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Italian Pages 144 Year 2016
DISCI DIPARTIMENTO storia culture civiltà
Archeologia
Collana DiSCi Il Dipartimento di Storia Culture Civiltà, attivo dal mese di ottobre 2012, si è costituito con l’aggregazione dei Dipartimenti di Archeologia, Storia Antica, Paleografia e Medievistica, Discipline Storiche Antropologiche e Geografiche e di parte del Dipartimento di Studi Linguistici e Orientali. In considerazione delle sue dimensioni e della sua complessità culturale il Dipartimento si è articolato in Sezioni allo scopo di comunicare con maggiore completezza ed efficacia le molte attività di ricerca e di didattica che si svolgono al suo interno. Le Sezioni sono: 1) Archeologia; 2) Geografia; 3) Medievistica; 4) Scienze del Moderno. Storia, Istituzioni, Pensiero politico; 5) Storia antica; 6) Studi antropologici, orientali, storico-religiosi. Il Dipartimento ha inoltre deciso di procedere ad una riorganizzazione unitaria di tutta la sua editoria scientifica attraverso l’istituzione di una Collana di Dipartimento per opere monografiche e volumi miscellanei, intesa come Collana unitaria nella numerazione e nella linea grafica, ma con la possibilità di una distinzione interna che attraverso il colore consenta di identificare con immediatezza le Sezioni. Nella nuova Collana del Dipartimento troveranno posto i lavori dei colleghi, ma anche e soprattutto i lavori dei più giovani che si spera possano vedere in questo strumento una concreta occasione di crescita e di maturazione scientifica.
Giuseppe Sassatelli
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina Il Congresso di Bologna del 1871 e i suoi protagonisti
Bononia University Press
Il presente volume è stato pubblicato con fondi PRIN 2010 “La città etrusca e il sacro. Santuari e istituzioni politiche”.
Bononia University Press Via Ugo Foscolo 7 40123 Bologna tel. (+39) 051 232882 fax (+39) 051 221019 © 2015 Bononia University Press ISSN 2284-3523 ISBN 978-88-6923-102-5 ISBN online 978-88-6923-519-1
www.buponline.com [email protected]
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. Referenze fotografiche Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Bologna: figg. 1, 4, 5, 6, 16, 17, 21, 22 Museo Civico del Risorgimento, Bologna: figg. 3, 7, 8 e p. 43 Museo Geologico Giovanni Capellini, Bologna: figg. 2, 9 In copertina: Copertina dell’album dedicato a Giovanni Gozzadini in ricordo del V Congresso Internazionale di Antropologia e Archeologia Preistoriche. Progetto grafico: Irene Sartini Impaginazione: DoppioClickArt - San Lazzaro (BO) Stampa: Editografica - Rastignano (BO) Prima edizione: dicembre 2015
Sommario
Introduzione
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I. Bologna: il Congresso di Antropologia e Archeologia Preistoriche del 1871
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II. L’album fotografico dedicato a Giovanni Gozzadini, presidente del congresso
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Appendice Come un album di famiglia Claudio Marra
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Giovanni Gozzadini
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Catalogo
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Bibliografia
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INTRODUZIONE
Nel mese di settembre 2008, come direttore dell’allora Dipartimento di Archeologia, su segnalazione del collega Daniele Vitali, ebbi occasione di entrare in contatto con l’ingegner Giulio Da Schio di Costozza di Longare (Vicenza) e di acquistare da lui l’album di fotografie che qui si pubblica. L’acquisto fu concluso nonostante alcune difficoltà sollevate dagli uffici amministrativi a fronte dell’anomalia dell’operazione. Non si può negare che l’acquisto di un album con fotografie di archeologi e scienziati del XIX secolo potesse apparire quanto meno insolito per un Dipartimento di Archeologia. Ma è anche vero che si trattava di fotografie del tutto speciali e con un legame molto stretto con la storia delle nostre discipline, per cui, forte di queste motivazioni, riuscimmo a superare tutte le difficoltà. Da allora l’album è entrato a far parte del patrimonio documentario del dipartimento, pur rimanendone per così dire un po’ ai margini, forse anche perché non c’è stato ancora modo di rendere nota la cosa. Di tanto in tanto, però, specie negli ultimi anni, diversi studiosi, evidentemente informati della sua esistenza a Bologna, hanno chiesto di consultarlo. Anche a seguito di queste richieste, sempre più frequenti, ho preso la decisione di pubblicarlo integralmente proprio per metterlo a disposizione della comunità scientifica. Infatti, al di là di alcuni aspetti di dettaglio, legati ai singoli personaggi coinvolti, comunque interessanti e a volte anche divertenti, l’album, con le sue 94 fotografie, ci consente di ricostruire un tassello importante della storia delle nostre discipline in un momento cruciale della storia nazionale, sia sul piano politico sia su quello culturale e delle idee. Da tali presupposti nasce l’idea di questa pubblicazione, che mi auguro possa interessare non solo gli addetti ai lavori, ma anche un pubblico attento a questo genere di recupero e di riflessione. Partendo dalle singole fotografie, oltre che dalle dediche e dalle firme che molte di esse contengono, con l’aiuto di qualche altro documento, ho avviato un meticoloso lavoro di riconoscimento e di identificazione, che è approdato a un risultato molto lusinghiero, se si pensa che soltanto per 3 fotografie su 94 non ho trovato elementi sufficienti per identificare i personaggi fotografati. Dopo di che mi sono adoperato per acquisire alcuni dati biografici essenziali per ciascuno di essi, senza alcuna pretesa di completezza, ma solo per raccogliere, in una breve scheda di commento (o se si preferisce in una lunga didascalia) alle singole fotografie, gli elementi più significativi per inquadrare i vari personaggi, non certo per aggiungere notizie a quanto già ci è largamente noto nella maggior parte dei casi, ma solo per
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Introduzione
comprendere meglio il significato storico dell’album, visto il suo legame con il V Congresso Internazionale di Antropologia e Archeologia Preistoriche tenutosi a Bologna nel 1871, un avvenimento di cui è ormai ben nota l’importanza da molti punti di vista. Al catalogo vero e proprio dei singoli personaggi e delle relative fotografie ho fatto precedere due brevi capitoli introduttivi, uno sul congresso, all’interno del quale nasce l’idea dell’album fotografico, e l’altro proprio su quest’ultimo, sulle sue caratteristiche e sul suo significato. Al termine di questo lavoro devo ringraziare molte persone. Prima di tutto coloro a cui mi sono rivolto per avere un aiuto nel corso del lungo lavoro di identificazione e riconoscimento e cioè i colleghi D. Briquel, M. Nielsen, A. Rathje, A. Cristiani, K. Elam, R. Vai e i miei più giovani collaboratori A. Gaucci e S. Santocchini Gerg. Per il reperimento e il recupero di alcune immagini devo un ringraziamento al direttore della Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna dottor P. Bellettini e alle sue collaboratrici A. Manfron e A. Riccò. Un grazie a E. Govi per alcuni consigli e suggerimenti. Ringrazio infine per l’aiuto complessivo nell’acquisizione delle immagini, nell’organizzazione dell’apparato illustrativo e anche nella sistemazione del testo A. Gaucci, B. Gruska, M. Franzoia, G. Mancuso, G. Morpurgo, S. Santocchini Gerg.
I. BOLOGNA: IL CONGRESSO DI ANTROPOLOGIA E ARCHEOLOGIA PREISTORICHE DEL 1871
Il V Congresso Internazionale di Antropologia e Archeologia Preistoriche, tenutosi a Bologna nel 1871, fu un avvenimento importante nella storia delle molte discipline coinvolte (antropologia, archeologia, geologia, scienze naturali), sia sul piano specificamente scientifico, sia nel più ampio quadro delle ideologie e della politica nazionale per gli stretti legami con il processo dell’Unità d’Italia e con i conseguenti progetti di riorganizzazione degli assetti culturali del paese. A tale riguardo, il catalogo della mostra Dalla Stanza delle Antichità al Museo Civico. Storia della formazione del Museo Civico Archeologico di Bologna, svoltasi ormai trent’anni fa, è ancora oggi un notevole punto di riferimento, per le numerose informazioni raccolte e per le riflessioni che ne scaturirono. Da allora vi sono stati altri approfondimenti (vedi nota bibliografica), ma in questa sede mi limito a riassumere i dati essenziali, solo ed esclusivamente per ricostruire nelle sue linee generali il quadro storico-culturale nel quale collocare l’iniziativa e la vicenda dell’album di ritratti fotografici che qui si pubblica, allo scopo di comprenderne meglio il senso e il valore. Nonostante l’interesse sistematico per la preistoria si sia concretizzato in Italia con lieve ritardo rispetto ai paesi nordici, forse anche per il peso che qui aveva la tradizione classica, è indubbio il suo collegamento con quanto accadeva in Europa, sia per quanto riguardava le metodologie specifiche della ricerca archeologica, sia per quanto si riferiva alle profonde innovazioni nelle discipline interessate e più in generale nelle idee. Il casuale abbassamento delle acque nei laghi alpini e lombardi, provocato alla metà del XIX secolo da motivi climatici, portò alla scoperta di speciali insediamenti lacustri (palafitte) e suscitò uno specifico interesse che poi si estese alle terramare della pianura padana, coinvolgendo, oltre agli archeologi, anche geologi e naturalisti, profondamente rinnovati nei loro rispettivi ambiti disciplinari e autentici pionieri dell’archeologia sperimentale e preistorica. Scavi di altra natura, come quelli di G. Scarabelli nell’Imolese e di G. Gozzadini (Fig. 1) a Villanova (1853), ampliarono ulteriormente lo spettro delle ricerche e delle attività. E nel 1861 la sopraggiunta Unità d’Italia non fece che rafforzare questo processo con ricadute importanti sia sul piano politico sia su quello degli assetti organizzativi. Sul piano politico perché la scoperta e lo studio delle popolazioni preistoriche ebbero un peso determinante nella costruzione della nuova identità nazionale all’interno di un progetto che, rivalutando le «energie italiche in funzione antiromana», si oppose fin dall’inizio ai modelli
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Fig. 1. Giovanni Gozzadini (1810-1887).
plasmati su Roma antica, dietro i quali c’era il desiderio di una centralizzazione e di conseguenza di una omologazione (agli inizi e prima del 1870 una “piemontesizzazione”) delle multiformi e variegate realtà locali. Sul piano organizzativo fu avviato un programma di rinnovamento generale, anche a livello universitario, delle discipline coinvolte, sia di quelle naturalistiche, con particolare riguardo alla geologia, relativamente alla preistoria più antica (quella senza nessuna fonte scritta); sia di quelle storiche e archeologiche relativamente alla preistoria più recente, per la quale esisteva anche il potente ausilio della documentazione scritta nel processo di identificazione dei popoli. Subito dopo l’Unità d’Italia si attuò nelle università un profondo rinnovamento del corpo docente con l’immissione di nuove figure sia tra i naturalisti, in particolare geologi (A. Issel, G. Gastaldi, A. Stoppani, L. Bombicci, G. Capellini) e zoologi (E. Cornalia e P. Strobel), che tra gli antropologi (P. Mantegazza) e gli archeologi (L. Pigorini ed E. Brizio, sia pure entrambi soltanto dopo la presa di Roma), oltre che tra gli umanisti di altri settori, come il latinista G.B. Gandino e il poeta G. Carducci, il cui decreto di nomina all’Università di Bologna aveva la stessa data di quello del geologo G. Capellini (Fig. 2). Al contrario di quanto accadeva in Francia, dove le figure di spicco in questo ambito di ricerca erano per lo più estranee all’accademia, in Italia, specie quella settentrionale, il radicarsi delle ricerche sulla preistoria dell’uomo dipese anche dal profondo rinnovamento della classe docente messo in atto dopo l’Unità d’Italia con la nomina di una “nuova falange di professori”, giovani e decisamente innovatori. All’interno della spinta centralizzatrice, cui si è fatto cenno, rientrava anche il programma di concentrare a Roma il meglio delle risorse umane e strumentali delle varie università e di ricostruire qui il «tempio unico della sapienza nazionale». In totale disaccordo con questo progetto si mostrò tra gli altri anche il Capellini che, in qualità di rettore, si adoperò per una raccolta sistematica delle pubblicazioni scientifiche dei professori dell’Università di Bologna, edite tra il 1864 e il 1874 (una sorta di VQR ante litteram), allo scopo di dimostrare l’alto valore e il grande impegno dei suoi docenti e di
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Fig. 2. Giovanni Capellini (1833-1922).
sostenere, al contrario di quanto si proponeva di fare il governo centrale, l’opportunità e la necessità di un rilancio dell’Ateneo bolognese rispetto al quale lo stesso Pigorini si fece tra l’altro promotore di una ricerca che ne individuò le origini alla fine dell’XI secolo e legittimò i festeggiamenti per commemorarne solennemente di lì a poco l’VIII Centenario con il pieno appoggio di tutto il corpo accademico e della città (Fig. 3). A tutto questo va aggiunto che nel 1859 Charles Darwin aveva pubblicato la sua On the Origin of Species, un altro snodo importante riguardo la più generale storia delle idee, che però si intrecciava profondamente con le nuove frontiere dell’archeologia preistorica, all’interno della quale vennero messi in crisi il “creazionismo” della Chiesa e le cronologie dell’archeologia biblica, per dare spazio a presupposti epistemologici affatto nuovi con un movimento scientifico largamente impegnato ad affermare la ragione laica contro il dogmatismo cattolico. Significativa a questo riguardo anche la cronistoria della fortuna di Darwin. La prima edizione della sua opera, pubblicata a Londra il 24 novembre 1859, si esaurì in un solo giorno. Uguale fortuna ebbero una seconda edizione pubblicata nel 1860, e una terza pubblicata nel 1861, alle quali si aggiunsero rapidamente la traduzione in tedesco (1860) e in francese (1862). In Italia l’opera è conosciuta solo più tardi e con modalità più rallentate. La grande novità della teoria darwiniana venne infatti prontamente recepita da G. Capellini, che nel 1860 vi dedicò una lezione all’università, pubblicata tre anni dopo da L. Foresti, suo fedele assistente oltre che cognato, ma in un’edizione per così dire di nicchia e con pochissimi riscontri, per di più solo di ambito locale e accademico. Soltanto nel 1864, dopo una conferenza di F. De Filippi a Torino, l’opera di Darwin cominciò a suscitare interesse e un piccolo editore di Modena ne pubblicò la traduzione in italiano dei naturalisti L. Salimbeni e G. Canestrini. Da questo momento in poi l’opera può considerarsi pienamente inserita nel dibattito culturale e scientifico sull’antichità dell’uomo e sulla sua origine. Sorge spontanea l’osservazione che forse occorreva il compimento dell’Unità d’Italia perché tutto ciò potesse accadere. Non
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Fig. 3. Cortile dell’Archiginnasio: inaugurazione delle celebrazioni per l’VIII Centenario dell’Università di Bologna, voluta e promossa da Giovanni Capellini negli anni del suo rettorato.
solo, ma la tensione tra laicismo e cattolicesimo sul piano delle idee finì ben presto con l’avere anche implicazioni politiche, relativamente alla volontà del giovane stato italiano di limitare (o anche di annullare) il potere temporale della Chiesa, che tra il 1861 e il 1870 continuò ad essere un ostacolo al compimento dell’unificazione nazionale. Questo è il quadro culturale e politico nel quale si inserisce il congresso di Bologna del 1871, della cui cronistoria vorrei ora ripercorrere le tappe salienti. Nel settembre del 1865, in una riunione della Società Italiana di Scienze Naturali svoltasi a La Spezia, si auspicò che i naturalisti si occupassero di ricerche preistoriche per le quali venne coniato il termine paleoetnologia (“etnologia dei tempi antichi”), poi abbreviato da P. Strobel in paletnologia. In quella stessa riunione, presieduta da G. Capellini e da G. de Mortillet (n. 38), fu fatta la proposta di istituire un “Congresso Paleoetnologico Internazionale”, con il progetto molto lucido di creare una comunità scientifica internazionale attraverso la quale incrementare e sostenere nei singoli paesi la nuova disciplina, elevando il metodo della ricerca, migliorando la diffusione dei risultati e strutturando le occasioni di confronto tra i diversi protagonisti di questo nuovo impegno scientifico. Il primo di questi congressi si svolse a Neuchâtel, in Svizzera, sotto la presidenza di E. Desor (n. 83); il secondo si svolse a Parigi nel 1867, assumendo in tale occasione il titolo definitivo di “Congresso Internazionale di Antropologia e Archeologia Preistoriche”. Lo presiedette E. Lartet, che a La Spezia aveva sostenuto con calore la proposta istitutiva di G. de Mortillet. Il terzo si svolse a Norwich, in Inghilterra, nel 1868, e fu presieduto da J. Lubbock (n. 43). Nel quarto, svoltosi a Copenhagen nel 1869
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Fig. 4. Ritratto di Giovanni Gozzadini e di Giovanni Capellini, rispettivamente presidente e segretario generale del Congresso di Bologna.
e presieduto da A. Worsaae (n. 23), fu presa la decisione di adottare il francese come lingua ufficiale del congresso e, in conseguenza della indisponibilità dei belgi ad ospitare a Bruxelles il quinto congresso, fu proposta l’Italia come sede della riunione da tenersi nel 1870. Determinante per questa scelta fu il ruolo del Capellini che, forte dei suoi rapporti con il mondo scientifico europeo, della sua aperta adesione alle teorie evoluzioniste e anche dell’antichità e del prestigio dell’università in cui insegnava, riuscì a far cadere la scelta su Bologna. In questa decisione fu agevolato da altre circostanze e in particolare dal fatto che la città, in ragione del grande favore dei nuovi scavi (si pensi solo alle terramare e agli Etruschi), era ormai considerata la “culla della paletnologia italiana” e quindi la città ideale per celebrare la nuova scienza preistorica nazionale che, ad onta dell’ironia di T. Mommsen, non solo non era la «scienza degli analfabeti», ma cominciava anche ad avere un grande peso nella configurazione dei nuovi assetti culturali del giovanissimo stato italiano. Il Capellini, designato come segretario del congresso, pensò subito per la funzione di presidente al conte Giovanni Gozzadini (Fig. 4), già consigliere comunale e senatore del Regno, oltre che figura di grande prestigio nell’archeologia bolognese e italiana, per le scoperte recenti a Villanova e a Marzabotto, suo amico personale e soprattutto amico di Marco Minghetti, ministro dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio ai tempi della decisione presa a Copenhagen. Minghetti, che ebbe sicuramente un ruolo importante nella scelta della sede in cui tenere il quinto congresso, era, come Capellini, un assiduo frequentatore di casa Gozzadini e in alcuni articoli di buona divulgazione si era anche occupato di alcuni temi caldi della ricerca preistorica, intravedendone possibili ricadute sul piano politico. Il suo pieno appoggio all’iniziativa nasce sicuramente dal desiderio di offrire alla propria città una grande
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occasione di visibilità internazionale e anche per questo non esitò a scrivere al Gozzadini, inizialmente restio ad accettare la presidenza del congresso, per indurlo a superare tutti i dubbi e le esitazioni. In buona sostanza si può dire che la decisione di fare il congresso a Bologna nacque all’interno di un lucido progetto politico e culturale, con l’appoggio e la triplice convergenza del governo nazionale, di figure locali di grande prestigio (personale e politico) e dell’università (e non a caso G. Capellini, di lì a poco, ne diventerà il rettore). Così come era accaduto per tutte le precedenti sessioni, anche per quella di Bologna il congresso venne posto sotto la protezione della Casa Reale e nello specifico del principe Umberto di Savoia, che partecipò ad alcune sedute e all’escursione a Marzabotto. Mai l’intreccio fra scienza e politica fu così profondo. La Casa Reale, infatti, oltre al vanto di aver realizzato l’Unità d’Italia, rivendicava il merito di un impegno forte nella difesa e nel sostegno della libertà della scienza e del pensiero laico che, nel caso dell’archeologia preistorica, significava essenzialmente lo scardinamento dei dogmi e delle restrizioni oscurantiste della scienza cattolica sostenuti da chi aveva avversato fino in fondo anche il processo di unificazione nazionale. Il governo assicurò tra l’altro un significativo finanziamento di 15.000 lire, corrispondenti, secondo i conteggi più appropriati di rivalutazione, a circa 60.000 euro, destinato soprattutto alle spese per l’allestimento dell’Esposizione (vedi oltre) e in ogni caso da affiancare ad altre forme di consistente sostegno da parte di istituzioni (città di Bologna, Modena e Ravenna) e di privati (conti Aria di Marzabotto) per l’ospitalità ai congressisti, specie nelle escursioni previste dal programma, oltre che da una piena collaborazione su tutti i fronti tra comune e università, vero asso vincente dell’intera vicenda. Nonostante una adesione complessivamente molto ampia e favorevole, all’interno della comunità scientifica non mancarono alcune defezioni eccellenti, sulla base di motivazioni non sempre chiare e condivisibili. Tra queste spiccano quelle di B. Gastaldi, P. Strobel e, in un primo momento, di L. Pigorini (n. 69), i quali si rifiutarono di mandare i materiali per l’Esposizione Preistorica Italiana, da allestirsi in occasione del congresso, avanzando ingiustificati timori per la loro conservazione. La vera motivazione però era una sostanziale disistima o forse più semplicemente un marcato antagonismo nei confronti del Capellini, accusato di scarsa conoscenza della preistoria e di eccessivo presenzialismo accademico e cerimoniale. L’ostilità di B. Gastaldi e P. Strobel rimase immutata anche a congresso concluso, con l’accusa, di basso profilo, di essersi trattato, più che di una iniziativa di carattere scientifico, di una occasione per banchetti e cerimonie. Al contrario L. Pigorini, a seguito di un intervento diretto del Ministro dell’Istruzione Cesare Corretti, del quale era ben noto l’interesse per lo studio delle popolazioni italiche in chiave antiromana, ci ripensò e cambiò atteggiamento, mostrando per così dire una buona dose di opportunismo, e aderì pienamente all’iniziativa tanto da divenirne uno dei protagonisti più attivi. L’episodio nel suo complesso ha tutto l’aspetto di una banalissima polemica personale dovuta a rivalità accademiche e professionali («meschine invidiuzze», le chiamava il Capellini), più che a reali contrasti di tipo scientifico. Il congresso avrebbe dovuto tenersi nell’autunno del 1870, ma la guerra dichiarata da Napoleone III alla Prussia di Bismark nel mese di luglio consigliò il rinvio all’anno successivo, nel timore di molte assenze, soprattutto di studiosi dei due paesi belligeranti. Il rinvio fu favorito anche dagli avvenimenti un po’ burrascosi che poco dopo portarono alla breccia di Porta Pia e all’annessione di Roma al Regno d’Italia. La guerra non fu senza conseguenze nel rapporto tra gli scienziati di Francia e Germania, se solo si ricorda che gli accademici tedeschi furono radiati dalle accademie francesi e la stessa cosa accadde agli accademici francesi in Germania. E inoltre alcune personalità anche di alto profilo, come ad esempio G. de Mortillet (n. 38), si lasciarono trascinare in espressioni molto forti e cariche d’odio quasi razziale nei confronti del “nemico”. In questo contesto si giustifica pienamente l’appello di F. Garrigou (n. 34) per l’unità di tutti gli studiosi e per la loro riappacificazione dopo i contrasti dovuti al conflitto francoprussiano, con una condanna delle sciagure della guerra e delle tensioni fra i paesi coinvolti. Dopo il rinvio di un anno, il congresso si svolse a Bologna tra l’1 e il 9 ottobre 1871, in parte alla Biblioteca Universitaria e in parte all’Archiginnasio. All’apertura dei lavori, presente il sindaco Ca-
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Fig. 5. Camillo Casarini, sindaco di Bologna, nell’anno del congresso e dell’inaugurazione del Museo Civico Archeologico (1871).
sarini (Fig. 5) e tutte le massime autorità cittadine, oltre a un rappresentante del governo nazionale, per sottolineare il carattere fortemente internazionale dell’iniziativa, oltre all’esibizione di tutte le bandiere nazionali dei partecipanti, si ricorse a un accompagnamento musicale, appositamente composto, che fondeva l’inno italiano con quello dei paesi da cui provenivano i congressisti, non sappiamo con quali risultati sul piano musicale. Il successo del congresso fu enorme. Tutti i paesi europei erano rappresentati e non mancavano alcuni paesi extraeuropei: Austria e Ungheria, Germania, Belgio, Danimarca, Spagna e Irlanda, Grecia, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Russia, Spagna, Svezia, Svizzera, Indie Orientali e Stati Uniti d’America. Dagli Atti del Congresso risultano complessivamente iscritti quasi 500 studiosi. Anche se è molto probabile che essa non indichi i reali partecipanti al congresso, questa lista ci dà comunque l’idea di una massiccia adesione, confermata dal fatto che nei resoconti delle escursioni si parla di 250-300 persone. L’avvenimento fu molto sentito anche a livello cittadino, stando ai giornali che, non solo avevano informato i loro lettori con ampi articoli preparatori sulle età preistoriche e sulle più recenti scoperte archeologiche, ma pubblicavano quotidiani resoconti dettagliati su quanto accadeva al congresso, sia sul piano per così dire mondano sia su quello propriamente scientifico, con particolare riguardo allo scontro tra i sostenitori dell’archeologia preistorica, laica ed evoluzionista, e i cattolici tenacemente ancorati all’archeologia biblica e a posizioni “creazioniste”. In questo modo il dibattito scientifico che si sviluppava all’interno del congresso aveva un riscontro immediato e anche appassionante a livello politico e cittadino. Del resto la città si sentì molto coinvolta nell’iniziativa, sia nella sua componente istituzionale, stando ai lavori di riassetto urbano e stradale finalizzati al migliore accoglimento dei congressisti, sia nel suo corpo civico, stando alle sottoscrizioni private in denaro per contribuire alla sistemazione di alcuni spazi destinati ad ospitare i lavori del congresso. Per illustrare agli ospiti in modo adeguato e concreto le principali novità degli scavi svolti in città e nella regione, nel programma dei lavori, alle riunioni scientifiche si
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Fig. 6. Il sepolcreto nord della città etrusca di Marzabotto con il padiglione allestito per il ricevimento e il pranzo dei partecipanti al congresso ai quali si unì il principe Umberto.
alternavano escursioni dedicate alla visita di alcuni importanti complessi archeologici, con scavi recenti e in qualche caso ancora in atto, strettamente correlati alle tematiche del congresso: la terramara di Montale nei pressi di Modena scavata da G. Boni; il museo e l’area archeologica di Marzabotto esplorata da G. Gozzadini; la necropoli etrusca della Certosa a Bologna scavata da A. Zannoni, mentre la visita a Ravenna fu soltanto una digressione turistica, non avendo la città alcun legame con i temi del congresso. Nel corso di queste escursioni si ebbe una «festosa partecipazione del popolo», favorita e sollecitata dagli appelli dei rispettivi sindaci a «rendere il dovuto omaggio ai cultori della scienza… concorrendo ad onorarli con dimostrazioni di ossequio». A Marzabotto, in particolare, presente il principe Umberto, si ebbe una festosa partecipazione di folla ad una sorta di grande festa congressuale che si concluse con un lauto pranzo nel parco e nella villa dei conti Aria, le cui portate furono dettagliatamente descritte dai giornali (Fig. 6). A episodi come questo si attaccava pretestuosamente P. Strobel quando, per motivare la sua mancata partecipazione al congresso, ne rimarcava i «troppi pranzi e la troppa spesa» per cui i partecipanti finivano col «consacrare la maggior parte del tempo ai banchetti e ai tost». Pronta anche su questo la reazione, per certi versi scherzosa, di G. de Mortillet (n. 38), secondo il quale i congressi si devono organizzare per discutere e per creare occasioni di contatto tra studiosi. E questo lo si può fare bene «sia a tavola che nella sala delle sedute» perché «lo spirito non va separato dalla materia». E un congresso per essere completo deve comprendere una «parte di ascolto e discussione e una parte di cibo e bevande». Tornando al congresso e al suo concreto svolgimento sul piano scientifico, vorrei ricordare brevemente i principali temi affrontati e discussi. L’ossatura tematica del congresso, già definita nella seduta di Copenhagen, prevedeva come argomenti di discussione l’età della pietra in Italia; le caverne del litorale mediterraneo e in particolare della Toscana, messe a confronto con le grotte della Francia meridionale; gli abitati lacustri e le torbiere dell’Italia settentrionale; l’analogia tra le terramare e i Kjoekkenmoeddings nordici; la cronologia della più antica sostituzione del bronzo con il ferro; le questioni cronologiche relative alle diverse razze che hanno popolato le varie parti d’Italia. Vista la presenza e il ruolo del Gozzadini e considerate le grandi novità degli scavi di Villanova, Marzabotto e Bologna (Certosa), a questi temi si aggiunse quello degli Etruschi, ampiamente trattato e discusso sia nelle sedute, sia nelle escursioni. Rimase un po’ ai margini il tema degli insediamenti dell’età
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del bronzo in Italia e in particolare quello delle terramare, provocando una ulteriore aspra critica al congresso da parte di P. Strobel, secondo il quale su quest’ultimo punto «non s’è progredito d’un passo». All’interno di questo canovaccio, ampio e variegato, furono soprattutto alcuni grandi temi a tenere banco e ad affiorare frequentemente nelle discussioni. In primo luogo quello dell’antichità dell’uomo, cioè quello della cronologia dei resti scheletrici e dei manufatti più antichi attraverso lo studio dei materiali paleontologici associati o attraverso la datazione delle formazioni geologiche che li contenevano. Il riconoscimento e la determinazione di un’alta antichità dell’uomo comportava inevitabilmente lo smantellamento di una consolidata scienza ufficiale, strettamente legata ai dogmi creazionistici della Bibbia e delle sacre scritture, alle quali non si voleva e non si poteva più riconoscere alcuna validità storica. Non solo, ma attraverso il dibattito sull’antichità dell’uomo passava anche la prima recezione della teoria evoluzionistica, mostrando quanto fosse fecondo il collegamento tra studi preistorici ed evoluzionismo. In tutto ciò si inseriva il fondamentale apporto dell’antropologia e della craniologia, rispetto alle quali furono gli stessi antropologi a sottolineare i limiti della loro disciplina, sempre comunque all’interno di una sostanziale fiducia nelle “scienze”, a loro avviso più esatte e affidabili delle metodologie puramente archeologiche. A monte di tutto questo si collocava poi l’eterno quesito della attribuzione delle culture archeologiche alle civiltà o ai popoli ricordati dalle fonti e da esse variamente collocati nello spazio e nel tempo dell’Italia antica, problema che si poteva tentare di risolvere solo attraverso l’intreccio equilibrato di varie discipline, tra le quali anche la linguistica, ferocemente avversata da alcuni antropologi come elemento di classificazione storica e etnica. E proprio relativamente a questo punto il congresso fu accusato di non avere «trovato una soluzione certa e univoca». Si trattava però di un’accusa troppo severa perché il problema era ed è tuttora molto complesso e, come ebbe occasione di osservare G. de Mortillet (n. 38), «non si può chiedere a questo congresso più di quello che esso possa dare perché giammai un congresso ragionevole ha avuto la pretesa di chiudere seccamente i problemi, ma piuttosto quella di discuterli e chiarirli». Per quanto riguarda poi i temi più legati a Bologna e al suo territorio, in particolare quello degli Etruschi, il congresso rappresentò un’autentica svolta da molti punti di vista. Relativamente alla fase di Villanova, si consolidò l’idea di una sua appartenenza agli Etruschi sia pure in una fase più antica della “necropoli” di Marzabotto e delle tombe della Certosa, anche se mancando ancora la grande documentazione delle necropoli villanoviane di Bologna, scavate solo negli anni successivi, tale fase non ebbe quell’attenzione che forse meritava e che molti stranieri invece, tra i quali E. Desor (n. 83), le riconoscevano apertamente. Per quanto riguarda invece Marzabotto, è ben noto che nonostante l’ostinazione di G. Gozzadini di vedervi un enorme sepolcreto, seguito in questo dal Conestabile (n. 54), molti altri congressisti tra cui G. Chierici e A. Zannoni, sia nel corso della visita che in sede di discussione, richiamarono l’attenzione su quegli elementi che consentivano invece di pensare a una città con le sue case, le sue strade e i suoi templi. Sulla presenza di alcune sepolture di inumati con armi all’interno di strutture che per questo sembravano tombe ci furono alcune illuminanti considerazioni di E. Desor e G. de Mortillet, che riconobbero in queste “tombe” le sepolture di guerrieri celtici, più recenti di oltre centocinquant’anni rispetto alla documentazione etrusca e quindi riferibili a quei Galli invasori che, cacciati gli Etruschi, usarono le loro case (e i relativi pozzi) per seppellire i morti. Sia Gozzadini che Conestabile furono però irremovibili, fino al punto di considerare etruschi i materiali lateninani transalpini che mostravano forti assonanze con quelli trovati nelle “sepolture” di Marzabotto. Stupisce in tutto questo soprattutto l’atteggiamento e l’ostinazione di G. Conestabile, per il quale si ha l’impressione che ci fosse da parte sua una sorta di solidarietà personale, quasi di tipo generazionale, nei riguardi del presidente del congresso, più che una reale convinzione di tipo scientifico. Del resto credo si possa dire che questo episodio segna per G. Gozzadini l’inizio di una fase di declino e di allontanamento progressivo dal dibattito scientifico sull’archeologia della città e della regione che da questo momento in poi lo vide un po’ distaccato e per così dire ai margini di quello che accadeva sia sul piano delle scoperte che su quello degli studi.
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Fig. 7. Bologna, 1874, sfilata di carnevale dedicata agli Etruschi: il carro dei preistorici raffigurati come scimmie.
Un altro grande tema che aleggiava sul congresso e dal quale ci si attendeva qualche scintilla polemica era quello dell’origine dell’uomo e dei nuovi percorsi che a tale proposito gli studi preistorici avevano ormai intrapreso, anche, ma non solo, sulla scia dell’evoluzionismo darwiniano, contrapponendosi laicamente alla tradizione biblica e al dogmatismo cattolico, in un contrasto che a livello politico si intrecciava con le vicende dell’Unità d’Italia, solo da poco portata a compimento con la breccia di Porta Pia e l’annessione di Roma, che sancirono la fine del potere temporale del papa. Forse per l’importanza che la città aveva avuto nello Stato Pontificio e sicuramente per il prestigio della sua università, Bologna era destinata ad essere «un centro emblematico sia della resistenza degli intransigenti allo stato liberale, che dell’affermazione del nuovo potere in difesa dello stato laico e dell’indipendenza della ricerca scientifica». E quindi un centro fortemente coinvolto nel dibattito sull’origine dell’uomo e sulla impostazione dei nuovi studi preistorici contrapposti al dogma della creazione e alla tradizione biblica. La scelta di Bologna come sede del congresso non fece che enfatizzare questa contrapposizione, per cui da un lato i cattolici temevano la spinta progressiva del congresso a favore delle nuove idee; mentre dall’altro i difensori della scienza laica si preoccupavano del fatto che l’ostilità delle forze conservatrici potesse farlo fallire, se non altro sul piano della partecipazione (va ricordato che prima di Porta Pia era stato fatto esplicito divieto ai funzionari dello Stato Pontificio di partecipare al congresso). In realtà il temuto scontro ideologico durante i lavori del congresso non ebbe luogo o comunque non coinvolse mai in modo aspro i partecipanti. Questa animosità, sia da una parte che dall’altra, restò all’esterno, circoscritta alle polemiche sulla stampa cittadina, talora anche aspre, con prese di posizione molto forti ed espressioni esasperate come «il dio sanguinario dei clericali», «la lotta contro la superstiziosa e cieca fede bandita dalla tirannide vaticana» da una parte; «la scienza moderna libertina […] con i suoi vani tentativi contro la religione e la morale» dall’altra, non esitando a chiedere il ripristino del latino come lingua ufficiale del congresso, al posto del francese adottato nella seduta di Copenhagen. I toni del dibattito congressuale furono di tutt’altro genere, anche perché la situazione era molto più complessa di una meccanica e aspra contrapposizione delle due parti in causa. Lo stesso Gozzadini, ad esempio, sicuramente di idee liberali e aperto alle novità dell’archeologia e dell’antropologia preistoriche, era cattolico praticante, ma riusciva comunque a conciliare queste due posizioni, solo apparentemente lontane e inconciliabili. Ma penso anche alla presenza nel congresso di tanti sacerdoti italiani e stranieri come F.S. Romer (n. 11), G. De Luca (n. 57), G. Spano (n. 75), A. Stoppani (n. 76), G. Chierici, le cui posizioni erano molto sfumate e proprio per questo difficili da incasellare in modo rigido e meccanico. Non era facile per loro abbandonare del tutto i riferimenti alla Bibbia; ma nello
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Fig. 8. Vignetta pubblicata dal giornale satirico «La Rana» il 12 ottobre 1871, con allusione al dibattito sull’origine dell’uomo e alla predilezione dei congressisti per brindisi e banchetti.
stesso tempo erano molto ben disposti ad accogliere il progresso della scienza, nella convinzione che il miglior modo di difendere l’ortodossia e rafforzare le istanze della fede era proprio quello di aprirsi al pensiero moderno. Emblematiche da questo punto di vista le posizioni di A. Stoppani, che considerava il «darwinismo né materialistico, né eretico, né ateo», e di G. Chierici, che da un lato sottoscrisse la petizione rivolta dal clero al pontefice per la rinuncia al potere temporale, e dall’altro usava correntemente termini come preadamitico o prediluviano; e, pur essendo creazionista e antidarwiniano, conosceva molto bene Darwin e le sue teorie e soprattutto non vedeva alcuna contraddizione tra le scritture e la scienza. Diceva di sé di essere «prete e preistorico […] che vuol dire per molti pregiudicato e apostata. Veramente non mi sembra di essere né l’uno né l’altro perché non cerco Adamo né i suoi antenati, ma la Verità che, vecchia o giovane, è tutt’una». Per concludere, nonostante ci si aspettasse il contrario, all’interno del dibattito congressuale non ci fu nessuno scontro tra cattolici intransigenti e innovatori aggressivi, ma ci furono soltanto studiosi prudenti ed equilibrati che discussero con pacatezza un problema complesso come questo, che era per così dire penetrato anche nella coscienza dei bolognesi, vista l’attenzione che vi dedicò la stampa. Infatti nel Carnevale del 1874 (tre anni dopo!) il corteo mascherato che aveva per tema gli Etruschi era preceduto dal “carro dei preistorici”, raffigurati come scimmie (Fig. 7). E G. Capellini, per convincere il Gozzadini a trascorrere una serata a casa sua, gli scriveva scherzosamente: «non si balla, ma si ciarla essendo questo il mestiere dei professori: invece di andare all’opera venga a trovare gli avvocati delle scimmie», titolo del quale potevano fregiarsi anche molti dei congressisti. Inoltre, un noto giornale umoristico, il 12 ottobre 1871, pubblicò una vignetta (Fig. 8) nella quale un uomo preistorico e una scimmia si disponevano ai lati di una mensa riccamente imbandita di cibo e di vino (chiara allusione al sontuoso banchetto offerto ai congressisti dai conti Aria durante l’escursione a Marzabotto) con un doppio messaggio: da un lato che anche i contrasti più forti su un problema complesso come quello dell’origine dell’uomo e del rapporto con la scimmia si sarebbero dissolti a tavola; dall’altro la predilezione dei congressisti per brindisi e banchetti più che per dibattiti e discussioni (un po’ quello che, più seriamente, andava ripetendo, anche su quotate riviste germaniche, P. Strobel). Così come era accaduto per il Congresso di Parigi del 1867, al quale era abbinata una mostra paletnologica nell’ambito dell’Esposizione Universale, anche a Bologna, in concomitanza con il quinto
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congresso, G. Capellini volle allestire una esposizione di materiali per documentare l’archeologia preistorica delle diverse province italiane e per offrire ai partecipanti (oltre che ai cittadini, dato che l’Esposizione rimase aperta anche dopo la conclusione del congresso) un quadro ampio e aggiornato delle ricerche paletnologiche nell’intera penisola. Nonostante alcune mancate adesioni, anche clamorose, a cui già ho accennato, l’iniziativa ebbe un grande successo e vi parteciparono oltre cinquanta soggetti tra collezionisti “privati” (ancora molto numerosi in quegli anni) ed enti prestatori. Con la concentrazione in un’unica sede di tante raccolte sparse qua e là, si offriva agli studiosi italiani ed europei l’occasione preziosa e irripetibile di valutare nel suo insieme una documentazione rara e quasi sempre inedita, correlata per di più ai temi trattati e discussi nel congresso. La variegata rappresentatività delle collezioni, giunte da quasi tutte le regioni italiane, era un ulteriore segnale di quell’unità nazionale che con la presa di Roma si era ormai completata anche sul piano politico e istituzionale. Non a caso la grande assente fu l’area laziale, da troppo poco tempo uscita dal controllo della Chiesa. Accanto a materiali archeologici di varia cronologia (con una netta preferenza per la più antica documentazione litica) trovarono posto anche resti antropologici, non all’interno di una apposita Sezione di Antropologia, ma uniti ai materiali dei rispettivi contesti. Solo per i crani di Marzabotto si fece una eccezione in ragione del loro numero elevato e forse anche in omaggio al presidente del congresso. L’Esposizione Preistorica Italiana, così concepita, si richiamava al modello classificatorio delle “scienze” e «abbinava le nuove invenzioni e i nuovi mezzi di produzione ordinandoli per classi», al punto che le collezioni preistoriche esposte finivano con l’essere «efficaci visualizzazioni del cammino dell’umanità e del suo progresso». Oltre all’Esposizione, durante il congresso fu inaugurato anche il primo Museo Civico Archeologico di Bologna, nelle cui sale A. Zannoni aveva esposto intere tombe del sepolcreto della Certosa strappate al momento dello scavo, presentandole così come erano deposte nel terreno. Del museo i congressisti poterono apprezzare l’impostazione che lo configurava come il grande archivio in cui raccogliere i documenti non scritti della più antica storia della città, in un’ottica ancora una volta pienamente risorgimentale, perché anch’essa contribuiva, con la sua specificità cittadina, alla grande ricostruzione politica e culturale dell’Italia appena unificata. Il Ministro della Pubblica Istruzione Cesare Correnti, aprendo il congresso a Bologna, disse che «mentre questa nuova scienza si formava, andava facendosi anche la nuova Italia», sottolineando in questo modo l’importanza del legame tra la preistoria, intesa in senso ampio, e il Risorgimento, inteso come costruzione di una identità nazionale in chiave antiromana. Il congresso fu inoltre una preziosa occasione per creare o comunque per rafforzare una comunità scientifica internazionale e, attraverso di essa, radicare nei singoli paesi la nuova disciplina. In buona sostanza esso servì a porre le basi di una paletnologia nazionale, desiderosa e capace di aprirsi ad un consesso internazionale dal quale traeva linfa vitale. E lo fece con una operazione culturale di straordinario interesse, riuscendo a coagulare tantissimi liberi cultori, quasi sempre di alto livello e provenienti per lo più da una borghesia liberale, ma con storie personali e professionali molto diversificate, e ad organizzarli in una solida comunità scientifica, alla quale furono poi offerti di lì a poco alcuni punti di riferimento molto solidi e con un valore per così dire identitario come la prima cattedra di Paletnologia e il Museo Preistorico ed Etnografico, entrambi in quella Roma che non era nelle corde di chi aveva avviato questo straordinario processo. E allora non stupisce che a valle di tutto ciò sia nata l’idea di raccogliere in un album le fotografie con il ritratto dei principali protagonisti di queste importanti trasformazioni che, prendendo le mosse da un insieme eterogeneo di tanti liberi cultori della materia, approdò alla costituzione di una solida e compatta comunità scientifica che aveva il suo “album di famiglia” nel quale si riconosceva. Negli anni successivi la paletnologia si allontanò progressivamente dalla geologia e dalle scienze naturali, con l’obiettivo più che legittimo di farsi disciplina autonoma per la «ricostruzione storica di un passato non scritto» attraverso la ricerca sistematica di un legame tra documentazione archeologica e fonti scritte, esasperando però nel corso del tempo questa pur legittima esigenza iniziale. La personalità accentratrice di L. Pigorini, che finì col soffocare il fervore delle ricerche locali, ma anche il nuovo quadro epistemologico pesantemente condizionato dall’idealismo (o quanto meno dall’antipositivismo)
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Fig. 9. Fotografia di gruppo di alcuni partecipanti al Congresso Internazionale di Geologia del 1881. Si riconoscono G. Capellini (n. 1); G. de Mortillet (n. 2); F.S. Romer (n. 3). Nella figura indicata con la lettera A viene solitamente riconosciuto L. Pigorini, che però non era presente al congresso, per cui va trovata un’altra identificazione plausibile (A. Issel?).
crociano non fecero che accelerare questo progressivo allontanamento della preistoria italiana dalla sua antica matrice naturalistica. E non a caso, dieci anni dopo L. Pigorini non andò, polemicamente, al congresso internazionale dei geologi (Fig. 9), organizzato dal Capellini sempre a Bologna, sancendo in questo modo lo «strappo con tutta la tradizione naturalistica della preistoria italiana». Era chiaramente finita una fase gloriosa delle nostre discipline e ne era iniziata un’altra, molto più incerta e dagli esiti assai più problematici. Nota bibliografica Anziché appesantire il testo con note puntuali e di dettaglio ho preferito raccogliere in un’unica nota bibliografica i principali lavori a cui fare riferimento per i temi e i problemi considerati in questo capitolo. Al loro interno si potranno trovare ulteriori rimandi per specifici approfondimenti. Li presento in un ordine rigorosamente cronologico: Atti Bologna 1871; Pancaldi 1983; Morigi Govi, Sassatelli 1984; Desittere 1985; Bergonzi, Bietti Sestieri, Cazzella 1987; Desittere 1988; Fedele, Baldi 1988; Guidi 1988; Peroni 1992; Bernabò Brea, Mutti 1994; Coye, Provenzano 1996; Lenzi, Pagliani 1996; Bernabò Brea, Cardarelli, Cremaschi 1997; Barbanera 1998; Tarantini 2000; Blanckaert 2001; Morigi Govi, Sassatelli, Vitali 2001; Kaeser 2004; De Pascale, Del Lucchese, Raggio 2008; Callmer et al. 2006; Hurel, Vialet 2009; Kaeser 2009; Nordbladh 2009; Sommer 2009; Vai 2009; Venturino Gambari, Gandolfi 2009; Della Fina 2011; Tarantini 2012; Guidi 2014; Capaldi, Frölich, Gasparri 2015.
II. L’ALBUM FOTOGRAFICO DEDICATO A GIOVANNI GOZZADINI, PRESIDENTE DEL CONGRESSO
L’album contiene 94 ritratti fotografici di partecipanti al V Congresso Internazionale di Antropologia e Archeologia Preistoriche. Sulla copertina si legge: “Al Conte Giovanni Gozzadini. Ricordo del V Congresso Internazionale di Antropologia e di Archeologia Preistoriche da lui presieduto nell’ottobre 1971 a Bologna”. I fogli dell’album sono 17 e, siccome ciascun foglio contiene 4 fotografie, l’album era concepito inizialmente per 68 fotografie. Poi evidentemente il numero è aumentato, per cui la versione che abbiamo acquistato presenta 2 o 3 fotografie collocate in ogni casella, per un totale di 94 (Figg. 10-15). Come lascia chiaramente intuire la dedica sulla copertina, l’album fu concepito per onorare Giovanni Gozzadini, presidente del congresso. Fra la documentazione che ho avuto occasione di esaminare, non ho trovato alcun cenno a questa iniziativa, che molto probabilmente fu circoscritta e destinata ad un ambito personale e privato. Sappiamo però che il fotografo Angiolini di Bologna aveva realizzato per i partecipanti al congresso (non sappiamo se per tutti o solo per alcuni) una fotografia nella quale, ispirandosi alle monete, all’interno di un medaglione con al centro il ritratto compariva ai bordi la scritta “Congresso Preistorico 1871” e una ulteriore indicazione sul ruolo che ciascuno vi aveva ricoperto (Presidente per G. Gozzadini, Segretario Generale per G. Capellini, Membro per tutti gli altri) (Fig. 16). Non è improbabile che da questa operazione, per così dire ufficiale, messa in atto per acquisire le fotografie dei partecipanti al congresso (o almeno dei principali), sia nata anche l’idea di un album meno formale e più privato, nel quale raccoglierne alcune, da dedicare al suo presidente in ricordo dell’importante avvenimento che lo aveva visto protagonista. Anche se è molto probabile che Gozzadini l’abbia seguita nella sua concreta realizzazione, non è pensabile che l’idea sia partita da lui. Potrebbe in teoria essere nata su suggerimento di qualche altro partecipante al congresso, ma anche su questo non abbiamo elementi. Per cui l’ipotesi più probabile resta, a mio avviso, quella di attribuirne l’ideazione alla moglie Maria Teresa Serego Alighieri, sempre molto attenta e sensibile nel progettare una comunità scientifica che poteva anche essere considerata un “cenacolo”, culturale e letterario, con grandi aperture verso discipline diverse dall’archeologia (Fig. 17).
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Fig. 10. Foglio dell’album con fotografie di F. Garrigou (n. 34), L. Cazalis de Foundouce (n. 28), E. Desor (n. 83); W. Scmidt (n. 21) (recto e verso).
Fig. 11. Foglio dell’album con fotografie di L. Ceselli (n. 52), P. Mantegazza (n. 65), K. Vogt (n. 7), G. Nicolucci (n. 67) (recto e verso).
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Fig. 12. Foglio dell’album con fotografie di C.A. Morlot (n. 88), B. Davis (n. 40), C. Engelhardt (n. 17), L. Rütimeyer (n. 89) (recto e verso).
Fig. 13. Foglio dell’album con fotografie di E. Cartailhac (n. 27), G. Spano (n. 75), F. Keller (n. 86), A. Worsaae (n. 23) (recto e verso).
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Fig. 14. Foglio dell’album con fotografie di G. Conestabile (n. 54), K. Witte (n. 9), M. Greig Sommerville (n. 41), G. de Mortillet (n. 38) (recto e verso).
Fig. 15. Foglio dell’album con fotografie di H. Schliemann (n. 5), H. Layard (n. 42), W. Helbig (n. 2), L. Pigorini (n. 69) (recto e verso).
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Fig. 16. Luigi Calori (professore all’Università di Bologna) e Giuseppe Aria (proprietario dell’area archeologica di Marzabotto) nelle fotografie ufficiali del congresso eseguite dal fotografo bolognese Angiolini.
Fig. 17. Giovanni Gozzadini e la moglie Maria Teresa Serego Alighieri, che adottò il nome Nina in sostituzione di Maria Teresa, troppo imperiale e austriacheggiante.
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Fig. 18. Elenco manoscritto di Giovanni Gozzadini con i nominativi di coloro che sono compresi nell’album dei ritratti fotografici. Il numero accanto al nome si riferisce alla scheda di catalogo.
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Di certo comunque l’album nasce in casa Gozzadini ed è qui che vengono inviate le fotografie, recapitate sia direttamente che per posta, come risulta ad esempio da alcune di esse (nn. 85 e 86), che recano sul retro ancora parte della busta con cui sono state spedite al Gozzadini. Della successiva storia esterna dell’album, pur in assenza di elementi precisi, credo sia relativamente semplice ricostruirne l’itinerario, almeno a grandi linee. Giovanni Gozzadini aveva solo una figlia, Anna Gozzadina Gozzadini, andata sposa al conte Antonio Zucchini Solimei, la quale si adoperò molto per curare l’eredità del padre donando materiali e documenti al Museo Civico Archeologico e alla Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna. Anna Gozzadina non aveva figli, per cui è presumibile che alla sua morte, avvenuta nel 1899, i beni di famiglia siano passati ai parenti della madre, cioè ai Da Schio, dato che Maria Teresa Serego Alighieri era una Da Schio. Stando infatti a una lapide commemorativa posta nell’ottobre del 1910 sulla facciata della vecchia casa dei Gozzadini, in via Santo Stefano a Bologna, Alvise Da Schio si definisce loro “cugino” e in quanto tale si dichiara intenzionato ad onorare il Gozzadini e la moglie Maria Teresa. Alvise era figlio di Giovanni, anche lui studioso di antichità, in contatto addirittura con Theodor Mommsen, e fratello di Anna Da Schio che, sposata a Federigo Serego Alighieri, ebbe come figlia Maria Teresa, moglie del Gozzadini. Per cui Alvise Da Schio, in qualità di “cugino”, diventa di fatto l’erede del patrimonio Gozzadini, all’interno del quale doveva trovarsi anche il piccolo album di fotografie, tassello umile e discreto di una eredità culturale e soprattutto patrimoniale assai più importante e consistente. Alvise Da Schio, che morì nel 1928, era noto per le sue innovazioni nel campo della viticoltura e aveva quattro figli (Giulio, Olga, Dina e Gelda). A questi e alle successive generazioni passò probabilmente l’album fotografico, fino a giungere a Giulio Da Schio, dal quale lo abbiamo acquistato nel 2008. In conclusione, l’album è sempre rimasto all’interno della famiglia, assolvendo fino in fondo la sua funzione originaria di raccolta preziosa delle memorie famigliari da esibire a conferma del prestigio della famiglia cui apparteneva il presidente del congresso di Bologna al quale era dedicato. L’album, come si è detto, contiene 94 fotografie. Per 3 di queste non è stato possibile risalire al personaggio raffigurato, per cui le foto riconosciute sono di fatto 91. Tra i fogli dell’album era presente anche un elenco manoscritto del Gozzadini (Fig. 18) – che evidentemente aveva seguito in prima persona la raccolta e la registrazione delle fotografie – nel quale sono elencati 80 nominativi dei 91 che ho identificato (dei quali 11 mancanti). A dire il vero l’elenco, scritto su due pagine, comprende complessivamente un numero maggiore di nominativi, per i quali però non esiste la fotografia corrispondente o perché perduta dopo la sua registrazione o perché, pur essendo attesa e programmata, non è mai pervenuta. Oltre agli 80 nominativi, a cui corrispondono 80 fotografie dell’album, ci sono quindi altre 11 fotografie di personaggi che non figurano nell’elenco manoscritto del Gozzadini. Quattro di questi 11 personaggi sono comunque registrati come partecipanti al congresso nell’elenco ufficiale che viene stampato nelle prime pagine degli Atti (vedi Atti Bologna 1871); mentre 7 non figurano né all’interno dell’uno né all’interno dell’altro elenco. Si tratta di discrepanze che non devono stupire, sia in rapporto ai tempi sia ai modi di confezione dell’album, sia in rapporto alla sua lunga e complicata storia esterna. In buona sostanza e per riassumere, dei 91 personaggi identificati e riconosciuti, 62 compaiono sia nell’elenco a stampa dei partecipanti al congresso (Atti Bologna 1871), sia nell’elenco manoscritto del Gozzadini; 18 figurano solo nell’elenco manoscritto del Gozzadini e 4 solo nell’elenco a stampa dei partecipanti al congresso (Atti Bologna 1871); mentre gli ultimi 7 non compaiono né tra i partecipanti al congresso e neppure nell’elenco manoscritto del Gozzadini. Fornisco qui di seguito (pp. 31-32) il quadro riassuntivo, suddiviso per nazioni (e seguendo l’ordine del catalogo), con l’indicazione dei documenti nei quali figurano i singoli nomi: A = solo Atti del Congresso; E = solo Elenco manoscritto del Gozzadini; A/E = Atti del Congresso e Elenco manoscritto del Gozzadini. I nn. 4, 5, 36, 43, 46, 85 e 86 non figurano né in A né in E.
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Allemagne 1) Ferdinand Gregorovius (E) 2) Wolfgang Helbig (E) 3) Johann Heinrich Wilhelm Henzen (E) 4) Ludwig Lindenschmidt “il vecchio” 5) Heinrich Schliemann 6) Rudolf Ludwig Karl Virchow (A/E) 7) August Karl Christoph Vogt (A/E) 8) Albin Belina Wesiersky (A/E) 9) Johann Heinrich Friederich Karl Witte (E) Autriche et Hongrie 10) Pál Hunfalvy (A/E) 11) Florián František Serafín Rómer (E) Belgique 12) Arthur Blomme (A/E) 13) Eugène Marie Octave Dognée (A/E) 14) Edouard-François Dupont (A/E) 15) Gustav Hagemans (E) 16) Emile ( Jean Josse Emmanuel Ghislain) De Meester de Ravenstein (A/E) Danemark 17) Helvig Conrad Christian Engelhardt (A/E) 18) Jensen, C.C. (A/E) 19) Carl Frederick August Lunn (A/E) 20) Poulsen (A/E) 21) Johan Henrik Gamst Waldemar Schmidt (A/E) 22) Johannes Japetus Smith Steenstrup (A/E) 23) Jens Jacob Asmussen Worsaae (A/E) 24) Johannes Julius Wroblewsky (o Wroblewski) (A/E) France 25) Alexandre Louis Joseph Bertrand (A) 26) Pierre Paul Broca (E) 27) Emile Cartailhac (A/E) 28) Paul Louis Cazalis de Fondouce A/E) 29) François-Joseph Chabas (A) 30) Ernest Chantre (A/E) 31) Arthur Demarsy (A/E) 32) Paul-Quentin Desains (A/E) 33) Edouard Flouest (A) 34) Joseph Louis Félix Garrigou (A/E) 35) St. Ildephonse, Baron (A/E) 36) Pascal-Louis Lemière 37) Fernand Louis Arnould Leproux (A/E) 38) Louis Laurent Gabriel de Mortillet (A/E) 39) Jean Louis Armand de Quatrefages (de Bréau) (A/E) Grande Bretagne et Irlande 40) Joseph Barnard Davis (E) 41) Mary Fairfax Greig Somerville (E) 42) Austen Henry Layard (E)
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43) John Lubbock (Barone di Avebury) 44) Charles Lyell (E) 45) Richard Owen (E) 46) William Makepeace Thackeray Italie 47) Gaetano Maria (poi Aleardo) Aleardi (A/E) 48) Francesco Anca (A/E) 49) Angelo Angelucci (A/E) 50) Francesco Bernardi (A/E) 51) Ulderigo Botti (A/E) 52) Luigi Ceselli (A/E) 53) Giovanni Antonio Luigi Cibrario (E) 54) Giovanni Carlo Conestabile della Staffa (A/E) 55) Emilio Cornalia (A/E) 56) Francesco De Bosis (A/E) 57) Giuseppe De Luca (A/E) 58) Michele Stefano De Rossi (A/E) 59) Giovanni Battista Ercolani (A/E) 60) Giuseppe Fiorelli (E) 61) Raffaello Foresi (A/E) 62) Antonio Garbiglietti (A/E) 63) Guglielmo Guiscardi (A/E) 64) Arturo Issel (A/E) 65) Paolo Mantegazza (A/E) 66) Camillo Marinoni (A/E) 67) Giustiniano Nicolucci (A/E) 68) Federico Odorici (A/E) 69) Luigi Pigorini (A/E) 70) Giuseppe Ponzi (A/E) 71) Filippo Raffaelli (A/E) 72) Carlo Regnoli (A/E) 73) Francesco Rocchi (A/E) 74) Concezio Rosa (A/E) 75) Giovanni Spano (A/E) 76) Antonio Stoppani (A/E) Pay-Bas 77) Jacob Dirks (A/E) Russie 78) Jean Zawisza (A/E) Suède 79) Hans Olof Hildebrand Hildebrand (A/E) 80) Adam Magnus Emanuel Lagerberg (A/E) 81) Gustav Oscar Augustin Montelius (A/E) 82) Sven Nilsson (A) Suisse 83) Pierre Jean Édouard Desor (A/E) 84) Alphonse Favre (A/E) 85) Victor Gross
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86) Ferdinand Keller 87) Arnold Morel-Fatio (A/E) 88) Charles Adolph Morlot (E) 89) Karl Ludwig Rütimeyer (E) 90) Jacques-François-Gédéon Thioly (E) 91) Frédéric-Louis Troyon (E) Sul primo gruppo di 62 non ci sono problemi relativamente alla loro identificazione. Per i 18 del secondo gruppo, che compaiono solo nell’elenco manoscritto del Gozzadini, pur non figurando negli Atti, abbiamo indizi molto precisi e sicuri di un loro legame col congresso: dediche con esplicito riferimento al congresso stesso e al suo presidente; date assolutamente congrue. Tra di essi figura tra l’altro anche G. Fiorelli (n. 60), che non compare nell’elenco dei partecipanti, pur facendo parte della commissione, nominata dal ministro, che si occupava della Esposizione Preistorica Italiana, a riprova del suo pieno inserimento nel congresso e nelle attività ad esso collegate. A questo riguardo credo sia lecito ipotizzare che l’elenco dei partecipanti, registrato negli Atti (Atti Bologna 1871), poteva non essere completo come accade spesso nei congressi, anche in tempi recenti. Per i 4 che compaiono solo negli Atti non è difficile pensare ad un mancato aggiornamento dell’elenco manoscritto del Gozzadini. Più difficile, ma non impossibile, spiegare la presenza di 7 fotografie di personaggi che non figurano tra i partecipanti al congresso registrati negli Atti e neppure nell’elenco manoscritto del Gozzadini. Si tratta di L. Lindeschmidt (n. 4), H. Schliemann (n. 5), P.L. Lemière (36), J. Lubbock (n. 43), M. Thackeray (n. 46), V. Gross (n. 85), e F. Keller (n. 86). V. Gross e F. Keller, pur essendo figure note nel settore – Keller viene frequentemente citato nel corso dei lavori – non erano fisicamente presenti al congresso e infatti mandarono le loro fotografie per posta (vedi relativa scheda); J. Lubbock, personalità di grande rilievo nell’archeologia preistorica, era stato presidente del III Congresso tenutosi a Norwich; H. Schliemann, oltre che apprezzato archeologo, era amico personale del Gozzadini. La stessa cosa si può dire per Lindeschmidt; mentre su P.L. Lemière sappiamo molto poco. Più problematica la presenza di M. Thackeray, per il quale, in ragione della sua totale estraneità ai temi del congresso, non resta che pensare a un legame con il cenacolo letterario e culturale di Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini. Anche per coloro che non compaiono né tra i partecipanti al congresso (Atti Bologna 1871) né all’interno dell’elenco manoscritto del Gozzadini, sono assolutamente chiari i legami con lo stesso congresso e con i temi in esso dibattuti; e nei pochissimi casi in cui questo non accade si possono comunque richiamare i legami con il Gozzadini o con il cenacolo culturale e letterario della moglie. In conclusione, credo che, al di là della presenza fisica al congresso di alcuni personaggi dei quali compare la fotografia nell’album e di qualche discrepanza tra i diversi elenchi, non sussistono dubbi sul fatto che tutti i personaggi fotografati sono strettamente legati al congresso e in quanto tali partecipano all’omaggio fotografico ideato e pensato (dalla moglie?) per il suo presidente. E ora qualche considerazione sulle fotografie. La maggior parte di esse venne eseguita da fotografi delle città da cui provenivano gli interessati, offrendo così uno spaccato molto interessante di nomi e marchi di fotografi europei. Questo accadde anche per gli italiani, visto che compaiono fotografi di Firenze, Napoli, Venezia, Torino, Parma. Esiste poi un consistente numero di studiosi, anche stranieri, evidentemente sprovvisti di fotografia al momento del congresso, che per rispondere all’appello di chi aveva ideato l’iniziativa dell’album si fecero fotografare a Bologna, dove prevalse l’opera del fotografo Angiolini in via Castiglione, lo stesso che era stato incaricato di realizzare i medaglioni ufficiali per ciascun partecipante al congresso (vedi Figg. 4 e 16). Sono sue ben 26 fotografie, molte delle quali di stranieri (e quasi sempre provenienti da paesi molto lontani). Accanto ad Angiolini è abbastanza attivo a Bologna anche lo Stabilimento Fotografico F.lli Sorgato e, da ultimo, la Ditta Deroche, che evidentemente aveva un rapporto privilegiato con l’università, visto che realizzò le fotografie di G.B.
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Ercolani (n. 59) e di F. Rocchi (n. 73), entrambi professori universitari. Del tutto anomale, all’interno di questo meccanismo, la fotografia di G.C. Conestabile (n. 54), eseguita a Berlino, e quella di H. Schliemann (n. 5), fatta ad Atene, mentre per altri stranieri, come W. Helbig (n. 2) e W. Henzen (n. 3), il ricorso ad un fotografo di Roma si giustifica con la loro dimora in quella città in quanto membri dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica. Ci sarà poi una qualche spiegazione, che però al momento ci sfugge, al fatto che J. Lubbock (n. 43) – che manca in tutti gli elenchi – si sia fatto fotografare a Napoli, mentre la M. Greig Sommerville (n. 41) si fece fotografare da Alinari a Firenze perché qui abitava usualmente e qui conobbe Maria Teresa Serego Alighieri, sua grande amica, che poi la ospitò sia a Villanova che a Ronzano. Le date fanno in gran parte riferimento ai mesi successivi al congresso, tra la fine del 1871 e gli inizi del 1872. Questo significa che l’idea, nata all’interno del congresso, ebbe tempi di realizzazione relativamente circoscritti, ma non immediati. Ci sono tuttavia alcune date che precedono il congresso (si giunge fino al 1864 nel caso della foto di Luigi Pigorini). Ma quando la data della fotografia precede quella del congresso è evidente che essa si riferisce all’esecuzione della stessa fotografia, come in qualche caso viene esplicitato con l’indicazione “fotografia del…”. Più complessi alcuni casi – pochissimi per la verità – con una data molto posteriore al congresso, come per H. Schliemann (n. 5), con dedica del 1° novembre 1875, e per A. Bertrand (n. 25), con dedica del 15.2.1873. Per entrambi io credo si possa ipotizzare una coda, anche di qualche anno, nel processo di costituzione dell’album, con un ritardo nelle adesioni che nulla toglie al profondo significato che esso aveva fin dalle sue origini e che continuava ad avere anche quando si era ormai esaurita l’eco del congresso che pure l’aveva provocato. E del resto tra i “ritardatari” c’era anche H. Schliemann, molto amico del Gozzadini, e come tale sicuramente convinto sostenitore di questo omaggio al presidente del congresso. E ora qualche considerazione sul tema delle dediche, rimandando per i dettagli e la completezza alle singole schede. La maggior parte di esse cita semplicemente il destinatario dell’omaggio, ricordandone il ruolo e accompagnandolo con data e firma. Esiste poi un secondo gruppo di dediche, caratterizzato dalla esplicitazione di un omaggio deferente con espressioni molto chiare e inequivocabili, talora anche venate da una sfumatura di affetto. Ve se sono infine alcune del tutto particolari, tra le quali ricordo quella di H. Schliemann (n. 5), che, con riferimento alla fotografia, nella dedica si indica come l’“originale di questa figura”; oppure quella di C.A. Morlot (n. 88) che con le sue espressioni colorite e spiritose sembra una piccola biografia. Come è ben noto esiste una fotografia di gruppo dei partecipanti al congresso (Fig. 19) sulla quale sono stati effettuati in passato alcuni riconoscimenti e identificazioni. La disponibilità delle fotografie dell’album ci consente ora di fare ulteriori passi avanti in questa direzione (Fig. 20). In primo luogo va precisato che nella foto di gruppo del congresso compaiono 54 persone, cioè solo una piccola parte dei partecipanti al congresso. Nella lista dei membri pubblicata negli Atti figurano infatti quasi 500 persone. Ma è evidente che si tratta di un elenco “teorico” che comprende le persone che hanno aderito al congresso, ma anche quelle che per varie ragioni poi non vi hanno partecipato. Noi sappiamo infatti che nel corso delle escursioni, comprendendo anche coloro che accompagnavano i congressisti (mogli, colleghi, amici, autorità ecc.), si raggiungeva il numero di 250-300 persone, molto alto in assoluto, ma comunque inferiore agli oltre 500 che risultano iscritti. E se guardiamo la fotografia di gruppo con poco più di 50 persone ci rendiamo conto che essa comprende solo una piccola parte dei congressisti, forse i più importanti e i più rappresentativi (o forse solo coloro che in quel momento si trovavano casualmente da quelle parti), anche se non va esclusa qualche intrusione difficilmente individuabile e va messa in campo qualche assenza clamorosa. Tra gli italiani mancano ad esempio G. Capellini, G. Fiorelli (n. 60), P. Mantegazza (n. 65) e tra gli stranieri personalità importanti come W. Helbig (n. 2), W. Henzen (n. 3), F.S. Romer (n. 11), P. Cazalis (n. 28), O. Montelius (n. 81), solo per citarne alcuni sicuramente presenti e attivi, stando ai resoconti delle sedute e delle attività del congresso (Atti Bologna 1871). Al contrario, nella fotografia figura sicuramente il
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Fig. 19. Fotografia di gruppo di alcuni partecipanti al Congresso di Antropologia e Archeologia Preistoriche scattata in un cortile di Palazzo Poggi (Università).
giovane Brizio (al tempo del Congresso aveva venticinque anni) (Fig. 21), che non compare nella lista dei partecipanti (Atti Bologna 1871), ma che di certo era presente non solo perché è visibile nella fotografia di gruppo, ma anche perché sappiamo che fu impegnato nel progetto del primo Museo Civico di Bologna inaugurato proprio in occasione del congresso. Tra le 54 persone presenti nella fotografia di gruppo è stato possibile riconoscerne una trentina, alcune con assoluta sicurezza, altre con qualche margine di incertezza. È evidente che le 20 persone non riconosciute nella fotografia di gruppo non sono presenti nell’album fotografico, che del resto non era completo rispetto ai partecipanti, ma comprendeva solo coloro che avevano risposto all’appello del suo ideatore. Nel suo breve contributo in Appendice, Claudio Marra, da esperto di storia della fotografia, porta l’attenzione sulla invenzione della carte de visite, una modalità nuova e accattivante di “autorappresentazione” che, per la sua semplicità e la sua economicità, si sostituisce rapidamente a tutti i precedenti sistemi, in virtù delle sue potenzialità di “conservare” e di “donare” memoria. Per le sue dimensioni la carte de visite comporta e favorisce il ricorso ad appositi raccoglitori che diventano gli album di famiglia, i quali, in sostituzione delle antiche gallerie dei ritratti (ma anche dei luoghi e degli eventi), diventano i custodi fidati delle memorie, da conservare e da esibire. Da qui bisogna prendere le mosse se davvero si vuole comprendere l’idea e il progetto di un album di ritratti fotografici dei partecipanti al congresso. Non è anagraficamente una famiglia, ma è una comunità scientifica che si comporta come una famiglia. Del resto lo stesso progetto istitutivo di un “Congresso di Antropologia e Archeologia Preistoriche” nasceva dall’esigenza di creare una comunità scientifica con il compito da un lato di sostenere nei singoli paesi la nuova disciplina e dall’altro di aprirsi a un reale confronto internazionale su metodi e risultati. Al grande impegno sul piano “locale” si univa il massimo di apertura e di relazioni tra i vari paesi prevalentemente, anche se non esclusivamente, europei. I membri di questa grande e articolata comunità scientifica intrecciano prima di tutto le loro diverse competenze disciplinari. Anche se non manca qualche inevitabile difesa corporativa, in linea di massima scienziati e naturalisti, geologi, antropologi, archeologi mostrano una fiducia quasi incondizionata nei saperi degli “altri” con i quali si confrontano apertamente. Per 15 tra i 91 studiosi identificati nell’album dei ritratti fotografici non è facile una precisa classificazione disciplinare e
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Fig. 20. Fotografia di gruppo di alcuni dei partecipanti al Congresso di Antropologia e Archeologia Preistoriche scattata in un cortile di Palazzo Poggi. Sulla base dei ritratti dell’album è stato possibile riconoscere i seguenti personaggi: 1) Ferdinand Gregorovius; 7) August Karl Christoph Vogt; 12) Arthur Blomme; 16) Emile ( Jean Josse Emmanuel Ghislain) De Meester de Ravenstein; 17) Helvig Conrad Christian Engelhardt; 23) Jens Jacob Asmussen Worsaae; 27) Emile Cartailhac; 30) Ernest Chantre; 31) Arthur Demarsy; 37) Fernand Louis Arnould Leproux; 38) Louis Laurent Gabriel de Mortillet (?); 48) Francesco Anca (?); 51) Ulderigo Botti; 52) Luigi Ceselli (?); 53) Giovanni Antonio Luigi Cibrario; 54) Giovanni Carlo Conestabile della Staffa; 58) Michele Stefano De Rossi; 62) Antonio Garbiglietti; 64) Arturo Issel (solitamente identificato con Luigi Pigorini, ma molto più probabilmente si tratta di A. Issel); 66) Camillo Marinoni; 67) Giustiniano Nicolucci; 71) Filippo Raffaelli; 72) Carlo Regnoli; 73) Francesco Rocchi; 75) Giovanni Spano; 76) Antonio Stoppani; 77) Jacob Dirks; 80) Adam Magnus Emanuel Lagerberg; 83) Pierre Jean Edouard Desor; 84) Alphonse Favre. E inoltre, non in elenco né in Catalogo: A) Camillo Casarini (sindaco di Bologna); B) Giovanni Gozzadini; C) Edoardo Brizio; D) Maria Teresa Serego Alighieri (moglie del Gozzadini); E) Gaetano Chierici.
scientifica o perché non abbiamo notizie o perché le loro competenze sono molto ramificate. Per i restanti 76 mi pare di grande interesse la constatazione che solo la metà sono archeologi, mentre l’altra metà (a dire il vero con qualche lieve prevalenza numerica) sono scienziati e naturalisti, geologi e antropologi, con un grande equilibrio, anche numerico, tra queste due anime dell’archeologia preistorica, almeno in questa fase formativa. Al forte e convinto intreccio disciplinare si accompagna una consuetudine di relazioni, di rapporti e di frequentazioni che superano largamente i confini nazionali. A parte qualche tensione a ridosso del conflitto franco-prussiano delle quali si ebbe sentore
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in occasione del congresso di Bologna, generalmente i rapporti tra questi studiosi non risentirono quasi mai delle loro diverse e lontane appartenenze nazionali. Quest’intreccio si rafforzava ulteriormente nel caso di attività vicine e similari sul piano del metodo come l’archeologia lacustre e dei luoghi di pianura, o l’impegno nei grandi musei delle antichità nazionali e preistoriche o delle scienze naturali (Mainz, Saint-Germain-en-Laye, Roma, Firenze, Copenhagen, Stoccolma, Berlino). Così come molto intensi erano i rapporti personali tra questi studiosi, per cui K. Virchow (n. 6) incontrava H. Schliemann (n. 5) a Troia e difendeva G. Gozzadini all’Accademia Archeologica di Berlino quando questi veniva attaccato a proposito del congresso; H. Schliemann (n. 5) era grande amico di G. Gozzadini e lo teneva informato sui suoi scavi a Troia (Fig. 22); G. Nicolucci (n. 67) era per così dire l’antropologo di fiducia di G. Gozzadini ed era anche lui amico personale di H. Schliemann; E.F. Dupont (n. 14) rimase a lungo in stretto contatto con G. Capellini che si considerava «suo vecchio e devoto amico preistorico»; K. Vogt (n. 7) venne coinvolto, sempre dal Gozzadini, nello studio dei crani di Marzabotto; il geologo C.A. Morlot (n. 88) aveva una solida consuetudine di lavoro con L. Pigorini (n. 69), sulla cui formazione ebbe probabilmente anche qualche influsso; J.S. Steenstrup (n. 22), primo analizzatore dei resti di pasti umani, si confrontava con gli esperti italiani dello stesso problema; J.B. Davis (n. 40) venne coinvolto dal Gozzadini nei complessi problemi dei suoi studi craniologici; J. Lubbock (n. 43) conobbe e frequentò a Roma L. Pigorini (n. 69); C. Lyell (n. 44) non solo ebbe contatti molto stretti con G. Capellini, ma fece anche da intermediario tra quest’ultimo e altri geologi italiani suoi amici; A. Issel (n. 64) ebbe una relazione amicale oltre che scientifica con G. de Mortillet (n. 38) e J. Lubbock (n. 43). E così via.
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Fig. 21. Edoardo Brizio (1846-1907).
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Fig. 22. Disegno degli scavi di Troia donato da H. Schliemann a Giovanni Gozzadini e a sua moglie.
A queste relazioni di lavoro, rinsaldate da frequenti viaggi e soggiorni nei rispettivi paesi, si affiancavano anche rapporti molto stretti sul piano personale, riaffermati e ribaditi, i quali non fecero che rinsaldare i legami all’interno della comunità. Tra i 91 personaggi che figurano nell’album, più di 20 erano abituali frequentatori di casa Gozzadini (rimando per questo alle singole schede) e nei giorni del congresso diversi partecipanti furono ospiti del Gozzadini nella sua villa di Ronzano sulle colline bolognesi. Da questi aspetti mi pare emerga chiaramente l’idea di una comunità scientifica coesa e compatta, all’interno della quale non mancavano rapporti di amicizia, talora anche molto stretta o addirittura affettuosa. Infatti, fra le righe del discorso di apertura del Gozzadini, balza all’occhio il suo desiderio di riconoscere e citare i meriti di molti dei partecipanti, quasi a voler dare l’idea di una coralità e di una compagine che trovavano nel congresso la loro espressione più piena e il loro momento più significativo. Non ci deve dunque stupire che da tutto ciò nascesse l’idea di un album nel quale raccogliere i ritratti di coloro che parteciparono all’evento e che in questo modo intesero riaffermare con forza la loro appartenenza alla comunità scientifica, una sorta di grande famiglia allargata che, proprio in occasione del congresso, acquisì piena consapevolezza di questa identità e volle pertanto raccogliere e conservare, per poi esibirla, la memoria storica del suo operare nel campo dell’archeologia preistorica.
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Fig. 23. Carta d’Europa con i confini dell’epoca e con l’indicazione delle provenienze dei membri del congresso raffigurati nell’album. I numeri corrispondono a quelli del Catalogo. I numeri col segno + indicano più di due persone e più precisamente 49+ = 49, 53 e 62; 52+ = 52, 58, 69 e 70; 55+ = 55, 66 e 76; 83+ = 83, 85 e 88 (elaborazione di S. Santocchini Gerg).
Appendice COME UN ALBUM DI FAMIGLIA
Claudio Marra
Nel 1854, appena quindici anni dopo l’annuncio ufficiale dell’invenzione di Louis Jacques Mandé Daguerre, un altro francese, André Adolphe Eugène Disdéri, brevettò un particolare procedimento destinato a rivoluzionare la presenza e l’uso della fotografia nella nostra vita: la carte de visite. Come è facilmente ricavabile dalla denominazione con la quale si prese a indicarla, la novità e l’interesse di questa invenzione scaturivano dal particolare formato dell’immagine, assai ridotto rispetto a quello normalmente in uso all’epoca, una misura per l’appunto simile a quella del classico biglietto da visita. Utilizzando un particolare apparecchio ad obiettivi multipli, Disdéri riusciva ad ottenere più immagini dalla medesima lastra (da 4 ad 8), con evidenti vantaggi dal punto di vista economico. La fotografia, ricavata da stampa a contatto del negativo su una carta sottile, veniva poi incollata su un cartoncino che riportava, sul bordo basso frontale e sul retro, l’indicazione, spesso arricchita da marchi e fregi, dello studio ove era stata realizzata. Proprio questa spartana forma di presentazione costituì un ulteriore motivo di successo per la carte de visite, che rispetto alla pregevole, ma anche assai più scomoda custodia utilizzata per i dagherrotipi, era facile da portare in tasca, nel portafoglio o nella borsetta. In questo senso la denominazione assunta dal brevetto di Disdéri non va dunque riferita unicamente alle sue dimensioni, ma anche al fatto che quella piccola fotografia, potendo essere portata sempre con sé, offriva un’accattivante nuova modalità di autopresentazione, una nuova forma di biglietto da vista capace di utilizzare un linguaggio immediato, diretto e in qualche modo universale, un piccolo cartoncino che, all’occorrenza, poteva trasformarsi in un prezioso oggetto di memoria da donare con facilità agli altri per essere meglio ricordati. Ma ci fu un’altra conseguenza legata alla nascita e alla diffusione della carte de visite che avrebbe segnato nel profondo l’identità socio-culturale della fotografia. Le sue piccole dimensioni, la grande diffusione, favorita da una relativa semplicità di produzione e da conseguenti bassi costi, fecero emergere la necessità di custodire questo crescente e in qualche modo inarrestabile patrimonio di immagini. Una questione all’apparenza solo tecnica, pratica, ma in verità con evidenti ricadute concettuali, perché la soluzione adottata, l’album raccoglitore, si dimostrò subito qualcosa di più che non un semplice strumento utile a risolvere una pura necessità di archiviazione. L’album genericamente inteso divenne subito l’album di famiglia, il fidato custode delle memorie e dei sentimenti più intimi, il luogo ove
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Appendice
raccogliere inizialmente i volti e le tracce delle persone care, ma poi in seguito, quando le macchine fotografiche saranno possedute e gestite personalmente, anche l’immagine dei luoghi visitati, le testimonianze di viaggio, e soprattutto l’esibizione dei vari momenti forti della vita familiare: le nascite, le cerimonie, le vacanze, tutti gli eventi più importanti fino all’ultimo addio. L’album di famiglia verrà conservato con cura in qualche mobile importante, oppure esposto con orgoglio sul tavolo del salotto, pronto ad essere mostrato, sfogliato con stupore e rinnovata curiosità, o magari “navigato”, come si direbbe oggi, per ricostruire storie e situazioni passate. Se ne produrranno di bellissimi, dei veri piccoli capolavori, impreziositi da materiali ricercati e da fantasiose decorazioni. Esattamente come accadde per questo magnifico “Ricordo” voluto dal conte Giovanni Gozzadini in occasione del V Congresso Internazionale di Antropologia e Archeologia Preistoriche, svoltosi a Bologna nell’ottobre del 1871. Un vero e proprio album di famiglia, quello di un’autorevole comunità scientifica, ma al tempo stesso sempre una famiglia, quella degli antropologi e degli archeologi, così che in molti, donando al Gozzadini il proprio ritratto, cedettero all’impulso di rendere ancora più intima ed affettuosa la propria traccia, aggiungendo due righe, una dedica, un saluto. Esattamente come accade nei nostri album di famiglia, ove la memoria visiva si carica di ulteriori emozioni per la presenza di qualche scritta, destinata, nel tempo, a divenire sempre più incerta e leggera.
Appendice GIOVANNI GOZZADINI
Nasce a Bologna il 15 ottobre 1810 ed è l’ultimo discendente maschio del ramo bolognese di una nobile e illustre famiglia italiana. I suoi interessi culturali e scientifici sono molto variegati e sotto questo aspetto appartiene a una impostazione enciclopedica di derivazione settecentesca ancora lontana dalle successive specializzazioni disciplinari. Ciò non toglie che la sua attività e il suo impegno si indirizzino soprattutto verso l’archeologia dove alcune importanti scavi come quello della necropoli di Villanova, in un terreno di sua proprietà, e quello della città etrusca di Marzabotto, dove fu chiamata dal conte Giuseppe Aria, gli danno grande evidenza anche sul piano internazionale. È assolutamente straordinaria la rete dei rapporti che riesce a costruire con studiosi di tutta Europa, anche con l’aiuto della moglie Maria Teresa Serego Alighieri che accoglie nel suo circolo non solo alcuni dei più importanti archeologi del tempo, ma anche scienziati, storici, letterati e artisti. A livello cittadino oltre a ricoprire alcune importanti funzioni sul piano culturale e scientifico (Presidente perpetuo della Deputazione di Storia Patria appena istituita; Direttore Generale del nuovo Museo Civico di Bologna; Ispettore degli Scavi e Monumenti e poi Regio Commissario per l’Emilia e le Marche nell’ambito della neo-istituita Direzione Generale degli Scavi e dei Musei) è investito anche di rilevanti cariche politiche (Deputato del Comune di Bologna sotto lo Stato Pontificio; Membro dell’Assemblea Generale delle Romagne che votò l’annessione al Piemonte; Membro del Consiglio Comunale di Bologna e Senatore del Regno). Di convinzioni politiche spiccatamente liberali non risparmia critiche allo Stato Pontificio e non esita a prendere posizioni a favore delle idee laiche e progressiste di stampo risorgimentale. Per la sua fama di studioso, per le sue relazioni internazionali e anche per il suo peso politico non stupisce che sia designato fin dall’inizio come Presidente del V Congresso di Antropologia e Archeologia Preistoriche né che, nel corso di questo importante evento, nasca l’iniziativa di dedicargli l’album fotografico come ricordo dello stesso congresso. Muore nella sua villa di Ronzano, sulle colline bolognesi, il 25 agosto 1887.
Copertina dell’album dedicato a Giovanni Gozzadini in ricordo del V Congresso Internazionale di Antropologia e Archeologia Preistoriche.
CATALOGO
Per l’ordine di presentazione ho seguito la stessa sequenza e mantenuto le stesse denominazioni dei paesi utilizzate in Atti Bologna 1871.
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Allemagne
1) Ferdinand Gregorovius Nato a Neidenburg (Prussia) il 19 gennaio 1821, studia teologia e filosofia a Könisberg. È medievista e storico dell’antichità, ma con forti interessi per il mondo latino e per Roma. Sono noti i suoi viaggi e soggiorni in Italia, dove rimane complessivamente più di vent’anni, sui quali presenta ampi e interessanti resoconti. È frequentatore antico e abituale del salotto di Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini, che elogia frequentemente sia sul piano scientifico che su quello politico, con particolare riferimento alla sua adesione agli ideali risorgimentali, e per la quale scrive da Monaco di Baviera una lunga commemorazione funebre. Autore di una celebre Storia della città di Roma nel Medioevo, coltiva anche interessi letterari e si occupa contemporaneamente del Mediterraneo orientale (Grecia, Siria, Egitto, Asia Minore), che esplora e studia nel corso di molti viaggi e sopralluoghi. Nonostante qualche giudizio critico su alcuni dei suoi lavori, anche da parte di studiosi importanti come T. Mommsen, la sua attività scientifica è apprezzata e l’Accademia Bavarese delle Scienze lo coopta tra i suoi membri. Muore a Monaco di Baviera il 1° maggio 1891.
Retro: denominazione del fotografo, firma autografa e data.
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2) Wolfgang Helbig Nato a Dresda il 2 febbraio 1839, è notissimo come archeologo, ben conosciuto in Europa e anche Italia, dove lavora e studia e dove, dal 1862, fa parte dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica, poi Istituto Archeologico Germanico di Roma, divenendone il secondo segretario dopo W. Henzen (n. 3). Anche lui viene ricordato tra i frequentatori del salotto di Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini, al quale manda una affettuosa lettera di condoglianze alla morte di questa. Ha rapporti con tutti i principali archeologi del tempo, tra i quali G. Fiorelli (n. 60), L. Pigorini (n. 69), E. Brizio, H. Schliemann (n. 5), F. Barnabei e altri ancora, talora con forti contrasti sul piano scientifico, come documenta ad esempio l’aspra polemica con E. Brizio sul problema degli Etruschi e dei popoli dell’Italia preromana, che nasce anche da controversie su questioni di tutela del nostro patrimonio rispetto alla quale si rimprovera all’Helbig una certa disinvoltura. Bene inserito nella cerchia degli antiquari e collezionisti romani, su incarico di C. Jacobsen è tra l’altro il più importante consulente della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen per l’acquisto di materiale archeologico italiano. Ricopre comunque un ruolo importante nell’archeologia dell’Italia, con particolare riguardo all’età preromana. È socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei di Roma e dell’Académie des Inscriptions et Belles Lettres di Parigi. Grazie alla moglie, principessa russa e celebre pianista, la sua casa di Roma diviene un importante cenacolo per studiosi e artisti. Muore a Roma il 6 ottobre 1915.
Retro: marchio e denominazione del fotografo.
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3) Johann Heinrich Wilhelm Henzen Nato a Brema il 24 gennaio 1816, dopo i suoi studi a Bonn e a Berlino viaggia molto in Francia e Inghilterra e soggiorna a lungo in Italia dove è una figura di primo piano all’interno dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica, divenuto nel 1874 Istituto Archeologico Germanico, di cui è primo segretario e nell’ambito del quale si prodiga in una intensa attività di rilancio. Archeologo, ma soprattutto filologo ed epigrafista, collabora con T. Mommsen per il Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL) ed ha rapporti stretti con i principali archeologi italiani e stranieri come E. Brizio, R. Lanciani, G. Fiorelli (n. 60), L. Pigorini (n. 69); che segue le sue lezioni di epigrafia), G.B. De Rossi, W. Helbig (n. 2), E. Gerhard. Di idee moderatamente liberali, pur mantenendo di massima un atteggiamento distaccato, non esita a prendere posizioni critiche sulle trasformazioni in campo scientifico adottate dal governo subito dopo l’Unità d’Italia da lui considerate troppo rapide e frettolose. E forse anche per questo rifiuta l’offerta di una cattedra all’Università di Roma. È membro dell’Accademia Prussiana delle Scienze e dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Muore a Roma il 27 gennaio 1887.
Retro: denominazione del fotografo. Sotto la fotografia dedica a G. Gozzadini, data e firma autografe.
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4) Ludwig Lindenschmidt “il vecchio” Nato a Mainz il 4 settembre 1809, appartiene a una famiglia di artisti, ma è un importante preistorico con interessi spiccati per l’area germanica, in particolare per i tumuli sepolcrali, la cui documentazione viene da lui utilizzata per opporsi ad alcuni eccessivi schematismi, cronologici e tipologici, di matrice danese e scandinava. A lui si devono infatti importanti osservazioni critiche alla cronologia della preistoria in “tre età” (pietra, bronzo, ferro), elaborata da C.J. Thomsen e dalla scuola danese e fatta propria da quasi tutti i paletnologi d’Europa. E sempre a proposito della questione cronologica sostiene perentoriamente che i bronzi delle necropoli centro-europee sono tutti di importazione dall’Etruria. È il fondatore e il direttore del Römisch-Germanisches Zentralmuseum di Mainz e, assieme all’anatomista Alexander Ecker, fonda l’Archivio per l’Antropologia. È consulente di Napoleone III per il Musée des Antiquités Nationales di Saint-Germain-en-Laye e fa parte della Società Tedesca per l’Antropologia, l’Etnologia e la Preistoria, costituitasi a Mainz nel 1870. Muore a Mainz il 14 febbraio 1893.
Retro: marchio e denominazione del fotografo; dedica in tedesco a G. Gozzadini con firma autografa.
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5) Heinrich Schliemann Nasce a Neubukow (Pomerania) il 6 gennaio 1822. Di professione imprenditore, si ritira da questa attività per dedicarsi all’archeologia. Noto soprattutto per la scoperta di Troia, ha una vita molto movimentata da viaggi e soggiorni negli Stati Uniti, in Cina, Giappone, Italia, Grecia e Turchia. Nel 1871, anno del congresso, inizia la sua spedizione alla scoperta di Troia e poco dopo si reca a Micene per una analoga impresa. Anche se viene spesso dimenticato, nelle sue attività di scavo ricorre frequentemente a équipe interdisciplinari con archeologi classici, preistorici e naturalisti; fa un uso sistematico dei sondaggi preliminari, specie in aree di abitato; e ricorre alla tecnica di datare i livelli archeologici per mezzo di “tipi”, ceramici e metallici, che poi lo guidano nello scavo. Non risulta nell’elenco dei partecipanti al convegno, ma è in rapporti di stretta amicizia con il Gozzadini e frequenta il circolo voluto e animato dalla moglie Maria Teresa Serego Alighieri, alla morte della quale, in una lettera di condoglianze inviata da Atene, invita lo stesso Gozzadini a fare ogni sforzo per riprendersi e magari a fare un viaggio in Egitto per distrarsi e per ritrovare la serenità dopo il lutto che lo aveva colpito. Oltre che all’amicizia, la sua presenza nell’album di fotografie del congresso è dovuta probabilmente anche alla sua perizia e al suo interesse per la conduzione degli scavi archeologici. Muore a Napoli il 26 dicembre 1890.
Retro: marchio e denominazione del fotografo (greco); dedica in italiano a G. Gozzadini con firma autografa, località e data.
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Giuseppe Sassatelli
6) Rudolf Ludwig Karl Virchow Nato a Schivelbein (Pomerania) il 13 ottobre 1821, è medico e biologo, ma anche antropologo e preistorico. Professore di Anatomia patologica prima all’Università di Würzburg e poi in quella di Berlino, mantiene una posizione di prudente distanza dalle teorie evoluzionistiche di Charles Darwin. Come deputato alla Camera dei Rappresentanti prussiana è grande oppositore della politica di Otto von Bismarck. Assieme ad altri studiosi fonda la Società Tedesca di Antropologia e la Società per l’Antropologia, l’Etnologia e la Preistoria di Berlino, della quale è anche presidente. Ha parte attiva e determinante nella costituzione del Museo Etnologico di Berlino. È inoltre promotore e sostenitore di un avvicinamento sistematico della paletnologia (cultura materiale preistorica) all’antropologia (aspetto fisico dell’uomo) e all’etnologia (cultura materiale del presente), oltre che convinto sostenitore di una antropologia di tipo positivistico lontana da ogni aberrazione di tipo razziale. Sono noti i suoi viaggi a Troia, dove incontra e conosce H. Schliemann (n. 5). All’Accademia Archeologica di Berlino, un anno dopo il congresso (1872), difende con energia il Gozzadini attaccato in modo improprio da P. Strobel sul congresso di Bologna e sulla sua conduzione. Muore a Schivelbein il 5 settembre 1902.
È membro molto attivo del congresso, a cui partecipa con diversi interventi nelle discussioni previste al termine di ogni sessione, tra le quali un importante contributo su alcuni abitati della Germania assimilabili alle terramare. Retro: marchio e denominazione del fotografo.
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7) August Christoph Karl Vogt Nato a Giessen (Assia) il 5 luglio 1817, coltiva in gioventù interessi per la filosofia, ma poi si orienta verso le scienze e diviene un naturalista di spicco con particolari interessi per la zoologia, la geologia e la fisiologia. È un convinto sostenitore della teoria dell’evoluzione di Darwin ed è professore di Zoologia all’Università di Giessen e poi di Geologia e Zoologia all’Università di Ginevra. È anche deputato all’Assemblea Nazionale di Francoforte. È frequentatore abituale del salotto di Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini, e nei giorni del congresso viene ospitato nella loro villa di collina a Ronzano. È ben noto anche in Italia per le sue ricerche di antropologia e in particolare per gli studi sui crani (ospite del Capellini a Bologna, ne studia uno di Marzabotto messogli a disposizione dal Gozzadini), oltre che per le sue conferenze nel corso delle quali ha occasione di professare pubblicamente la piena adesione alle teorie darwiniane. In seguito alla partecipazione alla rivoluzione del 1848, viene rimosso dalla cattedra di Giessen e condannato in contumacia. È così costretto ad emigrare in Svizzera, dove resta fino alla morte, che avviene a Ginevra il 5 maggio 1895.
È membro molto attivo nei lavori del congresso sia nelle discussioni scientifiche al termine delle singole sezioni, sia nei dibattiti generali di carattere politico-culturale e organizzativo. Presenta inoltre una relazione di carattere generale dal titolo Anthropologie et sacrifices humaines. Retro: denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma autografa.
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Giuseppe Sassatelli
8) Albin Belina Wesiersky Nato a Zakrzewo (Kletzko) il 12 aprile 1812, è un patriota polacco e un grande proprietario terriero, oltre che membro della Camera dei Lord prussiana. Come appassionato di archeologia riesce a collezionare una importante raccolta di materiali, anche nel corso dei suoi numerosi viaggi. Come proprietario del borgo e del castello di Ostrów Lednicki, l’isola lacustre dove nasce la Polonia, ne cura l’esplorazione archeologica, da lui stesso resa nota con diverse pubblicazioni. È membro della Società degli Amici della Scienza di Poznan e dell’Accademia Polacca della Cultura. Muore a Zakrzewo il 21 settembre 1875.
Retro: marchio e denominazione del fotografo; appunto a matita, forse del Gozzadini, con il nome Wesierski.
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9) Johann Heinrich Friederich Karl Witte Nasce a Lochau il 1° luglio 1800. Figlio di un pastore protestante, studia filosofia e diritto all’Università di Giessen ed è noto soprattutto come grande studioso di Dante e come fondatore della Deutsche DanteGesellschaft, di cui è il primo presidente. È molto legato all’Italia, dove trascorre diversi anni intrecciando proficui rapporti con studiosi di letteratura, ma anche di storia e di storia dell’arte. È inoltre esperto di diritto romano e bizantino, con un particolare interesse per il Codice di Giustiniano, materia che insegna prima all’Università di Bratislava e poi in quella di Halle (località citata nel retro della fotografia). Il suo inserimento nell’album di fotografie del congresso, più che dai suoi profondi legami con l’Italia, dipende sicuramente dalla relazione molto stretta con la moglie del Gozzadini, Maria Teresa Serego Alighieri. K. Witte infatti frequenta abitualmente la villa dei Gozzadini a Ronzano, dove si reca la prima volta proprio per conoscere la discendente di Dante e dove lo incontra e si intrattiene con lui anche Giosué Carducci. La moglie del Gozzadini, grande conoscitrice ed esperta di Dante, lo considera un punto di riferimento per le sue ricerche in questo campo. Muore a Halle il 6 marzo 1883.
Negli Atti del Congresso risulta un Charles A. White, professore di Geologia all’Università dello Iowa (Stati Uniti) e autore di una relazione dal titolo Kjoekkenmoeddings de l’Amérique du Nord, che è sicuramente persona diversa non solo per il nome, ma anche per la sua storia e per le sue competenze. Retro: firma e indicazione di località (Halle in Prussia), entrambe autografe.
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Giuseppe Sassatelli
Autriche et Hongrie
10) Pál Hunfalvy Nato a Nagyszalók (Slovacchia) il 12 marzo 1810, è personalità dai molti e variegati interessi: linguista, etnologo, storico, avvocato e professore di giurisprudenza. Membro dell’Accademia Ungherese delle Scienze, è un grande conoscitore delle lingue e del folclore ugro-finnici e studioso, unanimemente riconosciuto, dei relativi problemi di classificazione. Fonda una Società Etnografica Ungherese, non meglio identificata, ed è un pioniere della ricerca linguistica comparata. Muore a Budapest il 30 novembre 1891.
Al congresso presenta una relazione di carattere generale dal titolo Sur la langue de l’homme préhistorique, in perfetta coerenza con le sue competenze linguistiche. Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita, forse del Gozzadini, col nome Hunfalvy.
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11) Florián František Serafín Rómer Nato a Bratislava il 12 aprile 1815, è sacerdote benedettino, ma anche archeologo, storico e naturalista. È professore all’Accademia di Bratislava e di Pest, custode del Museo Nazionale Ungherese e professore all’Università di Bratislava. Di idee politiche progressiste e attivo nei moti rivoluzionari del 1848-1849, fu perseguito e imprigionato. Membro dell’Accademia Ungherese delle Scienze, è considerato uno dei fondatori della moderna archeologia ungherese. Muore a Velky Varadin (Oradea) l’8 marzo 1889.
Retro: marchio e denominazione del fotografo; dedica in francese a G. Gozzadini con firma, luogo e data autografi.
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Giuseppe Sassatelli
Belgique
12) Arthur Blomme Mancano dati anagrafici e si conosce soltanto la sua probabile appartenenza professionale all’ambito giuridico. L’appunto “Blomme A., Sécretaire de la Societè Archéologique à Termond”, che si trova nell’elenco dei partecipanti al congresso, trova conferma in alcuni suoi scritti che riguardano il Museo di Termond. Lo studioso risulta anche essere membro dell’Accademia Reale di Scienze Lettere e Arti e dell’Accademia di Archeologia del Belgio, oltre che di aver fatto parte della Commissione Reale di Arte e Archeologia dello stesso paese. Da alcuni scritti, editi tra il 1894 e il 1910, si evincono i suoi interessi per l’epigrafia, per monumenti medievali come castelli e conventi e anche per l’egittologia. Risale al 1902 un suo lavoro sulla necropoli etrusca di Castel d’Asso, a dimostrazione dei suoi interessi molto variegati, tra i quali rientra anche l’Italia preromana.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita col nome Blomme.
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13) Eugène Marie Octave Dognée Pochi i dati anagrafici trovati. Nasce a Liegi nel 1834. È sicuramente attivo in Belgio (e a Liegi in special modo) e dalle sue pubblicazioni si deducono interessi per l’archeologia gallica e gallo-romana, con particolare riguardo ad aspetti militari, oltre che per la storia e per i monumenti di Liegi. A lui si deve una importante Archeologia Preistorica in Danimarca, scritta in francese e concepita come relazione per il Ministro dell’Interno. Le poche pubblicazioni rintracciate vanno dal 1861 al 1902. Sappiamo inoltre che è stato Consigliere dell’Accademia di Archeologia del Belgio con sede a Liegi. Viene considerato dal Capellini «un sanfedista inviato [al congresso] dai cattolici del Belgio», dei quali erano ben note le posizioni intransigenti e ostili alle nuove frontiere della preistoria, per controllare le eventuali deviazioni del dibattito scientifico da una corretta impostazione cattolica e come tale viene molto ricercato «da tutti i reazionari e cattoliconi di Bologna».
È membro molto attivo nei lavori del congresso, sia nelle discussioni scientifiche al termine delle singole sezioni, sia nei dibattiti generali di carattere politico-culturale e organizzativo. Assieme a F. Dupont (n. 14) è il delegato ufficiale del Belgio. Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita col nome Dognée.
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14) Edouard-François Dupont Nato a Dinant il 31 gennaio 1841, si laurea in Scienze Naturali all’Università di Lovanio ed è geologo, paleontologo e speleologo, ma anche archeologo con forti interessi per la preistoria. È direttore del Regio Museo di Storia Naturale di Bruxelles, all’interno del quale svolge una lunga attività di studioso e di operatore museale. È membro della Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere di Bruxelles, di cui assume anche la presidenza. Viene nominato responsabile di una Commissione Nazionale composta da dieci geologi incaricata, non senza strascichi polemici, di redigere la carta geologica del Belgio. In qualità di segretario generale organizza il VI Congresso di Antropologia e di Archeologia Preistoriche che si tiene a Bruxelles un anno dopo quello di Bologna e forse anche per questo rimane a lungo in stretto contatto con il Capellini, che lo ricorda affettuosamente per non avere mai dimenticato il suo «vecchio e devoto amico preistorico». Muore a Cannes il 30 gennaio 1911.
È membro molto attivo del congresso, al quale partecipa con diversi interventi nelle discussioni previste al termine di ogni sessione. Presenta anche una relazione dal titolo Faune mammifère quaternaire del la Belgique e, assieme a O. Dognée (n. 13), è il delegato ufficiale del Belgio. Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita col nome Dupont.
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15) Gustav Hagemans Nasce a Bruxelles il 27 maggio 1830. È archeologo e storico con interessi molto precoci, relativamente al suo tempo, per Egizi, Etruschi e Romani, oltre che per la Grecia e l’Oriente. È membro dell’Istituto Archeologico di Liegi e della Società di Archeologia di Anversa ed è inoltre socio e presidente dell’Accademia di Archeologia del Belgio che ha sede a Bruxelles. Convinto liberale e membro del Parlamento, appartiene, secondo alcuni, ad una potente loggia massonica. Muore a Waterloo il 15 gennaio 1908.
Retro: marchio del fotografo. Firma autografa sotto la fotografia.
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Giuseppe Sassatelli
16) Emile (Jean Josse Emmanuel Ghislain) De Meester de Ravenstein Nasce a Mechelen il 24 maggio 1812. Dopo essersi laureato in Legge diviene collezionista d’arte e lascia le sue importanti raccolte di materiali al Museo Comunale di Mechelen. Esercita la professione di diplomatico ed è ambasciatore presso la Santa Sede, ma è noto soprattutto per i suoi spiccati interessi verso l’archeologia. A lui sono dedicati i Musées Royaux d’Art e d’Histoire di Bruxelles, a cui dona gran parte della sua collezione, molto importante e variegata, sia sul piano cronologico, sia su quello tipologico. Muore nel Castello di Ravenstien (Hever) il 20 aprile 1889.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita col nome Ravenstein.
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Danemark
17) Helvig Conrad Christian Engelhardt Nato a Copenhagen il 20 settembre 1825, è storico e archeologo, noto soprattutto per le sue avanzate tecniche di scavo, specie per quanto riguarda le zone umide, e per avere usato assai precocemente la fotografia nella documentazione di uno scavo preistorico. Scavatore e studioso dell’età del bronzo e della prima età del ferro in Danimarca, acquisisce in questo campo una competenza largamente riconosciuta dalla comunità scientifica. È direttore del Museo di Flensburg, dedicato al mare, e assistente presso il Museo delle Antichità Nordiche a Copenhagen, dalla cui università riceve una laurea honoris causa per i suoi meriti scientifici in campo archeologico e museografico. Muore a Copenhagen l’11 novembre 1881.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma, località e data autografe.
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Giuseppe Sassatelli
18) Jensen, C.C. Non ho trovato notizie. Nell’elenco dei partecipanti al congresso si legge “Jensen C.C., pasteur, Copenhagen”. È infatti un ecclesiastico ed è inoltre membro della Reale Società Nordica degli Antiquari.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita, forse del Gozzadini, col nome Jensen.
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19) Carl Frederick August Lunn Nasce a Dorthealyst il 12 settembre 1808. Ricco proprietario terriero, giurista e Consigliere di Stato, è esperto di amministrazione rurale, materia che tra l’altro insegna, ma è anche studioso riconosciuto di storia locale. La sua proprietà principale è Knabstrup, residenza importante nella storia della Danimarca e delle sue origini. È membro della Reale Società Nordica degli Antiquari. Non sono chiari i suoi legami con il Congresso di Bologna, ma il suo nome è sicuramente nell’elenco dei partecipanti e la fotografia non lascia dubbi sul suo riconoscimento. Muore nella sua proprietà di Knabstrup il 9 giugno 1886.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita col nome Lunn.
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Giuseppe Sassatelli
20) Poulsen Non ho trovato notizie.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita col nome Poulsen.
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21) Johan Henrik Gamst Waldemar Schmidt Nato a Hammel il 7 gennaio 1836, studia teologia e poi, nel corso di numerosi viaggi, acquisisce solide competenze in ambito orientalista, con particolare riguardo all’Egitto, dove acquista molti materiali che poi vanno ad arricchire la collezione egizia della Ny Carlsberg Glyptotek. È noto infatti come orientalista e in particolare come egittologo. È professore all’Università di Copenhagen e membro della Società Geografica Reale Danese. Si occupa inoltre dei musei archeologici ed etnografici di Copenhagen, ai quali dedica diverse sue pubblicazioni. Muore a Copenhagen il 26 giugno 1925.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma, località e data autografe.
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Giuseppe Sassatelli
22) Johannes Japetus Smith Steenstrup Nato a Vang l’8 marzo del 1813, è naturalista, geologo, zoologo e biologo con interessi per l’alta preistoria e per le più antiche tracce dell’attività umana. Collabora intensamente con A. Worsaae (n. 23), specialmente nello studio dei resti di conchiglie dovuti all’uomo e per i quali conia il termine kiökkenmödding. Insegna Zoologia all’Università di Copenhagen e ricopre la carica di direttore del Museo Zoologico della stessa università. È membro e presidente dell’Associazione Danese di Storia Naturale e membro straniero all’Accademia Reale Svedese delle Scienze e dell’Accademia Nazionale dei Lincei. È in contatto con Charles Darwin, che nei suoi scritti lo ringrazia spesso per la collaborazione, ma non aderisce mai pienamente alle sue teorie, suscitando così qualche suo disappunto. Nel corso di un soggiorno a Torino (1859) conosce e frequenta studiosi come F. De Filippi e B. Gastaldi e, visitando i musei da loro curati (Museo Zoologico e Museo Mineralogico), affronta, grazie alle proprie competenze, il problema dei resti di pasti umani presenti nelle grotte. Muore a Copenhagen il 20 giugno 1897.
È membro molto attivo del congresso, al quale partecipa con diversi interventi nelle discussioni previste al termine di ogni sessione. Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita, forse del Gozzadini, col nome Stenstrup.
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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23) Jens Jacob Asmussen Worsaae Nato a Vejle il 14 marzo 1821, botanico di formazione e quindi esperto di paleobotanica, è anche archeologo e storico, oltre che politico, visto che re Cristiano VIII lo prende sotto la sua personale protezione. Ha un ruolo importante nella fondazione dell’archeologia scientifica e stratigrafica e nelle prime sistemazioni cronologiche della preistoria, affinando notevolmente il sistema delle “tre età” (pietra, bronzo, ferro) elaborato da C.J. Thomsen, di cui era stato anche assistente. È un grande esperto di preistoria e protostoria danese, perseguendo nella sua attività sul campo modalità fortemente interdisciplinari, come la collaborazione con il zoologo J.S. Steenstrup (n. 22), oltre ad essere molto impegnato nella tutela del patrimonio storico e archeologico. Ricopre la carica di direttore del Museo Nazionale di Copenhagen, succedendo a C.J. Thomsen, e fonda il nuovo Museo Etnografico nel Palazzo del Principe della stessa città, facendosi promotore di quel metodo comparativo che avrà poi grande fortuna in Europa e che si propone di «operare ampi confronti tra gli stadi culturali primitivi». Riveste un ruolo importante nell’archeologia del suo paese e per questo è presidente del IV Congresso Internazionale di Antropologia e Archeologia Preistoriche tenutosi a Copenhagen nel 1869. Muore in questa città il 15 agosto 1885. È membro molto attivo nei lavori del congresso, sia nelle discussioni scientifiche al termine delle singole sezioni, sia nei dibattiti generali di carattere politico-culturale e organizzativo. Si segnalano tra questi ultimi il discorso iniziale di saluto a nome del re di Danimarca e il discorso finale, sempre di saluto, subito prima del discorso di chiusura di G. Gozzadini. Al congresso è infatti delegato ufficiale del re di Danimarca e della Società Reale degli Antiquari del Nord. Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma autografa e indicazione della sua presidenza al congresso di Copenhagen.
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Giuseppe Sassatelli
24) Johannes Julius Wroblewsky (o Wroblewski) Nasce a Copenhagen il 29 novembre 1820 e di lui sappiamo solo che è un medico militare ed è membro della Reale Società degli Antiquari del Nord. Ha grande interesse per i musei e risulta abbia donato uno specchio etrusco al Museo Nazionale di Copenhagen proprio nell’anno del Congresso di Bologna, a riprova di un suo interesse per l’archeologia dell’Italia preromana. Mancano altre notizie. Muore a Copenhagen il 3 novembre 1888.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita, forse del Gozzadini, col nome Wroblewski.
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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France
25) Alexandre Louis Joseph Bertrand Nato a Rennes l’11 giugno 1820, figlio di un fisico e fratello di un celebre matematico, studia all’École Normale Supérieure ed è anche allievo della Scuola Francese di Atene. È un pioniere dell’archeologia gallica e gallo-romana in Francia, alla quale dedica importanti lavori di sintesi. Prima insegna retorica a Rennes e poi è professore di archeologia all’École du Louvre. Fonda il Musée des Antiquités Nationales di SaintGermain-en-Laye, di cui è il primo direttore e che dirige fino alla sua morte. È esponente di spicco di un certo conservatorismo della scienza ufficiale in Francia, sia per quanto riguarda le teorie evoluzionistiche, sia nel negare ad esempio l’esistenza di una vera età del bronzo in Italia, oltre che in Francia e in Germania, contro ogni evidenza documentaria sottolineata da figure più innovative come G. de Mortillet (n. 38) o G. Chierici, che al Congresso di Stoccolma gli contrappone la straordinaria documentazione delle terramare. È membro dell’Accadémie des Inscriptions e Belles Lettres e muore a Parigi l’8 dicembre 1902.
Retro: denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini, con firma e data autografe.
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Giuseppe Sassatelli
26) Pierre Paul Broca Nato a Sainte-Foy-la-Grande in Dordogna il 28 giugno 1824, è antropologo, neurologo e notissimo chirurgo. Dopo studi di matematica e fisica si dedica totalmente alla medicina, nella quale si laurea a Parigi e nell’ambito della quale svolge un’attività di primissimo ordine sul piano della ricerca con particolare riguardo allo studio del cervello. Pioniere dell’antropologia fisica, fonda la Societé d’Anthropologie e la «Revue d’Anthropologie». Assieme a G. de Mortillet (n. 38) fonda inoltre l’École d’Anthropologie di Parigi, nella quale insegna questa disciplina mentre nella stessa scuola G. de Mortillet insegna Antropologia Preistorica con un significativo intreccio di discipline che, per quanto diverse, possono tutte concorrere allo “studio dell’uomo” nelle sue più variegate sfaccettature. Grande studioso di anatomia e in particolare di craniologia, diviene un pioniere nello studio del cervello. Viene eletto senatore per i suoi meriti scientifici e fonda una società di liberi pensatori a sostegno della teoria di Darwin, alla quale aderisce prontamente e con convinzione, subendo denunce dall’autorità costituita. Muore a Parigi il 9 luglio 1880.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma autografa.
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27) Emile Cartailhac Nato a Marsiglia il 15 febbraio 1845, è uno dei fondatori dell’archeologia preistorica in Francia. Amico di G. de Mortillet (n. 38) gli succede nella direzione dei «Materiaux pour servire a l’Histoire de l’Homme», uno strumento fondamentale per gli studi di pre-protostoria. È un qualificato studioso dei monumenti megalitici francesi e delle pitture rupestri del paleolitico, sulle quali ha in un primo momento una posizione molto scettica, relativamente ad antichità e cronologia, ma poi si ravvede completamente. Insegna Antropologia e Archeologia Preistorica all’Università di Tolosa, prima alla Facoltà di Scienze e poi alla Facoltà di Lettere; ed è inoltre direttore del Museo Archeologico di Tolosa. Poco prima della morte contribuisce alla creazione dell’Istituto di Paleontologia di Parigi. È in rapporto di stretta amicizia con G. Gozzadini e con la moglie Maria Teresa Serego Alighieri, alla morte della quale manda al marito una lunga e affettuosa lettera di condoglianze. Muore a Ginevra il 25 novembre 1921.
È membro molto attivo del congresso, al quale partecipa con diversi interventi nelle discussioni previste al termine di ogni sessione. Presenta inoltre una relazione dal titolo Orientation des dolmens de l’Aveyron, terramares de la H.te Garonne (France). Retro: denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma autografa e data.
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28) Paul Louis Cazalis de Fondouce Nato a Montpellier l’11 giugno 1835, pur essendo ingegnere di formazione, si occupa di paleontologia umana, di geologia e di archeologia preistorica, con particolare riguardo al sud della Francia. È membro di varie società scientifiche della città di Montpellier, come l’Accademia di Scienze Lettere e Arti e la Società Archeologica della quale è anche presidente. Dona la sua importante collezione di materiali preistorici, che aveva raccolto nella lunga attività sul campo, al Museo di Montpellier. È membro della Società Preistorica Francese. La sua vasta produzione scientifica tocca temi di geologia, vulcanologia e di alta preistoria, oltre che dell’ambito celtico. Muore a Montpellier il 10 aprile 1931.
È membro molto attivo nelle discussioni previste al termine di ogni sessione. Presenta inoltre una relazione dal titolo L’Âge du renne dans le bas-Languedoc ed è incaricato dall’organizzazione di redigere il rapporto sulla escursione del congresso a Ravenna Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma autografa e data.
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29) François-Joseph Chabas Nato a Briançon il 2 gennaio 1817, è commerciante di vini e si occupa, come autodidatta, dell’Egitto e delle sue antiche lingue, alle quali dedica numerose pubblicazioni. Coltiva anche interessi per l’antropologia e la paletnologia, sia relativamente alla sua regione (Saône-et-Loire), sia relativamente all’Europa. Per i suoi innumerevoli meriti scientifici fa parte della Società di Storia e Archeologia di Saône-et-Loire, regione dove ricopre anche incarichi politici. In ragione delle sue competenze è inoltre membro di prestigiose associazioni di egittologia. Muore a Versailles il 17 maggio 1882.
Retro: marchio e denominazione del fotografo. Sotto la fotografia firma autografa con località e indicazione dell’età.
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30) Ernest Chantre Nasce a Lione il 13 gennaio 1843. Archeologo, antropologo e naturalista, è direttore del Museo di Scienze Naturali di Lione, presso il quale tiene un corso di Geologia e Antropologia; ed è anche titolare della cattedra di Etnologia all’Università di Lione, oltre che fondatore della Società di Antropologia della stessa città. Protagonista di spedizioni e scavi nel Caucaso, in Armenia, Anatolia, Cappadocia, Mesopotamia e Kurdistan, con spiccati interessi preistorici e naturalistici, è anche un buon conoscitore della preistoria nel bacino del Rodano. A lui si deve la proposta di inserire un’età del rame tra il neolitico e l’età del bronzo. Frequenta a Ronzano, sulle colline bolognesi, il salotto di Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini. Collabora attivamente all’edizione dei «Materiaux pour servire a l’Histoire de l’Homme», rivista fondata da G. de Mortillet (n. 38). Muore a Ecully il 24 novembre 1924.
Al congresso presenta due relazioni dal titolo L’Âge du Bronze dans le bassin du Rhône; Palafittes Carlovingiennes dans le lac de Paladru (Isère). È inoltre incaricato dall’organizzazione di redigere il rapporto sulla escursione agli scavi della Certosa di Bologna. Retro: marchio e denominazione del fotografo.
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31) Arthur Demarsy Nasce a Doulens il 4 settembre 1843. Laureato in Giurisprudenza, coltiva interessi molto variegati ed è infatti storico, numismatico, archeologo, ma anche paleografo e archivista. È un assiduo frequentatore dei congressi internazionali di antropologia e archeologia preistoriche e su alcuni di essi, come ad esempio quello di Copenhagen del 1869, presenta un importante resoconto. Muore a Compiègne il 29 maggio 1900.
Al congresso è incaricato dall’organizzazione di redigere il rapporto sulla escursione nella città etrusca di Marzabotto. Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma e indicazione di località autografe.
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32) Paul-Quentin Desains Nasce a Saint-Quentin (Aisne) il 12 luglio 1817. Inizia i suoi studi di fisica all’École Normale Supérieure di Parigi e insegna fisica al liceo, prima a Caen e poi a Parigi, dove diventa poi professore della stessa materia alla Facoltà di Scienze della Sorbonne, carica che ricopre per oltre trent’anni. Politicamente è noto per avere rifiutato il giuramento a Napoleone III. È membro dell’Accademia delle Scienze di Parigi e forse si deve alle sue competenze nella fisica e in particolare ai suoi studi sul magnetismo terrestre la partecipazione al Congresso di Bologna. Muore a Parigi il 3 maggio 1885.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita, forse del Gozzadini, col nome Desains.
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33) Edouard Flouest Nato a Le Puy en Velay (Haute-Loire) il 18 aprile 1829, è magistrato e procuratore generale a Nimes e in altre città della regione, dove svolge anche attività di appassionato ricercatore di preistoria, di archeologia gallica e gallo-romana, alle quali dedica numerose pubblicazioni, legando il suo nome ad alcune scoperte importanti della Borgogna. È membro dell’Accademia di Scienze Lettere e Arti della Savoia; della Società Storica, Archeologica e Letteraria di Lione ed è inoltre membro corrispondente della Società Nazionale degli Antiquari di Francia. Muore a Parigi il 4 giugno 1891.
Retro: marchio e denominazione del fotografo. Sotto la fotografia firma autografa.
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34) Joseph Louis Félix Garrigou Nato a Tarascon-sur-Ariège il 16 settembre 1835, è medico, idrologo, chimico e archeologo. Insegna Idrologia medica alla Facoltà di Medicina e Farmacia di Tolosa. Si occupa in special modo dei resti umani e animali nelle grotte nel sud della Francia (Pirenei) e ha un particolare interesse per lo studio delle acque minerali dal punto di vista chimico e medico, anche relativamente alla pre-protostoria. È membro della Società Geologica di Francia e della Società di Antropologia di Parigi, ed è presidente dell’Accademia delle Scienze di Tolosa. È promotore di un importante appello per l’unità di tutti gli studiosi e per la loro riappacificazione dopo i contrasti dovuti al conflitto franco-prussiano che precede il congresso e ha qualche strascico tra gli studiosi dei due paesi presenti a Bologna; e di una esortazione a tutti i governi per sostenere il principio di una “istruzione obbligatoria” e per auspicare la creazione di laboratori dedicati alle “scienze positive”. Entrambi gli appelli sono portati all’attenzione del congresso, che però sembra ignorarli. Muore a Tarascon-sur-Ariège il 18 marzo 1920.
È membro molto attivo del congresso, al quale partecipa con diversi interventi nelle discussioni previste al termine di ogni sessione. Presenta inoltre ben quattro relazioni con il seguente titolo: Glaciers et dépôts quaternaires des Pyrénées; Sur une étude de stratigraphie paléontologique à l’époque quaternaire; Sur des terramares et de palafittes dans les Pyrénées; Sur l’étude des os cassés que l’on trouve dans diverses gisements paléontologiques. Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma autografa.
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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35) St. Ildephonse, Baron Non ho trovato notizie. Nell’elenco dei partecipanti al congresso è indicato come “Ildephons (le Baron de Saint) Chateau St. Clément près Maçon”. Nell’elenco di mano del Gozzadini si legge “St. Ildephonse”.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita, forse del Gozzadini, col nome Ildephonse. Il nome del fotografo è ripetuto anche sulla fotografia.
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Giuseppe Sassatelli
36) Pascal-Louis Lemière Nato a Morlaix (Finistère) il 31 ottobre 1818, conduce solidi studi classici ed è numismatico e archeologo. Le sue competenze numismatiche, unanimemente riconosciute, riguardano in particolare l’ambito gallico e si caratterizzano per una grande attenzione agli aspetti archeologici della monetazione. Si occupa inoltre di antropologia di “Celti, Galli e Germani”, intrecciandosi più volte nei suoi studi con A. Bertrand (n. 25). A questi interessi è probabilmente dovuta la sua partecipazione al Congresso di Bologna. Muore a SaintBrieuc il 4 febbraio 1887.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma autografa.
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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37) Fernand Louis Arnould Leproux Nasce il 1° ottobre 1844 a Saint-Quentin (Aisne). Figlio di J.A. Leproux, avvocato, giudice e politico importante in quella regione, è anche lui avvocato con forti interessi per la paleografia. Si ignorano i legami precisi con il congresso, ma l’appunto “St-Quentin”, accanto al suo nome nell’elenco dei partecipanti, rende abbastanza certa la sua identificazione, anche in conseguenza del fatto che sappiamo con sicurezza essere stato archivista e paleografo proprio a Saint-Quentin (Aisne), dove muore, giovanissimo, il 23 luglio 1875.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita col nome Le Proux.
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Giuseppe Sassatelli
38) Louis Laurent Gabriel de Mortillet Nato a Meylan presso Grenoble (Isère) il 29 agosto 1821, ingegnere di prima formazione, si dedica alle scienze naturali ed è paletnologo e naturalista di spicco in Francia e in Europa. Prende parte ai moti insurrezionali del 1848 ed è costretto all’esilio in Italia e in Svizzera, dove si dedica allo studio delle palafitte. Tornato in Francia, dopo l’amnistia concessa da Napoleone III, fonda e dirige la rivista «Materiaux pour servire a l’Histoire de l’Homme», con la quale si propone di far conoscere i principali risultati delle ricerche antropologiche, archeologiche e geologiche in corso nei vari paesi. È curatore e direttore del Musée des Antiquités Nationales di Saint-Germain-en-Laye, oltre che professore di Antropologia Preistorica alla Scuola di Antropologia di Parigi. È deputato del Parlamento e figura di primo piano nell’organizzazione dei congressi di antropologia e archeologia preistoriche tra cui anche quello di Bologna del 1871. Resta famosa la sua classificazione cronologica dell’alta preistoria ed è considerevole anche il suo contributo allo sviluppo della paletnologia italiana. È lui che nella riunione della Società Italiana di Scienze Naturali, svoltasi a La Spezia nel 1865, propone, assieme ad A. Stoppani (n. 76), di tenere ogni anno un congresso internazionale, dedicato all’archeologia e all’antropologia preistoriche, il primo dei quali viene fatto a Neuchâtel l’anno dopo. Muore a Saint-Germain-en-Laye il 25 settembre 1898.
È membro molto attivo del congresso, al quale partecipa con diversi interventi nelle discussioni previste al termine di ogni sessione. Retro: marchio e denominazione del fotografo. Sotto la fotografia firma autografa con data.
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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39) Jean Louis Armand de Quatrefages (de Bréau) Nato a Berthézène il 6 febbraio 1810, è personalità molto versatile e dopo i primi studi in fisica, scienze naturali e zoologia, si laurea in Medicina a Strasburgo. Insegna Zoologia alla Facoltà di Scienze di Tolosa ed è titolare della cattedra di Antropologia ed Etnografia al Museo Nazionale di Scienze Naturali di Parigi. È studioso di Darwin e profondo conoscitore dei suoi temi di ricerca, anche se è uno dei principali critici delle sue teorie in area francese. Partecipa con P. Broca (n. 26) e con G. de Mortillet (n. 38) alla istituzione della Scuola di Antropologia di Parigi ed è inoltre membro straniero della Royal Society di Londra e dell’Accademia Francese delle Scienze. È in rapporti di amicizia sia con G. Gozzadini, sia con la moglie Maria Teresa Serego Alighieri, con la quale ha una ricca corrispondenza epistolare, forse anche in conseguenza dell’affettuosa solidarietà che entrambi gli dimostrarono quando, proprio nel corso del congresso, morì un suo nipote che lo aveva seguito per prendervi parte. Muore a Parigi il 12 gennaio 1892.
È membro molto attivo del congresso, al quale partecipa con diversi interventi nelle discussioni previste al termine di ogni sessione. È inoltre autore di un entusiastico discorso di saluto durante l’escursione alla terramara di Montale, presso Modena. Non presenta relazioni, ma subito dopo il congresso, in data 10 novembre 1871, manda a G. Gozzadini un testo dal titolo Sur les anciennes populations d’Europe, che viene regolarmente pubblicato negli Atti. Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma autografa.
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Giuseppe Sassatelli
Grande Bretagne et Irlande
40) Joseph Barnard Davis Nato a York il 13 giugno 1801, medico, antropologo e craniologo, da giovane si imbarca come chirurgo in una baleniera del mare Artico. È uno studioso riconosciuto di anatomia comparata e riesce a raccogliere una importante collezione di scheletri e crani di varie razze umane. Cura l’edizione di un Thesaurus Craniorum e la pubblicazione di Crania Britannica, assieme a J. Thurnam. Corrispondente ed editore del «Journal of Anthropology», è inoltre membro della Società di Antropologia di Londra. A lui, oltre che a Luigi Calori, si rivolge il Gozzadini per avere qualche elemento su una possibile identificazione etnica (e quindi storica) dei crani di Villanova. Nel corso della sua lunga attività raccoglie una collezione di oltre 1800 crani, che poi viene acquistata dal Reale Collegio dei Chirurghi di Londra. Muore a Shelton il 19 maggio 1881.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e indicazione autografa del luogo e della data di nascita. Sotto la fotografia firma autografa e data (forse della fotografia stessa).
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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41) Mary Fairfax Greig Somerville Nata a Jedburgh (Scozia) il 26 dicembre 1780, è scienziata, matematica, astronoma ed esperta di geologia e geografia. Pur costretta ad una formazione di tipo tradizionale legata alla danza, al pianoforte e al disegno, riesce a coltivare i suoi interessi per le scienze e per la matematica. Viaggia molto in Francia e in Italia, dove soggiorna a lungo fino alla morte. È membro onorario della Società di Fisica e Storia Naturale di Ginevra, membro della Società Geografica Italiana ed è la prima donna in assoluto a far parte della Royal Astronomical Society. La sua eventuale partecipazione al congresso (non è nell’elenco ufficiale dei partecipanti) potrebbe essere dovuta alle sue competenze geologiche. Ma la ragione del suo inserimento nell’album sta sicuramente nel rapporto molto stretto e di grande amicizia con Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini, che la conosce durante un suo viaggio a Firenze, la ospita a Villanova e a Ronzano e la considera una «donna straordinaria […] scienziata e ottima madre». Muore a Napoli il 29 novembre 1872.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e indicazione autografa della città e dell’anno della dedica. Sotto la fotografia firma autografa.
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42) Austen Henry Layard Nato a Parigi il 5 marzo 1817, appartiene all’aristocrazia londinese ed è avvocato, diplomatico e politico liberale. La sua attività di archeologo è legata ad alcune grandi missioni in Oriente (Mesopotamia, Siria e Assiria), tra le quali si segnalano gli scavi di Nimrud, Ninive e Babilonia, con ricadute importanti sulle collezioni orientali del British Museum. È ambasciatore britannico a Costantinopoli e in vecchiaia si ritira a Venezia, dove si interessa della pittura italiana (Pinturicchio e Ghirlandaio) e della produzione del vetro sia a Venezia che a Murano. È frequentatore abituale del salotto di Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini, e intrattiene con lei rapporti di stima e di amicizia al punto che è la stessa Maria Teresa ad impegnarsi per la traduzione in italiano, ad opera del conte Ercole Malvasia, delle sue Scoperte di Ninive, un libro che la contessa dichiara di avere tra le sue letture preferite. Muore a Londra il 5 luglio 1894.
Retro: Bianco. La firma autografa è sotto la fotografia.
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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43) John Lubbock (Barone di Avebury) Nato a Londra il 30 aprile 1834, banchiere e politico liberale, viene eletto in Parlamento. È archeologo preistorico, antropologo ed etnologo con interessi spiccati per la biologia. Di notevole interesse il suo presupposto che la «archeologia costituisce il collegamento fra la geologia e la storia». Per i suoi studi in questi campi riceve lauree honoris causa a Oxford, Cambridge, Edimburgo, Dublino e Würzuburg. Influenzato nelle sue ricerche dalle teorie evoluzionistiche di Charles Darwin, con il quale è in stretto contatto (erano anche vicini di casa), ne sostiene l’attendibilità con contributi di taglio archeologico. È noto per la divisione della preistoria in Paleolitico e Neolitico, non solo sulla base della diversa lavorazione della pietra, ma anche per l’introduzione, nel Neolitico, della ceramica e dell’agricoltura. A questo dedica una importante opera di sintesi (Prehistoric Times) che, tradotta in italiano e pubblicata a Torino dalla futura Utet con un’ampia appendice sull’Italia scritta da A. Issel (n. 64), contribuisce in modo determinante a far nascere anche tra il pubblico l’interesse per la preistoria dell’uomo. Conosce a Roma L. Pigorini (n. 69), con il quale si impegna a pubblicare la necropoli della cultura laziale scoperta a Marino presso Albano. È presidente della Società di Etnologia e della Reale Società di Antropologia ed è anche presidente del III Congresso Internazionale di Antropologia e Archeologia Preistoriche tenutosi a Norwich nel 1868. Muore nel Castello di Kingsgate (Broadstairs) il 28 maggio 1913.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e firma autografa. Sotto la fotografia appunto a matita, forse del Gozzadini, con il nome J. Lubbock.
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44) Charles Lyell Nato a Kinnordy (Scozia) il 14 novembre 1797, pur essendo avvocato, si dedica alle scienze e in particolare alla geologia. Entra giovanissimo nella Geological Society di Londra, di cui diviene poi presidente. Nel corso di molti suoi viaggi nei paesi nordici, in Europa, negli Stati Uniti e in Canada, visita ripetutamente anche l’Italia, dove si occupa di bradisismo (zona flegrea) e di vulcanesimo (Etna). I suoi Principi di Geologia segnano la fine della vecchia geologia statica e l’esordio di una nuova geologia basata sullo studio dei fenomeni geologici nel loro lento divenire, dischiudendo di fatto la strada al metodo comparativo, sia nell’archeologia preistorica che nell’antropologia, e costituendo una base ideale per la formulazione della teoria dell’evoluzione che già si profila all’orizzonte. Nominato professore di Geologia presso il King College di Londra, è amico personale di Charles Darwin, sul quale ha probabilmente anche qualche influsso, e aderisce pienamente alle sue teorie evoluzionistiche, approfondendo quelle evidenze geologiche e paleontologiche che confermano l’antichità dell’uomo e allargando i suoi interessi all’antropologia e all’archeologia preistorica. Ha contatti frequenti con studiosi italiani tra i quali G. Capellini, che per suo tramite si relaziona con il torinese B. Gastaldi. Muore a Londra il 22 febbraio 1875.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita, forse del Gozzadini, con il nome Charles Lyell Bart.
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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45) Richard Owen Nato a Lancaster il 20 luglio 1804, studia medicina, ma si dedica soprattutto alla biologia e alla paleontologia, con particolare interesse verso la zoologia dei rettili estinti e dei fossili. Viene ricordato come l’inventore della parola dinosauro. È prima amico e poi oppositore di Charles Darwin, non solo per gelosia personale come solitamente si ritiene, ma per una reale contrarietà alle sue teorie. È il curatore della sezione di Storia Naturale del British Museum che poi, anche con l’appoggio del bibliotecario reggiano Antonio Panizzi, riesce a trasformare in un museo autonomo col nome di Museo di Storia Naturale, dove hanno grande spazio e molta importanza i calchi degli animali a grandezza naturale realizzati per attirare l’interesse del pubblico. Muore a Londra il 18 dicembre 1892.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e, appunto a matita, forse del Gozzadini, con il nome Richard Owen.
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46) William Makepeace Thackeray Nato a Calcutta il 18 luglio 1811, è scrittore noto e famoso, autore tra l’altro di La fiera delle vanità e Le Memorie di Barry Lyndon. Non si capisce come mai la sua fotografia, nella quale del resto è pienamente riconoscibile, sia tra quelle del Congresso di Bologna, essendo tra l’altro deceduto a Londra il 24 dicembre 1863. Come unica possibile spiegazione si può pensare a un suo legame con il salotto di Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini, nel quale vi erano presenti altri letterati (come l’Aleardi e il Carducci), e ad un recupero della sua fotografia in occasione della predisposizione dell’album del congresso, nonostante fosse già morto.
Retro: marchio e denominazione del fotografo. Sotto la fotografia appunto a matita, forse del Gozzadini, con il nome Thackeray.
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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Italie
47) Gaetano Maria (poi Aleardo) Aleardi Nasce a Verona il 14 novembre 1812. Di famiglia aristocratica, coltiva fin da giovane interessi letterari e comincia ben presto a scrivere poemetti storici, poesie, “lettere” che gli danno grande notorietà. Partecipa ai moti del 1848 ed è anche arrestato per le sue idee politiche. Dopo l’Unità d’Italia viene nominato senatore del Regno ed è un assiduo frequentatore del salotto della moglie del Gozzadini, che lo aveva conosciuto prima del matrimonio e che lo aiuta nelle sue fughe da patriota. Non a caso egli le dedica alcune composizioni letterarie. A questo antico e stretto sodalizio si deve la sua presenza tra i personaggi del congresso, al quale peraltro risulta regolarmente iscritto (vedi elenco ufficiale dei partecipanti pubblicato negli Atti). Muore a Verona il 17 luglio 1878.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in italiano a G. Gozzadini con firma autografa. Sotto la fotografia altra firma autografa.
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48) Francesco Anca Nasce a Palermo nel gennaio del 1803. Barone e deputato al Parlamento, si hanno di lui poche notizie. Siamo a conoscenza di una sua nota su resti di elefante africano rinvenuti tra fossili post-pliocenici nei pressi di Roma, che fu presentata all’Accademia Nazionale dei Lincei da Giuseppe Ponzi (n. 70) e che comprova i suoi interessi per la geologia e la paleontologia, giustificando la sua presenza al congresso. Conosciamo inoltre il suo grande impegno e il suo lavoro nelle grotte della Sicilia da lui stesso esplorate con un’attenzione spiccata e precoce per l’associazione di manufatti litici con determinati tipi di fauna. Del resto, nel suo discorso di apertura, G. Gozzadini lo cita come lo «scavatore della Grotta di S. Teodoro [Messina] in Sicilia» e lo ricorda per avere portato materiali importanti di una sua collezione siciliana alla Esposizione Preistorica Italiana legata al congresso. Nell’elenco dei partecipanti al congresso, accanto al suo nome, si trova l’indicazione “Anca (le Baron F.) Palermo” che, unita alla firma autografa dietro la fotografia con la specificazione “di Palermo”, non lascia dubbi sulla sua identificazione. Muore a Palermo l’8 febbraio 1887.
Al congresso è delegato ufficiale dell’Università e del Museo di Storia Naturale di Palermo. Retro: marchio, denominazione del fotografo e firma autografa con indicazione “di Palermo”.
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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49) Angelo Angelucci Nato a Roccalvecce (Viterbo) il 14 gennaio 1816, fa carriera militare nell’esercito pontificio e solo in età avanzata si dedica all’architettura, studiando a Roma e all’Accademia di Belle Arti di Perugia. Come militare dirige il Museo Nazionale di Artiglieria a Torino e come architetto lavora in diverse località delle Marche e dell’Umbria, tra cui Senigallia, Foligno, Fabriano e Iesi, dove viene ancora ricordato in ragione del suo intervento determinante per il passaggio della ferrovia. Ai suoi numerosi lavori di ambito architettonico si affiancano contributi che affrontano temi di storia delle armi, all’interno dei quali si registra una specifica attenzione per le più antiche “armi in pietra”, come le selci, interesse che poi si allarga ad altri aspetti della preistoria, come le palafitte del lago di Varese. Questa sua apertura verso l’archeologia è dovuta molto probabilmente anche contatti con Ariodante Fabretti, come testimoniano alcune sue lettere a lui indirizzate. Muore a Torino il 5 luglio 1891.
Fa parte della commissione incaricata di preparare l’Esposizione Preistorica Italiana allestita in occasione del congresso e nel relativo decreto di nomina viene indicato come capitano di artiglieria a Torino. Del resto la collezione del Museo Nazionale di Artiglieria di Torino ebbe grande spazio in tale esposizione. Retro: marchio e denominazione del fotografo.
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50) Francesco Bernardi Non si conosce la data di nascita e si hanno poche notizie. Noto come ardente patriota e appassionato cultore delle scienze naturali è socio dell’Accademia delle Scienze di Siena per i cui membri viene coniato il termine di Fisiocritici (“giudici della natura”). L’Accademia aveva un importante Museo di Storia Naturale, al quale lo stesso Bernardi dona la sua cospicua collezione di rocce e fossili provenienti dall’area ligure, tra cui oltre 10.000 conchiglie. Parte di questa collezione viene portata alla Esposizione Preistorica Italiana, allestita in occasione del congresso, e ne spiega la sua partecipazione allo stesso congresso. Ricopre la carica di direttore del Museo dei Fisiocritici di Siena, del quale è delegato ufficiale al Congresso di Bologna. Muore nel 1874.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita con il nome Bernardi.
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51) Ulderigo Botti Nasce a Montelupo Fiorentino il 4 giugno 1822. Laureato in Legge e con una intensa attività giudiziaria alle spalle, si dedica ben presto a studi di geologia e di paleontologia nel territorio salentino, dove si trasferisce per motivi di lavoro, con particolare attenzione alle grotte preistoriche. È lo scopritore della Grotta Romanelli e svolge scavi importanti nella Grotta del Diavolo, dove riconosce le più antiche tracce di frequentazione dell’uomo preistorico. In virtù di questi suoi scavi viene solennemente nominato da G. Gozzadini nel suo discorso di apertura al congresso. A lui si deve il primo nucleo del Museo di Storia Naturale di Lecce. Muore suicida a Reggio Calabria il 25 giugno 1906.
Al congresso rappresenta ufficialmente la Deputazione di Storia Patria di Lecce. Retro: marchio e denominazione del fotografo. Sotto la fotografia firma autografa e data.
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Giuseppe Sassatelli
52) Luigi Ceselli Mancano dati anagrafici puntuali. È capitano del Genio nello Stato Pontificio e socio di varie accademie nazionali e straniere. Ha interessi che spaziano dall’archeologia alla paletnologia, dalla mineralogia alla zoologia. Nelle sue ricerche raccoglie ossa animali e materiali preistorici e si dedica in particolare allo studio e alla raccolta di manufatti paleolitici della campagna romana e di documenti archeologici della cultura laziale. Gli viene riconosciuto il merito di avere scoperto le prime vestigia paleolitiche in Italia. A lui si deve anche il precoce riconoscimento di una età di transizione o del rame tra neolitico ed età del bronzo. È un grande ammiratore di L. Pigorini (n. 69), da cui riceve molte sollecitazioni e preziosi suggerimenti per le sue ricerche, in rapporto alle quali viene anche ricordato da G. Gozzadini nel suo discorso di apertura al congresso. La sua collezione di materiale archeologico, antropologico e paleontologico viene donata dagli eredi alla comunità benedettina di Santa Scolastica a Subiaco e oggi fa parte della Sezione Paleontologica, Preistorica e Protostorica (che ha preso il suo nome) di quel museo. Muore nel 1882.
Retro: dedica in italiano a G. Gozzadini con firma e data autografe.
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53) Giovanni Antonio Luigi Cibrario Nato a Torino il 23 febbraio 1802, si laurea prima in Legge e poi in Lettere, perseguendo una brillante carriera di funzionario sabaudo con il favore di Carlo Alberto. Coltiva in gioventù interessi letterari, ma poi si indirizza verso la storia, con particolare attenzione per quella dei Savoia, non senza qualche incursione nell’antichità. Scrive una Storia di Torino nella quale, per l’età cristiana, utilizza materiale archeologico appena scoperto. È ministro delle Finanze e della Pubblica Istruzione con il governo di Camillo Benso conte di Cavour e quando questi va in Crimea lo sostituisce al Ministero degli Esteri. Si interessa molto, anche come politico, della organizzazione delle biblioteche e degli archivi. Nonostante la sua morte avvenga un anno prima del congresso non ci sono dubbi sulla sua identificazione e si può ipotizzare che ne sia stato coinvolto nella sua prima fase organizzativa, tanto da meritare il suo inserimento nell’album delle fotografie. Muore a Torino il 1° ottobre 1870.
Retro: marchio e denominazione del fotografo. Sotto la fotografia dedica in italiano a G. Gozzadini.
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54) Giovanni Carlo Conestabile della Staffa Nato a Perugia il 2 gennaio 1824, è di nobile e antica famiglia e coltiva in gioventù interessi letterari e musicali. Muta in senso liberale la posizione cattolica e papalina che aveva respirato in famiglia, anche se non prende mai una posizione netta contro il papato. La frequentazione e l’insegnamento di G.B. Vermiglioli e di A. Fabretti lo orientano verso l’archeologia, dove è molto attivo specie per gli scavi e per i monumenti della sua città e del relativo territorio, con particolare riguardo alla civiltà etrusca. È professore di Archeologia all’Università di Perugia e si occupa anche di antichità orientali. Ha molti rapporti con i più importanti archeologi di Francia, Inghilterra e Germania e si dedica inoltre a studi di preistoria per cui, assieme a Gozzadini, è il coordinatore del Congresso di Bologna. Alla grande amicizia e alla profonda stima del Gozzadini si uniscono quelle della moglie Maria Teresa Serego Alighieri, che ha per lui parole di sincero apprezzamento sul piano umano e scientifico. È figura di primissimo piano nel dibattito sui rapporti tra archeologia, antropologia e linguistica, rispetto ai quali ritiene che i dati linguistici e archeologici, non quelli antropologici, debbano avere un peso maggiore se non esclusivo per la individuazione dei popoli e per la ricostruzione dei grandi movimenti migratori dell’Italia antica. Muore nella sua villa di Montemelino (Perugia) il 21 luglio 1877. È membro molto attivo del congresso, al quale partecipa con diversi interventi nelle discussioni previste al termine di ogni sessione. È inoltre autore di due importanti relazioni di carattere generale dal titolo Rapport sur la nécropole étrusque de Marzabotto et sur les découvertes de la Certosa de Bologne; Sur le anciennes immigrations en Italie. Retro: marchio, denominazione del fotografo e firma autografa.
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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55) Emilio Cornalia Nasce a Milano il 25 agosto 1824. Si iscrive prima a Giurisprudenza (Pavia), ma poi passa a Medicina con forti interessi per le scienze naturali e per la geologia, oltre che per la zoologia, la paleontologia e l’etnologia. Partecipa, come naturalista, a una importante spedizione di zoologi, finanziata dal viceré d’Egitto, con il compito di studiare la fauna del Basso e dell’Alto Egitto. È direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano e fondatore della Società Entomologica Italiana. Si impegna molto nella divulgazione scientifica, specialmente all’interno delle sue attività museali. È presidente della Società Geologica, poi Società Italiana di Scienze Naturali (della quale è delegato ufficiale al congresso) e dell’Istituto Lombardo di Scienze Lettere e Arti. È inoltre membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Muore a Milano l’8 giugno 1882.
Fa parte della commissione incaricata di preparare l’Esposizione Preistorica Italiana allestita in occasione del congresso. Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in italiano a G. Gozzadini con firma, località e data autografe.
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Giuseppe Sassatelli
56) Francesco De Bosis Non ho trovato notizie anagrafiche. Nell’elenco dei partecipanti al congresso figura solo l’indicazione “De Bosis (Ing. Francesco), Ancona”. Da alcuni suoi scritti editi tra il 1861 e il 1863 risulta un suo interesse spiccato per le scienze naturali e per la meteorologia, specie dell’area di Ancona; e risulta anche molta attenzione per le grotte preistoriche, sempre di Ancona e dintorni. È membro effettivo della Società Italiana delle Scienze Naturali di Milano; socio corrispondente della Regia Accademia Economico-Agraria dei Georgofili di Firenze e socio dell’Accademia degli Aspiranti Naturalisti.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita con il nome De Bosis.
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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57) Giuseppe De Luca Non ho trovato notizie anagrafiche. Nell’elenco dei partecipanti al convegno, accanto al suo nome, si trova l’indicazione “De Luca (prof. Giuseppe), Molfetta”. Sacerdote (come si vede anche dalla foto), viene ricordato tra coloro che hanno fatto parte del Capitolo della Cattedrale di Molfetta, con l’indicazione della sua provenienza (Leprignano), cosa che fa pensare a un discendente dei marchesi di Leprignano. È ricordato anche per avere portato diversi materiali della Puglia all’Esposizione Preistorica Italiana allestita in occasione del congresso.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita con il nome De Luca.
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Giuseppe Sassatelli
58) Michele Stefano De Rossi Nasce a Roma il 30 settembre 1834. Di formazione giuridica, si dedica all’archeologia cristiana (catacombe), ma anche alla paleontologia e alla geologia, con particolare riguardo ai fenomeni vulcanici e sismici. La sua aspirazione scientifica, spesso criticata dagli stessi preistorici, è sempre stata quella di «costringere la preistoria dentro la storia». È professore di Geologia e Mineralogia all’Università Pontificia di Roma e rifiuta la nomina all’Accademia Nazionale dei Lincei per fedeltà al papato. In ragione delle sue molte relazioni con l’ambiente francese è membro della Società Geologica di Francia e della Società di Antropologia di Parigi. A lui viene affidato l’incarico di presentare i materiali dell’Italia centrale all’Esposizione Preistorica Italiana legata al congresso. Fonda il «Bullettino del Vulcanesimo Italiano» e muore a Rocca di Papa il 30 ottobre 1898.
Al congresso presenta una relazione di carattere generale dal titolo La Paléoethnologie dans l’Italie Centrale. Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in italiano a G. Gozzadini con firma autografa e indicazione di un personaggio (Ersilia Lovatelli?) che ha fatto da intermediario per l’acquisizione della fotografia.
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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59) Giovanni Battista Ercolani Nato a Bologna il 26 dicembre 1817 (secondo alcuni 1819), è medico e veterinario. Patriota molto attivo in fase risorgimentale, è costretto all’esilio e si rifugia prima in Toscana e poi a Torino, dove insegna Veterinaria e fonda il Museo di Anatomia e Patologia Veterinaria. Dopo l’Unità d’Italia viene eletto deputato di Bologna, città nella quale è chiamato a ricoprire la cattedra di Zooiatria e dove è direttore del Museo di Anatomia Patologica Comparata, oltre che preside della Facoltà di Medicina e rettore dell’Università. È in stretto contatto con L.K. Virchow (n. 6) e molto apprezzato in ambito nazionale e internazionale per le sue ricerche. Muore a Bologna il 16 novembre 1883.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in italiano a G. Gozzadini con firma autografa.
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60) Giuseppe Fiorelli Nato a Napoli l’8 giugno 1823 e laureato in Giurisprudenza, si interessa precocemente di numismatica e di archeologia. Alcuni suoi trascorsi illuminati, grazie alla protezione del liberaleggiante Leopoldo di Borbone (fratello di Ferdinando II), di cui diviene consulente per le sue attività archeologiche, oltre che amico, gli tornano utili dopo la caduta del Regno. Le sue attività si concentrano ben presto su Pompei, dove si fa promotore di un forte rinnovamento, non solo per lo scavo e la ricerca, ma anche per la tutela e la conservazione, oltre che per la formazione degli archeologi, attraverso l’istituzione della nota Scuola Archeologica di Pompei. È professore di Archeologia e preside della Facoltà di Lettere all’Università di Napoli, città dove lavora con impegno anche al Museo Archeologico Nazionale, ed ha un ruolo importante per tutta l’archeologia dell’Italia meridionale. Il ministro Ruggero Bonghi lo vuole a Roma per affidargli la nuova Direzione Centrale per i Musei e gli Scavi di Antichità del Regno, all’interno della quale riveste un ruolo decisivo nella prima organizzazione della ricerca e della tutela nell’Italia unita. Muore a Napoli il 29 gennaio 1896.
Non risulta ufficialmente tra i membri del congresso, ma fa parte della commissione incaricata di preparare l’Esposizione Preistorica Italiana allestita in occasione dello stesso congresso. Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in italiano a G. Gozzadini con firma e data autografe.
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61) Raffaello Foresi Nasce a Portoferraio il 20 novembre 1820. Dopo alcuni interessi giovanili per la musica (è anche amico di Gioachino Rossini) e per la storia medievale, si dedica alla ricerca paletnologica e mineralogica sull’isola d’Elba, interessandosi soprattutto dell’alta preistoria. Di idee repubblicane, appartiene a quella schiera di studiosi per i quali l’indagine sull’antichità dell’uomo ha un forte significato politico e favorisce l’affermazione della ragione laica contro il dogmatismo cattolico. Nel corso dei suoi studi raccoglie una importante collezione di materiali archeologici, di fossili e soprattutto di minerali, collocata al Museo di Portoferraio, che prende il suo nome. La collezione viene successivamente venduta dagli eredi al Museo di Firenze, ma oggi è tornata sull’isola nel Museo Civico Archeologico del Distretto Minerario di Rio nell’Elba. Per documentare l’arcipelago toscano presenta all’Esposizione Preistorica Italiana, legata al congresso, alcuni pezzi che poi risultano essere falsi, innescando molte polemiche nella comunità scientifica. Muore a Portoferraio il 12 ottobre 1876.
Fa parte della commissione incaricata di preparare l’Esposizione Preistorica Italiana allestita in occasione del congresso. Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in italiano al Gozzadini con firma, località e data autografe.
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Giuseppe Sassatelli
62) Antonio Garbiglietti Nasce a Biella il 30 novembre 1807. Medico, entomologo e antropologo, insegna Medicina all’Università di Torino, dove si era anche laureato, ed è membro della Regia Accademia di Medicina della stessa città. È un precursore e una figura di primo piano nell’antropologia italiana e in particolare nella craniologia, settori che coltiva in parallelo e in collaborazione con G. Nicolucci (n. 67). È tra i fondatori della Società Italiana di Antropologia ed Etnologia voluta da P. Mantegazza (n. 65) e costituisce il Museo Craniologico della Regia Accademia di Medicina di Torino. È anche membro dell’Accademia di Scienze Lettere e Arti di Modena. Muore a Torino il 24 gennaio 1877.
Retro: denominazione del fotografo e firma autografa con località e data (forse riferita alla fotografia).
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63) Guglielmo Guiscardi Nasce a Napoli il 27 febbraio 1821. Ingegnere e architetto di formazione, dopo avere seguito le lezioni di A. Sacchi, geologo dell’Università di Napoli, indirizza i suoi interessi e i suoi studi verso la geologia, la mineralogia e la paleontologia. Diviene titolare della cattedra di Geologia dell’Università di Napoli, istituita da G. Garibaldi, ed è direttore del Museo Geologico della stessa università. Si interessa in modo particolare di vulcanologia (Vesuvio), di bradisismo (Campi Flegrei) e di paleontologia (resti del mesozoico). È membro molto attivo dell’Accademia di Scienze Fisiche e Matematiche, una delle tre Accademie della Società Reale di Napoli (di quella di Archeologia Lettere e Belle Arti fa parte Giuseppe Fiorelli, n. 60). È anche membro della Geological Society di Londra e della Societé Geologique di Francia, a riprova del suo alto profilo internazionale. Muore a Napoli il 9 dicembre del 1885.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita col nome Guiscardi.
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Giuseppe Sassatelli
64) Arturo Issel Nasce a Genova l’11 aprile 1842. Scienziato, geologo e paleontologo, ma anche archeologo, le sue ricerche di geologia e di paleontologia riguardano soprattutto la Liguria (a lui si deve la prima notizia sulla Grotta delle Arene Candide visitata con il fratello Alberto e con Adolfo Perez nel 1864), ma anche altre regioni d’Italia e paesi lontani come l’Egitto e l’Africa. E per questi suoi scavi italiani viene solennemente ricordato da G. Gozzadini nel suo discorso di apertura al congresso. Insegna Geologia e Mineralogia all’Università di Genova ed è direttore del Museo Geologico della stessa università, oltre che presidente della Società Geologica Italiana. Aderisce con convinzione alle teorie evoluzionistiche di Darwin e le sue due opere più importanti (Liguria geologica e preistorica e Compendio di Geologia) sono considerate la migliore espressione della ricerca geologica e preistorica di quel momento, in perfetta sintonia con il rinnovamento europeo di tale disciplina. Al Congresso di Parigi del 1867 e alla relativa Esposizione Universale presenta il cosiddetto “Antropoide di Savona”, datando al Pliocene i resti scheletrici di un homo sapiens e incontrando per questo la forte ostilità dei cattolici. Sempre a Parigi incontra e si confronta con G. de Mortillet (n. 38) e con J. Lubbock (n. 43), aprendosi alla comunità scientifica internazionale. È membro dell’Accademia Ligure di Scienze Lettere e Arti e dell’Accademia delle Scienze di Torino. Muore a Genova il 27 novembre 1922.
È membro molto attivo del congresso e partecipa con diversi interventi alle discussioni previste al termine di ogni sessione. Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita col nome Issel.
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65) Paolo Mantegazza Nato a Monza il 31 ottobre 1831, è fisiologo, antropologo, politico e figura di primo piano nell’antropologia italiana, che considera una disciplina essenziale per la “storia naturale dell’uomo”, da sottrarre al dominio della filosofia, in linea con i metodi delle scienze positive. Laureato in Medicina a Pavia, lascia l’Italia, viaggia in Europa e approda in Sud America, dove si dedica a ricerche naturalistiche, botaniche ed etniche, ma anche antropologiche e craniometriche. Rientrato in Italia svolge la professione di medico: prima diventa professore di Patologia generale all’Università di Pavia e poi ottiene la cattedra di Antropologia ed Etnologia all’Università di Firenze, la prima in Italia, che a differenza di quanto accade all’estero, è appoggiata alla Facoltà di Lettere e Filosofia e non a quella di Scienze. Pur essendo in linea di principio convinto sostenitore dell’unità di tutte le discipline che studiano «qualche lembo dell’uomo», nella sua operatività di antropologo non dà mai grande peso né alla preistoria né tanto meno alla linguistica, da lui espressamente rifiutata come elemento di classificazione etnica. Aderisce con convinzione alle teorie evoluzionistiche di Charles Darwin, con cui è anche in contatto personale. Dà vita all’Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia e fonda la Società Italiana di Antropologia ed Etnologia a Firenze. È frequentatore abituale del salotto di Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini. È in forte contrasto con Luigi Pigorini (n. 69) nella riflessione sui rapporti tra antropologia, paletnologia ed etnologia, che ha ricadute importanti sulla costituzione e sulla struttura dei rispettivi musei, da un lato il Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico di Roma, poi Museo L. Pigorini, e dall’altro il Museo di Antropologia di Firenze, poi Sezione del Museo di Storia Naturale. È anche senatore del Regno e muore a S. Terenzo (Spezia) il 28 agosto 1910. È membro molto attivo del congresso, al quale partecipa con diversi interventi nelle discussioni previste al termine di ogni sessione ed è inoltre autore di una relazione di carattere generale dal titolo Sur l’éthnologie italienne. Retro: marchio e denominazione del fotografo. Sotto la fotografia firma autografa.
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Giuseppe Sassatelli
66) Camillo Marinoni Nato a Milano nel 1845, chimico di formazione, è allievo di Antonio Stoppani ed allarga i suoi interessi all’archeologia e alle scienze naturali. Insegna all’Università di Udine e scrive alcune memorie di notevole valore scientifico legate alla preistoria e alla geologia, con particolare riguardo ai minerali del Friuli. Si interessa anche della preistoria in Lombardia, dove lavora al Museo di Storia Naturale di Milano e dove pubblica alcuni importanti lavori sulle palafitte nei quali mostra precoci interessi per l’archeozoologia, dedicando molto spazio alle faune qui raccolte. G. Gozzadini lo ricorda nel suo discorso di apertura al congresso. È noto soprattutto per il suo impegno nella divulgazione scientifica, come provano la traduzione con note e aggiornamenti di opere come L’uomo primitivo e La terra prima del diluvio di Luigi Figuier, grande divulgatore scientifico di Montpellier, che hanno un grande successo editoriale, forse anche grazie alle celebri illustrazioni di Emile Bayard, e che entrano nell’immaginario collettivo della preistoria. Muore a Udine nel 1882.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in italiano a G. Gozzadini con data. Sotto la fotografia firma autografa.
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67) Giustiniano Nicolucci Nato a Isola del Liri il 12 marzo 1819 e laureato in Medicina, si dedica intensamente all’antropologia e alla craniologia. Come professore di Antropologia alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Napoli fonda la Scuola di Antropologia della stessa università con relativo museo. È amico personale dello Schliemann (n. 5) e di altri archeologi e si rapporta a questa disciplina in parallelo con l’antropologia e la craniologia. E non a caso nel suo importante trattato Sulle razze umane sostiene con convinzione l’intreccio fra dati antropologici e linguistici, oltre che archeologici per ricostruire i grandi movimenti migratori dell’antichità. Nonostante G. Conestabile (n. 54) lo sconsigli di affidarsi alle sue ricostruzioni troppo condizionate dal dato antropologico, il Gozzadini lo sceglie come antropologo di riferimento e gli affida l’esame dei crani di Marzabotto, nella fiducia, spesso smentita o attenuata dagli stessi craniologi, di poterne individuare concretamente l’appartenenza etnica sulla sola base craniometrica. Crea e dirige il Museo di Etno-Antropologia dell’Università di Napoli, a cui dona gran parte della sua collezione. È deputato al Parlamento, membro dell’Associazione Italiana di Antropologia e socio onorario del Royal Anthropological Institute di Gran Bretagna e Irlanda. Muore a Isola del Liri il 15 giugno del 1904. È membro molto attivo del congresso, al quale partecipa con diversi interventi alle discussioni previste al termine di ogni sessione. È inoltre autore di una relazione di carattere generale, la prima del congresso, dal titolo Sur l’Homme Préhistorique en Italie; e di una molto ampia dal titolo L’Âge de la pierre dans les provinces napolitaines. Fa parte anche della commissione incaricata di preparare l’Esposizione Preistorica Italiana allestita in occasione del congresso. Retro: dedica in italiano a G. Gozzadini con firma, località e data autografe.
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Giuseppe Sassatelli
68) Federico Odorici Nato a Roè Volciano (Brescia) il 27 agosto 1807, è noto come bibliotecario e come studioso di storia locale. Prima è direttore della Biblioteca Palatina di Parma e poi prefetto della Biblioteca di Brera a Milano. A questa sua attività unisce anche qualche interesse per l’archeologia, essendosi curato di aspetti monumentali e artistici del mondo antico con pubblicazioni su monumenti romani e cristiani di Brescia. Si interessa in particolare di personaggi e di fatti legati alla storia di Brescia, sulla quale poi scrive un’opera complessiva in undici volumi, il primo dei quali è dedicato all’antichità, dalla preistoria alla caduta dell’Impero romano. È in rapporto di grande amicizia con G. Gozzadini e soprattutto con sua moglie, Maria Teresa Serego Alighieri, con la quale ha una fitta corrispondenza e alla quale dedica, con una epigrafe solenne, la quinta parte del suo Codice Diplomatico Bresciano, pubblicata nel 1858. È socio dell’Accademia delle Scienze di Torino e muore a Trobiolo (Brescia) il 12 settembre 1884.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in italiano a G. Gozzadini con data e firma autografa dalla quale si deduce che il nome era Federico (abbreviato Fed.) e non Ferdinando come risulta nell’elenco ufficiale dei partecipanti al congresso.
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69) Luigi Pigorini Nato a Fontanellato (Parma) il 10 gennaio 1842 e laureato in Scienze politiche (più precisamente in Scienze politico-amministrative), il suo nome e quello del naturalista P. Strobel sono legati all’avvio dell’esplorazione e degli scavi delle terramare, anche se la sua attività di archeologo inizia con lo studio delle raccolte numismatiche del Museo di Parma e, proprio come esperto di numismatica, diventa socio dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica. Qui ha occasione di relazionare sulle sue ricerche preistoriche e sulle terramare nonostante il taglio prevalentemente classico di quel consesso che lui stesso, in questa ottica, definisce la “tana del lupo”. Direttore del Museo di Parma, con una borsa del Ministero si trasferisce e soggiorna a Roma e a Napoli, dove conosce G. Fiorelli (n. 60), che gli affida un corso libero di Paletnologia da tenersi al Museo Nazionale di Napoli, corso che poi non riesce a fare anche a causa del colera (ne aveva già svolti di simili a Parma, oltre a proporre al Gozzadini di tenerne uno all’Archiginnasio di Bologna). Nel 1877 viene chiamato a Roma per coprire la cattedra di Paletnologia, appena istituita da quella università, che tiene per oltre quarant’anni. A Roma riesce a fondare, con il sostegno del ministro Ruggero Bonghi, il Museo Nazionale Preistorico Etnografico, che prenderà poi il suo nome. Sempre con P. Strobel e con G. Chierici fonda il «Bullettino di Paletnologia Italiana», dato che la sua idea iniziale di fondare una rivista internazionale, illustrata al Congresso di Stoccolma del 1874, incontra l’opposizione dei francesi, con la motivazione che esistevano già i «Materiaux». Accademico dei Lincei, è anche senatore del Regno. Muore a Padova il 1° aprile 1925. È membro molto attivo nei lavori del congresso, sia nelle discussioni scientifiche al termine delle singole sezioni, sia nei dibattiti generali di carattere politico-culturale e organizzativo. Presenta inoltre una relazione dal titolo Sur la Terramare de Montale près Modène. Retro: marchio e denominazione del fotografo. Sotto la fotografia firma autografa con data di nascita, località e altra data forse da riferire alla fotografia.
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Giuseppe Sassatelli
70) Giuseppe Ponzi Nasce a Roma il 20 maggio 1805. Laureato in Medicina, si orienta verso un campo specifico delle scienze e diviene professore di Zoologia e di Anatomia comparata all’Università di Roma, allargando poi i suoi interessi alla geologia, materia che insegna per primo nella stessa Università di Roma non appena viene istituita questa cattedra su precisa volontà di Pio IX. Acquisisce una grande competenza nella geologia e nella paleontologia dell’Italia centrale e in particolare del Lazio, compresa la città di Roma, adottando il metodo, che poi lo contraddistingue, di inserire nel quadro geologico dati e notizie su manufatti, resti umani e documenti della più antica presenza dell’uomo. È senatore del Regno e socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei, della quale diviene anche presidente. Al Cappellini, che nel 1870 gli chiede di essere commissario coordinatore dell’Esposizione Preistorica Italiana, legata al congresso, è costretto a dare una risposta negativa a causa di una disposizione dello Stato Pontificio che proibiva ai suoi funzionari di partecipare al congresso programmato per quell’anno. Muore a Roma il 29 novembre 1885.
Nonostante il divieto del 1870, partecipa al congresso che si svolge nel 1871, quando lo Stato Pontificio, con la breccia di Porta Pia, si è ormai dissolto unitamente alle sue disposizioni. Presenta una relazione di carattere generale dal titolo Les rélations de l’homme préhistorique avec les phénomènes géologiques de l’Italie Centrale Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita con il nome Ponzi..
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71) Filippo Raffaelli Non ho trovato notizie anagrafiche. Sappiamo che appartiene ad una antichissima e nobile famiglia di Cingoli, la quale ha qui la sua dimora storica. È noto per la sua attività di bibliotecario, prima a Macerata e poi a Fermo, dove dirige la Biblioteca Comunale, alla quale lega il proprio nome. Alle molte ricerche che rientrano in questo ambito, si affiancano alcune significative aperture verso l’archeologia locale e in particolare verso la preistoria. Oltre ad occuparsi dei materiali del territorio presenti nell’Esposizione Preistorica Italiana del Congresso di Bologna, presenta una relazione al congresso dell’anno successivo, tenutosi a Bruxelles, nella quale sostiene la necessità di un forte coordinamento degli studi di preistoria proprio sulla scia dei congressi di antropologia e di archeologia preistoriche dei quali è evidentemente un fedele frequentatore.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita, forse del Gozzadini, col nome Raffaelli. Il nome, sempre a matita, si trova anche sotto la fotografia.
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Giuseppe Sassatelli
72) Carlo Regnoli Nasce a Pisa il 16 aprile 1838. Chirurgo, paleontologo e archeologo, si laurea in Medicina ed è patriota convinto, impegnato come chirurgo militare nella terza guerra di Indipendenza (partecipa alla battaglia di Bezzecca in cui viene fatto prigioniero). Come archeologo svolge ricerche in Egitto e in America Latina, dove raccoglie materiali per la sua collezione, che poi dona al Museo di Geologia dell’Università di Pisa. In contatto con geologi e mineralogisti toscani matura il progetto di effettuare scavi nelle grotte dei monti pisani e delle Alpi Apuane, dove si afferma come pioniere della ricerca preistorica in Toscana e per questo viene solennemente nominato da G. Gozzadini nel suo discorso di apertura al congresso. Aderisce con convinzione alle teorie evoluzionistiche di Charles Darwin. Muore a Pisa il 12 dicembre 1873.
Fa parte della commissione incaricata di preparare l’Esposizione Preistorica Italiana allestita in occasione del congresso. Retro: marchio e denominazione del fotografo. Sotto la fotografia firma autografa.
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73) Francesco Rocchi Nato a Bologna il 24 maggio 1805, svolge i suoi primi studi a Urbino e a Pesaro, con interessi prevalentemente filologici e viene avviato all’archeologia, e in particolare all’epigrafia, da Bartolomeo Borghesi, suo maestro e anche suo amico. Insegna Archeologia e poi Archeologia e Numismatica all’Università di Bologna ed è direttore del Museo Antiquario dell’Università, erede della settecentesca “Stanza delle Antichità”. Anche lui viene ricordato tra i frequentatori del salotto di Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini. È membro della Commissione Ausiliaria di Antichità e Belle Arti, all’interno della quale esercita importanti funzioni di tutela su tutto il territorio di Bologna, dove muore il 23 maggio 1875.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e firma autografa con data da riferire alla fotografia.
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Giuseppe Sassatelli
74) Concezio Rosa Nato a Castelli (Teramo) il 10 aprile 1824, è medico, paleontologo e paletnologo. È un profondo conoscitore della preistoria dell’Abruzzo e in particolare della Valle della Vibrata (come tale lo ricorda G. Gozzadini nel suo discorso di apertura al congresso), alla quale dedica molte delle sue ricerche, dei cui risultati, secondo alcuni, si sarebbe poi indebitamente appropriato il Capellini, circostanza che sembra comunque smentita dalle numerose manifestazioni di stima e di gratitudine per l’illustre accademico bolognese, della cui attenzione il Rosa si sente sempre e comunque onorato. Nel corso delle sue attività raccoglie una quantità considerevole di materiali che trovano posto nel Museo Nazionale Preistorico Etnografico di Roma (poi Museo L. Pigorini). Si occupa anche delle maioliche di Castelli, sua città natale, con particolare riguardo agli aspetti tecnologici e classificatori. Sono noti i suoi studi sul villaggio di Ripoli, da lui scoperto, dal quale prese nome la nota cultura neolitica dell’Italia centro-meridionale, così come pare si debba a lui l’introduzione in letteratura del termine fondo di capanna. È socio, assieme a F. De Bosis (n. 56), dell’Accademia degli Aspiranti Naturalisti. Muore a Corropoli (Teramo) il 30 marzo 1876.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in italiano a G. Gozzadini con firma autografa, località e data.
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75) Giovanni Spano Nato a Ploaghe il 3 marzo 1803, è archeologo, ma soprattutto linguista ed etnologo. Canonico della Cattedrale di Cagliari, insegna Sacre Scritture e Lingue Orientali all’Università di Cagliari, di cui diviene anche rettore. Si dedica a uno studio sistematico delle antichità sarde realizzando una importante collezione archeologica, che dona al Museo di Cagliari, di cui è direttore, la quale poi costituirà la sezione paleontologica, preistorica e protostorica del museo stesso. Grande ammiratore del Pigorini (n. 69), da cui riceve molte indicazioni e preziosi suggerimenti, è Regio Commissario per le Antichità dell’Isola e Senatore del Regno per meriti scientifici, anche se non si recherà mai in Senato, per solidarietà con Pio IX secondo alcuni o perché gli è espressamente vietato dalle autorità religiose secondo altri. Pur essendo considerato di idee liberali e molto aperte, oltre che anti-temporalista, prende una posizione netta contro la teoria dell’evoluzione, elogiando apertamente la durissima reazione verso di essa dell’abate Giuseppe Mazzetti e riproponendo con determinazione i principi del creazionismo biblico. È frequentatore abituale del salotto di Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini, ed è all’origine della Scuola di Antropologia di Cagliari, dove muore il 3 aprile 1878.
Fa parte della commissione incaricata di preparare l’Esposizione Preistorica Italiana allestita in occasione del congresso. Retro: dedica in italiano a G. Gozzadini con firma autografa e tavola con materiale archeologico.
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Giuseppe Sassatelli
76) Antonio Stoppani Nato a Lecco il 15 agosto 1824, è sacerdote di idee liberali e partecipa come patriota convinto alle Cinque giornate di Milano. Insegna Geologia prima all’Università di Pavia e poi al Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano (poi Politecnico), appena costituito (1863). È direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano e si interessa soprattutto di geologia e paleontologia della Lombardia. Presidente della Società Italiana di Scienze Naturali e della Società Geologica Italiana, è riconosciuto come il fondatore della geologia e della paleontologia italiane. È lui che nella riunione della Società Italiana di Scienze Naturali, svoltasi a La Spezia nel 1865, propone, assieme ad G. de Mortillet (n. 38), di tenere ogni anno un congresso internazionale dedicato all’archeologia e all’antropologia preistoriche (il primo fu fatto a Neuchâtel un anno dopo). È nota la sua posizione relativamente aperta e avanzata nei riguardi dell’evoluzionismo, anche se di fatto accetta l’evoluzione geologica, mentre rifiuta quella biologica, pur non considerando «il darwinismo né materialistico, né eretico, né ateo». Appartiene infatti a quel gruppo di ecclesiastici che cerca di conciliare sul piano storico il papato con il Risorgimento e sul piano delle idee il progresso della scienza con la salvaguardia della “tradizione”, convinto che il miglior modo di difendere l’ortodossia e rafforzare le istanze della fede sia proprio quello di aprirsi al pensiero moderno e di accettarne metodi e strumenti. A lui si devono contributi importanti sull’area dei laghi lombardi (in particolare il lago di Varese) e sulle terramare. È il primo presidente del Club Alpino Italiano. Muore a Milano il 1° gennaio 1891. Fa parte della commissione incaricata di preparare l’Esposizione Preistorica Italiana allestita in occasione del congresso. Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita con il nome Stoppani.
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Pay-Bas
77) Jacob Dirks Nasce a Leeuwarden il 19 giugno 1811. Nell’elenco dei partecipanti al congresso si trova l’indicazione “Dirks (le Dr. J.) Leuwarde [che sta per Leeuwarden]”. Si laurea all’Università di Leida. Avvocato e politico, viene eletto nel consiglio comunale della sua città e anche nella Seconda Camera degli Stati Generali del suo paese. Per i suoi interessi verso l’archeologia diviene presidente della Società Archeologica di Leeuwarden; oltre ad essere membro della Reale Accademia delle Scienze dei Paesi Bassi. Le sue competenze sono soprattutto in campo numismatico, con particolare riguardo a monete, medaglie e sigilli di età medievale e moderna. Ma ha interessi anche per la preistoria e invita a visitare i “monticelli” (terpen) dell’Olanda settentrionale L. Pigorini che ne sottolinea le analogie con le terramare emiliane aiutandolo in questo modo ad avviare le ricerche su questo tipo di insediamento. È membro onorario della Società Reale di Numismatica che pubblica la «Revue Belge de Numismatique», nella quale si trova anche una sua breve commemorazione (1893). Muore a Leeuwarden il 24 novembre 1892.
Al congresso presenta una relazione dal titolo Dolmen du Drenthe et de la Frise. Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma e data autografe.
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Giuseppe Sassatelli
Russie
78) Jean Zawisza Nato a Kuchcice il 30 giugno 1822, il suo nome è legato al Castello e al Parco Nazionale di Ojców, nelle vicinanze di Cracovia, un importante parco storico con settori molto interessanti sul piano geologico (formazioni carsiche, rocce gessose, miniere) e botanico, con tracce della presenza umana risalenti al paleolitico. È inoltre noto per avere scritto un libro sulle ricerche archeologiche in Polonia, pubblicato nel 1874, e alcuni lavori sulla preistoria della stessa Polonia. Stando alla affettuosa lettera di condoglianze inviata al Gozzadini per la morte delle moglie Maria Teresa Serego Alighieri, che dichiara di avere conosciuto, risulta in rapporti di amicizia e di stima con entrambi. Muore a Varsavia il 21 dicembre 1887.
Al congresso presenta, assieme a A. Przezdziecki (che poi morirà prima della stampa degli Atti), una relazione dal titolo Sur les cavernes ossifères de la Pologne. Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita, forse del Gozzadini, con il nome Jean Zawisza.
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Suède
79) Hans Olof Hildebrand Hildebrand Nato a Stoccolma il 5 aprile 1842, studia filosofia all’Università di Uppsala e viene assunto dal museo archeologico di quella città. Assieme ad Oscar Montelius (n. 81) è considerato il padre dell’archeologia svedese, nell’ambito della quale si interessa soprattutto del Medioevo ed è un pioniere della tipologia archeologica. Mostra interessi anche nel campo dell’archivistica. È direttore della Reale Accademia Svedese e, all’interno di essa, segretario dell’Accademia di Lettere, Storia e Antichità. È socio corrispondente della Società Antropologica, Etnologica e Preistorica di Berlino; redige e pubblica un ampio resoconto in lingua svedese sul Congresso di Bologna e partecipa come segretario generale a quello di Stoccolma del 1874, oltre a rappresentare la Svezia in quelli di Bruxelles (1872), Budapest (1876) e Lisbona (1880). È inoltre il fondatore della Società Geografica e Antropologica della Svezia. Anche lui, come O. Montelius, è frequentatore abituale del salotto di Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini. Muore a Stoccolma il 2 febbraio 1913.
Al congresso presenta due relazioni di carattere generale dal titolo Discussion sur la situation archéologique de la Finlande; Sur les fibules de l’Âge di Bronze. È inoltre il delegato ufficiale del Museo di Antichità di Stoccolma. Retro: marchio e denominazione del fotografo. Sotto la fotografia firma autografa.
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Giuseppe Sassatelli
80) Adam Magnus Emanuel Lagerberg Nato a Kungsholm, una contea di Stoccolma, il 13 marzo 1844, è figlio di un militare e lavora in una fabbrica di porcellana, alla quale rimane sempre legato anche con funzioni di responsabilità. Ha interessi spiccati per la storia svedese ed è il curatore del Museo di Göteborg, all’interno del quale si adopera per aumentare le collezioni, con particolare riguardo alle monete. Socio dell’Accademia Reale Svedese di Lettere, Storia e Antichità, è inoltre membro onorario della Società Numismatica Svedese. È noto soprattutto come curatore museale e l’indicazione “Musée de Gothenbourg”, posta accanto al suo nome nell’elenco dei partecipanti al congresso, rende abbastanza sicura la sua identificazione. Muore a Mariefred il 27 luglio 1920.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita con il nome Langerberg che sta sicuramente per Lagerberg, ripetuto anche sotto la foto.
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81) Gustav Oscar Augustin Montelius Nato a Stoccolma il 9 settembre 1843, è grande esperto e profondo conoscitore dell’archeologia scandinava, oltre che notissimo studioso di preistoria europea. Laureato in Filosofia, diventa direttore del Museo di Antichità Nazionali della Svezia a Stoccolma. È famosa soprattutto la sua classificazione tecno-tipologica dei materiali preistorici, con proposte di rigorose seriazioni cronologiche formulate sulla base e in sincronia con i materiali e le fasi delle civiltà del Mediterraneo, anche sulla scia di criteri già enunciati da A. Worsaae (n. 23). Coltiva rapporti molto stretti con tutti i principali archeologi e preistorici dell’Italia e dell’Europa. A lui viene inoltre attribuito un ruolo importante per la introduzione, in aree sepolcrali, della cosiddetta “stratigrafia orizzontale”. Socio straniero dell’Accademia Nazionale dei Lincei, è una figura di primo piano nei diversi congressi di antropologia e archeologia preistoriche. È frequentatore abituale del salotto di Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini. Muore a Stoccolma il 4 novembre 1921.
Al congresso presenta una relazione di carattere generale dal titolo Sur les époques de l’Âge du Bronze en Suède. Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita con il nome Montelius, ripetuto anche sotto la foto.
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Giuseppe Sassatelli
82) Sven Nilsson Nato a Landskrona l’8 marzo del 1787, è zoologo e archeologo e insegna Storia Naturale all’Università di Lund, di cui diviene anche rettore. È inoltre direttore del Museo di Storia Naturale della Svezia a Stoccolma e grande esperto di fauna scandinava, con forti interessi per la paleontologia. Come archeologo si occupa soprattutto dell’alta preistoria, dei suoi manufatti e del loro uso, con aperture rilevanti nella direzione dell’etnografia. Autore di un importante trattato sull’economia primitiva, definisce in modo puntuale la sequenza, nella storia della umanità, di cacciatori selvaggi, pastori nomadi e agricoltori sedentari. È membro dell’Accademia Reale Svedese delle Scienze e muore a Lund il 30 novembre 1883.
Non partecipa direttamente al congresso perché “troppo vecchio”, come lui stesso scrive in una lettera indirizzata agli organizzatori. Manda tuttavia diverse comunicazioni che vengono lette da altri congressisti, tra le quali una dal titolo Sur l’arrivée du premier bronze en Scandinave, che fu letta dal segretario G. Cappellini. Retro: dedica in francese a G. Gozzadini con firma e data di nascita autografe.
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Suisse
83) Pierre Jean Édouard Desor Nasce a Friedrichsdorf presso Francoforte sul Meno il 13 febbraio 1811, da una famiglia francese, rifugiatasi in Germania per motivi religiosi. È archeologo e preistorico, ma anche naturalista e geologo, e ha un ruolo fondamentale nel consolidare il legame tra «la storia della terra e quella dell’umanità». Dopo avere studiato giurisprudenza prima a Giessen e poi ad Heildelberg, è costretto a lasciare la Germania per motivi politici e ripara prima a Parigi e poi a Neuchâtel, in Svizzera, dove matura il suo interesse per l’archeologia preistorica, alla quale dedica diversi contributi che riguardano in particolare le palafitte lacustri, con qualche precoce incursione anche in Italia, assieme al geologo Bartolomeo Gastaldi (lago Maggiore). La sua attività scientifica si intreccia poi rapidamente anche con le scoperte di La Tène. Lavora come geologo anche per il governo degli Stati Uniti, dove soggiorna per oltre quattro anni. Professore di Geologia all’Accademia di Neuchâtel e membro del Parlamento, ottiene la cittadinanza svizzera e organizza assieme a G. de Mortillet (n. 38) il I Congresso di Antropologia e Archeologia Preistoriche, tenutosi appunto a Neuchâtel nel 1866, del quale fu presidente. È abituale frequentatore del salotto di Maria Tersa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini, alla quale lo lega una solida e antica amicizia nata durante un viaggio-soggiorno di entrambi in Svizzera (1865), e nei giorni del congresso è ospite del Gozzadini nella sua casa di collina a Ronzano. È lui in particolare a insistere presso il Gozzadini affinché la località di Villanova dia il nome alla fase della corrispondente età del ferro. Negli ultimi anni della sua vita per motivi di salute si stabilisce a Nizza, dove muore il 23 febbraio 1882. È membro molto attivo nei lavori del congresso, sia nelle discussioni scientifiche al termine delle singole sezioni, sia nei dibattiti generali di carattere politico-culturale e organizzativo. Presenta una relazione di carattere generale dal titolo Liaison des temps ante-historiques avec ceux de l’antiquité classique; e una relazione più settoriale su La grotte de Hohlefels prés Blaubeuren (Wurtenberg). Legge inoltre diversi contributi di studiosi che per varie ragioni non riescono a partecipare al congresso, ma inviano la loro comunicazione. Retro: firma autografa.
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84) Alphonse Favre Nato a Ginevra il 31 marzo 1815, studia chimica e mineralogia alla Sorbona ed è professore di Geologia e di Paleontologia all’Accademia di Ginevra. È un grande conoscitore della geologia delle Alpi e in particolare della Savoia, per cui viene incaricato di redigere una carta geologica della Svizzera. È socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino e fondatore del Club Alpino della Svizzera, una associazione sempre molto coinvolta nelle ricerche geologiche. Ha rapporti stretti con Maria Teresa Serego Alighieri, moglie del Gozzadini, che ha occasione di conoscere durante un viaggio-soggiorno di questa in Svizzera. Muore a Pregny l’11 luglio 1890.
Al congresso presenta una relazione dal titolo Le renne de l’alluvion des terrasses en Suisse. Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita, forse del Gozzadini, con il nome Favre. Un appunto con il nome, sempre a matita, è sotto la fotografia.
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85) Victor Gross Nasce a La Neuveville, sul lago di Bienne, il 1° giugno 1845. Studia medicina a Berna e poi a Parigi, ma coltiva anche interessi per la musica e la pittura, oltre che per l’archeologia del suo paese, alla quale si dedica con molto impegno, e per l’antropologia, grazie alle sue competenze professionali. Per conto della Società degli Antiquari di Zurigo, alla quale appartiene, redige un rapporto complessivo sui risultati degli scavi e delle ricerche nei laghi della Svizzera ed è inoltre autore di un’opera generale sui più antichi abitatori dei laghi di Bienne e Neuchâtel, che vanta una prefazione di K. Virchow (n. 6). Si occupa anche delle prime scoperte nel sito di La Tène. È membro corrispondente di diverse società antropologiche (Vienna, Parigi, Berlino), a riprova della sua notorietà internazionale confermata dai suoi contatti e dalle sue relazioni con geologi, antropologi e archeologi di grande rilievo in ambito europeo come E. Desor (n. 83), F. Keller (n. 86), O. Montelius (n. 81), G. de Mortillet (n. 38) e K. Virchow (n. 6). Per i suoi meriti scientifici viene cooptato, sia pure in età avanzata (1916), nella Società Svizzera di Preistoria. Il Museo di Zurigo acquista la sua ricca collezione di “oggetti lacustri”. Muore a La Neuveville il 15 settembre 1920.
Retro: marchio e denominazione del fotografo quasi interamente coperti da una porzione di busta di spedizione con indirizzo del destinatario (Conte Gozzadini, Bologna). Sotto la fotografia appunto a matita con il nome “Dott. Gross”. Il fotografo è di Neuchâtel.
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86) Ferdinand Keller Nato a Marthalen il 24 dicembre 1800, studia prima teologia e poi scienze naturali a Zurigo, Losanna e Parigi. Dopo il suo primo scavo sistematico su palafitte del lago di Zurigo, si specializza nel settore dei resti lacustri in Svizzera e in Europa, ma anche in Italia, dove si occupa della palafitta di Peschiera, oltre che nello scavo di tumuli preistorici e della cultura di La Téne. Fonda la Società Antiquaria di Zurigo e nel corso delle sue attività colleziona una importante raccolta di minerali e di materiali archeologici. Pur non avendo mai rivestito funzioni e ruoli ufficiali nel settore, è considerato uno dei più importanti archeologi della Svizzera, che tra l’altro a pochi anni dalla costituzione dello stato federale, con lo scavo della “civiltà lacustre”, offre al suo paese una forte identità storica e culturale. Come tale viene ricordato da G. Gozzadini nel suo discorso di apertura al congresso, oltre che da diversi altri studiosi nel corso dei lavori dello stesso congresso. Muore a Zurigo il 21 giugno 1881.
Retro: si intravedono le iniziali F.K. [Ferdinand Keller]. Sul retro è inoltre incollata parte di una busta di spedizione con indirizzo del destinatario (Conte Gozzadini, Bologna) e nome del mittente (Ferdinand Keller).
Archeologia e Preistoria: alle origini della nostra disciplina
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87) Arnold Morel-Fatio Nato a Rouen il 15 agosto 1813, entra nella banca del padre che poi eredita e dirige per molti anni. Lasciata questa sua prima attività, indirizza i suoi interessi nel campo della storia e soprattutto della numismatica oltre che dell’archeologia. Nominato conservatore del Cabinet de Médailles del Museo del Cantone Vaud a Losanna, subentra a Frédéric-Louis Troyon (n. 91) nella funzione di conservatore dell’intero museo che, unificato, prenderà il nome di Musée des Antiquités et Médailles e poi Musée Cantonal d’Archéologie et d’Histoire. Incrementa e studia le raccolte del museo, specie per quanto riguarda le monete, divenendo esperto numismatico anche per l’Italia. Si dedica inoltre a diversi scavi archeologici in aree lacustri (Neuchâtel e Morot). Muore a Losanna il 10 agosto 1887.
È membro molto attivo nei lavori del congresso, sia nelle discussioni scientifiche al termine delle singole sezioni, sia nei dibattiti generali di carattere politico-culturale e organizzativo. Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita con il nome Morel Fatio.
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88) Charles Adolph Morlot Nasce a Napoli il 22 marzo 1820 durante una eruzione del Vesuvio, come puntualizza nella dedica autografa della fotografia. È geologo di formazione, ma anche archeologo preistorico. Professore di Geologia e Mineralogia a Losanna e Conservatore del Museo Archeologico di Berna, si occupa della geologia del Terziario e del Quaternario (termine da lui coniato) in Austria, Svizzera e Danimarca. Scopre e scava diverse palafitte lacustri sui laghi di Ginevra e di Losanna, attività per la quale sembra avere inventato, assieme a Frédéric-Louis Troyon (n. 91), un apparecchio da palombaro per veri e propri scavi subacquei. Si occupa inoltre della geologia del Carso triestino e dell’Istria, redigendo una mappa geologica di quell’area. Aderisce con convinzione alle teorie evoluzionistiche di Charles Darwin, con il quale ha anche contatti personali. Diffidente con gli archeologi, a suo avviso pieni di pregiudizi e a volte anche di fantasie, ripone invece grande fiducia nei naturalisti e nei geologi, i soli, sempre a suo avviso, a possedere una solida formazione scientifica. Ha qualche influsso nella formazione di L. Pigorini (n. 69) – che ne traduce in italiano un’importante opera sul problema degli strati antropizzati in rapporto alla “cronologia assoluta”, arricchendola di un’ampia introduzione e di una appendice sulle terramare –, con particolare riguardo al metodo dei raffronti etnografici, che poi sarà un elemento importante nella sezione etnografica del Museo L. Pigorini (1876). Muore a Berna nel febbraio del 1867.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e lunga dedica autografa con alcune notazioni personali anche spiritose, data di nascita, data della fotografia e altra data (3/1/1865), che potrebbe essere riferita alla stesura della dedica stessa e non al suo utilizzo in occasione del congresso (1871).
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89) Karl Ludwig Rütimeyer Nato a Biglen il 26 febbraio 1825, è zoologo e paleontologo, e viene considerato il padre della zooarcheologia, disciplina che comincia a praticare sui resti animali rinvenuti nello scavo delle palafitte lacustri, distinguendo quelli degli animali domestici da quelli dei loro predecessori selvatici, sui quali osserva le tracce di macellazione e rispetto ai quali si pone per primo il problema del conteggio degli individui. Studia all’Università di Berna, prima teologia e poi medicina, e diventa professore di Zoologia a Berna e poi di Zoologia e Anatomia comparata all’Università di Basilea, della quale diviene anche rettore. Viene inoltre considerato uno dei fondatori della paleontologia storica e aderisce con convinzione alle teorie evoluzionistiche di Charles Darwin. Muore a Basilea il 25 novembre 1895.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con data (dicembre 1866), che potrebbe riferirsi alla fotografia.
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90) Jacques-François-Gédéon Thioly Nasce nel 1831. Non è stato possibile recuperare altri dati. Sicuramente svizzero, le sue pubblicazioni sono di fatto dettagliati resoconti di ascensioni o escursioni in ambito alpino con spiccati interessi per la paleontologia e l’alta preistoria. Non mancano alcuni suoi lavori sulle abitazioni lacustri del lago di Ginevra. Muore nel 1911.
Retro: marchio, denominazione del fotografo e dedica in francese a G. Gozzadini con firma autografa.
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91) Frédéric-Louis Troyon Nato a Cheseaux-sur-Lausanne il 21 giugno 1815, viene avviato a studi di teologia, che poi abbandona per seguire i suoi interessi di storia e archeologia, maturati anche in seguito della scoperta di una necropoli burgunda nella tenuta paterna. Viaggia molto in Europa avendo contatti con diversi studiosi. Consolidate le sue conoscenze in archeologia, diviene conservatore del Museo Cantonale di Antichità di Losanna e ne arricchisce notevolmente le collezioni. Si dedica inoltre allo scavo di stazioni lacustri, sulle quali pubblica lavori di sintesi ed è considerato per questo uno dei precursori dell’archeologia preistorica in Svizzera, anche se su di lui pesano alcuni giudizi negativi di Luigi Pigorini che lo definisce «uomo di molta erudizione assai versato nelle antichità lacustri», ma poco competente nel resto dell’archeologia e soprattutto animato da una «fantasia riscaldata» nelle sue ricostruzioni storiche generali. Tale polemica assume però tratti molto personali coinvolgendo anche C.A. Morlot (n. 88) e F. Keller (n. 86) e deriva banalmente da una reciproca rivendicazione di priorità nella scoperta delle palafitte. Muore a Cheseaux-sur-Lausanne il 30 ottobre 1866. Esiste una evidente incongruenza tra la data della morte (1866) e la sua presenza nell’album di foto del congresso (1871), oltre che nell’elenco autografo di G. Gozzadini, presenza per la quale si può ipotizzare un contatto e un’amicizia con lo stesso Gozzadini e con la moglie in tempi precedenti il congresso. Sappiamo infatti per certo che conosce la moglie del Gozzadini e stringe con lei un rapporto di amicizia durante un viaggio-soggiorno di entrambi in Svizzera (1865).
Retro: marchio, denominazione del fotografo e appunto a matita, forse di G. Gozzadini, “Professeur Troyon”.
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Non identificati
92) Non identificato
Retro: marchio e denominazione del fotografo che è di Königsberg.
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93) Non identificato
Retro: marchio, denominazione del fotografo, dedica in francese a G. Gozzadini e firma che non ho riconosciuto.
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94) Non identificata
Retro: marchio e denominazione del fotografo.
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Finito di stampare nel mese di dicembre 2015 presso Editografica - Rastignano (BO)