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Italian Pages 313 Year 2024
Altri comunismi italiani. Dissidem.e e alternative alPCI da Livorno
al~totto
acuradi
Gabriele Ma9trolino
Marion Labey
Altri comunismi
italiani. Dissidenze e
alternative al pa da Livorno al Sessantotto
Tranne la Presentazione dei due curatori e il saggio introduttivo di Eros Francescangeli, i contributi del volume sono stati sottoposti al processo di doppio referaggio da parte di due esperti anonimi. @2024 Accademia Unh•ersity Press ,;,,j,a Carlo Alberto 55 I-10123 Torino
prima edizione marzo 2024 isbn 9791255000747 edizioni digitali www.aAccademia.ir/altri-comunismi https://boob.openedition.orglaaccademia/673 book design boffetta.com Aa:adernia University Press è un marchio registrato di proprietà di LEXIS Compagnia Editoriale in Torino ul
lncice
Presentazione
Gabriele Mastroillo Marion Labey
VII
Altri comunismi italiani. Dissidenze e alternative al Pa da Livorno al Sessantotto Orizzonti rossi. Gli "altri coml81ismi" tra storia e storiografia: definizion~ confini, genealogie, segmenti
e periodizzazioni
Eros Francescangeli
3
Alle origini del Partito Comunista di Sardegna. Lorenzo Di Stefano Il Pa, il sanismo, il Pcs (1921-1944) Andria Piri
24
AngeloTasca e gl altri comunismi (1927-1934)
Marion Labey
48
Gabriele Mastrolillo
73
Amadeo Borciga e I Partito Comunista lntemazionalsta ci fronte al "partito nuovo" (1942-1952) Alessandro Mantovani
96
I trockisti e il Pm1 (1930-1935)
Il Pa, il PAMO, LA tmtazioni tull'impo!itico. Ermci, imgolan ,d mrodossi n,tla sinistra ita1ianaprima dll '68, ivi, pp. 24--44. 11. efr. N1ccoLAI (1998), pp. 109-110. 12. DREYFUS ,tal. (2004), (dir.}, p. 9. 13. Ibid., p. 11. TILE (2001). Per
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Presentazione
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nin, Trockij, Bucharin e Luk.acs. Il richiamo a queste figure politiche con un «potenziale di legittimazione»14 permette agli oppositori di affermarsi e difendersi nell'ambito di lotte politiche e memoriali che li contrappongono al Partito comunista. Per questo motivo, come mostra Gabriele Mastrolillo, gli atti.visti. della Nuova Opposizione Italiana (trockista) scelsero di auto-rappresentarsi come «opposizione gramsciana» alla direzione togliatti.ana del Pcn'l15• Per gli oppositori comunisti., invocare l'autore del Capitale, Lenin o Gramsci nei loro scritti o discorsi significava innanzitutto usare un'arma la cui efficacia variava a seconda del periodo e dell'avversario preso di mira16 • È quindi necessario esaminare e storicizzare la strumentalizzazione politica degli scritti e delle azioni dei teorici e dei dirigenti del movimento comunista nonché problematizzare la scelta di definirsi o meno internazionalisti. in opposizione a un partito considerato smarrito da questo punto di vista. Ciò sia negli anni Trenta nel contesto dell'adozione della linea dei fronti popolari, sia durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale 17, di fronte al "partito nuovo" e alla "via italiana al socialismo", sia infine di fronte al più generale processo di riconversione nazionale delle prospettive politiche in cui il PCI si è impegnato dopo il 1968. Gli "altri" comunisti italiani definirono la loro identità internazionalista facendo riferimento a un precedente storico che li legittimasse politicamente, sia che si trattasse della fedeltà ai primi congressi del Komintern o di una rottura più radicale con quest'ultimo, incarnata dalla volontà di tornare ai principi internazionalisti di Zimmerwald e Kienthal (le due conferenze che nel 1915 e 1916 riunirono la minoranza del movimento operaio europeo che si opponeva alla guerra e all'Uni.on sacrée 18) o di affiliarsi alla Quarta lnternazionale19 • La questione della costruzione dell'identità militante20 appare ancora più essenziale se si 14. Cfr. VERHAEGHE (2014). 15. Mastrolillo infra 16. Come sottolinea Matbieu Fulla a proposito dei socialisti francesi in u Marx des socia,. tisus: tu CtiyMolut ànos jours, in DucANCE - BURLwn(2018) (dir.), pp. 62-74. 17. Cfr il contributo di Karlsen, infra. 18. Cfr. CHUZEVILLE (2015); DocLIANI (2020). Si veda anche il contributo di Mantovani, mfra. 19. Cfr. i contributi di Mastrolillo e di Luparello, infra. 20. Cfr. l'ENNEIIER- FUDAL (2014) (dir.).
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Gabriele Mastrolillo
Marion Labe9
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vuole studiare l'evoluzione di coloro che cercavano di rimanere comunisti pur dissociandosi dal partito comunista e dall'URSS. Lo studio degli "altri" comunismi ci invita anche a considerare il tentativo di «separare l'ideale dal suo modello concreto sovietico e di conseguenza rimodellarlo in modo da poterlo conservare, e quindi salvare il comunismo come grande idea e l'identità personale del comunista allo stesso tempo»21 • Perciò, il dissenso comunista costituisce un argomento interdisciplinare, all'incrocio tra storia politi.ca, sociale, culturale e intellettuale, scienze politiche e sociologial!l!. Per i comunisti italiani, in Italia o in esilio, l'esperienza della lotta clandestina e il significato dato all'antifascismo hanno condizionato il rapporto con il mondo comunista e l'interpretazione del regime sovietico. Infatti, come dimostrano i contributi di Labey, Mastrolillo e Mantovani, fu soprattutto intorno al dibattito sul significato e sulla forma da dare alla lotta antifascista - e per estensione, sul rapporto con l'Unione Sovietica e l'Internazionale Comunista (Komintern) e sull'ingerenza di quest'ultimo in questo dibattito - che si scontrarono i dissidenti comunisti italiani negli anni V enti-Quaranta. Attraverso lo studio degli "altri" comunismi italiani ci proponiamo anche noi di «comprendere le molteplici e contraddittorie dimensioni» 28 del fenomeno comunista, anche perché le alternative politiche che questi partiti, movimenti., gruppi e individui cercavano di incarnare non erano "illusioni"24 ma impegni politici. In effetti, questi "altri" comunisti sono stati anche coloro che hanno favorito il contatto tra il comunismo e altri mondi di protesta, dal socialismo di sinistra ai transfughi libertari, dal pacifismo al femminismo, dall'anticolonialismo all'antirazzismo, formando talvolta reti politiche in concorrenza con quelle create dal PCI. Non solo: la dissidenza comunista fu in molti casi un laboratorio intellettuale estremamente prolifico nonostante l'esiguità numerica di tali formazioni. Proprio questo dinamismo intellettuale deve fungere, secondo noi, 21. E. Dufl.o, P. Serne, QJur.st•-t-il d8s idlaux 1, in BDmWm dal. (1997), p. 89; ElHUJN (2006), p. 58. 22. j.AN (2004), p. 26; Cfr. HIRSCHMAN (1970); Fn.uEul.E (2005) (dir.). 23. DREYFUS dal. (2004) (dir.); p. 18. 24. Cfr. Ft1RET (1995).
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Presentazione
da incentivo alla storiografia per analizzare con occhio critico e senza pregiudizi ideologici tali esperienze, che hanno perfettamente diritto di cittadinanza all'interno del mondo della ricerca accademica relativa alla storia del movimento comunista. Tra i recenti studi sul comunismo eterodosso italiano figura il volume di Eros Francescangeli sulla sinistra rivoluzionaria in Italia dal 1943 al 1978. In questo volume, egli nota che la maggioranza degli studi finora prodotti su tale tema «è caratterizzata dall'abbondante utilizzo di fonti auto rappresentative, non tenendo conto delle altri fonti disponibili.»25 • È una constatazione critica che condividiamo, dato che un approccio di tale genere rischia di produrre studi che rasentano l'apologia; d'altro canto, è anche vero che lo studio di un tema circoscritto quale non la dissidenza comunista italiana tout court ma un aspetto di tale storia (il confronto/scontro col PCI) implica l'analisi di un ventaglio di fonti più o meno ristretto e omogeneo, in quasi tutti i casi prodotti dai vari gruppi e tendenze eterodosse. Si tratta di periodici, bollettini e quotidiani ma anche (laddove è stato possibile rintracciarli) verbali delle riunioni degli organismi dirigenti e carteggi tra esponenti di tali direzioni. I contributi procedono in ordine cronologico e affrontano temi relativi a partiti, movimenti e gruppi politici, nonché percorsi biografici. Nello specifico, i primi saggi esaminano alcune delle forme assunte dalla critica comunista al Pcn'I, al regime staliniano e al Komintern dagli anni Venti. al secondo dopoguerra. Andria Pili e Lorenzo Di Stefano affrontano il difficile rapporto tra il Pc1 e l'effimero Partito Comunista di Sardegna contestualizzandolo nell'attenzione mostrata nelle decadi precedenti dal Pcn'I verso il sardismo. Il saggio di Marion Labey, invece, si concentra sulla traiettoria biografica di Angelo Tasca compresa tra la rottura con il Pcn'I e l'adesione al Partito Socialista Italiano aderente all'Internazionale Operaia Socialista ponendo attenzione specialmente al ruolo svolto dal suo rapporto con altre dissidenze comuniste, italiane e francese, nella sua definitiva presa di distanza dal movimento comunista.
25.
FRANCESCANGEU
(202!;), p. 18.
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Gabriele Mastrolillo Marion Labey
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Gabriele Mas trolillo ripercorre le origini e la prima fase del trockismo italiano esaminando in particolare la critica mossa alla linea del Pcn'I da parte dei trockisti nei primi anni Trenta. Alessandro Mantovani, invece, si concentra sul confronto tra il Partito Comunista Internazionalista di tradizione "bordighista" e il "partito nuovo" togliattiano durante la Resistenza e nel secondo dopoguerra. I restanti contributi sono inerenti al dissenso maturato nei confronti della linea del Per nel periodo compreso tra il secondo dopoguerra e il Sessantotto, in una fase caratterizzata da una forte conflittualità sociale e politica26 • Mentre Patrid Karlsen si concentra sulla critica mossa dal Partito Comunista della Regione Giulia e sul suo legame col titoismo, Diego Giachetti descrive la politica entrista adottata dai trockisti.27 italiani, che si costituirono clandestinamente come Gruppi Comunisti Rivoluzionari (GcR) all'interno del PCI, e ne analizza le divergenze con la linea della Direzione del partito. Velia Luparello, invece, esamina le relazioni dei GcR con la Quarta Internazionale e Luca Fiorito si occupa delle origini di Lotta Comunista, dall'anarchismo alla crisi del Movimento della Sinistra Comunista. Mirco Carrattieri descrive il contrasto emerso tra Valdo Magnani e il partito agli inizi degli anni Cinquanta, che comportò l'allontanamento suo e di Aldo Cucchi dal Pc1 e la conseguente nascita del Movimento dei Lavoratori Italiani. Alessandro Barile esamina i cambiamenti avvenuti all'interno del Per negli anni Sessanta e si sofferma in particolare sulla posizione politica critica e alternativa alla linea di maggioranza espressa dal manifesto, gruppo politico sorto conseguentemente alla nascita della testata omonima. Infine, Alberto Pantaloni ripercorre la storia di Potere Operaio, esaminando le istanze politiche e i rapporti del gruppo della sinistra extraparlamentare con il PcI nonché con Lotta Continua, il manifesto e Lotta Femminista per mostrarci indirettamente
26. Sugli anni Sessanta e Settanta si vedano specialmente CRAINZ (2003), pp. 202.$12 e 521-587; CoLUUZI (2019); FI!ANCESCANGW (2023); B.ANTIGNY - GoBil.I.E - PALIEIWU (2017). Per un'ulteriore rifteMione sul periodo 1956-1968 e sulla cesura rappresentata dal Ses=totto, si veda anche il saggio di A. D'Orsi, L'o (1989), pp. 19-25. Sull'inadeguatezza del lemma «nuova sinistra. rinvio a FRANCESC.\NGEIJ (2023b), pp. 2-4. Sulle autorappresentazioni del soggetto esaminato cfr. BETTA-CAPUSSOTil (2004), pp. 113-123 e MASLEN (2013), pp. 23-36.
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Orizzonti rossi. G&Mallri
comunismitrastoria e storiografia
data la segmentazione della macro-cultura politica definita dall'espressione comunismo in molteplici sottoinsiemi riferibili a micro-culture del medesimo ambito caratterizzate da teorie e repertori d'azione differenti, definite solitamente attraverso un/una leader eponimo (luxemburghismo, bordighismo, stalinismo, ecc.) o anche dal soggetto o la prassi di cui si sostiene la centralità. (consiliarismo, operaismo, terzomondismo, ecc.). Micro-culture politiche che, spesso e volentieri (soprattutto al di fuori dell'ortodossia, per sua natura autocratica), si frazionavano in rivoli organizzativi il cui perno era spesso rappresentato da più o meno brillanti epigoni degli eponimi di cui sopra, che davano vita a fazioni e conventicole in rissa tra loro. Cosi, ad esempio, il troclcismo si frazionava - a partire dalla sua fase aurorale - in molinierismo, lambertismo, pablismo, posadismo, morenismo, ecc., anche se le suddette micro-aree politiche avevano - come ben rappresentato dal parodico Fronte popolare di Giudea in M,"W.bibliotecamarxista.org/Amico/quaderno%20Amico.htm., ultimo accesso 19 luglio 2023. - (2021), Bordiga, il fascismo e la guerra (1926-1944), Massari, Bolsena (VT). BON.'\ GIORGIO (2012). Il sangue di tutti noi, Scritturapura. Asti. BoRDIG.o\, AMADEO (1964), Storia della sinistra comunista I, edizioni "il programma comunista". Milano. BoURRINET, PHIUPPE (1981), La Gauche Communiste d'Italie, Courant Communiste International. - (2016), Une Siècle de Gauche Communiste « Italienne » (19152015), suivi d'un Dictionnaire biographique d'un courant internationaliste, Moto proprio, Paris. C.AMATIE, jACQUES (1970), La Gauche Communiste d'Italie et le Parli Communiste International, «Invariance», III, n. 9, pp. 138-153, tr. it. (1971), La Sinistra comunista italiana e il Partito Comunista Internazionale, International, Savona.
98. Nel 1965 questo gruppo assunse il nome di Partito Comunista Internazionale. 99. Cfr. Storia della sinisaa comunista I (1964). Testo appano anonimo ma sicuramente dovuto alla penna di Bordiga.
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Alessandro Mantovani
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Amadeo Bordiga e il Partito Comunista
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Altri comunismi
italiani. Dissidenze e
Il PCI, il P-54. 3. Sul tema dei rapporti fra i partiti comunisti italiano e jugoslavo tra guerra e dopoguerra: TERZUOLO (2019); TR0HA (199:;); L. Gibiansky, La qiusti,m, di 1'rust, tra i comunisti ilauani, jugoslavi, in AGA ROSSI -Qll'AGLlARIELLO (1997) (a cura di); V .ALDEVIT (1999); GALEAZZI (2005); GoDE!A. (2006); S. Misié, Yugoslav Communists and th, Communist Part)1 ofItal)~ 1945-1956, in PAVLOV!é (2015) (ed.). 4. Sulla categoria di "comunismo adriatico" cfr. K.ARLSEN (2011); K.ARI.SEN - RUZICIC. KESSUR (2017) (a cura di); K.w.sm - MANENn (2019) (a cura di.). 5. Sulla linea di "unità nazionale" cli'. almeno SPRIANO (1975); GUALTIERI (1995); PoNs (1999) e ID. (2021), pp. 85-107; AGA ROSSI - ZASIAVSKY (2007). Per la politica del KPJ tra guerra e dopoguerra: M. '\Vheeler, Pariahs to Partisans to P had a membership of around 800 to 1.000 people, and split right down the middle over this conflict, crearing the \\Tp with around 500 memben. See AU:X,INDER (1991), p. 804. 7. CASCIOIA.(1995).
8. At the end of1944, the RsL would be partofthe merger with the Worken lntemational League (Wn.) that founded the British section of the Fourth Intemational, Revolutionary Communist Party (RCP). 9. BORNSTEIN-RICHARDSON (1986), p. 29. 10. Matteo Renato Pistone, a former Trotsk}'ist militant, and Amadeo Bordiga formed
al!\
ltaianTrotskyism
and relations with the Fourth
lntemational (1945-1953)
the poster, was completely unaware of the existence of the Fourth International, which had been founded six. years earlier. Charles Van Gelderen remembered it this way: The walls were full of these posters calling for the Fourth International. The manifesto was a very sectarian document, Iike the Bordigists, and I managed to get a copy through to England which was published in W.I.N. We had long discussions with them, and eventually they agreed to join us. But it made it even worse, because I wanted them to continue work in Socialist Party. But we were hopelessly outnumbered, and theyhad money, and contactwith people in Rome. They called themselves Potere [sic; Partito] Operaio Italiano. I have a membership card do·wnstairs ·with No.I membership on it, and "The Fourth lnternational". We got to Mangano and we spent two days there, and then I had to be back at the barracks next day so we started back. I could get a lift back, but there was no way that they would accept Nicola. No motor vehicles were allowed to pick up hikers, in the end I had to go back on my own. I t took Nicola ten days to get back to Naples. Later on, when things eased a bit, we were able to travel to and fro, and Mangano visited us. In I taly Nicola di [sic; Di] Bartolomeo, who was also in the Molinier Group, told me he had gone over to London (i.e. pre-war) on behalf ofthe Molinier Group, and the only names they knew in England were Haston and Grant. I have no evidence at ali but what appeared in the paper. I knew nothing at ali about this until Nicola di [Di] Bartolomeo definitely mentioned Grant and Haston, "Hestoon", as he used to cali him 11•
From this testimony we can see that, although during the course of the war severa! I talian Trotskyist were part of, or were in conta.et with, the French and Belgian sections of the F ourth Intemational, the relations with the I talian Trotskyists began from the connections with the American mem-
a group within the Pa that resumed the action of the abstentionist Communist Fraction of 1919. lts influence was strong in the citi.es ofNaples, Salerno, and Rome. This group proposed to lead the parti.es to the field of clan politics, and to traD$form into an autonomow party when this rectification of the other parties proved impossible. '1b achieve these objectives, the Bordigist m.ilitants preached entryism within the Pa until 1945. See BoURRJNET (1980), p. 185. 11. B0RNSmN-RICHARDS0N (1986), pp. 31-32.
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bers of the SWP and some British members of the Trotskyists groups like the RsL and the W1Ldue t.o the massive recruitment that the Allied landings implied between the end of 1943 and the middle of 1944. The discussions held by Di Bartolomeo and Van Gelderen with the Apulian Federati.on leaders were sealed with the creati.on of a politi.ca! alliance between the Trotskyists and the Bordigis ts, an alliance that gave rise to the Partito Operaio Comunista (Bolscevico-Leninista) (Poe). Similar t.o the 1944 merger t.o create the Parti Communiste Internati.onaliste (PCint) in France and the RCP in Great Britain, the deal was reached without any preliminary and in-depth politi.ca! discussion, and, unfortunately, resulted in an unprincipled merger carried out on shaky foundati.ons. However, one of the first tasks carried out by the Poe was the launching of a politi.ca! program for Italy which was published in its press, «Il Militante», in October 1944. It was reproduced by the SwP newspaper, «The Militant», in its March 1945 editi.on. The note celebrated the presence ofTrotskyism in Italy at a socially and politi.cally critica! moment and stated that: «I t is clear from this materia! thatour I taiian comrades stand upon the principles ofthe Fourth lnternati.onal». The Poe program had 25 points: (1) Abolition of the monarchy and the institution ofa democratic republic. (2) Freedom of speech, press; freedom to organize, strike, demonstrate, etc. (3) A Constituent Assembly and the holding of immediate elections with the participation of all parti.es. (4) The right of universal, direct and secret suffrage for all citizens, soldiers and members of both sexes 18 years ofage and over. (5) Complete separation of Church and State; applicati.on of a progressive tax on the wealth and property of the Church. (6) Compulsory free educati.on, with no religious instruction until 18 years of age. Free technical education for all-without taxation. (7) Progressive tax on all capitai revenue. (8) Monetary stabilization. (9) Aboliti.on of the black market and all powers of distribution to the cooperatives, trade unions, and consumers' councils.
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and relations with the Fourth
lntemational (1945-1953)
(10) Stabilization ofsalaries and a minimum wage and stipend, corresponding to the economie needs and guaranteed by the state, on a sliding scale in relation to the cost ofliving. (11) Workers' control of industriai production, insurance, ~ g , transportation, land, through internal commiss1ons. (12) Confìscation without indemnity of ali industries and capital of Fascists proprietors and societies and their operation by the state under the direction of the trade unions and workers' councils. (13) Construction of experimental stations upon state territory. (14) Expropriation without indemnity and nationalization of ali fascist landed property; such properties to be assigned to the Agricultural Workers' Councils and poor peasants. The same applies to rich landowners. (15) Abolition of ali peasants' debts and interest owed to banks and rich proprietors. ( 16) Ind us trialization of agriculture with a new scientifìc system ofwork and cultivation under the direction of Agricultural Workers' Councils and poor peasants. (17) The state must assure just prices for agricultural products and enlarge subsidies for direct cultivators and agricultural workers. (18) Defascistization ofall administrations under the direction of the trade unions and workers councils. Abolition of social distinctions. The military is to receive pay equal to that of the industriai workers. Military schools are to be under the direction oftrade unions and workers' councils. (19) The partisans must be considered as regular soldiers and mustkeep theirarms. (a) Formation of armed squads of workers and peasants under the direction of trade unions for the defence of ali democratic liberties and against reaction. (20) Immediate publication of the armistice terms between the Allies and Italy. (21) Independence forali Italian colonies. (22) For an immediate, just and democratic peace for ali peoples. At the conclusion of the war, we must demand a socialist peace as against the aims and decisions for an imperialist peace: and the constitution of a government of workers', soldiers' and peasants' councils. (23) Liberty and national independence for ali colonial people from the oppression of the imperialist powers. (24) Reconstruction of the world based upon the freedom
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of transportation and commerce, through an intemational organization ·with all peoples having free access to the world's raw materials and raising of the economie and industria! level of all colonies and backward countries. (25) The constitution of the Socialist United States of Europe as part of the World Socialist Federati.on 12 •
Reaffirming its oppositi.on to the Ivanoe Bonomi government, the Poe called on the Pc1 and the PsIUP to break their coaliti.on with the bourgeoisie and form their own government on the basis ofthis program. CAscIOLO), in «New International», n. 7, 1930, pp. 215-218 (216-217), online at https://www.marxists.org/history/etoL'newspape/ni/voll0/no07/vl0n07-w088-jul-l944-new-int.pdf (last accessed 15 October 2022). 18. World Situation and tJu Tasks of tJu Fourth lnùrnational. lwolution Adoptld by tJu SICO'nd Congr,ss of tlu Fourlk Inùrnational - Paris, April 1948, in «Fourth International», n. 4, 1948, pp. 98-128 (103), online at https://www.marxists.org/history/etoL'document/fi/19381949/fi-2ndcongress/1948-congress03.htm (last accessed 11 September 2022). 19. hi, p. 105.
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their membership. as well as their influence among the working class. But everywhere, since its founding. the parties of the Fourth International faced the problem of becoming true mass parties. Tue impossibility of carrying out this transformation was one of the greatest structural drawbacks of the period. However, the issue did not lead to self-criticism but rather reinforced that this situation was due, on the one hand, to the limited number of cadres capable of effectively intervening in workers' struggles; and, on the other, «to the secta.rian or opportunistic conceptions that have influenced the politics of certain sections»20 . This so called «fight against secta.rianism» carried out by the 1s was first expressed with the expulsion of the Morrow - Goldman - van Heijenoort minority from the SwP in 1946 and deepened later on in the 1948 Conference with the partial or complete expulsion of three sections that intervened in centrai countries of Vlestern Europe: the German, the I talian and the French. Tue section that was harshly criticized was the I talian. Since the Allies landing, I taly had proved to be the most favourable terrain for the growth of a whole series of experiences of the working class. According to BEHAN (2009). the «partisan republics», installed in the rural areas where the resistance was strongest, were brief political experiments but they proved the existence of a highly radicalized sector of the population that did not advocate the reestablishment of a bourgeois democracy in Italy. At the sam.e time, the resolution ofthe Conference stated that the majority of supporters ofStalinism in the working class was far from absolute, and because ofthis, they had witnessed the formation ofvarious opposition currents within the traditional parties or outside them. Thus, the task of the Italian section would be to regroup these elements around the program of the Fourth International21. But the problem with the Poe was that «it was an unprincipled merger on a purely organizational basis, without any prior discussion to determine a common plat-
20. Ivi, p. 108. 21 . .R.solutùm on tJu Pamto op,roio Comunista (POC) of Italy Adoptld oy tJu Stcond World Congrm, in cFourth Internationa.I,., n. 6, 1948, pp. 188-190 (188), online at: https://www. marxists.orglhistory/etol/document/fi/1938-l 949/fi-2ndcongress/1948-congress 10.htm {last accessed 11 September 2022).
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ltaianTrotskyism
and relations with the Fourth
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form». This type of merger was catried out by the Is and the European Secretariat throughout the entire period, and was also the case for the French (Pe1nt) and British (ReP) sections. Recognition ofthe problem did not, however, lead to a reconsideration of that practice by the Conference. On the contrary, the root ofthe matter was focused on the fight between factions that ended in the takeover of the leadership ofthe Poe by theApulian Federati.on. Tue Conference affirmed that between the leadership of the Poe and the restofthe Fourth International there were discrepancies of different kinds. These differences arose because the Poe leadership considered only the decisions of the first two Congresses of the Communist lnternational as valid and rejected the United Front tactic as well as the Leninist theses on the national and colonia! questi.on. Added to this was the fa.et that the I talian seetion understood that the UssR was an imperialist state of the same type as the United States, dismissing as erroneous the perspective ofa «degenerated workers' state» 22 • In relati.on to these topics, Serge Lambert affirmed that, to the materia! difficulties that the party had to fa.ce, was added the fa.et that the Poe was the result of the fusion of two divergent politica! orientations. On the one hand, Di Bartolomeo's Trotskyist group relied on the theses of the first four Congresses of the Communist lnternational and on the Transitional Program of the Fourth International. On the other hand, Mangano and his adherents thought that the United Front tactic, as determined at the Third Congress ofthe Third International, should be considered counterrevolutionary. Tue programmati.e disagreements were also related to the questi.on of the internal regime of the party. The Trotskyists were in favour of democratic centralism, which theoretically should allow free discussion and the exis tence of politica! tendencies in the party as long as everyone accepted the decisions adopted by the majority ·with discipline. Instead, Mangano's revolutionary centralism, analogous to the organie centralism ofthe Bordigists, denied the right to organized tendencies in the party and gave the leadership absolute power over the militants. Fi-
22. Ivi, p. 189.
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nally, the questi.on of the nature of the UssR was a nodal point of the differences. "While the Di Bartolomeo's group considered that the Soviet Union was a degenerate workers state, the Bordigists held the position that it was state capitalism28 • Among the mostimportant politica! differences pointed out by the Conference was the fa.et that «the current leadership of the Poe considers that the current international politica! situati.on is totally and exclusively dominated by the contradictions between two imperialisms: the Russian and the American. All socia! struggle or conflict was a direct consequence of this genera! conflict. in which the workers have no interest». The document also stated that «the Poe maintains a sectarian position on the democratic slogans and has refused to present the slogan of the Republic against the Monarchy»24 • This last part results quite interesting since, as we have seen previously, the slogan of the Republic was one of the 1s points of criticism to the program of the I talian Trotskyists before they became the I talian section of the Fourth International. To all these politica! differences, some other matters were added, Iike the Italian party's lack ofcommitment to the Secretariat. This was shown as a matter of serious indiscipline towards the international organization. Not surprisingly, the conclusion reached by the Conference was to declare that «the party called Partito operaio Comunista is no longer the Italian Section ofthe Fourth lnternational, and that the Italian section has not yet been built». As with the German Trotskyists, the resolution called on all Trotskyist members of the Poe to rally around a soon-to-be-published magazine, with the aim ofbuilding a «true Trotskyist organization in I taly»25 • The birth of the Grupp;, Comunisti Rivoluzionari and the Fourth Jnternati,onal split After the forma! expulsion of the Poe in the Second Congress, a minority of its leaders and members, particularly 23. I..A)!BEXI' (1987), p. 59. 24. Resolution on tll8 Pl1irlito Dpn-aio Comunista (POC) of Italy Adopùd oy tJu S6CO'lld World CongTISS, cit., pp. 188-189. 25. hi, pp. 189-190.
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in Naples and Milan, remained loyal to the Fourth International. Among the principal figures in this minority were Libero Villone and Domenico Sedran, who had fought in the Spanish Civil w·ar. In 1949, the Trotskyist elements which had come out of the Poe and the Socialist elements headed by Livio Maitanjoined to form the Gruppi Comunisti Rivoluzionari (GcR). Maitan became Secretary ofOrganisation of the GcR and, in 1951, this party was accepted as the new Italian section of the Fourth International26 • Having barely survived '\-Vorld War II, there's no wonder that the 1950s found a fragmented Fourth International, with the American section and others in opposition to the leadership ofErnest Mandel and Michel Pablo (the Greek Michalis Raptis). By 1953, Ernest Mandel and Pablo headed what became known as the International Secretariat of the Fourth International, while their opponents headed the International Committee of the F ourth International. In this context, the GcR sided with the Is, headed by Pablo. They accepted the Pabloite thesis of carrying out entryism in the Pc127 • By the beginningofthesixties, Maitan was one ofthe three major figures at the head of the Is and subsequently ofthe United Secretariat. With the alienation of Pablo from the leadership of the Is, Maitan joined Ernest Mandel and Pierre Frank as the trio who more or less dominated the largest faction of International Trotskyism. However, the idea of entryism in the Communist Party did not go unchallenged within the GcR. Two leaders took the initiative in establishing a "Trotskyist Faction" within the organisation. One of these was Villone, the other Rado. Villone and Rado had two different tactical perspectives. Villone favoured continuing the struggle against Pabloism within the ranks of the I talian section, while Rado wanted to work outside the GcR, entered the Socialistranks, and in the l 960s and early l 970s was a leader of the left-wing dissident Socialist party Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, in Trieste28• Entryism continued for halfa decade after the GcR became the I talian affiliate of the U nited Secretariat. 26. ALEXANDER (1991), p. 594. 27. See GIACHETTI (1988}. 28. Between 1948 and 1947 the ltalian Socialist party was called PsluP. After the split of its right wing led by Giuseppe Saragac, it assumed again the previous denomination of
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Areunification of many of the forces advocating Trotskyism came only ten years later, in 1963, when Mandel and the Swl"s Joseph Hansen co-authored a programmatic statement on the dynamics ofworld revolution that established common ground on the nature and meaning of the Cuban Revolution and how to approach the revolutionarystruggle in colonialand Stalinist environments. When Pablo left the now renamed United Secretariat of the Fourth lnternational in 1965, ending his long and tumultuous tenure in the Fourth International, Mandel positioned himself to become the leading spokesman for world Trotskyism29 • Thus, whether through repression or expulsions, the Fourth International faced the «bipolar world» with few of the militants who had lived through the 1930s and World v\Tar Il.
FinaJ comments
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During the war, the positions taken by each section of the Fourth International and the possibilities to materialize its politica! project were closely related to the social and politica! conditions in which each European country found itself regarding the fascist regimes and the internal conditions of each organization. Tue politica! context forced the Fourth lnternational to develop a clandestine organisational structure and try to capture a working class that suffered a process of impoverishment and dispersion (physical and politica!) as a consequence of the economie policies of Nazism. Likewise, the organization in cells of few militants and its implications, necessary due to security reasons, favoured both the physical and politica! dispersion of its members. Tue Italian Trotskyists were no exception. Tue fragmented politi.ca! initiatives ofthe Fourth Internati.onal were the product of the formati.on of new secti.ons that had at least two or more parti.es within them without clear programmati.e agreements other than their adherence to the Fourth International. Thus, we find cases such as the I talian, in which the mergers of groups without clear programmati.e
Partito Socialisia Italiano (PSI). Instead, in 1964 the l'SI left wing led by Tullio Vecchieai split because they did not want to break the frontist policy between the Psi and the PCI despite the PCI support to the Soviet foreign policy even after the 1956 events. 29. PALMER(2010),
p. 119.
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agreements or that differed in very important points hindered the functioning of the national sections. The outbreak ofa potential Italian revoluti.on after the downfall of Mussolini on 24 July 1943 marked a turning point in the politica! perspectives of the Fourth International and revealed the difficulties generated by the absence of an articulated I talian section that could intervene in the Italian social and politica! processes during the war. As we have seen in this work, it was mainly thanks to the British Trotskyists and the new conditions generated by the Allied landing in I taly that. at the end of 1943, it was possible to make contactwith the now-liberated Italian Trotskyists. Although we can talk about the Italian Trotskyists and their work, such as Nicola Di Bartolomeo and Pietro Tressc/'0, the latter an emigrated militant in the French Poi, it is a complex task to make a balance sheet about the Italian section of the Fourth International during this period. From 1943 to 1948 the officia! I talian section of the F ourth Intemational was the Poi, yet the late formati.on of this party and the sectarian politi.es of the Is made it difficult for the Fourth International to assess the politica! situati.on in Italy. Likewise, the strong politica! differences between the Is and the Poe prevented the I talian group from having a real inserti.on in the workers and mass movement. In this sense, observing the first ten years ofthe Fourth International is relevant to understand and explain the
30. According ro C,\SCI0LA(l99.5b), in 1938 Tresso participated in the Founding Conference ofthe Fourth International. Wanted by the Gestapo, he fted to Marseilles where he contacted _-'\.Ibere Demazière, who '11,"llS member of the Politica! Committee for the Fourth International. Under the name of Julien Pierotti, he continued his clandestine work of resa-ucturing the PCint. By mid-1942, they were arrested by the Gestapo. After severa! transfers, on December 18, the Trotsk}'ist militants were sent to the Puy-en-Velay prison (Haute-Loire). On the night ofOctober 1-2, 1943, 79 politica! prisoners escaped from the Puy prison thanks ro an action by Frano-Tireurs et Partisans (FTP) led by the Parti Communiste Français (PCF). Most of the prisoners, including five Trotskyist detainees, were taken t0 a maquis in Raffy, near the rown of Queyrière, from where they were taken ro the uWodli" maquis created by the PCF. The Trotskyists were placed under close surveillance and only one of those five survived the escape. Reoent investigations show that Tresso, Jean Reboul, Sadek, and Maurice Segal were executed at the end of October 1943, possibly on the 26"' or 27"', by order ofthe Stalinistleaders of the maquis, applying instructions «coming from above,.. Instead, BROut-V.ACHERON (1997), spoke of the responsibility ofGio\'aDDi Sosso, commander ofthe FTPmaquis, in the disappearance and death ofnot onlyTrotskyist militants but also anarchists and any other politica! tendency opposed ro the upatriotic" line of the l'CF.
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beginning ofbureaucratization and the factional logics for which it was sadly known in the following decades. By 1948, the year of the Second Congress of the Fourth International, these bureaucratic mechanisms already proved to be part of the dynamics of the parti.es that comprised it. and above a11 part of its leadership. It is important not to lose sight of these politica!, organizational, and persona! configurations that were generated among the militants in leadership positions of the Fourth International and/or of one of its most numerous parti.es between 1944 and 1948, since they were the breeding ground that gave rise to personalities Iike Michel Pablo and the seed of the 1953 crisis. Tue open crisis in the Fourth International was reflected at various levels: in the Is with the expulsion of the Morrow - Goldman - van Heijenoort minority; in the European Secretariat. with the disintegrati.on ofmostofits sections at the hands offascist and communist persecution; and in the Second Congress that refused to consider the democratic counterrevolution that was taking place in Europe. Taking a11 these into considerati.on, then the crisis of the Fourth International began, not, as often argued, with the controversy sparked off by Michel Pablo's «deep entrist» tactics in 1953, but ten years earlier, due to the Is of the Fourth International inability to adapt its tactics to the new situati.on that developed in Europe as a result of the fall of Mussolini in 1943, and the subsequent adoption of a policy of democratic counterrevolution by the capitalist classes of "\"l'estem Europe and by Us imperialism. These tendencies towards fragmentation only grew in the following decades and its best-known example is the 1953 split. which divided the leadership ofthe Fourth International. In 1950 the differences with Michel Pablo's ideas ended with the expulsion of the British section leaders (Ted Grant. Jock Haston, and Bill Hunter) and the split of the French section during 1952. By 1953 the struggle between "Pabloites" and "anti-Pabloites" went as far as some national sections starting to leave the IV International and launching a public faction called International Committee (le). This division was sustained for ten years, until 1963, when the Trotskyist re-joined again under the United Secretariat of the Fourth International (UsEc). Yet, this unificati.on was far from solving the problems, since, as Marcio
al!\
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Lauria Monteiro puts it: «Itis afragmentation thatis more than organizational, since each existing "historical branch" that claims to be part of this political tradition in practice bases itself on theoretical and programmatic frameworks very different from each other, making it diflì.cult even to assert what Trotskyism is nowadays»11 • References ALEXANDER, RoBER.T J. (1991), International Trotskyism, 1929-1985: A DocumentedAnalysis of the Movement, Duke University Press, Durham. BEHAN, ToM (2009), Tke Italian B.esistance: Fascists, Guerrillas and theAUies, Pluto Press, London. BORNSTEIN, SAM - R.ICHARDSON, AL (1986), War and tke /nternational: History of tke Trotskyist Movement in Britain, 1937-49, Socialist Platform, London. BoURRINET, PHILIPPE (1980), La izquierda comunista en Italia (19191999): kistoria de la co-rriente "bordiguista ", online at http://www. left-dis.n)/e/gci/gci-e. pdf (last accessed 30 July 2022). BRout, PIERRE- VACHERON, RAYMOND (1997), Meurl:res au Maquis, Grasset & Fasquelle, Parfs. CASCIOLA, PAOLO (1995), Nicolo do Bartolomeo [sic] (1901-1946), in Tke Italian Lefl through Fascism, War and B.evolution: Trotskyism and Lefl Communism in Italy, monographic issue of «Revolutionary History» n. 4, online at https://www.marxists.org/ history/eto)/revhist/backiss/vol5/no4/casciola2.html (last accessed 3 August 2022). - (1995a), The Troubled B.elations between tke Communist Workerl Party and the Fourth International, in Tke Italian Lefl through Fascism, War and B.evolution: Trotskyism and Lefl Communism in Italy, monographic issue of «Revolutionary History» n. 4, online at https://ww·w.marxists.org/history/eto)/revhist/backiss/ vol5/no4/casciola7.html {last accessed 15 August 2022). - (1995b), Pietro Tresso and tke early years of Italian Trotskyism, in Tke Italian Lefl Through Fascism, War and B.evolution: Trotskyism and Lefl Communism in Italy, monographic issue of «Revolutionary History», n. 4, online athttps://www.marxists.org/history/etol/revhist/backiss/vol5/no4/casciola3.html(las t accessed 10 August 2022). GL-\.CHETII, DIECO (1988), Alle origini dei Oruppi Comunisti B.ivoluzionari (1947-1950). Una pagina di storia del trotskjsmo italiano,
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Altri comunismi
italiani. Dissidenze e
I trotskisti e il PCI (1950-1970) Diego Giachetti
altemativeall'a da Livorno al Sessantotto
Introduzione Quella dei trotskisti era e rimane una storia più nota (per giudizi affrettati e sommari) che conosciuta, spesso trascurata dagli stessi che dovrebbero avere interesse a ricostruirla. Scrivere di questa e altre storie "minori" è doveroso e necessario. Doveroso perché si tratta di riconoscere il valore di esperienze politiche vissute con dedizione, onestà morale e intellettuale, spesso compiute in situazioni difficili e precarie. Necessario perché !"'altra storia" è pur sempre parte integrante della storia esattamente come il trotskismo italiano fu un aspetto peculiare della storia del comunismo italiano e per certi versi anche dello stesso Partito Comunista Italiano (Per), come si potrà constatare da questo contributo, basato sulla pubblicistica ufficiale e su documentazione conservata da privati e fondi depositati presso centri studi e di ricerca e presso la Biblioteca Livio Maitan (Roma). Dieci anni dopo la conferenza di fondazione della Quarta Internazionale (QI) nel settembre 1938, quando si tenne il Secondo Congresso mondiale, nell'aprile 1948, per l'Italia furono conteggiati 800 aderenti1 • Una cifra rilevante 1. SmovA-TRorsltY - MUNIS - PDu:r (s.d.), p. 25.
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se si tiene conto che nel rendiconto della Conferenza di fondazione, alla quale partecipò un dirigente della qualità di Pietro Tresso, non figuravano riferimenti. precisi circa il numero degli aderenti italiani alla nuova internazionale. In effetti la sezione italiana, sorta con la nascita della Nuova Opposizione Italiana (NOI) aveva conosciuto un'esistenza difficile nell'esilio francese, segnata da diaspore e divisioni interne che caratterizzarono la vita del gruppo composto da fuoriusciti antifascisti. Tant'è vero che alla vigilia del congresso di fondazione, nel 1938, praticamente la sezione italiana non esisteva più2• In questi ultimi anni, approfondite e documentate ricerche, tra le quali l'ultimo lavoro di Gabriele Mastrolillo5, hanno ricostruito nascita e sviluppi della NoI dopo l'espulsione dei "tre" (Alfonso Leonetti, Paolo Ravazzoli e Pietro Tresso) e hanno segnalato che la dissidenza di sinistra italiana pagò lo scotto del mancato riscontro della sua azione politica e di presenza militante nell'Italia fascista. Inoltre, fu subito coinvolta nelle "complicate" vicende del trotskismo internazionale e nelle diatribe interne alla direzione della sezione francese, che si divise nel 1934 a seguito della svolta entrista, caldeggiata da Trotsky, che prevedeva l'entrata nel partito socialista come tendenza. Buona parte delle poche forze militanti di cui disponeva e della capacità politica dei suoi dirigenti si dispersero e si divisero. Uno dei deficit del trotskismo storico italiano riguardava l'assenza di una corrente politica di riferimento all'interno del Partito Comunista d'Italia (PCD'I), a differenza di quella che faceva capo ad Amadeo Bordiga le cui radici risiedevano nel socialismo di sinistra e nelle origini stesse del partito. Il trotskismo italiano si trovò a dover agire "schiacciato" tra due anime, due pensieri forti, già vigenti nel comunismo italiano, quello gramsciano e quello bordighiano. Eppure, singoli elementi svolsero un ruolo importante nel processo organizzativo che portò alla costituzione della QI. Leonetti, ad esempio, partecipò alla direzione del Segretariato Internazionale (SI) dal 1930 al 1936 ed ebbe un intenso scambio epistolare con Trotsky, a riprova della stima serbata nei suoi confronti
2. Si veda il contributo di Mastrolillo nel presente volume.
3. M.ASTROUU.O (2022);
F'RANCESCANGEU
(2005).
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I trotskisti eilPci (1950-1970)
dal rivoluzionario sovietico e della sua posizione dirigente ai vertici del movimento trockista internazionale. Fu una piccola parte di militanti italiani in esilio, passati attraverso l'esperienza della guerra civile spagnola, a riportare in Italia le idee della QI. Sconfitta la rivoluzione spagnola, essi trovarono rifugio in Francia dove vennero internati e successivamente consegnati dalla polizia di Pétain alle autorità. italiane che li deportarono nelle Isole Tremiti. Uno di loro era Nicola Di Bartolomeo, attorno al quale nel confino si formò un collettivo trotskista. Dopo la caduta del fascismo, Di Bartolomeo e gli altri confinati furono liberati e si stabilirono a Napoli, dove fondarono un piccolo gruppo che si definl Centro Nazionale provvisorio per la costruzione del Partito Comunista Internazionalista (Quarta Internazionale). Privi di mezzi entrarono a Napoli nel Partito Socialista di Unità Proletaria (PsIUP) e nella sua organizzazione giovanile e stabilirono alcuni contatti con dissidenti del PCI. Nel 1944 il gruppo di Di Bartolomeo riusci a riallacciare i rapporti con la QI tramite militanti trotskisti inglesi e statunitensi giunti in Italia al seguito dell'esercito angloamericano. Venuti a conoscenza che a Foggia era stato pubblicato un manifesto a favore della QI, Di Bartolomeo si recò sul posto, dove fece conoscenza con Romeo Mangano4, che era stato un dirigente della federazione del PcD'I delle Puglie e segretario della Camera del lavoro di Foggia, ideologicamente vicino alle idee di Bordiga. Lo scambio di informazioni portò rapidamente a un accordo che si concluse, nel luglio del 1944, con la formazione del Partito Operaio Comunista (Poc)5 • L'accordo coi pugliesi accrebbe notevolmente il numero dei militanti e la Q1 pur tra dubbi e richieste di chiarimenti, finì col riconoscerlo come sezione italiana. Effettivamente le due componenti del Poe avevano un diverso concetto dell'organizzazione internazionale. I militanti pugliesi pensavano che la Q1 non fosse altro che un organismo potenziale, senza diritto di imporre un programma e una disciplina a tutte le sezioni. Ciò corrispondeva in realtà al tentativo di diffondere le proprie idee utiliz-
4. Come si è poi appreso aveva operato come informatore dell'OVRA almeno fino al 1929: dr. ColAl'IE"mA (1978) e F°RANCESCANCELI (2005), p. 288. 5. Sulle vicende del Poe si veda P. Casciola, I difficili rapporti tra il Poe, la IV Inùrnam1-nau (1946-1948), in GIACHETll (1988).
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zando le possibilità offerte da un'organizzazione di sinistra già strutturata, anche se debole; come confermò lo stesso Romeo Mangano: «noi non ci fondemmo coi trotskisti, ma ritenemmo utile affiancarci ai trotskis ti per le possibilità che un'organizzazione internazionale ci dava» 6 • Terminata la guerra mondiale, quando si poterono stabilire maggiori contatti col Poe, il SI si rese conto delle divergenze di impostazione esistenti tra la QI e la sezione italiana, dove solo una piccola componente condivideva gli orientamenti politici e teorici del movimento trotskista. A partire dal 1947, il SI iniziò un suo lavoro d'intervento in Italia allargando il numero degli interlocutori fuori dal Poe, grazie a contatti stabiliti con esponenti dei partiti della sinistra tradizionale, socialisti, comunisti e azionisti. Già nel 1947 la QI dichiarava che in Italia il movimento trotskista era agli inizi, organizzativamente e politicamente e che l'intento era quello di tentare la via della costruzione del partito rivoluzionario attraverso la fusione dei migliori militanti di sinistra socialisti, comunisti, azionisti, del Partito Comunista Internazionalista e del Poe7• Nel progetto di ricostruzione i dirigenti della QI si impegnarono direttamente aiutando o orientando il lavoro politico dei compagni italiani. I nuovi contatti intrapresi dal SI, accanto alla persistente esistenza del Poe spiegano in parte la cifra di 800 aderenti dichiarati per l'Italia alla vigilia del Secondo Congresso Mondiale. In essa erano compresi i relativamente numerosi aderenti. al Poe e altri militanti in contatto con la QI. Quel numero, forse calcolato per eccesso, raccoglieva un'aggregazione di militanti per nulla omogenea come provenienza e come appartenenza a una struttura organizzati.va. In questo senso il Poe rappresentava il problema principale. Diretto, dopo la morte prematura di Nicola Di Bartolomeo (1946), da Romeo Mangano, esso aveva accentuato la mai sopita tendenza a un'impostazione politica di derivazione bordighista. Dopo vari tentativi di chiarimenti., mediante l'invio in Italia di dirigenti del SI, compreso Michalis Raptis (meglio noto con lo pseudonimo Miche! Pablo) - mentre parallelamente, soprattutto un altro giovane dirigente, Emest Mandel 6. Testimonianza in PE:Rm.u.i.I (1991), p. 187. 7. Lettera di Walter (E. Mandel) a F. Archibugi, Parigi, SO ottobre 1947, in Carte personali dell'autore.
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I tro1skisti eilPci
(1950-1970)
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(Walter, Germain) curava i rapporti e i contatti coi "nuovi" trotskisti provenienti dalle diaspore socialiste, comuniste e azioniste - il secondo congresso decise di non riconoscerlo più come sua sezione. La ricostruzione della sezione italiana Come ammise pochi anni dopo la stessa direzione dell'Internazionale, il riconoscimento del Poe era stato affrettato, pertanto si orientò ad aiutare la ricostruzione di una nuova sezione italiana8 • Senza l'aiuto della Qr e il collegamento con i suoi dirigenti, la nuova «organizzazione non si sarebbe probabilmente costituita»9 • Nel biennio 1947-1948 iniziò il raggruppamento dei dissidenti della sinistra italiana vicini al trotskismo mediante contatti con militanti del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (Psu). del Psr e del Per e con esponenti del disciolto Movimento Comunista d'Italia, meglio conosciuto dal nome del loro giornale «Bandiera Rossa». Fu soprattutto tra i giovani socialisti che si registrò il successo maggiore in termini di reclutamento. Si trattava di giovani provenienti dalla Federazione Giovanile Socialista (Fcs), rinata nel 1944, che volevano ricostruire un'internazionale socialista classista e rivoluzionaria, convinti della necessità di un'azione autonoma della classe operaia, dell'opposizione ad ogni compromesso sulla questione istituzionale, con un atteggiamento di riserva e di critica nei confronti del Comitato di Liberazione Nazionale, dell'alleanza con forze democratiche non di classe e della "svolta di Salerno", operata dal Per e subita, secondo loro, dal partito socialista. Usciti dalle file del socialismo, una parte di loro si unl con la componente trotskista in uscita dal Poe per pubblicare la rivista «4 Internazionale» a partire dal luglio 1948. L'l e il 2 gennaio del 1949 a Roma si riunl la prima conferenza nazionale del movimento trotskista italiano, alla quale partecipò un numero ridotto di militanti e di quadri, che raccoglieva l'adesione di alcuni "vecchi" trotskisti della prima generazione e giovani provenienti dalla Fcs, dal Partito d'Azione e dal Per. L'anno dopo si diedero il nome 8. Cfr. u parli Ouvmr Colll1lltUIÙU (Italu) ,t la W Intnnational, e IUsol.utùm sur I, Poe d'Itau,, in PRA.cER.(1988) (ed.), pp. 337-345 e pp. 345-351. 9. MAITAN (1965), p. 265.
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di Gruppi Comunisti Rivoluzionari (GcR) e iniziarono la pubblicazione del mensile «Bandiera Rossa» in aprile 1°. Dopo la Seconda Guerra Mondiale. l'inasprirsi della Guerra Fredda e l'eventualità di una terza guerra mondiale rafforzarono i legami tra i partiti comunisti e socialdemocratici e il movimento operaio, togliendo spazio politico a gruppi di minoranza. Per evitare l'isolamento si ritenne opportuno agire in seno alle formazioni riformiste, contando sui processi di differenziazione che si sarebbero manifestati. Il progetto di costruzione entrista, varato nel 1952, conteneva elementi che lo distinguevano da esperienze analoghe compiute negli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale. Allora si era trattato di operazioni di breve durata, delimitate nel tempo e negli obiettivi. Nel progetto impostato dal X Plenum del Comitato Esecutivo Internazionale del 1952 si delineavano prospetti.ve nuove. Una riguardava la durata: «non entriamo in questi partiti per uscirne presto. Vi entriamo per rimanervi a lungo». per contribuire allo sviluppo di tendenze centriste di sinistra; l'altra consisteva nel praticare l'entrismo nei partiti comunisti con larga influenza di massa, nei confronti dei quali non si poteva praticare un entrismo totale, «bensl un entrismo di tipo specifico, sui generis» 11 • In Italia e Francia una parte degli appartenenti alle relative sezioni- quelli strettamente necessari a dirigerla e quelli che, per vari motivi, non potevano inserirsi nelle organizzazioni comuniste - dovevano mantenere in vita un gruppo indipendente col compito di appoggiare e coordinare l'attività entrista, diffondere per mezzo della stampa le tematiche quartinternazionaliste e reclutare gli elementi migliori contattati dagli entristi all'interno del partito o dall'organizzazione esterna. Gli altri dovevano iscriversi al PCI e aderire alle organizzazioni sindacali e associative da es-
10. Cfr. GIACHETII (1988). L'argomento è ripreso e trattato da MAlTAN (2002), pp. 66138; BUCCHERI (2023), pp. 81-103 e daFRANCESCANCEU (2023), pp. 108-116. 11. Cfr. Pablo [M. Raptis], Rapprt sur lls applicatùms tactiqrus d6 la tip, du III• Qmgris Mondial, in PRACER (1989) (ed.), pp. 346,351. Sul dibattito che l'enn-ismo suscitò nella QI e nellasezione italiana dr. GIA.CHETII (1992); MAlTAN (2002), pp.147-161; BUOCHERI (2023), pp. 108-115. Una lunga disamina delle ragioni dell'entri.smo rispetto ai rapporti aa avanguardia e movimenti di massa, nella prospettiva della cosauzione del partito rivoluzionario, è contenuta in MAITAN - DI GIUUO?.WUA. (1967) (a cura di), pp. 9-81.
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so influenzate, conquistare la fiducia di compagne e compagni, esporre critiche senza farne però un motivo di rottura. La destalinizzazione In Italia la svolta entrista si configurò all'interno di un bilancio del lavoro politico compiuto nei tre anni di costruzione indipendente12 • Organizzata la sezione italiana, quando si provò a praticare l'intervento politico di propaganda e reclutamento tra operai e contadini, i militanti si trovarono di fronte a difficoltà oggettive: le avanguardie dei movimenti di massa ed i quadri sindacali più attivi stavano nei partiti di sinistra, in particolare nel PCI. E in confronto al PCI o al PsI, i GcR. erano una piccola organizzazione che contava meno di cento militanti con scarse per non dire alcuna possibilità di incidere sulla situazione e di reclutare nuovi militanti. L' entrismo era concepito come parte del processo transitorio di costruzione del partito rivoluzionario, come altrettanto transitoria era la forma organizzativa dei GCR, considerata necessaria per stimolare un processo aggregativo più ampio. La pratica entrista significava doppia militanza: nel PcI e nei GcR. il che voleva dire partecipare alla vita della sezione del partito e mantenere regolari contatti con l'organizzazione. Tanto all'interno, quanto all'esterno del PcI gli entristi nascondevano i riferimenti diretti ai GcR e alla QI. Partecipavano alla vita del partito col proprio nome e cognome, mentre all'interno dei GcR erano conosciuti con pseudonimi, coi quali firmavano gli articoli su «Bandiera Rossa» e figuravano tra i componenti gli organismi dirigenti della sezione italiana. Il PcI nel quale i trotskisti entravano, nel 1952 contava 2.093.540 iscritti, il 40,3% dei quali erano operai. Del partito di massa, i trotskisti vedevano perlopiù gli effetti negativi. Cresceva il divario tra l'aumento quantitativo del numero degli iscritti e il basso livello della loro preparazione e partecipazione politica. Il partito di massa corrispondeva alle esigenze delle direzioni burocratiche di fare dei partiti comunisti non già delle organizzazioni rivoluzionarie d'avanguardia[ ... ] bensì delle gigantesche macchine elettorali, i cui singoli componenti si muovevano per una limitata
12. Cfr. GIACHE'ITI (1990).
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propaganda spicciola nel loro rispettivo ambiente alla vigi-
lia delle elezioni, senza però avere quel continuo contatto reciproco che favorisce gli scambi di opinione e di esperienza, sviluppa il senso critico ed accentua l'esigenza di intervenire nell'elaborazione della linea politi.ca del parti.to 13 •
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A risentirne era la vita organizzativa, politica e culturale del partito. Il funzionamento delle cellule e delle sezioni si riduceva all'attività. finalizzata all'applicazione delle direttive provenienti dall'alto, tralasciando la formazione politica del militante, a cominciare dall'esercizio della democrazia interna, che il centralismo burocratico non consentiva. Le tesi del XX Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (Pcus) del 1956 e il "rapporto segreto" di Chruscev 14 - intitolato Sul culto della personalità e le sue conseguenze - suscitarono nel Pc1 differenti e contrastanti reazioni, creando una situazione favorevole al dibattito e alla discussione, che si alimentò con la successiva repressione violenta della rivolta ungherese. Nella denuncia dello stalinismo fatta dal segretario del Pcus i GcR osservavano che «una classe dirigente non può sbagliare per vent'anni» e comunque non può autoassolversi mediante un'autocriti.ca parziale, «soprattutto nella misura in cui si confessa colpevole dell'eliminazione di tutta una serie di militanti e dirigenti comunisti, dell'abbandono del leninismo, della violazione della democrazia interna di partito»15 • Quando si verificò l'intervento delle truppe sovietiche in Ungheria, il 3 novembre 1956, i trotskisti non esitarono a schierarsi dalla parte dei proletari ungheresi, contro «le forze militari della burocrazia sovietica», dalla parte dei «consigli operai» contro il governo «fantoccio sostenuto dai carri armati russi» 16• Escludendo la denuncia dei misfatti di Stalin, le tesi avanzate dal XX Congresso del Pcus - che teorizzavano la coesistenza pacifica, la non inevitabilità. della guerra e la possibilità. di edificare il socialismo conquistando la maggioranza parlamentare - rafforzavano l'impianto politico della leadership togliattiana. L'occasione per definire in mo13. P. Brando [R Gambino], Cosa significa formaT1 td tduco:r, l'attivo dd Partito, in «Bandiera Rossa., n. 2, 1954. 14. Il rapporto "s,gr,toH di Chruiciv, in appendice a FROIO (1988), pp. 143-226. US. Continua rull'Ulf.SS il d«:lino dillo stalinismo, in «Bandiera Rossa., n. 3, 1956. 16. Viva la rivoluziim, unghms,! V,rgogna ai suoi calunniatori, M, n. 13, 1956.
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do organico la revisione iniziata dopo il XX Congresso si presentò con l'VIII Congresso Nazionale del PcI, tenuto a Roma nel dicembre 1956, al quale partecipò Livio Maitan, segretario dei GcR e membro del SI della QI, in veste di rappresentante del giornale «Bandiera Rossa». Per il PcI il congresso era l'occasione per trarre le conseguenze teoriche e politiche di un percorso che già da molti anni, secondo i trotskisti. non era più rivoluzionario nei metodi, nella strategia, nella tattica e nella prassi quotidiana. Quando Togliatti espose la sua interpretazione dello stalinismo nell'intervista rilasciata alla rivista «Nuovi Argomenti», che la pubblicò nel numero del maggio-giugno 1956, i GcR colsero l'imbarazzo del leader comunista, ma anche la sua «perfetta malafede» 17 quando affermava che «dei fatti che oggi vengono denunciati noi non avevamo e non potevamo avere nozione alcuna» 18• La verità era ben altra: egli conosceva perfettamente la situazione e i fatti che Chruscev denunciava poiché era stato «in Italia il più fedele sostenitore delle idee e dei metodi di Stalin»19 • In altre parti dell'intervista però Togliatti non minimizzava e giungeva ad avanzare, quale spiegazione degli "errori" di Stalin, l'idea di una degenerazione burocratica. Si fermava però «alla soglia delle questioni più scottanti.»20, evitava di addentrarsi nell'analisi della natura sociale del sistema sovietico, non affrontava il problema del rapporto tra degenerazione del sistema e politica estera sovietica. Verso la metà degli anni Cinquanta la politica di inserimento nel PCI era stata in buona parte realizzata, i militanti trotskisti si stavano integrando nelle strutture del partito. Le ripercussioni del XX Congresso del Pcus del 1956 nelle file del comunismo italiano segnarono la fine dell'isolamento politico dei GcR. Rispetto a prima le loro idee iniziarono ad uscire dalla ristretta cerchia degli "addetti ai lavori" e l'influenza politica dell'organizzazione conobbe un relativo incremento. A quell'epoca, ricordava Giuseppe Paolo Samonà, l'organizzazione trotskista
17. Togliatti I lasuo. dir1W01U dlvono andars1n1, Ìl'Ì, n. 4, 1956. L'intervista a Togliatti è stata successivamente riprodotta nel volume AA. Vv. (1979). 18. P. Togliatti, Inurvista a Nuovi ArgO!llfflti, ivi, p. 176. 19. GRUPPI COMUNISTI RlvoLUZIONARI (1956), pp. 6-7. 20. SPRIANO (1986), p. 198.
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svolgeva un ruolo che, per esemplificare, potremmo definire "di testimonianza". Il militante comunista disorientato [ ... ] che sapeva appena, specie se giovane, dell'esistenza di una "setta" trotskista, leggendo il giornale [ ... ] si rendeva conto che la "setta" non era poi tale se riusciva a capire i problemi fondamentali dei compagni in crisi e a parlare il loro linguaggio21.
I militanti. entristi. potevano ora caratterizzarsi maggiormente con le loro posizioni senza incorrere in sanzioni disciplinari. Tuttavia, non era ancora il momento di condurre una battaglia aperta contro l'apparato, mancava la forza critica sufficiente per farlo, quindi erano da evitare «iniziati.ve premature tali da apparire una espressione di frazione clandes ti.na»22• Dopo il XX Congresso i militanti. comunisti. rivoluzionari vissero «setti.mane di vera e propria euforia intellettuale e morale e di grande impegno per sfruttare un'occasione tanto favorevole a riflessioni critiche» dentro e fuori il Pcr23 in occasione di vari dibattiti. pubblici, fino al riconoscimento dell'interlocuzione con loro, avvenuto nel corso del convegno di studi gramsciani del gennaio 1958, al quale Maitan fu invitato e, col favore esplicito di Togliatti, fu accolto il suo intervento inerente il rapporto Gramsci-Trotsky24 • Anche nel reclutamento, fatto con le dovute cautele per "proteggere" gli entristi., si registrarono relativi successi, con l'immissione di nuovi elementi. provenienti per la maggior parte dall'interno del Per e dalla sua organizzazione giovanile, ma anche, seppure in misura minore dal Psr o reclutati. direttamente dal lavoro esterno dei GcR.
Con gli ingraiani A smuovere nuovamente la discussione nel Per contribui il XXII Congresso del Pcus dell'ottobre 1961. Per lo sto21. SAMON! (1997), p. 8. Sulla politica dei GCR in quel contesto giudicato favorevole dr. GIACHETTI (1994). 22. La .situa2iotu dll movimmto op,raio , i compiti d,i Ccn, risoluzione sulla tattica dei Gca votata nella sessione del Comitato Centrale del luglio 1961, in MAITAN - DI GIUUOM.\RIA (1967) (a cura di), p. 139. 23. MAITAN (2002), p. 178. 24. L'intervento fu pubblicato in rsnnrro.ANroNio GRAMSCI (1958) (a cura di). Maitan aveva già trattato l'argomento Gramsci nel libro Attualità di Gramsci , politica comunista (1955). Ritornò sul tema col libro.ll marxismo rivoluzionario di.Antonio Oramsci (1987).
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rico Roy Medvedev, quel congresso ebbe un significato e una risonanza maggiore del precedente XX Congresso del 195625 . Si ritornò sui crimini di Stalin e Chruscev propose di innalzare a Mosca un monumento alle vittime dell'arbitrio staliniano, si adottò una risoluzione a favore della rimozione del sarcofago di Stalin dal mausoleo della Piazza Rossa, il nome della città di Stalingrado fu cambiato in Volgograd. Immediata la ricaduta nel dibattito interno agli organismi dirigenti del Pc1, dal Comitato Centrale (Cc) del novembre 1961, dove si discusse del XXII congresso del Pcus, a cui aveva partecipato lo stesso Togliatti., alla Direzione del dicembre 1961, convocata per discutere le divergenze che si erano manifestate nel precedente dibattito. In effetti, il confronto che si verificò in quel Cc registrò toni aspri e accesi. Fu l'occasione nella quale stalinismo e rapporto con l'Unione Sovietica.furono trattati in termini critici e autocritici, nel quadro di un'analisi che registrava gravi divergenze e provoca.va polemiche acute tra i dirigenti del partito26 • Poco dopo, a questo passaggio critico si aggiunse la polemica. con la dirigenza cinese apertasi nel corso del X Congresso del partito del dicembre 1962, quando Togliatti. criticò il Partito Comunista Cinese per le sue posizioni "estremiste" sulla questione cubana, sul pericolo di un conflitto nucleare, sul giudizio sull'Unione Sovietica, sulla coesistenza pacifica e sulla via democratica al socialismo. I cinesi risposero con un editoriale del «Quotidiano del Popolo» del 31 dicembre 1962, intitolato Le divergenze tra il compagno Togli.atti, e noi. Togliatti. a sua volta replicò suscitando un ulteriore articolo di approfondimento da parte sempre del suddetto quotidiano27. Critiche da sinistra al Pc1 erano alimentate dai fermenti in atto tra i giovani comunisti e trovarono espressione sul setti.manale «Nuova Generazione», con articoli di
25. Cfr. MmvmEV (1982), p. 253. La prima pagina di «Bandiera Rossa,. titolai.,a Stalin , i suoi nutodi sono d,ftnitivammu condannati: si costruisca mg/i stati op,rai la dnnocTaiia di Lmin, n. 9, 1961. Nel 1965 le Edizioni Bandiera Rossa pubblicavano una raccolta di testi e risoluzioni della QI: MArrAN (1965) (a cura di). 26, Cfr. RIGHI (2007) (a cura di). 27. Una delle prime edizioni di sua, div,rgm:u fra il com/)ag'M Togliatti, noi. Ancora suJJ, div,rgmufra it compagno Togliatti, noi (1963).
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solidarietà alla rivoluzione algerina e cubana. di riflessione sull'Unione Sovietica e la Cina, su Stalin e lo stalinismo 28 • Per il ruolo e il prestigio di cui godeva nel partito Togliatti, la sua improvvisa morte, avvenuta il 21 agosto del 1964 a Yalta, in Crimea, scompigliò le carte nel gruppo dirigente 29• Giorgio Amendola in due articoli pubblicati su «Rinascita» nel novembre 1964 sosteneva l'opportunità di lavorare alla formazione di un grande partito unico del movimento operaio nel quale trovassero posto i comunisti, i socialisti e gli esponenti del liberalsocialismo. La riunificazione non poteva avvenire né sulle posizioni socialdemocratiche né su quelle comuniste. Si trattava di costruire un partito con un nome e un simbolo nuovi, con una politica di riforme di struttura per la trasformazione democratica e socialista dellasocietà80• Nel Pc1 la sua proposta fu accolta dai più come un'eresia. I trotskisti intervennero riconoscendo il diritto a costituirsi in tendenza degli amendoliani, ma criticarono l'idea di partito unico, che rimandava il discorso a prima della scissione di Livorno del 1921 con implicito il riconoscimento del fallimento del comunismo, «confuso da Amendola con lo stalinismo» 51 • Un'altra differenziazione esplicita si manifestò nella riunione del Cc del partito del giugno 1965, quando esponenti della sinistra uscirono allo scoperto. Date queste premesse il dibattito precongressuale in vista dell'XI Congresso del Pc1 fu vivace e acceso e si pose nel percorso di continuità e riformulazione apertosi con la scomparsa di Togliatti sotto la direzione della segreteria di Luigi Longo82• Si configurò l'alleanza della tendenza amendoliana col centro in contrasto con la sinistra, supportata dall'atteggiamento di Pietro Ingrao che qualificandosi su alcuni temi, 28. Cinque dei redattori della rivisia (Augusto Illuminati, Pio Marconi, Eugenio Rizzi, Giuseppe Paolo Samonà e Paolo Santi) appartenevano ai Gca. 29. «Per la sua intelligenza lucida, per la indiscutibile duttilità e abilità,,, scrisse Livio Maitan, «Togliatò era in grado di esprimere, probabilmente meglio di qualsiasi alao, il movimento a cui apparteneva e le sue esigenze [...]. Egli era un uomo più dei fronti popolari che del terzo periodo, della conciliazione antifascista più che della Guerra fredda, di una concezione e di una prassi burocratica paternalistica più che di una concezione e di una prassi terroristica» (L. Maitan, Mito I storia di 7ògiiatti, in «Bandiera Rossa,., n. 8, 1964). 30. Cfr. G.•.ri, ai compagni diAzion# Ctmmnisfa, in SENIGA.(2011), p.172. 34••'\Ml:co-CoLOMBO (2005), pp. 58-59. 35. Cervetto nei confronti di .lii!:; nel 1955 sostiene che «sostanzialmente sono ancora stalinisti>. Cfr. LA BARBERA (2015), pp.78-79. 36. Ivi, p. 91. I timori dei G.AAPrelativi alla collaborazione con .lii!:; emergono molto chiaramente in una lettera al Comitato Nazionale (CN), che illustra prospettive e rischi di una tale mano\Ta politica. Lettera di Cervetto e Libertino a CN G.~ 4 aprile 1956, in CERVEITO (2019a), pp. 359-360.
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il potenziale che i fuoriusciti del PCI rappresentand17 ma, diversamente da Masini e Seniga, non è interessato alla costituzione di una base di massa bens} a un bacino di reclutamento di quadri politici88 • Quando, nel 1956, i GAAP appoggiano alcuni candidati alle elezioni. rompendo con «l'astensionismo di principio»89, avviene la definitiva cesura con le loro radici anarchiche40• La rottura diventa ufficiale quando Masini, sempre nell'ottica di potersi aprire nei confronti dell'eterodossia comunista, propone a Cervetto di trasformarsi in «Partito Comunista Libertario», convenendo infine sulla formula «federazione» invece di «partito» (FCL)41 • Nell'autunno del 1956 emerge l'ipotesi di un movimento in cui far confluire Ac, GA.u>-FcL, GcR e Battaglia Comunista (Be), scissione di Damen del PcINT, costituito intorno ad un settimanale redatto da una redazione paritaria composta dai vari gruppi che affluiscono nel movimento. La chiusura di tutti gli altri organi di stampa a favore di un unico settimanale sottolinea la serietà dell'impegno strutturale che intraprendono le organizzazioni aderenti42 • Dopo un primo incontro pubblico nel Teatro Dante a Milano nel settembre del 1956 durante il quale parlano Masini, Damen, Livio Maitan e Bruno Fortichiari48, i G;\AP-FCL e Ac, nell'ambito della settima conferenza dei GAAP tenutasi a Genova il 28 aprile 1957, decidono per la fusione, dando vita al Movimento della Sinistra Comunista (Msc)44 • In attesa del primo congresso viene instaurato un
37. LA BARBERA (2015), p. 94. 38. Ivi, p. 95. 39. La decisione di Cervetto di rompere con «l'astensionismo di principio-, come sostiene nei confronti di Masini, non è motivata dalla speranza in particolari esiti elettorali, ma dalla volontà di abbracciare un comportamento politico più «tattico-, non limitato dai capisaldi politici del mondo anarchico. Non a caso nella stessa lettera egli sostiene che ha «potuto constatare come la qualifica di anarchico [... ] danneggi,> i GAAP. Cfr. Lettera di Cervetto aMasini e p. c. ai membri del CN del20 giugno 1956, in CER.VETIO (2019a), pp. 400-407 (402 e 406). 40. I uso (2014), p. 143. 41. I...A BARBERA (2015), p. 100. 42, Ivi, pp.115-116. 43. Cervetto si impegna fortemente ad includere Forti.chiari nel processo di fondazione del Msc, visto che costituisce una linea di continuità con il :PcI pre-staliniano. Si veda a proposito LA BARBERA (2015) pp. 94-95. 44. Iuso (2014), p. 144. Per il verbale della VII Conferenza si veda BERTOLVCCI (2018), pp. 370-SSl.
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Le origini
di Lotta Comunista (1951-1968)
«Centro» composto in chiave paritaria da tre membri diAc e tre dei GAAP-FCL45• Mentre in questa fase iniziale «il collante politico [ ... ] era costituito da un superficiale antitogliattismo»46 il giovanissimo Movimento presto mira alla definizione di una propria linea politica ufficiale. Con le «Tesi sullo sviluppo imperialistico, durata della fase controrivoluzionaria e sviluppo del partito di classe», presentate al Movimento durante la prima conferenza del Msc a Livorno, Cervetto e Parodi codificano la loro elaborazione teorica del decennio passato in una programmazione politica47• Le loro analisi si basano sui «termini [... ] scientificamente enunciati dal marxismo», sostenendo che le tesi leniniste non solo siano state confermate dagli sviluppi storici, ma che in esse si trova la chiave per comprendere gli sviluppi internazionali contemporanei. Il documento è un momento cruciale nella storia di Le in quanto le principali tesi politiche formulate nel 1957 non muteranno più e confluiranno nel 1965 nella programmazione politica dell'organizzazione. Alla base delle riflessioni cervettiane si trovano due questioni. Anzitutto, riprendendo il concetto di «Imperialismo», già enunciato a Pontedecimo, il documento avanza una teoria sullo sviluppo imperialistico, poi riassunta con il termine «Imperialismo Unitario»48 , che pone al suo centro l'analisi delle dinamiche del mercato internazionale. Attraverso questa lente49 vengono meno le differenze ideologiche dei diversi blocchi, che si riducono ad attori interessati esclusivamente 45. Per A.e le componenti del «Centro• sono Fortichiari, Seniga e Luciano Raimondi, mentre per i GAAP-FCL presenziano Parodi, Masini e Aldo Vinazza. Pur essendo strutturato in chiave paritaria, La Barbera sostiene che in poco tempo l'equilibrio di potere si sposia a favore dei membri A.e che domineranno il Msc per gli anni a venire. Cfr. LA BARBERA (2015), pp. Ia5-rn6. 46. FRANCESCANCEU (2023), p. 135. 47. «Bollettino interno della Sinistra Comunisia.., novembre 1957, riportato in CERVEl'TO {2016), pp. 411-422. 48. Termine impiegato da Cervetto per descrivere l'insieme delle sue riflessioni sulla geopolitica, che comprende come processo di spartizione del mercato tra vari imperialismi. Uno dei primi utilizzi del termine risale all'articolo L'unità iuU'imJmialismo n,l confronto Us.1-U11Sspubblicato in più puniate su «L'Impulso-. Cfr. CERVETIO (1996), pp. 519-546. Nel pensiero di Cervetto, tutlavia, il concetto appare probabilmente già alla fine del 1950, cfr. LAB.-\RBERA (2012) p. 130. 49. Lettura del metodo marxisia, che attribuisce meno importanza al processo di accumulazione del capitale e la funzione del saggio del profitto, come sostiene l'EREGALLI (1988), p. 211.
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all'allargamento del proprio appezzamento di mercato. Per Cervetto anche i movimenti decolonizzatori si inseriscono in queste dinamiche. Benché si richiamino al socialismo, tali movimenti non sarebbero altro che espressione del mutamento delle forme dell'imperialismo: esso non si manifesta più in forma di colonialismo, ma attraverso l'integrazione del «terzo mondo» nelle proprie dinamiche di mercato, esternalizzando in questa periferia le contraddizioni che emergono con il continuo avanzamento del capitalismo nei paesi avanzati. La fase rivoluzionaria sarà raggiunta una volta che anche nei paesi arretrati lo sviluppo industriale si sarà realizzato, facendo cosl emergere le contraddizioni interne del capitalismo a livello internazionale. È da qui che Cervetto e Parodi traggono la conclusione di una fase controrivoluzionaria di lunga durata, convinzione che li distingue dalle altre formazioni di sinistra. La seconda questione principale trattata nelle tesi è il rifiuto del socialismo sovietico quale «capitalismo di stato»50 • Mentre già in passato il concetto aveva suscitato l'interesse di Cervetto, solo ora lo codifica coerentemente, denunciando in sostanza il mutamento dei rapporti di proprietà dei beni di produzione, senza un mutamento radicale dei rapporti di produzione. Il Pc1, voce italiana del socialismo di stampo moscovita, non è quindi altro che sostenitore di un altro modello di capitalismo. Da quanto esposto Cervetto e Parodi traggono la conclusione che l'unica soluzione per il superamento del capitalismo è il «partito rivoluzionario», struttura atta a sopravvivere alla fase controrivoluzionaria e nel contempo strumento utile ad agire nel momento in cui gli sviluppi economici avranno fatto maturare le condizioni rivoluzionarie. Ciò che distingue le tesi in modo radicale dalle molte elaborazioni teoriche prodotte negli anni precedenti per i vari periodici dell'estrema sinistra italiana è lo sbocco pratico in cinque punti: 1) non si deve diventare bacino per i fuoriusciti dal Pc1; 2) si rifiuta un avvicinamento al Partito Socialista Italiano (Psi) e 3) la partecipazione alle elezioni politiche; il lavoro del :tv.fsc dovrebbe invece orientarsi verso
50. Per un'introduzione al concetto di capitalismo di stato e la sua interpretazione da parte di Le si veda PEREGAll.I-TACCHINARDI (2011). Per l'introduzione del concetto in Italia attraverso Bordiga, che descrive l'economia sovietica come «industrialismo di Stato,., dr. in particolare ivi, pp. 119-131.
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le origini di Lotta Comunista
(1951-1968)
4) un radicamento all'interno della Confederazione Generale Italiana del Lavoro per creare il «sindacato rivoluzionario» 5) e verso la stesura di un programma definitivo del partito rivoluzionario. Le tesi di Cervetto e Parodi, percepite già prima del convegno come tentativo di «dare battaglia»51 , cadono nel vuoto e non vengono accolte dal Congresso. Gioca probabilmente un ruolo chiave il mancato appoggio di Masini, che ormai si sta orientando verso l'ipotesi di un movimento di massa - contrario del «partito rivoluzionario». La prospettiva di una fase decennale controrivoluzionaria e il rifiuto delle spinte massimaliste immediate, dunque, non coincidono con le visioni del resto del movimento, radunatosi in primo luogo per contrastare la stasi politica e la social-democratizzazione del Pc1. Pur non riuscendo a imporre la propria linea politica al nascente Msc, i due ex-GA., n. 23, 1968, pp. S-4. 39. Il coagularsi di un'unità d'intenti è in ogni caso molto prossimo alla scadenza con-
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Questa unità comincia a strutturarsi nella seconda metà del 1968. È in questo frangente temporale che Rossanda pubblicherà L'armo degli studenti,, pamphlet sulla rivolta del Sessantotto, con un occhio anche agli eventi del maggio francese, e che discuterà apertamente i limiti dell'approccio comunista verso la conflittualità sociale fuori dal partito40, tentando di elaborare una sintesi in grado di coniugare la tradizione politica del movimento operaio (rappresentata dal Per) con le istanze spontanee (ma radicali e "comunistiche") provenienti dalla società. Ma soprattutto è nella tarda estate dello stesso anno che nasce l'idea de «il manifesto» come rivista di ricerca ed elaborazione politica41 • L'approssimarsi del XII Congresso comunista, come scrivono i protagonisti della vicenda, suggerl un rinvio, per non calare su di un dibattito già teso un'iniziativa chiaramente «di rottura». A differenza del Congresso di tre anni prima, però, questa volta le personalità coinvolte da un lato stabilirono un'azione il più possibile coordinata; dall'altro si ritrovarono sprovvisti della copertura di un dirigente del prestigio di Ingrao, contribuendo cosl al loro isolamento. La richiesta di una più spregiudicata «saldatura tra lotta operaia e studentesca» 42 si sommava alla critica radicale rispetto al posizionamento internazionale del partito, facendosi cosl portavoce delle posizioni cinesi e di un attacco alla strategia della "coesistenza pacifica". Sulla scorta di un'analisi che giudicava maturo il «processo rivoluzionario», si chiedeva di rimodulare la centralità parlamentare alla base dell'azione del partito in funzione di uno schieramento di forze alternativo ai «limiti di una semplice riaffermazione costituzionale»48 • Come detto, questo proposta, che chiedeva in buona sostanza la disponibilità del partito a una lotta politica non soltanto parlamentare, si sommava alla dura presa di posizione sul piano internazionale, che nella progressuale, e funzionale a sostenere una posizione alternam-a al Congresso più che a farsi veramente corrente interna. Cfr. CRAVERI (1996), p. 898. 40. ROSSANDA (1968), pp. 115 ss. Nello stesso periodo va segnalata l'uscita di un pamphlet sulle stesse posizioni, dr. MAGRI (1968). 41. Cfr. l'ampia ricostruzione, ancorché di parte, data dallo stesso gruppo dissidente, Sul "caso" manif,sto, «il manifesto», n. 7, 1969, pp. 18-26. 42. XII Conç;mso tul Partilo Comunista Italiano. Atti • risolw:ùmi ( 1969), intervento di Luigi Pintor, p. 174. ~- hi, p. 175.
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Rinnovamento e continuità
nel Pci deg6 anni Sessanta
a•caso manlesto•
spettiva dell'imminente Conferenza mondiale dei partiti comunisti di Mosca (giugno 1969) esigeva dal partito non una semplice "critica nella continuità", ma una rottura con il gruppo dirigente sovietico 44 • Una posizione che i sovietici contestarono altrettanto duramente, definendo l'intervento di Rossanda «inaccettabile»45 , con ciò sollecitando anche le posizioni più filosovietiche interne al PCI (Secchia, Roasio, Donini) a una chiara sconfessione delle proposte dei dissidenti. Il Congresso si concluse riaffermando la centralità della politica delle alleanze, da svilupparsi attraverso l'incontro democratico delle forze popolari presenti in Parlamento, rifiutando al contempo ogni ipotesi di rottura con il campo sovietico, pur riaffermando l'indispensabile autonomia dei partiti nazionali46• La sinistra era sconfitta, ma l'equilibrio interno al gruppo dirigente virò verso posizioni meno schiacciate sulla linea amendoliana, anche rispetto alla «necessaria autonomia» da concedersi ai movimenti sociali, di cui veniva riconosciuto il valore politico progressivo. Berlinguer venne eletto vice-segretario, mentre Napolitano perse il doppio ruolo nell'Ufficio politico e nell'Ufficio di segreteria. La sfida della giovane generazione di dirigenti venne alla fine vinta da Berlinguer, con parole di moderata apertura alle istanze critiche nel partito47 • I mesi successivi avrebbero però confermato la marginalizzazione del gruppo dissidente. Di qui alla decisione di portare avanti il progetto di rivista il passo fu brevissimo, data la sostanziale censura di ogni posizione critica della linea di maggioranza espressa al Congresso43 • Ad aprile Rossanda informa il partito della volontà di pubblicare una rivista «di ricerca teorica», in un colloquio preventivo con Berlinguer e Napolitano. Il gruppo di compagni decide, come scriverà Rossanda, «di giocare a carte scoperte»49, non nascondendo le intenzioni e i rischi. I di-
44. Cfr. l'intervento di Rossanda, ivi, pp. 421-426. ~- La citazione è presente in LoMEUJNI (2007), p. 122. 46. Cfr. XII Congresso del Partito Comunista Italiano. Atti I rivoluzioni (1969), conclusioni di Enrico Berlinguer, pp. 749-751. 47. Cfr. VAI.ENnNI (1997), p. 160. 48. Cfr. RossANDA. (2005}, pp. 3 70..$ 73. 49. Ivi, p. 373.
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rigenti comunisti, e con loro anche Ingrao, sconsigliano fortemente l'iniziativa, accusando il carattere potenzialmente frazionistico della stessa: la rivista sarebbe diventata in poco tempo un centro di raccolta e di organizzazione per chiunque avesse contestato la linea politica scaturita dal recente Congresso. Il partito ottiene, in ogni caso, un rinvio dell'iniziativa a dopo la Conferenza mondiale del partiti comunisti, prevista a Mosca per giugno. La questione è discussa per la prima volta nella riunione di Direzione dell'8 maggio, dove tutti i dirigenti esprimeranno una forte condanna50 • Non sembrano esserci sfumature significative, se non tra chi pensa che sia meglio attendere l'uscita della rivista - criticando nel merito le posizioni - e chi spinge per un'azione preventiva di condanna. Tra i più cauti si segnala un fronte trasversale composto da Amendola, Ingrao e Bufalini. Nonostante la diversità di vedute, l'Ufficio di Direzione, su indicazione di Longo (in contrasto con la posizione più mediatoria di Berlinguer)51 dà comunque mandato alla redazione di un comunicato pubblico, in cui si prendono le distanze da un'iniziativa «non promossa dal partito» e «non motivata sotto il profilo della libertà della ricerca e del dibattito»52 • In ogni caso, nessuno in Direzione prende in considerazione misure disciplinari e amministrative. Il 23 giugno esce infine il primo numero de «il manifesto». L'attacco dell'editoriale è perentorio: vi è la necessità, si legge, di una «rivoluzione culturale» nel partito, una sorta di "attacco al quartier generale" che operi un rinnovamento «non indolore» in grado di «mettere in discussione un patrimonio consolidato»51 • Si chiede esplicitamente una rottura, non rivolta solo al gruppo dirigente del PcI, ma che affronti anche il tema della collocazione del partito nel movimento comunista internazionale54• Il tono drastico e i temi sollevati, letteralmente alieni alle sensibilità di un gruppo dirigente allevato nella ferrea logica della «continuità» storica e politica, impone al partito una risposta che, a questo punto, entri
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50. 51. 52. 53. 54.
FG, APC, Direzione, 8 maggio 1969, MF 006, V,rbak di Dirnioru, pp. 1658-1667. Ivi, Ufficio Politico, MF 006, Riuniomul 13 maggio (1969), p. 2395. Comunicato ddl'Uf.ficw stampa ruUaDimion,ulPci, in «l'Unità,., 15 maggio 1969, p. 3. Un lauoro 1:'JlWtivo, in «il manifesto,., n. 1, 1969, p. 4. R. Rossanda,uradici uUadivision1, ivi,pp. 21-27.
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nel merito del discorso. L'Ufficio politico riunito il giorno seguente l'uscita del numero, il 24 giugno, si attesta ancora su di una posizione interlocutoria per ciò che riguarda i provvedimenti da prendere. ma convinto della necessità. di una presa di parola pubblica55 • Si dà dunque mandato a Paolo Bufalini di scrivere un articolo da pubblicare su «Rinascita». Bisogna evidenziare. in ogni caso, una certa contraddizione negli atteggiamenti del gruppo dirigente comunista. Sin dal primo confronto interno di maggio, tutti o quasi gli interventi di condanna aleggiavano il pericolo del frazionismo, di agitazione e di attacco all'unità. del partito. Un pericolo che, se effettivo, avrebbe dovuto immediatamente impegnare la Commissione centrale di controllo in soluzioni amministrative. Eppure anche dopo l'uscita del primo numero, oggettivamente drastico nella critica - come riconosceranno anche i membri della rivista.56 - nel gruppo dirigente permarrà un'estrema cautela, dovuta soprattutto al rischio di alimentare il dissenso con provvedimenti burocratici, nonché concedere agli avversari politici ulteriori motivi di polemica verso l'incompiuta natura democratica del Pci:57 • L'articolo di Paolo Bufalini sarà pubblicato su «Rinascita» il 4 luglio58• In esso la questione di metodo sopravanza le critiche nel merito, liquidando le posizioni de «il manifesto» in poche e lapidarie battute. Soprattutto, si accusa la velleità. di «rivoluzione culturale» e la volontà. di rottura traumatica con il gruppo dirigente comunista. Rossanda replicherà in una lettera che «Rinascita» deciderà di pubblicare nel numero del 25 luglio, con annessa un'ulteriore replica dello stesso Bufalini59 • Si ammette la natura «insolita» dell'iniziativa, ma si conferma la valutazione politica: se siamo - dice Rossanda - effettivamente in presenza di un «processo rivoluzionario», che si presenta in forme originali e diverse 55. Cfr. FG, APC, Ufficio Politico, 24 giugno 1969, MF 006, p. 2403. 56. Cfr. il colloquio tta Napolitano e Natta, da un lato, e R.c»sanda, Pintor e Natoli, dall"ala-o, nel luglio 1969, riportato in sede di Direzione, in FG, APC, Direzione, 7 luglio 1969, MF 006, pp. 1862-1876. 57. Ivi, 2 luglio 1969, MF 006, pp. 1791-1813. 58. P. Bufalini, Su una nuova -riuista, in «Rinascica,., n. 27, 1969, pp. 8-9. 59. R. Rossanda, L,,ttna. a. Rinascila., h-i, 25 luglio 1969, pp. 29-30; P. Bufalini, Risposta a. Rossa.nda., ivi, pp. 30-31.
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da una certa tradizione a cui era abituato il movimento comunista, questo non può che investire frontalmente il PcI, cambiandolo in profondità. La risposta di Bufalini, oltre che ribadire nel merito la svalutazione delle posizioni estremisti.che del gruppo dissidente, si sofferma su di un problema effettivamente reale: «una volta che siano rotti. un metodo, una concezione del partito, inevitabilmente è aperto il varco ad ogni altra iniziati.va di ti.po analogo, quali che ne possano essere i contenuti. politi.ci»60 • La posizione di Bufalini, e con lui di una parte importante della Direzione, è comunque ancora disponibile a un recupero. Onde evitare, però, di investire direttamente il Comitato centrale di una discussione difficilmente gesti.bile, a fine mese di luglio si dà mandato alla V Commissione del Cc (dedicata ai «problemi dell'organizzazione e della vita del partito») di discutere il problema61• Sarà proprio in questo complesso frangente che Giorgio Amendola deciderà di pubblicare due arti.coli su «l'Unità» in cui avanzerà la proposta di ingresso del PcI «nell'area di govemo»62 • La proposta, presentata con la consueta perentorietà, provocherà un terremoto in sede di dibattito comunista soprattutto per l'immediatezza della prospettiva: la disponibilità del PcI a sostenere un governo a trazione riformista, e in tempi celeri. In sede di Direzione la proposta, sia nel merito che nei modi in cui veniva prospettata, viene rifiutata68 • La vicenda però amplifica e rende sempre più tangibile la problematica relati.va alla possibilità di dibattito in seno al partito: perché un dirigente come Amendola può pubblicare sul massimo organo quoti.diano del PcI un articolo cosl dirompente rispetto alla linea politi.ca emersa al Congresso, mentre le posizioni di altri compagni membri del Comitato centrale vengono puntualmente censurate? E in effetti. Luigi Pintor invierà un contributo a «Rinascita» di discussione e critica della propostaamendoliana, contnbuto che però verrà, per l'appunto, giudicato non pubblicabile64•
60. hi, p. SO. 61. FG, APC, Direzione, riunione del 28 luglio 1969, MF 006, pp. 1916-1952. 62. G. Amendola, Partito di gov,rno, in «l'Unità», 21 agosto 1969, p. 6; Id., Iuchiamo alla r,altà, ivi, 29 agosto 1969, p. S. 63. Cfr. FG,APC, Direzione, riunione del 19 settembre 1969, MF 006, pp.1953-2000. 64. I'Vi, Ufficio di Segreteria, riunione del 2 settembre 1969, MF 006, p. 2589. L'articolo
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Nel frattempo la V Commissione procederà nei lavori. riferendo in sede di Direzione, che le darà mandato di relazionare al Comitato centrale sul caso manifesto per i giorni 15-17 ottobre 196965 • Il Comitato centrale di ottobre costituirà il momento di più ampio dibattito in seno al partito riguardo al caso manifesto e problemi ad esso collegati (come la pubblicità del dissenso)66 • Nella relazione introduttiva di Alessandro Natta la contraddizione tra problema di metodo e questioni di merito è subito evidente. Si vorrebbe concentrare l'accusa sul piano metodologico (ovvero il rischio di frazionismo)67, ma il cuore del discorso vira immediatamente sui problemi politici inerenti alle posizioni del manifesto, e in particolare tre: rottura del rapporto con l'URSS611 ; il nesso democrazia-socialismo, contestato dal gruppo dissidente e invece fondativo del "partito nuovo" togliattiano69 ; la "politica delle alleanze", cuore di ogni strategia comunista dalla Liberazione in avanti.7°. Su questi tre temi, nonché sulla salvaguardia dell'unità del partito, converge la grande parte degli interventi, con l'eccezione-a parte i membri della rivista - di Lucio Lombardo Radice. È lngrao ad esplicitare nella forma più compiuta il problema fondamentale su cui vi è in sede di Cc il più ampio consenso: Dalle pagine del Manifesto sembra venir fuori un dilemma: o si va rapidamente ad una transizione al socialismo, o si va ad una reazione di tipo fascista. Non condivido questo dilemma e ritengo che tutta la nostra strategia stia nello sfuggire a questo dilemma, nel non lasciarci rinchiudere in un "tutto o niente", che lascerebbe all'avversario la scelta del terreno e del momento dello scontro totale71 •
Gli interventi dei dissidenti ribadiranno la lettura antitetica alla linea del partito. Rossanda si concentrerà sul nesso spontaneità/organizzazione, da ripensare alla luce del
di Pintor verrà pubblicato sul n. 4 de «il manifesto», settembre 1969, p. 6. 65. FG, APC, Direzione, riunione del 8 ottobre 1969, MF 006, pp. 2044-2084. 66. Per il testo integrale del dibattito, dr. La qtUSWJ1U dd "maniftsto". Dnnocrazia I unità ml Pcr(1969). 67. Ivi, p. 18. 68. Ivi, p. 21. 69. Ivi, p. 28. 70. Ivi, p. 24. 71. Ivi, p. 105.
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nuovo ciclo di lotte di classe che vedeva il partito perdere aderenza con le mobilitazioni che si formavano sempre più fuori dal partito (anche se non ancora contro di esso)72• Pintor accusava l'eterno ripetersi di una strategia, quella dei "fronti popolari", «inadeguata» e «non efficace» e che rendeva impossibile al PCI un ruolo effettivo nelle lotte di classe78• Natoli, infine, ribadirà l'esigenza di un rinnovamento non nella continuità, con ciò sostenendo apertamente il bisogno di rottura con una certa linea politica, con una forma organizzativa e, di conseguenza, con un determinato gruppo dirigente74• Nonostante la durezza del dibattito sia la relazione introduttiva di Natta, sia le conclusioni affidate a Berlinguer, non chiudevano alla possibilità del recupero (almeno di alcuni compagni, in primo luogo Aldo Natoli), e soprattutto non proponevano soluzioni amministrative, quanto «l'invito a riflettere nel modo più attento e responsabile sul loro operato, e a desistere da atti o iniziative - come quelle intraprese»75 • L'uscita del n. 5 della rivista (novembre 1969), imprimeva infine r accelerazione conclusiva della vicenda. La "non desistenza" da parte dei compagni de «il manifesto» e il loro insistere nella prosecuzione delle pubblicazioni e nei toni di critica radicale, porteranno infine alla decisione di radiazione del gruppo, a quel punto votata anche dai più concilianti (ma con il voto contrario, in sede di Cc, di Lombardo Ra.dice, Cesare Luporini e Fabio Mussi; e con l'astensione invece Sergio Garavini, Giuseppe Chiarante e Nicola Badaloni) 76 • Conclusioni Il PcI gestisce l'intera vicenda manifesto in forme contraddittorie. Vi è una radicalità dei toni che concerne immediatamente l'incompatibilità tra il gruppo dissidente e il partito. 72. Ivi, pp. 60-~. 73. hi, p. 185. 74. hi, p. 324. 75. Ivi, p. 40. Per le conclusioni di Berlinguer, di-. ivi, pp. 347.$67. 76. Cfr. Il dibattito in s«k di CC , alla CCC sulla di Natia, in «l'Unità,., 27 novembre 1969, p. 9. Per i comunicati di Direzione, di-. il Comunicato d4/l,a Dirniom d4t PCI sul «maniftsto», ivi, 12 novembre 1969, p. l; Radiati dal Partito i dirigmti tul Maniftsto, ivi, 27 novembre 1969, p. 1.
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A questa rigidità non corrisponde un'azione conseguente, volta piuttosto a circoscrivere la portata del dissenso, tentando al contempo di recuperare quanti più compagni possibili alla causa del partito. Per di più, le risoluzioni della V Commissione e del Comitato centrale di ottobre allargano il dibattito alle federazioni localii7, con ciò promuovendo un dialogo nel merito dei problemi che costituiva esattamente la richiesta del gruppo del manifesto, quello cioè di sviluppare un dibattito fuori dalla sola Direzione. Il risultato del dibattito e della radiazione sarà un sommovimento all'interno di talune federazioni (in particolare Bergamo, Roma, Napoli, Cagliari) e la protesta di centinaia di militanti, espressa anche tramite lettere alla Direzione, al Comitato centrale e ai singoli dirigenti.78 • Nonostante ciò, non vi saranno distacchi significativi dal partito, né la vicenda si rifletterà sul piano elettorale. Molteplici sono stati i tentativi di individuare una motivazione di fondo che condurrà alla drastica risoluzione del rapporto tra manifesto e PcI. Molti, come ad esempio Valentine Lomellini, faranno riferimento alla dinamica internazionale: le tesi del manifesto avrebbero condotto a una rottura con il campo comunista e all'isolamento del partito, con il rischio di farsi portavoce delle posizioni cinesi. E con il rischio, in aggiunta, di subire ulteriori spaccature, questa volta alimentate dall'ala filo-sovietica presente nel Pc1 79• Altri, come Antonio Lenzi, si concentreranno sulla dinamica interna: la contestazione al gruppo dirigente e alla concezione del "centralismo democratico" avrebbero condotto il partito stesso allo sfaldamento interno, pressato tanto dall'ala riformista interna quanto dalle lotte di classe all'esterno80 • Il nodo sostanziale appare però collegato alla visione politica complessiva divergente tra la dissidenza e il partito. Per il gruppo del manifesto si era giunti a una «maturità del comunismo» che, lungi dal tradursi in una semplice inevitabilità o immediatezza della rivoluzione, comportava nondimeno la necessità di un cambio di strategia, abban77. FG, APC, Direzione, 5 novembre 1969, MF 006, 2109-2150.
18. Ibidnn. Cfr. anche ivi, Comitato Centrale, MF 006, 3 novembre 1969, pp. 1008-1009. 79. LOMELLINI (2007), p. 139. 80. LENZI (2011), pp. 273-281.
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donando l'ipotesi frontista e di fatto riformatrice del partito81. Una strategia che invece il PcI perseguiva puntando sull'incontro storico tra le "forze popolari" del paese, da condursi attraverso una tattica parlamentare conseguente in grado di ridurre la conflittualità tra le forze politiche. Accettare il piano della convergenza con le mobilitazioni nella società, assecondare le spinte sindacali nella fabbrica e le richieste provenienti dai nuovi soggetti sociali urbani, avrebbe inevitabilmente radicalizzato la politica comunista e reso più difficile l'incontro con la Dc. Questa era la richiesta esplicita del manifesto, in diretta contrapposizione con la "strategia delle alleanze" che, di ll a poco, avrebbe reagito al rischio d'involuzione democratica con la proposta del "compromesso storico" piuttosto che favorendo l'incontro con la protesta. Di qui l'irriducibile contrapposizione tra le due visioni, che pochi anni dopo condurrà a una conflittualità esplicita tra PcI e nuova sinistra.
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minori, dell'Assemblea operai studenti.8 • Si trattò, insieme al Comitato operaio di Porto Marghera e al Comitato unitario di base della Pirelli di Milano, di una delle esperienze più significati.ve di unità fra operai e studenti. del biennio 1968-19699 • L'assemblea, per alcuni mesi, costituì di fatto l'organo di direzione delle lotte operaie autonome che si svilupparono a Mirafiori, Rivalta e negli altri stabilimenti. torinesi della FIAT. Dentro questa esperienza, «La Classe», i cui militanti. erano di gran lunga meno numerosi di quelli del movimento studentesco e la cui influenza minore, svolse comunque un importante ruolo dal punto di vista informativo, proprio grazie al fatto di avere a disposizione un giornale a tiratura e diffusione nazionale, senza dimenticare che il gruppo ebbe un discreto radicamento nelle lotte per la casa a Nichelino e fu in prima linea nei fatti di Corso Traiano, dei quali pubblicò un approfondito resoconto 10 • Il 26 e 27 luglio, l'Assemblea operai studenti. convocò a Torino il «1° convegno nazionale dei comitati e delle avanguardie operaie», nel quale vennero al petti.ne le divergenze fra Potere Operaio pisano, movimento studentesco torinese e «La Classe» 11 • Di fronte al fallimento del convegno, nel settembre 1969, «La Classe» cessava le pubblicazioni per dar vita a «Potere Operaio», organo dell'omonimo e neonato gruppo nazionale: L'organizzazione del lavoro politico che stava attorno al settimanale «La Classe,. è la stessa che ora si presenta sotto la testata di «Potere Operaio,.. [ ... ] t necessario quindi andare oltre la gestione operaia della lotta di fabbrica, oltre l'organizzazione dell'autonomia, per impostare una direzione operaia sull'imminente, sul presente e sul futuro ciclo di lotte sociali. Il semplice coordinamento non basta più l'unificazione degli obbiettivi non è più sufficiente: [ ... ] 8. Sulla storia dell'Assemblea operai studenti di Torino, ci si permette di rimandare a PANTALONI (2020). 9. Tt1RONE (1974), pp. 434-441. 10. Per il 3 luglio 1969, il sindacato aveva indetto uno sciopero generale sul tema del caro-affitti. Il corteo che a Torino era stato indetto dall'Assemblea operai studenti, venne attaccato dalla polizia e ne scaturirono violenti scontri che andarono avanti fino a notte inoltrata e che riguardarono il quartiere di Mirafiori ma anche aree limitrofe, come quella di Nichelino e di Moncalieri. Cfr. Battaglia a Torino, in «La Classe», n. 10, 1969, pp. 1 e 16. Per una ricostruzione approfondita dell'evento, cfr. GIACHET11 (2019). 11. Sullo svolgimento e l'esito del convegno, cfr.: PANTALONI (2020), pp. 123-136; GIACHETil-SCAVlNO {1999), pp. 50-54.
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se quello stadio è superato è anche inutile un giornale di mera informazione sulla lotta e sull'intervento. [... ] Organizzazione del rifiuto del lavoro, organizzazione politica operaia. Il passaggio da «La Classe• a «Potere operaio• è anche da questo punto di vista un passaggio qualitativo 12 •
A circa due mesi dalla sua costituzione, il gruppo conobbe una sua prima crisi, dovuta in parte all'arresto del direttore responsabile del settimanale Francesco Tolin, per via di alcuni articoli che «istigavano alla violenza» 11 ; ma soprattutto al riflusso delle lotte operaie autonome che era seguito alla conclusione dell' «Autunno caldo», alla firma dei contratti e alla strage di Piazza Fontana a Milano. Infine, ma fattore non meno importante, scarseggiavano i fondi per la stampa del giornale, che infatti interruppe temporaneamente le pubblicazioni dalla metà di dicembre alla fine di febbraio 14• Ciò non impedl al gruppo di organizzare a Firenze, dal 9 all' 11 gennaio, il suo primo convegno nazionale, dove vennero fissati i punti principali della linea politico-strategica di Potere Operaio: dal rifiuto del lavoro 15, alla centralità della conflittualità permanente oltre il contratto, fino alla generalizzazione della lotta di fabbrica in lotta rivoluzionaria contro lo Stato e alla necessità di un'organizzazione politica di impronta neo-leninista, basata sui «Comitati politici operai» 16 • Al convegno nazionale di Firenze segw, alla fine di aprile, la conferenza d'organizzazione di Napoli dedicata al meridione 17•
12. Da "La Classi" a "Potrn op,raio", in .Potere Operaio,., n. 1, 1969, pp. 1-2. 13. Contro la r,prlSSioru stato-co.pitau libmamo 7òlin , gli altri compagni, ivi, n. 10, 1969, p. 2. Gli articoli incriminati erano: Si alla viokm:a op,raia e Dopo Pisa, ivi, 29 ottobre-5 settembre (in realtà 5 novembre) 1969, p. l; LA nuov, fo11M di organizzazi.o?u optraia, ivi, pp. 3-4; Compagni e Fi.at- La violnua op,raiacom, stmm,nto di lotta, ivi, n. 8, 1969, pp. 1 e 5. Per la ricosauzione della gestione politica che PO fece dell'arresto e della condanna di Tolin, dr. SCAVINO (2018), pp. 144-147. Tolin venne condannato a un anno e 5 mesi di reclusione, poi messo in libertà provvisoria il 16 febbraio 1970 e poi amnistiato. Cfr.: Condannato a un anno 1 5 m,si il diuttor1 di "Potrr, opwaio", in «La Stampa», 2 dicembre 1969, p. 1; Tolin libmà provvisoria, in «Corriere della Sera.., 17 febbraio 1970, p. 5; I proc,ssi chi non si faranno, ivi, 6 maggio 1970, p. 3. 14. GRANDI (2003), pp. 113 e 120. In realtà, il 7 febbraio era già uscito un «foglio speciale.. che preannunciava il ritorno del settimanale nelle edicole. 15. SCAVINO (2018), p. 150. 16. GRANDI (2003), p. 121; RmAzlom:: DI «MA'IERL\Ll PER. UNA NUOVA SINJSIRA,. (1988), pp.264. 17. «Potere Operaio,., n. 19, 1970.
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la teoria operaista fra politica eviolenza
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Tuttavia, il processo di costruzione dei Comitati politici operai non decollò, convincendo l'organizzazione a tentare un percorso di unificazione con il gruppo del Manifesto: il progetto emerse dal secondo convegno nazionale che si svolse a Bologna il 5-6 settembre 1970. Il tentativo si risolse in un fiasco: durante il convegno nazionale del 30-31 gennaio 1971, emersero profonde divergenze politiche e di concezione, che impedirono di portare a compimento il processo di unificazione18 • Alla luce dell'epilogo deludente col Manifesto e stante la perdurante difficoltà nell'espansione dei Comitati politici19, a cui andava aggiunta la crescente "attenzione" da parte della polizia e il clima plumbeo che era seguito alla «strage di Stato» e al golpe Borghese del dicembre 1970, il gruppo virò ancor più decisamente verso una politica che rafforzava gli aspetti politico-militari ed insurrezionalisti. Durante la sua «terza conferenza nazionale di organizzazione», che si tenne a Roma dal 24 al 26 settembre 1971, quelli del «salario politico», del «rifiuto del lavoro», della «appropriazione in fabbrica» e della «insurrezione armata» rappresentarono i punti qualificanti del programma politico del gruppo20• Dentro questo contesto va inquadrata la decisione della segreteria nazionale di costituire, già nell'autunno 1970, un servizio d'ordine e, un anno dopo, di creare un segmento clandestino dell'organizzazione, denominato «Lavoro illegale» e composto da militanti di stanza a Como, Milano, Bologna, Firenze e Roma21 • L'attenzione alla dimensione internazionale del conflitto operaio fu alta, anche se le ricadute concrete furono abbastanza modeste. Dal 1° al 3 ottobre si svolse a Firenze una «Conferenza d'organizzazione per una nuova internazionale rivoluzionaria», alla quale parteciparono esponenti di diversi gruppi rivoluzionari provenienti fra l'altro da UsA, Irlanda del Nord, Svizzera, Germania22 • Tuttavia, al netto di
18. $CA.VINO (2018), pp. 177-178. 19. Il Comitato operaio di Marghera, già dal 1969 aveva avuto rapporti contraddittori con Potere Operaio, con allontanamenti e ria,'Vicinamenti frequenti almeno fino all'estate del 1970. Cfr. M. Thirion, Contro la uuga, cit., pp. 181-183. 20. Inserto speciale in «Potere Operaio», n. 3, 1971. 21. GRANDI (2003), pp. 162, 206 e 219. 22. Confmnz.a d'iwganì=iotu p,r una nuova intml di Feltrinelli, ma in parte anche da quelli di gruppi "affini" come Lotta Continua o Avanguardia Operaia. Ciò non impediva all'organizzazione di porre attenzione a quelli che venivano considerati i «colpi di coda del centrismo», come stava a dimostrare proprio la strategia della tensione. Riformismo e «violenza di stato» erano due opzioni della stessa strategia di contrasto delle lotte operaie79 • In questo senso la violenza, secondo Po, era rappresentata dalla «esistenza stessa dei padroni», dalla «esistenza stessa del capitalismo»80 • Per questo, se la «lotta continua» degli operai del biennio 1968-69 aveva aperto la strada al tema dell'organizzazione politica rivoluzionaria, cosi la «formidabile esplosione organizzata dell'insubordinazione e della violenza a livello sociale su un discorso politico immediatamente e direttamente operaio 8 1» doveva evolvere verso una prospettiva insurrezionale. Non a caso Po, alla sua terza Conferenza d'organizzazione, coniò il sintomatico slogan «Potere Operaio per il Partito, per l'insurrezione, per il Comunismo» 82 • Con questa svolta militarista, l'antifascismo, mai particolarmente importante nella politica del gruppo, cominciò ad essere utilizzato come terreno propedeutico alla propaganda e alla pratica delle azioni violente a carattere offensivo. Politicamente la gestione del tema non rappresentava una novità: i fascisti erano utilizzati dal «capitale» per mettere in condizione di non nuocere gli organismi di lotta autonomi e le organizzazioni della sini-
79. Compagni, in «Potere Operaio,., n. 9, 1969, p. 1. 80. I soU assassini. SOIUI i padToni, ivi, n. 10, 1969, p. 1. 81. !tapponi poluici sul movimlnto: I# /Qtu, l'Mgani=ionl, ivi, n. 6, 1969, p. 4. 82. CJu cos'ì Pol#r1 oprraio, ivi, n. 3, 1971, p. 37.
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stra rivoluzionaria. Di fronte a questa situazione, la risposta doveva essere senza mezzi termini85 • Nella definizione di una strategia e di una prati.ca insurrezionale, Potere Operaio non poteva esimersi dal confrontarsi con le altre opzioni che stavano sul terreno, segnatamente quelle dei GAP e soprattutto delle Brigate Rosse, la cui influenza e capacità di attrazione nei confronti. del movimento e delle avanguardie di fabbrica crescevano. Dalla metà del 1971 i comunicati dei GAP e delle BR furono ospitati. nelle pagine del giomale84• Tuttavia per Potere Operaio, a differenza di brigatisti. e gappisti, la lotta armata doveva avere una funzione - per cosl dire - ausiliaria rispetto alle lotte dei lavoratori85• Insomma, se «organizzare la guerra civile rivoluzionaria» era un «compito fondamentale dei comunisti.», il suo nodo centrale risiedeva nella «necessità di riconnettere l'azione militare delle avanguardie con i contenuti più avanzati del movimento di massa, con la richiesta esplicita di comunismo che le masse esprimono» 86• Il concetto era stato espresso senza ambiguità nel numero di dicembre 1971 del mensile.
276 Lotta Femminista (LF) si costi.tul fra Padova e Ferrara nel 1971, a seguito della fuoriuscita da Potere Operaio del Movimento di Lotta Femminile87, per poi diffondersi in diverse grandi città del centro-nord del Paese. Il gruppo pubblicava anche una rivista, «Quaderni di Lotta femminista», attraverso cui «porre e sviluppare un punto di vista, quello del femminismo e della classe come un tutt'unico»88 • Promotore, nell'estate 1972, anche di un organismo transnazionale (il Collettivo I..!INCONTRO-SCONTRO COL FEMMINISMO.
83.I/ascù~:distruggwli,ivi,n.37,1971,p.3. 84. Brigau It.oss,, ivi, nn. 38~9. 1971, p. 15; sua, Brigati It.oss,, in «Potere Operaio del lunedla, n. 4, 1972, p. 2. Nel del 10 dicembre 1972, p. 2, venne pubblicato un ,•olanàno delleBR. 85. GRANDI (2000), p. 237. 86. Proutari, ì la lotta di dass,, in «Potere Operaio-, n. 4, 1972, p. 2; Dnnocrazjq, ì il fudl• in spalla agli opn-ai, ivi, n. 45, 1971, p. l. 87. D. Adorni, Ch. Stagno, Lo cJuamano amm•, flDi lo chiamiamo la:uoro non pagato, in THIRION - SANTAI.ENA- Mil.ESCHI (2021) (a cura di), pp. 237-238. 88. PrnMSSa, in «Quaderni di Lotta. femminista», n. 2, Ilprmmau ì politico, 1973, p. 7.
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internazionale femminista) 89 , questo gruppo promosse battaglie e iniziative sulla base di una piattaforma di stampo ampiamente operaista («riduzione dell'orario di lavoro a 20 ore settimanali per tutti e tutte, per consentire anche agli uomini di occuparsi delle incombenze domestiche, autogestione del corpo, depenalizzazione e gratuità di aborto e sterilizzazione, asili-nido gratuiti»00 ) al cui centro stava la rivendicazione del salario al lavoro domestico, articolazione nazionale della rete internazionale Wages for Hausework Groups and Committees91• Questa posizione fu fortemente criticata da altre realtà femministe perché in questo modo si indeboliva, secondo queste, la richiesta di socializzazione del lavoro domestico fra uomini e donne e quindi una vera parità di genere sui temi del lavoro produttivo, riproduttivo e di cura. Al contrario, secondo LF, la questione risiedeva proprio nel rapporto intrinseco fra riproduzione della forza-lavoro e produzione capitalistica e in quella fra lavoro di cura e lavoro produttivo92 • Inoltre, il salario alle "casalinghe" avrebbe emancipato le donne dal giogo della segregazione domestica e le avrebbe rese più forti in tutte le altre loro rivendicazioni9S. Lotta Femminista non fu, quindi, mai organica a Potere Operaio, sebbene ne fu influenzata fortemente soprattutto sulle tematiche salariali. Come sarebbe accaduto anche per Lotta Continua qualche anno più tardi, anche in Po dominava una visione che vedeva le tematiche di genere come subordinate e ancillari rispetto a quelle di classe, alimentando comportamenti improntati all'intolleranza e alla prevaricazione anche violenta nei confronti delle militanti femministe; come nell'estate del 1972, quando alcuni suoi sedicenti militanti aggredirono le partecipanti a un convegno di LF dedicato al tema dell'occupazione femminile, non accettando di esserne esclusi cosl come l'approccio e 89. https://ilbolive. unipd.it/it/news/padova-femminista-lotte-salario-domestico-contro (ultimo accesso il 24 aprile 2023) 90, REDAzlONE DI «MA"IEl!.W.I PER UNANUOVASINJS'l'R:\,, (1988), pp. 218-219. 91. D. Adorni, Ch. Stagno, cit., pp. 233. 92. Prnn,ssa, in «Quaderni di Lotta femminista», n. 2, cit., p. 7. 98. SaJarù, al lavoro dt»Mstico, volantino ciclostilato, s. d., www.bibliotechecivichepadova. it/it/collezioni-biblioteca/dalla-costa/volantino-dattiloscritto-pagine-2-intitolato-salariolavoro-domestico-oggetto-sintesi-perche-come-femministe (ultimo accesso il 24 aprile 2023).
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la pratica di quasi tutto il movimento femminista di allora prevedeva. Il gruppo si sarebbe poi sciolto nell'ottobre del 1974 e i suoi collettivi avrebbero costituito la rete per il salario al lavoro domestico. La disgregazione e conclusumi
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A seguito del convegno di Rosolina del 1973, Potere Operaio di fatto si disintegrava, primo fra i gruppi nazionali della nuova sinistra che lo avrebbero seguito pochi anni dopo. L'isolamento sempre più marcato, la fuoriuscita di militanti provocata dalle dure contraddizioni interne, da errori di valutazione politica e da repertori d'azione sempre meno gestibili94, la sospensione delle pubblicazioni del mensile teorico e la precarietà del settimanale, avevano prodotto una crisi non reversibile95• Sulle cause di questo esito sarà ancora necessario un supplemento d'indagine, che porti a fondo l'analisi di aspetti e contraddizioni che in questa sede sono stati elencati necessariamente in forma sintetica e sommaria. Tuttavia, alcuni elementi possono essere accennati. Il primo, che accomuna la storia di Potere Operaio a quella degli altri gruppi della sinistra rivoluzionaria, è «la mancata elaborazione del termine "rivoluzione"» 96, cioè l'incapacità della nuova sinistra di elaborare una strategia politica che si collegasse alle profonde trasformazioni che erano avvenute proprio sul terreno dei flussi economici, delle filiere produttive, della composizione sociale della forza-lavoro, ecc., e che rendevano il vecchio modello terzintemazionalista non più adeguato. Questa era stata la grande intuizione di quello che Alquati ha chiamato il «secondo operaismo politico», proprio per distinguerlo dal primo, quello dell'epoca delle due guerre mondiali. La questione del rapporto col femminismo, ultimo fra i temi trattati in questa esposizione, sta proprio a dimostrare questa incapacità e inadeguatezza nella lettura della "fase". Questo limite si palesava, inoltre, proprio agli inizi degli anni Settanta, quando la crisi economica internazionale
94. Secondo la testimonianza di Paolo Lapponi, dirigente romano di Po, il rogo di Primavalle «dimosa-ò la nostra incapacità nel cona-ollare l'organizzazione, dimosa-ò il nosao infantilismo•. GRANDI (2003), p. 306. 95. VETIORI (1975) (a cura di), pp. 90 (nota) e 99. 96. SCA.VINO (2018), p. 10
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e le sue prime manifestazioni aprivano un nuovo ciclo di ristrutturazione economica, che in Italia avrebbe portato allo smantellamento delle grandi concentrazioni industriali e al decentramento produttivo, alla graduale, ma inesorabile riconquista del controllo padronale delle fabbriche anche attraverso l'espulsione o il trasferimento degli operai più combattivi, all'avvio dell'automazione. I livelli altissimi delle tensioni sociali seguite all'esplosione del Sessantotto, la strategia della tensione e lo stragismo neofascista contribuirono al rilancio dell'ipotesi di rivoluzione sociale come rottura violenta con lo Stato e al processo insurrezionale come elemento qualificante, determinante. Anche questa non fu convinzione esclusiva di Potere Operaio, né dei primi gruppi armati di sinistra. Invece suona un po' come una specie di contrappasso politico il fatto che, proprio un'organizzazione che più degli altri aveva messo al centro della propria attività l'analisi dei cicli economici, delle filiere e delle trasformazioni produttive, della composizione sociale e politica della classe operaia, falliva pensando di contrastare con una maggiore irreggimentazione organizzativa, e un auspicato salto di qualità sul piano della lotta armata, processi economici e politici cosl vasti. e profondi come quelli appena accennati. sopra. A ciò va infine aggiunto il pesante strascico giudiziario che colpl decine di ex militanti di Potere Operaio, diversi anni dopo la sua fine. Fra l'aprile e il dicembre del 1979, infatti., furono eseguite decine di arresti. su mandato della magistratura di Padova e di Roma con una lista numerosa di accuse, alcune di queste molto pesanti. (associazione sovversiva, banda armata, insurrezione armata contro i poteri dello Stato). I giudici ipotizzavano che dietro la sigla Potere Operaio, il cui scioglimento a Rosolina era definito «uno stratagemma»97, si celasse in realtà il "braccio politico" delle Brigate Rosse. Questa ipotesi investigativa, passata alla storia come "Teorema Calogero", dal nome del sostituto procuratore della Repubblica di Padova, Pietro Calogero, sarebbe stata definitivamente smentita nel giugno del 1987, con la sentenza del processo di appello che assolse
97. GRANDI (2005), p. 298.
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tutti gli imputati dal reato di insurrezione e molti di questi da quello di banda armata98.
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Gli autori
Dissidenze e
alternative al PCI da Livorno al Sessantotto
Alessandro Barile - Dottore di ricerca in Storia contemporanea (Università di Roma la Sapienza); è Primo ricercatore presso l'Istituto di Studi Politici "S. Pio V", dove coordina l'area di ricerca "Territorio e società". È membro di redazione di numerose riviste, tra le quali «Historia Magistra», «Materialismo Storico», «Zapruder», «Rivista di Studi Politici». Dirige la collana "Territorio e società" per Carocci editore. Si occupa di storia dei movimenti politici e, in particolare, di storia del Partito comunista italiano. Si occupa anche di studi urbani. Tra le sue ultime pubblicazioni, Dopo lagenhificazione (con B. Brollo, S. Gainsforth, R. Marchini, Derive Approdi 2023), Rossana Rossanda e il Pcz (Carocci 2023), la curatela de Il secondo tempo del populismo (Momo 2020), Il tramonto della città (con L. Alteri e L. Raffini, Derive Approdi 2019). Mirco Carrattieri - Dottore di ricerca in Storia contemporanea (Università di Bologna), collabora con l'Università di Modena e Reggio Emilia ed è coordinatore del Comitato Scientifico di Liberati.on Route Italia nonché membro del Comitato Scientifico dell'Istituto Cervi e dell'Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea in
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provincia di Reggio Emilia, del quale è stato presidente dal 2009 al 2015. È stato direttore del Museo della Repubblica di Montefiorino e della Resistenza Italiana dal 2016 al 2019 e direttore generale dell'Istituto Nazionale Ferruccio Parri dal2018 al 2021. Si occupadistoriadellastoriografia, storia locale e public history. Tra le sue pubblicazioni: M. Carrattieri, M. Flores (a cura di), La Resistenza in Italia: storia, memoria, storiografia (GoWare 2018); M. Carrattieri, A Preti (a cura di), Comunità in guerra sull'Appennino: la linea Gotica tra storia e poli,6,che della memoria (Viella 2018); M. Carrattieri, I. Meloni (a cura di), Partigiani della Wehrmacht (Le Piccole Pagine 2021). Lorenzo Di Stefano - Dottore di ricerca in Storia presso l'Università di Corsica "Pasquale Paoli". Socio della Società Italiana per gli Studi di Storia Contemporanea, della Società Italiana di Storia del Lavoro e dell'Istituto Sardo per la Storia dell'Antifàscismo e della Società Contemporanea, è stato operatore di Servizio civile presso la Fondazione Gramsci di Roma, dove si è occupato della catalogazione del fondo librario di Paolo Spriano. Nel 2016 ha ottenuto con lode la laurea magistrale in Scienze politiche presso l'Università degli studi di Teramo. I suoi interessi di ricerca vertono sulla storia politica contemporanea nei contesti insulari europei, sulla storia sociale dell'emigrazione italiana e sul lavoro nelle miniere. Tra le sue pubblicazioni: Il PCI in Sardegna, ilPCFin Corsica e l'identità insulare (1920-1991) (Unicopli 2023).
Luca Fiorito - Dottorando presso il Dipartimento di Antichità, Filosofia e Storia dell'Università degli Studi di Genova e ricercatore presso l'Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea. Ha collaborato come Research-Fellow con il Center for Holocaust Studies a Monaco di Baviera e la Haus der Vlannsee-Konferenz a Berlino. Attualmente lavora nell'ambito del progetto di dottorato La reazione internazionale alla pubblicazione del Manifesw della Raz:z.a 1938-1940. Tra le sue pubblicazioni si segnala la curatela (con D. Chiapponi e A Parisi) La resa di Genova nella memoria dei protagonisti Meinhold, Scappini, Romanzi, in «Storia e Memoria», n. 1, 2021.
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G&autori
Eros Francescangeli - Dottore di ricerca presso l'Università di Parma e presso l'Università di Padova, è stato tra i promotori, nel 2002, del progetto Storie in movimento. Dal 2003 al 2012 ha fatto parte della redazione del suo quadrimestrale, «Zapruder». Dopo aver contnbuito alla sua fondazione, dal marzo 2015 fa parte del Comitato Direttivo dell'Istituto Sardo per la Storia dell'Antifascismo e della Società Contemporanea e del Comitato Scientifico editoriale della collana "Sardegna contemporanea" (edita da FrancoAngeli). Tra le sue pubblicazioni: Arditi del popolo. Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista (1917-1922) (Odradek 2000 [2003, 2008 e 2009]), L'incudine e il martello. Aspetti pubblici, e privati del trockismo italiano tra antifascismo e antistalinismo (1929-1939) (Morlacchi 2005) e «Un mondo meglio di così». La sinistra rivoluzionaria in Italia (1943-1978) (Viella, 2023).
Diego Giachetti - Dottore di ricerca in Storia delle società contemporanee (Università di Torino), si è occupato di movimenti giovanili e di protesta attorno al '68 e delle lotte operaie nell'autunno caldo. Tra le sue ultime pubblicazioni: L'autunno caldo (Ediesse 2013), Guido Qy.azz.a: storico ereti.co (Centro Documentazione Pistoia 2015), I dilemmi di Trotsky. Dalla «rivoluzione permanente» al «socialismo in un solo paese», storia dell'ajfermazione dello stalinismo in Unione So-vieti.ca (Red Star Press 2017), Il '68 in Italia. Le idee, i movimenti, la poliuca (BFS Edizioni 2018), La rivolta di Corso Traiano. Turino, 3 luglio 1969, (BFS Edizioni 2019), Il sapere della libertà. Vita e opere di Charles Wright Mills (DeriveApprodi 2021 ). Patrick Karlsen - Borsista post-doc dell'Istituto Italiano per gli Studi Storici "Benedetto Croce" di Napoli dal 2009 al 2012, nel 2013 visiting researchfellow presso l'Institut za Novejso Zgodovino di Lubiana, attualmente insegna Storia contemporanea e Storia dell'Europa presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Trieste ed è dal 2016 Direttore scientifico dell'Istituto Regionale per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea nel Friuli Venezia Giulia. Dal 2020 al 2021 è stato RTD-a in Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università di Napoli "Federico II". I suoi campi di ricerca principali sono la storia del movimento comunista
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internazionale. la regione alto-adriatica di frontiera. il ruolo degli intellettuali nelle culture politiche del Novecento. Tra le sue pubblicazioni: F'roniiera rossa. Il Pci. il confine orientale e il contesto internazionale 1941-1955 (LEG, 2011); Vittorio Vidali. Vita di uno stalinista (1916-1956) (il Mulino. 2019); Dizionario della Resistenza aUa frontù:ra alto-adriatica. Eventi. luoghi,, protagonisti (a cura di, Gaspari, 2022).
Marion Labey- Dottoressa di ricerca in Storia contemporanea (Université Paris-Cité, laboratorio ldentités, cultures, territoires - Les Europes dans le monde/ Università di Roma Tor Vergata), è stata borsista post-doc presso l'Istituto Italiano per gli Studi Storici (Napoli). Si interessa di storia del militantismo comunista. libertario e socialista nel primo dopoguerra e di storia intellettuale, con particolare attenzione all'antistalinismo e all'anticomunismo di sinistra e alle rappresentazioni dell'Unione sovietica in Francia e in Italia. È l'autrice di diversi articoli scientifici e di una recente monografia: Victor Fay (1903-1991). Itinéraire d'un marxiste hétérodoxe au sein du mouvement ouvrierJrançais (Ed. du Croquant, 2023). È attualmente coordinatrice della redazione romana di «Historia Magistra» e membro del comitato scientifico di «Matériaux pour l'histoire de notre temps». Velia Luparello - Dottoressa di ricerca in Storia (Facultad de Filosofia y Humanidades, Universidad Nacional de C6rdoba, Argentina). èAssistant Professor in storia contemporanea presso la stessa università e post-doc fellow presso il Centro de lnvestigaciones y Estudios Sobre Cultura y Sociedad - Universidad Nacional de C6rdoba- Consejo Nacional de lnvestigaciones Cientificas y Técnicas. È l'autrice della monografia Los trotskistas bajo el terror naz.i. Una historia de la IV Internacional durante la Segunda Guerra Mundial (Ariadna Ediciones, 2021) ed è co-curatrice del volume Ensayos marxistas sobre historia del socialismo (Ariadna Ediciones, 2020). Ha pubblicato vari articoli accademici e contributi in volume e attualmente sta lavorando a un progetto di ricerca post-dottorale intitolato "Vlork and Women's emancipation. A comparative study of the policies on the women's question in the Socialist lnternationals during the 20th century".
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G&autori
Alessandro Mantovani - Laureato in Filosofi.a, docente di materie letterarie, ha lavorato come lettore presso la U niwersytet Marii Curie-Sklodowskiej di Lublino (Polonia), la sostituire con : SvenOJiste u Zadru (Croazia) e la Universidade Federai de Santa Catarina (Brasile). Ha tradotto e curato di Grigorij E. Zinov' ev La formazione del partito bolscevico 1898-1917 (Graphos, 1996) e ha pubblicato: Ri.voluzione islamica e rapporti. di classe. Afghanist.an - Iran - Iraq (Graphos, 2006), L'unghia del gigante. Diario e immagini dal Brasile, con interventi di Vem Llucia de Oliveira e Fabio Pierangeli (Universita.lia 2011 ), Gli «arditi del popolo», il Partilo Comunist.a d'It.alia e la questione della lotta armat.a (1921-1922), prefazione di Marco Rossi (Pagine Marxiste, 2019). Gabriele Mastrolillo - Dottore di ricerca in Storia dell'Europa (Sapienza Università di Roma), attualmente è assegnista. di ricerca e cultore della materia (Storia contemporanea) presso l'Università di Trieste nonché ricercatore presso l'Istituto Regionale per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, di cui è anche membro del Consiglio Direttivo. Fa parte delle redazioni di «HistoriaMagistra» (Roma), «Risorgimento e Mezzogiorno» (Bari) e «Qualestoria» (Trieste). Le sue ricerche riguardano la storia del movimento comunista. internazionale nella prima metà del Novecento (con particolare attenzione alle formazioni eterodosse) nonché la storia dell'antifascismo e del primo dopoguerra in I ta.lia. Tra le sue pubblicazioni: la curatela (con Marco Di Maggio) di L'InternazionaJe Comunist.a come network globale (1919-1943), sezione monografica di «Dimensioni e problemi della ricerca storica», n. 1, 2022 e la monografia La dissidenza comunist.a italiana, Trockij e le origini della Quarta Internazionale 1928-1938 (Carocci 2022). Alberto Pantaloni - Dottore magistrale in Scienze storiche e documenta.rie presso l'Università di Torino e dottorando in Studi italiani presso l'Université Grenoble-Alpes, responsabile della gestione documenta.le e degli archivi di Agenzia Piemonte Lavoro - Centri per l'Impiego del Piemonte. Nei suoi studi si è prevalentemente occupato di storia dei movimenti sociali e politici nell'Italia degli anni Settanta., pubblicando, oltre a vari saggi, i volumi La dissoluzione di Lotta continua e il movimento del '77 (DeriveApprodi 2019) e
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1969. L'assemblea operai studenti. Una storia dell'autunno caldo (DeriveApprodi 2020). Ha infine pubblicato il volume Eric Hobsbawm storico del lavoro. Il movimento j)eraio dalla Rivoluzwm industriale alla fine del secolo breve (Le Monnier 2022). Andria Pili - Dottore magistrale in Scienze Economiche (Università di Cagliari) con due tesi sulla storia economica sarda. Attualmente è collaboratore di ricerca in Economia politica presso il Dipartimento di Teoria e Storia Economica dell'Università di Malaga. Membro del collettivo decoloniale sardo di ricerca "Filosofia de Logu" e della Fondazione Sardinia. Coautore del libro Filosofia de Logu. Decol