Cristianesimo, tolleranza, omosessualità. La chiesa e gli omosessuali dalle origini al XIV secolo 9788835500100, 8835500109


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Italian Pages 514 Year 1989

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Table of contents :
Copertina......Page 1
Aletta 1......Page 2
Frontespizio......Page 4
ISBN......Page 5
ABBREVIAZIONI......Page 10
Prefazione......Page 11
PUNTI DI PARTENZA......Page 15
1. Introduzione......Page 17
NOTE......Page 49
2. Definizioni......Page 64
NOTE......Page 81
3. Roma: la fondazione......Page 88
NOTE......Page 110
LA TRADIZIONE CRISTIANA......Page 123
4. Le Scritture......Page 125
NOTE......Page 149
5. Cristianesimo e mutamenti sociali......Page 158
NOTE......Page 174
6. La tradizione teologica......Page 180
NOTE......Page 205
ALTERNE FORTUNE......Page 217
7. Il primo Medio Evo......Page 219
NOTE......Page 248
8. La rinascita della città......Page 265
NOTE......Page 293
9. Il trionfo di Ganimede: la letteratura gay nell'alto Medio Evo......Page 306
NOTE......Page 324
IL SORGERE DELL'INTOLLERANZA......Page 335
10. Mutamenti della società: l'opposizione si sviluppa......Page 337
NOTE......Page 365
11. Mutamenti ideologici: uomini, bestie e "natura"......Page 378
NOTE......Page 402
12. Conclusioni......Page 415
APPENDICI......Page 419
Appendice 1 - San Paolo: studio lessicografico......Page 421
NOTE......Page 438
Appendice 2 - Testi e traduzioni......Page 446
NOTE......Page 498
OPERE PIÙ FREQUENTEMENTE CITATE......Page 507
Indice......Page 513
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Cristianesimo, tolleranza, omosessualità. La chiesa e gli omosessuali dalle origini al XIV secolo
 9788835500100, 8835500109

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Un silenzio improvviso può essere as­ sordante: il silenzio che dal Trecento fi­ no ai nostri giorni ha avvolto la realtà di una minoranza discriminata può aver fatto dimenticare anche l'eco di voci che, risvegliate e riportate fuori dalla secolare quiete di biblioteche e archivi, ci dicono il contrario di_ quanto siamo stati abituati a credere. E opinione co­ mune che l'avvento del cristianesimo abbia determinato la condanna morale dell'omosessualità: l'opera di John Bos­ well ci rivela una lunga e insospettata tradizione di tolleranza. Se in un manuale a uso dei confessori dell' VIII secolo si assegnavano un anno di penitenza per il peccato di atti impuri tra maschi e solamente centosessanta giorni per lo stesso peccato tra donne, nel medesimo libro si comminavano tre anni di penitenza a un prete che fosse andato a caccia. Mentre le autorità civi­ li condannarono l'omosessualità nel VI secolo, le gerarchie ecclesiastiche non la considerarono problema da discutere in un Concilio generale fino al 1179. Per­ ché? Nella ricerca storica di Boswell, al­ le voci di moralisti intolleranti come Pier Damiani fanno da controcanto le voci di Alcuino, sant'Anselmo di Can­ terbury, Marbodo di Rennes, sant'Ael­ redo di Rielvaux e molte altre figure del Medio Evo cristiano che l'autore non esita a definire gay, riconoscendo in lo­ ro la consapevolezza di una condizione omosessuale che si esprime nella spiri­ tualità della poesia d'amore e nella tra­ ma di una sottocultura in rapporto di­ namico e diretto con la cultura ufficiale della Chiesa. Inappuntabile nella formulazione di ori­ ginali ipotesi che preparano il campo ad altre indagini sulla storia di tutte le in­ tolleranze, audace nel coniugare le virtù accademiche al piacere dei testi, intar­ siato di materiali inediti, questo celebre saggio ha suscitato al suo apparire nel mondo anglosassone un vivace dibattito e ci spinge a domande stimolanti: per esempio, se sia lecito a uno storico an­ dare alla ricerca dei fondamenti di una teologia della liberazione gay.

John Boswell CRISTIANESIMO, TOLLERANZA, OMOSESSUALITÀ La Chiesa e gli omosessuali dalle origini al XIV secolo

Traduzione di Egle Lauzi

LEONARDO

Tutti i diritti riservati © 1980 by the University of Chicago © 1989 Leonardo Editore s.r.l., Milano Titolo dell'opera originale

Christianity, Social Tolerance and Homosexuality I edizione agosto 1989 ISBN 88-355-0010-9

CRISTIANESIMO, TOLLERANZA, OMOSESSUALITÀ Ai miei genitori per l'affetto e l'esempio che mi hanno dato, a Ralph per l'aiuto che mi ha offerto.

L'amore non è un delitto; se fosse un delitto amare, Dio non avrebbe legato anche il divino con l'amore. Carmina Burana

Date le diverse condizioni degli esseri umani, accade che certi atti siano virtuosi per alcuni, in quanto appropriati e adatti a loro, mentre i medesimi atti sono immorali per altri, in quanto a loro inappropriati. San Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae

Possiamo agevolmente portare i nostri detrattori all'aporia e dimostrare l'infondatezza della loro ostilità. Ma questo cosa prova? Che il loro odio è reale. Quando ogni calunnia sarà risultata falsa, ogni incomprensione sarà stata chiarita, ogni opinione erronea nei nostri riguardi sarà stata superata, l'intolleranza, in se stessa, rimarrà alla fine inconfutabile. Moritz Goldstein, Pamaso giudaico-germanico

ABBREVIAZIONI

AL AP

AT B.CEI BM BN CSEL El JB KJV LC LSJ

LXX

Mansi MGH NEB

NT

OMBLV OCD OED PG PL Poetae

PW

Settimane

ss

SS.RR.MM. ZFDA

Anthologia Latina Anthologia Palatina Antico Testamento Bibbia della Conferenza Episcopale Italiana British Museum Bibliothèque Nationale Corpus scriptorum ecclesiasticorum Latinorum Encyclopedia of Islam Bibbia di Gerusalemme King James or Authorized Version Loeb Classical Library Greek-English Lexicon, a cura di H. G. Liddel e Robert Scott, \ 9a ed. a cura di H. Stuart Jones Settanta ].D. Mansi Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio Monumenta Germaniae historica New English Bible Nuovo Testamento Oxford Book of Medieval Latin Verse, a cura di F.J. Raby Oxford Classica/ Dictionary, 2a ed. Oxford English Dictionary Patrologia Graeca Patrologia Latina Poetae Latini medii aevi (in MGH) Pauly-Wissowa Real-Enzyclopedie der classichen Altertum­ swissenschaft Settimane di studi del Centro italiano di studi suWA/to Medio Evo Scriptores (in MGH) Scriptores rerum Merovingicarum (in MGH) Zeitschrift fur deutsches Altertum

Prefazione

Non è possibile scrivere storia nel nulla. Per quanto gli storici e i loro lettori desiderino evitare di contaminare la propria compren­ sione del passato coi valori del presente, non possono ignorare che scrittore e lettore sono inevitabilmente influenzati da supposizioni e tesi delle età in cui scrivono e leggono. Poiché. moltissimi dei problemi storici presenti in questo libro sono visti oggi principal­ mente come questioni morali e siccome si suppone generalmente che la loro rilevanza sociale risulti dalle tradizioni morali che li riguardano, sarebbe impossibile presentare argomenti che convin­ cessero alla interpretazione essenzialmente sociale di tali fenomeni senza esaminare, con una certa ampiezza, i testi morali e le opinioni che sono stati determinanti nello stabilire gli atteggiamenti del­ l'Occidente a loro riguardo. Ci sono preconcetti molto diffusi circa le cause storiche che devono essere analizzati in dettaglio; tali preconcetti non possono essere migliorati o modificati da un silen­ zio prudente o dalla semplice asserzione del contrario. Se si suppo­ ne fondatamente che i testi religiosi sono stati l'origine del pregiu­ dizio medievale, il loro ruolo nel determinare l'atteggiamento in questione deve essere esaminato con cura; se si ammette che le idee della Scolastica in materia furono un'inevitabile risposta alla forza della tradizione cristiana precedente, lo storico che desideri pre­ sentare una spiegazione alternativa deve esaminare la forza della tradizione precedente nei minimi particolari. Soltanto se può di­ mostrare che questa è una spiegazione insufficiente per le opinioni in questione, può pretendere che la sua spiegazione alternativa acquisti peso.

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D'altro lato alla competenza dello storico non spetta lodare o biasimare, ma solo registrare e spiegare. Questo libro non deve essere inteso come supporto o critica di alcuni particolari punti di vista contemporanei, scientifici o morali, sull'omosessualità. Quando viene presentata un'ampia discussione d'argomenti contro il comportamento omosessuale, lo scopo è duplice : dimostrare che ciò che all'apparenza può sembrare essere stata l'origine dell'avver­ sione popolare spesso non lo fu in passato, e chiarire le differenze cruciali tra le apparentemente analoghe obiezioni all'omosessualità antiche e moderne. L'analisi delle idee sulla "innaturalità" e sulla "non riproduttività" dell'omosessualità presentate nel Capitolo l, per esempio, ha lo scopo non di difenderla da tali critiche, ma di offrire una prospettiva più chiara delle più comuni e specifiche obiezioni impiegate contro di essa dagli scrittori antichi e medievali (così come, per esempio, in un testo sulle idee dell'alchimia medie­ vale si possono utilizzare i dati scientifici attuali per dimostrare la fattibilità delle teorie o delle procedure alchimistiche). Ciò che colpirà alcuni lettori come un punto di vista partigiano sarà soprat­ tutto l'assenza di atteggiamenti negativi riguardo a questo proble­ ma, presente ovunque nell'Occidente moderno; dopo un lungo e forte rumore, un improvviso silenzio può sembrare assordante. Poiché il materiale preso in esame in questo volume comprende sia una vastissima estensione geografica e temporale, sia moltissimi argomenti di dettaglio tecnico, è stato talvolta difficile fornire un apparato critico a quanti lo desiderano e insieme rendere il libro accessibile al lettore medio. Gli specialisti possono essere sorpresi per spiegazioni di fatti o materiali che sembrano scontati, e i non specialisti possono trovarsi in difficoltà a leggere note dense o astruse. Pochi di coloro che sono interessati alle finezze della lessicografia biblica avranno familiarità con le sfumature della poesia ispano-araba, e molti che si interessano a fondo del proble­ ma generale dell'intolleranza o dell'omosessualità possono avere una conoscenza limitata della storia medievale. È stato fatto ogni sforzo per rendere il testo leggibile, capace di spiegarsi da sé, focalizzato su questioni centrali. Per quanto possibile, tutte le considerazioni puramente tecniche e linguistiche sono state raccol­ te nelle note o nelle appendici. Sono state fornite brevi introduzioni

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per aspetti rilevanti di alcuni periodi e civiltà trattati nella speranza che, quali che siano la noia o il divertimento procurati agli storici, essi saranno controbilanciati dall'aiuto che offrono ai lettori esperti in altre discipline. A questo riguardo le citazioni sono state un problema particolar­ mente difficile, poiché le difformità che potrebbero infastidire gli specialisti possono mettere in grado tutti quelli che hanno meno familiarità con la stessa letteratura di individuare i passi citati con maggior agio. 1 Molte opere sono citate per questa ragione nella forma più nota, anche quando questa usa senza una regola precisa titoli stranieri o inglesi per il medesimo autore (per esempio Plutar­ co ), e molte edizioni facilmente disponibili (per esempio la Patrolo­ gia) sono state preferite a versioni migliori o più moderne degli stessi testi. Solo quando il testo stesso verte su questioni storiche sono stati fatti sforzi per toccare problemi testuali. Per ragioni che spiegherò più avanti, mi è sembrato essenziale consultare tutte le fonti in lingua originale, anche quando esistono traduzioni moderne. Tutte le traduzioni fornite nel testo, tranne quelle espressamente segnalate in nota, sono mie, ed è stato fatto ogni sforzo per renderle più accuratamente e chiaramente possibi­ le, anche al punto di impiegare un linguaggio osceno. Forse il detto medievale "Citare un'eresia non è essere eretici" può essere modifi­ cato in questo contesto per sottolineare che citare un'oscenità non significa essere osceni. Sarebbe in ogni caso segno di arroganza presumere che i lettori non possano, senza l'intervento censorio degli storici, giudicare da sé tali materiali. Le rese del materiale letterario, inclusa la poesia, hanno avuto come considerazione dominante la chiarezza e la precisione letterale; non si è fatto alcuno sforzo per rendere le sfumature letterarie a meno che queste non fornissero un approfondimento alle questioni trattate.

1 Per esempio, è impossibile essere sempre uniformi nella traslitterazione dal persiano e dall'arabo in un'opera come questa, poiché molti nomi ed alcuni titoli sono citati da opere in altre lingue che usano differenti sistemi di traslitterazione, e poiché molti nomi sono diventati usuali in forme che non corripondono a un sistema specifico. Dove ho traslitterato e dove non ero limitato dalla tradizione o da una versione già pubblicata, ho usato una versione leggermente modificata del sistema usato dagli editori di El che, penso, non procurerà alcuna difficoltà ai lettori di lingue arabiche e persiane.

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È doveroso spiegare brevemente la relativa mancanza di materiale sulle donne. La maggior parte delle fonti di questa storia (come, perlopiù, di ogni storia) furono scritte da uomini intorno a uomini, e quando trattano di donne lo fanno incidentalmente. Dove possibi­ le, esempi che coinvolgono le donne sono stati citati e ho cercato di considerare i correlativi femminili degli aspetti scientifici, filosofici, religiosi e sociali dell'omosessualità maschile, ma nessuno potrebbe controbilanciare la sproporzione schiacciante tra i dati sulla sessua­ lità maschile e quella femminile senza distorcerli deliberatamente. Il lavoro di ricerca per questo libro è cominciato una decina di anni fa e sarebbe impossibile ora ricordare tutti quelli che hanno contri­ buito in qualche modo alla sua preparazione. Un debito incalcola­ bile è dovuto a Ralph Hexter, che ha dato assistenza pratica a ogni stadio della ricerca, ha letto l'intero manoscritto più volte, ha fornito consigli critici di valore e informazioni su ogni argomento ; in campo letterario, per esempio, ha richiamato la mia attenzione sull'esistenza dei poemi Ganimede ed Ebe e Il clero sposato, pubbli­ cati qui per la prima volta. Nessuna parola di ringraziamento sarebbe sufficiente per esprimere la mia gratitudine per il suo aiuto o per rendere nota ai lettori la vastità dei suoi contributi. Numerosi colleghi, soprattutto James Weinrich di Harvard, Douglas Roby del Brooklyn College, e John Winkler e James Rodman di Yale, mi hanno offerto generosamente parte del loro tempo e del loro sapere: sono loro molto grato. Egual debito ho nei confronti dei miei studenti a Yale, laureati e laureandi, specialmente Ruth Mazo per il suo studio attento ed erudito su Aelredo di Rievaulx, Richard Styche per la sua opera sulla legge islandese, Frances Terpak e Vasanti Kupfer per consigli e assistenza nell'ordinare i materiali relativi all'arte medievale. Desidero anche ringraziare David Frusti e Libby Berkeley per aiuti più pratici, ma non meno importanti; il Council on the Huma­ nities dell'Università di Yale per il contributo ottenuto dall'A. Whitney Griswold Faculty Research Fund; i bibliotecari e gli archi­ visti della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, la Karl Marx Universitat di Lipsia, i Gonville e Caius College dell'Università di Cambridge, la biblioteca Bodleian dell'Università di Oxford e l'Ar­ chivio della Corona d'Aragona a Barcellona.

PUNTI DI PARTENZA

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Introduzione

"Tutti coloro che passano la vita a cercare la verità sanno bene che le immagini che riescono ad afferrarne sono necessariamente fug­ gevoli. Esse brillano un istante per far posto a chiarezze nuove e sempre più luminose. Ben diversamente dall'opera dell'artista, quella dello studioso è fatalmente provvisoria. Egli lo sa e ne gioisce, perché il rapido invecchiamento dei suoi libri è proprio la prova del progresso della scienza. " 1 Tra l'inizio dell'era cristiana e la fine del Medio Evo gli atteggia­ menti dell'uomo europeo nei riguardi di alcune minoranze subiro­ no profonde trasformazioni. Molti gruppi sociali passarono da una condizione di appartenenza indistinta alla maggioranza a una di segregazione, di disprezzo e talvolta di severa oppressione. Indub­ biamente il Medio Evo è spesso immaginato come un'età di intolle­ ranza quasi universale verso l'anticonformismo, e l'aggettivo "me­ dievale" è frequentemente usato come sinonimo di "ristretto intel­ lettualmente", "oppressivo" o "intollerante" nei confronti del comportamento personale o degli atteggiamenti esteriori. Non è però esatto né utile rappresentare l'Europa medievale e le sue istituzioni come singolarmente e caratteristicamente intolleranti. Molti altri periodi sono stati altrettanto se non più inclini all'intol­ leranza sociale: 2 molte minoranze europee se la passarono peggio nel "Rinascimento" che nei "Secoli bui", e nessun altro secolo è stato spettatore di un antisemitismo di una virulenza così distrutti­ va come il XX. Inoltre, trattare questi due soggetti - intolleranza

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ed Europa medievale - come se ciascuno fosse in un certo senso la spiegazione storica dell'altro preclude quasi completamente la comprensione di entrambi. La storia sociale dell'Europa medievale e, forse anche di più, le origini storiche e gli episodi di intolleranza come fenomeno sociale richiedono un'analisi di gran lunga più sottile. Questo saggio vuole essere un contributo alla migliore compren­ sione di entrambi gli argomenti : la storia sociale dell'Europa du­ rante il Medio Evo e l'intolleranza come forza storica, sotto forma di ricerca della loro interazione in un caso specifico. 3 Sarebbe ovviamente difficilissimo tentare un approccio più vasto al primo punto; potrebbe essere meno ovvio il motivo per cui nel mio studio non c'è una trattazione generale del secondo punto. In primo luogo sarebbe estremamente difficile definire i confini di un tale studio generale. Sebbene l'intolleranza abbia gravemente pesato sulla coscienza del XX secolo, si conosce così poco circa la sua natura, la sua estensione, le origini e gli effetti in un contesto storico che il solo delineare i profili e le proporzioni del problema richiederebbe uno studio ben più vasto del presente. Lo scrittore dovrebbe non solo aver familiarità con le tecniche e le scoperte di discipline specialistiche - antropologia, psicologia, sociologia ecc. - ma anche avere i mezzi per giudicare la validità delle loro asser­ zioni in materia e per assegnare loro la relativa importanza. Seguir­ ne arbitrariamente alcune e trascurarne altre sarebbe pericoloso, in un campo così poco studiato. 4 Inoltre, anche se il problema potesse essere definito, non sarebbe possibile scrivere su un soggetto così articolato ed esteso come l'intolleranza mantenendo uniforme il livello di precisione e defini­ zione fornito in questo libro, a meno di fare un'opera di proporzio­ ni enciclopediche. Dal punto di vista dello storico, tuttavia, le teorie generali sono di poco valore, senza il supporto di studi specifici di casi particolari, e, poiché oggi vi sono così pochi di questi per dare sostanza alle idee sull'intolleranza, mi è sembrato più utile fornire dati per una eventuale analisi sintetica da parte di altri piuttosto che imbarcarmi prematuramente nell'analisi stessa. Questo approccio presenta il grande svantaggio di produrre in effetti un'elaborata descrizione di un singolo pezzo di un puzzle non completo, ma, data l'estrema difficoltà di identificare, nonché di riunire, tutti gli altri pezzi, questo sembra oggi lo sforzo più

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costruttivo possibile. Inoltre presenta il vantaggio compensativo di permettere che i dati raccolti siano impiegati senza una struttura teorica più ampia, retorica o scientifica, immanente o derivata, poiché vi è incorporata scarsa quantità di materiale teoretico. Tra i vari gruppi che divennero oggetto di intolleranza in Europa durante il Medio Evo, i gay5 presentano per la nostra ricerca i maggiori vantaggi per numerose ragioni. A differenza degli ebrei e dei musulmani essi, dovunque in Europa, furono sparsi in tutti gli strati della popolazione; costituirono una sostanziale minoranza in ogni età6 - invece che in periodi circoscritti, come gli eretici e le streghe - ma non furono mai (a differenza dei poveri, per esempio) più che una minoranza della popolazione. L'intolleranza verso i gay non può essere confusa col trattamento medico, come nel caso dei lebbrosi o dei malati di mente, o con una sorveglianza protettiva, come nel caso dei sordi, o, in alcune società, delle donne. Inoltre, l'ostilità nei confronti dei gay fornisce esempi singolarmente rivela­ tori della confusione di fede religiosa e pregiudizio popolare. La comprensione di questa confusione è fondamentale per capire molti tipi di intolleranza, ma, di solito, non è possibile fino al momento in cui sia il pregiudizio sia la fede religiosa si siano così attenuati che risulti difficile immaginare la loro passata connessio­ ne integrale. Finché i credi religiosi, che sostengono un particolare pregiudizio, sono mantenuti da una popolazione nel suo insieme, è di fatto impossibile separare i due ; una volta che i credi sono abbandonati, la separazione può essere così completa che l'origina­ le connessione risulta tutt'altro che incomprensibile. Per esempio è ora un articolo di fede nei maggiori paesi europei che gli ebrei non debbano essere perseguitati per il loro credo religioso, così come era articolo di fede nel XIV secolo che lo fossero; ciò che sembrò a molti cristiani dell'Europa premoderna un dovere religioso fonda­ mentale - la conversione degli ebrei - sembrerebbe, oggi, alla maggioranza degli aderenti alla stessa tradizione religiosa, un'intol­ lerabile intrusione nel privato dei loro concittadini. La mescolanza di princìpi religiosi e di pregiudizi contro gli ebrei nel XIV secolo fu così completa che pochissimi cristiani avrebbero potuto distinguer­ li; nel XX secolo la separazione avvenuta al riguardo è così pronun­ ciata che la maggioranza dei cristiani odierni mette in dubbio la sincerità dell'oppressione medievale basata su convinzione religio­ sa. Solo durante periodi in cui la confusione di religione e bigotti-

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smo era persistente, ma non dappertutto né incontestata, sarebbe facile analizzare la relazione organica dei due in modo convincente. L'Occidente moderno sembra proprio attraversare un tale perio­ do di transizione in riferimento a vari gruppi sessualmente distinti e i gay forniscono un centro d'interesse particolarmente utile per lo studio della storia di tali atteggiamenti. 7 Dal momento che essi sono ancora oggetto di una legislazione severamente repressiva, di diffu­ sa ostilità pubblica e di varie restrizioni civili, tutte con giustifica­ zioni ostentatamente religiose, è di gran lunga più facile chiarire la confusione tra religione e intolleranza nel loro caso piuttosto che in quello dei neri, degli usurai, degli ebrei, dei divorziati e di altri il cui status, nella società, ha cessato di essere associato alla convinzione religiosa a tal punto che la correlazione - anche se dimostrata da tempo - sembra ora limitata, tenue o accidentale. Gran parte del presente volume, d'altronde, è specificamente rivolta a confutare l'idea comune che il credo religioso - cristiano o altro - sia stato la causa dell'intolleranza verso i gay. I credi religiosi possono dissimulare o incorporare l'intolleranza specialmente tra gli aderenti di quelle religioni rivelate che specificamente rifiutano la razionalità come criterio estremo di giudizio, o la tolleranza come il maggior traguardo nelle relazioni umane. Ma un'analisi accurata può quasi sempre distinguere tra una coscienziosa applica­ zione dell'etica religiosa e l'impiego di precetti religiosi come giustificazione di animosità personale o di pregiudizi. Se il biasimo religioso è usato per giustificare i' oppressione da parte di gente che regolarmente ignora i precetti di eguale gravità dello stesso codice morale, o se le proibizioni che limitano una minoranza odiata sono mantenute nel loro senso più letterale come assolutamente inviola­ bili, mentre precetti analoghi riguardanti la maggioranza sono mitigati o reinterpretati, si deve sospettare che ci sia qualcosa di diverso dal credo religioso come causa motivante l'oppressione. Nel nostro caso particolare, la teoria secondo cui l'ostilità delle Scritture cristiane verso l'omosessualità causò l'avversione a essa della società occidentale non richiederebbe alcuna confutazione elaborata. Proprio gli stessi libri che sono concepiti per condannare atti omosessuali condannano l'ipocrisia nei termini più stridenti e con la più grande autorità, eppure la società occidentale non ha ancora creato alcun tabù sociale contro l'ipocrisia, non ha preteso che gli ipocriti fossero "innaturali", non li ha segregati in una

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minoranza oppressa, non ha emanato leggi per punire la loro colpa con la castrazione o la morte. Nessun paese cristiano ha infatti approvato leggi contro l'ipocrisia malgrado la sua continua ed esplicita condanna da parte di Gesù e della Chiesa. Anche i golosi sono inclusi nella stessa lista che escludeva dal Regno dei cieli i colpevoli di pratiche omosessuali. Eppure nessuno stato medievale ha mai bruciato i golosi sul rogo. Ovviamente alcuni fattori, oltre ai precedenti biblici, erano all'opera negli stati tardomedievali che autorizzavano la prostituzione, 8 ma mandavano al rogo i gay: oggettivamente nel Nuovo Testamento è molto più condannata la prostituzione dell'omosessualità. Il biasimo biblico è stato impiega­ to con grande selettività da tutti gli stati cristiani e, in un contesto storico, ciò che determina la selezione è chiaramente il punto cruciale. Un altro vantaggio nell'usare i gay come punto focale di questo studio è rappresentato dalla persistente vitalità delle idee sul "peri­ colo" che essi recano alla società. Quasi tutti i pregiudizi tendono a essere una risposta razionale a qualche minaccia o pericolo: si pretende che ogni gruppo rifiutato minacci quelli che lo rifiutano; ma di solito è facile dimostrare che, anche se esiste qualche perico­ lo, non è questa l'origine del pregiudizio. La "minaccia" rappresen­ tata da moltissimi gruppi preventivamente oppressi dalla società cristiana (per esempio, le "streghe" e gli usurai) appare oggi così illusoria che è difficile, per i lettori moderni, immaginare che persone intelligenti del passato si siano realmente sentite toccate da simili preoccupazioni. Infatti si è portati a scacciare tali pericoli immaginari come ostinate pseudorappresentazioni impiegate pale­ semente per giustificare l'oppressione. Non solo questo è falso : oscura anche le più importanti realtà della relazione tra intolleran­ za e paura. Nel caso dei gay un tale scetticismo non oscura questa relazione. La teoria che essi costituiscono una sorta di minaccia è ancora così diffusa che l'asserzione del contrario potrebbe in alcuni ambienti sembrare partigiana e coloro che sottoscrivono l'idea che i gay sono in qualche modo pericolosi possono argomentare che proprio per questa ragione essi non sono vittime tipiche dell'intolleranza. Obiezione: che un gruppo minacci realmente o no la società è irrilevante per il problema dell'intolleranza, a meno che l'ostilità subita dal gruppo discenda con ogni evidenza dalla percezione

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razionale della minaccia. Gli zingari nomadi possono essere stati realmente un pericolo per comunità isolate se portarono infezioni e malattie alle quali i locali non erano immuni, ma sarebbe sconside­ rato presumere che sia stata questa minaccia a produrre avversione nei loro confronti, soprattutto quando si può dimostrare che tale ostilità precede di secoli l'effettivo propagarsi delle maggiori infe­ zioni e quando i contenuti della propaganda retorica antizigana non avevano nessuna relazione con esse. Le pretese spiegazioni circa la precisa natura della minaccia rappresentata dai gay sono diverse e stravaganti in ogni tempo, talvolta in diretta contraddizione tra loro e con implicazioni che quasi invariabilmente rivelano un'interna e sorprendente incoeren­ za. Ne vedremo in seguito molte dettagliatamente, ma a questo punto è giusto accennare a due delle più persistenti. La prima è l'antica pretesa che le società che tollerano o approva­ no comportamenti omosessuali lo facciano chiaramente a loro proprio danno, dal momento che queste società scomparirebbero se tutti i loro membri adottassero tale comportamento. Questa argomentazione dà per scontato - curiosamente - che tutti gli esseri umani diventerebbero esclusivamente omosessuali se ne avessero l'opportunità. Non mi sembra che esistano ragioni per una simile affermazione : moltissime prove la contraddicono. E possibile che la cessazione di sanzioni sociali contro l'omosessualità provochi un incremento degli atteggiamenti omosessuali espliciti anche tra per­ sone che altrimenti non li ricercherebbero; è anche concepibile (ma non certo) che un numero maggiore di persone adotti uno stile di vita esclusivamente omosessuale in società tolleranti. Ma il fatto che un fenomeno caratteristico aumenti non dimostra la sua peri­ colosità sociale; molti fenomeni caratteristici che, se universalmen­ te adottati, tornerebbero presumibilmente a svantaggio delle socie­ tà (per esempio, la scelta del celibato o del sacrificio della propria esistenza), potrebbero nondimeno aumentare nel tempo senza cau­ sare danno ed essere spesso altamente stimati da una cultura pro­ prio per la loro rarità statistica. Ritenere che fenomeni in aumento per condizioni favorevoli possano eliminare nel corso del tempo tutti gli altri significa fare cattiva biologia e cattiva storia. Nessuna teoria scientifica oggi corrente sull'eziologia dell'omosessualità afferma che la tolleranza sociale ne determina l'incidenza statistica. Anche tutte le teorie puramente biologiche affermano che si tratte-

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rebbe di una scelta di una minoranza in qualsiasi condizione, non importa quanto favorevole. 9 Inoltre, non esiste alcuna ragione stringente per affermare che il desiderio omosessuale favorisce la non riproduttività in individui o gruppi. 1 0 Il luogo comune secondo il quale i comportamenti omo­ sessuali ed eterosessuali sono incompatibili non è sostenuto da alcuna prova; molti dati suggeriscono il contrario. 1 1 Il fatto che i gay (per definizione) preferiscono contatti erotici con persone dello stesso sesso dovrebbe implicare per loro un tasso inferiore di buon esito riproduttivo solo nel caso in cui si potesse dimostrare che in ambito demografico il desiderio sessuale è il fattore determi­ nante di tale buon esito. Malgrado ciò che suggerirebbe l'intuizio­ ne, non sembra essere così. Solo nelle società come i moderni stati industriali, che prescrivo­ no che l'energia erotica venga esclusivamente focalizzata su un coniuge stabile e ufficiale, si sostiene che molti gay si sposino e si riproducano meno frequentemente della loro controparte non gay, ed è chiaro che anche in queste culture una parte notevole di gay­ probabilmente la maggioranza - si sposa e ha figli. In altre società (probabilmente la maggioranza delle società colte premoderne), dove la procreazione è separabile dall'impulso erotico ed è ricom­ pensata dal miglioramento di status o da vantaggi economici (o semplicemente è una comune ambizione personale), non c'è alcuna ragione per i gay di non procreare. 12 A eccezione del clero, la maggior parte dei gay di cui si tratterà in questo studio erano sposati con figli. Si deve far risalire l'ostinata credenza dell'incapa­ cità riproduttiva dei gay alla tendenza a notare e ricordare negli individui l'eccezione piuttosto che la regola. Sono molto meno numerose le persone informate che Oscar W ilde era marito e padre di quelle che sanno che era gay e aveva un amante. La relazione di Socrate con Alcibiade richiama più attenzione di quella con sua moglie e i suoi figli. L'amore di Edoardo II d'Inghilterra per i suoi quattro figli è scarsamente ricordato nei testi che, invece, si dilun­ gano sulla sua passione per Piers Gaveston. In una certa misura tale enfasi è giusta: le persone citate dedicarono ovviamente la maggior parte (se non la totalità) dei loro interessi erotici a persone dello stesso sesso. Ma resta il fatto che erano sposate e avevano figli, e l'attrazione per le loro caratteristiche meno comuni non dovrebbe dare origine a spiegazioni fantasiose di tali peculiarità - o dell'osti-

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lità popolare verso di esse-, peculiarità che sovrastano o contraddi­ cono gli aspetti più normali della loro vita. 1 3 La seconda minaccia che si potrebbe addurre per spiegare l'intol­ leranza verso l'omosessualità è legata alla sua "naturalità". Non potrebbe essere che la società abbia atteggiamenti ostili nei con­ fronti dei g_ ay perché le loro preferenze sono intrinsecamente "in­ naturali" ? E tale lo spazio dedicato in questo volume a precisare il significato di "naturale" e "innaturale" nei vari contesti filosofici e storici che sarebbe bene inserire, a questo punto, alcune pagine d'osservazioni preliminari. Bisogna notare, in primo luogo, che i significati di "naturale" e "innaturale" varieranno secondo le varia­ zioni del concetto di "natura" col quale sono posti in relazione. l. Alcune idee di "natura" sono originariamente "realistiche", cioè riferite al mondo fisico e alle osservazioni su di esso. Per esempio : l. si può parlare di "natura" come la caratteristica o l'essenza di qualcosa (la "natura" dell'amore, la "natura umana"). "Innaturale", in quanto opposto al precedente concetto, significa "non caratteristico", cioè il fare altrimenti è "innaturale" per chi compie l'azione; Il. in senso più ampio "natura" può essere usata per tutte le "nature" (proprietà e princìpi) di tutte le cose o dell'uni­ verso osservabile ("la morte è parte della 'natura', le leggi di 'natura"'). 1 4 In quanto negazione del precedente significato, "inna­ turale" si riferisce a ciò che non fa parte del mondo scientificamen­ te osservabile, per esempio fantasmi o miracoli ; 1 5 III. in ambito più ristretto 1 6 la "natura" viene opposta agli uomini e ai loro sforzi, a indicare ciò che agisce o può esistere senza l'intervento umano (gli elementi fatti dall'uomo e non presenti in "natura"). In questo ambito, "innaturale" significa sia caratteristiche solo umane, come il "cacciare per sport piuttosto che procurarsi cibo è 'innaturale"', sia semplicemente artificiali, come fibre e alimenti "innaturali" (o "non naturali"). 1 7 Sebbene le categorie "realistiche" di "naturale" e "innaturale" siano usate con grande imprecisione, 1 8 due sono le accezioni princi­ pali sottese alla credenza che l'omosessualità sia "innaturale" nelle concezioni "realistiche" della "natura". La più recente di queste due categorie, cioè l'idea che il comportamento di per sé non riproduttivo sia "innaturale" in senso evoluzionistico, è probabil­ mente applicata ai gay in modo erroneo. Si può difficilmente immaginare che la non riproduttività abbia provocato intolleranza

verso i gay nelle società antiche che idealizzavano il celibato o in quelle moderne che considerano la masturbazione perfettamente "naturale", poiché entrambe le pratiche hanno le stesse identiche conseguenze riproduttive di quelle dell'attività omosessuale. Tale obiezione chiaramente è una giustificazione, più che una causa del pregiudizio. La seconda asserzione è che l'omosessualità non si verificherebbe in nessun'altra specie animale tranne l'umana. In primo luogo, si può dimostrare che questo è falso: comportamenti omosessuali, talvolta riguardanti la vita di coppia, sono stati osservati in molte specie animali, sia in libertà sia in cattività. 1 9 Questo comportamen­ to è stato riscontrato fin dai tempi di Aristotele e, per incredibile che sia, è accettato da gente che comunque rigetta il comportamen­ to omosessuale come se fosse sconosciuto agli altri animali. In secondo luogo, si fa riferimento a un'altra asserzione - che cioè solo l'omosessualità umana non è "naturale"- il che è fondamentalmen­ te insostenibile quasi in ogni contesto, biologico o filosofico. Molti animali, in effetti, assumono comportamenti che sono limitati alla loro specie, ma nessuno pensa che tale comportamento sia "innatu­ rale" ; al contrario viene considerato parte della "natura" della specie in questione ed è utile ai tassonomi per distinguere la specie da altri tipi di organismi. Anche se la specie umana fosse la sola a mostrare desideri e comportamenti omosessuali, si potrebbe diffi­ cilmente definirli per questa ragione "innaturali". La maggior parte dei comportamenti più ammirati dalla società umana è unicamente umana; questa è la principale ragione da tener presente. Nessuno pensa che la società umana rifiuti "naturalmente" l'istruzione per­ ché è sconosciuta tra gli altri animali. 2. Una categoria totalmente distinta dell'opposizione "natura­ le/innaturale" si riferisce a ciò che può essere definito "natura ideale". 20 Sebbene i concetti di "natura ideale" somiglino e siano fortemente influenzati dalle accezioni di "natura reale", essi differi­ scono in modo significativo da queste ultime nel presupposto esplicito che "natura" è "bene". 21 La "natura ideale", sia che inclu­ da tutte le cose fisiche sia soltanto le non umane, si crede che operi per "il bene". Alcune cose "naturali" possono essere tristi o doloro­ se, possono anche avere l'aspetto del male, ma si potrà dimostrare che tutte avranno un esito desiderabile o degno in un lontano futuro o su vasta scala. Tutto ciò che è veramente maligno o brutto

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deve essere "innaturale", poiché la "natura" non può produrre il male di per se stessa. Il concetto di "natura ideale" è fortemente condizionato dall'osservazione del mondo reale, ma essa è in ulti­ ma istanza determinata dai valori culturali. Questo è particolar­ mente chiaro nell'aggettivo "innaturale", che diventa in tale conte­ sto una circonlocuzione enfatica per "cattivo" o "inaccettabile". Un comportamento che sia ideologicamente così diverso o personal­ mente così in contrasto con i comportamenti sanciti dalla "natura ideale" da apparire senza possibilità alcuna di redenzione sarà chiamato "innaturale", senza alcun riguardo alla sua esistenza e frequenza nella (''reale") natura, o tra gli esseri umani o tra gli animali inferiori, poiché si presumerà che una natura "buona" non potrà mai in nessuna circostanza produrlo. Non sorprendentemente, i sostenitori della concezione "ideale" della natura definiscono spesso "innaturale" il comportamento sessuale che essi rifiutano su basi religiose o personali. Ciò che sorprende è il numero di quelli che, rifiutando consapevolmente la concezione "ideale" della natura, nondimeno ne sono condiziona­ ti. Questa confusione, come quella fra le convinzioni religiose e le antipatie personali, è ottimamente esemplificata nel caso degli atteggiamenti verso i gay. L'idea che l'omosessualità sia "innaturale" (forse introdotta da un'osservazione marginale di Platone) 22 si diffuse nel mondo antico grazie al trionfo della concezione "ideale" di natura su quella "realistica". 23 Specialmente nei secoli immediatamente successivi al sorgere del Cristianesimo, le scuole filosofiche che usavano il concetto di "natura" idealizzata come pietra di paragone dell'etica umana esercitarono una profonda influenza sul pensiero occiden­ tale e diffusero l'opinione che ogni sessualità non procreativa fosse "innaturale". Sebbene tale argomento c�desse successivamente in disgrazia, fu rimesso in auge dagli scolastici del XIII secolo e divenne un concetto decisivo e regolatore in tutti i rami del sapere, dalle scienze alla teologia. Le considerazioni scientifiche, filosofi­ che e anche morali sottese a tale approccio sono cadute quasi totalmente in discredito e sono rifiutate consapevolmente dalle persone più colte, ma persiste l'impatto emotivo di termini quali "innaturale" e "contro natura". Sebbene l'idea che i gay siano "violentatori della natura" preceda di due millenni il sorgere della scienza moderna e sia basata su concetti del tutto differenti, molta

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gente trasferisce senza avvedersene l'antico pregiudizio a un'imma­ ginaria struttura scientifica, senza riconoscerne le estreme contrad­ dizioni, e arriva alla conclusione che il comportamento omosessua­ le viola la "natura" analizzata dagli scienziati moderni più che la "natura" idealizzata dagli antichi filosofi. Anche a livello di moralità personale, la persistenza del concetto di "innaturale" in tale contesto, dopo che è stato abbandonato in quasi tutti gli altri, è un sintomo significativo del pregiudizio che in realtà lo ispira. I sistemi storici basati sull'etica della "natura" si opposero al radersi, al giardinaggio domestico, agli abiti colorati, alle docce frequenti, al controllo delle nascite e alle altre attività quotidianamente praticate dalla stessa gente che usa il termine "innaturale" per giustificare la sua avversione nei confronti dei gay. L'obiezione che l'omosessualità è "innaturale" sembra, in breve, non essere stringente né scientificamente né moralmente e con tutta probabilità non rappresenta altro che un epiteto sprezzante, d'insolito impatto emotivo, dovuto alla confluenza di pregiudizi storicamente sanciti e di idee malformate sulla "natura". Come "illiberale", "non illuminato", "antiamericano" e altri termini im­ precisi, l'omosessualità può fornire un punto di coagulo per l'ostili­ tà, ma difficilmente può costituirne l'origine. Oltre a proiettare luce più chiara sulla relazione tra intolleranza, fedi religiose e pericoli immaginari per la società, lo studio del pregiudizio verso i gay offre (ed è l'ultimo vantaggio qui discusso) illuminazioni rivelatrici delle somiglianze/differenze dell'intolle­ ranza verso gruppi sociali diversi e comportamenti particolari. In molti casi le differenti storie delle minoranze europee coincidono, e in questo studio farò molti paralleli con quei gruppi la cui storia rifletta quella dei gay o si colleghi ad essa. Moltissime società, per esempio, che tollerano liberamente la diversità religiosa accettano anche quella sessuale, e il destino di ebrei e gay è s·tato quasi identico da un capo all'altro della storia europea, dall'originaria ostilità dei cristiani fino allo sterminio dei campi di concentramen­ to. Le stesse leggi che oppressero gli ebrei oppressero anche i gay; gli stessi gruppi che tentarono di eliminare gli ebrei cercarono di cancellare l'omosessualità; gli stessi periodi della storia europea che non vollero accogliere la peculiarità degli ebrei reagirono violentemente contro il non conformismo sessuale; gli stessi paesi che ricercarono ostinatamente l'uniformità religiosa imposero i

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comportamenti della maggioranza nella vita sessuale; e anche gli stessi metodi di propaganda furono usati contro ebrei e gay - visto che venivano raffigurati come belve che miravano alla rovina dei figli della maggioranza. 24 Esistono però differenze significative che pesano sulla nostra analisi. Il giudaismo, per esempio, è stato consapevolmente tra­ smesso di padre in figlio ed è stato capace di trasmettere, unitamen­ te ai suoi precetti etici, la saggezza politica accumulata da secoli di oppressione e tormenti : i consigli su come placare la maggioranza ostile, su come ragionarci o evitarla; come e quando tenere bassa la testa; quando compiere pubbliche dimostrazioni; come condurre affari con nemici potenziali. Inoltre il giudaismo è stato, se non altro, capace di offrire ai suoi aderenti il sollievo della solidarietà contro l'oppressione. Sebbene i ghetti europei rinchiudessero gli ebrei, tenevano anche fuori i gentili; e la vita familiare degli ebrei risultò il principale sbocco sociale per un gruppo tagliato fuori dalla maggioranza in molti momenti della sua storia: impartiva all'indi­ viduo non solo il senso della comunità presente, ma dell'apparte­ nenza a una tradizione antichissima e per questo santificata. I gay, per la maggior parte, non nascono in famiglie gay. Essi subiscono l'oppressione individualmente, senza usufruire dei con­ sigli o dell'aiuto anche emotivo di parenti e amici. Questo rende il loro caso più avvicinabile, per alcuni lati, a quello dei ciechi o dei mancini, che sono sparsi in mezzo alla popolazione più che segrega­ ti ereditariamente e anch'essi in molte culture vittime dell'intolle­ ranza. I gay però offrono più materiale di studio rispetto a tali minoranze disperse, perché vengono di solito socializzati in età adulta come membri ordinari della società, visto che i genitori raramente s'accorgono che i figli sono gay prima che siano comple­ tamente cresciuti. Le loro reazioni e quelle di chi è loro ostile mostrano l'intolleranza in forme relativamente semplici, senza va­ riabili esterne come socializzazione atipica, incapacità di contribui­ re alla società, o perfino visibili anormalità. In tutti i casi eccetto uno, i gay sono in maggioranza identici a quelli che li circondano e per questo motivo l'antipatia nei loro confronti è un esempio d'intolleranza di rara chiarezza. Solo quando l'atteggiamento della società è favorevole, i gay tendono a formare una sottocultura manifesta. In società ostili diventano invisibili, un prodotto raro originato dalla natura essen-

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zialmente privata delle loro deviazioni dalla norma, ma che aumen­ ta il loro isolamento e riduce drasticamente la loro potenzialità come lobby. Quando ritornano tempi favorevoli, non esiste mecca­ nismo che contribuisca a prevenire oppressioni ricorrenti; nessun vecchio gay che ricordi i pogrom, nessuna letteratura gay dell'esilio che rammenti un destino che può ripetersi come in passato, né commemorazioni liturgiche dei tempi di crisi e di sofferenze. Rela­ tivamente pochi gay sono oggi consapevoli della grande varietà di posizioni nelle quali nel tempo fu posto il loro genere, e nelle società del passato quasi nessuno sembra avere posseduto tale consapevolezza. Per tutti questi motivi, tranne quando ottennero un'autorità considerevole, i gay sono stati totalmente dipendenti quanto a libertà, a senso di identità e spesso a sopravvivenza dagli atteggia­ menti popolari nei loro confronti. La storia delle reazioni pubbli­ che all'omosessualità è così in una certa misura la storia della tolleranza sociale nel suo complesso. Resta da aggiungere che, se esistono vantaggi nel prendere in considerazione i gay per studiare l'intolleranza, ci sono anche notevoli svantaggi. Il principale di questi è il fatto che la lunga durata del pregiudizio contro i gay e la loro sessualità si è manifesta­ ta nella deliberata falsificazione dei documenti storici che trattava­ no di loro anche in età contemporanea, rendendo particolarmente difficile un'accurata ricostruzione della loro storia. Distorsioni sul problema erano poco conosciute nel mondo antico, 25 ma s i diffuse­ ro con il drammatico cambiamento nella moralità pubblica seguito alla caduta dell'impero romano in Occidente. Certo l'ignoranza, derivata dalla perdita di conoscenza sull'argomento nell'Europa medievale - con Alcibiade che compare occasionalmente nella letteratura medievale come donna di Socrate 26 -, fu la componente maggiore, ma era altrettanto evidente la mano pesante del censore. In un manoscritto dell'Arte di amare di Ovidio, per esempio, la frase originale "l'amore di un ragazzo mi interessava meno" fu corretta da un moralista medievale in "l'amore di un ragazzo non mi interessava per niente" e una nota marginale informava il letto­ re : "Puoi esser sicuro che Ovidio non era un sodomita". 27 Naturalmente simili rozzezze sono state scoperte con facilità e le età più moderne hanno escogitato mezzi più sottili per mascherare sentimenti e sessualità gay. Il cambiamento di genere di pronomi

era diffuso almeno fin da quando il pronipote di Michelangelo impiegò questi mezzi per rendere più accettabili al pubblico28 i sonetti dello zio; e gli studiosi continuarono in questa frode anche quando non veniva compromessa la reputazione di alcuno : quando le favole morali del persiano Sa'di furono tradotte in inglese agli inizi del XIX secolo, Francis Gladwin trasformò di proposito ogni storia d'amore gay in una d'amore eterosessuale, alterando i prono­ mi che davano scandalo. 29 Addirittura alla metà del XX secolo nei ghazal di Hafiz vi erano ancora falsificazioni di questo tipo. 3 0 Un approccio più onesto, per quanto difficilmente si possa consi­ derarlo più edificante, è la cancellazione. Questo metodo può andare dall'omissione di una singola parola indicante il genere (è comune per esempio dove l'originale rivelerebbe che l'oggetto d'amore in Rubaiyat è un uomo) 3 1 all'opera intera come gliAmores ("Relazioni amorose") dello Pseudo-Luciano, che Thomas Franck­ lin espunse dalla sua traduzione poiché contenevano una disputa su quale sesso fosse preferibile, come centro erotico, per gli uomini : "Ma poiché questo punto, almeno in questa nazione, è stato già da tempo risolto in favore delle signore, non c'è più bisogno di discu­ terne ; perciò il dialogo è interamente omesso, per questa come per altre ragioni ancor più solide, che appariranno chiare ai conoscitori dell'originale". 3 2 (Le ragioni più solide si possono consultare ades­ so nella traduzione ragionevolmente schietta di M.D. MacLeod nell'ottavo volume dell'edizione Loeb delle opere di Luciano.) Anche i resoconti ostili di sessualità gay sono spesso cancellati nelle traduzioni inglese 3 e l'eliminazione di particolari relativi ali' omosessualità interessa narrazioni storiche che difficilmente possono essere considerate sporche o provocanti, come quando l'Oxford Classica/ Dictionary nota che i due amanti ateniesi, Armo­ dio e Aristogitone, furono "spinti da contrasti personali" a uccidere il tiranno lp pia. 34 Probabilmente gli sforzi più divertenti per nascondere l'omoses­ sualità al pubblico sono stati fatti dai curatori dei Classici Loeb, la collezione più diffusa di testi greci e latini con traduzione inglese a fronte. Fino a pochi anni fa in questa serie molte parti di opere greche con chiari riferimenti all'omosessualità venivano tradotte non in inglese, ma in latino, e alcuni passi, espliciti in lingua latina, in italiano. 3 5 Oltre al giudizio ambiguo che questa procedura dà sulla moralità dei lettori italiani, essa ha il curioso effetto di eviden-

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ziare ogni passo piccante nei classici maggiori, poiché il lettore interessato (e provvisto di competenza linguistica) deve solo scor­ rere la traduzione inglese alla ricerca dei passi in latino o in italiano. La procedura veniva applicata sia agli scrittori di cose profane sia a quelli di cose sacre : anche le condanne di atti omosessuali a opera di scrittori cristiani erano giudicate troppo provocanti per i lettori inglesi. 36 In molti campi, di regola, le mezze verità sono più fuorvianti delle menzogne intere e le più grosse difficoltà per gli storici sono rappresentate dalle lievi oscillazioni di significato in traduzioni che sembrano complete e chiare. Una grande quantità di informazioni è nascosta sotto la traduzione inglese di una riga di Cornelio Nepote : "A Creta è ritenuto lodevole per un giovane avere la massima quantità di relazioni amorose". 37 In una cultura che non implichi automaticamente l'eterosessualità delle relazioni amorose, questa traduzione sarebbe troppo vaga; per i moderni lettori inglesi essa è solo falsa. Il vero significato del passo è: "A Creta è considerato degno di lode per un giovane avere quanti più amanti [maschi] possibile". 38 Tal volta quest'ansia di re interpretare o camuffare resoconti di omosessualità ha indotto i traduttori a inserire nei testi concetti completamente nuovi, come quando i traduttori di una legge ittita che sembra regolare il matrimonio omosessuale inseriscono parole che ne alterano completamente il significato3 9 o quando Graves "traduce" una inesistente frase di Svetonio per sostenere che la legge proibisce gli atti omosessuali. In molti casi tali distorsioni contraddicono in pieno altre parti dello stesso testo : nella traduzio­ ne Loeb delle Metamorfosi di Ovidio il latino "inpia virgo" ("ragaz­ za svergognata") diventa, in virtù del contesto omosessuale in cui si trova, "ragazza contro natura", anche se i desideri della fanciulla in questione sono stati specificamente definiti "naturali" da Ovidio soltanto poche righe prima. 4 0 Non è sorprendente che un'analisi accurata dei gay in un conte­ sto storico sia così rara, visto che formidabili barriere si oppongono all'accesso delle fonti per chi non è esperto di lingue antiche e medievali. Anche coloro che hanno fatto la fatica di imparare le lingue richieste trovano che la maggioranza dei sussidi lessicali si esime dallo spiegare il significato di termini riferiti ad atti che i lessicografi non approvano; 4 1 solo una collazione coscienziosa e

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una lettura estesa delle fonti mette in grado lo studioso di scoprire con estrema precisione le azioni e gli atteggiamenti di precedenti culture che non si accordano con i gusti della scienza moderna. Fino a quando una nuova generazione di traduttori non avrà rimos­ so le foglie di fico, sarà ben difficile una ricerca su larga scala. Un'altra difficoltà per le indagini su questo tipo di intolleranza è costituita dal fatto che esse riguardano questioni sessuali ed emoti­ ve che sono le più personali 42 e generalmente non sono presenti in documenti ufficiali tranne che nelle società loro ostili, là dove si sono prese misure legali per sopprimerle. Anche tali prove sono però ingannevoli : sarebbe certamente un errore trarre conclusioni sulla posizione dei gay nella maggior parte delle città americane dai vincoli di legge che teoricamente li legano, e gli studi precedenti hanno indubbiamente sbagliato nel porre troppa enfasi sull'esisten­ za di norme restrittive. Il far notare semplicemente che qualcosa è illegale può causare grossolane confusioni se non vengono date anche spiegazioni sul modo in cui tali leggi sono onorate, sostenute o generalmente approvate. Le testimonianze d'amore sono principalmente letterarie : ciò che gli atti di vendita e le registrazioni delle imposte sono per la storia economica, poesie e opere letterarie lo sono per la storia delle relazioni personali e degli atteggiamenti nei confronti di queste. Di conseguenza questo saggio è legato alle fonti letterarie più che ai testi storici. Tali opere spesso evidenziano l'inusuale e presentano la bizzarria più della norma, ma questo è vero anche per fonti storiche più convenzionali, che di solito registrano eventi degni di nota più di quelli comuni. Specialmente durante il Medio Evo - quando l'esito di imprese militari era reso noto da poesie estremamente fantasiose e gli storici seri informavano i loro lettori di eventi miracolosi che anche i contemporanei trovavano strani non c'era una divisione netta tra fonti storiche e letterarie; così il problema è minore di quanto sembri. Le fonti letterarie, tuttavia, presentano problemi specifici. Molti di questi saranno discussi successivamente uno per uno come si presenteranno, ma una questione generale richiede una prima precisazione : la problematica di tali fonti come prove storiche sulla base di ciò che si può definire la "teoria storica dell'emanazione letteraria". Secondo tale approccio, se si può dimostrare che qual­ cosa ha avuto modelli letterari in precedenti culture, la sua compar-

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sa in una più tarda non ha altro significato che quello di una derivazione artistica. Se gli scrittori romani imitano la poesia omo­ sessuale greca, per esempio, si può essere certi che tali versi sono semplici imitazioni e non rappresentano sentimenti reali. Si finisce per supporre che se i greci imitarono forme precedenti, nemmeno loro ebbero esperienza di sentimenti omosessuali, e il vero sforzo dello storico deve consistere nello scoprire il popolo originario che da solo ebbe esperienza di emozioni reali e che trasmise in eredità al resto dell'umanità i motivi che sono stati meccanicamente imitati in tutte le letterature successive. Ovviamente, l'imitazione di temi omosessuali è di per se stessa significativa. Nella maggioranza delle moderne culture occidentali prima della metà del XX secolo non si poteva pubblicare poesia omosessuale di sorta senza pericolo di persecuzioni, anche se gli interessi omosessuali dei greci erano conosciuti e la loro poesia era studiata e ammirata. Che gli autori romani pubblicassero una gran­ de quantità di poesia omosessuale - con o senza una chiara influen­ za ellenica - è evidentemente una significativa differenza tra la società romana e quelle successive. C'è un numero limitato di modi per esprimere l'attrazione eroti­ ca e un numero ancor più limitato di generi sessuali oggetto di tale attrazione. È ridicolo assumere che un autore sia attratto da en­ trambi i generi come prova della sua derivazione da Ovidio, oppure manifesti sentimenti pederasti come prova della imitazione di fonti greche. Tutti quelli che sono attratti sessualmente dai ragazzi pos­ sono in tutta sincerità scrivere versi pederasti, nonostante i greci l'abbiano fatto per primi. Si deve notare in tale contesto che : a) non è mai stato detto che imitare liriche eterosessuali sia prova che gli scrittori in questione non abbiano sperimentato attrazione eterosessuale, una teoria e­ gualmente probabile dal punto di vista dell'"emanazione storica" ; e che b) il fatto per cui i tardi scrittori cristiani imitassero regolar­ mente lo stile letterario dei padri della Chiesa è difficilmente considerato prova di falsità da parte loro; al contrario, conservare consapevolmente una tradizione letteraria in tale contesto è ritenu­ ta prova della persistenza di quei sentimenti che diedero impulso alla tradizione al suo sorgere. Lo svantaggio finale, la difficoltà di evitare stereotipi anacroni­ stici, è di gran lunga il problema scientifico più serio per l'autore e i

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lettori di uno studio di questo tipo. È improbabile che in una qualche epoca della storia occidentale i gay siano stati vittime di intolleranza più vasta e violenta che nella prima metà del XX secolo, e il trarre deduzioni sull'omosessualità dall'osservazione dei gay nelle moderne nazioni occidentali non può dare generaliz­ zazioni più accurate e oggettive di quelle fatte sugli ebrei nella Germania nazista o sui neri negli stati del Sud prima della guerra civile americana. Fino a epoca molto recente solo una piccolissima percentuale di gay ha voluto mostrare pubblicamente la propria identità e tali persone, date le reazioni che si sarebbero dovute ragionevolmente aspettare, devono certo essere considerate fuori della norma. Di conseguenza, dobbiamo essere estremamente cauti nell'avan­ zare, riguardo ai gay, idee basate su dati storici desunti da modelli moderni che possono essere del tutto atipici. L'idea, per esempio, che gli uomini gay sono meno mascolini e le donne gay meno femminili deriva, quasi certamente, dall'antipatia verso l'omoses­ sualità piuttosto che da osservazioni empiriche. L'aspettativa uni­ versale, nelle culture che non tollerano i gay, che i maschi debbano essere sessualmente attratti solo da ciò che la cultura considera femminile - e le femmine solo da quello culturalmente definito mascolino - porta inevitabilmente alla presunzione che i maschi attratti da altri maschi debbano essere "femminili" e le femmine attratte da altre femmine "mascoline". L'atipicità rispetto alla nor­ ma appare in realtà irregolarmente distribuita nella maggioranza della popolazione, in modo del tutto indipendente dalle preferenze sessuali; ma anche se una piccolissima percentuale di donne gay fosse più mascolina o pochissimi uomini gay più femminili dei loro corrispettivi non gay, essi avvalorerebbero lo stereotipo nella men­ te della gente predisposta a credervi e in possesso usualmente di un limitato campione di controllo. (Gli uomini non gay effeminati e le donne eterosessuali mascoline sono ignorati, se possibile, o consi­ derati parte della normale potenzialità dell'adattabilità umana. ) Non dobbiamo però supporre che tali stereotipi abbiano toccato società più tolleranti o che sia stata assunta una connessione tra omosessualità e comportamenti4 3 sessuali "inappropriati". Al con­ trario, tra i popoli antichi che riconoscevano la verosimiglianza e la plausibilità dell'attrazione erotica tra persone dello stesso sesso era pacifico che gli uomini che amavano altri uomini fossero più ma-

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scolini dei loro corrispettivi eterosessuali, in base alla logica (anche se non convincente) argomentazione che uomini che amavano uomini dovessero imitarli e cercare di piacer loro, mentre uomini che amavano donne potevano diventare come le donne, cioè "effe­ minati" (l'inverso dovrebbe presumibilmente essere vero per le donne, ma sembra che in ogni epoca le preoccupazioni per il ruolo sessuale femminile siano state meno acute). Il discorso di Aristofa­ ne nel Simposio di Platone è probabilmente l'esempio più clamoro­ so di questo contropregiudizio. "Quelli che amano gli uomini e godono di avere rapporti sessuali con loro sono anche i ragazzi e i giovani più belli, essendo naturalmente i più mascolini. La gente che li accusa di sfacciataggine mente; essi non lo fanno per sfaccia­ taggine, ma per coraggio, maschilità e virilità avendo rapporti con chi è come loro. Chiara prova di questo è il fatto che una volta adulti si comportano da uomini nella carriera pubblica" ( 1 92A; cfr. il discorso di Fedro. Questo passo può essere una caricatura, ma non per questo è meno rivelatore) . L'equazione fra omosessualità ed effeminatezza negli uomini si presentava difficilmente in popoli la cui storia, arte, letteratura popolare e miti religiosi erano tutti impregnati di imprese omoses­ suali da parte di figure maschili così archetipiche come Zeus, Ercole, Achille e altri.44 Platone teorizzò che le coppie di amanti omosessuali fossero i soldati migliori (Simposio 1 78E- 179 ; cfr. Aristotele Politica 2,6,6) e i tebani di fatto formarono un battaglio­ ne di tali coppie che si dimostrò un esperimento di straordinario successo. 45 Nelle discussioni tra i greci circa i meriti relativi a omosessualità ed eterosessualità per gli uomini, i fautori della seconda sono talvolta accusati di essere "effeminati", ma mai lo sono i fautori della prima (per tali discussioni, cfr. il cap. 5 ) . I romani ereditarono dai greci gli atteggiamenti s u questo sogget­ to ed ebbero in ogni caso familiarità con gli interessi omosessuali di figure pubbliche pienamente virili come Silla e Adriano. Anche molto dopo che l'idealizzazione pubblica dei maschi gay fu scom­ parsa in Occidente, essi continuarono a distinguersi in imprese tradizionalmente maschili. Riccardo Cuor di Leone, Edoardo II, il duca d'Orléans, il principe de la Roche sur Yo n, il Gran Condé, il maresciallo di Vendome46 - tutti questi uomini, famosi per la loro capacità e il loro valore in guerra, erano anche noti per esser��

sarebbe stato difficile inculcare nelle menti dei loro contemporanei qualsiasi associazione automatica di effeminatezza e omosessualità. Analogamente dobbiamo evitare di trasporre nel tempo conce­ zioni sulle relazioni gay che siano altamente correlate a una deter­ minata cultura, come l'aspettazione che queste debbano mettersi in parallelo o imitare le relazioni eterosessuali (per esempio con un partner che adotta il ruolo "maschile" e l'altro quello "femminile". Là dove le relazioni gay sono approvate e libere, imitazioni di questo tipo non sono di solito né frequenti né evidenti. Specialmen­ te quando qualcuno può essere coinvolto contemporaneamente in relazioni gay ed eterosessuali, ci dovremmo aspettare che le due siano indipendenti; possono capitare sovrapposizioni o imitazioni, ma non c'è ragione di ritenere a priori che debbano essere solo in una direzione. Molti scrittori greci concepiscono l'amore omoses­ suale come l'ideale a cui possano tendere gli amanti eterosessuali. Dobbiamo essere cauti anche verso altre culture oppressive ; le coppie gay possono imitare quelle non gay, ma la natura del matri­ monio eterosessuale differisce notevolmente secondo tempo e luo­ go, e le unioni gay devono essere studiate in relazione ai costumi dell'epoca, non secondo criteri moderni. Insistere, per esempio, che le unioni omosessuali del passato costituenti "matrimonio" debbano imitare i moderni matrimoni eterosessuali significa sfidare la storia. Nessun matrimonio nelle società antiche trova uno stretto equivalente in quello moderno. Nella maggioranza erano complessivamente più informali, alcuni più rigidi. La maggioranza delle culture concepisce il matrimonio come. un accordo privato tra due famiglie ; la supervisione dei suoi dettagli dipende dai capi delle famiglie. Non possiamo specificare alcun preciso criterio di identificazione di matrimoni "legali" du­ rante quasi tutto il periodo oggetto di questo studio : due persone che vivevano sempre insieme e la cui unione era riconosciuta dalla comunità erano "sposate". Anche la teologia cristiana delle origini riconosceva la difficoltà di decidere chi era sposato e chi no; Agostino pensava di definire "moglie" qualsiasi donna che inten­ desse essere sempre fedele all'uomo con cui viveva (De bono conju­ gali 5,5 [PL, 40, 3 76-77] ) . L à dove l e relazioni omosessuali sono presentate dai contem­ poranei come "matrimoni" 47 ovvero là dove le leggi implicano che tali unioni sono sancite dalla società, non c'è ragione di ri-

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fiutare tali informazioni e di considerare tali relazioni come di per sé improbabili. 48 Legato a questo è il problema se le relazioni gay siano intrinseca­ mente differenti da quelle eterosessuali. La maggioranza degli occi­ dentali d'oggi, come pure molti gay, tende a considerare gli amori gay più transitori e più legati alla fisicità dei loro equivalenti (spesso idealizzati) eterosessuali. Che questo sia vero o no, deve essere considerato in relazione al variare dell'ostilità sociale. Per un gay in ambiente ostile è ovviamente un enorme vantaggio non essere coinvolto in una relazione permanente: quanto più a lungo dura e più intima è una relazione tra due persone dello stesso sesso, tanto più probabilmente susciterà sospetti in ambienti ostili all'omoses­ sualità. Un gay abile può ovviare a ciò con l'inganno, ma la difesa più efficace contro l'oppressione consisterà in relazioni fugaci e clandestine che non attirano attenzione o provocano sospetti. D'altro canto, non ci dobbiamo aspettare che, dove esiste pubbli­ ca ammirazione per i gay e i loro amori, una tale sindrome si trasformi in protezione e infatti non si riscontra nulla di simile nelle società più tolleranti. Molti greci consideravano l'amore gay come l'unica forma di erotismo che fosse duratura, pura e realmente spirituale. L'origine del concetto di "amore platonico" (posteriore a Platone di parecchi secoli) non proveniva dal fatto che, secondo Platone, il sesso dovesse essere assente dai rapporti gay, ma dalla sua convinzione che solo l'amore tra persone dello stesso sesso potesse trascendere il sesso. Il legislatore attico Solone considerava l'erotismo omosessuale troppo elevato per gli schiavi e lo proibì loro. Nel mondo ideale del romanzo ellenistico, i gay figuravano essenzialmente come amanti ostacolati dal cielo, le cui passioni non erano meno durevoli o spirituali di quelle dei loro amici non gay. A Roma la devozione immortale di Adriano per il suo amante defunto Antinoo era una delle più familiari espressioni artistiche di fedeltà in amore. Nella letteratura islamica sufi, l'erotismo omosessuale era la maggiore espressione metaforica della relazione spirituale tra Dio e uomo,49 e molte delle poesie e delle novel l e persiane che proponevano esempi di amore moralistico si servivano di relazioni gay. Tra gli antichi cinesi l'espressione letteraria più popolare per l'amore gay era "l'amore della manica tagliata", in riferimento al sacrificio personale dell'ultimo imperatore della dinastia Han, Ai­ Ti, che, chiamato a udienza, si tagliò la manica piuttosto che

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svegliare il suo amante, Tung Hsien, che si era addormentato sopra questa. 5 0 Anche tra i popoli primitivi sono spesso presenti connes­ sioni tra spiritualità o misticismo e omosessualità. 5 1 Soltanto in tempi relativamente recenti i sentimenti omosessuali sono stati ·associati a debolezza morale. Se si potessero risolvere le difficoltà della ricerca storica sull'in­ tolleranza verso i gay rifiutando semplicemente anacronistiche proiezioni di miti e stereotipi moderni, il compito sarebbe di gran lunga più semplice di quello che è. Sfortunatamente un pericolo per lo storico, egualmente fuorviante e anche più seducente, è rappre­ sentato dalla tendenza a esagerar� le differenze tra l'omosessualità nelle società precedenti e in quelle moderne. Un esempio di questa tendenza è il luogo comune che le relazioni gay nel mondo antico differissero da quelle moderne, in quanto coinvolgevano sempre persone d'età differenti : un uomo più matu­ ro (l'amante) e un ragazzo giovane (l'amato).52 Alcuni studiosi propongono perfino che tali relazioni tra persone di età diversa non vengano considerati esempi di "reale omosessualità". Dovremmo allora domandarci se le relazioni eterosessuali tra uomini maturi e ragazze siano qualcosa di meno eterosessuale proprio per la diffe­ renza di età. Il punto chiave della distinzione omosessuale/eteroses­ suale, a quel che sembra, consiste nell'includere tutte le varietà degli interessi erotici entro categorie distintive per sesso; se il termine "omosessuale" ha qualche significato, comprende chiara­ mente relazioni tra uomini e ragazzi, non meno che tra uomini e uomini o tra ragazzi e ragazzi. D'altro lato, non sembra probabile che, salvo rare eccezioni, l'apparente prevalenza di relazioni erotiche tra adulti e ragazzi corrispondesse in passato alla realtà. 53 Si trattava, piuttosto, di una convenzione culturale stilizzata. È utile notare a questo punto che nella cultura europea e americana moderna le ragazze giovani sono i canoni indiscussi della bellezza femminile; pubblicità, letteratura popolare, pornografia, cinema e televisione, perfino l'umorismo volgare (per esempio, le barzellette da "commesso viaggiatore") assumono le ragazze di sedici-vent'anni come archetipo della bel­ lezza femminile. Sarebbe certamente sbagliato, tuttavia, inferire da ciò che la maggioranza degli uomini desidera avere o ha effettiva­ mente relazioni sessuali con donne di quest'età. Non è neanche pacifico che per tutti gli uomini questa sia l'età più seducente.

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La terminologia inglese è oltretutto ingannevole a questo propo­ sito. Il termine "ragazza" [giri], mentre qualifica tecnicamente una femmina non ancora adulta, viene in effetti impiegato per designa­ re qualsiasi donna vista come oggetto sessuale, anche se ha venti o più anni oltre l'adolescenza [girlhood] . Un maschio adulto definirà frequentemente la sua amante adulta come la sua "ragazza" [girl­ friend], lei parimente lo definirà come il suo "ragazzo" [boyfriend] , anche se è molto più anziano di lei. Quest'uso peculiare di termini che suggeriscono giovinezza sembra riferirsi a due tendenze gene­ rali della società occidentale. La prima è l'equazione di gioventù e bellezza fisica. Sebbene l'età a cui è associato il massimo della bellezza varii da cultura a cultura, è quasi sempre un'età giovane. Correlata a questo è la tendenza a usare diminutivi parlando a o di persone a cui si è legati da affetto o desiderio. Gli amanti si chiameranno l'un l'altra "amore", "tesoro", "bellissima", o con vari altri termini associati ai bambini in segno di amore e di affetto; le stesse parole riferite a estranei suonerebbero assurde o offensive. Anche tra amici le suggestioni della giovinezza implicano intimità: finché la parola non assunse connotazioni sfavorevoli, molte donne adulte negli Stati Uniti si riferivano alle loro amiche come alle "ragazze" [girls] , anche se avevano cinquant'anni. "Una notte fuori coi ragazzi", non dice niente sulla loro età, ma implica l'amicizia tra quelli che vi partecipano. Identico era il caso per le relazioni erotiche nel passato. Gli uomini attraenti per i greci erano i "ragazzi" [boys] , proprio come le donne seducenti sono le "ragazze" [girls] per gli europei e gli americani di oggi. 5 4 La vera età del maschio in questione è stata forse importante per alcuni greci; per altri ovviamente no. 5 5 Plato­ ne nei suoi dialoghi distingue accuratamente gli uomini attratti da ragazzi dagli uomini attratti da altri uomini, 56 ma pochi scrittori antichi sono stati così precisi. La maggioranza usava termini che suggerivano attrazione erotica sia per uomini giovani sia per maschi più vecchi senza differenza,57 con la chiara implicazione che l'età non veniva presa in considerazione. Il termine "pederastia" di solito non ha connessione con l'età degli oggetti d'amore più de ll' espressione "caccia alle ragazze" [giri chasing] .58 L'uso convenzionale di termini implicanti giovinezza per espri­ mere affetto o intimità sopravvisse per tutto il Medio Evo. Il perdurare di Ganimede come simbolo del maschio gay come pure

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delle relazioni filiali nel simbolismo cristiano (per esempio, tra i monaci e il loro abate o "padre") arricchì la tradizione anche in seguito. Alcuino si rivolgeva al chierico amato con "bel ragazzo"; Walafrido Strabone scrive a un amico monaco chiamandolo "ra­ gazzino" o "fanciullo"; sant' Aelredo si rivolge a Simone, suo aman­ te e coetaneo, col titolo di "ragazzo" e lo chiama "figlio" ; anche Marbolo, vescovo di Rennes, si riferisce a se stesso come a un "ragazzo" in una lettera al suo amante. Naturalmente, l'autore spera che le difficoltà nell'evitare proie­ zioni anacronistiche di questo tipo - e tutti gli svantaggi qui discus­ si in riferimento all'utilizzazione dei gay come ipotesi di studio sull'intolleranza - saranno superate dai vantaggi già trattati. Per larga parte il successo dell'impresa dipenderà da una crescente comprensione dell'intolleranza come fenomeno generale . Tale am­ pia analisi, come detto in precedenza, va oltre lo scopo del presente studio e anche al di là del limite di queste note introduttive di carattere generale. Però, poiché una certa attenzione è stata qui dedicata a ciò che probabilmente non è responsabile dell'intolle­ ranza verso l'omosessualità, può essere utile formulare qualche idea sul tipo di motivi che potrebbero esserne responsabili. Dei molti esempi significativi che un'analisi più accurata potreb­ be esaminare, ne saranno qui presi in considerazione soltanto due e verranno descritti secondo deduzioni di senso comune più che attraverso estrapolazioni scientifiche di sicura certezza. Inoltre, il primo viene proposto con molte riserve : al massimo è utile per comprendere alcuni cambiamenti nella tolleranza sociale, trattati nelle parti II e III di questo volume. Non è assolutamente una spiegazione sufficiente o complessiva anche per questi cambiamen­ ti ed è completamente irrilevante per (se non in contraddizione con) i mutamenti sociali analizzati nella parte IV. Entrambi sono intesi principalmente come suggerimenti per ulteriori studi e inda­ gini in campi dove manca, attualmente, un apparato analitico sufficiente. Il primo dei due fattori è la relazione tra organizzazione sociale e moralità/tolleranza sessuale. In diversi passi di questo volume, sono messe a confronto sotto la denominazione di "urbano" e "rurale" due tipologie di organizzazione sociale : deve essere chiaro sin dall'inizio che tali definizioni rappresentano semplificazioni grossolane e si devono intendere solo come abbreviazioni di con-

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cetti molto più complessi. Per "rurale" s'intende un'organizzazione sociale strutturata primariamente su unità familiari estese, in cui la lealtà politica non va oltre il legame di sangue e le strutture di parentela sono i principali mezzi di mantenimento dell'ordine e di offerta di servizi sociali. Come tipo ideale, le società "rurali" esisto­ no principalmente tra i popoli agricoli preindustriali con limitata organizzazione politica; in minor grado tali caratteristiche si trova­ no nelle aree rurali anche di paesi industrializzati. In una struttura sociale "rurale", le relazioni familiari estese sono fondamentali per la sopravvivenza dell'individuo: per tutta la sua vita esse provvedono all'educazione, al sostentamento, al lavoro, alle scelte di matrimonio e alla dote, ai valori morali e alla sicurez­ za. È la famiglia, in tali culture, che assegna i ruoli produttivi, fornendo la forza lavoro per la mietitura e la semina, per la custodia delle greggi e la costruzione di case ecc. ; che provvede alla cura dei giovani, dei vecchi e dei malati ; che combina i matrimoni e cura i figli di quelli che devono lavorare fuori casa; che assiste gli orfani e le vedove ; che trasmette il sapere e i valori morali da una generazio­ ne all'altra e garantisce i diritti di proprietà e le divisioni tradiziona­ li di terre e risorse; che dà all'individuo un posto nella società, sia a livello psicologico che materiale. Caratteristica principale delle società "rurali" è la competenza della famiglia nell'impartire punizioni a chi (dentro o fuori la famiglia) ha causato danno ai membri della famiglia stessa. Rivalità di sangue e vendette tribali o familiari sono particolarmente legate ad aree e gruppi rurali dove i legami politici non esistono o non sono organizzati per amministrare la giustizia, e la giustizia astratta (se conosciuta) è consapevolmente subordinata alla lealtà verso la famiglia. Nel primo Medio Evo la principale difficoltà nello stabili­ re relazioni amichevoli tra romani urbani e barbari rurali fu il tipo di giustizia familiare basata sul sangue che era caratteristica dei secondi59 e che i romani consideravano arcaica e incivile. Là dove status sociale, potere, sicurezza emotiva e anche soprav­ viv enza dipendono da posizioni chiaramente definite all'interno di una struttura familiare estesa, la definizione di tali posizioni diven­ ta il requisito di costumi morali e leggi tanto quanto l'accesso alla cittadinanza e le posizioni di potere ne sono il requisito primario nelle società regolate dalla politica. Gran parte dei tabù sociali e morali nelle comunità regolate dalle relazioni di parentela è diretta

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a regolare la procreazione legittima e a scoraggiare forme di sessuali­ tà che complicherebbero l' organizzazione sociale producendo indi­ vidui con caratteristiche ambigue rispetto ai ruoli all' i nterno della famiglia. Tal i sforzi, di solito, hanno scarsi legami coi fenomeni apparentemente simili che sono sottintesi alla moralità sessuale nel­ le società organizzate politicamente . Il divorzio è molto facile (per i maschi) , per esempio, e la poligamia comune, mentre le donne che hanno rapporti sessuali extraconiugali sono punite con la morte ; le donne nate libere possono essere rovinate (o pe rfino uccise) per una sola infrazione alla fedeltà coniugale, mentre i loro parenti maschi o mariti possono frequentare impunemente schiave o prostitute ; le vedove sono costrette a non risposarsi fino alla morte, mentre i maschi possono avere decine di concubine e diverse mogli nello stesso tempo. La ragione che sta dietro a tali costrizioni non è legata alla purezza sessuale in senso astratto né alla salvaguardia degli aspetti affettivi della vita fami liare. Non è nemmeno uno sforzo per massimizzare la riproduzione, poiché i figli illegittimi, nel migliore dei casi, risulteranno non garantiti dalla protezione sociale e, nel peggiore, saranno di fatto costretti a morire. Al contrario, l ' interesse che sta dietro a tali tabù e restrizioni così in apparenza capricciosi e slegati tra loro consiste nel perseguimento di una limitazione dell'accesso a posizioni di privilegio all' interno della famiglia. Anche se questa motivazione è presente solo sublimi­ nalmente in molte comunità, codici etici altamente sviluppati, d' ori­ gine essenzialmente morale, ne sono perfettamente consapevoli. Il perfetto amore, la fratellanza, la mutua assistenza si trovano solo tra coloro che sono vicini l'un l 'altro per parentela. I membri di una famiglia unita nella comune discendenza da uno stesso nonno, o anche da qualche antenato più lontano, hanno tra loro un ben determinato sentimento d'amore, aiuto e simpatia reciproca . . . Per far sì che tutti riconoscano il grande dono di tale reciproca parentela, le prostitute non erano tolle­ rate e i rapporti sessuali venivano permessi soltanto quando un uomo avesse scelto una determinata fe mmina e l ' avesse quindi 60 sposata ufficialmente. La creazione di sanzioni morali di gravità, semplicità e portata sufficienti per raggiungere questo scopo dà come risultato l' e sclu-

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sione o la condanna di molte attività sessuali che di fatto non sono dannose per la struttura familiare estesa, ma che non possono essere autorizzate senza macchiare la purezza del codice generale o senza indebolire un principio enunciato a sua giustificazione. 6 1 Se tale comportamento è del tutto comune - per esempio la masturba­ zione -, può essere tacitamente permesso purché il codice non sia messo in discussione da coloro che in privato vi indulgono. Se invece sembra inusuale - per esempio l'omosessualità - sarà molto più severamente represso, poiché la sua non pertinenza rispetto alla moralità comune sembrerà ora più sospetta alla luce della sua rarità statistica. La devianza sessuale in culture organizzate sulle relazioni determinate dal sesso è molto simile all'eresia nelle società domina­ te dalla teologia al dissenso politico nelle comunità organizzate politicamente. I gay appaiono pericolosi nelle società fondate sulla parentela come gli eretici lo furono un tempo nell'Europa cattolica o come i socialisti più recentemente nelle democrazie occidentali. In tutti questi casi il dissenso o devianza appare innanzi tutto un tradimento; 6 2 solo il tempo, l'abitudine al fenomeno e l'educazione possono aprire uno spazio al non conformismo innocuo e rendono capace la maggioranza di distinguere tra quelle forme di comporta­ mento atipico che in realtà sono rovinose per l'ordine sociale e quelle che non lo sono. 63 Al contrario, le società "urbane" sono organizzate in unità politi­ che che dichiaratamente trascendono i legami di parentela. Le comunità urbane possono permettersi di passare a un dominio morale più vasto, poiché l'organizzazione sociale cittadina più sofisticata toglie all'unità familiare molto del peso del benessere e dell'organizzazione comunitaria, fornendo scuole, divisioni del lavoro, occupazioni, opportunità di matrimonio, sicurezza e prote­ zione personale, cura delle vedove, degli orfani e dei malati - il tutto indipendentemente dalla posizione personale all'interno del­ la famiglia estesa. Le famiglie mononucleari rimangono l'elemento base dell'organizzazione sociale di tali culture e sono consapevol­ mente protette, ma i codici morali in ambito urbano tendono a enfatizzare i concetti civili, astratti o rivelati religiosamente di giusto e sbagliato, valutando li specificamente superiori all'etica basata primariamente su considerazioni private, come la lealtà familiare. 64 La maggioranza delle comunità urbane, per esempio,

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scoraggia consapevolmente la giustizia personale o familiare, spe­ cialmente in questioni serie, e cerca di sostituirla con concetti di giustizia astratta, amministrata in modo imparziale dallo stato per il benessere generale. Analogamente, la moralità sessuale urbana è spesso indirizzata verso scopi diversi dalla legittimazione della posizione all'interno di una famiglia estesa. Anche se la famiglia rimane oggetto di tutela legale e di pubblica cura, la qualità dell'educazione e l'intensi­ tà affettiva all'interno della famiglia sono considerate molto più importanti del numero o dello status della prole. La poligamia è permessa raramente in ambito urbano e gli scrittori morali pongo­ no più attenzione alla qualità delle relazioni tra marito e moglie che alla legittimità o alla subordinazione legalistiche. I figli illegittimi di solito soffrono meno svantaggi nelle città, poiché le loro capacità li fanno apprezzare in una struttura sociale che organizza i lavoratori indipendentemente dalla discendenza. La prostituzione è di solito considerata una semplice forma di autoindulgenza, che può avvilire chi la pratica, ma che non è punibile per legge. (Lo stato spesso interviene solo per prevenire lo sfruttamento contro volontà oppu­ re per tassarla a favore dell'erario.) La maggior parte delle questio­ ni sessuali sono considerate al di fuori dell'ambito proprio dello stato; i codici morali di sessualità, in ambiente urbano, tendono a sottolineare la purezza individuale e l'importanza della fedeltà e delle relazioni paritarie tra soggetti sociali allo stesso livello più che la procreazione e la legittimazione. Nelle società altamente urbanizzate l'omosessualità è di solito tollerata e spesso idealizzata. Nella peggiore delle ipotesi, è consi­ derata un innocuo derivato della civiltà del benessere, non dannoso alla città e forse sorgente di ricchezza tramite l'arte, il commercio o le tasse sui rapporti amorosi. Nella migliore, è considerata espres­ sione di quel preciso tipo di lealtà spirituale, indipendente da vincoli di sangue, che crea e cementa municipalità e società civile, una forma più intensa di amore e devozione che dovrebbe esistere tra cittadini indipendentemente da variabili biologiche o parentele particolari. Forse è più di una semplice coincidenza il fatto che la maggioranza degli ateniesi attribuisse la fondazione della propria democrazia a una coppia di amanti gay e che le società occidentali maggiormente note per il favore accordato alla sessualità gay Atene e Roma - fossero anche quelle più strettamente legate aJle

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forme della democrazia urbana. 65 "Infatti la gente può abbandona­ re la tribù, i parenti e perfino - per Zeus - i genitori e i figli. Ma nessuno può venire mai a intromettersi tra amante e amato, che sono ispirati da Zeus, né alcun nemico può trionfare su di loro" (Plutarco, Moralia 76 1C). Queste generalizzazioni devono essere prese con estrema caute­ la. Eccezioni a categorie così estese si presentano subito da sé. Alcune società nomadi rurali - per esempio, i beduini e i pellerossa americani - sono generalmente favorevoli ai gay, mentre società urbane caratterizzate da un estremo conformismo sono spesso loro ostili. 66 La complessità dell'esistenza umana frustra inevitabilmen­ te gli sforzi verso una comprensione logica6 7 e non farò alcun tentativo per difendere queste affermazioni contro le molte e valide obiezioni che potrebbero sorgere. Può essere più utile ribadire le limitazioni stabilite e sottolineare che le definizioni di "urbano" e "rurale" non sono niente di più che semplificazioni di fenomeni complessi che rifiutano facili categorizzazioni. Si potrebbe anche notare che tali distinzioni, quand'anche chiaramente influenti, pro­ ducono diversità negli atteggiamenti collettivi, non nel comporta­ mento individuale. 68 La piccola quantità esistente di dati empirici che riguardano l'incidenza del comportamento omosessuale (e di ogni sessualità al di fuori del matrimonio) indica una significativa differenza nei costumi urbani e rurali, 6 9 ma dimostra anche che l'omosessualità non è affatto sconosciuta nel contesto rurale. L'idea della dicotomia "urbano/rurale" è avanzata solo per sug­ gerire ai lettori una via per comprendere alcuni mutamenti negli atteggiamenti popolari che verranno analizzati in seguito. Lo scopo non è quello di stabilirne la certezza o anche solo la probabilità, ma, piuttosto, di proporla come una delle molte e possibili ipotesi di lavoro. Nel migliore dei casi spiegherà solo una piccola parte dei fenomeni a cui si riferisce e dovranno essere portati alla luce e analizzati molti altri fattori prima che si possa stabilirne la relativa Importanza. In molti casi essa non ha proprio alcun rapporto con i fenomeni. Anche se il grado di sviluppo di >, 1 954, pp. 2 1-5 7, con traslittera­ zione del persiano a fronte). Naturalmente non si può sostituire l'originale. 3 1 Ad esempio i passi 49.29 e 102. 156, resi ambiguamente in molte versioni inglesi. La traduzione francese di Guy, Les robai", Parigi, 1935, contiene utili

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commenti sul problema (pp. 26-27). Perfino nel 1969 il noto orientalista Charles Pellat spiegò che "la decenza c'impedisce di tradurre" un'opera importante di Jahiz per la sua franchezza sull'omosessualità (The Life and Works of]ahiz, trad. di D.M. Hawke, Londra, 1969, p. 270). Fortunatamente la "decenza" non impedì a Pellat di pubblicare il testo originale in arabo (una discussione sui pregi degli schiavi maschi e femmine come oggetti sessuali). Anche nell'edizione araba, tutta­ via, si sentì costretto a scusarsi per aver pubblicato un'opera su tale argomento: cfr. al ]ahi?, Kitiib mufakharat al-jawiiri wa'l-ghilmiin, a cura di Charles Pellat, Beirut, 1 957, pp. 5-7. 32 The Works of Lucian, Londra, 178 1 , I, pp. XXXVII-XXXVIII. Quest'opera non è più attribuita a Luciano. 33 Nella traduzione dei dialoghi di Cesare di Heisterbach a opera di H. von E. Scott e C.C. Swinton Bland, The Dialogues on Miracles, Londra, 1 929, sono soppressi vari dettagli della punizione per atti omosessuali inflitta a un prete morto (pp. 157-5 9); cfr. l'originale cit. nel cap. 7, n. 46. 34 OCD, s.v. ; per una discussione più chiara, cfr. i commenti di Platone, cap. 2. 35 La più recente edizione Loeb di Marziale ( 1 968) fornisce la traduzione inglese dei passi in italiano delle edizioni precedenti. In una lettera personale il curatore G.P. Goold mi ha informato che le nuove parti in inglese sono "editoriali". Non c'è alcuna indicazione all'interno del testo sull'autore di tali passi di nuova traduzio­ ne. Per un esempio in greco, v. qui di seguito, oppure le edizioni di Diogene Laerzio; per esempi latini, cfr. le edizioni Loeb di Marziale, Giovenale, Svetonio, Catullo e altri. 36 Come nella Epistola di Barnaba della Loeb (in The Apostolic Fathers) a 1 0 : 6-8 ( 1 : 3 77, cfr. l'originale a p. 3 76). Il latino è spesso poco accurato: cfr. p. 1 1 1 . In Fathers of the Second Century, the Ante-Nicene Fathers, vol. 2, a cura di C. Coxe, New York, 1 8 8 5 , alcuni passi del Paedagogus di Clemente di Alessandria sono resi in latino e non in inglese (pp. 259, 260-62) . Una traduzione completa è disponibile nella serie "Fathers of the Church". 37 Cornelio Nepote, On the Great Generals, trad. di J. Rolfe, New York, 1929, pref. 4, p. 369. 3 8 "Laudi in Creta ducitur adulescentulis quam plurimos habuisse amatores", ibid. p. 368. Un'impressione totalmente sviante è pure causata dalla traduzione Loeb di una riga di Seneca il Vecchio, secondo cui un liberto era stato imputato di omosessualità: "nella difesa di un liberto accusato di essere l'amante del suo patrono" (Controversiae 4. 10, trad. di M. Winterbottom, Londra, 1974, p. 43 1). "Amante" qui significa in effetti "concubino" ed è usato nella letteratura latina per designare lo schiavo ufficialmente usato per lo sfogo sessuale. Il criticare un tale uso dei liberti non è un'obiezione all'omosessualità più di quanto il criticare la prostituzione femminile sia un'obiezione all'eterosessualità. Inoltre in latino non è del tutto chiaro che cosa l'omosessualità abbia a che fare con le imputazioni rivolte al liberto: l'interpretazione più attendibile dovrebbe essere che il fatto veniva portato a "disonore" durante il dibattimento per giudicare di altre imputazioni. 3 9 Per la legge e l'interpolazione, cfr. E. Neufeld, The Hittite Laws, Londra, 1 95 1 , pp. 10- 1 1 ; anche J.B. Pritchard, Ancient Near Eastern Texts Relating to the Old Testament, Princeton, N.J., 1950, p. 194. Per punti di vista contrari, cfr. ]. Pedersen, Israel, Oxford, 1 926, 1 : 66; D.R. Mace, Hebrew marriage, Londra, 1953, p. 224; e Bailey, pp. 35-36. Gli ittiti avevano anche una legge che proibiva specificamente l'incesto padre-figlio (tav. 2, 1 8 9), una restrizione che difficilmente

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ci si aspetterebbe in una società dove l'omosessualità non era ben conosciuta e (almeno in alcuni contesti) legale. 40 Ovidio, Metamorfosi, 10.345, trad. di Frank Miller ( 1 9 1 6 ; rist. Cambridge, Mass. , 1976), 2 : 8 9, in contraddizione con i versi 324 sgg., specialmente 330-3 1 . "Innaturale" è l'inserzione anacronistica favorita dei traduttori convinti che tutte le epoche abbiano guardato il comportamento omosessuale attraverso la lente dei pregiudizi moderni. Si potrebbero citare centinaia di esempi. H. Rackham rese il greco "a:to:l'to. 14 Nuvole 1075 : "TIO.QEL!J.' ÈVtE'Ù1}Ev t-; tà-; ti} -; q>UOE(l)axw"); in ":rtm6o­ :rt6go�" né l'uno né l'altro: ha semplicemente funzione modificatri­ ce senza che sia espressa una relazione tra le due parti del composto. L'" ovvia" relazione tra le due parti dei composti di questo tipo non è suscettibile di esatta formulazione senza un'accurata analisi dei casi particolari. Certamente è errato presumere che, poiché "piromania" si riferisce a un'attrazione ossessiva per il fuoco, "ninfoma-

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nia" debba indicare un'attrazione ossessiva per le spose : infatti indica l'opposto, un'attrazione ossessiva per gli uomini, e il prefisso "ninfo-" (''sposa"), anche se è sostantivo, ha la funzione di modifi­ care "mania" piuttC>sto che esserne l'oggetto. Similmente nel caso dei composti di "àgcrEvo-" : "àQQEVo:n:m6c;", "colui che fa gli uomini", unisce la seconda parte verbale con la prima, che funge da oggetto, come "àQQEVoya�-téw", "àQQEvoyo­ véw", "àQQEVOOf..ta L", "àQQEVO'toxéw" ecc. In queste e molte altre parole "àQQEVo-" funge da oggetto dell'attività chiaramente o im­ plicitamente descritta dalla seconda parte del composto. Ma non è questo il caso di molti altri composti di parola. " i\.QOEVOf..t O QqlOc;" non significa "colui che forma un maschio", ma "di forma mascoli­ na" : "àQOEVo-" funge come aggettivo che modifica "f..tO QqlOc;", come in "àgcrEvoyEvt1c;", "àgcrEv6{}v�-toc;", "àgcrévw�-ta" ecc. 1 8 Generalmente, inoltre, nei composti con la forma "àQQEVo-" essa è usata come oggetto; in quelli con "àQOEVO-" , come aggettivo. Si può rilevare questa tendenza negli elenchi precedenti come pure in molte altre parole; le poche eccezioni sono generalmente parole in cui nessuna confusione può sorgere tra aggettivo e oggetto, come "àQQEV6:n:mc;", 1 9 o in cui il valore semantico della parola sarebbe lo stesso indipendentemente dalla relazione grammaticale fra le sue parti costituenti, come "àQQEVOqlaVt1c;". 2 0 L'origine di questa distinzione e la sua relazione con il generale cambiamento ortografico dall'attico "hn Addington, "A Problem in Greek Ethics" in Studies i n the Psychology of Sex, a cura di Havelock Ellis, vol. l, Ap p. A, 1 8 97; rist. New York, 1975. Synan, Edward A., The Popes and the Jews i n the Middle Ages, New York, 1965. Teodoreto d i Ciro, Thérapeutique des maladies helléniques [Graecarum affectionum curatio], a cura di Pierre Canivet, in Sources chrétiennes, vol. 5 7, Parigi, 1 9 5 8 . van d e Spijker, Herman, Die gleichgeschlechtliche Zuneigung, Friburgo, 1968. Vogel, Cyrille, La discipline pénitentielle e n Gaule des origines a u JX.e siècle, in