Amori e amanti a Roma tra Repubblica e Impero 8870627837


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Amori e amanti a Roma tra Repubblica e Impero
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Eugenia Salza Prina Ricotti

AMORI E AMANTI A ROMA TRA REPUBBLICA E IMPERO

«L'ERMA» di BRETSCHNEIDER

SI\LZI\ PRINI\ RICOTTI

A mori e amanti a Roma tra Repubblica e Impero

© Copyright

1992 « L 'ERMA» di BRETSCHNEIDER Via Cassiodoro, 1 9 - 00193 Roma

Progeuo grafico:

« L 'ERMA» di BRETSCHNEIDER Stampa:

L I TO SERVICE di P. Fiorani Via Luca Valerio 58 - Roma

Tutti i diritti ris or vat L È vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza il permesso scritto dell'editore.

ISBN 88-7062-783-7

A Gio vanna, Luisa e Filippo

PREM ESSA Questo libro si basa principalmente sulle poche notizie che si possono tro­ vare nelle antiche fonti storiche a proposito della vita delle grandi protagoni­ ste del l sec . a.C . . Ovviamente, a parte i matrimon i , sempre indiscutibilmente documentati, il resto è frutto di indiscrezioni, pettegolezzi e malignità dei con­ temporanei . Questo, poi , quando non si tratti addirittura di campagne scan­ dalistiche condotte e create ad arte al fine di screditare attraverso mogli, amanti ed amasi , i grandi uomini di allora . Bisogna, quindi, tenerne Io stesso conto degli articoli che si leggono sui moderni settimanali illustrat i , o delle conver­ sazioni che si ascoltano nei salotti bene informati a proposito dei personaggi più in vista e delle belle donne dei nostri tempi . Però è bene anche aver pre­ sente che, come sempre capita, alla base di tutte le chiacchiere c ' è spesso la verità e che, a volte, il racconto delle fonti può corrispondere alla sacrosanta verit à . Inoltre tutte queste notizie aiutano a passare il tempo senza sforzarsi t roppo . Insomma, in questo libro c'è una raccolta di notizie divertenti . Poi - non lo si può negare - vi sono alcune personali prese di posizioni su di esse. Queste ultime non sono enunciate come verità indiscutibi li : sono , come sempre, ipo­ tesi basate su alcuni fatti precisi che si è cercato di interpret are sotto il punto di vista della mentalità mediterranea t radizionale e soprattutto di quella di una popolazione latina, che ha ereditato e mantenuto att raverso i secoli mol­ te delle stesse reazion i , passionalità e forma mentis delle epoche antiche. A scanso di equivoci , poi , ogni cosa riportata in questo libro è stata docu­ mentata con note tali da permettere di rintracciar la im mediatamente nei testi degli storici antichi . Infatti ci si è resi conto di quanto sia opport uno indicare volta per volta la fonte sulla quale ci si basa per evitare di venir accusati d'er­ rore se mai ad un lettore dist ratto fosse sfuggita qualche notizia nella quale, tanto per fare un esempio, un personaggio, invece di venir indicato con il proprio nome, venga designato con la sua carica o ci si riferisca a lui soltanto per qualche sua azione. Metti ad esem pio, questa dichiarazione di Cicerone in una sua lettera ad Attico : Jste omnium turpissimus et sordidissimus qui consularis comitia a praetore ait haberi posse, est idem, qui semper in re pu­ blica fuit (Ad Alt . , IX. 9. 3, lettera del 1 7 marzo del 49 a . C . ): si tratta qui della proposta fatta da Antonio quando, essendo fuggiti i due consol i , chiese VII

che il pretore convocasse lui i comizi popolari per sostituire i due sommi ma­ gistrati. Come si vede, questa lettera che ci dà un quadro chiarissimo di quali fossero i rapporti fra i due all'epoca della lotta fra Cesare e Pompeo , e che non lascia dubbi su quale fosse l ' opinione che l 'oratore aveva di Antonio, un uomo turpissimo e sordidissimo, potrebbe, dato che il suo nome non è citato nel passo, venire ignorato .

VIII

PREFAZIONE Di storie importanti ne sono state scritte molte e molti studiosi eccelsi han­ no analizzato i personaggi che h anno fatto la storia: li hanno esaminati dal punto di vista politico e militare, hanno valutato le loro capacità ammini­ strative ed organizzative, insomma, li hanno scrutati in tutti i sensi . Anche sull' argomento della loro vita privata si sono composti sia studi seri che im­ provvisazioni romantiche, ma certamente si è scritto molto meno . Eppure, anche i piccoli fatti di ogni giorno influiscono sugli uomini e quindi esplica­ no la loro azione sugli avvenimenti che foggiano la vita dei popoli . Nessun uomo è un' isola, è stato detto, e, per grandi che fossero i capi e condottieri che incontriamo nei secoli, essi erano ben naturalmente influen­ zati dal l ' ambiente nel quale vivevano . Tutti passarono attraverso al proprio témpo fianco a fianco con altre persone. Non sempre queste furono all' altez­ za dei sommi personaggi che il destino aveva messo sulla loro strada, ma, pur nella loro mediocrità, finirono col lasciare la loro impronta sulla vita dei loro tempi : un' impronta minuscola, sì, ma sempre un' impronta. L ' i n fluenza di terzi , trascurabile in casi del genere, diventava invece real­ mente importante nel caso di quelle donne che dividevano il letto dei capi e davano loro figli legittimi sia dentro il vincolo del matrimonio in manus, che dava loro diritto al titolo di matresfamilias, sia in quello del matrimonio sine manu per il quale comunque divenivano uxores. I l fatto di poter offrire ai superuomini una discendenza prestava influenza a queste mogl i , amate o non amate che esse fossero : l ' esser madri di coloro che in futuro avrebbero portato alto - o almeno così si sperava - il nome famoso era la loro forza e potenza . Chiaramente, con queste spose ed i loro figli entravano poi nella " vita del grande uomo tutti i parenti della donna e l ' ambien te che circondava la sua famiglia : una folla di persone che da quel momento in poi fìniva col trovarsi in stretto contatto con lui , e con il quale egli, volente o nolente, avrebbe dovuto convivere . Era quindi normale che esse influenzassero anche la sua politica. Questo fatto è sempre stato talmente risaputo che, fin dalle epoche più an­ tiche, non soltanto ci si preoccupò di combinare i matrimoni di coloro che detenevano il potere , ma anche quelli di coloro che speravano di attenerlo in futuro . Era att raverso questi legami che si creavano alleanze prestigiose

e si potevano ottenere concreti vantaggi' . A volte questi matrimoni furono addirittura chiesti a gran voce dal popolo che voleva legare e placare con i vincoli del sangue coloro che nelle loro battaglie per la supremazia non face­ vano altro che spargere quello dei cittadin i . N o n sempre l e unioni così combinate sfociarono in grandi amori , m a rara­ mente diedero luogo a clamorose infelicità ; erano quasi sempre convivenze regolate dalle norme della buona educazione che, con l ' arrivo dei figli, si si­ stemavano in un calmo tran tran. Quasi sempre i grandi capi incontravano altrove quell' avventura che sfociò i n passioni travolgenti . Dato però che il tipo di uomo nato per vincere ed impadronirsi del potere sa - o, almeno, dovrebbe sempre sapere - controllare le proprie emozioni , queste tempeste sentimentali non uscirono quasi m ai dalla sfera del privato, e non influenza­ rono visibilmente le sue azioni . È chiaro però che quando ciò accadde fu un vero guaio, e le storie senti­ mentali dei signori della guerra e della politica, che avrebbero dovuto restare limitate alle quattro pareti del loro nido di amore, portarono lo scompiglio nella vita di tutti i loro concittadini . Quello che è certo è che le amanti famo­ se, queste compagne della mano sinistra che avrebbero dovuto restare nel­ l'ombra, nell 'ombra invece raramente restarono, e diedero origine a chiacchiere a non finire ed a pettegolezzi che vennero accuratamente raccolti , registrati e riportati dagli storici . Tengo poi a ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini per il compi­ mento di queste ricerche. Come la prof. ssa Maria Luisa Morricone, la dott . ssa Laura Fabbrini e la dott . ssa Helga von Heinze alle quali sono debitrice di ottimi consigl i .

1 L a famiglia Giulia, a d esempio, passava per CS!F MET, La /emme dans l 'Empire romain, in Ree. Soc. J. Bodin Il: 1 959, p . 206.

21

DONNE Adesso dopo aver parlato del matrimonio cerchiamo di vedere un po' più da vicino la donna romana . Certamente, la storia, tutta presa com' è dalle geste dei grandi uomini, non parla mai a lungo dei personaggi femminili , ma, spilluzzicando qua e là fra le notizie che si leggono nelle cronache, e ricavan­ do ora qualcosa da uno di questi scritti ed ora qualcosa da un altro , riuscia­ mo a veder trasparire, abbozzati nel grande tessuto della storia antica, i profili delle donne che furono le protagoniste della loro epoca, e attraverso a quelle scarne note ci è persino possibile indovinare i loro amori , dolori, gioie ed ansietà. La prima cosa che colpisce nelle romane, come nelle loro sorelle etrusche, è la loro personalità forte e indipendente . Esse erano un caso a parte fra le donne dell ' antichità . Infatti , al contrario di quanto accadeva nella maggior parte delle altre regioni mediterranee, le mogli e le madri di queste due civiltà godevano di una discreta libertà. Non si t rattava certamente di u n ' indipen­ denza comparabile a quella oggi goduta dalla donna occidentale, ma non vi è nessun dubbio che esse potessero muoversi e vivere senza i vincoli che inca­ tenavano la donna greca. Per dirla eone le parole del Volterra: « . . . nessun popolo dell'antichità creò alla donna una posizione sociale quale essa ebbe a Roma e anzi la di fferenza che presenta in questo campo la società romana di fronte alle alt re si ri flette in vari scrittori e si rivela persino nella di fferente struttura della casa romana in confronto di quella greca. Non vi è traccia del concet to orientale che con­ sidera la donna quasi un essere inferiore, equiparandola ad una schiava: la romana è, al pari del l ' uomo, un essere libero ; nel matrimonio si presenta co­ me la socia del marito e partecipa alla vita sociale di lui . . . >> " . È infatti fuor di dubbio che le matrone furono rispettate ed onorate, e che esse non vennero mai considerate. alla stregua delle donne greche le qual i , per i loro uomini , furono sempre graziosi ogget ti di piacere, buone a far figli e, tutt ' al più, apprezzate come persone atte ad organizzare il lavoro dei servi ed a far fu nzionare la casa del marito. Queste elleniche mogli sbiadite, delle quali si conosceva appena i l nome, passavano la loro vita chi use tra quattro mura, bambole graziose e sventate, ombre senza importanza sullo sfondo di 4 5 E . VOLTERRA, Voce Famiglia sulla Encic/. Trecc. 22

un gineceo , mentre le Romane uscivano quando e come volevano ed avevano voce in capitolo nella vita familiare. È indubbio che questa indipendenza delle donne romane e , prima di loro , delle et rusche, proveniva anche dal fatto di poter avere un patrimonio pro­ prio, e di poter molto spesso, anche se attraverso uno stratagemma, ammini­ strare la propria ricchezza 46• A volte, anzi , era proprio la madre di famiglia che gestiva proficuamente tutti i beni di casa, e, nonostante che ciò non fosse ammesso dalle leggi, oltre che dei suoi , si occupava anche di quelli del mari­ to 47 • Il solo fatto che la donna italica fosse capace di trattare di rettamente i propri affari fa capire quale fosse la sua speciale posizione nella società . Del resto fin dai mitici tempi dei re, la donna sia etrusca che romana, ebbe un posto nella vita della sua città e fu una presenza rilevante nella sua storia . Chi può ad esempio dimenticare l ' etrusca Tanaquilla che aiutò il marito Tar­ quinio Prisco a divenire re di Roma e che ne divenne regina "" ; una regina che non stava rinchiusa nel gineceo come le donne greche, ma si faceva vale­ re ed era ascoltata? Come dimenticare la casta e coraggiosa Lucrezia, l ' ardi­ ta Clelia e tutte le altre loro consorelle che si distinsero per le loro qualità •• . Nel mondo romano ci fu sempre molta ammi razione e rispetto per queste donne e, con loro , per tutte le mogli, madri e figlie. La sposa romana fu per il marito una compagna posta ad un livello di dignità sconosciuto negli altri paesi del Mediterraneo e dell' Oriente e , fi no ad una certa epoca , ella meritò bene questo rispetto attenendosi agli austeri modelli di vita dei primi tempi della repu bblica. Di conseguenza , almeno se dobbiamo credere agli storici , i cost umi dei Romani furono estremamente morigerati , o almeno lo furono per lungo tempo . Per secoli i legami del matrimonio furono rigidamente osservati e i valori della famiglia vennero protetti e difesi . Anche allora ovviamente esistettero mariti con tendenze extramatrimoniali - ve ne furono sempre - ma essi si accontentavano di qualche piccante avventuretta con schiave piacenti e con schiavetti procaci , dist razioni che non lasciavano traccia e non compromet­ tevano il focolare domestico . I n fatti queste evasioni ancillari non vennero mai giudicate veri e propri tradimenti : esse erano com prese e fi nanco giustificate dalle legittime spose "'· 46 Vedi ad esempio Terenzia, la moglie di Cicerone, e poi Livia ed Onavia alle quali Augusto diede pie­ n a libertà di amministrare i propri considerevolissimi pat rimoni e che si distinsero nel farlo (S. DIXON, Family Finances, Tul/ia and Terentia, i n A 11tichton 1 8 , 1 984 pp. 7 8- 1 0 1 ) . 4 7 È vero che non sempre era consigliabile abbandonarle l e redini del patrimonio familiare, perché po­ teva accadere che, cedendo ad u n istinto da donnet t a , la moglie ci facesse sopra la cresta e derubasse il legillimo consorte per impi nguare il suo personale gruzzolo. (Cic. , Ad A li. , X l . 2 . 2 ; X l . 1 6-4; X l .22 (24 ) . 3 ) . Terenzia che aveva questo viziet l o , v e n n e a n c h e p e r questo ripudiata da Cicerone. 4ll TITO L I V I O , 49 TITO L I V I O ,

l. 34. Il. 13.

50 Terzia Emilia, moglie d i Scipione l ' A fricano, vedendo i l marito i n intimo colloquio con una delle loro giovani schiave, per non menerlo i n i m barazzo fi nse di non accorgersi di niente. E ra così poco vendi­ caliva che, alla morte di Scipione, liberò la schiava e le diede marito (VAl . . M AX . , Memorabilia, V 1 . 7 . 1 - 3 ) .

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Fino alla decadenza della repubblica, eccezion fatta per alcuni clamorosi « fattacci» , non ci furono grandi scandali e adulteri con persone della stessa condizione, relazioni che avrebbero compromesso la tranquillità domestica; raramente, poi , si sentì parlare di rapporti con matrone. Del resto a quelle epoche questo genere di avventure non erano facili : per ottenere qualcosa dalla moglie di un altro bisognava come minimo violentarla - vedi la storia di Sesto, il figlio di Tarquinio il Superbo, con Lucrezia " - ed occorreva es­ sere pronti ad affrontare le tragiche conseguenze che ciò comportava. Ma, col progredire dei tempi , le matrone romane cominciarono ad eman­ ciparsi sempre più ed a modernizzare i loro costumi che divennero molto me­ no severi . Era sempre più di fficile per i mariti tenere a bada le donne che, non contente di quella che già avevano , volevano di giorno in giorno più in­ dipendenza e sempre più spesso ne facevano cattivo uso . Persino le fanciulle nubili ebbero libertà incredibili, ed è evidente che, se Varrone agli inizi del I sec . a . C . sentiva il bisogno di ammonire i romani a tener lontane le «vergini dai banchetti affi nchè non fossero offese dal linguaggio di Venere » , ciò vole­ va dire che le giovanette non se ne stavano più rinchiuse a casa a filar la lana. È probabile che non tutte le fanciulle di buona famiglia partecipassero agli scollacciati simposi , ed è certo che molti padri dovettero pensarla come V ar­ rone, e non pochi dovettero essere quelli che seguirono il suo prudente consi­ glio . Ma già allora tra le fanciulle in età da marito molte dovevano intervenire alle gaie riunioni conviviali , e ascoltare - probabilmente con molta disin­ voltura e sen·za troppo arrossire - le conversazioni esplicite e scollacciate che si tenevano quando il vino faceva ribollire il sangue nelle vene degli uomini . Una volta sposate, poi , è certo che le giovani matrone andassero dappertutto con i loro marit i , e nel I sec . d . C . Marziale le vedeva eccitarsi fino alla scon­ venienza alle danze che le fanciulle gaditane eseguivano per divertire in mo­ do pruriginoso coloro che intervenivano ai banchetti '2 •

" TITO l i V I o . l . 58-59.

'2 M A R Z I A L E . 24

XIX. 1 03 .

LA DONNA ROMANA TRA IL l SEC . A . C . ED IL l SEC . D . C . L a cultura - M a lasciando d a parte le questioni morali , vediamo d i c h e ti­ po fosse la donna romana alla fine della repubblica. Non vi è dubbio che, nonostante i suoi difetti , essa avesse una notevole personalità e non fosse mai un'ignorante. Infatti, a Roma, la donna appartenente all 'aristocrazia era quasi sempre una persona vivace ed interessante . Da giovane, oltre ad avere quella bellezza che difficilmente manca a quell'età, e che i Francesi chiamano la beauté de l 'one, riceveva una buona istruzione " e quindi non fu mai un' oca, buo­ na soltanto a fare figli . Tra le dame altolocate vi fu persino un certo numero di i ntellettuali ( fig. 4) : già nel I I sec. a.C. Cornelia , madre dei Gracchi , figlia del vincitore di Annibale e suocera di colui che abbattè Cartagine, era non soltanto coltissi­ ma, ma anche estremamente intelligente ed affascinante. Plutarco , Orosio e Velleio Patercolo sottolineano i l suo amore per le belle lettere . Cornelia, che conosceva bene la letteratura greca, parlava e scriveva un ottimo latino, tanto che, ancora all' epoca di Cicerone, le sue lettere erano considerate mo­ delli di composizione ,. .

. . . legimus epistula Corneliae, matris Gracchorum: apparet filios non tam in gremio educatos qua m in sermone matris. . . ».

«

E precisamente: « Leggiamo le lettere di Cornelia, madre dei Gracchi , dal­ le quali si vede che i suoi figli non furono tanto creati dal grembo materno quanto dalla sua dottrina» . E Cornelia fu certamente una donna notevole e molto ammirata. Si racconta che, ritiratasi a Miseno dopo la morte del fi­ glio Gaio, essa si intratteneva regolarmente con intellettuali greci ed uomini di lettere, e che riceveva molti doni anche da re alleati di Roma che volevano così esternarle la loro ammirazione. Uno di essi, Tolomeo , la chiese persino in moglie " . 53 Persino la ragazza del popolo a n dava a scuola e già da parecchio tempo ant.:he coloro che non ap­ panenevano alla classe patrizia usavano far ist ruire anche le proprie figlie (TI ro L J \" I O , I I I . 44 : D 1o :-.. y ..., . X l . 28·3). 14 Cic.. Brutus, 5 8 ; Q U I N T I I IA N O , 1 . 1 ·6 " P1 u r . , Tib. Grac. I . 6; TITO L l \m , X X X V I I I . 5 7 .

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Fig. 4

-

Giovane donna che, regge ndo in mano le tavolelle cerate sulle quali scrivere, appoggia con aria

pensosa un'estremità dello stilo al suo labbro inferiore. Ma la donna. interpretata come una poetessa od u n ' intelletluale, non trascura nemmeno la propria femminilità e bellezza. I nteressante soprallullo l'acconciatura fermata da una reticella di fili d ' oro. Affresco pompeiano del l sec. d . C .

Nel I sec . a . C . abbiamo poi un'altra Cornelia, l'ultima moglie di Pom­ peo 56• Essa era figlia di Metello Scipione, console nel 52 ed in prime nozze aveva sposato il figlio di Crasso, Publio Crasso , morto assieme al padre nel 5 3 . Nel 52 sposò Pompeo , vedovo di Giulia, la figlia di Cesare, che era mor­ ta nel 54. Di Cornelia Plutarco diceva:

5 6 P L UT . , Pompeo, S S ; LUCANO 1 1 1 . 2 3 ; V . 725; V l l 1 .40.

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« . . . La sua giovinezza non era la sua sola attrativa. Aveva molto letto, suonava la lira, era ferrata in matematica e poteva sostenere qualsiasi discussione filosofica. Allo stesso tempo non c'era in lei niente di anti­ patico o di presuntuoso come spesso capita con questo genere di donne sofisticate (intellettuali) . . . » .

Sappiamo , poi , di Cerellia, l 'ammiratrice d i Cicerone, c h e faceva di tutto per accaparrarsi le opere dell' oratore e, a volte - come accadde per il De finibus - riusciva persino a leggerle prima della loro pubblicazione �'. Sap­ piamo della moglie di Plinio il Giovane, che, oltre a studiare attentamente tutte le opere del marito, metteva in m usica le sue poesie e le cantava accom­ pagnandosi con la cetra 58• Sappiamo dell 'esistenza a Roma di laia di Cizi­ co, un 'ottima pittrice (fig. 5 ) di origine greca specializzata in ritratti �·. vi erano poi donne capaci di discutere cause in Senato , come Ortensia, la figlia dell'oratore 60, e poi medichesse 6 1 , scrittrici di storie e saggi •' e poetesse 61 • La bellezza: i capelli - A parte queste doti dello spirito, la dama romana era anche una donna raffinata ed elegante, che si prendeva gran cura della propria bellezza , ed aveva i mezzi per crearsene una quando quella naturale le mancava. I n fatti le ricche matrone avevano a loro disposizione ogni mezzo per cura­ re il proprio aspetto: esse possedevano schiave esperte nel massaggio, nel trucco e naturalmente anche nell'arte di pet tinare la loro chioma . Questa era nor­ malmente ben acconciata , anche se a volte, nel tentativo di seguire la moda e rendersi più att raenti, le ambiziose bellezze dell'epoca fi nivano col rovinar­ seta ... . Ad esempio sappiamo che a volte esse fi nivano col dan neggiare in malo modo i propri capelli, e Ovidio, l ' amico delle donne ed il loro migliore P Cic ..

A d. A li. , X I I I . J I ( 1 9). 5 .

58 P l i N I O I l . GIOVANE, I V . I 9 . 2-4 .

5 9 laia di Cizico. V isse a Roma ai tempi di Varrone ( 1 1 6-27 a . C . ) , e precisamem e ai tempi nei quali questo scrinore era giovane. U sava sia i l pennello che l ' i ncisione sull'avorio. Come suoi modelli sceglieva quasi sempre donne. Di lei si sapeva che aveva dipinto una vecch ia napole1ana, e che si era falla un aulo­ ritrano allo specchio. Era rapidissima nel dipi ngere ed i suoi q uadri erano molto apprezzat i . Le sue pinu­ re venivano addirinura quotate mollo più di l u n e le a l l re, inclusi i quadri di Sopolis e Dioniso i cui lavori riempivano lune le gallerie romane dell'epoca ( P l i N I O N . H . , X X XV . I 47 - 1 48). 60 Essa pronunciò u n ' orazione per d i fendere le vedo,·e e le figlie dei proscri n i che erano Slali uccisi , ed impedì che venissero loro confiscali t uni i ben i . La sua orazione era lalmeme perfena che venne Ira­ serin a e lena ad esempio anche nelle epoche posteriori. Valerio Massimo ( V I l i . 333) dice che ciò venne fan o non sollanlo perché si l ranava di u n ' orazione pronunciata da una donna, ma perché era mollo bella (APPIANO, B. C. , I V . 32 . 34 ; QUINTI I . I .-\NO, 1 . 1 .6 ) .

6 1 Primilla (C. I . L . . VI, 758 1 ) ; Terenzia Prima (C. l. L . , VI, 96 1 6) ; Giulia Pye (C. l. L . , VI, 96 1 4 ) ed allre. 62 Come Panfila d i Epidauro che visse nel l sec . d . C . . E ssa era figlia di uno scriuore e scrimice ella stessa. Scrisse saggi; una monumemale storia i n 3 3 libri e molli Iran ali, I ra cui alcuni, decisamente por­ nografici , sul sesso.

63 U n a è Sulpicia, la nipote di Messala, che scriveva versi d i coceme amore ad u n tale Ceri m o , e c h e forse è la stessa che scri\·eva poesie sugli amori con suo marito. Ottimi versi che vennero consiglia t i c o m e lenura a lune le coppie da M a rziale ( X . 3 8 ) . 64 C o m e a del la d e l poet a , fece la Corinna d i Ovidio.

27

Fig . S . Pittrice. Scena in uno studio di pittore: due donne osservano l'artista che, mentre sta intingendo il pennello nel colore, studia il suo lavoro con la testa gettata all' indietro. Un bimbo ai suoi piedi tiene uno dei suoi quadri . Tale doveva apparire la famosa laia di Cizico, pittrice specializzata in ritratti femmi­ nili e rapidissima nell ' esecuzione. Questa sua dote era certamente molto vantaggiosa per lei dato che laia era una delle artiste meglio pagate dell' epoca . Non si sposò mai e Plinio specifica che mori vergine, ma fu un gran successo di carriera. Affresco pompeiano del l sec . d . C .

consigliere, le metteva in guardia contro le pratiche pericolose quali le tintu­ re dei capelli. Divenire bionda poteva costare molto caro all ' imprudente gen­ tildonna che avesse voluto emulare le sue nordiche consorelle. I prodotti allora a disposizione tendevano a rivelarsi estremamente pericolosi, ed Ovidio ci mo­ stra un tragico esempio che, tra l'altro , lo aveva toccato molto da vicino. Il poeta rivolgendosi alla sua bella recrimina 6 5 : «Te lo dicevo i o ! " Smettila di ti ngerti i capelli ! " . Ormai non ti restano più capelli da tingere. Ma se tu li avessi lasciati così com'erano chi avrebbe 6 5 Ovt oto, 28

A mores, 1 . 1 4 . 1 - 3 .

capelli più lunghi dei tuoi ? E che dire del fatto che erano fini al punto che si esitava ad arricciarli . Fini come le vesti che hanno i Seri dalla scu­ ra pelle 66, fini come il filo che fa il ragno col suo gracile piede quando tesse la sottile t rama sotto una trave abbandonata». Certamente non tutte le dame romane avranno avuto i morbidi capelli ca­ stani chiazzati d ' oro della bella Corinna: capelli tanto docili al pettine che acconciarli era facile e la pettinatrice non veniva mai fatta frustare da una padrona scontenta e spazientita. Molte però dovevano avere chiome parago­ nabili a quelli della bella di Ovidio, capelli meravigliosi anche la mattina quando esse si svegliavano e giacevano nei loro letti avvolte da quel manto morbido e profumato. Capelli ondulati naturalmente come quelli che Corinna aveva tormentato con ferro e fuoco per trasformare le onde in boccoli, mentre il poeta furioso le gridava: « È un delitto, è un delitto bruciare quei capelli ! » . E infatti l a donna l i aveva perdut i , e , come apprendiamo d a Ovidio, aveva dovuto rimediare con una parrucca, ricavandone l ' unica consolazione di po­ ter finalmente diventare più bionda di un campo di grano maturo . «Ora la Germania ti manderà i capelli di quelle sue donne che sono sta­ te catturate». I n epoca augustea con le conquiste di oltralpe erano, infatt i , venute di mo­ da le parrucche fatte con i capelli delle donne dei Sigambri , una popolazione che, vinta una prima volta nel 1 6 a . C . , era stata definitivamente sottomessa nell ' 8 a . C . Nella seconda metà del I sec . a . C . , i capelli biondi erano l' ultimo grido , e le Romane ovviavano al colore scuro che era loro naturale, sia com­ prandosi bionde parrucche inanellate, sia tingendosi i capelli con la schiuma batava o , più semplicemente e costosamente, cospargendosi le chiome con polvere d ' oro. A quell'epoca vi erano poi diversi modi di pettinarsi . Non tutte si accon­ ciavano allo stesso modo, ed ognuna sceglieva fra le varie acconciature quel­ la che meglio si adattasse alla propria faccia. La donna elegante sapeva quale adottare per farsi più bella, e chi non lo sapeva si affidava agli espert i . Vedi Ovidio, che nella seconda metà del I sec . a . C . elencava le pettinature di mo­ da, spiegando anche a che tipo di donna si addicessero 67 • Viso allungato: pettinarlo con una scriminatura semplice . Viso tondo : meglio una pettinatura alla Livia con le orecchie scoperte ed i capelli riportati poi sulla fronte a formare un ciu ffo . Vi erano poi altri modi che sempre Ovidio elenca : si potevano portare i capelli : 66 1 Seri erano un popolo deii"Asia Orientale famoso per la sua seta, vedi R. E. I l , A·2, pp. 1 678-8 3 .

6 7 O v i DIO, A rs amandi,

1 1 1 . 1 3 3 - 1 68 .

29

sciolti e gonfi ; tirat i ; t rattenuti da un pettine di tartaruga; ondulati; art i ficiosamente spettinati . Per ottenere queste pettinature le dame di buona famiglia si sottoponeva­ no ogni mattina a lunghe ed assorbenti sedute davanti allo specchio mentre la pettinatrice aggiustava con arte la massa dei loro ricci (fig. 6). Data la com­ plicazione di q ueste acconciat ure, l ' operazione era lunga e noiosa, ma ap­ prendiamo che, mentre stava in sessione con la sua petti natrice, la matrona poteva ricevere visite che l ' aiutassero a passare più allegramente il tempo, e pare che normalmente essa fosse sempre circondata dai suoi ammiratori . Secondo Ovidio non c ' era nessuna controindicazione a lasciarsi pettinare davanti all' amante che fosse venuto a far visita. Ma era prudente non farlo se non si aveva una bella capigliat ura, ed il poeta aggiungeva, ridendo , che, per chi avesse avuto pochi capelli, l' unico posto adatto per farseli acconciare era il tempio della dea Bona, dove nessun uomo poteva mai mettere piede. Inoltre, era assolutamente sconsigliato a chi portava la parrucca di ricevere uomini ! Ovidio raccontava divertito di una sua amichetta che, colta di sor­ presa dall' annuncio dell ' arrivo del poet a, nella fretta si era i n filata la parruc­ ca alla rovescia, cosa che Io aveva fatto molto ridere, ma non aveva strappato neanche un sorriso alla ragazza incapace di cogliere il lato umorist ico della sit uazione. Se però una gentildonna poteva ammettere amici ed in namorati all'opera­ zione della propria pet tinatura, doveva in cambio esser sicura di sapersi do­ minare ed avere la forza di non abbandonarsi a scatti di ira. Ovidio sosteneva che in presenza di terzi non era di buon gusto graffiare, battere , torturare e strappare le vesti della pettinatrice, un fatto che, come ci insegna anche Gio­ venale 68, accadeva ogni qual volta la dama, nervosa ed irritata, incolpava la povera schiava di colpe che probabi lmente risiedevano soltanto nel proprio aspetto. Anche se il poeta non lo dice, era meglio far ciò lontano da occhi indiscret i . Da questa raccomandazione e da quanto scrive Giovenale nella sua sat ira sulle donne si intuisce che in epoca antica vi era chi non si comportava come una vera dama e la vita delle parrucchiere doveva essere piuttosto dura. La bellezza: la cura della pelle e il trucco Quando si procedeva alla cura del corpo e della pelle del viso non si dovevano invece ammettere estranei . Non era certamente consigliabile di farsi vedere in quei momen t i : neanche le più belle riuscivano ad essere attraenti con il viso impiastricciato dalle cre­ me ed unguenti e molto spesso dai papponi a base di fari nate con cui si con­ fezionavano le più rinomate maschere di bellezza •• . Già all' epoca ne -

68

GrO\'I'N."

69 0 v r oro,

1' , V l . v L

490-495 ; Ovmro, A r.< Amandi, 1 1 1 . 236-242.

A rs Amandi, 1 1 1 . 209-2 1 7 . Anche Giovenale parla del l ' a spel l o di una donna mentre il suo viso è coperto di i m piami spessi e di•gustanti ( G r o w � A r r . V I . w . 46 1 -46 5 ) . 30

Fig. 6 - Esempio di pel l i natura compie"•· Ritralto di Agrippina M i nor, la madre di Nerone. Una collana di pietre preziose o perle e stata int recciata ai suoi capelli, acconciali con trecde rkcioli n i . Notare alle sue orecchie i fori . ai quali si appendevano gioielli aurentici . b .. si sono present i in molli busi i marmorci . Ritralto del l sec . d . C .

esistevano diverse. Vi erano quelle che combattevano l ' acne , le lentiggini e qualsiasi altro difetto affliggesse la graziose dame 70 • Ovidio giurava che pol­ verizzando e pestando in un mortaio uova, lenticchie ed orzo mondato assie­ me alle prime corna di un vecchio cervo, a bulbi di narciso ed a farina e mischiando poi questa polvere con miele si otteneva un prodotto di bellezza che rendeva liscia e luminosa la pelle 7 1 • Non c'è dubbio che in fatto di bel­ lezza femminile egli fosse un conoscitore, ma è lecito non fare troppo affida­ mento sulle virtù di questa sua ricetta. Egli poi dava prescrizioni per altre maschere di bellezza : una a base di al­ cionea, un alga marina che si credeva togliesse le macchie, e che si usava per combattere le lentiggin i . Altre sue maschere benefiche erano quelle all ' i ncen­ so o quella che egli assicurava essere spettacolosa, composta di finocchio, di mirra, di petali di rose essiccate , di incenso maschio, di sale di Ammone e che combatteva gli arrossamenti della pelle. C ' era poi il t rucco che tendeva a correggere i difetti della donna : costei , per l ' epoca, doveva essere bianchissima. Niente abbronzatura quindi . Per ot­ tenere una carnagione perfettamente candida si usava applicare come fond de teint una creta speciale; ma spesso , purtroppo, si preferiva usare la nivea cerussa 7 2 che conferiva alla più scura delle carnagioni un bianco smaglian­ te. Si trattava di un composto di piombo velenosissimo che, generalmente, finiva col provocare pericolose dermatiti . Ci si spalmava poi le gote col ros­ setto, il quale, qualche volta, era un colorante ricavato da alcune sostanze vegetali 73 , ma più spesso era la pericolosa sandracca 74• Si capisce quindi co­ me i medici del tempo , che dovevano constatare i tragici effetti della cerussa e del rosso solfuro d ' arsenico sulla pelle delle loro pazienti , fossero contra­ rissimi all ' uso dei prodotti cosmetici i n generale " · M a le belle dell' epoca continuavano i mperterrite a spalmarsene sul viso e , per rendere più piccante

70 Maschere

di bellezza sempre di Ovidio (OVI DIO, De Medicamine Faciei, v . 43 e sgg . ) .

7 1 OVIDIO. ibid. , V . SS e sgg .

72 La bianca cerussa era una pomata a base di carbonato di piombo che funzionava da fondo tinta. 73 Per il rossetto delle guance e per quello delle labbra, le persone prudenti usavano spesso il rosso estratto da u n alga marina, i l phukos, o quello ricavato dal succo delle more rosse del gelso o a ncora si adopra­ va il colore dell'anchusa (Anchusa tinctoria o A lkanna tinctoria Tausch . ) , una pianta della famiglia delle Borraginec, la cui radice cont eneva una sostanza rossiccia tuttora impiegata i n cosmetica.

74 La sandracca, era solfuro di arsenico, e serviva per le guance e per le labbra. 7l l medici dell 'epoca si occuparono molto della cura della pelle e dei capelli, ma eran o , ed a ragione, estremamente di ffiden t i per tutto quanto riguardava i l trucco . Sulle cure della propria persona ad esem­ pio esisteva u n i ntero trattato in quattro volumi composto da Critone, i l medico di Traiano. Anche se esso è andato perso, lo conosciamo att raverso un riassunto del suo testo che Galliena h a inserito nella sua opera. Critone poi viene spesso citato da u n altro medico antico, Aetios. Da loro sappiamo che dei quattro libri scri tti da Critone il primo trattava dei capelli (tinture, shampoing, frizioni), della pelle, degli occhi, delle sopracciglia e dei dent i . Il secondo era consacrato agli u nguen t i . creme e profu m i . I l terzo ed il quarto l rattavano le malattie della pelle: macchie, acne, i m petigi n i , cicat rici . M a non vi era una pa­ rola su fondi tinta o rossetti e ciprie varie, che d 'altra p a rte esistevano ed erano largamente usati da ogni donna che ci tenesse ad apparire bel l a , e non soltanto dalle donne.

32

la propria avvenenza, usavano anche alcuni nei giudiziosamente distribuiti 76• Quindi passavano al t rucco degli occhi, che nell' antichità fu sempre consi­ derato importantissimo . Ci si tingevano le sopracciglia e si sottolineava la forma degli occhi con cenere , se si voleva u n segno scuro , o con croco di Cid­ no, quando se ne desiderava uno marrone dorato " . La gentildonna completava p o i l a sua toilette c o n uno o p i ù d e i costosissi­ mi profumi che aveva a sua disposizione e che, generalmente, si presentava­ no sotto forma di u nguenti 'H, e con essi cercava di attirare su di sè l ' attenzione della gente 79 • Plinio il Vecchio deprecava questo costume costo­ so e scriveva: « . . . l profumi sono i lussi più superflui . Perle e gioielli vengono infatti trasmessi all'erede di chi li indossa, e gli abiti durano almeno un po' di tempo, ma i profumi perdono il loro odore subito e si consumano appena li si usa. I l loro merito maggiore consiste nel fatto che, quando una donna passa, il suo profumo attira l ' attenzione di tutta la gente, compresa quella che in quel momento è assorbita in altre occupazioni - e pensare che costano più di 400 denari alla libbra ! - Tutto questo denaro viene pagato per un piacere che viene goduto da qualcun altro : infatti chi si profuma non sente l'odore che porta su di sé.

M a le matrone non si lasciavano scoraggiare da questi suoi ragionamenti . Anche se il discorso di Plinio non faceva una grinza, il profumo era da sem­ pre l ' alleato più importante delle donne, e nessuna smise di adoperarlo e di spendere fort une per avere i più pregiat i . Del resto , a quei tempi non erano soltanto le donne a profumarsi ed in questo campo gli uomini non scherza­ vano davvero . La bellezza: le vesti I n fine, una volta t ruccate, pettinate e profumate le donne ovviamente s ' interessavano alle vesti che dovevano indossare e che, come accade anche al giorno di oggi , erano dettate dalla moda. Ovidio scon­ sigliava quelle pesanti di lana tinta con la porpora e superdecorate con rica­ mi d ' oro. Queste erano ormai passate di moda, diceva il poeta e, anche se qualche persona antiquata contin uava ad usarle, era meglio indossare qual­ cosa di più spigliato, leggero e moderno. Alla fi ne del I sec . a.C. la matrona poteva scegliere t ra moltissime stoffe quelle che più si addicevano alla sua carnagione ed al suo gusto •o. I tessuti -

7 6 Ov1010,

A rs A mandi, 1 1 1 . 202 .

77 OVIDIO,

op. cii. , 1 1 1 . 203-204.

B . G R I L LET, Lesfemmes et le fards dans l 'antiquit� greque, Lion 1 97 5 , passim ; G . M . DoNATO e B. M I N I\ R D I , A. R A u.o, Sostanze odorose nel mondo classico , Venezia 1 97 5 . Molle volte la donna impiega­ va molti unguenti di versamente profumati menendoseli t uni insieme: Cosi Antifane scrive di una donna che stava uscendo dal suo bagno: "Si, lei ha un cofaneno agem inato in oro e da quello t rae i vari unguen­ ti. Essa si unge i piedi e le gambe con la crema egiziana, massaggia con olio di palma le � u e guance ed i suoi capezzoli; l'un e l 'altro braccio col sisimbrio; st rofi na i suoi capelli e le sopracciglia con unguento di maggiorana; le sue ginocchia ed il suo collo col timo serpillo . . . " . 78

79 PLINIO,

N. H. , X l i i . 4 . 20.

80 0V I OIO, ibid. , 1 1 1 . 1 87- 1 92 .

33

raffinati ed eleganti, spesso leggeri al punto della trasparenza, che si trova­ vano in commercio alla fine del l sec . a . C . si presentavano nella più vasta gamma di colori 81 : color cielo, color nuvola, color acqua marina o turche­ se, color zafferano , color viola ametista, color rosa, color verde ghianda, co­ lor verde mandorla, color nero che stava bene a chi avesse la pelle chiara, color bianco che si addiceva a chi avesse la pelle scura . Una scelta vastissima, come si vede, e che doveva rendere allegro e variopinto il panorama di Roma e di tutte le riunioni eleganti . La dama poi , nei limiti delle sue capacità finanziarie, poteva acquistare preziosi gioielli con cui finire di adornarsi. La legge Oppia 82 era stata aboli­ ta secoli prima, e la bella poteva coprirsi di oro da capo ai piedi . Insomma, se soltanto lo avesse volut o , la donna di quell'epoca poteva curare al massi­ mo la propria bellezza ed eleganza e diventare una creatura desiderabile sot­ to molti aspetti . Probabilmente era proprio questo che la maggior parte delle donne dell'epoca faceva e che occupava quasi tutto il loro tempo .

81

O V I D I O . ibid . • 1 1 1 . 1 69 e sgg .

82 T ITo L I V I O ,

Storie, X X X I V . J -8 . Dopo la disfatta di Canne era stata promulgata una legge restritti­ va sul lusso . Per questa legge non si poteva avere su di sè più di IS gr di oro. nessuno poteva i ndossare vesti m u lticolori , ne si poteva andare i n carrozza nel raggio di un miglio attorno alla città. Dopo 20 anni M. Fundanio e L. Valerio proposero di abolirla, ma molti vi si opposero ed i due partiti si riunirono a discutere la questione sul Campidoglio. Allora le matrone, i n ferocite e disobbedendo ai mari t i , scesero in piazza e bloccarono tutti gli accessi al Foro. Quando gli uomini cercarono di andarvi, esse glie lo impe­ dirono. Cosi iniziò il confronto tra uomini e donne, nè il passare dei giorni spinse le matrone romane ad allentare la presa . A nzi giorno pe r giorno la massa delle d imost ranti, furibonde, si i ngrossava sempre più, perché afnuivano rinforzi dalla campagna e dalle città vicine. Ovviamente questo indignava Catone i l Censore, che non soltanto se la prendeva con le donne - banda di sfacciate senza ritegno che assaliva­ no gli uomini polit ici cercando di i m porre loro la propria volontà - ma rinfacciava agli uomini i l fano d i non avere su di esse la minima autori tà . Egli si lamentava perché. mentre anticamente alle donne non era consentito di condurre nessun affare senza un tutore. adesso invece osavano addiriuura d i interferire in politica. Catone ammoniva gli uomini che, se non avessero reagit o . ben presto le donne sarebbero dive­ nute le loro eguali e. subito dopo. addiriu ura le loro superiori . Vi furono grandi d iscorsi ed attacchi da ambo le part i . ma le donne non mollarono . Alla fine. come succede sem pre. furono le donne a vincere. 34

COSTU M I E MORALITÀ Ma se alla fine della repubblica troviamo questo attraente quadro di fem­ minilità, l 'aumento di raffinatezza e di eleganza della donna non andava unita ad un uguale elevamento dello spirito e della morale, e ormai di Lucrezie non ne erano rimaste molte: non c ' era davvero nessun bisogno di atletici com­ portamenti per persuadere le gentili dame a cedere agli abbracci ed alle ca­ rezze di un bel seduttore. Oramai i corteggiatori , specie se ricchi e potenti , sapevano di non rischiar niente a tentare la loro fortuna con esse. Era così tra queste gentildonne che gli uomini celebri finivano col trovare la donna amata e, non si sa come, ma essa era sempre regolarmente coniugata con qual­ cun altro che, altrettanto regolarmente, era i n stretti rapporti coll ' amico fe­ di frago. D ' altra parte era chiaro che, per l ' epoca, o ci si dedicava a questo rischio­ so passatempo, o bisognava con finarsi agli amori ancillari . Di questi ce ne saranno stati moltissimi, ma evidentemente, anche se varie liberte sono poi passate alla storia, esse non potevano soddisfare appieno i forti eroi dell ' e­ poca . Quelli con schiave e li berte erano amori facili e non offrivano quel piz­ zico di ansietà e .di incertezza che aggiungeva sapore alla conquista. C' erano anche i rapporti omosessuali , e questi erano largamente praticati sia con schiavi che con bei giovani pervertiti, ma per chi preferiva le donne, il passatempo preferito era quello di trovarsi una prestigiosa amante tra le varie conoscenti sposate e quasi sempre con figli , il che spesso creava una certa con fusione , perchè era poi di fficile decidere chi fosse il loro padre. Non tutti ovviamente si dedicarono a questa piacevole occupazione. Au­ gusto , checchè ne dica Svetonio, dopo lo scapricciato periodo intercorso pri­ ma di Livia, non deve essersi distinto molto in questo campo. Tra l ' altro, se lo avesse fatto, i pettegoli, di cui Roma era tanto ricca , non avrebbero cer­ tamente mancato di fare i nomi delle gentili dame ed illibate fanciulle che a lui si sarebbero date . Invece su tale argomento anche il pettegolissimo Sve­ tonio 83 , che lo accusa di libidine, si tiene sul vago , non fa un nome e cerca di supplire a questa mancanza di notizie, accennando a numerose avventure, 83 SUET,

A ugusto, 7 1 .

35

ma non dicendo mai con chi . I n fine, per creare un quadro piccante, finisce col presentare Livia come la complice, la manutengola del marito . Ma, se Augusto non fu un dongiovanni , sia Cesare che M arco Antonio praticarono invece tale passatempo in lungo ed i n largo . Così , oltre a dedi­ carsi alle proprie mogli legittime, furono sempre attivamente occupati nel se­ durre o nel farsi sedurre dalle varie mogli di parenti , amici , conoscenti e nemici . Ad occhio e croce la categoria che restò più i n fortunata in questo valzer di adulterii fu quella dei parent i , anche perché la classe dominante romana, della quale tutti i protagonisti della storia del tempo facevano parte, era ab­ bastanza ristretta, ed alla fine della repubblica era di fficile, per gente di una certa levatura, non essere legati con vincoli di sangue o di matrimonio a qua­ si tutti gli altri personaggi che occupavano la scena politica, militare ed eco­ nomica di Roma . Quando non si era ancora parenti lo si diventava presto attraverso i matrimoni . All ' epoca di Augusto vennero proibiti i matrimoni tra persone legate da legami di sangue e persino quelli tra gente le cui famiglie si fossero imparen­ tate attraverso matrimoni . Probabilmente, anche prima di ciò, un codice non scritto respingeva queste unioni considerate i ncestuose. Ma, ovviamente, usanze e leggi non dicevano niente a proposito dei legami extramatrimoniali e niente impediva che, seducendo la moglie di un cugino o di uno zio che avevano avuto il torto di prendersi una bella sposa, si intrecciassero piacevoli relazio­ ni con una parente che mai si sarebbe potuto sposare . Non sembra comunque che nel l sec . a . C . , parenti o non parenti , i dongio­ vanni dell ' epoca si trattenessero dal l ' andare a cacciare nel campo altrui e, in mezzo a quell 'affascinante periodo che precedette e seguì il crollo della repubblica romana, la vita amorosa non ebbe un attimo di ri poso . Nella sto­ ria dell 'epoca si assistè ad un tale scambio di mogli ed amanti da lasciare sen­ za fiato. Una vera quadrigli a ! T r a le parentele e le tresche, i matrimoni combinati e l e incerte paternità di alcuni notissimi personaggi c'è da perdere la testa. Non si finisce mai di ritornare a studiare i complicatissimi intrecci sentimentali e gli alberi genea­ logici dei protagonisti di questa st(Jria. Senza contare che, con quello che suc­ cedeva, non si può proprio sapere - anche se spesso lo si intuisce fin troppo bene - quanto validi siano questi alberi genealogici . Soprattutto non si può mai esser sicuri su chi sia figlio di chi , e chi non sia certamente figlio del pro­ prio padre legittimo. Se a quell'epoca ci fosse stato un metodo sicuro per la ricerca della paternità, la storia romana ci avrebbe certamente riservato pa­ recchie sorprese .

36

CESARE

Cesare (fig. 7) nacque nel dodicesimo giorno 84 di luglio 85 del 1 02 a.C. 86 sotto i consoli Gaio Mario e Q. Lutazio Catulo 87• I suoi genitori , Gaio Giu­ lio Cesare ed Aurelia, appartenevano a famiglie nobili e patrizie. Probabil­ mente non erano ricchi, ma non dovevano neanche trovarsi in quelle ristrettezze che fa immaginare Svetonio quando dice che, all' inizio, le condizioni econo­ miche di Cesare lo costringevano a vivere in una casa della Suburra 88 , un quartiere che non soltanto era povero e costituito da edi fici in cattivo stato abitati da piccoli bottegai e popolani , ma, frequentato com' era da ladri e pro­ stitute, godeva anche di una pessima fama . Lo storico racconta che soltanto nel 63 , quando aveva già 39 anni , Cesare, dopo la sua elezione a Pontefice Massimo , poté trasferirsi nella Regia, un palazzo dello Stato posto sulla Via Sacra 89• È probabile che fino a quel l 'epoca il futuro dittatore non avesse davvero molto da scialare, ma non doveva nemmeno avere il lupo alla porta. Le af­ fermazioni di Svetonio vanno infatti riportate ai criteri di valutazione di un'e­ poca che vedeva la scena finanziaria dominata dalle favolose ricchezze di 84

MACROBIO,

85 R.E

Sat. , 1 . 1 2 . 3 4 il quarto giorno prima delle idi.

.•

X . l . p . 1 86; PLUT., Numa, 1 9 ; 4. 1 ; SUET. , Ces. , 76.

APPIANO,

1 1 . 106; V , 97; Dto, XLIV. 5 . 2 ; Clc, A d A li. , X V I . l. l ;

86 Secondo Svetonio egli nacque nel 100. Questo si deduce dall ' affermazione che mori nel 44 a 56 anni (SUET . , Cesare, 88). M ommsen invece indica come sua data di nascita il 1 02 sulla base fissata dagli An­ nali dell'anno 1 02 (T. MOMMSEN, R . G . , 1 1 1 8 . 1 6). La data del 102 a . C . appare più verosi mile. Prima di sposare Cornelia nel l ' 84 egli era stato legato e, non si sa se addirittura sposato, con Cossuzia. Anche se i giovani romani potevano sposarsi a 16 a n n i , bisogna riconoscere che per prendere una seconda moglie i 18 anni sarebbero stati i l minimo possibile. 87 A . P A U t . Y , G . W t SSOW A , 88 Su ET . . Ces. , 46.

M.A.

LEVI, s.v. Cesare in Enc. Trecc. , IX, p . 867, b.

89 SuET., ibid. , Sembra però di fficile che questa fosse proprio usata come abitazione. l n falli dai resti oggi esistenti al Foro Romano si vede che si trattava di un piccolo edificio costituito da una corte e I re stanze. Si pensi poi , che i tre ambienti erano cost ituiti da un minuscolo atrio centrale con da una parte un sacello di Ops, divinità agricola, e da q uella opposta u n altro dedicato a Marte: un ambiente un po' più grande, è vero, ma non molto, visto che in esso si dovevano anche conservare i dodici scudi sacri al dio. Qui liniva tutla la casa. Perciò, anche se volessimo ammett ere l ' esistenza di un secondo piano. non si vede quanto posto restasse per viverci e ospilarci una moglie, una madre, una figlia e tutta la servi l ù . 37

personaggi come Crasso e Lucullo e da quelle di tutti i ricchissimi piscinarii: quegli amici di Cicerone e di V arrone così chiamati perché possedevano me­ ravigliose ville costiere, dotate di splendide e spesso architettoniche piscine per l ' allevamento dei pesci 90 • È evidente che, data la mentalità della gente dell' epoca, anche quella che da noi sarebbe ritenuta una notevole fortuna ve­ niva considerata alla stregua di una manciata di spiccioli . Il padre di Giulio Cesare morì presto , quando il futuro dittatore aveva cir­ ca 16 anni . Del resto in un'epoca nella quale la durata media della vita era molto breve, pochi erano quelli che riuscivano a vedere i propri figli raggiun­ gere la maturità ed egli, non facendo eccezione alla regola, scomparve in an­ cor giovane età . La figura paterna non potè quindi avere u n ' i n fluenza fondamentale nella vita del futuro dittatore, mentre invece molta ne ebbe quella della madre Aurelia, donna intelligentissima ed erudita, che diresse perso­ nalmente gli studi del figlio . Fu lei che scelse i suoi maestri e che sorvegliò i suoi progressi . L 'educazione del ragazzo si svolse, così , brillantemente sot­ to l ' ottimo precettore da lei scelto : un Gallo educato ad Alessandria, u n cer­ to M. Antonio Gnifone che fu il maestro della fanciullezza di Cesare e colui che lo avviò allo studio del greco e dèl latino, della grammatica e della retori­ ca 9 1 , indispensabile quest ' ultima per i giovanetti della sua condizione, i quali avrebbero poi dovuto servirsi di quest ' arma nelle accese battaglie oratorie del Senato e del Foro. Cesare padroneggiò quest ' arte con facilità e fu un grande oratore 92 • Par­ lava con voce forte e chiara e gestiva in modo att raente, ma soprattutto usò sempre uno stile piano e piacevole. Naturalmente non trascurò neanche gli altri campi del sapere ed eccelse i n tutt i . Così durante la sua vita si cimentò anche nella letteratura, componendo opere di tutti i generi : poetiche, teatra­ li, ed epistolari . Purt roppo molti dei suoi lavori non ci sono pervenuti, ma anche nel campo minore quello che di lui si è salvato è importantissimo . Tra le altre opere scomparse ve ne fu una che avrebbe messo in luce u n lato poco conosciuto di Cesare : un Cesare che si interessava all' umorismo e lo amava al punto di raccogliere e trascrivere in un suo libro tutte le frasi spiritose e le battute più notevoli che si udivano nel Foro . Fin da giovane egli si era de-

"" Vedi quella di Pon za L. hco""· "Solarium " di una villa Romana, in NSc 1 926, p p . 2 1 9-32; Un opera di idraulica romana "piscinae in pelra excisae " i n BIA 7 ( 1 93 7 ) , pp . 34-36: Una singolare piscina marillima in Ponza. in Campania romana. Studi e Materiali l ( 1 93 8 ) , pp. 1 4 5-62 ; e quella di Sperlonga E . SAl ZA PRINA RICOTT I , Il gruppo di Polifemo a Sperlonga in Rend. Pont. Ace. di A rch. Vol. L X I I , 1 970, p p . 1 1 7 - 1 34 . 91

92

R . E . . l , 2 , p . 26 1 8 ; Sl!ET . , D e Gramm , 7 . SuH . . Ces. , S S . S•·et onio scrive c h e d o p o la sua orazione contro Dolabella e g l i f u an noveralo tra

i maggiori oratori , e Cicerone, facendone la rassegna, scrive che non vede a chi Cc!.are si possa dire secon· do (Cfc , Brutus, 248-62). Svetonio poi fa u n elenco delle orazioni che si diceva Cesare avesse pronun­ ciato, ma riconosce che molte gli furono soltanto a t t ribuile. Ad esempio u n ' a rringa che avrebbe dovuto esser rivolta alle truppe prima di u n a"allo, secondo quanto riferi sce A•inio Pollione i l quale a quella battaglia aveva parteci pat o , non fu mai pronunciata per la repen t i n i t à del l ' aua('CO nemico.

38

Fig. 7 . Caio Giulio Cesare. U n o dei ritraui considerato tra i più fedeli: il viso, improntato ad una calma serena, traspira forza e sicurezza. La statua doveva essere esposta su u n alto piedistallo in quanto lo sguardo si rivolge i n basso sui passan t i . Ovviamente qui il diuatore è rappresentato nella sua veste di personaggio pubblico, quindi austero e dignitoso. Resta di fficile vedere qui l ' uomo che egli fu , con il suo senso dell ' u · morismo, il s u o coraggio e la sua grande abilità polit ica e, guardando la statua u fficiale, ancor p i ù di ffici le è i mmaginarlo come l ' eroe di t a n t e avvent u re amorose.

dicato a comporre questa divertente antologia, segnandovi scrupolosamente tutto quanto sull' argomento veniva a sua conoscenza . Si trattava del Dieta eol/eetanea 93 • Cicerone che si piccava di essere molto spiritoso e che effettivamente lo era, parlava anche lui di questo libro, Dieta o Apophthegmata, che Cesare aveva i niziato a scrivere ancora in gioventù e che continuò a tenere sempre aggiornato: un' opera nella quale l ' Arpinate si gloriava di veder raccolte le sue migliori battute e soprattutto quelle veramente sue; non le altre, quelle che nel Foro gli venivano quotidianamente attribuite. L ' Arpinate, scrivendo al suo Papirio Peto, raccontava che Cesare era talmente un acuto intenditore i n questo campo, da riconoscere i mmediatamente per falsa ogni facezia a lui ascritta che non fosse dotata della raffinatezza e dell 'arguzia che distingue­ vano quelle proprie sue 94: . . . Cesare del resto h a buon naso e, come tuo fratello Servio, che, fi­ nissimo letterato, tanto ha l ' orecchio esercitato allo stile dei poeti e tan­ ta l ' abitudine a leggerl i , che non trova difficoltà a dire "Questo verso non è di Plauto, questo sì" , così io so che Cesare, collezionista egli stesso di motti spiritosi , quando glie ne riferiscono come mio qualcuno che non lo è, lo rifiuta, e può farlo ancor più sicuramente adesso che i suoi familiari ed io ci vediamo quasi ogni giorno e nella varietà della conver­ sazione i ncorrono battute che essi trovano sottili e spiritose . Esse gli ven­ gono riportate con i resoconti u fficiali (gli A cta 9s ) , così come egli ha ordinato di fare. Se poi qualcosa che m i viene attribuita gli arriva per qualche altra via non vi presta attenzione . . . » . «

Chissà s e non fu proprio l ' ammirazione che Cesare provava per l e b attute di Cicerone e i l divertimento che esse gli procuravano che spinsero il dittato­ re a perdonare all' oratore la sua doppiezza . Purtroppo questa raccolta di Cesare venne distrutta: il suo successore ed erede Augusto, che non era certamente dotato della stessa elasticità mentale del padre adottivo e che doveva essere privo di quella i mportantissima quali­ tà che è l ' umorismo , trovò poco decoroso che suo zio si fosse interessato a cose del genere e vietò la pubblicazione dei Dieta eolleetanea assieme a quella di alcune operette minori scritte da Cesare quando era adolescente 96 • Ma, a parte la notizia di questi gusti ed opere letterarie minori che Cesare compose o raccolse, le sue opere principali restano i Commentari, legati alla sua figura di condottiero . Essi ci sono pervenuti rimaneggiati , corretti ed in­ terpolati , m·a anche così ridotti splendono della sua prosa tersa ed estrema-

93

SUET . , Ces . • 56.

94 Leuera datata al luglio del 46 e diretta a Papirio Peto (Ci c . , A d fam . • I X . 1 6) . 9 S G l i Acta furono istituiti d a Cesare nel corso del suo primo consolato del 5 9 a . C . (SUET . , Ces. , 20) .

96 Augusto vietò la pubblicazione di questi lavori con una lettera che Svetonio definisce « brevissima e semplice» al suo bibliotecario Pom peo M acro (StJ E T . , ibid. ) . 40

mente chiara, che è ancor oggi il miglior specchio di una personalità lucidis­ sima, sicura e padrona di sé: Cesare non amava le infiorettature e non ne fece mai uso anche se a quell' epoca esse erano molto in voga . Al contrario egli si preoccupava sempre di evitare le parole di fficili e ammoniva: Tamquam scopulum sic fugias inauditum atque insolens verbum.

« Fuggi come se fosse uno scoglio ogni parola poco usata e pretenziosa » . Questo s u o atteggiamento traspare anche da u n a lettera di Cicerone a d Atti­ co nella quale l ' oratore commenta il sogghigno di Cesare ad un troppo raffi­ nato e poco in uso quaeso , forma poco usata del verbo quaero , impiegato dallo stesso Attico in una sua frase 97 • Cesare non amava le parole ricercate e dimostrava ampiamente che si può avere uno stile elegante e raffinato an­ che senza farne uso. I suoi Commentari ne sono la prova migliore: essi furo­ no molto lodati già dai suoi contemporanei e lo stesso Cicerone li giudicava opera insigne 98 : « . . . Scrisse Commentari davvero degni di gran lode: nudi sono, precisi e bellissim i , spogli di ogni fronzolo oratorio , corpo senza abbigliamen­ to; ma mentre con essi egli volle fornire le font i a chi si proponesse di scrivere una storia , creò u n 'opera che riuscirà forse utile agli inetti che volessero imbellettarl i , ma distolse dall' opera gli studiosi di valore . . . » . D a l canto suo Irzio, c h e quei Commentari aveva visto scrivere, si meravigliava della facilità con la quale Cesare li stilava 99: « . . . Tanto per universale consenso sono encomiati che par tolta, non for­ nita, agli scrittori la possibilità di imitarl i . E l ' ammirazione di ciò è ben maggiore in me che in chiunque altro ; se gli altri i n fatti sanno quanto bene ed elegantemente egli abbia scritto , io so con quanta facilità e ra­ pidità li scriveva . . . » . Come s i vede i l giudizio che i contemporanei davano d i Cesare come scrit­ tore e storico era questo. Ma quello che colpisce in Cesare è soprattutto la nobiltà della sua figura e del suo carattere , che certamente più ancora che ai maestri fanno onore alla madre, a lui molto vicina ed ottima educatrice . Probabilmente è a lei che egli dovette la sua personalità ricca e generosa, quella che ritroviamo sia negli atti della sua vita, sia nelle sue opere , sia in quelle poche lettere sfuggite alla palude dei secoli e preservate soltanto perché, es­ sendo state dirette a Cicerone, furono incluse nella raccolta pubblicata da Attico . Espressioni nobilissime che ci documentano sui principi e sulla filo­ sofia di vita di una persona eccezionale.

91 C t c . , A d A li. , X l l .6 . 1 .

Quaeso è una forma verbale usata anche da Cicerone. Ad esempio c fr . Ielle·

ra A d . A li. V l l . 9 . 1 .

98 SUET.,

ibid.

99 SUET,

ibid.

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Così scrivendo a Cicerone , Cesare spiegava come la crudeltà fosse esente dal suo carattere . Egli ri fuggiva dall' uccidere i suoi nemici , pratica che tutti i suoi predecessori avevano sempre giudicato santa e benedetta, perché il far­ lo non gli dava nessun piacere. Ed in tutta la sua vita, egli non fece altro che mettere in atto questo principio , perdonando gente indegna e persistendo in questa linea di condotta nonostante che molti lo mettessero in guardia. È quindi chiaro che queste sue affermazioni non erano parole di circostanza 1 00 • CESARE IMPER. SALUTA CICERONE IMPE R . Ben a ragione t u , c h e mi conosci a fondo, auspichi c h e d a i m i e i atti ab­ bia ad esulare ogni forma di crudeltà. Già la cosa di per sé stessa mi dà una grnnde soddisfazione, ma la tua approvazione mi riempie di gioia. E non mi preoccupo se si dice che quelli che io ho rimandato liberi si sono staccati da me per muovermi di nuovo guerra. Non desidero altro che esser coerente a me stesso ; lo siano essi a sé. Coerente a sé stesso Cesare lo fu fino all' ultimo minuto, non così i suoi assassini . Ma, se Cesare perdonava moltissimi e sorvolava su molte colpe, egli però non ammetteva che si attentasse alla sua dignità personale, e come scrisse all' inizio del suo B. C. , essa era per lui la cosa più importante, preferì­ bile alla stessa vita: «Sibi semper primam fuisse dignitatem vitaque potiorem».

Fu ad esempio, per difendere questa dignità che egli attraversò il Rubico­ ne, atto per il quale molti lo accusarono di avidità di potere e che invece fu per lui un passo obbligato , impostogli dall ' azione che il Senato stava intra­ prendendo verso di lui, e che egli non poteva accettare in quanto degradante . Cesare, quindi , aveva principi fermi sui quali basò tutta la sua vita ed essi per lui contarono più di qualsiasi altra cosa. Tra questi principi egli ebbe sempre anche un grande concetto dell ' amicizia e della lealtà. Per gli amici faceva di tutto: era capace di privarsi del pane o di mettersi a dormire all ' aperto, ce­ dendo l ' u nica stanza dell ' alloggio al compagno di armi febbricitante 1 01 • Coerente con questa sua linea di condotta, egli fu sempre portato a mante­ ner fede agli impegni presi, ed a proteggere coloro che a lui si affidavano o che erano suoi client i . Quando qualcuno di loro aveva bisogno di lui, Cesa­ re non si t irava certo indietro . Così , ad esempio, avvenne all ' inizio della sua carriera quando difese il nobile giovane Masinta, che era un suo cliente, con­ tro il re lempsale. Una difesa nella quale egli si accalorò ad un punto tale che al culmine dell' arringa si scagliò contro Giuba, figlio di lempsale, e si attaccò alla sua barba . Un atto certamente sconcertante, soprattutto in una persona che, padrona di sé come era normalmente Cesare, non si lasciava faci lmente trasportare dall ' i ra: a meno, naturalmente, che quella volta egli 1 00 Cl c . , A d A li. , I X . 1 6 . 2 .

101

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S u E T . , Ces. , 7 2 .

non lo abbia fatto a ragion veduta. È di fficile infatti supporre che si sia la­ sciato accecare da un i rragionevole. antipatia per Giuba. Ovviamente il tribu­ nale non poteva apprezzare manifestazioni del genere e , forse, fu proprio per questo che i giudici trovarono giuste le rivendicazioni del re e dichiararono Masinta suo tributario. Questo voleva dire un mare di guai per il malcapita­ to, ma il suo patrocinatore lo sott rasse rapidamente a coloro che stavano per condurlo via e lo nascose a casa sua dove lo tenne a lungo . Infine, per com­ pletare l ' opera, quando , dopo la sua pretura, partì per la Spagna, Cesare ca­ ricò Masinta nella sua lettiga e, mentre rispondeva ai complimenti ed auguri della folla che circondava il veicolo, egli tranquillo e sorridente come se vici­ no a lui non fosse nascosto un latitante, ri uscì , i n mezzo ai fasci littori , a metterlo in salvo 1 02 • Ovviamente nella vita di Cesare ci fu sempre molta politica. In essa egli sapeva barcamenarsi con grande abi lità ed astuzia e, mentre si attirava gli odi degli ottimat i , si guadagnava le simpatie della popolazione. Quando eb­ be cariche le esercitò infatti in modo splendido: i n verità anche troppo . Da edile organizzò feste sontuosissime coprendosi di debiti dalla testa ai piedi ed esagerò talmente che alla fine dell ' edilità si trovò finanziariamente rovi­ nato. Date però le sue copiose elargizioni e quindi la certezza di avere un buon numero di voti , egli risolse l ' incresciosa situazione col presentarsi candidato alla carica di Pontefice Massimo, un sacerdozio che gli avrebbe dato modo di sistemarsi . Ad esso si veniva eletti dai membri di 1 7 tribù est ratte a sorte. Manco a dirlo, Cesare ebbe una vittoria schiacciante e distaccò di molto gli altri candidati tra i quali spiccava il prestigioso Quinto Catulo, uno dei più importanti membri del Senato. Vincere l ' elezione fu una fortuna per Cesare, perché se non fosse riuscito a prevalere le cose per lui si sarebbero messe molto male e , come disse alla madre che Io baciava mentre stava uscendo per recarsi all'elezione, quel giorno lei o l 'avrebbe visto tornare a casa Pontefice Massimo o non l ' avrebbe visto mai più 1 03 • Ma Catulo se la legò al dito : egli aveva ormai una veneranda età, e l ' idea di essere sconfitto da uno che a suo paragone era un ragazzo lo offe­ se profondamente. In quel frattempo scoppiò lo scandalo di Catilina che, riunite attorno a sé tutte le persone più discutibili di quell ' epoca, sperava di riuscire con un colpo di mano ad impadronirsi del potere . Sallustio ci dipinge l ' ambiente: « . . . A quel momento si disse che Catilina aveva guadagnato a sé l ' ap­ poggio di molti uomini di tutti i ceti e di qualche donna. Queste ultime erano persone che nella loro giovinezza avevano sopperito con la pro­ stituzione alle enormi spese necessarie a condurre una vita di lusso , ma più tardi , quando per la loro età non poterono più esercitare tale pro­ fessione, mentre non volevano porre un limite alle loro spese pazze, con-

1 02 SUET., Ces. • 7 1 . 1 03 SuET., Ces. , 1 3 .

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trassero enormi debiti. Catilina sperò di poter col loro aiuto attirare dalla sua parte gli schiavi della città e con essi mettere Roma a ferro e fuoco . In seguito avrebbe cercato di far aderire alla sua causa i loro marit i , o ucciderli s e n o n vi fosse riuscito . . . » 1 04 • Catulo pensò che quella era u n ' ottima occasione per sbarazzarsi definiti­ vamente di Cesare e si alleò a C . Pisone, u n altro patrizio che detestava il giovane astro nascente almeno quanto lui 1 05 • Uniti da questo loro comune odio , i due cercarono in tutti i modi di persuadere Cicerone a implicare il giovane ed aborrito avversario nella congiura. Ma non c'era nessun elemen­ to che confermasse le loro accuse e Cicerone, il quale aveva già troppa carne sul fuoco , non le volle accettare . È vero che Cesare era molto vicino a Crasso, il quale probabilmente uno zampino i n quel complotto ce lo doveva avere; ed è altrettanto chiaro che egli doveva essere al corrente di moltissime cose . Ma, data l ' accozzaglia di persone implicate nella congiura - schiav i , prostitute e persone di dubbia moralità - le possibilità di riuscita di Catilina erano scarse e Cesare, che lo capiva, se ne era tenuto alla larga. Quindi , non gli si poté muovere nessuna accusa . Catulo e Pisone, però, non demordevano. Non erano riusciti a smuovere il console, è vero , ma non volevano perdere una così meravigliosa occasione di vendicarsi. Decisero perciò di prendere i n mano loro le redini della situa­ zione e far sì che Cesare pagasse il fio di tutti gli smacchi loro inflitti . Quello era il momento buono : tutto il mondo politico era in agitazione ed i delatori intascavano ricchi prem i . Quindi le denunzie fioccavano : alcune vere, altre semplicemente ben congegnate . Cesare era uno dei bersagli più ambit i , e sa­ rebbe stato facile per loro assoldare qualcuno che lo denunziasse. Trovarono la persona che cercavano in u n certo Vettio 106 , una strana fi­ gura nella scena dell'epoca ; un uomo il quale, dietro adeguato compenso, si prestava ad essere manovrato e si metteva a completa disposizione dell'u­ no o dell' altro dei grossi personaggi che dietro le scene tiravano i fili della politica del momento. È evidente che le eminenze grigie del complotto per eliminare Cesare erano Catulo e Pisone, ma non è sicuro, ne è detto che ad essi non si fossero uniti anche altri senatori . Molti avrebbero goduto a met­ ter Cesare nei guai : anche Curione figlio lo accusava in Senato . Per Cesare sarebbe certamente finita male se egli , previdente e probabilmente conscio del tiro che si voleva giocargli , non fosse andato di persona a parlare con Cicerone ed a metterlo in guardia molto tempo prima che gli altri si muoves­ sero. Vettio se la vide brutta: gli fu sequestrata la cauzione, saccheggiata la 1 04 S A L I. . , IDl

Cat. , X X V 3-S .

Cesare lo aveva attaccal o in occasione di un procc"o per eSiorsione inlental ogli dagli Allobrogi. Era u n processo de repetundis nel corso del q uale Pi sone venne d i feso da Cicerone ( C i c. , Pro Fiacco, 39) che lo fece assolvere.

1 06 C 1 c . ,

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A d A li. , I l 24. 1 - 3 .

casa e venne quasi linciato dalla folla nei comizi presso i Rostri . In quanto a Curione dovette rinunciare alla somma di denaro sulla quale, date le sue sempre traballanti condizioni economiche, aveva fatto molto affidamento 1 07 • I nemici di Cesare non avevano vinto, ma erano comunque riusciti a far circolare molte voci sul suo conto, e ad aizzare gli ottimati creandogli contro un'ostilità feroce. Una volta capitò persino che, mentre il giovane uomo po­ litico stava uscendo dal tempio della Concordia, dove si era tenuta una ro­ vente seduta, alcuni cavalieri , lì di guardia, decisero di dargli una salutare lezione e lo circondarono minacciandolo con le spade sguainate 1 08 • M a tut­ to fi nì lì . Forse , come insinua Sallustio, quei bravi giovani volevano soltanto farsi notare dai potenti i n vista di qualche sostanziale ricompensa . Comunque Vettio non scomparve del tutto. Riprese soltanto fiato e, nel 59, durante il consolato di Cesare, riaffiorò di nuovo, sempre per svelare un altro complotto. Pareva proprio che fare il delatore di cospirazioni fosse la missione della sua vita. Questa volta denunziò una congiura per uccidere Pom­ peo alla quale avrebbero partecipato i giovani delle famiglie più in vista di Roma. Egli ne fece una bella lista dichiarando che tra i partecipanti, oltre al giovane Curione, vi era anche Quinto Cepione, ossia Bruto, che veniva così chiamato i n quanto, dopo la morte del padre, era stato adottato dallo zio, fratello della madre. L ' accusa era tra l ' altro verosimile, perché il giova­ ne aveva gravissime ragioni di odio contro Pompeo che, a M odena, gli aveva fatto uccidere il padre. Poi , Vettio aggiungeva che nella trama era implicato anche Lentulo, il figlio del flamine, il quale si sarebbe unito agli altri con il consenso del padre . Infine accusò anche Paolo . Ma con quest ' ultimo Vet­ tio mise il piede in fallo, perché Paolo non era a Roma e , i n quel momento , si trovava in Macedonia. Comunque, continuando imperturbabile il suo rac­ conto, il delatore dichiarò che il console Bibulo, collega di Cesare nel conso­ lato, gli aveva mandato un pugnale con cui uccidere Pompeo . Questo fece ridere tutti : non si capiva che bisogno avesse un console di mandare al con­ giurato un' arma che, dati i tempi che correvano , tutti avevano sempre sotto­ mano . Anche in questo caso Vettio fallì, perché venne subito fuori che Bibulo, già a partire dal 5 maggio precedente, aveva ammonito Pompeo di stare in guardia. Vettio comunque insisteva ed affermava che i congiurati , capeggiati da Pao­ lo, avevano deciso di scendere nel Foro con i gladiatori di Gabinio e qui assa­ lire Pompeo . Curione si precipitò a smentirlo e, siccome sia lui che suo padre avevano già da tempo riferito notizie sul complotto a Cicerone, il Senato cre­ dette loro e di nuovo condannò Vettio al carcere . Quel che è certo è che la lista dei nomi non piacque a ffatto a Cesare , che vi vedeva incluso quello di Bruto , da lui sempre difeso come se fosse stato figlio suo e che forse tale era proprio . Bruto era comunque figlio di Servi lia, 1 o7 Su n . , Ces . • 1 7 . l rnl S A L L . , Cat. , X L I X . 4 .

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la donna che - a detta di Svetonio - Cesare amò più di qualsiasi altra , e si capisce che il console volesse proteggerlo. Così Cesare impedì che si i ncar­ cerasse Vettio e lo portò via con sè. L ' i ndomani , poi , Cesare si presentò con lui e lo pose sulla tribuna in modo tale che l ' altro console , Bibulo, dovette rassegnarsi a restar giù . Qui , con Cesare che badava non lo si i nterrompesse, Vettio recitò la sua lezione; quella che, secondo Cicerone, gli era stata im­ partita da Cesare durante la notte . Quel che è certo è che, per prima cosa, fece scomparire dall'elenco il nome di Bruto : « . . . Prima di tutto non fece neppure il nome di Cepione , così aspramen­ te attaccato in Senat o : era chiaro che c'era stato di mezzo una notte e u n ' i nfluenza notturna; poi fece nomi che in Senato non aveva s fi ora­ to con l ' ombra di un sospetto: Lucio Lucullo, che gli avrebbe mandato spesso come intermediario Caio Fannio, quello stesso che era stato ac­ cusatore di Clodio; e Lucio Domizio, dalla cui casa avrebbero fatto ir­ ruzione i congiurati ; non fece il mio nome, ma accennò ad u n consolare eloquente che abitava vicino al console, il quale avrebbe manifestato la necessità di trovare un Ahala Servilio o un Bruto 1 09• L ' adunanza era già stata sciolta quando egli fu richiamato da Vatinio ed allora aggiun­ se di aver saputo da Curione che Pisone, mio genero , e M arco Lateren­ se erano al corrente di tutto . . . » 1 10 • C ' è pure stato chi ha scritto che dietro a Vettio vi dovevano essere Cesare e Crasso, ma questa non sembra un'ipotesi logica . Infatti , se Cesare avesse partecipato alla stesura della prima lista di nomi presentata da Vettio, non vi avrebbe mai fatto includere il nome di Bruto 1 1 1 • È invece chiaro che la se­ conda era quella da lui rimaneggiata per proteggere i l giovane, e sempre a lui dovrebbe ascriversi l ' insinuazione sul « consolare eloquente» , inserita per minacciare Cicerone . Se si deve dar retta a Dione 1 1 2 , la macchinazione e la denunzia dell'ipote1 09 Cosa che Cicerone regolarmente faceva . 1 1 0 C l c . , Ad A tt 1 1 . 24 . 4 . 1 1 1 Questa teoria è ventilata d a Dione. 1 1 2 Secondo Dione la congiura aveva una base di realtà c partiva da Cicerone e Lucullo, i quali , preoc­ . •

cupati dalla crescente potenza di Cesare, Pompeo e Crasso che avevano appena finito di legarsi con vin­ coli di parentela (Dio, X X X V I I I .9.2), volevano spavenlare Pompeo e fagli sciogliere il suo accordo con gli altri. (DIO, X X X V I I I . I O . l) Gli storici moderni vedono la congiura sotto u n ' al t ra luce. Uno degli ulti­ mi ad occuparsenc è il Christopherson (cfr. A . J . CHRISTOPHERSON, /nvidia Ciceronis in Studia Pompeiana Classica in Honor of Wilhelmina Jashemski, New York 1 990, pp. 45-48) . Il Cris10pherson discute tutta le varie ipotesi fatte su questa storia e le analizza acutamente. La lista dei congiurati è studiata attenta­ mente anche da Seager (cfr . R. SEAG E R , Clodius, Pompeius and the Exile of Cicero i n Latomus 24 ( 1 965 ), pp. 5 1 9-53 1 ) e da altri storici, che ne l raggono importanti conclusion i . Essi ritengono che l ' affare Vettius sia tutta una montatura e fanno notare che i nomi della lista appartengono a gente con forti ragioni di odio verso Pompeo. Tra i nomi dei congi urati viene i n fatti i nserilo anche quello di Bruto a cui Pompeo nel 5 7 aveva ucciso i l padre a M u l i n a e che quindi non doveva nulrire soverchia tenerezza per il Magno. Secondo Seager quella lista, per le persone che vi sono state incluse, sembrerebbe esser stata opera di Curione e di Clodio. R iconosce che q u esto non può essere provato, ma fa notare che le persone elencate sono o nemici personali dei due o uomini che possono provocare reazioni utili per il raggiungimento dei

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tica congiura fatta fare da Vettio era stata architettata proprio da Cicerone che si era accordato con Lucullo . I due si erano molto spaventati per gli im­ parentamenti dei t riumviri e, i n un primo momento, avrebbero addirittura complottato per far uccidere sia Cesare che Pompeo . Ma il complotto venne sventato, perché Vettio, che evidentemente, aveva l ' anima del delatore , li de­ nunziò tutti e due. Egli non fu completamente creduto, ma, a partire da quel momento, sia Cesare che Pompeo cominciarono ad aver molti dubbi su quel che effettivamente stava combinando Cicerone e cercarono di neutralizzar lo . Non era facile, ma i due ci si misero di impegno . Cicerone, invece , non si rese conto del pericolo , e , troppo sicuro di sé, riuscì a mettersi in una situa­ zione ancor più spinosa. I n fatt i , i n occasione del processo a Gaio Antonio, detto anche il Bastardo, personaggio estremamente discutibile 1 1 3 , si scontrò violentemente e pubblicamente con Cesare . Cicerone patrocinava il suo ex collega 1 14 e Cesare, che era console , pre­ siedeva la seduta. L 'oratore, trascinato dall 'enfasi e dalla foga dell ' arringa, attaccò violentemente il console che egli riteneva responsabile dell' incrimi­ nazione. Cesare, invece, non c'era entrato per niente. Perciò l ' insolenza di Cicerone Io offese, ma, com'era suo costume, si dominò 1 u : « . . . Cesare era naturalmente indignato, ma, nonostante che in quel mo­ mento egli fosse il console, si rifiutò di ricambiare gli insulti di Cicero­ ne o di agire contro di lui . Egli disse che la maggior parte degli uomini cerca di offen·dere i propri superiori nella speranza che, trascinandoli in una discussione, facendo perdere loro le staffe e spingendoli a pro­ nunciare basse contumelie, si possa riuscire a farli scendere al proprio livello . Lui, Cesare , non giudicava opportuno rivaleggiare a quel modo con nessuno. Questo - aggiunge Dione - fu sempre il suo atteggia­ mento con coloro che in qualsiasi modo lo insultassero . Anche allora vedendo che, per sembrare un suo pari , Cicerone non tanto era deside­ roso di insultarlo, quanto di essere da lui insultato, egli non prestò orec­ chio a coloro che gli ripetevano quanto gli veniva detto, ed ignorò l ' episodio. Si lasciò coprire di insulti senza fine, proprio come se invece

loro fini politici . Capolista è i n fatti Cicerone: per lui lo scopo d i C u rione e di Clodio sarebbe stato quello d i persuadere Pom peo che l 'oratore volesse ucciderlo e cosi spingerlo ad abbandonare il facondo Arpina­ te al proprio destino. Quello che è certo è che lo scandalo provocato dalla rivelazione della congiura di Vettius fece riconquistare a Pompeo la popolarità perd u1a e Pom peo si decise ad abbandonare Cicerone. Sembra però che l ' i potesi di Dione sia molto piil verosimile di quella del Seager . Anche se nella lista c ' era­ no nomi di nemici sia di Curione che d i Clodio, questo non spieg• come mai nella prima lista Curione sia presentato addirittura come capo della congiura (C IC. , A d A tt . • I l . X X I V . 2 ) ed il nome di Cicerone non vi sia incluso. L ' accusa all"ora10re, che i l Seager adduce come prova . non compare nella prima lis1a. ma i n quella che Cesare mette in bocca a Vettio durante la notte.

1 1 1 Su di l u i avremmo poi occasione di tornare nel corso del capitolo « Fadia ed Antonia)) nel quale verrà piil ampiamente illustrata la sua non brillante parte nella storia del tempo. 1 14 Ctc., A d A tt . • 1 . 1 2 . 2 . Cicerone diceva di non volersene occupare perché non voleva perdere la st i ­ m a d e l l a gente p e r bene. t iS

D1o, X X X V I I I . l l . l -6 .

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si trattasse di lodi , ma non è che dimenticasse l ' ingiuria. Infatti - sem­ pre secondo Dione - anche se Cesare, che per natura era cortese, non si i rritava facilmente, finiva però spesso col vendicarsi di moltissima gen­ te. Dato però che i suoi i nteressi erano tanto numerosi , egli preferiva sempre agire senza soggiacere all ' ira e quindi non colpiva subito . Cesa­ re non si lasciava mai trascinare dall ' odio ed attendeva con calma che gli si presentasse una buona occasione per far pagare i l fio ai suoi nemi­ ci. La sua vendetta perseguitava la maggioranza di essi senza che questi se ne rendessero conto. Infatti , egli riusciva a dar l'impressione di non esser mai lui a colpirli e manovrava le cose i n modo tale da raggiungere il suo scopo , senza che per questo glie ne venisse odio . . . » . In questo caso, però, contrariamente a quello che dice Dione, Cesare, chiusa la discussione del caso , non stette a perdere tempo, e tra lui e Pompeo decise­ ro che era meglio mettere subito a posto l ' importuno. Così , soltanto 3 ore dopo questa scena, i due avevano già fatto diventare Clodio plebeo e gli ave­ vano aperto la via al tribunato 1 1 6 • Cesare, poi , quando Clodio stava per en­ trare in carica, fece persino il bel gesto di offrire a Cicerone di venire come legato in Gallia, dove l ' oratore avrebbe potuto rifugiarsi al sicuro presso di lui . Fu un'offerta generosa . Si può soltanto insinuare che Cesare avanzasse una tal proposta sapendo bene che non sarebbe mai stata accettata. Era chia­ ro che Cicerone , sicuro di essere adorato e venerato d a tutti , non si sarebbe reso conto del pericolo fino a che non sarebbe stato troppo tardi . Così infatti fu e Cicerone, che credeva di essere forte e sicuro, scontò con l ' esilio e con la distruzione delle sue case, le ingiurie che aveva scagliato contro il console e tutti i suoi maneggi . Ma sulle ipotetiche vendette di Cesare, che non trovano riscontro nella realtà storica, c ' è soltanto questa affermazione di Dione, che poi , come tutti gli al­ tri storici , concorda nel riconoscere che Cesare uccise o fece uccidere soltan­ to pochissimi fra i suoi nemici e graziò invece moltissimi tra coloro che lo avevano combattuto. Del resto , se così non fosse stato, Cicerone non avreb­ be avuto mai l ' opportunità di finire sulle liste di prescrizione di Antonio e la sua vita si sarebbe chiusa molto, ma molto prima che i l suo ex cliente, Lae­ nas , lo raggiungesse e gli spiccasse la testa dal busto 1 1 7 • Intanto col passare del tempo , Cesare, senza mai perdere la calma ed il sangue freddo, diveniva sempre più i mportante e ; nel 5 8 , deposto il consola­ to, d ' accordo con Crasso e Pompeo assunse il governo della Gallia Chioma­ ta ed il comando di un adeguato numero di legioni . Finalmente egli era al posto giusto e nel momento giusto . Lì c' era da fare la guerra, ed egli la sape­ va fare meglio di chiunque altro : non era la prima volta che vi partecipava. Giovanissimo aveva militato con Termo in Asia. Poi era stato agli ordini di Isaurico . I n fine, come comandante, si era coperto di gloria in Spagna. 1 1 6 R . SEAGE R , art. 1 1 7 Per la morte d i 48

cii. ,

p.

5 1 9.

Cicerone vedi nel ca pi tol o « A nl o n i o ,) .

Alla guerra, del resto , Cesare era stato preparato fin da fanciullo e la sua educazione non si era limitata agli studi letterari . Come tutti i giovani roma­ ni di nobile origine, che prima o poi avrebbero dovuto guidare le legioni , egli era stato addest rato nelle arti marziali , e sappiamo che, quando nel 75 a . C . e r a stato catturato d a i pirat i , per n o n restare inattivo e n o n perdere l' eserci­ zio durante la sua prigionia, egli lottava quotidianamente con questi fuori­ legge e così si manteneva in forma . Ovviamente aveva imparato ad andare a cavallo e amava lanciarsi al ga­ loppo tenendo le braccia dietro alla schiena " ' · Cavalcava quindi come un centauro e montava sempre uno specialissimo destriero che aveva lo zoccolo fesso e che non tollerava altro cavaliere che lui 1 1 9 • Fin da fanciullo aveva ap­ preso a stare in sella per ore e ore, così che la sua fibra addestrata gli permet­ teva imprese che per altri erano impossibili , mentre lui , abituato ad una dura disciplina, era incurante di qualsiasi fatica . Inoltre non aveva mai bisogno di molte comodità; quando occorreva si coricava sulla nuda terra e gli basta­ va poco sonno per riposarsi . A questo modo riusciva a compiere rapidamen­ te notevoli tratti di cammino ed a viaggiare con grande rapidità, cosa che gli permetteva di essere sempre presente, dove vi fosse bisogno, e di non trascu­ rare niente di quello che potesse garantirgli il successo . In tempi nei quali si viaggiava in carrozze (figg . 8 e 8 bis) che molto veloci non erano mai , egli riusciva a compiere fino a cento miglia al giorno e, quin­ di, spesso giungeva prima dei messaggeri che erano stati mandati per annun­ ciare il suo arrivo 1 20 • Per poter tenere quelle medie durante i suoi spostament i , egli si era organizzato i n modo da non fermarsi mai . Viaggiava notte e giorno, dormendo nel suo veicolo , che, come tutti i veicoli di quel tempo , sobbalzava continuamente sui grandi basoli delle strade consolari ro­ mane . Ma né questo, né la durezza della panca sulla quale doveva accocco­ larsi , sembravano disturbarlo un gran che. Neanche gli ostacoli riuscivano ad arrestarlo , dato che passava a nuoto o su otri gonfiati tutti i fiumi che sbarravano il suo cammino. Tanto non doveva mai preoccuparsi dei bagagli : per viaggiare leggero ed essere più libero e rapido egli non ne portava mai appresso 1 2 1 • Con tutte queste doti e la sua grandissima intelligenza, egli fu certamente uno dei più grandi condottieri della storia e fu veramente unico nell' organiz­ zare l ' esercito e legare a sé i propri uomini con il fascino particolare e cari­ smatico che emanava da lui: un fascino che gli permetteva di dominare tutti ed ogni cosa. Con la sua convincente oratoria, egli sapeva trascinare i suoi soldati alla vittoria e, con la sua costante presenza , dava loro la certezza del successo. l suoi legionari si sarebbero buttati nel fuoco per lui e, in varie oc­ casion i , lo fecero davvero . Vi saranno anche state ragioni pratiche in questa loro dedizione, e molti storici hanno elencato tutte le pressioni morali ed eco1 18 1 19 1 20 121

PLUT. , Ces. , X V I I . SuET. , Ces. , 6 1. SuET. , Ces. . 5 7 . SUET. , ibid . .

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nomiche che avrebbero potuto e dovuto i n fluire su di essi , ma ricordiamoci che; una volta, egli riuscì a domare una rivolta dei suoi legionari soltanto col chiamarli «Quiriti» (l'equivalente del nostro « borghesi » ) . La vergogna di sentirsi così definire ed il dolore di vedersi da lui respinti furono tali che essi tornarono immediatamente nei ranghi e si proclamarono soldati giuran­ do di seguirlo . E lo seguirono i n Africa anche se, per punirli della loro insu­ bordinazione, egli multò i loro capi togliendo loro la terza parte del bottino e delle terre che si dovevano assegnare 122 • Questo straordinario ascendente che Cesare aveva sui soldati era anche do­ vuto al fatto che egli non faceva il generale a tavolino, ma condivideva con loro fatiche, pericoli e privazion i . Tra l ' altro con lui si sentivano sicuri , per­ ché sapevano quanto egli tenesse ad ognuno di loro . Lo avevano visto con i capelli e la barba lunghi in segno di lutto come se gli fossero morti dei figli quando il suo luogotenente Titurio era caduto in un'imboscata tesagli da Am­ biorige ed era stato fatto a pezzi con tutti i suoi 1 23 • Quando c ' era Cesare al comando queste cose , invece , non succedevano mai : da buon generale, egli non metteva mai a repentaglio la vita dei suoi soldati, ed evitava i pericoli che potevano insidiare la loro marcia e le loro avanzate. I n fatt i , non li faceva mai muovere se, prima, non aveva fatto ben esaminare i luoghi e le vie che avrebbero dovuto seguire 1 24 • Scopriva così , sempre e con buon anticipo, se erano state organizzate imboscate o tesi tranelli e provvedeva immediatamente ad eliminarli . Inoltre i legionari sapevano bene che nei momenti più pericolosi se lo sa­ rebbero trovato vicin o : anche se avesse dovuto accorrere da lontano ed at­ traversare mille pericoli sarebbe sempre arrivato in tempo . Racconta Svetonio che u n giorno, avendo appreso che un suo accampamento i n Germania era stato cinto di assedio ed era completamente accerchiato dai nemici così che era impossibile raggiu ngerlo , egli si travestì con un abito gallico e, aiutato dalla sua solita audacia e dal suo indubbio sangue freddo, attraversò la rete delle sentinelle nemiche come se non esistessero m . Combattere con l u i era poi guerreggiare con la sicurezza di vincere . Uno dei segreti dei suoi successi era racchiuso nella rapidità degli spostamenti e nel fatto che a questa si aggiungeva la fulmineità dell'attacco . I niziava a com­ battere appena gli se ne offriva l ' occasione; spesso addirittura subito dopo la marcia, o anche con tempo cattivo. Così coglieva all' improvviso il nemico e, prima che questi potesse rendersene conto, lo aveva già sbaragliato. Du­ rante lo scontro , egli combatteva sempre in prima linea, fianco a fianco con i suoi legionari e, se ad un certo punto l ' esito della battaglia gli pareva i ncer­ to, dava immediatamente l ' ordine di allontanare tutti i cavalli, facendo par1 22 S u H . , Ces. , 10 .

1 21 Su ET . , Ces. , 67 . 1 24 S u E T . , Ces. , 5 8 . I 2 S SU ET . , ibid. .

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Fig. 8 - Carrozza anlica romana (Carpentum) 1raina1a da due mule. Queslo lussuoso veicolo è orna1o d i scuhure e bronzi . Probabilmenle i veicoli usali per viaggi e, sopranuno, per 1rasferimemi veloci come quelli messi in ano da Giulio Cesare, saranno slali più leggeri, meno decorali e probabilmeme più scomodi.

Fig. Sbis - Altro esempio di carror.za romana. La rapprescnlazionc si t rova dietro ad un seslcnio orkalco (28,03 g) di L i via, conialO dalla zecca di Roma negli anni 22·24 d . C . .

tire i l suo per primo, in modo che non vi fosse possibilità di fuga per nessu­ no 1 26 • Se poi vedeva che l ' esercito stava cedendo, fermava personalmente i fuggiaschi afferrandoli per il collo e ricacciandoli verso il nemico . I mpresa non facile dato che si trattava quasi sempre di gente che aveva perso la testa ed era folle di paura. Una volta infatti u n aquil i fero , accecato dal terrore, per liberarsi lo m inacciò con l ' asta; u n ' altro poi fu ancora più rapido e , ap­ pena Cesare lo fronteggiò, gli pose l ' insegna nelle mani e fuggì !asciandolo lì a custodirla 1 27 • M a questi furono casi sporadici . Normalmente tutti torna­ vano alla mischia con rinnovato ardore. Quando non c' era da combattere però Cesare rilasciava la disciplina, che i n tempo di guerra teneva strettissi­ ma, e lasciava che i soldati si divertissero e si s frenassero . «Tanto - diceva - anche profumati i miei soldati sanno combattere meglio di qualsiasi altro» 1 28 • Quind i , da tutti questi racconti ed aneddoti , dei quali naturalmente sol­ tanto pochi ed i più indicativi vengono qui riportati, abbiamo u n ' idea di che genere di uomo fosse questo straordinario personaggio : un uomo affascinante ed eccezionale che primeggiava sia nel campo intellettuale che in quello atle­ tico , un uomo dotato di u n ' acutissima intelligenza, un condottiero forte co­ raggioso e, sempre e dappertutto, u n cap o . M a è anche interessante vedere come egli fosse fisicamente . Naturalmente tutti gli storici lo descrivono come un' bell 'uomo. Per Velleio Patercolo era addirittura bellissimo e «superava in bellezza tutti i suoi concittadini . . . ». Dato che Velleio lo proclama anche discendente di Venere ed Anchise, era il meno che Cesare potesse fare 1 29 • Svetonio così lo descrive 1 30 • « . . . Si dice che fosse di altissima statura, che avesse una carnagione bian­ ca, u n bel personale, un viso pieno, occhi neri vivacissimi e che fosse dotato di forte costituzione . Nei suoi ultimi anni soffrì però di improv­ visi svenimenti e di incubi notturni ed ebbe anche due attacchi di epiles­ sia che lo colpirono mentre attendeva al disbrigo dei suoi affar i . Nella cura del corpo era fin troppo meticoloso , e non soltanto si faceva ta­ gliare i capelli e radere alla perfezione, ma si faceva anche depilare, co­ sa che gli fu rimproverata. Non si rassegnò mai alla sua calvizie, anche perché essa offriva ai suoi avversari la possibilità di deriderlo . Perciò usava petti narsi riportando i capelli sulla testa e, fra tutti gli onori che gli furono conferiti dal Senato e dal popolo , non ne ricevette nessuno che gradì più del diritto di portare sempre la corona di alloro . Dicono che era anche molto ricercato nel vestire. U sava infatti i l laticlavio con frange lunghe fino alle mani e si cingeva sempre in alto, sopra la vita e con una cintura assai lenta. Da questo il detto di Silla che ammoniva di guardarsi da quel ragazzo mal cinto . . » . .

1 26 Su ET .• 1 27 Su ET . ,

Ces. , 60 .

Ces. , 62. 1 28 Su ET . , Ces. , 67 . 1 29

1 30

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VEI.I.

Xll . l .

Su ET . ,

Ces. , 4 5 .

Fig . 9 - Cesare della Ny Carlsberg Glyptoteque. Ritrauo probabilmente non molto fedele (vedi la folta capigliatura d i un Cesare che, come tuili sanno anche troppo bene. era calvo ) . L ' opera è, comunque, mollo i nteressante. Se non ahro dà u n ' idea di come, i n provincia e dopo la sua mone, ci si immaginava il grande condou iero e, tuuo sommato, con il suo aspeuo simile a quello di u n uccello da preda, risponde meglio al personaggio che troviamo nella storia.

Oltre le descrizioni degli storici , abbiamo poi di Cesare una vasta collezio­ ne di ritratti, in quanto la sua iconografia è ricchissima . Non tutti si rassomi­ gliano ed alcuni evidentemente furono fatti dopo la sua morte, basandosi su sembianze immaginarie e non molto fedeli . A questo tipo di Cesare appar­ tengono, ad esempio, il ritratto della Ny-Carlsberg Glyptotech di Copenha­ gen ( fig. 9) e quello che si trova a Roma nel Museo Nuovo . Molto simile a questi è anche quello della collezione della contessa di Luxburg . I ritratti di questo gruppo rappresentano un uomo con un viso indubbiamente attraen­ te, ma probabilmente non molto somigliante al condottiero . È un volto dagli zigomi alti e molto pronunciat i , sottolineati in basso da u n ' ombra profonda. 53

La fronte è alta e spaziosa e gli occhi gri fagni . La bocca, larga e sottile, è durissima, sottolineata com ' è da pieghe profonde poste due da ogni lato. l'o­ recchio, tondo, è completamente privo di lobo . I n fine la capigliatura, foltis­ sima, è acconciata alla foggia augustea. Vi è poi i l classico e riprodottissimo ritratto (fig. 7) del palazzo dei Conser­ vatori di Roma e quello del camposanto di Pisa. Questi sono probabilmente i più somiglianti . I l volto ha un'espressione calma e decisa, gli zigomi sono alti , ma meno sporgenti di quelli dei ritratti precedentemente citat i , e le pie­ ghe ai lati della bocca, che diventano una sola per parte, tolgono quel tanto di ferino che c'era negli altri . Gli occhi , freddi e sicuri , contribuiscono a pre­ sentarci un uomo più disteso , ma sempre padrone della situazione qualsiasi essa fosse. I l viso è quello di un dominatore. Le orecchie, stavolta, sono ova­ li e possiedono u n lobo ed i capelli molto indietro sulla fronte sono più simili a quella che doveva essere la realtà. Indubbiamente però , per per fetti che siano , questi ritratti non ci possono far vedere che u n aspetto molto esteriore di un uomo così mobile e rapido . Sono sempre ritratti di maniera nei quali si tiene a presentarlo come un eroe i n tutta la sua maestà, e nei quali si fa presentire la sua ascesa allo stato divi­ no: i l genere di statua, insomma, che dovette enormemente piacere al suo suc­ cessore, al dignitoso Augusto, preoccupato dell 'impressione da fare sul popolo . Con questi ritratti egli certamente raggiunse il suo scopo . Ma sono statue che non riusciranno mai a rispondere appieno alla figura di Cesare come esso ci appare dai suoi scritti e attraverso alla storia. I n questi ritratti dignitosi non c ' è i n fatti neanche un barlume di quel Cesa­ re sarcastico che faceva raccolta di battute di spirito. Né, guardandoli , si può immaginare l ' uomo politico che si destreggiava tra mille intrigh i , o quel Ce­ sare spericolato che si travestiva da Gallo per raggiungere i suoi soldati asse­ diati, o il giovane pretore che, nella sua lettiga circondata da littori , si divertiva a trasportare , sotto il naso di tutti , il cliente minacciato verso la libertà . Quelle statue non rappresentano il Cesare , che senza perdere un attimo di tempo, si gettava nel porto di Alessandria reggendo la sua purpurea clamide fra i dent i , o che attraversava su otri gonfi di aria i fiumi turbinosi . Un Cesa­ re insomma che l ' iconografia u fficiale non poteva mai ardire di farci cono­ scere . Un avventuriero affascinante che amava il rischio, il pericolo e che, forse per questo, si fece amare da tante donne. Il personaggio di queste sta­ tue è soltanto l'ombra, l'involucro esterno e formale dell 'uomo che tante aman­ ti ebbe e da tante donne venne adorato e che non le tradì mai , perché mai nessuno aveva in vita sua tradito.

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CORNELIA

Amori nella vita di Cesare ce ne furono molt i . Abbiamo mille notizie sul­ l 'argomento . Anche dopo tanti secoli non c'è il minimo dubbio: a Cesare il sesso debole piaceva e molto, e le sue graziose rappresentanti lo ricambiava­ no con lo stesso trasporto. Perciò sia dentro che fuori dal matrimonio ebbe moltissime donne e con tutte si comportò bene, anche se non perse mai la testa per nessuna di loro . Non era certo uomo da farsi dominare dalle passio­ ni e dai sentimenti; così non fu mai schiavo di una donna. I l padrone fu sem­ pre lui e, non perdendo mai il controllo della situazione, ebbe quattro mogli ed innumerevoli amanti. Quattro mogli possono davvero sembrare un po' tante, ma in realtà in questo non c'era niente di strano : come si è detto nei capitoli precedenti , tutti gli uomini dell' epoça, se non morivano in fasce, finivano con lo sposare molte donne. Alla fine della repubblica, il rilassamento dei costumi ed il di ffonder­ si del matrimonio non iustus rendeva molto facile cambiar consorte dato che era semplicissimo sciogliersi dal vincolo m. Si divorziava per le più varie ra­ gioni come quella, ad esempio, di ripudiare una moglie sterile 1 3 2 , o di libe­ rarsi di un legame scomodo , o anche per sgombrare il terreno e prepararsi ad un' unione più piacevole con una sposa più giovane. Però , come spesso avviene, la ragione principale di molti divorzi era quella di poter contrarre un matrimonio più vantaggioso con una fanciulla di nobile stirpe che, nata da una potente famiglia, potesse favorire le finanze e la carriera del novello sposo . I n fine, ad aumentare il numero delle legittime consorti contribuivano le frequenti vedovanze: bisogna infatti tener conto che fino a poche decine d'anni fa, prima dell ' avvento degli antibiotici , si moriva facilmente. È vero che an­ ticamente le malattie erano le stesse di oggigiorno ; soltanto che allora non si potevano curare in modo efficace. A tutti questi guai le donne aggiungeva­ no poi le loro gravidanze . Molte furono le puerpere che morirono dando alla luce un figlio e, spesso , perirono assieme al neonato al momento del parto . D ' altra parte quello che oggi si risolve con un cesareo voleva a quei tempi I l i Vedi i l capitolo l

1 32

Il

divorzio nel mondo romano

Ad esempio il di vorzio di Bruto da Claudia. Cfr. infru capitolo Porcia.

55

dire morte certa per la madre e comunque, anche quando tutto andava bene, le febbri puerperali facevano strage . La frase « fi nché morte non ci divida» a quei tempi non faceva parte del rito matrimoniale: non avrebbe certamente sign i ficato molto tempo . Così , l ' avere molte mogli fu per Cesare un fatto del tutto normale. La prima fu Cossuzia e di essa si sa pochissimo. Svetonio m ci dice che era di una famiglia semplicemente equestre, ma che era molto ricca . Non era un cattivo matrimonio insomma, né avrebbe potuto esserlo i n quanto si t rat­ tava chiaramente di un contratto combinato tra due fanciulli . Con Cossuzia, Cesare venne fidanzato prima ancora di compiere i sedici anni : i n fatti , come ci informa Svetonio 1 34, indossava ancora la toga pretesta dei fanciull i . Evi­ dentemente né lui, né la giovane moglie, ebbero molta voce in capitolo in queste nozze , se pure a nozze vere e proprie si arrivò. Perciò nessuno dei due dovette avere il cuore spezzato quando il matrimonio fu disciolto . D ' altra parte, quando lo sposo era ancora fanciullo, nessuno poteva im­ maginare le sue mire o la sua carriera politica ed è presumibile che il padre, ancora vivo, cercasse per i l figlio soltanto quella tranquillità economica che tutti i genitori sognano per la loro prole. Ma, morto i l padre quando il futu­ ro dittatore aveva appena compiuto sedici anni m, Cesare divenne indipen­ dente, e fu inevitabile che egli progettasse per sé stesso un matrimonio più consono ai suoi desideri . Così , nel l ' 84 a . C . , ancor giovanissimo , sposò Cor­ nelia n6 che probabilmente gli piaceva e per giunta era figlia di Cinna. Questo uomo politico era in quel momento al culmine della sua carriera. Nelle guerre sociali aveva combattuto al fianco di Mario cui era fedelissimo. All'epoca del matrimonio di sua figlia era console e lo fu dall'87 all ' 84 a . C . . I n tutti quegli anni , mentre Silla gestiva i n Asia la guerra mitridatica m , egli si era praticamente impadronito del potere ed era persino riuscito a dare un governo stabile e prospero a Roma. Il matrimonio di sua figlia con il nipote di Mario era quindi logico: scritto i n cielo per così dire. Per Cesare , era van­ taggioso legarsi con una potente famiglia dello stesso suo partito, e , per Cin­ na, era gradito trovarsi u n genero della famiglia di Mario . Cosa ci poteva esser di meglio? Era il solito matrimonio combinato , è vero , ma spesso i matrimoni combi­ nati non vanno poi tanto male ed hanno addirittura buon esito . Gli sposi ebl ll Su ET . • Ces. , l l l4 SUET .. ibid. l l l SUET .. ibid.

1 36 SuET . . ibid.. Non si sa bene quando Cesare sia nato e la discussione resta aperta fra i l 1 02 ed i l 100 a . C . . Cinna fu console ini nterrottamente fra 1 ' 87 e 1'84. Se Cesare fosse nato nel 1 00 egli avrebbe avuto 13 anni nell'87 e avrebbe appena compiuto i 16 anni nell'84. Anche ammettendo che a quell' epoca uomini e donne maturassero prima sembra di fficile che Cesare potesse sposarsi prima dei 16 anni, età che poi la Lex Ju/ia fissò come e1à minima per i l matrimonio per gli uomi n i . Ma sappiamo che al ritorno di Silla nell'84 egli non soltanto era sposato, ma aveva anche una figlia. Quindi , anche per questo, è probabile fosse nato nel 1 02 .

1 37 56

Tale guerra e b b e inizio n e l 87 a . C . .

bero quasi subito una figlia m, Giulia, che Cesare amò sempre teneramente e , sia perché questa nascita fi niva di cementare la loro unione, sia perché , indipendentemente da tutto il resto, essi si trovavano bene assieme, tutto an­ dò nel migliore dei modi . La felicità dei due giovani sposi ebbe, però , vita breve: vennero quasi subi­ to tempi di fficili e , nell'84, essi si trovarono a dovere attraversare un periodo molto burrascoso . I l suocero morì lapidato dai suoi stessi soldati mentre sta­ va per imbarcarsi per l'Oriente e mettersi a capo di un esercito che aveva rac­ colto assieme con Carbone . Cinna, infatti, si era deciso ad esautorare Silla ed a prendere nelle sue mani la guerra mitridatica, ma le sue truppe si rifiuta­ rono di combattere contro il popolare condottiero e, quando egli cercò di for­ zarli a seguirlo, non soltanto si rifiutarono di obbedirgli , ma addirittura lo uccisero1 39 • Dopo ciò non passò molto tempo prima che Silla tornasse a Ro­ ma pieno di propositi di vendetta. Subito dopo furono affisse le terribili liste di proscrizione, ed in una di queste si leggeva pure il nome del giovanissimo Cesare . Velleio Patercolo sostiene che questa inclusione del ragazzo nell' elenco di coloro che bisognava uccidere fu dovuta più ai ti rapiedi di Silla che ad un ordine preciso dello stesso dittatore '40• Infatti , anche se è probabile che Ce­ sare e Silla si conoscessero , non dovevano certamente essere tanto intimi da desiderare di ammazzarsi e neanche avere tanti contatti quanti ne farebbe sup­ porre il raccontino che Plutarco inserisce nella sua vita di Silla. Secondo Plu­ tarco , nel corso di un' animata conversazione nella quale i due si erano scontrati , il giovane Cesare avrebbe ribattuto un'affermazione di Silla con una frecciata estremamente sarcastica 1 4 1 • Lo storico racconta infatti che, es­ sendo Silla pretore , egli , irato contro Cesare, lo minacciò di far uso contro di lui dei propri poteri . Al che questi gli avrebbe risposto che faceva benissi­ mo a chiamare suoi i poteri , dato che li aveva comprati. Una storiella piace­ volissima ed una battuta degna dell' umorismo del futuro condottiero . L' unico guaio è che, come gli accadeva spesso , Plutarco non aveva fatto caso alle da­ te. I n fatti, dato che Si Ila fu pretore nel 97, se ciò fosse veramente accaduto, saremmo costretti ad ammettere che il piccolo Cesare dovesse essere eccezio­ nalmente precoce per un bambino di 5 anni . Tra l ' altro si desiderebbe sapere cosa mai Cesare avesse potuto fare a Silla per irritarlo tanto 142 • I n fine, non si può neanche fare a meno di chiedersi quale punizione Silla contasse di in­ fliggerli . Data la sua età , l ' unica era sculacciarlo.

1 3' SuET ibid. . 1 39 A . K E A \T S E Y , Si/la, :vl i lano 1 98 5 , pag . 1 2 5 . 1 40 V E L L . , I l , 2. 1 4 1 PLUT . , Si/la, V . 1 42 Plutarco, o t rascura qui quei part icolari per lui d i poco cont o , ..

quali ad esempio, le datazion i , o con­ fonde la carica della quale ad una data epoca una cena persona era i n signita ( P il 'T . , ibid. ) .

57

Comunque, quando Silla tornò a Roma dopo la morte di Cinna, Cesare, anche se non aveva ancora 20 anni, era ormai cresciuto, ma era sempre gio­ vanissimo e , soprattutto, non aveva ancora nessun peso politico . Quindi , se egli non avesse sposato una delle figlie di Cinna, niente Io avrebbe qual i fica­ to per il dubbio onore di essere incluso nell' elenco delle persone da elimina­ re, tra le quali Silla, che indubbiamente aveva u n carattere crudele e vendicativo , aveva fatto i ncludere tutti coloro che si erano i mparentati con il nemico morto, promettendo però di salvare quelli che si fossero affrettati a troncare tali legami ripudiando le infelici consort i . C o n qualcuno la mossa d e l dittatore ebbe pure successo : M arco Pupio Pi­ sone, ad esempio, u n patrizio che aveva sposato la vedova del defunto uomo politico, si affrettò a liberarsene 143 • Dopo di che, nettato da ogni macchia, si precipitò ai piedi di Silla ed entrò a bandiere spiegate nel campo avverso . Non ci sarebbe stato niente di strano se anche Cesare lo avesse imitato e, cac­ ciando da casa sua Cornelia con la piccola figlia in braccio 1 44 , si fosse preoc­ cupato di scindere completamente le sue sorti da quelle del suocero . M olti , al suo posto, lo avrebbero fatto senza perdere un minuto e si sarebbero appi­ gliati alla prima scusa che si fosse loro presentata per liberarsi da un legame divenuto non soltanto scomodo, ma addirittura pericoloso . Oltre tutto Cesa­ re, come nipote di Mario, aveva già le sue preoccupazioni e non era certa­ mente desiderabile aggiungere altri guai alla sua precaria situazione. Cesare però non era affatto disposto ad abbandonare la moglie nel mo­ mento stesso i n cui questa veniva a trovarsi in di fficoltà. I noltre Silla non era mai stato il suo ideale di uomo politico . Fu quindi con molto accani men­ to che si rifiutò di ripudiare Cornelia. Egli non cedette né alle minacce, né alle lusinghe che gli vennero rivolte dal dittatore, e questi non poté far altro che vendicarsi di lui confiscando la dote di Cornelia 14s e privandolo della ca­ rica di Flamine Diale 1 46• Ma ciò non sembrò affatto scuotere l 'ostinato sposo che si mantenne imperterrito nella sua decisione . Evidentemente egli non era disposto a distruggere la vita di sua moglie e di sua figlia tanto per compiace­ re Silla. È naturale che questa sua determinazione contrariasse il dittatore : da quel momento in poi la vita di Cesare fu in pericolo. Non fu più possibile per lui stare a Roma; egli dovette allontanarsi in gran fretta da questa città e na­ scondersi in campagna nel tentativo di far perdere le sue tracce . Costretto ormai alla grama esistenza del fuggiasco , egli si spostò continuamente per tutta la Sabina passando da un nascondiglip all ' altro , ma riuscire a salvarsi 14 3 A. KEAVENEY, op. cit. , pag . 1 5 5 . 1 44 Questo è soltanto un modo d i dire, perché nel mondo romano, quasi sempre i figli, i n caso d i divor· zio. restavano nella casa paterna. 14S SUET. , ibid.; P t.UT. , Ces. , l ) . 1 46 S U E T. . ibid. . Bisogna anche tener presente c h e il flamine diale non poteva m a i e per nessuna ragione divorziare (Auw G t; 1 uo. Noctes, X. 1 5 ) . Chiaramente, dopo esser stato privato di tale carica, Cesare era l i bero di farlo.

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diveniva sempre più problematico, e fu soltanto per merito dell ' incredibile fortuna che allora lo protesse, se egli poté scamparla. Una volta venne persi­ no sorpreso da un gruppo di soldati che stavano perquisendo la zona . Sem­ brava che per lui fosse ormai fi nita, ma, dato che il mondo è sempre stato quello che è, Cesare pervenne a corrompere il capo del gruppo di uomini man­ dati a ucciderlo 14 7 e riuscì così ad allontanarsi indisturbato. Alla fine Silla desistette dal proposito di elimi nare lo scomodo e riottoso nipote di Mario, ma lo fece soltanto per l ' intercessione delle Vestali e per le suppliche di in fluenti personaggi quali Mamerco Emilio ed Aurelio Cotta, che, parenti ed affini di Cesare, avevano a cuore il suo destino. Fu però mol­ to a mali ncuore che il dittatore lo lasciò andare e, in quell 'occasione, il " feli­ ce" Si Ila non poté fare a meno di osservare che coloro che così si opponevano alla sua uccisione erano davvero degli sciocchi : essi si rifiutavano di aprire gli occhi e non volevano accorgersi di quanti Marii si celassei:o in quel ragaz­ zo . Silla era sicuro che proprio quella grazi a, che egli i n quel momento con­ cedeva tanto controvoglia , si sarebbe dimost rata un tragico errore, e che più tardi essi avrebbero amaramente rimpianto di averla ottenuta 148 • Fu a questo punto che Cesare, salvo ma con la spada di Damocle sempre pendente sul suo capo , pensò bene di levarsi di mezzo e si recò a militare in Asia agli ordini del pretore Marco Termo con il quale era in ottimi rappor­ ti 149 • Dopo la milizia con Termo, Cesare passò in Cilicia con Servilio l sau­ rico ed ivi restò fi no a quando , nel 78 a . C . , la morte di Silla non gli riaprì le porte di Roma I so . Non vi si trattenne però a lungo : infatt i , avendo accu­ sato di concussione Cornelio Dolabella ed essendo questi riuscito a farsi as­ solvere, gli apparve chiaro che era meglio assentarsi di nuovo e, a prudente distanza, attendere che gli odi si placassero 1 s 1 • Decise perciò di ritirarsi a Rodi per studiarvi eloquenza nella scuola di Apol­ lonio, figlio di Molone m, la stessa che fu frequentata anche da Cicerone. Questo tipo di studi era sempre seguito dai giovani di buona famiglia in quanto, quale che fosse la carriera che volevano int raprendere , il saper parlare bene i n pubblico era per loro indispensabi le. Realmente , per i criteri roman i , Ce­ sare non era più tanto giovane. Si era nel 75 a . C . ed egli aveva ormai 27 anni suonati, ma, quando si deve star lontani dalla vita att iva, un corso di perfe­ zionamento fa sempre bene ed aiuta a passare il tempo . 147 1 48 149

I SO

SUET ..

ibid.;

SUET . .

ibid. ; PLUT., ibid. ; D IO , X L V I I . 1 1 . 4 .

P I . U T ..

Sun . .

Ces. . 2 .

Su ET ..

Ces. , 3 .

ibid. .

ISI SuET . . Ces. , 4 . Per Plu tarco i nvece l o scontro con Dolabella avvenne dopo i l ritorno di Cesare da Rodi ( P L U T . , Ces. , 4).

I S2 Su ET .. ibid. . Plutarco i nvece pone questo v i a ggi o di Cesare ed il conseguente suo rap i m e n t o da ar­ p te dei p i rat i , nel periodo durante i l quale per sfu ggi re alla cat t u ra da parte delle bande sillane, egli, d o po esser andato in B i t i n i a dal re Nicomede , ne r i p a rt i facendosi cat t u rare al largo d e l l ' isola di Farmacusa ( Pt.UT . . Ces. , 1 - 1 1 ) . Poi , p ri m a d i rient rare a Roma nella quale i suoi amici lo richiamavano, avrebbe pro­ seguito per Rodi per segu i re i corsi di A p o llon io figlio di Molone ( P i l ' T . . Ces. , I l i ) .

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Comunque in tutto questo periodo i diversivi non gli mancarono certo. Nel novembre o dicembre del 75 , Cesare partì per Rodi e, durante la navigazione nel Mediterraneo , venne catturato dai pirati che, chiedendo per la sua libera­ zione il pagamento di un riscatto, lo trattennero per 40 giorni sulle loro na­ vi 1 5 3 , L'ammontare preteso pe r il riscatto era u n a somma considerevole, ma Giulio Cesare , come se la ritenesse inadeguata al valore della sua persona e come se fosse stato insultato dalla esiguità di tale importo, raddoppiò egli stesso la cifra u • . È chiaro che dietro la facciata di questo suo atteggiamento ci do­ veva essere il desiderio di stupire i suoi concittadini . Egli era sicuro che, quando si fosse risaputo quanto avevano preteso i pirati per !asciarlo libero , l ' enor­ mità del riscatto avrebbe aumentato il suo valore agli occhi dei suoi compa­ triot i , e sapeva che questo lo avrebbe fatto guardare da tutti con maggior rispetto . Inoltre la perdita finanziaria non doveva preoccuparlo eccessivamente : per il momento non era denaro che sarebbe uscito di tasca sua. Aveva infatti man­ dato i suoi uomini nelle città dell'Asia Minore con l ' ordine di farsi prestare da queste i soldi del riscatto 1 5 5 • Poi , da buon stratega quale egli era, dove­ va avere già in mente un piano per riprendersi tutto il maltolto, magari con i dovuti i nteressi , appena fosse tornato i n libert à . I ntanto, mentre erano in attesa d e l ritorno di coloro c h e aveva mandato a raccogliere la somma stabilita, egli , prigioniero sulla nave assieme al suo medico personale ed a due schiavi 1 56 , non si comportava affatto come tale. Dava invece l'impressione di essere in vacanza ed a casa sua. Faceva rigar dritto tutti , dando ordini a destra ed a manca, e sembrava proprio che fosse lui a comandare la nave invece di essere un ostaggio trattenuto contro la sua volontà . Costringeva così i pirati a non far rumore quando voleva riposarsi e li obbligava ad ascoltare le sue composizioni tutte le volte che, annoiato, desiderava avere un pubblico per studiarne le reazioni . Se poi essi non ap­ prezzavano le sue opere letterarie, li tacciava di illetterati e barbari - il che poi in fondo sembra fosse una condizione piuttosto normale per comuni pi­ rati - e sempre poi li dileggiava assicurandoli che li avrebbe fatti mettere tutti in croce 1 57• 1 5 3 Vi sono state molte discussioni sulla data della cattura di Cesare da parte dei pirati. (AU.EN M . 75-74 in A JA H. Vol . 2 , n ' l , 1 977, pag . 2 6 e sgg . ) . I n questo articolo Ward, che in u n lavoro precedente aveva optato pe r 1 ' 80, ritiene che dovesse invece trattarsi del 75 a.C.. Plutarco pone la cattura di Cesare da parte dci pi"rati nel l ' SO al ritorno dalla Bitinia (PLUT . . Ces. • 1 .4; SUET . . Ces. , 4). Velleio (VELl., 2. 42. 3 ) lo collega i nvece al 75-74 WARD. Caesar and the Pirates Il. The Elusive M . lunius luncus and the Year

quando i l governatore dell ' Asia stava organ i zzando le provincie romane. Ward si persuade che c'è un errore in Plutarco. Anche se Plutarco atti nge alla stessa fonte di Velleio, egli però commette l 'errore di credere che l ' ordine di esposi zione sia lo slesso che quello cronologico, il che non è.

1 54 PLUT . Cesare, 2. 1 55 V E L l . , 1 1 .42 . 2 . 1 5 6 SuET . Ces. , 4. 1 57 SUET . , ibid. . .

.

60

I pirati non lo prendevano sul serio . Pareva loro che si trattasse di uno scherzo. A quell ' epoca essi erano padroni assoluti del M editerraneo, un ma­ re che infestavano con le loro navi veloci e ben armate: si sentivano perciò completamente al sicuro . Non era certo quel giovane e tracotante romano, si dicevano, quello che poteva metter loro paura . Ma si sbagliavano e di grosso . Le mi nacce di Cesare, come dovettero ben presto scoprire, non erano vane promesse ed egli , appena liberato, non perse tempo ad armarsi e rincorrerli . Li catturò quasi subito , mentre, tra la fi ne di febbraio ed il principio di mar­ zo del 74 a . C . , essi stavano tranquillamente alla fonda in un isoletta presso il luogo dove era stato rapito. I pirati non si aspettavano davvero una reazio­ ne così fulminea "8• Parlando di questo fatto, Svetonio dice che però il gran­ d ' uomo, sempre mite nelle sue vendette, lo fu anche con i pirati : infatti , scrive lo storico , benché avesse giurato di crocifiggerli, quando li ebbe in suo pote­ re fu clemente e diede ordine che venissero st rozzati prima di esser messi in croce 1 s•. Questo esempio di eutanasia era per Svetonio il massimo della bon­ tà d ' animo ed egli lo t rovava un gesto altamente generoso che lodava ed am­ mirava. Passato un po' di tempo dall'affare di Dolabella, quando le acque si furo­ no calmate, Cesare tornò in patria ed alla sua famiglia. Non era però uomo da starsene nell' ombra e lo dimostrò sempre nel corso della sua vita movi­ mentata e gloriosa . Comunque, la forza della sua personalità non gli avreb­ be mai permesso di passare inosservato e la sua ambizione non gli faceva certamente sognare un'esistenza t ranquilla ed oscura. Quindi la povera Cor­ nelia continuò a menare un'esistenza piena di angosce e preoccupazioni . Cesare, appena ebbe conseguito il tribunato militare, il primo onore a lui con ferito per su ffragio popolare , si lanciò in una campagna tutta tesa a re­ staurare la potestà tri bunizia che era stata indebolita da Silla . Questa sua lot­ ta per ottenere il rafforzamento dei tribuni, il cui potenziamento avrebbe finito col minare la posizione degli ottimat i , non poteva certamente farlo apprez­ zare dal Senato, e Cesare si creò fra loro molti nemici ; ma non era tipo da lasciarsi turbare per questo genere di cose . Anzi esacerbò ancora di più gli animi favorendo il rient ro in Italia del fratello di Cornelia, Lucio Cinna, e di altri che avevano parteggiato per Lepido durante la di lui sommossa 160• Cesare si lanciava così nella vita politica turbinosa del l ' epoca e non sem­ brava preoccuparsi se, per conseguire i suoi scopi , doveva riuscire inviso a ricchi e potenti senatori . Quindi era sempre esposto al rischio di vendet te, persecuzioni , senza contare la continua possibilità che qualcuno si ricordasse del detto di Silla , a proposito dei molti Marii che c'erano in lui, e fi nisse col­ l ' accarezzare l' idea di disfarsi di quello scomodo personaggio prima che fos­ se troppo tardi. 1 58 1 59

1 60

PLUT . • ibid. . SuET . . Ces . • 74. S u E T . . Ces. , S .

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Non dovevano essere rose e fiori per la sua famiglia. È vero che il di fficile e sanguinoso periodo di lotte intestine, nel quale essi vivevano, doveva ormai aver corazzato gli animi di tutti coloro che ne facevano parte, ed è evidente che la gente dovesse ormai essere abituata a vivere alla giornata. Ne avevano viste talmente tante, che ormai nessuno doveva scomporsi troppo ai lutti ed ai delitti orribili che caratterizzavano quell' epoca. L' uomo si abitua a tutto, e quindi è certo che, come tutti i suoi concittadini , anche la povera Cornelia avrà finito coll' accettare di fficoltà e pericoli come fatti normali dell'esisten­ za quotidiana, ma non vi è dubbio alcuno che la vita con Cesare dovesse es­ sere davvero movimentata. Dopo la morte del padre che chiuse la parentesi felice dei primi mesi del suo matrimonio, la preoccupatissima moglie non dovette più conoscere pa­ ce. La gioia provata al ritorno dello sposo ed al ritrovarsi nuovamente riuni­ ta a lui non poteva certamente smorzare le sue ansie. Anzi ! È quasi certo che la vicinanza le avrà meglio permesso di apprezzare i rischi nei quali quel suo marito si poneva quasi quotidianamente. C' erano sempre nuove occasioni di terrore per lei , nuovi gesti clamorosi di Cesare che avrebbero potuto facil­ mente ritorcersi contro di lui . Per l ' angosciata giovane c'era ad ogni momen­ to la possibilità di ritrovarsi vedova, senza difese, in una città ostile e, come se questo non bastasse , con una figlia nubile a carico . D'altra parte quella era la vita che si doveva dividere con Cesare. Egli amava il rischio e l ' azione e non soltanto non rifiutava mai le s fide, ma addirittura si divertiva a provocarle. Così , quando eletto questore nel 68 a . C . , Cesare si t rovò a pronunciare al Foro l ' orazione funebre in onore della zia paterna, Giulia, la vedova di Mario, egli approfittò dell' occasione per far s filare nel corteo le immagini dello zio 1 6 1 • Anche se ormai la sua esistenza stava volgendo al termine, la povera Cor­ nelia era ancora viva, e si può facilmente immaginare cosa dovette provare mentre, indebolita e stanca, attendeva nella sua casa di conoscere come la folla avrebbe reagito ad un gesto così provocatorio. E non vi era dubbio che fosse una provocazione . Era dalla vittoria di Silla che il nome di Mario veniva considerato anatema e di lui si poteva parlare soltanto con amici fidatissimi e molto sottovoce . Infatti, con un' abitudine del tutto romana, subito dopo la scon fitta di questo generale, era stata orga­ nizzata contro di lui una feroce campagna di denigrazione. Roma purtroppo è sempre stata - e sempre sarà per tutti i secoli a venire - la patria della desecratio memoriae. In nessun paese del mondo si è mai avuto meno rispet­ to per l' avversario soccombente, e non c'è dubbio che nella storia passata e presente le campagne più feroci e gli attacchi più violenti siano sempre di­ retti non al tiranno potente che viene regolarmente applaudito, ma al nemico vint o . Si attende sempre però che costui si sia trasferito in un'altra parte del mondo, o, meglio ancora , che sia passato a miglior vita. 1 6 1 P LUT . . Ces . . V .

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Non c'è dubbio che questo sia un atteggiamento prudente e pieno di sag­ gezza : è molto meno pericoloso parlar male di un morto che attaccare faccia a faccia un avversario ancora vivo e vegeto che potrebbe pure risentirsi . An­ ticamente questa usanza era altrettanto ben radicata di quanto lo sia ai gior­ ni nostri . Niente di strano perciò che, una volta cacciato Mario, si fosse tentato con tutti i mezzi di distruggerne la memoria . Non c'è dubbio che, dopo tutti que­ gli anni di lavaggio dei cervelli , l ' iniziativa di Cesare potesse risultare molto pericolosa. Ma non fu così : alla lunga le campagne di di ffamazione postuma e l ' accanirsi contro un morto non sono mai molto producenti . La gente fini­ sce spesso col parteggiare per l ' oggetto di tanto odio e, anche se nessuno se ne rendeva ancora conto, questo era quello che si era verificato. I n fatt i , poi­ ché era divenuto pericoloso parlare di Mario, i Romani non avevano avuto ancora occasione di realizzare il radicale cambiamento della situazione . Evi­ dentemente i sillani erano riusciti a far rimpiangere persino Mario e, nono­ stante che all 'apparizione dei suoi busti alcuni cercassero di mandare grida di disapprovazione, il popolo romano acclamò l ' iniziativa e Cesare ebbe un gran successo 162 • Purtroppo la felicità di Cornelia non dovette durare molto a lungo e, poco tempo dopo la morte della zia, Cesare ebbe la sventura di perdere anche la moglie. Cornelia morì ancora giovane. I l loro matrimonio era durato sedici anni e, per buona parte di questi , la povera donna aveva dovuto vivere sola con la figlioletta, attendendo con trepidazione notizie del consorte. Era stata una buona moglie per lui e certamente Cesare era molto legato a lei . Egli vol­ le quindi dimostrare a tutti quanta stima e quanto affetto nutrisse per la morta e, con un atto che si poteva considerare veramente rivoluzionario , decise di commemorare nel Foro anche lei . Dal punto di vista tradizionale era una cosa inaudita . Infatt i , se era costu­ me pronunciare orazioni funebri in occasione della morte di personaggi im­ portanti e di anziane matrone, non si era mai visto farlo nel caso una donna relativamente giovane 1 63 • Con quest ' atto Cesare sfidava quindi il suo mon­ do e si esponeva a possibili critiche e censure, ma al popolino piacque questa pubblica prova del suo amore per quella moglie che egli non aveva abbando­ nato quando la famiglia di Cinna era caduta in disgrazia, e che si era rifiuta­ to di ripudiare nonostante tutte le pressioni . Così la gente si commosse e gli diede il suo favore. In fondo, le storie romantiche sono sempre piaciute mol­ to al popolo . Si può naturalmente discutere se Cesare fosse altrettanto romantico o se, essendo un finissimo psicologo, non avesse previsto queste reazioni e non avesse fatto tutto ciò per calcolo politico . Ma questa sua azione si inquadra perfet1 62 1 61 164

PLUT . , ibid. . PLUT . . ibid. . PLUT .. Ces. , 3 .

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tamente in tutta una linea di condotta corretta e leale verso coloro che gli erano cari e che erano a lui legati . Quindi è probabile che Cesare andasse al Foro a parlare della moglie morta così come si offre un fiore ad una perso­ na am ata . Non c ' è comunque dubbio alcuno che la commemorazione di Cornelia do­ vette essere bellissima e che egli dovette conquistare gli animi dei suoi ascol­ tatori . Cesare era un ottimo oratore 1 64 • È probabile che quella volta nel Foro ci fosse molta gente. I n fatti , a parte gli sfaccendati che sempre si affollavano in quel luogo, quel giorno molti vi saranno convenuti apposta , attirati dalla novità del fatto e vinti dalla curiosità e dal desiderio di sentire come il vedo­ vo se la sarebbe cavata. Così Cornelia uscì dalla scena, ma almeno il suo estremo commiato si svolse nel modo più glorioso . A Cesare , rimasto solo con una figlia adolescente, non restò altro da fare che trovarsi un' altra moglie.

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PO MPEA

Cornelia, morta e degnamente commemorata, passò così all' immortalità della storia avvolta nella luce emanata dalla fama di tanto marito. Cesare continuò la sua vita, ma non passò molto tempo che si risposò di nuovo : gli uomini, come abbiamo detto anche prima, non restavano a lungo vedovi a Roma . Questa volta Cesare sposò Pompea che apparteneva alla famiglia dei Pompei Rufi 1 "' , gente ricca , ma di recente origine plebea . I l padre della gio­ vane aveva sposato Cornelia, figlia di Silla . Così Cesare, morta la figlia di Cinna, sposava la nipote del grande rivale di quest i . Era probabilmente un gesto ben calcolato, che Io avvicinava agli antichi nemici . Si era del resto sempre saputo che, nella famiglia Giulia, si tendeva a fare del' matrimonio un affare politico. Pompea era probabilmente bella. Quello che è certo è che era anche cor­ rotta e sfacciata. Un netto cambiamento dalla calma e virtuosa Cornelia. D'al­ tra parte ormai , a quell 'epoca non poche tra le giovani matrone romane avevano costumi molto liberi e licenziosi . Lo si i ntuisce da quanto si legge negli autori del I sec . a . C . : se infatti le spose d ' allora fossero state tutte vir­ tuose e dedite a casa e famiglia, che bisogno ci sarebbe stato per Orazio di scrivere questa descrizione della giovane romana? . . . La vergine in fiore si diletta nell' apprendere le danze ioniche, appro­ fondisce tutti gli artifici e, fin dalla più tenera età , già si prepara agli amori incestuosi . Alla tavola del marito , mentre si beve , ella già adoc­ chia giovani amanti, e non sceglie nemmeno lei l ' uomo al quale elargire nell'ombra gioie frettolose, ma davanti allo sposo consenziente ella si alza ad un semplice cenno, invitata, ora da un venditore ambulante , ora dal capitano di una nave spagnola che la compenseranno riccamente del suo disonore . "'"· . . .

.

1 65 Secondo la R.E. . X X I . 2 . p. 2263 n. 52. Pompeia era nipotina di Pompeo Rufo che fu console nell"88 a.C. Ella sposò Cesare nel 67 a.C. i n u n desideralo riavvicinamento con Pompeo (PlUT . . Ces. , 5 ; ScET. Ces., 6; GROEBE o Bd . X 5 . 1 90; DRU,tAN-GROE B E . G . R., I I I ' . 1 3 6 e sgg . ; G c i Z E R . Cesare, 4 3 ; FoE R TSC"H , Die Poli!. Rolle der Frau Stoccarda ! 93 5 , pag . 7 8 ; C A R Y . A ne. Cambr. Hist. , I X . 508 . 1 66 ORAZIO, Odi,

1 1 1 . 6 . v v . 2 1 -28.

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Questa descrizione è evidentemente esagerata , ma si capisce che ormai la fedeltà non era considerata più una regola indiscussa nel matrimonio e che le giovani spose romane non erano aliene agli amori extraconiugali ed alle avventure. l racconti che ci sono pervenuti sulle avventure galanti di alcune matrone in vista sono addirittura stupefacenti e boccaccesch i . Vedi ad esempio quello che capitò a Fausta 1 67 , la figlia di Silla, sposata con Milone. La virtù di que­ sta giovane matrona non doveva essere adamantina se, un cattivo giorno , il marito potè sorprenderla in intimo ed infuocato colloquio con l ' allora giova­ nissimo Sallustio Crispo . Senza perder un attimo di tempo, Milone, persona notoriamente violenta e manesca, mise in opera tutti i suoi muscoli, e conciò il futuro storico per le feste. Ma non si limitò a questo . La ferita al suo onore sanguinava : egli aveva bisogno di un balsamo per medicarla, e quale miglior balsamo dell'oro? Sallustio era ricco , ma quando uscì da quella casa lo era molto meno e Mi­ Ione aveva incassato una somma ingentissima come compensazione del dan­ no subito. Pare però che questo mise a posto tutto. Infatti non ci fu scandalo. Milone non disse niente e tenne per se la cosa. È probabile che Fausta gli piacesse parecchio perché non denunziò il reato e si tenne la moglie. È però altrettanto probabile che la povera Fausta ricevesse dal marito una vivace le­ zione e che, con questo sistema, egli le chiarisse una volta per tutte come si debbano comportare le mogli che vogliano evitare guai 168• Dopo, comunque, non ci furono più altri scandali del genere in casa di Milone. Pompea apparteneva a quell' epoca ed a quella società. Non sarà stata peg­ giore di molte altre : certamente non era migliore . Cesare , quando la spo­ sò 1 69 , aveva 35 anni 1 70 , mentre la sposina ne aveva soltanto 2 1 : quattordici anni di di fferenza. Ma per cinque anni le cose non andarono troppo male o almeno non ci furono fatti tanto clamorosi da passare alla storia . Si arrivò come Dio volle al 62 a.C . . Cesare, ormai quarantenne, continuava la sua vi­ ta piena di attività , ed i suoi interessi erano tutti concentrati sulla politica. Tra l ' altro era appena finita la congiura di Catilina ed i suoi echi non si era­ no ancora spent i . Cesare doveva stare molto attento ai suoi nemici, così che Pompea aveva molto tempo a sua completa disposizione. Disgraziatamente la giovane donna non era il tipo di dedicare i suoi ozi alla filatura ed alla tessitura della lana. Quindi , invece di preparare nuove toghe per lo sposo, preferì lasciar vagare attorno i suoi begli occhi in cerca

1 67 A u i.O G E I . L I O, Noctes, X V I I . 1 8 . 1 68 C ' è chi melle i n dubbio l ' accaduto perch� non risulta che Milone ripudiasse l a moglie e pensa che egli non avrebbe sfidato l ' opinione pubblica che non ammetteva si continuasse a tenere con sè una moglie colta i n fallo di adulterio. Ma a questo si può obbiettare che Milone non era certo tipo da preoccuparsi per una simile quisquilia. 1 69

1 70

66

Nel 67 a . C . : SuET . . Ces. , 7 ; R . E . . ibid. .

Q uesto se

s i vuoi tener buono i l 1 02 a . C . come data della nascila d i Cesare .

di un diversivo col quale riempire i suoi ozi . Lo sguardo fi nì così col caderle sul grande amico di suo fratello 1 7 1 , un giovanissimo, ma già corrotto patri­ zio , rampollo di una delle più nobili famiglie romane: Clodio Pu/cher, il quale con fermava il Pulcher del nome con la sua prestanza , e bello era veramente . Il fatto non era mai stato messo in discussione da nessuno ed era univer­ salmente riconosciuto da tutti ; persino dai suoi peggiori nemici tra i quali si distingueva Cicerone . Il famoso oratore, specializzato nell 'appiccicare sopran­ nomi, gli aveva affibbiato quello ironico di Pulchellus 1 72 , un diminutivo di pu/cher praticamente intraducibile, in quanto i nostri «carino», «bellino» e via dicendo non ne rendono perfettamente il senso . Tra i due non correva buon sangue, e del resto Clodio non era certamente quello che oggi si dice «uno stinco di santo» . Nonostante la sua giovane età 1 73 , egli ne aveva già fatte di cotte e di crude, compreso - almeno per quanto ne diceva, forse esagerando un po ' , Cicerone - il commettere incesto con tutte e tre le sue sorelle; ed almeno con una di esse, la bella e dissoluta Clodia, la moglie di Q . Metello, una donna che non aveva mai avuto molti scrupoli in quel campo , qualcosa ci doveva effettivamente esser stato 1 74 • Era un fatto che durante le sedute del Senato, Cicerone tirava fuori ogni volta che nasceva qualche diverbio tra lui e Clodio, e cioè molto spesso , sen­ za contare le volte nelle quali l ' oratore si rivolgeva alla sorella Clodia e ri­ vangava l 'argomento : « . . . prendiamo il tuo fratello mìnore, un perfetto uomo di mondo. Per non so quale timidezza egli va soggetto a ingiustificate paure notturne e perciò viene a coricarsi con te . . . » m o quando Cicerone, sempre parlando a Clodia, fi ngeva di confondersi : - « . . . Se non avessi litigato con tuo marito - Oh ! Scusa : volevo dire tuo fratello . Non so com ' è , ma qui mi sbaglio sempre ! . . . » 1 7•. Da Clodio, come si vede, non si salvava nessuna; da quel che sappiamo piaceva molto alle donne e non soltanto a queste: caduto anche lui in mano dei pirati, pare che costoro gli avessero fatto pagar cara la sua avvenenza 1 77 • Comunque il Pulchellus aveva sopportato stoicamente anche tale onta e non sembrava neanche esserne uscito fuori troppo sconvolto . Adesso era a Ro1 7 1 I l fratello di Pompeia, Q . Pompeo Rufo, tribuno della plebe nel 5 2 , era molto legato a Clodio (Asco. "IO. (Ciark), pp. 32; 34; 3 7 ; 42; 49) . Nel 52, come tribuno, per vendicare la morlc dell'amico provocò, assieme a Munazio Planco, la sommossa contro M i lone che aveva ucciso Clodio (AsrON IO. (Ciark), pp. 30-56). 1 7 2 Clc . A d A li. , 1 . 1 6 ; 1 1 . 22 . 1 e passim. 1 73 Clodio era certamente giovane per averne combinate tante e di tuili i colori, .

ma non era un bambi­ no: infatti dalla cronologia riportata nell'articolo di Babcock ( The t'arly career of Fulvia in A JP L X X X V I , l p . l e sgg . ) egli doveva esser nato attorno al 9 1 a . C . e d aveva iniziato già d a ben sei anni l a sua carriera polilica.

1 74 Clc.. A d A li . , I l . l . 4-5 e passim . 1 75 Clc.. Pro Coelio, X X X V I 1 76 C 1 c. Pro Coelio, X X X I I 1 77 Dione dice sollanlo c h e f u calturato d a i pirati ( D i o , X X X V I . .

quando gli lancia la frecdata si d iscostasse dalla real tà.

«

1 7 3 ) , m a Cicerone insinua ben altro . . . Nosti enim Marinas . . . » ( C i c . A d A li . , l. 16. IO) cd e proba b i l e che non

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ma, bello, giovane e molto disinvolto; perciò piacque a Pompea. Superati i primi approcci, che chiaramente li persuasero di esser fatti l ' uno per l ' altra, i due giovani decisero di far qualcosa per riuscire ad incontrarsi a quattro occhi e così soddisfare le loro naturali inclinazioni . A quel tempo questo non era facile. Non si poteva andare in un albergo compiacente in quanto gli alberghi dell'epoca erano osterie malfamate fre­ quentate da carrettieri e facchini 1 78 : qui l ' arrivo di una matrona di alto ran­ go avrebbe certamente destato scalpore. Oltre tutto, anche se alla fine della repubblica le donne delle grandi famiglie romane erano libere di uscire quan­ do e quanto volevano 179 , non potevano certamente andarsene a spasso da so­ le. Esse , come tutte le persone importanti di Roma, difficilmente andavano a piedi . Normalmente venivano trasportate in lussuose portantine 1 80 da atle­ tici schiavi negri ; inoltre erano sempre accompagnate da un buon numero di ancelle e schiavi 1 8 1 • È evidente che un simile corteo non poteva passare inosservato. Sempre per la stessa ragione era impossibile per loro recarsi nella casa del giovane, poiché le donne romane non usavano far visita agli scapoli, ed è poi chiaro che, con una simile processione appresso, sarebbe stato ben di ffi­ cile per loro sgattaiolare nell ' abitazione dell' amante senza attirare l ' attenzio­ ne degli astanti . Lo si poteva fare soltanto quando si avevano due case confinanti . Fu al sistema delle case adiacenti, ad esempio, che ricorse la bella Clodia, la sorella di Clodio, la famosa Lesbia di Catullo, lasciata ormai ve­ dova e ricca dal defunto marito, il console Metello (alla cui morte si diceva essa non fosse del tutto estranea) . Clodia dopo aver abbandonato l ' i n felice poeta - affatto disturbata dalla di fferenza di età tra lei , ormai matura, ed il giovanissimo Celio - ebbe una rovente storia di amore con l ' intrapren­ dente giovanotto . I n questo caso , essa riuscì a risolvere il problema dei loro incontri facendo affittare all'amante una casa appartenente al fratello e con­ finante con la sua. Ma com ' è facile capire questo strattagemma non era sem­ pre applicabile; a parte la questione economica - che, nel caso di Celio, era stata risolta con un finanziamento generosamente offerto dalla stessa Cio1 78 Gli alberghi del mondo romano erano luoghi di i n fi m o ordine e, generalmente molto mal frequen­ tati, tanto è vero che normalmente i patrizi e la gente ricca per spostarsi da una delle loro proprietà all'al­ tra avevano organiuato una catena di luoghi di sosta chiamati deversoria ( V A R R O. R . R . , 1 . 2 . 2 3 ) < c . . U/ etiam, si ager secundum viam et opportunus viatoribus focus, aedificandae tabernae deversoriae . . . >) Cice­ rone (Ad A lt. , X . 5 . 3 ) a proposilo del suo acquisto di un deversorium . Cfr . anche Orazio (Epist. XV, v . I O ) . 1 79 Contrariamente alle l o r o sorelle greche le d o n n e romane d e l l a fi ne d e l l a repubblica erano l ibere di uscire quando e quanto volessero . La donna greca per bene non aveva , invece, molte occasioni di uscire « Donna - scriveva Menandro - stai oltrepassando i limiti assegnati ad una donna sposata: la pona che da sulla strada . Sai bene che per una donna per bene il limite consentito è la porta di ingresso . » . 1 8° FERRERa. G , Le donne dei Cesari, Milano 1 93 1 , p . 7 . A quel tempo le grandi dame uscivano in let­ tiga . Mollo spesso le lettighe non erano neanche chiuse da cort ine che nasconde"�ero alla vista della gente il passeggero ( J u v . Sat . , 1. vv. 1 2 1 - 1 26). Questi veicoli erano invece provvisti da ampi sportel li vetrati che non soltanto permet tevano alla matrona di osservare il tra ffico, ma anche davano modo ai passanti di ammirarla ( J u v . Sat . , I V . vv. 20·2 1 ) . IRI

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J u v . Sat. , V I . v v . 352-354.

dia - non soltanto occorreva reperire una casa che con finasse con quella della propria bella, ma bisognava trovarne una disponibile ed anche allora a Ro­ ma esisteva la crisi degli alloggi . A quell'epoca, quindi , quasi tutti i tradimenti avevano luogo nella casa della donna 1 82 • Qui c'era sempre qualche fidata ancella o qualche ben pagato guardiano che ri usciva a far penetrare l ' adultero nelle stanze della sua pa­ drona 1 83 e se, come spesso avveniva nel caso di famiglie importanti , il mari­ to era in viaggio o ricopriva incarichi di grande prestigio e responsabilità in un paese straniero, gli amanti avevano tutto il tempo del mondo e la quasi certezza di farla franca . Ma questo non era il caso di Pompea e Clodio . A parte il fatto che in quel momento Cesare era a Roma, egli non era un tipo facile da ingannare . I due giovani non potevano quindi ignorare i pericoli che correvano con questa loro avventura. La sorte riservata agli adulteri sorpresi sul fatto non era certamente allegra 1 84 e ce ne dà un quadro Orazio quando consiglia i gio­ vani leoni della Roma dorata di lasciar stare le matrone, e dedicarsi agli amori serviti più comodi e tranquilli : . Vale la pena, per voi che vi augurate che gli adulteri non la passino liscia, di ascoltare quali guai li minaccino da tutte le parti e come i loro piaceri, ottenuti a fatica e raramente goduti , siano fonte di tante ango­ sce , quando addirittura non li fanno i ncappare in pericoli gravissimi . Uno precipita da un tetto; un altro viene frustato a morte; uno fuggen­ do incappa in una bieca banda di rapinatori ; un altro per salvarsi la pelle è obbligato a dare via tutta la sua fortuna; ad alcuni gli stallieri piscia­ no addosso; ed infine che dire di colui al quale un vindice ferro recide i testicoli ed il membro virile? La legge lo permette! Dicono tutti i giu­ reconsult i . Soltanto Gaiba Io nega . . . » 1 8 5 , «

. .

. .

E chissà poi perché a Gaiba stesse tanto a cuore la virilità di coloro che insidiavano i· foçolari domestici . Forse per questo i due giovan i , dopo essersi consultat i , decisero che l ' oc­ casione ideale da sfruttare per il loro i ncontro sarebbero state le festività del­ Ia dea Bona. Questi riti erano infatti riservati esclusivamente alle donne, e 1 82

1 83

84

J u v .. Sal .• V I . v v . 4 1 -46; V I . w. 23 1 -24 1 ; v v . 277-285 ; v. 3 1 4 e sgg . ; v v . 365, 25-34. J u v . . Sat. , VI. vv. 365 , 3 1 -3 4 .

1 P e r la legge romana l ' adultero sorpreso i n Oagrante i n casa d e l l o sposo o i n q uella d e l padre della sposa poteva venir ucciso; ma soltanto i l poter familias di quella casa aveva il potere di condannarlo e sopprimerlo. Quindi, a meno di non esser lui il poter familias, il marito t radito non aveva il diriuo di ammazzare l 'amante, c questo anche se poi tuui lo avrebbero compreso e assolto nel caso che si fosse lasciato t rasportare dall' ira. In fal l i i giudici avevano sempre u n occhio di riguardo per coloro che, dimen­ tichi di leggi e pandet le, facevano giusti zia , direuamente e senza perder tempo, e vendicavano il proprio onore. Fu quindi una vera fort una per Clodio che Cesare - che oltre ad e5ser marito era anche poter fami­ lias - non lo cogliesse sul fano, anche se è probabile che Cesare, sempre molto padrone di se lo avrebbe risparmiato. 1 85

ORAZIO, Sal. , 1 . 2 . 37-46 .

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nessun uomo avrebbe dovuto trovarsi sotto il tetto della dimora nella quale si sarebbe svolta la celebrazione: la sua presenza avrebbe costituito un gra­ vissimo sacrilegio 1 86 • Ma, per chi non avesse scrupoli religiosi , la cerimonia era un momento ideale per intrufolarsi i n casa dell'amante: tutti i maschi della famiglia sarebbero infatti stati assenti 187, non ci sarebbe stato neanche il ma­ rito; quindi niente sorprese, fruste, bastoni , spade o pugnali . Quale migliore occasione si poteva trovare? Pompea e Clodio non dovevano però essere gli unici ad aver afferrato il lato positivo della situazione: evidentemente il vantaggio non poteva esser s fuggito anche ad altre coppie adulterine e l ' intrusione di Clodio nella casa in cui si celebravano i riti della dea Bona non dovette essere la prima. Non fu certamente l ' ultima. Giovenale, infatti , insinuava che le festività della dea Bona non erano sempre riunioni oneste e caste. Secondo lui queste cerimonie finivano addirittura con lo sconfinare in scene di lesbismo, e il poeta aggiungeva che, quando le don­ ne si erano abbandonate alla lussuria, si int roducevano nella casa uomini per soddisfarle. In mancanza di questi si chiamavano schiavi e - sempre secondo il licenzioso poeta - asinelli 1 88 • Inutile aggiungere che Giovenale era dotato di una sconfinata fantasia e che nutriva un profondo e viscerale odio contro il cosiddetto sesso debole, al quale infatti dedica una delle sue più feroci satire. Comunque i versi di Giovenale vennero scritti più di un secolo dopo lo scan­ dalo di Clodio e Pompea e, data l ' indignazione generale che si sollevò alla scoperta del sacrilegio, bisogna dedurre che, nel I sec . a . C . , queste scene or­ giastiche non dovessero essere molto comuni. D'altra parte, dato che i due giovani considerarono fattibile l' impresa, è probabile che anche ai loro tem­ pi le feste della dea Bona non fossero sempre e del tutto innocenti . Comunque i due futuri amanti organizzarono ogni cosa sicuri che, per un giovane vestito da donna, sarebbe stato facile confondersi alla piccola folla delle partecipanti a questi riti senza esser notato . La confusione che regnava nelle case dove essi si svolgevano era grandissima dato che vi si riunivano moltissime donne con le loro ancelle . Non tutte si conoscevano tra loro , ed un bel ragazzo ben truccato ed ammantato di veli (fig . I O) poteva anche riu­ scire a passare i nosservat o . Plutarco dice addirittura che a quell'epoca Cio­ dio era ancora imberbe 189• Non sembra però notizia affidabile: dati i suoi 29 anni e la sua indubbia attività amorosa, sembra strano che Clodio fosse

1 86 Secondo Giovenale - che però scrive più di u n secolo dopo - le festività della dea Bona non erano sempre riunioni oneste e caste. ( J u v .. V I . vv. 3 1 4-334). Dato lo scandalo che seguì l ' i ntrusione di Clodio nella casa di Cesare, bisogna dedurre che, almeno nel l sec . a . C . , questo non accadesse molto spesso . Anchè Svetonio riporta la notizia dell ' i ntrusione di Clodio travest ito da donna in casa di Cesare (SuET . . Cesare, 6) ed altretlanto f a Dione (DIO, XXX V I I .45). 18 7 18 8 189

70

PLUT . . Ces. , I X . J u v . . V I . v v . 3 1 4-3 3 4.

PlUT., Ces . . X . l .

Fig . IO - Figura di donna ammantata. l'ampio velo nel quale essa si avvolge è tirato lino a coprirle la pane i n feriore del viso. la donna, aggraziatissima, è leueralmente coperta da capo a piedi , ma i morbidi drappeggi lasciano vedere ogni particolare della sua figura. Probabilmente, se non con le medesime curve, fu così ammantato che Clodio si introdusse nella casa d i Cesare. Bronzel lo di I ndustria.

un tipo talmente effeminato da non avere sulle guance neanche una leggera peluria. Probabilmente le sue speranze di non essere notato erano quindi ba­ sate su u n fitto strato di belletto - la famosa e bianchissima cerussa 1 90 ado­ prata dalle belle dell 'epoca - ed un certo numero di romantici veli . I due giovani erano sicuri che tutto sarebbe andato bene . Oltre tutto l 'or­ ganizzazione della cerimonia che sarebbe durata tutta la notte spettava alla moglie del padrone di casa 1 9 1 , i n questo caso Pompea . Sarebbe quindi stato facile per lei predisporre il terreno per l ' i ncontro amoroso. La casa si sareb­ be riempita di parenti ed amiche , tutte con il loro seguito di ancelle e schia­ vette, e tra musiche, giuochi , canti e, naturalmente , pettegolezzi , la festa sarebbe durata fino alla mattina seguente. Una suonatrice sconosciuta si sa­ rebbe facilmente confusa in mezzo a quella folla e l' assenza di Pompea sa­ rebbe certamente passata i nosservata: ognuno avrebbe semplicemente creduto che la giovane padrona di casa si trovasse da qualche altra parte e che stesse intrattenendosi con un altro gruppo di donne; nessuno avrebbe avuto il tem­ po o la testa per andarla a cercare . Venne il giorno fatidico e tutti dal console al pretore in giù abbandonaro­ no le loro abitazioni con al seguito i componenti maschi della famiglia al gran completo: animali domestici ed uccellini in gabbia compresi . La festa in casa di Cesare iniziò, e quando era nel suo pieno svolgimento , arrivò Clodio tra­ vestito da suonatrice . La sua pelle coperta da un trucco liscio e vellutato ren­ deva perfetto il travestimento. Le porte, com' erano rimasti d' accordo con Pompea, erano state lasciate aperte, e là vicino stava appostata ad attenderlo una fidata ancella, Carina. La servente nascose il focoso amante i n una ca­ mera e gli disse di aspettare mentre lei si recava a chiamare Pompea, ma, per un insieme di ragioni, Clodio , impaziente ed imprudente, uscì dalla ca­ mera dove l' ancella l ' aveva rinchiuso e cominciò ad aggirarsi per la casa. Nessuno riuscirà mai a spiegarsi perché mai il giovane i ncosciente abban­ donasse il suo sicuro nascondiglio . Desiderio irrefrenabile di vedere la sua bella? Curiosità di sapere i n cosa consistessero quei misteriosi riti preclusi per sempre al suo sesso? O più semplicemente sfida alla sacralità della reli­ gione che Clodio , empio com 'era, disprezzò sempre? Forse un po' di tutte queste cose messe assieme . Certo è che, di tutta questa demenziale avventura nella quale i due giovani si erano invischiati, questa fu la pazzia più grande . Era ormai notte fonda. La casa era illuminata da torce e lucerne, ma que­ ste deboli sorgenti di luci lasciavano grandi zone di ombra nelle quali Clodio cercava di confondersi . Mentre egli così si aggirava senza saper bene dove andare , fu notato da una delle ancelle di Aurelia, la quale , vedendo una suo1 90 La cerussa era carbonato di piombo. Se ne è trovata sia i n Attica che a Corinto in tombe femminili datate al i li sec . a . C . . Si vendeva i n pastiglie, (B. GRJJ. I . ET , op. cii. , vedi nota 1 76 , pp. 33-3 5 , che si pol­ verizzavano e misch iavano con lanolina e miele facendone una pomata. Essa dava alla faccia un colore bianchissimo e copriva tutto: anche una barba scura. Quindi avrebbe facilmente coperto l a pelle ben rasa di Clodio. 191

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PLUT . Ces. X . l .

natrice, le si avvicinò e le chiese di far loro sentire un po' di buona musica . Clodio , che evidentemente non era forte in questo ramo di attività artisti­ ca, cominciò a schermirsi e l ' altra, irritata, volle veder meglio in faccia chi fosse quella schiava pigra ed insolente . Perciò , afferrato Clodio per un brac­ cio, lo trascinò alla luce . Visto che non si t rattava di persona conosci uta, co­ minciò a chiedere da dove venisse e chi fosse, e Clodio, imprudente, le rispose. Ora, egli sarà anche sembrato imberbe e la sua pelle avrà anche avuto u n ' ap­ parenza vellutata - non era certo li che si combatteva - ma come il corvo che si era t ravestito da colomba, appena egli aprì il becco , venne immediata­ mente riconosciuto per un uomo quale egli era. L ' ancella di Aurelia, sconvolta dalla scoperta, corse immediatamente ver­ so la sala illuminata, dove si svolgevano i misteri e dove si erano riunite le loro padrone, urlando a gran voce ed avvisando tutte che un uomo si era ille­ citamente introdotto nella casa ed aveva così profanato i riti della dea . Non è di fficile immaginare lo scompiglio che si creò nel gruppo di pie don­ ne alla ferale notizia, ma Aurelia, la madre vedova di Cesare, che viveva con il figlio e faceva buona guardia al suo onore, mantenne la calma: non per niente era la madre di Cesare. L ' anziana matrona non doveva essersi mai fi­ data della giovane sposa, sciocca e civetta, ed è probabile che una cosa del genere se la aspettasse da sempre. Perciò l ' evento non la trovò impreparata. Senza perdere un minuto, essa diede immediatamente ordine di serrare tutte le porte in modo da cogliere in flagrante il reo di un tale delitto e , dopo aver accuratamente nascosto gli oggetti sacri del culto della dea, entrò rapidamente in azione . Forte del l ' autorità che le spettava i n qualità di madre del padrone, cominciò personalmente a perquisire la casa stanza per stanza, facendosi pre­ cedere da ancelle che illuminavano tutti gli angoli più bui con le loro torce. Clodio, secondo Plutarco , fu alfine avvistato, rannicchiato nella camera del­ la schiavetta che Io aveva introdotto 1 92 • Secondo altri la schiavetta riuscì a far fuggire Clodio di casa prima dell ' arrivo del vindice corteo . Riconosciuto però era stato. Infatti non ci furono mai dubbi sull ' identità dell ' intruso . Dopo la scoperta del sacrilegio, si cercò di riprendere la celebrazione della solennità religiosa come se niente fosse successo, ma le matrone che erano andate a celebrare la festa a casa di Pompea non vedevano l 'ora di tornare a casa dai loro mariti, tutte persone note ed important i , e raccontar loro il fatto. Assistettero a fatica al completamento della ceri monia che la Grande Vestale aveva ripreso a celebrare e, appena la decenza concesse loro di acco­ miatarsi , la riunione si sciolse come neve al sole, ed esse si precipitarono im­ mediatamente ad informare i loro cari dello scandalo di lungandosi su tutti i suoi più piccoli particolari . L ' i ndomani tutta Roma sapeva quanto era ac1 92 P t . u r . . ibid . . P l u t a r c o pe r ò è i l � o l o a d i r e c h e C' I o d i o fu t rovato d a l l a m a d r e di Ccc;a r c n e l l a ramera dell 'ancella . Gli allri storici regist rano sassini d i Cc,a· 1 15

Fig. 1 5 - Bel lissimo ritralto di sposa della fi ne della repubblica . Ha la classica peni natura dei Sl'X crines propria della cerimonia nuziale. L 'ovale del suo volto i: per fen o ; la sua bocca e piccola, morbida e legger­ mente socchiusa; gli occhi a mandorla sognan t i . Ovviamente non si sa chi sia: i ritrat t i di donne dell"epo­ ca erano fat t i per la fa miglia. e i componen t i di questa non aveva bisogno di vedcrlo serino per sapere quale fosse i l nome della madre o della nonna in questione. Quind i . la donna qui rappresentata. è una delle tante bellezze senza nome di tale periodo. ma è sicuramente una donna appartenente al cet o molto elevato e prohabilmente pat rizio.

Fig . 1 6 . Altra bellezza della fine della repubblica . Capo tenuto alto sul collo da cigno . La pettinatura è una delle più semplici in uso nell'epoca repubblicana. l lunghi capelli sono strettamente raccolti e fer­ mati attorno alle tempie da una fascia o da un diadema oggi scomparso. Bocca piccola, appena socchiu­ sa ; occhi grandissim i . Le incisioni circolari al centro di essi s1anno ad indicare che, per dare più vita alla statua, le pupille erano cost ituite da due intarsi di marmo nero. Come in molti altri ritratti femminili, i lobi delle orecchie sono forati per adornarli con preziosi orecchini.

I n fatti una donna come lei non avrebbe mai potuto essere un personaggio di secondo pian o : non c'è dubbio che essa appartenesse ad un livello sociale ed intellettuale molto superiore a quello delle altre congiurat e . Queste sape­ vano soltanto esercitare la prostituzione e molte si erano date a t ale profes­ sione soprattutto per il denaro che potevano ricavarne, mentre Sempronia lo faceva per suo personale capriccio. Inoltre, mentre l ' attività delle altre si limitava al campo amatorio, essa era una vera i ntellettuale che nutriva un grande i nteresse per la politica e la seguiva attentamente. Una donna sicura­ mente perfida e pericolosa, ma eccezionale . Scrive Sallustio: Tra queste donne vi era Sempronia che spesso si era macchiata di delitti che richiedevano un coraggio virile. Per nobiltà, bellezza, matrimonio e prole essa poteva considerarsi estremamente fortunata; profonda co­ noscitrice della letteratura greca e latina, suonava egregiamente la lira e danzava con più arte di quanto convenisse ad una donna onesta. Inol­ tre era abilissima i n tutte quelle arti che sono atte a risvegliare ed ali­ mentare la libidine degli uomini . Purtroppo non c'era niente che essa tenesse i n minor conto della modestia e della castità e nessuno avrebbe mai potuto decidere se essa fosse più prodiga del suo denaro o del suo onore. Il suo desiderio di sesso era così forte che era più lei a cercare la compagnia degli uomini di quanto essi non cercassero la sua. Anche prima della congiura aveva spesso mancato di parola, non aveva onorato i suoi debiti e si era persino resa complice di omicidi . Il biso­ gno e la sua passione per i l lusso la spinsero poi negli abissi dell' ab­ biezione. Nonostante tutti questi difetti, essa restò sempre una donna estrema­ mente affascinante: sapeva poetare, aveva una conversazione brillante e riusciva a parlare ora con modestia, ora con amore, anche se poi , al­ l ' occasione, sapeva anche usare un linguaggio da trivi o . Tutto somma­ to essa possedeva i n massimo grado spirito e fascino 297 • • •

D a questa descrizione emerge l a figura d i una splendida creatura che, an­ che se estremamente viziosa, era ardente, appassionata e capace di far perde­ re la testa agli uomini non solo per la sua bellezza e la sua carica sensuale, ma anche per l ' interesse che destava con la sua i ntelligenza scintillante . Non c'è da meravigliarsi se, ben conscia di possedere tutte queste dot i , essa era anche ambiziosissima e , dato il suo carattere, capace di sfrenate passioni in ogni campo . Sallustio non riusciva a nascondere la sua ammirazione per lei : una donna che alla sua grande conoscenza di letteratura e filosofia aggiunge-

re. il più amaramente odioso traditore della sua fede (E. ScH W A R T Z , Die Berichte uber die Catilinarische Versch worung. in Hermes, 1 98 7 . pp. S64-S70). Questo punto di vista è poi condiviso dal Boissier (Bms. S I E R , La conjuration de Catiline, 1 29 e sgg . ) i l quale cerca di capire perché, lo storico, che la lascia cosi avvolta di m i stero, ne faccia poi la rappresentante cd il campione del l ' emancipazione fem minile.

291 SALL.,

118

Cat. , X X J V . I -S : XXV.

va altre doti più mondane come quelle di suonare perfettamente la lira e dan­ zare con grazia consumata. La danza infatti era ormai venuta di moda e già da tempo l ' alta società romana aveva adottato questo tipo di divertimento (fig. 1 7) . Saperlo fare be­ ne era considerato il tocco finale di una buona educazione . Non era però con­ sigliabile che l ' abilità in questa arte giungesse ad un livello troppo elevato : 8 diremo così , professionale. Scrive Macrobio 29 : « Fra le due guerre puniche i giovani di famiglia libera, ma che dico i figli di famiglia libera? Addirittura i figli dei senatori frequentavano la scuola di danza ed ivi imparavano a ballare accompagnandosi col suo­ no delle nacchere . Persino le matrone non ritenevano più che l 'eserci­ zio della danza fosse indecoroso e le donne oneste la praticavano , pur sempre senza cercare di raggiungere la perfezione artistica. Che dice in­ fatti Sallustio? " Suonar la cetra e danzare con più eleganza di quanto si richiede ad una donna onesta" . Tanto che egli ri mprovera a Sempro­ nia non perché sapeva danzare, ma perché danzava troppo bene». Quindi , da quel che si capisce, a qualsiasi cosa si dedicasse, Sempronia riu­ sciva sempre ad eccellere . Probabilmente le interessava anche farsi notare nel campo polit ico ed era stato per questo che essa , donna ardita ed intrapren­ dente, si era unita agli ambiziosi che seguivano Catilina nella sua folle av­ ventura. Cesare , come si è visto, anche se non fu mai veramente implicato nella con­ giura, doveva comunque essere stato molto vicino a quegli ambienti , e Io si vide per l ' impegno che mise in opera quando tentò di salvare dalla morte i congiurat i . Quindi non c ' è da stupirsi se, mentre si teneva in contatto con i vari maneggi della politica dell' epoca, egli fi nì coll' ent rare in contatto con la bella ed emancipata Sempronia. Ne fu attratto fin dal primo incontro : an­ che se piena di difetti , quella donna gli piaceva ed egli non era uomo da ]a­ sciarsela sfuggire, né, d'altra parte, Sempronia aveva la minima intenzione di sfuggirgli . Dal lato suo c'era infatti quel «desiderio di sesso» che «era così forte da spi ngerla a cercare più spesso lei la compagnia degli uomini di quan­ to essi non cercassero la sua», dalla parte di Cesare dominava, come sempre , la già largamente citata « . . . disposizione . . . tanto suscettibile al fascino fem­ minile . . . ». È evidente che con queste premesse il loro incontro fosse inevitabile. Cesare piaceva alle donne e non vi è dubbio che l'emancipata Sem pronia, così propensa all'amore, dovette trovarlo att raente. Essa non era il tipo di donna che si sarebbe mai privata di esperienze eccitanti e, anche per sent ito dire , non vi era dubbio che quella con Cesare dovesse rient rare in questa ca­ tegoria. Per parte sua Cesare trovava l'avventura con Sempronia una rela­ zione di tutto rispetto e senza nessun pericolo di complicazioni sentimentali .

298

MACROB I . Sat. • 1 1 1 . 1 4. 5 . 1 19

Inoltre, negli intervalli tra un'espansione amorosa e l ' altra, con Sempronia, si poteva sempre parlare di tutto oppure si poteva ascoltarla suonare dolci musiche sulla lira, magari mentre cantava una delle sue poesie, o infine si poteva ammirarla mentre col suo splendido personale si muoveva sinuosa­ mente in quelle danze sensuali che Sallustio le rimproverava. Quindi una re­ lazione da non perdere. Fu così che Sempronia finì anche lei nella corona delle donne che ebbero una parte nella vita e nel letto di Cesare . E, strano destino, fu anche la madre di uno dei suoi assassini e per giunta di uno dei più odiosi : Decimo Bruto. Ma almeno di questo Cesare non fu certamente il padre. Quando egli divenne l ' amante di Sempronia, il giovane era nato da un pezzo . Dove mai Cesare potesse trovare il tempo per tutte queste avventure amo­ rose è realmente un mistero. Dalla storia sappiamo che era capace di fare mille cose e che era sempre molto attivo; ma se fosse vero tutto quello che si racconta sulle sue battaglie amorose, a questo punto la sua attività dovette esser proprio frenetica. Deve esser stato veramente di fficile conquistare mez­ zo mondo , giostrarsi in mezzo a tutta la caotica vita politica della Roma di allora, avere quattro mogli , un' amante fissa e poi trovare anche qualche mo­ mento libero per sedurre tutte quelle gentildonne che, a parte Sempronia che i n questo campo doveva andare per le spicce , un minimo di corte l ' avranno pure voluta. D ' altra parte Cesare non era uomo da contentarsi di una sola donna, né egli si limitò ad insidiare le dame del l ' alta società romana . Nei suoi frequenti viaggi e nelle varie avventure di guerra non gli dovette capitare molto spesso di passare notti solitarie. Dato che nelle sue campagne veniva fatalmente a contatto con le donne di paesi stranieri per le quali il fascino personale del generale veniva accresciuto dalla sua aureola di trionfatore , egli non aveva che l ' imbarazzo della scelta. Si diceva che avesse avuto relazioni anche con varie regine. Tra queste si faceva il nome della mauretana Eunoe, moglie del re Bogud , che Cesare coprì di doni per ricompensarla dei favori a lui elargi­ ti 299• Però la storia d ' amore più nota e, certamente, la più documentata è quella che lo legò alla giovanissima Cleopatra. Fiumi di inchiostro sono scorsi sugli amori di Cesare e Cleopatra. Gli scrittori più importanti di tutte le epoche ne hanno parlato. La loro storia è stata por­ tata sui palcoscenici da grandissimi drammaturghi , da Shakespeare a Shaw , e non ci fu mai bisogno di un grande s forzo per drammatizzarla in quanto più romanzesca di così non avrebbe potuto essere . Nelle sue cronache Cesare ovviamente non ne parla: per quello che riguardava la sua vita privata il dit­ tatore era molto riservato e discreto. Perciò, alla fine del suo Bellum Civile c'è appena un accenno all ' esistenza di una Cleopatra, figlia di Tolomeo Au­ lete, che si trovava nei guai . Svetonio , per parte sua, non si di ffonde troppo

299 SUET 1 20

••

Ces. • 5 2 .

Fig . 1 7 - Il ballo in epoca classica. Ricostruzione di un gruppo ellenistico in cui un giovane satiro danza mentre, per segnare il ritmo, preme con il piede destro uno speciale strumento. U n a fanci ulla giovane e bellissima ( n i n fa o menadc) lo guarda divertita ed ammirat a .

sul racconto )()() ma Plutarco , da buon greco, non si lascia sfuggire l ' occa­ ' sione di raccontare questa storia: una vicenda talmente affascinante ed un amore che tra l ' altro si svolse in una cornice così superbamente bella ed eso­ tica 301 e che aveva come protagonista una prestigiosa principessa tolemaica (fig . 1 8) . Cesare come tutti sanno era sbarcato in Egitto nel 4 8 a . C . , subito dopo l ' assassi nio di Pompeo 302 • Qui , nel 5 1 a . C . , alla morte di Tolomeo Aulete, era salita al trono la maggiore dei suoi figli , Cleopatra, che allora aveva ap­ pena 1 7 o 1 8 anni ed a lei , dopo averla fatta con lui sposare, era stato asso­ ciato nel potere il meno bambino dei suoi fratelli , Tolomeo X I I , un fanciullo di soli dieci ann i , docile strumento nelle mani dei potenti cortigiani 103 • Tra questi facevano il brutto ed il bel tempo tre personaggi di primo piano : uno era l'eunuco Potino, tipico cortigiano intrigante; poi c ' era il precettore del giovane re, Teodoto di Chio, ed infine si aveva il comandante in capo dell 'e­ sercito, Achillas . Questi tre figuri ben presto si scontrarono con Cleopatra che, forte, intel­ ligente ed autoritaria, dava loro molto filo da torcere . Perciò essi la odiava­ no ed alla fine riuscirono ad estrometterla. Ella per salvarsi la vita dovette fuggire, ma si diresse ad oriente dove sperava di riunire un esercito che le permettesse di tornare ad Alessandria a riprendere possesso del suo trono . Fu mentre i due contendenti si preparavano a fronteggiarsi che sopraggiunse Cesare all 'inseguimento del suo ex collega. Qui trovò che la cabala attorno a Tolomeo XII aveva già fatto uccidere a tradimento Pompeo e, per ingra­ ziarsi i suoi favori, gli avevano tenuta pronta la sua testa spiccata dal busto da offrirgli al suo arrivo. Erano cose che si facevano nell'antichità, ma pare che il dono non giungesse molto gradito al grande generale. Plutarco raccon­ ta che quando Cesare vide un incaricato presentarglisi dinnanzi con il maca­ bro trofeo si voltò disgustato . Preso poi il sigillo del suo rivale, si mise a piangere . Tutto sommato il defunto era stato persino suo genero ! 304 300 Su H . , ibid. . Svelonio si limila a scrivere giacq ue a convilo fi no all'alba . . . » . 301

302

«.

. . Ma più di lune amò Cleopalra, con la quale spesso

Ptu T . , Ces. , X L V I I I - X L I X . L a descrizione dell 'assassinio di Pompeo ed il commovente racconto dei successivi onori funebri

miseramemc e amorosamente resi al corpo decapi tato dal suo l i berta Filippo si t rova i n Plularco ( P tuT . , Pompeo, LXX I X - L X X X ) . U n allro lunghisimo resoconlo della fi n e d i Pompeo di lrova i n Dione Cassio che dice come Cesare, dopo aver pianlo e lamen 1a1o sul capo e la mano col sigillo del nemico, ordinò poi che fossero resi onori funebri anche a quei miseri resti ( DIO, L I I . 2 - 8 ) . Svct onio ne dà soltanto una breve n01izia (SuET . , Ces. , 35). Fu Adriano poi che, nel 1 28 d . C . , i n occasione del suo viaggio in Egino, fece erigere u n imponenle monumemo sulla modesla 10m ba di Pompeo (Eu o SI'ARZIANO, Adriano, X I V . 4).

303 La sorella maggiore, Berenice , c h e aveva regnalo duranle il periodo d i esilio di Tolomeo Aule1e, era slala uccisa dal padre quando Pompeo aveva mandalo queSio re a ri prendere i l suo polere con l 'ap­ poggio di Gabinio (DIO, X X X I X . 5 7 - 5 8 ) . Cleopalra e Tolomeo X l i , i figli dei i ' A u lele avevano quindi po­ lulo succedergli alla sua mone, e fu appu niO fi dando nella loro gral iludine che Pompeo aveva deciso di ri fugiarsi presso il giovane re. 304 P1 ur . , Ces. , X L V I I I . Anche Cassio Dione ri ferisce l ' i ncidenle (DIO, X L I 1 . 8 ) , ma insinua anche che i l dolore di moslralo da Cesare alla visla della lesla del congi umo era sollanlo ipocrisia (D I O, X L I I . 8 . 2 ) .

1 22

Fig. 1 8 - Giovane principessa tolemaica. forse Berenice. C'è stato qualcuno che ha voluto riconoscervi Cleopatra. IÒ il ritrauo di una giovanissima donna mollo interessante. Bisogna riconoscere che. anche se in bello, ha molli punti d i contano con il ritrauo del British Museum . Soprauuuo la forma particolare della bocca e quella degli occhi, lunghi e orientali . sono simili a quelli del notissimo ritrano. La graziosa principessa presenta la t ipica acconciatura egizia con i simboli della sua appartenenza alla famiglia reale posti sulla foll a parrucca egizia a lunghi boccoli .

Cesare comunque entrò da vincitore in Alessandria e, valendosi del testa­ mento del defunto faraone, Tolomeo Aulete, si assunse l ' u fficio di far da arbitro nella contesa fra Tolomeo X I I e Cleopatra. Potino, che non gradiva affatto una tale mediazione, cercava in tutti i modi di persuadere Cesare ad andarsene, ma Cesare non si sognava nemmeno di ascoltarlo. Oltre tutto egli doveva riscuotere dagli egiziani forti somme. Aulete i n fatti aveva accumula­ to con lui molti debiti ed alla sua morte g li doveva ben diciassette milioni e mezzo di dracme. Cesare aveva deciso di rinunciare a sette milioni e mezzo di tale cifra in favore degli orfani del suo debitore, ma aveva bisogno del re­ sto per pagare i suoi soldati . Perciò, per quanto Potino gli dicesse di partire tranquillo e gli giurasse che gli avrebbe fatto avere al più presto possibile la somma dovuta, Cesare si guardò bene dal prestargli fede e, stabilitosi ad Ales­ sandria, mandò a dire a Cleopatra di venire 305 • Ora, il ritorno della regina non era esattamente nei voti di Potino e dei suoi accoliti : essi la volevano morta ed avrebbero , quindi, cercato con ogni mezzo di catturarla e sopprimerla prima che ella potesse arriv are da Cesare. Perciò Cleopatra doveva trovare il sistema per giungere viva fin dal condot­ tiero , e la cosa si presentava davvero di fficile. L ' esercito di Achillas schiera­ to a Pelusio le impediva di recarsi ad Alessandria via terra. Ammesso poi di poter riuscire a metter piede in questa città, questo non sarebbe stato che il principio, ed essa non avrebbe certamente potuto cantar vittoria : troppe difficoltà ci sarebbero state ancora da superare prima di raggiungere la sal­ vezza sotto la protezione delle armi romane. C'era da eludere la sorveglianza delle guardie di Potino ed era, quindi , indispensabile escogitare un mezzo per poter attraversare la città senza esser vista da nessuno. Infine, una volta arri­ vata al palazzo , doveva poi trovare un sistema sicuro per varcarne le porte, che erano guardate dai soldati a lei ostili, e giungere sana e salva al cospetto di Cesare. Non era molto facile trovare una soluzione a tutti questi problemi, ma Cleo­ patra non si perse d ' animo: la giovane egiziana fu sempre una specialista nel­ le spettacolari entrate in scena. Così , prendendo con sé soltanto un uomo a lei devoto , Apollodoro di Sicilia, ed un rotolo di tappet i , essa salì su una bar­ chetta abbastanza modesta in modo da non dare nell' occhio e, calata la not­ te, prese terra davanti al palazzo reale. Qui , sdraiatasi tutta lunga, si fece avvolgere in un rotolo di tappeti che Apollodoro legò con una correggia cari-

Dione però non è mai benevolo verso Cesare. La sua fonte. Asinio Pollione, è anticesariana, cosi che spesso egli lo rappresenta in modo che viene poi ad essere smentito dai fat t i .

305 P L UT . , Ces. , X L V I I I . Secondo Dione Cassio è invece Cleopatra. c h e però egli descrive come donna di una bellezza insuperabile - fatto smentito dai suoi ritratti - a chiedere di esser ricevuta da Cesare da cui si reca di notte, di nascosto ed eludendo le guardie. Nel resoconto dello storico essa riesce a far tutto ciò vestita in modo splendido e pronta a sedurlo il che, data l ' i nclinazione di Cesare per le avven ture amorose, non era di fficile, mentre sarebbe certamente stato di fficile per la regina sfavi llante di gioielli riuscire a raggiungerlo senza farsi notare dalle sentinelle di Potino (Dio, X L I 1 . 3 4 . 5 ; 3 5 . 1 ) . 1 24

candoseli poi in spalla e così , passando tranquillamente dalla porta principa­ le, egli introdusse Cleopatra nel palazzo e la portò fin da Cesare 306• Non è difficile ricostruire la scena della fanciulla che sotto Io sguardo di­ vertito del condottiero emergeva dal rotolo di tappeti con le guancie infuoca­ te, i capelli scarmigliati e soprattutto con quel suo favoloso personale che pare fosse davvero perfetto . Bella di faccia non lo era certamente, ma doveva ave­ re occhi meraviglios i , quegli occhi lunghi e distanti che vediamo nel busto del British Museu m . Una faccia con un naso pronunciato e lineamenti forti ma non sgradevoli : quello che oggigiorno definiremmo un viso i nteressante; un volto che poteva piacere molto più di una bellezza da bambolina. Che dire poi della grazia e dell'eleganza con le quali Cleopatra si muoveva e delle sua voce , quella voce che tanto ci decanta Plutarco : « . La sua conversazione aveva un fascino irresistibile e la perfezione del suo personale rinforzava la forza persuasiva del piacere della sua compagnia che lasciava una profonda ferita nel cuore . Si restava affa­ scinati anche soltanto ad ascoltare il suono della sua voce. Essa i mpie­ gava la sua ugola come se fosse stato uno strumento con molte corde e parlava qualsiasi lingua desiderasse . . » 307 • . .

.

E Plutarco è su Cleopatra fonte attendibile in quanto il nonno gli ri feriva spesso quello che da giovane aveva udito raccontare da un vecchio amico della loro famiglia, un certo Lamprias , che aveva molto ben conosciuto Cleopatra durante il periodo nel quale studiava medicina ad Alessandria 308 • Il futuro medico ne era rimasto affascinato né più né meno di tutti coloro ai quali era capitato di incontrarsi con lei . Non c ' era perciò da stupirsi se anche Cesare rimase attratto da questa giovane donna così interessante. Il generale roma­ no era stato colpito dall' astuzia e dal coraggio di quella ragazzetta. Poi c'e­ rano i suoi meravigliosi diciotto anni ! Per lui sarebbe stato un ultimo amore prima del tramonto mentre si trovava ancora capace di godere e nel pieno delle sue forze . Un uomo maturo sì , ma esperto, e con tanta vita alle spalle e tanti amori . È facile capire cosa signi ficasse Cleopatra per Cesare, ma è anche semplice intuire cosa Cleopatra vide in lui : era sola con la sua vita in pericolo ed il generale romano voleva dire la sua salvezza . Ma non era soltanto questo . In lui la giovanissima regina vedeva un uomo estremamente intelligente , corag­ gioso, affascinante e soprattutto un dominatore. Certamente da parte di Cleo­ patra ci fu un calcolo e da parte di Cesare ci fu il desiderio di raccogliere quel magni fico frutto intatto e goderselo senza problem i . Quello che è certo è che fra loro non ci furono mai molte complicazioni sentimentali : nessuno dei due era il tipo da averne. Forse per questo fu tutto molto semplice e la 306 P L U T . , Ces . • X L I X .

307 P L UT . , A n t

. •

X X V I I . Anche Dione Ca"io si sofferma s u l potere della voce e s u l fascino d i Cleopa­

tra (DIO, L X I I . 34 . 4-5 ) . J os P w r . , A ni. , X X V I I .

1 25

loro storia d ' amore fu serena, senza rancori o rimpianti . Tra la giovane don­ na, appena ventenne, ed i l maturo cinquantenne ebbe inizio una piacevole relazione che durò fino alla morte del condottiero . A Cesare, quella giovane donna era piaciuta e quindi aveva deciso di non partire )asciandola sola nei pasticci . Tentò quindi di stabilizzarne la situazio­ ne e rendere sicura la sua permanenza al potere. A questo scopo , si adoperò in tutti i modi a rappacificare i due fratelli 309 • Non era un'impresa facile, ma ad un certo momento sembrò a t utti che egli fosse riuscito nel suo intento, tanto che, per festeggiare nella massima allegria i raggiunti accordi , il grande condottiero diede ordine di imbandire un sontuoso banchetto . La festa si stava svolgendo con grande animazione e splendore ed era nel pieno del suo fulgo­ re, quando il barbiere di Cesare, noto fannullone, ma con occhi ed orecchie ben aperte, venne segretamente ad avvertire il padrone che Achillas e Potino si erano messi d ' accordo per assassinarlo 3 1 0 . Cesare non batté ciglio e, pri­ ma che gli altri potessero realizzare quello che stava succedendo, agì rapida­ mente: fatte bloccare le porte della sala, diede ordine di sopprimere i congiurati. Potino venne subito ucciso, ma disgraziatamente Achillas riuscì a fuggire e, preso il comando della sua armata, scatenò una guerra feroce contro i Ro­ mani 3 1 1 . Fu una dura campagna. Alessandria finì coll 'essere cinta d ' assedio ed i Ro­ mani si trovarono in gravi di fficoltà. Prima venne loro tagliata l ' acqua, cosa che li mise in gran di fficoltà, e fu soltanto grazie ad alcune abili e fortunate mosse strategiche che Cesare riuscì di nuovo a rifornire la città 112 . Ma le bat­ taglie si succedevano alle battaglie ed i pericoli ai pericoli . Ad un dato mo­ mento sembrò che la flotta romana stesse per cadere nelle mani del nemico , tanto che Cesare preferì darle fuoco . Ne conseguì un incendio spaventoso che devastò la città e provocò la distruzione della famosa biblioteca di Ales­ sandria, una perdita gravissima per tutta l ' umanità 3 1 3 . Poi , durante la battaglia di Pharos , Cesare si trovò personalmente in peri­ colo . Si combatteva sull 'isolotto così chiamato che era congiunto alla terra ferma da una diga. Egli , per raggiungere più rapidamente il luogo della bat-

-'09 PLUT . ,

ibid. ; D1o, X L I L3 5 . 1 e sgg .

3 10 Pr.ur . ,

Ces. , X L I X . Questo è il racconto d i Pl utarco, piuttosto im preciso e molto romanzato. I n realtà i l bancheuo non c i f u mai. Nel suo Bellum Civile Cesare racconta come s i svolsero i fat t i : egli come amico del defunto Tolomeo Xl e console romano aveva avocato a se i l giudizio sulla coni esa fra i fratelli­ sposi . Potino, a lui contrario, fece venire le truppe da Pelusio ad Alessandria e prepose loro Achillas. Presso di esse si ri fugiò la sorella mi nore di Cleopatra, Arsinoe (quella poi uccisa da A ntonio). Cesare inranto si era asserraglialo i n parte del palalZO reale e si era preoccupato di occupare l ' isola di Faro per assicurare via libera ai propri r i fornimenti via mare. In questo frangente Potino venne sorpreso a comu­ nicare con Achillas e quindi venne ucciso . Questo è l ' u ltimo episodio riportato nel Bellum Civile e Cesare chiude scrivendo Haec initia belli A lexandrim fuerunt.

3 1 1 Pun . , 112

313 1 26

ibid. . Dione racconta l a st oria diversamente c molto p i ù dettagliatamente: (Dio. X L I I .JS-43).

DIO, X L I L3 8 . 3 - 4 . PLUT . , ibid . .

taglia, saltò dalla diga su una barca 1 14 • Ma la sua vistosa clamide lo t radì e molte navi egizie, avvistatolo, puntarono sulla sua imbarcazione, così che, per sfuggire alla cattura, egli che, data la sua età non era più un ragazzo , dovette denudarsi e gettarsi in mare. I suoi nemici cercavano di colpirlo con frecce e altri proiettili , ma egli nuotò rapidamente sotto questa gragnuola di colpi 1 1 5 • Non era una situazione facile: per non bagnare alcuni importanti documenti che aveva con sè, egli fu costretto a nuotare con un sol braccio, mentre con l ' altro teneva in alto i l rotolo degli scritti e, come se ciò non ba­ stasse , dovette trascinare con sè, tenendo la tra i denti, quella sua clamide che lo aveva t radito e che avrebbe costituito un magni fico trofeo di guerra per il nemico 3 1 6 • Nonostante tutto ciò, egli riuscì a raggiungere i lleso una nave romana e sfuggire ai suoi nemici l " . La guerra continuò così con alterne vi­ cende , ma alla fine i Romani ebbero il sopravvento, molti nemici restarono uccisi e lo stesso giovane re morì affogato 3 1 8 • Cleopatra era salva e, cosa non disprezzabile, vedova. Non che quel marito contasse molto ! Era logico per la giovane regina ringraziare il suo salvatore . Era logico per il guerriero prendersi il premio delle sue fatiche e quale migliore soluzione poteva esserci per queste due cose che risalire pigramente il Nilo in una nave da diport o : forse uno dei magni fici Thalamegos dei Tolomei 3 1 9 carico di opere d ' arte e di tesori . I due amanti navigarono sulle calme acque del gran­ de fiume tra le esigue striscie di verde delle terre coltivate che i l maestoso cor­ so d'acqua attraversava; ammirarono i grandi templi ; studiarono negli antichi bassorilievi i misteriosi gerogli fici che Cleopatra sapeva ancora interpretare; passarono accanto alla grande Tebe , la vecchia capitale con il suo granito rosa e le fantastiche costruzioni di corallo contro il cielo africano . Continua­ rono ancora e, come ci dice Svetonio , sarebbero giunti fi no in Etiopia se la scorta armata non si fosse rifiutata di procedere 3 20 • Il sogno era così finito e la vita ricominciava. Al suo ritorno Cleopatra era incinta di un figlio di Cesare , che alla sua nascita chiamò Tolomeo , ma che più tardi ribattezzò Cesarione dal nome del padre e che Cesare, almeno a di3 1 4 P LU T . ,

ibid. ; DIO, X L I I . 40 . 4 .

m P L UT . .

ibid . .

3 1 6 SuET

Ces. • 64. Secondo Dione Cassio. gli Egizi r i u scirono i nvece ad impadronirsi della clamide ed a farne u n l rofeo (DIO, X L I I . 40 . 5 ) . 117

.•

P L UT . , ibid.; D I O , X L I I . 40 . 3 - S .

3 1 8 P tu T . , ibid.; D I O , X L I I . 1 1 9 ATENEO, V . 204.d-206 . c .

43 . 4 . Si l ra t t a della descrizione del Thalamegos d i Tolomeo P h i lopator fal l a

da Callissenos d i Rod i .

3 20 Su ET . • Ces . • 52. Ques1o vi aggio di piacere di Cesare fu causa di molti comment i sfavorevoli a Ro­ ma ed anche Cicerone vi accenna i n una lettera del 14 maggio del 47 « . . . /Ile enim ila videtur A lexan­ draeam tenere. ut eum scribere etiam pudeat de illis rebus. . . » (CIC. , Ad A li . . X I . I S . l ). D ' a l t r a parte m i s e m b r a n o r m a l e che Cesare si astenesse dal comun icare p e r iscri t t o q u e l l o che l u i e Cleopatra facevano su l Thalamegos. E sempre ad Alessandria era Cesare il I S giugno del 47 ( C l < . . A d A l i . • X 1 . 1 7 b i s . J ) . mentre a R o m a t u t t i lo a t t endevano c o n i m pazienza . U na lettera d e l I S l u g l i o . ( C l < . . A d A li. X X I V ( X X I ) .2) dà notizia della partenza di Cesare da Alessandria. ma la dice non sicura. I nvece i l ditta! o­ re era già part i t o a l l a fine d i giugno per andare a combattere Farnacc.

1 27

re di Marco Antonio, riconobbe in presenza di testimoni 1 2 1 • Cesare, prima di partire per la Siria, installò definitivamente sul trono la sua giovane aman­ te affiancandole un altro fratellino-marito, l ' allora dodicenne Tolomeo X I I I e, grato della compagnia e delle attenzioni che ella aveva per l u i avuto, le lasciò anche tre legioni per tenere l ' ordine in Egitto. I l grande generale doveva ancora andare in Siria , ma, dopo aver sistemato tutte le cose lì ed in Africa, tornò a Roma. Qui lo raggiunse anche Cleopatra in compagnia del fratellino superstite, il bambino dodicenne che Cesare le aveva fatto sposare . Era una saggia decisione: un marito di quel genere non avrebbe mai potuto creargli noie. Il dittatore stabilì la regina nei suoi giardi­ ni di Trastevere 322 ed i due amanti ebbero ancora quegli ultimi anni di pia­ cevole relazione prima delle fatali idi di marzo . Certamente non era più la stessa cosa . Roma non era il palazzo di Alessandria, né tantomeno il Thala­ megos sul Nilo. Cesare aveva la sua vita, i suoi impegni , una moglie poco più che trentenne, alla quale nonostante tutto era affezionato e con la quale passava molte delle sue notti . Con Cleopatra si doveva certamente vedere ed incontrare, se non altro per quel figlio maschio che lei gli aveva dato : il figlio maschio che legittimamente non aveva mai potuto avere. Un figlio che gli era nato tardi quando già aveva 54 anni e che, povera creatura, non gli so­ pravvisse nemmeno molto, assassinato prima ancora che potesse far qualco­ sa di notevole, trascinato come fu alla rovina dagli intrighi e dalla sete di potere della madre. Ucciso, tra l ' altro, perché la sua somiglianza fisica con il famo­ so padre metteva paura a molti . Di Cesare non restò così nessuna discendenza legittima, né conosciamo tutta quella prole illegittima che dovette certamente avere. È chiaro infatti che, con tutte le relazioni che ebbe, di bastardi suoi dovette essere pieno il mondo, ma erano appunto bastardi e quindi non contavano . Morire senza eredi legit­ timi maschi era per la sua epoca una cosa gravissima, ed è realmente triste che un uomo che ebbe tante donne si sia dovuto contentare di una sola figlia e femmina per giunta . 121 P L u r . , Ces. , X L I X . Dione Cassio è m e n o sicuro e lo melle i n forma dubitativa dicendo c h e , come ricompensa per l ' aiuto che aveva dato a Dolabella, Cleopatra ottenne che il figlio, che essa diceva di aver avuto da Cesare e che fino ad allora aveva chiamato Tolomeo , prendesse il nome di Cesarione e divenisse re deii ' Egillo (DIO, X L V I I . 3 1 . 5 ) . Antonio, per parte sua, dichiarò a varie riprese che effenivamente Ce· sarione era figlio di Cesare e, addi rillura, lo presentò come figlio legillimo del dinatore . (DIO, L . l . 5 ; 3 . 5 ) . M a Antonio aveva t u n o d a guadagnare a d affermare c h e i l ragazzo era figlio legiltimo di Cesare: lo cont rapponeva cosi ad Onaviano, figlio adonivo. Sembra sicuro che Cesarione fosse figlio del dillato· re, ma è altrettanto certo che Cesare non sposò mai Cleopatra, tanto è vero che prima di partire egli le ordinò di sposare i l fratellino Tolomeo X I I I , (Dio, X L I 1 . 44 . 2 ) . Soltanto Antonio, parte troppo interes· sata , parlava di un matrimonio, e sempre Antonio testimoniò in Senato che il dittatore aveva riconosciu­ to il bambino ed a corroborare la sua affermazione aggiunse che a questo riconoscimento avevano assistito anche Caio Mazio e Caio Oppio (SUET . , Ces. , 52). La sua testimonianza venne però immediatamente con­ futata da Caio Oppio che pubblicò u n libro nel quale non soltanto smentiva tut! o , ma dichiarava addirit­ tura che Cesarione non era figlio di Cesare . Cicerone nel maggio del 44 a . C . disse ad Att ico che sperava fosse vera la noti1ia riguardante la regina e cioè che ella avesse avuto u n figlio da Cesare (C l e . . Ad A tt. , X l V . 20 . 2 ; X V . 4 . 4 . ) . Quello che è certo è che mentre è più probabile che in quella paternità il diuatore ci entrasse. è quasi certo che egli non riconobbe mai come suo il bambino e che per lui Cesarione fu sol­ tanto u n semplice figlio i llegi llimo. m Dio, X L 1 1 1 . 27 . 3 ; C1 c . ,

1 28

A d A lt. , X V . I 4( 1 5 ) . 2 .

N I COMEDE

Ma ci furono soltanto donne nella vita amorosa di Cesare? Quando si par­ la di Cesare si trova sempre chi si precipita ad affermare che l'illustre con­ dottiero era un omosessuale. Questa convinzione si basa su un certo numero di dicerie spigolate negli attacchi di alcuni suoi �ontemporanei tra i quali tro­ viamo persino Catullo m. Questi , nonostante che il padre fosse molto ami­ co di Cesare, odiava il dittatore e lo attaccava nei suoi versi m . Ma Catullo non fu il solo a scagliarsi contro Cesare e a d accusarlo d i omo­ sessualità: molti fra gli appartenenti al patriziato ed i loro simpatizzanti cer­ carono sempre di di ffondere tali voci e di mettere in cattiva luce il grande generale . Svetonio, nella sua Vita di Cesare, riporta molti dei libelli che essi misero in giro sul suo conto ad iniziare dai maligni versi di Calvo Licinio: to ! ra>porlo ohre l u l l o era >Ialo fa u o

151

Fig. 21 . l Rostri. Questi però non sono quelli del l sec . a . C . che si trovavano molto più vicino alla Regia. Fu su quelli, oggi scomparsi, che salì Antonio per commemorare Cesare.

Il popolo era da sempre abituato a connettere il luogo della cremazione ""' con la tomba vera e propria . Quindi essi continuarono a considerare il luogo del rogo come quello dove si doveva praticare il culto di Cesare e, non tenen­ do in nessun conto il fatto che si trattava di un luogo pubblico, lo vollero segnare con una colonna, vicino alla quale essi potessero sacri ficare e recarsi per rendere sacra test imonianza . Date tutte queste cose, non c'è dubbio che, dal punto di vista religioso e legale, Dolabella e Cicerone avessero ragione. Ma il loro successo fu effime­ ro: il popolo non voleva dimenticare il suo idolo e lo voleva lì , in mezzo al Foro , dove lo avrebbero avuto sempre davanti agli occhi . Non era una situa­ zione facile e necessitava comunque di una soluzione . Fu poi Ottaviano quello che riuscì a risolverla brillantemente, facendo sorgere un tempio dedicato a subito, per evit are che i resti mortali di Cc�arc \'C nis � c r o dispen.i , \."Ome i suoi nemici. b asand o si su leggi e norme religiose ed attaccandosi a 1 u 1 1 i i cavilli pos� i b i l i . avrebbero pot uto p reten d ere si facesse proprio perché il rito funebre si era irregolarmente svoho in un luogo pubbli('o. -"IH General mente questa 3\'veniva negli ustrini anne�si alla tomba della gens.

1 52

Fig. 2 1 bis - l resli del lempio di Cesare al Foro Romano alle idi di marzo. Ancor oggi, in quesla dala, genie comune depone fiori sul luogo dove Cesare venne cremalo, e dove, un lempo, sorse la colonna di Amazio. Sempre a quesla dala, poi , lulli gli anni u n annuncio monuario alla memoria del grande genera­ le compare sul più imponame quolidiano di l nghillerra, il Times. L'ombra che Cesare ha gellalo sul mondo � davvero mollo lunga.

Cesare proprio là dove egli era stato cremato. Questa era una presa di posi­ zione chiara, con la quale Ottaviano dimost rava che anche per lui tale luogo era religione astrictus. Se si erano potute sollevare obbiezioni per la colonna, nessuno poteva opporsi al culto in un tempio e l ' argomento fu così definiti­ vamente chiuso . Oggi di questo monumento è restato ben poco , ma, anche dopo tanti seco­ li, il luogo carico di memorie, dove un giorno sorse la colonna di Amazio, continua ad esercitare il suo particolare fascino sugli amanti della storia (fig . 2 1 bis). Così , ancor oggi , nella ricorrenza delle idi di marzo , molti si recano al Foro Romano per deporre fiori sull'ara eretta là dove avvenne la crema­ zione di Cesare . Ed è con questo gesto gentile, che si ripete a distanza di tanti secoli dopo la sua morte, che la gente continua a ricordare Cesare e che egli continua ad esistere nella mente degli uomini e ad essere ricordato att raverso i tempi . 1 53

AUGUSTO

Chi era Augusto? Molto è stato scritto su di lui dagli storici di tutti i tempi ma, nonostante ciò, è probabile che di lui non si sappia proprio tutto e tutto non si saprà proprio mai . La sua storia venne i n fatti composta quando or­ mai il giovane erede di Cesare aveva vinto ed eliminato tutti i rivali pericolosi e, in fatto di storia, i vincitori hanno sempre ragione. Non si è mai visto un trionfatore che venga maltrattato dai suoi cronisti . Almeno non molto. Una manciata di notiziole non propriamente laudatorie la si viene ogni tanto a sapere, sopratutto dalle cronache degli scrittori più tardi che esultano quando riescono a scoprire qualche ghiotto fattarello scandalistico, nascosto in fon­ do agli archivi e sfuggito all ' attenzione degli interessati . Ma anche questi squar­ ci di vita dei vittoriosi protagonisti della storia sono rari, perchè è certo che la prima cosa che ogni uomo o partito faccia quando riesce a raggiungere le leve del potere è quella di iniziare un massiccio bucato diretto a rendere candidi come la neve tutti i suoi panni sporchi ed a far diventare neri come l ' inferno quelli del nemico. Ed in questo Augusto fu maestro. Ma è ovvio che, se non avesse avuto qualità eccezionali o fosse stato un essere disprezza­ bile, nessun processo di beati ficazione postuma avrebbe potuto aver effica­ cia. Il fatto è che in Augusto i lati positivi sopraffecero quelli negativi . Non si può però ignorare che anche questi non mancarono . Certo l' unico modo di individuarli è quello di vederli emergere dalle sue reazioni ai diversi avve­ nimenti e dalla sua politica. Di più non si può fare . Quando Augusto entrò per la prima volta nel mirino della storia non era certamente un personaggio di primo piano . Non era però neanche uno sco­ nosciuto . Roma, pur essendo il centro di una grande potenza e la capitale di un impero, era ancora una città a dimensione umana e le persone che con­ tavano si conoscevano tutte tra loro . Inoltre, dopo l 'ascesa del dittatore, tut­ ti o quasi tutti i parenti di Cesare si trovavano alla ribalta. Augusto era uno di questi parenti : Marco Azio Balbo aveva avuto Azia, la madre del futuro Augusto, da Giulia, la sorella del dittatore . Ottavio , il futuro Augusto, e la sorella maggiore Ottavia erano nati dalle nozze di Azia con Caio Ottavio, un uomo di famiglia velletrana che, come ci dice Svetonio.wo, era ricchissimo e molto stimato e si era sempre fatto mol'09 SuET., A ug. , 3 .

1 54

to onore nelle cariche di cui fu insignito. Sappiamo così che si distinse di­ struggendo i superstiti degli eserciti di Spartaco e di Catilina e che, dopo es­ ser stato pretore, ebbe in sorte la Macedonia. Sbaragliò i Bessi ed i Traci e fu noto ai posteri per aver governato la sua provincia in modo talmente esem­ plare che Cicerone usava porlo ad esempio al fratello Quinto 4 1 0 • Purtroppo, proprio quando stava per lasciare la Macedonia e porre la sua candidatura al consolato, Ottavio morì . Si era nel 59 ed egli lasciò Azia ve­ dova con i due figli bambini ed una figliast ra, Ottavia la Maggiore, nata da Ancaria, la sua prima moglie 4 1 1 • Alla morte del padre, Ottaviano, che era nato a Roma il 23 settembre del 63 a . C . sotto il consolato di Marco Tullio Cicerone e Caio Antonio , aveva soltanto 4 anni , ma trovò presto un ottimo pat rigno . Infatti la madre , trascorso il dovuto tempo di lutto , si risposò con uno dei piscinari 4 1 2 più in vista dell' epoca, un certo Lucio Filippo , un uo­ mo che, a dire del suo amico Cicerone, era un terribile chiacchierone 4 1 3 , ma in compenso possedeva una ricchezza sconfinata. In un primo tempo, prima di passare in casa di Cesare, Augusto, già ricco di suo, venne allevato in casa del ricchissimo pat rigno, dal quale egli fu poi sempre appoggiato 4 1 4• Nella lotta di propaganda che infuriò tra Antonio ed Ottaviano 4 1 1 , la par­ te avversa al giovane Cesare cercò di screditarlo in tutti i modi e, tra l ' altro, attaccò le sue origini, dicendole oscure e disdicevoli . Si affermava che il bi­ snonno di lui, i l padre di Balbo, avesse sangue africano e, secondo i momen­ ti, una volta si accusava questo bisavolo di aver avuto una bottega di profumeria, un'altra di esser stato un mugnaio di Ariccia 4 16 • Antonio, per­ sonalmente, attribuiva ad Ottaviano un bisnonno liberto e funaio di Turi 4 1 7 ed un nonno cambiavalute 4". Per parte sua Cassio Parmense, un avversa­ rio di Augusto , in una lettera a lui indirizzata, gli scriveva:

4 10 SUH., ibid. . 4 1 1 SuET . . A ug . , 4 . 4 12 Piscinarii (CIC. Ad A lt. ,

1 . 1 9.6). o piscinarum tritones (Cic .. Ad A lt . , I l . 9. 1 ) . vengono chiamati da Cicerone i ricch issimi proprietari di piscine nelle quali si al levavano pesci di mare, molte volte più per ricavarne dileuo che per sfruuarne i l prodouo.

413 414

Clc. .

A d A l i . . X I I I . 43 [ L i b . X l i . 9) .

DIO. XL V. l . l . Dopo aver i ndossato le vest i virili il futuro Augusto, pur restando molto legato a Filippo, passò in casa di Cesare. 4 1 l J . G EIGF. R . A n Overlooked /tem of the War of Propaflanda bet ween Octavian and A nthony i n Hi­ storia ZA L I Gesch. 29 ( 1 980), pp. 1 1 2- 1 1 4 .

4 16 417

Su ET . . A ug . , 4 .

I n effe u i , a q u e l c h e dice Svetonio, Augusto da b i m b o aveva a,·uto i l soprannome di Turino, e lo stesso storico raccomava di aver trovato una statua di bronzo di Ottaviano fanciullo con tale nome iscrit­ to sulla base i n leuere d i ferro corrose dal tempo. Egli l ' aveva rega lata a l l ' i mperatore Adriano, che la teneva iP camera sua e l'ave\'3 molto cara . Secondo Svet onio il soprannome non gli veniva dall'ipmet ico funaio a; Turi, quanto dal fallo che una parte della sua famiglia era originaria di quel paese, u n a ciuà lucana sul gol fo di Tarant o , c perché l i , poco dopo la sua nasci t a , i l padre aveva scon fit t o i su perst iti delle bande d i Spartaco e d i Catilina (SJ . u . . A ug . • 7 ) .

4"

SuET . . A ug. , 2.

1 55

« . . La farina ti viene dal più esoso mulino di Ariccia e la impastò con le mani insudiciate dal maneggio del denaro il cambiavalute di Neru­ lo . . . » "'". .

Ottavio padre veniva poi dipinto dagli Antoniani come un oscuro cambia­ valute 420, ma i documenti sulla genealogia di Augusto provano altrimenti . Balbo, il bisnonno di Augusto , che gli Antoniani volevano far passare per un piccolo e sudicio mercante africano, era invece originario di Ariccia e po­ teva vantare la sua discendenza da una lunga lista di senatori ; per parte di madre, poi , Balbo era imparentato al grande Pompeo 421 • Dal lato suo, co­ me si è già visto, il padre di Augusto , Ottavio, proveniva da un ottima fami­ glia. Lo stesso Augusto lasciò scritto di essere nato da una famiglia non più che equestre, ma antica e doviziosa, nella quale il primo senatore era stato il padre suo 422, un uomo allevato in mezzo ad ogni agio e facilitazione, così che non aveva avuto nessuna difficoltà a intraprendere la sua carriera nei pub­ blici uffici . La propaganda di Antonio, che voleva presentare Augusto come figlio di gente da poco , veniva così clamorosamente smentita. Che il ragazzo appar­ tenesse ad una famiglia importante era provato dalle nobili parentele . Resta­ va il fatto che la gens di Ottavio non era di origine patrizia, ma Cesare aveva subito ovviato a tale mancanza facendo iscrivere il nipote al patriziato 42 3 • In quanto poi a denaro non vi era dubbio che il futuro Augusto ne avesse i n abbondanza . Questo fu ben evidente quando, dopo l ' i nizio della lotta con Antonio, il ragazzo , riuscì a far fronte di tasca sua a tutti gli impegni presi dal dittatore nel suo testamento e, pagati i lasciti , ebbe ancora abbastanza denaro da arruolare truppe, pagando loro profumatissimi premi di i ngaggio . S e la propaganda di Antonio dipingeva i l giovane Cesare con tinte così fo­ sche, la propaganda cesariana, però, non stava con le mani in mano e con­ trobatteva facendo circolare su Ottaviano le favole adulatorie più incredibili . Si stenta a credere che qualcuno potesse prenderle sul serio. Ad esempio, si cercò di asserire che il giovane non fosse figlio di un comune mortale, ma di un dio e , come a suo tempo si era detto che Olimpia, la madre di Alessan­ dro, avesse generato il figlio dopo esser stata fecondata da Giove, così si sparse la voce che Azia avesse avuto Augusto da Apollo 424 • Si raccontò che mentre Azia si trovava nel tempio di Apollo per una ceri­ monia, essa era stata colta da un sonno profondo e, così addormentata, ave-

419 42 0 42 1 22

Su ET., A ug . . 4. Nerulo era una piccola ciuà lucana . Su ET .• A ug. , 3 . SUET . . A ug . , 4 .

4 SuET .. A ug. , 2. Ovviameme il primo senatore della gens Onavia. I n fal l i di senatori t ra gli antenati d i Augusto ce n ' erano già stati molti nella famiglia di suo nonno materno, Balbo. 42 1

4 24

1 56

Dto,

XLV. 2 .7 .

Dto,

X L V 1 . 2-3 .

va sognato di esser posseduta da un serpente 42s . Ottavio era nato dopo no­ ve mesi esatti dall 'evento e, secondo coloro che di ffondevano questa storia, non vi era quindi dubbio che fosse figlio del dio. Ma i racconti miracolosi non si fermarono qui . Si di ffuse la voce che, proprio prima della nascita del bimbo, vi era stato un secondo sogno di Azia, nel quale essa aveva visto tutte le sue interiora uscire da lei per alzarsi fino al cielo e coprire tutta la terra . Si diceva che nello stesso momento il marito, ignaro del dubbio onore fatto­ gli da Apollo, giacesse addormentato accanto ad Azia e sognasse di vedere il sole sorgere dal ventre della moglie 426 • Secondo Dione, Azia raccontò tutte queste storie a Cesare e il dittatore le prese come oro colato. Sempre secondo Dione, fu in conseguenza a questa rivelazione che Cesare, i mpressionato, scelse il ragazzo come suo successo­ re 42 ' . E questa è senza dubbio la parte più incredibile della storia . Ma l a propaganda cesariana n o n si era arrestata a c i ò e d aveva fatto spar­ gere in giro il racconto di altri presagi , altrettanto fantastici , che avrebbero circondato di u n alone soprannaturale la nascita e l'infanzia del futuro i mpe­ ratore. Ad esempio, la profezia di Nigidio Figulo. Per questa si faceva crede­ re che il 23 settembre del 63 il padre del futuro Augusto, che aveva appena assistito alla nascita dell' erede, arrivando trafelato e fuori tempo alla riunio­ ne del Senato, avesse incontrato sulla porta l ' amico e collega Figulo e, col cuore in gola, gli avesse spiegato la ragione del suo ritardo. Figulo, che si intendeva di astrologia e conosceva tutti i segni del cielo , era rimasto esterre­ fatto e gli aveva profetizzato che, da come erano messe in quel giorno le stel­ le, il bambino che aveva appena visto la luce avrebbe avuto potere assoluto su tutti i romani . Secondo Dione, Ottavio padre avrebbe preso talmente sul serio le parole del profeta, che, sconvolto all'idea di aver creato un simile pericolo per la libertà dei suoi concittadini , avrebbe voluto spingere la sua fede repubblicana tanto in là da uccidere il neonato e, sempre secondo Dio­ ne, furono soltanto le provvidenziali insistenze di Nigidio a dissuaderlo da misure tanto estreme 42 8• Negli elenchi dei prodigi che per la propaganda cesariana accompagnaro­ no l'infanzia di Augusto, troviamo poi quello dell'aquila che, mentre egli pas­ seggiava in campagna, gli aveva strappato il pane di mano e, dopo esser salita molto in alto, era tornata poi a riportarglielo 429• Evidentemente i rapaci del42s Anche per Olimpia sempre di serpente si era trallato ( P t . UT . , A lessandro, 2 ) . Oltre Dione Sveronio racconta anche lui i l prodigioso connubio e lo racconta i n modo molto più immagi n i fico dicendo d i aver­ lo t rovato nei Teo/ogumeni di Asclepiade Mendeo. Secondo lo storico mentre Azia a mezzanolle assiste­ va ad un solenne rito in onore di Apollo, si era addormentata nella sua leniga. Un serpente vi si era introdono e poi era sgusciato fuori . Essa risvegliatasi aveva sentito i l bisogno di puri ficarsi come se si fosse giaciuta col marito. ed aveva t rovato che sul suo corpo era apparsa una macchia a forma di serpente (SuET . . Au­ RUSio. 94). 426 Dro. ibid. ;

St T t. . ibid. .

427 428

DIO,

42 9

Dro. XL V. 2 . 1 ; S t • r t

ibid. .

DIO, ibid. . Svetonio racconta la stessa cosa S l ! I · T. . ibid. . •

ibid. .

1 57

l 'epoca non dovevano saper distinguere bene il pane dalla carne e, soprattut­ to, dovevano essere particolarmente gentili e giocherelloni . M a anche questo prodigio fu narrato come un segno chiarissimo del luminoso futuro di Ottavio. Abbiamo poi il sogno di Cicerone. Racconta Dione che l ' Oratore vide un fanciullo che veniva calato dal cielo sul tempio di Giove Capitolino e qui , dalle mani del dio, aveva ricevuto una frusta . L ' indomani i ncontrando Otta­ vio nel Foro egli avrebbe riconosciuto in lui il ragazzo del sogno 4 30 • M a di questo nell'epistolario di Cicerone non c'è traccia , e sì che, se egli avesse fat­ to un simile sogno, ne avrebbe certamente messo al corrente i l fido Attico . Pare comunque che non ci fosse modo di evitare di sognare il giovane Ot­ tavio: egli sembra aver popolato di incubi le notti di vari senatori . Infatti si narrava che fosse apparso anche a Catulo . Si raccontava che una sera, dor­ mendo, questo senatore aveva creduto di vedere una schiera di fanciulli no­ bili salire in processione al Campidoglio e , mentre essi offrivano sacri fici, Catulo avrebbe visto l ' immagine di Giove - che, per essere di marmo, sem­ bra esser stata una statua eccezionalmente attiva - lasciar cadere un figuret­ ta di Roma in grembo ad uno di loro . Guarda caso , anche Catulo l ' i ndomani doveva incontrare per la prima volta in vita sua il ragazzo del sogno e, natu­ ralmente, proprio nel tempio del Giove Capitolino 4 3 1 • Manco a dirlo, si trat­ tava di Ottaviano . Ad indicare il brillante futuro di Augusto non bastavano , però , soltanto i prodigi fausti : tutto per lui si tramutava in un segno favorevole, pure i pre­ sagi più malefici . Così si raccontava che, quando gli stavano per la prima volta mettendo la tunica virile, essa si scucì da ambo i lati e gli cadde ai piedi . Per qualsiasi altro sarebbe stato sicuro presagio di una brutta fine . Ma il gio­ vane Augusto, invece di fare gli scongiuri ed immaginare chissà quali disa­ stri , dichiarò soddisfatto: «Avrò tutto il Senato ai miei piedi» 43 2 • A parte queste storie, simili del resto a quelle che hanno sempre puntual­ mente accompagnato la nascita, le vicende salienti e la morte dei grandi del­ l ' antichità , Augusto fece onore alle più rosee predizioni . Egl i , nonostante la sua giovanissima età , riuscì a prendere in mano le redini di una Roma impaz­ zita e sull' orlo del precipizio e, con pazienza , tenacia ed abilità non comuni la salvò e la fece ancor più grande . Per Roma, infatti , il l sec . a . C . fu un periodo particolarmente agitato e lacerato da contese interne . Per lunghissimi anni si combattè per il potere su­ premo e le sorti di Roma furono in mano ai signori della guerra . Lotte inte­ stine avevano coinvolto tutto il paese : Mario e Silla prima, Pompeo e Cesare poi , Cesariani e congiurati dopo la morte di Cesare, Antonio ed Ottaviano m Dto. X L V . 2 . 2 ; Sl! E T . , ibid. . m

DIO, X L V . 2 . 3 -4 Svelonio l o raccon1a i n modo u n po' di verso . Catulo avrebbe addirinura sogna­

I O Onaviano due noni di segu ito: nel primo sogno i l dio dava al fanci ullo u n vessi llo i nvece della Slatuena

di Roma; nel secondo egli era seduto i n grembo alla statua, e questa proibi a Calulo di farlo scendere ( S t a' T . , ibid. ) . •n D I O , X L V . 2 . 5 - 6 ; S t ' IT , ibid. .

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infine. Per anni la penisola, e per questo anche il resto del mondo conosciu­ to, furono percorsi in lungo e largo da eserciti assoldati dai vari aspiranti al potere supremo che si combattevano accanitamente fra loro. Quando alla fi­ ne le acque si calmarono ed il polverone si depositò tanto da potersi render conto di quel che era successo, si vide che il meno guerriero tra i contendenti , il fragile ed ancor giovanissimo Augusto, aveva battuto tutti ed era rimasto padrone assoluto del campo . A quel momento Augusto aveva soltanto 32 anni ed in soli 1 4 anni aveva percorso una breve e luminosissima carriera . Era una carriera iniziata molto presto. Egli non era che un ragazzo quando Cesare aveva comi nciato a con­ ferirgli onori speciali . Così , benché non avesse partecipato alla guerra africa­ na, Ottavio ricevette doni militari nel trionfo dello zio m. Il futuro padre adottivo si era ormai preso questo nipote sotto le ali 434 e si occupava a fon­ do della sua educazione, facendolo istruire in tutte quelle arti che gli sareb­ bero state necessarie per dirigere lo stato, inclusa l ' oratoria sia in greco che in latino 4 1 5 • Se lo portava anche con sè ed egli seguì il famoso zio in Spa­ gna dove , secondo Svetonio , si comportò molto bene : infatti essendo ancora mal ristabilito da una grave malattia e non essendo riuscito a partire con Ce­ sare, egli , benchè avesse con sé pochissimi compagni , lo raggiunse rapida­ mente per vie infestate dal nemico, dopo essersi, tra l ' altro , dovuto salvare da un nau fragio 4 16 • Secondo Svetonio la tenacia e l' accortezza di cui il ragazzo aveva dato prova in questo viaggio rallegrò Cesare e contribuì a confermare le speranze che riponeva in lui . Sembra però di fficile che Cesare si sia lasciato incantare da queste prodezze o che si sia basato su esse per decidere se Ottaviano fosse o no degno a succedergli . Il resoconto di Svetonio, a parte il fatto di con fer­ mare che il giovanet to era fragile e cagionevole di salute, provava essenzial­ mente che la scorta di Ottaviano , anche se composta da pochi soldati, doveva essere formata da gente molto valida, capace di guidare la piccola carovana in mezzo ai pericoli ed ai tranelli del percorso e trarre in salvo il nipote del grande condottiero . Questi del resto, malaticcio com 'era, non poteva esser stato di grande aiuto ai loro sforzi . In quanto all'essersi salvato dal nau fra­ gio , il fatto dimost rava soltanto che il futuro Augusto sapeva nuot are bene e che aveva molta voglia di non affogare : qualità lodevoli , ma non certamen­ te tali da qual i ficare un ragazzo al comando supremo. Evidentemente Cesare non poteva basarsi soltanto su questi fat ti e doveva avere ragioni molto più serie per stimare Ottaviano . Che lo stimasse, e mol433 S u ET . , A ug. , 8. 414 Secondo Dionc Ca�"osio,

appena Cesare decise che Ottavio sarebbe diventato suo erede, egli iniziò subilo a farlo i s t r u i re i n tutto q u a n t o �arcbbc s t a t o u t i le ad un fu t u r o capo di !') l a t o : a que�to �copo lo fece eserci tare sia n c l l ' oralDria greca che i n quella l a t i n a , lo fece isr ruirc a fondo i n pol i t i�.:a c nel l ' a n c d i governare c lo sotropo�c ad u n a r d u o servizio m i l i t are ( Dt o , X L V . 2 . 7 - 8 ) . 41 ' D I O , X l v . 2 . 8 . 416 S l l H . , ibid. .

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to, non è però dubbio dato che nel 45 a . C . , quando fece testamento, decise di adottarlo 43 7 e farlo suo figlio a tutti gli effetti . Certamente Cesare non po­ teva ignorare i difetti del nipote e doveva ben sapere che Ottaviano non sa­ rebbe mai stato un buon soldato, ma egli doveva già averne valutato gli altri pregi eccezional i . D e l resto, anche se il ragazzo un d i o della guerra n o n l o f u mai , bisogna riconoscere che vinse tutte le più importanti battaglie e fu lui quello che, alla lunga, riuscì a t rionfare su tutti . È chiaro quindi che egli doveva avere parti­ colari capacità, t ra le quali preminevano un'indiscussa intelligenza unita ad una grande capacità di giudicare gli uomini e scegliere fra essi i migliori , e, in più, uno straordinario genio per l'organizzazione. Cesare poi doveva am­ mirare in lui quella continua padronanza di sè stesso che non Io faceva mai lanciare a testa bassa e senza ragionare in avventure pericolose. Doveva so­ prattutto apprezzarne la moderazione, la tenacia e, perché no, la sua grande astuzia: qualità fondamentali per la persona alla quale sarebbe toccato il com­ pito di mettere un po' di ordine in quel terribile caos che era Roma alla fine della repubblica . Dovette essere tutto questo insieme di considerazioni quelle che spinsero il dittatore a preferire il piccolo , gracile e malaticcio nipote, invece del forte, maschio e coraggioso Marco Antonio, che pure era il suo braccio destro e del quale Cesare si fidava ad un punto tale, che tutte le volte che doveva as­ sentarsi , disponeva fosse lui a subentrargli nel comando . Certamente in guerra era Marco Antonio la persona più adatta a guidare lo stato, ma è probabile che Cesare sperasse di stabilizzare il governo di Roma prima della sua morte e, quindi , pensasse di lasciare ad Augusto un paese rovinato, sì , ma in pace : un paese da riorganizzare e rimettere in carreggiata, non una nazione sfa­ sciata da guidare in combattimento. Un compito quindi adatto alle grandi capacità del nipote. Ottimo conoscitore di uomini, il dittatore si rendeva conto che, quando si fosse trattato di occuparsi dell'amministrazione di un impe­ ro , la freddezza, la serietà, l'intelligenza, la sobrietà, l ' astuzia e la forza di volontà del nipote sarebbero state molto più utili dell ' impetuosità e del valo­ re guerriero del bel generale. L ' uomo che Cesare intuì e che quel ragazzo poi divent ò, deve essere quello che si vede in un ritratto giovanile del futuro Augusto (fig . 22) , che ancora non risente della iconografia u fficiale del primo imperatore ed è quindi più fedele all'originale. U n viso regolare con occhi grandi e distanti : bello , ma non bellissimo come l'Augusto di Prima Porta e lo splendido profilo che si ammira nella sua monetazione . l capelli a ciocche ricadono su una fronte molto

4n Ottavio e r a stato adot t a t o cd i .s t i r u i t o e r e d e nel test a m c n l o che i l diuatore aveva fatt o nel Labicano i l 1 3 s e l l e m b r e del 45 a . C . , documento che egli ave,·a affidato alla Vestale Maggiore. Fino ad allora e fino al principio della guerra civile Cesare aveva sem pre nom i n a t o suo erede Gneo Pompeo ed aveva an­ che dato let t u ra di quel testamento alle truppe. Ma con l ' uhi m o tc�tamcnto i s t i t uiva suoi eredi i nipoti figli delle sorell e : Caio Ouavio per t re quarti e Lucio Pinario e Quinto Pedio per l ' altro quarto (SUET . , Ces . • 8 3 ) .

1 60

Fig . 22 - Ritrauo di Ouaviano. Dovrebbe essere uno dei più fedeli . È un ritrauo molto realista di un gio­ vane bel lo, ma non bellissimo come apparirà poi nelle sculture glorificanti i l suo personaggio. Il viso os­ suto, la fronte contraua, la piega amara della bocca ci mostrano chiaramente un uomo giovanissimo che, pur dovendosi confrontare con problemi immensi, è deciso a vincere a tutti i costi e con lutti i mezzi .

alta che rivela sua notevole intelligenza . Il collo gracile, con un pomo d ' Ada­ mo leggermente sporgente, ci ricorda la debolezza della sua salute, ma nello stesso tempo fa immaginare una voce profonda, utile per chi avrebbe dovuto spesso parlare i n pubblico. Due rughe verticali , che incidono profondamente la sua fronte, partono dalla base del naso ; la fronte aggrottata e le pieghe amare ai lati della bocca, denotano poche i llusioni sulla realtà della vita e, nello stesso tempo , sono indice di una calma riflessione sui problemi da ri­ solvere. È la faccia di qualcuno abituato ad esaminare da tutti i Iati le situa­ zioni di fficili prima di affrontarle e si capisce che, quando una persona come lui si fosse dovuta muovere, lo avrebbe sempre fatto a ragion veduta e dopo averci ben riflettuto. È chiaro che si trattava di un uomo giovane, ma di uno che, nonostante la sua età , non si sarebbe mai fatto prendere la mano dalla rabbia o dal sentimento e che avrebbe sempre saputo controllars i . Un buon politico insomma . Il dittatore sapeva bene quanto nella vita fossero preziose queste doti di controllo. Egli le aveva esercitate in lungo ed in largo . Anche se Augusto non avrebbe mai avuto la personalità generosa di Cesare ed anche se gli sarebbe­ ro sempre mancate quelle doti di eroica e militare grandezza che avevano di­ stinto tutta la vita del dittatore, egli sarebbe stato altrettanto grande : in un modo più calmo , ma non per questo meno importante. D'altra parte la gene­ rosità ed il coraggio fisico di Cesare erano anche state alla base della sua morte violenta: non era forse vero che egli era stato assassinato da tutti coloro che egli aveva perdonato, protetto e portato ad alti incarichi , benché molti di lo­ ro avessero addirittura combattuto contro di lui? Non era forse vero che un uomo meno coraggioso di Cesare avrebbe dato retta all ' indovino che gli ave­ va predetto la sua fine per le idi di marzo, e non sarebbe certamente uscito di casa dopo i presagi della notte ed i sogni di Calpurnia? Augusto non avrebbe mai corso questi rischi . Comunque non si trovò mai ad affrontarne: i suoi nemici scomparvero tutti ben presto dalla scena. Di lui si racconta i l sanguinoso episodio di Perugia, descritto i n modo terrifi­ cante da Dione "' . Anche Svetonio Io riferisce e Io fa in un modo ancor più agghiacciante. Lo storico racconta che, dopo la caduta della città , ben tre­ cento tra cavalieri e senatori vennero uccisi alle idi di marzo davanti un' ara eretta a Giulio Cesare , e a coloro che chiedevano pietà Ottaviano diceva una sola parola: " Morite ! " 4 19 • Ma questo è uno dei pochi episodi di crudeltà che gli vengono attribuiti ed egli non uccise quasi mai gli avversari pericolosi. Al­ meno non lo fece mai di rettamente. È anche vero che quasi tutti i suoi nemici fecero una fi ne rapida, violenta e provvidenziale . Quanto lui ci entrasse non lo si saprà mai, ma è impossibile 4 J fl Seco n d o Diane dopo l a pre\a di Perugia venne eretto u n a l tar e a Cc�arc a l quale furono sacrificati 300 caval ie r i e m o l t i senatori (Dto. X L V I I I . 14. 4 ) . I l fatto viene taciuto da Velleio i l quale dice soltanto che vi furono a t rol: i l :i , ma c h e C!'.SC furono fr utto della rabbia dci s o l d a t i e non dell'ordine del loro co­ mandante ( V r t L , LXX I V . 4 ) .

41 9

1 62

SL'FT . ,

A U,I/. , 1 5 .

non riconoscere che Augusto era un ottimo e prudente politico , e questo lo aiutò a morire tranquillamente di vecchiaia nel suo letto dopo aver parteci­ pato attivamente per 60 lunghi anni alla vita del suo paese. Fu infatti nel 44 a . C . che, dopo l ' assassinio dello zio , l ' ancor diciottenne Augusto iniziò la sua carriera e si trovò per la prima volta a dover affrontare la lotta in prima persona. Le idi di marzo lo sorpresero mentre stava adde­ strando nuove reclute nell' Illirico 440 • Il padre adottivo gli aveva conferito la carica di praejectus equitum per un anno : Ottaviano , anche se non aveva pro­ prio l ' aspetto o l ' ardire di un Achille, doveva essere degno di succedergli co­ me figlio ed era quindi assolutamente necessario che si facesse un' esperienza militare. Ne avrebbe avuto bisogno. Quando gli giunse la notizia dell' ucci­ sione di Cesare 44 1 , il giovane si trovava ad Apollonia. Dopo un comprensi­ bile momento di smarrimento ed esitazione , il ragazzo prese la decisione di rientrare in Italia 442 • Secondo Appiano , nonostante che Ottaviano non sapesse ancora di essere stato adottato dallo zio ed ignorasse quindi di esser destinato a succedergli , si rendeva però già conto che parecchia gente poteva desiderare di soppri­ merlo. Perciò viaggiò con grande prudenza e scelse di passare per la Macedo­ nia e di sbarcare a Lupia, un piccolo approdo poco frequentato, invece di arrivare, come generalmente si faceva, a Brindisi : un porto troppo ovvio, dove chiunque fosse stato interessato ad eliminarlo avrebbe avuta una gran facili­ tà di manovra 44 3 • Comunque il sedici apri le, come apprendiamo da una let­ tera di Cicerone, era già a Napoli nella villa del patrigno 444 • Quindi, se si calcola il tempo che era dovuto passare prima che gli giungesse la notizia del­ la morte dello zio e quello che aveva dovuto impiegare lui per giungere sulle rive del Tirreno, non si può certo dire che avesse perso molto tempo . Intanto il testamento di Cesare era stato reso pubblico e tutti sapevano che egli era l 'erede del dittatore. Ottaviano, lui , aveva appreso la notizia soltanto al suo sbarco in Italia, quando i soldati lo avevano salutato chiamandolo "figlio di Cesare' ' 44S . Adesso doveva darsi da fare per perfezionare la sua posizio­ ne ed era deciso a farlo. Cicerone, informato da Balbo che aveva visto il gio­ vane al suo arrivo a Napol i , ne diede notizia ad Attico :

440 APP . ,

B. C. , 1 1 1 . 9 .

44 1 Su n . ,

A ug. , 8 .

44 2

A P P . , B. C. , I O . Cicerone scr ivendo ad An ico g l i dà la notizia c h e Onaviano - c h e egli chiama an­ cora Ouavio perché l ' accett azione da parte sua dell' eredità di Cesare non era stata ancora formal izzata - era giunto a Napoli il 16 aprile del 44 a . C . ( C i c. , At A li . . X I V . 1 0 . 3 ) . 443 APP. , B. C. , 1 1 1 . 9 - 1 0 . M a Dione Cassio n o n f a menzione di q uesta prudenza c secondo l u i Onavia· no sbarcò a Brindisi ( D io, XLV. 3 . 2 ). 444 C l c.

A d A li. , X I V . 1 1 . 2 .

445

Pare c h e , rino a l l a morle di Cesare, il con tenuto d e l s u o testamento fosse stato l e n u t o .scgrelo a t u n i e che neanche Onavio, sapesse dell' adozione (Dio , X L V . 3 . 1 ) . Secondo Dione. Onaviano seppe d i esser stato adot tato da Cesare !>Oitanto quando, giunto a Brind i s i , venne salutato come suo figl io dai soldat i .

1 63

« . . . Ottavio giunse a Napoli il sedici aprile e là nella mattinata seguente lo vide Balbo che poi quel giorno stesso venne a trovarmi nel Cuma­ ne 046 • Egli mi disse che Ottavi o intendeva accettare la successione di Cesare. Ma, come dici tu, avrà un osso duro in Antonio . . . » 447 •

Tutti intanto stavano a vedere come sarebbe andata a finire e c h e mosse avrebbe fatto il ragazzo . Prima di tutto, Ottaviano doveva accettare pubbli­ camente la sua adozione e, poi , doveva farla convalidare dai comizi curiati . Egli, che fino a quel momento si chiamava ancora Ottavio "', non esitò sul da farsi e, presi con sé un certo numero di testimoni , si recò al Foro davanti al magistrato del giorno che, guarda caso , era il fratello di M arco Antonio, Gaio "9 , ed a lui ufficialmente dichiarò di accettare l ' adozione •JO. I l primo passo per essere considerato figlio di Cesare era stato fatto. Ma era solo l'inizio. Adesso erano i comizi che dovevano sanzionare il suo passaggio alla fami­ glia di Cesare e Ottaviano li chiese . Antonio era però fermamente deciso di non permettergli di legalizzare la sua adozione e, per riuscire in tale scopo , fece in modo di bloccare la proposta di /ex curiata m . U fficialmente il con­ sole mostrava di adoperarsi per far passare la legge, ma, sotto sotto, per mezzo dei tribuni a lui fedeli la faceva rimandare e così , non comparendo diretta­ mente, riusciva nel suo intento di tenere indietro lo scomodo rivale e di non permettergli di ficcare il naso negli affari di Cesare . Comunque, i n attesa che qualcosa succedesse, Ottavio cominciò a farsi chiamare con il nome del pa­ dre adottivo: Gaio Giulio Cesare Ottaviano. Cicerone, imperterrito, continuò a chiamarlo Ottavio e, dal punto di vista legale, aveva ragione lui . Fino a che l ' adozione non fosse stata convalidata Ottaviano non poteva esser riconosciuto come erede m . Come si vede la via che si stendeva davanti al ragazzo non era facile. Non era un' eredità comoda e la madre, prudente e preoccupata per quel figlio gracile e malaticcio, fece

046 "'

La villa che Cicerone aveva sul lago di Lucrino presso Napoli (C1 c . , C1c.,

A d A li. ,

XIV,

Ad A li. ,

X I V , 1 2 .2).

10.3.

448 Ottavio avrebbe preso il nome di Ottaviano e di Cesare soltanto dopo che i comizi avessero conva­ lidata la sua adozione da pane dello zio, il che ancora non era successo . I l 22 aprile del 44 a . C . Cicerone scrive ad Attico "Ottavio, q u i , mi mostra una grandissima deferenza e vivo attaccament o . Quelli che gli stanno vicino lo chiamano già Cesare; Filippo veramente no; ed io nemmeno, i n conseguenza . . . u (C1 c . , A d A li . , X I V . 1 2 . 2 ) .

"9 450

A P P . , B. C. , 1 1 1 . 1 4 .

la /ex curiata avrebbe sancito i l passaggio di Ottavio dalla s u a fam iglia a quella di G i u l i o Cesare e lo avrebbe fat t o diventare a t u i l i gli e ffet t i legali figlio del d i ttatore (CI C . , Ad A li. , X I V . 20. 5 ) . L ' I l maggio del 44 a . C . Cicerone scrive da Pozzuoli ad A t t ico che era a Roma dicendogli " . . . Expecto, si, ul putas, L. A n tonius produxit Octavium, qualis contio fuerit . . . ' ' . Evidentemente l ' oratore aveva ricevu­ to notizia della decisione presa da O ttaviano che egli però continua a chiamare Ouavio come se non fosse sicuro della convalida della sua adozione, convalida che, del rest o , venne fat t a procrast inare, ad ane, da Antonio e non venne rat i ficata che dopo la guerra di M u l i n a e la marcia su Roma del giovane. 4 5 1 DIO, X l V.

4lZ

1 64

DIO,

ibid. .

5 . 3·4.

di tutto con l ' aiuto del patrigno m per dissuaderlo da questo proposito • l • . Era chiaro che, accettando la successione di Cesare, il povero ragazzo si sa­ rebbe trovato contro un indignato ed irato Antonio il quale, oltre ad avere il doppio della sua età, era un avversario veramente temibile ed era, tra l ' al­ tro, fermamente convinto di essere lui l ' unico ad avere il diritto di riempire il vuoto di potere che si era venuto a formare con la morte del dittatore •ll. Ma Ottaviano da quell ' orecchio non ci voleva sentire . Nonostante la sua gio­ vane età, egli aveva già un carattere molto deciso e , alle preghiere della ma­ dre ansiosa che lo supplicava di rinunciare all' eredità di Cesare e non mettersi in lotta con Antonio, rispondeva soltanto con le parole che Achille pronun­ ciava nell ' I liade: Piuttosto muoia io subito, poiché non sono riuscito a salvare il mio com­ pagno d' arme m ! Davanti alla decisione del figlio anche l a madre dovette cedere. È probabile che fosse molto angosciata e preoccupata, ma è anche certo che doveva sen­ tirsi fiera della forza d ' animo del suo ragazzo . E lo scontro con Antonio ci fu . E come! Anche se Diane afferma che, in un primo momento, Ottaviano entrò a Roma come privato cittadino e non soltanto non avanzò nessuna pretesa sulla sua eredità, ma addirittura corteg­ giò Antonio, Appiano non è della stessa opinione. Probabilmente però , per quanto riguarda il denaro , dicono tutti e due la stessa cosa . Infatti se è vero che, come sostiene Dione, Ottaviano non avanzò pretese sull' eredità e non chiese niente per sè, è anche vero che, come scrive Appiano, egli chiese che gli venisse data la forte somma di denaro occorrente a soddisfare quei lasciti che Cesare aveva stabilito fossero consegnati al popolo romano, e che Anto­ nio si era ben guardato dal dare 4l7 • Ma Antonio non voleva fargli avere niente del tutto. Da quell'orecchio non ci sentiva proprio. Così dichiarò che le somme trovate in casa di Cesare non appartenevano al dittatore, ma allo Stato e ad esso dovevano esser rese . Il poco che era di Cesare - aggiungeva - egli lo aveva già speso dividendolo fra i suoi fratelli e Dolabella: aveva dovuto farlo - asseriva - per comprar­ ne l ' appoggio e farsi aiutare nella sua azione diretta ad ottenere una sepoltu­ ra decente per il dittatore m. 453 M a poi, una volla che il figliastro si fu impegnato nella sua lotta contro Antonio, il ricchissimo Filippo, che M acrobio annovera tra i t re pisci narii più importanti del l 'epoca (gli altri due erano Ortcnsio e Lucullo), lo aiutò i n tutto c per t u t t o . ( M ACROHIO, Sat. , I I I . I 5 . 6 ) . 4l4 S u E T . , A ug . , 8 ; A P P . , B. C. , I I I . I O e s g g . . 455 Non c ' è dubbio che rino a l l ' a pertura del te5tamcnto d i Cesare Antonio fosse sicuro d i dovergli suc­ cedere.

456 Iliade, X V I I I , 98 . 457 Questo secondo il racconto di Appiano.

Secondo Diane invece Ouaviano non ch iese denaro ad An­ tonio e cercò soltanto di ingraziar�elo in au csa di r i n forzare la sua posizione con il favore del popolo (DIO, X L V . 5. 3 ) . • ls A P P . , B. C. . I I I . 20.

1 65

Anche se era di fficile che Ottaviano potesse credere al console quando questi giurava di non avere denaro da dargli , il ragazzo non aveva mezzi per prova­ re il contrario: gli incartamenti erano tutti nelle mani del console ed i soldi li aveva lui , perciò egli dovette andarsene a mani vuote . L ' unica cosa che An­ tonio gli offrì come viatico fu qualche buon consiglio; infatti egli gli racco­ mandò di non sprecare denaro per il popolo e anzi lo invitò, se mai gli fosse capitato di averne - cosa sulla quale, come si affrettò a dirgli , egli nutriva forti e fondati dubbi - a non essere uno sciocco e ad impiegarlo nel com­ prarsi i favori dei potenti ""· Non era un precetto molto morale , ma Anto­ nio non aveva mai preteso di essere un modello di virt ù . Ottaviano, però , non era affatto disposto a seguire i suoi consigli . Egli era deciso ad att irare a sè il favore del popolo e su esso appoggiarsi . Cominciò quindi a raccogliere le somme necessarie a pagare i lasciti di Cesare . Questo, ovviamente, non andava a genio ad Antonio . Se quel ragazzo , quel puer (fig . 23), quel neaniskos (ragazzi no in greco) - come con una netta i n flessione spregiativa egli designava il giovane Cesare - fosse riuscito a pagare i lasci­ ti, egli avrebbe finito coll' acquistare un'immensa popolarità ed avrebbe co­ mi nciato seriamente a rivaleggiare con lui e ad aspirare alla sucessionc del dittatore . Era quello che Antonio aveva sempre temuto ed era una delle tante ragioni per cui rifiutava di dare al ragazzo anche un solo centesimo. Senza cont are poi che quei soldi facevano molto pi ù comodo a lui . Quindi comin­ ciò in tutti i modi ad ostacolare Ottavian o . Chiunque altro s i sarebbe scoraggiato, ma n o n il giovane Cesare c h e , inte­ stardito, mise mano alla sua personale sostanza. Certamente , per pagare tut­ ti i lasciti , egli dovette sborsare molto denaro e dovette accettare anche l ' aiuto della madre e del ricchissimo patrign o . Intanto, per aiutarlo , Pedio e Pina­ rio, gli altri due nipoti di Cesare che erano stati nominati suoi coeredi, riusci­ rono a farsi consegnare da Antonio quella parte delle somme prelevate nella casa del dittatore sulle quali per testamento essi avevano diritto e , appena avuto in mano il denaro , lo misero a disposizione di Ottaviano 460 • Con molta fatica e molti sacri fici, il ragazzo pervenne a dare ad ogni citta­ dino romano le 75 dracme che il dittatore aveva assegnato loro nel suo testa­ mento. Come si è già detto, è probabile che la sua munificenza fosse motivata non soltanto dal senso di dover adempiere alle ultime volontà di Cesare , ma anche dal desiderio di conquistarsi l ' appoggio del popolo che Antonio non aveva certamente trattato molto bene . Ma sembra possibile affermare che, in questo atto, c ' ent rasse parecchio anche il grande rispetto del ragazzo ver­ so il padre adottivo ed il forte senso di dignità personale che Augusto posse­ deva in sommo grado. Quel che è certo è che il suo ascendente sui Romani aumentò moltissimo.

4 � 9 APP , ihid . .

""' A P P . , B. C. , 2 2 .

1 66

Fig. 23 · Allro ritrallo di A ugus1o giovanissimo. IO q uello ril rovalo a Lucus Feronia. . Qui siamo proprio davanli al puer di Cicerone ed al neaniskos di Amonio. l caraneris1ici capelli speninali incorniciano una fronle serena. u n viso e pacalo e dis1eso. IO ovvio che. con quella faccia, il giovane Cesar� poleva ingannare chiunque. e far pensare a tutti quanto dovesse essere facile strumentaliuarlo.

Dopo aver assolto a questo sacro obbligo , Ottaviano non si fermò qui e continuò ad onorare la memoria del padre celebrando con solennità il com­ pletamento dei lavori del tempio di Venere . Chiese poi che nei grandi giuochi del Circo organizzati i n occasione delle Parilie venissero esposti lo scanno dorato (sella) che era stato dato a Cesare i n segno d ' onore e la corona d ' oro i ncastonata con pietre preziose offertagli dal Senato 461 • Cicerone ovviamente amareggiato da questi festeggiamenti tutti dedicati alla gloria di Cesare, si rallegrò con Attico quando i tribuni, probabilmente sobillati da Antonio, glielo proibirono. M a i tribuni non riuscirono però ad impedire che per tutto i l periodo dei giuochi brillasse in cielo una cometa. La coincidenza dell'apparizione di quello splendido corpo astrale con le solennità allestite per le Parilie fecero sì che tutto il popolo interpretasse la stella come la materializzazione di Cesare stesso . b a quel momento in poi tutti furono sicuri che il dittatore, una volta assunto tra gli dei , era stato tras formato in un astro fulgente. Per la gente era chiaro che Cesare, indignato , stava controbattendo le sanzioni dei tribuni apparen­ do egli stesso sotto quella forma, e non c ' è dubbio che la presenza di uno splendente corpo celeste ebbe molto più effetto sull' immaginazione popolare di quello che avrebbe potuto avere l 'esposizione di uno scanno e di una coro­ na, per quanto aurei . Quindi la proibizione, che era stata escogitata per diminuire la memoria di Cesare e per danneggiare i l giovane figlio adottivo, si ritorse contro i suoi avversari ed accrebbe i l clamore attorno a quei giuochi . E tutto non finì qui : il fenomeno permise ad Ottaviano di porre nel tempio di Venere una statua di bronzo del dittatore con una stella sul capo 462• Più tardi venne pure coniata una moneta con la stessa immagine (fig . 24) . Inoltre, sempre sulla scia del prodigio, nessuno ebbe il coraggio di opporsi a che uno dei mesi del­ l ' anno, fino allora chiamato Quinctilis, venisse invece chiamato /u/ius 46' (il nostro luglio) e che, in certi speciali giorni, venissero pure fatti sacri fici a Cesare 464 • Il cambiamento di nome del mese sconvolse Cicerone c h e lo considerò un insulto grave per Bruto, come se Bruto, per parte sua, non avesse fatto a Ce­ sare un insulto ancora più grave uccidendolo 46 s . Bruto, poi , che proprio in quel mese aveva deciso di dare giuochi al popolo, quando sentì che li si sa46 1 C K . , A d A lt. , X V . 3 . 2 . Si t r a t t a v a d e l l o scanno d'oro sul q u a l e Cesare si sedeva q u a n d o assisteva a i giuoc h i . Anche Dione Cassio cita l ' i ncidente, ma at t r i buisce la mancata esposizione dello scanno d 'oro permessa per decreto, al timore che Ottaviano avrebbe avuto di Antonio (Dto, X L V. 6 . 5 ) . Appiano, sem­ pre a proposito di questi giuochi, l i dice organizzati d a Critonio e non da Ottaviano, e aggiunge che i l futuro A ugusto cercò solt anto d i esporre lo sca nno d ' oro c la corona c h e e r a stata o ffert a a Cesare dal Senato, come era suo d i r i t t o . M a Critonio si oppose, e Antonio, al quale Ottaviano fu obbligato a ricor­ rere, diede con gioia torto al giovane Cesare ( A P P . , B. C. , I I I . 28). È evidente che la versione esatta è quella di Appiano. con fermata anche dalla lettera di Cicerone. 462 46 J

D10, X L V . 7. l . DIO, X L V , 7 . 2 .

464 D I O , ibid . . 46! C 1 c , A d A lt. X V I . l .

1 68

l.

Fig. 24 - Moncla sulla quale e rappresen1a1o Cesare con la slella comela sul capo: stella crinita. come la chiama Svewnio. La moneta ricorda come, subito dopo la mone di Cesare , durante i giuochi organiz­ zal i per le Parilie, comparve i n ciclo u n as1ro fiammeggianle, che fu i n1erpre1a1o dal popolo come segnale della panecipazionc allo spellacolo del di11a10re ormai divinizzalo. La mone1a coniala nel l 7 a.C. da M arco Sanguinio, C mollo posteriore al fano al quale si riferisce. ma proprio per ques10 è un indice imporrante che dcnma quamo fonc fosse stata la sensazione destata dal fano mi racoloso .

rebbe proclamati per le Nonis lu/iis decretò che la caccia alle fiere, fissata per il giorno seguente ai giuochi Apollinari , venisse annunciata in III Jdus Quinctiles 466 • Così , secondo lui e Cicerone, si rimet tevano a posto le cose . Intanto, tra Ottaviano ed Antonio vi era ormai molta tensione: il console e tutti gli Antoniani non risparmiavano al giovane Cesare umiliazioni, accu­ se e calunnie. La propaganda di Marco Antonio lavorava ormai a pieno rit­ mo per demolire moralmente il « ragazzino » . Dava il là Antonio che, aitante e fiero della sua altezza e della sua forza, nonché della sua presunta discen­ denza da Ercole , guardava il povero ragazzo dall 'alto in basso e non solo metaforicamente : Ottaviano era proprio piccolo di statura "'' . Da Svetonio sappiamo che misurava soltanto l , 73 m. Il console si sentiva il vero successo­ re di Cesare ed odiava quel biondino 468 , mingherlino e fragile . Perciò spar­ lava i n lungo e in largo di quel ragazzo dai tratti minuti e delicati e dato che Clc, A d A li. XV I . 3 (4( . l . '"'' Sur:T., A ug. , 79. Augusto era alto csanamcntc cinque piedi c t re quan i .

466

468 SUl:T . , ibid. . Svetonio dice che aveva capelli ondulati c biondo scuro: subjla n1111.

1 69

- almeno a quanto diceva Cicerone •.. - Marco Antonio era un esperto in materia di prostituzione maschile, andava in giro a dire che Ottaviano si era guadagnato l ' adozione lasciandosi stuprare dallo zio m . Come se c i ò n o n bastasse il fratello di Antonio, Lucio, affermava, senza arrossire o batter ciglio, che, mentre si trovava in Spagna, Augusto, oltre ad offrirsi alle brame di Cesare, aveva venduto quel che restava della sua pudi­ cizia ad Aulo Irzio, ricevendone in cambio trecentomila sesterzi . Egli diceva testualmente: . Pudicitiam delibatam a Caesare, A uto etiam Hirtio in Hispania tre­ centis mi/i bus nummum substraverit . . . » 4 7 1 •

«. .

Era già grave affermare che, oltre che alla libidine dello zio, Ottaviano si era offerto anche a quella di uno dei suoi generali , ma era anche peggio insi­ nuare che quest 'ultim lo aveva compensato con denaro e per giunta con una somma che per un patrizio, anche se di fresca nomina qual' era il giovane Ce­ sare 472 , non era certamente rilevante, soprattutto se si prendeva in conside­ razione l ' indiscussa ricchezza della famiglia di Ottaviano . Almeno Antonio, ai suoi tempi , . si era venduto per vari milioni di sesterzi m . Insomma, come già era successo a Cesare quando si cercava di bloccarlo agli inizi della carriera , si di ffamava il nipote dicendo che egli substraverit la sua pudicitiam ad l rzio . Per presentar lo poi sotto una luce ancora peggio­ re e ridicola, Lucio Antonio aggiungeva che il futuro Augusto era talmente effeminato da bruciacchiarsi con gusci di noce incandescenti i peli delle gam­ be nella speranza di renderli più morbidi 474 • Quest ' ultima malignità non era però ben studiata in quanto poco si adat­ tava alla personalità di Augusto. Era risaputo che il giovane Cesare aveva sempre avuto ben poca cura per il suo aspetto. Anche oggi basta dare uno sguardo ai suoi ritratti, nei quali il bel viso dai li neamenti puri è incorniciato dalle ciocche di capelli scarmigliat i , per capire che egli non era proprio il tipo da perdere tempo davanti allo specchio. Svetonio poi ce lo conferma: " . . . Fu molto bello in tutte le età della sua vita, nonostante che rifug­ gisse da qualsiasi cura della sua persona e talmente indi fferente della sua pettinatura che si faceva tagliare i capelli e fare la barba in fretta, mentre leggeva o scriveva qualcosa" 4" . Sembra quindi davvero poco probabile che una tale persona andasse pro­ prio a preoccuparsi dei peli delle gambe. 46 9

Cw,

Fil. , I I . X V I I I .44 .45 .

4711 Su n . , A ,.g. ,

"7 1

68.

S U l- T. , ibid. .

m DIO, X L V . 2 . 7 . m Sci milioni per l ' eOli e sembra che Scribonia, almeno nel periodo peggiore, restasse sempre con lei . Questa donna tanto calunniata mostrò di essere un'ottima madre e, pur di non lasciare la figlia a piangere sola sul suo destino, decise di confinarsi , ormai settantenne, in u n ' isola che mancava di tutte le comodità; uno scoglio brullo, quasi senza abitanti e coltivato soltanto a vigneto. Vi si produceva vino, ma non per loro : Augusto aveva proibito che alla figlia fosse permesso di berne . Inoltre nessuno, che non ricevesse uno speciale permesso dal padre , poteva andare a trovarle, e gli uomini ammessi a queste rarissime visite, oltre ad essere enormemente fidati, dovevano essere anche estremamente brutti . Una vita dura e solitaria. Eppure Scribonia si condannò da sola a quell 'e­ silio per stare con la figlia nell' ora della disgrazia e farle forza . L ' aiutò, cer­ tamente, e, senza preoccuparsi della sua salute, fece tutto quello che era in suo potere per alleviarle la prigionia , e questo ce la presenta sotto una luce che ricorda più la dolce Cornelia che la spregiudicata Giulia. Scribonia in questa storia appare come una donna esemplare e altruista; una madre affettuosa, che non risponde al quadro che ne fece a suo tempo Augusto ed in base al quale essa viene normalmente presentata ai posteri. Quind i , riprendendo il discorso dal principio, e cercando di capire chi fos­ se realmente Scribonia, si deve nuovamente ripetere che anche, ammesso e non concesso, che, come insinuava Augusto, Scribonia potesse aver avuto qualche avventura amorosa , essa era però una persona buona ed altruista. Se poi fu gelosa, bisogna riconoscere che la sua gelosia era pienamente giu­ stificata. Perdere il lume degli occhi davanti alla tresca con Livia non può essere da noi giudicato altro che come un peccato molto veniale e, probabil­ mente, lo era anche dal punto di vista della Roma del l sec . a . C . Giulia continuò a stare a Reggio fino alla s u a morte. Di Scribonia sappia­ mo che poi tornò a Roma. Qui si distinse perché un suo protetto, uno schia­ vo da lei liberato, divenne un famoso grammatico . Probabilmente, donna intelligente e viva, si occupò di letteratura con interesse e piacere. Come si è già detto, nel 16 d . C . era ancora viva e, in quello stesso anno , quando il nipo l e Libo Druso cospirò contro Tiberio, essa v iveva nella casa di famiglia 006 D I O , L V . I 0. 1 4 . 6ll ' S u n . ,

Tib. , 1 1 .4 .

608 S u n . ,

A ug. , 6 5 . 3 ;

216

TAc ,

Ann. , l . S 3 . 1 .

di Roma "". Fu lei che persuase il nipote a non suicidarsi e ad affrontare il fato , cosa che Seneca trovò riprorevolissima, ma che a noi non sembra affat­ to biasimevole. l Romani avevano il culto del suicidio, e questo atteggiamen­ to di sfida alla mentalità corrente, di giudizio libero, sicuro ed indi­ pendente, ci presenta Scribonia come una donna dotata di una personalità notevole ed emancipata. Il suo lucido e ragionato intervento dimostra inoltre una forte volontà, una calma e prontezza di spirito notevoli per una donna di quell' epoca e di quella veneranda età e ci di mostrano anche che Scribonia era una persona rispetta­ ta, amata e soprattutto ascoltata dalla sua famiglia. L ' aiuto dato a Giulia ed al nipote provano poi che essa era la personalità forte sulla quale i suoi si appoggiavano nel momento di fficile. Quindi, alla domanda su chi era real­ mente Scribonia, possiamo dire che era una donna notevole e da non disprez­ zare e che, se mai aveva avuto dei peccati di gioventù, aveva saputo ben riscattarli col resto della sua vita. La figlia Giulia non le sopravvisse a lungo ed anch 'essa morì più o meno allo stesso tempo . Dione dà notizia della sua morte nel 1 7 d . C . e alcuni pen­ sano che si sia lasciata morire di inedia. Probabilmente si trattò di una cosa molto più semplice e Giulia, colta da una qualsiasi malattia mentre era ab­ battuta e priva di voglia di vivere, non riuscì a superarla 6 1 0 • Il padre non la perdonò mai, limitandosi ad addolcire un po' la pena e questo probabilmente perehé cedette alle preghiere di Livia, la quale matrigna per Giulia non fu proprio , e cercò di influire sul marito per aiutare la figliastra . Ma più di questo non si poté ottenere : Augusto fu in flessibile ed anche Ti be­ rio, quando dopo di lui divenne imperatore, non fece niente per cambiare il destino della ex-moglie. Piaciuta Giulia non gli era mai e non c'era ragione che non la lasciasse a meditare sulle sue colpe. Una delle prove di quanto aspro fosse il risentimento di Augusto verso la figlia ci è data dal fatto di non trovare ritratti di Giulia. Neanche una statua o un busto che si possano ascrivere a lei con certezza 6 1 1 , mentre tutti i per­ sonaggi della famiglia dell'imperatore furono rappresentat i abbondantemente 60'1 SEN . , 610

Ep. , LXX. I O.

La Leon (art. cit. , p . 1 74) pensa c h e essa f u colpita da t i si o da altra malania polmonare perché Tacito scrive che Giulia mori per inopia ac tabe c non per inedia che è la parola usata per il digiuno (TAC . , A nn. , l . 5 3 . 3 ) . lnopia può anche essere anribuita alla mancan1.a d i qualsiasi ragione per vivere e tabe nor­ malmente viene usata per t u bercolosi e malattie dei polmoni.

61 1 Ogni tanto si amibuisce a Giulia qualche ritrano, ma tali anribuzioni sono del t uno ipotetiche. Per la Leon ( E . F . LEON, art. cit . • 1 72) il ritrauo di Giulia è quello sull ' A ra Pacis A ugustae tesi già propu­ gnata da Morelli e Ri berg (G. MoRE TI l, A ra Pacis A ugustae. Roma 1 949. 1 . 229; I . S . R v u E R G , The A ra Pacis. in MA A R 1 9 ( 1 949) p. 8 5 ) Li via. Per i ritral l i di Giulia la Leon cita J . J . B � R NOU I I I , Rom, lkon. , Parte 1 1 . Vol . l ( Berlino e St occarda 1 886) 1 26- 1 3 1 . Vi è poi al Museo Chiaramont i una testa che un tem­ po iden t i ficata come quella di Giulia, oggi è cspos1a come testa di donna sconosciuta del periodo augu­ steo (n. 1 5 , nella sezione 47). Alcuni dei grossolani ri1ra11i sulle monele di Giulia, come quella che si t ro•·a nel Bernou l l i , Tav . X X X I I , n. 1 5 non sono accen abili e non possono avere nessuna rassomiglianza . Più probabile che sia di lei un ritrauo in marmo t rovato in uno scarico a Glanum in Provenza ( H . P . Eydoux. Les grandes Dames de l 'A rcheologie, Paris 1 964, figg. 249-2 50) .

217

Fig.

34 - Ritrano decapitato di Giulia nel bassori lievo dell' Ara Pacis. La las1ra è spezzata e anche gli ahri

personaggi dielro di lei non hanno più parle superiore del corpo, ma i n quella di Giulia, i l taglio nello alla base del collo e lo scalpellamento di quanto restava del viso pouebbero anche essere i ntenzionali . l n fat l i questi particolari d i manomissioni volontarie n o n s i notano nelle altre figure ugualmente interessate dalla ronura della lastra .

e le loro immagini furono sparse per tutto l ' impero : il numero di statue di Livia, di Ottavia, di Antonia la madre di Germanico e di Claudio, che sono state ritrovate nel territorio romano , non si contano . Ma di Giulia non c ' è niente o almeno non c'è niente di certo. Oggi si mette persino in dubbio che sia lei l'elegante figura di donna che, nei bassorilievi dell 'Ara Pacis, si trova vicino ad Agrippa e tiene per mano un bimbo. Infatti è stato scritto che la matrona in questione è Livia e che Giulia deve invece essere la donna posta in posizione simmetrica dall' altro lato dell 'Ara 6 1 2 • Caso o proposito, la parte alta del corpo di questa donna è malamente distrutta. Era bella Giulia? Probabilmente. Ma per noi sarà sem­ pre come la figura dell ' Ara Pacis: una donna senza volto (fig. 34).

61 2

218

E . L\ RoccA , L 'Ara Pucis A UKUSta(•, R o m a , 1 98 3 .

L I V I A DRU S I L LA

Di avventure con donne maritate ad Ottaviano ne furono attribuite molte e prima di trovare Drusilla ne dovette avere un certo numero . In fondo , an­ che con lei , egli iniziò la sua relazione mentre essa era ancora felicemente spo­ sata ed aveva un bimbo in tenera età. Questo parrebbe confermare che, come affermavano non soltanto i suoi nemici, ma anche i suoi amici , egli non era restio ad avere affari di cuore con donne sposate. Si diceva però che egli unisse l ' utile al dilettevole e che seducesse le mogli dei suoi avversari politici per sco­ prire, nella foga degli amplessi , quali fossero i disegni segreti dei loro legitti­ mi consorti 6 1 1 • U n modo come un altro di fare politica e un sistema piuttosto piacevole di passare il tempo . Certamente era un metodo che richiedeva al­ cuni numeri per avere successo , ma Ottaviano, con il suo bellissimo viso e la sua aria da ragazzino, non doveva avere nessuna di fficoltà a far breccia nel cuore delle belle e generose matrone. Quel che è certo è che Svetonio, nella sua storia, cita testualmente una let­ tera scritta da Marco Antonio ad Augusto in risposta a qualche rimprovero inviatogli da Ottaviano quando questi, disapprovando i rapport i del collega con Cleopatra, Io invitava a troncare la pericolosa relazione . Scriveva Antonio: Quid te mutavit, quod reginam ineo ? Uxor mea est. Nunc coepi, an ab­ hinc annos no vem ? Tu deinde solam Drusi/Iom inis? lta va/eas, uti tu ha ne epistolam eu m leges, non inieris Tertullam aut Terentillam aut Ru­ fillam aut Sa/viam Titiseniam aut omnes. An rejert, ubi et in qua arri­ gas? 6 1 4

cioè, con un linguaggio piut tosto soldatesco e che sarà meglio tradurre libe­ ramente per limarne un po' le asprezze da caserma, gli chiedeva : 613

Sun . •

A ug . • 69 .

6 1 4 Su n .

ibid. J . G F I < òi· K . (op. cii. ) vedi s11pru nola 4 1 5 ) AniOnio rilorce su Ollaviano l u l l e le accu.e che questi gli >caglia : emi ad esempio accusalo di aduherio. ribane che Augu>to pensi un po• quello che ha fan o lui con l.ivia c scrive il Carcopino senza tener con­ IO del genere di cara l l ere ponderalo e padrone di •è di Onavian o .

6 16 TA . Naturalmente Carcopino non ne tiene conto ed a fferma che Svelonio si sbagl ia. Carcopino in realtà sost iene che Livia entrò in casa di Ottaviano alla fine d i dicembre soltanto pochi giorni prima di sgravarsi (J. CARCOPI NO, op. cit. , p . 79), ma la maggio­ ranza degli st udiosi accetta le affermazioni degli storici antichi, i quali concordano nel l ' a ffermare che essa si t rasferì nell'abitazione di Augusto tre mesi prima della nasci t a di Druso: I . P . V . D . BALSDON, op. cit. (vedi supra nota 3 5 ) p. 68. 646 L'a ffermazione di Svetonio, che fissa ad ott obre i l matrimonio p e r usus d i Ottaviano c o n L i v i a . p o n e i n pericolo tuua la teoria d e l Carcopino. Com 'era possibile che Ouaviano, appena v i s t a la donna, avesse deciso d i portarsela via? Carcopino, cercando di rimediare, scarta la testimonianza di Svetonio a proposito dei t re mesi i n modo di dare ad Ottaviano un po' più di tempo. Non poreva comunque conce· dergliene molto, poiché il 14 gennaio del 38, (Su n , Claudio, I l ) , data della nascita d i Druso, era molto vicina. Egl i , perciò , pensa di rinviare la data del matrimonio di Ottaviano con Scribonia e. nonostanre che Dione la fissi nel 40 (DIO, X L V I I I . 16. 3 ) la post icipa ai primi mesi del 39 in modo che Giulia non potesse nascere prima del dicembre 39. Quindi , dato che Ottaviano di vorziò da Scribonia il giorno stesso del part o, e che prima di questo, essendo sposaro con u n 'ahra. non poteva certamente uni rsi a Livia. t u t t o , secondo Carcopino, dovette esser fat t o dopo questa data. Ottaviano avrebbe avuto tre mesi circa di tempo per combinarsi i l matrimonio. U n po' più di calma forse, ma cosa strabiliante, Livia sarebbe entrata nell 'abitazione del giovane Cesare q uasi con le doglie. Ma se questa ricostruzione fosse esat ta cd i l figlio fo\se stato di Tiberio Nerone pcrchè mai i due non avrebbero potuto aspctl are quei pochi giorni ancora?

233

te cambiar carattere e perdere la testa come l 'eroe di un romanzetto per quin­ dicenni. Supponiamo che appena vista una donna che, data la sua gravidan­ za, non poteva essere nel periodo di maggior fulgore , egli restasse talmente sconvolto da non poter più aspettare . Ammettiamo anche, sempre per amo­ re della discussione , che anche Livia, dopo aver incontrato Augusto - la cui unica benemerenza nei suoi con fronti era stata quella di aver cercato in tutti i modi di farla scannare come u n capretto e di far altrettanto col povero pic­ colo Tiberio 647 - decidesse che o era lui o la morte. Ammettiamo tutto quel­ lo che si vuole. Ma se non ci fosse stata qualche gravissima ragione che rendeva urgente e indispensabile il trasporto della donna da una casa all' altra, che senso ci sarebbe stato a precipitare le cose e a comportasi in modo così scrite­ riato da sollevare uno scalpore senza precedenti e creare uno dei più gustosi e saporiti scandali della storia? Era poi tanto di fficile ritardare il matrimonio dei soli tre mesi che mancavano al parto e, magari , in seguito, lasciare a Li­ via un altro mese di respiro, tanto per darle il tempo di riprendersi ed arriva­ re al matrimonio in modo decente e , soprattutto, dopo aver scambiato due parole con l ' uomo che doveva sposare? A cose pari , se i l figlio fosse stato realmente di Tiberio Nerone, i due futu­ ri sposi avrebbero potuto calmamente farlo nascere nella casa paterna e la­ sciar passare qualche mese . Poi ci sarebbe stato uno dei tanti divorzi della buona società romana . Si sarebbe chiacchierato - ma non troppo - su cosa avesse potuto provocarlo. Di scuse se ne potevano trovar tante, senza nean­ che doverci metter di mezzo Ottaviano. Livia sarebbe tornata a casa sua e da lì sarebbe uscita come tante altre matrone romane per risposarsi di nuo­ vo . Sarebbe divenuta la moglie del giovane Cesare con tutte le debite forma­ lità e tutto sarebbe finito lì . Invece ciò non fu neanche preso in considerazione. Tiberio Nerone , senza perder tempo, divorziò dalla moglie lasciando il campo libero al suo più gio­ vane e fortunato rivale e, come se ne fosse il padre invece del marito , le costi­ tuì una dote, partecipò alla cerimonia delle nozze e la consegnò personalmente al novello sposo , dando pure una cena agli amici per noti ficare l ' avvenimen­ to. Una genti lezza davvero squisita. Chiaramente la cosa dovette stupire molt i . Così Dione Cassio racconta che a questa festa degli sponsali , quando Livia prese posto sul letto tricliniare, c' era vicino a lei uno di quei ragazzini che le donne amavano portarsi appres­ so per far loro compagnia e divertirle. Il bambino notò subito che c ' era qual­ cosa che non andava e ne restò scandalizzato . Invece di stare accanto al marito, la sua padrona giaceva vicino al giovane Cesare e Tiberio stava sdraiato da un' altra parte con un altro convitato. Convinto che ci fosse stato un errore nell' assegnazione dei posti , egli, ben

M7 L ' u nico a prospetlare i l fano che forse Livia non fosse d ' accordo C Tacito. lo storico scrive che Cesare, bramoso della sua bellezza, cupidine formae, la portò via al marito, non si sa se contro la sua ..,·olontà : lncertum an invitam (TAc. , A nn. V. l ) . Tacito non spiega come mai il marito fosse d'accordo .

cc

234

in vista di tutti, prese Livia per la veste e cercò di tirarla via da dove stava, indicandole Tiberio e gridandole : «Ma cosa mai stai facendo qui , padrona? Non vedi che tuo marito sta dali' altra parte? » 648 Se poi questo era lo stesso banchetto del quale parla Antonio in una sua lettera, molto più stupiti del povero bambino dovettero restare gli altri parte­ cipanti al ricevimento : « . . . Antonio rinfacciò ad Augusto le nozze frettolosamente celebrate con Livia, una matrona consolare che egli, davanti a tutti , portò via dal triclinio del marito recandola seco in una camera da letto e che poi ricondusse al convito con le orecchie tutte rosse e la chioma ancora in disordine . . . » 649 • Un comportamento un po' fuori del normale . Non capita spesso che ad una riunione conviviale, davanti agli occhi del cortese ospite e di tutti i suoi amici , ci si permetta di prendere per un braccio la moglie dell' anfitrione per farsi da lei accompagnare nella più vicina camera da letto. N è è qualcosa che si possa improvvisare . Se effettivamente Livia avesse appena conosciuto il giovane Cesare , avrebbe certamente trovato di che obbiettare e non lo avreb­ be supinamente seguito per dare spettacolo di sè davanti a tutta Roma. È chiaro che tra i due protagonisti si era già dovuta creare una qual certa intesa, che non poteva esser nata lì per lì , ed è probabile che i due si comportassero a quel modo proprio per render noto il fatto . E Tiberio? Che faceva il padrone di casa in quel mentre? Non credo che mai a Roma ci siano stati mariti tanto compiacenti e bonarii come lo fu allo­ ra Tiberio Nerone . E come si fa dopo tutto questo ad escludere che Tiberio Nerone non fosse spinto ad assumere un atteggiamento così conciliante nei confronti del riva­ le, oltre che per un recente ricordo delle proscrizioni , anche per un' intima convinzione che il bimbo atteso da Livia non fosse proprio suo? È del resto probabile che se non la certezza assoluta, nella mente gli cominciasse a sor­ gere qualche dubbio sulla paternità del nasci turo, dubbio che del resto fu lar­ gamente condiviso da tutti i Romani . Alla nascita di Druso la gente cantò per le strade : «Ai fort unati i figli ci mettono soltanto tre mesi a nascere ! » 610

648 DIO. X L V I I I . 44 . 3 .

A ug . , 69 . Secondo Carcopino questo banchetto o fferto d a Tiberio Nerone era l o s iesso che in occasione delle nozze di Livia con Augusto ( J . CARCOPINO, op. cit. , p . 7 5 ) .

64 9 S L' F T . ,

egli offri 650

SUET . , Claud. , l . Più o meno l a stessa storia è narrata d a Cassio Diane ( Dt o N f CAssto, X L V I I I . 44). Interessante l a teoria d i Carcopino che partito dall ' idea che Livia non avesse mai avuto u n ' i l lecita relazione col giovane Cesare, decide che i tre mesi non possono essere stati cont a t i dal trasferimento di Livia i n casa di Ouaviano, ma si r i ferivano alla decisione dei ponte fici che essa potesse sposarsi anche se era incinta di sei mesi . Conoscendo i Roma n i , mi sento di escludere che av rebbero mai composto canzo235

Dato come si erano svolti i fatti, avevano ben ragione i concittadini di Augu­ sto ad andargli a cantare questa strofetta sotto le finestre. Naturalmente la domanda di allora continua a porsi : di chi era figlio Dru­ so, il bambino che nacque dopo tre mesi? I versi della canzonetta lo prova­ no. Essa non si sarebbe certamente adattata ai due novelli sposi, se essi non si fossero incontrati molto tempo prima, ossia in tempo utile per dar luogo ad un simile sospetto . Non mi sembra che ci possano essere molti dubbi . I fatti parlano chiaro ed è inutile tacciare Svetonio di pettegolezzo , scartare con un sol �esto gli altri storici e dire che, tutt'al più, non sono stati ben in ­ _ terpretat i . E assurdo fare illazioni sulla data del ritorno di Livia a Roma. E evidente che quando, a settembre, i due diedero luogo alla movimentata sce­ na descritta da Antonio, quella non poteva essere la prima volta che si ap­ partavano, e vorrei proprio sapere chi si sentirebbe di negare che i loro primi incontri non risalissero appunto a sei mesi prima. E fu così che dopo tre mesi dalla sua entrata nella casa di Augusto, Livia diede alla luce un figlio maschio che, secondo Dione Cassio, venne posto ai piedi di Augusto e da questi sollevato. Ma questo, secondo l ' uso romano, equivaleva al riconoscimento di un figlio da parte del pater familias. Perché mai Augusto lo fece? Soltanto dopo questa cerimonia il neonato venne man­ dato a casa di Tiberio Nerone e negli appunti di Ottaviano venne scritto «Ce­ sare ha mandato a suo padre Nerone il bambino nato da Livia, sua moglie» 65 1 • Ma come avrebbe potuto fare altrimenti? Non poteva certamente accusarsi, e con sè accusare Li via di adulterio. Da che mondo è mondo, certe cose si fanno, ma non si raccontano ! Druso fu l ' ultimo figlio che Livia ebbe 652 e questo fu un gran cruccio per Augusto, ma a parte ciò il suo matrimonio con lei fu u n ' unione stabile e feli­ ce che li aiutò a vivere la loro lunga vita e ad affrontare assieme tutti i grandi dolori che li colpirono. È probabile che, checché ne dicesse Antonio, Augu­ sto, dopo il matrimonio, si contentasse della sua sposa. Non si può certa­ mente escludere che, di tanto in tanto, il giovane Cesare non si sia preso qualche piccola distrazione. Ma questo nel mondo di allora rientrava nella norma ed era considerato quasi un diritto dell' uomo. Si trattava comunque di avventu­ re che non disturbavano la tranquillità coniugale. Del resto, sembra che, nonostante tutte le calunnie sul suo conto, Augusto

ni s u questa decisione. Carcopino poi decide che Livia venne portata da Ottaviano a casa sua giusto il tempo d i partorire e q u esto sembra ancora più strano (J . CARCOPINO, op. cit. , pp. 12· 7 3 ) . "' ' Dto, X L V I I I . 44 . 4 · 5 Dione Cassio d i c e testual mente « . . . P o i , mentre c o n l u i conviveva la donna

partorì a Cesare, Claudio Druso Nerone . . . » e poi aggi unge « . . . Cesare dopo averlo sollevato, lo mandò dal padre . . . •) , ma tra i Romani il riconoscimento della paternità di u n figlio avveniva proprio ponendo i l bimbo ai piedi del padre che lo accet tava sollevandolo nelle bracc i a . Perché fu A ugu sto a far ciò e non T i bcrio? È anche vero che poi Augusto scrisse che egli mandava al padre i l figlio nato da sua moglie, ma questo - a meno di non riconoscersi , e con sè riconoscere Livia, colpevole d i aduherio - egli lo doveva fare. M � Livia res tò n uovamente incinta dopo i l suo matrimonio con Augusto, ma perse i l bambino e poi non ne ebbe p i ù altri (St • n . , A ug . . 6 3 ) .

236

non abbia mai sfacciatamente abusato di questa facoltà e le sue avventure dovettero sempre restare contenute nei limiti del ragionevole. Molto spesso non dovettero andare più i n là di un occhiata di apprezzamento o di un com­ plimento rivolto ad una bella donna. Ovviamente in qualche occasione ci sa­ rà anche scappato qualcosa di più solido . Vedi la storiella di Mecenate che, durante una cena, ad un tale che, vedendolo sonnecchiare, cercava di insi­ diargli la moglie, dichiarò subito e con gli occhi bene aperti che per quanto riguardava la sua Terenzia egli dormiva soltanto per Cesare. Quindi amichette e rapide avventure con mogli di amici quasi certamente si. Ma non i vizi che i suoi nemici, la propaganda antoniana e gli storici ma­ levoli gli attribuirono. Purtroppo quando si era in vista come allora era Au­ gusto, la minima cosa si prestava ad offrire il fianco agli attacchi dei maldicenti e anche una sciocchezza veniva ingrandita oltre ogni misura. Si spieghereb­ bero così i tentativi di dipingerlo come uomo dedito alla libidine più fosca e prontissimo a tradire la moglie, la quale sempre secondo le buone lingue dell' epoca gli procurava addirittura fanciulle da sverginare 651 • Tutte storie poco probabili sia per il carattere diritto e morale di Livia, che per quel che sappiamo su Augusto . Del resto Svetonio c e lo dipinge poi come un uomo casto e non soltanto morigerato, ma anche frugalissimo, al punto di avere addirittura gusti ple­ bei . Egli ci informa che Augusto si nut riva di preferenza con pane bigio, pe­ sciolini , formaggio vacci no e fichi 6 54 • Beveva poco vino in quanto, se eccedeva anche di un solo bicchiere , finiva col rimettere m. Come si vede questi sono tutti tratti di carattere che mal si adattano al tipo sanguigno del­ l ' uomo libidinoso e lussurioso che veniva descritto negli altri racconti . Col passare del tempo poi Ottaviano, che molto forte non era stato mai , cominciò ad avere un certo numero di guai . All ' i nizio, la gioventù lo aveva aiutato a sormontare le sue varie debolezze ed a non farci troppo caso , ma di acciacchi ne aveva avuti sempre . Poi , col passare degli anni, come spesso accade, tutte le magagne vennero fuori ad una ad una. Naturalmente com­ parve l ' artrosi che gli si manifestò con una dolorosa malformazione dell ' an­ ca sinistra, a causa della quale di tanto in tanto lo si vedeva zoppicare ; poi l'infermità passò a bloccargli l ' i ndice della mano destra che gli restava tutto rattrappito, tanto che per poter scrivere era costretto a tenerlo dritto con un ditale di corno 656 • Oltre a ciò soffriva anche di calcoli alla vescica e di mal di fegato 65 7, più 6 53 S u n 65 4 S u u . , .•

A ug. ,

71.

A ug. ,

76.

M � S u F.T . , A ug . ,

77 Queslo era un guaio che a d i re di Cicerone capitava spesso anche a M arco A n lo­ nio, ma non certo dopo un bicchiere.

6 56 Su n . ,

A u,11 . ,

80.

6" S U t· l . , A ug . ,

8 1 . AuguSio ebbe un terribile al tacco di fegato subi10 dopo la sonomi,.ione della Can­ tabria, cioe nell'anno 2 5 a . C . , quando Augusto aveva 37 o 3 8 a n n i , e fu i n quell ' occasione cu rato dal medico Anlonio M usa che lo guarì con romcrue gh iacciale ed i n scguilo a ciò d i venne celcbn : .

237

vari altri acciacchi e disturbi che tra l ' altro gli facevano patire sia il caldo che il freddo . Era insomma il classico tipo delicato che si deve sempre riguar­ dare . Così d'estate doveva sempre portare un cappello e d 'inverno ••• era co­ stretto ad indossare ben quattro tuniche l ' una sopra l'altra e , come se ciò non bastasse , doveva mettersi anche una toga molto pesante, una sottoveste, una panciera di lana, calzettoni di panno e persino mutande m. Soprattutto quelle mutande non potevano essergli d'aiuto nelle imprese amo­ rose . Gli antichi romani infatti non portavano tale indumento intimo, l ' in­ dossarle sarebbe sembrato loro un segno di indecorosa debolezza, tanto è vero che per indicare questi indumenti, prevalentemente indossati dalle donne, usa­ vano la parola jeminalia. Per uno che non fosse stato Augusto, quelle jemi­ nalia avrebbero i rrimediabilmente compromesso la sua carriera di seduttore e di fficilmente gli avrebbero permesso di ispirare focose ed adulterine pas­ sioni alle schizzinose matrone di allora, anche se è facile capire che, per un uomo diventato i l padrone del mondo, la situazione dovesse essere diversa . Tra l ' altro Augusto continuava ad esser molto bello e molte donne, che lui portasse o non portasse jeminalia, potevano continuare a trovarlo estrema­ mente affascinante . Ma fu probabilmente l 'avanzare degli acciacchi e dell 'e­ tà quello che spinse Augusto a limitare la sua attività in questo campo , ed egli finì coll'interessarsi sempre meno alle belle che Io circondavano . Li via donna educata secondo la vecchia tradizione che non ammetteva che le mogli si intromettessero nelle avventure amorose dei mariti , non fiatò mai alle scappatelle del consorte. Però, quando queste si ridussero, essa ne fu cer­ tamente felice. Augusto un cattivo marito non Io era mai stato neanche nei periodi più scapricciati , ma non c'è dubbio che tutti quei guai lo abbiano aiu­ tato a divenire migliore. In fondo egli era un uomo di famiglia ed alla famiglia teneva molto . Inol­ tre, adesso che era sposato e sistemato, si sentiva un rigido custode della mo­ ralità e non soltanto badava alla condotta delle donne di casa sua, che teneva sotto una rigida disciplina punendo severamente ogni loro t rasgressione, ma si preoccupava della condotta del resto dei suoi sudditi o , almeno, di quelli della classe rappresentativa, che dovevano servire di esempio al popolo. Cu­ rare la morale, sosteneva, doveva essere uno dei compiti precipui dei padri coscritti . Perciò egli asseriva che, a parte il badare alla propria condotta , i senatori dovessero tenere in riga anche le loro mogli, pena l ' esserne conside­ rati complici . Una volta che egli stava proclamando in Senato questi princi­ pi , sorse un battibecco . Alcuni senatori non ci tenevano molto ad essere coinvolti nei pasticci delle loro gentili consorti e dicevano che quel che esse facevano non erano affari loro . Al che Augusto ribatteva che, piacesse loro o no, essi invece erano responsabili in pieno della condotta delle loro spose

MX S1 1 1 .1 . , A ug. , 82. h"'>' St; r r , ,

238

ibid . . Svetonio omet t e di precisare se queste mutande erano di lino o di lana .

e, per mostrare quanto ne fosse coinvolto , aggiunse «Come lo sono anche io per la mia». Al che un piccolo coro di voci anonime si alzò tra la folla e gli gridò : « Dicci , dicci ! Come fai ? » Ma in realtà n o n c'era bisogno d i affaticarsi per capire come Augusto fa­ cesse a far rigar dritto Livia. In questo campo lei non aveva bisogno che nes­ suno le stesse appresso : Livia rigava dritto per i fatti suoi e quella donna fu la miglior cosa che fosse capitata ad Augusto nella sua pur fortunatissima vita.

239

G I U L I A AUGUSTA

Il matrimonio fra i due sposi durò ben 52 lunghi anni durante i quali Au­ gusto continuò a passare da una malattia all'altra. Con un termine colloquiale si potrebbe dire che era un «coccio » . Come tutti i «cocci » di questo mondo, che sembrano essere sempre sul punto di esalare il loro ultimo respiro e sono più resistenti della roccia, egli seppellì quasi tutta la sua generazione. Ma non si può vivere in eterno e, per giunta, alla sua epoca la durata della vita era minore di quella di oggigiorno; quindi venne anche per lui il momento di morire 660• Si trovava allora in Campania. A Capri venne colto dai primi sintomi di quell 'infermità che lo condusse alla tomba, ma continuò il suo viaggio e pas­ sò a Napoli , dove trovò la forza di assistere ad una gara ginnica quinquenna­ le istituita in suo onore 66 1 • Poi , accompagnato da Livia, si spostò fino a Nola, e qui la sua malattia si aggravò talmente che non fu più possibile muover lo. Per Augusto stava arrivando la fine e, se la sua nascita era stata annuncia­ ta da sogni e prodigi, ancor più lo fu la sua morte. Oltre a Svetonio, anche Dione, un altro amatore dei fenomeni di questo genere, non perse l'occasio­ ne di elencare tutti i segni inequivocabili che si erano veri ficati subito prima del decesso . C ' era stata la solita, immancabile, eclisse di sole; inoltre i l cielo si era incendiato di un fuoco misterioso e mai visto; tizzoni accesi avevano solcato la volta del firmamento, mentre da ogni punto dell' orizzonte sorge­ vano comete, che, per meglio esprimere alla gente il loro funesto significato, brillavano di un cupo colore rossastro . Vedendo tutti questi catastrofici presagi , i senatori decisero di convocare una seduta straordinaria allo scopo di pregare per la salvezza dell'imperato­ re, ma, arrivando alla Curia, non soltanto la trovarono chiusa, ma furono accolti da un gufo che, appollaiatosi sull'edificio, emetteva lugubri lamenti. I n fine, come tocco finale, padre Giove scagliò un fulmine proprio contro la statua di Augusto posta sul Campidoglio e, con questo drastico sistem a , fi(..ll S n: . A ug . . 9 7 . S v c t o n i o reg i s t ra t u l t i i po r te n t i c h e prec o n i uarono la s u a morte. Augusto ' c h e tra l ' a l t r o era s u pc n t i z i o n i s m o , l i reg i s t r ò r u u i . ""1 S ! T r . . A ug . • 9 8 .

240

fece cadere la lettera C di Caesar dal suo basamento . Questo chiarì definiti­ vamente la cosa. Gli indovini decretarono che il C - che, una volta isolato, signi ficava ::ento - era il numero di giorni che separavano ancora Augusto dalla sua assunzione fra gli dei . E che egli divenisse un dio era certissimo : infatti in lingua etrusca la parola aesar, superstite sulla base della statua, si­ gnificava appunto «dio» 662 • Segni o n o n segni, Augusto si stava dolcemente spegnendo. Stranamente nel giorno in cui spirò, l ' imperatore che, come abbiamo visto, aveva sempre trascurato il proprio aspetto, chiese che lo pettinassero ed aggiustassero ed in quel gesto c'è tutto il concetto di proprietà di Ottaviano : finchè era stato bene egli non si era mai preoccupato di come mostrarsi in pubblico, ma non poteva davvero ammettere di essere in disordine per quel momento solenne. Una volta poi sistemato, si rivolse ai presenti e chiese loro se non trovava­ no che egli avesse recitato bene la sua parte nella commedia della vita e, pro­ prio come un attore che si congeda, declamò in greco quei versi che in teatro gli interpreti usavano rivolgere al pubblico alla fine di ogni rappresen­ tazione 663 : « . . . Ora, se tutto è andato bene, battete le mani a questo nostro gioco ed acclamateci ! . . . » 664 e con queste parole li fece uscire dalla camera restando solo con Li via. Augu­ sto era ormai vecchio e capiva di non poter durare a lungo . Il giorno prima di morire - scrive Svetonio - egli aveva fatto venire Tiberio nella sua ca­ mera. Questi era giunto il giorno prima e l ' imperatore, mandati via tutti gli altri , si era a lungo int rattenuto a quattro occhi con lui 66' . « . . . Ma nel ritorno il suo male si aggravò ed egli ne fu vinto a Nola. Qui , richiamato Tiberio, lo trattenne a lungo in segreti discorsi , nè poi attese più ad alcuna maggiore faccenda . . . »

662 DIO, L V I ,

29 . 3-4.

663 Dto, LV I ,

30. 4 . Secondo Dione, che non e benevolo verso l ' im peratore, egli con questa frase mise in ridicolo tutta la sua vita. 664 SuET., 66 ' SuET . ,

A ug. , 99 .

A ug. , 98. Svetonio d i c e c h e , sentendo i l s u o male aggravarsi e g l i richiamò i ndietro Tiberio, che lo raggiu nse a Nola e « . . . lo trattenne a l u ngo in segreti discors i . . . )> dopo di che non si occupò più di nessun altra faccenda. Secondo Taci to, Tiberio, che era appena arrivato in I lliria, v·enne qui raggiunto da una leuera della madre. Ma Tacito non sa se egli abbia o non abbia visto Augusto vivo (TACITO , A nn. , I . 5 ) . Dione Cassio dopo aver del l o che probabilmente Augusto era già morto prima del ritorno di Tibe­ rio, e che Livia aveva tenuto nascosto il fatto per lasciar tempo a Tiberio di arrivare, poi dice che allri asserivano che Tiberio era stato presente durante l ' u l t i ma malattia del padre adol livo e che da lui ricevet ­ te le ult ime dirette disposizioni sul da farsi ( D t o , L V I . 3 1 . 1 ) . Quel che e certo è che Velleio Patercolo, che come abbiamo visto, fu sempre molto vicino a Tiberio e suo com militone quindi la persona più adatta a sapere come si erano svolli i far ti - concorda con Svet onio nel dire che Tiberio tornò subito i ndietro e raggiu nse il capezza le del padre adot t i vo molto prima di quanto fosse atteso . Secondo Velleio Paterco­ lo. l ' i mperatore dopo averlo riabbracciato ed essersi con lui intrauenuto, aveva dichiarato che ormai , avendo dato a Tiberio le sue ultime disposi zioni su quamo doveva esser fat t o , poteva morire tranquillo (VE! I.EIO PATE' R ! 'O I .O , I I . 1 2 3 . 2). 24 1

Probabilmente gli stava dando precise istruzioni su chi dovesse succedergli sul trono 606• Egli , per il momento, lasciava Tiberio suo successore e, proba­ bilmente, imponeva a questi di sistemare tutto per poi passare il comando a persona prefissata . Anche se non c'è nessuna prova che questo sia in realtà accaduto, il modo di agire di Tiberio dopo la morte di Augusto sembra con­ fermare l ' i potesi 667 • Finchè Druso era vissuto non c'erano stati problemi di sorta: Augusto aveva certamente deciso di lasciare a lui il suo impero . Ma Druso era morto, e adesso Augusto voleva esser sicuro che l ' eredità passasse ai figli del figlio . Di Tibe­ rio si fidava molto e infatti lo aveva scelto come collega nel l ' impero. I l figlia­ stro era sempre stato il suo braccio destro e si era sempre comportato egregiamente. Della sua onestà non c'era da dubitare e si poteva stare sicuri che, uomo di parola, quando avesse preso un impegno, lo avrebbe mantenu­ to ad ogni costo. Lasciando lui al suo posto, Augusto sapeva di sistemare senza scosse la successione al trono dei suoi eredi diretti: infatti è difficile non ammettere che Druso non fosse figlio naturale di Augusto e che Germa­ nico e Claudio, nati dal suo perfetto matrimonio d ' amore con la bellissima Antonia Minor non fossero suoi nipoti (fig. 39) 668 • Per come si comportò in seguito Tiberio, non vi è dubbio che l ' erede desi­ gnato dal vecchio imperatore dovette essere Germanico (fig. 40) . I n caso con­ trario non ci sarebbe stata nessuna ragione per Tiberio di preferire lui, un figlio adottivo, a Druso, che era proprio figlio suo. A parte questo fatto, ve­ diamo poi che, quando il Senato, dopo la morte di Augusto, decretò grandi onori per Tiberio e Livia, il novello imperatore rifiutò tutto con fermezza , mentre chiese invece che si concedesse a Germanico il comando proconsolare a vita, una carica che preludeva alla successione all 'impero 669 • Altrettanto importante è il fatto che, mentre egli conferiva al figlio adottivo questa veste u fficiale, non chiedeva niente per il proprio figlio legittimo , Druso Minor. Fu a Germanico poi , che, appena morto Augusto, il nuovo imperatore man­ dò legati e non solanto per annunciargli il decreto dell ' importante nomina, ma anche per consolarlo della perdita, come se egli fosse la persona più vici­ na per sangue ad Augusto , e quindi colui che maggiormente aveva bisogno di consolazione . Tacito, che continuava sempre a trovare normale il fatto che Augusto si fosse portato a casa Livia incinta di sei mesi e non collegava mai l'imperato­ re con la nascita di Druso, si stupiva di tutti questi avvenimenti e li conside­ rava frutto di aberrazioni . Egli , che già si scandalizzava perchè Augusto, ormai 606 Sun .. ibid. Conoscendo i retroscena è facile int uire cosa Augusto ebbe a dire a Tiberio in quella lunga conversazione segret a .

66 7 Tiberio, checchè n e dica Tacito, n o n sembra davvero aver m a i desiderato d i divenire imperatore e proba bilmente sperava di potersi presto l i berare dall' impegno. La morte di Germanico gli tolse ogni speranza. M a questo è un discorso troppo lungo e dovrà esser trattato i n separata sede. MS Vedi supra i particolari di questo fatto nel capitolo VEtLEIO PATERCOLO. I l . 74. 2 .

297

bastanza scalpore, anche se la moneta non era certo dedicata a Fulvia: nelle sembianze della moglie di Antonio veniva raffigurata la Vittoria e , sotto il suo grazioso profilo, si adombrava il trionfo del partito antoniano in Oriente. Vediamo in queste monete un bel viso i ncorniciato da una morbida petti­ natura con i capelli gonfi sulla fronte, le orecchie completamente scoperte ed una crocchia tonda alta sulla nuca. Un viso che, nonostante le mascelle risolute, non fa certamente immaginare il carattere pepato della sposina. Il busto marmoreo (fig. 47) la rappresenta invece con la caratteristica pet­ tinatura in voga all 'epoca e cioè con i capelli divisi in mezzo ed una grossa treccia che, partendo dalla crocchia sulla nuca, scorreva sulla scriminatura formando un nodo sulla fronte. In questo ritratto essa appare come una bel­ la donna dal naso aquilino, la mascella ostinata e la solita fronte bassa, che però a quell'epoca, come ho già detto, era considerata un'attrattiva e, quin­ di , poteva un po' essere accentuata dalla pettinatura ed un po' gentilmente attribuita alla persona ritratta dalla cortesia dello scultore. Pensiamo ad esem­ pio a tempi più vicini anche se ancora molto lontani da noi : cioè al periodo Elisabettiano, nel quale andava di moda la fronte alta e le donne si facevano radere l' attaccatura dei capelli per farsela diventare più spaziosa . Le notizie storiche sull' aspetto fisico di Fulvia ci dicono anche di più e ci informano che essa aveva una guancia più gonfia dell'altra, ma lo stesso Sve­ tonio , che parla di questo suo difetto, aggiunge che la terza moglie di Anto­ nio era dotata di grandi attrattive fisiche 130 • Questo avrebbe anche potuto supplire al fatto che la sposa di Antonio, sempre a detta di Svetonio, non era molto intelligente 8l l . Purtroppo l'intelligenza conta molto nella vita. Non c'è bellezza che possa compensare la mancanza di senno . Fulvia, quindi pur essendo bella ed attraente, almeno secondo Svetonio, non era un'aquila. Inoltre aveva un carattere superbo , prepotente e violento, che unito alla corta intelligenza formava una combinazione estremamente esplosiva . Lo si vide poi nel corso delle vicende del suo matrimonio con il triumviro, quando ella spesso contribuì a mettere Antonio in posizioni sco­ mode e di fficili . E sì che questi per parte sua non aveva certamente bisogno di nessuno che lo aiutasse a fare sciocchezze . Quando si lasciava trascinare dal suo carattere impulsivo e violento, Antonio ci riusciva benissimo da solo . Ma Fulvia non era tipo da rimanersene in disparte, né era come le altre donne dell' epoca che, anche se non erano sempre docili e sottomesse ai ma­ schi di casa, salvavano però le apparenze e facevano come se i padroni fosse­ ro loro . Fulvia invece si può definire una femminista ante litteram . Essa apparteneva a quella categoria di donne che, con un termine molto in uso oggigiorno, vogliono «realizzarsi». A lei piaceva trovarsi sempre in primo piano . È probabile che si considerasse la parte migliore della coppia e quindi giudicasse suo dovere spingere Marco Antonio a fare ciò che essa riteneva 830

S U E T . • D e rhetorica, 29 ( 5 ) .

"" Su n . , ibid. . .

298

giusto. Il guaio era che le sue facoltà di capire cosa fosse conveniente ed op­ portuno non erano delle migliori . Dato appunto questo suo carattere duro e volitivo, era molto difficile con­ trollarla, ed Antonio non ci si provò neppure . Questo fu il suo grande sba­ glio. È vero che in quel momento egli aveva ben altro da pensare che escogitare il modo di tenere a freno l'impetuosa consorte, ma spesso Fulvia lo mise in posizioni talmente spiacevoli che sarebbe ben valsa la pena di perdere un po' di tempo a tentare di farla ragionare . Eppure non soltanto Antonio non lo fece, ma addirittura lasciò che fosse la moglie a prendere il sopravvento. Fu così Fulvia e non Antonio a gettarsi , a corpo morto, in molte iniziative sbagliate e fu lei che, con la sua innata prepotenza, finì col mettere in riga il marito ed abituarlo ad un duro freno. Almeno questo è quello che ci dice Plutarco : per colpa di quella moglie Antonio diventò il solito marito succube e, sempre secondo lo storico greco, questo matrimonio rese più facile a Cleo­ patra la conquista del generale romano 8 3 2• « . . Egli sposò Fulvia che era stata la moglie di Clodio il demagogo. Essa era una persona alla quale non passava davvero per la mente di potersi mettere a filar la lana e dirigere l'andamento domestico. Sprez­ zava persino l 'idea di trovarsi sotto i piedi un marito che fosse un sem­ plice privato, perché voleva dominare un dominatore e comandare ad un comandante di armate. Sarebbe stato davvero giusto che Cleopatra pagasse poi a Fulvia le lezioni di sottomissione che Antonio aveva da lei ricevuto: Fulvia lo aveva ormai reso del tutto docile e disposto ad ascoltare e seguire l'opinione delle donne. Quando finì nelle grinfie di Cleopatra, l'educazione di Antonio in questo campo era ormai proprio completa . . . » . .

Dopo quella moglie tirannica, l ' affascinante e d abile Egiziana, esperta nel­ l'arte della seduzione, dovette sembrare al triumviro il paradiso. Non che Cleo­ patra non lo dominasse completamente e forse anche più di quanto Fulvia fosse mai riuscita a fare, ma, più furba di lei , non glielo fece mai pesare . In ogni modo, Cleopatra o non Cleopatra, fino a che Fulvia visse, lei ed Anto­ nio continuarono a restare sposati 8 33• È certamente di fficile dire se il loro matrimonio sarebbe durato più a lungo. È probabile che dopo la campagna di Perugia Antonio cominciasse ad averne abbastanza di una moglie che, senza neanche avvertirlo, gli creava complicazioni così spiacevoli e gravi , ma fu pro­ prio allora, al momento più opportuno, che dopo 8 anni di matrimonio essa tolse al marito il disturbo della sua presenza e morì . Comunque prima della partenza di Antonio per l 'Asia e finché vissero in­ sieme, e cioè fino alla battaglia di Filippi , il loro matrimonio fu un successo. 83 2

PLUT . , Ant., X .

B J J Fulvia morì nel 40 a . C . a Sicione dove s i era rifugiata c dove a t t endeva per ricongiungersi con A n ­ I o n i o . I l l o r o malrimonio durò q u i nd i 8 a n n i .

299

Fulvia era una moglie vivace ed innamorata ed Antonio con lei si trovava bene: egli aveva bisogno di quel tipo di donna. Ebbero figli e, anche se Ful­ via non aveva un carattere facile, il loro matrimonio tirò avanti senza troppe tempeste . Antonio provvedeva a compensare l ' equilibrio della loro unione con la sua indole al l egra e faceva di tutto per divertirla, così che il tempo per loro passava serenamente. A volte, è vero, gli scherzi di Antonio finivano coll'essere un po' pesanti : tiri d a vero ragazzaccio . Ma, con i mariti preced enti , Fu lvia d oveva essere stata abituata a questo ed altro , e perciò finiva sempre col riderei sopra. Rac­ conta Plutarco 834 : « . . . Poiché molti Romani andavano incontro a Cesare dopo la sua vit­ toria in Spagna, anche Antonio era partito con loro. Ma, essendosi sparsa in Italia la voce che i nemici stavano invadendo il paese e che Cesare era mort o , egli ritornò indietro a Roma. Per nascondersi si era vestito come uno schiavo ed arrivò di notte nel suo palazzo dove dichiarò di dover consegnare a Fulvia una lettera del marito. Così venne introdot­ to nelle stanze della padrona dove si fermò silenzioso e con l a testa ve­ lata. Fulvia era molto emozionata e prima di prendere la lettera, continuava a chiedere se Antonio era vivo . Egli senza parlare le tese il plico e, quando essa fu tutta intenta a togliere il sigillo per leggerla, la prese di sopresa tra le sue braccia . . . » .

E non c ' è dubbio che questa per Fulvia dovette proprio essere u n a sorpre­ sa. Chissà come dovette reagire quando, prima di accorgersi chi fosse colui che si celava sotto quegli abiti , si sentì abbracciare da uno schiavo . Nono­ stante che Plutarco citi questo come uno dei tiri escogitati da Marco Antonio per tener allegsa la moglie, è difficile immaginarselo come uno scherzo mol­ to esilarante m . Antonio certamente dovette rider parecchio alle reazioni del­ la sbalordita ed indignata consorte, ma Fulvia probabilmente si divertì un po' meno. D ' altra parte Antonio era quello che era e non ci si poteva aspettare che si comportasse con modi gentili e delicat i . Non vi è però dubbio alcuno che, dati i suoi successi in campo femminile, il triumviro almeno come marito ed amante dovesse avere molti lati buoni : perciò Fulvia si adattò a tutto pur di tenerselo, anche se è probabile che in fatto di adattamento dovette andare molto in là. Infatti , oltre agli scherzi di cattivo gusto , Fulvia dovette giorno dopo gior­ no sopportare le compagnie preferite dal consorte . Queste non erano certa­ mente quelle abitualmente frequentate dalle donne della buona società, ma non era questo quello che contava in quanto , anche se per nascita Fulvia ap-

SJ• P I . UT • ibid. . 835 Anche Cicerone .

parla d i questo scherzo di Antonio (Ci c . . Il Fil. 77) e agg i u nge che nella lettera c ' era l ' a n n uncio d i aver d e fi n t i vamente rono i suoi rapporti con Citeride.

300

parteneva ad una famiglia di un certo livello, il suo carattere e la sua intra­ prendenza poco femminili non l ' avevano mai fatta comportare come una di­ gnitosa matrona. Non doveva esser facile scandalizzarla. Oltre tutto, l'ambiente nel quale aveva vissuto fin da giovane in compagnia del primo marito dove­ va pur averla abituata a quel genere di vita ed a quelle amicizie, ed essa non ebbe nulla da ridire sul fatto che, dopo il loro matrimonio, Antonio conti­ nuasse a divertirsi a modo suo. L ' unica cosa che essa avrebbe preteso da lui era che egli escludesse dai suoi festini le donnine allegre delle quali amava circondarsi . Ma era proprio la loro partecipazione alle sue cene quello che ad Antonio piaceva di più . Quindi , invece d i apparire la dimora d i uno dei padroni d i Roma, la sua casa sembrava piuttosto la succursale di un teatro dell' epoca, ed a quei tempi gli artisti, anche quelli più famosi e meglio pagati, non erano considerati gente da frequentare . Ma Antonio pensava soltanto a divertirsi con gente che gli fosse congeniale e non si preoccupava delle reazioni dei suoi concittadini . Per­ sino durante il triumvirato, quando l ' importanza della carica avrebbe dovu­ to suggerirgli un certo contegno, egli, che già da tempo abitava nella magnifica casa che era stata una volta di Pompeo , non cambiò le sue abitudini . Spesso magistrat i , senatori ed ambasciatori non vennero ammessi alla sua presenza e vennero respinti 836 , mentre vedevano attori , m ime e suonatrici di flauto en­ trare liberamente dalle stesse porte che a loro erano state precluse. Questa partecipazione di donnine allegre ai festini dell' ardente consorte non dovette mai essere accettata con serenità da Fulvia. Doveva essere molto amaro per lei , gelosa com'era, tollerare le numerose rivali con le quali Antonio va­ riava la dieta matrimoniale. Ma nonostante queste piccole divergenze e scre­ zi Fulvia , come moglie, cercò sempre di stare vicino al suo uomo ed in tutti quei periodi turbinosi non lo abbandonò mai , cercando di aiutarlo in tutti i modi . Ovviamente, come sempre , faceva anche questo a modo suo, ma quando era il caso sapeva esser dignitosa ed ammirevole nella sua lealtà verso di lui . Così , quando i rapporti fra Antonio, da una parte, ed Ottaviano ed il Sena­ to, dall ' altra, si fecero tesi e quando il Senato , incitato dal solito Cicerone , dichiarò Antonio e tutti coloro che lo affiancavano nemici della patria, Ful­ via, che si trovava a Roma , invece di correre a nascondersi e lasciare che An­ tonio se la sbrigasse come meglio poteva, presi con sé il piccolo Antillo e Giulia, la madre di Antonio , andò in giro casa per casa, cercando di commuovere tutti i senatori che conosceva e persuaderli a mutare idea . Fu soltanto quan­ do vide che non c'era niente da fare che si rassegnò a trovare un rifugio e accettò l ' ospitalità di Pomponio Attico 8 37 , il grande amico di Cicerone, una degna persona anche se un po' volta gabbana. 836

P I U T . , A nt . , X X I .

8 3 7 Cn R N � L i lJ S N E eos, A llicus, I X . 3 - 4 . Anico, al comrario di Cicerone, f u sempre u n buon poli1 ico

e riuscì sempre a restare in buoni rapporti con t u t t i . Perc i ò , a d i fferenza del l ' i m p ulsi\:o oralore riuscì

301

Ma a parte questa devozione ed il suo coraggio nel difendere gli interessi del marito, Fulvia, che era avida fino all ' i nverosimile e che, col passare degli anni , induriva sempre più il suo carattere già abbastanza crudele, spinse An­ tonio a fare azioni particolarmente odiose rendendolo inviso a molt i . Pare infatti che dopo la morte di Cesare essa, cupida di denaro non meno che di potere , si occupasse personalmente di rimpinguare le finanze della sua fami­ glia e battesse cassa vendendo favori e ricattando la gente . Va bene che molte informazioni ci provengono da Cicerone il quale aveva rancori vivissimi con­ tro Antonio e sua moglie , ma qualcosa di vero doveva pure esserci 838 • « . Nell ' interno della casa c ' è un mercato infuocato in cui si vende lo stato intero . Una donna che ha più fortuna per se che per i suoi mariti vi mette all'incanto province e reami . . . » . . .

Fulvia e d Antonio infatti , approfittando del fatto che il triumviro era i l solo a sapere cosa ci fosse effettivamente negli appunti di Cesare 83 9, faceva­ no aggiungere o cancellare da questi documenti quello che meglio pareva lo­ ro e, chiaramente, organizzavano tutto nel modo più redditizio per le fortune della loro casa. I due sposi davano un' apparenza di legalità a qualsiasi so­ pruso , dichiarando che ciò era quanto Cesare aveva lasciato scritto 840 • La coppia si avvalse di questa insperata fortuna in lungo e largo e Fulvia fece allegramente commercio di cariche, privilegi e addirittura regni . Passò alla storia anche il fatto che fu soltanto pagando a Fulvia dieci milioni di sesterzi che Deiotaro , re spodestato del l ' Armenia, si fece ridare il trono •. , . Ma non era soltanto questo che la gente rimproverava alla moglie di Anto­ nio: i suoi atteggiamenti poco femminili e la sua grande crudeltà le alienava­ no le simpatie di tutti . Ella si metteva spesso in situazioni nelle quali sarebbe stato meglio che una donna non si lasciasse coinvolgere , come ad esempio quando accompagnò a Brindisi il marito. Abbiamo visto che, in questa occa­ sione , Antonio si trovò a dover domare la sedizione delle legioni che si erano rifiutate di rispettare i suoi ordini . Per richiamare i soldati all'obbedienza, egli fu obbligato a dar l ' ordine di decimare le truppe ribelli : questa, del re­ sto , era la punizione tradizionale in casi gravi come ad esempio una ribellio­ ne e , checché ne dicesse Cicerone, Antonio non poteva proprio fare a meno di applicarla. Appiano, tra l ' altro, dice che il generale cercò di ridurre la se­ verità del castigo facendo uccidere soltanto un numero minimo di persone, e aggiunge che egli scelse i condannati tra gli elementi noti per il loro coma sopravvivere s e n za scosse i n q u e s t o d i fficile periodo d e l l a s t o r i a romana . Sua n i pote Vipsania Agrippi­ na fu la prima moglie d i Tiberio a cui diede pure un figlio, Druso. Quindi i discendenti di Attico finirono col divenire membri della famiglia i m periale. 838 Cl c . , Fil. , 5 . I l .

8 19 Sia A ntonio che Fulvia approfittarono degli appunti d i Cesare fat t i dichiarare validi e da attuare come leggi gia promulgate ( W . W . TARN c M . P . C H A R L CSWORT H , Octavtan, A n tony and Cleopatra, Cam­ bridge 1 96 5 , p. 4 5 5 ) . 840 Ci c . , Fil. , 2 . I l ; V , 84 1 C t c . , A d A l t . X I V . 302

Il. 12. l .

portamento violento e sedizioso 842 , ma è ovvio che si dovettero eseguire le condanne ed è altrettanto ovvio che Antonio, come generale, dovesse assiste­ re alle esecuzioni . Chi non avrebbe mai dovuto presenziare a questa scena truculenta era Fulvia, la quale invece restò impavida a veder sgozzare i con­ dannati, tanto che venne spruzzata dal loro sangue 843 • La cosa non sfuggì a Cicerone che la riporta nella sua l i l Filippica 844 : « . . . Antonio mentre si trovava in casa di un suo ospite ha dato l'ordine di sgozzare dei valorosi e buoni cittadini che morendo hanno schizzato con il loro sangue (fatto noto) il viso di sua moglie . . . » A parte il definire valorosi e buoni cittadini i soldati ribelli che egli stesso non avrebbe mancato di uccidere, se per caso si fosse t rovato nei panni del console, Cicerone rinfacciò lungamente questo fatto ad Antonio; ed effetti­ vamente questi avrebbe fatto meglio , con le buone o con le cattive, a mandar via la moglie dal luogo dell ' esecuzione ed a rinchiuderla nelle sue camere. Ma come si è già detto Antonio si lasciava dominare da lei e , in questo caso , viste le preghiere della consorte , non si era evidentemente sentito il cuore di darle un dispiacere e di privarla di questo originale passatempo . Questo fatto però ci consente di formarci una chiara idea di che tipo di donna fosse Fulvia e di concordare con il giudizio riportato da Velleio Pater­ colo 845 • Non c'è dubbio che essa fosse una virago e, anche se gli attacchi di Cicerone possono essere stati molto parziali e se non vi è dubbio che nel suo odio l ' oratore avrà esagerato le colpe dei due, è chiaro che Fulvia non fu mai una dama di carità ed è un fatto accertato che le sue responsabilità in queste azioni odiose furono grandissime. È probabile anzi che a lei vada ascritta la maggior parte delle atrocità che si veri ficarono con lo scatenarsi delle pro­ scrizioni . Pare, infatti , che fosse Fulvia più ancora che Antonio a voler la morte di molti e che spesso fosse all ' i nsaputa del marito che essa mandava ad uccidere qualcuno che non le risultava simpatico, tanto è vero che un giorno, quando fu portata ad Antonio la testa di un poveraccio che i sicari avevano appena ucciso , il triumviro la guardò esterrefatto e poi esclamò «Ma questo uomo io non l ' ho mai né visto, né conosciuto ! » 846 • Non era certamente stato lui a dare quell' ordine . Sembra chiaro che quando si decida di ammazzare qual­ cuno , in genere si preferisca spedire al creatore qualche conoscente. Sulla soppressione di Cicerone, però, i due sposi agirono in piena concor­ dia e, una volta che Antonio ottenne via libera per procedere all 'eliminazio­ ne di Cicerone, Fulvia non intercesse certamente in favore dell'oratore . Bisogna poi dire che quando, prima di venire esposte infilzate sui Rostri secondo l ' or842 AP P . , B. C. , I I I . 43 . , . 843 D I O , X L V . 3 5 . 3 . 844 CICERONE, /// Fil. , 4 .

84 5 Vedi

supra, nota 829.

846 D1o, X L V I I . 8. 3 .

303

dine dato da Antonio , la testa (fig. 48) e la mano destra del grande oratore furono portate nella casa del triumviro, i due sposi non si comportarono in modo decente. Nessuno dei due mostrò in quell'occasione la m i nima parvenza di decoro. Cesare aveva pianto davanti alla testa di Pompeo e, in un'epoca ancora da venire, Ottaviano, dopo il suicidio dell ' ex cognato e collega, avrebbe chiesto di esser lasciato solo con la sua trist ezza 847 • Antonio invece davanti ai mise­ ri resti del suo mortale nemico diede s fogo ad una riprorevole ilarità. Ma fu Fulvia però quella che presa la testa del morto vi sputò sopra e, tiratagli fuo­ ri dalla bocca la lingua, la trafisse con gli spilloni che aveva nei capelli , deri­ dendolo in modo brutale 848 • Ora, anche se è probabile che a Roma fossero in molti ad avercela coll' Arpinate - cosa del resto certificata anche da Dio­ ne Cassio 849 - ed anche se quella morte l 'oratore se l ' era proprio tirata ad­ dosso con la sua lingua tagliente, ciò non toglie che il comportamento di Fulvia desti orrore e faccia rabbrividire dal raccapriccio . È vero che le proscrizioni infierivano e c h e l e scene di orrore si susseguiva­ no senza interruzione: non era certamente quello un momento adatto per cuori teneri o caratteri impressionabili , ma a tutto dovrebbe esserci un limite. Sembra impossibile che gli stessi responsabili non si sentissero inorriditi da quel ba­ gno di sangue e, soprattutto, che una donna davanti ad una testa mozzata si comportasse in quel modo. Ma i due erano corrazzati contro questo tipo di sensibilità : anzi , Antonio si faceva sempre portare le teste di coloro che erano stati uccisi e questo anche se, in quel momento, stava cenando nel tri­ clinio . Quando poi , come a volte capitava, i due coniugi , dietro forti com­ pensi scancellavano qualche nome dalla loro lista, aggiungevano nomi di altri disgraziati scelti a caso per non !asciarci i vuoti 8 "'. ' Comunque la morte di Cicerone fu l ' ultima esecuzione e chiuse le proscri­ zioni come se, scrive Velleio, Antonio avesse finalmente placato la sua sete di sangue m. I n tutto quel triste periodo l' unico ad essere salvato gratis da Antonio fu lo zio, Lucio Cesare m, e chiaramente, dato che c'era di mezzo sua madre Giulia, il triumviro non potè fare altriment i . G razie a D i o ci fu c h i , forte della propria posizione , ne approfittò per sal­ vare molti malcapitat i . Parecchi ad esempio furono quelli graziati da Otta-

847 Quello

848

che poi fece u n a volta solo non lo seppe mai nessun o .

D10, X L V I I . 8 . 3-4.

849 Secondo Dione c ' erano molti a Roma che non l o potevano soffrire: quasi sempre si t rattava di co­ loro che egli aveva attaccato nei suoi di scorsi . ma molto spesso anche quelli che egli aveva aiutato finiva­ no col l ' odiarlo. La sua lingua tagliente gli aveva creato molle i n i micizie, ed i l suo continuo vantarsi ed il disprezzare gli altri lo avevano reso noioso e pesa nte ( D t o , XXX V I I I . 1 2 . S-7) . RlO DIO, X L V I I . 8 . S . 851 VEJ.L . , L X I V . 4 . Ml2 DIO, ibid. . 304

Fig . 48 - Frammento di un rit ratto di Cicerone. Un po ' per l 'espressione stravolta, un po' per il fatto che ddla scultura non è rimasto altro che il capo, non si può fare a meno, guardandolo, di pensare alla decapitazione dell'oratore. Molto simile doveva essere la testa che, per celebrare la sua opera crudele,

L�nas fece scolpire ai piedi della sua statua : gruppo scultoreo che, se non altro, trovò approvazione e divertila ammirazione in Marco Antonio.

viano m e molti dovettero la vita alle preghiere e le intercessioni di Ottavi a e di s u a madre alle quali nessuno si rivolse invano 8 S4. Fulvia invece n o n sal­ vava nessuno, meno naturalmente coloro che erano disposti a pagarle taglie pesantissime m e lei , donna, non aveva neanche pietà delle altre donne: ma­ dri, mogli e figlie dei proscritt i . Si comportò insomma in un modo talmente scandaloso che f u u n a s u a con­ sorella ad insorgere contro di lei e Ortensia, figlia di Ortensio, abile come i l padre nell 'oratoria, andò ad attaccarla in Senato difendendo quelle pove­ rette che, dopo aver perso i loro cari , venivano anche costrette a pagare i tri­ buti pesantissimi tanto caldeggiati da Fulvia. Se non fosse stato possibile esentare da queste ignobili tassazioni le congiunte delle persone eliminate per ordine dei triumviri , le povere donne sarebbero cadute nella più nera miseria e , pur essendo le esponenti delle grandi famiglie romane , sarebbero state co­ strette a condurre un'esistenza talmente indecorosa da far piombare l'intera città nella vergogna e nel disonore. Riunite da Ortensia le matrone in grama­ glie si presentarono in massa nel Senato 8 5 6 • I senatori non erano certamente abituati a vedere un tal luogo invaso da femmine, anche se di alto lignaggio, e ne restarono profondamente scossi . Fu forse Io stupore e la costernazione nel vedere la Curia invasa da donne , e la prospettiva di dover discutere con le postulanti che terrorizzarono i com­ ponenti dell'esimio consesso e li indussero alla resa, ma pare che in questa occasione l 'eloquenza di Ortensia fu ammirevole, tanto che la sua magni fica orazione venne poi trascritta ed usata come esempio di perfezione oratoria nelle epoche successive 857 • Quel che è certo è che la paladina del gentil sesso ebbe partita vinta e batté Fulvia su tutta la linea. I ntanto le vicende della storia portavano Antonio sempre più lontano dal-

8 53 Secondo Dione Cassio , Ottaviano n o n aveva u n a nat ura crudele e d e r a s t a t o educato da Cesare a l l a clemenza. Lo storico si basa sul fat t o c h e , quando restò s o l o a capo del l ' impero, n o n vi furono più a t t i di crudeltà e d uccisioni e c h e d u rante le proscrizioni egli n o n soltanto si trattenne dall' uccidere molti pro­ scri t t i , ma molti ne salvò. I no l t re a fferma Dione, mentre perdonava coloro che aiutavano i loro padroni ed amici, fu severissimo con coloro che invece l i tradivano (DIO, X LV I I . 7. 2 - 3 ) .

8 54 Dione prende ad esempio i l caso di Tanusia moglie di T i t o V i n i o aiutata dalla complicità di Ottavia (vedi supra nota S34). Ottaviano graziò V ineo e t u t t i gli a l t r i . I n fatti vi era la pena di morte anche per coloro che aiutavano i proscrit t i . Visto che c ' era di meuo pure sua sorella non è, però, che il giovane Cesare potesse fare molto di diverso (DIO, X L V I I . 7. 4-S). ass Antonio e Fulvia s i comportarono in modo indicibilmente crudele e risparmiarono soltanto coloro che pagarono la loro salvezza ad u n prezzo molto più alto di quanto i due si potessero aspettare di guada­ gnare dalla loro morte (Dio, ibid. ). 85 6 A P P . , B. C. I V . 32-3S; I V . 96 . 857 L a s u a orazione e r a talmente perfet ta c h e venne t rascritta e letta a d esempio anche nelle epoche po­ ,

steriori . Valeria Massimo ( V I l i . 3 . 3 ) dice che ciò venne fatto non soltanto percht si t ra ttava di un'orazio­ ne pronunciata da una donna, ma perché era un'orazione molto buona: QuiNTILIANO, 1 . 1 .6; J . P . V . D . BAtSOON, op. cii. (vedi supra nota 3 S ) , p. S6.

306

la moglie e, dopo la battaglia di Filippi , mentre Ottaviano , malato ad un punto tale che si credeva sarebbe presto morto , veniva frettolosamente ricondotto in Italia 858 , Antonio si recò prima in Grecia e poi in Asia Minore a metter sotto torchio quelle popolazioni e rimpinguare le dissestate finanze dei triumviri in modo da poter pagare i premi promessi ai loro soldati 859 • I n Grecia, Antonio si comportò c o n misura e d anzi aiutò il paese guada­ gnandosi la benevolenza degli Ateniesi, ma una volta arrivato in Asia M ino­ re perse completamente la testa. Le ricchezze di questo subcontinente gli si presentavano davanti come una visione . I re facevano a gara nel coprirlo di doni e, quello che era più importante per un uomo sensuale come lui , le regi­ ne si offrivano a lui senza nessun ritegno . Egli viveva finalmente il genere di vita alla quale aveva sempre aspirato, con mille amori . Qui poi , come ave­ va già fatto nella sua residenza romana, poteva riempire la sua corte di suo­ natori di cetra, di flauto , di ballerini, e di gente di teatro 860 e, senza che nessuno osasse trovarci niente da ridire, introdusse nella sua corte personag­ gi che a quell'epoca non erano certamente molto stimati e che egli non avreb­ be mai dovuto frequentare . È vero che lì , in Asia Minore, alcuni dei virtuosi del palcoscenico che era­ no divenuti suoi familiari erano tra i più famosi dell' epoca, tanto che la sto­ ria ce ne cita i nomi : Anassenore , il citarista, Xouthos il flautista e Metrodoro il ballerino; ma non era certo decoroso che u n grande generale romano aves­ se come sua una corte di buffoni. Persino t utta una ciurma di battellieri asia­ tici aveva invaso il suo palazzo e la facevano da padroni , ed era gente anche peggiore di quella della quale egli era uso di circondarsi in Italia. I noltre An­ tonio suscitava il malcontento delle popolazioni passando da un eccesso al­ l'altro : un giorno rovinava con le tasse qualche disgraziato e l'indomani copriva di regali sproporzionati il primo venuto che avesse colpito la sua fantasia, come quando regalò una casa ad un cuoco di Magnesia che una volta gli ave­ va cucinato una cena ••• . È probabile che le vivande fossero veramente squi­ site ed è indubbio che debbano esser state molto apprezzate, ma è certo che questo artista dei fornelli non si sarebbe mai aspettato una simile mancia. Oltre a questi eccessi ed a queste stranezze, Antonio si divertiva con scher­ zi e prese in giro poco dignitose da vero ragazzaccio. È vero che poi permet­ teva che anche gli altri lo ripagassero della stessa moneta, ma tutto questo non era certamente fatto per mantenere la disciplina o farlo stimare . Perciò molta gente si appro fittava di lui e lo manovrava a suo piacere . Oltre tutto Marco Antonio amava l ' adulazione e non riusciva mai a distinguerla dalla verità, quindi era molto facile metterlo nel sacco. "'8

D t o , X L V I I I . 3 . 1 ; Pt u r . • A n i . , X X I I I .

'59 1 1

giovane Cesare aveva promesso d i dare a d ogni soldato 5000 dracme e d era q u i ndi necessario pro­ curarsi la !.O m m a a t t raverso una pesa n t e tassazione delle province (P l L1 TARc·o. ibid. ; DIO, X L V I l i . 2 . 2 ) .

'60 Pt cr . • A n i . , X X I V . 861

Pt.UT . . ibid. .

307

Fu in questo periodo di sfrenatezza che sul capo di Antonio si abbatté quella che doveva essere la più grande delle sciagure che mai gli capitarono ed egli incontrò Cleopatra. L ' egiziana lo affascinò ad un punto tale che egli, persa completamente la testa per lei , la seguì ad Alessandria dove si abbandonò ad una vita di bagordi e festini a non finire. Fulvia, che naturalmente si tene­ va sempre al corrente su quel che faceva i l marito e che era venuta a sapere cosa succedeva, impazzi di gelosia e decise di tentare di riconquistarlo 862 • Di­ sgraziatamente seguendo la sua indole impulsiva e dominatrice scelse il me­ todo peggiore. Pare che prima di ogni altra cosa essa tentasse di rendere la pariglia a suo marito e , forse perché era più facile risolvere queste cose nell' ambito fami­ liare, chiese ad Ottaviano, ancora suo genero , di avere con lei u n ' avventu­ ra '"' . Questo è almeno quello che asserisce Marziale il quale, per contro­ battere le accuse di licenziosità che venivano rivolte ai suoi versi, e dimostra­ re che in quel campo c'era chi sapeva far molto di meglio, trascrisse un epi­ gramma del giovane Cesare rivolto a Fulvia 864 : sei stupefacenti versi scritt i , assicurava il poeta, dallo stesso Augusto. Come qualità poetica sono troppo pochi per giudicare le possibilità letterarie del futuro imperatore, ma in quanto a licenziosità M arziale aveva ragione: non si poteva proprio far di meglio . Per cui l ' epigramma non verrà qui riportato . I l succo della composizione consisteva nel riferire una richiesta di certe particolari prestazioni rivolta ad Ottaviano da Fulvia, la quale poi chiudeva la sua offerta con la minaccia «0 Io fai , o andiamo alla guerra ! » Seguivano , alcune grevi osservazioni da parte del giovane Cesare e la sua fiera risposta « Ebbene sia ! Garriscano le bandie­ re ! » . Marziale loda la poesiola, dicendo che con essa Augusto stesso assolve la lascivia dei suoi epigrammi, «Augusto - dice - che sai parlare con roma­ na semplicità» 86' , e non possiamo che restare meravigliati davanti a tanta ro­ mana semplicità : oggigiorno essa viene definita in modo molto diverso . Comunque svanita questa possibilità di risolvere facilmente ed armoniosa­ mente il problema, si venne alla guerra . Tra i triumviri si era cominciata a creare una tensione che andava sempre più aggravandosi e Fulvia , restata a Roma, difendeva con Lepido la causa di Antonio contro Ottaviano 866 • Se questi screzi si fossero limitati alle schermaglie politiche, non ci sarebbero stati grandi problem i . Ma nel 40, per tutto un insieme di ragioni , deposto

862 L 'epigramma riportato da M a rziale e da lui a t t r i b u i t o allo stesso Augusto ( M A R Z I A L E , X l . 20) pre­ senta una Fulvia che scatena una guerra perché è gelosa del marito e di Cleopat ra. M a questa non è u n 'o­ p i n i one isolata . La st essa teoria è sostenuta da Plu tarco ( P I . UT . , A ntonio, XXX) ed anche da Appiano ( A P P I A N O , V. l 9 . ) . 863

J u ntTH P . HALLET, Perusinae Glandes and the Changing /mage of A ugustus i n A JA H 2, Vol. 2 , 1 97 7 , pp . 1 5 1 - 1 7 1 . 8 64 M A R Z I ALE, X J . 20 . SM A uguste qui scis romana simplicitate loqui. 866

PLliT . , A ni. , X X V I I I ; Dto, X L V I I I . 5 . 2 - 3 .

308

l 'odio che essa nutriva per il cognato, la donna si rappacificò col fratello di Antonio, Lucio, un uomo che fino allora essa aveva combattuto con accani­ mento . Adesso invece le conveniva averlo amico e stringere con lui un valido patto di alleanza, nel quale essa avrebbe avuto la parte predominante. Infatti il suo potere era ormai talmente grande da far scrivere a Dione Cassio che, quando nel 41 a . C . furono eletti consoli Publio Servilio e Lucio Antonio, tutti affermarono che in realtà i consoli erano Antonio e Fulvia 867 • Fu così Fulvia a scatenare quell 'ennesima guerra civile che doveva portare gli Antoniani alla disfatta 868 • Nella testa di Fulvia, oltre alla speranza di di­ struggere l ' uomo che precludeva al marito la strada al potere assoluto, c'era probabilmente, come insinua Appiano, anche quella, molto femminile, di stac­ care Antonio da Cleopatra e richiamar a sé il marito 869• Ma il suo piano fallì su ambo i fronti . Fulvia partecipò direttamente a questa campagna. Seguendo la sua indole dominatrice e precedendo di vari secoli Giovanna d'Arco , indossò pure la corrazza e arringò le truppe 870 , ma Fulvia non era la pulzella di Orleans e dubito che legionari romani apprezzassero la novità . Data la mentalità do­ minante all 'epoca , l ' esser comandati da una femmina, anche se bella e per­ fettamente corredata da un 'elegante armatura, doveva essere considerata una degradazione dai soldati romani . Oltre tutto non sembra che né Fulvia, né il cognato brillassero in campo militare. Lucio aveva, sì, avuto l'onore di un trionfo, ma soltanto perché Fulvia aveva acconsentito a farglielo avere, ed i senatori , che in quel momento bri­ gavano i favori della moglie di Antonio, glielo avevano votato. Così egli, com­ plice la cognata, aveva potuto trionfare su un popolo che non aveva mai vinto , non avendo mai avuto un comando in quelle regioni e non avendo fatto pro­ prio niente per meritarsi un tale onore . La vera trionfatrice in quel caso fu Fulvia, perché, come afferma Dione Cassio, avere la possibilità di far decre­ tare a qualcuno un trionfo era segno di un potere molto più grande di quello che dava il celebrarlo 8 7 1 • Ma adesso si trattava di combattere davvero e non vi è dubbio che nessuno dei due fosse un dio della guerra . Così , quando si trovarono coinvolti nell 'a­ zione, i due cognati finirono subito nei guai e le truppe della loro fazione, dopo che trovarono sbarrata la via verso la Gallia 872 , furono costrette a ri­ fugiarsi a Perugia. La città venne subito cinta d ' assedio dal giovane Cesare e il conflitto si fece accanito : come sempre succede nelle guerre civili , l ' odio R6 7 D 1 0 , X L V I I I . 4 . 1 .

IC6R

D10, X LV I I I . S . 2 .

1169 A r P I Mm , V . l 9 .

870 T n o L I V I O , Epitome, 1 25 . Dione Cassio dice soltanto c h e essa ci ngeva u n a spada e dava l a parola d ' ordine alle truppe. M a dare la parola d ' ordine era i l compilo del generale i n capo ( D i o , X L V I I I . I 0 . 4 ) . " 7 1 D I O , X L V I I I . 4 . 2·6.

"72 D 1 o , X L V I I I . I 4 . 1 .

309

tra i concittadini militanti nei due partiti avversi divenne asprissimo e di que­ sti sentimenti è giunta a noi una testimonianza molto viva nelle famose g/an­ des perusinae. Su questi proiettili di piombo i combattenti delle due part i , sfogando la loro rabbia, avevano inciso oltre all ' indirizzo dei destinatari Ottaviano, Fulvia e Lucio Antonio - anche la parte del suo corpo che ci si augurava di colpire, con chiare allusioni alle speciali tendenze erotiche del soggetto ed ai suoi caratteri fisici particolari 873 • Come si può ben capire i ter­ mini usati non erano molto parlamentari . La situazione si stava proprio mettendo male, ma gli Antoniani non vole­ vano cedere . La guerra continuava e la città, che dal punto di vista delle for­ tificazioni era molto ben difesa ed avrebbe anche potuto resistere agli attacch i del nemico, s i trovò i n di fficoltà per i rifornimenti . I viveri cominciarono a scarseggiare ed i difensori della cittadella ad indebolirsi sempre più. Planco , che aveva dato loro speranze di aiuto, si limitò a vaghe promesse, ma non intervenne mai 874 • La guerra era stata tutta un' idea di Fulvia, e Antonio in quel momento non aveva nessuna intenzione di rompere con Ottaviano. Non che amasse svisceratamente il giovane Cesare, ma non desiderava affatto cacciarsi in un'al­ tra guerra civile proprio in un momento nel quale c' erano tante altre gatte da pelare ed era indispensabile arrestare l ' avanzata dei Parti m . L ' i niziativa di Fulvia lo indignava e, quindi , non aveva nessuna voglia di cavarla fuori di impaccio . Le truppe antoniane, assediate a Perugia, resistettero con acca­ nimento, ma alla fine dovettero cedere. La guerra era persa ed ai protagoni­ sti non restava altro che la fuga. Augusto lasciò liberi di andare sia Fulvia che Lucio Antonio 876 • Come è già stato narrat o , non così fortunati furono i loro seguaci, e la strage che il giovane Cesare compì a Perugia in onore del padre adottivo fu agghiacciante. Perugia stessa, eccetto il tempio di Vulcano e la statua di Giunone, venne completamente distrutta dalle fiamme 877 • L' in­ cendio, però , secondo Velleio, venne appiccato da uno dei cittadini più im­ portanti di Perugia, u n certo M acedonico , che , dopo aver dato fuoco alla sua casa con tutto quello che conteneva, si trafisse con la spada, poi con le ultime forze si gettò tra le fiamme, dando luogo all' olocausto 878• Sin dal l ' inizio di questa sua infelice iniziativa Fulvia, che adesso vinta e furiosa cercava di raggiungere la Grecia , aveva tempestato il marito di lettere piene di recriminazioni . Ella lo rimproverava di averla abbandonata nel mo­ mento del pericolo . In realtà era un pericolo che Fulvia si era cercato con le sue stesse mani , ma lei preferiva i ncolparne i l marito. Così Marco Anto"' C f r . J . P . H A L L !' 1 , "'

art. c it . .

V E I I . E I O P A H R l " O I . O , 1 1 . 74 . 3 .

' " P I . UT . , A nt . , X X X . "'6 V n 1

.•

ibid. .

"' D 1 0 , X L V 1 1 1 . 1 4 . 3 -5 . ' " V r 1 1. , 1 1 . 7 4 . 4 .

3 10

nio, che proprio allora aveva deciso di risvegliarsi dal torpore dell'ubriachez­ za e di abbandonare gli ozi alessandrini per cercare di arrestare l ' avanzata dei Parti , fu invece - e con sua grande rabbia - costretto a dirigersi verso l ' Italia alla testa di una flotta di duecento navi 8 79 • Fece una breve sosta in Grecia dove incontrò moglie e madre 880• Esse era­ no state aiutate da Sesto Pompeo nella loro fuga ed Antonio gli fu grato di ciò ad un punto tale da allearsi con lui . Poi proseguì verso l ' I talia 881 • Ma mentre il marito iniziava ad attaccare le truppe di Cesare 88 2 , Fulvia si am­ malò e morì a Sicione 883 • La guerra civile era stata scatenata da lei ed essa ne era stata l' unica responsabile 88', perciò non vi fu nessun ostacolo ad una pace tra Ottaviano ed Antonio ed essi la siglarono a Brindisi . I due, se non d'amore e d'accordo , che troppo sarebbe stato chiedere ciò, tornarono in rap­ porti civili e, come al solito, si cercò di cementare la pace con un matrimo­ nio. Questa volta toccò ad Ottavia, la sorella maggiore di Ottaviano, di sacri ficarsi e la bella Ottavia, dolce e nobile di animo, i niziò il suo calvario.

879 P I . UT ibid. . 880 P I U iarco a fferma .•

che. memre Fulvia si a ffrenava per raggiu ngere il m a ri 1 0 . mori senza rivederlo ( P L UT . , Ant . • XXX). M a secondo Dione Cassio (Dio, X L V I I I . 2 7 . 4-S) Antonio incontrò invece sia mo­ glie che madre i n Grec i a . Dopo che si d i resse verso l ' I t a l i a ed una nuova guerra civile. ma la notizia della morte d i Fulvia spinse i due contendenti a deporre senza indugi le a r m i ed a stri ngere una nuova al leanza . 881

Fu d o p o questo incontro c h e Amonio si alleò c o n Sesto Pompeo contro Cesare ( Dio, ibid. ) .

88 2 Antonio,

sbarcato i n I t a l i a , si i m padronì di Sipomo ed assed iò Brindisi . Agrippa, inviato da Ona­ viano, riconquistò rapidamente Siponto, mentre Publio Servilio Rullo, che doveva liberare Brindisi, si fece clamorosamente banere da Amonio ( D I O , X L V I I I . l . 2 8 . 1 ) .

8

8 3 PLUT . , A nt . , XXX. Dio ne a fferma che responsabile della sua morte fu i n realtà Antonio che con la sua relazione con Cleopatra l ' aveva spima alla disperazione ( D i o , X L V I I I . 28. 3). 8 84 Su questo t uni, compresi gli storici , sono d ' accordo ( P L UTARCO, ibid. ) Dione Cassio dice che a l l a n o t i z i a della m o r t e di Fulvia, i due partiti si riconciliarono sia perche r i tenevano che realmente la sola Fulvia aves�e avuto colpa della guerra, sia, insinua Dione, perché i due contenden t i si lemevano a v icenda e , vedendo che le loro forze si equivalevano, non avevano spera nze di v i t t o r i a . Così i due triumviri prese­ ro a pretesto la morte di Fulvia per poter fare la pace ( DI O , X L V I I I . ibid. ) .

311

CLEOPATRA Morta Fulvia, Antonio si sposò con Ottavia. Non fu un matrimonio fortu­ nato. La giovane donna non lo sapeva, ma fin dall 'inizio per lei non c'erano molte speranze di felicità . Essa si trovava a dover lottare contro una temibile rivale e l ' uomo che stava sposando era già indissolubilmente legato a una delle donne più pericolose di tutti i tempi : Cleopatra. Erano infatti quasi 2 anni che i due erano divenuti amanti ed il legame che li avvinceva era tale che niente e nessuno l'avrebbe mai potuto sciogliere . Non si hanno notizie su quando Antonio e Cleopatra si incontrarono per la prima volta. Conoscersi dovevano : se non altro si saranno certamente visti qualche volta, quando , per averla vicino, Cesare aveva fatto venire a Roma la giovanissima regina e l'aveva installata nei suoi giardini di Trastevere 885 • Antonio era troppo legato a Giulio Cesare per pensare che non abbia mai incontrato la sua amante, ma non deve aver mai avuto occasione di vederla molto e, sicuramente, mai a quattro occhi . Questo anche se è certo che Cleo­ patra a Roma non vivesse isolata; aveva persino avuto occasione di litigare con Cicerone, il quale era certamente meno intimo di Cesare 886• Se persino l'Arpinate aveva avuto contatti con Cleopatra, ancor più avrebbe dovuto averne Antonio che era il braccio destro del dittatore . Ma invece così non fu : è chiaro che Cesare dovette sempre ritenere che non fosse il caso di andare a trovare Cleopatra scortato dai suoi più giovani ed aitanti collabora­ tori . È infatti ragionevole supporre che, data la sua esperienza in fatto di adul­ teri , egli non avesse nessuna voglia di mettere possibili rivali al fianco della sua giovanissima ed anche troppo focosa amante . 885 SUET., Ces . , 5 2 ; Dio, X L I I I . 2 7 . 3. Secondo Svetonio, Cesare, dopo averla fatta venire ed aver la­ sciato che desse i l suo nome al bambino che Cleopatra aveva messo al mondo, la rimandò i n Egitto dopo averla colmata di grandissimi onori . Comunque Cleopatra dovette fermarsi parecchio a Roma, tanJo che ' Cicerone ebbe tutto i l tempo di lit igarci (cfr. nota seguente) . 886 L ' oratore e la giovane donna si erano scontrati violentemente e l ' Arpinate si era lasciato andare a cocen l i sfoghi sul conto di Cleopatra con il suo grande amico, Attico . « Q uella regina la detesto . . . Non riesco a ripensare senza rabbia alla superbia di lei quando abitava negli orti di Trastevere. Non si può aver rapporti con gente simile. Credono forse che io non abbia dignità o sensibilità?» Lo sdegno di Cice­ rone era forse stato provocato dal mancato prestito di qualche manoscritto greco che Cleopatra gli aveva promesso att raverso u n suo uomo di fiducia e che poi non gli aveva mai fat l o avere . Lo sfogo era natural� mente sproporzionato a l l ' o ffesa, ma Cicerone era molto suscettibile (CICERONE, Ad Ali. , XV. 14 ( 1 5) . 312

Perciò è sicuro che durante il soggiorno romano di Cleopatra gli incontri con M arco Antonio, se pure avvennero , furono rari e brevi . I due dovettero vedersi proprio di sfuggita. Fu quindi soltanto più tardi che essi ebbero occa­ sione di stare assieme abbastanza a lungo e di conoscersi bene e fu allora che essi finirono col divenire i protagonisti di una delle più movimentate vicende amorose della storia. Questo accadde in un periodo nel quale una serie di circostanze particolari favorirono l 'inizio della loro relazione. Antonio era lontano da Roma e dalla possessiva Fulvia, quindi libero da qualsiasi remora e, probabilmente, aveva una grande voglia di rifarsi del tempo perduto. Cleopatra, per parte sua, era disposta a dedicargli tutto il suo tempo ed il suo interesse . Ne aveva mille ed una ragioni . A quell'epoca il triumviro era uno dei due uomini che aveva­ no in mano tutto il potere di Roma: Lepido infatti contava pochino. Era quindi una persona che, con un po' di fortuna, avrebbe anche potuto restare arbitra della situazione . Questo era un fatto noto a tutti e, certamente, lo era anche alla regina che si teneva sempre aggiornata sui principali avvenimenti della politica romana . Ma oltre a queste attrattive c'era in quel momento un moti­ vo molto più importante per tenerselo buono . Cleopatra era stata perento­ riamente invitata a raggiungere M arco Antonio a T arso per parlare di affari . Non è t roppo chiaro quali fossero gli affari da discutere . Gli storici non fanno molto per dissipare l ' oscurità che circonda le ragioni di questo incon­ tro. Plutarco semplifica molto le cose dicendo che Antonio aveva chiamato a sè la regina per chiederle come mai ella avesse finanziato ed aiutato Cas­ sio 88 7 • Questo, sempre che fosse realmente accaduto, spiegherebbe tutto. Purtroppo la notizia non è confermata da nessuno degli storici . Anzi ! Secondo Dione era proprio vero il contrario. Nel periodo intercorso tra la morte di Cesare e la battaglia di Filippi , Cleopatra aveva aiutato i trium­ viri ed aveva attivamente partecipato alle movimentate vicende della guerra cjvile schierandosi dalla loro parte. Da lui sappiamo che non soltanto essa non si era mai sognata di aiutare gli uccisori di Cesare, ma che aveva invece finanziato ed appoggiato con la sua flotta il loro avversario, Dolabella. L ' aiuto purtroppo non era andato a buon fine e l ' ex genero di Cicerone , assediato a Laodicea, aveva poi dovuto soggiacere all' attacco nemico e darsi la morte; ma non era certamente colpa di Cleopatra se le cose erano andate a quel mo­ do. E del resto questa era pure stata l ' opinione dei triumviri , che l'avevano ringraziata del suo intervento e l' avevano premiata concedendole di far chia­ mare re di Egitto, Tolomeo , il figlio che aveva avuto da Cesare e che poi ven­ ne chiamato Cesarione 888 • Come si vede queste due versioni dei fatti sono completamente diverse l ' u­ na dall'altra e soltanto una delle due può essere vera . Anche se a volte, ana807 P t � T . ,

Ant., XXV.

""'

D i o n c parla sol l a n t o d i a i u t i d a t i a Dolabel l a , che contro Cassio stava combattendo ( DI O , X L V I I . 3 1 .5).

313

lizzando bene notizie che sembrano contrastanti, si finisce con lo scoprire che, in realtà , esse si riferiscono semplicemente ad aspetti diversi di un medesimo episodio , questo non può applicarsi al caso presente. Di Cleopatra si potrà sempre credere tutto, ma non che, in un momento nel quale Cassio e Dola­ bella stavano combattendosi accanitamente tra loro, essa sia riuscita ad aiu­ tare contemporaneamente tutti e due . La versione di Plutarco, contraddetta da molti altri fatti concomitanti , è certamente da scartare . Quindi è chiaro che Cleopatra non ai utò mai i congiurati . In compenso Dione, che conferma anche lui l ' incontro con Antonio in Ci­ licia, non spiega come mai Cleopatra si trovasse in Asia giusto in tempo per fargli perdere la testa. Dione infatti scrive 1119 : « . . . A quel tempo egli (Antonio) si innamorò di Cleopatra c h e aveva vi­ sto in Cilicia, dopo di che non si preoccupò più del suo onore, ma di­ venne lo schiavo dell ' egiziana e le dedicò tutto il suo tempo ed il suo amore . Ciò lo spinse a commettere molti atti vergognosi , come quello di trascinare fuori dal tempio dell' Artemide di Efeso i suoi fratelli e poi ucciderli . . . » 890 •

In realtà quella che Marco Antonio assassinò in modo tanto poco religioso era soltanto l' ultima sorella della bella egiziana, Arsinoe, che fino allora era abilmente riuscita a s fuggire ai veleni di Cleopatra. La regina aveva infatti già provveduto ad eliminare chi i n un modo e chi in un altro tutti i suoi più stretti congiunti e , essendole rimasto da togliere di mezzo soltanto quell' uni­ ca parente, aveva approfittato dell'ascendente che stava acquistando su An­ tonio per chiedergli di renderle questo piccolo ed innocuo servigio. Il generale romano non aveva avuto un attimo di esitazione nel compiacerla: cos 'era mai una sciocchezza del genere per i begli occhi di quella donna? E l'aveva imme­ diatamente accontentata . Ma questo suo racconto non dissipa il mistero su cosa m ai ci facesse in Cilicia la regina che non poteva essersi recata lì soltanto per far uccidere la sorella. Cercando di capir qualcosa in questo pasticcio e di spiegarci quello che accadde, si può soltanto prospettare l'ipotesi che, anche dopo aver cari­ cato di tasse tutta l' Asia 891 , Antonio , che era a caccia di denaro per far fron­ te alle spese della guerra e per pagare i veterani, non ne avesse ancora a su fficienza. A questo punto, egli sarebbe stato costretto ad estendere l ' area sulla quale imporre le sue esazioni e avrebbe cominciato a guardare con cupi-

889 D t o, ibid. . 8 90 Secondo Dione Cass i o , Antonio, che aveva perso l a testa per Cleopatra, aveva fatto t rascinare fuo­ ri dal tempio d i Artemide d i Efeso i fratel l i d i Cleopatra e, per fa rle cosa gentile, l i aveva fatt i uccidere ( D t o , X L V I I I . 24. 2-3 ) . I n realtà cosi era stata soppressa soltanto la sorella della regina, Arsinoe. I n fa t t i Berenice, la sorella maggiore di Cleopatra , e r a g i à s t a t a uccisa d a l padre quando questi e r a riuscito a tor­ nare sul trono che lei gli aveva usurpato; Tolomeo X I I era morto nella battaglia d i Alessandria e ia stessa Cleopatra aveva provveduto tempest ivamente a sbarazzarsi col veleno del Cratel lino superstite. 89 1 D t o , X L V I I I . 24. l .

314

digia il vicino e ricco Egitto . Ma, per poter lo gravare di imposte, egli avrebbe dovuto trovare qualche scusa e, quindi , Antonio potrebbe aver cominciato a cercare i l pelo nell' uovo e potrebbe aver scoperto qualche appiglio contro Cleopatra. Dato che in tutta la sua vita la regina dimostrò poi sempre di esse­ re abilissima nel doppio gioco e nel tenere il piede in due staffe , non ci sareb­ be neanche da meravigliarsi se, setacciando nel suo passato, non fosse saltata fuori qualche lettera o documento compromettente. Questo naturalmente spie­ gherebbe tutto. Soltanto che noi non potremo mai saperlo . Dato però che, all 'infuori dell 'autore delle Vite, tutti gli altri storici tac­ ciono o poco dicono sull ' incontro del bel generale con la regina 892, è gioco­ forza riattaccarsi qui a Plutarco che, tra l ' altro, è quello che più si di ffonde su Cleopatra e le sue vicende amorose 89l . Naturalmente , riprendiamo la sua narrazione dopo aver scartato le infondate spiegazioni che lo storico dà di questo viaggio, e partiamo dal punto nel quale l' inviato di Antonio arrivò da Cleopatra con il perentorio ordine di raggiungere il generale romano in Cilicia. Dellio 894, questo era il nome dell' ambasciatore, dovette ovviamente spiegare alla regina le ragioni della convocazione . Era evidente che, qualsiasi esse fossero , era meglio cercare di andar d ' accordo con Antonio. Se infatti il triumviro avesse continuato a chieder vendetta o , com 'è più probabile, de­ naro , Cleopatra e l ' Egitto si sarebbero trovati nei guai . La giovane regina si rivolse perciò a Dellio, col quale ormai aveva stretto amicizia, perché le consigliasse cosa fare . Dellio, che era rimasto molto colpito da quella donna così interessante e divertente, e che ben conosceva il suo generale e la sua debolezza per il sesso gentile, aveva subito capito che un uomo sensibile al fascino femminile, qua­ le era Antonio, non avrebbe mai e per nessuna ragione fatto del male ed una creatura che sembrava nata per l'amore 895 • Non che Cleopatra fosse bella. La descrizione che ce ne fa Plutarco 896 892 Velleio Parercolo dice sollanto che Antonio amava ardentemente Cleopa t r a, ma non si addentra s u come e quando c i ò sia successo ( V E L L . , L X X X I I . 4). 1

89 Di Cleopatra parla pure mollo J osephus (De bello /udeorum) che la presenta sono gli aspeni peg­ giori ed e certamente mollo meno benevolo d i P l u larco. Secondo Josep hu s. Cleopatra era una donna int rigante. avida e pericolosa al punro che Erode consigliò ad Antonio, di cui era molto amico, d i sbaraz. zarsene uccidendola.

894 Del l i o . per quan!O si viene a sapere degli s!Oric i , non sollanlo fungeva da a m basciatore per A nto­ nio, ma si i n caricava d i segnalargli le donne e , visto che c ' era, anche gli adolescenti più bel l i . I n fatti lo r i t roviamo inviato da Cleopatra alla sua amica Alexandra, suocera d i Erode, che le aveva chiesto d i per­ suadere Antonio a concedere u n sacerdozio a suo figlio Arislobulo allora sedicenne e bel lissimo. Dellio, vedendo l ' avvenenza sia d i questi che della sorella Mariamme, moglie d i Erode, persuase Alexandra a far fare loro un rilrano, che poi porrò ad Antonio. il quale fu a ffascinalo dai due fratel l i . Non ebbe, però, il coraggio ch iedere che gli venisse invia! a Mariamne, perchè capiva che Erode s i sarebbe i n furiato e sopra n u n o perchè temeva la gelosia e le reazioni d i Cleopat ra, ma ch iese che gli venisse affidalo Arislo­ bulo. E rode capi su bilo come sarebbe andalo a fi nire l ' a ffidamento e si r i fi u t ò . (JOSE P H U S , op. cii. , X V . 23-30).

895 P t . u T . , R%

Ani., XXV.

Pl UT . , A n i . , X X V I I .

315

«...

In effetti la sua bellezza non era certamente incomparabile . . . »

si attaglia benissimo alla donna che vediamo riprodotta nella monetazione e nel busto che esiste al British Museum , i più spietati dei suoi ritratti , m a anche quelli c h e probabilmente p i ù le somigliano. Nel ritratto di Londra ( fig. 49) vediamo una donna dai tratti marcati, il mento appuntito, il naso aquilino molto pronunciato con la punta leggermente pendente in avanti, ed un volto allungato incorniciato da una capigliatura folta, pesante ed assai ondulata . Questi capelli , quasi crespi , erano divisi in due bandeaux da una scriminatura centrale e venivano pettinati all 'indietro per lasciare scoperta la fronte spaziosa ed intelligente. La ricca massa dei ca­ pelli copriva i lati della testa accarezzandone le guance e lasciando sporgere soltanto quel tanto dei lobi che era necessario per poter ostentare i prestigiosi orecchini dei quali Cleopatra era largamente dotata 897• Sulla nuca poi le lun­ ghe e folte chiome venivano raccolte in due treccie disposte a larga corona che, fissata sulla parte posteriore della testa, si riunivano in alto formando un grosso nodo, mentre alcuni boccoli , sempre presenti nelle sculture che rap­ presentano donne o deità egiziane, erano lasciati liberi a tirabaci . Chiaramente questi non sono lineamenti che rientrapo nei canoni della bel­ lezza classica e , dalla fredda descrizione ed elenco delle sue fattezze, non si riuscirebbe mai a capire come questa donna abbia potuto suscitare tante pas­ sioni e spingere alla perdizione gli uomini che con lei vennero a contatto. Ep­ pure, osservandola bene, restiamo noi stessi affascinati. Alcune delle sue caratteristiche sono uniche. La prima cosa che colpisce, quando si guardi i l s u o viso , sono g l i occhi : bellissimi occhi a mandorla, vagamente orientali , grandi , lunghissimi e distanti fra loro con qualcosa di arcaico che si ritrova anche nel sorriso appena abbozzato della sua bocca . Dovevano veramente essere stupendi sotto la linea purissima e marcata delle sopracciglia; era il ge­ nere di occhi che riescono ad illuminare tutto un volto e dovevano certamen­ te far dimenticare la lunghezza e la forma del suo naso . Ma anche il resto della sua fisionomia era interessante e doveva attrarre gli uomini : le palpebre pesanti e sensuali , segnate da una piega profonda, parlavano di desideri e di piaceri infiniti e la bocca, con l ' arco del labbro superiore ben disegnato, era morbida ed invitante . Era un viso che non si dimenticava e non si poteva dimenticare : doveva far pensare ad una gatta che puntasse una preda o ad un animale feroce, ma è certo che una volta che lo si guardasse si doveva aver voglia di rivederlo. 897 M AeROBIO, Saturnaliorum con vivio, I I I . 1 7 . 1 4 . P e r v i ncere M a r c o A n t o n i o col q u a k av�va �com ­ messo che per una cena ella sarebbe riuscita a spendere mollo più di quanto egli n o n facesse, Cleopatra a ffermò che era sicura d i poter superare i dieci milioni d i sesterzi . Dopo di che sciolse nell " aceto u n a enor­ me perla che portava a l l ' orecchio e la bevve. Dopo la sconfi t t a della regi na la perla superstite venne por­ tata a Roma e . tagliata i n due, fu posta alle orecchie d i una Venere che si t rovava nel Pantheon . Dato però che non è possibile squagliare l e perle nell' ace t o , e che per ott enere u n simile risultato si sarebbe dovuto usare u n acido talmente potente che avrebbe freddato Cleopatra a l primo sorso, la storia non regge. È anche vero che Cleopatra potrebbe aver fatto polveri zzare la perla prima d i scioglierla n el l 'aceto ed averla bev u t a i n u n a coppa d i posca, bevanda d i sseta n t e composta di acqua e aceto molto usata nel­ l 'antichità. 316

Fig. 49

-

R i t ra u o di Cleopatra del British M u scum .

È

probabilmente u n o dci piu fedeli ed è una v i a d i

mezzo tra �.· erte rappresentazioni veramente denigratorie della regina e c e n i abbellimenti r i d i c o l i che e l i ­ minavano t u i l i i s u o i d i feu i . Q u i con i suoi occhi a m a n d o r l a vagamente o r i e n t a l i e la bocca s f i o r a t a da u n arcaico mist· erioso sorriso, essa appare u n a donna eminememcntc sensuale e aderenac al personaggio descrit t o nella storia.

Del resto le altre notizie che Plutarco ci dà su questa donna fatale spiegano tante cose : il suo personale stupendo, la sua eleganza, i l suo modo di muo­ versi, la sua conversazione affascinante , la sua voce bellissima e ben modula­ ta, la sua grande cultura ••• e, soprattutto, la sua indiscussa abilità nell'attrarre, affascinare e divertire i suoi amanti . Essa con la sua acuta intel­ ligenza sapeva trasformarsi ed essere la raffinata intellettuale con l 'uomo colto e la donnina allegra con il soldataccio . Così per Marco Antonio, uomo pri­ mitivo e sanguigno edonista, essa non ebbe nessuna difficoltà a trasformarsi in una donna spregiudicata, che usava liberamente il linguaggio sboccato che egli prediligeva 899 e si associava a lui negli scherzi volgari che tanto lo diver­ tivano 900 • Ma soprattutto con lui , come con tutti gli altri , Cleopatra fu don­ na al massimo grado e dominò il generale romano con il magnetismo della sua personalità e la forza voluttuosa della sua femminilità prepotente. Con quel suo viso di gatta affamata, col suo corpo stupendo , la sua voce bellissima e la sua eccezionale intelligenza, Cleopatra doveva far presto a far dimenticare a tutti i l suo naso . Del resto è stato più volte detto e scritto che, se il naso di Cleopatra fosse stato di un centimetro più corto, il destino del mondo sarebbe cambiato, e credo che questa battuta contenga una grande verità: probabilmente anche il naso faceva parte del fascino di Cleopatra. Ma tralasciamo i ritratti : sono i fatti quelli che contano. Non c'è dubbio che Cleopatra piacesse molto agli uomin i . Dellio questo lo aveva capito subi­ to ed era ormai sicuro che appena Antonio l ' avesse vista le avrebbe perdona­ to qualsiasi cosa. L ' astuto Romano invitò perciò la regina a non perdersi d ' animo ed a fare in modo che il suo viaggio , invece di portarla ad una scon­ fitta, si trasformasse per lei in un trionfo. Cleopatra perciò prese tutto il tempo necessario alla preparazione di un'entrata in scena che riuscisse a stordire An­ tonio ed a fargli perdere le staffe . Come ho già avuto occasione di dire, le entrate in scena erano la sua specialità 901 : le orchestrava con un'abilità raf­ finata, riuscendo immediatamente a concentrare su sé la curiosità e l ' interes­ se dei presenti . Così per prima cosa non si affrettò . Prima regola in una schermaglia del genere è quella di innervosire l ' avversario e farlo aspettare . Cleopatra lasciò passare il tempo come se niente fosse e, soltanto dopo aver fatto allestire una nave stupenda, scelto i vestiti che più mettevano in valore il suo personale, riunito le più belle tra le sue ancelle ed ammassato un numero considerevole di preziosi regali da o ffrire non soltanto ad Antonio ma anche ai suoi u ffi­ ciali, sciolse le vele .

•••

P L�T . • ibid . . ... P t�T . • ibid. . 900 P tur . , A n i . , X X I X .

"" ' P L UT . , Ces . , X L I X ; D i o , X LI I . 34. 6 - 35 . l . A m bedue g l i storici raccontano i n modo d iverso i l primo incontro di Ce�are c o n Cleopatra, ma t u t t i c d u e sot tolineando l ' abilità con la quale ella l o prepar ò .

318

E che vele ! erano tutte di porpora e aggiungevano splendore e colore alla ricchissima imbarcazione che aveva la poppa rivestita di lamine d ' oro, men­ tre i remi erano d ' argento . Forse si trattava di uno degli splendidi thalame­ gos, le imbarcazioni da diporto che formavano il vanto dei Tolomei , quelle meravigliose navi che conosciamo attraverso la dettagliatissima descrizione che Callissenos fa di quella di Tolomeo Filopatore 902 • Questa però doveva essere molto più piccola, in quanto il grande thalamegos della descrizione non avrebbe mai potuto risalire il Cydno e invece, da quanto ci racconta Plutar­ co 903 , la nave, dopo aver raggiunto le coste dell 'Asia Minore, imboccò la fo­ ce del fiume e cominciò a risalire senza fretta il corso d ' acqua: « Cleopatra risalì pian piano come per diporto il Cydno sopra una nave con la poppa tutta d'oro, le vele largamente spiegate ed i remi d ' ar­ gento manovrati al suono di flaut i , pi fferi e cet re . Ella stessa, parata come Afrodite nei quadri, stava sdraiata sotto una tenda ricamata in oro, mentre due fanciulli , simili agli eroti dei pittori , la sventagliavano stando diritti in piedi ai suoi lat i . Nel medesimo tempo le più belle tra le sue ancelle, vestite da Nereidi e da Grazie, erano poste quale al timo­ ne e quale al governo delle vele . Aromi di una soavità incredibile, spri­ gionati da numerosi profumi, imbalsamavano l'aria che si respirava sulle rive del Cydno . Degli abitanti del paese (calamitati dall' apparizione) gli uni subito risalivano il fiume a partire dalla foce e facevano così scorta alla regina lungo le due rive, mentre gli altri , mossisi dalla città, le ac­ correvano incontro per assistere a quello spettacolo ». . . .

. . .

Antonio intanto si trovava nell' agoni dove, seduto sul seggio curule, stava amministrando la giustizia 904 • Ma ad un tratto si creò un movimento tra co­ loro che gli si affollavano attorno e per tutta la piazza corse un brusio incon­ sueto ed inaspettato. Pian piano la gente cominciò a defluire verso il fi ume: pochi per volta prima, e poi sempre di pi ù . Man mano tutti gli abitanti si allontanarono , così che di colpo Antonio si ritrovò solo sotto al sole in mez­ zo al grande spazio deserto . Egli sentiva i gridi di gioia della folla che accla­ mavano Afrodite e dicevano che la dea era venuta e int rattenersi con Dioniso per il bene dell ' Asia . Dioniso , per chi non lo sapesse, sarebbe stato Antonio il quale, oltre a presentarsi in pubblico come Ercole, amava spesso apparire anche sotto le sembianze del dio del vino , delle feste e della gioia 90s . Anzi egli aveva finito coll' eleggere questo dio come suo speciale protettore .

902 CALLISSF.NO,, F. H. G. , I I I . 5 5 , brano i n l egralmenle ripor1a1o da A leneo (ATENEO, V . 203 , c sgg . ) . Chiaramente però n o n poteva essere questa l a nave usata d a Cleopatra i n questa occasione, in quando i l rhalamegos dcscriuo da Callisscnos, un vero palazzo galleggiante a piu p i a n i , era l roppo monumenlale per affrontare sia u n a navigazione i n mare apert o , sia l a risalita di un fi ume.

90!

PLU T . , A n t . , X X V I .

904 PLUT . • ibid.

90S PI.UT . ,

ibid. , D 1 o, X L V I I I . 3 9 . 2 .

319

Dunque finalmente l ' imputata era arrivata ! Antonio stava per trovarsela di fronte e avrebbe potuto chiederle conto e ragione dei suoi att i , quali che essi fossero . Ma poteva sempre farlo con una certa cortesia: dopo tutto si trattava di una donna e di una regina per giunta. Perciò egli decise di invitar­ la ad una cena durante la quale , riuniti su un letto tricliniare e con una coppa di vino in mano, avrebbero potuto regolare la questione. Come si è visto per Antonio questa era la prassi normale , ma altro era stendersi fianco a fianco con Ottaviano o con qualche austero senatore e bere con loro discutendo af­ fari di Stato, altro era trovarsi sui morbidi cuscini con a fianco una donna dal magni fico corpo rivestito di veli , ed in mezzo ai profumi più inebbrianti . Era evidente che in quelle condizioni sarebbe stato molto di fficile per chiun­ que concentrarsi sui problemi che si sarebbero dovuti affrontare e, del rest o , Cleopatra ci avrebbe pensato lei a distrarlo dal punto focale della discussione . Antonio la mandò ad invitare, ma la regina, con la maggiore cortesia del mondo, gli fece rispondere che preferiva riceverlo sulla sua nave . Non aveva accettato l'invito di Antonio, è vero, ma lo aveva invitato lei . Antonio non aveva ragione di offendersi e, per far mostra di buona educazione, accet­ tò 906 • Fu la sua rovina. Plutarco non racconta molto della cena. Descrive soltanto la luminaria che ornava la nave. Questa, per tempi nei quali l'illuminazione era affidata a torce, ceri e lucerne e, quind i , era quasi sempre scarsa, fu talmente spettacolosa da passare alla storia. Ma una descrizione completa del banchetto ci viene data da Socrate di Rodi nel suo libro sulle Guerre Civili 907: « . . . Incontrando Antonio in Cilicia, Cleopatra apparecchiò per lui u n banchetto degno di un r e p e r il quale f u impiegato soltanto vasellame d ' oro tempestato di pietre preziose e lavorato con arte raffi nata. Anche le pareti erano tutte drappeggiate con tendaggi intessuti con porpora e fili d ' oro . Qui Cleopatra fece preparare dodici letti tricliniari per An­ tonio ed i suoi amici più intimi . Il generale restò abbagliato dalla ric­ chezza che veniva così messa in mostra, ma la regina sorrise dolcemente e gli disse che quelli erano tutti regali che ella si permetteva di offrirgli . Gli chiese anzi di tornare anche il giorno dopo con i suoi amici ed i suoi ufficiali . Per questo banchetto essa provvide una preparazione ancora più sontuosa, così che il vasellame della sera precedente sembrò addi­ rittura grossolano al confronto e, di nuovo , gli regalò tutto . In quanto agli u fficiali , essa volle che ognuno di essi portasse via il letto tricliniare sul quale si era coricato; poi anche le coppe nelle quali avevano bevuto ed i drappi che avevano ricoperto i letti furono loro distribuiti . Infine, quando essi se ne andarono, essa fornì lettighe e portatori agli ospiti di alto rango , mentre per gli altri fece trovare cavalli gaiamente bardati

906 P un . , ibid.

907 F. G . H. , 320

1 1 1 . 326; ATENEO, I V . 1 47 . e sgg . .

con finimenti argentati , ed a tutti donò schiavi etiopi per precederli con le torce . . . » 908 • Ovviamente dopo ciò era di fficile cominciare a fare il cattivo e, tra una coppa e l ' altra di rosso vino scintillante nei preziosi calici aurei , iniziare la requisitoria. Se mai durante quella cena, i n mezzo alle dolci musiche ed ai profumi intensi e raffinat i , Antonio avesse cercato di attaccare un discorso serio con la regina, la magni fica donna avrebbe alzato verso di lui i l suo viso soffuso dal caldo ri flesso delle torce . Il pover' uomo si sarebbe improvvisa­ mente trovato davanti quei bellissimi occhi da gatta scintillanti alla luce della luminaria; avrebbe visto vicino alle sue le morbide labbra socchiuse, dolci ed invitant i , mentre ogni armoniosa curva di quello splendido corpo femmi­ nile si sarebbe protesa in avanti piena di promesse . In queste condizioni , sol­ tanto un'asceta sarebbe stato capace di riuscire a mettere quattro parole in croce ed Antonio un asceta non Io era mai stato. Bastarono pochi giorni di questa cura intensiva ed egli fu definitivamente catturato. Ebbe così inizio una delle poche storie di amore che abbiano effettivamente scosso il mondo fin dalle sue fondamenta. Fu però una storia di amore piuttosto unilaterale. Tra i due alla fine era Antonio quello che aveva perso la testa, l' innamorato, colui che baciava, men­ tre Cleopatra era quella che porgeva la guancia. Però non è che a modo suo la regina non amasse anche lei quel bell'uomo forte ed espansivo che si era procurato. Sarà stato anche vero che la ragione principale che la tenne legata a lui fu un calcolo interessato, ma, intendiamoci , non era soltanto quello . Infatti Antonio come amante non era certo da disprezzare e questo per Cleo­ patra voleva dir molto . Se qualche anno dopo Ottavia avrebbe visto in Anto­ nio il marito da amare nella benedizione degli dei e della legalità, Cleopat ra, finché le cose andarono bene, vide sempre in lui il bel maschio, forte, allegro e di buona compagnia che essa assecondava e col quale si divertiva molto: in amore Cleopatra non era per i legami platonici ed a lei , in fondo , non im­ portava molto né degli dei , né della legalità . Sarebbe anche venuto il tempo in cui quel matrimonio l' avrebbe voluto ad ogni costo , ma adesso poteva pu­ re farne a meno . Antonio le piaceva ed oltre tutto egli apriva vasti orizzonti alla sua ambizione personale. Quindi con lui essa poteva unire l ' utile al di let­ tevole. Non c'è dubbio infatti che oltre ad apprezzare i piaceri e le forti emozioni che il bel generale le procurava nel campo del loro rapporto amoroso , Cleo­ patra valutasse molto l ' i mportanza di aver legato al suo carro un uomo così influente, un innamorato del quale avrebbe potuto servirsi per ottenere mag­ gior potere e ricchezza . Fin dai primi giorni, infatti , la giovane regina aveva realizzat o quanto sarebbe stato facile per lei manovrarlo. Essa sapeva benis­ simo che il suo nuovo amante era e sarebbe sempre stato cera fra le sue dita. t,�tlX E e v i d e n t e c h e . s e e f fc t t i \.. a m c m c Cleopa t ra o ffri q u c � t i banchet t i e q u c � t i d o n i , c .... o,;a d o v e t t e far �e­ guire l a sua nave da altre che portas�cro tut! o quel ben di Dio. Non era i n farti pos�ibilc stivare tutto .., u J J a sua . 32 1

Non ci voleva del resto molto a capire che sotto quell' aspetto autoritario e marziale , sotto le sue s furiate e la sua impetuosità , Antonio non era che uno dei tanti soldatacci : bravissimi sul campo di battaglia, m a fondamentalmen­ te ingenui . Nella sua movimentata ed avventurosa vita alla regina era già ca­ pitato di incontrare tipi del genere e sapeva quanto poco bastasse per far loro fare quello che essa desiderava. Infatti, persuaderlo a raggiungerla ad Ales­ sandria non le costò davvero molta fatica 909 • Questa città era allora nel massimo del suo splendore . Era la capitale della cultura, della moda, della raffinatezza ed il centro di ogni sorta di diverti­ ment i . Con Cleopatra al suo fianco ed immerso nel turbine della vita che si conduceva in quel centro di civiltà, Antonio ridiventò un ragazzo spensiera­ to e, assecondato nelle sue follie dalla prestigiosa amante , si dedicò tutto a vivere intensamente e sfrenatamente . Scrive Plutarco 9 1 0 : « . . . Là, come un ragazzo in vacanza, impiegava il suo tempo in diverti­ menti e giochi , sperperando per diverti rsi quella grandissima ricchezza che, secondo Anti fone, è il tempo . I due amanti avevano fondato un ' as­ sociazione che avevano chiamato la " Vita Inimitabile" ed ogni giorno si invitavano a vicenda con una prodigalità incredibile» e, proseguendo , riporta ancora la storia, raccontata sempre dal vecchio Lam­ prias al suo amico, l ' allora giovane nonno di Plutarco: « . . . essendo Lamprias diventato amico di uno dei cuochi di corte ed es­ sendo giovane e curioso, si lasciò trascinare da questi a vedere le son­ tuose preparazioni per la cena. Introdotto nelle cucine, tra le tante portate che si stavano preparando, egli vide otto cinghiali che venivano arrosti­ ti tutti assieme, e si stupì pensando al numero dei convitati che quella scena faceva supporre . Il cuoco allora si mise a ridere e disse che i con­ vitati non erano molti : sarebbero stati tutt ' al più dodici, ma bisognava che ognuno di quegli arrosti fosse cotto a puntino e sarebbe bastato un attimo soltanto per farli rinsecchire: «Ora, vedi, Antonio potrebbe vo­ lersi mettere a cenare subito, o potrebbe aspettare un po' , o anche arri­ vare con molto ritardo , come è capitato a volte quando si attarda a bere o viene trattenuto da un'imprevista discussione . Perciò noi non possia­ mo preparare una sola cena, ma dobbiamo cucinarne parecchie. Infatti non possiamo mai sapere quale sarà il momento nel quale egli deciderà di mettersi a tavola . . . ». Come si vede era proprio una vita inimitabile e, sicuramente, dispendiosa , e ad Antonio quel genere di vita piaceva molto. Cleopatra per parte sua s i dava da fare per tenere Antonio legato a lei . N o n lo lasciava m a i e lo seguiva sempre ' 1 1 : 009 P L U T . . A n t .• X X V I I I ; D 1 o , X L V I I I . 2 4 . 3 . 910 P L U T . • ibid. . 911 P L U T . • A nt . • X X I X .

322

« . . . Giocava a dadi con lui , beveva con lui , cacciava con lui ed assisteva ai suoi esercizi nelle arti marzial i . Quando egli andava di notte a bussa­ re alle porte dei cittadini di Alessandria e si burlava di coloro che vi abitavano, essa correva con lui per le strade travestita da semplice an­ cella! Egli stesso a volte cercava di travestirsi in modo analogo . Spesso tornavano da queste scorrerie dopo esser stati insultati ed anche pic­ chiat i . Però gli alessandrini si divertivano anch'essi a questi loro giochi e vi scherzavano sopra con molto spirito . Essi dicevano che se a Roma Antonio metteva la maschera dell 'attore tragico , ad Alessandria si po­ neva quella della commedia . . . » .

E d Antonio, incoraggiato dalla complicità dell' amante e dallo spirito degli alessandri ni , si abbandonava sempre più a queste intemperanze ed a queste scorrerie goliardiche . Del resto egli aveva sempre amato burlarsi della gente, ma lo faceva con tanta allegria che non risvegliava rancore nei bersagli delle sue trovate. I noltre lasciava sempre e senza offendersi , che gli altri gli ren­ dessero la pariglia. Così si racconta di un tiro mancino che Cleopatra orga­ nizzò per prendersi gioco di lui . Era un periodo durante il quale essi si divertivano con la pesca 9 1 2 : « . . U n a volta c h e n o n riusciva a prendere neanche un pesce, Antonio ne fu molto cont rariato perché anche Cleopatra era lì con lui . Egli per­ ciò si mise d'accordo con alcuni pescatori affi nché , tu ffandosi sott 'ac­ qua e senza farsi vedere , attaccassero al suo amo pesci precedentemente pescat i . Riuscì così a tirar su due o tre prede, ma tutti questi maneggi non sfuggirono agli acuti occhi dell'egiziana. Perciò, dopo essersi viva­ mente congrat ulata con Antonio per la sua fortuna, raccontò il fatto ad alcuni amici e li pregò di farsi trovare sul posto l ' indomani mattina. Il giorno dopo molti di essi , presentat isi all'appuntamento , montarono su barche da pesca . Appena Antonio ebbe tu ffato la sua lenza , essa or­ dinò ad un suo servitore di immergersi ed attaccare all ' amo un pesce salato. Quando Antonio, sicuro di aver preso qualcosa, tirò su la lenza, la vista di quel che aveva pescato sollevò ben naturalmente l'ilarità ge­ nerale . . . » . .

Come s i è detto Antonio sapeva prendere i n buona parte tutti gli scherzi , anche i più pesanti , ed è quindi probabile che ci abbia riso anche lui , ma a scanso di equivoci, quando le risate si furono calmate, Cleopatra disse forte in modo che tutti la potessero ascoltare: « Lascia le lenze a noi , generale, a noi che siamo i re del Canopo e del Faro . La tua pesca sono le cit tà, i regni ed i continenti ! » Come si vede Cleopatra sapeva mischiare sapientemente amore, divert imen­ to, scherzi , risate ed adulazione e di questa doveva proprio usarne molta, perché ad Antonio piaceva assai . Q l � P l l � J . . thid . .

323

Passarono così i mesi , ed essi stavano ormai assieme da quasi due anni quan­ do Fulvia ebbe la brillante idea di muover guerra ad Ottaviano ed Antonio dovette tornare in tutta fretta in Italia, lasciando in Egitto Cleopatra che, questa volta, non poteva davvero seguirlo . Comunque, anche se il distacco fu sofferto , non ci fu niente di tragico . Antonio non aveva ancora completa­ mente persa la testa. Per il momento Cleopatra era per lui soltanto una splen­ dida avventura, una bella donna che gli piaceva immensamente, ma che non considerava parte i ntegrante della sua vita . O almeno così gli pareva. Non aveva ancora realizzato fino a che punto l'egiziana gli fosse ormai entrata nel sangue. Così , appena lasciato l ' Egitto, Marco Antonio rivolse ad altro i suoi pensieri e non si preoccupò neanche del fatto che lasciava l ' amante in­ cinta e, come se ciò non bastasse, i ncinta di due gemelli. A Roma il generale sembrò rientrare nei binari della vita normale per un cittadino romano e, una volta felicemente sposato con Ottavia, parve a tutti che avesse rimesso la testa a posto . Per un po' si credette che tutto fosse finito . Cosa ne pensasse Cleopatra del matrimonio dell' amante noi non lo sapre­ mo mai , ma non deve esserle certamente piaciuto . Essa però fu obbligata a fare buon viso a cattivo giuoco . Sposati lei ed Antonio non lo erano certa­ mente; perché, se essa ne fosse stata la moglie, è probabile che non se ne sa­ rebbe rimasta così calma ed in disparte o t J . Del resto se tra loro fosse effettivamente esistito già allora un legame del genere , Antonio, per quanto incosciente potesse essere, non si sarebbe mai imbarcato in un atto di biga­ mia reso ancora più grave dal fatto che la donna trascinata nell' ignobile av­ ventura sarebbe stata la sorella del suo attuale alleato e collega che, come egli ben sapeva, non era tipo da prendere offese del genere alla leggera.

• t ) V e d i injra n o t a 9 3 6 d e l c a p i t o l o O l l a v i a .

3 24

OTTAVIA Ottavia (fig . 50) fu la quarta moglie di Antonio (sempre, però , che si vo­ glia tener conto della povera Fadia). Essa era la sorella maggiore di Augusto , e nacque da C. Ottavio, che fu pretore nel 6 1 , e da Azia 9 1 4, sua seconda mo­ glie, e madre sia di lei che del piccolo Ottaviano 9". La bambina, nata nel 69 a . C . , aveva 6 anni più di Augusto. Nel 54, quando compì 1 5 anni , essa venne data in sposa a C. Claudio Marcello che ne aveva 20 più di lei 9 1 6 • M arcello era un ottimo partito, ma era anche un uomo di parte, assoluta­ mente contrario a Cesare e fervente Pompeiano . Egli era stato nominato con­ sole per il 50 a . C . e fu in questa veste che, perdendo le staffe per non esser riuscito a far cacciare Curione dal Senato, si precipitò da Pompeo e, basan­ dosi sulla sua sola autorità , senza sottoporre la sua decisione ad un voto che la rendesse legale, gli affidò la difesa della città e gli consegnò due legioni per eseguirla 9160;, _ Così facendo finì con lo scatenare la guerra civile . Non sa­ rebbe stato di fficile most rare un po' più di calma e mantenersi equanime tra le due opposte fazioni , ma in certe cose Marcello non ragionava, ed a ragio­ ne uno storico moderno lo ha definito un isterico 9 1 7 • Quel che è certo è che a lui si possono addossare molte delle responsabilità nelle vicende che poi scon­ volsero Roma. Neanche il matrimonio con la nipote del grande uomo riuscì mai a conci­ liarlo con Cesare 918 • Ottavia, d'altra parte, non era certamente il tipo di don­ na che si permettesse di discutere le opinioni politiche del marito . Era una creat ura saggia, equilibrata e buona che, come si vide anche in seguito , cer­ cava sempre di metter pace . È probabile che anche in quell ' occasione essa provasse a gettar olio sulle acque, ma evidentemente non riuscì a persuadere Marcello e, dolce e sottomessa com ' era, dovette tacere . Era troppo educata 914 Azia era figlia d i Marco Azio Balbo e d i G i u l i a . la sorella d i Giulio Cesare (SUFT . . ibid. , 4 ) . 91 j (SUET . , ihid. ) . P l u tarco erroneamente confonde Qua v i a c o n la sorel lastra d i Augusto, e d a fferma

che Ouavia era figlia d i Ancharia, la prima moglie del padre d i Ouaviano, (Pt L T . , A ntonio , X X X I ) .

916

Dato che ri mase vedova nel 40 a.C. i l suo matrimonio con M a rcello durò 1 4 a n n i .

9 1 0 0"

D 1 o , X L . 64 . 4 ; X L .66. 1 - 5 .

� 1 7 Cosi lo defi n i �ce giustamente il J . P . V . D . BAL DSO N , op. eu. (vedi supra nota 3 5 ) , p . 69.

9" J . P . V . D .

B." SDO ... , ibid. .

325

Fig. 50 - Anche questo ritrai! o di Onavia rincnc bene la personalità della donna che viene descril l a dagli storici . Bel viso che ha molli punti di con l a t t o con quello del frat e l l o . R appresenta una persona �ria, i n t e l l igente, composta e dignitosa. Piena d ì d o t i , ma completamente mancante dell ' u nica che poteva tenere legato a lei M a rco A n t o n i o : la sensuali t à .

Fig.

Sl

- Profilo della statua preceden t e . Notare la semplicità a r t i ficiosa della pel l i natura e l ' armonia del­ le due o Ire ciocche lasciate d i proposito sciohe sul l a guancia e s u l collo.

per insistere . Avrà anche finito col persuadersi che il marito dovesse avere ragione, perché Ottavia, una volta sposata , diveniva effettivamente tutt ' uno con l ' uomo che le era stato dato come compagno. Nel matrimonio, la sorella di Augusto fu sempre e soltanto la Gaia della formula sacra ed avrebbe se­ guito il suo Gaius anche all 'inferno. Lo dimostrò abbondantemente in occa­ sione del suo secondo matrimonio, quando questo fu proprio quel che dovette fare . Era amore o senso del dovere che la spingevano a seguire questa linea di condotta? Noi non possiamo saperlo e dobbiamo soltanto affidarci all' anali­ si di quelli che furono i fatti così come li riporta la storia. Comunque da essi appare evidente che, anche tralasciando quelli che furono i suoi sentimenti, l 'osservare i doveri di sposa e di madre fece sempre parte della sua mentalità e della sua filosofia di vita e, seguendo questa linea di condotta, questa don­ na proba ed onesta non fece mai niente che non fosse gradito al marito o non fosse nel suo interesse. Fu un ottima compagna, una prudente donna di casa ed una madre eccezionale che spese la maggior parte del suo tempo ad occuparsi dei figli e, poi , persino dei figliastri . Era insomma il genere di donna che ogni uomo sognerebbe di sposare: la moglie ideale, e che moglie ideale ! 9 1 9 Oltre tutto Ottavia era anche molto bella. Dai 'suoi ritratti , che sono nu­ merosi , in quanto essa , come sorella di Augusto , era un membro della fami­ glia imperiale m, vediamo le stesse linee pure e semplici e gli stessi lineamenti delicati che si notano anche nel volto del fratello . Pure gli occhi ben tagliati e grandi sotto la linea arcuata delle sopracciglia sono gli stessi occhi di Augu­ sto, quelli secondo Svetonio 92 1 erano: « . . Claros er nitidos, quibus etiam existimari volebat inesse quiddam divini vigoris . . . >> .

«Occhi chiari e splendenti che si compiaceva fossero animati da una sorta di divino vigore' ' . Questa bella donna (figg . 50 e 5 1 ) dai grandi occhi luminosi portava i capelli raccolti in trecce arrotolate a crocchia sulla nuca. Una di queste trecce , quella che li teneva così raccolti, risaliva poi coprendo la scri­ minatura centrale e formando sulla fronte diritta e liscia il classico ciuffo ri­ gon fio, caratteristico della linea di moda all ' epoca . Ai due lati delle tempie ciocche di capelli , probabilmente biondo scuro come quelli del fratello , leg­ germente ondulati e tagliati corti, erano pettinati in avanti ad incorniciare il purissimo ovale del suo volto e ad accarezzare le piccole orecchie dalla for­ ma perfetta. Dovevano essere capelli fini e sottili in quanto dall' armoniosa 9 1 9 P l u t a rco riporta che la si diceva u n prodigio

di

donna

(PLUTARCO, ibid. ) .

92° Chiaramente i personaggi più frequentemente rappresentati nella scultura appartengono alle fami ­ g l i e i m periali e sappiamo c h e e r a l ' i mperatore c h e concedeva ai s u o i familiari questo onore. Ad esempio

leggiamo i n Dione Cassio che Augusto dopo la sua vittoria i n Pannonia, rimandò i l suo trionfo, ma ordi� nò venissero erelte statue d i Onavia e d i Livia ( D t o , X L I X . 3 8 . 1 ) . 92 1 Su ET., A ug. , 79.

328

pettinatura scivolavano via qua e là alcune ciocche più lunghe e ribelli che, sfuggendo alla simmetria, rendevano più vivo ed attraente il viso di Ottavia. Un viso veramente meraviglioso : la curva dolce delle sue guance e l ' ombra leggera sotto lo zigomo sottolineavano la spiritualità del suo volto ed espri­ mevano nobiltà e dolcezza, mentre il portamento altero della testa eretta sul collo di cigno e la leggera piega agli angoli della bocca erano segni eloquenti del suo spiccato senso di dignità e della forza di decisione del suo carattere. Ed effettivamente Ottavia, come fu poi provato dalla sua vita, anche se dol­ cissima, non fu mai né debole né sciocca . Il suo primo matrimonio durò 1 4 anni . Fu un' unione che non ebbe storia, quindi non deve essere stata infelice. Ma se la sua vita privata non fu turbata da troppe tempeste, Ottavia dovette attraversare i tempi burrascosi delle guerre civili e anche lei , con il resto dei suoi concittadini , passò qualche brutto mo­ mento, come quando dovette fuggire e nascondersi con la madre per evitare che, nel tentativo di fermare il fratello che alla testa delle sue legioni stava marciando verso Roma, il Senato non la facesse prendere in ostaggio 922 • Il periodo non era certo felice e att raverso i mille pericoli che quotidiana­ mente insidiavano anche la vita di coloro che non erano direttamente impli­ cati nella contesa, si arrivò al 40 a.C. quando, essendo ancora giovane, Ottavia si trovò vedova ed incinta della seconda Marcella 92 3 mentre già aveva una bimba, la prima Marcella, ed un maschio amatissimo , M. Claudio Marcello . Mai vedovanza fu più infausta. Marcello in politica sarà anche stato un fanat ico, ma come marito era stato un uomo su cui si poteva far conto: un capo famiglia serio ed affidabile . Il secondo matrimonio di Ottavia non fu invece così calmo e, con gli avvenimenti che stavano maturando, le si stava preparando un futuro di so fferenze , angoscie ed umiliazioni senza fine. Proprio allora infatti , Marco Antonio, che era accorso al richiamo della moglie in fuga dopo la sfortunata battaglia di Perugia, era sbarcato in Pu­ glia e stava ingaggiando con i Cesariani i primi scontri . Fu in quel momento che gli venne recato l ' annuncio della morte di Fulvia 924 • Come abbiamo vi­ sto , la notizia pose fi ne alle ostilità. Il triumviro non aveva una gran voglia di combattere quella guerra nella quale si era trovato suo malgrado implica­ to. Accettò quindi di incontrare il suo giovane collega . La scomparsa della scomoda consorte rendeva facile ad Antonio scaricare sulla defunta tutte le responsabilità della discordia e porre un fine a quella disgraziata contesa. Del resto questo rispondeva alla verità dei fatti 92 5 • Il gio­ vane Cesare, per parte sua, si sentiva magnanimo verso Antonio : i cesariani avevano sonoramente battuto il partito rivale e, nella terribile st rage di Peru-

922 92 3 924 m

A P P . , B. C. , 1 1 1 . 9 1 .

DIO, DIO, D1o,

X L V I I I . 3 1 .4 . X LV I I I . 2 8 . 1 -2 . XLVI II .28.3.

329

gia, egli era riuscito ad eliminare i suoi più ardenti oppositori 926 • Infatti, con la sua sconsiderata mossa Fulvia non soltanto aveva danneggiato la sua cau­ sa, ma aveva addirittura offerto al suo rivale una magnifica occasione p�r fare piazza pulita. Era adesso lecito per lui sperare che �tonio , così indebo­ lito , si decidesse a calmarsi e che assieme, d ' amore e d ' accordo , potessero pensare al futuro di Roma. Era però necessario rendere più stabili i loro futuri rapport i . Non si poteva vivere tranquilli in una situazione di continua tensione che minacciava la sta­ bilità del paese . Dato che Marcello era appena mort o , Ottaviano aveva di­ sponibile e libera da vincoli matrimoniali la sorella Ottavia, giovane vedova ventinovenne. Anche Marco Antonio aveva appena perso la moglie : i l coin­ cidere delle due vedovanze rendeva possibile uno di quei matrimoni che sem­ bravano formare la base di tutte le trattative politiche dell' epoca. Con esso i due triumviri si legavano con vincoli di parentela e questo avrebbe facilitato la loro intesa. Lo stesso popolo romano pretese questa unione 927 e volle vederla imme­ diatamente conclusa nonostante che la giovane vedova 928 fosse ancora incin­ ta del primo marito e nonostante che la legge romana non permettesse ad una donna di risposarsi prima di dieci mesi dall'inizio della sua vedovanza . Tutti questi problemi furono risolti da una rapida decisione del Senato che, ben felice di legare l ' uno all'altro i due contendenti , eliminò tutti gli ostacoli che si frapponevano alla celebrazione di una così fausta cerimonia e concesse l'esenzione dall' osservanza del divieto 929• In occasione del loro matrimonio Marco Antonio coniò una moneta nella quale egli veniva rappresentato raffrontato ad Ottavia 910• Uno splendido do­ no di nozze . Era la prima volta che una donna veniva riprodotta in prima persona su una moneta. Infatti, come si è visto, la testa di Fulvia sulla mone­ ta di Marco Antonio non rappresentava lei , ma soltanto la vittoria in Orien­ te. Era quindi un grande onore quello che veniva accordato alla dolce Ottavia. D'altra parte essa era una pedina estremamente importante nella politica del momento , dato che, sorella di uno dei due capi , diveniva adesso anche mo­ glie dell ' altro . Così l ' accordo fu concluso ed i due antagonisti si trovarono collegati da una stretta parentela. È probabile che, dovendo prendersi un altro cognato, Augusto non avreb­ be proprio scelto Antonio. Era infatti lecito avere i propri dubbi sulla buona riuscita di un matrimonio con lo scapestrato e volubile triumviro. Ma Ottavia926

Si t rauava sempre di trecent o scomodi oppositori, e Fulvia gli aveva dato l ' occasione di sbarazza rsene.

927

Dio,

XlV J J I . 3 1 .3 .

928 Ouavia,

ventinovenne, era nel fiore dell'età.

929 P l . l ! T . , A n i . , X X X I . 930 R . A . G . CARSON, Principa/ Coins of t h e Roman,

l , T h e Republic London, 1 97 8 , p . 7 7 . n . 30 1 , p . 7 8 , n n . 302-302; KAHRSTI'Jll, Frauen aus antiken Munzen i n Klio, I O, 1 9 1 0, p p . 29 1 -292 .

330

no, con la sua intelligenza calcolatrice ed il suo acuto senso politico, capiva bene che, almeno per il momento, questa era la migliore soluzione dei loro problemi ed anche Antonio fu d ' accordo. Così ambedue i contendenti accet­ tarono con entusiasmo questa unione. Leggiamo in Plutarco 93 t : « . . . (Ottavia) era, come tutti dicevano, una donna meravigliosa. Aveva perso da poco il marito Caio Marcello ed era vedova. Anche Antonio, dopo la morte di Fulvia, Io era, almeno in apparenza : infatti , pur non negando di essere l' amante di Cleopatra, non voleva però ammettere di essersi con lei sposato. Su questo punto egli ragionava ancora bene e dentro di sé combatteva il suo amore per l'egiziana. Tutti perciò si prodigavano per combinare questo matrimonio sperando che Ottavia, che univa alla sua grande bellezza , serietà e intelligenza, una volta spo­ sata ad Antonio e da lui amata come lo meritava una donna sua pari , avrebbe appianato le contese tra i due rivali ed avrebbe portato ad una fusione dei due partit i . Anche i due contendenti Io pensavano . Perciò, appena essi furono arri vati a Roma, si celebrarono le nozze di Ottavia con Antonio, nonostante che la legge non ammettesse un secondo ma­ trimonio prima che fossero passati dieci mesi dalla morte del primo ma­ rito . Ma una decisione del Senato permise loro di non attendere tutto quel tempo . . . »

Ed a cose pari Ottavia sarebbe effettivamente stata la soluzione di tutti i pro­ blemi . Purtroppo Antonio come marito fu proprio un fallimento. Non si sa se la povera donna venne interpellata prima di concludere questi frettolosi accordi nuziali, ma è poco probabile. Per quanto il fratello la ado­ rasse, la posta in gioco era troppo importante per potersi occupare dei senti­ menti della giovane vedova . Comunque, in quel genere di accordo politico non c'era nessuna ragione di sapere se Antonio le piacesse o meno . La men­ talità più di ffusa a quell' epoca non riteneva né necessario, né consigliabile riuscire a capire cosa passasse per la testa di una donna, o chiederle chi avrebbe preferito sposare 932 • Il criterio dominante era che una donna come si deve, una volta sposata, si sarebbe abituata al marito e non interessava proprio a nessuno sapere se poi avrebbe finito coll' amarlo, o se si sarebbe accontenta­ ta di sopportarlo. I n questo caso Io sposo , oltre ad essere un personaggio potente , che pote­ va offrire a sua moglie tutti gli agi e le prerogative di un' invidiabile posizio­ ne, era anche un bell ' uomo ed un grande amatore: quindi per i suoi concittadini, amici e parenti era scritto che Ottavia dovesse ritenersi proprio fort unata. Per il resto tutti erano sicuri che le cose sarebbero andate nel mi­ gliore dei modi e non soltanto per i due sposi , - perché questo per i romani "" Pt t'T . , ibid. . 'H� Qualche volta c ' era c h i se ne preoccupava. Cosi vediamo Cicerone che, parlando ad A n i c o , e di­ scutendo d i u n pret endente alla mano della sua fi g l i a . dice che, nonostante fosse u n Oli i m o part i t o , egli era obbligato a scanarlo perche n o n era gradito alla figl i a ( C t c . , A d A li. , V . 4 . 1 ) .

33 1

dell' epoca , con tutto quello che avevano passat o , era l ' ultima delle preoccu­ pazioni , - ma soprattutto per l ' impero romano e per la sua pace . Una volta che la novella coppia avesse avuto figli ed avesse rinsaldato con vincoli di sangue l ' unione fra le due famiglie, non ci sarebbe più stato bisogno né d i altre guerre civi l i , né di altre morti e lutti . Ormai il potere sarebbe stato rac­ colto nelle mani dei due cognat i , quindi sarebbe rimasto in famiglia e tutto sarebbe finito li. In quanto a figli , i due sposi non ebbero alcuna di fficoltà ad averne: li eb­ bero . Non subito , si intende , perché al momento del loro matrimonio Otta­ via doveva ancora partorire la creatura di M arcello che portava in seno . Ma, subito dopo la nascita di questa, i due sposi non stettero a perder tempo . Di Marco Antonio si poteva dire tutto quel che si voleva ed egli era certamente pieno di difett i , ma come stallone era quanto di meglio si potesse desiderare . Come amante doveva poi avere doti indiscutibili se anche la buona, saggia e morigerata Ottavia fini col legarsi tanto a lui . A parte la sua comprovata efficienza nelle battaglie amorose egl i , pur essendo scapestrat o , imprevedibi­ le ed inaffidabile, come dovette ampiamente dimostrare dopo , era, a quel che dice Plutarco , allegro e di buona compagnia m . Un marito piacevole: al­ meno finché durava . Non c'è comunque nessun dubbio che la giovane donna finisse coll' amarlo, perché sempre si comportò con lui come una moglie in­ namorata, combattendo per difenderlo e per cercare di conservarselo anche quando qualsiasi altra donna lo avrebbe mandato all ' i n ferno , e senza nean­ che pensarci due volte. Non poteva i n fatti essere soltanto per dovere e per essere la Gaia di un tal Gaius che Ottavia si comportò a quel modo ! All' inizio comunque tutto sembrò andar bene per lei ed anche per Anto­ nio, che si trovava ad essere di nuovo regolarmente sposato anche se per ra­ gioni politiche . Per lui in fondo non c ' era di che lamentars i : Ottavia aveva molti numeri per interessare un uomo . Figuriamoci perciò se non doveva an­ dar bene per un soldataccio di bocca buona come Antonio . Purt roppo però da Antonio essa non poteva esser niente più che accettat a : i n fatti Ottavia non era e non poteva essere la sua donna ideale . Per quanto bella ed intelligente essa fosse, era troppo per bene per lui ; la sorella del giovane Cesare era i n fat­ ti una donna fondamentalmente buona, pia e ben educata. Quindi - dicia­ molo pure - come tutte le donne troppo perfette poteva alla lunga riuscire un po' monoton a . Ad Antonio piacevano quelle donne c h e - p e r n o n impiegare i l termine tecnico normalmente usato per definirle - si possono descrivere come ra­ gazze dai facili costumi ed è chiaro che, per un uomo abituato alla compa­ gnia di u n tal genere di amanti esperte e dissolute, la sposa gentile e di buona famiglia dovesse sembrargli molto scipita. Persino con Cyteri s , donna di in­ fima condizione che non era certamente u n ' aquila, e con Fulvia, bella sì , ma con un carattere terribile e, come ci dice Svetonio, non particolarmente intel-

9 3 3 Vedi g l i scherzi c h e faceva a Fulvia e come cercasse di tenerla allegra ( P t .l/TA RCO, A ntonio, X).

332

ligente 93 4 , Antonio doveva essersi trovato meglio e divertito di più . Ambe­ due erano capaci di dargli emozioni e brividi molto più intensi di quelli che poteva suscitare in lui i l semplice amore coniugale o ffertogli dalla sorella del suo rivale . Se però esse fossero state le sole donne da lui conosciute, Ottavia alla lun­ ga avrebbe certamente prevalso . Antonio non era uno sciocco : Ottavia non era davvero da buttar via e gli piaceva abbastanza , ma soprattutto essa gli o ffriva la possibilità di dare una soluzione paci fica e definitiva al dissidio fra lui ed Ottavian o . Quindi non c'è dubbio che, se non fosse stato per la sua insana passione per Cleopatra, egli si sarebbe adattato ad una placida vita coni ugale condita ogni tanto da innocue avventure con attricette e balleri ne: scappatelle che una moglie poteva tranquillamente accettare e perdonare e che Ottavia avrebbe sempre finto di non vedere, come ci si aspettava facesse una buona moglie romana . Ma egli non riusciva assolutamente a dimenticare Cleopatra e il desiderio di rivederla lo assillava continuamente: una donna di fuoco quella, molto di­ versa dalla sua dolce e placida moglie romana; u n ' essere, come diceva Plu­ tarco , nato per l ' amore, che dominava i sensi di Antonio e se lo era legato a sé come nessun' altra prima di lei aveva mai saputo fare . Una donna che lo aveva talmente in pugno da riuscire a fare di lui tutto quel che voleva e che, oltre tutto , era intelligent issima . Era quindi da prevedere che per Ottavia la felicità non potesse durare a lungo ; infatti , nonostante la nascita della prole m , le cose non andarono co­ me si era ottimist icamente sperat o . All' inizi o , è vero , il loro matrimonio na­ vigò in acque tranquille, ma ben presto cominciarono i guai . Nessuno, infatti, in questo ottimo piano concorçlato dai due generali aveva preso in considera­ zione il pericolo costituito da Cleopatr a . Tutti sapevano che Antonio ne era stato l ' amante , ma questo era considerato normale per un uomo con tutti i numeri quale appunto egli era. L ' opinione corrente trovava più che giusto che Antonio , solo e lontano dalla tirannica Fulvia, si fosse concesso qualche svago come avrebbe fatto chiunque altro al suo post o . L ' aver avuto questa avventura con una regina così famosa aggi ungeva gloria e lustro alla cosa . È vero che quella con Cleopatra sembrava esser stata molto più della solita avventura : si diceva , anzi , che si era trattato di una storia d ' amore davvero

934 SuEl

.

,

De rhetorico 29( 5 ) .

CA RCOPINO, op. cii. ( vedi supro n o l a 63 1 ) p . 6 9 ) la p r i m a Amo­ nia nacque a Roma alla metà d i ott obre del 40 mentre Antonia M i n o r nacque a l luglio o agosto del l ' a n n o seguente. M a se O t t a v i a sposata s u b i t o d o p o la pace d i B r i n d i s i del 40 e r a ancora i n c i n t a (cfr. supro, nota 923) e doveva ancora part o r i re la piccola M a rcella M i nor, come poteva avere u n a l t ro figlio a ottobre? M arcella M i n o r . secondo i calcoli più con!:.erva l i v i . non pote\'a nascere prima della fine della primavera dcl 3 9 , poi dovevano passare almeno i quaranta giorni del capopa r t o, c soltanto allora, nella tarda e>t a t c , Ouavia p o l e v a restare d i nuovo i n c i n t a . Q u i n d i b i sogna spostare la n a s c i t a d i A n t o n i a M a j o r a l l ' estate del 3 9 . I n q u a m o alla nasci t a d i Antonia M i nor. noi sappiamo che nel 3 7 . quando O t t a v i a si recò nel campo del fratello per mettere pace I ra l u i ed i l marito che l ' aspettava alla fonda davanti a Brind i s i , C>Sa era n u ovamente i n c i n t a e q u i n d i A n t o n i a M i nor doveue nascere nel 37. 9 3 ! Secondo i calcoli d i Carcopino ( J .

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travolgente nella quale Antonio non aveva proprio fatto la parte del domina­ tore . Si sussurrava persino che Antonio avesse sposato la barbara regina 936, e non sarebbe stato nemmeno troppo strano , in quanto, quando c ' era di mezzo qualche donna interessante, Antonio tendeva a commettere sciocchezze su sciocchezze . Egli , i n fatti , si era sempre abbandonato senza ri flettere al turbi­ ne della passione e si era visto che, quando ne era preso , non ragionava più . Ma fi no ad allora, anche se spesso si era comportato come un ragazz o scape­ strato , alla fi ne si era sempre riusciti a fargli mettere la testa a posto . Tutti ricordavano ancora la lunga e folle relazione di Antonio con Cyt heris che tanto scandalo aveva creat o , e si rassicuravano rammentando con quanta ra­ pidità il matrimonio con Fulvia e la nascita dei primi figli di quella nuova unione gli avessero fatto completamente dimenticare la piccola mima. Quin­ di, pensavano, lo stesso sarebbe successo anche adesso . Purtroppo Cytheris era Cytheri s , e Cleopatra era Cleopatr a . Ma di questo n o n si e r a tenuto i l debito conto . I politici dell' epoca aveva­ no tessuto i l loro macchiavello e si sentivano tranquilli e soddisfatti pensan­ do che ormai Cleopatra si trovava lontana, dal l ' altra parte del mare. Tutti erano sicuri che il felice e prolifico matrimonio con una Romana ed una don­ na di primo ordine avrebbe presto calmato i bollenti spiriti dell' ardente ama­ tore : egli , secondo i suoi concittadini , non avrebbe potuto fare a meno di vedere quale abisso di di fferenza passava tra una vera Romana ed una Bar­ bara, razza evidentemente i n feriore. Tutti insomma erano convinti che Otta­ via avrebbe radicalmente trasformato Antonio. A nessuno venne in mente che le probabilità che una donna inesperta e , soprattutto , profondamente e rigidamente convenzionale, avrebbe avuto di tenere legato a sé un marito co­ sì irruento e sensuale, erano praticamente nulle. Non si ri uscirà mai a capire come nessuno abbia preso i n seria considera­ zione il potere che la barbara regi na, come la chiamava Orazi o 937, aveva sul generale roman o . Eppure viveva ancora molta gente che aveva visto all ' ope­ ra quella donna formidabile e che sapeva che tipo ella fosse. Una donna peri­ colosa, una donna che soltanto Cesare, con la forza del suo carattere e della sua personalit à , aveva potuto permettersi di possedere, e che soltanto da lui si era lasciata dominare; una donna che evidentemente sarebbe sempre s fug­ gita al controllo di quello schiavo dei sensi che fu Marco Antoni o . Nessuno sembrò dare im portanza a tutto quest o . P u rtroppo il non aver calcolato al suo giusto valore il fattore Cleopatra fu un errore senza pari gravido di fatali conseguenze. Comunque, fi nché Antonio restò tra Roma ed Atene , ben lontano dalla pericolosa amante, tutto sembrò andare abbast anza bene e molti pensarono che il pericolo fosse ormai sfumat o . Durante le cene tra uomini soli , quando 936 P l u tarco d ice c h e quando sposò Ottavia A n t o n i o ammetteva di C'isere l ' am a n t e di Cleopatra. m a non riconmceva di a v e r l a s p o s a t a ( P t u r . , An i . , ibid. ) . Per altre n o t i z i e e ipotesi , v e d i infra, nota 976 al c a p i l O i o cd i ripudim� . "" O R A Z I O , Ode, 1 . 3 7 . v . 6 .

334

la conversazione si faceva più vivace, si arrivava persino a scherzare con An­ tonio sui suoi amori con Cleopatra, come se si trattasse di acqua passata che non macinava più, ed Antonio ci rideva pure sopra 93 8 • Era sposato ormai ; era tornato a Roma e viveva la vita che si con faceva ad un generale romano . Tutti si cullavano in questa stupida illusione. D ' altra parte il nuovo lega­ me che questo matrimonio aveva creato tra Antonio e Ottaviano sembrava proprio solido : si aveva l ' impressione che esso avesse contribuito in modo decisivo a calmare le acque. Anche q uesta non era purt roppo che u n ' i llusio­ ne. È vero che i due partiti si erano fusi e regnava la concordia ed è indiscuti­ bile che, per un po' , i due cognati riuniti assieme dalla nuova al leanza e dalla ancor più nuova parentela

« . . Ormai con la più grande amicizia sbrigavano assieme gli affari di Stato . . » 939• .

.

ma in realtà tranquilla era soltanto la super ficie e il fuoco covava sotto la cenere : infatt i , sotto sott o , i loro rapporti non erano tutti rose e fiori , e Plu­ tarco sottolinea che le cose non andavano poi così lisce come pareva. Basta­ va i n fatti un niente per far affiorare la loro rivalità, un antagonismo che era evidentemente radicato nella loro stessa natura e che, nascosto dal perfetto dominio di sè di Ottaviano , si rivelava invece chiaramente nel cognato . Pian piano gli screzi si accumulavano e Marco Antonio li raccoglieva e li rim uginava dentro di sé, alimentando il suo rancore ed il suo malumore: se­ condo Plutarco - che però qui esagera - persino le sciocchezze più insigni­ ficanti erano per lui occasione di tensione e malumori ed essi si scontravano anche nel giuoco . I l passatempo più normale ed il più comune divertimento diventava per loro causa di attrito 940 e finiva coll' approfondire, giorno per giorno , il solco che li divideva . È vero che perdere cont inuamente può essere irritante, soprattutto se chi vince è qualcuno che non ci è simpatico e che ci batta regolarmente, ma gene­ ralmente non è che per questo caschi il mondo . Invece lo storico delle Vite dice che Antonio sulle vincite di Ottaviano ci si arrovellava e alla base di que­ sto racconto di Plutarco ci doveva pur essere qualcosa di vero , perché da molte altre fonti apprendiamo che Augusto amava giocare: lo faceva molto spesso

93 8 Si trauava del banchel l o (Dio. X L V I I I . 3 8 .4·3) o fferto ad A n t o n i o ed Ouaviano da SeslO Pompeo. i l figlio del Magno, che, arroccatosi i n Sici l i a , saccheggiava e devastava le coste t i rreniche con le sue navi pirata ( Dr o , X L V I I I . 30. 1 -8 ) . La cena ebbe l uogo quando i Ire uomini decisero di s t i pulare una t regu a . Da p a r t e dei triumviri vi e r a n o parecchie r a g i o n i p e r concludere q u e s t o pat t o : Q u a viano, a v e n d o s a p u t o che A n tonio e r a segretamente i n contatto con P o m p e o , lo a v e v a battuto sposando nel 4 0 la zia d i l u i , Scribonia ( D r o , X L V I I 1 . 1 6. 3 ) . Antonio aveva un d e b i t o di grat itudine con S e s t o , perché q u e s t i aveva a i u ­ t a t o Fulvia e sua m a d r e n e l l a l o r o f u g a . M a sui due t riumviri premeva anche c soprat t u t t o la dichiarata volo0 1 à del popolo romano che aveva mollo simpatia per Sesto ed aveva preso a l t eggia mcnti m i nacciosi contro Antonio ed Ouaviano ( D i o . X L V I I I . 3 1 .2-6). Anche Plutarco parla di questo banchcuo c anche lui r i ferisce che fu molto allegro c piacevole cd aggiu nge che i n esso si scherzò l i beramente sugli amori d i A n t o n i o e Cleopa t r a : i l che dimostra che non li si prendeva mollo sul serio (Pt UT , A ntonio . X X X I I ) . 939 P t L'T .• A n t . . X X X I I I .

940 P t u 1 . , ih id. .

335

e con una discreta fortuna. Anche a quel l ' epoca, come oggi , si passava mol­ to tempo in questi svaghi e Svetonio, tra l ' altro , racconta che Augusto era talmente accanito ai dad i , che durante la guerra in Sicilia, condotta in modo poco brillante dal giovane generale 94' , circolò per Roma il seguente epigram­ ma 942 ;

Postquam bis classe victus naves perdidit aliquando ut vincat, ludit as­ sidue aleam e precisamente :

Poiché, sconfitto per ben due volte, ha perso le navi, per vincere una volta almeno, adesso giuoca ai dadi. e che ai dadi Augusto ci passasse le ore è un fatto . Giocava persino durante i past i . Vi sono alcune sue lettere dirette a Tiberio nelle quali si parla delle partite che rallegravano e movimentavano le cene imperiali 941, e si sa pure che Augusto non si limitava ai dadi , ma amava puntar denaro su qualsiasi cosa: combattimenti di animali , pari e dispari e via dicendo : tutto gli andava a genio purché ci fosse l ' emozione ed il rischio dell ' azzardo '" · Sembra comunque di fficile che, come racconta Plutarco , la rinnovata fred­ dezza tra questi due uomini , ormai padroni dell ' impero romano ed arbitri delle sorti di tutto il mondo conosciuto, traesse origine da screzi di questo genere , anche se è poi divertente riportare la versione romanzata e un po' semplicista di P lutarco 945 :

« . . . Antonio si irritava sempre molto per la loro rivalità in questo cam­ po . I n fat t i , tutte le volte che essi si mettevano a giocare d ' azzardo per divertirsi o tiravano i dadi , egli perdeva sempre . A volte, tanto per cam­ biare , si organizzavano combattimenti di galli o di quaglie, ma anche in questi erano sempre i campioni di Cesare che avevano la meglio » . Pl utarco continuava poi aggiungendo che all ' i rritazione di Antonio si uni­ va il fatto che, ogni qualvolta egli si faceva leggere il futuro da un indovino egiziano , venuto al suo seguito da Alessandria, questi , probabilmente desi­ deroso di compiacere Cleopatra o , addirittura, al soldo di questa, gli profe­ tizzava sempre una sorte luminosissima, ma aggiungeva che essa non avrebbe potuto manifestarsi fino a che Marco Antonio fosse restato vicino al giovane Cesare: la fort una del cognato lo avrebbe i n fatti sempre eclissato 946 • Sicco­ me le parole del ciarlatano gli sembravano confermate dal fatto che effetti­ vamente, anche se soltanto ai dadi o a pari e dispari , con Ottaviano egli finiva 94 1 D1o, X L V I I I .47-48. 942

SL'ET . •

A ug. , 70.

94 1 S u F r . , ibid., 7 1 . 944 P l l' T . , ibid. . 94� P l lH · t ibid. . 94 6 P I . UT.\ R C O , ibid. .

336

sempre per aver la peggio , Antonio decise di prestar ascolto all ' i ndovino al­ lontanandosi da Roma 947 • Una volta presa questa decisione - continua Plu­ tarco - i l generale non stette a ri fletter troppo sopra sull' assurdità di tutta la cosa e , affidata l ' amminist razione del suo patrimonio in Italia al cognato, partì immediatamente per la Grecia portando con sé Ottavia e la figlioletta che avevano appena avuto 948 • Questo è quindi il tocco di colore che Plutarco mette al quadro della rivali­ tà fra i due cognati . C hiaramente tutto ciò è soltanto frutto di pettegolezzo . Però , che nel 3 9 a . C . Antonio partisse per la Grecia con la moglie e la figlio­ letta è un fatto storico . Solo che egli lo fece per ragioni molto più serie e fon­ date, e Dione ce le chiarisce, spiegando che, subito dopo la conclusione delle trattative con Sesto, Antonio, d ' accordo con Ottaviano, si recò ad Atene con lo scopo preciso di indebolire al massimo la città dell ' Acai a . Queste, in virtù del trattato siglato con Pompeo , dovevano essere a lui consegnat e 949 • l due cognati, pur non volendo dare l ' impressione di mancare alla parola data, erano però fermamente decisi a consegnargli la regione nelle peggiori condizioni pos­ sibili •lo. Non era un atteggiamento molto leale , ma si è sempre detto che in amore ed in guerra t utto è leci t o , ed in tale principio i t riumviri credevano fermamente. Questa deve perciò essere la vera spiegazione della partenza di Antoni o . È evidente che lo stabilirsi a d Atene d e l tri umviro c o n t u t t a la sua famiglia non poteva esser motivato da altre ragioni che non fossero quelle di stat o . Possiamo soltanto concedere a l l a versione di Plut arco che a d A n t o n i o , c h e n o n aveva m a i avuto simpatia p e r Ottaviano, il cognato dovesse d a r e un p o ' s u i nervi e l o urtasse in t u t t o e p e r tutto , compreso il gioco , l ' i ndovino e le ragioni più futili e che quindi il triumviro fosse contento di allontanarsi . È comunque certo che, quando vide fi nalmente scomparire nella foschia le co­ ste pugli esi , Ant onio dovette ti rare un bel sospiro di sollievo . L ' antipatia è un sentimento molto profondo e a volte sta alla base delle più incredibili azioni umane. La coppia si stabilì ad Atene dove la loro luna di miele si prolungò ancora per un po' di tempo : gli ultimi momenti felici nella vita di Ottav i a . I ntanto , in I t alia, Ot taviano aveva comi nciato a scontrarsi con Pompeo e si stava fa­ cendo clamorosamente battere da lui . Perciò il giovane Cesare chiamò in aiuto gli altri due triumviri . Lepido non rispose nean che, ed Antonio di malavo­ glia arrivò fi no a Brindisi , ma quando un lupo, entrato nell' accam pamento,

9 � 7 N a t u r a l m c m e q u e s t a C l a ver'iionc di P l u t a n .: o , c con P l u t arco è m e g l i o non fi d a r o,i t ro p p o , pcn:hC

r o m a n z a m o l t o c non è �cmprc preciso.

1,1.11'\ r\ m o n i o parte per l a G r c d a nel 39 a.C . ..,ol i o i l c o n !-o o l m o d i Lucio Marcio c Gaio S a hi n o ( D i o ,

X L \' 1 1 1 . 3 9 . 1 ) . P o r t ò eu n ,.; O I l a\ i a c la f i g l i o l e t t a a p p e n a n a i a l o r o : A m o n i a �1 aggiorc ( P I I r . . il>itl. ) . In \Cgui t o O t l a \·ia rc�ta di n u ovo i n ci n t a : e v i d e n t e m e n t e d e l l a l o r o seconda fi g l i a , A n t onia �1 i n o n : .

""'"

D 1 o , X I . V I I I . 36-4 - 5 1 .

9'0 D 1 o , X I . V I I 1 . 3 9 . 1 .

337

gli uccise alcuni soldat i , Io considerò un cortese avvertimento degli dei a non impegnarsi nell' impresa . Perciò mise fuori la scusa di dover andare a com­ battere i Parti e ripartì subito 95 1 • Cesare si sentì tradito e , ovviamente , se la legò al dito . Contemporaneamente Antonio stava conducendo un certo numero di guerre ai confini dell ' impero ed aveva avuto più fortuna del giovane Cesare: le cam­ pagne avevano avuto buon esito 95 2 • Questo risollevava il suo spirito, ma nel­ Io stesso tempo lo rendeva sempre più aggressivo nei confronti del cognat o , che, n e l frattempo , continuava a farsi battere da Pompeo . A l l a fine i succes­ si da lui ottenuti , uniti ai guai che combinava il collega , finirono per montar­ gli alla testa e, nel 37 a . C . , colse la scusa di quelle sco n fitte per ritornare in Itali a . Antonio affermava di far ciò perché voleva prender parte alla guerra contro Pompeo e rimediare ai guai che Ottaviano con i suoi rovesci aveva incontestabilmente procurato alla loro cau s a. M a secondo Dione, in realtà voleva spiare quel che il suo cognato - del quale non si fidava affatto stava combinando , ed aveva verso di lui molto risentimento . Si mosse perciò dalla Siria, dove stava preparando la spedizione contro i Parti 953 , e salpò con trecento battelli . Ottavia, già incinta di lui per una seconda volta 95 4 , riuscì ad imbarcarsi anche lei . Nonostante la sua gravidanza, la saggia moglie non voleva lasciar lo andar solo. Ormai conosceva bene l' impetuosità e la m ancanza di ri flessione del marito ed era decisa a sacri ficarsi pur di impedirgli di fare troppe sciocchez­ ze . Plutarco racconta che la flotta antoniana arrivò davanti a Brindisi , ma la città, sospettosa delle loro intenzioni , non concesse loro di attraccare ed essi furono costretti a mettersi alla fonda davanti a Taranto . Ottavia però era pronta a far tutto pur di riuscire ad appianare gli screzi e gli altri dissapo­ ri che già esistevano tra marito e fratello, più gli altri che avrebbero potuto nascere fra loro. Perciò , approfittando della forzata attesa, chiese ad Anto­ nio di !asciarla andare da Ottaviano per supplicarlo di non spingere le loro divergenze al punto di ritrovarsi antagonisti e coinvolgere il paese in u n ' altra guerra civile . Quindi desiderava rivolgere anche al fratello le stesse preghiere che chissà quante volte doveva aver rivolto all ' i rri flessivo ed irriducibile ma­ rito , ma che evidentemente non era mai stato facile fargli ascoltare: Antonio

95 1 Dro, ibid. . 952 L e viuorie nelle province assegnate a d A n t o n i o furono conquistate dai suoi luogolenenti ( P L uT . . A n i . , X X X I I I - X X X I V ) mentre Antonio si tratteneva ad Atene dove si fermò fi n o a l 3 8 a . C .

95·1 Antonio e r a ancora ad A t ene nel 38 a . C . ( D r o , X LV I I I . 4 6 . 2 ) ma sembra c h e p o i lasciasse l a Grecia per recarsi i n Siria (Dro, X l VI I I .54. I ) . Probabilmente voleva orga n i zzare u n a campagna contro i Pani . Dione lo fa partire da qui per recarsi in I t a l i a . Dato che P l u rarco non precisa da dove Anronio salpasse alla volta d i Brindisi e chiaro che la norizia del viaggio di A n r o n i o i n Siria risponde a rea l t à . • � • P l u rarco, che dà queste n o t i t i e p a r l a q u i d i una terza gravidanza d i Onavia (PLUT . , Antonio, X X X V ) . Ma Ottavia ebbe soltanto due figlie da Antonio come viene con fermato dallo stesso Plutarco alla fine della vita d i A n r o n i o ( Pr.ur . , A n tonio , L X X X V I I ) . A meno che egli non consideri quella della figlia d i Marcello come prima gravidanza d i Ottavia d u rante i l suo matrimonio con i l t ri umviro, e quindi che si t r a t t i della gravidanza per Antonia Minor, bisogna ipoliT.zare u n aborto o un errore dello storico .

338

si sarà pure lasciato domi nare dalle donne m, ma in certe cose era molto te­ stardo . Come Dio volle, questa volta egli la lasciò libera di agire, mentre lui , per parte sua, si impegnava ad attendere il risultato del l ' i niziativa senza fare colpi di testa •s•. Anche Dione •s' , che non si dilunga sul fatto, specifica che il principale in­ termediario fra i due, come precisa Plutarco •sa , fu Ottavia . Augusto, come ho già detto prima, adorava quella sorella saggia e buona : una donna che del resto tutti a Roma amavano. Grande fu quindi la sua emozione quando se la vide arrivare inaspettatamente incontro e per giunta di nuovo incinta . Non c ' è dubbio che questa i mprovvisata di Ottavia deve aver creato un bello scompiglio nel campo cesariano, ma tutti furono subito dalla sua parte, tan­ to più che quel che essa voleva era l ' accordo tra i due contendent i . Affiancata d a Agrippa e Mecenate, i grandi amici d i Augusto, che imme­ diatamente si erano con lei schierati e, unendosi alle sue suppliche, chiedeva­ no al giovane Cesare di concederle tutto quel che ella gli domandava, Ottavia affrontò coraggiosamente quel fratello minore che essa aveva sempre rispet­ tato ed al quale, in ossequienza alle più antiche tradizioni romane, aveva sempre obbedito, piegandosi ad ogni suo comando , ma che adesso era disposta a sfi­ dare. Ora infatti combatteva in nome di u n ' altra legge altrettanto sacra per una moglie ed una madre: la di fesa degli interessi del marito , del suo Gaius, quella di fesa che rient rava nei suoi doveri di sposa oltre che nei desideri del suo cuore. Fu perciò con molto calore che ella cominciò a supplicare Otta­ viano di non obbligarla a tornare a Roma come la più infelice delle donne, dopo esserne stata la più fort unata. Infatt i , ella gli diceva, tutto il mondo aveva ormai gli occhi fissi su di lei che era la moglie di un Impera/or e la sorella d eli' altro : « . . . E se il peggio dovesse succedere» aggiungeva «e se la guerra tra voi dovesse scoppiare , nessuno di voi può sapere a quale dei due la sorte riserverà la vittoria ed a chi la sconfitta. Ma, chiunque riesca vincitore, per me la situazione sarà comunque at roce» . Questo ragionamento era stringente e logico e d Ottaviano s i rese contro che la sorella aveva ragione •s•. Naturalmente, se le di vergenze tra lui ed il "' � � P l . U T . , A n tonio , V . •s• P w r . • A ntonio X X X V .

"' � 7 Dione scrive

cc

X L V I I I . S4 . 3 ) .

. . Essi si riconciliarono sopran u u o p e r l ' i n l ermed iazione d i Ouavia . . . ) ) ( D i o ,

�� � M M en t r e P l u 1 arco a u r i b u isce a d A n t o n i o i ntenzioni osl i l i , Dione n o n fa cenno a n i e n t e d e l genere, e dice soltanlo che A n t onio voleva \'edere come andassero realmente le cose. È p r obabil e sperasse d i l r o­ vare Ott a\o· i a n o ind ebo l i t o c malconcio, ed è certo c he rosse i r r i t a t o con il cognato per il modo con cui cond uceva la guerra contro Pompeo, ma non era ancora g i u n t o ai fer r i corli e del resto aveva ancora

Ouavia al suo fianco.

'Wl I n rea l t à O u a v i a p i ù c h e fa\'orire u n a riconcil iazione - di c u i non c ' era b i sogno i n q u a n t o , per il m om e n t o non c ' e ra guerra t ra i due t r i u m \·iri - svolse u n ' a7.ione p re v e n t i va c fece i n modo da fa rli incont rare i b u o n i ter m i n i .

339

cogn"/ P I L IT . , ibid. .

'J70 Secondo Dione i territori da l u i donati nel 3 6 a . C . non furono dati d i rettamente a l l a regi na . ma a i �uoi figli che egli aveva i m med i a t a m e n r c provved u t o a riconoscere (Dio, X L I X . 32. 5 ) .

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invece di limitarsi ai soliti gioiell i , che tra l ' altro non dovevano certo manca­ re a Cleopatra, Antonio pensò fosse meglio farle qualche presente più tangi­ bile e gradito . Decise perciò di offrirle un certo numero di ricchi territori . Così l ' im prevedibile generale , sempre incurante delle possibili conseguen­ ze di suoi atti e non preoccupandosi minimamente delle reazioni che il suo gesto avrebbe suscitato a Roma, consegnò alla sua amata ed ai suoi figli la Fenicia - escluse Tiro e Sidone - la Celesiria, Cipro ed una considerevole parte della Cilicia. I noltre, per buona misura, aggiunse anche quella regione della Giudea che produceva il balsamo, e tutta l ' area costiera dell 'Arabia Na­ batea che confi nava con l ' Oceano I ndiano , allora detto il M are Esterno 97 1 • Non era, però, un atto illegale 97 2 ; a partire dal 60 a . C . , il fare aggiusta­ menti territoriali agli stati vassalli era pratica normale per i generali romani . Cipro del resto era già stato concesso ad Arsinoe, la sorella della regina, da Giulio Cesare che glie l'aveva dato ne1 48-47 a . C . . Antonio , con la scusa che aveva bisogno dell'aiuto dell' Egiziana per costruire le navi e raccogliere quanto gli serviva,per la guerra, le diede quel l 'isola e anche tutto i l resto . Fin lì egli non aveva fatto niente di speciale; ma i suoi concittadini non lo approvarono lo stesso . Già a quel l ' epoca si stava formando i l blocco del l ' Oriente, ed i Ro­ mani lo temevano pensando che esso potesse finire per avere i l sopravvento e c o n q u i s t a r l i 97 3 Perciò , quando a R o m a si riseppe quel che

9 7 1 P I I ' L . ibid . . Anche J osephus ne parla ( J os E P H l ! S , op. cit. l . 3 6 1 ) Cleopatra dopo aver ricev u t o i n d o n o t u i l i q u e s l i territori , p a r l i con A n t o n i o c h e si avviava p e r i niziare l a campagna contro i Part i , e lo accom pagnò fino a l l ' E u frate e poi . via Apamea e Damasco. arrivò fino in G i udea per sistemare i suoi a ffa r i . l n fa n i voleva a ffinare ad Erode le terre della G i u dea che producevano il balsamo, e che Antonio gli ave,·a appena con fiscato per donarle alla sua amante. Essa adesso chiedeva a l u i un affino d i 2000 talenti a n n u i . Ma sembra c h e Cleopatra non fosse andata in G i udea sollamo per questo, e che desiderasse anche approfi t tare d el l ' assenza di A n t o n i o per i n t recciare u n a relazione con Erode. Quesli però si tirò i n d i e r r o : non capiva se Cleopal ra si fosse realmente i n namorata d i lui o se cercasse soltanto d i i n t rappo­ l a r l o . Per u n po' pensò persino d i approfinare del l ' occasione e , u n a volla solo con lei , uccider l a . Ma gli a m i c i , ai quali aveva esternato i l suo proget l o , lo sconsigliarono d i fare una s i m i le cosa, facendogli prese n l e che non si sapeva bene come Antonio avrebbe pot u l o reagire a l l ' uccisione d i quella che ormai era considerata sua moglie. Essi concordavano con Erode nel riconoscere che l ' uccisione d i Cleoparra sarebbe slata u n a vera bened izione per i l t ri u m v iro; ma avevano paura che, vedendosela portar via a quel modo. egli s i sarebbe a�erbamente vendicato. Così persuasero Erode a non compromel ler�i i n nessun mo­ do con la regi n a . ma acceuare soh a n t o d i scortarla con t u t t i gli onori fi no a Pel u si o dopo averla coperta d i rega li ( J O S f P H U S , Op. cii . , XV. 96- 1 03 ) . 9 7 � M . R l . l � l l l l l l l - The Dec/arurion of Wur a�ainsr Cleopatra i n Classica/ Journu/ 7 7 ( 1 98 1 - 1 98 2 ) , p p . 9 7 · 1 0 3 . l no l l re bisogna tener presente c h e contemporaneamente ai regali da l u i fat t i a l l a regi n a , egli n e

aveva fat t o a l t r i a persone legale c o n R o m a . Co,; aveva d a t o la Galazia , c o n l ' aggi u n t a della Lycaonia

c parti della Panfilia ad A m i n r a , ex segret ario d i Deiotaro. e , dopo averne cacciato fuori Ariarathe�. ave­ va donato la Cappadocia ad Archelao, ( Di o , X L I X . 3 2 . 3 - 4 ) .

9' ' M . P . O M R I I·SWO R T I I , The Fear oj t h e Orient i n t h e Roma11 Empire i n Cambr. Hist. Journ. 2 ( 1 926) pp. 9- 1 6 . L a paura si aggravò poi nel 34 quando A n t o n i o , nella cerimonia d i Alessandria, d i ede l u t t i gli a l t r i territori orientali alla sua fa m i g l i a . Nel di s�or"o che Dionc fa pronunciare ad Ottaviano prima della bauaglia di Az io . lo sl Orico tra l ' a l t r o gli fa r i n facciare ad A n t o n i o i l fa t t o d i �c . . aver regalato isole intere e part i di c o n r i n e n t i come !'.C egli fo"sc � l a t o i l padrone d i r u t ta la terra e di t u t t o il mare . . . •• ( D IO , l . 2 5 . 4 ; L. 26 . 2 ) .

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egli aveva fatto, la gente si risentì 974 • Pochi trovarono consolazione nella di­ chiarazione di Antonio 97 5 secondo il quale: « . . . La grandezza del l ' I mpero Romano non si manifestava attraverso le sue conquiste, ma attraverso i suoi doni . . . »

Era realmente difficile trovare qualcuno che potesse approvare l ' alienazione di tutti quei territori a favore di u n ' amante che, oltre ad essere invisa ai più , era da molti considerata un pericolo per la loro sicurezza . Adesso poi la tro­ vavano anche piuttosto costosa per lo Stato. Cleopatra ovviamente fu grata all ' amante per tutti i regali e, dopo aver riallacciato con lui l ' intimità di una volta, dovette anche cercare di farsi spo­ sare . Non si sa se ci riuscì 97 6 • Certo è che da quel momento i n poi essi furo­ no indissolubilmente legati . Lo prova la lettera inviata dal triumviro ad Ottaviano 977, una lettera che dovette esser scritta tre anni prima della sua morte e, quindi , nel 3 3 a.C .. In essa oltre a dire che la sua relazione con Cleo­ patra iniziata nel 42 o nel 4 1 a . C . durava ormai da 9 anni , egli senza pudore e ritegno definiva l ' Egiziana sua moglie. Eppure non aveva ancora ripudiato Ottavia 978 • Ottavia intanto dovette venir informata della loro riunione. Anche s e è pro­ babile che il fratello 979 le tenesse nascosta la cosa, essa non potè mancare di esser messa al corrente di quanto era successo. Non subito, magari: le distan­ ze erano grand i , ed i mezzi di comunicazioni non erano quelli moderni , ma c'era sempre un gran movimento di mercanti e messaggeri tra una riva e l ' al­ tra del Mediterraneo e, anche se con u n po' di ritardo, le notizie arrivavano sempre. Antonio poi aveva dato talmente scandalo che non ci volle molto perchè tutti ne parlassero. I Romani erano i ndignati e, soprattutto, non riuscivano assolutamente a perdonargli di aver riconosciuto u fficialmente come figli suoi i due gemell i , Alessandro Elio e Cleopatra Selene, che gli erano nati da Cleo974 Antonio come t ri u m v i r o aveva mol t i poteri , ed era sempre stato uso per i Romani d i affidare in a m m i n i s t razione i territori conquislati ad u n re a l leat o , ma sia P l u l arco che Dione Cassio confermano che queste donazioni irrit arono molto i Romani ( P t u r . , ibid. ; DIO, X L I X . 3 2 . 4 - 5 ) . m P t u 1 . . ibid. .

970 E . G . H U Z A k , art. cit. , (vedi nota 786) p p . 97- 1 1 1 . Nel 3 7 Cleopatra raggi unse Antonio ad Ant io­ c h i a . Secondo la Huzar, A n t o n i o l ' avrebbe sposata ad A n t iochia col rito egizio e avrebbe riconosci u t o i fi g l i . Non c i t a le fon t i , e penso si t r a l l i d i ipotes i . I n n o t a ( nota 36 a p . 1 07) i n fal l i la H uzar d i c e c h e non si conosce la d a t a di un matrimonio tra loro e che potrebbe anche essere che egli non l ' abbia sposata fi no al 3 2 a . C . c cioè dopo i l divorzio da O u a v i a . 977 S u ET . , A ug . , 69 . • ,. O t l a v i a venne ripudiata nel 32 proprio prima della batlaglia di Azio ( D t o , L . 3 . 2) . Quindi la lellera preccdc n l c m e n t e c i t a t a da Svetonio - a propos i t o d e l l a quale lo !rril orico dice che Antonio l ' a v rebbe scrit ­ t a quando g i à n o n e r a p i U amico d i A u g u s t o , ma n o n era ancora d i v e n t a l o s u o nemico d i c hiarato e cioè prima che fosse i n t ervenuta u n a rouura d e fi n i t i v a fra i due cogn a t i - , doHcbbe esser datata al 3 3 a . C . Questo porrebbe l ' i nizio della relazione dcl t r i u m v i r o con Cleopatra ncl 42 a . C . , s u b i t o dopo l a battaglia di Filippi . •'• Il quale, att raverso le sue spie, sapeva sempre t u n o quello che il cognato faceva.

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patra 980 • Di un possibile matrimonio con la regina non si era, però, sicuri : se ne parlava, ma la notizia lasciava perplessi : M arco Antonio non aveva an­ cora ripudiato Ottavia e, per un Romano, risposarsi in quelle condizioni era inammissibile. Si potevano cambiare quante mogli si voleva: una per volta, però os t . Comunque, anche con molti « forse » , «ma», «Se» e « però » , la notizia di questo possibile matrimonio venne all' orecchio di Ottavia. Ci si può ben im­ maginare l ' agitazione della moglie abbandonata a questa comunicazione. An­ che se una sposa romana bene educata doveva fingere di ignorare le avventure extraconiugali del consorte - e la povera Ottavia aveva sempre tenuto fede a questi principi - niente diceva l ' etichetta a proposito di cosa si dovesse fare quando , senza neanche prendersi la briga di divorziare, il proprio mari­ to sposava u n ' altra. Questo, persino nel caso che il fatto avesse luogo i n un paese straniero e lontano dalla patria, non era accettabile. Furono ovviamente consultati i migliori legislatori di Roma, i quali , dopo aver molto discusso, rassicurarono Ottavia spiegandole - come se questo potesse metterle l ' ani­ mo in pace - che quel matrimonio, se pure c ' era stat o , non era valido per la legge romana 982 • Su questo non c' era il minimo dubbio. È chiaro infatti che dal punto di vista legale le nozze che, allora o più tardi , vennero celebrate fra i due aman­ ti, non potevano mai esser riconosciute a Roma 983 • M a è altrettanto chiaro che i due potevano essersi sposati con una formula egizia che, non valida in Italia, lo era però dove essi vivevano e, quindi, permetteva ad Antonio di essere bigamo, senza dar l ' i mpressione di esserlo, ed a Cleopatra di sentirsi moglie e soddisfatta. Non si può escludere che già allora in Siria essi abbiano celebrato una ceri­ monia del genere . Certo è che da quel momento in poi gli atti e le parole di Antonio sembrarono proclamare ai quattro venti che uomini eccezionali co­ me lui avevano diritto alla poligamia. Una poligamia, naturalmente, diretta a generare numerosa prole: figli come lui, dotati di qualità fuori dal comune e futuri capi delle nazioni . Con questa teoria egli cercava anche di giust i fica­ re i l riconoscimento u fficiale della prole natagli fuori del matrimonio: si trat­ tava di creature della sua stirpe e, quindi , di una stirpe di dominatori e lui li metteva al mondo per il bene dell ' umanità . Inoltre esponeva l ' interessan­ tissima ed originale teoria che Plutarco ci riporta per intero. Antonio, insom­ ma, diceva che : 9 '0 P t l ' T . , ibid. , Dto, XL 3 2 . 4 . "" 1 La monogamia e r a legge i n d iscu ssa a R o m a e t a n t o osservata che p e r u n u o m o sposato n o n si a m ­

m e t t eva neanche i l concubinaggio. l n fa u i . d o p o u n a n n o d i i n i n terroua convivenza queslo avrebbe d a t o l uogo ad u n m a l r i m o n i o iustus e q u i n d i a l l a bigami a . Vedi supra nota I O .

" " I . P . V . D . B ·\ 1 s uo N , op. cit. (vedi n01a 3 5 ) , p p . 69-70. Questo è quel c h e probabilmente succe.,e. l n fa l l i .appiamo che nel 36 Ouavia venne i n formata che i l m a r i t o aveva sposa10 Cleopa t r a , ma gli a n o ­ cal i la t ra n q u i l l iaarono d i cendole che p e r l a legge r o m a n a i l m a t r i m o n i o non era \·a l i d o . 9'1 Cleopalra p o t è d i v e n t a r e mog l i e lcgi l l i m a di A n t onio s o l t a n t o d o p o che q u e " i n e l J 2 e b b e r i p u d i a ­ to Ouavia (Dto, L . 3 . 2 ) .

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« . . Le aristocrazia si propagavano con la successione e la n ascita si­ multanea di molti re. Era stato così che Ercole aveva generato i primi antenati di Antonio : l ' eroe non si era contentato di deporre in un solo grembo femminile la sua speranza di posterità. Egli non aveva temuto le dure leggi di So ione e non si era certamente preoccupato delle sanzio­ ni giuridiche i n materia di matrimonio, ma, seguendo soltanto le leggi della natura, aveva seminato in diversi luoghi la sua razza ed affondato le radici di diverse dinastie . . . » .

Non era un ragionamento che potesse suonare convincente neanche per un estraneo . Facile poi immaginarsi cosa dovette provare a queste dichiarazioni una moglie fedele che si sentiva relegare nel ruolo della fattrice e paragonare ad uno dei tanti grembi che Antonio si era degnato di fecondare per creare semidei suoi pari . Anche in u n epoca nella quale le donne non se la prende­ vano troppo per le scappatelle extraconiugali dei mariti., questo passava ogni limite e dovette far molto soffrire la povera Ottavia. Oltre tutto era stata abbandonata. Le nozze che Antonio aveva contratto con Cleopatra potevano anche non essere valide per la legge romana, ma in­ tanto suo marito viveva con lei e riconosceva i figli nati dalla loro unione , mentre Ottavia , pur continuando ad essere unita a lui da un legalissimo ma­ trimonio , doveva starsene sola e lontana dal suo sposo . Essa ne aveva il cuo­ re spezzato ed i Romani erano indignati : ad una donna altamente morale e piena di doti sia fisiche che spirituali quale era Ottavia vedevano preferire una persona discutibile da tutti i punti di vista e, peggio di ogni altra cosa per l ' epoca, dovevano constatare che ad una Romana Antonio preferiva u n a Barbara , e c h e una sposa legittima veniva spodestata da una concubina, per­ ché tale per i Romani Cleopatra sarebbe sempre stata. Eppure, anche in quel momento Ottavia mantenne almeno esteriormente la calma . Essa restò al suo posto senza lamentarsi , facendo finta che niente fosse successo . Da moglie fedele e donna intelligente non battè ciglio. Diede retta agli avvocat i , o fece finta di dargliela , e si mostrò convinta che il matri­ monio di Antonio con Cleopatra fosse soltanto uno scherzo . Il suo era un comportamento molto generoso ed intelligente e, se vi fosse stata anche una sola possibilità di riuscire a riconquistare lo sposo infedele, avrebbe anche potuto funzionare . Purtroppo questa evenienza era ormai da escludere . Tutta la gente ammirava quella donna così straordinaria ed il suo modo di agire. Tutti si schieravano dalla sua parte. Più ella era corretta nel suo com­ portamento, più difendeva quel marito ed i suoi interessi , e più la gente odia­ va Antonio per i torti che le faceva. Certamente la lealtà che Ottavia mostrò nei suoi confronti fu per Antonio la più grande iattura che gli poteva capita­ re e, senza rendersene conto , la moglie virt uosa lo rovinò molto più della dis­ soluta Cleopatra ••• .

0'4 P 1 n . • A nt . • U V .

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Quello che poi dovette pensare Ottaviano è abbastanza facile da immagi­ nare , ma i l futuro Augusto era un tipo freddo e poco loquace: non disse una parola. Fu soltanto arringando le sue truppe prima della battaglia di Azio che il giovane Cesare chiarì la sua posizione sull' argomento e, come riferisce Dione, dichiarò 985: « . . . Io stesso al principio ero tanto legato ad Antonio da dividere con lui i l potere , dargli in moglie mia sorella e affidargli le legioni . Dopo ciò continuai ad avere per lui molto affett o e comprensione, tanto che mi ri fiutai di muovergli guerra soltanto perché egli aveva insultato mia sorella e abbandonato la prole che essa gli aveva generato. Neanche volli farlo poi , nonostante che egli avesse preferito l' Egiziana alla moglie le­ gittima e che ai figli di quella donna egli avesse donato praticamente tutte le vostre conquiste . . . »

A parte le dichiarazioni di affetto per Antonio ed i fieri dubbi che queste sollevano, bisogna dire che, fino all' ultimo, Ottaviano si controllò e non prese nessun provvedimento. Eppure sarebbe stato nel suo pieno diritto. I n fatti , se è vero che a quei tempi padri e fratelli , senza troppo preoccuparsi delle inclinazioni delle donne di famiglia, combinavano loro matrimoni di conve­ nienza, essi però se ne rendevano anche personalmente garanti e, normalmente, non permettevano che ci si potesse approfittare delle loro congiunte, né la­ sciavano che le si ingiuriasse impunemente. È evidente che ormai Ottaviano avrebbe potuto intervenire, ma è anche probabile che qualsiasi sua mossa avrebbe profondamente ferito la sorella e non avrebbe portato alcun giova­ mento alla situazione. Quindi Augusto, che non si lasciava facilmente trasci­ nare dal l ' ira e non faceva niente senza una buona ragione, dovette decidere che era meglio aspettare il momento giusto per agire e così fece. Perciò , mentre nella speranza che le cose si aggiustassero e che il marito tornasse a casa , Ottavia sopportava pazientemente tutto, Augusto che, più pratico della sorella, non credeva molto in un possibile ravvedimento da par­ te del cognato, la lasciò fare. L ' i n fedeltà coniugale di Antonio e lo scandalo che ne era nato erano certamente pesanti ragioni d ' o ffesa, ma tra Ottaviano ed Antonio vi erano anche altre cause di contrasto e molto più gravi ancora . Tra i due triumviri c ' era, nascosta e sotterranea ma inevitabile, la lotta per la supremazia. Essa aggravava la sit uazione e la stava portando al punto di rottura. Si avvicinava perciò la resa dei conti, ma non era ancora arrivato i l momento giusto. Non era infatti opportuno iniziare le osti lità . Proprio al­ lora, Antonio stava per partire per la sua campagna in Asia e non si poteva scatenare una nuova guerra civile . Senza contare, poi , che nei pericoli delle battaglie non si sa mai quello che può succedere : poteva sempre darsi che una freccia dei Parti regalasse a Roma un nuovo eroe e le risparmiasse altri morti . Quindi Augusto stava tranquillo a guardare il suo antagonista sicuro ., , [) ( ( ) , L. 2 6 . 2 .

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che, se non fosse morto prima, si sarebbe presto scavata la fossa con le sue stesse mani . Nel frattempo Antonio che fino allora, incurante delle conseguenze delle sue sconsiderate iniziative, aveva continuato a passare il tempo con la sua amante, aveva dovuto svegliarsi ed iniziare i preparativi per quella guerra con­ tro i Parti che non poteva più essere rinviata 986 • Perciò, dopo aver compiu­ to i necessari apprestamenti bellici e dopo aver fatto rientrare in Egitto Cleopatra 98', i l generale intraprese la lunga e disastrosa campagna nella qua­ le perse ben ventimila soldati e quattromila cavalieri . In parte le perdite subi­ te dall'esercito romano furono dovute ad un certo numero di infortuni, ma una grande parte della responsabilità nella sconfitta la ebbe il re di Armenia il quale, dopo aver promesso assistenza ed alleanza ai Romani , tradì Anto­ nio nel momento di bisogno 988 e, invece di accorrere i n suo aiuto, si ritirò nei suoi confini . P lutarco , è vero, insinua i nvece che la causa principale di tutti questi rove­ sci furono gli errori commessi da Antonio, errori in gran parte causati dalla sua i n felice passione per Cleopatra. Antonio, secondo lui, avrebbe talmente desiderato di tornare tra le braccia dell' amante che, incurante dei rischi , avreb­ be affrettato al massimo le operazioni di guerra e, pur di raggiungerla al più presto ad Alessandria e poter passare l ' inverno al suo fianco , avrebbe espo­ sto le sue t ruppe ad inutili pericoli •••. Ma anche questa volta lo storico gre­ co esagera e si lascia prendere la mano dal suo spirito romantico. È di fficile che ciò sia vero . Quello che in realtà rovinò Antonio furono i numerosi tradimenti della gente che avrebbe dovuto appoggiarlo e che gli la­ sciarono scoperte le spalle . Comunque, quale ne sia stata la ragione, quello che è certo è che la campagna contro i Parti fu una vera carneficina 990 , e fu soltanto attraversando montagne impervie che i superstiti degli sfortunati com­ battimenti riuscirono, dopo una lunga e faticosa marcia, a ritornare di nuo-

98 6 D t o , X L I X . 2 3 . 1 -3 . Sarebbe s t a t o tra l ' a l t ro molto meglio aver a t t accato i Parti nel 3 7 , l ' a n n o pre­ cedent e , quando essi erano stati messi i n d i fficoltà da una rivolta ed erano quindi molto v u l nera b i l i , ma nel 3 7 Antonio era andato i n I talia e Sosia, che era rimasto a l comando delle t ru ppe al suo pos t o , non ebbe i l coraggio di prendere iniziative perchè temeva la gelosia d i Antonio i n caso avesse v i n t o . 98 7 P t . UT . , A nt . , X X X V I I . 988

D t o , X L I X . 25 . 1 -26. 1 . A n t o n i o , partendo velocemente a l l ' i nsegu imento di Artavasde re dei M e d i , a v e v a l a s c i a t o dietro sè S t a z i a n o con l ' ordine d i raggi u ngerlo p o i con t u t t e le sal merie. l P arti ed i M ed i . i nvece d i restare a d i fendere le loro c i t t à c h e avevano fort i ficazioni validissime e b e n m u n i t e , corsero alle spalle d i Staziano e lo a t t accarono, uccidendolo con tutti i suoi u o m i n i . Questo lasciò A n t o n i o privo di r i fo r n i m e n t i e mise i n pericolo t u u a l a sua �pedizione.

9'9 Pt.ur . , A n t . , X X X V I I I . Ma probabilmente questo è d i nuovo u n ' aggi u n t a romantica d i P l u t a r c o . U n c e r t o n u mero d i persone, a cominciare dal r e d e l l ' Armenia che gli aveva promesso i l suo a i u t o , t r a d ì A n t o n i o lasciandolo s o l o i n m e zz o ad u n paese i n fido e ad una n a r u ra nemica . C o s ì alle perdi t e loro i n ­ n i t t e dal n e m i c o , i R o m a n i dovettero aggiungere q u e l l e d o v u t e alla fame. alla set e , ed a i rigori del l ' i n ver­ no s u l l e montagne. ( D t o , X L I X . 26. 4-29. 1 ) . 91Xl Dei ventimila soldari e q u a t t r o m i la cavalieri che perirono i n q uesra campagna l a metà circa morì per m a l a t t i a ( P t l!T . , A n i . , l . ) .

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vo sulla costa dove si fermarono affranti 99 1 • Non si poteva assolutamente pensare ad altri trasferimenti . Antonio perciò nascose al re armeno il suo fu­ rore e lo corteggiò in modo da ottenere da lui i l permesso di far svernare le sue truppe in Armenia , con la scusa di preparare un'altra spedizione contro i Parti per la prossima primavera 992 • Intanto, secondo Plutarco , Cleopatra aveva raggiunto l ' amante 093 • Essa portava con sé stoffe e denari da regalare ai soldati proprio come se, invece di essere la concubina di Antonio, essa ne fosse stata la moglie legittima. Si dice però che l' unica cosa effettivamente da lei portata furono le stoffe, mentre i l denaro distribuito in suo nome venne in realtà elargito da Marco Antonio 994 • Nel frattempo , a Roma, Ottavia, che ormai aveva troppo sofferto, non voleva più aspettare il ritorno del marito, un ritorno che vedeva sempre più lontano ed improbabile. Essa voleva raggiungerlo e fare un ultimo tentativo per cercare di strapparlo a quella donna che lo stava portando alla rovi na. Come tutte le donne innamorate non poteva credere che egli l' avesse vera­ mente dimenticata. Perciò pregò e supplicò il fratello di !asciarla imbarcare e partire per riunirsi a lui . « . . . Cesare glie lo permise e , secondo la maggior parte degli storici , non per farle piacere , ma perché sperava, se mai Antonio avesse oltraggiato e disprezzato la sorella, di avere un magnifico pretesto per muovergli guerra . Arrivata ad Atene, Ottavia ricevette una lettera di Antonio che l ' invitava a fermarsi là e (si giustificava) parlandole dei suoi progetti per la spedizione (contro i Parti). Ottavia ne fu addolorata perchè capì la vera ragione della sua richiesta . . . » 99s .

Tutte le speranze di Ottavia dovettero morire sotto quella doccia fredda. Anche Dione conferma il fatto e narra che proprio allora Antonio, il quale, subito dopo la disastrosa campagna, era tornato in Egitto 996 , si era di nuo­ vo mosso ed era giunto in Asia come se dovesse riorganizzare un' altra cam­ pagna contro i Part i ; ma, appena apprese che Ottavia stava arrivando in Siria per raggiungerlo , le scrisse ordinandole di tornare a Roma e , per evitare di incentrarla, tornò subito in Egitto. Non si può proprio fare a meno di immaginare tutte le speranze ed i sogni che dovevano aver ani mato Ottavia mentre attendeva ai preparativi per il suo "" 1

P 1 u r . , A nt . , L I .

Y9 l A n tonio aveva s i , l ' i ntenzione di tornare presto i n Armenia. ma per vendicarsi , come p o i fece, del

re armeno. ( DI O , X L I X , 3 1 . 2-33.3).

""' P u · 1 . . ibid. M a non >econdo Dione, che dice che essa mandò i l denaro, ma non parla d i u n s u o arri\'O ( D i o , L I X , 3 1 .4). 994 P l l r., ibid. . Dione C a s � i o a ffer ma che Cleopatra mandò de na r o , m a non i n q u a n t i l à s u ffidc n t c . Co'ii Marco A n t o n i o pagò c o n i s u o i fon d i pers o nal i , ma diede i premi i n denaro a nome della reg i n a c o m e se e s � a l i avesse m a n d a t i t u t t i lei ( D i o . ihid . ) .

"''' P ! L' L , A li/ . , 1 . 1 1 1 . """ D 1 n . X L I X . 32 . l .

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viaggio sicura di poter fi nalmente rivedere il marito. Ed invece ad Atene c ' e­ rano ad attenderla soltanto quelle quattro righe gelidamente formali che la bloccavano in un città straniera, lontano da coloro che la amavano e che avreb­ bero potuto consolarla ""' · Avrà pianto? Si sarà disperata adesso che non po­ teva più illudersi? È probabile, ma era la sorella di Augusto e lo tenne per sé . Anche comprendendo perché Antonio non voleva che essa proseguisse i l viaggio , Ottavia s i dominò e scrisse al marito senza niente rimproverargli , chiedendogli soltanto dove dovesse mandargli il denaro , le armi , le bestie da soma e persino i doni che voleva offrire ai suoi u fficiali ed ai suoi amici . Ol­ tre tutto per rin forzare le truppe decimate di Antonio, Ottavia aveva portato con sè duemila uomini appartenenti alle truppe scelte, armati di tutto punto ed allo stesso livello di addestramento dei famosi pretoriani ""' . La sua lettera fu consegnata ad Antonio da un certo Niger e questi tenne a riferirgli tutto personalmente e ad aggiungere di suo tutte le lodi che Otta­ via si meritava, ma la cosa fu riportata a Cleopatra, alla quale i l fatto che qualcuno decantasse ad Antonio la moglie non piacque affatto. L ' Egiziana capiva bene che un i ncontro con la sua rivale, che era spalleggiata dalla forza del giovane Cesare e, soprattutto, che aveva il vantaggio della sua grande bel­ lezza e dolcezza di carattere, era senz' altro pericoloso 999 • Marco Antonio avrebbe potuto lasciarsi riconquistare dalla moglie romana e questo Cleopa­ tra non lo avrebbe mai tollerato. Quindi cacciò fuori tutte le sue unghie e le sue arti per impedire u n tale riavvicinament o . Pianse, finse di disperarsi, cercò di sembrare sul punto di morire di consunzione e lasciò pure capire che si sarebbe suicidata per il do­ lore . Alla fi ne Antonio, preoccupato per le condizioni dell' amato bene, non soltanto non ebbe il coraggio di lasciar la, ma tor p ò addirittura con lei ad Ales­ sandria 1 000 , dando così un addio definitivo alla m oglie e rimandando la cam­ pagna della Media alla buona stagione 1 00 1 • Non vi era ormai nessun dubbio che Ottavia fosse stata oltraggiata oltre ogni limite e , anche se essa cercava di non far pesare quello che era successo , non le era più possibile n asconderlo. Poteva soltanto supplicare il fratello perché non prendesse le armi contro il marito, e questo lo fece con tutta la �7 Secondo Diane Cassio, A n t o n i o , che stava p a r t e n d o per anaccare l ' Armen i a , e che, per i n g a n n a r e i l re di quel paese, faceva credete di stare preparando una c a m p a g n a c o n l r o i P a r t i , venne a sapere c h e O t t a v i a stava a r r i v a n d o . P e r c i ò non andò p i ù lontano a n z i r i l o r n ò i n d i e t r o e , nonostante che più tardi acce t t asse r u t t i i regal i che l a moglie gli aveva i n v i a t o , inclusi i soldati che essa gli aveva ot tenuto del fra· !ello. l e ordi n ò di tornare subito a Roma ( Dio, X L I X . 33. 4). ""' P I . U T . , ihid. ; D I O , ibid. . 999 P l l iL , ibid. . I !Ul

D 1 o , ihid . . Dione pralicamenle con ferma q u a n l o d e l l o da P l u larco, ma non parla d i Cleopatra anche se e probabile che essa fosse con l u i .

1 001 Secondo P l u t arco, egli r i n u n z i ò ad a t t accarli e questo nonos t a n t e che i Part i erano proprio allora i n sommossa c quindi sarebbe s l a l o i l moment o ideale per bal l erli ( P l u· 1 ., ihid. ) . Secondo Dione le rivo l· r e d i c u i parla Plutarco non sono da r i ferirsi a questo periodo, ma ebbero l uogo nel 3 7 , m entre Antonio era i n l lalia e aveva lasciato Sosio proconsolc della S i r i a e C i l i c i a ( Dio . X L I X . 2 3 . 2).

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forza del suo amore "")2. Per parte sua Ottaviano, anche se era da parecchio che aspettava l ' occasione per attaccare il cognato e anche se sarebbe ormai stato giustificato agli occhi di tutti se lo avesse fatto immediatamente, conti­ nuò a non muoversi . Non aveva certamente l ' intenzione di chiudere u n oc­ chio e tollerare quel che stava accadendo, ma egli desiderava prima sistemare tutto nel migliore dei modi : voleva soprattutto fare in modo che nessuno po­ tesse mai dire che egli aveva mosso una guerra fratricida per vendicarsi di affronti personali . Ma intanto era importante mettere la sorella à l riparo da nuove angherie ed umiliazioni , e questo egli poteva ottenerlo soltanto facendo in modo che fosse lei ad abbandonare quel marito indegno: così egli non avrebbe più po­ tuto offenderla e ferirla. Perci ò , appena Ottavia fu rientrata a Roma, egli le ordinò di tornare ad abitare nella sua vecchia casa 1 003 , ma la povera don­ na, disperatamente attaccata a quell'ultimo vestigio della sua posizione di mo­ glie, si ribellò apertamente al suo ordine e dichiarò che non i ntendeva abbandonare i l tetto coniugale: « . . . E addirittura essa supplicò i l fratello affi nché non muovesse guerra ad Antonio a meno di non averne altro motivo . Lasciasse pure Ottavia­ no che il suo matrimonio si trascinasse come meglio poteva : non sareb­ be stato davvero bello sentir dire che i due più grandi capi del mondo , l'uno per amore di una donna e l ' altro a causa del l ' onore offeso, ave­ vano gettato Roma in una guerra civile. Essa poi confermava le sue pa­ role con le sue azion i . Continuava, infatti, ad abitare la casa di Antonio come se egli fosse stato là, e si prendeva cura non solo convenevolmen­ te, ma addirittura con magnificenza, di tutti i figli del marito, compresi quelli che egli aveva avuto da Fulvia. Riceveva anche gli amici di Anto­ nio quando il marito li mandava a Roma per cercare di ottenere qual­ che magistratura o per trattare qualche affare , e si preoccupava di far loro avere da Cesare quello che desideravano . Ma, senza volerlo , ella, agendo in quel modo , sempre più nuoceva alla causa di Antonio, che ormai tutti odiavano per il suo modo di comportarsi verso una tal donna . . . » .

A questo punto Ottaviano era ormai pronto alla guerra, m a la ritardò an­ cora , anche se di pochissi mo. Augusto attendeva che Antonio facesse qual­ che altro passo falso e finisse così col risvegliare l ' odio generale . A questo modo la guerra che si sarebbe combattuta sarebbe stata una guerra del popo­ lo romano contro un suo nemico, non la contesa di due uomini . Inoltre, di fronte alle preghiere e l 'ostinazione di Ottavia, preferiva che essa si trovasse con le spalle al muro e fosse costretta a vedere come stessero effettivamente quelle cose che lei si s forzava di non capire . Ottaviano sapeva che l'unico modo di persuadere la sorella era quello di farla trovare di fronte alla brutale 1 002

P 1 111 . , A n i . , L I V .

1003

P I . U T ., ibid. .

35 1

realtà dei fatti in modo tale che, anche volendolo , essa non potesse più conti­ nuare a far finta di ignorarla . Così stava pazientemente ad aspettare che An­ tonio si mettesse completamente ed agli occhi di tutti d alla parte del tort o . È davvero di fficile i n fatti credere che egli s i astenesse ancora dal dar batta­ glia soltanto per compiacere una sorella che lo supplicava di non impegnarsi in una guerra causata dalle sue disgrazie. Le sventure di Ottavia non erano che una delle tante ragioni che obbligavano il giovane Cesare a dover affron­ t are Antonio . La ragione principale era naturalmente costituita dal fatto che uno di loro due doveva scomparire. È comunque evidente che Ottaviano , ren­ dendosi ben conto di quanto sarebbe stato facile venir accusato di aver pro­ vocato una guerra privata e personale , preferiva attendere che Antonio, che ormai era andato molto i n là per quella china, facesse lui il primo passo e si mettesse apertamente contro alla propria patria. La gente, egli lo sapeva bene, ne aveva abbastanza di morire ogni qual volta gli uomini che si dispu­ tavano i l governo di Roma si impegnavano in battaglie che niente avevano a che fare con gli interessi del paese . Quindi egli manovrava per far si che l ' i nevitabile con flitto tra lui ed il cognato non partisse da u n suo ordine, ma venisse aperto per volere e decisione del popolo e , soprattutto, in risposta ad una provocazione d i Antoni o . N o n dovette attendere molt o , perché Antoni o , come rispondendo a d una preghiera, fece un certo numero d i mosse fatali . Prima di tutto, essendo tor­ nato in Armenia, ne catturò il re coll ' i nganno e, dopo aver occupato tutto il territorio, invece di mandare prigionieri e bottino a Roma, come un gene­ rale romano aveva il dovere di fare, li fece portare ad Alessandria, dove fece s filare il re e le sue ricchezze in processione come per i cortei trionfali . Lui stesso su un carro guidò la parata e , non soltanto regalò a Cleopatra tutto il bottino, ma le consegnò persino Artavasde e la sua famiglia legati con ca­ tene d ' oro , assurdo riguardo alla loro condizione regale. Poi divise fra tutti i suoi figli i regni deii' Oriente 1 004 • Visto che c ' era, promise loro pure i terri­ tori ancora da conquistare e si impegnò ad annetterli nel prossimo futuro . Scrive Plut arco 1 005 :

« . . . Egli provocò ancora più l ' odio dei suoi concittadini con la divisio­ ne che egli fece ad Alessandria tra i figli della regi na. Nell ' affollato gin­ nasio egli aveva fatto sistemare un palco d ' argento sul quale erano posti due troni d ' oro, uno per lui e l ' altro per Cleopat ra. Ve ne erano anche

1 004

M. R E I N H O l D , The Declaration of war against Cleopatra, i n CJ, pp. 97- 1 0 3 . Secondo Reinhold , a partire dal 60, era pratica normale per gli i m peratori romani di fare aggi ustamenti territoriali agli stati vassalli ed Antonio nel 36 non aveva ancora fal l o niente d ' i l legale. Anzi secondo Reinhold , al principio A nt o n io c'era andato cauto. Cipro era già stato concesso ad Arsinoe ed al fratello Tolomeo da Giulio Cesa re. Antonio dà a Cleopatra t u n o i l res t o , ma secondo Reinhold lo fa perché ha bisogno del suo aiuto per costruire l e navi e raccogliere quanto gli serviva per la guerra. A conferma di ciò cita i l passo di P l u ­ tarco (Antonio, XXXV1 .2) n e l quale pe r ò n o n si parla di nav i . Comunque i Romani n o n approvano quanto egli fa . Vedi supra, nota 973 ed i l t imore già allora esistente a Roma per la formazione d i questo minac­ cioso bl occo d ell ' Oriente. I OO S PLUT . , Ani., LIV; D 1 0 , X L I X . 4 1 . 1 - 3 .

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altri più bassi per i figl i . Da lì egli cominciò col dichiarare Cleopatra Regina d ' Egitto, di Cipro , della Libia e della Celesiria. Essa avrebbe qui regnato congiuntamente a Cesarione, figlio presunto del primo Ce­ sare, il quale, partendo dal l ' Egitto , vi aveva lasciato Cleopatra incinta. In secondo luogo proclamò Re dei Re il figlio che aveva avuto da Cleo­ patra, Alessandro , ed a lui attribuì l ' Armenia , la Media, ed i l regno dei Part i : quest ' ultimo ancora da conquistare. A Tolomeo diede la Feni­ l\7 P l U l

.•

Ant . • L X I I I .

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dato una maggiore possibilità di fuga e, soprattutto, le avrebbe permesso d i compierla p i ù comodamente . Q uesto n o n si può davvero escludere e n o n si può negare che una tale riflessione possa avere pesato sulla scelta della regi­ na. Ma non è ammissibile che, come dicono gli storici , essa volesse delibera­ tamente perdere la guerra . Non era donna da non capire che, una volta che questo fosse accaduto, non sarebbe poi passato molto tempo prima che lei stessa ed il suo amante non avessero entrambi perso la vita. Altre interpretazioni dei fatti sono ancora più difficilmente accettabili . Se­ condo Dione, ad esempio, tutti e due gli amanti sarebbero stati addirittura in combutta ed avrebbero deciso di darsi alla fuga ancor prima di vedere co­ me sarebbe andata a finire la battaglia. l due, dopo essersi messi d ' accordo , avrebbero finto di prepararsi per la battaglia navale, mentre invece nottetempo caricavano le loro due navi con tutti i tesori che si erano portati appresso. Dione, insomma, è sicuro che i due avevano deciso di scatenare lo storico conflitto al solo scopo di forzare il blocco che li rinserrava ed avere così via libera. Secondo lui , i due diabolici amanti volevano il combattimento perché questo avrebbe tenuto occupato Ottaviano e la sua flotta mentre essi fuggi­ vano, e avrebbe impedito al giovane Cesare di lanciarsi alle loro calcagna. Dione scrive che Antonio sperava inoltre che, nella confusione, i suoi non si sarebbero accorti di ciò che egli stava facendo e , non rendendosi conto di farsi ammazzare soltanto per permettergli di allontanarsi con tutte le sue ric­ chezze, essi avrebbero continuato a combattere credendo di poter strappare al nemico una vittoria che, abbandonati e senza capo , non avrebbero mai potuto conseguire. Ma lo stesso Dione ci racconta poi che, nonostante l ' op­ posizione degli equipaggi , Antonio aveva fatto i mbarcare le vele su tutte le sue navi 1 068 e aveva giustificato questa precauzione, che sapeva tanto di scon­ fitta e di rapida fuga, affermando che la sua flotta ne avrebbe avuto bisogno per inseguire le navi di Ottaviano dopo averle messe in rotta. Ora, se i l piano di Antonio fosse stato veramente quello di mandare allo sbaraglio il suo esercito pur di spianarsi la strada verso la salvezza, la sua prima cura sarebbe stata quella di non far imbarcare le vele, in modo che nessuna nave, salvo quelle di Cleopatra e la sua, avessero la possibilità di al­ lontanarsi . Allora, sì , egli avrebbe potuto esser sicuro che, una volta iniziato il combattimento, i suoi soldati ed i suoi alleati, volenti o nolenti , avrebbero dovuto andare fino i n fondo ed avrebbero continuato a mantenere occupato il nemico mentre loro si allontanavano. Invece , con le vele a bordo, niente poteva impedire loro di issar le appena egli avesse messo la prua verso Patras­ so ed accodarsi a lui, lasciando libero il nemico di inseguirli . Comunque, gli storici concordano su un fatto . Cleopatra, la vile regina barbara, voleva fuggire . Fuggire certamente, fuggì. Ma le loro asserzioni su 1 068

L e navi da guerra di quei tempi usavano soltanto i remi durante i combattimenti . Le vele venivano issate soltanto per i l u nghi spostamen t i . Esse non venivano mai imbarcate quando si doveva combattere per i m pedire che le s i u sasse per fuggire.

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cosa fece e soprattutto sul come e perché lo fece non sono sempre persuasive. D' altra parte non c'è dubbio che il comportamento di questa donna resti an­ cora inspiegabile: quindi tutte le ipotesi su di esso possono esser proclamate, attaccate e difese. Lasciamo perciò da parte i processi alle intenzioni e torniamo ai fatti regi­ strati ed inconfutabili . Del resto nella storia sono questi gli unici che conti­ no. Sappiamo che, una volta presa la decisione di affrontare il nemico sul mare, i due amanti scelsero le migliori tra le loro navi e bruciarono tutte le altre. Ormai , essendo molti dei loro uomini morti per le febbri malariche ed avendo altri disertato, non c'erano più braccia bastanti a manovrare tutte le loro imbarcazion i . Non era i l caso di lasciare navi intatte a disposizione del nemico : meglio distruggerle t 069 • Dopo aver fatto ciò, notte tempo, cari­ carono a bordo tutte le cose più preziose che possedevano ed attesero t 07o . Possiamo discutere se questo qualcosa che attendevano fosse il momento di combattere o quello di fuggire, come insinua Dione, ma questo non cambie­ rebbe le cose . Dalla primavera si era passati all'estate ed anche questa stava finendo . Era ormai arrivato settembre e venne finalmente anche l' ora fatidica. Già da pa­ recchio le flotte mordevano il freno, ma negli ultimi giorni di agosto il mare era stato piuttosto agitato per un vento impetuoso e le due squadre navali , costrette all 'inattività, avevano dovuto aspettare pazientemente che il tempo si rimettesse t 07 t . Tutti erano nervosi ed insofferenti del ritardo , ma non c'e­ ra niente altro da fare che sperare in una schiarita e fu soltanto il due di set­ tembre che il vento si placò ed il mare ridivenne calmo . Si poteva perciò dare inizio alla battaglia t072 . Antonio , dopo il discorso di prammatica t07J , fece salire sulle sue navi 20 .000 soldati pesantemente arma­ ti e 2000 tra arcieri e frombolieri t 074 • Da quando egli aveva visto come Ot­ taviano era riuscito a vincere Pompeo impiegando navi molto grandi ed alte sul­ le quali potevano prender posto numerosi soldati in grado di combattere come 1 069 Secondo P l u tarco le navi bruciate furono quelle egiziane eccet to sessanta che restarono a disposi­ zione della reg i n a , m a , dato che lo stesso P l u t a rco dice che ad E feso i due amanti avevano riunito 800 n a v i , sembrerebbe che le navi bruciale dovessero essere vicine alle 300 se non ancora di più . Certo è che alla battaglia presero parte circa 400 navi antoniane ( P t . UT . , A n tonio, L X I I I ) . t 070 D t o , L. 1 5 . 4 . t 07 t P l uT . , A n i. , 6 5 . 1 07 2

A l l ' inizio della campagna che doveva c u l m i nare con la baltaglia d i Azio, Ottaviano, secondo P l u ­ t a r c o a v e v a s o l t a n t o 250 navi, 80. 000 fantacci n i e c i r c a 1 2 . 000 cavalieri ( P l U T . , A n t . , L X I ) . Le forze di Antonio erano i nvece di 500 navi, 1 00 .000 fan t i e 1 2 . 000 cavalieri (Pt.UT., A ni. , LXI). M a , come abbia­ m o visi o nella nota 1 069 , alla bauaglia navale parteciparono soltanto 400 i m barcazi o n i , perché Antonio aveva dovuto dist ruggerne molte ( A . F E R R A B t NO i n Treccani, V . , pag. 70 1 ) . t 07 1 Dto, L . 1 6- 2 2 . 1 074 La critica moderna propende nel calcolare i n 400 per parte i l n u mero delle navi che partecipò alla battag l i a . Quindi dividendo i l numero dei soldati fat i i i m barcare da Antonio per i l n u mero delle sue navi per ogni nave vi sarebbe stata una media di 50 soldati e 5 arcieri e frombolieri : davvero non molt i . Questo spiegherebbe la frase di Plutarco che defin isce le navi di Antonio come scarsamente equipaggiate ( P L U T . , Ant. LXV).

37 1

Fig . 52 - Navi da guerra romane escono dal porto per ragg i ungere il loro schieramento nella banagl i a . Vedi sulla l o r o p r u a i r o s t r i con i quali squarciare i l fascia m e delle navi n e m i c h e . Da u n affresco pompeia­ na del tempio di lside.

se si trovassero sulla terra ferma, anche lui , che era più esperto i n battaglie campali che in quelle navali , aveva apprezzato l 'idea e l'aveva addirittura spinta molto più avanti facendo costruire navi anc.ora più grandi e più alte di quelle che erano state usate da Agrippa in Sicilia. Si trattava di imbarcazioni che avevano dai quattro ai dieci ordini di remi , e sopra di esse erano state innal­ zate spaziose torri sulle quali gli uomini potevano attestarsi come su un forte tradizionale . Antonio fece qui imbarcare anche tutti i suoi alleati più i mpor­ tant i , tra i qual i , secondo Plutarco , vi erano sei re t 07 5 • Egli si assicurava co­ sì che, una volta lasciati soli , essi non potessero rivoltarsi contro di lui o fuggire. Disgraziatamente per gli Antoniani la loro flotta, quasi esclusivamente com­ posta da queste gigantesche navi e da pochissime triremi - imbarcazioni molto più maneggiabili e veloci - era lenta ed impacciata 1076 • Quelle grosse navi, come osservava Ottaviano nel suo discorso alle truppe prima dello scontro , sarebbero state molto di fficili da manovrare 1077• Anche Ottaviano intanto si stava preparando alla battaglia e, imbarcate anche lui le truppe sulle sue navi da guerra, fece salire tutti i suoi amici su navi leggere (fig. 52) in modo da utilizzarli per passare ordini durante la bat­ taglia e riportargli notizie sull' andamento del combattimento. Dopo di ciò, schierò la sua flotta davanti all ' imboccatura del golfo di Ambracia ed attese che il suo avversario ne uscisse 10" . La flotta di Antonio sbucò alfine dallo stretto al suono violento e assor­ dante delle trombe e le sue navi di schierarono su un fitto allineamento , cur­ vo ad arco e proteso verso il mare aperto . Procedendo in questa formazione, la flotta avanzò di pochissimo e poi si fermò all 'imboccatura del golfo. Otta1 07 �

P 1 t· r . ,

A n i. , L X I .

I IJ7h D I O , L . 2 3 . 1 - 3 . 1 1177 D 1 o . L . 29. 1 . "'" Oto, L . 3 1 . 3 .

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viano fece muovere le sue navi contro al nemico come per attaccarlo o farlo tornare i ndietro, ma, invece di arretrare , la flotta di Antonio infittì lo schie­ ramento. A questo punto anche Ottaviano si fermò ed i due nemici restarono immobili a fronteggiarsi 1 07 9 • Vi fu una lunga pausa di attesa durante la quale i due generali continuaro­ no a passare in rivista le loro forze . Antonio, su di una imbarcazione a vela, faceva il giro delle sue mastodontiche navi esortando i soldati al combatti­ mento, mentre il giovane Cesare, che aveva passato la notte a terra, raggiun­ geva con una barca la sua flotta composta di navi leggere ed agili e si spostava dall ' una all ' altra. Era mattina. I l sole splendeva ormai alto; le due flotte erano schierate su due linee ricurve e parallele e si mantenevano ad una distanza di un chilome­ tro e mezzo circa l' una dall ' altra . Le navi di Antonio, grandi e pesanti come fortilizi galleggianti ( fig. 5 3 ) , stavano immobili . Sembrava quasi che fossero all' ancora . Ottaviano , stupito dall 'inerzia del nemico, non riusciva a capire cosa esso avesse in mente, perciò teneva anche lui ferma la sua flotta ed at­ tendeva di regolarsi sulle mosse del rivale. La scena dei due schieramenti , im­ moti sull' azzurra distesa del mare che scintillava ai raggi del sole quando questi faceva capolino nei larghi squarci delle nuvole, doveva essere piena di dram­ maticità e di tensione. Nel cuore degli uomini che si stavano preparando a quel confronto, dal cui risultato dipendeva tutto il loro futuro e nel quale molti di loro sarebbero morti o avrebbero sofferto orrende mutilazion i , do­ veva esserci una tremenda agitazione; ma per molto tempo ancora non suc­ cesse niente. Verso mezzogiorno finalmente si alzò un po' di vento di mare che increspò lievemente la calma superficie. I soldati di Antonio sottoposti a quella sner­ vante attesa cominciarono a dar segni di impazienza . Si dovette, quindi , dare 1 079

D1o, L . 3 1 .4- 5 . Il piano di Onaviano, secondo Dione, era quello di aprire le linee e lasciar fuggire i vascel l i di Anlonio e Cleopalra che egli poi non avrebbe avulo nessuna d i ffico l l à a raggi ungere e canu­ rare con le sue navi mollo p i ù veloc i , meni re gli sarebbe s1a1o facile far arrendere i l res1o della nona amo­ niana il momenlo che si fosse visla abbandonala dal suo comanda n le ( D i o , L. 3 1 . 1 ). Sembra però di fficile a m menere che Onaviano fin d ' allora capisse che Cleopalra ed Amonio avevano deciso di fuggire diser­ l ando l a banaglia. Comunque Agrippa lo di ssuase da ques1o proposilo perché lemeva che non sarebbe stato possi b i l e raggiungere le navi dei due amanti se questi - come poi avvenne - avessero usato i m bar­ cazioni a vela molto più veloci delle loro navi a rem i . I noltre l ' a m m i raglio era sicuro di poler facilmente baucre l a fl o t t a di Antonio che tra l ' altro, mentre la pioggia aveva risparm iato le navi cesariane, era stata proprio in quel momento colta da una violenta e i m provvisa alluvione e si t rovava nella più grande con fu­ sione (Dio, L . 3 1 . 1 -2 ) . Anche Plul arco conferma il can i v o lempo dicendo che per q u a n ro giorni dalla fine d i agoslo fino al 2 set tembre ci fu sempre tempesta e che sol t a m o i l q u i n l o giorno ci fu una schiarita ( P l. li r A R CO , A n tonio. LXV). G l i schierame n l i delle due none erano i seguem i : i n quella di A n l o n i o , An­ tonio con P u b l icola avevano i l comando dell'ala desl r a , Marco Ottavio con Marco l saeio i l centro e Celio era poslo all'ala sinislra ( P I . u T . , ibid. , LXV). Dalla pane di Ouaviano, P I U i arco dice sollamo che i l gio­ vane Cesare aveva Agri ppa a l l ' ala s i n i stra a fronteggiare Antonio e che Augusto si era riservato per sé l ' a l a destra (P l L : T. , ibid. ). Secondo i l Fcrrabino i n vece lo schieramento di Anronio era : ala dest ra. Anto­ nio; cenlro Marco Onavio. ala sinima Sosio; Cleopalra nella relroguard i a . Sempre Sl'Condo il Ferra b i n o , la r e g i n a approfiuò della breccia che si era a p e n a nella l i nea di Amonio per i n filarvisi e fuggire verso sud ed i l Peloponneso sfilando nello specchio di mare esistente t ra i due schieramenti av versari . Per il Ferrabino lo schieramenlo di Ouaviano aveva Agrippa a l l ' ala sinislra; al cen 1 ro, Arrunzio e Lurio a l l ' ala dema (A. F E R R A R I NO i n Treccani. V . , pag . 701 ) .

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il via alla battaglia e la iniziò Antonio facendo muovere in avanti l ' ala sini­ stra che si trovava di fronte all ' ala destra del giovane Cesare , quella coman­ data da Celio . Questi , felice che il nemico avesse dato inizio all'azione, fece immediatamente indietreggiare le sue navi in modo da trascinarle lontano dal grosso della flotta nemica. Infatti egli voleva isolarle e accerchiarle con le sue piccole navi molto p i ù agili e facili da manovrare 1 080 • Sarebbe poi stato facile impadronirsi di quei grossi vascelli che si spostavano con difficoltà e sui quali , secondo Plutarco , nonostante tutta la truppa che Antonio vi aveva fatto imbarcare, non vi era­ no ancora abbastanza soldati 1 0 8 1 • Però all 'inizio nessuno si azzardava ad entrare in contatto diretto con l ' av­ versario . Infatti i vascelli di Antonio non potevano scagliarsi e speronare le navi di Ottaviano, perché per questo genere di azione bisognava essere veloci e le pesanti imbarcazioni , che essi dovevano manovrare , erano troppo lente ed avevano bisogno di molto spazio per acquistare l ' abbrivio . Nello stesso tempo le agili navi del giovane Cesare, che veloci erano, non potevano get­ tarsi contro le prue nemiche foderate di bronzo e quindi invulnerabili; inol­ tre, quando attaccavano le fiancate delle navi di Antonio, dovevano farlo bene, evitando che i loro fragili speroni potessero infrangersi contro le gros­ se travi di legno 1082 • Dovevano anche far presto , perché loro forza consiste­ va nella rapidità di attacco e nel riuscire ad aprire una breccia nel fianco della nave nemica prima che i soldat i , imbarcati su questa, riuscissero a bersagliarli con un nugolo di frecce, !ance e pesanti proiettili di pietra 1 08 3 • Insomma all ' inizio la battaglia non era davvero movimentata . C'era sì un po' di azione, ma modesta , ed era confinata ad un gruppetto di navi del gio­ vane Cesare , le quali stavano attaccando con !ance e brulotti uno dei grossi vascelli nemici . Questo si difendeva a suon di catapulta e cercando di colpire gli equipaggi delle navi nemiche che osavano venirgli troppo vicino 1084• Ma si trattava di un fatto sporadico e senza i mportanza . Il combattimendo co­ minciò ad animarsi soltanto quando Agrippa partì all' attacco allargando l ' a1

080 l.l i P T . , A n t. . L X V . Secondo Dione, a I l a fine Ottaviano fece dare il segnale dell' inizio del combat­ timento e fece avanzare le due ali i n una li nea curva i n modo che i l suo schieramento formasse una mezza luna tesa ad accerchiare l 'avversari o . Antonio vedendo il pericolo fu cost retto ad avanzare e ad a t t accare e cosi ebbe i n izio la battaglia di Azio (DIO, L. 3 1 . 5 -6) . Secondo P l utarco di versa è la prima mossa della battagl i a : è Antonio ad attaccare facendo avanzare la sua ala sinistra, menrre i l giovane Cesare, pieno di g i o i a , fa rapidamenle andare i ndietro la sua ala destra per atti rare il p i ù lontano possibile le navi d i Antonio e p o i voltandosi accerchiarle c o n le s u e molto p i ù mobili e veloci ( PLUT . , A ntonio , L X V ) . Quindi per Diane Cassio Antonio ha u n fronte convesso ed Ottaviano uno concavo, mentre per Plut arco è t u t t o i l cont rario. La p i a n t i n a c h e accompagna la descrizione della battaglia d e l Ferrabino privi legia la versione di P l u t a rc o . 1 0"

P t u r. , A n t . , L X V I . I OH2 DIO, L. 3 2 . 2 -4 . 1 08 3 DIO, L . 32. 5 . l flM4

P J .U r . , ibid. . La tatrica seguita d a l l e navi di O t t aviano era quella di unirsi i n tre o q u a t t ro ed a t t a c ­ c a r e una d e l l e gro.!tse na�t·i di Antonio: c o s i mentre gli Antoniani si acca n i vano c o n t r o una d e l l e piccole navi le a l t re r i u scivano a s fondare la sua fiancata ed a farla a ffondare (Dio, L . 3 2 .6).

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Fig. 5 3 - Disegno del Piranesi di un bassorilievo augusteo in memoria della battaglia di Azio. Rappresenta una pesante nave da guerra romana . Nolare la torre costruita su d i essa per combattere sul mare con tatti­ che di normale campagna di fanteria da terra, ed i soldati , lorica t i e perfettamente arma t i , schierati sul ponte per la battagl i a .

la sinistra, che era ai suoi ordin i , per accerchiare quella comandata da Anto­ nio alla destra dello schieramento nemico . Questi allora, per impedire la ma­ novra, fu costretto ad allargarsi anche lui aprendo una breccia nel suo schieramento toss . Fu a questo punto che, inspiegabilmente ed inaspettatamente, Cleopatra, che stava alla fonda dietro la linea di combattimento , forse perché non riu­ sciva a sopportare più a lungo la tensione dell'attesa, o forse perché seguiva un piano prestabilito 1 086, si infilò nella breccia e diede di colpo il segnale del­ la ritirata alle 60 navi egiziane . Queste, alzando le vele, la seguirono precipi­ tosamente e, approfittando di un vento favorevole che si era appena alzato, si allontanarono velocemente 1 08' in direzione del Peloponneso: 1 08'

P w r . , A nt . , L X V I .

1086

D I O , l. 3 3 . 1 -2 .

1 rm7

Vi sono varie interpretazioni su come si svolse la fuga di Cleopat ra: alcuni storici , come abbiamo appena visto (nota 1 079) pensano che essa, i n filandosi nella breccia attraverso lo schieramento di Anto-

375

« . . L ' esito dello scontro era ancora incerto e sospeso quando, ad un tratto , si videro le sessanta navi di Cleopatra spiegare le loro vele per sottrarsi al combattimento e fuggire attraverso ai combattenti e, poiché le navi egizie erano poste alla retroguardia della flotta di Antonio, esse vi gettarono lo scompiglio con la loro ritirata. I nemici le guardavano con stupore mentre, spinte da un vento favorevole, si stavano dirigen­ do verso i l Peloponneso . » ' 088 .

. .

La battaglia si placò per un momento mentre i combattenti delle due fa­ zioni guardavano meravigliati ed interdetti quella scena invereconda. Anto­ nio per parte sua, come impazzito e senza più capire quello che stesse facendo, saltò su una galera a cinque ordini di remi e seguì la nave della regina, dando così il segnale di una disfatta che non esisteva e che forse non sarebbe mai esistita.

n i o , che ne v e n n e scompig l i a t o , passò t ra le d u e flotte e P l u t arco c h e cita appun to sia lo scompiglio pro­ dotto nello schieramento antoniano sia lo s t u pore dei nemici che se la videro sfilare davant i , sembrerebbe avvalorare tale ipotes i . Altri pensano che addiri t t ura essa abbia aggi rato le due flotte prendendo i l largo e fuggendo a t ergo della li nea d i O t taviano. 1 088

376

P L UT . , A nt. , 66.

DISFATTA E FUGA Non tutti tra i seguaci di Antonio si erano resi conto che i l loro generale , dimentico dei suoi doveri e della sua guerra, si era gettato a seguire la regina nella sua fuga. Anzi furono pochissimi a notarlo , tanto che le truppe restate a terra si rifiutarono a lungo di prestar fede a coloro che lo affermavano . Pareva loro impossibile che egli se ne fosse andato abbandonando dicianno­ ve legioni di soldati fortissimi e 1 2 .000 cavalieri che credevano fermamente in lui . Le navi di Ottaviano invece non ebbero dubbi : eccome! Lo avevano visto con i loro occh i . Non parve loro vero di aver tanta fortuna e, dopo questo imprevisto spettacolo, ripresero a combattere con maggior ardore, rinunziando persino all ' inseguimento di Antonio e Cleopatra . Del resto, essendo le navi cesariane, come ogni altra nave da guerra del tempo , armate soltanto di remi e quindi senza vele, non avrebbero mai potuto sperare di raggiungerli 1 088b" . Ottaviano adesso tentava di fermare il combattimento divenuto ormai inu­ tile, e si sgolava per indurre le navi di Antonio ad arrendersi e così evitare un inutile spargimento di sangue. Egli , gridando , li invitava a guardare le ve­ le che stavano scomparendo all ' orizzonte e chiedeva per chi ormai si battes­ sero , dato ·che non avevano più un capo e che questi era fuggito 1 089 • Ma la battaglia aveva ormai preso vigore e nessuno avrebbe potuto fermarla . An­ che quegli Antoniani che avevano realizzato cosa era successo non ebbero molto tempo per decidere sul da fars i . Ormai non potevano più tirarsi indie­ tro e dovevano seriamente pensare a salvare la pelle . Fin dall ' inizio le imbarcazioni di Ottaviano, agi li e veloci e con le prue mu­ nite di possenti rostri, avevano iniziato a lanciarsi contro le fiancate delle lo­ ro navi cercando di sfondarle (fig. 54) . l disgraziati , a bordo di quei monumenti galleggiant i , erano incapaci di manovrare velocemente per sfuggire all ' attac­ co ed offrivano , quind i , un facile bersaglio al nemico . Avrebbero dovuto su­ bissare le navi cesariane con una nuvola di frecce e proiettili uccidendo qualsiasi cosa si m uovesse sulle loro tolde, ma i Cesariani non stavano lì ad aspettare

] I ISI'II"-I\

DIO, L. 3 3 . 5 . 1 0'" V l · l l . , LXXXV. 4-5.

37 7

e, una volta colpito il fasciame, si ritiravano velocemente prima che gli arcie­ ri ed i frombolieri imbarcati su quelle navi potessero colpirli . Ma se gli Antoniani avevano i loro problemi anche la flotta del giovane Cesare non aveva un compito facile: le colossali navi di Antonio erano dure e resistenti e, spesso , non si riusciva ad affondarle al primo colpo . Per fortu­ na, sotto la guida dell'abilissimo Agrippa, i Cesariani avevano sviluppato tat­ tiche efficentissime che consentivano loro di avere il sopravvento . A volte con rapidi attacchi , seguiti da altrettante rapide fughe, essi si scagliavano contro una stessa nave e la martellavano di colpi alla chiglia fino a farla affondare ; altre volte cambiando improvvisamente direzione, sorprendevano qualche altro vascello impreparato e spesso, con questo loro rivolgersi inaspettatamente su un altro bersaglio, riuscivano ad colare a picco la nave prescelta prima che questa potesse reagire 1 090 • Come abbiamo visto, l ' u nica difesa degli Antoniani era· quella di colpire con frecce e proiettili di pietra le navi attaccanti . Ma, se non riuscivano ad aver la meglio prima che le navi dei Cesariani li raggiungessero, venivano a f­ fondate. I noltre, mentre stavano bersagliando una nave attaccante, lasciava­ no alle altre la possibilità di sfondare le loro fiancate. Infatt i , la tattica dei Cesariani era proprio quella di unirsi in gruppi di due o tre per attaccare una delle grosse unità di Antoni o . Così , mentre una nave si prendeva tutti i colpi, le altre agivano i ndisturbate . Dalla parte dei Cesariani , insomma, si trattava soprattutto del combattimento dei piloti e dei rematori , mentre da quella de­ gli Antoniani erano i soldati imbarcati a sopportare tutto il peso della batta­ glia 1 09 1 . A lungo andare fu chiaro che i Cesariani stavano prevalendo . Molte tra le navi di Antonio , vedendo la piega che prendeva la battaglia, cominciarono ad alleggerire i l carico buttando a mare le torri e tutte le macchine di guerra: quelle che ci riuscirono, issate le vele , si diedero subito alla fuga, ma non tutte arrivarono a seguirle . A volte il gettare a mare tutti quei pesi superflui fece loro perder tempo , e le impacciò ulteriormente nei loro movimenti, dan­ do modo alle navi di Ottaviano di piombare su loro e finirle. I resti della flot­ ta di Antonio, che combatteva adesso con la forza della disperazione, offrivano uno spettacolo strano : i monumentali vascelli più che navi sembravano pic­ cole isole, alte sul mare ed attaccate da ogni parte da numerose imbarcazio­ ni. La lotta procedeva con disperato accanimento. Sembrava quasi che nessuna delle due armate riuscisse a prevalere 1 092 e certamente non c'era da parte de­ gli Antoniani nessuna voglia di arrendersi . Il combattimento minacciava quindi di tirare in lungo e Ottaviano, per non perdere il vantaggio acquistato e , pro­ babilmente, anche per evitare che molte tra le navi di Antonio riuscissero a d allontanarsi, s i decise a m alincuore di mandare a prendere fuoco al campo . 1 090 D I O , L. 3 2 . 2·4 . P L UT . , A n tonio, L X V I . I O'I I D I O , l. 3 2 . 5 - 7 .

1 ""' D I O , L . 3 3 . 6 - 8 .

37 8

Fig. 54

-

La battaglia navale. Una nave lenta di speronare ed a ffondare un•ahra. Da un a ffresco pom­ peiana del tempio di l side.

Fino allora aveva cercato di non farlo, perché sperava di poter vincere la battaglia senza dover distruggere le navi nemiche. A questo modo avrebbe potuto impadronirsi del ricco bottino che vi era stato caricato. Ma ormai si rendeva conto non c' era senso a temporeggiare ed a rischiare le sorti che in quel momento gli erano favorevol i . Il fuoco venne portato a bordo della na­ vi del giovane Cesare e, con esso , ebbe inizio un'altra fase della battaglia du­ rante la quale i Cesariani combatterono lanciando torce accese attaccate ai giavellotti e caricando le loro catapulte con recipienti pieni di pece e carboni fiammeggianti '093 • Gli Antoniani cercarono disperatamente di rigettare a mare questi missili infuocat i , ma spesso non riuscirono a farlo in tempo utile per evitare gli in­ cendi , e da quel momento in poi si videro costretti a combattere le fiamme che prendevano via via più forza . Finché ne ebbero , usarono l ' acqua potabi­ le che avevano a bordo; poi attinsero quella del mare, ma non avevano abba­ stanza secchi e, nella confusione, non li riempivano neanche bene . Quindi finirono col peggiorare la situazione. Alla fine, non sapendo più che fare, cercarono di soffocare le fiamme gettandovi sopra i loro mantelli ed i cada­ veri . Questo funzionò per un po ' , ma poi il fuoco cominciò a divorare anche quanto vi era stato buttato sopra per soffocarlo e l ' incendio ne fu addirittura rinforzato. Dione Cassio descrive le scene terribili di questa ultima fase della batta­ glia, spiegando come le navi antoniane in fiamme cercassero di arpionare i battelli nemici per abbordarli e salvarsi su esse, o , se ciò non fosse stato pos­ sibile, riuscire almeno a vendicarsi propalando anche ad esse l ' incendio . Ma le navi di Ottaviano si tenevano alla larga da quell'inferno. Soltanto all ' ulti­ mo, quando non vi fu più accenno a resistenza, si avvicinarono e si diedero a spegnere le fiamme, ma lo fecero soltanto per cercare di salvare i l bottino,

1 093 D I O . L . ) 4 . 1 ·2 .

379

che pensavano si trovasse a bordo della navi nemiche, e molti morirono allo­ ra a causa della loro stessa rapacità 1 094 • Comunque alle quattro del pomeriggio tutto era finito . In quattro ore la flotta di Antonio era stata catturata e 5000 uomini erano mort i . Per i l mo­ mento si trattava soltanto di una battaglia vinta e non di tutta la guerra; ma ormai non vi era più nessun dubbio su chi avrebbe trionfato, ed il futuro Au­ gusto, stanco e felice, non scese neanche a terra, ma, fermatosi sulla sua na­ ve, vi passò la notte con la ciurma vittoriosa. Ottaviano si recò poi ad Atene e, essendosi riconciliato con i Greci , distri­ buì alla popolazione le provviste che Antonio aveva loro sequestrato per la guerra. l Greci , che erano stati costretti a raccogliere tutto il grano a loro disposizione ed avevano dovuto portarlo fino al m are, e che, per giunta, du­ rante tutto i l tragitto erano stati crudelmente ed incessantemente frustati, ac­ colsero con sollievo la sconfitta di Antonio 1 09 1 • Ma tornando un momento indietro nella storia, resta adesso da spiegare i l mistero del comportamento di Cleopatra: perché mai la regina era fuggita in un modo così i ndecoroso e si era comportata così dissennatamente? Cosa mai aveva potuto scatenare in lei una tale infausta reazione? Q uesta è la do­ manda che moltissima gente si pose e si pone. Tutti infatti ancor oggi non sanno spiegarsi bene cosa le successe e molti cercano di dare spiegazioni alla sua incomposta fuga. Non si capisce però perché a nessuno sia venuto in mente che in fondo quella di Azio era la prima volta che Cleopatra si trovava su un vero campo di battaglia, tra le urla, i l suono delle trombe, i l fragore delle arm i . C'era stata, è vero, nella vita di Cleopatra u n ' altro violentissimo com­ battimento . Allora lei aveva 1 8 anni e si trovava ad Alessandria: ma era stato Cesare a combattere . Lei stava al sicuro nel palazzo ed aspettava il risultato, tenendosi probabilmente pronta a fuggire senza un attimo di esistazione e ad abbandonare tutto e tutti se le cose fossero andate male. Per il resto del tempo, le uniche battaglie che essa aveva conosciuto erano state quelle amo­ rose , e queste non erano certamente del tipo adatto a prepararla ad affronta­ re ciò che aveva visto i niziare sul lucido specchio di mare di fronte ad Azio . D' accordo: non si era comportata da eroina, ma non era la sola. Altra gente , che più di lei aveva l ' obbligo di dar prova di coraggio, era crollata al primo cozzo delle arm i : così ad esempio il divo Augusto, che alla battaglia di Filip­ pi si era spaventato al punto tale da andarsi a rimpiattare per tre giorni in un pantano, buscandosi il miglior attacco di paludosi che ci sia mai stato. Perché, quindi, per Cleopatra non si doveva accettare la spiegazione più sem­ plice del suo comportamento e, cioè , ammettere che una donna, trovandosi nelle stesse condizioni e con lo stesso stato animo del grande Augusto, non venisse spinta ad imitarlo e non lo facesse anche con la massima celerità che le era consentita? Sono convinta che una volta trovatasi in ballo, Cleopatra 1 094 DIO, l. 3 4 . 1 . 7 ; 3 5 . 1 -6 .

1 09' P L liT . , A nt . , L X V 1 1 1 .6-7 .

380

sentì che non aveva nessuna voglia di ballare e, dato il suo sconfinato egoi­ smo, non si preoccupò delle conseguenze , ma pensò soltanto a sè stessa . Non c'è nessun dubbio che il suo comportamento fu riprovevole e disa­ stroso . Anche ammettendo che, sia per terra che per mare, un campo di bat­ taglia non fu mai uno spettacolo adatto ad occhi femminili , bisogna riconoscere che nessuno aveva chiesto a Cleopatra di partecipare alla mischia e nessuno si aspettava che essa si armasse e combattesse personalment e . Bisogna altresì dire che, essendo così poco tagliata per la guerra, la regina avrebbe fatto molto meglio a restarsene a casa . E che fosse poco tagliata per questo genere di co­ se è fuori discussione, tanto è vero che essa riuscì a farsi cogliere dal panico anche quando , come in quella prima fase della battaglia di Azio , non c' era proprio niente che potesse provocarle tanto orrore e spavento . I n fatt i , non si poteva ancora parlare di un assordante fragore di armi o di cozzi di navi che si speronavano e si affondavano; né di urla incomposte o di laceranti gemiti e nemmeno di sangue che arrossava una vasta distesa di acque. Tutto questo ebbe luogo in u n momento successivo ed anche allora in una misura che, se la si vuoi riferire alle battaglie dell' antichità, fu davve­ ro molto modesta . Cleopatra aveva assistito soltanto all 'inizio della mischia, quando le due flotte si guardavano i n cagnesco e sembravano quasi danzare un minuetto : non si era ancora nel vivo del combattiment o . Certamente da Cleopatra c i s i sarebbe aspettato qualcosa di meglio : in un'e­ poca nella quale per divertirsi si allestivano combattimenti di gladiatori ai quali anche le donne assistevano, la regina avrebbe potuto dimostrare più calma e distacco . Ma i n realtà, anche se Cleopatra doveva essersi sempre di­ vertita agli spettacoli violenti , bisogna riconoscere che il sangue che vi vede­ va scorrere era quello dei gladiatori : sangue di schiavi e di malviventi e, quindi , sangue che non faceva molto effet to, e bisogna soprattutto notare che, nor­ malmente, la regina assisteva a questi spettacoli comodamente sdraiata su mor­ bidi cuscini e al sicuro sull' alto degli spalt i . È chiaro che altro è assistere ad una carneficina sapendo di essere perfettamente al riparo da ogni incidente , ed altro è trovarsi in mezzo agli orrori della guerra e pensare che tutto quello che si vede succedere attorno può anche toccare a noi stessi . Non vi è dubbio che ad Azio quello che dovette giocare una parte impor­ tante sul comportamento di Cleopatra fu la sua fantasia che le fece im magi­ nare quello che poteva accaderle. Soprattutto determinante dovette essere poi il grandissimo orrore che Cleopat ra sempre di mostrò per il dolore fisico , un orrore che, in previ sione ad un eventuale suicidio, le fece lungamente studia­ re i veleni per trovare quello più rapido e più dolce. Fu questa sua paura di dover soffrire ferite e muti lazione e la preoccupazione che aveva per la sua integrità fi sica che probabilmente spinse la regi na alla fuga . Nella sua mente dovette pro filarsi , ben reale, la possibilità che, se fosse rimasta lì ad assistere al resto della battaglia, un qualsiasi soldataccio avrebbe potuto abbordare la sua nave e, se questo fosse successo , è ch iaro che la prima persona alla quale egli avrebbe rivolto la sua attenzione sarebbe stata proprio lei . È probabile che questo sospet to sia sorto nella mente di Cleopat ra e l ' idea 38 1

non dovette piacerle neanche un po ' . Vedendo le navi di Augusto che parti­ vano all ' attacco e si stavano avvicinando, l ' elegante e affascinante regina si dovette ricordare di tutte le scene di battaglia descrittele dai suoi amanti quan­ do, tenendola fra le loro forti braccia nelle notti profumate, essi si saranno vantat i , come fanno tutti gli uomini di questo mondo , delle loro gesta guer­ riere . In quei m omenti , al sicuro nel suo palazzo e vicino a loro, tutto le do­ vette sembrare appassionante e avventuroso . Ma poi , bloccata sulla nave, ricordando quei racconti e trovandosi in procinto di doverli vivere in tutto il loro orrore, i l suo unico pensiero e desiderio dovette essere quello mettere molte miglia di mare tra la sua sacra persona e quel nemico minaccioso . È inoltre evidente che la regina non doveva fidarsi troppo delle virtù belli­ che della sua guardia del corpo e di quelle dei suoi soldat i . Dopo i primi dieci minuti essa doveva essersi perfettamente resa conto che quel branco di corti­ giani che la circondava non si sarebbe certamente fatto scannare per lei e co­ munque, ammesso pure che essi potessero spingere tanto in là la loro devozione, non sarebbero mai stati in grado di salvarla . N o n era p i ù un gioco di salotto: la paura dovette farle immaginare tutto quello che ancora non c'era e forse molto più di quello che ci sarebbe mai stat o . Perciò Cleopatra spiegò le vele e, senza neanche rendersi conto che fa­ cendo così dava il segnale della disfatta , filò rapidissima verso il Peloponne­ so. Dal canto suo Antonio , che in quel momento di estrema confusione vedeva quelle 60 vele sfilare davanti a lui al seguito della regina, non realizzò che esse stavano accompagnando la nave ammiraglia egiziana per ordine di Cleo­ patra. Credette invece che fuggissero perchè avevano ormai visto la sconfit­ ta. Persa completamente la testa, puntò la prua della sua nave nella stessa direzione e corse come un pazzo appresso a Cleopatra 1 096 • Fu soltanto dopo un po' che, voltandosi indietro, la donna, ormai fuori pericolo, scorse la na­ ve dell' amante. Allora, innalzate sulla sua imbarcazione le insegne reali, at­ tese Marco Antonio . Lo sfortunato generale montò a bordo. La disfatta lo aveva duramente col­ pito. Dentro di lui si agitavano sentimenti tumultuosi che, contrastanti e con­ fusi , non gli davano pace . Era infuriato contro Cleopatra che, dopo essersi imposta ed aver voluto partecipare alla battaglia, ne aveva i rremediabilmen­ te compromesso le sort i . Nello stesso tempo la ragione gli diceva che non po­ teva gettare tutta la colpa del suo insuccesso sulle spalle di una donna. A quell'epoca da una donna non ci si aspettava davvero un gran che e, grazie a Dio, gli uomini si prendevano stoicamente tutte le responsabilità , compre­ se quelle delle loro sciagurate compagne . Quindi per Antonio fu naturale ac­ collarsi tutto i l peso di quanto era successo e, vergognandosi di aver perso, non tollerò l' idea di presentarsi davanti alla sua amata nei panni del vint o . F u così c h e , esacerbato e d umiliato, n o n volle né vederla né parlarle. Solo

I O%

382

DIO, L . 3 3 . 3 .

e disperato attraversò la nave e si sedette a prua tenendosi la testa fra le ma­ n i . Così restò per tre giorni simile alla statua della disperazione . Soltanto quando sorse il sole del quarto giorno e le navi si ancorarono al­ l ' altezza di Capo Tenaro, le ancelle di Cleopatra riuscirono a persuaderlo ad abbandonare i l suo seggio sol i tario sulla prua della nave ed a raggiungere la regina per cenare e dormire con lei . Ormai non si poteva più cambiare la sto­ ria. La battaglia era finita e lui l ' aveva persa in tutti i sensi .

383

L'ADDIO DI DIONISO Le navi egizie si fermarono soltanto quando raggiunsero le coste del Pelo­ ponneso ed , in quella breve sosta , Antonio e Cleopatra congedarono tutti quei fiancheggiatori che non o ffrivano loro molte garanzie di lealt à . Questi però non se ne andarono soli . Con grande disappunto dei due amant i , parec­ chi altri colsero l ' occasione per abbandonare la regina 1 097 • Ottaviano aveva vinto e molti erano quelli che volevano rapidamente d issociarsi dai suoi ne­ mici . Non c ' era mezzo di rimediare a queste defezioni o possibilità di tratte­ nere la gente con la forza , ed i due amanti ripartirono ; ma ognuno per i fatt i suoi 1 098• Cleopatra si diresse verso Alessandri a , mentre Antonio fece vela pe r la Libia dove, prima dello scoppio della guerra contro Cleopatra, e r a stata stanziata un' armata che doveva proteggere l ' Egitto . Antonio sperava di poter colmare con quelle truppe il vuoto che le perdite e le defezioni avevano creato nelle sue file. Molti di quei soldati avevano già combattuto con lui e Antonio, che normalmente era molto amato dai legio­ nari , sperava d i riuscire ad attirarli dalla sua parte. M a i l generale che co­ mandava l ' armata , un certo Pinario Scarpo non la pensava così , ed era anche molto deciso . Non soltanto si rifiutò sdegnosamente di riceverlo, ma, per non lasciar dubbi di sorta su quale fosse il suo atteggiamento in materia, uccise i messaggeri che Antonio gli aveva mandato 1 099 • Oltre tutto, anche se que­ sta volta i l triumviro non era stato dichiarato nemico della patria, i l decreto del senato lo aveva però privato non soltanto del consolato , ma anche di ogni altra autorità 1 1 00 , ed il generale con lui aveva mano libera .

1 091 DIO , L l . 5 . 3 . 1 09' D t o , L I . 5 . 4-6. Secondo Dione mentre Cleopatra si a ffrenava per fare la s u a fi n ta entrata t ri o n fa. le ad Alessa n d r i a , Antonio si di rigeva verso gli accampamenti d i Scarpa i n A fr i ca . I nvece secondo Plu t a r ­ co i due a ndarono a s s i e m e f i n o a Peret o n i o , una cinà d e l l a Cirenaica , (che D i o n e a fferma v e n n e cat t u r a t a piil l a r d i , i n p r i m a v e r a , dalle t ruppe r o m a n e g u i d a t e a quel m o m e n t o da Gallo). Sempre Plutarco a ffer ­ ma che l ì si separarono : Anlonio a n d ò a cercare di persuadere i legionari a seguirlo e Cleopatra si avviò verso Ales.a n d r i a . ( P t tJ T . , A n tonio , 69). 1 1""

1 1 00

DIO, L I 5 .6.

D t o , L. 4 . 3 . Abbiamo g i à v i S I o come prima di dich iarare guerra a Cl e opa t r a si era provveduto a spogliare Antonio da qualsiasi forma di autorità e da ogni d i r i n o .

384

Mentre Antonio si ritirava dopo il fallimento di questo sfort unato tentati­ vo, Cleopat ra, che intanto stava arrivando i n Egi tto, faceva in modo che il suo ritorno ad Alessandria si svolgesse in modo trionfale. La regina temeva che se mai le notizie della battaglia si fossero di ffuse prima che lei potesse riprendere saldamente in mano le redini del potere , il popolo si sarebbe rivol­ tato. Q uindi , per essere sicura di essere bene accolta dai suoi sudditi, aveva fat to incoronare le prue delle navi con ghirlande ed era entrata in porto al suono dei flauti con le ciurme schierate sui ponti a cantare inni trionfali . Sem­ brava proprio che tutto fosse andato bene e lei avesse vinto 1 1 0 1 • Naturalmen­ te l ' i nganno non potè esser tirato in lungo e, appena Cleopatra fu di nuovo insediata nel palazzo reale, gli Alessandrini festanti appresero dalla bocca dei marinai scesi a terra come realmente erano andate le cose. Fu una bella doc­ cia fredda. Ma Cleopatra era di nuovo lì , viva e vegeta, e subito, tanto per chiarire alla gente chi avesse il bastone del comando , si sbarazzò di un certo numero di nemici , che stavano esultando per la sua sconfitta. Fece pure tagliar la te­ sta a quel re di Armenia che a suo tempo Antonio le aveva consegnato legato con catene d ' oro. Poi, dopo aver decapitato Io sventurato sovrano , Cleopa­ tra mandò la sua testa in regalo al re della Media. Sperava così di i ngraziar­ selo e far sì che in caso di bisogno egli accorresse in loro aiuto 1 1 02 • Le era spaventosamente chiaro che ben presto avrebbe visto le navi di Ottaviano don­ dolarsi sulle onde del mare africano, mentre i raggi del sole si sarebbero ri­ flessi sulle armi delle truppe romane pericolosamente vicine alle mura di Alessandria. Non vi era dubbio che allora avrebbe avuto bisogno di tutto l'aiu­ to possi bile. E proprio questo le mancava . I ntanto anche Antonio era rientrato ad Alessandria, ma una volta giunto qui, invece di recarsi al palazzo , si ritirò ad attendere gli eventi nella solitudi­ ne del suo Timoneum, il rifugio che si era cost ruito in cima ad un lungo molo sporto bene in là nel cuore del porto di Alessandria. Lì, egli si rifiutò osti na­ tamente di vedere nessuno: non volle neanche ricevere la regina e, nella soli­ tudine più completa, si abbandonò ai più neri pensieri 1 1 03 • Ci volle un po' di tempo prima che Cleopatra ri uscisse a riannodare i loro antichi rapport i . Ma ci riuscì e bisogna inchinarsi alle sue superiori art i . Alla fine, nonostante quello che era successo, Antonio dimenticò tutto e, lasciato il suo solitario ri fugio , ritornò tra le sue braccia. Del resto la stoffa dell' ere­ mita Antonio non l ' aveva mai avuta e cert amente, dopo un po' di silenzio assoluto, rotto soltanto dallo sciabordio del l ' acqua e dalle grida dei gabbia­ ni , i ricordi dei ra ffi nati festini e delle lunghe e deliziose notti d'amore dovet ­ tero cominciare ad esercitare su di lui un potente richiamo. Antonio non era il tipo da resistere a queste sollecitazioni e il desiderio delle gaie tavolate e, 1 101 DIO, LI 5.4. 1 1 00 L> 1 n , L I . 5 . 5 . 1 1 11·1 P 1 1 1 . . •� 111 . . L X I X .

385

soprattutto, della donna che lo aveva stregato ebbero presto il sopravvento sulla sua misantropia. I due ripresero a vivere i nsieme come ai vecchi tempi . Si riaprirono le por­ te del palazzo reale di Alessandria 1 1 04 e ricominciò la lunga serie di banchetti, feste e divertimenti . Sotto la volta di velluto punteggiata dalle scintillanti , grandi e luminosissime stelle africane il suono dei canti e delle allegre risate risuonò ancora nella notte, ed il dolce lamento dei flauti ruppe di nuovo l'o­ scurità profumata che avvolgeva i giardini dei Tolomei . La situazione però non si presentava affatto tranquilla per i due innamo­ rat i : nubi minacciose si stavano addensando sul loro futuro . Anche gli stessi interessati non si facevano illusioni e , invece di continuare la famosa «Asso­ ciazione della Vita I nimitabile» , ne iniziarono un'altra che battezzarono «l' As­ sociazione della Morte Comune» 1 10� . I componenti di questo gruppo si impegnavano a morire assieme in caso di sconfitta. Per il momento però non perdevano tempo e si godevano sfrenatamente la vita. Il sanguinoso patto di morte contrastava stridentemente con i loro passatempi e con i bagordi ai quali si abbandonavano. La realtà era che per Cleopatra ed i suoi amici quello era un patto sui generis , una boutade che nessuno di loro, salvo Anto­ nio, aveva intenzione di rispettare . I ntanto continuavano ad arrivare brutte notizie. Quando Antonio si era imbarcato per la battaglia di Azio, egli aveva lasciato a Canidio le truppe di terra. Dopo la fuga era riuscito a far pervenire al suo generale l' ordine di ritirarsi in Asia 1 106 • Ma, appena Ottaviano si accorse che l 'esercito nemi­ co era in procinto di partire, si gettò al suo inseguimento ed i ntercettò il gros­ so dell ' armata proprio mentre questa si stava dirigendo verso la Macedonia 1 107 • Non arrivò però a bloccarla tutta. Alcuni contingenti riusci­ rono a sfuggirgli e si divisero in varie direzioni : quelli romani si diressero verso l ' Egitto ed Antonio , mentre gli alleati si rifugiarono nelle loro patrie. Ma la massa restò e, una volta raggiunta dal giovane Cesare , gli resisté validamen­ te, nonostante che dopo l'infausto esito della battaglia navale e la notizia della fuga di Antonio i soldati si trovassero in uno stato d'animo confuso ed agitato . Essi infatti non riuscivano ancora a credere di esser stati abbandonati a quel modo . Anche adesso , in ritirata e raggiunti dai loro avversari , continua­ vano ad attendere il loro capo e speravano di vederlo materializzare dal nulla da un momento all ' altro. Anche quando realizzarono che egli non sarebbe mai venuto, tennero duro per altri sette giorni . Ma quando alla mattina del­ l 'ottavo , svegliandosi, scoprirono che durante la notte era scomparso pure il loro generale Canidio, abbandonarono definitivamente ogni speranza e, ar-

1 1 04

I I Ol 1 1 06 1 1 0'

386

P un . , A nt . , U l . , ibid . . PI.Ul . , Ant., DIO, LI 1 .4.

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L XV I I .

resisi , passarono nel campo avversario ' "'" · Così Antonio perse anche queste trupppe, e non soltanto loro . Anche i contingenti che erano riusciti a sfuggi­ re alla cattura non erano più disposti a rischiare il collo per un comandante che aveva dimostrato di poter piantare in asso e senza preavviso i suoi uomi­ ni. Perciò si ri fiutarono di combattere ancora al suo fianco ' ""· Era un altro fallimento ed un grave passo indietro : l ' ennesim o . Dopo i l loro ritorno Antonio e Cleopatra avevano cercato senza molto successo d i trovare nuove truppe e richiamare a sé g l i alleat i . E r a questione di v i t a o di morte, ma nessuno aveva risposto al loro appello . Per il momento l ' unica cosa che erano riusciti a fare era stata quella di ammassare molto denaro , quel denaro che era certamente indispensabile sia per armarsi , sia per riusci­ re a legare al loro carro nuovi alleati . Cleopatra era stata abilissima nel rifor­ nire le loro casse, ovviamente dissanguate dai rovesci di Azio , e lo aveva fatto non limitandosi soltanto ad incamerare tutti i beni di coloro che aveva fatto uccidere al suo ritorno dalla guerra, ma rastrellando denaro da tutte le altre part i . Secondo Dione lo prese pure d a i templi 1 1 1 0 , ma questo è poco probabile. I sacerdoti egiziani erano potentissimi e si offendevano facilmente, soprat­ tutto se li si feriva in questo campo . Nessun faraone se li sarebbe inimicati a cuor leggero . Oltre tutto sembra che Cleopatra fosse molto rispettosa della religione del suo regno, e che lo avesse spesso dimostrato facendo grandi of­ ferte ai luoghi di culto come, ad esempio, al tempio dedicato ad Hathor, la dea dell ' amore, che si ergeva a Dendera nel quale, i n cambio dei suoi genero­ si contributi, essa appariva ritratta nelle vesti della stessa dea 1 1 1 1 • È quindi probabile che almeno questa parte di notizie fossero frutto della propaganda augustea , che, come abbiamo visto, era molto ben organizzata, e per la qua­ le Cleopatra era colpevole di ben altro che della spoliazione dei templ i . I ntanto si facevano frenetici preparativi per allestire u n a difesa , nella qua­ le però la regina non doveva creder molto e , donna previdente, cominciò pu­ re a preoccuparsi delle possibili vie di ritirata. Si poteva , ad esempio, fuggire in Spagna dove Antonio avrebbe potuto riorganizzarsi per ripartire all ' attac­ co o, in caso avessero dovuto scartare anche questa possibilità, si poteva ri­ parare in qualche paese lontano, fuori dalla sfera di i n fluenza romana, dove fosse possibile i nstallarsi con tutte le loro ricchezze . Per prepararsi quest ' ultima via di uscita, forse la più sicura per lei , essa aveva subito intrapreso l ' opera di tagliare un canale nel l ' istmo che separava 1 1 0"

P1 t:T .• A nt .• L X V I I I . l l f.N LJ 1 o , L I . 1 -S . D o po l a fi ne della gu e r r a , chi prima chi poi , andarono t u n i d ' accordo con Ottaviano.

1 1 111

Dro.

LI. 5.5.

1111

Secondo lo "itorit.:o T a r n . Clcopaua a v e v a �empre d i m o \ l r a t o u n gran r i�pen o per la religione del suo popolo c per que�to era riuscita a conq u i \ l a rsi anche le simpa1ie del l ' A l l o Egi l l o . che era sempre stato ribelle a i Tolom c i . La regina q u i a v e v a a i u t a t o c fi nanziato molti templi . Lo �aorico fa n o t a r e i n fat t i c he dopo l a � u a mor1c l ' A l l o Egitto si ribellò ai Romani ( \\' . \\,.' . T .\ R � c �·t . P . C H A R I r S \\ OR T H , Octu\·iun. Anthmry and Cleopatra, Ca mb ridge 1 96 5 . X l i , pp. 45-54). Secondo Tarn . o l t re i C'esariani anche gli ebrei cc l ' a v evano con Cleopa t r a . e q u c \ t a è la ragione per cui Joscphus ne dice t u u o i l male pO�\ i b i l e .

387

il Mediterraneo dal M ar Rosso. l lavori erano stati iniziati nel punto più stretto, là dove la lingua di terra misurava soltanto 54 chilometri . Se la regina fos s e riuscita nel s u o i ntento, avrebbe potuto farvi rapidamente passare la sua flotta carica di tutti i suoi tesori e, in caso di sconfitta, avrebbe potuto fuggire di là con la sua armata per stabilirsi in qualche lontano paradiso al riparo dalle ire del giovane Cesare . Le prime navi erano state già preparate lì vicino, pronte per essere caricate e rimorchiate dall'altra parte, ma Didio, i l proconsole della Siria, non se ne stette con le mani in mano e persuase gli Arabi di Petra ad attaccare gli egi­ ziani e bruciare le imbarcazioni . Per i Cesariani era indispensabile impadro­ nirsi delle ricchezze dei Tolomei : soltanto con quelle essi sarebbero stati in grado di pagare le truppe e saldare tutti i debiti che si erano ammassati i n quegli anni d i guerra. Era quindi fondamentale impedire che Cleopatra si al­ lontanasse con i suoi tesori . La regina, presa in trappola, dovette così rinun­ ciare al suo ambizioso progetto ed attendere ad Alessandria lo scont r o finale 1 1 1 2 • Comunque l ' ora fatale non era ancora venuta. Ottaviano , richiamato i n Italia da affari urgentissimi, aveva dovuto rimandare la chiusura dei conti con i due amanti . L ' i nverno africano passò perciò tranquillo 1 1 1 3 • Ma Otta­ viano non se ne stava con le mani in mano . Infatt i , appena sbarcato a Brin­ disi , dove aveva trovato tutti ad aspettarlo, aveva rapidamente ed efficacemente risolto la questione dei veterani i quali chiedevano il pagamento dei premi promessi . Egli era riuscito ad assicurare loro che li avrebbero presto ricev u t i e così li aveva persuasi a n o n creare disordini . Poi , dopo soltanto 30 giorni dal suo arrivo , era subito ripartito per la Grecia. Q u i , per non circumnaviga­ re i l Peloponneso e doppiare il capo Malea, pericolosissimo i n quella stagio­ ne, aveva fatto portare le sue navi al di là dell ' istmo di Corinto ed era arrivato in Asia con una tale rapidità che lo stesso messaggero, che aveva portato ad Antonio e Cleopatra la notizia della sua partenza da Brindisi , l i informò con­ temporaneamente del suo arrivo in Siria 1 1 1 4 • La fine quindi si avvicinava minacciosa. Iniziarono le ambasciate da una parte e dall' altra . Ottaviano però non accettava nessuna delle loro proposte di pace . Cleopat ra, intimorita, avrebbe rinunciato di buon grado a quanto Antonio le aveva arbitrariamente donato, ma non si sentiva davvero dispo­ sta a privarsi di nessuna delle sue prerogative d�nastiche e, soprattutto, non voleva privarne i suoi figli . Perciò mandò ambasciatori per chiedergli la con­ ferma alla sovranità dell' Egitto per i discendenti della sua casata. Contem­ poraneamente, badando bene che Antonio non lo venisse a sapere , gli inviò in dono uno scettro, una corona ed u n trono d ' oro. l suoi pegni vennero ac-

1 1 12 Ili

P L n • • A nr . , L X I X ; D 1 o , 1 . 1 . 7 . 1 .

.l P L L r. , A n i . , L X X I V .

1 1 1 " DIO, 1 . 1 . 5 . 1 -2 .

388

cettati da Ottaviano, ma egli si mantenne sul vago e non le promise niente 1 1 1 s . Anche Antonio intanto inviava ambasciatori per presentare le sue propo­ ste al giovane Cesare 1 1 16 • L'ex triumviro non mandava doni : prometteva sol­ tanto pace e, più modestamente, pregava l ' antico collega che gli venisse concesso di ritirarsi a vita privata in Atene, città che gli era sempre stata mol­ to cara 1 1 1 7 • Ma non era più tempo di patteggiamenti : il giovane Cesare era ormai partito per la conquista del sommo potere e difficilmente qualcosa l'a­ vrebbe fermato. Per essere tranquillo, una volta sbaragliati i nemici , egli do­ veva per forza veder morto i l suo ex cognato : era chiaro che finché Antonio fosse stato in vita non ci sarebbe mai potuta esser pace . Appena questi si fos­ se ripreso dalla sconfitta che adesso lo abbatteva, Ottaviano se lo sarebbe nuovamente trovato davanti più forte e protervo che mai ; inoltre, fino a che lui non fosse scomparso , il suo partito avrebbe sempre costituto una grave minaccia per il futuro e ci sarebbe sempre stata la possibilità di altre guerre civil i . Non c'era via d ' uscita: Antonio doveva morire. Per Ottaviano, poi , il compito di togliere di mezzo il suo ex collega oltre ad essere una necessità era anche una soddisfazione personale. Se c ' era qual­ cuno che gliene aveva fatto di tutti i colori questi era proprio Antonio e nel suo conto a carico c'erano, ovviamente, anche tutte le lacrime che egli aveva fatto versare a sua sorella Ottavia, alla quale il giovane Cesare era molto af­ fezionato. Egli ormai odiava il suo ex-collega al punto che non tollerava nean­ che sentir parlare di lui e tanto meno voleva che per lui si impetrasse una grazia 1 1 1 8 • Antonio, che non era uno stupido e che, quind i , doveva intuire come sta­ vano le cose, non nut riva certamente molte speranze per sé ed il suo futuro; volle però fare un estremo tentativo per salvare la donna alla quale egli tene­ va più che alla sua stessa vita. Non importa se poi era proprio lei quella che lo aveva messo nei guai . Così per ingraziarsi il giovane Cesare, nonostante che Publio Turullio, uno degli assassini di Cesare, gli fosse sempre stato ami­ co e vivesse lì con lui ad Alessandria, lo consegnò al suo nemico . Poi unito a questo ramoscello di olivo vivente (che però , dopo ciò, da vivere non aveva più molto) , mandò al suo collega la richiesta di concedergli la salvezza per la sua amata Cleopatra. In cambio di questo gli offriva la sua vita e promet­ teva ad Ottaviano che, se si fossero messi d ' accordo, egli si sarebbe ucciso senza perdere un minuto e l'avrebbe fatta fi nita 1 1 10 • Ma neanche questo piac1 1 15

1 > 10 , L I . 6 . 5 .

1 1 16

Per Ca'ìt;io Diane t u l l c queste amba�cerie avevano soprat t u l l o lo ! , Odi l. J 7 . 6 - 1 4 ; P R O I' E R / 1 0 , I l i . 1 1 . 30-58 .

410

CRONOLOG I A

1 02 a . C .

- Nascita d i Cesare.

89 a . C .

- Prima ancora dei 1 6 anni , viene fidanzato c o n Cossuzia.

86 a . C .

- Morte d e l padre.

84 a . C .

- Lascia Cossuzia e sposa Cornelia, figlia d i Cinna. I n u n primo tempo Sii/a t rascura Cesare. Cesare, invece di starsene da part e , presenta la sua candidatura per il sacerdozio, m a non l 'ott iene per l 'opposizione di Silla.

83 a . C .

- Dato c h e Cesare n o n vuole ripudiare Cornelia, Sii/a g l i f a sequestrare tutti i suoi beni , lo cost ri nge a fuggire da Roma ed a nascondersi nella Sabina.

83 a . C .

- Cesare, nonostante s i a t ravagliato dalla febbre quartana, è obbligato a cambiare nascondiglio quasi quotidianamente. Viene poi salvato per intercessione delle Vestal i, d i Mamerco Emilio e di Aurelio Cott a .

82 a . C .

- Cesare, appena salvo , si imbarca per l ' Asia e milita c o n i l pretore M. Termo , che lo manda in Bitinia per richiamare la flott a . In questa occa­ sione Cesare accetta l ' ospitalità di Nicomede, scatenando u n ' ondata di diceri e . Intanto, in quest ' anno nasce A n tonio.

78 a . C .

- Morte di Si/la. Ritorno di Cesare c h e n o n aderisce all'effimero movi­ mento insurrezionale di Lepido e preferisce prendere l ' i niziativa dell ' ac­ cusa nei processi de repetundis. Attacca Do/abel/a, ma perde e , per evitare rappresagli e , si riallontana da Roma.

75 a.C.

- Mentre Cesare si reca a Rodi viene fatto prigioniero d a i pirati . U n a volta li bero soggiorna brevemente a Rod i . Partecipa in Asia alla terza guerra mitridatica.

73 a.C.

- Cesare torna a Roma e riceve il t ribunato m i l i t are, i l primo onore che gli viene conferito per su ffragio popolare . I n questa veste sostiene con ogni sua forza i fautori della restau razione della potestà t ribunizia che Silla aveva molto ridotto, (la politica di Cesare tende a limit are il potere del Senato) e per mezzo della rogazione Plozia riesce a far tornare in pa­ tria il cognato, Lucio Cinna, ed i seguaci di Lepido. Viene eletto pontefice . - Legislazione di Pompeo e Crasso : fi ne della costituzione sillana e della supremazia del Senat o , ripristino del l ' autorità tribunizia. Cesare è fra i più attivi fa utori della politica dei due consoli .

70 a . C .

68 a.C.

- Diventato questore, Cesare fa dai rostri l ' elogio della zia pat erna, Giu­ lia. Morte di Cornelia e sua commemorazione . Sposa Pompea. I n fine parte per la Spagna Ulteriore che gli è toccata come quest ore . 41 1

66- 5 4 a . C . - A n tonio, sedicenne, cont rae 6 mi lioni d i sesterzi d i debi t i , e risolve i l problema del loro pagamento accettando una relazione con i l giovane Curione. Poi, scoperto dal padre di Curione e da lui cacciato, convive con Fadia, figlia di un ricco libert o , dalla quale ha figli . 65 a . C . - Cesare, dopo esser stato uno dei curatores della via Appia, diventa edi­ le curule. 63 a.C. - Congiura di Catilina . Solo Cesare si oppone alla condanna a morte dei Catilinari . Il console Decimo Silano sta per cedere quando interviene Ca­ tone e, sulla sua scia, Cicerone. Cesare viene mi nacciato di morte, ed i prigionieri vengono giustiziati sommariamente. I ntanto, benché non sia stato ancora eletto pretore e sia ancora molto giovane, Cesare si presen­ ta per la carica d i Pontifex M aximus e viene elet t o , battendo l ' influente senatore Catulo. I l 23 settembre di quest 'anno, sotto i l consolato di Hy­ brida .e Cicerone, nasce Gaio Ottavio il futuro A ugusto . 62 a.C. - Cesare riveste la carica di pretore. Catilina muore nella battaglia di Arezzo. 6 1 a.C. - Scandalo della dea Bona e di Clodio . Cesare ripudia Pompeo. 60 a . C . - Cesare va in Spagna e completa vittoriosamente la campagna in questa regione. Ottiene i l trionfo e pone la sua candidat ura al consolato . Per presentarsi agli elettori , torna a Roma con tanta fretta da non aspettare neanche che arrivi i l suo successore . Viene eletto console per il 59 anche perché sfrutta l ' antagonismo tra Crasso e Pompeo. Cesare si mette pri­ ma d ' accordo con Pompeo , che in quel momento era anche lui irritato contro il Senato, e lo conci lia con Crasso . Poi , per consolidare la loro politica, st ringono tra loro vincoli di parentela . Matrimonio di Pompeo con Giulia, e di Cesare con Calpurnia. - Consolato di Cesare. Cesare istituisce gli A cta. Leggi agrarie . Divide 59 a . C . fra coloro che avevano tre o più figli la campagna di Stella - consacrata ad uso pubblico - e l ' agro campano - lasciato come reddito per i bisogni dello Stato. Denunzia di Vettio , probabi lmente architettata da Cicerone e Lucullo per staccare Pompeo da Cesare e da Crasso ; Cesare ritorce su loro l ' attacco . Poi si vendica e, d ' accordo con Pompeo, passa Clodio dall ' o rdine patrizio a quello plebeo . Clodio viene eletto tribuno della ple­

58 a.C. 58-50 55 a.C.

be. Esilio di Cicerone, mentre Cesare parte per la Gallia Cisalpina che, con l 'Illirico e la Gallia Chiomata, ha ottenuto come provincia. - Antonio sposa A ntonia, figlia di suo zio Caio Antonio detto il Bastardo. - Cam pagne di Cesare in Gallia e Britann i a . - Riunione d i Lucca e consolato a Pompeo e Crasso. Riconferma della Gallia per altri 5 anni . A n tonio partecipa alle campagne d i Gabinio in Palestina ed Egitt o .

54 a . C . 53 a . C . 52 a . C .

- A n tonio milita i n Gallia sotto Cesare. Settembre, morte di Giulia. - Morte di Crasso nel la battaglia di Carre. Fine del triumvirato . - Consolato unico di Pompeo. Quest i di fatto ottiene il principato d i Rom a . Pompeo viene appoggiato dal Senato e dal ceto equestre in odio a Cesare la cui potenza dovuta al prest igio s u l popolo ed ai successi milita­ ri aumentava mi nacciosamente . Disordini a Roma che minano l ' autori­ tà di Pompeo . I n gen naio, morte di Clodio . In aprile Fulvia si presenta al processo contro Milone per la morte del mari t o . Ribellione in Gal l i a c h e pensa R o m a si t rovi in di fficoltà . Guerra c o n Vercingetorige e s u a sconfi t t a . A n tonio ottiene la carica di questore.

412

5 1 a.C. 50 a . C .

- Cesare chiede i l consolato i n assenza e l a sua riconferma i n Gallia. - Curione sposa Fulvia. A ntonio , malgrado una feroce opposizione, viene elet t o , con l ' ai u t o d i Curione, tribuno della plebe ed augure e inizia ad agire polit icamente i n d i fesa degli interessi d i Cesare.

49 a.C.

48 a.C.

- I nizi del 49. A ntonio , dopo essersi opposto al Senato che vuole togliere le t ruppe a Cesare , si ri fugia nel l ' accampamento d i quest i . L 'I l gennaio dello stesso anno Cesare passa il Rubicone. Antonio partecipa alla sua campagna occupando A rezzo . Poi , con Curione, marcia su Ancona e, arrivato a Roma, convoca i l Senato per il l o aprile. Dopo pochi giorn i , ottiene il comando propretorio sull ' I talia. Cesare v i nce i Pompeiani i n Spagna e le sue forze espugnano Marsigli a . I n vece i Cesariani g u i d a t i d a Curione vengono sconfit ti i n A frica . Morte di Curione. F u l v i a ha un fi­ glio da Curione. - Il 9 agosto, battaglia di Farsa/o. Cesare insegue Pompeo . Morte di Pom­ peo i n Egi t t o . Guerra A lessandrina. Relazione con Cleopatra. Dittatu­ ra. Antonio magister equitum . Suo scontro con Dolabella che gli ha sedotto la moglie e di vorzio da A n tonia .

47 a.C.

- Matrimonio di Fulvia c o n A ntonio .

46 a.C.

- (Aprile) Battaglia di Tapso . Suicidio di Catone e ' fine dei Pompeiani .

45 a.C.

- ( 1 7 marzo) Battaglia di Munda. I l 1 3 settembre d i quest 'anno, i l testamento di Cesare, nel quale il dittatore adottava il pronipote Gaio Otta­

44 a.C.

- Consolato di A n tonio e Cesare. Ottaviano fa i l praefectus equitum ad Apollonia nel l ' Illirico. Idi di marzo . Assassinio di Cesare e suoi funera­ li. Antonio riesce a scatenare l ' odio dei Romani contro i congi urat i . Ot­

vio , viene depositato presso le Vestal i .

taviano, informato dell ' accaduto, torna precipitosamente in I talia. Arriva i n Campania ( 1 6 aprile) . Primi scontri con Antonio. 43 a.C.

- Guerra di Modena ed i n aprile sconfi t t a di Antonio che si rifugia in Gallia e riesce ad aggregarsi le tru ppe di Lepido. Intanto Ottaviano, pro­ vocato dal Senato, marcia su Roma e diviene console ( 1 9 agosto ) . I n ­ c o n t r o con Lepido ed A n t o n i o presso Bologna . Secondo triumvirato. Matrimonio di Ottaviano con Clod i a , figliastra di Antonio. Proscrizio­ ni. Il 14 d i cembre nel Formianum morte di Cicerone.

42 a.C.

- Filippi (ottobre-no vembre). Vittoria dei t r i u m viri . Malattia di A ugusto che viene riportato in lettiga a Roma. A n tonio si trasferisce in A sia e, in Cilicio, incontra Cleopatra.

40 a.C.

- Scontro tra Cesariani ed Antoniani fomentato da Fulvia e Lucio Anto­ nio. Ottaviano ripudia Clodia e la rimanda a casa sua ancora vergi ne. Subito dopo invia Mecenate a chiedere per lui la mano di Scri bon ia, zia della moglie di Sesto Pompeo . Guerra di Perugia. Sco n fitta degli Anto­ niani e pace di Brindisi. Muore a Sicione Fulvia, fuggita i n Grecia e , a Roma , m uore Marcello primo marito di Ottavi a . Matrimonio di Ottavia con A n tonio . Nuova spart izione delle zone di i n fl uenza con Ottaviano . Antonio, che, proseguendo il piano di Cesare, vuole fare la guerra ai Part i , tiene p e r sè il s o l o Oriente, cedendo ad Ottaviano G a l l i a e d I l l i rico.

39 a . C .

- Nascita di Giulia. Ripudio di Scribonia (settembre). Matrimonio per ' us u s ' con L iviu incinta di sei mesi (ottobre). 413

38 a . C . 37 a.C.

- Nascita di Druso (14 gennaio). Matrimonio formale del giovane Cesare con Livia (1 7 gennaio). - L ' anno è tutto preso dal viaggio in Italia di Antoni o . Nuovo incontro con Ottaviano e rin novato accord o . Antonio parte per guerreggiare con­ tro i Part i , e lascia Ottavia e tutti i suoi figli ad August o .

36 a . C .

35 a.C.

34 a . C .

- Riunione in Asia tra A ntonio e Cleopatra. A n tonio riconosce i figli avuti da Cleopatra e dà alla regina vasti territor i : la Fenicia (escluse Tiro e S i ­ done) , la Celesiri a, C i p r o ed u n a b u o n a p a r t e d e l l a C i l i c i a . I noltre q u e l ­ la parte della Giudea che produce il balsamo e tutta la regione costiera del l ' A rabia Nabatea. Poi si impegna i n una disastrosa campagna contro i Parti. I n vece Ottaviano ha successo nella battaglia di Sicilia, nella qua­ le, grazie ad Agrippa , Sesto Pompeo viene sconfitto. Defezione dei sol­ dati d i Lepido . Ottaviano viene così ad i m padronirsi anche del l ' A frica . - Antonio o ffre a Sesto Pompeo la salvezza purché deponga le arm i , m a Sesto lo disprezza p e r la s u a sconfitta con i Parti e perché subito dopo si è precipitato i n Egitto. Così , Antonio ordina la soppressione d i Sesto che viene ucciso i n Frigia. Ottaviano festeggia l ' avvenimento: erige un carro i n fronte ai rost ri e statue nel tempio della Concordia i n onore d i A n t o n i o , concedendogli la facoltà di banchettare lì con sua moglie ed i suoi figli . Lo fa d ice Dione per fingere d i essere ancora suo amico e di volerlo consolare della sconfitta subita ad opera dei Part i .

- A n tonio parte per vendicarsi del re d i A rmenia. Cleopatra lo accompa­ gna fin o a l l ' E u frate . Poi la regina, v i a Apamea e Damasco , arriva fino i n Giudea per sistemare i suoi a ffari affit t ando ad Erode quella parte della Gi udea che le era stata regalata da Antonio. Antonio invade l ' Ar­ menia vince e cattura i l suo re. Trionfo in A lessandria. Distribuzione tra figli e Cleopatra, delle monarchie orientali. Si forma, così, per opera di A ntonio e Cleopatra, il minaccioso blocco d 'Oriente.

33 a.C.

- Antonio marcia fi no al fi ume Araxes . Patto di Antonio con il re dei Medi . Fine anno : dalla parte di Antonio tutto è ormai calmo: Sesto è morto; il re d ' Armenia è stato catturato ; i Parti non danno noie. Anche dalla parte di Ottaviano tutto è calmo. I due possono finalmente farsi la guerra.

32 a.C.

- Antonio parte per la Grecia per organizzare la campagna. I nizia lo scon­ tro t ra Ottaviano ed Antoni o . Ripudio di Ottavia.

31 a.C.

- Battaglia di A zio (2 settembre). Fuga d i Cleopatra e d i Anton i o . - Caduta di A lessandria (l agosto) e suicidio di A ntonio. Poco dopo suicidio di Cleopatra. Il Senato romano c o n ferisce a Ottaviano il titolo di A ugusto ( 2 7

30 a . C . 27 a . C .

g e n n ai o ) . 25 a . C .

- M a t r i m o n i o di M a rcello con G i u l i a e sua adozione da parte di Augusto .

23 a . C .

- M o r t e a B a i a d i M a rcel l o .

22 a.C. 20 a.C. 18 a.C.

M a t r i m o n i o d i G i u l i a c o n Agrippa . Nasce il loro p r i m o fi g l i o , G a i o . - Legge

de ambitu

cendis 414

de collegiis (controllo s u l ­ de maritandis ordinibus e de adulteriis coer­

( m a l versazioni elet t o r al i ) ;

l ' at t i v i t à d e l l e associazi o n i ) ;

(regolamentazione dell ' i s t i t u t o m a t r i m o n i a l e ) .

1 7 a.C.

- Nasce Lucio, secondo figlio di G i u l i a e d Agrippa .

12 a.C.

- Morte di Agrippa . Matrimonio di Giulia con Tiberi o .

I l a.C.

- Tiberio si r i t i r a a Rodi .

9 a.C.

- Morte di Druso (au t u nno) .

2 d.C.

- Morte di Lucio Cesare di malattia a M arsigl i a .

3 d.C.

- M o r t e d i G a i o Cesare a Lymira.

2 d.C.

- Scandalo d i G i u l i a e suo confinamento a Ventotene.

14 d.C.

- Morte di A ugusto (19 agosto).

415

G LOSSARIO A AerA: sono i resoconti ufficiali, l' equivalente della nostra Gazze tta Ufficiale. assurda accusa rivolta a Cleopatra che doveva per forza seguire la religione del suo popolo .

A DO R A Z I O N E D E G L I A N I M A L I :

dea greca dell ' amore . la piazza principale, cuore della vita pubblica e commerciale della città greca.

AF R O D I T E : AG o R A :

un alga marina che si credeva togliesse le macchie, e che si usava nelle maschere di bellezza per combattere le lentiggini . A POPHTH EGMATA O D I CTA COLLECTAN E A : raccolta di aneddoti e motti di spi­ rito che Cesare aveva iniziato a scrivere ancora in gioventù , e che conti­ nuò a tenere sempre aggiornato.

ALCIONEA:

A QU I L E :

le insegne delle legioni romane.

A QU I L I FE R O :

era il legionario che portava l ' insegna della legione .

gli abitanti della penisola arabica che si divideva in A rabia Deserta; A rabia Beata o Felix; A rabia Petrea .

ARAB I :

ARMENI :

abitanti dell ' Armenia .

- la lettura delle influenze degli astri nella vita di una persona . Era molto praticata a Roma e molti avevano una fede cieca in essa. A uG U R I : era un collegio di sacerdoti , ragguardevole e molto influente. A Ro­ ma non si faceva niente senza averli prima interpellat i . Q uesti sacerdoti , esaminando i l volo degli uccelli, i l modo d i cibarsi di alcuni animali sa­ cri ed altri fenomeni , predicevano il futuro . Bisogna dire che Cesare, come ormai molti della sua epoca, non vi faceva più molto caso . A sTROLOG I A

B BAcco - vedi Dioniso. BAST: la dea gatta degli Egizi . 416

BESS I : popolazione della Tracia. B I B LIOTECA : nell' antichità esistevano importanti biblioteche . Tra le maggio­ ri si citano appunto quella di Alessandria, forse la più importante del mondo antico, e quella di P ergamo che venne regalata a Cleopatra da Antonio: questa donazione era chiaramente diretta a riformare i l centro di cultura che viveva attorno alla famosa istituzione egiziana, ma il fat­ to offese profondamente i Romani . Anche a Roma vi erano molte bi­ blioteche, e non vi è dubbio che i Romani avrebbero preferito, se proprio se ne voleva spogliare Pergamo , che quel patrimonio andasse ad arric­ chire la loro città . Anticamente, oltre queste raccolte statali o di fami­ glie regnanti , non mancavano neanche alcune vastissime collezioni private come quella di P. Livio Larense, discendente di V arrone, dalla quale Ate­ neo , che ne era il bibliotecario , attinse l ' enorme quantità di materiale poi esposto nella sua opera "l Deipnosofisti " . BoNA DEA: probabilmente l a divinità femminile corrispondente a Fauno: la dea Buona era una dea della fecondità e prosperità . Era molto venerata dalle donne romane ed il suo culto era soltanto a loro riservat o . Il luogo segreto in cui le donne si recavano il l o maggio per la festa della dea si chiamava opertum. Ai primi di dicembre le donne convenivano inve­ ce nelle case dei primi magistrati de.lla eit�à e, in un luogo segreto (in operto) , invocavano dalla dea salut< re prosperità per il popolo romano. Bosco SACRO m EscuLAPIO: sull ' i sola di Cos , fatto tagliare per fare le navi della flotta antoniana subito prima di Azio . Molti Santuari del l ' antichi­ tà erano circondati da macchie di alberi consacrati alla divinità . BucciNA: corno di ferro battuto o di ottone a forma di conchiglia, simile ad un nostro corno da caccia. Nell' esercito era una tromba che serviva al generale per dare il segnale (detto classicum) dell' attacco o della parten­ za. Il segnale veniva poi comunicato più lontano dalla tuba per la fante­ ria e dal lituus per la cavalleria. BuLLA: si trattava di un ciondolo , un amuleto globulare (d' oro per i ceti ele­ vati, di cuoio per quelli più poveri), che i bimbi romani di nascita libera portavano appeso al collo fino al compimento del loro 1 6 ° anno di età . A quel momento, considerati ormai uomini di fatto, l o deponevano as­ sieme alla toga praetexta sull' altare dei Lari . c

CANALE. IL TAGLIO DEL: tentativo fallito di Cleopatra di mettere in comunica­ zione il M ar Rosso con il Mediterraneo per farvi passare le navi che si trovavano ad Alessandria dopo averle caricate con tutte le sue ricchez­ ze . Essa sperava di riuscire ad aprire un canale nel l ' istmo dove poi , nel­ Io scorso secolo, venne creato il Canale di Suez. CANTI BACCHICI : i canti del corteo bacchico che venivano spesso intonati dai commensali di un banchetto dove si era ecceduto nel bere . 417

CAPPELLO DA LIBERTO o PILEO: era un berretto di feltro di forma seniovale o conica aderente alla testa che veniva, tra l ' altro, dato agli schiavi quan­ do, affrancati, divenivano uomini liberi : i liberti. CAVALIERI - vedi Equestre, ordine. CENERE: usata per il trucco , serviva come eyeliner quando si voleva un se­ gno scuro . CERUSSA : era l ' antico fondo-tinta. Dava alla pelle un bianco smagliante e, ·in un epoca in cui era importantissimo essere bianche, era il cosmetico più di ffuso ed usato . Si trattava, però , di u n composto di piombo vele­ nosissimo che, generalmente , finiva col provocare pericolose dermatiti . CETRA : strumento musicale a corde. CtBELE o LA GRANDE MADRE: divinità frigia identificata dai Greci con Rea, la madre di Giove, e dai Romani con la dea Ops, moglie del Saturno Italico . Il suo culto venne introdotto a Roma verso la fine della guerra Annibalica su suggerimento dei Libri Sibillini . Si trasportò solennemen­ te nell' Urbe la pietra nera, simbolo della dea, concessa da Attalo di Per­ gamo (9 aprile del 204 a . C . ) . La nave però si incagliò in una secca del Tevere , e fu a questo momento che la calunniata Clodia, dopo aver pre­ gato la Grande Madre di provare la sua innocenza , legò la sua cintura alla prua dell'imbarcazione e questa la seguì fino all ' approdo. CtNGULUM : cintura propria della veste della sposa. CITARISTA : suonatore di cetra. CLAMIDE: era il mantello militare greco di un tessuto spesso tinto con la por­ pora . Qui viene nominata in connessione con l ' avventura di Cesare alla battaglia di Faro . Dione e Plutarco , che parlano della clamide di Cesa­ re, erano greci e quindi propensi a indicare le cose con parole loro. M a è più probabile che, durante l a battaglia d i Alessandria, Cesare indos­ sasse il sagum romano. CoEMPTIO FIDUCIA': CAUSA : era una delle forme di matrimonio romano . Esso non obbligava la sposa ad entrare in "manus ". Cct:NA NUPTIALIS: il solito banchetto con il quale in tutti i tempi si è festeg­ giato un matrimonio. COLONNA m AM Azto: eretta sul luogo della cremazione di Caio Giulio Cesa­ re da un certo Amazio, cesariano convinto , e presso la quale si comin­ ciarono a far sacri fici, a formulare voti ed a dirimere controversie giurando per il nome di Cesare . COMIZI cuRIATI : erano solenni adunanze in cui il popolo romano veniva con­ vocato a votare per curie. CoMMENTA R I : i resoconti che Cesare ci ha lasciato delle sue guerre galliche e di quelle civili . 418

CoNCU B I N AGGIO Bisogna tener presente che il concubinaggio nell'antica Ro­ ma non aveva niente di vergognoso ed era largamente praticato. Ad esem­ pio vivevano assieme in concubinato tutte quelle persone che per la regola romana non potevano contrarre matrimonio, come un patrizio ed una schiava, un patrizio ed una liberta o anche una donna di classe molto inferiore. Lo stesso accadeva nel caso di una patrizia con uno schiavo. I n casi del genere i figli che nascevano da questa relazione prendevano il nome della madre e ne seguivano la condizione sociale . Nel caso di u n patrizio e di una schiava, i figli nascevano schiavi e tutto quello che il padre poteva fare per loro era di liberarli e quindi di farne dei libert i . Ovviamente tutti e d u e i concubini dovevano esser liberi d a altri legami matrimoniali in quanto la monogamia era per i Romani legge fondamen­ tale e non si ammettevano trasgressioni di nessun genere, ma una volta che questa regola fosse rispettata il legame era considerato onorevole e, purché la donna fosse una donna onesta e di buoni costumi , essa veniva considerata come una normale moglie ed alla pari di questa ri spettata. Co N F A R R E A T I O : questo rito matrimoniale faceva automaticamente entrare la sposa in "manus " nella famiglia del marito. C o N S I L I U M A M I C O R U M : membri influenti della famiglia e personaggi impor­ tant i , amici di questa, che venivano convocati da uno degli sposi , quan­ do voleva divorziare. Davanti a questa specie di giuria venivano esposte le ragioni che portavano il richiedente a chiedere lo scioglimento del ma­ trimonio. Se le ragioni venivano ritenute fondate dal Consilium amico­ rum, il legame era considerato i mmediatamente disciolto. CoNSOLA R I , P E RSONAGG I : cioè tutti coloro che erano stati consoli e i membri delle famiglie di questi consoli . CoNSOLE E CONSOLATO : nella repubblica romana la carica di console era la su­ prema magistrat ura, durava un anno e veniva divisa da due persone. Per indicare le date i Romani le designavano con i nomi dei due consoli in carica nell ' anno di cui parlavano. C Roc E ; era il più crudele supplizio in uso tra i Romani . Dava una morte lenta e dolorosissima . Alla croce non si sarebbe mai potuto condannare un cittadino romano, ma, nel 44 a. C . , Dolabella vi fece morire i Cesariani che difendevano la colonna eretta per commemorare il dittatore defunto. C Roco D I C l o No : serviva come eyeliner quando si voleva un segno marrone dorato . -

D

D AMOC L E : Damocle , amico e con fidente di Dioniso , tiranno della Sicilia, vole­ va provare quanto fosse felice la vita del suo tiranno. Dioniso lo invitò a prendere il suo posto e , per fargli capire quanto poco desiderabile fosse la sua situazione, gli fece appendere sul capo una spada sospesa ad un capello. 419

danze della Ionia nell' Asia Minore, evidentemente lascive e non adatte a giovinette.

D ANZE f O N I C H E :

era una punizione gravissima che i generali i n flig­ gevano alle legioni che si erano ribellate e che consisteva nell ' uccisione di u n soldato ogni diec i .

D E C I M A Z I O N E E DECI M A R E :

per g l i antichi erano degli d e i c h e governavano il mondo sotterraneo dove vivevano le ombre dei defunti . Plutone , Pro­ serpina e così via. Non hanno niente a che fare con i nostri diavoli , così come il mondo sotterraneo , pur essendo immaginato freddo e buio , n o n è l ' i n ferno fiammeggiante d e l mondo cristiano .

D E I I N FE R N A L I o D E I I NF E R I :

inizialmente indicava un capo o guidatore di popoli , ma assu n ­ se presto il signi ficato spregiativo di agitatore delle masse e fomentatore di disordin i . D E NA R I O : moneta romana equivalente a 4 sesterzi . D E M AGOGO :

tra i Romani si usava condannare le persone ree dei più odiosi crimini alla desecratio memoriae. Per essa si distruggeva qual­ siasi cosa avrebbe potuto ricordare ai posteri l' oggetto della generale ese­ crazione. Esempi di questa forma di pubblico odio si notano nel l a cancellazione dal piedestallo delle loro statue dei nomi d i Vestali che s i erano macchiate di impudicizia, e che vennero per questo sotterrate v i ­ v e . Ovviamente la desecratio f u poi largamente applicata d a i vincitori a tutti i nemici politici da loro vinti .

D ESECRA no M E MO R I A E :

dio greco del vino , degli spettacoli , banchetti e feste, corrispondente al Bacco latino.

DIONiso:

cerimonia che permetteva di sciogliere u.n matrimonio cele­ brato con la confarreatio . Per quello che se ne sa, era un rito complica­ to e spiacevole, in quanto la donna doveva uscire di "manus " il che equivaleva al disconoscimento di un figlio .

DISFARREATIO:

magistrato supremo st raordinario che veniva nominato in casi urgenti e che aveva potere assoluto sull'esercito e su tutto lo Stat o .

D I TTATO R E :

la dracma era u n a moneta greca di valore equivalente a quello del denario romano. Impossibile definire a cosa corrispondesse in termini attuali . Il valore di una moneta è legato ad un tale insieme di fattori con­ tingenti e di valutazioni legate ai sistemi economici del momento che non è possibile azzardarsi a dare un valore attuale ad u n talento o ad un de­ nari o . I l massimo che si possa fare è considerare ad esempio che quando si parla dei set te milioni di dracme dovuti a Cesare dagli Egiziani , biso­ gna immaginarsi svariati mi liardi odierni.

DRACME :

E EDILE:

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l ' edilità della quale si parla qui era quella curule. L ' edile curule era

incaricato di organizzare i grandi giuochi o " Giuochi Romani " ; inoltre si doveva occupare delle strade, dei costumi ed i n generale della polizia urbana che controllava la città . Ovviamente quello che più attirava ad un edile il favore del pubblico erano i giuochi , ed era attraverso a questi che il magistrato poteva costruirsi una solida base elettorale per il futuro. EQUESTRE (ORDINE, FAM IGLIA, PERSONAGGIO) : appartenente cioè alla classe dei cavalieri , la seconda delle tre classi esistenti nello Stato romano : il patri­ ziato, la classe equestre , e la plebe . Avevano diritto a speciali privilegi e molti di essi avevano posizioni finanziarie notevolissime . ERCOLE: il semidio da cui la gens di Antonio si vantava di discendere . EROTI : gli amorini alati che vediamo in tante rappresentazioni dell ' arte classica .

F FALCO DI HoRus : Horus, la divinità solare figlia delle deità egizie Osi ride ed lside, era rappresentato come un falco . FANCI ULLE GADITANE : erano ballerine di Cadice che, per quello che s i può ca­ pire , ballavano accompagnandosi con nacchere e si producevano in danze molto simili a quelle oggi note come danze andaluse . FEM INALIA: si tratta delle mutande che facevano parte della biancheria inti­ ma femminile e pertanto venivano così indicate. FLAMINE ( FLAMEN ) : era così indicato il sacerdote di una singola divinità . Egli si distingueva per il filo di lana che si legava attorno al capo scoperto o attorno al berretto sacerdotale. FLAMINE DIALE : Il flamine Diale era quello di Giove, ed era il capo di tutti i flamini. Sua moglie veniva chiamataflaminica. Egli doveva sempre es­ sere un uomo maritato e doveva sposarsi con la confarreatio . Non pote­ va, poi divorziare per nessuna ragione e, se mai restava vedovo, doveva subito rinunziare alla carica. FLAMMEU M : il velo della sposa romana che, invece di essere bianco come quel­ lo odierno, poteva essere rosso o arancione . FLAUTO: strumento musicale a fiato, anticamente chiamato tibia in latino. FuNERALE E RITI FUNERA R I : presso le civiltà antiche e nei diversi periodi i fu­ nerali seguirono particolari usanze . Nel l sec . a . C . presso i Romani pre­ dominava la cremazione del cadavere. Presso gli Egizi cont inuava l'antico procedimento dell ' i mbalsamazione. In tutti i popoli i fu nerali di perso­ naggi importanti si svolgevano con grande solennità ed erano accompa­ gnati da banchetti , e tratteniment i . 42 1

G GALL I : nome generale degli abitanti della Gallia che poi si distinguevano i n vari gruppi . GIOVE: la massima divinità latina, corrispondente allo Zeus greco . GIOVE FAUCO: personificazione di Giove al cui altare si offriva una focaccia di farro in occasione dei matrimoni per confarreatio . GIOVINEZZA, LA DEA I UVENTUS: i due Luculli erano preposti ai riti della dea, ma proprio nel giorno della sua festività , Marco Lucullo venne a sapere del tradimento della moglie e, siccome anche Lucio Lucullo aveva sco ­ perto i maneggi della propria consorte con Memmio nessuno d i loro s i sentì in grado d i celebrare il rito . GIUDEI : nel I sec . a . C . c' erano a Roma molte comunità straniere che cont i ­ nuavano a vivere secondo i loro u s i e l e loro tradizioni . I Romani i n questo erano abbastanza tolleranti . Una comunità molto i mportante era quella dei giudei , ricca ed industriosa. Essa fu trattata da Cesare con particola­ re benevolenza e per questo gli fu molto grata. Non così li trattò Augu­ sto il quale inviò i giovani giudei validi in Sardegna a lavorare nelle miniere per farli decimare dalle fatiche fisiche e dalle febbri malariche. GIULIO-CLAUDI : i successori di Augusto in quanto la famiglia Giulia si era ormai fusa con quella Claudia. GIUOCHI DEI GLADIATORI: i COmbattimenti nell'arena. GIUOCHI : si trattava di giuochi del circo o di combattimenti che venivano oltre che dallo Stato, offerti da ricchi privati o per festeggiare qualche specia­ le evento o per onorare la memoria di un defunto. GLANDES PERUSINAl: si trattava di proiettili di piombo per le catapulte e le from­ bole sulle quali si incidevano insulti volgarissimi rivolti , generalmente, ai capi dei nemici . Quelle perusinae erano quelle usate nell'assedio di Perugia. GoRGONE: Medusa che pietrificava gli uomini che la guardavano. GRAZIE: divinità femminili della gioia, bellezza e grazia ed in generale di tutto ciò che rallegra la vita dell ' uomo , che nel Pantheon greco venivano chia­ mate Xapm:ç ed in quello romano Gratiae. Erano figlie di Zeus ed Eu­ rinome . G U A R D I A P R E TO R I A N A E P R ETO R I AN I : la guardia imperiale COmposta da più d i mille soldati scelti . H

lancia usata nella cerimonia del matrimoni o . Era una di quelle in dotazione dei gladiatori e doveva essere stata usata per uccide­ re uno di essi in un combattimento dell'arena. Con la sua punta mac-

H ASTA CAlL I BA R I S :

422

chiata di sangue si dividevano in sei bande i capelli della sposa. H I ME N : invocazione al dio delle nozze che, quando si accompagnava la spo­ sa alla casa del marito, veniva chiamato ad alta voce dai partecipanti del corteo n uziale . Era il nome del dio greco, ma l ' usanza greca venne poi adottata dai Romani . HoNOR MATRIMONI : era tutto l ' insieme di comportamenti che doveva esser te­ nuto dagli sposi per dimostrare la loro volontà di restare legati dal vin­ colo e di rispettare le regole matrimonial i .

IDI : l e i d i segnavano la metà d e l mese e cadevano il 1 5 n e i mesi di marzo , maggio , luglio ed ottobre; negli altri mesi andavano invece al giorno 1 3 . IMENEI : poemetti composti dai poeti i n occasione delle nozze di amici , pa­ renti o committent i . IMMAGINI DEGLI ANTENATI : si tratta di maschere mortuarie c h e durante i fu­ nerali di persone importanti venivano fatte indossare a persone simili per statura e corporatura ai defunti e fatte sfilare nel corteo funebre. IMPERIUM : il comando . I NCENso : oltre che impiegato nelle cerimonie religiose, era un componente di certe maschere di bellezza usate dalle belle donne dell' antichità . INNI TRIONFAL I : canti che intonavano le truppe vittoriose al loro ritorno. I NTERDIZIONE DALL'ACQUA E DAL FUOCO : a chi veniva colpito da questa COn­ danna non si doveva dare da mangiare, da bere o offrirgli ospitalità . Fu ripresa dalla Chiesa cristiana con la scomunica. lsmE : la dea egizia. lusTUs. MATR IMONIO: si definiva matrimonio iustus quello per il quale la sposa passava in "manus ", mentre era "non iustus " quello sine man u . L LACEDEMON I : gli abitanti di Sparta. LA R I : gli dei del focolare che proteggevano la famiglia. Ogni famiglia aveva i suoi . LATICLAVIO: la tunica, ornata da una larga fascia di porpora, che portavano i figli delle antiche famiglie patrizie che si preparavano a conseguire le cariche dello Stat o . All 'epoca dell' impero il Iaticlavio divenne la veste dei senatori . LECTUS GENIALIS: Ietto cerimoniale che veniva allestito in casa dello sposo in occasione delle sue nozze . Se si trattava di prime nozze lo si poteva pre423

parare nella camera nuziale. Ma, se lo sposo era vedovo , lo si preparava nell'atrio per non offendere con la sua vista i Mani della defunta. La sposa accompagnata dalla pronuba vi si sedeva e con quell' atto conclu­ deva la cerimonia. LEGGE IuuA: regolava la vita e la morale matrimoniale . LEGGE 0PPIA: Dopo la disfatta di Canne era stata promulgata una legge re­ strittiva del lusso . Per questa legge non si poteva avere su di sè più di 1 5 gr di oro, nessuno poteva indossare vesti multicolori , nè si poteva an­ dare in carrozza nel raggio di un miglio attorno alla città. Le restrizioni vennero abolite 20 anni dopo , ma a seguito di una strenua lotta durante la quale le donne scesero in strada e forzarono la mano agli uomini . LEGGI DI SaLONE : leggi particolarmente severe e che non vedevano di buon occhio la poligamia. LETTIGA: era una portantina che veniva trasportata a spalla da appositi schiavi chiamati /ecticarii. LEx CURIATA : era la legge che veniva approvata con il voto delle curie nei Co­ mizi curiat i . L E x VocoNIA: limitava l ' entità dell' eredità c h e poteva venir lasciata a d una donna . LIBAZJONI SULLA TOMBA : tutte le civiltà antiche credevano che le anime dei morti avessero bisogno di venire nutrite e quindi i componenti della fa­ miglia portavano periodicamente cibi e bevande alle tombe dei propri cari defunti . LI BERTO: schiavo liberato, che restava però sempre legato al proprio ex pa­ drone da legami molto stretti e da un certo numero di obblighi . LIMEN: la soglia del portone di ingresso alla casa romana che, secondo V ar­ rone, era consacrato alla dea Vesta. LIRA : strumento musicale a corde molto simile alla cetra. LITIORE: u fficiali scelti nelle infime classi della plebe e poi , più tardi, fra i libert i . Essi , reggendo i fasci littori costituiti da un fascio di verghe ed una scure, precedevano i magistrati. Il dittatore aveva diritto ad una scorta di 24 littori ; il console a 1 2 ; il pretore a 6. I littori tenevano lontana la folla dal magistrato e sorvegliavano a che si rendesse il debito onore ai personaggi da loro scortat i . LUPERCALIA : erano l e festività in onore di P a n Liceo (L upercus) c h e si cele­ bravano a febbraio. I suoi sacerdoti , vestiti di un semplice perizoma cor­ revano sul Palatino, dove c'era la grotta sacra a questo dio, e nella quale si diceva che la lupa avesse allattato Romolo e Remo . Essi inseguivano le giovani spose fustigandole con una sferza speciale nella credenza che questo le avrebbe rese feconde. 424

M MACEDONI : abitanti della Macedonia. MADRE DI TRE FIGLI era u n titolo di onore e dava il diritto di indossare una veste speciale. -

MAGIA. MAGICHE ARTI : anticamente, come sempre molta gente credeva cieca­ mente alla magia e di magia venne accusata Cleopatra quando si vide come aveva ridotto M arco Antonio. MAGISTER EQUITU M : carica molto importante. Il Magister equitu m era non sol­ tanto il generale di cavalleria, ma colui che in caso di dittatura veniva subito dopo il dittatore e, dato che la dittatura aboliva tutte le cariche pubbliche eccetto quella del tribunato , egli prendeva il posto del dittato­ re tutte le volte che questi doveva assentarsi da Roma. All ' epoca della dittatura di Cesare questa carica fu coperta da Marco Antonio. MANus: nel matrimonio romano esistevano due posizioni per la moglie: es­ sa poteva entrare in "manus " o no. Entrare in "manus " equivaleva a divenire un membro effettivo della famiglia, come se la sposa non fosse soltanto ent rata a farne parte, ma fosse nata in essa. Quindi , in questa posizione, essa, come se fosse stata una figlia, dipendeva in tutto e per tutto dal pater familias. Se i l suocero era ancora in vita essa era in "ma­ nus " sua. Se invece era mort o , e quindi il marito era divenuto lui pater familias, andava in "manus " del consorte. In tutti i casi essa non pote­ va disporre di patrimoni propri o fare alcuna azione. Otteneva però l ' o­ nore di essere mater familias. Nel matrimonio sine manu la moglie, che restava legata alla sua famiglia ed aveva molta più libertà di manovra, veniva chiamata uxor . MARMO NUMIDICO: marmo brecciato africano con un fondo paonazzo ed in­ clusioni bianche e grigie. MASCHERE DI BELLEZZA : ne esistevano parecchie. Combattevano l ' acne, gli ar­ rossamenti della pelle, le lentiggini e qualsiasi altro d i fetto affliggesse le graziose dame. Uno di esse assicurava, pare, una pelle liscia e lumi no­ sa . Alcune, poi , venivano definite veramente spettacolose e si promette­ vano risultati mi racolosi e, proprio come certi reclamizzati prodotti moderni di bellezza , finivano col lasciare il tempo che trovavano . M ATRIMONIO P E R " US US" : aveva molti punti di contatto con la moderna con­ vi venza, salvo il fatto che se detta convi venza du rava senza interruzione per più di un anno, il concubinato si tras formava in regolare matrimo­ nio con tanto di passaggio automatico in "manus " della sposa. MATRONA coNSOLARE : appart enente ad una fam iglia che aveva dato consoli a Roma. MEDI : abitatori dell' antica Media che comprendeva le attuali regioni di Azer­ bagj a n , Schi rwan , Ghilan e Masanderan. Venivano a volte intesi con ta­ le nome i Persiani . 425

M I NERVA P ROTETTRICE: una statua a questa dea che Cicerone aveva fatto in­ nalzare in Campidoglio. N NEREI D I : divinità minori del Pantheon greco , figlie di Nereo dio marino. . NoBILTA PLEBEA : originariamente la classe plebea era quella infer iore e in con­ t rapposizione ai patrizi , gli appartenent i , cioè, alle famiglie originarie. Ma col passare del tempo, u n certo numero di famiglie plebee comincia­ rono a distinguersi e ad acquistare importanza . Nacque così una nobiltà plebea . Ovviamente i loro componenti erano soggetti a discriminazioni . Noous HERCULEus: nodo di Ercole, era il nodo col quale veniva annodato il cingulum cioè la cintura della sposa . NoNA: : erano il quinto giorno di tutti i mesi eccettuati M arzo , Maggio, Giu­ gno e Luglio nei quali era il settimo. NuMMUS: denaro generico e parola che, a volte, veniva usata per indicare i l sesterzio . NuNTIUM REMITTERE: termine usato per indicare l o scioglimento del contrat­ to matrimoniale . Il nuntium era una sorta di decreto di divorzi o . NuovA I s m E : titolo c h e si dà Cleopatra dopo l a cerimonia del Ginnasio d i Alessandria d e l 34 a . C . o

0PTI MATES ( OTTI MATI ) O SENATORI CONSERVATORI : i membri del partito aristo­ cratico che si contrapponeva ai Populares. OVAZION E : genere minore di trionfo. In questo il vincitore faceva il suo i n ­ gresso in città su un cavallo o addirittura a piedi c o n u n a corona d i m i r ­ to in capo . p p ADRI COSCRITT I : i senatori .

PALI L I E O PARI L I E : festa campestre di puri ficazione celebrata in onore d i Pa­ les , divinità italica prottetrice della pastorizia. Veniva celebrata il 2 1 aprile, data della fondazione di Roma. P ARTI : popolazione sci t a della Partia, una regione posta a Sud del l ' lrcania e a N . E . delle Pyla: Caspia:. Erano famosi per il loro modo subdolo di guerreggiare e per la loro abilità nel tirar d ' arco . 426

PATRIA POTESTAS: era la tutela esercitata dal poter familias sui membri della sua famiglia e per la quale essi non potevano far niente senza la sua au­ torizzazione. PATRIZI E PATRIZIATO : una delle tre classi di Roma, e la più elevata. Erano praticamente gli aristocratici . PATRONO : tale era per un liberto il suo ex-padrone. PENATI : divinità attinenti alla famiglia e ad essa particolari . PISCINARII O TRITONES PISCINARUM : erano COSÌ indicati da Cicerone quei ric­ chi patrizi proprietari di piscine per gli allevamenti del pesce . Le piscine, venute di moda agli inizi del I sec . a. C . , vennero create ad opera dei plu­ tocrati dell' epoca nelle lussuose ville costiere . Esse erano considerate un segno di prestigio e venivano mantenute con grandissime spese dai loro proprietar i , sempre riluttanti a far pescare e vendere i pesci in esse con­ tenute. Quindi costavano molto e non rendevano niente. Alcune, come ad esempio quella di Sperlonga, erano state lussuosamente ornate di statue e decorazioni e sistemate come monumentali ninfei . PONTEFICE MASSIMO (PONTI FEX MAXIMUS} : sommo sacerdote. Ad esso si ve­ niva eletti dai membri di 1 7 tribù estratte a sorte. Il Pontifex Maximus era a capo di quei sacerdoti che avevano la sorveglianza del culto ufficiale . PoNTEFICI : i sacerdoti che avevano la sorveglianza del culto ufficiale e che decidevano su questioni religiose . POPULARES: partito popolare in antitesi con quello degli Ottimati . Di esso fa­ cevano parte sia Crasso , che lo capeggiava, che Cesare . PoRPORA : sostanza colorante che si ricavava estraendo, attraverso speciali procedimenti, il colore dal murex trunculus, un mollusco presente in ab­ bondanza lungo le coste rocciose di tutto il Mediterraneo ed in partico­ lare di quelle del Mediterraneo meridionale, e che vive a bassa profondità. PRAòFECTUS EQU ITU M : carica militare . Alto u fficiale della cavalleria . PRETORE : alto magistrato romano. Vi era il praetor urbanus, che aveva giu­ risdizione nelle cause private tra cittadini romani e che, per incarico del popolo, poteva trattare cause pubbliche. Vi era poi il praetor peregrinus che si occupava delle cause tra forestieri e cittadini romani. PRocoNSOLE : carica che dava il governo di una provincia consolare . PROFUMI : anticamente si adopravano molto. Si trattava di unguenti profu­ mati e potevano raggiungere prezzi ingent i . Come adesso, anche allora esistevano grandi profumieri e se ne conoscono i nom i . PRONUBA era u n o d e i personaggi p i ù importanti nei matrimoni romani ed assisteva la coppia nelle varie fasi della cerimonia. Essa doveva essere univira, essere nota per i suoi ottimi ed intemerati costumi e non doveva essere vedova. -

PROSCRIZIONI E PROSCRITTI : proscrivere signi fica bandire, annunciare; il che, 427

in questo caso, si faceva affiggendo tavole con i nomi di coloro che doveva­ no venire uccisi . PuERI MATRI M I E PATR I M I : i paggetti del matrimonio romano . Erano tre fan­ ciulli che avevano ambedue i genitori i n vita. Q QUANDO TU GAIUS, EGO GAIA O UBI TU GAIUS, EGO GAIA: l ' equivalente del no­ stro " sì " . Era la risposta della sposa alla richiesta del marito di sapere chi ella fosse. QUESTORE M I LITA R E : carica militare . QUIRITI : nome che, pare , derivi dalla città sabina di Cures . Dato che poi Ro­ mani e Sabini si unirono, la parola venne usata per indicare i Romani nella loro vita civile, mentre col nome di Romani si designavano i citta­ dini nella loro vita politica o militare . R RADERSI LA BARBA : presso i Romani il taglio della prima barba di un giovane era una ceri monia importante. I peli della prima barba venivano racco l ­ ti e, posti in un recipiente, a volte prezioso, venivano collocati nel larario . REFRIGERIA: erano i banchetti funebri . I Romani - come del resto anche gli Etruschi e molti altri popoli dell ' antichità - usavano imbandire cene son­ tuose per onorare la memoria dei cari defunt i . Questi banchetti veniva­ no poi ripetuti alle ricorrenze, e spesso venivano preparati e consumati nelle stesse tombe. Alcune tra le tombe più importanti della necropoli di Ostia e tra quelle di altre necropoli dell ' I mpero Romano erano attrez­ zate con cucine e triclini . L ' usanza dei refrigerio continuò a lungo e s i protrasse anche i n epoca cristiana. Infine, neii'SOO d . C . , l a Chiesa li proibì in quanto finivano col degenerare in scene di ubriachezza e peggio ancora . R E : titolo che M arco Antonio diede al figlio Alessandro, avuto da Cleopatra nel corso della cerimonia tenuta nel 34 d.C. al Ginnasio d i Alessandria, quando distribuì tra i figli e Cleopatra tutti i regni dell ' O ­ riente, inclusi anche quelli ancora d a conquistare . Gran Re o Re d e i R e era il titolo d e i sovrani della Persia .

RE D E l

titolo dato a Cleo­ patra sempre nella stessa cerimonia della spartizione dell ' Oriente. Cleo­ patra per l ' occasione coniò una moneta nella quale si dava il titolo CLEOPATR.AE REG IN.AE R E G U M F I L I O R U M REG U M , cioè Cleo­ patra Regina dei Re e dei figli dei R e . Essa avrebbe qui regnato congiun­ tamente a Cesari one, figlio presunto del primo Cesare .

R E G I N A D ' EG I TTO, D I C I PRO, D E L L A L I B I A E D E L L A C E L E S I R I A :

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RELIGIONE ASTRICTU S : cioè sacro . Rno DELL'ASSE E DELLA LIBRA: una forma di adozione privata. s

SALE DI

AM MoNE : sostanza non bene identificata usata per una delle maschere di bellezza .

SANDAL I , CLAM I DE E CAPPELLO MACEDONE SORMONTATO DA UN DIADEMA : era la tenuta dei successori di Alessandro. M arco Antonio li fa indossare al figlio Tolomeo quando, nella cerimonia del 34, lo nomina re della Feni­ cia, Siria e Cilicia.

SANDRACCA : solfuro d ' arsenico che veniva usato come rossetto per le guance. SATIRI : erano compagni di Bacco. Avevano o recchie lunghe ed appuntite con

dietro due escrescenze a forma di corna; coda di cavallo, naso camuso e capelli scarmigliat i . Con le Menadi facevano parte del corteo bacchico che seguivano cantando, suonando flauti ed altri strumenti e danzando sfrenatamente .

S ATURNALI : era una festa romana che iniziava il 1 7 dicembre e durava pa­ recchi giorni e che veniva celebrata in memoria dell ' aureo regno di Sa­ turno sul Lazio. In tale periodo ci si scambiava regali , esattamente come si fa ancor oggi per Natale, si banchettava e ci si divertiva. Durante i Saturnalia anche gli schiavi godevano della massima libertà e veniva lo­ ro offerta un.a cena nella quale essi venivano serviti dai padron i .

SCHIAVI : nel I sec . a . C . a R o m a esisteva una numerosissima popolazione d i

schiavi . Si trattava p e r lo più dei prigionieri di guerra c h e venivano ven­ duti come schiavi e sfruttati secondo le loro capacità fisiche e intellet­ tuali . Così dalla Grecia e dal mondo orientale ed ellenistico venivano quelli più ricercati : medici , pedagoghi , segretari e via dicendo; mentre - come diceva Cicerone i n una sua lettera scritta dopo la cattura della Britannia da parte di Cesare - quelle popolazioni primitive non avrebbero certo potuto fornire neanche cuochi o servi rifiniti .

S cH IAVI ETIOPI : erano molto considerat i . Alcuni venivano usati come /ecti­

carii o, data la loro velocità e resistenza, come battistrada. ScHI UMA BATAVA: l ' antico equivalente della nostra acqua ossigenata. Servi­ va alle belle romane per imbiondirsi i capelli , ma pare avesse effetti de­ vastanti.

SciACALLO D I ANUBIS: Anubis era uno degli dei del mondo dell' oltre tomba.

Il dio sciacallo era ritenuto i l dio dell 'imbalsamazione, e fu lui che, se­ condo la leggenda egizia, provvidde a im balsamare il corpo di Osiris .

SEGGIO CURU L E : sedia intarsiata d ' avorio che occupavano il console, il pre­ tore, e gli edili curuli nell' esercizio delle loro fu nzion i . 429

S ENATO E SENATORI: il supremo consiglio di Stato romano . Di esso facevano parte i personaggi più notevoli per età , esperienza e saggezza. In origine venivano scelti esclusivamente nel più antico patriziato, ma ben presto vi vennero ammessi anche personaggi equestri . Verso la fine della repub­ blica si era molto deteriorato. S ERI : popolo dell'Asia Orientale famoso per la sua seta finissima . S ESTERZI : ci volevano 4 sesterzi per fare un denario. S E x CRINES: era il tipo d i pettinatura che si eseguiva d ividen d o i capelli d ella futura sposa con la punta di una lancia, detta hasta caelibaris. Le sei ciocche venivano poi raccolte in una stretta crocchia, chiamata tutulum posta sulla sommità della nuca. Infine si ornava l ' acconciatura con le bende sacre, le vittae. SIGAMBRI : popolazione germanica definitivamente sottomessa nell' 8 a . C .

STOLA : era u n a lunga sopravveste c h e andava dal collo sino

ai piedi e copri­ va pudicamente la donna. Essa era sempre portata dalle dame di alta condizione, le matrone .

S TREGA: accuse di stregoneria a Cleopatra che secondo i Romani aveva irre­ tito Marco Antonio con arti magiche. T T ABUL..to MALEDICTORI..to: si trattava di tavolette di piombo sulle quali si scri­ vevano maledizioni ed auguri di morte e di disgrazie per i propri nemici . Queste piastrelle , probabilmente accompagnate da altri riti magici , si na­ scondevano nelle vicinanze dell' oggetto del proprio odio . T ALASSIO : era un'invocazione che veniva ripetuta ad alta voce dal corteo che accompagnava la sposa alla casa del marito . Si dice risalisse al ratto del­ le Sabine , quando un tale, incaricato da un suo superiore di nome Ta­ lassio di rapirgli una particolare ragazza , correva trasportando la rapita ed urlando quel nome sia per richiamare l ' attenzione del suo capo , sia per avvertire gli altri che la fanciulla era a lui destinata. TALENTO : era una somma di denaro che aveva valore diverso nei diversi Stati greci : così il talento attico (chiamato da Cicerone e Plauto talentum ma­ gnum) valeva 60 mine d ' oro. Una mina d ' oro valeva 10 mine d ' argento ed una mina d' argento valeva 1 00 dracme o 100 denarii romani . TAVOLETTE : le tavolette usate dagli antichi romani per scrivere . Quelle co­ muni erano 2 tavolette di legno, spalmate di cera e legate fra loro come se si trattasse di due pagine di libro. Vi si scriveva usando uno strumen­ to metallico appuntito chiamato stilo . Poi , prima di mandarle, si lega­ vano con lacci e, in caso , si sigillavano segnando la chiusura col proprio sigillo. Vi erano tavolette preziose come, ad esempio, quelle di onice o di cristallo di rocca usate da Cleopatra. 430

THALAMEGos: �1l'Y6c; in greco significa i mbarcazione con cabine: un cabi­ nato insomma. La più grande e la più magni fica fu quella che venne fat­ ta costruire da Ierone I l , tiranno di Siracusa. Alla sua cost ruzione so­ printendette Archimede (vissuto tra il 306 ed il 2 1 5 a . C . ) e il suo progetto venne eseguito dall 'architetto Archias. Si trattava di una nave a più ponti . Quello superiore era in parte tenuto a giardi no. Vi erano poi saloni , tri­ clin i , u n impianto per bagni e cabine di lusso. Non mancava neanche una piscina per mantenere in vita molti pesci , una cisterna della capaci­ tà di 80. 000 litri (pari a 80 mc) di acqua dolce, e infine anche stalle. La nave, che venne battezzata Syracusia, ossia la " Dama di Siracusa " , ri­ sultò talmente grande da non poter ent rare nel porto di tale città, e Ge­ rone fu costretto a regalarla a Tolomeo Filopatore . Gerone non si limitò a questo st raordi nario dono, ma, poiché in Egitto vi era una carestia, caricò molto generosamente la nave di grano e di tonno in conserva . Co­ munque il Thalamegos, subito ribattezzato A lexandria, ovvero la " Da­ ma di Alessandria" dovette risultare troppo grande anche per l ' Egitto , perché finì ti rato in secco . Ve ne erano evidentemente altri ugualmente lussuosi, ma più maneggevoli : quelli che vennero impiegati da Cleopa­ tra sia per risalire il N i lo con Cesare , sia per andare a trovare Marco Antonio in Cilicia, saranno stati bellissimi , ma certamente avranno avuto dimensioni più ristrette e saranno stati adatti alla navigazione fluviale . TI ASO BACCH ico : era il corteo che accompagnava Bacco : uno sciame di Sati­ ri e Menadi che seguivano il dio, agitando tirsi, suonando strument i , can­ tando e danzando . TIRANNICI D I : così venivano chiamati Armodio e Aristogitone, i due giovani ateniesi onorati come eroi per aver ucciso l pparco , figlio mi nore del ti­ ranno Pisistrato (5 1 4 a . C . ) . Cicerone , che considerava Bruto e Cassio come eroi altrettanto puri , usava chiamarli così . ToaA: la toga era un sopravveste dei Romani e consisteva in un taglio di stof­ fa di lana bianca di forma semicircolare o meglio semiovale, pressapoco delle dimensioni di m l ,40 di alt ezza per m 2, 70 di larghezza . Si indossa­ va fasciandosela attorno al braccio sinistro e lasciando libero il destro : risu ltava in fondo molto simile al baraccano del Nord Africa. Era il ve­ stito di pace e di ceri monia: diciamo il nostro doppio-pet to. Infatti , ap­ pena tirava aria di guerra, il Senato scioglieva la seduta, i senatori andavano a togliersi la toga e tornavano indossando il sagum o mantel­ lo mil itare . ToGA P R E T E STA : vest ito che i fanciulli romani nati liberi indossavano fi no ai 1 6 anni . ToRo A P I S : era considerato u n ' i ncarnazione del dio Ptah, il vecchio protet­ tore degli artigiani e degli artist i . Veniva scelto con cura: doveva essere nero ed avere un segno bianco sulla fronte. Veniva poi mantenuto con gran lusso fi no alla sua morte che, tutte le volte, era causa di grande lut to. Si procedeva poi subito a trovare il suo successore. 43 1

TRAc i : popolazione della Tracia, cioè della parte europea della Turchia. TRIBUNI DELLA PLEBE: carica aperta ai plebei che i tribuni rappresentavano . Essi avevano il diritto di veto. TRICLINIARE. LETIO : era quel particolare mobile sul quale ci si stendeva per consumare il pasto. Ve ne erano da uno, da due e da tre posti . TRICLINIO: era la sala da pranzo dei popoli dell' antichità classica dove, nor­ malmente, si ponevano dai due ai tre letti tricliniari messi a L o a ferro di cavallo . TRINOCTI I usuRPATIO: era un interruzione di tre giorni e tre notti della convi­ venza di una coppia. Questa sospensione permetteva di non trasformare il vincolo dell' usus in un matrimonio vero e proprio, e faceva sì che la concubina non venisse automaticamente a trovarsi sposata ed in "ma­ nus " al marito o, in caso ci fosse un suo pater familias, in "manus " a quest i . Comunque la trinoctii usurpatio avveniva soltanto per volontà della donna e soltanto essa poteva decidere se metterla in atto o no. Quan­ do però si voleva restare libere, bisognava controllare bene la durata della trinoctii usurpatio : Aulo Gellio raccomandava di badare a che l'assenza durasse effettivamente tre giorni e tre notti, e faceva presente che alcun e dame che avevano creduto di interrompere il legame basandosi soltanto sulle tre notti, e quindi avevano anticipato di qualche ora il loro ritorno a casa , si erano trovate ipso facto indissolubilmente sposate. Due giorni e tre notti non bastavano, e la concubina si trasformava imme�iatamen­ te in una involontaria mater familias. TRIONFALE. CARRO: era il cocchio del trionfatore . TRIONFO E TRIONFATORE: era il solenne i ngresso del vincitore e del suo eserci­ to a Roma, onore che veniva a lui concesso dal Senato. Il trionfatore , incoronato di alloro e con uno scettro di avorio in mano, stava su una biga tirata da cavalli bianchi indossando una toga picta ed una tunica palmata. Lo precedevano i prigionieri e tutto il bottino e lo seguivano i suoi soldati che alternavano i l grido di /o triumphe a feroci lazzi sul conto del loro generale e li intervallavano poi con il fragore provocato dallo sbattere ritmico delle loro spade contro gli scudi . Il trionfatore, ricevuto in processione dal Senato al gran completo, veniva condotto sul Campidoglio. TRIUMVI RATO E TR IUMVI RI : commissione di tre membri che si costituiva per riordinare lo Stato. Di fatto i triumviri erano potentissimi . TROMBE: usate nell 'esercito per trasmettere gli ordini. Esse avevano un suo­ no molto potente dato che dovevano portare gli ordini lontano. Se ne impiegavano diversi tipi : vi erano le buccine (vedi "buccine " ) ; le tube e i litui . TUNICA D I R ITIA. RECTA : il vestito della sposa romana . 432

u

UNIVIRA : donna che si era sposata una volta sola e che aveva la fortuna di avere tuttora il marito vivente . I n fatti , all'atto pratico, maschi o femmi­ ne che fossero , i vedovi non restavano soli a lungo e molto presto il con­ sorte sopravvissuto contraeva un altro matrimonio . v

VASO DI P ANDORA : Pandora era la prima donna, la Eva pagana, foggiata da Vulcano con la terra e dotata dagli dei di tutte le grazie femminili . Ven­ ne mandata sulla terra da Giove con un vaso che conteneva tutti i mali dell ' umanità, in modo di punire gli uomini per i quali Prometeo aveva rubato il fuoco dal cielo. VENERE, STATUA 01 VENERE : statua di bronzo dorato di Cleopatra rappresen­ tata sotto le vesti di Venere che fu fatta fare da Cesare e fu esposta al culto nel tempio di Venere Genitrice nel Foro di Cesare. VESTA : dea castissima per eccellenza. VESTALE MAGGIORE O G RANDE VESTALE: la principale sacerdotessa di Vesta. VESTALI : erano le sacerdotesse di Vesta che, prima in numero di 4 e poi di 6, venivano scelte tra il sesto ed il decimo anno di età . Dovevano restare trent'anni come caste vergini al servizio di Vesta. Facevano lO anni di noviziato , dieci anni di sacerdozio e gli ultimi dieci anni istruivano le novizie. Godevano però di grandi privilegi . VESTE DELLA FANCIU LLEZZA : la veste delle giovanette romane che si depone­ va quando si raggi ungeva l ' età da marito e che si consacrava ai lari con tutti i propri giocattoli . VESTE ONORARIA: un abito che, in segno di onore, potevano indossare sol­ tanto le madri di 3 figli . VESTE DA PROSTITUTA : nell' antica Roma l e prostitute dovevano distinguersi dalle donne per bene per la loro veste . Esse infatti dovevano indossare la toga . VITTA: : bende sacre che si usavano durante i riti religiosi . VI XDU M NUBILIS: ossia appena in età da marito. A Roma per le femmine vo­ leva dire i 1 2 anni e per i maschi 1 4 , norma che poi venne definitivamen­ te fi ssata per legge da Augusto .

433

INDICE ANALITICO DEI NOMI A AcH ILLAS - generale egiziano . Comandava le armate egiziane, 1 22 ; i mpedì a Cleopatra di tornare ad Alessandria, 1 24 ; Achillas complottò per u c ­ cidere Cesare, 1 26 ; organizzò , p o i , u n a feroce campagna contro di lui , 1 26 . AcHILLE - eroe omerico 1 65 . ADRIANO - Imperatore dal 1 1 7 a l 1 39 d . C . 3 ; 243 . AHALA SERVILIO - Magister equitum di Cincinnato, nel 439 a . C . citò Spurio Melio che voleva farsi tiranno di Roma e, essendosi costui rifiutato di comparire in giudizi o , lo uccise 46. AGAMENNONE - eroe omerico 96. AGRIPPA, M . VI PSANIO: generale , amico e genero di Augusto. Marito di Giu­ lia, 206; 208 ; 2 1 0; 2 1 2 ; 2 1 4; ritratto sull'Ara Pacis , 2 1 8 ; padre di Lucio e di Gaio, 247 ; aiutò Ottavia a metter pace fra Augusto e Antonio, 339; Azi o , 366 ; 372; 374; 3 7 8 . AGRIPPA PosTU MO - figlio di Agrippa e d i Giulia, rinchiuso nell'isola di Pia­ nosa, 248 ; 250. AGRIPPINA MAIOR - figlia di Agrippa e Giulia, Agrippina chiese la condanna di Pisone e Plancina, 253 ; 254. AGRIPPINA M INOR - figlia di Agrippina Maior e di Germanico. Sposò Cneo Domizio Enobarbo , figlio di Antonia Maior e di Lucio Domizio Eno­ barbo, e fu madre di Nerone, 3 5 7 . ALESSANDRO MAGNO - leggenda, di ffusa a d arte, di u n a sua nascita miraco­ losa, 1 56; i suoi successori, 3 5 3 . ALESSANDRO, FIGLIO DI MARCO ANTONIO E CLEOPATRA riconosciuto da Anto­ nio, 344; investito re dell'Armenia, della Media, e del regno dei Parti , 353 . -

AMAZIO - eresse nel Foro una colonna in memoria di Cesare, 1 50 ; 1 53 . AMBIORIGE - r e degli Eburoni , una popolazione che risiedeva nell'area del­ l ' attuale Belgio. Uccise Titurio e i suoi legionari , 50. 434

ANASSENORE, I L C ITARISTA - uno dei virtuosi protetti da Antonio in Asia Minore, 307 . ANCARIA - Prima moglie di Caio Ottavio, padre di Augusto , 1 5 5 . ANCHISE - i l padre d i Enea, 5 2 . ANNI BALE - generale cartaginese, 25 . ANTI FONE - 322 . ANTI L LO, FIGLIO DI MARCO ANTONIO E FULVIA - fidanzato a 5 anni con Giulia, 202 e 340; fu portato con sè da Fulvia, quando questa andò a supplicare i suoi amici senatori di non far dichiarare Antonio nemico della patria, 3 0 1 ; sua uccisione alla caduta di Alessandria, 403 e 404 . ANTONIA, MOGLIE E CUGINA DI MARCO ANTONIO - moglie di Antonio, 283 ; SUO tradimento e ripudio, 284 e 288 . ANTONIA MAIOR - una delle due Antonie figlie di M arco Antonio , 96; fidan­ zata ancora infante a Cneo Domizio Enobarbo, il console del 34, 3 40 . Dopo la morte di questi ne sposò il figlio, Lucio Domizio Enobarbo . Da loro nacque Cneo Domizio Enobarbo , marito di Agrippina M inor e padre di Nerone. Perciò Antonia Mai or fu la nonna di Nerone, 3 5 7 . ANTONIA M INOR - figlia d i Marco Antonio e d Ottavia, moglie di Druso M aior e madre di Claudio e di Germanico : sue statue, 2 1 8 ; vedova, andò a vi­ vere con Li via, 25 1 ; la sua discendenza ascese al trono : dal figlio Ger­ manico nacque Caligola, suo nipote e imperatore (37 - 41 d . C . ) . Divenne poi imperatore il figlio suo, Claudio (4 1 - 54 d . C . ) ; infine salì al trono i l bisnipote Nerone (54 - 69 d . C . ) . figlio della nipote Agrippina Minor e di Cneo Domizio Enobarbo, nipote della sua sorella Antonia Maior, 357. ANTONIO, CAIO (DETTO HYBRIDA I L , BASTAR DO) - processo contro di lui nel 59 a . C . , 47; console alla nascita di Augusto, 1 5 5 ; padre di Antonia, 284; personaggio discutibile, 285 ; insinuazioni sul conto di Cicerone, 286; suo processo, 286; attacco di Cicerone a M arco Antonio, perchè, secondo lui, aveva o ffeso Hybrida, 287 ; 288 . ANTONIO I L C RETI CO (PADRE DI MARCO ANTONIO) - padre di M . Antonio, 2 5 8 ; regalò a d u n amico in bisogno u n bacile d ' argento, 260 . ANTON IO, GAIO (FRATELLO DI MARCO I L TRIUMVIRO) - era magistrato quando Augusto chiese la ratifica dell'adozione, 1 64; M. Antonio gli cedette la provincia della Macedonia, 1 72 . ANTONIO, LUCIO (FRATELLO DI MARCO I L TRIUMVIRO) - calunnia Augusto , 1 70; guerra di Perugia, 309; 3 1 0 . APOLLODORO DI SICILIA - u o m o di fiducia di Cleopatra. L ' aiutò a raggiungere Cesare in Alessandria, 1 24. APOLLON IO, FIGLIO DI MOLDNE - capo di una scuola di retorica a Rod i , 59. APPIO CLAUDIO - giovane patrizio implicato nello scandalo di Giulia, 2 1 4 . APULEIO (Cos. 1 4 d . C . ) - console alla morte d i Augusto, 246 . 435

AREO - filosofo . Cercò di consolare Livia della morte di Druso, 252. ARISTOBULO, RE DEGL I EBREI 267 . -

ARSI NOE - sorella di Cleopatra uccisa da Antonio, 3 1 4 . ASINIO POLLIONE (AMICO DI ANTONIO) - si unisce ad Antonio e Lepido, 1 77 ; avvisa Antonio del tradimento della moglie , 27 1 . ATRIDI - 250. ATTICA - figlia di Pomponio Attico e moglie di Agrippa, 2 1 0 . ATTICO - amico e d editore d i Cicerone. Lettere dell ' oratore a lui indirizzate , 4 1 ; scandalo della dea Bona, 76; pettegolezzo su Iunia, 8 5 ; Anticatone di lrzi o , 92 ; scandalo dei due Luculli , 96 ; preoccupazioni per Bruto, 99; 100; Attico, alla morte di Cesare , afferma che sarebbe opportuno but­ tare a Tevere il suo corpo , 1 4 1 ; l ' abbattimento della colonna di Ama­ zio , 1 50; lettere varie a lui indirizzate, 1 5 8 , 1 68 e 1 73 ; notizia dell' arrivo di Ottaviano a Napoli , 1 63 ; resoconto di Cicerone della visita di Cesare , 273 ; la Il Filippica, 275 ; lo scandalo della moglie di Sicca, 282 sfogo di Cicerone contro Hybrida, 286; pettegolezzi su Antonio, 289; Attico of­ frì un rifugio a Fulvia al momento della guerra di Modena, 30 1 . AUGUSTO FILADELFO, RE DI PAFLAGONIA - disertÒ Antonio subito prima di Azio, 367 . AURELIA - madre di Cesare, 37; sorvegliò gli studi del figlio, 3 8 ; scandalo della dea Bona, 72; 73 . AuRELIO CoTTA - parente di Cesare , ottiene per lui la grazia di Silla, 59. AziA - madre di Augusto e nipote di Cesare , 1 54; suoi mirabolanti racconti sulla pretesa nascita miracolosa di Augusto, 1 5 7 ; si rifugiò dalle Vestali , 1 82 ; varie, 1 9 1 ; madre di Ottavia, 325 . B BALBO, Luc1o CoRNELIO - detto anche Ba/bus Maior per distinguerlo dal fra­ tello . Spagnolo di Cadice fu Praefectus fabrorum (generale del genio) di Cesare e sempre molto legato a lui, 1 63 . BALBO, MA RCO Az1o - padre d i Azia e nonno d i Augusto , 1 54; 1 5 5 ; 1 56 . BAMBALIO, M FULVIO BAMBALIO ( I L BALBUZIENTE) - padre d i Fulvia, 29 1 . BARBA

-

amico di Cicerone, 274.

B I BULO, MA RCO CALPU RNIO (Cos. 59) - collega di Cesare si oppose alla legge agraria, 45 ; primo marito di Porcia, 9 1 ; richiesto da Ortensio di cedergli la moglie, 93 ; 94 . BoGuD. RE DELLA MAU RETANIA - la moglie lo tradì con Cesare , 1 20; ad Azio venne catturato ed ucciso da Agrippa , 366. BoNA DEA - tempio della dea Bona, 30; scandalo , 69; 70; 74; 7 5 ; 1 04; 266 . 436

BRUTO, DECIMO BRUTO ALBINO - Recriminazioni per il mancato successo della congiura, 1 00; spinge Cesare ad andare alla riunione, l I O ; figlio di Sem­ pronia, era già adolescente all'epoca della relazione di questa con Cesa­ re. Anche se Syme pensa che egli possa esser figlio di un precedente matrimonio del padre con Postumia una delle amanti di Cesare e quindi non esclude che anche Decimo possa essere figlio del dittatore l ' i potesi non sembra probabile, 1 20 ; trattiene Antonio fuori dalla Curia di Pom­ peo , 1 3 8 ; contesa per la Gallia Cisalpina, 1 73 ; 1 74 ; Ottaviano odiava Decimo, ma capiva che, per il momento , gli conveniva aiutarlo, 1 75 ; guer­ ra di Modena, Decimo Bruto insegue Antonio e lo spinge nelle braccia di Lepido, 1 77 ; screzi tra Ottaviano, i l Senato e Decimo, 1 78 ; 1 79; Otta­ viano si fa assegnare anche le legioni di Decimo, 1 82 . BRUTO, Lucio GIUN IO BRUTO - figlio d i Tarquinia, sorella d i Tarquinio il Su­ perbo. Per salvarsi dalla sorte che lo zio aveva riservato a tutti coloro che gli facevano ombra, si finse stolto, e per questo gli fu affibbiato il soprannone di Bruto . Dopo la violenza usata da Sesto, figlio di Tarqui­ nio, a Lucrezia, moglie di Collatino, e dopo il suicidio di questa, guidò la rivolta contro i Tarquini e li cacciò da Roma, 46 . BRUTO, MARCO 0IUNIO (Q CEPIONE BRUTO DOPO L"ADOZIONE DA PARTE DELLO ZIO) - la congiura di Vettio, 45-46 ; figlio di Servi lia 80-8 1 e 84; sospetto di Cesare di poterne essere i l padre, 86; Cesare salva Bruto a Farsalo, 87; Bruto cambia atteggiamento verso Cesare dopo il matrimonio con Porcia, 87; Servilia combatte per salvare i l figlio dopo l ' assassinio di Ce­ sare , 89 e 90; matrimonio con Porcia e dissidi tra Servilia e Porcia, 9 1 ; Bruto fa partecipe della congiura la moglie, 97; tace con la madre, 98; riunioni dopo l ' assassino, 1 00- 1 0 1 ; Fili ppi , morte di Bruto e suoi fune­ rali , 1 02; uccisione di Cesare , 1 3 7 ; Kaì. crù U ICVOV 1 3 9; il dopo assassi­ nio, 1 4 1 e 1 42 ; attacco di Antonio, 1 43 ; si vorrebbe incendiare la casa di Bruto, 1 49; Bruto fugge terrorizzato da Roma, I SO; offeso dal nome di lulius (Luglio) dato al mese fino allora chiamato Quinctilis, 1 6 8 ; Ci­ cerone sperava di riconciliare a Ottaviano Bruto, 1 74; Bruto ottiene la provincia della Macedonia, 1 78 ; non accorre al richiamo del Senato, 1 83 . BRUTO - padre d i M arco Giunio Bruto, 80. BRUTO CALLAICO - marito di Sempronia e padre di Decimo Bruto Albino, 1 1 5 . BU R RO - amminist ratore dei beni d i Livia, e poi comandante dei pret oriani , 256. c

CALENO, Q . F U F I O (Cos. 47) - difese Antonio contro Cicerone, 272. CALIGOLA , G A I O CESARE ( I M P E R ATORE DAL 3 7 aJ 4 1 d . C . ) - SUa follia, 248 ; di­ scendenza da Antonio, 3 5 7 . .

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CAIO FANNIO - personaggio legato a Lucio Lucullo, 46 . CALLISSENOS DI Rom - autore della fine I I I sec . a . C . che scrisse un libro s u Alessandria, 3 1 9 . CALPURNIA - figlia di C . Calpurnio Pisone, 8 3 ; ultima moglie di Cesare , 1 04 ; sogni di Calpurnia, l 09 ; vedova, lasciò che Antonio s i prendesse tutti gli incartamenti ed i denari di Cesare, 1 1 0- 1 1 1 ; Calpurnia molto più gio­ vane di Cesare 206. CALVO LICINIO - poeta che attaccò Cesare accusandolo di omosessualità pas­ siva, 1 29. CALVO DEl NANNNEIANI - probabile soprannome dato da Cicerone a Crasso, 76. CANI DIO - generale comandante delle forze di terra di Antonio ad Azio 367 e 369; Canidio fugge di nascosto abbandonando le truppe, 386. CARBONE. CAIO PAPIRIO CARBONE (Cos . 85, 84, 82) - collega di Cinna, 57. CARINA - schiava fidata di Pompea, 72. CASCA C . (TRIB. 44) - uno dei congiurati , 1 0 1 . CASSIO, CASSIO LoNGINO - pallido e magro , 8 8 ; partecipa alle riunioni di Ser­ vilia, 1 00 ; lettera a lui indi rizzata da Cicerone che deplorava la mancata soppressione di Antonio, 1 3 8 ; i pretori non potevano riunire il Senato, 1 4 1 ; attacco di Antonio ai congiurati, 1 43 ; tentativo di incendiare la sua casa , 1 49; sua fuga da Roma, 1 50; ottiene la provincia della Siria, 1 78 ; desiderio di vendetta di Ottaviano , 1 83 ; Cleopatra aiuta Dolabella con­ tro Cassio , 3 1 3 ; e 3 1 4 . CASSIO PARMENSE - avversario di Augusto, 1 5 5 . CATILINA L . SERGIO CATILINA - congiura d i Catilina, 43 e 44 ; Sempronia, 1 1 5 e 1 1 9; i resti delle bande di Catilina scon fitti dal padre di Augusto , 1 5 5 ; Curione figlio ed i l gregge d i Catilina, 266; Collegamenti d i Hybrida con Catilina, 285 ; Hybrida, obbligato a combattere Catilina, si da per mala­ to, 285 . CATONE L ' UTICENSE - processo contro Clodio, 7 5 ; nascita, 80; antagonismo con Cesare , 8 1 ; scontro al Senato a proposito del biglietto di Servilia, ovvia disapprovazione per la relazione della sorella, 82; Bruto ne sposa la figlia, 87 e 9 1 ; figlio scapestrato di Catone, 92; giudizi negativi su Ca­ tone, 92; Catone dopo aver ceduto la moglie ad Ortensio, 93 e 94; se la riprende, poi , vedova e ricca, accuse di avarizia, 95 ; il " Catone" di Cicerone, 97; suicidio di Catone, 1 02 ; proteste di Catone per gli accordi matrimoniali di Cesare e Pompeo , 1 06; Favonio amico di Catone, 1 40 ; Catone costringe Lentulo a d espellere Antonio dal Senato, 269 . CA TULO, QUINTO LuTAZIO CA TULO (Co s 1 02) - console alla nascita di Cesa­ re, 3 7 . .

C ATULO, QUI NTO LUTAZIO CATULO (cos . 7 8 ) - dopo aver perso l ' elezione a 438

Pontefice M assimo cerca di implicare Cesare nella congiura di Catilina 43-44; deride i giudici corrotti al processo contro Clodio, 77; suoi sogni su Ottaviano, 1 58 . CATU LLO - amore per Lesbia, 1 30; attacchi a Cesare, 1 29; amasi d i Catullo, 1 3 1 ; poesie per Lesbia, 1 30 . CECINA, Auw CECINA - di una vecchia famiglia di Volterra . E r a contro Ce­ sare ed era un Pompeiana convinto, 97 . CELIO, MARCO CELIO RuFo - giovane gaudente. Succede a Catullo nelle gra­ zie di Lesbia, 68; partecipa con Antonio e Curione alla lotta per Cesare, 269; non avendo ottenuto da Cesare quel che sperava, assolda bande di schiavi e di gladiatori per soppiantare i l dittatore . Ma viene ucciso come un comune malfattore. CELIO - comandava l ' ala destra della flotta di Ottaviano alla battaglia di Azio, 374. CEPIONE, Q. S ERVILIO - marito di Livia da cui questa ebbe Cepione e le due Servilie, 80. CEPIONE, Q . S ERVILIO - fratello di o fratellastro di Servilia (potrebbe esser nato da u n ' altra madre) morì nel 67 a . C . CEPIONE Q . SERVILIO - fratello di Servilia. Secondo il Gelzer, era u n legato di Pompeo e fidanzato di Giulia, la figlia di Cesare . Alla rottura del fi­ danzamento sposa la figlia di Pompeo 1 04 e 1 06 ; muore subito dopo, nel 59. Accusa mossa a Catone di averne setacciato le ceneri per recupe­ rare l ' oro fuso nella cremazione 95 ; non si sa se avesse già adottato Bru­ no prima di morire o se l ' adozione sia avvenuta per testamento. CERELLIA - amica intellettuale di Cicerone, 27 . CESARE, CAIO GIULIO - attrazione per le donne , 36; nascita di Cesare e sua condizione sociale, 37; sua formazione ed educazione, 38; attività lette­ raria, 40 e 4 1 ; ri fuggiva istintivamente dalla crudeltà, sua generosità e lealtà, 42 ; politica, 43-46; al processo di Caio Antonio il Bastardo , Ci­ cerone insulta malamente Cesare, 47 ; Cesare e Pompeo si vendicano fa­ cendo diventare Clodio tribuno, 48 ; allenamento alla vita militare e successi di Cesare in quel campo , 49-5 1 ; suo aspetto fisico , 52; suoi ri­ tratti, 53-54; suoi matrimoni , 5 5 ; rottura del fidanzamento con Cossu­ zia e matrimonio, con Cornelia, 56; nascita della figlia Giulia, 5 7 ; proscritto da Silla, 57 e 5 8 ; graziat o , lascia Roma e inizia la carriera mi­ litare, 59; va a Rodi e viene catturato dai pirat i , 60 e 6 1 ; ritorna a Roma e fa sfilare nel corteo funebre di sua zia, vedova di Mario, le immagini di costui, 62; morte di Cornelia. Commemorazione di Cesare , 63 e 64 ; matrimonio con Pompea, 65 e 66; tradimento di Pompea, 67; scandalo della dea Bona, 69-79; amore per Servilia, 80-82; dono all' amante di una perla e altri doni importanti , 83-84; Cesare si interessava a Bruto, 86-87; Bruto contro Cesare , 8 8 ; amarezza di Servilia dopo la morte di Cesare , 90; odio di Porcia per Cesare, 92; Anticatone, 92-96; la congiura, 97 439

e 98; gli avvenimenti dopo la morte di Cesare, 99- 1 03 ; matrimonio con Calpurnia , 1 04; Pompeo suo genero, 1 04- 1 08 ; i sogni premonitori , 1 09 ; morte di Cesare e sue conseguenze , 1 00- 1 1 2 ; le amanti , 1 1 3 ; Semproni a , 1 1 5- 1 1 9; Cleopatra, 1 20- 1 27 ; figlio di Cesare e Cleopatra , 1 28 ; accuse di omosessualità passiva 1 29- 1 30; Nicomede, 1 32- 1 36; l ' assassinio, 1 3 7- 1 39; contromossa di Antonio e rovesciamento della situazione , 1 42- 1 44 ; i funerali , 1 46- 1 49 ; la colonna di Amazio in memoria di Cesa­ re, 1 50- 1 5 3 ; Augusto e suoi legami con Cesare, 1 54- 1 62 ; la guerra di Mo­ dena con le legioni di Cesare, 1 74- 1 75 e 1 8 1 ; come Cesare, Augusto marcia su Roma, 1 82; Clodia, 1 86 e 1 89; Giulia, figlia di Cesare , sposa felice di Pompeo nonostante la differenza d ' età, 206; Livia moglie di Tiberio questore di Cesare, 222; Antonio e suoi legami con Cesare 267 e 268-274; Fulvia sposa Curione, uno degli uomini di Cesare , 294; anche Cesare voleva i l matrimonio di Antonio con Fulvia, 295 ; ritorno di Cesare dal­ la Spagna, 300; abusi di Fulvia dopo la morte di Cesare, 302-30§ ; Cleo­ patra negli horti di Cesare, 3 1 2 ; Cleopatra e il figlio avuto da Cesare, 3 1 3 ; il matrimonio con Ottavia non riuscì m ai a conciliare Marcello con Cesare, 325 ; solo Cesare poteva dominare Cleopatra, 334; Antonia M aior pronipote di Cesare, promessa sposa a Cneo Domizio (cos . 34) , che Dio­ ne. definisce " assassino di Cesare" , 340 ; la questione di Cipro , 343 ; Ce­ sarione, 3 5 3 ; Cleopatra , secondo Antonio, sposata da Cesare , 354; battaglia di Alessandria, 361 e 3 80; Turullio uno degli assassini di Cesa­ re, 389; Cleopatra a Roma con Cesare, 393 ; Antonio generale di Cesa­ re, 394; rassomiglianza di Cesarione con Cesare, 404; Cleopatra, quando riceve Augusto, sostituisce i ritratti di Antonio con quelli di Cesare, 405 . CESARE, GAIO CESARE - figlio di Giulia ed Agrippa, nipote di Augusto, adot­ tato da lui con il rito del l ' asse e della libra, 208 ; morto a Limyra in se­ guito ad una ferita e ad un attacco di pazzia, 247 . CESARE, Lucio CESARE - figlio di Giulia ed Agrippa, nipote di Augusto, adot­ tato da lui con rito del l ' asse e della libra, 208 ; morto a Marsiglia i l 2 d . C . , 247 . CESARE, GAIO G I ULIO CESARE - padre del dittatore, 3 7 ; sua morte, 3 8 . CESAR IONE - figlio d i Cesare e Cleopatra: sua nascita, 1 27 e 1 28 ; 3 1 3 e 3 5 3 ; secondo Antonio viene riconosciuto da Cesare 3 5 4 ; sua uccisione, 404 . CICERONE , M ARCO TULLIO, ARPINATE (0MNIA COM PERI) - leggi citate da Ci­ cerone, 1 3 ; apprezzamento delle lettere di Cornelia la madre dei Grac­ chi , 25 ; Cerellia, 27; i piscinarii, 3 8 ; raccolta delle battute di Cicerone fatta da Cesare , 3 8 e 40; Cicerone su Cesare, 4 1 ; lettera di Cesare a Ci­ cerone, 42 ; la congiura di Catilina e le delazioni di Vettio , 44-46 ; Cice­ rone insulta Cesare, 47 ; Clodio diventa tribuno . Offerta di Cesare a Cicerone di andare in Gallia con lui e salvarsi da Clodio , 48 ; Cicerone aveva studiato oratoria a Rodi , 59; Cicerone e Clodio , 67; scandalo del­ Ia dea Bona, 74-78; Cicerone sui rapporti di Cesare e Servilia, 84-86; in­ terventi per aiutare Bruto, 89; i " Catone " e gli " Anticatone" , 92-96 e 440

97; pettegolezzi sui Lucullo, 96; riunioni con la famiglia di Bruto e rap­ porti con Bruto dopo la morte di Cesare, 97- 1 02 ; ritorno di Cicerone dall ' esilio, 1 07 ; notizia della morte di Giulia, 1 08 ; malignità di Cicero­ ne, 1 29 e 1 32- 1 34 ; Cicerone e la morte di Cesare , 1 38 e 1 43 ; Cicerone, la colonna di Amazio e le leggi sulla sepoltura e sul culto dei mort i , 1 50- 1 52 ; Cicerone , console n e l 63 alla nascita di Augusto , portava ad esempio di buon governo quello del padre di lui , 1 5 5 ; Cicerone ed Au­ gusto, 1 5 8 ; notizia dell' arrivo di Ottaviano a Napoli, 1 6 3 ; lettere con no­ t izie su Ottaviano, 1 64 ; 1 68 ; 1 73 ; Cicerone sullo scontro fra Antonio ed Ottaviano, 1 74 e 1 76; Cicerone e Modena, 1 77- 1 8 1 ; Clodia figlia del Pul­ chellus di Cicerone, 1 87 ; Attica, figlia di Attico , l ' amico di Cicerone, 2 1 0; lo scandalo di Antonio e Curione figlio, 264-266 ; Cicerone nella lotta contro Cesare, 268-270; visita di Cesare a Cicerone nella sua villa di Pozzuoli , 273-274; gli attacchi ad Antonio , 270; 272; la II Filippica, le altre Filippiche e le proscrizioni , 264-266 ; Laenas, dopo aver ucciso Cicerone, si fece una statua con la testa di Cicerone accanto, 276; le pro­ scrizioni , 276-280; attacchi ad Antonio per i due primi matrimoni , 282-289; attacchi ad Antonio e Fulvia, 297 ; 302-304; Cicerone e Cleopa­ tra, 3 1 2 ; uso dell'epiteto "gladiatore" per definire Hybrida, 39 1 . CICERONE , QUI NTO TULLIO CICERONE - fratello di Marco Tullio, 1 5 5 . CINNA, ELVIO CI NNA - tribuno, amico d i Cesare , ucciso. per errore dalla fol­ la, 1 49 e 1 50 . CINNA, L . CoRNELIO CINNA (Cos 87-84) , suocero d i Cesare, 56-58; 63 ; 65 ; 1 35 . CINNA, Luc1o CoRNELIO CINNA (PRETORE NEL 67) - era figlio d i Cinna e quindi cognato di Cesare . Fu uno dei congiurati , 6 1 ; 1 42 . CHARMIAN - ancella di Cleopatra, 408 . CLAUDIA - prima moglie di Bruto, 90 e 9 1 . CLAUDIA o CLODIA - prima moglie di Augusto: vedi CLOD I A . CLAUDIO, A P P I O CLAUDIO - vedi A P P I O CLAUDIO . CLAUDIO, T I BERIO CLAUDIO DRUSO, poi TIBERIO CLAUDIO CESARE figlio di Livia e di Tiberio Nerone, adottato da Augusto. Per ordine del padre adottivo deve divorziare da Vipsania Agrippina e sposare Giulia, figlia di Augusto, 2 1 0; disgustato da Giulia, trova una scusa per ritirarsi a Rodi , 2 1 2 ; riesce così a non dover prendere parte allo scoppio dello scandalo di Giulia, 2 1 5 ; cerca poi di alleggerire la durezza dell'esilio di Giulia, 2 1 6; congiura di Libo contro Tiberio, 2 1 6 ; Tiberio non graziò mai la sua ex moglie 2 1 7 ; nascita di Tiberio , 222; fuga con i genitori, 223 ; Tiberio affidato ai Lacedemoni , 223-224; aveva corso il rischio di venir fatto uc­ cidere da colui che divenne i l suo patrigno e poi padre adottivo 234; Au­ gusto, morente, si intrattiene a lungo a quattro occhi con Tiberio , 24 1 e 244 ; Tiberio mostra di considerare Germanico come il suo successore , 242 ; calunnie su Tiberio, 246-248; presunto disaccordo tra lui e Livia, 250-25 3 ; dopo la morte di Germanico cerca, anche lui, di far avere un -

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processo giusto a Pisone 254; per compiacere la madre aiuta le sue ami­ che nei guai 254-256; Livia rifiuta molti onori tramite suo , 256; si rin­ chiude a Capri 2 5 7 . CLELIA - eroina romana onorata da Porsenna per il s u o valore, 23 . CLEOPATRA - Cesare e Cleopatra, 1 20 ; 1 22 e 1 24- 1 26; viaggio sul Nilo, Cleo­ patra incinta, 1 27 e 1 28 ; Antonio e Cleopatra 2 1 9 e 260; Fulvia rende facile a Cleopatra la completa sottomissione di Antonio , 299; Antonio perde la testa per Cleopatra 308 ; Fulvia, gelosa, scatena la guerra di Pe­ rugia, 309; incontro di Antonio con Cleopatra e suo amore per lei , 3 1 2-3 1 9 ; incontro a Tarso , 3 1 9-3 2 1 ; Antonio segue Cleopatra ad Ales­ sandria, 322; potere di Cleopatra su Antonio, 323 ; il matrimonio con Ottavia non riesce a fargli dimenticare Cleopatra, 3 3 3-334; Antonio, ab­ bandonata Ottavia, si riunisce a Cleopatra, 342; riconosce i figli avuti da Cleopatra. Sospetti di un possibile matrimonio con rito egiziano, 344-347 ; Antonio lascia Cleopatra in Egitto e si avventura nella disastrosa spedizione contro i Parti , 348-349; dichiarazione d ' Antonio che Cesare aveva sposato Cleopatra ed aveva riconosciuto il figlio da lei avuto, 3 5 4 ; odio d e i Romani p e r Cleopatra, 3 5 5 e 356; Ottavia accoglie i figli super­ stiti di Antonio e Cleopatra, 356; Cleopatra si aliena amici di Antonio, 358; richiesta di Antonio di esser sepolto presso Cleopatra. Roma di­ clùara guerra a Cleopatra, 359; preparativi di guerra. La presenza di Cleo­ patra danneggia Antonio, 360; 368-370; fuga di Cleopatra all 'inizio della battaglia di Azio , 375-376; la battaglia continua anche dopo la fuga, 3 77-380; ritorno in Egitto . Cleopatra entra come una trionfatrice, ma la notizia della disfatta si di ffonde, 385; Cleopatra comincia a preparsi nuove vie di scampo , riannoda i rapporti con Antonio; preparativi di difesa e di fuga, 387-3 8 8 ; t rattative segrete di Cleopatra col nemic o , 3 90-39 1 ; Cleopatra tradisce Antonio e d aiuta segretamente Ottaviano , 393-394; Cleopatra s i rinchiude nella tomba, 398 ; suicidio d i Antonio , 399 e 400 ; morte d i Antonio , 40 1 ; Cleopatra vinta, catturata e prigio­ niera 402-403 ; seppellisce Antonio e cerca di suicidarsi col digiuno, 403 ; uccisione di Antillo e Cesarione, 404; visita di Ottaviano, 405 ; ultima visita di Cleopatra alla tomba di Antonio, 406 ; i l suicidio, 408-409 . CLEOPATRA SELENE, MOGLIE DI G IUBA I I E REG I NA DELLA MAURENTANIA - figlia di Cleopatra e Marco Antonio. Riconosciuta come tale da Antonio, 344; accolta da Ottavia, 3 5 6 . CLODIA, antenata calunniata delle varie Clodie c h e chiese l ' aiuto di Cibele per provare la sua innocenza , e castità, 1 97- 1 98 . CLODIA - l a Lesbia di Catullo. Attacchi d i Cicerone che accusava il fratello di i ncesto con lei , 67 ; Clodia fa affittare a Celio la casa adiacente alla sua per facilitare la loro relazione, 6 8 ; versi di Catullo per lei , 1 30 ; mo­ glie di Metello, è sospettata di averlo avvelenato, 292 . CLODIA O CLAUDIA (PRIMA MOGLIE DI AUGUSTO) - sposa d ' Augusto , 1 87 ; ripu­ dio, 1 88- 1 90; figlia di Fulvia e di Clodio, 294 . 442

CLODIE, LE TRE CLODIE - la moglie di Lucullo, la moglie di Metello e la mo­ glie di Re, 96. CLODIO, M. CLODIO P U LCRO. I L P U LCHELLUS - 46; Cesare e Pompeo , facendo divenire Clodio plebeo, gli aprono la via al tribunato, 48; immoralità di Clodio, 67 ; Clodio e Pompea, 68; la festa della dea Bona, 69-72; Cio­ dio scoperto in casa di Pompea, 73; processo per lo scandalo della dea Bona, 74-78; Clodio criticava Pompeo ed i l suo amore per Giulia, 1 06; Pompeo si vendica di Clodio facendo tornare Cicerone, 1 07 ; nelle sue avventure con donne sposate Cesare non si fece mai sorprendere come Clodio, 1 1 3 ; i funerali di Clodio , 1 49; Clodio, padre di Clodia, prima moglie di August o , 1 87 ; Clodio, sposo di Fulvia, 1 88- 1 89; morte di Cio­ dio, 294-295 ; Cicerone insinuava che la morte di Clodio fosse dovuta al fatto che Fulvia portava sventura, 296 e 297 ; Antonio sposa Fulvia, la vedova di Clodio e di Curione, 299 . CN. CORNELIUS LENTULUS MARCELLINUS (COS. NEL 56 A . C . ) - primo marito di Scribonia, 1 96 e padre di C . Cornelio Marcello conosciuto soltanto per un' epigrafe e probabilmente morto giovane, 1 97 . CORNELIO SILLA, P . CORNELIO S I LLA - nipote del dittatore, accusato d i cor­ ruzione e escluso dal l ' elezione a console nel novembre del 66 a . C . Suo coinvolgimento nella congiura di Catilina, 285 . COR I NNA - donna amata dal poeta Ovidio, 28 e 29. CoRNELIA - figlia di Lucio Cornelio Cinna (cos 87 - 84) . Prima moglie di Ce­ sare , 56; Cesare si rifiuta di ripudiarla, 5 8 ; sua morte 63 e 64 . CoRNELIA - la più giovane delle due figlie di Scipione l ' A fricano, madre dei Gracchi e suocera di Scipione l ' Emiliano . Sua grande cultura e suo va­ lore letterario, 25 ; chiesta in moglie da Tolomeo V I I I Euergete, 25 . CoRNELIA - vedova del figlio di Crasso ed ultima moglie di Pompeo , 26. CoRNELIA - figlia di secondo letto di Scribonia e figliastra di August o . Ele­ gia di Properzio in occasione della sua mort e . Elenco delle sue virt ù , 1 97- 1 99 . CORNELIO GALLO, CAIO CORNE LIO GALLO - generale d i Augusto, 392 . Co RNELIO MARCELLINO - figlio del primo marito di Scribonia, Cn. Cornelius Lentulus Marcellinus, 1 97 . CORNELIO SciPIONE - Scribonia, i n seconde nozze , sposa Cornelio Scipione, che si pensa sia i l console del 3 8 a . C . , 1 97 . CossuzJA - fidanzata con Cesare adolescente, 5 6 e 8 1 . Conso - figlio di Geta, 202 . CRASSO , MA RCO LICINIO CRASSO - 26; ricchissi mo, 3 8 ; sempre coinvolto i n molti intrighi politici , 44 e 46; triumvirato , 5 2 ; capo dei Populares 74; Crasso viene accusato da Cicerone di aver corrotto i giudici del processo per lo scandalo della dea Bona, 76; Cesare gli aveva sedotto la moglie, 443

1 1 3 ; Antonio nel gruppo capeggiato da Crasso, 266; congiura organiz­ zata da lui , 285 . CRASSO , P . LICINIO CRASSO - figlio del precedente e marito d i Cornelia. Muore con il padre nella disastrosa campagna contro i Parti, 26. CuLLEONE - pompeiano fervente, consiglia, inascoltato, Pompeo a ripudia­ re Giulia, 1 06 . CuRIONE, CAIO ScRIBONIO CuRIONE - accusò Cesare di aver partecipato alla congiura di Catilina e venne accusato da Vettio di partecipare ad una congiura contro Pompeo , 44-45 ; propose una legge per una tassa sul lusso, 8 5 ; sua omosessualità , 1 29 e 1 89 ; Antonio e Curione , 260-266 ; eletto tri­ buno per influenza di Pompeo , passò nel campo di Cesare e persuase Antonio a seguirlo, 267-269; attacco di Cicerone sui rapporti contro na­ tura di Curione ed Antonio 275 ; sposò Fulvia, vedova di Clodio 294 ; morte di Curione in Africa, 295 ; Cicerone sperò che tutte le morti fosse­ ro opera dell 'influenza iettatrice di Fulvia, 296-297 . CuRIONE PADRE - attacco a Cesare per Nicomede, 1 32; scandalo del figlio con Antonio, 264-266. CITERIDE - attricetta della compagnia di Sergio e amante di M arco Antonio, 288-290 e 332-334. D DEIOTARO - re spodestato dell' Armenia, 302 . DELLIO, QUINTO DELLIO - inviato di Antonio, lo abbandonò per Ottaviano proprio prima di Azio, 3 1 5 e 3 1 8 ; cambiava spesso di bandiera tanto che era stato soprannominato "il volta gabbana delle guerre civili " . DIDIO, Qui NTO D I DIO - proconsole della Siria nel 3 1 a . C . Brucia i vascelli di Cleopatra, 388; blocca i gladiatori che vogliono aiutare Antonio, 392 . DOLABELLA , PUBLIO CORNELIO DOLABELLA - genero di Cicerone e infido UO­ mo politico, è console nel 44 a.C . È uno degli uomini ben pasciuti e pettinati , 8 8 ; parlava male di Cesare, 1 32 ; si aggrega ai congiurati, 1 40 ; abbatte l a colonna di Amazio , 1 50 e 1 52 ; pagato da Antonio per impe­ dire che si oltraggiasse il cadavere di Cesare , 1 65 ; Cassio e Bruto ricevo­ no dal Senato l ' incarico di far guerra a Dolabella, 1 79 ; avrebbe voluto accordarsi con Antonio per cancellare i debiti, 27 1 ; Antonio si accorge che gli aveva sedotto sua moglie. Odio tra i due, 284; Cesare passa da­ vanti alla villa di Dolabella protetto dai suoi cavalieri , 274; entusiasmo di Cicerone per l ' abbattimento della colonna di Amazi o , 279; sempre Antonio e Dolabella, 295 ; Cleopatra aiuta Dolabella, 3 1 3 . .

DoLABELLA, CoRNELIO - accusato d i concussione d a Cesare , 5 9 e 6 1 . DoLABELLA - con Ottaviano nell' ultima battaglia d i Alessandria. Informò 444

Cleopatra che stava per essere portata a Roma, 406 . DOMIZIO ENOBARBO, CNEO DOM I ZIO ENOBARBO (COS. 34) - parente di Cassio e di Bruto, amico di Antonio, console al momento della rottura tra Ot­ taviano ed Anton i o . Cneo Domizio, dopo l ' uccisione di Cesare , era sta­ to condannato come complice del delitto , mentre, secondo Svetonio, era innocente. Venne fidanzato con la piccola Antonia Maior, 340; 3 5 3 e 3 5 8 ; poco prima della battaglia di Azio passò dalla parte di Ottaviano, ma morì quasi subito, 367 . DOM IZIO ENOBARBO , LUCIO DOM IZIO ENOBARBO - figlio del precedente. Scel­ to da Augusto nel testamento come erede fiduciario. Arrogante scialac­ quatore e crudele. I giuochi gladiatori da lui dati furono t almente efferati che Augusto dovette redarguirl o . Fu lui a sposare Antonia Maior e ad essere il nonno di Nerone, 3 5 7 . DOMIZIO ENOBARBO , CNEO DOM IZIO ENOBARBO - figlio di L . Domizio Eno­ barbo e di Antonia M ai or, sposò Agrippina Minor figlia di Germanico e fu padre di Nerone . Fu u n uomo scellerato i n ogni atto della sua vita. DRuso CESARE, DRuso M I NOR - figlio del l ' imperatore Tiberio e di Vipsania Agrippina, 2 1 0; i l padre , con grande stupore di Tacito , gli preferì Ger­ manico, figlio di suo fratello Druso e adottato da Tiberio. Probabilmente, anche se non ufficialmente, Germanico era discendente diretto di Augu­ sto, 242-244. DRuso, LIVIO

-

zio di Servi lia e fratello di sua madre Livia, 80.

DRuso, LIVIO - padre di Livia. Contrario ai Cesarian i , si uccise dopo Filip­ pi, 220 . DRuso MAIOR - nascita, 230; stornellate del popolo a proposito dello scan­ dalo , 2 3 5 ; ultimo figlio di Livia, 236; Tiberio preferisce al proprio figlio Druso, Germanico, figlio del fratello 242 e 244; dolore di Livia alla sua morte, 252; Germanico , figlio di Druso 2 5 3 ; sposa Antonia Minor da cui ha Claudio e Germanico 3 5 7 . E EGISTO

-

il sedut tore di Clitennestra, 1 1 5 .

ELENA (LA BELLA) - personaggio dei poemi omerici e dei miti ad essi collega­ t i , 270 . EPAFRODITO liberto ed uomo di fiducia di Ottaviano. Gli venne affidata la custodia di Cleopatra, 403 e 408 . -

ERos - liberto ed uomo di fiducia di Antonio. Aveva promesso di aiutarlo a suicidars i , ma poi preferì suicidarsi piuttosto che colpire il suo patro­ no, 399. Eu NOE

-

moglie di Bogud , re della Maurentania e amante di Cesare , 1 20. 445

F FABERJO - segretario di Cesare, 1 1 1 . FABIO MASSIMO - amico di Augusto . Secondo Tacito, lo avrebbe accompagnato nel fantomatico viaggio a Pianosa, 250. FADIA - figlia del liberto Fadio e moglie o concubina di Antoni o , 28 1 -283 . FADJO - liberto, padre di Fadia 28 1 -283 . FAUSTA - figlia di Silla e moglie di Milone. Sua tresca con Sallustio Crispo, lo storico, 66. FAVONIO, MARCO FAVONIO - senatore, amico intimo di Catone l 'Uticense . Plu­ t arco lo accusò di esser stato l ' amasio d i Catone l ' Uticense, 96; dopo l ' assassinio di Cesare si unì al corteo dei congiurati, 1 40 . FEBE - liberta e complice di Giulia, la figlia d i Augusto, 2 1 5 . FILIPPO, L . MARCIO FILIPPO (cos. 56) - padre d i Marcia, la moglie d i Catone l ' Uticense, 93-94; secondo marito di Azia e patrigno di Augusto 1 55 ; 273 . FoNTEJO CAPITONE - uomo di fiducia di M arco Antonio , 342 . FuLVIA - figlia di M . Fulvio Bambalio. Sposò Clodio, discendente da antica famiglia patrizia, 1 06 e 292 ; madre di Clodia, 1 87- 1 89; guerra perugina, 1 88 ; morte di Clodi o , 292 ; sposò Curione, 1 89 e 294; suocera sgradita di Ottaviano , 1 88 ; suo figlio, lullo Antonio, sposò Marcella, 206; gelo­ sia di Clodio , 292 ; I l Filippica, 296 ; Antonio , prima amante, e poi , do­ po la morte di Curione, marito di Fulvia, 295 ; terza moglie di Antonio ; note sulla s u a famiglia, 29 1 ; vedovanza di Fulvia considerata da Cicero­ ne quasi u n ' abitudine della donna, 296 e 297 ; aspetto fisico di Fulvia e suo carattere duro e prepotente 297-299; avida e crudele, 302 e 303 ; suo ruolo nelle proscrizioni e nel l ' uccisione di Cicerone, 303-306 ; Cleo­ patra, 308 ; gelosia di Fulvia, e tentativo fallito di vendicarsi seducendo Ottaviano . Poi , guerra di Perugia , 308-3 1 0 ; Fulvia e gli Antoniani per­ dono la guerra e Fulvia , fuggita, muore a Sicione . L ' annuncio della sua morte ad Antonio pone fine alle ostilità, 3 1 1 ; Fulvia su una moneta, 297 ; contemporaneità della vedovanza di Antonio e di Ottavia, 330; moglie più adatta ad Antonio di quel che non potesse mai essere Ottavia, don­ na troppo per bene, 3 3 2 ; i Romani perdonavano ad Antonio i tradimen­ ti da lui fatti alla tirannica Fulvia, 333; Antonio parte lasciando in custodia ad Ottavia anche i figli che aveva avuto da Fulvia, 34 1 ; alla vigilia di Azi o , Ottavia, ripudiata, esce dalla casa del marito portando con sè an­ che i figli di Antonio e Fulvia. Li alleva come suoi anche dopo la morte di Antonio, 354-3 5 7 . FuRNJO c. - personaggio importante e d eloquentissimo, 362. 446

G GABINIO, AuLO GABINIO (cos. 58) - Generale ed uomo politico Aveva anche lui fatto parte dell ' ondata di matrimoni con i quali i membri del primo triumvirato si erano legati . Gabinio, dopo aver dato in moglie a Pisone una sua figlia, aveva sposato una figlia del nuovo genero. Secondo Vet­ tio, i congiurati contro Pompeo avevano deciso di arrivare dal Foro con i gladiatori di Gabinio, 45 ; Antonio, alle prime arm i , segue Gabinio nel­ la guerra contro i giudei , 267 ; Gabinio e la battaglia di Farsalo , 27 1 . GAIO GRACCO - 25 . GAIO MARIO - il grande generale in lotta con Silla. Console alla nascita di Cesare , 37; aveva sposato la zia Cesare, 56; al funerale della zia, Cesare fa s filare nel corteo le immagini di Mario 62 e 63 . GALBA , SERV . SuLPICIO GALBA - uno dei tre imperatori del 69 d . C . , 256. GALLO - personaggio del seguito di Ottaviano . Aiutò Proculeio a sorprende­ re Cleopatra, 402 . GERMANICO figlio di Nerone Claudio Druso, il fratello di Tiberio . Venne adottato da Tiberi o . Simpatia per lui di Tacit o , 4; figlio di Antonia Mi­ nor, 2 1 8 ; Tiberio, stranamente lo preferì al suo proprio figli o , 242 ; co­ mando proconsolare a vita, 244; la sua morte, 25 3 ; Livia non diede mai credito alle folli accuse di Agrippina sul presunto avvelenamento del ni­ pote, 254; attraverso le due Antonie ed i loro matrimoni , i discendenti di Antonio salirono sul trono, 3 S'7 . -

GETA - 202 . GIOVENZIO - giovinetto amato da Catullo, 1 3 1 . GIUBA 1 - figlio di Iempsale. Cesare i n una discussione gli tirò la barba, 42 . Curione morì combattendolo, 295 . G I U BA, RE DELLA MAURETANIA - allevato a Roma, dove era stato i nviato in ostaggio, divenne il più intelligente e colto fra tutti i re. Sposò Cleopa­ tra Selene, la figlia di Cleopatra e Antonio, ed ebbe da lei un figlio , To­ lomeo , 356. GIULIA - madre di Antonio, donna forte e pratica, 258; bacile d ' argento re­ galato a sua insaputa dal marito, 260; sorella di Lucio Cesare , lo salvò dalle proscrizioni , 280; andò con Fulvia a supplicare i senatori perchè non dichiarassero Antonio nemico della patria, 3 0 1 ; Antonio risparmiò gratis soltanto Lucio Cesare , e questo perchè c ' era di mezzo sua madre Giulia, 304 . GIULIA - sorella d i Caio Giulio Cesare . Testimoniò nello scandalo della dea Bona, 7 7 ; fu la madre di Azia e la nonna di Augusto , 1 54 . GIU LIA - z i a paterna di Cesare e vedova di Mari o . Commemorata d a Cesa­ re, 62 . 447

GIULIA - figlia di Augusto e di Scribonia. Nascita di Giulia 1 94; suo caratte­ re, 1 96 ; 200; viziata nonostante l ' educazione severa , 202 ; fidanzamenti politici di Giulia e , poi , suo matrimonio col cugino, Marcello, 202 ; suc­ cessivo matrimonio con Agrippa, 206; tradisce il marito con numerosi amanti , 208 ; da Agrippa ha cinq Ù e figli , educati severamente dal n o n­ no, 208 ; rimostranze di Augusto sui vari atteggiamenti sconvenienti di Giulia e sue scuse , 2 1 0; morte di Agrippa e infelice matrimonio con Ti­ beri o , 2 1 0; Ritiro di Tiberio a Rodi . Giulia si sfrena, 2 1 2 e 2 1 4 ; Augusto viene informato della condotta della figlia e perde le staffe . Punizione durissima di Giulia che viene esiliata a Ventotene , 2 1 5 ; Scribonia l'ac­ compagna i n esilio , 2 1 6 ; morte di Giulia a Reggio Calabria, 2 1 7 ; non esistono ritratti sicuri di lei , 2 1 7 . Vedi anche: Livia si sposò appena nata Giulia, 230; dolore di Augusto e Li via per la vergognosa condotta di Giu­ lia, la morte dei suoi figli , la pazzi a di Agrippa Postumo e lo scandalo della nipotina Giulia, figlia di Giulia e di Agrippa, 246 ; Giulia, fidanza­ ta bambina con Antillo, 340. GNIFONE , M. ANTONIO - pedagogo di Cesare , 3 8 . G RACCO - poeta e amante d i Giulia. I mplicato nello scandalo della figlia d i Augusto, 2 1 5 .

IAIA D I CIZIZO - pittrice famosa, 27 . IAMBLICO - re di una tribù di Arabi . Alleato di Antonio nella campagna di Azi o , chiede gli sia concesso di ritirarsi, ma Antonio lo fa uccidere, 367 . IEM PSALE - re della Mauretania, 42 . I LARO liberto di Cicerone. Un delinquente che stava in Macedonia con Caio Antonio, lo zio di Marco Antonio il Bastardo , 286. -

I RAS - ancella fidata di Cleopatra, 408 . IRZIO, Auw ccos. 43> - generale d i Cesare, 4 1 ; 92; l a propaganda antoniana ac­ cusava Augusto di essersi prostituito ad Irzio, 1 70; Guerra di Modena, 1 77 ; morte d i Irzio, 1 78; sua citazione nel Monumento Anciritano, 1 83 . ISAURICO, PUBLIO SERVILIO ( ISAURICO) VATIA (COS. 74) - generale romano . Ce­ sare milita con lui i n Asia Minore, 48 ; 59. lsAURICO, Pusuo SERVILIO ccos. 48) - prima di sposare Clodia, Augusto era stato fidanzato con la figlia di Isaurico , 1 86- 1 87 . I u uo ANTONIO - figlio d i Antonio e Fulvia. Marito d i Marcella , 206; aman­ te di Giulia, si uccise allo scoppio della scandalo, 2 1 4; era stato allevato e protetto da Ottavia, 3 5 6 . l u N I A - sorella di Bruto e moglie di Lepido . E b b e u n a relazione adulterina con Vedio, 86; il marito Lepido marciò contro Roma, 1 0 1 . 448

L LABEONE - uno dei congiurati contro Cesare , partecipa alle riunioni organiz­ zate da Servilia, l O l ; attraverso Decimo Bruto informa Cicerone del ma­ lanimo contro di lui , 1 79; 1 80. LAENAS, CAIO POPILIO LAENAS - cliente insoddisafatto e uccisore di Cicero­ ne, 48 ; 276 . LAMPRIAS - un vecchio medico greco che, da giovane, aveva studiato a d Ales­ sandria, e del quale il nonno di Plutarco ricordava ancora i racconti , 1 25 e 322 . LENTULO, CORNELIO LENTULO (COS. 4 9 A.C.) - Era appena eletto quando c i fu la seduta nella quale si tentò di togliere le legioni a Cesare , 269 . LENTULO, Luc1o CoRNELIO LENTULO - figlio di Lucio Lentulo Niger, flami­ ne di Marte. I l padre morì nel 56 a . C . , Accusato da Vettio di far parte di una congiura diretta ad eliminare Pompeo , 45 . LEPIDO , MA RCO E M I L IO LEPIDO (COS. 46) - generale di Cesare e console con lui nel 46, fu triumviro con Antonio ed Ottaviano nel secondo triumvi­ rat o . Marito di Iunia sorella di Bruto, 85 e 1 0 1 ; Magister Equitum , alla morte di Cesare presidia il Foro , 1 40- 1 44 ; ai funerali di Cesare , Lepido con i suoi soldati tiene a freno la folla che voleva incendiare le case dei congiurat i , 1 49; dopo la disfatta di Antonio a M odena, Decimo, pen­ sando di inseguirlo e cacciarlo via dal l ' Italia, lo spinge t ra le braccia di Lepido, 1 77 ; il Senato viene a sapere della riunione di Antonio e Lepi­ do, 1 80; Ottaviano persuade le sue truppe a dichiarare che non avrebbe­ ro mai combattuto le legioni di Antonio, Lepido, Planco e Pollione che, come loro , avevano combattuto agli ordini d i Cesare , 1 8 1 ; Ottaviano parte verso Bologna e lì con Antonio e Lepido forma il secondo trium­ virato, 1 83- 1 84; ne1 46 Cesare lo sceglie come collega al consolato, 272; proscrizioni, 276; Lepido chiede la testa del fratello Paullo, 278 ; grazia il fratello, 304; assieme a Fulvia ha screzi con Ottaviano, 308 ; Lepido non contava molto nel triumvirato, 3 1 3 ; Ottaviano chiede inutilmente aiuto ad Antonio e Lepido contro Sesto, 337 e 340 ; poco prima della battaglia finale Antonio cerca di replicare con i soldati di Gallo il gio­ chetto che gli era riuscito con quelli di Lepido i n Gallia, 392. L E P I DO, PAoLO EMILIO LEPIDO - fratello del triumviro , comprat0 alla causa di Cesare dalla somma di 1 500 talenti, pari a 36.000 . 000 di sesterzi . Ri­ costruì la Basilica Emilia. Lepido lo mise nelle liste di proscrizione, 278. L I Bo DRuso SCRIBONIO giovane nipote di Scribonia che, accusato di trame rivoluzionarie, nonostante l ' opposizione della nonna, commise suicidio, 2 1 6. -

L I V I A (MADRE DI SERVILIA) 80. L I V I A DRUSILLA - terza moglie di Augusto . Odio di Tacito verso di lei , 4; sua petti natura, 29; Svetonio la diceva tradita da Augusto con varie amant i , -

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3 5 ; 36; in realtà , per Augusto ci fu soltanto Livia, 1 86; gelosia di Scri­ bonia quando si rende conto della relazione del marito con Livia, 1 94- 1 96 e 2 1 6 ; i ntelligenza e contegno di Livia, 202 ; 2 1 0; partenza di Tiberio per Rodi , 2 1 2 ; probabilità che Livia sapesse qualcosa sulla condotta immo­ rale di Giulia, 2 1 4 ; statue di Livia, 2 1 8 ; morte del padre di Livia, suicida dopo la battaglia di Filippi, quanto Livia era già moglie di Tiberio Ne­ rone sposato a 1 5 ann i , 220; nascita di Tiberio e, dopo due ann i , guerra e scon fitta di Perugia e fuga di Tiberio Nerone con moglie e figlio, 222-223 ; ritorno a Roma e i ncontro con Augusto, 224; aspetto fisico e qualità di Livia e ipotesi su chi fosse il padre del bambino di cui era in­ cinta nel 39, 225-230; Tiberio Nerone su richiesta di Augusto gli conse­ gnò la moglie incinta e le costituì persino una dote, 232-23 5 ; ipotesi su chi fosse i l padre di Druso , 236; moralità di L i via, 237-239; Li via ed Au­ gusto moribondo a Nola, 24 1 ; morte di Augusto, 244; Tiberio rifiuta ogni onore per sè stesso e la madre, 242 ; successione di Augusto , 244; ultime parole di Augusto, 244; Livia, vedova e sola, venne tacciata di veneficio da Dione, 246-250; giudizio spassionato su Livia, 25 1 -25 7 . L I V I O DRUSO CLAUDIANO - padre di Livia. Si suicidò dopo Filipp i , 220 . Lo L LIA - moglie di Aulo Gabinio e amante di Cesare , 1 1 3 . LONGINO, Q . CASSIO LoNGINO - tribuna della plebe assieme a M arco Anto­ nio, lottò con lui a favore di Cesare nella seduta del Senato dell ' inizio del 49 e con lui venne espulso, 268; 269 . LUCREZIA - Figlia di Lucrezio Spurio e moglie di Tarquinia Collatino. Ven­ ne violentata da Sest o , i l figlio di Tarquinia i l Superbo e, dopo averne informato il marito , si uccise, 23 ; 24 . CEsARE - fratello di Giulia, madre di Antonio, e quindi zio del trium­ viro . Proscritto, 278 e 279; salvato da Giulia la sorella, 280; l ' unico ad essere graziato da Antonio senza bisogno di pagar niente a lui o a Ful­ via, 304.

LUCIO

Luc1o DoMIZIO - Accusato da Vettio per la congiura contro Pompeo , 46 . L U CULLO , LUCIO LUCULLO LICINIO - ricchissimo piscinarius, 3 8 ; denunziato nella seconda versione di Vettio , dopo che Cesare fece cambiare a que­ sto la prima accusa, 46 ; lo scandalo della dea Iuventus, 96 e 1 3 3 ; marito t radit o , 1 89; aveva sposato Clodia senza dote, 292 . LucULLO, MARCO LucuLLO - fratello di Lucio e marito di Servilia, sorella del­ l ' omonima amante di Cesare . La moglie lo t radì clamorosamente con M e m m i o , 96 e 1 3 3 .

M

- uno dei cittadini importanti di Perugia. Dopo la caduta di que­ sta città, diede fuoco alla sua casa dando inizio all 'incendio e si suicidò, 3 1 0.

MACEOONICO

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MAMERCO E M I LIO - parente di Cesare, ottenne per lui la grazia di Silla, 5 9 . MARCELLA MAIOR - figlia di Ottavia e d e l s u o primo marito M arcello , 329. M A RCELLA MINOR - figlia di Ottavia e del suo primo marito Marcello . Sposò Agrippa e venne poi fatta divorziare da Augusto per consentire il ma­ trimonio di costui con la figlia Giulia, sposò poi subito l ullo Antonio, figlio di Antonio e di Fulvia, che, amante di Giulia, allo scoppio dello scandalo preferì uccidersi , 206 ; nata postuma, 329. MARCELLO, CAIO CLAUDIO M ARCELLO (cos . 50) - console con Lucio Paulo, un partigiano di Cesare . Marcello era invece violentemente contrario al grande generale nonostante questi fosse zio di sua moglie, Ottavia, 1 09; 325 ; morte di Marcello, 329; 330; dopo la sua morte Ottavia mise al mon­ do Marcella Minor, 329. M A RCELLO, M. CLAUDIO MARCELLO (cos . 5 1 ) - probabilmente fratello o cu­ gino del precedente, fu fieramente avverso a Cesare . Si ritirò a Mitilene in volontario esilio. Nonostante tutto Cesare gli concesse il perdono e Cicerone ringraziò pubblicamente il dittatore con il suo Pro Marcello . Mentre Marcello si accingeva a far ritorno in Patria morì al Pireo pu­ gnalato da un suo amico, un certo P. Magio Ci Ione . Secondo Cicerone questi era invidioso per non aver ricevuto anche lui il perdono concesso all ' amico. Dopo aver commesso il delitto Magio si suicidò . Marcello venne solennemente sepolto ad Atene nell' Accademia, 8 7 . MARCELLO, M ARCO CLAUDIO M A RCELLO - figlio di Ottavia e di Caio Clau­ dio M arcello . Sposò Giulia la figlia di Augusto e morì dopo soli due an­ ni di matrimonio, 202 ; dolore di Ottavia dopo la sua morte, 206 ; era il figlio prediletto di Ottavia, 329. MARCIA - figlia di L. Marcio Filippo (cos . 56) , il patrigno di Aug·u sto . M ar­ cia era moglie di Catone I ' U ticense, 93-95 . MARCIA - amica di Livia e moglie di quel Fabio M assimo che, secondo Taci­ to, sarebbe stato assassinato dall' Augusta, 250. MARCIO RE, Qu i NTO M ARCIO R E (cos . 68) - marito di una delle tre Clodie, 292 . MARCO ANTONIO - triumvìro . A parte i suoi successi nel campo militare e po­ litico fu anche un grande amatore, 36; proscrizioni, 48; era uno degli uomini ben pasciuti e pettinati che, secondo Cesare non facevano pau­ ra, 8 8 ; si allea con Lepido, 1 0 1 ; aveva scatti di generosità, come quando dopo Filippi provvede ai fu nerali di Bruto, 1 02 ; idi di marzo . Cesare avrebbe voluto inviare Antonio a sospendere la seduta del Senato, ma Decimo Bruto Albino lo dissuade dal farlo, I l O; dopo la morte del dit­ tatore, Antonio porta a casa sua tutti i denari e gli incartamenti di Cesa­ re, I l O e I l i ; nelle lotte contro Ottaviano, Antonio afferma che Cesare aveva riconosciuto il figlio avuto da Cleopat ra, 1 28 ; carattere e morali­ tà di Antoni o . Cicerone lo accusava di essers i , adolescente, prestato alla libidine di Curione, 1 29; rabbia di Cicerone per il fatto che Antonio fos45 1

se stato trattenuto fuori della Curia di Pompeo , invece di venir ucciso con Cesare , 1 3 7 e 1 3 8 ; lettura del testamento di Cesare nella casa del console, 1 1 1 ; Antonio riunisce il Senato nel tempio di Tellus, 1 42 ; sedu­ ta del Senato e vittoria di Antonio su tutta la linea, 1 43 - 1 45 ; Antonio presiede ai funerali di Cesare, 1 46- 1 48 ; u n ' assenza di Antonio permette a Dolabella di abbattere la colonna di Amazi o , 1 50; ritorno di Ottavia­ no e lotta tra lui ed Antoni o , 1 55 ; i l perché della preferenza di Cesare per suo nipote invece che per il suo braccio destro, 1 60; Antonio defini­ to da Cicerone un osso duro per Ottaviano, 164; scontro fra i due, 1 65- 1 7 1 ; Antonio, che si era fatto assegnare la Gallia Cisalpina nella quale si era già insediato Decimo Bruto, inizia a raccogliere legioni per far va­ lere il suo diritto. Ottaviano cerca subdolamente di portargliele via, 1 72; Antonio è costretto a procedere alla decimazione delle truppe ribelli , 1 73 ; scontro tra Antonio ed Ottaviano e attacco d i Cicerone in Senato, 1 74- 1 76; Antonio assedia Decimo a Modena, ma viene sconfitto da Ottavian o . Fugge verso la Gallia e si allea c o n Lepido, 1 77 ; comportamento impru­ dente del Senato che, offendendo Ottaviano, favorisce Antonio, 1 78- 1 82 . Ottaviano si ricongiunge a d Antonio e Lepido. Secondo triumvirato, 1 83 ; prescrizioni , 1 84; matrimonio di Ottaviano con l a figliastra d i Antonio, 1 87 ; Antonio e Fulvia, 1 88 - 1 89 Ottaviano ripudia Clodia, 1 90 ; dopo la morte di Fulvia ed il matrimonio con Ottavia, fidanzamento del piccolo Antillo , figlio di Antonio, con Giulia, figlia di Ottaviano . l matrimoni i n famiglia avverranno soltanto molto dopo, quando, morti Antillo ed Antonio , lullo Antonio sposerà Marcella, figlia di primo letto di Otta­ via, 202 ; lotta tra i due cognat i . Antonio accusa Ottaviano di adulteri o , 2 1 9-220; tra i seguaci di Antonio c ' era anche il primo marito di Livia, 222-223 ; Antonio: i suoi genitori, 258; la sua bellezza , 260 e 26 1 ; la sua i mmoralità, e la storia di Curione, 264 ; le accuse a proposito della rela­ zione con Curione della Il Filippica, 205 e 206; suoi legami con Clodio , 266 ; suo trasferimento a d Atene , 267 ; sua riuscita nella carriera militare e politica. Tribuno, lotta per Cesare , 268 ; si rifugia da Cesare , 269; il Rubicone, 270; Farsalo e subito dopo la nomina a Magister Equitum , 27 1 ; scopre l a relazione della moglie Antonia con Dola bella, 272; l a sce­ na dei Lupercalia, 272 e 273 ; gli attacchi di Cicerone con le Filippiche, 275 ; al ritorno di Antonio, profondamente offeso nella I l Filippica, uc­ cisione di Cicerone, 276 e 278 ; mancata uccisione di L . Cesare, 279-280; infelice scelta delle mogli , 280; Fadia, 28 1 -283; Antonia, 283-284; 287-288 ; Cytheris, l ' attricetta sua amante, 289-290; matrimonio con Fulvi a , 295-296 ; Cicerone esortava Fulvia a far morire c o n il s u o malevolo in­ flusso Antonio, 297 ; Aspetto, qualità e difetti della terza moglie di An­ tonio, 298-299; vita coni ugale dei due, 300; tradimenti di Antonio, 30 1 ; grande cupidigia dei due, 302; compiacimento di crudeltà dei coniugi , 303 ; dopo la battaglia di Filippi Antonio passa in Grecia e poi in Asia , 307 ; s i incontra con Cleopat ra, 308 ; Antonio e Cleopatra, 3 1 2 ; invito a Cleopatra di raggi ungerlo a T arso , 3 1 4-3 1 9 ; arrivo di Cleopatra a Tar452

so , 320; il banchetto e la cattura, 3 20-3 2 1 ; Antonio la segue ad Alessan­ dria, 3 22-32 3 ; intanto, in Italia, Fulvia scatena la guerra di Perugia, ma Antonio non ha molta voglia di aiutarla 308-3 1 1 ; Antonio torna a Ro­ ma 329; sposa Ottavia e si rappacifica con Ottaviano, 3 3 0-3 3 5 ; screzi col cognato, 336; Antonio lascia Roma con la sua famiglia, 3 3 7 ; torna in Italia i n seguito alle sconfitte di Ottaviano, 3 3 8 ; Ottavia si interpone tra fratello e marito e fa in modo che non sorgano tra loro contese irre­ parabil i , 3 3 9 ; i due si rappaci ficano , 340; Antonio parte per l ' Asia e la­ scia in Italia moglie e figli , 34 1 ; arrivato in Asia, Antonio richiama a sè Cleopatra, 342 ; le dona vasti territori , 343 ; i ndignazione a Roma per questo e per il suo riconoscimento dei figli di Cleopatra, voci su una sua probabile bigamia , 344-347; disastrosa campagna contro i Part i , 348; Ot­ tavia cerca di raggiungerlo , ma Antonio la fa fermare ad Atene, 349 e 3 5 0 ; Cleopatra si trascina via Antonio ad Alessandria , e successivamen­ te Antonio celebra ad Alessandria il trionfo sul re di Armenia, 3 5 2 ; ceri­ monia al ginnasio di Alessandria e distribuzione di tutto il blocco orientale ai suoi figli ed a Cleopatra, 3 5 3 ; indignazione e timore a Roma. Lotta aperta contro Antonio e ripudio di Ottavia , 3 54-3 56; battaglia dei due partiti in Senato: gli Antoniani partono e raggiungono Alessandria, 3 5 8 ; lettura a Roma del testamento d i Antonio, 3 5 9 ; Antonio spogliato di tutte le cariche e dei diritti di cittadino roman o , 359; preparativi di guerra, 360; Antonio, sempre più follemente infatuato di Cleopat ra, si aliena molte simpatie, 367 ; non si prepara adeguatamente alla guerra, 365 ; pre­ sagi di sventura, 368; Cleopatra vuole la battaglia navale contro il pare­ re dei generali di Antonio, 368-37 1 ; la battaglia, 372-374; fuga di Cleopatra. Antonio la segue , 375-376; nonostante la fuga dei capi la bat­ taglia prosegue, 377-379; fine della battaglia e vittoria di Ottaviano, di­ sfatta di Cleopatra ed Antonio , 3 80; Antonio interpreta la fuga di Cleopat ra come il segnale della disfatta, 382; Antonio e Cleopatra ven­ gono abbandonati dai loro alleati e Antonio cerca invano di chiamare a sè le legioni stanziate in Africa , 3 84; Antonio si rinchiude nel Timo­ neum, 385 ; ritorna da Cleopatra, 386; le truppe antoniane rimaste in Gre­ cia si aggregano ad Ottaviano , 387; Cleopatra progetta la fuga, 387-388; Ottaviano si avvicina. Trattative infruttuose, 3 88-389; gli unici che vor­ rebbero aiutare Antonio sono i suoi gladiatori, 39 1 ; Antonio tenta di nuovo inutilmente di chiamare a sè le legioni accampate a Paretonio, 392; intanto, per il tradimento di Cleopatra, cade Pelusio , 393 ; anche il tiaso bacchico abbandona Antonio , 395 -397 ; la disfatta finale, 398; suicidio e morte, 399-400 ; sua imbalsamazione , e funerale, 403 ; curiosi­ tà di Ottaviano che vuoi vedere la donna che ha st regato Antonio. Cleo­ patra lo riceve dopo aver tolto tutte le i mmagini di Antonio e averle sostituite con quelle di Cesare , 405 ; Cleopatra, informata del fatto che sta per esser portata a Roma, reca le ultime offerte alla tomba di Anto­ nio, 406 e 407 ; manda ad Ottaviano un biglietto nel quale chiede di esser sepolta vicino ad Antonio , 408 ; dopo la morte di Antonio, Ottavia si 453

occupa di tutti i suoi figli superstiti , 3 5 6 . MARCO PETREIO - legato di Caio Antonio, combatte p e r l u i la battaglia d i Arezzo contro Catilina, 285 . MARCO LATERENSE, MARCO GIOVENZIO LATERENSE - all'epoca della guerra di Modena, era un legato di Lepido e, quando questi si accordò con Anto­ nio, si uccise . Chiamato in causa da Vettio dopo il ribaltamento della sua delazione, 46 . MARCO PUPIO P1soNE (cos . 6 1 ) - aveva sposato la vedova di Cinna, ma, quan­ do Silla ordinò di sciogliere i legami con i parenti di Cinna, la ripudiò, 5 8 . MARCO TERMO - generale ai cui ordini combatte Cesare giovane , 59. MARFADATE - personaggio di sangue reale che ospita Porcio, il figlio di Ca­ tone I ' Uticense, 92. MASINTA - cliente di Cesare e da lui difeso contro lempsale re della Numi­ dia, 42 . MECENATE , CAIO MECENATE - era un uomo ricchissimo di rango equestre e tale restò fino alla fine della sua vita . Era molto amico di Augusto e, a quel che dice Dione, lo frenava e lo calmava ogni volta che questi per­ deva le staffe . Gli eventuali scatti del gelido Augusto non dovevano es­ ser molti , ma è probabile che M ecenate temperasse la durezza del suo amico e lo trattenesse dall' essere crudele. Dione aggiunge pure che Me­ cenate fu il primo ad inventare la stenografia, mentre questa è un'inven­ zione di Tirone , il segretario di Cicerone e il contributo di Mecenate a quest ' arte è limitata ai miglioramenti che un suo segretario apportò al sistema di Tirone . Relazione tra Augusto e Terenzia la moglie di M ece­ nate, 237; Mecenate aiuta Ottavia nel componimento dello screzio tra Antonio e Ottaviano , 3 3 9 . MEMMIO, CAIO MEMMIO - personaggio moralmente molto discutibile a c u i Lu­ crezio dedicò il suo De rerum natura. Accusò Cesare di essersi prostitui­ to a Nicomede, 1 3 2- 1 3 3 ; sedusse le mogli di tutti e due i Luculli , 96. MENELAO - personaggio del ciclo omerico e uno degli Atrid i , 96 . METELLO SCIPIONE, (cos . 52) - il suo nome era Q . Cecilia (Pio Scipione) adot­ tato da Metello Pio. Era padre dell ' ultima moglie di Pompeo Magno, Cornelia, 26; amico di Antonio, dopo la l Filippica, lo ospita nella sua villa di Tivoli, 274. METELLO, Q. METELLO CELERE (cos . 60) - marito di Clodia, 67; 68; 1 89 . METONE - catturato da Agrippa prima della battaglia di Azi o , 366. METRODORO I L BALLE R I NO - 307 . M I LONE, T. ANNIO M I LONE - uomo forte del partito degli Ottimati, nemico di Clodio. Aveva sposato Fausta, la figlia di Silla, 66; uccide Clodio a Bovil­ le, 1 88 ; 292 e 294; esiliato a Marsiglia , 1egge la difesa di Cicerone e si com­ piace che l'oratore non l'abbia declamata in quanto la giudica disastrosa, 276. 454

M I RTILO - schiavo che viene ucciso dopo la falsa accusa di aver partecipato ad un complotto ordito da Ottaviano per uccidere Antonio, 1 72 . Muc1A - moglie di Pompeo Magno e madre d i Sesto. Sedotta d a Cesare vie­ ne ripudiata dal marito, 1 1 3 ; 1 1 5 . N NERONE, L . DOMIZIO ENOBARBO (IMPERATORE DAL 54 AL 69 D.C.) - sua pazzia, 248 ; Burro a capo dei suoi pretoriani , 256; è uno dei discendenti di An­ tonio e sembra convalidare la teoria di questi quando affermava di do­ ver far figli con molte donne per creare dei re, 345-346. NICOMEDE I I - re di Bitinia. Cesare viene accusato di aver avuto sostenuto la parte passiva i n un rapporto omosessuale intrecciato con lui , 1 29; 1 32- 1 36 . N IGER inviato di Ottavia a M arco Antonio, 3 5 0 . -

NIGI DIO FIGULO - profetizza a l padre di Augusto la futura grandezza di Ot­ taviano, 1 57 . NUM ITORIA FREGELLANA - moglie di Antonio i l Cretico. Cicerone l a defini­ sce figlia di un traditore perché i l padre, Q . Numitorius Pullus, pur es­ sendo di Fregelle, consegnò la sua città, che nel 1 25 a . C . , si era rivoltata a Roma, ai Romani , 282 . o

OLIMPIA

-

madre di Alessandro Magn o , 1 56 .

0RTENSIA - figlia d i Q . Ortensio, l ' oratore . U n a delle intellettuali dell' epoca fu un'ottima patrocinatrice di cause, 27; difese con successo la causa delle congiunte dei proscritti , e la sua orazione fu oggetto di studio e portata ad esempio nei secoli successivi , 306 . ORTENSIO, QUINTO ORTENSIO (cos . 69) - scelta sbagliata della giuria per il pro­ cesso a Clodio, 7 5 ; chiede a Catone l ' Uticense che gli venga concessa in moglie la figlia Porcia, benché sposata 93-94; dopo i l rifiuto, chiede ed ottiene la moglie di Catone, Marcia, 94-95 ; padre di Ortensia, 306 . OTIAVIA - pronipote di Cesare . Dopo la morte di Giulia, Cesare la propone i n moglie a Pompeo, 1 09 ; Ottavia è la sorella maggiore di Augusto, 1 54; quando il fratello marcia su Roma si rifugia con la madre nella Casa delle Vestali , 1 82 ; madre di Marcello, primo marito di Giulia, 202 ; e di Marcella, moglie di Agrippa, 206 ; molte statue di lei, 2 1 8 ; sua dispera­ zione per la morte di M arcello, 252; Augusto la esenta dalla patria pote­ stas, 256; all' epoca delle proscrizioni Ottavia salva molti proscritti , 306; alla morte di Fulvia, Ottavia , vedova, sposa Antonio, 3 1 1 ; 3 2 5 ; Ottavia 455

moglie sottomessa al marito, sua bellezza, 328; dopo un matrimonio tran­ quillo con Marcello , quello tormentato con Antonio, 329; monete con l ' effige di Antonio e Ottavia, 330; Ottavi a donna meravigliosa, 33 1 ; ap­ pena nata la seconda M arcella, Ottavia resta incinta di Antonio , 3 3 2 ; ma Antonio n o n p u ò dimenticare Cleopatra, 3 3 3 ; Antonio parte con Ot­ tavia per la Grecia , 3 3 7 ; Ottavia accompagna il marito che parte per in­ contrarsi con Ottaviano e rinfacciargli le sconfitte, 3 3 8 ; Ottavia mette pace tra i due, 339; partecipa agli accordi , 340; Antonio rimanda Otta­ via ed i figli a Roma, 3 4 1 ; Ottavia viene i n formata del sospetto che An­ tonio abbia potuto sposare Cleopatra, 345; Ottavia si rifiuta di abbandonare Antonio, 346; Ottavia parte per raggiungere il marito , ma viene fatta da lui fermare ad Atene, 349; Ottavia, anche se oltraggiata , si rifiuta di chiedere vendetta, 3 5 1 ; Antonio ripudia Ottavia e la scaccia da casa , 3 54-356; dopo la morte di Antonio, Ottavia raccoglie ed alleva tutti i figli superstiti del marito, 3 5 6 ; Cleopatra sta attenta a che Ottavia non possa prendere contatto con Antonio, 360; Cleopatra ad Atene è gelosa di Ottavia che, qui era molto amata, 36 1 ; l ' odio di Ottaviano per Antonio è aumentato dal comportamento di questi verso Ottavia, 389; Cleopatra mostra a Ottaviano i gioielli che dice di voler portare in dono a Livia ed Ottavia, 406 . 0rrA VIA LA MAGGIORE (SORELLASTRA DI AUGUSTO) - sorellastra di Augusto nata da un precedente matrimonio di Ottavio con Ancaria, 1 5 5 . OTTAV IANO (CAIO G I U L I O CESARE OTTAVIANO), ANCHE I L GIOVANE CESARE O AuGUSTO - suo amore per Livia, 3 5 ; leggi che regolavano il matrimonio ed i rapporti matrimoniali , 36; Augusto fa bruciare la parte della pro­ duzione letteraria minore di Cesare , 40; suo senso della dignità, 54; Au­ gusto . Creazione del suo mito . Sue qualità, parentela con Cesare e suoi familiari , 1 54- 1 5 5 ; propaganda antoniana contro la sua famiglia, 1 56 ; leggende e propaganda cesariana pro Ot.taviano, 1 56- 1 5 8 ; a 1 6 anni vie­ ne preso con sé da Cesare, 1 59; personalità e ritratti di Augusto , 1 60- 1 62 ; l e idi di marzo, 1 63 ; giunge a Napoli, 1 63 - 1 64 ; accetta l ' adozione e deci­ de di affrontare Antonio, 1 64 ; paga di tasca sua i lasciti di Cesare , 1 66 ; i giuochi per l e Palilie e l a stella cometa, 1 68 ; attacchi degli Antoniani , 1 69; accuse di omosessualità passiva, 1 70; rapporti tempestosi con An­ tonio , 1 7 1 ; mentre Antonio comincia a raccogliere t ruppe per andare ad impossessarsi della Gallia Cisalpina, O t t a\·iano, che si sta armando , cerca di sott rargliele, 1 72- 1 73 ; il Senato com i n c i a a corteggiare Ottaviano per farsi da lui aiutare contro Antoni o , 1 76 ; battaglia di Modena. Antonio è sconfitt o , 1 77 ; il Senato , sicuro della fi ne di Antonio, offende grave­ mente Ottavian o . Questi comincia a riannodare i rapporti con i Cesaria­ ni, 1 78- 1 80; Ottaviano manda i legionari a Roma a chiedere la loro ricompensa mai pagata e , per sé, il consolato che gli era stato promesso . I soldati vengono offesi dal Senat o , 1 8 1 ; marcia su Roma. Ottaviano , console, condanna all ' i nterdizione dal fuoco e dall 'acqua gli assassini di suo padre, 1 82 ; pregato dal Senato, Ottaviano finge di partire per fer 456

mare Antonio e Lepido . In realtà vuole formare con loro u n ' alleanza, 1 83 ; secondo triumvirato , 1 84; Livia unico amore di Ottaviano e, dopo il matrimonio con lei , sua vita abbastanza morale, 1 86; matrimonio con Clodia, che ripudia vergine dopo due anni di vita in comune, 1 87 ; screzi con Fulvia e dubbi sul matrimonio, 1 88- 1 90 ; matrimonio con Scribonia più vecchia di lui , 1 9 1 - 1 93 . Ottaviano fa dichiarazioni calunniose su Scri­ bonia, e la ripudia lo stesso giorno della nascita di Giulia, 1 94 ; gelosia giustificata di Scribonia: alla base del divorzio la storia con Livia, 1 96; diversità tra Giulia, figlia di Ottaviano , e Cornelia, figlia del secondo matrimonio di Scribonia, 1 97 ; anche Augusto piange la morte di Corne­ lia, 1 99; Giulia e sua cattiva riuscita nonostante la severa educazione im­ partitale da Ottaviano, 200 ; questi fidanza molte volte e con le più diverse persone la figlia per perseguire i suoi scopi politici . Poi la sposa, prima con Marcello e poi , alla morte di questi , con Agrippa, 202; Agrippa coe­ taneo di Augusto , 206; Augusto adotta i nipoti, e impartisce loro u n ' e­ ducazione severa 208 ; Morto Agrippa, Augusto fa sposare la figlia con Tiberio, 2 1 0; Augusto ignora tutto della figlia fino a che non scoppia lo scandalo , 2 1 4; indignato, relega la figlia a Ventotene, 2 1 5 ; permette il suo trasferimento a Reggio Calabria, 2 1 6-2 1 7 ; avventure di Ottavia­ no, maggiore di 5 anni rispetto a Livia, 2 1 9 ; antagonismo della famiglia di Livia contro Ottaviano , 220; dopo la pace di Brindisi incontro di Ot­ taviano con Livia, 224; i l loro amore, 225-22 8 ; Livia resta .incinta . I po­ tesi di Carcopino, 229-233 ; rifiuto dell 'ipotesi e nascita del bimbo dopo tre mesi di matrimonio, 234-236; Augusto non riesce ad avere figli legit­ timi da Livia, 236; sostanziale fedeltà alla moglie. Ottaviano, fragile e malaticcio non era il tipo del dongiovanni, 237; stretto moralista , 238; ultima infermità e presagi della sua fine, 240 ; sue ultime ore e sue ultime disposizioni in segreto a Tiberio, 24 1 -242 ; morte, 244-245 ; Livia dopo la morte di Augusto. Calunnie dei suoi nemici , 246-250; grande stima di Augusto per Livia e grandi qualità di lei , 25 1 ; Augusto lascia Li via appena ventiquattrenne libera di disporre ed amministrare il suo patri­ monio e le decerne altri importanti privilegi , 256; regole di Livia per es­ ser felice con Augusto, 257; Augusto e le proscrizioni, 276-279; Antonio, mentre si vanta di discendere dalla gente Giulia, guarda con diprezzo Ottaviano, 282; Clodia, moglie bambina di Ottaviano 294; rapporti tesi fra Ottaviano ed Antonio, 3 0 1 ; Ottaviano all 'annuncio della morte di Antonio si ritira nella sua tenda, 304 ; moderazione di Ottaviano nelle proscrizioni , 306 ; sua grave malattia subito dopo Filippi , 307 ; epigram­ ma di Ottaviano a Fulvia, 308; glandes perusinae, 3 1 0; st rage di Peru­ gia. Pace tra Ottaviano e Antonio, 3 1 0; Ottaviano combina il matrimonio tra Antonio e la sorella Ottavia, 3 1 1 ; abitudine di Antonio di sbrigare i suoi affari a cena come faceva , ad esempio , con Ottaviano , 320; guer­ ra di Perugia, 329; si celebra il matrimonio di Antonio con la sorella di Ottaviano , 330; accordo t ra Antonio ed Ottaviano, 3 3 5 ; se il matri­ monio avesse funzionato vi sarebbe stata pace tra Antonio ed Ottavia 457

no, 3 3 3 e 3 3 5 ; passione di Ottaviano per il giuoco , 3 3 5-336; incontro di Ottaviano con Antonio in Pugli a . Ottavia mette pace fra i due, ,3 3 8 e 340 ; Ottaviano riparte per affrontare Sesto, 341 ; lettera del 34 o 33 di Antonio ad Ottaviano nella quale il primo chiama Cleopatra moglie, 344; indignazione a proposito di quel che Antonio sta facendo alla sorella, ma Ottaviano si trattiene fino al l ' ultimo di i ntervenire, 347 ; la sorella di Ottaviano viene oltraggiata, 350; Ottaviano ordina alla sorella di la­ sciare immediatamente la casa di Antonio, ma Ottavia non vuole, 3 5 1 ; Ottaviano per muoversi attende che, da parte di Antonio, vi sia una pro­ vocazione gravissima contro i Roman i , 3 52-3 5 3 ; lotta al Senato tra Ot­ taviano ed i partigiani di Antonio, e ripudio di Ottavia, 3 54-356; Ottavia, dopo la morte di Antonio, sistema presso Augusto il figlio superstite di Antonio e Fulvia, 356; Ottaviano lascia gli Antoniani liberi di recarsi ad Alessandria, 3 5 8 ; Ottaviano viola i l testamento di Antoni o , 359; pre­ parativi di guerra. Antonio perde tempo e da un gran vantaggio ad Ot­ taviano, 362; la campagna di Azi o : prime s fide e scaramucce, 364-366; per Antonio cominciano i primi rovesci e le prime diserzioni , 367 ; Cleo­ patra spera nella vittoria di Antonio su Ottaviano , 369; le navi di Anto­ nio copiate da quelle che diedero la vittoria ad Ottaviano i n Sicilia, 37 1 -372; ultimi preparativi prima della battaglia di Azio, 3 7 1 -372; la bat­ taglia di Azio , 3 7 3 ; le navi di Ottaviano, piccole ed agil i , hanno la me­ glio, 374; dopo la fuga di Cleopatra ed Antonio , Ottaviano cerca di fermare i l combattimento ormai inutile, ma gli Antoniani non gli danno ascolto, 377; ultime fasi della battaglia. Ottaviano incendia le navi ne­ miche, 378; la paura di Cleopatra ad Azio paragonabile a quella di Ot­ taviano a Filippi 380; fine della battaglia: Ottaviano vincitore, 3 84; le legioni abbandonate da Antonio resistono ancora per un po ' ad Otta­ viano , 3 86 e 3 8 7 ; Cleopatra vuole fuggire lontano da Ottaviano , 388; tentativi dei due di ottenere una tregua da Ottaviano, ma Ottaviano non può perdonare Antonio , 389; Ottaviano si mette in contatto con Cleo­ patra per farle tradire Antonio , 390; Ottaviano cattura Pelusio, 393 ; è preoccupato della possibilità che Cleopatra si uccida e arda con sè tutte le sue ricchezze , 393 e 402 ; Ottaviano viene informato del suicidio di An­ tonio, 40 1 ; Ottaviano fa uccidere Antillo e Cesarione, 403 ; visita a Cleo­ patra, 405 ; Ottaviano si preparava a portare Cleopatra a Roma, 406; non sospetta le intenzioni della regina: riceve un messaggio da lei e, troppo tard i , capisce che si è uccisa, 408-409 . OTIAVIO, CAIO - primo marito di Azia e padre di Ottavia e di Ottaviano. Sua famiglia, sua posizione, sue grandi qualità e sua morte, 1 54- 1 5 5 ; la pro­ fezia di Nigidio Figulo, 1 5 7 . p

PANSA , GAIO V I BIO PANSA (cos . 43) - Ottaviano parte per la guerra di Mo458

dena con i due consoli del 43 , Irzio e Pansa 1 77 ; morte di Pansa , 1 78 ; Pansa, moribondo , consiglia a d Ottaviano d i allearsi c o n Antonio, 1 80; viene citato da Ottaviano nel Monumento Anciritano, 1 83 . PAOLO - accusato d a Vettio di far parte della congiura contro Pompeo , 45 . L . PAPIRIO PETO - vecchio amico di Cicerone che donò all ' oratore u n ' impor­ tante raccolta di libri greci e latini, 40. PARIDE - figlio di Priamo e rapitore di Elena. In una lettera, Cicerone chia­ ma così Memmio che ha sedotto Servilia, la moglie di Lucullo, 96 . Q. PEDIO (cos . 43) - cugino e coerede di Augusto, era stato legato di Cesare in Spagna. Riesce a farsi dare da Antonio la sua parte del l ' eredità di Ce­ sare e la dà ad Ottaviano per aiutarlo a pagare i lasciti del padre adotti­ vo, 1 66; quando Augusto diviene console nel 43 prende come suo collega il cugino, 1 82 . PINARIO - cugino e coerede d i August o . Riesce a farsi dare d a Antonio l a sua parte dell 'eredità di Cesare e la dà ad Ottaviano per aiutarlo a pagare i lasciti, 1 66 . L . PINARIO ScARPO - generale di Augusto c h e s i rifiuta di dare l e s u e legioni ad Antonio . Viene poi sostituito al comando da Cornelio Gallo , che an­ che lui fa fronte ad Antonio, 3 84 . PISONE, C . CALPURNIO PISONE (cos . 6 7 ) - s i unisce a Cat ulo p e r cercare di im­ plicare Cesare nella congiura di Catilina, 44 . PISONE, L . CALPURNIO PISONE (cos. 5 8 ) - suocero di Cesare . P rocesso a Cio­ dio, 74; Cesare non ripudia Calpurnia benché il loro matrimonio sia ri­ masto sterile, 84; Pisone diviene suocero di Cesare, 1 04 ; dopo la morte di Cesare e la seduta del Senato nel tempio della dea Tellus , i senatori si affollano attorno a Pisone per chiedergli che non venga letto in pub­ blico i l testamento di Cesare e non gli vengano fatti funerali u fficiali e, poiché egli si rifiuta di accontentarl i , lo minacciano, 1 44- 1 45 . PISONE, C N . CALPURNIO PISONE (cos . 7) - accusato di aver provocato la mor­ te di Germanico, 25 3 ; pure Tacito riconosce che era impossibile per lui averlo avvelenato a cena, ma, disperando gli sia resa giustizia, Pisone si suicida 254. PLANCINA - moglie di C n . Calpurnio Pisone (cos . 7) ed amica di Livia, viene accusata assieme al marito di aver provocato la morte di Germanico, 253 ; Livia la salva, 254. PLANCO, L . MU NAZIO PLA NCO (cos . 42) - console con Lepido, amico di An­ tonio . Amico di Catone, di viene poi uno dei suoi più accaniti denigrato­ ri, 93 e 96; al momento della guerra di Modena, governatore di parte della Gallia, dopo aver assicurato con lettere a Cicerone la sua indistrut­ tibile fedeltà alle disposizioni del Senat o , che aveva dichiarat o Antonio nemico della patria, si allea con Lepido ed Antonio, 1 77 ; Ottaviano fa giurare alle sue legioni che non combatteranno mai le altre legioni di Ce459

sare, 1 8 1 ; P lanco fa includere il fratello nelle liste dei proscritti, 278; non va i n aiuto di Perugia, 3 1 0; al momento della campagna di Azio, Pian­ co, che si trovava in Egitto con Antonio , si disgusta di Cleopatra e, rien­ trato a Roma, i n forma Ottaviano del testamento del cognato , 3 5 8 . PLAUTIA U RGULANILLA - amica di Livia. Livia combina il -matrimonio della figlia con suo nipote Claudio, 25 1 ; Livia risolve per lei , e pagando di tasca sua, una controversia dell ' amica, 254. PoMPEA - seconda moglie di Cesare , apparteneva alla famiglia dei Pompei Rufi , 65; donna di una società già corrotta, si i nnamora di Clodio, 66 e 67 ; i due decidono di avere un convegno amoroso, 68 ; la festa della dea Bona, 69-73 ; Cesare ripudia Pompea, 78; Pompea con questo scan­ dalo acquista da sola una gran notorietà, anche se di cattiva lega, 246 . PoMPEO, SESTO PoMPEO (cos . 1 4 d . C . ) - era console nell ' anno della morte di Augusto , 246 . CN. POMPEO M AGNO - Cornelia, ultima moglie di Pompeo , 26; la presunta congiura contro Pompeo denunziata nel 59 da Vettio, mossa politica ar­ chitettata da Cicerone e Lucullo per distaccare Pompeo da Cesare e da Crasso 45; Pompeo e Cesare si vendicano della mossa dell' oratore per­ mettendo a Clodio di diventare tribuno della plebe , 48 ; il primo marito di Servilia, Bruto , viene ucciso per ordine di Pompeo , 80; lettera di Ci­ cerone che racconta tutti i pettegolezzi del l ' Asia Minore: Attico era riu­ scito a farsi restituire un prestito da Cesare, mettendo in di fficoltà Pompeo che era anche lui in credito. Poi altri pettegolezzi , 8 5 ; quando i rapporti tra Pompeo e Cesare si deteriorano , Bruto va a Farsalo e combatte dalla parte di colui che gli aveva ucciso i l padre, 86; matrimonio di Pompeo con Giulia, 1 04 ; morte di Giulia, 1 08 ; Cesare tenta inutilmente di rian­ nodare i legami matrimoniali con Pompeo , 1 09; Cesare aveva sedotto Mucia, la moglie di Pompeo , 1 1 3- 1 1 5 ; Cesare arriva in Egitto subito dopo la morte di Pompeo , 1 22; riunione del Senato nella Curia di Pompeo , I l O; 1 3 7- 1 3 8 ; Cesare cade ucciso sotto la statua di Pompeo , 1 3 7 ; dopo i funerali del dittatore la popolazione i n ferocita cerca di dar fuoco alla Curia di Pompeo, 1 49; il bisnonno di Augusto era imparentato con i Pom­ pei Magn i , 1 56; le guerre civili : Pompeo e Cesare, 1 5 8 ; di fferenza di età fra gli sposi : Pompeo e Giulia, 206 ; lotta del 49 tra Pompeo e Cesare , 268-270; Farsalo, 27 1 ; Antonio si impadronisce della casa che era di Pom­ peo , 30 1 ; Cesare volta la testa con orrore quando in Egitto gli portano la testa di Pompeo , 304 ; il primo marito di Ottavia, Marcello, appoggia sfegatatamente Pompeo, 3 2 5 ; Ottaviano combatte Sesto, il figlio di Pom­ peo e Ottavia, come moglie di Antonio abita nella casa che era di Pom­ peo , 3 4 1 . PoM PEO, SESTO - figlio del Magno. Il Senato gli dà il comando della flotta, 1 78 ; non accorre in aiuto al Senato per combattere Antonio e Lepido , 1 83 ; accordo del 39 con Ant onio ed Ottaviano, 229; secondo Carcopi ­ no, Ti berio Nerone dà L i v i a in moglie ad Augusto p e r fargli ripudiare 460

Scribonia, zia della moglie di Sesto e mort i ficare così ques t i , 232; Sesto aiuta Fulvia e la madre di Antonio nella loro fuga dopo la caduta di Pe­ rugia, 3 1 1 ; Antonio ed Ottaviano, dovendo per i l loro accordo conse­ gnare a Sesto l' Acaia , la spogliano e l ' indeboliscono al massi mo, 3 3 7 ; Ottaviano si fa battere clamorosamente d a Sesto , 3 3 8 ; Ottaviano e Se­ sto si riaffrontano di nuovo , 3 4 1 . PoNZIO - uno degli avversari di Cesare al quale, dopo la sconfitta, vennero confiscati i beni e la cui magnifica villa napoletana venne ceduta a Ser­ vilia con un'asta truccata, 84. PoRCIA - figlia di Catone l ' Uticense e moglie di Brut o . Possibi lità che abbia influenzato i l marito e che lo abbia spinto ad odiare Cesare, 87; di fficol­ tà di convivenza con la suocera, 90; prima di Bruto era sposata con M . Calpurnio Bibulo, 9 1 ; era cresciuta i nsieme a Bruto . Comunque non si capisce bene perché questi dovesse divorziare dalla moglie e sposare lei , 9 1 ; quando Bibulo era vivo Ortensio aveva chiesto che Porcia gli veni sse ceduta per avere figli i n comune con Catone, 93 ; r i fiuto di Catone, 94; dopo la morte di Catone, opere scritte su di lui , 92; Ant icatone e odio di Porcia per Servilia, 97 ; Porcia viene messa a parte della congiura, 98 ; dopo l ' assassinio di Cesare Porcia vede cadere tutte le sue illusioni e, a fianco di Servilia, lotta per salvare Bruto, 99; suo suicidio , 1 02- 1 03 . P o R C I O - figlio d i Cat one I ' U ticense . Sua tresca con Psiche moglie d i Marra­ date, 9 1 -92. eunuco egiziano alla corte dei Tolomei . In lotta con Cleopat ra, 1 22; cerca di persuadere Cesare e lasciare Alessandria, 1 24; Cesare viene in­ formato delle trame di Achillas e Potino. Pot i no viene fatto uccidere da Cesare , 1 26 .

POT I NO -

moglie di Servio Sulpici o . Amante di Cesare , 1 1 3 . Secondo Sy­ me pot rebbe essere la madre di Decimo Bruto e, in questo caso , quest i potrebbe essere anche lui figlio di Cesare .

PosTU M I A -

- inviato di Ottaviano a Cleopat ra. Antonio raccomanda a Cleo­ pat ra di fidarsi soltanto di Proculeio, 400; Proculeio studia come intro­ dursi nella tomba-fort ilizio di Cleopatra, e riesce ad entrare da una finestra facendola prigionera , 402 .

P R ocu L E I O

- moglie di Marfadate ed amante di Porci o , 92 . AuTRONIO PETo - console che, accusato di corruzione e condannato, nel novembre del 66 a . C . , venne dimesso dalla carica. Aveva parteci pa­ to ad una congiura contro Crasso, 285 .

P s i C H E . OSS I A A N I M A P u ll u o

(cos . 4 1 ) - era console con Lucio Antonio, ma tutti dicevano che i consoli erano invece Lucio Antonio e Fulvia, 309 .

P u ll u o S E R V I L I O lsA U R I CO

uno degli assassini d i Cesare consegnato nelle mani di Ot­ taviano da Antonio, 389.

P u R u o Tu R u L u o -

46 1

Q Q. CORNIFICIO - senatore che era stato competitore di Cicerone per il conso­ lato. Denunzia Clodio per lo scandalo della dea Bona, 74. QUINTO CRISPINO - uno dei giovani i mplicati nello scandalo di Giulia, 2 1 4. Q. LUTAZIO CATULO (cos . 1 02) - era console nell' anno della nascita di Cesa­ re, 3 7 . Q . MARCIO R E : vedi MARCIO. QUINTO PosTUMO senatore romano ucciso da Antonio per impedirgli di ab­ bandonarlo ad Azio, 367 . -

R RuFI LLA - amante di Augusto, 2 1 9 . s

SALVIA TmsENIA - amante di Augusto, 2 1 9 . ScAPZIO - uno dei congiurati che assassinarono Cesare . Partecipa ad una delle ultime riunioni con Cicerone per decidere sul da farsi , 1 0 1 . SCIPIONE , PUBLIO CORNELIO SCIPIONE (L" AFRICANO) - la moglie, Terza Emilia, lo sorprende con una sua schiava e fa finta di non vedere, 1 94; antenato di Cornelia figlia di Scribonia e figliastra di Augusto, 1 97 . SciPIONE, PUBLIO CoRNELIO SciPIONE - secondo marito di Scribonia e padre di Cornelia. Ha figli con Scribonia, 1 97 ; educazione della figlia, 200; Tiberio, primo marito di Livia viene nominato pontefice al posto di Sci­ pione, 222 . SciPIONE - giovane della famiglia degli Scipioni che viene implicato nello scan­ dalo di Giulia, 2 1 4 . ScRI BONIA - seconda moglie di Augusto. Vedova di ben due consoli, 1 92 ; mol­ to più vecchia di Augusto, 1 9 1 - 1 93 ; comunque buona maestra per il gio­ vane marito che però , essendo comparsa all ' orizzonte Livia, la ripudia accusandola di perversi costumi , 1 94; le accuse sono poco credibili : più probabili violente scenate di gelosia, 1 96 ; i figli dei precedenti matrimo­ ni di Scribonia, 1 97 ; morte della figlia Cornelia, 1 97- 1 98 ; vita dolorosa di Scribonia, 1 99; cattiva riuscita di Giulia non ascrivibile a Scribonia, 200; Scribonia accompagna Giulia nell 'esilio, 2 1 6; ultimi anni di Scri­ bonia, 2 1 7 ; aumentato interesse di Augusto per le donne dopo il matri­ monio con Scribonia , 225 e 228; ripudio di Scribonia lo stesso giorno della nascita di Giulia, 230. SCRIBONIO, Luc1o ScR J BONIO L I BONE (cos . 56) - fratello di Scribonia. Ecu1u462

brazioni sulla possibile età di Scribonia basandosi sul consolato del fra­ tello, 1 9 1 - 1 92. SELEucos - generale di Cleopatra. Comandava la difesa di Pelusio che cade senza colpo ferire, probabilmente per ordine di Cleopatra, 393-394. SEMPRONIA - moglie di Bruto Callaico madre di Decimo Bruto Albino e aman­ te di Cesare, 1 1 5 ; implicata nella congiura di Catilina, 1 1 8 ; ninfomane, donna crudele, ma raffinata e buona danzatrice, 1 1 9 ; lei e Cesare in­ trecciarono subito una relazione, 1 20. SERGIO - attore famoso, amico di M arco Antonio . Era il capocomico di Cy­ theris , la mima amante di Antonio , 289. SERVI LIA - figlia di Q. Servilio Cepione, sorellastra di Catone l ' Uticense, amante di Cesare e madre di Bruto . Fu la donna più amata da Cesare , 45 ; nascita, familiari e matrimonio con Bruto, 80; ipotesi sui primi in­ contri con Cesare , 8 1 ; biglietto d i Servilia a Cesare i n Senato, 82; nel 59 erano ambedue liberi da legam i matrimoniali e avrebbero potuto spo­ sars i , ma non lo fecero . Regalo della perla, 83 -84; altri regali sotto for­ ma di acquisti ad aste t ruccate, 84; Servilia e le altre donne di fam iglia non hanno una morale adamanti n a : scandalo di lunia, 8 5 ; Bruto e suo carattere. Ipotesi sulla possibilità che fosse figlio di Cesare, 86; Cesare lo aiutò sempre, 87 e 88; la storia con Servilia durò fino alla fi ne della vita del dittatore; il dopo-morte di Cesare , 29; amarezza di Servi lia per il secondo matrimonio del figli o , 90; pettegolezzo sulla sorella omoni­ ma di Servilia, 95-96; mistero sulla reazione di Servilia all' Anticatone di Cesare, 96; di fficoltà di convivenza con Porcia, 97 ; dopo la morte di Cesare , Servilia riprende la direzione della vita del figlio, 90; data la segretezza della congiura , Servilia era arrivata alle idi di marzo assolu­ tamente impreparata, 98; convoca riunioni per aiutare il figlio, 99; anti­ pat ia tra Cicerone e lei , 99 e 1 00; combatte per tirar Bruto fuori dai guai , 1 0 1 ; morte di Bruto; Antonio le invia le ceneri del figlio, 1 0 1 ; suicidio di Porcia, 1 02; Servilia come se ne fosse la vedova, piange Cesare al pari di Calpurnia, 1 04 . S E R V I L I A - moglie di M arco Lucullo e sorella di Servilia. L o scandalo della dea Giovinezza . Insinuazioni sui suoi rapporti col fratellast ro , 95-96 . SERVIO - fratello di Papirio Peto, finissimo letterato c h e riconosceva l ' auto­ re di un verso al primo sguardo, 40 . SERVIO SuLPICIO marito di Postumia, una delle donne sedotte da Cesare , 1 13. SETTI M I A - moglie d i Sicca . Era stata una delle amanti d i Marco Antonio, 282-283 . -

S ICCA - amico di Cicerone abitante a Nari di Lucania, l ' aveva ospitato sulla via del l ' esilio, nonostante il rischio che questo aiuto gli faceva correre, 282-283 . S ILANO, DECIMO G IUNIO S I LANO (cos . 62) - secondo marito d i Servilia, 80. 463

S I L LA, P. CoRNELIO SI L LA - mette in guardia i suoi concittadini contro Cesa­ re, ragazzo mal cinto , 52; mentre Silla in Asia combatte la guerra Mitri­ datica, Cinna, che a Roma si è impadronito del potere, vorrebbe togliergli la gestione della guerra, ma viene ucciso dai soldat i , 56- 5 7 ; Cesare viene messo sulle liste di proscrizione, ma non si sa se per ordine diretto di Silla, 57; coloro che si erano imparentati con Cinna vengono invitati da Si lla a ripudiare le mogli . Cesare si rifiuta, 5 8 ; Silla grazia Cesare, 59; Cesare tornato a Roma si prodiga in una campagna tesa a restaurare la potestà tribunizia c h e era stata indebolita da Silla, 6 1 ; Silla aveva tenta­ to di cancellare il ricordo di Mario, 62-63 ; Pompea, la seconda moglie di Cesare era la nipotina di Silla, 65 ; scandalo di Fausta, una figlia di Silla, 66; odio dei partigiani di Silla per Cesare, 1 3 5 ; le guerre civili : fra le altre quella di Mario e Silla, 1 5 8 . SILLA, FAUSTO CoRNELIO SILLA - figlio del dittatore. Era luogotenente d i Pom­ peo in Grecia e venne fatto uccidere da Cesare . Dopo la morte di Giulia, Cesare cercò , senza successo, di combinare per Pompeo un matrimonio con la nipote Ottavia e, per sè, con la figlia di Pompeo che era fidanzata con Fausto Silla, 1 09 . SITIIO - membro della congiura di Catilina, 285 . SoLONE - uomo di stato ateniese , nato ad Atene tra il 630 ed il 640 a . C . che creò un sistema di leggi durissime, 3 46 . Sos1o, C . Sos1o (Cos . 32) - amico e sostenitore di Antonio. F u console con Domizio Enobarbo nel 3 2 e cercò di aiutare Antonio, poi visto che non riuscivano a controbattere le manovre di Ottaviano, i due ripararono ad Alessandria, 3 5 3 ; 3 5 8 . Vinto ad Azio , fuggì in esilio e si nascose , ma, ancor prima di esser stato rintracciato, venne graziato da Augusto . SPA RTACO - uomo di origine Tracia, già soldato nelle alae macedoni, venne poi ridotto in schiavitù per aver disertato; nel 73 faceva parte della scuola per gladiatori di Capua . Si rivoltò e mise su una banda che viveva di rapi­ ne e che, pian piano, si trasformò quasi in un esercito. Venne sconfitto nel 7 1 a.C. , sotto Crasso e Pompeo . Il padre di Augusto sgominò poi i resti della sua banda che si erano uniti a quelli delle bande di Catilina, 1 55 . T TANAQU I L LA - Dama etrusca di nobile famiglia che, avendo preso in marito Lucumone , di origine straniera, lo persuase di tras ferirsi a Roma dove avrebbe potuto conquistare quegli onori che non avrebbe mai ottenuto a Tarquinia, 23 . T ARQU INIO P R ISCO nato a Tarquinia dal corinzio Demarato che ivi si era sposato con una donna etrusca. Venne persuaso dalla moglie Tanaquil­ Ia a trasferirsi a Roma e qui prese il nome di Lucio Tarquinio Prisco . Fu il quinto re di Roma 23 . -

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TARQU INIO I L SUPE RBO - figlio di Tarquinia Prisco , aveva sposato Tullia , fi­ glia di Servio Tullio, e fu da essa spinto a spodestare il suocero e farlo uccidere . Fu padre di Sesto, il violentatore di Lucrezia , 23 . TEODOTO DI CHIO - precettore di Tolomeo XI I , il fratello minore e primo ma­ rito di Cleopat ra, 1 22 . TERENTI LLA - forse Terenzia, la moglie di Mecenate, che vien sempre citata come l ' amante di Augusto , 2 1 9-220; 237. TER�Io, M I NUCIO TERMO - probabi lmente si t ratta di Minucius Thermus luo­ gotenente di Fiacco in Asia Minore, 48 ; 59. TERTULLA - moglie del triumviro Marco Crasso . Anch ' essa ebbe un' avven­ tura con Cesare , 1 1 3 . TERTULLA - amante d i Augusto . Antonio non specifica a quale Tertulla egli alluda, 2 1 9-220 . TERZA - figlia di Servilia e moglie di Cassio . Giuoco di parole con il quale Cicerone insinua che Cesare abbia avuto rapporti , oltre che con Servi­ lia, anche con la figlia di costei , 84; moglie di Cassio, 88; parteci pa alle riunioni con Cicerone per cercare di salvare fratello e marito, 1 00- 1 09 . TERZIA EMILIA moglie di Scipione l ' A fricano . Sorprendendolo c o n una schiava, Terzia finse di non vedere, 1 94 . TIBERIO CLAUDIO NERONE - questore di Giulio Cesare , p o i comandante della flotta nella guerra Alessandrina, i n fine pontefice . Fu il primo marito di Livia e padre di Tiberio , 222 . Cessione di Livia ad Ottaviano , 232; mol­ to più anziano di Livia, che aveva sposato quando questa era ancora quin­ dicenne, 222-228 ; fuga dopo la scon fitta di Perugia; affida figlio e moglie ai Lacedemoni , 223 ; Livia realizza che Ottaviano è l ' uomo per lei , 228; i potesi di Carcopino ed osservazioni su essa, 229-236. TIBERIO (IM PERATORE DAL 14 al 37 D . C . ) - attacchi di Tacito, 4; Augusto gli fa sposare la figlia, Giulia, 2 1 0; Tiberio si rende conto di che t i po sia Giu­ lia e, con una scusa, si ritira a Rodi , 2 1 2 ; Tiberio evita così lo scandalo, 2 1 5 ; cerca comunque di alleggerire l ' esilio di Giulia, 2 1 6 ; congiura del nipote di Scri bonia, Libo Druso, contro Tiberio , 2 1 6-2 1 7 ; nascita di Ti­ berio, 222 ; fuga dei genitori con il piccolo Tiberio, 223 ; affidato ai La­ cedemon i , 223 ; incontro di Livia con l ' uomo che ha cercato di uccidere sia lei che il piccolo Tiberio, 224; Augusto morente convoca Tiberio e si chi ude con lui nella sua camera, 24 1 ; Tiberio, nonostante abbia un figlio suo, si comporta con Germanico come se questi fosse destinato a succedergli sul trono, 242 ; calunnie di Tacito su Livia e Tiberio, 246; Tiberio si t rova a combattere con le forme di pazzia che cominciano a man i festarsi nei discendenti di Giulia, 248 ; giudizi di Tiberio sulla ma­ dre , 25 1 ; certi atteggi amenti di Li via scandalizzano il figlio, rigido con­ servatore, 25 3 ; morte di Germanico e processo a Pisone, al quale Tiberio cerca di far avere giustizia, 254; nonostante quello che dice Tacito, Ti­ berio aiuta spesso la madre, 256; pochissimi onori accettati da Livia, che 465

spesso ri fiuta tramite Tiberio, 256; dopo la morte di Livia, le si vuoi co­ struire un arco , ma Tiberio fa cadere la cosa, 257; lettere di Augusto a Tiberio, 336. TmLLO - corrispondente di Cicerone dalla M acedonia. Gli dà notizie di quan­ to va dicendo i n giro sul suo conto Hybrida, 286 . TI RSO - inviato di Ottaviano a Cleopatra per persuaderla a t radire Antonio, 390. TITURIO - luogotenente di Cesare fatto a pezzi con tutte le sue legioni da Am­ briorige re degli Eburon i , 50. TIZIO - grande amico di Antonio che, poi , disgustato da Cleopatra, ed es­ sendo entrato in rotta anche con Antonio, rientra assieme a P lanco a Roma e racconta ad Ottaviano del testamento di Antonio, 3 5 8 . TOLOMEO V I I I EuRGETE - chiese i n moglie Cornelia, madre dei Gracchi , 25 . ToLOMEO X I V , vedi Cesarione. ToLOMEO - figlio di Cleopatra e Marco Antonio. A lui, durante la cerimo­ nia del ginnasio di Alessandria del 34, i l padre aveva assegnato i regni della Fenicia, della Siria e della Cilicia, 3 5 3 . ToLOMEO Au LETE - padre di Cleopatra, 1 22 ; Cesare si avvale del testamento di Tolomeo Aulete per mettere pace tra i figli , 1 24 . TOLOMEO FILOPATORE, 3 1 9 . TOLOMEO X I I - fratello e primo marito di Cleopatra. Cesare basandosi sul testamento del padre si pone a dirimere la contesa fra Tolomeo XII e Cleopatra, 1 24 . ToLOMEO X I I I

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fratello e secondo marito di Cleopatra, 1 28 .

TRASEA, P . CLODIO TRASEA PETo (cos . suff. 5 6 d . C . ) - uomo politico d i età imperiale, genero dei celebri Arria e Peto . Aveva scritto , ad imitazione di Munazio Rufo , una vita di Catone l ' U ticense molto contraria a Cesa­ re che divenne la fonte di Plutarco, 93 . TREBAZIO, CAIO TREBAZIO TESTA - fu carissimo a Cicerone che io inviò a m i ­ litare c o n Cesare n e l 54 e 5 3 . Giurista ebbe molta ri nomanza ai primi dell' epoca augustea. Lettera di Cicerone a Trebazio i n occasione della morte di Giulia figlia di Cesare, 1 08 . TREBELLIO, LUCIO TREBELLIO tribuno ne) 4 8 e d amico d i Antoni o , l o dis­ suade di appoggiare la legge di Dolabel la, 272. -

TREBONIO, CAIO TREBONIO amico di Cicerone e luogotenente di Cesare i n Gallia. Si schiera dalla parte di Cesare contro Pompeo . Espugna Marsi­ glia ed è nominato console designato da Cesare. Poi cambia idea e , no­ nostante le benemerenze di Cesare nei suoi con fronti , si aggrega alla congiura contro il dittatore . È lui che trattiene Antonio fuori dalla Cu­ ria, 1 3 8 . -

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u

UussE - l ' eroe omerico dell 'Odissea . Si diceva che Tiberio definisse la ma­ dre come un U lisse in gonnella, 25 1 . v

V ALERIO - i nterprete presso il Bastardo in M acedonia, 286. VATINIO, Pusuo VATINIO (cos . 47) - uomo di fiducia di Cesare , odiato da Catullo e da Cicerone. Nonostante fosse stato da questi ingiuriato pe­ santemente al processo contro Sestio, si ricordò soltanto della difesa che Cicerone gli dovette fare su richiesta di Cesare e gliene fu grato. Gover­ natore di Brindis i , aiutò in tutti i modi l ' oratore , quando questi venne costretto a fermarsi lì per ordine di Antonio . Viene qui citato per una not izia che dà Cicerone su un suo intervento nel ribaltamento che Cesa­ re fa della congiura di Vettio, 46 . VEDIO, Pusuo VEDIO - grande spendaccione, ma intimo di Pompeo che Ci­ cerone, proconsole in Cilicia, incontra mentre questi sta arrivando da Laodicea . Nei suoi bagagli lasciati in casa del l ' amico Vindullo, vengono trovati i ritratti di alcune sue amanti tra cui quello di Iunia, sorella di Bruto e moglie di Lepido, VENNONIO, CAIO VENNONIO uomo di fi ducia di Pompeo che, alla morte di Vindullo, facendo l ' i nventario di quanto si trovava nella casa di questi , rinviene i ritratti di alcune amanti di Vedio tra cui quello di l unia, sorel­ la di Bruto e moglie di Lepido, 86. -

VENTI DIO, Pusuo VENTIDIO originario del Piceno , aveva combattuto con­ tro Roma . Catturato, era s fi lato in catene al trionfo di Pompeo Strabo­ ne. Poi , una volta rilasciato, era stato iscritto al Senato. Fu nominato pretore da Cesare . Con Antonio nella guerra di M odena, 1 77 ; Ottavia­ no entra in contatto con Lepido ed Antonio tramite suo, 1 80 . VETTIO, L . VETIIO si trova d u e volte alla ribalta in quanto si fa avanti per denunciare congiure. Per quel che si capisce , Cat ulo e Pisone cercava­ no, tramite lui , di implicare Cesare nella congiura di Catilina, 44; dopo qualche anno , un altro gruppo , probabilmente Cicerone e Lucullo, gli fanno denunciare una congiura contro Pompeo . I due cercano di rom­ pere l ' alleanza di Pompeo con Cesare e Crasso, 45; il giorno dopo Cesa­ re ribalta la situazione e Vettio, da lui istruito, rivela una congiura contro Pom peo della quale Cicerone e Lucullo appaiono i promotori . Contem­ poraneamente Cesare salva Bruto, che nella prima versione della denuncia di Vettio è prominente nella lista dei congiurati , m' entre scompare completamente il giorno dopo , 46. -

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V I N DULLO , POMPEO VINDU L LO - ospita Vedio nella sua casa di Laodicea , ma subito dopo la partenza del suo amico per un escursione in Asia Mino467

re, muore per un infarto. Nel bagaglio, che Vedio ha lasciato nella sua casa , si trovano tre compromettenti ritratti di ben note matrone, 86. VI PSANIA AGRIPPINA figlia di Attica e di Agrippa, quindi nipotina di Pom ­ ponio Attico , il grande amico di Cicerone. E la prima e amatissima mo­ glie di Tiberio che da lei ha un figlio : Druso Minor, 2 1 0 . -

x XouTHOS un celebre flautista che nel 42 a . C . frequenta la corte di Antonio in Asia Minore, 3 07 . -

468

I N D ICE ANALITICO DEI LUOG H I AcAI A : il paese degli Achei ; la parte settentrionale del Peloponneso. Dopo la distruzione di Corinto nell' anno 1 46 a . C . si indicò con questo termi­ ne tutta la Grecia come provincia Romana, 223 ; 3 3 7 . ADRIATICO, MARE ADRIATICO , 270 . AFRICA, 50; 1 84; 27 1 ; 295 ; 363 ; 392 ALBA : Pompeo aveva ad Alba, all ' altezza dell' attuale Castel Gandolfo , una bella villa posta sul Iato occidentale della Via Appia, 1 08 . ALESSANDRIA: città dell' Egitto e Capitale d e i Tolomei . Ebbe i l s u o maggiore splendore in epoca ellenistica e fu centro di cultura e raffinatezza nel­ l ' antichità , 38; 54; 1 22 - 1 28 ; 308; 322 - 3 2 3 ; 336; 342 ; 348; 350; 3 5 2 ; 3 54; 36 1 ; 3 80; 3 84 - 389; 392 - 395; 398; 404; 409 . AM BRACIA, GOLFO m : oggi Amvrakikos Kolpos sulla costa ionica della Gre­ cia, 366; 3 7 2 . ANTIOCH I A : Antiochia Epidapnes sull' Oronte , capitale della S i r i a , residenza del proconsole , cioè del governatore romano , in Siria, 25 3 . ANZIO: città portuale sulla costa del Lazi o , 99 - 1 02 . APOLLON I A : città del l ' I llirico che s i trovava nel territorio dell' odierna Albania, 1 63 . ARA PACIS, 2 1 8 . ARABIA NABATEA : era quella d i Petra, oggi i n Giordania, 343 . AR ICCIA : una delle più antiche città del Lazio ai piedi dei Colli Albani , 1 56. ARMENIA : regione del l ' Asia divisa dall 'Eufrate in due parti disuguali : A rmenia Maior e A rmenia Minor, 302 ; 348 - 349; 352 - 3 5 3 ; 359; 3 8 5 . AsiA o AsiA M I NORE: per quello che riguarda le campagne e la dominazione romana quando di parla di Asia si intende sempre l ' Asia Minore. Con­ tatti commerciali invece esistevano anche con l ' I ndia e, forse, anche con l ' Estremo Oriente, 56; 59; 60; 1 00 ; 1 0 1 ; 1 3 5 ; 256; 267 ; 283 ; 307 ; 3 1 4; 342; 347; 349; 363 ; 386; 388; 392. ATENE, 267 ; 334; 3 3 7 ; 349 - 350; 36 1 ; 3 80; 389. 469

Az1o: antica città posta allo sbocco dello stretto che dallo Ionio i m m et ­ te n e l golfo di Ambracia, ed eretta attorno a d un tempio di Apollo . S i trovava sulla riva opposta a quella dove oggi sorge la m oderna Preves a . La battaglia 1 85 ; 347 ; 356; 3 6 2 ; 363 ; 364; 3 6 6 ; 368 ; 3 6 9 ; 380; 38 1 ; 3 8 6 ; 3 8 7 ; località 366 ; 367 ; tempio di Apollo 366. B BAI A : il luogo di villeggiatura più elegante della Roma Antica. Vi si faceva­ no cure termali e pare che la potenza delle acque era tale che, a quel che si diceva, le donne vi arrivavano come tante Penelopi e ne ripartivano come tante Messaline, 2 1 0. BITI N lA: regione dell' Asia M inore tra le Propontide ed il Mar Nero. Corri­ sponde all ' attuale Ejalet Anadol i , 1 29 ; 1 32 - 1 36 . BOLOGNA, 1 83 . BOVILLE: più o meno all' altezza delle odierne Frattocchie nel t ratto della Via Appia che da Roma va verso i Castelli, 292 . B RINDISI , 1 63 ; 1 72 ; 224; 230; 302; 3 1 1 ; 3 3 7 ; 3 3 8 ; 364; 365 ; 366 ; 3 8 8 . c

CALAZIA: città della Campania sulla via Appia . Oggi Le Gallazze (tra Caserta e Maddaloni). Era stata colonizzata da Cesare che aveva distribuito le terre ai suoi veteran i , 1 7 3 . CAMPAN I A , 1 73 ; 1 22 ; 240 . CAMPIDOGLIO: Capitolium era il magni fico tempio di Giove costruito dai Tar­ quini sul colle Tarpeo , collina che poi venne più comunemente designa­ ta col nome del tempio che lì sorgeva, 1 4 1 1 42; 1 5 8 ; 1 7 5 ; 240; 3 5 3 . CAMPO MARZ IO : si trattava di una pianura erbosa lungo il Tevere nella nona regione. Era un luogo di riunione per i Romani che, i giorni dei comizi , si recavano a votare nelle saepta . Queste, in un primo tempo, erano sem­ plici reci n t i . Poi gli spiazzi vennero racchiusi da una corona di ricche botteghe, che erano molto frequentate dalla gente più abbiente . Vi era­ no anche spazi destinati al gi uoco della palla ed i n fine sempre a Campo Marzio erano collocat i gli ustrini , cioè i luoghi dove si erigevano le pire per cremare i morti delle fam iglie più illustri della città, 108; 1 46 ; 1 48 . CANOPO : città del Basso Egitto situata allo sbocco del ramo Canopico, quello più occidentale del N i l o . Le sue rovine si trovano presso Aboukir a 2 3 km sulla st rada da Alessandria a questa località. E r a un luogo di lussu­ ria e sfrenatezza , 323 . CAPO TENARO: l ' att uale Capo Matapan , uno degli estremi promontori a Sud del Peloponneso , 383 . 470

CAPPADOCIA: regione del l ' Asia Minore, oggi in Turchia, 92 . CAP R I , 240; 25 7 . CARTAGINE, 25 . CASA DELLE VESTALI : era la residenza delle Vestal i . I suoi resti si possono an­ cora ammirare al Foro Romano accanto al Tempio di Vesta , 1 82 . CASI LINO: città della Campania s u l Volturno . Situata presso l ' antica Capua, corrisponde alla moderna Capua, 1 73 . CELESIRIA, 343 ; 3 5 3 . CmNo o KYDNOS: fiume della Cilicia in Asia Minore, 3 3 ; 3 1 9 . CILICIA: regione costiera dell' Asia M inore c h e comprendeva il versante sud occidentale della catena del Tauro e la pianura alluvionale dove sorgeva la sua capitale, Tarso , 3 1 4; 3 1 5 ; 320; 343 ; 3 5 3 . CIPRO, 343 ; 3 5 3 . C I RcEo : promontorio roccioso della costa laziale posto tra Anzio e Terraci­ na, 99. CI RENAICA : regione dell 'Africa del Nord confinante ad est con l ' Egitto e ad ovest con la Tripolitania, 363 ; 392. . CIRENE: città greca che si trovava in Cirenaica . Era celebre per il suo com­ mercio e per i l suo silfio, 363 . CIZico: città sulla Propontide (attuale Mar di Marmara) . Era posta sull'e­ stremità settentrionale dell ' istmo che collegava alla terra la penisola di Cizico : oggi penisola d ' Erde k , 3 9 1 . COLLI ALBAN I , 363 . CoRFU ' : l ' antica Corcyra , 34 1 ; 363 . Cos : per grandezza la terza isola del Dodecaneso . Si trova vicino alla costa turca all'altezza di Bodru m , l ' antica Alicarnasso , 3 90 . CRETA, L' ISOLA, 2 5 8 . CUMANO: u n a villa d i Cicerone presso l ' antica Cuma quindi sulla costa Cam­ pana nei pressi di Miseno e di Baia, 1 64 . C U R I A : edi ficio posto nel Foro Romano destinato alle sedute d e l Senato, 7 7 ; 8 2 ; 1 49; 240; 268 ; 294 . CURIA DI PoMPEO : oggi completamente distrutta . Si trovava sul lato ovest del­ l ' attuale Largo Argentina, I l O ; 1 3 8 ; 1 48 ; 1 49 .

D DENDERA : grande tempio tolemaico dedicato alla dea Hathor, dea dell' amo­ re. Si trova dopo un centinaio di km di navigazione risalendo i l corso del N ilo da Assiout a Luxor, e precisamente 64 km prima di Luxor . Cleo47 1

patra era sempre stata molto generosa con tale tempio , 3 8 7 .

E EFESo : città della lonia, le cui rovine sorgono lungo la strada che va da Smir­ ne a Ku§adasi (74 km da Smirne) . Era famosa per i l suo magnifico tem­ pio di Artemide e, più tard i , per la sua scuola di retorica, 3 1 4 ; 3 5 9 ; 360. EGITTO, 1 22 ; 283 ; 3 1 3 ; 3 1 5 ; 324; 348; 349 ; 353; 3 5 8 - 360 ; 368; 3 84 - 386; 3 8 8 ; 390 - 3 9 1 ; 404 ; 4 1 0 . ENOS IN TRACIA, 95 . ETIOPIA, 1 27 . F FARSALO : città della Tessaglia dove, nel 48 a . C . , avvenne lo scontro fin ale tra Cesare e Pompeo . La località si trova nei pressi della moderna Far­ sala, a 66 , 5 km da Larissa sulla strada (n . 3 ) che va da questa città ad Atene via Lamia, 86 - 8 8 ; 27 1 . FENICIA, 343 ; 3 5 3 . FILIPPI : città della Macedonia d i cui s i vedono l e rovine a 1 4 km a nord di Kavalla prendendo la strada per Drama, 1 02; 1 85 ; 220; 299; 307 ; 3 1 3 ; 380. FORO ROMANO O . SEMPLICEMENTE . FORO: era il centro della vita pubblica ro­ mana, 3; 3 8 ; 40; 45 ; 62 - 63 ; 77; 1 40 - 1 42 ; 1 44 ; 1 46 ; 1 48 - 1 53 ; 1 5 8 ; 1 64 ; 1 7 1 ; 2 1 4; 2 60 ; 272 - 273 ; 276 ; 280; 29 1 ; 294 . G GALLIA CH IOMATA ( GALLIA TRANSA LPINA O COMA T A ) : comprendeva la Fran­ cia, il Belgio, una parte dei Paesi Bassi , una gran parte della Svizzera e tutta la Germania sulla riva sinistra del Reno , 48 ; 1 08 ; 1 1 3 ; 1 34; 1 77 ; 1 84; 222 ; 229 ; 256; 267 ; 283 . GALLIA CISALPI NA: regione che comprendeva tutta l ' Italia Settentrionale, 1 72; 1 74 ; 1 7 5 ; 1 8 3 - 1 84; 269 . GALLIA NARBONENSE , 1 84 . G E RMANIA : era la regione limitata ad Occidente d a l fiume Reno , a S u d dal Danubio , ad Oriente dalla Vistola e a Nord dal mare, 29; 50. G I U OEA, 343 . GmviARO. BAIA 0 1 : baia non molto protetta vicino a Nicopoli , oggi Ormos Ni­ kopoleos, 366. 472

GRECIA,

267; 270; 307 ; 3 1 0 - 3 1 1 ; 3 3 7 ; 363 - 365 ; 3 8 8 .

era l a regione c h e si estendeva sulle rive dell' Adriatico t r a il mare e la Pannonia occupando i l territorio dell' odierna Dalmazia e dell' Al­ bania, 1 63 ; 363 .

I L L I R ICO:

I NDIA,

404 .

I O N I O . IL M A R E ,

366.

si trovava sul lato orientale della città, appena fuori dalle sue mura, 394 .

I P PO D ROMO D I A L ESSAN D R I A :

388. 1 63 ; 1 77 ; 27 1 ; 297 ; 300; 307 ; 3 1 1 ; 324; 3 3 7 - 3 3 8 ; 342; 345 ; 362 - 365 ; 407 .

ISTMO D I C O R I NTO , ITA L I A ,

L LACON I A : LAODICEA : LIBIA,

Sparla , 230. città della Licia t ra Denizli e l ' odierna Pamukallè, 85; 3 1 3 .

353.

LuPIA:

un piccolo approdo pugliese poco frequentato presso Lecce, 1 63 .

M

era la regione che si estendeva tra la Tessaglia e la Tracia (que­ st 'ultima corrispondente all' odierna Turchia conti nentale) , 45 ; 1 5 5 ; 1 63 ; 1 72 - 1 7 3 ; 1 75 ; 1 78 ; 220; 285 - 286; 363 ; 368; 3 8 6 . M A G N ES I A : città della Lidia a i piedi d e l monte Sipylo. Oggi è l a turca Mani­ sia, posta 42 k m a nord-est di Smirne, 307 . M A C E DON I A :

l'estremo promontorio del Peloponneso, quello che fronteggia l ' l&ola di Citera, 3 8 8 . M A R E M E D ITE R R A N E O , 388 . M A L E A . CAPO D I :

M A R Rosso , M A RS I G L I A :

388. l ' antica Massi/ia, 276.

l ' Augusteo , i cui resti si t rovano a Roma in pi azza Augusto I m peratore, 2 1 5 .

M A USOLEO D I A u G u sTo :

regione del l ' Asia che abbracciava le attuali provi nce d i Azerbadj an, Schi rwan , Ghi llan e Masanderan , 3 5 0 ; 3 5 3 ; 3 8 5 .

MEDIA:

473

MICHALITSON : cittadina greca moderna che sorge vicino al luogo nel quale si accampò Ottaviano per la battaglia d i Azio, 366 . MoDENA : l a romana Mutina, 1 74 - 1 78 ; 392. MONTI CERAUN I , 364. N NAPOLI , 1 63 - 1 64; 240; 279. NEMus: nome di una villa che Cesare si stava facendo costruire, 8 5 . NERULO: per alcuni s i trattava di Oriolo, un paesino lucano; per altri Nerulo si trovava in Calabria presso l' odierna Castelluccio , 1 56 . NICOPOLIS, 3 66 . N I L O I L FIUME EGIZIANO , 1 27 . NoLA : città della Campania, 24 1 . o

OcEANO INDIANO : anticamente detto Mare Esterno, 343 . ORIENTE : l ' Asia Minore, 206; 330; 343 ; 3 5 2 ; 3 5 9 . p

PAFLAGONIA: regione montuosa, impervia e poco popolata dell 'Asia Minore che si trovava tra la Bitinia ad ovest, la Galazia al sud, il Ponto ad est e il Mar Nero a nord . Quindi quella regione che si affaccia sul Mar Nero ad est di Bafra, 367 . PALESTIN A : la regione abitata dagli Ebrei , 256. PARETONi o : città forti ficata di confine nella Libia egizia; oggi El Baretone o El Brech, 392. PATRASSO : città del Peloponneso , 364 - 365 ; 370. PAXOS, ISOLA DI : isoletta a sud di Corfù , oggi Paxi, 366. PELOPONNESO, 364; 366; 375 - 376; 382; 384; 3 8 8 . PELUSIO: era u n a città costiera a d est di Alessandria, posta p i ù o meno al­ l ' altezza di dove si apre il canale di Suez. Corrisponde all' odierno ca­ stello di Tineh dalle parti di Porto Said , 1 24; 393 - 394. PE RGAMO : città ellenistica fondata da Lisi maco le cui rovine sovrastano la moderna Bergama in Turchia. I suoi principali monumenti , e precisa­ mente i rilievi del l ' Ara di Zeus, il teatro, un tempio di Atena e la famosa biblioteca, vennero costruiti da Eumene I I ( 1 97- 1 59 a . C) , 3 6 1 . 474

PERUGIA: la città umbra, 1 62 ; 1 88 ; 222 ; 309 - 3 1 0; 329. PETRA : città carovaniera dell' Arabia Nabatea, 3 8 8 . PHARos: era un isolotto lungo e stretto posto di fronte a l porto di Alessan­ dria. Per migliorare il porto (che venne così diviso i n due part i , una più grande e l ' altra più piccola) lo si collegò alla terra ferma con una diga chiamata Heptastadium (era lunga 7 stadi , pari a m 1 3 30 ) . Sull'estrema punta est dell' isolotto venne costruita una torre che prese il nome dal l uogo in cui sorgeva , e che fu il famoso Faro di Alessandria . Sulla sua sommità si accendeva di notte i l fuoco per guidare i naviganti , 1 26 ; 323 . PIANOSA : l ' antica Planasia dell' arcipelago toscano. Molto vicina all 'isola d ' El­ ba, ostenta ancora le imponenti rovine delle costruzioni collegate al sog­ giorno di Agrippa Postumo, 248 ; 250. PISTOIA, 285 . Po, I L FIUME, 1 77 . PUGL IE, 1 72 ; 329. R REG I A , PALAZZO DELLO STATO POSTO SULLA VIA SACRA : era la residenza u ffi­ ciale del Pontefice Massim o , 3 7 ; 1 46 ; 1 4 8 . R E GGI O I N CALABRI A , 2 1 5 - 2 1 6 . REGNO DEl PARTI popolazione iranica, stanziata nel territorio tra I ' Eiburz e l ' Oxo, il Caspio ed il Deserto Centrale persiano, corrispondente all ' i n­ grosso all' odierno Khorasan , 3 5 3 . RENO : piccolo fiume che scorre vicino Bologna, 1 87 . Rom : isola poco lontana dalle coste dell' Asia Minore. L a città d i Rodi an­ dava celebre per il suo Colosso e per la scuola di retorica, 59 - 60; 2 1 2; 248 . ROMA, 44 - 45; 53 - 54; 56 - 59; 62; 65 ; 67 - 69; 7 3 ; 7 5 ; 80 - 8 1 ; 84; 90 ; 95 ; 96; 1 00 - 1 0 1 ; 1 07 - 1 09 ; 1 20; 1 28 ; 1 3 3 ; 1 40 - 1 4 1 ; 1 47 - 1 48 ; 1 50 - 1 5 1 ; 1 54 - 1 5 5 ; 1 5 8 ; 1 60; 1 65 ; 1 73 ; 1 74; 1 78 ; 1 80 - 1 83 ; 1 85 ; 1 90 ; 1 97 ; 206 ; 2 1 2 ; 2 1 4; 2 1 6 - 2 1 7 ; 223 - 224; 229 - 230; 235 - 236; 244; 247 ; 257 ; 2 5 8 ; 267 - 27 1 ; 274 - 2 7 6 ; 282 - 283 ; 285 ; 29 1 - 2 9 2 ; 295 ; 300; 3 0 1 ; 304 ; 308; 3 1 2 - 3 1 3 ; 323 - 324; 325 ; 329 - 330; 334 - 337; 339; 34 1 ; 343 ; 345 ; 347 ; 349; 3 5 1 - 3 5 6 ; 3 5 8 - 3 5 9 ; 362 - 363 ; 365 ; 369; 393 ; 40 1 ; 403 ; 406 . RosTRI rROSTRA J : era la ringh iera della tribuna degli oratori in mezzo al Foro Romano. Essa si chiamava così perché era ornata con i rostri presi alle navi degli Anziati nel 3 3 8 a . C . e sempre col nome di Rostri si indicava lo spazio davant i ad essi, 45 ; 1 46 - 1 48 ; 2 1 4 . fiumicello che scorre a Sud d i Ravenna e che, a i tempi d i Cesare segnava il confine tra l ' Italia e la Gallia Cisalpina (comprendente l ' Ita­ lia Settentrionale), 42; 1 82 ; 270 .

R U B I CON E :

475

lo strapiombo verso il Foro dell ' at t uale colle Capitolino . Da esso venivano fat t i precipitare i traditori , 1 50 .

RUPE TARPEA:

s SAB I N A : SAMO ,

regione del Lazio limitata a nord dall 'Umbria e a sud dall' Aniene, 5 8 .

360 - 36 1 .

S A R D EG N A , SICILIA,

1 84; 363 .

97 ; 1 00 ; 1 84; 223 ; 3 3 6 ; 363 ; 372.

città del Peloponneso, (la città delle zucche) , si trova vicino alla costa sulla st rada che va da Corinto a Patrasso, Essa era un centro culturale e, i n un primo momento, fu favorita dalla domi nazione romana a spese della vicina Corinto (2 1 k m ) . Ma poi decadde e venne completamente distrutta da un terremoto nel 23 d . C . , 3 1 1 .

SICIONE:

S I DO N E ,

343 .

importante provincia proconsolare romana, 1 28 ; 1 79; 3 3 8 ; 34 1 ; 345 ; 349; 3 5 3 ; 388; 392; 393 ; 406 . S I R M IO N E : bellissima stazione climatica sul Lago di Garda dove Catullo possedeva una magni fica villa, 1 3 1 . SPAG N A , 43 ; 48 ; 1 5 9; 1 70; 1 84; 272; 300; 363 ; 3 8 7 .

SIRIA:

230. la Suburra era una st rada di Roma tra i l Celio e l ' Esquilino dove c'era un grande mercato di ortaggi ed altri commest ibili . I l quarti ere at­ torno a questa st rada non soltanto era povero e costruito da edi fici in cattivo stato abitati da piccoli bottegai e popolan i , ma, frequentato co­ m ' era da ladri e prost itute, godeva anche di una pessima fama, 3 7 .

SPARTA,

SunuRRA:

T

338. i n epoca romana e r a la capitale della Cilicia. La città sorgeva nella pianura alluvionale ed era cost ruita su una collina arti ficiale negli scavi della quale sono stati rinvenuti resti del pri mitivo insediamento lttita, 3 1 3 .

TARANTO, TA R s o :

TEBE , 1 2 7 . T E M P I O D I A P O L LO ,

1 56.

tempio c h e sorgeva nei pressi di E feso e c h e f u i mportantissimo p e r i l mondo classico . I l primo edi ficio arcaico, r i ­ saliva al V I I s e c . a . C . Venne distrutto e ricostruito p i ù volte . E r a consi­ derato uno dei capolavori del l ' umanità . Famoso l ' incendio provocato

TE�I P I O D E I . L ' ARTHI I DE D I E n=.s o :

476

dal celebre folle piromane, Erost rato, che ne1 356 a . C . , proprio la notte nella quale nasceva Alessandro Magno, decise di compiere quel gesto per passare alla stori a . E ci riuscì , anche se lo fu per essere maledetto nei secoli, 3 1 4 . dove nessun uomo poteva mai mettere piede , 3 0 . posto alle spalle della Regia tra questa e l o spiazzo dei Rost ri, 1 5 2 - 1 5 3 .

T E M P I O D E L L A DEA BoN A : T E M P I O D I CESA R E :

le sedute del Senato romano non s i tenevano sem­ pre nella Curia del Foro o in quella di Pompeo , ma venivano , volta per volta , convocate nel luogo prescelto, che poteva anche essere un tem­ pio, 45 . THI P I O DI G I O V E C A P I TO L I NO O C A P I T O L I U M : era il tempio ufficiale ed il più importante ed antico di tutta Roma . Sorgeva sul colle Tarpeo (v . Capi­ tolium) , 1 5 8 .

T E M P I O DELLA CoNCO R D I A :

a l centro d i Alessandria e d era l ì che Cleopatra s i era fatta allestire la sua tomba cost ruita come un fort ilizio, 398 .

TE M P I O D I 1 s i DE :

si trovava vicino alla casa di Pompeo dato che, a quel che dice Appiano, era vicino alla casa del console, cioè di M arco Antonio , che se n ' era impadronito dopo Farsalo , 1 42 . Tn-t P I O 0 1 V E N E R E G E N I T R I CE : nel Foro di Cesare , 1 46; 1 68 ; 405 .

TEM P I O DI T E L L u s :

T E M P I O DI VESTA : TE R N I :

al Foro Romano vicino alla Casa delle Vestali , 252.

la romana Interamna, 1 76 .

TE V E R E . I L F I U M E ,

1 4 1 ; 1 43 - 1 44 ; 2 1 5 .

era una costruzione che si protendeva molto avanti nel centro del porto di Alessandria ed era collegata alla terra soltanto da un pontile, 385 . T I R O , 343 .

TI �IONEU:vt :

T I R R E NO. I L M A R E ,

1 63 .

l' odierna Bulgari a , 363 ; 368 . TR ASTE V E R E . l G I A R D I N I DI C E SA R E : per lungo tempo si è ipotizzato che i ru­ deri della villa della Farnesi na, nella quale si t rovavano resti di affreschi con temi isiaci , fossero quelli di un edi ficio posto nei giardini di Cesare . Si pensava infatti che tale decorazione fosse collegata al soggiorno di Cleopatra nei giardini del suo amante . I n realtà, a quell 'epoca, affre­ schi del genere andavano di moda e li si trovava un pò dappertutto . Og­ gi , invece, si tende a credere che i giardini di Cesare si trovassero tra piazza Mastai ed il primo miglio della via Port uense . Grimal prospet ta u n ' altra ipotesi ancora e scrive che essi dovessero trovarsi ancora più a Sud e com­ prendessero una parte di M onteverde . Egli basa questa proposta sul fat­ to che, nel 1 500 , qui fu rono trovate molte opere d ' arte, 1 28 ; 3 1 2 . TRO I A , 270. T R AC I A :

TU R I :

città l ucana sul gol fo di Taranto, 1 5 5 . 477

u

UncA : città le cui rovine si t rovano ad una cinquantina di chilometri a nord­ ovest dell' odierna Tunisi sulla strada che va da Tunisi a Biserta, 9 2 . v

VENTOTEN E : isola dell' arcipelago Pontino , 2 1 5 . V I A A P P I A : la via consolare che univa Roma a Brindisi , 292 . VIA SACRA : la via principale che attraversava il Foro Romano (vedi ad esem­ pio il tratto t ra l ' Arco di Tito e l ' A rco di Settimio Severo) e sulla quale si svolgevano tutti i cortei trionfali , 3 7 .

478

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INDICE I L L U STRAZIONI Fig . l - Testa di sposa c o n la t radizionale pettinatura divisa in s e i strisce (sex crines) e d i l tipi­ co chignon stretto ed alto (tutu/um). Vaticano Museo Chiaramonti, Foto 1st . Arch . Germ . 29. 434 (profilo) . Fig . 2 - Testa di sposa con la tradizionale pettinatura divisa in sei strisce (sex crines) ed il tipi­ co chignon stretto ed alto (tutulum). Vaticano Museo Chiaramonti , Foto 1st. Arch . Germ . 87 Vat . 1 2 1 (nuca). Fig . 3 - Sarcofago con scena di matrimonio del Museo delle Terme a Roma. Dexterarum iunc­ tio . Foto 1st. Arch. Germ . 66. 1 879. Fig . 4 - L ' intellettuale: affresco pompeiano. Napoli , M useo Nazionale. Foto 1st. Arch . Germ . 7 1 . 36 1 . Fig . 5 - Pittrice. Napoli, Museo Nazionale. Foto 1st . Arch . Germ . 7 5 . 1 464 . Fig . 6 - Pettinature complicate: Agrippina M i n o r , Museo delle Terme a Roma . Foto 1st . Arch . Germ . 5 7 . 2027 . Fig . 7 - Cesare. Roma, Palazzo dei Conservatori in Campidoglio. Foto 1st . Arch. Germ . 3 2 . 4 1 0 . Fig . 8 - Carpentum sul retro di una moneta di Livia. Zecca romana d e l 22-24 d . C . Fig . 8 b i s - Carrozza roman a. Ricostruzione d e l Riimische-Germanische Museum di Colonia. Fig . 9 - Cesare della Ny Carlsberg Glyptoteque Copenhage n . Foto l st . Arch . Germ . 56. 1 996. Fig . I O - D o nna ammantata. Bronzetto da I ndustria, Prov . di Vercelli. Torino, Museo Ar cheologico. Foto 1st . Arch . Germ . 74. 1 5 1 3 . Fig . I l - Villa marittima napoletana: affresco pompeiano. Napol i , Museo Nazionale Foto 1st . Arch . Germ . 63 .684. Fig. 12 - Testa di Bruto da moneta coniata nel 42 a . C . F i g . 1 3 - Moneta di Pompeo. Foto 1st . Arch . Germ . 7 3 . 405 . Fig . 14 - Bellezza di epoca repubblicana . Napo l i , Museo Nazionale Foto 1st . Arch. Germ . 5 1 .203 3 . Fig . 1 5 - Bellezza di epoca repu bblicana . Vaticano, Museo Chiaramont i . Foto 1st . Arch . Germ . 87 V a t . 1 1 7 . Fig . 1 6 - Bellezza di epoca repu bblicana. Roma, Museo Torlonia. Foto 1 s t . Arch . Germ . 5 5 . 93 Fig . 1 7 - Ricostruzione del gruppo " I nvito alla danza" del Museo dei Gessi dell ' U n iversità di Roma. Fig . 1 8 - Testa di Principessa Tolemaica . Roma, Mu seo Nuovo. Foto 1st . Arch . Germ . 4274 . Fig . 1 9 - Retro della moneta dei tirannicidi di Bruto del 42 a . C .

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Fig. 20 - Legionari romani della Colonna Traiana Roma. Foto 1 s t . Arc h . Germ . 90. 252. Fig. 21 - Il tempio di Cesare nel Foro Romano dove Cesare venne bruciato. Fig . 2 l bis - l Rostri, tribuna della storia romana. Foro Romano . Fig . 22 - Testa di Augusto . Roma, M useo Capitolino. Foto 1st. Arch . Germ . 30.2 Fig . 23 - I l neaniskos. Testa di Augusto da Lucus Feroniae. Foto 1 st. Arch . Germ . 62. 579. Fig. 24 - Denario d i Marco Sanguinio con la testa d i Cesare e la stella sul suo capo . Fig. 25 - Augusto del Museo di Zadar . Foto 1st . Arch . Ger m . 3 8 . 5 5 2 . F i g . 26 - L i v i a c o n la spola in mano . R o m a , Musei Capitolini . Foto 1st . Arch . Germ . 8 1 43 . Fig . 2 7 - Supposto ritratto d i Giulia, A ugusti filia, d a Eydoux, Les grandes dames de l 'archeologie (profilo) . Fig. 28 - Ritratto di Marcello . Museo Nazionale di Napoli . Foto 1 st. Arch . Germ . 8 3 . 1 942 (di fronte). Fig. 29 - Ritratto di M arcello . M useo Nazionale di Napoli . Foto 1st . Arch . Germ . 83. 1 946 (profilo). Fig. 30 - Agrippa. Roma , Museo Capitolino . Foto 1 s t . Arch . Germ . 3 2 . 1 5 5 0 . F i g . 3 1 - Agrippa, Castello della Fasanerie . Foto 1 st. Arch . Germ . 67 . 1 1 5 7 . Fig . 3 2 - Tiberio d e i Musei Vatican i . Foto 1st . Arch . Germ . 8 7 V a t . 380. Fig . 3 3 - La civetta: Affresco nel Museo Nazionale di Napoli . Foto 1st. Arch . Germ . W . 328 . Fig . 34 - Figura di donna senza viso dell' Ara Pacis , frammento del Louvre, Parig i . Foto 1st . Arc h . Germ . 49 1 . Fig . 3 5 - Livia. M useo Chiaramont i , Vatican o . Foto 1st. Arch. Germ . 7 8 . 69. Fig . 36 - Livia . Roma, Villa Albani . F oto 1st . Arch . Germ . 3 8 . 1 2 1 7 (profilo) . Fig. 3 7 - Livia. Roma, Villa Albani. Foto 1st. Arch . Germ . 3 8 . 1 2 1 4 (di fronte). Fig. 3 8 - Augusto con la barba . Verona, Museo del Teatro Romano. Foto 1st . Arch . Germ . 8 1 . 3 266 . Fig . 39 - Antonia e Druso con i piccoli Germanico e Claudio. Roma, Ara Pacis Foto 1st. Arch. Germ. 37 . 1 7 1 6 . Fig. 40 - Germanico . Museo di Tripo l i . Foto 1st . Arch . Germ. 6 1 . 1 8 1 2 . Fig . 4 1 - Agrippa Postumo. Roma, Musei Capitolini. Foto 1st. Arch . Germ . 7 8 . 2 1 4 1 . Fig . 42 - Agrippina Maior. Roma, Museo Nazionale di Antichità, (palazzo della Pilotta) . Fo­ to 1st . Arch . Germ . 67. 1 5 8 5 . Fig. 43 - Antonio o Agrippa, del Ròmische-Germanische Museum di Colonia. Foto 1st . Arch. Germ . 67 . 1 5 8 5 . Fig . 44 - Antonio . Roma, Palazzo dei Conservatori. Foto 1st . Arch . Germ . 4 1 . 2 5 5 8 ( fronte) Fig . 45 - Antonio . Roma, Palazzo dei Conservatori . Foto 1st. Arch . Germ . 4 1 .2560. Fig . 46 - Busto di Cicerone. Vaticano Museo Chiaramont i . Foto 1 s t . Arch . Germ . 3 2 . 1 640 . Fig . 47 - Fulvia? dalla N y Carlsberg Glyptotek , Copenhagen . Foto 1st. Arch . Germ . 8 5 . 2 1 47 . Fig . 4 8 - Ciceron e. M useo Archeologico d i Torino. Foto 1st . Arch . Germ. 7726 Fig. 49 - Cleopat ra. Londra, British M u seu m . Foto 1st. Arc h . Germ . 3 3 . 50 1 . Fig . 50 - Ottavia, Roma. M useo delle Terme. Foto 1 s t . Arch . Germ . 40. 1 1 7 7 . Foto 1st . Arch . Germ . 40. 1 1 87 (fronte).

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Fig . 5 1

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Ottavia, Roma . M useo delle Terme. Foto 1 s t . Arch . Germ . 40. 1 1 77 (profilo).

Fig . 5 2 - Navi da guerra i n u n porto da u n a ffresco del tempio di l side a Pompei , oggi nel M useo Nazionale d i Napo l i . Fig . 5 3 - A z i o , n a v e da guerra roman a . Da u n bassorilievo augusteo i n memoria d e l l a batta­ glia d i Azio. disegno del P i ranes i . Foto 1st . Arch . Germ . 8 1 . 1 7 1 . Fig. 54 - Navi da guerra in battaglia da un a ffresco del tempio di lside a Pompe i , oggi nel M u seo Nazionale d i Napoli . Fig . 5 5 - Tiaso bacchico . A ffresco dalla Casa del Criptoport ico a Pompei . Foto 1st . Arch . Germ . 5 4 . 74 2. Fig . 56 - Sileno. Bronzetto d i industria: Museo Archeologico di Tor i n o . Foto 1 s t . Arch . Germ .

3 0 . 240 .

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I N D ICE

Premessa . Prefazione . . Fonti . . Matrimonio nel mondo romano . . . . Divorzio nel mondo romano .. Vari tipi di matrimonio ... La cerimonia . . . . Donne La donna tra il I sec . a . C . ed il I sec . d . C . . . . Costumi e moralità Cesare Cornelia Pompea Servilia Porcia Calpurnia Le amanti Nicomede Assassinio di Cesare Funerali di Cesare Augusto Lo scontro Clodia Scribonia G i ul ia Li via

Augusta

.. pag . 240

Antonio Fadia et Antonia . . .

258 28 1

Fulvia . .

29 1

Cleopatra Ottavia ..

312 325

Ripudio .

324

Azio . . . Disfatta e fuga

358 377

L ' addio di Dioniso

384

L' aspide . Cronologia

"

Glossario Indice analitico dei nomi Indice analitico dei luoghi

"

Bibliografia

"

Fonti . . Abbreviazioni

"

Indice illustrazioni . .

398 41 l 416 435 469 479 484 486 487

F i n i t o di s t a m pare n e l m e s e d i f e b b r a i o 1 992 p e r conto de " L ' E R M A " d i B R ETSC H N E I D E R d a l l a L i t e S e rv i c e d i P. F i o r a n i V i a L u c a V a l e r i a , 58 · R o m a