Bioetica e laicità. Nuove dimensioni della persona 9788843049752

Bioetica: l’evidente centralità delle questioni della vita e della morte, e la crescita dei saperi sulla vita e sulla mo

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Italian Pages 256/253 [253] Year 2009

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Bioetica e laicità. Nuove dimensioni della persona
 9788843049752

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AN;>.JALI DELLA FOI'\DAZIO:'\E BASSO

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5

I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a:

Carocci editore via Sardegna 50, 00187 Roma, telefono o6 l 42 81 84 17, fax o6 l 42 74 79 31 Visitateci sul nostro sito Internet: http://www.carocci.it

Fondazione Lelio e Lisli Basso-rssoco Roma Annali 2005-2007

Bioetica e laicità Nuove dimensioni della persona

A cura di Stefano Rodotà e Francesco Rimoli

Carocci

e dit o re

Questo volume degli "Annali" comprende le relazioni, successivamente rielaborate, presenta­ te a due convegni promossi dalla Fondazione Basso: I) Trasformazioni del corpo e dignità della persona, organizzato in collaborazione con la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Ro­ ma "La Sapienza" il4 maggio 200 5, nella sala convegni di Piazza Montecitorio; 2) Laicità e Co­ stituzione, svoltosi il 9 febbraio 200 7, nella sala conferenze della Fondazione Basso. Per la pubblicazione è stato ricevuto un contributo del Ministero per i Beni e le Attività Cul­ turali.

13 edizione, febbraio 200 9 © copyright 200 9 by Carocci editore S.p.A., Roma

Realizzazione editoriale: studiograficoagostini, Roma Finito di stampare nel febbraio 200 9 dalla Litografia Varo (Pisa) ISBN

978-88-4 30-4 975-2

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

Parte prima Trasformazioni del corpo e dignità della persona

Stefano Rodotà Introduzione I.

2. 3· 4·

Corpo fisico e corpo elettronico Corpo e dignità Unità e scomposizione del corpo Il corpo e la raccolta delle informazioni: il ritorno della tor­ tura

Amedeo Santosuosso Corpi e soggetti: l'invenzione del sé, tra biotecnologie e ca­ tegorie giuridico-politiche I.

2. 3· 45· 6. 7·

Prima dell'uragano Liberi e uguali Un versante maschile: rarefazione e impotenza Lo scandalo della natura violata: le donne e la Chiesa cat­ tolica La natura (biologica) della Chiesa cattolica Etsi uterus non daretur: due idee di natura Un contesto più ampio: frammentazione e ricomposizione della persona fisica

Simona Argentieri La questione del transgender tra diritto e delirio I.

2. 3·

Un percorso storico La situazione attuale Un nuovo conformismo

13 13 18

20

31

41 44 47 49

55 56 58 6o

8

I.

2. 3· 4· 5· 6. 7· 8. 9·

1:\'D I C E

Carlo Alberto Redi Ontogenesi dell'individuo

65

Eligio Resta Diritto, corpo, vita

69

Katechon Blurring o/ genres Incidenti cartesiani Il Circolo di Vienna sulla nave di Teseo Corpus/Corpora Metafisica fantastica Compensatio Economie politiche dei corpi Salvare le possibilità

Gabriella Bonacchi Il corpo e la vita. Parole, pratiche, conflitti I.

2. 3· 4·

L'embrione: realtà storica e polemica politica I termini del dibattito Zoé e nomos Il film della vita

Gino Satta Il corpo delle altre I.

2. 3· 4· 5· 6.

I.

2. 3· 4· 5·

69 71 74 77 8o 82 84 85 87

91 95 100 103 107

Il3

Premessa La costruzione culturale del corpo Di cosa parliamo quando parliamo di FGM? La dimensione culturale: una critica antropologica lniziazioni rituali Il nuovo colonialismo e i diritti umani

Il3 Il5 117 120 123 !26

Mariachiara Tallacchini Livelli di corporeità: una metafora dell'identità europea?

133

Premessa Corpo personale, corpo reificato Corpo anonimo Corpo artificiale Il prezzo dell'eticità europea: tra mercato e politica

!:-;'DICE

9

Parte seconda Laicità e Costituzione. Dalla pluralità dei modelli al pluralismo della convivenza

I.

2. 3·

Francesco Rimoli Introduzione

145

La laicità dello Stato Pluralismo, democrazia e laicità Questo volume

145 147 149

Vincenzo Ferrone La "sana laicità" della Chiesa bellarminiana di Benedetto XVI tra "potestas indirecta" e "parresia"

I.

2. 3· 45· 6. 7·

Piero Bellini "Non-negoziabilità dei valori religiosi": "non-negoziabilità dei diritti fondamentali"

175

Il primato del diritto La libertà decisionale dei soggetti Droits de l' homme Il diritto fondamentale di auto-determinazione personale Il vincolo gregale Favor libertatis La realizzazione dei doveri di carattere sacrale

175 176 178 179 180 181 182

Salvatore Prisco Il principio di laicità nella recente giurisprudenza I.

2. 3·

I.

2. 3·

Premessa introduttiva La laicità dello Stato nella giurisprudenza: linee ricostruttive Società multiculturale e principio di laicità

Giovanni Di Cosimo Laicità e democrazia

201

La situazione in campo giurisprudenziale ...e in campo legislativo Un cammino da completare

201 202 203

IO

4· 5· 6. 7· 8. 9·

1:\'D I C E

Dialogo fra il pensiero religioso e il pensiero laico Argomenti (religiosi e non) Gli interlocutori sul lato delle religioni Concorso della religione alla vita democratica Una complessa questione di confini Divieti o obblighi di matrice religiosa

204 205 206 208 210 211

5ergio Lariccia Individuo, gruppi, confessioni religiose nella Repubblica italiana laica e democratica I.

2. 3· 4·



6.



213 21 3

Premessa. Le ragioni del titolo della relazione Il significato delle espressioni usate nel dibattito politico e culturale a proposito della laicità delle istituzioni I fondamenti del pensiero laico. Democrazia e pluralismo come garanzie della laicità Laicità delle istituzioni e principi costituzionali sui rapporti tra Stato italiano e Chiesa cattolica. La sentenza della Corte Costituzionale n. 203 del 1989 Le garanzie dei diritti degli individui e delle formazioni sociali nei primi anni dopo l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana La disciplina bilaterale dei rapporti tra Stato e confessioni religiose. Lo stato attuale dei diritti e delle libertà in materia religiosa. Problemi pratici della laicità, oggi in Italia Conclusioni

229 234

Francesco Bertolini, Michela Manetti, Francesco Rimoli Tavola rotonda Stato laico e società multiculturale: la sfida dell'integrazione

237

21 5 217

218

222

Parte prima Trasformazioni del corpo e dignità della persona

Introduzione di Stefano Rodotà

I

Corpo fisico e corpo elettronico Il corpo umano è in continua trasformazione. Da tempo ha perduto la sua unità, si è scomposto nelle sue parti, nei suoi prodotti: organi, tessuti, cellule, gameti possono essere separati dal corpo d'origine, fatti circolare ed essere uti­ lizzati in altri corpi. Ha poi conosciuto la crisi della sua materialità quando si è cominciato a contrapporre il corpo "elettronico" a quello "fisico" . Ha ritro­ vato l'importanza della fisicità quando i dati biometrici si sono rivelati uno strumento indispensabile per la defmizione e il riconoscimento dell'identità. Nell'Information Age anche il corpo è stato subito considerato un insie­ me di dati, un sistema informativo. Il tema del corpo, delle sue trasforma­ zioni e del suo destino diviene così la grande metafora e il punto critico del­ la società dell'informazione, e del suo approdo alla realtà virtuale1 La ripul­ sa può essere totale: da una parte, il corpo indebolito diviene una sorta di protesi per la rete dei mass me­ dia; dall'altra, il corpo elettronico è composto di dati spazzatura che lottano per tor­ nare in vita in forma ricombinante: per imparare rapidamente come sopravvivere agli spasmi e ai crash della vita (digitale) sulla strada virtuale. Reclinare (nella virtualità) e nei dati spazzatura (volontariamente?); questo è il destino del corpo elettronico nell'interminabile conto alla rovescia verso l'anno 20002.. E l'identità può esser fatta corrispondere alle molteplici " finestre" aperte

sullo schermo: «queste fmestre sono divenute una potente metafora per pen­ sare il sé come un sistema multiplo, distribuito»3• 1. Come osserva M. Marzano, Straniero nel corpo, Giuffrè, Milano 2004, p. 47, «il corpo è sempre stato una sorta di riflesso delle molteplici pressioni e trasformazioni della società, un ricettacolo dei valori e delle credenze che predominano in questa o in quella cultura [... ]. L'im­ magine ideale che una società costruisce del corpo rappresenta i desideri e i malesseri con cui ci si trova di volta in volta a fare i conti». 2. A. Kroker, M. Weinstein, Data Trash, trad. it. di G. e A. Cara, Urra, Milano 1996, p. Xl. 3· S. Turkle, Li/e on the Screen. Identity in the Age o/ the Internet, Simon & Schuster, New York 1995, p. 14.

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Nel ciberspazio si sarebbe finalmente realizzata la liberazione dagli an­ gusti e ingombranti vincoli del corpo fisico, ormai divenuto puro " corpo ter­ minale" di una persona trasformata in «essere interattivo, volta a volta emit­ tente e ricevente»4• Proprio questo definitivo trasferimento nel ciberspazio del corpo e della stessa identità della persona farebbe percepire ogni riferi­ mento a dati fisici come una regressione, come l'intollerabile ritorno alla "prigione della carne" che angoscia il protagonista di Neuromante5• Ma pro­ prio gli interventi resi possibili dall'innovazione scientifica e tecnologica im­ pediscono di rimanere chiusi in una visione del corpo come «incarnazione immodificabile del sé»: esso diviene «una costruzione personale, un oggetto transitorio e manipolabile, suscettibile di molteplici metamorfosi secondo i desideri individuali»6• Nei tempi più recenti si è tornati a rivolgere l'attenzione alle componenti fisiche, soprattutto perché la sola realtà dematerializzata rischia, in molte si­ tuazioni, di non assicurare la certezza dell'identificazione del soggetto al quale si riferisce. L'uso di un bancomat o di una carta di credito non garan­ tisce una loro utilizzazione da parte del titolare che, a parte i casi di frode, può aver volontariamente resa nota ad altri la sua parola chiave, il suo " co­ dice segreto" . Questo è possibile quando la password consiste in un codice da digitare per accedere a un servizio, a un documento o a una area protet­ ta, o addirittura per votare. Inoltre, una volta affidata l'identità unicamente a dati privi di ogni relazione con la persona concreta alla quale si riferisco­ no, cresce il rischio dei furti d'identità attraverso il semplice fatto d 'impa­ dronirsi di un codice numerico, di una parola chiave, di un algoritmo. Per reagire a questa situazione stanno nascendo derive inquietanti, che si manifestano in particolare con un ricorso sempre più massiccio ai dati bio­ metrici, in primo luogo alle impronte digitali, rendendo così possibili con­ trolli generalizzati di tutti i cittadini. Sembra quasi che, facendosi "infinita" la guerra, infinite debbano pure essere le forme del controllo, con un muta­ mento qualitativo dei rapporti tra Stato e cittadino, con trasformazioni profonde dell'intera organizzazione sociale. Non a caso, guardando al di là della specifica pretesa delle autorità americane di obbligare molti visitatori stranieri a lasciare le loro impronte all'ingresso negli Stati Uniti, si è colto in ciò il segno di una più generale ridefinizione del «normale statuto giuridico­ politico dei cittadini negli Stati cosiddetti democratici». Il corpo diventa il

4· P. Virilio, La vitesse de libération, Galilée, Paris 1995, p. 23. Questa idea di «liberazio­ ne» è criticata in particolare da L. Manovich, Il linguaggio dei nuovi media, Olivares, Milano 2002.

5· W Gibson, Neuromante, trad. it. di G. Cossato e S. Sandrelli, Editrice Nord, Milano 1993. p. 6. 6. D. Le Breton, Signes d'identité: tatouages, piercing et autres marques corporelles, Mé­ tailé, Paris 2002, p. 7·

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tramite per accrescere le misure d i polizia, con una progressione in cui an­ che la mente può essere catturata dalla invasione strisciante delle tecnologie del controllo nella vita quotidiana. Le impronte digitali, infatti, sono soltan­ to uno dei dati biometrici adoperati per finalità di identificazione e control­ lo. E di essi non si abusa nei soli Stati Uniti. Ovunque si ricorre a esse per controllare l'ingresso in luoghi determinati, e si vuole banalizzarne l'utiliz­ zazione fino a ricorrere a esse perfino per controllare l'ingresso alle aule o al­ le mense dei bambini delle scuole elementari. Neppure la sfera più intima è al riparo dalle invasioni. Vengono pubbli­ cizzati programmi che analizzano ogni minima inflessione della voce per sta­ bilire se si stia dicendo la verità. Grazie all'analisi computerizzata delle espressioni del volto, di ogni movimento dei muscoli facciali con il "Facial Action Coding System " , si cerca di arrivare ai moti dell'anima, alla dimen­ sione più nascosta della persona, così come la memoria individuale viene sondata alla ricerca di " impronte cerebrali" che rivelino il ricordo di fatti passati, e dunque possano essere assunte come prova di una partecipazione a quei fatti. Ha osservato giustamente Alberto Oliverio: Un secolo fa, nel sottolineare il ruolo dell'inconscio, Freud notò che l'io non era più padrone in casa propria: oggi si può affermare che la sua privacy viene minacciata dai nuovi programmi informatici in grado di smascherare la veridicità delle nostre espressioni, di andare oltre la facciata dietro cui nascondiamo i nostri sentimenti.

Si torna così a dare rilevanza, in modo nuovo, al corpo, che diventa fonte di nuove informazioni, oggetto di un continuo " data mining" , davvero una mi­ niera a cielo aperto dalla quale attingere dati ininterrottamente. Il corpo in sé sta diventando una password: la fisicità prende il posto delle astratte pa­ role chiave. Impronte digitali, geometria della mano o delle dita o dell'orec­ chio, iride, retina, tratti del volto, odori, voce, firma, uso di una tastiera, an­ datura, DNA. Si ricorre sempre più frequentemente a questi dati biometrici7 non solo per finalità d'identificazione o come chiave per l'accesso a diversi servizi, ma anche come elementi per classificazioni permanenti, per control­ li ulteriori rispetto al momento dell'identificazione o dell'autenticazione/ve­ rifica, cioè della conferma di una identità. Ma questa rivincita della fisicità non implica una dissociazione del cor­ po dalla tecnologia. Anzi, sono proprio le innovazioni tecnologiche che per­ mettono una rinnovata scomposizione del corpo attraverso raccolte di informazioni che riducono l'identità complessiva di un soggetto a un solo

7· Pur senza mettere in discussione la legittimità di considerare il DNA nel quadro dei da­ ti rilevanti ai fini dell'identificazione o dell'autenticazione, si discute della correttezza di una sua qualificazione generale come dato biometrico in senso stretto.

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dettaglio: a un tratto del volto, alla scansione dell'iride. E qui nascono nuo­ vi, più drammatici interrogativi, derivanti dal fatto che alcuni dati biome­ trici racchiudono una molteplicità di informazioni, anche molto sensibili, eccedenti la finalità di identificazione o di verifica e riferibili a una molte­ plicità di soggetti, non solo a quello immediatamente preso in considera­ zione. È il caso dei dati genetici, che rivelano informazioni tanto sulla per­ sona dalla quale provengono quanto sui suoi consanguinei. Così, attraver­ so i dati genetici di una sola persona, ci si impadronisce dei corpi di un in­ tero gruppo biologico. Per comprendere l'intero contesto nel quale stanno avvenendo queste trasformazioni, non è possibile fermarsi soltanto a questi intrecci diretti tra corpo fisico e tecnologia. Un mutamento sociale ha fatto divenire il telefono mobile quasi una protesi della persona, un robustissimo e invisibile filo elet­ tronico che permette di seguire ogni nostro movimento in qualsiasi labirin­ to, che consente in ogni momento la localizzazione del corpo (tanto che cre­ sce l'offerta di servizi legati appunto alla possibilità di individuare il luogo dove la persona si trova) e ha portato addirittura alla " riscoperta" della fun­ zione di alcune sue parti, come il pollice. L'abbandono del codice a barre per contrassegnare un prodotto e la sua sostituzione con una smart tag, con una etichetta " intelligente" , può consentire nuove forme di controllo se, grazie alla radio /requency identz/ication technology (RFID), le etichette sono strut­ turate in modo da permettere appunto di seguire le persone dal negozio a casa, e segnalare ogni ulteriore utilizzazione del prodotto considerato. E queste tecnologie della localizzazione si moltiplicano, con la diffusione di congegni miniaturizzati, inseriti ad esempio nella cucitura di un vestito e che inviano segnali intercettati con la tecnologia GPS ( Global Position System), e di sensori di dimensioni ridottissime, le polveri " intelligenti" (smart dust) . Ma lo stesso corpo può essere tecnologicamente modificato, può essere predisposto per essere seguito e localizzato permanentemente. La possibilità di inserire sotto la pelle un chip, contenente ad esempio informazioni sulla salute o tale da permettere in ogni momento la localizzazione di persone ra­ pite o di criminali pericolosi o di detenuti in libertà provvisoria o più sem­ plicemente l'identificazione di una persona, ha indotto una società america­ na (Applied Digita! Solutions) a lanciare il servizio VeriChip con lo slogan "Get chipped " . Questa società ha poi presentato il servizio VeriPay, consi­ stente sempre in un chip sotto la pelle, che dovrebbe prendere il posto di una comune carta di credito, rendendo così più sicuri e veloci i pagamenti. Questa forma di controllo diventa ancora più agevole se ci si affida alle smart tags e alla tecnologia RFID, ricordate prima e di cui si comincia a fare uso su larga scala, adoperandole non solo per contrassegnare prodotti, ma anche esseri viventi: oggi gli animali di un gregge, in prospettiva anche le persone. La sorveglianza sociale si affida così a una sorta di guinzaglio elettroni­ co. Il corpo umano viene assimilato a un qualsiasi oggetto in movimento,

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controllabile a distanza con una tecnologia satellitare o utilizzando le radio­ frequenze. Se il corpo può diventare una password, le tecnologie della loca­ lizzazione stanno facendo nascere una networked person. Davanti a noi sono mutamenti che toccano l'antropologia stessa delle persone. Siamo di fronte a slittamenti progressivi: dalla persona " scrutata" attraverso la videosorveglianza e le tecniche biometriche si può passare a una persona "modificata" dall'inserimento di chip ed etichette " intelligenti" , in un c ontesto che sem p re p iù nettament e c i in dividua appunt o come networked persons, persone perennemente in rete, via via configurate in mo­ do da emettere e ricevere impulsi che consentono di rintracciare e ricostrui­ re movimenti, abitudini, contatti, modificando così senso e contenuti del­ l' autonomia delle persone. Questa tendenza ha avuto una esplicita conferma nell'intenzione di­ chiarata il 19 luglio 2004 dal primo ministro del Regno Unito di voler «eti­ chettare e controllare» via satellite i cinquemila più pericolosi criminali in­ glesi. Molti hanno già messo in evidenza le difficoltà tecniche di questo pro­ getto. Ma è la forza simbolica del messaggio a dover essere presa seriamen­ te in considerazione. Esso ha come premessa un profondo mutamento dello statuto giuridico e sociale della persona. L'aver scontato interamente la pena non basterà più per riconquistare la libertà. Se una persona viene classificata " ad alta pro­ pensione a commettere reati" , perderà la libertà di circolazione e tutte le re­ lative forme di autonomia individuale, perché le sarà imposto di portare uno strumento elettronico che ne renda possibile in ogni momento la localizza­ zione. E questa "etichettatura" delle persone pericolose potrebbe essere rea­ lizzata inserendo sotto la loro pelle un microchip . Cambierebbe così la na­ tura stessa del corpo che, manipolato tecnologicamente, diverrebbe " post­ umano" . Ma si può considerare questa prospettiva compatibile con il prin­ cipio di dignità, che apre solennemente la Carta dei diritti fondamentali del­ l'Unione Europea? Si può accettare l'ardita mossa semantica blairiana che ha ribattezzato «società del rispetto» questa ulteriore versione della «società della sorveglianza»? Non si dica che queste sono bizzarrie futurologiche, o allarmismi. Negli stessi giorni della proposta di Blair si è appreso che in Messico, con una spe­ sa di 150 dollari a persona, è stato "iniettato" un microchip nel braccio del procuratore generale e di altri 160 suoi dipendenti per controllare il loro ac­ cesso a un importante centro di documentazione ed, eventualmente, per rin­ tracciarli in caso di sequestro. Unico commento del procuratore: «l'impian­ to mi ha fatto un po' male». Le derive tecnologiche assumono così tratti particolarmente inquietan­ ti. Le finalità di identificazione, verifica, sorveglianza, certezza nelle transa­ zioni possono davvero giustificare qualsiasi utilizzazione del corpo umano resa possibile dall'innovazione tecnologica?

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Corpo e dignità Nella fase più recente la spinta a utilizzare al massimo i dati biometrici è sta­ ta fortemente rafforzata dall'importanza assunta dall'obiettivo della lotta al terrorismo, che tende a far prevalere la finalità della sicurezza su tutte le al­ tre. In questo modo, però, la questione rischia di essere impostata in modo improprio, quasi che sicurezza e protezione dei dati fossero valori incompa­ tibili, sì che la tutela di uno di questi valori escluderebbe automaticamente ogni rilevanza dell'altro. L'impostazione corretta del problema, invece, esi­ ge non solo un bilanciamento tra i diversi interessi in campo, ma una pre­ ventiva valutazione delle modalità e degli effetti di una eventuale compres­ sione della protezione dei dati. Questa, comunque, dev'essere sempre esclu­ sa quando porta a una violazione della dignità della persona, che costituisce ormai un riferimento ineludibile, confermato dal fatto che la Carta dei dirit­ ti fondamentali dell'Unione Europea si apre appunto con un articolo nel quale si afferma che «la dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispet­ tata e tutelata». Con una significativa anticipazione, il riferimento alla dignità era già contenuto nell'art. 1 della legge italiana del 1996 sulla protezione dei dati8, che dava così particolare evidenza a un diritto fondamentale della per­ sona, rispetto al quale le eventuali, legittime limitazioni esigono sempre che venga mantenuto un equilibrio attraverso garanzie aggiuntive in grado di com pensare le restrizioni. In questi anni, infatti, non è cresciuta soltanto la pressione per ridurre la protezione dei dati personali in nome della lotta al terrorismo. È anche cre­ sciuta la consapevolezza dell'importanza della protezione dei dati come aspetto essenziale della libertà personale. Non a caso si parla da anni di un habeas data, riprendendo la formula dell'habeas corpus che storicamente ha rappresentato appunto il primo riconoscimento della libertà personale. È la persona nella sua concretezza a dover essere tutelata, visto che, in particola­ re quando si tratta dei suoi dati biometrici, rivela una debolezza nuova: la possibilità di essere smontata pezzo per pezzo9• Pur divenendo "multiplo" , il corpo deve continuare a essere pensato come " uno"10• «Non metteremo la mano su di te». Questa era la promessa della Magna Charta: rispettare il corpo nella sua integralità. Questa promessa sopravvive ai mutamenti tecnologici. Ogni trattamento di singoli dati biometrici, quin-

8. Legge 31 dicembre 1996, n. 675. Ora si veda il Codice in materia di protezione dei dati personali, decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, art. 2. 9· A. Alterman, "A piece o/ yoursel/": Ethical issues in biometrie identz/ication, in "Ethics and lnformation Technology", 2003, 5, pp. 139-50. 10. F. Dagognet, Le corps multiple et un, Éd. Laboratoires Delagrange/Synthélabo, Paris 1992.

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di, dev'essere considerato come se si riferisse al corpo nel suo insieme, a una persona che deve essere rispettata nella sua integrità fisica e psichica. Lo di­ ce esplicitamente l'art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Eu­ ropea. E questa norma, insieme al già ricordato riconoscimento della prote­ zione dei dati personali come diritto fondamentale, ci conferma che siamo ormai di fronte a una "costituzionalizzazione della persona" . È nata una nuo­ va concezione integrale della persona, alla cui proiezione nel mondo corri­ sponde il forte diritto di non perdere mai il potere di mantenere il pieno con­ trollo su un corpo che ormai è, al tempo stesso, "fisico" ed " elettronico" . I documenti internazionali, le norme sovranazionali, le legislazioni na­ zionali, le decisioni di molte corti, anche costituzionali, si sono sviluppate proprio in questa direzione, arricchendo la tradizionale definizione della pri­ vacy come «diritto a essere lasciato solo». Le forme assunte dalla protezione dei dati personali rispecchiano ormai una gamma di valori assai più ampia, diventano strumenti essenziali contro le discriminazioni, per la difesa di di­ ritti fondamentali come la salute, per consentire il libero sviluppo della per­ sonalità. La stessa parola " privacy" rischia di divenire inadeguata, non più capace di individuare correttamente la realtà che dovrebbe rappresentare, se rimane confinata nel significato dell'origine. La protezione dei dati costituisce ormai uno degli aspetti più significati­ vi della libertà delle persone. Non è una idea astratta di libertà a essere presa in considerazione, così come non è disincarnata l'idea di persona alla quale le garanzie devono essere riferite. Se è certamente riduttiva e pericolosa una im­ postazione che porti a concludere che "noi siamo i nostri dati" , è tuttavia in­ dubitabile che il nesso tra corpo, informazioni personali e controllo sociale può assumere tratti così drammatici da evocare immediatamente il rispetto della dignità della persona, che impone una interpretazione particolarmente rigorosa del principio di stretta necessità nella raccolta e nel trattamento del­ le informazioni, nel senso che si deve ricorrere a dati in grado di identificare un soggetto solo per finalità che non possano essere altrimenti perseguiten. Gli stessi criteri debbono a maggior ragione valere quando ci si trova di fronte a vere e proprie modificazioni del corpo. Se, ad esempio, si conside­ ra la possibile sostituzione del braccialetto elettronico con le tecnologie RFID per controllare i detenuti in regime di semilibertà o le persone agli arresti do­ miciliari, non siamo di fronte a un innocente passaggio da una tecnologia al­ l'altra. Per quanto odioso possa essere, il braccialetto non implica una mo­ difica del corpo. Questo, invece, è proprio quel che accade quando si inse­ risce un chip o si applica una etichetta intelligente. L'integrità del corpo è violata, la dignità lesa, sì che l'impianto deve essere ritenuto illegittimo an­ che se la persona interessata abbia dato il suo consenso.

11. Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 196hoo3) art. 3·

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Non si può dimenticare che, a proposito dei trattamenti sanitari, la Co­ stituzione ha individuato un preciso limite all'intervento dello stesso legi­ slatore proprio nel «rispetto della persona umana» ( art . 32.2) . Ritenuto in­ valicabile anche quando si tratta di proteggere la salute e la vita della per­ sona, questo limite deve a maggior forza valere quando siano in questione valori che, in questa dimensione, si presentano come qualitativamente me­ no rilevanti. 3

Unità e scomposizione del corpo Nel valutare legittimità e modalità dell'utilizzazione di dati biometrici, allo­ ra, non ci si può limitare a una analisi costi-benefici. Ci troviamo, infatti, su un terreno dove la presenza di valori come quelli di libertà personale, inte­ grità e dignità impediscono di agire come se il bisogno di sicurezza o il fine dell'efficienza potessero prevalere su ogni altra considerazione. In realtà, di­ fendendo la persona e il suo corpo si difendono valori fondamentali dei si­ stemi democratici, che non possono essere limitati o sacrificati senza awia­ re pericolose derive di tipo totalitario. Non v'è dubbio che l'utilizzazione dei dati biometrici può offrire a tut­ ti nuove forme di sicurezza, semplificazioni delle attività quotidiane . Au­ menta la certezza delle identificazioni, diventa estremamente più difficile, o viene esclusa del tutto, la possibilità di sostituzioni o duplicazioni della persona. Grazie ai dati genetici aumentano in modo significativo le op ­ portunità di tutela della salute. Ma non basta fermarsi a queste considera­ zioni. È indispensabile considerare analiticamente le diverse specie di da­ ti biometrici, le finalità per le quali possono essere utilizzati, le modalità delle loro utilizzazioni. Non ci si può limitare, infatti, ad accertare la possibilità tecnica di uti­ lizzare i dati biometrici a fini di identificazione. È indispensabile assicurarsi della loro accuratezza, poiché le tecniche utilizzate o la natura stessa dei da­ ti possono determinare percentuali anche elevate di falsi positivi e negativi. Questo può accadere per il carattere ancora sperimentale di alcune tecniche o dipendere dalle particolari condizioni in cui vengono impiegate (ad esem­ pio, le condizioni di luce o l'angolo di ripresa per l'identificazione facciale) . Lo stesso ricorso al DNA perde il suo valore di strumento definitivo di iden­ tificazione quando si considera che i gemelli monozigoti hanno lo stesso DNA: poiché le coppie di gemelli monozigoti sono r su 250 nascite, questo si­ gnifica che il ricorso alle informazioni desunte dal DNA deve scontare il ri­ schio di milioni di false identificazioni. L'utilizzazione dei dati biometrici, quindi, esige un approccio tecnica­ mente prudente, senza gli entusiasmi e le defmitive certezze che spesso ven­ gono proclamate soprattutto da chi ha un interesse diretto a collocare sul

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mercato le molteplici tecnologie legate ai dati biometrici. In un documento dell'OECD si osserva che «una rassegna delle informazioni disponibili sul ren­ dimento dei dati biometrici e delle inchieste giornalistiche sulle tecnologie biometriche danno al lettore la sensazione che la biometria non sia ancora "pronta per la prima serata"». Questo vuoi dire che, mentre queste tecnolo­ gie sembrano funzionare adeguatamente in impieghi ridotti e limitati, la lo­ ro accuratezza, affidabilità e adeguatezza non sono ancora sufficientemente raffinate per una loro utilizzazione in sistemi di identificazione personale su larga scala12• Da questo tipo di analisi si traggono due indicazioni. Una riguarda il pe­ riodo breve-medio, e consiglia una valutazione rigorosa nell'uso dei dati bio­ metrici con riferimento alla loro affidabilità: si tratta, evidentemente, di in­ dicazioni destinate a variare a seguito dei perfezionamenti tecnici delle rela­ tive tecnologie. L'altra ha carattere generale e si riferisce al test di compati­ bilità con i valori di libertà e democrazia al quale tutte le utilizzazioni dei da­ ti biometrici devono essere sottoposte. Nell'uno e nell'altro caso, peraltro, è sempre indispensabile procedere a una valutazione di " impatto privacy" . Quando si ricorre a dati biometrici (Dl\'A incluso) , il primo criterio da se­ guire nello svolgere il test di compatibilità riguarda la legittima utilizzazione di tali dati solo quando non è possibile raggiungere la stessa finalità attra­ verso dati che non coinvolgano il corpo. Più rilevante ancora, tuttavia, è la considerazione che riguarda il numero di soggetti sul cui conto vengono rac­ colte le informazioni. Le raccolte generalizzate, infatti, soprattutto quando vengono giustificate con ragioni di sicurezza, modificano la percezione so­ ciale di tali raccolte e finiscono con il trasformare tutti i cittadini in poten­ ziali sospetti: «a nation under suspicion», si è detto. Fanno crescere, inoltre, la vulnerabilità sociale, essendo assai difficile eliminare del tutto il rischio di abusi, data l'enorme quantità di dati raccolti, o difendere grandi banche da­ ti dalle violazioni, che potrebbero venire anche da gruppi terroristici o cri­ minali, con un pericoloso effetto boomerang. Il ricorso massiccio alle soluzioni basate sulla biometria può essere pre­ sentato e percepito come una panacea tecnologica, sì che l'opinione pubbli­ ca tende a soprawalutare la loro accuratezza, associando impropriamente ta­ li tecnologie con una protezione assoluta contro il terrorismo. A questa fal­ sa certezza può associarsi una crescente "mitridatizzazione" sociale, nel sen­ so che il diffondersi del ricorso alla biometria oltre le situazioni di stretta ne­ cessità rischia di far progressivamente perdere ai cittadini la sensibilità ne­ cessaria per awertire i rischi per la loro privacy, per la tutela della loro libertà personale. La società viene anestetizzata attraverso la progressiva cancella-

12. Organisation for Economie Co-operation and Development, Biometric-based techno­ logies, March 2004, p. 35·

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zione delle percezioni legate alla perdita del controllo esclusivo del proprio corpo. E queste considerazioni relative ai dati biometrici hanno un signifi­ cato più generale, riguardando l'insieme delle tecnologie alle quali, abban­ donandosi a una pericolosa deriva culturale e politica, si vuole sempre più largamente delegare la soluzione di complessi problemi sociali. Considerando il problema dallo specifico punto di vista della protezio­ ne dei dati personali, un 'altra questione capitale è rappresentata dal fatto che alcuni sistemi biometrici sono basati su dati che, come quelli relativi alle im­ pronte digitali e al DNA, si possono ottenere senza che le persone alle quali si riferiscono ne siano consapevoli, dal momento che si tratta di tracce la­ sciate nella maggior parte dei casi involontariamente. Le impronte digitali possono essere raccolte in qualsiasi luogo in cui una persona si sia trattenu­ ta anche per un brevissimo periodo; per ottenere dati genetici basta racco­ gliere un capello, una cicca di sigaretta, un bicchiere di carta con una trac­ cia di saliva, un fazzoletto di carta con cui ci si sia soffiato il naso. Questo può spingere a utilizzazioni eccessive, o addirittura non legittime, appunto con la giustificazione della bassa invasività della raccolta di quei dati. La facilità di raccolta impone riflessioni particolari quando ci si propo­ ne di utilizzare i dati su larga scala. Per quanto riguarda le impronte digita­ li, ad esempio, un primo problema riguarda la possibilità di loro utilizzazio­ ni ulteriori rispetto alle finalità di identificazione o verifica, dal momento che le tracce lasciate continuamente dalle persone attraverso le impronte digita­ li consentono di ricostruire i loro movimenti. Di fronte a questa possibilità non basta invocare misure di sicurezza adeguate per impedire usi impropri delle impronte digitali. Appare preferibile sostituirle, come strumenti di identificazione o verifica, con dati biometrici che non lasciano tracce, come potrebbe essere la scansione dell'iride. Gravissimi, poi, sono i problemi legati al " furto d'identità" . Sono già no­ ti i risultati di ricerche sulla riproducibilità delle impronte digitali, con con­ seguente possibilità di utilizzazione da parte di soggetti diversi da quelli ai quali naturalmente si riferiscono. Questa situazione muta radicalmente la qualità del furto d'identità. Infatti, per quanto possano essere sgradevoli o dannosi gli effetti del furto di una tradizionale password, è poi sempre pos­ sibile sostituirla con una diversa, sì che la persona può continuare a rimane­ re in tutti i circuiti che condizionano l'accesso appunto all'uso di quel tipo di chiave (carte di credito, bancomat, uso di computer, accesso a luoghi pro­ tetti e via dicendo) . Nel caso del furto dell'impronta digitale, invece, la so­ stituzione è impossibile. Siamo, infatti, di fronte a una falsificazione totale dell'identità, sì che l'unico modo per evitare gli usi illegittimi da parte di al­ tri è quello di non ricorrere più a questo strumento identificativo. Ma, per la persona interessata, questo implica l'esclusione totale da tutti i sistemi basa­ ti sulle impronte digitali, con un danno individuale e sociale tanto maggiore quanto più sono diffusi tali sistemi. Considerando questo problema, deve es-

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sere messa in discussione l'opportunità di generalizzare i sistemi basati su questo tipo di dato biometrico. Il problema del furto d'identità diventa estremo nel caso dei dati gene­ tici. Le impronte digitali e altri dati biometrici, infatti, non forniscono alcu­ na ulteriore informazione sulle persone alle quali si riferiscono, mentre la ca­ ratteristica del dato genetico è proprio quella di fornire un insieme di infor­ mazioni che vanno ben al di là dell'identificazione e riguardano in partico­ lare la salute, l'etnia, i rapporti familiari. E, come già si è ricordato, è facile procurarsi il materiale genetico dal quale estrarre le informazioni. Il mate­ riale genetico così raccolto può essere utilizzato per finalità diverse, anche all'insaputa dell'interessato, per effettuare accertamenti riguardanti, ad esempio, la sua paternità. La violazione della sfera privata, in sé gravissima, diviene ancor più in­ quietante se si tien conto del fatto che, grazie ai dati ricavabili da qualsiasi frammento di materiale genetico (saliva, capelli, pelle, sangue) , è possibile ottenere informazioni relative non soltanto all'identità della persona, ma an­ che di tipo " predittivo" . E, poiché il genoma costituisce il tramite tra le ge­ nerazioni, i dati riguardanti una singola persona forniscono informazioni su tutti gli appartenenti al suo gruppo biologico, ponendo così anche il diffici­ le e ineludibile problema di chi siano i dati genetici. Passato, presente e fu­ turo di singoli e di gruppi, dunque, possono essere scandagliati attraverso i dati genetici. Il furto di materiale genetico, inoltre, potrebbe addirittura essere ado­ perato per clonare la persona alla quale si riferisce, tanto che una società americana (DNA Copyright Institute) ha proposto di evitare questo rischio attraverso una forma di "certificazione di proprietà" , in qualche modo so­ stitutiva di quel copyright sul proprio genoma che finora l'us Copyright Of­ fice ha rifiutato di riconoscere. Il genoma umano finisce così con l'assumere quasi una sua autonomia, racchiudendo in sé l'essenza della persona, tanto che in Gran Bretagna si è proposto che, in caso di crimini non risolti per i quali tuttavia esista una traccia genetica del loro autore, si proweda comun­ que all'incriminazione del genoma. Il larghissimo spettro delle possibili utilizzazioni dei dati genetici spiega le ragioni per le quali si moltiplicano le proposte tendenti a effettuare trat­ tamenti di tali dati per le più diverse finalità, in particolare per quanto ri­ guarda la prevenzione e la repressione dei crimini o la tutela della salute. Ma la forte spinta a costituire banche dati genetiche - relative a campioni di D;\IA o a dati genetici in senso proprio - sta parallelamente facendo crescere le preoccupazioni rispetto ai rischi di discriminazioni e di limitazioni delle li­ bertà civili e politiche. Per quanto riguarda la costituzione di banche dati del DNA, esse devono essere limitate a finalità di particolare rilevanza e specificamente individua­ te, devono riguardare categorie assai circoscritte di soggetti, devono racco-

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gliere i soli dati rilevanti per l'identificazione (con esclusione, quindi, di tut­ to quel che ha valenza predittiva o consente di risalire ad altri soggetti) , de­ vono precisare i rapporti tra i dati raccolti e il materiale genetico dal quale sono estratti. N o, in ogni caso, a tutto ciò che si presenta come schedatura di massa o a utilizzazioni anche solo potenzialmente discriminatorie. Né fi­ nalità di sicurezza, e tanto meno interessi economici, possono mettere in di­ scussione l'ineludibile principio di eguaglianza. E non dovrebbe neppure essere trascurato il rischio di creare false pro­ ve a carico di qualcuno, essendo estremamente agevole lasciare in un deter­ minato luogo un suo campione genetico del quale è molto facile entrare in possesso (può bastare un capello) . Il corpo può essere " disseminato" all'in­ saputa del soggetto al quale appartiene. Come può essere mantenuto il con­ trollo su questo "nuovo" corpo, incessantemente creato al di fuori della sua unità fisica? Si tratta di preoccupazioni manifestate già da molti anni, legittimate pro­ prio dai progressi della ricerca, che continuamente rivelano possibilità nuo­ ve di utilizzazione dei dati genetici. Ma dovrebbe essere ormai chiaro che non è possibile accettare una deriva scientifica e tecnologica. Molti insegna­ menti debbono essere tratti dalla riflessione bioetica, sempre più vicina alle analisi sulle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, soprattutto quando si tratta del corpo, e in particolare dei dati genetici. Si deve dire con chiarezza che non tutto ciò che è tecnologicamente possibile è pure social­ mente desiderabile, eticamente accettabile, giuridicamente ammissibile. Proprio il contesto istituzionale della bioetica aiuta a chiarire quali sia­ no i valori implicati dal trattamento dei dati genetici. Già presente nella Di­ chiarazione universale sul genoma umano, il principio di non discriminazio­ ne dà il titolo all'art. n della Convenzione del Consiglio d'Europa sui diritti dell'uomo e la biomedicina, dove si afferma che «è vietata qualsiasi forma di discriminazione nei confronti di una persona a causa del suo patrimonio ge­ netico». La stessa netta affermazione si ritrova nella Carta dei diritti fonda­ mentali dell'Unione Europea, dove l'art. 21, anch'esso intitolato " Non di­ scriminazione" , stabilisce che è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la raz­ za, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lin­ gua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza a una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli han­ dicap, l'età o le tendenze sessuali.

Questa linea è ulteriormente rafforzata da quanto è previsto dall'art. 1 2 del­ la Convenzione sulla biomedicina a proposito dei test genetici, ammessi so­ lo «a fini medici o di ricerca legata alla tutela della salute», escludendosi co­ sì la legittimità del ricorso ai test per qualsiasi diversa finalità, in primo luo-

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go di tipo economico, come quelle riguardanti i contratti di assicurazione o i rapporti di lavoro. La protezione dei dati personali si presenta così come una condizione per il rispetto dello stesso principio di eguaglianza. Il timore dell'esclusione dal contratto di assicurazione o del licenziamento, infatti, può indurre sog­ getti a rischio a non sottoporsi a test genetici proprio per non essere poi te­ nuti a rivelarne l'esito ad assicuratori o datori di lavoro. N egli Stati Uniti, ad esempio, si è accertato che un terzo delle donne alle quali veniva offerto un test gratuito per il cancro al seno rifiutavano di farlo. Questo rifiuto veniva spiegato con il timore della discriminazione genetica, che metteva quelle donne di fronte a una scelta tragica: accettare il test, ma correre il rischio di discriminazioni; rifiutarlo, e mettere a rischio la propria salute. Proprio re­ gistrando questo drammatico dato di realtà, il Congresso degli Stati Uniti ha approvato un Genetic Non-Discrimination Act che vieta agli assicuratori e ai datori di lavoro ogni utilizzazione dei dati genetici. Di fronte a questa nuova realtà si conferma la necessità di una strategia volta a ridurre i trattamenti dei dati personali e a limitare la loro raccolta al minimo necessario per raggiungere finalità legittime, in base al già ricorda­ to principio di necessità e alla precisa sua traduzione nell'art . 3 del Codice sulla protezione dei dati personali: «i sistemi informativi e i programmi infor­ matici sono configurati riducendo al minimo l'utilizzazione di dati persona­ li e di dati identificativi». Questa, d'altra parte, è la linea ormai concorde­ mente indicata dai documenti di molte organizzazioni internazionali, dal­ l'OECD al Consiglio d'Europa. Questa strategia, oltre a ribadire il rigoroso riferimento ai principi di ne­ cessità, finalità, pertinenza e proporzionalità, sottolinea la necessità di una precisa distinzione tra finalità di identificazione e di verifica. Manifesta una preferenza netta per i sistemi decentrati rispetto a quelli centralizzati e per una identificazione su base strettamente individuale (r:r) piuttosto che fa­ cendo riferimento a banche dati contenenti informazioni su una molteplicità di soggetti (r:M) . Diverse autorità di controllo europee, infatti, sostengono già che i dati biometrici non dovrebbero essere raccolti in banche dati cen­ tralizzate, ma inseriti in un oggetto nella disponibilità diretta dell'interessa­ to, come una carta con microchip, un telefono cellulare, una carta di credi­ to. L'identificazione e la verifica, in altri termini, dovrebbero essere effet­ tuate comparando il dato contenuto in quell'oggetto con il dato fornito dal­ l'interessato al momento dell'identificazione e/o della verifica. Ad esempio, per accertare l'identità di una persona attraverso le im­ pronte digitali contenute in un documento elettronico, non si dovrebbe ri­ correre a un confronto di tali impronte con quelle inserite in una banca da­ ti centralizzata al momento del rilascio del documento. Esistono tecnolo­ gie che permettono il controllo dell'identità attraverso l'inserimento del documento in una piccola macchina che contiene anche un dispositivo do-

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ve l'interessato può porre un dito, rendendo così immediato l' accertamen­ to della corrispondenza tra l'impronta contenuta nel documento e quella della persona. Per quanto riguarda, in particolare, i dati genetici, la loro raccolta a fini di identificazione dovrebbe utilizzare soltanto quegli elementi strettamente necessari per accertare l'identità di una persona, escludendo tutte quelle che, invece, contengono informazioni ulteriori sul genoma dell'interessato e de­ gli altri appartenenti allo stesso gruppo biologico. In questa materia, inoltre, non dev'essere mai consentito di superare il divieto di specifiche utilizzazio­ ni dei dati personali ottenendo il consenso degli interessati, che può essere condizionato da molti fattori e appare comunque inadeguato a risolvere pro­ blemi che toccano aspetti essenziali della tutela della personalità. Questa non è una strategia della diffidenza. Ci confrontiamo in ogni mo­ mento con la potenza della tecnica che trasforma le nostre società. La valu­ tazione sociale dell'impatto delle innovazioni scientifiche e tecnologiche è oggi un dovere di tutte le istituzioni pubbliche e private, e in particolare di quelle che hanno il compito di garantire, attraverso la protezione dei dati personali, una dimensione essenziale della libertà dei contemporanei. Que­ sta strategia, peraltro, è l'unica che permette di salvaguardare integrità del corpo, libertà personale e libertà dalla sorveglianza. In particolare, la tutela dell'integrità non deve considerare soltanto un corpo in cui la componente fisica e quella elettronica s'intrecciano continuamente. Dev'essere adeguata a una realtà in cui incontriamo sempre più spesso un corpo "moltiplicato" e " distribuito" . Si è accentuata la propensione del diritto a disciplinare in mo­ do parziale il corpo, riflettendo così la scomposizione alla quale lo sotto­ pongono l'innovazione scientifica e tecnologica e i modelli culturali che l' ac­ compagnano. Abbiamo così, ben distinti nella disciplina, il corpo dell'uomo e quello della donna, il corpo vivo e quello morto; il corpo delle persone ca­ paci e di quelle incapaci; il corpo malato e quello sano; il corpo " terminale" e quello " recuperabile" ; il corpo degli organi singoli o doppi; il corpo " se­ parato" del sangue, delle cellule, dei tessuti13• Proprio la possibilità di separazione e conservazione autonoma di parti o prodotti del corpo fa nascere il corpo distribuito. Nel 1993, la Corte di Cas­ sazione tedesca affrontò il problema della distruzione dello sperma deposi­ tato da una persona presso una banca del seme14• Si poteva concedere un ri­ sarcimento all'interessato solo se si considerava la distruzione come una "le­ sione del corpo" . E si ritenne che la separazione materiale dello sperma dal corpo d'origine non fosse decisiva, perché lo sperma era destinato a rende-

13. Per una considerazione più analitica di questo aspetto, rinvio al mio Tecnologie e di­ ritti, il Mulino, Bologna 1995. pp. 179 ss. 14. Bundesgerichtshof, 9 novembre 1993, in " Familienrecht" , 1994, pp. 154-6.

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re possibile la funzione riproduttiva. Il corpo, dunque, come "unità funzio­ nale", costituito anche da elementi distribuiti in diversi luoghi15• E una cor­ te francese ha considerato il cane di un cieco come parte del suo corpo, per consentire un più forte risarcimento del danno nel caso della sua uccisione. Grazie all'innovazione scientifica e tecnologica è ormai possibile "de­ positare" in banche specializzate sangue e tessuti, cellule e gameti, con l'o­ biettivo di utilizzarli in futuro per le più diverse funzioni, riproduttive o te­ rapeutiche, e per finalità di controllo. E così nasce un corpo che si proiet­ ta nel futuro e addirittura sopravvive al corpo d 'origine, rendendo ad esempio possibile la nascita del figlio di una persona morta. Un corpo " di­ stribuito" , dunque, non solo nello spazio, ma pure nel tempo. Un corpo, in senso ampio, " deterritorializzato"16, portatore di una ubiquità che, rite­ nuta fino a ieri appannaggio del solo corpo elettronico, si manifesta ora an­ che nella dimensione fisica. Ed è anche un corpo permanentemente " incompiuto " . Su di esso è possibile intervenire per reintegrarne funzioni perdute o mai possedute (amputazioni, cecità, sordità) o proiettarlo al di là della sua antropologica normalità, rafforzandone le funzioni o aggiungendone di nuove, sempre in nome del benessere della persona, o della sua competitività sociale (incre­ mento delle attitudini sportive, "protesi" per l'intelligenza) . Siamo di fron­ te a «repairing and capacity enhancing technologies», a una moltiplicazio­ ne delle tecnologie "body-friendly"17, che dilatano e modificano la nozio­ ne di cura del corpo e annunciano l'avvento dei cyborg, del corpo post­ umano, al quale, proprio per questo suo mutamento di natura, potrebbe essere negato l'attributo della dignità " umana " . «Nelle nostre società il corpo tende a divenire una materia prima modellabile secondo l'ambiente del momento»18• Si allargano così le possibilità di intervento individuale, ma crescono anche le opportunità di interventi politici di controllo del cor­ po attraverso le tecnologie. Si guarda al «corpo dell'uomo come apparato per la trasmissione di energia e informazioni». Queste sono le parole con le quali viene descrit­ to l'oggetto del brevetto 6.754.472, concesso negli Stati Uniti a Microsoft. Così, non solo il corpo diviene lo strumento per collegare direttamente una serie di apparati portatili, dal telefono cellulare al computer palmare, al let­ tore di musica, superando le tecnologie attuali e creando, al posto delle re­ ti oggi operanti, una " personal area network" , una rete personale tenuta insieme dalla nostra pelle, dai tessuti. Diviene uno strumento di cui ci vie-

15. Sui complessi rapporti tra diritto e considerazione del corpo, in prospettiva storica, ]. -P. Baud, Il caso della mano rubata, trad. it. di L. Colombo, Giuffrè, Milano 2003. 16. G. Deleuze, F. Guattari, Mille Plateaux, Editions de Minuit, Paris 1981, p. 184. 17. M. Bogdanowicz, Be/ore the Cyborg Come, IPTS, Sev:illa 2003, p. 4· 18. Le Breton, Signes d'identité, cit., p. 7·

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ne sottratta la libera disponibilità, poiché questa nuova forma della sua uti­ lizzazione è subordinata ai diritti di brevetto, dunque a un pagamento a fa­ vore di Microsoft . L a totale riduzione del corpo a macchina19 non alimenta soltanto la pro­ pensione già sottolineata a trasformarlo sempre di più in strumento che ren­ de possibile un controllo continuo della persona. Questa viene " espropria­ ta" del suo corpo e, attraverso ciò, della sua stessa autonomia. Il corpo pas­ sa nella disponibilità di soggetti diversi. Ma quale può essere il destino del­ l'individuo spossessato del proprio corpo, protagonista di una vicenda che ripropone in maniera radicale la scissione tra anima e corpo? Pensare il corpo, e impedire che qualcuno possa "mettere la mano " su di esso, esige una idea diversa della sua integrità, non più chiusa solo nei con­ fini dell'antica sua fisicità, al cui rispetto sono state finora riferite le stesse ga­ ranzie costituzionali. Un altro corpo è davanti a noi - scomponibile, disse­ minabile, manipolabile, falsificabile - ed è questo nuovo corpo che rende possibile nuove forme di controllo, ed esige quindi nuove e più forti garan­ zie. Di nuovo il corpo, e la libertà personale che in esso s'incarna, si presen­ tano alla ribalta del mondo come la premessa dell'agire libero. 4

n corpo e la raccolta delle informazioni: il ritorno della tortura

L'unità della persona può essere ricostituita solo estendendo al corpo elet­ tronico il sistema di garanzie costruito per il corpo fisico. Intanto, però, di nuovo passato e futuro s'intrecciano, e ci obbligano a posare lo sguardo su un intollerabile presente, con una rivincita della fisicità alla quale non avrem­ mo voluto assistere. I corpi hanno preso la parola, e il mondo ha dovuto specchiarsi nella vi­ sione del corpo torturato. Non eravamo ingenui, sapevamo che la tortura non era scomparsa, ma volevamo credere che l'Occidente avesse allontana­ to da sé questa pratica, che la fondazione della moderna civiltà fosse stata definitivamente ac com p agnata dalla rinuncia a uno strumento di raccolta di informazioni che negava l'umanità stessa. Per questo era apparso a qualcu­ no anacronistico, quasi una pura memoria d 'un passato ormai trascorso, il divieto della tortura ribadito nel 2000 dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. E invece, oggi che la tortura torna tra noi, ci accor­ giamo con desolazione che quella norma è ancora necessaria, come se la de­ mocrazia avesse sempre bisogno d'un " richiamo" di vaccini che si pensava l'avessero definitivamente immunizzata contro vecchi mali.

19. Su questo punto le indicazioni e i riferimenti di Hyde, Bodies o/ law, cit., in particola­ re i capp. 1 e 2.

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N el suo divenire, la democrazia ha attribuito valore crescente alla dignità della persona. Con una innovazione culturale e istituzionale di grande signi­ ficato, la Costituzione tedesca del 1949 si apre con le parole "la dignità uma­ na è intangibile" . Qui si coglie immediatamente la volontà di rifiutare il pas­ sato nazista, di tracciare un confine invalicabile oltre il quale, come mostra­ va p roprio l'esperienza storica, non solo la democrazia era perduta, ma scompariva ogni diritto della persona. Veniva così avviata quella " costitu­ zionalizzazione della persona" che ha trovato piena espressione nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea del 2000. Proprio la memoria del Novecento, che ha conosciuto altre tragedie insieme a quella nazista, ha spinto l'Europa ad adottare lo stesso schema della legge fondamentale tede­ sca. «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata»: questo è il testo del primo articolo della Carta. Il senso profondo della democrazia è proiettato al di là del suo essere re­ gola del gioco politico. Incorpora pienamente la dimensione dell'umano, dalla quale ormai non può più separarsi senza negare la sua stessa natura.

Corpi e soggetti: l'invenzione del sé , tra biotecnologie e categorie giuridico-politiche·/\ di Amedeo Santosuosso

La storia recente della regolamentazione giuridica dei rapporti uomo-don­ na, dei rapporti familiari e della filiazione mi pare che possa essere divisa in tre fasi, corrispondenti a tre livelli di problemi. La prima fase è quella che potremmo definire prima dell'uragano dell'uguaglianza e della libertà ( § 1) , e giunge fino agli anni Settanta del secolo scorso, caratterizzata dagli ultimi re­ sidui di immobilità dei rapporti familiari basati su una ritenuta normatività naturale e assestati su un presupposto individualistico-autoritario, che trae le sue origini dal Codice Napoleone e che è inasprita in Italia nel periodo fa­ scista. La seconda è quella della uguaglianza, della libertà e della artificialità nei rapporti familiari e di discendenza ( § § 2-6) , ed è caratterizzata dal pres­ soché contemporaneo (nell'arco di un decennio) smantellamento delle disu­ guaglianze giuridiche (in Italia la legge di riforma del diritto di famiglia - 1975 e una serie di sentenze della Corte Costituzionale) , di affermazione della libertà rispetto al proprio corpo e di apertura delle possibilità date dalla fe­ condazione extracorporea ( 1978 ) . La terza fase ( § 7) è quella in corso, in cui numerosi elementi già presenti in precedenza si compongono in un quadro nel quale, acquisita (la possibilità de) l'artificialità in biologia, un profondo ripensamento delle categorie giuridico-politiche e di elaborazione culturale coinvolge concetti di base che si ritenevano immutabili o che erano dati per acquisiti come punto di riferimento: individuo, discendenza, accesso al con­ tratto sociale, sono i principali1

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Questa versione è apparsa sulla rivista dell'Università di Firenze "Storia delle donne", 2005, r, che ringraziamo per averci concesso l'autorizzazione a pubblicarla. 1. In questo scritto utilizzo, in parte, alcuni miei precedenti lavori, ai quali rinvio per un completo apparato di note e per uno sviluppo più ampio dei presupposti di alcune argomen­ tazioni. Qui ho lasciato soltanto le note di carattere strettamente giuridico (leggi e sentenze) e ho escluso, in linea di massima, il rinvio alla letteratura. I miei lavori sono: Corpo e libertà. Una storia tra diritto e scienza, Raffaello Cortina, Milano 2oor; Persone fisiche e confini biologici: chi determina chi, in "Politica del diritto" , 2002, 3, pp. 525-47; L'incerto e instabile confine della per­ sona fisica, in " aut aut", 2003, 318, pp. 140-56. *

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A M E DEO S A N T O SUO S S O

I

Prima dell'uragano Il Codice Civile del 1939, per la parte relativa alla famiglia, è sensibile alla ideologia autoritaria dell'epoca e, per alcuni aspetti, costituisce un arretra­ mento rispetto al precedente Codice di epoca liberale: la famiglia è cellula costitutiva dell'organizzazione dello Stato; il padre-marito ne è il capo; egli è l'unico responsabile verso lo Stato per «l'indirizzo educativo conforme al sentimento nazionale fascista» ed è investito dell'autorità che gli deriva dal­ la patria potestà e dalla potestà maritale sulla moglie. Il Codice Penale del 1930 dà manforte punendo l'adulterio soltanto quando è commesso dalla moglie, secondo una visione sulla quale la Corte Costituzionale, ancora ne­ gli anni Sessanta, non ha nulla da obiettare: «la maggiore gravità della offe­ sa che il legislatore, in conformità della comune opinione, riscontra nella in­ fedeltà della moglie [. . . ] che conceda i suoi amplessi a un estraneo» e il pe­ ricolo della «introduzione nella famiglia di prole non appartenente al mari­ to e che a lui viene attribuita per presunzione di legge» sono in linea con il principio di uguaglianza, se si parte dal presupposto (come fa la Corte) del­ la situazione diversa che vi è tra uomo e donna2• L'affermazione giuridica della paternità è formale. Il padre del figlio nato durante il matrimonio è il marito della donna che ha partorito. La formula del Codice Civile del 1939, tuttora vigente, («il marito è il padre del figlio concepito durante il matrimonio»: art . 231 Codice Civile) è un caleidoscopio di slittamenti di significato: è la posizione di marito che produce quella di padre ed è il concepimento durante il matrimonio che accredita il marito quale padre, mentre tutto ruota intorno alla donna-mo­ glie-madre che, paradossalmente, rimane innominata. La paternità è tan­ to importante per l'ordine sociale da dover essere affermata (presunzione di paternità) , accettando il rischio che chi è padre per il diritto non sia la persona che abbia, di fatto, contribuito alla procreazione. La donna co­ niugata è in una posizione di implicita centralità alla quale paga l? erò il prezzo di non poter riconoscere un nato da sé come figlio naturale . E que­ sta la tradizionale prospettiva secondo la quale la paternità riguarda la di­ scendenza nei suoi aspetti non fisiologici, diversi e lontani dal fatto della generazione. D'altra parte, a dispetto di certa retorica sul vincolo di san­ gue, il fatto della procreazione nei suoi connotati fisiologici (dall'atto ses­ suale al parto) , appare, se visto dalla posizione che il diritto assegna al pa­ dre, come un evento lontano, che si perde tra le cose difficili da ricostruire con p recisione. Di qui il ricorso a elementi noti e accertabili ( come un ma-

2. L'adulterio è punito dall'art. 559 del Codice Penale; la sentenza della Corte Costituzio­ nale è la n. 64 del 1961; la norma sulla separazione è contenuta nell'art. 151 del Codice Civile.

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trimonio legittimamente stipulato) , per giungere a stabilire un fatto igno­ to, la p rocreazione appunto3. I confini della famiglia sono rigidi e formali. La prole nata fuori dal ma­ trimonio è bollata come illegittima, a differenza del precedente Codice ( 1865), che usava l'espressione più neutra di «nati fuori dal matrimonio». An­ che l'adozione (fino al 1967) non allarga i confini della famiglia, visto che la sua principale finalità resta quella di «procurare all'adottato il beneficio pa­ trimoniale di poter essere erede legittimo o legittimario dell'adottante, oltre che dei propri genitori e degli altri parenti» (Corte Cassazione 5 novembre 1959, n. 3277) . Di fatto, in buona parte dei casi ( il 42 °/o a metà degli anni Cin­ quanta) , gli adottati sono maggiorenni che conservano i rapporti giuridici e affettivi con la famiglia dei genitori e che possono accedere a una successio­ ne usufruendo di un regime fiscale nettamente vantaggioso. Per la gran massa di figli adulterini, ai quali non è consentito l'ingresso in casa e che non possono essere riconosciuti né adottati, vi sono scarse pos­ sibilità di inserimento in una famiglia diversa. Il codice lascia aperta la via dell'affiliazione, un istituto debole, una sorta di " piccola adozione" come è chiamata da alcuni: essa non crea rapporti familiari sostitutivi di quelli ve­ nuti meno o mai sorti, ma assicura una forma di assistenza, meno precaria del ricovero in un istituto. La via dell'affiliazione è ampiamente percorsa, se si considera che dal 1939 al 1961 ve ne sono 43.463 , al ritmo di oltre 2.500 l'an­ no, negli anni Cinquanta. In sintesi, sia l'adozione che l'affiliazione hanno in comune «il fatto ma­ teriale dell'assunzione di un estraneo nell'ambito di una famiglia», nel lin­ guaggio ruvido della Relazione al re sul Codice Civile. All'interno del matrimonio è rigidamente fissato il modo in cui ci si ri­ produce, secondo tre punti di riferimento: il Codice Civile, il Codice Pena­ le e, sullo sfondo, ispiratrice, la Chiesa cattolica dell'enciclica Casti connubii ( 1930). La posizione cattolica, fondata sull'idea di ordine naturale voluto da Dio, porta alla condanna insieme di molte cose: dalle sterilizzazioni coatte dell' eugenica al divorzio, dall'aborto a qualsiasi tipo di controllo delle na­ scite, senza distinguere tra sterilizzazione o aborto coatti e volontari, tra con­ traccezione volontaria e divieto legale di contrarre matrimonio. La riprodu­ zione deve quindi avvenire in modo "naturale" . I singoli possono autolimi­ tare la propria capacità riproduttiva, ma solo con la scelta della «continenza

3· La valorizzazione, più o meno marcata, del carattere formale della paternità è un pun­ to decisivo per riconoscere le scelte politiche e sociali relative alla famiglia e ai rapporti al suo interno. Così non è un caso che il Codice Civile italiano del 1939 accentui, in una logica auto­ ritaria, gli aspetti formali della famiglia e della paternità, ponendo restrizioni alla possibilità di riconoscere i figli nati fuori dal matrimonio e vietando le indagini sulla paternità nel caso di fi­ liazione adulterina, in un'ottica quindi che toglie rilievo all'atto di procreazione.

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volontaria esercitata per amore del Regno dei cieli». È esclusa, quindi, la ste­ rilizzazione volontaria perché realizza uno «sdoppiamento della funzione copulativa da quella generativa», che permetterebbe alle donne «di godere sessuahnente evitando le noie della gravidanza e i dolori e i pericoli del par­ to». Questa idea di Agostino Gemelli ha un'esplicita sanzione penale tra i «delitti contro l'integrità e la sanità della stirpe», con una pena fino a due an­ ni di reclusione (art. 552 del Codice Penale) . Non è lecita la contraccezione «perché illecitamente e disonestamente si sta anche con la legittima sposa, quando si impedisce il frutto della prole. Così faceva Onan, figlio di Giuda, e per tal motivo Dio lo tolse di vita», se­ condo le parole di Agostino riprese dalla Casti connubii. E il Codice Penale fa la sua parte punendo l'incitamento e la propaganda di pratiche contro la procreazione con una nonna che la Corte Costituzionale, ancora nel 1965, considera legittima e non in contrasto con la libertà di manifestazione del pensiero4• Non è lecito l'aborto e non è lecito, al momento del parto, sop­ primere il feto, anche se ciò fosse reso necessario per la sopravvivenza della madre, perché viola il comandamento "non occides" , ribadito dalla Casti connubii e da Pio XII nei suoi discorsi. Non è lecita la fecondazione della don­ na con modalità diverse da quelle naturali. È equiparabile all'adulterio e pro­ voca turbatio sanguinis, violando il fondamento biologico di ogni rapporto di filiazione: non licet per la Chiesa dal 1897 e per i giudici negli anni Cin­ quanta. A questo quadro giuridico, che pretende di far coincidere pienamente dato formale e dato biologico, corrisponde un quadro delle conoscenze bio­ logiche sulla riproduzione, che è particolarmente limitato. All'inizio degli anni Sessanta, lo ricorda come esperienza vissuta Carlo Flamigni, per sape­ re se una donna era gravida si ricorreva ad alcuni test biologici che avevano un ampio margine di errore: Si adoperavano rospi o rane, maschi (ogni ospedale aveva un terrario per questi ani­ mali): la tecnica consisteva nell'iniettare una piccola quantità di urine della donna nel sacco linfatico dorsale, per verificare poi se, come reazione alla presenza dell'or­ mone della gravidanza, si trovavano spermatozoi nella cloaca, cosa che d'abitudine capita a questi animali solo in un breve periodo primaverile.

In ginecologia, al di fuori dello stato di gravidanza, la possibilità di dosa­ re gli ormoni era puramente teorica; in campo terapeutico le condizioni erano ancora peggiori5• Tale arretratezza non investiva solo l'Italia. Nel

4· L'articolo sulla propaganda anticoncezionale è l'art. 553 del Codice Penale; la sentenza della Corte Costituzionale è la n. 9 del 1965. 5· C. Flamigni, Il libro della procreazione. La maternità come scelta: fisiologia, contracce­ zione, fecondazione assistita, Mondadori, Milano 1998, p. 12.

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1960 Cari Gottfried Hartman, raccogliendo in uno schema i p roblemi non risolti, scriveva: Più di 150 domande vengono proposte in questo compendio. Esse rappresentano iati nella nostra conoscenza dei processi riproduttivi dell'uomo e di altri mammi­ feri [ . . . ] . Questo comprensivo, anche se incompleto, inventario delle falle della no­ stra comprensione della riproduzione, raccolto per la prima volta ad opera degli sforzi riuniti di diverse autorità internazionalmente riconosciute, servirà per mol­ ti utili scopi6• :1

Liberi e uguali Dalla fine degli anni Sessanta l'idea di uguaglianza irrompe nelle relazioni fa­ miliari e travolge gerarchie e disparità. Sono clamorosi i ripensamenti della Corte Costituzionale sull'adulterio e sulla contraccezione. La Corte, che nel 1961 aveva confermato la disparità di trattamento tra uomo e donna nell'a­ dulterio, pochi anni dopo, con una serie di sentenze storiche, cancella i rea­ ti di adulterio e di concubinato perché violano l'uguaglianza tra uomo e don­ na nel matrimonio e cancella la discriminazione, nella separazione, tra adul­ terio della moglie e adulterio del marito7• Nel 1971 (sentenza 16 marzo 1971, n. 49) la Corte Costituzionale riconsidera anche il divieto di propaganda an­ ticoncezionale e trova, ora, che esso è in contrasto con la regola fondamen­ tale della libertà di espressione del pensiero. Elimina, quindi, dal Codice Pe­ nale quell'articolo 553, che pochi anni prima, nel 1965, aveva salvato in nome del buon costume. E può essere interessante notare che sono gli anni in cui anche negli Stati Uniti, con le sentenze del 1965 e del 1972 della Corte Su­ prema sul right o/ privacy, si afferma un orientamento liberale a proposito dei mezzi contraccettivi. Si fa strada l'idea che nella famiglia l'eguaglianza sia fonte di una stabi­ lità e di una unità, che invece può essere minacciata dalla disparità di posi­ zione tra i coniugi; le eccezioni al principio di eguaglianza possono essere giustificate solo da esigenze di unità della famiglia, che non siano persegui-

6. C. G. Hartman, Physiological Mechanisms o/Conception, citato da C. Castellani, La sto­ ria della generazione: idee e teorie dal diciassettesimo al diciottesimo secolo, Longanesi, Milano 1965, p. 361. 7· «La moglie adultera è punita con la reclusione [ . . . ]»: era il testo dell'art. 559 del Codi­ ce Penale dichiarato incostituzionale per contrasto con l'affermazione che «il matrimonio è or­ dinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi» contenuta nell'articolo 29 della Costi­ tuzione (in quanto l'adulterio del marito non era punito). Il principio di parità su cui si fonda la sentenza n. 126 del 1968 viene poi ribadito nella sentenza n. 147 del 1969, che elimina total­ mente l'art. 559 in questione. La sentenza sull'adulterio come causa di separazione è la n. 127 del 1968 e riguarda l'art. 151 del Codice Civile.

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bili in altro modo8• A partire dagli anni Sessanta, in Italia come in altri pae­ si9, la nuova posizione della donna nella famiglia e dei figli mette in discus­ sione quell'assetto dei poteri maschili, e paterni, che era stato a lungo so­ stanzialmente stabile. L'affermazione dell'uguaglianza è accompagnata da un'altra potente no­ vità: il progressivo ridimensionamento del dato biologico, o vincolo di san­ gue (come ci si esprime all'epoca), come fondamento delle relazioni familia­ ri. Un decisivo passo è costituito dall'adozione " speciale" (1967), la cui no­ vità è di essere finalizzata ai bisogni affettivi e di assistenza della persona del minore, e non alla trasmissione del patrimonio di chi adotta. Soprattutto, questa nuova forma di adozione è "legittimante " : il che vuoi dire che il mi­ nore adottato diventa indistinguibile dal figlio legittimo, sia all'interno della famiglia sia verso l'esterno, non essendo pubblicizzabile la sua vera storia anagrafica . La famiglia, secondo l'ispirazione della legge sull'adozione, è principalmente una comunità di affetti, nella quale la posizione e i diritti dei "genitori del sangue" sono funzionali ai compiti di assistenza ed educazione della prole che la Costituzione assegna lor010• Idee di questo genere minano alla radice le teorie, all'epoca ancora molto diffuse, che traggono spunto da un'espressione letterale della Costituzione («La Repubblica riconosce i di­ ritti della famiglia come società naturale»: art. 29) e vedono nella famiglia un'entità naturale, fuori dalla storia. L'adozione speciale, a dispetto del trito adagio adoptio imita t natura m e del suo apparente adeguarsi al modello legittimo basato sulla naturalità dei rapporti (in questo senso "legittimante" ) , più che rendere evidente la supe­ riorità del modello "naturale" come modello sociale prevalente, mostra, pa­ radossalmente, la possibile irrilevanza del dato naturale, o biologico, all'in­ terno della famiglia legittima11• Se per il diritto il dato caratteristico della fa­ miglia è la comunità di affetti, sarà questo il requisito imprescindibile del­ l' esperienza familiare e quindi anche della filiazione, sia che i figli siano ef­ fettivamente procreati dai genitori sia che entrino nella famiglia per adozio-

8. Sentenza n. 46 del 1966 (vedi quelle sul regime patrimoniale della famiglia, quindi sia della moglie che dei figli: n. 133 del 1970 e 187 del 1974). 9· In Germania e in Francia l'attività di rinnovamento legislativo dei vecchi modelli fa­ miliari aveva avuto inizio già negli anni Cinquanta. Ma anche in Italia già dagli anni Cinquan­ ta gli studiosi, soprattutto i costituzionalisti, avevano sostenuto la necessità di una immediata revisione dell'intera regolamentazione della famiglia alla luce dei principi della nuova Costi­ tuzione del '48. 10. Vedi Corte Costituzionale 10 febbraio 1981, n. 11, in relazione all'art. 30 della Costitu­ zione, "Il Foro Italiano", 1981, I, p. 1839. n. Il processo di debiologizzazione non è univoco. Tra la fine degli anni Sessanta e l'ini­ zio degli anni Settanta si sovrappongono due logiche diverse: quella del perdurante/avor legi­ timitatis (di tipo conservatore della famiglia come dato formale) e il nuovo interesse per l'in­ teresse del minore. Concorrono entrambe nel senso della debiologizzazione, che è la tenden­ za prevalente.

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ne: è l'apporto materiale dei genitori, il vincolo di sangue, a diventare una non necessità, e non viceversa. È la riproduzione senza sessualità. Quando nel 1975 entra in vigore la riforma del diritto di famiglia l'ugua­ glianza nei rapporti e la perdita di peso del dato biologico (debiologizzazio­ ne) risultano accentuati. Novità principale è la parità dei coniugi, tra loro e verso i figli: la potestà non è più "patria " , ma " dei genitori" entrambi, con un'innovazione anche lessicale di portata storica. I figli nati fuori dal matri­ monio cessano di essere discriminati rispetto a quelli legittimi. Inoltre, il re­ gime giuridico del secondo riconoscimento si colloca su una linea di valo­ rizzazione della componente affettiva, a scapito di quella biologica: quando un figlio è nato da una relazione tra non coniugati, il genitore che ha rico­ nosciuto per primo (generalmente la madre) ha ora il potere di opporsi al­ l' altro genitore che vuole riconoscere, anche senza contestare il suo essere ascendente naturale (di solito maschile, ma è accaduto anche per la donna) . In questo modo l'interesse del figlio minore, e la realtà delle relazioni affet­ tive già stabilite, diventano il criterio di orientamento che può portare a ne­ gare lo stesso accertamento di stato, e non solo a limitare la potestà. La pa­ ternità viene legata all'aspetto sociale e affettivo, con la conseguenza che lo status di figlio non deriva necessariamente dal dato biologico, ma dipende anche da valori spirituali e sociali di responsabilità che possono portare a contraddire la "verità" biologica12• La famiglia è in Italia, e in molti altri Stati, un)associazione di liberi ed eguali, nella quale il vincolo tra i coniugi è privo anche del requisito della for­ male ineluttabilità: deve esistere e permanere solo la comunione spirituale e materiale13, in mancanza della quale è possibile anche il divorzio. I percorsi dell'uguaglianza e della debiologizzazione si intrecciano e si po­ tenziano reciprocamente. Emblematica è la progressiva parificazione della madre adottiva alla madre "naturale" , circa la possibilità di fruire dell'a­ stensione post partum dal lavoro e, successivamente, dei riposi per l'allatta­ mento e dei permessi per malattia del bambino: la madre naturale non è det­ to che allatti al seno e vi può essere quindi parità, anche materiale, tra i due tipi di madre, nel soddisfare l'esigenza principale del neonato, quale che sia la sua origine biologica, di assistenza e di vicinanza affettiva. Ma allora è an­ che vero che il padre, che, quanto a partecipazione al processo biologico del-

12. La sentenza della Corte Costituzionale n. 341 del 1990, subordina l'ammissibilità del­ l'azione di cui all'art. 274, comma 1 del Codice Civile: «all'interesse del figlio» e all'assenza di rischi di pregiudizio per «gli equilibri affettivi, l'educazione e la collocazione sociale». 13. Secondo la sentenza della Corte Costituzionale n. 181 del 1976