Lucrezio. Le parole e le cose

  • 0 0 0
  • Like this paper and download? You can publish your own PDF file online for free in a few minutes! Sign Up
File loading please wait...
Citation preview

TESTI E MANUALI PER L'INSEGNAMENTO UNIVERSITARIO DEL LATINO

Collana diretta da 27

ALFONSO

T RAINA

IVANO DIONIGI

LUCREZIO Le parole e le cose

Terza edizione accresciuta

aggiornamento bibliografico a cura di

ALESSANDRA MAGNONI

P ÀTRON EDITORE BOLOGNA 2005

Copyright © 2005 by Pàtron editore - Quarto Inferiore - Bologna I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o paniale, con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi. È inoltre vietata la riproduzione, anche parziale, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata. Prima edizione, giugno 1988 Seconda edizione, marzo 1992 Terza edizione, luglio 2005

Ristampa: 5

4

3

2

o

2010

2009

2008

2007

2006

2005

In copertina: Pau! Klee, Acquerello.

PÀTRON EDITORE- Via Badini, 12 40050 Quarto Inferiore (BO) Tel. 051.767003

Fax

051.768252

E-mail: [email protected] Sito: www.patroneditore.com D catalogo generale è visibile nel nostro sito web. Sono possibili ricerche per: autore, titolo, materia e collana. Per ogni volume è presente il sommario e per le novità la copertina dell'opera e una sua breve descrizione. Stampa: LI.PE. Litografia Persicetana, S. Giovanni in Persiceto, Bologna per conto della Pàtron editore.

a Emanuele e Valeria

INDICE

PREFAZIONE ..................................................................... pag.

8

Prefazione alla II edizione ..........................................

»

9

Prefazione alla III edizione

» lO

.

......................................

...

l.

Modello grammaticale e modello fisico

Il.

Lucrezio linguista

III. Isonomia stilistica

...........

..

.................................................

.

.

... .......

....................................

» 11 » 39 » 75

IV.

Per una lettura della poesia verbale di Lucrezio

» 89

V.

Suono e forma, testo e cosmo: Lucr. l, 305 s. ....

» l 09

APPENDICE: Marullo e Lucrezio: tra esegesi e poesia

..

»121

APPENDICE II: Genesi di un hapax lucreziano ( 3, 479 tardescit lingua) .......................................................

»15 7

BIBLIOGRAFIA ...................................................................

»165

AGGIORNAMENTO BIBUOGRAFICO........................................

» l 79

.

INDICI

Indice Indice Indice Indice

delle cose notevoli ........................................... delle parole notevoli ........................................ dei passi lucreziani discussi ........................... degli autori moderni .......................................

. . . .

»205 »207 »211 »217

PREFAZIONE

Le parole come i cristalli hanno facce e assi di rotazione con proprietà diverse, e la luce si rifrange diversa­ mente a seconda di come questi cri­ stalli-parole sono orientati, a seconda di come le lamine polarizzanti sono tagliate e sovrapposte. l. CALVINO

Ciò che mi ha sempre sorpreso nel De rerum natura di Lucrezio - a partire dagli anni della tesi di laurea, quando anche per un innegabile condizionamento dei tempi si faceva particolare attenzione alla novità concettuale e al vigore polemi­ co del poema è l'organicità e insieme la ritmicità, - la mostruosa regolarità, direbbe Mandel'stàm. La lettura piana e immediata, al pari dell'indagine filologica ed esegetica, deve di continuo cimentarsi con una struttura verbale solida e dinami­ ca nello stesso tempo, pervasiva nei suoi costituenti minimi, la quale come condiziona le dichiarate intenzioni del poeta così non si lascia confiscare dagli interessi e dalle riduzioni della critica. Il testo preesiste e resiste alle ragioni sia del lettore che dell'autore. L'agnizione della coincidenza fra le proprietà delle res e quelle dei verba e soprattutto dell'identità di terminologia ato· mistica e terminologia grammaticale da un lato rende ragione sia della compositività del testo sia della leggibilità del cosmo, dall'altro proietta nel cosmo la presenza del modello grafico e alfabetico,· come a dire che in principio era la grammatica (cap. l). Il poema si presenta così come una combinazione o meglio un'esecuzione linguistica modulata secondo unità defini­ te, visibili, convertibili: sia nella considerazione complessiva del poema (capp. II e III) come nella verifica di alcune costanti linguistiche (cap. IV), di coppie singolari (cap. V), dell'impossi­ bile affrancamento dell'imitatore umanistico (Appendice). E co­ sì che nel volume trovano una collocazione unitaria e naturale anche i tre saggi lucreziani editi recentemente, e pertanto ri-

Prefazione

9

stampati in maniera pressoché inalterata: Per una lettura della poesia verbale di Lucrezio (in Commemoratio. Studi di filolo­ gia in ricordo di R. Ribuoli, Sassoferrato 1986, pp. 57-73); Suono e forma, testo e cosmo: Lucr. 1 ,305 s. («MD» 15, 1985, pp. 125-135); Marullo e Lucrezio: tra esegesi e poesia («Res publica litterarum» 8, 1985, pp. 48-69). E più che un dovere ringraziare Alfonso Traina. Si tratta non solo di una riconoscenza immediata e legata alla disponibi­ lità con cui ha seguito l'intero lavoro, ma anche di un debito sostanziale e metodologico, quello che si ha nei confronti di chi, indirizzando verso la concretezza del testo, aiuta a scoprire il grande nel piccolo. Lucrezianamente: rerum magnarum par­ va potest res l exemplare dare et vestigia notitiai (2,123 s.). Bologna, dicembre 1987

PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE Ripubblico il saggio con lievi modifiche e qualche aggiornamen­ to, confortato dal diffuso interesse e sostanziale favore che esso ha incontrato presso gli esperti di diverse discipline: in prevalen­ Z/1. classicisti (J.-P. Borie, C.D. N. Costa, F. Desbordes, l. Doignon, G. Polara, P. Tordeur, D. West), ma anche studiosi di estetica (S. Benassi), di poetica e retorica (E. Mattioli), di italianistica (A. Battistini). Un colloquio bolognese svolto a margine del volume con gli interventi di A. Traina, A. Grill� F. Adorno, G. Sand� E. Vineis, E. Raimondi - ora disponibili nel volume Lucrezio. L'atomo e la parola (Bologna, Clueb 1990)- oltre a rappresen­ tare un'istruttiva esecuzione corale tra il filologo classico, il filo­ sofo, il linguista e il letterato, ha arricchito la ricerca di ulteriori connessioni ed anche di nuove domande. Colloqui priva� scam­ bi epistolari con colleghi (M.D. Reeve) e gli stessi elzeviri dei cri­ tici militanti (G. Dossena, V. Manfred� R Minore) hanno contri­ buito a sollecitarmi riflessioni e interrogativi che, prima o po� dovrò rimeditare. Bologna, dicembre 1991

lO

Prefazione PREFAZIONE ALLA TERZA EDIZIONE

Questa terza edizione, a tredici anni dalla seconda, presenta un aggiornamento bibliografìco affìdato alla cura competente e scrupolosa di Alessandra Magnoni. In questi anni il volume ha riscosso interesse e suscitato di­ scussioni, giudizi favorevoli e anche talune riserve e critiche; ho ritenuto tuttavia di non rimeditarne l'impianto teorico e struttu­ rale, non solo perché continuo a ritenerlo fondato ma anche per­ ché esso risulta funzionale all'esegesi del testo, alla comprensione della "mostruosa regolarità " della scrittura lucreziana, alla moti­ vazione dei nova verba; e l'indagine su Lucrezio linguista è io credo - l'aspetto da privilegiare nello studio del testo del De re­ rum natura. Ho aggiunto nella nuova Appendice un breve intervento, ine­ dito, sull'origine di un hapax lucreziano: a conferma che la ratio prima di questo saggio risiede nel rilevamento e nell'esegesi con­ creta delle forme verbali, situate all'incontro e alla connessione di due forze necessitanti: la parole lucreziana e la langue poetica la­ tina. -

Bologna, giugno 2005 Ivano Dionigi

Le aggiunte della seconda edizione, collocate in nota a piè di pagina, sono segnalate con asterisco o con parentesi quadra. Un asterisco più grande, a margine del testo, rinvia all'aggiornamento bibliografico.

I MODELLO GRAMMATICALE E MODELLO FISICO u!lcrnEp yà.p 6!-L1)pouc; IXO!-LEV 'tOU À.éyou 'tà. n:apaOELYIJ4'tl1 olc; XpW!-LEVOc; E!n:E miV"ta "taV'ta ... Tà. 'tWV ypai-L!.ui'twv crtOLXEi4 'tE Xl1� avÀ.À4(3cic;. PLATONE, Theaet. 202 e l. A far apparire il De rerum natura difficile e aspro non solo ai profani ma anche ai professionisti degli studi classici concor­ re, al di là delle prevedibili e dichiarate costanti del genere letterario (intenti dottrinali, nodi logici, canoni didascalici), tut­ ta una fenomenologia singolare e impegnativa. Anzitutto i nume­ rosi passi lacunosi, corrotti e sospetti di interpolazione che, fa­ cendo dubitare dell'ultima revisione dell'autore e della stessa compiutezza del poema, hanno imposto non solo interventi spe­ cifici ma anche una riflessione sistematica su tradizione mano­ scritta, struttura e composizione dell'opera. Inoltre la complessi­ tà linguistica per novità lessicale, libertà sintattica, ricchezza morfologica, difformità metrica, non sempre motivate da neces­ sità espressive e stilistiche. Infine, imponenti anche per la vista, una struttura composita ed un uso ripetitivo dei fatti di lingua: si tratta di un suono iniziale o finale, di una parola, di un nesso, di un emistichio, di un verso, di un'intera sezione; ne consegue un tutto compatto, concatenato, quasi strofico ' .

' La miglior sintesi dei fatti di lingua lucreziana resta ancora quella di Bailey nei Prolegomena all'editio maior in tre volumi (Oxford 1947 [ = 19861 vol. I pp. 72- 1 7 1 ).

12

Capitolo I

Questa condizione testuale - si osserverà - non è poi così atipica: la tradizione manoscritta di tanti testi classici, di Mani­ Ho ad esempio, per rimanere nel filone filosofico-scientifico, non è certo meno tormentata; anche le irregolarità linguistiche non sorprendono nei poeti, si pensi a Virgilio e Properzio; la stessa parola strutturata e visiva - il 'granuloso omerico' preferi­ to al 'balsamo alessandrino' - viene segnalata come esperienza enniana ed in parte eredità della poetica empedoclea. Eppure una serrata analisi del testo, improntata a raffronti e scarti, non fa che confermare l'impressione primaria dell'indivi­ dualità e dell'alterità dell'espressione lucreziana, come se l'auto­ re avesse scavato un'altra dimensione nella lingua. E. come se all'interno di un'argomentazione piana, di un'espressione varia­ ta, di un vocabolo già abusato, di un ritmo additivo irrompesse­ ro sistematicamente una rivendicazione terminologica, un ele­ mento imprevisto, un segnale indecifrabile, un'interruzione del ritmo. Non cessano infatti di stupire, per vistosità e normativi­ tà, le accelerazioni espressive e i turbamenti linguistici (anacolu­ to, asindeto, elisioni aspre, iati, concorrenze e oscillazioni modo­ logiche, ellissi, prolessi, inversioni, collusione di fonemi e di segmenti verbali omofoni e rimanti, formazioni nuove, hapax violenti), i quali tuttavia, anziché disperdersi in una sorta di dadaismo originario o impazzire nel gioco retorico, concorrono al prima e al poi della dimostrazione, alla proporzione del detta­ to, alla simmetria e regolarità del verso; essi stessi riducibili a struttura, più simile ora ad un reticolo cristallino, ora ad una tavola aritmetica, ora ad un ordinamento geometrico. Questa compresenza dell'uno e del molteplice, del medesimo e del diverso, del codificato e del nuovo, conferisce al dettato lucreziano un peso specifico difficilmente misconoscibile. Lo si registra in alcuni imitatori, in difficoltà ad affrancarsi da un modello così ingombrante: nel classicissimo Virgilio, che non sempre riesce a celarne i potenti incipit e le solide iuncturae; nello stoico Manilio che, nel tentativo di proporre un poema competitivo e alternativo, subisce la lezione tecnica e formale del De rerum natura; negli arcaizzanti Frontone e Gellio che, interessati alle novità e stranezze lessicali, ne colgono i tentativi etimologici e le rarità morfologiche e semantiche; negli stessi

Modello grammaticale e modello fisico

13

apologisti Amobio e Lattanzio, che non s i faranno scrupolo di familiarizzare col poema e adottare in contesti cristologici im­ magini ed espressioni dell'avversario Lucrezio; nell'umanista neoplatonico Marullo, che nei propri Epigrammi ed Inni natura­ li lascia sicura traccia del suo lavoro di editore del De rerum natura; nel moderno Vico, che punteggia la Scienza nuova di congelamenti formulari e tic allitterativi di evidente ascendenza lucreziana 2 • Lo si sperimenta nell'atto del tradurlo, dove sia il metodo letterale sia quello letterario si rivelano inadeguati, oscillanti tra il prosaico e l'astruso. Se ne accorse anche un maestro contemporaneo di poesia, anch'egli tenace artefice di un linguaggio polisillabico librato tra il fisico e il metafisica: il nostro Montale, che contrappose il poeta Lucrezio ai filosofanti in versi '. La esaltante responsabilità morale di dover annunciare un nuovo mondo si traduce e si identifica in un'acuta e dichiarata responsabilità linguistica: propria di chi è consapevole che i dieta sono più efficaci degli arma (5, SO), che le magnae res debbono fare i conti con la patrii sermonis egestas ( 1 , 832 = 3, 260), che la concezione materialistica del reale e la negazione dell'ordinamento gerarchico e antropocentrico proprio dello eadem ra­ stoicismo - con conseguente omologazione (2, 7 1 9 tio res terminat omnis) e metamorfosi di tutte le realtà (2, 874 praeterea cunctas itidem res vertere sese)- comportano non un impoverimento ed una banalizzazione del lessico, bensì una riva­ lutazione ed un arricchimento delle varie modalità espressive, dalla personificazione alla sinestesia. Di qui lo sforzo di descri­ vere e identificare tutte le cose senza lasciare nulla in ombra o

(

=

' Come puntualmente dimostra Battistini, Semantica fonica, pp. 29 ss. 72 ss.).

' «La poesia filosofica esprime idee che sarebbero valide anche se espresse in altra forma. In certi casi (Lucrezio) questa poesia è vera poesia. Ma lo stesso non può dirsi di tanti filosofanti in versi • (•Quaderni milanesi • 1, 1960, pp. 9-20). Il manicheismo critico crociano non risparmiò neppure l'autore del De rerum natura, sorpreso in continua scissione tra momento 'poetico' e momento 'insegnativo' (Croce, Lucrezio e Virgilio, pp. 39 ss.).

>l­

14

Capitolo I

senza nome, lo scrupolo metalinguistico di ricondurre il nomen translatum al nomen proprium, la preoccupazione di far comba­ ciare vocabolo e oggetto in una sorta di reversibilità e converti­ bilità di ordine 'fisiologico' e ordine 'filologico'; anzi la fisiologia irrelata e caotica sembra comporsi e prendere forma in un dive­ nire 'caosmico' proprio grazie alla filologia, la quale ordina il molteplice, domina il caos, resiste alla morte e, anziché immagi­ nare o assecondare l'esistente, lo ferma e se ne appropria •. 2. La critica lucreziana nelle sue direttrici fondamentali e vulgate ha privilegiato decisamente le componenti letterarie e culturali (fonti, motivi concettuali, comparazione con le altre letterature, Fortleben, modernità), sacrificando l'elemento verba­ le, confinato per lo più a riflessioni settoriali e ad interventi micrologici e pregiudizialmente declassato a veicolo del cosid­ detto contenuto. Da un lato si è messa in risalto la personalità forte del poeta, analizzato in una prospettiva individualistica e, a tratti, psicana­ litica, compiacente col topos del poeta solitario e angosciato, suggestionata dalla notizia geronimiana del suicidio e filtrata anche attraverso il codice del moderno esistenzialismo. Lo testi­ monia l'interesse che, oltre i filologi e i critici (Martha, Le poè­ me de Lucrèce [ 1 867]; Patin, Du poème de la nature. L'Antilucrè­ ce chez Lucrèce [ 1 868]; Morselli, Il pessimismo di T. Lucrezio Caro [ 1 892]; Giussani, Studi lucreziani [ 1 896]; Alfieri, Lucrezio [ 1 929]; Rozelaar, Lukrez. Versuch einer Deutung [ 1 94 1 ] ; Boyan­ cé, Lucrezio e l'epicureismo [ 1 963]; Perelli, Lucrezio poeta del­ l'angoscia [ 1 969]; Bonelli, I motivi profondi della poesia lucre­ ziana [ 1 984]; allineato con questo filone lo stesso Marchesi, Lucrezio e il poema della natura [ 1 95 1 ]), ha coinvolto anche scrittori (si pensi solo al profilo di Lucrezio nelle Vies imaginai­ res di Marcel Schwob) e persino psichiatri (Logre, L'anxiété de Lucrèce [ 1 946]).

' Mi piace segnalare queste parole di H. Bloom sulla proprietà del poeta forte: «< talenti deboli tendono a idealizzare; le figure di vasta immaginazione invece si appropriano dell'esistente• (L'angoscia dell'in· fluenza, trad. it., Milano 1983, p. 13).

Modello grammaticale e modello fisico

15

Opposta a questa lettura 'romantica' - o meglio ad essa com­ plementare, perché ugualmente tributaria del pregiudizio ideali­ stico preoccupato di attualizzare il poema e isolare poesia e filosofia - si è affermata la lettura ideologica che, muovendo dal pensiero forte del poema e non curante delle ragioni del testo, accredita Lucrezio di prioritari interessi sociali e impegni politici volti a emancipare il popolo dall'alienazione politica e religiosa. Una sorta di Lucrezio marxista ante litteram, quale - al pari di Epicuro e dei materialisti presocratici - viene configurato da un filone critico fortemente ideologizzato.(Nizan, Les matérialistes de l'antiquité. Démocrite, Epicure, Lucrèce [ 1 936 ]; Cogniot, Lucrèce. De la nature des choses. Préface et commentaires [ 1 954]; Le matérialisme gréco-romain [ 1 964]; Winspear, Che cosa ha veramente detto Lucrezio [ 1 963]; soprattutto Farrin­ gton, Scienza e politica nel mondo antico [ 1 939]; Lavoro intel­ lettuale e lavoro manuale nell'antica Grecia [ 1 947]; in Italia, più cautamente, Canali, Lucrezio poeta della ragione [ 1 960] e Flores, Lingua e ideologia in Lucrezio [ 1 973]), con prevedibile ricaduta di interesse nei paesi socialisti (si pensi all'entusiastico favore riservato a Lucrezio in Unione Sovietica in occasione del presunto bimillenario della morte). Sempre all'interno di questa interpretazione filosofica del poema si collocano l'opzione antropologica (non ci si è fatti scrupolo di definire Lucrezio il « primo antropologo», vd. Sikes, The Anthropology of the Greeks [ 1 9 1 4], p. 1 46) e - più fortunata - quella scientifica che, affermatasi in età moderna con la rinascita atomistica di Gassendi e della sua scuola, viene riproposta anche ai nostri giorni (Serres, Lucrezio e l'origine della fisica [ 1 977]). Un interesse congiunto per l'ideologia eversiva e la fisica materialistica epi­ curea mostra in particolare la cultura francese degli anni Ses­ santa e Settanta (vd. Michel, Le hasard et la nécessité: de Lu­ crèce aux modernes [ 1 97 1 ]). Per lo più antecedenti a queste limitanti interpretazioni, che restano al di qua del testo, non erano mancati studi sulla lingua di Lucrezio, con interessi specifici per le caratteristiche morfolo­ giche (Cartault, La flexion dans Lucrèce [1 898]), sintattiche (Hol­ tze, Syntaxis Lucretianae lineamenta [ 1 868]), retorico-stilistiche (Gneisse, De versibus in Lucretii carmine repetitis [1 878]; Span-

)#.

16

Capitolo I

genberg, De Lucreti tropis [ 1 88 1 ] ; Kraetsch, De abundanti dicen­ di genere Lucretiano [ 1 88 1 ] ; v. Raumer, Die Metapher bei Lu­ krez [ 1 893]; Schneider, De alliterationis apud T. Lucretium Ca­ rum usu ac vi [ 1 897]), metriche (Merrill, Lucretius and Cicero 's Verse [ 1 92 1 ] ; The Lucretian Hexameter [ 1 922]; The Characteri­ stics of Lucretius' Verse [ 1 924]; The Metrica[ Technique of Lu­ cretius and Cicero [ 1 924]; Lucretian and Virgilian Rhythm [ 1 929]). Ma questi lavori, decisamente specialistici e confezionati se­ condo i criteri meccanici dell'officina positivistica, non sono riusciti a caratterizzare in direzione linguistica la critica lucre­ ziana. Se la critica idealistica mortificava il testo, questo tecni­ cismo finiva col mortificare testo e lettore. Bisognerà attende­ re gli anni Trenta e Quaranta - e in Italia addirittura gli anni Sessanta, scontando anche negli studi classici un vistoso ritar­ do rispetto agli orientamenti della critica europea - per vedere consapevolmente riconosciute la letterarietà e la retoricità del De rerum natura e avviato, con più sicure e ampie motivazio­ ni, lo studio su come è fatto il poema; un'impostazione che, oltre a fare giustizia del dualismo poesia-filosofia e poesia-reto­ rica, coglie le novità e le individualità espressive lucreziane. Inaugurati nel 1939 dalla dissertazione di Rosamund Esther * Deutsch (The Pattern of Sound in Lucretius), gli studi formali hanno ricondotto tecnica e poetica lucreziana o alla fisica epi­ curea (celebre resta l'articolo di Friedlander (Pattern of Sound and Atomistic Theory in Lucretius [ 1 94 1 ] ; seguito, tra gli altri, da Snyder, Puns and Poetry in Lucretius' De rerum natura [ 1 980]; si veda anche Giancotti, Il preludio di Lucrezio e altri scritti lucreziani ed epicurei [ 1 9782]), o alla retorica (Rand, La composition rhétorique du troisième livre de Lucrèce [ 1 934]; Classen, Poetry and Rhetoric in Lucretius [ 1 968]; e soprattutto Bartalucci, Lucrezio e la retorica [ 1 972]), o all'una e all'altra insieme (Schrijvers, Horror ac divina voluptas. Etudes sur la poétique et la poésie de Lucrèce [ 1 970]; cfr. anche la recensio­ ne a Snyder cit. [ 1 983], dove lo studioso attenua ulteriormente la specificità epicurea a favore di quella retorico-linguistica; Pasoli, Ideologia nella poesia: lo stile di Lucrezio [ 1 970]): privi­ legiando e approfondendo ora la metrica (Naughtin, Metrica[

Modello grammaticale e modello fisico

17

Patterns in Lucretius' Hexameters [ 1 952]; Soubiran, L'élision dans la poésie latine [ 1 966]) ora il lessico (Swanson, A Formai Analysis of Lucretius ' Vocabulary [ 1 962]) ora lo stile (Conte, "Yijloc; e diatriba nello stile di Lucrezio [ 1 966]; Kenney, Introduc­ tion [ 1 97 1 ]; recensione a Schrijvers cit. [ 1 972]; Lucretius [ 1 977]) ora le metafore e le immagini (soprattutto West, The Imagery and Poetry of Lucretius [ 1 969]; ma anche Maguinness, The Language of Lucretius [ 1 965]; Townend, Imagery in Lucre­ tius [ 1 965]; Battisti, Metafore e similitudini in Lucrezio: funzio­ ne e rapporti reciproci [ 1 976]) ora le strutture foniche (Traina, Dira libido [ 1 979]; cfr. Schon, Zur Alliteration bei Lukrez [ 1 970] ; Dell'Era, L 'allitterazione a vocale interposta variabile in Lucrezio [ 1 979]; ricco di esemplificazioni Salemme, Strutture semiologiche nel De rerum natura di Lucrezio [ 1 980]; datati i lavori di Merrill, Alliteration in Lucretius [ 1 892] e Schneider, De alliterationis apud T. Lucretium Carum usu ac vi, cit.) 5• Una direzione di studio, questa, la quale, prima ancora che essere sollecitata dalle metodologie recenti più agguerrite e conclamate (si pensi alla jakobsoniana funzione poetica del linguaggio), è confortata dalle testimonianze degli stessi classi­ ci, i cui rari giudizi su Lucrezio, pur condizionati dal gusto e dalle esigenze scolastiche del tempo, fanno attenzione esclusi­ vamente al suo impegno linguistico e stilistico: giudicato di multa ars da Cicerone (ad Quint. fr. 2, 9, 3), sublimis da Ovidio (am. l, 1 5, 22) e Frontone (epist. ad M. Anton. p. 1 3 1 , 1 4 v. den Hout), doctus da Stazio (sii. 2, 7, 76), elegans e difficilis da Quintiliano (inst. 1 0, l, 87; cfr. Cornelio Nepote, Att. 1 2, 4), Ev­ cpw'llo c; (« risonante ») e d:opéc; («gagliardo »), al pari di Ennio, da Marco Aurelio (ap. Pronto epist. ad M. Anton. p. 1 09, 16 v. den Hout). Ed una direzione da precisare e approfondire, nel tenta­ tivo di cogliere nelle peculiarità dei singoli fenomeni e aspetti espressivi la corresponsione tra significato e significante, ed il rapporto genetico tra ordine linguistico e ordine cosmico, non ' Per una bibliografia organica sui singoli aspetti della critica e della fortuna di Lucrezio si veda la rassegna sistematica di Dalzell, A Bibliogra­ phy, in part. pp. 420425 e 65-7 1 ; da integrare con Perelli, Rassegna, in part. pp. T/9 ss., e, ora, con Classen, Probleme der Lukrezforschung, pp. VII-XV; cfr. anche Leeman, Lucretius superstes, pp. 23 ss. ( = 1 39 ss.).

'f.

Capitolo I

18

solo in relazione alla dottrina del Giardino e alle esigenze del genere, ma anche al dibattito del tempo sul problema della lingua. 3. Tra i passi lucreziani che mettono in correlazione struttu­ ra della lingua e struttura della realtà ( 1 , 1 96- 1 98. 8 1 7-829. 907-9 1 4; 2, 688-699. 1 007 -1 022) • senza dubbio i più organici e significativi appaiono 2, 1 007- 1 022 ( 1 0 1 3 -1 0 1 6 = 1,823+2, 884+ l, 820 s.) e l, 8 1 7-829 (823-825 = 2,688-690), fortemente omologhi e parzialmente doppiati : A 2, 1007-1022 ut noscas referre eadem pri­ mordia rerum cum quibus et quali positura

contineantur

et quos inter se dent motus accipiantque, Quin

1015

[1020]

1021

etiam

refert nostris in versibus ipsis cum quibus et quali sint ordi­ ne quaeque locata; namque eadem caelum mare terras flumina solem significant, eadem fruges arbus­ la animantis; si non omnia sunt, at multo maxima pars est consimilis; verum positura dis­ crepitant res. Sic ipsis in rebus item iam mate riai [intervalla vias conexus ponde­ ra plagas]

concursus motus ordo positura figurae

cum permutantur, mutari res quoque debent.

*

l, 817-829

8

atque eadem magni refert pri­ mordia saepe cum quibus et quali positura

contineantur

et quos inter se dent motus accipiantque; namque eadem caelum mare terras flumina solem constituunt, eadem fruges ar­ busta animantis, verum aliis alioque modo commixta moventur. Quin etiam passim nostris in versibus ipsis multa elementa vides multis communia verbis, cum tamen inter se versus ac verba necessest confiteare et re et sonitu distare sonanti. Tantum elementa queunt per­ mutato ordine solo. At rerum quae sunt primor­ dia, plura adhibere possunt unde queant variae res quaeque creari.

820

825

' Sull'autenticità di questi passi si è molto discusso. Sospetti per Giussani (almeno 2, 688-699 e 1013-1022: il quale, seguito dubitosamente da Emout [limitatamente ai vv. 1013-1022, vd. comm. ad loc.1 li ritiene aggiunta raffazzonata dello stesso Lucrezio [vd. comm. ad loc.]) e interpo­ lati per G. Miiller (Darstellung der Kinetik, pp. 47 ss., il quale, ad eccezione di l, 823-829, li giudica tutti slegati dal contesto e non plausibi-

19

Modello grammaticale e modello fisico

Un esame sinottico di questi versi - centrali nella valutazione di quanti riconducono la poetica lucreziana alla fisica ato­ mistica 7 - consente alcune considerazioni : l ) analogia tra formazione d i verba ( e versus) e formazio­ ne delle res, sulla base della natura indifferenziata (eadem 2, 1 0 1 6 e l , 82 1 ) dei costituenti minimi sia dell'ordine semantico (significant 2,1 0 1 6) che di quello naturale (constituunt l, 82 1 ) •; un'analogia che, almeno stando alla celebre spiegazione della paronomasia ignisflignum di l, 907 ss. (vd. infra p. 1 1 7 n. 23), tende addirittura alla connaturalità; 2) reversibilità dei coefficienti dei costituenti minimi, sia­ no essi fisici o grafici: positura (bis), motus, ordo in A (vv. 1 008, 1 009, 1 0 1 4, 1 0 1 8); positura, motus, ordo in B (vv. 8 1 8, 8 1 9, 827); 3) circolarità tra realtà fisica e realtà linguistica, quale risulta dalla successione intrecciata delle argomentazioni: in A primordia rerum (v. 1007) - nostris in versibus (v. 1 0 1 3) in nostris in rebus materiai (v. 1 0 1 9); in B primordia (v. 8 1 7) -

-

li concettualmente) e per K. Miiller (nell'edizione lucreziana, Ziirich 1975), sono stati invece ben difesi - nonostante le innegabili durezze logiche e compositive - da Boyancé (Recensione a G. Miiller cit., in part. pp. 625 s. e 628 s.) e Schrijvers (Horror ac divina voluptas, pp. 219 ss.) e sostanzial· mente anche da Bailey (vd. commento ad 1013-1022). Vd. anche infra n. 8. Gioverà qui ricordare agli atetizzatori facili che espungere razionalistica­ mente e sistematicamente tutte le sezioni di versi omologhe o identiche e i passi logicamente scollegati e pedanti (ceine pedantische Entsprechung zwischen Buchstaben und Atomen• definisce Miiller [Darstellung der Kinetik, p. SO n. l] la paronomasia ignis/lignum di l, 914) comporta esporsi ai criteri più indefiniti e arbitrari, e soprattutto significa ignorare le leggi della compositio lucreziana (vd. infra cap. III). ' Vd. supra p. 16. Sul rapporto tra poetica e fisica epicurea avremo occasione di tornare ancora nei capp. IV (pp. 101 s.) e V (pp. 1 16 s.). ' Proprio questa concorrenza tra gli isoprosodici e iniziali significant e constituunt all'interno di un verso per il resto identico depone a favore dell'autenticità dei due passi (vd. supra n. 6). Parallelo e sostanzialmente omogeneo col testo lucreziano può essere considerato il frammento in cui Empedocle spiega il processo formativo dei diversi corpi ricorrendo al paragone con le miscele e combinazioni policromatiche dei pittori (fr. 1 5 W. [- B 23 D.-K.]). [Il paragone tra la combinazione delle lettere e quella dei colori riappare in Galileo, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (II• Giornata)].

Jf.

Capitolo I

20

versibus (v. 823) - rerum primordia (v. 828); tale da non con­ sentire l'identificazione del modello e la priorità di uno dei due ordini. Questa comparabilità e similarità tra struttura del signifi­ cante e struttura dell'esistente - giocata sul doppio valore di elementum (a'tOLXEi:ov) inteso come costituente originario sia dell'essere che dell'alfabeto - è comunemente ricondotta agli atomisti Leucippo e Democrito, in base ad una nota testimo­ nianza della Metafisica di Aristotele (985 h 13 ss. = Vors. 67 A 6 D.-K.) sui criteri differenziali delle strutture atomiche ai quali sono riconducibili tutti i fenomeni: 'tau-.aç !J.ÉV'tOL 'tpEi:ç ELvaL À.ÉyovaL, axij!J.(i 'tE xaì. -.ci!;w xaì. DÉaw· OLacpÉpEw ycip cpaaL -.ò ov pva!J.� xaì. OLaDLrfl xaì. -.po'ltn !J.Ovov· 'tOU'tWV OÈ o IJ.ÈV pVO"!J.Òç axij!J.(i Éa'tw, i) OÈ OLaDLyij -.cii;Lç, i) OÈ 'tpO'lt'Ì) DÉaLç· OLacpÉpEL yà.p -.ò IJ.Èv A -.ou N axtiiJ.a'tL, -.ò OÈ AN -.ov NA -.ci!;n, -.ò OÈ Z -.ov N DÉaEL •. Accreditata di paternità presocratica e tradizionalmente le­ gata soprattutto al nome di Lucrezio '", questa concezione ha «Dicono che le differenze sono tre: la figura, l'ordine e la posizione: sostengono infatti che l'essere può avere solo differenze di configurazio­ ne, di contatto delle parti e di orientamento. Di queste la configurazione è la figura, il contatto è l'ordine, l'orientamento è la posizione: infatti A differisce da N per la figura, AN differisce da NA per l'ordine e Z differisce da N per la posizione• (trad. C. A. Viano, La metafisica di Aristotele, Torino 1974; è adottato il testo oxoniense di Jaeger, 1957 [ 1963]: Wilamowitz, seguito da Ross, emendava Z 'tou N in I 'tou H); su questa terminologia, in particolare sul pvcrj..Lo l­

66

*

Capitolo I I

Da u n confronto - fino a d ora inadeguatamente sviluppato tra due opere linguistiche e direi filologiche quali il De rerum natura e il De lingua Latina 73 buoni risultati potranno senz'al­ tro venire non solo per la riflessione generale (vd. supra pp. 29 s.) ma anche - come si tenta gui di dimostrare - per specifi­ che spiegazioni etimologiche 74• Religio - l, 932 ( = 4, 7) religionum animum nodis exsolve­ re pergo. È forse il caso più vulgato, nel quale esplicito è il rinvio di religio a religare, ribadito in 5, 1 1 4 religione refrena­ tus e avallato anche da Cicerone (dom. 1 05 nisi etiam muliebri­ bus religionibus te implicuisses; cfr. Isid. orig. 8, 2, 2) ". Videre - 2, 277 s. iamne vides igitur, quamquam vis extera multos l pellat; cfr. 539 s . . ... tanta ferarum l vis est, quarum nos perpauca exempla videmus. Ci viene in soccorso l'eziologia varroniana: video a vtisu]: qui(n}que enim sensuum maximus

l multa novis verbis praesertim cum sit agendum l propter egestatem 4, l s.) avia Pieridum linguae et rerum novitatem; cfr. l, 926 s. ( peragro loca nullius ante l trita solo. =

*

" Nulla di rilevante a questo riguardo è possibile rinvenire nella pur sterminata bibliografia varroniana, stando alle rassegne di Collart, Car­ dauns, Riposati-Marastoni, Galimberti Biffino (vd. Bibliografia). Un paio di prestiti terminologici lucreziani in Varrone sono indicati da Taylor, Declinatio, p. 106 n. 30. L'unica sollecitazione convinta nel senso da noi auspicato viene da Schrijvers, il quale, dopo aver rimproverato a Snyder di aver tratto «trop peu de profit du De lingua latina de Varron et du meilleur lecteur de Lucrèce, Virgile» (Recensione, p. 1 1 1 ), individua una piccola casistica di convergenze etimologiche tra Lucrezio, Varrone e Virgilio (ibid. p. 1 12).

*

" Ritengo che anche la componente massiccia dell'arcaismo morfologico lucreziano non possa essere ridotta unicamente né a eredità enniana né a necessità metrica, ma si inserisca nel tentativo di risalire allo stadio naturale e radicale della lingua.

*

" L'equivalenza religio - superstitio è da Lucrezio dimostrata linguisticamente in l, 65 (religio) super aspectu mortalibus instans; cfr. Isid. orig. 8, 3, 7. Sull'etimologia vera di religio da relegere è da vedere Lieberg, Considerazioni sull'etimologia, pp. 34 ss.

Lucrezio linguista

67

in oculis ... oculorum sensus vis usque pervenit ad stellas (ling. Lat. 6, 80) 76• Memor, mens 2, 582 ... memori mandatum mente tenere; cfr. 3, 859 nec memori tamen id quimus reprehendere mente. L'etimologizzazione congiunta da memini sia di mens (corradi­ cale) sia di memor (accostamento omonimico) è esplicitamente dichiarata in Isid. orig. 1 1 , l, 12 mens autem vocata, quod emineat in anima, vel quod meminit. Unde et immemores amentes 77• Velle 2, 1 044- 1 047 quaerit enim rafionem animus . . . l . . . quid sit ibi porro quo prospicere usque velit mens l atque animi iactus liber quo pervolet ipse. L'imparentamento, qui suggerito, con volare è sancito in Varro ling. Lat. 6, 47 volo a voluntate dictum et a volatu, quod animus ita est ut puncto temporis pervolet quo volt 1 0 • Suppeditare 3, 3 ss. . . . inque tuis nunc l ficta pedum pono pressis vestigia signis l . . tu patria nobis l suppeditas praecepta. Evidente il collegamento tra suppeditare e il corradi­ cale pes che sottende anche i versi seguenti (v. 23 suppeditat, v. 27 sub pedibus). Vemens 3, 1 52 verum ubi vementi magis est commota metu mens. Lucrezio intende che vemens, sempre preferito a vehemens (3, 482; 6, 3 1 1 . 5 1 7) 79, deriva da mens, mentre l'etimo­ logia popolare lo riconduceva a veho (vd. Emout-Meillet, s. v. vehemens). Il collegamento etimologico dei due termini, instau-

-

-

.

-

" Questa pseudoetimologia è confortata dalle testimonianze di Gellio (5, 16, 4 Plato [Tim. 45 b] existimat genus quoddam ignis lucisque de oculis exire idque sua vi et externa nixum efficere ut quaecumque offenderit inlustraveritque cernamus) e lsidoro (orig. 1 1, l, 21 visus dictus, quod vivacior sit ceteris sensibus). " Cfr. 3, 1040 admonuit memores motus languescere mentis, dove admoneo è corradicale, a grado forte, di mens. " Questa convergenza etimologica era già stata notata dal Schrijvers, Horror ac divina voluptas, p. 109 n. 15. " Cfr. Varro gramm. fr. 77 G.-Sch. ( 280 F.) se ... inseruit (se. H littera) ut in his: 'vehemens reprehendit' (cum elegantiores et ve[he]menter dicant et repre[he]ndit secundum primam positionem: prendo enim dici· tur, non prehendo). =

Capitolo I I

68

rata d a Lucrezio anche altrove (3, 479 mens, 482 vemens), è qui sottolineato anche dalla loro particolare collocazione (fine di emistichio e fine di verso). Fessus 3, 458 .. . fessa fatisci. La iunctura, ripetuta in 5, 308, ci riporta ad uno stadio linguistico originario in cui fes­ sus, prima di cristallizzarsi in aggettivo, valeva come participio di fatiscor, onde evitare la confusione con fassus di fateor (vd. Emout-Meillet, s.v. *fatis). 3, 623 .. . in igni gignier algor. L'etimologia popola­ lgnis re di ignis da gigno, prefigurata più volte da Lucrezio ( 1 , 783 s. [i due termini sono incolonnati nella stessa sede metrica]; 4, 330 s. e 604 s.), è dichiarata esplicitamente da Isidoro (orig. 1 9, 6, 5 ignis ... dictus quod nihil gigni potest ex eo) e indirettamen­ te da Varrone (ling. Lat. 5, 70 ignis a (g)nascendo; sulla corradi­ calità di gigno e (g)nascor, vd. Emout-Meillet, s. v. geno). 3, 775 . .. at non sunt immortali ulla pericla. Periclum « l'antithèse avec immortali montre que Lucrèce interprète le mot camme s'il était dérivé de perire, e non de -periri (ex-peri­ ri) •• (Emout, ad loc. ). Al contrario, sia il significato originario di periclum (« prova »; « rischio » è secondario) sia la fonetica (peri-) depongono a favore di una sua origine da *perior(r). Lethargus 3, 828 s. adde ... oblivia rerum l adde quod in nigras lethargi mergitur undas. Scontata appare l'etimologizza. zione di lethargus da Lethe, qui evocato sia dall'immagine nigras undas sia dall'associazione concettuale oblivia rerum. Auris 4, 594 humanum genus est avidum nimis auricula­ rum. La dipendenza semantica di auris da avidus (aveo) è spiegata da Varrone: auris ab ave[t]o, quod his avemus di(s)ce­ re semper, quod Ennius videtur ihu!J.O'II ostendere velle in A l e x a n d r o cum ait [ = trag. 34 s. R3.]: '/am dudum ab ludis animus atque aures avent l avide expectantes nuntium'. Propter hanc aurium aviditatem theatra replentur (ling. Lat. 6, 83) ••. -

-

-

-

-

•• Questo accostamento etimologico, non sfuggito a Schrijvers (Ho"or ac divina voluptas, p. 60 n. 1 2), esclude gli emendamenti oraclorum di Mac Kay (Notes, pp. 64 s.) e avicularum di Orth (Lucretiana, pp. 91 ss.).

Lucrezio linguista

69

Investigare 4, 702 investigare in qua sit (se. quod olet) regione locatum ... 705 errant saepe canes itaque et vestigia quaerunt. L'equazione investigare = vestigia quaerere col ri­ chiamo ai canes farebbe invidia ad un glossatore. Frustramen 4, 8 1 7 ac nos in fraudem induimus frustrami­ nis ipsi. Gli antichi collegavano frustra (e quindi frustramen) a fraus, anche se l'etimologia di quest'ultimo rimaneva scono­ sciuta (vd. Ernout-Meillet, s. v. frustra). 4, 1 059 s . .. in cor l stillavit gutta et successit Cura frigida cura. Confrontata con l'etimologia di Pesto (p. 43, 1 4 L. cura dieta est, quasi coreda, vel quia cor urat), ripresa da Isidoro (diff. l , 88 cura dieta est eo quod cor urat), la iunctura lucreziana frigida cura, originale e unica, ha tutto l'aspetto di una spiegazione antifrastica. Certare 5, 393 magnis (inter se) de rebus cernere certant. Il passo sembra confortare la teoria che certo (« dibatto » e quindi « combatto ») è iterativo intensivo di cerno (« distinguo ») e non già denominativo di certus, che, come sembra conferma­ re lo stesso Lucrezio (5, 782 incertis crerint), era propriamente l'antico aggettivo in -to di cerno (vd. Ernout-Meillet, s. v. cer­ to) ". Domare 5, 1 334 siquos ante domi domitos satis esse putabant. Il sintagma domi domitus era già in Plauto (Men. 1 05 domi domitus sum usque cum caris meis). Gli antichi dovevano avverti re l'associazione tra domus e domare (proba­ bilmente indotta dalla relazione tra domus e domitor: così si afferma nella maggior parte dei dizionari etimologici, vd. Er­ nout-Meillet, s. v. domus), sebbene i due termini non siano corradicali 12• -

-

-

.

-

-

" Sulla parentela etimologica certo/cerno cfr. Plaut. Bacch. 399 nunc ... specimen spicitur, nunc certamen cernitur. " c lls sont indépendants l'un de l'autre. Il devient évident que cdom· pter• a son propre histoire, et procède de •soumettre par contrainte•, et non de • *attacher à la maison•, sens purement imaginaire; et que par suite OO:J,.IIicraL n'a jamais eu de rapport avec �1.1oc; - ni avec lìÉIJ.Ew • (Benveniste, Homophonies radicales, pp. 28 s.).

70

*

*

Capitolo I I

Sollers - 5, 1 355 s. ... nam longe praestat i n arte l et sollertius est multo genus omne virile. Il rinvio etimologico di sollers ( = sollus + ars: cfr. Isid. orig. lO, 243 sollers ... diceba­ tur qui erat omni bona arte instructus) avviene all'interno di due emistichi accentuatamente sinonimici (nam longe praestat in arte ..... et sollertius est multo). Vinclum - 6, 9 1 5 ... vim vinclaque noscit. Non si potrebbe avere migliore chiarimento di quello varroniano: scrutatur ip­ sum vincire unde dictum sit: dicemus a vi (gramm. fr. 1 30 G.-Sch. [ = 265 F.]). Concludo questo piccolo repertorio etimologico con Avernus: 6, 740 s . . .. (loca) Averna vocantur nomine ... id ab re l impositumst, quia sunt avibus contraria cunctis. Una didasca­ lia, questa, che gareggia con quella del grammatico (Non. I p. 20, 4 s. L. odor eius avibus infestissimus), del commentatore (Serv. ad Aen. 3, 442 ... exalans inde ... odor gravissimus super­ volantes aves necaret: unde Avernus dictus est, quasi liopvoç), dell'etimologo (Isid. orig. 1 3, 19, 8 Avernus ... quod aves ibi supervolare non possent) 83• 4.3 La semantizzazione lucreziana passa anche per la reificazione, vale a dire attraverso il recupero delle parole in valore proprio: la riscoperta del nomen proprium, da Lucrezio costantemente perseguita ed esplicitamente rivendicata in pole· mica col nomen translatum ••. Siamo, come si può vedere, all'antiretorica dell'epicureismo conseguente al principio del­ l'evidenza conoscitiva (ÈvcipyEt.a), il quale aveva il correlativo

" Sull'etimologia lucreziana si veda ora Cerasuolo, L'Averno di Lucre· zio, in part. pp. 239 ss . .. La metafora come pure il linguaggio mitologico (nomen delatum) sono per Lucrezio forme di alienazione espressiva: 3, 131·135 ... redde harmoniai l nomen, ad organicos alto delatum Heliconi; l sive aliunde ipsi porro traxere et in illam l transtulerunt, proprio quae tum res nomine egebat. l Quidquid (id) est, habeant: tu cetera percipe dieta. Con questo passo è sostanzialmente consonante quello sulla polemica contro l'allegoria (2, 655-660).

Lucrezio linguista

71

linguistico nell'immediatezza e trasparenza dell'espressione ( Q'ClqnlVELI1) 85• Da questo punto di vista il De rerum natura costituisce un repertorio linguistico che può competere con quello plautino e, oserei dire, un istruttivo avviamento alla semantica, perché costringe il lettore a scarti continui: in particolare il lettore neolatino, ·il quale, condizionato dal prevalere dei valori deriva­ ti, rischia di smarrire il senso originario delle parole. Alcune di queste parole facilmente fraintendibili che Lucre­ zio usa in senso rigorosamente proprio: 2, 1 32 error ( «vagola­ re»); 2, 425 squalor (« ruvidezza», vd. supra p. 60); 3, 464 dementire («uscire di senno », come confermano avius al v. 463 e delira al v. 464) ••; 3, 879 proponere (« porre avanti »); 3, 883 contaminare (« toccare » e quindi « alterare »); 4, 416 despectus (« sguardo verso il basso »); 4, 68 1 promittere (« mettere avanti » e quindi « (s)lanciare »); 4, 688 permittere (« scagliare »); 5, 765 succurrere (« scivolare », « scorrere sotto ») 87 ; 5, 1 03 1 infantia («incapacità di parlare ») 88; 6, 563 prodere (« spingere avanti », cfr. v. 606); 6, 568 respirare («spirare indietro»). Ma Lucrezio va al di là di questo uso, del resto proprio dei poeti. Infatti talvolta al nomen translatum fa seguire immedia­ tamente il nomen proprium, come avviene .in 4, 363 s. (adum­ bratim - umbra, vd. supra p. 64) e in 6, 52 s. (humilis terra, per l'ametrico humus). Più spesso questo scrupolo della parola inequivocabile si traduce in vero e proprio complesso del traslato: come quando su una metafora Lucrezio fa scatta­ re un paragone con la realtà fisica il quale, al di là della sua

" Cfr. Epicur. ap. Diog. Laert. 10, 13 ('E"KLxoupoc;) XÉXpTJ't> , con relativa bibliografia, K. Volk dedica un paragrafo nel suo recente The Poetics ofLatin Didactic. Lucretius, Vergil, Ovid, Manilius, Oxford 2002, pp. 1 00- 1 05 (persuasa del fatto che «the speaker of the De

1 82

Aggiornamento bibliografico

rerum natura uses the analogy of atoms and letters [ . . . ] to create the subtle impression of a dose relationship between carmen and res, poetic form and philosophical content» [p. l O l ], la studiosa conclude che «the poem appears as the ideai medium to describe the Epicurean world, not because it consists of atoms [ . . . ], but because its 'elements' behave like atoms; not because it is horn and dies [ . . . ], but because it describes the altemation of birth and death and thus reflects nature's cycle of growth and decay » , p. 1 04). I passi di Cicerone (nat. deor. 2, 93) e di Plutarco (Pyth. orac. 399 e) che racchiudono un riferimento polemico alla poetica atomistica lucreziana sono discussi da C. Auvray-Assayas, Lu­ crèce dans le De natura deorum de Cicéron. Une réflexion sur les implications de la poétique atomiste, in R. Poignault (ed.), Pré­ sence de Lucrèce (Actes du colloque tenu à Tours, 3-5 décember 1 998) , Tours 1 999, 1 0 1 - 1 1 0. Deludente il contributo di P. Kyriakou, Lucretius ' Atomic Poetics, in C. Deroux (ed.), Studies in Latin Literature and Roman History VII ( «Collection Latomus» 227), Bruxelles 1 994, 206-2 1 O (l'impiego lucreziano della fortunata metafora della poesia come dulce mel farebbe del poeta «the inheritor of two long traditions: l ) the philosophic through Democritus and Epicurus and 2) the poetic which advocates the sweetness and "honey" of poetry through Homer, Hesiod, Pindar and the hellenistic poetry down to his own day and beyond to Horace and Ovid», p. 207).

P. 21 n. 1 2 Limprobabile ipotesi di Varrone autore di un De rerum natura viene respinta da L. Deschamps, Lucrèce et Vamm , in Algra - Koenen - Schrijvers (edd.), Lucretius and his Intellec­ tual Background, 1 05- 1 1 4 (in part. pp. 1 06- 1 08); Le chant V du De rerum natura de Lucrèce et Varron de Réate , «Vita Latina» 1 5 1 , 1 998, 6- 1 8 . P. 2 9 n . 2 5 Sulla declinatio varroniana, comprensiva dei fe­ nomeni sia di declinazione/coniugazione che di derivazione/com­ posizione, specifico è J. Vaahtera, Derivation. Greek and Roman Vrews on Word Formation, Turku 1 998. Pp. 32 s. �equivalenza semantica e funzionale tra elementuml

Aggiornamento bibliografico

1 83

littera e a-rot"X,Etov/ypci!J-!J-a all'interno della tradizione gramma­ ticale (dall'età antica sino ai giorni nostri) è discussa da G. Vogt­ Spira, Vox und littera. Der Buchstabe zwischen Mundlichkeit und Schriftlichkeit in der grammatischen Tradition, , p. 1 58). L'esistenza di tale connessione, in Lucrezio, tra concezione atomistica e modello grammaticale, è respinta da G. Calboli, Lucrezio e la retorica,