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Italian Pages 344 [151] Year 1994
NICHOLAS RAY
AZIONE! LEZIONI DI REGIA
A cura di S~san Ray
I ISBN 88-7380-209-5 Titolo originale: Action. Sur la direction d'acteun (titolo inglese: I W'as
foterrupted. Nicholas Ray 011 Maki11g Movies)
© Éditions YeUow Now, Crisnée 1992. © Nuova Pratiche Editrice, Parma 1994. Tutti i diritti riservati.
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PRATICHE
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EDITRICE
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a Kyozan Joshu, Roshi
Traduzione dall'inglese di Elena Rampello e Liliana Rampello. Ringraziamo Luca Fontana per la generosa amicizia con cui ci ha aiutato di fronte alle difficoltà del testo e Massimo Armenzoni per la gentile disponibilità a risolvere con noi alcuni problemi di linguaggio cinemato• grafico. E.R. eL.R.
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l Ringraziamenti
Per più di dicci anni Bernard Eisenschitz ha creduto nel valore di quc~to libro e nella mia capacità di portarlo a termine. La sua saggezza, la sua dua: rezza intellettuale, il suo amore per il cinema e la sua sonunessa bont~ m1 hanno guidata in ogni tappa di questo lavoro. Jonathan Rosenbaum, grazie alla sua generosa amicizia e alle sue cono• scenze linguistiche e cinematografiche, mi ha ajutato a risolvere numerosi problemi e dubbi. Devo molto al lavoro devoto e diligente di J ames Leahy. le cui interviste a Nick sono state una fonte ricchissima. Ringrazio Bill K_rohn, Jos_ Oliver, Ge~ry Bam_man e_ Harry Bromley•D~vcnport per il loro interesse informato e incoraggiante; 11 m.,o ednore Ed 01mendberg per la sua onestà e fiducia; Karen Hicinbothem per la cura materna del manoscritto; Robert Seidenberg, per i suoi eccellenti e generosi consigli; Arnold Licber e Elizabeth White per avermi dato as~o. Ringrazio Phyllis S1ewar1, Marilyn Hauser, Sara Mmt , Helen Turnbull, Corine de Royer, Lesl.ie Levinson, Rabia, Diane Cox, Sheri Nelson, Ellen Nieves Claudia Handler, Emmanuel, Chet, Ruth e Liam Nelson, John e Caroline Simon, Eugene e Beverley Gregan, e Andrew Schwartz, per il loro in• coraggiamento. E poi, prima e sempre, un tenero ringraziamento ai miei genitori, Max e Rosaline Schwartz, che mi hanno donato una vita cosl interessante.
Ma il suolo sotto di noi trema. Dove prendere il nostro pu11to d'appowo, ammettendo dt posseder fa leva?[...] Ciò che manca a tulli noi non l lo stile, né quella jlessibililil de//'archello e delle dita designata col nome d'ingegno. [...] No, ciò che ci manca è il principio i11trinseco. È l'a11_ima della cosa, l'idea stessa del sopgello {. ..] Ma il cuore? l'estro, fa lmfa... (Gustave Flaubert a Louis Bouilhct, 6 febbraio 1850)
Cos'è importante per tm essere umano? Sapere chi è o perché esiste, o non saperlo, non csseme consapwole. Io so chi sono. Sono il miglior dannat,J regjsta del mondo, 11110 che 11011 ha mai fatto "" film del tutto buono, del tutto soddisfacente. Il film è una donna che non puoi accendere e spcFJlere, ma il film è una donna, solo che 1111 bel giorno se 11'è andata. (Nicholas RayJ
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Solo in tempi di decadenza spirituale l'insei/lame11to, anche sul suo più alto gradino, è p~ofessione in questo semo. In epoche di fioritura, i discepoli vivono co11 11 loro maestro come gli apprendisli di 1111 maestro artigi,lno, e nel cerchio della sua at1ra vitale «impara110" di tutro, del lavoro e della vita, perché il maestro lo vuole e anche senza che lo voglia. (Martin Buber, I racconti dei Chassidim)
Introduzione L'autobiografia di Nicholas Ray
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Nel 1974, al San Sebastian Film Festival, ricordo che dopo la proiezione del suo film, Perché un assassinio, Alan Pakula strinse la mano a Nick, inchinò leggermente la testa e mormorò: Maitre. Fu un gesto di deferenza che insieme commosse e turbò Nick. Testimone di un momento cosl emozionante, mi sono chiesta: «Cos'è un maestro e cosa fa di Nick un maestro? E cosa significa, per me?». Per la mia giovane mente, maestria significava un certo tipo di perfezione, la padronanza del mestiere e della situazione. Era quella particolare qualità, in un lavoro o in una vita, che non poteva sfuggire o essere scambiata per altro, che si manifestava in un sistema ordinato o armonioso e in una calma piena di forza. Trovavo inconfondibili i film di Nick, ma non per il loro ordine o la loro calma. Quanto a Nick, in quel periodo era in balla dell'alcol ed era impegnato nella battaglia per portare a termine We Can't Go Home Again, per non parlare di quella per la sua sopravvivenza. Vita e lavoro erano fuori dal suo controllo. Mi sono chiesta se Pakula era stato troppo gentile o se invece aveva commesso un errore di valutazione. Queste domande mi hanno accompagnato a lungo, specie mentre lavoravo al materiale da cui è stato tratto questo libro. Nel settembre 1969, dal Connecticut, dove ero cresciuta, presi un treno diretto a Ovest, per iscrivermi alla Chicago University. Volevo andare a studiare a Chicago perché era nel cuore del paese, qualsiasi cosa questo significasse, e per-
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re quale generazione avrebbe vinto, ammesso che una vincesse. Quando giunse il momento della requisitoria finale degli avvocati, in città arrivarono i migliori giornalisti del paese e fui costretta a ced~re il mio posto in tribuna stampa. Il solo fatto di non assistere alla conclusione del processo era una sconfitta e lasciò pericolosamente in sospeso dentro di me qualcosa. Tornai al campus sentendomi estranea alla vita degli studenti e molto indietro nel programma, dato che praticamente non avevo nemmeno cominciato ad andare a lezione. Non sapevo cosa fare di me stessa. Mentre la giuria era riunita, una mattina un cronista, che avevo sl e no conosciuto durante il processo, mandò un taxi al mio dormitorio per portarmi a casa di Nick, in Orchard Street. Non so ancora perché. Ma sono salita in macchina e, come in una favola, sono andata incontro a un nuovo mondo. · L'appartamento di Nick era tutto un fermento, un fitto brusio di persone indaffarate. Il soggiorno era la stanza di lavoro, con divano, proiettore e, ammassate sul pavimento, pile ordinate di batterie, registratori, chassis, lampade, soluzioni, bobine, rocchetti e pizze tra le quali andavano e venivano piedi e conversavano teste. A guardare la scena, con la maestà di un rettile che si crogiola al sole, una macchina da presa nera in equilibrio su un treppiedi. E Nick, barcollante, ma perfettamente a suo agio con una benda sull'occhio e un costume stampato a macchie di leopardo, si aggirava per la stanza biascicando istruzioni con una sigaretta francese che gli penzolava da un labbro. Non potevo sentire le parole, ma la sua voce rombava da una qualche profondità sorprendente, come le fusa dalla pancia di un grosso fe. lino. Sl, era una meravigliosa giungla, brulicante di vita esotica. Come mi sarei inserita in una vita come quella? Beh, qui ci si tuffava e basta. Cosl raccolsi un po' di piatti sporchi e
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li portai in cucina. Quasi subito Nick venne a chiacchierare con me mentre lavavo i piatti. Disse che nel pomeriggio avrebbe portato fuori l'intera troupe. Sarei rimasta per rispondere al telefono? Sl, sarei stata felice di farlo. Quando rientrò, la sera, ammucchiò davanti a me un po' di trascrizioni del tribunale e mi chiese di ridurle per farne una sceneggiatura. Gli dissi che non avevo mai visto una sceneggiatura in vita mia. Rispose che me la sarei cavata ma mi diede un suggerimento, il trucco, come fosse, per aprire il tappo di un vaso: avrei dovuto cercare gli eventi che facevano progredire l'azione. Qualche· ora dopo, mentre uscivo per cercare un taxi, Nick mi raggiunse sulla porta, mi fece scivolare in mano un po' di soldi e disse: «Qui c'è una settimana di paga e i soldi per il taxi. Torna domani alle dieci». Una volta, sul tardi, andai al luna-park nell'ultima notte in cui era in città. Quelli del luna-park dovevano smontare tutto tra mezzanotte e le quattro del mattino. Mi ero innamorata della ruota panoramica, un'enorme, elegante struttura a forma di segno dell'infinito, composta solo da ruote di camion, luci ·colorate, corde e rozze barre metalliche. Tutti questi pezzi furono coricati in un camioncino. Osservai smontare la ruota pezzo per pezzo. Sotto le luci appese agli alberi e ai pali del telefono, sembrava il più sfolgorante balletto del mondo, con una coreografia perfetta. Chi stava · lavorando sapeva esattamente dove doveva essere e quando, e come ogni pezzo doveva incastrarsi per bene nel camioncino. Ognuno aveva la forza di un sollevatore di pesi, la destrezza di un giocoliere, l'equilibrio di un funambolo e una vera e propria grazia, tale che se uno di loro scivolava da una barra a circa sette metri da terra, prima eh' io potessi· riprendere fiato e lui toccare terra, c'erano due uomini pronti ad acciuffarlo. Un particolare sulla gente del lunapark a cui all'epoca non avevo dato t roppo peso: avevano tutti un coltello a scatto nella tasca posteriore.
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cemente le buste chiuse verso di me, per liberarsene. A colazione beveva vino, «una fonte di vitamina C», mi diceva. E poi c'erano i medicinali, che riempivano un'intera borsa che lo seguiva ovunque: aghi, ampolle di metedrina e com~lesso B, pillole misteriose, sacchetti di erba, pani di hash1s_h e pezze pulit~ per l'occhio destro, da cui aveva perso la vista per colpa d1 ~n grumo di sangue. All'ora giusta, ovunque fosse e con chiunque fosse, si calava i pantaloni per farsi un'iniezione sulla coscia con una mistura estratta dai flaconcini di vetro. Ne aveva bisogno per andare avanti, dai momento che i dottori gli avevano dato solo un anno di vita. Me lo ha ripetuto ognuno dei quasi dieci anni in cui sono stata con lui. Il suo corpo era fatto per vivere fino a cent'anni, ma l'aveva consumato. Aggiungeva: «L'attrito è stato tremendo». Non conoscevo la parola attrito. L'ho cercata: «Attrito: 1) dispiacere per i propri peccati che nasce da un motivo conside~a~o inferi~re a quello dell'amore di Dio; 2) [ ... ] la condizione dell essere consumato o logorato dalla frizione»1 . Tutto ciò suonava romantico, ma ai miei occhi non c'era proprio nulla di logorato in Nick. Qualsiasi cosa immettesse nel suo sistema, l'energia non lo abbandonava. Ma i soldi sl, in una notte. Quando il vento politico girò, i finanziatori del film di Chicago si ritirarono. Da un giorno all'altro il luna-park fece le .valigie e lasciò la città, e la casa di Orchard Street fu chiusa. Il momento era eloquente: la vita nel cinema poteva ~ssere crudele, volavano coltelli e, in fondo, attrito era la parola giusta. Le famiglie cinema_tografiche erano instabili quanto le altre e dietro i luccichii si stendevano ombre altrettanto cupe. Era il primo presentimento che non avrei potuto viv_ere al di sopra dei miei mezzi, qualunque fossero. Se avessi supposto che nel flusso della sua energia creativa Nick
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poteva trascinarmi oltre i miei stessi limiti, mi sarei spaventata. Ma avrei afferrato solo col tempo molti aspetti di questo rapporto. Nick, dal canto suo, continuava a stendere i suoi colori ma la tavolozza si era incupita. Non sapevo ancora nient~ della storia di Nick, e non molto del peso dello sgomento che il cuore sente quando un vecchio fantasma, ben conosciuto, comincia a sbatacchiare le sue catene e a sbatterti le porte in faccia. Eppure, questo non molto era sufficiente per sapere, al di là delle sue parole, che la sospensione del film, per Nick, era un fantasma di questo genere. Mi venne il desiderio violento di seppellire per sempre questo fantasma, per me e per Nick. Questo divenne il mio scopo. Dal momento che avere uno scopo era per me una novità, una novità davvero benvenuta, non ne ho analizzato la giustezza o le radici. Nick continuava a raccogliere attorno a sé numerose persone, ma ora erano solo poche a fermarsi a lavorare. Io rimasi, naturalmente, non potevo pensare di fare altro. Perché sono rimasta? Nick aveva un tratto tenero verso le piccole creature. Rideva alle mie battute. Eravamo degli esclusi della stessa scuola. Sapeva come vivere l'avventura. Come disse una volta la moglie di un maestro Zen a proposito di suo marito: «Paragonati a lui, tutti gli altri sono idioti». Se un tempo pensavo che potesse darmi una mano a risolvere i miei problemi, ora pensavo che avevamo gli stessi problemi, ma che i suoi erano più grandi e importanti, dunque io l'avrei aiutato con i suoi e nel frattempo i miei si sarebbero risolti. Ho sempre provato interesse per lui. Con lui mi sentivo a casa. . Ma perché lui mi ha voluto con sé? Ero fresca. Aveva bisogno che qualcuno imparasse da lui. Avevamo gli stessi problemi. Gli dicevo che le sue battute erano mediocri. Ero cosl smarrita da essere sempre alla ricerca di qualcosa e lui rispettava la ricerca sopra ogni altra cosa. Ero sulla sua !un-
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gli uni con gli altri, si lavorava insieme e circolava moltissima inventiva, mentre i valori erano chiari e semplici. Per lo più Nick non amava la sua generazione. Pensava fossero dei traditori, il cui tradimento si riassumeva in queste sue parole: «Come chiedere a tuo figlio di saltarti fra le braccia e poi tirarle indietro». Diversamente da me, stava meglio con la mia generazione e sembrava conoscerla meglio di me. Quell'estate, vagabondava per le strade e, come tutti 1 gatti, faceva i suoi giri di notte. Gli avevano prestato un ufficio nel Palace Theatre - dove recitava come prima attrice Lauren Bacall, vedova di uno degli uomini che Nick aveva amato di più - e da ll guardava fuori verso Times Square e aspettava che le limousine se ne andassero e la grande insegna luminosa del teatro si spegnesse. Allora usciva fuori con le ombre della notte - protettori con vestiti sgargianti zeppi di cerniere, puttane con boa pastello - che sfrecciavano verso Broadway su lunghe decapottabili bianche o costeggiavano tronfi i marciapiedi, con le radio a tutto volume. Nick vagabondava tra loro, monitorando i loro umori e i loro andirivieni, scambiando insulti con gli ubriachi, bevendo nei bar di quartiere, giocando a cribbage, a biliardo, a poker, e a interminabili partite di bingo a1 Fascination, sulla Quarantottesima Strada. (I battenti delle porte del·Fascination erano illuminati come un flipper. Quando ci passavo in mezzo, dal microfono l'annunciatore mi accoglieva con un: «Stai cercando Wiley Post?»8, e mi indicava dov'era Nick. Conosciuto o sconosciuto, Nick non passava mai inosservato). L'ultimo spettacolo di Broadway lo assorbiva - con i suoi balli, colori, linguaggi, confidenti e truffatori, la ferocia di quel che chiamava «la lotta per il pezzo di pane». Cominciò a scrivere un soggetto, New York After Midnight, su un uomo chiamato Eyepatch che ritorna a New York e a Broadway per ritrovare gli sparsi brandelli del suo passato nella disperazione del presente, ancora più selvaggia.
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Mentre Nick andava·e veniva, mi chiedevo,perché quest'uomo si negasse quelle comodità minime di cui, per istinto, ogni animale ha bisogno per rifocillarsi: non dormiva, non si riparava dal freddo o dal caldo, o da qualsiasi altro elemento atmosferico, e se qualcuno non gli faceva trovare un pasto pronto sarebbe andato avanti a vino bianco, tabacco, birra, gin, barrette di Mars e le sue famose iniezioni di supercarburante. Trovavo questo comportamento perverso. Andava contro natura e rafforzava la mia impressione che la casa di Nick fosse frequentata dai fantasmi e che il fantasma fosse lui. Sembrava aver paura che, se si fosse lasciato andare al sonno, il sonno lo avrebbe sedotto e gli avrebbe impedito di ritrovare la strada del risveglio. Perciò, più o meno di continuo, vagabondava, trascinandosi dietro le sue invisibili e silenziose catene. Come uno spettro fluttua attraverso i muri,-cosl Nick sembrava muoversi dalla notte al giorno alla notte, dall'esterno all'interno, tra il sonno e la veglia, tra la morte e la vita, sfidando, ignorando, dissolvendo le linee di confine tra gli opposti. Non partecipavo a queste scorribande, anche quando me lo chiedeva (avevo bisogno di dormire, avevo bisogno di trovare un lavoro) ma aspettavo fino a che non aveva sfinito i suoi compagni e persino il suo corpo si rifiutava di seguirlo, quando finalmente ali' alba veniva a casa per ricaricarsi. . Dopo aver mangiato; crollava addormentato fino a mezzogiorno, quando bisognava svegliarlo per un appuntamento. Il suo risveglio era un evento spaventoso, e non solo per lui. Cominciava con gemiti profondi, la ricerca a tastoni del tabacco mentre tutto quello che teneva vicino al letto si ro.vesciava per terra, il rumore dell'accendino, una lunga boccata cui seguivano colpi di tosse che lo squassavano e ancora altri gemiti. Dopo, riparandosi gli occhi dalla luce, mormorava: «I miei piedi. ..». I piedi di Nick, e io lo sapevo perché mi aveva avvertito, non lo avrebbero sostenuto fino a sera se non fossero stati massaggiati. Una volta fatto guesto, poteva mettersi seduto.
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della storia del cinema. Non mi fidavo dei giudizi correnti, per cui tutte le meraviglie che avevo sentito sui film di Nick non significavano niente per me. Pure, volevo sapere quello che i film mi avrebbero rivelato sull'uomo che li aveva girati. I film di Nick erano troppo sconvolgenti per essere piacevoli. Non davano pace. Mi facevano pensare e non sempre avevo voglia di vederli. Seduta, mentre guardavo ]ohnny Guitar, dall'inizio alla fine mi è mancato il respiro, la tensione non dava tregua. Nel vedere La donna venduta ho ringraziato la mia stella di avere incontrato Ni;k solo dopo che il suo motore aveva rallentato un po'. Guardando Dietro lo specchio mi sono ricordata di averlo visto anni prima in TV, durante un fine settimana solitario, e di essermi sentita male vedendo quanto la pazzia potesse vivere al nostro fianco, ma incapace di spegnere mentre questa visione scorreva sullo schermo e più tardi nella mia mente. Parlando con Nick di questo mio ricordo, gli dissi: «Questa è la tua storia prima ancora che tu la vivessi». Ma ogni film era la sua storia, del tutto nuda, e ogni storia era diversa, perciò mi son dovuta meravigliare dell'ampiezza della sua vita e della sua disponibilità a farla vedere agli altri. (A quel tempo non pensavo fosse coraggio). Non volevo mi piacesse Gioventù bruciata - era piaciuto a tutti, quasi una contraddizione in termini - ma come faceva Nick a conoscere la claustrofobia della vita di provincia e quello che significava per una come me crescere Il? E cos'era tutto quel chiasso su Dean quando Dean, almeno secondo me, scimmiottava cosl chiaramente Nick? Come faceva Nick a sapere come una donna acida può trattenersi e esplodere, come fa Emma in ]ohnny Guitar? O come l'aria sembra avviluppare due amanti, come la Charisse e Taylor nel Dominatore di Chicago o Mitchum e la Hayward nel Temerario? Come aveva imparato il rispetto per la gente comune, per i loro problemi, i loro sogni, il loro cuore e le loro riflessioni, pur vivendo, lui, una vita cosl comples-
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sa e cosl poco comune? Comunque fosse, mi aspettavo che Nick si spingesse oltre ogni aspettativa, si piegasse, andasse sopra o sotto di un qualche mezzo tono, non per il gusto del rischiò, o del contorcimento, o a dispetto della verità, ma perché l'aspettativa può essere una pelle spessa e la verità di Nick era ruvida e senza pelle. Se Dietro lo specchio era la sua storia, Ombre bianche era la sua anima - il titolo parlava da solo. Una mattina presto, stavamo guardando insieme La donna del bandito in TV. Bowie mi sembrava assomigliare al Nick di alcune fotografie giovanili e glielo dissi. Nick annuì e divagò per un po' sulla prima ripresa mai fatta da un elicottero, ma prima della fine del film stava piangendo. Che Nick sapesse più di quanto avessi mai immaginato non mi sorprese, ma prima·di aver visto i suoi film non sapevo quanto sentisse profondamente. Per me, allora cosl giovan~ e incapace di sopportare la mia stessa natura, era semplicemente troppo. Dovevo ammettere che i suoi film dopo tutto non erano male. Eravamo entrambi allo sbaraglio, ma su fronti opposti. Lui almeno conosceva la sua vocazione e aveva moltissime persone da vedere e cose da fare nei suoi vagabondaggi notturni, mentre io ero troppo insicura per cercarmi degli amici e delle occupazioni e non avevo intenzione di diventare la sua ombra. Un giorno disegnai un autoritratto senza faccia. Nick scrisse sulla pagina: «È già quello che vuole diventare», «Chi era quella?». Mi struggevo per lei ma non la conoscevo, perciò era un grande e caldo conforto che lui l'avesse animata così. Comunque, non potevo aspettarmi di essere consolata da Nick. Lessi il saggio di Norman Mailer Il prigioniero del sesso su «Harper»11 e passai intenzionalmente la rivista a Nick. Ecco un insegnante. Ho fatto in modo che lo sapesse, e se a Nick fosse capitato di incontrare Norman gli avrebbe mai
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parlato di me? La mattina successiva mi restituì la rivista . ' ma l'articolo era sparito sotto il collage di ritagli, nastro adesivo e commenti che vi aveva costruito sopra durante la notte. Quando mi capitò di incontrare Norman, ero da sola. Un'altra mattina, poco prima dell'alba, Nick mi tirò giù dal letto per dirmi che aveva portato a casa un po' di gente per farmela conoscere. Uscii dalla camera da letto cattiva come il fiele, ma quando posai gli occhi sulla coppia non fui sicura di essere del tutto sveglia. Davanti a me c'erano un Merlino con i capelli rossi e una dea Kall in hot pants. Presi da parte la donna, perché volevo sapere perché fosse venuta a casa mia alle quattro del mattino. Subl le mie domande e mi guardò dritta negli occhi: «Ma non vedi, vuole che tu abbia un'amica». Nick aveva trovato questa donna a un concerno dei Grateful Dead, fra la folla, nella serata di chiusura del Filmore. (Siamo ancora amiche e, come risultò dopo, parenti di sangue per parte di madre). Allo stesso spettacolo, Nick si era imbattuto in Dennis Hopper che quasi subito gli aveva offerto un passaggio sul suo aereo fino al suo ranch a Taos, nel New Mexico. Io dovevo sistemare le cose sul lavoro e poi l'avrei raggiunto. Nick era disoccupato, intorno alla sessantina, e le metanfetamine erano appena state dichiarate illegali. Era il momento giusto per allontanarsi dalla città. A Taos, Dennis gli offriva un rifugio, cibo, bevande, distrazione, facce nuove; panorami vastissimi, pistole, cavalli: un covo di lusso per fuorilegge, dove Nick poteva liberamente scatenarsi. Quando venne a prendermi all'aeroporto, notai subito che si era inselvatichito, era andato oltre il limite che fino a quel punto si era trattenuto dal superare. Recitava la caricatura di se stesso, un satiro zoppo e guercio, e per la prima volta sembrava pensarsi vecchio. Si era fatto crescere la barba, un surplus di paranoia, e aveva cominciato a portare una pistola nella fondina. Non mi piaceva la barba e pensavo che la fondina chiamasse
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guai, dato lo stato della sua capacità di giudizio e della sua vista. Così si tagliò la barba e sparò a un serpente a sonagli su un muro di pietra. Alcuni dall'alto di una roccia avevano assistito allo sparo e visto Nick che strappava la pelle al serpente (non ne trovammo mai il corpo) e questi sostenevano che era tutta una finzione, ma in ogni caso lui aveva raggiunto il suo scopo. Quando non era fuori a esercitarsi al bersaglio o Dio sa dove con gli altri, trafficava sulla sceneggiatura di Mister Mister, un western su dei ragazzi che sottraggono il controllo della loro cittadina ai padri. Partecipò anche al montaggio dell'Ultimo film di Dennis, un film che gli piaceva molto. Al ranch arrivò un rappresentante a mostrare i suoi nuovi prodotti, videocassette e un apparecchio su cui potevano essere viste a casa propria, e Nick osservò: «Tempo dieci anni e si smetterà di andare al cinema». Nick stava trattenendosi dalle droghe, anche se non da tutto il resto, e di notte soffriva molto, aveva bisogno di una cura continua e attenta dei suoi piedi. Una notte, fra un gemito e l'altro, mi chiese di sposarlo. Poiché ormai sapevo che sarei rimasta con lui almeno fino alla morte di uno di noi due, gli dissi di considerarlo fatto. Mi diede il suo anello, io gli diedi una perla, e ritornò ai suoi gemiti. Mi rimisi a massaggiargli i piedi. Il giorno dopo era in piedi e fuori, a sollevar polvere come prima, mentre io cercavo di rifarmi del sonno perduto. Il soggiorno a Taos offriva avventure quotidiane, grande bellezza e spazio - non avevo mai visto prima le tumbleweeds o il Rio Grande - ma Nick stava perdendo il tuo tempo intorno a troppe incognite senza costrutto. Era stato catturato in un ingranaggio e mi chiesi se se ne sarebbe mai liberato. La storia di Nick è già stata scritta12 ; è sufficiente ricor~ dare, qui,.che all'inizio del 1971 accettò un lavoro, per l'autunno, come professore di cinema all'Harpur College State
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University di New York, a Binghamton. Nick vi si trasferl nella tarda estate. Io programmai di fare il mio lavoro a New York per quattro giorni alla settimana e di raggiungere Nick lassù per dei lunghi fine settimana. Binghamton era una cittadina in una vallata con un'aria densa e umida che opprimeva la testa, anche quando nient' altro la opprimeva. Eppure Nick andava a lavorare pieno .di ottimismo e di progetti. Si comprò un camioncino bianco e una giacca rossa, requisl un po' di attrezzature, fece richiesta per una sovvenzione governativa e delineò la struttura delle lezioni. Gli studenti si sarebbero alternati nei vari lavori - dalla recitazione alla videocamera, alle luci, alla sceneggiatura, agli attrezzi di scena e ai costumi - si sarebbero applicati ai problemi del mestiere, alla tecnica e al lavoro di gruppo. Avrebbero imparato a fare un film facendolo_ Ma di che trattava il film? Suggerii come soggetto il fantasma di Nick, la «premonizione» di dieci anni prima secondo la quale Nick non avrebbe mai finito un altro film. Affrontando il fantasma Nick Io avrebbe scacciato, o cosl almeno pensavo e sostenevo. Nick iniziò a scrivere una sceneggiatura che intitolò The Gun Under My Pillow. Una notte, mentre scriveva, passò sotto le nostre finestre un'ambulanza, diretta al vicino pronto soccorso. Un corpo - non abbiamo mai scoperto di chi o in quali condizioni - fu trasportato fuori dall'ambulanza in barella. Nick buttò via le sue prime pagine e ricominciò con l'avvicinarsi del suono di una sirena e le luci rosse lampeggianti. Come primo compito, Nick mandò di corsa i suoi studenti a cercare la pellicola, gli attrezzi di scena e l'apparecchiatura per cominciare· le riprese, quella notte stessa, nel viale del pronto soccorso. Come al solito, Nick si tuffò nell'impresa e trascinò tutti con sé. Per non intralciare gli altri corsi, e con:il tipico amore del fuorilegge per l'oscurità, fece lavorare gli studenti di notte. Notte dopo notte giravano fino all'alba, dandosi la carica con vino e droghe. Venivano con-
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divisi segreti, amori e odio esplosero e fu~ono placati o abbandonati e tutti impararono a conoscersi perfettamente. Nick co~statò che era terminata un'epoca di coscienza e azione sociale, i giovani si ritiravano in se stessi per «farsi gli affari propri». Gli studenti lo faceva~o partecipe d~lle loro storie e queste trattavano sempre d1 quello che Nick chiamava «la ricerca della propria immagine». Presto le storie si sovrapposero e, in quanto raccontate a un_regista «da tempo insoddisfatto della vita nella capit~~e dei _mercanti di sogni>>, ma interessato alla_ natura del! ,immagine e del sé, divennero la struttura del film We Can t Go Home
Again. Benché fosse sempre stato incline all'introspezione, an- · che Nick diventò più chiuso, come un saggio cinese eh~, dopo essersi realizzato a sufficienza nel mondo, ab~racc1a la vita di un eremita che si arrende alla natura e a.i paradossi del suo stesso spirito. Nel caso di Nick, però, di nuovo il passaggio non fu indolore. . Potevo solo stare a guardare. In qualche modo ero scivolata dal ruolo, che mi era congeniale, di apprendista_, ~i giullare del re e di assistent~, a quello ~ orn_amento, di bisbetica e consolatrice occasionale, per il quale non avevo nessun rispetto. Non avevo ancora una messa a fuoco precisa: era questo il mio problema principale. C'erano delle giustificazioni: Nick era cosl impo~tant~ e ~icino che tut~o il resto era fuori dal campo del mio obiettivo; e la moglie del grand'uomo, chiunque sia, raramente è vista in piena luce ma solo come ornamento, ostacolo o grande errore. Tuttavia ero paralizzata e furiosa d'invidia, per come Nick incoraggiava e stimolava i suoi studenti - che in fondo_ a~evano la mia stessa età - a essere una troupe e una famiglia. Gli dedicava il suo tempo, si preoccupava di quello che sentivano, faceva venir fuori i loro veleni e la loro poesia, e si aspettava da me che me la sbro~liassi d~ sol~ men~re avevo cura dei suoi scritti, delle sue idee, dei suoi conti e dei suoi piedi. Cosa che facevo, ma non sempre in modo
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gentile. Per fortuna avevo mantenuto il mio lavoro in città e stavo lì il meno possibile. Intanto le videocamerè continuavano a lavorare. Nei due anni del suo contratto ad Harpur, Nick girò quasi un intero lungometraggio. Si contrappose anche alla maggior parte dei suoi colleghi e a tutta l'amministrazione dell'università. Non era una novità: loro erano inclini a stabilire o mantenere regole, Nick no. «Nella terra dei ciechi il guercio è re», spiegava. Era sicuro che stavano sabotando il suo progetto - posso solo immaginare cosa pensavano stesse facendo - e i suoi sospetti non erano forse del tutto infondati. Ma del resto, non l'ho mai visto andar d'accordo con nessuna autorità, come minimo brontolava sotto voce. Nel 1973, abbiamo portato àl Festival di Cannes, dove ottenne una vera ovazione, una prima versione incompleta di We Can't Go Home Again. In molti offrirono a Nick i soldi per finire il lavoro, ma gli importi non erano sufficienti, oppure i finanziatori pretendevano un controllo troppo stretto. Dopo un breve soggiorno ad Amsterdam, Nick riportò il film sulla costa occidentale per rifiniture di laboratorio, ma buona parte della copia di lavoro finl persa o clan• neggiata durante il trasferimento e inoltre, secondo Nick, chi avrebbe dovuto aiutarlo continuava a fare danni. Quando si trattava di questo film, tutto andava male, con misteriosa regolarità. Più di una volta Nick mi ha telefonato in piena notte per annunciare: «Sto per buttare tutto a mare». Nei due anni successivi, mentre io rimanevo a New York, Nick volò avant'i e indietro dalla costa orientale a quella occidentale trasportando le copie di lavoro. Era fermamente intenzionato a scovare dei finanziatori in modo da poter 'finire il film o trovarne un altro su cui lavorare. Ma niente funzionava e di nuovo fui costretta a interrogarmi; Diversi montatori si erano lamentati con me del fatto. che montavano una sequenza proprio coine Nick aveva voluto, e la sequenza sembrava buona, ma il giorno dopo scoprivano che era stata rimontata durante la notte. Faceva co-
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me Penelope? Francis Coppola offrl a Nick una sala mon- ' taggio, ma in seguito gliela negò perché Nick e la sua troupe, nelle loro nottate selvagge, continuavano a far scattare gli allarmi antifurto dello Zoetrope. Nick stremava tutti i suoi ospiti. Il resoconto delle sue azioni scandalose' mi arrivava da tutte le parti, mentre lui tracciava un solco profondo tra i suoi vecchi e nuovi amici. Quelli che mi avevano rimproverato gli scatti di nervi con lui cominciarono a telefonare con voce sfinita per dirmi: . In chiesa è al centro, sapete? Voglio che l'azione sia specifica e significativa per voi, voglio che sia significativa per gli altri.
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Azione!
Continuerò a suggerire questo strumento perché funziona, ma forse troverete un modo diverso per accostarvici o per concepirlo. Quale par~la posso sostituire ad azione per renderla più comprensibile? Posso usare ragione? Posso usare mestiere? Voglio che cerchiate e troviate la vostra strada. Avete osservato com'è appena entrata Charlotte? C'era una qualità, un ritmo, nella sua entrata che dovrebbe interessarvi, come registi.
NR: Jet, tocca a te
(Jet aveva preparato una scena con Bev, che Josef aveva diretto e ripreso in video. Si guarda il video per discuterne) NR: Qual era la tua azione, Jet? Jet: Volevo scoprire se lei era come me, incapace di avere un figlio, cosl non sarei stata sola, non sarei stata anormale. NR: Pensate che Jet abbia realizzato l'azione? Qualcuno vuol rispondere? Pete: Penso ci fosse molto poco contatto fra Jet e l'altra donna. Jet abbassava spesso gli occhi, perciò non sono sicuro di cosa volesse da Bev. NR: Gli indiani hanno un detto: