leonis cit., cap. 51, pp. 178-79. 40

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«Frater mi ignis, nobilis et utilis inter alias creaturas quas Altissimus creavit, esto michi in hac hora curialis, quia olim te dilexi et adhuc diligam amore illius Domini qui te creavit; de­ precar etiam Creatorem nostrum qui te creavit, ut ita tuum calorem temperet quod ipsum valeam sustinere »: Smpta Leonis cit., cap. 48, pp. 174-75.

Nell'episodio di Ugolino, il futuro pontefice Gregorio IX, episodio di cui parlo immediata­ mente, Francesco è affettuosamente rimproverato per avervoluto andare a chiedere l'elemo­ sina nonostante fosse stato invitato a pranzo dal prelato. « Perché, fratello mio semplicione, mi hai fatto l'affronto di uscire per la questua mentre stai a casa mia, che è la casa dei &ati? » («Cur, frater m i simplizione, fecisti michi verecundiam, u t i n domo mea que est domus fra­ trum tuorum ires pro helemosina? »), chiede Ugolino. E Francesco risponde: «Al contrario,

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Capitolo sesto signore: io vi ho reso un grande onore. lnvero, quando un suddito esercita la sua professione e compie l'obbedienza dovuta al suo signore, egli onora il signore e insieme il rappresentante di lui>> ( « Ymo, domine, exhibui vobis magnum honorem, quoniam, cum subditus exercet et implet suum officium et obedientiam sui domini, facit honorem domino suo et eius prelato »: Scripta Leonis cit., cap. 61, p. I94·

I Fioretti, cap. 37, FF, p. I' 3'· " II Cel., pars I, cap. I,, par. 22, AF X, p. 144 ·

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« Existens quidem apud vos qui estis dominus et apostolicus noster et apud magnates et divi· tes secundum seculum, qui propter amorem Domini Dei cum multa devotione non tantum me recipiunt in domos suas, sed etiam cogunt me, nolo verecundari ire pro helemosinis, ymo volo habere et tenere secundum Deum pro magna nobilitate et regali dignitate et honore il­ lius summi regis, qui cum sit Dominus omnium, pro nobis fieri voluit servus omnium, et, cum esset dives et gloriosus in maiestate sua, pauper et despectus venit in humanitate no­ stra »: Scripta Leonis cit., cap. 61, p. 196.

" > («Affinché in un giorno di tanta solennità gli uccellini e particolarmente le sorelle allodole ne avessero in abbondanza>>): Il Ce!., pars II, cap. 151, par. 200, AF X, p. 244. " >: Opuscula Esser, p. 272. " Stephani de Borbone Tractatus de diversis materiis praedicabilibus, n. 254, riprodotto in Etienne de Bourbon, Anecdotes historiques, légendes et apologues, a cura di A. Lecoy de la Marche, Librairie Renouard, Paris 1877, p. 215; ho citato la traduzione di R. Rusconi, Predica­ :r;ione e vita religiosa nella società italiana da Carlo Magno alla controrifonna, Loescher, Torino 1981, pp. 104 sgg. Il brano, per quanto riguarda il testo latino, si può leggere anche in Lem­ mens, p. 94: . In una miniatura del XIII secolo, tratta dalla Legenda maior di Bonaventura, si vede Francesco predicare contempera- 27 neamente agli uccelli e alla gente: Roma, B. N. ms Vittorio Emanuele 4I1, f. 50v. " « Soror lauda habet caputium sicut religiosi et est humilis avis, que vadit libenter per viam ad inveniendum sibi aliqua frumenta, et etiamsi invenerit ea inter stercora animalium, extrahit tamen ea et comedit; volando laudat Dominum sicut boni religiosi despicientes terrena, quo­ rum semper in celis est conversatio. Preterea, eius vestimentum terre assimilatur, videlicet penne eius, exemplum prebens religiosis ut non colorata et delicata vestimenta vestire de­ beant, sed quasi mortua ad modum terre>>: Scripta Leonis cit., cap. no, p. 282. Le allodole, che amano la luce e il sole, miracolosamente accompagnano invece la sera, dopo i vespri, il transito di Francesco, volando a bassa quota e cantando in cerchio: III Ce!., cap. 4, par. 32, AF X, p. 284- Lo stesso episodio è riportato con identiche parole in Speculum perfectionis ci t., pars Wldecima, u3, pp. 319-20. 76 « Non recognoscunt beneficia mea, quae largiter ut scis impendo eis cotidie, cum non semi­ nent neque metant »: Scripta Leonis cit., cap. u6, p. 291; lo stesso episodio è presente anche nello Speculum perfectionis cit., cap. 52, pp. 135-36.

Capitolo sesto n

Seraphicae legislationis textus origina/es, Typis Collegii S. Bonaventurae, Ad Claras Aquas 1879, pp. 22·24. 78 « Denique qui pascit aves coeli et lilia vestit agri vobis non deerit ad victum pariter et vestitum»: Seraphicae paupertatis privilegium, par. J, in Seraphicae legislationis textus cit., pp. 97•98. 79 «Ad haec aviculae illae, ut ipse dicebat et qui cum eo fuerunt fratres, miro modo secundum naturam suam exsultantes, coeperunt extendere collum, protendere alas, aperire os et in ilio respicere » («A queste parole, come raccontava Francesco stesso e i frati che erano stati pre­ senti, in modo meraviglioso gli uccelli cominciarono a manifestare la loro gioia secondo la propria natura, tendendo il collo, sbattendo le ali, aprendo il becco e guardandolo fissamen­ te>>): I Ce!., pars l, cap. 21, par. 58, AF X, p. 45· 80 «Fratres mei, volucres, multum debetis laudare creatorem vestrum et ipsum diligere semper, qui ded.it vobis plumas ad induendum, pennas ad volandum, et quidquid necesse fuit vobis. Nobiles vos fecit Deus imer creaturas suas et in puritate aeris vobis contulit mansionem, quo­ niam cum neque seminetis, neque metatis, ipse nihilominus sine omni vestra sollicitud.ine vos protegit et gubernat»: I Ce!., pars l, cap. 21, par. 58, AF X, p. 45· 81 Mentre per il disegno e le didascalie a commento tenne presente la Vita pn·ma di Tommaso da Celano. " «Quando giunse alla curia romana fu portato al cospetto del sommo pontefice. n vicario di Cristo che stava passeggiando nel palazzo del Laterano in un luogo detto « Speculum », occu­ pato in profonde meditazioni, cacciò via con indignazione il servo di Dio come fosse uno sco­ nosciuto. Dopo che questi fu umilmente andato via, nella notte seguente lo stesso sommo pontefice ebbe da Dio questa rivelazione» ( « Cum autem ad Romanam curiarn pervenisse! et adduceretur ante conspectum summi Pontificis, essetque Christi Vicarius in palatio Latera­ nensi, in Ioco qui dicitur Speculum deambulans, altis meditationibus occupatus, Christi fa­ mulum tamquam ignotum repulit indignanter. Quo humiliter foras egresso, sequenti nocte huiusmodi revelatio facta est a Deo ipsi summo Pontifici ») : Leg. maior, cap. 3, par. 9a, AF X, p. 570. lnnocenzo III sogna una palma che spunta ai suoi piedi e cresce prodigiosamente, ca­ pendo immediatamente, per ispirazione divina, che la palma è quel povero da lui scacciato. Di certo il sogno si appoggia al versetto del salmo 91, 13: «lustus ut palma florebit ». " «n papa osservando attentamente nel frate suddetto l'abito strano, il volto spiacevole, la bar­ ba incolta, i capelli arruffati, le sopracciglia cespugliose e nere, mentre si faceva leggere la ri­ chiesta del frate cosi ardua e di esecuzione impossibile, lo disprezzò e gli disse: "Vai fratello e cerca i porci con i quali piu che con gli uomini ti devi confrontare, e rotolati con loro nella melma e consegna loro la regola e il tuo commento e metti in pratica l'esercizio della predica­ zione". Francesco appena senti queste parole, chinato il capo, usci e dopo avere alla fine tro­ vato i maiali si rivoltolò con loro nel fango cosi a lungo da esserne imbrattato da cima a fondo lui e tutto l'abito. Poi, tornato in concistoro, si presentò al cospetto del papa dicendo: "Si­ gnore, ho fatto come mi hai ordinato. Ti prego ora di esaudire la mia richiesta". TI papa pieno di ammirazione, visto quel fatto, si dispiacque moltissimo di avere disprezzato quell'uomo; e cambiata opinione, ordinò che si lavasse e ritornasse subito da lui; Francesco immediata­ mente pulitosi dal fango, si affrettò a ritornare. n papa commosso accolse la sua richiesta, e con privilegio della Chiesa romana gli confermò il diritto di predicare insieme con la richiesta di fondare un Ordine e lo congedò con la sua benedizione» («Papa itaque in fratre memora­ to habitum defonnem, vultum despicabilem, barbam prolixam, capillos incultos, supercilia pendentia et nigra, diligenter considerans, cum petitionem eius tam arduam et executione impossibilem recitari fecisset, despexit eum et dixit: "V ade, frater, et quaere porcos, quibus potius debes quam hominibus comparari, et involve te cum eis in volutabro, et regulam illis a te commentatam tradens, officium tuae praedicationis impende". Quod audiens Franciscus inclinato capite exivit continuo, et porcis tandem inventis, in luto se cum eis tamdiu involvit, quousque a pianta pedis usque ad verticem corpus suum totum cum ipso habitu polluisset. Sicque ad consistorium revertens Papae se conspectibus praesentavit, dicens: "Domine" , in­ quit, "feci sicut praecepisti; ex audi nunc, obsecro, petitionem meam". Quod factum cum Papa admirans conspexisset, contristatus est valde quod illum despexisset ; atque in se rever­ sus, praecepit ut lotus rediret ad eum, qui celeriter a sorde mundatus reversus est festinanter.

Francesco e la natura, la predica agli uccelli Commotus itaque Papa su per eo, petitionem eius admisit, et per privilegium Romanae eccle­ siae officium praedicationis simul cum ordine petito ei confirmans cum benedictione dimi­ sit>>): Matthaei Parisiensis Chronica cit., p. 132. "' « Populus Romanus, totius bonitatis inirnicus, praedicationem viri Dei adeo despexit, quod nec ipsum a udire, nec sanctis eius voluerunt exhortationibus interesse. Tandem cum per dies plurimos praedicationem eius despexisset, Franciscus indurationem eorum graviter increpa­ vit. "Doleo - inquit - multum super miseria vestra, quod non solum me Christi famulum spernitis, verum etiam Illum in me despicitis, quoniam Redemptorem mundi evangelizavi vobis. Et nunc recedens ab urbe, testirnonium Illius invoco su per desolatione vestra, qui est testis in caelo fidelis; atque in confusionem vestram vado evangelizare Christum brutis ani­ malibus et volatilibus caeli, ut audientes salutifera Dei verba obediant et adquiescant" Sic­ que ab urbe exiens invenit sedentes in suburbio in morticinis corvos, milvos et picas, aliasque aves multas in aere volitantes, et dixit eis: "Praecipio vobis in nomine Iesu Christi, quem cru­ cifixerunt Judaei, cuius praedicationem miseri despexerunt Romani, quatinus ad me acce­ dentes audiatis verbum Dei, in nomine eius qui vos creavit et in archa Noe ab aquis diluvii li­ beravit". Et continuo ad imperium eius universa avium illa multitudo illuc accedens circum­ dedit eum; et facto silentio, omnique garritu deposito, per diei dirnidium spatium verbis viri Dei intendentes de loco non sunt motae, sed semper intuebantur faciem praedicantis »: Mat­ thaei Parisiensis Chronica cit., pp. 132-33. " « Exierunt de civitate clerus cum populo multo, introducentes hominem Dei cum veneratio­ ne magna in urbem »: Matthaei Parisiensis Chronica cit., p. 133. 86 « Franciscus vero cum paucis &atribus per civitates et castella circuiens, predicando ad quandam civitatem fertur devenisse; et ibi verbum Dei volens predicare, cives loci illius in ta­ li habitu eum cum suis considerantes, quasi stultum a civitate sua eum expulerunt. Ipse vero extra portam ipsius civitatis iuxta stratam publicam stans, conspexit in campo diversi generis aves pascentes; quasi horninibus loqueretur, ipsas ad se vocavit et statim ad vocem ipsius tan­ ta mwtitudo diversarum avium circa eum adunata est, quanta numquam in partibus illis visa fuisse feratur. Quas beatus Franciscus admonens, quia gens intelligibilis et sensata verbum Dei audire contempneret, saltim aves indiscrete mandata Dei audire non obmitterent. Ille vero colla erigentes et capita et visum, quasi eum intelligerent, porrigebant ei. Ille vero horta­ batur eas vocibus et cantibus suis Deum, qui eas creaverat et pascebat, glorificare et laudare; et sic diu eas alloquens, quasi cum racionabilibus creaturis de verbo Dei cum eis disputabat. Videntes autem transeuntes ignotum virum in tam extraneo habitu avibus quasi hominibus predicantem, nuntiaverunt hec in civitate. Ad quem tota civitas exiens admirans super mira­ cwo avium, rogabant eum ut, quia eum expulerant, civitati indulgeret. lpse vero avibus be­ nedicens iussit eas abire et convertens se ad populum, improperabat ei, quod populus intelli­ gibilis et racionabilis verbum Dei audire contempneret, aves vero sine racione cum gaudio magno illud susciperent. Cumque gentem illam diu allocutus fuisset, sermone finito, et dans benedictionem, a loco discessit »: Richerii Gesta Senoniensis Ecclesiae, MGH, Scriptores, vol. XXV, pp. 306-7. Richerio, tratteggiando la personalità di Francesco non parla delle stim­ mate; per lui l'unico strabiliante miracolo è quello della predica agli uccelli. Analogo accosta­ mento è nella succinta Cronaca di Danimarca: Chronica Danorum et praecipuae Sialandiae, in Lemmens, pp. 22-23. 87 F. D. Klingender, St. Francis and the Birds o/the Apocalypse, in «Journal ofthe Warburg and Courtauld lnstitute», XVI (1953), pp. 13-23. 88 «Cecidit, cecidit Babylon magna et facta est habitatio daemoniorum et custodia omnis spiri­ tus irnmundi et custodia omnis volucris imrnundae et odibilis» («Cadde, cadde Babilonia la grande, ed è divenuta abitazione dei demoni, ricetto di ogni spirito impuro, di ogni uccello impuro e odioso >>); « Et vidi unum Angelum stantem in sole, et clamavit voce magna dicens omnibus avibus quae volabant per medium caeli: "Venite et congregamini ad cenam Dei ut manducetis carnes regum et carnes tribunorum fortium ... " » (« E vidi un angelo stare in piedi sul sole e gridare con voce forte dicendo a tutti gli uccelli che volavano nel cielo: "Venite e ra­ dunatevi alla cena di Dio, per mangiare la carne dei re e dei grandi condottieri" ... ») 89 « Spirituale certamen contra spiritus malignos et carnali a vitia egregius bellator assumpsit »: Matthaei Parisiensis Chronica cit., p. 132. _

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Capitolo sesto

"' Non è dello stesso avviso Su zanne Lewis, ma senza argomenti (Lewis, Tbe Art of Matthew Paris cit., pp. 513 sgg.). 91 Cfr. soprattutto le miniature riprodotte da Klingender, St. Francis cit., alla p. r8. 92 Forse Jeanne de la Tour, figlia di Edoardo II e moglie di Robeno Bruce, e regina di Scozia: Klingender, St. Franczs cit., p. 13. 91 Nel salterio cosiddetto « Luttrell >> (London, British Library, ms Additional 42 130 dell'inizio del XIV secolo), alla folla pennuta si è mescolato un leone per il passo analogo di ls 13, 21 che vede Babilonia abitata da belve del deseno e poi da gufi, struzzi, e animali fantastici. Klingen­ der, St. Franczs cit., p. 16 non coglie questa allusione; al contrario gli sembra che Io schema compositivo si avvicini a quello della tavola di Bonaventura Berlinghieri. Notizie sul salterio « Luttrell » in J. Backhouse, Tbe Luttrell Psaltery, The British Library Board, London 1989, pp. 6o-6r. " Anche Richerio di Sens pur concordando con il testo di Ruggero di Wendover mostra di es­ sere influenzato dal testo di Tommaso da Celano. •• : Henrici Abrincensis Legenda versi/icata cit., l. V, vv. 34-45, AF X, p. 434· Nelle Di//initiones del Capi­ tolo di N arbona del 1260 viene prescritto che i frati non possano dormire: > (« Stringevano la tunica ai fianchi con una corda, e penavano rozze brache.· li loro santo proposito era di restare in quello stato, senza avere altro »): I Ce!., pars I, cap. IJ, par. 39, AF X, p. 3r. Bonaventurae Opusculum XVI: Expositio super regulam /ratrum Minorum, cap. 2, par. r, in Opera omnia cit., t. VITI, p. 400. Nel prologo della Legenda maior, Bonaventura caratterizza la missione di Francesco come quella di colui designato a « chiamare gli uomini, a piangere, a lamentarsi, a radersi la testa, a cingersi di sacco e a imprimere il Tau sulla fronte di coloro che gemono e piangono col segno della croce penitenziale, e dell'abito a forma di croce» (« Offi­ cium [ ... ] vocandi ad fletum et planctum, calvitium et cingulum sacci, signandique Thau su­ per frontes virorum gementium et dolentium signo poenitentialis crucis et habitus cruci con­ formis »): Leg. maior, prologus, par. 2, AF X, p. ,s. Unica eccezione è il testo di Enrico D'Avranches, che non è per l'appunto un testo ufficiale. « Parat sibi ex tunc tunicam crucis imaginem praeferentem, ut in ea propulset omnes daemo­ niacas phantasias: parat asperrimam, ut carnem in ea crucifigat cum vitiis et peccatis; parat denique pauperrimam et incultam et quae a mundo nullatenus valeat concupisci »: I Ce!., pars. I, cap. 9, par. 22, AF X, p. 19. Cfr. cap. IV, nota 37· li corpo e il cappuccio dell'abito formano il braccio venicale, mentre le due maniche apene simboleggiano il braccio orizzontale. Il pittore della tavola Bardi dedicò un'intera scena a sottolineare l'aspetto simbolico del nuovo indumento, mostrato a mezz'aria con le maniche distese e apene sulla stessa linea delle spalle: cfr. cap. IX, p. 362. Si veda ad esempio l'abitudine di Francesco di ricorrere al rito delle cosiddette « Sones apo­ stolorurn »: cfr. cap. IV, nota 4· Per questo e molti altri esempi ancora cfr. E. Delaruelle, S. Francesco e la pietàpopolare, ristampato in La religiosità popolare nel Medio Evo, a cura di R. Manselli, Il Mulino, Bologna I983, pp. 23I-5r e Banoli Langel i Le radici culturali cit. È escluso che potesse essere usato come mezzo abituale di espiazione e penitenza. Francesco si flagella una volta sola, dopo essersi tolta la tonaca, per superare una tentazione della carne, apostrofando il suo corpo come quello di un asino: « Eia, frater asine, sic te manere decet, si c subire flagellum. Tunica religionis est, furari non licet; si quo vis pergere, perge! » («Orsu frate asino, cosi tu devi stare fermo, cosi subire il flagello! La tonaca è dell'Ordine, non è leci­ to appropriarsene indebitamente. Se vuoi andare altrove, va pure! »): II Ce!., pars II, cap. 82, par. rr6, AF X, p. I99· « Si necesse fuerit >>: Opuscula Esser, p. 24J· Nella Regula buttata diventa: « et aliam sine caputio qui voluerint habere>>. Viene aggiunta la possibilità di ponare « calceamenta>>: ivi, p. 228. La Regula Benedicti, cap. :;:;, prescrive le brache al monaco solo quando è in viaggio (ed. cit., p. r.:�r). Francesco ha voluto sottolineare la mobilità del frate rispetto alla sedentarietà del mo­ naco, vincolato alla « stabilitas lo ci» del monastero. « li ministro consegni al novizio i panni dell'anno di prova, e cioè due tonache senza cappuc­ cio e il cingolo e le brache e il capparone fino al cingolo » (« Minister concedat ei pannos pro­ bationis usque ad annum, scilicet duas tunicas sine caputio et cingulum et braccas et caparo­ nem usque ad cingulum »): Regula non bultata, cap. 2, Opuscula Esser, p. 244 (io stesso è ri­ petuto nella Regula buttata, cap. 2, ibid., p. 228). li capparone era un largo cappuccio usato dai contadini per difendersi dalla pioggia: FF, p. roo. Per Francesco tunica e corda sono vera­ mente i componenti essenziali dell'abito dei suoi frati: «Volo, inquit, ut fratres mei filios eiu­ sdem matris ostendant se, et quod tunicam ve! chordam, seu quidquid unus petierit, alter li­ beraliter tribuat >> (« Voglio - diceva - che i miei fratelli si dimostrino figli della stessa madre, e che si prestino generosamente la tonaca o la corda, e ogni altra cosa che uno avrà chiesto all'altro »): II Ce!., pars II, cap. 136, par. r8o, AF X, p. 233. Come i servi, che per servire a tavola, si legavano stretta la tunica per essere piu spediti nei movimenti. « Debet autem alba circa lumbos sacerdotis seu Pontificis zona seu cingulo [ .. ] praecingi [ ... ] ,

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I primi due cicli ad Assisi

ut castitas sacerdotis per albam significata, nullis incentivorum stimulis dissolvatur. Cingu­ lum namque continentiam significat. Unde sint lumbi vestri praecincti ... »: Gulielmi Duran­ di Rationale divinorum o//iciorum, ap. Cominum de Tridino, Venetiis I572, l. ID, cap. 4, De zona seu cingulo, pp. 44·45· Guglielmo Durante visse dal I237 al u!ti. " « Chordulam tredecim nodorum copulis annulatam, subtus ad carnem cingebat, secretum memoriale vulnerum Salvatoris»: Legenda Sanctae Clarae cit., cap. 30, p. 43· " Questo particolare, taciuto dai vangeli, è presente invece nelle immagini che si appoggiarono spessissimo alle rappresentazioni dei Misteri e ai reali spettacoli di condanne e punizioni. 64 Lui stesso chiese un giorno a un compagno di improvvisassi banditore, di legargli una corda al collo e di portarlo seminudo in giro per la città, additandolo al pubblico ludibrio, per espiare un supposto peccato di ipocrisia: I Ce!., pass I, cap. I9, par. 52, AF X, p. 40. Per un commento a quest'episodio: Frugoni, Francesco cit., pp. 1.' sgg. " Cap. I, Opuscula Esser, p. 1.41.. Lo stesso viene ripetuto nella Regula bullata, cap. I, ibid., p. 226. 66

In un'altra occasione Francesco si comportò con una libertà estrema, quando cioè ricevette, lui laico, i voti di Chiara alla quale tagliò i capelli : « Sancto Francesco la tondi denante allo al­ tare, nella chiesia della Vergine Maria, dieta de la Portiuncola, e poi la menò alla chiesia de sancto Paulo de Abbatissis », testimonia ad esempio la sorella Beatrice: Z. Lazzeri, Il Processo di canonizzazione di Santa Chiara, « AFH », XIII (I920), pp. 403-507, Decima seconda testi­ monia, par. 4, p. 480.

67 Non ho naturalmente la pretesa di raccogliere un catalogo esauriente.

'" Mi riferisco ad esempio ai due cicli nella Basilica inferiore e superiore di Assisi. 69

Oltre all'affresco di Subiaco penso a quello di Cimabue nella Basilica inferiore di Assisi, di Bominaco, del Battistero di Parma, della chiesa dei SS. Giovanni e Paolo di Spoleto: è que­ st'ultimo un affresco recuperato soltanto nel I920 da una precedente scialbatura; anche in cattivo stato di conservazione si lascia intravedere come opera di grande qualità: Francesco è in piedi e tiene fra le mani un libro: è datato alla fine del xm secolo da P. Scarpellini in Fran­ cesco d'Assisi, Storia e Arte, Electa, Milano I982, p. no.

70 Ovviamente, se non specificato altrimenti, la destra e la sinistra si intendono dal punto di vi­

sta dell'osservatore.

71 La punta aguzza del cappuccio è stata recuperata da restauri recenti sia nella tavola conserva-

ta nel San Francesco di Pescia che in quella del museo di San Matteo di Pisa (per notizie ulteriori e bibliografia cfr. capitolo vm, nota 7). Ho fonissimi sospetti che il nimbo a rilievo che circonda il capo del santo, al centro della tavola conservata al museo Civico di Pistoia sia un'aggiunta posteriore e nasconda l'originale cappuccio a punta, tanto piu che le figure laterali, dei frati e di Francesco, mostrano cappucci dalla punta decisamente aguzza; la tavola ha subito un pesante intervento nel I64 e un altro drastico e irrispettoso in tempi recenti: cfr. la scheda relativa in Museo Civico di Pistoia, Catalogo delle collezioni, a cura di M. C. Mazzi, La Nuova Italia, Firenze I982, p. 92. Una tarda copia della tavola Bardi conservata nella chiesa di San Francesco a Colle Val d'Elsa a cui era stato ridipinto il cappuccio, ridotto in modo da formare un ovale intorno al viso, lascia intravedere l'assetto primitivo, riaffiorato con il tempo (Frugoni, Francesco cit., p. 45). Anche il nimbo a pasticca intorno al capo di Francesco della tavola conservata al museo Diocesano di Orte potrebbe nascondere un cappuccio a punta, ma lo stato molto rovinato del dipinto non permette sicuri confronti negli episodi a la- I8o to. In questa tavola, indizio di un intervento innovativo mi sembra il saio che scende strana­ mente a coprire del tutto i piedi del santo, a cancellare cioè il segno parlante della totale povertà di Francesco, già degli apostoli e di Cristo. Sul problema della liceità ad andare scalzi o meno dr. R. Rusconi, « Forma apostolorum»: l'immagine delpredicatore nei movimenti religiosifrancesi ed italiani dei secoli XII e XIII, in (« Una volta disse che se un gran chierico fosse entrato nell'Ordine avrebbe dovuto rinuncia­ re in un certo senso anche alla scienza, per offrirsi nudo, espropriato di un simile possesso, al­ le braccia del Crocifisso>>): n Cel., pars Il, cap. 146, par. 194, AF X, p. 241. Il tono apologetico con cui è narrato il felice incontro fra il pontefice e Francesco nella Vita prima (l Cel., cap. 13, par. 32, AF X, p. 25) è molto attenuato nella seconda biografia, lascian­ do filtrare una cadenza di reuioni piu vicina alla realtà storica: cfr. cap. 1. II Cel., cap. II, par. r;, AF X, p. I4J. È un particolare che dal punto di vista pittorico viene introdotto già fin dalla tavola Bardi (1243 circa), ma che solo Bonaventura ha cura di precisare: la tonsura permette a Francesco di predicare liberamente (Leg. maior, cap. 3, par. ro, AF X, p. 571). Il pontefice pur dormendo solleva il braccio sinistro e apre la mano in un gesto di grato sru­ pore di fronte al prodigioso sostegno della sua Chiesa. Lobrichon, Assise cit., p. 71. « Coepit exinde auctoritate sibi concessa virtutum semina spargere, civitates et castella circuiens praedicare ferventius »: II Cel., cap. II, par. r;, AF X, p. I4J. È accompagnato da un compagno, totalmente ridipinto da un pittore giottesco.

Cfr. cap. VI, p. 243 sgg. È un particolare sottolineato due volte: Jo 3, 2 e 19, 39· 129 Tanto da difenderlo contro le accuse dei Farisei, e dichiararsi pubblicamente suo discepolo portando gli aromi ed i balsami per la sepoltura di Cristo (]o 7, 50-51; 19, 39). uo Che difese opponendosi invano alla sua morte, chiedendo poi il corpo a Pilato (Mt 27, 57·60). Ul n Cel., pars II, CaP·73> par. 107, AF X, p. 193· 02 H. Klotz, Formen der Anonymitiit und des lndividualismus in der Kunst des Mittelalters und derRenaissance, in « Gesta>>, xv (1976), pp. 303-12, p. 309, che fa notare come la tomba dipin­ ta al di sotto, del probabile committente, assomigli alle arche collocate tutt'intorno a Santa Maria Novella a Firenze. L'affresco del Lorenzetti ricorda un sermone che Gregorio IX ave­ va pronunciato ad Assisi nel giorno della festa del santo, ricordato dal cronista Tommaso da Eccleston (Tractatus cit., collatio XV, p. 90) e di cui, I Fioretti sono la lontana eco. Il papa aveva ricordato la conversione di due eretici veneziani che avevano criticato uno dei cardinali legati il quale aveva proclamato la superiorità di Francesco, perché lui solo privilegiato dalle stimmate, perfino su Giovanni evangelista. Un sogno aveva fatto presto ravvedere i due: era loro comparso Cristo giudice con tutti i rappresentanti degli Ordini religiosi, senza che si po­ tesse però scorgere né Francesco né alcuno dei suoi frati. Cristo allora aveva aperto la piaga del petto e mostrato al suo interno il santo:]. Poulenc, Saint François dans le « Vitrail des An­ ges » de l'Eglise supérieure de la Basilique d'Assise, in «AFH>>, LXXVI (1983), pp. 701-13, pp. 709-10. Tommaso da Eccleston, che è il primo a ricordare il sermone, scriveverso il 1258 e giustamente il Poulenc richiama la troppo perfetta concordanza del sogno con la dottrina della devozione alla piaga del costato di Cristo sviluppata in quegli stessi anni negli scritti spi­ rituali di san Bonaventura, come ad esempio nel Deperfectione vitae ad sorores, cap. 8, n. 2, in Opera omnia cit., vol. VITI, p. 120. Bonaventura rivolgendosi a una monaca esorta: « Per ostium lateris ingredere usque ad cor ipsius lesu, ibique ardentissimo crucifixi amore in Christum transformata ... nihil aliud quaeras quam ut cum Christo tu possis in cruce mori ». Stessi concetti in Vitis mystica, cap. 3, n. 3, ibid. , p. 163. 0' I Fioretti cit., cap. 44, FF, p. 1551. o4 Cfr. cap. 1 , nota 68. m «Como santo Francesco, ricevuto il consiglio di santa Chiara e del santo frate Silvestro, che 128

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dovesse predicando convertire molta gente, e' fece il terzo ordine e predicò agli uccelli e fece stare quiete le rondini». Cfr. cap. VI, nota 34· I Fioretti cit., cap. 16, FF, p. 1490·

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«Pedes enim Redemptoris non contorti sed recti fuerunt in cruce, ut in semitis mandatorum suorum, nos recto gressu affectionis et operum doceat ambulare. Quatuor clavis peccata no· stra in corpore suo cruci affixit, ut homines per quatuor mundi partes diffusos ad cultum perduceret sanctissimae Crucis, et in fide Catholica solidaret »: Lucae Tudensis episcopi De altera vita, cit., l. II, cap. n, p. I04. ua K. Gould, Illumination an dSculpture in Thirteenth-Century Amiens: The Invention o/the Bo­ dy o/Saint Finnin in the Psalter and Hours o/ Yolande o/Soissons, in «Art Bulletin», LIX, 2 (I977), pp. I6I-66. n codice fu venduto a un'asta nel I838 dopo essere stato diviso in due lotti: uno raggiunse subito laJohn Pierpont Morgan Library di New York, l'altro, dopo essere sta­ to disperso nel commercio antiquario approdò finalmente anch'esso alla biblioteca america­ na. n codice risente tuttora di tante traversie e gli argomenti della Gould sono pienamente convincenti nel proporre una diversa ricomposizione. n codice porta la segnatura M 72; la Predica agli uccelli è al f. I39v: ibid. , fig. 2 di pp. I62 e 165. u• Questa espressione è usata per la prima volta negli Actus beati Francisci (scritti fra il 1327 e il I340), ed. cit. Cambell, cap. 6, p. I54 e nei Fioretti cap. 7, FF, pp. 1469-70; riporto il passo di questi ultimi: >, XLVI (I964), pp. 38I-88. � � Francesco risponde ad Antonio cedendo con riluttanza alla sua richiesta: «Ho piacere che ru insegni la sacra teologia ai frati, purché in tale occupazione tu non estingua lo spirito della santa orazione e devozione, come è scritto nella Regola» (« Placet mihi quod sacram theolo­ giam legas fratribus, dummodo inter huius studium et orationis et devotionis spirirum non

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Capitolo settimo extinguas, sicut in regula continetur»: Opuscula Esser, p. 95). Il riferimento è al cap. 5 della

Regula buffata: ibid. , p. 23I.

"' L'incontro fra Antonio ed Ezzelino è tramandato soltanto dai Cronica in factis et circa /acta Marchie Trivizane, 1200-12 62, di Rolandino da Padova (uoo-I276), RIS', vol. VITI, I, p. 43; l'autore terminò la sua opera per l'appunto nel u62. •< Sive enim quod speravi t hic sanctus homo in Deum, sive quod motus fuit ab amicis comitis sancti Bonifacii et rogatus - scrive Ro­ landino - ivit Veronam et fudit preces plurimas rectoribus Lonbardie, potestati et dompno Ecelino suisque consiliariis de Verona, ut comitem et amicos eius, quos tenebant captos in Lonbardia, de carceribus relaxarent. Sed nichil preces, ecias si sint iuste fructificant, ubi nul­ lus est ramunculus karitatis ». Su questo episodio cfr. G. De Sancire Gasparini, La pace in An­ tomo e nella « devott"o » dei Mendicanti del I2JJ, in Sant'Antonio di Padova tra storia e profe­ zia. Simposio sui « Sermones dominica/es et /estivi», a cura di P. Giurati, P. Marangon, « Stu­ dia Patavina», XXVIII, 3 (I98I), pp. 487-6o6, spec. pp. 503-8. Sul significato che la testimo­ nianza di Rolandino ha avuto per delineare l'immagine del santo come benefica e attiva pre­ senza nella vita politica del suo tempo dr. F. V. Gamboso, L'immagine di sant'Antonio nei «Chronica » di Rolandino, in Storia e cultura a Padova nell'età di sant'Antonio, Convegno in­ ternazionale di Studi (Padova-Monselice) I-4 ottobre 198I), Istituto per la Storia Ecclesiastica padovana, Padova I985, pp. 229-51. Cfr. ancora: P. Marangon, Le diverse immagini di san­ t'Antomo e deifrancescani nella società e nella cultura padovana dell'età comunale, in « Il San­ to», XIX (I979l. pp. 523-71 e G. Soranzo, Sant'Antonio da Padova ed E:a:elino III da Romano, in « Il Santo », 1, 2 (I96I), pp. 3-I2. Il Soranzo ricorda che Gregorio IX nel settembre del I23I intervenne da Rieti con due brevi invitando Ezzelino a non continuare a proteggere eretici perché egli stesso sarebbe stato considerato tale, e sollecitando alcuni vescovi a procedere al­ la scomunica se Ezzelino non si fosse sottomesso. Sulla tendenza dell'agiografia della Marca Trevigiana nel Duecento a coinvolgere i santi nelle lotte politiche: A. Rigon, Un abate e ilsuo

monastero nell'età di E:a:elino da Romano, in San Benedetto e otto secoli divita monastica nel Padovano, Antenore, Padova I98o, p. 84. Dell'incontro fra Ezzelino e Antonio non vi è alcu­ na rappresentazione in pittura, almeno come mi risulta dallo spoglio completo dell'Index o/ Chistian Art di Princeton depositato in fotocopia presso la Pinacoteca Vaticana e delle opere di Kaftal, Iconography o/ the Saints in the Painting o/North East Italy cit.; Iconography o/ the Saints in the Painting o/ North West Italy, Le Lettere, Firenze I985; Iconography o/ the Saints in Centra! and South Italian Painting cit.; Iconography o/ the Saints in Tuscan Painttng cit.

Ringrazio Laura Gaffuri per alcune indicazioni bibliografiche su questo argomento. '" Senza successo, secondo Rolandino, dato che « Le preghiere e le esonazioni anche se giuste non possono fruttificare se manca del tutto un ramoscello pur minusculo di carità » che le so­ stenga: Rolandini, Cronica cit., p. 43· Nelle biografie del santo successive a quella piu antica (chiamata Assidua, scritta da un anonimo frate minore del I2 32-33) come ad esempio in quel­ la detta Benignitas, d'ignoto del secolo XIV, Ezzelino dopo il discorso di Antonio si pente del­ le stragi compiute a Verona: Soranzo, Sant'Antomo cit., p. n che cita V. F. Conconi, Le fonti della biografia antoniana, Padova I93I, p. 6. '" Vita s. Antonii, AA. SS. Junii, Il, Die decima tenia, pp. 705-I8, par. 4, p. 709. Si tratta della Legenda secunda o anonyma ora comunemente attribuita a Giuliano da Spira e scritta intorno al u35, che negli AA. SS. figura adespota.

"' Già dichiarato eretico e scomunicato da Innocenza IV che nel Il 54 gli bandi contro una crociata. "' Cfr. cap. 11, note I5-I6. "' La missione veronese (un fatto vero come si può dedurre dalla convincente notizia di Rolan­ dino, attendibile proprio perché è la registrazione di un insuccesso) , nel tardo racconto agio­ grafico al contrario si consolida con esito del tutto positivo, fissando presumibilmente una tradizione orale precedente alimentata dai frati stessi. "' Cfr. nota m. "' Sul problema della cornice come convenzione che intercetta gli oggetti delimitando un cam­ po di rappresentazione altrimenti senza limiti si vedano le interessanti osservazioni di M. Schapiro, Sur quelques problèmes de semiotique de l'art visuel: champ et véhicule dans les

I primi due cicli ad Assisi

3 17

signes iconiques, in « Critique. Revue générale des pubblications &ançaises et étrangères », XXIX (1973), pp. 843·66, traduzione del medesimo articolo già apparso con il titolo: On Some Problems in the Semiotic o/ Visua/ Art: F.t!ld and Vehicle in Image-Sigm, in « Semiotica», 1 (1969), pp. 22 3-42. La ricca cornice inserita all'interno della tavola alle spalle di Francesco ri­ sponde a una abirudine che lo Schapiro osserva già nell'arte antica: un solido inquadramento architettonico, ad esempio i montanti di una porta o di una finestra, all'interno dell'intero campo pittorico, artificialmente delimitato dalla cornice esterna, serviva a definire per lo sguardo una situazione pretesa reale e permanente.

Bonaventurae Vitis mystica, cap. 6, Opusculum X, in Opera omnill cit., vol. vm, 1898, ed. a cura di A. Lauer, p. 172. Sulla cronologia delle opere di Bonaventura c&. ]. G. Bougerol, St. Bonaventure et /a sagesse chretienne Seui!, Paris 1962, p. 183 che qui data la Vitis mystica al 1263. L'autore ha però recentemente cambiato idea perché un solo ms della fine del XIII seco­ lo attribuisce la Vitis mystica a Bonaventura. Mi affido al nuovo giudizio perché espresso da un grandissimo competente: Id., S. Bonaventure, Vrin, Paris 1988, p. 2H. Una metafora simi­ le è attribuita a san Tommaso d'Aquino (a commento dd versetto di Mt 24, 3): «Qui Chri­ stum recipiunt sunt sicut iacentes in lecto, quia per lectwn signatur memoria Passionis>>: Thomae Aquinatis Opera omma, vol. VI, Opuscula dubille authenticitatis, a cura di R. Busa, Frommam, Holzboog 1980, p. 208. 161 «O uomo veramente cristianissimo che cercò in ogni modo con una perfetta imitazione di es­ sere conforme da vivo a Cristo vivo, morendo a Cristo morente e morto a Cristo morto e che meritò di essere decorato di una visibile somiglianza con Cristo ! »: Leg. maior, cap. 14, par. 4, AF X, p. 622. Per le analogie con l'epigrafe c&. piu avanti. 160

162

16'

1..

« Dolora e dolti o anima, la quale die' pasare là dove è la croze ne la quale rue morto Cristo. Et è per bixogno che ivi te colochi c pasi, imperzioché la croze è la tua salute e lo tuo leto, e die' essere lo ruo dilecto, ché li è la salvazione tua »: Memoriale, cap. 5, Tertius passus supp/ens, p. 238, riga 96; cito dalla recente edizione critica a cura di L. Thier e A. Calufetti, Il libro della beata Angela da Foligno, Typ. Collegii S. Bonaventurae, Ad Claras Aquas, Grottaferrata 1985, con testo latino e volgare a &onte. « lo te laudo Dio dilecto, ne la tua croxe ì.zo fato lo mio leto; per piumazo over cavezale, tro­ vai aver la povertade; l'altra parte de lo leto, a reposare aspeto despeto, e dolor trovai »: cap. 9, Septimus passus supplem. Angela simul per/ecteque in amore Dei el Jesu Christi cruci/ixi mergitur: ibid., pp. 362-63.

« >, XXI (I98o), pp. 82-84. L'Angiola ricorda (ibid. , p. 82) a proposito di Bonaventura Berlinghieri due documenti, l'uno del I256 e l'altro del 1282, relativi alla « facitura et di­ pingitura unius crucis >>, e al completamento di un crocifisso con le immagini di Andrea e della Madonna. Cfr. anche: E. H. Gombrich, Bonaventura Berlinghieri's Pa!mettes, in > italia­ no: sull'altare cioè erano poste o statue di Madonna in trono, fisse, a tutto tondo, su uno sfon· do frontonato solidale alla scultura; oppure scrigni frontonati con, in piu, ali chiudibili sulle quali erano dipinte o intagliate in altorilievo storie della vita di Maria o di Cristo. Gli esempi conservati provenienti dall'Umbria, dal Lazio, dalla Toscana e sopratrutto, dall'Abruzzo so­ no in generale d'epoca posteriore alla tavola cuspidata francescana. Un ostacolo rimovibile, nota l'autore, ricorrendo all'insidioso argumentum e silentio, perché derivato dalla frammen­ tarietà della conservazione. Gli srudiosi non hanno capito - scrive ancora il Kriiger - la ric· chezza di questa produzione: l'altare «a scrigno>> è stato il precursore di un tipo italiano pre­ coce di tavola d'altare. L'autore cita come esempio prezioso per il suo assunto, perché crono­ logicamente vicino alla tavola francescana di San Miniato al Tedesco (1228) o di Pescia (12 35), l'altare «a scrigno» della Madonna di Alatri con ali scolpite ad alto rilievo, la cui data, fissata in base a criteri stilistici, risale alla prima metà del xm secolo. (Criteri stilistici, sottolineo, che sono per gli storici dell'arte spesso un letto di Procuste; né gli storici che si sono occupati del­ la Madonna di Alatri mi pare si siano impegnati in uno studio approfondito). Secondo il Krii· ger dunque la Madonna di Alatri è un prezioso indizio di una produzione dichiaratamente seriale. All'inizio dd secolo XIII si erano intanto diffuse in Italia le icone bizantine, di forma rettangolare, dove al centro, su fondo oro, si staglia la figura del santo, e intorno corrono sce· ne con storie di miracoli (ma la tavola di santa Caterina conservata al museo di San Matteo di Pisa citata dal Kriiger è del 1260). Lo straordinario successo di culto goduto immediatamente da Francesco fece desiderare di porre la sua immagine sopra l'altare. La tavola, acquistando una dignità formale nuova, fu condizionata dal prestigio dell'altare « a scrigno>>. L'assenza di ali mobili nella tavola francescana, sempre secondo il Kriiger, si spiega per l'influsso dell'ico­ na bizantina - che è però, osservo io, di forma rettangolare. Il Kriiger, ibid. , p. n, mette giu­ stamente in rilievo la predilezione dei francescani per la tavola dipinta in contrapposizione alle immagini di culto scolpite, che invece gli antichi ordini monastici e il clero prediligevano. Mi sembra tuttavia un po' semplicistico supporre che le Madonne lignee si siano conservate soprattutto in Abruzzo perché regione emarginata e senza grandi fermenti innovatori, al con· trario della Toscana dove un troppo rapido mutamento di gusto le avrebbe votate alla distru· zione. Inoltre le date avanzate dal Kriiger ci portano a un periodo nel quale la tavola cuspida­ ta francescana si era già solidamente affermata. Bisognerebbe poi accettare il passaggio, non ovvio, da un'immagine a tutto tondo a una dipinta su fondo piatto, da una figura seduta e in trono a una stante, e chiedersi perché le tavole in cui Francesco è rappresentato da solo, senza storie, non siano mai/rontonate, ma rettangolari, quando, per prossimità di schema, ci si sa· rebbe dovuto aspettare il contrario: sarebbe bastato sovrapporre la figura del santo a quella della Madonna col Bambino, senza la complicazione delle storie laterali. Rimane anche da spiegare nelle piu antiche attestazioni di tavole francescane cuspidate la presenza costante di due angeli accanto alla figura frontale di Francesco, un particolare dal mio punto di vista im· portante. TI problema storico è, a mio avviso, spiegare il perché, in un dato tempo e in un cer· to luogo -in questo caso la Toscana, nemmeno l'Umbria di Francesco - la cornice frontonata sia stata assunta come elemento fisso per le tavole che mostrano Francesco unito a storie della vita e di miracoli. La mia risposta, come si vedrà, è assai diversa da quella illustrata dal Kriiger e ipotizza una successione cronologica opposta. L'icona cuspidata una volta affermatasi di· venta un punto di riferimento; fa si che col passare del tempo sia lo sfondo del trono del­ la Vergine a farsi cuspidato cosi come quello del tabernacolo « a scrigno>> ad ante mobili, che richiama, da chiuso, il disegno del pannello frontonato. La tavola con fastigio triangolare

La tavola di Pescia

347

accoglierà, in un tempo posteriore rispetto alle tavole francescane, altri santi e storie della lo­ ro vita. La mia stessa opinione, che cioè sia stata la tavola francescana a porsi come modello per la forma della pala con altri soggetti- ma senza le mie argomentazioni- era stata avanzata anche dallo Hager. Le obiezioni che ho mosso al lavoro dd Krii ger si riferiscono ad alcuni punti specifici ma non mettono affatto in discussione il valore del libro denso di osservazioni intelligenti.

' n Kriiger ha ragione nd sottolineare che il massiccio ingresso in Italia a partire dall'inizio dd

XIII secolo di icone legate alla tematica dell'immagine come autentica reliquia abbia contri­ buito a focalizzare l'interesse sulla tavola dipinta e a rafforzarne la dignità; ad esempio, la Ma­ donna dipinta da Berlinghiero nel 1230 è una copia fedde della Odighitria di Gerusalemme ritenuta - come attesta Robert de Clari, il cronista della quarta crociata - il vero e piu antico ritratto della Vergine. Per un ricca esemplificazione: Kriiger, Der/riihe Bildkult cit., pp. 50 sgg. che rimanda ai due fondamentali lavori di H. Belting, Das Bild und sein Publikum im Mittelalter. Form und Funktion friiher Bildtafeln der Pamon, Gebr. Mann Verlag, Berlin 1981 e H. Bdting, Die Reaktion der Kunst des IJ. ]ahrhunderts aufden Import von Reliquien und Ikonen, in Il Medioriente e l'Occrdente nell'arte del XIII secolo. Atti del XXIV Congresso Internazionale di Storia dell'Arte, C.L.U.E.B., Bologna 1979, vol. II, a cura di H. Bdting, pp. 35-.H· Per la Madonna di Berlinghiero ora conservata nella collezione Strauss di New York si veda Hager, Die An/iinge cit., p. 81 e tav. 102. Rettangolari sono due tarde tavole francescane con storie nelle parti laterali, non a caso dell'Italia meridionale, dove piu forte fu l'influsso bi­ zantino: una, perduta, proveniva dalla chiesa di Sant'Antonio di Amalfi, dd 1300, riprodot­ ta, ma solo per quanto riguarda la figura centrale di Francesco, da Z. Boveri, Anna/es Mino­ rum Capucinorum seu Sacrarum Historiarum Ordinis Minorum s. Francisci qui Capucini nun­ cupantur, sumptibus Claudii Landry, Lugduni 1632-39, t. I, De vera habitus/orma a seraphico Francisco instituta demonstrationes undecim, pp. 877-960, p. 952; un'altra, rovinatissima, dd primo quarto del xrv secolo, è conservata nel museo di Palazzo Bellomo di Siracusa: Kriiger, Derfriihe Bildkult cit., p. 40 e figg. 64 (tavola di Amalfi) e 67-76 (tavola di Siracusa) e nn. IO e II del catalogo, pp. 205-7.

' Come esemplificazione si vedano un particolare della porta lignea di Santa Sabina a Roma (prima metà del v secolo) con Cristo e i due )adroni posti su uno sfondo architettonico &an­ tonato, una tavola del Sassetta conservata alla Pinacoteca Vaticana (E. Carli, Sassetta e il Maestro dell'Osservanza, A . Martello, Milano 1957, p . 14 e fig. 6 ) e una tavola del ricostruito polittico di Simone Lamberti (1450), conservato alla Pinacoteca di Parma (A. O. Quintavalle, Precisazioni e restauri nella riordinata Galleria di Parma, in « Bollettino d'Arte», XXXI (I937-38), pp. 2I0-33, spec. pp. 2I2-I5, fig. 4; recentemente attribuito a Bartolomeo e Agnolo degli Erri: M. C. Chiusa, Sul dossale di s. Pietro Martire. Un'ipotesi di lettura, in «Bollettino d'Arte», LVI-LVII (I989), pp. I09-I34· n Sassetta illustra la visione di Tommaso d'Aquino: il santo prega davanti a un grande crocifisso e il panno che circonda la scultura a mo' di edicola le disegna intorno una cornice cuspidata. Bartolomeo e Agnolo degli Erri illustrano invece l'episodio di Pietro Martire perseguitato dagli eretici e confortato dal crocifisso: il santo prega davanti a un altare su cui sta una grande pala frontonata con al centro dipinto Cristo in croce. 6 Una scritta in rosso sta fra gli angeli, a mo' di « titulus »: «Sanctus Franciscus » (particolare che mi sembra passato inosservato), mentre sulla base, a due colori, per simulare in prospettiva il suppedaneo della croce: «Anno Domini MCCXXXV, Bonaventura Berlingeri de Luca me pinxit ». L'ultima parte dell'iscrizione è estremamente frammentaria. Nella tavola francescana conservata al museo Diocesano di Orte (c&. cap. x, nota 25), è interessante notare che nell'episodio delle Stimmate mobili è rappresentata sopra un altare un'icona di san Francesco che ripete in formato ridotto quella della tavola che la contiene, entrambe cuspidate. A capanna è anche la tipica chiesa francescana, a navata unica con tetto a capriate; infatti in questa chiesa-fienile, strutrura e forma combaciano perfettamente. Una delle prescrizioni dd Capitolo di Narbona del u6o, ribadendo quello che era già stato stabilito fin dal 1228 ordinava: «Arnodo non fiant testudinatae ecdesiae, nisi super altare, absque licentia generalis ministri>>: Delorme, Di//initiones cit., par. II, p. 503.

7 La tavola fino ai primi del '900 era ricoperta in tutte le sue storie laterali da una tela d'Ales-

I 39 I38 I40

137

q8

Capitolo ottavo sandro Bardelli da Uzzano pestavi con tutta probabilità nel 1614 al momento del rifacimento della cappella dove si trovava la tavola, sintomo, questa copertura, di un diverso atteggia­ mento mentale che aveva ormai « ritagliato » la devozione di Francesco, soccorritore e tau­ maturgo, riducendola al solo culto delle stirnmate, senza piu annettere importanza ai miraco­ li, storie sbiadite col tempo e forse dimenticate: Pittura italiana cit., pp. 15-19. La stessa sorte 34 toccò alla tavola un tempo conservata nella chiesa di San Francesco a Pisa ora in deposito al museo di San Matteo della medesima città, dove solo il busto di Francesco si poteva vedere >; in alcune cronache del tardo Cinquecento questa famiglia ne è detta proprietaria fin dall'origine; addirittura un Bartolo Tedaldi, compagno - peraltro sconosciu­ to - di Francesco, sarebbe stato il committente. Ho cercato di districare i pochi elementi certi dalle confuse notizie che ci sono pervenute in Franct:sco cit., pp. 44-48: Provenienza efortuna

della tavola Bardi.

3 Mt 3, 7: qui manca l'imperativo: «ascoltatelo >> . •

Cfr. cap.

11,

nota 46.

' Lo stesso Tommaso da Celano ebbe a dichiarare fin dalla Vita prima che i miracoli mostrano la santità ma non ne costituiscono l'essenza: I Ce!., pars. I, cap. 26, par. 70, AF X, p. 5 3 ; cfr. anche il cap. I, note 56 e 64.

' Come mi risulta dallo spoglio del Corpus des Sources Franciscaines cit. 7

Ac r6, r-4- A Timoteo erano buoni testimoni (>) i >: Glossa ordinaria, Biblia Sacra, Ziletti, Venetiis I588, f. 22411. Ricordo con gratitudine padre]erome Poulenc per questa indicazione, e rimpiango di poter­ ne soltanto ricordare la generosa accoglienza a Grottaferrata. 11 Il testo è riprodotto in AF X, p. 384. Ranieri Capocci diventa cardinale diacono di Santa Ma­ ria in Cosmedin nell'anno I2I6. 12 C&. cap. vm, nota Bo. u ] . Stein, Dating the Bardi St. Franar Master Dossal. Text and Image, in « Franciscan Studies >>, XXXVI (1976), pp. 27I-97· 14 Della stessa opinione è Kriiger, Derfriihe Bildkult cit., pp. I25-27, secondo il quale la Leggen­ da dipinta non mira mai a essere una copia fedele di una versione testuale ma progetta e ordi­ na la materia secondo principi formali interni (ibid., p. I25). L'autore vede una parentela &a il programma della tavola Bardi e forme compendiate della Vita di Francesco scritte per essere cantate durante l' ottavario del santo, pur senza trovare mai una corrispondenza esatta. Cosi come la tavola Bardi riflette la comunità minoritica (o almeno una sua parte), la preghiera e il canto in comune di queste piccole Legendae esprimono specularmente un modello collettivo di confronto con il fondatore dell'Ordine. Klaus Kriiger in particolare individua una prossi­ mità notevole con l'« Officium s. Francisci>> composto da Giuliano da Spira probabilmente intorno al 123I-32, (FF, p. 2001) dove nelle antifone e nei responsori si può vedere una mede­ sima scelta di episodi e scene da commemorare e di temi di vita ascetico-apostolica. Essendo la tavola Bardi e l'«Officium s. Francisci>> lo specchio ideale del frate, il Kriiger ritiene ben possibile che durante l'ottavario di Francesco la tavola fosse portata sull'altare principale della chiesa di Santa Croce. " Alcuni episodi trovano nella tavola Bardi la loro unica traduzione in chiave monumentale: mi riferisco alla liberazione di Francesco dalla prigionia, al riscatto dell'agnellino e delle due pe­ corine, all 'autoaccusa di Francesco del peccato di gola, alla cura dei lebbrosi, alla doppia sce­ na dello scampato naufragio. 16 l Cel., pars l, capp. 5-6, parr. ro-4, AF X, pp. I2-4. 17 Quando dico « il pittore» uso, come è ovvio, sempre un termine di comodo, non potendo de­ terminare quanto vada attribuito all'apporto del committente e quanto invece assegnato all'i­ niziativa del pittore (con margini di libertà che sappiamo modesti, limitati per lo piu all'orga­ nizzazione della scena e dei suoi personaggi). " Cfr. cap. I , nota 49· 19 Cfr. cap. vn, nota I22. 20 Come specifica chiaramente Tommaso, I Cel., pars l, cap. 9, par. 21, AF X, p. I8. 21 Nelle Di/linitiones del capitolo di Narbona del 1260 si prescrive ancora che il cingolo debba essere di corda comune e che non vi si possa appendere alcunché: M. Bihl, Di/finitiones cit., rubrica seconda, par. IO, p. 44" Desbonnets, De l'intuition à l'institution cit., p. I2. " « Parat sibi ex tunc tunicam crucis imaginem praeferentem »: I Ce!., pars l, cap. 9, par. 22, AF X, p. I9. " Nelle cosiddette «Taymouth Horae >> (cfr. cap. VI, nota 92) si vede Francesco che, abbando- I63 nate le grosse forbici servite per confezionare il saio con cappuccio unito, si appresta a indossarlo: anche in questa miniatura la veste, quasi fosse gonfiata dal vento, si apre e si dispone nella forma della croce. La didascalia senza troppo sottilizzare spiega: « Seint Franceis taille sun abite de meyne» (>: Scripta Leonis, cap. n5, p. 288. " Su questa e altre convenzioni dell'immagine nel Medioevo si veda il bellissimo articolo di A. Grabar, Plotin et /es origines de l'esthétique médiévale, in .

" Regula non bulla/a, cap. I6, Opuscula Esser, p. 270. Il passo citato è un intarsio di versetti trat­ ti dal vangelo di Luca e Matteo : i versetti che si susseguono sono: Mt 5, n; Le, 6, 22; Mt 5, 12; Le 12, 4; Mt IO, 28; Le I2, 4; Mt 24, 6; Mt Io 22; Mt 24, I3. ,

" >: I Ce!., cap. 28, par. 77, AF X, p. 58.

" Scripta Leonis, cap. n5, p. 288. " Cap. 17, Opuscula Esser, p. 271. " « Homines enim omnia perdunt, quae in hoc saeculo relinquunt; secum tamen portant cari­ tatis mercedem et eleemosynas, quas fecerunt, de quibus habebunt a Domino praemium et dignam remunerationem »: Epistola ad fide/es (recensio posterior), Opuscula Esser, p. n9.

" Lo stesso Francesco nel capitolo conclusivo delle Admonitiones: De abscondendo bono ne perdatur, dice: « Beatus servus qui thesaurizat in caelo bona, quae Dominus sibi ostendit et sub specie mercedis non cupi t manifestare hominibus, quia ipse altissimus manifestabit ope­ ra eius quibuscumque placuerit >> (« Beato il servo che tesaurizza in cielo i beni che il Signore gli offre e non desidera manifestarli agli uomini per avere un compenso, perché sarà l'Altissi­ mo a manifestare le opere di lui a chiunque vorrà >>) : Opuscula Esser, p. 82. '9

Scripta Leonis cit., cap. 67, p. 202 e dr. qui nota 47·

61

l Ce!., pars l, cap. 28, par. 79, AF X, p. 59·

62

«Affluebat spiritu charitatis, pietatis viscera gestans, non solum erga homines necessitatem patientes verum etiam erga muta brutaque animalia, reptilia, volatilia et caeteras sensibiles et insensibiles creaturas»: I Ce!., pars l, cap. 28, par. 77, AF X, p. 57·

"' n pittore ha aggiunto alcuni maiali per sottolineare la spiacevole compagnia in cui si trovava la pecora. Una scrofa « malvagia » che aveva ucciso a morsi un agnello è maledetta da France­ sco; muore di li a tre giorni fra atroci sofferenze: II Ce!., pars II, cap.77, par. rn, AF X, p. 196.

" Devo confessare a questo punto la mia incertezza nello stabilire un ordine ai riquadri che fan­ no da base alla figura centrale del santo. n percorso suggerito è aperto, ovviamente, con la li­ berazione dalla prigionia, secondo una sequenza che procede dall'alto verso il basso nella striscia di sinistra e dal basso in alto in quella di destra (alla morte segue la canonizzazione). Ma come sistemare le scene della « predella >>? Il programmatore non ha mai seguito la suc­ cessione cronologica stabilita da Tommaso da Celano. Ragioni compositive possono avere influito sulla collocazione, l'uno accanto all'altro, dell'episodio della pecora riscattata e delle stimmate, dato che in tal modo lo sfondo roccioso delle due scene assume i contorni di una piramide unica; la stessa cosa si può ripetere per le due scene sottostanti, costruite con un identico schema. Volendo però seguire un ftlo continuo si può passare dalla Predica al sulta­ no al Riscatto dei due agnellini, continuare con la Liberazione della pecora cui seguiranno le Stimmate, Francesco che si priva del saio, il Capitolo di Arles, risalendo poi senza problemi

La tavola Bardi, Francesco degli zelanti

393

dalla Cura ai lebbrosi fino alla Guarigione del paralitico. Un'altra possibile soluzione è una lettura « globale>> dell'intera predella, intendendola formata da due strisce orizzontali, dove ciascun episodio della striscia superiore si completi con quello, immediatamente sottostante, della striscia inferiore (ad esempio: Predica agli uccelli, Predica al sultano). In tal modo, giunti per l'appunto alla Predica agli uccelli si procede con la Liberazione della pecora e le Stimmate raggiungendo la Lavanda dei lebbrosi, che porta il lettore ai lidi piu sicuri - ma co­ me vedremo non del tutto - della striscia di destra. Per mostrare l'indipendenza del pro­ grammatore che segue la fonte scritta quanto ai particolari del racconto, ma secondo una li­ bera riorganizzazione- il risultato è una nuova biografia, questa volta figurata - dò di seguito la sequenza degli episodi secondo la Vita prima di Tommaso da Celano: Capitolo di Arles (cap. 18, par. 48); Francesco rinuncia al saio (cap. 19, par. 52); Scampato naufragio (cap. 20, par. 55); Predica al Sultano (cap. 20, par. 56); Predica agli uccelli (cap. 21, par. 58); Liberazio­ ne della pecora (cap. 28, par, n l; Riscatto delle pecorine ( cap. 28, par. 79); Predica di Natale (cap. 30, par. 84); Stimmate (parte seconda, cap. 3, par. 94). "' Nella Predica di Natale un lato della scena è occupato dal clero e l'altro dai fedeli: qui la divi­ sione fra i sessi è ottenuta mettendo in primo piano tutti gli uomini e dietro il gruppo compat­ to delle donne . ., Gal 5 , 19-21. « Vae nobis miseris, quorum vita tota versatur in sanguine et in luxuriis et ebrie­ tatibus corda et corpora enutrimus »: I Cel., pars l, cap. 19, par. 52, AF X, p. 40. 66

Jacobi Vitriacensis Historia occidentalis, l. Il, c. 32, ed. cit., p. 159: « Omnibus que possident renunciantes, seipsos abnegantes, crucem sibi tollendo, nudum nudi sequentes, relinquentes cum Joseph pallium [ ... ] ambulant ante faciem suam ... »

67 Il disprezzo per il denaro è sottolineato anche dagli episodi del riscatto dell'agnello, per otte­ nere il quale Francesco sarebbe stato pronto a pagare qualsiasi prezzo, e da quello della libe­ razione delle due pecore con un baratto del tutto sfavorevole per il santo.

" , VII, 4 (1974), pp. 163-66.

74

Sulla sua fortuna rimando al mio: Francesco, un 'altra storia cit., pp. 47-48.

" La vendetta piu terribile e la punizione piu crudele che i lebbrosi suggeriscono a re Marco contro la moglie adultera lsotta la Bionda non è il rogo, già preparato sul quale la regina sta per salire, ma che condivida la loro vita miserabile e atroce, divenga loro proprietà, da posse­ dere in comune: «Allora Isotta la Bella, Isotta la Bionda, riconoscerà il suo peccato e rim­ piangerà questo bel fuoco di rovi ! >> La realtà ossessiva dei lebbrosi ha ispirato al trovatore anglo-normanno Beroul (xn secolo) nel suo Tristano questa descrizione cruda e particolar­ mente impietosa. Il brano è riportato da J. Le Goff, La Civilisation de l'Occident Médiéval, Arthaud, Paris 1964, pp. 388-89; sulla condizione dei lebbrosi, si vedano le pp. 393-94, (trad.

394

Capitolo nono ital. La civiltà dell'Occtdente medioevale, Torino, Einaudi 1981, p. 340; pp. 344-45) . In genera­ le: F. Bériac, Histoire des lépreux au Moyen Age, Imago, Paris 1988. L'inquisitore domenica­ no Bernard Gui ai primi del Trecento farà bruciare molti di loro, > (Lv 13, 45-46). « La lebbra, secondo che dicono i Filosofi, si è una malattia, che na­ sce da molte cagioni, e sono molte spezie, e hanno molti nomi secondo le spezie; che sono pur corruzioni di membra per li omori paniculari; e però la lebbra si ha propriamente a significa­ re il peccato monale, per lo quale l'anima diventa lebbrosa, e corrotta in ogni pane>>: cosi il domenicano Giordano da Pisa, ai primi del Trecento, predica a Firenze: Prediche sulla Gene­ si. Recitate in Firenze neliJ04 dal beato F. Giordano da Rivalto, a cura di D. Moreni, Maghe­ ti, Firenze 1830, p. 226. U concepimento nei tempi proibiti dalla Chiesa fa nascere figli mo­ struosi o perversi «pieni di lebbra o d'altri mali >>, predica ancora san Bernardino: Le predi­ che volgari cit., vol. l, p. 387. Quest'atteggiamento mentale che considera visibili fisicamente all'esterno i moti interni dell'anima ci aiuta a comprendere l'interpretazione data dai frati piu vicini a Francesco delle ferite apenesi sul suo corpo disfatto dalle malattie.

77 Francesco ricorda che: « Ili i qui sunt super alios constituti, tantum de illa prelatione glorien­ tur, quantum si essent in abluendi fratrum pedes officio deputati >> (« Coloro che hanno auto­ rità sopra gli altri, tanto si glorino della loro carica, quanto se fossero incaricati di lavare i pie­ di dei loro fratelli>>): Admonitiones, cap. 4, Opuscula Esser, p. 65. 78

Epistola ad /ratrem Leonem: Opuscula Esser, p. 130; « Si mater nutrit et diligit filium suum carnalem, quanto diligentius debet quis diligere et nutrire fratrem suum spiritualem? >>: Re­ gula bullata, cap. 6, Opuscula Esser, p. 2 32.

79

« Duo ex ipsis sint matres et habeant duos filios ve! unum ad minus. lsti duo, qui sunt matres, teneant vitam Marthae et duo filii teneant vitam Mariae>>: Regula pro eremitoriis data, Opu­ scula Esser, p. 296.

80

Cfr. cap. 1, p. 3· La devozione a « Gesu come madre>> diventò popolare soprattutto fra i ci­ stercensi del XII secolo - un impiego particolarmente esteso è in san Bernardo - che forse trassero l'idea dal benedettino Anselmo di Canterbury (morto nel rro9). Anselmo descrive Cristo consolatore come la gallina che raccoglie i pulcini sotto le sue ali (riprendendo l'imma­ gine adoperata dallo stesso Cristo, Mt 23, 37). Il tema di Dio come madre si ritrova nell'Anti­ co Testamento e nella tradizione patristica. Nel Nuovo Testamento l'unico riferimento è quello già citato di Matteo. « Descrizioni di Dio come una donna che culla l'anima fra le sue braccia, che asciuga le sue lacrime [ . . . ] fanno pane di una crescente tendenza a parlare della divinità in un linguaggio famigliare e domestico e a enfatizzare la possibilità di avvicinarvisi>>, a tradurre infine il rappono con Dio sul registro delle relazioni umane. Piuttosto che re e giu­ dice severo, Cristo è sentito misericordioso e tenero verso la sua creatura, cosicome si mostra la Vergin� Maria, che proprio nel dodicesimo secolo vede crescere il suo culto, non piu come regina del cielo, mediatrice fra l'anima e Dio, ma come madre, trepidamente presaga del de­ stino del � ambino che stringe fra le braccia, nel quale la povera umanità può identificarsi. Si vedano l � belle pagine di C. Walker Byn u m, ]esus as Mother cit . , spec. pp. rro-69 (il passo ci­ tato è a p. 129), cui rimando per una esaurientissima esemplificazione e per i relativi riferi­ menti bibiiografici altrettanto dettagliati. Voglio ricordare che Francesco è rappresentato stretto fra le braccia di Cristo nella vetrata della Basilica superiore di Assisi ! : cfr. cap. VII, no­ ta 166.

81 82

Bynum, ]esus as Mother cit., p. 127. Francesco voleva che i suoi frati cantassero le lodi di Dio « tamquam ioculatores Domini»:

Scripta Leonis, cap. 43, p. 166; Francesco quando è panicolarmente lieto mima gesti da giulla­ re: II Ce!., pars Il, cap. 90, par. 127, AF X, p. 205. 8'

« lnvero cosa altro infatti sembriamo ai secolari se non che giochiamo, dato che noi fuggiamo quello che a questo mondo loro rincorrono e quello che loro fuggono noi lo desideriamo,

La tavola Bardi, Francesco degli zelanti

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proprio come gli acrobati e i giullari che camminano o stanno dritti sulle mani con la testa in giu e i piedi in su, al di fuori di ogni regola umana e cosi attraggono e tengono fissi su di loro tutti gli sguardi? » (« Nam revera quid aliud saecularibus guam ludere videmur, cum, quod ipsi appetunt in hoc saeculo, nos per contrarium fugimus, et quod ipsi fugiunt, nos appeti­ mus, more scilicet ioculatorum et saltatorum, qui, capite misso deorsum pedibusque sursum erectis, praeter humanum usum stant manibus ve! incedunt, et sic in se omnium oculos defi­ gunt?»): Bernardi Epistola 87 ad Ogerium, in Bernardi Opera. Corpus Epistolarum ed. cit., vol. Vll, par. 12, p. 231. Le immagini di inversione sessuale che san Bernardo impiega abbon­ dantemente « facevano parte della tradizione di usare un linguaggio invertito per esprimere .dipendenza, personale e di ogni valore, del singolo da Dio >>, in connessione col diffondersi, proprio nel dodicesimo secolo, di una « spiritualità affettiva e della femminizzazione del lin­ guaggio religioso»: Bynum, ]esus as Mother cit., pp. 128-29. Su questo argomento si veda an­ che F. Cardini, Aspetti ludici, scenici e spettacolari della predicazione francescana, in «Storia della città>>, XXII (1983), pp. 53 -64. 84

Cfr. cap.

m,

nota rr7.

" «Diebus vero manibus propriis qui noverant laborabant, exsistentes in domibus leproso­ rum >>: I Ce!., pars I, cap. 15, par. 39, AF X, p. 31. 86

« Et debent gaudere, quando conversantur inter viles et despectas personas, inter pauperes et debiles et infirmos et leprosos et iuxta viam mendicantes >> : Fragmenta alterius Regulae non bullatae, brano ripetuto nel cap. 9 della Regula non bullata, Opuscula Esser, pp. 173, 258. Per i lebbrosi Francesco permette una eccezione al divieto di ricevere denaro: « Fratres tamen in manifesta necessitate leprosorum possunt pro eis quaerere eleemosynam >>: Regula non bui­ lata, cap. 9, ibid., pp. 257-58.

87 «Et postquam Dominus dedit mi hi de fratribus, nemo ostendebat mihi, quid deberem face­ re, sed ipse Altissimus revelavit mihi, quod deberem vivere secundum formam sancti Evan­ gelii>>: Opuscula Esser, p. 310.

" >) : Opuscula Esser, pp. 315-16. La stessa raccomandazione Francesco aveva espresso alla fine della Regula non bullata: >, VII (1910), pp. 67-72, nota il diverso colore dell'abito dei frati nel miracolo della fistola al seno; data la tavola di Pisa fra Pescia e Pistoia e prima del 1250: ibid., pp. 69 e 72.

u Questa è la tipica forma dei libri dei miracoli di un santo, di solito conservati accanto alle sue reliquie: F. Wormald, Some 1/lustrated Manuscripts ofthe Lives of the Saints, in , xxxv , r (1952), pp. 248-66. L'affresco di Pietro da Rimini che si trova nella cappella del santo a Tolentino (Marche) è riprodotto in Storia dei santi e della san­ tità cristiana, voi. VII , a cura di A. Vauchez, ed. cit., alla voce « Nicola da Tolentino>>, a cura di Ph. Jansen, p. 199. 14

Mi ero ripromessa di evitare la caccia agli errori o alle inesattezze altrui perché mi sembra inutile raccogliere questi trofei; un'unica farfalla trattengo nel retino, perché rappresentativa di una dawero eccessiva disinvoltura intellettuale: il Boskovits giudica questa tavola, in base a criteri stilistici, anteriore a quella di Bonaventura Berlinghieri, pur citando come fonte te­ stuale di due dei sei miracoli rappresentati il Trattato dei miracoli di Tommaso da Celano! Il

Capitolo decimo medesimo autore attribuisce la tavola a Giunta Pisano. Sempre a Giunta Pisano, ma in una fase tarda della produzione pittorica il Boskovits attribuisce anche le due tavole di Roma e di Assisi, ritenendo la prima modello dell'altra, contro l'opinione tradizionale che afferma il contrario : M. Boskovitz, Giunta Pisano: una svolta nella pittura italiana del Duecento, in «Ar· te illustrata >>, VI, 55-56 (1973) , pp. 339-52. " "Vere beati qui ipsum beatum Franciscum viderunt sicut et nos, per Dei gratiam vidimus et manu nostra tetigimus in platea comrnunis Bononiensium, in magna pressura hominum. Et beati etiam qui ipsum, id est miracula eius, viderunt, vel etiam qui eum, id est eius picturam, cum devotione viderunt, vel vident cotidie et per hoc recedunt a malo>>: Le Masne de Cher­ mont, Le recueil des sermons cit., predica n. 58 del 1264, p. 296. 16

Francesco è mostrato mentre guarisce la bambina con gli occhi pendenti e Bartolomeo da Narni, continuando la tradizione aperta dalla tavola di Pescia e di san Miniato al Tedesco.

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M. Butor, Les mots dans la peinture, Flammarion, Paris 1969, p. 45 (ed. ital. Le parole nella pittura, Pratiche, Parma 1987 ) . Kriiger, Derfriihe Bildkult cit .. pp. rr sgg., si sofferma sul nuovo ruolo assunto dalle tavole

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francescane, che diventano tramite di rappresentazioni collettive. " Una delle donne miracolate, « una contessa di Schiavonia, illustre per nobiltà e amante del bene», fece costruire per gratitudine a Francesco che l'aveva aiutata nel parto, addirittura «una bellissima chiesa, e quando fu edificata, la donò ai frati dell'Ordine del santo>>: III Cel., cap. 12, par. 95, AF X, p. 305: è il miracolo che apre il capitolo dedicato alle partorienti e alle donne - solo donne - che non rispettano la festa del santo: i miracoli sono divisi per genere ma anche per sesso.

20 Forse il fatto che nella tavola di Pisa manchino i due episodi della Predica agli uccelli e delle Stimmate e qualsiasi avvenimento della vita facilitò la scelta di Giotto per la pala ora al Lou­ vre, un tempo collocata nella medesima chiesa, obbligandolo a dare risalto a questi due epi­ sodi, legittimati dal consenso del pontefice.

" « Verum oculos figens in stigmatibus sancti, cogitationes per inania trahit, et reptim subin­ trantem dubitiationis aculeum rationis studio non repellit. N am illudente si bi hoste antiquo, dilacerato corde, coepit dicere apud se: "Esset hoc verum, ut tali claruisset iste sanctus mira­ culo, an suorum pia fui t illusio? Simulata - inquit - fuit inventio, et fortassis a fratribus inven­ ta deceptio. Sensum hoc humanum excederet, et ab omni rationis iudicio procul esset" . O dementiam hominis! Tanto propterea, insipiens, divinum illud venerari debebas humilius, quanto et a te minus poterat comprehendi >>: III Ce!., cap. 2, par. 6, AF X, p. 275. 22 « Subito in palma manus sinistrae percutitur, quia sinister erat, sonum audiens quasi cum spiculum prosilit de ballista»: ibid. " La giustificazione di Tommaso -la freccia colpisce la mano sinistra perché Ruggero era man­ cino - è importante per il problema iconografico posto dalla direzione dei raggi. Quando nel­ le immagini si presuppone che sia apparso il Cristo-Serafino realmente e non come un'imma­ gine di Francesco riflessa nello specchio, i raggi si incrociano, cioè, ad esempio, la mano de­ stra di Cristo tramite il filo lucente è unita alla destra di Francesco. Il canonico ha una piaga nella mano sinistra, questo è il dato da cui partire; l'immagine di Francesco sarà stata come quella dipinta all 'interno della pala di Orte, dove il santo a mezzo busto accenna con la destra stimmatizzata un gesto benedicente. Se è Francesco che ha causato la ferita, ha scagliato il suo dardo invisibile con la destra, che avrebbe dovuto raggiungere la mano destra del misere­ dente, nello stesso punto cioè in cui Francesco mostrava la stirnmata; poiché il santo dipinto è pensato come vivo, l'immaginaria traiettoria del dardo sarebbe dovuta essere trasversale. Tommaso allora, per spiegare come mai fosse invece la mano sinistra di Ruggero a mostrare la piaga suggerisce che per il canonico la sinistra stesse in luogo della destra. Bonaventura normalizza e pur conservando il dettaglio della mano sinistra toglie la giustificazione della mano mancina: Leg. maior, miracula, cap. 2, par. 6, AF X, p. 630. 24 « Moris est Romanorum nobiliurn matronarum, sive sint viduae sive nuptae, maxime quibus generositatis privilegium divitiae servant et Christus suum infundit amorem, in propriis do­ mibus seorsum habere camerulas aut diversorium aliquod orationibus aptum, in quo ali­ guam depictam habent iconam, et illius sancti imaginem quem specialiter venerantur. [ . .. ]

Tre tavole, tre figure Die quadam eu m orationi devota incumberet, acque intentissimis oculis signa sacra perquire­ ret, nec aliquatenus reperiret, cum dolore coepit vehementer mirari. Sed non mirum, si in pictura non erat, quod pictor omiserat. Per plures dies portat illud in corde suo, et nulli dicit mulier, frequenter imaginem cernens et semper dolens; et ecce, subito die quadam signa illa mirifica in manibus apparuerunt velut in aliis imaginibus poni solent, virtute divina supplen­ te, quod humana fuerat arte neglectum »: III Ce!., cap. 2, parr. 8-9, AF X, p. 276. Un nobile guarito dal pentimento e dalla confessione vede scomparire dalla mano il segno del ferro ro­ vente impresso su di lui dal delegato vescovile che lo aveva trovato colpevole di eresia; vice­ versa quel medesimo e dolorosissimo segno ricompare sulla mano di un eretico che, dopo es­ sersi pentito, era ripiombato nell'errore: sono due prodigi narrati da Cesario di Heisterbach che ci offrono un paesaggio mentale sul quale si collocano ugualmente bene la storia delle stimmate mobili e della mano guantata e ferita di Ruggero : Caesarii Heisterbacensis Dialogus cit., pp. 132-33 (Disc. III, capp. r6 e 17); una minuziosa analisi offre G. G. Merlo, «Membra diaboli»: demoni ed eretici medioevali, in « Nuova Rivista Storica », LXXII (1988), pp. 583-98, pp. 595·96. " Cfr. anche cap. v, pp. 2o6-7. La tavola proviene dalla locale chiesa di San Francesco (era stata trasferita nella cattedrale nel I9JJ). In un manoscritto degli inizi del '6oo conservato presso il Gabinetto del sindaco, lo storico Lando Leoncini di Orte (I548-r634) la descrive per la prima volta, risultando a tutt'oggi l'unica fonte dettagliata; leggo infarti: «Se ritrova la sua vera effi­ gie et imagine come si vede facta l'anno 1284, molto devota». Mi riesce difficile fornire l'indi­ cazione precisa di pagina: benché il manoscritto sia di solito regolarmente impaginato, il fo­ glio in questione appartiene a un gruppo di cinque o sei malamente numerati; comunque il nostro risulta essere il 25rv. Il rimando che si fa solitamente a « L Leoncini, op. cit. m, f. m, Archivio della cattedrale>> riguarda in realtà non il manoscritto originale, ma una copia re­ cente conservata presso l'archivio vescovile: D. Gioacchini, San Francesco e Orte, in M. Ca­ millucci, P. Amato, San Francesco e storie della vita nella tavola del Museo Diocesano di Orte, Accademia dei Signori Disuniti, Orte 1985, figg. q, p. 12 (al Gioacchini si rimanda anche per le notizie riguardanti l'insediamento dei francescani ad Orte, già a partire dal 1232); del tutto simile l'affermazione di L. Mortari, Il museo Diocesano di Orte, Agnesotti, Viterbo s. d., ma dopo il 1966, p. 14, con l'errore della data 1282. Dal punto di vista stilisti co la tavola è stata ac­ costata in maniera persuasiva da Federico Zeri e da Cesare Brandi, in due studi indipendenti del 1955 e del 1961, al paliotto di un pittore senese-bizantino, il « Maestro del paliotto di san Giovanni Battista » conservato alla Pinacoteca di Siena (Torriti, La Pinacoteca Nazionale di Siena. I dipinti dal XII al XIV secolo ci t., pp. 44-45, assegnato, nella medesima scheda, prima, alla metà del secolo Xlii e poi, al I270-128o ! ) Siccome il Leoncini fornisce la data senza mini­ mamente precisare la propria fonte, l'anno 1284 va preso come ipotesi assolutamente incerta, dato che non si può controllare quanto siano attendibili la fonte del Leoncini o lui stesso. Al contrario, tutta la critica si appoggia allo storico di Orte come a un'ancora solidissima. A me pare che la tavola si ponga prima della Legenda maior. Il miracolo delle stimmate mobili è raccontato si da Bonaventura (Leg. maior, miracula, cap. 1, par. 4, AF X, p. 628) che riprende quasi alla lettera il testo di Tommaso da Celano, ma Bonaventura omette proprio il particola­ re che solo le mani del santo avrebbero dovuto avere le stimmate. Il pittore della tavola di Or­ te, ritraendo Francesco a mezzo busto, in un formato del tutto inconsueto per quanto riguar­ da le rappresentazioni del santo, ha tenuto presente il testo di Tommaso. Mi sembrerebbe inoltre assai strano che nel 1284 si fosse dipinta un'immagine pubblica di Francesco senza mostrare la ferita al costato. Propongo di arretrare di circa vene' anni la data di composizione: un'oscillazione di qualche decennio per gli storici dell'arte è trascurabile, come mostra la ci­ tata scheda del Torriti. 26 È questa l'unica tavola dove i piedi di Francesco - ma soltanto nella figura centrale - sono completamente coperti dal lunghissimo saio; è evidente la ridipintura che disegna vicino al­ l'orlo come un bordo a greca unito al resto della veste con una netta linea di sutura. Mi chiedo se questo non sia frutto di un intervento censorio, forse contemporaneo all'epoca del dibatti­ to sulla forma del cappuccio: Francesco, dopo la definitiva conversione, decise di camminare scalzo per imitare la totale povertà di Cristo e degli Apostoli. Nei quattro riquadri piu piccoli, dove si supponeva che il controllo dello sguardo fosse minore, Francesco ha sempre i piedi nudi.

Capitolo decimo La tavola, omette i quattro miracoli della canonizzazione dato che il programma vuole enfa­ tizzare i due miracoli piu importanti della vita di Francesco. Quasi a segnare questa mancan­ za, due lunghe strisce uniformemente d'oro sono interposte fra i quattro riquadri posti alle estremità, in alto e in basso della tavola, dando l'impressione di uno spazio rimasto vuoto. 28 Cfr. cap. v. 29 Secondo Miller, The Franciscan Legend cit., pp. ror-z, il miracolo illustrerebbe invece quello del canonico Ruggero. La posizione privilegiata è però incontestabilmente quella della ma­ trona a destra, e gli orecchini della figura di sinistra escludono che si possa identificare in questa il canonico. JO La scena è qui rappresentata in alto a destra, in modo alquanto rapido: Francesco con il solito libro è accompagnato da un compagno che accenna al consueto gesto della testimonianza, lo sguardo volto allo spettatore. Due fila di uccelli tutti uguali, neri e impettiti, alzano le teste ad ascoltare la predica, ai piedi di una montagnola su cui in alto svetta un improbabile albero fiorito da cui gli uccelli saranno appena volati via. " Tommaso usa l'espressione: « filius Belial », che gli editori di Quaracchi ritengono « probabi­ lissime» equivalente a « cataro», dato che questi eretici aborrivano l'uso della carne: II Cel., cap. 48, parr. 78-79. AF X, pp. 177-78. Questo episodio non è piu ripreso né da Tommaso né da Bonaventura ma è raccontato nella Legenda aurea di Iacopo da Varazze, che può avere contribuito a prolungarne il ricordo: fu infatti un testo di immenso successo. L'osservazione è di Kriiger, Der/riihe Bildkult cit., p. rz9. Si veda: Jacobi a Voragine Legenda Aurea, cit., cap. 49 (J44) , De sancto Francisco, pp. 66z-79, p. 671. Nel volgarizzamento italiano, a propo­ sito del miracolo del cappone, l' « infidelis>> che cerca di diffamare il santo diventa un >): Opuscula Esser, cap. 3· p. Z48. H Qui, come nella Predica agli uccelli, si può osservare un particolare realistico del saio quale doveva essere al tempo di Francesco; le maniche sono lunghissime e possono pendere oltre le mani di quasi un terzo rispetto alla misura abituale, in modo da offrire una buona protezione al freddo. Vi è una grande varietà nel colore delle stoffe: ad esempio nella Predica agli uccelli il colore del saio di Francesco è marrone, quello del compagno, verde. " «At Dei virtus, ne primum contemnarur miraculum, addit secundum. Continuo namque di­ sparentibus illis signis, nudata privilegiis imago remansit, ut per sequens signum probatio fieret precedentis >>: III Cel., cap. z, par. 9, AF X, p. z76. Un domenicano della Francia meri­ dionale di passaggio in un convento francescano ad Avignone, al tempo di Benedetto XII (1303-4) ebbe ad accanirsi contro un'immagine di Francesco con le stimmate per la sua prete­ sa Cristi/ormità: « "Questi frati minori pretendono di paragonare a Cristo il loro santo! " ; det­ to questo afferrò il coltello che portava, dicendo: " Voglio raschiar via da quest'immagine le stimmate perché non s'abbia a confonderlo con Cristo ! " >> (« " Illi minores volunt sanctum suum Christo assimilari". Et accepit cultellum suum et dixit: "Ego volo stigmata illa effodere ymagini isti ut non appareat Christi similis" >>) : Vauchez, Les stigmates cit., p. 619. L'aneddo­ to è riportato con qualche variante da varie fonti, fra queste gli Actus beati Francisci. Secondo quest'ultima fonte, l'immagine si trova invece nel refettorio dei domenicani e il cattivo frate raschia via di nascosto due volte le stimmate che riappaiono puntualmente. Alla terza abra­ sione cominciano a sanguinare. Solo una generale disciplina di tutti i frati davanti all'immagi­ ne placa Francesco e fa arrestare il flusso di sangue: Actus beati Francisci cit., ed. Cambell, cap. 4,, pp. '7o-n. n « Vidi, fateor, sub saeculari veste animum Christo Domino consecratum»: III Cel., cap. z, par. 9, AF X, p. z76. 16 Francesco, già coperto dal mantello del vescovo consegna quel che sembra essere una pesan­ te cassetta di denaro al padre, che se la carica in spalla. Dietro , una piccola folla fra cui due donne, una velata, probabilmente la madre del santo. 17 «Quoniam autem servus Altissimi doctorem non habebat aliquem in huiusmodi nisi Chrin

Tre tavole, tre figure

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stum, addidit adhuc ipsius clementia eum in gratiae visitare dulcedine. [ ... ] Prostratus ante imaginem Crucifixi, non modica fuit in orando spiritus consolatione repletus. Curnque lacry­ mosis oculis intenderet in dominicam crucem, vocem de ipsa croce dilapsam ad eum corpo­ reis audivit auribus, ter dicentern: " Francisce, vade et repara domum meam, quae, ut cernis, tota distruitur" »: Leg. maior, cap. z, par. I, AF X, p. 563. « Totum se recolligit ad mandatum de materiali ecclesia reparanda, licet principalior intentio verbi ad eam ferretur, quam Christus suo sanguine acquisivit, sicut eum Spiritus sancrus edo­ cuit, et ipse postmodum fratribus revelavit » »: Leg. maior, cap. z, par. I, AF X, p. 563.

" La stessa connessione fra chiesa e Chiesa è nei cicli della vetrata e di Giotto nella Basilica su­ periore di Assisi. L'osservazione è di Kriiger, Der/riihe Bitdkult cit., p. I32. "' Gli uccelli, qui distinti in maniera evidentissima in bianchi uccelli acquatici dalle zampe pal­ mate, cornacchie, uccelli da preda, assommano in sé una pluralità di significati e non ultimo, come ho già detto, il disagio nel mostrare un laico ad ammaestrare i fedeli. 41

Secondo la Legenda maior il Carro di fuoco segue immediatamente il Sogno del Laterano . Ancora una volta è intervenuto l'impaginatore per porre in crescendo la biografia di France­ sco, guidato dagli angeli, privilegiato interlocutore nella visione del Serafino.

42 « Cumque in quodam tugurio sito in ortu canonicorum vir Deo devotus in oratione Dei more solito pernoctaret, corporaliter absentatus a fùiis [ ... ] currus igneus mirandi splendoris, per ostium domus intrans, huc atque illuc per domicilium tertio se convertit, supra quem globus lucidus residebat, qui solis habens aspectum, noctem clarere fecit. [ ... ] lntellexerunt namque concorditer omnes, videntibus invicem universis in cordibus singulorum, sanctum patrem absentem corpore, praesentem spiritu tali transfiguratum effigie, supemis irradiatum fulgo­ ribus et ardoribus inflammatum supematurali virtute in curru splendente simul et igneo sibi demonstrari a Domino, ut tamquam veri Israelitae post illum incederent, qui virorum spiri­ tualium, ut alter Elias, factus fuerat a Deo currus et auriga »: Leg. maior, cap. 4, par. 4, AF X, p. 572. Nell'Orazione e rendimento di grazie della Regula non bullata, dopo Maria, i tre Ar­ cangeli, le gerarchie angeliche a cominciare dai Serafini, sono nominati anche Elia ed Enoch: Opuscula Esser, p. 289. " « Poiché dunque l'ardore serafico del desiderio traeva Francesco a Dio e un tenero sentimen­ to di compassione lo trasformava in colui che per eccesso di carità volle essere crocifisso. . . »: Leg. maior, cap. I3, parr. z-3, AF X, p. 6I6; cfr. cap. I V , nota I82.

.. « loannes de Graecio se vidisse asseruit puerulum quemdam valde formosum in ilio praese­ pio dormientem, quem beatus pater Franciscus, ambobus complexans brachiis, excitare vi­ debatur a somno »: Leg. maior, cap. IO, par. 7, AF X, p. 6o.:J. " « Hanc quidem devoti militis visionem non solum videntis sanctitas credibilem facit, sed et designata veritas comprobat, et miracula subsecuta confirmant. Nam exemplum Francisci COSJsideratum a mundo, excitativum est cordium in fide Christi torpentium et foenum prae­ sepii reservatum a populo mirabiliter sanativum brutorum languentium et aliarum repulsi­ vum pestium diversarum »: Leg. maior, cap. IO, par. 7, AF X, p. 6o.:J . .. I Cel., pars l, cap. 30, par. 84, AF X, p. 63. La greppia di Cristo è un sarcofago romano con una complicata iscrizione nella tavola dipinta dal Ghirlandaio in Santa Trinita a Firenze: A. Warburg, La rinasdta delpaganesimo antico, La Nuova Italia, Firenze I966, fig. 7ze p. Z43· Nascita e sacrificio sono uniti dallo stesso Francesco in un brano della Epistola adfide/es (re­ censio postenor) : Opuscula Esser, pp. n6-I7 e cfr. qui, cap. m, nota I3I. 41

La tavola ha in tempi recenti subito un vigoroso restauro che ha cancellato, ad esempio, le fiamme d'oro uscenti a mazzetta dalle ferite di Francesco .

.. « Ego quod meum est feci; quod vestrum est Christus edoceat»: Leg. maior, cap. 4, par. 3, AF X, p. 62z. Ai miei fini poco importa rilevare che il biografo metta in bocca a Francesco due citazioni bibliche (l Rg I9, 20; Eph 4, n) ; il filtro letterario, se dawero di filtro si tratta, nulla toglie al significato di questo congedo. " Bonaventura probabilmente la scrisse a Parigi negli stessi anni in cui attendeva alla composi­ zione della Legenda maior: FF, p. IOI8.

'0 «Testimonia septem saeculo toti luculenter ostendunt et astruunt, ipsum velut praeclarum

420

Capitolo decimo Christi praeconem, signum Dei vivi in se ipso habentem, et venerandum esse officio et doc­ uina authenticum et admirabilem sanctitate»: Leg. minor, lectio 9, AF X, p. 678.

" «Secure itaque hunc sequantur qui ex Aegypto exeunt, quia, per baculum crucis Christi ma­ ri diviso, deserta transibunt, in repromissarn viventium terrarn, Jordane mortalitatis tran­ smisso, per ipsius crucis mirandam potentiarn ingressuri, qua nos introduca! per beati Patris suffragia inclytus ille Salvatar et ductor Iesus, cui cum Patre et Spiritu sancto in Trinitate per­ fecta omnis sit laus, honor et gloria in saecula saeculorum. Amen »: Leg. minor, lectio 9, AF X, p. 678. Le citazioni bibliche di questo passo sono, nell'ordine: Ex 13, 17 ; Ps 13,, 13; Ps 67, 8; Dt 27, 3; Ac 7, 5-

Indice dei nomi

Abate, G., 45 n, 134 n, 141, 184 n, 186 n. Abelardo, Pietro, 127 n. Adalbeno Atto di Canossa, 71. Aelredus Rievallensis, 128 n. Agnello da Pisa, beato, 64, 399· Agnolo degli Erri, 347 n. Agostino, Aurelio, santo, 35 n, 53, 26o n. Alano da Lille, 108, 125 n, 126 n, 140, 152, 166, 168, 184 n, 190 n, 194 n, 195 n, 196 n. Alanus de Instrlis, vedi Alano da Lille. Albericus, 95 n. Albeno I d'Asburgo, re di Germania e duca d'Austria, 268 n. Albeno da Pisa, 339· Albeno Magno, santo, 267 n. Alessandro IV, papa, 44 n, 54, 68, 69, 88 n, 89 n, 95 n, 96 n, 173, 209, 282, 283, 285, 293, 295, 296, 298, 305 n, 312 n, 313 n, 318 n, 400, 402.

Alessandro VI, papa, 231 n. Alfonso Maria de' Liguori, santo, I 34 n. Alighieri, Dante, 222. Allodi, L., 305 n, 3o6 n. Alverny, M. Th. di, 126 n. Amato, P., 417 n. Ambrogio da Massa Marittima, beato, 354 n. Andrea da Bologna, 47 n. Andrea da Spello, beato, 79· Andrea di Giovanni, 162. Andriessen, P., 90 n. Angela da Foligno, beata, 29, 297, 298, 317 n. Angelo, frate, I I , IJ, 76, 100 n. Angiola, E. M., 99 n, 345 n. Anselmo d'Aosta, santo, 126 n, 394 n. Anselmo di Havelberg, 43 n. Antelami, Benedetto, 234, 256 n. Antoine, P., 391 n. Antoniazzo Romano, 305 n. Antonio da Padova, santo, 19 n, 84, 21.3, 293· 296, 299, 310 n, 3II n, 315 n, 316 n, 341, 374, 375. 383-86, 388, 397 n, 400. Apollonio da Brescia, beato, 71. Aristotele, 31.

Arslan, E., 350 n. Asor Rosa, A., 98 n. Bacci, P., 313 n. Bacher, E., 130 n. Backhouse, J., 266 n. Bagnoli, A., 231 n. Baldovino di Canterbury, 127 n. Balducci, M., 220, 231 n. Barbero, A., 39 n. Barbet, 1., 124 n. Barbieri, N., 318 n. Bardelli, A., 348 n. Barone, G., 38 n. Baronto di ser Dato, frate, 2 30 n. Barra, G., 185 n. Banoli Langeli, A., 97 n, 308 n. Banolomeo, santo, 227 n. Banolomeo da Narni, 226 n, 315 n, 325-27, 331-34, 350 n, 351 n, 354 n, 383, 415 n. Banolomeo da Pisa, 216, 229 n. Banolomeo degli Erri, 347 n. Banolomeo di Domenico, frate, 219, 231 n. Banolomeo Guiscolo, 258 n. Bascapè, G. C., 318 n. Baschet, ].. 256 n, 262 n, 303 n. Baseni Sani, G., 392 n. Bassula, 258 n. Bastard d'Estaing, A. de, 99 n. Beatrice, suora, 309 n. Beatrice di Lotaringia, contessa, 75· Becket Tommaso, vedi Tommaso di Canterbury, santo. Beda il Venerabile, 358. Belli-Barsali, 1., 345 n. Bellini, G., 16o. Bellosi, L., 232 n., 3II n. Belting, H., 227 n, 347 n. Benedetta di Assisi, beata, 76. Benedetto XII, papa, 418 n. Benedetto da Norcia, santo, 35 n, 307 n. Benozzo Gozzoli (Benozzo di Lese, detto), 254.

Indice dei nomi Berger, F. , 130 n. Bergman, R. P., 226 n. Bériac, F., 394 n. Bériou, N., 30, 37 n, 47 n. Berlinghieri, Barone, 345 n. Berlinghieri, Berlinghiero, 323, 345 n, 347 n, 348 n. Berlinghieri, Bonaventura, 12, 16o, 203, 2o6, 209, 219, 224 n, 227 n, 252, 266 n, 278-8o, 303, 310 n, 319 n, 321-24, 326, 327 , 329- 31, 333-35, 339, 345 n, 347 n, 349 n, 351 n, 352 n, 353 n, 415 n. Berlinghieri, Marco, 345 n. Berlinghieri, Melanese, 345 n. Bernardino da Siena, santo, 124 n, 173, 185 n, 193 n, 194 n, 199 n, 256 n, 257 n, 262 n, 307 n, 317 n, 355 n, 394 n. Bernardo di Marmoutier, 88 n. Bernardo da Quintavalle, frate, 26, 289, 300. Bernardo di Bessa, 28, 38 n, 47 n, 86, 104 n. Bernardo di Chiaravalle, santo, 12, 35 n, 53, 88 n, 255 n, 3 o6 n, 319 n, 378, 394 n, 395 n. Bernardo di Guido, 394 n. Béroul, 393 n. Berry, Jean di Valois, duca di, 348 n. Bersuire, P., 267 n. Biagio, santo, 259 n. Bianchi, A., 133 n, 256 n, 304 n. Bianchi, L., 231 n. Bianchieri, A., 93 n. Bigaroni, M., 35 n, 42 n. Bihl, M., 34 n, 36 n, 37 n, 49 n, 95 n, 198 n, 307 n, 356 n, 389 n. Bihl, M. M., 226 n. Bischoff, C., 99 n. Bisogni, F., 89 n. Blackall Miller, W., 348 n, 418 n. Blume, D., 227 n, 228 n, 255, 268 n. Boccali, G., 42 n. Boehmer, H., 35 n, 187 n. Bologna, F., 229 n, 320 n. Bolzoni, L., 195 n. Bonaccorso, S., 195 n. Bonagrazia, frate, 33, 71. Bonaventura da Bagnoregio, santo, IX, 3, 5, 9, 15, 24, 35 n, 39, 40 n, 4I n, 44 n, 45 n, 46 n, 47 n, 48 n, 51, 52, 54, 55, 57, 6o, 69-71, 77, 81, 86, 87 n, 88 n, 89 n, 91 n, 95 n, 96 n, 97 n, Ioo n, 109, I I I, I I5, I22, 130 n, 139, I48, 150, I 56, 16o, 164, 173-82, 188 n, 189 n, 191 n, 194 n, 199 n, 200 n, 201 n, 204, 20.5, 210-12, 215, 216, 222, 223, 226 n, 228 n, 234, 237, 243, 246, 249, 253, 257, 259 n, 261 n, 263 n, 276, 282, 291, 297, 305 n, 308 n, 312 n, 314 n, 315 n, 317 n, 319 n, 325, 331, 338, 350 n, 353 n, 354 n, 362, 363, 369 , 374-76, 387, 388, 391 n,

400, 402, 405, 407-I4, 416 n, 417 n, 418 n, 419 n. Bonelli, G., 375, 386. Bonicius, vedi Bonizo, frate. Bonifacio VIII , papa, 224. Bonizo, frate, 67, 79, 95 n, 282, 3I3 n. Boskovits, M., I32 n, 415 n, 416 n. Botte, D. B., 128 n, I29 n. Bougerol, ]. G., 47 n, 94 n, 125 n, 317 n. Boureau, A., 87 n, 90 n, 91 n, 92 n. Bourgain, P., 37 n. Boveri, Z., J 2 I , 322, 347 n, 348 n, 349 n. Bozzi, U., 229 n. Brady, I., 46 n. Branca, V., 268 n. Brandano, santo, 258 n. Brandi, C., 227 n, 417 n. Branner, R., I94 n. Brigida di Svezia, santa, 47 n. Brilliant, R., 225 n. Brooke, R., x , 35 n, 101. Brown, P., 196 n. Brunetti, G., 310 n. Bughetu: P. B., 42 n. Burchardus Bellevallis, abate, 3II n. Busa, R., 317 n. Butler, C., 88 n. Butor, M., 4I6 n. Bynum Walker, C., 43 n, 394 n, 395 n. Caffarini, Tommaso, 221, 222, 229 n, 230 n, 23I n, 232 n. Cagnoli, Gerardo, beato, 349 n. Caleca, A., 345 n, 350 n. Calufetti, A., 317 n. Calvi, famiglia, 268 n. Cambell, J., 42 n. Camillucci, M., 417 n. Cannarozzi, C., 124 n, 257 n, 317 n. Cannon, ]. , 227 n, 313 n. Capitani, 0., 36 n. Cardini, F., 40 n, 26o n, 261 n, 262 n, 392 n, 395 n. Carli, E. , 193 n, 347 n. Carlo II imperatore, detto il Calvo, 205, 225 n. Canoni Oddasso, A., 230 n. Casciani, G., 227 n. Castris, P. L. de, 193 n. Caterina d'Alessandria, santa, 227 n. Caterina da Siena, santa, 47 n, 55, 216-22, 229 n. Cavallini, I., 230 n. Ceccaroni, S., 318 n. Cervellini, G. B., 318 n. Cesario da Spira, 34 n, 133 n. Cesario di Heisterbach, 168, 193 n, 197 n, 198 n, 234, 258 n, 417 n.

Indice dei nomi

Cheney, C., 89 n. Cherubino Mirzio, 300 n. Chiappini, A., 38 n. Chiara da Montefalco, santa, 98 n, 354 n, 355 n. Chiara d'Assisi, santa, 35 n, 36 n, 82, 184 n, 207, 238, 240, 245, 249, 259 n, 277, 304 n, 309 n , 310 n, 314 n, 315 n, 355 n, 400. Chiari, A., 349 n. Chiusa, M. C., 347 n. Ciancarelli, S., 3 I I n. Ciardi Dupré Dal Poggetto, M. G., 89 n, 101 n, 128 n. Cimabue, G., 209, 229 n, 302, 303, 300 n, 309 n, 3II n, 319 n, 320 n, 352 n. Ciol, E., 101 n. Cipriani, R., 3� n. Clareno, Angelo, 41 n, 49 n, 348 n. Clark, W. B., 262 n. Clasen, Sofronius, 40 n. Clemente V, papa, 6. Clemente VIII , papa, 231 n. Cole, B., 393 n. Conconi, V. F., 316 n. Constable, G., 3 I I n. Corrado, frate, 41 n. Corrado di Eberbach, 133 n. Costa, B., 397 n. Coxe, H., 92 n. Crescenzio da Jesi, II, 13, 14, 16, 17, 21-23, 38 n, 44 n, 387, 398 n. Cristiani, E., 37 n. Cristofani, A., 38 n, 39 n. Curshmann, M., 99 n. Daddi, B., 276. D'Alatri, M., 42 n, 45 n. Dal Poggetto, P., 89 n. D'Amico, R., 89 n. Davis, Ch., 41 n. De Beer, M., 38 n. Delaruelle, E., 308 n, 310 n. Delcorno, C., 185 n, 256 n. Dell'Acqua, G. A., 3� n. Delli, G., 348 n. Delooz, P., 313 n. Delorme, F., 39 n, 42 n, 45 n, 347 n. Demus, 0., 226 n. De Sandre Gasparini, G., 316 n. Desbonnets, Th., rx, 13, 15, 36 n, 39 n, 40 n, 88 n, 201 n, 389 n, 390 n, 392 n. Devos, P., 196 n, 197 n. Didi-Huberman, G., 232 n. Di Fonzo, L., 40 n, 99 n, 189 n. Dion, M. P., 199 n. Dionigi il Certosino, 189 n.

Dionysius Aereopagita, vedi Pseudo-Dionigi l'Areopagita. Dionysius Carthusianus, vedi Dionigi il Certosino. Distelbrink, B., 46 n. Dobrzeniecki, T., 315 n. Domenichelli, T., 398 n. Domenico di Guzman, santo, 39 n, 92 n, 227 n, 300, 312 n. Dondaine, A., 92 n. Donizone di Canossa, 97 n. Dorotea di Montau, beata, 47 n. Druckenmiiller, A., 193 n. Dupuis, M. F., 262 n. Durand, U., 256 n. Durante, Guglielmo, 277, 309 n. Dutschke, C. W., 225 n. Edoardo n, re d'Inghilterra, 266 n. Egidi, P., 304 n. Egidio d'Assisi, beato, II, 42 n, 78, 79· Einhorn, J. W., 92 n. Eleen, L., 90 n, 225 n. Elena di Ungheria, beata, 222. Elia da Cortona, 10, II, 24, 35 n, 52, 54, 56-67, 69, 70, 72, 76, 82 -84, 87 n, 88 n, 90 n, 91 n, 93 n, 94 n, 96 n, 102 n, 103 n, 123, 149, 153-57, 169 - 71, r8t, 184 n, 190 n, 191 n, 192 n, 198 n, 268 n, 305 n, 312 n, 328, 351 n, 387. Enrico d'Avranches, ro, I 3. 38 n, 39 n, 65, 83, 94 n, 184 n, 275, 277, 278, 307 n, 308 n. Enrico di Tedice, 324, 350 n. Enrico Murdach, 255 n. Esser, K., x, 35 n, 97 n, 132 n. Etienne de Bourbon, vedi Stefano di Bourbon. Eubel, C., 44 n. Eugenio ni, papa, 29. Evans, D., 266 n. Evans, M., 99 n. Evecardo, frate, 282. Ezzelino ill da Romano, 295, 316 n. Facchinetti, V., 320 n. Faccioli, E., 349 n. Falletti, F., 349 n. Faloci Pulignani, M., 188 n, 268 n, 352 n. Faure, Ph., 99 n, 101 n, 103 n, 124 n, 128 n, 129 n, 190 n, 199 n, 225 n. Federici, G., 47 n. Federico l, imperatore, detto il Barbarossa, 390 n. Federico n, imperatore, II, 295· Felder, H. L., 93 n. Fiaccadori, G., 196 n, 257 n, 258 n. Filippo, frate, I I . Filippo, ministro di Toscana, 3 3 , 71. Filippo V, detto il Lungo, re di Francia, 97 n.

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Indice dei nomi

Fiorenzo, monaco, 226 n. Fleming. ]. V., 192 n. Fontaine, ]., 258 n. Foralosso, l., 230 n. Ford, G. B., 267 n. Francesco da Rimini, 89 n. Franchi, A., 398 n. Frasson, L., 397 n. Friedberg, E., 90 n. Frugoni, A., 270, 304 n, 3o6 n. Frugoni, C., 41 n, 42 n, 98 n, 99 n, 194 n, 229 n, 230 n, 256 n, 257 n, 258 n, 261 n, 307 n, 309 n, 319 n, 352 n, 355 n. Fumagalli, V., 97 n. Gaddi, T., 232 n. Gaffuri, L., 316 n. Gallant, L., 184 n, 188 n, 199 n. Gallerani, Andrea, beato, 207, 227 n. Gamboso, F. V., 316 n. Gardner,J., 192 n, 194 n, 212, 225 n, 228 n, 232 n, 313 n, 354 n. Garino da Sedenefeld, So, 101 n, 138. Garnerius de Sancto Vietare, 125 n, 127 n. Gamier, F., 267 n. Garrison, E. B., 189 n, 303. Gattucci, A., 35 n, 38 n, 398 n. Geary, P., 97 n. Gensini, S., 262 n. Gerardo Cagnoli, beato, vedi Cagnoli, Gerardo, beato. Gerhoh di Reichersberg, 108, 109, 126 n, 127 n. Gherardo, 88 n. Gherardo da Borgo San Dannino, 24, 257 n. Gherardus de Boncontibus, 230 n. Ghinato, A., 41 n, 348 n. Ghirlandaio, D., 419 n. Giacoma dei Settesoli (lacopa Frangipane, detta) , 65, 66, 68, 94 n, 170, 267 n. Giacomo, &ate, 268 n. Giacomo da Vitry, 26, 37 n, 47 n, 58, 63, 64, 77, 93 n, 94 n, 102 n, 123, 135 n, 374, 393 n. Giacomo d'Iseo, frate, 325. Gieben, Servus, 45 n, 225 n, 307 n. Gilson, E., 179, 200 n. Ginzburg, C., 394 n. Gioacchini, D., 417 n. Gioachino da Fiore, 29, 257 n. Giordano da Giano, frate, 35 n, 43 n, 62, 93 n. Giordano da Pisa, beato, 354 n, 394 n, 397 n. Giotto di Bondone, 3, 51, 55, 69, 86, 89 n, 101 n, 103 n, 116, 128 n, 132 n, r6o, 164, 173, r8o, 182, 210-16, 219, 222, 223, 225 n, 228 n, 229 n, 232 n, 304 n, 341, 350 n, 369, 376, 405, 416 n, 419 n. Giovanni, &ate, 1 1 . Giovanni d a Celano, 10, 3 8 n, 4 1 n.

Giovanni da Greccio , 411, 419 n. Giovanni Damasceno, santo, 186 n. Giovanni da Parma, 21, 23, 24, 67, 79, 95 n, uo, 128 n, 257 n, 282, 359, 388, 398 n. Giovanni da Rimini, 48 n. Giovanni de la Rochelle, 29, 65, 107. Giovanni di Balduccio, 396 n. Giovanni di Salisbury, 39 n, 106. Giovanni di San Paolo, 5· Giovanni Frangipane, 66, 68. Giovanni Pisano, 161. Giovanni Saraceno, 124 n, 189 n. Giovanni Scoto Eriugena, vedi Scoto Eriuge­ na, Giovanni. Girolamo, 69, 95 n, 96 n, 104 n. Girolamo, santo, 149, 181, 188, 193 n, 197 n, 201 n. Giuliano da Rimini, 30. Giuliano da Spira, 10, 40 n, 316 n, 389 n. Giunta, D., 231 n. Giunta Pisano, 312 n, 352 n, 404, 4o6, 416 n. Giurati, P., 316 n. Glassberger, N., 312 n. Godet, ].-F., 88 n. Goffen, R, 317 n. Goffredo, 71. Golinelli, P., 97 n. Golubovich, H., 45 n, 47 n. Gombrich, E. H., 345 n. Gould, K., 315 n. Gousset, M. Th., 90 n. Gossembrot, S., 267 n. Gozechinus, 311 n. Grabar, A., 391 n. Graesse, Th., 225 n. Gratien de Paris, 45 n, 88 n. Graziano Frangipane, 94 n. Green, R., 99 n. Green, W. M., 26o n. Gregori, M. 310 n. Gregorio l, papa, detto Magno, 41 n, 53, 85, 107, 108, 119, 1 25 n, 127 n, 134 n, 141-44, 147, 159. r6o, 165, 166, 185 n, 186 n, 192 n, 194 n, 226 n, 273. Gregorio IX, papa, 5-7, 9 . 11, 17, 23, 25 , 34 n, 35 n, 36 n, 38 n, 43 n, 44 n, 54, 55, 64 -66, 68, 69, 88 n, 89 n, 94 n, 95 n, 96 n, 163, 164, 245, 269 , 271, 272, 274, 281, 298, 305 n, 307 n, 312 n, 314 n, 316 n, 318 n, 325, 351 n, 379, 386. Gregorio di Napoli, 87 n. Gregorio Magno, vedi Gregorio l. Grirnm, ].. 342, 356 n. Grirnm, W. K., 342, 356 n. Gualtiero di Strasburgo, 222. Guglielmo, 345 n. Guglielmo di Saint-Thierry, 133 n. Guglielmo di Sant'Amore, 45 n.

Indice dei nomi Guidiccioni, A., 348 n. Guido da Siena, 207 n, 253, 319 n, 396 n, 408. Guido d'Assisi, 164. Gulielmus Durandus, vedi Durante, Gugliel­ mo. Hager, H., 346 n, 347 n. Hankins, J., 124 n. Harper, Ch., 266 n. Harvey, B., 266 n. Harvey, R., 266 n. Henri de Ferrierès, 262 n. Henricus Abricensis, vedi Enrico d'Avranches. Hermanin, F., 305 n. Herrad di Hohenbourg, 99 n. Hildebertus Cenomannensis, vedi Ildeberto d i Lavardin. Hinnebusch, J. F., 37 n. Horster, M., 126 n. Hubert, J ., 184 n, 196 n. Huygens, R. B. C . , 3II n. Iacopo da Varazze, beato, 31, 98 n, 181 , 204, 225 n , 418 n. lldeberto di Lavardin, 126 n. Ildegarda di Bingen, santa, 29. Ilduino di St. Denis, ro6, 124 n. Illuminato dell'Arce, frate, II. Imperatore da Spello, 326. lnnocenti-Soriani, M., 37 n. lnnocenzo m, papa , 3 · 12 , 21 , 49 n, , 8 , 74· n . 90 n, 99 n, 184 n, 223, 224, 24, , 246, 264 n, 265 n, 283 , 287, 293 , 364 , 366, 390 n, 391 n. lnnocenzo IV, papa, 21, 208 , 227 n, 283 , 312 n, 316 n, 350 n, 387 , 400, 41' n. lnnocenzo Vill , papa, 231 n. lohannes Frigia Pennates, vedi Giovanni Frangipane. Johannes Sarracenus, vedi Giovanni Saraceno. !olanda di Soissons, 290. Isabella di Francia, beata, 204. !sacco di Stella, I 25 n. Isidoro di Siviglia, santo, 267 n, 354 n. lsler-de Jongh, A., 268 n. lvo di Chartres, santo, III. Jacopa dei Settesoli, vedi Giacoma dei Settesoli. Jansen, Ph., 415 n. Javelet, R., 124 n, 12' n, u8 n . Jeanne de la Tour, regina di Scozia, 248 , 266 n. Jeanne d'Evreux, 205. Kaftal, G., 307 n, 316 n, 318 n. Katzenellenbogen, A., 19' n. Klingender, F. D., 247, 265 n , 266 n.

427

Klotz, H., 314 n. Knowles, D., 88 n. Krecks, G., 196 n. Kriiger, K. , 34 n, 39 n, 133 n, 199 n, 226 n, 227 n, 228 n, 229 n, 232 n, 2'9 n, 3o6 n, 310 n, 3II n, 312 n, 3 r , n, 319 n, 320 n, 346 n, 347 n, 348 n, 349 n, 350 n, 352 n, 3'6 n, 389 n, 416 n, 417 n, 418 n, 419 n. La Hire, L., de, 95 n. Larnbertini, R., 36 n. Larnpen, W., 103 n, 305 n. Lando, 269, 274, 307 n. Landry, C., 347 n. Lapsanski, D., 97 n, 3o6 n. Lasareff, V., 190 n. Lauer, A., 317 n. Laurent, M. H., 230 n. Lazzareschi, L., 345 n. Lazzeri, Z., 309 n. Leclercq, }., 255 n. Lecoy de la Marche, A., 263 n. Legner, A., 129 n. Le Goff, J., 183 n, 263 n, 3o6 n, 319 n, 393 n. Lehman, K., 2'6 n. Le Masne de Cherrnont, I., 37 n, 99 n, 104 n, 227 n, 307 n, 352 n, 416 n. Lemmens, L., IX, 49 n , 91 n, 9' n, 98 n, 201 n, 26' n. Lempertz, H., 193 n. Leonardi, C., 98 n. Leonardo Matioli, '5. Leoncini, L., 417 n. Leone d'Assisi, II, 13 , 15 , 41 n, 42 n, 48 n, 49 n, , 2, 6o , 64, 69, 70 , 72-83 , 85 , 94 n, 97 n- 101 n, II8, 122, 123, 133 n, 137-41, 143 , 144 , 148, 1, 3 , 155 , 1 ,6, 158 , 164, 172, 17 j, 176, 18o , 191 n, 203-5, 207 , 209, 210, 212, 236, 291, 377Lewis, S., 91 n, 13' n, 194 n, 195 n, 266 n. Liguori, Alfonso Maria de', vedi Alfonso Maria de' Liguori. Lindsay, W. M., 267 n. Little, A. G., 42 n, 4' n, 49 n, 93 n, 101 n. Lobrichon, G., 227 n, 313 n, 314 n, 315 n. Longhi, R, 279 , 309 n, 310 n, 356 n, 386, 398 n . Lorenzetti, A., 22' n, 228 n. Lorenzetti, P., 215 , 289, 314 n. Lorenzo Loricato, beato, 274. Lorenzoni, G., 319 n. Louis, S., 262 n. Luard, H. R., 91 n. Luca di Tuy, ,7, 62, 63, 89 n, 92 n, 98 n, I I I , 129 n , 193 n , 290 , 315 n . Lucio III , papa, 29. Ludovico da Pietralunga, frate, 313 n, 328 , 352 n. Ludovico da Tolosa, santo, 300, 381.

Indice dei nomi

Luisetto, G., 397 n. Luzzati Laganà, F., 3'3 n. Macario il Grande, santo, 168, 196 n, 197 n, 234·

Maccarrone, M., 232 n. Maestro del Farneto, 3'6 n. Maestro della Croce, 3'0 n. Maestro della tavola Bardi, 2o6, 268 n, 308 n, 373. 380, 413.

Maestro delle tempere francescane (Pietro Orirnina?), 214, 219. Maestro del paliotto di san Giovanni Battista, 227 n, 406, 417 n. Maestro di Figline (Giovanni di Bonino?), 300, 397 n. Maestro di san Francesco, 208, 209, 227 n, 228 n, 267 n, 284, 286, 287, 291, 292, 296, 299. 302, 3II n, 318 n. Maestro di san Gregorio, 300, 301, 304 n. Maestro di santa Chiara, 309 n. Maestro