297 99 4MB
Italian Pages 120 [184] Year 2011
DOMENICO PROCACCI PRESENTA
REGIA DI
CARLO A. BACHSCHilDT
Dal 20 al 22 luglio 2001 a Genova si svolge il vertice G8. In una città blindata 300.000 persone partecipano alle manifestazioni contro il vertice. Due giorni di scontri, 200 arresti, 1000 feriti e 1 manifestante ucciso. Sede del Genoa Social Forum, il coordinamento delle oltre 1000 associazioni promotrici del controvertice, è la scuola Diaz. Il 21 luglio, a manifestazioni concluse, la polizia individua in questa scuola il covo dei Black Block, ritenuti responsabili delle devastazioni e saccheggi durante le giornate del G8.
IL FILM - Black Block Lena e Niels arrivano da Amburgo, Chabi da Saragozza, Mina da Parigi, Dan da Londra, Michael da Nizza, Muli da Berlino. Sette storie diverse, accumunate dall'aver condiviso la protesta del G8 di Genova nel 2001 e dal trauma che quei giorni hanno impresso nell'intimo di ciascuno di loro. Carlo A. Bachschmidt, responsabile della segreteria del Genoa Legai Forum, in questo documentario racconta le loro vite. I motivi che li hanno spinti a impegnarsi in politica, la partecipazione alle giornate di luglio 2001, le violenze subite, il rientro a casa, la scelta di ritornare a Genova per testimoniare ai processi costituendosi parte civile e le valutazioni sulle sentenze emesse dopo lunghi anni di attesa. La loro vita quel giorno è cambiata, ma i loro ideali sono rimasti gli stessi di allora. CONTENUTI SPECIALI Un secondo documentario di 47 minuti, La pro vvista, che ricostruisce il blitz alle due scuole Diaz e le fasi più rilevanti del processo, attraverso l’intervista ai due avvocati di parte civile, Laura Tartarini e Emanuele Tambuscio.
IL LIBRO - Black Block - La costruzione del nemico a cura di Carlo A. Bachschmidt La narrazione veloce e precisa delle tappe più significative del G8. L'individuazione del nemico, con la creazione mediatica dei black block, la repressione preventiva e una nuova strategia nella gestione dell'ordine pubblico durante le manifestazioni. Infine una cronologia che raccoglie gli eventi più significativi di questi ultimi anni, dalla nascita del movimento di Seattle fino alle sentenze in appello dei maggiori processi sui fatti di Genova 2001. Con testi di Carlo A. Bachschm idt, Donatella Della Porta, Laura Fazio, Chabier Nogueras, Salvatore Palidda, Livio Pepino, M ina Zapatero.
Produzione Italia, 2011 Genere documentario Durata 77 minuti Formato 16/9 Audio 5.1 e 2.0 Sottotitoli inglese Area 2
ULRICH REICHEL "MULI" LENA ZUHLKE NIELS MARTENSEN CHABI NOGUERAS MICHAEL GIESER M IN A ZAPATERO DANIEL MC QUILLAN M usiche FRANCESCO CERASI M ontaggio ALESSANDRO PANTANO Fotografia STEFANO BAR ABIN0 HARALD ERSCHBAUMER Organizzazione M AR IA TERESA FAVIA Delegato di Produzione EMANUELE SCARINGI Supervisione alla Produzione VALERIA LICURGO Produttore Associato CARLO A. BACHSCHMIDT Produttore Delegato LAURA PAOLUCCI Una produzione FANDANGO Prodotto da DOMENICO PROCACCI Regia di CARLO A. BACHSCHMIDT
FA/VDA VGO
www.fandango.it
D V D E L IB R O IN D IV IS IB IL I
Art director: Federico Mauro Progetto grafico Damir Jellici cdf-ittica.it
EURO 1 7 ,9 0
Attenzione: il film riprodotto in questo DVD è solo per uso privato.Tutti gli altri diritti sono riservati. La limitazione all'uso privato esclude l'utilizzazione di questo DVD in luoghi quali club, mezzi di trasporto, ospedali, alberghi, cantieri, prigioni, scuole. Sono rigorosamente vietati, se non autorizzati, la riproduzione, l'adattamento, l'esecuzione in pubblico, il noleggio da parte dei privati, il prestito, la diffusione e la trasmissione televisiva di questo DVD o di parti dello stesso. Ogni violazione sarà perseguita in sede civile e penale. Questo DVD può essere noleggiato o venduto ai privati esclusivamente per uso domestico.
ISB N 9 7 8 - 8 8 - 6 0 4 4 - 2 I O - 9
a cura di CARLO A. BACHSCHMIDT con testi di CARLO A. BACHSCHMIDT, DONATELLA DELLA PORTA, LAURA FAZIO, CHABIER NOGUERAS, SALVATORE PALIDDA, LIVIO PEPINO, M INA ZAPATERO
LIBRI*
I protagonisti del "conciliabolo" ben consapevoli che le molotov non provenivano dall'interno della scuola, decisero che tali ordigni potevano essere utilizzati come [...] elemento decisivo per poter procedere all'arresto di tutti i presenti con l'accusa associativa finalizzata alla devastazione e al saccheggio. Dalla sentenza di appello al processo Diaz
Art director: Federico Mauro Progetto grafico Damir Jellici cdf-ittica.it Libro non vendibile separatamente www.fandango.it
© 2011 Fandango Libri s.r.l. Viale Gorizia 19 00198 Roma Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-6044-210-9 www.fandango.it
Black Block La costruzione del nemico a cura di Carlo A. Bachschmidt
Carlo A. Bachschmidt Donatella Della Porta Laura Fazio Chabier Nogueras Salvatore Palidda Livio Pepino Mina Zapatero
Resistenza legale Carlo A. Bachschmidt
Nel 2001 a Genova la politica ha di fatto delegato alle forze dell’ordine il compito di fermare un movimento sociale che stava esplodendo in tutto il mondo. La repressione ha preso il controllo dei desideri, le passioni e le vite dei protagonisti del movimento nato a Seattle e che ha avuto la massima partecipazione durante il G8 del 2001., { A Genova viene stravolto il concetto per cui le forze dell’ordine sono in piazza a garanzia del diritto di manifestare dei cittadini. Le forze dell’ordine hanno gestito l’ordine pubblico con interventi di tipo militare. A Genova è stato definito un limite oltre il quale il “cittadino” diventa “nemico”. I tanti manifestanti venuti a Genova durante le giornate del G8, in forma diversa portano ancora oggi una ferita aperta. Chi era presente durante il blitz al complesso scolastico Diaz, chi è stato rinchiuso a Bolzaneto, ha vissuto l’episodio più violento di cui si sia resa protagonista la polizia italiana. 5
Lo shock è stato improvviso, devastante, ha lasciato un segno nell’intimo. Per ritrovare il senso della propria vita, alcune vittime hanno dovuto ripartire da zero. Il trauma subito le ha obbligate così a darsi delle risposte. I processi sono stati l’occasione per poter rinascere un’altra volta. In Black Block ho voluto ripercorrere dieci anni di storia, dal 2001 fino a oggi, attraverso un racconto corale, sette interviste ad alcune delle parti offese costituitesi al processo Diaz e Bolzaneto. La stanza in cui si svolgono le interviste è il luogo “astratto” che meglio rappresenta lo stato d’animo di ciascun protagonista. Un elemento scenografico a sottolineare la diversità delle sette storie. Il luogo del racconto è la città di Genova. Le riprese esterne restituiscono un’altra immagine della città. Il ritorno, i processi, gli amici hanno permesso di riconquistare le strade, la fiducia in sé stessi, una ragione in più per continuare a lottare. Unica eccezione è la città di Berlino, dove vive Muli, il protagonista del documentario. Ho scelto Muli in quanto più affine al mio punto di vista. H o cercato di ripercorrere quali siano state le sue motivazioni politiche, come ha vissuto quello stare insieme nei giorni del G8, la repressione fìsica e psichica, e il superamento del trauma attraverso il suo ritorno a Genova in occasione dei processi.
6
Protagonista della sua storia, individuale e al tempo stesso collettiva, Muli ha dovuto reinventare il proprio quotidiano, cercando nuove motivazioni, scoprendo nuove forme di azione. H a deciso di fare altre scelte di vita; al termine degli studi in medicina intraprenderà l’attività di terapeuta. Oggi Muli è una delle possibili risposte alla repressione subita 10 anni fa. La violenza, il trauma, la comunità, il potere, la repressione, la solidarietà, sono tutti temi che definiscono i caratteri del protagonista. Insieme a Black Block, un secondo documentario, La provvista, ricostruisce il blitz alle due scuole Diaz e le fasi più rilevanti del processo, attraverso l’intervista ai due avvocati di parte civile, Laura Tartarini e Emanuele Tambuscio, che raccontano il risultato di un lavoro lungo e complesso, presentato attraverso la consulenza di parte civile prodotta a dibattimento. Una ricostruzione dei fatti che ha permesso di ristabilire un’altra verità rispetto al verbale d’arresto del 22 luglio 2001, che diviene la traccia attraverso la quale ricordare le circostanze più rilevanti: la catena di comando che portò i 300 poliziotti alla Diaz, le fasi iniziali del blitz, il tentato omicidio del mediattivista Mark Covell, la cosiddetta “macelleria messicana”, l’impossibilità per avvocati, giornalisti e parlamentari di assistere alla perquisizione, e infine l’introduzione all’interno della scuola delle 2 bottiglie molotov. 7
Il libro che accompagna il documentario propone: una narrazione veloce e precisa delle tappe più significative, dal blitz al complesso scolastico Diaz alla sentenza d’appello (Laura Fazio); alcuni contributi sul lavoro dell’intelligence e il Black Block, la paura trasferita alla popolazione dai media, la repressione preventiva, il rapporto tra i manifestanti e le polizie internazionali, la gestione dell’ordine pubblico durante le manifestazioni (Donatella Della Porta, Salvatore Palidda e Livio Pepino); due interventi al convegno “Genova luglio 2001, io non dimentico” (Palazzo Ducale, Genova - 21 luglio 2011) delle parti civili Chabi Nogueras e Mina Zapatero. I contributi sono tesi a contestualizzare l’episodio più drammatico del G8 di Genova dalla fase delle indagini a tutto il processo, offrendo un ragionamento sul significato di repressione nelle sue diverse forme, da quelle di “piazza”, a quelle meno visibili che hanno investito alcuni protagonisti del processo. Infine una cronologia che raccoglie gli eventi più significativi di questi ultimi anni, dalla nascita del movimento di Seattle, il percorso del Genoa Social Forum, la fase delle indagini fino alle sentenze in appello dei maggiori processi G8 (Diaz, Bolzaneto e 25 manifestanti). Black Block è il risultato di un progetto collettivo. Nasce dall’esperienza del Genoa Legai Forum con il quale si è condiviso un obiettivo comune, difendere tutti i manifestanti durante i processi G8. Questa è stata l’occasione con la quale si sono potute conoscere tutte 8
le parti civili costituitesi per Diaz e Bolzaneto, e provenienti da ogni parte del mondo. Insieme a loro si sono affrontati i processi per ricostruire cosa è successo nel 2001 a Genova, e far emergere quale repressione è stata messa in atto in quei giorni di luglio. Il processo è stata anche un’occasione “catartica”, attraverso la quale rielaborare un trauma, da personale a collettivo, affinché si possa vedere scritto nero su bianco ciò che ciascuna parte civile ha vissuto e ha deciso di denunciare, consapevoli che ciò avrebbe contribuito alla ricostruzione dei fatti e all’individuazione delle responsabilità non solo penali, ma soprattutto politiche. Con Black Block ho scoperto attraverso le parti civili un diverso valore del processo, occasione terapeutica per raccontare pubblicamente un’esperienza così drammatica, che è stata accolta e ha permesso di riscrivere la storia di quelle giornate. Un altro G8.
9
Il processo D iaz Laura Fazio Oggi sappiamo che c’è stata Bolzaneto, che c’è stata la Diaz. Sappiamo della violenza diffusa e gravissima, delle false prove. Su questi fatti ci avevano chiesto di dimenticare. Non lo abbiamo fatto. Senza le indagini, per esempio, non avremmo mai saputo delle false molotov. Ora quanto avvenuto in quella scuola non può più essere messo in discussione.1
Un disastro dal punto di vista dell’ordine pubblico. Sabato 21 luglio un corteo di 300.000 persone, parte da Sturla per giungere in piazza Galileo Ferraris, dove la manifestazione doveva concludersi con un comizio degli organizzatori del Genoa Social Forum. Il corteo viene diviso in due da una carica della polizia e della guardia di finanza e da una successiva caccia all’uomo contro i manifestanti. Quelle immagini dell’operatore Fabio Chiucconi verranno trasmesse qualche giorno dopo dal T g l delle 20. Il rumore delle pale degli elicotteri e le urla disperate dei manifestanti, una ragazza implora un poliziotto di non accanirsi contro il fidanzato sperando di calmare la furia dei celerini, un giovane con evidenti percosse di manganello viene preso a calci in testa, la donna grondante di sangue cerca tra le persone massacrate l’amica. Ai margini della carica il poliziotto Pasquale Guaglione, vice questore aggiunto aggregato a Genova, trova dietro un cespuglio due bottiglie incendiarie, le cosiddette molotov. Dentro un sacchetto di plastica, senza nessuna scritta. Due bottiglie da vino rosso, con il collo incappucciato da una pellicola trasparente per alila
menti mantenuto con del nastro adesivo e una bandierina disegnata sulla bottiglia, con la scritta “Merlot”.2 “Queste mi faranno perdere la promozione”:3 Guaglione mostra le molotov al suo autista, poi a Maurizio Piccolotti, funzionario responsabile della gestione dell’ordine pubblico in corso Italia e al dirigente superiore Valerio Donnini, coordinatore degli interventi di tutti i reparti mobili presenti al G8 di Genova, che in quel momento arriva a bordo della sua jeep. Donnini le prende in consegna e le deposita sul suo mezzo, appartenente al reparto mobile di Roma, guidato dall’autista Michele Burgio. L ’agente Burgio riaccompagna Donnini in questura, si accorge delle bottiglie molotov e lo fa presente al suo superiore: si è rivolto a me in modo alterato come se avessi fatto una domanda stupida o che comunque non dovevo fare” ? In questura Guaglione raggiunge Piccolotti: “L ’ho raggiunto nel corridoio, credo dell’ufficio di gabinetto, dove stava redigendo la sua relazione; lì gli ho chiesto di inserire il particolare delle bottiglie molotov, del rinvenimento delle bottiglie molotov, e di specificare anche a chi fossero state date, con alcuni particolari. Cosa che invece non fu inserita nella relazione”.5 “Meno nomi si fanno meglio è.”
Genova, luglio 2001 Nel luglio 2001 si svolge a Genova il vertice tra i rappresentanti degli 8 paesi più industrializzati. il
Da Seattle a Goteborg, da Praga a Napoli, in occasione dei summit internazionali le proteste dei movimenti antiliberisti si erano fatte sempre più radicali e partecipate e la reazione delle forze dell’ordine più violenta e risolutiva. A Genova rappresentanti di varie associazioni, O N G , centri sociali, si riuniscono per costituire nell’aprile del 2001 il Genoa Social Forum, promotore delle iniziative del controvertice e delle manifestazioni del 19-20-21 luglio. Per ospitare le migliaia di persone che stanno arrivando a Genova vengono allestiti alcuni campeggi7, un media center alla scuola Diaz Pascoli, un public forum a Punta Vagno; si organizzano dibattiti, conferenze, attività, workshop. Centro di informazioni e ristoro è piazzale Kennedy, vicino alla cittadella delle forze dell’ordine che ospita in quei giorni oltre 15.000 unità tra polizia, carabinieri, guardia di finanza, esercito. Sede del vertice dei capi di stato e di governo Palazzo Ducale, nel centro della città. Intorno la zona rossa, che impedisce di entrare a chiunque non sia in possesso di un pass rilasciato dalla questura. Il corteo dei migranti di giovedì 19 si svolge tranquillamente, durante le manifestazioni del venerdì e sabato si assiste a una svolta repressiva nella gestione dell’ordine pubblico. La maggior parte delle piazze tematiche e dei cortei vengono violentemente attaccati dalle forze dell’ordine: piazza Manin, piazza Paolo da Novi, piazza Dante, il corteo delle Tute Bianche. Due giorni di violenze che culminano con l’uccisione di Carlo Giuliani e il durissimo attacco del sabato contro il corteo internazionale. Il 12
G8 di Genova verrà ricordato principalmente per le azioni di danneggiamento alla città messe in atto dal cosiddetto Black Block, e per le violente cariche da parte delle forze dell’ordine contro i manifestanti, che porteranno a 200 arresti, 1000 feriti e un manifestante ucciso. I primi commenti all’operato delle forze dell’ordine non sono positivi e ci sono critiche che provengono da entrambi gli schieramenti per la mancata azione nei confronti del Black Block e per le violenze contro i manifestanti. Diventa quindi necessaria una strategia più incisiva tesa a reagire attraverso arresti. Il capo della polizia Gianni De Gennaro, a manifestazioni quasi concluse,8 invia a Genova il prefetto Arnaldo La Barbera, al vertice della polizia di prevenzione, formalmente per sollecitare l’attività di collegamento tra la polizia italiana e quelle estere in relazione agli arresti di cittadini stranieri coinvolti negli scontri. Di fatto secondo il prefetto Ansoino Andreassi, vice capo vicario della polizia, l’arrivo a Genova di La Barbera esautora le proprie funzioni; emerge così all’interno della polizia la linea più interventista.9 Il prefetto scoprirà solo dopo la sua rimozione un provvedimento che non gli fu mai notificato a firma Presidenza del Consiglio: “A decorrere del primo luglio, il prefetto, Andreassi Ansoino Andrea, cessa delle funzioni di vice direttore generale della Pubblica Sicurezza ed è collocato in posizione di comando presso la Presidenza del Consiglio dei ministri” C Francesco Gratteri, capo del Servizio Centrale Operativo (SCO ), l’unità centrale della polizia investi13
gativa, già dalla mattina di sabato 21, aveva assunto sempre su disposizione del capo della polizia Gianni De Gennaro —il controllo di alcune operazioni. Le nuove direttive puntavano a effettuare arresti consistenti per riscattare l’immagine della polizia. Mobilitare le unità ritenute più rapide ed efficienti, con azioni preventive perquisizioni e arresti - per fermare possibili manifestanti violenti, vista la reazione non abbastanza efficace delle forze dell’ordine.11 D ’altronde esiste una regola non scritta per cui se ci sono delle violenze o disordini che non si è riusciti a prevenire, questi devono essere compensati da un numero maggiore di arresti di chi li ha commessi.”12 Proprio per perlustrare la città ed eventualmente intercettare gruppi di Black Block al termine delle manifestazioni, il capo della polizia dispone di costituire i cosiddetti pattuglioni misti, composti da personale proveniente da diversi reparti: squadra mobile, digos, reparto mobile, polizia di prevenzione e crimine13. “
Il pattugliane La sera del 21 luglio, dopo una giornata di duri scontri e violente cariche mentre la città si sta svuotando e i manifestanti riprendono i treni, uno di questi pattuglioni14, composto da quattro auto della Ps, due in borghese e due con i colori di istituto, tra cui un magnum del repartomobile, transita in via Cesare Battisti davanti alle scuole Diaz, sede del Genoa Social Forum e secondo la versione della polizia subisce “un fitto lancio di oggetti contundenti da 14
parte di numerose persone, verosimilmente appartenenti alle Tute Nere”.15 E questo episodio che legittima un intervento urgente di iniziativa autonoma della polizia giudiziaria, secondo quanto previsto dall’ex articolo 41 TULPS (testo unico di pubblica sicurezza): “In considerazione della concreta possibilità che proprio l ’edificio scolastico in argomento fosse il rifugio dellefan g e estreme delle ‘Tute Nere’, si predisponeva un adeguato programma d ’intervento finalizzato alla ricerca di armi e materiale esplodente che in quel luogo poteva essere occultato” La situazione risulta fortemente ridimensionata già nei primi interrogatori dei componenti del pattuglione. Versioni lacunose e contraddittorie sia suU’orario del passaggio che sullo svolgimento dei fatti. Massimiliano Di Bernardini, funzionario della squadra mobile di Roma, a capo della pattuglia, nella relazione di servizio dichiara che il contingente ha subito “un folto lancio di oggetti e pietre” T Interrogato dal PM qualche mese dopo dirà “ripeto non una vera e propria aggressione, ma certamente una manifestazione diforte ostilità, perlomeno per quanto io avevo direttamente percepito”.18 L ’agente della digos genovese Barbara Garbati, a bordo della autovettura della squadra mobile di Roma, comandata dal dott. Di Bernardini, con funzioni di scout - cioè guida per la pattuglia, grazie alle conoscenze della città - ricorda urla, insulti e tensione, ma esclude qualunque danno al mezzo del reparto mobile.19 Prepensionata dalla polizia per motivi di salute, non \ . . 20 verrà a testimoniare. Durante il processo di primo grado, i difensori degli 15
imputati chiamano a testimoniare Daniela Weisbrod, del reparto prevenzione crimine di Napoli, mai sentita dai PM durante la fase delle indagini. L ’agente, capopattuglia dell’auto del reparto prevenzione crimine, in coda al pattuglione, fornisce una descrizione del passaggio e del rallentamento della pattuglia, ricordando un clima di tensione; dichiara poi che i manifestanti si sono limitati a insulti e imprecazioni, senza trascendere in atti di violenza fìsica verso veicoli o occupanti: “Non hanno aperto gli sportelli, io avevo il finestrino aperto perché fumavo in macchina, non hanno lanciato roba, facevano... così, come rivolta, cioè cercavano di incuterti paura, non è che c ’hanno sballottato, io avevo la Subaru, la Subaru non aveva niente di anomalo, la macchina infatti... non penso ci siamo... DO M A N D A : Ho capito, quanto sarà durata, diciamo, questa... RISPOSTA: Neanche un minuto ”.21 A seguito di questo episodio in questura i massimi vertici della polizia si riuniscono per valutare l’accaduto e decidono di identificare gli autori del ‘fitto lancio di oggetti” al pattuglione di Di Bernardini. Questo è il motivo ufficiale della perquisizione alla scuola Diaz, che viene discusso nel corso di due riunioni: durante la prima si delibera di procedere, nella successiva si concordano i dettagli operativi. A presiederle, il prefetto Arnaldo La Barbera, presenti il questore di Genova Francesco Colucci, Francesco Gratteri (capo dello SC O ), Gilberto Calderozzi (suo vice), il prefetto Andreassi, Spartaco Mortola (capo 16
della digos genovese) che, inviato nei pressi della scuola per un sopralluogo, constata la presenza di numerosi giovani vestiti di scuro, che bevevano birra con aria pericolosa.22 Vincenzo Canterini (capo del I reparto mobile Roma), informato da Donnini della necessità di radunare il suo reparto e impiegarlo per favorire l’entrata nella scuola del personale della squadra mobile, partecipa alla seconda riunione. Il vicecapo della polizia, manifesta le sue perplessità sull’opportunità di un così delicato intervento e non partecipa alla riunione operativa: “Io ho vissuto questa perquisizione come una calamità che era capitata, della quale io, francamente non ritenevo di essere in qualche modo coinvolto” .23
L'assalto alle scuole D iaz La notte del 21 luglio pochi minuti prima della mezzanotte circa 300 poliziotti giungono da entrambi i lati di via Cesare Battisti e muovono all’assalto delle scuole Diaz. Un mediattivista inglese, Mark Covell, viene picchiato selvaggiamente in via Cesare Battisti, proprio davanti al cancello della Pertini. Lasciato a terra, subisce altri due pestaggi e viene ridotto in fin di vita.24 Nella Pascoli vengono perquisite le stanze dei legali, medici e mediattivisti, distrutti i computer e asportati gli hard disk. Viene ordinato alle persone di mettersi a terra contro il muro e di uscire dalle aule e si verificano alcuni episodi di violenza. La diretta radiofonica di Radio Gap viene interrotta dalla polizia.25 All’irruzione alla Diaz Pertini partecipano i poliziotti 17
di tutti gli uffici; per “la messa in sicurezza, dell’edificio”26 viene impiegato il VII nucleo del primo reparto mobile di Roma, un reparto speciale super addestrato, equipaggiato con divisa antisommossa, cinturone scuro, casco uboot e manganelli tonfa, pericolose armi se usate in modo improprio, cioè impugnate alla rovescia per colpire con la parte a T; uno sfollagente che non può essere utilizzato con la leggerezza, con la quale si utilizza quello ordinario. Può produrre grossi danni.”11 Per le persone che si trovano all’interno della scuola è l’inizio di un incubo.28 Gravissimi gli episodi di lesione, 87 i feriti che hanno riportato lesioni craniche o lacero contuse, tre in condizioni gravissime sono stati in pericolo di vita. Alla violenza si aggiungono offese, insulti e minacce. “
“Sono rimasta ancora con le mani alzate davanti a tutti questi poliziotti che hanno iniziato subito a picchiarmi con ì manganelli sulle spalle e sulla testa. Credo di essere caduta quasi subito, ero sdraiata con la schiena verso la polizia e mi hanno colpito, mi hanno dato dei calci nella schiena, sulle gambe, mi hanno picchiato sul lato con i bastoni ho cercato di pararm i dai colpi mentre mettevo le braccia sopra alla testa ... poi mi ha raccolta la polizia e mi hanno buttato verso il muro, alla parete c’erano dei ganci per poter appendere delle giacche e avevo la sensazione che mi potevano entrare questi ganci mentre mi buttavano contro e poi un poliziotto mi ha picchiato con il ginocchio tra le gambe, hanno continuato a picchiarmi e io sono scivolata giù dal muro, dalla parete, quando ero già per terra hanno continuato a colpirmi, avevo la sensazione che loro si 18
divertissero mentre mi stavano picchiando e gemevo quando mi colpivano sullo sterno e avevo la sensazione che loro fossero divertiti.” “Ho visto questi gruppi di agenti che sono entrati di corsa, ricordo che urlavano, si sono diretti subito sulle persone che si sono trovate di fronte. Quindi ho visto questi prim i agenti che si sono rivolti verso di loro, hanno cominciato a prenderli a calci, a manganellate, urlavano, ricordo che sputavano, insulti, e poi alcune frasi, qualcuna la ricordo, altre no. Hanno cominciato a pestare a calci, a manganellate le persone che si trovavano di fronte. Hanno preso di mira i ragazzi che avevo alla mia destra, la ragazza in particolar e che era quella più vicina, proprio affianco... che io avevo affianco, è stata presa con un calcio alla faccia, quindi è stata spinta indietro, è un p o ’ barcollata, sì è piegata con la schiena a ll’indietro, il ragazzo che aveva affianco è stato raggiunto da delle manganellate, erano due gli agenti in questo momento che si sono rivolti contro questa coppia.” “Sì, come ho già descritto il modo come siamo stati picchiati questo modo sistematico uno dopo l ’altro cioè senza che succedesse che passando si picchiasse, ma proprio si è preso il tempo per ognuno cioè per una persona che è sdraiata o seduta piena di sangue di mettersi nuovamente lì davanti per picchiarlo ancora una volta, così come l ’ho vissuto io erano molto impegnati cioè i poliziotti erano molto impegnati di umiliarci appositamente di farci capire il loro disprezzo cioè c’era ancora un’a ltra situazione che mi è rimasta molto bene in mente secondo me era dopo che ave19
vano terminato l ’orgia di averci picchiati cioè che un poliziotto in un modo di un macho con le gambe allargate di essersi messo davanti a questa signora che era di fronte a me sdraiata si è toccato i genitali e ha mosso il suo bacino avanti e indietro davanti alla sua faccia e si è girato anche verso di me e ha fatto lo stesso gesto e in quel momento ha detto qualche cosa che naturalmente non ho capito, dopo qualcuno mi ha urlato, mi ha sgridato voleva qualche cosa di particolare da parte mia cioè che cosa voleva in ogni modo lui ha preso i miei capelli, ha preso la mia testa tenendomi i capelli e l ’ha schiacciata lateralmente per terra.”2