Dante, Petrarca, Boccaccio e il paratesto. Le edizioni rinascimentali delle «tre corone» 8884761174


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Italian Pages 164 [158] Year 2006

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Table of contents :
SOMMARIO
Marco Santoro, PRESENTAZIONE
Marco Santoro, IL PARATESTO NELLE EDIZIONI RINASCIMENTALI ITALIANE DELLA COMMEDIA
Marco Santoro, LE VITE DI DANTE NELLE EDIZIONI RINASCIMENTALI ITALIANE DELLA COMMEDIA
Michele Carlo Marino, IL PARATESTO NELLE EDIZIONI RINASCIMENTALI ITALIANE DEL CANZONIERE E DEI TRIONFI
Marco Pacioni, IL PARATESTO NELLE EDIZIONI RINASCIMENTALI ITALIANE DEL DECAMERON
Marco Santoro, Michele Carlo Marino, Marco Pacioni, COMMEDIA, CANZONIERE/TRIONFI, DECAMERON: SHORT-TITLE 1465-1600 DELLE EDIZIONI ITALIANE
Michele Carlo Marino, Marco Pacioni, PERCORSI ICONOGRAFICI
BIBLIOGRAFIA, a cura di Michele Carlo Marino
INDICE DEI NOMI A cura di Marco Pacioni
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Dante, Petrarca, Boccaccio e il paratesto. Le edizioni rinascimentali delle «tre corone»
 8884761174

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b i b l i ot e c a d i « paratesto» · 2 MARC O SA N TO RO MICHELE CARLO MARIN O · M A RC O PAC I ON I

DANTE, PETRARCA, BOC CAC C IO E IL PARATESTO Le edizioni rinascimentali delle ‘tre corone’ a cura d i marc o san to ro

rom a e d i z i on i d e ll’ateneo mmvi

B I B L I OT E C A D I «PARATESTO» 2.

La pubblicazione è stata realizzata con un contributo del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, fondi cofin 2003, progetto: Oltre il testo, dinamiche storiche paratestuali nel processo tipografico-editoriale in Italia.

MARC O SA N TO RO MICHELE CARLO MARIN O · M A RC O PAC I ON I

DANTE, PETRARCA, BOC CAC C IO E IL PARATESTO Le edizioni rinascimentali delle ‘tre corone’ a cura d i marc o san to ro

rom a e d i z i on i d e ll’ateneo mmvi

Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta delle Edizioni dell’Ateneo®, Roma, un marchio della Accademia editoriale®, Pisa · Roma. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge. * Proprietà riservata · All rights reserved © Copyright 2006 by Edizioni dell’Ateneo®, Roma, un marchio della Accademia editoriale®, Pisa · Roma www.libraweb.net Stampato in Italia · Printed in Italy isbn 88-8476-117-4

S O M M ARIO Marco Santoro, Presentazione Marco Santoro, Il paratesto nelle edizioni rinascimentali italiane della Commedia Marco Santoro, Le vite di Dante nelle edizioni rinascimentali italiane della Commedia Michele Carlo Marino, Il paratesto nelle edizioni rinascimentali italiane del Canzoniere e dei Trionfi Marco Pacioni, Il paratesto nelle edizioni rinascimentali italiane del Decameron Marco Santoro, Michele Carlo Marino, Marco Pacioni, Commedia, Canzoniere/Trionfi, Decameron: Short-title 1465-1600 delle edizioni italiane Michele Carlo Marino, Marco Pacioni, Percorsi iconografici Bibliografia, a cura di Michele Carlo Marino Indice dei nomi, a cura di Marco Pacioni

9 11 33 51 77 99 137 149 155

Marco Santoro P R E S E N TAZIONE

L

a bibliografia critica su Dante, Petrarca e Boccaccio, come è noto, è straordinariamente ricca e beneficia continuamente di ulteriori e sempre più scaltrite integrazioni volte ad approfondire valenze, implicazioni, relazioni, connotati filologici, ecc. delle opere delle celebri “tre corone”. Molto, si sa, si è scritto sugli incisivi influssi della loro “lezione” sotto i più diversi versanti, “lezione” che ha profondmente segnato, in maniera ora più ora meno diretta, gli itinerari creativi e speculativi, i gusti, gli orientamenti sia dei loro contemporanei che dei loro posteri fino ai nostri giorni. Indubitabilmente le logiche e le procedure con le quali opere e vicende delle “tre corone” sono state esportate nelle diverse epoche grazie alla comunicazione scritta hanno condizionato le modalità di ricezione e di assimilazione di “esperienze” così significative. In particolare non si può non concordare sul fatto che, soprattutto all’indomani dell’introduzione della stampa a caratteri mobili, la ben maggiore uniformità “editoriale” (e non si può dire “filologica”, considerati i noti insegnamenti della “bibliografia testuale”) del manufatto librario ha connotato i sistemi di accesso al messaggio culturale e intellettuale dei tre trecentisti. Da qui la non secondaria istanza ermeneutica di verificare, alla luce di una documentazione vieppiù ampia e controllata, le peculiarità dei veicoli di trasmissione ai quali nel tempo è stato affidato il compito di tramandare da una parte i testi di Dante, Petrarca e Boccaccio, e dall’altra, le “letture” e le interpretazioni di detti “testi”, corredate di volta in volta da commenti e integrazioni di vario genere. Si tratta, lo si sarà agevolmente colto, di ricorrere ai suggerimenti che possono scaturire dalla oculata gestione dell’indagine “paratestuale”, la quale ci induce a registrare e a decodificare non solo le molteplici e complesse strategie editoriali in virtù delle quali in modo mai casuale sono stati e sono confezionati i contenitori tradizionali dei messaggi della comunicazione scritta, ma altresì il senso e la valenza degli stessi “messaggi” (sotto forma ora di dediche, ora di avvisi, ora di commenti, ecc.) che hanno traghettato qualsivoglia testo all’attenzione e alle più o meno pilotate modalità di fruizione del lettore. Dunque, le pagine che seguono si articolano su due coordinate, enucleabili per altro dal titolo stesso del presente volume: da un canto Dante, Petrarca e Boccaccio e la fortuna delle loro opere (in particolare la Commedia, il Canzoniere – e i Trionfi – e il Decameron) all’interno della produzione editoriale quattro/cinquecentesca italiana, e, dall’altro, i manufatti materiali con i quali le suddette opere furono “tradotte” in pubblicazioni, confezionate e quindi offerte all’attenzioone del pubblico rinascimentale. L’ottica e la metodologia di approccio dei quattro saggi indubitabilmente risentono delle sollecitazioni ermeneutiche da anni assunte da chi scrive: tuttavia va precisato che esse sono state ulteriormente vitalizzate dall’importante quanto appagante esperienza maturata in seno al progetto cofinanziato dal miur per il biennio 2004/2005 “Oltre il testo. Dinamiche storiche paratestuali nel processo tipografico-editoriale in Italia”. Detto progetto, che ha visto impegnate sei unità di ricerca (Università di Roma “La Sapienza”, di Bologna, della Calabria, di Genova, di Messina e di Verona; responsabili locali, rispettivamente, Marco Santoro, Maria Gioia Tavoni, Carmela Reale, Anna Giulia Cavagna, Giuseppe Lipari e Giancarlo Volpato), coordinate da chi scrive, ha dato vita, come programmato, a varie

marco santoro 10 attività locali (giornate di studio, pubblicazioni, ecc.) e a significative iniziative nazionali che è d’uopo menzionare. Dal 15 al 19 novembre 2004 si è tenuto a Roma e a Bologna il Convegno internazionale “I dintorni del testo. Approcci alle periferie del libro”, al quale hanno partecipato ben cinquantaquattro eminenti relatori italiani e stranieri. A conclusione del convegno si è aperta la mostra “Sulle tracce del paratesto” presso la Biblioteca Universitaria di Bologna. Di quest’ultima è stato realizzato il catalogo a cura di Biancastella Antonino, Marco Santoro e Maria Gioia Tavoni. Nell’ottobre 2005 hanno visto la luce per i tipi delle “Edizioni dell’Ateneo” di Roma i due volumi contenenti gli “Atti” del summenzionato convegno, a cura di Marco Santoro e Maria Gioia Tavoni. Nel 2004 è stata inaugurata una nuova rivista annuale, «Paratesto», diretta da Marco Santoro e condiretta da Maria Gioia Tavoni: essa si avvale della preziosa collaborazione di un Consiglio direttivo (composto da Carmela Reale, Anna Giulia Cavagna, Giuseppe Lipari e Giancarlo Volpato) e di un Comitato scientifico internazionale (composto da Pedro Cátedra, Roger Chartier, Robert Darnton, Georges Güntert, George Landow, Mercedes López Suárez, María Luisa López Vidriero, Françoise Waquet). Il primo numero è stato pubblicato nel marzo 2005, il secondo nel febbraio 2006 e il terzo numero vedrà la luce nel corso del 2006. Entro la primavera del 2006 verrà distribuito anche il dvd nel quale sono confluite le varie ricerche condotte dalle sei unità su diverse caratteristiche e valenze delle componenti paratestuali presenti nel nutrito patrimonio librario esaminato e schedato con un software appositamente programmato. Infine è stata varata una nuova collana, “Biblioteca di «Paratesto»”, diretta da Marco Santoro, il cui secondo numero è appunto il presente volume. Non resta che chiudere questa pagina con un doveroso, quanto gradito, ringraziamento non solo ai giovani collaboratori, Michele Carlo Marino e Marco Pacioni, per l’impegno profuso nella realizzazione di questo volume, non solo ai Colleghi del progetto, responsabili delle altre cinque unità di ricerca, il cui apporto scientifico e organizzativo è stato determinante per l’esito davvero confortante di tutte le iniziative previste e regolarmente condotte in porto, ma anche ai Direttori e al personale delle biblioteche romane Nazionale Centrale “Vittorio Emanuele II”, Angelica, Fondazione Marco Basso e Corsiniana nonché della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze per la continua collaborazione e per avere autorizzato la riproduzione delle immagini inserite nei diversi capitoli. Gennaio 2006

M a rc o Santoro I L PA R AT E S TO N ELLE EDIZIONI R I NA S C I M E N TA L I I TA L I ANE DELLA C OMMEDIA 1. Tra le cagioni che hanno indotto gli Accademici ad imprender questa fatica, l’opera, che hanno, già è buon tempo, tra mano, del vocabolario della nostra fauella, della quale questo diuin poema è la miglior parte, la prima è stata, e la principale. Conciosiacosa che e da’ copiatori, e dalle stampe, ed eziandio da’ comentatori, così lacero lo conoscessere, e malgouerno, che poco se ne poteuano in essa opera acconciamente seruire, se prima non cercauano di sanarlo dalle sue piaghe, e, se gli abbiano, o nò restituita la sua pristina sanità, al fine giudicio vostro se ne rimettono. Dicon bene, che nel far ciò non hanno auuto mira di contraddire a niuno, ma solo,che la diuinità di questo scrittore, in quella maniera ci si rappresenti dauanti agli occhi, che da lui c’è stata lasciata : e per ciò hanno voluto, che e l’autorità, e le ragioni, sopra le quali son [sic] fondati i lor [sic] mutamenti, nel margine appariscan palesi, e chiare. La copia della quale per riscontro e’ si son seruiti, da Aldo l’anno 1502 fu stampata. Il numero de’ testi concordi, cosi ne’ mutamenti, come nelle varie lezioni notate, è dietro all’opera registrato. Il numero delle postille corrisponde a quel de’ testi canto per canto notato addietro. Quelli de’ testi corrispondono co’ numeri della nota,che quí appiede apparisce. Le varie lezioni son poste nel margine dentro, e vi son poste perché gli Accademici hanno creduto anche buona la loro lettura, ma ben meno acconcia, che ’l testo : e anche doue l’hanno creduta d’egual bontà, non hanno voluto, sanza miglioramento, mutar la stampa. Le mutazioni sono nel margine di fuori e la parola Stamp. che significa stampato, è loro sempre auanti, e vuol dire, che lo stampato leggeua prima, come nel margine ne si replica per breuità la lezione che si seguita, perché si può legger nel testo. Immantinente dopo la parola stamp. è quella ch’era prima nel testo, e sanza altra replica o ripruoua si rende ragion della seguitata lezione. Esemplo. Infer. can. 2. post. 6. E donna mi chiamò. 6. beata, e bella. marg. di fuora. Stamp. cortese. (C’è in questo paruto più acconcio il senso letterale che l’allegorico) e si dee intender così. Lo stampato leggeua prima cortese, e noi leggiamo beata, perché c’è in questo paruto, ec. Auuiene taluolta che due varie lezioni sono in margine sotto vn medesimo numero ; e allora sappia il lettore che al lor riscontro la seconda non è numerata, ma scritta sotto ‘l numero della prima. Potrebbe alcuna fiata parere, che più si fossero gli Accademici valuti [sic] della openione che dell’autorità, auendo, o notata varia letione, o rimesso nel testo qualche parola, solamente con dieci, o dodici testi,e talora meno, ma non è così : perciocché la quantità tralasciata è di piggior lega, e in que’luoghi infra se tutta discordante, e le varietà della lor lezione così friuole, e così scipite, che sarebbe stata vna milensaggine il mentouarle. È da notare oltr’a ciò che per entro l’opera, e spezialmente [sic] nel Paradiso, sono alcune poche postille sanza suo numero, percioche non pertengono né a varia lezion [sic], ne a correggimento, ma solo a pura dichiarazione, e sono, per mostrare al leggitore il luogo sanza fatica, contrassegnate con vna stella. E questo è quanto alle cagioni e allo ‘ntendimento del corregger degli Accademici, ho giudicato douerui dire. Viuete felici.

Q

uesto il testo dell’avviso, o epistola “A’ lettori”, a firma de “lo ‘nferigno segretario e accademico della Crusca”, cioè Bastiano de ’ Rossi, presente alle cc. 3v-5r nell’edizione fiorentina di Domenico Manzani del 1595, unica impresa redazionale

12 marco santoro dell’epoca di tipo collegiale dovuta al lavoro di 37 collaboratori e basata sulla consultazione di ben 99 fonti. 1 Si tornerà più avanti su questa “epistola” e più in generale sull’intera edizione : al momento sarà solo il caso di sottolineare da un canto la ribadita censura dell’edizione aldina del 1502 già precedentemente espressa da altri, come vedremo, dall’altro la tendenza a illustrare con precisione la procedura tipografica assunta per le varianti testuali, a testimonianza della montante sensibilità filologica. 2 La Commedia, è noto, gode fra Quattro e Cinquecento di non trascurabile fortuna editoriale : ma prima di andare a soffermarci rapidamente su alcuni dati, sarà necessario precisare le coordinate investigative entro le quali mi sono mosso. Una prima coordinata da precisare riguarda il raggio di azione della mia ricerca, che è stata condotta esclusivamente sulle edizioni della Commedia stampate in Italia fra Quattro e Cinquecento. Non sono state prese in considerazione, pertanto, le numerose stampe extrapeninsulari in lingua sia italiana che straniera, in merito alle quali, dato il loro numero non trascurabile, occorrerà attivarsi per ulteriori indagini (in parte già avviate da chi scrive), da espletare per altro in molte biblioteche europee e statunitensi. Una seconda puntualizzazione concerne poi le fonti utilizzate. Non vorrei confondere il lettore (e perdermi, è il caso di aggiungere) in acronimi, sigle e quant’altro da cui siamo sommersi in modo sempre più massiccio giorno dopo giorno (e la confusione fra sigle di partiti, organizzazioni di vario genere, iniziative culturali e, appunto, fonti documentarie temo che renderà sempre più problematica la comunicazione globale). Mi limiterò pertanto a citare poche canoniche fonti debitamente vagliate, sulla cui ineccepibile correttezza, per altro, sarà qui il caso di stendere un velo pietoso (ma, se è vero che mal comune è mezzo gaudio, possiamo sentirci tutti sollevati dal fatto che anche altre fonti europee e nordamericane, e penso principalmente ai celebri opac, non sono immuni da sviste e approssimazioni). Dunque, la prima ineludibile fase di ricognizione si è maturata nell’esame di due fondamentali strumenti cartacei : l’igi (Indice generali degli Incunaboli) per le edizioni del Quattrocento, e il Censimento nazionale delle Edizioni italiane del xvi secolo (curato dall’iccu, cioè dall’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e per le Informazioni Bibliografiche) per le pubblicazioni del Cinquecento. Va appena aggiunto che del Censimento sono stati pubblicati solo i primi quattro volumi (fino alla lettera C), dove in ogni caso il materiale relativo a Dante (schedato sotto la A di Alighieri) è regolarmente presente. Sono stati inoltre controllati, per rimanere nel tradizionale settore cartaceo, i vari cataloghi della British Library, della Bibliothéque Nationale de France, del nuc (National Union Catalog), nonché contributi vari, quali La raccolta dantesca della biblioteca Evan Mckenzie…, La raccolta dantesca della Biblioteca Universitaria di Napoli di Anna Maria Manna, La collezione dantesca della Biblioteca Civica Berio di Genova di Saginati e Calcagno, Gli annali delle edizioni dantesche di Giuliano Mambelli, Le edizioni delle opere di Dante nella Biblioteca della Fondazione Besso a cura di Antonio Martini, e infine varie bibliografie (da quella di Michele Barbi a quella di Evola, fino a giungere a quella di Esposito). Per chiudere con le fonti a stampa, si è provveduto allo spoglio di alcuni riviste specializzate (da « Deutsches Dante Jahrbuch » a « Studi danteschi », da « L’Alighieri » a « Dante Studies », ecc., limitatamente agli ultimi cinque anni). Verifiche ulteriori inoltre (visto che non tutte 1

Si veda Figura 28. Su questi e altri temi affrontati in questa sede si potrà tenere presente Domitilla Zoldan, Dante in tipografia. Le dediche nelle edizioni dantesche del Cinquecento, Roma, Zauli Arti Grafiche, 1995. 2

il paratesto nelle edizioni della commedia 13 le informazioni sono state riversate in ambiente informatico) sono state effettuate presso i cataloghi convenzionali delle biblioteche romane : Nazionale centrale, Universitaria, Angelica, Casanatense, Besso e Vaticana. Sul versante delle banche dati, sono stati tenuti presenti non solo sbn (in specie sbn antico ed Edit 16) ma anche gli opac nazionali inglese, francese, tedesco, spagnolo e statunitense, in merito ai quali non mi dilungo. Infine un controllo è stato condotto su Illustrated Incunable Short-Title Catalogue, 2. ed. I risultati dettagliati di queste ricerche sono raccolti nello Short-title inserito successivamente alle pagine 104-108, dove per altro sono indicate anche le varie ubicazioni delle edizioni individuate, senza però entrare per il momento nel merito delle varianti di esemplare : indagine, questa, che rientra in un altro progetto in corso. Salvo ulteriori e definitivi controlli, al momento il totale degli incunaboli assomma a 15 e quello delle cinquecentine a 26 (il controllo diretto, infatti, ha suggerito di eliminare un paio di edizioni, forse erroneamente inserite nelle fonti precedentemente ricordate). Ed eccoci alla terza ed ultima precisazione. Su quattro dei quindici incunaboli non è stato ancora possibile fare i dovuti controlli in quanto conservati solo nella Biblioteca della Casa di Dante di Roma, da tempo chiusa al pubblico : in ogni caso, mi auguro di potere concludere anche questi controlli quanto prima. 2. Gli incunaboli vedono la luce fra il 1472 (ben tre : uno a Foligno, ad opera di Johann Numeister e di Evangelista Angelini, uno a Mantova, per Georg e Paul Butzbach e uno a Venezia – ma qualche studioso propende per Iesi – per i tipi di Federico de ’ Conti) e il 1497, data della pubblicazione veneziana di Pietro Quarengi. Ben otto di essi con torchi di sette officine differenti vengono stampati a Venezia, epicentro dell’editoria continentale e crocevia di interessi non solo culturali ma anche economici e commerciali, due a Napoli (e si annovera la bella impressione di Francesco del Tuppo), uno a Foligno, Mantova, Milano, Firenze e Brescia. Dunque, ruolo preminente di Venezia da un canto e, dall’altro, distribuzione editoriale nella penisola abbastanza equilibrata, a conferma di un’attenzione diffusa nei confronti dell’opera dantesca. Vi è da aggiungere che tranne nel caso di Matteo Codeca’, artefice di due stampe, nel 1491 e nel 1493, la prima in collaborazione con Bernardino Benali, nessun tipografo nel Quattrocento si cimenta in una riedizione o in una ristampa della Commedia. Molto diverso il quadro produttivo cinquecentesco. Nel xvi secolo la Commedia viene edita solo a Toscolano (una stampa), a Venezia e a Firenze, per la precisione 20 stampe veneziane e tre fiorentine (alle quali vanno aggiunte due “letture” sull’Inferno del Gelli). Il processo di concentrazione, ampiamente comprensibile considerata la leadership editoriale della Serenissima da un canto e il legittimo interesse degli artieri attivi nella patria del Poeta dall’altro, è vieppiù marcato laddove si consideri che le ventisei pubblicazioni sono realizzate in 16 officine. Incontriamo i più noti tipografi e le più apprezzate e più intraprendenti dinastie del tempo : Aldo Manuzio, i Giunta, Bernardino Stagnino, i Giolito, i Sessa, Lorenzo Torrentino, e ancora Francesco Marcolini, Giovanni Antonio Morando, Domenico Farri, Bartolomeo Sermartelli e il già ricordato Domenico Manzani. Abbiamo 3 edizioni nel corso del primo decennio, 6 nel secondo, una nel terzo e nel quarto, tre nel quinto, quattro nel sesto, tre nel settimo, tre nell’ottavo e due nel decimo (nessuna nel nono).

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marco santoro 3.

Fra il 1472 e il 1596, dunque, sarebbero state date alla luce almeno 41 edizioni diverse della Commedia (e il condizionale è d’obbligo, non tanto perché non si può escludere che altre pubblicazioni possano essere rintracciate, ma soprattutto giacché è noto che l’incuria conservativa non ha consentito la “sopravvivenza” di numerose stampe del passato, ancorché già al tempo considerate di pregio). Anche per un’epoca come la nostra, che ha elevato a massimo valore il consumo e che incasella finanche i libri nel novero degli oggetti “usa e getta” (prova ne sia il crescente numero di titoli pubblicati a cui fa significativamente riscontro la riduzione delle tirature) la proliferazione di stampe diverse della medesima opera è fenomeno singolare. Ma è noto che nell’ambito della cosiddetta stampa manuale, in specie per certi aspetti fra Quattro e Cinquecento, la moltiplicazione delle pubblicazioni era consuetudine assai diffusa. Perché allora sorprendersi di 41 edizioni dell’opera più celebre e più celebrata del divino poeta ? E in effetti, alla luce di quanto conosciamo circa le abitudini produttive e di fruizione del tempo, questo dato non ci sorprende ; se si vuole, potrebbe finanche risultare più contenuto rispetto alle aspettative. Eppure, non è lecito chiudere la questione accontentandosi di due sia pure eccellenti ragioni : costume editoriale da una parte e, dall’altra, autorevolezza e notorietà della Commedia, soprattutto perché la prima delle due giustificazioni potrebbe acquisire un sapore in qualche modo tautologico, se non fosse supportata e confortata da qualche annotazione sia pure sintetica. Una prima telegrafica considerazione attiene alla profonda differenza che esiste, soprattutto in regime di stampa manuale, fra edizione, emissione e impressione in conseguenza del particolare processo produttivo, dalla composizione delle pagine alla riproduzione degli esemplari. Ma non è il caso di addentrarci nelle pieghe di quell’area investigativa che solitamente prende il nome di “bibliografia testuale”. Ci basti richiamare l’attenzione sul fatto che spesso, più spesso di quanto si possa generalmente pensare, siamo di fronte non ad edizioni diverse ma semplicemente ad emissioni differenti, caratterizzate da un numero limitato di varianti, frequentemente concentrate nel frontespizio a scopo che potremmo sommariamente definire “pubblicitario-commerciale”. Ecco quindi che laddove potremmo essere indotti a credere, eventualmente per una errata descrizione o catalogazione, di essere in presenza di un certo numero di edizioni, in realtà le edizioni in senso stretto possono essere di numero molto più contenuto. Un’altra puntualizzazione riguarda il caso di edizioni parzialmente diverse, per la cui realizzazione si è utilizzato, in parte più o meno consistente, materiale già stampato precedentemente. Come ho cercato di evidenziare in un mio intervento del 1993, in questo caso siamo dinanzi non a testimonianze di successo di una pubblicazione bensì di insuccesso, giacché, non essendo stati venduti tutti gli esemplari di un’edizione, parte dei fogli sono stati, per così dire, riproposti in assemblaggio con nuovi. 1 Se questi sono alcuni motivi tecnici che ci inducono alla cautela nel quantificare le edizioni e ci impongono quindi il controllo diretto sul materiale considerato, con la possibile contrazione del computo originario, vi sono altri aspetti che vanno tenuti presenti nel decretare la “fortuna” editoriale di un’opera. In primo luogo le tirature, in merito alle quali si 1

Cfr Marco Santoro, Riciclaggio editoriale : il caso de La bilancia istorica, politica e giuridica di Andrea Giuseppe Gizzi, in Id., Libri edizioni biblioteche tra cinque e seicento : con un percorso bibliografico, Manziana (Roma), Vecchierelli, 2002, pp. 153-164.

il paratesto nelle edizioni della commedia 15 sa davvero molto poco ; e se non si ha la fortuna di rintracciare documenti pregnanti, non si può che procedere per congetture, dettate dall’esperienza del ricercatore. Una tiratura limitata è palmare che agevola una ristampa, o addirittura una nuova edizione, o pseudo tale. In secondo luogo va tenuta presente la procedura dei privilegi e delle autorizzazioni alla stampa, resa ancora più complessa in Italia dallo scenario politico, che vede ciascuno stato in diritto di concedere autonomamente licenze e privative, fatto salvo lo scoglio della censura ecclesiastica, divenuta più organica, come è noto, a partire dalla metà del Cinquecento con la pubblicazione dei famosi Indici dei libri proibiti. Non possono poi essere ignorate le dinamiche del commercio librario, che favoriscono oppure ostacolo l’attività di una singola officina o di un centro editoriale in termini sia di esportazione che di realizzazione locale del prodotto. Imprimatur, privative, logiche e procedure di traffico, ivi compresi dazi, imposte e pratiche doganali, incoraggiano un altro fenomeno che ben presto prende piede nell’ambito del pianeta-libro, le contraffazioni, alle quali in Italia soltanto dopo l’Unità si potrà porre rimedio almeno a livello normativo. Quanto detto funge da stimolo e parimenti è frutto della montante crescita di acquirenti e di lettori che, seppure maturata in circoscritte fasce della popolazione, connota il progressivo perfezionamento dell’esibizione autoreferenziale dell’oggetto libro. La promozione di un mercato non soltanto locale ma peninsulare e, laddove possibile, europeo, condizione indispensabile per la sopravvivenza, la stabilità e lo sviluppo di qualsiasi tipo di azienda, esige in sostanza che l’editoria, allertata dal clima sempre più concorrenziale, intralciata ben presto e poi addirittura ostacolata da procedure burocratiche e da provvedimenti censori, incominci a tracciare un itinerario alternativo a quello tradizionale, ritagliato sulla tradizionale domanda erede della fruizione del manoscritto e vieppiù costellato da committenze, avalli, privilegi e investiture ufficiali. Diviene imperativo imporsi al pubblico, blandire l’acquirente, catturare il fruitore : ecco quindi insorgere e imporsi la cura per la “confezione” della pubblicazione, per la quale si allestiscono contenitori dell’opera sempre più sofisticati e accattivanti. Il “vestibolo” del testo, per dirla con Borges, si emancipa, si arricchisce di nuove componenti che non tarderanno, in non pochi casi, ad affastellarsi e ad appesantire la pubblicazione in sintonia non casuale con certo gusto baroccheggiante. D’altro canto anche i primi elementi caratterizzanti il libro a stampa nel suo affrancamento dai canoni di allestimento del manoscritto si caricano di mutamenti sempre più incisivi. Si pensi al frontespizio. « Da strumento telegraficamente informativo (con valenza bibliograficamente individualizzante) sulle peculiarità distintive della pubblicazione (autore e titolo), per altro con sussidiaria funzione di sovraccoperta protettiva, [esso si trasforma in] fondamentale [e formidabile] mezzo di pubblicità, proiettato non soltanto a sintetizzare il contenuto e i molteplici corredi di un’edizione ma soprattutto ad esaltare i meriti e l’originalità della neoiniziativa ». 1 Con sempre maggiore frequenza, inoltrandoci nel Cinquecento, ci imbattiamo non casualmente in formule del tipo « nuovamente impresso con limatissima castigatione » oppure « summa cum diligentia…emendati », o ancora « non senza grandissima evigilantia et summa diligentia correpti », ecc., formule palesemente studiate e inserite per promuovere una merce, il libro appunto, che oramai comincia ad affrancarsi dalla domanda per imporre le proprie leggi dell’offerta. 2 La stampa, in sostanza, agisce corposamente sulla prassi, sulla quantità ma anche sulla 1

Cfr. Marco Santoro, Libri edizioni biblioteche tra Cinque e Seicento cit., p. 92. Sul tema, si veda in particolare Paolo Trovato, Con ogni diligenza corretto. La stampa e le revisioni editoriali dei testi letterari italiani (1470-1570), Bologna, Il Mulino, 1991. 2

16 marco santoro qualità della lettura da un canto e, dall’altro, interviene in maniera montante sulla scissione del legame fra auctor e scriptor, sancito dalla mentalità scolastica e ripensato speculativamente dal Petrarca, e riduce così la sfera d’azione e di controllo dell’autore alle fasi iniziali del processo di produzione del libro, tranne che in paradigmatici casi, con l’effetto di delegare all’editore – novello scriptor – la progettazione e la gestione della trasformazione dell’opera in oggetto di comunicazione scritta. 4. Ci stiamo addentrando, lo si sarà agevolmente compreso, nel complesso ma estremamente affascinante mondo del paratesto, della soglia del testo letterario, per ricorrere alla nota definizione di Gérard Genette. 1 Negli ultimi decenni e soprattutto negli ultimi anni gli studi più scaltriti sul ruolo e la funzione socio-culturali rivestiti dalla comunicazione scritta a partire dall’epoca moderna si sono sempre più impegnati nell’approfondimento di quelle che sono state le procedure e le logiche seguite e alimentate per la progettazione e la realizzazione degli strumenti della comunicazione stessa. Particolare attenzione, pertanto, è stata destinata all’analisi del processo produttivo del libro a stampa, processo investigato nel suo divenire storico mediante l’acquisizione di documentazione sempre pregnante sia sull’evoluzione tecnica delle varie fasi di composizione, imposizione e stampa, sia sull’articolazione complessiva del lavoro in tipografia. L’oggetto-libro, quindi, ha assunto un montante interesse nella sua specificità di manufatto, e la sua “materialità” è stata analizzata autonomamente (ma non in contrapposizione) rispetto al messaggio semantico contenuto. Da qui la crescente acribia caratterizzante gli studi inerenti la già citata “bibliografia testuale”, coltivati non solo in area anglosassone ma anche in Francia e, principalmente negli ultimi tempi, in Italia. D’altra parte sulla stessa concezione di “testo” si sono evoluti studi di considerevole interesse (e basterà in proposito ricordare i contributi di McKenzie 2). Nell’ambito della focalizzazione delle componenti materiali del libro, il “paratesto” ha goduto di inedita attenzione nei tempi recenti, grazie soprattutto agli stimolanti suggerimenti della scuola francese afferente al già menzionato Genette, studi tesi a enfatizzare opportunamente quanto la confezione del testo abbia inciso e incida potentemente su gusti, orientamenti, abitudini di lettura, in una parola sulla ricezione stessa dell’opera e finanche sull’iniziale sollecitazione all’ acquisto. Fin dai primi secoli della stampa, in assenza di canali di comunicazione robustamente incisivi, possiamo dire che l’opera affina sempre più le tecniche di autopubblicità tramite frontespizi, immagini, formati, dediche e altro ancora, che imprimono all’opera stessa, divenuta libro, una personalità inconfondibile, capace di avvicinare o al contrario di allontanare il lettore. Immagini, struttura grafica del testo, legatura, formato, ecc., in una parola l’oggetto libro, conquista il mercato e spesso riesce a debellare la concorrenza in virtù della sua autoreferenzialità. E ciò accade principalmente allorché più tipografi, più officine, più società danno alla luce la medesima opera, le cui differenti identità sono segnate talvolta anche da varianti e modifiche filologiche, più o meno persuasive, ma sempre da diversificate “confezioni” che ne giustificano il neo-inserimento sul mercato. 1 Va soprattutto ricordato il contributo Seuils, Paris, Éditions du Seuil, 1987 (trad. ital. Soglie. I dintorni del testo, a cura di Camilla Maria Cederna, Torino, Einaudi, 1989) 2 In particolare andrà menzionato Donald F. McKenzie, Bibliography and the Sociology of Texts, London, The British Library, 1986 (trad. ital. Bibliografia e sociologia dei testi, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 1999).

il paratesto nelle edizioni della commedia 17 Ma il discorso sul paratesto non si esaurisce nella doverosa sottolineatura della peculiare materialità di un prodotto editoriale : esso invero si dilata anche sul versante dei contenuti stessi, dei messaggi semantici che espone e che divulga, dei segnali politico-culturali che racchiude. Si pensi soltanto alle dediche. Se è pur vero che a mano a mano esse si normalizzano su un piano di vero e proprio genere letterario, fatto anche di formule e di passaggi sempre più codificati, come ho cercato di evidenziare in altra sede, 1 è altrettanto vero che in ogni caso si qualificano quale fonte non raramente preziosa per estrapolare notizie biobibliografiche quanto meno sull’autore dell’opera, sul dedicatario e sul dedicante, nonché sull’itinerario creativo o speculativo del testo offerto. Non solo. Ma la stessa scelta, certamente non casuale, del dedicatario ci può illuminare in merito sia al suo peso sociale, culturale o politico, che ai rapporti, spesso delicati, fra più personaggi. E qui mi fermo, giacché è tempo di passare ad alcune considerazioni incentrate sulle edizioni rinascimentali della Commedia. 5. Se il primo Canzoniere petrarchesco vede la luce a Venezia, ad opera di Vindelino da Spira, nel 1470 e nello stesso anno fa gemere i torchi a Napoli il Decameron, le prime edizioni della Commedia, come detto, risalgono al 1472. La notevole ricchezza di manoscritti dell’opera potrebbe agevolmente spiegare l’offerta pressoché simultanea, a Foligno, Mantova e Venezia, di tre edizioni del solo testo delle cantiche, che parrebbero, a un confronto sommario, reciprocamente indipendenti, come a più riprese hanno sostenuto Casamassima, Pescasio, Ragazzini e come ha recentemente ribadito Trovato. 2 Presso la Corsiniana e presso l’Angelica sono conservati due esemplari dell’edizione di Foligno (Numeister-Angelini), presumibilmente l’editio princeps, considerata l’indicazione del mese di stampa, aprile, presente nel colophon (indicazione che manca in quella di Mantova e che in quella di Venezia, o Iesi, risulta essere luglio). I due esemplari, a un primo esame identici relativamente al testo, differiscono per le miniature delle iniziali e per il fatto che quello dell’Angelica presenta una sorta di frontespizio, a mio avviso non originario, mentre quello della Corsiniana si segnala per una carta manoscritta probabilmente settecentesca, nella quale si rimarca la rarità dell’edizione. Diamo uno sguardo all’esemplare dell’Angelica (Figg. 1, 2). Come si può notare, vi è il solo testo, preceduto, canto per canto, da una specie di “annotazione” che introduce gli argomenti di volta in volta trattati. Siamo in presenza di un modello di prototipografia, esemplata sul manoscritto, dove ancora latitano la numerazione delle carte, i richiami, il registro, ecc., nonché commenti e altre componenti paratestuali integrative di vario genere. L’impostazione cambia già cinque anni dopo, quando vede la luce a Venezia, per i tipi 1

Mi sia concesso di rinviare a Marco Santoro, Appunti su caratteristiche e funzioni del paratesto nel libro antico, « Accademie e biblioteche d’Italia », lxviii (2000), 1, pp. 5-38. 2 Cfr. Paolo Trovato, Con ogni diligenza corretto, cit., p. 122. Inoltre si veda Emanuele Casamassima, Note sull’edizione folignate della Divina Commedia (1472), in *Comincia la Commedia di Dante Alleghieri, a cura di R. Peliti. Roma, Stab. Tip. Julia, 1965 ; Id., La prima edizione della Divina Commedia, Foligno 1472, Milano, Il Polifilo, 1972 ; L’edizione “principe” mantovana della Commedia, a cura di L. Pescasio, Mantova, Padus, 1972 ; Liber Dantis. L’edizione “principe” jesina della Commedia, a cura di S. Ragazzini e L. Pescasio, Mantova, Padus, 1974 ; La Commedia di Dante Alleghieri. Facsimile dell’esemplare della prima edizione […] conservata nella Biblioteca del Centro dantesco di Ravenna. Con note introduttive di S. Ragazzini, Ravenna, Centro dantesco dei Frati Minori Conventuali, 1978.

18

marco santoro

Figura 1.

Figura 2.

di Vindelino, la prima edizione commentata (Fig. 3). Il commento, attribuito nel colophon (Fig. 4) a Benvenuto da Imola, è in realtà quello trecentesco del Lana, come puntualizzato anche dal Goffis nel 1970. 1 Da notare la sottolineatura, sempre nel colophon, relativa al ruolo rivestito da Cristoforo Berardi da Pesaro in qualità di correttore, lo stesso Cristoforo impegnato nella medesima officina per la revisione del Petrarca.

Figura 3.

Figura 4.

Nel 1478 altre tre edizioni : a Napoli per il noto del Tuppo, a Milano per Lodovico e Alberto Piemontese e a Venezia per Filippo di Pietro. In quest’ultima « gli stentati versi volgari dello sconosciuto C. Lucius Laelius avvertono che il testo è stato “emendato” e “interpretato” 1 Cfr. Cesare F. Goffis, Berardi, Cristoforo, in *Enciclopedia dantesca, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. 1°, pp. 596-597 ; nonché Paolo Trovato, Con ogni diligenza corretto, cit., p. 123.

il paratesto nelle edizioni della commedia 19 1 (cioè interpunto ?) ». Ecco il testo a carta 5r non numerata, che chiude la pubblicazione precedendo il colophon : Anchor laetate & men lo-giegno- mioualgino ad eme-dar tanto auctore solo de questa lingua eterno honore primo pictor de la cita de dio Pur la innata affection el gran desyo chor fa gra- te-po mha tenuto el core disposto arestaurar el suo ualore chera per gran uilta posto inoblio Non sol mha fatto sulleuar tal salma ma unaltra assai piu graue & di piu stima interpretarlo altrui co-e siede (come s’intende) Onde se inalcun loco non si lima si ben questa opra co-e il uero attende sfrenato amor iscusi arquanto stalma

La gara a riproporre in stampa il testo dantesco nella redazione più esatta e debitamente emendata è cominciata ! L’edizione milanese, dal canto suo, sotto le cure di Martino Paolo Nidobeato e di Guido Terzagono utilizza una versione aggiornata del commento trecentesco del Lana ma inserisce una prefazione che sarebbe risultata oltraggiosa a Firenze. 2 Inoltre essa presenta una dedica in latino del Nidobeato a Guglielmo, marchese del Monferrato, nonché apparati vari (una tavola-indice, un avviso al lettore sempre del Nidobeato, un’exusatione et protesto finale dell’auctore e un registro finale disposto su quattro colonne, preceduto dall’avvertenza : «se questo volume di Danti fosse tutto disperso et dissipato potrassi per la presente tavola raccogliere et ordinare perché qui è posta la prima parola d’ogni carta lasciando sempre stare la rubrica per non equivocare», testimonianza ennesima della preoccupazione nutrita dai tipografi di consentire il riassemblaggio dei fogli in caso di dispersione o di disordinata successione delle pagine stampate, provocate in buona parte dal fatto che, come è noto, i volumi non venivano rilegati). La risposta all’edizione milanese non si fa attendere. Nel 1481, infatti, la polemica riappropriazione fiorentina di Dante e dell’esegesi dantesca si sostanzia nel commento del Landino steso appositamente per la stampa di Niccolò di Lorenzo, nella quale non a caso confluiscono la Apologia nella quale si difende Dante et Florentia da falsi calumniatori e una rivendicativa “memoria” di fiorentini che si sono distinti nelle varie arti e scienze. 3 L’edizione è inoltre arricchita da una “Vita e costumi del poeta”, da due interventi sulla poesia (“Che chosa sia poesia et poeta et della origine sua divina et antichissima”, cc. 8v-9r, e 1

Paolo Trovato, Con ogni diligenza corretto, cit., pp. 20-21. Ivi, p. 123. Le stampe napoletana e milanese, sottolinea Dionisotti, « vennero subito a rappresentare le zone estreme e più appartate e impervie che la colonizzazione letteraria toscana potesse allora toccare ». Cfr. Carlo Dionisotti, Dante nel Quattrocento, in *Atti del congresso internazionale di studi danteschi, Firenze, Sansoni, 1966, p. 367. 3 D’altronde il fiero spirito di fiorentinità revanchista, per altro motivato, non è fenomeno nuovo : basti pensare al sistematico allestimento della celebre Raccolta Aragonese, voluta da Lorenzo e connotata sul piano sia teorico che materiale dal sapiente intervento del Poliziano, che si qualifica sia come matura conquista nel processo di dialettica scissione dell’elemento lirico da quello etico-religioso in Dante, sia come legittimato ampliamento del corpus poetico toscano, arricchito dal nuovo stile esegetico plasmato dall’ermetismo dei neoplatonici. In merito alla Raccolta Aragonese non si può non rinviare a Michele Barbi, Studi sul Canzoniere di Dante, con nuove indagini sulle raccolte manoscritte e a stampa di antiche rime italiane, Firenze, Sansoni, 1915. 2

20 marco santoro “Che l’origine dei poeti sia antica”, cc. 9r-10v), da una lettera di Marsilio Ficino nonché dai prologhi a ciascuna cantita del Landino. A carta 13 recto inizia il testo dantesco sovrastato dal commento landiniano (Fig. 5). Ormai sono già lontani i tempi della pura pubblicazione delle terzine dantesche e lo stesso colophon sembra ufficializzare il predominio del commento rispetto al testo (Fig. 6).

Figura 5.

Figura 6.

I successivi incunabuli della Commedia possono essere graficamente riassunti in questo stemma (Fig. 7) : 1481

1484

1487

1491

1491b

1493

1497

Figura 7.

dove abbiamo l’edizione Scoto del 1484, quella bresciana del Bonini nel 1487, le due del 1491 entrambe veneziane, l’una di Pietro di Piasi e l’altra, contrassegnata dalla b, di Bernardino Benali e Matteo Codeca’, quella, ancora del Codeca’, del 1493 e, infine, quella di Pietro Quarengi del 1497. Non mi soffermo, considerato il taglio del mio intervento, su considerazioni filologiche inerenti il testo e sulle problematiche oltremodo interessanti concernenti le varianti linguistiche ; 1 mi preme soltanto rimarcare che l’impianto paratestuale delle pri1

Converrà a riguardo rinviare ancora una volta a Paolo Trovato, Con ogni diligenza corretto, cit., p. 131 sgg.

il paratesto nelle edizioni della commedia 21 me sei stampe risulta paradigmaticamente codificato. Si esordisce con il Proemio iniziale di Cristoforo Landino, seguono l’Apologia, i diversi “fiorentini eccellenti”, la Vita e costumi del poeta, Che chosa sia poesia, poi Che l’origine de poeti sia antica, l’epistola del Ficino, ecc. ; seguono le tre cantiche con il commento landiniano. Le due stampe Codeca’ del 1491 e del 1493 nonché quella di Quarengi del 1497 contengono nel colophon l’informazione relativa all’opera di revisione di Piero da Figino ;1 inoltre l’edizione 1497 si differenzia dalle altre per la mancanza dell’Apologia e delle altre parti testé citate. Naturalmente le sei edizioni sono tutte composizioni diverse, che si distinguono anche per lo specchio di stampa. Limitiamoci ad osservare la prima pagina del proemio/commento delle edizioni 1484 (Fig. 8), 1487 (Fig. 9), 1491 Piasi (Fig. 10), 1491 Codecà (Fig. 11) e 1493 (Fig. 12) :

Figura 8.

Figura 11.

Figura 9.

Figura 10.

Figura 12.

Indubbiamente interessante è il confronto fra le illustrazioni. L’edizione bresciana, corredata anch’essa da apprezzabile apparato iconografico, presenta silografie del tutto diverse rispetto a quelle delle due edizioni Codeca’ e dell’edizione Quarengi. Ma chiudiamo ora col Quattrocento, riportando integralmente l’informazione inserita 1 Anche l’edizione del di Piasi riporta l’informazione relativa a Piero da Figino, ma in modo, per così dire, più sobrio. Questa la trascrizione del colophon : EtFine del comento di Christophoro Landino Fiorentino sopra la comedia di Danthe poeta excelle-tissimo. // E impresso in Vinegia per Petro Cremonese dito Veronese :Adi. xviii.di noue-brio.M.cccc.Lxxxxi. // emendato per me maestro piero da fighino dellordine de frati minori.

22 marco santoro nei colophon delle stampe sia Codeca’ 1493 che Quarengi in merito all’intervento di revisione realizzato da Piero da Figino : Finita e l’opa dell’inclito & divo Dante alleghieri poeta fiorentino [ con le varianti in Quarengi : Fine del Comento di Christoforo Landino Fiorentino sopra la Commedia di Dante poeta excellentissimo], revista & emendata diligentemente per el reverendo maestro Piero da Figino maestro in teologia & excellente predicatore del ordine de minori & ha posto molte cose in diversi luoghi che ha trovato mancare sì in lo texto come nella giosa

Nell’edizione Codeca’ del 1491, il tono è diverso, la rivendicazione è più aggressiva, per così dire, e il lavoro del revisore è vieppiù enfatizzato con ogni probabilità per autopromuovere la pubblicazione in maniera più incisiva. Ecco il testo : Finita e l’opa dell’inclito & divo Dante alleghieri poeta fiorentino revista & emendata diligentemente per el reverendo maestro Piero da Figino maestro in teologia & excellente predicatore del ordine dei minori & ha posto molte cose in diversi luoghi che ha trovato mancare [e fin qui il testo è identico, ma il seguito è diverso, sensibilmente diverso] in tutti i danti li quali sono stati stampadi excepto questi impressi in venetia per Bernardino Benali & Matthio da Parma [cioè il Codeca’] & ha ancora posto di fora in li margini tutte le historie notande & li nomi proprii che si trovano in ditta opera fornita de stampar del mcccclxxxxi Adì iii marzo come ne dicti danti si potra vedere si in lo testo come nela iosa & questo per negligentia & diffecto di correctori passati

La battaglia delle edizioni si inasprisce e vedremo subito come nel corso del Cinquecento assuma toni sempre più inequivocabilmente polemici. 6. Nel 1501 nella stampa aldina de Le cose volgari di messer Francesco Petrarca, Manuzio concludeva la lettera ai lettori così dichiarando : […] e aspettate in breve un Dante non men corretto che sia il Petrarca, anzi tanto più ancora da dovervi esser caro, quanto sanza fine più sono e luoghi ne’ quali Dante in correttissimo si vedea, che quivi non si vederà, che quegli non sono, ne’ quali si leggea manchevole il Petrarca, che nelle nostre impressioni non si leggerà

Il tipografo veneziano, preannunciando l’imminente pubblicazione della Commedia, che, si sa, solo nel 1555 si caricherà dell’epiteto “divina” nell’edizione curata da Lodovico Dolce, ribadiva la necessità di garantire la correttezza filologica del testo. Secondo la Zoldan, « questa particolare attenzione di Manuzio è il segno inequivocabile di una svolta decisiva nella storia della cultura » 1 e non a caso la studiosa riporta in proposito questa sottolineatura di Belloni : Per la prima volta la letteratura volgare assume ufficialmente l’attenzione riverente che la filologia umanistica aveva riservato al latino : le questioni grammaticali vengono esaminate in relazione alla qualità specifica del testo, ai riferimenti interni, ma anche con recuperi esterni, che già sottolineano – si badi – la contrapposizione, nel toscano, fra l’antico e il moderno 2

La revisione del poema dantesco, come d’altronde la preparazione del Canzoniere, si devono, come è noto, all’intervento di Pietro Bembo. Eppure nell’edizione aldina 1502 il celebre letterato veneziano non viene mai menzionato. D’altro canto questa stampa contiene le 1

Domitilla Zoldan, Dante in tipografia, cit., p. 13 Cfr. Gino Belloni, Un eretico nella Venezia del Bembo : Alessandro Vellutello, « Giornale storico della letteratura italiana », xcvii (1980), 497, pp. 49-50. 2

il paratesto nelle edizioni della commedia 23 sole terzine dantesche e non fornisce alcuna informazione diretta circa l’impegno del suo curatore. Il contributo bembiano, anche se sottaciuto, lascerà ugualmente l’impronta di sé per tutto il secolo – avverte la Zoldan- dal momento che le successive edizioni della Commedia dovranno sempre confrontarsi con esso 1

L’incisività dell’intervento bembiano è certamente dovuta al taglio impresso dal curatore a tutta l’opera, taglio che approda, come ha scritto Dionisotti, ad un’ « improvvisa e ostentata rottura della tradizione ». 2 Bembo utilizza per la Commedia il titolo “Le terze rime”, e la propone, credo anche in conseguenza delle inclinazioni manuziane, priva di commento e di qualsiasi postilla esplicativa : la sua attenzione, in sostanza, è tutta concentrata sulla fedele ricostruzione del testo (Fig. 13). Disponendo del codice donato dal Boccaccio al Petrarca (il Vat. lat. 3199), posseduto allora da suo padre Bernardo, il Bembo si basò su tale manoscritto e, ignorando la vulgata quattrocentesca, lo trascrisse personalmente (Vat. lat. 3197), affidandone la stampa ad Aldo (Fig. 14).

Figura 13.

Figura 14.

L’edizione, come detto, è “spartana” e si caratterizza anche per il formato, in -8o, laddove finora si erano avute solo stampe in folio, e per il carattere, il corsivo : insomma, per la prima volta Dante viene offerto in un’edizione che noi potremmo definire, dal punto di vista commerciale, “economica”, senza alcun tono spregiativo, e volta palesemente a comunicare il solo “messaggio” dantesco nella sua veste più corretta. Con la pubblicazione fiorentina di Filippo Giunta del 1506, ci si trova dinnanzi, sotto l’aspetto della confezione del testo, ad una sorta di compromesso fra le soluzioni quattrocentesche e quella manuziana. Il formato è in -8o, il testo del divino poeta è in corsivo e viene esibito fin dalla carta 7 recto, preceduto solo da un “cantico” di Geronimo Benivieni in lode di Dante e da alcune terzine dello stesso Benivieni. Forti analogie nella confezione con l’aldina del 1502, dunque ? In realtà, no. Non a caso la pubblicazione reca questo titolo : Commedia di Dante insieme con un dialogo circa el sito forma et misure dello Inferno. L’opera dell’Alighieri, dunque, c’è tutta, ma il focus della pubblicazione è concentrato in pratica 1

Domitilla Zoldan, Dante in tipografia, cit., p. 14. Cfr. Carlo Dionisotti, Bembo, Pietro, in *Enciclopedia dantesca, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. 1°, p. 567. 2

24 marco santoro appunto sulle riflessioni concernenti luogo, forma e misure della prima cantica, espresse in due dialoghi, uno fra Antonio Manetti e Geronimo Benivieni e l’altro fra Geronimo Benivieni, Antonio Miglorotti e Francesco da Meleto. Quanto tali tematiche nei primi anni del Cinquecento fossero al centro dei dibattiti eruditi e investigate sotto il profilo non solo scientifico ma anche, e direi soprattutto, teologico, è inutile insistere. Varrà invece la pena rimarcare da una parte che si allestiscono legni accurati per tradurre in immagini il testo dantesco (Figg. 15, 16) e, dall’altra, che si attiva un modello di confezione che sarà ripreso anche successivamente pur in modi differenti.

Figura 15.

Figura 16.

Lo stesso Filippo Giunta nel 1510 dà alla luce soltanto i dialoghi corredati dalle medesime tavole e, in seguito, come vedremo, altri stampatori inseriranno silografie inerenti appunto la sintesi visiva di una o di tutte le tre cantiche. 1 Intanto nel 1507 Bartolomeo Zani pubblica a Venezia il Dante Alighieri fiorentino historiado, riesumando l’impostazione paratestuale di Niccolò di Lorenzo : commento/proemio del Landino, elogio dei fiorentini eccellenti, impostazione della pagina con le terzine ampiamente corredate dal commento landiniano, ecc. Va poi sottolineato l’utilizzo delle medesime illustrazioni presenti nelle stampe Codeca’ e Quarengi. Nel 1512 escono a Venezia, per i tipi di Bernardino Stagnino senior, le Opere del divino poeta Dante con suoi comenti, recorrecti et con ogne diligentia nuovamente in lettera corsiva impresse. Gran bel frontespizio con la marca dello Stagnino raffigurante S. Bernardino e, in basso, la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso. Si tratta di un in -4o, molto sobrio ed 1 dialogo di antonio ma // netti, cittadino fio / retino circa al sito, forma et misure del // lo inferno di Dante Alighieri // poeta excellentis // simo.

il paratesto nelle edizioni della commedia 25 elegante nella composizione, che presenta illustrazioni inedite molto stilizzate (Figg. 17, 18, 19). L’opera dantesca completa è preceduta dal proemio landiniano e è corredata dal consueto commento del fiorentino. Nel colophon viene ricordata la revisione di Pietro da Figino con formula analoga a quella già incontrata nelle stampe Codeca’ 1493 e Quarengi.

Figura 17.

Figura 18.

Figura 19.

Siamo così giunti alla seconda edizione aldina, quella del 1515, che merita qualche annotazione meno telegrafica. Innanzitutto essa presenta un frontespizio affrancato dal costume quattrocentesco, che recita : Dante col sito et forma dell’Inferno tratta dall’istessa descrittione del poeta. Campeggia la celebre marca aldina con ancora e delfino. Come la precedente del 1502, è in -8o, ma ora è presente la dedica a Vittoria Colonna a firma di Andrea Torresano, suocero di Aldo. Ecco il testo : Hauendo nuouamente Illustrissima Madonna il diuino poeta Dante a niuno de glialtri scrittori, o antichi, o moderni che essi si seno inferiore ; (se all’altezza, & grandezza del uero, & alle tali, & tante scienze, quali, & quante in esso si contengono ; co occhio discerneuole si risguardera) ristampato : Non m’ha parso sotto piu chiaro nome, quanto quello di V. S. è ; poterlo dar fuori : & a cio non solo la mia antica seruitu, uerso la Nobilissima casa di lei spronato m’ha, piu anchora la uiua fama delle immortali, et diuine sue bellezze : le quali di giorno in giorno, cosi con la giouanetta eta crescendo uanno, & se stesse auanzando, che ueramente si crede ; e ’l mondo ne ragiona ; che ne in questa nostra, ne in qual altra si uoglia eta donna piu bella e piu compiuta si uide : Et quantunque questo infinitamente sia ; le bellezze dell’animo percio di quelle del corpo nieni minori sono ; anzi di gran lunga le trapassano pure : perche quelle niuna cosa hanno ; che natural non sia : & queste, l’arte non meno chella natura seco unita tengono : le quali cose, si come le care gemme la uostra bionda testa ornano, et abbelliscono ; cosi di tutte le belle, & pregiate uirtuti, quasi celeste arco di mille colori dipinto, isplendida & uaghissima à riguardanti ui dimostrano. Honestate, uergogna, senno, modestia, cortesia, puritate, gratia, castita, magnificenza, & eloquenza tanta, quanta in ualorosa donna, disiderar si potrebbe ; in uoi sola tutte, & abondeuolmente si uedono : percio da tali, & tante diuine doti sospinto ; questo mio dono a V. S. dedico, & consacro ; Alla cui dolce merce inchineuolmente bascio le mani.

Maniera, codice, formule, si potrà dire : ed è vero. Tuttavia, al di là della scelta non casuale della dedicataria, merita attenzione l’inciso “se all’altezza e alla grandezza del verso e alle tali e tante scienze quali e quanto in esso si contengono con occhio discernevole si

26 marco santoro guarderà”, giacché rispecchia l’ottica del pubblico dell’epoca, che, alla luce del commento landiniano, così leggeva e interpretava il testo dell’Alighieri. La Commedia, come nel 1502, è offerta senza commento (Fig. 20), ma ora è corredata alla fine, come annunciato nel frontespizio, da tre tavole, relative all’inferno e al purgatorio. Chiude il colophon (Fig. 21), nel quale vengono riportate solo le notizie inerenti gli stampatori, il luogo di stampa e la data.

Figura 20.

Figura 21.

Dunque, viene confermata la “confezione” precedente, ma vengono significativamente introdotti due elementi nuovi, la dedica e le tavole, la cui presenza attesta, rispettivamente, il montante costume di ricorrere alle dediche anche ma non solamente per procacciarsi favori da una parte e, dall’altra, la notevole sensibilità editoriale aldina che suggerisce di utilizzare sapientemente il corredo iconografico per conquistare l’attenzione del pubblico nonché per partecipare, a suo modo, al dibattito in atto. Ma questa edizione riserva un altro motivo di interesse. In quello stesso anno o poco dopo, infatti, sembra che abbia visto la luce un’altra stampa che viene considerata una classica contraffazione dell’aldina. Essa è significativamente priva di colophon e non contiene altri elementi che possano consentire un’attribuzione sicura. Comunque, sulla base di vari controlli, ben più solidi di semplici congetture, la si attribuisce a Gregorio de ’ Gregori, attivo a Venezia proprio in quel tempo. Il frontespizio è diverso da quello della manuziana 1515 e nell’intitolazione dell’opera si rifà all’edizione aldina del 1502, così che abbiamo : Le terze rime de Dante [ e non semplicemente Dante] con sito et forma de lo inferno nuovamente in restampito. Medesima la dedica a Vittoria Colonna e anche il testo ricalca la composizione delle edizioni 1502 e 1515 (Fig. 22 = ediz. aldina 1502 ; Fig. 23 = ediz. aldina 1515 ; Fig. 24 = ediz. de’ Gregori).

Figura 22.

Figura 23.

Figura 24.

il paratesto nelle edizioni della commedia 27 Solo un’accurata collazione consente di individuare poche ma probanti differenze, che denunciano un lavoro di composizione diverso. Più eclatanti, invece, le diversità nelle illustrazioni. Detto che nel 1516 circa Alessandro de’ Paganini dà alla luce a Venezia un nuovo Dante col sito et forma dell’inferno, anch’esso senza commento ma con le solite tre tavole e che detta stampa può attirare la nostra attenzione per la dedica dello stesso Paganini a Giulio de’ Medici, giacché è l’unica dedica in latino presente in una cinquecentina della Commedia e per altro ci introduce nel mondo della corte papale, e ricordato altresì che l’edizione 1536 di Giovanni Giolito ripropone le medesime tavole dello Stagnino, suo stampatore nell’iniziativa, e si caratterizza per un frontespizio molto accurato, arricchito dall’effigie di Dante, che pubblicizza le virtù e le novità dell’edizione (comedia del // divino poeta danthe // Alighieri, con la dotta & leggiadra spositione [sic] di Christo // phoro Landino : con somma // diligentia & accu // ratissimo studio nuouamente corretta, // & emendata : da infiniti errori pur // gata, ac etiandio di vtilissi // me postille ornata. // aggivntavi di nvovo vna copiosis // sima Tauola, nella quale si contengono le storie, faule, senten // tie, & le cose memorabili & degne di annotatione // che in tutta L’ opera si ritrouano) prendiamo ora in considerazione soltanto altre cinque cinquecentine per le stimolanti implicazioni che le connotano. Nel 1544 Francesco Marcolini a Venezia pubblica la Commedia di Dante Alighieri con la nova esposizione di Alessandro Vellutello. Ecco dunque la prima apparizione del commento del letterato lucchese, attivo a Venezia nella prima metà del Cinquecento, che aveva già pubblicato nel 1525 un suo commento petrarchesco. Oltre che finanziatore dell’iniziativa e revisore della stessa, Vellutello è anche autore delle due lettere dedicatorie : la prima al papa Paolo III, la seconda ai lettori. « Nell’epistola rivolta al pontefice egli si esprime in tono encomiastico, mostrando [in qualche modo] l’impacciato ma evidente desiderio di assicurarsi una protezione [autorevole]. Vi prevale pertanto l’elemento celebrativo, mentre è presente solamente un accenno al contenuto della Commedia, sinteticamente interpretata [in assonanza] all’ortodossia cattolica » : 1 […] el soggeto de lautore in essa sua Comedia altro non è, che di uoler principalme-te trattare de lo stato di tre spirituali Monarchie, cio è, de lo inferno, del Purgatorio, del Paradiso, Sopra ognuna de lequali, essa Tua Santita predomina, et ha somma autorita riceuuta p[er] successione da quel Monarca, che tutte le impera,e che solo la poteua dare […]

Ben diverso il tono e il contenuto della seconda epistola. « Il Vellutello ha certamente presenti i suoi possibili lettori e vuole quindi renderli partecipi del proprio impegno [di] curatore e commentatore. Non si tratta più [ora] di ingraziarsi un potente ; è il momento di esporre chiaramente i motivi del lavoro compiuto e quindi, come ha sottolineato Dionisotti, egli si esprime “senza complimenti né scrupoli di eleganza” ». 2 Emerge così una violenta requisitoria nei confronti delle precedenti stampe della Commedia, in particolare di quella aldina del 1502, requisitoria definita da Procaccioli “un vero e proprio atto di accusa”. 3 Ma leggiamo insieme qualche passo : 1

Domitilla Zoldan, Dante in tipografia, cit., p. 27. Ivi, p. 28. 3 Cfr. Paolo Procaccioli, Filologia ed esegesi dantesca nel Quattrocento. L’Inferno nel Comento sopra la Commedia di Cristoforo Landino, Firenze, Olschki, 1989, p. 20. 2

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Vnaltra [sic] cagione, che non meno importa mha [sic] mosso ancora questo, laqual è, per hauer trouato gliantichi testi scritti a penna, ma piu i moderni impressi a stampa incorrettissimi, e sopra tutti quello impresso e stampato da Aldo Manucci, che appresso di tutti è stato in tanta estimatione, perche hauendolo, chi sotto nome di correttione lha quasi tutto guasto, doue non ha inteso concio a suo modo, e datolo col Pet.[rarca] insieme, sotto il medesimo nome, in tal modo concio ad esso Aldo imprimere, Egli, confidandosi ne lautorita del datore, impresse e luno e laltro testo tale, qual da lui fu esporto, E di qua è nato di questa comedia, che al Pet.[rarca] habbiamo gia rimediato, uno incoueniente grandissimo, perche quelli, che lhanno da poi impressa co suoi come-ti, pensando che Aldo habbia usato la diligentia in questa, che egli usò ne le cose Latine da lui impresse, hanno lasciato i testi, sopra de quali era stata comentata, et hannoui posto quello impresso da esso Aldo, ilquale per tal sua incorrettione, in molti luoghi dice una cosa, et il comento ne dice unaltra, che maggior inconuenie-te no- poria essere […] quanto a la correttione del testo, Di questa ardiro dire, che sel Poeta stesso resuscitasse, no- la intenderebbe altramente lui, perche, auenga che tutti gliantichi testi scritti a penna, ma piu i moderni impressi a stampa, per la ignorantia de gli scrittori et impressori, o di chi li fece scriuer od imprimere, sieno incorretissimi, e spetialmente lo impresso da Aldo e glialtri impressi a lo essempio del suo, per la ragione detta di sopra, No-dimeno, io con somma diligentia ho cauato questo da diuersi e piu antichi testi, quelli che di tutti glialtri meno si conoscano esser vitiati, E benche tutti, comio dico, siano incorretissini, pur ho trouato che, in ta-to numero, quello che no- dice l’uno dice laltro, E doue ho ueduto mancar la sententia, o co-preso esser alterata e fuori del proposito, rumina-do diligentemente in quelli, ne sono uenuto, seco-do il fermo creder mio, su la uerita, la qual se per tale sara da uoi accettata, perche di qua depe-don ancora parte de miei nuoui sentimenti, io nhauerò co-seguito quel frutto, che di tante mie lunghe fatiche sono state cagione.

Aperta polemica con Aldo, dunque, ma anche e soprattutto col Bembo, accusato di avere fornito al Manuzio il testo corrotto non solo della Commedia ma anche del Canzoniere petrarchesco. Ma il suo lavoro non risponde solamente a preoccupazioni di ordine filologico. Il Vellutello infatti rimarca e rivendica anche la validità del proprio impegno di commentatore. Dopo un cenno all’interpretazione landiniana, che appare non tanto un omaggio al fiorentino, quanto una giustificazione alla propria volontà di proporre un nuovo commento, gia quasi ogni huomo par che si riposi sopra di quello, che da Christoforo Landino, ultimo suo interprete, ne è stato detto, e che s’ascriua a prosuntione il uolerne più oltre ricercare

egli, nel reclamare l’autonomia e l’originalità del proprio intervento, perentoriamente scrive : A questo dico, che la moltitudine non curo, e che in tal caso io non sono historiografo ne fabulista se non in tanta parte, quanta saspetta a la dechiaration del testo, ne laqual non credo hauer mancato, e chi piu oltre ne desidera sapere, uada la doue chio lo mando, o ueramente a legger quelli espositori che lo sono a se piu che a lautore, e trouera da satisfarsi

e poi precisa : la inuestigazione de sentimenti è la cosa a la quale il buono interprete di qual si uoglia autore, debbe sempre inanzi a tutte laltre con sommo studio e uigilantia intendere, perche questi sono il fondamento dogni assunta interpretatione

« Pur non mancando successive edizioni in cui verrà riproposta l’esposizione del Vellutello – annota la Zoldan –, è in questa prima stampa che il lucchese potè sostenere a pieno il proprio ruolo di commentatore dallo spirito veramente critico ed innovatore ». 1 Il suo com1

Domitilla Zoldan, Dante in tipografia, cit., pp. 30-31.

il paratesto nelle edizioni della commedia 29 mento in ogni caso non riuscirà ad offuscare quello landiniano, tanto è vero che Francesco Sansovino riproporrà sì l’esposizione del Vellutello, ma accanto, o meglio in posizione subalterna rispetto a quella dell’umanista fiorentino. Per chiudere con questa stampa, occorrerà almeno ricordare l’adozione di nuove illustrazioni, sia pure di medesimo soggetto e poste nei medesimi posti, illustrazioni che saranno poi riutilizzate in futuro dal Sessa nel 1564, nel 1578 e nel 1596. Subito dopo l’edizione del Morando del 1554 che, come la successiva del Farri del 1569, si caratterizza per la mancanza del commento landiniano e per la sola presentazione del testo dantesco, preceduto canto per canto da sintetiche annotazioni, nel 1555 vede la luce la stampa di Gabriele Giolito, che si avvale delle cure di Lodovico Dolce, autore quest’ultimo anche della dedica indirizzata a Coriolano Martirano, nella quale si sottolinea tra l’altro l’utilità che si può ricavare dalla lettura del poema. Dolce inoltre non rinuncia a rilevare il proprio impegno di revisione : Questo non tacerò – egli scrive – : che ‘l testo in molti luoghi s’è diligentissimamente emendato e ciò con un esemplare frascritto dal proprio scritto di mano del figliuolo di Dante, avuto dal dottissimo giovane messer Battista Amalteo

Il binomio Dolce-Giolito opta per un’offerta al pubblico confezionata secondo parametri già collaudati non solo da Aldo ma recentemente da Morando, parametri che tendono a non appesantire la pubblicazione di troppe componenti paratestuali per divulgarla più agevolmente presso un pubblico più vasto (e a riguardo andrà evidenziato che è in –12o). Da sottolineare, come precedentemente ricordato, che per la prima volta a Commedia di affianca l’aggettivo “divina”. Completamente diversa la scelta operata dai Sessa che si avvalgono dell’artiere Domenico Nicolini da Sabbio. Nel 1564 essi editano il Dante con l’espositione di Christoforo Landino et di Alessandro Vellutello sopra la sua Commedia dell’Inferno, del Purgatorio et del Paradiso. Con tavole, argomenti & allegorie & riformato, riveduto & ridotto alla sua vera lettura per Francesco Sansovino fiorentino, come si legge nel frontespizio. L’edizione, riproposta nel 1578 e nel 1596 totalmente ricomposta nel testo, composizione meno indulgente al disegno geometrico trionfale e più curata nei capilettera, ma reiterata nelle illustrazioni, è un imponente in folio, che si rifà all’altra tradizione editoriale, strutturata su una confezione arricchita, se non vogliamo dire appesantita, da molteplici corredi : dediche (due, come vedremo), tavola, proemio, apologia, vita di Dante (due anch’esse), intervento su cosa sia poesia, epistola di Marsilio Ficino, lettera ai lettori, ecc. La prima delle due dediche è del Sansovino ed è indirizzata a Pio IV (l’altra, identica a quella dell’edizione 1544 del Marcolini, a Paolo III). Se già dal dedicatario si comprende l’ottica con la quale viene riproposto il poema dantesco, la lettura dell’epistola risulta ancora più indicativa circa l’influenza esercitata dalla Controriforma sulla cultura italiana di quel periodo. Il Sansovino infatti si preoccupa essenzialmente di esaltare papa Pio IV sia come pontefice che come principe, accennando anche al Concilio di Trento, aperto da Paolo III ed allora alla sua conclusione sotto Pio IV. Non sorprende che in tale contesto rientrino anche i riferimenti a Dante e alla sua opera e l’enfatica sottolineatura di “come il soggetto di questo scrittore è tutto pio e cristiano”. Il giudizio sull’Alighieri è racchiuso in formule convenzionali : Io adunque suo diuotissimo, ricercando fra me medesimo, nel publicar questo marauiglioso scrittore illustrato da me con tanti ornamenti, qual maggior nome fosse nell’universo, sotto il quale il maggior lume della lingua Toscana douesse uscir fuori, subito mi uoltai a quello della San.[tità] V.[ostra] nel

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uero clementissimo, et pio, perch’io conobbi che trattando il presente Volume del Paradiso, del Purgatorio, et dell’Inferno, si doueua giustamente al nome della V.[ostra] B.[eatitudine] che ha somma auttorità nell’Inferno, nel Purgatorio, et nel Paradiso

Quanto il clima politico muti nel giro di qualche anno può essere enucleato dal fatto che nelle successive edizioni già menzionate del 1578 e 1596 alla dedica a Pio IV si sostituisce quella a Guglielmo Gonzaga, potente signore laico. Nel 1568 si registra la stampa di un nuovo commento : quello di Bernardino Daniello di Lucca. Lo stampatore è Pietro da Fino, che firma anche la dedica a Giovanni da Fino (illustre nobile bergamasco, con ogni probabilità parente di Pietro, visto che quest’ultimo nella dedica dichiara di non volere ulteriormente indugiare sui meriti di Giovanni e del suo casato “accioch’essendo io parimenti nato dalla medesima famiglia, non paia ch’io sia trasportato da troppo amore a lodarla”). Leggiamo alcuni interessanti passaggi : essendomi (alcun tempo fà) peruenute alle mani alcune belle et dotte fatiche di M. Bernardino Daniello sopra la Comedia di Dante, mi sono finalmente risoluto di darle fuori ; sì perche si uiuifichi la memoria di M. Bernardino ch’a’nostri tempi fù in molta stima de’ letterati, et che fù molto amato da M. trifone, Gabriello suo precettore, e sì perche gli studiosi di questo gravissimo maggiore autore (principal lume della lingua Volgare) ne apprendano quell’utilità, et quel giouamento che si può trarre da così rara et eccellente lettura di M. Bernardino. perche così facendo ho pensato di sodisfare in un tempo medesimo al desiderio che hebbe quell’anima benedetta ch’il mondo uedesse quest’opera sua, et all’aspettatione di molti, che sapendo quanto ualesse il Daniello in questa materia, con ardentissima uoglia bramauano, oltre il Landino et il Vellutello, di ueder anco queste fatiche

Si tratta dunque di un’edizione postuma, uscita a tre anni dalla morte del commentatore lucchese, che aveva atteso a tale esposizione tempo addietro (quanto, non si è certi. E a riguardo le ipotesi di Barbi e di Dionisotti non coincidono). L’accenno al maestro del Daniello, Trifone Gabriele, ci spinge a ricordare che su questo commento grava l’accusa di plagio proprio delle Annotazioni sulla Commedia stese dal Gabriele. Queste ultime però sono opera manoscritta, rimasta ancor oggi inedita, e se quindi il mondo letterario dell’epoca conosceva tali Annotazioni, non può dirsi lo stesso per il pubblico comune che non poté certo collegare e raffrontare agevolmente l’esposizione del Daniello col contributo del suo precettore. Per chiudere con la stampa di Pietro, varrà la pena almeno ammirare i bellissimi disegni di inferno, purgatorio e paradiso che corredano il volume (Figg. 25, 26, 27) :

Figura 25.

Figura 26.

Figura 27.

il paratesto nelle edizioni della commedia 31 Eccoci così giunti, quasi a coronamento di un percorso circolare, all’edizione Manzani del 1595, dalla quale siamo partiti (Figg. 28, 29) :

Figura 28.

Figura 29.

È in sostanza l’ultimo omaggio dell’editoria cinquecentesca italiana all’opera di Dante : la stampa 1596 dei Sessa, infatti, è una riproposta di quella del 1564, sia pure con alcuni elementi di novità, sui quali ora non indugio. Non è forse un caso che, dopo che nel corso degli anni Ottanta nessuna stampa della Commedia aveva visto la luce, negli anni Novanta si registrano queste due edizioni : quella del Manzani, appunto, e quella dei Sessa. Due modi molto diversi di presentare e di impreziosire l’opera dell’Alighieri, largamente nota non solo presso i dotti ma anche presso i ceti acculturati emergenti. Certo, sarebbe illazione poco persuasiva sostenere che la “confezione” più spartana fosse destinata ai secondi, mentre i dotti potessero costituire gli interlocutori più idonei per le edizioni maggiormente arricchite da commenti, tavole-indice, epistole e quant’altro. È viceversa più verosimile che i due filoni produttivi, giacché mi pare che sia emerso con una certa chiarezza che tale è il quadro generale, rispondessero e parimenti sollecitassero due diverse consuetudini di lettura, due modi differenti di confrontarsi col testo dantesco. Pur così distanti, tuttavia, entrambi i filoni non rinunciano, non possono rinunciare, a ricorrere a tecniche e a procedure di autopromozione, che si materializzano in formule volte a pubblicizzare lo specifico apporto ora filologico, ora critico, ora iconografico dell’edizione data alla luce. L’accurato esame delle componenti paratestuali delle edizioni antiche (ma il discorso vale anche per le moderne) consente di acquisire dati e informazioni preziosi da un canto per decodificare le dinamiche di allestimento del prodotto editoriale attivate dagli stampatori, dall’altro per cogliere testimonianze attendibili (tranne che in casi particolari) su tutti coloro che a vario titolo col proprio lavoro in tipografia hanno cooperato alla “costruzione” di questi straordinari documenti del cammino della civiltà che sono i libri.

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M a rc o Santoro L E V I T E D I DA N T E NELLE EDIZIONI R I NA S C I M E N TA L I I TA L I ANE DELLA C OMMEDIA 1. E adunque costante fama da molti né di poca autorità, né ignobili scrittori sempre accresciuta, che della nobile famiglia de’ Frangipani la quale in Roma fu dell’ordine Senatorio et della quale nacque sancto Ambrosio, nascessi Eliseo : el quale restaurata la città nostra da Carlo Magno, venne in Fiorenzia et pose suo domicilio nel sesto di san Pietro vicino a’ Donati et a’ Pazzi : dal quale e’ successori, lasciato el nome de’ Frangipani, furono denominati Elisei et nella Repubblica lungo tempo fiorirono. Tra questi fu Cacciaguida, al quale fu sposata una vergine ferrarese della famiglia nobile de gli Aldighieri : il perché uno dei figliuoli che di quella nacquono nominò Alighieri. 1

Q

uesto l’esordio del paragrafo sulla “Vita e costumi del poeta” steso da Cristoforo Landino per l’edizione fiorentina della Commedia impressa da Niccolò di Lorenzo nel 1481. Com’è noto, detta edizione assunse in qualche modo i toni di una polemica riappropriazione fiorentina di Dante e dell’esegetica dantesca, in risposta tra l’altro alla precedente stampa milanese del 1478 data alla luce in Milano da Lodovico e Alberto Piemontese per le cure di Martino Paolo Nidobeato. 2 « E proprio dietro il fuoco incrociato delle provocazioni accese dalla giovanile avanguardia della Raccolta Aragonese e dalla stampa del Nidobeato, Landino si sentì costretto ad uscire allo scoperto, rinunciando al distacco del decennio precedente ». 3 Ma non è sul versante dell’assunzione e dell’elaborazione testuali (dalle implicazioni politico-filosofiche, oltre che filologico-linguistiche) del corpus dantesco, e non solo della Commedia, che qui ci si vuole soffermare. D’altra parte alle dinamiche dell’assorbimento del magistero dantesco (e toscano in genere), che prendono le mosse, sia pure con connotati e sensibilità speculative diverse e di montante spessore ermeneutico, già dopo la circolazione, subito massiccia, dei primi manoscritti dell’Alighieri (ed è superfluo richiamarsi al Dionisotti 4), sarebbe improbo accennare anche desultoriamente, pena la tracimazione 1

Per le citazioni da questa e da altre edizioni a stampa si è seguita l’edizione di Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, Milano, Vallardi, 1904, con lievi modifiche, suggerite dal controllo diretto sulle stampe originali. Mi corre l’obbligo, gradito, di ringraziare la Biblioteca Marco Besso di Roma per avere autorizzato con grande liberalità la riproduzione delle immagini desunte dalle edizioni in essa conservate. 2 Cfr Carlo Dionisotti, Dante nel Quattrocento, in *Atti del congresso internazionale di studi danteschi, Firenze, Sansoni, 1966, pp. 333-378 ; Roberto Cardini, La critica del Landino, Firenze, Sansoni, 1973, in particolare pp. 206 sgg. ; Paolo Trovato, Con ogni diligenza corretto. La stampa e le revisioni editoriali dei testi letterari italiani (1470-1570), Bologna, Il Mulino, 1991, p. 123. 3 Corrado Bologna, Tradizione testuale e fortuna dei classici italiani, in *Letteratura italiana. Volume sesto. Teatro, musica, tradizione dei classici, Torino, Einaudi, 1986, p. 583. 4 L’interesse nei confronti del poema dantesco matura prestissimo non solo nella cerchia dei professori di retorica, ma anche presso dotti e potenti e finanche presso ricchi borghesi. « Trascrittori e lettori della Commedia s’incontrano, già nella prima metà del Trecento, in aree affatto eccentriche. E a Dante certo si lega l’improvviso fiorire in quello stesso periodo di tempo di una lirica sostanzialmente omogenea con la tradizione toscana, a Ferrara, a Venezia, a Padova, a Treviso, nella sua Verona e fin nella Milano viscontea ». Cfr. Carlo Dionisotti, Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1971, p. 36.

34 marco santoro dal numero delle cartelle sul quale intendiamo regolarci in questa sede: 1 qui si intende circoscrivere il discorso alle diverse (e talvolta divergenti) modalità con le quali gli aspetti strettamente biografici del Poeta vengono trattati all’interno delle edizioni rinascimentali della Commedia. 2. Nel rinviare al sintetico quadro quantitativo della produzione editoriale rinascimentale della Commedia riportato nel capitolo precedente, sarà appena il caso di ricordare che se il primo Canzoniere petrarchesco vede la luce a Venezia, ad opera di Vindelino da Spira, nel 1470 e nello stesso anno fa gemere i torchi a Napoli il Decameron, le prime edizioni della Commedia risalgono al 1472. La notevole ricchezza di manoscritti dell’opera potrebbe agevolmente spiegare l’offerta pressoché simultanea, a Foligno, Mantova e Venezia, di tre edizioni del solo testo delle cantiche, che parrebbero, a un confronto sommario, reciprocamente indipendenti, come a più riprese hanno sostenuto Casamassima, Pescasio, Ragazzini e come ha recentemente ribadito Trovato. 2 Numerosi sono gli esemplari sopravvissuti delle prime due : ben 27 della prima e 14 della seconda ; della terza sono ad un primo esame registrabili sei copie. 3 1 Converrà tuttavia richiamare almeno alcuni dei contributi fondamentali in relazione alla tradizione manoscritta del corpus dantesco : Le opere di Dante, Firenze, Bemporad, 1921 (con le Rime dantesche a cura di Michele Barbi, pp. 57-144) ; Michele Barbi, Studi sul Canzoniere di Dante, con nuove indagini sulle raccolte manoscritte e a stampa di antiche rime italiane, Firenze, Sansoni, 1915 ; Id., Per il testo della « Divina Commedia », in La nuova filologia e l’edizione dei nostri scrittori, da Dante al Manzoni, Firenze, Sansoni, 19732 (pp. 1-34) ; Giuseppe Billanovich, Prime ricerche dantesche, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1947 ; Id., Dalla « Commedia » all’« Amorosa Visione » ai « Trionfi », in « Giornale storico della letteratura italiana », cxxiii (1946), pp. 1-52 ; Elisabetta Cavallari, La fortuna di Dante nel Trecento, Firenze, Perrella, 1921 ; Gianfranco Contini, Manoscritti meridionali della Commedia, in *Dante e l’Italia meridionale, Firenze, Olschki, 1966, pp. 37-42 ; Id., Un’idea di Dante. Saggi danteschi, Torino, Einaudi, 1976 (ma del Contini si veda anche il commento nell’edizione a sua cura di Dante Alighieri, Rime, Torino, Einaudi, 19652) ; Domenico De Robertis, Il libro della « Vita Nuova », Firenze, Sansoni, 1970 ; Id., Editi e rari. Studi sulla tradizione letteraria tra Tre e Cinquecento, Milano, Feltrinelli, 1978 ; Gianfranco Folena, La tradizione delle opere di Dante Alighieri, in *Atti del Congresso internazionale di studi danteschi…, Firenze, Sansoni, 1966, pp. 1-78 ; Giovanni Livi, Dante e Bologna. Nuovi studi e documenti, Bologna, Zanichelli, 1921 ; Francesco Paolo Luiso, Per la varia fortuna di Dante nel secolo xiv, « Giornale dantesco », x (1902), 6-7, pp. 83-97 ; Luisa Miglio, Il codice corsiniano Rossi 5 della « Commedia » : descrizione, analisi ed ipotesi, « Studi danteschi », liii (1981), 26, pp. 241-271 ; Gianfranco Orlandelli, I Memoriali bolognesi come fonte per la storia dei tempi di Dante, in *Dante e Bologna nei tempi di Dante, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1967, pp. 193-205 ; Giorgio Petrocchi, L’antica tradizione manoscritta della « Commedia », « Studi danteschi », xxxiv (1957), pp. 7-162 ; Id., La tradizione emiliano-romagnola del testo della Commedia, in Itinerari danteschi, Bari, Adriatica, 1969, pp. 204-215 ; Maria Simonelli, Materiali per un’edizione critica del « Convivio » di Dante, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1970. In merito ai commentatori danteschi sarà opportuno tenere presente il recente contributo Saverio Bellomo, Dizionario dei commentatori danteschi. L’esegesi della Commedia da Iacopo Alighieri a Nidobeato, Firenze, Olschki, 2004. 2 Cfr. Cap. i, p. 17, nota 2. 3 Questi dati sono enucleati in considerazione del controllo sull’ Illustrated Incunable Short-Title Catalogne, su sbn e naturalmente su igi. Limitatamente all’Italia, va segnalato che l’edizione Foligno è presente presso la Biblioteca Universitaria di Bologna, la Mediceo-Laurenziana e la Nazionale Centrale di Firenze, la Durazzo di Genova, la Trivulziana di Milano, l’Estense di Mantova, la Palatina di Parma, la Forteguerriana di Pistoia, la Biblioteca del Centro dantesco dei Frati minori di Ravenna, e a Roma presso la Biblioteca della Casa di Dante, la Angelica e la Corsiniana. Copie dell’esemplare di Mantova sono presso la Trivulziana di Milano, la Nazionale di Napoli, la Capitolare di Padova, la Biblioteca della Casa di Dante di Roma, la Vaticana, l’Arcivescovile di Udine, la Civica di Verona. Infine l’edizione di Federico de’ Conti può essere consultata presso la Trivulziana

le vite di dante nelle edizioni della commedia 35 Se suddetti incunaboli sono sostanzialmente privi di commento e di altri apparati paratestuali, 1 già nell’edizione veneziana del 1477, per i tipi di Wendelin von Speyer, l’impostazione muta, e viene inserito un commento. Questi, attribuito nel colophon a Benvenuto da Imola, è in realtà quello trecentesco di Jacopo della Lana, come puntualizzato anche dal Goffis nel 1970. 2 Da notare la sottolineatura, sempre nel colophon, relativa al ruolo rivestito da Cristoforo Berardi da Pesaro in qualità di correttore, lo stesso Cristoforo impegnato nella medesima officina per la revisione del Petrarca (Figg. 1 e 2).

Figura 1.

Figura 2.

Nel 1478 altre tre edizioni : a Napoli per il noto del Tuppo, a Milano per Lodovico e Alberto Piemontese e a Venezia per Filippo di Pietro. In quest’ultima « gli stentati versi volgari dello sconosciuto C. Lucius Laelius avvertono che il testo è stato “emendato” e “interpretato” (cioè interpunto ?) ». 3 Nel 1481 vede la luce la già menzionata edizione di Niccolò di Lorenzo, nella quale confluiscono la Apologia nella quale si difende Dante et Florentia da falsi calumniatori e una rivendicativa “memoria” di fiorentini che si sono distinti nelle varie arti e scienze. L’edizione è inoltre arricchita da una “Vita e costumi del poeta”, da due interventi sulla poesia (“Che chosa sia poesia et poeta et della origine sua divina et antichissima” e “Che l’origine dei poeti sia antica”), da una lettera di Marsilio Ficino nonché dai prologhi a ciascuna cantita approntati dal Landino. A carta 1r inizia il testo dantesco sovrastato dal commento landiniano (Fig. 3). Ormai sono già lontani i tempi della pura pubblicazione delle terzine dantesche e lo stesso colophon sembra ufficializzare il predominio del commento rispetto al testo (Fig. 4). di Milano, la Biblioteca della Casa di Dante di Roma e la Biblioteca del Centro Dantesco dei Frati Minori di Ravenna. 1 In proposito mi sia lecito rinviare a Marco Santoro, La Commedia : caratteristiche e valenze paratestuali delle edizioni italiane rinascimentali, relazione tenuta al 1° Congreso Andino de Estudios Dantescos (Quito, 6-8 ottobre 2003), i cui Atti sono di prossima pubblicazione. 2 Cesare Federico Goffis, Berardi, Cristoforo, in *Enciclopedia dantesca, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. i, pp. 596-597 ; nonché Paolo Trovato, Con ogni diligenza corretto, cit., p. 123. 3 Paolo Trovato, Con ogni diligenza corretto, cit., pp. 20-21. Sarà appena il caso di ricordare che l’edizione milanese, oltre ad una nuova versione del commento di Jacopo della Lana e alla prefazione “oltraggiosa” nei confronti dei fiorentini, presenta una dedica in latino del Nidobeato a Guglielmo, marchese del Monferrato, e altri corredi paratestuali. Cfr. Marco Santoro, La Commedia…, cit.

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Figura 3.

Figura 4.

Ecco, dunque, che nel 1481 si ha la prima apparizione a stampa di un’organica vita di Dante : non sarà, però, l’unica a vedere la luce nel periodo preso in esame in questa sede. Nel corso del Cinquecento infatti, al di là di rinnovate riproposte del testo landiniano, saranno pubblicate altre tre “vite” a firma di Alessandro Vellutello, di Lodovico Dolce e di Daniello da Lucca. 1 3. Prima di accingerci a focalizzare alcuni giudizi e caratterizzazioni inerenti la figura di Dante enucleabili dai profili testé ricordati, sarà comunque opportuno richiamare sinteticamente alla mente alcuni “precedenti” che hanno segnato, a partire dalla morte del Poeta, la tradizione biografica dantesca. Come è noto, si deve al Boccaccio un ruolo decisivo nel costruire e nel promuovere la diffusione e la lettura del corpus dantesco. 2 Intorno agli anni 1357-59, 3 Giovanni “organizza” il noto Codice Toledano, dove « la sua “idea di Dante”, non ancora maturata dal dialogo con Petrarca, si salda con l’intera tradizione scolastica assorbita negli anni di apprendistato, a Napoli e poi a Firenze ». 4 Fra il 1363 e il 1373 Boccaccio riprodusse altre due Commedie autografe : il Riccardiano 1035 di Firenze e il Chigiano L.VI.213 « edizione ultima e definitiva [quest’ultima] del testo dantesco ». 5 Ma, precipuamente in merito al nostro discorso, compete tenere presente che l’autore del Decameron compose anche, non a caso poco dopo la redazione di un trattato in elogio del Petrarca, il noto Trattatello in laude di Dante, significativo approdo agiografico che testimonia un preciso itinerario segnato dalla 1 Va appena precisato che nell’edizione 1564 dei Sessa è presente alle carte **2r-**3r una “Vita di Dante Alighieri”, rifacimento, per altro mediocre, della biografia landiniana attribuibile al Sansovino, curatore dell’edizione stessa. 2 In merito ai commenti danteschi che precedono quello del Boccaccio si potrà tuttora tenere presente Luigi Rocca, Di alcuni commenti della Divina Commedia composti nei primi vent’anni dopo la morte di Dante, Firenze, Sansoni, 1891. 3 Cfr. Giuseppe Billanovich, Dalla « Commedia » all’« Amorosa Visione »…, cit. 4 Corrado Bologna, Tradizione testuale e fortuna dei classici italiani, in *Letteratura italiana. Volume sesto. Teatro, musica, tradizione dei classici, Torino, Einaudi, 1986, p. 551. 5 Cfr. Giorgio Petrocchi, Introduzione, in Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Milano, Mondadori, 1966-67, i, p. 18.

le vite di dante nelle edizioni della commedia 37 rivendicazione del primato culturale fiorentino, dal momento che « tanto discende dalla sua educazione sulla Commedia e sulle liriche e le prose di Dante quanto è un frutto maturato nella sua scuola presso il Petrarca ». 1 Del Trattatello esistono tre versioni, ma sostanzialmente solo due vanno considerate, giacché la terza è assai vicina alla seconda : 2 la prima presente nel Codice Toledano 104.6, la seconda autografata nei primi anni Sessanta nel Codice Chigiano L.V. 176. 3 Le due redazioni si differenziano non poco. Leggermente ma significativamente diverso il titolo, sensibilmente dissimile l’estensione (molto più corposa la prima), ma soprattutto differente lo spirito e il modo in cui vengono sottolineate le vicende biografiche, politiche e culturali dell’Alighieri. Non a caso Michele Barbi, pur puntualizzando l’obiettivo sovrano comune alle due stesure (« in servigio di una dimostrazione che conclude a gran lode di Dante : cioè ch’egli riuscì a meritare gli altissimi titoli di teologo, filosofo e poeta nonostante i continui ostacoli che ebbe agli studi per tutta la vita » 4), sottolineava la differenza e precisava che quello che chiamava il “Compendio”, cioè la seconda, essendo più pregnante e meno dispersiva, riusciva a raggiungere lo scopo in modo più persuasivo (« Dov’è questa dimostrazione condotta meglio e per maggior compiutezza d’argomenti e per migliori espedienti formali, nella Vita o nel Compendio ? Senza dubbio nel Compendio ; e qualsiasi lettore può averne la prova sicura raffrontando i due testi » 5). In realtà vi è qualcosa di più consistente a distinguere le due redazioni, come ha recentemente evidenziato Lorenzo Bartoli : benché i due scritti […] possano apparire come costruiti sulla medesima struttura argomentativa, essi risultano […] concepiti […] in modo assai diverso. In particolare, mentre nella prima versione del Trattatello, composta fra il 1351 ed il 1355 e cioè negli anni di più intensa ed attiva partecipazione politica del Boccaccio nel seno della Repubblica fiorentina, gli ostacoli affrontati da Dante sono soprattutto di natura politica […] ; nel secondo Trattatello, che Boccaccio compose negli anni ’60 del ritiro certaldese, dopo cioè il catastrofico tentativo di congiura del dicembre 1360 che costò la morte di vari amici […] e l’esilio di tanti altri […], e che segnò la fine delle aspirazioni politiche del Boccaccio, la dimensione politica della biografia dantesca tende a scomparire ed a essere sostituita da quella sentimentale. 6

1 Giuseppe Billanovich, Dalla « Commedia » all’« Amorosa Visione »…, cit., p. 12. Va appena ricordato che il primo ricordo dell’Alighieri si deve a Giovanni Villani. Nel capitolo 136 del libro ix della sua Cronica, infatti, egli disegna il più antico profilo biografico dantesco che, nonostante varie inesattezze non sempre riconducibili a interpolazioni di codici, attesta il primo riconoscimento, pur tra reticenze di parte, della grandezza del Poeta, conosciuto, pare, direttamente, stando alla testimonianza del nipote Filippo. 2 A riguardo si veda il recente contributo di Lorenzo Bartoli, “La lingua pur va dove il dente duole” : le Vite di Dante e del Petrarca e l’antiboccaccismo di Leonardo Bruni, « Esperienze letterarie », xxix (2004), 2, pp. 51-72. 3 Cfr. Domenico De Robertis, Introduzione a Il Codice Chigiano L. V. 176 autografo di Giovanni Boccaccio. Edizione fototipia, Roma, Archivi, 1974. 4 Michele Barbi, Qual è la seconda redazione della Vita di Dante del Boccaccio, in Problemi di critica dantesca, Firenze, Sansoni, 1913, p. 398. 5 Ivi, p. 399. A riguardo si veda anche Giovanni Boccaccio, Vita di Dante, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a cura di Pier Giorgio Ricci, Milano, Mondadori, 1974 ; nonché il già citato contributo di Lorenzo Bartoli. 6 Cfr. Lorenzo Bartoli, “La lingua pur va dove il dente duole” : le Vite di Dante e del Petrarca e l’antiboccaccismo di Leonardo Bruni…, cit., pp. 56-57.

38 marco santoro Basti in proposito considerare che nella seconda versione vengono modificati brani assai significativi come il seguente : Le vestigie de’ quali in così alti esempli, non solamente da’ successori presenti, e massimamente da’ miei Fiorentini, sono male seguite, ma in tanto s’è disviato da esse, che ogni premio di virtù possiede l’ambizione : perché, siccome io e ciascuno altro che a ciò con occhio ragionevole vuole guardare, non sanza grandissima afflizzione d’animo possiamo vedere li malvagi e perversi uomini a’ luoghi eccelsi e a’ sommi uficii e guiderdoni elevare, e li buoni scacciare, diprimere e abbassare. Alle quali cose qual fine serbi il giudicio di Dio, coloro il veggiano che ‘l timone governano di questa nave : però che noi, più bassa turba, siamo trasportati dal fiotto della fortuna, ma non della colpa partecipi. E come che con infinite ingratitudini e dissolute perdonanze apparenti si potessono le predette cose verificare, per meno scoprire li nostri difetti e per venire al mio principale intento, una sola cosa mi sia assai avere raccontata. Né questa sia poco o piccola, ricordando lo esilio del chiarissimo uomo Dante Alighieri il quale, antico cittadino né d’oscuri parenti nato, quanto per virtù e per iscienza e per buone operazioni meritasse, assai ‘l mostrano e mostreranno le cose che da lui fatte appaiono : le quali se in una republica giusta fussono state operate, niuno dubbio ci è che esse non gli avessono altissimi meriti apparecchiati. Oh scelerato pensiero, oh disonesta opera, oh miserabile esemplo, di futura ruina manifesto argomento ! In luogo di quelli, ingiusta e furiosa dannazione, perpetuo sbandamento e alienazione de ’ paterni beni, e, se far si fusse potuto, maculazione della gloriosissima fama con false colpe gli fur donate. Delle quali cose le recenti orme della sua fuga e l’ossa nell’altrui terre sepulte e la sparta prole per l’altrui case, alquante ancora ne fanno chiare. Se a tutte l’altre iniquità fiorentine1 fusse possibile il nascondersi agli occhi di Dio che veggono tutto, non dovrebbe questa bastare a provocare sopra sé la sua ira ? Certo, si. Chi in contrario sia esaltato, giudico che sia onesto il tacere : si che, bene riguardando, non solamente è il presente mondo del sentiero uscito del primo, del quale di sopra toccai, ma ha del tutto nel contrario volto i piedi. Perché assai manifesto appare che se noi e gli altri che in simile modo vivono […] sanza cadere stiamo in piedi, niun’altra cosa essere di ciò cagione, se non che o per lunga usanza la natura delle cose è mutata, come sovente veggiamo avvenire, o è speziale miracolo, nel quale per li meriti di alcuno nostro passato, Dio contro ogni umano avvedimento ne sostiene, o è la sua pazienza, la quale forse il nostro riconoscimento attende ; il quale se a lungo andare non seguirà, niuno dubiti che la sua ira, la quale con lento passo procede alla vendetta, non ci serbi tanto più grave tormento, che appieno supplisca la sua tardità. Ma però che, come che impunite ci paiano le mal fatte cose, quelle non solamente dobbiamo fuggire, ma ancora, bene adoperando, di amendarle ingegnarci ; conoscendo io me essere di quella medesima città, avvenga che piccola parte, della quale, considerati li meriti la nobiltà e la virtù, Dante Alighieri fu grandissima, e per questo, siccome ciascun altro cittadino, a’ suoi onori sia in solido obbligato ; come che io a tanta cosa non sia sofficiente, non dimeno, secondo la mia piccola facultà, quello ch’essa doveva verso di lui magnificamente fare, non avendolo fatto, m’ingegnerò di far io ; non con istatua o con egregia sepoltura, delle quali è oggi appo noi spenta l’usanza, né basterebbono a ciò le mie forze ; ma con lettere, povere a tanta impresa : di questo ho, e di questo darò : acciò che ugualmente, o in tutto o in parte, non si possa dire tra le nazioni strane, verso cotanto poeta la sua patria essere stata ingrata. 2

È un lungo passo : eppure andava riportato per paragonarlo adeguatamente con il corrispettivo passaggio presente nella successiva redazione : Le vestigie de ’ quali non solamente da’ successori presenti, e massimamente da’ miei Fiorentini, sono mal seguite, ma in tanto s’è disviato da esse, che ogni premio di virtù possiede l’ambizione. 1 2

Il corsivo è mio. Cfr. Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio…, cit., pp. 9-11.

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39

Il che, se ogni altra cosa occultasse, non lascierà nascondere l’esilio ingiustamente dato al chiarissimo uomo Dante Alighieri, uomo di sangue nobile, ragguardevole per iscienza e per operazioni laudevole e degno di grandissimo onore. Intorno alla quale opera pessimamente fatta non è la presente mia intenzione di volere insistere con debite riprensioni, ma più tosto in quella parte, che le mie piccole forze possono, quella emendare ; perciò che, quantunque picciol sia, pur di quella città son cittadino, et agli onori d’essa mi conosco in solido obbligato. Quello adunque che la nostra città dovea verso il suo valoroso cittadino magnificamente operare, acciò che in tutto non sia detto noi esorbitare dagli antichi, intendo di fare io, non con istatua o con egregia sepoltura, delle quali è oggi dell’una appo noi spenta l’usanza né all’altra basterebbono le mie facultadi, ma con povere lettere a tanta impresa, volendo più tosto di presunzione che d’ingratitudine potere essere ripreso. 1

Non sfuggirà che non si tratta soltanto di una seconda redazione molto più sintetica ; in sostanza intere frasi ora sono state depennate e ciò non è certo dovuto a motivi occasionali o puramente retorici. Ma, è alla luce della complessiva comparazione fra i due testimoni che emerge il messaggio differente in essi enucleabile, il cui legame con la specifica vicenda politica del Boccaccio appare evidente, come ha persuasivamente evidenziato Bartoli : La forte caratterizzazione politica della prima versione del Trattatelo, appare altresì contigua all’attività politico-amministrativa del Boccaccio di quegli anni. A cominciare dalla missione (del 1350) a Ravenna per consegnare alla figlia di Dante, suora Beatrice, un risarcimento in denaro di 10 fiorini da parte della Repubblica fiorentina, per i danni subiti da padre […]. Il Trattatelo, perciò, non nasce affatto come biografia romanzata, ma piuttosto come documento politico. 2

4. Sorvolando su altre biografie, potrà giovare un breve accenno a quelle di Filippo Villani, di Leonardo Bruni e di Giannozzo Manetti, che contribuiscono, in particolar modo la seconda, ad introdurci nella specifica tematica che si intende qui trattare. Che il nipote 4 del noto cronista Giovanni tenesse ben presente almeno una delle redazioni delle vite dantesche stese dal Boccaccio è testimoniato direttamente dal suo esplicito riferimento sul finire del paragrafo De vita et moribus Dantis poetae comici insignis, allorché dichiara di non volersi soffermare sul « fabulosum matris somnium, cuius mentionem Iohannes Boccaccius fecit », 5 nonché dall’impianto stesso della sua trattazione biografica. Va per altro aggiunto che Filippo, in effetti, se è vero che presenta il “divino poeta” nelle vesti di artefice della svolta nei confronti della lunga barbarie del Medio Evo (e a riguardo opportunamente Madrignani pone in rilievo come questa Vita sia preceduta non a caso da quella di Claudiano 6) è anche vero che resta debitore nei confronti dell’autore del Decameron nel ribadire il profondo legame poesia-teologia. Eppure Villani in un passaggio certo 3

1

Ibidem. Cfr. Lorenzo Bartoli, “La lingua pur va dove il dente duole” : le Vite di Dante e del Petrarca e l’antiboccaccismo di Leonardo Bruni…, cit., p. 58. 3 Ricordiamo quelle di Benvenuto da Imola, Francesco da Buti, Melchiorre Stefani, Domenico Bandini, ecc. sulle quali cfr. Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, cit. 4 In proposito, con particolare riferimento alla datazione dell’anno di morte, cfr. Antonio Lanza, Polemiche e berte letterarie nella Firenze del Rinascimento, Roma, Bulzoni, 19892, pp. 294-295. 5 Cfr. Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, cit., p. 90. 6 Cfr. Carlo Alberto Madrignani, Di alcune biografie umanistiche di Dante e Petrarca, « Belfagor », xviii (1963), p. 30. 2

40 marco santoro non marginale enfatizza vieppiù (pur senza distaccarsi dal Boccaccio 1) il patriottismo di Dante, “officiosus civis”, che « gloriae patriae ex exaltationi toto studeret animo », preoccupato anche durante l’esilio di « pro votis suis suam reformare rempublicam ». 2 Dopo avere composto i due Dialogi ad Petrum Paulum Histrum nel 1401 e nel 1405, 3 Leonardo Bruni nel 1436, a sessantasei anni e nel pieno del secondo conflitto FirenzeMilano, torna, sia pure recuperando e assecondando istanze peculiari dell’esposizione biografica, su una serie di problematiche proprie dell’umanesimo “civile” e stende, in volgare, le Vite di Dante e del Petrarca. 4 In proposito Antonio Lanza opportunamente puntualizza : La Vita di Dante e la Vita del Petrarca rappresentano il momento conclusivo della lunga riflessione critica di Leonardo Bruni sulla produzione delle « tre corone » e sulla validità del volgare, due temi che all’alba del secolo xv avevano infiammato gli ambienti degli intellettuali fiorentini. 5

La rivalutazione sia delle “tre corone” che del “volgare” da parte di chi, come Bruni, dopo un periodo, possiamo quasi dire, di infatuazione per il Niccoli e per il suo classicismo estremistico e sempre più miope, 6 si era ri-allineato alla ben più illuminata lezione del Salutati, era stato estensore tra l’altro della Laudatio florentinae urbis, dell’Oratio in funere Johannis Strozzae equitis florentini, 7 della Historia Fiorentini populi e nel 1427 era stato nominato cancelliere della Repubblica fiorentina, non poteva non caricarsi di solido umanesimo civile 1 Madrignani evidenzia invece « una nota di stacco tra la presentazione boccaccesca e quella di Villani […] nell’insistenza con cui l’autore sottolinea l’attaccamento di Dante alla patria », ivi, p. 31. 2 Cfr. Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, cit., p. 85. Varrà la pena ricordare che nella prima redazione della vita boccaccesca leggiamo passi come questi : « Fermassi adunque Dante a voler seguire gli onor caduchi e la vana pompa de’ pubblici uficii […]. Niuna cosa ci ha meno stabilità che la popolesca grazia ; niuna più pazza speranza, niuno più folle consiglio che quello che a crederle conforta nessuno. Levinsi adunque gli animi al cielo, nella cui perpetua legge, ne’ cui eterni splendori, nella cui vera bellezza si potrà sanza alcuna oscurità conoscere la stabilità di Colui che le une e le altre cose con ragione muove », ivi, p. 25-26. Ma leggiamo anche :« e [Dante] veggendo che per sé medesimo non poteva una terza parte tenere, la quale giustissima la ingiustizia dell’altre due abbattesse, tornandole a unità ; con quella s’accostò, nella quale, secondo il suo giudicio, era più di ragione e di giustizia ; operando continuamente ciò che salutevole alla sua patria e a’ cittadini conoscea. Ma gli umani consigli il più delle volte rimangono vinti dalle forze del cielo » (ivi, p. 25), dove si enuclea comunque l’inclinazione del Boccaccio a rivendicare l’impegno politico e il patriottismo danteschi anche nel corso dell’esilio. 3 Tale la proposta di Hans Baron, La crisi del primo Rinascimento italiano, Firenze, Sansoni, 1970. Sulla datazione delle opere bruniane si veda la cronologia recentemente proposta da James Hankins, The dates of ep. I 1 (8), the latin « Phaedo », the « Dialogi ad Petrum Histrum » and some other works of Leonardo Bruni, in Id., Plato in the Italian Renaissance, ii, Leiden […], Brill, 1990, i, pp. 367-378. 4 A riguardo si veda Lucia Gualdo Rosa, Leonardo Bruni e le sue « vite parallele » di Dante e Petrarca, « Lettere italiane », 1995, 3, pp. 386-401 ; nonché il recente intervento di Massimo Seriacopi, Una redazione inedita della Vita di Dante di Leonardo Bruni di mano e con chiose di Ser Piero Bonaccorsi, « Cuadernos de filología italiana », 10 (2003), pp. 189-200. Va appena aggiunto che l’opuscolo bruniano non beneficiò di edizioni a stampa e tuttavia ebbe larga diffusione manoscritta. A riguardo si veda James Hankins, Repertorium Brunianum : a critical guide to the writing of Leonardo Bruni, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 1996. 5 A riguardo cfr. Leonardo Bruni, Le vite di Dante e del Petrarca, a cura di Antonio Lanza, Roma, Archivio Guido Izzi, 1987, p. 9. 6 « Di fronte alla mobilitazione degli intellettuali fiorentini di ogni tendenza culturale, il solo Niccolò Piccoli, con le truppe milanesi alle porte della città, non trovava di meglio da fare che continuare ad occuparsi di futili questioni di ortografia latina (la sua fissazione) […] ad andarsene […] in giro ad infangare le « tre corone », suscitando scandalo tra tutti i fiorentini, che dovevano vedere in lui una sorta di traditore », ivi, p. 12. 7 « il maggior monumento letterario dedicato allo spirito di Firenze nel corso della sua lotta contro la tirannide viscontea ». Cfr. Hans Baron, La crisi del primo Rinascimento italiano, cit., p. 411.

le vite di dante nelle edizioni della commedia 41 e non configurarsi come prova e testimonianza di impegno politico. Da qui, per limitarci al discorso legato al “divino poeta”, la ferma rivendicazione della dedizione dantesca alla causa fiorentina e l’aperta polemica nei confronti del Boccaccio, o forse meglio, come si è visto, della specifica seconda redazione biografica dell’autore del Decamerone. Molteplici i passaggi di grande interesse nella biografia bruniana : dalla preferenza per Dante rispetto al Petrarca quanto meno relativamente al volgare (« Confesso, niente di manco, che Dante nell’opera sua principale vantaggia ogni opera del Petrarca ») alla ribadita condanna della tirannide (significativamente ricondotta alla caduta della repubblica di Roma), dalla legittimazione a tutto tondo del volgare (« ciascuna lingua ha sua perfezione ») alla non casuale esaltazione della cultura filosofica, teologica, astrologica e matematica dell’autore della Commedia, ecc. Tutti questi elementi si fondono anzi attestano e comprovano (nel)l’inedito approccio biografico bruniano, in merito al quale sarà il caso di cedere la parola a Madrignani : La prima caratteristica originale della biografia bruniana nei confronti di quella boccaccesca o del Villani consiste nell’impegno non solo espositivo delle sue pagine : si potrebbe dire che il Dante del Bruni s’impone non più come un exemplum medievale di santità e sapienza secondo l’ispirazione di una laica agiografia, ma come il ritratto « attuale » in cui s’incontrano, sul piano dell’impegno e della contemporaneità degli interessi del biografo, le linee di un profilo ormai garantito dalla tradizione, se pur mai passivamente accettato, con quelle che certi particolari interessi del momento storico suggerivano al nuovo estensore. Una forma di prammatismo critico è in fondo quella che guida il nuovo biografo umanista, che ha una ben altra fisionomia di quella dell’esaltato imitatore di profili classici, tutti disegnati sul calco dell’antica concinnitas e ristretti dentro agli schemi di un’imitazione fedele di una oratoria esaltazione per i clari viri greci o latini. 1

Non è un caso, in sostanza, se l’esperienza dantesca è sostanzialmente ricostruita dal Bruni su di un percorso segnato dall’impegno non solo apertamente “politico” ma anche di militanza culturale vistosamente incisiva, secondo un processo teso ad attualizzare, a “contemporaneizzare” vicende esemplari (Dante, ma anche Petrarca, Socrate, Cicerone, Aristotele, ecc.) al fine di rivendicare la funzione e il ruolo leaderistici dell’intellettuale, in perfetta sintonia con i più autentici valori dell’umanesimo civile, del quale Leonardo stesso era interprete e promotore. Intorno al 1440 Giannozzo Manetti stende le Dantis, Petrarchae…vitae, documento assai utile per registrare un diverso modo di trattare le biografie delle “tre corone”, grosso modo negli stessi anni in cui il Bruni realizzava l’opera testè ricordata. Innanzitutto va sottolineato che il lavoro è in latino : scelta certamente non casuale, chiaramente motivata dallo stesso Manetti nella prefazione : Non alienum fore putavimus […] singulas trium illustrium Poetarum vitas, recreandi anima gratia latinis littteris demandaremus […]. Nisi si quis forte dixerit haec ipsa, quae nos in praesentiarum scribere instituimus, a pluribus doctissimis simul atque eloquentissimis viris iampridem fuisse descripta. Quod equidem non nego : sed primum Dantis vitam ab Ioanne Boccaccio, viro eruditissimo, materno sermone editam, et a Leonardo postea Arretino, omnium nostri temporis eloquentissimo, eiusdem Poetae simul atque Petrarchae gesta florentino idiomate elegantius conscripta fuisse fateor. Quanquam etiam Philippus Villanus […] nonnulla de Florentinis illustribus viris latinis litteris in opusculum quoddam redegerit. Quocirca hunc scribendi laborem frustra assumpsisse videbor, quandoquidem de eisdem a pluribus non indignis auctoribus scriptum esse constat, nisi paucis causas prius assignavero quae me ad scribendum compulerunt. 1

Cfr. Carlo Alberto Madrignani, Di alcune biografie umanistiche di Dante e Petrarca, cit., pp. 34-35.

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marco santoro

Dantem, Petrarcham et Boccaccium […] usque adeo in vulgus consensu omnium claruisse constant, ut nulli alii hac vulgari opinione pene illustres poetae a conditione orbis fuisse videantur […]. Itaque quemadmodum apud vulgares homines litterarum ignaros et omnis doctrinae imperitos praeclari viri in maxima et ingenii et eruditionis admiratione habentur, ita apud eruditos et doctos cuncta passim vulgaria scripta, in quibus illi excelluisse perhibentur, floccipedentes et pro nihilo habentes parvi existimantur et fiunt […]. Quapropter ego his singularissimis civibus nostris atque peregregiis etiam poetis pro virili mea succurrere aggressus, novas eorum vitas latinis litteris mandavi, idque praecipue ea causa adductus feci, ut maximas eorum laudes, quae in plebecula hactenus latere videbantur, ad eruditos et doctos viros tandem aliquando conferrem, qui vulgata cunctorum hominum scripta, qualia pleraque nostrorum poetarum praecipua et habentur, et sunt, semper contemnere atque floccifacere consuerunt. 1

Dunque, utilizzo del latino al fine di incrementare la conoscenza delle opere in volgare dei trecentisti presso « eruditos et doctos » da un parte e, dall’altra, di « distruggere gli ultimi residui di una ostilità anacronistica arroccata su forme di aulico disdegno verso la produzione volgare » ; 2 e tuttavia non è solo il ricorso al latino a differenziare l’opera del Manetti da quella del Bruni. Il recupero di motivi della biografia boccaccesca, la riproposta di parallelismi fra gli autori biografati e antichi eroi della classicità, lo stile narrativo incline ad una sorta di concinnitas tutta esteriore, cedevole ai topoi retorici, la differente e più insistita trattazione di taluni episodi (quali il matrimonio di Dante, la leggenda dell’apparizione del poeta al figlio per indicare l’ubicazione dell’ultima parte della Commedia, ecc.), la tendenziale interpretazione di un Dante procul a negotiis, ed altre peculiarità del testo manettiano sulle quali non è qui il caso di indugiare, in effetti denunciano un approccio eclettico, un quasi indiscriminato recupero delle fonti volto a non tralasciare nulla ; siamo ben distanti dal rigore storiografico bruniano e in uno scenario vistosamente condizionato da una neutralità d’ispirazione classicistica e retorica, suggestionata, verrebbe da dire pedissequamente, dal principio ciceroniano della “istoria speculum vitae” : il biografismo prammatico bruniano cede dunque il passo a « quella ostinata tradizione della biografia “umanistica”, dotta, aneddotica e retorica […]. La verità è che, dopo il ritratto del Bruni, Dante riprende molte delle caratteristiche boccaccesche, mentre vengono messe da parte quelle che erano le avvertenze di metodo e la posizione “critica” del Bruni stesso, e l’aspetto letterario e dottrinario della personalità del poeta è ricondotto in primo piano, secondo una complessiva restaurazione dei valori contemplativi di contro a quelli attivi ». 3 5. Dunque, è sostanzialmente con queste tradizioni, filtrate attraverso le proprie sensibilità critiche, le proprie inclinazioni, e i ruoli socio-culturali rivestiti, che devono confrontarsi Cristoforo Landino, Alessandro Vellutello, Lodovico Dolce e Daniello da Lucca, nel dare 4

1

112. 2

Cfr. Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, cit., pp. 108-

Cfr. Carlo Alberto Madrignani, Di alcune biografie umanistiche di Dante e Petrarca, cit., p. 42. Ivi, p. 47. 4 Come già detto, altri scrissero biografie più o meno corpose di Dante, che tuttavia, ad eccezione in parte di quella stesa dal Filelfo, poco aggiunsero a quelle qui segnalate. Cfr. anche Michele Barbi, Dante nel Cinquecento, Avezzano, Studio bibliografico Adelmo Polla, 1983 ? (rist. anast. dell’ediz. Pisa, 1890), p. 77 sgg. 3

le vite di dante nelle edizioni della commedia 43 alle stampe i rispettivi profili biografici danteschi all’interno delle edizioni a stampa della Commedia. È lecito in prima battuta sottolineare che le succitate biografie possono essere grosso modo incasellate in due filoni ben distinti : da una parte quelle del Landino e del Vellutello, dall’altra quelle del Dolce e di Daniello. Rinviamo per il momento una sia pure rapida analisi degli specifici contenuti presenti nelle trattazioni biografiche e soffermiamoci su alcune affinità e diversità deducibili telegraficamente da pochi dati per così dire “esterni” alle trattazioni stesse. Quella del Landino vede la luce nel 1481, all’interno del suo noto lavoro di revisione e di commento, adeguatamente “celebrato” per altro nel colophon della pubblicazione (cfr. Fig. 4). È la prima biografia inserita in una edizione a stampa ed è l’unica in tutto il Quattrocento ; sarà riproposta nel 1484 (a Venezia da Ottaviano Scoto), nel 1487 (a Brescia da Bonino de Boninis), nel 1491 (a Venezia sia da Bernardino Benali e Matteo Codeca’ che da Pietro di Piasi), nel 1493 (ancora dal Codeca’) e infine nel 1497 (sempre a Venezia da Pietro Quarenghi). Nel corso del Cinquecento esordiscono le altre tre biografie : quella del Vellutello nel 1544, quella di Bernardino Daniello nel 1554 e quella del Dolce nel 1555. Una prima distinzione, dunque, può essere di natura cronologica : abbiamo infatti prima le due biografie di Landino e Vellutello e successivamente le altre due. Un’altra sostanziale differenza consiste nel fatto che, laddove le trattazioni dei primi due biografi sono riproposte insieme in varie edizioni, quelle del Dolce e di Bernardino figurano sempre separatamente, individualmente. E, a proposito di “riproposte”, non sarà inutile schematizzare il quadro complessivo. La biografia del Landino è presente, per quanto concerne il Cinquecento, nelle edizioni 1529 (Venezia, Luca Antonio Giunta), 1536 (Venezia, Giovanni Giolito de Ferrari), 1564 (Venezia, Giovanni Battista Sessa e fratelli), 1578 (Venezia, Giovanni Battista Sessa e fratelli) e 1596 (Venezia, Giovanni Battista e Giovanni Bernardo Sessa). Quella del Vellutello è inserita nelle edizioni 1544 (Venezia, Francesco Marcolini), 1564 (Venezia, Giovanni Battista Sessa e fratelli), 1578 (Venezia, Giovanni Battista Sessa e fratelli) e 1596 (Venezia, Giovanni Battista e Giovanni Bernardo Sessa). Da rilevare che le edizioni 1564, 1578 e 1596 presentano entrambe le biografie del Landino e del Vellutello (come è normale che sia, visto che si tratta di pubblicazioni, curate da Francesco Sansovino, 1 nelle quali confluiscono commenti, annotazioni e interventi vari di entrambi 2). La prima biografia di Bernardino Daniello non appare nel 1568, 3 bensì nel 1554. Un raffronto infatti fra le due “Vita e costumi del poeta” testimonia l’identità dei due testi, pur se quello del 1554 non beneficia di attribuzione autoriale come la successiva. Entrambe le stampe sono veneziane : quella del 1554 di Giovanni Antonio Morando, la successiva di Pietro da Fino. La biografia del Dolce, infine, la si può leggere nelle edizioni 1555 (Venezia, Gabriele Giolito de Ferrari e fratelli), 1569 e 1578 (entrambe impresse a Venezia da Domenico Farri). Tutte queste edizioni citate, non sarà certo sfuggito, sono lagunari : e può essere considerato l’unico comune denominatore, per altro ampiamente comprensibile, considerato il ruolo leaderistico rivestito da Venezia in campo editoriale nel corso di tutto il Cinquecento. 1 Sarà appena il caso di ricordare che il Sansovino operò varie aggiunte anche nelle parti relative ai fiorentini eccellenti ed intervenne, senza sostanziali mutamenti, sul testo landiniano della vita dantesca. 2 Varrà la pena segnalare che nell’edizione 1564 è presente una dedica iniziale del Sansovino a papa Pio IV, che nelle altre due edizioni viene sostituita da quella di Giovanni Antonio Rampazetto a Guglielmo Gonzaga. 3 Cfr. Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, cit., p. 212. Anche Carlo Dionisotti, Bernardino Daniello, in *Enciclopedia dantesca, ii, pp. 303-304 e Lucia Gualdo Rosa, Leonardo Bruni…, cit., p. 399 fanno riferimento alla sola edizione del 1568.

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marco santoro Ma veniamo ad un’altra non casuale distinzione fra i due filoni. Laddove le biografie del Landino e del Vellutello sono tutte presenti in edizioni di grande formato (sono infatti in folio tutti gli incunaboli nonché le stampe 1529, 1564, 1578 e 1596 e in quarto quelle del 1536 e del 1544), le vite dantesche di Daniello e del Dolce figurano in edizioni di formato più ridotto (in ottavo quella del 1554 e in dodicesimo quelle del 1555, 1568, 1569 e 1578) : unica eccezione la stampa del 1568 che è in quarto. Altro elemento da tenere debitamente presente è l’estensione dei quattro interventi : laddove i primi due (primi sotto il versante cronologico, come detto) sono più corposi, sensibilmente più corposi, quelli successivi sono di gran lunga più contenuti e sintetici. Estensioni dei testi, formati, abbinamenti o meno con interventi di analoga tematica : siamo sul fronte, è agevole deduzione, di “confezioni” editoriali distinte secondo progetti certamente non casuali, che presuppongono strategie di mercato accuratamente studiate per promuovere e diffondere il prodotto-libro. Fatalmente occorre convocare alla sbarra dei testimoni modalità (e implicazioni) paratestuali, giacché significativamente i due filoni di trattazioni biografiche si innescano armonicamente in due modalità “editoriali” molto differenti, seppure accomunate dalla necessità sovrana di catturare l’attenzione e l’interesse degli acquirenti. In proposito può in buona parte essere recuperato quanto rilevato in altra sede da chi scrive in termini di consuntivo sia pure provvisorio, sulla base di un’analisi molto più accurata delle componenti paratestuali delle edizione rinascimentali della Commedia : Non è forse un caso che […] negli anni Novanta [del ’500] si registrano queste due edizioni : quella del Manzani [1595] e quella dei Sessa [1596]. Due modi molto diversi di presentare e di impreziosire l’opera dell’Alighieri, largamente nota non solo presso i dotti ma anche presso i ceti acculturati emergenti. Certo, sarebbe illazione poco persuasiva, sostenere che la “confezione” più spartana fosse destinata ai secondi, mentre i dotti potessero costituire gli interlocutori più idonei per le edizioni maggiormente arricchite da commenti, tavole-indice, epistole e quant’altro. È viceversa più verosimile che i due filoni produttivi, giacché mi pare che sia emerso con una certa chiarezza che tale è il quadro generale, rispondessero e parimenti sollecitassero due diverse consuetudini di lettura, due modi differenti di confrontarsi col testo dantesco. Pur così distanti, tuttavia, entrambi i filoni non rinunciano, non possono rinunciare, a ricorrere a tecniche e a procedure di autopromozione, che si materializzano in formule volte a pubblicizzare lo specifico apporto ora filologico, ora critico, ora iconografico dell’edizione data alla luce. 1

6. La fonte a cui si rifà esplicitamente il Landino per la stesura della sua vita dantesca è il Boccaccio : « Il che denoto quale huomo Danthe havesse a essere. Tal sogno distesamente interpreta el Boccaccio », infatti egli precisa nel riferire la cosiddetta “visione” della madre del poeta. Nessun accenno, invece, al Bruni o ad altri. 2 D’altro canto la trattazione biografica è di chiara impostazione boccaccesca (quanto meno dell’ultima redazione stesa dall’autore del Decameron) : si indulge nella aneddotica, si dà spazio ai riferimenti genealogici, si riportano vicende personali. Dell’impegno politico di Dante si parla con sostanziale moderazione e latitano accuse o invettive contro Firenze. In sostanza siamo dinnanzi ad un 1 Cfr. Marco Santoro, Appunti su caratteristiche e valenze paratestuali delle edizioni italiane rinascimentali della Commedia, « Nuovi Annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari », xviii (2004), pp. 125-126. 2 Per il testo completo della vita landiniana cfr. Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, cit., pp. 186-193.

le vite di dante nelle edizioni della commedia 45 approccio ben lontano dal realismo storiografico di stampo bruniano e si può concordare con la lapidaria affermazione del Barbi che « senza alcuna novità è la vita che il Landino premise al suo Commento ». 1 Notevolmente diverso il taglio della trattazione del Vellutello, apparsa la prima volta in edizione veneziana del Marcolini nel 1544 (AA3v-AA6r). L’esordio è già alquanto eloquente : Il primo che scrisse la vita di Dante fu Giovanni Boccaccio da Certaldo, quasi in tragico stile, 2 o vogliamolo dire tutta piena d’amorosi sospiri e lacrime, quello che medesimamente usò nel Filocolo, ne la Fiammetta e in più luoghi del suo Decamerone, narrando simili leggerezze parte finte e parte argomentate da lui, e lasciando dietro le cose più gravi, e che meno erano da esser taciute. Scrissela dopo lui Leonardo Aretino, segretario del publico in Firenze, il qual disse cose vere, e d’un tanto poeta e di sé stesso più degne, biasimando molto in questa parte il poco avvedimento del Boccaccio. Scrissela, dopo l’Aretino, Mario Filelfo in lingua latina, il qual non fece quasi altro che affermare ciò che dal detto Aretino ne trovò essere stato scritto, introducendovi molte altre cose più tosto impertinenti che accomodate a la materia, e negando Beatrice essere stata donna vera, ma solamente finta dal poeta […]. Scrissela ultimamente Cristoforo Landino, interprete della presente sua Commedia, il quale, sì come da Benvenuto da Imola prese quasi ogni sentimento di quella, così prese dal Boccaccio il soggetto della vita […]. Ma volendola noi ora descrivere, abbiamo diligentissimamente notato il proceder d’ognun di loro, e del Boccaccio insieme con l’Aretino fattone queta conclusione, che egli l’abbia piu tosto scritta da poeta […]. E così ancor intenderemo che il Landino, per aver seguito i suoi vestigi, facesse quel medesimo, e che per questo sia da lasciarli stare e non fondarsi su molte cose vane dette da loro […]. Ma volendo fondarci su la verità, siamo costretti attenerci a quello che ne scrive esso Aretino, il quale, non come poeta, ma da vero istorico per molti scontri che n’abbiamo, sappiamo averla con somma fede e diligenza scritta. 3

Dichiarazioni precise, assolutamente non ambigue, vero e proprio “manifesto” di un itinerario investigativo e speculativo palesemente agganciato alla scuola umanistica del più autentico storicismo fiorentino. Leonardo Bruni è programmaticamente indicato come fonte non solo più autorevole ma anche più persuasiva e irreprensibile sotto il versante del metodo. Il “vero istorico”, Bruni, contro il “poeta”, Boccaccio : e quest’ultimo non solo ha romanzato la vita di Dante, riducendola ad “amorosi sospiri e lacrime”, ma ha anche introdotto notizie menzognere e del tutto inventate. Il bersaglio polemico del Vellutello, tuttavia, non è il solo Boccaccio : non potrà sfuggire che in effetti in modo più o meno diretto è lo stesso Landino ad essere sottoposto ad una spietata critica, essendosi acriticamente allineato ad una tradizione per nulla credibile, pur avendo disponibile l’alternativa del Bruni. Ecco dunque che nelle biografie cinquecentesche a stampa si rinnova la non pretestuosa e tanto meno insignificante contrapposizione fra due modi, molto diversi, di porgere all’attenzione del lettore la vicenda umana, culturale e politica di una personalità come Dante, di una personalità, cioè, di tale rilievo da imporsi in certo senso quale occasione esemplare per verificare e per accreditare metodologie storiografiche ben distinte ma anche, forse, per

1

Cfr. Michele Barbi, Dante nel Cinquecento, cit., p. 79. Va appena segnalato che stranamente il Landino riporta come data di nascita dell’Alighieri il 1260, benché sia Boccaccio che Benvenuto da Imola, indicati dal Vellutello quali fonti di Cristoforo, facciano riferimento alla data esatta 1265 (come d’altronde altri precedenti 2 biografi, quali Bandini, Manetti, ecc.). Il corsivo è mio. 3 Cfr. Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, cit., pp. 202-203. Al testo del Solerti in questa circostanza mi sono fedelmente attenuto.

46 marco santoro 1 alimentare polemiche e rivalità. Come si inseriscono Bernardino Daniello (cfr. Figure 5 e 6) e Ludovico Dolce (cfr. Figure 7 e 8) in questa situazione ? In primo luogo va sottolineato che laddove il primo non fa riferimento ad alcuna fonte, il secondo cita sia il Bruni che il Villani. Entrambi, tuttavia, riportano come data di nascita del poeta il 1260, un errore che è dato rilevare soltanto nella biografia landiniana. Entrambi i profili, come detto, sono molto meno estesi di quelli del Landino e del Vellutello e presentano numerose analogie nei contenuti.

Figura 5.

Figura 6.

Questi i comuni passaggi salienti : nascita del poeta (in Dolce un rapidissimo accenno alla genealogia), perdita del padre, inizio degli studi “liberali” (in Daniello c’è un riferimento a Brunetto Latini), partecipazione alla battaglia di Campaldino, matrimonio e paternità, carica di Priore (scrive a riguardo Daniello « Da questo suo Priorato, nacque (com’egli stesso 1

Naturalmente in questa sede non ci si occupa assolutamente dei “commenti” e delle revisioni del Landino e del Vellutello inerenti la Commedia, più volte oggetto di giudizi poco lusinghieri nel corso del ‘500, come quello del Claricio che accusava il Landino di avere plagiato Benvenuto da Imola. Sul tema, comunque, gioverà tenere presente quanto meno il sempre fondamentale studio di Michele Barbi, Dante nel Cinquecento, cit. In tempi più recenti si potrà ricordare la “sentenza” assai dura espressa dal Rossi sul Landino : « L’esposizione del Landino ha non iscarsa importanza come documento letterario dell’età in cui fu composta ; ma dominata da idee fallaci e in larga parte condotta sulle orme di Pietro di Dante, del Boccaccio, di Benvenuto, del Buti, non giovò a far avanzare l’intelligenza dell’opera immortale, e nonostante la sua grande fortuna, occupa appena un posto secondario nella storia degli studi danteschi ». Cfr. Vittorio Rossi, Il Quattrocento, Reprint dell’edizione 1933 riveduta e corretta. Aggiornamento a cura di R. Bessi. Introduzione di M. Martelli, Padova, Piccin Nuova Libraria, 1992, p. 504. In merito alle polemiche, non si potrà certo tacere la ben nota diatriba fra sostenitori dell’Alighieri e sostenitori del Petrarca. Occorre a riguardo ricordare, tra gli altri, il Bembo ?

le vite di dante nelle edizioni della commedia

Figura 7.

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Figura 8.

riferisce in una sua epistola) il suo esilio, et tutte le cose adverse che provò nel rimanente di sua vita » ; 1 e il Dolce : « Ma da così fatto onore ne nacque, come egli stesso scrive, l’origine del suo esiglio » 2), contesa fra Bianchi e Neri, incarico di ambasciatore presso Bonifacio assunto con la celebre frase « S’io vo, chi sta ? e se io sto, chi va ? », 3 esilio e tentativi di Dante di tornare a Firenze, breve descrizione fisica del poeta, qualità artistiche (buon musico, disegnatore e perfetto scrittore), passione per Beatrice, morte a Ravenna, riferimento alla sua produzione in volgare e in latino che in Daniello è più che telegrafica (« Il principal suo studio fu poesia, e scrisse molte opere volgari e latine, le quali mostrano la grande felicità e sottigliezza d’ingegno ch’era in esso » 4) mentre in Dolce si arricchisce di qualche citazione (« Le opere così latine come volgari che gli compose sono : Canzoni e sonetti, la Vita nuova, il Convivio, la Monarchia, Ecloghe, Epistole, versi eroici, allegorie sopra Virgilio, de volgari eloquenza, e il presente nobile e divino poema » 5). Se la “Vita e costumi di Dante” del Daniello si chiude con la frase su riportata, la biografia del Dolce ha un’appendice abbastanza corposa in proporzione all’intero testo, nella quale si ricorda che Bernardo Bembo, “che fu padre del gran Pietro cardinale”, 6 fece erigere a Ravenna una nuova cappella per le spoglie del poeta e « vi fece intagliar sopra questo dotto e leggiadro epigramma, o da lui o dal figliuolo, illustre non meno nei latini che nei volgari componimenti dettato » e seguono i sei versi (cfr. Figura 8). 1

Cfr. Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, cit., p. 212. Ivi, p. 210. 3 Scrive a riguardo Bernardino : « et stando molto pensoso disse : « S’io vo, chi sta ? e s’io sto, chi va ? » la qual cosa fu giudicata a grande aroganzia, come quello che in sé solo giudicava esser riposto il pubblico governo », ivi, p. 213. E Ludovico : « dette pubblicamente queste parole, stando in dubbio della partita :« S’io vo, chi sta ? e s’io sto, chi va ? » le quali a molta arroganza gli furono recate, quasi che egli stimasse che in sé stesso fosse 4 riposto il bene del pubblico governo », ivi, p. 210. Ivi, p. 213. 5 6 Ivi, p. 211. Ibidem. 2

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marco santoro 7.

Che vi siano forti affinità fra le vite del Daniello e del Dolce, non v’è dubbio. Non si tratta solo di espressioni, riferimenti, ecc., vistosamente comuni : 1 è proprio l’impostazione globale che è molto più che simile. Soprattutto analogo, in sostanza, è il modo con il quale si decide da parte di entrambi di proporre la vita di Dante : trattazione essenziale, priva di strali polemici, incline a schematizzare dati strettamente biografici, non privi di sottolineature volte sì ad informare il lettore ma anche a sollecitare la sua curiosità, il suo interesse nei confronti di un “singolarissimo poeta” in qualche modo “umanizzato”, reso, fin dagli esordi dell’esposizione della Commedia, fin dalla “presentazione” dell’opera, perché in effetti anche tale è il compito e la valenza delle due vite, più accessibile, meno élitario. D’altronde non sarà inutile a riguardo prendere atto dell’avviso Ai candidi lettori presente nell’edizione del Morando del 1554 : Ecco, che ui si da finalmente nelle mani, studiosi Lettori, il tanto da uoi aspettato testo di Dante. Corretto con quella diligenza, che s’ha possuto maggiore , & annotato d’osseruationi se non molte, almeno necessarie. Perciò che il proponimento dell’Autore e stato, d’annotare solamente alcune cose da gli altri ò tralasciate, ò male intese. Le quali certo faceano picciol numero, poi che per le belle ispositioni del dotto M. Alessandro Vellutello, la presente opera è ridutta à tanta facilità, e chiarezza, che cose pochissime, ò rare ui si ponno desiderare. Laonde, cosi perche la sua opinione è da tutti ragioneuolmente stimata migliore, come ancho per darui il libro piu ricco, e copioso, in molti luoghi trouerete essersi seguito il suo parere. Voi dunque prenderete de i frutti delle nostre fatiche, e se uedremo, come speramo hauer in alcuna parte à i uostri honorati studi sodisfatto, oltre che in brieue tempo lo ridurremo in meglio, ne darete anco animo di faticare per uostro commodo in cose tuttauia di maggior importanza.

nonché degli incipit delle due dediche a Coriolano Martirano del Dolce e a Giovanni da Fino di Pietro da Fino inserite, rispettivamente, nell’edizione di Gabriele Giolito de Ferrari e fratelli del 1555 e in quella di Pietro da Fino del 1568 : Se quei Poeti, Reuerendiss. Monsignore, i quali insieme col diletto hanno congionto l’utile, sono degni di somma lode, senza dubbio deurà essere anteposto Dante a ciascun’altro che infino a qui habbia sudato ne i belissimi campi de la Poesia Thoscana. Percioche tirando egli con inuentioni piaceuoli il uolgo alla cognition di cose alte, lo fa capace di diuerse scientie. Fra tutte quelle cose che acquistano gli animi delle persone, niuna ve ne ha à giuditio mio di maggior forza ch’il far benefitio altrui ; il che si può fare non pur con lo haver compassione à gli afflitti, ma col giovar anco à coloro che piu ne hanno bisogno. La qual cosa si come ho sempre lodata, così mi è sommamente piaciuto di fare, si come io faccio anco al presente, percioche essendomi (alcun tempo fà) peruenute alle mani alcune belle et dotte fatiche di M. Bernardino Daniello sopra la Comedia di Dante, mi sono finalmente risoluto di darle fuori ; sì perche si uiuifichi la memoria di M. Bernardino ch’a’nostri tempi fù in molta stima de’ letterati, et che fù molto amato da M. trifone, Gabriello suo precettore, e sì perche gli studiosi di questo grauissimo maggiore autore (principal lume della lingua Volgare) ne apprendano quell’utilità, et quel giouamento che si può trarre da così rara et eccellente lettura di M. Bernardino.

« […] tirando egli con inuentioni piaceuoli il uolgo alla cognition di cose alte » : ecco la chiave, credo, non tanto e non soltanto del taglio specifico delle trattazioni biografiche, 1 E non è il solo Bruni, come comunemente si sottolinea, la fonte : Landino e, naturalmente, il Vellutello sono tenuti in conto, come d’altronde si evince da alcuni riferimenti presenti in dediche o altri corredi.

le vite di dante nelle edizioni della commedia 49 quanto della complessiva proposta editoriale dei Morando, dei Giolito, ecc., i quali, per “confezionare” un prodotto di più largo consumo non potevano certo consentire l’anomalo inserimento nelle proprie edizioni della Commedia di una componente paratestuale, quale la biografia dantesca, di corposità e di contenuti analoghi a quelli che si sintonizzavano e si amalgamavano armoniosamente con le impegnative (sotto tutti gli aspetti) pubblicazioni in quarto o in folio, arricchite, se non vogliamo dire appesantite, da molteplici “corredi” tesi a enfatizzare una fruizione selezionata e “dotta”. Non solo. Allorché appare a Firenze nel 1481 il celebre Commento landiniano, esso viene accolto con insistita approvazione anche al di fuori del circolo mediceo, in quanto summa esegetica catalizzatrice sia della tradizione giuridico-canonistica dei glossatori medievali che delle convergenti fatiche del Ficino, del Poliziano e delle avanguardie poetiche laurenziane. La “platonizzazione” di Dante non poteva che essere accompagnata, per meglio dire legittimata e enfatizzata da una “veste”, da un “contesto” di vistosa e militante lussuosità, in grado di oscurare la stampa milanese di tre anni prima. Ora, a metà del Cinquecento, il rispetto, se si vuole la deferenza nei confronti del Landino è ancor viva e motivi anche politico-culturali consigliano di non rinnegare una tale autorevole tradizione : ma ragioni di carattere non solo filosofico-filologico ma anche commerciale, all’interno di uno scenario editoriale in straordinaria evoluzione, inducono gli esegeti danteschi e chi deve farsi carico di divulgare le loro fatiche e il loro messaggio, gli editori-stampatori, a non trascurare la proposta produttiva in qualche modo inaugurata da Aldo Manuzio non solo per “catturare” l’interesse degli acquirenti ma anche per consolidare la crescente incisività del volgare : e il citato accenno al Bembo da parte del Dolce ne è solo una delle numerose testimonianze. « Mediocrissimo autore ma abile, oltreché infaticabile, imprenditore e manipolatore di prodotti letterari » è stato definito il Dolce da Carlo Dionisotti nella relativa voce inserita nella Enciclopedia dantesca : e in effetti non è un caso se proprio nella stampa curata da Ludovico per la prima volta la “commedia” venga incoronata come “divina” nella parte autoreferenziale per eccellenza di una pubblicazione, cioè nel frontespizio. Certo, resterebbe da appurare quanto abbia inciso l’orientamento del Dolce o non piuttosto quello dell’esperto Giolito su questa e altre decisioni, ma questo è un capitolo che per essere steso persuasivamente necessita di ulteriori ricognizioni e di ben più approfondite conoscenze sugli effettivi rapporti intercorsi fra editori, stampatori, autori, curatori, consulenti, ecc. all’interno di quelle autentiche “officine” di cultura che sono state le tipografie rinascimentali. 1 1 Sul tema non si potrà non rinviare almeno a Paolo Trovato, Con ogni diligenza corretto. La stampa e le revisioni editoriali dei testi letterari italiani (1470-1570), cit. ; e Claudia Di Filippo Bareggi, Il mestiere di scrivere. Lavoro intellettuale e mercato librario a Venezia nel Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1988.

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M i c h e l e Ca rlo Marino IL PARATESTO NELLE EDIZIONI RINASC IMENTALI I TA L I A N E D E L C A N Z ONIERE E DEI TRIONFI

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rima di iniziare ad occuparci di alcuni aspetti paratestuali delle edizioni rinascimentali dell’opera volgare di Francesco Petrarca (recentemente investigati anche da Marco Santoro e da chi scrive 1) sono necessarie alcune brevi premesse. Innanzitutto è d’uopo ricordare come la stessa organizzazione e visualizzazione del proprio testo, in particolar modo del Canzoniere, sia stata oggetto di un lungo ed accurato lavoro da parte del poeta aretino. Tale attività è stata accuratamente ricostruita da numerosi studiosi, tra i quali è d’uopo ricordare almeno Wilkins, 2 Billanovich, 3 Santagata 4 e Petrucci. 5 Come osserva Santoro « Il “caso” Petrarca, vivisezionato in modo sempre più scaltrito dai vari studi di Sabbadini, de Nolhac, Foresti, Ruth Phelps, Vittorio Rossi, Ullman, e soprattutto di Ernest Hatch Wilkins e Giuseppe Billanovich (ma l’elenco degli esegeti potrebbe essere ben più consistente), dicevo il “caso” Petrarca si è prestato e si presta con solare evidenza alla ricostruzione filologica disposta sul piano dell’autografia. È infatti con l’aretino che la funzione dello scrivere viene quasi assolutamente identificata con l’attività creativa del letterato ». 6 Tra le numerose caratteristiche del lavoro del Petrarca è possibile ed utile in questa sede anche ricordare l’impegno per un più corretto e razionale utilizzo della scrittura manoscritta nelle varie tipologie di testi. Importanza della scrittura, quindi, vieppiù testimoniata per un verso dalla sua “gerarchia” nelle accurate e mai occasionali scelte di tratto (la littera textualis [la sua “semigotica”] per le opere creative, latine e volgari ; la corsiva usuale per le minute, gli appunti e le lettere ; la scriptura notarilis per il lavoro di glossa, per le aggiunte e le revisioni), per l’altro dalla sua quasi ostinata volontà di ri-scrittura che coincide con un’intensa, inesausta volontà di libro, cioè con la sua profonda consapevolezza del prodotto materiale manoscritto, che approda ad una forma libraria attentamente studiata sia sul versante interno (concernente l’assetto del testo nelle sue parti e nelle loro reciproche nonché dinamiche relazioni) che su quello esterno (con calibrata valutazione della scrittura, del formato, dell’impaginazione, dell’eventuale decorazione, ecc.). 7 1

Marco Santoro, Michele Carlo Marino, Caratteristiche e funzioni delle componenti paratestuali nelle edizioni rinascimentali italiane petrarchesche, « Nuovi Annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari », xix (2005), pp. 79-106 : si veda anche Michele Carlo Marino, Il paratesto nelle edizioni rinascimentali petrarchesche, in *I dintorni del testo : approcci alle periferie del libro, Atti del Convegno internazionale, Roma, 15-17 novembre 2004, Bologna, 18-19 novembre 2004, a cura di Marco Santoro e Maria Gioia Tavoni, vol. ii, pp. 601-608. 2 Ernest Hatch Wilkins, Vita del Petrarca e formazione del Canzoniere, a cura di Luca Carlo Rossi, Milano, Feltrinelli 2003. 3 Giuseppe Billanovich, Lo scrittoio del Petrarca, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1995 (ripr. facs. dell’ed. 1947). 4 Marco Santagata, Petrarca e i Colonna : sui destinatari di R. v. f., 7, 10, 28 e 40, Lucca, Pacini Fazzi, 1988 ; Id., I frammenti dell’anima : storia e racconto nel Canzoniere di Petrarca, Bologna, Il Mulino, 2004. 5 Armando Petrucci, La scrittura di Francesco Petrarca, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1967 (rist. anast. 1975). 6 Marco Santoro, Michele Carlo Marino, Caratteristiche e funzioni…, cit., pp. 80-81. 7 Ivi, pp. 81-82.

52 michele carlo marino Altra questione estremamente interessante riguarda l’attenzione con cui il poeta aretino ha curato l’impaginazione della propria opera (aspetto particolarmente evidente nel codice autografo Vaticano 3195), avendo cura che ogni sonetto risultasse in un unico foglio (evitando dunque spezzettature), ed anche utilizzando una particolare forma di presentazione grafica, inserendo i versi su due colonne con continuità orizzontale. Tale caratteristica è stata particolarmente approfondita da H. W. Storey e da alcuni suoi collaboratori all’Indiana University, 1 ai cui studi si rimanda per ogni eventuale approfondimento. Altra indispensabile premessa è la consapevolezza della crescente importanza dell’indagine sugli elementi paratestuali all’interno degli studi bibliografici, bibliologici e di storia dell’editoria (sia moderna che antica). Come osservato ancora da Marco Santoro Negli ultimi decenni e soprattutto negli ultimi anni gli studi più scaltriti sul ruolo e la funzione socioculturali rivestiti dalla comunicazione scritta a partire dal Quattrocento si sono sempre più impegnati nell’approfondimento di quelle che sono state le procedure e le logiche seguite e alimentate per la progettazione e la realizzazione degli strumenti della comunicazione stessa. Particolare attenzione, pertanto, è stata destinata all’analisi del processo produttivo del libro tipografico, processo investigato nel suo divenire storico mediante l’acquisizione di documentazione sempre pregnante sia sull’evoluzione tecnica delle varie fasi di composizione, imposizione e stampa, sia sull’articolazione complessiva del lavoro in tipografia. L’oggetto-libro ha così assunto un montante interesse nella sua specificità di manufatto, e la sua “materialità” è stata analizzata autonomamente (ma non in contrapposizione) rispetto al messaggio semantico contenuto. Da qui la crescente acribia caratterizzante gli studi inerenti la “bibliografia testuale”, coltivati non solo in area anglosassone ma anche in Francia e, principalmente negli ultimi tempi, in altre aree europee 2

A partire dagli studi di Gérard Genette 3 si è giunti ad una vera e propria esplosione di interesse che ha visto (tra le altre iniziative) il proprio culmine nello svolgimento del convegno internazionale “I dintorni del testo : approcci alle periferie del libro”, organizzato nel novembre 2004 dal prof. Marco Santoro (coordinatore nazionale del progetto cofin 2003 su tali tematiche) e della professoressa Maria Gioa Tavoni. Sempre nell’ambito di tale iniziativa va ricordata la nascita di una nuova testata sull’argomento, per i tipi degli Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, « Paratesto » (diretta dallo stesso prof. Santoro e codiretta dalla prof.ssa Tavoni). Dunque l’indagine paratestuale come sempre più importante complemento e supporto agli studi che hanno come oggetto il libro (dagli incunaboli agli e-book) e tutti i procedimenti materiali e culturali legati alla produzione dello stesso. « Tramite e in virtù del “paratesto”, dunque, il testo si trasforma in libro, assume specifici connotati che gli consentono di materializzarsi in un oggetto concretamente utilizzabile nelle varie forme acquisite nel tempo (dal manoscritto, a non volere risalire più indietro nei secoli, al documento stampato, fino a giungere al documento informatico nelle due diverse estrinsecazioni di risorsa locale e di risorsa remota) e di manifestarsi al fruitore ». 4 1

Cfr. H. Wayne Storey, Transcription and Visual Poetics in the early Italian lyric, New York, Garland Publishing, 1993. 2 Marco Santoro, Michele Carlo Marino, Caratteristiche e funzioni…, cit., p. 84 : si veda anche per approfondire alcuni aspetti Marco Santoro, Nulla di più ma neppure nulla di meno : l’indagine paratestuale, in *I dintorni del testo : approcci alle periferie del libro, atti del Convegno internazionale, Roma, 15-17 novembre 2004, Bologna, 18-19 novembre 2004, a cura di Marco Santoro e Maria Gioia Tavoni, vol. i, pp. 3-13. 3 Gérard Genette, Soglie : i dintorni del testo, Torino, Einaudi, 1989. 4 Marco Santoro, Michele Carlo Marino, Caratteristiche e funzioni…, cit., p. 83.

il paratesto nelle edizioni del canzoniere e dei trionfi 53 Dunque grande attenzione alla rilevanza di tutta una serie di elementi spesso trascurati dai tradizionali studi legati alle discipline del libro, come (solo a titolo esemplificativo) i frontespizi, e prima ancora i colophon, oppure le dediche, con l’importanza che esse rivestono non solo per ricavare dati bio-bibliografici di autori, dedicanti e dedicatari, ma soprattutto per la luce che possono fornire sui rapporti culturali ed economici all’interno del mondo editoriale (soprattutto nel libro di ancienne regime typographique). O ancora gli avvisi ai lettori, nei quali l’editore assurge finalmente ad un ruolo più attivo all’interno del processo di fruizione e presentazione del proprio prodotto, trovando una sede per poter dialogare direttamente con i reali e potenziali fruitori delle opere da lui presentate. Infatti, come ricorda ancora Santoro, « il discorso sul paratesto non si esaurisce nella doverosa sottolineatura della peculiare materialità di un prodotto editoriale : esso invero si dilata anche sul versante dei contenuti stessi, dei messaggi semantici che espone e che divulga, dei segnali politico-culturali che racchiude ». 1 Ulteriore coordinata necessaria prima di inoltrarci nel nostro discorso è una sintesi sulla “fortuna” editoriale di cui il poeta aretino ha goduto durante i secoli xv e xvi. Le fonti utilizzate per tale ricognizione sono state sia i più tradizionali repertori cartacei, come l’igi (Indice generale degli incunaboli) per le edizioni quattrocentesche, 2 che sui principali opac consultabili online, ed in particolare quello del Servizio Bibliotecario Nazionale (sbn), della British Library, della Bibliothèque Nationale de France e della Library of Congress di Washington. Tali utilissimi strumenti moderni sono, come è esperienza comune per chiunque per ventura o necessità si sia trovato negli ultimi anni a compiere una qualunque ricerca bibliografica, portatori di grandi potenziali sviluppi, ma non va dimenticato come essi siano, allo stato attuale, tutt’altro che esaurienti in merito al posseduto delle biblioteche a cui si riferiscono, né tantomeno privi di errori ed imprecisioni. Inoltre sono stati consultati repertori sulla produzione tipografica cinquecentesca nei vari centri editoriali italiani, nonché l’Illustrated Incunable Short-Title Catalogue, 2ª (iistc), e alcune pubblicazioni sulla fortuna del Petrarca nel Rinascimento, come l’ormai classica Bibliografia Petarchesca di Giuseppe Jacopo Ferrazzi, 3 il noto saggio Fortuna del Petrarca nel Quattrocento di Carlo Dionisotti, 4 il primo volume dell’opera diretta da Amedeo Quondam sul libro italiano antico, 5 un recente articolo di Luigi Balsamo, 6 un recentissimo volume di Klaus Ley 7 nonché una serie di lavori condotti da vari studiosi (Giuseppe Frasso, Maria Cristina Fabbi, Marisa Gazzotti, Maria Grazia Bianchi e Cristina Dondi 8) nell’ambito del progetto 1

Ivi, p. 85. Mentre purtroppo per il Cinquecento non è stato possibile utilizzare il Censimento nazionale delle Edizioni italiane del xvi secolo (curato dall’iccu, Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e per le Informazioni Bibliografiche) in quanto non ancora giunto alla lettera P. 3 Giuseppe Jacopo Ferrazzi, Bibliografia petrarchesca, Bassano, Tip. S. Pozzato, 1877 (Rist. anast. Bologna, Forni, 1979). 4 Carlo Dionisotti, Fortuna del Petrarca nel Quattrocento, « Italia Medioevale e Umanistica », xvii (1974), pp. 61-113. 5 Biblia : biblioteca del libro italiano antico, diretta da Amedeo Quondam, vol. 1, Libri di poesia, a cura di Italo Pantani, Milano, Editrice Bibliografica, 1996. 6 Luigi Balsamo, Chi leggeva Le cose volgari del Petrarca nell’Europa del ’400 e ’500, « La Bibliofilia », civ (2002), iii, pp. 247-266. 7 Klaus Ley, Die Drucke von Petrarcas Rime, 1470-2000 : synoptische Bibliographie der Editionem und Kommentare, Bibliothecksnachweise, Hildesheim [etc], G. Olms, 2002. 8 Giuseppe Frasso, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. British Library, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 56 (1982), pp. 2

54 michele carlo marino per un censimento degli incunaboli e delle cinquecentine petrarcheschi postillati conservati nella maggiori biblioteche europee. Un primo elemento non privo di interesse è costituito dal macrodato inerente le profonde differenze fra le decisioni editoriali degli operatori peninsulari e le scelte di quelli degli altri paesi europei. Su 281 pubblicazioni quattro/cinquecentesche (finora individuate) legate a vario titolo alle opere petrarchesche (da quelle in volgari a quelle in latino) 183 sono italiane (pari al 65,60%) e 96 le straniere (pari al 34,40%). A partire dal 1470, anno in cui vede la luce a Venezia per i tipi di Vindelino da Spira la prima edizione del Canzoniere e dei Trionfi, al 1499 il totale delle pubblicazioni assomma a 55, delle quali 35 italiane (pari al 63,64%) e 20 straniere (pari al 36,36%). Dal 1500 al 1550 le edizioni sono 127, delle quali 85 sono peninsulari (pari al 66,93%) e 42 europee (pari al 33,07%). Infine dal 1551 al 1600 si hanno 97 stampe, 63 italiane (pari al 64,95%) e 34 straniere (pari al 35,05%). Dunque, prevedibile prevalenza di pubblicazioni italiane, prevalenza sostanzialmente costante nei tre periodi, anche se progressivamente meno marcata. Per quanto concerne le edizioni straniere, abbiamo nel ’400 14 stampe tedesche, due olandesi, due belghe, una svizzera e una francese. Nella prima metà del ’500, 3 tedesche, 24 francesi, 12 spagnole, una polacca, una olandese, una svizzera ; e nella seconda metà, 11 francesi, 5 tedesche, 9 svizzere, cinque spagnole, tre inglesi e una belga. Se per il ’400 sono al momento registrate solo le opere in latino (dal De remediis utriusque fortunae al Secretum, dalla lettera nelle “Senili” con la storia di Griselda al Bucolicum carmen al De vita solitaria, ecc.), a partire dalla prima metà del xvi secolo il catalogo si arricchisce di opere in volgare (abbiamo varie edizioni lionesi in volgare e varie traduzioni dei Trionfi in francese e castigliano) e per la seconda metà del secolo anche di opera omnia (come quella edita a Basilea nel 1554 comprendente anche il Petrarca volgare, a distanza di 58 anni dalla precedente, relativa però solo alle opere latine) nonché di traduzioni in inglese, da sottolineare l’esordio della traduzione in spagnolo del Canzoniere. Alla luce di questi pochi dati almeno una considerazione è lecita : siamo dinnanzi all’ennesima conferma della comprensibile diffusione nella “repubblica delle lettere” europea per lo più delle opere in latino, almeno per tutto il secolo xv, diffusione dovuta da un canto al costume culturale dei dotti, dall’altro alla sapiente scelta delle aziende editoriali che sanno di potere beneficiare, per le pubblicazioni in latino, di un “orizzonte di attesa”, per dirla con Jauss, di portata continentale. D’altro canto, che di Petrarca si conoscesse prevalentemente la produzione latina, lo attesta, credo vigorosamente, la monumetale Bibliotheca universalis gesneriana, dove non a caso dell’aretino vengono citate appunto solo le opere latine. 253-262 ; Maria Cristina Fabbi, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Parma : Biblioteca Palatina, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 57 (1983), pp. 288-297 ; Ead., Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Città del Vaticano : Biblioteca Apostolica Vaticana, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 63 (1989), pp. 336-360 ; Marisa Gazzotti, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Milano : Biblioteca Ambrosiana, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 58 (1984), pp. 301-316 ; Ead., Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Paris : Bibliothèque Nationale, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 64 (1990), pp. 285-306 ; Maria Grazia Bianchi, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Milano : Biblioteca Trivulziana, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 58 (1984), pp. 317-330 ; Cristina Dondi, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Oxford : Bodleian Library, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 74 (2000), pp. 675-707.

il paratesto nelle edizioni del canzoniere e dei trionfi 55 Le edizioni peninsulari, come detto, risultano essere 183, cronologicamente così distribuite : 35 dal 1470 al 1499, 85 dal 1500 al 1550 e 63 dal 1551 al 1600. Nel corso dei centotrenta anni le edizioni veneziane sono 145 su 183 (pari al 79,23%), seguono le fiorentine (17, pari al 20,48%), le milanesi (6, pari al 3,27 %), le bolognesi (3, pari al 1,64%), e via via le altre. La predominanza delle pubblicazioni veneziane è progressiva e diviene addirittura schiacciante nella seconda metà del ’500. Se, infatti, nel primo periodo esse coprono, con 16 edizioni, il 45,71% dell’intera produzione italiana, seguite dalle fiorentine (6, pari all’17,14%), dalle milanesi (3 stampe), dalle romane e dalle bolognesi (2 edizioni), e via via da quelle impresse in altri sei centri nella prima metà del secolo decimosesto esse raggiungono, con 68 edizioni su 85, l’80% del totale, seguite da Firenze (otto stampe, pari al 9,41%) e Milano con tre edizioni. Le altre pubblicazioni del periodo vedono la luce in altri cinque centri. Infine, nella seconda metà del ’500, su 63 edizioni, ben 60 (pari al 95,24%) sono veneziane. La leadership lagunare nella produzione petrarchesca non può naturalmente sorprendere soltanto se si consideri il ruolo rivestito dall’editoria veneziana nel periodo rinascimentale, ruolo che nella seconda metà del secolo decimosesto acquisisce montante rilevanza in virtù sia delle procedure censorie attivate da Roma sia della politica autonoma perseguita dal governo della Serenissima (crocevia per altro degli itinerari commerciali), sia infine dell’ormai radicato predominio delle aziende editoriali locali, predominio che, nel caso delle pubblicazioni di ampia divulgazione presso le categorie avvezze alla lettura, assume i connotati del vero e proprio monopolio. Passando ora all’analisi delle pubblicazioni va innanzitutto presa in considerazione la prima edizione italiana delle opere in volgare del poeta aretino, quella pubblicata a Venezia nel 1470 per i tipi di Vindelino da Spira (Fig. 1). Essa appare semplice ed elegante, con la presentazione del testo del Canzoniere e di seguito dei Trionfi privi di commento o altro elemento paratestuale. Successivamente, già a partire dall’edizione romana dell’anno seguente fanno la loro comparsa i primi elementi di accompagnamento (nello specifico si tratta di una vita del poeta). In seguito le edizioni dei Rerum vulgarium fragmenta si arricchiranno di molti elementi che si possono definire paratestuali, e soprattutto di commenti all’opera, in particolare quelli del Filelfo (per il Canzoniere) e di Bernardo Glicino (per i Trionfi). Tale sarà l’importanza e la rilevanza di questi commenti che « […] con l’eccezione di poche edizioni […] il testo di Petrarca nel Quattrocento venne stampato anzitutto come un libro di studio di tradizione universitaria, con il testo disposto su due colonne e circondato da un commento composto del 1446 [quello del Filelfo] ». 1 Dal modello in folio impresso da Vindelino da Spira nel 1470 costruito sulla pura presentazione dei testi petrarcheschi, corredati unicamente da una “Tabula” che, per semplificare, oggi definiremmo delle cose notabili (ma il discorso sugli “Indici”, sulle “Tabule”, ecc., è di estremo interesse e meriterebbe una relazione a se stante), all’ultimo incunabolo del 1497 stampato da Bartolomeo Zani a Venezia molta acqua sotto i ponti è passata. Le edizioni si sono a mano a mano arricchite di proemi, prologhi, dediche, interventi vari (dal racconto dell’amore del Poeta per Laura all’elogio sull’operato di Scinzenzeler steso da Francesco Tanzio, ecc.), così che, al di là dell’apporto critico, esse hanno accresciuto la loro vistosa eleganza, connotando il manufatto quale prodotto di lusso, destinato non solo a principi e ad alte personalità ma anche ad una cerchia sempre crescente di lettori e di dotti ormai sempre più inclini a incrementare le proprie raccolte con stampe in volgare. Per invogliare 1 Nadia Cannata, La percezione del Canzoniere come opera unitaria fino al Cinquecento, « Critica del testo », vi, 1 (2003), pp. 155-176, in particolare p. 157.

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Figura 1. all’acquisto, per battere la concorrenza (ricordo soltanto che stiamo parlando di edizioni in volgare destinate quasi esclusivamente al mercato peninsulare, e stiamo altresì parlando di oltre 30 stampe per un totale orientativo di almeno 25.000 esemplari !), occorre confezionare un documento che rispetto agli altri possa fregiarsi di una qualche novità che, molto spesso, considerato che in termini

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di intervento filologico o di commento esse sono alquanto simili, si concretizza proprio nella veste estetica e nell’inserimento di pagine preliminari o finali non strettamente legate al discorso artisticosemantico petrarchesco. 1

Un importante svolta nella tradizione delle edizioni a stampa dell’opera di Petrarca si ha con l’edizione veneziana stampata da Aldo Manuzio nel 1501 (Fig. 2), frutto del sodalizio tra il grande editore-umanista e Pietro Bembo. 2

Figura 2.

Tale edizione differisce dagli incunaboli che la hanno preceduta sotto molto aspetti. Innanzitutto il formato, che è un pratico e maneggevole ottavo. Inoltre la presentazione del testo che è offerto al lettore nella massima semplicità, senza alcun commento, nella purezza dell’edizione “filologica” curata da Bembo basandosi su vari manoscritti, 3 e con l’utilizzo 1

Marco Santoro, Michele Carlo Marino, Caratteristiche e funzioni…, cit., pp. 98-99. Sull’attività di Aldo Manuzio, e sul sodalizio con Pietro Bembo, si veda Marco Santoro, Storia del libro italiano. Libro e società in Italia dal Quattrocento al Novecento, Milano, Editrice Bibliografica, 1995, in particolare pp. 109-116. 3 Riguardo a tale edizione si veda Giuseppe Frasso, Appunti sul « Petrarca » aldino del 1501, in Vestigia : studi 2

58 michele carlo marino dell’innovativo carattere corsivo prodotto nell’officina stessa. In questa notissima pubblicazione, che è appena il caso di ricordare precede solo di un anno l’edizione dello stesso Aldo Manuzio della Commedia dantesca, è presente un interessante avviso ai lettori, da cui traspare chiaramente come tale versione dell’opera del Petrarca non sia stata all’epoca immune da critiche di vario genere, appunto per le novità filologiche apportate Io mi credea per certo havere a bastanza dato fede della correttione di questo libro, che io vi porgo o lettori ; havendovi una volta detto, che egli è tolto dallo scritto di mano medesima del Poeta havuta da M. Pietro Bembo ; estimando, che non mi fusse gran fatto bisognevole alla vostra credenza meritare in quello, che io vi promettea, altro, che il vivo testimonio di tanto huomo. Hora io m’aveggo altrimenti essere avenuto, che io non pensava. Perciò che sono alcuni (si come io intendo) ; che dicono, non essere perciò così compiutamente corretta questa forma, che io v’ho data ; come si dice.

Come risulta evidente Manuzio difende molto fortemente la propria opera editoriale dalle critiche. Tale scelta risulterà comunque vincente, in quanto l’edizione curata dal Bembo andrà in breve tempo a costituire un modello imprescindibile per chiunque si accingerà a dare alle stampe un edizione dei Rerum Vulgarium Fragmenta. Ma l’impeto innovativo del grande editore-umanista veneziano risalta evidente anche nella successiva edizione del Petrarca, del 1514. In questa edizione fa la sua comparsa per la prima volta quella che verrà definita dagli studiosi del grande poeta aretino l’Appendix al Canzoniere ed ai Trionfi. 1 Tale “appendice” è composta da un presunto capitolo attribuito al Petrarca ma da lui stesso rifiutato (si ipotizza possa trattarsi dell’ultimo capitolo del Trionfo della Fama), di una canzone, di una ballata ed alcuni sonetti di incerta attribuzione, nonché di una serie di sonetti indirizzati al poeta da parte di altri letterati e personaggi dell’epoca, come Geri di Gianfigliacci, Sennuccio da Siena, Giovanni de Dondi e Giacomo Colonna (ad essi più avanti si aggiungeranno altri due o tre personaggi). In questo caso vengono riportati nell’Appendix i sonetti di questi ultimi per esteso, mentre viene riprodotto unicamente l’incipit dei sonetti di risposta scritti dal Petrarca, ed inclusi dalla tradizione all’interno del Canzoniere, fornendo il riferimento per rintracciare il testo integrale all’interno del volume. Concludono questa “appendice” tre canzoni, composte da Guido Cavalcanti (Donna mi prega : perché voglio dire), Dante Alighieri (Così nel mio parlar voglio esser aspro) e Cino da Pistoia (La dolce vista, e ‘l bel guardo soave). Si tratta delle canzoni dei tre autori citate dal poeta aretino nella canzone Lasso me, ch’i’ non so in qual parte pieghi. Per quanto riguarda i componimenti dell’Alighieri e di Cavalcanti, essi hanno goduto di una seppur scarna tradizione a stampa negli ultimi anni del Quattrocento (rispettivamente 1491 e 1498) come evidenziato dal De Robertis, 2 mentre per la canzone di Cino da Pistoia questa di Manuzio è in assoluto la prima edizione a stampa (Fig. 3). Riguardo all’inserimento di tale appendice in questa edizione, lo stesso Aldo motiva la propria scelta nel breve avviso intitolato Aldo agli lettori (Fig. 4), in cui spiega : Forse che il meglio era, delle cose che M. F. P. non vi dar altro ad leggere, che quelle, che esso ha giudicato degne, che escano in man de gl’huomini : per che mal ufficio par a me che faccia colui ; il in onore di Giuseppe Billanovich, a cura di Rino Avesani, Mirella Ferrari, Tino Foffano, Giuseppe Frasso e Agostino Sottili, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1984, vol. i, pp. 315-335. 1 Si veda al riguardo Domenico De Robertis, L’Appendix Aldina e le più antiche stampe di rime dello stil nuovo, in Domenico De Robertis, Editi e rari : studi sulla tradizione letteraria tra Tre e Cinquecento, Milano, 2 Feltrinelli, 1978, pp. 27-49. Ibidem.

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Figura 3. quale contra l’altrui volontà, fa veder quello, che egli desidera che sia nascosto. Et chi dubita che M F non componesse molto più et canzoni et sonetti di quelli, che si veggono ? Invero niuno non divenne egli in un giorno perfetto poeta : anche egli si exercitò : compose anche egli delle cose non così buone : ma fece quello che ha sempre fatto, et far deve ogni prudente venuto al buon giudicio : scelse delle compositioni sue tutte quelle, che pensò si devessero dare il nome, che poi ha conservato l’altre, che di se degne non li parvero, lasciò fuori

Però, giustificando la propria scelta di inserire comunque tali componimenti, aggiunge « Accioché voi buoni lettori leggendolo, meglio vediate il vero : e conosciate le ragioni certissime, che mossero il gentilissimo giudicio a far quel che fece », non nascondendo che essi erano assenti nella prima edizione del 1501 per scelta di Pietro Bembo, ma che comunque la decisione sull’opportunità o meno di leggere tali scritti era da lasciare ai lettori. Questa “appendice” conoscerà una grande fortuna nelle successive edizioni, tale da divenire un elemento di corredo pressoché costante in tutte le pubblicazioni dei Rerum Vulgarium Fragmenta, anche in maniera meccanica, tanto è vero che in alcune edizioni tarde è facile imbattersi in Appendix in cui i riferimenti al testo collegati agli incipit delle risposte del Petrarca a personaggi quali Geri di Gianfigliacci, ecc sono errati, probabili testimoni di “appendici” riprese direttamente da diverse edizioni e riportate pedissequamente, senza peritarsi di aggiornare i riferimenti interni. Altra edizione fondamentale che vide la luce nei primi decenni del xvi secolo è quella corredata dal commento di Alessandro Vellutello, pubblicata per la prima volta nel 1525 da Giovan Antonio di Nicolini e fratelli da Sabio, e che conoscerà una costante fortuna nel corso dell’intero secolo. Fra le molte particolarità presenti nelle versioni dell’opera di

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Figura 4.

Petrarca curate dal commentatore lucchese, una ha un’immediata ed evidente rilevanza dal punto di vista paratestuale. Il Vellutello propone una tripartizione del Canzoniere in chiara

il paratesto nelle edizioni del canzoniere e dei trionfi 61 opposizione alla tradizionale bipartizione, già affermatasi nelle edizioni tardo-quattrocentesche (infatti i primi incunaboli presentavano il testo dei sonetti e delle canzoni senza alcuna divisione interna), 1 e che aveva trovato un’autorevole conferma nell’edizione aldina curata da Pietro Bembo. Tale è la novità che il Vellutello sente il bisogno, in particolar modo nelle prime edizioni dell’opera con il proprio commento, di inserire un Trattato de l’ordine de’ sonetti et canzoni del Petrarca mutato. 2 Lo stile ottimamente inteso & da quasi tutti gli espositori ne’ principi delle opere servato vorrebbe che dopo il recitato « Proemio », la « Vita & costumi del poeta » dovesse seguitare. Ma perché a me conviene alcune cose quanto a l’ordine de’ sonetti & canzone mutato dover dire, et nessuno altro luogo ove meglio poterle accomodare occorrendomi, un poco da tal servato stile, come sforzato, dipartendomi, dirò che assai chiaramente mi par vedere quanto l’ordine di essi sonetti & canzone da quello che esser soleva mutato, habbia da parere a tutto ‘l mondo nel primo aspetto inconveniente & strano, come delle cose ancora non intese quasi sempre suol avenire. Ma del tutto fuori d’ogni ragione dovrà parere a coloro che nel primo ordine, a lor modo interpretando, credono havere alcuna continuatione trovato, et tanto maggiormente per essere da Aldo Romano, che ultimamente in lettera corsiva fece la presente opera stampare, affermato lui haverla dal proprio originale & scritto di mano del poeta cavata, adducendo il testimonio dello eccellentissimo Messer Pietro Bembo, dal quale dice haverlo havuto. Onde, se io in mia scusa volessi (particolarmente tutta l’opera discorrendo) et perché questo sonetto & perché quella canzone sieno stati da me del primo luogo levati & in un altro posti render ragione, bisognerebbe far un altro volume, forse non minore di quello dal quale il comento è contenuto. La qualcosa non intendo voler per alcun modo fare. Ma se io per evidentissime ragioni proverò in esso ordine non essere ordine alcuno, ragionevolmente mi si concederà non esser vero che Aldo dell’originale del poeta habbia questa opera cavata, perché quando di sua mano originale alcuno se ne trovasse, non è da dubbitare che egli lo havrebbe col suo debito ordine lassato

Dunque un forte attacco all’opera di Manuzio, ed indirettamente allo stesso Bembo, che tra l’altro era un conoscente del Vellutello, 3 ma anche una rivendicazione altrettanto forte e decisa dell’originalità della propria opera esegetica (aspetto che, come è intuibile, aveva una rilevanza commerciale non secondaria in un mercato editoriale come quello della Venezia della prima metà del Cinquecento). L’argomentazione del letterato lucchese prosegue sostenendo, anche attraverso alcuni esempi, come i sonetti e le canzoni del Petrarca non siano legati tra di loro da una rigida sequenzialità, come le terzine di Dante o i versi di Virgilio, ma siano ognuno a se stante, similmente agli epigrammi di Marziale o alle elegie di Ovidio. A riprova di ciò evidenzia come alcuni componimenti che tradizionalmente sono inseriti tra i primi del Canzoniere si riferiscano agli ultimi anni dell’amore del poeta per Laura, mentre altri che sono solitamente a questi successivi nell’ordinamento siano riferibili ai primi anni dell’innamoramento dell’aretino. Inoltre Vellutello cita un epistola tratta delle Familiari (i, 1) del poeta, in cui 1 Al riguardo si veda Christoph Niederer, La bipartizione in vita / in morte del « Canzoniere » di Petrarca, in Petrarca e i suoi lettori, a cura di Vittorio Caratozzolo e Georges Güntert, Ravenna, Longo, 2000, pp. 19-41, nonché la già citata Nadia Cannata, La percezione del Canzoniere…, cit. 2 Si riporta il testo tratto dalla prima edizione del commento del Vellutello, pubblicata da Giovan Antonio di Nicolini e fratelli da Sabio a Venezia nel 1525. 3 Sull’opera e le vicende biografiche del Vellutello si vedano Gino Belloni, Laura tra Petrarca e Bembo : studi sul commento umanistico-rinascimentale al « Canzoniere », Padova, Editrice Antenore, 1992, in particolar modo pp. 58-95 ; Luigi Baldacci, Il petrarchismo italiano nel Cinquecento, Padova, Liviana, 1974, in particolar modo pp. 49-74.

62 michele carlo marino egli sostiene che in età avanzata si è dedicato alla cernita dei propri componimenti (ad ennesima riprova della grandissima attenzione del poeta per le realizzazione finale della propria opera), emendando, seppur a malincuore, quelli che non riteneva degni di comparire della versione definitiva dei Rerum Vulgarium Fragmenta. Il commentatore lucchese sostiene che se i sonetti e le canzoni fossero stati vincolati da uno stretto legame di sequenzialità tale opera di espurgazione non sarebbe stata realizzabile. Il sopra citato trattato si conclude dunque così Et questo basti haver detto dell’ordine, per dimostrare che l’opera non è stata dall’originale del poeta cavata, & che da noi a megliore ordine è stata ridotta, et non senza fondamento, perché noi giudichiamo che appresso di coloro li quali hanno de’ vestigi di questo poeta qualche cognitione, l’ordine solamente habbia ad esser in luogo di commento, & a gli altri via da più leggiermente ogni sentimento di quella poter havere

In pratica la tripartizione proposta dal Vellutello si basa sull’argomento dei singoli componimenti, andando a riunire i sonetti e le canzoni scritte quando Laura era ancora in vita in un primo gruppo, quelle scritte dopo la morte della donna amata in un secondo raggruppamento, ed infine quelle non riferibili all’amore per Laura in un terzo gruppo. Va tuttavia seppur brevemente sottolineato come tale originale scelta può comunque ben accordarsi con la tendenza comune alla quasi totalità dei commentatori cinquecenteschi del Petrarca di correlare strettamente l’opera poetica alle vicende biografiche (ed in particolar modo sentimentali) del poeta aretino, 1 e di considerare dunque i componimenti inclusi nei Rerum Vulgarium Fragmenta direttamente legati all’amore per Laura. Ma a conferma di quanto tale tripartizione abbia continuato a sembrare anomala ai contemporanei si può ricordare che mentre il Trattato de l’ordine de’ sonetti et canzoni del Petrarca mutato comparirà unicamente nelle prime edizioni del fortunato commento del Vellutello, in quelle successive sarà sempre presente un breve testo (della dimensione di circa mezza pagina) intitolato Divisione de sonetti e de le Canz[oni] del Petrarcha in tre parti I sonetti e le canzoni del Petrarca seguitando l’ordine de gli antichi testi, sono stati in due parti divisi, cioè quelli che’n vita, da quelli che’n morte di Madonna Laura fu giudicato che da lui fossero scritti da ch’il primo ordine li diede, laqual divisione, non avendo a quelli altro ordine posto, era poco necessaria. Ma noi che ad altro ordine riducer li vogliamo, non solamente in due, ma in tre parti è di bisogno che li dividiamo

e dopo aver spiegato cosa conterranno le prime due parti aggiunge che « Terza, et ultima parte fuori dell’opra [dove] saranno posti tutti quelli che ’n diversi tempi et altri soggetti, et a più terza persone da lui furono scritti » (Fig. 5). Il problema della partizione del testo sarà affrontato anche da Giovanni Andrea Gesualdo 2 nel proprio commento all’opera volgare del Petrarca, pubblicato per la prima volta a Venezia nel 1533 da Giovan Antonio Nicolini da Sabio. Anche il commentatore napoletano, molto probabilmente su suggestione di quanto fatto dal Vellutello, ha avvertito l’esigenza di inserire tra i testi di corredo all’opera poetica L’ordine e la divisione de l’opra Havendovi dopo il titolo del libbro narrato la vita del poeta e dimostrato la ‘ntentione, degno è che dichiariamo l’ordine e la divisione de l’opra c’habbiamo preso ad esporre ; ove s’io volessi dar 1

Cfr. Nadia Cannata, La percezione del Canzoniere come …, cit., pp. 172-173. Riguardo a Giovanni Andrea Gesualdo, alle sue vicende biografiche ed alla sua opera esegetica, si vedano Gino Belloni, Laura tra Petrarca e Bembo…, cit., in particolar modo pp. 189-225 ; Luigi Baldacci, Il petrarchismo italiano…, cit., in particolar modo pp. 49-74. 2

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Figura 5. nuovo ordine, diverso da quel de gli altri, per quel ch’io ne sento altramente, ne le spositioni, & altresí facesse ciascuno de gli spositori c’hanno a venire – s’alcuni pur ne verranno – sí come dubbio sarebbe se ritrovassimo il vero ordine nel quale furono i sonetti e le canzoni dal poeta composte, cosí per fermo mi persuado che a’ vaghi lettori gran noia & insopportabile affanno apporteremmo. Né perch’io veggia con manifesto errore alcune cose trasposte, giusta cagione mi si dà ch’io ardisca di cangiar luogo a tutte l’altre, possendo elle stare là ove locate si trovano.

In pratica Gesualdo non confuta le ragioni del Vellutello, ma non le sposa neppure e dunque preferisce rifarsi alla tradizione, ed all’autorità sempre presente di Bembo, ribadendo la più consueta bipartizione in vita ed in morte di Laura. Nel 1541, meno di dieci anni dopo l’uscita della prima edizione del commento del Gesualdo, vide la luce a Venezia, sempre nell’officina di Giovan Antonio di Nicolini e fratelli da Sabio, la prima edizione dell’opera volgare del Petrarca curata da un altro letterato originario di Lucca, Bernardino Daniello. 1 Egli non opta per l’inserimento di un testo esplicativo sulla partizione dei sonetti e delle canzoni, probabilmente perché fa riferimento esplicitamente al Bembo per l’intelaiatura del testo che utilizza per la propria opera esegetica. Dunque egli adotta la tradizionale bipartizione in vita ed in morte di Laura. D’altronde l’attenzione del commentatore toscano è rivolta verso altri aspetti. Infatti la sua opera esegetica si caratterizza in maniera molto forte per l’attenzione verso tematiche di ricostruzione filologica, 1

Riguardo a Bernardino Daniello, alle sue vicende biografiche ed alla sua opera esegetica, si vedano Gino Belloni, Laura tra Petrarca e Bembo…, cit., in particolar modo pp. 226-283 ; Luigi Baldacci, Il petrarchismo italiano…, cit., in particolar modo pp. 49-74.

64 michele carlo marino come viene esplicitamente dichiarato nella dedica presente nell’edizione princeps del 1541, indirizzata al Vescovo di Brescia Andrea Cornelio, in cui il Daniello dichiara di occuparsi delle « diverse lettioni di molti luoghi tratte dagli scritti di man propria del Petrarca. Nelle quali con l’occhio sano del giuditio mirando, potranno gli studiosi de le cose sue non solo l’acutezza di quello di lui chiaramente discernere, ma come essi ancora possino il loro nelle loro compositioni migliore e più perfetto avere, appareranno ». Egli utilizza per l’opera volgare di Petrarca lo stesso tipo di cura che era tradizionalmente riservata ai classici latini, e, come nota Luigi Balsamo arrivò a porre la questione delle varianti interne (d’autore). Si trattava di una proposta del tutto nuova rispetto alla tradizione del commento e della critica, che proprio col Petrarca « apre qui un capitolo importante nella storia della nostra filologia » 1 introducendo una distinzione di valori testuali per la quale Daniello si avvalse, come dichiarò lui stesso, proprio delle varianti trovate nelle carte del Bembo. Mentre il commento del Vellutello aveva rimpiazzato quello del Filelfo restando ancora adatto per un largo pubblico anche di media cultura, Daniello chiaramente si rivolse a lettori impegnati sul piano filologico a livello scientifico, un circuito più ristretto ma ormai anch’esso cresciuto rispetto a qualche decennio prima. 2

Di carattere molto diverso sono le edizioni dei Rerum Vulgarium Fragmenta curate da Francesco Alunno 3 (la cui prima pubblicazione risale al 1539 per i tipi di Francesco Marcolini da Forlì). La scelta del commentatore ferrarese è stata quella di suddividere il volume in due parti. Nella prima di queste viene presentato il testo del Canzoniere e dei Trionfi privo di appesantimenti legati a commenti o “glosse”, sul modello delle precedenti edizioni aldine. Nella seconda parte sono impresse le Osservazioni di M. Francesco Alunno da Ferrara sopra il Petrarca, dotate di un proprio frontespizio che riporta il ritratto del commentatore (Fig. 6). Queste Osservazioni constano fondamentalmente di un vero e proprio rimario, presentato in ordine alfabetico, dei vari termini utilizzati dal poeta aretino nella sua opera con i riferimenti al testo pubblicato nella prima parte del volume. Solo in pochissimi casi è presente una sintetica nota di spiegazione del vocabolo presentato, con una funzione più strumentale alla definizione del termine che con intenti didattici o linguistici. 4 È interessante notare come i rimari siano spesso, soprattutto nella seconda metà del xvi secolo, presenti come complemento alle edizioni del Canzoniere e dei Trionfi, mentre a differenza delle coeve edizioni del Decameron 5 mancano quasi totalmente veri e propri “vocabolari” della nascente lingua volgare. Nella successiva edizione dei Rerum Vulgarium Fragmenta corredati dalle Osservazioni dell’Alunno, pubblicata sempre a Venezia nel 1550 da Paolo Gherardo, l’apparato paratestuale si arricchisce di curiosi componimenti. Oltre a quello di lode dedicato da Pietro Aretino a Francesco Alunno per la sua meritoria opera (già presente nell’edizione del 1539), compare un presunto scambio epistolare tra l’Alunno e il Petrarca, organizzato in modo che la lettera del poeta aretino compaia prima dell’inizio delle Osservazioni, mentre la ri1

Gino Belloni, Laura tra Petrarca e Bembo…, cit., p. 234. Luigi Balsamo, Chi leggeva Le cose volgari del Petrarca…, cit., pp. 255-256. 3 Su Francesco Alunno si veda Gino Belloni, Laura tra Petrarca e Bembo…, cit. 4 A titolo esemplificativo si può citare il lemma “campo”, presente tre volte, e accompagnato da brevi note in cui si specifica nel primo caso che si tratta di « sito ispatioso & da lavorare, & da seminare, la pianura » ; nel secondo caso utilizzato « in vece di spatio » ; nel terzo caso invece si tratta di un campo « militare, cioè l’essercito, & luogo per combattere ». 5 Al riguardo cfr. il saggio di Marco Pacioni pubblicato nel presente volume. 2

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Figura 6.

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66 michele carlo marino sposta del commentatore ferrarese è presentata in chiusura del volume. Nella sua presunta epistola Petrarca scrive Io vi giuro Alunno mio per la mia dolcissima Laura, che mi diede il nome di poeta, ch’io son stato molti, & molt’anni dubbioso di non esser tale ne miei versi volgari quale quasi tutti mi havete stimato ch’io sia, & questo non per altra cagione, se non perché essendo voi per giuditioso, & eccellente tenuto da molti nella nostra bellissima lingua Thoscana, par che mi habbiate reputato da molto de glialtri poeti volgari, perche ne le vostre prime fatiche ricordandovi di me faceste il libro delle mie Osservationi, nel quale oltre che vi mancano molte delle voci da me usate, non le havete distintamente poste con le loro clausule intere, & quello, che peggio è, voi havete accennato solo il riporto con numeri delle carte, & de versi, che porge poco, o nessuno aiuto agli studiosi delle cose mie ; Là dove de glialtri havete fatto tutto il contrario, percioche alle opere del mio amicissimo Giovan Boccaccio col quale pur hoggi ne son stato a lunghi discorsi, havete donato il libro delle ricchezze inestimabili, per lo quale tutti gli amatori di tal lingua possono sicuramente, et senza fatica appurare, & isprimere leggiadramente il concetto della mente loro ; havendo tutte le sue voci in esso con bell’ordine appieno distinte.

Il discorso del Petrarca continua chiedendo all’Alunno di mettere nuovamente mano alla sua opera, per fare una migliore “anatomia” della stessa, come anche « M. Gio[vanni] Boccaccio, Dante, & l’Ariosto vostro vi si raccomandano molto ». La lettera si chiude con i saluti del poeta dai campi elisi (Fig. 7). In chiusura delle Osservazioni si trova, come anticipato, la risposta del ferrarese, che ovviamente dice di aver adempiuto alla richiesta del poeta e degli altri letterati Che più degna impresa, ne più utile mi si potea rappresentare. Mi risolsi subito di non più tardare, anzi con tutto ‘l mio sforzo conducerla a fine ; onde se io ho ubbidito tosto, & a voi, & a loro, chiaritevene per l’opera istessa, che già fra noi sene va gloriosa per tutto.

Si tratta indubbiamente di un ingegnoso sistema per sottolineare come le Osservazioni siano state innovate. Una strategia degna di un moderno esperto di marketing. Un altro elemento paratestuale di grande rilevanza all’interno delle edizioni rinascimentali del Canzoniere e dei Trionfi è la diffusa presenza di biografie del Petrarca. A partire dai primi incunaboli, in cui è spesso presente una sintetica vita del poeta, in molti casi attribuibile ad Antonio da Tempo o alle note sulle vicende terrene dell’aretino presenti nel commento di Filelfo, anche queste brevi biografie di corredo hanno conosciuto una interessante evoluzione. 1 I principali commentatori cinquecenteschi dei Rerum Vulgarium Fragmenta hanno arricchito le edizioni da loro curate con notizie sulle vicende biografiche del Petrarca. Tra quelli che hanno avuto più fortuna è ovviamente Alessandro Vellutello, che correda le sue prime edizioni con un Vita e costumi del poeta ed una Origine di Madonna Laura con la descrittione di Valclusa e del luogo ove il poeta a principio di lei s’innamoro (testi che continueranno ad essere presenti insieme ad altri in tutte le edizioni del fortunato commento del letterato lucchese). Nella propria vita del poeta aretino il Vellutello, come d’altronde aveva già fatto nel suo Trattato de l’ordine de’ sonetti et canzoni del Petrarca mutato, non manca di sottolineare l’innovazione del proprio commento rispetto a quelli che lo avevano preceduto. Così nella vita inserita nell’edizione del 1528 si legge La vita et i costuni di Messer Francesco Petrarca, furono da lui medesimo fino a certo tempo, in una sua epi[stola] ad posteritatem intitolata,sommariamente scritta. Di qui Bernardo Ilicino, che i 1 Sulle vite del poeta nel periodo rinascimentali si veda il fondamentale volume di Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, Milano, Vallardi, 1904.

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Figura 7. Triomphi espose, Girolamo Squarciafico che parte de la presente opera volse commentare, e Messer Antonio da Tempo, che su tutta alcuna cosa si ingegnò voler dire, presero poi il soggetto, ma noi che ne l’altre sue opere, e ne l’historie del suo tempo habbiamo di lui molte altre cose raccolto, volendoli più distintamente scrivere, vi giungeremo quelle, che giudicheremo degne di non esser taciute.

Dunque è evidente la volontà di dare risalto agli elementi innovativi della propria biografia, che è comunque esaustiva delle vicende del Petrarca, con la narrazione dell’infanzia, del percorso poetico, delle amicizie che hanno costellato la sua vita (tra cui quella molto importante con i due Colonna in Francia) nonché degli anni della vecchiaia e della morte. Alla vita segue, come già detto, un componimento su Laura, in cui il lucchese cerca di ricostruire, per quanto possibile, la biografia della donna amata dal poeta e la nascita del loro sentimento, anche giovandosi della propria esperienza maturata in occasione dei suoi viaggi compiuti in Provenza, con il preciso scopo di rintracciare elementi biografici sul poeta e su Laura. Frutto di tali viaggi è anche l’incisione del sito di Valclusa, che correderà tutte le edizioni del commento del letterato toscano (Fig. 8). Diretto riferimento al commento del Vellutello è fatto da un altro commentatore della prima metà del xvi secolo, Silvano da Venafro, la cui versione del Canzoniere e dei Trionfi vide la luce solo a Napoli nel 1533 per opera di Antonio Iovino e Matteo Canzer. Egli correda tale volume di una Vita, et costumi del poeta, in cui ricostruisce, rifacendosi alle biografie tradizionali, le vicende terrene del poeta aretino. Ad essa segue una [Vita] Di M. Laura, nella quale, forse avendo presenti le congetture del Vellutello, sostiene in un testo di meno di due pagine che nulla, tranne ciò che dice Petrarca, è possibile sapere su Laura. Si

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michele carlo marino

Figura 8.

sbilancia solamente nell’ipotizzare che la donna si fosse sposata, in quanto se ciò non fosse avvenuto, per rimanere onorabile, ella avrebbe dovuto essere vergine : ma così non viene mai definita nei sonetti e nelle canzoni a lei dedicati. Che il commentatore napoletano avesse presente l’opera del suo predecessore lucchese risulta espressamente dall’avviso Ai lettori: E per dire il vero i ho gran paura che’l Vellutello un di non vengi a trovarmi per camminarmi aguisa di martinello : per ch’i ho trovato in mola di quei nodi più faticosi del P[etrarca], quali ha persuaso altrui di aver disciolti che g’iha radoppiati et iviluppati si, chio sono stato costretto a dirlo.

Dunque una chiara dichiarazione di ostilità, contestualizzata nella esposizione dei motivi che lo rendevano restio a pubblicare il proprio commento. Sempre nel medesimo avviso si trova un riferimento a Pietro Bembo (punto di riferimento costante per chiunque nel corso del Cinquecento si accinga ad affrontare il testo dei Rerum Vulgarium Fragmenta). Il commentatore napoletano si scusa per non aver seguito tutti i dettami filologici del curatore dell’edizione aldina, ma si giustifica parzialmente dichiarandosi un « nato nelle selve » e non un « Toscano ». Con l’avvicinarsi alla fine del secolo l’apparato paratestuale si accresce in maniera sensibile. Ad esempio le edizioni commentate dal Gesualdo si presentano corredate innanzitutto da una Vita del Petracha, che risulta (fin dalle prime edizioni curate dal commentatore napoletano) molto ricca e dettagliata, con grande attenzione dedicata agli studi compiuti dal poeta aretino ed alla sua vita politica, con i molti incarichi prestigiosi e le molte amicizie

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Figura 9.

importanti, ricca di elogi per la sua vita sempre morigerata. Alla vita del poeta segue (anche in questo caso fin dalle prime edizioni commentate dal Gesualdo) un testo intitolato I luoghi del Petrarcha onde lo spositore ha raccolto quanto ha qui scritto di lui che descrive le zone della Provenza ove il Petrarca si è innamorato di Laura, e poi fornisce qualche cenno sulla vita di quest’ultima. A questi testi con il passare degli anni si uniscono altri componimenti, come la tavola de sonetti e de le canzoni o la tavola delle cose più notabili ; che in questo commento del

70 michele carlo marino Gesualdo si contengono. Si tratta di indici più o meno accurati e dettagliati, che concorrono all’arricchimento delle edizioni anche con scopi chiaramente commerciali. Il medesimo fenomeno si osserva nelle edizioni corredate dal commento del Vellutello, dove alla Vita e costumi del poeta ed alla Origine di Madonna Laura con la descrittione di Valclusa e del luogo ove il poeta a principio di lei s’innamoro si uniscono altri componimenti, come il Privilegio della incoronatione del Petrarca ed il Testamento di M. Francesco Petrarca tradotto per quelli che non sanno lettere, seguiti sempre dalla Divisione de sonetti e de le canzoni del Petracha in tre parti, nonché (ma questi testi fanno la loro comparsa già negli anni trenta del xvi secolo) da due pagine intitolate rispettivamente Alessandro Vellutello sopra i Triomphi del Petrarca e Soggetto dei Triomphi del Poeta che vengono inserite prima dell’inizio del primo Trionfo, quello d’Amore, e che contengono alcune annotazioni sul valore poetico del Trionfi stessi. Sempre verso la metà del Cinquecento fa la sua prima comparsa nelle edizioni stampate da Gabriel Giolito un’incisione che godrà di grande fortuna nel corso del secolo : quella che raffigura l’urna contenente le sacre ceneri del poeta, rappresentata con sopra i profili del Petrarca e di Laura (Fig. 9). L’appesantimento dell’apparato paratestuale risulta ancor più evidente in alcune edizioni della fine del Cinquecento. Ad esempio nel Petrarca stampato a Venezia nel 1586 da Giorgio Angelieri, oltre alla Vita e costumi di M. Francesco Petrarca e alla Origine di M. Laura con la descrittione di Valclusa, et del luogo, ove il poeta di lei s’innamorò (anonimi, ma probabilmente ripresi dai commenti del Vellutello), sono presenti tutta una serie di componimenti : Sennuccio Fiorentino al magn. Sig. Can. Della Scala, dell’incoronatione et trionfo dell’eccellentissimo poeta Messer Francesco Petrarca ; Il privilegio dell’incoronatione del Petrarca (firmato da Orso e Giordano dall’Anguillara) ; Sonetto del Varchi, al sepolcro del Petrarca ; Discorso sopra la qualità dell’amore del Petrarca – al Gentilissimo Sig. et patron mio singulariss. il Sig. Giovanni Rinaldini Anconitano detto il travagliato Accademico Fantastico ; una serie di epistole scambiate tra Luc’Antonio Ridolfi e il napoletano Alfonso Cambi Importuni, aventi come oggetto alcuni aspetti della poesia del Petrarca ; un componimento dedicato dal fiorentino Francesco Giuntini al piacentino Lodovico Domenichi, avente anche in questo caso come argomento la poesia del Petrarca ; Epitaffio del Re Francesco Primo, sopra la sepoltura di M. Laura ; Sonetto ritrovato nel sepolcro di Madonna Laura ; Testamento di M. Francesco Petrarca tradotto per quelli che non sanno lettere ; L’intentione del poeta sopra li Trionfi (che si trova subito prima del Trionfo d’Amore). Il testo del Canzoniere e dei Trionfi è seguito dalla Tavola di tutte le rime de’ sonetti, e canzoni del Petrarca ridotte coi versi interi sotto le lettere vocali (preceduto da un secondo frontespizio). Dunque una evidente sovrastruttura, che rischia di far passare in secondo piano il testo dei Rerum Vulgarium Fragmenta, ormai sopraffatti da un giungla di elementi accessori. In conclusione potrà essere utile mettere l’accento su alcune singole componenti paratestuali. Innanzitutto gli avvisi ai lettori, che con i primi anni del Cinquecento, ed in particolare con la prima edizione del Canzoniere e dei Trionfi pubblicata dal binomio Manuzio-Bembo, acquistano l’importante ruolo di spazio privilegiato per la comunicazione dell’editore ai destinatari delle proprie opere. Infatti il Manuzio per primo utilizza questo spazio per comunicare direttamente ai propri lettori le ragioni, e le caratteristiche, dell’opera data alle stampe, prevenendo così eventuali critiche, e giustificando in una certa misura le proprie scelte. Tale utilizzo è rafforzato nella successiva edizione aldina, quella del 1514, dove vengono contemporaneamente annunciate e motivate tutte le innovazioni presenti all’interno della nuova edizione, in modo da renderle palesi a chiunque si trovi a sfogliare le prime pagine del volume.

il paratesto nelle edizioni del canzoniere e dei trionfi 71 Nel xvi secolo gli avvisi non vengono utilizzati unicamente dagli editori, ma anche dagli autori (ovviamente dei commenti nel caso dell’opera di Petrarca) per comunicare con i propri lettori, ed anche con gli altri commentatori in qualche frangente. In tal senso si può ricordare il già citato Ai lettori di Silvano da Venafro nell’unica edizione del suo commento nel 1533, in cui l’estensore oltre a presentare la propria opera di commento, si premunisce da eventuali critiche, sia da parte del Bembo e del suo entourage (dichiarandosi troppo “rozzo” per utilizzare tutte le raffinatezze filologiche introdotte dal letterato veneziano) sia da parte del Vellutello, la cui opera esegetica apertamente ed esplicitamente critica. Appare evidente come tale presa di posizione comporti anche una forma di rivendicazione inerente la novità del proprio commento. Ma l’avviso ai lettori raggiunge la piena funzionalità con il sistematico utilizzo da parte di Gabriel Giolito de’ Ferrari. 1

Figura 10.

Ad esempio ciò avviene in alcuni avvisi pubblicati in edizioni petrarchesche a cavallo della metà del Cinquecento. 2 In Gabriel Giolito a i lettori pubblicato nell’edizione del 1547 col 1 Sulla figura e l’attività di Gabriel Giolito de ’ Ferrari si veda Salvatore Bongi, Annali di Gabriel Giolito de’ Ferrari da Trino di Monferrato, stampatore in Venezia, Roma, [Ministero della Pubblica Istruzione], 1890-1895, 2 voll., in particolare vol. i, pp. v-cxiii ; Amedeo Quondam, « Mercanzia d’onore » / « Mercanzia d’utile ». Produzione libraria e lavoro intellettuale a Venezia nel Cinquecento, in Libri, editori e pubblico nell’Europa moderma. Guida storica e critica, a cura di Armando Petrucci, Roma-Bari, Laterza, 1989, pp. 51-104. 2 Al riguardo si veda anche Marco Santoro, Michele Carlo Marino, Caratteristiche e funzioni…, cit.

72 michele carlo marino testo curato da Ludovico Dolce, 1 e riproposto nell’edizione del 1550 (sempre curata dal letterato veneziano) (Fig. 10), si legge Essendo le rime del leggiadrissimo messere Francesco Petrarca alli studiosi della lingua volgare veramente tali, quali alli studiosi della Latina le divine opere di Virgilio, eccovi o Lettori, che hora io ve le porgo non pure emendatissime, ma in così picciola forma stampate, che ciascuno le potra haver seco in tutti i tempi et luochi senza incomodo o fatica alcuna. Però vostra cura sia di leggerle, & di haverle grate non meno per la eccellenza dell’autore, che per la comodità & bellezza della stampa. Intanto aspetterete le rime del Reverendissimo Bembo, le quali doppo il Petrarca ottengono il primo luoco.

In questo breve testo appare evidente l’intento di comunicare i pregi e l’utilità, nonché l’innovazione rispetto alle precedenti edizioni pubblicate dei Rerum Vulgarium Fragmenta. Dunque un chiaro e diretto intento promozionale, volto a catturare immediatamente l’interesse e l’attenzione del possibile acquirente del volume. Nell’avviso successivo, pubblicato nell’edizione del Canzoniere e dei Trionfi del 1554 (sempre curata da Ludovico Dolce) il tono cambia sensibilmente. Tra le diverse cagioni, che non lasciano gli studiosi pervenire a quel termino di laude, che nello scrivere è disiderato da ciascuno ; pare a me, che sia senza alcun dubbio la presontione, che alcuni si prendono di scriver licenziosamente, come lor piace : o per non voler durar fatica, overo per non sapere intender la via di osservar ne buoni scrittori i concetti, l’artificio, le figure, le forme del dire, e le parole da loro giudiciosamente usate. Senza che non pochi si trovano, i quali, come che dotti siano nelle lingue e nelle scienze de gli antichi, sono cotanto superbi, o di si delicato gusto, che non si degnano di leggere le cose Thoscane, e mentre procacciano di scrivere nelle lingue morte ; oltre che da pochi vengono letti, a brieve andare fanno perdita del nome e delle fatiche. Appresso non è egli sommo vitupero il por diligenza e studio in apprender le lingue altrui, e non saper la sua propria ? Ma qual differenza sia nella gloria da coloro, che si sono dati solamente a scrivere nella lingua Latina, a quegli altri, che rivolsero la penna a questa nostra volgare, senza che io alcun ne nomini, da se stesso chiaramente si comprende. Ora, perche a voi prudenti e studiosi giovani non manchi verun commodo da potere ascendere ad ogni perfettione nelle Volgari cose, oltre alcune brievi, ma dotte annotazioni di M. Giulio Camillo sopra le Rime del Petrarca,vi do ancora alcune fatiche del Dolce sopra i Concetti, le forme del dire, e le parole, le quali quanto utile ui possano in ciò apportare, le potete giudicar da quello, c’ho sopra detto. Et ancora, che per le sue molte occupazioni lo istesso non le habbia potute condurre a quella pienezza, che egli & io desideravamo, Nondimeno, serviranno elle per la maggior parte al bisogno di ciascuno : promettendovi io nelle altre impressioni, di supplire peraventura in questo e in altro a quanto si ricerca

In questo testo il registro di Gabriel Giolito è sensibilmente diverso. L’avviso diventa un occasione per rimarcare la valenza, la nobiltà si potrebbe dire, del volgare nei confronti delle lingue classiche, a sancire il cambiamento in atto nella cultura dell’epoca, con l’affermarsi delle opere in volgare non più come prodotti sott’ordinati alle opere classiche in latino ed in greco. Tale dichiarazione, non priva di un certo tono polemico, si accompagna alla lode per la bontà della versione che viene presentata ai lettori, e del commento presente. 2 1 Le edizioni petrarchesche curate da Ludovico Dolce si caratterizzano per presentare il testo libero da qualunque commento, come quelle aldine curate dal Bembo. Tali edizioni sono unicamente corredate dalla vita del poeta, scritta con particolare attenzione per le vicende private e sentimentali del Petrarca, e con meno rilievo per le vicende politiche e pubbliche. 2 Oltre al testo curato da Ludovico Dolce, ed alla vita del poeta scritta dallo stesso letterato veneziano, l’edizione è corredata da alcune brevi annotazioni di Giulio Camillo, detto il Delmino (probabilmente dalla località della Dalmazia di cui era originaria la famiglia), nonché da tutte una serie di tavole lessicali con richiami al testo dell’opera presentati in ordine alfabetico.

il paratesto nelle edizioni del canzoniere e dei trionfi 73 L’ultimo avviso su cui si vuole porre l’attenzione è quello che compare nell’edizione del 1560, sempre curata dal Dolce. Essendo le rime di M. Francesco Petrarca care egualmente a tutti, e necessarie parimenti a ciascuno, che procaccia di spiegare in versi bene, e leggiadramente i suoi pensieri ; ecco benignissimi lettori, che per ugual comodità di tutti, noi ve l’habbiamo date ; prima co’ loro spositori ; cioè co’ commenti del Vellutello, e poi del Gesualdo. Appresso habbiamo voluto dare il testo puro nella forma di ottavo ; et hora vi si da il medesimo per maggior commodo nella più piccola di dodici, tanto più corretto del primo e del secondo, che già vi fu dato ; quanto voi medesimi leggendo troverete. E per che niuna cosa manchi a pienamente sodisfarvi, v’habbiamo aggiunta la vita del Petrarca, acciocché si come a tutti per le sue rime si discopre la felicità del suo ingegno ; così per questa si manifesti la candidezza de’ suoi costumi, essendo egli stato non meno buono e perfetto christiano, che poeta. Leggetelo, et imitatelo così in bontà, come in poesia : e valetevi della commodità, che vi si pone innanzi.

Dunque nuovamente l’accento di Giolito si pone sulla bontà del prodotto editoriale che offre ai lettori del Petrarca. È interessante leggere come l’editore metta in risalto l’assenza del commento (caratteristica di tutte le edizioni curate dal Dolce), e come enfatizzi la rilevante novità della presenza della vita del poeta aretino, vita che in realtà è inserita anche nelle precedenti edizioni, ma a cui probabilmente a giudizio del Giolito non era stata data sufficiente rilevanza. È appena il caso di ricordare come alla valorizzazione dei vari prodotti editoriali concorrano in maniera rilevante anche le dediche, la cui importanza all’interno dei complessi meccanismi editoriali rinascimentali è stata investigata in questi anni da Marco Santoro. 1 Dediche a personaggi influenti sono presenti già in molte edizioni quattrocentesche, a cominciare dalle impressioni corredate dai più diffusi commenti del xv secolo, quello di Francesco Filelfo al Canzoniere (in cui è sistematicamente presente la dedica a Filippo Maria d’Angio), e quello di Bernardo Ilicino ai Trionfi (dove è sempre presente la dedica a Borso d’Este). Nelle edizioni petrarchesche già prese in considerazione si può ricordare l’utilizzo fatto da Bernardino Daniello della dedica al Vescovo di Brescia Andrea Cornelio, dove oltre ad offrire la propria opera all’alto prelato espone la novità del lavoro esegetico e filologico compiuto. Tra le più diffuse dediche ricordiamo quelle di Antonio da Tempo al Marchese Federico di Mantova e quelle di Andrea Gesualdo a Maria di Cardona Marchesana de la Palude (per il commento al Canzoniere) e a Susanna Gonzaga Contessa di Collisano (per i Trionfi). Per quanto concerne l’apparato iconografico, esso si limita nella maggior parte dei casi ai soli Trionfi, che riproducono con poche variazioni uno schema grafico costante, che subisce poche modifiche nell’intero periodo rinascimentale (Fig. 11). Al di là di queste illustrazioni sono presenti solo altre immagini episodiche. Le uniche che godranno di una certa continuità sono le già citate incisioni a forma di urna cineraria con i profili di Petrarca e Laura e l’incisione della “mappa” di Valclusa, comparsa inizialmente nelle edizioni dei Rerum Vulgarium Fragmenta curate da Alessandro Vellutello, e successivamente inserita anche in altre tipologie di edizioni. In ultimo può essere interessante fare un breve accenno ad una tipologia di elemento paratestuale meno studiata : la composizione materiale dei volumi. 1 Si veda Marco Santoro, Appunti su caratteristiche e funzioni del paratesto nel libro antico in Libri edizioni biblioteche tra Cinque e Seicento. Con un percorso bibliografico, Manziana (Roma), Vecchiarelli, 2002, pp. 51-92 ; Id., Andar per dediche in Sulle tracce del paratesto, a cura di B. Antonino, M. Santoro, M. G. Tavoni, Bologna, Bononia University Press, 2004, pp. 19-29 ; Id., Un trattatello sulle dediche : il Della dedicatione di Giovanni Fratta, « Paratesto », 2005, 1, pp. 99-120.

74

michele carlo marino

Figura 11.

il paratesto nelle edizioni del canzoniere e dei trionfi 75 Notoriamente la qualità della carta utilizzata per stampare un libro può variare molto, alle volte anche all’interno di una medesima tiratura. Ma nel Cinquecento era presente il costume di preparare alcune copie, all’interno di una medesima edizione, particolarmente eleganti e preziose anche per il tipo di materiale utilizzato per la stampa. Nel caso delle edizioni dell’opera volgare di Petrarca si possono ricordare due casi esemplari.

Figura 12.

Il primo è la tiratura su pergamena dell’edizione aldina del 1501 delle Cose volgari, ovviamente riservata a pochi e selezionati destinatari, ma comunque in un numero sufficiente di copie per fare sopravvivere fino al giorno d’oggi una discreta quantità di esemplari. Un censimento dei testimoni sopravvissuti di questa particolare tiratura è stato tentato da Giuseppe Frasso in uno studio pubblicato nel 1984. 1 Da tale analisi risultava notizia di ben diciassette edizioni, anche se alcune non più rintracciabili. Di queste ben tre si trovano alla British Library e una alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Degli esemplari conservati a Londra uno riporta lo stemma miniato di Isabella d’Este Gonzaga, ad ulteriore riprova dell’alto lignaggio dei destinatari di queste particolari emissioni. Il secondo esempio, meno noto, riguarda l’edizione del Petrarca, curata da Ludovico Dolce, stampata da Gabriel Giolito de’ Ferrari nel 1554 (Figg. 12 e 13). Questa edizione è nota da tempo per la sua particolare raffinatezza, tanto che Salvatore Bongi nei suoi Annali di Gabriel Giolito de’ Ferrari da Trino di Monferrato, stampatore in Venezia (pubblicati alla fine del xix secolo) scrive « Ed infatti questa edizione è stata sempre considerata come mol1

Giuseppe Frasso, Appunti sul « Petrarca » aldino…, cit.

76 michele carlo marino to pregevole e perciò fu assai ricercata dai raccoglitori ». 1 Meno noto è che di questa particolare edizione sono stati prodotti una serie di esemplari in carta azzurra, di alta qualità, e dalla resa cromatica estremamente accattivante. Allo stato attuale degli studi è impossibile stabilire quante copie di tale emissione siano sopravvissute, né ipotizzare qualcosa riguardo alla tiratura del Petrarca in carta azzurra, ma il valore di elemento paratestuale del colore della carta, e la sua efficacia nella presentazione del volume a acquirenti o destinatari di copia in dono sono indubitabili.

Figura 13. 1

Salvatore Bongi, Annali di Gabriel Giolito…, cit., vol. i, p. 435.

M a rc o Pacioni I L PA R AT E S TO N ELLE EDIZIONI R I NA S C I M E N TA L I I TA L I ANE DEL DECAMERON *

P

A mio padre Giovanni, in memoria

er la storia del paratesto decameroniano, l’edizione veneziana realizzata da De Gregori nel 1492 a Venezia segna un inizio con duplice svolgimento. 1 In primo luogo introduce le immagini, rompendo con la consuetudine poco interessata all’iconografia che le stampe precedenti avevano ereditato dai codici mercanteschi. Fino al cinquantennio successivo all’ultima redazione del Decameron (1370 circa), appartengono all’area mercantesca italiana soltanto tre manoscritti illustrati : il Parigino Italiano 482 (Parigi, Biblioteca Nazionale), l’Hamilton 90 (Biblioteca di Stato di Berlino) e il Parigino Italiano 63 (Parigi, Biblioteca Nazionale). Dopo questi tre casi che Branca definisce « visualizzazioni », il ruolo dell’immagine, in relazione alla scrittura, si orienta sempre più verso l’« illustrazione » in senso stretto. 2 Affidata alle competenze di professionisti, l’iconografia si impreziosisce. Accade persino che fra linguaggio iconico e verbale si verifichi mera giustapposizione fino alla reciproca estraneità. Pur se sociologicamente determinate da ragioni differenti, le incongruenze fra scrittura e immagine prodotte dai miniatori professionisti sono analoghe a quelle dei tipografi che sistemano le xilografie nelle edizioni a stampa. In entrambi i casi si tratta di effetti dovuti alla specializzazione del processo che persegue, quale obiettivo principale, l’abbellimento del libro. All’immagine si affida sempre più una funzione decorativa atta ad impreziosire il manufatto più che a interagire con il testo. (Rispettivamente per la tradizione manoscritta e per quella a stampa, sono esempi di giustapposizione di immagini senza rapporto con il testo il già citato manoscritto Parigino Italiano 63 (Parigi, Biblioteca Nazionale) degli anni trenta del xv secolo e l’edizione a stampa veneziana dei fratelli da Sabbio del 1526). Il sontuoso apparato di figure introdotto da De Gregori è in parte un adottamento di formule editoriali più attente all’iconografia che si manifestano dapprima in altre aree europee, e in particolare in Francia e Germania come dimostrano, in quest’ultimo caso, le edizioni in latino e in tedesco del De mulieribus claris pubblicate nel 1473 per i tipi di Johann * Ringrazio Renzo Bragantini per i suggerimenti e Marco Guardo per la disponibilità. 1 A eccezione di un breve componimento utilizzato come colophon e leggermente adattato da editore a editore, le otto edizioni che precedono quella De Gregori del 1492, tranne la prima, non contengono né paratesto iconografico né verbale. I dati sulle edizioni di Commedia, Canzoniere (più Trionfi) e Decameron sono relativi a quelli dello Short-title di questo volume se non è diversamente indicato. 2 « Il rapporto tra parola e figura muta per il Decameron ; come muta nelle affermazioni trionfali dell’opera […] alle corti francesi e borgognoni, provenzali e fiamminghe, e anche poi italiane, fra autunno del Medioevo e primo Rinascimento. Dalla visualizzazione del testo si passa all’ispirazione figurativa tratta dal testo, dalla narratività alla ornamentalità e alle decorazioni e filigrane astratte o convenzionali, dal disegno o dall’acquerello artigianali, spesso quasi parlanti, alla miniatura più raffinata e stilizzata o all’opera autonoma di professionisti e di artisti qualificati » (Vittore Branca, Introduzione. Il narrar boccacciano per immagini, in Boccaccio visualizzato. Narrare per parole e per immagini fra Medioevo e Rinascimento, a cura di Vittore Branca, vol. i, Torino, Einaudi, 1999, p. 21). Per la distinzione fra « illustrare » e « visualizzare », si consideri la spiegazione di Branca : « [Illustrazioni] è un termine che sembra troppo distaccato dalla parola e nello stesso tempo troppo passivo. Si preferisce usare “visualizzazioni”, “visualizzare” quasi a rilevare che è una stessa realtà a trovare dinamicamente espressione, sincronica o diacronica, in mezzi fonici e in mezzi visuali » (Vittore Branca Prime interpretazioni visuali del Decameron, in Id., Boccaccio medievale e nuovi studi sul Decameron, Firenze, Sansoni, 1992, p. 396).

78 marco pacioni Zainer di Ulma. « Le [ottanta] xilografie di Ulma […] rispondono ad un indirizzo peculiare dell’arte del libro illustrato in Germania, il paese dove più erano di casa le Armen-Biblien ». 1 Lo stesso editore, dopo aver pubblicato la prima versione in lingua straniera del Decameron nel 1473 senza illustrazioni, cambia decisamente tendenza nel 1475 con « la creazione di un corredo iconografico (11 xilografie) per una singola novella ». 2 Fuori d’Italia si realizzano anche le prime edizioni illustrate dell’intero Decameron : rispettivamente in Francia a Parigi con il Livres des cent nuouvelles stampato da Jean Dupré per Vérard nel 1485 e in Germania ad Augsburg per i tipi di Anton Sorg nel 1490. L’attenzione che si manifesta oltralpe per l’illustrazione delle opere di Boccaccio fa sì che anche in Italia, nella fase precedente all’edizione De Gregori, i modelli iconografici riportino a modalità affermatesi in Francia e Germania come mostra la stampa napoletana del Filocolo del 1478 illustrata da Riessinger per i tipi di Francesco del Tuppo. Nelle immagini di questa edizione si osserva lo « stile delle miniature francoborgognone, ricche per di più dell’apporto fiammingo ». 3

Figura 1. 1

114. 2

Mirella Ferrari, Dal Boccaccio illustrato al Boccaccio censurato, in Boccaccio in Europa, Lovanio, 1977, p.

Ivi, p. 115. Fabia Borroni Salvadori, L’incisione al servizio del Boccaccio nei secoli xv e xvi, « Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa – Classe di Lettere e Filosofia », 3, vii, 2, 1977, p. 632. 3

il paratesto nelle edizioni del decameron 79 L’apparato iconografico della stampa De Gregori, pur assomigliando alle proposte editoriali straniere per la confezione, nel dettaglio adotta forme di gusto italiano ricollegabili al cosiddetto stile Mallermi. Vi sono infatti forti analogie con le illustrazioni della Biblia italica volgarizzata da Mallermi appunto. Secondo Borroni Salvadori si tratta di uno stile che si differenzia « dall’aulicità preziosa delle illustrazioni delle edizioni d’Oltralpe » 1 e sul quale si innesta, secondo Dillon, un insistito « riferimento al teatro e alle sacre rappresentazioni che ha nel Quattrocento, proprio a Venezia, un significativo sviluppo ». 2 Al di là dello stile, ciò che importa qui sottolineare è che le immagini introdotte da De Gregori nel 1492 si impongono come modello per molte edizioni successive « per oltre cinquant’anni » stando ai dati di Ferrari. Con soppressioni, nuovi inserimenti e rifacimenti, le immagini della prima stampa italiana illustrata del Decameron si ritrovano nell’edizione veneziana De Bonellis del 1498, in quelle di Bartolomeo Zanni del 1504 e 1510, in quella fiorentina di Filippo Giunta del 1516, in quella veneziana di Agostino Zanni del 1518, in quella di Bernardino Viano del 1525, in quella di Melchiorre Sessa del 1531, in quella di Nicolò d’Aristotele del 1531, in quella dei fratelli da Sabbio del 1537, in quella Farri-Rivoltella del 1540, in quella di Agostino Bindoni del 1545, in quelle di Comin da Trino del 1552 e 1556. 3 Oltre alla presenza in edizioni successive, è significativo notare che alcune delle immagini della De Gregori – riprese di innovazioni iconografiche già presenti nella tradizione manoscritta – escono addirittura fuori dal paratesto, imponendosi – facendo “testo” è il caso di dire – nella storia della pittura. È il caso di Botticelli che « [d]opo aver rappresentato, secondo la tradizione classica, […] Venere ritta e sorgente dal mare, […] ecco che il [pittore] raffigura invece, per suggestione diretta del Decameron, sdraiata e dormiente la figura emblematica della bellezza muliebre […]. Egli aveva potuto attingere forse elementi per quella scena estatica dalla prima visualizzazione della novella nel codice Capponi o […] dai suoi derivati » che confluiscono, nel caso specifico dell’illustrazione della novella di Cimone (v, 1), nell’edizione De Gregori appunto. 4 L’altro svolgimento al quale l’edizione De Gregori del 1492 dà inizio, seppur in maniera meno eclatante rispetto alla dotazione dell’apparato iconografico, è quello del coinvolgimento umanistico nella proposta editoriale del Decameron. La stampa del 1492 è preceduta dalla Vita di miser Iohanne Boccatio – già apparsa nell’edizione veneziana del Filocolo nel 1467 e più volte riproposta nelle edizioni successive dell’opera – scritta da un umanista di professione : Girolamo Squarzafico che è anche revisore del testo. Con Squarzafico la cultura umanistica che pure si era interessata alle opere volgari di Boccaccio, e fra queste al Decameron già a partire dalla celebre versione in latino della Griselda effettuata da Petrarca (Seniles, xvi, 3), comincia a mutare i termini della relazione con l’opera. Se in precedenza gli umanisti si erano affacciati alle novelle, ciò era stato fondamentalmente per latinizzare o comunque, mantenendo il volgare, per far ascendere alcune di queste ai piani alti della cultura classica. 5 Con Squarzafico non è la lingua latina il tramite che rende recepibile il 1

Ivi, pp. 649-650. Gianvittorio Dillon, I primi incunaboli e il “Decameron” veneziano del 1492, in Boccaccio visualizzato, a cura di Vittore Branca, vol. iii, Torino, Einaudi, 1999, p. 315. 3 I dati sono presi da Mirella Ferrari, Dal Boccaccio illustrato al Boccaccio censurato, cit., pp. 122-123. 4 Vittore Branca, Interespressività narrativo-figurativa e rinnovamenti topologici e iconografici, in Boccaccio visualizzato, vol. i, cit., p. 43. 5 L’esempio di riduzione umanistica della Griselda da parte di Petrarca non rimane isolato, anzi diventa una costante di ricezione che si può osservare successivamente anche nella proposta di altre singole novelle come quella della Ghismonda (iv, 1). Poletti ha ricostruito in parte il trattamento letterario (di quello pittorico l’auto2

80 marco pacioni Decameron, ma l’insieme di strumenti che la stessa cultura umanistica aveva messo e stava mettendo in campo per riportare alla luce i classici latini e greci. Ciò che si vuol dire è che nell’edizione del 1492 del Decameron, insieme a quelle del 1467, 1472 e 1488 del Filocolo nelle quali compare la Vita di miser Iohanne Boccatio di Squarzafico, si deve vedere uno dei primi concreti esempi che varca i limiti cronologici dell’invenzione della stampa, di cultura umanistica prestata alla promozione della letteratura volgare che avrà in Bembo, com’è noto, il protagonista più importante e vincente. Si tratta ancora di una promozione indiretta inquadrata a partire dal Boccaccio antiquario che, come dice Squarzafico nella Vita, « se diede al componere, dove assai libri se fece vulgari et latini […]. Ma de tutti la Genealogie delli Dei ottengono il principato ». 1 Si è ancora in una fase incerta. Imbevuti di neo-platonismo e influenzati dal modello spirituale di Petrarca, gli umanisti favorevoli alla letteratura volgare non sono tanto interessati alla forma poetica del Decameron e della gran parte delle novelle, specie quelle più licenziose. È anche per questo che prima della più esplicita considerazione dell’importanza linguistica che nel quattrocento è ancora ai primordi, l’insieme complessivo delle edizioni del xv secolo del Decameron non spicca per quantità – soltanto undici titoli –, né paragonato alle altre opere volgari di Boccaccio (in particolare è il Filocolo a contrastare, senza superarlo, il primato decameroniano con otto edizioni e il Ninfale fiesolano con sei) né, soprattutto, a quello delle altre due “corone” rispettivamente presenti con quindici edizioni la Commedia e ventiquattro edizioni il Canzoniere. 2 Il fatto che nell’edizione del 1492 siano compresenti i prodromi iconografici e umanistici, intorno ai quali gravita la tradizione paratesuale cinquecentesca delle edizioni italiane a stampa del Decameron, non significa che fra le due componenti ci sia una relazione di continuità. Anzi, come dimostra anche l’estraneità di Squarzafico al progetto e alla realizzazione delle illustrazioni, 3 l’aspetto iconografico e quello filologico-testuale si giustappongono solamente nell’edizione De Gregori. In rapporto specifico ai contenuti dell’opera, i due aspetti, pur incrociandosi di nuovo nelle edizioni successive, attivano spesso proposte culturali non immediatamente coincidenti. Da un lato, le immagini, specie quelle preziose, sono l’attestazione visibile dell’ingresso nel canone dei “classici”, ai quali già appartenevano le opere mitologiche e antiquarie. Non a caso « le prime edizioni illustrate del Bocre tratterà in una seconda parte del saggio in corso di pubblicazione) al quale la novella era stata sottoposta nel corso del quattrocento dimostrando che la « classicizzazione » operata da Leonardo Bruni diventa una modalità di riferimento per tutta la ricezione umanistica (Federico Poletti, Fortuna letteraria e figurativa della “Ghismonda” (Dec. iv, 1) fra umanesimo e rinascimento, i parte, « Studi sul Boccaccio », 32, 2004, pp. 101-143). 1 Vita di miser Iohanne Boccatio composta per Hieronymo Squarzafico de Alexandria, in Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, Milano, Vallardi, 1904, p. 697. A testimonianza di come il rapporto di legittimazione del Boccaccio volgare tramite quello latino tenda persino a rovesciarsi dopo la diffusione delle idee di Bembo valgano le parole che Giuseppe Betussi scrive nella Vita di Boccaccio premessa ai volgarizzamenti delle Donne illustri (Firenze, Giunti, 1545)e, in forma ampliata, alla Genealogia degli dèi (Venezia, Arrivabene, 1547) : « si dilettó medesimamente di scrivere nel suo natio idioma : nel quale quanto valesse, tutto che allora fosse poco in prezzo, ne fanno fede l’opre sue : dalle quali si ha conosciuto quanta utilità n’abbiano avuto i successori e la dignità che a questa lingua abbiano accresciuto le fatiche sue, alle quali come a nuovo oracolo si riportiamo » (Angelo Solerti, Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosesto, cit., p. 78). 2 Per i dati relativi al Decameron alla Commedia e al Canzoniere si fa riferimento agli elenchi dello Short-title ; per quelli delle altre opere volgari di Boccaccio a Amedeo Quondam, La letteratura in tipografia, in Letteratura italiana, diretta da Alberto Asor Rosa, vol. ii : Produzione e consumo, Torino, Einaudi, 1983, p. 598. 3 « Lo Squarzafico non ebbe nulla a che fare con le figure del Decameron, di cui pare abbia soltanto emendato il testo » (Mirella Ferrari, Dal Boccaccio illustrato al Boccaccio censurato, cit., p. 121).

il paratesto nelle edizioni del decameron 81 1 caccio furono quelle in latino e di impronta erudito-moraleggiante », testimonianza diretta dell’espansione europea della cultura umanistica. Altre opere in volgare di Boccaccio che pur potevano avere contenuti di forte interesse figurativo, ma che evidentemente non sono percepite come degne del canone, non vengono corredate da illustrazioni. Sulla base dei dati forniti da Borroni Salvadori 2 hanno questo trattamento editoriale l’Ameto, l’Amorosa visione e il Corbaccio. Nonostante la novità delle immagini introdotta da De Gregori nel 1492, le resistenze della cultura alta verso il Decameron continuano a farsi sentire soprattutto in Toscana. Firenze non ha alcuna edizione illustrata del Decameron fino al 1516. Ciò è dovuto proprio alla maggiore severità che il gusto umanistico esprimeva rispetto a Venezia. In generale, la ritrosia umanistica all’illustrazione dell’opera aveva già caratterizzato la tradizione manoscritta se è vero che si deve « attendere il 1467 per avere una […] illustrazione del Decameron, di carattere letterario e aristocratico, eseguita da Taddeo Crivelli nella Corte Estense ». 3 E se il Decameron, per ragioni di campanile, ha certamente un posto d’onore nel pantheon letterario della capitale dell’umanesimo, allo stesso tempo la percezione dell’opera supera raramente la soglia di “libro da camera” cioè di letteratura amena. 4 Secondo Borroni Salvadori anche l’ondata moralizzatrice savonaroliana, corresponsabile dell’iconoclastia che colpisce le edizioni del Decameron, è in qualche modo impiantata già « sul rigorismo civile propugnato dal Bruni ». 5 Al gusto civile e platonizzante dell’umanesimo fiorentino è più congeniale il Ninfale fiesolano del quale infatti esce un’edizione illustrata già nel 1495. D’altro canto, specie se si considerano le novelle dai contenuti più scabrosi, le immagini possono anche essere utilizzate per stimolare la curiosità dei lettori e aumentare il numero delle copie vendute a prescindere da qualsiasi altro intento culturale. Del resto la popolarità del Decameron si deve anche, già nella fase della circolazione manoscritta, anche alla presenza di questi elementi inseriti in un più vasto orizzonte ameno al quale l’autore medesimo consacra le novelle « delle quali le già dette donne, che quelle leggeranno, pariamente diletto delle sollazzevoli cose […] potranno pigliare ». 6 L’interesse popolare per il Decameron e per le illustrazioni che l’accompagnano si continua anche nella tradizione a 1

Fabia Borroni Salvadori, L’incisione al servizio del Boccaccio nei secoli xv e xvi, cit., p. 598. Ivi, pp. 595-599. 3 Vittore Branca, Introduzione, in Giovanni Boccaccio, Decameron, a cura di Vittore Branca, Milano, Mondadori, 1999, p. xvii. 4 « [I]l Decameron […] non era considerato nel Trecento, e ancora nella prima metà del Quattrocento, libro da biblioteca : era sentito come un’opera amena e “da camera” ancora dal Magnifico. Sarebbe perciò sembrato a Firenze un lusso quasi riprovevole se proprio ad esso si fosse dedicato un elevato impegno artistico e una spesa notevole » (Vittore Branca, Introduzione. Il narrar boccacciano per immagini, in Id., Boccaccio visualizzato, cit., p. 24). Riguardo la rilevanza del campanilismo nell’editoria fiorentina, Quondam sostiene che « Venezia è disponibile ad accogliere i testi di autori nazionali (38 per cento contro 20,1), mentre Firenze conserva un privilegio scoperto per una tradizione municipale » (Amedeo Quondam, La letteratura in tipografia, cit., p. 613). 5 Fabia Borroni Salvadori, L’incisione al servizio del Boccaccio nei secoli xv e xvi, cit., p. 669. Sul rapporto fra censura savonaroliana e illustrazioni del Decameron, in special modo in riferimento all’edizione De Gregori del 1492, Fava sostiene che la scarsità di esemplari è dovuta ai « famosi autodafé, suscitati dalle infervorate e terribili parole del frate domenicano » (Domenico Fava, Intorno alle edizioni del quattrocento del Decamerone e specialmente di quella illustrata del 1492, « Accademie e biblioteche d’Italia », 7, 1933-1934, p. 140). La forza di penetrazione e condizionamento di Savonarola può esser misurata proprio dal successo editoriale che le opere del frate incontrano, tanto da costituire un vero e proprio caso nella storia della stampa fiorentina del xv secolo come hanno mostrato Quondam e Ridolfi (Cfr. Amedeo Quondam, La letteratura in tipografia, cit., p. 591 e pp. 596-597 e Roberto Ridolfi, La stampa in Firenze nel secolo xv, Firenze, Olschki, 1958). 6 Giovanni Boccaccio, Decameron, cit., p. 2. 2

82 marco pacioni stampa correndo parallelo, ma anche intrecciandosi, come si è detto, a quello umanisticovolgare. La coabitazione dei due approcci si verifica soprattutto nella fase precedente alla diffusione delle idee linguistiche di Bembo cioè fino agli anni intorno al 1530. A partire da questo momento, le due componenti si separano sempre più nettamente. In altre parole, i paratesti cominciano a specializzarsi e, in quelli di impronta umanistica, l’accentuazione della componente linguistico-grammaticale tende a emarginare quella iconografica. A ben vedere, già nel periodo di coabitazione, l’intervento umanistico aveva lasciato il segno sull’apparato delle illustrazioni. Nelle edizioni che riprendono le vignette della De Gregori vengono censurate quelle più oscene.

Figura 2.

Figura 3.

L’eccezione dell’edizione veneziana di Manfredo De Bonellis del 1498, nella quale sono riprodotte anche le immagini licenziose, forse è spiegabile con una non ancora presa di posizione forte sulla letteratura volgare da parte degli stessi umanisti anche in relazione alla collaborazione più stretta di questi ultimi con i tipografi : i primi interventi di Bembo come editor della Commedia e del Canzoniere si verificano soltanto qualche anno dopo e rispettivamente nel 1501 con le Rime di Petrarca e nel 1502 con le Terze rime di Dante – entrambe veneziane e aldine – : edizioni che inaugurano « la svolta decisiva nella storia dei rapporti fra lettere latine e volgari ». 1 Non è un caso che la stampa del Decameron che apre il nuovo secolo cioè quella veneziana del 1504 per i tipi di Bartolomeo Zanni, posteriore dunque al coinvolgimento nell’editoria veneziana di Bembo, nell’apparato iconografico, pur riproducendo quello della De Gregori del 1492, risulti alleggerita delle xilografie più oscene. Al di là delle cautele verso le illustrazioni più licenziose, nel corso del xvi secolo, il dato più importante della rappresentazione iconografica del Decameron è l’uscita delle immagini dallo spazio paratestuale del libro. Gli episodi e le ambientazioni delle novelle diventano sempre di più protagonisti visibili nella pittura offrendo agli artisti soggetti e situazioni da elaborare : « È a questo punto che si spezza la lunga durata delle edizioni più assestate e si affidano i brani delle giornate al gioco tutto inedito dell’affresco ». 2 Quello che di figurativo rimane nel paratesto perde sempre più i tratti dell’interscambio narrativo con l’opera. Al rapporto diegetico con il linguaggio verbale si sostituisce l’icona statico-contemplativa. Gli sfondi naturali, 1 2

Carlo Dionisotti, Gli umanisti e il volgare fra Quattro e Cinquecento, Firenze, Le Monnier, 1968, p. 1. Andreina Griseri, Di fronte al Decameron. L’età moderna, in Boccaccio visualizzato, vol. i, cit., p. 157.

il paratesto nelle edizioni del decameron 83 i quadri d’insieme dei narratori, le ambientazioni nei giardini hanno il sopravvento sulla caratterizzazione dei singoli personaggi ed episodi. Quelli che di questi ultimi spiccano per frequenza di rappresentazione sono spesso utilizzati come espedienti per mettere in scena luoghi ameni. L’interpretazione iconografica nei paratesti delle edizioni del xvi secolo tende a far convergere tutto nell’ambientazione di una natura addomesticata o di veri e propri giardini. Al riequilibrio della verve naturalistica nella posa amena, si correla la rappresentazione del pubblico – inteso qui nel senso narratologico di istanza interna di ricezione – secondo modalità che tendono a sminuire la differenza fra i due tipi di destinatari stabiliti dall’autore : la brigata dei narratori-ascoltatori si sovrappone completamente a quella delle donne destinatarie dell’opera e tende a proporsi essa stessa come modello di pubblico. Il filtro idillico cui viene sottoposta la ricezione cinquecentesca dell’opera è leggibile anche dalla trasformazione del locus amoenus da spazio nel quale possono convergere anche elementi appartenenti a ambientazioni diverse, a vero e proprio cronotopo che, come tale, più che « visualizzare » o illustrare, vuole reinventare l’opera. Quello che la critica definisce naturalismo del Decameron non rientra nella confezione iconografica della proposta editoriale cinquecentesca. Alla gravitas morale del xv secolo si accompagna l’accentuazione della piacevolezza onesta quale modalità di ricezione estetica che mette in secondo piano le direttrici naturalistiche. Quella amena è però solo una componente dell’antefatto che costruisce il congegno narrativo dell’opera. Com’è noto, i prodromi diegetici del Decameron prendono le mosse dalla peste, vera è propria apoteosi del naturalismo. A rafforzare ulteriormente, anche sotto il profilo della visualizzazione paratestuale, la volontà dell’autore riguardo il ruolo del morbo nell’innesco narrativo che dà vita all’opera valga l’attribuzione di Maria Grazia Ciardi Dupré a Boccaccio stesso dell’intero apparato illustrativo del manoscritto Parigino Italiano 482 (Parigi, Biblioteca Nazionale) nel quale, fra le prime immagini che accompagnano l’avvio del Decameron, si trova anche quella relativa alla peste. 1

Figura 4. 1

Cfr. Maria Grazia Ciardi Dupré, Corpus dei disegni e cod. Parigino It. 482, « Studi sul Boccaccio », 22, 1994. L’attribuzione della studiosa è stata poi confermata da Vittore Branca, Su una redazione del “Decameron” anteriore a quella conservata nell’autografo hamiltoniano, « Studi sul Boccaccio », 25, 1997 ; Id., Ancora una redazione del “Decameron” anteriore a quella autografa – Codici boccacciani segnalati nuovamente. Secondo supplemento, « Studi sul Boccaccio », 26, 1998 ; Id., Introduzione. Il narrar boccacciano per immagini, in Boccaccio visualizzato, vol. i, cit., p. 7.

84 marco pacioni A differenza di quella manoscritta, la tradizione iconografica a stampa del Decameron rimuove sistematicamente la rappresentazione di questo evento. Vi è dunque un parallelo molto stretto, testimoniato anche dalla coeva pittura oltre che dalle illustrazioni paratestuali, fra maquillage idillizzante del Decameron e ricerca di luoghi ameni che fungano da cronotopo letterario : Bembo, ad esempio, sceglie Asolo per i suoi dialoghi platonici sull’amore anche perché è un sito « vago et piacevole ». 1 E rimanendo in ambito novellistico, anche Parabasco porta « lontano dalla città » 2 la brigata in cerca di diporto. Di là dall’ambientazione, proprio i Diporti possono istruire molto sul destino letterario del modello-Boccaccio e, in particolare, sul forte tentativo di ridurre da un lato la gamma contrastante di modi antropologici suggeriti dalle singole novelle e dall’altro di destrutturare il quadro di riferimento macrodiegetico nel quale l’autore aveva inserito e sovrasemantizzato le novelle stesse. La selezione e scomposizione, già avviate dall’umanesimo, comportano paradossolmente, nel secolo di definizione dei generi letterari, un costante imbarazzo definitorio verso il Decameron e la novella boccacciana. L’opera di maggior spicco della prosa volgare non riesce mai a conseguire una rappresentatività formale tale da renderla nel suo complesso imitabile. Diporti, piacevolezze, motti, facezie, ragionamenti e organismi in progress come quelli di Bandello costituiscono la testimonianza della refrattarietà della forma narrativa breve cinquecentesca a uniformarsi in toto a quella di Boccaccio. 3 Persino l’acribia sistematoria di Castelvetro, nel caso del genere-novella, sembra provare imbarazzo di fronte al Decameron. Come avviene nella visualizzazione pittorica e nell’illustrazione paratestuale, Castelvetro seleziona dalla variegata multiformità del Decameron unità che trovano la loro sistemazione d’insieme fuori da quella suggerita dall’opera. « Per Castelvetro la novella deve essere considerata una forma della commedia » che autorizza a cercare nell’opera di Boccaccio soltanto i casi di una « grammatica […] del riso ». 4 Nel processo di affermazione della dignità letteraria del volgare, il Decameron diventa sempre più il punto di riferimento non soltanto dello stile in prosa, analogamente a quanto il Canzoniere di Petrarca è modello per la lirica, ma anche la principale fonte dalla quale osservare e attingere le “regole” che fanno anche della nuova lingua una “grammatica”. L’importanza linguistica del Decameron emerge in nuce sin dal primo paratesto che accompagna la tradizione a stampa dell’opera cioè il sonetto caudato che fa da sottoscrizione alla seconda edizione quattrocentesca : la Valdarfer del 1471 – lo stesso sonetto caudato, mutato il nome dello stampatore, ricompare anche nel registro dell’edizione bolognese Azzoguidi del 1476 e ancora, con lo stesso accorgimento e lievi modifiche, nell’edizione vicentina del 1478 di Giovanni da Reno. 5 Il componimento anonimo, immaginato come autopresentazione dell’opera, si apre e si chiude con un riferimento alla nuova lingua : « Io son Vn cerchio 1 Pietro Bembo, Gli asolani, edizione critica di Giorgio Dilemmi, Firenze, Accademia della Crusca, 1991, p. 81. 2 Girolamo Parabosco, Gherardo Borgogni, Diporti, Roma, Salerno, 2005, p. 59. 3 A tal riguardo Bragantini sostiene che nel rapporto fra il modello-Decameron e forme narrative brevi del cinquecento « gli equilibri vanno mutando. Un rapido sguardo ai titoli stessi delle raccolte è già eloquente : […] i Ragionamenti (Fiorenzuola), le Cene (Lasca), i Diporti (Parabosco), gli Ecatommiti (Giraldi) » (Renzo Bragantini, Vie del racconto. Dal Decameron al Brancaleone, Napoli, Liguori, 2000, p. 3). 4 Amedeo Quondam, Introduzione al rinascimento, Roma, Bulzoni, 1999, p. 449. 5 Due precisazioni : a parte quella del Decameron, le edizioni Valdarfer – meno di una dozzina – sono tutte di opere in lingua latina e sono sempre fatte seguire da un lungo registro in genere affidato al famoso umanista Ludovico Carbone, curatore anche dei testi ; la prima edizione a stampa del Decameron, quella napoletana del 1470, è priva di paratesto.

il paratesto nelle edizioni del decameron 85 che circonscriue / Cento gemme leggiadre : inchui si stila / Le oriental perle : chanoda e perfila / Le tosche lingue pelegrine et diue. […] Se dunque di mi arnese / Vestir voleti isuono ad ogni spirto / El mio Vulgar che orna diloro e mirto ». 1 Se Boccaccio è il correlativo volgare di Cicerone ciò significa che quella delle sue prose è una lingua regolata che per tanto deve essere tenuta in considerazione anche al di là della sua imitazione prettamente poetica. E anche chi, come Castiglione, si fa portavoce di un modello linguistico anti-ciceroniano, non fa che confermare, seppur in negativo, il ruolo centrale e eminentemente linguistico di Boccaccio. L’autore del Decameron è l’unico ripetutamente citato nel secondo paragrafo della parte introduttiva del Cortegiano dove Castiglione in prima persona motiva le soluzioni linguistiche adottate nell’opera. 2 La rilevanza linguistica costituisce il perno intorno al quale, direttamente o indirettamente, ruota la gran parte del corredo paratestuale che accompagna le edizioni del xvi secolo. Nel corso del cinquecento non ce n’è quasi nessuna che non contenga almeno un richiamo all’importanza che l’opera riveste per il volgare : in generale si può dire che leggere e studiare il Decameron è considerato come una modalità di osservazione diretta del funzionamento della lingua. Ciò detto, non sembra strano che alcune edizioni, sin dal titolo e dalle immagini del frontespizio, rimarchino con forza tale preminenza. Rientra in questa sorta di esibizionismo del

Figura 5. 1

Figura 6.

Quando non è specificato, la citazione è presa direttamente dalla stampa originale i cui estremi editoriali compaiono nello Short-title. 2 La presenza solitaria di Boccaccio nel preambolo al Cortegiano, luogo nel quale l’autore si esprime senza i filtri dei personaggi che partecipano ai dialoghi, è tanto più significativa se paragonata alla parte dell’opera più esplicitamente dedicata alla questione della lingua : libro 1, xxviii-xxxix, nella quale invece lo stesso Boccaccio compare di solito in dittico con Petrarca.

86 marco pacioni primato linguistico l’edizione veneziana del 1557 di Paolo Gherardo con le Ricchezze dell’Alunno nella quale il ritratto dell’autrore viene sostituito da quello del lessicografo. Per sottolineare ulteriormente l’importanza linguistica dell’opera, nella dedica Al signor Lodovico Tridapale, imbasciador di Mantova, lo stesso Alunno sostiene che « Le ricchezze de la uolgar lingua […], si come l’altre mie fatiche tutte […], sono fondate sopra’l Decamerone di M.Gio.Boccaccio, come sopra’l principal fondamento de la Toscana lingua ». Significativo è che la rilevanza linguistica si insinui sin nella porzione di paratesto a prima vista più estranea a questo argomento cioè le dediche ad personam a protettori ecclesiastici e politici. Ciò è molto importante, perché anche grazie alla presenza dell’argomento linguistico in questi testi rivolti a non letterati è possibile non confinare la proposta editoriale del Decameron e anche delle altre opere volgari di Boccaccio entro confini prettamente stilistici e poetici come avviene invece, più prevalentemente, per il Petrarca volgare. Con ciò non si vuol certo affermare che le edizioni di Canzoniere e Trionfi non rientrino anche nel progetto linguistico volgare in senso stretto, ma che a differenza di Boccaccio, l’esperienza modellizzante petrarchesca è più uniforme e può anche fare a meno, come accade in molte edizioni, di non rimarcare il valore linguistico. L’offerta imitativa che si ricava dalle edizioni del Decameron non attiene tanto la forma poetica dell’opera, intesa sia come macrotesto sia come singole componenti, ma su come scrivere correttamente in prosa. Nella terza edizione di Vincenzo Valgrisi (con Baldessar Costantino, al Segno di S. Giorgio, Venezia) del 1557, nella dedica di Girolamo Ruscelli a Giovan Battista Brembato, l’enfasi per l’importanza del Decameron, quale modello di eccellenza linguistica, prescinde completamente dalla forma poetica dell’opera che diventa, più in generale, il pretesto per la celebrazione del volgare. Per Ruscelli, la nuova lingua è addirittura superiore alle lingue antiche perché rispetto a queste può annoverare nelle proprie fila « oltre à tanti famosi huomini, che in essa risplendono, […] non minore, ò fors’anco maggiore il numero di Donne, che se ne dilettano, che n’intendono, vi scrivono, et veramente vi fanno miracoli ». Si tratta di Vittoria Colonna, Dionora Sanseverina, Ippolita Gonzaga, Lucrezia di Capua, Beatrice Loffreda, Felice Sanseverina, Vittoria Capana, Veronica Gambera, nessuna delle quali – si noti – è autrice di novelle. Il rapporto fra scrittura femminile e opera di Boccaccio è confermato anche dai dati editoriali. Fra il 1540 e la seconda metà del 1550, periodo nel quale si concentra il maggior numero di edizioni del Decameron (trenta), si assiste anche all’esplosione delle pubblicazioni di scrittrici. La più famosa fra loro, Vittoria Colonna, dopo la prima edizione non autorizzata nel 1538 delle Rime e le quattro dell’anno successivo, fa allestire « non meno di quattordici [stampe], senza contare le antologie, fra 1540 e 1560 ». E come per l’opera di Boccaccio, anche per quella delle scrittrici, gli anni ’60 segnano un’inversione di tendenza totale : « al di là del 1560 […] la scena cambia : quel gruppo cospicuo, in cui si erano trovate editorialmente insieme scrittrici di generazioni diverse, scompare, né altro si compone a prenderne il posto ». 1 Non esiste un correlativo boccacciano (e dantesco) del petrarchismo, proprio perché non esiste un’imitazione della forma poetica del Decameron (e della Commedia) analoga a quella del Canzoniere. Non è un caso che le raccolte di novelle più significative del ’500, come quelle di Bandello, sono tali perché prendono le distanze dalla struttura e forma narrativa del Decameron. Esiste persino una tradizione editoriale, quella delle “tre novelle aggiunte”, che mostra chiaramente come il corpus decameroniano possa essere concepito come non 1 Carlo Dionisotti, La letteratura italiana nell’età del concilio di Trento, in Id., Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1967, p. 238.

il paratesto nelle edizioni del decameron 87 rigorosamente conchiuso e perciò foriero di appendici. È Filippo Giunta a Firenze a lanciare questa tradizione nel 1516. Di là da ogni altra considerazione, l’aggiunta dimostra una volontà, da parte degli editori, di differenziare un prodotto la cui presenza nel mercato editoriale e centralità filologico-linguistica nel dibattito culturale diventano sempre più consistenti – soltanto due mesi prima dell’edizione Giunta, presso De Gregori era uscita un’altra edizione dell’opera sotto le cure di Nicolò Delfino. La proposta delle tre novelle aggiunte viene raccolta a Venezia da Agostino Zanni nel 1518, nel 1522 (e ancora nella ristampa del 1552) da Aldo Romano & Andrea Asolano e nel 1525 da Bernardino Viano. La ventisettana stampata a Firenze da Filippo Giunta, benché adotti come base l’edizione aldina del 1522, non presenta più le tre novelle che lo stesso editore aveva per primo proposto. È il segno ormai che lo scrupolo filologico si fa sempre più vigile e sollecito.

Figura 7.

La proposta editoriale “aperta” del Decameron non avviene soltanto per aggiunzione, ma anche per sottrazione. In parte legata alla tradizione della circolazione alla spicciolata, in parte a quella della selezione umanistico-morale avviata da Petrarca con la traduzione della Griselda, in parte alla confezione di sillogi sempre più richieste dal mercato editoriale, la pubblicazione di singole o gruppi di novelle è abbastanza rilevante se si includono anche

88 marco pacioni le edizioni non italiane. E se è pur vero che la ricezione disorganica interessa anche i Rerum Vulgarium Fragmenta, tanto che nel ‘500 « il genere letterario “canzoniere lirico” […] riprende solo pochi e macroscopici caratteri dell’archetipo » ; 1 e se anche per Petrarca si profilano possibili dilatazioni e appendici testuali, tuttavia il senso organico del Canzoniere, nel quale scorgere un percorso spirituale, non viene mai messo completamente in secondo piano secondo quanto mostrano anche i commenti. Utilizzando la celebre distinzione saussureiana, se per il Canzoniere – più Trionfi – langue e parole tendono a coincidere nella proposta editoriale, ciò non avviene per le altre “corone”, nelle quali invece, fra le due componenti, si avvertono sempre degli squilibri risolti in genere a favore della langue nel caso del Decameron e della parole nel caso del poema. Dalla ricognizione di Santoro sulla modalità di offerta editoriale della Commedia, emerge che la battaglia filologica sul testo delle cantiche non si specializza esclusivamente su questioni linguistico-grammaticali lasciando fuori considerazioni di carattere poetico, filosofico e persino teologico. Nella sintesi riepilogativa degli standard sui quali si assestano le edizioni della Commedia alla fine del xv secolo, il ruolo dei paratesti non strettamente linguistico-filologici è di assoluta consistenza : « si esordisce con il Proemio iniziale di Cristoforo Landino, seguono l’Apologia, i diversi “fiorentini eccellenti”, la Vita e costumi del poeta, Che chosa sia poesia, poi Che l’origine de poeti sia antica, l’epistola del Ficino, ecc. ; seguono le tre cantiche con il commento landiniano ». 2 Pur se non offerta e fruita all’“imitazione” diretta come avviene per il Canzoniere, verso la forma poetica della Commedia si continua a prestare attenzione quando si discute il valore della poesia in senso generale e in relazione alla teologia e alla religione. Come il Canzoniere, anche la Commedia continua a essere ritenuta degna di figurare insieme a commenti che non siano soltanto chiose linguistiche. Alla riproposta editoriale di quello di Landino, segno di una forte continuità della tradizione a stampa con quella manoscritta, si aggiungono commenti nuovi come quello di Vellutello – già interprete di Petrarca – pubblicato nel 1544 nell’edizione veneziana di Marcolini. Qui, nell’epistola rivolta ai lettori, dopo aver duramente contestato i criteri editoriali delle stampe aldine del Canzoniere e della Commedia curate da Bembo, Vellutello non manca di segnalare il criterio estetico generale al quale, al di là della filologia e della lingua, impronta la sua esegesi : « la inuestigazione de sentimenti è la cosa a la quale il buono interprete di qual si uoglia autore, debbe sempre inanzi a tutte laltre con sommo studio e uigilantia intendere, perche questi sono il fondamento dogni assunta interpretazione ». 3 Soltanto sul finire del secolo, quando la disputa filologica sulle tre corone sta per giungere all’esito della prima opera lessicografica di un lingua moderna, anche il paratesto della Commedia conosce la sorte di una più esclusiva delimitazione filologica e linguistica. Nell’edizione fiorentina di Manzani del 1595 l’attenzione e la dilatazione della componente linguistico-filologica del paratesto è dovuta proprio al fatto che i cruscanti « hanno, già è buon tempo, tra mano, [il] vocabolario della nostra fauella, della quale questo diuin poema è la miglior parte ». 4 Più in generale, con l’affermazione delle idee di Bembo e dunque con la definizione sempre più drastica di un sistema di “generi” letterari, tutto quello che degli autori del trecento non riesce a entrare precisamente nei modelli, ma che comunque non può essere scartato, 1 Marco Santagata, Introduzione a Francesco Petrarca, Canzoniere. (Rerum Vulgarium Fragmenta), a cura di Marco Santagata, Milano, Mondadori, 2004, p. xcviii. 2 Marco Santoro, Appunti su caratteristiche e valenze paratestuali delle edizioni italiane rinascimentali della Commedia, « Nuovi annali della scuola speciale per archivisti e bibliotecari », 18, 2004, p. 115. 3 4 Ivi, p. 123. Ivi, p. 103.

il paratesto nelle edizioni del decameron 89 tende a essere recuperato a fini linguistici e grammaticali. È interessante notare sulla scorta di Quondam, 1 come il primo strumento bibliografico volgare, cioè la Libraria di Doni, pur operando un’attenta selezione tale da ridurre drasticamente l’ancor folta selva di “generi” quattrocentesca, accogliendo di fatto un’insieme eterogeneo di opere, non può non enfatizzare, prima di tutto, la funzione che il catalogo svolge per la langue. Nel frontespizio della nuova emissione giolitina del 1558 così l’autore definisce la Libraria : « libro necessario e utile a tutti coloro che della cognizione della lingua hanno bisogno e che [in secondo luogo] vogliono di tutti gli autori, libri e opere, sapere, scrivere e ragionare ». 2 Se si osservano le tassonomie di Doni, fra i “generi” minuziosamente elencati nella prima parte dell’opera, manca quello che richiama esplicitamente la novella. Il Decameron è presente soltanto nel catalogo che segue la scheda su Boccaccio definito significativamente « tesoro della lingua fiorentina ». 3 Se a ciò si aggiunge che l’enfasi linguistica non è presente nella scheda dantesca ; che in quella petrarchesca assume fisionomia eminentemente stilistica ; che la presenza di Dante nel regesto dei “generi” è esclusivamente legata alla voce Rime (anche la Commedia, come il Decameron, compare soltanto nell’elenco che segue la scheda dell’autore) ; se ne deduce che la codificazione dei “generi” e quella linguistica coincidono soltanto in Petrarca : nel poeta laureato non ci sono scarti fra langue e parole ed è per questo che in relazione alla sua opera si può usare a pieno titolo il termine di “codice”, sia quando lo si intende linguisticamente, sia quando lo si considera in relazione alla forma poetica. A differenza di quanto avviene per Petrarca, coloro che a vario titolo partecipano alla diatriba filologica sul testo del Decameron sono in gran parte letterati con interessi e competenze prevalentemente linguistiche. Ed è costantemente su dati filologico-linguistici che si svolge la discussione dei criteri di edizione. Per Petrarca invece persino la sequenza e la partizione dell’opera si possono basare su criteri poetico-spirituali più che su elementi filologici. Vellutello nella Vita e costumi del poeta inserita nell’edizione da lui commentata del Canzoniere pubblicata da Sabbio nel 1535 e più volte ristampata anche presso altri editori, decide di ignorare la scansione delle Rime secondo « l’ordine de gl’antichi testi […] ; la qual divisione non avendo a quelli altro ordine posto, era poco necessaria. Ma noi, che ad altro ordine riducer li vogliamo, non solamente in due, ma in tre parti è di bisogno che li dividiamo : saranno adunque nella prima parte tutti quelli che veramente in vita di madonna Laura si conoscono per la lor sentenzia da lui essere stati scritti […]. Ne la seconda parte saranno posti tutti quelli che dopo la morte di lei […] in altra forma parlano […]. Ne la terza ed ultima parte, fuori de l’opera, saranno posti tutti quelli ch’in diversi tempi et altri soggetti et a più terze persone da lui furono scritti ». Già Filelfo, nel commento incluso nell’edizione bolognese del 1476, aveva fatto ricorso a criteri poetico-ermeneutici per stabilire la sequenza dei componimenti del Canzoniere : « [Il] terzo sonetto si truova da molti scripto nel secondo luogo del presente primo libro, cioè immediatamente doppo la prefatione. Ma a me pare secondo l’ordine d’amore stia meglio nel terzo luogo, perhò che è una continuatione a le cose dicte di sopra circa il suo essersi innamorato nel venerdì sancto ».4 La filologia che cresce intorno al Decameron non ha soltanto l’ambizione di restituire un testo il più possibile fedele a quello dell’autore, ma ha soprattutto l’obiettivo di far emergere, tramite l’opera, l’intrinseca regolarità del volgare. Il Decameron, più delle altre due 1

2 Amedeo Quondam, La letteratura in tipografia, cit., pp. 622-628. Ivi, p. 623. Anton Francesco Doni, La libraria, a cura di Vanni Bramanti, Milano, Longanesi, 1972, p. 107. 4 Si cita Filelfo da Rossella Bessi, Umanesimo volgare. Studi di letteratura fra Tre e Quattrocento, Firenze, Olschki, 2004, p. 31. 3

90 marco pacioni “corone” è il luogo nel quale si esercita, tramite il testo, la filologia della lingua. 1 Nella nota A i lettori della giolitina del 1552, il curatore dell’edizione Ludovico Dolce, criticando aspramente i criteri ecdotici e le scelte del corredo paratestuale della giuntina del 1516, fra le altre cose annota che se quella edizione si pregiava di « servar la conueneuolezza delle persone, che interuengono nelle novelle [usando] vocaboli Fiorentini popolari » in questa essi sono stati « rimossi, e posti in quella uece diuersi altri ». Perché ammesso che quelle forme fossero esistite anche negli altri « poeti e prosatori rozi, che furono nella età inanzi » a quella di Boccaccio, vi sono altresì altre attestazioni manoscritte nelle quali si trovano forme « tali le hanno, quali le habbiam ritornate noi ». La presunta arcaicità e popolarità linguistica dell’edizione Giunta è dovuta a « la troppa licenza, che si prendono alcuni, per esser natij Fiorentini » e non a scrupolo filologico. Le diversità di lezione che riguardano soprattutto le clausole dell’opera sono, ad ogni buon conto, « poste nel margine per soddisfacimento di ciascuno ». È un’edizione, questa allestita da Dolce, che mette direttamente in campo il Decameron per la questione della lingua su una posizione anti-fiorentina e filo-bembista ; posizione quest’ultima alla quale si riconosce ben più che la primazia sul Decameron in materia di testo, ma il primato del controllo filologico sulla forma che deve assumere la lingua : già nel 1505 con gli Asolani, Bembo « chiede al Boccaccio una lezione di lingua, piuttosto che, o prima che, di stile ». 2 La gran parte del corredo paratestuale che comprende dalle note a margine, alle annotazioni alla fine delle giornate, agli elenchi di epiteti, alle dichiarazioni, ai vocabolari, può essere considerata il luogo privilegiato nel quale si assiste alla nascita della riflessione linguistica italiana che sfocerà nella realizzazione del primo strumento lessicografico delle lingue moderne : il Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612). Quando Salviati prende in mano le redini dell’allora evanescente Accademia, ha già un consistente tirocinio alle spalle, la gran parte del quale maturato proprio sul Decameron. A ben vedere, è in tutto il corso del ‘500 che lo sviluppo della lessicografia e della grammatica si intreccia al paratesto che accompagna le novelle di Boccaccio. Ne è esempio l’edizione veneziana di Vidali del 1535 con il Vocabolario di Lucilio Minerbi che precede il Decameron. A dimostrazione della simbiosi fra opera lessicografica e novelle, nel colophon, dopo il registro e il richiamo editoriale dello stampatore, lo stesso Minerbi si raccomanda che il suo Vocabolario non si stampi né si venda separatamente dall’opera che precede. La più marcata destinazione linguistica del Decameron rispetto alla Commedia e soprattutto al Canzoniere è richiamata sin nelle pagine iniziali della stessa edizione dove si giustifica l’esclusione di Petrarca « perciocché i versificatori sovente usono vocaboli, che dalle prose non sono in maniera alcuna ammessi ». Sia pur ancora nell’ambito della lingua scritta, con l’utilizzazione lessicografica del Decameron da parte di Minerbi, la questione linguistica mostra di andare oltre la necessità di dotarsi di una parole che, come tale, permetta la mera riproducibilità di luoghi stilistici selezionati. Proprio perché si confronta con l’insieme più vasto della prosa, l’opera di Minerbi punta decisamente in direzione della « grammatica » cioè della langue. Che poi il lessicografo non rispetti di attenersi esclusivamente all’opera di Boccaccio accogliendo 1 Se è vero, come sostiene Dionisotti, che nel corso del ‘500 la filologia applicata ai testi classici in Italia subisce sempre più la « concorrenza straniera », è altrettanto vero che la decurtazione è compensata dal fatto che a fianco dei testi latini e greci si impongono anche quelli volgari all’attenzione dei filologi (Carlo Dionisotti, Tradizione classica e volgarizzamenti, in Id., Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1967, p. 177). 2 Carlo Dionisotti, Introduzione a « Prose e Rime », in Id., Scritti sul Bembo, a cura di Claudio Vela, Torino, Einaudi, 2002, p. 37.

il paratesto nelle edizioni del decameron 91 occorrenze extra-decameroniane, non soltanto conferma ulteriormente il prevalere dell’interesse linguistico-lessicografico su quello letterario, ma anche una malcelata volontà di primazia del vocabolario sul “testo” dell’opera. Tale primato si può osservare già nella struttura topologica : come si è detto, il Vocabolario precede il Decameron. 1 Il Decameron era già stato anche protagonista in opere lessicografiche indipendenti : in coabitazione con Dante e Petrarca nelle Tre fontane di Liburnio nel 1526, monograficamente con Le ricchezze della lingua volgare sopra il Boccaccio – qui lo spoglio si basa anche sul Filocolo, sulla Fiammetta, sull’Ameto, sul Corbaccio e sull’Epistola

Figura 8. 1 Se fosse confermata la segnalazione bibliografica di Bacchi della Lega, secondo la quale esisterebbe un’edizione del Decameron pubblicata a Venezia nel 1525 da Vidali nella quale si troverebbe anche la prima versione del Vocabolario, il ruolo linguistico del paratesto dell’opera di Boccaccio sarebbe ulteriormente rafforzato. In tal caso il lessico di Minerbi, costola paratestuale del Decameron, precederebbe anche quella che si considera la prima consistente prova della lessicografica italiana del cinquecento cioè Le tre fontane di Liburnio. Va detto che questa, come altre segnalazioni bibliografiche di Bacchi della Lega non riscontrate, è molto improbabile che trovi conferma. Oltre all’edizione Vidali del 1525, non compaiono nello Short-title, perché dubbie, le seguenti segnalazioni bibliografiche : Venezia, Peregrino Pasquali di Bologna, 1488, fol – Bacchi 33 ; Venezia, Antonio da Gusago, 1497, fol – Bacchi 34 ; Venezia, Gregorium de Rusconibus, 1503, fol – GB – Ctc – Lbn – GE – MBSB ; Venezia, Nicolo d’Aristotile (Zoppino), 23 XI 1526, 8°, ill – Bacchi 36 ; Venezia, Penzio, 1528 – EDIT 16 ; Venezia, Bernardino di Vidali, 1532, 8° – Bacchi 37 ; Venezia, Vidali, 1538, 8° – Branca I ; Venezia, Francesco Marcolini, 1544 – Sander 1071 ; Venezia, [s. e.], 1545, 8° – Branca IV ; Venezia, Comin da Trino, 1546, 8° – Bacchi 39 ; Venezia, Giolito de ’ Ferrari, 1546, 4° – Bacchi 40 ; Venezia, Rendoni, 1565, 8° – Branca VII ; Venezia, Zoppini, 1599, 4° – Branca VIII ; Venezia, Vecchi, 1600 – Branca IX.

92 marco pacioni a Pino de’ Rossi – di Francesco Alunno del 1543. Ma a differenza del comune destino di afflusso delle altre due “corone” in opere lessicografiche indipendenti, il Decameron continua ad esercitare una forza d’attrazione linguistico-grammaticale nel paratesto che lo correda. E ciò non soltanto perché continua a dotarsi di strumenti paratestuali specificamente linguistico-grammaticali, ma anche perché spesso nel frontespizio, nelle dediche e negli avvisi, nelle annotazioni e nei commenti è presente il rimando esplicito alla lingua. Come già era accaduto a Ruscelli a Sansovino e a Borghini, è nei e dai marginalia filologici dei paratesti decameroniani che si svolge la palestra linguistica di Lionardo Salviati. È da qui che lo studioso si impone come autorità pubblicando Gli avvertimenti della lingua sopra il Decamerone (1584-1586). La consecutio filologia / linguistica è estendibile a gran parte della lessicografia e della grammatica cinquecentesca a cominciare da Bembo che prima di vestire esplicitamente i panni di teorico era stato editor di Petrarca e Dante, per continuare con Fortunio e Liburnio i quali non a caso « si sono occupati o intendono occuparsi […] della cura e dell’edizione di testi a stampa in volgare ». 1 A tal proposito così si esprime lo stesso Fortunio nel Proemio alle Regole grammaticali della volgar lingua : « Soleva io nella mia verde etate […] tanto nella lettura delle volgari cose di Dante, del Petrarca, et del Boccaccio dilettevolmente ispendere. Et scernendo tra scritti loro li lumi […], non mi poteva venir pensato, che senza alcuna regola di grammaticali parole la volgar lingua così armoniosamente trattassero ». 2 La regola non viene semplicemente ricostruita, ma viene anzitutto riconosciuta come immanente alle opere delle “tre corone”. La grammatica non è tanto un prodotto artificiale che si basa su dati pur autorevoli, ma un’essenza ontologicamente infusa nelle opere. Ed è anche per tal motivo che lo svelamento della norma linguistica non può che disporsi fisicamente, in prima istanza almeno, intorno all’opera che la rivela come annotazione, glossario, cioè paratesto. Sulla scorta di Traversari,è interessante notare che la gran parte della bibliografia critica del xvi sec. sul Decameron e sulle altre opere volgari di Boccaccio è concepita come corredo paratestuale o, anche quando si emancipa a testo autonomo, tiene immediatamente dietro alla diatriba filologico-linguistica sull’opera. 3 L’aderenza delle compilazioni metaletterarie – siano esse lessici o annotazioni grammaticali – all’opera volgare di Boccaccio, cioè il loro manifestarsi prevalentemente come paratesto, può essere rilevante anche per capire quale sia la relazione propedeutica fra norma linguistica e pratica letteraria. Il paratesto delle edizioni volgari di Boccaccio e in particolare quello del Decameron, sembra suggerire chiaramente che la teoria linguistica e letteraria del cinquecento abbia la prioritaria necessità di fare riferimento costante a modelli concreti, a pratiche letterarie storicamente date e, soltanto in secondo luogo e sulla base di esse, a considerazioni astratte. Come il corredo paratestuale attornia il testo così la nascente riflessione letteraria si organizza intorno all’opera. E almeno fino a che la Poetica d’Aristotele non penetra più capillarmente, l’offerta editoriale di metaletteratura e di norme estetico-linguistiche si presenta in stretta relazione fisica con le opere in qualità di paratesto appunto. La posizione di Bembo risulta vincente sulle altre non in virtù di una maggiore intrinseca forza teorica dei suoi assunti, ma perché le sue argomentazioni possono avere costantemente puntuali riscontri testuali, resi ulteriormente 1 Giuseppe Patota, I percorsi grammaticali, in Storia della lingua italiana, diretta da Luca Seriannni e Pietro 2 Trifone, vol. i, Torino, Einaudi, 1993, p. 94. Ivi, p. 95. 3 Vedi Guido Traversari, Bibliografia boccaccesca. I : Scritti intorno al Boccaccio e alla fortuna delle sue opere, Città di Castello, Lapi, 1907, pp. 1-6.

il paratesto nelle edizioni del decameron 93 accessibili dalla stampa. Come quest’ultima è propedeutica all’affermazione della letteratura volgare, così la filologia, intesa nel senso di frequentazione diretta dei testi e della loro tradizione, lo è per lo sviluppo della linguistica italiana. Più che una costruzione astratta e autosufficiente, la teoria linguistica vincente, cioè quella di Bembo, è un discorso associato strettamente a considerazioni lessicologiche e grammaticali. Non a caso, nonostante i primi due libri delle Prose, i più esplicitamente teorici, siano già pronti nel 1512, Bembo li pubblica soltanto quando anche il terzo libro, quello di grammatica, è completato pregiudicando in tal modo di conseguire il primato cronologico della stesura della prima grammatica italiana a favore di Gian Francesco Fortunio. 1 I teorici perdenti sono anche quelli che risultano in secondo piano nella temperie che unisce filologia e stampa delle “tre corone”. A differenza dei letterati che si muovono all’interno delle coordinate bembiste, pur con differenze, 2 gli anti-bembisti più radicali non hanno una forte presenza nel paratesto linguistico delle “tre corone” e soprattutto in quello del Decameron nel periodo che precede la censura. In un certo senso, si può affermare che è proprio in ragione dell’eccessiva teoria o dell’assenza di riscontri filologici attestati e dunque della non prossimità fisico-paratestuale in forma di annotazioni, tavole di epiteti e lessici che le posizioni alternative a quella di Bembo non riescono a imporsi. Gli esponenti della soluzione linguistica “fiorentina” come Machiavelli, “italiana” come Trissino e di quella “cortigiana” come Calmeta e Castiglione, facendo riferimento a un ideale di lingua viva, si espongono ad una continua instabilità e labilità di dati. Le loro idee, come più tardi quelle del Varchi – l’Ercolano è il trattato più sistematico e ambizioso della seconda metà del ’500 – possono infiammare i letterati, ma non possono agire tanto capillarmente quanto il bembismo che è saldamente padrone dell’editoria delle “tre corone” e in particolare di Boccaccio. Per dare una misura della penetrazione nel paratesto delle edizioni decameroniane, basti dire che a metà del ’500 il bembismo – fatte tutte le necessarie distinzioni riguardo il grado di ortodossia di chi segue i dettami delle Prose – varca anche l’area italiana. Il frontespizio dell’edizione lionese di Rovillio del 1555 così recita : « il // decamerone // di m. giovanni // boccaccio, // Nuovamente stampato, con un raccoglimento di // tutte le sentenze, in questa sua // opera da lui usate. // Aggiunteci le annotazioni di tutti quei luoghi, che // di queste cento nouelle, da Monsig. Bembo, per // osservazione & intelligenza della Tho- // scana lingua, sono stati nelle sue // prose allegati ». Soltanto dopo l’intervento di Salviati – curatore di quattro edizioni fra 1582 e 1587 –, cioè soltanto nel momento in cui hanno la possibilità di varcare le soglie dell’impresa editoriale del Decameron, anche le idee di Varchi, per altro informate abbondantemente al bembismo, riescono a incidere fattivamente. A ben vedere le stesse innovazioni di Salviati rispetto alle concezioni di Bembo – accogliere nel canone quali fonti di lingua anche gli scrittori minori toscani del xiv secolo –, costituiscono un’ulteriore conferma del metodo dell’autore delle Prose. In Salviati, come in Bembo, oltre alle opzioni diacronica e diatopica, rimane ferma anche quella diafasica. Salviati estende il canone ai minori non necessariamente letterati, ma continua a fare riferimento a dati filologici attendibili sui quali fondare le scelte linguistiche. Anche nel riorganizzatore della Crusca e ispiratore del Vocabolario del 1612 si è in 1 Vedi Claudio Marazzini, Le teorie, in Storia della lingua italiana, diretta da Luca Serianni e Pietro Trifone, vol. ii, Torino, Einaudi, 1993, pp. 242-243. 2 Lo stesso vale per Gian Francesco Fortunio che pur mostrando « insofferenza verso l’attività filologica di Bembo » e pur non risparmiando « critiche al testo delle famose edizioni aldine del 1501 e 1502 […] nelle linee generali le scelte [del] grammatico non erano in contraddizione con le idee di Bembo » (Claudio Marazzini, Le teorie, cit., p. 242).

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marco pacioni

Figura 9.

presenza della stessa propedeutica bembiana di filologia (contatto diretto con i testi e loro edizione) e linguistica. Come e più di Bembo non è tanto sulla teoria, ma sulla concreta selezione di una tradizione di testi che fanno d’autorità, su una parole storicamente data, che si basa l’elaborazione della langue dell’italiano. 1 Venendo a latere di un corpus di testi, ancora e più di Bembo, la proposta linguistica di Salviati non ha una giustificazione teorica in senso stretto, ma eminentemente estetica. 2 Nel caso specifico del purismo popolare tre1

A proposito della soluzione di Salviati, Marazzini sostiene che : « Il purismo ebbe fin dall’inizio la capacità di realizzare strumenti filologici e di consultazione importantissimi ed insostituibili, e da ciò trasse una forza sproporzionata rispetto alla debolezza delle sue basi teoriche » (Claudio Marazzini, Le teorie, cit., p. 274). 2 Sin dall’Orazione in lode della fiorentina favella (1564), Salviati individua nella « dolcezza » il presupposto estetico della superiorità del fiorentino su tutte le altre lingue comprese le antiche : « Io ho detto pure ora che le nazioni forestiere di loro motivo vengono a farsi dotte nel vostro favellare. […] E sapete che forza questa sia ? La dolcezza, la dolcezza, vi dico, della vostra favella. Perchioché niuno linguaggio fu mai e, per quanto può giudicarsi delle cose avvenire, niuno ne sarà mai per essere, che alla vostra lingua in questa parte possa parago-

il paratesto nelle edizioni del decameron 95 centesco di Salviati, si può aggiungere che proprio il Decemeron facilita e autorizza dall’interno il recupero di forme più popolari attestate nei minori. Voci affini o addirittura uguali si trovavano anche nelle novelle di Boccaccio, specie in quelle parti dialogate che Bembo aveva escluso dal suo ideale aulico di lingua. Alla rilevanza linguistica il Decameron deve addirittura la sua sopravvivenza editoriale. La censura ecclesiastica che si abbatte sull’opera negli anni sessanta del cinquecento (durante il decennio non viene stampata nessuna edizione) non può disconoscere il ruolo di fonte grammaticale e lessicale per il volgare. Nella dedica dell’edizione del 1573 si dice che « in questo Secolo non si crede essere quasi da niente colui […] che non intenda il parlare nostro, et in quello non s’ingegni di scrivere regolatamente ». Per tal motivo i deputati hanno provveduto che questo « tanto desiderato Scrittore si riavesse ». Tutto il corredo paratestuale di argomento linguistico che già in precedenza accompagnava cospicuamente le novelle diventa lo strumento fondamentale attraverso il quale le stesse, pur « espurgate », possono continuare a circolare.

Figura 10. narsi » (Si cita dalla trascrizione raccolta in Giulia Dell’Aquila, La tradizione del testo. Studi su Cellini, Beni e altra letteratura, Pisa, Giardini, 2003, p. 138).

96 marco pacioni Che anche le Annotationi et discorsi sopra alcuni luoghi del Decameron non vengano inseriti nell’edizione dei deputati è soltanto dovuto a ragioni di tempo che non fanno che confermare la sussidiarietà e, in questa nuova fase storico-culturale, l’indispensabilità del paratesto linguistico al Decameron. A riprova di ciò valga la testimonianza diretta del più importante dei deputati cioè Vincenzo Borghini che così scrive in una lettera inviata a Bernardo Canigiani : « Io non mi era scordato l’obbligo che ho con Vostra Signoria del Boccaccio, ma aspettava che fusse finito tutto, cioè certe Annotazioni che vanno con esso […]. Ma perché aspettando tanto si portava pericolo di nuovi garbugli, intendendosi che quelli che gli [al Decameron] hanno tronche le braccia e squarciatolo per tutto, non contenti di tanto male, cercavano ancora di tagliarli il collo, per meno male si è preso di mandarlo fuori senza la compagnia di questa medicina [le Annotazioni], la quale nondimeno fra un mese o poco più diverrà esser finita ». 1 In clima controriformistico, anche alla proposta editoriale della Commedia può tornare utile l’enfasi linguistica. Tuttavia, a differenza del Decameron, per il quale la lingua rimane l’unica difesa da opporre alla censura totale, per il poema si possono fornire altri argomenti da affiancare a quello linguistico. Nel momento di pieno vigore della censura, nella prima dedicatoria a papa Pio IV inserita nell’edizione veneziana Sessa del 1564 della Commedia, Sansovino non solo afferma che Dante è il « maggior lume della lingua Toscana », ma anche che il « soggetto di questo scrittore è tutto pio e cristiano ». 2 Se i due epiteti possono funzionare per Dante è escluso tassativamnte che possano andar bene anche per Boccaccio. Se le perdite testuali dovute alla censura in fondo non provocano eccessivi disagi fra i letterati è anche perché, in continuità con la fase precedente, non viene intaccato il fondamento linguistico che sta alla base della proposta editoriale e ricezione dell’opera. Al momento della censura dunque, la centralità della lingua nella tradizione del paratesto decameroniano non soltanto mostra tutta la sua importanza garantendo all’opera la possibilità di essere pubblicata, ma mostra completamente allo scoperto, ancora una volta e ancora più intensamente che non è tanto la proposta poetico-narrativa del Decameron ad essere preminente, ma quella grammaticale-lessicografica. La pericolosità morale non moltiplica soltanto i privilegi di stampa appesantendo materialmente il corredo paratestuale, ma acuisce la ricerca filologica e la perizia linguistica che adesso è chiamata a varcare le « soglie » del testo per normalizzare diegeticamente le parti eliminate dalla censura. 3 È normale a questo punto che per giustificare, rendere note e distinguere le integrazioni dell’editor, il paratesto si carichi di ulteriori « Avvisi » e « Tavole ». Specie nelle quattro edizioni curate da Salviati, è tutta la componente paratestuale linguistico-filologica ha intensificare la propria tipologia, permettendo una più variegata modalità di rimando e lettura ipertestuale. Si arriva perfino a fornire apparati di varianti da un’edizione all’altra come nella seconda edizione giuntina del 1582 curata dallo stesso Salviati che allestisce una sezione paratestuale su « alcvne differenze che sono tra ‘l // Testo del 1573. e’l nostro : le quali si notano minutamente // solo fino a tutta la seconda Giornata : di poi si pongo // no solamente le piu importanti, per non accre // scere troppo 1 Si cita dall’Introduzione di Giuseppe Chiecchi , in Le annotazioni e i discorsi sul “Decameron” del 1573 dei deputati fiorentini, a cura Giuseppe Chiecchi, Roma-Padova, Antenore, 2001, p. xiv. 2 Marco Santoro, Appunti su caratteristiche e valenze paratestuali delle edizioni italiane rinascimentali della Commedia, cit., p. 124. 3 Nella seconda edizione fiorentina curata da Leonardo Salviati nel 1582 per i Giunti, i privilegi di stampa sono dieci (uno di essi redatto due volte in lingue diverse) in tre lingue : l’italiano, il latino e il francese.

il paratesto nelle edizioni del decameron 97 senza bisogno il volume ». Il restringimento dello spoglio è dovuto soltanto a ragioni d’ordine materiale e comunque chi avesse desiderio di considerazioni linguistico-filologiche più estese potrà contare sulle Annotazioni che Salviati, nell’avvertimento ai lettori della stessa edizione, annuncia essere di prossima pubblicazione. Sul finire del secolo, pur non prescindendo da considerazioni di carattere prettamente linguistico, vi è anche chi cerca di giocare editorialmente la carta morale per far concorrenza (scorretta) alle edizioni dei deputati e di Salviati. Nel 1588 i fratelli Zoppini, nell’avviso A i lettori fanno dire a Luigi Groto, curatore della stampa ormai deceduto, che la loro nuova edizione purgata si è resa necessaria perché in quella del 1573 « non venne fatto di ammendare cotal libro, in guisa, che egli si rimanesse in tutto ispurgato da quelle cose, che poteano offendere le pie orecchie de cattolici ».

Figura 11.

Nonostante questa presa di posizione moralistica, l’edizione Groto, benché ristampata due volte nel 1590, non riuscirà mai a soppiantare quella di Salviati che in fatto di lingua e di filologia decameroniana aveva imposto la propria autorità. A ben vedere, sono le stesse edizioni Farri curate da Groto a mostrare che riguardo il Decameron le cautele morali non possono soppiantare completamente gli aspetti linguistici. Nonostante siano improntate ad una più rigida censura, non possono fare a meno di affiancare al testo il Vocabolario di Ruscelli che, tra l’altro, era stato anche accusato di eresia. A parte questo fatto che pur stona in

98 marco pacioni un’edizione votata fanaticamente all’ortodossia, ciò che importa sottolineare è che lo spoglio lessicale dell’opera di Ruscelli non viene effettuato sul testo « espurgato ». Il Vocabolario costituisce la ristampa della stessa versione comparsa la prima volta nel 1552 nell’edizione veneziana di Valgrisio per Giovan Griffio. Di questa edizione, approntata prima che la censura tridentina agisse sul Decameron, quella dei fratelli Farri curata da Groto riproduce anche la Vita di Francesco Sansovino.

M a rc o Santoro M i c h e l e Ca r lo M a r i no · Marc o Pacioni C OM ME D I A , C A N Z ONIERE/TRIONFI, D E C AME R ON : S H O RT-TITLE 1465-1600 D E L L E E D I Z I ONI ITALIANE * Repertori esaminati Bacchi = Alberto Bacchi della Lega, Serie delle edizioni delle opere di Giovanni Boccaccio latine, volgari, tradotte e trasformate, Bologna, Romagnoli, 1875 (rist. anast., Bologna, Forni, 1995). Balsamo = Luigi Balsamo, Chi leggeva Le cose volgari del Petrarca nell’Europa del ’400 e ’500, « La Bibliofilia » civ (2002), iii, pp. 247-266. Bianchi = Maria Grazia Bianchi, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Milano : Biblioteca Trivulziana, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 58 (1984), pp. 317-330. BIBLIA = Biblia : biblioteca del libro italiano antico, diretta da Amedeo Quondam, Milano, Bibliografica, [1996], vol. i, Libri di poesia, a cura di Italo Pantani. BL = Short-Title Catalogue of Books Printed in Italy and of Italian Books Printed in Other Countries from 1465 to 1600, Londra, British Library, 1986 [più supplemento]. Branca = Vittore Branca, Bibliografia delle edizioni delle opere di Giovanni Boccaccio, in Vittore Branca, Linee di una storia della critica al “Decameron”, Roma, Dante Alighieri, 1939. Cambridge = Catalogue of Books Printed on the Continent of Europe, 1501-1600 in Cambridge Libraries, a cura di Herbert Mayow Adams, Cambridge, University Press, 1987 vol. i, 1967. Dondi = Cristina Dondi, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Oxford : Bodleian Library, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 74 (2000), pp. 675-707. EDIT 16 = Censimento delle edizioni italiane del xvi secolo http ://edit16.iccu.sbn.it. Essling = Victor Essling Massena (Prince d’), Livres a figures vénetiens, Voll 6, Firenze-Parigi, 1907-1914. Fabbi I = Maria Cristina Fabbi, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Parma : Biblioteca Palatina, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 57 (1983), pp. 288-297. Fabbi II = Maria Cristina Fabbi, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Città del Vaticano : Biblioteca Apostolica Vaticana, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 63 (1989), pp. 336-360. Fava = Domenico Fava, Intorno alle edizioni del ‘400 del Decamerone e specialmente di quella illustrata del 1492, « Accademie e Biblioteche d’Italia », vii, (1933-1934), pp. 123-145. Ferrazzi = Giuseppe Jacopo Ferrazzi, Bibliografia petrarchesca, Bassano, Tip. S. Pozzato, 1877 (Rist. anast. Bologna, Forni, 1979). Frasso = Giuseppe Frasso, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. British Library, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 56 (1982), pp. 253-262. Gazzotti I = Marisa Gazzotti, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum *

Per quanto riguarda i dati delle edizioni della Commedia è stato utilizzato il materiale in corso di pubblicazione, in appendice all’intervento di Marco Santoro, negli atti del 1° Congreso Andino de Estudios Dantescos (Quito, 6-8 ottobre 2003) ; gli short-title delle edizioni petrarchesche e boccacciane sono rispettivamente di Michele Carlo Marino e di Marco Pacioni.

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marco santoro · michele carlo marino · marco pacioni

Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Milano : Biblioteca Ambrosiana, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche », 58 (1984), pp. 301-316. Gazzotti II = Marisa Gazzotti, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Paris : Bibliothèque Nationale, « Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche » 64/1990, pp. 285-306. GdW = Gesamtkatalog der Wiegendrucke, vol. iv, Stuttgart, Hiersemann,1968. IA = Index Aureliensis. Catalogus Librorum Sedecimo Seculo Impressorum, Prima Pars, Tomus iv, Aureliae Aquensis, aedibus Valentini Koerner,1970. IGI = Indice generale degli Incunabuli delle biblioteche d’Italia, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1943-1981, Voll. 6. I-ISTC = Illustrated Incunable Short-Title Catalogue, London, British Library, 1998. Ley = Klaus Ley, Die Drucke von Petrarcas Rime, 1470-2000 : synoptische Bibliographie der Editionem und Kommentare, Bibliothecksnachweise, Hildesheim [etc], G. Olms, 2002. Mackenzie = La raccolta dantesca della biblioteca Evan Mackenzie, con la cronologia delle edizioni della Divina Commedia, prefazione di U. L. Morichini, Genova, Tipografia del Risparmio, 1923. Mambelli = Giuliano Mambelli, Gli annali delle edizioni dantesche, Bologna, Zanichelli, 1931. Manna = Anna M. Manna, La raccolta dantesca della biblioteca universitaria di Napoli, Firenze, Olschki, 1959. Richardson = Brian Richardson, Print Culture in Renaissance Italy, Cambridge, University Press, 1994. Saginati-Calcagno = Liana Saginati, Giacomina Calcagno, La collezione dantesca della biblioteca civica berio di Genova, presentazione di Giuseppe Piersantelli, Firenze, Olschki, 1966. Sander = Max Sander, Le livre à figures italien depuis 1467 jusq’à 1530, vol. i, Lodi, Zazzera, 1996 (rist. anast. Milano, Hoepli, 1942). Santoro = Marco Santoro, La stampa a Napoli nel Quattrocento, Napoli, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale, 1984. SBN = Servizio bibliotecario Nazionale http ://www.sbn.it. TH = Tentoonstelling van handschriften en gedrukte werken uit het bezit van Nederlandse bibliotheken ter herdenking van het zeshonderdste sterfjaar van Boccaccio, 1313-1375 : Gehouden van 31 oktober tot en met 21 november 1975 in het Akademisch Historisch Museum ... te Leiden, [Leiden], [s.n.], 1975. Trovato = Paolo Trovato, Con ogni diligenza corretto : la stampa e le revisioni editoriali dei testi letterari italiani, 1470-1570, Bologna, Il Mulino, 1991. VI Centenario = Mostra di manoscritti, documenti e edizioni : vi Centenario della morte di Giovanni Boccaccio (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, 22 maggio-31 agosto 1975), Certaldo, a cura del Comitato promotore, 1975.

Elenco delle biblioteche citate Biblioteche italiane I – (Italia) Ac – Arezzo, Biblioteca Consorziale ; Aci – Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo ; ACc – Ancona, Biblioteca Comunale Luciano Benincasa ; ANl – Anagni, Biblioteca del Pontificio Collegio Leoniano ; AOsA – Aosta, Biblioteca dell’Accademia di Sant’Anselmo ; APc – Ascoli Piceno, Biblioteca Comunale ; AVp – Avellino, Biblioteca Provinciale Scipione e Giulio Capone ; Bc – Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasi ; Bcap – Bologna, Biblioteca Provinciale dei Cappuccini ; BcC – Bologna, Biblioteca Casa Carducci ; BcS – Bologna, Collegio di Spagna ; Bu – Bologna, Biblioteca Universitaria ; BsP – Bologna, Biblioteca del Convento di S. Paolo in Monte-Osservanza ; BAn – Bari, Biblioteca Nazionale Sagarriga Visconti-Volpi ; BEc – Brescia, Biblioteca Comunale ; BIa – Brindisi, Biblioteca Pubblica Arcivescovile Annibale De Leo ; BRc – Bergamo, Biblioteca Comunale ; BRd – Bergamo, Istituto Musicale Donizetti ; Cg – Cremona, Biblioteca Governativa ; Cs – Cremona, Biblioteca Statale ; CAu – Cagliari, Biblioteca Universitaria ; CEc – Cesena, Biblioteca Comunale ; Cem – Cesena, Biblioteca Malatestiana ; CHp – Chieti, Biblioteca Provinciale Angelo Camillo De Meis ;

short-title 1456-1600 delle edizioni italiane

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COc – Como, Biblioteca Comunale ; COcG – Como, Biblioteca del Collegio Gallio ; CTr – Catania, Biblioteche riunite Civica e A. Ursino Recupero ; CTu – Catania, Biblioteca Regionale Universitaria ; CUc – Cuneo, Biblioteca Civica ; CUs- Cuneo, Biblioteca del Seminario Vescovile ; CVc – Cologna Veneta, Biblioteca Comunale ; Fa – Firenze, Biblioteca dell’Accademia di Belle Arti ; Fac – Firenze, Biblioteca dell’Accademia della Crusca ; Fl – Firenze, Biblioteca Mediceo Laurenziana ; Flf- Biblioteca di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Firenze ; Fm – Firenze, Biblioteca Marucelliana ; Fmo – Firenze, Biblioteca Moreniana ; Fn – Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale ; Fr – Firenze, Biblioteca Riccardiana ; Fri – Firenze, Biblioteca Ridolfi ; Fs – Firenze, Biblioteca del Seminario arcivescovile maggiore ; FsD – Firenze, Biblioteca della Società Dantesca Italiana ; FAc – Fabriano, Biblioteca Civica ; FEc – Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea ; FEs – Ferrara, Biblioteca del Seminario arcivescovile ; FGp – Foggia, Biblioteca provinciale ; FOc – Forlì, Biblioteca Comunale ; FRc – Fermo, Biblioteca Comunale ; Gb – Genova, Biblioteca della Badia dei Benedettini di S. Andrea della Castagna ; GcB – Genova, Biblioteca Civica Berio ; Gcf – Genova, Biblioteca del Centro di Studi Francescani per la Liguria ; Gd – Genova, Biblioteca Durazzo ; Gf – Genova, Biblioteca Franzoniana ; Gu – Genova, Biblioteca Universitaria ; Gp – Genova, Biblioteca Provinciale dei Cappuccini Liguri ; GRc – Grosseto, Biblioteca Comunale Chelliana ; Ic – Iesi, Biblioteca Comunale ; Lc – Livorno, Biblioteca Comunale Labronica Francesco Domenico Guerrazzi ; LEp – Lecce, Biblioteca Provinciale Nicola Bernardini ; LEi – Lecce, Biblioteca Innocenziana ; LUs – Lucca, Biblioteca statale ; LUg – Lucca, Biblioteca Governativa ; Ma – Milano, Biblioteca Ambrosiana ; Mcap – Milano, Biblioteca Francescano-Cappuccina Provinciale ; McG – Milano, Collezione Privata Gallotti ; MmP – Milano, Biblioteca del Museo Poldi Pezzoli ; Mn – Milano, Biblioteca Nazionale Braidense ; Ms – Milano, Biblioteca dei Servi ; Mt – Milano, Biblioteca Trivulziana ; MAc – Mantova, Biblioteca Comunale ; MiL – Milano, Biblioteca dell’Istituto Leone XIII ; MCc – Macerata, Biblioteca Comunale Mozzi-Borgetti ; MEu- Messina, Biblioteca Regionale Universitaria ; MOe – Modena, Biblioteca Estense ; MOaP – Biblioteca Civica di Storia dell’Arte Luigi Poletti ; Nn – Napoli, Biblioteca Nazionale ; No – Napoli, Biblioteca dei Padri Girolamini dell’Oratorio ; Nu – Napoli, Biblioteca Universitaria ; NOc – Novara, Biblioteca Comunale Carlo Negroni ; NOs – Novara, Biblioteca del Seminario Teologico Filosofico di San Gaudenzio ; Pp – Parma, Biblioteca Palatina ; Oc – Padova, Biblioteca Antoniana ; PAc – Padova, Biblioteca Comunale ; PAca – Padova, Biblioteca Capitolare ; PAcap – Padova, Biblioteca del Convento dei Frati Cappuccini ; PAs – Padova, Biblioteca del Seminario Maggiore Vescovile ; PAu – Padova, Biblioteca Universitaria ; PCc – Piacenza, Biblioteca Comunale Passerini Landi ; PEo – Pesaro, Biblioteca Oliveriana ; PGa – Perugia, Biblioteca dell’Abbazia di S. Pietro ; PGbR – Perugia, Biblioteca Ranieri di Sorbello ; PGc – Perugia, Biblioteca Comunale Augusta ; PGbS – Perugia, Biblioteca Leonardo Serego ; PGs – Perugia, Biblioteca S. Basilio del Seminario arcivescovile ; PGu – Perugia, Biblioteca centrale dell’Universita’ degli studi di Perugia ; PIf – Pistoia, Biblioteca Forteguerriana ; PIfa – Pistoia, Biblioteca Capitolare Fabroniana ; PIfr – Pistoia, Biblioteca del Convento dei Frati Minori di Giaccherino ; PIca – Pistoia, Biblioteca Capitolare Fabroniana ; PIl – Pistoia, Biblioteca Leoniana ; PIs – Pistoia, Biblioteca del Seminario Vescovile ; PLc – Palermo, Biblioteca Comunale ; PLfl – Palermo, Biblioteca Centrale della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Palermo ; PLrS – Palermo, Biblioteca Centrale della Regione Siciliana ; PLn – Palermo, Biblioteca Nazionale ; PLs – Palermo, Biblioteca del Seminario ; PO – Pordenone, Biblioteca del Seminario Vescovile ; PSn – Pisa, Biblioteca della Scuola Normale Superiore ; PSu – Pisa, Biblioteca Universitaria ; PVc– Pavia, Biblioteca Civica Bonetta ; PVu – Pavia, Biblioteca Universitaria ; Ra – Roma, Biblioteca Angelica ; Rac – Roma, Biblioteca Romana dell’Archivio Capitolino ; Rant – Roma, Biblioteca del Pontificio Ateneo Antonianum ; RbP – Roma, Biblioteca centrale Giorgio Petrocchi dell’Università degli Studi di Roma Tre ; RbS – Roma, Biblioteca Romana Antonio Sarti ; RbSR – Roma, Biblioteca del Senato della Repubblica ; Rc – Roma, Biblioteca Casanatense ; Rcap – Roma, Biblioteca del Collegio San Lorenzo da Brindisi dei Cappuccini ; RcD – Roma, Biblioteca della Casa di Dante ; Rco – Roma, Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana ; RfB – Roma, Biblioteca della Fondazione Marco Besso ; RfP – Roma, Biblioteca della Fondazione Primoli ; Rg – Roma, Biblioteca della Provincia Romana della Compagnia di Gesù ; Rh – Roma, Biblioteca Hertziana ; Rl – Roma, Biblioteca Lancisiana ; Rm – Roma, Biblioteca della Pontificia Facoltà

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teologica Marianum ; Rmd – Roma, Biblioteca centrale dello Stato maggiore dell’esercito del Ministero della Difesa ; Rn – Roma, Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II ; Rt – Roma, Biblioteca del Teresianum ; Ru – Roma, Biblioteca Universitaria Alessandrina ; Rv – Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana ; Rva – Roma, Biblioteca Vallicelliana ; RbB – Roma, Biblioteca Paolo Baffi ; RAc – Ravenna, Biblioteca Comunale Classense ; RAcD – Ravenna, Biblioteca del Centro Dantesco dei Frati Minori ; RCc – Reggio Calabria, Biblioteca Comunale Pietro De Nava ; REm – Reggio Emilia, Biblioteca Municipale Antonio Panizzi ; Rip – Rieti, Biblioteca Paroniana ; RNc – Rimini, Biblioteca Civica Gambalunga ; ROa – Rovigo, Biblioteca dell’Accademia dei Concordi ; ROs – Rovigo, Biblioteca del Seminario Vescovile ; Sc – Sassari, Biblioteca Comunale ; SAc – Savona, Biblioteca Civica Anton Giulio Barrili ; SIc – Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati ; SImp – Siena, Biblioteca del Monte dei Paschi di Siena ; SLp – Salerno, Biblioteca Provinciale ; SOc – Sondrio, Biblioteca Comunale Pio Rajna ; SPc – La Spezia, Biblioteca Civica Ubaldo Mazzini ; SPsA – La Spezia, Biblioteca del Centro Bibliografico di Storia Locale S. Agostino ; SRc – Siracusa, Biblioteca Comunale ; SRa – Siracusa, Biblioteca Alagoniana ; Tc – Torino, Biblioteca Civica Centrale ; Tas- Torino, Biblioteca dell’Accademia delle Scienze ; Tn – Torino, Biblioteca Nazionale ; Tr – Torino, Biblioteca di S. M. il Re ; Ts – Torino, Biblioteca dell’Istituto Salesiano Valsalice ; TAa – Taranto, Biblioteca dell’Accademia dei Concordi ; TAc – Taranto, Biblioteca Civica Pietro Acclavio ; TEc – Trento, Biblioteca Comunale ; TEcap – Trento, Biblioteca Provinciale dei Padri Cappuccini ; TEd – Trento, Biblioteca Diocesana Tridentina Antonio Rosmini ; TIc – Trieste, Biblioteca Civica Attilio Hortis ; TRf – Trapani, Biblioteca Fardelliana ; TVc – Treviso, Biblioteca Comunale ; TVs – Treviso, Biblioteca del Seminario vescovile ; Ua – Udine, Biblioteca Arcivescovile ; Uc – Udine, Biblioteca Comunale Vincenzo Joppi ; Us – Udine, Biblioteca P. Bertolla del Seminario Arcivescovile ; UBu – Urbino, Biblioteca Universitaria ; VfC – Venezia, Fondazione Cini ; VlF – Venezia, Biblioteca del Liceo Ginnasio Marco Foscarini ; VmC – Venezia, Museo Civico Correr ; Vn – Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana ; Vqs – Venezia, Biblioteca Querini Stampalia ; VAc – Varese, Biblioteca Civica ; VEc – Verona, Biblioteca Civica ; VEca – Verona, Biblioteca Capitolare ; VEf – Verona, Biblioteca della Società Filarmonica ; VEm – Verona, Biblioteca d’Arte del Museo di Castelvecchio ; VEs – Verona, Biblioteca del Seminario ; VIc – Vicenza, Biblioteca Comunale ; VIs – Vicenza, Biblioteca del Seminario Vescovile ; VLc – Velletri, Biblioteca Comunale ; VOc – Voghera, Biblioteca Civica ; VRa – Vercelli, Biblioteca Agnesiana e Diocesana ; VRc – Vercelli, Biblioteca Civica ; VRm – Vercelli, Biblioteca del Museo Camillo Leone ; VRs – Vercelli, Biblioteca del Seminario ; VTc – Viterbo, Biblioteca Comunale degli Ardenti ; VTca – Viterbo, Biblioteca Capitolare ;

Biblioteche europee AU – (Austria) Nb – Wien, National Bibliothek BE – (Belgio) Bbr – Brussels, Bibliothèque Royale Albert Ier ; Lbu – Liège, Bibliothèque Universitaire ; LEu – Leuven, Bibliothèque Universitaire FR – (Francia) Bm – Besançon, Bibliothèque Municipale ; Cmc – Chantilly, Musée Condé ; CAm – Carprentras, Bibliothèque Municipale ; CHm – Châlons-sur-Marne, Bibliothèque Municipale ; Lm – Lyon, Bibliothèque Municipale ; Mm – Montpellier, Bibliothèque Municipale ; Nm – Nîmes, Bibliothèque Municipale ; Pens – Paris, Ecole Nationale Supérieur ; PiF – Paris, Institute de France ; Pn – Paris, Bibliothèque Nationale ; Ppp – Paris, Petit Palais ; PsG – Paris, Ste Geneviève ; Tm – Tours, Bibliothèque Municipale GB – (Gran Bretagna) Anl – Aberystwyth, National Library ; Bm – Blackburn Museum ; Bpl – Birmingham, Public Library ;

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Cfm – Cambridge, Fitzwilliam Museum ; Ck – Cambridge, King’s ; CsJc – Cambridge St. John’s College ; Ctc – Cambridge, Trinity College ; Cul – Cambridge, University Library ; Dki – Dublin, King’s Inns ; Dmp – Dublin, Milltown Park ; Dtc – Dublin, Trinity College ; Ec- Eton, College Library ; Enls – Edinburg, National Library of Scotland ; Eul – Edinburg, University Library ; Gpl – Glasow, Public Library ; Gul – Glasgow, University Library ; Lbl – London, British Library ; Lsa – London, Society of Antiquaries ; Luc – London, University College ; Lvam – London, Victoria and Albert Museum ; LIa – Liverpool, Athenaeum ; Mjrl – Manchester, John Rylands University Library ; Nul – Newcastle, University Library ; Ob – Oxford, Bodley Library ; Occ – Oxford, Christ Church ; Okc – Oxford, Keble College ; OsHc – Oxford, St Hugh’s College ; Oti – Oxford, Taylor Institute ; Sc – Stonyhurst College ; Sul – Southampton, University Library GE – (Germania) ASStB – Augsburg, Staats- und StadtBibliothek ; BKB – Berlin, KunstBiliothek der Staatliche Museen ; BKK – Berlin, Kupferstich Kabinett ; BSB – Berlin, StaatsBibliothek ; DLHSB – Darmstadt, Hessische Landes- und HochschulBibliothek ; DULB – Düsseldorf, UniversitätsBibliothek ; EGK – Emden, Große Kirche Bibliothek ; FSUB – Frankfurt am Main, Stadt – und UniversitätsBibliothek ; FUB – Freiburg im Breisgau, UniversitätsBibliothek ; GFLB – Gotha, Forschungsund LandesBibliothek ; GUB – Giessen, UniversitätsBibliothek ; HG – Halbersyadt, Gleimshaus ; HUB – Heidelberg, UniversitätsBibliothek ; MBSB – München, Bayerische StaatsBibliothek ; MPS – Mainz, Bibliothek des Bischöflichen Priesterseminars ; TUB – Tübingen, UniversitätsBibliothek ; WHAB – Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek

Biblioteche americane US – (Stati Uniti d’America) ; AEV – Arthur E. Vershbow, Newton Centre MA ; BAthL – Boston Athenaeum, Boston MA ; BMawrCL – Bryn Mawr College, Goodhart Medieval Library, Bryn Mawr PA ; BowCL – Bowdoin College, Brunswick ME ; BPubL – Boston Public Library, Boston, MA ; BrUL – Brown University, John Hai Library, Providence RI ; BYUL – Brigham Young University, Provo UT ; CdelCL – La Casa del Libro San Juan PR ; ChL – Chapin Library, Williams College, Williamstown MA ; CHPL – Carl H. Pforzheimer Library, New York NY ; ColUL – Columbia University, Butler Library, New York NY ; CornUL – Cornell University Libraries, Ithaca NY ; DuUL – Duke Universtiy Library ; ELDML – Edward Laurence Doheny Memorial Library, Camarillo CA ; FolgSL – Folger Shakespeare Library, Washington DC ; HaCoIl – Haverford College Library, Haverford PA ; HarCL – Harvard College Library, Cambridge MA ; HEHL – Henry E. Huntington Library, San Marino CA ; HL – Honnold Library, Associated Colleges, Claremont CA ; HolCL – Hollins College Library, VA ; InUL- Indiana University Library, Bloomington IN ; ISGML – Isabella Stewart Gardner Museum, Boston MA ; JHSch – John H. Scheide Library, Princeton NJ ; JWGL – John Work Garrett Library, Baltimore MD ; KalCL – Kalamazoo College, MI ; LC – Library of Congress, Washington DC ; LCPhL – Library Company of Philadelphia, Philadelphia PA ; LHS – Louis H. Silver, Chicago IL ; LorCL – Loras College Library, Dubuque IA ; ManCl – Manhattan College, New York NY ; MFArtL – Museum of Fine Arts, Boston MA ; MilCL – Mills College, Oakland CA ; MMuL – Metropolitan Museum of Art, New York NY ; MtHCL – Mt. Holyoke College, South Hadley MA ; NewL – The Newberry Library, Chicago IL ; NYPL – New York Public Library, New York NY ; ObCL – Oberlin College Library, Oberlin OH ; OhWUL – Ohio Wesleyan University Library OH ; PedSL – The Peddie School, Highstown NJ ; PhFL – Free Library of Philadelphia, Philadelphia PA ; PML – Pierpont Morgan Library, New York NY ; PrinUL – Princeton University, Firestone Library, Princeton NJ ; PStUL – Pennsylvania State University, University Park PA ; RutgUL – Rutgers University Library, Brunswick NJ ; SoMethUL – Southern Methodist University, Bridwell Library, Dallas TX ; UCalLAL – University of Southern California, Univer-

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sity Library, Los Angeles CA ; UIllL – University of Illinois Library, Urbana IL ; UMichL – University of Michigan, Unversity Library, Ann Arbor Mi ; UNCal – University of North Carolina Library, Chapel Hill, NC ; UNDamL – University of Notre Dame, The University Library, Notre Dame IN ; UPaL – University of Pennsylvania, Philadelphia PA ; UTexL – University of Texas, Austin TX ; VasCL – Vassar College, Poughkeepsie, New York ; WArtGL – Walters Art Gallery, Baltimore MD ; WatkL – Watkinson Library, Hartford CT ; WellCL – Wellesley College Library, Wellesley MA ; WesUL – Wesleyan University Library, Middletown CT ; YUL – Yale University Library, New Haven CT

Edizioni della Commedia 1472 I La Comedia, [Foligno], Johann Numeister e Evangelista [Angelini ?], 5-6 IV 1472, fol IGI 352 ; I-ISTC ; Mambelli 1 I-Bu – Fl – Fn – Mt – MOe – Pp – Ra – RcD – Rco ; F-Pn – Cmc ; GB- Cul – Lbl – Ob ; US – CornUL – NewL– UTexl II La Commedia, Mantova, Georg e Paul von Butzbach, 1472, fol IGI 353 ; I-ISTC ; Mambelli 2 I-Mt – Nn – PAca – RcD – Rv – VEc ; F- Pn ; GB- Cul – Lbl ; US– NYPL – PML III La Commedia, [Venezia], Federico de’ Conti, 18 VII 1472, 4° IGI 354 ; I-ISTC ; Mambelli 3 I-Mt – RcD – RAcD ; GB-Lbl – Mjrl ; US-PML 1477 IV La Commedia, Napoli, [tip. del Dante], 12 IV 1477, fol IGI 355 ; I-ISTC ; Mambelli 6 ; Manna p. 7 I-Mn – Mt – Nn – Nu – PCc – Rv – Vn ; F-Pn ; GB-Ob ; US-HEHL V La Commedia, comm. Jacopo della Lana, [Venezia], Wendelin von Speyer, 1477, fol IGI 358 ; I-ISTC ; Mackenzie p. 21 ; Mambelli 7 ; Manna p. 7 ; Saginati-Calcagno 26 I-Bc – BcS – Fn – Fr – Fri – FsD – FOc – GcB – Gd – Ma – Mt – MOe – Nn – Nu – PAu – Pp – RAc – Rc – RcD – Rco – RfB – Ru – Rv – Tr – VEc – VEca – VEs – VIc ; F-Cmc – Pn ; GB- Cul – Cfm – Lbl – Ob ; GE- BSB – MBSB ; US–CornUL – HarvCL – LC – NewL – PrinUL – UIllL – YUL 1478 VI La Comedia, [Napoli, Francesco del Tuppo, ca. 1478], fol IGI 356 ; I-ISTC ; Mambelli 5 : a. 1474 I-Mt ; GB- Lbl VII La Commedia, [Venezia], Filippo di Pietro, 1478, fol IGI 357 ; I-ISTC ; Mambelli 9 I-Fn – Mt – MOe – RcD –Rco – Vn ; GB- Lbl – Ob ; US-HarvCL – UPaL VIII La Comedia, comm. Martino Paolo Nidobeato e Guido Terzagono, Milano, Lodovico e Alberto Piemontese, [ed. Guido Terzagono], 27 IX , 22 XI 1477, 9 [II] 1478, fol

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IGI 359 ; I-ISTC ; Mambelli 8 ; Manna p. 8 I-Bec – Fn – Fr – Gd – Ma – Mn – Mt – MOe – Nn – Nu – PCc – RAc –Rc – RcD – Rco – Rv –Vn – VEc –VEca ;GB-Lbl – Ob ; US-CornUL – HarvCL 1481 IX La Comedia, comm. Cristoforo Landino, Firenze, Niccoló di Lorenzo, 30 VIII 1481, fol IGI 360 ; I-ISTC ; Mambelli 10 ; Manna p. 8 ; Saginati-Calcagno 27 I-Ac – Bc – Bu – Fa – Fm – Fn – Fr – GcB – Mn – Mt – MOe – Nn – No – Nu – PLn – PLs – Pp –Ra – Rc – RcD – Rco – RfB – Rv – Rva – Sc – Vn – VEca ; F-Pn – Ppp – PsG – Tm ; GB- Cul – Lbl – Luc – Mjrl – Ob – Okc ; GE- ASSTB ; US-BowCL – LC – MilCL – MtHCL – NewL – NYPl – PML – PrinUL – UillL – WesUL – YUL 1484 X IGI 361 ; I-ISTC ; Mackenzie p. 23 ; Mambelli 11 ; Manna p. 9 ; Saginati-Calcagno 28 La comedia, comm. Cristoforo Landino, Venezia, Ottaviano Scoto, 23 III 1484, fol I-Bc – Cg – Fm – Fn – Fr – FsD – GcB – Gu – Ic – Lc – LUg – MAc – Mn – Mt – MOe – Nn – Nu – NOc – PAc – PLn – Pp – RAc – RcD – Rc – Rco – RfB –SIc – Tn – TVc – Vn –VEca – VEc – Rv ; F- Nm ; GB- Cul – Ctc – Cfm – Lbl – Ob ; GE- ASSTB ; US-CornUL – HarvCL – LC – PML – UTexl – WellCL – YUL ; 1487 XI IGI 362 ; I-ISTC ; Mambelli 12 ; Saginati-Calcagno 29 La comedia, comm. Cristoforo Landino, Brescia, Bonino de’ Bonini, 31 III 1487, fol I-BEc –Fm – Fn – Fri – FsD – Gd – Ic – Mn – Mt – MOe – Nn – RAcD – Rc – RcD – Rco – RfB – Rv – Tn – Uc – VfC – Vn – VEca –VEc ; BE- Bbr ; F-Pn – Mm ; GB- Anl – Cul – CsJc – Cfm – Lbl – Mjrl – Ob ; GE- BKB – BKK ; US-BPubL – HarvCL – LC- MFArtL – MMuL – NYPL – YUL 1491 XII La comedia, comm. Cristoforo Landino, Venezia, Bernardino Benali e Matteo Codecá, 3 III 1491, fol IGI 363 ; I-ISTC ; Mackenzie p. 24 ; Mambelli 13 ; Saginati-Calcagno 30 I –Fn – Ma – Mn – Mt – NOc – PAu – Pp – PVu – PEo – PSu – Rco – RfB – Rg – Rn – Rv –– Vn – VRs ; F-Pn ; GB- Cul – Lbl ; GE- BKB ; US-CornUL – HarvCL –YUL XIII La commedia, comm. Cristoforo Landino, Venezia, Pietro di Piasi, 18 XI 1491, fol. IGI 364 ; I-ISTC ; Mackenzie p. 25 ; Mambelli 14 ; Saginati-Calcagno 31 I– Fn –Ma – Mn – Ms – Mt – MOe – Nn –Rc – Rco – Rv – Vn ; GB- Cul –Lbl ; GE- BKB ; US – CornUL – HarvCL –NewL – NYPL 1493 XIV Comedia, comm. Cristoforo Landino, Venezia, Matteo Codecá, 29 XI 1493, fol IGI 365 ; I-ISTC ; Mackenzie p. 28 ; Mambelli 15 ; Manna p. 9 ; Saginati-Calcagno 32 I– Fn –Mn – Mt –Nn – Nu – Rco – Rn – Vn ; GB – Lbl ; GE- BKK ; US- CornUL – DuUL- HarvCL NYPL –WArtGL 1497 XV Comedia, com. Cristoforo Landino, Venezia, Pietro Quarengi, 11 X 1497, fol

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GI 366 ; I-ISTC ; Mackenzie p. 28 ; Mambelli 16 ; Saginati-Calcagno 33 I- Fn –Mn – Mt – MOe – Nn –– RAc –Rco –Rn – Rv – TVc – Uc – VfC – Vn ; F- PiF – Tm ; GBLbl ; GE –BKB – DULB – FStUB ; US- CornUL – HarvCL NewL –YUL 1502 XVI Le terze rime di Dante, Venezia, Aldo Manuzio, VIII 1502, 8° Mackenzie p. 29 ; Mambelli 17 ; Manna p. 10 ; Saginati-Calcagno 34 ; SBN I- Fn – Fr – FsD – FEc – FGp – GcB – Lc – LUs – Ma – Mn – Mt – Nn – Nu – Rco – Ru – RAc – TI – TVc – Vn ; GB- Lbl ; US- LC 1506 XVII Commedia di Dante insieme con vno dialogo circa el sito forma et misure dello Inferno, Firenze, Filippo Giunta, 1506, 8° Mambelli 20 ; Saginati-Calcagno 36 ; SBN I- Bc – Fn – Mn – Mt – MOe – Ra – Rco ; F-Pn ; GB- Lbl 1507 XVIII Danthe Alighieri fiorentino historiado, Venetia, Bartolomeo Zani, 1507, fol. Mackenzie p. 34 ; Mambelli22 ; Manna p. 10 ; Saginati-Calcagno 37 ; SBN I- Bc – Fn – Mt – Nn – Rc – Rt – Ru ; GB- Lbl 1512 XIX Opere del Diuino poeta Danthe con suoi comenti recorrecti, Venezia, Bernardino Stagnino, 23 XI 1512, 4° Mackenzie p. 35 ; Mambelli 23 ; Saginati-Calcagno 38 ; SBN I – Bu – Fn – Gu – Mn – Mt – Nn – PCc – Rco – Vn ; GB-Lbl 1515 XX Dante col sito, et forma dell’Inferno, [Venezia, Aldo Manuzio e Andrea Torresano, VIII 1515], 8° Mackenzie p. 33 ; Mambelli 24 ; Saginati-Calcagno 39 ; SBN I- Bc – Fn – Ma – Mn – Mt – MOe – NOc – Nu – Pp – Ra – Rc – Rco – Rn – Rv – RAc – Vn ; FPn ; GB-Lbl XXI Le terze rime di Dante col sito … de lo Inferno, [Venezia, Gregorio de’ Gregori ?, dopo il 1515], 8° Mambelli 25 ; Saginati-Calcagno 40 ; SBN I- Fl – Fn – GcB – Nu – NOc – Ra – Rco – Vn ; F-Pn – GB-Lbl [1516] XXII Dante col sito … dell’Inferno, [Venezia, Alessandro de’ Paganini, circa 1516], 24° Mambelli26 ; Saginati-Calcagno 41 ; SBN I- Bc – Fn – GcB – Lc – Mt – PSn – Ra – Rco – RfB – Rn – RAc – VfC – VIc – VEca ; GB- Lbl [1518] XXIII Dante col sito … dell’Inferno, [Toscolano], Alessandro de’ Paganini, [dopo il 1518], 8° Mambelli 21 : a. [1506] ; Manna p. 11 ; Saginati-Calcagno 43 : a. [c. 1520 ?] ; SBN I- BEc – Cs – Fl – Fn – FsD – Mt – Nn – MAc – MOe – NOc – Ra – Rco – Rn – RAc – Vn – VEs – VIc – VRc ; GB-Lbl

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1520 XXIV Opere del divino poeta Danthe con svoi comenti, Venezia, Bernardino Stagnino, 28 III 1520, 4° Mackenzie p. 40 ; Mambelli27 ; Saginati-Calcagno 42 ; SBN I- Bc – Bu – Fn – GcB – Gp – Mt – MOe – NOc – Ra – RAc – REm – Rn – SIc – SOc – VEc – VIc ; GB-Lbl 1529 XXV Comedia … co[n] l’espositione di Christophoro La[n]dino, Venezia, Luca Antonio Giunta (per Giacomo Pocatela) 23 I 1529, fol. Mackenzie p. 40 ; Mambelli28 ; Saginati-Calcagno 44 ; SBN I- Bc – Bu – Fn – FsD – Gu – LUs – Ma – Mn – Meu – Nn – NOc – Pp – Ra – Rc – VfC – RAc – VEm – VIc ; GB-Lbl 1536 XXVI Comedia …, con la spositione di Christophoro Landino, Venezia, Giovanni Giolitto de Ferrari (per Bernardino Stagnino), 1536, 4° Mackenzie p. 42 ; Mambelli 29 ; Saginati-Calcagno 45 ; SBN I- Bc – Fn – FsD – GcB – Mn – Mt – Nn – PAu – PCc – Ra – Rc – Rco – REm – Rnc – SIc – Tc – Vn ; GB-Lbl – US-LC 1544 XXVII La Comedia … con la noua espositione di Alessandro Vellutello, Venezia, per Francesco Marcolini, VI 1544, 4° Mackenzie p. 43 ; Mambelli 30 ; Manna p. 12 ; Saginati-Calcagno 46 ; SBN I- Acc – Fn – Gu – Lc – LEp – Ma – Mn – Mt – Nn – Rc – Rco – Rm – Ru – Vn – VEc ; F-Pn ; GB-Lbl ; US-LC 1545 XXVIII Lo ‘Nferno e ‘l Pvurgatorio e ‘l Paradiso, Venezia, Al segno de la Speranza, 1545, 18° Mackenzie pp. 43-44 ; Mambelli31 ; Saginati-Calcagno 47 ; SBN I- Fn – FsD – GcB – Mt – MOe – PSn – Rco – RfB – RAc – RAcD – SIc 1550 XXIX Lo ‘Nferno e ‘l Pvrgatorio e ‘l Paradiso, Venetia, Al segno de la Speranza, 1550, 16° Mackenzie p. 45 ; Mambelli33 ; Saginati-Calcagno 49 ; SBN I- Bc – FsD – GcB – RAc – RAcD – REm – Vn ; GB-Lbl 1554 XXX Dante con … annotationi. Aggiuntovi l’indice de vocaboli, Venezia, Giovanni Antonio Morando, 1554, 8° Mackenzie p. 45 ; Mambelli 37 ; Saginati-Calcagno 52 ; SBN I- Bc – BRc – Fn – FsD – GcB – Gu – Mt – MOe – Nn – Vn ; F-Pn ; GB-Lbl 1555 XXXI La Divina Comedia … Con … Apostille nel margine. Et indice copiosissimo di … vocaboli, Venezia, Gabriele Giolito de Ferrari et fratelli, 1555, 12°

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Mackenzie p. 46 ; Mambelli 39 ; Saginati-Calcagno 53 ; SBN I- Fn – GcB – Mt – Nn – NOc – Ra – Rco – RfB – Rn – Vn ; F-Pn ; GB-Lbl 1564 XXXII Dante con l’espositione di Christoforo Landino, et di Alessandro Vellvtello … ridotto alla sua uera Lettura per Francesco Sansovino, Venezia, Giovanni Battista Sessa et fratelli, 1564, fol. Mackenzie p. 47 ; Manna p. 13 ; Mambelli 40 ; Saginati-Calcagno 54 ; SBN I- Fn GcB – Ma – Mc – Mn – Mt – MOe – Nn – Rc – RfB – RAc – RAcD – REm – ROa – SOc – Tc – Tn – Vn – VIc ; F-Pn ; GB-Lbl ; US- LC 1568 XXXIII Dante con l’espositione di M. Bernardino Daniello, Venetia, Pietro da Fino, 1568, 4° Mackenzie p. 52 ; Mambelli 41 ; Manna p. 13 ; Saginati-Calcagno 55 ; SBN I- Bu – Fn – Gu – LUs – MOe – Mn – Mt – Nn – Pp – PAa – Ra – Rc – Rco Ru – SIc – Uc – Vn ; F-Pn ; GB-Lbl 1569 XXXIV La Divina Comedia … con apostille nel margine. & indice … di vocaboli, Venezia, Domenico Farri, 1569, 12° Mackenzie p. 54 ; Mambelli 42 ; Saginati-Calcagno 56 ; SBN I- Bc – Fn – FOc – GcB – Mc – Mn – Mt – MOe – NOc – Pp – Ra – Rc – RfB – RAc – Vn – VTc ; GB-Lbl 1578 XXXV La Diuina Comedia con la dichiaratione de’ vocaboli … di Lodouico Dolce, Venezia, Domenico Farri, 1578, 12° Mackenzie p. 54 ; Mambelli 48 ; Manna p. 14 ; Saginati-Calcagno 59 ; SBN I- Bu – Fn – GcB – Mt – MOe – PAa – Rc – Rn – RAc – RCc – ROa – SIc ; GB-Lbl XXXVI Dante con l’espositioni di Christoforo Landino, et d’Alessandro Vellvtello … per Francesco Sansouino, Venezia, Giovanni Battista Sessa et fratelli, 1578, fol. Mackenzie pp. 49-50 ; Mambelli 49 ; Saginati-Calcagno 60 ; SBN I- Bc – Fn – Fr – FEc – Gu – Lc – LUs – Ma – Mn – Mt – MAc – MOe – Nn – Pp – Pu Ra – RbP – RbS – Rco – RfB – Rn – Ru – RAc – RAcD ; F-Pn ; GB-Lbl 1595 XXXVII La Divina Commedia … ridotta a miglior lezione dagli Accademici della Crusca, In Firenze, Domenico Manzani, 1595, 8° Mambelli 51 ; Manna p. 14 ; Saginati-Calcagno 61 ; SBN I- Bu – Fn – Fr – GcB – Lc – LUs – Mt – MOe – Nn – Nu – Pp – PAs – Ra – RbSR – Rc – Rco – RfB – Rn – RAc – RAcD – REm – Vn ; GB-Lbl 1596 XXXVIII Dante con l’espositioni di Christoforo Landino, et d’Alessandro Vellutello, … per Francesco Sansouino, Venezia, Giovanni Battista e Giovanni Bernardo Sessa, 1596, fol. Mackenzie pp. 50-51 ; Mambelli 52 ; Manna pp. 14-15 ; Saginati-Calcagno 62 ; SBN I- Bu – BAn – Cs – Fn – GcB – LEi – Ma – Mn – Mt – MOe – NOc – Nu – PGa – RfB – Rn – RAc – RAcD – Vn ; F-Pn ; GB-Lbl

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Edizioni dei Rerum Vulgarium Fragmenta 1470 I [Canzoniere e Trionfi], Venezia, Vindelino da Spira, 1470, 4° IGI 7517 ; BIBLIA 3508 ; Frasso 1 ; Fabbi II [52] ; Bianchi 1 ; Gazzotti II 1 ; I-ISTC ; Ley 2 ; Balsamo p. 249 I – BEc – Fl – Fn – Gd – Mn – Mt – Ma – Nn – Rco – Rn – TIc – Vn – BAV ; F – Pn ; GB – Lbl 1471 II [Trionfi e Canzoniere], Roma, Georg Lauer, 1471, 4° IGI 7518 ; BIBLIA 3509 ; Gazzotti II 2 ; I-ISTC ; Ley 3 ; Balsamo p. 249 I – Nn ; F – Cmc – Pn ; GB – Mjrl ; USA – CornUL 1472 III [Canzoniere e Trionfi], Padova, Bar. de Valde, 1472, fol. IGI 7519 ; BIBLIA 3510 ; Gazzotti II 3, [29] ; Dondi 1 ; I-ISTC ; Ley 4 ; Balsamo p. 249 I – BEc – Fn – Ma – Mn – Mt – TIc – Vn – VIc ; F – Pn ; GB – Ob 1473 IV [Canzoniere e Trionfi], Milano, Antonio Zaroto parmense, 1473, fol. IGI 7520 ; BIBLIA 3512 ; Frasso 2 ; I-ISTC ; Ley 6 I – Bu – Mt –Rc ; F – Pn ; GB – Lbl – Mjrl ; USA – CornUL – PrinUL V [Canzoniere e Trionfi], Venezia, Gabriele di Pietro, 1473, fol. IGI 7521 ; BIBLIA 3513 ; Frasso 3 ; Fabbi II 1, 2, 3 ; Gazzotti II 4, [31] ; Dondi 2 ; I-ISTC ; Ley 8 I – Fn – Fr – Ma – Mt – Nn – PAc – Rco – SIc – TIc – VmC – VfC – BAV ; F – Pn ; GB – Lbl – Ob VI [Canzoniere e Trionfi], Roma, Iohannis Philippi de Lignami, 1473, 4° BIBLIA 3514 ; Gazzotti II [30] ; I-ISTC ; Ley 7 F – Pn ; GB – Ck ; USA – CornUL – YUL VII [Trionfi], [Firenze], Ihoannes Petri, [1473 ?], 4° IGI 7541 ; BIBLIA 3511 ; Frasso 5 ; Ley 10 ; I-ISTC I – Fn – Rc ; GB – Lbl – Ob VIII Triomphi damore, Parma, Andreas Portilia, 1473, 4° IGI 7542 ; BIBLIA 3515 ; Fabbi I 1 ; Gazzotti II 5, Ley 9 ; I-ISTC I – Pp – Rco – MOe – Nu ; F – Pn 1474 IX [Canzoniere e Trionfi], Sant’Orso, Leonardo Acate, 1474, fol. IGI 7522 ; BIBLIA 3516 ; Frasso 4 ; Bianchi 2 ; Gazzotti II 6 ; I-ISTC ; Ley 11 I – Ac – Fn – Mt – MOe – Nn – Nu – TIc – VIc – Ma – BAV ; F – Pn ; GB – Lbl

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1475 ? X [Canzoniere e Trionfi], [Forlì ?], Jacobus de Forlivio, 1475 ?, 8° IGI 7523 ; BIBLIA 3517 ; I-ISTC I – FRc – Tic ; GB – Mjrl ; USA – YUL 1474-1476 XI [Canzoniere e Trionfi], Bologna, Annibale Malpighi, 1474-76, fol IGI 7543, 7529 ; BIBLIA 3518, 3519 ; Dondi 3 ; I-ISTC ; Ley 15 ; Balsamo pp. 249-50 I – Bc – Bu – Fl – Fn – Fr – Nn – PLs – Pp – PGc – Ra – TIc – BAV ; GB – Ob 1477 XII [Canzoniere e Trionfi], Venezia, Gasparis de Siliprandis de Mantua, 1477, 4° IGI 7525 ; BIBLIA 3520 ; Fabbi I 3 ; Fabbi II 5 ; Bianchi 3 ; I-ISTC ; Ley 16 I – Mt – Ma – MOe – Nn – Pp – TIc – BAV XIII Sonetti del Petrarca…Triumphi, Napoli, Arnoldum de Bruxella, 1477, fol. IGI 7524 ; BIBLIA 3521 ; Santoro 224 ; I-ISTC ; Ley 17 I – Nn ; GB – Mjrl XIV Triumphorum sex liber primis incipit, Lucca, De Cividali Bartholomeus, 1477, 4° IGI 7544 ; BIBLIA 3522 ; Fabbi I 2 ; Ley 18 ; I-ISTC I – Pp – Fn – Rn ; GB – Lbl 1478 XV [Canzoniere e Trionfi], Venezia, Teodoro di Reynsburch e Reynaldo de Novimagio, 1478, fol. IGI 7545, 7530 ; BIBLIA 3523 ; Frasso 6 ; Fabbi II 6, 7 8, 9 ; Bianchi 4, 5 ; Gazzotti II 8, 9 ; Dondi 4, 5 ; I-ISTC ; Ley 19 ; Balsamo p. 252 I – BcS – Bu – Fm – Fn – Fr – Gu – LUg – Ma – Mn – Mt – MOe – Nn – PAs – PLc – PGc – Rc – Rco – Ru – ROa – TIc – Vn – VEc – BAV ; F – Pn ; GB – Lbl – Ob 1480 XVI [Trionfi], Firenze, [Niccolò di Lorenzo], 1480, 4° IGI 7546 ; BIBLIA 3524 ; Ley 20 ; I-ISTC I – Fn ; USA – NewL 1481 XVII [Canzoniere e Trionfi], Venezia, Leonardo Wild, 1481, fol. IGI 7547, 7531 ; BIBLIA 3525 ; Fabbi II 10, 11, 12 ; Gazzotti II 10 ; Ferrazzi p. 131 ; I-ISTC ; Ley 21 I – Bu – Fr – Fs – MAc – PAc – PVu – Ra – Rc – Rco – ROa – SIc – TIc – Vn – VEc – BAV ; F – Pn 1482 XVIII [Canzoniere e Trionfi], Venezia, Filippo Veneto, 1482, fol. IGI 7526 ; BIBLIA 3526 ; Fabbi II 13 ; I-ISTC ; Ley 22 I – Ra – TIc – BAV ; GB – Mjrl ; USA – CornUL – YUL

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1484 ? XIX [Canzoniere e Trionfi], Venezia, Pietro Cremonese detto Veronese, s.d. [1484 ?], fol. IGI 7527 ; BIBLIA 3527 ; Fabbi I 4, 5 ; Fabbi II 14 ; Dondi 34 ; Ferrazzi p. 131 ; I-ISTC ; Ley 24 I – Fn – Nn – PAs – PAu – PLc – Pp – Rco – Rn – Rva – ROa – TIc – Vn – BAV ; GB – Ob 1485 ? XX [Trionfi], Firenze, Bartolomeo de’ Libri, [1485 ?], 4° IGI 7548 ; BIBLIA 3528 ; Ley 25 ; I-ISTC I – FAc 1486-1488 XXI [Canzoniere e Trionfi], Venezia, Pelegrino di Pasquali e Domenico Bertocho, 1486-88, fol. IGI 7532, 7551 ; BIBLIA 3529, 3532 ; Gazzotti II 11 ; Ferrazzi p. 131 ; I-ISTC ; Ley 29 I – Bu – Fn – GcB – MOe – PAc – Pp – Rc – Rco – SIc – TVc – TIc – VIc – BAV ; F – Pn 1487 XXII Triomphi, Firenze, [Bartolomeo de’ Libri], 1487, 4° IGI 7549 ; BIBLIA 3531 ; Ley 28 ; I-ISTC I – Fn – TIc ; USA – CornUL XXIII [Trionfi], Firenze, [Francesco Bonaccorsi e Antonio di Francesco], [1487], 4° IGI 7550 ; BIBLIA 3530 ; Gazzotti II 32 ; Ley 31 ; I-ISTC I – Ac – Fn – Rco – TIc ; F – Pn ; GB – Lbl ; USA – CornUL 1488 XXIV Triumphi…Sonetti con Canzoni, Venezia, Bernardino de Novara, 1488, fol. IGI 7552, 7533 ; BIBLIA 3533 ; Fabbi I 6 ; Fabbi II 16 ; Dondi 7 ; I-ISTC ; Ley 33 I – Bu – Fn – Nn – PAc – Pp – PSu – Tn – TIc – Us – VfC – BAV ; GB – Ob 1490 XXV [Canzoniere e Trionfi], Venezia, Pietro Veroneso, 1490, fol. IGI 7553, 7534 ; BIBLIA 3535 ; Dondi 8 ; I-ISTC ; Ley 36 I – Bc – Bu – FEc – Fn – Mn – MOe – PAc – PLc – PLn – Ra – Rco – Rn – Tn – TIc – Vn – VfC – BAV ; GB – Ob XXVI Trionfi, Firenze, [Lorenzo Morgiani & Johann Petri], [1490] BIBLIA 3534 ; Ley 35 1492 XXVII [Canzoniere e Trionfi], Venezia, Pietro Veroneso, 1492, fol. IGI 7555, 7535 ; BIBLIA 3537 ; Fabbi I 7 ; Fabbi II 17 ; I-ISTC ; Ley 37 ; SBN I – Fn – Fri – Gu – Ma – Mn – MOe – PAc – Pp – Rc – Rva – VIc – BAV XXVIII Triompho dello amore, Bologna, [Platone Benedetti], [1492], 4° BIBLIA 3536

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XXIX [Trionfi], Venezia, Piero di Zohane di Quarengi, 1492, 4° IGI 7558 ; BIBLIA 3538 1493 XXX [Triomphi]…Li sonetti con Canzoni, Venezia, Joanne Codeca da Parma, 1493, fol. IGI 7554, 7536 ; BIBLIA 3539 ; Fabbi II 18 ; Gazzotti II 12 ; I-ISTC ; Ley 38 I – Bc – Fm – Fn – Mn – Nn – PAc – Pau – Pp – PLn – Rn – TIc – BAV ; F – Pn 1494 XXXI Sonetti con Canzoni, Venezia, Pietro di Zohane di Quarengi, 1494, 4° IGI 7538 ; BIBLIA 3540 ; I-ISTC ; Ley 39 I – BRc – Bu – FEc – Fn – MOe – Nn – PAc – RCc – Rn – VEc ; GB – Cfm – Lbl ; USA – UNCaL – UTexL XXXII [Triomphi]…Sonetti con Canzone, Milano, Ulderico Scinzenzeler, 1494, fol. IGI 7556, 7537 ; BIBLIA 3541 ; Fabbi I 8, 9 ; Fabbi II 19, 20 ; Gazzotti I 2 ; Bianchi 6, 7 ; Gazzotti II 13 ; I-ISTC ; Ley 40 ; Balsamo p. 250 I – Fn – Gu – Ma – Mt – PAc – PLn – Pp – Rco – BAV XXXIII [Triomphi]…Sonetti con Canzoni, Milano, Antonio Zaroto, 1494, fol. IGI 7557, 7539 ; BIBLIA 3542 ; Fabbi I 10, 11 ; Gazzotti I 3 ; I-ISTC ; Ley 41 I – BRc – Ma – Nn – PAu – Pp – PVu – TIc – BAV ; GB – Lbl – Cfm ; USA – CornUL – LC 1497 XXXIV [Triomphi]…Li sonetti con Canzoni, Venezia, Bartholamio de Zani da Portese, 1497, fol. IGI 7559, 7540 ; BIBLIA 3543 ; Fabbi I 12 ; Gazzotti II 14 ; I-ISTC ; Ley 42 I – Bc – Fn – MCc – Nn – PAc – PLn – Pp – Rc – Rco – TVc – TIc – VEc – VEca ; F – Pn ; GB – Cfm – Lbl – Luc ;USA – CornUL – HarCL – LC – MFArtL – YUL 1499 XXXV Triomphi, Firenze, A. & Lorenzo veneziano …, ad in stantia di ser Piero Pacini, 1499, fol. IGI 7560 ; BIBLIA 3544 ; Ley 43 ; I-ISTC I – Rn – Ac ; USA – CornUL 1500 XXXVI Triumphi…con li Sonetti, Venezia, Bartholomeo de Zani da Portese, 1500, fol. IGI 7528 ; BIBLIA 3545 ; Frasso 7 ; Gazzotti II 15 ; Ferrazzi p. 132 ; I-ISTC ; Ley 44 I – Bu – Cg – FEc – Fn – GcB – Nn – PAc – PLc – PGc – Ra – Rco – Rn – Rva – ROa – TIc ; F – Pn – Tm ;GB – Lbl ; USA – BrUL – CornUL – LC – NYPL – YUL 1501 XXXVII Le cose volgari, Venezia, Aldo Manunzio, 1501, 8° BIBLIA 3546 ; Frasso 8 ; Fabbi I [21] ; Fabbi II 21, 22, 23, 24 ; Bianchi 8 ; Gazzotti II [33] ; Ley 46 ; EDIT 16 ; SBN ; Balsamo p. 252 I – PIf – PAs – TIc – PGc – Pp – BAV – Ma ; F – Pn

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1503 XXXVIII Opere volgari, Fano, Hieronimo Soncino, 1503, 8° BIBLIA 3548 ; Fabbi II 26 ; Bianchi 9 ; Dondi 36 ; Ley 50 ; EDIT 16 ; Balsamo p. 254 I – TIc – Vn – Mt – Mn – Ma – BAV ; GB – Ob XXXIX Petrarcha con doi commenti…Francesco Philelpho…Antonio da Tempo, Venezia, Albertino da Lissona Vercellese, 1503, fol. BIBLIA 3549 ; Fabbi II 25 ; Dondi 37, 38 ; I-ISTC ; Ley 51 ; EDIT 16 I – BAV ; GB – Ob 1504 XL Le cose volgari, Firenze, Filippo di Giunta, 1504, 8° BIBLIA 3550 ; Ley 54 1507 XLI Petrarcha con doi commenti… Francesco Philelpho…Antonio da Tempo, Milano, Iohanne Angelo Scinzenzeler, 1507, fol. BIBLIA 3551 ; Bianchi 10 ; Dondi 39 ; Ferrazzi p. 132 ; Ley 55 ; EDIT 16 I – Mn – Mt – Fn ; GB – Ob – Lbl 1508 XLII Opera…corette per Nicolo Peranzone…Bernardo Lycino…Francesco Philelpho…Antonio da Tempo, Venezia, Bartholomeo de Zanni da Portese, 1508, fol. BIBLIA 3552 ; Fabbi I 13, Fabbi II [55] ; Gazzotti I 4 ; Ferrazzi p. 132 ; Ley 57 ; EDIT 16 ; SBN I – GRc – Tc – VfC – Pp – Ma – BAV ; GB – Lbl XLIII Petrarcha con doi commenti… Francesco Philelpho…Antonio da Tempo, Venezia, Gregorio de Gregoriis, 1508, 4° BIBLIA 3553 ; Gazzotti I 5 ; Ferrazzi p. 132 ; Ley 58 ; SBN I – Pas – Ma XLIV Triomphi, Firenze, a petizione di ser Piero Pacini, 1508, 4° BIBLIA 3554 ; Ley 59 ; EDIT 16 I – TIc 1510 XLV Le cose volgari, Firenze, Filippo Giunta, 1510, 8° BIBLIA 3555 ; Fabbi II 27 ; Gazzotti II 17 ; Ley 61 ; SBN I – Fn – BAV ; F – Pn 1511 XLVI Le opere volgari, Venezia, Lazaro Soardo, 1511, 12° BIBLIA 3556 ; Bianchi [16] ; Ley 62 ; EDIT 16 I – Tic – Mt ; GB – Lbl

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1512 XLVII Opera…Bernardo Lycinio…Francesco Philelpho…Antonio da Tempo, Milano, Joanne Angelo Scinzenzeler, 1512, fol. BIBLIA 3557 ; Bianchi 11 ; Ferrazzi p. 132 ; Ley 64 ; EDIT 16 I – Mn – Mt ; GB – Lbl 1513 XLVIII Li sonetti, canzone e Triumphi del Petrarca con li soi commenti, Venezia, Bernardino Stagnino, 1513, 4° BIBLIA 3558 ; Ley 66 ; EDIT 16 ; SBN I – Ru – Rc – Fn – Ru 1514 XLIX Il Petrarcha, Venezia, Aldo Manuzio, 1514, 8° BIBLIA 3559 ; Frasso 9 ; Fabbi I 14 ; Fabbi II 28 ; Gazzotti I 6 ; Ley 67 ; EDIT 16 ; SBN ; Balsamo p. 256 I – Rco – Rn – Ru – BRc – Bu – BcC – Bc – FEc – Fl – Fr – Fn – Ma – Mcap – Nu – PAs – PGc – PSu – Pp – PIfa – ROa – SIc – Tn – TVc – Vn – VIc – VEca – BAV ; GB – Lbl 1515 L Canzoniere et Triomphi, Firenze, Filippo Giunta, 1515, 8° BIBLIA 3560 ; Ley 70 F – Pn LI Opera… Francesco Philelpho…Antonio da Tempo, Venezia, Augustino Zanni da Portese, 1515, fol. BIBLIA 3561 ; Fabbi II 29 ; Dondi 9 ; Ferrazzi p. 132 ; Ley 71 ; EDIT 16 ; Balsamo p. 254 I – BAV ; F – Pn ; GB – Ob – Lbl LII Il Petrarcha, Venezia, Aldo Paganino, 1515, 16° BIBLIA 3562 ; Ley 73 LIII [Trionfi], Firenze, Bernardo Zucchetta, 1515, 8° BIBLIA 3563 ; Ley 74 ; SBN I – Vfc 1516 LIV Canzoniere et Triomphi, Bologna, Francesco Griffio, 1516, 16° BIBLIA 3564 ; Frasso 10 ; Ley 76 GB – Lbl LV Il Petrarcha, Milano, Alexandro Minutiano, 1516, 8° BIBLIA 3565 ; Dondi 40 ; Ley 75 ; EDIT 16 I – Mn ; GB – Ob – Lbl 1518 LVI Triomphi, Firenze, a petizione di ser Bernardo Pacini, 1518, 4°

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BIBLIA 3566 ; Ley 78 ; SBN I – Vfc 1519 LVII Li sonetti, canzone e Triumphi del Petrarca con li soi commenti, Venezia, Gregorio de Grigiriis, 1519, 4° BIBLIA 3567 ; Fabbi II 30 ; Gazzotti I 7 ; Ley 80 ; EDIT 16 I – Nn – PAu – Rco – Rh – ROa – TEd – Tn – VRc – Rc – Ma – BAV LVIII Triomphi, Venezia, Nicolò Zopino e Vincenzo Compagno, 1519, 8° BIBLIA 3568 ; Ley 81 ; SBN ; EDIT 16 I – Bu – Vfc – Ua 1520 LIX Le cose volgari, Ancona, Bernardino Guerralda vercellese, 1520, 12° BIBLIA 3569 ; Ley 83 ; EDIT 16 LX Triomphi, Firenze, Bernardo Zucchetta, 1520, 8° BIBLIA 3570 1521 LXI Canzoniere et Triomphi, Venezia, Nicolo Zopino e Vincentio compagno, 1521, 8° BIBLIA 3571 ; EDIT 16 GB – Lbl LXII Il Petrarcha, Tuscolano, Alessandro Paganino di Paganini Brixiano, 1521, 24° BIBLIA 3572 ; Ley 85 ; EDIT 16 I – Mn – PGu – PIf ; GB – Lbl LXIII Il Petrarcha, Venezia, Aldo Manuzio e Andrea Asolano, 1521, 8° BIBLIA 3573 ; Fabbi II 31 ; Dondi 10 ; Ley 86 ; SBN I – Rn- BAV ; GB – Ob – Lbl LXIV Il Petrarcha, Venezia, Andrea Torresano (Zopino), 1521, 8° Frasso 11 ; Fabbi II 32 ; Ley 87 I – BAV ; GB – Lbl 1522 LXV Il Petrarcha, Venezia, Gregorio de Gregori ?, 1522 ?, 8° (contraff. aldina 1521) BIBLIA 3575 F – Pn LXVI Il Petrarcha, Firenze, Eredi di Filippo Giunta, 1522, 8° BIBLIA 3576 ; Fabbi I 15 ; Bianchi [17] ; Ley 89 ; SBN I – Rn – Pp – Mt ; GB – Lbl

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LXVII Petrarcha coi doi commenti… Francesco Philelpho…Antonio da Tempo, Venezia, Bernardino Stagnino, 1522, 4° BIBLIA 3577 ; Frasso 12 ; Gazzotti I [16] ; Dondi 11, 41, 42 ; Ferrazzi p. 132 ; Ley 88 ; EDIT 16 ; SBN I – Flf – GRc – Mcap – PAu – Rco – Rn – Tn – Tr – VRc – Rc – Bu – Ru – Ma ; GB – Lbl – Ob 1523 LXVIII Il Petrarcha, Toscolano, P. Alex. Pag. Benacenses, 1523 ?, 8° BIBLIA 3578 ; SBN I – Tic LXIX Petrarca, Venezia, Gregorio de Gregoriis, 1523, 12° BIBLIA 3579 ; Ley 91 GB – Lbl 1524 LXX Triomphi, Venezia, Nicolo Zopino e Vincenzo Compagno, 1524, 8° BIBLIA 3580 ; Dondi 83 ; Ley 93 ; EDIT 16 I – TIc ; GB – Ob 1525 LXXI Le volgari opere…esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Giovanniantonio et fratelli da Sabbio, 1525, 4° BIBLIA 3581 ; Gazzotti I 8 ; Dondi 12 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 95 ; EDIT 16 ; SBN ; Balsamo p. 255 I – RCc – Rn – Tr – PGc – Rc – Ma ; GB – Lbl 1526 LXXII Il Petrarcha, Venezia, Gregorio de Gregorii, 1526, 8° BIBLIA 3582 ; Ley 97 LXXIII Li sonetti, canzoni et Trionphi, Venezia, Melchiorre Sessa, 1526, 8° BIBLIA 3583 ; Ley 98 LXXIV Li sonetti, canzoni et Trionphi, Venezia, Nicolo d’Aristotele detto Zoppino, 1526, 8° BIBLIA 3584 ; Ley 99 1528 LXXV Il Petrarcha… esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Bernardino de Vidali, 1528, 4° BIBLIA 3585 ; Gazzotti II 18 ; Dondi 13 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 101 ; EDIT 16 ; SBN I – Rco – Rn – Rant – VRc ; F – Pn ; GB – Ob 1530 LXXVI Li sonetti, canzoni et Trionphi, Venezia, Nicolo d’Aristotele detto Zoppino, 1530, 8° BIBLIA 3586 ; Ley 102 GB – Lbl

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1531 LXXVII Il Petrarcha, Venezia, Bernardino Stagnino, 1531, 24° BIBLIA 3587 ; Dondi 14 ; Ley 103 GB – Ob LXXVIII Triumphi, Venezia, Nicolò d’Aristotele detto Zoppino, 1531, 8° BIBLIA 3588 ; Ley 104 ; EDIT 16 I – TIc 1532 LXXIX Il Petrarcha…commento di m. Sebastiano Fausto da Longiano, Venezia, Francesco di Alessandro Bindoni e Mapheo Pasini, 1532, 8° BIBLIA 3589 ; Gazzotti I [17] ; Dondi 15, 16 ; Ley 107 ; EDIT 16 I – PAu – Vn – Ma ; GB – Ob – Lbl LXXX Il Petrarcha… esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Bernardino de Vidali, 1532, 8° BIBLIA 3590 ; Fabbi II 33, [56] ; Dondi 17 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 106 ; EDIT 16 ; SBN I – PGu – RCc – Tn – VAc – Fn – VfC – CEm – BAV ; GB – Ob LXXXI Sonetti e canzoni, Venezia, Giovan Antonio di Nicolini e fratelli da Sabio, 1532, 8° BIBLIA 3591 1533 LXXXII Il Petrarca col commento di m. Syluano da Venaphro, Napoli, Antonio Iovino e Matteo Canzer, 1533, 4° BIBLIA 3592, Fabbi II [57] ; Bianchi 12 ; Dondi 19, 20 ; Ferrazzi p. 134 ; Ley 113 ; EDIT 16 ; SBN I – Rco – Rn – Rv – Vn – PLrS – PAs – Mt – BAV ; GB – Ob LXXXIII Il Petrarca, Venezia, Eredi di Aldo Romano, 1533, 8° BIBLIA 3593 ; Fabbi II 34 ; Gazzotti I 9 ; Bianchi [18] ; Gazzotti II 19 ; Dondi 18 ; Ley 112 ; SBN I – PGc – Ma – Mt – BAV ; F – Pn ; GB – Lbl LXXXIV Il Petrarcha colle spositione di misser Giovanni Andrea Gesualdo, Venezia, Giovan Antonio di Nicolini e fratelli da Sabio, 1533, 4° BIBLIA 3594 ; Ferrazzi p. 135 ; Ley 114 ; EDIT 16 ; SBN I – PGu – Rh – Rant – TEcap – PAs 1535 LXXXV Il Petrarcha, Venezia, Piero Ravano della Serena, 1535, 8° BIBLIA 3595 ; Ley 118 GB – Lbl LXXXVI Triomphi, Venezia, Francesco Bindoni & Mapheo Pasini, 1535, 8° BIBLIA 3596 ; Ley 120

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LXXXVI Triumphi, Venezia, Giovann’Antonio Nicolini da Sabio, 1535, 8° BIBLIA 3597 ; Ley 119 1536 LXXXVII Sonetti e canzone, Venezia, Nicolo d’Aristotile detto Zoppino, 1536, 12° BIBLIA 3598 ; Fabbi II 58 ; Bianchi 19 ; Ley 121 ; EDIT 16 I – Rn – BAV – Mt – BRc – GRc LXXXVIII Triomphi, Venezia, Francesco Bindoni & Mapheo Pasini, 1536, 8° BIBLIA 3599 1537 LXXXIX Il Petrarca, Venezia, Piero di Nicolini da Sabio, 1537, 12° BIBLIA 3600 ; Ley 124 ; EDIT 16 1538 XC Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Bartolomeo Zanetti Casterzagese, ad istanza di A. Vellutello e G. Giolito da Trino, 1538, 4° BIBLIA 3601 ; Dondi 43 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 125 ; EDIT 16 ; SBN I – CUc – VIc – PGc – Tas ; GB – Ob XCI Sonetti e canzone, Venezia, Nicolo d’Aristotile detto Zoppino, 1538, 12° (ristamp. ed. 1536 con frontespizio aggiornato) BIBLIA 3602 ; Ley 126 ; SBN I – Rn 1539 XCII Il Petrarca con le osservazioni di messer Francesco Alunno, Venezia, Francesco Marcolini da Forlì, 1539, 8° BIBLIA 3603 ; Fabbi I 16 ; Gazzotti I [18] ; Dondi 44 ; Ferrazzi p. 135 ; Ley 130 ; EDIT 16 ; SBN I – Mn – PGbR – Rco – Rn – Tu – Vn – Fn – PAs – Ru – Pp – Ma ; GB – Ob XCIII Il Petrarcha…, Venezia, Giovan Antonio di Nicolini da Sabio, 1539, 8° BIBLIA 3604 ; Ley 131 ; EDIT 16 I – Pgu ; GB – Lbl 1541 XCIV Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Giovan Antonio di Nicolini da Sabio, 1541, 8° BIBLIA 1605 ; Dondi 45 ; Ley 139 ; EDIT 16 ; SBN I – BRc – PIf – Rv ; GB – Ob XCV Il Petrarcha spositione di misser Giovanni Andrea Gesualdo, Venezia, Giovan Antonio di Nicolini e fratelli da Sabio, 1541, 4° BIBLIA 3606 ; Fabbi II 35, [59], [60] ; Gazzotti I [19] ; Gazzotti II 20 ; Ferrazzi p. 135 ; Ley 140 ; EDIT 16 ; SBN I – Bc – Bu – Rco – Rc – Fn – TIc – Ma – BAV ; F – Pn

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XCVI Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Comin de Trino de Monferrato, 1541, 16° BIBLIA 3607 ; Dondi 46 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 143 ; EDIT 16 GB – Ob – Lbl XCVII Il Petrarcha, Venezia, Comin de Trino de Monferrato, 1541, 8° BIBLIA 3608 ; Ley 142 GB – Lbl XCVIII Sonetti, canzoni e Triomphi…con la spositione di Bernardino Daniello da Lucca, Venezia, Giovanniantonio de Nicolini da Sabio, 1541, 8° BIBLIA 3609 ; Fabbi I [22] ; Dondi 47 ; Ferrazzi p. 136 ; Ley 141 ; EDIT 16 ; SBN ; Balsamo p. 255 I – BAn – Rn – TEd – Bc – Rc – PAs – Pp ; GB – Ob XCIX Triomphi ... con la spositione di Gio. Andrea Gesualdo, Venezia, Giovann’Antonio Nicolini e fratelli da Sabbio, 1541, 8° BIBLIA 3610 1541-1542 C Il Petrarcha, Venezia, Bernardino Bindoni, 1541-42, 8° BIBLIA 3611 ; Ley 144 ; EDIT 16 ; SBN I – Rn ; GB Lbl 1542 CI Li sonetti, canzoni, et Triomphi, Venezia, Francesco Bindoni e Mapheo Pasini, 1542, 8° BIBLIA 3612 ; Fabbi I 17 ; Dondi 48, 49 ; Ley 148 ; EDIT 16 ; SBN I – VRc – Rn – PAs – VfC – Pp ; GB – Ob 1543 CII Il Petrarcha, Venezia, Bernardino Bindoni, 1543, 8° BIBLIA 3613 ; Fabbi II 36 ; Ley 150 I – BAV ; F – Pn 1544 CIII Il Petrarcha, con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1544, 4° BIBLIA 3614 ; Fabbi II 37 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 153 ; EDIT 16 ; SBN I – GRc – Rco – Rn – Tn – Fn – TIc – BAV 1545 CIV Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1545, 4° BIBLIA 3616 ; Fabbi I 18 ; Fabbi II 38 ; Bianchi [20] ; Gazzotti II 21 ; Dondi 51 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 156 ; EDIT 16 ; SBN I – Rn – SRc – VIs – VfC – Pp – Mt – BAV ; F – Pn ; GB – Ob CV Sonetti, canzoni e Triomphi, Venezia, Al segno de la Speranza, 1545, 12°

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BIBLIA 3617 ; Dondi 50 ; Ley 158 GB – Lbl 1546 CVI Il Petrarcha, Venezia, case de figliuoli d’Aldo, 1546, 8° BIBLIA 3618 ; Fabbi II 39, 40 ; Gazzotti I 10 ; Dondi 21 ; Ley 162 ; EDIT 16 ; SBN I – Rco – MmP – PAs – Ma – BAV ; F – Pn ; GB – Ob – Lbl CVII Il Petrarcha…con dichiarazioni de luoghi difficili del Sansovino, Venezia, Eredi di Pietro Ravano, 1546, 8° BIBLIA 3619 ; Ley 163 ; EDIT 16 1547 CVIII Il Petrarca corretto da messer Lodovico Dolce, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1547, 12° BIBLIA 3620 ; Ley 167 ; SBN I – Fn ; F – Pn ; GB – Lbl CIX Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1547, 4° BIBLIA 3622 ; Fabbi II 41 ; Bianchi 14 ; Gazzotti II 22 ; Dondi 53 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 169 ; EDIT 16 ; SBN I – Lc – PLfl – PAu – Ru – VRc – Vn – Mt – BAV ; F – Pn ; GB – Ob CX Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Comin da Trino de Monferrato, 1547, 8° BIBLIA 3623 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 168 ; SBN I – RIp ; GB – Lbl 1548 CXI Sonetti, canzoni et Triomphi…annotat. Antonio Brucioli, Venezia, Alessandro Brucioli e fratelli, 1548, 8° BIBLIA 3626, Fabbi II [65] ; Gazzotti I [20] ; Dondi 54 ; Ferrazzi p. 136 ; Ley 174 I – Ma – BAV ; F – Pn ; GB – Ob – Lbl CXII Sonetti, canzoni et capitoli, Venezia, al segno de la Speranza, 1548, 16° BIBLIA 3625 ; Ley 175 ; SBN ; EDIT 16 I – PAc – TIc 1548-1549 CXIII Il Petrarcha coretto da m. Lodovico Dolce, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1548-49, 12° BIBLIA 3624 ; Frasso [16] ; Ley 178 GB – Lbl 1549 CXIV Sonetti, canzoni e Triomphi…con la spositione di Bernardino Daniello da Lucca, Venezia, Fratelli de Nicolini da Sabio, 1549, 4° BIBLIA 3629 ; Fabbi II 42 ; Gazzotti I [21], [22] ; Dondi 55 ; Ferrazzi p. 136 ; Ley 183 ; EDIT 16 ; SBN I – Bc – Fn – Gp – Lc – RCc – Tn – PAs – Ru – Ma – BAV ; GB – Ob

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CXV Le rime del Petrarcha, Venezia, nella bottega d’Erasmo di Vincenzo Valgrisi, 1549, 16° BIBLIA 3627 ; Fabbi II 66 ; Gazzotti I 11 ; Ley 181 ; SBN ; EDIT 16 I – BAV – Ma – PAc – Fn – BRc – Vqs – Vfc – TIc ; GB – Lbl CXVI I sonetti le canzoni et i capitoli, Venezia, Piero de Sabio, 1549, 12° BIBLIA 3628 ; Ley 182 ; SBN ; EDIT 16 I – PAc – TIc 1550 CXVII Il Petrarca con le osserv. Di m. Francesco Alunno da Ferrara, Venezia, Paolo Gherardo per Comin de Trino, 1550, 8° BIBLIA 3630 ; Fabbi I [23] ; Dondi 23 ; Ferrazzi p. 135 ; Ley 190 ; EDIT 16 ; SBN I – Bc – Fn – Mn – Rn – PGc – PGs – PGu – PIfa – RCc – Rco – Rv – TIc – Rc – Rn – Pp ; GB – Ob CXVIII Il Petrarca corretto da m. Lodovico Dolce, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1550, 12° BIBLIA 3631 ; Fabbi II 43 ; Ley 191 ; EDIT 16 ; SBN I – Rn – PAs – BAV ; GB – Lbl CXIX Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, al segno della Speranza, 1550, 8° BIBLIA 3633 ; Frasso [17] ; Gazzotti II 24 ; Dondi 22 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 188 ; EDIT 16 ; SBN I – Mcap – PIf – VRc – Flf – Vqs ; F – Pn ; GB – Lbl – Ob CXX Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1550, 4° BIBLIA 3634 ; Gazzotti II 23 : Ferrazzi p. 133 ; Ley 189 ; EDIT 16 ; SBN I – Rco – Rn – ROs – SRc – VRc – VfC ; F – Pn 1551 CXXI Il Petrarca corretto da m. Lodovico Dolce…, Venezia, Domenico Giglio, 1551, 12° BIBLIA 3637 ; Ley 201 CXXII Il Petrarca corretto da m. Lodovico Dolce, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1551, 12° BIBLIA 3638 ; Ley 200 ; EDIT 16 I – Mcap 1552 CXXIII Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1552, 4° BIBLIA 3639 ; Gazzotti I 12 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 208 ; EDIT 16 ; SBN I – Rco – Rn – Tn – Ru – VfC – Ma CXXIV Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Domenico Giglio, 1552, 8° BIBLIA 3640 ; Gazzotti I [24] ; Dondi 24, 56, 57, 58 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 207 ; EDIT 16 ; SBN I – PAs – Ma ; GB – Ob – Lbl CXXV Il Petrarcha, Venezia, Comin da Trino, 1552, 8° BIBLIA 3641 ; Ley 206

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1553 CXXVI Il Petrarca novissimamente revisto e corretto da m. Lodovico Dolce…avertimenti di m. Giulio Camillo, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1553, 8° BIBLIA 3642 ; Ley 215 ; EDIT 16 CXXVII Il Petrarca, corretto da m. Lodovico Dolce, Venezia, Domenico Giglio, 1553, 12° BIBLIA 3643 ; Ley 214 CXXVIII Il Petrarcha, con la spositione di misser Giovanni Andrea Gesualdo, Venezia, Domenico Giglio, 1553, 4° BIBLIA 3644 ; Fabbi I 19 ; Gazzotti I 13 ; Dondi 25 ; Ferrazzi p. 135 ; Ley 213 ; EDIT 16 ; SBN I – Mcap – PGbR – PGu – Rco – Rn – TEd – Tn – Rc – PAs – Pp – Ma ; GB – Ob CXXIX Il Petrarcha. Con la spositione di misser Giovanni Andrea Gesualdo, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1553, 4° BIBLIA 3645 ; Fabbi I [24], Fabbi II [67], [68] ; Bianchi [21] ; Dondi 59 ; Ferrazzi p. 135 ; Ley 212 ; EDIT 16 I – GRc – PIf – VRc – Pp – Mt – BAV ; GB – Ob 1554 CXXX Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Giovanni Griffio, 1554, 4° BIBLIA 3647 ; Fabbi II [69] ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 218 ; EDIT 16 ; SBN I – PAs – BAV ; GB – Lbl CXXXI Il Petrarca novissimamente revisto e corretto da m. Lodovico Dolce…avertimenti di m. Giulio Camillo, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1554 ?, 8° BIBLIA 3648 ; Dondi 62 ; Ley 220 ; EDIT 16 ; SBN I – PAu – Rco – Rn – SIc – TEcap – TIc – Vn – Bu ; GB – Ob- Lbl CXXXII Il Petrarca, nuovamente con la perfetta ortografia della lingua volgare, corretto da Girolamo Ruscelli, Venezia, Plinio Pietrasanta, 1554, 12° BIBLIA 3649 : Frasso 13 ; Dondi 60, 61 ; Ley 219 ; SBN I – Fn – PAs – RfB ; GB – Lbl – Ob 1557 CXXXIII Il Petrarca…, Venezia, Lodovico Avanzo, 1557, 12° BIBLIA 3650 ; Ley 230 F – Pn CXXXIV Il Petrarca novissimamente revisto e corretto da m. Lodovico Dolce…avertimenti di m. Giulio Camillo, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1557, 12° BIBLIA 3651 ; Ley 229 ; SBN I – Fn – MOe ; F – Pn ; GB – Lbl CXXXV Il Petrarca nuovamente rivisti e ricorretto da m. Lodovico Dolce, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1557, 12°

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BIBLIA 3652, Fabbi II [70] ; Gazzotti II 26 ; Dondi 26 ; Ley 229 ; EDIT 16 ; SBN I – PAu – PSu – Ru – PEo – Tn – TIc – RIp – BAV ; F – Pn ; GB – Ob – Lbl CXXXVI Il Petrarca. Sonetti, canzoni, et Trionfi, Venezia, Francesco Rampazetto, 1557, 8° BIBLIA 3653 ; Ley 231 1558 CXXXVII Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1558, 4° BIBLIA 3654 ; Fabbi I [25] ; Fabbi II 45 ; Gazzotti I [26] ; Gazzotti II [40], [41] ; Dondi 27 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 239 ; EDIT 16 ; SBN I – Rco- Rc – VfC – Pp – Ma – BAV ; F – Pn ; GB – Ob CXXXVIII Il Petrarca…, Venezia, Vincenzo Valgrisi alla bottega d’Erasmo, 1558, 12° BIBLIA 3655 ; Fabbi II 44 ; Ley 236 I – BAV ; GB – Lbl CXXXIX Il Petrarca novissimamente revisto e corretto da m. Lodovico Dolce…avertimenti di m. Giulio Camillo, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1558, 12° BIBLIA 3657 ; Dondi 65 ; Ley 240 GB – Ob 1559 CXL Il Petrarca…, Venezia, Vincenzo Valgrisi alla bottega d’Erasmo, 1559, 12° BIBLIA 3658 ; Ley 242 CXLI Il Petrarca novissimamente revisto e corretto da m. Lodovico Dolce…avertimenti di m. Giulio Camillo, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1559, 8° BIBLIA 3659 ; Gazzotti I 14 ; Ley 243 ; EDIT 16 I – Bu – Rco – Tr – VRc – Ma ; GB – Lbl 1560 CXLII Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Vincenzo Valgrisi, 1560, 4° BIBLIA 3660 ; Gazzotti I [27] ; Gazzotti II 27 ; Dondi 29 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 250 ; EDIT 16 ; SBN I – Rco – Rn – LEp – PAu – Ma ; F – Pn ; GB – Ob CXLIII Il Petrarcha con l’ esposizione di Alessandro Vellutello, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1560 (ma è riproposizione di ed. del 1558), 4° BIBLIA 3661 ; Dondi 28, 66, 67, 68 ; Ferrazzi p. 133 ; ; Ley 249 ; EDIT 16 I – BAn – Rco ; GB – Ob – Lbl CXLIV Il Petrarca novissimamente revisto e corretto da m. Lodovico Dolce, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1560, 12° BIBLIA 3662 ; ; Ley 245 ; EDIT 16 ; SBN I – ROs – SIc – TEcap – TEd – Rn CXLV Il Petrarca novissimamente revisto e corretto da m. Lodovico Dolce…avertimenti di m. Giulio Camillo, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1560, 12°

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BIBLIA 3663 ; Frasso 14 ; ; Ley 246 GB – Lbl 1561 CXLVI Il Petrarca…, Venezia, Lodovico Avanzo, 1561, 12° BIBLIA 3664 ; Ley 258 1562 CXLVII Il Petrarca…dottissime prose di monsignor Bembo, Venezia, Bevilacqua, 1562, 12° BIBLIA 3665 ; Fabbi I 20 ; Gazzotti I [28] ; Bianchi 15 ; Gazzotti II [42] ; Ley 260 ; EDIT 16 ; SBN I – PIf – Rn – ROs – VRc – Vqs – Rc – BRc – Pp – Ma – Mt ; F – Pn CXLVIII Rime …, Venezia, Comin da Trino di Monferrato, 1562, 8° BIBLIA 3666 ; Ley 261 ; SBN ; EDIT 16 I – Rn – TIc 1563 CXLIX Il Petrarcha con l’ esposizione di m. Alessandro Vellutello, Venezia, Bevilacqua, 1563, 4° BIBLIA 3667 ; Fabbi II 47 ; Dondi 69 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 264 ; EDIT 16 ; SBN I – COc – UBu – Tr – Rl – Fn – Vqs – PAu – BAV ; GB – Ob 1564 CL Il Petrarca…dottissime prose di monsignor Bembo, Venezia, Bevilacqua, 1564, 12° BIBLIA 3668 ; Ley 267 ; EDIT 16 ; SBN I – Flf – Rco – VTca – Fn – BRc – Bc – PAs – PAu CLI Il Petrarca…, Venezia, Gio. Grifio, 1564, 12° BIBLIA 3670 ; Fabbi I [26] ; Fabbi II 46 ; Ley 268 ; EDIT 16 I – Pp – BAV 1565 CLII Il Petrarca…, Venezia, Bevilacqua, 1565, 12° BIBLIA 3673 ; Ley 271 GB – Lbl CLIII Il Petrarca, Venezia, Giovanni Grifi, 1565, 12° BIBLIA 3674 ; Ley 272 CLIV Triomphi, Venezia, Francesco de Leno, 1565, 8° BIBLIA 3672 ; EDIT 16 I – TIc 1568 CLV Il Petrarca…dottissime prose di monsignor Bembo, Venezia, Bevilacqua, 1568, 12° BIBLIA 3675 ; Dondi 71 ; Ley 284 ; EDIT 16 ; SBN I – Fn – BRc – Pas – VfC ; GB – Ob

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CLVI Il Petrarcha con l’ esposizione di m. Alessandro Vellutello, Venezia, Bevilacqua, 1568, 4° BIBLIA 3676 ; Frasso 15, Fabbi II [71] ; Gazzotti I [31] ; Dondi 30, 72 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 286 ; EDIT 16 I – Rco – Ma – BAV ; F – Pn ; GB – Lbl – Ob CLVII Il Petrarca…, Venezia, Gio. Grifio, 1568, 12° BIBLIA 3677 ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 285 1570 CLVIII Il Petrarca…, Venezia, Bevilacqua, 1570, 12° BIBLIA 3679 ; Ley 292 F – Pn ; GB – Lbl 1572-1573 CLIX Il Petrarca…dottissime prose di monsignor Bembo, Venezia, Domenico Nicolini, 1573(2), 12° BIBLIA 3680 ; Fabbi II [72] ; Dondi 73 ; Ley 298 ; EDIT 16 ; SBN I – Rac – PAs – BAV ; GB – Ob 1573 CLX Il Petrarcha con l’ esposizione di m. Alessandro Vellutello, Venezia, Gio. Antonio Bertano, 1573, 4° BIBLIA 3681 ; Fabbi I [27] ; Fabbi II [73] ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 297 ; EDIT 16 ; SBN I – PGbR – UBu – VfC – Pp – BAV ; GB – Lbl CLXI Il Petrarca…, Firenze, Giorgio Marescotti, 1573, 16° BIBLIA 3682 ; Ley 300 CLXII Il Petrarca…, Venezia, Gio. Grifio, 1573, 12° BIBLIA 3683 ; Ley 299 ; EDIT 16 ; SBN I – PAu – Rc 1574 CLXIII Il Petrarcha. Con la spositione di misser Gio. Andrea Gesualdo, Venezia, Iacomo Vidali, 1574, 4° BIBLIA 3684 ; Fabbi I [28] ; Gazzotti I 15 ; Gazzotti II [44] ; Ferrazzi p. 135 ; Ley 303 ; EDIT 16 ; SBN I – BAn – Bc – Bu – UBu – Rn – VRc – Lc – PAs – Ru – Pp – Ma ; F – Pn CLXIV Il Petrarca…, Firenze, Giorgio Marescotti, 1574, 16° BIBLIA 3686 ; Fabbi II 48 ; Ley 304 I – BAV 1575 CLXV Il Petrarca, Venezia, Domenico Nicolino, 1575, 12° BIBLIA 3687 ; Gazzotti I [32] ; Ley 305 ; EDIT 16 ; SBN I – Rn – CEm – Ma 1579 CLXVI

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Il Petrarcha con l’ esposizione di m. Alessandro Vellutello, Venezia, Gio. Antonio Bertano, 1579, 12° BIBLIA 3688 ; Dondi 76 (lo attribuisce a Bevilacqua ?) ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 310 ; SBN I – CEm – CUc ; GB – Ob CLXVII Il Petrarca…, Venezia, Domenico Farri, 1579, 12° BIBLIA 3689 ; Dondi 75 ; Ley 311 ; EDIT 16 I – BAn ; GB – Ob 1580 CLXVIII Il Petrarca…, Venezia, Piero Dehuchino, 1580, 24° BIBLIA 3690 ; Ley 312 GB – Lbl 1581-1582 CLXIX Il Petrarcha. Con la spositione di misser Gio. Andrea Gesualdo, Venezia, Alessandro Griffio, 1581-82, 4° BIBLIA 3692 ; Gazzotti I [33] ; Bianchi [23] ; Dondi 77, 78 ; Ferrazzi p. 135 ; Ley 314 ; EDIT 16 ; SBN I – Rco – Rn – Ma – Mt ; GB – Ob 1583 CLXX Il Petrarca…, Venezia, Fabio e Agostino Zopini appresso Francesco de’ Franceschi, 1583, 12° BIBLIA 3694 ; Ley 327 ; EDIT 16 ; SBN I – TIc 1584 CLXXI Il Petrarcha con l’ esposizione di m. Alessandro Vellutello, Venezia, Gio. Antonio Bertano, 1584, 4° BIBLIA 3695 ; Gazzotti I [34] ; Ferrazzi p. 133 ; Ley 330 ; EDIT 16 I – BRc – Rh – Tn – Ma 1586 CLXXII Il Petrarca…, Venezia, Giorgio Angelieri, 1586, 16° BIBLIA 3696 ; Gazzotti II [45] ; Dondi 80, 81 ; Ley 337 ; EDIT 16 ; SBN I – Rn – VRc – Rv ; F – Pn ; GB – Ob CLXXIII Il Petrarca…con conserva…sotto le lettere vocali, Venezia, Giorgio Angelieri, 1586, 16° BIBLIA 3697 ; Gazzotti I [35] I – Ma ; F – Pn ; GB – Lbl CLXXIV Il Petrarca, Venezia, Eredi Piero Dehuchino, 1586, 24° BIBLIA 3698 ; Ley 338 1588 CLXXV Il Petrarca…, Venezia, Eredi Alessandro Griffio, 1588, 12° BIBLIA 3699 ; Gazzotti II [46] ; Ley 342 ; EDIT 16 ; SBN I – Rn ; F – Pn

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1592 CLXXVI Il Petrarca…con discorso… del sig. Pietro Cresci..del sig. Tomaso Costo, Venezia, Barezzo Barezzi, 1592, 12° BIBLIA 3700 ; Ley 350 ; EDIT 16 ; SBN I – Rn – Lus – Ru CLXXVII Il Petrarca, Venezia, Marc’Antonio Zaltieri, 1592, 24° BIBLIA 3701 ; Ley 349 CLXXVIII Trionfi, Firenze, Michelagnolo di Bartolomeo Sermartelli, 1592, 8° BIBLIA 3702 ; Ley 351 1595 CLXXIX Il Petrarca…, Venezia, Mattio Zanetti et Comino Presegni, 1595, 24° BIBLIA 3703 ; Ley 353 ; EDIT 16 CLXXX Il Petrarca…, Venezia, Bartolomeo Carampello, 1595, 8° BIBLIA 3704 ; Ley 352 1596 CLXXXI Il Petrarca…, Venezia, Nicolò Misserino, 1596, 24° BIBLIA 3705 ; Ley 357 ; EDIT 16 I – VAc 1600 CLXXXII Il Petrarca…, Venezia, Girolamo Porro (Marc’Antonio Zalieri 1592), 1600, 24° BIBLIA 3706 GB – Lbl CLXXXIII Il Petrarca…, Venezia, Domenico Imberti, 1600, 12° BIBLIA 3707 ; Dondi 82 GB – Ob – Lbl

Edizioni del Decameron 1470 I Decamerone, [Napoli, Tip. del Terentius], 1470, fol GdW 4440 – IGI 1772 – I-ISTC – Richardson – Santoro – VI Centenario 1 – Trovato I – Fn – FR – Pn 1471 II Decamerone, [Venezia], Valdarfer, 1471, fol BL 109 – GdW 4441 – IGI 1773 – Trovato Fr – Pn – GB – Lbl – I – Ma

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1472 III Decamerone, Mantova, Petrus Adam de Michaelibus, 1472, fol BL 109 – Bacchi 32 – GdW 4442 – I-ISTC – Richardson – Trovato F R – Pn – GB – Lbl 1476 IV Decamerone, Bologna, Baldassarre Azzoguidi, 1476, fol Bacchi 33 – GdW 4443 – I-ISTC – Richardson – Trovato FR – Pn – GB – Cul V Decamerone, Milano, Antonius Zarotus, 1476, fol GdW 4444 – Bacchi 33 – Trovato A – Vn 1478 VI Decamerone, Vicenza, Johannes Renensis, 1478, fol Bacchi 33 – BL 109 – GdW 4445 – I-ISTC – Richardson FR – Pn – GB – Lbl – Mjrl – US – YUL 1481 VII Decamerone, Venezia, Antonio da Strda, 30 V 1481, fol Bacchi 33 – BL 21s – GdW 4446 – IGI 1774 – I-ISTC – Richardson GB – Lbl – I – Nn – Rv 1483 VIII Decamerone, Firenze, S. Jacopo a Ripoli, 13 V 1483, fol Bacchi 31 – GdW 4447 – IGI 1775 – I-ISTC – Richardson I – Fn – Rco 1484 IX Decamerone, Venezia, Battista Torti, 8 V 1484, fol Bacchi 33 – GdW 4448 – IGI 1776 – I-ISTC I – Fn – Mt 1492 X Decamerone [precede : G. Squarzafico Vita di B.], Venezia, Johannes et Gregorius de Gregoriis, 20 VI 1492, fol, ill Bacchi 34 – Essling 640 – GdW 4449 – IGI 1777 – I-ISTC – Richardson – Sander 1060 FR – Pn – I – Fn – VfC 1498 XI Decamerone, Venezia, Manfredo de Bonellis, 5 XII 1498, fol, ill Bacchi 34 – Essling 642 –GdW 4450 – I-ISTC – Richardson – Sander 1062 FR – Pn – GB – Lbl – Mjrl

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1504 XII Decamerone, Venezia, Bartolomeo de Zani, 5 VII 1504, fol, ill Bacchi 34 – EDIT 16– Essling 643 – IA 329 – Sander 1063 – SBN I – Mt 1510 XIII Decamerone, Venezia, Bartholomeo de Zanni, 5 VIII 1510, fol, ill Bacchi 34 – BL 109 – EDIT 16 – Essling 644 – IA 330 – Richardson – Sander 1064 GB – Lbl – I – Vn 1515 XIV Decamerone, Venezia, ed. N. Delfino, Bernardino Viano de Lexona, 1515, fol Essling 647 – IA 336 – Sander 1067 GB – Lbm 1516 XV Decamerone, Venezia, Gregorio de Gregori, ed. Nicolo Delphino, V 1516, 4° Bacchi 34 – BL 109 – EDIT 16 – IA 332 – Richardson – SBN – Trovato GB – Lbl – I – Fn – Rn– Rv – Vn XVI Decamerone … con tre nouelle agiunte, Firenze, Philippo di Giunta, 29 VII 1516, 4°, ill Bacchi 34 – BL 109 – EDIT 16 – Essling 645 – IA 332 – SBN – Richardson – Sander 1065 GB – Lbl – I – Rco – Rv 1518 XVII Decamerone … con tre nouelle agiunte, Venezia, Augustino de Zanni, 12 XI 1518, fol, ill Bacchi 35 – BL 109 – EDIT 16 – Essling 646 – Richardson – Sander 1066 – SBN – Trovato GB – Lbl – I – Rc – VfC – Vn 1522 XVIII Decamerone … con tre nouelle aggiunte [ed. Aldo Manuzio il Vecchio], Venezia, Case d’Aldo Romano & d’Andrea Asolano, XI 1522, 4° Bacchi 35 – BL 110 – EDIT 16 – IA 334 – Richardson – SBN – Trovato GB – Lbl – I – Ma – Mn – Nn – Rco – Rn – Rv XIX Decamerone, Venezia, Giolito de Ferrari, ed. Dolce, 12° IA 334 AU – Nb 1525 XX Decamerone, Venezia, Gregorio de Gregori, 1525, 8° EDIT 16 – Richardson – SBN – Trovato I – Foc XXI Decamerone … con tre nouelle agiunte, Venezia, Bernardino de Viano Vercellese, 14 I 1525, fol, ill Bacchi 35 – BL 110 – EDIT 16 – Essling 647 – Sander 1067 – SBN – Trovato

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GB – Lbl – I – Lus – Rv XXII Decamerone, Venezia, Gregorio de Gregori (per N. Garanta), 1525, 8° BL 110 – EDIT 16 – IA 336 GB – Lbm XXIII Decamerone [ed. N. Delfini], Giovannantonio & fratelli da Sabbio (per Nicolò d’Aristotele), II 1526, 8°, ill Bacchi 36 – BL 110 – EDIT 16 – IA 337 – Richardson – Sander 1068 – SBN GB – Lbl – I – Rn – Rv 1527 XXIV Decamerone, Philippo Giunta (Heredi), 14 IV 1527, 4° Bacchi 36 – BL 110 – EDIT 16 – IA 337 – Richardson – SBN – Trovato GB – Lbl – I – Fn – Rco – Rn – Rv 1529 XXV Decamerone, Firenze, Philippo Giunta (Heredi), 1529, 8° EDIT 16 – SBN I – Bu XXVI Decamerone, Venezia, Francesco Bindoni e Mapheo Pasyni, 1529, 8°, ill Bacchi 36 – EDIT 16 – IA 338 – Sander 1069 – SBN I – Vn 1531 XXVII Decamerone, Venezia, Nicolo d’Aristotile (Zoppino), 24 XI 1531, 8°, ill Bacchi 36 – BL 110 – EDIT 16 – IA 339 – Trovato GB – Lbl – I – Rv XXVIII Decamerone, Venezia, Marchio Sessa, 1531, 12°, ill Bacchi 37 – IA 339 – Sander 1070 FR – Pn 1533 XXIX Decamerone, Venezia, Francesco di Alessandro Bindoni et Mapheo Pasyni, 1533, 8°, ill Bacchi 37 – EDIT 16 – Essling 649 – IA 340 – Sander 1071 I – Rv 1535 XXX Decamerone … col vocabulario di M. L. Minerbi , Venezia, Bernardino di Vidali, III 1535, 8° Bacchi 37 – EDIT 16 – IA 341 – Richardson – SBN – Trovato I – Mn – Mt – Rv – Vn 1536 XXXI Decamerone, Brescia, Case di Ludovico Britannico, 1536, 8°

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Bacchi 37 – BL 110 – EDIT 16 – IA 341 – SBN GB – Lbl – I – Bq – Fn – Rv 1537 XXXII Decamerone, Venezia, Pietro de Nicolini da Sabio, VIII 1537, 8°, ill Bacchi 38 – BL 110 – EDIT 16 – IA 341 – SBN GB – Lbl – I – Fn –Rco – Rv 1538 XXXIII Decamerone … con la dichiaratione di tutti i vocaboli [ed. A. Brucioli], Venezia, Giovanni Giolito da Trino (per Bartholomeo Zanetti), IV 1538, 4° Bacchi 38 – BL 110 – EDIT 16 – IA 342 – Richardson – SBN – Trovato GB – Lbl – I – Rco – Rn – Ru – Rv 1540 XXXIV Decamerone, Venezia, Giovanni de Farri et fratelli da Rivoltella, 1540, 8°, ill Bacchi 38 – BL 110 – EDIT 16 – IA 343 – Trovato GB – Lbl – I – Rv [Capponi.V.227] – Rc 1541 XXXV Decamerone … con la dichiaratione di vocaboli difficili [ed. L. Dolce], Venezia, Francesco Bindoni et Mapheo Pasini, 1541, 4° BL 110 – EDIT 16 – IA 343 – Richardson – Trovato GB – Lbl – I – Rv XXXVI Decamerone … ricorretto da L. Dolce con la dichiaratione di tutti i vocaboli, Venezia, Curio Nauò et fratelli (per Francesco Bindoni et Mapheo Pasini), III 1541, 4° Bacchi 38-39 – EDIT 16 – SBN – Trovato I – Fn – Nu – Rco 1542 XXXVII Decamerone, Venezia, Gabriel Iolito de Ferrarii (Carateribus Bernardini Stagnini sibi accomodatis), 1542, 16° Bacchi 39 – BL 110 – EDIT 16 – IA 344 – SBN GB – Lbl – I – Fn – Rco – Rv – Ru XXXVIII Decamerone …, con la dichiaratione di tutti i vocaboli … con dichiaratione di piu regole dela lingua toscana [ed. A. Brucioli], Venezia, Gabriel Iolito di Ferrarij, 1542, 4°, ill Bacchi 39 – BL 110 – EDIT 16 – IA 344 – Richardson – Trovato GB – Lbl – I – Fn – Nn – Ra – Rv – VfC XXXIX Decamerone, Firenze, Stamperia dei Giunti (Giovanni Sega), 1542, 4° IA 344 Fr – Pn 1545 XL Decamerone, Venezia, Agostino Bindoni (per M. Pagan), 1545, 8°, ill

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Bacchi 39 – BL 110 – EDIT 16 – GW 1 – IA 346 – SBN – Trovato GB – Lbl – I – Rv – Vn 1546 XLI Decamerone, ed. L. Dolce con Dichiaratione di tutti i vocaboli di F. Sansovino, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrarii, 1546, 2 v, 4°, ill Bacchi 39 – BL 110 – EDIT 16 – IA 346 – Richardson – SBN –Trovato GB – Lbl – I – Fn – Rc – Rco – Rv 1548 XLII Decamerone … con gli epitheti dell’autore … utili alli studiosi della lingua volgare [ed. e Dichiaratione di F. Sansovino], Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1548, 2 v, 4°, ill Bacchi 40 – BL 110 – EDIT 16 – IA 347 – SBN – Trovato GB – Lbl – I – Fr – Ra – Rv – Vn 1549 XLIII Decamerone, ed. F. Sansovino, Venezia, Giouan Griffio, 1549, 2 v, 4°, ill Bacchi 40 – EDIT 16 – Richardson – SBN I – Fn – Vn – Fec 1550 XLIV Decamerone … con la diversità di molti testi posti a margine, ed. Vita e Dichiaratione di F. Sansovino, Gabriel Giolito de Ferrari, Venezia, 1550, 2 v, 4°, ill BL 110 – EDIT 16 – IA 347 – SBN – Trovato GB – Lbl – I – Fn – Fr – Mn XLV Decamerone, ed. e Vita di F. Sansovino, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1550, 12°, ill Bacchi 40 – BL 21s – EDIT 16 – SBN GB – Lbl – I – Nn – Rv – Vn 1552 XLVI Decamerone, Venezia, Comin da Trino, 1552, 8°, ill Bacchi 40 – BL 110 – EDIT 16 – IA 349 – SBN GB – Lbl – I – Rv – Vn XLVII Decamerone, ed. Indici e Vita di L. Dolce e Dichiaratione di F. Sansovino, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari et fratelli, 1552, 2 v, 4°, ill Bacchi 41 – BL 110 – EDIT 16 – IA 349 – Richardson – SBN GB – Lbl – I – Bu – Fn – Rv – Vn XLVIII Decamerone … Con le dichiarationi, regole, modi et ornamenti della lingua volgare [ed. e Vocabolario generale di G. Ruscelli e con Vita di F. Sansovino], Venezia, Vincenzo Valgrisio (per Giouan Griffio), 1552, 2 v, 4°, ill Bacchi 41 – EDIT 16 – IA 349 – Richardson – SBN – Trovato I – Fn – Mt – Rv XLIX Decamerone … con tre nouelle aggiunte, Venezia, Case d’Aldo & d’Andrea Asolano, 1552, 4°

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EDIT 16 I – Fn – Mn – Nn – Ra – Rco – Rn – Rv L Decamerone, ed. Indici e Vita di L. Dolce e Dichiaratione di F. Sansovino, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1552, 8°, ill Bacchi 41 – Trovato LI Decamerone, ed. L Dolce con Dichiaratione di F. Sansovino, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari e fratelli, 1552, 2 v, 12°, ill Bacchi 42 – BL 110 – EDIT 16 – IA 349 – SBN GB – Lbl – I – Mn – Rco – Vn 1554 LII Decamerone, ed. e Vocabolario generale di G. Ruscelli e Vita di F. Sansovino, Venezia, Vincenzo Valgrisio, 1554, 2 ed., 4°, ill Bacchi 42 – EDIT 16 – IA 350 – SBN – Trovato I – Fn – Ra LIII Decamerone [ridotto in ottava rima da V. Brugiantino], Venezia, F. Marcolini, 1544, 4° BL 110 – IA 350 GB – Lbl 1555 LIV Decamerone, ed. e Vita di L. Dolce e Dichiaratione di F. Sansovino, Venezia, Giolito de Ferrari, 1555, 8° SBN I – Lcl – TfLF LV Decamerone … Con vocabolario generale, ed. G. Ruscelli, Venezia, Vincenzo Valgrisi, 1555, 2 v, 4°, ill EDIT 16 – IA 351 – SBN – Trovato I – Fn – Gu – Rv LVI Decamerone, ed. F. Giuntini con Vita e luoghi delle Prose di Bembo, Lione, Gulielmo Rouillio, 1555, 16°, ill Bacchi 42-43 – BL 110 – EDIT 16 – GW 2 – IA 351 – SBN GB – Lbl – I – Fn – Rco – Rn 1556 LVII Decamerone, Venezia, Comin da Trino, 1556, 8°, ill Bacchi 43 – EDIT 16 – IA 351 – SBN I – Bm – Cs 1557 LVIII Decamerone, ed. e Vocabolario generale di G. Ruscelli e Vita di F. Sansovino, Venezia, Vincenzo Valgrisio et Baldessar Costantino, 1557, 2 v, 3 ed, 4°, ill

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Bacchi 43 – BL 110 – EDIT 16 – IA 352 – SBN – Trovato GB – Lbl – I – Fn – Mc – Nn – Rc – Rco – Rv LIX Decamerone … corretto dall’Accademia fiorentina, ed. e Ricchezze di F. Alunno, Venezia, Paulo Gerardo (per Comin da Trino), 1557, 2 v, 4° Bacchi 43 – BL 110 – EDIT 16 – IA 352 – Trovato GB – Lbl – I – Fn – Mn – Nn – Ra – Rc – Rn – Vn 1573 LX Decamerone … emendato secondo l’ordine del Sacro Concilio di Trento, Firenze, Filippo & Iacopo Giunti e fratelli, 1573, 4° Bacchi 44 – BL 110 – EDIT 16 – IA 355 – Richardson – Trovato GB – Lbl – I – Fn – Ma – Mn – Ra – Rc – Rco – Rv – Vn 1577 LXI Decamerone [con numeri corrispondenti alle Ricchezze dell’Alunno], Venezia, Paulo Gerardo, 1577, 8° IA 556 I – Mt 1582 LXII Decamerone, ed. L. Salviati, Venezia, per li Giunti di Firenze, VIII 1582, 4° Bacchi 44 – EDIT 16 – IA 357 – Richardson I – Fn – Rc – Rh – Vn LXIII Decamerone, 2 ed. L. Salviati, Firenze, Fratelli Giunti e compagni, X 1582, 4° Bacchi 44-45 – BL 110 – EDIT 16 – IA 357 GB – Lbl – I – Rco – Rv – Ru 1585 LXIV Decamerone, 3 ed. L. Salviati, Venezia, per li Giunti di Firenze, IV 1585, 4° Bacchi 45 – BL 110 – EDIT 16 – IA 358 GB – Lbl – I – Fn – Mc – Nu – Rco – Rv – Vn 1587 LXV Decamerone, 4 ed. L. Salviati-Crusca, Firenze, Stamperia de Giunti, II 1587, 4° Bacchi 45 – BL 110 – EDIT 16 – IA 358 GB – Lbl – I – Mn – Nn – Rn – Rv – Vn 1588 LXVI Decamerone, ed. L. Groto e Dichiarationi e Vocabolario di G. Ruscelli e Vita di F. Sansovino, Venezia, Fabio & Agostin Zoppini & Onofrio Farri (Giovanni Sega), 1588, 4° Bacchi 45-46 – EDIT 16 – IA 359 – Richardson I – Fn – Fm – Rco – Vn LXVII Decamerone, ed. A. Brucioli, Venezia, Giovanni Giolito da Trino, 1588, 16°

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IA 359 I – Mt 1590 LXVIII Decamerone, ed. di L. Groto e Dichiarationi e Vocabolario di G. Ruscelli e Vita di F. Sansovino, Venezia, Fabio & Agostin Zoppini fratelli & Onofrio Farri compagni, 1590, 4°, ill BL 110 – EDIT 16 – IA 360 – SBN GB – Lbl – I – Fn – Rv – Vn LXIX Decamerone, ed. di L. Groto e Dichiarationi e Vocabolario di G. Ruscelli e Vita di F. Sansovino, Venezia, Fabio & Agostino Zoppini & Onofrio Farri, 1590, 4° Bacchi 46 – EDIT 16 I – BcA – Fn – Vn 1594 LXX Decamerone [ed. L. Salviati], Venezia, Giorgio Angelieri, 1594, 4° Bacchi 46 – BL 110 – EDIT 16 – IA 361 GB – Lbl – I – Mn – Ra – Vn 1597 LXXI Decamerone [ed. L. Salviati], Venezia, Alessandro Vecchi, 1597, 4°, ill Bacchi 46 – BL 110 – EDIT 16 – IA 362 GB – Lbl – I – Bu – FcS – Mn – Nn

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M i c h e l e Ca r lo M a r i no · Marc o Pacioni P E RC O R S I I C ONOGRAFIC I *

V

1. Le prime edizioni

engono presentate in questo percorso iconografico le prime edizioni a stampa delle tre “Corone” (Commedia, Canzoniere e Trionfi e Decameron), rispettivamente : Foligno, Numeister-Angelini, 1472 ; Venezia, Vindelino da Spira,1470 ; [Napoli, Tip. del Terentius], 1470. Come evidenziano le immagini, il dato comune a tutte e tre le edizioni è la presentazione del testo privo di commento. Il paratesto è presente soltanto nell’edizione della Commedia e consiste esclusivamente di una breve annotazione degli argomenti che vengono trattati in ogni canto.

Fig. 1. Commedia, Foligno, Numeister-Angelini, 1472, Incipit.

Fig. 2. Commedia, Foligno, Numeister-Angelini, 1472, Colophon.

* I percorsi iconografici sono stati realizzati da Michele Carlo Marino (secondo, terzo, quinto e sesto percorso) e Marco Pacioni (primo, quarto e settimo percorso).

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Fig. 3. Canzoniere, Venezia, Vindelino da Spira, 1470, Incipit.

Fig. 4. Canzoniere, Venezia, Vindelino da Spira, 1470, Colophon.

Fig. 5. Decamerone, [Napoli, Tip. del Terentius], 1470, Incipit.

Fig. 6. Decamerone, [Napoli, Tip. del Terentius], 1470, Colophon.

percorsi iconografici

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2. Edizioni manuziane Le edizioni qui presentate hanno come denominatore comune il fatto di essere uscite dall’officina veneziana di Aldo Manuzio (o dei suoi eredi per quanto riguarda il Decameron). Nel 1501 Petrarca, l’anno successivo l’Alighieri, e ben un ventennio più tardi il Boccaccio. La caratteristica più significativa di tali edizioni è la soluzione, legata a scelte di politica culturale del sodalizio Manuzio – Bembo, di presentare il testo delle opere privo dell’appesantimento degli apparati di commento, presenti sovente nelle edizioni della fine del xv secolo. Tale innovazione si coniuga significativamente con la scelta del nuovo carattere corsivo creato nell’officina dello stesso Manuzio.

Fig. 7. Commedia, Venezia, Aldo Manuzio, 1502.

Fig. 8. Canzoniere e Trionfi, Venezia, Aldo Manuzio, 1501.

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Fig. 9. Decameron, Venezia, Aldo Romano, 1522.

3. Edizioni giolitine significative Gabriel Giolito de’ Ferrari, tipografo attivo a Venezia a cavallo del xvi secolo, è l’editore che più di ogni altro si impegna nella pubblicazione di testi volgari, ed è perciò particolarmente rappresentativo delle opere che fanno da fondamento alla letteratura nella nuova lingua. Le immagini qui riprodotte fanno riferimento a edizioni che presentano peculiarità nella storia della tradizione a stampa delle tre corone. L’edizione della Commedia, del 1555, è la prima in cui l’opera dell’Alighieri viene definita da Lodovico Dolce con l’epiteto “Divina” ; epiteto che si imporrà nella ricezione del poema fino a nostri giorni. Nel caso dell’opera del Petrarca, la caratteristica subito evidente dell’esemplare analizzato (emissione 1554) è l’utilizzo di una rara e pregiata carta di colore blu, perfettamente conservata fino ai nostri giorni, che testimonia l’obietivo di Gabriele di impreziosire ulteriormente un certo numero di esemplari di un’edizione comunque assai curata. Nel caso di Boccaccio, l’elemento significativo dell’edizione del 1552 è costituito dall’avviso ai lettori che rivela il contrasto filologico – linguistico fra i letterati editori fiorentini e quelli veneziani che si richiamano a Bembo.

percorsi iconografici

Fig. 10. Commedia, Venezia, Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1555.

Fig. 11. Canzoniere e Trionfi, Venezia, Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1554.

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Fig. 12. Decameron, Venezia, Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1552.

4. Paratesti delle edizioni tardo-cinquecentesche Avvicinandosi alla fine del secolo gli apparati paratestuali tendono ad appesantirsi per ragioni diverse. Fra queste le più importanti sono : la crescente rilevanza delle annotazioni di carattere linguistico – filologico (tavole, rimari, glossari), l’acuirsi delle cautele legate al controllo censorio (si moltiplicano le richieste di autorizzazioni per i privilegi di stampa), la necessità interna al mercato editoriale di rinnovare e quindi di offrire un’edizione sempre più aggiornata e ricca delle precedenti.

percorsi iconografici

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Fig. 13. Commedia, Venezia, fratelli Sessa, 1596.

Fig. 14. Commedia, Venezia, fratelli Sessa, 1596.

Fig. 15. Canzoniere e Trionfi, Venezia, G. Angelieri, 1586.

Fig. 16. Canzoniere e Trionfi, Venezia, G. Angelieri, 1586.

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Fig. 17. Decameron, Firenze, Giunti, 1582, ii Ed.

Fig. 18. Decameron, Firenze, Giunti, 1582, ii Ed.

5. Caratteristiche paratestuali delle edizioni quattrocentesche della Commedia A partire dalla prima edizione della Commedia, che come detto nel primo di questi percorsi iconografici presenta il testo privo di ogni apparato paratestuale, nel prosieguo del secolo si assiste invece ad una progressiva affermazione del commento fin quasi a superare in importanza il testo stesso delle opere come possiamo osservare dalle immagini qui presentate, tratte dalle seguenti edizioni : Venezia, Vindelino da Spira, 1477 ; Firenze, Nicolò di Lorenzo, 1481 ; Brescia, Bonini, 1487.

Fig. 19. Commedia, Venezia, Vindelino da Spira, 1477.

percorsi iconografici

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Fig. 20. Commedia, Firenze, Niccolò di Lorenzo, 1481.

Fig. 21. Commedia, Brescia, Bonino de’ Bovini, 1487.

6. Dualismo editoriale Giolito-Giglio nelle edizioni petrarchesche Negli anni tra il 1551 ed il 1553, a Venezia si assiste ad curioso fenomeno, sicuramente legato alla crescente concorrenza nel mercato editoriale della città lagunare : Gabriel Giolito de ’ Ferrari e Domenico Giglio (due tra i maggiori editori dell’epoca) stampano in concomitanza le medesime edizioni dell’opera di Petrarca dove si riproducono anche i commenti dei principali studiosi. Le immagini qui inserite si riferiscono a due esempi di tale fenomeno, l’edizione commentata dal Vellutello per il 1552 e l’edizione curata dal Gesualdo nel 1553.

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Fig. 22. Canzoniere e Trionfi, Venezia, G. Giolito, 1552.

Fig. 24. Canzoniere e Trionfi, Venezia, G. Giolito, 1553.

Fig. 23. Canzoniere e Trionfi, Venezia, D. Giglio, 1552.

Fig. 25. Canzoniere e Trionfi, Venezia, G. Giolito, 1553.

7. Linguistica e censura nelle edizioni del Decameron La centralità del discorso linguistico nell’apparato paratestuale delle edizioni del Decameron è l’elemento che rimane presente prima e dopo il Concilio di Trento garantendo all’opera la possibilità di continuare a essere pubblicata anche dopo la censura. Pur mutando di prospettiva, si ritrova una medesima attenzione alle questioni lessicografiche e grammaticali sia nell’edizione veneziana di Paolo Gherardo del 1557 (l’ultima prima dell’ondata censoria) sia in quella fiorentina di Filippo e Iacopo Giunta del 1573 dalle quali sono tratte le immagini qui riportate.

percorsi iconografici

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Fig. 26. Decameron, Venezia, P. Gherardo, 1557.

Fig. 27. Decameron, Venezia, P. Gherardo, 1557.

Fig. 28. Decameron, Firenze, Giunti, 1573.

Fig. 29. Decameron, Firenze, Giunti, 1573.

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B I B L I O GRAFIA A cura di Michele Carlo Marino Alighieri, Dante, Rime, a cura di Gianfranco Contini, Torino, Einaudi, 19652. Alighieri, Dante, La Commedia secondo l’antica vulgata, Milano, Mondadori, 1966-1967. Le annotazioni e i discorsi sul “Decameron” del 1573 dei deputati fiorentini, a cura Giuseppe Chiecchi, Roma-Padova, Antenore, 2001. Baldacci, Luigi, Il petrarchismo italiano nel Cinquecento, Padova, Liviana, 1974. Balsamo, Luigi, Chi leggeva Le cose volgari del Petrarca nell’Europa del ’400 e ’500, «La Bibliofilia», civ (2002), iii, pp. 247-266. Barbi, Michele, Qual è la seconda redazione della Vita di Dante del Boccaccio, in Problemi di critica dantesca, Firenze, Sansoni, 1913. Barbi, Michele, Studi sul Canzoniere di Dante, con nuove indagini sulle raccolte manoscritte e a stampa di antiche rime italiane, Firenze, Sansoni, 1915. Barbi, Michele, Per il testo della «Divina Commedia», in La nuova filologia e l’edizione dei nostri scrittori, da Dante al Manzoni, Firenze, Sansoni, 19732, pp. 1-34. Barbi, Michele, Dante nel Cinquecento, Avezzano, Studio bibliografico Adelmo Polla, 1983? (rist. anast. dell’ediz. Pisa, 1890). Baron, Hans, La crisi del primo Rinascimento italiano, Firenze, Sansoni, 1970. Bartoli, Lorenzo, “La lingua pur va dove il dente duole”: le Vite di Dante e del Petrarca e l’antiboccaccismo di Leonardo Bruni, «Esperienze letterarie», xxix (2004), 2, pp. 51-72. Bellomo, Saverio, Dizionario dei commentatori danteschi. L’esegesi della Commedia da Iacopo Alighieri a Nidobeato, Firenze, Olschki, 2004. Belloni, Gino, Un eretico nella Venezia del Bembo: Alessandro Vellutello, «Giornale storico della letteratura italiana», xcvii (1980), 497, pp. 49-50. Belloni, Gino, Laura tra Petrarca e Bembo: studi sul commento umanistico-rinascimentale al «Canzoniere», Padova, Editrice Antenore, 1992. Bembo, Pietro, Gli asolani, edizione critica di Giorgio Dilemmi, Firenze, Accademia della Crusca, 1991. Bessi, Rossella, Umanesimo volgare. Studi di letteratura fra Tre e Quattrocento, Firenze, Olschki, 2004. Bianchi, Maria Grazia, Per un censimento di incunaboli e cinquecentine postillate dei Rerum Vulgarium Fragmenta e dei Triumphi. Milano: Biblioteca Trivulziana, «Aevum. Rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche» 58 (1984), pp. 317-330. Biblia: biblioteca del libro italiano antico, diretta da Amedeo Quondam, vol. 1, Libri di poesia, a cura di Italo Pantani, Milano, Editrice Bibliografica, 1996. Billanovich, Giuseppe, Dalla «Commedia» all’«Amorosa Visione» ai «Trionfi», «Giornale storico della letteratura italiana», cxxiii (1946), pp. 1-52. Billanovich, Giuseppe, Prime ricerche dantesche, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1947. Billanovich, Giuseppe, Lo scrittoio del Petrarca, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1995 (ripr. Facs. Dell’ed. 1947). Boccaccio in Europa, Lovanio, Universitaire Pers Leuven,1977, p. 114. Boccaccio visualizzato. Narrare per parole e per immagini fra Medioevo e Rinascimento, a cura di Branca, Vittore, vol. i, Torino, Einaudi, 1999. Boccaccio, Giovanni, Vita di Dante, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a cura di Pier Giorgio Ricci, Milano, Mondadori, 1974. Boccaccio, Giovanni, Decameron, a cura di Vittore Branca, Milano, Mondadori, 1999. Bologna, Corrado, Tradizione testuale e fortuna dei classici italiani, in *Letteratura italiana. Volume sesto. Teatro, musica, tradizione dei classici, Torino, Einaudi, 1986.

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I N D I C E D EI NOMI A cura di Marco Pacioni

A

lighieri, Beatrice, 39 Alighieri, Iacopo, 34n Alighieri, Pietro, 46n Alunno, Francesco, 64, 64n, 66, 92 Amalteo, Battista, 29 Ambrosio, Santo, 33 Angelieri, Giorgio, 70 Angelini, Evangelista, 13, 17 Antonino, Biancastella,10, 73n Aretino, Leonardo, 41, 45 Aretino, Pietro, 64 Ariosto, Ludovico, 66 Aristotele, 41, 92 Arrivabene, Andrea, 80n Asolano, Andrea, 87 Asor Rosa, Alberto, 80n Avesani, Rino, 58n Azzoguidi, Baldassarre, 84

B

acchi Della Lega, Alberto, 91n Baldacci, Luigi, 61n, 62n, 63n Balsamo, Luigi, 53, 53n, 64, 64n Bandello, Matteo Maria, 84, 86 Bandini, Domenico, 39n, 45n Barbi, Michele, 12, 19n, 30, 34n, 37, 37n, 42n, 45, 45n, 46n Baron, Hans, 40n Bartoli, Lorenzo, 37, 37n, 39, 39n Beatrice, 47 Bellomo, Saverio, 34n Belloni, Gino, 22, 22n, 61n, 62n, 63n, 64n Bembo, Bernardo, 23, 47 Bembo, Pietro, 22, 22n, 23, 23n, 28, 46n, 47, 49, 57, 57n, 58, 59, 61n, 62n, 63, 63n, 64, 68, 70, 71, 72, 72n, 80, 80n, 82, 84n, 88, 90, 92, 93, 93n, 94 Benali, Bernardino, 13, 20, 22, 43 Beni, Paolo, 95n Benivieni, Geronimo, 23, 24 Benvenuto da Imola, 18, 35, 39n, 45n, 46n Berardi Da Pesaro, Cristoforo 18, 18n, 35, 35n Bessi, Rossella, 46n, 89n Betussi, Giuseppe, Bianchi, Maria Grazia, 53, 54n Billanovich, Giuseppe, 34n, 36n, 37n, 51, 51n, 58, 58n

Bindoni, Agostino, 79 Bologna, Corrado, 33n, 36n Bongi, Salvatore, 71, 75, 76n Bonifacio VIII, 47 Bonini, Bonino de, 20 Borges, Jorge Luis, 15 Borghini, Vincenzo, 92, 96 Borgogni Gherardo, 84n Borroni Salvadori, Fabia, 78n, 79, 79n, 81, 81n Botticelli, Sandro, 79 Bragantini, Renzo, 77n, 84n Bramanti, Vanni, 89n Branca, Vittore, 77, 77n, 79n, 81n, 83n, 91n Brembato, Giovan Battista, 86 Bruni, Leonardo, 37n, 39, 39n, 40, 40n, 41, 42, 44, 45, 46, 48n, 80n, 81 Buti, Francesco da, 46n Butzbach, Georg, 13 Butzbach, Paul, 13

C

alcagno, Giacomina, 12 Calmeta, Vincenzo, 93 Cambi Importuni, Alfonso, 70 Camillo, Giulio, 72, 72n Canigiani, Bernardo, 96 Cannata, Nadia, 55, 61n, 62n Canzer, Matteo, 67 Capana, Vittoria, 86 Caratozzolo, Vittorio, 61n Carbone, Ludovico, 84n Cardini, Roberto, 33n Carlo Magno, 33 Casamassima, Emanuele, 17, 17n, 34, 34n Castelvetro, Ludovico, 84 Castiglione, Baldassar, 85, 85n, 93 Cátedra, Pedro, 10 Cavagna, Anna Giulia, 9, 10 Cavalcanti, Guido, 58 Cavallari, Elisabetta, 34n Cederna, Camilla Maria, 16n Cellini, Benvenuto, 95n Chartier, Roger, 10 Chiecchi, Giuseppe, 96n Ciardi Dupré, Maria Grazia, 83, 83n Cicerone, 41, 85 Cino Da Pistoia, 58

156

indice dei nomi

Claricio, Geronimo, 46n Claudiano, 39 Codeca’, Matteo, 13, 20, 21, 22, 24, 25, 43 Colonna, famiglia, 67 Colonna, Giacomo, 58 Colonna, Vittoria, 25, 26, 86 Comin da Trino, 79, 91n Contini, Gianfranco, 34n Cornelio, Andrea, 64, 73 Costantino, Baldessar, 86 Cremonese, Pietro, 21n Crivelli, Taddeo, 81

D

’Angiò, Filippo Maria, 73 D’Aristotele, Nicolò, detto Zoppino, 79, 91n Da Buti, Francesco, 39n Da Figino, Piero, 21, 21n, 22, 25 Da Fino, Giovanni, 30, 48 Da Fino, Pietro, 30, 43, 48 Da Gusago, Antonio, 91n Da Meleto, Francesco, 24 Da Reno, Giovanni, 84 Da Sabbio, fratelli, 59, 79, 89 Da Tempo, Antonio, 66, 67, 73 Da Venafro, Silvano, 67, 71 Dall’Anguillara, Giordano, 70 Dall’Anguillara, Orso, 70 Daniello, Bernardino, da Lucca, 30, 36, 42, 43, 43n, 44, 46, 47n, 48, 63, 63n, 64, 73 Darnton, Robert, 10 De Bonellis, Manfredo, 79, 82 De Robertis, Domenico, 34n, 58, 58n De Rusconibus, Gregorium, 91n De’ Boninis, Bonino, 43 De’ Conti, Federico, 13, 34n De’ Frangipani, famiglia, 33 De’ Gregori, Gregorio (e Giovanni), 26, 77, 77n, 78, 79, 80, 81, 82, 87 De’ Paganini, Alessandro, 27 De’ Rossi, Bastiano, 11 De’ Rossi, Pino, 92 Del Tuppo, Francesco, 13, 18, 35, 78 Delfino, Nicolò, 87 Dell’Aquila, Giulia, 95n Della Lana, Jacopo, 18, 19, 35, 35n Della Scala, Cangrande, 70 Di Capua, Lucrezia, 86 Di Cardona Marchesana, Maria de la Palude, 73 Di Filippo Bareggi, Claudia, 49n Di Lorenzo, Niccolò, 19, 24, 33, 35

Di Piasi, Pietro, 20, 21, 21n, 43 Di Pietro, Filippo, 18, 35 Dilemmi, Giorgio, 84n Dillon, Gianvittorio, 79, 79n Dionisotti, Carlo, 19n, 23, 23n, 27, 30, 33, 33n. 43n, 49, 53, 53n, 82n, 86n, 90n Dolce, Ludovico, 11, 29, 36, 42, 43, 44, 46, 47, 47n, 48, 49, 72, 72n, 75, 90 Domenichi, Lodovico, 70 Donati, famiglia, 33 Dondi, Cristina, 53, 54n Dondi, Giovanni, 58 Doni, Anton Francesco, 89, 89n Dupré, Jean, 78

Elisei, famiglia, 33

Esposito, Enzo, 12 Este Gonzaga, Isabella d’, 75 Este, Borso d’, 73 Evola, Niccolò Domenico, 12

Fabbi, Maria Cristina, 53, 54n

Farri, Domenico, 13, 29, 43 Farri-Rivoltella, 79 Fava, Domenico, 81n Federico, marchese di Mantova, 73 Ferrari, Mirella, 58n, 78n, 79, 79n, 80n Ferrazzi, Giuseppe Jacopo, 53, 53n Ficino, Marsilio, 20, 21, 29, 35, 49, 88 Filelfo, Francesco, 42n, 55, 64, 66, 73, 89, 89n Fiorenzuola, Angelo, 84n Foffano, Tino, 58n, Folena, Gianfranco, 34n Foresti, Arnaldo, 51 Fortunio, Gian Francesco, 92, 93, 93n Frasso, Giuseppe, 53, 53n, 57n, 58n, 75, 75n Fratta, Giovanni, 73n

G

ambera, Veronica, 86 Gazzotti, Marisa, 53, 54n Gelli Giovan Battista, 13 Genette, Gérard, 16, 52, 52n Gesualdo, Giovanni Andrea, 62, 62n, 63, 68, 69, 70, 73 Gherardo, Paolo, 64, 86 Gianfigliacci, Geri, 58, 59 Giolito De’ Ferrari, Gabriele, 13, 29, 43, 48, 49, 70, 71, 71n, 72, 73, 75, 76n, 91n Giolito De’ Ferrari, Giovanni, 27, 43 Giraldi, Giambattista, 84n Giunta, Filippo, 13, 23, 24, 79, 87, 90

indice dei nomi Giunta, Luca Antonio, 43 Giunti, fratelli, 80n, 96n Giuntini, Francesco, 70 Gizzi, Andrea Giuseppe, 14n Glicino, Bernardo, 55 Goffis, Cesare F., 18, 18n, 35, 35n Gonzaga, Guglielmo, 30, 43n Gonzaga, Ippolita, 86 Gonzaga, Susanna, 73 Grazzini, Antonfrancesco, 84n Griffio, Giovan, 98 Griseri, Andreina, 82n Groto, Luigi, 97, 98 Gualdo Rosa, Lucia, 43n Guardo, Marco, 77n Güntert, Georges, 10, 61n

Hankins, James, 40n Ilicino, Bernardo, 66, 73 Iovino, Antonio, 67

Jauss, Hans Robert, 54 Laelius, C. Lucius, 18, 35

Landino, Cristoforo, 19, 20, 21, 21n, 22, 27n, 28, 29, 30, 33, 33n, 35, 42, 43, 44, 45, 45n, 46, 46n, 48n, 49, 88 Landow, George P., 10 Lanza, Antonio, 39n, 40, 40n Lasca, vedi Grazzini, Antonfrancesco Latini, Brunetto, 46 Ley, Klaus, 53, 53n Liburnio, Niccolo, 91, 91n, 92 Lipari, Giuseppe, 9, 10 Livi, Giovanni, 34n Loffreda, Beatrice, 86 López Suárez, Mercedes, 10 López Vidriero, María Luisa, 10 Luiso, Francesco Paolo, 34n

Machiavelli, Nicolò, 93

Madrignani, Carlo Alberto, 39, 39n, 40n, 41, 41n, 42n Mallermi, Nicolo de, 79 Mambelli, Giuliano, 12 Manetti, Antonio, 24, 24n Manetti, Giannozzo, 39, 41, 42, 45n Manna, Anna Maria, 12 Manuzio, Aldo, 11, 13, 22, 23, 25, 28, 49, 57, 57n, 58, 61, 70, 87

157

Manzani, Domenico, 11, 13, 31, 44, 88 Manzoni, Alessandro, 34n Marazzini, Claudio, 93n, 94n Marcolini, Francesco, 13, 27, 29, 45, 64, 88, 91n Marino, Michele Carlo, 10, 51n, 52n, 53n, 57n, 71n Martelli, Mario, 46n Martini, Antonio, 12 Martirano, Coriolano, 29, 48 Marziale, 61 McKenzie, Donald F., 16, 16n Medici, Giulio de’, 27 Medici, Lorenzo de’, 19n Miglio, Luisa, 34n Miglorotti, Antonio, 24 Minerbi, Lucilio, 90, 91n Monferrato (duca del), Guglielmo, 19, 35n Morando, Giovanni Antonio, 13, 29, 43, 48, 49

Niccoli, Niccolò, 40, 40n

Nicolini Da Sabbio, Domenico, 29 Nicolini Da Sabbio, Giovan Antonio, 59, 62, 63 Nidobeato, Martino Paolo, 19, 33, 34n, 35n Niederer, Christoph, 61n Nolhac, Pierre de, 51 Numeister, Johann, 13, 17

O

rlandelli, Gianfranco, 34n Ovidio, 61

P

acioni, Marco, 10, 64n Paolo III, papa, 27, 29 Parabosco, Girolamo, 84n Pasquali, Peregrino, 91n Patota, Giuseppe, 92n Pazzi, famiglia, 33 Peliti, Roberto, 17n Penzio, Giacomo, 91n Pescasio Luigi, 17, 17n, 34, 34n Petrocchi, Giorgio, 34n, 36n Petrucci, Armando, 51, 51n, 71n Phelps, Ruth, 51 Piemontese, Alberto, 18, 33, 35 Piemontese, Ludovico, 18, 33,35 Pio IV, papa, 29, 30, 43n, 96 Platone, 40n Poletti, Federico, 80n Poliziano, Angelo, 19n, 49 Procaccioli, Paolo, 27, 27n

Quarengi, Pietro, 13, 20, 21, 22, 24, 25, 43

158

indice dei nomi

Quondam, Amedeo, 53, 53n, 71n, 80n, 81n, 84n, 89, 89n

R

agazzini Severino, 17, 17n, 34, 34n Rampazetto, Giovanni Antonio, 43n Reale, Carmela, 9, 10 Rendoni, 91n Ricci, Pier Giorgio, 37n Ridolfi, Luca Antonio, 70 Ridolfi, Roberto, 81n Riessinger, Sixtus, 78 Rinaldini Anconitano, Giovanni, 70 Rocca, Luigi, 36n Rossi, Vittorio, 46n, 51 Rovillio, Guglielmo, 93 Ruscelli, Girolamo, 86, 92, 98

Saginati, Liana, 12

Salutati, Coluccio, 40 Salviati, Leonardo, 90, 92, 93, 94, 94n, 96, 96n, 97 Sander, Max, 91n Sanseverina, Dionora, 86 Sanseverina, Felice, 86 Sansovino, Francesco, 29, 36n, 43, 43n, 92, 96, 98 Santagata, Marco, 51, 51n, 88n Santoro, Marco, 9, 10, 14n, 15n, 35n, 44n, 51, 51n, 52, 52n, 53, 53n, 57n, 71n, 73, 73n, 88, 88n, 96n Scinzenzeler, Ulderico, 55 Scoto, Ottavio, 20, 43 Sennuccio da Siena, 58 Serianni, Luca, 92n, 93n Sermartelli, Bartolomeo, 13 Sessa, fratelli, 13, 29, 31, 44 Sessa, Giovanni Battista e fratelli, 43, 96 Sessa, Giovanni Bernardo, 43 Sessa, Melchiorre, 79 Simonelli, Maria, 34n Socrate, 41 Solerti, Angelo, 33n, 38n, 39n, 40n, 42n, 43n, 44n, 45n, 47n, 66n, 80n Sorg, Anton, 78 Sottili, Agostino, 58n Squarzafico, Girolamo, 67, 79, 80, 80n

Stagnino Bernardino, 13, 24, 27 Stefani, Melchiorre, 39n, Storey, H. Wayne, 52, 52n Strozzi, Giovanni, 40

T

anzio, Francesco, 55 Tavoni, Maria Goia, 9, 10, 51n, 52, 52n, 73n Terzagono, Guido, 19 Torrentino, Lorenzo, 13 Torresano, Andrea, 25 Traversari, Guido, 92, 92n Tridapale, Lodovico, 86 Trifone, Gabriele, 30, 48 Trifone, Pietro, 92n, 93n Trissino, Giovan Giorgio, 93 Trovato, Paolo, 15n, 17, 17n, 18n, 19n, 20n, 33n, 34, 34n, 35n, 49n

Ullman, Berthold Louis, 51 Valdarfer, Christof, 84, 84n

Valgrisi, Vincenzo, 86, 98 Varchi, Benedetto, 70, 93 Vecchi, Alessandro de, 91n Vellutello, Alessandro, 22n, 27, 28, 29, 30, 36, 42, 43, 44, 45, 45n, 46, 48, 48n, 59, 60, 61, 61n, 62, 63, 66, 67, 68, 70, 71, 73, 88, 89 Vérard, Antoine, 78 Viano, Bernardino, 79, 87 Vidali, Bernardino, 90, 91n, Villani Giovanni, 37n, 39 Villani, Filippo, 37n, 39, 40n, 41, 46, 64 Vindelino Da Spira, 17, 18, 34, 35, 55 Virgilio, 47, 61, 72 Volpato, Giancarlo, 9, 10

Waquest, Françoise, 10

Wilkins, Ernest Hatch, 51, 51n

Zainer Di Ulma, Johann, 78

Zani, Agostino, 79, 87 Zani, Bartolomeo, 24, 55, 79, 82 Zoldan, Domitilla, 12n, 22, 22n, 23, 23n, 27n, 28, 28n Zoppini, Fabio e Agostino, 91n, Zoppini-Farri, 97, 98

c omposto, in carattere f o u r n i e r m on ot y pe , impresso e rilegato i n i ta l i a da l la ac cademia editoria l e ® , pi sa · ro m a

* Marzo 2006 (cz2/fg 13 )

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