Costruire correttamente: Caratteristiche e possibilità delle strutture cementizie armate
 9788820346232

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PIER LUIGI NERVI

COSTRUIRE CORRETTAMENTE CARATTERISTICHE E POSSIBILITA

DELLE STRUTTURE C EMENTIZIE ARMATE

LXIX TAVOLE

EDITO R E \

ULRICO HOEPLI 1955

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MI LANO

PREFAZIONE PROPRI ET1À R !SERVATA COPYRIGHT BY ULRICO HOEPLJ. MILAN

Questo libro ha lo scopo di mettere in luce alcuni fattori che, sia pure in forma indiretta, honno una importanza determinatrice sugli sviluppi del costruire. Molte sono state in questi ultimi decenni, e molte sono tutt'ora, le polemiche sull'Archi­ •ettura, ma anche ammesso di poterne dedurre conclusioni ben definite ed accettate in campo critico, ben scarso sarà il frutto realizzativo di esse se la basilare funzione del cliente, se i modi tecnico-economici de/l'esecuzione, se la preparazione universitaria dei progettisti non si adegueranno e non risponderanno in pieno alle esigenze architettoniche, struttura/i, economiche dei nuovi problemi costruttivi. Analogamente, per le strutture cementizie armate, l'attuale fervido sviluppo di ricerche in campo teorico, non potrà dare i suoi frutti se non si cercherà di meglio conoscere le caratte­ ristiche di comportamento del materiale, e non si creeranno più stretti rapporti tra intuizione strutturale, indagini di calcolo e sostanza di metodi e problemi costruttivi. Solo la perfetta sintesi di questi fattori permetterà di tradurre in realtà di opere le illi­ mitate possibilità tecniche ed architettoniche delle strutture cementizie armate. Desidero anche chiarire perchè ho presentato solamente opere e progetti miei. Ciò dipende dal fatto che un'opera svela l'intima essenza di se stessa e i più interessanti aspetti del suo comportarsi solamente a chi l'ha ideata, calcolata e costruita; dà ben scarse notizie di sè a chi la guardi da/l'esterno o ne esamini le fotografie. Il mio augurio più vivo è che le poche certezze e gli innumerevoli dubbi da me raccolti per diretta esperienza, e che ho cercato di esporre, possano portare ad una chiarificatrice e non astratta discussione, che aiuti a superare l'innegabile crisi nella quale oggi si dibatte l'arte del costruì re.

PRINTED IN ITALY

V

INDICE

Capitolo I

Capitolo Il

Costruire correttamente .

1

Tavole I - VI . . . .

13

Di alcune caratteristiche costruttive del cemento armato

Tavole VII - IX . . . . . . . . . Capitolo lii

Capitolo IV

39

Il ferro-cemento (sue caratteristiche e possibilità)

43

La prefabbricazione strutturale

Tavole XVIIl - XXXVI Capitolo VI

Le ricerche statiche sperimentali su modelli

Tavole XXXVII-XXXIX Capitolo VII

33

La incostante deformabilità dei conglomerati e le sue conseguenze statico-costruttive

Tavole X -XVII Capitolo V

25

47 63 67 105 109

Caratteristiche architettoniche e possibilità delle strutture cemen­ tizie armate

115

Tavole XL- LXIX

117

VII

CAPITOLO PRIMO

COSTRUIRE CORRETTAMENTE Il costruire è, senza confronti, la più antica ed importante delle attività umane. Nasce dal soddisfacimento di esigenze materiali dei singoli e della collettività, e si eleva ad espri­ merne i più profondi e spontanei sentimenti; riu­ nisce in un'unica sintesi lavoro manuale, organizza­ zione industriale, teorie scientifiche, sensibilità este­ tica, grandiosi interessi economici, e, per il fatto stesso di creare l'ambiente della nostra vita, esercita una muta, ma efficacissima, azione educativa su tutti. D'altra parte tutti con l'esprimere giudizi, con il manifestare predilezioni o contrarietà verso parti­ colari aspetti e tendenze di esso, o, infine, con di­ retto intervento, concorrono a determinare i ca­ ratteri e le direttive dei suoi sviluppi. Per i suoi multiformi aspetti, per la sua durata nel tempo, per i fattori scientifici estetici, tecnici e sociali che in essa si fondono, è più che giustificato considerare l'attività del costruire come la sintesi più espressiva delle capacità di un popolo, e l'ele­ mento più significativo per giudicare il grado della sua civiltà e lo spirito di essa. È evidentemente impossibile portare l'attività edilizia ad un così alto livello per cui ogni costru­ zione diventi un'opera d'arte, ma è nel limite delle possibilità, e sarebbe di una grande importanza mo­ rale, economica e sociale, orientare la nostra edi­ lizia verso il pieno soddisfacimento delle caratteri­ stiche di buona funzionalità, buon rendimento eco­ nomico, di serietà e compostezza estetica, in una parola verso una correttezza costruttiva dalla quale oggi siamo, troppe volte, molto lontani. Per indirizzare la nostra edilizia verso tale meta è indispensabile: 1) richiamare il committente, particolarmente se amministrazione pubblica o grande azienda pri-

vata, ad una più chiara comprensione della impor­ tanza e delicatezza della sua funzione e della sua implicita corresponsabilità alla riuscita finale del­ l'opera; 2) perfezionare i metodi tecnico-amministrativi della fase esecutiva in modo da ottenere un miglior rendimento economico della costruzione propria­ mente detta; 3) rivedere i programmi e i modi dell'insegna­ mento universitario per ottenere una più efficiente preparazione di progettisti e tecnici edilizi. Basandomi su osservazioni fatte in una quaran­ tennale, ininterrotta, attività in campo costruttivo, cercherò di esaminare più dettagliatamente questi tre punti.

• •• Il Committente. La funzione di committente è altrettanto impor­ tante quanto difficile. Posso dire di avere poche volte incontrato, nella mia lunga vita di costruttore e progettista, com­ mittenti all'altezza del loro compito, capaci di im­ postare chiaramente un problema, scegliere ocula­ tamente progettista e progetto, ed essere pronti ad assumere le responsabilità connesse a soluzioni tecni­ camente od esteticamente audaci. Non ho mai così pienamente valutato il peso della corresponsabilità, sia pure morale, del com­ mittente come il giorno in cui avendo presentato al consiglio direttivo di « Torino Esposizioni» il

progetto di copertura del grande salone del nuovo palazzo per Esposizioni, l'lng. De Rossi, Presidente dell'Ente e l'lng. Bonadè Bottino, Consigliere e Di­ rettore dei Lavori, mi domandarono quali riferimenti a realizzazioni del tipo potevo citare, a conferma del­ l'efficienza statica del nuovo sistema da me proposto. Non ne avevo e la mia risposta causò un mo­ mentaneo senso di dubbio e di incertezza, che, presso un committente, di vedute meno larghe o temperamento più timoroso, sarebbe stato più che sufficiente a far cadere il progetto e ripiegare su una soluzione meno economica e più banale. E bisogna anche ammettere che se è comprensi­ bile e naturale il coraggio del progettista che ha studiato il problema e che è animato dall'entusiasmo creativo, è ben più difficile ed ammirevole quello del committente che decide a mente fredda, e mette sulla bilanci.. della sua incertezza, da una parte il desiderio di dar vita ad un'opera nella quale ha fiducia, - ma che non resterà palesemente legata al suo nome - e dall'altra i danni personali di un cattivo risultato. A parte ciò resta sempre iI fatto che iI com­ mittente con il definire le linee generali della sua costruzione, con la scelta del progettista e con l'ap­ provazione o meno del progetto da questi redatto, entra direttamente nel vivo della questione archi­ tettonica e ne diventa, consciamente o no, un ele­ mento determinante. È infatti evidente che il committente privato si rivolgerà a progettisti le cui opere coincidano o si avvicinino ai suoi gusti, e che, in ogni modo, in tale direzione cercherà di portare il progettista du­ rante l'esame del progetto e le inevitabili discussioni in fase di studio od esecutiva. Si può dire che nella definizione della qualità media delle architetture di un popolo pesano più le tendenze e il grado di cultura della maggioranza dei committenti, che non la capacità e la sensibilità estetica degli architetti. La speranza che l'architetto non tradizionale, sia pure di eccezionali capacità, possa vincere diretta­ mente l'incomprensione del committente è comple­ tamente illusoria; in una collettività di persone vol­ gari il progettista raffinato resterà interamente di­ soccupato. È tuttavia evidente che nei riguardi del commit­ tente privato non si possono attuare costrizioni di­ rette, nè è possibile togliergli la facoltà di scegliere i I progettista e i I progetto che più gli piacciono. Si aggiunga che molti committenti privati costrui­ scono per rivendere e in questa importante opera­ zione finanziaria debbono giustamente, preoccu­ parsi del gusto della loro clientela. Ma se poco e lentamente si può fare per mi­ gliorare le tendenze estetiche di una collettività, non dovrebbe essere troppo difficile ottenere qualcosa di più, di quanto non si raggiunga nella grande mag-

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gioranza dei casi, da committenti più qualificati e responsabili, quali dovrebbero essere le amministra­ zioni pubbliche o le grandi organizzazioni private. Questi enti nella quasi totalità dei casi proce­ dono alla scelta del progettista, o del progetto, attra­ verso concorsi. È doveroso riconoscere che i concorsi degli ul­ timi decenni hanno portato, salvo poche eccezioni, a risultati completamente insoddisfacenti. Opere che sono quanto di meno corretto si possa immaginare per sperpero di materiali, cattive disposizioni planimetriche e funzionali, retorica di forme e decorazioni quali, per chiarificatrice esem­ plificazione, il Palazzo di Giustizia di Roma, la Sta­ zione Centrale di Milano, la prima parte di quella di Roma, e il recente Ponte Flaminio sul Tevere, sono state tuttavia, a suo tempo, scelte in concorsi nei quali non è pensabile non figurassero progetti migliori. D'altra parte tutti ricordiamo gli autentici orrori presentati al concorso della stazione ferroviaria di Firenze dal quale concorso, al contrario dei casi pre­ cedenti, nacque la più corretta ed esteticamente soddisfacente stazione ferroviaria d'Italia. Il fatto è che ad ogni concorso vengono pre­ sentati progetti di tutte le qualità e meriti, e la responsabilità della riuscita finale di esso, grava esclu­ sivamente sulla commissione giudicatrice. Sarebbe opera di vera giustizia, e nello stesso tempo stimolo a più ponderati giudizi, se nelle ci­ tazioni o pubblicazioni su testi e riviste di archi­ tettura, i nomi dei componenti delle commissioni giudicatrici o almeno dei presidenti di esse figuras­ sero a fianco di quelli dei progettisti, gli uni e gli altri essendo stati gli elementi determinanti del­ l'opera architettonica. È di tutta evidenza quanto sia importante e deter­ minativo, per tutta l'architettura nazionale, il fatto di avere concorsi efficacemente impostati e corret­ tamente giudicati. Una delle deficienze più gravi ed illogiche della quasi totalità dei concorsi è la dimenticanza in cui è lasciata la questione economica. A parte l'assurdità dello scegliere un qualsiasi oggetto senza sapere quanto costerà, si può osser­ vare che la quasi totalità delle opere architettoniche mal riuscite pecca per uno stucchevole sperpero di materiali pregiati, per una costosa sovrabbondanza di elementi decorativi o per un antieconomico sfrut­ tamento di superfici. Se, in mancanza di buon gusto, committenti e progettisti si fossero lasciati guidare da un più ra­ gionevole senso di economia avrebbero, sia pure involontariamente, ottenu·o risultati migliori. Ritengo che un deciso miglioramento nei risul­ tati dei concorsi si avrebbe qualora: o) i programmi elencassero, con la massima esattezza possibile, le finalità funzionali dell'opera,

le superfici degli ambienti principali, i collegamenti funzionali verticali ed orizzontali tra diversi settori dello stesso complesso, in una parola l'esatta descri­ zione di ciò di cui il committente ha bisogno e de­ sidera ottenere; b) il limite massimo di spesa stanziato per l'opera e, in ogni caso, un completo elenco di prezzi unitari di materiali e forniture, e la richiesta di estimativi basati su tali costi; estimativi che dovreb­ bero essere controllati con immediata eliminazione dei concorrenti che avessero fatto errori od omis­ sioni superiori ad una prefissata percentuale del prezzo totale; c) precisazione ed unificazione delle modalità di graficismo per i disegni geometrici e per le pro­ spettive, che dovrebbero essere a solo contorno, rigorosamente esatte e in numero e a punti di vista stabiliti. Sarebbe poi opportuno che l'ente committente per i progetti scelti in giudizio di prima selezione, provvedesse a far fare bozzetti con tecnica e mo­ dalità uniforme, i quali, sia in visione diretta, sia attraverso fotografie, prese da uguali punti di vista, darebbero i più validi ed immediati criteri di con­ fronto. Una questione molto seria è quella della scelta tra i concorsi liberi o ad inviti, e della presenta­ zione anonima o a firma. Il concorso libero ha il vantaggio di offrire pos­ sibilità di affermazione a tutti, anche ai giovani non ancora conosciuti, e, per contro, l' inconveniente di portare ad un così grande numero di soluzioni da rendere sempre più difficile e faticosa la buona selezione. Può anche portare alla scelta di progettisti com­ pletamente inesperti dei complicati problemi realiz­ zativi di un'opera edilizia, e non bisogna dimenti­ care che, senza una specifica competenza ed espe­ rienza, il miglior progetto può diventare una cat­ tiva costruzione. Penso che una buona soluzione intermedia po­ trebbe aversi invitando i progettisti, prima della apertura del concorso, a presentare una sommaria documentazione delle opere e progetti già fatti e dei titoli di studio. La commissione giudicatrice potrebbe, tra que­ sti, fare una prima selezione e limitare il numero degli ammessi al concorso vero e proprio a quanti abbiano potuto dimostrare una preparazione corri­ spondente al tema specifico. Per la questione poi dei concorsi anonimi o a firma non avrei dubbi. L'anonimia dei pr< getti è, il più delle volte, una apparenza che offre il più efficente alibi a giu­ dizi non obiettivi. È assurdo ed irrispettoso presupporre che una commissione esaminatrice non abbia tanta autorità

e serenità di giudizio da lasciarsi influenzare da nomi di vasta notorietà, o non abbia il coraggio di premiare uno sconosciuto, se veramente meritevole. Il nodo più difficile a sciogliersi di tutta la com­ plessa questione dei concorsi, è quello della forma­ zione delle commissioni esaminatrici. A parte la necessità che di esse facciano sempre parte tecnici specializzati nei vari campi (statico, costruttivo, tecnologico, acustico) cui demandare l'esame del progetto sotto questi vari punti di vista, la questione sta nel decidere se gli elementi più significativi di esse debbano essere architetti o, più semplicemente, uomini colti, atti a rappresentare il complesso delle persone, di non specifica cultura architettonica, che dovranno vivere a contatto della costruenda opera. Non mi nascondo che, a prima 'mpressione, la domanda può sembrare assurda, ma ad una più ap­ profondita considerazione del problema non può sfuggire che un esperto progettista nel giudicare un qualsiasi progetto non può prescindere dal con­ frontarlo con quella che sarebbe stata la sua solu­ zione e sentirsi, sia pure inconsciamente, attratto verso quella che ad esso più si avvicina. Inoltre gli stessi concorrenti, conoscendo il r.1odo di pensare dei giudici-progettisti, ne resteranno più o meno influenzati perdendo quella completa sere­ nità di ispirazione che è la prima condizione per la. buona riuscita di qualsiasi ideazione. Nell'uno e nell'altro caso viene ostacolata quella libertà di evoluzione delle forme e soluzioni archi­ tettoniche che dovrebbe essere il più importante risultato dei concorsi. Qualora poi si cerchi di evitare queste influenze polarizzatrici, formando la giuria con progettisti di diverse tendenze architettoniche, saranno inevita­ bili contrasti e polemiche anche queste dannose alla obiettività e serenità del giudizio finale. D'altra parte la difficoltà di valutazione di disegni e bozzetti è ben maggiore per persone, sia pure colte, ma non specializzate, cosicchè una giuria di non esperti, anche sorretta dal parere di tecnici specialisti, si troverebbe in serie difficoltà nella inter­ pretazione dei disegni e in quell'operazione imma­ ginativa che permette la materializzazione mentale di un'opera architettonica partendo dalla sua rappre­ sentazione grafica. In sostanza se è facile esporre questi dubbi, è certamente molto difficile suggerire efficienti solu­ zioni per un problema al quale è tuttavia collegata la buona riuscita dei concorsi. Sarebbe poi necessario che i concorrenti, almeno quelli selezionati in un primo giudizio di massima, fossero ammessi ad una discussione ed illustrazione orale del loro progetto. Solamente chi sa per esperienza quale somma di studi e di tentativi in diverse direzioni occorrano

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per la compilazione di un progetto, può valutare quanto sia difficile per dei giudici, digiuni dello specifico problema, ricostruire attraverso l'esame di disegni il travaglio del progettista e rendersi conto dei vari e più nascosti termini di ogni soluzione. Se una assoluta obiettività fosse nelle possibilità umane, il miglior giudizio sarebbe quello degli stessi concorrenti, gli unici in grado, per aver studiato a fondo la questione, di mettere subito in evidenza i pregi e i difetti delle varie soluzioni. Non vorrei chiudere queste sommarie conside­ razioni senza richiamare l'attenzione su una grave deficienza della quasi totalità dei nostri concorsi, anche di quelli per opere di grande mole, e cioè la esiguità dei premi e l'assenza di un adeguato numero di compensi per rimborso spese. Nessuna economia è più gretta, illogica e contro­ producente quanto quella che, per il risparmio di qualche milione diminuisce, la possibilità di ottenere una buona soluzione per opere che costeranno cen­ tinaia di milioni o miliardi. D'altra parte il partecipare ad un concorso costa tanta fatica intell�ttuale, tanto studio e tante spese, che è assurdo attendersi una partecipazione quali­ ficata quando i concorrenti non abbiano almeno la speranza di non aver lavorato in completa perdita. Sarebbe anche opportuno non limitare il risul­ tato dei concorsi al caso specifico; ognuno di essi potrebbe portare per ogni amministrazione ad una graduatoria di merito per successivi incarichi diretti. Un concorso fatto bene sign;fica un grande la­ voro per i partecipanti e per il committente, e sa­ rebbe opportuno ricavarne i massimi risultati.

• •• Il rendimento economico. Il costruire, malgrado la sua grande importanza economica e l'entità dei capitali che impegna, non raggiunge, nella maggioranza dei casi, l'economia e il buon rendimento che sarebbero così preziosi in un Paese a scarse risorse come i I nostro. La difficoltà di ottener un buon rendimento in campo costruttivo deriva dalla grandissima varietà dei fattori che concorrono a determinarlo, e dal gran nu­ mero di soluzioni possibili per ogni problema edilizio. Per cercare di chiarire la complessa questione può essere opportuno considerare separatamente il rendimento delle due fasi fondamentali di ogni fatto costruttivo: quella ideativa che porta alla scelta delle caratteristiche principali dell'opera, e quella esecutiva che ne definisce in dettaglio dimensioni e caratteristiche strutturali e regola i rapporti econo­ mici ed amministrativi con le imprese costruttrici. L'importanza economica della prima fase è, con evidenza, predominante.

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La più stretta economia, in fase realizzativa, non potrà mai compensare il danno di una non buona soluzione planimetrica o di un'errata impostazione strutturale. Ma è anche evidente l'impossibilità di constatare il grado di rendimento di una soluzione se non attraverso un vero e proprio confronto tra la solu­ zione considerata e il più grande numero di altre ugualmente possibili. In campo costruttivo, come sempre del resto, la valutazione del rendimento non ha significato se non come dato comparativo tra diversi procedimenti di­ retti ad ottenere il medesimo risultato. La bontà economica di un progetto dipende dalla accuratezza con cui il progettista avrà fatto questa paziente opera di confronto, e dall'efficacia dei me­ todi di selezione, istituiti dal committente, per sce­ gliere tra diversi progettisti. Trovata la soluzione di miglior rendimento nelle linee generali, nasce il non semplice problema della buona ed economica realizzazione. In questa fase si possono ancora individuare due fattori di preminente importanza: l'accuratezza di studio del progetto esecutivo e l'oculata definizione delle modalità dell'appalto e dei rapporti tra com­ mittente e impresa esecutrice. L'importanza di un ottimo e completo progetto esecutivo è di solito sottovalutata tanto dai pro­ gettisti, che dalle stesse amministrazioni pubbliche che più direttamente si occupano di lavori. Eppure è sufficiente una ben piccola esperienza di cantiere, per apprezzare quante false manovre, e conseguenti sperperi di mano d'opera e materiali, siano causati per rifacimenti o disfacimenti, per pas­ saggi di tubazioni ed impianti vari, causati dalla mancanza di esatti e tempestivi disegni esecutivi. Ed è anche sufficiente una modesta esperienza di ufficio per valutare quanto sia lunga, delicata e dif­ ficile, la buona compilazione degli esecutivi di un moderno fabbricato. Occorrono centinaia e centinaia di disegni tra loro coordinati in relazione alle esigenze della strut­ tura e degli impianti, coordinazione che richiede l'armonica collaborazione dei diversi specialisti, e il buon equilibrio tra esigenze a volte contrastanti. Quanto, malauguratamente, sia da noi poco con­ siderata l'importanza di completi disegni esecutivi, è dimostrato, sia pure in via indiretta, dalla esiguità delle percentuali di compenso per il progetto ese­ cutivo stabilite dalla tariffa professionale per inge­ gneri ed architetti. Se tale tariffa fosse duplicata o triplicata e, in conseguenza, committenti pubblici e privati esiges­ sero una corrispettiva più accurata preparazione del progetto esecutivo, tutta l'edilizia ne ricaverebbe un sensibi Iissimo vantaggio economico. Più l'edilizia si perfeziona, più si sviluppano i vari impianti di riscaldamento, condizionamento d'aria, elettrico, ascensori e servizi vari, più le strutture

portanti si affinano tecnicamente con l'uso del ce­ mento armato e del ferro, tanto più si complicano e diventano indispensabili accurati disegni esecutivi. Nella fase esecutiva propriamente detta si po­ trebbero poi ottenere economie, anche molto note­ voli, rivedendo le modalità dei rapporti tra il com­ mittente ed impresa costruttrice. Come è noto, la più gran parte delle opere edi­ lizie viene affidata alle organizzazioni costruttrici con contratti di appalto a misura, ossia contabiliz­ zando l'opera secondo un elenco di prezzi unitari dei vari titoli di lavoro. Per mettere in luce i sostanziali inconvenienti economici del sistema, occorre toglierlo dal suo quadro teorico e riportarlo alla realtà delle pra­ tiche applicazioni, tenendo conto dei forti interessi che sono in giuoco in ogni costruzione, e dell'in­ fluenza che essi possono esercitare su decisioni che dovrebbero essere esclusivamente di natura tecnica. È evidente che il costruttore ha tutto l'interesse ad aumentare i quantitativi dei vari titoli di lavoro, sia per il fatto che, restando costanti le spese ge­ nerali di un determinato cantiere, ogni aumento di importo presenta un margine maggiore, sia, e ancor più,- perchè, per molti di essi (murature, strutture in cemento armato e in ferro), il costo unitario decresce con l'aumento delle dimensioni. È quindi inevitabile che, durante lo sviluppo dei lavori, il costruttore tenda costantemente verso la maggiorazione di tutti gli elementi strutturali e che nel largo campo di interpretazione di ogni solu­ zione tecnica, sia portato verso quelle per lui più convenienti, ossia di massimo impiego di materiali. In conseguenza l'affinamento strutturale che po­ trebbe essere ottenuto da più accurate ricerche tecniche e lo sfruttamento di materiali di più alte qualità meccaniche, restano più di una volta osta­ colate dalla mancanza di interesse economico del costruttore che esegue un'opera con appalto a misura. Per meglio mettere in luce le intrinseche defi­ cienze del sistema dell'appalto a misura, basta pen­ sare alle conseguenze economiche e tecniche che si avrebbero applicandolo ad un qualsiasi altro campo produttivo; ad esempio, quello dei macchinari e delle automobili. Se una automobile fosse venduta sulla base dei prezzi unitari dei singoli materiali che la compon­ gono, quale interesse avrebbero i costruttori a ri­ cercare costantemente una economia complessiva, e tutti i perfezionamenti tecnici che valgono a rag­ giungerla, e quale sicurezza avrebbe il compratore di acquistare la macchina globalmente più economica? Il committente richiede una casa, un f abbricato, un ponte, in tutti i casi un'opera organica che nel suo complesso corrisponda, con la minima spesa, alla specifica funzione che ad essa è richiesta, e non al minimo costo dei materiali che la compongono,

materiali che, presi singolarmente, non hanno per lui alcun valore, nè possibilità di utilizzazione. Quale vantaggio vi può essere nell'ottenere una economia nel costo del ferro o del conglomerato impiegato in una struttura resistente, quando manchi la certezza che i materiali stessi siano stati impiegati nella misura strettamente necessaria e nei modi tecnicamente più efficienti? Il mercato costruttivo delle opere appaltate a mi­ sura offre questa intrinseca contraddizione: da una parte un'accanita concorrenza nelle gare che porta a prezzi unitari troppo bassi, industrialmente as­ surdi e quindi, in ogni caso, dannosi all'economia generale; dall'altra, con la mancanza di stimoli alla economia totale dell'opera o di perfezionamenti co­ struttivi, a sovrabbondanti impieghi di materiale che annullano o superano, in senso negativo, i vantaggi economici dei troppo limitati prezzi unitari. Sarebbe opportuno che i committenti e le am­ ministrazioni pubbliche si orientassero, ben più di quanto si faccia comunemente, a considerare l'opera edilizia come un unico se pure complesso organismo, le cui caratteristiche economiche debbono essere valutate globalmente in confronto ad altre soluzioni raggiungenti lo stesso risultato finale. Queste condizioni di razionale ricerca economiC3 portano direttamente al sistema dell'appalto con­ corso, sistema troppo scarsamente usato da pochi oculati committenti e che meriterebbe di essere più largamente generalizzato. Come è noto, il sistema consiste nel richiedere ad un certo numero di costruttori la progettazione tecnica di un'opera edilizia, accompagnata dalla re­ lativa, ed impegnativa, offerta di prezzo. Il costruttore è stimolato alla ricerca delle solu­ zioni globalmente più economiche e in conseguenza al più accurato studio tecnico e al perfezionamento dei metodi costruttivi. Il committente ha modo di scegliere la migliore soluzione tecnica ed economica, sfruttando la com­ petenza di progettisti e costruttori sperimentati. Per valutare l'importanza economica dell'appalto­ concorso basterebbe rendere di pubblica ragione i risultati tecnici ed economici dei casi nei quali il sistema è stato applicato. Differenze globali, tra diverse offerte, anche su­ periori al 20 o al 30% sono tutt'altro che eccezio­ nali mentre, ancora più importante, è il perfezio­ namento tecnico da essi stimolato e prodotto. Posso dichiarare che tutti i miei lavori tecnica­ mente più interessanti e la quasi totalità di quelli riportati in questo libro, sono frutto di appalti­ concorso, e che ugualmente frutto di appaci-concorso sono le opere migliori costruite in Italia negli ul­ timi cinquanta anni. È evidente che per l'appalto-concorso si ripre­ senta, come per i concorsi architettonici, il problema delle commissioni giudicatrici, per quanto, la pre­ minenza dei fattori tecnici, meno dipendenti di quelli

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artistici da soggettive tendenze, faciliti il compito e renda più sicuri i giudizi. Sarà sufficiente che esse siano formate da tecnici di elevata capacità e guidati da obiettiva serenità di valutazione. Un ottimo procedimento di giudizio è quello di predisporre una doppia graduatoria tecnica ed eco­ nomica, indipendenti l'una dall'altra, e con prece­ denza per quella tecnica.

• •• La preparazione universitaria dei pro­ gettisti. Il problema della preparazione universitaria dei progettisti e tecnici dell'edilizia è quanto mai com­ plesso e di difficile soluzione. Dal punto di vista scientifico manca una vera e propria tradizione universitaria per il fatto stesso che solo da un centinaio di anni si è cercato di inquadrare in modo teorico i problemi della statica e della tecnica edilizia; dal punto di vista artistico, la rivoluzione dei concetti base dell'estetica archi­ tettonica, iniziatasi al principio del secolo e tut­ tora in rapido e progressivo sviluppo, pur avendo staccato i problemi estetici del costruire dal quadro delle antiche scuole di Belle Arti nelle quali si erano svi I uppati nel recente passato, non ha ancora per­ messo il formarsi di ben definite direttive. Si aggiunga che la coesistenza di Facoltà di inge­ gneria edile e di Facoltà di architettura - note­ volmente differenti non canto nei programmi quanto nella mentalità e nei modi con cui i programmi stessi sono sviluppati, pur essendo le une e le altre dirette alla formazione di progettisti e di tecnici edilizi - non fa che aumentare la incertezza, mentre pone in piena luce la mancanza di un unitario indirizzo. 11 primo passo da compiere sarebbe, evidente­ mente, la unificazione delle scuole superiori, uni­ ficazione che, senza entrare in valutazioni di merito dei due insegnamenti, dovrebbe, per semplice ade­ renza al significato etimologico delle parole, accen­ trarsi sulle scuole di architettura. 11 vero titolo di colui che concepisce e dirige una costruzione è «Architetto» e per conseguenza le Facoltà, atte a conferire tale titolo, non possono essere che le scuole di architettura. Questo non vuol dire che a tale opportuna e chiarificatrice unificazione non debba corrispondere una decisa revisione dei programmi e degli ordina­ menti delle attuali scuole di architettura, revisione del resto ugualmente indispensabile qualora, per as­ surdo, e con evidente violazione del significato delle parole, si ritenesse preferibile unificare sulla base delle scuole di ingegneria.

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Per esaminare quali debbano essere le caratte­ ristiche didattiche di una più efficiente prepara­ zione dell'architetto è indispensabile tentare di esporre alcune considerazioni su quella che dovrebbe essere la sua « forrna-mentis» e la sua prepara­ zione culturaie. Accostandosi a questa indagine è ben facile ve­ dere quanto elevafa e complessa sia la professione di architetto e di quali superiori capacità d'animo e di intelligenza dovrebbe essere materiata. Tutti i rami del sapere concorrono in essa e in essa debbono trovare un equilibrio, atto ad espri­ mere valori non commensurabili e difficilmente de­ finibili, di carattere artistico, morale e sociale, e per di più in una forma che - per ubbidire alla essen­ ziale caratteristica delle opere edilizie, la durata nel tempo - deve avere in sè qualche cosa di assoluto. E certamente pericoloso tentare confronti in campo così delicato, ma ritengo di poter affermare che l'esprimere un sentimento estetico per mezzo di equilibri statici, di esigenze funzionali, tecniche, ed economiche - linguaggio di per sè complesso e richiedente un così grande numero di cognizioni sia ben più arduo di quanto avviene in tutte le altre manifestazioni intellettuali. L'aspetto più difficile e nello stesso tempo più elevato dell'architettura è proprio in questa ne­ cessita di raggiungere la sintesi tra fattori discordi quali l'armonia formale e le esigenze tecniche, il calore dell'ispirazione e la freddezza del ragiona­ mento scientifico, la ricchezza della fantasia e le ferree leggi dell'economia. Si può anche osservare che la difficoltà di questa sintesi è enormemente accresciuta in questi ultimi decenni per lo sviluppo tecnico-scientifico del co­ struire, per la grandiosità dei terni posti dalle esi­ genze del vivere di oggi, per la sempre più impel­ lente urgenza dei fattori economici, e infine per la necessità di creare, in pochi anni, con metodo uni­ versitario, i I notevole numero di architetti richiesti dal moltiplicarsi delle attività costruttrici. La sostanza del problema si può dividere in due parti: quella della preparazione tecnico-scientifica dei futuri architetti, destinata a dar loro la padro­ nanza del linguaggio realizzativo, e quella della pre­ parazione artistica, intesa come formazione di una sensibilità alle forme, rapporti di volumi, giuochi di colori, che dovrà rendere espressiva la realizza­ zione tecnica. Cercherò di esaminare separatamente i due carnpi. A) Preparazione tecnico-scientifica. - In un mio libro di dieci anni or sono avevo posto la do­ manda « Scienza o arte del costruire/» volendo indicare con la parola arte non gli aspetti estetici dell'edilizia, ma il contrapposto dell'impersonale for­ rnulisrno a base matematica, derivato dagli sviluppi della scienza delle costruzioni, e che può sembrare,

cedimenti rigorosamente uniformi; tutti I mate­ riali e particolarmente conglomerati e murature dànno luogo a più o meno rilevanti deformazioni viscose; le variazioni diurne e stagionali sono distri­ buite nell'interno di un unico organismo resistente nei modi più irregolari, suscitando, per impedite dilatazioni, sforzi di entità e direzioni non preve­ dibili; ed infine il fatto stesso che calci e cementi continuano ad indurire per decenni, se non per se­ coli, e che quasi tutti i materiali si trasformano nel tempo, dimostra che ogni opera edilizia è agitata da una vitalità interna, fisica e chimica, la cui energia è messa particolarmente in luce dalla fatiscenza di molte costruzioni, anche non vecchissime. In sostanza la scienza delle costruzioni è para­ gonabile ad una fisiologia che si limiti allo studio di organismi perfetti, in stato di permanente giovi­ nezza, immuni da malattie o da deficienze funzionali; disciplina certamente indispensabile ed utile in una Facoltà di medicina, ma che darebbe ben mediocri medici qualora non fosse tenuta nella dovuta consi­ derazione di schema astratto di una diversa realtà fisiologica. I programmi delle nostre scuole di ingegneria sui quali è stato modellato l'insegnamento teorico­ statico delle Facoltà di architettura, risalgono alla seconda metà del secolo passato e sono stati com­ pilati in un periodo di più che giustificato entu­ siasmo per un complesso di sviluppi matematici che avevano portato, con la teoria dei sistemi elastici, a chiarire i modi di comportarsi dei materiali sotto carico e la possibilità di indagare le condizioni di equilibrio interno delle strutture iperstatiche. Come sempre, l'entusiasmo venne a velare l'obiet­ tività dei giudizi, per cui si formò una mentalità di fiducia a qualunque costo nella teoria, anche in con­ trasto a constatazioni di fatti. Ricordo che nel 1913 i I professore Canevazzi, insegnante di scienza delle costruzioni alla scuola di applicazione per ingegneri di Bologna, uomo di chiarissima intelligenza e uno dei pochi teorici ca­ paci di valutare i limiti e il significato profondo delle proprie teorie, parlava a noi studenti delle lettere ricevute da professori e teorici germanici i quali, allarmatissimi, dimostravano che il Ponte del Risor­ La scienza delle costruzioni parte dalla premessa gimento di Roma, già costruito e in piena e vitale di materiali isotropi ed elastici; quelli di maggior efficienza, avrebbe dovuto essere già crollato o al uso nell'edilizia, quali murature e conglomerati, sono massimo in immediato pericolo di farlo. Ciò perchè le sollecitazioni unitarie dei materiali, calcolate se­ ben lontani dal possedere tali caratteristiche. La scienza delle costruzioni considera le strut­ condo le formule della teoria elastica, superavano i ture al di fuori del tempo, in una specie di invaria­ limiti di sicurezza o, in certe zone, quelli stessi di bi I ità e stabi I ità eterne; la sernpiice e banale osser­ rottura. A nessuno di questi studiosi si era affacciato, di vazione che tutte le costruzioni deperiscono, e che, a distanza maggiore o minore di tempo, perdono la fronte alla certezza del fatto contrario, il dubbio di stessa stabilità, o per lo meno presentano notevoli una possibile inesattezza della previsione teorica. Aver accettato questo dubbio, aver tentato di lesioni o cedimenti, dimostra che la premessa non analizzare più da vicino il comportamento dei con­ è vera. Effettivamente nessun terreno di fondazione è glomerati sotto carico e aver constatato che, spe­ perfettamente immobile o si adatta, nel tempo, con cial mente nei primi tempi, sono soggetti a notevoli

prima vista, sufficiente alla soluzione di qualsiasi problema statico-costruttivo. L'essenza della domanda era in sostanza questa: problemi del costruire, anche nel loro aspetto più tecnico quale la stabilità, sono tali da permettere oluzioni impersonali ed univoche, ottenute attra­ verso formule o teorie a base matematica (scienza delle costruzioni), oppure per la complessità dei fattori che in essi intervengono, per l'intrinseca in­ sufficienza degli sviluppi teorici, ed infine per un troppo notevole distacco tra le premesse della teoria e la realtà fisica, non possono essere correttamente risolti se non attraverso una superiore rielabora­ zione intuitiva dei risultati dell'indagine forrnuli­ stica? Rielaborazione che costituisce il fattore essen­ ziale e più elevato delle nostre possibilità di pene­ trare nell'intimo del mondo statico-costruttivo. Probabilmente per poca chiarezza di esposizione, le mie parole sono state interpretate, più volte, come un tentativo di annullare il valore degli svi­ luppi teorici della scienza delle costruzioni provo­ cando dissensi e consensi, ugualmente inesatti, e non corrispondenti alla sostanza del mio pensiero. Sarebbe assurdo negare l'utilità di quel com­ plesso di teoremi, sviluppi matematici e formule che vanno sotto il non esatto titolo di « Scienza delle Costruzioni», ma è necessario riconoscere, e chia­ ramente affermare, che i risultati ottenuti in sede di indagine teorica, sono una vaga ed approssimata immagine della realtà fisica, e che l'avvicinamento a tale realtà non può, e non potrà, essere ottenuto se non unendo ad essi l'indagine sperimentale, l'os­ servazione della realtà, la rielaborazione concettuale dei fatti osservati, ed infine e, soprattutto, la com­ prensione intuitiva della vita statica delle opere edilizie. Ossia completando e superando la fase scientif,co­ matematica con una di carattere intuitivo. Le discordanze tra le premesse della scienza delle costruzioni e la realtà fisica delle strutture edilizie, dalle quali derivano le discordanze tra i risultati previsti e quel I i constatati, sono molte; cercherò di accennare le principali.

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deformazioni plastico-viscose, aver compreso l'im­ portanza di quel complesso di fenomeni che si può riunire sotto il termine di adattamento, ha costi­ tuito il punto di partenza di nuovi e promettenti progressi del costruire. A parte ciò, ha dimostrato che tra gli infiniti si­ stemi statici possibili in una struttura notevolmente iperstatica, l'unico che non potrà mai realizzarsi è proprio quello che risulta, qualitativamente e quan­ titativamente, dalla soluzione delle equazioni della scienza delle costruzioni. Dal punto di vista pratico della stabilità di una struttura, la non corrispondenza era il suo reale comportamento e quello teorico non ha gravi con­ seguenze e, la sua eliminazione, porterebbe sola­ mente ad un più o meno sensibile vantaggio eco­ nomico permettendo un migliore sfruttamento dei materiali. Il sistema calcolato in regime elastico è un sistema­ limite; tutti quelli effettivi - che si realizzano per cedimenti Jei vincoli, per imperfetta elasticità dei materiali e per differenze di modulo elastico tra elementi collegati in un'unica collaborazione statica, quali si hanno nelle opere cementizie per occasionali variazioni di composizione e stagionatura dei conglo­ merati - non sono che la conseguenza di un prov­ videnziale tentativo della struttura di trovare la si­ tuazione di equilibrio che meglio risponde alla sua natura, al di là e al di sopra delle nostre imper­ fette conoscenze. Quindi la struttura dimensionaca secondo cal­ coli elastici è stabile e molte volte solamente sovrab­ bondante in qualche sua parte; ciò spiega anche perchè per molti anni questa discordanza, era teoria e realtà, non sia stata constatata da progettisti e costruttori. Mi sembra che altrettanto non possa dirsi da un punto di vista concettuale e didattico. La preminenza degli studi matematici, posti a base delle nostre scuole di ingegneria, il modo pu­ ramente analitico-formulistico con cui è esposta la teoria degli equilibri elastici e la difficoltà stessa di questi modi, creano nell'animo del giovane la per­ suasione della illimitata possibilità risolutiva dei cal­ coli e la cieca fiducia nei loro risultati. In questo stato d'animo nessun tentativo viene fatto, nè da insegnanti nè da studenti, per cercare di comprendere e di sentire, per diretta intuizione, la realtà fisica dei sistemi resistenti, i modi del loro deformarsi e della collaborazione dei vari elementi di una struttura iperstatica alla resistenza globale. Tutto si rimette al calcolo; lo studente migliore è quello che meglio sa matematicamente risolvere od impostare un sistema di equazioni. È quanto mai da rimpiangere che le più elevate capacità della nostra mente, quali la intuizione e la diretta comprensione delle leggi fondamentali del mondo statico-costruttivo, quelle stesse capacità cioè che hanno permesso, nel lontano passato, la realizza-

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zione di opere di fronte alle quali i più moderni metodi di indagine teorica debbono inchinarsi in atto di reverente e modesta ammirazione, siano state ban­ dite dalle nostre scuole e sopraffatte dalla astratta ed impersonale formulistica matematica. Non si può poi tacere che, malgrado la comples­ sità e difficoltà degli sviluppi teorico-matematici, i limiti della capacità risol�tiva di questi procedi menti sono ben presto raggiunti. Strutture spaziali, a guscio o a multipli gradi di iperstaticità, di grande efficienza tecnica, economica ed architettonica, escono in breve dalle possibi Iità risolutive della scienza delle costruzioni. Si deve infine considerare che le teorie della scienza delle costruzioni, nella loro parte più ele­ vata, ossia quella diretta alla risoluzione dei sistemi iperstatici, non possono avere. per loro natura, altro carattere che quello di metodi di verifica. In altre parole non possono applicarsi che al controllo numerico di strutture già progettate, non solo come schema, ma anche come rapporti dimen­ sionali dei loro vari elementi resistenti. Ciò vuol dire che la fase fondamentale di una progettazione, quella che ne definisce le caratte­ ristiche e ne determina qualità e difetti essenziali, come l'embrione fissa i caratteri dell'organismo che da esso si svilupperà, non può giovarsi della teoria stessa e deve ricorrere a valutazioni intuitive o a schematizzazioni semplificative. La vera sostanza tecnico-statica della progetta­ zione di un'opera edilizia consiste nella ideazione e proporzionamento approssimativo della sua scrut­ tura resistente; nella valutazione intuitiva di azioni disgregatrici, quali le impedite e disuniformi dilata­ zioni termiche, e i possibili irregolari cedimenti delle fondazioni; nella scelta dei materiali e sistemi co­ struttivi più adatti alle finalità dell'opera e alla lo­ calità, ed infine nella ricerca di un buon rendimento economico. Solamente dopo aver risolto questi problemi es­ senziali, che già definiscono completamente l'opera, in una fase di successiva approssimazione si potranno e dovranno applicare le formule dedotte dagli svi­ luppi teorici della scienza delle costruzioni, per una più esatta determinazione delle sezioni resistenti. Determinazione che potrà anche essere ottenuta attraverso indagini sperimentali su modelli, proce­ dimento che resta l'unico possibile quando la com­ plicazione del problema non permette la soluzione analitica. Quindi, se non è pensabile una progettazione che prescinda dalla prima fase di carattere intui­ tivo, sono perfettamente realizzabili strutture di grande importanza statica, quali ad esempio le aviorimesse riportate a Tav. XXIII, per le quali dalla fase inventiva, basata su calcoli di larghissima approssimazione, sono passato al dimensionamento esecutivo, attraverso la ricerca sperimentale su modello.

Da queste premesse risultano spontaneamente delineati i modi e il carattere di una efficiente pre­ parazione tecnica degli architetti. Agli attuali studi matematici, a carattere prope­ deutico - i cui programmi dovrebbero essere rive­ duti e limitati in vista delle finalità essenzialmente ap­ plicative delle matematiche stesse - dovrebbero ag­ giungersi uno o più corsi propedeutici di statica delle costruzioni di carattere descrittivo ed intuitivo, diretti a far comprendere con parole, modelli, esame critico di elementi strutturali, i modi di compor­ tarsi dei materiali, la loro deformabilità sotto carico, la sostanziale differenza tra sistemi staticamente de­ terminati e sistemi iperstatici, ed infine, attraverso lo studio critico dei monumenti del passato, l'evo­ luzione degli schemi statici fondamentali dall'anti­ chità ad oggi. Da queste basi, costituite, da una parte, dalla conoscenza e padronanza dell'indispensabile mecca­ nismo matematico, e dall'altra da una già buona comprensione qualitativa del comportamento dei materiali e degli schemi statici fondamentali, si po­ trebbe passare, ad esempio al lii corso, allo studio approfondito e quantitativo dei sistemi staticamente determinati. In questa fase riterrei di grande importanza una larga applicazione della statica grafica i cui proce­ dimenti dànno, ben più di quelli analitici, una di­ retta comprensione dei sistemi di forza e dei modi del loro comporsi scomporsi ed equilibrarsi. Solamente dopo aver ben approfondito e capito i sistemi staticamente determinati si potrebbe af­ frontare la « Meccanica dei sistemi elastici» (nome più appropriato di quello di « Scienza delle Costru­ zioni»), comprendente il vasto campo delle strut­ ture iperstatiche. Considero anche di fondamentale importanza, lo studio diretto alla risoluzione intuitiva dei sistemi iperstatici, o alla loro scomposizione in quelli stati­ camente determinati in essi collaboranti - e alla valutazione delle relative compartecipazioni alla re­ sistenza totale - allo scopo di ottenere formule di prima approssimazione da applicarsi nella fase di invenzione strutturale. Ho già cercato di mettere in evidenza che i pro­ cedimenti risolutivi della « Meccanica del sistemi elastici» hanno sempre carattere di verifica e non possono applicarsi che a strutture già definite nel loro schema e nel dimensionamento, sia pure appros­ simativo, delle varie parti, dimensionamento che non può farsi se non con calcolazioni dirette, applicabili solamente a sistemi staticamente determinati Effettivamente in ogni struttura iperstatica si pos­ sono determinare uno o più sistemi semplici ai quali è affidato in gran parte il compito di resister alla tota­ lità delle azioni esterne, oppure è possibil stabilire, in prima approssimazione, e in base a consid r, zloni intuitive, il valore delle incognite lper-statlch

Ad esempio un arco incastrato si può ridurr� ad uno a tre cerniere, qualora la sezione e il pre:)fìlo siano tali da far prevedere una debole effici�nza degli incastri, in caso contrario è sempre possi bile prevedere in via approssimata i punti di passa�gio della curva delle pressioni all'imposta e in chi�ve. Posso dichiarare che tutte le strutture da me progettate sono state dimensionate, in fase di ic::iea­ zione, con metodi di questo tipo, e che ben r�ra­ mente le successive precisazioni teoriche o sp•eri­ mentali, hanno portato a variazioni economicame nte od esteticamente importanti. Lo studio metodico di procedimenti diretti di calcolo orientativo di strutture, anche notevolme nte iperstatiche, è non solo possibile, ma i ndispensalbile per il progresso del costruire. Chiariti i concetti statici e fornito allo stude nte il meccanismo dei calcoli, si potrebbe proced-ere allo studio della tecnica costruttiva e alla progetta­ zione di strutture resistenti. È quanto mai dannoso il metodo, attualmente se­ guito in quasi tutte le facoltà, di avviare gli stude:nti alla progettazione di organismi resistenti senza lJna corrispondente preparazione statica, resa oggi � m­ possibile dalla contemporaneità delle materie co.m­ positive e statico-costruttive. In mancanza di una seria base le strutture r�si­ stenti vengono considerate dallo studente come fatto formale, quasi sempre staticamente illogico se r\on addirittura irrealizzabile, dando inizio al drammat ico contrasto tra desiderio di audacie strutturali ed in ca­ pacità di compierle, in cui si dibatte la quasi tocai ità dei progettisti d'oggi. Non conosco sufficientemente le teorie e la tecn ica realizzativa degli impianti di ili uminazione, riscal

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TAV. XXIII

TAVOLA XXIII Cop ert ura d e l Salone Pri ncipale d i To r i no-Esp o s izi o n i. Ponteggio tubolare «Innocenti» spos tabile per il montaggio della volta. Il ponteggio tubolare è spostabile su ruote. Notare la struttura sopraelevata per il tiro in alto degli elementi e per il loro trasporto, o

mezzo di paranco scorrevo/e, in senso ossia/e. Il montaggio riusci semplice e rapido con un ritmo di 20 elementi al giorno pari a m2 200.

TAV. XXIV

TAVOLA XXIV Copertur a Sa lone p rincipa le di Torino-Esposizioni. Elementi della volta pronti per il montaggio (fìg. 1) - Get to dei nuclei in cemento armato di col legamento degli elementi prefabbricati in ferro-cemento (fìg. 2). In corrispondenza del cavo e de/ colmo dell'ondulazione, gli elementi presentano numerosi

ferri sporgenti per il collegamento statico con le nervature gettate in opera. È evidente la fondamentale importanza di assicurare un eff,ciente collegamento statico tra elementi prefabbricati e nervature gettate in opera. Le più accurate osservazioni durante la costruzione a disarmo e ne/ tempo hanno dimostrato che tale collegamento è perfetto.

Fig. 1.

La volta si è comportata staticamente come un complesso mono/ itico. Le frecce elastiche a collaudo risultarono diverse volte inferiori a quelle calcolate.

Flg. 2.

TAV. XXV

TAVOLA XXV

Copertura del Salone princ ipale di Torino-Esposizioni. Particolare.

TAV. XXVI

TAVOLA XXVI Sa lone princip ale di To rino-Esp o sizioni. Particolari dei pilastroni e raccordo alla volta.

TAV. XXVII

TAVOLA XXVII Salone pri ncipale di Torino-Esposizioni. Vista durante il Salone dell'Automobile.

TAV. XXVIII

TAVOLA XXVIII

Salone principale di Torino-Espo sizioni. Vista della sernicupola. Lo studio stotico dello semicupolo (diametro m 40,00) è stoto (atto can due metodi: uno ap­ prossimato supponendo lo cupola diviso in sezioni perpendicolari all'asse del solone,

e /'altro

più esatto con formule del Dischinger. I risultati sono stati praticamente uguali. Le spinte orizzontali all'imposta della cupola sono assorbite dal solaio perimetrale

e da questo

riportate ad una intelaiatura resistente disposta nelle pareti murarie di separazione tra il grande salone e la semicupola. Il solaio perimetrale

è costituito da travi gettate in opera, tavelloni prefabbricati e soprastante soletta armata nei due sensi (vedi Tav. XXIX).

La cupola è riuscita staticamente perfetta e la sua assoluta integrità è dimostrata dall'assenza di qualsiasi anche minima infiltrazione, pur non essendo protetta da rivestimento impermea­ bilizzante. Creda sia questo uno dei rari esempi di struttura cementizio di notevoli dimensioni intrin­

secamente e spontaneamente impermeabile.

...

TAV. XXIX SOLETT INA DI COMPLETAMENTO GETTATA IN OPERA

TAVOLA XXIX

TAVELLONI

S a l one p rincip ale d i To r i no-Espo sizioni. Semicupola posteriore diametro m 40 - Geometrici degli elementi della semicupola (fìg. 1).

ASSONOMETRIA DI UN TAVELLONE PREF'ABBRICATO

Elementi montati pronti per il getto delle nervature in cemento armato (fìg. 2).

Fig. 1.

Fig. 2.

-

TAV. XXX

TAVOLA XXX

S a lone Cdi Torin o-Espos izioni (1949-50). Elementi prefabbricati della volta pronti per il getto delle nervature (fìg. 1). Vista del Salone ultimato (fìg. 2). Fig. 1.

Fig. 2.

TAV. XXXI

TAVOLA XXXI S a lo n e Cdi Tori no-Esp o sizioni (1949). Vista di insieme d e l Salone (fìg. 1). Particolare del solaio in travi ondula t e in ferro-cemento pr efabbricate (fìg. 2).

Fig. 1.

Flg. 2.

TAV. XXXII Jll/ONI ·A-A·

TAVOLA XXXII R o t o nd a p e r r i st o r ant e dello stab ili m e n t o balne a r e Kursa a l. Lido di Roma (1950). Progetto architettonico Arch. Attilio La Padula. La copertura è costituita da elementi prefabbricati - Vista dall'alto della copertura durante il montaggio degli elementi.

TAV. XXXIII

TAVOLA XXXIII Stabil im ento balnear e Kur saal. Lido di Roma. Vista interna del ristorante - Particolare della copertura perimetrale.

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TAV. XXXIV

TAVOLA XXXIV Magazzini per sale dell'Amministrazione Mo nopoli di Stato (Tortona, 1950-51 ). Il progetto è stato scelto o seguito di appalto-concorso. Il sistema costruttivo è in tutto analogo a quello della semicupola e del salone C di Torino-Esposizioni. La volto non ho manto impermeabilizzante. La sua tenuta è buona. La costruzione è stata fatta con ponteggio tubo/ore spostabile.

TAV. XXXV

TAVOLA XXXV Copertura a p ianta e l l i t tica del Sa l one del l e fest e dell e «Nuove Terme di Chian ciano». Progettisti delle« Nuove Terme» Arch.tti Mario Loreti e Mario Marchi. Progettista della copertura lng. P. L. Nervi. La forma ellittica della copertura apportò una notevole complicazione nella prefabbricazione degli elementi in quanto rese obbligatoria fa preparazione di forme corrispondenti alla metà del'intera cupola. Nelle cupole di rotazione è invece sufficiente la preparazione delle forme corrispondenti ad un settore. La convenienza economico della prefabbricazione risulta in questo casa molto dubbia. Restano i vantaggi del risparmio di tempo in quanto fa preparazione degli elementi può andare di pari passo con fa costruzione delle fondazioni e del/e strutture portanti fino a/l'imposta della cupola, e della perfezione delle superfici che non richiedono ulteriori

e delicati intonachi.

TAV. XXXVI

TAVOLA XXXVI Lan ificio Gatti (Roma 1951) Salone tessitura - Luce m 32,00. La struttura principale è in c. a. precompresso. Le converse sono pre­ fabbricate .



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CAPITOLO SESTO

LE RICERCHE STATICHE SPERIMENTALI SUI MODELLI

È di chiara evidenza che l'ingegneria teorica ha per unica finalità la determinazione, in fase di pro­ getto, delle sollecitazioni interne nelle varie parti di una struttura per poter definire il proporziona­ mento delle sezioni resistenti secondo sicurezza ed economia.

Purtroppo, malgrado l'acutezza dei procedimenti di calcolo della attuale scienza delle costruzioni e di quella presumibile del prossimo futuro, la sua ca­ pacità di risoluzione di sistemi statici complessi, particolarmente nel campo delle strutture spaziali, è limitata rispetto alle possibilità creative e costrut­ tive offerte dalla fantasia dei progettisti e dalla fe­ condità dei metodi costruttivi a nostra disposizione. Acciaio, leghe leggere, cemento armato, ferro­ cemento, sistemi costruttivi, a base di prefabbrica­ zioni o di precompressioni, rendono possibile ed economica la realizzazione di strutture quali i nostri predecessori non avrebbero nemmeno potuto imma­ ginare e nelle quali sono racchiuse le più belle pro­ messe architettoniche del pressimo domani. È tuttavia evidente che di fronte alla incapacità delle indagini teoriche ad affrontare la massima parte di questi pensabili sistemi, ci si troverebbe nella impossibilità di realizzarli, se negli ultimi de­ cenni non si fossero perfezionati attrezzature e me­ todi di ricerca sperimentale la cui potenza di inda­ gine è praticamente illimitata. È noto che la distribuzione delle sollecitazioni interne in una struttura dipende esclusivamente dal tipo della struttura stessa e dal modi con cui le forze agiscono su di essa, non dalla scala metrica dei sistemi agente e resistente. In conseguenza un modello, ossia la ripetizione in scala di una struttura, sollecitato da un sistema di forza in appropriata similitudine meccanica, verrà

a trovarsi in uno stato di equilibrio interno del tutto analogo a quello della vera struttura. Basterà allora disporre di apparecchiature adatte e leggere e misurare gli stati di sollecitazione nelle varie parti del modello, per conoscere direttamente (a parte il rapporto di scala) lo stato di equilibrio interno della struttura reale. Invece di prevedere per via teorica, attraverso inevitabili approssimazioni e semplificazioni, le solle­ citazioni di un complesso resistente, non avremo che determinarle con semplici operazioni di misura diretta. Qualcosa di analogo alla lettura, su una bilancia, del peso di un oggetto, in luogo di una sua valuta­ zione numerica basata sul volume e sul peso spe­ cifico. La superiorità del metodo sperimentale per la ricerca dell'effettivo funzionamento statico di un si­ stema resistente su qualsiasi pensabile procedimento teorico, è di una evidenza che non richiede ulte­ riori chiarimenti. L'unico inconveniente pratico sta nel fatto che la preparazione di un modello, la sua messa in carico e le letture delle sollecitazioni sono operazioni lunghe e costose, cosicchè, quando ciò sia possibile, è certamente più pratico e conveniente ricorrere alla valutazione teorica. La ricerca su modello rimane limitata alle costru­ zioni di particolare importanza tecnica ed architet­ tonica ed è risolutiva per tutti quei problemi che sfuggono alla capacità di calcolo dell'attuale scienza delle costruzioni. I metodi di indagine sperimentali si possono di­ videre in due categorie: gli estensimetrici e i foto­ elastici. Gli estensimetrici si basano sulla lettura diretta

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ottenuta con delicati strumenti (estensimetri) mec­ canici o elettrici, delle deformazioni di allungamento o contrazione della sezione resistente della quale si vuole conoscere lo stato di sollecitazione. Essendosi previamente determinato il modulo elastico del materiale con cui è costruito il modello, il passaggio dalle deformazioni alle sollecitazioni, e quindi alla risultante delle forze su essa agenti, è di immediata ed elementare facilità ed esattezza. I metodi fotoelastici si basano sulla anisotropia birifrangente occasionale che si produce nell'interno di un corpo isotropo trasparente per effetto di stati d i sollecitazione. Se il corpo in stato di anisotropia viene attra­ versato da un raggio di luce polarizzata, si ha una deviazione nel piano di polarizzazione, deviazione che può essere messa in evidenza con un secondo diaframma trasparente polarizzante, disposto in modo da occludere il passaggio dei raggi non deviati e lasciare passare i deviati, in proporzione alla devia­ zione ricevuta. Provocando, mediante forze esterne, uno stato di sollecitazione in un corpo trasparente sottoposto a ricerca fotoelastica, si raccolgono su uno schermo, e si possono fissare in fotografia, alternanze di linee luminose e oscure la cui maggiore o minore sotti­ gliezza e vicinanza è funzione della intensità e varia­ zione locale delle sollecitazioni subite. Non ritengo necessario (e sarebbe ben difficile) entrare nei dettagli del meraviglioso fenomeno; basti solo accennarlo in grandi linee e mettere in evidenza la bellezza e poesia di questo tramutarsi degli stati di sollecitazione in giuochi luminosi attraverso i quali possiamo vedere il propagarsi delle azioni esterne nell'interno di un solido. La fotoelasticità si limita, almeno nelle attuali applicazioni, allo studio dei sistemi piani dei quali vengono eseguiti piccoli modelli intagliati in lastre di celluloide, bachelite o altri materiali trasparenti. In questi ultimi anni attraverso ingegnosi procedi­ menti, tuttora in fase di studio e di perfezionamento, si è tentato di estendere l'indagine fotoelastica a solidi a tre dimensioni. Malgrado la bellezza del sistema, la fotoelasticità è più efficiente per lo studio di azioni locali in solidi di limitate dimensioni (ganci di gru, anelli di catene, parti di macchine in genere) che non per strutture portanti edilizie, anche, e soprattutto, per il fatto che per le strutture spaziali, quelle che più hanno bisogno della indagine sperimentale, il sistema si di­ mostra troppo complicato e di difficile applicazione. Uno degli aspetti più utili della fotoelasticità è quello di farci valutare, con visioni dirette, quanto mai espressive, quali concentramenti locali di solle­ citazioni si vengano a determinare nei bruschi cam­ biamenti di sezione, negli angoli e in genere in tutti i punti singolari di una struttura. Queste constatazioni hanno un grande valore da un punto di vista più generale e di comprensione

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del comportamento statico dei materiali e mettono in evidenza la non naturalezza di quelle singolarità di forme che quasi sempre sono, contemporanea­ mente, discordanze estetiche e architettoniche. Ancora una volta forma e statica sono in per­ fetto accordo anche alla più profonda e meno appa­ riscente radice dei fenomeni statici.

• •• Credo che una delle prime e pru importanti ap­ plicazioni della indagine sperimentale per una strut­ tura di notevoli dimensioni e complessità, sia stata quella fatta nel 1935 presso i I Laboratorio Prove e Modelli del Politecnico di Milano per lo studio delle aviorimesse a struttura geodetica di cui alla tav. VII, indagine ripetuta nel 1939 per la nuova versione della stessa aviorimessa di cui alla tav. XVIII. Le tavv. XXXVII, XXXIX riproducono diverse fasi, e particolari delle ricerche eseguite su modello del primo tipo di aviorimessa, ricerche che si sono ripetute, con lo stesso metodo, per la seconda. I carichi applicati ai nodi, ed equivalenti in op­ portuna scala ai pesi propri e sovraccarichi, erano costituiti da pesi. Gli estensimetri, chiaramente visibili, venivano applicati nella parte superiore e nella inferiore delle aste nelle quali si volevano determinare la compo­ nente normale e il momento flettente, facendo le letture a struttura scarica, a carico avvenuto, e, per controllo, dopo scarico. La ricerca sperimentale offre quasi sempre la pos­ sibilità di controlli diretti che eliminano i dubbi di gravi errori; inoltre permette di ripetere quante volte si voglia la determinazione delle sollecitazioni che possano sembrare dubbie. L'indagine condotta su un materiale che, come la celluloide, può considerarsi, entro certi limiti di sollecitazione, praticamente elastica non può, pur­ troppo, dare indicazioni degli adattamenti plastici e viscosi dei conglomerati, nè sulle conseguenze di questi adattamenti suI funzionamento statico dell'in­ sieme della struttura. Da questo punto di vista si ripete la stessa insa­ nabile discordanza che esiste tra le teorie della at­ tuale scienza delle costruzioni e la realtà, più o meno anelastica, dei materiali edilizi. Si potrebbero tentare modelli costruiti in mate­ riali di comportamento elastico simile a quello dei conglomerati, però, anche in questo caso, restereb­ bero sempre notevoli differenze, sia per l'impossi­ bilità di studiare gli adattamenti viscosi che agiscono a lunga distanza di tempo (evidentemente non sembra possibile tenere un modello sotto carico e sotto studio per mesi e anni), sia per la variabilità del grado di adattamento dei materiali cementizi, sia infine per la difficoltà di passare dalle deformazioni alle solle­ citazioni quando non è più valida la legge di Hooke.

La tav. XXXIX rappresenta un modello di co­ pertura a volta sottile, studjata per l'Università di Tucuman, e verificata sperimentalmente dal Prof. Oberti del Politecnico di Milano. Il modello è un guscio di ferro-cemento (anche la costruzione è prevista in ferro-cemento) dello spes­ sore di circa 5 mm. Le ricerche su modelli hanno avuto, hanno e più avranno nel futuro una eccezionale importanza per lo studio delle grandiose dighe degli impianti idro­ elettrici. A parte le applicazioni pratiche, la ricerca speri-

mentale ha una importanza didattica e scientifica che non sarà mai sufficientemente valutata. Nessuna dimostrazione teorica può infatti chia­ rire il funzionamento statico di una struttura, quanto il seguire i risultati di una ricerca sperimentale, e d'altra parte nessun procedimento può essere altret­ tanto efficace per controllare l'esattezza delle nostre deduzioni teoriche. È quindi quanto mai augurabile che Università, studiosi e costruttori apprezzino nel suo giusto va­ lore tutta l'importanza della ricerca sperimentale su modelli che potrà darci maggiori chiarimenti di concetti didattici, controllo e indirizzo di ricerche teoriche, esatta soluzione di problemi concreti.

107

TAV. XXXVII

TAVOLA XXXVII Rice rca sp erime n tale delle s ollecitazio ni su m o dello in cellu l oide delle Aviorim esse della tav. VII. Lab oratorio Politecnico di Milan o. Sperimentat ore: Pr of. lng. Guido Oberti.

TAV. XXXVIII

TAVOLA XXXVIII Esempi d i i ndag i n e fo t o elastica (da Photoelasticity di Max M. Frocht). Notare /"armonia e la continuità del modo di diffondersi delle sollecitazioni esterne ne/l'interno

dei solidi e il loro concentramento nelle zone singolari (figg. 1 e 2).

At trezzatura per la r icerca delle so lleci taz i o n i nel l a st rut­ tura o ndulata in ferro-cem e nt o di c op ertura del Padigl i o ne em icicl ic o della Fiera di Mila no (1947) (fìg. 3).

Fig. 1.

Fig. 2.

Laboratorio Politecnico di Milano. Sperimentatore: Prof. lng. Guido Obert i.

Fig. 3.

TAV. XXXIX

TAVOLA XXXIX M o de ll o in cellulo i de delle Avi orimesse della tav. XVIII per la rice r ca sperimen t ale delle solleci tazi o ni (1940) (fìg. 1). Laboratorio del Politecnico di Milano. Sperimentatore: Prof. lng. Guido Oberti. M od ell o di copertura in ferro-ce me n t o studiata dalla Un iversità d i Tucuma n (fìg. 2). Lab oratorio Politecnico di Milano. Sperimentatore: Pr of. lng. Guido Oberti.

Fig. 1.

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Fig. 2.

CAPITOLO SETTIMO

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C ARATTERISTICHE ARCHITETTON ICH E E POSSIBIL ITA DELLE STRUTTURE CE MENTIZIE ARMATE L'adattabilità a qualsiasi forma, e la capacità di resistere alle tre sollecitazioni prineipali, fanno del cemento armato il materiale più rivoluzionario di tutta la storia del costruire. L'essenza di questa rivoluzione sta nella possi­ bilità di realizzare strutture perfettamente aderenti alle necessità statiche e tali da diventare la visibile materializzazione dei giuochi di forza in atto all'in­ terno di esse. Gli effetti di questa caratteristica delle strutture cementizie armate vanno molto più in là del sem­ plice fatto tecnico e certamente hanno molto contri­ buito al rinnovamento architettonico attualmente in pieno sviluppo. È infatti a questa possibilità di realizzare orga­ nismi strutturali aderenti alle leggi statiche e che, proprio in questa aderenza trovano eloquenza ed espressività formale, che dobbiamo in buona parte il ritorno verso una verità architettonica che era andata via via perdendosi sotto la troppo rigogliosa fioritura decorativa dell'architettura passata. I più semplici elementi statici acquistano, con il cemento armato, un interesse architettonico altret­ tanto nuovo quanto espressivo. Le travi perdono la rigidezza prismatica del legno e dei profilati metallici, e po1sono plasticamente aderire alla variazione delle sollecitazioni interne; i sostegni verticali, resi solidali con le strutture oriz­ zontali, abbandonano la uniformità di sezione delle colonne o pilastri murari; i sistemi resistenti spa­ ziali, quali le cupole o le volte, acquistano una li­ bertà di profilo ignota alle strutture murarie, co­ strette a quelle forme che rendono possibile l'equi­ librio interno attraverso le sole sollccitazlon I di compressione.

Si può tuttavia osservare che per quanto da oltre cento anni il cemento armato sia entrato nell'edi­ lizia, e malgrado la sua grande diffusione degli ultimi decenni, ben poche di queste qualità e possibilità sono state fino ad oggi pienamente sfruttate. A parte l'invincibile inerzia della nostra mente ad adottare con animo libero il nuovo, la causa prin­ cipale di questo ritardo al pieno sfruttamento delle ineguagliabili possibilità del cemento armato è dovuta, in notevole misura, ad un banale fatto tecnico: quello della preparazione delle casseforme in legname. La cassaforma in legname costituisce un passaggio obbligato attraverso forme proprie del legno, che li­ mita la completa libertà della struttura cementizia. Al vincolo costruttivo si aggiunge poi quello economico (le casseforme, anche le più semplici, gravano per quasi un terzo del costo totale), dato dal loro progressivo aumento di prezzo in relazione alla complicazione delle superfici o alla loro curvatura, cosicchè molti elementi strutturali - travi, pila­ stri, solette - non escono dalla banalità delle forme prismatiche, o delle superfici piane, per un fatto costruttivo, di carattere provvisorio, e del quale, ad opera finita, non resta traccia. Il pieno sviluppo dell'architettura del cemento armato è quindi subordinato non solo ad un indi­ rizzo mentale dei progettisti, ancora poco diffuso, diretto a considerare la struttura cementizia come la materializzazione del sistema statico più conve­ niente, ma anche dalla messa a punto di procedi­ menti esecutivi che, eliminando la rigidità delle cas­ seforme in legname, permettano l'economica pre­ parazione di strutture curve, sagomate o profilate, come richiesto dalla continuità di variazione dei f1 ussi di forze.

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È interessante osservare che due ordini di neces­ sità fisiche tanto diverse e distanti tra loro quanto la resistenza dell'aria, nell'aeronautica, e la stretta aderenza alle leggi statiche, nelle strutture resistenti, ci portino a forme aventi in comune una continua e plastica variabilità di sezioni e curvature.

• •• Dal punto di vista statico-architettonico le P(ù _ promettenti prospettive delle str�ttur� cement1z'.e sono offerte dai sistemi a superficie res1stent1, ossia da quei sistemi nei quali la capacità statica è di�etta . conseguenza di curvature o corrugamenti dati ad una superficie, il cui spessore resta sempre molto piccolo rispetto alle dimensioni �el comple��o. L'efficienza di tali strutture e frutto p1u della forma e di una diffusa attitudine resistente, che non di concentramenti di azioni agenti e di sezioni resi­ stenti lungo singoli elementi, come si ha nei �iù usuali sistemi a nervature principali e secondarie. La loro piena verità statica appare chiaramente quando si consideri che le azio�i a�en_ ti (pesi, sovrac� carichi) sono quasi sempre d1stribu1te su superfi:1 lungo le quali possono, nel più effici��te dei modi, diffondersi fino ad incontrare ed equilibrare le rea­ zioni di appoggio. . . . È certamente difficile dare una defin1Z1one d1 questi particolari sistemi, che suggerirei di chiamar� resistenti per (orma, per quanto natura e manufatti di uso comune ce ne offrano, quotidianamente, nu­ merose applicazioni. . . Calici di fiori, foglie lanceolate, canne, gusci d1 uova e di insetti, conchiglie, ventagli, paralumi, car­ rozzerie di automobili, vasi di vetro e perfino og­ getti di vestiario, quali cappelli femminili, sono al­ _ trettanti esempi di resistenza per forma, ed e certa­ mente molto importante che un nuovo mezzo co­ struttivo ci permetta, per la prima volta, di estendere queste strutture a grandi e grandissi_me dimensi�ni. Tra i tentativi fatti nel passato in questa dire­ zione (cupole e volte mu�arie} e ciò c�e si potr� realizzare nel futuro, vi e una tale differenza d1 ordine di grandezza, da potersi giustamente consi­ derare il campo delle strutture resistenti per (orma come del tutto nuovo. È lecito prevedere che proprio nell'aver iniziato queste strutture, così strettamente legate alle_ qua­ lità statiche e tecniche del cemento armato, gli stu­ diosi del futuro sintetizzeranno l'elemento architet­ tonico più caratteristico della nostra epoca. Non bisogna tuttavia nascondersi eh� la �ealiz­ zazione pratica di grandi strutture res1stent1 per (orma incontra notevoli difficoltà di carattere pro­ gettistico, che è bene mettere in evidenza. _ _ ., Tali strutture non sono mai piane e le p1u effi­ cienti, staticamente ed architettonicamente, corri­ spondono a superfici a doppia curvatura o corrugate,

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raramente esprimibili con equazioni semplici atte ad essere introdotte nel meccanismo matematico delle equazioni differenziali e delle integrazioni risolutive, cosicchè la trattazione teorica dei sistemi di forze che si stabiliscono nel loro interno o, in altre parole, la loro risoluzione, è il più delle volte impossibile o troppo laboriosa per le necessità della pratica pro­ fessionale. Tuttavia queste difficoltà di ordine teorico non sono, a mio modo di vedere, le più gravi ed insu­ perabili. Infatti, a parte i progressi che in questo campo potrà fare la scienza delle costruzioni, è sempre pos­ sibile ricorrere ad indagini sperimentali che permet­ tono di risolvere, nel modo migliore, qualsiasi, per quanto complicato, sistema resistente. La vera difficoltà da superare è data dalla gene­ rale deficienza di intuizione statica ed architettonica corrispondente a questi particolari sistemi, e nella difficoltà del formarla. I numerosi esempi che ci circondano sono troppo piccoli (foglie, calici di fiori, gusci di insetti} e quindi non interessano il peso del nostro corpo o la forza dei nostri muscoli, oppure, come gli oggetti di arre­ damento o decorativi, sono al di fuori di possibili esperienze statiche dirette. Le carrozzerie di automobili, le fusoliere e le ali dei grandi velivoli, gli scafi delle navi in fer�o, eloquenti esempi di resistenza per forma, polariz­ zano la nostra attenzione esclusivamente dal punto di vista meccanico, cosicchè anche queste notevoli esperienze restano, in campo costruttivo-architet­ tonico, quasi del tutto sterili. Ne consegue che la resistenza per forma p�� essendo la più efficiente tra tutte, e una delle p1u diffuse in natura, non è entrata in quel complesso di inconsapevoli intuizioni statiche dal quale deri­ vano gli schemi e le realizzazioni strutturali. In altre parole non siamo ancora abituati a pen­ sare staticamente per forma. Per sviluppare questo genere di sensibilità statica sarebbe molto utile che l'argomento venisse trattato nelle Facoltà di architettura, mediante l'esame critico di strutture e soprattutto con modelli. Sarebbe poi quanto mai augurabile la creazione di un apposito istituto a carattere nazionale dove potessero raccogliersi e svilupparsi gli scudi teorici e i dati costruttivi relativi a tali strutture. Le realizzazioni cementizie già compiute in questo campo ossia le strutture a volta sottile a f�rm_a semplice, quali le volte a botte o le volte cono1dali, dànno una eloquente dimostrazione della efficienza statica di questi sistemi e delle loro possibilità; pos­ sibilità che potranno ampiiarsi in impensabile misura passando a forme più complesse quali s_upe�fici to: roidali e di traslazione o dalla combinazione d1 queste con corrugamenti atti ad eli':'1inare �li sver� _ _ _ golamenti locali, principale causa d1 instab1lita dei sistemi a resistenza superficiale. 0

• •• Dal punto di vista costruttivo posso dire che da oltre 10 anni tutti i miei sforzi, come progettista e co­ struttore, sono stati diretti a superare gli ostacoli eco­ nomici e i vincoli formali delle casseforme in legname. I precedenti capitoli sulla prefabbricazione e sul ferro-cemento credo abbiano sufficientemente illu­ strato i risultati che ho potuto ottenere ed indicato alcune vie sulle quali è possibile ottenere ulteriori soddisfacenti progressi. Ritengo di qualche interesse, prima di chiudere queste considerazioni, riferì re i risultati ottenuti con un sistema di casseforme in ferro-cemento, disposte su ponteggi spostabili, sistema che è risultato econo­ micamente conveniente per solai di una certa dimen­ sione e con sostegni uniformemente distanziati. Il fatto di comporre casseforme con elementi di ferro-cemento, a loro volta eseguibili in serie su forma di gesso, restituisce alle nervature e alle travi una compi eta libertà formale, sia come tracciato che come profilatura. Si aggiunga che la perfezione superficiale delle forme in ferro-cemento, conseguenza del loro modo di preparazione, dà alla superficie in vista del solaio una regolarità che non richiede ulteriori rifiniture ad intonaco, ed anzi è ben superiore a quella che un buon intonaco potrebbe dare. Le tavv. XL, XLI illustrano chiaramente il proce­ dimento quale è stato applicato per la costruzione del grande magazzino« Tabacchi greggi» della nuova Manifattura Tabacchi di Bologna. Per assicurare una continuità di lavoro è neces­ sario preparare una quantità di casseforme che per­ metta di istituire un regolare ritmo delle successive lavorazioni, e cioè armatura in ferro, getto, matu­ razione, disarmo e spostamento delle forme nella nuova posizione. Nel caso specifico sono state preparate casse­ forme corrispondenti a sei campate di solaio, il che ha permesso con una stagionatura di quattro giorni (consentita dall'impiego di cemento ad alta resi­ stenza) di proseguire regolarmente con la produzione di una campata completa di m 8,20 x 26 ogni 24 ore. Agli altri vantaggi si viene ad aggiungere quello di una regolarità e metodicità di esecuzione di ot­ timo rendimento economico e che non è facile poter ottenere nell'edilizia. L'avere messo a punto tale procedimento costrut­ tivo mi ha poi permesso di rendere realizzabile una proposta dell'lng. Aldo Arcangeli addetto all'ufficio tecnico della Soc. lngg. Nervi e Bartoli, quella cioè di disporre le nervature di un solaio secondo le iso­ statiche dei momenti prineipali esistenti nell'interno di un sistema sollecitato da forze. Tali linee sono qualcosa di assoluto, dipendente esclusivamente dal giuoco di forze in atto. Il meraviglioso è che così facendo, e limitando il nostro compito a quello di modesti Interpreti di

realtà fisiche, veniamo a scoprire armonie di forme, imprevedute e quanto mai espressive. Le nervature di un solaio disposte lungo le iso­ statiche dei momenti acquistano un andamento cur­ vilineo di grande efficacia; più espressive ancora sono quelle di un solaio di tipo a fungo, ossia por­ tato da pilastri disposti ad interassi uguali (vedi ta­ vole XLIV, XLV). La realizzazione di solai di questo tipo per il lanificio Gatti in Roma ha confermato in modo completo l'esattezza delle previsioni teoriche e l'ef­ ficienza del procedimento. Con elementi prefabbricati in ferro-cemento si potrebbe poi agevolmente passare a strutture resi­ stenti per forma con nervature disposte lungo le iso­ statiche delle tensioni principali; si aprono campi di illimitate possibilità statiche ed architettoniche. Non bisogna tuttavia dimenticare che alla base di questi così promettenti sviluppi sta il fatto ese­ cutivo di aver indirizzato il cemento armato verso una progressiva liberazione dai vincoli formali delle casseforme in legname. Fino a che questi vincoli non saranno eliminati l'architettura del cemento armato sarà sempre osta­ colata dalla necessità di essere anche, sia pure per un solo momento, un'architettura di tavole.

• ••

Come definire e delimitare le possibilità tecniche di un materiale che in soli cinquant'anni si è esteso ai più svariati campi costruttivi? Come inquadrarne le possibilità statiche quando, pur essendo ancora ben lontani da una sua completa conoscenza, saremmo già in grado di realizzare ponti di diverse centinaia di metri di luce (è di qualche anno or sono un progetto di arco di 1000 m dell'lng. Freys­ sinet) coperture a volta o a cupola di oltre trecento metri, ossature resistenti di altissimi fabbricati, dighe con battente d'acqua di centinaia di metri, e infine la più ricca varietà di strutture portanti? Quando conosceremo meglio l'effettivo compor­ tamento dei conglomerati sotto carico e nel tempo, quando avremo reso di corrente applicazione le mo­ dalità di confezionamento che hanno permesso, in laboratorio o in particolari condizioni, di raggiun­ gere e superare resistenze di 1000 kg a cm2, quando infine avremo definito i modi dell'adattamento delle strutture complesse, quelli che oggi ci sembrano impressionanti limiti, verranno largamente superati. Penso tuttavia che nessuna realizzazione possa darci la misura della fecondità delle strutture ce­ mentizie armate quanto la costruzione di ali in cemento precompresso studiate dall'lng. Freyssinet e realizzate dalla Società Breguet, e di cui recente­ mente ha dato notizia la Rivista « Technique et Science Aéronautiques » (ottobre 1953). Una vera e propria pietra volante; che altro ci si può attendere da questo meraviglioso materiale?

117

TAV. XL

TAVOLA XL

Nuova Man ifat t u r a Taba c chi di Bologna. Fasi successive di abbassamento, spostamento e rialzamento di una campata di casseforme in ferro-cemento. Il potente stimolo allo ricerca di più economici sistemi costruttivi di solai doto da un impor­ tante appalto-concorso bandito dallo Amm.ne dei Monopoli di Stato nel 1949 per il fabbricato magazzino della « Nuova Manifattura Tabacchi di Bologna» mi portò allo studio di un pro­ cedimento esecutivo. ricco di risultati sia dal punto di vista economico che da quello tecnico. Il procedimento si basa sulla sostituzione delle usuali casseforme in legname, con casseri in ferra-cemento disposti su ponteggi tubolari spostabili sia in senso verticale, mediante martinetti idraulici, sia orizzonta/mente su carrelli. Il risultato tecnicamente più importante è data dalla libertà di formo e di sagomatura delle nervature che ne consegue. casseri in ferro-cemento sono a loro volta costruiti su forme in gesso e il loro disegno è completamente Iibero. Il sistema è economico per superfici sufficientemente estese ed ,n ogni coso superiori ai 100 m•. Con una opportuna disposizione di casseri l'esecuzione acquista i caratteri di uniformità e continuità delle lavorazioni in serie.

Lo faccia vista dei solai risulta perfetta a disarmo e non occorrono intonachi di rifinitura (vedi Tav. XLI e XLII).

TAV. XL I

TAVOLA XLI

Nuova Manifattur a Tabac c hi d i Bol o gna. Casseforme in ferro-cemento su ponteggi spostabili per la costruzione dei solai del Magazzino Tabacchi greggi (fìg. 1). Particolare dei solai eseguiti su casseforme in ferro-cemento (fìg. 2). Not:ire lo libertà di forma delle nervature

e

la perfezione delle superfici solamente tinteggiate.

Fig. 1.

Fig. 2.

TAV. XLII

TAVOLA XLII Nuova Manifattura Tabacchi di Bologna (1949). Vista dei solai ultimati.

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TAVOLA XLIII. Studi di solai a nervature isostatiche.

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TAV. XLIV

TAVOLA XLIV Solaio a fungo a nervat ure isostatiche per il La nific io Gatti in Ro ma (1951). Il solaio è eseguito su cas seforme spostabili in ferro-cemento.

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TAV. XLV

TAVOLA XLV

Lanificio Gatti (Roma). Vista del solaio a nervature isostatiche.

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TAV. XLVI

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TAVOLA XLVI Progetto di padiglione per la E.U. 42.





Tipico esempio di strutturo sottile resistente per forma che potrebbe bene sfruttare le carat­ teristiche meccaniche del ferro-cemento. Potrebbe anche facilmente costruirsi con elementi prefabbricati con nervature in vista e soprastante soletta collaborante. Una nuova ricchezza di forme e di soluzioni costruttive si offre all'architettura di domani.



TAV. XLVII

TAVOLA XLVII

Studio di g ran de Pa diglione per l avo razioni meccaniche (1949). Copertura a volte sottili conoidali. Pro get t o per l a cope rtura dell'Augusteo e sist em azione dell'Ara Pa cis (1951).

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TAV. XLVIII

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TAVOLA XLVIII Studio per una copertura in ferro-cemento di m 300 di luce (1942). Il pror,lo della piazza di S. Pietro a Roma, completamente contenuta sotto un'unica volta, dà l'immediata impressione de/le possibilità costruttive de/le strutture cementizie armate. Nè si deve credere che il costo di realizzazioni del tipo salirebbe a cifre proibitive.

L'esecuzione rientrerebbe nei limiti della attuale tecnica edilizia.

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Stu dio di un a corre alt a 300 m per il « Monumento dell a Bandier a», d a c ostruirsi s u Monte Mario a Rom a (1932). Allo studio architettonico aveva coll aborato l'Arch. Rubens Magnani. Mi sia permesso esprimere il sempre vivo rammarico per l'incomprensione constatata, nelle autorità del tempo, verso un'opera di così alto significato morale e di non comune interesse tecnico. Il fusto della torre era previsto in conci di marmo bianco di Carrara; l'asta porta-bandiera in acciaio inossidabile con ripiani accessibili; il basamento in cemento armato. L'azione di una massa pesante disposta nel sottosuolo e liberamente appesa attraverso tiranti in cemento armato all'asta in acciaio inossidabile, avrebbe assicurato l'assenza di tensione in qualsiasi sezione del fusto anche sotto l'azione dei venti più violenti e la stabilità dell'asta stessa. Il sistema restava libero di dilatarsi per effetto termico mentre la invariabilità dell'azione verticale evitava il pericolo di imprecisabili sollecitazioni secondarie e definiva esattamente il regime statico del complesso. Una grande bandiera, lunga una cinquantina di metri, avrebbe dovuto sventolare in permanenza all'estremità del pennone. Il costo dell'opera, accuratamente valutato, era relativamente basso e il prevedibile introito turistica avrebbe assicurato un discreto reddito.

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TAVOLA L Pro getto per il Padi glione della Civiltà It aliana per la E.U. 42, eseguito in collaborazione con P. M. Bardi.

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Proge tto per il P adiglione della Civiltà Italiana (1940). Diametro dell a volta m 252.

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TAVOLA LII

Progetto di «Palazzo dell'acqua e della luce» per la E.U. 42. Le sole si sviluppano nello struttura od elica che termino con una vasta terrazza panoramico. Lo colonna e le superfici laterali dell'elica sono previste in vetro luminescente.

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� TAVOLA LIII Progetto per il« Palazzo dell'acqua e della luce» (1940). Pianta e sezioni.

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Sezione longitudinale lungo le 5àle di e5po5ìzione

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TAVOLA LIV

Progetto di silo s per soda per la Soc. Solvay (Rosignano, 1938). La forma dei silos era studiata per ridurre lo spinta del materiale insilato. Le nervature visibili o/l'esterno hanno lo scopo di irrigidire la struttura in previsione delle possibili dissimetrie del materiale insilato.

TAV. LV

TABELLA LV

P r ogetto di gr a nde Stadio studiato in collaborazione con il Prof. lng. Cesare Valle per Roma nel 1932. Il progetto del 1932 prevedeva una capacità di 100.000 posti a sedere e 20.000 in piedi. I po;ci coperti sotto la seconda gradinata erano 30.000. Il progetto era stato presentato unitamente ad una offerta concreta ed impegnativa della

Soc. lngg. Nervi e Bartali per un importo complessivo di l. 23.500.000 per l'opera completa compresi spogliatoi, servizi, finiture, escluso solo il campo di giuoco.

Fra tanti giudizi che si possono esprimere su questo progetto, quello della sua intrinseca economia è certamente il più valido, se pure meno comunemente venga messo in evidenza.

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Nel 1946 il progetto è stato ripreso aumentandone la capacità a 150.000 posti per il costruendo stadio di Rio de Janeiro.

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TAVOLA LVI Progetto di palazzina girevole (1934).

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TAVOLA LVII Progetto di palazzina girevole. Piante.

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TAVOLA LVIII Progetto di aviorimessa per l'A e rop o rto di Buenos Aires (1949). Luce libera dei porconi m 180.

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TAVOLA LIX Progetto di aviorimess a pe r l'Ae roporto di Buenos Aires. Sezione trasversale.

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Notare negli elementi di parete /e zone in vetro cemento per l'illuminazione interna.

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TAVOLA LXI

St u dio di co p ertur a a shed a ca mera d'aria (1950). Struttura ad elementi ondulati prefabbricati e precompressi.

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