C’era una volta in Italia. La settima arte in 100 capolavori del cinema italiano 9788831222822

L'autore fa un meraviglioso salto nel passato, scoprendo e riscoprendo i tantissimi capolavori che il nostro cinema

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Italian Pages 238 [239] Year 2021

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C’era una volta in Italia. La settima arte in 100 capolavori del cinema italiano
 9788831222822

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C'era una volta in Italia

Antonio Ludovico

C'EIUl UNA VOLTA IN ITALIA LA SETTIMA AFlTE IN 100 CAPOLAVORI DEL CINEMA ITALIANO

1M EDIZIONI

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione

e

di adatta­

mento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell'Editore.

ISBN

978-88-31222-82-2

Copyright© 2021 PM edizioni di Marco Petrini via Garibaldi, 3

17019 Varazze

(SV)

www. pmedizioni.it

Prima edizione: lu

gl io 2021

Indice

Prefazione. . . . . . . . . . . . . . Premessa . . . .. . . . . . . . . .

10 13 16 18 21 23 25 27 29 32 34 36 38

I vitelloni (1953) di Federico Fellini La strada (1954) di Federico ]Fellini. Ladro lui, ladra lei (1958) di ]Luigi Zampa . . I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli . . Il vedovo (1959) di Dino Risi. . . . . . . La grande guerra (1959) di Mario Monicelli. . Rocco e i suoi fratelli (1960) dii Luchino Visconti . . La ciociara (1960) di Vittorio De Sica . . La dolce vita (1960) di Federico Fellini . . . Il bell'Antonio (1960) di Mauro Bolognini . Il vigile (1960) di Luigi Zampa . . . .. . . L'avventura ( 1 9 60 ) di Michelangelo Antoniani .. . . 40 . 42 Tutti a casa (1960) di Luigi Com encini . . . . La ragazza con la valigia ( 1961) di Valerio Zurlini . 44 Una vita difficile (1961) di Diino Risi . . . . . . 46 Il carabiniere a cavallo (1961) di Carlo Lizzani . 48 Il federale ( 1961) di Luciano Salce . . . . . . 50 . 52 Divorzio all'italiana (1961) di Pietro Germi Accattone (1961) di Pier Paolo Pasolini . . . . 54 La notte (1961) di Michelangelo Antoniani . 56 Mamma Roma (1962) di Pier Paolo Pasolini . 59 . 61 La ricotta (1962) di Pier Paolo Pasolini. . .

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. 63 Mafioso (1962) di Alberto Lat:tuada . . . . Gli anni ruggenti (1962) di Luigi Zampa . . 65 Il sorpasso (1962) di Dino Risi . . . . . . . 67 L'eclissi (1962) di Michelangelo Antoniani . 69 Le quattro giornate di Napoli (1962) di Nanny Loy . . 72 Alta injèdeltà (1963) di Franco Rossi, Elio Petri, . 74 Luciano Salce e Mario Monic:elli . . . . . . . . . Venga a prendere il caffè da noi (1963) di Alberto Lattuada . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76 . 78 Ieri, oggi e domani (1963) di Vittorio De Sica . Il boom (1963) di Vittorio De Sica . . . . . 81 Otto e mezzo (1963) di Federico Fellini . . . 83 85 Le mani sulla città (1963) di Francesco Rosi Il processo di Verona (1963) di Carlo Lizzani. . 87 Matrimonio all'italiana ( 1964) di Vittorio De Sica . . 89 Per un pugno di dollari (1964) di Sergio Leone . . . . 91 Sedotta e abbandonata (1964) di Pietro Germi . . . . 94 Il Vangelo secondo Matteo (1964) di Pier Paolo Pasolini 96 Il magnifico cornuto (1964) di Antonio Pietrangeli . 99 Signore e signori (1965) di Pietro Germi. . . . . . 101 103 Io la conoscevo bene (1965) di Antonio Pietrangeli. Per qualche dollaro in più (1965) di Sergio Leone . l 05 I pugni in tasca (1965) di MaJrCo Bellocchio. . . l 08 I complessi (1965) di Dino Ri:si, Franco Rossi e 11O Luigi Filippo D'Amico . . . . . . . . . . . . . Fumo di Londra (1966) di Alberto Sordi . . . . 112 Uccellacci e uccellini (1966) dii Pier Paolo Pasolini. 114 Il buono, il brutto, il cattivo (1966) di Sergio Leone 116 L'armata Brancaleone (1966) di Mario Monicelli . . 119 .

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A ciascuno il suo (1967) di Elio Petri . . . . . . Una giornata particolare (1977) di Ettore Scola . Il padre di famiglia ( 1967) di N anny Loy . . . Il medico della mutua (1968) di Luigi Zampa . Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso? (1968) di Ettore Scola. La ragazza con la pistola (1968) di Mario Monicelli Straziami, ma di baci saziami (1968) di Dino Risi Il giorno della civetta (1968) di Damiano Dam iani Banditi a Milano (1968) di Carlo Lizzani . Serafino (1968) di Pietro Genni. . . . . . . . C'era una volta ilWest (1968) di Sergio Leone. Il commissario Pepe (1965) di Ettore Scola. . Amore mio aiutami (1969) di Alberto Sordi. Dramma della gelosia (1970) di Ettore Scola Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) di Elio Petri . . . . . . . . . L'uccello dalle piume di cristallo (1970) di Dario Argento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il presidente del Borgorosso Football Club (1970) di Luigi Filippo D'amico . . . . . . . . . . . . In nome del popolo italiano (1971) di Dino Risi . Giù la testa (1971) di Sergio Leone. . . . . . . Er più: storia d'amore e di coltello (1971) di Sergio Corbucci . . . . . . . . . . . . . . . . . Il gatto a nove code (1971) di Dario Argento . . . . Detenuto in attesa di giudizio (1971) di Nanny Loy. Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata (1971) di Luigi Zampa . . . . . .

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Sacco e Vanzetti (1971) di Giuliano Montaldo . . La classe operaia va in paradiso (1971) di Elio Petri Milano calibro nove (1972) di Fernando Di Leo. . Alfredo Alfredo (1972) di Pietro Germi . . . . . . Mimì Metallurgicoferito nell'onore ( 1972) di Lina Wertmuller . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Lo scopone scientifico (1972) di Luigi Comencini . Sbatti il mostro in prima pagina ( 1972) di Marco Bellocchio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Vogliamo i colonnelli (197 3) di Mario Monicelli Malizia (1973) di Salvatore Samperi . . . . . . Il delitto Matteotti (1973) di Florestano Vancini. Amarcord (1973) di Federico Fellini . . . . . Pane e cioccolata (1973) di Franco Brusati. . . C'eravamo tanto amati (1974) di Ettore Scola. Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto (1974) di Lina Wertm.uller. . . . . . Mussolini ultimo atto (197 4) di Carlo Lizzani . Romanzo popolare (1974) di !v1ario Monicelli .

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197 199 201 Pasqualino Settebellezze (1975) di Lina Wertmiiller . 203 Amici miei (1975) di Mario !v1onicelli . 206 208 Fantozzi (1975) di Luciano S:alce . . . . Profondo rosso (1975) di Dario Argento . 2 10 Febbre da cavallo (197 6) di Steno . . . . 212 215 Il secondo tragico Fantozzi (1976) di Luciano Salce 217 Brutti, sporchi e cattivi ( 1976) di Ettore Scola . . . San Babila ore 20: un delitto inutile (1976) di Carlo Ltzzam . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 219 Antonio Gramsci: i giorni del carcere (1977) di Lino

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Del Fra . .. .. . . .. ..... .. . ..

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Un borghese piccolo piccolo ( 1977) di Mario Monicelli. . . . . . . . . . . . . . L'ingorgo (1978) di Mario Monicelli Café express (1980) di N anny Loy . Fontamara (1980) di Carlo Liizzani . Elenco dei film per regista . . . . .

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Prefazione

C'era una volta un tempo in cui andare a Cinema non era considerata un'abitudine occasionale, ma rap­ presentava piuttosto un rito sociale conclamato, da ri­ petere fino a quindici o venti volte all'anno. Un tempo in cui le televisioni non avevano ancora preso possesso della stragrande maggioranza dei salotti del Bel paese, e il grande schermo finiva quindi per essere la più inte­ ressante e variegata forma di intrattenimento possibi­ le. Ma soprattutto un tempo in cui l'Italia raggiungeva il suo primato dei biglietti staccati al botteghino, con una mole di oltre 8 0 0 milioni in un anno, una cifra da capogiro se paragonata ai giorni nostri, in cui si fatica ad arrivare a l 00 milioni di biglietti staccati in 365 giorni. Quel tempo è stato il secondo dopoguer­ ra, il periodo che segnò l'inizio dell'Epoca d'Oro del Cinema italiano, e da cui Antonio Ludovico fa iniziare il suo C'era una volta in lta:lia, un volume che accom­ pagna il lettore attraverso l 00 fra i più rappresentativi, iconici e imperdibili film che siano mai stati prodotti nel nostro Paese a cavallo tra la metà degli anni Cin­ quanta ed il 1 9 80 . Un nurnero, il l 00, grazie al qua­ le in questi ultimi due anni segnati da una pandemia

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mondiale, si sono fortunatamente rimessi al centro del dibattito culturale quattro fra i tanti protagonisti di questo volume, Federico Fellini, Alberto Sordi, Giu­ lietta Masina e Nino Manfredi, nel centenario dalla loro nascita. Le loro vicende umane e professionali, così come quelle di innurnerevoli altri colleghi, sono tratteggiate all' interno delle l 00 schede dei film che vanno a comporre un mosaico variegato e ben equili­ brato. Senza fare distinzioni di genere, Antonio ha il pregio di porre sullo stesso altare il cinema "alto" così come il cosiddetto "popolaJre". E ce n'è infatti per tutti i palati, da quelli più raffinati da cinema d'autore, con l'Antoniani de "L'avventurà' o il V isconti di "Rocco e i suoi fratelli", passando per il cinema di genere, dal western di Sergio Leone al noir di Fernando Di Leo, fino all'imprescindibile cOJnmedia all'italiana di Mo­ nicelli, Scola e Risi e tanto, tanto altro ancora. Ogni scheda riporta certosini approfondimenti sul cast e sul contesto storico, immergendo il lettore in una lettura critica e analitica, in cui non mancano mai gli spunti e gli stimoli per portarlo a vedere o rivedere questa o quell'opera. Ne viene fuori così un vero e proprio viaggio lungo la storia del nostro Paese, affrontato at­ traverso la "lente di ingrandimento" della settima arte, che come nessuna delle altJre arti ha saputo mostrarne i lati più buffi, così come quelli più pericolosi o dram­ matici. Un approccio quello di Antonio, che pagina

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dopo pagina procede con l'incedere di un cinefilo che guarda al cinema italiano con la meraviglia della (ri) scoperta del tesoro più prezioso e che, raggiunta la fine di ogni capitolo, è capace di trasmetterti quell'irresisti­ bile voglia di vedere immediatamente uno di quei ca­ polavori. Potere del grande Cinema e di chi dimostra di saperlo amare per davveJro. ANTONIO CAPELLUPO Giornalista cinem atografico e operatore culturale

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Premessa

Penso che sia operazione alquanto difficile far com­ prendere alle nuove generazioni quanto grande sia sta­ to il cinema italiano a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, quanta influenza ebbe sull'intera cinema­ tografia mondiale, quanti Jnodelli riuscì ad esportare, dal neorealismo alla comm,edia. E poi, le valanghe di premi che conquistò, le statuette, i riconoscimenti, gli applausi a scena aperta. Si può ben dire, infatti, che gli anni d'oro del cinema italiano siano paragonabili ad un rinascimento, sia pure di celluloide, un momento ricco e fertile dove ogni cosa che veniva toccata si tra­ mutava in oro colato. Registi come Rossellini, De Sica, Visconti, Fellini, Antoniani , e poi ancora, maestri asso­

luti come Monicelli, Germj, Petri, Lattuada, Pasolini, Loy, Salce, Scola, Bellocchio, Rosi, Damiani, Comen­ cini, Leone siano stati artisti, geniali e innovativi, che tutto il mondo copiava e ci invidiava. Perché crearono un linguaggio nuovo, perché sapevano osare, perché sfaldavano antichi tabù, perché non avevano timore della sperimentazione. Accanto a loro, non bisogna di­ menticare una folta schiera di sceneggiatori e produt­ tori da fare venire la pelle dl' oca, per un risultato finale

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che sorprese tutti, non solo per l'altissima qualità, ma anche per la considerevole quantità dell'offerta. In pra­ tica, è come se un bagliore di luce si fosse concentrato solo sul nostro piccolo paese, uscito piegato e sofferente dalla grande guerra, ma anche voglioso di rialzarsi in piedi e ricominciare una nuova vita. E poi, particolare di non poco conto, ogni genere venne sviscerato con acutezza e profondità al punto da costituire una novità assoluta nel mondo dell'in1magine. Infatti, trovarono terreno fertile sia il dramma che la tragedia, così come esempi illuminanti furono offerti dalla storia in tutte le sue sfaccettature. Senza d�menticare la denuncia, nel senso più letterale del termine, come genere innovativo. E poi, il mondo degli ultimLi, dei diseredati, dei poveri, venne esaminato e studiato con la lente di un entomo­ logo da cineasti che avevano il pregio di essere anche sociologi di tutto rispetto, senza lasciarsi intimidire di mostrare il lato peggiore di una popolazione che stava ai margini. Lambiente borghese subì, di contro, la stessa penetrante azione analitica che svelo' impietosamente pregi (pochi) e difetti (tantissimi) in uno scenario di mutazione sociale che lasciava interdetti. Ma l'occhio vigile, acuto, trasparente di questi geni della macchina da presa non faceva sconti a nessuno, né si lasciò disto­ gliere da una certa critica o, peggio ancora, dalla scure impietosa della censura, autentica mannaia che, con il concorso del Vaticano, colpì decine e decine di opere

d'arte in nome di un "commne senso del pudore" che andava difeso ad ogni costo. Nonostante ciò, le storie scorrevano fluide, le sale erano piene, i ricchi produt­ tori investivano, i grandi atto ri nascevano come funghi. Prova ne sia che, dopo la "naeravigliosa dittaturà' di un gigante come Toro' e di tutte le sue infinite masche­ re, nacque in Italia una scuola di attori che si presero prepotentemente "la scena", lasciando ai loro pur bravi colleghi le briciole. Sordi, lMastroianni, Gassman, To­ gnazzi, Manfredi in campo maschile; Magnani, Loren, Lollobrigida, Cardinale, Vitti e Sandrelli in quello fem­ minile si distribuirono la ricca torta costituita da incassi milionari e fecero incetta dli premi ad ogni latitudine, dagli Oscar a Cannes, dai David a Locarno, da Berlino a Roma. Tutto il mondo s'inchino' di fronte a quella che, a giusta ragione, venne definita la settima arte e l'Italia ne era protagonista assoluta. In questo libro ho voluto raccogliere cento film che, a parer mio, costituiscono quelli più rappresentativi o ilmprescindibili, !asciandone fuori altri cento e altri cento, ma non potevo mettere l'intero universo cinematografico italiano che una tavo­ la abbondante aveva generosamente apparecchiato. Ho approfittato di una sosta forzata dovuta all'emergenza sanitaria e mi sono fatto tdicemente contagiare dalle meraviglie del cinema italiano degli anni sessanta e set­ tanta, sia pure con qualche sacrosanta eccezione. Buona visione, pardrJn, buona lettura a tutti.

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I vitelloni ( 1 9 53) di Pederico Fellini

Storia autobiografica scritta da Flaiano e Pinelli, sceneggiata dallo stesso Felllini ed ambientata nella sua città, a Rimini . I vitelloni nel gergo pescarese (città natale di Flaiano) sono dei figli di mamma nullafacen­ ti, che oziano dalla mattina alla sera tra il biliardo e il bar, che non hanno voglia di lavorare. E questo film epocale li descrive perfettaJmente. Protagonisti quindi cinque amici sui trent' anni circa, ognuno con delle proprie peculiarità, ma tutti dediti alla bella vita e al vagabondaggio. Primo fra tutti Fausto (Franco Fabri­ zi), probabilmente il capo della combriccola, fidanza­ to prima e sposo dopo di Sandra (Eleonora Ruffo), sorella d i Moraldo (Franco lnterlenghi), p o i anco ra

Alberto (Alberto Sordi) , l'ilntellettuale Leopoldo (Le­ opoldo Trieste) e Riccardo (Riccardo Fellini, fratello minore del regista) . Tutti e cinque sembrano vivere all'insegna del divertimento e della spensieratezza, ma arriveranno momenti in cui la vita presenterà il con­ to e saranno dolori. Memorabili alcune scene come la festa di carnevale, i continui tradimenti di Fausto, lo sfottò di Alberto ai povc�ri lavoratori, la scomparsa di Sandra, il furto della statua. Così come indimenti-

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cabile sarà la partenza finale di Moraldo, forse il più assennato del gruppo, che p rende un treno per una meta imprecisata, lasciando credere ad una scena for­ temente autobiografica dello stesso Fellini. Non c'è dubbio alcuno che il grande regista riminese abbia voluto tratteggiare, attraverso la storia di cinque vaga­ bondi, un'Italia che ritrovava la voglia di vivere ed il benessere, ma un paese che ancora faceva i conti con antichi preconcetti, vecchie incrostazioni (vedi la sce­ na in cui il p adre frusta selvaggiamente Fausto come se fosse un bambino) che facevano fatica ad essere elimi­ nate. Fellini non rinunciò a scritturare Alberto Sordi, nonostante il grande attore non godesse a quei tempi di grandissima simpatia, tant'è che si premurò di non farlo inserire nei manifesti. Da segnalare che Franco Fabrizi fu doppiato da Nino Manfredi e che nel cast si può notare la presenza della grande Paola Borboni (la madre di Sandra) e di un giovanissimo Enzo An­ dronico , che rivedremo in tantissimi film di cassetta di Franco e Ciccia. Voto : 9

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La strada ( 1 9 5 4) di Federico Fellini

Uno dei più grandi e commoventi film di tutti i tempi, una magia che corr:Lincia dal primo fotogram­ ma e finisce con l'ultima drammatica scena, la poesia che si trasforma in arte visilva, in una parola un capo­ lavoro universale. Quando Tullio Pinelli, coadiuvato da Ennio Flaiano, propose a Fellini questa sceneggia­ tura, era alle prese con I Vztelloni, e non diede molta importanza alla cosa, nonostante il suo amore innato per il mondo circense. C'è da dire che l'idea del film venne proprio a Pinelli quando vide per strada due girovaghi che tiravano a campare girando per le feste di paese, esattamente corr:Le Zampanò e Gelsomina. La storia sta tutta nel rapporto tra queste sue figure assolutamente antitetiche ed è densa di simbolismi, di brutalità, di infinita tenerezza. Zampanò è un "artista'' di strada che gira con un carretto facendo sempre lo stesso spettacolo , un numero di forza bruta; Gelso mi­ na si unisce all'uomo forzu to e burbero perché vendu­ ta dalla madre per l 0.000 lire, dopo che sua sorella è morta facendo lo stesso lavoro. Tra Zampanò e Gel­ somina, quindi, s'instaura un rapporto di completa sottomissione della donna all' uomo, il quale però le

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insegna a suonare il tamburello e la tromba. I due gi­ rano i vari paesi, le feste di piazza, s'introducono nelle bettole più degradate e co:sì tirano a campare, fino a quando non incontrano un circo vero, con tanti artisti ai quali si uniranno. Tra questi ce n'è uno che susci­ ta grande simpatia in Gelsomina e autentico odio in Zampanò: è il Matto, un equilibrista sempre allegro, un vero burlone che non tnanca però anche di un cer­ to spirito filosofico (meravigliosa la scena dell'utilità del sasso) . Tra il Matto e Zampanò, però, non corre buon sangue, forse per dei trascorsi non ben preci­ sati e finiranno per fare a botte, dove il povero Mat­ to rimarrà ucciso accidentalmente. Questo episodio minerà ancor di più il carattere timido di Gelsomina che si lamenterà più spesso, entrerà in una crisi pro­ fonda e finirà per essere abbandonata al suo destino. Il finale è degno di un grande romanzo ottocentesco, un lirismo che scuote gli animi anche degli spettatori più freddi e che pone Fellini come un autentico genio della macchina da presa. ][ncredibilmente azzeccati i personaggi di questo capolavoro : Giulietta Masina, in versione Charlie Chaplin è perfetta nel ruolo di spalla del burbero Zampanò, che viene interpretato da un Anthony Quinn magistrale, doppiato però da Arnol­ do Foà. Per il Matto, Fellini scelse Richard Basehart, anche se qualcuno gli aveva consigliato Walter Chiari o Alberto Sordi. Girato lungo la costa laziale tra Cer-

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via e Pomezia, in un'Italia rurale e sfiancata dalla gran­ de guerra. Premio Oscar come miglior film straniero, in aggiunta a tutta una serie di riconoscimenti sparsi in tutto il mondo(meno in Italia, a voler essere sinceri) per un film che costituisce una pietra miliare del cine­ ma mondiale e conferma il regista riminese come un cineasta di livello superiore. Voto : l O con lode

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Ladro lui, ladra lei ( 1 9 5 8) di Lui gi Zampa

È la storia, famosissima e vista oltre ogni immagina­ zione, di Cencio (Alberto Sordi) e Cesira (Silva Koscina), dei loro furti, degli espedienti più fantasiosi, delle truffe ai commercianti di tessuti, ma è anche una commedia dai toni dolci, che non smette mai di divertire. La storia è a tutti nota: Cencio è un avanzo di galera che vive nelle borgate romane ed è innamorato della sua vicina di casa, Cesira, la quale vorrebbe fare� una vita diversa, affrancan­ dosi dal quartiere dove è nata. Le varie situazioni, tutte ben congegnate dalla sagace sceneggiatura di Pasquale Festa Campanile, metteranno le cose al loro posto, ma Sordi è grandissimo nella parte del truffatore in vena di travestimenti (fantastico quello del prelato), così come

l'avvenente Silva Koscina risulta perfetta come ragazza che sta al gioco, ma è combattuta e vorrebbe cambiare aria. Ma il piatto è ricco, perché ci sono anche Mario Riva, Carlo Delle Piane, Alberto Bonucci, Ettore Ma­ gni, Marisa Merlini, Anita Durante (la madre di Cen­ cio) , Nando Bruno (il brigadiere Clemente), Vinicio Sofia (chi non ricorda " Il turco napoletano"?) e l' allam­ panato Luigi Leoni (Morbillo) . Esterni girati tutti tra la Casilina, la Nomentana, Corso Trieste ed altri quartieri

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di una Roma diversa da co�me la conosciamo oggi. Ri­ sultato piacevolissimo, comrnedia divertente e dai buoni sentimenti. Voto : 8 , 5

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I soliti ignoti ( 1 9 5 8) di Mario Monicelli

Può essere considerato, senza se e senza ma, il ma­ nifesto della commedia italiana, il punto iniziale e più alto di un nuovo modo di fare cinema, un linguaggio divertente e drammatico nello stesso tempo, una co­ micità intrisa di neorealisrno. Monicelli sale in cielo dando dimostrazione di essere un genio assoluto della macchina da presa, riuscendo a trarre il meglio da un cast di primissimo livello e confezionare una storia che funziona ancora oggi a distanza di più di mezzo secolo, nonché abile a scoprire nuovi talenti. Inizialmente, il film avrebbe dovuto intitolarsi "Le madame", ma giu­ stamente Monicelli fu messo al corrente delle possibili ripercussioni di una censura sempre molto attenta con

i cosiddetti doppi sensi(la 1nadama era in gergo la Po­ lizia) e si virò per un titolo comunque accattivante. Inutile ripercorrere la storia, conosciuta in ogni latitu­ dine, della banda di vagabondi romani alla ricerca del colpo alla cassaforte del Monte di Pietà in una imma­ ginaria Via delle Madonne, poiché la genialità del film e della sceneggiatura (Age e Scarpelli naturalmente) sta nelle inquadrature, nei dialoghi, nelle scene immortali (ad esempio, la lezione di scasso di Totò sulla terrazza

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rimarrà impressa nella mente di chiunque) , nelle ca­ ratterizzazioni di ogni personaggio. Come la balbuzie di Peppe er Pantera, (un insolito Vittorio Gassman in veste comica) , il pugile che le prende da tutti, l' ac­ cento emiliano del mitico Capannelle (Carlo Pisaca­ ne) , quello siciliano di Ferribotte (Tiberio Murgia) , la goffaggine di Tiberio con il b raccio ingessato (Marcel­ lo Mastroianni) , la spavalderia di Cosimo (Memmo Carotenuto) , la classe cristallina di Dante Cruciani (Totò) , la sfrontatezza di l\Torma(Rossana Rory, la ve­ dremo qualche anno più tardi con Antoniani in un altro capolavoro, L'eclissi), la timidezza di Carmela la siciliana (Claudia Cardinale praticamente all'esordio), l'ostentata emancipazione di Nicoletta (Carla Gravi­ na) , l'aria da sciupa femmine di Mario (Renato Sal­ vatori) . Il tutto, ben orchestrato dalla musica jazz di Piero Umiliani, altra novidL assoluta, da una fotografia che ricorda molto la Roma pasoliniana, da un ritmo narrativo che non conosce cedimenti o punti morti. Curiosità: l'attore T iberio Murgia, che nella sua vita, così come in questo film, ha fatto sempre la parte del siciliano geloso, in realtà era sardo e fu scovato in una pizzeria di Piazza di Spagna direttamente da Monicelli e i suoi sceneggiatori, tra i quali non va dimenticato il grande Itala Calvino. Che dire di più? Capolavoro. Voto : l O con lode

Il vedovo ( 1 9 5 9) di D�ino Risi

Senza dubbio uno delle più riuscite commedie degli anni sessanta (uscì a fine novembre del 1 9 59) , quella che vede due autentici giganti alla sceneggiatu­ ra, Fiorenzo Carpi e Rodolfo Sonego, che tanto merito avranno negli anni a seguire per il cinema italiano. La storia, se vogliamo, è di una semplicità disarmante, ma tale aspetto va considerato un punto di forza, non una debolezza. Il commendato re Nardi (Alberto Sordi) è un autentico fallimento in materia di affari, non glie­ ne va bene una, ma ha la fortuna di aver sposato Elvira (una straordinaria Franca \laleri), un'affarista milanese che, al contrario, ha un fiuto e un cinismo eccezio­ nali, al punto da avere accumulato risors e milionarie, ma si guarda bene dal dilapidarle. Ebbene, sempre in compagnia del fidato marchese Stucchi (Livio Loren­ zoni) , al commendatore non gli pare vero di sapere che il treno che avrebbe preso la consorte è deragliato e non vi è traccia della sal1ma, tanto che nessuno du­ bita più della sua scomparsa. Da qui, i preparativi per un funerale di altissimo livello, con decine di invitati e tutta una serie di progetti che, riconquistata la ric­ chezza poiché unico erede, mette in piedi. Sennonché,

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per un autentico colpo di (s)fortuna, ricompare, viva e vegeta, la consorte del commendatore e tutti i so­ gni di gloria sfumano. A quel punto, non rimane che progettare un vero incidente, che avrà però un esito inaspettato. Storia grottesca ma probabilmente presa pari pari dalla realtà, con una serie di attori caratteristi che riempiono di contenuti tutte le scene (Gigi Reder, Nando Bruno, Ruggero Marchi, Mario Passante) ed è la conferma di Sordi come fuoriclasse della commedia e della Valeri come spalla all'altezza. Ritmo incalzante, dialoghi mai banali fanno poi da cornice ad una vicen­ da che si cala perfettamente nel clima di quegli anni di boom economico che ha visto l'Italia svegliarsi dal torpore derivato da una guerra lunga e sanguinosa. Si ride di gusto e si ha la sensazione che il maestro Risi abbia saputo mettere ogni cosa al suo posto, compresa la festa in casa con le canzoni di Alberto Rabagliati. Voto : 9

La grande guerra ( 1 959) di Mario Monicelli

Il manifesto più profondo e potente mai dedicato alla prima guerra mondiale. Monicelli, ben coadiuva­ to da Age, Scarpelli e Vincenzoni, fa il botto e realizza una pellicola che otterrà riconoscimenti a non finire. Protagonisti due spiantati soldati, due scansafatiche, che vanno al fronte ma cercano di evitare ogni più ele­ mentare dispendio di energie: Alberto Sordi e Vitto­ rio Gassman. Uno romano (Oreste Jacovacci) e l'altro milanese (Giovanni Busacca) dopo un inizio ingan­ nevole, riescono a trovare una buona intesa e divente­ ranno grandi amici, anche perché tenteranno sempre di imboscarsi, non avendo alcuna forma di ideale. Nel mezzo, la bella Silvana Mangano, "figlia di nn'', esat­ tamente come Gassman, che darà un tocco di gioiosa delicatezza alla pellicola. Dopo i primi addestramenti, le cose purtroppo si metteranno male per i due soldati che finiranno nelle mani nen1iche degli austriaci, ma dopo un iniziale tentennarnento, sapranno morire da eroi, anche se ognuno a modo suo. Finale in crescen­ do, riscatto morale dei due protagonisti e grande pu­ rezza interiore fanno da sfondo ad un film che mette a nudo anche le condizioni miserabili in cui versava

l'esercito italiano nel1916. Vinse molti premi, fu ac­ colto a gran voce a Venezia e proiettò i due protagoni­ sti verso traguardi ancora più grandi. Prova sublime di tutti (anche se Giuseppe M[arotta definì