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Italian English Pages [257] Year 2018
COSE E CASE arredo umano THINGS & HOUSES human furnishings
ringraziamenti thanks to a cura di curated by Franco Rotella
Giuseppe Gaeta Direttore / Director Accademia Belle Arti di Napoli
progetto e impaginazione project an layaout Tina Esposito
Erminia Mitrano Vice Direttrice / Vice Director Accademia Belle Arti di Napoli
illustrazione di copertina cover illustration Franco Rotella
Lorenza di Fiore docente di teoria della percezione e psicologia della forma teacher of perception’s theory and psychology of form
traduzioni translations Adriana Bevilacqua finito di stampare...........da printed.........by .......................
Salvatore Ferrari direttore di Ferrari Arredamenti, Napoli, per le foto presenti in “Driade, Ferrari, manuale di arredamento” – Driade edizioni, Milano, proposte con illustrazioni a mano con l’uso dei pastelli a circoletto. Ferrari Arredamenti director, Naples, for current photos in “Driade Ferrari, handbook furniture” - Driade edition, Milan, proposed with hand illustrations with the use of the circle crayons.
COSE E CASE indice arredo umano index THINGS & HOUSES human furnishings
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Domenico Natale prefazione preface
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Lorenza Di Fiore La luce, il colore, la visione The light, the colour, the vision
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Alessandra Paudice Luce. Colore. Gnac. Light. Colour. Gnac.
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Francesco De Falco LUCI, OMBRE, EMOZIONI… Quando l’Architettura incontra la Clinica THINGS AND HOUSES LIGHTS, SHADES, EMOTIONS… When the architecture meets the Clinic
Giuseppe Gaeta E LUCE FU. Per una lettura antropologica del visibile. AND LIGHT WAS. For an anthropological reading of the visible one.
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Federica Ammaturo Luce naturale. Luce artificiale Things and houses. Natural light
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Salvatore Natale Scelta mirata alla tecnologia e all’uso dell’illuminazione naturale ed artificiale negli spazi del vivere quotidiano Choice contemplated to the technology and the use of the natural and artificial illumination in the spaces of the daily way of living
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Franco Rotella La luce e le teorie del colore (Goethe, Itten, Newton) The light and the theories of the colour (Newton, Goethe, Itten)
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Maria Lisa Mercurio La psicologia del colore (Arnheim, Kanizna, Kandisinski) The colour’s psychology
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(Arnheim, Kanizna, Kandisinski) Caterina Vasso Il colore nella storia dell’architettura The colour in the history of architecture
206 Franco Rotella Il colore nell’ambiente domestico The colour in domestic environment 235 illustrazioni Il colore nell’ambiente domestico illustrations The colour in domestic environment 250
bibliografia / sitografia bibliography / sitography
illustrazione di / illustration of |Franco Rotella onde gravitazionali / gravitational waves tecnica inchiostri / inks technique
COSE E CASE Domenico Natale arredo umano THINGS & HOUSES Prefazione human furnishings
Questa pubblicazione fa seguito alla decisione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 20 dicembre 2013 di proclamare, attraverso l’Unesco, il 2015 Anno Internazionale della Luce e delle tecnologie basate sulla luce (International Yars of Light 2015). L’Unesco, giustamente, puntualizza l’intenzione di incrementare il dibattito in corso su questo tema e di promuovere iniziative estremamente concrete per il miglioramento della qualità della vita, quali lo sviluppo delle tecnologie della luce, la riduzione dell’inquinamento luminoso e lo spreco di energia, la realizzazione pratica di una innovativa idea di sviluppo sostenibile. Ma nello stesso tempo, prevedendo tra i temi ufficiali quello de “La luce e la Cultura”, ha esteso enormemente il campo della riflessione aprendo il dialogo a saperi per altri versi necessari allo sviluppo integrale dell’uomo, specie nella contingenza del nuovo assetto antropologico che l’Europa va assumendo sotto la spinta delle nuove migrazioni. Il pensiero teologico, ad esempio, le varie scienze umane e sociali, la creatività artistica e la riflessione estetica quali modelli di inalienabile libertà individuale e di capacità simbolica ed
ermeneutica si configurano, mi sembra, nell’intento dell’Unesco come altrettante forme di consapevolezza negli obiettivi dell’International Year of Light 2015, specie in relazione alla promozione della partecipazione delle donne nella scienza con ruoli di responsabilità e dell’istruzione tra i giovani. Basti pensare, per quanto riguarda questo aspetto del problema, a quanto la riflessione sulla luce ha prodotto ancestralmente nella coscienza dell’uomo: lo stesso significato del termine “nascere”, etimologicamente significa “venire alla luce”. Nella narrazione biblica la luce è la prima cosa creata (Gen.1,3) e nel “Prologo” del Vangelo di Giovanni Gesù è descritto come vita e luce per gli uomini (Giov. 1,3). Questa simbologia della luce come concetto stesso del Bene, non solo accomuna molta parte del pensiero religioso del mondo antico attraverso i miti olimpici, orfici, mitraici e isiaci tra gli altri, ma si prolunga in ancora attuali concetti teologici che dallo Zoroastrismo giungono al Corano attraverso la Torah di Mosè “Il Libro con il quale è venuto Mosè è una luce ad una direzione” (Cor. 6,91): le diverse interpretazioni dell’Islamismo, del Mazdeismo e del Cristianesimo accomunano in questi giorni larga parte dei nuovi cercatori di
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“luce” in Europa. Tutto il Medioevo, d’altro canto, proprio nella simbologia della luce e dei colori che da essa derivano, descritti soprattutto nella De Caelesti Hierarchia dallo Pseudo – Dionigi l’Aeropagita, trova tra Oriente ed Occidente materia per la sua migliore arte, fino a sfociare nella luce dell’architettura gotica a Saint-Denis attraverso l’opera dell’Abate Suger (E. Panofsky, 1946). E ancor oggi, quali infinite possibilità creative può smuovere in uno spirito libero la fascinosa dizione di “Luce Cosmica”, al di là del suo specifico significato scientifico, sottolineato come tema specifico dall’Unesco in relazione alla scienza dell’astrofisica? Riflessioni eventuali da cestinare perché non pertinenti? La risposta che ognuno può dare di per sé costituisce un primo approccio responsabile alle intenzioni dell’Unesco.
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“La Luce e la Cultura”, quindi, insieme con “La Scienza della Luce”, “La Tecnologia della Luce” e “La Luce in Natura” per promuovere tra l’altro, come è stato detto, l’istruzione tra i giovani e lo sviluppo sostenibile. Obiettivi, è sembrato ai promotori di questa iniziativa editoriale, professionisti di lungo corso nella didattica e nel marketing della
progettazione del’Interior Design, propri di una moderna didattica della progettazione quale quella attuata nei corsi di Architettura e di Ingegneria delle nostre Facoltà, dove continua a vivere indissolubilmente, al di là dei nichilismi alla moda, l’aspetto tecnologico e scientifico con quello umanistico, in una felice creatività transdisciplinare finalizzata all’innovazione. La loro intuizione è divenuta una pubblicazione agile, che sviluppa l’intento di aderire all’invito dell’Unesco riflettendo sulle problematiche della luce e del colore in relazione alla progettazione di “Cose e Case”, proprio perché la condizione della civiltà umana è rappresentata dalla continua ricerca di adattare alla propria evoluzione proprio le cose e le case, i beni materiali fondamentali che accompagnano la propria esistenza, coinvolgendo in questa ricerca alcuni degli aspetti costitutivi della propria condizione ontologica quali la dimensione pubblica e quella privata. Ciò che lega queste due dimensioni dell’essere è proprio la consapevolezza culturale del problema della luce e del colore in quanto dimensione estetica, cioè capacità di percepire attraverso i sensi e di pervenire a precisi nuclei di
nelle più diverse esigenze progettuali. significato e di progettualità. Tutta la storia del colore e della luce in quanto sua origine, infatti, è interpretabile come una costante prassi ermeneutica, che lega nelle più svariate forme di linguaggio aspetti immediatamente pratici e sublimi concettualità alla vita, lungo il percorso che dalla storia giunge all’attualità. Ad essa dobbiamo non solo il ricchissimo patrimonio culturale dei più diversi universi simbolici che ci aiutano a comprendere in profondità il passato, ma anche la moderna evoluzione scientifica e tecnologica nella produzione dei colori (M. Brusantin, 1983) e della luce, fino ai colori sintetici e ai Led. A delineare molti aspetti di questo affascinante cammino, in questa pubblicazione hanno contribuito alla pari, relazionandosi, riflessioni ancora fresche della più avanzata formazione universitaria e quelle derivate, invece, da una lunga militanza professionale, per mettere le loro sintesi a disposizione di chi vuole orientarsi nella progettazione secondo lo spirito dell’iniziativa dell’Unesco. Un’opera, perciò, eminentemente didattica, quasi un manuale se si vuole, dove i concetti fondamentali vengono continuamente ripresi all’interno dei più diversi contesti, proprio per dimostrare la loro duttilità
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COSE E CASE Domenico Natale arredo umano THINGS & HOUSES Preface human furnishings
This publication follows the decision of the General meeting of the United Nations of December 20 th 2013 to proclaim, through the Unesco, the 2015 International Year of the Light and the technologies based on the light (International Yars of Light 2015). The Unesco, justly, specifies the intention to increase the debate in progress on this theme, and to promote extremely concrete initiatives for the improvement of the quality of the life, like the development of the technologies of the light, the reduction of the bright pollution and the wastefulness of energy, the practical realization of an innovative idea of sustainable development. But at the same time, foreseeing among the official themes that of “ The light and the Culture”, it has extended enormously the field of the reflection opening the dialogue to knoweledges for other necessary verses to the integral development of the man, kind in the contingency of the new anthropological order that Europe goes assuming under the push of the new migrations.
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The theological thought, for exemple, the various human and social sciences, the artistic creativeness and the aesthetical reflection which models of inalienable individual liberty and
of symbolic ability and hermeneutics for instance, shape him, I think, in the intent of the Unesco as many forms of awareness in the objectives of the International Year of Light 2015, kind in relationship to the promotion of the participation of the women in the science with roles of responsibility and the education among the young people. Just think, as it regards this aspect of the problem, to how much the reflection on the light has ancestrally produced in the conscience of the man: the same meaning of the term “to be born”, etymologically means “to come to the light.” In the biblical narration the light is the first created thing (Gen.1,3) and in the “Prologue” of John’s Gospel, Jesus is described as life and light for the men (John. 1,3). This symbolism of the light as same concept of the Right, unite not only a lot of part of the religious thought of the ancient world through the Olympic myths, orphic, of Mithras God and isiac among the others, but it prolong him in still actual theological concepts that reach the Koran through the Torah of Mosè from the Zoroastrianism “The Book with which Moses has come it is a light to a direction” (Cor. 6,91): the different interpretations of the Islam, of the Mazdaism and of the Christianity they
unite in these days wide part of the new seekers of “light” in Europe. The whole Middle Ages, on the other hand, really in the symbolism of the light and the colors that they derive from it, described especially in the De Caelesti Hierarchia - by the Pseudo - Denis the Areopagus, finds among East and West subject for its best art, up to flow in the light of the Gothic architecture to Saint-Denis through abbot Suger’s work (E. Panofsky 1946). And still today, which endless creative possibilities he can shift in a free spirit the fascinating diction of “Cosmic Light”, beyond his specific scientific meaning, underline as fears specific from the Unesco in relationship to the science of the astrophysics? Possible reflections to be basketed because not pertinent?The answer that each can give by itself constitutes a first responsible approach to the intentions of the Unesco. “The Light and the Culture”, therefore, together with “The Science of the Light”, “The Technology of the Light” and “The Light in Nature” to promote besides, as the education has been said between the young people and the sustainable development. Objectives, the promoters of this publishing initiative is seemed to, professionals of long course in the
didactics and in the marketing of the planning of Interior Design, proper of a modern didactics of the planning what that effected in the progress of Architecture and Engineering of our Faculties, where continuous to indissolubly live, beyond the nihilisms to the fashion, the technological and scientific aspect with that humanistic, in a happy creativeness transdisciplinary finalized to the innovation. Their intuition is become a quick publication, that develops the intent to stick to the invitation of the Unesco reflecting on the problem list of the light and the color in relationship it hauls planning of “Things and Houses”, really because the condition of the human civilization is represented by the continuous search to suit for his own evolution really the things and the houses, the fundamental material things that accompany own existence, involving in this search some of the constitutive aspects of own ontological condition what the public dimension and that private. It leagues these two dimensions of the being it is really the cultural awareness of the problem of the light and the color as aesthetical dimension, that is ability to perceive through the senses
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ductility in the most different planning demands. and to reach to precise nucleuses of meaning and ability of plan. The whole history of the color and the light like in his origin, in fact, is interpretable as a constant hermeneutics routine, that ties in the most varied forms of language immediately practical aspects and sublime concept of the life, along the run that reaches the actuality from the history. To it we not only owe the rich cultural patrimony of the most different symbolic universes that they help us to understand in depth the past, but also the modern scientific and technological evolution in the production of the colors (M. Brusantin 1983) and of the light, up to the synthetic colors and to the Led.
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To delineate many aspects of this fascinating walk, in this publication they have contributed to the equal one, reporting themselves, fresh reflections still of the most advanced university formation and those derived, instead, from a long professional militancy, to put their disposition synthesis of whom wants to orient in the planning according to the spirit of the initiative of the Unesco. A work, therefore, eminently didactics, almost a manual if you want, where the fundamental concepts are continually taken back inside the most different contexts, really to show their
illustrazione di / illustration of |Franco Rotella riflessione erifrazione / reflection and erifration tecnica inchiostri / inks techniqu
COSE E CASE Giuseppe Gaeta arredo umano THINGS & HOUSES E LUCE FU. human furnishings Per una lettura antropologica del visibile.
come motore primo della vita stessa. La luce è l’archetipo universale per eccellenza, l’elemento simbolico unificatore, il tratto interculturalmente posto a fondamento del processo di ominazione. In tutte le culture, tale primigenia fonte ispiratrice del processo di trasformazione innescato dalla dialettica tra natura naturans e natura naturata è posta a fondamento della presenza stessa dell’uomo sulla Terra. La sua potenza simbolica si incarna in miti fondativi e cosmogonie, dimensioni mistiche e dottrine filosofiche. La luce è ovunque l’origine del mondo, perché ad essa si lega la possibilità stessa di rappresentarlo, percepirlo, riconoscerlo e, dunque, parzialmente, dominarlo.
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L’affrancamento dall’oscurità, che in Natura avviene con perpetua cadenza, tanto da essere divenuto misura stessa del Tempo, è la metafora di un possibile primato della Ragione sulle forze abissali della non Ragione o dell’irrazionale, dominio assoluto della non coscienza di Sé e del mondo, condizione antitetica all’esser-ci nel mondo. Avere sollevato lo sguardo dalla terra per osservare il cielo è, a tutte le latitudini, associato all’effetto dell’azione attrattiva suscitata dalla forza generatrice della fonte di energia più potente fra tutte quelle conosciute, venerata in ogni cultura
Guardare è possibile solo perché la luce delinea e chiarifica, sottraendo alla ineluttabile condizione di perenne assenza che il buio statuisce, il mondo delle cose, delle forme, dei colori e dei segni. Allo sguardo, tra tutti i sensi quello più recente e forse più imperfetto, è connessa l’esperienza della percezione visiva, su cui si fondano i processi di sedimentazione di immagini nella forma della memoria e di produzione di immaginario, quale proiezione verso l’esterno del proprio universo interiore. Parlare della luce e del progressivo e forse casuale affinamento delle capacità sensibili umane, dunque, significa riferirsi all’origine della nostra specie, come unica tra le specie in grado di autorappresentarsi, di restituire in forma articolata e sistemica la propria propensione performativa verso il reale. Tuttavia, se la potenza evocatrice della luce risulta totalmente evidente e inequivocabile, non si può ignorare che ciò sia possibile soprattutto per effetto della dialettica costante tra essa e il suo naturale contraltare, l’oscurità. Da tale relazione è, infatti, determinata, la straordinaria funzione plastica a cui la luce assolve, attraverso il prodotto
variabile che ne deriva, quell’Ombra a cui Hegel assegna il compito di mediare la conoscenza, di rendere possibile tramite la modulazione di bande e frequenze, la condizione chiaroscurale entro la quale è possibile il riconoscimento dei significanti e l’attivazione dei dispositivi segnici . La piena illuminazione, ci ricorda Georg Wilhelm Friedrich Hegel, non rende possibile la conoscenza: (…) Ci si rappresenta l’essere – per esempio sotto la figura della pura luce – come chiarezza del vedere non intorbidato, e il nulla, all’incontro, come il puro buio, e si connette la loro differenza con questa ben nota differenza sensibile.(1) Se non che, nel fatto, quando ci si rappresenta in una maniera più precisa questo stesso vedere, è più facile accorgersi che nell’assoluta chiarezza non ci si vede né più né meno che nell’assoluta oscurità, e che così l’uno come l’altro vedere sono un puro vedere, un veder nulla. La pura luce e la pura oscurità sono due vuoti, che sono lo stesso. Solo nella luce determinata – e la luce è determinata nell’oscurità, quindi solo nella luce
intorbidata, si può distinguere qualcosa. Parimenti qualcosa si distingue solo nell’oscurità determinata- e l’oscurità è determinata nella luce – quindi solo nell’oscurità rischiarata.(2) Il vuoto e il pieno, il chiaro e lo scuro, lo Yin e lo Yang sono coppie oppositive poste in relazione dinamica, in una contrapposizione non paralizzante ma propulsiva, dove l’uno non agisce se non in sinergica funzione dell’altro. Parlare di luce, pertanto, significa parlare della storia dell’Uomo, della storia di ogni uomo, dal suo venire al mondo alla “fine” di quel mondo. Significa cioè addentrarsi in quel territorio denso e inestricabile del divenire umano, che fa di noi ciò che siamo e del contesto in cui viviamo ciò che chiamiamo habitat, casa. Un universo “diafano”, avrebbe detto Aristotele, dove la potenza si traduce in atto liminale e incostante, impuro e contaminato, seppur inconfondibilmente umano. La luce è l’atto di questo e cioè del diafano in quanto diafano. Dove il diafano non è se non in potenza ci sono le tenebre.(3)
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COSE E CASE Giuseppe Gaeta arredo umano THINGS & HOUSES AND LIGHT WAS. human furnishings For an anthropological reading of the visible one.
energy more powerful among all those known, revered in every culture as first motor of the same life. The light is the universal archetype for excellence, the unifying symbolic element, the intercultural line set to base of the process of human evolution. In all cultures, such primitive inspiring source of the process of transformation baited by the dialectics among nature naturans and nature naturata is set to base of the same presence of the man on the Earth. Its symbolic power embodies him in founded myths and cosmogonies, mystical dimensions and philosophical doctrines. The light is anywhere the origin of the world, because to it the same possibility ties him to represent it, to perceive it, to recognize it and, therefore, partially, to dominate it.
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The liberation from the obscurity, that happens with perpetual lilt in Nature, so much to be become same measure of the Time, is the metaphor of a possible record of the Reason on the abysmal strengths of the not Reason or of the irrational one, absolute dominion of the not conscience of Itself and the world, antithetical condition to the be-it in the world. To have lifted the look from the earth to observe the sky it is, to all the latitudes, in partnership to the effect of the action attraction aroused by the generating strength of the source of
To look is possible only because the light delineates and clarifies, subtracting to the ineluctable condition of perennial absence that the dark declares, the world of the things, of the forms, of the colours and of the signs. To the look, among all the senses that more recent and perhaps more imperfect, the experience of the visual perception is connected, on which the processes of sedimentation of images found it in the form of the memory and production of imaginary, what projection toward the outside of its own internal universe. To speak of the light and of the progressive one and casual refinement of the human sensitive abilities, means perhaps therefore to refer to the origin of our kind, as only among the kinds able of represent itself, to return in articulated and systemic form own performative propensity toward the reality . Nevertheless, if the evocative power of the light results evident and unequivocal totally, it cannot be ignored that this is possible above all because of the constant dialectics between it and the
natural counterpart, the obscurity. Infact from such relationship it is determined, the extraordinary plastic function to which the light acquits, through the varying product that derives of it, that shade to which Hegel assigns the assignment to mediate the knowledge, to make possible medium the modulation of gangs and frequencies, the chiaroscuro condition within which the recognition of the meaning ones and the activation of the signs regulating are possible.(1) The full illumination, Georg Wilhelm Friedrich Hegel remembers us, the knowledge doesn’t make possible: (…) It is represented us the being. for example under the figure of the pure light. as clarity of the to see not clouded, and the nothing, to the meeting as the pure dark, and it connects him their difference with this well note sensitive difference. If not that, in the fact, when it represents us in a more precise way this same to see, it is easier to realize that in the absolute clarity is not seen us neither more neither less that in the absolute obscurity, and that so the one as to see is a pure to see, to see nothing.
The pure light and the pure obscurity are two voids, that are the same. Only in the determined light. and the light is determined in the obscurity, therefore only in the clouded light, something can be distinguished. Similarly something he distinguishes only in the determined obscurity - and obscurity is determined in the light. therefore only in the illuminated obscurity.(2) The void and the full one, the clear one and the dark colour, the Yin and the Yang are couples oppositive set in dynamic relationship, in a not paralyse opposition but propulsive, where the one doesn’t act if not in sinergystic function of the other. To speak of light, therefore, means to speak of the history of the man, of the history of every man, from his to come to the world to the “end” of that world. It means that is to penetrate in that dense and inextricable territory of the human becoming, that does of us what we are and of the context in which we live what we call habitat house. An universe “diaphanous”, Aristotle would have said, where the power is translated in liminal and inconstant fit, impure and contaminated, even though human unmistackly.
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The light is the action of this and that is of the diaphanous one in how much diaphanous. Where the diaphanous one is not if not in power there are the darkness.(3)
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COSE E CASE Lorenza Di Fiore arredo umano THINGS & HOUSES La luce, il colore, la visione human furnishings
La luce, il colore, la visione… Cosa hanno questi argomenti in comune? Il libro che ci apprestiamo a leggere ha la pretesa di spiegare attraverso alcune nozioni come esse siano invece la manifestazione fisica e la risposta fisiologica della medesima energia che alla velocità di circa 300 mila Km/s si propaga nello spazio attraverso onde elettromagnetiche. La luce, e questo lo sappiamo bene, è quindi quel fenomeno fisico che permette la visione di tutto ciò che ci circonda. Se ci troviamo in un ambiente buio d’altronde, gli oggetti presenti non cessano naturalmente di esistere, ma noi non siamo in grado di vederli. Inoltre senza luce, tutti i colori non sono identificabili; come dice il proverbio: “ di notte tutti i gatti sono grigi”. In poche parole noi abbiamo bisogno di vivere ed interagire in un ambiente luminoso, o quanto meno con una luminosità tale da poter esercitare nei fotorecettori (cellule sensibili all’energia della luce: coni e bastoncelli) che si trovano nella retina, una soglia di eccitamento capace di produrre una sensazione visiva, uno stimolo appunto, in grado di mettere in atto un susseguirsi di reazioni chimiche e nervose, da determinare un effetto “visivo”. Tale stimolo, che gli organi sensoriali ricevono non trasmette però nessuna immagine certa di un oggetto o di una situazione in generale. Questa
energia luminosa non vede la realtà! Le forme di energia non portano in sé un preciso significato, mentre gli oggetti sono caratterizzati da un insieme di attributi che trascendono la capacità di stimolare i nostri sensi, hanno un trascorso e un avvenire, possono mutare e condizionarsi a vicenda, nascondono delle proprietà che si rivelano soltanto in determinate condizioni. Il cervello utilizza le informazioni piuttosto limitate dei sensi con lo stesso metodo inferenziale che gli astronomi usano per valutare la lontananza e la struttura degli astri. Se il cervello non fosse capace di colmare le lacune e di formulare delle ipotesi, per completare gli scarsi dati forniti dai sensi, la nostra attività si arresterebbe in mancanza di stimoli esterni. In definitiva, il cervello elabora le immagini, generalizzandole e categorizzandole. Con la visione dell’occhio umano dunque, si entra anche in una sfera di percezioni che sfuggono alla fredda e rigorosa obiettività dei dati fisici, per coinvolgere sottili e spesso misteriosi comportamenti soggettivi, esperienze personali di ancestrale memoria. Certo affrontare, l’argomento sotto il profilo fisiologico e psicologico, non è di certo auspicabile in questo testo, ma accennare all’intimo rapporto che c’è
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tra la luce e noi esseri umani, penso sia di dovere. Nel mio corso di Teoria della percezione e psicologia della forma che si svolge all’Accademia di Belle Arti di Napoli, questi concetti fanno da base ad una più ampia formazione che ha come obbiettivo finale lo studio della visione tutta. Come si può infatti pensare che chi si accinga ad entrare nell’ampio e variegato mondo delle immagini, non sappia come le immagini stesse nascano e come si elaborano i concetti visivi nel nostro complicatissimo sistema nervoso? Per comunicare in modo adeguato con le immagini, non si può certo prescindere dalla conoscenza teorica degli elementi compositivi (si considerino anche le leggi gestaltiche: rapporti tra gli elementi in base alla vicinanza, somiglianza, chiusura, regolarità della forma o piani differenti di distribuzione ) o dal significato inconscio che associamo alle forme in base anche al rapporto tra stimolo fisico e codifica del dato percettivo. Avere buone basi teoriche, ci permette di avere una buona fruizione critica rispetto all’esistente al fine di creare buoni prodotti. Poi ci sono i colori, cosa sono? Perché esistono? Come mai la materia degli oggetti cambia colore col cambiare della luce che la investe? E infine, perché c’è una così intima relazione tra i colori e la nostra psiche? Anche qui, per
chiarire e analizzare questi argomenti sono stati scritti complessi volumi che attraverso approcci differenti hanno esaminato il problema. In queste pagine si è voluto invece, introdurre un altro tipo di questione… come e perché il colore nelle case in cui abitiamo può in qualche maniera influenzare il nostro sistema emotivo, e come le diverse sfumature della medesima tinta, riescano a modificare la percezione dello stesso ambiente o delle stesse cose. Le sensazioni cromatiche, sono molto coinvolgenti a livello di percezione ottica, e nella sfera emozionale e psichica; alcuni colori possono provocarci un senso di malinconia e depressione, mentre altri possono farci venire il buon umore, così da condizionare la nostra predisposizione verso un determinato ambiente. Specifici colori possono apparire piacevoli o irritanti tanto da favorire l’attrazione o la repulsione nei confronti di qualcosa o qualcuno, o ancora, possono coinvolgere altri sensi rispetto alla vista, così da generare delle sinestesie . Il colore, quindi, “conquista, affascina, sconcerta, entusiasma, riveste e rivela lo spazio e quindi le forme in cui l’uomo si muove e vive”. Pensare di elaborare in tavole grafiche questi concetti, queste nozioni, è stato un gradito compito. Mi è stato più volte domandato il
essere una tavola esplicativa. motivo per il quale non avvalersi di immagini elaborate al computer o reperite da qualche manuale… la risposta è semplice. Per prima cosa mi premeva coinvolgere alcuni allievi in questo progetto; è stato per loro e per me un esperienza imperdibile. Poi cercare, e questo è il motivo più tecnico, di riportare in auge la qualità delle cose e sottolineare che il processo percettivo di chi opera e di chi osserva, ha bisogno sempre di esercitare al meglio la sua funzione visiva ed estetica. Il pittore e l’artista in genere, usa i suoi occhi in modo differente da tutti gli altri, non usa solo la sua mano e la padronanza tecnica, ma soprattutto i suoi occhi che sono allenati a leggere informazioni formali, tonali ed emozionali che verranno a configurare sulla tela e sul supporto in genere, l’immagine finale. Attraverso l’uso del pastello con tecnica a circoletto (tecnica che viene usata particolarmente per ottenere un effetto fotografico), alcuni allievi hanno riprodotto degli ambienti domestici modificandone alcuni effetti cromatici e/o compositivi ed avvalorando attraverso le immagini come gli stessi argomenti trattati ed analizzati in particolare nel capitolo sul colore nell’ambiente domestico, siano palesemente dimostrabili già con un approccio percettivo minimo, come può
Le tavole dunque sono piccole creazioni che illustrano ed interpretano tali concetti; sviluppano d’altra parte anche situazioni realistiche in cui l’individuo qualunque può trovarsi se si concede alla libera, nonché arbitraria scelta del “nuovo look abitativo”. Poter concretizzare attraverso delle elaborazioni grafiche degli argomenti teorici, è un modo per affrontare una materia così complessa, come può essere la percezione visiva, in maniera più diretta e garantire a colui che la elabora e al fruitore della futura immagine una più semplice ed esaustiva risoluzione del dato esaminato.
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COSE E CASE Lorenza Di Fiore arredo umano THINGS & HOUSES The light, the colour, the vision. human furnishings
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The light, the colour, the vision... Thing do they have in common these matters? The book that we prepare there to read has the pretension to explain through some notions as them is instead the physical demonstration and the physiological answer of the same energy that to the speed of around 300 thousand Km / s it is propagated in the space through so that electromagnetic. The light, and this we know it well, it is therefore that physical phenomenon that allows the vision of all of this that surrounds us. If we find us in a dark environment of however, the present objects don’t naturally stop existing, but we are not able to see them. Besides without light, all the colours are not identifiable; as it says the proverb: “ at night all cats are grey.” In few words we have need to live and to interact in a bright environment, or how much less with such a brightness to be been able to practice in the fotorecettoris (sensitive cells to the energy of the light: cones and retinal rods) that they are found in the retina, a threshold of excitement able to produce a visual feeling, a stimulus note, in degree to put a to follow him of chemical and nervous reactions into effect, to determine a “visual” effect “. Such stimulus, that sensorialis organs receive, it doesn’t transmit in general
however any certain image of an object or a situation. This bright energy doesn’t see the reality! The forms of energy don’t bring itself a precise meaning, while the objects are characterized by a whole attributes that transcend the ability to stimulate our senses, they have a mistake and a future, they can change and to condition each other, hides of the ownerships that reveal only it in determined conditions. The brain uses the rather limited information of the senses with the same inferencial method that the astronomers use for appraising the distance and the structure of the stars. If the brain was able to fill the gaps and to formulate some hypotheses, to complete the scarce data furnished by the senses, our activity would arrest it lacking daypupils stimuli. In conclusion, the brain elaborates the images generalizing them and to categorized them. With the vision of the human eye therefore, he enters also a sphere of perceptions that escape the cold and rigorous objectivity of the physical data, to involve thin and often mysterious subjective behaviors, personal experiences of ancestral memory. Certainly to face, the matter under the physiological and psychological
profile, it is not of certain desirable in this text, but to mention relationship to the intimate that there is between the light and us human beings, I think both of duty. In my course of Theory of the perception and psychology of the form that it develops at the academy of “Belle Arti” of Naples, these concepts serve as base to an ampler formation that has as final objective the study of the vision everybody. How is he able in fact to think that who is about to enter the ample and variegated world of the images, doesn’t know how the images themselves are born and as the visual concepts they are elaborated in our complicated nervous system? To communicate in suitable way with the images, he is not able certain to put aside from the theoretical knowledge of the composite elements (the laws gestaltiches are also considered: relationships among the elements in base to the proximity, similarity, closing, regularity of the form or plain different of distribution) or from the unconscious meaning that we also associate to the forms in base to the relationship among stimulus physicist and coding of the perceptive datum. Possession good theoretical bases, allow us to have a good critical fruition in comparison to the existing one with the purpose to create good products.
Are there then the colours, what are they? Why do they exist? How does the subject of the objects change colour with to change some light that invests it? And finally, because is there such an intimate relationship between the colours and our psyche? Also here, to clarify and to analyze these matters they have been written complexes volumes that trought different approaches they have examined the problem. In these pages we wanted instead, to introduce another type of matter. as and because the colour in the houses where we live is able in some way to influence our emotional system, and as the different tones of the same shade, succeeds in modifying the perception of the same environment or the same things. The chromatic feelings, are very involving to level of optic perception, and in the emotional and psychic sphere; some colours can provoke us a sense of melancholy and depression, while others are able it stuffed to come the good humor, so that to condition our predisposition toward a determined environment. Specific colours can appear pleasant or irritating so much to be favored the attraction or the repulsion towards something or someone, or they can still involve other senses in comparison to the sight, so that to produce some sinestesies. The
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colour, therefore, “conquest, fascinates, it bewilders, it thrills, it dresses again and it reveals the space and therefore the forms in which the man stirs and alive.” To think about elaborating in graphic tables these concepts, these notions, have been a pleasant assignment. More times they asked me the motive for which not to use of images elaborated to the computer or retrieved by some manual. The answer is simple. For first thing it pressed me to involve some students in this project; for them and for me it has been an unmissable experience . Then to look for, and this is the most technical motive, to bring in top the quality of the things and to underline that the perceptive trial of who work and of whom observes, it always has need to practice to the best visual and aesthetics function. The painter and the artist use generally their eyes in different way from all the others, they don’t use only their hand and the technical mastery, but above all their eyes that are trained to read formal, tonal and emotional information that will come to generally shape on the cloth and on the support the final image. Through the use of the crayon with technique of “circoletto” (technique that is used particularly to get a photographic effect), some students
have reproduced some domestic environments modifying some chromatic effects of it compositives and confirming through the images as the same treated matters and analyzed particularly in the chapter on the colour in the domestic environment, is already demonstrable clearly with a least perceptive approach, as it can be an explanatory table. Therefore the tables are small creations that illustrate and they interpret such concepts; they develop on the other hand also realistic situations in which any individual can be if it is granted to the free, as well as arbitrary choice of the “new housing look.” To be able to concretize through of the graphic elaborations of the theoretical matters, is a way to face such a complex subject, as you can be the visual perception, in more direct way and to guarantee to who elaborates it and to the user of the future image a simpler and exhaustive resolution of the examined datum.
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“La notte durava venti secondi, e venti secondi il GNAC. […] Il GNAC era una parte della scritta pubblicitaria SPAAKCOGNAC sul tetto di fronte, che stava venti secondi accesa e venti spenta, e quando era accesa non si vedeva nient’altro. […] Fiordaligi, giovinotto melanconico, vedeva ogni volta che si spegneva il GNAC apparire dentro la voluta del gi la finestrina poco illuminata d’un abbaino, e dietro il vetro un viso di ragazza color di luna, color di neon, color di luce nella notte, una bocca ancor quasi da bambina che appena lui le sorrideva si schiudeva impercettibilmente e già pareva aprirsi in un sorriso, quando d’un tratto dal buio rispuntava fuori quello spietato gi del GNAC e il viso perdeva i contorni, si trasformava in una fioca ombra chiara, e della bocca bambina non si sapeva più se aveva risposto al suo sorriso.” La suggestione viene fornita da Italo Calvino ed è tratta dalla novella “Luna e Gnac”, contenuta nella raccolta “Marcovaldo ovvero Le Stagioni in città”, pubblicata nel 1963. In “Luna e Gnac”, protagonista è una luce artificiale, per l’esattezza una pubblicità luminosa che dialoga e interferisce con le elucubrazioni notturne di una famiglia che abita una mansarda di una grande città.
La luce naturale. La luce della sera. Una velocità pari a venti secondi, quella della luce della scritta pubblicitaria SPAAKCOGNAC sul tetto di fronte: il cielo diventa “uniformemente nero e piatto”, Marcovaldo vede gli astri “confondersi con i commerci terrestri”. Luce. Luce ovunque, come segno di grandezza, di magnificenza. Luce costante. Lo sa bene la pubblicità: essa si trasforma in uno spettro luminoso che si insinua negli alti palazzi delle metropoli, attraversando con le sue luci fluorescenti le finestre, entrando nel privato e seducendo coloro che, trasferitisi dai piccoli centri cittadini, riconoscono nei cartelli luminosi, nei neon lampeggianti, nelle insegne abbaglianti, lo sbrilluccichìo della modernità. L’illuminazione artificiale entra tanto negli esterni (le strade, i luoghi pubblici, la città), quanto negli interni (la casa), consapevole dell’influenza che essa ha sulla psicologia del destinatario. La famiglia di Marcovaldo vive la “tempesta di passioni” suscitata ora dalla luce naturale, con il buio e il firmamento, dalla luna opaca illuminata dagli “sbiechi raggi d’un sole perduto dalla terra” che conserva il suo “caldo colore” e trasmette “nostalgia”; talora dalla luce artificiale, la scritta pubblicitaria
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luminosa che trasforma “un sospiro nell’ansimare d’un mambo”, una serenata in un “ritmo jazz”. La luce si fa colore. Il colore si fa simbolo. La luce artificiale diventa la luna. “- E la luna che ditta l’ha messa? - La luna non l’ha messa una ditta. È un satellite, e c’è sempre”. Calvino riflette sulla forza della luce e dei colori, sulle suggestioni che i colori delle stagioni hanno sulla città, come un connubio inscindibile: uomo e luce, uomo e colore, uomo e architettura, architettura e luce, architettura e colore. La stessa formula viene impiegata ne “Le Città invisibili”, dove l’estetica suggestiva delle architetture urbane passa per la naturale evoluzione dell’uomo, delle sue abitudini, delle sue aspettative, della sua fisiologica percezione dello spazio, della luce, del colore, che da processo fisico diventa psicofisico.
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Un processo simile trova applicazione nelle ricerche artistiche di Anish Kapoor e il “suo” chiacchierato “Vantablack”, il “nero più nero del mondo”. Acquistato e ceduto all’artista dalla società britannica Surrey NanoSystems, il colore risulta formato da nanotubi di carbonio allineati
verticalmente entro i quali le onde luminose rimbalzano sino ad essere, da essi, completamente assorbite; tale struttura è in grado di conferire al colore la capacità di assorbire il 99,96% della luce. Il processo fisico messo in atto dalla società britannica, nelle mani di Kapoor, diventa una creazione artistica connotata da una valenza percettiva che sfrutta la capacità ottica dell’uomo solo in quanto strettamente connessa al processo psichico della traduzione del colore in uno spazio che non può definirsi tale in quanto non ancora sperimentato a livello cosciente, per cui egli farà leva su “qualcos’altro, su qualcosa che non conosce nella propria interiorità”. Tale sperimentazione farebbe forse storcere il naso ai “pittori della luce”, i famigerati impressionisti, che attribuivano al “vedere” la funzione di soglia della coscienza: era l’elemento percettivo ciò che contava, ovvero la sensazione che registrava l’apparenza della realtà; la luce era l’obiettivo a cui tendere. Tuttavia, nel sottolineare la difficoltà di trovare una univoca corrispondenza fra realtà esteriore e proiezione interiore, vi sono i prodromi delle successive ricerche scientifiche e artistiche, nonché un’ulteriore conferma della stretta correlazione che la luce e i colori hanno con la loro
metabolizzazione a livello conscio e inconscio. Alla luce di tali riflessioni, non sarà difficile comprendere perché ne “La Sala delle agitate a San Bonifacio di Firenze” (1865), Telemaco Signorini riesca a conferire all’intera tela un senso di disagio, mettendo “in dosso i brividi della paura” – richiamando l’efficacia espressione di una nota recensione all’opera: il giallo, calibrato in temperature ambrate, serpeggia tra le figure agitate, generando uno spazio “malato”. Il “quieto” interno bianco, illuminato appena da una piccola finestra, della cella in cui siede a cucire la “Luigia Sanfelice in carcere” (1874) di Giacchino Toma, attraverso la progressione tonale di una coperta ciclamino, il vicino tavolo di legno, il bianco dei fazzoletti e del cuscino e della cuffia, con le vesti via via più scure, trasforma la pittura di storia in una dimensione privata. La luce entra negli interni e i colori diventano linguaggio simbolico del vivere quotidiano, attraverso sperimentazioni che da artistiche diventano evocazioni universali, storiche, umane. Una lettera di Gauguin alla moglie, ove prova a spiegare il significato di
una delle sue più enigmatiche opere, “Manao Tupapao – Lo spirito dei morti veglia” (1892), rende bene il senso di cui sopra: “Ho fatto un nudo di questa giovane. Nella posizione in cui è messa è indecente. Le metto nella testa un po’ di spavento; ma a questo spavento bisogna fornire un pretesto: ed ecco una maori. È un popolo che ha delle tradizioni, una paura grandissima dello spirito dei morti. Devo spiegare questa paura [...]. Armonia generale, scura, triste, paurosa […]. Viola, blu scuro e giallo aranciato. Faccio le lenzuola giallo-verdastre, perché le lenzuola di questa selvaggia sono differenti dalle nostre (scorza d’albero), perché suggeriscono la luce artificiale (la donna taitiana non dorme mai nel buio completo) e tuttavia non voglio l’effetto di una lampada; inoltre, questo giallo, legando il giallo aranciato e il blu, completa l’accordo musicale.[…]”. In queste righe, sono spiegate esattamente le soluzioni coloristiche adottate dall’artista volte al raggiungimento di uno schema che dalla sfera percettiva passa a quella emotiva, figurando un interno che ricostruisce la specificità dell’abitare di una donna taitiana, ma allo stesso tempo testimonia l’intima connessione delle abitudini abitative con le tradizioni misticoreligiose del popolo di riferimento.
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vibrazioni elettromagnetiche legate alla materia e caratterizzate da un moto ondulatorio).
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I colori diventano quindi simboli e simbolici, rinviano ad una specificità abitativa e religiosa insieme. Idem la luce, in questo caso artificiale, perché alle donne taitiane non piace dormire al buio. Il buio nasconde il “ male”, il mistero, l’inconscio; ciò che non si conosce si tinge di suggestioni, quelli che la luce notturna crea nei bambini, quando sono a letto e pensano che l’ombra del lampadario sia un enorme, gigantesco, spaventoso ragno. Con questa analisi, la Città della Scienza e dell’Industria di Parigi ha allestito la Cité des enfants e ha realizzato uno spazio ludo-didattico per illustrare la scienza e la sua connessione nella società, ai bambini di fascia 3-12 anni; in uno dei padiglioni, si forniscono storia ed esperimenti circa la luce e la sua evoluzione, l’influenza che essa ha sulla vita degli esseri viventi e di tutta la Terra, nonché l’intervento umano con il suo genio e le suggestioni che le luci e le ombre possono generare nella vita degli uomini, in questo caso, nei bambini e nell’atavica paura del buio, del mostro sotto al letto, dell’artiglio di drago che la luce della luna proietta sulle coperte: è un ramo di un albero attraversato dalla luce lunare, che oltrepassa il vetro della finestra (trasmissione, rifrazione, riflessione, diffusione, luminescenza: la luce è una energia composta da
Colori. Interni. Quiete. Lo scrive Van Gogh a Gauguin: “Ho fatto, sempre per uso mio, un quadro largo 30 della mia camera da letto, con i mobili di legno che conoscete. Ebbene, mi ha enormemente divertito fare questo interno senza nulla, con una semplicità alla Seurat. A tinte piatte ma stese grossolanamente, a pieno impasto, i muri di un lilla pallido, il pavimento di un rosso spezzato e stinto, le sedie e il letto giallo cromo, i cuscini e il lenzuolo di un verde limone molto pallido, la coperta rosso sangue, la toeletta arancione, il catino blu, la finestra verde. Avrei voluto esprimere un assoluto riposo con tutti questi toni così diversi, lo vedete, e in cui di bianco non c’è che la piccola nota data dallo specchio con la cornice nera […]”. Il quadro largo 30 è “La camera di Arles”(1888) e con il supporto del pittore, non si prova fatica alcuna nel perdersi in uno spazio privo di ombre, ove l’intento principale è il riposo e la calma. La finestra è chiusa e la luce naturale non entra: non è isolamento, è uno spazio privato che crea intimità e invita l’osservatore a sedersi sulla sedia, godersi un attimo di tregua.
L’energia della luce e del colore è l’onda che nasce e attraversa l’uomo e le sue “cose”, il suo “vivere” appunto; da essa, l’essere umano assorbe la forza, la creatività, la porta con se in paesaggi visuali e mentali insieme; da essi, trasforma e viene trasformato, imprimendo le impronte naturali del suo essere e del suo divenire in forme e simboli decodificati, testimoniati dagli oggetti materiali della di loro percezione. Siffatti passaggi non sono intelligibili, proprio come le scienze ci insegnano; essi hanno un loro codice, un linguaggio con delle proprie regole, un vocabolario. Ne consegue che una loro mancata conoscenza, nonché una loro errata applicazione possono generare il calviniano “GNAC”. Il nuovo millennio ha acceso il suo GNAC più vistoso: il global warming, il preoccupante allarme che vede il clima del pianeta Terra pesantemente alterato, verso un surriscaldamento esponenziale che va di pari passo con l’alterazione degli ecosistemi presenti in natura. L’inquinamento luminoso, insieme allo spreco delle risorse naturali, ha imposto un dibattito mondiale che stenta a trovare soluzioni, non palliativi. L’Atlante Mondiale dell’inquinamento luminoso, studio realizzato da esperti
del settore con l’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’inquinamento luminoso, riporta il record negativo: la luce artificiale è impiegata senza alcun criterio, l’83% della popolazione mondiale vive sotto cieli inquinati e l’Italia svetta al primo posto, con una percentuale di visibilità della volta celeste che è quasi nulla. Le luci artificiali restano costantemente attive, anche a notte fonda, generando inquinamento luminoso e spreco energetico. L’impiego dei LED luminosi anche per l’illuminazione pubblica, parrebbe la soluzione da impiegare per il raggiungimento di primi immediati risultati di mitigamento dell’inquinamento luminoso: i led possono essere regolati nella loro potenza luminosa, variandone l’intensità nel corso della giornata. Luce. Colore. La loro conoscenza e il loro impiego nella vita dell’uomo sottendono una ricerca che è multidisciplinare. In un tempo in cui l’interconnessione è imperante e destrutturante, dove la sfera del pubblico si confonde con il privato, essi restano la base formativa della nostra identità materiale e spirituale, in un dialogo costante di relazione tra il dato fisico e il dato sensibile.
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Perché nel privato, la luce naturale, la luce artificiale, i colori, il buio entrino con cognizione di causa, rispondendo alle esigenze particolari e generali dell’individuo e degli individui tutti, si necessita di ricerche e di esperti del settore, attraverso la costruzione di un prolifico dibattito. Esattamente come opera questo agile volume, di cui ho avuto l’onore di leggere in anteprima: esso apre la mente a non poche riflessioni sulla natura della luce e del colore nella progettazione di cose e di case, ovvero nell’atto di auto percezione dell’individuo come essere unico, con un proprio bagaglio di necessità e di suggestioni, oltre alla logica dell’homo oeconomicus, della piatta accettazione di una fitta omologazione commerciale. Luce naturale. Luce artificiale. Colore. Senza alcuna progettazione, le cose e le case diventano vuoti sistemi dove, Fiordaligi, il figlio maggiore di Marcovaldo, vedrà svanire per sempre il sogno di un amore notturno: “[…] l’abbaino della ragazza lunare era sparito dietro a un’enorme, impenetrabile vu doppia”.
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city. “The night lasted twenty seconds and twenty seconds the GNAC. […] The GNAC was a part of the advertising writing SPAAK-COGNAC on the roof of forehead, that it was twenty seconds turned on and twenty second turned off, and when it had turned on it wasn’t seen notrhing. […] Fiordaligi, a melancoly young man, saw every time that the GNAC turned off to appear inside the volute of the gi the window a little illuminated of a skylight, and behind the glass a face of girl the colour of moon, colour of neon, colour of light in the night, a mouth still almost from child that as soon as he smiled at her he imperceptibly opened and it already seemed to open in a smile, when of a drawn by the dark reappeared out that merciless gi of the GNAC and the face it lost the contours, it turned him into a weak clear shade, and of the mouth child was not known more if he had answered to his smile.” The suggestion is furnished by Italo Calvino and it is drawn by the novel “Moon and Gnac”, contained in the harvest “Marcovaldo or the Season in the city”, published in the 1963. In “Moon and Gnac”, protagonist is an artificial light, for the exactness a bright publicity that converses and it interferes with the nighttime lucubrations of a family that lives a mansard of a great
The natural light. The light of the evening. A speed equal to twenty seconds, that of the light of the advertising writing SPAAK-COGNAC on the roof of forehead: the sky becomes “uniformly black and dish”, Marcovaldo sees the stars “to confuse with the terrestrial commerces.” Light. Light anywhere, as sign of greatness, of magnificence. Constant light. publicity knows well it: it turns him into a bright ghost that insinuates him in the tall buildings of the metropolises, crossing with his fluorescent lights the windows, entering the privacy and seducing those people that, transferred him by the small city centers, they recognize in the bright poster, in the flashing neons, in the dazzling insignias, to shine of the modernity. The artificial illumination enters so much the outside (the roads, the public places, the city), how much insides (the house), aware of the influence that it has on the psychology of the recipient. The family of Marcovaldo lives it “storm of passions” now aroused by the natural light, with the dark and the firmament, from the opaque moon illuminated by him “sloping radiates of a sun lost by the
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earth” that preserve his “warm colour” and it transmits “nostalgia”; sometimes from the artificial light, the bright advertising writing that transforms “a sigh in to pant of a mambo”, a serenade in a “rhythm jazz.” The light makes colour. The colour makes symbol. The artificial light becomes the moon. “- And does the moon that firm has put her? The moon has not put her a firm. It is a satellite, and there is always.” Calvino reflects on the strength of the light and the colours, on the suggestions that the colours of the seasons have on the city as an inseparable match: man and light, man and colour, man and architecture, architecture and light, architecture and colour. The same formula is employed of it “Her invisible City”, where the suggestive aesthetics of the urban architectures passes for the natural evolution of the man, of its habits, of its expectations, of its physiological perception of the space, of the light, of the colour, that it becomes psycophisical from physical trial.
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A similar trial finds application in the artistic searches of Anish Kapoor and the “its” chatted “Vantablack”, the “black
blacker than the world.” Purchased and surrendered to the artist by the British society Surrey NanoSystems, the colour results formed by carbon’s miniature tubes vertically lined up within which the bright waves actually bounce to be, from them, completely absorbed; such structure is able to confer to the color the ability to absorb the 99,96% of the light. The trial physical envoy in action from the British society, in the hands of Kapoor, it becomes an artistic creation connotated from a perceptive value that the optic ability of the alone man exploits in how much tightly connected to the psychic trial of the translation of the colour in a space that cannot define him such in how much not yet experimented to conscious level, for which he will make lever on “some of else, on something that doesn’t know in the own inner being.” Such experimentation would perhaps make to twist the nose to the “painters of the light”, the notorious impressionists, that attributed to the “to see” the threshold function of the conscience: it was the element perceptive what it counted, or the feeling that recorded the appearance of the reality; the light was the objective to which to extend. Nevertheless, in to underline the difficulty to find an
univocal correspondence between external reality and internal projection, there are the prodromis of the following scientific and artistic searches, as well as a further confirmation of the hold correlation that the light and the colours have with their metabolism to aware and unconscious level. To the light of such reflections, it won’t be difficult to understand because of it “athe agitate’s room to St. Bonifacio in Florence” (1865), Telemaco Signorini succeeds in conferring to the whole cloth a sense of uneasiness, putting “in back the shivers of the fear”. recalling the effectiveness expression of a note critique to the work: the yellow, calibrated in amber temperatures , it winds among the shaken figures, producing a space “sick.” The “calm” white inside, illuminated as soon as from a small window, of the cell where sits to sew it “Luigia Sanfelice in the jail” (1874) of Giacchino Toma, through the tonal progression of a cover cyclamen, the near wood table, the white of the handkerchiefs and the pillow and of the bonnet, with the dresses as more ax, turns the painting of history into a private dimension. The light enters the insides and the
colours they become symbolic language of the daily way of living, through experimentations that from artistic they become universal evocations, historical, human. A letter of Gauguin to his wife, where test to explain the meaning of one of his most enigmatic works, “Manao Tupapao. The spirit of the corpses vigil” (1892), it makes well the sense of which above: “I have made a nude of this youth. In the position in which he has put it is indecent. I put her in the head some fear; but to this fear it needs to furnish a pretext: and here is a maori. It is a people that has some traditions a huge fear of the spirit of the corpses. I must explain this fear [...]. General harmony, dark, sad, scary […]. Violet, blue dark colour and orange yellow. I make the yellow-greenish sheets, because the sheets of this wild are different from ours (bark of tree), because they suggest the artificial (the taitian woman never sleeps in the complete dark) light and nevertheless I don’t want the effect of a lamp; besides, this yellow, tying the orange yellow and the blue one, it completes the musical accord.[…]“ In these lines, the colour solutions are exactly explained adopted by the artist turned to the attainment of a scheme
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that from the perceptive sphere it passes to that emotional, an inside that reconstructs the specificity of the to live of a taitian woman showing up, but at the same time it testifies the intimate connection of the housing habits with the mystical-religious traditions of the people of reference.
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The colours become therefore symbols and symbolic, they postpone together to a housing and religious specificity. The same the light, in this artificial case, because the women don’t like to sleep to the dark. Dark hides the “evil”, the mystery, the unconscious; what is not known it is dyed of suggestions, those that the nighttime light creates in his children, when I am in bed and they think that the shade of the chandelier both an enormous, gigantic, dreadful spider. With this analysis, the City of the Science and the industry in Paris has prepared the Cité des enfants and he has realized a ludo-didactic space to illustrate the science and its connection in the society, to the children of band 3-12 years; in one of the tents, history and experiments are furnished around the light and its evolution, the influence that it has on the life of the living beings and the whole Earth, as well as the human intervention with its genius and the suggestions that the lights and
the shades can produce in the life of the men, in this case, in his/her/their children and in the atavistic fear of the dark, of the monster under to the bed, of the claw of dragon that the light of the moon projects on the covers: it is a branch of a tree crossed by the lunar light, that goes beyond the glass of the window (transmission, refraction, reflection, diffusion, luminescence: the light is an energy composed by tied up electromagnetic vibrations to the subject and characterized by an undulated motion). Colours. Inside. Quiet. Van Gogh writes to Gauguin: “I have done, always for my use, a wide picture 30 of my bedroom, with the wood furniture that you know. Well, it has me enormously amused to make this inside without nothing, with a simplicity to the Seurat. To flat but spread out shades coarsely, to full I mix, the walls of a pale lilac, the floor of a broken red and discolored, the chairs and the bed yellow chrome, the pillows and the sheet of a green very pale lemon, the cover red blood, the orange toilet, the blue basin, the green window.I would have wanted to express an absolute rest with all these so different tones, you seeit, and in which is not of white that the small note given by the mirror with the black frame […]“. The
wide picture 30 are “Arles’ room” (1888) and with the support of the painter, he doesn’t feel work some in to lose in a space to deprive of shades, where the principal intent is the rest and the calm. The window is closed and the natural light doesn’t enter: it is not isolation, it is a space deprived that it creates intimacy and he invites the observer to sit on the chair to enjoy an instant of truce. The energy of the light and the color is the wave that is born and it crosses the man and his “things”, his “to live” note; from it, the human being absorbs the strength, the creativeness, the door with if in visual and mental landscapes together; from them, it transforms and it is transformed, engraving the natural imprints of its being and its becoming in forms and decoded symbols, testified by the material objects of the of their perception. Such passages are not intelligible, just as the sciences they teach us; they have one code of theirs, a language with some own rules, a dictionary. It achieves of it that one missed knowledge of theirs, as well as one wrong application of theirs can produce the calviniano “GNAC.” The new millennium has turned on its showier GNAC: the global warming, the worrisome alarm that the climate
of the planet sees Earth heavily altered toward an exponential overheating that goes together with the alteration of the present ecosystems in nature. The bright pollution, together with some natural resources has imposed a world debate that doesn’t succeded to find solutions not palliatives. The World atlas of the bright pollution, study realized from experienced of the sector with the institute of Science and Technology of the bright pollution, it brings the negative record: the artificial light is employed without any criterion, him 83% of the world population alive under polluted skies and Italy it polls to the first place with a percentage of visibility of the celestial time that is almost void. The artificial lights constantly stay active, also to deep night, producing bright pollution and energetic waste. The employment of the bright LEDs also for the public illumination, it would seem the solution to employ for the attainment of first immediate results of mitigamento of the bright pollution: the led can be regulated in their bright power, varying the intensity of it during the day. Light. Colour. Their knowledge and
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their employment in the life of the man subtend a search that is multidisciplinary. In once in which the interconnection is ruling and not structured, where the sphere of the public confuses him with the privacy, they stay the formative base of our material and spiritual identity, in a constant dialogue of relationship between the physical datum and the sensitive datum. Because in the privacy, the natural light, the artificial light, the colours, the dark enters with knowledge of cause, answering to the particular and general demands of the individual and the individuals all, it is required of searches and of experts of the sector through the construction of a prolific debate. Exactly as this agile volume, of which I have had the honor to read in preview operates: it opens the mind to more than few reflections on the nature of the light and the color in the planning of things and houses, or in the action of auto the individual’s perception as to be unique, with a proper baggage of necessity and suggestions, besides the logic of the homo oeconomicus, of the flat acceptance of a sharp pain commercial homologation.
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Natural light. Artificial light. Colour. Without some planning, the things and
the houses empty systems become where, Fiordaligi, the greatest child of Marcovaldo, will see to fade away forever the dream of a nighttime love”: […] the skylight of the lunar girl had disappeared behind an enormous, impenetrable double vu.”
COSE E CASE Francesco De Falco arredo umano THINGS & HOUSES LUCI, OMBRE, EMOZIONI… human furnishings Quando l’Architettura incontra la Clinica
Vi è un rituale spontaneo che, da tempi remoti, rivela un bisogno e realizza un costume in funzione riparatrice, una pratica propria di diffuse aree del sud. Sottolinea Ernesto De Martino: “il cordoglio è il lavoro speso per tentare la guarigione” e in quelle zone , resistono usanze che, nate per abitudini spontanee, nascondono un significato “terapeutico” dettato dalla prassi. Le acquisizioni scientifiche più recenti danno ragione, grazie alle risultanze delle neuroscienze, di taluni ancestrali comportamenti umani destinati, altrimenti, ad essere liquidati come ingenue usanze popolari. L’antico lamento funebre era correlato a rappresentazioni che avevano anche la funzione di annunciare alla comunità che in quella casa si era consumato un lutto e, per l’appunto, l’usanza di oscurare le imposte aveva il compito di interpretare un bisogno di intimità, di smorzare lo stupore intorno alla morte. Il rituale del lutto prevede che ci sia un ritiro dalla gioia, che la tristezza prenda il sopravvento e ritmi l’abbandono dell’altro, la facilitazione del “lasciarlo andare”, la metabolizzazione dei ricordi e il tentativo di recupero di quelle parti di sé che vanno via con il morto.
Cosi, in realtà, la consuetudine di chiudere le imposte, di accostare i battenti, avrebbe di sicuro un significato anche simbolico, ma includerebbe il bisogno di facilitare la plausibile depressione. La luce che colpisce la corteccia visiva attraverso la finestra delle pupille, irradia anche la ghiandola pineale e produce importanti modifiche funzionali nel sistema dei mediatori cerebrali. Intanto si attiva la produzione di melatonina, con valenze antiossidanti e implicata nella regolazione del ritmo sonno-veglia. Tra l’altro essa sembra avere un ruolo nella regolazione del sistema immunitario e protettivo rispetto allo sviluppo del cancro. In più ha un ruolo nella facilitazione della vita sessuale. Ma l’elemento più interessante è la funzione che la ghiandola pineale assume nella produzione di due importanti sostanze regolatrici della omeostasi della mente: la dimetiltriptamina e la serotonina. La prima, DMT, prodotta in quantità del tutto insignificanti, è stata denominata “molecola dello spirito”.
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psicopatologico. Gli effetti dell’analogo sintetico producono la sensazione di una “uscita dal corpo” con una distorsione temporale, una perdita della percezione del corpo e uno stato sognante relativamente alla percezione di suoni e colori, che risultano modificati. Non è molto chiaro quindi il ruolo della molecola nelle espressioni umane. Probabilmente essa è implicata in quella vasta fenomenologia che è legata al sonno e soprattutto ai sogni, alla immaginazione, agli stati sognanti. Meglio conosciuto e rilevante il ruolo della serotonina. La serotonina è il mediatore del buon umore. La sua carenza induce depressione con un corteo di sintomi che interferiscono pesantemente con la qualità della vita. Accanto ad uno stato di tristezza profonda, che si rivela nucleo centrale, il soggetto con carenza di serotonina avverte ansia, facile irascibilità, comportamenti e pensieri ossessivi, paura, disturbi alimentari, difficoltà all’addormentamento.
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Dunque un complessivo disagio che può sfociare in uno scenario francamente
Soprattutto nei paesi a latitudine Nord, è conosciuto un quadro metereopatico noto come depressione invernale, Seasonal Affective Disorder ( SAD), correlato all’eccesso di buio che limita la produzione delle menzionate sostanze (melatonina,DMT, serotonina) e di altre: dopamina, noradrenalina, adrenalina cortisolo. Alle latitudini più meridionali il fenomeno è meno avvertito, tuttavia le giornate invernali buie non mancano di produrre brevi alterazioni psichiche, e non solo, collegabili ad una diminuzione della luminosità. Questi studi neuro-fisiologici sull’importanza della luce negli eventi umani definiscono meglio, ed arricchiscono, le motivazioni per le quali la progettazione della casa, pur rispondendo alle necessità del buon abitare e a criteri estetici, dovrebbe tener conto di quei parametri che possono incidere sul benessere dei suoi occupanti. La dimensione degli infissi, la posizione geografica, l’orientamento, lo studio della incidenza della luce e l’assecondare l’irruzione della stessa negli ambienti
agio e trovi nella facilitazione luminosa gli elementi del buon vivere. del vivere quotidiano, smettono di essere un puro esercizio di stile da parte del progettista per divenire un criterio valutativo ben preciso destinato ad incidere sul comportamento e persino sugli stati d’animo. La progettazione tesa a rispettare questi canoni influisce significativamente sul significato di benessere e si riflette anche sulla scansione dei ritmi circadiani, dunque su parametri che attengano al mantenimento di una buona salute per chi vive in quegli ambienti. Luce naturale e luce artificiale…anche la disposizione delle fonti luminose interne riveste analoga funzione. Se l’architettura degli anni andati si limitava a fornire qualche punto luce che fosse alternativa al buio, oggi i progettisti ricorrono a mille artefatti per dare alla luce una diversa valenza nella casa. Le scenografie, le quinte, le pareti riflettono attraverso mille artifizi attraverso i quali il designer modula la realizzazione degli spazi, nell’ottica di rendere più desiderabile l’abitare. Un dosaggio di questi elementi rappresenta una risorsa aggiuntiva perchè il padrone di casa si senta a suo
E il buio? L’assenza di luce, con le sfumature dell’assenza di luce, rappresenta, a sua volta, un momento “terapeutico”. Il buio esce dal ghetto del regno delle ombre, dominio di stati d’animo correlati allo sconosciuto, al non percepibile. E in quanto tale angosciante! Benchè sia collegabile ad una dimensione negativa, il buio ha le sue funzioni e interviene per suo conto nelle scansioni del vivere quotidiano. La penombra viene prima del buio. Zona di confine tra i due mondi, rappresenta un territorio nel quale è più facile dare corpo a rappresentazioni e fantasmagorie. Può essere il palcoscenico delle illusioni, cioè il luogo di incontro delle proprie proiezioni che trasmutano la realtà. La penombra segna i confini di una zona franca nella quale la mente, pronta ad una facilitazione nell’abbandono, ritrova, attraverso una misurata modulazione della luce, ritmi biologici
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penombra, a colori tenui, per offrire comunque al piccolo ospite un contatto con la realtà più rassicurante. più rilassanti, un respiro rallentato, una oscurità opalescente, una mindfulness assecondata. Le zone di penombra della casa collocate, negli spazi e nelle modalità adeguate, nel contribuire alla ridefinizione delle aere, segnano anche esse dimensioni di benessere quando il tumulto del quotidiano, non ancora dissoltosi nel sonno, reclama un ristoro necessario alla libertà della mente.
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Oltre il nero non v’è altro! Esso è l’ultimo limite, oltre il quale l’individuo si ritrova con se stesso in una posizione di abbandono e di irrazionale. La luce genera i colori e i colori sono la percezione che i nostri sensi affidano alla realtà. Dal colore scaturiscono stati d’animo e le nostre interpretazioni interne danno forma, attraverso il colore, alle cose.
Il buio è il nero! Il nero come contrario del luminoso assurge a dignità in quegli spazi dedicati al rallentamento dei ritmi, all’affievolimento dei parametri biologici di base.
La riconosciuta valenza ai colori ha permesso addirittura l’allestimento di un test psicologico basato sulla scelta degli stessi per tracciare profili di personalità: è il test di Luscher.
La luce si spegne, la corteccia entra in uno stato progressivo di trance, il sonno ristoratore giunge a ritmare le attività della mente secondo canoni diversi. Il corpo si lascia andare e sulla scena irrompono i sogni dalle ben riconosciute valenze terapeutiche.
La lettura della scelta effettuata dal soggetto consente di approfondirne il carattere e di conoscerne l’umore del momento.
Se il buio è della stanza del riposo, riconosciamo tuttavia, come unica eccezione, lo spazio del riposo dei bimbi dove il nero potrebbe essere una lavagna su cui facilmente si rappresentano i fantasmi e le paure propri dell’infanzia. Qui al nero andrebbe preferita la
Una progettazione attenta degli spazi abitativi dovrebbe tener conto anche di questa dimensione perché per quanto già sottinteso, la scelta può condizionare stati d’animo e abitudini. La scala dei grigi include il concetto del
travolgere dagli stessi. “nè chiaro nè scuro”. Una posizione sospesa, priva di energia e, al contempo, premonitrice di calma. Un terreno senza desideri e senza opposizioni dal quale il soggetto evita di lasciarsi coinvolgere. Perciò è la zona della penombra, dove realizzare una posizione di attesa, un ristoro aspettando nuove avventure. Il blu delle acque si addice ad un temperamento quieto. Sul piano psicologico induce pace, tranquillità, asseconda la sensibilità. Lo sguardo rivolto ad una parete tinta di azzurro/ blu modula la tensione, regolarizza la respirazione, rallenta il ritmo cardiaco. E’ il colore che sostiene il nostro senso di appartenenza e l’intensità dei legami affettivi. E’ probabilmente il colore che meglio può dare scena al convivio, alle appassionate conversazioni del living. Nelle interpretazioni del Luscher, il verde, il colore che più avvicina alla natura, stimola il soggetto a cercare migliori spazi di autoaffermazione e di vita gratificata. E’ il colore della fermezza, dell’autostima e della sicurezza. La quercia ben ferma evoca un temperamento austero, una tendenza alla consapevolezza, con sentimenti di fierezza, capacità di gestire gli avvenimenti piuttosto che di lasciarsi
E’ il colore degli spazi di autorealizzazione? Forse può definire al meglio il mondo delle attività, pragmatiche e intellettuali. Il rosso, è noto, è vitalità! Gioia di vivere, desiderio intenso all’azione, desiderio in tutte le accezioni. Colore forte che può tratteggiare come spunto vitale il mondo intorno a noi. Stimolo di vita, aumenta la tensione operativa ed esercita effetto positivo sui parametri vitali. E’ come il giallo, colore luminoso simbolo di gioia e di leggerezza. E’ il colore del sole: complice di una personalità aperta, ebbra di speranza e di ottimismo, muove le leve del desiderio, del cambiamento, dell’impulso a vivere nuove esperienze. Stimola l’ambizione e apre ad una avventura a tutto campo verso la scoperta di nuovi mondi e al conseguimento dell’altrui approvazione. I sognatori, e quanti si tuffino nella vita con un pizzico di irresponsabilità, preferiscono il violetto, il colore dell’incantesimo e della magia. Il colore scelto da persone molto giovani. Esso offre al mondo un alone magico
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e spinge a mettersi in evidenza, ad esercitare il proprio fascino. Di certo è il colore preferito da quanti siano dotati di sensibilità e buon gusto. Per finire un cenno al marrone, colore che evoca sensazioni di benessere e di appagamento erotico. Impone il bisogno di liberarsi dello sconforto, dell’insicurezza, delle malattie, di situazioni conflittuali. Abbiamo parlato di luci, ombre, colori, cercando di rimarcare gli effetti clinici sia sulla dimensione del corpo che su quella della mente. Man mano che si affinano le tecniche progettuali ci si spinge sempre più verso la dimensione dell’appagamento, dove il disegno degli spazi da vivere bada all’estetica, al confort, ma anche, appunto, al benessere. Che influenza può avere una tale competenza sulla liberà creativa dell’architetto? E giusto che essa imbrigli l’estro e la creatività al punto da dettare le ispirazioni del designer?
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Certamente il genio dello stilista necessità di volare alto e di sentirsi libero da ogni sovrastruttura.
Ma nell’ambito della creatività uno sguardo a quegli aspetti, per così dire accessori, che contribuiscono al benessere dell’individuo, consente loro di smettere il carattere del futile per assurgere ad una dignità che può fare la differenza e trasforma un manufatto in un contesto abitativo di eccellenza.
COSE E CASE Francesco De Falco arredo umano THINGS & HOUSES THINGS AND HOUSES human furnishings LIGHTS, SHADES, EMOTIONS… When the architecture meets the Clinic
go him”, metabolize memories and the attempt of recovery of those parts of itself that go away with the corpse. There is a spontaneous ritual that, from remote times, it reveals a need and it realizes an in custom reparative operation, a practice proper of diffused areas of south. Ernesto De Martino underlines: “grief is the job spent for trying the recovery” and in those zones, they withstand customs that, been born for spontaneous habits, they hide a meaning “therapeutic” dictated by routine. The scientific acquisitions more recent damage reason, thanks to the results of the neurosciences, of some ancestral destined human behaviors, otherwise, to be liquidated as ingenues popular customs. The ancient funeral complaint was correlated to representations that also had the function to announce to community in that house a mourning was consumed and, for the note, the custom to darken the taxes had the assignment to interpret a need of intimacy to damp the amazement around the death. The ritual of the mourning foresees that there is a withdrawal from the joy, that the sadness takes the upper hand and rhythms the abandonment of the other, the facilitation of the “to leave to
In reality, the custom to close shutters, to approach windows, it would have of sure a symbolic meaning also, but it would include the need to facilitate the reasonable depression. The light that strikes the visual bark through the window of the pupils, it radiates also the pineal gland and produces important functional changes in the system of the cerebral mediators. Meanwhile the production of melatonin is activated, with values antioxidants and implicated in the regulation of the rhythm sleep-vigil. Besides it seems to have a role in the regulation of the immune system and protective in comparison to the development of the crab. In more it has a role in the facilitation of the sexual life. But the most interesting element is the function that the pineal gland assumes in the production of two important regulator substances of the homeostasis of the mind: the dimethyltryptamine and the serotonin. The first, DMT, produced entirely in meaningless quantity, it has been
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scenery. denominated “molecule of the spirit.” The effects of the analogous synthetic produce the feeling of one “gone out of the body” with a temporal distorsion, a loss of the perception of the body and a dreamy state relatively to the perception of sounds and colours, that result modified. It is not very clear therefore the role of the molecule in the human expressions. It is probably implicated in that vast phenomenology that is tied up to the sleep and above all to the dreams, to the imagination, to the dreamy states.
To the latitudes most southern the phenomenon is less warned, nevertheless the dark winter days don’t miss to produce brief psychic alterations, and not only, connected to a diminution of the brightness.
The serotonin is the mediator of the good humor. Its lack induces depression with a procession of symptoms that they heavily interfere with the quality of life.
These neuro-physiological studies on the importance of light in the human events define better, and they enrich, the motivations for which the planning of the house, also answering to the necessities of the good one to live and to aesthetical criterions, it would owe take account of that parameters that you can engrave on the comfort of its occupants.
Nearby to a state of deep sadness, that he reveals central nucleus, the subject with lack of serotonin warns anxiety, easy irascibility, behaviors and obsessive thoughts, fear, alimentary troubles, difficulty to the numbeness.
The dimension of the fixtures, the geographical position, the orientation, the study of the incidence of the light and the to favor the break-in of the same one in the environments of the daily way of living, stops being a pure exercise
Better known and remarkable the role of the serotonin.
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Especially in the North latitude countries, a picture is known meterorogical as winter depression, Seasonal Affective Disorder (SAD), correlated to the excess of dark that limits the production of the mention substances (melatonine, DMT, serotonine) and others: dopamine, noradrenaline, adrenaline cortisol.
Therefore a general uneasiness that can frankly flow in a psychopathological
you finds in the bright facilitation the elements of the good way of living. of style from the planner to become a criterion well precise that value destined to engrave on the behavior and even on the states of mind. The tense planning to respect these canons meaningfully influences the meaning of comfort and also reflects him on the scanning of the circadian rhythms, therefore on parameters that concern to the maintenance of a good health for the one that alive in that environments. Natural light and artificial light… also the disposition of the inside bright sources dresses again analogous function. If the architecture of the gone years limited him to furnish some point light that was alternative to the dark, today the planners resort to thousand artificial to give a different value to the light in the house. The scenographies, the scenes, the walls reflect through thousand artifices through which the designer modulates the realization of the spaces in the optics to make more desirable to live. A dosing of these elements represents an additional resource because the landlord feels him to his ease and
And the dark? The absence of light, with the tones of the absence of light, it represents, in turn, a moment “therapeutic.” Dark goes out of the ghetto of the kingdom of the shades, dominion of states of mind correlated to the stranger, to the not perceivable. Be in how much such distressing! Although it is connected to a negative dimension, the dark it has his functions and it intervenes for his account in the scannings of the daily way of living. The faint light comes before the dark. Zone of border among the two worlds, represents a territory in which it is easier to give representations body and others. It can be the stage of the illusions, that is the place of meeting of his own projections that transformed in reality. The faint light marks the confinements of a frank zone in which the mind, ready to a facilitation in the abandonment, it finds again, through a measured
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modulation of the light, biological rhythms more relaxants, a breath, an opalescent obscurity, a favored mindfulness. The zones of faint light of the house put, in the spaces and in the suitable formalities, in to contribute to the redefinition of the aeres, they also mark dimensions of comfort when the tumult of the daily paper, not yet dissolved him in the sleep, it complains a necessary comfort to the liberty of the mind. Dark is the black! The black as contrary of the bright one rises to dignity in that spaces devoted to the deceleration of the rhythms to dim of the biological parameters of base. The light extinguishes him, the bark enters a progressive state of trance, the refreshing sleep reaches the activities of the mind according to different canons. The body he allows to go and on the scene the dreams storm from the well recognized therapeutic values.
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If dark is of the room of the rest, we recognize nevertheless, as only exception, the space of the rest of the babies where the black could be a blackboard on which easily the ghosts
and the fears are represented proper of the infancy. Here to the black the faint light should be preferred, colour slim, to offer a contact to the small guest with the most reassuring reality however. Over the black there is not other! It is the last limit, over which the individual finds again him with himself in a position of abandonment and of irrational. The light produces the colours and the colours I am the perception that our senses submit to the reality. From the color states of mind and our interpretations spring inside damage form, through the colour, to things. The famous value to colour has allowed the preparation of a based psychological test on the choice of the same to trace profiles of personality straight: it is the test of Luscher. The reading of the choice effected by the subject allows to deepen its character and to know its humor of the moment. A careful planning of the housing spaces would also owe take account of this dimension because for how much
already implied, the choice can condition states of mind and habits. The staircase of the grey ones includes the concept of the “neither clear neither dark.” A suspended position, deprived of energy and, to the meantime, premonitory of calm. A ground without desires and without oppositions from which the subject avoids to let him involve. Therefore it is the zone of the faint light, where to realize a position of attended, a comfort waiting for new adventures. The blue one of the waters is suitable him to a calm temperament. On the psychological plan it induces peace, calm, favors the sensibility. The turned look to a wall dyed of blue / blue it modulates the tension, it regularizes the respiraton, it the cardiac rhythm. It is the colour that sustains our sense of affiliation and the intensity of the affective bonds. It is probably the colour that better can give scene to the convivium, to the impassioned conversations of the living. In the interpretations of the Luscher, the green, the color that more it approaches to the nature, it stimulates the subject to look for best spaces of self-affirmation
and gratified life. It is the colour of the steadiness, of the self-confidence of the safety. The well firm oak evokes an austere temperament, a tendency to the awareness, with feelings of boldness, ability to manage the events rather than to leave to be crushed by the same. Is it the colour of the spaces of selfrealization? Perhaps it can define to the best the world of the pragmatic and intellectuals activities. The red, is known, is vitality! Joy to live, intense desire to the action, desire in all the meanings. Strong colour that can outline as I sprout vital the world around us. Stimulus of life, increases the operational tension and manages positive effect on the vital parameters. And’ as the yellow, color bright symbol of joy and lightness. And’ the colour of the sun: accomplice of an open personality, intoxicated of hope and of optimism, it moves the levers of the desire, of the change, of the impulse to live new experiences. It stimulates the ambition and it opens to an adventure to all field toward the discovery of new worlds and to the attainment of other people’s approval.
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The dreamers, and how much plunges him in the life with a pinch of irresponsibility, they prefer the violet the colour of the spell and the magic. The select colour from very young people. It offers a magic halo to the world and it pushes to put on in evidence to practice his own charm. Of certain it is the preferred color from how much endowed with sensibility and good taste is. To end a sign to the brown one, colour that evokes feelings of comfort and erotic appeasement. It imposes the need to free some discouragement, of the insecurity, of the illnesses, of conflictual situations. We have spoken of lights, shades, colours, looking for to observe the clinical effects both on the dimension of the body that on that of the mind.
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As soon as they get sharper the technical progettualis it pushes him toward the dimension of the appeasement more and more, where the sketch of the spaces to be lived minds the aesthetics, to the confort, but also, note, to the comfort.
What influence can you have such a competence on it will sip it creative of the architect? Is it correct that it bridles the fancy and the creativeness to the point to dictate the inspirations of the designer? Certainly the stylist’s genius necessity to fly tall and to feel free from every superstructure. But within the creativeness a look to that aspects, for so to say accessories, that contribute to the comfort of the individual, allows them to stop the character of the futile one to rise to a dignity that difference can do and it turns a manufactured article into a housing context of excellence.
illustrazione di / illustration of |Franco Rotella spettro elettromagnetico / electromagnetic spectrum tecnica inchiostri / inks technique
COSE E CASE Federica Ammaturo arredo umano THINGS & HOUSES Luce naturale. Luce artificiale human furnishings
“Al crepuscolo il doppio edificio diventa leggermente fosforescente. Non è merito delle grandi finestre illuminate, nemmeno per lo scenografico sistema di lampade esterne, ma per le fasce di pietra bianca di Saint Leu. Per contrasto rese ancor più lucenti dalla presenza dei mattoni, esse vogliono restituire, o ricordare, la poca luce assorbita durante il giorno. Nel momento in cui le fasce scure dei mattoni entrano impazienti nella notte, quelle chiare indugiano ancora, sospendono il giorno in un cielo che cade troppo presto. Che precipita, semplicemente. Esitano, e noi con loro, ad abbandonare l’ultimo bagliore”.(1) (Francesco Venezia, Luce da Sud sui fronti Nord)
Luce naturale. Luce riflessa. Contrasti. Giochi di luce. Ombre. Colori.
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Giordano Tironi descrive così, nel Novembre 1997, il doppio progetto per l’Università d’Amiens, dell’architetto avellinese Francesco Venezia. Il ritmo della composizione architettonica, che alterna pietra bianca a mattoni, dà “luce” ad una sinfonia di chiari e scuri, una melodia di colori agli occhi di chi la osserva. Il fronte Nord è caratterizzato
dalla presenza di un lungo portico leggermente staccato dall’edificio, che raccoglie la luce da Sud proiettandola sul lato opposto. La tenue luce solare illumina l’edificio, posto ai piedi della grandiosa cattedrale di Amiens, modificandone le tonalità e producendo sensazioni e percezioni mutevoli, al mutare delle ore del giorno. Luce artificiale. Luce proiettata. Contrasti. Giochi di luce. Ombre. Colori. Dare nuova luce ad un ambiente si può! Con la luce stessa, appunto. E’ proprio attraverso l’uso di proiezioni luminose che la medioevale cattedrale di Amiens ha ripreso il suo aspetto originario. Quella che si è spesso considerata l’Era del buio e dell’oscurità, in realtà brillava della luce di coloratissime sculture, i cui colori, persi nel tempo, vengono oggi ricreati in alcune occasioni tramite uno schermo traslucido che dà l’idea di ammirare uno smalto policromo, degli stessi colori che potevano osservare i nostri antenati nel Medioevo. La sfavillante luce artificiale, proiettata sulla fredda pietra grigia, produce vivaci giochi di colore e luce, portando per qualche attimo l’immaginazione a epoche remote e altrimenti dimenticate.
E’ singolare, interessante e anche molto bello assistere al connubio perfetto del moderno con il naturale e dell’ antico con l’artificiale; è perlomeno particolare la coincidenza di ritrovare a pochi passi di distanza, qualcosa di tanto nuovo, ma così profondamente condizionato e segnato da ciò che di più naturale può esistere (la luce del Sole), e un “pezzo” di storia invece così rivitalizzato e influenzato dalle più recenti tecniche di illuminazione. In entrambi i casi il soggetto principale è la luce, e forse questi due esempi possono essere uno spunto per percepire (e non tanto per analizzare criticamente), quanto la luce possa essere importante, se ben utilizzata; quanto questa abbia influenzato e influenzi la vita dell’uomo nelle sue più semplici attività quotidiane; quanto, tutto ciò, ci fa “vedere” tutto il nostro vivere sotto una luce nuova e straordinaria. Quella della Luce. “Ma cosa è dunque la luce? È forse un’onda oppure un getto di corpuscoli?” Albert Einstein Dal punto di vista fisico la luce è un’onda elettromagnetica i cui campi elettrici
e magnetici si propagano anche nel vuoto. In alcune situazioni la luce si comporta però anche come insieme di corpuscoli: nel 1905 infatti, Albert Einstein scoprì che a contatto con un metallo, si comporta come se fosse costituita da una pioggia di particelle, dette fotoni, dando così vita ad uno dei problemi che accompagnano la fisica fin dalla sua nascita, nel Seicento. La luce è il più importante veicolo d’informazioni di cui disponiamo: oltre l’80% delle informazioni che ci pervengono dal mondo esterno sono affidate alla percezione visiva, quindi alla luce. Solo grazie alla luce, infatti, è possibile percepire e vedere il colore, distinguendone le tonalità. Spesso non ci facciamo caso, ma i colori scandiscono il tempo nelle nostre giornate, dal passaggio dall’alba al tramonto, al mutare delle stagioni. La luce naturale e artificiale influenza la nostra vita, dall’istante in cui nasciamo e fino al nostro ultimo giorno di vita, dal punto di vista biologico, fisiologico e psicologico; possiamo addirittura affermare per certo che la luce è vita. Per comprendere cosa sia davvero la
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luce e quale sia il miglior modo per utilizzarla, bisogna conoscere dal punto di vista scientifico la sua natura e le sue caratteristiche intrinseche. È importante conoscere in che modo la luce interagisce con la materia, come si comporta a contatto con i diversi materiali; è essenziale inoltre essere a conoscenza delle diverse tecniche di illuminazione, naturale o artificiale, che permettono di creare ambienti diversi a seconda dell’uso al quale sono preposti. L’illuminotecnica è la scienza che studia l’illuminazione naturale e artificiale. Ha lo scopo di assicurare all’uomo il comfort visuale che, nell’ambito dell’illuminazione d’interni in maniera particolare, riguarda anche il comfort mentale. È proprio per questo che la luce è ancor più importante, se messa in relazione con la nostra capacità di percepirla. La branca dell’illuminotecnica che si occupa di studiare l’energia radiante emessa o ricevuta da una superficie, in relazione alle sensazioni che essa stessa produce sull’individuo attraverso la vista, è la fotometria. La luce che il nostro occhio percepisce, scientificamente definita come energia radiante elettromagnetica, è la luce bianca, risultato di una miscela
di tutte le lunghezze d’onda dello spettro visibile (che sono percepite dall’occhio umano con colori che vanno dal rosso al violetto, al cambiare della lunghezza d’onda) e che contiene anche radiazioni appartenenti alla regione degli infrarossi e degli ultravioletti ( non visibili dall’occhio). L’occhio recepisce la luce che, in una sorta di rifrazione (conseguenza del cambiamento di velocità della luce al passaggio fra due mezzi diversi) lo attraversa producendo l’immagine sulla retina, posta nella parte posteriore del globo oculare: in presenza di raggi di media lunghezza d’onda (ovvero quelli giallo-verdi la cui lunghezza d’onda è circa 555nm) la sensazione luminosa è massima. In piena luce, quando la percezione dei colori è massima, la visione è detta fotopica. La visione scotopica è invece caratterizzata dalla scarsa definizione delle immagini e dei colori in tutto il campo visivo, dovuta ad una bassa intensità luminosa. Oggi l’uomo ha un’idea di luce ben precisa. La conosce dal punto di vista scientifico, sa come “modellarla”, come utilizzarla al meglio, cerca di non disperderla, di non consumare energia elettrica sprecandola: eppure abbiamo ancora
tanto da imparare. Ma qual è stato il cammino della luce dalla preistoria fino ai giorni nostri? Come veniva sfruttata la luce naturale quando quella artificiale non esisteva o non era fruibile a tutti? E la luce artificiale com’è cambiata nel tempo? Proviamo a scoprire come la luce abbia condizionato l’umanità nella quotidianità della propria “casa”… La luce come simbolo religioso è sempre stata presente nella vita dell’uomo, prima ancora che come elemento modulatore dello spazio costruito. Nel periodo neolitico, nelle religioni germaniche o orientali, in Egitto e in Mesopotamia, il Sole è stato sempre, anche se con modalità diverse, considerato una divinità; con i greci ed i romani e successivamente con l’avvento del Cristianesimo, la luce mantiene ancora caratteristiche divine, e sempre nei secoli, soprattutto in ambito artistico, la luce ha rappresentato il divino, il soprannaturale, la santità; viene poi intesa nel Rinascimento, come fenomeno strettamente naturale collegato ai ritmi del giorno e delle stagioni. Nell’evoluzione dell’architettura, dalla
caverna alla casa di vetro, l’uomo ha sempre teso verso la protezione dell’ambiente interno da quello esterno, compatibilmente con la sua illuminazione, tenendo conto delle innovazioni tecnologiche che lo hanno portato a rendere sempre più trasparente l’involucro edilizio, a sfruttare quindi al meglio quella indispensabile risorsa chiamata luce. “La piena luce, indubbiamente nella preistoria doveva rendere insicuro l’uomo costretto a combattere innumerevoli nemici, mentre la penombra della caverna creava forse un senso di protezione e di minor tensione”(2), eppure la luce è elemento costituente della grotta, all’interno della quale si creano effetti di luce ogni volta che questa sfiora i massi rocciosi. Sul finire del periodo preistorico però (fra i 3000 e i 2000 anni a.C.) vengono costruite case a schema ellittico con cortile interno. Negli svariati tipi di capanne delle epoche successive invece, le uniche aperture erano probabilmente una porta in basso e una finestra in altro, di piccole dimensioni, utilizzata per l’uscita del fumo. Tra queste, alcuni semplici esempi possono essere i trulli pugliesi, gli igloo o le Pallozas spagnole. Esiste quindi l’intenzione di dare importanza all’aria e alla luce nella costruzione
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delle case attraverso, ad esempio, come avviene in Mesopotamia, dei porticati o delle aperture negli ambienti interni, con piccole finestre situate in alto e solitamente chiuse con grate di legno, terracotta o pietra. In Egitto le finestre lignee, le cui aperture erano coperte da tende, fogli di pergamena o alabastro, sembra fossero chiuse da due battenti mobili. Nelle case povere della Nubia esisteva solo una piccola finestra posta in maniera opposta alla porta d’ingresso, per garantire la ventilazione. Con la civiltà micenea le finestre compaiono in ogni piano della casa, suddivise in due parti da un montante centrale o da una struttura a croce. La casa greca (dal sec. XVI al XII a.C.) presenta invece una veranda-portico sul davanti; diverse invece erano le case di Delo (200-150 a.C.) munite di una cisterna per la raccolta delle acque piovane al centro di un cortile interno, unica fonte di luce e areazione in una casa con prevalenza di locali abbastanza oscuri. Il periodo classico greco aggiunge un’altra trasformazione alla casa che è un corridoio di ingresso abbastanza stretto che porta al cortile, sul quale danno le stanze adibite ad usi domestici. Con il periodo romano la casa subisce trasformazioni con “l’atrium” a cielo aperto. La luce diventa elemento
principale della villa, seppure non cessa completamente l’idea dell’ombra come protezione e riservatezza; le finestre si fanno più numerose: piccole (quasi feritoie) quelle che danno all’esterno, più grandi quelle affacciate sui cortili. La facciata ancora non ha la sua importanza, ma i cortili interni con giardini sottolineano l’importanza del vivere all’aperto e del contatto con la luce. Sul finire dell’età repubblicana compaiono le insulae, complessi di case delimitate da strade e formati da più piani divisi in appartamenti dati in affitto ai ceti medio-bassi: ecco comparire finestre sulla via e sul cortile interno, che creano ritmi nuovi sulle facciate. Ormai parlare di spazio non accennando al carattere della sua illuminazione significa non dire molto, e questo perché ogni volume interno è percepito in modi diversi a seconda dell’esposizione luminosa. Basta un taglio di luce di un certo grado nella parete ad “eliminare” i limiti del volume, ovvero le pareti e il soffitto: proprio nella congiuntura tra questi due elementi, quello che più dilata lo spazio è una fascia di luce orizzontale. Se poi ci troviamo alla presenza di una parete in vetro, questo senso di dilatazione sarà ovviamente più ampio! La progettazione architettonica
successiva molto si basa sull’incremento, soprattutto in fatto di grandezze, delle aperture nelle pareti, fatto in passato impensabile, data la carenza di conoscenze di tecnologia costruttiva. Inoltre l’unico vetro conosciuto, opaco e denso, rendeva difficoltosa una chiusura trasparente, che lasciava invece spazio come abbiamo visto, a spazi-filtro tra ambienti interni ed esterni garantendo la vivibilità degli ambienti limitrofi. Con l’avvento del romanico e poi del gotico, e quindi dei nuovi sistemi strutturali, lo spazio interno cresce e le piccole stanze utilizzate per il lavoro diurno venivano a formarsi a ridosso delle grandi strutture murarie per poter godere di più luce, mentre altre attività si svolgevano più internamente grazie all’uso di lampade. Solo nel XVIII secolo l’evoluzione tecnologica e produttiva porterà a lastre piane di vetro di grandi dimensioni, tali da influenzare significativamente l’illuminazione (come si vede negli Uffizi di Firenze del Vasari) e il rapporto compositivo tra finestra e intero complesso architettonico, che darà vita a risposte progettuali diverse da luogo a luogo. I paesi più illuminati cominceranno a schermare la luce con tende, tapparelle, brise-soleil, quelli meno illuminati invece, a studiare i modi per sfruttarla al massimo, da particolari
tendaggi a diffusori. Inoltre, già dal 1° Rinascimento con Brunelleschi e Alberti e lo studio della prospettiva e della geometria descrittiva, il disegno della luce può essere realmente progettato e modificato; il disegno incentiva lo studio scientifico della progettazione dello spazio e di conseguenza facilita e aiuta la scienza della “visione”. Specie tra Ottocento e Novecento queste possibilità furono utilizzate a fini igienico-sanitari, per sfruttare al meglio la salubre energia del Sole. Il tema della finestra cambia con l’architettura moderna: il moderno che azzera la storia e i canoni tradizionali, abbandona lo schema modulare della finestratura classicista e dà nuovo senso ad ogni elemento architettonico procedendo solo alla fine all’assemblaggio dei pezzi. Ogni finestra ha un suo scopo, una sua forma, una sua posizione, in base alla vocazione della stanza cui appartiene. È quindi avulsa dai concetti di proporzionalità, simmetria e allineamento. Oggi, in un mondo che ha per alcuni anni affidato l’illuminazione degli ambienti esclusivamente alla luce artificiale e ai suoi progressi tecnologici, dimenticandosi quasi del grande potere della luce naturale, si tende a parlare sempre più di daylighting. Probabilmente
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l’uomo si rende conto dei problemi dovuti all’eccessivo spreco di energia, dell’inquinamento luminoso e dei grandi benefici dimenticati della luce solare, cercando di sfruttare al massimo quest’ultima, senza dimenticare le innovative tecniche di illuminazione che permettono di trovare soluzioni efficienti ed ecologiche, facendone un uso sapiente.
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Problemi di suddetta natura certo non si presentavano quando, in assenza di illuminazione artificiale efficace, la luce solare era ritenuta non solo preziosa, ma indispensabile e le motivazioni che resero importante la prima fonte di luce “artificiale”, il fuoco, sono sicuramente di tipo difensivo più che di illuminazione della seppur buia notte preistorica. Certamente il primo mezzo che rischiarò quella notte fu il fuoco, che con non tanta difficoltà divenne anche “mobile” con l’avvento della fiaccola a vento, come ci riportano testimonianze iconografiche. La fiaccola, unico strumento che permetteva all’uomo di spostarsi nelle tenebre, nacque dall’unione di pochi rametti secchi, solitamente di piante resinose che ardevano più facilmente; formando un fascio più robusto e strettamente
legato degli stessi rami, l’uomo produsse un’illuminazione maggiore e soprattutto più duratura: nasce la torcia. Bisognerà attendere la civiltà egiziana per dare spazio al tipo di illuminazione che ha attraversato i tempi e del quale possediamo numerosi reperti: la lampada ad olio o grasso vegetale fatta di terra cotta o bronzo, che si è diffusa a partire dalle civiltà preelleniche e elleniche, fino a fenici, greci e romani, diventando poi suppellettile di tutte le civiltà antiche. Già ci sono tracce però di strumenti similari risalenti a 400.000 anni fa, fatti di pietre, conchiglie e corni, con stoppini di muschio o altre fibre vegetali. Nel mondo etrusco, alla lampada si affianca il candelabro in bronzo con base a sezione triangolare, utilizzato poi anche dai romani. Candelabri a sette braccia o lucerne sempre in cotto o bronzo adornavano i luoghi di culto ebraici e cristiani ed è proprio nel periodo cristiano che si diffonde, anche se nasce già con etruschi e romani, l’uso della candela, composta di grasso animale solido (poi sostituito dalla paraffina del XVIII secolo) o cera d’api. Sostenute da candelieri dal fusto tozzo e liscio, decorati alla base con animali o figure umane, le candele vengono utilizzate principalmente nei luoghi sacri, ma poi anche in uso
domestico, con candelabri in marmo, rame, bronzo e rivestimenti in smalto, solitamente epurati delle decorazioni a simbologia religiosa. Ciò nonostante l’arredo della casa, a differenza di quello dei luoghi di culto, è molto poco curato: l’illuminazione domestica “si accontenta” di lucerne ad olio portatili e alcuni candelieri. Poche testimonianze di apparecchi più sofisticati nelle forme si hanno verso il periodo gotico, unitamente alle lampade da soffitto. Con il gotico, l’arte dell’illuminazione diventa arte orafa, per la particolarità e minuziosità di forma e decorazioni. Col Rinascimento e quindi con un rinnovato senso di “casa”, l’illuminazione acquista valore e anche grazie al fiorire di attività artigianali (orafi, bronzisti, intagliatori, scultori) vengono prodotte nuove tipologie di lucerne e portacandele. In questi anni cambiano le forme, le più famose e ricordate sono quelle delle lucerne in bronzo prodotte a Padova, ma anche dei prodotti di Venezia, che sfruttò l’esiguo calore della fiamma per produrre diversi tipi di lucerne in vetro, ripetendo le classiche tipologie dei lumi da tavolo in metallo; da ricordare inoltre è la capacità degli artigiani di Murano di fabbricare lampade a sospensione con decorazioni policrome, nelle forme più
disparate; o ancora il lampadario a braccio di ottone arrivato in Italia dalle Fiandre o quello germanico ornato con corno di cervo. Fiorisce poi il Barocco e con esso lo sfarzo dei lampadari sfavillanti, degli appliques francesi, dei candelabri di ogni forma e fattura. Il lampadario, destinato ad essere al centro della scena nella stanza barocca, diviene oggetto di esagerata ricchezza e fantasia. Già sul finire del ‘500 l’ottone fu sostituito dal vetro veneziano o dal cristallo, proveniente dalla Boemia: la rifrazione del cristallo crea eccezionali giochi di luce tra i numerosi pendagli del lampadario che, “così leggero nella sua trasparenza policroma”(2) diventa, grazie per esempio ai lampadari di Murano, parte dell’architettura nel quale è posto, calzando alla perfezione con l’ambiente settecentesco. Nei saloni e nelle camere da letto oltre al lampadario, affiorano nel ‘700 altre fonti di luce come l’applique francese (anche detto lumiera o ventola) spesso abbinato al lampadario centrale, in cui frequente è l’uso di legno dorato o di lastre di specchio, al fine di moltiplicare le luci. Certo non scompaiono dalle case candelieri e candelabri, utilizzati per lo più per illuminare tavoli, mobili, ripiani dei camini e realizzati in porcellana,
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vetro, legno dorato, maiolica, rame dorato, peltro o argento. Il Neoclassicismo portò nell’illuminazione civile un gusto nuovo fatto di semplicità rigorosa e motivi classicheggianti dei lampadari in legno intagliato e dorato, ma anche in altri complementi d’arredo come la “veilleuse” da comodino in ceramica traforata, che ebbe successo in questo periodo parallelamente all’abat-jour. Tutte queste innovazioni per lo più estetiche, lasciano spazio a quelle tecnologiche, nel campo dell’illuminazione artificiale, solo alla fine del XVIII secolo. Lo svizzero Argand fra il 1783 ed il 1785 realizza una lampada il cui becco è costituito da due piccoli cilindri concentrici di metallo tra i quali corre uno stoppino: la fiamma è così avvantaggiata da una doppia areazione, interna ed esterna, e il lungo tubo di vetro contribuisce ad aumentarne la velocità. La lampada propaga una luce più luminosa, più bianca e più stabile di tutte le lanterne ad olio precedentemente esistite e il chimico P. J. Macquer, dell’Académie des Sciences, ne parla così: “l’effetto di questa lampada è dei più belli. La sua luce molto bianca, molto viva e quasi abbagliante supera di molto quella di tutte le lampade inventate sino ad oggi, e non produce alcun fumo.
Per parecchio tempo ho tenuto sopra la fiamma un foglio di carta bianca, che una fiamma che fa fumo avrebbe annerito in poco tempo. Ma il foglio è rimasto perfettamente bianco. Non ho, inoltre, sentito il benché minimo odore sopra o intorno alla fiamma della lampada di Argan”.(3) Da questa scoperta, nuovi orizzonti si aprono davanti agli occhi del mondo che comincia a fare passi in avanti sempre a partire dalla ormai “di casa” lampada ad olio, arrivando ad esempio ad un movimento ad orologeria (ad opera dell’orologiaio Carcel) in grado di distribuire l’olio della lampada non più per attrazione capillare, ma tramite due pompe. Lo stoppino fu abolito per la prima volta da Neuberger nel 1840 con la lampada solare che riduceva l’olio in gas che bruciava. È il gas che soppianta per sempre il vecchio modo di illuminare, ed entro la metà dell’Ottocento, le lampade ad olio sono dismesse: inizialmente F. Lebon riesce ad ottenere gas infiammabile dalla distillazione del legno, poi W. Murdoch vi sostituisce il carbon fossile. Questa fonte di illuminazione presenta il vantaggio di non originare scintille e la sua luce è dolce e vivace. Ancora una miglioria nel campo dell’illuminazione a gas avviene
per opera dello scienziato austriaco Carl Auer von Welsbach nel 1887, che riesce, utilizzando del materiale solido riscaldato dalla fiamma a gas fino all’incandescenza, a migliorare la luminosità della fiamma: la lampada a gas “a mantello” (chiamata così per il tubo di tessuto impregnato in una miscela di Sali di torio e cerio, che bruciando prendeva la forma di un mantello) è uno dei tanti prototipi offuscati, o meglio abbagliati, dalla potente luce della lampada elettrica. Sebbene Thomas Alva Edison non è stato il primo a inventare la lampadina elettrica, numerosi progetti erano già stati infatti elaborati da Alessandro Cruto, Henry Woodward, Mathew Evans, Joseph Swan, James Bowman Lindsay, William Sawyer e Heinrich Göbel, egli è passato alla storia come l’inventore di una delle più grandi scoperte della storia: Edison prende spunto, come è stato accertato, dai progetti dei suoi colleghi, per inaugurare il 31 dicembre 1879 in Menlo Park (il suo laboratorio di ricerca) l’illuminazione ad incandescenza e per brevettare la stessa a distanza di pochi giorni, il 27 gennaio 1880. Edison si serve di un filamento di cotone carbonizzato, ma già da anni ormai si sperimentava su quale potesse essere il materiale da utilizzare come filamento a causa della rapida distruzione
di filamenti di materiali come il carbonio. Già Devy nel 1802 cerca di sfruttare un filo di platino percorso da corrente illuminandolo per qualche istante e nel 1809 invece fa scoccare un arco luminoso tra due asticciole appuntite di carbone di legno. Tra i numerosi tentativi anche quello efficace di Goebel che utilizza invece un filamento di fibra di bambù, fino all’invenzione di Sprangel della pompa aspirante al mercurio capace di realizzare un sufficiente vuoto spinto nelle lampade ad incandescenza e che serve prima a Swan e poi all’americano Edison a costruire una lampada della durata di ben 100 ore. Negli stessi anni delle prime sperimentazioni sulla lampada ad incandescenza viene introdotta anche la lampada ad arco, che per la sua potenza si ritenne fosse eccessiva per illuminare piccoli ambienti. Nel 1907 inizia la produzione commerciale di lampade a tungsteno, più efficienti (8-10 lumen/Watt rispetto ai 4 di quelle a carbone) e di maggiore durata (1000 ore), successivamente potenziate nel 1913 con l’utilizzo di gas inerte al posto del vuoto (15-20 lm/W). “ Tecnici di altre branche scientifiche furono utilizzati (biologi e igienisti) per la definizione dei requisiti adatti all’illuminamento, alla assenza
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dell’abbagliamento, all’uniformità dell’illuminamento […]; si era ormai sperimentata e codificata, la possibilità di vincere il buio in ogni spazio sia interno che esterno con l’intensità luminosa voluta, fornendo un nuovo mezzo spaziale di espressione compositiva”.(2) Si sviluppano così apparecchi illuminanti di vario genere atti a valorizzare e distribuire la luce in ogni circostanza, anche attraverso la collaborazione dell’illuminotecnico e dell’architetto per garantire così sia benessere che gusto estetico. Intanto le lampade a scarica fanno progressi e sul mercato negli anni trenta del ‘900 ci sono: lampade a vapore di sodio (luce gialla) inizialmente a bassa pressione, quindi con una resa cromatica quasi nulla (nel 1964 appaiono quelle ad alta pressione con una discreta resa del colore, ma minore efficienza luminosa); lampade a vapore di mercurio per lo più utilizzate in illuminazione stradale e con scarsa resa cromatica (queste saranno poi trasformate attraverso l’utilizzo di sali fosforescenti che, investiti dalle radiazioni ultraviolette le riemettono nel campo dello spettro visibile: si generano le lampade fluorescenti); lampade a neon e ad argon (rosse e azzurre impiegate prevalentemente per scopi pubblicitari). Nel 1959 gli americani Zubler e Mosby
aggiunsero al gas delle lampadine a incandescenza una piccola quantità di alogeno, ottenendo le lampade ad alogeni che durano di più, hanno maggiore efficienza luminosa e comportano un ridotto annerimento del bulbo. Di ultima generazione sono le lampade a LED- Light Emitting Diodes: la loro tecnologia nasce da un dispositivo elettronico inventato da Nick Holonyak nel 1962, che sfrutta le proprietà ottiche di semiconduttori in modo da produrre fotoni tramite il fenomeno dell’emissione spontanea. Questo dispositivo emetteva inizialmente solo una luce rossa: ora si produce Led in una vasta gamma di colori. Un anno fa, nel 2014, è stato assegnato il premio Nobel per la Fisica ad Isamu Akasaki, Hiroshi Amano e Shuji Nakamura per le ricerche sul Led a luce blu, indispensabili per l’evoluzione delle sorgenti che oggi vengono utilizzate. Con la diffusione della luce elettrica fioriscono ovviamente aziende produttrici di lampade di ogni genere, materiale, forma, per ogni uso e ogni ambiente: i pochi e spesso ripetitivi modelli dell’antico, per quanto innovativi se inseriti nel contesto a cui appartengono, sono superati, coperti completamente dalle migliaia di oggetti progettati nel secolo scorso da designer,
veri e propri artisti dell’arredo e della luce, passati alla storia per i loro progetti. La casa del XX secolo è profondamente influenzata dalla luce artificiale se non addirittura sottomessa da questa e dalla sua fruizione a 360 gradi. Punti fermi nella storia dell’arredamento di interni sono, tra gli altri: le lampade Arco e Toio del 1962 di Achille e Pier Giacomo Castiglioni prodotta per Flos o ancora Parentesi (con Pio Manzù), la lampada alogena per la prima volta scorrevole su un cavo verticale, prodotta per la stessa azienda; la lampada da scrivania Tolomeo per Artemide (1987) di Michele De Lucchi e Giancarlo Fassina, con la sua elegante e funzionale struttura in alluminio; di Richard Sapper la lampada Tizio per Artemide del 1972, con la sua ingegnosa ripartizione del peso che permette di assumere qualsiasi posizione nello spazio senza perdere l’equilibrio; o ancora Miss Sissi per Flos di Philippe Starck, progettata nel 1991 come oggetto leggero, economico in materia, energia e packaging. Stilata così la storia dell’evoluzione della luce, naturale e artificiale, all’interno di uno spazio vitale per l’uomo, la casa, analizziamo come progettare nel miglior modo la luce negli ambienti, per soddisfare quel comfort visivo già citato, che porta
con se tanti altri tipi di vantaggi a partire da quello psicofisico. La luce può essere, come abbiamo visto, portata in tanti modi e con tante sfaccettature diverse all’interno di un ambiente costruito, declinandosi variatamente in funzione dell’uso. “Gli aggettivi sono molti, secondo il progetto che si persegue. […] morbida, fioca, avara, incerta, tremolante. Oppure corposa, generosa, netta, gettata, incombente, trascendente. E ancora: drammatica, sciabolata, guizzante, intermittente, fioccata, particellare, polverosa… […] Ognuna di queste, ovviamente il progettista la sceglie accuratamente, individuandola tra mille, affinché aiuti, supporti, conduca l’architettura (quella specifica architettura) a sprigionare l a sua vocazione”.(4) Insomma, nel progetto la luce va disegnata, proprio come per l’architettura o l’arredo. “Il progetto d’illuminazione non deve mai partire dalla scelta degli apparecchi illuminanti, come invece spesso avviene, ma deve essere il risultato di analisi e indagini attente, al fine di assicurare una distribuzione della luce adatta, all’uso desiderato, per quantità e qualità”. Importante è la scelta dei livelli di illuminamento necessari, in base alla stanza e all’uso che se ne vuole fare:
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il grado di prestazione visiva aumenta al migliorare dei livelli di illuminamento, comportando quindi diminuzione degli errori e minore affaticamento dell’occhio. Ciò dipende da tantissimi fattori come le dimensioni dell’oggetto della visione e i contrasti tra oggetti e colori delle pareti, per esempio, ma anche al tempo di cui si dispone per esercitare la visione sull’oggetto. Dunque il livello di illuminamento varia a seconda del compito visivo da svolgere in quell’ambiente, e non solo. Anche aspetti molto soggettivi possono influire su tale problema, come l’acuità visiva e il tono organico, ovvero la soggettiva percezione ottica dell’osservatore, le sue condizioni psicofisiche e anche il momento della giornata in cui compie quelle attività. Ovviamente l’illuminamento che giunge sul piano che si vuole illuminare dipende da vari fattori: dai lumen emessi dalle lampade, dal rendimento dell’apparecchio, dalla distanza e dall’angolatura della sorgente rispetto all’oggetto, ma anche ovviamente dai fattori di riflessione delle superfici presenti nel locale e dalla forma e dimensione del locale stesso. Certamente non bisogna soltanto tener conto della quantità dell’illuminamento, ma anche molto della qualità di questo, della sua uniformità e ripartizione. Importante è scegliere il tipo di
illuminazione, iniziando con lo scegliere illuminazioni a luce diretta, semi-diretta, diffusa, semi-indiretta o indiretta, in base alla percentuale di luce totale emessa sopra o sotto il piano orizzontale passante per l’apparecchio. L’illuminazione diffusa, ad esempio, orienta la stessa quantità di luce verso il basso e verso il soffitto; quella diretta emette il 90-100% della luce direttamente sull’oggetto. Il design dell’apparecchio nel quale vengono poste le sorgenti luminose ha un valore di certo estetico, ma contribuisce alla propagazione della luce, accuratamente scelta nel tipo e nella quantità di illuminamento che si vuole generare, nel dare forma al flusso luminoso e nel restituire l’efficienza della sorgente. Gli apparecchi sono classificabili per tipologie in base al loro modo di collocarsi nell’ambiente: plafoniere, applique, lampade a stelo, a sospensione, apparecchi da tavolo, a incasso, faretti, binari elettrificati, sono disseminati nelle nostre case. Sebbene ci siano diverse scelte per diversi usi, la tendenza odierna è comunque quella di creare oggetti versatili e quindi flessibili, capaci di adattarsi a repentini cambiamenti di esigenze in case sempre più interrelate con l’ambiente lavorativo
e i cui ambienti spesso non sono più rigidamente separati nei loro usi. Il comfort visivo si raggiunge però con la scelta della sorgente luminosa, che ha certamente caratteristiche operative, quali vita media, flusso luminoso, efficienza luminosa, dimensione, forma, potenza (che rendono diverse e specifiche le varie tipologie di sorgente dall’incandescente al Led), ma anche caratteristiche qualitative da non sottovalutare. Sono la temperatura colore, l’indice di resa cromatica e lo spettro di emissione. Illuminare bene significa infatti considerare i colori, ma in generale le caratteristiche dell’ambiente in cui si opera: luci calde, infatti, sono preferite in ambienti dall’atmosfera soffusa, mentre le luci fredde, smorzando i colori, tendono ad essere più utilizzate in ambienti ad alto livello di illuminamento. Ciò per questioni anche psicologiche, legate al comfort visivo. La temperatura colore indica il colore della sorgente luminosa ed è il parametro espresso in gradi kelvin, utilizzato per catalogare il colore della sorgente se confrontata con un corpo nero che fa da sorgente campione. Secondo la norma UNI 10380, una sorgente bianco-calda ha temperatura colore inferiore
a 3300°K; una bianco-neutra invece da 3300 a 5300°K; una sorgente bianco-fredda invece ha temperatura superiore a 5300°K. Per fare qualche esempio, sorgenti a temperatura colore calda sono il sole dell’alba o la fiamma di una candela (1800-1900°K), le lampade incandescenti tradizionali (2800°K) o le alogene (3000-3200°K); luce “fredda” è quella di un cielo terso del nord o di una lampada fredda a Led. Con le lampade a Led si ha la possibilità di scegliere la luce calda o fredda utilizzando la stessa tecnologia, cosa impossibile con le vecchie lampade ad incandescenza. L’indice di resa cromatica è il modo in cui una sorgente rende il colore degli oggetti che illumina. Su un valore massimo di 100, l’indice di resa cromatica utilizzato in ambienti domestici dovrebbe essere della prima classe, ovvero deve essere > 90. Luoghi di passaggio, scale, guardaroba, possono avere anche rese dei colori più basse tra 60 e 80. Avere un buon indice di resa cromatica, però, non significa avere buona resa dei colori. Ciò dipende anche dalla distribuzione spettrale della sorgente che se calda, pur avendo indice di resa 100, ha scarsa resa sui colori freddi e viceversa. Può essere utile a volte, per esaltare tutte le gradazioni di colore, come nel
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caso dell’illuminazione di un quadro, miscelare due sorgenti luminose differenti facendo attenzione a sovrapposizioni e angoli di incidenza. Ovviamente ogni ambiente ha la propria illuminazione, proprio per assolvere ai compiti per i quali è stato predisposto. Soprattutto in una casa, in cui si passano molte ore della giornata, è importante che chi la abita vi possa trovare comodità, sicurezza, benessere. La luce in casa deve rispondere quindi ai bisogni funzionali e a creare un’atmosfera per ogni ambiente e, perché no, mettere in risalto ciò che caratterizza l’abitazione. Già a partire dall’ingresso, l’ospite deve essere catapultato in un’atmosfera accogliente e che fa strada verso l’interno della casa senza sbalzi repentini di illuminamento. Il salotto è poi un luogo in cui si svolgono molteplici attività, dal leggere, al conversare, al guardare la televisione, al pranzare: proprio per questo è una stanza poco consona ad una distribuzione uniforme della luce. È importante distribuire punti luce diversi da utilizzare, alternatamente o simultaneamente, per creare effetti e atmosfere, portando l’attenzione su punti focali, come un quadro o una pianta; illuminando un tavolo con un lampadario e la zona relax con un abat-jour. Creare quindi, attraverso la luce, ambienti
nell’ambiente, spazi nello spazio. I luoghi in cui si svolgono attività che sfruttano particolarmente la nostra percezione dei colori o che maggiormente impegnano i nostri occhi, vanno arredate sapientemente. La zona lettura ad esempio deve necessariamente avere una propria fonte di luce ad uso quasi esclusivo. Apparecchi a braccio inclinabili con diffusore orientabile, sia da tavolo che da terra, sono ottimi per illuminare bene, direzionando la luce come più è comodo al lettore. Anche la libreria deve essere illuminata da apparecchi che non generano ombre fastidiose alla rapida visione dei testi e dei loro titoli: utile in questo caso sarà ad esempio un wall-washer che “bagna” la parete con la sua luce ampia e ben angolata. Nella zona pranzo importantissimo è invece poter regolare l’altezza della lampada (a sospensione ad esempio) con un meccanismo saliscendi, che permette di regolarla in basso al momento dei pasti, per valorizzare ed esaltare la tavola, nel duplice scopo di illuminare cibo e commensali, ma poi di portarla più in alto in alto negli altri momenti della giornata per non provocare abbagliamenti. La televisione, elettrodomestico
utilizzato tantissimo nelle nostre case ha bisogno di un illuminazione che non crei esponenziali sbalzi luce-buio tra lo schermo luminoso e i suoi dintorni; non deve nemmeno essere troppo intensa e concentrata per non influire sulla corretta visione dell’apparecchio. La cucina e il bagno, sedi di attività fattibili “a luce diffusa” come di altre che richiedono luci specifiche, al pari del salotto possono avere un’illuminazione integrativa a quella di base. Questa sarà localizzata per i piani di lavoro, lavello, piano cottura in cucina, e per lo specchio nel bagno. La fonte illuminante migliore è quella posta a lato dello specchio, davanti alla persona. Soffusa e morbida, deve essere ben protetta dagli sguardi diretti dell’osservatore e avere una buona resa cromatica per attività come il make-up. La camera da letto, zona privata per eccellenza, può avere una luce diffusa, meglio ancora se d’intensità regolabile. Illuminazione puntuale sarà invece quella all’interno dell’armadio, ad illuminamento verticale o quella del comodino, da rendere il più possibile individuale, quindi con fascio ben orientabile, per non disturbare il riposo di altre persone che occupano la stessa stanza.
Parlare oltre di apparecchi, regole e tecniche di illuminamento sarebbe troppo “da manuale”, ma conoscere anche pochi di questi consigli può aiutare nel disegno della luce di un ambiente che, spesso, troviamo scontato e banale soltanto perché lo percorriamo e lo viviamo tutti i giorni. A prescindere dal gusto estetico, con cui ognuno si descrive e si mostra nell’ambiente della propria casa, è vitale illuminare in maniera corretta per tutte le ragioni già citate, che negli ultimi anni si fanno sempre più urgenti. Tra queste, c’è l’impatto del nostro stile di vita sull’ambiente, i cui problemi ci obbligano a sfruttare con intelligenza ciò che la natura ci ha donato, prima ancora di ciò che noi siamo stati in grado di produrre. La sfida è quella di illuminare sempre, sempre di più e sempre meglio, nell’incontro amichevole e non guerrigliero di luce naturale e artificiale, nel rispetto dell’ambiente e della nostra salute.
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COSE E CASE Federica Ammaturo arredo umano THINGS & HOUSES Things and houses - natural light human furnishings
“In the twilight the double building slightly becomes phosphorescent. It is not worth of the great illuminated windows, even for the scenographic system of external lamps, but for the bands of white stone of Saint Leu. For contrast more shining surrenders still from the presence of the bricks, they want to return, or to remember, the little absorbed light during the day. In the moment which the dark bands of the bricks enter impatient in the night, those clear still delay, they suspend the day in a sky that falls too soon. What it falls, simply. They hesitate, and we with them, to abandon the last shine.”(1) Francesco Venezia, South light on the North fronts Natural light. Reflected light. Contrasts. Games of light. Shades. Colours.
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GiordanoTironi describes so, in November 1997, the double project for the university of Amiens, of the Avellino architect Francesco Venezia. The rhythm of the architectural composition, that alternates white stone to bricks, gives “light” to a symphony of clear and dark, a melody of colours to the eyes of whom observes it. The North front is characterized by the presence of a long portico slightly
detached by the building, that picks up the South light projecting it on the opposite side. The slim solar light illuminates the building, sets to the feet of magnificent cathedral of Amiens, modifying the tonalities of it and producing feelings and mutable perceptions to change some times of the day. Artificial light. Projected light. Contrasts. Games of light. Shades. Colours. Give new light to an environment he is able! With the same light, note. It is really through the use of bright projections that the medieval cathedral of Amiens has taken back its native aspect. That it is considerate the era of the dark and the obscurity is often considered, in reality it shone some light of coloured sculptures, whose colours, lost in the time, ythey are recreated in some occasions through a translucent screen that idea gives to admire an enamel policrome today, of the same colours that our ancestors could observe in the Middle Ages. The sparkling artificial light, projected on the cold grey stone, it produces vivacious games of colour and light, bringing for some instant the epochs imagination remote and otherwise forgotten.
It is unusual, interesting and also very beautiful to assist to the perfect match of the modern one with the natural one and of the ancient one with the artificial one; it is particular the coincidence to find again to few footsteps of distance, something of so much new, but so deeply conditioned and marked by what more natural can exist (the light of the Sun), and a “piece” of history instead so revitalized and influenced by the most recent techniques of illumination. In both cases the principal subject is the light, and perhaps these two examples can be one sprout for perceiving (and not so much to analyze critically), how much the light can be important, if well used; how much this has influenced and it influences the life of the man in his simplest daily activities; how much, all of this does us “to see” everything of our way of living under a new and extraordinary light. That of the Light. “But is it the light therefore? Is it perhaps a wave or a throw of corpuscles?” Albert Einstein From the physical point of view the light is an electromagnetic wave whose fields voters and magnetic they are
also propagated in the void. In some situations the light also involves however as whole of corpuscles: in 1905 in fact, Albert Einstein discovered that to contact with a metal, it involves as if it was constituted by a rain of particles, said photons, giving so life to one of the problems that accompany the physics since its birth, in Six hundred. The light is the most important vehicle of information of which we prepare: over 80% of the information that reach us from the external world are submitted to the visual perception, therefore to the light. Only thanks to the light, in fact, it is possible to perceive and to see the colour distinguishing the tonalities of it. We don’t often make us case, but the colors articulate the time in our days, from the passage from the dawn to the sunset, to change some seasons. The light natural and artificial influence our life, from the instant in which we are born and up to our last day of life, from the biological, physiological and psychological point of view; we can affirm for some that the light is life straight. To understand what both indeed the light and what the good way is for using it, it needs to know from the scientific
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point of view its nature and its intrinsic characteristics. It is important to know how the light interacts with the subject, as it behaves to contact with the different materials; it is essential besides to know of the different techniques of illumination, natural or artificial, that allow to create different environments according to the use to which they are provosts.
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The illuminating engineering is the science that studies the natural and artificial illumination. It has the purpose to assure the visual comfort to the man that, in the circle of the illumination of insides in particular way, it also concerns the mental comfort. It is really for this that the light is still more main point, if connected with our ability to perceive it. The jaw of the illuminating engineering that deals him with to study the sent forth radiant energy or received by a surface, in relationship to the feelings that it same it produces on the individual through the sight, it is the photometer. The light that our eye perceives, scientifically defined as electromagnetic radiant energy, it is the white light, resulted of a mixture of all the lengths of wave of the visible (what they are perceived by the human eye with colours that go from the red to the violet, to
change some wavelength) ghost and that it also contains belonging radiations to the region of the infrared ones and the ultraviolet (not visible from the eye) ones. The eye recognizes the light that, in a sort of refraction (consequence of the change of speed of the light to the passage among two different means) it crosses it producing the image on the retina, sets in the back part of the ocular globe: in presence of rays of average wavelength (or those yellow-green whose wavelength is around 555nm) the bright feeling is maximum. In full light, when the perception of the colours is maximum, the vision is said photopic. The scotopic vision is characterized instead by the scarce definition of the images and the colours in the whole visual field, due to a low bright intensity. Today the man has an idea of well precise light. He knows it from the scientific point of view, he knows how “to model hit”, as to use it to the best, tries not to disperse it not to consume electric energy wasting it: yet we still have so much to learn. But what has been the walk of the light from the prehistory up to our days? How was the natural light exploited when that artificial didn’t exist or it was not enjoyable to everybody? And is the artificial light changed in the time?
We try to discover as the light has conditioned the humanity in the quotidianity of the proper one “house.” The light as religious symbol has always been present in the life of the man, before still that as element modulator of the built space. In the neolitic period, in the Germanic or oriental religions, in Egypt and in Mesopotamy, the Sun has always been, even if with different formality, considered a divinity; with the Greek and the Romans and subsequently with the advent of the Christianity, the light still maintains divine characteristics, and always in the centuries, especially in artistic circle, the light has represented the divine one, the supernatural one, the holiness; agreement tightly comes then in the Renaissance as natural phenomenon connected to the rhythms of the day and the seasons. In the evolution of the architecture, from the cavern in the house of glass, the man has always extended toward the protection of the inside environment from that outside, in line with its illumination, keeping in mind of the technological innovations that has brought him to the building wrap to make transparent more and more, to exploit therefore to the best that essential resource called light.
“The full light, undoubtedly in the prehistory had to make the forced man insecure to fight innumerable enemies, while the faint light of the cavern perhaps created a sense of protection and smaller tension “,(2) yet the light is constituent element of the cave, inside which effects of light are created every time that this grazes the rocky rocks. At to end some prehistoric period however (between the 3000 and the 2000 years B.C.) houses are built to elliptic scheme with inside courtyard. In the varied types of huts of the following epochs instead, the only openings were probably a door in low and a window in other, of small dimensions, used for the exit of the smoke. Among these, some simple examples can be the Puglia’s trullis, the igloos or the Spanish Pallozases. It exists therefore the intention to give importance to the air and the light in the construction of the houses through, for instance, as it happens in Mesopotamy, of the parvises or of the openings in the inside environments, with small situated windows in other and usually dams with wood grilles, terracotta or stone. In Egypt the wooden windows, whose openings were covered by curtains, sheets of parchment or alabaster, seem they were closed from two beating furniture. In the poor houses of the
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Nubia a small window existed only it posts in opposite way to the door of entry, to guarantee the ventilation. With the Micene’s civilization the windows appear in every plain of the house, divided in two parts from a central uppercut or from a structure to cross. The Greek house (from the sec. XVI to the XII B.C.) introduces a porchportico instead on the before; different instead they were the houses of Delo (200-150 B.C.) provided of a cistern for the harvest of the waters rain to the center of an inside courtyard, only source of light and areation of it in a house with prevalence of enough dark places. The Greek classical period adds another transformation to the house that is a corridor of enough narrow entry that brings to the courtyard, on which damage the rooms turned to domestic uses. With the Roman period the house suffers transformations with “the atrium” to open sky. The light becomes principal element of the villa, even though it doesn’t stop completely the idea of the shade as protection and reservation; the windows are made more numerous: small (almost loopholes) those that give to the outside greater those leaned out on the courtyards. The façade doesn’t have its importance but the inside courtyards with gardens yet they underline the
importance of the way of living to the open one and of the contact with the light. On to end some republican age the insulaes they appear, complexes of houses delimited by roads and formats from more separated floors in apartments given in lease to the middlelow classes: here to appear windows on the street and on the inside courtyard, that they create new rhythms on has it. By now to speak of space not mentioning to the character of it illumination means not to say very, and this because every inside volume is perceived in different way according to the bright exposure. Enough a cut of light of a certain degree in the wall to “to eliminate” the limits of the volume or the walls and the ceiling: just in the conjuncture among these two elements, that that more it dilates the space it is a band of horizontal light. If then find us to the presence of a wall in glass, this sense of expansion will obviously be ampler! The following architectural planning very it founds him on the increase, especially in fact of greatness, of the openings in the walls, done in past unthinkable, gives the lack of knowledges of constructive technology. Besides the only known, opaque and dense glass, a transparent closing made difficult, that left instead space as we have seen, to
space-filter among inside and external environments guaranteeing the life of the environments of the neighboring environments. With the advent of the Romanesque one and then of the Gothic one, and therefore of the new structural systems, the inside space grows and the small rooms used for the diurnal job came to form him behind the great building structures to be able to enjoy more light, while other activities were developed more internally thanks to the use of lamps. Only in the XVIII century the technological and productive evolution will bring to plain plates of glass of great dimensions, such to meaningfully influence the illumination (as you can seen in the “Uffizi” in Florence of the Vasari) and the compositive relationship among window and whole architectural complex, that it will give life to answers projectual different from place and place. The countries more illuminated will start to screen the light with curtains, blinds, brise-soleil those less illuminated instead, to study the ways to exploit it at the most, from particular diffusers draperies. Besides, already from the 1° Renaissance with Brunelleschi and Alberti and the study of the perspective and the descriptive geometry, the sketch of the light can really be projected and modified; the sketch stimulates the
scientific study of the planning of the space and accordingly facilitates and it helps the science of the “vision.” Kind among Eight hundred and Nine hundred these possibilities were used to thin hygienic-sanitary, to exploit to the best the healthy energy of the Sun. The theme of the window changes with the modern architecture: the modern one that resets the history and the traditional canons, abandons the modular scheme of the finestratura classicist and it gives new sense to every architectural element proceeding only at the end to the assemblage of the pieces. Every window has one purpose of his, one form of his, one position of his, in base to the vocation of the room which belongs. It is therefore uprooted from the concepts of proportionality, symmetry and alignment. Today, in a world that has for some years exclusively submitted the illumination of the environments to the artificial light and his/her technological progress, almost forgetting of the great power of the natural light, he has the tendency to speak of daylighting more and more. Probably the man realizes the due problems to the excessive waste of energy, of the bright pollution and of the great benefits forgotten of the solar light, trying to exploit at the most this last, without forgetting the innovative
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techniques of illumination that allow to find efficient and ecological solutions doing a wise use of it.
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Problems of aforesaid nature some they didn’t introduce it when, in absence of effective artificial illumination, the solar light was not only held precious, but essential and the motivations that the first source of light made important “artificial”, the fire, is surely type defensive more than of illumination of the even though dark prehistoric night. Certainly the first mean that illuminated that night was the fire, that also became with not so much difficulty “mobile” with the advent of the wind torch, as they bring us iconogrsphic testimonies. The torch, only tool that allowed the man to move in the darkness, was born from the union of few dry sprigs, usually of resinous plants that burned more easily; forming a more strong bundle and tightly tied up of the same branches, the man produced a great illumination and above all more lasting: the torch is born. It will need to attend the Egyptian civilization to give space to the type of illumination that has crossed the times and of which possess numerous finds: the lamp to oil or vegetable fat made of cooked earth or bronze, that it has spread beginning from the civilizations preelleniche and Hellenic, up to Phoenician, Greek and
Romans, becoming then furnishing of all the ancient civilizations. There are already traces however of going up again similar tools to 400.000 years ago made of stones, shells and corni with wicks of musk or other vegetable fibers. In Etruscan world, to the lamp the candelabrum places side by side it in bronze with section triangular base, also used then by the Romans Candelabra to seven braccias or oil lamps always in cooked or bronze they decorated the Jewish places of cult and Christians and it is really in the Christian period that spreads, even if it is already born with Etruscans and Romans, the use of the candle, compote of solid (then replaced by the paraffin of the XVIII century) animal fat or wax of bees. Sustained by chandeliers by the stumpy and smooth stem, decorated to the base with animals or human figures, the candles are mainly used in the sacred places, but then also in domestic use, with candelabra in marble, copper, bronze and coverings in enamel, usually purged of the decorations to religious symbolism. Nevertheless it furnish of the house unlike that of the places of cult, it is very little parish priest: the domestic illumination “it is satisfied” of oil lamps to oil portable and some chandeliers. Few testimonies of more sophisticated instruments in the forms are had toward
the Gothic period, together to the ceiling lamps. With the Gothic one, the art of the illumination becomes gold art, for the particularity and minuteness of form and decorations. With the Renaissance and therefore with a renewed sense of “house”, the illumination purchases value and also thanks to bloom of handicraft (goldsmiths, bronzisti, carvers, sculptural) activity new typologies of oil lamps and portacandele are produced. In quest years change the forms, the most famous and you remember they are those of the oil lamps in bronze produced in Padua, but also of the products in Venice, that it exploited the small heat of the flame to produce different types of oil lamps in glass, repeating her classical typologies of the table lights in metal; to remember besides it is the ability of the artisans of Murano to manufacture suspension lamps with decorations policrome, in the most disparate forms; or still the arm brass chandelier arrived in Italy by the Flanders or that Germanic adorned with horn of buck. The Baroque one blooms then and with it the luxury of the sparkling chandeliers, of the French appliqueses, of the candelabra of every form and invoice. The chandelier, destined to be to the center of the scene in the Baroque room, it becomes object of exaggerated wealth and imagination.
Already on to end of the ‘500 the brass was replaced from the Venetian glass or from the crystal coming from the Boemia: the refraction of the crystal creates exceptional games of light among the numerous pendants of the chandelier that, “so light in its policrome transparency“(2) become, thanks for example to the chandeliers of Murano, part of the architecture in which is set, putting on to the perfection with the eighteenth-century environment. In the saloons and in the bedrooms besides the chandelier, they appear on the surface in the ‘700 other sources of light as the French (also said lumiera or fan) applique often combined to the central chandelier, in which frequent it is the use of gilded wood or plates of mirror with the purpose to multiply the lights. They don’t certainly disappear from the houses chandeliers and candelabra, used for the more to illuminate tables, furniture, ledges of the fireplaces and realized in porcelain, glass, gilded wood, majiolica, gilded copper, pewter or silver. The Neoclassicism brought in the civil illumination a taste new fact of rigorous simplicity and classical motives of the chandeliers in carved wood and gilded, but also in other complements of furnish itas her “veilleuse” from cabinet in pierced ceramics, that was parallelly successful in this period to
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the lampshade. All these innovations for the more aesthetics, leave space to those technological, in the field of the artificial illumination, only at the end of the XVIII century. The Swiss Argand among 1783 and 1785 realizes a lamp whose beak is constituted by two small concentric cylinders of metal among which race a wick: the flame is so benefitted by a double ventilation, inside and external, and the long pipe of glass contributes to increase its speed. The lamp propagates a brighter light, more white and more stable than all the lanterns to oil previously existed and the chemical P. J. Macquer, of the Académie des Sciences, speaks of it this way: “the effect of this lamp is of the most beautiful. Very white light, very alive and almost dazzling it overcomes of very that of all the invented lamps actually to today, and it doesn’t produce some smoke. For quite a lot time I have held above the flame a sheet of white paper, that a flame that makes smoke would have blackened in little time. But the sheet has perfectly been white. I don’t have, besides felt the, although least odor above or around the flame of the lamp of Argan.”(3)
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From this discovery, new horizons open in front of the eyes of the world that it always starts to make footsteps
in before beginning from the by now “of house” lamp to oil, for instance arriving to a movement to clockmaking (to work of the watchmaker Carcel) able to distribute the oil of the lamp not for capillary attraction anymore, but through two pomps. The wick was abolished for the first one turned by Neuberger in 1840 with the solar lamp that reduced the oil in gas that burned. It is the gas that supplants forever the old way to illuminate, and within halves the eight hundred, the lamps to oil are abandoned: initially F. Lebon succeeds in getting inflammable gas from the distillation of the wood, then W. Murdoch replaces you the fossil carbon. This light source introduces the advantage not to originate sparks and its light it is sweet and vivacious. Still an improvement in the field of the gas illumination happens for work of the Austrian scientist Carl Auer von Welsbach in 1887, that he succeeds, using some solid material heated by the gas flame up to the incandescence, to improve the brightness of the flame: the gas lamp “to mantle” (called so for the pipe of impregnated fabric in a mixture of Salts of thorium and cerium, that burning took the form of a mantle) it is one of the so many darkened prototypes, or dazzled better, from the powerful light of the electric
lamp. Although Thomas Alva Edison has not been the first one to invent the electric light bulb, numerous projects had already been in fact elaborated by Alexander Cruto, Henry Woodward, Mathew Evans, Joseph Swan, James Bowman Lindsay, William Sawyer and Heinrich Göbel, he has passed to the history as the inventor of one of the greatest discoveries of the history: Edison takes arising from as it has been verified, from the projects of his colleagues, inaugurate December 31 st 1879 in Menlo Park (his laboratory of search) the incandescence illumination and to patent the same one to distance of few days, on January 27 1880. Edison uses a filament of charred cotton, but already from years by now it was experimented on what the material could be to use as filament because of the rapids destruction because of the rapids destruction of filaments of materials as the carbon. Devy in 1802 already tries to exploit a thread of platinum crossed from current illuminating it instead for some instant and in 1809 it makes to strike a bright arc among two pointed rods of wood coal. Among the numerous attempts also that effective of Goebel that uses a filament of bamboo fiber instead, up to the invention of Sprangel of the aspirant pomp to the mercury able to
realize an enough inclined void in the incandescence lamps and that it serves to Swan and then to the American Edison to build a lamp of the duration of before well 100 hours. In the same years of the first experimentations on the incandescence lamp is also introduced the lamp to arc, that held him for its power it was excessive to illuminate small environments. In 1907 it begins the commercial production of tungsten lamps, more efficient (8-10 lumens / Watt in comparison to the 4 of those to coal) and of great duration (1000 hours), subsequently you strengthen in 1913 with the use of inactive gas to the place of the void (15-20 lm/W).” Technical of other scientific jaws were used (biologists and hygienists) for the definition of the proper requisite for the illuminance, to the absence of the dazzle, to the uniformity of the illuminance […]; it was experimented by now and encoded, the possibility to win the dark in every space both inside that I express with the intensity bright volute, furnishing a new spatial mean of compositive expression.”(2) They develop so illuminating instruments of various kind actions to valorize and to distribute the light in every circumstance, also through the collaboration of the illuminate engineering and the
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architect to guarantee such is comfort that aesthetical taste. Meanwhile the lamps to discharge make progress and on the market in the thirties of the ‘900 are there: vapor lamps of sodium (yellow light) initially to low pressure, therefore with a chromatic surrender almost nothing (in 1964 those appear to tall pressure with a discreet surrender of the colour but smaller bright efficiency); vapor lamps of mercury for the more you use in road illumination and with scarce made chromatic (these will be transformed then through the use of phosphorescent salts that, invested by the ultraviolet radiations the riemettonos in the field of the visible ghost: the fluorescent lamps are produced); neon lamps and to argon (redheads and blue employees primarily for advertising purposes). In 1959 the American Zublers and Mosby added to the gas of the incandescence light bulbs incandescence lamps a small halogen quantity, getting the halogens lamps that last more, they have great bright efficiency and they behave a meeting place blaken of the bulb. Of last generation they are the lamps to LED Light Emitting Diodes: their technology is born from an electronic device invented by Nick Holonyak in 1962, that it exploits the optic ownerships of semiconductors so that to produce photons through the
phenomenon of the spontaneous issue. This device sent forth only initially a red light: he now produces Led in a vast range of colours. One year ago, in 2014, the Nobel prize has been assigned for the Physics to Isamu Akasaki, Hiroshi Amano and Shuji Nakamura for the searches on the light blue Led, essential for the evolution of the sources that you/they today are used. With the diffusion of the electric light manufacturing firms of lamps of every kind obviously bloom, material, form, for every use and every environment: the few and often repetitive models of the ancient one, however innovative if inserted in the context to which you/ they belong, they are old, covered completely from the thousand of projected objects in last century from designer, real artists of the I furnish and of the light, past to the history for their projects. The house of the XX century is deeply influenced by the artificial light if straight subdued not from this and from its fruition to 360 degrees. Stings firm in the history of the furnishings of insides is, among the others: the lamps “Arco and Toio” of the 1962 of Achille and Pier Giacomo Castiglioni produced for Flos or still Parenthesis (with Pious Manzù), the halogen lamp for the first flowing time on a vertical cable, produced for the
same firm; the desk lamp Tolomeo for Artemide (1987) of Michele De Lucchi and Giancarlo Fassina, with his elegant and functional structure in aluminum; of Richard Sapper the lamp Guy for 1972 Artemide, with his clever division of the weight that allows to assume any position in the space without losing the balance; or still Miss Sissi for Flos of Philippe Starck, projected in 1991 as light object, economic in subject, energy and packaging. Worded so the history of the evolution of the light, natural and artificial, inside a vital space for the man, the house, analyzes whether to plan in the good way the light in the environments, to satisfy that comforts visual already quoted, that brings with if so many other types of advantages beginning from that psicophisic. The light can be, as we has seen, brought in so many ways and with so many different facets inside a built environment, in operation in variety of the use declining itself. “The adjectives are many, according to the project that is pursued. […] soft, weak, stingy, uncertain, trembling. Or full-bodied, generous, clean, thrown, incumbent, transcendent. And still: dramatic, sabred, quivering, intermittent, snowed, particellare, dusty. […] Each of these,
obviously the planner carefully chooses it, individualizing it among thousand, so that helps, supports, conduct the architecture (that specific architecture) to emit his vocation.”(4) in short, in the project the light must be drawn, just as for the architecture or to furnish him. The project of illumination never has to depart from the choice of the illuminating instruments, as instead it often happens, but must be the result of analysis and careful investigations, with the purpose to assure a distribution of the proper light, to the desired use, for quantity and quality.”5 main point is the choice of the levels of necessary illuminance, at level in the room and the use that he wants to do: the degree of visual performance increases to improve some levels of illuminamento, involving therefore diminution of the errors and smaller fatigue of the eye. This depends on as factors as the dimensions of the object of the vision and the contrasts between objects and colors of the walls, for example, but also to the time of which it prepares him to practice the vision on the object. Therefore the level of various illuminamento according to the visual assignment to be developed in that environment, and not only. Also very subjective aspects can influence such problem as the acuità visual and the organic tone or the subjective optic
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perception of the observer, its conditions psicofisiche and also the moment of the day in which it completes those activities. Obviously the illuminance that comes on the plan that is wanted to illuminate depends on various factors: from the lumens sent forth by the lamps, from the output of the instrument, from the distance and from the slant of the source in comparison to the object, but also obviously from the factors of reflection of the present surfaces in the place and from the form and dimension of the same place. Certainly tener account of the quantity doesn’t need only of the illuminance, but also very of the quality of this, of his uniformity and division. Main point is to choose the type of illumination, beginning with to choose light illuminations directed, seed-direct, diffused, seed-indirect or indirect, in base to the percentage of issued total light above or under the passing horizontal plan for the instrument. The diffused illumination, directs downward for instance the same quantity of light, and toward the ceiling; that direct sends forth 90-100% of the light directly on the object. The design of the instrument in which the bright sources are set has a value of certain aesthetical, but it contributes to the propagation of the light, carefully
choice in the type and in the quantity of illuminance that is wanted to produce in to give form to the flow to the bright flow and in to return the efficiency of the source. The instruments are classifiable for typologies in base to their way to place in the environment: ceiling light, applique, stem lamps, to suspension, table instruments, to collection, spotilights, binary electrified, they are disseminated in our houses. Although there is different choices for different uses, the today’s tendency it is that to create versatile objects however and therefore flexible, able to suit for sudden changes of demands in the houses interrelate with the working environment more and more and whose environments are not often more rigidly separate in their uses. The visual comfort is reached however with the choice of the bright source, that certainly has operational characteristics, what middle life, bright flow, bright efficiency, dimension, form, power (what they make different and specifications the various typologies of source from the incandescent one to the Led), but also qualitative characteristics not to be underestimated. They are the temperature colour, the index of made chromatic and the ghost of issue. To illuminate well means in fact to consider the colours, but in general
the characteristics of the environment in which he operates: warm lights, in fact, are preferred in environments from the soffused atmosphere, while the cold lights, damping the colors, they extend to be more you use in high-level environments of illuminance. This for psychological matters also, tied up to the visual comfort. The temperature color points out the colour of the bright source and is the parameter express able kelvin, used for cataloging the color of the source if compared with a black body that serves as rising champion. According to the norm One 10380, a white-warm source has temperature inferior color to 3300°K; a white-neutral instead from 3300 to 5300°K; a white-cold source has superior temperature to 5300°K instead. To make some example, temperature sources color warm they are the sun of the dawn or the flame of a candle (1800-1900°K), the traditional (2800°K) incandescent lamps or the alogenes (3000-3200°K); light “cold” it is that of a clear sky of the north or a cold lamp to Led. With the lamps to Led the possibility is had to choose the warm or cold light using the same technology, impossible thing with the old incandescence lamps. The index of made chromatic it is the way according to which a source makes the color of the objects that illuminates.
On a maximum value of 100, the index of made chromatic used in domestic environments it should be of the first class, or it must be > 90. Places of passage, staircases, wardrobe, could have made also some colors lowest among 60 and 80. Possession a good index of made chromatic, however, it doesn’t mean to have good surrender of the colors. This also depends on the ghostly distribution of the source that if warm, also having index of surrender 100, it has scarce surrender on the cold colors and vice versa. You/he/she can be useful at times, to exalt all the gradations of color, as in the case of the illumination of a picture, to mix two different bright sources making overlaps attention and angles of incidence. Obviously every environment has his own illumination, really to acquit to the assignments for which has been predisposed. Especially in a house, in which a lot of times of the day have passed, it is important that who lives it can find you convenience, safety, comfort. The light in the house must respond therefore to the functional needs and to create an atmosphere for every environment and, because no, to put in prominence what characterizes the residence. Already beginning from the entry, the
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guest must be catapults in a pleasant atmosphere and that makes road toward the inside of the house without sudden starts of illuminance. The living room is then a place in which manifold activities are developed, from the light ones, to converse, to watch the television to have lunch: just for this it is an a little consistent room to a distribution uniform of the light. It is important to distribute points light different to use, alternately or simultaneously, to create effects and atmospheres, bringing the attention on aims focal, as a picture or a plant; illuminating a table with a chandelier and illuminating a table with a chandelier and the zone relax with a lampshade. To create therefore, through the light, environments in the environment, spaces in the space. The places in which are developed activity that exploits particularly our perception of the colours or that mostly they hock our eyes,they must wisely be furnished. The reading zone for instance has necessarily to have an own source of light to almost exclusive use. You prepare to arm inclinable with diffuser orientabile, both from table and from earth, they are excellent to illuminate well, to direct the light as more it is comfortable to the reader. Also the bookstore must have illuminated from instruments that don’t
produce annoying shades to the rapids vision of the texts and their titles: useful in this case it will be for instance a wallwasher that “it bathes” the wall with his ample light and well angular. In the zone important lunch is to be able to regulate the height of the lamp (to suspension for instance) instead with a mechanism you salt-go down, that allows to regulate it in low during the meals, to valorize and to exalt the table, nelduplice purpose to illuminate food and table companion, but then to bring aloft more aloft her in the other moments of the day not to provoke dazzles. The television, appliance used as in our houses has need of an illumination that doesn’t create exponential starts light-dark between the bright screen and its outskirts; it doesn’t even have to be too much intense and assembled for not influencing the correct vision of the instrument. The kitchen and the bath, centers of feasible activity “to diffused light” as of others that ask for specific lights, to the peer of the the living room can have an integrative illumination to that of base. This will be located for the plans of job, sink, plain cooking in the kitchen, and for the mirror in the bath. The best illuminating source is that mail to side of the mirror, in front of the person. Soffused and soft, it must be well protected from the direct looks
guerrillero of natural and artificial light, in the respect of the environment and our health. La luce, cosa è? of the observer and possession a good chromatic surrender for activity as the make-up. The bedroom, private zone for excellence, can have a diffused light, better still if of adjustable intensity. Punctual illumination will be instead that inside the closet, to vertical illuminance or that of the night table, to make the more individual possible, therefore with bundle well orientabile, not to disturb the rest of other people that occupy the same room. To speak over of instruments, rules and techniques of illuminance it would be too much “from manual”, but to also know few of these suggestions can help in the sketch of the light of an environment that, we often find, discounted and banal only because we cross it and we live it every day. To put aside from the aesthetical taste, with which each is described and it appears in the environment of his own house, is vital to illuminate in correct way for all the reasons already quoted, that they are done urgent in the last years more and more. Among these, there is the impact of our style of life on the environment, whose problems force us to exploit with intelligence what the nature has given us, even before what we have been able to produce. The challenge is that to always illuminate, always more and always better, in the friendly meeting and not
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COSE E CASE Salvatore Natale arredo umano THINGS & HOUSES Scelta mirata alla tecnologia e all’uso human furnishings dell’illuminazione naturale ed artificiale negli spazi del vivere quotidiano
La luce, cosa è?
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La luce è un’onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto. La luce che percepiamo mediante la vista è quella corrispondente allo spettro elettromagnetico visibile dall’occhio umano, compreso approssimativamente tra i 400 e i 700 nanometri di lunghezza d’onda; al variare della lunghezza d’onda l’occhio umano può percepire diversi colori (un’onda con lunghezza d’onda di 400 nanometri ci appare di colore violetto, se invece è di 600 sarà giallo e se è di 750 sarà rosso). Lo spettro della radiazione visibile può essere suddiviso in intervalli approssimati, a ciascuno dei quali si può associare una caratteristica cromatica: Violetto 380 – 435 nm, Blu 435 – 500 nm, Verde 500 – 566 nm, Giallo 566 – 600 nm, Arancione 600 – 630 nm, Rosso 630 – 780 nm. La presenza contemporanea di tutte le lunghezze d’onda visibili, in quantità proporzionali a quelle della luce solare, forma la luce bianca. Le lunghezze d’onda immediatamente al di fuori dello spettro percettibile dall’occhio umano vengono chiamate “Ultravioletto” (UV), per le onde corte (780-1000 nm), e “Infrarosso” (IR) per le onde lunghe (100-380 nm). Anche se gli esseri umani non possono
vedere l’infrarosso, esso viene percepito dai recettori della pelle come calore. La radiazione ultravioletta invece viene percepita solo in maniera indiretta, in quanto la sovraesposizione della pelle ai raggi UV causa il danneggiamento dei tessuti (ustione ad una lunga esposizione al sole senza creme protettive). La luce come tutte le onde elettromagnetiche, interagisce con la materia. Le caratteristiche delle onde elettromagnetiche che possiamo osservare sono: Assorbimento (dipende sia dalla natura del materiale, sia dalla frequenza della radiazione. Un caso importante nell’assorbimento di radiazione è il corpo nero, in cui la radiazione incidente è completamente assorbita e non vi è riflessione); Riflessione (si tratta del rinvio della radiazione che colpisce la superficie, tutta o in una parte, nello stesso semispazio/direzione dalla quale proviene. La riflessione può essere speculare rinviando l’onda in un’unica direzione, o diffusa rinviando l’onda in più direzioni); Trasmissione (riflessione e assorbimento riguardano sia il corpo trasparente sia quello opaco, la trasmissione solo quello trasparente); la Rifrazione (deviazione di percorso/direzione mostrata dall’onda nel passaggio da un mezzo fisico
ad un altro, fra aria/vetro, aria/acqua, aria/film plastici, con effetto di “arcobaleno” dalla scomposizione della luce bianca nelle luci componenti, o spettro, che vengono ciascuna deviata in varia misura). Il colore degli oggetti deriva dalle caratteristiche spettrali della luce che incide su di essi e dalle proprietà quindi di assorbimento, riflessione e trasmissione degli oggetti stessi. La percezione del colore è un processo psicofisico complesso, che ha inizio quando la luce penetrando nell’occhio viene assorbita dalla retina. L’occhio umano converte l’energia luminosa che riceve da ciò che lo circonda in segnali elettrici, che sono successivamente elaborati dal cervello. La percezione del colore coinvolge quindi sia processi fisici legati alle caratteristiche spettrali del segnale luminoso, sia processi psicobiologici che sovrintendono all’interpretazione del segnale da parte del cervello. La luce ed il colore sono sensazioni intimamente legate alla vita di tutti i giorni e possiamo averne una fondamentale esperienza considerando il “Disco Cromatico” di Itten. Ritornando alla luce, abbiamo detto che è l’occhio che ci permette di percepire lo spazio intorno a noi, ma come funziona l’occhio e la visione?
Il sistema della visione può essere immaginato come composto da più parti o sistemi tra loro integrati: un sistema ottico che assicura la formazione dell’immagine, un sistema di messa a fuoco per ottenere un’immagine nitida qualunque sia la distanza tra l’occhio e l’oggetto, un diaframma che regola la quantità di luce che entra nell’occhio, una membrana sensibile alla luce ed al colore praticamente come il funzionamento di una macchina fotografica. Mediante le Grandezze Fotometriche che quantificano l’emissione luminosa in rapporto alla visione umana, possiamo valutare in termini quantitativi le caratteristiche dell’illuminazione prodotta in un ambiente, attraverso: il Flusso Luminoso, l’Intensità Luminosa, l’Illuminamento, e la Luminanza (le unità di misura corrispondenti si rifanno al Sistema Internazionale (S.I). Il Flusso Luminoso è definito, data la sorgente (luce solare/artificiale) come il prodotto tra la quantità di energia luminosa emessa nell’unità di tempo e il coefficiente di visibilità, indicato con la lettera greca Φ (phi) l’unità di misura nel S.I. è il Lumen (lm) a cui associamo per convenzione il valore di un 1Watt=683 lumen, la misura del flusso luminoso è fatta per mezzo di uno strumento
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chiamato “sfera integratrice”. Il flusso luminoso viene spesso usato come una misura oggettiva della potenza utile emessa da una sorgente luminosa, ed è di solito riportato sulla confezione delle lampadine. Il valore del flusso luminoso è utile quando si confrontino l’efficienza luminosa delle lampade a incandescenza ed a fluorescenza. L’Intensità Luminosa è il flusso luminoso emesso da una sorgente puntiforme all’interno dell’angolo solido unitario (steradiante) in una determinata direzione, indicato nel S.I. con il simbolo I, l’unità di misura nel S.I. è la Candela (1cd=lm/sr). Il requisito fondamentale per gli apparecchi illuminanti e le sorgenti che emettono la luce in una direzione specifica, è la determinazione dell’intensità luminosa al variare della posizione angolare. Tali misure si ottengono con un particolare strumento: il “Goniofotometro”. L’Intensità Luminosa è una grandezza fondamentale nel campo illuminotecnico. Per gli apparecchi illuminanti è importante controllare le direzioni di emissioni luminose al fine di evitare l’affaticamento visivo a causa dei valori troppo elevati d’intensità luminosa e di stabilire efficacemente quindi un’ottimale esposizione. L’Illuminamento è il rapporto tra il flusso
luminoso ricevuto da una superficie e l’area di tale superficie, indicato nel S.I. con il simbolo E, e con l’unità di misura Lux (lx – 1lx=1lm/mq) riferito all’oggetto illuminato e non alla sorgente. Per misurare il valore dell’illuminamento su di una determinata superficie è disponibile un apparecchio detto “Luxmetro”. Ci si basa sull’illuminamento nella progettazione illuminotecnica degli ambienti, e nelle normative sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Viene utilizzato anche nel settore fotografico e cinematografico, in quanto consente di misurare la quantità di luce sugli oggetti e in scena, fattore decisivo per la riuscita qualità delle riprese. Data una sorgente di luce ad una superficie illuminata, ed assegnata una direzione, si definisce Luminanza il rapporto tra l’intensità luminosa e l’area apparente della superficie, indicata nel S.I. con il simbolo L, indicato nel S.I. con l’unità di misura cd/m2 . I valori della luminanza sono misurati con strumenti chiamati “Luminanzometri”; la grandezza è indicativa dell’abbagliamento che può indurre una sorgente. Illuminazione d’interni attraverso la luce naturale
Nell’illuminazione d’interni è indispensabile fare affidamento su una progettazione adeguata. Questa dovrà prendere in considerazione l’intensità, la distribuzione e le caratteristiche della luce, poiché in base a come sono combinati questi tre fattori, si produrranno una serie di effetti che influenzeranno la percezione che l’essere umano ha dello spazio che lo circonda.(1) Vivere in uno spazio adeguatamente illuminato, significa vivere in modo sereno, produttivo, che migliora la nostra qualità della vita. Per secoli l’unica fonte di luce di cui l’uomo disponeva era per l’appunto la luce naturale, di cui cercava di incrementarne gli effetti luminosi mediante “strategiche” aperture che ne massimizzavano l’esposizione all’entrata nell’edificio: porte d’ingresso, finestre, lucernai, tetti, erano tutti soggetti ad una progettazione mirata destinata a scaldare e definire lo spazio volumetrico. Il tema della luce naturale costituisce una sfida per l’architetto poiché la luce è l’elemento che di più regola la nostra vita e ci permette di percepire l’ambiente circostante: “entrando in un ambiente attraverso le finestre, lungo le pareti attraverso lucernari del tetto, la luce del sole cade sulle superfici interne, ne ravviva i colori
e ne rivela la qualità materica. Con i cangianti motivi di luce e di ombre che crea, il sole anima lo spazio della stanza, articolandone le forme al suo interno. Attraverso la sua intensità e la distribuzione della stanza, la luce del sole ridefinisce la forma dello spazio, oppure la distorce. Il colore o la brillantezza possono conferire un’atmosfera gioiosa all’ambiente o infonderle un aspetto tetro”.(2) Il sole per l’architettura rappresenta la fonte d’illuminazione primaria con cui l’edificio si interfaccia al variare dell’intensità della luce durante le fasi del giorno e della notte e delle stagioni. Utilizzando efficacemente la luce naturale è possibile ridurre i consumi energetici derivati dalla luce artificiale, consentendo anche un guadagno solare passivo durante l’inverno (es. infissi con vetro a controllo solare). Le tecniche costruttive di base per l’impiego della luce naturale in un ambiente architettonico si dividono in tre categorie: Sidelighting quali “componenti di passaggio”che permettono alla luce di passare da un ambiente illuminato ad un altro, come la finestra, la portafinestra, il lucernario, la copertura rialzata; Toplighting quali “componenti di conduzione”
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che guidano e distribuiscono la radiazione luminosa all’interno di un edificio come la loggia o la galleria, il portico, l’atrio, il patio, la serra, i condotti di luce e i sistemi a fibra ottiche; Corelighting quali “componenti di controllo” che favoriscono o limitano il passaggio della luce, come i vetri speciali, gli scaffali di luce e i vari sistemi di schermatura.
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L’architettura dell’edificio incide nettamente sull’illuminazione e bisogna avere ben presente determinati aspetti: “un’apertura può essere orientata per ricevere luce diretta del sole durante determinate ore del giorno. [...] La posizione di un’apertura influenza il modo in cui la luce entra in una stanza e illumina le forme e le superfici. Quando è collocata all’interno di una parete, un’apertura appare come una nitida macchia di luce su una superficie scura. Tale situazione può provocare un effetto di bagliore se la luminosità dell’apertura contrasta eccessivamente con la superficie scura che la circonda. Tale sgradevole e stancante riverbero, causato da un rapporto eccessivo di luminosità tra superfici adiacenti o aree di una stanza, si può migliorare permettendo alla luce diurna di entrare da almeno due direzioni. Quando un’apertura è situata lungo il lato
di una parete o nell’angolo di un ambiente, la luce che entra illuminerà la superficie della parete adiacente e perpendicolare al piano dell’apertura. Tale superficie illuminata diventerà a sua volta una sorgente di luce e aumenterà il grado di luminosità dell’ambiente. Altri fattori influenzano la qualità della luce all’interno di un ambiente. La forma e l’articolazione di un’apertura si riflettono sul motivo dell’ombra proiettata sulle superfici della stanza. Il colore e la qualità materica di queste superfici influenzano a loro volta le proprie capacità riflettenti e il livello di luce all’interno dello spazio”.(3) Gli architetti nel corso dei secoli hanno definito sempre più le forme e le dimensioni delle finestre e dei lucernari cercando di catturare quanta più luce possibile. Tra le soluzioni più innovative c’è sicuramente la “finestra a nastro” di Le Corbusier, che si sviluppa lungo la lunghezza della parete garantendo un adeguato livello di illuminazione (soluzione adottata anche dagli edifici industriali) in un rapporto continuo con l’ambiente esterno; altre soluzione sono la finestra “alta” posizionata sopra l’occhio dell’osservatore (ad un’altezza elevata) che consente alla luce di penetrare in profondità, e la finestra
“a tutt’altezza” protagonista di numerose tendenze architettoniche in quanto consente di avereun’illuminazione totale dell’ambiente “azzerando“ gli ostacoli con l’ambiente esterno e che ha portato nel tempo a diverse soluzioni tecnologiche oscuranti come pellicole o speciali vetri per ridurre l’abbagliamento visivo e controllare le radiazioni solari. Uno dei metodi maggiormente utilizzati per l’utilizzo della luce naturale negli ambienti, è il Toplighting in quanto permette di avere un’ottima prestazione della luce naturale nell’ambiente, in relazione al fatto che assicura un’illuminazione diretta, né filtrata e né riflessa, dall’alto verso il basso. “Il principale vantaggio correlato a questa tecnica di Daylighting risiede nella possibilità di disporre di una luce uniforme che proviene dalla parte più luminosa del cielo, lo zenit, senza subire riflessioni o incontrare ostacoli; in questo modo si garantisce una disponibilità luminosa molto più estesa indipendentemente dal tipo di vetro”. (4) Questa tecnica è stata spesso utilizzata nelle gallerie ottocentesche e viene tutt’oggi utilizzata nelle moderne soluzioni per gli spazi pubblici, e in strutture temporanee da esibizione in quanto è molto efficace per strutture
che dispongono di un solo piano. Presenta tuttavia non pochi svantaggi poiché la luce zenitale rappresenta il punto luce più alto e quindi più caldo, e può dar luogo a surriscaldamento e abbagliamento qualora non siano previsti sistemi di controllo della temperatura e di schermatura dai raggi. L’utilizzo del metodo Corelighting, permette invece di rendere omogenea la luce naturale all’interno dell’edificio, permettendo di illuminare anche stanze o angoli soggetti a scarsa illuminazione. Differenti approcci tutti validi tra loro, si susseguono in base al progetto architettonico e all’illuminazione da delineare. Importante è anche la finitura interna del colore dei muri, dal quale dipende la diffusione della luce negli spazi adiacenti; è preferibile inoltre dotare la galleria di più finestre distribuite su più fronti. Il portico fornisce luce naturale poco contrastata e piuttosto stabile, generando un ambiente protetto dalla radiazione solare diretta. La corte o il patio sono spazi che permettono il controllo della luce naturale e la sua distribuzione all’interno dell’ edificio: coloriture chiare aumentano il livello luminoso al loro interno e le loro capacità
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di conduzione della luce ai piani bassi dell’edificio. L’atrio che generalmente è un ampio spazio collocato vicino all’ingresso dell’edificio, può essere coperto da materiali traslucidi o trasparenti che controllano la quantità di luce immessa nell’ambiente; usato per lo più come ambiente di rappresentanza, è preferibile anche in questo caso utilizzare colori chiari e neutri proprio perché la sua utilità è delineabile a più contesti.
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Diventa fondamentale quindi per il progettista conoscere le diverse tecniche e i vari strumenti da adottare nella realizzazione e nella definizione di un ambiente illuminato; gli ambienti interni devono essere opportunamente orientati verso l’illuminazione solare, tenendo conto delle attività che si svolgeranno al suo interno accompagnate da un’attenta analisi dei colori utilizzati, delle dimensioni, e delle forme degli elementi che andranno ad incidere sull’illuminazione. Per rendersi conto di un tale problema basta pensare che una parete bianco brillante liscia, ad esempio, può riflettere l’85% della luce incidente, una parete color crema circa il 75% e una parete gialla il 65% e che i colori brillanti come l’arancione assorbono circa il 60%
della luce che li colpisce. È possibile pertanto non avvertire il bisogno di luce artificiale se quella naturale ha prestazione e livelli di confort visivo tali da garantire un certo livello di illuminazione sia di una specifica stanza che nelle stanze circostanti. Il bisogno di punti luce artificiali, e quindi di lampade a sospensione, da parete, da terra, gli abat-jour, o da scrivania, ci vengono in aiuto per aumentare le prestazioni della nostra visione e per assicurarci, come vedremo, un’illuminazione adeguata per ogni nostra esigenza. Tecnologie e metodologie d’illuminazione L’integrazione della luce artificiale nelle nostre case per far fronte alla mancanza di luce naturale nelle ore notturne, o semplicemente per aumentare il nostro confort visivo, è un fattore determinante per il nostro benessere quotidiano. Attraverso lampadari, plafoniere, applique, piantane possiamo valorizzare il nostro interno domestico con le luci giuste. L’illuminazione può fondersi con l’architettura in una totale integrazione con questa, o anzi, può essere alla ricerca
di un decorativismo, di forme, materiali e colori, per esaltarne gli arredi. Sempre più le sorgenti luminose vengono considerate all’interno del progetto d’arredo, in quanto una scelta mirata di una sorgente luminosa, parte dalla considerazione di dove questa verrà collocata e che funzione dovrà avere. Figura professionale importante all’interno del progetto d’arredo è il Lighting Designer ovvero il progettista dell’illuminazione, che si occupa di scegliere e realizzare il progetto illuminotecnico più idoneo. L’evoluzione tecnologica dei sistemi d’illuminazione, la necessità del risparmio energetico, la sempre maggiore attenzione ai costi di gestione richiedono sempre più maggiore competenza e conoscenza. I nostri ambienti domestici e lavorativi hanno preso forma in maniera diversa e costante nel tempo, soprattutto se associamo alle innovazioni tecnologiche nel campo della luce anche i numerosi stili, icone e archetipi tipologici che hanno scritto e delineato la storia dell’architettura e del design. Che siano a sospensione, da parete, da terra, abat-jour, o da scrivania, bisogna tenere presente che ogni stanza necessità di una precisa quantità di luce a seconda delle attività che vi si svolgeranno al suo interno.
Dalla prima lampadina ad incandescenza di Thomas Edison, al passaggio delle lampadine fluorescenti, fino alla novità delle sorgenti LED (light emitting diode/diodo ad emissione luminosa), l’oggetto lampada ha subito notevoli trasformazioni tese al perfezionamento della qualità dell’illuminazione, determinata prima da studi tecnici e poi psicologici oltre che da considerazioni quali la sostenibilità e il fattore energetico. Le quattro tipologie di lampade di cui facciamo largamente uso sono: Incandescenza, Alogene, Fluorescenti, LED. Le lampadine ad Incandescenza, ormai obsolete, sono dal 2009 per legge fuori commercio soprattutto per il loro dispendio energetico (l’energia elettrica viene convertita in luce (10%) e calore (90%)) e la necessità di ridurre i consumi energetici. Per oltre centotrenta anni hanno rappresentato la fonte d’illuminazione artificiale primaria, adattabile a qualsiasi tipologia di stanza, poiché basata su una tecnologia relativamente semplice e quindi standardizzabile: un bulbo di vetro con all’interno del gas inerme (Argon) e ad un filamento di tungsteno attraverso cui passa la corrente elettrica e che riscaldandosi (fino a 2700K) produce luminosità.
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Questa tipologia di lampada prevede il consumo del filamento di tungsteno nel tempo, per un massimo di utilizzo e resa pari a circa 1000 ore di funzionamento. La luce ha una tipica tonalità “calda” e un ottimo valore di resa cromatica, modesta invece l’efficienza luminosa, pari in media a 12 lumen/watt per una lampadina da 100 W. Le lampade Alogene costituiscono un’evoluzione della classica lampadina ad incandescenza e nascono dalla necessità di evitare la sublimazione del filamento di tungsteno. All’interno di queste lampade, oltre al gas, vengono aggiunti dei materiali alogeni (iodio, bromo) che sono alla base del processo di rigenerazione: il tungsteno evaporando infatti, reagisce chimicamente con l’alogeno, dando così vita a un alogenuro di tungsteno. Si attua un ciclo rigenerativo del filamento, mediante la sua elevata temperatura (circa 2.500 °C) che comporta la successiva dissociazione dell’alogenuro di tungsteno, in alogeno e tungsteno metallico. Il tungsteno ricade quindi sul filamento, rigenerandolo parzialmente, mentre l’alogeno liberato permette la continuazione del ciclo. Per resistere a queste temperature, il bulbo delle lampade alogene
è realizzato in quarzo. Queste lampadine sono caratterizzate da un’efficienza e durata di vita maggiori rispetto a quelle tradizionali, la loro vita media è calcolabile tra le 2.000 e 4.000 ore di utilizzo, e da un’ottima resa cromatica. La luce emessa risulta più “bianca” rispetto alle lampadine tradizionali poiché il filamento raggiunge una temperatura operativa maggiore. Le lampade alogene trovano molteplici applicazioni: sono molto diffuse negli edifici domestici, per l’illuminazione degli interni, ma grazie alla varietà di tipologie (lampade con filtro dicroico, con ottica a vetro frontale, lineari a doppio attacco...) vengono utilizzate per l’illuminazione d’ interni di grandi dimensioni come impianti sportivi e aree convegni oppure anche per gli esterni, come ad esempio le facciate di edifici. Le lampade Fluorescenti, meglio conosciute come lampade “al neon”, sono tipicamente di forma tubolare in vetro lineare o circolare sigillato e rivestite interamente da materiale fluorescente. Al loro interno contengono vapore di mercurio a bassa pressione; alle due estremità del tubo sono presenti due elettrodi che con l’applicazione della tensione elettrica generano un flusso di elettroni che scontrandosi con gli atomi di mercurio generano
una radiazione ultravioletta invisibile ad una lunghezza d’onda pari a 254 nm. Il materiale fluorescente del rivestimento interno, a contatto con le radiazione ultraviolette produce l’emissione di fotoni visibili e quindi luce visibile. Rispetto alle lampade ad incandescenza, le fluorescenti tubolari dispongono di un elevato livello di efficienza luminosa, seppure la luce risulti più bianca e fredda che incide negativamente sulla resa cromatica, la loro vita media è calcolabile tra le 10.000 e le 24.000 ore di utilizzo. Il valore dell’efficienza luminosa, ovvero la qualità della luce emessa in termini di tonalità di colore e di resa cromatica, è influenzabile dal tipo di polveri utilizzate per il rivestimento interno del tubo, queste infatti possono essere: Polveri fluorescenti di tipo tradizionale (coprono l’intera banda dello spettro del visibile, sono caratterizzate da una buona efficienza luminosa), Polveri fluorescenti di tipo Trifosforo (emettono luce caratterizzata da un ottimo indice di resa cromatica, superiore ad 80, ideali in ambienti come gli uffici), Polveri fluorescenti di tipo Multifosforo (migliorano notevolmente l’indice di resa cromatica (superiore a 90) adatte nei casi in cui è indispensabile un ottimo riconoscimento dei colori come negli ospedali).
Le lampade fluorescenti sono particolarmente indicate per tutti gli usi dove si necessità di luce prolungata come gli ambienti esterni, in quanto la loro caratteristica consente un risparmio energetico del circa del 75% rispetto alle lampade ad incandescenza e sono caratterizzate da una elevata efficienza luminosa (il frequente accendere e spegnere a lungo andare riducono la vita media delle lampade). Esse non possono essere attaccate direttamente alla rete elettrica in quanto dispongono di uno specifico alimentatore che innesca la scarica iniziale e limita la corrente nel tubo. Negli ultimi anni esistono in commercio anche particolari lampade dotate di una vasta gamma di tonalità di colori utilizzabili in ambiti diversi come gli uffici e le scuole, alle applicazioni commerciali a quelle residenziali e domestiche. Altri modelli di cui possiamo disporre sono le Fluorescenti compatte con un meccanismo del tutto simile a quelle delle tubolari, ma con dimensioni simili a quelle ad incandescenza e con un’emissione di luce di qualità ottimale, che consente un risparmio energetico del circa il 65%. Una delle maggiori innovazioni nel campo dell’illuminazione, è sicuramente il LED, il piccolo diodo luminoso dalle grandi prestazioni.
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Sono tanti i designer che hanno colto le potenzialità di questa tecnologia e sono altrettanto tante le personalità in tutto il mondo che scommettono sul LED come fonte d’illuminazione primaria per la nostra vita quotidiana nel prossimo futuro (domestica, pubblica, commerciale). I Led hanno una durata di vita media molto elevata rispetto a quella delle comuni lampadine (circa 40.000 ore contro 1.500 della lampadina ad incandescenza), ma non solo, in termini di paragoni risulta anche il dispositivo più performante a livello energetico con un risparmio di elettricità del circa il 90%. I LED non producono calore, per questo si dicono “a luce fredda”, non tanto per la tonalità del colore emessa, ma semplicemente perché tutta l’energia utilizzata si converte tutta interamente in luce utile invece di trasformarsi in calore; il rapporto così tra lumen emessi/watt consumati risulta molto efficiente ed elevato (80-100 lumen/watt contro 15/25 della lampadina normale). La luce che emettono è detta “puntiforme” a causa della loro piccolissima dimensione simile ad un pixel. Da molti anni i LED vengono impiegati come “luce tecniche”, ovvero come spie luminose negli apparecchi elettrici come telecomandi, televisori,
stereo, forni, ma anche sulle automobili come luci di posizione, frecce direzionali e l’illuminazione interna, solo negli ultimi anni invece, sono stati adottati nel campo dell’illuminazione da architetti e designer che ne hanno esaltato le potenzialità. Grazie alla loro particolare dimensione, occupano un ingombro minimo, quasi nullo, e ciò permette una più ampia libertà compositiva da parte del progettista nel delineare forme e volumi complesse che diventano esse stesse produttrici di luce. Ad oggi sul mercato si dispone di dispositivi LED che emettono una luce sia di tonalità “calda” che di tonalità “fredda” dando libertà di utilizzo per molteplici utilizzi che possano soddisfare le esigenze più disparate. Nell’ambito dell’interior design, i LED sono utilizzati principalmente in tutte le applicazioni di lighting design come parte integrante del progetto architettonico dove si ricerca un particolare effetto cromatico o una luce dinamica; le lampade LED tuttavia non risultano pienamente competitive sul mercato a causa del loro costo ancora elevato, sebbene queste rispondono bene ai requisiti di efficienza luminosa e resa cromatica. Per capire quali lampadine tendono al risparmio energetico e quali rendono
in maggiore efficienza energetica, basta leggere l’etichetta energetica europea di cui sono dotate, con l’indicazione della classe di efficienza energetica: A, A+, A++, fino a G. Il massimo valore di efficienza energetica (A++) permette un risparmio energetico elevato in quanto permette di massimizzare l’uso della lampadina nella sua funzione. Il valore minimo (G) rivela una inefficiente capacità di risparmio da parte della lampadina (es. lampade Alogene rientrano nella classe D). Mediamente la caratteristica principale di lampadine a risparmio energetico è che costano un pò di più rispetto alle altre sul mercato, ma il loro costo viene ammortizzato nel tempo in quanto durano più a lungo. Importante su ogni lampada e lampadina il marchio IMQ che certifica la conformità dei prodotti alle norme di legge in materia di sicurezza. Ulteriori lampadine speciali possono riportare sulla confezione il marchio Ecolabel che garantisce che il prodotto rispecchia specifici requisiti ambientali, sulla base del LCA (Life Cycle Analysis) ovvero del ciclo di vita del prodotto. Quando scegliamo una lampada, o una specifica lampadina da adottare all’interno dei nostri spazi abitativi, cerchiamo innanzitutto di soddisfare il nostro bisogno di luce per uno
specifico uso. L’illuminazione emessa dai dispositivi illuminanti può variare a seconda del nostro bisogno e delle nostre necessità. A seconda della distribuzione del flusso luminoso gli apparecchi vengono classificati in: Riflettori, Rifrattori e Diffusori. I metodi di illuminazione si differenziano per: Illuminazione Generale (questo metodo consente di fornire una illuminazione uniforme e diffusa sull’intera area considerata); Illuminazione Locale e Integrativa: l’aggettivazione “locale” indica un livello di illuminamento elevato su una superficie piccola a prescindere dall’illuminazione generale, ad esempio una lampada da tavolo; si dice “Integrativa” quando invece fornisce su un’area di solito piccola, un livello di illuminamento opportuno integrando la luce generale); Illuminazione Locale e Generale quando è utilizzata in spazi dove vi sono compiti visivi specifici. Differenti anche i Tipi d’illuminazione da adottare all’interno dei nostri spazi abitativi come: illuminazione diretta, illuminazione indiretta, illuminazione semi-indiretta, illuminazione diretta/indiretta, illuminazione semi-diretta. L’illuminazione diretta si riferisce in particolar modo ad una luce molto
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direzionata dalla sorgente luminosa al piano di lavoro. In tale sistema l’effetto luminoso varia a seconda di come sono posizionate le sorgenti luminose e se il fascio luminoso è concentrato (vi ci possono essere problemi relativi a scarsa illuminazione verticale fon formazione di zone buie) o diffuso (vi è una maggiore uniformità di illuminazione con la possibilità di controllare eventuali fenomeni di abbagliamento). L’efficienza energetica quindi sul piano di lavoro risulta alta grazie anche ad un buon livello di comfort visivo. Attraverso l’illuminazione indiretta la luce raggiunge il piano di lavoro attraverso la riflessione del soffitto e la parte superiore delle pareti. Queste diventano a loro volta delle sorgenti secondarie di luce; la luce appare in maniera diffusa con assenze di ombre nette limitando fortemente gli abbagliamenti. E’ preferibile installare le fonti di illuminazione a circa 40-50 cm dal soffitto, che richiede un’altezza minima di 3 metri. L’illuminazione indiretta viene utilizzata in tutti quei casi dove si necessità di un illuminazione generale alla quale si può affiancare una illuminazione integrativa per determinate zone ristrette come tavoli da lavoro o da disegno per aumentare la visibilità.
L’illuminazione semi-indiretta è simile all’illuminazione indiretta tranne che per la differenza che risulta più efficiente e consente livelli di illuminamento maggiori senza contrasti di luminanza. L’illuminazione diretta-indiretta caratterizza la stanza rendendo piacevole all’abitare. Questo tipo di illuminazione prevede a suddividere il flusso luminoso in due parti uguali, permettendo un buon contrasto tra le luci che si integrano in modo efficace. Il soffitto risulta ancora come sorgente secondaria di illuminazione tramite la luce riflessa, affiancando la diffusione di luce generale all’interno della stanza. Il sistema può essere utilizzato per diversi ambienti: stanze abitative, uffici, aule. L’illuminazione semi-diretta viene invece utilizzata nei casi in cui il soffitto presenta alti coefficienti di riflessioni riducendo il problema dell’abbagliamento diretto. Detto questo, specificando i vari tipi di lampadine che possiamo utilizzare con le loro caratteristiche e le varie tipologie di luci che possiamo installare all’interno dei nostri spazi abitativi, bisogna declinare quali sono le esigenze da soddisfare a seconda della grande varietà d’uso che disponiamo degli ambienti, perché sia in ambito domestico che in ambito lavorativo, si
deve ricercare il massimo del comfort visivo garantendo il benessere rendendo visibile gli oggetti e lo spazio che ci circonda. Una buona visibilità è intesa come la facilità, la velocità e l’accuratezza nel percepire e riconoscere un oggetto, rendendo possibile nello specifico l’adempimento del compito visivo. L’impianto di illuminazione deve essere finalizzato all’ottimale prestazione visiva che si richiede dall’attività che si svolgerà nell’ambiente. Guida all’illuminazione nell’ambiente domestico Nell’ambiente domestico ogni stanza svolge una precisa attività. La nostra vita quotidiana si svolge in tutte le stanze della casa, pertanto occorre che queste soddisfino al meglio le nostre necessità e le nostre abitudini. La luce nell’ambiente domestico svolge molteplici ruoli primari e secondari che influenzano la nostra percezione in modo determinante: la luce come funzione visiva con l’illuminazione a norma ed adeguata dei piani di lavoro e delle attività, la luce come effetto biologico in quanto sostiene il ritmo circadiano e ci rende attivi o rilassati, la luce come percezione emotiva
che illumina e sottolinea le architetture e che struttura e crea atmosfera. Diventa quindi fondamentale, nella progettazione dell’illuminazione per completare l’illuminazione generale dello spazio architettonico, ricercare il massimo dell’illuminazione naturale, e quando questa non è disponibile, integrare con l’aggiunta di un’illuminazione artificiale. La lampada ai nostri giorni, ormai è un prodotto “maturo” per poter essere considerata protagonista dell’arredamento. Ma come scegliere il tipo di lampada giusta per ogni stanza della casa? Partiamo dalla Cucina. La Cucina è l’ambiente della casa che più di tutte necessita di una luce tecnica e funzionale. È anche il centro della casa, in quanto oltre ad essere la stanza per la preparazione dei cibi e della loro cottura, spesso diventa il luogo dove si cena e si pranza in famiglia. L’illuminazione più funzionale quindi da adottare, sarà un’illuminazione flessibile che permetterà di rendere l’ambiente accogliente e piacevole: è preferibile alternare la disposizione delle luci a seconda delle varie attività che si svolgeranno in cucina. Ad una illuminazione generale diffusa, dovranno essere previste altre luci puntuali con illuminazione diretta sul piano lavoro e zona cottura, in quanto necessitano
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di luci particolari, meglio se chiare e brillanti (alogene o LED). L’illuminazione sul tavolo da pranzo spesso prevede l’installazione di una lampada sospesa al centro del tavolo, utile se non si dispone di un tavolo allungabile, ma con la facilità di compiere un errore se questo è un trasformabile ed arriva ad ospitare più persone contemporaneamente. In questo caso un singolo punto luce non riesce a soddisfare una buona illuminazione, e si possono installare lampade a sospensione in fila a fasci di illuminazione non troppo ampi per avere una luce settata ma continua lungo l’area del tavolo, o altrimenti anche dei comodi faretti orientabili. È bene anche adottare differenti tipi di illuminazione utilizzati all’interno della stanza in modo da poter accendere e spegnere con facilità la luce e utilizzarne solo la quantità desiderata nelle specifiche zone. Per illuminare infine cantine, mensole o angoli bar, si può scegliere una luce scenografica grazie all’uso dei LED settati per regolare sia varie tonalità di colore che intensità. Solitamente invece, il Soggiorno è un ambiente che viene “diviso” in due zone contraddistinte: zona relax, zona pranzo, entrambe corrispondenti a criteri tecnici d’illuminazione differenti. La zona pranzo è solitamente quella che accoglie all’arrivo in casa, risultando il
punto focale dell’ambiente; è una zona dove si mangia e ci si intrattiene e che può diventare anche “zona studio” in momenti di necessità. L’illuminazione da adottare sarà preferibilmente una lampada a sospensione sul tavolo da pranzo (facendo attenzione a quanto già detto). La scelta della lampada a sospensione o da soffitto incide notevolmente sull’estetica della stanza, pertanto è bene tenere in considerazione le proporzioni sia per larghezza che per altezza della lampada in rapporto allo spazio. Una buona tecnica può essere quella di adottare diverse lampade a sospensione posizionate ad altezze diverse, dello stesso tipo, garantendo comunque una luce puntuale all’ambiente con la possibilità di accenderle contemporaneamente o singolarmente. Anche l’adozione di faretti regolabili può essere idonea. La zona relax del soggiorno può invece essere integrata da luci tecniche e da una luce generale, come ad esempio LED che illuminano in modo specifico determinate zone della parete attrezzata dove solitamente si trova il televisore, il decoder, lo stereo, il telefono e i libri ed altri oggetti. Un’illuminazione retroilluminata di questi spazi può essere comoda e scenografica per tenere sempre a
portata di mano i telecomandi e i dischi e per non affaticare la vista mentre si guarda la televisione. Accanto al divano o alle poltrone è bene sempre installare una lampada da terra nel caso volessimo leggere un libro con una luce diretta nel caso l’illuminazione generale non soddisfa la nostra necessità, potrebbero essere utili soluzioni con un’illuminazione a luce diretta-indiretta, con un punto luce diretto che ci aiuta nella lettura di libri o tablet, ed una luce indiretta che si infrange sulle pareti per integrarsi con la luce generale. Le lampade da terra e le Abat-jour rivestono generalmente una notevole importanza come elemento decorativo dell’ambiente. Una buona scelta di lampade da terra deve tenere in considerazione la possibilità di modificare a piacimento l’altezza e la direzione della luce, attraverso strutture mobili e non necessariamente rigide. La Camera da letto è un’ambiente dove bisogna tenere ben presenti alcuni fattori importanti. La stanza è adibita al nostro riposo e al nostro relax, risulta quindi importante disporre di un’illuminazione che eviti l’effetto “abbagliamento” preferendo soluzioni con diffusione indiretta del fascio luminoso più tenue e caldo. Ad un’illuminazione generale dobbiamo prevedere illuminazioni specifiche ed
integrate che possiamo posizionare in modi differenti. Tra queste risultano fondamentali le abat-jour ai lati del letto, disposte sui comodini che a tempo debito possono diventare la sorgente di luce primaria nella stanza. Può essere utile disporre di abat-jour con dimmer incorporati per la regolazione dell’intensità di luce: potremo disporre facilmente di una luce più intensa per facilitare la nostra lettura a letto, o di una luce più fioca per accompagnare il nostro sonno. Anche la scelta di applique da parete può essere consona per lasciare libera la superficie del comodino. Sempre più importanza riveste il guardaroba, anche lui protagonista della stanza insieme al letto e ai comodini. Anche qui si possono adottare semplici soluzioni per facilitare la scelta dei capi; spesso questi non sono dotati di una luce interna creando fastidiose zone d’ombra: il problema si può risolvere integrando LED o faretti interni dotati di luci bianche e vivide, che si accendono automaticamente all’aprirsi delle ante. Se il guardaroba invece è una piccola stanza adibita al cambio d’abito, l’illuminazione da prevedere sarà generale e diffusa con l’installazione di faretti spot regolabili paralleli ed in prossimità degli elementi che contengono i vestiti. Anche uno specchio
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adibito al pettinarsi o al trucco può risultare un elemento con una propria anima affiancandogli un’illuminazione dedicata come due applique ai lati o un’illuminazione LED retroilluminata lungo il suo contorno. La zona Bagno sta riscuotendo sempre più successo grazie a pratiche e scenografiche soluzioni che rendono l’ambiente sempre più adibito al relax e al benessere e non semplicemente all’igiene quotidiana. Per creare l’atmosfera giusta è bene utilizzare diverse soluzioni di illuminazione: un bagno troppo luminoso verrà percepito come inospitale, se invece la luce sarà troppo fioca, avremo una sensazione di malessere. Conviene sempre disporre di una luce diffusa all’interno della stanza, con l’adozione di faretti ad incasso o lampade a sospensione o da parete. A questa, è necessario associare una luce integrata specifica nella zona dello specchio e del lavabo e nella zona della vasca, meglio se rese indipendenti dall’impianto d’illuminazione, in modo da disporre di una luce funzionale. Sempre più lighting designer adottano il LED per creare vere e proprie scenografie all’interno dello spazio vasca e cabina doccia. Qui sono sempre più presenti sul mercato versioni di cabine docce e vasche idromassaggio
dotate di luci LED e giochi d’acqua che aumentano la nostra percezione del benessere mediante un’illuminazione specificamente studiata soprattutto verso l’ambito della cromoterapia. Per quanto riguarda l’illuminazione della zona lavabo, è preferibile scegliere una luce diretta e brillante per facilitare operazione come il truccarsi o il radersi, meglio se disposte ai lati dello specchio e del lavandino o tutt’intorno come nei camerini degli attori, con l’uso di lampadine antiabbagliamento e di luce bianca. Con l’evolversi della situazione lavorativa e l’avvento di lavoratori freelance, può essere sempre utile e funzionale disporre di una stanza all’interno dell’abitazione adibita a Zona Studio o Ufficio. Qui vi si potrà installare il computer e conservare documenti e continuare il proprio lavoro a casa. Il fine di una corretta illuminazione in questo caso è quello di non affaticare troppo la vista stando davanti al computer o quando si legge un libro. È bene ricordare che per decidere quando un ambiente di lavoro è ben illuminato occorre conoscere quale sia il giusto grado d’illuminamento necessario a garantire una visione rilassata dalla postazione di lavoro. I valori medi di illuminamento definiti per ogni ambiente, sono riportati dalla
norma CIE (Commission Internationale de l’Eclairage). Lo scopo di tali norme è normalizzare i metodi di rilevamento, così da poter comparare progetti o impianti realizzati, e di poter indicare un intervallo di valori di illuminamento, per differenti compiti visivi, entro il quale si potranno svolgere senza particolari disturbi le funzioni. In una zona Ufficio è utile installare una luce centrale diffusa che illumini l’intera stanza, con l’integrazione di lampade da terra e lampade da scrivanie sia a luce diretta, che a luce diretta-indiretta, a struttura orientabile. Al di sopra della scrivania, meglio preferire lampade con braccetti regolabili ed orientabili integrate di dimmer (per la regolazione della luce) da usare e modificare in relazione del lavoro da svolgere; attenzione nel non indirizzare la luce sul monitor del computer ma sempre sulla tastiera e la scrivania. Anche qui preferire tipologie di lampadine che evitano il fenomeno dell’abbagliamento. Utile disporre tra l’altro di più prese per la corrente, o di una ciabatta multipresa per i collegamenti di tutti i device. Concludendo La luce naturale rappresenta fin dalla creazione della terra e dell’uomo,
l’elemento vitale che regola il nostro orologio biologico. La qualità e la quantità di luce che percepiamo durante il giorno è essenziale per lo svolgimento delle nostre attività quotidiane, incidendo notevolmente sul nostro comportamento. Dalla luce dipende la vita sul nostro pianeta e la possibilità di svolgere gran parte delle nostre attività quotidiane. La luce del giorno è quella con cui ci siamo naturalmente adattati, che ci permette di vedere le cose ed i colori cosi come sono. Architettura ed illuminazione vanno quasi obbligatoriamente di pari passo verso la stesura di un progetto che badi alla qualità della vita del fruitore, dei suoi bisogni tangibili e di quelli intangibili, che badi al contesto territoriale intorno cui l’architettura nasce, e di come questa possa essere quanto più soggetta all’illuminazione naturale. Nella progettazione dei nostri spazi abitativi possiamo definire la quantità e la qualità della luce per ogni singola stanza. La luce artificiale si integra a quella naturale senza mai sostituirla, per migliorare il nostro comfort e la nostra percezione degli spazi e degli oggetti. La luce non svolge mai una sola funzione, ma incide su 3 aspetti fondamentali: sulla qualità visiva, sull’aspetto emotivo e biologico, sull’efficienza energetica
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ideale. Una corretta illuminazione permette di distinguere bene le forme ed il volume degli oggetti, compreso lo spazio circostante in cui ci muoviamo. Una buona visione e sinonimo di sicurezza e controllo che incide sul nostro essere. La luce può stimolare il nostro studio e il nostro lavoro o disturbarci negativamente, può attivarci fisiologicamente e influenzare il nostro ritmo circadiano, influenzando il nostro aspetto fisiologico.
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COSE E CASE Salvatore Natale arredo umano THINGS & HOUSES Choice contemplated to the technology and the use human furnishings of the natural and artificial illumination in the spaces of the daily way of living
What is the light? The light is an electromagnetic wave that is propagated in the void. The light that we perceive through the sight is that corresponding to the visible electromagnetic spectrum from the human eye, inclusive approximately between the 400 and the 700 nanometris of wavelength; to vary some wavelength the human eye can perceive different colours (a wave with wavelength of 400 nanometris appears us of violet colour, if instead it is of 600 it will be yellow and if it is of 750 it will be red). The spectrum of the visible radiation can be divided in approximate intervals, to every of which a chromatic characteristic can be associated: Violet 380. 435 nm, Blue 435. 500 nm, Green 500. 566 nm, Yellow 566. 600 nm, Orange 600. 630 nm, Red 630. 780 nm. The contemporary presence of all the visible lengths of wave, in proportional quantity to those of the solar light, form the white light. The lengths of wave immediately out of the perceptible spectrum from the human are called “Ultraviolet” (UV), for the short (780-1000 nm) waves, and “Infrared” (IR) for the long (100-380 nm) waves. Even if the human beings cannot see the infrared one, it is perceived by
the receptors of the skin as heat. The ultraviolet radiation is perceived only instead in indirect way, in how much the overexposure of the skin to the rays UV causes the damage of the fabrics (burn to a long exposure to the sun without protective creams). The light as all the electromagnetic waves, interacts with the subject. The characteristics of the electromagnetic waves that we can observe are: Absorption (it depends both from the nature of the material, and from the frequency of the radiation. An important case in the absorption of radiation is the black body, in which the incidental radiation is completely absorbed and there is no reflection); Reflection (it deals with the delay of the radiation that strikes the surface, all or in a part, in the same middle space/ direction from which it originates. The reflection can be speculate postponing the wave in an only direction, or diffused postponing the wave in more directions); Transmission (reflection and absorption concern both the transparent body and that opaque, the transmission only that transparent); the Refraction (deviation of run/direction shown by the wave in the passage from a mean physicist to another, among air/glass, air/water,
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air/film plastic, with effect of “rainbow” from the decomposition of the white light in the component lights or ghost, that come every diverted in various measure). The color of the objects derives from the spectrum characteristics of the light that it engraves on them and from the ownerships therefore of absorption, reflection and transmission of the objects themselves. The perception of the color is a trial psicophisical complex, that has beginning when the light penetrating in the eye is absorbed by the retina. The human eye converts the bright energy that receives from what it surrounds it in electric signals, that are subsequently elaborated by the brain. The perception of the color involves therefore is tied up physical trials to the ghostly characteristics of the bright signal both trials psicobiologici that supervise to the interpretation of the signal from the brain. The light and the color are intimately tied up feelings to the life of every day and we can have a fundamental experience of it considering the “Chromatic Disk” of Itten. Returning to the light, have we said that it is the eye that allows us to perceive the space around us, but as the eye and the vision does it work? The system of the vision can be imagined as mixture from more parts or systems among them
integrated: an optic system that assures the formation of the image, a system of mass to fire to get an any clear image is the distance between the eye and the object, a diaphragm that regulates the quantity of light that enters the eye, a sensitive membrane to the light and the color practically as the operation of a photographic car. Through the Greatness Photometrics that quantifies the bright issue in relationship to the human vision, can appraise in quantitative terms the characteristics of the illumination produced in an environment, through: the Bright Flow, the Bright intensity, the Illuminance and the Luminance (the unities of measure correspondents recall him the International System (S.I). The Bright Flow is defined, gives the source (solar / artificial light) as the product among the quantity of issued bright energy in the unity of time and the coefficient of visibility, suitable with the Greek letter Φ (phi) the unity of measure in the S.I it is the Lumen (lm) to which we associate for convention the value of a 1Watt=683 lumen, the measure of the bright flow is made through a called tool “integrating sphere.” The bright flow is often used as an objective measure of the useful power sent forth by a bright source, and it is usually brought on the wrapping of
the light bulbs. The value of the bright flow is useful when is compared the bright efficiency of the incandescence lamps and to fluorescence. Intensity bright is the bright flow sent forth by a source puntiforme inside the unitary (steradian) solid angle in one determined direction, suitable in the S.I. with the symbol I, the unity of measure in the S.I. it is the Candle (1cd=lm/sr). The fundamental requisite for the illuminating instruments and the sources that send forth the light in a specific direction, is the determination of the bright intensity to the to vary some angular position. Such measures are gotten with a particular tool: the “Goniofotometro.” Intensity bright is a fundamental greatness in the illuminanting field. For the illuminating instruments it is important to check the directions of bright issues with the purpose to avoid the visual fatigue because of the too elevated values of bright intensity and to establish effectively therefore an optimal exposure. The Illuminance is the relationship among the bright flow received by a surface and the area of such surface, suitable in the S.I. with the symbol E, and with the unity of measure Lux (lx. 1lx=1lm/mq) reported to the illuminated object and not to the source. To
measure the value of the illumination on one determined surface is available a said instrument “Luxmetre.” It founds us on the illuminance in the illuminanting planning of the environments, and in the normative ones on the health and safety in the places of job. It is also used in the photographic and cinema sector, in how much it allows to measure the quantity of light on the objects and in scene, decisive factor for the result quality of the resumptions. Gives a source of light to an illuminated surface, and assigned a direction, Luminance is defined the relationship between the bright intensity and the apparent area of the surface, suitable in the S.I. with the symbol L, suitable in the S.The. with the unity of measure cd/m2. The values of the luminance are measured with called tools “Luminancemetre”; greatness is indicative of the dazzle that can induce a source. Illumination of insides through the natural light In the illumination of insides it is essential to make trust on a suitable planning. This must consider the intensity, the distribution and the characteristics of the light, since in
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base to as these three factors they are combined, a series of effects they will be produced that will influence the perception that the human being has some space that the it is around.(1)
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Way of living in a space adequately illuminated, means to live in serene way, productive, that improves our quality of the life. For centuries the only source of light of which the man prepared was for the note the natural light, of which tried to increase its bright effects through “strategic” openings that they maximized the exposure of it to the entrance in the building: doors of entry, windows, skylights, roofs, were all subjects to a contemplated planning destined to heat and to define the volume space. The theme of the natural light constitutes a challenge for the architect since the light is the element that more rule our life and it allows us to perceive the surrounding environment: “entering an environment through the windows, along the walls through skylights of the roof, the light of the sun falls on the inside surfaces, it revives the colors of it and it reveals the quality of materials. With the changing motives for light and shades that it creates, the sun animates the space of the room articulating the forms of it to its inside. Through its intensity and the distribution of the
room, the light of the sun redefines the form of the space, or it distorts it. The color or the hulling can confer a cheerful atmosphere to the environment or to infuse her a dismal aspect”.(2) The sun for the architecture represents the primary light source with which the building him interface to vary some intensity of the light during the phases of the day and the night and of the seasons. Effectively using the natural light is possible to reduce the energetic consumptions derived by the artificial light, also allowing a passive solar profit during the winter (es. window fixture with glass to solar control). The constructive techniques of base for the employment of the natural light in an architectural environment divide him in three categories: Sidelighting what “component of passage”that they allow the light to pass from an environment illuminated to another as the window, the French window, the skylight, the raised again coverage; Toplighting what “component of management” that they drive and they distribute the bright radiation inside a building as the loggia or the gallery, the portico, the atrium, the patio, the greenhouse, the ducts of light and the systems to fiber optics; Corelighting what “component of control” that they favor or they limit
the passage of the light as the special glasses, the shelves of light and the various systems of screening. The architecture of the building clearly engraves on the illumination and needs to have well present determined aspects: “an opening can be directed for receiving direct light of the sun during you determine times of the day. [...] The position of an opening influences the way according to which the light enters a room and illuminates the forms and the surfaces. When it is situated inside a wall, an opening it appears as a clear stain of light on a dark surface. Such situation can provoke an effect of shine if the brightness of the opening excessively opposes with the dark surface that surrounds it. Such unpleasant and tiresome reverberation, caused by an excessive relationship of brightness between adjacent surfaces or areas of a room, it can be improved allowing the diurnal light to enter from at least two directions. When an opening is situated along the side of a wall or in the angle of an environment, the light that enters it will illuminate the surface of the adjacent and perpendicular wall to the plan of the opening. Such illuminated surface will become in turn a source of light and will increase the degree of brightness
of the environment. Other factors influence the quality of the light inside an environment. The form and the articulation of an opening reflect him on the motive for the shade projected on the surfaces of the room. The colour and the quality matericas of these surfaces influence to them it turns own reflecting abilities and the level of light inside the space”.(3) The architects during the centuries have defined the forms and the dimensions of the windows and the skylights trying to capture more and more how much more possible light. Among the most innovative solutions there is surely it “ribbon window” of Le Corbusier, that develops him along the length of the wall guaranteeing a suitable level of illumination (solution also adopted by the industrial buildings) in a continuous relationship with the external environment; other solution I am the window “tall” positioned above the eye of the observer (to an elevated height) that allows the light to penetrate in depth and the window “to everything height” protagonist of numerous architectural tendencies in how much it allows to have a total illumination of the environment “reseting” the obstacles with the external environment the obstacles with the external environment
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and that it has brought in the time to different technological solutions darkening as films or special glasses to reduce the visual dazzle and to check the solar radiations.
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One of the methods mostly used for the use of the natural light in the environments, are the Toplighting in how much it allows to have a good performance of the natural light in the environment, in relationship to the fact that assures a direct illumination, neither filtered and neither reflected, from the tall one downward. “The principal correlated advantage to this technique of Daylighting resides in the possibility to have a light uniform that originates from the brightest part of the sky, the zenith, without suffering reflections or to meet obstacles; in this way a very wider bright availability is independently guaranteed by the type of glass”.(4) This technique has often been used in the nineteenth-century galleries and it comes everything today used in the modern solutions for the public spaces, and in temporary structures from exhibition in how much very effective is for structures that have a only plain. Introduces nevertheless more than few disadvantages since the zenith light represents the point light taller and therefore more heat, and it can give
overheating place and dazzle if is not anticipated systems of control of the temperature and screening from the rays. The use of the method Corelighting, allows instead of the natural light make inside the building homogeneous, allowing to also illuminate rooms or subject angles to scarce illumination. Different approaches all valid ones among them, are followed in base to the architectural project and the illumination to delineate. Main point is also the inside finish of the color of the walls, on which the diffusion of the light depends in the adjacent spaces; it is preferable besides to endow more the gallery windows distributed on more fronts. The portico furnishes natural light a little opposed and rather stable, producing an environment protected by the direct solar radiation. The court or the patio are spaces that allow the control of the natural light and its distribution the inside of the building: clear colorings increase the bright level to their inside and their abilities of management of the light to the low plans of the building. The atrium that is generally an ample situated space next to the entry of the building, can be covered from material
translucent or transparent that check the quantity of light introduced in the environment; used for the more as environment of representation, is also preferable in this case to use clear and neutral colors really because its utility is delineabile to more contexts. It becomes fundamental therefore for the planner to know the different techniques and the various tools to adopt in the realization and in the definition of an illuminated environment; the inside environments must opportunely have directed toward the solar illumination, keeping in mind of the activities that will develop him to its inside accompanied by a careful analysis of the used colors, of the dimensions, and of the forms of the elements that will go to engrave on the illumination. It becomes foundamental account of such a problem all it takes is thinking that a wall bright white smooths, it can for instance reflect it 85% of the incidental light, a wall colour cremates around 75% and a yellow wall 65% and that the bright colours as the orange absorb around the 60% of the light that strike them. It is possible therefore not to warn the need of artificial light if that natural has performance and such levels of visual confort to guarantee a certain level of illumination both of a
specific room that in the surrounding rooms. The need of points light artificial, and therefore of suspension lamps, from wall, from earth, the lampshades, or from desk, they come us in help to increase the performances of our vision and to assure us, as we will see, a suitable illumination for every demand of ours Technologies and methodologies of illumination The integration of the artificial light in our houses to face the lack of natural light in the nighttime hours, or to increase our visual confort, is simply a conclusive factor for our daily comfort. Through chandeliers, plafoniere, applique, standards we can valorize our domestic inside with the correct lights illumination can melt with the architecture in a total integration with this, or rather it can be to the search of a decorativismo, of forms, materials and colors, to exalt of it furnishes him. More and more the bright sources are considered inside the project of furniture, in how much a choice contemplated of a bright source, part from the consideration of where this will be put and that function must have. Important professional figure
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inside the project of I furnish is the Lighting Designer or the planner of the illumination, that it deals him with to choose and to realize the illuminanting project fitter. The technological evolution of the systems of illumination, the necessity of the energetic saving, her always great attention to the costs of management they ask for great competence and knowledge more and more. Our domestic and working environments have taken form in different and constant way in the time, above all if we also associate to the technological innovations in the field of the light the numerous styles, icons and tipical archetypes that they have written and delineated the history of the architecture and the design. What to suspension is, from wall, from earth, lampshade, or from desk, it needs to keep in mind that every room necessity of a precise quantity of light according to the activities that will unwind you to inside. From the first incandescence light bulb of Thomas Edison, to the passage of the fluorescent light bulbs, up to the novelty of the rising LEDs (light emitting diode/issue diode bright), the object lamp has suffered notable tense transformations to the improvement of the quality of the illumination, determined by technical studies and
then before psychological over that from considerations what the sustainability and the energetic factor. The four typologies of lamps of which we do largely use are: Incandescence, Alogene, Fluorescent, LED. The Incandescence light bulbs, by now obsolete, they have been above all out since 2009 for law commerce for their energetic (electric energy is converted in light (10%) waste and heat (90%)) and the necessity to reduce the energetic consumptions. For over one hundred thirty years have represented the primary artificial light source, adaptable to any typology of room, since based on a simple technology relatively and therefore standardise: a bulb of glass containing of the unarmed (Argon) gas and to a tungsten filament through which it passes the electric tide and that heating produces (up to 2700K) brightness. This typology of lamp foresees the consumption of the tungsten filament in the time, for a maximum of use and surrender equal to about 1000 hours of operation. The light has a typical tonality “warm” and a good value of made chromatic, modest instead the bright efficiency, equal in average to 12 lumens / watt for a light bulb from 100 Ws. The Alogene lamps constitute an evolution of the classical incandescence light bulb and they are born from the
necessity to avoid the sublimation of the tungsten filament. Inside these lamps, besides the gas, are added some alogene materials (iodine, bromine) that are at the base of the process of regeneration: the tungsten evaporating in fact, it chemically reacts with the halogen, giving so life to a alogene tungsten. It is realized a regenerative cycle of the filament, through his elevated temperature (around 2.500 °Cs) that it behaves the following dissociation of the tungsten alogenuro in halogen and metallic tungsten. The tungsten reverts therefore on the filament, partially regenerating it, while the freed halogen allows the continuation of the cycle. To withstand these temperatures, the bulb of the lamps alogene is realized in quartz. These light bulbs are characterized by an efficiency and duration of life you increase in comparison to those traditional, their middle life is calculable among her 2.000 and 4.000 hours of use, and from an excellent made chromatic. The issued light results more “white” in comparison to the traditional light bulbs since the filament reaches a great operational temperature. The lamps alogenes find manifold applications: they are very diffused in the domestic buildings, for the illumination of the insides, but thanks to the variety of typologies
(lamps with dichroic filter, with glass frontal optics, linear to double attack...) they are used for the illumination inside of great dimensions as you install sporting and areas conferences or also for the outside, as for instance has her of buildings. The Fluorescent lamps, better known as lamps “to the neon”, they are typically of tubular form in sealed linear or circular glass and you entirely dress again from material fluorescent. To their inside they contain vapor of mercury to low pressure; to the two extremities of the pipe they are present two electrodes that with the application of the electric tension they produce a flow of electrons that meeting with the atoms of mercury produces an invisible ultraviolet radiation to a wavelength equal to 254 nm. The fluorescent material of the inside covering, to contact with the radiation ultraviolet it produces the issue of visible photons and therefore visible light. In comparison to the incandescence lamps, the fluorescent tubular have an elevated level of bright efficiency, even though the light results more white and cold that negatively engraves on the chromatic surrender, their middle life is calculable among her 10.000 and her 24.000 hours of use. The value of the bright efficiency or the quality of the issued light in terms of tonality of color and of made chromatic, it is
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influenceable from dusts’ type used for the inside covering of the pipe, these in fact they can be: Fluorescent dusts type traditional (they cover the whole gang of the ghost of the visible one, they are characterized by a good bright efficiency), Fluorescent dusts type three phosphorus (they send forth light characterized by a good index of made chromatic (superior to 80) ideal in environments as the offices), Fluorescent dusts type Multiphosphorus (they improve notably the index of made chromatic, superior to 90, proper in the cases in which a good recognition of the colors is essential as in the hospitals). The fluorescent lamps are particularly suitable for all the uses where him necessity of light prolonged as the external environments, in how much their characteristic allows an energetic saving of the around of 75% in comparison to the incandescence lamps and they is characterized by an elevated bright (the frequent one to turn on and to extinguish in the long run they reduce the middle life of the lamps) efficiency. They cannot directly be attached to the electric net in how much they have a specific feeder that baits the initial discharge and it limits the tide in the pipe. In the last years they also exist in commerce particular lamps endowed with a vast range of tonality of usable
colours in different circles as the offices and the schools, to the commercial applications to those residential and houseservants. Other models of which we can prepare are entirely the Fluorescent compact with a mechanism similar to those of the tubular ones, but with dimensions similar to those to incandescence and with an issue of light of optimal quality, that allows an energetic saving of the around 65%. One of the greatest innovations in the field of the illumination, it is surely the LED, the small bright diode from the great performances. They are so many the designers that have gathered the potentialities of this technology and I are as many so many the personalities all over the world that they bet on the LED as primary light source for our daily life in the next future (houseservant, public, commercial). The Led has a duration of very elevated middle life in comparison to that of the common light bulbs (around 40.000 hours against 1.500 of the incandescence light bulb), but not only, in terms of comparisons the more device also results performantes to energetic level with a saving of electricity of the around 90%. The LEDs don’t produce heat, for this they are said “to cold light”, not so much for the issued tonality of the
color, but simply because all the used energy is entirely converted all in useful light instead of turning into heat; the relationship so among issued lumen / consumed watt results very efficient and elevated (80-100 lumen / watt against 15/25 of the normal light bulb). The light that you send forth is said “puntiforms” because of their dwarfish similar dimension to a pixel. From many years the LEDs are employed as “light techniques”, or as bright spies in the electric instruments as remote controls, televisions, stereo, ovens, but also on the automobiles as lights of position, directional arrows and the inside illumination, only in the last years they have been adopted in the field of the illumination instead by architects and designer, that they have exalted the potentialities of it. Thanks to their particular dimension, they occupy a least encumbrance, almost void, and this allows an ampler liberty compositive from the planner in to delineate forms and volumes complex that them same become of light manufacturing. To today on the market it prepares him of regulating LED that sends forth a light both of tonality “warm” that of tonality “cold” giving liberty of use for manifold uses that can satisfy the most disparate demands. Within the interior design, the LEDs are mainly used in all
the applications of lighting design as it departs integral of the architectural project where a particular chromatic effect or a dynamic light it is sought; the lamps LED nevertheless they don’t fully result competitive on the market because of their elevated cost still, although these respond well to the requisite of bright efficiency and made chromatic. To understand what light bulbs extend to the energetic saving and what they make in great energetic efficiency, all it takes is reading the European energetic label of which they are gifted with the indication of the class of energetic efficiency: To, A+, A++, up to G. The maximum value of energetic (A++) efficiency allows an elevated energetic saving in how much it allows to maximize the use of the light bulb in its function. The least (G) value reveals an inefficient ability of saving from the light bulb (es. lamps Alogenes reenter in the class D). Middly the principal characteristic of light bulbs to energetic saving is that they cost more a pò in comparison to the others on the market, but their cost is amortized in the time in how much they last for a longer time. Important on every lamp and light bulb the mark IMQ that certifies the conformity of the products to the norms of law in safety subject. Further special light bulbs can
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bring on the wrapping the mark Ecolabel that guarantees that the product mirrors specific environmental requisite on the base of the LCA (Life Cycle Analysis) or of the cycle of life of the product. When we choose a lamp or a specific light bulb to adopt inside our housing spaces, we first of all try to satisfy our need of light for a specific use. The illumination sent forth by the illuminating devices can vary according to our need and of our necessities. According to the distribution of the bright flow the instruments are classified in: Reflectors, Refractors and Diffusers. The methods of illumination differentiate him for: General Illumination (this method allows to furnish an illumination uniform and diffused on the whole considered area); Local and Integrative Illumination: the adjective “local” points out a level of elevated illuminance on a small surface to put aside from the general illumination, for instance a table lamp; it is said “Integrative” when instead it usually furnishes on a small area, a level of opportune illumination integrating the general light); Local and General Illumination when it is used in spaces where they are performed you visual specific. Different also the Types of illumination to adopt inside our housing spaces as: direct illumination, indirect illumination, seed-indirect illumination,
direct / indirect illumination, seed-direct illumination. The direct illumination refers in particolar way to a light a lot of direction from the bright source to the plan of job. In such system the bright effect various according to as the bright sources they are positioned and if the bright bundle is assembled (you/can be us problems related to scarce vertical illumination fon formation of dark zones) or diffused (there is a great uniformity of illumination with the possibility to check possible phenomena of dazzle). The energetic efficiency therefore on the plan of job it results tall thanks also to a good level of visual comfort. Through the indirect illumination the light reaches the plan of job through the reflection of the ceiling and the superior part of the walls. These become to them it turns some secondary sources of light; the light appears in diffused way with absences of clean shades strongly limiting the dazzles. It is preferable to install the light sources to around 40-50 cms from the ceiling, that asks for a least height of 3 meters. The indirect illumination is used in all that cases where him necessity of a general illumination to which an integrative illumination can be placed side by side for you determine narrow zones as job tables or from sketch to increase the visibility.
The seed-indirect illumination is similar to the indirect illumination except that for the difference that results more efficient and it allows levels of great illuminamento without contrasts of luminance. The direct-indirect illumination characterizes the room making pleasant to live. This type of illumination foresees to divide the bright flow in two equal parts allowing a good contrast among the lights that are integrated in effective way. The ceiling still results as secondary source of illumination through the reflected light, placing side by side the diffusion of general light inside the room. The system can be used for different environments: housing rooms, offices, classrooms. The seed-direct illumination is used in the cases in which the ceiling introduces tall coefficients of reflections reducing the problem of the direct dazzle instead. Says this, specifying the various types of light bulbs that we can use with their characteristics and the various typologies of lights that we can install inside our housing spaces, to decline which they are the demands to satisfy according to the great varieties of use that we have the environments needs, because is in domestic circle that in working circle, you must be sought the maximum one some visual comfort
guaranteeing the comfort making the objects and the space that it surrounds us visible. A good visibility is understood as the facility, the speed and the accuracy in to perceive and to recognize an object making possible in the specific one the fulfillment of the visual assignment. The plant of illumination must be finalizes to the optimal visual performance that. is required by the activity that it will develop him in the environment. Handbook to the illumination in the domestic environment In the domestic environment every room develops a precise activity. Our daily life develops him in all the rooms of the house, therefore it needs that these satisfy to the best our necessities and our habits. The light in the domestic environment develops manifold primary and secondary roles that influence our perception in conclusive way: the light as visual function with the norm illumination and suitable of the plans of job and the activities, the light as biological effect in how much it sustains the circadian rhythm and it makes us active or relaxed, the light as emotional perception that it illuminates and it
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underlines the architectures and that structure and it creates atmosphere. It becomes therefore fundamental, in the planning of the illumination to complete the general illumination of the architectural space, to seek the maximum one some natural illumination, and when this is not available to integrate with the addition of an artificial illumination. The lamp to our days, by now it is a product “mature” to be able to be considered protagonist of the furnishings. But as to choose the type of correct lamp for every room of the house? We depart from the Kitchen. The Kitchen is the environment of the house that needs a technical and functional light more than all. It is also the center of the house, in how much further to be the room for the preparation of the foods and their cooking, becomes often the place where he dines and he has lunch in family. The most functional illumination therefore to adopt, it will be a flexible illumination that will allow to make the pleasant and pleasant environment: it is preferable to alternate the disposition of the lights according to the various activities that will develop him in the kitchen. To a spread general illumination, it must be anticipated other punctual lights with direct illumination on the plan job and zone cooking, in how much
they need particular lights, better if clear and bright (alogene or LED). The illumination on the thick lunch table foresees the installation of a lamp suspended to the center of the table, useful if it doesn’t have him an extensible table, but with the facility to complete an error if this is a transformable and it arrives to entertain more people contemporarily. In this case a single point light doesn’t succeed in satisfying a good illumination, and suspension lamps can be installed not in line to bundles of illumination too much ample to have a light settata but continuous along the area of the table, or otherwise also of the comfortable farettis It is also well to adopt different types of illumination used inside the room so that to be able to turn on and to easily extinguish the light and to use only the quantity desired in the specific zones of it. To finally illuminate wine cellars, shelves or angles cafe, a light scenografica can be chosen thanks to the use of the LEDs settati to regulate is various tonalities of color that intensity. Usually the Stay is instead, an environment that comes “separated” in the two countersigned zones: zone relax, zone lunch, both correspondents to different technical criterions of illumination. The zone lunch is usually that that welcomes to the arrival
in the house, the focal point of the environment resulting; it is a zone where he eats and it lingers us and that it can become also “study zone” in moments of necessity. The illumination to be adopted will preferably be a suspension lamp on the lunch (watching out to how much already said) table. The choice of the suspension lamp or from ceiling it engraves notably on the aesthetics of the room, therefore it is to hold well in consideration the proportions both for width and for height of the lamp in relationship to the space. A good technique can be A good technique can be that to adopt different suspension lamps positioned to different heights, of the same type, guaranteeing a punctual light to the environment with the possibility to contemporarily turn on her however or singly. Also the adoption of adjustable faretti can be fit. The zone relax of the stay can be integrated instead from technical lights and from a general light, as for instance LED that illuminates in specific way determined zones of the equipped wall where it is usually found the television, the decoder, the stereo, the telephone and the books and other objects. A backlight illumination of this space can be comfortable and scenographic to always hold to course of hand the remote controls and the disks and not
to tire the sight while the television looks him. Close to the couch or to the armchairs it is always well to install an earth lamp in the case we wanted to read a book with a direct light in the case the general illumination it doesn’t satisfy our necessity, you could be useful solutions with a light direct-indirect illumination, with a point light direct that helps us in the reading of books or tablet and an indirect light that it breaks him on the walls to integrate with the general light. The earth lamps and the Lampshades generally dress again a notable importance as decorative element of the environment. A good choice of earth lamps must hold in consideration the possibility to modify to liking the height and the direction of the light, through mobile structures and not necessarily rigid. The bed Chamber is an environment where it needs to hold well present some important factors. The room is turned to our rest and our relax, it results therefore important to have an illumination that avoids the effect “dazzle” preferring solutions with indirect diffusion of the slimmer and warm bright bundle. To a general illumination we must foresee specific and integrated illuminations that we can position in different ways. These result fundamental the
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lampshades to the sides of the bed, prepared on the comodinis that can become the source of primary light in the room to proper time. You can be useful to have lampshade with incorporated dimmer for the regulation of the intensity of light: we can easily have a more intense light to facilitate in bed our reading, or of a weaker light to accompany our sleep. Also the choice of wall applique can be consistent to leave the surface of the comodino free. More and more importance dresses again the wardrobe, also him protagonist of the room together with the bed and to the comodinis. Also here simple solutions can be adopted for facilitating the choice of the heads; often these are not endowed with an inside light creating annoying zones d annoying zones of shade: the problem can be resolved integrating LED or inside faretti endowed with white and vivid lights, that automatically ignite to open some shutters. If instead the wardrobe is a small room turned to the change of suit, the illumination to be foreseen will be general and diffused with the installation of faretti parallel adjustable spot and in proximity of the elements that contains the suits. Also a mirror turned to comb or to the makeup can result an element with an own soul placing side by side him an illumination devoted as two
appliques to the sides or an illumination LED illuminated behind along its contour. The bath zone is receiving success practices graces and scenografiche solutions that make the environment more and more turned to the relax and the comfort more and more and not simply to the daily hygiene. To create the correct atmosphere is to use well different solutions of illumination: too much a bright bath will be perceived as inhospitable, if instead the light will be too much weak, we will have a feeling of discomfort. It is always worthwhile to have a diffused light inside the room, with the adoption of faretti to collection or suspension lamps or from wall. To this, it is necessary to associate a light integrated specification in the zone of the mirror and the sink and in the zone of the tub, better if made independent by the plant of illumination, so that to have a functional light. More and more lighting designers adopt the LED to create real scenographies inside the space tub and box shower. They are more and more here present on the market versions of boxes showers and tubs idromassaggio endowed with lights LED and games of water that increase our perception of the comfort through an illumination studied above all specifically toward the circle of the chrometherapy. As it regards
the illumination of the zone sink, it is preferable to choose a direct and bright light to facilitate operation as to put make up on or the to shave, better if prepared around to the sides of the mirror and the sink or everything as in the camerinis of the actors, with the use of light bulbs glare protection and of white light. With to evolve some working situation and the advent of workers freelance, you can be always useful and functional to have a room inside the residence turned Study or Office to Zone. Here you can be installed the computer and to preserve documents and to continue your job to house. The goal of a correct illumination in this case is that not to tire too much the sight being in front of the computer or when a book is read. It is to remember well that to decide when an environment of job is well illuminated it is necessary to know what the correct degree of necessary illumination is to guarantee a vision relaxed by the posting of job. The middle values of illuminamento defined for every environment, are brought by the norm CIE (Commission Internationale de the Eclairage). The purpose of such norms is to normalize the methods of survey, so that to be able to compare projects or realized fittings, and to be able to point out an interval of values of illumination
for different visual assignments, within which you can be developed without particular troubles the functions. In a office zone is useful to install a diffused central light that illuminates the whole room, with the integration of earth lamps and lamps from desks both to direct light, that to direct-indirect light, to structure orientabile. To the than above of the desk, better preferring lamps with adjustable braccetti and integrated orientabili of dimmer (for the regulation of the light) to use and to modify in relationship of the job to develop; attention in not to address the light on the monitor of the computer but always on the keyboard and the desk. Also here to prefer typologies of light bulbs that avoid the phenomenon of the dazzle. Profit to prepare besides more takings for the tide, or of a slipper multipresa for the connections of all the devices. Conclusion The natural light represents since the creation of the earth and the man the vital element that regulates our biological clock. The quality and the quantity of light that we perceive during the day it is essential for the carrying out of our daily activities, engraving
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notably on our behavior. From the light life depends on our planet and the possibility to develop big part of our daily activities. The daylight is that with which there are naturally adapted, that allows us to see the things and the colours as it is. Architecture and illumination almost obligatorily go together toward the layout of a project that you mind the quality of the life of the use, of its tangible needs and of those intangible, that you mind around the territorial context which the architecture is born, and of as this can be how much more subject to the natural illumination. In the planning of our housing spaces we can define the quantity and the quality of the light for every single room. The artificial light integrates him to that natural without never replacing her/it to improve our comfort and our perception of the spaces and the objects. The light never develops an only function, but it engraves on 3 fundamental aspects: on the visual quality, on the emotional and biological aspect, on the ideal energetic efficiency. A correct illumination allows to distinguish well the forms and the volume of the objects, understood the surrounding space in which we move there. A good vision and safety synonym and I check that engraves on our being. The light can stimulate
our study and our job or to negatively disturb us, can physiologically activate us and to influence our circadian rhythm, influencing our physiological aspect.
COSE E CASE Franco Rotella arredo umano THINGS & HOUSES La luce e le teorie del colore human furnishings (Newton, Goethe, Itten)
In questo studio prenderemo in esame tre importanti teorie sul colore, ma prima di addentrarci nella complessa trama teorica di tale argomento è fondamentale fornire delucidazioni sull’elemento alla base della visione umana, la luce. La luce è una forma di energia composta da vibrazioni elettromagnetiche, strettamente legate alla materia e caratterizzate da un moto ondulatorio. Partendo da una sorgente luminosa che può essere naturale (luce solare, lunare e stellare) oppure artificiale (lampade), esse, indipendentemente dal moto della loro fonte, si diffondono in tutte le direzioni ad una velocità di 300.000 km/sec. Tale comportamento fu alla base dello sviluppo della teoria della relatività di Einstein. Dal punto di vista fisiologico, è grazie alla luce che l’occhio umano percepisce l’esistenza degli oggetti e delle loro relazioni spaziali, compreso lo stimolo generante la sensazione del colore. Tale sensazione dipenderà dal tipo di luce, che illuminerà l’oggetto della nostra visione, e dalla lunghezza d’onda dei raggi luminosi che possono essere assorbiti o riflessi dalla superficie dell’oggetto stesso. Dunque se alla luce bianca (cioè quella solare) l’oggetto appare verde, è perché la
sua superficie ha assorbito tutte le lunghezze d’onda possibili riflettendo solo quella verde, e generando così la corrispondente sensazione cromatica, mentre una superficie nera apparirà tale ai nostri occhi, poiché assorbirà tutte le lunghezze d’onda, senza rifletterne alcuna. Lo studio sulla luce, svoltosi nel corso dei secoli ha portato all’identificazione di cinque fenomeni: trasmissione (consiste nella parte delle vibrazioni luminose che riesce ad attraversare una determinata superficie); rifrazione (è la deviazione che il raggio luminoso subisce quando passa tra due mezzi trasparenti caratterizzati però da differente densità. Ciò implica una differenza nella velocità di propagazione dei mezzi); riflessione (deriva dall’incontro delle vibrazioni luminose con una superficie riflettente, cioè uno specchio); diffusione (è causata dalla collisione delle particelle luminose con altre particelle. Ciò produce un cambiamento della traiettoria che in tal caso sarà casuale e non regolare); luminescenza (si ha quando la luce attraversa diffusamente un materiale capace di assorbire i raggi, per poi liberarli sotto forma di fotoni dall’energia meno intensa). Tale premessa sul fenomeno luce, risulta essere fondamentale per la comprensione delle diverse teorie
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del colore generate dallo studio stesso della luce. Tra queste prenderemo in esame tre importanti teorie: quella di Newton, quella di Goethe per poi terminare con la teoria dei colori di Itten. Newton
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Lo studio della luce, che in passato aveva interessato soprattutto gli ambienti filosofici divenendo uno tra i soggetti prediletti della speculazione filosofico-teorica, a partire dal secolo XVII fu oggetto di approfonditi studi scientifici. Tale interesse, figlio dell’osservazione dei fenomeni ottici portò, nella seconda metà del Seicento, allo sviluppo di due importanti teorie: la teoria corpuscolare di Newton, che individuava la luce come un insieme di corpuscoli, o particelle, soggetti alla legge di gravità; e la teoria ondulatoria di Huygens,(1) per la quale la luce consisteva in un insieme di onde meccaniche dalla velocità finita e dal moto rettilineo. Tra le due teorie, quella che ebbe maggior successo nel XIX secolo fu la teoria corpuscolare di Newton con la quale quest’ultimo riuscì a dare una spiegazione: • alla propagazione della luce dal Sole alla Terra • alla riflessione
• alle differenze cromatiche Questa interessante teoria non dava però una spiegazione sull’assorbimento della luce da parte dei corpi opachi, né su altri fenomeni come la rifrazione, la diffrazione e l’interferenza. Andando ad indagare le tappe fondamentali che portarono allo sviluppo della teoria corpuscolare scopriamo che Isaac Newton, nel 1666, quand’era docente di matematica a Cambridge, dimostrò che la luce solare poteva essere scomposta in più colori corrispondenti a specifiche lunghezze d’ondadelle radiazionielettromagnetiche. Èimportante sottolineare che fino ad allora, tutti credevano che la luce fosse bianca, e che i colori proiettati su determinati oggetti, fossero semplicemente una contaminazione della luce stessa con le cose terrene.(2) L’esperimento che portò a questa importante scoperta fu effettuato attraverso la seguente procedura: Newton schermò la finestra di una stanza già buia con una tavola forata, per permettere il passaggio di un piccolo raggio luminoso. Inoltre fece sì che quest’ultimo attraversasse un prisma di vetro, per poi far proiettare il tutto su un foglio bianco facente da sfondo. Su quest’ultimo comparve nitida la sequenza dei colori dell’arcobaleno, inscritti tra il viola
visibili all’occhio umano.(4) e il rosso, che Newton chiamò spettro luminoso. Dopo ciò isolò uno dei raggi colorati per fargli attraversare un altro prisma e il risultato fu che il raggio fuoriuscì dal prisma mantenendo intatto il suo colore. Come prova finale delle sua teoria che vedeva i colori determinati da proprietà fisiche della luce, Newton fece passare un raggio luminoso scomposto attraverso una lente, e mettendo a fuoco su uno schermo la luce scomposta risultante dalla lente, ottenne nuovamente la radiazione luminosa bianca. Forte di una vasta serie di esperimenti, lo scienziato giunse alla conclusione che la luce bianca era una miscela di luci colorate formate da particelle, che egli individuò come corpuscoli dal diverso spessore, e che tali corpuscoli quando passavano in un materiale diverso dall’aria venivano diffranti in misura crescente, dal violetto al rosso.(3) L’insieme dei colori ottenuti dalla scomposizione della luce, formò quello che Newton chiamò spettro visivo. Tale spettro luminoso, consisteva in una sistematizzazione delle lunghezze d’onda delle radiazioni elettromagnetiche visibili all’occhio umano, comprese tra i 380 e i 760 nm. Difatti al di là di questi limiti, vi sono i raggi ultravioletti (λ < 380 nm) e i raggi infrarossi (λ > 760 nm), che non sono
VIOLA 380 – 440 nm BLU 440 – 475 nm CIANO 476 – 495 nm VERDE 495 – 570 nm GIALLO 570 – 590 nm ARANCIO 590 – 610 nm ROSSO 610 – 760 nm Sulla base dello studio approfondito dello spettro visivo (o luminoso), Newton elaborò il cerchio cromatico sul quale, i colori dello spettro venivano riportati in settori dalla larghezza direttamente proporzionale a quella presentata nello spettro visivo. Nel cerchio, il posizionamento dei colori era indice delle relazioni qualitative tra gli stessi colori. Newton inoltre, immaginò che nella gamma cromatica da lui evidenziata, potessero esserci, tra i colori fra loro adiacenti, delle interazioni armoniche (come per le note musicali), mentre per i colori fra loro complementari, ipotizzava un forte dinamicità. Inoltre Newton giunse alla conclusione che il colore degli oggetti sensibili altro non erano che il risultato del rapporto tra la superfici degli oggetti in questione con la luce: un oggetto verde è tale poiché la sua superficie trattiene tutti gli altri colori riflettendo solo il verde.
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Infine, lo scienziato intuì che per comprendere pienamente il fenomeno dei colori bisognava studiare i meccanismi fisiologici generanti le sensazioni cromatiche, ma non intraprese questa strada poiché era consapevole di non avere le capacità per affrontare questo tipo di ricerche. Gli studi di Newton sulla luce e la visione dei colori, furono pubblicati nel trattato di Ottica risalente al 1704.(5) Goethe
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Gli studi sull’ottica intrapresi da Newton, nel corso dell’Ottocento furono rapportati antagonisticamente alla teoria dei colori di Johann Wolfgang Goethe, che fu pubblicata a Tubinga nel 1810,(6) circa cento anni dopo la trattazione della teoria corpuscolare di Isaac Newton. In quest’opera Goethe afferma che i colori, essendo fenomeni fisici, dovevano essere indagati in natura. Questa sua trattazione, contraria alla dominante teoria corpuscolare, secondo la quale i colori, parte della luce, derivano dalla scomposizione di quest’ultima, mira ad indagare ed evidenziare la parte fondamentale del colore, cioè la sua qualità (mentre Newton si era fermato ad un’indagine essenzialmente quantitativa del colore). Per Goethe, il
colore si determina dalla trasformazione della luce nell’occhio dell’osservatore. Inoltre, è importante specificare che l’intento ricercato dal poeta nella sua teoria, non è quello di studiare in sé la luce o l’occhio umano, ma bensì il loro rapporto dal quale si determina il colore. Dunque la teoria goethiana, è animata da un’indagine essenzialmente artistica, che se pur errata nella sua polemica contro Newton nel campo fisico, studia il colore con metodo esperienziale, senza dunque trascenderlo dalla natura. Da ciò si determina la ricerca di Goethe di una legge universale che regoli l’azione del fenomeno colore sull’uomo. Quindi Goethe, nella sua trattazione, rivendica la centralità dei sensi umani nell’apprendimento, esaminando i colori sia in natura che nelle tinte artificiali, e cercando così di studiarne le diverse combinazioni e le diverse possibilità percettive dell’occhio umano. Dunque, comprendiamo che non è corretto paragonare l’Ottica di Newton alla Teoria dei colori di Goethe. Quest’ultima fu realizzata in tre volumi: 1) Lineamenti di una teoria dei colori, è il volume I dedicato alla didattica. (7) Quest’ultimo è diviso in sei capitoli: nel I capitolo, Goethe parla dei colori fisiologici, i quali sono determinati dalla naturale attività visiva dell’occhio,
basata sul criterio della polarità (individuato dagli idealisti romantici come fondamento della natura, secondo il quale ogni elemento tende a al suo contrario per ripristinare l’unità primigenia). In tal modo, l’occhio umano osservando un colore, tipo il verde, tenderà poi a cercarne il colore contrapposto, cioè il rosso. Inoltre dallo studio dei colori fisiologici Goethe comprese che ogni colore presenta qualità differenti a seconda dello sfondo a cui appartengono. Lo stesso meccanismo si riproduce quando un oggetto viene colpito da una luce colorata, generando così un’ombra controluce il cui colore sarà complementare ed opposto a quello della luce illuminate.(8) Il II capitolo è dedicato ai colori fisici (studiati sulla scorta di vari mezzi, tra cui lamine sottili e prismi), i quali nascono dal rapporto tra la luce e il buio. Questi ultimi, secondo Goethe non sono puri (come sosteneva Newton) ma bensì determinati dalla dicotomia luce-oscurità: partendo dai due poli opposti, esistono colori che sono determinati dalla luce (che avranno polarità positiva) e colori che si manifestano attraverso l’oscurità (con polarità negativa). Come primo colore di luce, Goethe individua il giallo,
mentre come primo colore dell’oscurità individua il blu. Il giallo, che è dunque il colore più vicino alla luce, è determinato dall’irradiazione della luce in un mezzo torbido. Più il mezzo è torbido e più i colori si scuriscono passando dal giallo all’arancione, fino ad arrivare al rosso. Il blu, che è il colore più vicino alle tenebre, è generato invece dalla luce che risplende nell’oscurità attraverso il passaggio in essa di un mezzo torbido. Facendo l’esempio classico del blu del cielo, esso è determinato dalla luce che fa risplendere il mezzo torbido (che in tal caso è l’aria), trasformando così l’originario nero del cielo in blu-azzurro. Sulla scorta del concetto di polarità positiva (+) e negativa (–) attribuita da Goethe ai colori, si determinano anche diversi significati: il giallo (+) è un simbolo di forza, luce, azione, vicinanza, affinità con gli acidi; mentre il blu (–) è simbolo della debolezza, dell’ombra, del freddo, della lontananza, avente affinità con gli alcali. Tale suddivisione fu accertata da Goethe attraverso degli esperimenti: Mise su un fondo nero una striscia di carta bianca. Posizionando su sfondo nero una striscia bianca ed esaminando il punto di contatto tra il nero
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e il bianco attraverso un prisma, da un lato appariva il giallo tendente al rosso e dall’altro lato l’azzurro tendente al viola; mentre allontanando il prisma, fino a far combaciare i due lati, si determina il verde. Successivamente mise su fondo bianco una striscia nera, ed esaminando sempre il tutto con un prisma, notò che nel punto d’unione tra bianco e nero si formavano da un lato il rosso tendente al giallo, e dall’altro un violetto tendente all’azzurro. Invece allontanando il prisma per far combaciare entrambi i lati, si ottiene il color porpora, che sfuma in fior di pesco aumentando l’allontanamento del prisma. Questi colori furono da lui ordinati nel suo cerchio cromatico, nel seguente modo: in alto posizionò il porpora, e a seguire in senso orario, aggiunse il violetto, il blu, il verde, il giallo e l’arancio. Da tale composizione, Goethe elaborò la teoria dell’armonia, nella quale si definiscono armonici o complementari, quei colori posizionati l’uno di fronte all’altro: porpora e verde; violetto e giallo; blu e arancio. Altre associazioni di colori a cui diede il nome di coppie caratteristiche sono: il porpora e il blu; il violetto e il verde; il blu col giallo, il verde con l’arancio, il giallo e il porpora; l’arancio e il violetto.(9) Il III capitolo è caratterizzato dai colori
chimici, corrispondenti alle vernici usate in arte, in quanto per Goethe i colori aderiscono ai corpi proprio come le vernici nei dipinti. Il IV capitolo ci dà nozioni generali sull’ottica. Il V capitolo rapporta la scienza dei colori con altre materie. Il VI capitolo è dedicato all’azione morale e sensoriale dei colori dalla quale si determina la loro funzione estetica. 2) Smascheramento della teoria di Newton, è il volume II caratterizzato dalla polemica contro lo scienziato e la sua teoria corpuscolare: La cattiva visione della teoria newtoniana da parte di Goethe e di molti altri artisti ed intellettuali dell’epoca, era figlia della dicotomia filosofico-scientifica che, nell’Ottocento, divise i neoplatonici-idealisti (rappresentati da Goethe), dagli atomisti-meccanicisti (rappresentati da Newton). A tal proposito Goethe nella prefazione della sua opera scrisse: «La teoria dei colori di Newton è paragonabile a un’antica rocca che, edificata dal costruttore con giovanile partecipazione, venne da lui in seguito a mano mano ampliata e munita secondo le necessità dei tempi
e delle circostanze, e sempre più fortificata e consolidata in occasione di ostilità ed inimicizie. Allo stesso modo procedettero pure i suoi successori ed eredi. – Tutte queste parti e aggiunte eterogenee, dovettero quindi essere collegate attraverso le gallerie, le sale e i passaggi più bizzarri. – Questa accuratezza e questi sforzi diedero luogo a un pregiudizio riguardo al valore della fortificazione – Ma si teneva l’antica rocca in onore soprattutto perché mai espugnata, perché aveva respinto parecchi assalti e superato più di una situazione difficile, conservandosi sempre inviolata. Questo nome, questa fama, durano ancora fino a oggi. Nessuno si accorge che l’antica costruzione è divenuta inabitabile».(10) Nel suo attacco alla teoria corpuscolare di Newton, Goethe, in primis, ritenne insostenibile considerare i colori come semplici fenomeni fisici da poter misurare quantitativamente. Essi difatti furono individuati dal poeta come manifestazioni naturali, caratterizzate sia da informazioni quantitative che qualitative, le quali trovano senso nella percezione visiva dell’osservatore rapportata al suo modo di sentire.(11) Inoltre, Goethe sulla scorta di diverse considerazioni,(12) accusò Newton
d’aver elaborato la teoria corpuscolare non attraverso il metodo dell’indagine empirica, ma bensì procedendo per ipotesi. In tal modo Goethe spiega a se stesso e al lettore come abbia fatto Newton a non accorgersi che il raggio uscente dal prisma fosse colorato ai bordi e bianco al centro (un bianco che successivamente poteva diventare verde attraverso il congiungimento dei bordi), e come abbia potuto concentrarsi esclusivamente sui sette colori dello spettro luminoso non considerando lo spettro scuro, dal quale, al momento della fusione dei bordi si otteneva il colore porpora al posto del verde. Dunque, facendo una schematizzazione di entrambe le teorie confrontandole fra loro, comprendiamo quanto esse siano agli antipodi su tutti i fronti: TEORIA CORPUSCOLARE DI NEWTON Dalla rotazione veloce di un disco sul quale precedentemente erano stati riportati i sette colori dello spettro luminoso, si genera il bianco. Il prisma non determina la formazione del colore. Experimentum crucis: i colori dello spettro luminoso sono primari.
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La luce essendo composta da corpuscoli, può essere decomposta e ricomposta, ottenendo sempre il bianco. Cerchio cromatico asimmetrico formato da 7 colori. TEORIA DEI COLORI DI GOETHE Dalla rotazione veloce di un disco sul quale precedentemente erano stati riportati i sette colori dello spettro luminoso, si genera il grigio. Il prisma è determinate nella generazione del colore poiché esso funge da mezzo torbido. Difatti la luce, originariamente bianca, rapportandosi ad un mezzo torbido determina i colori che per Goethe non sono altro che ombre. I colori dello spettro luminoso non possono essere primari poiché la luce si contamina col materiale del prisma. La sintesi dei colori non genera il bianco ma bensì sfumature di grigio, poiché i colori sono ombre non preesistenti nella luce.
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Cerchio cromatico simmetrico formato da 6 colori.
3) Materiali per la storia della teoria del colore, è il volume III, dedicato agli studi storici sui colori.(13) In questo volume, Goethe presenta al lettore un’analisi dei colori alla luce del pensiero filosofico-artistico del mondo occidentale. Da Pitagora fino a Newton, Goethe individua gli elementi scientifici e metafisici basilari allo sviluppo della storia dell’arte e del colore. Partendo dagli antichi greci, Goethe sottolinea come questi ultimi suddividessero i colori tra chiari e scuri: essi partivano dal bianco e il nero, che consideravano colori fondamentali, per poi individuare le successive tinte cromatiche, senza dargli dei nomi specifici ma distinguendoli solo sulla base dei criteri di chiarezza e oscurità. La teoria dei colori di scuola greca, soprattutto quella del filosofo Aristotele, determinata dalla dicotomia luce-oscurità, detenne il primato per tutto il Medioevo, persistendo con strascichi fino al Rinascimento, durante il quale nacquero anche teorie negazioniste sulla globalità della natura. Tali teorie aprirono la strada al meccanicismo ed all’atomismo, che ebbero massima diffusione a partire dal secolo XVII e furono incarnate da importanti
La Teoria dei colori di Johannes Itten personalità quali come René Descartes e Isaac Newton.(14) In riferimento all’approccio disciplinare atomico-corpuscolare, Goethe specifica che i ragionamenti legati a questo tipo di approccio scientifico risultavano essere a priori e non legati alla vera indagine sensibile. A tal proposito il poeta cita come esempio chiarificante il parallelismo fatto spesso da Newton tra i colori e i suoni, associazione che non ha senso d’esistere in quanto i colori e i suoni sono espressioni appartenenti a due sensi differenti.(15) Nonostante gli attacchi di Goethe, la teoria corpuscolare di Newton funse da base per i successivi studi di ottica portati avanti tra il secolo XIX e il XX, mentre la teoria dei colori di Goethe, grazie al suo porre l’uomo e i sensi al centro della discussione, fu indagata soprattutto nel campo artistico. Solo diversi anni dopo dalla pubblicazione della sua opera, si scoprì che le sue intuizioni, legate all’importanza dei sensi nella percezione visiva dei colori, erano valide anche dal punto di vista scientifico, come dimostrato dagli scienziati Thomas Young (1773-1829) e Charles Maxwell (18311879).
Johannes Itten (Südernlinden, Berna, 1888 – Zurigo 1967), fu un pittore e scrittore svizzero. Durante gli anni di frequentazione dell’Accademia di Belle Arti di Stoccarda assimilò la lezione di Adolf Hölzel. Successivamente fu influenzato dall’arte cubista con il fare artistico di Robert Delaunay,(16) che gli aprì un mondo fatto di forme astratte e di netti contrasti cromatici. Itten nel 1919 fu scelto da Gropius(17) come docente della neonata Bauhaus,(18) e nella prima fase di vita di tale scuola, egli ebbe un ruolo così fondamentale da far sì che la scuola s’identificasse con lui.(19) A Johannes Itten fu affidata la direzione del corso propedeutico, e le sue lezioni consistevano nel preparare gli alunni, con esercizi di concentrazione fisica, aventi come fine il recupero dell’unità dell’uomo e del suo rapporto con l’universo intero, integrando la sfera spirituale con quella fisica. Attraverso una potente critica del razionalismo positivista di stampo occidentale, Itten si rifaceva alle teorie esoteriche di derivazione orientale. Dunque i suoi allievi dovevano dedicare una speciale attenzione alla ricerca delle loro energie creative, e a tal scopo
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sperimentavano relazioni di carattere emotivo-percettivo con materiali, oggetti e immagini di opere d’arte del passato. Il fine ultimo di tali lezioni, consisteva nel portare i giovani allievi alla creazione di un linguaggio artistico, dal giusto equilibrio tra intuizione e metodo,(20) le cui forme fossero espressione di un interessante connubio tra lo spirito e il fisico.(21) Itten dedicava le sue lezioni all’insegnamento delle teorie della musica e dell’armonizzazione, della forma, dei contrasti e del colore, e l’impatto di tali studi basato sull’indagine delle forme (cerchio, quadrato, triangolo) e dei colori primari (rosso, giallo, blu) influenzò anche personalità del mondo artistico come Klee e Kandinsky. Il suo programma formativo risultava essere una commistione tra pedagogia, estetica e teosofia. Difatti da diverso tempo Itten era divenuto divulgatore della branca teosofica detta Mazdaznan, le cui idee furono da lui introdotte nel Bauhaus nell’estate del 1921.(22) Da quell’estate fino al 1923, il Bauhaus fu la sede delle sperimentazioni Mazdaznanine di Itten, che era solito aggirarsi per l’istituto con una tunica rossa dal colletto nero, indossata da tutti coloro che grazie al potere persuasivo di Itten si erano convertiti al Mazdaznan.
Le loro giornate erano scandite da ore di studio, meditazione ed esercizi di respirazione ritmica.(23) L’essenza profondamente spirituale dell’arte di Itten, lo portò ad aver seri problemi con Gropius, culminati successivamente nella partenza del mazdazniano. L’allontanamento di Itten dal Bauhaus, e quindi da Weimar lo portò a spostarsi inizialmente a Berlino, dove fu fondatore di una sua scuola d’arte che, nel 1934 gli venne chiusa per ordine del partito nazional nazista poiché Itten non godeva di una buona reputazione. Infine, dopo una breve parentesi in Olanda, si stabilì definitivamente in Zurigo dove diresse la scuola di arti applicate e dove infine si compì il suo viaggio verso l’armonia del Mazdaznan.(24) Come su citato, Itten, forte degli studi dell’Ottica di Newton, della teoria dei colori di Goethe, Runge, Bezol e Chevreul, portò avanti una sua teoria sui colori e i loro contrasti, sulle forme geometriche e sulla musica.(25) La teoria dei colori di Itten venne pubblicata per la prima volta nel 1961 col titolo di Arte del colore. Successivamente, il pittore-scrittore, sentì l’esigenza, con il crescere dell’uso e della fruizione dei colori nella società, di scrivere una versione ridotta rispetto all’edizione originale, che fosse alla portata di tutti.(26)
Di seguito effettueremo una sintesi dell’opera di Itten, facendo luce su alcuni dei capitoli più interessanti, con l’intento di evidenziare maggiormente gli elementi distintivi della sua Teoria dei colori. Nel I capitolo dedicato ai Colori nella Fisica, Itten parte dagli studi sull’ottica sviluppati da Newton, che come su citato, dimostrò che con l’ausilio di un prisma triangolare, era possibile scomporre la luce nei colori dello spettro. Itten prosegue spiegando quella che definiamo sintesi additiva, cioè l’esperimento Newtoniano della lente convergente, attraverso la quale la gamma cromatica ricomposta su un secondo schermo, genera nuovamente la luce bianca. Per Itten, due colori dalla cui sovrapposizione si ottiene il bianco, sono da definirsi complementari. Dunque, ogni colore dello spettro sarà complementare al colore determinato dalla somma di tutti gli altri. Infine chiude la parte dedicata alla fisica dei colori affermando che essi nascono da radiazioni elettromagnetiche che equivalgono ad onde luminose, mentre i colori usati dai pittori sono il frutto della commistione tra pigmenti e sostanze colorate.
Nel II Capitolo, Realtà ed Effetto Cromatico, Itten ci spiega che la realtà cromatica corrisponde al pigmento che può essere indagato attraverso analisi fisico-chimiche. L’occhio, collegato alla mente, può avere un’esatta percezione solo per confronto o per contrasto, mentre la realtà fisica e l’effetto cromatico possono identificarsi solo attraverso gli accordi armonici: un quadrato bianco sul fondo nero, appare più grande rispetto ad un quadrato nero su fondo bianco, poiché il bianco irradiandosi tende a dilatarsi mentre il nero si restringe. Un quadrato rosso su fondo bianco risulta essere molto più scuro, mentre lo stesso quadrato rosso posizionato su uno sfondo nero risplenderà così tanto da generare la percezione visiva del calore. Invece quando la realtà e l’effetto cromatico non coincidono, si genera un’impressione disarmonica.(27) Il III capitolo, dedicato all’Armonia dei Colori, Itten studia gli effetti armonici dei colori sui profani d’arte. Questi ultimi, per lo più, individuano come armonici solo gli accostamenti fatti con colori dalla tonalità identica o colori dalle caratteristiche simili. Generalmente, il giudizio dei profani sull’armonia o disarmonia dei colori e strettamente associato alle percezioni
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piacevoli o spiacevoli, senza tener conto che l’armonia equivale alla simmetria e all’equilibrio delle forze. Infine Itten considera come soluzione a tale problema, un’indagine rivolta ai processi fisiologici della percezione cromatica.(28) Nel IV capitolo sugli Accordi Cromatici Soggettivi, Itten continua ad indagare sulle percezioni dei soggetti profani d’arte, cioè di coloro che ignorano le teorie sui colori, e che per questo liberamente utilizzano o meno, i colori, sulla base del loro gusto personale. Ciò però può essere controproducente, poiché si rischia di attenuare le potenzialità cromatiche di un colore: ad esempio in una macelleria, per far risaltare la carne come rosa e fresca, bisognerebbe tinteggiarne le pareti di toni verde chiaro o blu chiaro. Quindi secondo Itten, non è consigliabile lasciarsi condizionare dai propri gusti quando c’è da scegliere il colore più adatto ad un determinata situazione.(29)
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Nel V capitolo, Itten ci parla della Teoria Strutturale dei colori, cioè dello studio sulle leggi degli effetti cromatici, come risultano alla vista dell’occhio umano. Esempio importante è l’arte di Matisse. Quest’ultimo eseguiva piccoli schizzi dei quadri che voleva dipingere,
e su di essi, elaborava per iscritto la scelta distributiva dei colori, generando uno schema cromatico totalmente razionale, che poi in modo sicuro riproduceva nel dipinto.(30) Il VI capitolo è invece dedicato al disco cromatico a dodici parti in cui è racchiuso un esagono. Quest’ultimo è determinato da un triangolo caratterizzato dai tre colori primari, giallo, blu e rosso. Dal triangolo si passa dunque all’esagono, che presenta i colori composti ottenuti dalla combinazione, a due a due, dei colori primari, cioè: arancio verde e viola. Arrivando poi al cerchio, Itten divide quest’ultimo in dodici parti uguali, occupate dai colori seguendo l’ordine dello spettro e dell’arcobaleno. Tale cerchio sarà caratterizzato dalla presenza dei colori primari, negli spazi a loro affini, mentre negli altri spazi si aggiungeranno i colori terziari ottenuti dal rapporto dei primari (del triangolo) con i secondari (dell’esagono).(31) Nel VII capitolo I sette contrasti del colore, Itten, sempre sulla scia delle teosofia Mazdaznaniana per la quale l’intero universo si basa sulla dualità, l’opposizione e il contrasto tra due diversi elementi, mette in evidenza i contrasti dei colori
ad ognuno dei quali dedica un capitolo. Il Contrasto di colori puri, riguarda i colori primari e secondari allo stato puro. Esso è il più semplice da ottenere, poiché è realizzabile attraverso l’accostamento di qualunque colore presentante il più alto punto di saturazione. Per questo tipo di contrasto, si necessita di almeno tre colori totalmente differenti l’uno dall’altro. Con i colori terziari il contrasto tende a scemare, ma può essere potenziato inserendo linee bianche o nere (a seconda del colore) che rinvigoriscono la luminosità cromatica.(32) Contrasto di chiaro scuro, luce e buio, nero e bianco, sono poli contrapposti di fondamentale importanza per la natura e l’uomo. Il bianco e il nero corrispondo al massimo contrasto chiaroscurale, e dal loro rapporto si sviluppa tutta la gamma cromatica, in special modo la gamma chiaroscurale dei diversi grigi, sfumature determinate sempre dal gioco, luminosità e oscurità.(33) Nel Contrasto di freddo e caldo, Itten ci spiega che nel campo della percezione visiva, esiste anche la componente termica. Difatti egli ci presenta degli esempi scientifici che dimostrerebbero
come alcuni colori possono rallentare la circolazione (verde-blu) mentre altri la velocizzano (rosso-arancio): in due laboratori separati, uno verde-blu e l’altro rosso-arancio, nei quali lavorano due diverse equipe, si è costatato che il personale lavorativo presenta una differente sensibilità al freddo. Difatti l’equipe del laboratorio verde-blu è maggiormente sensibile al freddo, rispetto all’altra equipe impegnata nel laboratorio rosso-arancio. Inoltre sono stati effettuati esperimenti che coinvolgono anche gli animali, i quali reagiscono ai colori caldi o freddi a seconda delle loro esigenze: ad esempio se sono accaldati, tendono a rifugiarsi verso il luogo tinteggiato con i colori freddi, e viceversa se dovessero essere infreddoliti.(34) Il contrasto dei complementari, avviene tra i pigmenti di due colori che mischiati tra loro generano un grigio neutro. Dal punto di vista fisico sono definibili complementari due luci colorate, dal cui rapporto si determina una luce bianca. Tra le coppie di colori complementari ricordiamo: il giallo-arancio, il gialloverde, il rosso-arancio, il rosso-verde, il rosso-viola, il blu-arancio e il blu-verde. Dalla scomposizione di queste coppie di colori complementari, in esse risultano sempre presenti i tre colori primari, blu,
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giallo e rosso, dalla cui somma risulta il grigio. Dunque ciò sta a significare che, come succitato, dalla miscela di due complementari si determina il colore grigio.(35) Contrasto di qualità: la qualità cromatica consiste nel grado di purezza, cioè di saturazione dei colori. Dunque, il contrasto di qualità risulta essere determinato dal rapporto tra colori luminosi ed intensi con quelli smorti. I colori si possono modificare o tagliare, in base a quattro diversi procedimenti: nel I si può modificare il colore puro aggiungendo il bianco che lo rende più freddo. Nel II, possiamo tagliare il colore puro aggiungendovi il nero che lo rende meno brillante. Nel III, la modifica del colore puro può avvenire attraverso l’ausilio del grigio che provoca un leggero offuscamento della tonalità di partenza. Nel IV, si può offuscare un colore puro anche usando il suo colore complementare, ad esempio il giallo aggiunto al viola, determinante toni intermedi.(36)
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Concludiamo con il contrasto di quantità: esso è determinato dal reciproco differente rapporto quantitativo di due o più colori: il piccolo rapportato al grande, il molto al poco. Itten
per spiegare tale contrasto, fa riferimento alla scala luminosa stabilita da Goethe e caratterizzata dai seguenti valori: 9 per il giallo, 8 per l’arancio, 6 per il rosso, 3 per il viola, 4 per il blu e 6 per il verde. Sulla scorta di questi ultimi, i valori di luminosità delle coppie complementari saranno: giallo : viola = 9 e 3 = rapporto di 3 a 1 = 3/4 : 1/4 arancio : blu = 8 e 4 = rapporto di 2 a 1 = 2/3 : 1/3 rosso : verde = 6 e 6 = rapporto di 1 a 1 = 1/2 : 1/2 La traduzione dei valori di luminosità in valori armonici di quantità dev’essere determinata invertendo i rapporti numerici, ad esempio il giallo, tre volte più luminoso del viola, dovrebbe occupare una posizione tre volte più piccola del viola, suo colore complementare. In tal modo, i rapporti di quantità per i colori complementari risultano: giallo : viola = 1/4 : 3/4, arancio : blu = 1/3 : 2/3, rosso : verde = 1/2 : 1/2 E conseguenzialmente le proporzioni armoniche dei colori primari e secondari
corrispondono: giallo : 3 / arancio : 4 / rosso : 6 / viola : 9 / blu : 8 / verde : 6 ovvero: giallo:arancio=3/4. giallo:rosso=3/6. giallo:viola=3/9. giallo:blu=3/8. gi giallo:rosso:blu = 3/6/8. arancio:viola:verde = 4/9/6.(37)
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COSE E CASE Franco Rotella arredo umano THINGS & HOUSES The light and the theories of the colour human furnishings (Newton, Goethe, Itten)
In this study we will take in examination three important theories of colour, but before penetrating us in the complex theoretical plot of such matter it is fundamental to furnish elucidations on The element at the base of the human vision, the light.
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The light is a form of energy composed by electromagnetic vibrations, tightly tied up to the subject and characterized by an undulated motion. Departing from a bright source that they can be natural (solar, lunar and stellar light) or artificial (lamps), independently from the motion of their source, they spread in all the directions to a speed of 300.000 km / sec. Such behavior was at the base of the development of the theory of the relativity of Einstein. From the physiological point of view, it is thanks to the light that the human eye perceives the existence of the objects and their spatial relationships, understood the producing stimulus the feeling of the colour. Such feeling will depend on the type of light, that will illuminate the object of our vision, and from the wavelength of the bright rays that they can be absorbed or reflected by the surface of the same object. Therefore if to the white (that is that solar) light the object appears green, it is because its surface has absorbed all
the possible lengths of wave reflecting only that green, and producing so the corresponding chromatic feeling, while a black surface will appear such to our eyes, since it will absorb all the lengths of wave without reflecting some of it. The study of the light, developed him during the centuries has brought to the identification of five phenomena: transmission (it consists in the part of the bright vibrations that succeeds in crossing one determined surface); refraction (it is the deviation that the bright ray suffers when it passes among two half characterized transparencies however from different density. This implicates a difference in the speed of propagation of the means); reflection (it derives from the meeting of the bright vibrations with a reflecting surface, that is a mirror); diffusion (it is caused by the collision of the bright particles with other particles. This produces a change of the trajectory that will be casual in such case and not to regulate); luminescence (it is had when the light diffusedly crosses a material able to absorb the rays for then to free them in the form of photons from the least intense energy). Such premise on the phenomenon light, results to be fundamental for the understanding of the different theories of the colour produced by the same
study of the light. Among these we will take in examination three important theories: that of Newton, that of Goethe for then to finish with the theory of the colours of Itten. Newton The study of the light, that in past had interested above all the philosophical environments becoming one among the favorite subjects of the philosophicaltheoretical speculation, beginning from the century XVII was object of deepened scientific studies. Such interest, child of the observation of the optic phenomena brought, in the second halves Six hundred, to the development of two important theories: the corpuscular theory of Newton, that individualized the light as a whole corpuscles or particles, subjects to the law of gravity; and the undulated theory of Huygens,(1) for which the light consisted in a whole of so that mechanics from the ended speed and from the rectilinear motion. Among the two theories, that that was successful in the XIX century was the corpuscular theory of Newton with which this last succeeded in giving an explanation: • to the propagation of the light from the Sun in the Earth
• to the reflection • to the chromatic differences This interesting theory didn’t give however an explanation on the absorption of the light from the opaque bodies, neither on other phenomena as the refraction, the diffraction and the interference. Going to investigate the fundamental tappes that brought curpuscular to the development of the theory we discover that Isaac Newton, in 1666, when he was teacher of mathematics to Cambridge, he showed that the solar light could be decomposed in more colours corresponding to specific lengths of wave of the electromagnetic radiations. It is important to underline that until then, everybody believed that the light was white, and that the colours projected on determined objects, they were simply a contamination of the same light with the terrestrial things.(2) The experiment that brought to this important discovery was effected through the following procedure: Newton screened the window of an already dark room with a perforated table, to allow the passage of a small bright ray. Besides it did yes that this last crossed a prism of glass for then to make to project the all on a doing white sheet from background. On this last it appeared clear the sequence of the colours of the rainbow, subscribed
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and the infrared (λ > 760 nm) rays, that are not visible to the human eye.(4) among the violet one and the red, that Newton called bright ghost. Later this isolated one of the colored rays to make him cross another prism and the result it was that the ray escaped from the prism maintaining intact its colour. As it tries final of his theory that the colours saw determined by physical ownership of the light, Newton made to pass a decomposed bright ray through a lens, and putting to fire on a screen the resultant decomposed light from the lens, it again got the white bright radiation.
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Strongly of a vast series of experiments, the scientist reached the conclusion that the white light was a mixture of coloured lights formed by particles, that he individualized as corpuscles from the different thickness, and that such corpuscles when they passed in a different material from the air diffranti they came in increasing measure, from the violet to the red.(3) The whole the colours gotten by the decomposition of the light, formed what Newton called visual ghost. Such bright ghost, consisted in a system of the lengths of wave of the visible electromagnetic radiations to the human eye, inclusive between the 380 and the 760 nm. In fact beyond these limits, there are the ultraviolet (λ . 380 nm) rays
VIOLET 380 – 440 nm BLUE 440 – 475 nm CYAN 476 – 495 nm GREEN 495 – 570 nm YELLOW 570 – 590 nm ORANGE 590 – 610 nm RED 610 – 760 nm On the base of the study deepened of the visual (or bright) ghost, Newton elaborated the chromatic circle on which, the colours of the ghost were directly brought in sectors by the proportional width to that introduced in the visual ghost. In the circle, the positioning of the colours was index of the qualitative relationships among the same colours. Besides Newton imagined, that in the chromatic range from him underlined, there could be, among the colours among them adjacent, of the harmonic (as for the musical notes) interactions, while for the colours among them complementary, it hypothesized a strong dynamism. Besides Newton reached the conclusion that the colour of the objects sensitive other they were not that the result of the relationship among the surfaces of the objects in matter with the light: a green object is
such since its surface holds back all the other colors reflecting only the green. The scientist finally, realized whether to fully understand the phenomenon of the colours needed to study the producing physiological mechanisms the chromatic feelings, but not undertaken this road since was aware of not to have the abilities to face this type of searches. The studies of Newton on the light and the vision of the colors, were published in the essay of going up again Optics to the 1704.(5) Goethe The studies on the optics undertaken by Newton, during the eight hundred were antagonistically compared to the theory of the colours of Johann Wolfgang Goethe, that was published to Tubinga in 1810,(6) around one hundred years after the treatment of the curpuscular theory of Isaac Newton. In this work Goethe affirms that colours, being physical phenomena, they had to be investigates in nature. This treatment of his, contrary to the dominant curpuscular theory, according to which colours, part of the light, derives from the decomposition of this last, aim to investigate and to underline the fundamental part of
the colour, that is its quality (while Newton was essentially stopped to a quantitative investigation some colour). For Goethe, the colour determines it from the transformation of the light in the eye of the observer. Besides it is important to specify, that the intent sought by the poet in his theory, it is not that to study in itself the light or the human eye, but on the contrary their relationship from which the colour determines it. Therefore the Goethe theory, is essentially animate from an artistic investigation, that if also wrong in its polemic against Newton in the physical field, it studies the colour with experience method, without therefore transcending it from the nature. From this the search of Goethe of an universal law determines him that regulate the action of the phenomenon colour on the man. Then Goethe, in his treatment, he vindicates the centre of the human senses in the learning, examining the colours both in nature and in the artificial shades, and looking for so to study the different combinations and the different perceptive possibilities of the human eye of it. Therefore we understand, that it is not correct to compare the Optics of Newton to the Theory of the colours of Goethe. This last was realized in three volumes: 1) features of a theory of the colours,
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are the volume. The devoted to the didactics.(7) This last is separated in six chapters: in the I chapter, Goethe speaks of the physiological colours, which are determined by the natural visual activity of the eye, based on the criterion of the polarity (individualized by the romantic idealists as base of the nature, according to which every element extends to his contrary to restore the primitive unity). In such way, the human eye observing a colour, type the green, will have the tendency then to look for its contrasted colour, that is the red. Besides from the study of the physiological colours understood Goethe that every colour introduces different quality according to they belong. The same mechanism reproduces when an object is struck by a coloured light, producing so a shade controluce whose color will be complementary and opposite to that of the light illuminated.(8)
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The II chapter is devoted to the physical colors (studied on the escort of various means, among which thin foils and prisms) colours, which are born from the relationship between the light and the dark. These last, according to Goethe they are not pure (as Newton sustained) but on the contrary determined by the dichotomy light-obscurity: departing from the two opposite poles, colours
that are determined by the light (what they will have positive polarity) and colours that manifest him through the obscurity (with negative polarity) exist. As first color of light, Goethe individualizes the yellow, while as first colour of the obscurity individualizes the blue one. Yellow, that is therefore the more colour next to the light, is determined by the irradiation of the light in a turbid mean. Anymore the mean is turbid and colours darken anymore passing from the yellow to the orange, thin to reach the red. The blue one, that is the more colour next to the darkness, is produced instead by the light that it is resplendent in the obscurity through the passage in it of a turbid mean. Making the classical example of the blue of the sky, it is determined by the light that it makes to be resplendent the turbid (what in such case it is the air) mean, transforming so the native black of the sky in blue-blue. On the escort of the concept of positive (+) and negative (.) polarity attributed by Goethe to the colours, different meanings they are also determined: the yellow (+) is a symbol of strength, light, action, proximity, affinity with the alkalis. Such subdivision had verified from Goethe through of the experiments: It put on a black fund a strip of white
paper. Positioning on black background a white strip and examining the point of contact between the black and the white through a prism, from a side the extending yellow to the red appeared and from the other side the extending blue to the violet one; while getting further the prism, up to make to fit the two sides, the green determines it. Subsequently it put on white fund a black strip, and always examining the all with a prism, it noticed that in the point of union between white and black they were formed by a side the extending red to the yellow, and from the other one an extending violet to the blue. Instead getting further the prism to make to fit both the sides, the colour it is gotten purple, that falls through in peach blossom increasing the leaving of the prism. These colours were from it orderly in its chromatic circle, in the following way: aloft it positioned the purple, and to follow in hourly sense, it added the violet, the blue one, the green, the yellow and the orange tree. From such composition, Goethe elaborated the theory of the harmony, in which they are defined harmonic or complementary, that positioned colours the one in front of the other: purple and green; violet and yellow; blue and orange tree.
Other associations of colours to which gave the name of characteristic couples are: the purple and the blue one; the violet and the green; the blue one with the yellow, the green with the orange tree, the yellow and the purple; the orange tree and the violet.(9) The III chapter is characterized by the chemical colours, correspondents to the varnishes used in art, in how much for Goethe the colours stick just to the bodies as the varnishes in the paintings. The IV chapter gives us general notions on the optics. The V chapter compares the science of the colours with other subjects. The VI chapter is devoted to the moral and sensorial action and of colours from which their aesthetical function determines it. 2) Unmasking of the theory of Newton, is the volume II characterized by the polemic against the scientist and his curpuscular theory: The bad vision of the Newton theory from Goethe and of many other artists and intellectuals of the epoch, was daughter of the philosophical-scientific dichotomy that, in the eight hundred, divided the origen-idealists (represented by Goethe) by the atomist-mechanists (represented by Newton). To such
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intention Goethe in the preface of his work wrote: “The theory of colours of Newton is comparable to an ancient fortress that, built by the builder with juvenile share, it came from him following hand widened hand and provided according to the necessities of the times and the circumstances, and more and more strengthened and consolidated on the occasion of hostility and enmities. Equally his successors and heirs also proceeded. All these parts and heterogeneous additions, owed therefore to be connected through the galleries, the rooms and the most eccentric passages. This accuracy and these efforts resulted in a prejudice respect to the value of the fortification. But the ancient fortress was held above all in honor because ever conquered, because he had rejected quite a lot assaults and old more than a difficult situation, inviolate always preserving itself. This name, this fame, lasts still up today. Nobody realizes that the ancient construction is become uninhabitable.”(10)
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In his attack to the curpuscular theory of Newton, Goethe, in primis, it held unbearable to consider the colours as simple physical phenomena to be able to quantitatively measure. in fact they were
individualized by the poet as natural demonstrations, characterized both from quantitative information and qualitative, which find sense in the visual perception of the observer compared to his way to feel.(11) Also, Goethe on the escort of different consideration,(12) Newton accused of having elaborated not the curpuscular theory through the method of the empirical investigation, but on the contrary proceeding for hypothesis. In such way Goethe explains to himself and the reader as has made Newton not to realize that the going out ray from the prism was coloured to the edges and white to the center (a white that subsequently could become through the union of the edges green), and as has been able to exclusively focus on the seven colours of the bright ghost not considering it dark ghost, from which, during the fusion of the edges the colour purple was gotten to the place of the green. Therefore, making a method of both the theories comparing it among them, we understand how much they are to the antipodes on all the fronts: CURPUSCULAR THEORY OF NEWTON From the fast rotation of a disk on which previously the seven colours of
primary since the light contaminates it with the material of the prism. the bright ghost had been brought, the white produces it. The prism doesn’t determine the formation of the colour. Experimentum crucis: colours of the bright ghost are primary. The light being composed from corpuscles, can be decomposed and recomposed, always getting the white. Asymmetrical chromatic circle formed by 7 colours Symmetrical chromatic circle formed by 7 colours. THEORY OF COLOURS OF GOETHE From the fast rotation of a disk on which previously the seven colours of the bright ghost had been brought, it produces it the grey one. The prism is determined in the generation of the colour since it acts from turbid mean. In fact the light, originally white, comparing itself to a turbid mean determines the colorus that are not for Goethe anything else other than shades. Colours of the bright ghost cannot be
The synthesis of colours doesn’t produce the white but on the contrary tones of grey, since the colorus are notpreexisting shades in the light Asymmetrical chromatic circle formed by 7 colours Symmetrical chromatic circle formed by 6 colours. 3)material for the history of the theory of colour.(13) It is the volume III, devoted to the historical studies on the colours: In this volume, Goethe introduces an analysis of colours to the reader to the light of the philosophical-artistic thought of the western world. From Pitagora to Newton, Goethe individualizes the fundamental scientific and metaphysical elements to the development of the history of the art and the colour. Departing from the ancient Greek, Goethe underlines as these last ones they divided colours among clear and dark: they departed from the white and the black, that considered fundamental colours, for then to individualize the following chromatic shades, without giving him gods specific names but distinguishing them only on the base of the criterions of clarity and obscurity.
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The theory of colours of Greek school, above all that of the philosopher Aristotele, determined by the dichotomy light-obscurity, it held the record for the whole Middle Ages, persisting with trailing up to the Renaissance, during which theories negazionistes were also born on the globality of the nature. Such theories opened the road to the meccanicismo and the atomism, that had maximum diffusion beginning from the century XVII and they were incarnate from important personalities what as René Descartes and Isaac Newton.(14) In reference to the disciplinary approach atomic-curpuscular, Goethe specifies that the tied reasonings to this type of scientific approach resulted to be previously and not tied to the true sensitive investigation. To such intention the poet quotes as clarifying example the parallelism often served as Newton between the colours and the sounds, association that doesn’t have sense to exist in how much the colours and the sounds are belonging expressions to two different senses.(15) Despite the attacks of Goethe, the curpuscular theory of Newton acted from base for the following studies of optics brought ahead among the century XIX and the XX, while the theory of colours of Goethe, thanks to his to set the man and the senses at the center
of the discussion, was investigated especially in the artistic field. Only different years later from the publication of his work, he discovered that his intuitions, tied up to the importance of the senses in the visual perception of colours, they were also valid from the scientific point of view, as shown by the scientists Thomas Young (1773 -1829) and Charles Maxwell (1831 -1879). Joannes Itten colours’ theory Johannes Itten (Südernlinden, Berna, 1888. Zurich 1967), he was a painter and Swiss writer. During the years of frequentation of the academy of Belle Arti of Stoccarda he assimilated the lesson of Adolf Hölzel. Subsequently he was influenced by the cubistic art with to do artistic of Robert Delaunay , that opened him a world fact of abstract forms and clean chromatic contrasts. In 1919 Itten was select at Gropius(17) as teacher of the newborn Bauhaus,(18) and in the first phase of life of such school, he had such a fundamental role to do yes that the school was identified with him.(19) To Johannes Itten the direction of the preparatory course was submitted, and its lessons consisted of preparing the pupils, with exercises of physical concentration, having as end the
recovery of the unity of the man and his relationship with the whole universe, integrating the spiritual sphere with that physics. Through a powerful person criticism of the pragmatist rationalism of western die, Itten recalled him the esoteric theories of oriental derivation. Therefore his students had to devote a special attention to the search of their creative energies, and to such purpose they experimented relationships of emotional-perceptive character with material, objects and images of works of art of the past. The last goal of such lessons, consisted of bringing the young students to the creation of an artistic language from the correct equilibrium among intuition and method,(20) whose forms were expression of an interesting match between the spirit and the physicist.(21) Itten devoted his lessons to the teaching of the theories of the music and the harmonization, of the form, of the contrasts and of the colour, and the impact of such studies founded on the investigation of the forms (circle, square, triangle) and the primary (red, yellow, blue) colours also influenced personality of the artistic world as Klee and Kandinsky. Its formative program resulted to be a commingling among pedagogy, aesthetics and theosophy. In fact from different time Itten was become popularizer of the said
theosophical jaw Mazdaznan, whose ideas were from him introduced in the Bauhaus in the summer of the 1921.(22) From that summer 1923, the Bauhaus was the center of the experimentations Mazdaznanine of Itten, that was usual to wander for the institute with a red tunic from the black collar, worn by all those people that thanks to the persuasive power of Itten they were converts to the Mazdaznan. Their days were articulated by times of study, meditation and exercises of rhythmic respiraton.(23) The deeply spiritual essence of the art of Itten, brought him to have serious problems with Gropius, subsequently culminated in the departure of the mazda. The leaving of Itten from the Bauhaus, and therefore from Weimar he brought him to initially move to Berlin, where founder of one of his school art was that, in 1934 it was closed for order of the party Nazi national since Itten didn’t enjoy of a good reputation. Finally, after a brief parenthesis in Holland, it definitely established him in Zurich where he directed the school of applied arts and where its trip was finally performed toward the harmony of the Mazdaznan.(24) As on quoted, Itten, strong of the studies of the optics of Newton, of the theory of colours of Goethe, Runge, Bezol and Chevreul,
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it brought forth one theory of his on colours and their contrasts, on the geometric forms and on the music.(25) The theory of colours of Itten was published for the first time in 1961 with the title of Art of the colour. The painterwriter, subsequently, felt the demand, with the growth of the use and the fruition of colours in the society, to write a version reduced in comparison to the original edition, that was to the course of everybody.(26) Following we will effect a synthesis of the work of Itten, making light on some of the most interesting chapters, with the intent to mostly underline the distinctive elements of his Theory of colours.
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In The I chapter devoted to Colours in the Physics, Itten departs from the studies on the optics developed by Newton, that as on quoted, he showed that with the aid of a triangular prism, it was possible to decompose the light in colours of the ghost. Itten continues explaining that we define synthesis additive, that is the newton experiment of the convergent lens, through which the chromatic range recomposed on a second screen, again produces the white light. For Itten, two colours from whose overlap is gotten the white, they are to define them complementary.
Therefore, every colour of the ghost will be complementary to the colour determined by the sum of all the others. Finally he closes the part devoted to the physics of the colors affirming that they are born from electromagnetic radiations that waves bright are equivalent, while colours used by the painters are the fruit of the commingling between pigments and colored substances. In the II chapter, Reality and Chromatic Effect, Itten explains that chromatic reality corresponds to the pigment that can be investigated through physicalchemical analysis. The eye, connected to the mind, can have only an exact perception for comparison or for contrast, while the physical reality and the chromatic effect can identify only him through the harmonic accords: a white square on the black fund, appears greater in comparison to a black square on white fund, since the white radiating f curtains to swell while the black tightens it. A red square on white fund results to be very more dark colour, while the same red square positioned on a black background will be resplendent so much to produce the visual perception of the heat . Instead when the reality and the chromatic effect nvece when the reality and the chromatic effect don’t coincide,
a discordant impression produces him.(27) The III chapter, devoted to the Harmony of Colours, Itten studies the harmonic effects of colours on the profane of art. These last, for the more, they individualize as harmonic only the approaches served with colours as the identical tonality or colours from the similar characteristics. Generally, the judgment of the profane on the harmony or discord of the colours and tightly in partnership to the pleasant or disagreeable perceptions, without account that the harmony is equivalent to the symmetry and the equilibrium of the strengths. Itten finally considers as solution to such problem, an investigation it turns to the physiological trials of the chromatic perception.(28) In the IV chapter on the Subjective Chromatic Accords, Itten continues to investigate on the perceptions of the profane subjects of art, that is of those people that ignore the theories on colours, and that for this freely they use or less, colours, on the base of their personal taste. This however he can be self-defeating, since he risks to attenuate the chromatic potentialities of a colour: for instance in a butchery, to make to jump the meat as rose and fresh, it would need to paint its walls of tones
green clear or blue clear. Then according to Itten, it is not advisable to leave to be conditioned by his own tastes when there is to choose the most proper colour to a determined situation.(29) In the V chapter, Itten speaks to us of the Structural Theory of colours, it is of the study on the laws of the chromatic effects, as they result to the sight of the human eye. Important example is the art of Matisse. This last performed small squirts of the pictures that he wanted to paint, and on them, he elaborated in writing the distributive choice of colours, totally producing a rational chromatic scheme, that then in sure way he reproduced in the painting.(30) The VI chapter is devoted to the chromatic disk to twelve parts in which a hexagon is contained instead. This last is determined by a triangle characterized by three colours primary, yellow, blue and red. From the triangle he passes therefore to the hexagon, that introduces the composed colours gotten by the combination, to two to two, of the primary colors, that is: green and violet orange tree. Reaching then the circle, Itten divides this last in twelve equal parts, occupied by colours following the order of the ghost and the rainbow. Such circle will be characterized
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by the presence of the primary colours, in the spaces to them kins, while in the other spaces the tertiary colors will be added gotten by the relationship of the chief physician (of the triangle) with the secondary (of the hexagon) ones.(31) In the VII chapter ,The seven contrasts of the colour, Itten, always on the wake of the theosophy Mazdazn for which the whole universe founds him on the duality, the opposition and the contrast among two different elements, puts in evidence the contrasts of the colors to each of which dedication a chapter: The Contrast of pure colours, it concerns the primary and secondary colours to the pure state. It is the simplest to get, since it is realizable through the approach of whatever introducing color the tallest point of glut. For this type of contrast, it is required than at least three different colours totally the one from the other. With the tertiary colours the contrast has the tendency to diminish, it can be strengthened inserting white or black (according to the colour) lines that reinvigorate the brightness a chromatic brightness.(32)
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Contrast of clear dark colour, light and dark, black and white, are poles contrasted of fundamental importance for the nature and the man. The white
and the black correspond at the most chiaroscuro contrast, and from their relationship the whole chromatic range develops him, in special way the chiaroscuro range of the different grey, tones always determined by the game, brightness and obscurity.(33) In the Contrast of cold and heat, Itten explains us that in the field of the visual perception, the thermal component also exists. In fact he introduces us some scientific examples that would show as some colours you can slow down the circulation (green-blue) while others speed them (red-orange tree): in the two separate laboratories, one green-blue and the other red-orange tree, in which two different teams work, it is ascertained that the working personnel introduces a different sensibility to the cold. In fact the team of the green-blue laboratory is mostly sensitive to the cold, in comparison to the other busy team in the laboratory red-orange tree. Besides he has been effected experiments that also involve the animals, which react to the warm or cold colors according to their demands which react to the warm or cold colours according to their demands: for instance if they have heated up, they have the tendency to shelter him toward the place painted with the cold colours, and vice versa if hey had to be cold.(34)
The contrast of the complementary ones, happens among the pigments of two colours that mixed among them they produce a grey neuter. From the physical point of view they are definable complementary two coloured lights, from whose relationship a white light determines it. Among the couples of complementary colours we remember: the yellow-orange tree, the yellowgreen, the red-orange tree, the redgreen, the red-violet one, the blueorange tree and the blue-green. From the decomposition of these couples of complementary colours, in them they result you always introduce the three primary colours, blue, yellow and red, from whose sum results the grey one. Therefore this is to mean that, how mentioned, from the mixture of two complementary the grey colour determines it.(35) The contrast of quality: the chromatic quality consists in the degree of purity, that is of glut of colours. Therefore, in the I the contrast of quality results to be determined by the relationship among bright and intense colors with those pale. Colours can be modified or to cut, in base to four different procedures: in the the pure colour can be modified adding the white that makes it more cold. In the II, we can cut the pure color
adding you the black that makes it less diamond. In the III, the change of the pure colour can happen through the aid of the grey one that a light darkening of the tonality of departure provokes. In the IV, a pure colour can also be darkened using its complementary colour, for instance the assistant yellow to the violet one, conclusive intermediary tones.(36) We conclude with the contrast of quantity: it is determined by the mutual different quantitative relationship of two or more colours: the small one compared to the great one, the very to the little. Itten to explain man contrast, he make reference to the bright staircase established by Goethe and characterized by the following values: 9 for the yellow, 8 for the orange tree, 6 for the red, 3 for the violet one, 4 for the blue one and 6 for the green. On the escort of these last, the values of brightness of the complementary couples will be: yellow : violet = 9 and 3 = relationship 3 to 1 = 3/4 : 1/4 orange : blue = 8 and 4 = relationship 2 to 1 = 2/3 : 1/3 red : green = 6 and 6 = relationship 1 to1 = 1/2 : ½
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The translation of the values of brightness in harmonic values of quantity determined must be reversing the numerical relationships, for instance the yellow, three times brighter than the violet should occupy a position three times smaller than the violet one, his complementary colour. In such way, the relationships of quantity for the complementary colours result: yellow : violet = 1/4 : 3/4, orange : blue = 1/3 : 2/3, red : green = 1/2 : ½ And in consequence the harmonic proportions of primary and secondary colours correspond: yellow : 3 / orange : 4 / red : 6 / violet : 9 / blue : 8 / green : 6 or: yellow:orange=3/4. yellow:red=3/6. yellow:violet=3/9. yellow:blue=3/8. yellow:red:blue = 3/6/8. yellow:violet:green = 4/9/6.(37)
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COSE E CASE Maria Lisa Mercurio arredo umano THINGS & HOUSES La psicologia del colore human furnishings
Il colore, oltre ad avere proprietà fisiche, è soprattutto vissuto in modo psicologico generando significati emozionali. Il colore è un’elaborazione visiva prodotta dai segnali nervosi che i fotorecettori della retina inviano al cervello. Quindi la percezione visiva del colore si forma nel nostro cervello ed è capace di provocare risposte emotive ed atteggiamenti psicologici diversi. Lo studio di questo fenomeno prende il nome di “psicologia del colore”. Il colore è quindi una sensazione che viene registrata dal cervello e avrà conseguenze anche nel nostro organismo e sul nostro atteggiamento psicologico. Il colore, come la forma, ha una componente illusoria. La forma ci permette di distinguere un elemento da un altro, ma anche il colore ha un ruolo fondamentale. Possiamo definire l’apparenza visiva come il prodotto del colore e della chiarezza. I contorni che determinano la forma dipendono dalla capacità dell’occhio di distinguere tra aree di chiarezza e colori diversi. Le differenze di colore funzionano come segnalatori della presenza dell’oggetto guidando l’attenzione verso la zona dello spazio da esso occupata. La figura dello psicologo Gaetano Kanisza, fondatore dell’Istituto di
Psicologia dell’Università di Trieste, massimo esponente della Gestalt, corrente psicologica riguardante la percezione e l’esperienza, é stata una delle figure più influenti nel panorama della psicologia sperimentale italiana. All’interno del dualismo creativo tecnica/espressione, Kanizsa si pone trasversalmente, ma è proprio la ricerca sul linguaggio ad appassionarlo maggiormente. Punto focale della sua indagine è il “vedere” inteso come problematizzazione del rapporto opera d’arte / fruitore. Un’illusione ottica comunica ciò che non è stato comunicato. Il triangolo di Kanizsa, che percepiamo nonostante non sia fisicamente presente, è il massimo esempio del rapporto tra comunicazione e percezione. L’illusioneottica più famosa è il “triangolo di Kanizsa”. Anche per il concetto della forma in relazione al colore, in questa immagine si ha la percezione di un triangolo bianco che si stacca da uno sfondo costituito da tre cerchi neri completi e da un triangolo con i contorni neri completi. Questo è un esempio di come la mente tenda a percepire la forma e il colore anche se mancano alcuni elementi sensoriali. Il
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fenomeno che si presenta in relazione al colore è la differenza di luminosità percepita, infatti il triangolo bianco in primo piano sembra più in evidenza rispetto allo sfondo. Ciò avviene perché la mente necessita di distinguere un contrasto tra una figura ed uno sfondo. La forma e il colore soddisfano le due più importanti caratteristiche della visione: trasmettono espressione e ci permettono di ottenere le informazioni degli oggetti. La forma offre una maggiore varietà di figure distinguibili l’una d’altra, ma per quel che riguarda l’espressione non c’è forma che possa stare alla pari con l’efficacia espressiva del colore. Il concetto della relazione forma/ colore viene studiata, approfondendo la riflessione sul colore rispetto a quella sulla forma, dal pittore russo, creatore della pittura astratta, Vassily Kandinsky. Il colore ha avuto un’importanza notevole nello sviluppo della sua vocazione pittorica e nel suo itinerario verso l’astrazione.
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Kandinsky pone due effetti alla percezione del colore. Il primo, puramente fisico, nel quale lo spettatore
viene affascinato dalla bellezza e da altre proprietà del colore provando un senso di soddisfazione causando però solo un effetto superficiale. L’occhio viene attratto più intensamente dai colori più chiari e più caldi: il rosso cinabro attrae e affascina, il giallo squillante inquieta l’occhio cercando approfondimento e riposo nel blu e nel verde. Il secondo effetto, posto da Kandinsky e risultato principale dell’osservazione del colore, è l’effetto psichico, il quale provoca una vibrazione spirituale che raggiunge “l’anima”. Poiché “l’anima” in generale è legata al corpo, può darsi che una scossa psichica ne provochi un’altra, ad essa corrispondente, per via di associazione. Il colore osservato evocherebbe, secondo Kandinsky, un ricordo, il quale eserciterebbe sull’anima un altro effetto. Il rosso caldo ha un effetto eccitante, che può intensificarsi fino a diventare doloroso, forse anche attraverso la sua somiglianza col sangue che scorre. Kandinsky evidenzia che per giungere ad una composizione pittorica pura, la pittura dispone di due mezzi: il colore e la forma, nei quali soltanto la forma come delimitazione di una superficie, può esistere isolatamente; diversamente il colore non può espandersi
indefinitamente. Il pittore russo prende in esame la parola rosso; il rosso nella nostra immaginazione non ha confini, suscita in noi una certa rappresentazione interiore pura, senza inclinazioni casuali, particolari, verso il caldo e il freddo. Quando però questo rosso, come accade in pittura, deve esser dato in forma materiale, esso deve avere una tonalità dell’intera gamma dei rossi, ossia deve essere, per così dire, caratterizzato soggettivamente, ed essere delimitato sul piano e nei confronti di altri colori. Attraverso questa delimitazione e questa contiguità viene modificato il carattere soggettivo del colore, il quale ottiene una sorta di involucro oggettivo. Con queste osservazioni, del rapporto inevitabile fra il colore e la forma e, premettendo però che il mancato adattamento della forma al colore non deve essere considerato una disarmonia ma anche una nuova armonia, Kandinsky ci conduce allo studio sugli effetti che la forma esercita sul colore precisando che molti colori vengono sottolineati nel loro valore da alcune forme e smorzati da altre. Kandinsky considera in un primo momento il colore isolato, e agendo
su di noi, ha un’incommensurabile importanza interiore. L’artista fa emergere due grandi qualità del colore, la qualità calda o fredda del tono di colore e la qualità di chiaro o di scuro del medesimo. Il carattere caldo o freddo del colore è un’inclinazione del tutto generale verso il giallo o verso il blu. Kandinsky evidenzia un movimento orizzontale nel quale i colori caldi, come il giallo, si muovono verso lo spettatore mentre i colori freddi, come il blu, si allontanano da lui. Contribuisce al movimento orizzontale un secondo movimento del giallo e del blu, è il loro moto eccentrico e concentrico. L’occhio viene abbagliato dal primo cerchio, mentre si immerge nel secondo. Quest’effetto o movimento si esalta se vi si aggiunge la differenza in chiaro e scuro. L’azione del colore, quindi si intensifica quanto più chiaro o più scuro esso diventa. Kandinsky evidenzia il carattere espressivo dei colori; il Giallo mette lo spettatore in apprensione, lo eccita, lo stimola, agendo infine sull’animo in modo sfacciato e molesto. Il Blu ha il dono della profondità. In tonalità più chiare, il blu acquista un carattere più indifferente e si pone lontano dallo spettatore. Quanto più chiaro è il blu
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tanto meno è sonoro, finché si arriva a una quiete muta, al bianco. Quando si tenta di rendere più freddo il giallo, esso assume una tonalità verdognola e perde immediatamente i due movimenti, quello orizzontale e quello eccentrico, che si annientano reciprocamente ottenendo una totale immobilità e quiete, acquistando un carattere malaticcio e sovrasensibile, esercitando solo un effetto di tedio. Lo stesso accade con il grigio, formato dal bianco quando si mescola con il nero; esso perde il suo carattere ottenendo un valore morale molto vicino al verde.
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L’artista Russo precisa che nel verde il giallo e il blu sono presenti come forze paralizzate che possono però ridiventare attive. Invece, il grigio è formato da colori che non posseggono alcuna forza puramente attiva bensì constano da un lato di una resistenza immobile e dall’altro di un’immobilità incapace di resistenza. Kandinsky parla del biancocome simbolo di un mondo in cui tutti i colori sono scomparsi. Quindi anche il bianco agisce sulla nostra psiche come un grande silenzio assoluto, un silenzio che non è morto ma ricco di possibilità. Invece, come un nulla privo di possibilità, come un eterno silenzio
senza futuro e senza speranza risuona, per l’artista, il nero. Per questo ogni altro colore su fondo nero, anche quello che ha il suono più debole, acquista un suono più forte e più preciso, a differenza di quanto avviene su un fondo bianco, su cui quasi tutti i colori perdono in intensità di suono e molti si indeboliscono completamente. Kandinsky esamina anche il carattere psicologico del rosso. Esso agisce interiormente come un colore assai vivace, acceso, inquieto, il quale non possiede però il carattere di prodigalità del giallo, bensì genera, nonostante tutta la sua energia e intensità, una forte nota di un’energia immensa, quasi consapevole del proprio fine. Questo rosso ideale, però, può subire nella realtà grandi alterazioni, deviazioni e variazioni. La mescolanza col nero è pericoloso poiché il nero spegne la vampa e la riduce al minimo dando origine al marrone, colore ottuso, duro, poco incline al movimento. Il rosso caldo, avvivato dal giallo, forma l’arancione. Attraverso la mescolanza con il giallo, il movimento del rosso trapassa nel movimento dell’irradiazione. Come dal movimento del rosso verso lo spettatore nasce l’arancione, così dal
riuscite. ritirarsi del rosso a opera del blu sorge il viola, che tende ad allontanarsi dallo spettatore. Il viola è dunque un rosso raffreddato in senso fisico e psichico. Kandinsky tiene a precisare che tutte le caratterizzazioni introdotte per questi colori semplici sono provvisorie e grossolane. Tali sono anche i sentimenti che sono stati introdotti per caratterizzare i colori. Questi sentimenti sono anch’essi solo stati materiali dell’anima. Le tonalità dei colori sono di natura molto più fine, suscitano nell’anima vibrazioni non esprimibili a parole. Per l’artista russo un’armonizzazione sulla base dei colori isolati è pochissimo adatta al nostro tempo perché la nostra armonia è formata da una lotta dei toni, dall’equilibrio perduto. La composizione che si fonda su quest’armonia è una combinazione di forme cromatiche le quali esistono autonomamente e formano un tutto che si chiama quadro. Sulla base di tale principio vengono ora giustapposti colori considerati per molto tempo disarmonici. Così con l’accostamento di colori che non stanno in alcuna connessione fisica fra loro, come il rosso e il blu, a opera del grande contrasto spirituale esistente fra loro, viene realizzata una fra le armonie più
Il concetto iniziale della relazione forma/colore viene studiata anche da Rudolf Arnheim, scrittore, storico dell’arte e psicologo tedesco.Come Kandinsky, Arnheim pone in primo piano l’urto espressivo del colore. Nella visione del colore si ha azione che parte dall’oggetto e si realizza sulla persona; invece, per percepire la forma, è la mente organizzatrice che va verso l’oggetto. Secondo Arnheim ci si deve contenere entro i limiti di una distinzione tra approccio affettivo e approccio intellettivo. In questo caso, lo scrittore tedesco mette a confronto approcci al colore di notevoli artisti. Da Delacroix, che basa la sua composizione su notevoli schemi coloristici, a David, il quale smorza e schematizza il colore; da Matisse, il quale disse: “Se il disegno èproprio dello spirito e il colore è dei sensi dovete prima disegnare, per coltivare lo spirito e per essere capaci di guidare il colore ad un sentiero spirituale” a Poussin che disse: “I colori nella pittura sono, per così dire, delle blandizie per adescare gli occhi, come la bellezza dei versi in poesia è un’esca per le orecchie.”
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Rispetto alle tesi di Kandinsky, per Arnheim l’effetto del colore è troppo diretto e spontaneo per essere solo il prodotto di un’interpretazione data dal sapere. Ma spiega che la convinzione che l’espressione del colore sia basata sull’associazione è molto diffusa. Alcuni hanno dimostrato una certa reazione corporea al colore. Arnheim in questo caso evidenzia lo studio di Goldstein secondo il quale i colori corrispondenti a grandi lunghezze d’onda si accompagnano a una reazione in aumento; mentre quelli di piccola lunghezza d’onda favoriscono la diminuzione. Secondo Arnheim i termini “caldo” e “freddo” hanno ben poco a che fare con i colori puri. Per lo scrittore, un giallo o un rosso bluastro tendono ad apparire freddi, e un giallo o un blu rossastri risultano caldi. Quindi i termini “caldo” e “freddo” sembrano assumere il loro significato caratteristico, non con il colore principale, ma quando si tratta di un colore che devia in direzione di un altro colore.
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Arnheim precisa l’espressione cromatica e la sua temperatura sono influenzate non solo dalla tonalità ma anche dalla chiarezza e dalla saturazione, qualità
che si riferisce alla purezza del colore; ciò significa che i valori espressivi delle tonalità di colore possono venir messi a confronto solo quando si mantengono costanti gli altri due fattori. Notevole è il fatto che una qualità espressiva del colore trovi la sua definizione in termini come “caldo” e “freddo,” che hanno attinenza con le esperienze e le sensazioni termiche. Come le nostre reazioni al freddo e al caldo fisico, un colore caldo sembra invitarci, mentre un colore freddo ci allontana. Per Arnheim non soltanto la tonalità, ma anche la chiarezza del colore contribuisce all’effetto. Quando di un giallo si dice che avanza e si dilata, come fece Kandinsky, bisogna indagare, secondo lo scrittore tedesco, in quale misura ciò è dovuto alla sua chiarezza o alla sua tonalità. Arnheim approfondisce il concetto dei colori puri, quindi non mescolati, i quali, precisa, sono relativamente neutri a paragone dell’effetto dinamico esercitato dalle mescolanze. Tale neutralità prende di volta in volta l’aspetto dell’indifferenza, della vuotezza, dell’equilibrio, della maestà, della serenità. Ma sia le tonalità pure
di colore sia le mescolanze, purché equilibrate, presentano una stabilità la cui forza espressiva è relativamente scarsa, mentre le altre mescolanze intensificano l’espressione mediante l’introduzione di una forte qualità dinamica. Arnheim studiò anche il concetto delle preferenze cromatiche, le quali stanno in rapporto con importanti fattori sociali e individuali. Per determinare tali preferenze cromatiche, vengono proposti diversi esperimenti nei quali i colori dovrebbero essere messi in relazione a degli oggetti specifici e non “in quanto tali”. Gli schemi coloristici di singoli artisti, esaminati da Arnheim, potrebbero essere messi in relazione tanto col tema delle loro opere quanto con ciò che si sa della loro personalità. Il predominio del rosso nei quadri di Rouault indica chiaramente una personalità diversa rispetto alla preferenza per il giallo che si nota nell’opera di Van Gogh, e il passaggio dal “periodo blu” al “periodo rosa” in Picasso corrisponde a un mutamento di atmosfera dei suoi temi. Tema di cui Arnheim e molti teorizzatori si sono occupati è la cosiddetta armonia dei colori. Attraverso modelli
essi hanno cercato di determinare quali assorbimenti di colori producano combinazioni in cui tutti i valori si mescolino prontamente e piacevolmente. Diversi nella forma i vari modelli sono basati sullo stesso principio: l’asse centrale verticale presenta la scala dei valori di chiarezza cromatica, dal bianco più luminoso che sta in alto al nero più profondo che sta in basso; il centro contiene la scala delle tonalità ad un livello medio di chiarezza dove più il colore è vicino al limite della sezione più è saturato; più si avvicina all’asse centrale, maggiore è la sua mescolanza con un grigio dello stesso grado di chiarezza. Tutti questi modelli concordano nell’avere la circonferenza massima a mezza altezza e nel restringersi verso i poli. Questi modelli sono stati creati anche per indicare quali colori si armonizzino reciprocamente. Arnheim in questo caso cita Ostwald, il quale partì dalla premessa che “due o più colori per potersi armonizzare devono essere uguali per quanto riguarda i loro elementi essenziali.” Ciò implica che tutte le tonalità fossero consonanti fintantoché erano uguali per
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saturazione. Anheim si sofferma anche sul principio della teoria degli elementi comuni di Munsell. Munsell, afferma che “il centro della sfera è il naturale punto d’equilibrio di tutti i colori,” quindi una linea retta che passi per il centro verrebbe ad unire dei colori che armonizzano tra di loro. Per lo scrittore tedesco una composizione di colori può conseguire una forma comprensibile solo se è basata su un numero limitato di valori percettivi. Per Arnheim tale limitazione è particolarmente evidente in pitture composte di superfici omogeneamente colorate come, per esempio, i dipinti di Matisse. Ma persino in un Cézanne, che pure contiene un gran numero di tonalità, la composizione è basata sopra un numero relativamente piccolo di valori cromatici. Arnheim precisa che ci sono, tuttavia, alcuni fondamentali valori di tonalità che sono inerenti all’esperienza psicologica del colore, e che quindi adempiono sempre alla stessa funzione dovunque vengano percepiti e impiegati.
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Il fatto che un bianco, un grigio o un nero possano risultare dalla combinazione
di due o di tutti i colori non ha niente a che fare con il loro modo di apparire; dal punto di vista psicologico per Arnheim se il verde sia un colore semplice o composito non ha niente a che vedere da come viene ottenuto. Alcuni soggetti vedono il verde come mescolanza, altri come colore semplice. A questo proposito tutto quel che si può fare, è cercar di determinare fino a che punto il verde partecipa delle proprietà dei colori semplici. Se per esempio, spiega Arnheim, mettiamo un verde tra un giallo e un blu scopriremo che si comporta in maniera del tutto diversa da come si comporterebbe un rosso nella stessa posizione. Il rosso non conterrebbe niente, mentre qualsiasi verde mostra una certa affinità col blu e col giallo allo stesso modo di come qualsiasi arancione mostra di avere in sé elementi di giallo e di rosso. Arnheim approfondisce anche le mescolanze fenomeniche delle tonalità di colore, le quali si dividono in tre gruppi principali: quelle tra il rosso e il blu, tra il blu e il giallo, tra il giallo e il rosso. Entro ciascuno di questi gruppi bisogna poi distinguere tra il tipo di mescolanza che mantiene in equilibrio i due colori fondamentali e quello in cui domina uno dei due colori fondamentali.
BLU viola blu e rosso porpora ROSSO ROSSO rosso giallo arancio giallo rosso GIALLO GIALLO giallo verde verde blu verde BLU
In ultima analisi, per Arnheim, qualsiasi dipinto può e deve essere considerato come una “mescolanza” globale di tutti i valori cromatici di cui si compone. Lo scrittore cita l’esempio degli impressionisti che ottennero alcune delle loro mescolanze mediante avvicinamento di tocchi di colore separati. Ciò li aiutò ad evitare la diminuzione di saturazione risultante dalla effettiva fusione dei pigmenti e a riprodurre l’effetto di vibrazione dell’atmosfera, rivelando all’occhio gli elementi cromatici combinati insieme nelle mescolanze più complesse. Le scale di mescolanze guidano l’occhio da un settore del dipinto all’altro determinando un movimento in una data direzione. Arnheim analizza la Resurrezione di Grünevald, dove una grande aureola si dilata in ogni direzione partendo dalla testa del Cristo, passando gradualmente, dal giallo che sta al centro al verde, attraverso l’arancione, come in un arcobaleno. Un disco di colore uniforme difficilmente avrebbe potuto rendere questo movimento centrifugo. Lo scrittore tedesco studia e analizza i colori complementari, i quali, spiega,
sono quei colori che sommandosi in una combinazione danno come risultato il bianco assoluto, e, quando si sottraggono vicendevolmente, producono il nulla assoluto del nero. Quando viene presentato un solo colore il nostro occhio tende a evocare il suo complementare, cioè a ottenere la perfetta compiutezza. Se si mette una chiazza grigia su un fondo rosso, sembrerà verdazzurra; se il fondo è giallo-verde, sembrerà violetta. Arnheim, per descrivere questo fenomeno cita Goethe, il quale disse che i colori complementari “si reclamano reciprocamente.” E ciò si verifica per il fatto che l’occhio vuole la completezza. Secondo Arnheim, i dati dell’esperienza sembrano indicare che la giustapposizione di colori complementari determina una sensazione di equilibrio e di compiutezza. Egli prende in esame Delacroix; i colori complementari realizzano la completezza sotto forma di equilibrio di due opposti in quanto mettono in mostra le singole forze che costituiscono il tutto. L’occhio sceglie e collega tra di loro i colori complementari in modo del tutto spontaneo. Arnheim studia la psicologia dei colori usati da Cezanne. I
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colori complementari sono chiaramente distinti gli uni dagli altri ma al tempo stesso si fondono in un tutto unificato; sono particolarmente adatti alla rappresentazione del volume mediante l’ombreggiatura. In questo breve excursus sul colore e la sua espressione e psicologia, è stato spesso osservato quanto evasivi e fluttuanti siano i colori, quanto siano soggetti a mutare sotto l’influenza dei loro vicini nello spazio e nel tempo. Questa estrema instabilità e reciproca dipendenza spiega perché gli esperimenti psicologici in cui serie di colori isolati o di coppie di colori scelte a caso venivano presentate agli osservatori davano dei risultati caotici. L’approccio psicologico mette in primo piano la biografia personale piuttosto che gli accadimenti culturali. Però ciò non toglie che la libertà di elaborazione personale dei percetti non sia totale, poiché il soggetto è vincolato da determinanti condizioni socio-storico culturali, che vanno debitamente tenute in conto, che danno un certo spessore di credibilità a valutazioni quali quelle emergenti dai clinici che si servono di test psicologici come quello del colore.
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COSE E CASE Maria Lisa Mercurio arredo umano THINGS & HOUSES The colour’s psychology human furnishings
To have physical ownership, colour lives further above all in psychological way producing emotional meanings. The colour is a visual elaboration produced by the nervous signals that the fotorecettoris of the retina send to the brain. Then the visual perception of the colour is formed in our brain and it is able of to provoke emotional answers and different psychological attitudes. The study of this phenomenon takes the name of “psychology of the colour.” The colour is therefore a feeling that is recorded by the brain and it will also have consequences in our organism and on our psychological attitude. The colour as the form, have a deceptive component. The form allows us to distinguish an element from another, but also the colour has a fundamental role. We can define the appearance visual as the product of the colour and the clarity. The contours that determine the form depend on the ability of the eye to distinguish between areas of clarity and different colours. The differences of colour work as signallers of the presence of the object driving the attention toward the zone of the space from it occupied. Psychologist Gaetano Kanisza’s figure, founder of the institute of Psychology
of the university in Trieste, maximum exponent of the Gestalt, current psychological regarding the perception and the experience, it has been one of the most influential figures in the panorama of the Italian experimental psychology. Inside the dualism creative technique/expression, Kanizsa is transversally set, but it is really the search on the language to mostly impassion it. Focal point of its investigation is the “to see” understood as problem of the relationship operates of art/user. An optic illusion communicates what he has not been communicated. The triangle of Kanizsa, that we perceive despite physically is not present, it is the maximum example of the relationship between communication and perception. The more famous optic illusion is the “triangle of Kanizsa.” Also for the concept of the form in relationship to the colour, in this image it is had the perception of a white triangle that detaches him from a background constituted by three you look for complete blacks and from a triangle with the complete black contours. This is an example of as the
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itinerary toward the abstraction. mind has the tendency to perceive the form and the colour even if they miss some sensorial elements. The phenomenon that introduces him in relationship to the colour is in the foreground the difference of perceived brightness in fact the white triangle it seems more in evidence in comparison to break down it. This happens because the mind it needs to distinguish a contrast among a figure and a background. The form and the colour satisfy the two more important characteristics of the vision: they transmit expression and they allow us to get the information of the objects. The form offers a great variety of distinguishable figures the one of other, but for that that it concerns the expression there is no form that can be to the equal one with the expressive effectiveness of the colour.
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The concept of the relationship forms/colour is studied, deepening the reflection on the colour in comparison to that on the form, from the Russian painter, creative of the abstract painting, Vassily Kandinsky. The colour has had a notable importance in the development of its pictorial vocation and in its
Kandinsky sets two effects to the perception of the colour. The first one, purely physical, in which the spectator is fascinated from the beauty and from other ownerships of the colour trying a sense of satisfaction causing only however a superficial effect. The eye is attracted more intensely by the clearest colours and more heats: the red cinnabar attracts and fascinates, the ringing yellow worries the eye looking for close examination and rest in the blue one and in the green. The second effect, set by Kandinsky and principal result of the observation of the colour, it is the psychic effect, which provokes a spiritual vibration that reaches “the soul.” Since “the soul” in general it is tied up to the body, you can give him that a psychic shake provokes another of it, to it correspondent, because of association. The observed colour would evoke, according to Kandinsky, a memory, which would practice on the soul another effect. The warm red has an exciting effect, that can intensify up to become painful, perhaps also through its similarity with the blood that flows. Kandinsky underlines whether to come
value by some forms and damped by others. to a pure pictorial composition, the painting has two means: the colour and the form, in which the form as delimitation of a surface, can exist only isolated; otherwise the colour cannot indefinitely expand. The Russian painter takes in examination the word red; the red in our imagination doesn’t have confinements, it arouses in us a certain pure internal representation, without casual inclinations, particular, toward the warm one and the cold. When however this red, as it happens in painting, it must be given in material form, it must have a tonality of the whole range of the red, or rather it must be, for so to say, subjectively characterized, and to be delimited on the plan and towards other colours. Through this delimitation and this contiguity the subjective character of the colour is modified, which gets a sort of objective wrap. With these observations, of the inevitable relationship between the colour and the form and, premising however that the missed adaptation of the form to the colour must not be considered a discord but also a new harmony, Kandinsky conducts us to the study on the effects that the form practices on the colour specifying that many colours are underlined in their
Kandinsky considers in a first moment the isolated colour, and acting on us, it has an incommensurable internal importance. The artist makes to emerge two great qualities of the colour, the warm or cold quality of the tone of colour and the quality of clear or of dark colour of the same one. The warm or cold character of the colour is entirely a general inclination toward the yellow or the blue one. Kandinsky underlines a horizontal movement in which the warm colours as the yellow, stir toward the spectator while the cold colours as the blue one, estrange from him. It contributes to the horizontal movement a second movement of the yellow and the blue one, it is their eccentric and concentric motion. The eye is dazzled by the first circle, while it is dipping him in the second. This effect or movement it is exalted if it adds you the difference in clear and dark. The action of the colour, therefore he intensifies how much clearer or more dark colour it becomes. Kandinsky underlines the expressive
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character of the colours; the Yellow puts the spectator in apprehension, it excites it, it stimulates it finally acting on the mind in impudent and troublesome way. The Blue one has the gift of the depth. In clearer tonality, the blue one purchases a more indifferent character and it is set away from the spectator. How much clearer it is so much the blue one less it is sonorous, until him it reaches a quiet molt, to the white. When it is tried of more cold to make the yellow, it assumes a greenish tonality and it immediately loses the two movements, that horizontal and that eccentric, that reciprocally destroy him getting a total immobility and quiet, purchasing a sickly character and more sensible practicing only an effect of boredom. The same happens with the grey one, formed by the white when it mixes him with the black; it loses his character getting a moral value very next to the green.
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The Russian artist specifies that in the green the yellow and the blue one are present as paralyzed strengths that are able however to become again active. Instead, the grey one is formed from colors that not posseggono some purely
active strength on the contrary they consist from a side of an immovable resistance and from the other of an incapable immobility of resistance. Kandinsky speaks of the white as symbol of a world in which all the colours have disappeared. Then also the white acts on our psyche as a great absolute silence, a silence that is not dead but rich of possibility. Instead, as a nothing deprived of possibility as an eternal silence without future and without hope it plays again, for the artist, the black. For this every other colour on black fund, also what has the weakest sound, purchases a stronger and more precise sound, unlike what happens on a white fund, on which almost all the colours pardon in intensity of sound and many they weaken him completely. Kandinsky also examines the psychological character of the red. It acts a great deal internally as a vivacious color, turned on, uneasy, which doesn’t possess however the character of prodigality of the yellow, on the contrary it produces, despite all of his energy and intensity, one strong note of an immense energy, almost aware of his or own goal. This ideal red, however, can suffer in the reality great alterations, deviations and variations.
The mixture with the black is dangerous since the black extinguishes the blaze and reduces it to the minimum giving origin to the brown one, dull colour, hard, few prone to the movement. The warm red, animated by the yellow, form the orange. Through the mixture with the yellow, the movement of the red pierces in the movement of the irradiation. As from the movement of the red toward the spectator the orange is born, so that the to retire some red to work of the blue one the violet one rises, that curtains to estrange from the spectator. The violet one is therefore a red cooled in physical and psychic sense. Kandinsky holds to specify that all the characterizations introduced for these simple colours are provisional and coarse. Men are also the feelings that have been introduced for characterizing the colours. These feelings are only also them is material some soul. The tonalities of the colours are of nature very more end, they arouse in the soul non expressible vibrations to words. For Russian artist, an harmonization on the base of the isolated colours it is little proper for our time because our
harmony is formed from a struggle of the tones, from the lost equilibrium. The composition that founds him upon this harmony is a combination of chromatic forms which they autonomously exist and they form an everything that calls picture. On the base of such principle considered colors are now juxtaposed for a lot of time discordant. This way with the approach of colours that they are not in some physical connection among them as the red and the blue one, to work of the great existing spiritual contrast among them, one are realized among the harmonies more succeeded. The initial concept of the relationship forms/colour is also studied by Rudolf Arnheim, german, writer, historical of the art and psychologist. Like Kandinsky, Arnheim sets in the foreground the expressive bump of the colour. In the vision of the colour it is had action that departs from the object and it realizes him on the person; to perceive the form, is instead, the mind organizer that goes toward the object. According to Arnheim he must be contained us within the limits of a distinction between affective approach and intellectual approach. In this case, the German writer puts to comparison
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approaches to the colour of notable artists. From Delacroix, that founds his composition on notable colour schemes, to David, which damps and it schematizes the colour; from Matisse, which said: “If the sketch is really of the spirit and the colour it is of the senses you have to draw before, to cultivate the spirit and to be able of to drive the colour to a spiritual path” to Poussin that said: “The colours in the painting are, for so to say, of the blandishments to decoy the eyes as the beauty of the verses in poetry it is a bait for the ears.” In comparison to the theses of Kandinsky, for Arnheim the effect of the colour is too directly and spontaneous to be only the product of an interpretation given by to know. But he explains that the conviction that the expression of the colour is based on the association is very diffused. Some have shown a certain bodily reaction to the colour. Arnheim in this case underlines the study of Goldstein according to which the colors corresponding to great lengths of wave are accompanied to a reaction in increase; while those of small wavelength favor the diminution.
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According to Arnheim the terms
“warm” and “cold” they have well few to whether to do with the pure colours. For the writer, a yellow or a bluish red they extend to appear cold, and a yellow or a blue reddish they result warm. Then the terms “warm” and “cold” they seem to assume their characteristic meaning, not with the principal colour, but when it comes with a colour that diverts in direction of another colour. Arnheim specifies the chromatic expression and his temperature they are not only influenced by the tonality but also from the clarity and from the glut, quality that refers to the purity of the colour; this means that the expressive values of the tonalities of colour are able to go to put to alone comparison when they are maintained constant the other two factors. Notable it is the fact as that an expressive quality of the colour finds its definition in terms “warm” and “cold,” that they have connection with the experiences and the thermal feelings. As our reactions to the cold and the warm physicist, a warm color seems to invite us, while a cold colour gets further us. For Arnheim not only the tonality, but also the clarity of the colour contributes to the effect. When of a yellow is said
that it advances and he dilates, as it made Kandinsky, it needs to investigate, according to the German writer, in what measure this is due to its clarity or to its tonality. Arnheim deepens the concept of the pure colors, therefore not mixed, which, precise, they are relatively comparison neuters of the dynamic effect practiced by the mixtures. Such neutrality takes of time in time the aspect of the indifference, of the emptiness, of the equilibrium, of the majesty, of the serenity. But is the pure tonalities of colour is the mixtures, provided that balanced, introduces a stability whose expressive strength is relatively scarce, while the other mixtures intensify the expression through the introduction of a strong dynamic quality. Arnheim also studied the concept of the chromatic preferences, which they are in relationship with important social and individual factors. To determine such chromatic preferences, different experiments are proposed in which the colours should be connected to of the specific objects and not “in how much such.” The coloured schemes of single artists, examined by Arnheim, they could have connected so much with the theme
of their works how much with what it is known about their personality. The predominance of the red in the pictures of Rouault clearly points out a different personality in comparison to the preference for the yellow that is noticed in the work of Van Gogh and the passage by the “blue period” to the “pink period” in Picasso it corresponds to a change of atmosphere of its themes. Theme of which Arnheim and many teorizzatoris are occupied is the socalled harmony of the colours. Through models they have tried to determine what absorptions of colours produce combinations in which all the values quickly mix him and pleasantly. Different in the form the various models are based on the same principle: the vertical central axle introduces the staircase of the values of chromatic clarity, from the brightest white that is aloft to the deepest black that is in low; the center contains the staircase of the tonalities to a middle level of clarity where the colour is anymore next to the limit of the more section it is saturated; more it draws near to the central axle, great it is his mixture with a grey of the same degree of clarity. All these models arrange in the possession the circumference motto to half height and
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is relatively based above a small number of chromatic values. in to tighten toward the poles. These models have also been created for pointing out what colours are reciprocally harmonized. Arnheim in this case Ostwald quotes, which departed from the premise that “two or more colours to be able to be harmonized must be equal as it regards their essential elements.” This implicates that all the tonalities were consonants that they were equal for glut. Anheim also detains him on the principle of the theory of the elements common of Munsell. Munsell, affirms that “the center of the sphere is the natural point of equilibrium of all the colours, “ therefore a straight line that passes for the center would come to unite some colours that harmonize between them.
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For the German writer a composition of colours can achieve only a comprehensible form if it is based on a limited number of perceptive values. For Arnheim such limitation is particularly evident in paintings composed of coloured surfaces homogeneously as, for example, the paintings of Matisse. But even in a Cézanne, that also contains a big number of tonality, the composition
Arnheim specifies that is there, nevertheless, some fundamental values of tonality that are inherent to the psychological experience of the colour, and that therefore they always carry out to the same function wherever is perceived and employees. The fact that a white, a grey or a black can result from the combination of two or all the colours doesn’t have anything to whether to do with their way to appear; from the psychological point of view for Arnheim if the green were a simple or composite colour it doesn’t have anything to whether to see from as it is gotten. Some subjects see the green as mixture, others as simple colour. To this intention everything that that it can be done, it is to find to determine up to that point the green participates some ownerships of the simple colours. If Arnheim for example, explains, we put a green between a yellow and a blue we will discover that it behaves entirely in different way from as it would behave a red in the same position. The red would not contain anything, while any green show a certain affinity with the blue one and with the yellow equally of as any orange show to have in itself elements
of yellow and red. Arnheim also deepens the phenomenal mixtures of tonalities of colour, which divides him in three mastergroups: those between the red and the blue one, between the blue one and the yellow, between the yellow and the red. Within every of these groups it needs then to distinguish among the type of mixture that maintains in equilibrium the two fundamental colours and that in which it dominates one of the two fundamental colours. BLUE violet blue and red purple RED RED red yellow orange yellow red YELLOW YELLOW yellow green green blue green BLUE
In last analysis, for Arnheim, any painting is able and it must be considered as one “mixture” global of all the chromatic values of which it is composed. The writer quotes the example of the impressionists that some of their mixtures got through approach of separate touches of colour. This helped them to avoid the diminution of resultant glut from the real fusion of the pigments and to reproduce the effect of vibration of the atmosphere revealing the chromatic elements combined together in the most complex mixtures to the eye.
The staircases of mixtures drive the eye from a sector of the painting to determining a movement in a date direction. Arnheim analyzes the Resurrection of Grünevald, where a great halos dilates him in every direction departing from the head of the Christ, gradually passing, from the yellow that it is to the center to the green, through the orange, as in a rainbow. A disk of colour uniform would hardly have been able to make this centrifugal movement. The German writer studies and analyzes the complementary colours, which, he explains, they are that colours that adding themselves in a combination damage as resulted the absolute white, and, when they escape each other, the nothing absolute of the black produce. When a colour our eye is introduced only it has the tendency to evoke his complementary, that is to get the perfect completeness. If it puts on a grey spot on a red fund, it will seem blue-green; if the fund is yellow-green, it will seem violet. Arnheim, to describe this phenomenon quotes Goethe, which said that the complementary colors “they are reciprocally complained.” And this is verified for the fact that the eye wants the completeness. According to Arnheim, the data of the
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gave some chaotic results. experience seem to point out that the juxtaposition of complementary colours determines a feeling of equilibrium and completeness. He takes in examination Delacroix; the complementary colours realize the completeness in the form of equilibrium of two opposite in how much they show the single strengths that constitute the everything. The eye chooses and colleague between them the complementary colours in spontaneous way entirely. Arnheim studies the psychology of the colours used by Cézanne. The complementary colours are clearly distinguished the one from the others but at the same time they melt him in an all unified; they are particularly proper for the representation of the volume through the shading.
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In this brief excursus on the colour and his expression and psychology, it has often been observed how much evasive and fluctuating is the colours, how much subject is to change under the influence of their neighbors in the space and in the time. This extreme instability and mutual dependence he explains because the psychological experiments in which series of isolated colours or couples of colours at random choices were introduced to the observatories they
The psychological approach puts in the foreground the personal biography rather than the cultural accadimentis. However this doesn’t remove but the liberty of personal elaboration of the percettis is not total, since the subject is bound by conclusive conditions partnerhistorical cultural, that estates duly go in account, that damage a certain thickness of evaluations credibility what those emergent from the clinicians that they use psychological test as that of the colour.
COSE E CASE Caterina Vasso arredo umano THINGS & HOUSES Il colore nella storia dell’architettura human furnishings
E luce fu. Ecco il colore. Non c’è colore senza una sorgente luminosa, non c’è spazio senza luce. Dove c’è luce, c’è la negazione della stessa, il buio. Luce e buio si contrappongono in un gioco estremo delle parti. Il vuoto e il pieno, l’esserci e il non esserci. Il tutto e il niente. La qualità della luce determina la natura e la quantità dello spazio architettonico. Ricomporre l’evolversi dell’architettura in funzione del colore è un’operazione difficile a compiersi; nella maggior parte dei casi si esaurisce nella trasposizione dei rapporti spaziali che hanno contraddistinto la trasformazione degli spazi abitativi e delle altre realtà come i luoghi di culto e di vita comune. L’ambiente naturale è stato, nel tempo e nello spazio, modellato e strutturato secondo le proprie esigenze di protezione e aggregazione. I vari componenti si organizzano in funzione del rapporto tra interno ed esterno in relazione alla destinazione d’uso dello spazio architettonico. Tecniche e tecnologie delle diverse civiltà determinano la scelta dei prodotti da utilizzare. In epoche più lontane nel tempo, i materiali venivano reperiti in loco in funzione delle loro caratteristiche meccaniche e formali. La rivoluzione industriale e le ricerche
nel settore hanno ampliato i limiti del campo di attività tecnologica, fino ad arrivare ai nostri giorni, dove la progettazione architettonica è completamente condizionata dai principi dettati dall’eco-sostenibilità e dalla bioclimatica. “Costruire è di per sé un atto sacro, è un’azione che trasforma una condizione di natura in una condizione di cultura; la storia dell’architettura è la storia di queste trasformazioni”(1) Se la scrittura in Mesopotamia, 3000 anni prima di Cristo, ha dato inizio alla storia, il colore in epoche ben più lontane, ha fornito le testimonianze di una civiltà. Infatti i primi reperti sull’uso del colore risalgono ai dipinti rupestri di epoca preistorica. L’aver scoperto le caverne di Lascaux in Francia e Altamira in Spagna, ha dato la possibilità di venire a conoscenza dei pigmenti utilizzati in quell’epoca: ocra rossa, ocra gialla, manganese, carbone e ematite.(2) I colori derivano principalmente dalle terre e dai materiali presenti nel luogo. I dipinti rupestri sono segni visivi che imitano, con straordinaria capacità, il referente dell’uomo al tempo: orsi, mammut, tori, animali da cacciare in genere; la finalità non è ovviamente
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comunicativa. L’uomo primitivo probabilmente è convinto di acquisire potere sull’animale quando lo rappresenta graficamente. Talvolta il disegno rupestre diventa un atto rituale per allontanare spiriti malefici e demoni: raffigurare l’uomo ferito dall’animale deriva da un evento già avvenuto nella realtà; ha la funzione di allontanare il pericolo da colui che ha eseguito il disegno. Tralasciando il significato di queste testimonianze, l‘uomo primitivo prende possesso del luogo attraverso l’intervento di segni e figure sulle pareti; acquista sicurezza e la vista di ciò che ha elaborato lo fa sentire protetto.(3) Le prime costruzioni architettoniche risalenti al 5000-4000 a.C. sono strutture chiamate dolmen. Il dolmen è un’ara, circondata da un terreno recintato considerato sacro. L’esempio più eclatante si trova a Stonehenge in Inghilterra. Probabilmente in prossimità di quest’ara venivano seppelliti i morti. La luce definisce le forme; la disposizione delle pietre non è casuale ma segue la traiettoria naturale del sole.
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Al popolo dell’Antico Egitto è da attribuire la componente simbolica dei colori e il loro significato sacro e religioso. L’architettura civile propone
case in mattoni crudi, legno e canne decorate con fasce colorate. I templi uniti alle piramidi rappresentano luoghi di culto: si raggiungono attraverso un viale fiancheggiato da sfingi. Il sito archeologico di Abu Simbel ci insegna come gli egiziani modellavano lo spazio in funzione del messaggio simbolico e percettivo. Il tempio è ricavato dalla roccia come se la natura l’avesse generato: la luce e l’ombra comunicano con un linguaggio di estrazione ultraterrena. La tavolozza egiziana utilizza, principalmente, sei tonalità, incluso bianco e nero; propone per la prima volta il blu, ricavato dal tetrasilicato di calcio e rame, propagatosi rapidamente presso le civiltà di Creta e dell’Antica Grecia.(4) Nell’Antico Egitto il colore è parte integrante di ogni aspetto della vita quotidiana; il colore esalta l’essenza delle cose. Nell’arte il cromatismo è di solito simbolico. Amonè ritratto con la pelle blu per la sua apparenza cosmica; la pelle verde di Osiride è espressione del potere sulla vegetazione e della resurrezione. Infine il colore della pelle è identificativo
della sessualità: più scuro (rosso) per gli uomini, più chiaro (spesso giallo) per le donne. Gli egizi utilizzano in modo dominante il colore blu, lo prediligono perché, come già detto, lo considerano il colore ultraterreno, divino; lo ricavano artificialmente mescolando sabbia, rame e carbonato di soda cristallizzato che dà origine al famoso “blu egizio” che conferisce ai dipinti uno splendido aspetto smaltato.(5) In Mesopotamia sono presenti le prime città costruite dall’uomo: l’abbondanza di acqua ha favorito lo sviluppo di queste grandi civiltà. La cittadella, cuore politico e religioso ospita il palazzo reale, le abitazioni, il tempio e la ziggurat: quest’ultima di certo il manufatto più caratteristico della civiltà mesopotamica. Tutte le costruzioni mesopotamiche sono prevalentemente in mattoni essiccati al sole, uniti con il bitume; il territorio, privo di rilievi, non offre disponibilità di pietra da costruzione; l’argilla viene reperita in prossimità dei fiumi. La ziggurat è una piramide che collega idealmente, nella logica di una scala, il mondo terreno alle divinità celesti. Centro religioso ed economico della città, la ziggurat di Ur è costituita da tre terrazze a gradoni, in progressione più strette, man mano che si procede verso l’alto, collegate tra di loro da rampe di
scale di rilevanti dimensioni. In Mesopotamia il colore dell’architettura ha una funzione decorativa, simbolica e magica: ogni piano della ziggurat ha un colore diverso e dedicato ad un pianeta differente. I quattro angoli dell’edificio sono orientati verso i punti cardinali. Anche per i popoli della Mesopotamia, come per gli egizi, il colore blu è il colore della divinità: la porta di Ishtar è completamente rivestita di piastrelle di ceramica smaltata di colore blu. I costruttori maya utilizzano blocchi squadrati di pietra calcarea per le pareti, terra, pietrisco e lastre di pietra per il riempimento di nuclei e per il basamento. Al pari di molte civiltà del passato, i Maya sono soliti caratterizzare gli edifici mediante il colore: pareti lisce e pareti a rilievo sono dunque completate con l’uso della pittura. Decorazioni policrome all’interno di tombe, templi, e palazzi sono realizzate mediante l’utilizzo del rosso indio puro, dell’indaco e dell’azzurro per lo sfondo. Il blu è per i Maya il colore dei sacrifici: con questo pigmento dipingono le vittime umane deposte sull’altare prima di strappare loro il cuore. Un colore luminoso, il colore dell’acqua, del dio della pioggia Chac; l’acqua per i Maya rappresenta la
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più tardi, da artisti come Giotto, Raffaello e Michelangelo. produttività, la salvezza e quindi la vita. Gli ingredienti per la realizzazione di questo colore sono l’indaco estratto da una pianta indigofera molto diffusa nel territorio maya.(6) La civiltà cretese è la prima cultura antica di tipo completamente europeo. Il carattere aperto e indifeso dei palazzi e dei centri minoici sottolinea l’aspetto pacifico di questa civiltà e il suo amore per la natura, le feste e il colore. I palazzi, le case e le ville signorili sono decorati con pitture di cui purtroppo non restano che scarsi frammenti. I minoici prediligono il gusto naturalistico e la tendenza a immergere la figura umana nell’ambiente in un’atmosfera lieve e libera da ogni turbamento.(7)
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Le costruzioni minoiche hanno spesso tetti con tegole piatte, intonaco, legno e pavimenti con lastre di pietra e sono composte di due o tre piani. Il palazzo di Cnosso presenta caratteristiche colonne in legno, spesso colorate di rosso: veri tronchi d’albero capovolti con la parte più larga in alto per sostenere il capitello. La particolarità degli ambienti risiede nei dipinti murali che decorano ogni stanza: si tratta di affreschi realizzati su parete ancora fresca d’intonaco, tecnica utilizzata dagli etruschi e, migliaia di anni
I dipinti riprendono scene religiose, momenti della vita di corte, ma anche paesaggi marini, fiori e animali. I colori più usati sono il rosso e l’azzurro, quest’ultimo considerato di buon auspicio. Come nell’arte egizia i corpi degli uomini sono dipinti di rosso; quello delle donne di bianco e tutte le figure vengono rappresentate di profilo. La storiografia ha individuato nell’XI sec a.C., epoca nella quale cominciano a sorgere le poleis e le prime divisioni territoriali, la data d’inizio della storia greca. La città è fisicamente distinta in alta (acropoli, dove si svolgono le cerimonie religiose di maggiore interesse) e bassa (asty o astu, dove si svolgono i commerci e le relazioni civili): le due zone sono parti di un unico organismo, un microcosmo costituito da alcune migliaia di abitanti che per il greco rappresenta il mondo, la nazione, la memoria storica che la tradizione affida al significato di patria (città e patria hanno un unico significato, polis). Il tempio, presenza costante sia nella città che nel territorio extraurbano, sorge isolato e inserito in un recinto
sacro; il tempio costituisce la casa del dio, del quale si conserva l’immagine all’interno della cella.(8) La cella greca, buia e limitatamente grande, non è adatta ad accogliere i fedeli: per questo motivo l’altare è realizzato all’esterno. Non a caso l’oscurità è l’elemento predominante degli interni greci: la luce è associata ai valori del bene e della conoscenza che vanno conquistati e vissuti attraverso i giochi d’ombra ottenuti con il sistema di colonne che circondano il tempio. Per i colori nelle decorazioni pittoriche greche, pochi sono i reperti cui fare riferimento; la maggior parte delle informazioni a noi note sono state assunte da recenti analisi chimiche delle sole opere scultoree. Gli storici devono, infatti, attenersi alle testimonianze scritte: Teofrasto, cita nei suoi scritti, alcune materie coloranti; in particolare i colori più utilizzati in epoca greca sono pigmenti minerali, vegetali e animali di colore rosso, giallo, blu, bianco. Le tonalità del rosso derivano dal cinabro e dall’ematite e sono impiegate per adornare i capelli e la pelle delle statue; il giallo proviene dall’ocra e dalla limonite e serve per decorare gli abiti e le armi delle sculture; il blu invece,
deriva dalla combinazione di polvere di lapislazzuli, blu egizio e azzurrite e viene impiegato principalmente per le rappresentazioni funebri; infine il bianco si ottiene dalla calce.(9) A conferma di questa tesi, nella sua “Historia Naturalis”, Plinio affronta il tema dell’uso dei colori nell’epoca classica sostenendo che i pittori greci fossero tetracromi (rosso, giallo, blu e bianco).(10) I Greci attribuiscono al color porpora una funzione sociale: è simbolo di fama, ricchezza e decoro. Tutto il Mediterraneo è conquistato dal rosso-porpora dei Fenici, i quali rappresentano i maggiori produttori ed esportatori di questo pigmento.(11) Le manifestazioni di colore non sono circoscritte alla sola scultura, ma riguardano anche templi e edifici sacri, come nel caso del frontone del tempio di Athena Nike e del Partenone. Infatti, molti recenti studi, attraverso l’uso combinato di foto a luce ultravioletta e a luce radente, hanno confermato la policromaticità delle decorazioni scultoree del frontone e del fregio del Partenone, opera dello scultore Fidia. Le attuali conoscenze sulla civiltà etrusca
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sono alquanto limitate e disomogenee: la diversità degli insediamenti etruschi dagli altri italici consiste in una pianificazione razionale delle strutture; i manufatti non sono disposti a caso ma secondo una logica di ortogonalità. Le città etrusche, al di là di quelle greche e prima ancora dei romani, sono il primo esempio in Europa d’impianto urbano coerente. Le necropoli, le “città dei morti” costruite sul modello della “città dei vivi”, costituiscono la maggiore fonte di reperti archeologici per la conoscenza di questa civiltà. Gli etruschi, a differenza dei greci, che dipingono gli edifici religiosi e civili esposti al degrado del tempo, si concentrano sulla decorazione delle pareti delle tombe.
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Gli etruschi sono convinti della sopravvivenza dopo la morte: il defunto ha dunque bisogno di una casa eterna, con le sue suppellettili e quanto necessario per la continuità delle abitudini terrene. La pittura tombale non è commemorativa o decorativa: essa tende a ricreare la vita reale in tutti i suoi aspetti più gioiosi e piacevoli. Le informazioni contenute nei dipinti e agli oggetti rinvenuti nelle tombe ci hanno permesso di ottenere informazioni utili sulla civiltà etrusca. Gli etruschi al pari dei cretesi conoscono la tecnica
dell’affresco; i colori usati derivano, come già in epoche precedenti, dall’impiego di minerali e vegetali. Sull’intonaco secco si usano anche i colori a tempera: nero da carbone vegetale, rosso ricavato dall’ossido di ferro, blu di lapislazzulo, verde vegetale e mezzi toni. L’aspetto più interessante, dal punto di vista artistico - filosofico dei dipinti tombali risiede nell’evoluzione del concetto della morte. I primi dipinti trasmettono la serenità e l’accettazione della morte: i colori sono vivaci, il bianco, l’ocra, rosso e il blu, diluiti e sfumati, traducono la certezza di una continuità della vita; l’uovo, più volte rappresentato, è il simbolo della vita e della rinascita. Nelle pitture più tarde i temi si fanno più drammatici, c’è un nuovo rapporto con la morte: scene tormentate con demoni e mostri con il consecutivo incupirsi dei colori; la morte non è più un passaggio da una vita all’altra, ma è la fine dell’esistenza. Un popolo, una civiltà non nasce dal nulla: la storia rappresenta l’evoluzione degli eventi, delle influenze culturali, degli incontri tra le popolazioni. La civiltà romana non può essere dunque nata, come vuole la leggenda, da un episodio, da un solo uomo, ma dalle
necessario per direzionare le spinte. Tutto nel mondo romano ha un colore. circostanze storiche, culturali che si sono determinate sul territorio; proprio questi aspetti inconsueti hanno determinato probabilmente la sua originalità anche nel campo dell’architettura. Per i romani l’architettura non caratterizza un luogo, ma chiude uno spazio. Il sistema ad arco e quello voltato, permettono la costruzione di grandi ambienti i cui interni sono conformati nella logica della praticità: il gioco di luci e ombre non ha più, come nella cultura greca, il significato ideologico della conoscenza, è strutturato in funzione delle attività svolte nello spazio considerato. I materiali usati sono numerosi, e vengono sfruttati in base alle loro capacità meccaniche; utilizzano massicce quantità di pietre calcaree; il marmo è da sempre il materiale d’eccellenza. Il travertino, resistente e duro e di color miele; è usato per fini strutturali e come rivestimento in sostituzione del marmo. Il tufo, morbido e facilmente lavorabile è utilizzato per rendere pieno l’interno delle mura e delle volte. La pozzolana, o cenere vulcanica, conferisce alla calce e al cemento, particolare resistenza e durezza. Il laterizio, crudo o cotto è presente nei punti critici di resistenza,
I principali monumenti pubblici e le statue sono policromi, sono adoperati marmi colorati mentre quelli bianchi sono utilizzati per un più complesso gioco di colori in cui intervengono elementi scultorei e dipinti. Per avere un’idea del rapporto spazio interno -colore della cultura romana, è possibile far riferimento alla pittura parietale rinvenuta nei siti archeologici di Pompei ed Ercolano. La casa romana, a differenza di quella greca, è rappresentativa della posizione sociale del proprietari. Gli affreschi denotano l’appartenenza a un determinato livello all’interno dell’ordine gerarchico. Le opere murali sono elaborate con diverse tecniche: la pittura a fresco, in cui i colori, macinati e diluiti in acqua, sono stesi sull’intonaco di calce fresca; la pittura a tempera, eseguita stemperando i colori insolventi collosi e vischiosi, aggiungendo tuorlo d’uovo e cera; la pittura ad encausto ottenuta miscelando i pigmenti con la cera che vengono poi fissati a caldo con l’aiuto di arnesi metallici. “In Pompei i quadri piccoli hanno il
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fondo di stucco colorato a fresco in rosso scuro, poi dipinto a tempera, e in ultimo riscaldavano solamente la pittura”.(12) La pittura pompeiana è usualmente suddivisa in quattro stili. Il primo stile è detto “dell’incrostazione” (dalla parola crusta, che significa “rivestimento con lastre di marmo”) ed è caratterizzato dalla lavorazione della parete con stucchi a rilievo o con un rivestimento di lastre di marmo. Gli elementi che suddividono la parete sono così stereotipati: una fascia superiore decorata con cornice in stucco aggettante; una fascia mediana dipinta con i colori predominanti rosso e nero, ma anche viola, giallo-verde, imitanti il marmo, il granito o l’alabastro; lo zoccolo solitamente è di colore giallo. Il secondo stile è costituito da cornici e fregi con tralci vegetali che a differenza del precedente stile, non sono realizzati in stucco, ma sono dipinti, senza abbandonare il rapporto di luce e ombre, che prima era garantito dal rilievo. Le pareti sono dipinte come se fossero degli scenari teatrali e danno la sensazione di voler ampliare lo spazio interno. Il trompe d’œil garantisce l’illusione di finti colonnati e di porte dietro cui si aprono vedute prospettiche.
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Il terzo stile abbandona la tridimensionalità in favore di strutture piatte con campiture monocrome, per lo più scure, al centro delle quali sono dipinti piccoli pannelli di tinte chiare, raffigurante scene di ogni genere. L’aspetto razionale prende il sopravvento, la monocromaticità disciplina lo spazio, lo rende più omogeneo, il colore scuro offre l’ambiente interno più misterioso, più intimo e riservato. L’ultimo stile si ricollega al secondo ma i temi sono differenti: l’architettura da reale diventa fantastica, immaginaria, dal forte impatto scenico. Questo stile contiene elementi di quelli precedenti, in cui però non c’è una crescita della qualità, ma un semplice arricchimento dei contenuti pittorici. I romani ereditano la cultura cromatica dagli egizi; grazie alle informazioni contenute negli scritti di Plinio il Vecchio, è possibile risalire alla formazione dei colori in epoca romana: l’azzurro è ottenuto, come sempre, dai lapislazzuli, dall’indaco, dal blu egiziano e dall’azzurrite; il bianco si ricava dalla biacca, dal gesso e dalla calce; il rosso è ricavato dalle terre rosse, dal cinabro, dai rossi vegetali e dal rosso di piombo; il verde è ottenuto dalla malachite, dalla
terra verde e dai vegetali; infine il giallo è ottenuto da miscele di ocre; il nero derivato dal carbone e dagli ossidi di ferro. Il rosso cinabro è il pigmento più costoso dell’epoca; è un colore intenso costituito da solfuro di mercurio; rappresenta il colore del lusso e della regalità. Il rosso per i romani è anche il colore della divinità, mentre l’azzurro-blu è poco utilizzato perché rappresentativo dei popoli barbari. Il giallo-oro diviene nell’età imperiale il colore dell’esibizione del potere e del culto della personalità. La porpora diviene il “color officialis”, colore imperiale e prerogativa dei Cesari, per i quali la statuaria è prettamente realizzata utilizzando il porfido.(13) Il mondo medievale cambia nella sua conformazione architettonica e nelle sue manifestazioni artistiche. Le invasioni barbariche hanno di certo influito su questo cambiamento, ma la religione cristiana introduce un nuovo rapporto uomo-natura che influenzerà il modo di vivere e di costruire. I primi cambiamenti si verificano con l’adattamento delle basiliche romane a basiliche cristiane: l’adattamento prevede la riduzione delle absidi (due nelle basiliche romane) a un unico e
centrale spazio contenente l’altare. L’ingresso, posto sul lato maggiore dai romani, è spostato su quello minore, dando la possibilità di sviluppare lo spazio lungo un asse preferenziale (ingresso – navata centrale – altare). Il credente ha a disposizione l’intera navata per avvicinarsi a Dio: la luce delle finestre monofore e bifore, e delle aperture nell’abside, illumina il cammino e l’atmosfera diviene quasi irreale; lungo questo percorso l’essere umano si relaziona all’essere divino. Da edificio pubblico adibito a riunioni amministrative, ad edificio di culto. L’architettura bizantina investe Ravenna, nuova capitale dell’Impero e racchiude in sé la storia dei cambiamenti: architettura romana, arte paleocristiana, gusto orientale; il nuovo rapporto uomo-divino è tradotto nel contrasto interno-esterno dello spazio architettonico. L’esterno è il corpo, solo involucro povero e semplice perché legato alla materia. L’interno è l’anima, spirito della Natura divina, ricco e pieno di colore; lo sfondo oro allude ad uno spazio ultraterreno e le figure sono solo icone di religiosità e di aspirazione verso il divino. Nella pittura non c’è volumetria, non esiste lo spazio. In epoca romanica mostri e peccati vengono incassati in capitelli e negli
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dell’intero ambiente. La vetrata gotica è “pittura con la luce” e manifestazione della potenza spirituale e divina. elementi architettonici: l’architettura si fa pesante, ricca di ornamentazioni; la massa e la solidità determinano un senso di spazio serrato e accentrato. Le arcate cieche diminuiscono la luce in entrata. Alle colonne semplici delle chiese paleocristiane è sostituito il pilastro composito per sostenere le arcate delle volte, prima a botte e poi a crociera. Le finestre sono feritoie necessarie per garantire la stabilità dei muri: la luce non è più piena ma è scanalata in fasci che illuminano i particolari scultorei accentuandone la tragicità.
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Nel ‘200, invece, la luce diviene strumento di progettazione che caratterizza l’intera architettura gotica, la quale assume la sua forma più completa in Francia. Le nuove tecniche costruttive permettono l’elevazione delle strutture. Lo spazio è in ascesa. Le grandi masse murarie si trasformano in pareti di luce. Il colore nell’architettura gotica è luce che articola gli spazi e si sostituisce alla pittura e alla muratura continua. La tecnica delle vetrate sancisce il passaggio dal romanico al gotico, dal buio alla luce divina. Le vetrate si prolungano su tutto il perimetro della struttura e in particolare nella zona absidale, e, inondate dalla luce, creano all’interno effetti cromatici irreali e rarefatti in contrasto con la penombra
La religione cristiana eredita dalle culture antiche il simbolismo dei colori e stabilisce, in tutto il Medioevo, le regole cromatiche alla base del messaggio comunicativo contenuto nel simbolo. I colori devono avere una luminosità ed intensità tale da sottolineare la propria valenza simbolica. Il bianco assume il significato di forza e purezza; il rosso è il peccato e il maleficio, ma anche il sacrificio e la sofferenza; il nero è carestia, buio, ignoranza e morte; il blu è il colore del cielo ed è quindi associato ai sentimenti aulici e alla spiritualità, diviene il colore della Vergine Maria. Nelle catacombe, primi luoghi d’incontro dei cristiani, vengono fissati i colori rappresentativi della comunità religiosa che abbandona il rosso e il giallo della cultura politeistica pagana per assumere il celeste, quale colore rappresentativo del regno promesso, il verde, come simbolo della nuova vita e il viola, che castiga il rosso purpureo e s’impone quale colore del pentimento, del perdono e della remissione dei peccati.(14) Per tutto il Medioevo, la città si oppone
alla campagna: la città è il luogo della luce e del colore attraverso l’uso di marmi policromi, pietre, mattoni, mosaici e pigmenti, secondo significati e gerarchie ben precise, non solo nelle chiese ma anche negli interni e negli esterni delle abitazioni. Nel ‘300 è introdotta una nuova figura del pittore, che da semplice esecutore diviene artista professionista del colore e dell’estetica delle forme, grazie soprattutto alle sue innovazioni in campo cromatico: si assiste dunque al definitivo trapasso sociale dall’artigiano all’artista. Si prediligono colori saturi e netti con contorni definiti, abbandonando così sfumature e mezzetinte. La pittura religiosa regna sovrana e si arricchisce di oro e pietre preziose. Il blu della Madonna è ricavato dall’azzurrite e dall’oltremare, pigmenti di origine egiziana ma diffusi in occidente solo nel XIV secolo. Il rosso vermiglio viene usato in numerose occasioni, mentre il giallo è ricavato dal giallorino miscelato ad altri pigmenti derivati dagli ossidi di piombo e stagno. Il giallo, in alcuni casi, sostituisce le tonalità dorate, ma nella simbologia cromatica religiosa è sinonimo di negatività e amoralità (giallo è, infatti, il colore del mantello di Giuda nella scena del bacio di Giotto ad Assisi). Il verde si ricava, in maniera naturale, dai vegetali
e da alcuni fiori. Il nero e il bianco sono i colori che personificano rispettivamente la morte e la vita. Il bianco dona la luce, il nero rappresenta l’oscurità e l’imperscrutabilità: si ha paura di ciò che non si conosce ed è impenetrabile. Il nero è quindi l’impossibilità di vivere lo spazio della vita. Il Rinascimento si apre con la riscoperta degli antichi codici classici, che nel giro di pochi anni porteranno ad una totale renovatio. Tra le tante novità, una inedita interpretazione della natura fondata sulla osservazione finalmente scientifica, cioè orientata da un metodo; una architettura affidata alle leggi della proportione e della perspectiva artificialis per rendere armoniosi e staticamente resistenti i suoi innovativi progetti; una pittura ed una scultura che assumono dall’umanesimo, dal nuovo naturalismo e dalla regolarità architettonica nuovi itinerari poetici e formali nella rappresentazione delle proprie storie. Con la teorizzazione della città ideale nasce il concetto di urbanistica che si concretizza con la razionalizzazione degli spazi. Il tipico palazzo signorile rinascimentale è un blocco unitario realizzato in muratura, solitamente sviluppato su tre livelli con aperture
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che si affacciano sulla strada e su un cortile interno. Gli interni sono arricchiti da affreschi, stucchi, quadri ed arazzi. I pavimenti sono realizzati principalmente in marmo o costituiti da piastrelle smaltate. I soffitti possono essere cassettonati in legno, dipinti o intagliati. Gli architetti rinascimentali si appropriano, dunque, delle tecniche costruttive e delle tipologie architettoniche dell’antica Roma: colonne, archi e lesene sono ripresi in un linguaggio razionale e scientifico. Gli ordini architettonici ricompaiono negli edifici e nei dipinti portandosi dietro tutto l’equilibrio delle opere classiche. Dalla crescente passione per la scultura e l’arte antica, per la forma come valore preminente, scaturisce il culto rinascimentale per il bianco e quindi per il marmo privo di colore. Il bianco diviene il colore che definisce la forma e quest’ultima depura lo spazio che viene amplificato e dilatato.(15)
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Il colore e la ricchezza decorativa non permettono una chiara lettura della forma, dell’armonia e della proporzione tra le parti. La sezione aurea deve essere percepita, per un miglior godimento dello spazio. La monocromia regna sovrana all’esterno delle strutture; l’interno, al contrario, si arricchisce
dei colori degli affreschi e degli arazzi. Nella pittura vengono introdotti nuovi pigmenti come il cocciniglia e il giallo di Napoli; le tecniche vengono affinate, miscelando i colori con acqua o olio di noce o di lino. Il XVII secolo si esprime attraverso la monumentalità delle costruzioni. I motivi architettonici si arricchiscono in maniera esasperata di elementi scultorei: fregi, cornici, false finestre contaminano lo spazio. L’ornamento prende il sopravvento sulla struttura, l’ambiente si appesantisce e gli elementi decorativi ostacolano la lettura della forma. La flessuosità delle linee, il continuo passaggio tra elementi strutturali, plastici e pittorici, lo sfarzo, sono gli elementi costituenti l’arte del Seicento comunemente definito Barocco. I materiali da costruzione principalmente utilizzati, sono marmi policromi arricchiti da dorature e incrostazioni in oro e bronzo che caratterizzano facciate con sviluppi curvilinei e cornici che assecondano la convessità. Volte e cupole sono mascherate da sfarzosi stucchi che rimpiccioliscono l’ambiente, ma creano uno spazio scenico dal forte impatto visivo. Il gusto Barocco è anticipato nel Cinquecento dallo stesso Michelangelo, il quale tenta numerose
volte di distaccarsi dalla razionalità rinascimentale per adottare una spazialità più dinamica e geometrie più complesse. Nello scalone della Biblioteca Laurenziana, Michelangelo si abbandona in maniera misurata ad una nuova sensibilità anche attraverso le qualità cromatiche diverse dei materiali lapidei adoperati: i gradini non sono statici tasselli per il collegamento tra livelli, ma sembrano un fluido, la lava che scorre e coinvolge lo spazio. I contrasti di luce e di ombre, che caratterizzano le opere pittoriche di questo periodo, sembrano estendersi concettualmente alle architetture, soprattutto a quelle di ordine religioso. I colori sono pieni, forti e violenti, ma anche tenebrosi e scuri: la tavolozza si arricchisce di nuovi colori e ogni artista segue una propria corrente del colore. Oltremare, azzurrite, smaltino, indaco, lacca rossa di cocciniglia, vermiglione, minio, giallo di piombo e verdi brillanti, mai come prima del Seicento, l’artista ha a disposizione tanti colori per dipingere. Il marrone, ricavato direttamente dalle terre, inizia ad assumere un suo significato per la realizzazione di ombre e sfumature più cupe.(16) Il Rococò arricchisce gli interni con
ornati di stucchi, intarsi, maioliche e specchi, ma anche di un gran numero di arredi, arazzi e porcellane dalle forme complesse e articolate. Gli specchi hanno il compito di estendere gli spazi all’infinito, con l’impossibilità di una stabilità, di una certezza spaziale. Gli interni non sono più luoghi da vivere, ma da ammirare: gli spazi sono delimitati da muri lavorati a festa dove motivi floreali creano un’atmosfera pittoresca, il tutto corredato da una forte luminosità cromatica in contrapposizione all’ombra manierista.(17) Ora, i colori si fanno vivaci e chiari, a volte acquosi e teneri, le tonalità chiare hanno un gusto prettamente femminile: rosa aurorali, verdi delicati, azzurri sfumati in grigi perlacei. La differenza tra Barocco e Rococò sta nella luce: entrambe le correnti tendono all’esagerazione del decorativismo a discapito della pulizia delle forme, ma la corrente settecentesca si anima di uno spirito positivo, ed apre le porte all’ingresso della luce. Il Neoclassicismo s’impone come reazione diretta alla parentesi BaroccoRococò: la linea retta ritorna ad essere il segno identificativo della progettazione, sintomo del dominio della ragione sul sentimento. La composizione della struttura diviene combinazione di
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elementi classici, l’esterno architettonico corrisponde coerentemente con l’interno e il loro rapporto risulta chiaro e definito; i volumi costruiscono in maniera pulita il manufatto architettonico. La pietra e i marmi riacquistano le cromie tenui e pacate del Rinascimento e si rifiuta il colore nelle facciate degli edifici. Vi sono numerosi sostenitori dell’acromia, primo tra tutti Quatremère de Quincy, che definisce il colore uno strumento per ingannare l’occhio dell’osservatore.
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Se il Rococò ha espresso un’architettura fortemente femminile, il neoclassicismo è uno stile tipicamente maschile: i risultati sono a volte gelidi, astratti, troppo perfezionisti e idealisti. La semplicità nelle forme e la scientificità nei contenuti: il Settecento vede la redazione della prima enciclopedia ad opera di Diderot e D’Alambert, ma anche grandi progressi nel campo della chimica soprattutto relativamente alle nuove teorie cromatiche. Sono introdotti nuovi pigmenti colorati: il blu di Prussia, il bianco di zinco, il giallo di cromo, il blu di cobalto, il verde smeraldo e il blu ceruleo. Ma l’apporto scientifico più rilevante è quello offerto da Isaac Newton, il quale, scomponendo la luce in sette colori fondamentali, determina la relazione tra il colore e i fenomeni
fisici e ottici: il colore è la somma delle componenti individuate. Alla fine del Settecento la teoria di Newton è messa in discussione dagli studi sul colore di Goethe: “l’uomo vede la realtà attraverso i suoi soli occhi”; la luce e i colori sono tali nel momento in cui sono percepiti dall’occhio dell’osservatore. La teoria di Goethe si basa sul fatto che i colori, essendo più scuri della luce, non possono essere contenuti in essa. La luce è condizione necessaria per vedere i colori. L’occhio aggiunge altri colori a quelli che provengono dall’esterno: colori fisiologici, ausiliari, integrativi per correggere percezioni troppo intense e integrare sensazioni incomplete.(18) L’Ottocento è caratterizzato dallo sviluppo della scienza e della tecnologia con l’introduzione di nuovi materiali: la ghisa, il ferro, l’acciaio e il vetro dominano il paesaggio architettonico. Quando Joseph Paxton, costruttore di serre, realizza il Palazzo di Cristallo per l’Esposizione Universale di Londra del 1851, non inventa una tecnica, ma un nuovo modo di progettare e di realizzare strutture. La novità consiste nell’utilizzo di elementi prefabbricati che, una volta prodotti in serie, sono portati e montati sul cantiere. Sul piano estetico, elimina la contrapposizione interno - esterno, in un gioco continuo in cui è evidente la
prevalenza dei vuoti (dati dalle vetrate) sui pieni e la luminosità rimane costante nel passaggio dal dentro al fuori. Ed è subito polemica tra strutturalisti e decorativisti: le nuove tecnologie costruttive danno spazio alla sola funzionalità. I colori sono assenti e la dinamicità rispecchia la sensibilità della società moderna. La torre Eiffel, in occasione dell’Esposizione di Parigi del 1889, proclama la vittoria della tecnica ingegneristica che si specializza nella realizzazione di numerosi ponti in acciaio. La torre parigina costituisce un enorme arredo urbano che sovrasta la capitale e ne diviene il simbolo del progresso. Eiffel non parte da un’idea di spazio ma lo spazio viene creato dai pochi elementi ripetuti che si riducono in segni: un corpo fatto di sole ossa, ormai senza la carne. Per la prima volta in architettura non si parla più di forme ma di segni.(19) La città ottocentesca utilizza come colore fondamentale il bianco, con il tentativo di ricollegarsi alla tradizione della Grecia classica: il bianco è rappresentazione dei principi di libertà e uguaglianza, consacrati dalle rivoluzioni del tempo. Insieme al bianco, che caratterizza gli interni e gli esterni degli spazi abitativi, assumono una loro identità il nero e,
in particolare, il rosso, simbolo attuale dell’ideologia rivoluzionaria popolare. Per gli ottocenteschi il bianco e il nero sono l’assenza del colore.(20) Nell’Ottocento eclettico si perde il desiderio di fusione tra le tinte e i volumi per mettere in risalto le delimitazioni con contorni netti. Questo stile, che rende indipendenti le parti dell’edificio, riflette la tendenza individualista dell’epoca dove il singolo (la nuova figura dell’imprenditore) si eleva sulla massa. La ricerca del colore stabile e a poco prezzo, iniziata nel secolo precedente, porta all’evoluzione dell’industria dei coloranti e ad una trasformazione cromatica che condiziona l’immagine della città fino ai giorni nostri. Si scoprono nuove tinte artificiali, alcune molto brillanti, alcune prendono nome dai luoghi d’importanti battaglie, come Magenta o Solferino: le materie prime adoperate per questi coloranti sono, infatti, le stesse impiegate per la fabbricazione degli esplosivi. La ricerca di nuove tinte vivaci e brillanti si contrappone allo stile vittoriano, austero, in cui predominano i marroni e i beige, simboli di una società conformista che osserva, almeno all’apparenza, rigide regole morali.(21) L’Art Nouveau colora l’architettura con
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forme sinuose ed eleganti, gli interni, come gli esterni, riprendono vita ed ogni elemento della fabbrica viene progettato nei minimi particolari. Il Modern Style inglese e francese propongono opere in forme stilizzate e contenuti simbolici, con soluzioni dinamiche e decorazioni che prediligono l’utilizzo di fiori e insetti. L’Ottocento si chiude con gli studi, gli esperimenti e le ricerche scientifiche sul colore. Maxwell introduce la colorimetria, nuova scienza che divide i colori in sistemi semplici; Philipp Otto Runge costruisce una sfera cromatica a partire dai tre colori primari (rosso, giallo e blu) per ottenere una vasta gamma di sfumature. Goethe scrive la “Teoria dei Colori” dove affronta la psicologia dei colori e li divide in freddi e caldi. Infine, Michel Eugène Chevreul, chimico e direttore delle tinture in una manifattura di tessuti e arazzi, intuisce che la brillantezza dei colori non dipende solo dalla qualità e quantità della tinta impiegata, ma anche dal modo in cui i filati di colori diversi sono accostati: introduce così la legge del contrasto simultaneo, che appare particolarmente accentuato dall’effetto visivo creato da coppie di colori complementari.
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All’inizio del XX secolo il colore investe tutte le arti figurative e diviene elemento di progettazione che caratterizza forma e
identità delle opere. Grazie alla pittura di Henri Matisse, Paul Klee, all’architettura colorata di Theo van Doesburg e Gerrit Rietveld, il colore esercita la funzione essenziale di definizione degli stili comunicativi, di orientamento spaziale, di espressione percettiva. In particolare nell’architettura il colore definisce un linguaggio nuovo e autonomo: è segno, simbolo ed elemento di orientamento nelle città. Il Bauhaus nasce con l’intento di superare la distinzione tra arte, artigianato e produzione industriale: la scuola accoglie personalità fondamentali per il decorso delle teorie sulla progettazione e sul colore. Vasilij Kandinskij, con la sua sinestesia, afferma l’influenza del colore sugli altri sensi: il colore ha un odore, un sapore, un suono, un movimento; i colori connessi alla forma creano movimenti orizzontali, centrifughi e centripeti. Johannes Itten costruisce la ruota dei colori e studia rapporti e armonie derivanti dalla loro combinazione. Mies van der Rohe imprime alla scuola un carattere disciplinare incentrato sull’architettura: il suo padiglione è manifesto del nuovo modo di concepire gli spazi sfruttando le innovazioni tecnologiche dei materiali. Risulta evidente che, come dimostrato dalla scuola di
Weimar, la progettazione è unica, non esistono dunque campi di progettazione differenziati: un’opera pittorica, un manufatto architettonico, un oggetto d’arredo, una scultura prevedono le medesime fasi di ricerca, ideazione e sviluppo, dunque le stesse conoscenze sui giusti rapporti tra vuoti e pieni e sull’uso scientifico del colore. Bruno Taut, negli anni venti, diviene sostenitore dell’architettura cromatica. Secondo l’architetto tedesco è necessario un intervento di colore laddove l’architettura è inserita in un contesto naturale per poter materializzare e definire contemporaneamente i volumi architettonici: per Taut il colore è mezzo educativo e culturale. “Con il colore, allorché viene messo in rapporto pieno, diretto e senza nessun tipo di artificio con la luce, una struttura può essere riempita di vita reale. Il colore diviene quindi una componente della luce medesima, in quanto il colore è luce” (Bruno Taut, 1919) Il Razionalismo è conseguenza fisiologica della distruzione fisica e morale delle città a seguito del primo conflitto mondiale. La progettazione funzionale ricostruisce l’ordine, l’uso del colore conforta gli animi. Secondo Le Corbusier il colore agisce in maniera
diretta ed efficace sulla volumetria degli edifici e deve costituire l’elemento di connessione armonica con l’ambiente circostante. L’architetto francese è convinto che la gestione dei colori, degli spazi e delle superfici influenzino la psicologia e l’emotività del fruitore. Il colore in architettura non è più elemento estetico distintivo, ma oggetto stesso di progettazione. Il colore, dunque, continua a influire sulla plasticità delle forme ma assume un valore umano, psicologico e sociale. L’architettura organica contrappone alle geometrie severe del Razionalismo, forme morbide e articolate capaci di armonizzarsi con l’ambiente circostante. I materiali e la composizione delle forme s’integrano con la natura, anzi sembrano parte di essa. La tecnologia dei materiali alimenta la differenziazione e permette la realizzazione di strutture fino ad allora impensabili. Oscar Niemeyer, discepolo di Le Corbusier, porta all’estremo le potenzialità del cemento armato e propone forme fortemente dinamiche tali da poter essere definite delle vere e proprie sculture. Il minimalismo e l’utilizzo di forme pure e semplici ci vengono proposti dagli architetti giapponesi: un commento a parte merita il Daylight Museum di Tadao Ando.
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L’architetto utilizza il cemento armato come se fosse un materiale naturale, per tale motivo lo lascia a vista sia all’interno che all’esterno. Non c’è colore, o meglio ci sono tutti. Tadao Ando è l’architetto della luce: progetta servendosi della sola fonte luminosa naturale. L’organismo vive e si modifica continuamente così la percezione dei suoi spazi con il passare delle ore, dei giorni e delle stagioni. “La luce è l’origine di tutto… è vago movimento, ininterrotto divenire che continuamente reinventa il mondo” (Tadao Ando, 1989)
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Renzo Piano esordisce insieme a Richard Rogers con il Centre Georges Pompidou, che, non solo presenta un’estetica high-tech del tutto innovativa, ma dimostra come acciaio, impianti a vista e colori convivano in maniera pacifica e significativa. Il XXI secolo ha visto l’affermarsi di numerose personalità: Steven Holl, Jean Nouvell, Frank Gehry, con le sue sculture spaziali, e numerosi altri architetti che hanno reinventato la storia dell’architettura e cercato di soddisfare i nuovi bisogni anche in funzione delle necessità attuali nonché delle scoperte nel campo della sostenibilità e della bioarchitettura. È fondamentale citare, per l’uso del colore come strumento di progettazione, la
coppia tedesca Sauerbruch-Hutton: le loro opere nascono dalla combinazione di forme e colori, architetture che sono un vero e proprio progetto grafico in tre dimensioni. L’effetto finale del colore diviene, in epoca contemporanea, somma di diversi fattori: i materiali che costituiscono il manufatto, le condizioni d’illuminazione in funzione dell’orientamento, rapporto tra vuoti e pieni, il contesto insediativo e infine l’osservatore, il fruitore, con la sua fisiologia, psicologia e cultura. Il colore, come l’architettura nasce come segno di appartenenza, come bisogno di rappresentazione e d’individuazione di un luogo che diventa proprio, personale ed identificativo da chi lo vive. Ognuno di noi ha una percezione diversa del colore, così come la si ha del suono e della realtà in generale. Studi scientifici dimostrano gli effetti sulla psiche umana di ogni singolo colore; risulta necessario, ai fini di una progettazione architettonica seria e mirata, attenersi ai risultati di queste ricerche, al modo di percepire e alla cultura dei futuri fruitori.
COSE E CASE Caterina Vasso arredo umano THINGS & HOUSES The colour in the history of architecture human furnishings
And light was. Here is the colour. There is no colour without a bright source, there is no space without light. Where light there is, there is the negation of the same one the dark. Light and dark are contrasted in an extreme game of the parts. The void and the full one, the to be us and the not to be us. The all and the nothing. The quality of the light determines the nature and the quantity of the architectural space. To recompose the to evolve some in operation architecture of the colour is a difficult operation to end; in the greatest part of the cases it exhausts in the transposition of the spatial relationships that they have countersigned the transformation of the housing spaces and the other realities as the places of cult and common life. The natural environment has been, in the time and in the space, modeled and structured according to own demands of protection and aggregation. The various components are organized in operation of the relationship among inside and outside in relationship to the destination of use of the architectural space. Techniques and technologies of the different civilizations determine the choice of the products to use. In more distant epochs in the time, the materials were retrieved on the spot
in operation of their mechanical and formal characteristics. The industrial revolution and the searches in the sector have widened the limits of the field of technological activity, thin to reach our days, where the architectural planning is completely conditioned from the principles dictated by the echosustainability and by the bioclimatic. “To build is by itself a sacred action, it is an action that turns a condition of nature into a condition of culture; the history of the architecture is the history of these transformations“(1) If the writing in Mesopotamy, 3000 years before Christ, it has begun the history, the colour in well more distant epochs, it has furnished the testimonies of a civilization. In fact the first finds on the use of the colour go up again to the rocky paintings of prehistoric epoch. The discovered possession the caverns of Lascaux in France and Altamira in Spain, have given the possibility to come to knowledge of the pigments used in that epoch: red ochre, yellow ochre, manganese, coal and hematite.(2)Colours mainly derive from the earths and from the present materials in the place. The rocky paintings are visual signs that imitate, with extraordinary ability, the man’s referente to the time: bears,
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mammoth, bulls, animals to generally be chased; finality obviously is not communicativeness. Probably the primitive man is convinced to acquire power on the animal when it graphically represents it. Sometimes the rocky sketch becomes a ritual action to get further malefic spirits and demons: to represent the man hurt by the animal drift from an event already happened in the reality; it has the function to estrange the danger from he who has performed the sketch. Skipping the meaning of these testimonies, the primitive man takes possession of the place through the intervention of signs and figures on the walls; it purchases safety and the sight of what has elaborated it makes it feel protected.(3) The first architectural constructions going up again to 50004000 B.C. they are called structures dolmen. The dolmen is a macaw, surrounded by a ground fenced considered sacred. The more example eclatantes it is found to Stonehenge in England. Probably in proximity of this macaw the corpses were buried. The light defines the forms; the disposition of the stones is not casual but it follows the natural trajectory of the sun.
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To the people of ancient Egypt it is
to attribute the symbolic component of the colors and their sacred and religious meaning. The civil architecture proposes houses in raw bricks, wood and decorated reeds with coloured bands. The united temples to the pyramids represent places of cult: they are reached through an avenue flanked by sphinxes. The archaeological site of Abu Simbel teaches us as the Egyptians they modeled the in operation space of the symbolic and perceptive message. The temple is drawn by the rock as if the nature had produced him: the light and the shade communicate with a language of ultramundane extraction. The Egyptian palette uses, six tonalities, mainly, included white and black; it proposes for the first time the blue one, drawn by the waterglass of kick and copper, quickly propagated him drawn by the waterglass of kick and copper, quickly propagated him near the Clay civilizations and of ancient Greece.(4) In ancient Egypt the color is integral part of every aspect of the daily life; the color exalts the essence of the things. In the art the chromaticism is usually symbolic. Amonè withdrawn with the blue skin for his cosmic appearance;
the green skin of Osiride is expression of the power on the vegetation and of the resurrezione. Finally the colour of the skin is identificative of the sexuality: more dark colour (red) for the men, clearer (often yellow) for the women. The Egyptians use in dominant way the blue colour, they have a preference for it because, as already said, they consider it the ultramundane color, divine; they artificially draw it mixing sand, copper and carbonate of firm crystallized that it gives origin to the famous “blue Egyptian” that it confers to the paintings a splendid enameled aspect.(5) In Mesopotamy they are present the first cities built by the man: the abundance of water has favored the development of these great civilizations. The citadel, political and religious heart entertains the royal building, the residences, the temple and the ziggurat: this last of certain the characteristic manufactured article of the civilization of Mesopotamy. All the constructions mesopotamiches are primarily in dried bricks to the sun, united with the bitumen; the territory, deprived of reliefs, it doesn’t offer availability of construction stone; the clay is retrieved in proximity of the rivers. The ziggurat is a pyramid that ideally connects, in the logic of a staircase, the terrestrial world to the
celestial divinities. The religious and economic center of the city, the ziggurat of Ur is constituted from three terraces to terraces, in progression in progression narrower, as soon as he proceeds upward, connected between them from ramps of staircases of remarkable dimensions. In Mesopotamy the colour of the architecture has a decorative, symbolic and magic function: every plain of the ziggurat has a different color and devoted to a different planet. The four angles of the building are directed toward the cardinal points. Also for the people of the Mesopotamy, as for the Egyptians, the blue color is the color of the divinity: the door of Ishtar is completely dressed again of ceramics tiles enameled of blu. The Mayas are usual to characterize the buildings through the colour: smooth walls and embossed walls are completed therefore with the use of the painting. Decorations policrome inside graves, temples, and buildings is realized through the use of the red pure Indian, of the indigo and of the blue for the background. with The blue one is for the Mayas the colour of the sacrifices: with this pigment the human victims paint deposed on the altar
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before tearing them the heart. A bright color, the water’s color, of the god of the rain Chac; the water for the Mayas represents the productivity, the salvation and therefore the life. The ingredients for the realization of this color are the indigo extracted by a plant very diffused indigofera in the territory maya.(6) The cretan civilization is the first ancient culture type completely European. The open and defenseless character of the minoanbuildings and the centers underlines the pacific aspect of this civilization and its love for the nature, the parties and the colour. The buildings, the houses and the ladylike villas are decorated with paintings of which don’t stay unfortunately that scarce fragments. The Minoicis have a preference for the naturalistic taste and the tendency to dip the human figure in the environment in a light and free atmosphere from every turmoil.(7)
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The minoics constructions often have roofs with flat tiles, plaster, wood and floors with plates of stone and they are composed of two or three floors. The building of Cnosso introduces characteristics columns in wood, often colored of red: true trunks of tree turned
upside-down aloft with the widest part to sustain the capital. The particularity of the environments resides in the mural paintings that they decorate every room: it deals with frescos still realized on fresh wall of plaster, technique used by the etruschis and, thousand of years later, from artists as Giotto, Raffaello and Michelangelo. The paintings film religious scenes, moments of the life of court, but also sea landscapes, flowers and animals. The colors more used are the red and the blue, this last considered of good auspice. As in the Egyptian art the bodies of the men are painted of red; that of the women of white and all the figures are represented in profile. The historiography has individualized in the XI sec B.C., epoch in which start to rise the polees and the first territorial divisions the date of beginning of the Greek history. The city is physically distinguished in tall (acropolis, where the religious ceremonies of great interest are developed) and low (asty or astu, where the commerces and the civil relationships develop him): the two zones are parts of an only organism, a microcosm constituted by some thousand of inhabitants that for the
Greek it represents the world, the nation, the historical memory that the tradition submits to the meaning of country (city and country have an only meaning polis). The temple, constant presence both in the city and in the extraurban territory, rises isolated and inserted in a sacred enclosure; the temple constitutes the house of the god, of which the image preserves him inside the cell.(8) The Greek cell, dark and limitedly great, it is not proper to welcome the believers: for this motive the altar is realized to the outside. Not by chance obscurity is the predominant element of the Greek insides: the light is in partnership to the values of the good and the knowledge that must be conquered and lived through the games of shade gotten with the system of columns that the temple surrounds. For the colours in the Greek pictorial decorations, few are the finds which to make reference; the greatest part of the information to us notes are been assumed by recent chemical analyses of the only sculptural works. The historians owe, in fact, to follow to the written testimonies: Teofrasto,
quotes in his writings, some coloring subjects; particularly the colours more used in Greek epoch are mineral pigments, vegetables and animals of red color, yellow, blue, white. The tonalities of the red derive from the cinnabar and from the ematite and they are employed for decorating the hair and the skin of the statues; the yellow originates from the ochre and from the limonite and serves for decorating the suits and the weapons of the sculptures; instead the blue one derives from the combination of dust of lapis lazzuli, blue Egyptian and azzurrite, it is mainly employed for the funeral representations; the white is finally gotten by the mortar.(9) To confirmation of this thesis, in his “Historia Naturalis”, Plinio faces the theme of the use of the colours in the classical epoch sustaining that the Greek painters were tetracromi (red, yellow, blue and white).(10) The Greek attribute purple to the color a social function: it is symbol of fame, wealth and decorum. The whole Mediterranean is conquered by the redpurple of the Phoenician ones, which the greatest producers and exporters of this pigment represent.(11) The demonstrations of colour are not
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circumscribed to the only sculpture, but they also concern temples and sacred buildings, as in the case of the pediment of the temple of Athena Nike and the Partenone. In fact, many recent studies, through the use combined of light ultraviolet photo and to hedgetop light, they have confirmed the polychrome of the sculptural decorations of the pediment and the frieze of the Partenone work of the sculptor Phidias. The actual knowledges on the etruscan civilization is rather limited and irregular the difference of the installations etruschi from the others italic consists in a rational planning of the structures; the manufactured articles are not prepared at random but according to a logic of orthogonal. The etruscan cities, beyond those Greek frets and even before the Romans, are the first example in Europe of coherent urban plant. The necropolises, the “city of the corpses” you build on the model of the “city of the alive ones”, they constitute the greatest source of archaeological finds for the knowledge of this civilization. The etruscan unlike the Greek, that paint the buildings religious and civil statements to the degrade some time, they assemble him on the decoration of the walls of the graves.
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The Etruscan are convinced of the survival after the death: the dead person needs therefore an eternal house, with its furnishings and how much necessary for the continuity of the terrestrial habits. The tomb painting is not commemorative or decorative: it has the tendency to recreate the real life in all of more cheerful and pleasant aspects. The contained information in the paintings and to the objects recovered in the graves have allowed us to get useful information on the etruscan civilization. The etruscan to the peer of the cretesis know the technique of the fresco; the used colors derive, as already in preceding epochs, from the employment of mineral and vegetable. On the dry plaster the colors are also used to temper: black from vegetable coal, red drawn by the iron oxide, blue of lapis lazzuli, vegetable green and red drawn by the iron oxide, blue of lapislazzulo, vegetable green and half tones. The most interesting aspect, from the artistic point of view - philosophical of the tomb paintings resides in the evolution of the concept of the death. The first paintings transmit the serenity and the acceptance of the death: the colours are vivacious, the white, the ochre, red and the blue one, diluted and vanished, they translate the certainty
of a continuity of the life; the egg, more times represented, it is the symbol of the life and the rebirth. In the slowwest paintings the themes are made more dramatic, there is a new relationship with the death: tormented scenes with demons and monsters with to withdraw some colours; death is not a passage anymore from a life to the other, but it is the end of the existence. A people, a civilization is not born from the anything: the history represents the evolution of the events, of the cultural influences, of the meetings among the populations. Roman civilization cannot be born therefore, as it wants the legend, from an episode, from an only man, but from the historical circumstances, cultural that are determined on the territory; just these unusual aspects have determined also probably its originality in the field of the architecture. For the Romans the architecture doesn’t characterize a place, but it closes a space. The system to arc and the turned one, allows the construction of great environments whose inside they are conformed in the logic of the practicality: the game of lights and
shades it doesn’t have anymore, as in the Greek culture, the ideological meaning of the knowledge, is structured in operation of the activities developed in the considered space. The used materials are numerous, and they are exploited in base to their mechanical abilities; they use thick quantities of calcareous stones; the marble is the material of excellence for a long time. The travertine, resistant and hard and of colour honey; it is used for thin structural and as covering in substitution of the marble. The tufo, soft and easily workable is used for the inside of the boundaries and the times to make full. The “pozzolana” or volcanic ash, confer to the mortar and the cement, particular resistance and hardness. The tile, raw or cooked it is present in the critical points of resistance, necessary to drive the pushes. Everything in the Roman world has a colour. The principal public monuments and the statues are policromi, colored marbles are used while those whites are used for a more complex game of colors in which sculptural elements and
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paintings intervene. To have an idea of the relationship inside space - colour of the Roman culture, is possible to make reference to the wall painting recovered in the archaeological sites in Pompeii and Ercolano. The Roman house unlike that Greek fret, are representative of the social position of the owners. The frescos denote the affiliation to a determined level inside the hierarchical order. The mural works are elaborate with different techniques: the painting to fresh, in which the colors, ground and diluted in water, they are spread out on the plaster of fresh mortar; the painting to temper, performed dissolving the sticky and sticky insolvent colors adding yolk of egg and wax; the painting to gotten encausto mixing the pigments with the wax that are fixed then to warm with the help of metallic objects. “In Pompei the small pictures have the fund of colored plaster to fresh in dark red, then painting to temper, and in last they only heated the painting.”(12)
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The pompei’s painting is usually divided in four styles. The first style is said “of the scale” (from the word crusta, that means “covering with plates of marble”) and it is characterized by the
workmanship of the wall with embossed plasters or with a covering of plates of marble. The elements that divide the wall are so stereotyped: a decorated superior band with frame in projecting plaster; a painted median band with the colours predominant red and black, but also violet, yellow-green, imitating the marble, the granite or the alabaster; usually the clog is of yellow colour. ln according to style is constituted by frames and friezes with vegetable shoots that unlike the precedent style, is not realized in plaster, but they is painted without abandoning the relationship of light and shades, that it before was guaranteed from the relief. The walls are painted as if they were of the theatrical sceneries and gives the feeling to want to widen the inside space. The trompe d’oeil guarantees behind the illusion of false colonnades and doors which open perspective views. The third style abandons the three-dimensional for flat structures with monochrome campiture, for the more ax, to the center of which are painted small panels of clear shades representing scenes of every kind. The rational aspect takes the upper hand, the monocrhrome disciplines the space, it makes more homogeneous, the dark
colour offers the more mysterious inside environment, more intimate and reserved. The last style is connected to the second but the themes they are different: the reality architecture becomes fantastic, imaginary, from the strong stage impact. This style contains elements of those precedents, in which however is not a growth of the quality but a simple enrichment of the pictorial contents. Romans inherit the chromatic culture from the Egyptians; thanks to the contained information in the writings of Plinio the Old one, is possible to go up again to the formation of the colours in Roman epoch: the blue is gotten, as always, from the lapis lazzuli, from the indigo, from the blue Egyptian and from the blu; the white is drawn by the white lead by the chalk and by the mortar; the red is drawn by the red earths, from the cinnabar, from the vegetable red and from the lead red; the green is gotten by the malachite by the green earth and by the vegetables; the yellow is finally gotten by mixtures of ochres; the black derived by the coal and by the iron oxides. The red cinnabar is the most expensive pigment of the epoch; it is an intense
color constituted by solfuro of mercury; it represents the colour of the luxury and the royalty. The red for the Romans is also the color of the divinity, while the blue-blue one is a little used because representative of the Barbaric people. The yellow-gold becomes in the imperial age the color of the exhibition of the power and the cult of the personality. The purple becomes the “color officialis”, imperial colour and prerogative of the Cesaris, for which the statuary one is purely realized using the porfido.(13) The medieval world changes in its architectural conformation and in its artistic demonstrations. The barbaric invasions have of certain influenced this change, but the Christian religion introduces a new relationship man-nature that will influence the way to live and to build. The first changes are verified with the adaptation of the Roman basilicas to Christian basilicas: adaptation foresees the reduction of the apses (two in the Roman basilicas) to an only and central space container the altar. The entry, sets on the greatest side from the Romans, is moved on that smaller giving the possibility to develop the space along a preferential (entry. central aisle. altar) axle. The believer has available
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the whole aisle to draw near to God: the light of the windows monofore and bifore, and of the openings in the apse, it illuminates the walk and the atmosphere it almost becomes unreal; along this run the human being is reported to the divine being. From public building turned to administrative reunions to building of cult. The Byzantine architecture runs over Ravenna, new capital of the empire and it contains in itself the history of the changes: Roman architecture, paleocristiana art, oriental taste; the new man-divine relationship is translated in the inside-external contrast of the architectural space. The outside is the body, only poor and simple because tied up wrap to the subject. The inside is the soul, spirit of the divine Nature, rich and full of colour; I break down it gold it alludes to an ultramundane space and the figures they are only icons of religiousness and aspiration toward the divine one. In the painting there is no volumetria, the space doesn’t exist.
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In epoch Romanesque monsters and sins are boxed in capitals and in the architectural elements: the architecture does him heavy, rich of ornamentations; the mass and the solidity determine a sense of shut space and centralized.
The blind arcades decrease the light in entrance. To the simple columns of the early christian churches the composite pillar is replaced for sustaining the arcades of the times, before to barrel and then to cruise. The windows are necessary loopholes to guarantee the stability of the walls: the light is not fuller but it is grooved in bundles that illuminate the sculptural details accenting the tragedy of it. In the ‘200, the light becomes tool of planning that characterizes the whole Gothic architecture, which assumes its more complete form in France instead. The new constructive techniques allow the elevation of the structures. The space is in ascent. The great building masses are turned into walls of light. The colour in the Gothic architecture is light that articulates the spaces and it replaces him with the painting and the continuous masonry. The technique of the glass door enacts the passage from the Romanesque one to the Gothic one, from the dark to the divine light. The glass door prolong him on the whole perimeter of the structure and particularly in the zone absidale, and, flooded by the light, they create to the inside unreal and attenuate chromatic effects in contrast with the faint light of the whole environment. The Gothic glass
door is “painting with her Gothic glass door is “painting with the light” and demonstration of the spiritual and divine power. The Christian religion inherits from the ancient cultures the symbolism of the colours and establishes, in the whole Middle Ages, the chromatic rules at the base of the contained communicative message in the symbol. The colours must have a brightness and such intensity to underline his own symbolic value. The white assumes the meaning of strength and purity; the red is the sin and the evil spell, but also the sacrifice and the suffering; the black is famine, dark, ignorance and death; the blue one is the colour of the sky and is associated therefore to the courtly feelings and the spirituality, it becomes the colour of the Virgo Maria. In the catacombs, first places of meeting of the Christians, are fixed the representative colors of the religious community that it abandons the red and the yellow of the pagan polytheistic culture to assume the celestial one, what representative colour of the promised kingdom, the green as symbol of the new life and the violet one, that he punishes the purple red and he imposes what colour of the repentance, of the
pardon and of the remission of the sins.(14) For the whole Middle Ages, the city opposes him to the country: the city is the place of the light and the colour through the use of marbles policromi, stones, bricks, mosaics and pigments, according to meanings and well precise hierarchies, not only in asked her but also in the insides and in the outside of the residences. In the ‘300 are introduced a new figure of the painter, that becomes an artist professional of the color and the aesthetics of the forms from simple performer, thanks above all to his innovations in chromatic field: it is assisted therefore to the definitive social passing by the artisan to the artist. They have a preference for saturated and clean colours with defined contours, abandoning so tones and halftones. The religious painting reigns sovereign and becomes wealthy of gold and precious stones. The blue one of the Madonna is drawn overseas by the azzurrite and by the, pigments of origin Egyptian but diffused in alone west in the XIV century. The vermilion red is used in numerous occasions, while the yellow is drawn by the giallorino mixed to other pigments derived by the lead oxides and pond. The yellow, in some cases,
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it replaces the gilded tonalities, but in the religious chromatic symbol it is synonymous negativity and amorality (yellow is, in fact, the color of the mantle of Giuda in the scene of the kiss of Giotto to Assisi). The green is drawn, in natural way, from the vegetables and from some flowers. The black and The black and the white are the colours that respectively personify the death and the life. The white gives the light, the black represents the obscurity and the inscrutability: of what is been afraid it is not known and it is impenetrable. The black is therefore the impossibility to live the space of the life.
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The Renaissance opens with the rediscovery of the ancient classical codes, that will bring to a total renovatio in the turn of few years. Among the so many novelties, an unpublished interpretation of the nature finally founded upon the scientific observation, directed that is by a method; an architecture submitted artificialis to the laws of the proportione and the perspective to make harmonious and statically resistant his innovative projects; a painting and a sculpture that assume from the humanism, from the new naturalism and from the regularity architectural new poetic and formal itineraries in the representation of his
own histories. With the teorize of the ideal city the concept of urbanism that is concretized with the rationalization of the spaces is born. The typical Renaissance lady like building is an unitary block realized in masonry, usually developed on three levels with openings that lean out on the road and on an inside courtyard. The insides have enriched from frescos, plasters, pictures and tapestries. The floors are mainly realized in marble or constituted by enameled tiles. The ceilings can be ceiling coffers in wood, paintings or carved. The Renaissance architects appropriate, therefore, of the constructive techniques and of the architectural typologies in the ancient Rome: columns, arcs and injured they are taken back in a rational and scientific language of it. The architectural orders reappear in the buildings and in the paintings bringing behind the whole equilibrium of the classical works. From the increasing passion for the sculpture and the ancient art, for the form as prominent value, the Renaissance cult springs for the white and therefore for the deprived marble of colour. The white becomes the color that defines the form and this last purifies the space that is amplified and dilated.(15)
The colour and the decorative wealth don’t allow a clear reading of the form, of the harmony and of the proportion among the parts. The golden section must be perceives, for a good enjoyment of the space. The monochrome reigns sovereign to the outside of the structures; the inside, becomes wealthy contrarily some colors of the frescos and the tapestries. In the painting new pigments are introduced as the cochineal and the yellow in Naples; the techniques are sharpened, mixing the colors with water or oil of walnut-tree or flax. The XVII century is expressed through the monumentality of the constructions. Architectural motives become wealthy in way exasperated of sculptural elements: friezes, frames, false windows contaminate the space. The ornament takes the upper hand on the structure, the environment it gets heavy and the decorative elements hinder the reading of the form. The flexuosity of the lines, the continuous passage among structural, plastic and pictorial elements, the luxury, is the constituent elements the Six hundred art commonly defined Baroque. The construction materials mainly used, are marbles policromi enriched
by gildings and scale in gold and bronze that characterize façades with curvilinear developments and frames that favor the convexity. Times and domes are disguised as sumptuous plasters that make smaller the environment, but they create a stage space from the strong visual impact. The Baroque taste is anticipated in Five hundred by the same Michelangelo, which tries numerous times to be detached from the Renaissance rationality to adopt a space more dynamics and more complex geometries. In the staircase of the Laurence Library, Michelangelo also abandons in measured way to a new sensibility through the different chromatic qualities of the material used lapideis: the steps are not static wedges for the connection among levels, but they seem a fluid, it washes that it flows and it involves the space. The contrasts of light and shades, that characterize the pictorial works of this period, seem to conceptually stretch to the architectures, above all to those of religious order. The colours are full, strong and violent, but also tenebrous and dark: the palette becomes wealthy of new colours and every artist it follows an own tide of
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the colour. Azzurrites, enamel overseas, indigo, lacquer redhead of cochineal, vermilion, miniates, yellow of lead and bright greens, never as before of Six hundred, the artist has available so many colours to paint. The brown one, directly drawn by the earths, it begins to assume one meaning of his for the realization of shades and darker tones.(16)
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The Rococo one enriches the insides with adorned of plasters, inlays, maioliche and mirrors, but also of a big number of you furnish, tapestries and porcelains from the complex and articulated forms. The mirrors have the assignment to extend the spaces to the endless one, with the impossibility of a stability, of a spatial certainty. The insides are not places anymore to live, but to admire: the spaces are delimited by walls worked to party where you motivate floral they create a picturesque atmosphere, the all equipped by a strong chromatic brightness in opposition to the shade manneristic.(17) Ora, colours are made vivacious and clear, at times watery and tender, clear tonalities purely have a female taste: pink auroral, green delicate, blue vanished in grey pearly. The difference among Baroque and Rococo it is in the light: both the tides extend to the exaggeration of the decorative damage
of the cleaning of the forms, but the eighteenth-century tide becomes animated of a positive spirit, and it opens the doors to the entry of the light. The Neoclassicism as direct reaction to the Baroque-rococo parenthesis imposes him: the straight line returns to be the sign identificativo of the planning, symptom of the dominion of the reason on the feeling. The composition of the structure becomes combination of classical elements, the architectural outside coherently corresponds with the inside and their relationship it results clear and defined; the volumes build in cleaned way the architectural manufactured article. The stone and the marbles repurchase the slim and peaceful cromies of the Renaissance and it refuse the color in has her some buildings. There are numerous supporters of the acromion, first among all Quatremères de Quincy, that defines the colour a tool to deceive the eye of the observer. If the Rococo one has strongly expressed a female architecture, the neoclassicism is typically a masculine style: the results are icy at times, abstract, too much perfectionist and idealists. The simplicity in the forms and the scientist in the contents: the Seven hundred one sees
the editing of the first encyclopedia to work of Diderot and Alambert, but also great progress in the field of the chemistry above all relatively to the new chromatic theories. New coloured pigments are introduced: the blue one of Prussia, zinc’s white, the yellow of chrome, the blue one of cobalt, the green emerald and the blue ceruleo. But the more remarkable scientific contribution is that offered by Isaac Newton, which, decomposing the light in seven fundamental colors, it determines the relationship between the colour and the physical and optic phenomen he color is the sum of the individualized components. At the end of the Seven hundred one the theory of Newton has put in discussion from the studies on the color of Goethe: “the man sees the reality through his solos eyes”; the light and colours are such in the moment in which they are perceived by the eye of the observer. The theory of Goethe founds him on the fact that the colours, being more dark color than the light, you cannot be contained it. The light is necessary condition to see the colours. The eye adds others you to those that originate from the outside: physiological colors, auxiliary, integrative to correct too much intense perceptions and to integrate incomplete feelings.(18)
The eight hundred is characterized by the development of the science and the technology with the introduction of new materials: the cast iron, the iron, the steel and the glass dominate the architectural landscape. When Joseph Paxton, builder of greenhouses, realizes the Building of Crystal for the 1851 London Universal exposure,doesn’t invent a technique but a new way to plan and to realize structures. The novelty consists in the use of elements prefabricated that, once produced in series, they are brought and climbed on on the yard. On the planaesthetical, it eliminates the opposition inside - external, in a continuous game in which the prevalence of the voids (given by the glass door) is evident on the full ones and the brightness he is out constant in the passage from the in to out. And it immediately is polemic between structuralists and decoratives: the new technologies constructive damage space to the only functionality. The colours are absent and dynamism mirrors the sensibility of the modern society. The Eiffel tower, on the occasion of the 1889 Paris exposure, proclamation the victory of the engineering technical that specializes him in the realization of numerous bridges in steel. The Parisian
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tower constitutes an enormous furnishes urban that overhangs the capital and it becomes the symbol of the progress of it. Eiffel doesn’t depart from an idea of space but the space is created by the few repeated elements that reduce him in signs: a body made of sun bones, by now without the meat. For the first time in architecture it doesn’t speak more than forms but of signs.(19) The nineteenth-century city uses as fundamental colour the white, with the attempt to connect him to the tradition of classical Greece: the white is representation of the principles of liberty and equality, consecrated by the revolutions of the time. Together with the white, that characterizes the insides and the outside of the housing spaces, they assume one identity of theirs the black and, particularly, the red, actual symbol of the popular revolutionary ideology. For the nineteenth-century ones the white and the black are the absence of the colour.(20)
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In the eight hundred eclectic the desire of fusion loses him between the shades and the volumes to put in prominence the delimitations with clean contours. This style, that the parts of the building make independent, reflects the tendency individualist of
the epoch where the single (the new figure of the entrepreneur) one raises him on the mass. The search of the stable colour and to little price, initiated in the preceding century, hands to the evolution of the industry of the dyes and to a chromatic transformation that conditions the image of the city up to our days. They discover new artificial shades, some very bright ones, some take name from the places of important battles as Magenta or Solferino: the first subjects used for these dyes are, in fact, the same employees for the manufacture of the explosives. The search of new vivacious and bright shades is contrasted to the Victorian style, austere, in which the brown ones and the beige predominate, symbols of a society conformist that observes, at least to the appearance, rigid moral rules.(21) The Art Nouveau the architecture with sinuous and elegant forms, the insides as the outside, they take back life and every element of the factory is planned in the least details. The Modern Style English and French propose works in stylized forms and contained symbolic, with dynamic solutions and decorations that have a preference for the use of flowers and bugs. The eight hundred is closed with the studies, the experiments and the scientific searches on the colour.
Maxwell introduces the colorimetria new science that divides the colors in simple systems; Philipp Otto Runge builds a chromatic sphere beginning from the three primary (red, yellow and blue) colours to get a vast range of tones. Goethe writes his “Theory of Colours” where it faces the psychology of the colours and it divides them in colds and heats. Finally, Michel Eugène Chevreul, chemist and manager of the dyes in a manufacture of fabrics and tapestries, realize that the hulling of the colours doesn’t depend only on the quality and quantity of the employed shade, but also from the way according to which the yarns of different colors have approached: it introduces so the law of the simultaneous contrast, that appears particularly accented by the visual effect created by couples of complementary colours. At the beginning of the XX century the colour runs over all the figurative arts and becomes element of planning that characterizes form and identity of the works. Thanks to the painting of Henri Matisse, Paul Klee, to the coloured architecture of Theo van Doesburg and Gerrit Rietveld, the colour practices the essential function of definition of the communicative styles, of spatial orientation, of perceptive expression.
Particularly in the architecture the color defines a language new and autonomous: it is sign, symbol and element of orientation in the cities. The Bauhaus is born with the intent to overcome the distinction among art, craftsmanship and industrial production: the school welcomes fundamental personality for the elapsed of the theories on the planning and on the colour. Vasilij Kandinskij, with his synaestesia, he affirms the influence of the colour on the other senses: the colour has an odor, a taste, a sound, a movement; the connected colours to the form create horizontal, centrifugal and centripetal movements. Johannes Itten builds the wheel of the colours and studies relationships and consequential harmonies from their combination. Mies van der Rohe engraves to the school a disciplinary character incentrato on the architecture: its tent is apparent of the new way to conceive the spaces exploiting the technological innovations of the materials. It results evident that, as shown from the school of Weimar, the planning is unique, fields of planning don’t exist therefore differentiated: a pictorial work, an architectural manufactured article, an object furnish, a sculpture they foresee the same phases of search, ideation
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and development, therefore the same knowledges on the correct relationships between voids and heights and on the scientific use of the colour. Brown Taut, in the years winds, become supporting of the chromatic architecture. According to the German architect an intervention is necessary of color whereas the architecture in a natural context is inserted for being able to materialize and to contemporarily define the volumes architectural: for Taut the colour is half educational and cultural. “With the colour, when it is put in full relationship, direct and without any type of artifice with the light, a structure can be filled with real life. The colour becomes therefore a component of the same light, in how much the colour is light” (Bruno Taut 1919)
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The Rationalism is physiological consequence of the physical and moral destruction of the cities following the first world conflict. The functional planning reconstructs the order, the use of the colour comforts the minds. According to Her Corbusier the colour acts in direct and effective way on the volumetria of the buildings and must constitute the element of harmonic connection with the surrounding environment. The French architect is
convinced that the management of the colours, of the spaces and of the surfaces influence the psychology and the emotionalism of the user. The colour in architecture is not element anymore aesthetical badge but same object of planning. The colour, therefore, continuous to influence the plasticity of the forms but it assumes a human, psychological and social value. The organic architecture contrasts to the severe geometries of the Rationalism, soft and articulated forms able to harmonize him with the surrounding environment. The materials and the composition of the forms integrate him with the nature, rather they seem part of it. The technology of the materials feeds the differentiation and allows the realization of structures until then unthinkable. Oscar Niemeyer, disciple of Her Corbusier, brings the potentialities of the armed cement to the extreme and strongly proposes forms such dynamics to be able to be defined some real sculptures. The minimalism and the use of pure and simple forms are proposed us by the Japanese architects: a comment apart the Daylight Museum of Tadao Andò deserves. The architect uses the armed cement as if they were a natural
material, for such motive he leaves them to sight both to the inside that to the outside. There is no colour, or there are better everybody. Tadao Andò is the architect of the light: it plans using himself the only natural bright source. The organism lives and is continually modified so the perception of its spaces with to spend some times of the days and of the seasons. “The light is the origin of everything. it is vague movement, nonstop to become that continually reinventa the world” (Tadao Andò 1989) Renzo Piano begins together with Richard Rogers with the Centre Georges Pompidou, that, introduces entirely not only an aesthetics high-tech innovative, but it shows as I steel, fittings to sight and colours cohabit in pacific and meaningful way. The XXI century has seen the affirm him of numerous personalities: Steven Holl, Jean Nouvell, Frank Gehry, with his spatial sculptures, and numerous other architects that have reinventato the history of the architecture and tried to also satisfy the new in operation needs some actual necessities as well as of the discoveries in the field of the sustainability and the bioarchitecture. It is fundamental allude to, for the use of the colour as
tool of planning, the German couple Sauerbruch-Hutton: their works are born from the combination of forms and colours architectures that are a real graphic project in three dimensions. The final effect of the colour becomes, in contemporary epoch, sum of different factors: the materials that constitute the manufactured article, the conditions of in operation illumination of the orientation, relationship between voids and heights, the installed context and finally the observer, the user, with his physiology, psychology and culture. The colour, as the architecture is born as sign of affiliation as need of representation and individualization of a place that it becomes really, personnel and identificated from who the alive ones. Each of us has a different perception of the colour. Each of us has a different perception of the colour, as it is had in general of the sound and of the reality. Scientific studies show the effects on the human psyche of every single colour; it results necessary, to the goals of a serious architectural planning and contemplated, to follow to the results of these searches, to the way to perceive and to the culture of the future users.
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COSE E CASE Franco Rotella arredo umano THINGS & HOUSES Il colore nell’ambiente domestico human furnishings
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Ogni forma è l’espressione di un concetto tridimensionale; le strutture primarie rappresentano il momento generatore nella rispettiva capacità di organizzazione spaziale: il quadrato propone un concetto statico; il triangolo un concetto statico-dinamico; il cerchio un concetto dinamico. Forme decorate hanno un maggiore peso visivo; nude un minore peso visivo; l’uso di colori caldi per un aumento percettivo delle dimensioni e del peso visivo; l’uso di colori freddi per una rispettiva diminuzione. Materiali naturali (legno, ferro forgiato, ottone, pietra, cotto, maiolica, lana, cotone ecc.) per un bisogno di ritrovare le proprie radici, il recupero di colori, odori, sapori, sensazioni tattili che appartengono a un passato dimenticato; artificiali (legno laccato, plastica, leghe, fibre sintetiche ecc.) per sensazioni innaturali. I metodi di lavorazione a mano (tappeti tessuti a mano, ferro forgiato, elementi di arredo di lavorazione artigianale ecc.) per una personalizzazione dello spazio; in serie (molteplicità di pezzi di elementi di arredo) per una massificazione che limita o annulla la propria individualità e matrice culturale. Un appartamento per uso domestico nella soluzione progettuale, dovrà essere pensato e organizzato nella suddivisione
degli spazi, nella individuazione dei percorsi, nella scelta dei materiali, nell’orchestrazione dei colori e delle tonalità, nella definizione dei punti luce e delle tipologie di fonti luminose, nel giusto posizionamento degli elementi di arredo, nella presenza di piante per interni e per esterni, nella selezione degli accessori, pensando ai futuri fruitori e ai rispettivi bisogni. L’illuminazione con lampade a incandescenza, luce calda, dominante di arancione, con tubi a scarica elettrica o illuminescenza, luce fredda, condizione spettrale, dominante azzurra; luce alogena, parziale alterazione dei valori tonali. Le piante naturali per un rapporto autentico con la natura, dinamizzano l’ambiente; artificiali esprimono una condizione di volgarità, sia per le forme artefatte che per i colori disarmonici; sanno di falso, disumanizzano l’ambiente.Il rapporto con le piante determina uno stato di benessere; esprimono, nella mutevolezza delle forme e dei colori, un concetto dinamico in continua evoluzione, producendo una condizione di compagnia e di appagamento, in modo particolare, durante il periodo della fioritura. Ci ricordano l’evolversi di ogni ciclo di vita e l’energia propria del concetto
di esistenza. Stabilire un incontro rituale, nello scorrere del tempo, con la natura vegetale, percepire la loro diversità materica, leggere le texture che le caratterizzano, conservare la sensazione materica delle superfici, catturare gli odori, percorrere gli andamenti nel loro svolgersi nello spazio, registrare le trasparenze nell’incontro mutevole con le fonti di luce, genera uno stato di armonia, presenza, condivisione, amore. Si è ipotizzato che le piante hanno una loro sensibilità che genera la sofferenza quando subiscono la violenza del mondo animale e umano. Comunque ci permettono di vivere, nella mutazione propria della natura e del rinnovarsi, nella propria capacità di comunicare, nella variabilità e caratterizzazione del passare delle stagioni. La scelta delle piante sarà mediata non solo dalle esigenze della specie nella necessità di fruizione della luce solare, ma dal posizionamento dovuto al movimento del vento; da non dimenticare una collocazione che sia lontana da impianti di riscaldamento dell’ambiente. La fruizione dello spazio viene vissuta in due modalità: una psicologica, una fisica.
La casa oggi ci viene proposta in soluzioni e tipologie diverse, legate al ceto sociale, alla propria disponibilità nell’investimento economico, ai livelli culturali. Ci sono modi disuguali di operare su di uno spazio abitativo: con un intervento radicale di ristrutturazione, con modifiche parziali sulle strutture murarie o con interventi sulle pitturazioni, rivestimenti e infissi. La logica speculativa e di mercato propone elaborazioni progettuali che vengono offerte su riviste più o meno specializzate, su richiesta degli interessati. Il prodotto modulato, nella migliore delle ipotesi, è il risultato di una soluzione massificata che propone ambienti che vivono di un proprio equilibrio compositivo ma che, il più delle volte, non risponde alla propria individualità. E’ come vivere in un grande albergo dove tutto risponde a una logica estetica e a una praticità comune, in cui avvertiamo che l’organizzazione degli spazi, delle forme, dei colori, non fanno parte di noi, del nostro essere dentro. Un numero dominante di arredatori e architetti non si sente, purtroppo, responsabile dell’eventuale disagio fisico e psicologico di quanti dovranno vivere
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spazi e arredi da loro strutturati; spesso si ritiene di proporre soluzioni che rispondano a logiche economiche e non a una corretta distribuzione dei percorsi, degli ambienti, dei punti luce, della natura dei materiali, del posizionamento dei radiatori, di un insieme che tenga conto della fisicità e della personalità dei futuri fruitori dell’abitazione. Il più delle volte la progettazione di una ristrutturazione diventa la coniugazione di logiche e selezioni che sono espressione di orchestrazioni e modulazioni finalizzate a un bisogno ingenuo e irresponsabile di conservare o enfatizzare l’identità del suo autore, dimenticando di interpretare la personalità e l’individualità di quanti dovranno fare propria la vivibilità dell’ambiente. E’stato più volte evidenziato che uno spazio elaborato per un nucleo familiare, se non è pensato e gestito in soluzioni pensate secondo scelte di valenza e diversità caratteriale, generano stati di disagio in evoluzione temporale; tali condizioni influiscono negativamente anche nella coabitazione producendo stati di irritabilità, prostrazione, insofferenza, che spesso caratterizzano quanti vivono uno spazio comune. In alcuni casi si è potuto notare,
secondo psicologi da me contattati, che le persone coinvolte in dette dinamiche, quando si assentano dall’abitazione in uso, hanno una mutazione positiva della propria condizione di inquietudine. Un valente arredatore, un intelligente architetto, dovrà tenere in giusto conto i concetti propri della percezione visiva e avere una capacità analitica di decodificazione della personalità di ogni componente dell’ambiente domestico da rivisitare. Facendo memoria storica, sono tante le testimonianze di persone che, ritornando in spazi rivisitati da manipolazioni sulle strutture e sui materiali, hanno manifestato difficoltà di adattamento. Lo spazio reinventato, pur avendo un’orchestrazione armonica, probabilmente, non riusciva a essere accettato perché mancava un’identificazione con la personalità del nucleo familiare. L’acutizzazione di tali reazioni è propria di quegli ambienti che non rispondono né a requisiti che appartengono alla componente psicologica dei fruitori, né a una intelligente interpretazione delle esigenze e della diversità propria del nucleo familiare. Uno spazio strutturato in soluzione abitativa deve tenere in giusto conto
i rapporti che lo definiscono: altezze, soluzioni formali, superfici, modulazione delle stesse, cubatura, materiali, colori, decorazioni, tutto in funzione di un comune equilibrio. Una condizione disarmonica nell’organizzazione degli spazi genera malessere anche da un punto di vista fisico in quanto gli spostamenti si esprimono in modo disarticolato e scoordinato con tempi dilatati. Una distribuzione degli ambienti, se casuale, può generare sensazione di caos e difficoltà di orientamento. Nella organizzazione degli spazi in logiche razionali e personalizzate si determina una condizione di armonia e equilibrio. Una soluzione degli ambienti su schema di linee parallele per una vivibilità statica, con un aumento dei tempi di spostamento e ritmi spesso alienanti. Una elaborazione su schema concentrico degli spazi, con una diminuzione dei tempi di spostamento, concetto dinamico del vivere. E’ patrimonio dello scibile comune del settore in discussione, almeno per gli informati, l’intimo rapporto tra colori, pareti, soffitto. Soffitti posizionati troppo vicini al fruitore, pareti che propongono colori che limitano lo spazio visivo, arredi composti da molti elementi in spazi
contenuti, generano uno stato di disagio. Teniamo in giusto conto che la percezione visiva ci permette, con le modalità vissute nella trattazione storico critica delle precedenti argomentazioni, di intervenire sullo spazio, di modularlo in relazione alle nostre esigenze, di reinventarlo, di gestirlo in modo mutevole e organico; le forme possono dilatarsi o diminuire la propria dimensione, cambiare la loro natura da statica in dinamica, perdere o acquisire peso visivo, mutare l’itinerario di un percorso permettendone una vivibilità individuale. Ma, per determinare una soluzione efficace, dobbiamo prendere atto anche della natura dei materiali e della loro capacità di comunicare la loro diversità espressiva: duro/morbido, aggressivo/ remissivo, trasparente/coprente, liscio/ ruvido, lucido/opaco, naturale/artificiale, riflessività/diffusione. Il colore contribuisce alla definizione delle scelte fisico/percettive dell’uso dei materiali; ricordiamo le interazioni armoniche tra colori adiacenti e la capacità dinamica dei colori complementari.[tav. 7/8] Johann Wolfgang von Goethe ha definito i parametri che individua nel giallo il primo colore della luce e nel blu la condizione di oscurità; il giallo è espressione di forza, azione,
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vicinanza; il blu è emanazione di debolezza, staticità, lontananza. Ricordiamo Johannes Itten che evidenzia come un quadrato bianco su fondo nero sembra più grande di un quadrato nero su fondo bianco; ci fa ancora notare come i colori verde e blu rallentano la circolazione, mentre il rosso e l’arancione la velocizzano. Si dovrebbe anche tenere presente che, per avere valori armonici di quantità, l’uso del giallo (+ luminoso del viola) dovrebbe essere utilizzato in dimensione tre volte più piccola del viola. Quindi l’uso del colore, essendo vissuto dal nostro cervello con conseguenze psico/fisiche, non può essere selezionato secondo individualità o estrosità dell’arredatore o architetto, ma utilizzato rispettando il carattere, la personalità, le problematiche psicofisiche del futuro fruitore degli spazi da rivisitare e, con una opportuna mediazione, in caso di presenza di più persone negli spazi abitativi. Gli ambienti vissuti in modo comune saranno la risultante di una giusta proporzione delle caratteristiche dominanti delle future presenze, mentre gli ambienti utilizzati in autonomia risponderanno alle singole esigenze caratteriali dei rispettivi fruitori. Vasilij Vasil’evič Kandinskij ci ricorda
che il rosso cinabro attrae e affascina, il giallo squillante inquieta, il blu e il verde determinano uno stato di riposo; non a caso il rosso caldo genera un effetto eccitante perché ricorda il concetto di “sangue”, producendo uno stato di turbamento. Il giallo avvicina, il blu allontana; il giallo eccita, il blu genera profondità. Qualsiasi colore su fondo bianco perde di aggressività. Proprio per la loro diversità fisica il rosso e il blu determinano una efficace modulazione armonica.[tav. 9/10] Decorazioni e elaborazioni non idonee alla personalità di chi utilizza lo spazio domestico generano stati di insofferenza. La scelta del colore è legata alla propria individualità, alla nostra matrice culturale; secondo Max Lusher, il giallo e il blu sono colori contrapposti legati al concetto di sole (giorno) e di oscurità (notte), di lavoro e di riposo. Ma, sempre ritornando alle origini dell’uomo il rosso (azione) è in antitesi con il verde (armonia), determinando il rapporto tra il sangue dell’animale ucciso e il verde della foresta protettiva. Da Heinrich Frieling si ha la conferma che i colori caldi (dominante di rosso) favoriscono l’attività, l’eccitazione, vicini a noi; i colori freddi (dominante di blu) reprimono e esprimono un concetto di vuoto, lontani da noi.[tav. 1/2]
Il bianco comunica un momento di vita (luce), percezione dilatata di una forma; il nero un presagio di morte (vuoto), percezione ridotta, depressione. Ancora dalla cromoterapia si definiscono i colori terapeutici come il giallo (liberatorio), il blu (stimolante), il verde (tranquillizzante), e non terapeutici, come il viola (soffocante), il rosa (fragile), il marrone (fermezza). Colori molto forti e tendenzialmente caldi, utilizzati in percentuali particolarmente elevate, provocano quindi eccitazione e nervosismo; l’uso eccessivo di colori freddi e materiali quali la plastica, l’acciaio, l’alluminio non verniciato, generano una condizione di depressione. Rudolf Arnheim ci ricorda che un colore caldo ci avvicina, un colore freddo ci allontana. Il giallo viene verso di noi ampliando lo spazio. Ricordiamo che il giallo di Van Gogh definisce una personalità certamente diversa dal rosso di Rouault. Un ambiente piccolo impone l’utilizzo di colori chiari (si percepisce più grande); un ambiente di grandi dimensioni preferisce colori scuri (si percepisce più piccolo). Uno spazio di base rettangolare, sulle pareti di dimensione maggiore, chiede colori scuri (si percepisce
una superfice inferiore), pareti di dimensione minore prevedono l’uso di colori chiari (percezione di una superficie superiore). Un soffitto di colore scuro è percettivamente più vicino a noi (contrazione della forma); un soffitto di colore chiaro è più lontano da noi (dilatazione). Come abbiamo già detto il cromatismo ha natura simbolica. Il colore blu che per gli Egizi veniva considerato ultraterreno, per i Maya, veniva utilizzato nei sacrifici; si evidenzia una chiara relazione con il cielo e con il mare, elementi dominanti del concetto di vita. Pareti con modanature avvicinano visivamente il soffitto. Pareti con disegni orizzontali limitano l’altezza della superficie; pareti con disegni verticali aumentano l’altezza della superficie.[tav. 11/12] Allo stesso modo, nell’abbigliamento, una persona con gambe di maggiore lunghezza utilizzerà calze con decorazioni orizzontali che limiteranno la percezione della dimensione; per aumentare percettivamente la misura, per gambe di limitata altezza, si provvederà con disegni in senso verticale. Un ambiente piccolo trattato con colori neutri, utilizzando pittura lavabile, smalto, parati, aumenta lo spazio visivo;
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un ambiente grande con superfici disegnate, limita percettivamente lo spazio. L’architettura del periodo greco ha conservato pareti dipinte con la presenza di soluzioni compositive e contenuti che generano un ampliamento dello spazio così come, ancora oggi, si usa proporre nelle soluzioni pittoriche di vedute prospettiche nel trompe l’oeil. A volte c’è un bisogno di aumentare lo spazio in modo illusorio, vivere in modo aperto, relazionare l’interno con l’esterno, inventarsi una vivibilità che permette all’uomo di fare parte di nuove logiche, diverse dinamiche; lo spazio domestico entra nella natura, lo coinvolge, lo condivide; un bisogno di ritorno alle origini. Non dimentichiamo che i parati implicano una mutevolezza nella percezione della superficie condizionata dalla presenza degli elementi grafici che generano variabilità propria dei segni, dei colori, dei contenuti decorativi. Il bisogno di profondità, decuplicato in modo illusorio, permette di vivere in logiche aperte, relazionando l’interno con l’esterno, costruito per un mondo dilatato in modalità artificiali. Uno spazio al servizio dell’uomo, quasi una interazione tra l’uomo e la natura,
con un bisogno di illusione e libertà. Se le pareti curve propongono un ambiente dinamico, pareti dritte generano un ambiente statico. Una parete con curva concava dilata lo spazio; una parete con curva convessa contrae percettivamente lo spazio. Quando lo spazio viene occupato da numerose presenze orizzontali, come nell’epoca romanica, l’insieme viene percepito in modo opprimente; quando l’ambiente è organizzato in dinamiche verticali, come nel periodo gotico, si determina una vivibilità aperta. I rapporti e la modulazione degli spazi sono scelte di notevole priorità perché possono generare difficoltà di appropriazione e di identificazione del proprio vivere quotidiano. Relativamente alle condizioni di igiene, la pittura a buccia d’arancia raccoglie polvere; la moquette è un probabile contenitore di insetti, provoca allergie. La presenza di tappeti genera un bisogno di pulizia frequente, con la necessità di lavaggio, da programmare settimanalmente; comunque si dovrà valutare la scelta dello stile e della presenza di soluzioni decorative che dovranno essere selezionate tenendo conto della natura caratterizzante degli ambienti. La controsoffittatura è idonea
per ambienti particolarmente alti, se disegnata o a rilievo; sarà trattata con colori neutri in spazi di altezza regolamentare; si esclude per ambienti bassi (senso di oppressione). Secondo quanto abbiamo appreso, il nero, nella sua capacità evocativa del concetto di morte, si contrappone al bianco nella sua caratterizzazione di una proposta di vita; la scelta di colori e tonalità sarà condizionata alle stesse logiche fisiche e percettive.[tav. 5/6] Visto che nel bianco si legge un concetto di purezza e di forza (luce), il rosso di peccato e maleficio (sangue), il nero di buio (notte) e vuoto (morte), il blu di spiritualità (cielo), la selezione dei colori implica una capacità selettiva colta che terrà presente della relazione tra la diversità degli spazi da ristrutturare e la personalità espressa dai futuri fruitori. Le pareti con colori caldi (dominante di rosso) si scelgono per quanti amano il sole, il fuoco, il caldo, l’estate, l’eccitazione; le pareti con colori freddi (dominante di blu) sono preferite da quanti amano l’acqua, l’inverno, il freddo, l’azione calmante. Pareti con disegni geometrici per quanti si identificano in una logica razionale; con disegni ornamentali per chi predilige la dimensione irrazionale. La presenza di disegni sulle pareti
è opportuna per chi ha necessità di uno spazio protetto; l’assenza di segni per uno spazio aperto (senso di libertà). [tav. 3/4] Il pavimento in marmo propone un ambiente aristocratico (logica del tempio), in legno per uno spazio caldo, accogliente, per vivere per terra; in cotto per quanti amano un ambiente naturale, il ritorno alle origini (la caverna); in maiolica per un ambiente esclusivo, elegante. Un pavimento senza disegni ospiterà tappeti o un arredo particolarmente ricco di elementi; con disegni si esclude la presenza di tappeti o, se necessario, tappeti a tinta unita, con la presenza di pochi elementi di arredo. Il battiscopa ha una valenza non solo funzionale ma può rappresentare un elemento di apertura o di chiusura tra la pavimentazione e le pareti sia nella dimensione, sia nella selezione del materiale, sia nel colore prescelto. Infissi in legno naturale propongono un ambiente caldo, accogliente; in legno laccato bianco, un ambiente neutro, distaccato; in legno nero, un ambiente aristocratico; in metallo, generano una sensazione di freddo (logica da ufficio in serie o da ospedale); a sagoma rettangolare generano una condizione statica, orizzontale; a sagoma tonda una condizione
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dinamica, verticale; infissi con vetro unico esprimono uno spazio aperto; con modanature, uno spazio chiuso (frantumazione dello spazio visivo) da utilizzare solo per grandi superfici. Cristalli di vetro trasparente per uno spazio aperto; in vetro fumè per uno spazio chiuso, freddo; in vetro fumè ambra per uno spazio caldo, soft. Le maniglie con soluzioni essenziali per persone pratiche e semplici; con modulazioni ornamentali per un pubblico raffinato e romantico. Porte in legno naturale per un ambiente protetto, per chi ama la campagna e l’intimità; in vetro per una dimensione aperta, condizione di estroversione; in legno laccato per esprimere raffinatezza. Ambienti senza porte per chi ama la totalità, per chi vive con gli altri e per gli altri; con porte per chi preferisce la privacy, difendere il proprio spazio, raccogliersi in se stesso. Un ambiente con materiali diversi genera uno stato confusionale; pochi materiali per l’espressione di una condizione armonica e uno stato di quiete. Uno spazio con la presenza di molti elementi di arredo genera una condizione di disagio, difficoltà di movimento, spazio soffocante; pochi elementi di arredo per uno spazio vivibile e una maggiore facilità
di spostamento e utilizzo. Una distribuzione equilibrata degli elementi di arredo esprimono un senso di armonia, il piacere di esserci; una distribuzione casuale determina una sensazione di caos, uno stato di irrequietezza, il bisogno di uscire.[tav. 13/14] Nel posizionamento dell’arredamento sulla pavimentazione ricordiamo che Arnheim definisce campo geometrico qualsiasi superficie dove andiamo a posizionare segni e forme, con modalità percettive che interagiscono secondo un sistema di forze di una struttura nascosta con una reazione sulla nostra attività percettiva. Un elemento di arredo, se posizionato al centro gode di una maggiore stabilità, se si propone nei quattro angoli della superficie interessata vive di uno stato di quiete; se, invece, si trova in una posizione intermedia, tra il centro e gli angoli, esprime una condizione di incertezza percettiva. Ovviamente i colori e le tonalità delle forme utilizzate interagiscono sul loro peso visivo; i colori caldi con maggiore presenza visiva, i colori freddi con aspetto minore. Un rosso bluastro avrà un superiore peso se il rosso è percentualmente dominante; minore peso se il blu risulta
protagonista. Anche la selezione dei materiali degli elementi di arredo concorrono alla determinazione del rispettivo peso percepito; la presenza di texture incrementa la percezione del rispettivo peso nel rapporto colore/ forma. La stessa logica che è stata utilizzata nel rapporto segno/parete sarà propria della distribuzione delle strutture d’arredo che dovranno essere selezionate e proposte in forme e composizioni che tengano conto delle dimensioni, dei percorsi, della natura delle pareti, della corrispondenza delle pavimentazioni, dei punti luce, del rapporto tra pieni e vuoti. Il design di una scala, ad esempio, non potrà essere avulso dal contesto abitativo; sarà pensato con modularità che non occupano lo spazio visivo con una coniugazione in soluzioni tecnico costruttive e scelte formali che permetteranno una visibilità e una vivibilità di natura ergonomica e di valenza estetica. La scelta dei materiali avrà una sua organicità con le logiche e le dinamiche proprie del progetto globale e dell’ambiente in cui è inserita la struttura interessata. Nella Biblioteca Laurenziana, come siamo a conoscenza, Michelangelo
riesce a generare una soluzione fluida nello scorrere dei gradini che è parte integrante nel coinvolgimento dello spazio. Un ambiente con forme chiuse è idoneo per grandi spazi; con forme aperte, per piccoli spazi (aumento dello spazio visivo); con forme in soluzioni geometriche, per una condizione statica e spazi di maggiore dimensione, con forme curve per soluzioni dinamiche e piccoli spazi. Per mutare la percezione di uno spazio può essere risolutivo l’utilizzo di specchi che permettono di proporre una soluzione illusoria; determinante è la scelta delle tonalità della superficie riflettente che dovrà considerare i percorsi, i punti luce e la presenza di elementi di arredo. Una logica simile sarà pensata per pareti in materiali trasparenti come il vetro e i materiali plastici che saranno posizionati con superficie a vivo per annullare la loro fisicità; la presenza di interventi grafici potrà moderare la percezione della profondità che sarà gestita con la presenza di una segnica che definisce logiche statico dinamiche nella diversità dell’uso dello spazio; la presenza del colore, come detto più volte, aumenterà la percezione del peso visivo anche in relazione alla presenza degli elementi di arredo presenti.
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Soluzioni di arredo in lacca per momenti raffinati, aristocratici; il legno naturale per chi ama rapportarsi con la natura, un ambiente caldo; in metallo per soluzioni fredde. Sono possibili mediazioni nella selezione e nell’articolazione dell’arredamento con una presenza combinata di materiali di diversa natura; ma sarà opportuno la ricerca di un momento armonico dell’insieme che terrà conto della diversità e della soggettiva capacità espressiva; identità espressa dalla natura della superficie nella sua capacità riflettente, dalla rugosità, dall’opacità e luminosità, dalla trasparenza, dalla presenza di texture caratterizzanti, nella esternazione emozionale di toni e colori. Per arredare un ambiente di efficace vivibilità è d’obbligo concertare una mediazione e una trasposizione delle necessità psicofisiche dei futuri fruitori dello spazio domestico e la natura fisico percettiva dei materiali e delle soluzioni costruttive che saranno pensate dall’architetto o dall’arredatore. Tende a pacchetto per una eleganza raffinata; lavorate a mano per un ambiente che recupera un passato romantico; con disegni per uno spazio chiuso; senza disegni per uno spazio aperto.
Tessuti coprenti aumentano il peso visivo, senso di oppressione. Un tendaggio parziale diminuisce percettivamente la fruizione di una parete; in soluzione totale aumenta la percezione della superficie e della profondità. Il tessuto sarà di natura materica per aumentare la sua presenza; con una superficie priva di ruvidezza per determinare un minore peso visivo. Il colore sarà mediato dalla dimensione della superficie da schermare, dal rapporto con il complesso degli elementi di arredo, dalla natura espressa dalla pavimentazione, dalla necessità di essere o essere meno protagonista. I lampadari saranno utilizzati per soffitti alti e per grandi ambienti; gli applique per piccoli spazi e soffitti bassi; le lampade a caduta saranno proposte in soluzioni compositive per ambienti di grandi dimensioni e con soffitti alti in modulazioni statico dinamiche. Applique con luce verso l’alto aumentano percettivamente l’altezza delle pareti; con luce diffusa diminuiscono sensibilmente l’altezza delle pareti. Lampade da terra da destinare a grandi ambienti; lampadari in cristallo per un ambiente aristocratico (luce calda); applique per un ambiente intimo
e riservato; lampadari in stile moderno per una eleganza borghese e distaccata. Le lampade da terra hanno un ruolo dominante nella loro individualità di raccordare spazi e unire presenze di arredo; tali condizioni sono determinate dalle logiche espresse dalla forma, dalla natura dei materiali che le compongono, dalla modulazione nello spazio, dalla dimensione, dalla capacità di assorbenza o riflettenza sui corpi presenti nell’ambiente, della sua condizione di essere o di non essere protagonista in relazione con le altre presenze d’arredo. La natura della luce irradiata è fondamentale per allontanare o accogliere percettivamente quanti vivranno lo spazio in analisi, per passare da una visione spettrale a una più umana. Pareti con molti quadri limitano la profondità, senso di chiusura e oppressione; con pochi quadri, parziale limitazione dello spazio visivo; con un solo quadro sulla parete, si genera una condizione prospettica e un aumento della profondità di campo. Quadri con tinte chiare esprimono senso di apertura, condizione liberatoria; quadri con tinte scure, senso di chiusura, oppressione; con colori caldi per persone estroverse; con colori freddi per persone introverse;
con composizioni geometriche per persone razionali, che prediligono certezze; con la rappresentazione di forme curve, per persone irrazionali, irrequiete, dinamiche. La presenza di sculture o strutture tridimensionali determina la necessità di posizionamento e di rapporto spaziale che andrà vissuto in relazione alle dimensioni dell’ambiente, dei punti luce, dalla necessità di fruizione degli spazi, dal rapporto con le altre presenze materiche; la collocazione deve permettere una leggibilità di natura spaziale. L’occhio dell’osservatore dovrà muoversi in una logica circolare e con una capacità di visione della sua totalità. Come nell’uso degli elementi di arredo è possibile coniugare presenze del passato con espressioni del contemporaneo, così è auspicabile accostare opere di attività artistica tridimensionale storica con ambienti di progettualità contemporanei. La sua presenza dovrà essere oculata e non eccessiva per non determinare un conseguente bisticcio di due momenti storici così diversi per identità e natura espressiva. Uno spazio domestico può essere vissuto e mutato con le più diverse variabili. Aperto, chiuso, in senso verticale, orizzontale, diagonale; si può manipolare
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per aumentare, diminuire, mediare, la propria vivibilità. Ma, come abbiamo detto, dovremo relazionarci con la natura dei materiali, opachi o trasparenti, con la superfice liscia o rugosa, con i colori e le tonalità, con la rispettiva capacità assorbente o riflettente. Tutto dovrà fare parte di un progetto globale; dalle dimensioni e modulazione delle pareti al posizionamento dei punti luce naturali o artificiali, dalla definizione dei percorsi alle logiche espresse dalle finestre e balconi, dai vuoti o pieni definiti dalla presenza di arredi, dall’andamento verticale o orizzontale dei tendaggi, dalla dimensione dei battiscopa per unirsi o dividersi con la pavimentazione, dalla scelta dei materiali e dei rispettivi colori e tonalità. Il marmo come superficie aristocratica riflettente, il legno nella sua naturalità, la ceramica come testimonianza di estrazione artigianale e caratterizzazione sofisticata di sicura presenza visiva. Sarà l’esperienza dell’architetto o arredatore a compensare e trovare il giusto peso visivo, la capacità espressiva, il bisogno di intimità o condivisione degli ambienti, lo stato di quiete o di momenti dinamici, l’armonia o discrasia degli insiemi,
l’unicità o la poliedricità della fruizione dei futuri spazi domestici. Da non dimenticare il ruolo prioritario dell’uso dei prodotti di estrazione artistica che dovranno rapportarsi con le presenze dell’ambiente, delle fonti luminose e delle dimensioni degli spazi e delle superfici. Come già detto, prioritaria sarà la scelta delle tecniche e dei contenuti delle opere che terranno conto della soggettività della personalità di quanti dovranno condividerli nel vivere quotidiano. La presenza di cornici può determinare una logica di apertura o di chiusura percettiva: dalla natura dei materiali, dal colore, dalla tonalità, dalla dimensione, dalla presenza di modulazione a intaglio, dallo stile; la stessa valutazione sarà utilizzata per supporti di appoggio per strutture o sculture tridimensionali. Anche il soggetto rappresentato, nella sua articolazione segno/forma/ colore/contenuto, determinerà una condizione fisica e espressiva che coinvolgerà emozionalmente i fruitori dell’ambiente interessato. Concludendo, uno spazio per uso abitativo dovrà esprimere, nella sua gestione e rispettiva appropriazione, un momento ghestaltico, un concetto di insieme, dove
tutti gli elementi concorrono alla definizione di una logica comune in una intelligente osmosi: spazio, superfici, altezze, profondità, vuoti, pieni, segni, colori. Queste logiche e rispettive metodiche permetteranno di essere protagonisti di una totalità che esprime sensazioni, emozioni, modalità, percorsi che avranno rapporti con il nostro essere dentro, con la nostra storia, con i bisogni fisici e psichici, con la disomogeneità di altri che dovranno condividerci, con la nostra natura atavica che vive l’ambiente domestico in modo protettivo. Quando uno spazio domestico sarà progettato in soggettive logiche estetiche, come ricordiamo di aver fatto notare, il più delle volte espressione del narcisismo e del protagonismo professionale degli arredatori e architetti, trascurando di rendere prioritaria la vivibilità del luogo, espressione della diversità caratteriale e psicologica dei futuri fruitori, si possono generare, come più volte evidenziato, stati di insofferenza, di nevrosi, di disagio fisico, di una non accettazione inconscia, di un bisogno di andare via per cercare altro.
Ma, purtroppo, il nostro è un mondo dove l’essere umano è un prodotto da gestire in funzione di un mercato che conosce unicamente logiche produttive e ha dimenticato la dimensione umana.
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COSE E CASE Franco Rotella arredo umano THINGS & HOUSES The colour in domestic environment human furnishings
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Every form is the expression of a three-dimensional concept; the primary structures represent the generating moment in the respective ability of spatial organization: the square proposes a static concept; the triangle a static-dynamic concept; the circle a dynamic concept. Decorated forms have a great visual weight; naked a smaller visual weight; the use of warm colours for a perceptive increase of the dimensions and the visual weight; the use of cold colours for a respective diminution. Natural materials (wood, forged iron, brass, stone, cooked, majolica, wool, cotton etc.) for a need to find again own roots, the recovery of colours, odors, tastes, tactile feelings that belong to a forgotten past; artificial (lacquered wood, plastics, leagues, synthetic fibers etc.) for unnatural feelings. The methods of hand workmanship (carpets plotted to hand, forged iron, elements of furniture etc of handicraft workmanship.) for a personalization of space; in series (multiplicity of pieces of elements of furniture) for a massification that limits or it annuls his own individuality and cultural matrix. An apartment for domestic use in the projectual solution, must be thinks and organized in the subdivision of the spaces, in the individualization of runs,
in the choice of the materials, in the orchestration of the colours and the tonalities, in the definition of the points light and of the typologies of bright sources, in the correct positioning of the elements of furniture, in the presence of plants for inside and for external, in the selection of the accessories, thinking about the future users and the respective ones. The illumination with incandescence lamps, warm light, dominant of orange, with pipes to electric discharge or illuminance, cold light, ghostly condition, dominant blue; halogen light, partial alteration of the tonal values. The natural plants for an authentic relationship with the nature, energize the environment; artificial they express a condition of vulgarity, both for the artificial forms and for the discordant colours; they know about forgery, they dehumanize the environment. The relationship with plants determines a state of comfort; they express, in the mutability of the forms and colours, a dynamic concept in continuous evolution, producing a condition of company and appeasement, in particular way, during the period of the flowering. They remember us the to evolve of every cycle of life and the energy proper of the concept of existence. To establish a ritual meeting, in to flow
some time, with the vegetable nature, to perceive their difference of material, to read the textures that characterize it, to preserve the feeling of material of the surfaces, to capture the odors, to cross the courses in theirs to unwind in the space, to record the transparencies in the mutable meeting with the sources of light, produces a state of harmony, presence, sharing, love. It is hypothesized that the plants have a sensibility of theirs that produces the suffering when they suffer the violence of the animal and human world. However they allow us to live, in the mutation proper of the nature and to occur again, in its own ability to communicate, in the variability and characterization of the to pass some seasons. The choice of the plants will be mediate not only from the demands of the kind in the necessity of fruition of the solar light, but from the due positioning to the movement of the wind; not to forget a position is distant from fittings of heating of the environment. The fruition of the space is lived in two formalities: a psychological, a physics. Today The house is proposed us in solutions and different typologies, tied up to the social class, to his own availability in the economic investment, to the cultural levels.
There are uneven ways to operate on a housing space: with a radical intervention of restructuring, with partial changes on the building structures or with interventions on the paintings, coverings and fixtures. The speculative logic and of market proposes projectual elaborations that is offered on more specialized magazines on application of the parties. The modulated product, in the best of the hypotheses, it is the result of a depersonalized solution that proposes environments that they live of a proper compositive equilibrium but that, it doesn’t for the most part answer to his own individuality. It is as to live in a great hotel where all responds to a logic aesthetics and to a common practicality, in which we warn that the organization of the spaces, of the forms, of the colours, they don’t belong to us, of our being inside. A dominant number of interior designers and architects doesn’t feel, unfortunately, responsible of the possible physical and psychological uneasiness of how much they must live spaces and furnitures from them structured; it often holds him to propose solutions that answer to economic logics and not to a correct distribution of the runs, of the environments, of the points light, of the nature of the materials,
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of the positioning of the radiators, of a whole that keeps in mind of the fisicità and the personality of the future fruitoris of the residence. For the most part the planning of a restructuring becomes the conjugation of logics and selections that are expression of orchestrations and modulations finalized to a naïve and irresponsible need to preserve or to emphasize the identity of its author, forgetting to interpret the personality and the individuality of how much they must do proper the leveable of the environment. It has been more times underlined that an elaborate space for a family nucleus, if it is not thought and managed in solutions thought according to select of value and difference caratteriales, produce states of uneasiness in temporal evolution; you haul conditions they also influence negatively in the cohabitation producing states of irritability, prostration, impatience, that you often characterize how much they live a common space. In some cases it is been able to notice, according to psychologists from me contacted, that the people involved in said dynamics, when consents him from the residence in use, they have a positive mutation of his own condition of restlessness. A capable interior designer, an intelligent
architect, must hold in correct account the concepts proper of the visual perception and to have an analytical ability of decoding of the personality of every component of the domestic environment to revisit. Making historical memory, they are so many the testimonies of people that, returning in spaces revisited by manipulations on the structures and on the materials, they have manifested difficulty of adaptation. The reinvented space, also having a harmonic orchestration, it didn’t probably succeed in being approved, because it missed an identification with the personality of the family nucleus. The intensification of such reactions is proper of that environments that don’t answer neither to requisite that belong to the psychological component of the fruitoris, neither to an intelligent interpretation of the demands and the difference proper of the family nucleus. A structured space in housing solution must hold in correct account the relationships that define it: heights, formal solutions, surfaces, modulation of the same, volume, material, colours, decorations, all in operation of a common equilibrium. A discordant condition in the organization of the spaces also produces discomfort from a physical point of view
in how much the moves are expressed in disjointed way and not orderly with dilated times. A distribution of the environments, if casual, it can produce feeling of chaos and difficulty of orientation. In the organization of the spaces in rational logics and you personalize it determines him a condition of harmony and equilibrium. A solution of the environments on scheme of parallel lines for a static vivibility, with an increase of the times of move and alienating rhythms often. An elaboration on concentric scheme of the spaces, with a diminution of the times of move, dynamic concept of the way of living. It is patrimony of the knowledge common of the sector in discussion, at least for the informed ones, the intimate relationship among colours, walls, ceiling. Ceilings positioned too much neighbors to the user, walls that propose colours that limit the visual space, composed furniture by many elements in contained spaces, they produce a state of uneasiness. We hold in correct account that the visual perception allows us, with the formalities lived in the treatment historian critical of the preceding reasonings, to intervene on the space,
to modulate in relationship to our demands, to reinvent, to manage in mutable and organic way; the forms can swell or to decrease own dimension, to change their statics nature in dynamics, to lose or to acquire visual weight to change the itinerary of a run allowing an individual vivibility of it. But, to determine an effective solution, must take also action some nature of the materials and their ability to communicate their expressive difference: hard / soft, aggressive / submissive, transparent / covering, smooth / rough, shiny / opaque, natural / artificial, reflexivity/ diffusion. The colour contributes to the definition of the choices physical / perceptive of the use of the materials; we remember the harmonic interactions between adjacent colours and the dynamic ability of the complementary colours.[tav 7/8] Johann Wolfgang von Goethe has defined the parameters that it individualizes in the yellow the first colour of the light and in the blue one the condition of obscurity; the yellow is expression of strength, action, proximity; the blue one is emanation of weakness, stillness, distance. We remember Johannes Itten that it underlines as a white square on black fund it seems greater than a black
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square on white fund; it still makes us notice as the colours green and blue they the circulation, while the red and the orange the speed. It should also keep in mind that, to have harmonic values of quantity, the use of the yellow (+ bright of the violet one) should be used in dimension three times smaller than the violet one. The use of the colour, lives then from our brain with consequences pshyco / physics, cannot be selected according to individuality or flightiness of the interior designer or architect, but used respecting the character, the personality, the psychophisical problematic of the future user of the spaces to be revisited and, with an opportune mediation, in case of presence more people in the housing spaces. The environments lived in common way will be the resultant one of a correct proportion of the dominant characteristics of the future presences, while the environments used in autonomy will respond to the to the single characterial demands of the respective users. Vasilij Vasil’evi Kandinskij remembers that the red cinnabar attracts and fascinates, the ringing yellow uneasy, the blue one and the green determine a state of rest; not by chance the warm red produces an exciting effect because he remembers the concept of “blood”,
producing a state of disturbance. The yellow approaches, the blue one gets further; the yellow excites, the blue one produces depth. Any colour on white fund loses aggressiveness. Just for their physical difference the red and the blue one determine an effectiveness harmonic modulation. Decorations and not fit elaborations to the personality of whom uses the domestic space they produce states of impatience. The choice of the colour is tied up to own individuality, to our cultural matrix; according to Max Lusher, the yellow and the blue one they are colours contrasted tied up to the concept of sun (day) and obscurity (night), of job and of rest. But, always returning to the origins of the man the red (action) is in antithesis with the green (harmony), determining the relationship between the blood of the killed animal and the green of the protective forest. From Heinrich Frieling it is had the confirmation that the warm (dominant of red) colours favor the activity, the excitement, near to us; the cold (dominant of blue) colours repress and they express a concept of void, distant from us.[tav 1/2] The white communicates a moment of life (light) perception dilated of
a form; the black a premonition of death (empty), reduced perception, depression. Still from the chrometherapy the therapeutic colours are defined as the yellow (full), the blue (stimulating) one, the green (reassuring), and not therapeutic, as the violet (suffocating) one, the pink (fragile) one, the brown (steadiness) one. Very strong colours and potentially warm, used in particularly elevated percentages, they provoke therefore excitement and nervousness; the excessive use of cold and material colors what the plastics, the steel, the aluminum not painted, produces a condition of depression. Rudolf Arnheim remembers us that a warm colour approaches us, a cold colour gets further us. The yellow comes to us expanding the space. We remember that the yellow of Van Gogh certainly defines a personality different from the red of Rouault. A small environment imposes the use of clear (it is perceived greater) colours; an environment of great dimensions prefers dark (it is perceived smaller) colours. A space of rectangular base, on the walls of great dimension, he asks dark (an inferior superfice is perceived) colours, walls of smaller dimension foresee the
use of clear (perception of a superior surface) colours. A ceiling of dark colour is perceptively more next to us (contraction of the form); a ceiling of clear colour is more away from us (expansion). As we have already said the chromaticism it has symbolic nature. The blue colour that ultramundane was considered for the Egyptians, for the Mayas, it was used in the sacrifices; a clear relationship is underlined with the sky and with the sea dominant elements of the concept of life. Walls with mouldings visually approach the ceiling. Walls with horizontal sketches limit the height of the surface; walls with vertical sketches increase the height of the surface.[1/2] Equally, in the attire, a person with legs of great length will use stockings with horizontal decorations that will limit the perception of the dimension; to increase perceptively the measure, for legs of limited height, he will provide with sketches in vertical sense. An environment small essay with neutral colors, using washable painting, enamel, protected, it increases the visual space; a great environment with drawn surfaces, limits perceptively the space. The architecture of the Greek period has preserved painted walls with the
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presence of solutions compositive and contained that produce an amplification of the space as, today it is used still to propose in the pictorial solutions of perspective views in the trompe the oeil. There is at times a need to increase the space in deceptive way, to live in open way, to report the inside with the outside, to invent him a liveable that allows the man to belong to new logics different dynamics; the domestic space enters the nature, it involves it share; a need of return to the origins. We don’t forget that the protected ones implicate a mutability in the perception of the surface conditioned by the presence of the graphic elements that produce variability proper of the signs, of the colours, of the decorative contents. The need of depth, increased in deceptive way, allows to live in open logics, reporting the inside with the outside, built for a world dilated in artificial formality. A space to the service of the man, almost an interaction between the man and the nature, with a need of illusion and liberty. If the curved walls propose a dynamic environment, astute walls produce a static environment. A wall with concave curve dilates the space; a wall with convex curve contracts
perceptively the space. When the space is occupied by numerous horizontal presences, as in the Romanesque epoch, the whole is perceived in oppressive way; when the environment is organized in vertical dynamics, as in the Gothic period, an open liveable determines him. The relationships and the modulation of the spaces are select of notable priority because they can produce difficulty of appropriation and identification of own daily way of living. Relatively to the conditions of hygiene, the painting to peel of orange picks up dust; the carpet is a probable container of bugs, it provokes allergies. The presence of carpets produces a need of frequent cleaning, with the necessity of washing, to weekly program; however the choice of the style and the presence of decorative solutions must be appraised that must be select keeping in mind of the characterizing nature of the environments. The false ceiling is fit for particularly tall environments, if drawn or embossed; it will be treated with neutral colours in spaces of regulation height; it is excluded for low (sense of oppression) environments. According to as we have learned, the black, in his evocative ability of the concept of death, the white is contrasted
to in his characterization of a proposal of life; the choice of colours and tonality it will be conditioned to the same physical and perceptive logics.[tav 5/6] Considering that in the white is read a concept of purity and strength (light), the red of sin and evil spell (blood), the black of dark (night) and void (death), the blue one of spirituality (sky), the selection of the colours implicates a cultured selective ability that will keep in mind some relationship among the difference of the spaces to restructure and the personality expressed by the future fruitoris. The walls with warm (dominant of red) colours are chosen for how much they love the sun, the fire, the warm one, the summer, the excitement; the walls with cold (dominant of blue) colours are preferred from how much they love the water, the winter, the cold, the soothing action. Walls with geometric sketches for how much they are identified in a rational logic; with ornamental sketches for the one who has a preference for the irrational dimension. The presence of sketches on the walls is opportune for the one who has necessity of a protected space; the absence of signs for an open (sense of liberty) space.[tav 3/4] The floor in marble proposes an
aristocratic (logic of the temple) environment, in wood for a warm space, pleasant, to live for earth; in cooked for how much they love a natural environment, the return to the origins (the cavern); in majolica for an exclusive environment, elegant. A floor without sketches will entertain carpets or an I furnish particularly rich of elements; with sketches the presence of carpets is excluded or, if necessary, carpets to united shade, with the presence of few elements of furniture. the skirting-board not only has a functional value but it can represent an element of opening or closing between the flooring and the walls both in the dimension, both in the selection of the material, and in the select colour. The shutters in natural wood propose a warm environment, pleasant; in wood lacquered white, a neutral environment, detached; in black wood, an aristocratic environment; in metal, they produce a feeling of cold (logic from office in series or from hospital); to rectangular outline they produce a static condition, horizontal; to round outline a dynamic condition, vertical; shutters with unique glass they express an open space; with mouldings, a space closed (shattering of the visual space) by to use only for great surfaces. Crystals of transparent glass for an open
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space; in glass fumè for a closed space, cold; in glass fumè amber for a warm space, soft. The handles with essential solutions for practical and simple people; with ornamental modulations for a refined and romantic public. Handed in natural wood for a protected environment, for the one who loves the country and the intimacy; in glass for an open dimension, condition of outgoing; in lacquered wood for expressing refinement. Environments without doors for the one who loves the totality, for the one that alive with the others and for the others; with doors for the one who prefers the privacy, to defend own space to pick up him in himself. An environment with material different it produces a confusional state; few material for the expression of a harmonic condition and a state of quiet. A space with the presence of many elements of furniture produces a condition of uneasiness, difficulty of movement, suffocating space; few elements of furniture for a liveable space and a great facility of move and use. A balanced distribution of the elements of furniture they express a sense of harmony the pleasure to be there; a casual distribution determines a feeling of chaos, a state of restlessness, the
need to go out.[tav 13/14] In the positioning of the furnishings on the flooring we remember that Arnheim defines field geometric any surface where we go to position signs and forms with perceptive formality that interacts according to a system of strengths of a structure hidden with a reaction on our perceptive activity. An element of furniture, if positioned to the center it enjoys of a great stability, if it proposes him in the four angles of the interested surface lives of a state of quiet; if, it is found in an intermediary position instead, between the center and the angles, it expresses a condition of perceptive uncertainty. Obviously colours and the tonalities of the used forms interact on their visual weight; the warm colours with great visual presence, the cold colors with smaller aspect. A bluish red will have a superior weight if the red is dominant percentualmente; smaller weight if the blue one results protagonist. Also the selection of the materials of the elements of furniture compete to the determination of the respective perceived weight; the presence of texture increases the perception of the respective weight in the relationship colour / form. The same logic that has been used in the relationship sign / wall will be proper
of the distribution of the structures of furniture that must be select and proposals in forms and compositions that keep in mind of the dimensions, of the runs, of the nature of the walls, of the correspondence of the floorings, of the points light, of the relationship between heights and voids. The design of a staircase, cannot be for instance uprooted from the housing context; it will be thought with modularity that don’t occupy the visual space with a conjugation in solutions technical constructive and formal choices that will allow a visibility and a vivibilità of ergonomic nature and aesthetical value. The choice of the materials will have one organicity of his with the logics and the dynamics proper of the global project and of the environment in which the interested structure is inserted. In the Lurence Library, as we know, Michelangelo succeeds in producing a fluid solution in to flow some steps that it is integral part in the involvement of the space. An environment with closed forms is fit for great spaces; with open forms, for small spaces (increase of the visual space); with forms in geometric solutions, for a static condition and spaces of great dimension, with curved forms for solutions dynamic and small
spaces. To change the perception of a space can be decisive the use of mirrors allows to propose a deceptive solution; determinant is the choice of the tonalities of the reflecting surface that the runs must consider, the points light and the presence of elements of furniture. A similar logic will be thought for walls of transparent materials as the glass and the plastic materials that will be positioned with surface to alive to annul their physical aspect; the presence of graphic interventions can moderate the perception of the depth that will be managed with the presence of a sign that defines logics static dynamics in the difference of the use of the space; the presence of the colour as motto more times, it will also increase the perception of the visual weight in relationship to the presence of the elements of present furniture. Solutions of furniture in lacquer for refined moments, aristocrats; the natural wood for the one who loves to compare him with the nature, a warm environment; in metal for cold solutions. Mediations are possible in the selection and in the articulation of the furnishings with a presence combined of materials of different nature; but the search of a harmonic moment of the whole will be
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opportune that will hold account of the difference and the subjective expressive ability; identity expressed by the nature of the surface in his reflecting ability, from the wrinkledness, from the opacity and brightness, from the transparency, from the presence of characterizing texture, in the emotional esternazione of tones and colours. To furnish an environment of effective vivibility is to orchestrate a mediation and a transposition of the psycophisical necessities of the future fruitoris of the domestic space and the nature mandatory physical perceptive of the materials and of the constructive solutions that will be thought by the architect or the interior designer. It extends to packet for a refined elegance; you work to hand for an environment that recovers a romantic past; with sketches for a closed space; without sketches for an open space. Covering fabrics increase the visual weight sense of oppression. A partial drapery decreases perceptively the fruition of a wall; in total solution it increases the perception of the surface and the depth. The fabric will be of material nature to increase its presence; with a deprived surface of roughness to determine a smaller visual weight. The colour will be mediate from the
dimension of the surface to screen, from the relationship with the complex of the elements of furniture, from the nature expressed by the flooring, from the necessity to be or to be less protagonist. The chandeliers will be used for tall ceilings and for great environments; the appliques for small spaces and low ceilings; the lamps to fall will be proposed in solutions compositive for environments of great dimensions and with tall ceilings in modulations static dynamics. Applique with light increase perceptively upward the height of the walls; with diffused light they sensitively decrease the height of the walls. Earth lamps to be destined to great environments; chandeliers in crystal for an aristocratic (warm light) environment; applique for an intimate and reserved environment; chandeliers in modern style for a bourgeois elegance and detached. The earth lamps have a dominant role in their individuality to join spaces and to unite presences of furniture; such conditions are determined by the logics it expressed from the form, from the nature of the materials that they compose her, from the modulation in the space, from the dimension, from the ability of absorbency or riflex on the
present bodies in the environment, of its condition to be or not to be protagonist in relationship with the other presences of furniture. The nature of the radiated light is fundamental to get further or to welcome perceptively how much they will live the space in analysis, to pass from a ghostly vision to a more human. Walls with many pictures limit the depth, sense of closing and oppression; with few pictures, partial limitation of the visual space; with a solo picture on the wall, produces him a perspective condition and an increase of the depth of field. You square with clear shades they express sense of opening, liberal condition; you square with shades ax, sense of closing, oppression; with warm colors for extrovert people; with cold colours for introverted people; with geometric compositions for rational people, that have a preference for certainties; with the representation of curved forms, for irrational people, restless, dynamics. The presence of sculptures or three-dimensional structures it determines the necessity of positioning and spatial relationship that it must be lived in relationship to the dimensions of the environment,
of the points light, from the necessity of fruition of the spaces, from the relationship with the other material presences; the position must allow a legibility of spatial nature. The eye of the observer must stir in a logic circular and with an ability of vision of its totality. As in the use of the elements of furniture it is possible to conjugate presences of the past with expressions of the contemporary, so it is desirable to approach works of activity artistic threedimensional historian with environments of contemporary project . Its presence must be prudent and not excessive not to determine a consequent quarrel of two so different historical moments for identity and expressive nature. A domestic space can be lives and changed with the most different varying. Open, closed, in vertical sense, horizontal, diagonal; it can be manipulated for increasing, to decrease, to mediate, the own vivibility. But, as we have said, we must report us with the nature of the materials, opaque or transparent, with the smooth or wrinkled surface, with the colours and the tonalities, with the respective absorbent or reflecting ability. All must belong to a global project; dimensions give and modulation of
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the walls to the positioning of the points light natural or artificial, from the definition of the runs to the logics it expressed from the windows and balconies, from the voids or full defined by the presence of you furnish, from the vertical or horizontal course of the draperies, from the dimension of the skirting-boards to unite or to divide with the flooring from the choice of the materials and the respective colours and tonality. The marble as reflecting aristocratic surface, the wood in his citizenship, the ceramics as testimony of handicraft extraction and sophisticated characterization of sure visual presence. It will be the experience of the architect orinterior designer to compensate and to find the correct visual weight, the expressive ability, the need of intimacy or sharing of the environments, the state of quiet or dynamic moments, the harmony or discrasia of the whole, the oneness or the polyhedral of the fruition of the futures domestic spaces. Not to forget the priority role of the use of the products of artistic extraction that they must compare him with the presences of the environment, of the bright sources and of the dimensions of the spaces and the surfaces. As already said, priority it will be the choice of the techniques and the contents of the
works that they will keep in mind of the subjectivity of the personality of how much they must share them in the daily way of living. The presence of frames can determine a logic of opening or perceptive closing: from the nature of the materials, from the colour, from the tonality, from the dimension, from the presence of modulation to carving, from the style; the same evaluation for supports of support will be used for structures or three-dimensional sculptures. Also the represented subject, in his articulation sign / form / colour / contained, it will determine a physical and expressive condition that will emotionally involve the fruitoris of the interested environment. Concluding, a space for housing use must express, in its management and respective appropriation, a moment, a concept of together, where all the elements compete to the definition of a logic commune in an intelligent osmosis: space, surfaces, heights, depth, empty, full, signs, colours. These logics and respective methodic they will allow to be protagonists of a totality that express feelings, emotions, formality, crossed that they will have relationships with our being inside, with our history, with the physical and psychic needs, with the irregularity of
of others that must share us with our atavistic nature that lives the domestic environment in protective way. When a domestic space will be projected in subjective aesthetical logics, as we remember to have made to notice, for the most part expression of the narcissism and the professional protagonism of interior designers and architects, neglecting some liveable of the place to make priority, expression of the charcter difference and psychological of the future fruitoris, they can be produced, as more times underlined, are of impatience, of neurosis, of physical uneasiness, of one not unconscious acceptance, of a need to go away for looking for other. But, unfortunately, ours is a world where the human being is a product to manage in operation of a market that entirely knows productive logics and it has forgotten the human dimension.
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COSE E CASE illustrazioni arredo umano illustrations THINGS & HOUSES human furnishings
• Franco Rotella Il colore nell’ambiente domestico The colour in domestic environment Illustrazione con pastelli, tecnica a circoletto. Allievi Accademia Belle Arti, Napoli, workshop Franco Rotella, coordinamento Lorenza Di Fiore
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Giuseppina Autiero [Tav. 1] Ambiente caratterizzato dalla presenza dei colori complementari/dinamismo
[Tav. 2] Ambiente caratterizzato da colori che generano condizione di quiete
Leila Costanzo [Tav. 3] Ambiente caratterizzato da colori armonici
[Tav. 4] Ambiente caratterizzato da colori disarmonici
Giuseppina Apisa [Tav. 5] Ambiente con colori caldi
[Tav. 6] Ambiete con colori freddi
Moira Dell’Infante [Tav. 7] Ambiente caratterizzato maggiormente da elementi orizzontali
[Tav. 8] Ambiente caratterizzato maggiormente da elementi verticali
Morena Rossi [Tav. 9] Ambiente con prevalenza di nero
[Tav. 10] Ambiente con prevalenza di bianco
Nadia Fedele [Tav. 11] Ambiente con parete senza decorazioni/minore peso visivo
[Tav. 12] Ambiente con parete con decorazioni/maggiore peso visivo
Giorgia Bonito [Tav. 13] Ambiente caratterizzato da una maggiore presenza di oggetti
[Tav. 14] Ambiente caratterizzato da una minore presenza di oggetti
COSE E CASE bibliografia / sitografia arredo umano THINGS & HOUSES human furnishings
• Giuseppe Gaeta E LUCE FU. Per una lettura antropologica del visibile AND LIGHT WAS. For an anthropological reading of the visible one. Cfr. Stoichita V. I., Breve storia dell’ombra. Dalle origini della pittura alla Pop Art, il Saggiatore, Milano, 2000. 2 G. W. F. Hegel, Scienza della logica, Bari, Biblioteca Universale Laterza, 1981, parte I, cap. I, nota 2. 3 Aristotele, Dell’anima, II, 7, 418b9-11. 1
• Alessandra Paudice Luce. Colore. Gnac. Light. Colour. Gnac.
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“Marcovaldo ovvero le stagioni in città”, Italo Calvino, Garzanti, 1995. “Le città invisibili”, Italo Calvino, Edizioni Mondadori, 2012. “L’Ottocento”, Rita Scriminieri, Minerva Italica, 2002. “Il Novecento”, Rita Scriminieri, Minerva Italica, 2002.
“Lettere a Theo”, Vincent Van Gogh, Guanda, 2009. “Noa Noa e lettere da Tahiti”, Paul Gauguin, Abscondita, 2007. “Anish Kapoor. Dirty Comer”, G. Mercurio, D. Paparoni, Skira, 2011. “Estetiche della globalizzazione”, Achille Bonito Oliva, Anna Maria Nassisi, Manifestolibri, 2013. Sitografia Anish Kapoor, Vantablack: https://www.theguardian.com/ artanddesign/2016/sep/26/anish-kapoorvantablack-art-architecture-exclusive-rights-tothe-blackest-black Inquinamento luminoso, Istituto di Scienza e Tecnologia dell’inquinamento luminoso: http://www.inquinamentoluminoso.it/istil/indexit. html
• Francesco De Falco LUCI, OMBRE, EMOZIONI… Quando l’Architettura incontra la Clinica LIGHTS, SHADES, EMOTIONS… When the architecture meets the Clinic
Luce luce naturale luce artificiale, Lorenzino Cremonini, Alinea Editrice, 1991. 4 Stanze di luce, Franca Pittaluga, Aracne Editrice, 2014. 5Progettare con la luce, Donatella Ravizza, FrancoAngeli Editore, 2001. Sitografia Evoluzione storica delle sorgenti. Un excursus storico attraverso l’evoluzione delle sorgenti luminose dall’antichità ad oggi, Fiorella Riccardi: https://www.academia.edu/12778401/ Evoluzione_storica_delle_sorgenti Luce e materia, misura e natura nell’architettura di Francesco Venezia, Filippo Morelli: http://padis.uniroma1.it/ bitstream/10805/2246/1/tesi_completa.pdf;jsessi onid=55CEFED2490F7AE7BAC6E4152244247E 3 L’illuminazione attraverso i tempi: dalle origini all’utilizzo ottocentesco del gas, Fondazione Neri Museo Italiano della Ghisa: http://www.museoitalianoghisa.org/documenti/ Storia-Illuminazione-IT.pdf http://www.architetturaecosostenibile.it/ architettura/criteri-progettuali/evoluzionelampadina-incandescenti-led-fluorescenti/ http://senzadedica.blogspot.it/2012/12/i-coloridel-paradiso-la-cattedrale-di.html http://www.designmag.it/articolo/10-lampade-di2
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• Federica Ammaturo Luce naturale. Luce artificiale Things and houses. Natural light Luce da Sud sui fronti Nord: due edifici universitari ai piedi della cattedrale di Amiens, Francesco Venezia, Ordine degli architetti della provincia di Avellino, 1998.
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The light and the theories of the colour (Newton, Goethe, Itten) design-che-hanno-fatto-la-storia/23425/ • Salvatore Natale Scelta mirata alla tecnologia e all’uso dell’illuminazione naturale ed artificiale negli spazi del vivere quotidiano Choice contemplated to the technology and the use of the natural and artificial illumination in the spaces of the daily way of living Essential Tips: Illuminazione, ed. Logos, 2014, p. 11 – logosedizioni.it 2 Francis D. K. Ching, Architettura – Forma, Spazio e Ordine, ed. italiana a cura di Alberto Fabio Ceccarelli, ed. Ulrico Hoepli Milano, 2015, p. 187 – hoepli.it. 3 Francis D. K. Ching, Architettura – forma, spazio e ordine, cit., p. 188. 4 Barbara Gherri, “Daylight assessment. Il ruolo della luce naturale nella definizione dello spazio architettonico e protocolli di calcolo”, ed. Franco Angeli, 2013, p.67. 1
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• Franco Rotella La luce e le teorie del colore (Newton, Goethe, Itten)
«Secondo Huygens la luce si propagava per effetto del moto di una certa sostanza sottile, eterea. Contrariamente a quanto pensavano gli atomisti, per lui la luce non poteva consistere di un corpuscolo. Aveva un’origine meccanica e si propagava in analogia con il moto che si produce quando si getta un sasso in acqua che provoca delle onde sulla superficie che si propagano meccanicamente. La luce si comportava allo stesso modo e aveva velocità finita, come aveva dimostrato Roemer». Rodolfo Guzzi, La strana storia della luce e del colore, I Blu Springer, Milano 2011, p. 110. 2 Francesco Giudice, Lo spettro di Newton: la rivelazione della luce e dei colori, Donzelli editore, Roma p. 109. 3 Ivi, p. 110. 4 Ivi, p. 111. 5 Ivi, p. 112-113. 6 L’Italia fu probabilmente il luogo dove Goethe decise di affrontare lo studio del colore, così da poter con maggior consapevolezza utilizzare i diversi accostamenti cromatici nei suoi quadri. 7 La traduzione in italiano della parte didattica dell’opera di Goethe, fu effettuata da Renato 1
Troncon e pubblicata nel 1979 dal Saggiatore. Attualmente è in circolazione la nuova pubblicazione risalente al 2008. Cfr., Renato Troncon (a cura di), La teoria dei colori di Johann Wolfgang Goethe: lineamenti di una teoria dei colori, parte didattica. Introduzione di Giulio Carlo Argan, CDE Stampa, Milano 1988. 8 Johann Wolfgang Goethe, La teoria dei colori, (a cura di) Renato Troncon, introduzione di Giulio Carlo Argan, il Saggiatore, Milano 2008, pp. 21-44. 9 Ivi, pp. 53-118. 10 Ivi, p. 8. 11 Silvano Petrosino, Piccola metafisica della luce, Jaca Book, Milano 2004, p. 244. 12 Basate soprattutto sulla cattiva riproduzione dell’experimentum crucis di Newton. 13 Renato Troncon, (a cura di), La storia dei colori di Johann Wolfgang Goethe, Luni, Milano 1997. 14 Cosa importante da specificare è che non sempre il meccanicismo si legava all’atomismo, in quanto, ci si poteva imbattere in studi atomici legati alla ricerca di un fine ultimo non legato alla casualità. Ivi, p. 391. 15 «Due arti che non potranno mai essere comparate, altrettanto poco di come lo possono due diversi metri posti l’uno vicino all’altro». Goethe, teoria dei colori? 16 S. Gallo, M. Mirolla, G. Zucconi, L’arte e la
storia dell’arte: il Novecento, a cura di Rita Scrimieri, Minerva Italica, Milano 2002, pp. 48,49,54,55,60,62, 129,186. 17 Itten giunge a Vienna nel 1919, dove entrò in contatto con Alma Mahler, donna fatale che all’epoca era sposata con Walter Gropius, il quale successivamente alla sua nomina di direttore della nascente Bauhaus, inviterà Itten a lavorare con lui, in veste di docente. Antonio Castronuovo, Parola all’artista, EnnErre, Milano 2005, pp. 11-16. 18 Scuola di architettura, arte e design operativa in Germania dal 1919 al 1933. S. Gallo, M. Mirolla, G. Zucconi, L’arte e la storia dell’arte: il Novecento, a cura di Rita Scrimieri, Minerva Italica, Milano 2002, p. 90. 19 Negli anni in cui insegnò Itten, aderirono alla Bauhaus anche personaggi quali Paul Klee, Oskar Schlemmer e Vasilij Vasil’evič Kandinskij. Ibidem. 20 Johannes Itten, Mein Vorkurs am Bauhaus, Maier, 1978, p. 81. 21 S. Gallo, M. Mirolla, G. Zucconi, L’arte e la storia dell’arte: il Novecento, a cura di Rita Scrimieri, Minerva Italica, Milano 2002, pp. 90,91. Johannes Itten, Mein Vorkurs am Bauhaus, Maier, 1978, p. 77. 22 Antonio Castronuovo, Parola all’artista, EnnErre, Milano 2005, pp. 11-16. 23 Ibidem.
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Ibidem. Johannes Itten, L’arte del colore, edizione ridotta, Il Saggiatore, Milano 1982-2010, p. 5. 26 Ibidem. 27 Ivi, pp. 17-18. 28 Ivi, pp. 19-22. 29 Ivi, pp. 23-28. 30 Ivi, p. 29. 31 Ivi, pp. 30-32. 32 Ivi, pp. 34-36. 33 Ivi, pp. 37-44. 34 Ivi, pp. 45-48. 35 Ivi, pp. 49-51. 36 Ivi, pp. 55-59. 37 Ivi, pp. 59-63. 24
W.Kandinsky, Tutti gli scritti vol.1, 1973, Feltrinelli. W.Kandinsky, Tutti gli scritti vol.2, Dello spirituale nell’arte, Scritti critici e autobiografici Teatro Poesie, Feltrinelli, 1974.
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• Maria Lisa Mercurio La psicologia del colore The colour’s psychology (Arnheim, Kanizna, Kandisinski)
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G. Kanizsa Grammatica del vedere. Saggi su percezione e Gestalt, Il Mulino, 1997. R. Arnehim, Arte e percezione visiva, Feltrinelli, 1971. R. Arnehim, Verso una psicologia dell’arte, Einaudi, 1969.
• Caterina Vasso Il colore nella storia dell’architettura The colour in the history of Mario Botta, La Cappella Granato. Bellezza e scienza, in “Abitare la Terra. Rivista di Geoarchitettura”, Anno XIII, n. 36, 2014, p. 33. 2 Archivi articoli OIKOS, Evoluzione del colore nella storia, http/www.oikos-group.it/contenuti/colore/ colore e società-archivio 3 V., La comunicazione visiva primitiva, in Jotex – percorsi didattici, Storia dell’Arte, http://www. joetex.it/pdf/02_01_arte_primitiva.pdf 4 Archivi articoli OIKOS, Il colore blu, sito cit. 5 Lia Luzzatto, Renata Pompas, Il significato dei colori nelle civiltà antiche, Bompiani, Milano 2001, pp. 132; 161. 6 Riccardo Abati, I Maya: una civiltà splendida e misteriosa, GoodMood, Padova 2014, pp. 5,6. 7 Cfr., La civiltà cretese, in “Storia dell’Arte Italiana”, Electa – Bruno Mondadori, Vol. I, Milano 1990, pp. 26-27. 1
Emilio Loriga, La costruzione nel mondo greco. Edifici, tecniche costruttive, materiali, Materiali didattici a cura dell’I.T.G. “Bacaredda” di Cagliari, Corso di Disegno e Progettazione, A. S. 2009-2010, p. 10, http://www.geometribacaredda.it/w/ LEZIONI/ARCH_GRECA_P.pdf 9 Archivio Articoli OIKOS, Evoluzione del colore ecc., cit., sito cit. 10 Stefano Di Giammarco, L’utilizzo del colore: Plinio il Vecchio; Tetracromia nella Grecia Antica, http://www.digiammarco.com/2012/11/lutilizzodel-colore-plinio-il-vecchio.html 11 Mario Brusantin, Storia dei colori, Einaudi, Torino 2000, p. 19. 12 Carlo Linzi, Tecnica della pittura e dei colori, Hoepli, Torino 1975, p. 71. 13 Mario Brusantin, Storia dei colori, cit., p. 22. 14 Manlio Brusantin, Storia dei colori, cit., p. 26. 15 Maurizio Rossi, Colore e colorimetria. Contributi interdisciplinari, Vol. 8, Maggioli Editore, Sant’Arcangelo di Romagna (RN)2012, p. 135. 16 Ombre e oscurità: i colori del post Rinascimento. La pittura tra XVI e XVII secolo, a cura di Cultor College, Cap. I, 1.2 Nasce una estetica nuova, http://www.cultorweb.com/Ombre/O.html 17 Isabella Romanello, Il colore: espressione e fusione, Hoepli, Torino 2006, pp. 53, 56. 18 Taraglio, Simonetta, Busatto, Davide, Il colore 8
nel progetto di architettura. Colore tra passato e presente, Rel. Marotta, Anna. Politecnico di Torino, 2. Facoltà di Architettura, Corso di Laurea in Architettura 2009. In Politecnico di Torino, Sistema Bibliotecario, Archivio webthesis, http:// webthesis.biblio.polito.it/1396/ 19 Giulio Carlo Argan, L’Arte Moderna, Sansoni, Firenze 2000, p. 81 20 Mario Brusantin, Storia dei colori, cit., p. 90sgg. 21 Isabella Romanello, Il colore, ecc.¸ cit., p. 56
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Franco Rotella art director dello studioRotella opera dal 1982 nella comunicazione e formazione. Socio professionista AIAP e membro del Beda-Bureau of European Designers Association. Ha realizzato e diretto il progetto didattico dell’Istituto Superiore di Design di Napoli dal 1989 al 1997; Docente di discipline pittoriche al Liceo Artistico di Napoli dal 1982 al 1991; docente di discipline pittoriche dell’Istituto d’Arte Palizzi di Napoli dal 1991 al 2009; docente di illustrazione naturalistica presso il corso di laurea, Facoltà di Scienze della Natura, Università Federico II, Napoli dal 2002 al 2006; art director del quadrimestrale di arte e cultura Orma del dicibile, dell’’indicibile dal 1990 al 1992; Ha scritto per la rubrica “progetto design” rivista Arte & Carte dal 1991 al 1996; Docente di Design su tessuto e di Design del gioiello presso l’Istituto Professionale per la moda “Isabella d’Este” di Napoli, 1998/99; Docente di Publishing per la rete al Master Web Design e Comunicazione, POR FSE Campania, Iscon, Napoli, 2010; Docente workshop “il colore nell’illustrazione”, Accademia Belle Arti, Napoli, 2016; Art director Isis Istituto Isabella d’Este Caracciolo, Napoli, 2015/2017.
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Franco Rotella art director of studioRotella that has operated since 1982 in the communication and formation. Professional partner AIAP and member of the BedaBureau of European Designers Association. He has realized and had directed the didactic project of the Superior institute of Design in Naples from1989 to 1997; Teacher of pictorial disciplines to the Artistic High school in Naples from 1982 to 1991; teacher of pictorial disciplines of the Palizzi art institute in Naples from 1991 to 2009; teacher of naturalistic illustration in the course of degree, Faculty of Sciences of the Nature, Federico II University Naples from 2002 to 2006; art director of four-monthly of art and culture “Orma del dicibile”, of inexpressible from 1990 to 1992; he has written for the index book “project design” Art & Papers magazine from 1991 to 1996; Teacher of fabric design and of jewel design to the Professional institute of the fashion “Isabella d’ Este” of Naples, 1998/99; Teacher of Publishing for the net to the Master Web Design and Communication, POR FSE Campania, Iscon, Naples, 2010; Teacher workshop “the colour in the illustration”, Belle Arti Academy, Naples, 2016; Art director Isis Institute Isabella d’Este Caracciolo, Naples, 2015/2017
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