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Italian Pages 357 [355] Year 1980
FABRIZIO DESIDERI
WALTER BENJAMIN IL TEMPO E LE FORME
EDITORl1RIUNITI
I edizione: ottobre 1980
©
Copyright by Editori Riuniti
Via Serchio 9I1:1 - 00198 Roma CL 63-2202-6
Indice
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Avvertenza Premessa logico-storica. « Istantanee » sulle trasforma2ioni del concetto di tempo dopo Hegel 1. Tramonto dc!l concetto, p. 12 - 2. Ritorno del tcl!!J)O: « Wille zur Macht » e « etcmo ritorno », p. 16 - 3. Ii Tempo della scissione, p. 20 - 4. LI Tempo dcll'Erlebnis, p. 23 - 5. Tempo fenomenolo&ico come tresceadentale dell'Erlebnis, p. 27 6. « Tempo storico» e « Kultur », p. 30 - 7. « Tempo originario» e Deslruklion delle forme, p. 36.
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I. Neokantismo, Romantik e critica delle forme I. A. Metafisica della Jugend: oltre lo Jugendstil, p. 42 - B. C. Tragedia e Trauerspiel: «tempi• e linl'·u1ggi, p. 48. IJ. Due poesie di Holderlin: tra ncokantismo e Gcorgc-Krcis, p. 53. Hl. A,. La « tent:azione • del Sistema, p. 61 - B. Friihromantile: la critica come riflessione delle forme, p. 67. Nota 1: Benjamin e Klec: per wia logica elementare del segno, p. 74.
Punti focali, p. 47 -
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Il. Lingua, «politica» e utopia teologica I. A. Indicibile e Nuchtennheit, p. 79 - B. Sulla lingua in generale e su quella degli uomini, p. 84 - C. Modus essendi, modus significandi e medium linguistico, p. 93. H. A. Metafisica della pol:itica: « per la critica della violenza», p. 97 - B. Ll frammento tcologice>pOlitico, p. 103. M:I. A. Il processo storico della traduzione, p. 1.10 - B. Apparenza e senza-espressione: le Alfinità eletlive, p. 11'8.
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III. L'« origine del Trauerspiel tedesco>> come storia originaria della soggettività . I. A. La diligenza per Fnncoforte, p. -127. -
B. Filologia e inter-
pretazione, p. l•Jil.
11. A. ScritbW'a e Darslellung, p. 134 - B. Verità e Umweg, p. U7 - C. Critica come mk:ro]ogia, p. 140 - D. Idee - concct-
ti - fenomeni, p. 142 - E. Nome, p. 14.5 - F. Origine e storicità dcll'-idca, p. 148 - G. Monade e e storia naturale », p. 1,1 - H. Kunslwollen, p. W. LII. A. 1neatrum historicum I, p. 1'6 - B. Actus tragirus, p. 157 - C. Thcatrum historicum LI: decidere cx nihilo, p. 161 D. Cogitatio melancholica, cogitatio allegorica, p. 16.5 - E. Allegoria, obnubilatio symbolorum, p. 167 - F. Facies historiae est scriptura naturùis, p. 169 - G. Scriptura, « castrwn doloris », p. 169 - H. Pondcraci6n Mystcriosa, p. 170. Nota 2: La Torre, p. 17~.
17 5
IV. Esoterismo e materialismo storico: l'impossibile « viaggio » in Palest-ina I. Le lettere sul e Materwismo storico», p. 175. M. L'imunano krausieno, p. 18-7.
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V. Benjamin e Brecht: intellettuali e sovrastruttura I. A. I Versuche iJber Brecht, p. 1,97 - B. Jl nesso intcllettuali-sovnstnrttura, p. 202. I,!., A. Carattere distruttivo e sobrietà brechriana, p. 206 B. Masse e costruzione dell'Erjahrung, p. 212. I.ili. Gli studi sul teatro epico, p. 21,.5. IV. A. L'autore come produttore, p. 225 - B. Eingreifendes Denken, p. 2J..5 - C. Operare nella tradizione p. 2411. Nota 3: Aura, tecnica e storicità della percezione, p. 24.5.
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VI. Benjamin, Adorno e il« Passagenwerk » I. A. I progetti della « Passagenarbeit », p. 253 - B. Ponnamerce e vita quotidiana, p. 2.'8 - C. Urgeschichle della modernità, p. 261 - D. Struttura«wrastrutrura, p. 264 - E. Immagine dialettica, p. 2166. ll. A. I saggi su Baudclaire, p. 269 - B. ili tempo del mercato e l'eroismo baudolairiaao, p. 272 - C. Erlebnis-Erfahrun_g, p. Z16 - D. Idéal e spleen, p. Z78 - E. Progresso e Etemo Ritorno, p. 281 - F. Merce e allegoria, p. 2&3.Jilil. A. Adorno e l'attualità della filosofia, p. 287 - B. Lo Hornberger BrieJ, p. 292 - C. La mancanza di mediazione e le ali della costruzione, p. 298 - D. Naturgeschichte e dialettica negativa, p. 302.
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VII. Le tesi « sul concetto di storia» I. A. Metapho,ik e giudaismi, p. YJ7 - B. Lo « stato di pericolo » della situazione mondiale, p. )10. ]I. A. Politicità delle Thesen, p. }12 - B. Lo schema e generativo» delle Thesen, p. J;l4 - C. Una strana partita a schacchi, p. 3-17 - D. Memoria, redenzione e « _politica », p. 324 - E. e Salvazione del passato», p . .3a8 - F. Ein/iiblung, p. }}1 - G. Angelus Novus, p. 3-)3 - H. Socialdcmoc:razia e « sviluppo tecnico», p. }35 - ·I. Il tempo e complesso» della contraddizione, p . .3}7 L. Rivoluzioni: discontinuum della storia, p. 341 - M. L'inversione passato-presente, p. )42 N. C-ostruzione, p. 34.S - O.
Mooade,_p. 348. liH. A. Tempo woto e lavoro astratto, p. e le forme, p . .)!)i2.
}50 -
B. Le politica
In memoria di mia nonna Gina la piu difficile da onorare
Avvertenza
L'intenzione di questo lavoro è duplice. Da un lato, mostrare una possibile costruzione dell'opera di Walter Benjamin, tracciare un possibile percorso dentro le sue pagine sul filo del rapporto tempo-forme, e quindi su quello della critica, come logica che ogni forma esprime-sprigiona al suo interno in quanto tempo delle sue trasformazioni. Dall'altro, preludere ad una eventuale /ormulazione di alcune proposizioni intorno al tempo e alla storia. Di questa duplicità testimonia lo iato tra la Premessa e il corpus vero e proprio del lavoro. Se questo iato - questa incolmata fenditura nel suo continuum testuale - darà occasione a qual,cuno di pensare relazioni, implicazioni, opposizioni e possibili sviluppi tra le trasformazioni del concetto di tempo dopo Hegel (accennate nella Premessa) e qualche tratto del pensiero benjaminiano, allora, nonostante le sue certe manchevolezze (che non sta a me indicare), questo libro avrà avuto un senso. Nel nostro caso sarebbe stato alquanto indecente e poco serio presentare frettolosamente, come già date, le connessioni tra l'ouverture logico-storica e la vera e propria esecuzione del discorso su Benjamin, azzardare quindi, per una perversa volontà di simmetria, una qualche conclusione. Molto lavoro anaUtico resta ancora da fare,· molti altri testi sono tuttora da attraversare, da dissodare filologicamente e teoreticamente. Il manoscritto è stato consegnato all'editore nell'aprile 1979. L'esser stato, subito dopo, chiamato ad assolvere a «patriottici» doveri mi ha impedito di rivedere e/ o rifinire alcune parti come avrei voluto. Di necessità, la letteratura riguardante Benjamin (e i problemi qui affrontati) pubblicata nel 1979-80 viene utiliuata solo marginalmente. In base ad essa si è perlopif' aggiornata qua e là qualche nota. Inediti benjaminiani usciti di recente in Germania, come il Briefwechsel 19JJ-40 con G. Scholem (a cura dello 9
stesso Scholem, Frankfurt/ M. 1980) o il Moskauer Tagebuch (a cura di G. Smith e con una prefazione di G. Scholem, Frankfurt/ M. 1980); non si sono evidentemente potuti trattare. Durante la preparazione e la stesura del lavoro, decisivo è stato il confronto con alcuni amici. Ricordo qui e ringrazio: Massimo Cacciari, Ottavio Cecchi, Maurizio Ciampa, Ferruccio Masini, Roberto Racinaro, Giovanni Spagnoletti. Da loro non ho ricevuto soltanto consigli, idee e critiche, ma soprattutto, e in maniera determinante, la fiducia a continuare in una ricerca, di cui, in tempi davvero non trasparenti, è assai difficile scorgere l'utilità. Questo libro, poi, non sarebbe forse mai stato nemmeno pensato, se circa sette anni fa non avessi posato lo sguardo su un affascinante « profilo » di Ben;amin apparso su Rinascita sotto la firma di Ferruccio Masini, che allora non conoscevo. Due anni dopo l'amicizia con lui sarebbe andata di pari passo con una sempre piu coinvolgente «immersione» nell'opera benjaminiana. Desidero inoltre ringraziare il Deutscher Akademischer Austauschdienst per avermi permesso un soggiorno di studio di un anno a Francoforte, essenziale ai fini di questo lavoro. Di questo periodo ricordo con gratitudine, per i cordiali e interessanti colloqui che ho avuto con loro, il prof. Hermann Schweppenbiiuser e il prof. Burkhardt Lindner. Un ringraziamento infine alla Deutsche Bibliothek di Roma, insostituibile punto di riferimento bibliografico. Se i debiti scientifici di cui sono cosciente si riflettono nelle pagine che seguono, il debito maggiore è /orse nei confronti di coloro che, al di fuori di preoccupazioni da « addetti ai lavori», in questi anni mi hanno posto domande intorno al senso di questa ricerca. Questo debito è tuttora insoluto: a molte di queste domande, mi accorgo, questo libro non è riuscito minimamente a rispondere. (La nota 2 e la nota 3 erano già apparse, con lievi differenze, rispettivamente su Paragone e su ES.,· il capitolo VI e le prime due sezioni del VII, riproducono qui - nel primo caso, con qualche correzione e qualche taglio e nel secondo con non trascurabili aggiunte - due saggi già pubblicati rispettivamente in Nuova Corrente e in Metaphorein).
F.D.
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Premessa logico.storica «Istantanee» sulle trasformazioni del concetto di tempo dopo Hegel Zu lang schon waltcst iibcr dem Haupte mir, Du in dcr dunkeln Wolkc, du Gott der Zcit! * ( F. Holdnlin}
Quel che segue è prologo al discorso su Benjamin, introduzione all'analisi della sua produzione. Ingresso nell'edificio metaforico> del Dasein, sul fondamento deHa storicità, accenna invece ad un'altra «tragedia», ben piu antica di quella simmeliana, assai piu radicata nella Tradizione, veramente greca. Ma - osserva Benjamin « la scena moderna non mostrerà mai una tragedia che sia simile a quella dei greci: al massimo la evoca ~ 169 • L'assenza della terza sezione della I parte di Sein und Zeit, il mancato passaggio dal Tempo al problema dell'Essere 170 sono questa evocazione. L'aver riconosciuto la radice della storicità non significa ancora la piena comprensione della radice stessa, che sola può condurre lvi, p. 400. foi, p. 502. 169 W. Bcnjamin. li dramma barocco tedesco, traJ. Ji E. Filippini, Torino, 1971 (d'ora in poi DB), p. 97. 17 Cfr. K. Lowith, Saggi stt Heidegger, trad. di C. C..ascs e A. Mv.zone, Torino, 1966, p. 49, n. 1 e M. Cacciari, Noi, i soggelli, in Rinascila, n. 27, 2 luglio 1976. 167
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°
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alla determinazione della « differenza di genere fra l 'ontico e lo storico» 171 • t necessaria a tal fine una « radicalizzazione decisiva », si tratta di cogliere l'« unità originaria » che fonda tale differenziazione, di affrontare il problema ontologico e la sua « tradizionale » assenza di fondamenti. ,Ma a questo è possibile giungere solo assicurandosi « il filo conduttore attraverso la delucidazione ontologico-fondamentale del problema dell'essere in generale» 172 • Con questa conclusione del V capitolo Heidegger rimanda l'interrogativo che chiude il VI capitolo ,(e quindi l'intero libro) - « il tempo si rivela forse come l'orizzonte dell'essere? » 173 - ai problemi della I ntrodut.ione. Del « filo conduttore » se ne viene in possesso solo mostrando come la « storia dell'ontologia» trovi la sua spiegazione soltanto nella sua necessaria connessione col « modo di essere del1'Esserci ». Questo è il compito e il senso della « distruzione della storia dell'ontologia ». La « distruzione » non esercita la sua negatività sul passato ma sul presente, « critica.. l'oggi » 174 e il suo non interrogare l'essenza della tradizione metafisica, la quale pone la necessità di affrontare il senso dell'Essere a partire dall'Esserci. Chiarire questa necessità significa vedere che l' « oggi » è il compimento di questa tradizione, che l'essenza della metafisica moderna coincide con l'essenza della tecnica. E questo spiega, a nostro avviso, l'assenza della III sezione in Sein und Zeit e connette la successiva produzione heideggeriana a questo fondamentale libro. Solo l'analisi della Tecnica, come destino del mondo moderno, fa, infatti, accedere Heidegger alla « distruzione della storia dell'ontologia»: la tecnica come il continuo consumare la propria « storia », la propria ragion d'essere, è questa distruzione. Essa chiude ogni destino (Geschick), come « assegnazione di un'apertura dell'essere dell'essente », irrigidendo « ogni cosa nell'assenza di destino (in das Geschiclelose) » 175 • La sua conseguenza è « l'astoricità » (das Ungeschichtliche). In essa il processo storico giunge ad « uniformità » 176 • La tecnica come « pro-duzione » dell'oggetto, com M. Heidqgcr, Essere e Te_mpo, cit., p. 481 (ma è una citazione del Conte Yorck, dal Briefwechsel con Dilthey). l71 lvi, p. 482. l7l lvi, p . .520. 174 lvi, p. 41. 175 M. Hcidcgger, Oltrepamzmenlo della Metafisica, in Saggi e discorsi, cit., p . .51. 176 lvi, p. 63.
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me dominio del· destino nel modo dell'im-posizione 177 è eliminazione di ogni differenza 171 : l'apparire della differenza coincide con la sua consumazione nell'uniformità del processo. Le forme, come effettuazione delle categorie della metafisica occidentale, si autodistruggono nel compiersi del processo che le aveva tramandate. La loro tradizione è anche la loro distruzione. Oltre questo destino, oltre la metafisica, sta « il pensare il pensiero greco ancor piu grecamente » 179 , il « risalire alle esperienze originarie in cui furono raggiunte quelle prime determinazioni dell'essere che fecero successivamente da guida» 110 • :8 questa l'« evocazione» heideggeriana. Quest'evocazione è nostalgia, l'impossibilità di eseguire la tragedia al cospetto degli antichi dèi: ma « quand'anche nostalgica si sollevasse l'anima / al di là del tuo tempo /, triste ti aggireresti su un deserto lido / coi Tuoi, senza conoscerli » 181 • Dove Heidegger chiude, intorno alla Tecnica come destino. Benjamin aprirà il suo discorso. E questo non semplicemente perché Heidegger feticizza la Tecnica, annullando in essa lo strutturarsi storico del feticismo - le forme del suo apparire - quanto, a nostro avviso, anzitutto per l'analisi eh~ fa dell'Esserci, come essere-perJla-morte, e della struttura della decisione. La decisione dell'Esserci heideggeriano è decisione senza costituzione. Ogni costituzione che non sia il costituirsi della ~truttura della decisione, si annichila in questo costituirsi. Le forme « storiohe » deH 'Esserci giungono ad un punto di indifferenza nel tempo del Si. L' Augeublick (attimo) della decisione anticipatrice annichila, -in quanto radicalmente alt~o da esso, nello Jetzt (istante) il tempo del Si, invece di riconoscerne la complessità iintima, di criticarne internamente la forma, di « cogliere » il tempo storico che si raggruma in esso: la Jetzt-zeit. Quest'ultima tematizzerà invece Benjamin, è nel tempo intramondano del Si che lavorerà il suo ultimo pensiero, penetrando nella apparenza della sua naturalità, mettendone a nudo il teologico, intimo limite e ·le possibilità di trasformazione, che in quest'ultimo sono altresi riposte. 177 Or. M. Hcidegger, La questione della tecnica, in Saggi e discorsi, cit., pp, 5wZ,, • 178 Or. M. Heidegger, O/trepassamenlo della Metafisica, cit., p. 64. 179 M. Heidegger, In ca1t1mino verso il linguaggio, trad. di A. Caracciolo e M. Caracciolo Perotti, Milano, 1973, p. 112. no M. Heidegger, Essere e Tempo, cit., p. 41. 181 F. Holderlin, An die Deutschen, citato in Hcidcggcr, L'epoca dell'imma· gine del mondo, in Sentieri inte"olli, cit., p. 101.
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I. Neokantismo, Romantik e critica delle forme Ncigcnd erstrahlt in Zcit die Gcliebte der Landschaft Aher verdunkclt verharrt ùber der Mitte der Fcind. Seinc Flugel schlifcm. Der schwarze Erloscr dcr Lande Haucht sein kristallincs: Ncin und et beschliesst WlSffll Tod. • (W. &nit1min)
Musica...
Respiro, forse, delle statue mute. Silenzio delle tele. Arcana lingua, ~ entro cui tutti i linguaggi sfociano. Tempo, che scatti in ripido strapiombo per ogni via dove tramonta un cuore.
(R.M. Rillee)
I Benjamin non pone direttamente il problema del tempo, del suo rapporto con il soggetto e di questi con il processo storico, questa problematica, questo intricato groviglio di fili lo incontra scavando nelle / orme 1• Il problema di Benjamin non sarà mai la lacerazione, il conflitto e la volontà di conciliazione tra vita e forme, ma l'avventurarsi dentro queste ultime, insediarvi la critica, farle «riflettere». Di fronte alle forme che Benjamin analizza, non sta Die Seele (l'anima), come per il giovane Lukacs. Per questo il suo « 5aggiarle » non è pervaso di Sehnsucht per la totalità della vita, per il suo « sistema » 2 • Il saggio benjaminiano è lo spazio ove questa « riflessione » della forma emerge, la sua scrittura, anzi, è questo stesso processo. g questo scavare nelle forme delle cose, della vita, del linguaggio, delle opere - fino a quelle storiche - per farle parlare, per mostrame 'le differenze, le interne trasformazioni e le stratificazioni che le compongono. Perciò il tempo che Benjamin incontrerà non sarà quello « metafisico » della tragedia - il tempo che nega il proprio esserci per affermare l'essenza come« autospoliazione della temporalità» - né si fermeii nel suo lavoro di scavo a constatare la durée, come « forma della avventura» in un mondo abbandonato dagli dèi, ricerca volta a « scoprire e ricostruire la totalità della vita». Questo « tempo» per H Lukacs di Teoria del romanzo è ancora pregno di capacità simbolica, il romanzo che esprime come forma è tuttora Bildungs• Declinando nel tempo irraggia l'amata del paesaggio / Ma oscurato persiste sul centro il nemico. / Le sue ali addonnono. Il nero redentore della tem / Alita il suo cristallino: No e decide la nostra morte. 1 Sul metodo bcnjaminiano come un « triveJlare ~ la surierficic delle rose, come « taglio obliq110 » nei testi si vedano i Ricordi di E. Bloch in AA.VV., Ohe, Wtdter Benjamin, Frankfurt/M., 1968, p. 18. 2 Sul saggio in Lukacs, dr. M. ucciari, Metropolis, cit., pp. 76-n.
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roman, pur se neHa forma della di9Soluzione e/o della negatività 3 •
:8 oltre questi simboli - nelle forme del
« romanzo contempora-
neo» - che sarà tracciato l'itinerario benjaminiano. Quel che segue si propone di costruirne i tratti essenziali. Necessariamente attraverso una cauta ricerca« a tastoni » nel terreno dei testi benjaminiani, ricerca cui è propria tanto l'inanità, quanto una fortunata fruttuosità. Solo la giustezza dell'inventario dei reperti, delle scoperte di questo lavoro archeologico nella tote Stadt seppellita nelie pagine henjaminiane deciderà di entrambe. Una cosa è certa: una« costruzione» intendiamo restituire, non l'intera città.
A. « Metafisica della Jugend »: oltre lo « ]ugendstil ». Questa epoca non ha nessuna singola forma che permetta, a noi che taciamo, di esprimerci. Ma ci sentiamo soggiogati dalla mancanza di espressione. Disdegnamo l'espressione scritta facile e irresponsabile » 4 • Queste parole sono contem.ite nella lettera del 9 marzo 1915, con la quale Benjamin rompe con Gustav Wyneken e quindi con la « Jungendbewegung ». Motivo di tale rottura, è l'adesione di Wyneken alla guerra e, unitamente a questa, il suicidio dell'amico Heinle 5 • Questa rottura significa per Benjamin rinuncia a dare forma al silenzio della propria Jugend nel Fiihrer- e Geniuskultus l Significativo sarà, in proposito, il rapporto di Lukacs col romanzo manniano cd in particolare col Doctor Faustus; per quest'ultimo, in relazione ai temi sopra· accennati, ci permettiamo di rimandare alle notcioni conclusive della nostra r«'Cn· sione al libro di G. lwss, Alltgorisitrung und modnnt Enahlkunst, in Studi germanici, a. XIII, n. 36-37, giugne>0uobre 1975, pp. 414424. 4 W. Benjamin, Lellere, trad. di G. Backhaus e A. Marieui, Torino, 1978 (d'ora in poi LT), p. 21. Si tratta solo di una scelta dell'edizione tedesca dei
B,ie/e ( BR).
5 Sull'attività di Bcnjamin nella « Jugendbewcgung.•, si vedano gli scritti dal '10 (,Bcnjamin è nato nel 1892) al '14 contenuti in GS, J.I, l, pp. 7-87, e in GS, Il, 3, pp. 824-884; in quest'ultimo tomo, che costituisce l'apparato critico, è ben documentata, attraverso testimoniani.c di altri aderenti a1 movimento ecc., l'attività dell'intero gruppo, e le sue caratteristiche, oomc pure l'importanza del poeta Fritz Heinle per il giovane Benjamin, che per anni, dopo il suo precoce suicidio, cercherà invano di pubblicarne le poesie. La presenza, anche dopo la rottura con la « Jugendbcwegung ,., di colui che Benjamin chiamava semplicemente « mein Freund • è testimoniata anche dalla biografia di Scholem (cfr. G. Scholem, Walter Btniamin - Dit Geschichtt einer Frtundscha/t [d'ora in poi: Scholtm-Biog,.], Frankfurt/M., 1975, pp. 19 e passim). Di questo periodo della produzione del giovane Benjamin si è occupato G. Schiavoni, di cui si veda il saggio Waller Btn;amin e la « Pedagogia coloniale», in Nuova co"ente, 71, 1976, pp. 239-287, (ora, modificato e ampliato in G. Schiavoni, W. Btniamin - soprauuivne alla cultura, Palermo, l'J80, pp. 96-1-43). oltre a H. Giinther in Walter Benjamin und dtr humant Marxismus, Olten und Freiburg/Br., lj74.
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degli adepti di Wyneken; nell'idea di Gemeinscha/t 6 e quindi rinuncia ad ogni genere di Aktivismus '. L'eroica impotenza di questo attivismo - credere di « cambiare l'atteggiamento degli uomini senza aggredire i loro rapporti », di poter lasciare intatta un'epoca, per sofo migliorarvi le scuole, rompere l'inumanità dell'istituto familiare e dare il loro posto, nell'epoca, alle parole di Holderlin e di George 8 - è vista chiaramente da Benjamin molti anni dopo. Ma le linee di questa rottura si intravedono già in uno scritto del '13-14, Metaphysik der ]ugend, che Benjamin non pubblicò mai. Che queste pagine non fossero del tutto coinvolte nell'abbandono della « Jugendbewegung » è testimoniato dal fatto che Benjamin ne consegnò il man~ritto all'amico Scholem nel '18. Toni e tratti espressionistici 9 si intreooiano qui con figure e temi dello
]ugendstil. La prima parte, Das Gespriich { il colloquio), ha come esergo le parole di Holderlin: « Wo bist du, Jungendliches! das immer mich / Zur Stunde weckt des Morgens, wo bist du, Licht? » 10• Sono i primi versi del Cantore cieco. Alla veggente cecità del poeta, apre il «colloquio», le cui parole tendono al Silenzio 11 • « Giorno per giorno, come dormienti utilizziamo smisurate forze. L'essere dei padri e degli avi riempie il nostro fare e pensare.» 12 Un'incompresa trama di simboli in questo ci asserve. Que6 Non senza significato, per comprendere l'oriiine teorica di movimt.-nti della Germania guglielmina come i W andervogel e la Jugendbewegung, ~ la ristampa, nel 1912, dell'opera di Tdonies, Gemeinscha/t und Gesellscha/1. Sul concetto di comunità come «ideale», cfr. la lettera del 4 agosto '13 a Carla Seligson, in LT, p_p. 14-19. Sulla « Jugendbewegung_» in particolare si veda il volume a cura di E. Kom, O. Suppcrt e K. Vogt, Die ]ugendbewegung, Dusseldorf-Koln, 196}; quello a cura di W. Riiegg, Kulturlt.ritile und Jugendkult, Frankfurt/M., 1973 e il recente studio di W. Laqueur, Die deutsche ]ugendbewegung, Koln, 1978. 7 Che il movimento dei « Freistudenten » si muovesse, almeno a Berlino, in simbiosi con l'attività dei primi gruppi espressionisti è confermato tra l'altro dal fatto che la rivista del movimento, De, An/a11g, a cui Benjamin collabora per alami anni, appariva presso Ja casa editrice dcll'Aktion di Pfemfert. Del resto proprio di una « Religion der Aktivitiit,. parlava Wyneken (dr. G. Wyneken, Schule unti ]ugendkultur, Jena, 1913, p. 67). • W. Benjamin, Berline, Cbronilt., a cura di G. Scholem, Frankfurt/M., 1970, p. 39. 9 Bcnjamin, va ricordato, aveva avuto contatti con K.urt Hitler e col Neocopathelisches Kabarett già nel lt9l.2~3 (cfr. Scbolem Biogr., p. 2.5). Si munque in GS, Il, 1, p. 102 il passo che comincia: « Dcr neue Sturm erbraust im bewegtcn lch ... ». io Dove sei, o giO\•anile! che sempre / all'ora mi desti del mattino, ove sei, Luce?,. ( trad. Vigolo). 11 GS, Il, 1, p. 91 12 lvi.
veda
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sta « trama » è il passato che il colloquio cerca di contenere, di conoscere. Ma il passato è uno spettrale « campo di macerie», che si nega a colui che nel colloquio parla. « Sempre colui che parla rimane posseduto dal presente»; le sue parole possono solo bestemmiare il linguaggio, possono solo « ravvivare orgiasticamente un vuoto passato » 13 • Solo colui che ascolta, chi tace, è la « inafferrata fonte del senso». Nel suo silenzio« conduce al margine del linguaggio »: « tacere è il limite interno del colloquio » 14 • Solo questo « eterno tacere dopo il colloquio » è grandezza, solo nel suo silenzio è dato « percepire il r-itmo delle proprie parole nel vuoto». Nel i« Genio» soltanto il linguaggio è silenzioso, per ché nasce dall'ascolto. Le parole cadono giu da lui come mantelli 15 , rendono nudi; denudano il silenzio. Lo fanno trasparente, visibile. Già qui Benjamin è assai lontano dal filisteismo camuffato di Wyneken: per questi il «Genio» non poteva divenire che « Der Genius des Krieges » (il genio della guerra) 16 , essendo fin dall'inizio determinato da tratti« virili »ed« eroici ». Il « genio » benjaminiano può colloquiare salo con la prostituta 17 • La prostituta, la donna, è colei che ascolta, che custodisce il colloquio. Per questo « possiede il passato ed in nessun modo H presente » 18 • Ma il passato che ha in sé è inattingibile. La donna che appare nel colloquio benjaminiano non è la donnamadre, ma la sua impossibilità. La evoca, spingendola in infinita lontananza. Quello che partorisce, come il genio, è solo morte: nessuna vita è da essa generata. Mai il passato attraverso di lei diverrà presente, mai ri-nascerà. Da questa lacerazione nel corpo del tempo nasce la filosofia ben;aminiana. Qui ancora Benjamin soggiace alla tentazione di liberarsi di tale lacerazione nella perfezione della lingua. Perciò la perfezione del colloquio è quella di Saffo e le sue amiche. Il loro linguaggio è essere « calrouto e insegnato». Questo certo significa solo la tecnicità delle condi7Joni e del processo del farsi della poesia, non questa stessa: il suo contenuto, il suo significato « il senso vit:Me, che non può essere calC'Cllato » mantliene però una relazione del tutto necessaria con quelle « calcolabili Leggi,. (F. Holdcrlin, \Verke und Briefe, cit., Bd. 2, pp. 729-730). Sarà la necessità di questa relazione a determinare - erodendo progressivamente e risolvendo in procedimento calcolabile-insegnabile anche il « senso vitale» della poesia - le condizioni endogene della trasformazione del « principio tecnico» dell'opera d'arte in principio della sua riproducibilità tee· nica; il rapporto - necessario fino a fondersi in un unico processo - tra produzione e riproduzione estetica. 111 GS, I, 1, pp. 71-72.
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naum l'assoluto medium della Riflessione non è l'io (come nel tardo Schlegel) ma l'Arte ed entro questo Absolutum l'opera, nella sua conclusività, figura in maniera del tutto autonoma e necessaria. Necessaria al progressivo realizzarsi dell'idea di questo Absolutum: come « autodelimitazione » 189 del processo riflessivo. « La forma piu alta è l'autodelimitazione deIJa riflessione» 190 : è la critica immanente aU'opera d'arte 191 • Il porsi dei limiti della riflessione nella critica deil'opera è « crescita della coscienza» in essa e d.i essa: è il metodo che toglie le barriere al progresso della coscienza nella Kritik, fondando l'interminabilità del suo processo. L'approfondirsi dell'« autolimitazione della riflessione» apre le porte della sua progressività, conducendo la forma alla sua « volontaria distruzione», al suo « tramonto»; perché cos{ rapporta metodicamente la sua Jimitatezza all'infinità dell'arte, la scioglie nell'Absolutum della sua Idea; distrugge la forma determinata dell'opera per avvicinarla aUa sua « indistruggibilità », per schiudere attraverso di essa il « cielo della forma eterna » 192 • Tutto questo per Novalis è Romantisieren ed avviene attraverso l'ironia, che si differenzia dai suoi connotati semplicemente negativi per divenire « la tempesta che solleva il velo di fronte all'ordine trascendentale delrarte » 193 • La positività e obiettività dell'ironia romantica è il suo costituirsi in relazioni simboliche, come « ironia formale», come trasparenza dell'idea dell'arte - quale si esprime nei termini: « poesia trascendentale », « poesia della poesia » 194 , che definiscono il carattere riflessivo dell'assoluto - nel limite interno alle singole forme di rappresentazione; come darsi deil'infinito nell'opera « nettamente definita in ogni punto » 195 • La forma simbolica piu pura è la Kunstkritik 196 , in quanto fluidif.ica le forme, ne produce storicamente il continuum, effet,tua progressivamente l'ordine trascendentale dell'arte. (~ evi189 L'autolimitazione - scrive Sch]~cl - è Ja cosa« piu necessaria e suprema per l'artista». « La piu necessaria: perch~ Jà dove uno non si limita, Jo limita il mondo ... La suprema: pcrch~ è possibile limitarsi solo nei punti e nei lati nei quali abbiamo una forza infinita, capacità di autocreazione e autoannullamento.,. (F. Schlegel, Frammenti critici e scrilli di estetica, cit., p. 24.) 190 GS, I, 1, p. 74. 191 Qui sta massimamente dice Benjamin - l'originalità de) concetto schlegeliano di Kritik: l'aver definito il proprio criterio come quello « di una determinata immanente costruzione dell'opera stessa» (ivi, p. 72). 192 Ivi, p. 86. 193 Ivi. Sul concetto romantico di ironia si veda anche di P. Szondi, F. Schlegel e l'ironia romantica, in Szondi, op. cii., pp. 91-110. 194 Cfr. F. Schlegel, Frammenti crilici e seri/li di estetica, cit., p. 83. 195 Ivi, p. 93. 196 Or. GS, I, 1, pp. 97-98.
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dente che, essendo stata quest'ultima definita come « poesia della poesia », qui cade la distinzione tra poesia e cr,itica 197 .) Si situa qui il concetto schlegeliano di « poesia universale progressiva » 191 , come rapporto tra idea dell'arte e « tempo ». L'idea non sta di fronte al tempo, che le opere, le forme, i generi a1'tistici rappresentano, come « indeterminata infinità del compito », né l' « infinita progressione » della poesia romantica scorre nella « vuota infinità del tempo» 199 • t proprio il carattere riflessivo del divenire - « vera essenza» della poesia romantica che instaura una connessione di rec-iproca implicazione tra « infinità della progressione » e estrema determinatezza del compito che ogni opera reca con sé. Benjamin, rilevando il fondo messianico del pensiero romantico, critica qui per la prima volta l '« ideologia del progresso » 200 , come « rapporto solo relat-ivo tra i diversi gradi (Stufen) della Kuiltur »: la « progredibilità » di Schlegd non è· un puro «divenire», ma « un processo di infinito adempimento», l'« infinità temporale » del quale è « parimenti mediale e qualitativa » 201 • Questo, che è senz'altro il momento piu alto di critica alla filosofia kantiana da parte dei romantici, è anche il lato impotentemente utopico del loro pensiero. Qui messianismo è senz'altro compimento della storia sulla linea del suo divenire e non· sua brusca interruzione e forse anche Benjamin, in questo periodo, condivide questa visione utopica del messianismo. Ma l'utopia dei romantici sta piu a monte. Se, come forse è stato chiarito, la musica suonata dalla filosofia romantica non è pura « Sehnsucht » del soggetto, ma « rivoluzionario furore di oggettività » (come Schlegel stesso riconobbe) 202 ; se effettivamente « i romantici volevano tenere lontano da sé proprio ,,il romantico", come lo Termini che si fondono e si trasformano nel concetto di Roma'lw, come piu spirituale», punto di neutralizzoione cli ironia e fonne di rappresentazione, « fenomeno afferrabile,. del continuum delle forme dell'arte; e questo attraverso la Prosa. Per cui la critica si configura come rapp,eu111azione (Darslellung, intesa in senso chimico, come produzione di un materiale attraverso un determinato processo, cui si devono sottoporre altri materiali) del « nocciolo prosaico» presente in ogni opera. Ma, per questo, si vedano in GS, I, 1, le pp. 98-108, dove Benjamin accenna anche alle differenze tra romantici e Holdcrlin intorno al concetto di Nuchter11heit (sobrietà). 198 Cfr. il celebre frammento 116 dell'Alhentium in F. Schlegel, Frammenti critici e scrilli di estetica, cit., pp. 64-6.5. 199 Or. GS, I, 1, p. 91. DI Cfr. ivi, p. 93. Sull'escatologia romantica cfr. F. Schlcgcl, Frammenti critici e scrilli di estetica, cit., pp. 79-80, e il citato saggio di Szondi. 201 lvi, p. 92. :m Cfr. F. Schlegel, Frammenti critici e scrilli di estetica, cit., p. 30. 191
« poesia
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si intendeva allora e lo si intende oggi» 203 ; com'è che acquistano senso le critiche hegeliane, dov'è la radice della loro utopia? Nel credere che la musica della loro cr.itica, consumando proprio la forma dell'oggetto, potesse restituirlo accresciuto, pieno di maggiori e piu solide determinazioni. Nell'attribuire all'ironia la capacità di instaurare relazioni simboliche, non vedendo piut,tosto che questa restituiva un soggetto vuoto 204 • Il soggetto è lo scacco, non l'utopia dei romantici. Proprio il loro anticlassicismo - l'aver attaccato il rapporto di equilibrio e corrispondenza tra forma e significato 205 - determinava l'utopia, la necessaria ineffettualità del lato poeticamente produttlvo del loro concetto di critica. Il tentativo romantico di salvare la « sostanzialità » classica oltre il classicismo determina anche il modo del suo rapporto con la tradizione. Questo Benjamin già nel '18 pareva averlo ben chiaro: « .il romanticismo è certamente l'ultimo movimento che abbia ancora salvato la tradizione. Il suo tentativo, prematuro in questo tempo e in questa sfera, ha portato a un'apertura assurdamente orgiastica di tutte le fonti segrete della tradizione, che avrebbe inondato incessantemente l'intera umanità» 206 • La tradizione sarebbe stata necessariamente desacralizzata, ed in questo preparata alla distruzione. La critica - vedrà lucidamente Benjamin qualche anno dopo - « è moMificazione delle opere. Non è potenziamento della coscienza presente in esse (romanticismo!), ma insediamento in esse del sapere» 207 • E. Kircber, Philosophie der Romantik, Jena, 1906, p. 43. L'ironia positiva dei romantici permane cosf nella negatività, che essa agisce e concepisce come superamento dcll'demento negativo e conduce l'ironia nel vuoto (dr. P. Szondi, op. cit., pp. 103-104). E questo come Szoncli e lo stesso Benjamin vedono si chiarisce soprattutto nelle commedie di Ticck. 205 Benjamin chiarisce in un'appendice le differenze essenziali tra Goethe e i romantici. Per Goethe l'opera d"an~ è incriticabile, in quanto non si dà idea nel senso romantico, ma Ideale, come « apriori del contenuto », sua unità con...-ettuale, che si manifesta in un discontinuum limitato e armonico di contenuti puri. Questi sono immagini originarie (Urbilder) date dalla Natura, e l'arte piu vicina a tali Urbilder è quella greca: per questo i suoi prodotti sono modelli ( V orbilder) insuperabili e normativi per l'opera.re artistico. La singola opera partecipa dello Urbild, ma non passa mai nel suo regno: in rapporto all'ideale rimane sempre un Torso, che può durare solo come modello. Ma se origine di questo assurgere del linguaggio a sede e voce del giudizio. Sia in fondo al percorso logico di Wittgenstein, che a quello teologico di Benjamin il Mistico non sta come chi finalmente riposa e irraggia nel guscio vuoto della parola, ma come orizzonte, che si predude al suo sguardo - al dire della parola - e ne circonda la durezza e datità 15 • Del resto il percorso te. 55 AN, p. 56. 56 L. Wicsenthal, op. cit., p. 79. 51 lvi. 58 Ivi, p. 89. 59 C.ome invece ritiene la Wiescnthal; cfr. ivi, p. 96. 52 M
esser definita nemmeno la « Teoria » del Tractatus, in quanto proprio l'analisi del concetto di Bild in esso contenuto comporta la crisi di quella che può essere definita una ipotesi iniziale, un demonstrandum 60 • Piu che cercare ,facili identità «logiche», al di là della veste ,teologica dell'impostazione benjaminiana, crediamo sia qui utile sottolineare .proprio la costi1!rficialmcnte », per tacere di colui « che ride nel profondo cd in ogni pura e semplice serietà non vede altro che malattia• (ivi, p. 113). I discorsi di B]och sull'aldilà, come il suo « comunismo mistico», il suo insistere sul vuoto dell'animo o sul peso del corpo come « degenerazione del nostro io ,. non sono che pretesche « fandonie », « ciarlatanerie ». « Non il corpo, ma lo spirito che lo insudicia, è sudicio. » (·lvi, p. 11.3.)
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lem 140 , nella critica al capitolo « Die ]uden » di Geist der Utopie. All'Ebreo, all'« escluso dalla storia », all'« esule in senso proprio » 141 Bloch annuncia qui il momento e la possibilità di entrare, attraverso il cristianesimo, in quel « mondo -relig.ioso » alle cui porte ha sofferto ed aspettato per lungo tempo 142 • Gesu è « divenuto innocuo» e ·« può essere salutato come "il centro" (Die Mitte) ». Questo ·«centro» non è definitivo, significa la divinizzazione della storia, l'essere del mondo impregnato dal divino 143 , ma da questa storia l'ebreo non è piu escluso, in essa cammina verso il :« Terzo, oltre l'ebreo e Cristo», vel"So il Messia del Terzo testamento 144 • In questo cammino Dioniso è « l'ultimo, sconosciuto Cristo» nel cui nome « s'incontrano eternamente ebrei e tedeschi », cosf che « l'ebraismo insieme al germanesimo (Judentum e Deutschtum) ancora una volta ha da significare un qualcosa di Ultimo, un Gotico, un Barocco, per preparare in tal modo, unitamente alla Russia, il tempo assoluto per questo terzo recipiente dell'attesa, del partorire-dio e del messiani,smo » 145 • La storia cosf diviene un movimento verso la redenzione, l'ebreo, la figura che nella storia occidentale era apparso come «estraneo», si concilia in questo processo con l'Europa. L'apocaHssi è « l'apriori di ogni politica e cultura che meriti di essere chiamata cosf » 146 : ma questo -apriori non conosce alcuna crisi nel passaggio al suo aposteriori, Politi/e und Kultur sono vie vel"So l'adempimento finale, lo Stato deve accompagnare la « comunità dei fratelli» 147 in questo processo, come « processo cosmico della conoscenza di sé » 1411 • Questo in fondo significava la cristologia blochiana: l'unificazione di teologia e politica in un'unica sostanza, il disponle nella linea di un unico vettore come significato della dinamica storica, tensione convergente verso uno Stato finale esercitante un'attrazione magnetica sulle forme del processo. Benjamin non accetta la cristologia di Bloch, crediamo, perché non accetta il risanamento della lacerazione tra « ebreo » e 140 Cfr. BR, p. 234, in cui Bcnjamin risponde alla lettera di Scholem contenuta in Scholem-Biogr., pp. 113-115. 141 E. Bloch, Geist der Utopie, cit., p. 327. 142 Cfr. ivi, p. 329. 143 Cfr. ivi, pp. 330-331. 144 Or. ivi, p. 329. 1u Ivi, p. 332. 146 lvi, p. 341. 147 Cfr. ivi, p. 444. 141 Ivi, p. 425.
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«-storia» che ne deriva e, non in ultima analisi, anche per tutte le conseguenze teologico-politiche contenute in tale « conciliazione». Questo risulta chiaramente dal cosiddetto Theologisch-politisches Fragment, probabilmente dello stesso periodo in cui fu sctitta la recensione di Geist de, Utopie 149• Qui l'anarchismo politico benjaminiano scopre il suo fondamento nichilistico, ossia: l'assenza di fondamento teologico della politica, l'ordine teologico come radicalmente altro nei confronti di quello profano; l'impossibilità dunque di un mediatore ·(di una cristologia) tra i due ordini. « Solo il Messia stesso compie ogni accadere storico e predsamente nel senso, che solo egli libera, porta a termine, crea la sua relazione al ,messianico stesso. Quindi niente di ciò che è storico può, di per se, volersi riferire al messianico. Perciò il regno di Dio non è il Telos della dynamis storica; non -può essere posto come meta. Considerato storicamente non è meta, ma fine (Ende). Perciò l'ordine del profano non può essere costruito sull'idea del regno di Dio, e per questo la teocrazia non ha alcun senso politico, ma solo un senso religioso. Aver smentito con la massima intensità il significato politico della Teocrazia è il merito piu grande dell'opera di Bloch: Geist de, Utopie. » 150 Nonostante i successivi accostamenti di Benjamin alle teorie schmittiane dovuti essenzialmente al valore euristico di queste - qui il rapporto teologia-politica si rivela irriducibile all'isomorfismo schmittiano tra i due termini 151 • Tra essi si dà invece una inesauri149 In base a questo Frammento, fino a pochi anni fa attribuito agli ultimi anni di Bcnjamin (dr. GS, II, 3, pp. 946-949), si sono costruite non poche interpretazioni dell'ultima produzione benjaminiana tendenti sostanzialmente a ravvisare il suo « materialismo storico • come maschera di concetti e inteozioni prettamente teologiche. Questo tipo di interpretazioni è consistito per lo piu nel ridurre le Tesi all'ÌJ!l~tazione di questo Frammento. (Si veda ad esempio ~r questo G. Kaiser, Walter Beniamins Geschichtsphilosophische Thesen. Zur Kontroverse der Benjamins Inte,preten, in Deutsche Vierteliahrschri/t fu, Literaturwissenschaft und Geistesgeschichte, n. 4, 1972, pp. 577-625, ora anche in Id. Benjamin Adorno. Zwei Studien, Ft-ankfurt/M., 1974.) Il F,agment, come chiariscono le osservazioni di Scholcm (dr. Scholem-Biogr., p. 117) e come qualsiasi pacata lettura avrebbe rilevato, per lo stile e i concetti espressivi, ~ invece da attribuire al periodo 1920-21. 1so GS, II, 1, p. 203. 151 Cfr. per questo C. Schmitt, Le categorie del «politico», rrad. di P. Schiera, a cura di G. Miglio, Bologna, 1972, soprattutto la Politische Teologie, pp. 29-86. Sul rapporto teologia-politica in Schmitt cfr. M. Cacciari, Intransitabili utopie, cit., e R. Racinaro, Hans Kelsen e il dibattito su democrazia e parlamentarismo negli anni venti-trenta, sagio introduttivo alla trad. it. di Socialismo e Staio di H. Kclsen, Bari, 1976. 2 evidente che questo non inficia per niente le analisi schmittianc sul rapporto tra teologia-metafisica e fomne della politica: 1a distama da Scbmitt, nel rapporto tcologia-polil'ica che Bcojamin prc1C11ta nel Fragmenl, è data infatti
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bile tensione e solo per questa tensione prodotta dal loro radicale ed infinito differire si può parlare di una loro relazione. « L'ordine del profano deve er-igersi sull'idea di felicità. » 152 Ma questa intenzione alla felicità che abita il profano non traduce -il processo storico in un vettore che tende infinitamente al compimento messianico, al Regno. II compimento che Ja « ricerca della felicità » chiede, è altro da quello che la Redenzione porta con sé. La matrice apocalittica del messianesimo benjaminiano è evidente: tra «storia» e «redenzione» vii è « mancanza di passaggio, « 1a redenzione non è un risultato di sviluppi intramondani » 153 • L'« intensità messianica », il desiderio e l'attesa dell'irrompere &-'Storico del Messia che nega e spezza l'ordine storico-mondano come spazio in cui l'umanità « cerca », tende alla felicità, attravef'Sa - come opposta forza che spinge verso un' altJra direzione - la tensione della « dynamis del Profano», volta alla meta . del -proprio adempimento. In questa immagine di due forze che a·giscono in opposte direzioni è raffigurata, per tBenjamin, la relazione tra > 166
a
di Benjamin e di George della poesia Le revenanl) e M. Blanchot, Reprises, cit. 164 AN, p . .38. ; 65 Or. M. Blanchot, op. cit., p. 476. 166 AN, p . .39.
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Nella storia il sigmf.icato-".dell'opera 167 si dispiega e questo lo fa soprattutto nelle sµe' traduzioni. In tale dispiegamento, nella sua storia quindi, la vita dell'opera rivela la sua intima « finalità», quanto in essa è espresso oltre la ,sua fenomenicità, oltre la vit,a stessa. Liberare l'opera dal «peso» ddl suo « senso» è compito del,la traduzione. « Tutte le manifestazioni finaHstiche della vita, come la loro finalità in generale, non tendono in definitiva alla vita, ma all'espansione della sua essenza, aJil'esposizione del suo -significato. Cosf la traduzione tende in definitiva all'espressione del rapporto piu intimo delle lingue fra loro.» 168 Se quanto la traduzione libera nell'originale è il suo «dire» nella propria lingua, oltre la propria ,lingua, tale liberazione non è totale, perfetta: questo dire è sempre velato nella lingua del traduttore. Per questo ,il itradurre :non può « rivelare o !istituire » il celato rapporto tra le lingue; -ma solo « rappresentarlo » 169 • Può solo mostrare - ,proprio nella possibilità della traduzione - quanto realizza « in for-ma embrionale o intensiva »: « che le lingue non sonQ estranee fra loro, ma a priori, e a prescindere da ogni rapporto storico, affini ( verwandt) ·in ciò che vogliono dire » 110• Affinità - avverte Benjamin - non signi.fica somiglianza. La Verwandtscha/t racchiude il concetto di parentela: in essa si addita all'origine comune delle lingue e al loro tendere nuovamente ad una « lingua pura». Ma questo tendere costituisce il loro divenire, il loro trasformar-si, le loro « storie »: cosf la loro a/linità può mostrarsi solo neJ.le loro differenze, nel tra-dursi reciproco di tali differenze. Che tale affinità delle lingue sia apriori e che si realizzi storicamente solo nel differire di queste, implica due essenziali conseguenze. Anzitutto, che non -si dà un mpporto di lineare equazione tra traduzione e origina1e. Come la conoscenza dell'oggetto non è semplice riproduzione di questo, ma -sua trasformazione - procos{ la vando cosf l'impossibilità di una Abbildtheorie 171 traduzione non riflette l'originale. « Poiché nella sua sopravvivenza, che nòn potrebbe chiamarsi cosf se non fosse mutamento e 167 Non il suo senso, che Bcnjamin identifica con ciò che semplicemente comunica: questo non risulta sempre chiaro nella traduzione italiana. 161 AN, p. 40.
lvi. lvi. m Cfr. ivi, pp. 4041. 169 170
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rinnovamento del vivente, l'originale si trasforma .. » 172 L'originaJe vive solo nella storia delle sue interne trasformazioni: le sue parale, la sua lingua non sono in esso fissate per sempre, ma conoscono uno sviluppo che non coincide per niente con 1'e diverse «letture» dei posteri. Ma anche la lingua del traduttore si trasforma. Traduzione è quindi l'intel\Secarsi di due « campi » di trasformazioni linguistkhe. ~ essa stessa - come forma - fattore attivo di trasformazione: della lingua nascosta dell'opera, che si manifesta in quella del traduttore, come di quest'ultima, ed in virtu, proprio di tale oper~ione. Poi, che il luogo di risdluzione delle tensioni prodotte dalle « differenze » delle lingue, il momento del compiuto e reciproco riconoscer-si delle loro affinità è « metastorico» (uberhistorisch) 173 ed in quanto tale non è « accessibile a nessuna di esse singolarmente » 174 • La « pura lingua » è quanto esse intendono e a cui esse tendono, ma per questo è data solo « oa:lla totalità delle foro intenzioni reciprocamente complementari» 175 • Tale « ·totalità » significa però la fine della loro storia. Il traduttore è il profeta di questa -« fine », parla per es-sa, la annuncia, consapevole piu di ogni altro quanto H «celato» delle lingue « sia lontano daMa rivelazione, quanto possa diventare presente nel sapere di questa distanza» 176 • E solo in questo sapere: nessuno piu del traduttore abita nella precaria e tenue linea di confine tra le lingue, poJ,iando solo -sul loro differire, vivendo solo della loro estiraneità 1 • Se nell'intenzione che abit'cl i,l linguaggio è possibìle distinguere l'« inteso» dal « modo di intendere» e se l'inteso è l'identico nelle diverse lingue, il punto in cui conve-rgono e che rende possibile ,la traduzione stessa, mai esso è visibile nella ,sua purezza, nella sua autonomia. La sua autonomia non esiste, oppure è linguisticamente inconoscibile. La traduzione è sempre trasformazione dell'inteso da un « modo di intendere» in un altro. E legge di questa « tra5formazione » è che l'integrazione d«file .intenzioni delle lingue appare solo nella reciproca esclusione di tutti gli elementi differenziali 172
Ivi, p. 41.
m Cfr. ivi, p. 42. lvi, p. 42. ns lvi. 176 lvi, p. 43.
174
177 « Ogni traduzione ~ solo un modo pur sempre provvisorio di fare i conti con l'estraneità delle lingue. AJtra soluzione che temporale e provvisoria, una soluiione istantanea e definitiva di questa estraneità, rimane vietata agli uomini e non~ comunque direttamente perseguibile.• {lvi.)
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parole, proposizioni, nessi sintattici - di queste lingue. In questo « gioco » di differenze, esclusioni e trasformazioni l'inteso appare come l'intraducibile. Permettere questo« apparire» è compito della traduzione, non: svelare l'« essenza » che nasconde. Essa evoca soltanto - nel tradurre l'originale - 1a sua attesa del« regno predestinato e negato della conciliazione e dell'adempimento delle lingue » 178 • La « mediatezza » della lingua del traduttore, rispetto a quella «-ingenua» del poeta, allenta la connessione - indistricabile nell'oi,iginale - tra >, scivolare senza fine in quel Bodenslose su cui ·si costruisce. Nessun testo sacro, nessun Urtext (testo originario) può ·piu offrire arresto. Questo ormai è inintellegibile o, forse, sono divenuti ciechi gli occhi degli uomini. Oscurato è, comunque, lo stesso testo del mondo, illegibile la sua « scrittura originaria » 197 • Qmnto poco la traduzione potesse mostrare frammenti della pura lingua, la metastorica affinità di tutte le lingue, e non invece solo il doloroso e conflittuale spazio del comunicarsi e trasformarsi delle loro differenze, nel quale il « senzaespressione » è solo silenzio, non parola, « limite» e insieme « nostalgia », risulterà chi-aro cbl saggio sulle Affinità elettive. della poesia esoterica ... Sull'ultima pagina di questa storia si dovrebbe trovare la radiografia del surrealismo. Nell'Introduction a discours sur le peu de réalité Breton osserva come il realismo filosofico del Medioevo stia alla base dell'esperienza poetica. Ma questo realismo - e cioè la convinzione che i concetti abbiano una propria, reale esistenza, sia al di fuori delle cose; sia all'interno di esse ha sempre portato molto rapidamente dalla sfera logica del concetto a quella magica della parola. E sono appunto esperimenti magici con le parole, e non passatempi artistici, gli appassionanti giochi di trasformazione fonetici e grafici che compaiono ormai da quindici anni in tutta la letteratura d'avanguardia, si chiami essa futurismo, dadaismo o surrealismo. i. (W. Bcnjamin, De, Surrealismus, in AR, p. 18.) Per questo aspetto essenziale delle varie avanguardie fondamentali sono le ricerche di F. Masini, soprattutto il già citato Dialettica
dell'avanguardia. 195 V. Kandinskij, Lo spirituale nell'arte, oit. Su Kanclinskij cfr. il bel saggio di F. Masini, La mistica dell'astrazione in K.4ndinskii, in Dialettica dell'avangU1Jrdia, cir., pp. 131-151 e le pagine di M. Cacciari in Krisis, cit., in part. pp. 152-158. 196 GS. II, 2, p. 618. 197 Sulla Urschr.:/1 dr. J. Molitor, op. cit., pp. 340-341. Cfr. anche quanto osserva Masini a propo,ito dello Chandos-Brief nel citato sagio su Kandinskij, pp. 441-442.
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B. Apparenza e senza-espressione: le Aflinità elettive. Nel saggio Goethes Wahlverwandtscha/ten - concluso nel '22 e apparso, in due puntate, nel 1924 e '2.5 nei Neue Deutsche Beitrage di Hofmannstahl 191 l'analisi dell'opera, della sua classicità, apre sugli irresolvibili conflini e conclusivi silenzi dei linguaggi, di cui l'opera - in apparente armonia - mostra l'affinità. Non l'armonico integrersi è il destino delle « affinità elettive » dei linguagg.i, che l'utopia « classici&ta » educa e sviluppa come fossero linguaggi naturali. La grande, «demonica» 199 ambiguità di tutta l'opera goethiana è quella -sussistente nel rapporto natura-arte: nella pari applicabilità ad entrambe del concetto di Urphi.inomen. L'Urbild (immagine original'i-a) naturale si traduce ne1la sfera ar,tistica in Vorbild (modello). Ed il modello riveste sempre carattere normativo, per la prasm che ispira; non può che « reprimere » le «naturali» tendenze che da questa autonomamente sorgono. Cosf nc:tl romanzo goethiano. I linguaggi, che in esso costituiscono i suoi personaggi, non si compongono - questo lo fanno solo « teatralmente» - non si -risolvono, ma si dissolvono reciprocamente. Al culmine della Bildung, essi soccombono « alle forze che essa pretende di aver dominato, anche se si rivela poi sempre impotente a reprimerle » 200 • « L'oggetto delle A/linità elettive non è il matrimonio » 201 ; 191 SuJl'importall7.I, anche «biografica> di questa opera si veda GS, I, 3, pp. 810-823; qui è ben documentata anche la storia della -pubblicazione del sa88io che « fece epoce > nella vita di Hofmannstahl e quindi del ruolo di mediazione che tra quest'ultimo e Bcnjamin assunse il comune amico Florens Christian Rang. Sul rapporto tra Bcnjamin e Hofmannstahl, che fu il primo al di fuori della sua stretta cerchia di amici a riconoscere il genio bcnjaminiano e che rimase in contatto con lui fino alla morte, importanti pagine si trovano in M. Cacciari, 1111,ansilabili Utopie, cit. A questo importantissimo saggio bcnjaminiano è dedicata gran parte del libro di B. Wittc, W.B. Der Intellektuelle ,rls K,itiker, cit., pp. 31-106, che analizza anche estesamente la storia della sua pubblicazione e i rapporti con Hofmannstahl e Rang. 11 torto essenziale di Witte - oltre al tono un po' facile e sbrigativo dell'analisi - è, a nostro avviso, l'aver fatto del Wahlverwandtschaften-Emry e non del Traue,spielbuch l'opera decisiva e centrale di tutta la prima produzione benjaminiana. Quest'opera invece, cui non possiamo dedicare che brevi note, ri\'este per noi un carattere di e passaggio• - necessario ed essenziale, anche se non solamente, pc!' la Spr,rchphilosopbie bcnjan-
niana - rispetto aU'analisi dell'opposizione simbolo/degoria nell'opera su1 T,at1erspiel barocco. Qui si mostrano essenzialmente le potenze negative che il simbolo, lo stesso « classicismo > cela dentro di sé; e quindi la dimensione allegorica che emerge come il « rimosso • e il « represso > della t1ua « nonnalizzazione •. La radicalità del discorso suJl'allcgorico apparirà evidente solo dopo la tematizzazione del concetto barocco di Naturgeschichle ( Storia-natura}. 199 Or. AN, pp. 180-181. 200 lvi, p. 166. 201 lvi, p. 163.
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non è quindi la storica possibilità e/o naturale necessità dell'integrarsi dei linguaggi. Il matrimonio è la norma che sancisce loro il dovere della coesistenza, l'apparenza della conciliazione. Ma oltre questa apparenza, il matrimonio, come «posizione» e imposizione giuridica, non può. t impotente circa l'esito del loro compenetrarsi. ,Ed il figlio che nasce da Edoardo e Ca11lotta è figura di ciò. Goethe non vuole, nel romanzo, « fondare il matrimonio, ma mostrare le forze che emergono ne'lla sua dissoluzione » 202 , non in rende istituire il luogo di mediazione dei linguaggi della Kultur, ma mostrare proprio come da questo loro incontrarsi - nella forma « classica » ai vertici del Bildungsroman - scaturiscano impulsi, direzioni di sviluppo che ne minano la capacità simbolica, la sua apparenza di totale e naturale espressività. E questo proprio perohé le « affinità elettive» dei linguaggi che compaiono nell'opera sono meta-storiche e quindi pre-stol'iche, agiscono ctonicamente dentro di essi: il momento del loro incontro, del loro tra-dursi è dato solo nelllo spogliarsi del senso « storico» - civ.ile, potremo dire - che « affetta » ognuno di essi. La segreta affinità dei lingu-aggi tiiene in balia i personaggi della vicenda, percorre le loro storie come parola che non può essere significata nelle loro 1ingue storico.fenomeniche, ma solo nel loro annichilimento. Cos{ nei misteriosi impulsi che questa determina non è fondato « rintimo accordo spicituale degli ~serJ, ma solo la peculiare armonia degli strati naturali profondi » 201 • Questa profondità non emerge nel romanzo; la sua« armonia» non si traduce in esso, ma inghiotte; e quando emerge lo fa solo per inghiotdre le « forze » che essa dovrebbe esprimere. Cosf nel romanzo « mai il lago smentisce la sua natura funesta sotto la morta superficie del suo -specchio ... L'acqua, come elemento caotico della vita, non minaccia qui in onde selvagge che recano all'uomo la morte, ma nella quiete enigmatica che lo fa andare a fondo. E a fondo vanno gli amanti, nella misura in cui regna il destino» 204. Non altro il romanzo significa se non l'impossibilità di tradursi, di venire (« storicamente») alla luce dei linguaggi amorosi, l'impossibilità per il nome deJil'amato di essere nominato, di trasparire 205 • La trasparenza del nome dell'amato costituisce la morte di chi lo porta. Di qui la connessione tra il « simbolismo della morte» che pervade l'ope202 203 204 20S
lvi, p. Ivi, p. Ivi, p. Ivi, p.
162.
166. 16.5. 167.
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ra e la povercà di nomi in essa 206 • E l'assenza - quando questi vi sono - del loro reciproco, solare riconoscimento. Perché « senza nome» è la legge dell'ordine in cui i per.sonaggi « trascinano la propria vita»; « calamità che immerge il foro mondo nella luce opaca dell'eclissi solare» 20'. Questa legge è quella mitica dell'« eterno ritorno deD'identico » che si afferma come destino sulla vita dei personaggi della vicenda. Di fronte -a questo destino, a questo rovesciam di potenze « naturali » sulle costruzioni della Bildung, il marrimonio non costitui.sce l'antitesi, l'argine che redime, che scioglie « la legge naturale in miracolo » 201 , come riteneva Gundolf. Tutto il lavoro gundoliiano è il tentativo di porre l'opera di Goethe al riparo dalla crisi che proprio le Affinità elettive significavano, e questo sotto i concetti rassicuranti - perché « naturali » - di « creazione » e di Erlebnis. Spiegare il « diveni,re dell'opera » in base alla « vita » del poeta - trasformata in mito, tipicizzata in vita eroica - è l'intenzione gundolfiana. La risposta alla crisi della dimensione simbolica dell'opera è la falsa equazione tra questa e la « vita», equazione che rende possibile a sua volta irrigidire quest'ultima, « con un rigiro non meno fallace» 209, in opera, in creazione artistica. Nell'affogare la figura del poeta in « un miscuglio di eroe e creatore » 210 , caricandolo cosf di mitici compiti e di « div,ini mandati », l'opera può essere « servita » nel piatto dell'immedesimazione sentimentale, dell'Einfuhlung 211 • Quelli di GundoH erano i colpi di coda della Lebensphilosophie che non aveva osato guardare dentro il Konflikt simmeliano e tantomeno nelle miserie che costituivano i pilastri del GeorgcKreis. La critica di Benjarnin a Gundolf è perciò violentissima 212 • L'opera arti-stica, -risponde Benjamin (in questo del tutto in linea con Simmel), non è creatura (Geschopf) ma Gebilde, formazione, prodotto 213 autonomo della vita. Non ci si immedesima in un « prodotto»: .solo il sapere - fa critica - non la sentimentale consonanza ,può abitare in esso. Si tratta di penetrarne le interne determinazioni, .gli « iStrati » che lo compongono, decifrarn Or. ivi, pp. 167-168. '1111 Ivi, p. 167. • F. Gundolf, Goethe, Bcrlin, 1922, p. 566. 20J AN, p. 191. 210 Ivi. 211 Ivi, p. 195. 212
m
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Or. ivi, pp. 18(...195 e GS, I, 3, pp. 826-828. Cfr. AN, p. 191 e GS, I, 1, p. 1,9.
ne il suo « contenuto reale » (Sachgehalt), per leggere da questo e in questo il suo « contenuto di verità » (Wahrheitsgehalt) 214 • Solo nella differenza strategica tra commento e critica, emergono le tensioni e le lacerazioni che l'opera, nella sua forma, nasconde e il « tempo » che essa racchiude si rovescia nei suoi elementi di verità. Cosi la funzione ohe il matrimonio come istituzione svolge nelle Affinità elettive mostra la sua potenza critica nei confronti sia dell'utopia mozartiana del Flauto magico sia della disincantata ma insufficiente definizione kantiana 215 • Utopia da un lato e feticismo de1la nuda datità giuridica dall'altro sono gli estremi ad insieme il limite interno della Ratio illuminista. Questo limite non è affatto superato dal romanzo goethiano, ma denudato, tematizzato e analizzato nella sua aporetica fenomenologia; mentre la utopia non appartiene al suo orizzonte - ma vi compare, negativamente, solo nella novella in esso contenuta - la datità giuridica del matrimonio mostra il suo effetto devastante sulla vita, la sua capacità di distruggere, di erodere internamente, di consumare fino al puro formalismo la ,realtà etica. Il matrimonio - questo « alfa e omega di ogni civiltà», come Goethe fa dire, con ironia, a Mittler - non può mediare: come ist•ituzione giuridica è la scabra prosecuzione del dominio del mito sui con.flitti tra i linguaggi della vita, che cercano di uscire dall'ordine naturale che li irretisce. Di fronte alla potenza mitica del diritto 216 , che il matriimonio rappresenta, questi linguaggi rimangono« natura» che non giunge ad espressione, rimangono muti, costretti nel silenzio della colpa. Per questo il « matrimonio» è « l'esecuzione di una rovina che non è esso a sancire » 217 • La figura piu chiara di questa ·rovina è una figura esterna al rapporto giuridico del matrimonio: quella di Ottilia. Nessuna « tragica catarsi » si compie in lei, come invece voleva Gundolf. Il ,mutismo di Ottilia non si -identifica con il silenzio dell'eroe tragico, non cela la potenza della parola. Ottilia conclude nella afflizione, in un « vegetale silenzio » 211 - la sua .fine è « trauer. volle» 219 • La Trauer di Ottilia è l'incapacità del Bildungsroman di giungere alla trasparenza -simbolica del nome ed insieme la preclusione a questa « drammatica >> incapacità di ogni conclusione 214 21s 216 211 2l8 219
AN, pp. 157-158. ivi, pp. 159-161. ivi, p. 162. p. 162. p. 207. I vi, p. 208.
Or. Cfr. Cfr. Ivi. l\'i,
121
tragica. I linguaggi della Bildung non riescono a tradursi nella « pura lingua» amorosa. La norma giuridica è la pietra che blocca ogni tentativo di tradursi effettivo dei vari « linguaggi » del romanzo, proprio perché ciascuno di essi parte dalla sua naturalità. Essi giungono solo alrapparenza deUa traduzione. In questo la morte cli Ottilia è necessaria: nel suo essere la figura estrema di questa apparenza. l..a sua bellezza è tutta e solo nelrappai"enza, è evocazione di un'immagine ,impossibile a tradursi in parole 220 • E quando il silenzio si insedia in lei, è il suo stesso carattere di apparenza a erodere la sua vita 221 • Nessun riscatto, nessuna redenzione quindi può sigruficare 1a morte di Ottilia. In tal senso, dice Benjamin, la conclusione del romanzo, con la vicenda del miracolo, è inutile e fuorviante per la sua comprensione. Questa non è « la piu cristiana delle opere di Goethe», come credeva Th. Mann 222 • {Non tanto perché Ottilia commette delle colpe, quanto perché la sua «bellezza» è impotente a redimere, può solo svanire, e solo in questo svani:re, nel consumarsi deUa sua apparenza, addita alla« salvezza».) « La vita cli Ottilia, che Gundolf dice sacra, è inconsacrata, non tanto perché essa abbia peocato contro un matrimonio in dissoluzione, quanto perché continua a vivere senza decisione la sua vita, soggetta fino alla morte, net.la -sua apparenza e nel suo divenire, aJl.a potenza del destino. » 223 In questo Ottilia è certamente metafora del destino dell'arte 224, quale si delinea nell'autoapprofondimento del classicismo goethiano. Sulle affinità che ineriscono ai linguaggi come potenze ctonie, la « decisione » non può nulla. Tra la scelta che aderisce ai linguaggi, come determinazione a priori delle loro trasformazioni storiche, delle loro affinità, e le decisioni che intendono « regolare» la confusione che da queste scaturisce, non si dà concordia 225 • Non è possibile un simbolo che unifichi effettivamente questi differenti « campi » in opposizione. L'ordine che la decisione instaura è sostanzialmente diverso Cfr. ivi, pp. 209-211. Cfr. ivi, p. 208. Or. Th. Mann, Zu Goethe'r Wahlverwandtschaften, in Schri/ten ,md Reden zur Literalur, Kunsl und Philorophie, I, Frankfurt/M., 1968, p. 247. Il saggio fu pubblicato nell'aprile 1925 sulla Neue Rundschat1, pochi mesi dopo la pubblicazione di quello di Benjamin e sembra - nel confermare la tragicità dell'opera e la «santità» di Ottilia - una indiretta risposta a Benjamin. Cfr. per questo anche BR, pp. 377-378. m AN1 p. 207. m Cfr. B. Witte, op. cit., pp. 73-74. m Or. AN, pp. 219-221. 231
221 222
122
da quello della «naturale» - aintenzionale - affinità. Anzi la sostanza - che iil simbolo esprime nella sua unità - è lacerata da questa divaricazione. Se in precedenti opere goethiane la funzione simbolica come conclusiva armonia di conflitti, loro teleologico e risolutivo sviluppo - è compito di tutta l'opera, qui, nelle Affinità elettive, è -affidata alla novella in esso inserita, Gli strani figli di due vicini. Tutto quanto nel romanzo si attesta in mitica irrisolvibilità, qui trova la sua redenzione. I linguaggi in essa giungono alla « luce diurna della decisione» 226 • La loro traduzione è perfetta, « radiosa»: reciprocamente gli amanti si liberano da ogni vincolo. Non solo si chiude dietro di loro l'abisso della famiglia, ma anche quello del sesso 227 • La loro affinità non è piu naturale, ma traluce interamente nella loro decisione. La riconciliazione è reale, perché non ha rinunciato « alla contesa aperta», al necessario « passaggio » del conflitto 228 • Tutto questo è negato al romanzo. La novella è quanto il romanzo non può esprimere. Non costituisce per esso un modello ma l'« ideale» del suo problema 229 , la sua ininterrogabile unità, chetvive in esso, e che nonostante ciò esso non può rendere visibile. :8 l'utopia del simbolo: ormai solo negativa per la molteplicità allegorica e inconclusiva che invade le strutture del romanzo 230 • La novella, nella conclusività della sua forma e nella univocità dei suoi elementi, è divenuta l'indicibile del romanzo, l'ultima forma di una dimensione dell'esperienza, anzi della possibilità e comunicabilità di essa, di cui il romanzo può solo scrivere la nostalgia 231 • Ottilia, abbiamo detto, è metafora del destino dell'arte: i] suo silenzio è l'avvenuta morte del simbolo per il Kunstwerk. Questo coincide - come risulta da un frammento preparatorio del saggio suMe Alfinità elettive: Ober Schein 232 , e da decisivi passi del saggio s-tesso 233 - con il definirsi dell'arte come regno dell'apparenza. Necessaria è « la connessione dell'apparenza con 226 2Z1 221
lvi, p. 100.
lvi, Cfr. 229 Cfr. 230 Cfr.
p. 201. ivi, p. 215. ivi, pp. 203-204. M. Cacciari, [r,trar,silabili ulopie, cit., pp. 191-193. 231 Sarà in questa direzione che una decina di anni dopo Benjamin svilupperà il saggio su Lcskovi cfr. ad esempio AN, p. 239. n2 Or. GS, I, 3, pp. 831-8.33. m Cfr. AN, pp. 212-216 e 224-232.
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il mondo del visuale» 234. L'opera d'arte è l'autonomia dell'immagine, del Bila, e sono proprio i gradi di questa autonomia - il suo essere «prodotto» (Gebilde) - a determinare la bellezza. Questo, a ben vedere, è presente anche nel Flauto magico mozartiano, nel canto di Tamino, quando gli viene mostrata l'immagine di Pamina: « Dieses Bildnis ist bezaubemd schon ». La bellezza del ritratto, non dell'amata, è l'elemento fascinoso che muove al canto, di un'infinita dolcezza. Nella « bella apparenza », il « prodotto » dell'opera svanisce ed appare vivente. « Nessuna opera d'arte può apparire del tutto vivente, senza divenire una pura apparenza e cessare di essere un'opera d'arte. La vita fremente in essa deve apparire irrigidita e come incantata e fissata (gebannt) in un attimo. » 235 Questa vita è Ia bellezza de1l'opera, l'armonia che inonda il ca.os dei linguaggi dietro e dentro di essa. La armonica traduzione di essi, in un'unica lingua, non è toglimento deHe loro differenze, ma un loro «incantamento», l'ammansimento - tramite la musica dell'apparenza - delle loro conflittuali nature. Il carattere del caos che in questa musica sopravvive è la seduzione a trasformare in totalità la -sua apparenza; in una « totalità falsa, aberrante: la totalità assoluta» 236 • Eppure niente racchiude e nasconde questa apparenza se non la sua bellezza. « Non apparenza, né involucro di qualcos'altro è la bellezza. Essa stessa non è fenomeno, ma essenza, anche se tale che resta essenzialmente eguale a se stessa solo sotto un involucro. » 237 Il velo che cela ciò che è bello è indisvelabile: ad esso inerisce proprio come il suo carattere di apparenza, di « immagine » che si rende visibile per noi 231 • Quanto si manifesta nel disvelamento di ciò che è vdato, è altro dalla bellezza: il «velato» cos{ si trasforma. Intorno a questa « trasformazione» l'opera d'arte non può dire nulla. In essa l'altro dalla sua « bella apparenza » è indicibile, non può trovarvi espressione. Ma proprio il presentarsi dell'Ausdrucklose (del senza. espressione), come tale, nell'opera d'arte, salva la sua apparenza dalla « seduzione » della totalità. Il « senza-espressione » è « ciò 234
GS, I, 3, p. 831.
Ivi, p. 832 e una versione appena variata in GS, I, 1, p. 181 (trad. in AN, p. 212,. 236 AN, p. 212. m Ivi, p. 225. 231 L'apparenza, nella bellezza, cos( è • non l'involucro superfluo di C05C in se stesse, ma quello necessario di cose per noi i. (AN, p. 226). 235
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che impone un arresto a questa apparenza, fissa il movimento e mterrompe l'armonia» 239 • La vita è fissata e irrigidita nell'opera d'arte dalla potenza del senza-espressione che avvolge e stringe in silenzioso· ammutolimento le sue « parole ». Nell'inespresso e inesprimibile dell'opera sono i varchi, per i quali la «critica» può passare per mostrarne il contenuto di verità. L'Ausdrucklose è cosi la cesura negli inni di Holderlin, come la novella nel romanzo goethiano. È « potenza critica » - -intema all'opera stessa - che, se non può dividere l'apparenza dal vero in essa, impedisce loro di mischiarsi. Da questa « potenza critica» l'opera non è portata al suo infinito potenziamento, come per i romantici, ma allo spegnersi della sua apparenza. E « apparenza che si spegne» 240 è la bellezza di Ottilia. J;I compimento dell'opera, nell'.in~presso che la limita internamente, che ne « sospende» il continuum della sua musica, è la sua riduzione « a un pezzo, a un frammento del vero mondo, al torso di un simbolo» 241 • Senza l'Ausdrucklose, l'apparenza dell'opera è apparenza che solamente inganna, che promette l'effettualità simbolica della sua armonia. « Invece di carpire la riconciliazione del mito ... appare nell'opera d'arte come senza-espressione la sobria verità che l'irreconciliato è tale. » 242 Solo sottraendo l'arte all'ambito immediato della speranza, la sua « apparenza di conciliazione » div-iene « frammento » di un simbolo. Ma questo è l'inespresso in essa, che ne blocca ogni dire oltre la sua apparenza. In esso è racchiusa la verità che: « Nur um der Hoffnungslosen willen ist uns die Hoffnung gegeben » 243 • Solo per i sottratti alla speranza, al « simbolo >> di ogni suo apparire. è data speranza.
239 240 24l 24l
243
lvi, p. 212. lvi, p. 224. lvi, p. 212. R. Tiedcmann, Studien, cit., pp. 126-127. GS, I, 1, p. 201.
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III. L'« origine del Trauerspiel tedesco)\ come storia originaria della soggettività Non meravigliarti se il giro è lungo: perché per i grandi fini il lungo giro è necessario. (Platone, Fedro) Ogni porzione di materia può essere raffigurata a un giardino pieno di piante o a uno stagno pieno di pesci. Ma ciascun ramo di una pianta, ciascun membro d'un animale è ancor esso un simile giardino, un simile stagno. (ùibniz) Ja nach dem Tode pflcgt mit uns dic Zeit zu spicJen Wenn Faule Mad' und Wunn in unsem Leichen wiihln. ( l..ohenstein) 1hr Kraft beraubtc Wort', ihr seid zerstiicke Stiick Und scichtc schattcnstrcif. allein, cntwcicht zuriick. (Fran: ]ulius von dem Knesebeck)
Ja
Wffll1 der Hochste wird vom Kirch-Hof emdren ein so werd ich Todten-Kopff ein English Antlitz scyn. * ( tohcnstein)
I A. La diligenza -per Francoforte. « Con 1e prestazioni dell'indirizzo accademico io ho altrettanto poco a che fare quanto con i monumenti eretti da un Gundolf, o da un Bertram - e per distanziarmi presto e chiaramente dall'orrenda desolazione di questo andazzo ufficiale e non ufficiale non ho avuto bisogno di ricorrere alle argomentazioni marxiste - che anzi ho imparato a conoscere solo molto piu tardi; questo lo debbo piuttosto all'orientamento metafisico di .fondo della mia ricerca. Quanto proprio un rigido rispetto dei metodi autenticamente accademici di ricerca si allontani dall'atteggiamento odierno dell'attività scientifica idealistico borghese, lo ha dimostrato il mio libro Il dramma barocco tedesco, che non è stato preso minimamente in con-siderazione da nessun accademico tedesco. Ora, questo libro, pur essendo già dialetrico, non era certamente materialistico. Ma ciò che non sapevo ancora all'epoca in cui rio stavo scrivendo, poco dopo mi è divenuto sempre piu chiaro: che tra il mio punto di vista molto particolare * « ·Persino dopo la morte gioca con noi i.I tempo / Quando la putrescenza e
i vermi brulicano nei nostri cadaveri » ( Lohenslein); « Parole private della forza, siete frammenti steccati / E povere strisci (·l'Vi, p. 193.) 49 Ivi, p. 194. 50 lvi, p. 195. 51 lvi. 5Z Ivi. 53 lvi, p. 196. ,fl
41 «
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njamin non aveva che da far la prova di aderire alla KPD, per capire di essere stato « l'ultima, ma forse la piu incomprensibile vittima della confusione tra religione e politica » 54 • Pur dal suo lontano osservatorio pa.lestinese, Scholem toccava un nodo reale della vicenda politico-intellettuale benjaminiana: l'arretratezza •teorica e strategica, anche circa il problema del rapporto intellettuali-movimento operaio e quindi quello dello « sviluppo» culturale, della politica comunista di quegli anni. Su questo Benjamin però si mostra di una estrema lucidità, non facendosi alcuna illusione sulla durata di una possibile appartenenza alla KPD 55 : l'ambiguità della propria posizione sarebbe mutabile a condizione « di una rivoluzione bolscevica tedesca » 56 • In assenza di questa, la poHticità della sua produzione non poteva consistere in un camuffamento « proletario » nelle file del BPRS (Bund proletarisch-revolutionarer Schriftste1ler) 51 • « La politicizzazione della propria classe. Questo effetto indiretto è Punico che uno scrittore rivoluzionario proveniente .dalla classe borghese oggi si ,può prefiggere », aveva scritto Benjamin alcuni mesi prima recensendo il libro di S. Kracauer Die Angestellten 58 • Ma questo era possibile solo sviluppando i propri « mezzi di produzione», trasformandoli internamente fino a mostrare la necessità di una trasformazione politica generale, per il loro sviluppo. « La civiltà (Zivilisation) piu sviluppata e la cultura (Kultur) "piu moderne" non soltanto Tientrano nel mio benessere privato, sono in parte addirittura il mezzo della mia .produzione. » 59 E forse qui, almeno indirettamente, si chiarisce il senso molto « sobrio» del « materialismo storico » benjaminiano: la possibilità di situarsi nelle contraddizioni in cui Kultur e Zivilisation - al massimo del loro sviluppo - sembrano chiudersi ed agirvi in direzione di una loro interna trasformazione. Scrivendo che il « materialista vero » poteva lasciar che Benjamin agisse indisturbato in campo borghese, 54
Ivi, p. 197.
ss Cfr. la lettera a Scholcm dd 17 aprile 1931, ivi, p. 199. 56 « Non che un partito vittorioso rivedrebbe minimamente le proprie posizioni rispetto alle mie cose attuali, ma nel senso che esso mi permetterebbe di scrivere cose diverse in modo diverso.» (Ivi, p. 199.) 51 Sul BPRS, fondato nel 1928 come organi7.zazionc collaterale nlla KPD e di cui fecero parte intellettuali come Becher, Wittfogel, Lukacs, Balk ccc., si veda il lavoro di li. Gallas, Teorie marxiste della lelleratura, ttad. di G. Backhaus, Bari, 1974. 58 G5, III, p. 225; l'articolo, Ein Atmenseiter machl sich bemerlcbar, era apJY.lrso su Die Gesellscha/1; del libro di Kra::auer, B.:niamin scrisse anche lln'altra rettnsione per la Literarische \Velt; cfr. GS, III, pp. 226-228. 59 LT, p. 199.
185
« nell'illusione di essere tutt'uno con lui » 60 , forse perché « su
quel terreno la [ s ]ua dinamite poteva essere piu potente della propria», Scholem aveva toccato un altro punto reale. Proprio e forse solo a questo livello infatti la « micrologia filologica » benjaminiana, la raffinata sensibilità per il dettaglio, la sua passione di antiquario potevano essere usate come virtu rivoluzionarie, potevano essere avvertitamente innescate per far deflagrare molte corazze ideologiche. Di questo Benjamin appare ben cosciente: « Ma tu mi vuoi realmente vietare di distinguermi con la mia piccola fabbrica di scrittore che si colloca nel cuore dell'Ovest 61 ••• ? Mi vuoi vietare, sottolineando che non è altro che uno straccio, di appendere la bandiera rossa fuori della finestra? Ammesso che si producano degli scritti "controrivoluzionari" - come tu qualifichi del tutto esattamente i miei dal punto di vista dol partito - li si deve anche mettere espressamente al servizio della controrivoluzione? In tal caso non è forse meglio denaturarli come si fa con l'alcool - a rischio che divengano impossihili da degustare per ognuno - rendendoli sicuramente inutilizzabili per essa? » 62 • · Che cosf non fosse raggiunta alcuna pacificazione, alcuna sintesi, ma nemmeno una sbrigativa esclusione di uno dei due poli in questione nel dia.logo epistolare con Scholem, è riaffermato da Benjamin in conclusione alla sua lettera: « È vero che in una certa misura saTesti nel giusto definendo ciò che io definisco chiaro come il massimo dell'ambiguità. Bene, io tocco un estremo. [c.n.] Un naufrago alla deriva su un relitto che si arrampica sulla cima dell'albero ormai fradicio. Ma di lassu egli ha la possibilità di dare un segnale che lo può salvare » 63 • Come ben avver.te Scholem nella lettera di risposta, « massimo dell'ambiguità» corrisponde nel caso di Benjamin a un« massimo di tensione »: cercare di permanere in essa, lacerati dalle opposte forze che si vorrebbe rendere « creati~e » nel Joro differente concorrere, significa distruggersi 64 • Quanto lo studioso della kabbalah, nella « sicurezza » della propria posizione, ancora non vede è la «necessità» teorica e storica che impronta l'ambiguità della situazione dell'amico, non semplicemente uno psicologico« desideeo Ivi, p. 196. 61 Quartiere ricco di Berlino dove Benjamin abitava. 62 LT, p. 200. 63 lvi. 64 Or. ivi, p. 201.
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rio cli comunità », or1gmato dalr« orrore della solitudine» 65 espresso nei suoi scritti. E proprio intorno a questo problema Benjamin risponde con definitiva chiare12a: « Sono disposto a rendere conto di me fino in fondo, ma ciò è tanto piu clifficile per iscritto, in quanto - come ogni hambino può capire - da parte mia non si tratta affatto di nudi punti di vista, bensi di uno sviluppo che si compie sotto le piu gravi tensioni. E qui io non mi riferisco tanfo alle tensioni interne di natura privata (no, quanto a questo raramente ho raggiunto una pace interiore pari a quella di questi ultimi mesi), quanlo alle tensioni dello spazio di vita politico, sociale, da cui nessuno, e men che meno uno scrittore, può prescindere rlel suo lavoro, [ c.n.] e delle quali è pressoché im,possibile dare una idea sufficiente nelle tre o quattro pagine di una lettera » 66 • Non per niente, a conferma del carattere non privato della propria esperienza, Benjamin, nel seguito della lettera, rimanda Scholem alla lettura dei V ersuche brechtiani.
II L'inumano krausiano. Una plastica immagine dello « sviluppo » nominato da Benjamin è contenuta nel bellissimo saggio su Kraus, che, nel febbraio del '31, venne pubblicando in quattro puntate sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung 67 • Il saggio, seconOr. ivi e BR, p. 531. Lettera del 20 luglio '31 a Scholem, LT, p. 202. Qualche anno dopo, in una i.mponantissima lettera del 6 maggio '34, dove afferma l'eguale importanza per lui dell'opera di Brecht e di Kafka, Benjamin risponderà nel medesimo tono alle domande di Scholcm se il comunismo debba essere un credo: cfr. ivi, pp. 248-249. 67 Importantissimo è per il saggio su Kraus l'apparato critico pubblicato in GS, II, 3, pp. 1078-1130, che oltre ad un'interessante docum~ntazione circa l'accoglienza tributata al saggio dal suo «oggetto• - « Io da questo lavoro disse Kraus in una conferenza del 2 aprile '31 a Berlino - ho potuto essenzialmente desumere solo che è sicuramente ben intenzionato e certo anche ben ponderato, che tratta di mc, che l'autore sembra, sapere qualcosa di me, che finora mi era ignota, sebbene io ancora adesso non la riconosca chiaramente e posso solamente esprimere la speranza che gli altri lettori l'abbiano capita meglio di mc (forse è psicoanalisi)•, cit. in GS, II, 3, p. 1082, sulla reazione di B. cfr. p. 1084 - contiene ben 26 pagine di Paralipomena zum Kraus. Questi testi sono di eccezionale importanza, perch~, oltre a mostrare la strettissima connessione del lavoro su Kraus col saggio Eriahrung und Armut, chiariscono la genesi dd tema del materialismo e dell'umanesimo reale in Bcnjamin. Come cioè l'umanesimo reale della Judenfrage marxiana, citata nel saggio, non è per niente sussumibile nella linea aurea segnata dall'umanesimo classico. La, molto spesso scaduta in retorica, questione dcll'« eredità» della classe operaia non si presenta in M
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do le parole di Scholem 61 , « inaugura con un mal'XlstJCo squillo di fanfara la sua ultima produzione». I caratteri dell'Allmensch, dell'uomo universale (cosf si chiama la prima parte del saggio, le altre due sono Di.imon e Unmensch) agli occhi della critica krausiana non sono nient'altro che i caratteri di piombo della stampa. « t la stampa un messaggero? No, revento. Un discorso? No, la v.ita. ,. 69 L'uomo universale come la frase « è un parto della tecnica» 70 • Ma è fa frase stessa - mentre ne moltiplica l'immagine - ad uccidere l'Allmensch. I fatti « umani » pubblicizzati nel giornale vengono diffusi, proliferati fino alla loro trasformazione. Divengono notizie che circolano - ph.1 veloci d'ogni iÙtll'a merce - in quell'impalpabile mercato che è l'« opinione pubblica » 71 • Se le fabbriche da cui parte questo processo produttivo (die producendo notizie, «provoca» fatti e ,perciò trova il suo momento «finale» nell'opinione pubblica, mercato e prodotto ad un tempo) sono le redazioni dei giornali, la sua materia prima è il linguaggio. Il giornale è il talamo dove il linguaggio consuma un letale matl'i.monio con la tecnica. Nella &ase - frutto di questa unione - lo spirito del linguaggio è asservito alle esigenze, ai ritmi ed alle forme della sua riproducibilità e, quindi, della sua veloce propagabilità. « La frase fatta ... è il marchio di fabbrica che rende l'idea commerciabile... » 72 In questo commercio il linguaggio subisce un'irreversibile metamorfosi, muta di funzione. Ed è come funzione di questo mutamento che il mito dell'universalmente umano riceve un'esistenza plastica, anzi cartacea. Nel giornale è la realizzazione di questa esistenza mitica, il dominio visibile della sua apparenza. L'Allmensch si realizza, acquista un corpo negando la sua « natura », facendo scomparire ogni residuo « creaturale ». La lotta di Kraus contro la stampa, per liberare il Bcnjamin con i tratti lineari e pacifici di un penassi" di proprietà. Nessun «idealismo» respira nel discorso bcnjaminiano: l'umanesi,,,o reale non è erede del Bildungshumanismus europeo, ma emerge tendenzialmente dalle linee distrut· trici della sua mitica immagine di totalizzante compattezza. Si presenta, in fieri, nel materialistico destrutturarsi in tratti disumani della sua ideologica apparenza. E gli aHieri di questa destrutturazione dell'unitaria immagine umana in una pluralità di forze, di pulsioni e di inedite energie costruttive sono citati nei nomi di Scheerbart e Ringelnatz, Loos e Klce, Brecht e S. Friedliindcr: niente di piu lontano dunque dal lradizionale umanismo del marxismo occidentale e non. 68 Che un po' incautamente lo definisce « apparentemente materialistico», dr. G. Scholcm, W. Benjamin e il suo 1111gelo, cit., p. 107. 69 Citazione di Kraus in AR, p. 109. 70 Ivi, p. 102. 71 lvi, p. 100. n Ivi, p. 102.
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linguaggio nella frase, dalla frase, è lotta per restituire la parola alla «creatura». Per questo l'odio con cui Kraus « perseguita la sterminata, brulicante genia della stampa è vitale prima che morale » 73 • Di una vita che non conosce altri ritmi se non quelli aurorali della creazione e quelli finali e terribili del « Giorno del Giudizio» 74 • Cosi iJ metro della sua lotta è soltanto un « metro teologigo » 75 • E se l'uomo compare nella sua inane battaglia, lo fa solo « come privato, nel tempio della creatura » 76 • Qui non si rivolge ad altri uomini, ma all'espressione incontaminata della «creazione»: all'animale. L'autorità ohe vuol restituire alla parola~ nella lotta contro la « corrt.Wione e magia» della stampa, è quella posseduta dalla parola prima di essere « martirizzata» nei giornali, quella del lamento. « Ai fatti sensazionali e sempre identici che la stampa quotidiana somministra al suo pubblico, egli contrappone !'eternamente nuova "notizia" che deve essere annunciata della storia della creazione: l'eternamente nuovo, incessante lamento. » 11 In questo prender le parti della forza naturale 78 sta l'ambiguità della figura krausiana, della sua battaglia, ove una « teoria reazionaria » vive in singolare intreccio con una « prassi rivoluzionaria » 79 • Nel considerare ciò che è veramente umano (das Menschenwurdige) non « come determinazione e compimento della natura liberata - trasformata in senso rivoluzionario - ma come elemento della natura sic et simpliciter, di una natura arcaica e astorica nel suo intatto essere originario» 80, soggiace alle potenze mitiche della natura, alla suggestione della sua intrasformabilità. Lo stigma di ambiguità della lotta krausiana è cosi quello demoniaco: « l'oscuro fondo da cui si distacca la sua immagine 73
Ivi, p. 100.
fa crcatum deve avere la peggio, cos{ come è certo del fatto che la tecnica, una volta scesa in campo contro il creato, non si fçrmcrà neanche davanti al suo signore. Il suo disfattismo è di specie sovranazionale, e cioè planetaria, e per lui la storia è soltanto il deserto che separa la sua generazione dalla creazione, di cui l'ultimo atto è la conflagrazione mondiale. Come disertore che passa nel campo della creatura - cosf egli percorre questo deserto.,. (lvi, p. 106.) ~ ar. ivi, p. 105. 76 lvi, p. 107. 77 lvi, p. 110. ,a Or. ivi, p. 119 e GS, II, 3, p. 1101. 79 Cfr. AR, p. 107. ai Ivi, p. 119 (trad. lievemente modificata). 74 « Egli [Kraus] è certo d,c l'umanità nella lotta contro
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non è il mondo contemporaneo, ma quello preistorico (Vorwelt), o il mondo del demone. La luce del giorno della creazione cade su di lui, e cosi egli emerge da questa notte »81 • Ma non del tutto. Il lato del linguaggio che disseppellisce è il suo lato umorale, nascosto, notturno: spezzando le cerniere delle « frasi fatte», frugando tra le sillabe, « ne tira fuori larve che vi si annidano, a mucchi » 82 • Ma dal fresco odore di terra che ne esala è soggiogato. « La sua polemica è da sempre l'intreccio piu .stretto di una tecnica dello sinasoheramento che lavora coi mezzi piu progrediti e un'arte dell'autoesibizione che opera con mezzi arcaici. Ma anche in questa zona si xivela il demone, nell'ambiguità: in essa autoesibizione e smascheramento si fondono insieme, come autosmascheramento.» 83 Vanità e solitudine si fondono cosi nel demoniaco krausiano e costituiscono il fondo narcisistico della sua impresa 14 • Con tutta Ja sua « filologia mangiafuoco » 15 , con tut-ta la sua furia contro gli stupri commessi dalla tecnica giornalistica sul corpo del linguaggio, Kraus non « abita» semplicemente la casa del linguaggio, ma vuole anche che questa sia la sua casa. Anzi il suo teatro; e che, naturalmente, vi si reciti nel suo stile 86 • Ma dello « stile», nel linguaggio, è proprio non poter giungere oltre di sé, dove lingua e natura se ne stanno in paradisiaca unione. Per questo di tale connubio, nel demone krausiano, si presentano solo le :impotenti metafore dello spirito e del sesso. Sesso e spirito sono gli estremi che definiscono l'ambigua natura di Kraus, la sua demoniaca identità. Entrambi - il primo nella forma dell'onania, il secondo in quella del W itz (battut1l di spirito) - « non raggiungono il loro oggetto: né l'io la femmina, né la battuta la parola» 87 • Cosi la battas}ia di Kraus contro il giornalismo è la battaglia del « letterato » 88 , come Ja sua difesa della prostituzione è difesa in nome della sua« naturalità» 19 • :Per questo nel suo denuncfare « l'alto tradimento perpetrato dal diritto con-tro la giustizia » 90 egli tradisce la sua complicità. ai
Ivi, p. 110.
12 Ivi, p. 112. 83
Ivi, p. 111.
M 85 16 17
Cfr. ivi, pp. 111-112. Ivi, p. 114.
Cfr. ivi, pp. 112-lJ 3. lvi, p. 115.
aa Cfr. ivi, pp. 117-118. 19 Cfr. ivi, pp. 118-119. 90
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Ivi, p. 115.
E quindi il « senso di colpa» che condivide con l'espressionismo. « "Non il fatto che una massa ubbidiente sia messa in pericolo da una volontà ad essa ignota, ma che lo sia da una colpa ad essa ignota, è ciò che l,a rende degna di compassione", ha scritto Kr11us già nel 1912. C.ome "brontolone,, egli ne partecipa per denunciarla, la denuncia per parteciparne » 91 • Non, dunque, nella sua evocazione della purezza naturale Kraus si può sottrarre al « regno della colpa ». Di questo - bloccato dal mito della sua intrasformahilità e accecato dalla sua moderna e assurda degenerazione - ne percorre soltanto gli estremi: dallo spirito al sesso. Solo nei suoi atteggiamenti distruttivi infrange l'apparenza. Ma quanto cosi lascia apparire non è fa« naturafo » essenza dell'uomo. Dal frangersi delfimmagine dell'Allmensch emergono, per la prima volta, solo i frammenti dell'inumano. E solo nell'inumano, nel!l. 1Unmensch sta il « superamento dell'uomo miri.co » 92. Nell'Unmensch krausiano si incontrano due tratti a definirlo: quelli dell'antropofago e quelli del bambino. In entrambi - Menschenfresse, e Kind - si manifestano, non piu o non ancora impigliati nei lacci della Bildung, nella loro forma piu pura i due momenti essenziali dell'antiumanesimo di Kraus, della sfida che rivolge all'umanità. « Sfida di animale è questa, è questo un rifiuto dell'umanità. » 93 Ed i panni con cui Kraus veste l'istinto « animale » piu umano che ci sia - quello di distruggere i propri simili divorandoli - sono quelli del satirico, iperché « il vero mistero della satira ... consiste nel mangiare l'avversario » 94 • Ma « l'artista satirico - scrive Kraus in Nestroy und die Nachwelt - sta alJa fine di uno sviluppo, che si nega all'arte ... Egli organizza la fuga dello spirito di fronte all'umanità, egli è fa concentrazione rivolta all'indietro» 95 • La satira per Kraus è un« Umweg che conduce alla poesia» (B. Viertel). Nella poesia egli tenta di li-berare il l.inguaggio dai vincoli con i quali fa stampa lo ha incatenato, dalle infezioni il cui micidiale veicolo è la tecnica - del « tempo ». E « il vero nemico del tempo è il linguaggio » 96 • Di quest'ultimo Kraus, nel1'oscurità del presente, ne cerca a tentoni l'Urbild, l'immagine origi91 9'Z
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lvi, p 117. Or. GS, 11, 3, p. 1106. Ot. di Kraus in AR, p. 123. Ivi, p. 120. K. Kraus, Magie der Sprll&he, Frankfurt/M., 1976, p. 167. lvi, p. 137.
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naria; attraverso la rima, « ein Wort, das nie am Ursprung liigt », una parola, che all'origine non mente mai 97 • Qui emerge il tratto infantile dell'inumano, il suo scaTtare l'umanità per giungere alla creatura: « nella rima il bambino riconosce che è giunto sulla sommità della lingua, dove ode il mormorio di tutte le fonti alla loro origine » ". Nella rima il linguaggio ritrova il suo stato paradisiaco, perché è dal mondo creaturale che essa discende. Eppure è proprio qui, nel «bambino», che Kraus rivela il suo carattere epigonale. Solo assai tardi - nota Benjamin - comprese come« non ci sia purezza nell'origine della creatura», ma solo « pmificazione » di essa. Situare l'origine in una « natura », che non è mai stata il passato della società capitalistico-borghese, è la sua « utopia regressiva » 99 , il suo « espressionismo ». « Riportare la situazione borghese-giugno 1978. 106 A. Loos, Parole nel vuoto, trad. it. di S. Gessner, Milano, 1972, p. 338. 101 Cfr. AR, pp. 128-130. 108 Or. Il carattere distruttivo, in Metaphorein, cit., p. 11. IO.
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tuttora difendibile, « custodibile » è, mf.atci, quella dei « poveri », che « smonta se stessa », che non ha paura di rischiare la propria impietosa esposizione, di darsi « pubblicamente forma » 109 • Insieme a1l'esperienza, aill'immagine «classica» di uomo universale è sottratta irrimediabilmente ogni legittimazione, la stessa « lingua » che la costirtuiva e la diffondeva. La orisi del piano «umano» dell'esperienza è anche crisi della sua comunicabilità. A provocarla sono eventi {la guerra del '14-'18), è il « tempo » di irreversibili processi storici, « vero nemico » del linguaggio rausiano. Solo nell'inumano sono da ricercare i « segni » di una strada il cui percorso significa un'« emancipazione materialistica dal mito», il .processo di affermazione di un umanesimo reale 110 • Mentre nell'espressionismo - « ultimo rifugio storico della « l'inarticolato dirvenne l'apogeo dell'e_sprespersonaHtà » 111 sione dell'io» 112 , Benjamin sia che parli dell'« esperanto astrale » scevro di « ornamenti » degli « esseri » di caucciu che abitano il pianeta 1Pallas (descriitti da Scheerbart in Lesabèndio), sia che parli delle costruzioni semplicemente « abitabili» di Loos o delle figure « barbare » di Klee - cerca articolazioni « inespressive» dell'inumano. Articolazioni, quindi, di un linguaggio povero ma trasparente, come le .linee e i colori di Klee, come le costruzioni in vetro di Scheerbart, a proposito del quale S. Friedlander, nella introduzione a Glasarchitektur, parlava di Entmenschung m. ~ questo un linguaggio che non « descrive », perché, arbitrario e dinamico, rompe consapevolmente i ponti con il contesto da cui è scaturito per « mobilitarsi» come « strumento di produzione » 114 • Ed in questo, non piu semplice « copia », è teso alla costituzione di qualcosa d'inedito sulla scena storica. Non-organico ad « ordini » invecchiati è - scomposto nei suoi elementi « mini109
Cfr. AR, p. 108.
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Ma che l'uomo in fieri non raggiunga veramente la sua forma nello spazio naturale, ma in quello dell'umanità, neDa lotta di liberazione, che lo si riconosca c:Lnl'atteggiamento che gli è imposto dalla lotta contro lo sfruttamento e la miseria, che non ci sia un'emancipazione idealisticR dal mito, ma solo un'emancipazione materialistica, e che non ci sia purezza nell'origine delJa creatura, ma la purificazione, questa verità ha lasciato le sue tracce sull'umanesimo reale di Kraus solo tardissimo.• (lvi, p. 130.) 111 Ivi, p. 129. 112 Cfr. E. Heller, K. Kraus, in Lo spirito diseredato, trad. di G. Go.zzini Calzecchi Onesti, Milano, 1965, p. 225. lll S. Friedlinder, P. Schecrbarl - ein Medaillon, in. P. Schecrbart, G/asarchitektur, Miinchcn, 1971, pp. 11-21; dr. per questo gli appunti di Benjamin in GS, II, 3, p. 1104. u• Cfr. AR, p. 102.
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mi », « essenziali » -
reso maneggevole come la verità brechtiana:
di esso quel che importa è la sua capacità di «trasformare». Questa « lingua » allora non può certo essere parlata nella « rima » la vera assenza inspiegabile nel testo di Benjamin - o in quella di Brecht, nella sua lirica, dove Ja lingua è « purificata da ogni magia» 115 • « Troppo a lungo l'accento è caduto sulla creatività. Cos{ creativo è solo chi evita ogni incaric e controllo. Nel lavoro assegnato, controllato - che ha il suo modello in quello politico e tecnico - ci sono sporcizia e scorie, esso interviene distruttivamente nella .materia, logora ciò che è stato fatto, critica le proprie condizioni, e in tal modo è il contrario di quello del dilettante, che sguazza nella creatività. L'opera del dilettante è innocua e pura; quella del maestro è distruttiva e purificante. t perciò che l'inumano sta tra noi come messaggero di un piu reale umanesimo. Egli è colui che supera la frase. Non solidarizza con lo snello abete, ma con la pialla che lo consuma, non solidarizza col nobile metallo, ma col crogiuolo che ,lo depura. L'europeo medio non ha saputo unire la sua vita con la tecnica perché è II'imasto fedele al fetiocio della vita creatrice. » 116 Nel linguasgio dei costruttori, di coloro che senza condizioni hanno solidarizzato col proprio tempo, « l'umanità si prepara a sopravvivere alla cultura». Dopo averla «divorata», insieme al1'« uomo». E questo - secondo una prima stesura del testo in una sorta di « spaventoso e insieme assai sereno atteggiamento cannibalesco, simile alla barbarie dei bambini » 117 • Perciò, forse, ride. E se « questo riso - cos{ la conclusione della prima stesura cli Erfahrung und Armut - può suonare un po' disumano, forse è necessario che il singolo abbia in sé qualcosa di disumano, perché la collettività, finora cosi disumana, divenga umana. »
di Kraus, ma solo nella « niichterne Prosa » di Kafka -
Cfr. Scholem-Biogr., p. AR, p. 132. m GS, II, 3, p. 962.
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V. Benjamin e Brecht: intellettuali e sovrastruttura Io amo coloro che non sanno vivere se noo
tramon-
tando, poiché essi sono una transizione. lo amo gli uomini del grande disprezzo, perclié essi sooo anche gli uomini deUa grande venerazione e frecce che anelano all'altra riva.
(F. Nietzsche)
Verso la fine dd secondo millennio della nostra era s'innalzò la nostra semplicità di acciaio Mostrando ciò che era possibile senza farci dimenticare il non raggiunto ancora. (B. Brecht)
Se l'uomo accorto supero la tempesta, fu
~
conosccw la tempesta ed era d'accordo con essa. (B. Brecht)
I A. I Versuche uber Brecht. « Proprio oggi mi sono accertato che i Saggi (Versuche) di Brecht a te destinati sono partiti. Alla tua domanda del rapporto ohe essi hanno con gli argomenti della nostra corrispondenza, io rispondo che noi non possiamo riprometterci nulla da un dibattito rimi mesi dd 1931 ( questo spiega certamente il fatto che qui il continuo termine di confronto ~ il dramma Mann ist Ma,,n, rappresentato, per la seconda volta, a Berlino nel 1931) cd era destinata ad essere pubblicata sulla Frank/"urter Zeitu11g. Ma, come ci informa Bcnjamin stesso, « dopo che le bozze ... erano già pronte fu fatta ritirare per disse·
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:8 stato giustamente .rilevato il nesso esistente tra i vari momenti delropera benjaminiana e il concetto di teatralità 68 e si è individuato, oltre naturalmente all'Ursprung des deutschen Trauerspiels e ai Versuche uber Brecht, come testo in cui questo nesso emerge con piu forza, l'importantissimo saggio che Benjamin dedicò a iKafka nel 1934, per il decimo anniversario della sua morte 69 • In questo saggio la scrittura kafkiana si dischiude come una ,rappresentazione di gesti umaDi, a cui sono stati tol,ti i « sostegni tradizionali» 70 : ogni gesto costituisce un « dramma a sé» e « la scena su cui questo dramma si svolge è il theatrum mundi » 71 • Per cui « il mondo di Kafka è un teatro universale. Per lui l'uomo è naturalmente in sèena [cm.] ... I personaggi con le .loro parti cercano asilo nel teatro na,turale come i sei di Pirandello un autore. Per gli uni come per gli altri questo luogo è 'l'ultimo rifugio; e ciò non esclude che esso sia la redenzione » 72 • La metafora del teatro, come «figura» che getta luce sull'e95enza del mondo, si dilata qui fino ad annullarsi: il mondo è realmente teatro, questa è la sua naturale determinazione. Ai gesti umani, privati del loro senso consueto, non ne viene conferito uno nuovo; come il modulo stesso della scrittura kafkiana mostra 73 , il significato si è totalmente ritratto nel signdficante e si dà, come inattingibile, solo nell'infinito rimando dei significanti tra di loro, nel concatenarsi inconclusivo di gesti, cosl che in ogni gesto si ha « un oggetto a riflessioni senza fine » 74 • Mentre allora la V erfremdung che opera la scrittura kafkia75 na si congela divenendo un limite invalicabile, che non rimanda r-otdi redazionali• (cfr. BR, p. 822). Se molti periodi della prim• stesura ricompaiono identici nella seconda, quella differisce da quest'ultima per toni e sfumature piu marcatamente benjaminiane e tra l'altro assume una particolare importanza per il fatto che qui Benjamin, per la prima volta ( almeno per quanto siamo riusciti a vedere), parla di DWektik im Stillsttmd. 61 Cfr. M.G. Merlai, Bmj11min e la te111,aliti, in Utopia, aprile tm, pp. 13-17. 69 Questo saggio, apparso per la prima volta sulla ]iidische Rundschau, testimonia, insieme alle lettere a Scholem del 20 luglio '34 e del 12 giugno '38 (BR, pp. 613-61' e 7'6-764), della capitale im!)Ol'tanza che l'opera di Kafka riveste per quella di Benjamin. iO Franz Ka/kt1 in AN, p. 271. 71 lvi. 72 AN, 73 « Il
p. 274. modulo semantico che governa questa scrittura, lungi dal situarsi sull'asse della comparazione o del confronto trascende ogni confronto e o,mi comparazione.» (F. Masini, Kafka o del «pozzo» di Babele, in Il piccolo H1111s, n. 3, 1974, p. 133'.) 74 AN, p. 271. 75 Or. F. Masini, Kafka o del «pozzo» di Babele, cit., p. 139.
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ad altro fuori di sé, respingendo verso quella ,situazione di radicale Ent/remdung che essa stessa rivela; la Ver/remdung brechtiana è volta a mantenere una tensione dialettica tra teatro e mondo, tale da non risolversi in un'utopica contrapposizione tra spazio teatrale ed evento mondano, ma nel fare del primo un'occasione per criticare-conoscere il secondo, per mostrarlo nella ,sua trasformabilità 76 • Lo « straniamento » è la tecnica che il teatro epico usa per rompere la circolarità dell'Ein/uhlung e impedire cosi quella illusoria restituzione-ricomposizione del soggetto dello spettatore attraverso i surrogati dell'estetica, come spazio della .finzione o tutt'al piu della riproduz.ione del reale nella sua immediatezza. La lotta alla Ein/uhlung - come a9Sorbimento e riduzione della funzione estetica nell'ambito dell'Erlebnis 11 - la coscienza quindi che « la "libera ,personalità individuale" è divenuta di ostacolo ad un ulteriore sviluppo delle forze di produzione » e che « deve cedere la .propria funzione alle grandi collettività » 78 , è uno dei momenti di piu profonda convergenza tra le posfaioni di Brecht e quelle di Benjamin, anche se in quest'ultimo (considerando, tra l'altro, il suo intenso rapporto -intellettuale con il surrealismo) il discorso sulla « destrutturazione » della soggettività si fa assai piu sfumato 751 • Brecht - osserva Benjamin « ,non ll)etde di vista le masse » e il suo pubblico è sempre un 76 Or. P. Cluarini, Brecht, Lultacs e il realismo, cit., p. J.•12. Questo fugace confronto Kafka-Brecht non vuol affatto significare una qualsiasi « clasafica » dell'unportanza dei due rispetto al pensiero cli ~amin. L'analisi della Ent/remdung, che i tratti teologici della scrittura kafkiana · "udono, è ancora tutta da compiere la sua importanza è tale che non poteva limitarsi a qualche pagina di questo hbro. n Il teatro epico non può quindi essere goduto e interiorizzato come Erlehnis dallo spettatore, perch~ in esso la rotonda e levigata struttura detl'Erlebnis è fran. turnata: è scomposta nel suo spettro, per scovarvi i colori dell'Erfahrung. Cfr. per questo OA, p. 132. 71 B. Brecht, Tesi sulla fun1.ione dell'immedesimazione nelle arti teatrali, in Scritti teatrali I, a cura di E. Castellani, Torino, 197.5, p. 131. 79 Questo non significa però che per Brttht si tratti semplicemente di un improbabile assorbimento della realtà individuale neUc (( grandi collettività ,., Se, infatti, « dal punto cli vista del singolo, gli eventi decisivi dell'epoca nostra non possono piu venire compresi, né possono venire influenzati dalle singole personalità» (Scritti teatrali I, cit., p. 131 ), tutto questo non concludt nell'eclissarsi del problema del soggetto individuale, ma nella segnatura sociale e quindi « storica ,. della sua figura. « L'individuo, pur rimanendo individuo, diventa un fenomeno sociale; e questioni di interesse sociale diventano pure le sue passioni, i suoi destini. La posizione dell'individuo nella società non è phl un "dato di fatto naturale"» (Seri/li teatrali Il, p. 149).
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«collettivo»: « il teatro epico si mvolge a persone cointeressate le quali ''non pensano senza una sua ragione" » 80 • La partecipazione immedesimante alle sorti dell'eroe del dramma non costituisce alcun interesse per questo «pubblico», in quanto non rende alcuna conoscenza delle realtà in cui lo spettatore vive 81 : è una elevazione alla seconda potenza dell'apparenza che nel:la sooietà occulta i meccanismi di produzione e di riproduzione (materiale e intellettuale). « Quanto piu vasta proporzione hanno assunto le devastazioni del nostro ordinamento sociale (quanto piu noi stessi e le capacità di renderci conto di esse sono indebolite) ,tanto piu marcata dovrà essere la distanza dell'estraneo. » 82 Questo estraneo è la distanza critica dagli avvenimenti rappresentati portata -sin dentro fa scena. È « colui che ·pensa», il signor Keuner - questo corri,spettivo dell'omerico «Nessuno» che si è spinto nella caverna di quel mostro monocolo che è il IGassenstaat 83 - che dovrebbe esser condotto sul palcoscenico su una lettiga e vi dovrebbe rimanere rilassatamente sdraiato, per ricordare quanto sia utile nel precipitare degli eventi un'attenta e calma riflessione, per ricordare anche, a chi se ne ifosse dimenticato, che « siamo a teat-ro ». Ma l'esistenza di questo « uomo pensante » sulla scena - osserva Benjamin - è qualcosa da provocare, da produrre; è l'a9pirazione del« nuovo teatro». Come la conoscenza storica per il « materialista storico » non consiste .in una -mera accumulazione-registrazione di fatti, cos{ il teatro epico non si limita ad un ,piatto « ·rispecchiamento » di situazioni reali: ad esso ·presiede una coscienza produttiva che non si esaurisce nel mediare conoscenze, ma ne produce". « La scena naturalistica, nient'affatto un podio, è una scena del tutto illusionistica. Essa non può render feconda la sua propria coscienza di essere teatro, ma la deve rimuovere come ogni scena dinamica, per potersi dedicare indistur-bata al suo obiettivo di riprodurre il reale. Il teatro epico dnvece mantiene ininterrottamente una coscienza viva e produttiva del fatto di essere a teatro. » 85 Se il teatro epico « non deve tanto sviluppare azioni quanto so OA, p. 127. . 111 « Il teatro epico è ... il teatro dell'eroe bastonato. L'eroe non bastonato non diventa un pensatore» (AR, p. 182); l'eroe dei drammi brechtiani è l'eroe non-tragico, « colui che pensa>, il saggio, « teatro perfetto della dialettica delle contraddizioni sociali» (dr. OA, p. 129). 12 GS, II, 2, pp. ,22-.52.3. 83 Cfr. ivi, p. .52.3. M Cfr. ivi, p . .528. a Ivi, p. S22; cfr. anche B. Brecht, Scritti teatrali II, cit., p. 45.
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rappresentare situazioni» 16 la possibilità di tale « rappresentazione » è data dal trattare « gli clementi del reale nel senso di un eisperimento » 17, dallo scomporre, quindi, l'apparenza del rea' le come totalità chiusa, timmagine reificata, nei suoi elementi minimi e dal « costruirli » diversamente sulla scena. E tutto questo in modo che nell'esecuzione scenica stessa sia mantenuta un'ironica distanza 18 da quanto viene rappresentato, cos( da lasciare aperto un varco «critico» per la presa di posizione dello spettatore. Perciò le situazioni stanno alla fine, non all'inizio di questa « operazione sperimentale»: piu che di una restitu7.ione si tratta di una scoperta 89 • Nel rendere le si,tuazioni, anche piu scontate, oggetto di scoperta, di stupore, sta il procedimento dello « straniamento »: « l'effetto di straniamento consiste nel portare a comprensione una cosa usuale, nota, sempre sott'occhio, richiamando l'attenzione su di essa in modo da farla apparire speciale, sorprendente, inattesa. L'ovvio viene reso in cer-to qual modo, incomprensibile ma unicamente perché risulti piu comprensibile dopo » 90 • Straniare significa quindi rendere penetrabile il quotidiano, mostrandone proprio la non ovvietà, illuminando l'eccezionalità di quanto costituisce la sua abitudinaria supemcie, lacerando il velo di normalità che l'avvolge. E questo avviene mediante l'interruzione del decoMo delle azioni drammatiche ' 1• L'interruzione, avverte Benjamin, è « uno dei procedimenti fondamentali di ogni strutturazione della forma» ' 2 • L'interruzione cli un'azione nel teatro epico ha la stessa funzione delle virgolette che in un testo racchiudono una citazione. Entrambi implicano un salto nell'at-tenzione del lettore o dello spettatore. Scorporano un brano dal suo « tessuto» originario1 per trapiantarlo altrove. E non solo per una piu attenta considerazione di quanto 6pesso il contesto « testuale » nascondeva 1 ma per rendere usabile ,quanto si cita, per trasformarne senso e funzione. Il teatro epico, cosf, interrompe l'azione per« rendere citabili i gesti » e - in questo - a loro volta trasformabili. Come per OA, p. 130. GS, II, 2, p . .522. Per la differenza che intercorre tra l'ironia brechtiana e quella romantica dr. OA, pp. 133-134. 89 Cfr. GS, II, 2, p. 522 e OA, p. 130. 90 B. Brecht, Scrilli teatrali I, cit., p. 187. 91 Cfr. GS, II, 2, p. 523 e AR, p. 174. 92 OA, p. 131. 86 87 88
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il 4C materialista storico » l'interruzione del continuum temporale costituisce un oggetto storico (quello che Benjamin definirà una monade) in relazione determinata col « presente », cosi l'interruzione di certe azioni - nel teatro epico - dà la possibilità di rappresentare gesti in cui l'immagine cristallizzata del reale è infranta, disarticolata. Gesti riproducibili e delimitabili che, in virru della tecnica di recitazione distaccata degli attori 93 e della loro intima condusività, si presentano come frammenti significativi di una totalità permanentemente « aperta>) all'intervento critico dello spettatore e dell'attore, crune monadi plurilateralmente perscrutabili 94 • ~ nella particolare dialettica tra l'attore e il gesto umanosociale che rappresenta - dialettica che segue necossariamente quella tra gesto e situazione da cui è tolto - che si compie la Literarisierung del teatro, che - attraverso ti,toli, manifesti, songs, proiezioni etc. - il « formulato » si sostituisce al del pensiero sia occluso 1'eingreifen nelle contraddizioni di quanto considera, sottolinea con forza la peculiarità del pensiero dialettico benjaminiano, il suo carattere inedito; e, intanto, pone qualche dubbio sulla tesi di Adorno (e di Habermas), secondo cui la filosofia benjaminiana Tappresenterebbe l'ultimo tentativo di unire misticismo e illuminismo 174 • Definire ulteriormente cosa significhi il dialektisches Denken di Benjamin è quanto mai problematico. Nonostante qualche espressione che può trarre in inganno, esso non si lascia tradurre facilmente nella tradizionale accezione hegel~marxista del termine, quale lo stesso Benjamin ebbe a conoscere. Né le pagine di Brecht - seppur possono dirsi contenute nella prospettiva benjaminiana - ne esauriscono il ~enso. Troppo concisi del resto sono i ,peraltro assai scarsi riferimenti benjaminiani alla dialettica. Senz'altro questi escludono - insieme a tutta l'opera di Benjamin - la possibilità di una dialettica-sistema, di un pensiero dialettico ohe ,restauri sintesi. ~ la ,stessa immagine di totalità che è andata assai presto in frantumi nella produzione benjaminiana. Il riferimento al « pensiero dialettico » perciò è tutto e consa172
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lvi, p. 26.5. Ivi, p. 263.
174 Cfr. Th.W. Adorno, Charaltteristile W.Bs., trad. di C. Mainoldi, in Prismi, Torino, 1972, p. 247 («nel paradosso della possibilità dell'impossibile, per l'ultima volta si sono ritrovati insieme in lui misticismo e illuminismo»), e J. Haber-
mas, Bewusstmachende oder rettende Krililt, in Zur Aletualitiil W. Benjamins, cit., p. 207.
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pevolmente dopo il negatives Denken. Se a Benjamin è certo estraneo un modo di pensare metafisico - allorché si intenda « classicamente », in tutta la forza della sua tradizione, un tale concetto - la sua Denktechnik non si inquadra nemmeno in quel rapporto tra necessità e effettuazione determinata della forma analizzato da Nietzsche nella connessione Ratio-Wille zur Macht 175 • Benjamin non contesta certo il potere effettivo del formalismo della ragione, potere che si e&!)l'ime in un infinito processo di logicizzazione del mondo, che nasce da immanenti conflitti e provoca a sua volta contingenti contraddizioni. Ma cerca di insediarBi in quel dominio dell'apparenza che solo rende possibile il potere della Forma 176 • Non certo ,per svelare relazioni « essenziali » dietro di essa, ma :per spezzare la naturalità che in essa si è prodotta; per frangere il carattere « mitico » del suo dominio, most,rare Ja trans...funzionalità del processo che esprime. Penetrare l'apparenza coincide cos{ in Benjamin non nell'oltrepassarla, ma nel mandarla in frantumi. In una recensione di poco posteriore ,a quella del libro di Hegemann, Theologische Kritik. Zu Willy Haas, 'Gestalten de, Zeit 111 , Benjamin nota che ~n quest'opera la teologia ha piantato la ·sua tenda « in vicinanza di uno dei suoi oggetti piu cari, dell'apparenza» 171 • E - nella prospettiva di Benjamin - per distruggerla, per liberare le forze, il «vivente» che tale apparenza raggela, blocca miticamente nella linea (o nel circolo) del suo tempo. Se l'atteggiamento teologico costituisce il polo opposto di quello materialistico, la corrente che si ,sprigiona dalla loro polarità origina l'impclso distruttivo. Per questo nel saggio su Fuchs Benjamin insiste ,suHe conseguenze nefaste (teoriche e politiche) di un oblio del « momento distruttivo della dialettica » 179 • Questo« garantisce l'autenticità del pensiero dialettico come l'autenticità dell'esperienza del diaJettico » ,ao_ La « distruzione » come atteggiamento del pensiero e del1'esperienza presuppone la rinuncia all'utopia di una naturale imOr. M. Cacciari, Krisis, cit., pp. 56-70. Dominio che, secondo Benjamin, permane tutto nel « pensiero » del· l'Eterno Ritorno: « il vivere nell'ambito dell'Eterno Ritorno procura un'esistenza che non esce dalla sfera dell'Auratico » (Konvolut D, BI. 10 dd Passagenwerk ms. incd., cit. in R. Ticdcmann, Die Kunst, in anderer Leute Kop/e zu Denken, cit., p. 192). 111 Or. GS, Ili, pp. 27.5-278. 178 Ivi, p. 276. 11t Cfr. OA, pp. 89-92. uo Ivi, p. 92. 175
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mediatezza nella quale si offrirebbe il materiale da trattare. Sempre questo è ammantato dal concetto, come dall'aura particolare che avvolge gli oggetti in un processo conoscitivo; sempre è mediato. Spezzare questa mediazione - che il negatives Denken ha smascherato nella &ua soggettiva parzialità, nel suo essere inchiodata all'apparenza, nel quale esso opera per affermarsi, per trasformare - è il compito distruttivo della « dialettica » benjaminiana. La riuscita cli esso consiste nel mostrare il carattere « costruito» dell'effettualità: « Die Wirchlichkeit ... ist eme Konstruktion » 181 • E contemporaneamente nel destrutturare, nel porre in movimento quanto appare fissato, ipostatizzato nella mediazione, che vela la processualità della Wirchlichkeit. Sfamo qui ben lontanti dal semplice mimetizzarsi nell'oggetto proprio della Mystik o daH'illuminarne la composizione proprio dell'Aufklarung. La mimetizzazione nel « materiale » in Benjamin è sempre già una trasformazione, anche quando quest'ultima consista semplicemente nel « farlo parlare», liberandolo dalla mutezza che vi aderiva come un destino. E l'illuminazione è sempre frantumazione, distruzione. Mutamento cli un'immagine, che tende a trasformare quanto in eS6a è raffigurato, ciò ohe vi appare. Cos{ il « pensiero dialettico » benjaminiano non si attesta mai nella mediazione, non ritrova in essa il proprio centro, ,perché verità - per esso è il «senza-intenzione». La .forma del « senza-intenzione», come si presenta •nelle ultime opere benjaminiane, è dinamica, è legata ad un prezioso seme temporale che spezza la dura scorza che lo nasconde alla luce, -iiorché ìl « materialista storico• abbi.a trovato il terreno fecondo ove deporlo. « Essere dialettici significa avere nelle vele il vento della storia. Le vele sono i concetti. Non è sufficiente però dispo11re delle vele. L'arte di saperle svolgere è ciò che è decisivo. » 182 Il concetto non scompare certo dall'orizzonte del pensiero benjaminiano, è usato in esso, cos{ come la mediazione è momento transitorio del suo moVlimento « costruttivo ». Il non ricondursi poi di queseultimo nell'alveo di costrittivi tracciati teleologici è dato dalla precarietà delle forze di cui si alimenta e dalla sua completa immanenza ad esse. Queste sono costituite solo dai frammenti che il « momento distruttivo » del pensiero ha prodotto e insieme e diifusione in forma massiva del prodotto. E questo tipo di relazione tra nuova qualità tecnologica del processo produttivo e salto qualitativo nel « Jivello quantitativo » di riproducibilità (tecnica) del prodotto è la cellula germinale, la radice « materiale » di processi generali. Non solo in connessione con essa sta la « riproduzione di massa (massenweise) delle opere d'arte», ma anche la « riproduzione di massa (massenweise) degli atteggiamenti e delle funzioni umane » 5• Ed è per essa che si genera.Uzza una « seconda natura», che sempre piu si distingue dalla prima, fino a sfigurare la sua immagine materna e farne un qualcosa che si forma nel propmo grembo. Questa « seconda natura» è l'« emanzipierte Technik » 6 , emancipata - in qualche modo« autonoma » - da una sua complessiva controllabmtà sociale, come una volta lo era principalmente la « Natura » sans phrase. Di essa il sub-iectum ·(nel senso letterale del termine) visibile sono le masse, come anonimi attori di una scena che pare averli prodotti. « Nel paese deHa tecnica, - scrive Benjamin - la vista sulla realtà immediata è diventata una chimera.» 7 Questa constatazione che Benjamin fa a proposito del cinema ha un significato generale e trova la sua corri,pondcnza ed csemGS, I, 3, p. 1642. Cfr. ivi, p. 1042, cosi che la stessa misura del valore etico non~ piu il singolo individuo: per il giudizio di quest'ultimo è divenuto decisivo lo standard morale. Il modo di comportarsi non è cos( riconosciuto giusto solo per la sua e escmpwità •, ma anche per la sua « apprendibilità • (dr. ivi). ' Cfr. GS, I, 2, p. 444. 7 OA, p. 37. 4
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plifi.cazione economico-sociale nell'estrema rarefazione e parcellizzazione dei processi lavorativi, quale si annuncia con l'« organizzazione .scientifica del lavoro» di Taylor'. Quando all'« esercizio» necessario ad apprendere il «mestiere» si è definitivamente sostituito il « tirocinio» dell'operaio alla macchina, l'esperienza ·ritraendosi dal lavoro manuale si prepara ad abbandonare ogni altra dimora. Ed allorché si è compiuto un definitivo distacco tra Ja singola funzione lavorativa e la visione del prodotto finito, quale risultato della combinazione dei diversi momenti di un ciclo produttivo, il destino della «immediatezza» e «visibilità» della realtà è segnato. tE: solo questione di tempo. Con la circolazione del prodotto come merce l'immiserimento della esperienza varca la soglia della fabbrica e si diffonde come un morbo fino a colpire anche quell'attività, la produzione artistica, consacrata a mantenere in intima unione le «ore» del lavoro a quelle dell'esperire: del progredire nell'esperienza. La realtà cosf sprofonda progressivamente in un diafano ed infinito medium, che la sottrae ad ogni diretta visione. Mentre proprio immediatezza e visione sono le qualità positive dell'esperienza auratica ,(quelle negative sono l'indferabilità, la lontananza). L'aura è percezione dell'hic et nunc di una situazione, di un volto, di una parola, di un oggetto. « Seguire, in un pomeriggio d'estate, una catena di monti all'orizzonte oppure un ramo che getta la sua ombra sopra colui che si riposa - ciò significa respirare l'aura di quelle montagne, di quel ramo. » 9 Un alito inconfondibile, un profumo che fa trasalire, un'immagine che non cade nell'oblio sono i «segni» che trasformano una percezione sensoriale nell'esperienza di un qualcosa di unico ed irripetibile, indissolubilmente legato al luogo che ne è stato muto testimone. Questi « segni » certificano l'originalità e l'autenticità di un'esperienza, di una situazione. Perché autentica un'esperienza lo è quando « dura » nella sua irrepetibilità, quando dal « momento.» del 8 Or. AN, pp. 107-109 e A. Sohn-Rcthcl, Geistige und korperliche A,beit, trad. di F. Coppellotti, Milano, 1977, in part. pp. 121-154; la citazione di SohnRethel non cade casualmente: con lui Benjamin, durante.- il soggiorno parigino, ebbe « stretti contatti» ed in qualità di « Gutachter » per conto dcll'lfS ne lesse (nel 193'7) il manoscritto dell'importante saggio Zu, krilischen Liquidierung des Apriorismus, ora pubblicato (insieme alle note a margine ed alle sottolineature dello stesso Benjamin) in A. Sohn-Rc:thel, Waren/orm und Denkform, Frankfurt/M, 1978, pp. 27-90 (con una nota di Sohn-Rcthel del 1970, pp. 90-102). Il rapporto tra questo scritto di Sohn-Rcthel e le analisi bcnjaminiane sulla merce come soggetto, nel Passagenwe,k, ~ ancora tutto Ja affrontare. 9 OA, p. 25.
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suo aver origine si trasmette nel tempo e forma cosf la « sua » storia 10• « Un singolare intreccio di spazio e di tempo: l'apparizione unica di una lontananza, per quanto possa essere vicina.» 11 Questa è l'aura. :S l'unicità del suo apparire a proiettarne l'unmagine in una infinita lontananza. L'inavvicinabilità deH'immagine auratica è l'impossibilità del suo ritorno. Ma quanto è inavvicinabile è certamente intangibile. Per questo la percezione dell'aura di una cosa è essenzialmente percezione ottica - e se non esclude anche aJtri modi di percezione sensoriale difficilmente potrà unirsi a quella tattile. Quanto si tocca spesso perde il suo fascino, sembra quasi predisporsi all'analisi, mentre l'esperienza auratica è esperienza preanalitica, che coglie le cose nell'immagine della loro indivisibilità dal momento e dal luogo del loro .presentarsi. L'aura è cos{ una velatura degli oggetti, - di quelli storici come di quelli naturali, - un impalpabile involucro che li protegge dalla decomposizione, dalla profanazione, mantenendone l'immagine nel tempio del ,ricordo. L'aura contraddistingue infatti l'originaria dimensione magico-cultuale dell'esperienza e l'arte è stato il tentatiivo che iper secoli ha tentato di conservarne la memoria 12 • « I.I modo secondo cui si organizza la percezione sensoriale umana - il medium in cui essa ha luogo - non è condizionato soltanto in senso naturale, ma anche storico.» Come Riegl in Spatromische Kunstindustrie aveva analizzato le trasformazioni del Kunstwollen da una percezione figurativa prevalentemente tattile - dove l'aspetto visivo è visione da vicino (arte egizia att:aica) - ad una ottico-tattile - contraddistinta da un punto di vista normale ,(arte greca classica) - fino all'affermarsi, nell'arte tardo-romana, di una strutturazione figurativa essenzialmente ottica, ·per oui « gli oggetti vengono considerati da un punto di vista lontano» 13 , Benjamin rileva - nell'epoca della riprodu10 Cfr. ivi, p. 23: « L'autenticità di una cosa ~ la quintessenza di tutto ciò che, fin dall'origine di essa, può venir tramandato, dalla sua durata materiale alla virni di testimonianza storica». 11 lvi, p. 70. 11 Ivi, pp. 25-29 e AN, -pp. 120-121. 13 Or. A. Riegl, Splitromische Kunstinduslrie, trad. di L. Collobi Ragghianti, Torino, 1969, in part. le pp. 25-36. t Bcnjamin stesso a fare riferimento a Ricgl nel saggio in questione (cfr. OA, p. 24). Sul rapporto Riegl-Benjamin cfr. W.
Kcmpf, Walter Beniamin und die K,mstwissenscha/1 Teil 1: Be11j11mins Beziehunsr,en tur Wiene, Schule, in Kritische Berichte, n. 3, a. 1, L973, pp. 311-.50; una rielaborazione di queste note si trova in Id. Fernbilder, in Walter Benjamin im Kontext, cit., pp 224-257. Qui l'autore dedica importanti note al rappono tra il « concetto di aura » e il « problema della distanza estetica •·
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cibilità tecnica - il 1processo inverso 14 : il prevalere cioè della dimensione tattile della percezione su quella ottica. E in questa inversione una funzione essenziale è svolta dalla « sempre maggiore importanza delle masse nella vita attuale»: « ogni giorno si fa valere in modo sempre piu incontestabile l'esigenza a impossessarsi dell'oggetto da una distanza il piu possibile ravvicinata nell'immagine, o meglio nell'effigie, nella riproduzione». Ma il bisogno di una v.isione ravvicinata, di ·una tangibilità delle cose, che trasforma la tradizionale direzione 1del Kunstwo/len moderno, non è un semplice ritorno allo stadio tattile: l'incontro ravvicinato non si compie accertandosi della materialità del Bild, dell'immagine, ma attraverso la riproduzione tecnica di essa, nell'Abbild. Benjamin non condivide certo la linea di sviluppo teleologica che Riegl traccia tra i diversi « stadi » della percezione artistica 15 • Riegl e gli altri studiosi della Wiener &hule non solo infatti « si accontentavano di ,rilevare il contrassegno formale proprio della percezione», notando i mutamenti storici nei modi della sua interna organizzazione - senza quindi cercare di mostrare « i -rivolgimenti sociali » che in questi cambiamenti trovavano espressione 16 ma soprattutto non consideravano la funzione che lo sviluppo tecnico svolgeva nelle trasformazioni del Kunstwollen, impediti in questo, forse, dalla polemica contro il positivismo semperiano. Una volta che la tecnica fosse stata sgravata dall'-ipoteca meccanicistica e considerata nella sua complessità storica - inserita cioè all'interno di conflitti e processi decisionali - se ne poteva cogliere tutta l'autonoma funzione dinamica nella formazione del « volere artistico» 17 e non solo di questo. L'esigenza di « rendere le cose spazialmente e umanamente piu vicine » 11 si fa cosf valere per la nostra epoca, nel medium della tecnica, e iperdò essa si esprime nella « tendenza al superamento dell'unicità di qualunque dato mediante la ricezione della sua riproduzione » 19 • La lacerazione del velo auratico, « fa liberazione dell'oggetto dalla sua guaina », non è opera della mano umana, ma dell'obiettivo fotografko prima, e in modo « petfetto » di quello della macchina da presa. Sono questi appaOr. H. Pfotenhauer, op. cii., pp. 145-146. Cfr. M. Cacciari, Di alrnni motivi in U''.B., cit., p. 228. 16 Or. OA, p. 24. 17 Non solo quindi come « coefficiente d'attrito)>, come voleva Ricgl; cfr. A. Riegl, Spiilromische Kunstindu.rtrie, cit., p. 10. 18 OA, p. 25. 19 Ivi, p. 25. 14
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rati tecnici - soprattutto il cinema - gli agenti piu potenti di una generale « distruzione dell'aura »; sono essi a spezzare « l'incanto della lontananza » 20 • La possibilità attraverso determinati procedimenti (ingrandimento, ripresa al rallentatore) di tendere visibili aspetti - sia di un'immagine naturale, che di una riproduzione artistica - &ora inaccessibili ,per l'occhio umano, trasforma irreversibilmente la dimensione « naturale» della percezione ottica. Il ,potenziamento tecnico della capacità visiva significa anche denudare l'occhio del velo della contemplazione individuale. La percezione subisce un processo di Entsub;ektivierung 21 • La riproduzione tecnica dell'immagine consuma definitivamente lo Schein, l'apparenza che avvolgeva l'oggetto, che si deponeva su di esso come l'impronta che lo sguardo un giorno vi aveva lasciato. L'ii,ripetrbile nodo strettosi tra spazio e tempo - questa è l'apparenza auratic.a - è sciolto: « con il primo piano si dilata lo spazio, con la ripresa al rallentatore si dilata il movimento». L'approfondimento della percezione di spazio e tempo, la capacità di sezionarli e analizzarli sempre piu da vicino significa anche una disarticolazione dei due momenti all'interno dell'organizzazione ,percettiva 22 • Qui non si ha « semplicemente una chiarificazione di ciò che si vede comunque», non viene soltanto cancellata un'apparenza, ma si vede qualcosa di nuovo. La natura parla diversamente alla cinepresa, ma lo fa come « natura di secondo grado », come « risultato del "montaggio" ». Se l'immagine pittorica tradizionale è unitaria e totale, quella del cameramen è « multiformemente frantumata» 23 • Solo tramite il suo sezionamento, l'operare chi,rurgico nel tessuto della realtà, è possibile restituirne I.a fisicità nell'immagine filmica. Il « ritorno alla realtà fisica» che il film costituirebbe - secondo quanto affermerà 1piu di vent'anni dopo il saggio benjaminiano il suo amico S. Kracauer 24 - è raggiunto solo al colmo della finzione (cosa che invece Kracauer non sottolineerà abbastanza). Questa complementarietà era invece stata colta ,peclettamente da Baudelaire nel 1859: « Vorrei tornare ai diorami, la cui magia enorme e brutale mi sa imporre un'utile iUusione. Preferisco contemplare qualche fondale di teatro, dove trovo, espressi artisticamente 20 Cfr. AN, p. 124. 21 ar. per questo il 22 Cfr. OA, p. 41.
saggio di Hart e Grzimek, cit.
n lvi, p. 38. Cfr. S. Kracauer, Film: ritorno alla realld fisic•, trad. c:li L. Gobetti, Milano, 1962, in pan. pp. 430-442. 24
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e in tragica concentrazione, i miei sogni piu cari. Queste cose, essendo false, sono infinitamente piu vicine al vero; mentre la maggior parte dei nostri paesaggisti mentono proprio perché trascurano di mentir-e » 25 • Se la crisi della percezione estetica tradizionale era stata determinata dall'irrompere della dimensione tattile in quella ottica, questo era avvenuto attraverso la « macchina da presa », l'innervazione aptica (tattile} dell'occhio. L'arte sfuggita al « regno della bella apparenza» 26 finiva per entrare in quello dell'apparenza tout-court, nell'apparenza del sogno. Insieme al comp~etrarsi di « arte e sdenza », l'immagine onirica era offerta ad una percezione collettiva e simultanea. L'inconscio ottico era penetrato attraverso l'obiettivo cinematografico 27 • « Nell'antica verità eraclitca - i desti hanno in comune il loro mondo, i dormienti invece hanno ognuno un mondo proprio (per sé) - il Film ha aperto una breccia. » 21 Ma questa breccia è stata possibile snidando perfino la realtà oni.rica dal suo recesso rituale, esponendola, offrendola impietosamente all'esame di un analista distratto: il pubblko 29 • Con il Film non è distrutta poi solo l'aura naturale, ma pure quella storica. Non solo la crisi della percezione « tradizionale» è compiuta, ma queMa dell'idea stessa di tradizione 30• « La tecnica della riproduzione ... sottrae il riprodotto all'ambito della tradizione. » 31 La moltiplicazione della riproduzione di un evento trasforma qualitativamente la possibilità di ricezione dell'evento. Questo diviene permanentemente attualizzabile, di9J>Onibi.Je alla considerazione di chiunque. Cosf « il valore tradizionale dell'eredità culturale» è liquidato 32 • E il disincanto circa la « storia» totale. Di questo disincanto i movimenti di massa contemporanei sono il pendant. Se questi due fattori significano il culmiCitato in AN, pp. 123-124. Cfr. OA, p . .34. Cfr. ivi, p. 42. 21 GS, I, 2, p. 462. 29 Per il concetto di ricezione nella distrazione cfr. 0.4, pp. 45-46, per l'opposizione ua valore cultuale e valore di esponibilità dr. invece pp. 27-3,1. 30 Che proprio il film potesse divenir veicolo di diffusione di un'inedita accezione di aura: quella tecnologica - su cui E. Sanguineti ha piu volte richiamato l'attenzione - non poteva forse essere previsto da Benjamin per lo sviluppo della tecnica, cinematografica e non, che ha conosciuto. L'analisi dell'aura tecnologica è compito attuale. 31 OA, p. 23. 31 Or. ivi. 29 26 -rt
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ne dell'autoestraniazione dell'umanità, il fascismo ha rappresentato un tentativo di superarla, conferendo un'aura alle masse, ricostituendo un mitico passato, estetizzando la vita sociale e politica. Per Benjamin invece si tratta di rendere produttiva, politicamente produttiva, questa Selbstent/remdung 33 • Di questo il cinema è una metafora. Le chances politiche di cui questo - proprio attraverso le sue tecniche e ,procedme - è segno e spazio (e non miracolosa causa efficiente, come hanno « creduto» alcuni intetpreti) sono metafore del presente storico.
13
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Or. GS, I, 2, p. 4,1.
VI. Benjamin, Adorno e il« Passagenwerk » Ccue sainte prostitution de l'ime qui se donne tout cntim:, poésie et charité, à l'impréw qui se
montre, à l'inconnu qui passe.
(Ch. Baudeldi,e) Paris change! mais rien dans ma mélancolie N'a bougé! palais neufs, échafaudagcs, blocs, Vieux faubourgs tout pour moi devient allégorie, Et mes chers souvenirs sont plus lourds que des rocs. (Ch. Baudelai,e) Souviens-toi que le Temps est un jouer avide Qui gaane sans trichcr, à tout coupl C'est la loi. (Ch. &udelllire)
I A. I progetti della « Passagenarbeit ». « Per il momento non mi posso render conto se accenni occasionaili, certo assai vaghi, l'hanno informata del fatto che da molti anni ho atteso in silenzio ad un lavoro, che, in un oggetto delimitato, raccoglie le intuizioni ed i problemi, che si trovano sparsi nei miei scritti... Il ritmo saturnino della cosa aveva la sua ragione piu profonda nel processo di un completo rivolgimento, che una massa di immagini e di pensieri - proveniente dal tempo assai lontano del mio .pensiero immediatamente metafisico, anzi teologico - doveva compiere, per nutri.re con tutta fa sua forza il mio presente modo di pensare. Questo processo è andato avanti in silenzio; io stesso ho saputo cos{ poco di esso, da rimanere infinitamente stupito, quando -recentemente - in seguito ad una sollecitazione esterna - ho steso in pochissimi giorni il piano dell'opera. » 1 Quando cos{ scriveva a Werner Kraft (nel maggio del '35), Benjamin aveva già terminato quell'Exposé (intitolato Paris, die Hauptstadt des neunzehnten ]ahrhunderts) dell'opera sui Passages parigini, che l'Institut fiir SoziaHorsooung gli aveva richiesto al fine di stabilire un suo diretto interessamento al compimento del progetto 2 • Significativamente ~ anni in cui Benjamin si dedica quasi 1
Lettera a W. Kraft del 25 magio ')5 in BR, pp. 658-659. (La traduzione
è modificata rispetto • LT, p. 285). 2 Essendo venuta meno la possibilità di collahor:ire, con una certa regolarità, a riviste e giornali tedeschi e mostratasi poco proficua la collaborazione a riviste francesi, Benjamin in questi anni pubblica quasi esclusivamente sulla Zeitschri/t /iir So1.ial/orschung, che in questo periodo rappresenta per il nostro autore l'unica fonte di sostentamento.
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esclusivamente alla Passagenarbeit (dal 1935 al '40, anno della sua morte) coincidono con quelli ,piu difficili de11a sua vita, col tempo del piu completo isolamento dell'esilio parigino. « In questo lavoro vedo il motivo prindpale, se non addirittura l'unico, per non perdere il coraggio nella lotta per l'esistenza »· 3, scrive ad Adorno, che di ,Benjamin, per quanto riguarda il Passagenwerk, sarà, in questo periodo, il vero interlocutore. Se fin dal 1927 aveva pensato ad un lavoro sui Passages 4, è solo verso la metà degli anni trenta che u·n tale progetto acquista una certa conaetezza, assumendo ben altra estensione ed importanza da quella conferitagli inizialmente dallo stesso Benjamin. g la stessa costellazione in cui l'opera, all'interno de1la produzione benjaminiana, rviene ad inserirsi, che muta: se all'inizio il termine di conf.ronto della Passagenarbeit è Einbahnstrasse ', in seguito questo diviene il Trauerspielbuch 6 • 1-n questo passaggio si misura la stessa distanza critica che Benjamin matura nei confronti del surrealismo: se il progetto iniziale risentiva, come Einbahnstrasse, in modo diretto e immediato deltla « Stimmung » surrealista e doveva per questo ripercorrerne le forme e gli stilemi 7, nella « ripresa » del 1progetto, intorno alla metà degli an3
LT, p. 290.
4
« Quando, in un modo o nell'altro (poiché non ho mai scritto con un
simile rischio di fallire), avrò terminato il lavoro del quale per il momento, cauta· mente e provvisoriamente mi occupo - l'assai singolare ed estremamente precario saggio: P1trise, Passagen. Eine dialektische Fee,ie - allora si chiuderà per me un ambito di produzione - quello di Einbahnstraue - nello stesso senso in cui il Trauerspielbuch ha chiuso quello germanistico ... Per il resto, dì questa faccenda non posso svelare ancora niente, non avendo nemmeno precise idee circa la sua estensione. Comunque ~ un lavoro di poche settim,Jne. [c.n.].:. (Lettera a Scholem del 30 s~nnaio 1928, in BR, p. 4".) 5 Or. per questo la lettera a Scholem del 15 marzo 1929, in LT, p. 169. 6 Già nel '30 si fa strada in Benjamin la coscienza che per questo lavoro sarebbe stato necessario un dispiegamento dì energie intellettuali pari a quelle impiegate per il Trauerspielbuch: « Mi limito quindi a notare che intendo proseguire il lavoro su un piano diverso da quello seguito finora. Mentre ciò che mi aveva occupato finora era soprattutto la documentazione da una parte e la meta· fisica dall'altra, ora vedo che per giungere a termine, per dare una struttura solida a tutto questo lavoro, mi ci vorrà niente po' po' di meno che uno studio sia di ceni aspetti di Hegel che di certe parti del Capitale. Ciò che oggigiorno mi appare come un fatto acquisito è che sia per questo libro sia per il Dramma b"rocco non potrò fare a meno di un'introduzione che verta sulla teoria della conoscenza - e questa volta soprattutto sulla teoria della conoscenza della storia. t là che sul mio cammino mi imbatterò in Heidegger, e penso che l'incontro tra le nostre due maniere, assai differenti, di considerare la storia, produrrà delle scintille,. (LT, p. 178). 7 Cfr. per questo l'importantissima lettera ad Adorno del 31 magio '3.5 (LT, pp. 287-291), dove Benjamin parla dell'imporWIZa del Paysan de Paris dì Aragon nel determinare il primo progetto del lavoro sui Passages, ma anche della
2.54
ni trenta, il surrealismo si pone, rispetto alla Passagenarbeit 1 in un rapporto teoricamente mediato. « Il lavoro - sorive Benjamin - rappresenta sia la valorizzazione filosofica del surrealismo - e quindi il suo superamento - che il tentativo direi quasi di fissare l'immagine della storia nelle cristallizzazioni meno appariscenti dell'esistenza, nei suoi scarti. » 8 Se Benjamin a proposito dei due progeui riguardanti l'opera sui Passages parla di un rapporto di ,polarità ', in tali termini ci potremmo pure esprimere riguardo alle di,verse posizioni nei confronti del surrealismo, che i due progetti, di per sé significano. Già sin d'ora, per questo, non possiamo dirci d'accordo con la tesi di Adorno, il quale - nella supposizione che il Passagenwerk a coronamento dell'antisoggettivismo benjaminiano, « non avrebbe dovuto consistere che di citazioni» 10 afferma che « la filosofia non doveva soltanto raggiungere il surrealismo, ma essa stessa divenire surrealistica», potendo cosi concludere: « la filosofia frammentaria restò frammento, vittima fordistanza che negli &Mi successivi maturò nei confronti di esso come distanza dall'epoca « eines unbekiimmert archaischen, naturbefangenen Philosopbierens •· E, non a caso, al culmine di questo processo di distacco dalla « rbapsodische Naivitit • della seconda metà degli anni venti, Benjamin pon~ il « decisivo in-. contro con Brecht • e, con esso, iI punto massimo di tutte le aporie per il lavoro sui Passages. • Lettera a Scholem del 9 agosto '3', LT, p. 307. Questo del rapporto tra Passagenwerk e surrealismo è comunque un problema assai delicato, che potrà trovare una eiu precisa definizione solo con la pubblicazione deJ V volume delle Gesammelte Schri/ten, che dovrebbe contenere, criticamente ordinati, tutti i manoscritti benjaminiani appartenenti al complesso del Passagenwerk. Fatta eccezione per gli scritti riguardanti Baudelaire e le Tesi, quelli raccolti sotto il nome di Zentralpa,k e pochi altri frammenti citati da R. Tiedcmann qua e là nei suoi saggi, questi manoscritti sono tuttora completamente inediti. Questo, insieme alla complessità del materiale che già conosciamo, ci pare possa giustificare il carattere introduttivo e, per molti versi, provvisorio di molte delle considerazioni qui svolte. ' « Questi due progetti stanno in un rapporto di polarità. Essi rappresentano tesi e antitesi dell'opera. Perciò questo ,20 [Paris, die Hauptsttzdt des neunzehnten Jabrhunderls] per me è tutt'altro che una conclusione. La sua necessità poggia sul fatto che le idee ( Einsichtcn) presenti nel l O non permetterebbero immediatamente alcuna strutturazione - tranne che una illecitamente "poetica". Di qui il sottotitolo, da tempo abbandonato, nel primo progetto: Bine dialektische Fenit. Adesso io ho i due estremi dcll'uco, ma non ancora la forza di tenderlo. i. Lettera a Gretel Adorno del 16 agosto 1935, in LT, ·p 308; la traduzione è lic-vemente modificata.) IO Th.W. Adorno, Charakleristik W.Bs., cit., p. 245. Già questa supposizione adomiula, mai documentata e, comunque, ripresa acriticamente da piu parti, non è poi tanto attendibile, come, in base ad una lettura dei manosaitti benjaminiani, nota lo stesso R. Ticdemann, Studien, cit., p. 149.
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se di un metodo, del quale non è certo che in generale si lasci attuare nell'ambito del pensiero » 11 • Se l'Ursprung des deutschen Trauerspiels è l'opera in cui Benjamin consuma internamente la sua formazione classico-romantica e qui raggiunge un punto di rottura la sua critica interna al punto di vista idealistico-borghese 12, è dopo l'Ursprung che ha inizio la benjaminiana « Wendung zum historischen Materialismus » 13 ; e le forme in cui tale W endung si presenta sono i Denkbilder di Einbahnstrasse. ·Sarà Ja .profonda « dissezione » critica cui - nel saggio sul surrealismo del '29 e nella conclusione di quello su iKraus, ma soprattutto in Der Autor als Produzent - sottopone i « modi » di produzione intellettuale e la loro funzione all'interno dei rapporti (generali e specifici) di produzione, a spingerlo oltre la forma dell'aforisma. La relazione che Benjamin viene ad instaurare tra Passagenwerk e Trauerspielbuch assume, iper questo, l'oggettivo significato di una critica alla produzione e all'atteggiamento surrealista, diviene «riconoscimento» della inadeguatezza «politica», al presente, della propria produzione aforistica. Se la forma dell'aforisma aveva espresso il «,passaggio» del pensiero benjaminiano al « materialismo storico», dimostrando tutta la sua efficacia nella sua capacità distruttiva della Bildung ereditata dalla propria « classe d'origine», questa rivela tutti i suoi limiti nel momento in cui Benjamin riconosce che il lavoro dell'intellettuale « rivoluzionario» non si può limita-re ad « un compito meramente distruttivo» 14, dovendo - tra l'altro piegare i suoi ritmi alla necessità di una costruzione teorica. Per questo del Trauerspielbuch, rispetto alla Passagenarbeit, Benjamin sottolinea innanzitutto la forma. Se oggetto del la:voro sui Pas. sages era un'intera epoca, questa non la si poteva cogliere entro il respiro dei Denkbilder, pur non dovendo andar persa la capacità di afferrare e penetrare singoli oggetti, che questi avevano dimostrato. Si trattava ora di costruirsi una « armatura teorica » ed una forma di esposizione adeguati all'oggetto 15 • La « considerazione storica » non poteva fare a meno di volgere lo sguardo su di sé e cett:are di porre· su basi teoricamente solide lo stesso n Th.W. Adorno, Charaltteristilt W.Bs., cit., p. 245. 12 Si veda per questo l'inizio del III capitolo di questo lavoro. 13 Cfr. G. Scholem, Walter Benjamin ,md sein Engel, cit., p. 90. 1• Or. AR, p. 216. u Or. la lettera a W. Kraft del 28 ottobre ,.,,, in BR, pp. 698-699, cd il brano della lettera a Scholem citato alla nota 6.
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lavoro dello « historische Materialist ». t nel corso di queste riflessioni che, per Benjamin, si apre il problema di delineare una teoria della storia, capace di sottrarre l'opera sui Passages a qualsiasi subalternità teorica nei confronti della Lebensphilosophie e dello Historismus, come anche dello stesso « Vulgiir-Marxismus » 16 • Questo, in sintesi, il tragitto che - dal Passagenwerk conduce Benjamin alle Thesen. E ciò che di que5to ci è pervenuto, se frammento è rimasto, è tale da testimoniarci un massiccio « sforzo» teorico, che va ben oltre i confini di una (pur geniale) « filosofia frammentaria», nella quale per troppo tempo si è VC>a luto « costringere »la.figura del filosofo berlinese. In questa di·rezione, dunque, vanno intese le affermazioni benjaminiane circa il rapporto analogico (« in der inneren Konstruktion ») 17 del secondo Entwurf del Passagenwerk con l'Ursprung des deutschen Trauerspiels ed è in relazione a questo rapporto che possiamo ipotizzare il nesso della Passagenarbeit col surrealismo in modo analogo a quello del Trauerspielbuch con l'espressionismo, ferme restando, certo, le dovute differenze ed in particolare tutta la carica positiva, che Benjamin conferiva al movimento surrealista. Del .resto Benjamin fin dal citato saggio del '29, ma anche in Zum gegenwartigen gesellschaftlichen Standort des franzosischen Schriftstellers del 1934, aveva posto l'accento (,pur se sotto la forma di interrogativo) 11 su certi limiti « politici » del movimento surrealista, mostrandosi però, specialmente nel saggio del '.34, abbastanza ottimista circa le capacità del surrealismo di superare questi limiti. Questo comunque non giustifica la semplificazione e l'appiattimento del rapporto Benjamin-surreàlismo, che Tiedemann opera - coerentemente alla sua tesi circa Io sbocco degli ultimi scritti benjaminiani (in particolare ~uelli su Baudelaire e le Tesi) in direzione di un'« estetica » 1 - fino a far convergere la Passagenarbeit col sur-realismo nell'esperienza di un comune « nichilismo r-ivolumonario » 20 • 16 Or. il frammento metodologico analizzato alla fine del V capitolo, in GS, I, 3, pp. 1160-1167. 17 Or. la lettera a Scholem del 20 maggio 'l5, in LT, p. 280. 18 Si vedano in AR, le pp. 22,23 e 68-73. 19 Or. di R. Ticdemann il Nachwort a W. Benjamin, Ch. Baudelaire. Ein Lyriker im Zeitalter des Hochkapitalismus, Frankfurt/M., 1%9, pp. 167-191 ed in particolare p. 190. 20 Si veda per questo tutta ]a terza parte di R. Tiedemann, Studien, cit., pp. 128-166 cd in part. le pp. 146-150.
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Lo stesso rapporto che intercorre tra il Trauerspielbuch e il Passagenwe,k non è cosf lineare e «statico», come da certe lettere dello stesso Benjamin potrebbe sembrare: se ad entrambi è proprio lo sviluppo di un concetto centrale (quello del T,auerspiel nell'uno, quello del Fetischcharakter de, Ware nell'altro}, se ad entrambi è necessaria la costruzione di una teoria (« Erkenntnistheol1ie » nelruno, « Erkenntnistheorie » della storia nell'altro) 21 , è vero anche che s.i può parilare di un processo di osmosi (attraverso il filtro del « materialismo storico» benjaminiano) delle piu importanti acquisizioni teoriche del primo nella articolazione concettuale del secondo. Cos{ è, ad esempio, del concetto di a/,legoria, che nel Passagenwe,k viene impiegato per illuminare quello di « feticismo della merce» da una ,parte e la stessa poesia baudelairiana dall'altra; come della categoria di U,sprung, che tanta .parte ha nella configurazione della Passagena,beit come « Urgescbichte des ,reunzehnten Jahrhunde,ts » 22 •
B. Forma-merce e vita quotidiana. Di ardua definizione è, per certi versi, lo stesso obiettivo 1>rincipale che la ricerca benjaminiana persegue nel Passagenwerk. E questo non soltanto per l'essere rimasto allo stato frammentario e per l'essere, a noi, ancora ignoto il contenuto di gran parte dei suoi manoscritti, quanto perché la struttura stessa dell'opera, fin dall'Exposé del '35, è polisensa. Se da un lato questa si configura, immediatamente, come una trattazione del « destino dell'arte nel XIX secolo » 23 , dall'altro si propone come una « Darstellung » delle forme della coscienza storica borghese nel XIX secolo e piu precisamente nel momento dell'ingresso del capitalismo nella sua fase cosiddetta 21 Or. la lettera a Scholem del 20 maggio '35, in LT, p. 280. :zz Or. BR, pp. 664 e 688. 23 Di qui il rapporto del PflSsagenwerle con Kunslwerle-Au/sati, il quale « materialmente non sta in alcuna connessione col grande libro [ci~ con il Passagenwerke] ..., metodicamente pero in strettissima connessione •· Lettera a Kraft del 27 dicembre 'J,, in BR, p. 700). Scrive infatti Bcnjamin ad Horkhcimcr in una lettera del 16 ottobre '3.5: « Questa volta si tratta di stabilire quel preciso luogo del presente, al quale la mia C05trUZÌooe storica si riferirà come al suo punto prospettico. Se il tema del libro è il destino dell'arte nel XIX secolo, questo destino ha da dirci qualcosa solo pcrcM esso è contenuto nel ticchettio di un orologio, il cui rintocco è penetrato dapprima nelle nostre orccch.ie. Per noi, voglio dire, l'ora del destino dell'arte è suonata, e la sua impronta l'ho fissata in una serie di considerazioni provvisorie, che portano per titolo Das Kunstwerk im Zeitalter seiner Reproduverbarkeit » (LT, p. 312; la traduzione è lievemente
modificata).
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«avanzata». Mentre, ad esempio, I'Exposé può esser_ letto come un discorso sull'emancipazione, nella seconda metà dell'S00, delle varie « Gestaltungsformen » dell'arte ad opera dello sviluppo delle tecniche produttive e l'immissione dei loro •prodotti nel processo di circolazione delle merci 24, è all'interno di questa stessa analisi che si pone la necessità di indagare sulla crisi della coscienza ·borghese di fronte ad un siffatto processo, che comportava un irreversibile mutamento di tutte le forme tradizionali di vita ·(sociale e privata), a partire da quella nelle grandi città. « Sotto Luigi Filippo l'uomo rprivato fa il suo ingresso sulila scena storica» 25 : insieme -al .progrediente scollarsi di Stato e società dvile, si annuncia ,pure una frattura tra la partecipazione dell'individuo a quest'ultima e la sua vita pi,ivata: « per il privato lo spazio vitaile entra per 1a prima volta in contrasto con il luogo di lavoro. n primo si costituisce noll'intérieur. Il suo complemento è il comptoir » 26 • Ed è nel rafforzamento, a fini repressivi, della macchina statale, sotto Luigi Buonaparte - nel suo rendersi « completamente indipendente» 27 di ironte alla società borghese, per .poter mantenere solidamente in vita questa stessa - che si avvertono i primi scricchiolii di una ,forma di egemonia: la borghesia, cominciando a scontare i suoi limiti di classe, entra in contraddizione nella sua ,prassi con la propria ideologia politica piu ostentatamente rivoluzionaria: quella dell'89; e certo « non è stata una Circe a trasformare in mostro con un maleficio il capolavoro della repubblica borghese » 21 • « La ,produzione della ricchezza», « la lotta pacifica della concorrenza » 29 si rivelano essere processi per niente ,pacifici: « con la crisi dell'economia men::antile (Warenwirtschaft) - sorive Benjamin in conclusione all'Exposé - cominciamo a scorgere i monumenti ddlla borghesia come rovine prima ancora che siano caduti » 30 • 24 « C-omincia l'architettura come costruzione tecnica. Segue la riproduzione della natura nella fotografia. La creazione fantastica si prepara a diventare pratica come grafica pubblicitaria. La letteratura si sottomette al montaggio nel feuilleton. Tutti questi prodotti sono in procinto di trasferirsi come merci sul mercato . ., (W. Benjamin, Par,"gi. ù capitale del XIX secolo, in AN, p. 154.) 25 Ivi, p. 147.
Ivi. Si veda in K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, trad. di P. Togliatti, a cura di G. Giorgetti, Ro.11111, 1974, pp. 206-207. 21 lvi, p. 201. 29 Ivi, p. 47. 30 AN, p. 1.54. Qui il richiamo alla conclusione di Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte di Marx ci pare evidente. 26 17
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E se Luigi Buonaparte « profanandola, rendendola ripugnante e ridicola», spoglia « la maa:hina dello Stato della sua aureola » 31 , già da tempo ad esser private della loro tradizionale aureola erano fo stesse forme abituali di vita {« i passaggi - scrive Benjamin - sono la sede della prima illuminazione a gas») 32 , le forme della creazione artistica (l'architettura con l'inizio della costruzione in ferro, la 1pittura con la fotografia, la letteratura con il feuilleton), i paesaggi con i «panorami» 33 ; la stessa città (Parigi), dalle arterie haussmanniane, è come « estraniata » ai suoi abitanti, « che cominciano a prendere coscienza dell'inumanità della grande metropoli» 34 • La forma-merce tende ad imporsi, in modo sempre phl diificilmente occultabile, rome soggetto reale della vita dei cittadini della metropoli ( evidente testimonianza ne sono i « passaggi » 35 e le « esposizioni universali ») 36 ed è la moda a scandire il « tempo liturgico» ed a prescrivere « il rituale secondo cui va adorato il ,feticcio della merce; Gr.andville - scrive Benjamin estende i diritti della moda agli oggetti dell'uso quotidiano e al cosmo intero » 37 • Si può dire ohe Benjamin voglia cogliere in una « istantanea» il « momento temporale » di questo passaggio, fissarlo in un'immagine e contemporaneamente vedere cosa nell'apparente rigidità di questa immagine si muove. 31 K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonapartt, 32 AN, p. 140. lJ « I panorami, che annunciano un rivolgimento
cit., p. 227.
nel rapporto dell'arte alla tecnica, sono insieme espressione di un nuovo sentimento della vita. H cittadino, la cui superiorità politica sulla campagna si manifesta ripetutamente nel corso del secolo, compie il tentativo di importare il paesaggio nella città. La città si amplia a paesaggio nei panorami.» (AN, p. 143.) 3l-Ivi, p. 1.52. « Essa [Parigi] cresce continuamente proprio a causa delle sue imprese [di Haussmann]. L'aumento dei fitti spinge il proletariato nei sobborghi. I quartieri di Parigi perdono cos{ la loro fisionomia specifica. Sorge la cintura rossa. Haussmann stesso si è definito un artista demolisStur ... Il vero scopo dei [suoi] lavori era di garantire la città dalla sucrra civile. Egli voleva rendere imposs1Dilc per sempre l'erezione di barricate a Parigi.• 15 G:,s{ una Guida illustrala di Parigi, citata da Benjamin, desaive i « passaggi»: « questi passaggi, recente invenzione del lusso industriale, sono corridoi ricoperti di vetro e dalle pareti intarsiate di marmo, che attraversano interi caseggiati, i cui proprietari si sono uniti per queste spcculuioni. Sui due lati di questi corridoi, che ricevono luce dall'alto si succedono i piu eleganti negozi, sicché un passaggio del genere ~ una città, anzi un mondo in miniatura» (citato in AN, p. 140). 36 « Le esposizioni universali sono luoghi di pellegrinaggio al feticcio merce. •
(AN,J. 145.)
Ivi, p. 146.
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Il «momento» è quello in cui i prodotti, sino allora definiti artistici, e insieme la stessa coscienza dell'intellettuale borghese, prima di « trasferirsi come merce sul mercato, esitano ancora sulla soglia (zogern noch auf der Schwelle) » 31 • Se l'intérieur è il luogo in cui la borghesia si ripara, nascondendosi, da questo processo 39, la figura stessa di questa Zogerung è il flaneur. 1« Il /laneur è ancora alle soglie, sia della grande città che della borghesia. Egli non si sente a suo agio in nessuna delle due; e cerca un asilo nella folla ... La folla è H velo attraverso il quale la città ben nota appare al /lineur come fantasmagoria. In questa .fantasmagoria essa è ora paesaggio, ora stanza. Entrambi compongono il magazzino, che mette anche la /lanerie al servizio della vendita. Il magazzino è l'ultima avventura del fl4neur. Col /lineur l'intelligenza si reca sul mercato. A vederlo secondo lei; ma, in realtà, già per trovare un compratore [c.n.]. » 40
C. Urgeschichte della modernità. « Rendere coltivabili territori, sui quali finora rigaglia solo la follia. Inoltrarsi con l'affilata ascia della ragione e senza guardare né a destra né a sinistra, per non cadere in balia della angoscia, che attira dal profondo della selva ,primordiale (Urwalds) » 41 , questa era l'intenzione del lavoro di Benjamin nei confronti del « terreno» offertogli dal XIX secolo, perciò esso può ben definirsi, con le parole di Adorno, come una costruzione « dell'idea dell'epoca» nel senso di una Urgeschichte von Moderne 42 • Ivi, p. 1.54. Le fantasmagorie dell'intbieu,, per l'uomo privato rappresentano l'universo: « in esso egli raccoglie il lontano ed il passato. Il suo salotto è un palco nel teatro univcnale » ( ivi, p. 147) e « l'intérieu, non è solo l'universo, ma anche 31 311
la custodia dell'uomo privato» (ivi, p. 148). 40 AN, p. 149. Sul fUnn1,, cfr. H. Pfotenhaucr, Astbetisobe E,fahrung, cit., pp. 40-44. 41 W. Benjamin, Passagen, Konvolut N, BI. 1; Benjamin,Archiv, Ms. 2446, citato in R. Ticdemann, Studien, cit., p. 120. ,a Avvertiamo che nella traduzione italiana di questo saggio di Adorno (cfr. Th.W. Adorno, Ch,uakteristik W.Bs., cit., p. 243) il termine Urgeschichte è tradotto con preistoria, il che - specialmente in riferimento a Bcnjamin - è impreciso: la traduzione italiana che secondo noi rende piu fedelmente il senso del pensiero benjarniniano è storia - originaria. Non si deve infatti dimenticare che nel Traue,spielbuch - la categoria di U,sprung, di una determinata realti, ne comprende la « Vor- und Nachgeschichte » (cfr. GS, I, 1, p. 226). Una tale connessione (tra Ursprung e Urgeschichte) ci sembra sia legittimata dal riferimento che 'Benjamin fa al goethiano Urphiinomen nei Nachtriige %Um Trauerspiel-
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Precisando subito, però, che Adorno limita la portata di questa definizione, non senza correre il rischio di non dar conto della specificità del pensiero benjaminiano: questa Urgeschichte doveva infatti - per Adomo - « non tanto scoprire rudimenti arcaici nel passato piu recente, quanto determinare il recentissimo stesso come figura dell 'estremamente antico » 43 • Se sulla prima parte di questa frase non possiamo che convenire, è sulla seconda che si appuntano i nostri dubbi: non nel determinare il « Neueste als Figur des Altesten » ci sembra consista il discorso benjaminiano 44 , quanto nell'individuare il modo « storicamente determinato» in cui fa « immaginazione collettiva» rapporta il « Neueste » del proprio presente storicc allUrvergangene. Abbastanza esplicito è a questo riguardo un passo della Passagenarbeit: « "Urgeschichte del diciannovesimo secolo" - questa non avrebbe alcuno interesse se non la si comprendesse in modo che nel "fondo" del X.IX secolo debbano essere ritrovate forme storico-originarie (Urgeschichtliche Formen). Solo quando il XIX secolo venisse -rappresentato come forma originaria della Urgeschichte, in una forma quindi nella quale l'intera Urgeschichte si raggruppa nuovamente in quelle immagini, che sono presenti nel secolo passato, il concetto di una Urgeschichte del XIX secolo riceve il suo senso [ c.n.] » 45 • buch (in GS, I, 3, pp. 9'3-9.54), dove afferma che il concetto di U,sp,ung ~ una « strengc und zwingende Obcnragung • del fondamentale concetto goet:hiano di UrphiJnomen « dall'ambito della natura in quello della storia»; e ci sembra pure legittimata dal fatto che Benjamin - come informa Tiedcmann - pone questo passo, ron minimi cambiamenti, tra i materiali della Passagenarbeit. (Cfr. R. Tiedemann, Studien, cit., pp. 79·89; cfr. anche il frammento della Passagenarbeit, tratto dal Konvolut N, BI. 2a, B.-Archiv, Ms. 2449 citato in R. Tiedemann, Studien, eit., p. 80.) 43 Tb.W. Adorno, Charakteristilt W.Bs., cit., p. 243. 44 Adorno nell'affermare una cosa del genere non fa che ripresentare la tesi che oppose a Benjamin, nel famoso Ho,nberge, Brie/ del 2 agosto '3.5, in cui discuteva puntualmente tutto I'Exposl. Ma, per questo, rimandiamo a quanto diremo neJJa terza parte di questo saggio. "5 W. Benjamin, Passagen, Konvolut N, Bl. 3a; Benjamin-Archiv, Ms. 24,1; citato in R. Ticdemann, S1udien, p. 1.51. Nello stesso senso delle tesi adorniane vanno le affermazioni di Tiedcmann, che, tra l'altro, in un poco convincente accostamento dell'Urgeschichte del Passagenwe,lt con la Na1u,geschichte del T,a11erspielbucb, giunge a concludere che e alla velocità con cui la Naturgeschichte nel XIX secolo viene di nuovo alla superficie, conisponde la totalità del processo, che mostra la modernità stessa come una figura del mito• (ivi, p: 151). C.ontro questa interpretazione va Hildegard Brcnner, in uno dei migliori sassi che siano stati scritti su Benjamin, Die Lesbarkeit de, Bi/de,, in Alternative, n. 59-60, aprilegiugno 1968, pp. 48-61. Per il problema qui sfiorato si vedano io particolare pp. .56-.57.
262
Non interessa tanto a Benjamin di mostrare (astrattamente) come nel «nuovo» (storico) si riproduca l'identico, come la dinamica del capitalismo si rovesci in sistema statico che continuamen,te si auto--riproduce, quanto cogliere come in una determinata epoca insieme « alla forma del nuovo mezzo di produzione, che, alrinizio, è ancora dominata da quella del vecchio » 46 , siano prodotte dalla coscienza collettiva immagini utopiche, che tendono a trasfigurare « l'imperfezione del ,prodotto sociale » e le contraddizioni dell'ordinamento sociale di produzione cui questo rimanda, attraverso la « rimozione» del ,passato recente e l'utopico ·rimando ad una « urgeschichtliche » società senza cl~ssi, che si presenta come quella futura. (Di qui la ragione del riferimento benjaminiano a Fourier.) 47 La novità, allora, d'altro canto, come « qualità indipendente dal valore d'uso della merce » 48 , ohe di quest'ultima ne trasfigura il valore di scambio, è la forma in cui la« merce», nel suo carattere feticistico, attua il suo dominio sulle immagini delr « inconscio collettivo », cui inerisce come origine stessa del loro carattere di apparenza. -Essa è allora « la quintessenza della falsa coscienza » 49 , di fronte a cui il « sempre-uguale» non sta tanto 50 come il volto ,reale, demist1ficato, della merce, ma {anch'esso) come Schein in cui « l'apparenza del nuovo» si riflette come in uno specchio. E « il prodotto di questa riflessione - scrive Benjamin è la fantasmagoria della "Kulturgeschichte", in cui la borghesia deliba la sua falsa coscienza. » 5 l, Kulturgeschichte come fantasmagoria è assorbimento deHa materialità della Geschichte neHe categorie dello « spirito », fede che Ja storia è « parto » del Geist pura-mente soggettivo. 46 .f7
Or. AN, p. 141.
49
lvi.
In questa « determinatezza storica • del discorso benjaminiano sul XIX secolo, che forse segna pure il passaggio dal 1° al 2° Entwurt/, già si delinea tutta la distanza dal discorso adomiano. « L'intenzione benjarniniana - nota acutamente Lindner - di analizzare urgeschichtliche formazioni del XIX secolo come originarie a questo, è in ogni ·caso contrapposta alla tendenza della Dialektik der Aufltliirung, quando Horkheimer/ Adorno riportano lo scambio di equivalenti, come secolarizzazione del sacrificio nella Urgeschichte. Lo scambio delle merci acquista cos( un'astratta esistenza anti-diluviaM (Marx).• (B. Llndncr, NaturGeschichte, cit., p . .54.) 48 AN, p. 150. Come vorrebbero, invece, Adorno e Tiedemann (si veda, ad esempio, in R. Ticdcmann, Studien, cit., p. 156). 5 l AN, p. 150. 50
263
La fantasmagoria è quindi l'immagine che la società produce di se stessa « e che essa suole tradurre in scrittura come propria Kultur » 52 , nel momento in cui astrae dal fatto che essa produce merci 53 : la polarità ~peculare tra «nuovo» e « sempre-uguale» non è che quella che costituisce l'immagine, attraverso cui il processo di produzione ddle merci appare e l'antinomia tra questi due po!i è quella che « produce l 1apparenza, con cui il carattere di /etic-
cio della merce [ c.n.] »
II
dissolve 11 le autentiche categorie della storia
54 •
D. Struttura-sovrastrutt11ra. Se il Fetischcharakter der W are costituiva per Benjamin il concetto fondamentale che la Passagenarbeit doveva svolgere, non bisogna dimenticare che questo doveva avvenire attraverso il « materiale di pensiero e di esperienza » della sovrastruttura, le nuove « Lebensformen » e i nuovi prodotti della coscienza; che, insomma, a Benjamin ,premeva « di spiegare non la dialettica del processo sociale stesso, ma quella delle im-magini appartenenti ad esso» 55 • Già nel 1930 il nostro a-utore aveva espresso l'esigenza di completare la « dottrina marxista» della sovrastruttura attraverso quella della genesi della falsa coscienza 56 • Rifiutando, quindi, una relazione caus~-deterministica tra Basis e tJberbau, e insieme un rapporto astrattamente analogico tra esse 57 , Benjamin giunge, 52 W. Benjamin, Passagen, Konvolut X, B1. 13, B.-Archiv, Ms 2683, citato in R. Tiedemann, Nachworl a Ch. BauJelaire, cit., p. 1-80. SJ e La proprietà, che spetta alla merce come il suo carattere di feticcio, inerisce alla stessa società produttrice di merci, non certo come essa è in ~. ma come essa sempre si rappresenta e crede di comprendersi, quando astrae dal fatto, che produce merci.• (W. Benjamin, Passagm, cfr. sopra.) 2 bene dire subito che qui c'è una «rta ambiguità nel discorso benjamiDiano che, coofi1Urando la fantasmagoria come puro fatto della coscienza (non scaturente quindi dallo stesso processo capitalistico di produzione), sembra contraddire l'assunto marxiano, secondo cui è il rapporto sociale determinato degli uomini stessi ad assumere, per essi, « la forma fantasmagorica di un rapporto tra cose• (K. Marx, Il capitale, I, trad. di D. Cantimori, Roma, 1974, p. 104). Per la nazione di fantasmagoria si veda anche un altro frammento di Benjamin, in cui l'angolazione di quello ptteedcntc sembra in parte spostarsi, citato in P. Krummc, Zur Konzeption de, dialektischen Bi/de,, in Text+Kritilt, n. 31-32, 10, 1971, p. 74; ma il brano è tratto dalla conferenza radiofonica di R. TiedemaM, W. Benjamin uml das Paris Baudelaires, alla NDR/SFB III, il 19 febbraio 196-'· 5t Lettera a Horkhcimer del 3 agosto 1938, in GS, J, 3, p. 1083. M P. Krummc Zu, Konzeption der dialelttischen Bilder, cit., e. 76. 56 Questo in Ein Aussenseiter macht sich bemerltbar, in GS, IU, cit., p. 22). S1 Si veda per questo tutta la nota 30 del saggio su Fuchs ( in OA, pp. 119-120), dove la considerazione del nesso struttura-sovrastruttura basata sulla « mera analogia » è definita « nominalistica ».
264
in un frammento dd Passagenwerk, ad una felice definizione di questo nesso, che si può senz'altro configurare come il Grundsatz teorico, che sorregge tutta la sua ricerca. Di fronte alla teoria che vede la sovrastruttura come semplice « riflesso» ddla base economica, scrive infatti: « Già l'osservazione di [Marx] serondo cui le ideologie della sovrastruttura riflettono in modo falso e contorto i rapporti, va oltre ciò [la dottrina voJ&armarxista della relazione deterministica base-sovrastruttura]. lil problema è infatti: se la sottostruttura determina in qualche modo la sovrastruttura nel materiale del pensiero e deli>e,perienza, questa determinazione (Bestimmung) non è però quella del semplice ,,riflettere", come la si deve caratterizzare, allora, a prescindere completamente dalla sua causa genetica? Come loro espressione (Ausdruck). La sovrastruttura è l'espressione della sottostruttura. Le condizioni economiche all'interno delle quali esiste la società, vengono ad espressione nella sovrastruttura. [c.n.] » 51 • Pensiero r« linguistico» e pensiero «dialettico» si mostrano qui nel loro necessario intrecciarsi, nella loro complementarietà (il primo senza il secondo si riduce ad una raffinata ermeneutica assimilabile ai canoni della Kulturgeschichte; il secondo senza il primo è inadeguato ad aoa1izzare lo specifico linguaggio di forme, cui è sempre inerente un margine di indeterminatezza 59 , e, per 58 Passagen, Konvolut K, Bl. 2, B.-Archiv, Ms. 2383, citato in R. Ticdemann, Studien, cit.. p. 131. Non va certo trascurata, a questo punto, l'obie'Lione di Habcrmas secondo cui « l'espressione ~ per Bcnjamin una categoria semantica, piu armonica con il pensiero di Kassner e dello stesso Klagcs, che con il teorema base-sovrastruttura» (G. Habcrmas, &wusstmachende oder rettende Kritilt, cit., pp. 210-238), tanto che può giungere ad affermare che Benjamin non aveva per niente in mente una « critica della coscienza necessariamente falsa»-. Ma, a parte che quest'ultima considerazione non ci sembra fondata (considerando quanto Benjamin stesso scriveva già nell'articolo del 1930 prima citato), non bisogna neppure dimenticare che per Marx « le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l'espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante» (K. Marx-F. Engcls, L'ltkologia tedesca, in Marx-Engcls, Opere complete, V, cit., p. 44). Se nel termine Ausdruck confluisce il pensiero linguistico benjaminiano, niente esclude che vi confluisca pure la lettura del testo marxiano. Ben esprimendo, del resto, questo termine quella complessità di « mediazioni » e «trasmissioni» (Bcnjamin) che, per Marx, si dovevano inserire tra le « relazioni materiali degli uomini», « linguaggio della vita reale» (Ideologia tedesca, cit., p. 22) e la traduzione di queste nelle « immagini nebulose» (Marx) della loro cosiccnza. 59 « C.On il cambiamento della base economica si soonvolge piu o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre tra lo sconvolgimento materiale deile
26.5
questo, non ya al di là di una « teoria del riflesso »): la sovrastruttura come « Aus-druck » è un linguaggio cifrato, che racchiude « il linguaggio della vita reale » ( i rapporti sociali di produzione) la C'lli decifrfl%ione non disvela soltanto i significati dei suoi elementi significanti, ma ciò di cui questi significati stessi sono_ elementi significanti, vale a dire il processo storico reale, quel che si muove e preme (driickt) nello Unterbau. Se quindi « i prodotti della falsa coscienza assomigliano a rebus, in cui fa figura principale fa capolino solo tra nubi foglie ed ombre» 60 , di fronte a questi Benjamin si pone come il poeta, in Baudelaire, cli fronte ai misteri « dcill'universale analogia»: come « traduttore», come «decifratore» 61 • Solo che mentre il poeta di Baudelaire decifrando il geroglifico presente in ogni cosa rivela le segrete « correspondances » tra « ordine naturale » e « ordine spirituale », Benjamin ·nelle immagini della Pa,rigi del secondo Lmpero discopre come il « geroglifico sociale » della merce si fosse trascritto in esse dominandole e coglie nell'ambiguità delle « forme della coscienza » « co"ispondenti » ai mutamenti della struttura economico-sociale e politica 62 quelle contraddizioni che preludevano all'oggettiva possibilità di una « cesura storica», che, per la prima volta, si annunciò conia Comune di Parigi 63 •
E. Immagine dialettica. « Ambiguità - scrive Benjamin è l'apparenza figurata della dialettica, la legge della dialettica nella immobilità (iDialektik im Stillstand). Questo arresto, o immobilità (Stillstand), è utopia, e l'immagine dialettica un'immagine di sogno. Un'immagine del genere è la merce stessa: come feticcio. Un'immagine del genere sono i passaggi, che sono casa come sono condizioni economiche della produzione, che pub essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o fil~ sofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo.• (K. Marx, Prefazione a Per la critica dell'economi4 politica, trad. di E. Cantimori Meaomonri, Roma, 1974, p. 5.) 60 GS, III, p. 223. 61 Or. 01. Baudelairc, Potsie e prose, a cura di G. Raboni, Milano, 1973, p. 667. 62 Or. K. Marx, Prefazione a Per la critica dell'economi4 politica, cit. p. 5. 63 « C.Ome il MfJlli/esto comunista chiude l'epoca dei cospiratori di professione, cosf la C,omune mette fine alla fantasmagoria che domina la libertà del proletariato. Essa dissolve l'apparenza che sia compito del proletariato condurre a termine, in collaborazione con la borghesia l'opera dell'ottantanove>. (AN, p. 153). Per quanto detto sopra si vedano le osservazioni della Brenner in Die Lesbarkeit der Bilder, cit., pp. 48-49.
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stelle. Un'immagine del genere è la prostituta, che è insieme venditrice e merce. » 64 t nelle trame di quest'ambiguità che il pensiero dialettico si può inserire individuando quelle « cont,raddizioni rovescianti» coperte dal bagliore dell'utopia 65 , fino a che lo stesso Stil/stand si rivela essere l'utopia 66 di una classe che non sa piu padroneggiare e dirigere lo sviluppo delle forze produttive e, per questo, un Traumbild. I passaggi e gli intérieurs, scrive Benjamin, « sono gli a:vanzi di un mondo di sogno. L'utilizzazione degli elementi onirici al risiveglio è il caso elementare del pensiero dialettico. Perciò il pensiero è l'organo del risveglio storico [c.n.] » 67 • Il Traumbild viene non solo gedeutet (interpretato), ma nei suoi elementi utilizzato per muoversi oltre fo Stillstand del sogno, per illuminare la sua tessitura storica: il processo stesso che rende possibile la Deutung è un processo storico 63 , in cui il proletariato si presenta, per la prima volta, come il soggetto capace di ridestare la coscienza « sognante » della borghesia. t -nell'arco di questa operazione che il Traumbild è rovesciato in dialektisches Bild 69 • L'elemento dialettico nelle immagini analizzate da Benjamin, non è allora semplicemente aggiunto dalla interpretazione, ma è materialmente presente in esse, pur se occultato. L'esempio piu chiaro ci è dato dall'immagine del:la merce come feticcio, che possiede, essendo in essa inclusa la stessa forza64
AN, p. 1.50.
65
« Benjamin indica il mondo borghese dell'immaginazione e delle fonne
come sogno o mondo del desiderio che trasfigura la contraddizione non compresa, contenendo però, contemporaneamente, già i momenti di rottura del sistema». (H. Brenner in Die Lesbarkeit de, Bilder, eit. p. 49). 66 Per questo ci sembra da escludere fermamente l'interpretazione di Tiedemann, secondo cui qui, per Benjamin, « invece di identificare lo Stil/stand come quello falso della società, è delineato in esso, improvvisamente, quello giusto del regno messianico » (R. Tiedemann, Studitn, eit., p. U8). Pe1 la critica a questa impostazione tiedemanniana si veda quanto scrive la Brcnner in Die ùsbarlceit der Bilder, cit., pp. 53 e .56. Or. anche H. Pfotenheuer, Astetische Er/ahrung, cit., pp. 59-70. 67 AN, p. 1.54. 68 « Nell'immagine dialettica il passato di una determinata epoca è sempre contemporaneamente il "pas,sato-da«mpre". C.orne tale pero si presenta, di volta in volta, soltanto agli occhi di un'epoca del tutto determinata: a quella infattt, in cui l'umanità, stropicciandosi gli occhi, riconosce proprio questo Traumbild come tale. ~ in questo momento che lo storico si assume di fronte ad esso il compito della Traumdeulung. » (P11ss11gen, Konvolut N, BI. 4, B.-Archiv, Ms. 24-52, in R. Tiedemann, Stuaien, eit. p. 164.) 69 « L'immagine dialettica non riproduce il 50g110, questo non ho mai inteso sostenerlo», scrive Benjamin a Gretcl Adorno (lettera del 16 agosto '3.5, in LT, p. 310).
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lavoro, dentro cli sé le forze capaci di rovesciare materialmente il suo feticistico dominio 10• Le immagini dialettiche costituiscono dunque le articolazioni attraverso cui si snoda il Passagenwerle come Urgeschichte del XIX secolo. « L'immagine dialettica è quella forma dell'oggetto storico che contiene ciò che Goethe esige dall'oggetto di un'analisi: presentare un'autentica sintesi. Essa è l'Urphanomen dell~ storia. » 71 Il carattere sintetico delle immagini dialettiche è dato dal1'esser queste intessute di temporalità determinata, « cristallizzazioni obiettive del movimento storico» 72 , inteso però dal lato delle forme di coscienza della borghesia in una determinata fase dello « sviluppo » capitalistico, in relazione altrettanto determinata col « soggetto » che le conosce. iDi qui l'opposizione che Bcnjamin si proponeva di svolgere tra l'immagine dialettica e l'immagine arcaica di Jung 73 • Se a quest'ultima inerisce il concetto di una « verità senza tempo», cosf da concludersi nel rendere « gli archetipi accessibili allo spirito del tempo (Zeitgeist) » 74 , per Benjamin la « verità è legata a un nocciolo temporale, ri,posto contemporaneamente nel conosciuto e nel conoscente » 75 • Di contro a1 vano ten,tativo heideggeriano di stivare astrat-
'°
2 nello scambio capitale-lavoro, infatti, che la contraddizione valore d'uso-valore di scambio presente nella merce può venire storicamente alla luce: se ciò che unifica tutte le merci in valore di scambio ~ la misura di lavoro oggettivato presente in esse come « ratio ,. della loro scambiabilità, la stessa produzione non pub avvenire che con l'acquisto e l'impiego da parte del capitale di capacità lavorativa, di lavoro vivo. Ma questo « nella misura in cui deve essere presente temporalmente, come lavoro vivo, esso pub esserlo soltanto come soggello viuo, in cui esiste come cap:tcità, come possibilità; perdi> come operaio •. C.ost che « l'unico valore d'uso ... che può costituire opposizione al capitale è il lavoro ... produttivo,. (K. Marx, Lineamenli fondamentali della critica dell'economia politica, cit., I, p. 2.52). 71 Passagen, Konvolut N, BI. 9, B.-Archiv, Ms. 2463, citato in R. Tiedemann, Sludien, cit., p. 155. 72 Th.W. Adorno, Cbarakteristik W .Bs., cit., p 243. 73 Benjamin aveva, in seguito alle critiche mossegli da Adomo, addirittura prosettato un saggio su Klages e Juns, che voleva far apparire sulla Zeilschri/t /ur Sozialforschung prima di quello su Bauddairc, ma che poi lasciò perdere per motivi interni alla stessa rivista, e ci~ per le controversie su Jung tra Horkhcimer e Fromm (cft. GS, I, .3, pp. 1667-1670). 74 Passagen, Konvolut N, BI. 8, B.-Archiv, Ms. 2460, citato in R. Tiedemann, Stutlien, cit., p. 157. 79 lvi, p. 1.59.
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talàente la storia attraverso la « storicità » 76 , è la determinatezza inerente ad ogni «sezione» del ,processo storico, la sua intima discretezza, che genera le costellazioni determinate tra una sezione del passato e il «presente» che lo conosce. Cosi che « l'indice storico delle immagini dice ... non solo ohe esse appartengono ad un tempo detei,minato, -ma soprattutto che queste giungono a leggibilità solo in un tempo determinato [c.n.]. E proprio questo giungere a leggibilità è un punto critico determinato nel loro interno. Ogni presente è determinato attraverso quelle immagini che gli sono sincrone: ogni ,,o,a" (]etzt) è l' ,,o,an di una determinata conosoibilità. In essa la verità è carica di tempo fino a scoppiare [c.n.] » n. E lo stesso sincronismo di determinate immagini con « ogni presente» è dato dalla ,polarità ohe esso - inteso in senso non meramente « temporale » - esercita sul proprio passato. L'accezione di tempo storico, - che, a fatica, si presenta nei frammenti del Passagenwerk ,(almeno in quelli che conosciamo) - teso a rompere il «continuum» reificato dell'accadere storico, nella critica al concetto di « tempo vuoto » (come schema che costringe ad una visione astorica del processo, da cui il « ,presente» come ,presenza della totalità sociale è « rimosso») è la premessa oggettiva per un logico-materiale « primato della politica sulla storia» 71 , implicato in quella « svolta copernicana» nella considerazione storica, per cui il rapporto ,presente..pa6sato deve venir rovesciato e « ciò che è stato trasformarsi nel rovesciamento dialettico, nell'irrompere della coscienza ridesta » 79 •
II A. I saggi su Baudelaire. È nei primi mesi del '37 che Benjamin matura la decisione di fare del Baudelaire-Kapitel, contenuto nel progetto del Passagenwerk, un saggio autonomo da pubblicare sulla Zeitschrift fur Sozialforschung 10 • La stesura di un tale lavoro costitui:va per Benjamin una sorta di banco di prova rr la prati76 lvi. Il riferimento ad Heidqger in questi termini ~ in un frammento del Pass41enwe,k citato da Tiedemann_ Ivi, pp. 1,S-1,9. 71 Pusageo, Konvolut K., BI. 1, B.-Archiv, Ms. 238, citato in R. Tiedcmann, Studien, cit., p. 1.52.
lvi, p. 1'-3. Non ci dilunghiamo qui molto sulle battute intermedie che prepararono questa decisione: per queste e per altre notizie piu dettagliate sulle fasi prepara79
IO
torie della Baudelai,e-Arbeit dr. GS, I, ), pp. 1067-1089.
269
csbilità dell'intero progetto de1l'opera sui Passages 11 : tutti i motivi piu importanti di questa dovevano convergere nel lavoro su Baudelaire 12 , tanto che questo -si sarebbe .potuto considerare un « MiniatunnodeN » &J dell'mtera Passagenarbeit. Nel Baudelaire Benjamin si proponeva di mostrare l'autore delle Fleurs du mal « come si colloca nel contesto del diciannovesimo secolo » ". Il compito era cosi complesso e la materia da padroneggiare cosi intricata, che la schematizzazione di un Baudelaire-Essay '\ si trasformò presto m quella di un Baudelaire-Buch, di cui il progettato saggio per la Zeitschrift fur Sozial/orschung (d~ll'estensione di 80-100 pagine) non poteva che essere una parte 16 • Il libro si doveva comporre di tre parti: la prima - Baudelaire als Allegoriker - doveva costituire la Fragestellung (posizione del problema), la terza - Die W are als poetischer Gegenstand - -l'Auflosung (soluzione). Alla seconda - Das Paris des Second Empire bei Baudelaire - (l'unica ohe Benjamm scrisse per intero ed inviò nel settembre del '38 ad Horlmeimer perché la pubblicasse sulla Zeitschrift) spettava la funzione di portare i dati necessari alla solumone del problema: quella de1l'Antitesi, nei confronti della quale prima e terza rappresentavano Tesi e
Sintesi. Per questo motivo questa seconda parte doveva nell'intenzione di Benjamin, voltare le spalle alla « kunsttheoretische Frageste14ung » della prima parte e iniziare la « interpretazione criticosociale del poeta» tn che come tale, doveva trovare il suo compimento solo nella -terza parte. Peiciò Benjamin avvertwa Horkheimer che « le !fondamenta ,filosofiche dell'intero libro, non possono né si propongono di essere comprese (uberschauen) a partire da questa seconda parte » 11 • Or. la lettera a Scholcm dell'8 luglio '38, in GS, I, 3, p. 1079. Le categorie fondamentali dei Passagen, che convergono nella determinazione del carattere di feticcio della merce, nel Baudelllire entrano completamente in gioco». (-Lettera a Horkhcimcr del 3 agosto '38, in GS, I, 3, p. 1083 ). 13 Or. la lettera a Horkheimer del 16 aprile '.38, LT, p. 338. " Cos{ che « l'impronta, che egli vi ha lasciato, deve apparire chiara e intatu come quella di una pietra che, dopo essere stata immobile per decenni in un posto, un giorno ne viene rimossa» (lettera a Horkheimer, del 16 aprile '.38, ivi, p. .340). M Or. per questa prima schematinazione la lettera a Horkheimer citata alla nota precedente (ivi, pp. 338-344). 16 Si veda per questo passaggio la lettera a Horkheimer del 28 settembre '.38, ivi, W,· 35.5-.3.58. Ivi, p. 1,6. 11
12 «
• Ivi.
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1
Proprio da quest'ultimo fatto presero le mosse le critiche di Adorno, che, in una let,tera in cui parlava pure a nome di Horkheimer, si dichiarava contrario a pubblicare la seconda parte del Baudelaire sulla rivista 11P e invitava Benjamin ad una rielaborazione della parte già scritta. Il frutto della discussione epistolare con Adorno 90 , lasciando per ora in sospeso se Benjamin accetti realmente le critiche adorniane o piuttosto, in relazione ad esse, definisca meglio la propria posizione, sarà il (quasi completo) rifacimento di una delle tre parti (Die Bohème, Der Flaneur, Die Moderne) che componevano il primo saggio approntato da Benjamin, e 6egnatamente di quella riguardante hl flaneur. Il saggio - nel quale Benjamin sperava risaltasse« con -tutta precisione ifa "mediazione" (Vermittlung) dei contenuti sociaU neHa poesia di Baudelaire » 91 - apparve, col titolo Ober einige Motive bei Baudelaire 92 , nel 1940 sul numero 8 della Zeitschri/t fu, 1
Sozialforschung. Affrontando Baudelaire, Benjamin, sperava di ottenere, piu che dagli altri « soggetti» ddlla Passagenarbeit, « una visione verticale, prospetticamente strutturata. nella profondità del XIX secolo» 93 • Le esperienze sociali (gesellschaftlichen Eriahrungen), sedimentatesi nell'opera baudelairiana « non sono acquisite in alcun modo dal processo di produzione - tanto meno dalla sua forma piu avanzata, da quello indu.striale - ma tutte quante attraverso ampie vie indirette (auf weiten Umwegen). Queste -però nella sua poesia stanno alla ~uce del sole. » 94 19 E questo, scriveva Adorno, « non per riguardi redazionali ma per Lei stes10 e per il Baudelaire. Il lavoro non La rappresenta, cos( come La dovrebbe rappresentare» (lettera di Adorno a Bcnjamin del 10 novembre '36 in GS, I, J, p. 1098. Citiamo da GS invece che da LT, ~ qui la lettera non è tagliata come invece lo era in BR). 98 Per questo rimandiamo alla terza parte del lavoro. • 91 Lettera a Horkheimer del 16 maggio '39 in GS, I, J, p. 1120. 92 Il fatto che in questo saggio la nervatura teorica del discorso bcnjaminiano sia piu evidente, spiega perché, in seguito, faremo riferimento soprattutto ad esso oltre che ai frammenti di Zentralparle, anche se non intendiamo prmdere specificamente in esame nessuno tra gli scritti che Benjamin dedicò a Baudelaire (né tantomeno operare dei confronti tra essi), ma ccrcarc semmai di estrarre, dalle complesse pagine baudelairiane di Benjamin, alcuni motivi teorici che - a nostro avviso - rendono coerente cd internamente unitaria la sua ricerca sul poeta delle Fleurs du mal. 93 Lettera a F. Pollock (4 luglio '36, minuta), in GS, I, ), p. 1078. !H Dal manoscritto Der Gescbmaclt, in GS, I, J, p. 1169.
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B. Il tempo del mercato e l'eroismo baudelairiano. Individutre queste Umwege e ripercorrerle è l'intento di Benjamin; l'immagine di Baudelaire che, nelle sue pagine, cen:a di« fissare» non è atemporale. Ciò che determina l'operazione benjaminiana è, come ha visto Tiedemann 95 , il korschiano « ,principio della 51pecificazione storica»": la poesia e, piu in generale, l'opera baudelairiana viene cosf ad essere colta come testimonianza dell'annunciarsi di mutate condizioni della produzione intellettuale nello Zeitalter des Hochkapitalismus. Tanto che il discorso su Baudelaire si configura come fUrsprung (nel senso che questo termine ha nel Trauerspielbuch) della problematica affrontata in L'autore come produttore.
·
Presupposto di quanto Benjamin si proponeva in questa conferenza (vale a dire la presa di coscienza, da parte dell'intellettuale, della propria posizione nel processo produttivo e dell'oggettiva funzione, svolta in questo, dai suoi ;prodotti) era il «critico» processo di svuotamento (dal suo interno) della nozione di « soggetto», come Umweg necessario perché l'intelilettuale pervenisse ad una conoscenza storica della propria « condizione ». Se la criticità di tale processo sottende pure una sua distensione storico-temporale, questa ,presenta al suo inizio (tra la fine dell'800 ed i primi anni del '900) il tentatiivo di una ricomposizione della soggettività in un «tempo» interno al soggetto stesso e come tale capace di obliterare lo spessore della ,propria « esperienza storica » (historische Erifahrung) attraverso il filtro destoricizzante dell'Erlebnis; tentativo ,peraltro sempre ricorrente nel corso di questo processo, pur se con un restringimento progressivo del margine della sua legittimità storica. Se iBaudelaire è all'inizio di un tale processo, lo è con una posizione cosi pecuiiare e cosciente che, a differenza, ad esempio, dei teorici dell'« art .pour l'art» {die all'interno di quel tentativo cli i'icomposizione 97 , di cui abbiamo parlato, 6i ponevano senza rimando ad altro), la sua poesia e, in diversa e discontinua misura, Or. R. Ticdemann, Nachworl a Ch. BtJUdelaire, cit., p. 181. Si veda per questo di K. Korsch, &,I Marx, trad. cli A. Illuminati, con Introduzione cli G. Bcdcschi, Bari, 1972, pp. 11-27. Bcnjamin aveva avuto da Brecht un manoscritto dell'opera korschiana. 97 (Ch Baudela.irc, La vie antérieure, in Poesie e prose, cit., p. )4.) 141 « J'ai longtcmps habité sous dc vastes portiques / ... / Les houles, en roulant les images des cieux, / Melaient d'une façon solennelle et mystiquc / Lcs tout-puissants acrords dc leur richc musique / Aux couleurs du couchant reflété par mcs yeux. • (lvi) 142 AN, p. 1d.4. 143 Ivi, p. 115. 144 Cli. Baudclaitc, L'albatros, in Poesie e prose, cit., p. 18.
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potenza negativa che rode dal di dentro la « posizione » del poeta come Ilaneur. Non è un « tempo »riconducibile semplicemente alrorizzonte individuale, di fronte a questo anzi si presenta come qualcosa che lo sovrasta, come fantasma di quelle forze stol'liche, che minacciavano di travolgere le stabilizzazioni interne raggiunte dall'esperienza del poeta: « Ad ogni minuto siamo schiacciati dall~idea e dalla sensazione del tempo. E- non ci sono che due mezzi per sfuggire a questo incubo, per dimenticarlo: iJ. piacere e il lavoro. Il piacere oi logora. Il lavoro ci fortifica. Scegliamo ... Il tempo non si può dimenticare che servendosene » 145 • Il « soggiacere » di Baudelaire al proprio ·presente non è sémpHce disfatta, ma solitario sforzo di intendersi, nella « fantasque escrime » dei suoi versi, con la « beauté moderne», fare di questa il tessuto della propria esperienza. E la riuscita di una tale Erfahrung l'ottiene solo facendo dello Chockerlebnis la propria arma. Il prezzo ,pagato da Baudelaire è la dissoluzione di ogni « aura» e, prima fra tutte, di quella legata al« tempo». Alle .poesie detl'idéal seguono quelle dello spleen. Di fronte all'idéal, « che dispensa ila forza del ricordo» 146 , sta lo spleen che « gli oppone l'orda dei secondi» 147 e lo tiene in scacco: tra essi non si dà alcuna « armonica » sintesi, ma solo dissonante contrasto. « Nello spleen il tempo è oggettivato; i minuti coprono l'uomo come fiocchi. Questo tempo è senza storia, come quello della mémoire involontaire. Ma nello spleen la percezione del tempo è acuita in modo sovrannaturale; ogni secondo trova la coscienza pronta a parare il suo colpo (chock) » 148 • Il tempo dello spleen è « entleert » 14' e svuotato è pure il soggetto che - abbandonato al « vuoto decorso del tempo» - è come «attraversato» da esso. Non c'è in Baudelaire l'utopia bergsoniana della ricomposizione della soggettività -nella durée: « Baudelaire tiene in mano, nello, spleen e nella vie antérieure, gli elementi dissociati della vera esperienza storica» 150 • Mentre nella durée bergsoniana v'è la mistificazione di un Erlebnis che si vuole t-ransvalutato e trasfor-
1.,146 Ivi, Raui, p. 1003.
AN, p. 116. Ivi. 141 Ivi, p. 117. 1.- Or. il commento di Benjamin alla poesia L'Horlog~, in GS, I, 3, p. 1141. 150 AN, p. 118. 147
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mato in Erfahrung, « Io spleen invece espone l'Erlebnis nella sua nudità » 151 e cosf lo rende permeahi!le al « tempo » del processo storico, ai ritmi della realtà sociale 152 , fino a che l'Erlebnis (baudelairiano) diviene rea/,mente Erfahrung. « Lo spleen - afferma Benjamin - non è nient'altro che la quintessenza dell'esperienza storica. [c.n.] » 153
E. Progresso e Eterno Ritorno. Le invettive baudelairiane contro l'idea di progresso is. nascono dalla sua esperienza spleenetica; ad essa è ,propria la percezione della catastrofe, cod che l'idea di progresso (« questa idea grottesca, fiorita sul terreno putrido della fatuità moderna») 155 diviene - agli occhi di Bau« la diagnosi di una decadenza di già troppo videlaire sibile » 156 • Quello contro cui si scaglia è la cieca fiducia della borghesia nei « miracoli » dello sviluppo della tecnica 157 ; e di fronte alle immagini del progresso come « serie indefinita» si domanda se questo « non sia forse un modo di suicidirsi incessantemente rinnovato e se chiuso nel cerchio di fuoco della logica divina, non rassomigli aHo scorpione che si trafigge da sé con la sua terribile coda » 158• Il concetto di progresso si fonda qui nell'idea di catastrofe, che si rivdla come « la sussistenza dell'esistente » 159 e l'immagine dello scoi,pione richiama la verità hegeliana, secondo cui il progresso della« cattiva infinità» è I(( non un procedere e un venir piu avanti, ma la ripetizione sempre dello stesso » 160 e inserisce 1s1 Ivi. 162 ~ in questa 15.3 GS, I, 3, p.
direzione, ci sembra, che Benjamin legge i Tableaux Pa,isiens. 11,1. 1.54 e&. Ch. Baudelairc, Poesie e prose, cit., pp. 782-78,; 999-1002; 1016-1017
1042-1043. L5S Oi. Baudelaire, Esposizione universale. 1855. Belle arti, in Poesie e prose, cit., p. 783. 156 lvi. 1.57 « Se domandate a ogni buon francese che legge tutti i giorni il suo giornale, nel suo caffè, che cosa intenda per progresso, risponderl che è il vapore, l'elettricità e l'illuminazione a gas ... il poveruomo è talmente americanizzato dai suoi filosofi zoocrati ed industriali, che ha perduto la nozione delle differenze che caratterizzano i fenomeni del mondo fisico e del mondo morale, del naturale e del sovrannaturale.» (Ivi) 158 lvi, p. 784. 1.!B GS, I, 3, p. 1139. 1 G.W.F. Hegcl, Scienza della logica, trad. di A. Moni e C. Cesa, Bari, e
"°
1968, I, p. 249. Degno di rilievo ci sembra che Benjamin, in un manoscritto
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la figura di Baudelaire, insieme a Nietzsche e al Blanqui di L'éternité par les astres 161 , in una costellazione (quasi sincrona) c~ stituita dalla idea deli,eterno ritorno 162 • Se quest'ultima da un lato è senz,altro negazione dell'ottimismo borghese, dall'altro di questo ottimismo non ne è che il rovescio; annunciandosi « neU'istante in cui la sicurezza delle condizioni di vita cominciò a diminuire nettamente, in seguito alla successione accelerata deù.le crisi » 163 , è rimmagine attraverso cui la borghesia mostra il suo timore « a guardare in faccia allo sviluppo incombente dell'ordine produttivo che essa stessa aveva messo in opera » 164 • Con l'idea dell'eterno ritorno si vuol trasferire la Reproduktionstechnik all'interno delraccadere storiico, fare di questo « un articolo di massa » 165 ; si vuol « rimuovere » la deter.minatezza storica delle contraddizioni, che lo sviluppo delle forze produttive genera, ·per i rapporti di produzione (anche questi « occultati ») cui è vincolato. « La fede nel progresso, in una infinita perfettibilità - un compito infinito nella morale - e l'idea dell'eterno ritorno sono complementari. [ c.n.] Sono le irrisolvibili antinomie, di fronte alle quali va sviluppato il concetto dialettico di tempo st~ rico. » 166 .:B. colta, in questa complementarietà, l'apparenza socialmente appartenente al compJcsso di Vbtr einige Motive bei Baudela;,e, scriva: « La cattiva infinità compare in Hcgcl come scgnatwa della società borghese. Mostrare la cattiva infinità nel movimento del capitale» (GS I, 3, p. J:117'7). 16I Si veda per questo la lettera a Horkheimcr del 6 febbraio '38 (in GS, I, 3, pp. 1071-1072), dove Bcnjamin parla di questo testo, l'ultimo che Blanqui scrisse nella sua prigionia a Fort du Taureau, come di una «scoperta» che avrebbe influenzato tutto il suo lavoro. Su Blanqui si veda pwe, in rapporto a questo suo ultimo scritto, il manoscritto pubblicato in GS, I, 3, pp. 1'153. « Il libro - nota Bcnjamin - proclama l'idea dell'eterno ritorno dieci anni prima dello Zarathustra di Nietzsche: quasi meno pateticamente e con una forza veramente allucinatoria. » (lvi, p. 1151}.) In merito si veda ora il recente saggio di F. Rclla, Ben;amin e Blanqui, in AA.VV., Critica e storia, cit., pp. 181-200. 162 « Mostrare energicamente come l'idea dell'eterno ritorno penetra quasi nello stesso tempo nel mondo di Bauddairc, Blanqui e di Nietzsche. In Baudclairc l'accento cade sul nuovo, strappato con er,oico sforzo al scrnpreuguale, in Nietzsche sul sempJCUguale, che l'uomo affronta con eroica fermezza. (Blanqui è molto piu vicino a Nietzsche che a Baudclaire, ma in lui prevale la rassegnazione). In Nietzsche questa esperienza si proietta cosmologicamcnte nella tesi che non succede piu nulla di nuovo.» (AN, p. 1J3.) 16.l Ivi, p. 128. 164 Ivi, p. 134. 165 Ivi, p. 128. 166 Passagen, Konvolut D, BI. 10, B.-Archiv. Ms. 209'1 B, citato in R. Tiedc-mann, Studien, cit., p. 138.
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necessaria in cui la coscienza borwiese apprende la dinamica temporale interna al processo di sviluppo capitalistico: « progresso indefinito» ed« eterno ritorno», inteso come ritorno dell'identico, sottendono entrambi un tempo svuotato di referen~i materiali, che nella loro connessione ne costituirebbero lo spessore determinato, definendolo - in ogni suo segmento - come tempo storico. La rappresentazione del divenire temporale in entrambe le immagini (già interamente contenute nella frase hegeliana prima citata) è realmente « geschichtslos »: se fa prima postula uno sviluppo quantitativo delle iforze produttive, da cui i rapporti di produzione sono assenti, 1a seconda di fronte alle contraddizioni storiche, che questo sviluppo « sembra» poter generare, «presenta» la necessità di un continuo riprodursi di quei rapporti (prima « rimossi ·») . Alla luce di tutto questo appare chiaro il limite della lotta baudelairiana contro il « progresso meccanico», i 1 limite storico del suo «eroismo»: se lo spleen può esser superato solo dalla messa in opera del « nuovo », il « nuovo », in Baudelaire, porta « in massima misura lo stigma di quella realtà ... , contro cui il poeta si rivolta» 167 • Cosf che « la poesia di Baudelaire fa apparire il nuovo nel sempreuguale e il sempreuguale nel nuovo [c.n.] » 168 • F. Merce e allegoria. Baudelairc, nota Benjamin, è .insuperabile come Grubler (rimuginatore) e il Grubler «come tipo storicamente determinato di pensatore, è quello che è di casa fra le allegorie » 169 ; come Allegoriker Baudelaire fu, nel suo tempo, « isolato », « un epigono », ma certo questo carattere epigonale non imped{ alla sua produzione, alla sua stessa «figura», di costituire una sorta di« denudamento », fin nei suoi aspetti piu osceni, delle illusioni della propria classe. L'allegoria è come il ponte costruito nella materia della scrittura, che il poeta tenta di gettare tra lo spleen e la vie antérieure, ma proprio l'impossibilità di saldare questi termini fa dell'opera di Baudelaire una «provocazione» nei confronti del proprio tempo. L'allegoria baudelairiana, a differenza di quella barocca, dal mondo esteriore degli oggetti si insidia in quelio reificato dell'in167
GS, I, J, p. 11,2.
161
AN, p. 133. lvi, p. 132.
169
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teriorità: « se la figÙra-chiave della vecchia allegoria è il cadavere, la figura-chiave della nuova allegoria è il ricordo (Andenken). H ricordo è lo schema della trasformazione della merce in oggetto di collezione » no. Si evoca nell'oggetto il tempo delle correspondances per esorcizzare il potere che esso, come «merce», attraverso il suo« prezzo », esercita sugli uomini estraniandoli ,gli uni dagli altri 171 , ma è proprio in fondo a questo percorso (quello dell'allegoria) che si mcontra il « tempo di lavoro estraniato » depositato nel1'oggetto-merce 172 • Se, nel momento in cui « l'ambiente oggettivo degli uomini assume sempre piu indiscretamente l'espressione della merce», si produce la rédame ,per trasfigur.are il carattere di merce delle cose, a « questa illusoria trasfigurazione del mondo della merce si contrappone la sua deformazione nell'allegorico » 173 • Ma cosf è la stessa merce che cerca « di vedere se stessa in volto » 174 • La « figura » in cui questo movimento, nella poesia baudelairiana, si palesa è la prostituta: mentre neH'intérieur borghese lvi, p. 138. Cfr. in GS, I, 3, p. 1174. m La svalutazione delle cose, nell'allegorizzare baudclairiano, diviene cos( metafora della svalutazione della capacità lavorativa dell'operaio nel processo produttivo di merci, o meglio del suo unico impiego per la «valorizzazione• del capitale (cfr. per questo le notazioni di R. Tiedemann in Nacbwort a Cb. Baudelaire, cit., p. 182). Bcnjamin stesso svolge importanti considerazioni sul rapporto tra Chockerlebnis nella poesia di Baudelairc e nuova organizzazione dei processi produttivi (progressiva meccanizzazione, nastro automatico, progressiva frammen. tazione-specializzazione nelle operazioni produttive, ccc.) nei paragrafi 8 e 9 di ()ber einige Motive bei Baudelaire. Qui, tra l'altro, individua nelle rappresentazioni baudelairiane del « gioco d'azzardo,. (con i suoi movimenti repentini, il suo « ricominciare sempre da capo ») il modo in cui il poeta si avvicina a certe caratteristiche del « processo di lavoro industriale•· Certo, tutta la distanza che separa Baudelaire dalla coscienza di siffatti fenomeni è data dalla sua posizione di /laneur, di ozioso, per il quale il lavoro, alla fine, diviene arma contro il tempo. ( « Bisogna lavorare se non per gusto almeno per disperazione / perché, tutto ben considerato, lavorare è meno noioso che divertirsi», scrive Baudclai.rc.) Mentre, nel caso del lavoro salariato, il lavoro è già interamente soggiogato e aussunto dal « tempo di lavoro astratto». t lo stesso fatto per cui l'uomo, che come forza-lavoro è egli stesso merce, non ha alcuna necessità di una Ein/iihlung trasfigurante nel carattere di merce delle cose, mentre tale esigenza è propria del /ldneur, come «figura» della borghesia che esita a riconoscere la merce come unico soggello della vita sociale e, per questo, indugia e s'intrattiene amorosamente con essa ()a merce). Anche se questo abbraccio è un «accoppiamento,. di morte. Si vedano in merito le importantissime notazioni benjaminiane in Das Paris des Second Empire bei Baudelaire, GS, I, 2, pp. 558-562. m I vi, p. 671. . 174 lvi. 170 111
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si cercava di «umanizzare» la merce in modo «sentimentale» (attraverso fodere, astucci ecc.) nella Hure deMa metropoli la merce celebra la propria Menschwerdung (incarnazione), discopre la propria « aura » (il. suo prezzo) e presenta in essa fa figura materiale dell'Einfiihlung del cliente nella merce 175• L'allegorizzare baudelairiano non è cosf che un ripercorrere, all'interno del « soggetto», nell'esperienza dello spleen, il movimento reale della produzione e dcillo scambio delle merci, perché - come nota H.J. Krahl - è « la sussistente astrazione del valore di scambio dai particolari valori d'uso» che « rovina i valori d'uso ed i bisogni e li trasforma in allegorie facendoli morire • 176 • E non si tratta qui semplicemente del fatto che « la forma artistica dell'alilegoria e la forma di merci del prodotto corrispondono l'uno all'altra» 177 • Se infatti « la svalorizzazione del mondo delle cose nell' allegoria viene superata, aY'intemo dello stesso mondo delle ~e, attraverso la merce» 171, è quest'ultima (la merce) il reale « fondamento dell'intenzione allegorica in Baudelaire » "'. Tanto che iBenjamin poteva saiivere ad Horkheimer: -« il nuovo, che fa saltare l'esperienza del sempre-uguale, in balla della quale lo spleen ha gettato il poeta, non è nient'altro che l'aureola del· la merce » 180 • 175 Scrive Bcnjamin: « Schema della Ein/iihlun1.. t un doppio schema. Esso comprende l'Brlehnis della merce e l'Erlehnis del cliente. L'Brlehnis della merce è l'Einfuhlung nel cliente. -L'Einfiihlung nel cliente è Ei;,fublung nel denaro. La virtuosa di ta]e Ein/iihlung è 1a puttana. L'Erlebnis del cliente è Ein/iihlung nella merce. Ein/uhlung nella merce è Ein/iihlung nel preu.o (il valore di scambio). Baudclaire era un virtuoso di questa Ein/iihlung. Il suo amore per la puttana ne rappresenta il compimento». (GS, I, 3, p. 1178; dr. anche p. 1074). 176 H.J. Krahl, Sulla logica dell'essenza nell'analisi marxiana delle merci, in Marx e la rivoluvone, dt., p. 206. 177 Ivi. Cos( scrive Krahl che poco prima aveva par1ato, a proposito di Benjamin e Adorno, di un rapporto di « convergenza ed analogia» tra « organizzazione capitalistica nel modo della produzione nella forma delle merci e nelle fonne artistiche», differenziando questo rapporto dal «rispecchiamento». Ma almeno per Bcnjamin, come abbiamo visto, in questo rapporto si tratta di Aus-druck: mentre infatti nel rapporto analogico tra Basis e i)berbau si presup. pongono due movimenti paralleli, l'un dall'iptro indipendenti, nella definizione benjaminiana ci sembra sia contenuta, insieme all'istanza della complessa mediazione tra due diversi aspetti di una medesima totalità sociale, pure quella della Bestimmun1. dell'uno nei confronti dell'altro, che non esclude certo la sincronicità di processi relativamente autonomi, come « sezioni » del processo storico complessivo. 178 GS, I, 2, p. 660. 111 GS, I, 3, p. 11.51. 110 Ivi, p. 1074.
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Quanto Benjamin aveva detto dell'irreversibile rottura dell'ordine simbolico - ·nelle pagine sull'allegoria del Trauerspielbuch - trova la sua conclusione logico-storica nella trasposizione-risucchio dell'intenzione allegorie.a nel mondo della merce, nel suo« movimento.», che Benjamin scopre nella ·poesia di Bauàelaire. Se l'antinomia Schein-Bedeutung 111 nall'allegoria è prodotta dall'articolazione a-ibitraria tra immagini e significati, che l'Allegoriker estrae « da1 !fondo disordinato che il suo sapere .gli mette a disposizione» 112, ed è «mantenuta» in questo stesso sapere, cosf che l'emblema - come «composizione» di apparenze in cui ogni « essenza » si è ritratta e la stessa « mediazione naturale» tra immagine e significato è spezzata - è il « sigillo di autenticità deH'allegoria » 183 ; allora Pautentko significato dell'emblema allegorico è il soggetto che ne dispone. N~lle poesie di Baudelai re è lo svuotamento di questo soggetto che si attua: .fino a che la .sua intenzione è assorbita nell'apparenza «impenetrabile» dell'oggetto-merce. « Le qualità umane del f/aneur sono quelle della merce. » 184 E « come Ja merce giunge a'l prezzo, questo non si lascia mai cogliere in alcun modo, né nel corso della sua produzione, né, piu tardi, quando questa si trova sul mercato. Altrettanto accade all'oggetto nella sua esistenza allegorica. Non gli è stato cantato nella culla, a quale significato la malinconia dell'allegorico lo promuoverà. Ma se questo (l'oggetto) ha ricevuto, una volta, un significato, questo gli può essere sottratto in ogni momento in favore di un altro. Le mode dei significati mutano cosi repentinamente, quasi come il preuo muta per la merce. In e/letti il significato della merce si chiama: Preuo; un altro essa, come merce, non ne ha [c.n.] » 185 • Qui quanto era promesso nel Trauerspielbuch si compie; quel che si presenta come segno della mere~ - il suo prezzo 186 _C&. ivi, p. 1174. Passagen, Konvolut J, BI. 80, citato in R. Tiedemann, N«hwort a Cb. Baudelaire, cit., pp. 182·183. lll CTr. GS, I, 3, p. 1151. 111
1rz
114 115
lvi, p. 1173.
Passagen, Konvolut Baudelaire, cit., p. 183.
J, BI. 80,
citato in R. Tiedcmann, Nachwort a Cb.
186 Manteniamo, qui, volutamente l'identità che Benjamin presuppone tra prezzo e valore di scambio (dr. nota 175). Va da sé che in Marx la designazione del «prezzo,. come segno della merce è assai piu complessa; anche se va notato che il rifiuto del termine « segno » - dopo che sono stati notati, da Marx, i suoi vantaggi in quanto in esso v'è « l'intuizione che la forma di denaro della cosa sia esterna a quest'ultima e sia pura /orma fenomenica di rapporti umani
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appare come il &uo unico si8n,ificato. E, certo, lo spessore cli tale apparenza è tutt'altro che evanescente. Per questo « il feticcio è il sigillo d'autenticità della merce» 117 : questa ora è il soggetto. « Baudelaire stabilisce l'umanità nella folla; ma il suo soggetto non è piu l'uomo ma fa merce» 188 • L'-« aura » che, nell'opera di Baudelaire, non viene distrutta è quella che avvolge la merce. Questo è il geroglifico, che Ba.uàelaire non decifra, ma entro cui si dispone, potendo solo testimoniarne la potenza m.
III A. Adorno e l'attualità della filosofia. Ogni considerazione del rapporto Adorn(),jBenjamin (cui qui non possiamo dedicare che brevi cenni) non può che muovere dalla constatamone che la produzione benjaminiana fino all'Ursprung des deutschen Trauerspiels, ed in particolare quest'u:ltimo · testo, è, in larga misura, il presupposto dell'inizio del « Philosophieren » adorniano. E lo è sia in un senso, ovviamente, storico-temporale " 0 che in senso teorico. Di tutto questo una efficace testimonianza è 1a prolusione che il giovane Adorno, dopo aver conseguito la libera docenza, pronunziò ·(il 7 maggio 1931) all'università di Francoforte sul tema Die Aktualitat der Philosophie 191 • Lo stretto nesso che -s'impone, qui, tra molti tratti dell'argoessa» (Il capitale, cit., p. MO) - è motivato dal fatto che alla « maniera prediletta dell'illuminismo del XVIII secolo», segno « prodotto arbitrario dena riflessione dell'uomo», in « la parvenza della stranezza a quelle enigmatiche forme di processo genetico delle quali non si era ancora in grado di 1'11). 111 GS, I, 3, p. 1151. 181 Ivi, p. 1173. 119 Baudelaire è secondo Benjamin - « un testimone ... nello "storico" processo, che il proletariato intenta alla classe borghese» (Passa1.en, Konspelet zum « Baudelaire », unv. Ms., citato in R. Tiedemann, Nacbworl a Ch. Baudelaire, dt., p. 169). 190 Si vedano per questo le « Erinncrungcn » cli Adorno, in Th. W. Adorno, Ohe, Walter Beniamin, cit., pp. 9-15. 191 In Th. W. Adorno, Gesammelte Schriften, Bd. I, Frankfurt/M., 197'3, pp.32.5-344, trad. cli C. Pettazzi (con la collaborazione di F. Fergnani e M. Gallerani) in Utopia, luglio-agosto 1973, pp. 3-11. Degno di nota ci sembra pure che Adorno, nel 1932, tenne nella stessa università, che aveva respinto la domanda cli abilitazione cli Benjamin, un seminario sul Trauerspielbuch: ciò a cui era stato negato un visto di ingresso ufficiale, divenne - nella stessa università - oggetto cli studio. - Sul pensiero del giovane Adorno si veda il volume cli C. Petrazzi, Th. Wiesengnmd Adorno, F'tre11ZC, 1979.
nascosti dietro di questo rimandava di considerare il modo da togliere rapporti umani, il decifrare» (ivi, p.
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mentazione adorniana e certe categorie fondamentali dell'Ursprung, soprattutto della sua erkenntniskritische Vo"ede, è evidente 192 • Tanto che dalla stessa particolare moda'lità, attraverso la quale il testo di Adorno si congiunge e deriva da quello benjaminiano, si possono inferire certe caratteristiche del rapporto Adorno-Benjamin nella seconda metà deg,li anni trenta e finanche delle ulteriori prese di posizione nei confronti del pensiero benjaminiano, contenute nella produzione adorniana successiva alla morte dell'amico (dagli scritti specificamente uber Ben;amin a certe pagine della Negative Dialektik). Questa particolare modalità ci sembra consistere in una sorta di « effetto-ontologizzante », che determinate categorie benjaminiane subiscono nel momento in cui sono assunte all'interno del pensiero adomiano, venendo a svolgere in quest'ultimo una funzione divergente da quella che lo stesso Benjamin, nell'arco della sua produzione, als historischer Materialist, assegnerà •loro. Se punto di partenza della « prolusione » adorn.iana è la coscienza di una frattura insanabile fra il pensiero e la totalità del reale, la consapevolezza dell'incapacità della filosofia di comprendere « essere » al suo interno, a questa coscienza si accompagna l'abbandono di ogni illusione sulle possibilità di ricomporre ·una tale frattura, di colmare la divaricazione apertasi 193 • Sotto questa luce, come tentativi .non riusciti, sono « lette » da Adorno le maggiori correnti filosofiche (a lui) contemporanee: dal neokantismo di Marburgo a Simmel, dalla fenomenologia husserliana a quella -« materiale » di Scheler, dalla filosofia dei valori di Rickert alla « ontologia soggettiva» (« mera soggettività e mera temporalità ») m di Heidegger; fino a vedere, acutamente, nella filosofia analitica del W iener-Kreis la pacifica ratificazione di un tale « fallimento ». La conclusione, cui Adorno giunge, è che la filosofia può strappare alla realtà, come totalità, solo brandelli di conoscenza;
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192 Ma già nel lavoro di abilitazione di Adorno, Kierleegaard. Konst,uktion des Astbetischen, che Benjamin rcccns.( nel 19J.3 (GS, LII, pp. 380-383), la p~ senza dell'U,sprung è rilevante. Cfr. per questo in Kierkegaa,J. Coslru:.ione dell'estetico, trad. di A.B. Cori, Milano, 1962, le pp. 7', 143-144, 16~168 e passim. 191 « La oorrispondcnza del pensiero all'essere come totalità è andata distrutta e con ciò è divenuta inattingibile attraverso domanda l'idea stessa dell'ente, che potrebbe stare in chiara trasparenza - come una stella - solamente sopra una compatta e armonica realtà, e che forse è impallidita all'occhio umano per tutti i tempi, da quando le immagini della nostra vita sono avallate solo attraverso la storia.» (Th. W. Adorno, L'allualità della filosofia, cit., p. 3.) 1114 lvi, p. 5.
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che solo « in &parsi frammenti e in .semplici tracce» v'è « la speranza di giungere una volta alla vera e giusta realtà » 195 • Lo spazio della filosofia è, dunque, la Deutung dei frammenti di realtà, che le si .presentano come « segno» da deciii:are. La pretesa di una fondazione dei presupposti del proprio filosofare è dimessa. L'idea dell'interpretazione è diiferemiata da Adorno da quella del « conferimento di senso»: se in quest'ultima domina la ricerca di un'essenza al di là del mondo fenomenale, è questo ora che ·si presenta, nella sua semplicit:à, all'interrogazione filosofica, come « enigma » che contiene nei suoi stessi elementi la propria soluzione. Questa si dà in un diverso raggruppamento di questi elementi, in « mutevoli costellazioni » ( o Versuchanordnungen). In una loro diversa costruzione, che da questi stessi derivi e da essi produca delle « immagini storiche » attorno alle quali Ja realtà si condensa in modo stringente, costituendo cosf dei modelli i« con i quali la ·i'atio si avvicina, saggiando e provando, a una realtà che sfugge alla legge, ma che può sempre imitare lo schema del -modello, purché esso sia formulato correttamente » 196 • Siamo di fronte, ad una « secolarizzazione » delle « idee » benjaminiane in « immagini storiche» apparentemente non molto dissimile da quella che - tendenzialmente - lo stesso Benjamin opererà 197, ma con -una differenza, che - solo a prima vista - pub sembrar di poco conto. Negli ultimi scritti benjaminiani, ilifatti, la « costellazione » si configura tra una determinata «situazione» storica ed il presente dello « bistorische Materialist » e, come tale, è prodotta dalla interazione del.Ia temporalità determinata che percorre questi due « momenti » storici, che della costellazione sono gli estremi. 1Determinante è, qui, che il confluire di uno specifico momento della storia passata e del presente in un 'unica costellazione è a sua volta un processo temporalmente determinato, .Ja maturazione di un processo oggettivo, riconoscere il quale è compito dello « storico dialettico». La tra9formazione in senso politico-epistemologico della dimensione messianico-rivoluzionaria della temporalità è - ora, come in seguito - assente in Adorno: alla secolarizzazione di cerIvi. p. 3. Ivi, p. 10. 197 Si veda l'accordo di Benjamin con l'interpretazione adorniana del « dialcktischen. Bild » come « costellazione ,. (BR, p. 688), con l'importante precisazione, pero, che certi clementi di questa costellazione sono costituiti, per Benjamin, -dalle « Traumgcstalten ». 195 19'
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te « categorie» come «idea» e «costellazione», manca ogni impulso trasformante e H fondo contemplativo presente taJvolta nella Vorrede -benjaminiana, rimane nella traduzione « materialistica » che il discorso adorniano, fino alla Dialettica negativa 198, ne vuol rappresentare. Il « materialismo » si configura - nella soluzione adorniana - come « interpretazione del Privo-di-intenzione », coscienza della irreversibile rottura dell'ordine simbolico e per questo rinuncia ad ogni domanda relativa alla totalità 199 • La polemica col Lukacs di Storia e coscienza di classe - pur citato, nella «prolusione», direttamente e indirettamente (con l'ammissione ipotetica della forma di merce come chiave per la comprensione dei fenomeni sociali) - è qui evidente. E se tale polemica poteva essere dettata da una avversione contro certi residui idealistici del testo lukacsiano, non bisogna dimenticare che per Lukacs il « punto di vista della totaHtà » era legittimato da.I riferimento al proletariato come soggetto storico, cosa que198 Cfr. Th. W. Adorno, Dialettica negatifJa, cit., pp. 145-146, 295 e 368. Non è solo « Stimmung • rivoluzionaria quclla presente nella XVII tesi sul concetto di storia (AN, pp. S.1-&2), ma è una determinazione interna alla sua praticabilità, ciò che ne impedisce una neutra fonmlizzazione. La « costellazione•, che interviene nella Dialettica negativa di Adorno, come J)05sibilità di mantenere il «particolare,. senza ipostatizzare (hegelianamente) la mediazione, è pur sempre legata ad una « aggiornata » istanza gnoseologico-metafisica, alla problematica sog· getto-oggetto, pur se col fine di superarla: « cogliere la costellazione in cui sta la cosa equivale a decifrarla come quella che lo porta con sé come divenuto ... La conoscenza dell'oggetto nella sua costellazione è conoscenza del processo accumulato in esso» (Th. W. Adorno, Dialettica negativ11, cit., p. 146). 199 Il rimando a quello che nella Dialettica negativa è definito il primato materialistico dell'oggetto è qui evidente (ivi, pp. 164-185): « indice del primato dell'oggetto è l'impotenza dello spirito in tutti i suoi giudizi come nell'organizzazione della realtà. L'elemento negativo, cioè che allo spirito non è riuscita la conciliazione insieme all'identificazione, diventa motore della propria demistificazione» (ivi, p. 166). - Non ci è possibile qui svolgere come il «materialismo,. della Dialettica negativa, pur tra osservazioni assai penetranti, concluda in un « sapersi condizionato dal pensiero» da una realtà sociale (la società dello scambio); nel prendere coscienza di quesra, senza svelarne gli effettivi meccanismi, per poi ritrarsi nclla critica. (Critica che cosf viene a definirsi come critica senza scienza). Notiamo solo che il riferimento al materialismo come prassi, come costruzione di una figura del reale da cui deriva l'esigenza di una sua trasform:nfone, si trasforma nella Dialettica negativa in constatazione del fallimento di questa prassi, definita « irretita » (p. 3~) « deforme » (p. 219) e per questo « rinviata ». La dialettica è trasferita qui interamente nello spirito « che diventa autonomo » (p. 3.52), nel pensiero « critico ,. « cui resta, come atteggiamento, un pezzo di prassi, per quanto nascosta a se stessa• {p. 219). Per questo, comunque, rimandiamo al volume di M. Vacatello, Th. W. Adorno. Il ,i,,vio della prassi, cit. dr. anche le notazioni di F. Mesini, in Dialettica dell'avanguardia cit. pp. 72-75.
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sta completa-mente assente in Adorno (qui ed in seguito) 200 , a differenza che in iBenjamin. La riuscita dell'interpretazione filosofica, comunque, è data solo nella « composizione deU'infinitamente piccolo», nella « costrU2ione di piccoli elementi privi di intenzione» 2111 derivati da « concreti complessi intrastorid » 202 attorno ai quali la domanda filosofica si concentra e si verifica, poiché - conclude Adorno - « non è dato aJ.lo spirito di produrre o di abbracciare la totalità del reale, ma gli è dato di penetrare nel piccolo e di $J>eZZare nel piccolo le misure del puro Ente »203 • Se da un lato Adorno fonda qui tutto il suo sua:essivo « Essaysmus filosofico», d'altro lato è già fondato - in queste -proposizioni - iJ trapasso della metafisica in micrologia, teorizzato nelle ultime pagine della Negative Dialektik 204 • Tale teorizzazione va, solo apparentemente, nella stessa direzione della metodologia benjaminiana, del suo .peculiare modo di procedere, definibile gi.ustamente - anche se non esaustivamente - come «micrologico». La m.iorologia adorniana « è il luogo della metafisica come riparo dal totale » 205 , è la rappresentazione « nella piu intima cella del pensiero » del desiderio dell'« altro », come « altro » dalla totalità della « connessione d'accecamento oggettiva» cli cui la dialettica è l'autocoscienza; la micrologia benjaminiana procede inversamente: muove dal frammento per cogliere, attraverso il suo vaglio critico, le connessioni non apparenti di un « tutto». ,E questo sia nell'Ursprung (con il riferimento alla monadologia leibniziana) che nelle Thesen (facendo di un « particolare storico» - 1per la temporalità determinata ed intensiva che contiene - « la chiave interpretativa di un intero processo ») 206 • Ontologi2zando in atteggiamento complessivo quel che in Benjamin è procedimento - «metodo» nel senso etimologico del termine - Adorno congela la diaiettica in pura negatività 7111 • llOO
Or., fra l'altro, G.E. Rusconi, Hegelismo, marxismo e teoria critica.
Th. W. A.domo, in G.E. Rusconi-A. Schmidt, La scuola di F,.,,coforte, Bari, 1972, pp. 135'-1'7 2111 Th. zrz lvi, 203 Ivi, 2Df Th. D D
e in part. 140-141. W. Adorno, L'attualità della filosofia, eit., p. 8. p. 9. p._ 11. W. Adorno, Dialeltica negativa, cit., pp. 368-369.
Ivi,_ p. 368. F. Masini, L'estetica di G. Lukacs e il problema delle av(lllgua,die, in
Dialettica dell'avaguardia, cit., p. 92. 2111 « Non temo il rimprovero di negatività infeconda », afferma Adomo già nella prolusione del '31 (Th. W . .Adomo, L'at1wli1, della filosofia, cit., p. 9).
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In un mondo che « oggettivamente apprestato a totalità non lascia emergere la coscienza » 2°', la dialettica è la sottrazione del soggetto all'identificazione entro questa totalità, è « insieme riflesso della connessione d'accecamento universale e sua critica»•, ma critica assolutamente immanente, puramente intellettuale, che non individua alcuna forza interna a questa totalità,. capace di una frattura, di un suo « storico » sovvertimento. Lucidamente tutto questo è reso esplicito da Adorno: « nell'epoca della repressione ~ociale universale -soltanto nei tratti del. l'individuo violato, sbriciolato, vive l'immagine della libertà contro la società» 210 • Adorno conclude da dove, in un certo 1enso, Benjamin (e anche Brecht) prendono le mosse: fa disgregazione dell'individuo non è per essi « immagine della libertà », ma indicazione « storica » di uno spazio di trasformazioni possibili e anzitutto di trasformazioni politiche. Ma la differenza non sta solo qui: in Adorno l'analisi della società capitalistica è condotta in modo tale 211 che l'unica contraddizione vitale e feconda è quella tra individuo e totalità sociale, tanto da non essere storicizzata e da assumere da coloritura dell'hegeliano rapporto individuale-universale 212 _
B.· Lo Hornberger Brie/. Alla luce di quanto detto sinora,. emergono, abbastanza chiaramente, le motivazioni profonde da cui traggono origine Je critiche di Adorno (non tutte quindi riconducibili a contingenti motivi filologici o ad una pretesa « ortodossia » marxista dello stesso Adorno) all'Exposé del Passagenwerk ,prima, ed alla stesura della seconda parte della Baudelaire-Arheit poi. L'ombra di Bertolt Brect (« Berta und ihr "Kollektiv" ») 213 grava sul carteggio tra Adorno e Benjamin - in cui queste critiche sono espresse 214 - come motivo di divisio-Th. W. Adorno, Dialettica negativa, dt., p. 16. lvi, p. 366. Ivi, p. 238. Cioè tematizzando cosf fortemente i rapporti di scambio da accantonare· quelli di produzione. Or. M. Vacatello, Th. W. Adorno, dt., pp. 41-60. 212 Or. M. Vacatello, Th. W. Adorno, cit., pp. 76-77. 2ll Lettera di Adorno a Benjamin del 2 agosto '3.5, in Th.W. Adorno, Ober W.B] p. H6. 14 Tralasciamo qui di analizzare l'importante lettera di Adorno del 17 dicembre '34, riguardante il saggio benjaminiano su Kafka (ivi, pp. lOJwMO) elOI D 210 211
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ne, seppur non sempre esplicitamente ammesso. Sembra quasi che Adorno consideri la produzione dell'amico - successiva al « decisi'Vo incontro » con Breoht - come una deviazione rispetto aJ saggio sulle W ahlverwandtschaften e al Barockbuch 21 , tanto che può sci,ivere in conclusione alla lettera sul Kuntswerk: « il mio compito è piuttosto tener saldo il Suo braccio finché il sole di Breoht non sia di nuovo tramontato in acque esotiche » 216 • Le critiche « ,radicali », che Adorno rivolge alI'Exposé del '35, si appuntano essenzi&lmente sulla accezione benjaminiana di « immagine dialettica», sull'anooisi del « carattere di /éticcio della merce » e sull'uso che Benjamin fa del concetto di « coscien-
za collettiva ». Per Adorno le immagini dialettiche non sono altro che le immagini storiche, di cui parla nella prolusione del '31, i modelli e, per questo, « in alcun modo dei ·prodotti sociali, ma costellazioni obiettive, nelle quali la società rappresenta se stessa » 217 • Quel che contesta radicalmente a Benjamin· è che le immagini dialettiche siano da ricondurre, « als Traum », a contenuti della coscienza: questa è una concezipne «immanente» dell'immagine dialettica in cui, non solo è minacciata « l'originaria "forza" del concetto, che era teologica», ma - avverte Adorno - « non viene nemmeno raggiunto quel movimento sociale nella contraddizione (jene gescllschaftliche Bewegung im Widerspruch), per il quale Lei sacrifica la teologia » 211 • Quel che non comprende (o non accetta) Adorno è che Benjamin ha sottratto, almeno nel II Entwur/ del Passagenwerk, il concetto di immagine dialettica ad ogni suggestione ontologico-oggettivistica (pur se di una ontologia del processo storico), quella del 18 marzo '36 in merito al Kunslwerk-Au/satz (ivi, pp. 126-134). Un'analisi dal rapporto Adorno-Bcnjamin negli anni trenta, comunque, potrebbe dirsi completa solo approntando un puntuale confronto, da una parte tra il K•nstwerk-Aufsat:z bcnjaminiano e il saggio di Adorno, Ober den Fetischcharaker in de, Musik. ,1r1d die Regression der Hiires (traci. di G. Manzoni, in Disso111111te, Milano, 19,9); e dall'altra tra Ober einige Motive bei Baudelaire e l'adorniano Versuch iibe, Wagner (trad. di F. Bortolotto, in Wagner. Mahler, Torino, 1966). 215 Si vedano, per questo le affennazioni - non troppo delicate - in merito al tentativo di Benjamin di « devolvere tributi al marxismo ,. per solidarietà con l'Institut; questo, scrive Adorno, non giova né al marxismo, né e alla Sua sostanza piu personale,. (lettera di Adorno a Benjamin del 10 novembre '38, in Th. W. Adorno, Vber W.B., cit. p. 141). 216 Lettera di Adorno a Benjamin del 18 marzo '36 (ivi, p. 134). 211 Lettera di Adorno a Bcnjamin del 2 agosto '35 (ivi, p. 119). Questa lettera è tradotta anche in LT, pp. 294-305. 211 Th. W. Adorno, Ober W.B., cit., p.112.
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e che quella « gesedlsohaftliche Bewegung im Widerspruch » viene raggiunta tramite la decifrazione delle forme, dei contenuti e dei prodotti della coscienza, in un'epoca determinata. Nell'analisi del « modo in cui il carattere di feticcio è recepito nella coscienza collettrva » non v'è per niente quell' « Abbild-Realismus » di cui ,parla Adorno 219 : ,le immagini utopiche, di ,sogno, che da tale ricezione sono generate, aprono la possibilità di svelare contraddizioni interne alla classe dominante ed ogrono elementi utili ad un « intervento» critico-rivoluzionario nedla sua« tradizione» culturale. L'immagi,te dialettica per Adorno - come scrive nel suo Kierkegaard, attribuendo la definizione a Benjamin 220 - è, invece, ,l'arrestarsi della dialettica stessa in un'immagine del presente per evocare in esso « il mitico, in quanto è il passato piu lontano: Ja natura in quanto preistoria» 221 • In tali immagini - come, ad esempio, quella dell'intérieur in Kierkegaard - dialettica e mito sono condotti ad un punto di indifferenza; la dialettica storica si ribalta in natura mitica. Non per niente Adorno cita, in questo contesto del Kierkegaard, il passo del Trauerspielbuch, in cui si afferma che nell'allegoria la storia si presenta come un « ,pietrificato paesaggio primevo {erstarrte Urlandschaft) ». Il non aver trasceso jJ concetto di Naturgeschichte proprio del Trauerspielbuch, l'aver quindi compreso il tempo storico della società borghese ·(nel capitalismo « avanzato ») solo attraverso questa categoria, è un dato ohe - a nostro avviso - spiega molte delle obiezioni mosse da Adorno alla definizione benjaminiana di immagine dialettica e, per certi versi, anche gran parte del successivo « sviluppo » del suo pensiero 222 • Cosf si chiarisce la critica adorniana alla formula secondo cui « il nuovo si compenetra col vecchio »: questa affermazione benjaminiana, infatti, si può giustificare solo riconducendo rimLettera di Adorno a Benjamin del 2 agosto '35 (ivi, p. 113 ). Benjamin stesso, però, in una lettera del 9 dicembre '38, avverte Adorno di avere una correzione da proporre in merito alla definizione di immagine dialettica contenuta nel Kierkeg(l(Jrd, ma rimanda questo ad un'altra occasione. Cfr. LT, 371. l Th. W. Adorno, Kierkegaard, cit., p. 144. 222 Dell'importanza per Adorno del concetto di Naturgeschichte ~ testimonianza la conferenza tenuta il 15 luglio 1932 al gruppo locale francofortese della Kant-Gesellschaft, Die Idee der N111urgeschichte (ora in GS, I, pp. 345-365). Questo testo assai importante, che non può essere qui analizzato, contiene, forse in maniera piu critica e aperta che altrove, tutto il nucleo del discorso adorniano sul rapporto mito-storia-apparenza. Su esso si dovrà tornare. 219
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magine dialettica»; a qualcosa di« prodotto » dalia società che essa « rappresenta »; a matrici soggettive dunque, pur se storicamente e socialmente determinate. Mentre Adorno - come abbiamo visto - riporta il « movimento » del « dialektisches Bild », immediatamente a quello storico-sociale dei processi produttivi, cosi che il rappor.to tra «mitico» e « storico», in esso, è « ontologizzato » in rapporto caratterizzante tutta la società capitalistica: il mito, allora, « non è la Sehnsucht, priva di connotati di classe. della "vera" società, ,ma il carattere oggettirvo della stessa merce C6traniata (der ent:f.remdeten W are selber) » 223 e « il recentissimo è, come apparenz.a e fantasmagoria, lo stesso antico [ c.n.] » 224 • Tanto che « dall'immagine dialettica non si può mai pretendere una "prestazione" ,("Leistung") ideologica o sociale in genere» 225 : non, quindi l'immagine dialettica presente, come sogno, nell'immanenza della coscienza, ma la -stessa « immanenza della coscienza (iBewusstseinsimmanenz}, come intérieur, è, per il XIX secolo, d'immagine dialettica come estraniazione (Entfremdung) » 226. A ,ben vedere è qui presente una sorta di disperazione nei confronti della brechtiana « revolutionire Bedeutung der Oberbauarbeit » 227 ed entra in gioco, già, la concezione adomiana dell'ideologia la quale « non si sovrappone all'essere sociale come uno strato che si possa staocare, ma gli inerisce » 221 • E gli inerisce in modo tale che « la coscienza diviene sempre piu... un semplice momento di transizione nel drcuito della totalità» 229 : tanto che non è piu possibile individuare « contraddizioni determinate» tra le varie sezioni, attraverso cui si « struttura » la totalità sociale. Le « strutture » di questa si intricano V'icendevolmente sino a diluirsi in >, ma anche la dimensione complessa e « strutturale » di quest'ultimo. Il passato non sta nei suoi confronti in una relazione Jineare di tipo causale (« sarebbe errato - scrive 1Benjamin - voler identificare questa trama col mero nesso di causa ed effetto ») 75 , ma è avvolto, come parte di esso (del presente) nella -sua struttura stratificata, e « stratificata » in modo tale che l'ordine di disposizione degli stessi « strati » GS, I, 3, p. 1243. Si veda per questo la tesi V, in GS, I, 2, p. 625; dr. anche la versione francese che Bcnjamin dà di questa tesi, in GS, I, 3, p. 1261. 72 H. Schweppenhiiuser, in MA, p. 9; sul rapporto tra il tempo incostruibile dell'immagine della memoria involontaria e il tempo costruito del maJerialismo sl 81 , che deve essere dedicata la « historische Konstruktion »: Ja prima necessità consiste perciò nel frantumare lo stesso concetto di Kulturgeschichte 82 per integrarla nella storia delle lotte di classe. La tensione che, in questa concezione della storia, da ciò che è trascorso giunge al tempo attuale dello storico e produce cosi: quella « costellazione critica in cui proprio questo frammento del passato si incontra proprio con questo presente » 83 , è « carica» di una percezione e di una appercezione della temporalità, tale da lacerare la solida continuità del processo, alla quale, in atteggiamento placidamente narratiivo si abbandona lo H istorismus. Proprio dello Historismus nella sua complementarietà tra una passiva « Einfiihlung in ciò che è stato » e una « proiezione di ciò che è stato nel presente» 8\ è l'assoluto appiattimento di ogni dialettica storica. Qualsiasi categoria teorica di comprensione del processo storico è accantonata. L'immagine di Universalgeschichte che scaturisce da questo presupposto, non è che fa totalità del processo nella sua rozza empiricità: di fronte ad esso si può solo registrare l'accaduto o « riviverlo ». Gli avvenimenti « scorrono» sul flusso temporale, non ne sono intessuti, gli sono indifferenti, e come tali da un lato, incasellati e chiusi definitivamente in e9So, e, dall'altro, sconsideratamente attualizzabili, come « morte cose », nell'Erlebnis dell'Historist. La riduzione della ster questo - come Benjarnin scrive nella tesi XIV - « la storia è oggetto di una costruzione il cui luogo non è il tempo omogeneo e vuoto, ma quello pieno di ,,tempo-ora,, [Jetztzeit] ,. "'. AN, p. 80. Il tempo cronologico - scrive Bloch - è un progredire simmetricamente suddiviso in spazi eguali, e perciò esso trapassa con violenza "inesorabile" e cioè uniforme ... Ma un progredire che si può esprimere in tal modo è assolutamente indifferente di fronte ai propri contenuti, che in esso avvengono o anche non avvengono. » (,E. Bloch, Dil/erenvaioni nel concetto di progresso, cit., p. 21.) Per wi rifiuto radicale della concezione blochiana del « tempo storico», dr. G. Lukb, Conversazioni (con H.H. Holz, L. Koflcr, W. Abendroth), trad. di C. Pianciola, Bari, 1973 (2), pp. 182-183. IJ7 « Il concetto di tempo storico scrive Benjamin - si contrappone all'idea [Vorstcllung] di un continuum temporale.• (GS, I, }, p. 11245.) 138 lvi, p. 1243. U9 AN, p. 80. 1J11
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La ]etztzeit benjaminiana, in questo senso, è critica alla trasformazione storicista della definizione hegetiana di « temporalità naturale» in -« temporalità 6torica », come pure del (neo)kan-tiano formalismo del tempo, inteso come « trascendentale» sia dei « fenomeni» naturali che desli accadi.menti storici: la determinatezza (oggettiva e soggettiva) non -gli è esterna ed indifferente, essendo essa costituita dal reciproco implicarsi di processo storico oggettivo da una parte e sua conoscenza-trasformazione dall'altra. Pur se anch'esso temporalmente determinato, il ·fondersi di questi due momenti non è per niente « necessario », ma in permanenza è esposto a sfasature e sconnessioni, delle quali Historismus e socialdemocrazia sono due espressioni signiiica-tive. Ciò sottrae la dialettica storica alla determinazione teleologica presente ancora in Hegel 140, e. restituisce lo « svolgersi » dialettico del ,processo storico alle sue determinazioni materiali. C.OSf l'esito del processo stesso - la possibilità che in esso si diano mutamenti qualitativi è costantemente « aperto » 141 • Nutrirsi dell'idea di « nuotare con la corrente », per questo, significa credere che basti lo stesso« fluire» degli eventi a sciogliere la durezza di granito delle « contraddizioni » che definiscono il presente: ma niente è piu ingannevole e fuorviante di questa immagine del« fiume» per comprendere H movimento storico. Svuotato di ogni ·specificità, che non sia quella quantitativa, il «ritmo» degli avvenimenti non diviene che il veicolo che trasporta con sé e «mantiene» sostanzialmente ,intatte le forme di dominio, le « forze egemoniche » che tengono in « rigida fissità» i nuclei fondamentali· di queste contraddizioni, oscurandone la natura con l'apparente movimento dei loro contorni. Non v'è, petciò, « passaHO La questione della teleologia in Hegel non ~. comunque, cosf semplice e lineare come una certa tradizione interpretativa farebbe pensare. Per la presenza in Hcgcl di « residui di tclcolOjismo:. anche nell'opera dove piu si allont:ana da questa prospettiva, e cioè la Logica, dr. B. De Giovanni, op. cit., pp. 95-96 (nota ,1,18) e p. 7l; per il « senso profondo del processo teleologico in Hegel • - vale a dire: come espressione di un movimento teleologico reale, che a sua volta esprime una forma determinata di dominio - oltre al libro di De Giovanni, dr. anche le osservazioni di R. Bodei, in Hegel e Webe,, eit., pp. ~75. Sull'argo, mento si veda anche l'importante saggio di N. Badaloni, in Per il comunismo,
Torino, 1972, pp. 13-.53. 141 Osserva ·acutamente a questo proposito H. Schweppenhiiuser (in .MA, p. 21): « il processo come tale non ~ "vero", voglio dire, la discontinuità osservat:a in esso attraverso la sua mediazione con la continuità viene privata del suo peso - di ciò che non permette la trasfigurazione della storia. In questo punto Benjamin sta con Marx, e anche con Kicrkegaard, contro Hcgel - come contro che contravviene alla propria visione ».
uno,
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to » che possa dirsi « una volta per tutte al riparo nei granai del presente» 142 , perché in alcun modo, per le classi dominate, questa immagine può esprimere la realtà del presente, finché in esso è il passato a dominare 143 , finché è il « tempo vuoto » (astratto) del capitale a succhiare « '1a quantità maggiore possibile di lavoro vivo» 144 •
L. Rivoluzioni: disrontinuum della storia. La verifica e la a,pplicazione del concetto di Jetztzeit Benjamin la trova nella coscienza che le classi « storicamente» rivoluzionarie hanno, nel momento della loro azione, di far saltare il continuum della storia 145 , nella stretta connessione che c'è tra la loro coscienza della « discontinuità storica » e il concetto che queste hanno « (non solo della storiia ·futura, ma anche) della storia trascorsa » 146 • Insieme alla configurazione politico-sociale del « presente», si cambia l'immagine del passato, si distrugge la « tradizione» cui si « appoggiava » la classe fin'allora dominiante e se ne fonda una nuova. L'esempio piu chiaro di ciò era dato, per Benjamin, dalla rivoluzione francese e dal diretto rapporto che essa instaurò con la Roma repubblicana: « per Robespierre, - infatti - la Roma antica era un passato carico di tempo-ora [Jetztzeit], che egli facev,a schizzare dalla continuità della storia » 147 • Se qui ·Benjamin riprende le considerazioni che Marx svolge all'inizio di Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, « sembra » poi non tener conto della differenza c-he Marx instaura tra rivoluzione borghese e rivoluzione proletaria 141 • Quest'ultima - per Marx - « non ,può trarre la propria poesia dal passato: ma solo dall'avvenire. Non può cominciare ad essere se stessa prima di aver liquidato ogni fede superstiziosa nel ,passato. Le ,precedenti rivoluOA, p. 90. Cfr. K. Marx-F. Engels, Manifesto del Partito comunista, in Man:-Engels, Opere complete, VI, a cura di F. Codino, Roma, 1973, p . .500. 144 K. Marx, Il capitale. Capitolo VI inedito, trad. di B. Maffi, Torino, 197.5, p. 102. In proposito cfr. B. De Giovanni, Per un'analisi politica del « tempo di lavoro» in Marx, in Critica marxista, n. 2-3, 1975 (ora questo saggio è in B. De Giovanni, La teoria politica delle cl,zssi nel «Capitale», Bari, 1976) u..~ AN, p. 80. 146 GS, I, 3, p. 1236. 147 AN, p. 80. 148 Cfr. per questo problema: K.R. Grcffrath, in MA, pp. 217-218; e H. Pfotcnhauer, in MA, pp. 267-268. 1•2 l-43
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zioni storiche avevano bisogno di reminiscenze storie~ per farsi delle illusioni sul proprio contenuto. Per prendere coscienza del proprio contenuto, la rivoluzione del secolo decimonono deve lasciare che i morti seppelliscano i morti. Prima la frase sopraffaceva il contenuto, ora il contenuto trionfa sulla frase» 149 • Se nelle T hesen tale differenza non pare esplicimta, i manoscritti preparatori ad esse chiariscono come invece fosse ben presente a ·Benjamin: « per il proletariato - scrive - la coscienza del nuovo compito non trovava riferimento in alcuna corrispondenza storica. Nessuna memoria [Erinnerung] vi ebbe luogo» JSD. Ma è proprio questo « Gefiihl des Neubeginns » (sentimento di un nuovo inizio) 151 , in quanto coscienza di una di-scontinuità storica piu « netta » di ogni altra, a coscituire un « balzo dialettico nel passato » 151, ad instaurare con esso una nuova relazione, a fondare, quindi, una nuova tradizione: quella degli « oppressi » 153 • Quel che semmai dllferenzia il discorso di Benjamin da quello di Marx, su questo punto, è il concetto di Rettung de, V ergangenheit, che, se nell'azione del proletariato consiste - piuttosto che nella « evocazione del passato» (criticata da Msrx) - nel suo adempimento, neHa « soddisfazione di esigenze, che il passato pone al presente come incompiute » 154 , acquista la sua pregnanza e la sua cosciente espressione nel lavoro teorico deLlo hi-
storische Materialist: M. L'inversione pa~sato-1Wesente. Se ciò che comporta il concetto di Rettung per il makrialista storico rabbiamo già visto in precedenza, cerchiamo ora di esaminare brevemente come si articoli teoricamente quella che Benjamin definisce « materialistische Geschichtsschreihung ». 149 K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, cit., 150 GS, I, 3, p. 1236. 151 lvi, p. 1242. 152 « La moda scrive Benjamin nella tesi XIV -
p . .50.
ha il senso dell'attuale, dovunque essa viva nella selva del passato. Essa è il balzo di tigre nel passato. Ma questo balzo ha luogo in un'arena dove comanda la classe dominante. Lo stesso balzo, sotto il ciclo libero della storia, è quello dialettico, come Marx ha inteso la rivoluzione.• (AN, p. 80.) 153 « Tre momenti è scritto in uno dei &ammenti preparatori alle Thesen - sono da inserire nei fondamenti della visione materialistica della storia: la discontinuità del tempo storico; la forza distruttiva della classe operaia; la tradizione degli oppressi. • (GS, I, 3, p. 1246.) 154 K.R. Grcffrath, in MA, p. 219.
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L'originalità della proposta benjaminiana in tema di « prassi storiografica » non la si può comprendere se non a .partire dalla sua particolare lettura della « struttura » della temporalità storica. Secondo questa il «movimento» storico è determinato da « scatti» diseguali ed asimmetrici, tali che il presente non solo non è mai semplice risultante di ciò che lo ·precede, ma - mentre può contenere la .possibilità che il «ritmo» del processo sia accelerato 155 - ha pure Ja capacità cli « sviluppare » immagini del passato rimaste oscure ,per il « tempo » in cui sorsero 156 • Per questo Benjamin parla - in un frammento del Passagenwerk - della necessità di una « svolta copernicana» nel rapporto passato-presente 157 • E ·qui si comprende come il concetto di Gegenwart sia definito da quello di Jetztzeit 158 e, quindi, come quest'ultimo implichi - secondo la fdice espressione di H.H. Holz - « una specie di tempo concentrico, che si dispone prospetticamente intorno al presente » 159 • Ma perché un determinato « momento storico» possa aprire « una stanza del passato del tutto determinata e fin'-allora rimasta chiusa » 160 , è necessario che l'inversione nel rapporto passatopresente, che Benjamin propone, sia sottratta ad una caratterizziazione meramente « temporale», che, di nuovo, non « salverebbe» da una considerazione grezzamente empirica del processo storico. Condizione è quindi - anche se, va detto, questo non è del tutto esplicitato in Benjamin - che lo stesso concetto di presente si,a tolto a parametri 5'/oricistici .( o cosoienziali) di qualsiasi tipo e sia, anzi, tematizzato proprio come concetto 161 ; che dunque l'inversione del suo rapporto con il passato sia definita come inversione epistemologica flispetto allo Historismus. Espressione questa 155 Cfr. ad esempio la tesi XV (AN, pp. 80-81), dove Benjamin, in relazione al continuum della storia fatto saltare dalle classi rivoluzionarie, parla del « calendario » come « acceleratore storico ». 156 Si veda per questo l'importantissimo brano dal titolo Das dialektische Bild, in GS, I, 3, p. 1238. 157 « Svolta » per 1a quale, scrive Benjarnin, il rapporto passato-presente deve venir rovesciato e « ciò che è stato trasformarsi nel rovesciamento dialettico, nell'irrompere della coscienza ridesta• (Pamzgen, Konvolut K, Bl. 1, B-Atthiv, Ms. 2381, citato in R. Tiedemann, Studien, cit., p. 153 ). I.SI Benjarnin infatti parla del materialista storico, come di colui che fonda « einen Begriff der Gegenwart als der "Jetztzcit", in wclchcr Splittcr dcr messianischen eingesprcngt sind ». (GS, I, 2, p. 704). 159 H.H. Holz, Prismatisches Denken, in AA.VV., Ober W. Benjamin, cit. p. 103. 160 GS, I, 3, p. 1231. 161 Per questo rimandiamo a B. De Giovanni, Hegel e il tempo storico della societJ borghese, cit., pp. 129-145.
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ultima di un « movimento storico» ohe attende aill'inversione pratica di quel « dominio del passato sul presente», che denota la società capitalistica. In conclusione, la fondatezza epistemologica dell'inversione benjaminiana, come di tutta la sua riflessione sul concetto di tempo storico, può esser data solo da una conoscenza del processo, che non muova esclusivamente dall'interno di esso, dall'interno del suo «passare», ma - in primo luogo - da un « presente » ( e qui il termine Jetztzeit, come « tempo presente », « epoca attuale », potrebbe caricarsi di un significato fmora rimasto in ombra) inteso come « taglio sincronico» nel decorso storico, «pieno» certo di tutte le determinazioni del passato, ma insieme « luogo » di una realtà da apprendere in tutta la sua specificità 162 • A questo Benjamin, almeno in ,parte, sembra essersi avvicinato nella ,tesi XVI: « auf den Begriff einer Gegenwart, - scrive - die nicht Obergang ist sondern in der die Zeit einstebt und zum Stillstand gekommen ist, kann der historische M-aterialist nicht verzichten. Denn dieser Begriff definiert eben die Gegenwart, in der er fiir seine Person Geschichte schreibt » 163 • Che Senjamin in-tendesse con queste ,parole un qualche riferimento a certe implicazioni metodologiche contenute nella teoria marxiana ·{il luogo « classico» delle quali è senz'altro l'Introdu1.io·162 Per una espressione pi(1 chiara di ciò che 'negli scritti benjaminiani trapela solo come esigenza, non dispiegata concettualmente, ci sembra utile ricordare che
L. Althusser (certo in un assai diverso contesto tematico) - attraverso una aitica della « continuità omogenea del tempo• in Hcgel, la cui concezione del tempo storico è definita « ideologica » - pone il problema di « costruire il concetto marxista di tempo storico a partire dalla concezione marxista della totalità sociale » (L. Althusser, Leggere il Capitale, trad. di R. Rinaldi e V. Oskian, Milano, 1971, p. 104). Giungendo alla conclusione che, se il tempo storico è definibile « come la forma specifica d'esistenza della totalità sociale considerata, esistenza i cui differenti livelli strutturali di temporalità interferiscono in funzione dei rai>porti propri di corrispondenza, non corrispondenza, articolazione, scarto e torsione che legano tra loro, in funzione della struttura d'insieme del tutto, i differenti "livelli" del tutto» (ivi, p. 116), questo è possibile solo sottraendo il concetto di « sincronia » a quello di « semplice presenza temporale concreta •. Ravvisando bensf essa come « l'eternità nel senso spinoziano, ovvero conoscenza adeguata di un oggetto complesso per mezzo della conoscenza adeguata della sua complessità », come ciò che « concerne la conoscenza dell'articolazione complessa che fa della totalità una totalità» (ivi, p. 115), Semmai quel che Althusser qui non sottolinea ~ la temporalità storica determinala, che anche la « conoscenza adeguata» di tale « oggetto complesso• implica. Per una critica, poi, all'interpretazione althusseriaoa del tempo storico hegeliano, dr. B. De Giovanni, Hegel e il tempo storico della societ4 borghese, cit., pp. 48-,2. 161 GS, I, 2, p. 702. « Al concetto di un presente che non ~ passaggio, ma in bilico nel tempo ed immobile, il materialista storico non può rinunciare. Poiché questo concetto definisce appunto il presente in cui egli per suo conto scrive storia.» (AN, p. 81.)
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ne del '57) non ci è dato saperlo. Espressamente Benjamin, nei manoscritti finora pubblicati, si riferisce alla « stahleme, weitgespannte Geriist einer Theorie » in cui Marx « darstellt » la storia del capitale 164, solo in relazione al concetto di «costruzione», che liquida la continuità epico-narrativa dello Historismus. Che Benjamin non presenti, .poi, queste ultime considerazioni nella stesura delle Thesen, può esser forse sintomo di qualche incertezzc1 in proposito; questo non esclude tuttavia che formalmente vi sia, almeno ,per alcuni tratti, una certa relazione -tra il discorso benjar miniano e quello marxiano 165 • N. Costruzione. Quel che Benjamin a,fferma nella -tesi XVI, comunque, è il presupposto che ,permette di opporre (nella tesi XVH) al procedimento puramente additivo dello Historismus (privo di « armatura teoretica»), che accumula una massa di fatti per « riempire il tempo omogeneo e vuoto » 166, il « konstruktive Prinzip » che sta alla' base della storiografia materialistica. Se il concetto di costruzione si può derivare, -in Benjamin, dal « principio di montaggio» delle avanguatdie, non lo si può affatto ilimitare ad esso, in quanto vi è senz'altro presente la tradizione speculativa deill'idealismo tedesco, come del resto nel concetto marxiano di Darstellung 167 • Scrive G. Mensching: « Una costruzione concettuale o~e dietro la superficie dei fenomeni sen164 165
Cfr. in proposito la nota 96 di questo capitolo.
In questo siamo d'accordo con quanto scrive R. Ticdemann (in MA, p. 92 e 117. nota 44 ). secondo il quale una esemplificazione della « metodologia » benjaminiana nella marxiana crilica dell'economia politica, se non è in alcun modo una caratterizzazione sufficiente per ~est'ultima, non per questo è « impos· sibile » (Su questo problema cfr. anche G. Mensc:hing, in MA, p. l7j). Una delle lacune, se cosf si potesse dire, del discorso metodologico benjaminiano comunque è, a nostro parere, la mancata tematizzazione del concetto e del processo di astrazione, nella accezione marxiana del termine, come modo cioè in cui il pensiero risale e si appropria del concreto. Lacuna sulla quale ha pesato seni'altro la radicale critica cui Benjamin, fin dagli scritti giovanili, ma in modo piu pregnante nella Vo"ede all'Ursprung, aveva sottoposto il procedimento della « cattiva astrazione ». Sul problema della differenza tra « buona » e « cattiva » astrazione in Marx, dr. quanto osserva L. Althusser, in Leggere il capitllle, cit., pp. 94-96. 166 AN, p. 81. 167 Or. quanto afferma A. Schrnidt in La « Rivista per la ricerca sociale» e il r1'olo di Horkheimer, in A. Schmidt-G.E. Rusconi, 1A scuola di Francoforte, cit., p. 86. Sul concetto di costruzione in rapporto a Hegel, dr. R. Ticdemann, Studien, cit., pp. 68-70; anche se l'accostamento ci pare un po' semplificante e sbrigativo. Sull'origine schcJlinghiana del concetto bcnjaminiano di costruzione ha invece accennato Adorno proprio n~lla Vorrede al citato libro di Ticdemann (p. 8).
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sibili ne coglie l'essenza, si basa certo sull'esperienza e quindi anche sull'intuizione, ma in queste non la si può ritradurre. Essa perciò non può neanche essere sostituita dal principio surrealistico del montaggio. Un montaggio di sparsi frammenti di qualcosa che si deve conoscere, si può solo comprendere, se alla sua base sta un principio costruttivo e quindi, in ultima istanza, concettuale » 161 • E però la presenza del principio di montaggio di disgregati frammenti del principio costruttivo che torce materialisticamente il verso esterno e ,interno della « costruzione » concettuale benjaminiana. E la teologia insieme alla prassi «surrealista» è uno degli agenti (forse il piu segreto, ma decisivo) di questa torsione. La « costn12Jione » benjaminiana ha dunque lacerato dentro di sé ·ogni volontà di Au/hebung ohe non mantenga la differenza dei suoi elementi. La mediazione concettuale è cosf invertita dn momento del « processo costruttivo », non in Wieder-herstellung della sua totalità. La costruzione non è ri-costruzione, non deve restaurare un'immagine infranta dagli effetti devastanti del tempo. 161 G. Mensching, in MA, p. 177. La critica piu radicale al concetto benjaminiano di costruzione è senz'altro venuta da parte di P. Bulthaup, il quale (in MA, pp. 134-14.5), dopo aver rigid~nte ristretto il concetto di costruzione alla tcenica surrealistica del « montagio », può facilmente mostrare come sia impossibile, dalJe « Erschcinungsformen » del modo capitalistico di produzione, risalire al suo « Wcsen ». Il problema· non ci pare che in Bcnjamin si ponga cos{ brutalmente. Che « Wescn » ed « Etschcinung » della società capitalistica non coincidano è certo, come è certo che bisogna risalire alla contraddizione fondamentale (quella dello scambio tra capitale e forza-lavoro, con il CODSegllente proccsso di valorizzazione che al capitale ne deriva) per cogliere « das Wcsen der kapitalistischen Produktionsweise »: tutto questo in Bcnjamin se non scont.ato è perlomeno presupposto (anche se cib non significa certo un'assimilazione, da parte di Benjamin, di tutta la marxiana critica dell'economia polilica nella sua complessità). Si tratta allora di vedere se lo sviluppo capitalistico non produca necessari•· mente le forme storiche di questa contraddizione, non la dimensioni in tempi storici determinati, che ne costituirebbero la complessità. In tal senso una ricerca del W esen disincarnata dal suo apparire specifico sarebbe assai problematica. Si potrebbe forse parlare in proposito, con Althusser, del « carattere surdeterminato » delle contraddizioni storiche particolari. C.Crto il discorso di Bulthaup, assai complesso nelle articolazioni e denso di sfumature, meriterebbe una ben piu approfondita e puntuale discussione. Perintanto possiamo dire che non ci convince il fatto che questi, dalla distinzione marxiana tra una « sussunzione formale » del lavoro salariato al capitale ed una «reale», derivi che in quest'ultima condizione l'obiettivo interesse di classe del proletariato è astratto di fronte agli interessi immediati dei lavoratori. (E qui è tutto da definire cosa si intenda per interesse di classe.) Mentre, in una situazione in cui gli oggetti dell'Erfahrung individuale vengono distrutti e la soggettività dell'intellettuale minacciata, ci sarebbe - per i « ProdU2CDten in der isthctischen Sph.are » - una coincidenza di interessi immediati cd obiettivi, tale da determinare in essi l'esigenza di una e Stillstcllung der Automatik des Portschritta ». (Solo CCJ5( sarebbe restituita loro, secondo Bulthaup, una &Oggettività autocosciente, che come tale è condizione della loro «produzione>.)
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Il « prino~pio costruttivo» nella teoria della storia, come prodotto dell'inversione passato-presente, è (come abbiamo visto) correlato di un processo di inversione materi•e. La «costruzione» storica dello Historiker è metafora non eliminabile, non mediabile, ma essenziale ed autonoma di una costruzione inedita (po1itica) della storia, a partire dai frammenti che formano il presente. E solo da essi: di qui la radicale contingenza di ogni costruzione. Nella teoria, questo significa che il « principio costruttivo» non « ritrova » l'essenza perduta dietro l'apparenza. Se nel!lo svuotàmento allegorico non ci si può fermare - bisogna andare oltre, costruire - non è certo possibile tornare dietro di esso. L'allegorico, come abbiamo visto è la critica a priori di ogni dialettica teleologica, che abbia il proprio senso nella mediazione. (Questo può dire molto, a posteriori, anche sul concetto marxiano di Darstellung, Ma non è questo il luogo per parlarne). Il carattere materialistico della costruzione storica benjaminiana - che, per questo, sa la propria provvisorietà, il suo essere sperimentale, la sua differenza «teologica» da ogni pretesa alla totalità - consiste proprio nel carattere aperto della contraddizione. E questo è dato dalla complessità del tempo di quest'ultima. I,l tempo storico nel suo carattere di costellazione mobile tra momenti, nel suo definire un ,presente non puntuale e non fluido, che a sua volta definisce Io stesso soggetto storico e/ o epistemologico, è dentro il concetto benjaminiano, come l'assioma « materiale » che ne impedisce la chiusura, la circolarità del suo movimento. Per ·Benjamin è il tempo storico la potenza di ogni concetto. Ma il tempo storico non ha niente di « naturale», è un'idea - un apriori materiale - che si forma nel presente attraverso Ja costellazione dei suoi estremi {inversione ·passat~presente, rapporto conoscenza-trasformazione, ecc.). Compito del soggetto storico, come di quello epistemologico, è inscriversi in questa costellazione ed insieme conoscerla-mutarla; produrne la trasformazione. Costruirne i .frammenti che racchiude. ! H paradigma « tempo » infine che allontana ogni tentazione « idealistica » e/o organicistica dal principio costruttivo benjaminiano e costituisce il suo tessuto materialistico. Al benjaminiano concetto di costruzione è inerente allora, come abbiamo già accennato, non semplicemente l'articolazione concettuale del « materiale » raccolto (o, se vogliamo, dei « fatti ,. registrati neHa loro empiricità) ma pure, come internamente mediata, la « tessitura» temporale dell'« oggetto» ·(un'epoca, un autore, o 347
una singola opera) preso in esame. Ed i fili che s'mtrecciano in questa « tessitura » non sono ~o quelli propri del « tempo » interno all'oggetto della ricerca ma, con funzione determinante, anche quelli che percorrono l'Erfahrung dello historische Materialist. « Far agite -Pesperienza della storia, - scrive Benjamin nel Fuchs - che per ogni presente è un'esperienza originaria: è questo il. compito del materialismo storico. » 169 ,L'Erfahrung del presente (da non confondersi certo con un semplice Erlebnis) viene cos{ a svolgere una essenziale funzione all'interno detla teoria benjaminiana della storia 170 • Tale Er/ahrung è infatti uno dei poli, insieme ad un determinato «momento> del passato, della « costellazione storica » entro cui l'oggetto della ricerca si costituisce come « monade ». O. Monade.« Zum Denken gehort nicht nur die Bewegung der Gedanken sondern ebenso ihre Stillstellung. Wo das Denken in einer von Spannungen gesattigten Konstellation plotzlich einhalt, da erteilt es derselben einen Chock, duroh den es sich als Monade kristallisiert. Der historische Materialist geht an einen geschichtlichen Gegenstand einzig und allein da heran, wo er ihm als ,Monade entgegentritt. » m 11 costituirsi monadico di una determinata epoca, autore od opera è critica radicale aUa continuità indifferenziat-a, cui si affida lo Historismus. La cristallizzazione di un determinato « momento storico» in monade è ciò che impedisce la « mistica» Einfuhlung nell'accadere stor,ico (ridotto a Geistesgeschichte) ed allontana l'impulso alla reificazione nella considerazione storiografica, vale a dire fa riduzione di una determinata epoca, di un determinato autore, di una determinata opera aJ « tempo» del proprio Erlebnis. La monade è dunque la contrazione e concrezione sincronica all'interno del corso storico-temporale, che rende necessaria la costruzione dell'aspetto « diacronico» dell'« oggetto» ,preso in OA, p. 83. 170 Certo sell7..a che quest'ultima si pieghi, come vuole Habcrmas, ad essere semplice momento di una teoria dell'Er/ahrung, (cfr. J. Habermas, Bewusslmachende oder rellende Kritik, in Zur Alel"alitiil W. Benjamins, cit., p. 207). 11 processo semmai è inverso, nel senso che, per Bcnjamin, l'Er/ahrung si cosliluisce all'interno della costruzione «storico-teorica». 171 GS, I, 2, pp. 702-703. « A] pensiero non appartiene solo il movimento delle idee, ma anche il loro arresto. Quando il pensiero si arresta di colpo in una costellazione carica di tensioni, le impartisce un urto per cui esso si cristallizza in una monade. Il materialista storico affronta un og~ctto storico unicamente e solo dove esso gli si presenta come monade.• (AN, pp. 81-32.) 169
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esame dallo historische Materialist, e cioè la sua « Vor-und Nach-
geschichte ». Ci sembra impor.tante rilevare, a questo punto, come la « costituzione 11> della monade è indicata da Benjamin attraverso un duplice movimento: da un lato, è ,prodotta dal pensiero, dal suo arrestarsi, dallo « chock » che questo impartisce ad una « costellazione carica di tensioni»; dall'altro, il pensiero accede ad un oggetto storico, solo allorché questo gli si presenta come già strutrurato monadicamente. La contraddizione qui è - come ha ben visto la Gref.frath - soltanto apparente: « questa è una contraddwione, finché si patte dalla necessità di 1legare il momento che costituisce la monade ad uno dei due fati: o a quello del soggetto che scrive la storia, o a quello dell'oggetto storico. Invece in Benjamin deve essere ipotizzata una doppia determinazione: la storia presenta corrispondenze e coste11azioni obiettive, che ,però nel potenziale critico in esse contenuto, vengono dispiegate solo attraverso la costruzione storico-materialistica » 172 • La monade si presenta allora come fa struttura in cui si fondono il materiale organizzato dal pensiero ed il « movimento » organizzante del ,pensiero stesso, come la categoria che unifica quindi il processo conoscitivo e l'articolazione (anche processuale) interna al suo« oggetto», determinando - per la temporalità storica che in essa (nella monade) agisce come tessuto connettivo l'origine storiCll della stessa costruzione, senza, per questo, farla ricadere in un nuovo, storicistico, relativismo 173 • A questo punto gli elementi ,piu squisitamente epistemologici del discorso benjaminiano si saldano con quelli che, prima, abbiamo detto politici e la sua « Geschichtstheorie » mostra di in K.R. Greffrath, in MA, p. 229. Riguardo al problema della monade dr. anche H. Engelbardt, De, historische Gegemtand als Monade, in MA, pp. 292-315, il quale insiste soprattutto su una pretesa mancanza in Benjamin, del criterio secondo cui deve venir « costruito i. il materiale storico; criterio che,
per l'autore in questione, non sembra possa consistere in altro che nel « Verstehen • diltheyano e quindi, in ulùma istanza, nell'Erlebnis, che fonda l'omogeneità tra conoscente e conosciuto. 173 Semmai si può parlare in proposito come ha fatto la Greffrath, in MA, p. 226 - della piu radicale « storicizzazione, di ciò che viene chiamata la verità della storia i.. L'immagine del passato che minaccia di scomparire, se non è colta nello « historische Augenblick •, significa a questo punto la non indifferenza delle « operazioni teoriche » al « tempo • della loro messa in atto. Certo bisogna tener presente che questo tempo è affatto particolare e non ci si deve mai stancare dal distinguerlo da ciò che con tale termine ci si rappresenta comunemente.
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implicare al suo interno una « T heorie der Erfahrung mit der Geschichte ». È nella struttura monadica che assume l'oggetto storico, infatti, che lo historische Materialist riconosce « il segno di un· arresto messianico dell'accadere o, detto altrimenti, di una chance rivoluzionaria nella lotta per il passato oppresso. Egli la coglie per far saltare un'epoca determinata dal corso omogeneo della storia; come per far saltare una determinata vita dall'epoca, una determinata opera dall'opera complessiva. Il risultato del suo pr cedere è che nell'opera è conservata ·e soppressa [aufbewahrt ist und aufgehoben] l'opera complessiva, nell'opera complessiva l'epoca e nell'epoca l'intero decorso della storia. Il frutto nutriente dello storicamente compreso ha dentro di sé il tempo, come il seme prezioso ma ,privo di sapore » m.
III A. Tempo vuoto e lavoro astratto. 1Molte delle figure concettuali che danno vita alla «dialettica» delle Thesen (come apparirà chiaro dal complesso delle pagine precedenti) non fanno certo la loro comparsa in quest'ultimo scritto henjaminiano. Se alcune, come quella di Ein/iihlung, sono oggetto della sua critica sin dal saggio Goethes W ahlverwandtschaften e, in modo ancor piu deciso, dalla Vorrede al Trauerspielbuch, altre, come quella di Rettung, affondano le proprie radici negli scritti piu marcatamente « teologici » del giovane Benjamin, o, come quella di Costellazione e di Monade, svolgono una funzione di rilievo nella struttura del « discorso» critico-metodologico premesso all'Ursprung. Altre ancora, sono, almeno nella loro esplicita tematizzazione, di acquisizione piu recente per la produzione benjaminiana; scaturendo, come il concetto di costruzione, all'interno della riflessione metodologica inerente alla Passagenarbeit o, come la critica all'idea di progresso (nella sua complementarietà a quella dell'eterno ritorno), dallo stesso « materiale » trattato nel complesso di quella ricerca, oppure, come la critica alla Geschichtsaulfassung della Socialdemocrazia, essendo già state ampiamente sviluppate nel saggio su Fuchs. Quel che però possiamo dire costituisca il « novum » del:le Thesen è certamente la connessione che si instaura tra questi « ele174
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AN' p. 82.
mentii » del pensiero benjaminiano. Questa connessione forma la «costruzione» (non certo «finita» in tutte le 5ue parti) del discorso benjaminiano « iiber den Begriff der Geschichte », e produce la ri-definizione e/o chiarificazione dei termini cui sopra abbiamo fatto riferimento. Quest'ultima è compiuta, da un lato, facendo ruotare tutta 1a pars destruens delle Thesen attorno al perno della critica al concetto di tempo vuoto ed omogeneo e quindi esclusivamente -lineare e continuo, d2ll'altro, articolando quella costruens in direzione del -tentativo di delineare il concetto di « tempo storico ». Se ormai è chiaro che jJ « tempo vuoto», puramente quantitativo, non è mera parvenza ma l'« apparenza socialmente necessaria» del « tempo» del prodursi e riprodursi del capitale, per cui « il ritmo puramente quantitativo secondo il quale si muove il processo è ] '-immagine rovesciata della riproduzione della forma» 175, a questo punto possiamo dire che nel concatenarsi del discorso benjaminiano prima e all'interno delle Thesen v'è come un anello mancante. Quello della stretta connessione che intercorre tra« tompo vuoto» e« lavoro astratto». Attraverso la tematizzazione di un tale nesso è possibile, a nostro avviso, senza togliere niente alla specificità del discorso benjaminiano, trovare un correlato all'interno della critica della economia politica marxiana sia all'opposizione, posta da Benjamin, tra « tempo vuoto-omogeneo » e ]etztzeit, che all'inversione, da lui vista come necessaria, del rapporto passato-.presente. E questo partendo dall'aspetto «qualitativo» che si cela nello scambio (apparentemente quantitativo e apparentemente tra eguali quantità) tra capitale e forza-lavoro, tra tempo di lavoro oggettirvato e tempo di lavoro vivo; dal conseguente « dominio del tempo del capitale sul tempo di lavoro». Questo dominio - scrive De Giovanni - « si proietta come dominio della quantità sulla forma, indotto da una forma sociale che funziona attraverso il rovesciarsi reale-apparente della forma nella quantità . .JI tempo di lavoro {valore) prodotto dal lavoro vivo oltre fa propria riproduzione appare nella forma di un puro incremento quantitativo del valore esistente. La conservazione del tempo di lavoro passato attraverso l'aggiunta di lavoro vivo ·(presente) è interna al processo di autoconservazione del capitale ... 175
B. De Giovanni, Per un'anlllili politica del « tempo di lavoro• in Ma,x,
cit., p. 41.
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La continuità [ c.11.] della linea di accrescimento - e l'unicità del suo soggetto - sottrae ogni discontinuità [c.n.] al ritmo di aumento del valore esprimendo al massimo Ja qualità della produzione capitalistica: la moltiplicazione del valore di scambio ... Il potere del capitale è nell'uso del valore d'uso della forza-lavoro come .forma del dominio deJ tempo del capitale -sul tempo del lavoro. Ma l'uso della forza-lavoro è tutta guardata dentro l'orhzonte della quantità che s'accresce»; cosicché « la realtà della quantificazione è proprio in questa esclusione reale della qualità del rapporto di produzione » 176 • B. La politica e le forme. Ma non è piu tempo di guardare indietro. ,Le Thesen benjaminiane ed in esse tutta fa sua opera ci «gettano» nel presente. In questo esser gettati siamo letteralmente costretti a lasciare molti «passaggi». Il lettore li rtpercorrerà in silenzio come meglio crede. ,Pensare spesso è saltare, è un brusco sostituirsi di immagini. Non interessa adesso riempire il vuoto che le divide. Ad ognuno il suo salto, 5econdo il suo « tempo». Questo non signiika che il salto può essere evitato: mutano solo i suoi modi. Nel problema attuale del rapporto tra },a politica e le forme, la lettura di Benjamin costringe a considerare il paradigma tempo come costitutivo di questo rapporto. Il volto del presente ha ormai definito a chiare note l'inade&tJatezza di una concezione del primato della .politica» come comando esterno sulle forme, loro estrinseca normatività 177 • ,Le molteplici forme del i)resente hanno una logica propria, autonoma, irriducibile; di esse non si può dare sintesi organica, armonica fusione o sintassi normatiiva. Questa è i·nefficace utopia. Non c~ esperanto filosofico-scientifico, né politico che possa fondare e/o unificare la molteplicità delle lingue che queste forme pa·rlano, la loro autonomia. Il politico, la 5ua forma specifica - su questo ha insistito in tempi recenti Cacciati - non è metalinguaggio di questa molteplicità di linguaggi,
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176 B. De Giovanni, Per un'analisi politic• del « tempo di l11Vo,o » in M4rx, cit., p. 136. Per le contraddizioni interne a questo dominio e per la possibilità di un suo rovesciamento si vedano, in questo saggio, anche le pp. 51-54. Su questa tematica rimandiamo inoltre al citato saggio di H.J. Krahl, Tempo di lavoro: trascendentalità e capitale. 171 Or. per questo, ad esempio, il saggio di B. De Giovanni, Intellettumi e Polere, in Critica marxistt1, n. 6, 1.977, pp. H-35, e in particolare le pp. 12-22.
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ma richiesta del loro sviluppo, trasformazione dei Joro codici interni, dei loro modi e strumenti produttivi, delle loro tecniche. Lo spazio in cui lavora una politica di trasformazione « nel senso del socialismo » - questa è la grande intuizione dell'Autore come produttore - è la scissione tra forme e potere, in quanto essa esprime una disarticolazione tra forme e sviluppo del loro linguaggio. La contraddizione storica attuale è policentrica: la contraddizione sorge dentro ogni .forma dell'umverso sociale, dentro ogni linguaggio scientifico particolare - è sempre Benjamin a introdurci in questa verità - per la sua volontà di affermarsi e quindi di mutare i rapporti di potere politico-economico che ne bloccano lo sviluppo. Ora il problema è: cOIDe si unifica, si organizza il ,policentrismo delle contraddizioni in un ,progetto politico, come si effettua l'egemonia di una classe nel processo di organizzazione delle contraddizioni, come si esprime in esso la « centralità operaia »? Il problema non può qui essere nemmeno sfiorato, molte discussioni e con ben altre competenze sono sorte -attomo ad esso ed a queste rimandiamo. Qu-alcosa può essere detto a margine do.po questo itinerario dentro l'opera benjaminiana. La volontà di potere di ogni linguaggio, di ogni forma dentro la çontraddizione poli.tica che ila «lega», che arresta il suo dispiegarsi, non .può che spezzare J,a compattezza delle forme stesse. Ma cos'è tale spezzarsi se non un comunicare delle forme tra loro, il necessario aprirsi di mia breccia nella Joro autonomia linguistica? Questo comunicarsi è volontà di parlare dent,ro un progetto politico di trasformazione complessiva; e questo non significa certo fare della politica fa nuova lingua in cui le altre si ,traducono. La politica non è cos{ metalinguaggio, ma l'attività del tradurre le lingue tra loro per la foro trasformazione, il movimento del loro parlarsi. Tradurre una lingua in un'«ltra non implica un metalinguaggio, non dà luogo a una loro esterna fondazione, ma immette le differenze de!l'una nell'altra, senza togliere la specificità di entrambe. Quel che -nella traduzione si comunica è l'intentio di una lingua - o meglio la tensione tra l'inteso di essa e la sua espressione linguistica - che nel suo tradursi in altra lingua contribuisce a trasformarla 178 • L'effettualità egemonica del politico, se consiste solo nel 171 Questo non esclude il momento conflittuale di questo tradursi, dato dalla volontà di potere che definisce l'intenzione di ogni linguaggio, volontà che non è che l'altra faccia della sua tensione a trasformani, ad esprimere cosi la sua forma.
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promuovere l'autonoma trasformazione dei vari linguaggi, lo sviluppo delle loro forze produttive, nell'organizzare queste in un progetto di. mutamento dei rapporti di produzione generali e specifici (interni cioè a ogni « autonomia » ), non può allora meramente riflettere la loro reciproca lontananza, ma richiede la loro continua ,intersecazione, la loro comunicazione, la loro reciproca traduzione. Questa non è che la socializzazione dei mezzi di produzione intellettuali di cui Benjamin parla in conclusione a L'autore come produttore. Proprio perché questi llinguaggi, queste tecniche non sono totalmente formalizzabili (riconducib1li cioè ad un'unica logica), non sono in rapporto di lineare o circolare continuità, è necessario questo loro reciproco e continuo attraversa·rsi, tra-dursi. Questa è una operazione storica che non può avvenire senza scarti, residui, imperfezioni: è necessariamente e in permanenza provvisoria 179 • Ma in questo è la condizione per costruire un nesso efficace tra sviluppo, forme e politica, dentro questa crisi, che non condanni l'autonomia dei « soggetti» che ogni forma esprime al corporativismo o all'utopia che il proprio linguaggio sia l'unico, contenga la propria salvezza. Reciproca traduzione allora non è altro che il processo politico di trasformazione delle forme, organizzate tin una strategia tesa a rivoluzionare i rapporti di potere che ne bloccano la produttività. Traduzione è quindi concetto dinamico, perché non costituisce solo il comunicarsi della ,trasformazione delle forme, in quanto il loro ,reciproco informarsi determina a sua volta trasformazioni al loro interno. Politica è questo trasformarsi-tradursi delle forme, dei loro linguaggi: solo cosf il legame cli queste con lo sviluppo si annoda a quello del potere. In questo senso traduzione è socializzazione dei loro Jinguaggi, che li mantiene nella loro differenza, nel loro limite produttivo. Qui ci sembra possa chiarirsi a sua volta il senso della formula: socializzazione della pontica. ~ qui che anche la politica, come forma autonoma, linguaggio speci.fico, spezza la propria separatezza. In tale prospettiva la politica non sottostà ad alcuna utopia di riduzione ad un'unica ragione delle forme, non se ne presenta come il significato, non esprime il loro « appaesamento », la loro radice. Essa stessa si 179 Cfr. per questo l'articolo di S. Vcca, Allo di abiura pe, NewlonJ, in l'Unittl, 12 agosto 1978, sul problema di praticare le crisi della ragione classica
come « crescita di razionalità», a patto di « rimpiazzare un'imm,gine dinamica e appunto provvisoria, revocabile della razionalità ». Problema che include un parziale e mobile interrelarsi e tradursi di linguaggi e saperi locali.
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tra-duce nelle forme senza risolversi in esse. Si presenta a questo punto l'attualità della foi,mula gramsciana « specialismo politica». Ed a questa altezza può svilupparsi-definirsi il materialismo storico come teoria di tale processo, in cui le contraddizioni divengono trasformazioni ed in questo come « scienza della transizione» (De Giovanni). Il « ·paradigma tempo», cui ,prima abbi-amo accennato, com. plica ulteriormente il rproblema politica-forme. Non considerarlo rischierebbe però di trasformare in aporia questo che è il problema del ·presente. Innanzitutto esso dice che la struttura del presen,te -non è superficiale, piatta. Dentro la sua aspra complessità si dispone il -passato, contribuendo a detel'minare Ja forma stratificata del suo volto roccioso, ma non - si -badi - in modo lineare, volgarmente temporale. Di qui la necessità di una teoria e pr·atica della politica, flessibile, ,sperimentale, che, insieme alla discontinuità del volto del presente, consideri la complessità « storica» delle sue forme. g questo il contrario dello Historismus (di Storicismo): al freddo pungente che emana dal Cattivo Nuovo le « vecchie » forme non si fluidifica.no nel processo, lllQ si complicano nel loro intreccio con le nuove. Formano inedite cristallizzazioni storiche. Mutano la configurazione del problema di cui siamo par-te, rendendo inservibili le antiche risposte, che non avvertono gli stessi mutamenti all'interno del soggetto «politicamente» responsabile. IDel soggetto cioè che ,può rispondere egemonicamente nella crisi attuale. In uno dei frammenti del complesso dei lavori sulle Thesen, si legge che « alla molteplicità dei linguaggi » corrisponde « fa molteplicità delle storie » 110 • Le lingue che le forme, i soggetti del presente parlano, anche le piu recenti, non sono astratte dal processo in cui sorgono, sono ca,riche di storicità determinata, di tradizione, pure se in una forma lacerata, sfibrata, discontinua. Il presente è costituito anche dall'intreccio delle varie tradizioni e dal peso e/ o dalla forza che esercitano nelle loro attuali lingue, come pure dall'ef.fettualità delle loro crisi in queste. Una politica che non consideri dunque i tempi storici di ogni forma - prodotti anche dalla presenza, intreccio e conflitto delle di,verse tradizioni - sarebbe impotente o puramente repressirva. La necessaria immagine del processo storico - che ne sarebbe il referente - è un'illusoria
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Or. GS, I, .3, pp. 123.5 e 1238.
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linea che al suo comparire brucia inesorabilmente quanto la precede. Il suo complementare pendant è l'immagine storicistica che confida nell'immortalità del passato, della sua immota continuità nel presente. Ma il passato, come abbiamo visto nelle Thesen, permane solo trasformando repentinamente le sue immagini. La « salvezza » del passato - il ma,n.tenerlo ·nella sua « apertur-a », senza illudersi di negarlo astrattamente o nutrirsi dell'utopia della sua conservazione - sta nell'afferrarne l'immagine giusta, ·proprio nel « momento» del suo sv,anire. •Lasciare che il «passato» sia inghiottito, non mantenerlo nei suoi elementi tuttora in atto non è che il segno di una politica inefificace, inattuale (nel senso piu negatiovo del termine). t questo anche il ·problema della « memoria storica » per il movimento operaio. Una politica di trasformazione-traduzione dei linguaggi delle forme del presente è egemonica, efficace, quando «opera» nelle loro tradizioni, quando ne comprende e ne permea i tempi storici, i differenti ritmi - senza alcuna pretesa di omogeneizzarli in un unico tempo, ma riuscendo ad esprimerne il maggior numero nella linea vettoriale significata nel suo progetto. E questo vettore sarà tanto piu ,profondamente ed estensivamente rivoluzionario, quanto maggiori saranno le forze di cui è risultante. Nessuna delle lingue che ormai sempre piu confusamente gremiscono la scena attuale è sorta dal nulla, è ,priva di passato. Per questo si tratta di scoprire le fila del passato - nei suoi elementi non definitivamente t-rascorsi - che si intessono nel ,presente. Solo interrogando ciascun linguaggio circa la sua tradizione, circa la sua adoperabilità, la sua funzione possibile o effettiva, aiutandolo quindi a decidere quanto dd suo passato è ritardante peso o elemento di forza nelle contraddizioni si può favorire un processo di intersecazione-traduzione dei linguaggi attuali . .Intersecazione-traduzione produttiva proprio attraverso le differenze, anche estreme, di ciascuna Hngua, di ciascun « soggetto •parlante ». Politica dunque come « integrazione produttiva » dei diiversi linguaggi che - senza alcuna pretesa di prescriverne a priori le diverse direzioni di sviluppo o senza certezze teleologiche sull'esito del suo movimento - vive nella tensione a tradursi in una « sobria ,prosa ». Una ,prosa che per diffondere la sua comprensibilità non si rifugia nelle forzose abbreviazioni di un qualsiasi esperanto, sapendo sempre ddl'estrema provvisorietà della traduzione che rappresenta, conoscendo la sua radicale 3.56
storicità. In essa 1•uttima prosa - quella « del mondo di una onnilaterale e integrale Attualità», di una Festa purificata da iuaIsiasi rituale celebrativo e per questo subito compresa da tutti 1 vive solo come « sospesa » tensione come quanto si nega al dire di ogni «storico» linguaggio.
111 Or. per questo GS I, 3, pp. L2J3.3-9. Qui, in questi frammenti cui rimandiamo, emergono temi e problemi di una dimensione delle Thesen esplicitata in queste pagine solo per cenni e alla quale, invece, in futuro dovrà essere dedicata la necessaria attal.zione. Si veda intanto il nostro articolo, Benjamin e il tempo storko, in Pace e Guemi, a. 1, luglio-agosto 1980, n . .5, pp. 23-26.
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