Vite di filosofi e sofisti 8845258416, 9788845258411

Testo greco a fronte. Eunapio di Sardi, nato nel 347 d.C., fu un retore e uno scrittore che visse nel periodo più turbol

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Italian, Greek Pages 744/759 [759] Year 2007

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Vite di filosofi e sofisti
 8845258416, 9788845258411

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BOMPIANI IL PENSIERO OCCIDENTALE direttore

GIOVANNI REALE

segretari: Vincenzo Cicero Giuseppe Girgenti Roberto Radice

Volume elaborato nell'ambito di Aglaia, Dipartimento di Studi greci, latini e musicali. Tradizione e modemi!A deii'Universi!A di Palermo.

EUNAPIO DI SARDI

VTTE DJ FTLOSOFT E SOFTSTT Testo greco a fronte

Introduzione, traduzione, note e apparati di Maurizio Civiletti

rf:l9.. BOMPIANI

~ IL PENSIERO OCCIDENTALE

ISBN 978-88-452-5841-1 C2007 R.C.S. Libri S.p.A., Milano Tedizione Bompiani Il Pensiero Occidentale marz.o 2007

A Deborah e Luca

PREMESSA

Contrariamente alla frammentaria opera storica di Eunapio di Sardi (latoptx:à lmOJ.I.VTUJ.ata), che ha goduto di grande attenzione da parte degli studiosi modernt\ le Vite di filosofi e sofisti non hanno suscitato un interesse altrettanto vivo e profondo; e gran parte dell'attività di ricerca che, soprattutto a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, vi si è concentrata, si è per lo più limitata allo studio di tutti quei suoi elementi che avevano una certa rilevanza dal punto di vista storico e risultavano, altresz~ utili in quanto testimonianza indiretta della produzione storiogra/ica dello scrittore di Sardz'2. Un'eccezione rappresenta la monografia dell'inglese Robert]. Pene/la (Leeds, 1990) e l'articolo di David F Buck di due anni dopo, dedicati all'indagine degli aspetti storico-lettel Segnalo, fra tuttz; gli studi dello svizzero François Paschoud, e dell'italiano Antonio Baldini, che all'opera storica eunapiana ha dedicato un'intera monografia (Baldini '84) e altri apprezzabili contributi su problemi spect/ici (per esempio la questione della datazione, il problema delle due ediziom; il rapporto dell'opera storica con le biografie e con altre fonti storiche antiche, pagane e cristiane: vd. A. Baldini, Le due edizioni della Storia di Eunapio e le fonti della Storia nuova di Zosimo, «AFLM» 19, 1986, 45-109; Id. '95; Id. '97; Id. 2001; Id., Una confutazione cristiana della versione pagana della conversione di Costantino: ulteriori considerazioni di storiografia, «RSA» 33, 2003, 217 -41); e poi l'edizione dei frammenti storici a opera di Roger C. Blockley (1983, II, pp. 2-150), che si accompagna a una breve trattazione del personaggio e della sua prospettiva ideologica (1981, I, pp. 1-26), e ancora lo studio dello spagnolo ]osé A. Ochoa del 1990, gli apprezzabili articoli di Kenneth S. Sacks del1986 e di Luigi Tartaglia del1995. 2 Vd. l'ancora insuperato studio di Lellia Cracco Ruggini del1972, e alcune parti della monografia di Baldini del 1984 spect/icamente dedicate alle biografie eunapiane (segnalo, in partic., pp. 90-110, 196204) e i suoi summenzionati articoli de/1997 e de/2001.

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PREMESSA

rari dei Biot eunapiani, il cui impianto essenzialmente letterario e descrittivo non ha però consentito ai rispettivi autori di affrontare approfonditamente i contenuti filosofico-religiosi sottesi all'impalcatura ideologica di questo scritto. Fa eccezione anche l'articolo di Garth Fowden del 1982, che tuttavia, pur avendo il merito di lumeggiare lo stretto rapporto fra il modello della «santità» pagana e quello della cultura filosofica - con tutte le implicazioni sociali del caso -, è uno studio dedicato non specificamente alle biografie di Eunapio, ma più in generale alla produzione biografica e soprattutto filosofica tardoantica. Dobbiamo attendere il 2000 per avere, a opera di Patricia Cox Miller (che già diciassette anni primi aveva pubblicato uno studio sulla biografia tardoantica, nel quale affrontava, seppure in relazione soltanto ad autori precedenti a Eunapio, come Filostrato e Por/irio, la questione del modello biografico del filoso/o divino3 ), un lungo e prezioso articolo sulla dimensione religiosa della biografia collettiva (cristiana e pagana) di IV sec. d.C., e in particolare sulle tecniche narrative degli eunapiani Bi.ot cptÀ.oaocprov 1mi. aocptatrov e sul loro orizzonte ideologico4. Questo studio è stato seguito, l'anno successivo, da un contributo importante di Richard Goulet sulla struttura delle vite dei filosofi nella tarda antichità5, che, pur non riguardando esclusivamente il testo eunapiano, ha avuto senz'altro il merito di enucleare elementi strutturali e modelli letterari propri della biografia tardopagana riscontrabili anche nell'opera di Eunapio. Prova di uno scarso interesse specifico per un testo importante come i Biot cptÀ.oaocprov x:ai. aocptatrov di Eunapio, che costituiscono la principale /onte di cono3 Cox, in partic. cap. 2, pp. 17-44 (dal titolo Biography and Paradigms of the Divine Sage). 4 Cox Miller, 209-54, in partic. 209-30, 235-49. 5 Goulet 2001, 3-63.

PREMESSA

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scenza della scuola neoplatonica di Pergamo, è l'assenza di una traduzione recente condotta sull'edizione critica di Giuseppe Giangrande, che ha visto la luce nel1956 ed è a tutt'oggi l'edizione di riferimento. I:unica traduzione italiana è quella di Niccolò Tommaseo del 1831 (contenuta nel IV volume degli Storici minori volgarizzati ed illustrati, a cura di Spiridione Blandi) che, in quanto basata su criteri estranei alla moderna critica testuale, risulta spesso inattendibile e oltremodo fantasiosa. Oltre alle aniiche traduzioni in latino di Iunius e Boissonade, anche le altre traduzioni più recenti sono precedenti al testo critico di Giangrande, e risultano pertanto, in diversi punt~ insoddisfacenti e imprecise: sono quella francese di Stéphan de Rouville del1876, e quella inglese di Wilmer Cave Wright del1921 (ristampata nel1961)6. I.:unica traduzione successiva all'edizione di Gian grande, quella spagnola di Francisco De P Samaranch del1966, è condotta unicamente sul testo della Wright, e non apporta, rispetto a quest'ultimo, nessun ulteriore contributo testuale ed esegetico degno di nota. Una traduzione moderna e commentata delle Vite di filosofi e sofisti si giustifica, pertanto, per l'esigenza non solo di interpretare un testo estremamente complesso dal punto di vista linguistico e sintattico, spesso allusivo, bra6 L'esistenza di un'altra traduzione, quella olandese di F. Hendrickx (De levens van sophisten en philosophen van Eunapius. Vertaling en commentaar, Thèse de lic. Univ. de Gand, 1946), completamente ignorata da tutti gli studi su Eunapio biografo, è segnalata unicamente dall'Année Philologique (vol. XX, p. 41); nonostante gli innumerevoli s/orzz; non sono riuscito a procurarmela. Il responsabile della Biblioteca dell'Università di Gand mi ha cortesemente comunicato che nell'anno in cui questa tesi di laurea è stata ufficialmente presentata e discussa non co"eva ancora l'obbligo, per il suo autore, di depositarla nell'archivio di Facoltà (obbligo che venne imposto solo a partire dal1950): ragione per cui questo lavoro è, almeno fino a oggz; introvabile.

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PREMESSA

chilogico, persino criptico7, e talvolta anche guasto, ma anche di tentare di lumeggiare, in assenza di un commentario moderno, oltre agli aspetti storici, letterari e linguistico-retorici, soprattutto quelli filosofico-religiosi, e di individuare, per quanto possibile, la base dei fondamenti ideologici del biografo di Sardi. Convinto che la composizione delle biografie eunapiane risponda all'esigenza di valoriz.z.azione dei tratti zdentitari di un paganesimo che si sente sempre più minacciato e messo ai margini dal potere del cristianesimo ormai istituzionalizzato e delle sue frange più integraliste, mi sono s/orz.ato di cogliere la valenza culturale di questo scritto, di contestuali1.1.arlo nel dibattito ideologico di IV secolo, e di interpretar/o a partire dalle cornici valutative di uno dei soggetti interni a questo complesso e intenso dibattito: il filone mistico dell' ultimo platonismo, di cui fece parte anche lo scrittore di Sardi. Ritengo che l'elaborazione eunapiana del per/etto modello di filoso/o divino, interlocutore privilegiato della divinità, taumaturgo e campione di virtù ascetiche, acquisti pieno senso storico soltanto se posto in stretta relazione con l'impegno con il quale una parte dell'intellighenzia pagana operò nell'accertamento dell'origine divina e 7 Riporto i giudizi che ne hanno dato il primo e l'ultimo editore. lunius, nella premessa della sua editio princeps de/1568, scrive: «f. .. ] quo nihil obscurius sit, oh concisam dicendi et saeculi illius genio peculiarem phraJim»; e non diversamente Giangrande '56 bis, 71: «lo stabilire il testo dell'opera in questione- sci/. delle biografie- è compito non poco arduo, sia per lo stato della tradizione {. .. ] sia per la oscurità stessa della lingua di Eunapio, che come scrittore non è certo un modello di perspicuità, e spesso anzi si studia proprio di non esserlo». Sulla lingua di Eunapio rimando agli articoli di Giuseppe Giangrande (Caratteri stilistici delle Vitae Sophistarum di Eunapio, «BPEC>> N.S. 4, 1956, 59-70; Herodianismen bei Eunapius, «Hermes» 84, 1956, 320-31) e a quello di Barry Baldwin (The Language and Style of Eunapius, «Byzantinoslavica>> 51, 1990, 1-19, in partic. 1-15) che, seppure specificamente dedicato a/linguaggio e allo stile dei framenti storia; concede tuttavia spazio a un utile confronto con la prosa delle biografie.

PREMESSA

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celeste dei poteri dei filosofi, e nella netta separazione di questi ultimi da /orme illegittime di esercizio di potere soprannaturale. Penso, quindt; che valutare un'operazione culturale come quella compiuta da Eunapio sulla base di una distinzione di fondo tra filosofia razionale e magia i"azionale (come è stato e continua a essere /atto da studiosi e storici della filosofia), significherebbe interpretar/a prescindendo dai codici culturali che le sono propri; significherebbe, in ultima analisi, rischiare di non comprenderne la specificità storica. A questa fondamentale linea di ricerca (per la quale si è resa indispensabile, oltre alla consultazione di una vasta bibliografia per l'indagine storico-letteraria del periodo di rt/erimento, anche la lettura di numerosi testi antichi, come per esempio il Corpus Hermeticum, gli Oracoli Caldaici, la Vita di Apollonio di Tiana di Filostrato, la Vita di Pitagora di Por/t'rio, la Vita Pitagorica e il De mysteriis di Giamblico, la Vita di Proclo di Marino di Neapoli, i discorsi e le epistole di Giuliano Imperatore, diverse orazioni di Libanio e Temistio, le Storie di Ammiano Marcellino, gli stessi /rammenti della Storia di Eunapio, la Storia nuova di Zosimo, ma anche testi cristiani come la Vita di Antonio di Atanasio, o la Vita di Macrina di Gregorio di Nissa, e altri scritti agiogra/tà più o meno coevi ai Biot eunapiani, come la Vita di Ilarione di Gerolamo, e alcune sezioni delle Storie Ecclesiastiche di Sozomeno e Socrate, etc.) si sono ovviamente affiancati interventi esegetici specifici riguardanti questioni di cronologia e di identificazione di personaggt; e la verifica, ove possibile, dell'attendibilità della /onte eunapiana attraverso il confronto con altre testimonianze antiche più o meno contemporanee. Questo lavoro è il /rutto della mia quadriennale attività di ricerca svolta in qualità di assegnista presso il Dipartimento AGLAIA dell'Università di Palermo e finanzia-

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PREMESSA

ta dal MIUR. Voglio ringraziare il mio tutor, pro/ Salvatore Nicosia, per l'opportunità of/ertami di svolgere questa ricerca e per i suggerimenti e il sostegno datimi nel corso di questi anni. Ringrazio poi il pro/ Giovanni Reale per avere accolto il presente volume nella collana «Il Pensiero Occidentale», e l'amico dott. Giuseppe Girgenti per avere seguito con massima cortesia e gratuita disponibilità le fasi della sua pubblicazione. Un grazie particolare va agli amici e colleghi del Dipartimento AGLAIA con i quali ho discusso l'interpretazione di diversi passi del testo eunapiano: prima di tutti Andrea Cozzo, al quale devo lunghi e intensi momenti di riflessione e alla cui sincera e amichevole disponibilità va tutta la mia più sentita gratitudine; e poi Franco Giorgianm; sempre prodigo di utili consigli, Sabrina Grimaudo, il pro/ Gennaro D'Ippolito, e Francesca Prometea Barone, cui mi lega l'amore per la tarda antichità. Un grazie di cuore anche a Valeria Andò per l'amicizia e l'affettuoso incoraggiamento. Desidero ringraziare anche mia moglie Deborah per la stima sempre dimostratami e per l'amorevole presenza, e mio figlio Luca, che mi ha insegnato il gusto dell'ingenuità e l'amore per la scoperta, e ha allietato con la sua vivace allegria tante giornate trascorse al computer.

Maurizio Civiletti

INTRODUZIONE ~n

'tiìç J.I.E'YiO't'llç tou cp86vou ttoVT]piaç· tòv e\rroxft IJ.tOEi nç, ov 9eòç cptA.Ei. Outroç civo11tot t ttA.avCÒJ.leea, OUt\Jì..roVfl't"tK:òç A.Oyoç) all'imperatore o al suo drchon; esaltare la città dietro richiesta dei cittadini e offrire un'immagine idealizzata della realtà storica locale; inoltrare all'imperatore o ai suoi funzionari istanze o suppliche ufficiali. Tutto questo, però, non sembra minimamente suscitare l'interesse e l'attenzione di Eunapio, il quale esclude dal proprio racconto qualsiasi cenno alla funzione professionale della sofistica quale mezzo di preparazione e avviamento alle future carriere dei notabili provinciali (avvocatura, funzionariato imperiale, decurionato) e al valore della retorica quale fattore di avanzamento sociale4J. Egli si concentra, invece, quasi unicamente sulla valenza culturale di questa professione, presentata in tutto il suo alone sacrale, oggetto di ammirazione da parte non solo di governatori (vd. il caso di Anatolio, di Giusto e Dario), ma anche dell'imperatore (vd. l'ammirazione incondizionata di Costante nei confronti di Proeresio). 40

Pyth. 8, 44, p. 25,2-5 Deubner (axeoov yàp taiç ayroyaiç ota-

~pet v "tO"Ùç

IJ.È:v av9pcòn:ouç "tciiv &rjpioov, "tO"Ùç OÈ "'EU11vaç "tOOV j3ap13Qpoov, toùç oÈ ÈA.eu9épouç tciiv oitcuciiv, toùç OÈ cjltÀ.Ooo~uç tciiv "tUXOV"toov). Ma cfr. anche Iul., Ep. 201, 413d, p. 231,3-5 Bidez ([. .. ] ~apeioç, av"JÌp ~ap~apoç Kai a7tatOEU"tOç [ o] OÈ OÉ, avopa "EU11va Kaì. 7tatoEiav aÀll&ii 7tpEo~oovta). 41 Vd., &a i tanti, Kennedy, 133-41; Brown '95, cap. 2; Lim, 61-4. 42 Sull'argomento vd. Petit '56, in partic. III e IV parte. 43 Al riguardo vd., fra tutti, Petit '56, 168-92. 00

INTRODUZIONE

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Eunapio guarda alla sofistica come mezzo di trasmissione e salvaguardia dell'eredità culturale greca. Essa vale per lui come paidéia, come forma e sostanza dell'educazione antica, comprendente lingua, mito e religione44. E la paidéia, a sua volta, viene intesa come appartenenza orgogliosamente consapevole al paganesimo ellenico in netta contrapposizione al cristianesimo più retrivo e intollerante. Non a caso, è proprio l'imperatore Giuliano a occupare la posizione centrale degli eunapiani Biot cptM>cr6cprov 1caì. crocptcrtrov (la medesima posizione centrale che questo j3am.A.Euç viene a occupare nella successione dinastica che va da Costantino a Teodosio), quel Giuliano che, volendo assicurare al suo regno un personale amministrativo reclutato unicamente fra i membri del ceto colto dei notabili che avevano scelto un percorso di formazione retorica, aveva tentato di farne un esempio storicamente realizzato di vera fioritura della cultura ellenica, quel Giuliano che in virtù del suo totale ossequio alla paidéia aveva superato e vinto, secondo quanto afferma Libanio45, ogni altro imperàtore. La lotta che la politica imperiale antipagana di Valente e soprattutto di Teodosio, insieme alle frange estreme dd cristianesimo (i monaci, talora appoggiati da vescovi particolarmente agguerriti come Teofilo), aveva mosso contro i fondamenti mitico-religiosi del paganesimo investiva inevitabilmente il patrimonio culturale, e principalmente letterario, che quei fondamenti conteneva e trasmetteva da secoli; nell'ottica di Eunapio, come del resto già dell'imperatore Giuliano, la difesa pagana dalla violenza dell'integralismo cristiano è logicamente com44 Insomma, quello che esprime la formula giulianea e libaniana /6goi·hierti. 45 Lib., Or. 13, 8, p. 65,17-19, Forster Il: 'tO'Ùç a· a'Ù IJ,E'tà VOU tomo EOXllKOtaç VtKQç È:'tÉpco9Ev, J.uiUov 8È: Kaì toutouç KàKEivouç ànò trov a\rtrov vtKQç, [È:K] nat8Eiaç Kaì 'AiY'(WV. Sulla politica culturale di Giuliano vd. Athanassiadi-Fowden, cap. IV.

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INTRODUZIONE

prensibile e auspicabilmente realizzabile tanto sul piano religioso (da qui, pertanto, il senso della dimensione del 9El.oç tÀ.Ocroc~K>ç elaborata e costruita da Eunapio all'interno del suo scritto) quanto su quello intellettuale e culturale. Ne consegue che la concezione della filosofia quale forma di conoscenza superiore, divina, detentrice dello statuto di vero e proprio credo religioso viene a situare i fondamenti della paidéia tradizionale ellenica nel sacro alveo della religione, connotando in senso fortemente religioso la politica culturale della intellettualità pagana. Al fondo della moralistica prospettiva ideologica del biografo di Sardi viene a esserci la profonda convinzione, di derivazione giulianea46, che paidéia non è solo erudizione, abilità retorica e piacevolezza dell'eloquio, ma anche e soprattutto «sana disposizione di una mente intelligente e conoscenza vera e profonda del bene e del male47». La retorica si connota, dunque, in senso propriamente etico-religioso sia come elemento che procede collateralmente al culto del sacro sia come guida autorevole alla conoscenza e alla venerazione degli dèi, e quindi come strumento di elevazione e perfezionamento spirituale4B. Una simile impalcatura ideologica finisce con il produrre inevitabili effetti deformanti anche sulla generale economia dello scritto, la cui esaustività e completezza documentaria vengono a essere seriamente compromes46 Sulla concezione dell'Ellenismo giulianeo come binomio religione-cultura vd. Athanassiadi-Fowden, 138. 47 lui., Ep. 6lc, 422a, p. 73,2-5 Bidez: nmoEiav òp91ìv Elvat VOJ.liço!ffiv où nìv Èv totç piJJ.la OJÌ Kaì. ì.a-rpqi Kaì. pi]-ropt Kaì. JlOuatK ve! 'ta OtKàçetv ÈK 'tcOV im:oKEtJl.Évcov O'JlllEtCOV Ka'taÀ.tJ.17tavet (j3ouÀE'tat J!Èv yap) ò "tai>'ta ypaqxov. Kaì. intoJ.lVlÌJl.amv ÒKptiXOç ÈVtE'tÙXllKEV, ot' còv, ft OtaJ.lOp'tÒVCOV 'tf)ç ÒÀ.119Eiaç, è$' É'tÉpouç àva$Épot "tò OJl.OP't'llJ.la, c00'1tEp àya9oç nç J.lae..,'t1Ìç KaKrov 'tE'tUXllKcòç otoaaKaì..cov, lì Ka't'llyoptrov W.it9Etav exot Kaì. 'tO'Ùç fryouJl.Évouç étçiouç 9ai>J.la"toç, Kaì. ' 'tO "(E 'tOtOV Ep"(OV aÙ'tOU Ka9apòv E'ill Kat ÒJ.ltrov ypacpov'tEç, 'iva tomo ii.rrn nç j.t.ovov, o'ÌJtE tà à1tò t&v npO'tEpov ypacpévIO

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VITE DI FILOSOFI E SOFISTI

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II

La storia filosofica e le biografie dei filosofi le hanno scritte Porfirio7 e Soziones. Mentre Porfirio, però, (così è successo) concludeva la sua trattazione con Platone e la sua epoca, Sozione pare che si sia spinto oltre9, benché Porfirio fosse vissuto in epoca più recente. La fioritura intermedia di filosofi e sofisti non ha beneficiato di una trattazioneio adeguata all'importanza e alla varietà del suo valore: è vero che Filostrato di Lemno ha abbozzato 11 in modo cursorio, seppure gradevole, le biografie dei migliori sofisti; ma è altrettanto vero che di filosofi nessuno12 ha scritto con dettagliata precisioneu. Tra questi vi è Ammonio d'Egitto14, che fu maestro del divinissimo Plutarco, Plutarco stesso, fascino e armonia di tutta quanta la filosofia, Eufrate d'Egitto15, Dione di Bitinia soprannominato Crisostomo, Apollonio di Tiana, che non fu tanto filosofo quanto piuttosto un essere intermedio fra la divinità e l'uomo16, Seguace della filosofia pitagorica, egli mostrò l'elemento divino e vivificante che domina in essa. E di costui, in verità, ha fatto oggetto di una completa narrazione Filostrato di Lemno, che però ha dato a quest'opera il titolo di Vita di Apollonio, quando invece avrebbe dovuto chiamarla Visita di un dio fra gli uomini. Anche Cameadei7 era di quest'epoca, tra i cinici non senza fama, se bisogna fare una qualche menzione anche della scuola cinica, cui appartennero Musoniois, Demetrioi9, Menippo20 e parecchi altri: ma costoro, a dire il vero, furono i più illustri2I, Di essi non è stato possibile trovare biografie chiare e dettagliate, dato che nessuno ne ha scritte, almeno per quanto ne sappiamo noi; ne costituivano, tuttavia, e continuano a costituirne esaurienti biografie i loro scritti, colmi di tanta cultura e riflessione sulla virtù etica e

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VITE DI FILOSOFI E SOFISTI (GIAMBLICO)

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arrestò il suo pensiero, come se gli si fosse spezzata la voce; e, dopo aver fissato a terra per un po' i suoi occhi immobili, volse lo sguardo ai compagni, e gridò loro: rov tol.ç yqpaJlJ.I.ÉVotç· ta yEypaJlJ.I.Éva OÈ \m:ò tnaivEtat" au· EOtKEV 6 eau- 8 JlOO'lOatVEt t&v KaO' romòv Èv totç OtKaO'tT]piotç KOAOO"Erov Kaì OtUXTJJlOtrov, aitiaç OÈ È1tÌ tO'Ùtotç f) 7tpOciO"EttÀ.ocroq>ouvta ijcr9Eto, tt;ç oi.Kiaç Wç lj àx;pE'ìov Ctm;Mxuve. KaÌ ÈKOUÒKWV "ti yap" Ec1nl "croq>ia CÌ)j)E- z À.Et;" ò oÈ imompaq>eiç "où jltKpa, 1tatep," E(j>TJ, "1tattpa Kaì oui>Kovta 1tpocrKuvEiv." Kaì toirto àKoooaç ò 1tatitp, àva te ÈKaÀ.Écrato tòv 1tai0a, Kaì tò ~9oç è9a'Ùjlam:. Kaì J oÀ.Ov rntooù; romòv àvé9TJKE q,épwv Èç tÌlV en À.Et1tO~VTJV 20 1tat&iav. Kaì ò j.LÈv tòv 1tai0a 1tp01tÉjl'lfaç EUGujloç ~v. Kaì 1tEptÉx;atpEv, còç 9eou yEyovcòç jl0Uov iì àv9pJ!EVoç Ò1tfJYXE'tO. ÉJ!Ot OÉ, òXmep 1tpOEtpTJ'tat, 1tE1tat&uJ!Évrov àvopc:Ov Etç m1crav 1tat&iav àvaypacpovn ~iouç, 'tà eiç 'tijv ÉJ!TJv àKoftv crroi;ÒJ!Eva, Otacpopov o\&v Et Kat 'tciìv EÌ.ç aùtoùç éçTJJlOP'tTJKÒ'trov ~paxÉa nvà É1ttOpcXJ!OtJ.1t. 'A~Àa~iq> 'te\) 'tÒV cpovov ÉpyacraJlÉVq> yÉvoç ~V 000- 3 /;Om'tOV, Kat 'tÒ ÉK na'tÉprov 'tOU JlE'tpiou Kat lj>aUÀO'U 't01tEtvÒ'tEpa. Kat ìJyyoç 'tE imÉp amou 'tOtofuoç Btacrcòçe'tat, Kat où&ìç wìç ÀEyoJ.lÉVotç àv'tÉÀEyEv. 'tciìv éç Aiyim:'tou nç nepì 'tÒ KOÀOUJ!EVOV JlEo-8at. 1tpo8eJ!ÉVTJç

VITE DI FILOSOFI E SOFJSTI (EDESIO)

105

accade secondo la natura delle stagioni; e il popolo, stremato dalla fame, si riunì nel teatro, dove la penuria di elogi solitamente fatti in stato di ubriachezza gettò l'imperatore nello sconforto. E quanti da tempo covavano invidia, convinti di avere trovato una bellissima occasione, dissero: ( Aìyunnq> Kaì 'tÒv lÌP't'U~vov olvov Ka'taXEO~V!lç, npocrOpOJlOOOO nç ÈK yEt'tÒvoov "WJ..à KtVOUVEUEt crot" Et1tEv ft.iyoooa npòç 'tÒ oùç "i:nì 'tatç còòi.mv it cjltÀ.T) ICOÌ O"UYYEvitç." KaÌ yàp o&ooç ELXEV, "Et IllÌ aanov àcpi20 KOtO." Kaì it ~v 'tama aKoooacra, Kaì Ka'taÀ.tnoooa 'tÒv • Aìyi>nnov, npìv 'tÒ 8EpJ.1ÒV È1ttj3aÀ.EÌV, KEXT)VO'ta, KàICElVllV ànoÀ.ooacra 'tOOV , Ota&;aJlEvov oi: 'tlÌV àpxilv 'toù na'tpòç crùv Koovcr'tavnvq> Kaì KCÒVO''tOV'tl 'tOtç aoeA.cpoìç. Èv OÈ 'tOtç lCO'tà 'tÒV 8EtO'tO'tOV 'IouÀ.tavòv àKptlléO"t€pov 'tafua eipT)'tat. ow&;clJ.lEvoç Oi: ò 9 20 K(J)VO"tOvnoç 'tÌ'JV j3amÀ.Eiav Ka't ICÀ.T)poo8Eìç 00a yE ÈKÀ.T)p~. 'tafua OÈ ~v 'tà 'IUuptrov Etç 'tlÌV écinv KaSitKov'ta, 'tÒv

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VITE DI FILOSOFI E SOFISTI (EDESIO)

107

durante il parto; e, mentre porgeva all'Egiziano una coppa e stava per versare il vino aromatizzato, una donna del vicinato, accorrendo, le disse sussurrando all'orecchio: «La tua amica e parente», in tali rapporti infatti erano le due donne, «rischia di morire per le doglie, se tu non accorri immediatamente». All'udire tali parole, costei, prima ancora di versare l'acqua calda, lasciò l'Egiziano a bocca aperta; e, dopo avere liberato quella donna dalle doglie e compiuto tutte le operazioni richieste dal parto, si ripresentò subito dal suo cliente con le mani ben pulite. Trovandolo, però, contrariato e ardente d'ira, la donna gli spiegò il motivo del ritardo; e quando il buon Egiziano lo udì e riflettè sull'ora, fu smanioso più di rivelare quanto gli era stato comunicato dagli dèi che di soddisfare il suo bisogno fisico, e a gran voce disse: «Va', donna, e dì alla puerpera che ha partorito quasi un imperatore171». Dopo questa rivelazione, bewe tutto d'un fiato dalla coppa e concesse alla donna di conoscere il suo nome: colui che era stato partorito era Ablabio, il quale fu un così amato pupillo di quella Fortuna che tutto muta, da diventare più potente dell'imperatore e da uccidere persino Sopatro, muovendo contro di lui un'accusa ancora più balorda di quella che fu mossa a Socrate, e sapendo ben sfruttare l'imperatore di allora come si sfrutta una folla indisciplinatam. Costantino fu dunque punito anche per l'onore in cui teneva Ablabio, e la modalità della sua morte è stata descritta nella sezione dell'opera storica che lo riguarda17J. Ad Ablabio egli lasciò il figlio Costanzo, che aveva condiviso con lui il regno e aveva ereditato dal padre il potere insieme ai fratelli Costantino e Costante: nella sezione dell'opera storica riguardante il divinissimo Giuliano la vicenda è stata raccontata con maggiore precisione174. Costanzo, dunque, dopo che successe al trono ed ebbe ottenuto la parte dell'impero toccatagli in sorte, che si estendeva dall'Illiria fino

108 [22-23] ~v 'A~À.O~tov

EUNAPIO

aUri.JCa 7tapaÀ:UEt tiìç apxfJç, CiAJ..o OÈ 7tEpÌ aÙ'tÒV É'tatpt!CÒV cruVÉe6votç, mivuov av9pcimrov 9auJlaç6v'trov on ~mÀ.EUEtV où ~UÀ.E'tat. Ò OÈ 11 Krovmavnoç i::yy(JeEv ÈJC tiìç mu xa'tpòç 7t6À.Eroç !;tcJ>'rlcl>6pouç nvaç È7t' aÙ'tÒV È1C7tÉJl'lfOç O'ÙJC ÒÀ.t:youç, 'tOtç ~V 7tprototç ÈJCÉÀ.EUupEOV 9ava'tov," !CpEOUPYllOOV, c'Oo7tEp n 'téòv Èv 'tatç eùroxiatç çcpov, JCa'taJCO'IfOV'tEç. JCaì 'tama En OllCllV ò nCxv'ta E'ÙOalJl(I)V 'A~Ml~toç. 1' Toi>'trov OlÌ o\rtro KEXffiPlllCO'trov KaÌ 'tfJç llpovoiaç O'ÙJC 4 WptEtCJllç 'tÒ Cxvepcimtvov, ò 'tWv 1tEptÀEtcj>eévtrov èv00!;6'ta'toç AìOémoç Ka'tEÀ.i.7tE'tO. Kat:acj>uy 'tcioe· ò OÉ, avaKaÀ.U'Ifaç apn 'ta ~À.Écj>apa KaÌ 7tEpi- 2 cj>o~ç còv en, 'tÒV ~v vouv ÈJlÉJlV'Tl'tO 'téòv EtPllflÉvrov, 'tÒ oc 'Ù7tEpcpUÈç JCaÌ O'ÙpaVOJlllKEç 'tcOV È1tWv 7tEptÉcj>E'\J'(EV a'Ù'tÒV

VITE DI FILOSOFI E SOFISTI (EDESIO)

109

all'Orientem, privò immediatamente Ablabio del suo potere e si circondò di un'altra cerchia di sostenitori. Ablabio, dal canto suo, che da tempo si era fatto costruire delle proprietà in Bitinia e ne aveva fatto un luogo di ritiro e di divertimento degni di un re, viveva nel lusso, suscitando in tutti lo stupore per il fatto di non volere regnare. Costanzo, allora, dalla vicina città di suo padrel76 gli inviò non pochi uomini armati di spada, dando ordine ai primi di loro di consegnargli una lettera. I soldati incaricati della consegna si inginocchiarono ai suoi piedi, come usano fare i Romani al cospetto dell'imperatore; e lui, dopo aver preso la lettera con molta arroganza ed essersi liberato di ogni timore, domandò ai venuti, con fare ancora più superbo, la porpora imperiale, incutendo paura a quanti lo guardavano. Costoro, a questo punto, gli risposero che loro esclusivo compito era quello di portare la lettera, e che coloro ai quali era stato affidato quell'altro incarico si trovavano all'ingresso. Egli, allora, chiamò questi ultimi tutto superbo e pieno di sé; ma quelli che vennero fatti entrare erano un manipolo di uomini tutti armati di spada, che anziché la purpurea veste imperiale gli portarono la "purpurea morte" m, facendolo a pezzi come un qualunque animale nei banchetti solennii7B. E fu questo il fio che pagò a Sopatro il fortunatissimo Ablabiol79. Considerato che i fatti si svolsero in questo modo e che la Provvidenza non abbandona l'umanitàiBo, il più illustre di coloro che erano rimasti in vita fu Edesio. Quando, una volta, egli cercò soccorso, mediante una preghieraiBI, in un oracolo nel quale riponeva moltissima fiducia Oo aveva avuto in sogno), il dio venne in risposta alla sua preghiera, e gli diede in versi esametrici il responso che ora diròiB2; e lui, dopo avere aperto subito le palpebre, cercò, ancora trepidante, di ricordare il senso di quanto gli era stato detto, benché l'eccezionalità e la divina sublimità di quei versi gli sfuggisse,

110 [23-25]

Kaì. otroì..iaemvE. t6v tE oùv 1ta'ioo Kaì..E1, tÌ')v O'lflv Kaì. tò 7tp0flOÀ.OyEt'tO 'tÒV OvOpa 'tOUtOV òcp9iìvat KOÌ. EÌVat K0MtO'tOV, KOÌ Etç 1tEtpav ì..Oyrov èì..9el.v oetv6tatov, t6 tE È1tÌ. 't'fl yÀ. am6v, Kai toi yE totç t&v XPtpovtJl(Ò'tatoç OOtcivtrov 1tEptEOK07tEt'tO JCaì. O'UvroJlOÀ.OyEtto Eùma9toç. J.IE.'tEKì.i)e., 'tE oùv ÈK tou ~cnì..t~. ' KOÌ. a'ÙtiKa 7tapfJv, KOÌ. 'tOOOUtll nç È7tflv acllpoOitll totç XEiÀEcnv, ciXrtE oi. OUJ.1J3ouì..EixxM:Eç 'tiJv 7tpEaj3E\av ot' Eima9iou 1tEJlclleiìvat, a!;tO>flO'tO>V tE EtuXOV 1tapa tQ) ~atÀ.Et j.IE.tç6vrov, KOÌ.7tpòç 't'IÌV EUVOtaV am&v ò ~cnì..Eùç È1tEKÀ.i-

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VITE DI Fll.OSOFI E SOFISTI (EDESIO)

113

Riguardo a Eustaziol90 è un sacrilegio omettere quanto corrisponde a verità: tutti concordemente sostenevano che costui apparisse e fosse un uomo eccellente, e che avesse dato prova, con grandissima abilità, delle sue doti oratorie; e il potere seduttore che risiedeva sulla sua lingua e sulle sue labbra non era granché diverso da un vero e proprio potere magicol9I. La dolcezza e la grazia infioravano i suoi discorsi e si riversavano così abbondanti che quanti ne udirono la voce e i discorsi, abbandonandosi come coloro che hanno gustato il loto, pendevano dalla sua voce e dai suoi discorsii92. Era così simile alle armoniose Sirenel93 che l'imperatorel94, benché tutto preso dai libri dei cristianil9', lo mandò a chiamare, oppresso com'era dal turbamento e dal minaccioso pericolo che incombeva da parte del re Persianoi96, il quale aveva già stretto d'assedio Antiochia e ne aveva fatto un bersaglio delle frecce sue e dei suoi uomini; riuscito, infatti, a occupare in modo inaspettato e repentino la sommità sovrastante il teatro, aveva colpito con le frecce, insieme ai suoi uomini, l'enorme folla degli spettatori, massacrandolii97. E malgrado il permanere di questa minaccia, tutti erano così presi e sedottii9s, che non esitarono a suggerire un ellenoi99 alle orecchie dell'imperatore2oo. E dire, però, che in precedenza gli imperatori erano soliti nominare, per le ambascerie, i militari lodati durante il loro servizio, o i prefetti dell'accampamento20I, oppure quanti erano stati scelti per reggere il comando insieme a questi ultimi. Ma in quel momento di imperiosa necessità, Eustazio fu considerato unanimemente il più assennato fra tutti. Convocato, dunque, dall'imperatore, si presentò immediatamente; un così seducente fascino risiedeva sulle sue labbra, che coloro i quali avevano proposto di affidare l'ambasceria a Eustazio ricevettero da parte dell'imperatore riconoscimenti ancora maggiori e una sua propensione alla benevolenza nei loro confron-

114 [26-27]

EUNAPIO

vEto. toirtrov ~v oùv nvEç airtq> Kaì i:9EAovtaì auvEI;av9évta O'llJ.I.Eta." Oihroç Eùata9toç ò toaoutoç l:O>O"matpQ auv~Kll- s ' crev, iì tòv iivBpa tòv Éat.rri1ç Bt' intepox'JÌv aocpiaç EÙ'tEÀ.ll nvà Kat J.ltKpòv «inÉ&~E. 1tEpt ta\mJç OC ÉV avlìprov aoq,00v 6 KataÀ.6yotç Kat Btà J.lOKpo'tÉprov eine'ìv apJ.16çet, toaomov KÀ.Éoç 'tftç yuvatKòç ~Ecjlot'tllO'EV. Kat fJv yàp ÉK tilç nep\. "Ecpeaov 'Amaç, OO'llV Kaikrtpoç notaJ.lòç Èntcòv Kaì Btap10 pérov yilv nìv ÈnrovuJ.liav àcp' Éautou 'tql neBi.q> Bi.BO>O"t. na'IÉpalVE'tO' tÒV OÈ 1tatÉpa atvev Kaì. àvec.f>yvuvto eùpat, KUÌ.1tpòç Epya ÈXWpOUV av6pffi1t0l, KÒKEtVOl " 'tOtÌ tama {Jv 1tOÀ'\)ç, KOÌ ti YUVIÌ O"UVucr8àvEtO tiìç 1tEipaç- Kaì 1tpòç tòv MàçtJlOV, o&oç & àvà tà 1tprota tiìç ÒJltÀiaç Ètj>ÉpEtO tOU Ai.~ecriou, KOÌ O'ÙOÈ cruyyeveiaç KEXcOplO"tO" "àUà KataJ.1a8É ye, ro MaçtflE, 'iva 4 2' IllÌ 7tpayJ.1ata èyro EXW, ti tò 1tepì ÈflÈ 1ta8oç ècrti." tou Oè u1toÀa~6vtoç· "ti yap ècrtt tò 1ta8oç;" "av f.lÈV 1tap~ Etai 7tOlç 1tpòç t1ÌV E;ofuv Evfuv ti Kap~ia. àll' 01twç à8À.f!crnç 1tEpÌ Èf.lOÌ Kat 8eotj>tÀ.Èç

VITE DI FILOSOFI E SOFISTI (EDESIO)

127

moto favorevole e propizio23o. Io vorrei anche parlare della sorte che mi attende» e, dopo aver sospeso il discorso per un po' di tempo, gridò: «ma il mio dio me lo impedisce». Detto ciò - questa, infatti, era la volontà delle Moire -, andò in sposa a Eustazio, e le sue parole non differirono in nulla dagli oracoli immutabili, e tutto si verificò e si compì come se si fosse già verificato231. Devo necessariamente aggiungere a questi fatti anche la seguente notizia. Sosipatra, dopo la partenza232 di Eustazio, ritornò nei propri possedimenti e visse in Asia e nell'antica città di Pergamo233; e il grande Edesio ebbe per lei cura e affetto, e ne educò i figli. Nella propria casa Sosipatra faceva scuola di filosofia in competizione con lui, e tra coloro che solevano, dopo aver ascoltato Edesio, frequentare le sue lezioni non vi fu alcuno che non provasse straordinario amore e ammirazione per la precisione dei suoi discorsi, e non avesse venerazione e sacro rispetto per la divina ispirazione234 della donna. Accadde che un certo Filometore, un cugino di lei, vinto dalla sua bellezza e dalla sua eloquenza, e per di più consapevole della sua natura divina, se ne innamorò. La passione amorosa lo dominava e lo travolgeva. E non soltanto lui era fortemente preso da questo sentimento, ma anche lei ne avvertiva similmente la forza235. E, perciò, ella disse a Massimo, che era considerato il primo dei discepoli di Edesio236 ed era anche un suo parente: «Esamina bene, Massimo, perché non ne abbia a soffrirne, quale sia la passione237 che io provo». E poiché costui ribatté: «Perché, qual è la passione che provi?», ella rispose: «Se Filometore è presente, allora lui è Filometore e basta, per nulla diverso dalla maggior parte di voi uomini; quando, invece, lo vedo allontanarsi, allora il mio cuore è stretto in una morsa e si agita come per uscire dal petto23s. Vedi dunque» aggiunse «di aiutarmi e darmi un segno di pietà cara agli dèi».

128 [34-35]

EUNAPIO

èm&i.ç,n n," 1tpOOÉ6TlKEv. Kaì ò ~v MOl;tJ.,lOç ~~t wta\mx ÒICTIKOo)ç, imÉpoyKoç rov, 00ç àv llOTI totç 8Eotç ÒJ.UAWv, On Ù7tò tooa\mtc; yuvmKòç tota'lrta È7tEmmEmo. q,tÀ.Oilfttrop OÈ wlç 1tpou::8Etmv ÈVÉKEl'to, MOl;tj.I.Oç OÈ ÒV'tEvÉKEt'to, otà oo(jliac; ~v 6tmritc; Kataj.l.a9còv cimvt KÉXPTitat, ~tato'tÉpq> OÈ KaÌ ouvatiD'tÉpq> Katw.:ooac; tò OO't'tOV. KaÌ ò j.1.ÈV taUro 10 ouvtEÀÉoac; ò Mm;tj.l.oç eopaJ.LE 1tapà TJÌv I:oxnmitpav, Kaì 1tapa(jluÀ.Ci't'tEtV Tjçiou j.l.étÀa àKptjXi)c;, Et tÒ a'Ù'tÒ tOU À.Ot1tOU 7tEtOEtat"1Ì Oè o'ÙKÉ'tt 1tcl1l, Kaì niv yE E'ÙXlÌV àmlyYEtÀ.e tep Mal;i.p.q> JCaÌ TJÌV aJtaoav 1tpéìl;tv, KaÌ niv YE 11oiv "c.ò tÉKvov· 9Eoi oE (jltÀ.Oi>mv, Èàv où 7tpòc; ÈKEivouc; ~ÀÉ7t11c; Kaì lllÌ pÉ1t11EpoJ!Evoç È1t' òXilJla•oç, W 'tE QxllJla Kata 'ttVa OUCJXroptav 1tEpttÉtpa1t'tat, KOOretvoç Kt vouve-l>Et 1tepì tcò GKÉJ..rr àU' i:l;upiJKao-i ye aùtòv oì u 9epa1tOV'tEç "ÙytatVOV'ta, 1tÀ.lÌV OO"a 1tEpÌ 'tOtç ÒyKcOOt KaÌ 20 xepm •pauJla'ta e'iÀ.TII!>E. Kaì tafua ye àKivouva· È1tt 4>peiou oè (j!Épetat 7tO'tVtCÒJ!Evoç." •ama EÀ.Eyev Kaì elxev ~~ omroç, Kaì 1tavteç noea-av O'tt 1tavtaxou d'TI ~1ta'tpa, Kaì 1tàm 7tapEGtt tt m::pì trov ee&v À.Éyoumv. KaÌ ÈtEÀ.Ema OÈ È1tÌ to1ç 'tptm 1tatO"i. lS 2' Kaì 'téìJv J!Èv ooo 'tà òvOJ.Lam oùOCv OCOJlat ypalj>Etv, 'AvtroVivoç Oè ~v iiçwç t&v xatÉprov, Oç ye tò Kavw~tKòv toi> NeiÀ.Ou Ka'taÀ.ajXòv mé>J.La, Kaì tal.ç ÈKEt tEÀ.OUJlÉVotç 7tpocr9Eìç owv Éamov, tiJv te à1tò tf!ç Jllltpòç 1tpoppllmv i:l;e~taçeto. Kaì t, ve6TT'!ç 'tOOV "Ùytat voV'tWV tàç 'lfUXàç Kaì (jltÀ.Ocroelliaç 16 ' È1tt9UJ!OUV't(I)V Èc!>ttrov 7tpÒç at.l'tOV, KaÌ 'tÒ tEpÒv VEaVtO"lC(I)V iEpÉcov J!EcrtÒV ~v. aùtòç J!ÈV oùv E'tt avap(l)1tOç elvat 17 OOKrov Kaì àv9pcimotç ÒJltÀ.&v, 1tom to1ç ÒJltÀ.Titatç 7tpoUÀ.Eyev, cOç J.LEt' ÈKEtvov oÙK En 'tÒ iepòv Eoot'tO, àUà Kaì tà JlEYOÀ.a KaÌ éiyta tOU upa7ttOOç iepà 1tpòç 'tÒ O"KOtOEtOÈç IO KaÌ clj.J.op4>ov xropiJO"Et Kat JlE'ta~À.TI9iJO"Etat, Kat tÒ J!uaro&ç Kaì àetoèç GK6-toç tt>pavviJ yÉvouç, ou yàp tàç 'Hm6Bou KaÀ.Ou- 10 Il JJ.Évaç 'Hoiaç EO'ltEOOoV ypcii!>Etv, ànòppotai nvEç, 00a1tep à6riO'av, Kaì. Eì.ç cptÀ.OOOCjlOW-crov E'tEpa cirnx 'YÉVTJ Bte07tclpTJcrav Kaì. Ka'tEVEJJ.#hlcrav, olç toi> cptÀ.Ocrocpe1v i) O'U'Y'YÉVEta KÉpooç -ftv. tà nA.e'icrta M tv BtKaO"tTJpiotç, 2 c007tep Ò l:o>Kpcl'tTJç 1tEpÌ 't'TÌV 'tOU ~m.À.Éroç O''tOclV, EKtV2o Buveoov· omro 1tEptEcppÒVTJO'OV xpiJJJ.am lCaÌ. lCa'tECJ't'\JyTJcrav xpooiov. ftV ')'OUV a\rrotç cptÀ.OO'Ocpia, 'tÒ tptjXOVtOV ICOÌ 'tÒ J JJ.EJJ.vfJcr9at l:rocrt1tcitpaç, Kaì. tòv E1xna9wv Btà O"tÒJJ.atoç cpfpEtv, 'tà oc Èv wlç òpOlJJ.ÉVotç oolClcia 'tE OOpà Kaì. imiJt,I.Ecrm ~t~A.tBirov, KaÌ. tai>'ta 1trov àmci>v, ICOÌ. ll 'tE 9Epa1teta 'tcOV ICO'tÒ t1ÌV 'AÀ.EI;avOpEtav ICOÌ. tÒ U:pa1tEtov ìepòv OtEOKEOOvvmo· oùx il 9Epa1tEia J-lOVov, àUà Kaì tà oÌKOOOJ-lilJlata, Kaì 1tavta f.yivEto JCa9a1tEp f.v 1tOtTJ'ttlCOtç J-1U9otç, 'tcOV rtyavtrov ICE!CpO'tTJICO'tOOV. ICOÌ. tà 2 1tEpì. tòv Kavro~v ìepà tairtò tomo e1taoxov, E>Eooocriou J-lf.v to-re 13amÀ.Eoovtoç, E>EoiJ..ou OÈ 1tpomatoi>vtoç trov f.vay&v, àv9pci>1tou n vòç EùpuJlÉOOV'toç 'tE

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VITE DI FILOSOFI E SOFISTI (EDESIO)

135

pratica di una sapienza sconosciuta ai più261. Di questo personaggio occorre parlare più diffusamente. Non era solito far mostra di alcun atto teurgico262 e contrario alla comune percezione263, per timore probabilmente degli orientamenti imperiali che andavano in tutt'altra direzione264. Di lui, invece, tutti ammiravano la perseveranza, l'inflessibilità e la fermezza, e proprio da lui si recavano, giù fino al mare, coloro i quali studiavano allora ad Alessandria, città che, grazie al santuario di Serapide265, era diventata un universo sacro. E quanti venivano da ogni parte a visitarla erano una folla di persone pari alla sua popolazione che, dopo aver adorato il dio266, correvano da Antonino: alcuni via terra e di gran corsa, altri, invece, si accontentavano delle imbarcazioni fluviali, lasciandosi condurre lentamente e con tutta comodità verso la propria attività di studio267. Una volta giudicati degni di un incontro con lui, chi proponeva un problema di logica, si appagava a sazietà e subito della sapienza platonica; chi, invece, proponeva una qualche questione di natura più divina268, si trovava in questo caso di fronte a una statua: egli, infatti, non parlava ad alcuno di loro, ma, con gli occhi fissi e levati al cielo, stava muto e impenetrabile, e nessuno mai lo vide venire facilmente a conversazione con degli uomini su questo genere di argomenti. E un segnale che qualcosa di divino era in lui fu dato non molto tempo dopo. Non aveva ancora lasciato questo mondo, infatti, che il culto delle divinità di Alessandria e del sacro Serapeo venne distrutto269; e non solo il culto, ma anche gli edifici, e ogni cosa avvenne come nei miti dei poeti, allorché i Giganti impongono alla fine la loro forza. E i santuari presso il Canopo subirono lo stesso trattamento27D: Teodosio era, allora, imperatore, e Teofilo271 capeggivam quegli uomini maledetti273 come un Eurimedonte che un tempo regnava sui prepotenti Gigantz274,

136 [38-39]

EUNAPIO

Eùaypiou oè tÌ'Jv 1toÀ.tn1C1Ìv àpxnv èipxovroç, P(l)j.lavou Oè toùç Kat' A'iy'U1ttov mpancòtaç 7temcrtEUJ,lÉVou· o'inveç, clp.a ' lj>pa!;OIJ.€VOl Katà tO"'tOJlEVOt, tpama. àU' Oj.troç tomo JlÈV EÙO"E!Eç ÈOOKEt, 'tÒ Katalj>povEtv toi> 9Eiou· wpavvtKTJV yàp EÌXEV è!;oumav 1 tO'tE 1tclç èiv8p001toç JlÉÀatvav lj>oprov ècr6ftta, Kaì. flllJ!OcrtQ ~UÀ.6jl€VOtotavòv 'tàv è:v I:!J.ùpvn 1tEptcpav&ç cro«!>tiaç. louÀtavou ot 'tou j3amJ..Eùcrav'toç i)çtcOe, yevÉcr6at 1' otOcicrKaÀ.Oç. o&oç, 1tav'trov civnPTIIJ.ÉVrov -imò 'tOU Krovmavnou ('tafua OÈ ÈV 'tOtç KO'tÒ loUÀtaVÒV OKptj3Écr'tEpOV yÉ'Ypa1t'tat), Kaì. ~ wu yè:vouç louÀtavoU, neptEÀEicl>9rl !J.Ovoç, ot' Ty.tKtaV 1tEptcppOV11&ì.c; KaÌ. npc;l6-rrl'ta. EWO\Jxot Oè 6 airtòv Oj.troç «Ìj...c1lE1tÒÀEoov j3amÀtKoì. Kaì. napa«!>uÀaKai nveç 20

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VITE DI FILOSOFI E SOFISTI (MASSIMO)

VII.

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MASSIM0305

Di Massimo abbiamo fatto menzione anche in precedenza306; chi scrive non mancò di vedere personalmente questo personaggio e, ancora fanciullo, lo incontrò che era ormai vecchio, e ne udì pure la voce, tale e quale a quella che uno avrebbe udito dall' omerica Atena o da ApolloJ07. Alate erano le pupille dei suoi occhi, bianca gli scendeva la barbaJos, e lo sguardo rivelava i moti del suo animo3o9. Nell'ascoltarlo e nel vederlo si provava come una sensazione di armonia, e attraverso entrambe queste facoltà sensoriali l'interlocutore rimaneva sbigottito, incapace di resistere al fulmineo movimento degli occhi e al rapido scorrere delle parole. E se a parlare con lui fosse stato anche uno degli uomini più esperti ed eloquenti, costui non osava certo confutarlo, ma, arrendendoglisi serenamente, seguiva in perfetto accordo i suoi discorsi come se uscissero dai tripodiHO: una tanto grande soavità risiedeva sulle sue labbram. Era di buona famiglia, e possedeva una cospicua ricchezza312; aveva fratelli legittimi, ai quali impedì di primeggiare proprio in virtù del suo valore: essi erano ClaudianoJD, che si era stabilito ad Alessandria, dove professava il mestiere di insegnante, e NinfidianoJ14, che fu illustre sofista a Smime. Questo personaggio fu tra quelli che si riempirono della sapienza di Edesio. E fu, altresì, ritenuto degno di diventare maestro dell'imperatore Giuliano. Quest'ultimo, una volta che tutti i suoi parenti erano stati uccisi da Costanzom (di ciò si è trattato con maggiore precisione nella sezione della mia Storia dedicata a GiulianoJI6), e la sua famiglia si era estinta, fu il solo a rimanere in vita, disprezzato per l'età e la mitezza caratterialem. Eunuchi regali, affiancati da alcuni custodi, si

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EUNAPIO

TJuOV, OOtÀ.Ooi'ta, KaÌ. OtÉÉpov'to MclçtJ.16ç 'tE, ÙltÈp où 'tci& ypàq,E'tat, Kaì. Xpooavewç ò ÈK llip&oov, npi(Tl(oç 'tE ò 8EmtpW'tòç iì Moì..ocrcr6ç, Eùat.~t6ç 'tE ò ÈK Kapiaç Mwoou 1t6À.Eroç. Kaì. (TUVOucrtaç àç,tco9Ei.ç 't'il; Aì.&criou, ò Kaì. Èv u J.1EtpOKUp1tpEcpTJyEt'tat amcp Kaì 'tÒv u 9EtÒ'ta'tOV J.LE'taKaÀ.É.oot Xpooavetov, Kai, yEvOJ.LEvov omroç, J.LOÀ.tç TpKO'UV ~ tfl wU 7tat0òç Èç 'tÒç J.La(}ipEtç E~UXropiçl. '.Qç OÈ KaÌ. 'tama ElXE KaÀ.&ç, OKOOOaç 'tt 7tÀ.É.OV Elvat 3 Ka'tà 'ti)v 'EÀ.À.c:XOa 1tapà 'tep 'tatv 0Ea1v l.Epocpav't"{l, Kaì. 7tpòç ÈKEtVOV òçùç EOpaJ.LEV. 'tOU OÈ \.Epocpffirwu, Ka't' ÈKEtVOV 'tÒV XPOVOV OO'ttç TJV, 'tOUVOJ.La OU J.LOt 9É.J.Ltç À.É.yEtV' È'tÉ.À.Et yàp 'tÒv 'tama ypacpov'ta, Kaì. Eiç E\>t.!oÀ.7tiOaç TtyE' Kaì o&6ç yE 2 ftv ò Kaì. 't'JÌv 'trov iEprov Ka'tacr'tpoel>lìv Kaì. Tiìç 'EÀ.À.Oooç à7troÀ.Etav à7tacrTJç 7tpoyvouç, 'tou cruyypacpÉ.roç 7tap6v'toç, KaÌ. cpavEpci)ç OtaJ.LaprupOJ.LEVOç còç J.LE8' amòv l.EpocpOV'tTJç YEviJcrot'tO, ~ lllÌ 8É.tJ.tç ÌEpocpavnKcOV O'jlacr8at apovwv, È1tEtO'JÌ 9Eotç É'tÉ.potç Ka8tÉ.p(t)'tat, KaÌ. ÒJ.LCÒJ.LOKEV appiJ'touç OpKO'Uç É'tÉ.pOOV tepcOV IllÌ 7tpo' amm)a 'tE 'tà tepà Ka'tacrKa~cr8at KaÌ. ~cr8at EcpacrKEV, KÒKEtVOV çéima 'taUta É:7t6'1/Ecr8at, otà cptÀ.O'ttJ.Ltav 1tEpt't'ti)v ànJ.LaçOJ.LEvov, Kaì. 7tpO'tEÀ.EmTJcretV '{E a'ÒtOU 'ti)v 9Epa1tEtaV 'tatv 9EatV, 'tÒV 3È Tiìç 'tttJ.iìç 01tOcr'tEpTJ8É.V'ta, J.LTJ'tE 'tÒV tepOcpOV'tTJV Jltl'tE 'tÒV "(TJpatÒV ~tOV EXEtv. Kaì. 'tama yE ou'troç· iitJ.a 'tE yap ò tèK 8Ecrmcòvt 4

a Èl!l.

ain:cp : Giangrande.

VITE DI FILOSOFI E SOFISTI (MASSIMO)

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piuttosto come una cosa straordinaria la purificazione che si ottiene per mezzo della ragione355». n divinissimo Giuliano, allora, all'udire tali parole, esclamò: «In tal caso addio, e dedicati ai libri: a me hai rivelato l'uomo che cercavoJ56». Detto ciò e baciato il capo di Crisanzio, partì in gran fretta per Efeso: e incontratovi Massimo, si legò a lui, e si tenne saldamente stretto a tutta la sua sapienzam. Massimo gli consigliò di mandare a chiamare anche il divinissimo Crisanzio e, dopo che così accadde, entrambi riuscivano a stento a soddisfare la grande versatilità del giovane per le disciplinem. Ora, proprio quando questi studi procedevano bene, Giuliano, sentendo che c'era da apprendere ancora di più in Grecia dallo ierofante delle due dee, accorse in gran fretta anche da costuiJ59. Quale fosse il nome dello ierofante di allora non mi è consentito rivelarloJ60, dato che ha iniziato ai misteri l'autore di questa narrazione, e lo ha inserito tra gli EumolpidiJ6I, E fu proprio costui che presagì, alla presenza dello scrittore, la distruzione dei santuari e la rovina di tutta l'ElladeJ62, e che affermava apertamente che dopo di lui36J sarebbe diventato ierofante un uomo al quale non sarebbe stato lecito toccare seggi ierofantici, dal momento che era stato consacrato ad altri dèi e aveva solennemente promesso con sacri giuramenti che non avrebbe presieduto ad altri culti. Ma che costui li avrebbe comunque presieduti, pur non essendo neppure ateniese, lo ierofante non smetteva mai di dirlo. E diceva pure (a un così elevato grado di previsione era pervenuto) che ai suoi tempiJ64 i santuari sarebbero stati abbattuti e saccheggiati, e che quello avrebbe assistito da vivo a questa distruzione, subendo il disprezzo per la sua eccessiva ambizione; e il culto delle due dee365 sarebbe cessato prima della morte di costui che, privato della carica onorifica, non avrebbe più condotto una vita né da ierofante né da vecchio. E così effettivamente fu. Non appena, infatti, divenne

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EU NAPI O

È'yiVEto, 1t0'Ùp ÒN 'ti); Mt{)ptarit; 'tEÀE'ti);, KaÌ O'ÙK Eìç IJ.(XKpàv 1t0ÀÀ&V KaÌ OOtflril•cov È1ttKÀUpKiav Kaì otaijpTJmV 'tiìç 'lfUX1); CÌVEyElpavtEç KOÌ ~VOt, CJ111..1Etotç È'yX,p\.IJ.1t'tO\lmV M KOÌ yuval.Ka ElVat ~voç, MEA.t'titv OVOJ-lO exoooav KaÌ int' a'Ù'tou aauJ-LasoJ-LÉVTtV OtacpEpov'twç ('tOU OÈ mfua ypOcpoV't Oauf.!aaia yuvtì 1tapflv Kaì. 'Ò1tEpi)À.yEt. còç Oè ~v 16 cl1tEtpOV, KOÌ. È1tE'tElVE'tO, "1tptaf.1ÉVTJ," q>TJalV y\Jvat, q,ç, lCOÌ. ÈÀ.E'UOÉp(J)O'OV." 1Ì OÈ lCOÌ. È1tpta't0 lCOÌ. 17 napflv fxoooa. Èv'taOOa ò J,tèv ftt;Et mEi.v, il Oè t,!;i.cooEv npo1ttEi.v, Kaì. ami.Ka ye Ò1tOÀ.OflÉVTJç, 't'ÌlV J,tèv oi. 1tpom1KovTEç E9a1t'tOV' ò Oè Mclçtf.!Oç E1ttEV OUKÉtt. 'Ev-rauaa otì 1toç wyoç ÈÀ.ciurov, Kaì. 1tOV OO'OV àv 'tÒ 5 5 1tOtTJttKòv 'ÒflYJiaEtE yévoç, 1tpòç -ràç IO..eapxou 1tpciçetç. ~v 2 J,tèv yàp Ò KÀ.Éapxoç ÈK E>emtp(J)'tci)v 'tOOv EOOatflOV(J)V, lCOÌ. otaq,Epov-rroç JtEpì. &>çav KaÀ.tìv yevof.!Evoç, -roov 1tpayf.1a-rrov i1011 f.1ETaj3e~À.TJf.!Évrov, Kaì. BaÀ.Evnvtavou J,tèv eU; 'tÌlV ÉcmÉpaV CÌ1toKEX~Kòtoç, roU OÈ fXxç, KaÌ 1tpòç 'tÒV tiìç aUÀ.iìç EJtaP:XOV avttKpuç otaq,Ep6JJ.Evoç, cOO'tE o'ÙOÈ ò l3acnÀ.E'Ùç ttìv otacpopàv 20 iyyv6Et. Kai toi yE ~v e1tap:xoç lliÀ.Ooooç, àvtìp Kaì È1tÌ Tiìç 'IouÀ.tavou l3acnÀ.Eiaç KOOJ.!ipaç ttìv ÈaUtOu "t1ix11v. ill' OJJ.roç niv u: ~À.aKEiav aùtou otà tò yiìpaç àrrfV..LYXEV Kaì NtKiav ÒJtEK Katà tòv Katpòv ÈKEtvov 4 JlOOXEa:t V KaÌ provvUvat tlÌV \VUXlÌV int' àvayvcixrecò:; 1E KaÌ tiìç i.crtoptKf)ç ÈJ.11tEtpiaç. Xoop11crv cruvrptima-ro) napaÀ.u6Eìç 'tiìç àpxlìç, Kaì à1toBT1J.I.iJCJaç 1tpòç -ròv veoxrtì 13amÀEoov-ra E>EoOOç, u KOÌ 'talv E>Eatv ÉKÉÀEOOV EUxEa0at' Ò 0C Èxet9E't0 KOÌ TJUxE'tO. i:çtòvn oc aùtcp, -ro1v 1toooiv ÒJlcpotv imEvexetv-rrov, È1tÌ -rà u vciYta i:çoÀ.ta9aivet -rò aOOç EKEt'tO' Kaì à1tEVEXOeìç aùtt.Ka ÉtEÀEin'r]aE, Kaì -roil'W E&>g:v ei.vat -rt;ç llpovoiaç epyov àptmov. 20

VITE DI FILOSOFI E SOFISTI (MASSIMO)

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ne, sia colpevoli che innocenti, massacrò anche il grande Massimo491, Questo esito ebbe la profezia, ma si realizzò anche il resto: l'imperatore, infatti, in una grande battaglia contro gli Sciti492 sparì in un modo veramente strano, tanto che non si trovò neppure un osso da seppellire493. E, in aggiunta a tutto questo, la divinità diede un altro segno ancora più grandioso494: quel Festo (e chi scrive ne era perfettamente a conoscenza in quanto testimone), una volta rimosso dall'incarico, si recò dal nuovo imperatore Teodosio495, per poi fare nuovamente ritorno in Asia (lì aveva contratto, infatti, un matrimonio del tutto degno di un tiranno496). Volendo ostentare il lusso nel quale viveva e il fatto di essersi sottratto alle accuse497, annunziò una festa sontuosa a quanti ricoprivano i più alti incarichi nell'amministrazione e appartenevano alla più alta nobiltà. Era il terzo giorno dopo le calende di gennaio498, come le chiamano i Romani, e tutti, inchinandosi, gli promisero la loro partecipazione al banchetto. Festo, nel frattempo, si era recato al tempio delle dee Nemesi499 (benché non avesse mai dichiarato di venerare gli dèi, e anzi quelli che aveva punito li aveva uccisi tutti proprio per la loro fede religiosa500); dopo avervi fatto a ogni modo visita, riferì loro un sogno501 e, nel raccontarlo, bagnava di lacrime il viso. n sogno era il seguente: diceva che Massimo, dopo avergli messo un cappio al collo, lo trascinava nell'Ade, perché difendesse la sua causa al cospetto di Pluteo5°2. Ciascuno dei presenti, allora, benché impaurito e con la mente rivolta a tutta quanta la vita di quest'uomo, asciugava le lacrime e lo esortava a pregare le dee. Egli diede loro ascolto e pregò. Ma, nell'uscire dal tempio, poiché mise i piedi in fallo, cadde giù con la schiena a terra, e giacque disteso senza proferire parola. Trasportato a casa, morì subito, e questa sembrò essere una bellissima opera della Provvidenza.

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EUNAP!O

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VITE DI FILOSOFI E SOFISTI (PROERESIO)

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un'altra persona». A questo punto Proeresio, come un cavallo chiamato in campo aperto68 1, espose il discorso sul dono dell'imperatore, e parlò di Celeo, Trittolemo6Blbis e del soggiorno di Demetra sulla terra per donare agli uomini il grano; e accostando il beneficio dell'imperatore a quei racconti, trasferì in men che non si dica la vicenda di quel momento nello splendore dell' antico mito e, nel prodursi nella declamazione di quel discorso682, accompagnava le parole con movimenti di danza683: e il mezzo di prova della sua eloquenza fu l'ottenimento dell'onorificenza. Il matrimonio gli venne dali' Asia, dalla città di Tralle: Anficlea684 era il nome di sua moglie. Ebbero due figliolette, che differivano per età tanto quanto è il tempo che intercorre fra il concepimento e la nascita. Quando, però, esse raggiunsero l'età in cui il bambino è un essere splendido e beato, e fecero palpitare di gioia l'anima del padre, in pochi giorni vennero entrambe a mancare ai genitori, sicchè poco mancò che la sofferenza privasse Proeresio delle facoltà razionali che gli erano proprie. Ma a questa disgrazia fu in grado di far fronte la "Musa"685 di Milesio che, muovendo per lui le grazie armoniche686 ed essendo più volte accorsa in suo aiuto6B7 con il proprio fascino, gli fece riacquistare la ragione6BB. Quando i Romani gli chiesero di inviare loro un suo allievo, Proeresio mandò Eusebio, che era originario di Alessandria689 - sembrava che sarebbe stato particolarmente adatto a quella città, visto che sapeva adulare e blandire in modo eccellente690 -, e ad Atene aveva reputazione di persona sediziosa. Ma nello stesso tempo Proeresio voleva accrescere il proprio prestigio inviando un uomo per nulla inesperto di intrighi politici: perché, quanto ad abilità retorica, basta dire soltanto che era egiziano: questo popolo è preso da una folle passione per l'arte poetica69I, e il serio Ermes692}i ha già abbandonati693. G}i694 si oppose Musonio695, suo allievo

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1'

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[79]

EUNAPJO

Wv aùtoù (1tEpt où 1tOÀÀÒ Otà tàç aÀÀaç Èv to'iç OtE!;ooucmç yÉypantat), Kat otE yE àvtiipE, KataJ.La9còv npòç ti.va EXEt tòv àyoova, taxù !J.ÒÀ.a È1tt 't"ÌlV noì.mriJv KO'tEmlOTJO'EV. louÀ.tavoù OÈ ~aoùE"lJOvtoç, VOIJ.q> 8 toù 1tatOEUEtv 8 È!;Etpyo~J.Evoç (ÈOoKEt yàp Etvat XPttKOV nva tpt1t00a 1tpÒç 't"ÌlV 'tOÙ IJ.ÉÀÀVtOç npòvmav mim tolç &o!J.È.Votç civaKE\JlEvov, aocjl\.çt nvì 1tEptfV.,9E !;évn Ti1v npòyv(OOI.V. ÈIJ.ÉtpEt IJ.ÈV yàp ò jbm- 2 ì.Eùç 't"ÌlV yiìv tmç 'EU11mv Etç tòv q,Opov, onroç !!ÌlibPUvmvto· ò & OpoatpÉmoç it!;iCOOEv aùtòv ÈK!J.a9E'iv napà téÌJV 9Eéòv, Ei j3Éjbta IJ.ÈVEt tà tiìç e!>tÀ.aV9promaç. ili; OÈ WttCI>TJO'EV, ò IJ.Èv €yvro tò npax9TJCJ6J,levov, Kat f)v E~Ò'tEpoç. ò OÈ cruyypaq,Eùç Katà toutovì tòv xpovov Èç EKtov nou J Kaì OÉKatov etoç tEÀ.Wv, napfV..eév tE EÌ.ç tàç 'A9Jlvaç Kaì to'iç Ò!J.tÀ.TJta'iç ÈyKatEIJ.t'YTJ' Kaì àya1tTJ9EÌç 'ÙTt. aùtoù Ka9à1tEp na'iç yvftmoç, "JÌ1tEtyEto IJ.ÈV ~J.Età 1tÉ!J.1ttov Etoç EÌ.ç t11v A'i"(U1ttov, oi. & 1UltÉpEç KaÀ.OùvtEç rnì Aooiaç i:çE~tà­ cravto· KÒKEtVql IJ.ÈV CfOC!>tcrnldJ 1tpOUKEt'tO, KaÌ 1tpòç tO'ÙtO È!;EKÒÀ.OUV clmxvtEç. llpoatpÉmoç OÈ È!; clvepciwov ÒVEX~Et 4 !J.Et' où 1t0Uàç tiJ,Itpaç· toCJoùtoç Kaì totoùtoç yEvo~J.Evoç Kat ownÀ.i)CJaç toov Èautoù Myrov tE Kat Ò!J.tÀ.TJtoov 't"ÌlV OÌ.KOUIJ.ÉVTJV.



témcp : Giangrande.

VITE DI FILOSOFI E SOFISTI (PROERESIO)

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nell'arte sofistica (di lui molto si è scritto, per via di altre sue azioni, nella mia Storia genera/e696); ma, nel momento in cui gli si levò contro, capì perfettamente con che genere di uomo contendesse, e così, senza perdere tempo, si gettò a capofitto nella politica. Sotto il regno di Giuliano, Proeresio venne privato con un provvedimento legislativo697 dell'incarico di insegnante69S (egli passava, infatti, per essere cristiano699). Constatando che lo ierofante7oo era, come una sorta di tripode delfico, a disposizione di tutti coloro i quali ricorrevano a lui per la conoscenza del futuro, riuscì con straordinaria astuzia a ottenere la previsione. L'imperatore faceva, infatti, eseguire per gli Elleni la misurazione della terra in vista delle imposte, affinché non ne fossero gravati70I. Proeresio, allora, chiese allo ierofante di apprendere dagli dèi se quell'atto di benevolenza sarebbe stato duraturo; di fronte al suo no egli capì ciò che sarebbe successo, e fu più fiducioso. Lo scrittore, che in quel tempo entrava nel sedicesimo anno di età, giunse ad Atene702, dove fu inserito tra i suoi allievi e amato da lui come un vero figlio. Dopo cinque anni703 lo scrittore si affrettava a partire per l'Egitto704, ma i suoi genitori lo richiamarono costringendolo a ritornare in Lidia: per lui era ormai stabilita la professione sofistica7o5, e ad essa tutti lo esortavano. Proeresio abbandonò il genere umano non molti giorni dopo706; un uomo di tanto e tale valore aveva colmato della sua eloquenza e dei suoi allievi tutto il mondo conosciuto707.

218

[79-80]

EUNAPIO

'EniANIOl:

'EniÉPEt 'tÒ àv9pcOn:tVOV Eva 9aUJ!clSEtV, èùJ..' ÈyKEKÀtKòç KaÌ Trrt~VOV iJ7tò 4>96vou, to'ìç noÀuKpatoixn Kaì imEpf:xoumv Eu:pov àvnKa9iO't'T)ffiv oùK Eyvffi, noÀÙ npoaneÀ90vta tftç Èm511Jliaç.

VITE DI FILOSOFI E SOFISTI (EPIFANIO)

Xl.

219

EPIFANI07os

Questo personaggio era originario della Siria709; aveva faina di essere molto esperto nelle suddivisioni7IO dei temi da controversia7II, e, pur praticando un'eloquenza piuttosto svigorita, rivaleggiò nella professione sofistica712 con Proeresio e acquistò grande fama m. L'essere umano non tollera di ammirare una sola persona, ma, incline e debole di fronte all'invidia, ne contrappone un'altra a coloro che hanno grande successo e prevalgono sugli altri, facendo derivare come in fisica i principi dagli opposti. Morì a vecchiaia non avanzata per una malattia al sangue; e anche la moglie, che fu una delle donne più belle, ebbe questa stessa malattia. Essi non ebbero figli. L'autore di questo scritto non lo conobbe personalmente, dato che morì molto prima del suo arrivo ad Atene7I4.

220

[80]

EUNAPIO

xn

L\IQcl>ANTOI:. Kat .1t6 MapaeòJv KatlliÀaJ.I.lV, vùv OEcrtYT\cr&. oiav crta ypa$WV. KOÌ. ~V ÒvtlP EÌç tÒV ÒpXatOV xapaKtf}pa tÒV }.jyyov àvacpÉpEtv ~taçOt.tEvoç, Kat 't'il; ùytatvoi>cJT!ç Moi>cJT!ç \jiOUEtv òptyvCÒf.J.Evoç. àM' EKpoue ~v 'tiJv e\Jpav Ì.Kavcilç, tìvoiyEto OÈ où 1tOÀ.À.ciKtç- à).).' d 1tou n Kaì. 'I'Ot1>1ÌaEtEV ÈKEtOEv, À.E1tt6v n Kaì. àaOEvÈç mpwÀ.ia9atVEV eawElEv wi> OEiou 1tVEi>J,latoç· tò 9Éatpov ÈJ..LEIJ.lÌVEaav, oùOC 't'IÌV 1tE- z 1ttEOIJ.ÉVTlv pavioo Tf1v KaaroÀ.iav $ÉPOvtEç. wmcp mtç è:yÉVEto· Kaì. È1tt~~TJKÉVat toi> 9p6vou tòv 1taioo tl>ciaKoumv.

oc

VITE DI FILOSOFI E SOFISTI (SOPOLIDE)

XIII.

223

SOPOLIDE722

L'autore di questo scritto ebbe modo di ascoltare spesso anche Sopolide. Era un uomo che si sforzava di riportare'l'eloquenza al suo antico carattere, cercando di sfiorare la Musa perfetta. Ma, benché bussasse abbastanza di frequente alla sua porta, questa si apriva non tanto spesso; e, se anche talvolta emise qualche leggero cigolio, solo un sottile e debole soffio divino era solito scivolare via dal suo interno. Il pubblico era tuttavia entusiasta, non resistendo neppure alla goccia faticosamente attinta dalla fonte Castaliam. Ebbe un figlio724, che dicono abbia ottenuto la cattedra725.

224

[81]

EUNAPIO

lMEPIOI:

'IMEPim:· tòv avopa tOUtOV flvEyKE j.I.ÈV Bt9uvia, OÙK E-yvro OÈ airtòv ò ta'Uta yp6cprov· Kat tot yE Kat' ÈKEtvouç tO'Ùç xpovouç. ò).).iJ. 7tpòç tÒV aùtoKpatopa Otal3àç louÀ.ta-

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vòv Kat' È7ttOEtl;tv, cbç, otà tJÌv Èç llpoatpécnov àxat,oova tou j3amÀ.Éroç, acrj.I.Évroç òq,at,crOJ.I.EVOç, louÀ.tavou KataÀ.Et7t0Vtoç tÒ àv9p "'ftlVlÌ nç !;uvftv, l' OÙK 07tÒ OJ.I.Otaç 'tiìç a!;uooeooç. ·o oè Myoç aùtQ>, 1tepì. J.I.ÈV 'tàç J.I.EÀ.É'taç, 7tav'tEÀ.roç 2 OO&vfl; KOÌ u:6vTJKm.OJ.IÉVatç ÈV'ttl"'(x;avoV'ta. 'tà youv EÙ7toÀ.tooç Oévopa Aatcr7tooiav Kaì &xJ.I.acrtav OÙK àv 1tCXp'ilKEV, El 'tCÌ ÒVÒJ.I.a'ta Eyv(l) 'tOOv OÉvOpOJV, IO oi.ç vW aÙ'tà KaÀ.OUmV Ot Ov9p(J)7t()t. OUt(l) À.É.!;tV E'ÙpcOv 'ttVa ' 7tEptmìv KaÌ i>1t' apx;atO'tTt'tOç OtaÀ.avOavoucrav, Wç àvaOrv.ill n 7taÀ.atÒV Ka8atppO'tTJV, ftv vùv NicnPtv òvoj.Lclço'OOI.v· àKpoa'tÌlç 2 2' OÈ yEVOIJ.Evoç ZiJvcovoç Kaì. t'tij nepì. 'trov crCOIJ.O'tCOV 'trov 1tpOatpE'tlKOOV (j>UVtKcj), tà xapà to'iç xaÀ.ato'iç EÌP111J.Éva J.10v9avoumv Epycp, Kaì 7tpòç nìv XPEiav èçc:iyoumv, ciXmEp òv61J.ata KpU7ttOJJ.EVa IJ.ÉXPt tiìç ypacpilç. Totoilt6ç tE rov JCatà nìv È7tt0tTJJ.111V, KaÌ 7tpòç cptÀ.O- 2 IO aocpi.av cl7taaav Epp(l)tO, JCaÌ 7tpÒç 9Eta(JJ.10V, oaoç tE è!; Ìatptri}ç f:ç àvepopà 1tapà 'tOU Xpooaveiou, Kaì 'tà mpà 'trov OE&v o'ÙK EÀ.Tl"fEV Etç 'ta'Ùtò 0'\ljJ.I)>EpÒIJ.EVO. c0ç BÉ 1tOÀÀ Ò 7 20 IJ.Èv jXxmJ..Eù; tmi'tl'lç, ò BÉ Xpooavewç 't'!Ìv àpxtEp(J)(J"')VTJv 'tOU 7tav'tòç E9vouç À.ajXOv, Kaì 'tÒ ~À.À.Ov ÈI;E7ttrov, WJ.i:J. Eç 'tÒ O"UJlcpanKòv ota w Jlit À.UJtEtv yeyovri>;. d OÉ 1tOU nç, 'tWV E1tÌ crocpic;x 7tp, mivta ftv i'Jouxlaç JlEO'tét, Ka907tEp ou mpoV'trov Cxvepcimov· oihroç oihe 'tixç E:pCO'tllcretç, oihe 'tO'Ùç OtoptOJ!o'\)ç, oihe 'tixç 7 Jlvi}J.aç Ù1tÉf.LEVOV 'tOU avOpòç, à)J..' avtxaçov, Eçro ÀiYyOU KaÌ ' avnppftcreroç ÉOU'tO\)ç cpUÀ.ci't'tOV'tEç, 01t0lç Jlft ICO'tacpavÉtç CxJlOp'tOVOV'tEç yt V(J)V'tat. KaÌ 1tOÀ.À.Ol 'tWV JlE'tptroç EYVID- 8 l(Q't(J)V amov, Otà 'tOU jXt9ouç 'tftç 'lfUXiìç OUIC acptyJ!Évrov, KO't1TYOPOUV'trov 'tE àÀ.oyiav, Kaì 't'IÌV 7tpc;x6'tll'ta JlOVOV E1tatvouv'trov, ci>ç ijcr90V't0 OtaÀ.EYOJlÉVOU Kat àveU 't'tOV'tOç 10 Éamòv eiç OOyJla'ta Kaì À.Òyouç, E'tEpov nva 'toil'tov E:voJltcrav 1tap' ov fl&tcrav· oihroç Cxu.otO'tepOç nç E:v 'tatç À.O- ' ytKatç Ktvitcremv E:cpaive'to, 'tftç 'tE 'tptxòç intocpptnoi>ortç amOEvòç 'tWv Ka't· àvepomouç É'tÉpou cppovncraç oiKovoJliaç nvOç, iì yeropyiaç, iì XPllJlci'trov ooa OtKairoç 1tapaytvE'tat. WJ.i:J. JtEvtav Jlf:v Ecjlepe pQ.ov iì 7tÀ.OU'tov E'tEpot, Otai't'O Oè: 't'fl7tapa1tEcroi>crtl1tpocrEKÉXP1l'tO, 'tWV Jlf:v Uetrov OOOÉ1tO'tE, 'tWV w.J...Jnv KpEWV ÉÀ.ci2o XtCJ'ta yeu6J!Evoç, 'tÒ OE &ìov &pa1tEixov O"UV'tOVWta'ta. 'tftç u 'tà I-La91li-La'ta 'tÒ Epyov ~v 1taviJyuptç. Tou OÈ 'tOOV xptcrnavrov ÈICVtlCOOV'tOç Epyou ICQÌ ICO'tÉ- 4 xov'toç a1tav'ta, otà 1-LaKpou nç à1tÒ 'tilç 'PCÒf.J.llç ei..creOitTJ20 CJEV apxwv 'tilç Acriaç ('IoOO'toç VOI-LOçE'to), 1tpEcr~UtTJç 1-LÈV i;&ft ICQ'tÒ 'tJÌV TJÀ.tlClQV, YEVVQtOç ICQt OÀ.À.Wç 'tÒ ~9oç, Kaì 'tilç àpxaiaç Kaì 1tmpiou 1t0À.t'tEiaç o'ÙIC à1trVJ..a'Y!-LÉVOç,

• E'tÉpotç : Giangrande.

VlTE DI FILOSOFI E SOFISTI (CRISANZIO)

263

pur avendo superato gli ottant'anni, scriveva di suo pugno tanto quanto gli altri, da giovani, riescono a leggere a stento. La punta delle dita con cui scriveva si era, pertanto, incurvata a causa dell'incessante esercizio e uso. Alzandosi dopo lo studio, si dilettava a fare pubbliche sortite e, prendendo con sé l'autore di questa narrazione, faceva delle lunghe e lente passeggiate. Non ci si rendeva conto dei forti dolori ai piedi tanto si rimaneva ammaliati dai suoi racconti. Faceva pochissimi bagni e tuttavia aveva, in ogni momento, l'aspetto di uno che si è appena lavato. L'atteggiamento straordinario da lui assunto nelle relazioni con le autorità non era mai dovuto a vanteria o a boria, ma lo si sarebbe potuto considerare come la semplicità di un uomo che sconosceva che cosa sia il potere: tanto affabile e garbata era la maniera con cui dialogava con loro. Quando l'autore di questa narrazione, che aveva ricevuto ancora giovane il suo insegnamento, fece ritorno da Atene, Crisanzio non gli dimostrò un minore affetto, ma anzi accrebbe giorno per giorno la propria straordinaria benevolenza nei suoi confronti, ottenendo un risultato tale che lo scrittore, nelle ore mattutine, si riuniva con gli allievi852 per lo studio della retorica e impartiva il suo insegnamento a chi gliene faceva richiesta, ma poco dopo mezzogiorno ritornava dal suo vecchio maestro per essere istruito da lui nelle dottrine divine e filosofiche: momento, questo, nel quale chi istruiva non si stancava di stare con chi lo amava, e per chi riceveva gli insegnamenti la lezione rappresentava un'occasione di festa. E proprio nel periodo in cui l'operato dei cristiani trionfava e conquistava ogni luogo, venne da Roma, dopo tanto tempo, un vicario d' Asia853 (si chiamava Giusto)854, vecchio ormai d'età, e per di più nobile di carattere, che non si era allontanato dagli antichi costumi religiosi dei padrim, ed era anzi un ardente sosteni-

264

[96-97]

(:f}J.iJ. 'CÒv d.fuipova

EUNAPIO

x:aì J.UXKOptoV EKEtvov i:l;TJÀ.COKÒl; 'tpÒltOv, 7tp6ç tE ÌEpo~ lJv cEi, KOÌ IJ.CtVtEiaç i:çEKpÉlJ.ato mlcrrlç, ~a 25 cppovrov &n to&rov i:7tdtll!lTJcrÉV tE Kaì Kato);>9- 11 " 'tO OÈ KaÌ EìJ..TJmtOV'ttoç ò ÈK raÀ.anaç E1ta9Ev, àviJp Otà 1tOV'ta aptmoç, Kaì EÌ 1-llÌ Xpuaétv9wç ~v, 1tp&toç 01tclv't(OV c~>avEiç. aoc~>iaç J-LÈV yàp ÈpacrtlÌç o&oç ò ixviJp Èç 'toa6v& 12 ÈyÉVE'tO, ciXm: È1t'iìì.-9E J-LtKpOU KaÌ TTÌV OOtKTJ'tOV, J-Laa'tEUroV E'i 1tOU 'ttVt 1tEpt't\Jxot 1tÀ.ÉOV EÌOO'tt' KaÀ.&v OÈ epyrov KaÌ 20 À.ÒyCOV àva1tÀEffiç '(EVOJ-LEVOç, KaÌ EÌç 'tàç 1tUÀ.atàç llipOEtç àiKE'to otà nìv Xpuaav9iou auvoumav. àUà 'tama J-LÈV ua'tEpov. 'EyÉVE'tO M Xpooav9icp Kaì 1tal.ç È1trovwoç 'tep Ka'tà 'tÒ ' népyaJ-LOV amep YEVOJ-LÉVcp OtOaaKtM>crocpoç rov· lÌ yàp 'tÒ j.1Éye9oç 'tflç O"Ujlcpopoç Eiç àna9etav airtòv IJ.E'tÉO"'tTIO"EV, lÌ 'tql1tatOÌ. crurxaipoov 'tflç Ài)l;ewç, EIJ.ElVEV cl'tpE1t'toç· KaÌ 1Ì lltl'tTIP OÉ, 1tpÒç 'tÒV avopa Òp\xnv, 1tpòç 'tilv àçiav 'tOU na9ouç 20 òÀ.Oq>upcretç ÈKÀucracra. Tou'toov M oihoo KEXO>pTIKÒ'toov, ò Xpooav9toç ~v év 'tOtç cruvi)9em v· KaÌ 1tOÀMOV KaÌ IJ.EYclÀWV Èj.11tt1t'tÒV'tWV ÒTII!OcrlO>V KOÌ. KOtVOOV 1tpayjlcl'tO>V, Q 'tÒç Ò1tclV'tO>V 'lfUXÒç Ka'tÉO"Etcrev eiç q,òj3ov, j.LÒvoç E!.tetvev àcra.À.Eurc>ç, cilÀÉ~ OtEÀ.Etv, 'tE cruyypacj>eùç 1tapiìv, oihro 1tpocr'ta!;av'toç, Kaì 'tepOJlEvov•, aÙ'tÒTJ, Kat o\rtroç EmÉpov, Ò ~V 'EÀÀTJaivetat devono significare non che Sozione si spinse oltre la trattazione di Porfirio «apparently», ma che egli lo fece «manifestly», e che chiunque (compreso evidentemente il nostro Eunapio) conosceva e aveva facilmente modo di consultare il suo scritto. Hahn, senza affrontare (come del resto lo stesso Penella) i problemi testuali presentati da quest'ultima parte della prefazione, restringe la confutazione dell'ipotesi di Goulet a un solo àmbito, quello cioè della concezione eunapiana di "storia Hlosofica" (4>tMoo4>0ç i.otopia). Dimostrando l'impossibilità che in età imperiale esistesse un'opera storico-filosofica come quella implicitamente supposta da Goulet («Diese ingeniose These Goulets [. .. ] unterstellt [. .. ]: l) d aB einer der genannten friihkaiserzeitlichen Autoren names Sotion ein entsprechendes philosophiehistorisches Werk verfaBt batte, und 2) daB dem Eunap dieses Werkvon dem keinerlei Erwahnung sonst bewahrt geblieben wiireund seine entsprechende Reichweite bis in die friihe Kaiserzeit bekannt gewesen wiire»), e ritenendo la conoscenza della filosofia da parte di Eunapio scarsa, insufficiente e oltretutto indiretta, cioè non acquisita direttamente dalle fonti (lo studioso non ha alcun dubbio sul fatto che Eunapio non abbia conosciuto l'opera di Sozione), egli scardina la teoria dello studioso francese circa l'erronea identificazione di Sozione e la corrispondenza delle due periodizzazioni di 4>opai delineate in II l e II 2, sostenendo che lo scrittore di Sardi non ha voluto seguire una prospettiva storico-filosofica e, quindi, rappresentare delle sezioni cronologicamente ben delineate di storia della filosofia, strettamente connesse e susseguentisi diacronicamente l'una all'altra. Eunapio, nel descrivere la sua quarta 4>opa (e nel considerarla quarta Hahn, 488-89, colloca evidentemente la tpi't'Tl di questo passo nei regni di Claudio e Nerone, proprio come Wright, Nenci, Goulet e recentemente anche Baldini), non segue affatto il principio sozioneo della otaOoXft - quello, cioè, di dare risalto alla continuazione personale di una tradizione scolastica e alla conservazione e trasmissione per generazioni di un preciso insegnamento attraverso una "catena" di maestri di filosofia- ma una sua personale prospettiva che ravvisa l'unico tratto peculiare dei componenti di una fioritura filosofica (da intendersi per l'appunto, non nel senso di Goulet, come "concatenamento" o "successione", ma come un gruppo di filosofi accomunati dalla dimensione

NOTE AL TESTO [U)

295

pubblica della loro attività e da stretti rapporti personali e professionali) nella loro comune e condivisa mentalità e spiritualità; lungi dallo stabilire connessioni cronologiche tra le sue vite neoplatoniche e una o più fioriture precedenti, Eunapio si limita a far consistere la cl>pa esclusivamente nell'intreccio biografico e nell'affinità spirituale delle eminenti personalità che la compongono, operanti tutte nello stesso periodo. Non è, insomma, suo il proposito di tracciare una storia della filosofia, né delineare una periodizzazione della storia del pensiero: il concetto eunapiano non ha nulla a che fare con una prospettiva storico-fùosofica. È indubbio che ci troviamo di fronte a un passo complesso, probabilmente lacunoso, e in ogni caso non immediatamente perspicuo, che non può purtroppo trovare possibilità di confronto con testimoni altrettanto autorevoli della tradizione manoscritta (la quale, come afferma Giangrande, non conosce una seconda recensione del testo: vd., oltre alla Praefatio alla sua edizione, xiv-xx, in partic. xx, anche Giangrande '53, 290 n. 1). Pur non escludendo del tutto l'ipotesi di Nenci e Goulet '79, ritengo che allo stato delle cose sia metodologicamente preferibile da un lato accogliere il testo esattamente nella forma in cui ci è stato trasmesso, senza eliminarne o sottovalutarne alcun elemento (né il tanto discusso on né la specificazione dei regni di Galba, Vitellio e Otone, benché quest'ultima abbia molte probabilità di essere una glossa esplicativa ben presto confluita nel testo: vd. n. 28), e dall'altro non rinunciare affatto, come fa invece Penella, a contestualizzarlo all'interno della sezione introduttiva dell'opera, che per il suo carattere programmatico ed esplicativo della metodologia seguita e delle fmalità prefisse, deve pur sempre possedere una sua coerenza interna. Se risulta non del tutto infondata (e comunque non meno legittima di quella di Nenci o Goulet '79) l'ipotesi secondo cui la trattazione della ç iatopia di Sozione e Porfirio (vd. n. 13) abbia avuto come suo oggetto di indagine e analisi unicamente la prima cl>pa di filosofi (quella cioè fino a Platone e oltre: Eunapio afferma che Sozione Kata~ç V tciìv aÀ.À.O>v come maschile, in riferimento agli altri maestri (quali, mi chiedo, se prima di Plotino Porfirio fu allievo soltanto di Longino?). 46 In Plot. 7,50 Porfirio si dice molto amico del suo Maestro (ovta f.v toiç J.LaA.tcrta Etaipov), e a tal punto fedele da essere ritenuto degno di correggere i suoi scritti (ibid. 7,51: ov - sci!. 6 nopq,upwç - 1cai Swpeouv aùtou tà crtryypci!l!lata ill;iou). Numerosi i passi della biografia porfiriana sulla intensa partecipazione intellettuale di Porfirio all'attività della scuola, la cui lettura avrà determinato queste considerazioni eunapiane. V d. pure Pio t. 5,5-7, dove Porfirio fa riferimento alle molte ricerche (f.l;etcicretç) condotte nell'àmbito delle lezioni scolastiche (crwot>>, e h:7ta6ciìç q,paçrov «parlatore appassionato», o «appassionante», e in 23,4 àeì. cr7teulìrov npòç tò 6eiov «sempre proteso verso il divino». Il carattere divino dei suoi discorsi può, come suggerisce Sodano '93, 207, trovare una eco in Plot. 10,28-30, dove si dice che il fùosofo stava sempre in presenza di uno dei demoni più divini, verso cui indirizzava lo sguardo anch'esso divino (Tciìv oùv 9etotiprov Sat!LOVO>V exrov tÒV auv6vta KaÌ. airtòç StetÉAet àvayrov aùtou tò 6eiov 01111a 7tpòç EKeivov). Sempre in questa biografia (23,18-21) si dice anche che gli dèi correggevano il cammino di Plotino quando egli si incamminava per sentieri obliqui, e gli concedevano di contemplare il raggio della loro luce sotto il quale il filosofo è riuscito a comporre tutti i suoi scritti (cilç E7ttcrKÉ'I/Et t"fl 1tap' EKeivrov Kaì. ExtPA.iwet ypaljllìvat tà ypaq,ivta). È evidente che Eunapio sta connotando in senso mistico-religioso il pensiero di Plotino, e in generale dei Neoplatonici: Anderson, 37, proprio in riferimento alle qualità spirituali e comportamentali del maestro che Porfirio sceglie di evidenziare (conoscenza degli spiriti, ascetismo, etc.) condivisibilmente afferma: «one senses bere the formation of a penumbra of holiness which certain associations tend to impose [. .. ] but collectively they are part of the impact wich moves NeoPlatonism in the direction of a mystical religion».

NOTE AL TESTO [IV. PORFJRIO]

307

48 Proprio come Plotino che, come recitano le prime parole della biografia a lui dedicata dal discepolo, si vergognava di essere in un corpo (Plot. 1,1-2: Ilì..omvoç ò JCa9' 'JÌJ.uiç yqovcòç c!>tMaoc~>oç ÈqllCEl JLÈV OÌ. on ÈV GCÒJ.lan EtTJ). 49 In Plot. 6,1-3, Porfirio afferma di essersi trasferito in Sicilia nel quindicesimo anno del regno di Gallieno, cioè nel268 d.C., sei anni dopo, cioè, il suo ingresso nella scuola del Maestro (vd. VSIIIn.31). 50 Si noti il riferimento a Horn., Od. XII 234-235 ('HJ.LEiç JLÈV 1caì CJJC'U0pomòç aei, OO't€ a'Ù'tcp 'Aiyew auvexèç 'tÒV TIÀ.ci't(I)VO' "SevoKpa'teç, eue 'ta'iç Xaptm."), e Plutarco, Con. praec. 141f ('O TIM'trov 'tep SevoKpattl ~apU"tépql 1:ò ~eoç ovn "taÀÀ.a Oè Ka~ Kayaecp xapeKeÀ.eue"to Oiletv 1:a'iç Xaplaw); anche Filostrato, in riferimento alla nobilitante e attraente attività retorico-letteraria di Smirne, utilizza una espressione simile (VS II 26, 613, p. 113,6-8 Kayser: È1tÌ nìv l:J.1upvav È'tpaxe'to 900ooav J.l.aÀ.la'ta Bit ooÀ.erov 1:a'ic; 'tç); e la visione della bellezza divina irradia non soltanto tutto l'intelletto, ma fa risplendere anche l'anima

NOTE AL TESTO [V. GIAMBLICO]

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intera, attirandola a sé fuori dal corpo e trasformando l'uomo intero in essenza (X 6, pp. 115,19-120,2 F.: 7teptAOJ.I.VOV OÈ Jtcivta tòv voiìv Kaì -nìv OÀTJV 'JfUXlÌV àvaÀaJ.I.Ttet Kaì àvÉÀKEt Otà toiì O'CÒJ.I.Otoç KQÌ OÀOV autòv Ei.ç ouoi.av J.I.Etaj3cillet). E segno della luce del Dio Padre è proprio il raggio (V 2, pp. 60,17-61,2 f.: E\JI;at 1tpÒ>tOV tep KUpi.q> KaÌ JtatpÌ KOÌ J.I.ÒVq> [ ... ] QKttVci 0'0\ Kàv J.l.lOV autoiì tU ofl Otavoic;x ÈKAOJ.I.\jlat), e suo intermediario il sole (XVI 16, p. 237,1-3 F.: otq> oùv Èv tep ÀOytKep àKnç È1tlAOJ.I.1tEt otà toiì lÌÀiou (oùtot 8è Jtcivteç òUyot ei.oi.), tomcov Katapyoiìvtat Ol OOlJ.I.OVEç). È, dunque, attraverso un processo di illuminazione e irraggiamento quello che Dio sceglie e attua per condurre l'uomo alla visione e alla vera conoscenza di sé [ vd. anche I 32, p. 19,6-7 F.: ei.ç çroitv Kaì cpOìç xcopro, e, in generale, l'intero trattato XIII (di cui, in partic., 18, p. 208,4-6 F.: yvcixnç àyi.a, cpcon.aeeìç rmò ooiì, otà ooiì tò voTJtòv cpOìç UJ.I.vrov xaipco Èv xap~ voiì; 19, p. 208,16-17 F.: tò 1tciv tò Èv 'liJiiv, oci)l;e çcm1, cpcònçe cpOìç). Per ciò che concerne il tema della illuminazione nel Corpus Hermeticum rimando a Festugière, IV 241-57]. Anche negli Oracoli Caldaici ricorre frequentemente l'immagine della luce quale manifestazione ed emanazione del Padre, che è il Primo Fuoco, trascendente e inaccessibile alla percezione; essa, che è epifania del Dio, ne trasmette la luce e l'eterno movimento al sole, la cui luce, essendo per l'appunto di origine divina, scende verso la terra e si mescola con i raggi dell'anima ascendente del teurgo officiante, permettendo così la riuscita della unione mistica (vd. al riguardo /rr. 2, 66, 111, 121, 130, 146, 148 Des Places, e Lewy, 201-2). Come attesta esplicitamente il/r. 121 Des Places (tep xupì yàp ppòtoç ÈJ.1.1tEAaoaç cpcioç e!;et), l' ÈJ.1.1tÉÀamç (che non a caso è per Giamblico il primo grado della preghiera, Myst. V 26, p. 237,15-16 Parthey =p. 181 Des Places: tò J.I.ÈV 7tpcòtov Tflç euxftç elooç Èottv ouvaycoyòv, ouvacpftç tE Tflç 7tpòç tò 9Eiov), cioè l'avvicinamento al Principio Primo (che Tonelli, 300, defmisce come «la tensione espressiva e generatrice del VOTJtòv»), garantisce al mortale la illuminazione, cioè la visione diretta dell'immagine dell'Intuibile (vOTJtÒv). La luce, insomma, sembra essere il segno trascendente e divino della riuscita otamç tra l'uomo e il dio, il canale (ÒXTJtòç), per utilizzare un temine specificamente caldaico (jrr. 2,4; 65,2; 66; 110,1 Des Places), attraverso il quale l'anima del celebrante può liberarsi dai vincoli corporei e attingere alla visione del Fuoco Primo. E i raggi del sole sono a loro volta il OTJJ.I.iiov tangibile e sensoriale di questa luce trascendente e divina, lo strumento privilegiato dell'eleva-

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zione dell'anima verso la sua meta ultima; e, come testimonia un interessantissimo papiro magico (PGM IV,529-540, p. 90 Preisendanz), sono proprio gli scintillii dal colore d'oro della luce immortale, cioè del sole, ad alleggerire l'anima dell'adepto e a favorirne l'ascensione verso l'alto (È1tEÌ OtllC ecrnv JlOl èclltiCtÒV 9VTJtòv yeyrota cruva9apt1Ì !lpotrov c~>ucrt, [. .. ] EAKE à1tò trov àKti.vrov 1tVEUJ.la [. .. ] Kaì Ò'lfl:l creautòv àvaKoucjltçoJ.lEvov, [K]aì \mepj3aivovta Eiç ihvoç). E non solo. Luce e fuoco sono anche la forma sotto cui si manifesta al teurgo la dea Ecate, !'"anima del mondo": vd./rr. 32, 35, 146, 148 Des Places; Marin., Procl. 28, e Lewy, cap. IV, in partic. 240-48. Nel penultimo dei frammenti testé citati, tra i segni che precedono l'epifania della dea, l'oracolo menziona, oltre a un fuoco e a una fulgente luce "ronzante" che si avvolge a spirale tutt'intorno alla terra (fr 146,3-4: iì KaÌ 1tUp IÌtU1trotOV, o9Ev cllroVIÌV 1tpo9Éoooav l i\ clliilç 1tA.oumov IÌJ.lci>Ì yU,v potça"iov ÉAtX9Év· ), anche la visione di un cavallo (che evoca, delle tre teste di Ecate, quella equina), e di un fanciullo in groppa a un veloce cavallo, infuocato e coperto d'oro, simbolo, come dimostra Lewy, 241, delle anime di coloro che sono morti prematuramente e, privati di sepoltura e riti funerari, scortano Ecate nel suo eterno vagare (/r. 146,5-7: àA.A.à Kaì 'i1t1tov i.&"i v c~~rotòç 1tA.Éov àcrtpa1ttovta l iì Kaì 1ta"i0a 9oo"iç vo8at Kaì 'tÒ èiUo xpooro1tov eÀÀ.OJ.l.'lfE iixpt 'tOu xpooo'mou a"Ù'tou 'tÒ tQ> aùtoKpcitropt 0'\lUa!Xòv Ènì tQ> noì..tttO'J.lql tiìç eùoai.J.lovoç tai>t'r!ç n6À.Ewç), avvenuti, rispettivamente, nel 324 e 328: cfr. in proposito S. Mazzarino, Il basso impero. Antico, tardoantico ed era costantiniana, I-11, Bari, 1974, I, 123-27; L. Cracco Ruggini, Vettio Agorio Pretestato e la fondazione sacra di Costantinopoli, «tl>t1iaç xapt v, miscellanea di studi classici in onore di Eugenio Manni», II, Roma, 1980, 595-610). Dalla combinazione di questi W1ici due dati a disposizione, Penella, 51, ipotizza la presenza di Sopatro a Costantinopoli intorno al 320. 148 Non escludo, tuttavia, che il termine Àoyoç possa occorrere in questo passo con il significato di "parola" ("capacità discorsiva" intende Criscuolo '97-'98, 415)- quest'ultima intesa naturalmente come il prodotto di un pensiero razionalmente e criticamente fondato (Wyttenbach, 72, probabihnente nell'incertezza, attribuisce entrambi i valori «ratione et oratione») -quale strumento di comunicazione già ampiamente utilizzato dai neosofisti durante la prima età imperiale e, nonostante la sempre più rapida sostituzione, alla fine del IV e nel V secolo, dei vescovi ai ftlosofi pagani (vd. in proposito Brown '93, 878, 886 ss.; Id. '95,

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capp. 3-4), ancora efficace, nelle intenzioni di questi ultimi, per gestire, pur nei limiti ristretti della loro autonomia, in modo proficuo il rapporto con le diverse facce dd potere. Questo, in considerazione del fatto che l'eloquenza sembra giocare, ancora in epoca tardoimperiale, un ruolo non trascurabile nei rapporti fra intellettualità e potere, un ruolo certo ridimensionato rispetto al passato, mà pur sempre apprezzabile e talora necessario nella gestione di certi conflitti; faccio semplicemente riferimento, per l'elevato grado della sua esemplarità, al coinvolgimento del ftlosofo Eustazio, testimoniatoci un po' più avanti da Eunapio, nell'ambasceria presso il re persiano Sapore (vd. n. 200): è evidente che il prestigio, la cultura, e soprattutto l'eloquenza furono le doti che spinsero Costanzo II, in un momento di grande difficoltà politico-militare, a far ricadere la propria personale scelta su un filosofo pagano che Giuliano Imperatore descriveva come À.oytoç (Ep. 34, p. 61,16-18 Bidez: olcr9a ~v yàp é.in: Mytoç cilv mì. cptMcrocpoç tò É7tOJ.I.EVOv a'Ùtq>, É~ OÈ EXEtç cpU.ov, e'i7tEp oùv aJ..Lcpro Ècr9Àoi ÈOJ.I.EV), e Ammiano Marcellino (XVII 5, 15) definiva «opifex suadendi». Ed è, a mio avviso, particolarmente significativo che anche Libanio, proprio in riferimento a questo episodio, a) esalti orgogliosamente l'utilità della yMima del notarius Spettato (anche lui compagno di ambasceria, insieme al comes Prospero, di Eustazio e parente del retore ateniese: vd. n. 200), la quale ha evitato che gli Elleni venissero vinti nei Myot dai barbari (Ep. 333, l, p. 313,7-11, Forster X: AaJ.1.7tpòç TtJ.I.ÌV à1tò Ti;ç 7tpecrj3Eiaç ò crÈ Oli J..LOÀtcrta I:KE7ttatoç cptMi>v [ ... ] Kaì napà titv tOUOE yMi>ttav ouK ÈKpa't1'!9rtJJ.Ev Èv Myotç "EllllvEç \mò !kxpjXiprov), b) apprezzi la ouvaJJ.tç retorica da lui dimostrata in questa circostanza (Ep. 331, 2, p. 311,1-3, F. X: ÈJ.I.OÌ OÈ KaÌ muta ~v EXElV nvà xaptv ÈcpaivEtO, KtlÀÀlcrtOV OÈ tò oeil;avta piJtopoç o\JVaJ.I.tV Èv I:oucrotç È7taveÀ0eiv), e c) contrapponga la nobiltà dei suoi discorsi alla speciosità di quelli del re persiano (ihid. 3, p. 311,11-13 F. X: olç oÈ oùtoç - sci!. ò I:7tEKtatoç ÈXpiJcra'to, 1tavu yevvaia Kaì Otacreiov'ta ye toùç eil7tpocrVWJ.lOÀO'yet·

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to Eucrta9wç). Nonostante tutto, però, rimane il fatto che, come ammette lo stesso Brown '95, 4; Id. '96, 42-3, la reale autorità del filosofo era in fondo minima, la sua effettiva incidenza nelle scelte politiche alquanto trascurabile: e questo, perché egli «si muoveva in un mondo fondamentalmente aristocratico-conformista» incline alla impulsività e alla irresolutezza. 149 Fondata cioè, mi pare di capire, su motivazioni non vere, ma spacciate ufficialmente come tali. 150 Non è ben chiaro a che cosa voglia alludere precisamente Eunapio con questa espressione. Alcuni vi hanno colto un riferimento specificamente religioso: l'intenzione, cioè, del filosofo Sopatro di distogliere Costantino dalla sua predilezione per il cristianesimo, o di dissuaderlo dalle persecuzioni contro i pagani (vd. Giangrande '56 bis, 74; Zeller-Mondolfo, 66-7 n. 67; Matthews '75, 104; Fowden '79, 222; Goulet '79-'80, 313 = Goulet 2001, 380; Matthews '89, 126). Come Penella, 52, però, non ravviso nel testo eunapiano una tale specificità semantica, che a dire il vero non sarebbe neppure perfettamente in linea con la politica culturale di Costantino. Se, come è stato dimostrato (De Giovanni, 198), i cristiani a cui l'imperatore assicurò il suo sostegno «sono uomini di derivazione cittadina, già compromessi col mondo e ben disposti al dialogo con la cultura ellenistico-romana», sarebbe poco verosimile che quelle frange di intellettualità pagana coinvolte, per prestigio sociale e cultura, nell'assunzione di ruoli delicati all'interno dell'amministrazione e del governo (vd. in proposito n. 167) intendessero dichiarare apertamente guerra al credo religioso dell'imperatore piuttosto che attestare la propria fedeltà a un regno che tutto sommato garantiva loro onori e privilegi. Insomma, la fragile e delicata strategia politica fondata sulla reciproca legittimazione dei soggetti in campo - Costantino da un lato e intellettuali pagani dall'altro -, sembra escludere la presunta e velleitaria pretesa di Sopatro di invertire il corso della politica religiosa dell'imperatore. Certo, una cosa è l'effettivo ruolo giocato dal filosofo alla corte imperiale, un'altra la prospettiva ideologica con cui il biografo, filtrandolo e inevitabilmente deformandolo, ce lo trasmette: 1tp6amç e ou yvÒij.lT~ç tEKIJ.i!ptov, cOO-te IJ.ot OoKci tò IJ.ÈV 7tp6tepov ~roKpcitEt 7tpoai)KEtV, tò OEUtEpov oé, oliJ.at, Mouarovicp· ÈKEtvoç IJ.Èv yàp ecflfl ll'Ìl 9E1J.ttòv èivopa 0'1touoa1ov 7tp6ç tOU tci>v XEtp6vrov lCaÌ cfiKtatat ilJ.I.E"YOì..TI tpucp6ìoa tep Bocrn:opq>; 279, p. 202,11-12, F.= p. 142,45 N.: [ ... ] 9pQKTiç 1tOÀEt tU trov éiUrov 1toì..Erov tp'U$ Buçavtirov l5ftJ.lq> ai't'llGlV ÙT]JlOGlOV, iìv axpl 'tOU~E ÙlÉJ.lElVEV EXWV' EÌ.ç OÌ.ICOÙOJ.llOç I5È 7tÀc iataç c:ivrocjlEÀ.ei.ç tà ÙT]J.lOma XPitJ.lata ~axavc:iìv). Sulla polemica anticostantinopolitana vd. anche n. 172, e Cracco Ruggini '71, 409-10; Ead. '72, 204-8 e nn. 55, 60-61, 214-15 e n. 68; Bonamente, 52-8; Penella, 135.

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Senza cioè che si mescolino al noto altri tipi di vento. 163 L'espressione qui usata, oltre a evocare Horn., Od. V 383 (~ tol "tcOV aÀ.À.O>V ÒVÉIJ.Oopeuç, ocrnç J.Ltmc!>Ovoç, ocrnç Èvaytiç KaÌ j30eì..upoç, 'i't(l) 8app(òv· cl1tO«aViò yàp QU'tÒV 'tOU'tq>Ì tep UOa'tl À.OUcraç au'ttKa Ka8apov, KQV 1tOÀ.tV evoxoç to'iç auto'iç yÉVTJ'tal, Oolcr(l) 'tÒ ec:mv. 184 A essere messe in forte contrapposizione tra loro sono, rispettivamente, la dimensione sociale, civile, comunitaria dell'uomo-ftlosofo, che viene considerata fonte di gloria e prestigio umani, e quella invece solitaria, appartata, rurale, la sola che può, con evidente riferimento alla scelta culturale neoplatonica del disimpegno politico e dell'ascesi, assicurare la salvezza dell'anima e l'unione con il divino. 185 Cfr. Callim., Lav. Pali. 104: [. .. ] È1tEÌ Motpciv roo' È1tÉVTtm: Uva. 186 La scelta di un periodo di ritiro spirituale e di solitudine nasceva nelle cerchie neoplatoniche esoterizzanti da motivazioni di ordine non soltanto strettamente filosofico-religioso, legate cioè all'esigenza di separarsi dal contesto umano e materiale per portare a perfetto compimento la separazione dell'anima dal corpo, e raggiungere quindi la pura visione del mondo divino (vd. al riguardo Lewy, 177-226), ma, a mio avviso, anche di tipo politico-culturale, come diretta conseguenza del disinteresse di questi intellettuali alla collaborazione con il potere ufficiale costituito e, dunque, al rifiuto di un proprio inserimento all'interno di una compagine sociale sentita come profondamente estranea nei suoi fondamenti politico-ideologici. 187 Quello della vita solitaria e appartata, lontana dai centri cittadini del potere, è senz' altro un motivo largamente presente tanto nei testi agiografici pagani quanto in quelli cristiani che, nella comune esaltazione di una vita fondata sul contatto mistico con il divino e sul rifiuto dei valori secolari, finirono inevitabilmente con l'influenzarsi reciprocamente (nel caso specifico, in

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riferimento al contenuto dell'oracolo ricevuto da Edesio, Cracco Ruggini '72, 218 n. 79, parla giustamente di «un rimbalzare polemico di 'motivi speculari' dalle Vite dei sofisti e saggi pagani a quelle dei Santi cristiani e viceversa». Anche De Nicola, 291, mette in evidenza l'analogia e la similarità di diversi tratti "esteriori" nelle biografie pagane e cristiane). Se filosofi pagani come Pitagora o Apollonia trascorrevano la maggior parte dd giorno in una grotta, fuori dalla città, in compagnia di pochi adepti (Porph., VP 9, p. 21,14-17 Nauck =p. 40,3-6 Des Places; Iambl., VP 5, 27 p. 16,7-11 Deubner), e conducevano i loro discepoli in luoghi appartati per tenerli lontani dalla influenza nefanda dei governatori imperiali e dalla categoria degli avvocati (Philostr., VA VIII 22), il monaco Antonio visse venti anni in solitudine nella fortificazione di un monte nella Tebaide, senza mai uscire e senza mai farsi vedere (Athan., Ant. 14, l, p. 172,1-3 Bartelink, SC 400), al tennine dei quali, proprio come Edesio, sollecitato dai molti che volevano curarsi e da altri che volevano imitare i suoi esercizi, venne fuori da Il, ormai colmo di spirito divino (14, 2, p. 172,3-7 B.); ma il desiderio di vivere in solitudine non lo abbandonò mai - come del resto non abbandonò gli altri monaci, tra cui si ricordi sant'Ilarione, che proprio ad Antonio fu particolannente legato durante la giovinezza (Hier., Hilar. 2, 4-5, pp. 74,11-76,19 Bastiaensen-Smit) - volendo egli infatti, dopo un po' di tempo, sfuggire alla folla sempre più incalzante, e ritirarsi nel deserto sulla cima di un monte (49, 3-7, pp. 266,11268,30 Bartelink). 188 Sulla ricchezza immobiliare dd pagan "holy man" vd. VS Vn.87. 189 Anche qui, l'immagine usata da Eunapio per descrivere il trasferimento dd filosofo dalla sua città di origine in un nuovo centro urbano e l'elevato indice di gradimento della nuova comunità ospitante può, a mio avviso, essere stata recuperata dalle filostratee Vitae sophistarum, che testimoniano il concretizzarsi e l'esplicitarsi dell'incontenibile gradimento non solo della gente del luogo, ma addirittura anche di altre popolazioni, in pubbliche manifestazioni di affetto e stima: vd., per esempio, Philostr., VS II l, 562, p. 69,26-30 Kayser (Ot1Jtato J.lÈ:V o 'Hproo11ç èv 't'fl 'AtttKfl [ ... ] è/;'llPt'llllÉV'Ilç aùtoù tiìç 7tavta:x,68ev veot'lltoç, o'i I wider è ben indicato in KG, l, 488. Eunapio vuoi dire, dunque, proprio che il risultato dell'ambasceria fu contro ogni aspettativa e speranza»), non concordo con l'interpretazione di Penella, 58, secondo cui esso esprimerebbe il carattere sovrumano dell'azione persuasiva del fùosofo sul re persiano («lt was the effect of Eustathius upon SaJ?or that could be described as "beyond men's expectations"»). E senz'altro vero che Eunapio, di tutta la vicenda dell'ambasceria, mette in netto risalto il carattere filosofico del discorso di Eustazio a Sapore, ma credo che egli lo faccia non tanto, come afferma Penella stesso, per distogliere l'attenzione del lettore dall'esito negativo della missione diplomatica, del cui insuccesso sono esplicitamente dichiarati responsabili i cortigiani (proprio come nel caso di Sopatro), quanto per valorizzare, da un lato, la "dimensione" e la "valenza" filosofica di questo incontro, ed esprimere dall'altro, ancora una volta, l'impossibilità storica del connubio tra fùosofia e potere (istituzionalmente inteso), tra sapienza misticoascetica, quale quella praticata dai seguaci del Neoplatonismo postgiamblicheo, e "Realpolitik": Sapore e la sua corte simboleggiano, io credo, dal punto di vista di Eunapio, il potere e le sue logiche assolutamente incompatibili con la aoct~ia e la paidéia. E se, come ha dimostrato Cracco Ruggini '72, 200 n. 47, 216-21, il solo tipo di impegno ammesso da Eunapio, e dalle cerchie neoplatoniche a lui vicine, è quello municipale, incommensurabilmente distante dagli interessi sovranazionali sentiti ormai come estranei (nel quadro di un assetto socio-politico del tutto diverso da quello che caratterizzò l'attività dei neosofisti dei primi secoli dell'impero), Eustazio può sì trovare comprensione e giustificazione nel carattere e nella dimensione "locali" del suo intervento (egli tutto sommato agì in condizioni di estrema necessità per difendere la propria patria dalle minacce dei Persiani), ma non può, nel contempo, non assurgere, come Sopatro, a esemplare modello della inconciliabilità, ideologica prima ancora che storica, tra un «vecchio nazionalismo», per usare una espressione della stessa Cracco Ruggini '71, 411, e '72, 217, ritrascritto «in un registro esclusivamente religioso e culturale» e presentato «Come vittoria della aoct~ia apolitica e disimpegnata» e un potere

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imperiale che, in seguito alla scissione del binomio religionestato, non poteva più farsi interprete e restauratore dei vecchi ideali "ellenici". 206 Cioè la sua venuta in Grecia. 2o1 Vd. Plat., Phaedr. 247a: «!196voç yàp e!;ro 9eiou xopou tooclliaç EvEKEv Ma!;tiJ.ov mv)», e come un processo costituito da cinque momenti: purificazione (Kci9apmç), tradizione dei riti sacri (lÌ 'tiiç tEÀE'tiiç 1tapcioomç), contempla· zione (È1t01tteia), applicazione delle corone e trasmissione dei riti agli altri adepti (avcioemç Kaì O''TEIJ.IJ.atrov È1ti9emç), felicità e comunione con il dio (T, Katà tò 9eocjltÀÈç Kaì 9eoiç cruvoiattov eùoatj.lovia). Ha senz'altro ragione Goulet 2001, 37-44, nel mettere in risalto la dimensione religiosa della professione filosofica e la "prospettiva misterica" in cui si iscrivono le biografie filosofiche a partire dalla fùostratea Vita di Apollonia di Tiana e dalla giamblichea Vita Pitagorica fino ad arrivare, in pieno V secolo d.C., alla Vita di Proclo di Marino - comprese natura!· mente le Vitae philosophorum et sophistarum eunapiane -, nelle quali il tratto distintivo (che naturalmente preserva da ogni possibile imitazione indegnamente fallace) del sapere autenticamen· te fùosofico è concordemente riconosciuto nel suo essere oggetto di rivelazione divina [e giustamente Marrou '97, 58, proprio in riferimento all'atmosfera religiosa della tarda antichità, sottoli·

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neando il carattere dogmatico delle diverse religioni, afferma: «Ciò che fonda la coesione che unisce i membri di una stessa comunità di credenti è la fede in una determinata teologia; bisogna parlare qui di fede, poiché le verità in questione non sono il risultato di uno sforzo di elaborazione compiuto dalla ragione umana in senso stretto, come in campo filosofico: ma sempre, in definitiva, è il Dio che si fa conoscere all'uomo e gli mostra la via che conduce alla salvezza»]. Come ebbe a dire il filosofo di Siria nella sezione proemiale della sua biografia del divino Pitagora (lambl., VP l, l p. 5,7-13 Deubner), «la fùosofia, poiché fu concessa sin dal pricipio dagli dèi, non può essere compresa che con l'aiuto di questi ultimi. La sua bellezza e grandezza superano di gran lunga le capacità umane perché la si possa cogliere d'un sol colpo, ma soltanto attraverso la guida di un dio benigno e un graduale avvicinamento a essa se ne può comprendere una parte» (ÈK 9erov yàp a\rriìç- sci!. ~ç cptA.ocrocpiaç- napaSo9eiO'Tlç -rò Ka-r' àpxàç ouK evecrnv éillV lÌPÉJ.l.a àv aù~ç 1tapa0'1tacracr9ai n BuVll9EiTt). n rapporto di questo sapere divino rivelato con la teurgia - rapporto che, nella vicenda di Sosipatra, assurge a illuminante esemplarità del carattere divino del filosofo quale "epifania" del dio sulla terra- è facilmente spiegabile: se la fùosofia è concepita come un J.l.UCJTJipwv, come un sapere, per l'appunto, divino e rivelato, allora essa deve fare posto, all'interno dei suoi procedimenti cognitivi e operativi, a quella teurgia che, secondo la definizione di Goulet 2001, 40, può effettivamente definirsi «une partecipation à l'activité providentielle de Dieu sur le monde». Perché, come afferma anche Bowersock, 73, «Ii neoplatonismo, specialmente quello di tipo teurgico o taumaturgico, era chiaramente più vicino alla religione che alla filosofia»: sulla concezione religiosa della filosofia vd. anche Foussard, 191-193, 201-2, e Marcone '84, 1049. 215 È questa una esplicita ammissione della importanza e del ruolo della sapienza caldaica, oracolare e misteriosofica, all'interno del bagaglio dottrinale del filosofo eunapiano. 216 Si ricordi che l'aggettivo 'tÉAEoç, usato sintagmaticamente con yiyvoJJ.at, esprime negli scrittori cristiani la fase della iniziazione a Cristo, cioè il battesimo (vd. Lampe, s.v. t. F); nella

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forma neutra sostantivata esso indica propriamente l'atto liturgico e sacramentale del battesimo (vd. Lampe, ibid. II C). 217 Horn., Od. XVII 485-486. Si tratta delle parole con cui uno dei pretendenti esorta Antinoo a non maltrattare Odisseo travestito da straniero, nelle cui spoglie potrebbe infatti celarsi un dio che erra per le città allo scopo di esaminare il comportamento degli uomini. La medesima citazione occorre in un passo della Politéia platonica (Il 381d) a esemplificazione della impossibilità per un dio, essere straordinariamente bello e perfetto, di mutare aspetto e assumere svariate forme. Il primo di questi, insieme al verso 487 ("[. .. ] av8pomrov U~plV tE KOÌ EÙVOJ.Li1JV ecpoprom;"), viene pronunziato da uno dei personaggi del romanzo di Caritone d'Afrodisia (De Chaerea et Callirhoe amatoriarum na"ationum .libri II 3, 7), il ricco Dionisio che, rivolgendosi al suo schiavo Leona, lo rimprovera di usare un contegno poco rispettoso nei confronti di colei - sci!. Calliroe - che, a prima vista, egli crede essere la dea Afrodite e non invece la schiava acquistata al prezzo di un talento. Sulla fortuna di cui godettero in epoca successiva questi versi, che vengono citati anche da Massimo di Tiro e dal neoplatonico Frodo, vd. Lane Fox, cap. IV, in partic. 139-43, 152, che li considera una significativa testimonianza della diffusa e perdurante credenza dei pagani nella potenziale presenza degli dèi, nella loro visibilità e percepibilità da parte dell'uomo. 218 Forfirio testimonia che durante i riti teurgici il medium (o ooxeUç) portava sulla veste dei segni raffiguranti gli dèi invocati e particolari simboli rituali, e Frodo attesta che l'officiante era solito indossare dei chitoni variopinti con su rappresentati i segni dello zodiaco e delle cinture adatte alla divinità da invocare: per l'indicazione delle fonti rimando a Lanzi, 283-84. 219 Credo che a confermare l'ipotesi di Vollebregt, 84, e recentemente di Fenella, 60 n. 47, secondo cui gli strumenti rac· chiusi dai due vecchi nel cofanetto di Sosipatra fossero oggetti usualmente adoperati nei riti teurgici, siano non soltanto il com· plessivo contesto di riferimento - e in particolare il genere di sapienza di Sosipatra descritta da Eunapio con così attenta dovizia di particolari e l'abbigliamento da lei indossato durante la iniziazione -, ma anche un passo di Damascio (In Prm. II, p. 95 Ruelle =p. 47,9-11 Westerink-Combès II), dove si definisce chiaramente la iuyl; - strumento magico utilizzato dai Caldei nelle loro invocazioni per far comparire gli dèi o gli spiriti (su cui

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vd. Eitrem, 73, 78-9; Lewy, 12-37, e Luck '89, 201) -,come un opyavov che evoca o, al contrario, allontana gli dèi a seconda se venga girato verso l'esterno O l'interno (É1tEÌ KaÌ tÒ opyavov elO"(J) J.LÈ:V O"tp€cj)OJ.L€VOV 1tpOKaÀ€i. tat Oeouç, eçro Sé, ànoA.Uet toùç KÀ.TJOÉVtaç). Non credo affatto che il termine opyava possa in questo çaso significare, come pensa Luck '97-'99, l, 551 n. 12, «segni mistici» applicati ai vestiti. La cura che i due vecchi raccomandano a Sosipatra di avere di questi strumenti sacri, i quali svolgono un ruolo fondamentale nel legame religioso tra la fanciulla e le divinità, mi pona a considerare le riflessioni di Brown '92, 246 a proposito del culto delle reliquie da parte delle donne cristiane: «Alle donne, che non potevano ritirarsi nel deseno né abbracciare la vita raminga, la stretta intimità con le cose sacre consentiva un profondo raccoglimento interiore propiziato dal contatto diretto con la presenza di perpetui protettori invisibili»: è questo, per esempio, il caso di Macrina, la sorella di Basilio di Cesarea e Gregorio di Nissa (su di lei vd. anche nn. 226, 235, 248), la quale ponava sempre al collo, vicino al suo cuore, una collana con su appesa una croce di ferro e un anello dello stesso metallo contenente un presunto frammento della croce di Cristo (V Macr. 30, pp. 240,7-242,21 Maraval, SC 178). Come gli opyava consentono alla filosofa e teurga Sosipatra (e a qualunque pagano che, come lei, sia depositario del sapere misticoteurgico) di staccarsi dalla materialità del suo corpo, e di elevarsi e raggiungere la perfetta unione con il dio, così, anche per Macrina e ogni seguace di Cristo, oggetti materiali come un cordone, una croce e un anello, gettano un invisibile ponte tra il visibile e l'invisibile, tra la dimensione contingente dell'umano e quella trascendente del divino, traducendo, per dirla con Heim, 13, «l'intense besoin de la masse d'approcher le sacré dans un écrin terrestre» (sull'uso degli amuleti anche da pane dei cristiani vd. Barb, 119-20): essi simboleggiano la presenza continua di quell'Essere Superiore cui la pia donna ha dedicato l'intera sua vita, e in nome dd Quale ha mantenuto inviolata la sua preziosa verginità. E, del resto, anche in àmbito pagano (in contesto tanto di "magia bianca" quanto di quella "nera") era diffuso l'uso di amuleti, talismani e quant'altro: vd. Barb, 116, 119, 132-33; L. Robert, Amulettes grecques, I: Théophanie sur /es montagnes, "JS" 1981, 3-44, in panic. 20-5; Lane Fox, 155. 220 Il cofanetto va gelosamente sigillato perché esso contiene oggetti sacri e religiosi che devono essere tenuti ben nascosti all'occhio indiscreto del profano; i misteri a cui è stata iniziata

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Sosipatra impongono il silenzio e obbligano a mantenere il segreto su qualunque aspetto del rito iniziatico e della dottrina a esso connessa: sull'obbligo del silenzio cfr. similmente Apul., Apol. 53-56. 221 Pack, 203, ha avanzato la suggestiva ipotesi che questi libriccini possano essere stati gli Oracula Caldaica, il testo sacro dei misteri cui Sosipatra era stata iniziata. 222 Il luogo, cioè, tradizionalmente ritenuto sede degli eroi: vd., fra tutti, Hes., Op. 170-174, che ne fa la loro dimora eterna e beata, rigogliosa e prodiga di dolcissimi frutti (come quelli, sottolinea Tommaseo, 262, non a caso copiosamente ottenuti dai due vecchi anziani nel podere del padre di Sosipatra), e Horn., Od. V 563-568, che colloca, ai confini occidentali del mondo, dove non batte mai pioggia, né neve, né freddo acuto, e dove spira sempre il soffio sonoro di Zefiro, la sede immortale di Menelao. 223 Si potrebbe forse attribuire all'avverbio aroc~>p6vroç anche il significato di "castamente": fra le doti di questa teurga non mancava certo la castità (vd. in proposito Lanzi, 290). Per mezzo di questo sintagma ossimorico (aroc~>p6vroç Èv9oum.còv) mi pare che Eunapio voglia, secondo una prospettiva edificante del modello dell'uomo santo pagano, salvaguardare e difendere la dignità sacrale di Sosipatra da qualunque attacco (molto probabilmente cristiano) mirante a svalutarne il valore etico, prima ancora che mistico-religioso. Per dirla con Lanzi, 278, il biografo sta «svolgendo propaganda a favore del sistema valoriale paga· no». 224 Se la filosofia è dunque percepita come una forma di iniziazione misterica (vd. n. 214), essa non potrà non contare tra i suoi elementi costitutivi e fondanti l'ÈXEJ.1.u9ia, il silenzio, una pratica così essenziale nella tradizionale condotta filosofica neo· pitagorica e neoplatonica, come testimoniano per esempio Luciano (Vit. auct. (27) 3; De salt. (45) 70), Diogene Laerzio (VIII 10; 15), Filostrato (VA I l; 15), Porfirio (Plot. 3,25-27; VP 42, p. 40,3-6 Nauck = p. 56,3-5 Des Places) e Giamblico (VP 6, 32, p. 19,12; 16, 68, p. 38,20; 17, 72, p. 41,5; 75, p. 43,8-12; 19, 90, p. 53,2-3; 20, 94, p. 55,9; 23, 104, p. 60,16-17; 30, 188, p. 104,14-15; 31, 195, p. 107,10-11 Deubner), che, preservando il sacro contenuto della rivelazione divina dal contatto con gli impuri e i non iniziati, preparava l'anima, per dirla con Goulet 2001, 42, «à recevoir dans toute sa puissance la parole révelée».

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Ma non solo. Nell'ottica di un neoplatonico postgiamblicheo come Eunapio l'esercizio e la pratica dd silenzio credo si carichino, dal punto di vista ideologico, anche di una forte valenza politico-culturale (oltre che specificamente filosofico-religiosa), rappresentando concretamente l'unica modalità di "gestione" del sapere per una cerchia filosofica chiusa in sé stessa e profondamente disancorata dalla compagine sociale dell'impero. Sul tema del silenzio vd., in generale, O. Casei, De philosophorum Graecorum silentio mystico (Religionsgeschichtliche Versuche und Vorarbeiten, 16, 2), Giessen, 1919. 225 TI fatto che in Sosipatra a una superiorità di tipo misticoreligioso (che fa di questa donna, come abbiamo visto, un perfetto esempio di cl>tÀO>, e ritiene che Sosipatra stia facendo in questo passo riferimento alle tre metempsicosi di Eustazio precedenti al suo ingresso definitivo nella spazio sovralunare: sulla base del Fedro platonico, Steinriick ipotizza che la permanenza dell'anima di Eustazio nella regione lunare e sublunare ne determinerebbe inevitabilmente la ricaduta nel mondo sensibile, vincolandola a un inarrestabile processo di trasmigrazione cui solo l'oltrepassamento di quello spazio (che, nel caso di Eustazio, avrebbe avuto finalmente luogo dopo quattro processi di trasmigrazione della sua anima) potrebbe porre fine (55: «Ware er unter dem Mond, so stiinde im Platonismus ein emeuter Sturz der Seele ins Leben bevor>>). Ora, convinto anch'io che il testo tràdito possieda una sua perspicuità e coerenza interna, tenterei, pur non escludendo dd tutto l'affascinante ipotesi di Steinriick, di avanzare la seguente interpretazione. Anzitutto, contrariamente a Giangrande '54 bis, 84, e Lewin, credo che la frase in questione, proprio per la sua collocazione sintattica - essa si trova fra i due sintagmi aoì IJ.ÈV yàp 1tEpÌ O"EAi)VflV "il xopEia e àllà JCaÌ tòv Ù7tÒ OEAi)VflV 7tapeA.Eoo-n t67tov aùv àya9fl1caì EÙT!vicp ~p~, anch'essi chiaramente

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riferentisi alla dimensione oltremondana della vita di Eustazio faccia riferimento non al periodo della vita terrestre, mortale del filosofo, ma a quello immediatamente successivo alla sua morte, immortale per l'appunto ed eterno. Sosipatra sta, a mio avviso, dicendo al proprio futuro marito che, nel momento in cui egli, morendo, raggiungerà l'orbita della luna, allontanandosi da quel mondo sublunare che nella teologia caldea e in tutti i Neoplatonici è considerato "ilico", cioè materiale e dunque imperfetto, non avrà più modo né necessità, come quand'era in vita, di ricercare e venerare come specifico oggetto della sua indagine filosofica l'etere, proprio perché l'etere- che Filostrato aveva definito come il quinto elemento costitutivo del cosmo (VA III 34, p. 111,30-31 Kayser: ti civ [. .. ] 1tÉJ.11ttov yÉvotto 1tapà tÒ uSrop tE rcaì. tòv àÉpa rcaì. tJÌv yiìv rcaì. tò 7tilp;), "il principio generatore degli dèi" respirabile solo da esseri immortali e divini (VA III 34, pp. 111,31-112,2 K.: "ò ai9'J'Ip" EÌ7tEv "ov ~yEiaEiat XPlÌ yÉvEm v 9Erov EÌ vat, tà J.Li:v yàp toil àÉpoç EÀ.Kovta 9V1ltà 1tllvta, tà Sè toil ai9Époç à9civatci tE rcaì. 9Ei.a"), oltre che elemento divino dell'anima (VA I 8, p. 7,27-28 K.: ÈvavnoilaEiat SÉ- sci!. tòv olvov- 'tft toil voi> crootcicret Sta9owilvta tòv èv 'tft 'lfUXiì ai9Épa. Ma cfr. pure III 42, dove il sapiente Iarca riconduce la causa della facoltà di predire il futuro posseduta da Apollonio alla presenza dell'etere nel suo animo), e che, secondo Eusebio, PE IV 5, 2, costituiva, insieme al cielo, e comunque fino alla luna, il regno destinato agli dèi (tòv tpò7tov 9Eoi.ç J.LÈV oupavòv rcaì. tÒV axpt od:r'!Vllç ai9Épa cpaoì.v U1t0tEtax9at) non sarà più un elemento esterno a lui e raggiungibile esclusivamente con la forza del suo intelletto o del suo slancio estatico (cfr., al riguardo, i versi che una volta Proclo, testimone Marino, Procl. 28, p. 34,29-32 Saffrey-Segonds, pronunziò sulla propria sorte: [. .. ] KEKypayoç U1tÉO"'tpCO'tat Kaì. aetoi)ç, l UjJ.cptKVEcplÌç pU1tOCOV Eiocoì.oxapiJç

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àvorrroç l KpUj.LVCÒOTJç crKoÀtòç 7tTJpòv ~à9oç aièv ÈÀicrcrffiv, l aiei VU!lcllEUffiV àcllavÈç OÉj.Laç àpyòv a7tVEUj.lov): lo stesso Damascio, infatti, il testimone indiretto di questo oracolo caldaico (In Prm. II, p. 317 Ruelle =p. 125,15 Westerink-Combès IV), ne riferiva il contenuto 1tEpÌ. trov (scii. aicrOTJtrov) im:ò creÀ.iJVTJV, come anche altri Neoplatonici, che identificavano più genericamente l'abisso tartarico con l'uÀtKÒç KO) poco prima della distruzione del Serapeum nel391 (o 392?): quand'anche intendessimo per età avanzata 70 (come ipotizza Seeck 1906, 78, 147), o al massimo, 60 anni (Penella, 54), ne seguirebbe che Antonino, la cui nascita dovrebbe essere collocata intorno al 320 o 330, avrebbe, nel momento in cui Edesio si prese cura della moglie e dei figli di Eustazio, 35 o, al massimo, 25 anni: in questo caso, afferma Penella, non si adatterebbe affatto alla sua età il verbo ei;E1tailìEUE impiegato da Eunapio, che lascia invece pensare a un'azione educativa rivolta a 1tailìeç, o comunque a fanciulli bisognosi di insegnamento. E, a ogni modo, 60 o 70 anni non sono certo un'età che può definirsi "vecchiaia avanzata": la sua data di nascita, afferma Lewin, 93 «non può dunque essere posteriore ai primi anni del regno di Costantino». Ora, mentre Fowden '79 e Lewin, 96-7, accogliendo il testo tràdito, pensano che con IÌ1tOX>) -, ma, come registra correttamente Dimitrakos (s.v. il: ElJ.I.at ei.ç J.Ltyav IXxOJ.I.ÒV EÙÀ.al3ilç, eùaEPitç), di "provare grande riverenza, profondo rispetto" - significato, questo, del resto espresso, già in epoca classica, da EÙÀ.aj3ÉOJ.I.at (vd., per esempio, Plat., Leg. IX, 879e; Plut., Per. 7, 1): si consideri che l'aggettivo 'Ò1tEpeuì..aPitç è usato da Germano I Costantinopolitano (VIII sec. d.C.), Or. 8 (369B, PG 98), con il valore di "exceedingly reverent" (Lampe, s.v. il). Un atteggiamento di guardinga circospezione (o di eccessivo timore, come sostiene Steinriick, 117) da parte di Filometore contrasterebbe, infatti, nettamente con la situazione di riferimento, dove alla fine Massimo riesce a guadagnarsi il rispetto incondizionato del suo avversario e l'interruzione dei suoi rituali magici. 248 La figura della casta vedova Sosipatra, insieme a quella di altre venerande e influenti donne del mondo pagano come Fabia Aconia Paulina, la vedova della moglie di Vettio Agorio Pretestato, o l'indomabile vergine e filosofa Ipazia, testimonia come nel IV e V secolo, in un periodo di «sante, nobili e dotte» come lo definisce L. Cracco Ruggini (La donna e il sacro, tra paganesimo e cristianesimo, in R. Uglione (ed.), Atti del II convegno nazionale di studi su La donna nel mondo antico. Torino 1819-20 aprile 1988, Torino, 1989, 243-75, in partic. 273-75), fosse ampiamente diffuso in àmbito non soltanto cristiano [vd. al riguardo, oltre a Giannarelli, 9-28, 49-66, anche R. Lizzi, Una società esortata all'ascetismo: misure legislative e motivazioni economiche nel IV-V secolo d.C., "StudStor" 30, 1989, 129-53, in partic. 144 ss.], ma anche pagano, l'esemplare modello femminile di «sposa, vedova e vergine». Ritengo probabile che ad avere spinto Eunapio a dedicare, all'interno della biografia di Edesio, un ritratto biografico alla "divina" filosofa Sosipatra sia stata l'esigenza di contrapporre, e dunque giustificare secondo una pro· spettiva storico-culturale, a un sempre più diffuso e fascinoso protagonismo femminile nella vita religiosa cristiana un alternativo modello sapienziale e filosofico, ugualmente femminile e similmente fondato sul rispetto morale della castità vedovile, ma

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diversamente operante e determinantesi, da un punto di vista più specificamente culturale, nel suo rapporto con il divino. S. Say-M. Trede, A short History o/ Greek Literature, London, 1999, 164, sostengono che il ritratto di Sosipatra sia propriamente ((a pagan hagiography fit to rival the biography of Macrina»; anche Momigliano '87, 176 e Brown '92, 272 colgono, del resto, alcune somiglianze fra il ritratto di Sosipatra e quello di Macrina (addirittura Brown definisce la filosofa teurga eunapiana ((un'esatta copia pagana di Macrina»), la quale, riconosciuta come protettrice e guida spirituale dai suoi stessi fratelli, aveva consacrato il suo corpo a quella verginità che, debitamente preservata dal matrimonio e dalla procreazione, garantiva il raggiungimento della pura e incontaminata condizione adamitica (vd. in proposito Giannarelli, 38-41; Brown '92, cap. 14; Neri, 192): ad accomunare Macrina a Sosipatra sono effettivamente la presenza forte del padre durante gli anni giovanili, un uguale contesto comunitario, e una identica dimensione religiosa (quella del tardo paganesimo) che rendeva perfettamente consapevoli della condizione effimera e transeunte di ogni elemento fisico e corporale. A differenziarle profondamente, però, fmo a posizionarle su due punti opposti della "cartina religiosa" del IV secolo, è un semplice tratto, quello della fede, che porta con sé tutto un differente mondo di concezioni, attese, comportamenti. Afferma acutamente Brown '92, 273: ((Per Sosipatra, vissuta tranquilla in un mondo immutabile, cancellare il matrimonio dalla propria esistenza avrebbe cambiato ben poco. Il matrimonio non era un ostacolo da rimuovere per abbreviare magicamente il tempo, come aveva fatto Macrina ad Annesi. Dèi e angeli si erano librati contemporaneamente sull'infanzia di Sosipatra, ma non c'era stato nessuno Sposo ad attenderla, tanto meno uno sposo che affrettasse la sua venuta per una fanciulla disposta a rinnegare i propri doveri coniugali. Sosipatra aveva potuto vivere tranquillamente il suo tempo e accettare, con la stessa serenità con cui accettava di essere un'anima momentaneamente incarnata nella materia dell'universo atemporale, il ruolo di donna destinata per natura a figliare per l'antica città». 249 Zftt1111a è termine retorico indicante la questione di carattere sia generale (Oémç o quaestio infinita), svolgente cioè l'indagine di concetti universali, senza determinazione di persone, tempi, luoghi, sia particolare (un68emç o quaestio finita), che invece tratta un caso definito, determinato, esaminato sulla base di res, personae, tempora: vd., in proposito, Quint., Inst. II l, 9;

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III 5, 7, e già prima Cic., De orat. 2, 41 ss.; e sulla differenza di questi due generi di discorso vd. D.L. Clark, Rhetoric in GrecoRoman Education, New York, 1957 = Westport, Connecticut, 1977, 130-32; Martin, 15 ss.; Calboli Montefusco, 33-4, 42-50). Quella discussa in casa di Sosipatra è una thésis di carattere generale, speculativa, teoretica, filosofica, equivalente a quelle che Grillio denominava natura/es quaestiones, per distinguerle dalle civiles (Grill., In Cic. Rhet. p. 45,26-27 Jakobi: Nam quaestio duplex est, aut civilis aut naturalis, quae, ut dictum est, ad philosophos pertinet). Ed è interessante osservare che, a esemplificazione di tale genere di discorso, Grillio cita proprio il caso dell'indagine dell'anima, se essa esista, se si debba chiamare anima lo spirito che pervade il mondo, e se l'anima sia immortale (p. 3,54-71 J.). 250 Quello della discesa dell'anima nel corpo (it Kci9ol>oç 'lfUXiiç) è un tema centrale della filosofia neoplatonica: Plotino ne fa l'oggetto della ottava sezione della IV Enneade; Giamblico, secondo Giovanni Lido, Mens. IV 149, p. 167,23-24 Wiinsch, compose uno scritto intitolato nepÌ Ka9ol)ou 'lftJX.iiç e trattÒ esaurientemente questo tema anche nel suo trattato nepì. vuxiiç; Porfirio articolò, nel suo commentario al Timeo platonico, l'esegesi allegorica del mito di Aùantide intorno al tema della discesa dell'anima (vd. al riguardo Lewy, 450 n. 8, e 499-502). Ma lo è anche della teologia caldea, nella quale risulta strettamente connesso alle pratiche rituali aventi la funzione di purificare l'anima e ricondurla alla sua originaria condizione di purezza. Essa infatti, composta di una scintilla di anima cosmica (la cosiddetta Anima del mondo) e di intelletto e volontà divini (vd. Orac. Chald. /r. 44,1-2 Des Places: ... 'lftJXatOv mnv9iipa l>ooìv Kpciaaç ÒJ.I.Ovoiatç, l vcp Kaì. VEUJ.I.an 9Eicp [. .. ]) -una «combinazione di elementi noetici», questi, come li definisce Lewy, 180, che le conferiscono, rispettivamente, la immortalità, l'abilità di pensare oggetti divini, e la decisione a ritornare nel suo luogo di origine, il regno cioè dell'Intellegibile (VOTJtov) -, una volta che le è stata infusa una natura noetica, viene inviata dal Padre nel regno della materialità (jrr. 25: Taùta natitp ÈVOTJO€, j3potòç M oi. Èv\>x(l)'to; 94: ... VO'ÙV J.I.ÈV 'lfUX,'ij, u KaÌ. T,J.lipou, OOlJ.lOv E:ç tò 9aujJ.açojJ.EVOV v KaÀOUjJ.ÉV(I)V jJ.ovaxci>v 1tap' aÙtoiç yÉvoç, Katà jJ.tjJ.TJO'lV tci>v 1tapà toiç 1tOÀl:jJ.tOtç E:nttEtTJOEUjJ.Évov, oÙoÈv EXOUO'TJç tftç jJ.LjJ.TJO'EIDç 1tpayjJ.atci>OEç Kaì. OUO'KOÀOV, ciUà E:l;ijpKEl « proposta (ma soltanto nell'adnotatio critica) insieme ad cinivow da Boissonade 1822, 284, e accolta nella sua edizione da Giangrande, né quella suggerita da Vollebregt, 98, npoyv(I)(Jl.v: credo, infatti, che si possa intendere la funzione del tcai come copulativa, e non coordinante: Eunapio starebbe, cioè, dicendo che la distruzione dei templi pagani a opera dei cristiani, e la loro conseguente e inevitabile trasformazione, contribuì a fare anche di Antonino (figlio di una donna, Sosipatra, anche lei dotata di apprezzabili abilità divinatorie) un bravo e stimato veggente. 302 È da ritenere errata la traduzione che la maggior parte degli interpreti- lunius e Boissonade («in eius vita scriptum reliquimus»), Wright («l bave handed down in my account of his !ife») e De Rouville («nous l'avons consigné dans l'histoire de sa Vie>>)- hanno dato del verbo napaÀ.Einro, che qui esprime l'atto non di "lasciare per iscritto", "affidare" alla narrazione un avvenimento, ma, al contrario, quello di "omettere", "tralasciare": bene intendono Tommaseo («questo fatto nella vita di lui l'avevamo omesso»), e recentemente Paschoud '85, 263, il quale giustamente spiega come tutto il sintagma verbale ev to'ìç tcat' EK:Etvov napaÀ.Eì..oinaJ.I.EV sia un rinvio interno alle Vite di filoso/i e so/isti. 303 Wyttenbach, 161, ipotizza che l'Eioroì..ov di questo gladia-

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NOTE AL TESTO [VI. EDESIO]

tore sia lo spettro («idolum» per l'appunto) di un martire cristiano che, condannato all'arena, recava ancora le ferite che gli avevano causato gli strumenti di tortura. 304 L'episodio testimonia l'impegno con cui l'"intellighenzia" pagana (e in particolare il filone mistico del tardo platonismo) operò nell'accertamento dell'origine divina e celeste dei poteri dei suoi filosofi, e nella netta separazione e diversificazione di questi ultimi da forme false, ambigue e illegittime di esercizio di potere soprannaturale. L'esigenza da essa maggiormente avvertita fu, come spiega bene Brown 2001, 78-82, quella di ricercare il sottile e labile spartiacque fra doti soprannaturali autentiche, legittime, prive di qualunque ambiguità terrena, e doti invece che, in quanto contaminate dalla macchia della ciarlataneria e della magia, risultavano come inaccettabilmente materiali, frutto di ambizione e interesse individualistico (su questo aspetto cfr. pure Clerc '95, 262-68. Sulla contrapposizione fra sapere magico e divino in relazione all"'holy man" di prima età imperiale vd. Anderson, cap. 8, in partic. 135-38). Non era tanto, come tiene opportunamente a sottolineare lo studioso, la distinzione tra filosofia razionale e magia irrazionale (come talora ancora oggi qualcuno continua a pensare) a costituire oggetto di esame e riflessione di questi intellettuali, quanto «la differenza tra forme legittime e illegittime di potere sovrannaturale. Era questo il confine che i pagani della tarda antichità avevano imparato a scrutare con occhi vigili e criteri sicuri. Le loro credenze cosmiche rispecchiavano e articolavano le ipotesi implicite riguardo ai modi in cui si supponeva che degli uomini esercitassero potere e influenza tra i propri simili. Si credeva che taluni ottenessero il proprio potere da un contatto tranquillo e libero da manipolazioni con gli ordini più alti dell'universo invisibile; altri potevano "traviarsi nell'esercizio di poteri terreni e materiali"». E, del resto, era proprio questo il fme della difesa della teurgia portata avanti convintamente da Giamblico, quello cioè, per usare ancora le parole di Brown 2001, 80, di «additare un sicuro focus del sovrannaturale là dove il suo avversario Porfirio aveva visto solo le sabbie mobili delle manipolazioni della magia [ ... ] e offrire certezza rispetto al fatto che un'ampia serie di atti sacerdotali e di divinazioni tradizionali, così come erano eseguite da lui e dalla sua cerchia, potevano essere trattate come atti elevatisi ormai inequivocabilmente al di sopra delle ambiguità di magia e trance». Tale distinzione fra poteri soprannaturali falsi e illusori da un lato, e facoltà autenticamente divine dall'altro, fu effettuata, come

NOTE AL TESTO [VI. EDESIO - VII. MASSIMO]

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hanno messo in evidenza L. Cracco Ruggini, Imperatori romani e uomini divini (I-VI secolo D.C.), in P. Brown-L. Cracco RugginiM. Mazza, Governanti e intellettuali. Popolo di Roma e popolo di Dio (I-VI secolo), Torino, 1982, 23-30, e più recentemente Clerc '95, 268-78, anche dai cristiani, anch'essi particolarmente interessati a ben diffenziare e contrapporre la matrice demoniaca dei falsi prodigi dei maghi da quella legittimamente divina dei credenti in Cristo (sulla questione vd. anche Anderson, 28-31).

[VII. Massimo] 305 PLRE I, s.v. "Maximus" nr. 21, pp. 583-584. Oltre a Eunapio, altri autori antichi forniscono testimonianza di questo filosofo, come Giuliano, Libanio, Temistio, Ammiano Marcellino, e Zosimo (vd. in/ra). In particolare, voglio qui segnalare due epistole di cui Massimo fu il destinatario: la prima, dell'imperatore Giuliano (Ep. 26), scritta nel 361 (per la datazione vd. Caltabiano, 101-2), dove il j3acn1..eUç informa il Hlosofo sui fatti accaduti tra la sua proclamazione augustea e il suo arrivo in Illirico, rivelandogli i timori nutriti in quel periodo per la sua incolumità; la seconda, del retore antiocheno Libanio (Ep. 694), di circa un anno successiva, dove Massimo viene lodato per il valore Hlantropico della sua attività Hlosofica e per il suo ruolo di insegnante dell'imperatore Giuliano (in partic. §§ 4-5). Anche di questo fllosofo ci è quasi del tutto sconosciuta la produzione scritta. Tra le opere che il Lessico Suida attribuisce a un «Massimo di Epiro o di Bisanzio» (M 174, s.v. Mci!;ttJ.oç· [. .. ] eypa\ji"E flEpÌ CxÀUtOlV avn9É cruvc;icravta), e del Hlosofo Ammonio (V d.C.), che lascia pensare che egli abbia potuto scrivere anche un commentario sui Primi Analitici (In APr p. 31,12-17 Wallies, CIAG 4.6: ò o€ BoTJ9òç ÉvOÉKatoç axò 'AptcrtotÉÀouç YEVOJ.l.EVOç Èvavtiroç tep 'AptcrtotÉÀEl 1tEpÌ tOUtOtl €oo!;acrEV, KaÌ KaÀWç €oo!;acrev KaÌ a1tÉOEt!;,Ev on xciv-

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NOTE AL TESTO [VII. MASSIMO)

teç oi. év BeutÉpq> Kaì. tpitq> crxru.tatt téì..etoi eicnv. toutq> tiKoÀ.Ou9Jtaev nopcpuptoç KaÌ. 'laJ.lPÀ.q~oç, Ett JlÉVtOt KaÌ. ò Ma!;tJ.lOç, «5ç> àKpoatftç ~v 'lepiou toiì 'laflPÀ.ixou àKpoatoiì). Contrariamente a J. Vanderspoel, The Fourth Century Philosopher Maximus of Byzantium, "AHB" l, 1987, 71·4seguito anche da Pack '94, 677 -, per il quale Massimo di Bisanzio deve essere distinto da tutti gli altri omonimi con i quali è stato confuso, e a cui soltanto devono essere attribuiti gli scritti menzionati dal Lessico Suida, con la probabile eccezione del nepi Katapxrov, Bouffartigue, 319. ritiene che sia il filosofo di Efeso colui il quale viene designato nella Epistola 12 di Giuliano come autore di opere sulla logica aristotelica (p. 19,17-18 Bidez: 'O f.1Èv yàp Tuptoç [Ma!;tJ.loç] Eiç PtPUa [J.1Èv] 1tì..eiova ~ç À.oytKfìç ÒÀ.iya t Bueiv el7tE t). Si tenga presente la seguente abbreviazione bibliografica aggiuntiva: Praechter: K. Praechter, RE s.v. "Maximus" nr. 40, XIV2, 1930, coll. 2563-570. 306 Nel contesto, cioè, dell'episodio di Sosipatra e Filometore: VS VI 9, 3-10, pp. 33,18-35,6 G. Il suo luogo di nascita, che Eunapio non riferisce, e che sia Ammiano (XXIX l, 42: [. .. ] Ephesum ad genuinam patriam ductus ibique capite truncatus) sia Socrate (HE III l, 16, p. 377,35-36 Hussey = p. 188,21-22 Hansen: Ma!;tJ.loç ò cfltMaocpoç [. .. ] ò 'Ecpécnoç) pongono a Efeso, può forse essere ricostruito sulla base di un passo della brevissima biografia eunapiana di suo fratello Ninfidiano, dove è testimoniata la sua origine smirnea (VS XVIII, l, p. 86,4 G.: Nuflcfltiltavòç BÈ ~v flÈv ÉK ~UpVllç). Praechter, 2563, suppone che Smirne possa essere stata la città della sua famiglia, mentre Efeso quella che, ospitando il primo incontro fra Massimo e Giuliano, fu probabilmente scelta dal filosofo come «Wohnsitz» sua personale; tale ipotesi, però, secondo lo studioso, può valere anche per Ninfidiano, il quale professò proprio a Smirne la sua attività sofistica. Da Libanio Massimo è definito semplicemente "Ionio" (Orr. 14, 32; 18, 155). 307 La natura divina della voce del personaggio, sacra e veneranda come quella prodotta dai tripodi (vd. un po' più avanti), è un segno del carattere divino della sua anima. Affiancherei a questo un passo della biografia filostratea di Polemone di Laodicea (VS I 25, 542), dove si celebra lo stile oratorio del sofista, definito caloroso, veemente, penetrante come la tromba olimpica, e la solennità del tono, brillante e ispirata come se uscisse fuori da un tripode; anche Filostrato, dunque, come

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Eunapio, stabilisce uno stretto rapporto tra Polemone e la divinità, volto a sottolineare «l'aura sacrale» del sofista (vd. in proposito Civiletti, 499 n. 81, 582-83 n. 24). Ma lo scopo di questa operazione è per i due biografi nettamente differente: se nel biografo di Lemno l'accostamento della figura del sofista a soggetti divini o· quasi divini (si pensi ad Adriano di Tiro paragonato allo ierofante di Eleusi, Philostr., VS II 10, 587) è funzionale a marcarne ancora di più la distanza sociale e culturale dalla gran massa del pubblico e della collettività, in Eunapio esso serve ad affermare, in maniera ancora più chiara e netta, il carattere legittimo del potere sovrannaturale dei suoi filosofi: vd. al riguardo anche n. 403. 308 Cfr. Amm. Mare., XXV 4, 22: hirsuta barba in acutum desinente vestitus. 309 Si può ben comprendere come l'agiografia pagana riservi una particolare attenzione alla descrizione del volto e in particolare degli occhi dell'"holy man" in quanto OTIJ..Lt:tov del suo rapporto costante e privilegiato con il mondo divino, e come legame fisico, oltre che intellettuale e spirituale, fra terra e cielo, ombra e luce (sull'importanza degli occhi nei testi fisiognomici e nelle biografie filosofiche di età imperiale vd. anche Lim, 58-9, e Neri, 180): cfr. il ritratto damasceno di Massimo (Epit. Phot. 204, p. 278,7-9 Zintzen: tàç j}oMìç trov ÒJ.lJ.uitrov àcllteìç oiYtro cllo~pov n lCUÌ ~À.a~EpÒV ÈVÉ~À.E1tEV, OOV Ò1tOpoç aiooiov tE éiJ.La Kaì oewòv ioeiv, aùtò ooKrov ÈKEi òpav tò clltì..ocroclliaç tc:i) ovn1tpocr0>1tov. 249 ex epit. Phot. =p. 302,13-14 Z.: [. .. ] ò TipoKì..oç èeauJ.Laçe 'Imocòpou tò eìooç Wc; €veeov Kaì

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dilpeç Etaro qltM>a6q,ou çro11ç. fr. 132 ex Lex. Suid., s.vv. empoxov et à1toaa$Qùv-reç =p. 113,7 Zintzen: o'i. -re òcp9aÀ.J.I.oÌ "tÒ "tilç ~havoiaç empoxov à1toaa$ 1tapà tÒ tiìç OUCJiaç 5tacflopOV, OVt(l) toiç cfltÀ.OKclÀ.Otç ÈV vq> ypacflEUmV i) 7tpòç tò EUcOOEç JCaì. Kpi>cpwv Kcii..A.oç àtEvi)ç Kaì. à1tapÉyKA.t toç 6Eropia tÒ à1tJ..avÈç 5WpTtOEtat lCaÌ. 6EOEtOÉcrtatOV 'i v5aA.IJ.a). Tale specificità semantica trova ulteriore conferma nell'uso sintagmatico dei termini \v5aA.Ila e 'lf\JXTt in un frammentario epigramma funebre (IG lP 12142, Il. 2-4: ÒllCU1tETTÌç [oè IJ.Opoç ------ ] l tuy6v'tEç. Sulla natura della critica eusebiana alla fùosofia di Massimo e sulla valenza paradigmatica della figura di quest'ultimo all'interno delle Vitae philosophorum et sophistarum eunapiane vd. nn. 355, 403. 3n Oltre a essere impiegati in farmacologia per le loro differenti proprietà terapeutiche (antinfiammatorie, antireumatiche, disinfettanti, ricicatrizzanti, anticancerogene: vd., per esempio, Diosc., Mat. med. I 68, 7-8, p. 64,18-20 Wellmann), i grani di incenso erano comunemente utilizzati nei sacrifici agli dèi (Alciphr., Epp. 35; 53; Luc., ITr. (21) 15; Orac. Sib. VII 76-77, p. 137 Geffcken; Marin., Procl. l) e nei rituali magici, come quello eseguito dalla padrona del Lucio Asino lucianeo, la quale, per trasfomarsi in uccello e volare dal suo amato, si unse tutta di olio dopo avere versato sul fuoco della lucerna un grano d'incenso e averci recitato sopra una gran quantità di parole (Asin. (39) 12: eha ""(UIJ.VlÌ 'tep ÀUXV(!> 7tpOO"EÀ8oùaa teaì. xovBpouç Suo Àalloùaa 'tÒV j.I.ÈV Àtl}avro'tÒV 'tep 7tUpÌ 'tO"Ù ÀUXVOU È7tÉ8T)teE teaÌ O"'téÌO"a 7tOÀÀÒ 'tO"Ù ÀiJXVOU lCO'tEÀOÀ.T)O"EV). 353 Dato che quella qui descritta è un'azione esercitata sulla statua di un dio (nello specifico di Ecate), suppongo che il contesto di riferimento sia quello di un rito teurgico di tipo telestico (su cui vd. VS II n. 24), benché non vengano qui menzionati né i materiali in esso solitamente usati in perfetta «simpatia» con il dio (come animali, vegetali o minerali) né le pratiche destinate alla evocazione della divinità e alla sua introduzione nella statua (formule, incantamenti, etc.): con piacere constato che per D'Anna, 81 «è forse ancora in quest'ambito- quello cioè della telestica - che bisogna collocare l'episodio riferito a Massimo di Efeso»; ma anche Criscuolo '97, 51 n. 17, afferma che ç cl1tOKO'tOO'tUOEwç), il quale attribuiva alla telestica la fun-

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zione di liberare l'anima dai pesanti lacci che la inchiodavano al mondo della ferrea necessità (In Ti. V, p. 300,16-18 Diehl). Del tutto concordemente con D'Anna (anche Barb, 128 n. 3, però, aveva tempo prima riconosciuto che «in questa storia la statua di Ecate non rappresenta solo la dea dei maghi comuni, ma è anche il simbolo dell'Anima Cosmica, quale è concepita nella teosofia caldea e neoplatonica») credo dunque che l'atto rituale compiuto da Massimo possa, per dirla con le sue parole, «essere qualcosa di più di un semplice aneddoto, perché negli Oracoli Caldaici la dèa Ecate era una personificazione della Potenza divina, sicché l'episodio di Massimo può aprirci uno spiraglio su certi aspetti dei rituali di evocazione che vanno oltre la magia spicciola e superficiale». 354 La dea ha in mano le fiaccole, perché è il fuoco la forma sotto cui essa solitamente si manifesta (vd. Orac. Chald., /r. 148 Des Places: 'Hvilca 13ì..i'lftlç J.lOp~iìç citep eùiepov rcup l ÀaJ.1rcoJ.1€vov OKtptTISòV OÀ.O\l Katà j3évaea KOOJ.LO\l, l KÀU8t rcupòç ~vitv). ~rotoetSiì sono i cpQOJ.lata 'EKattKci che Proclo sostiene di aver visto, e ignea è l'apparizione della dea cui fa riferimento Ippolito (Haer. IV 36, l, p. 124,1-2 Marcovich: [ ... ] rcup St' atpoç j3ì..ircetat ~epoJ.levov, oi. Sè ~pi!;avteç tò rcapciSo!;ov tiìç aéaç); e, del resto, ignea e luminosa è la forma sotto cui è visibile, secondo Giamblico, lo spirito divino che entra nel corpo del medium (Myst. III 6, p. 112,10-15 Parthey =p. 105 Des Places: 'Opcitat Sè Kaì taocl>q> J!Ev 'tep 'tà 'tftç 1tp01tatOEiaç J.1E 'tEÀ.Éaavn, clltM>ao«v àv'tEtai)yayev eiç nìv 'lfUXlÌV 'tÒ 'tftç à~TJ8Eiaç Kà~ç çetv tòv i.KÉtflV KaÌ. ll'Ìl ÈKBtBòvat [. .. ];VI 6, 260b, pp. 20-21 Rocherfort: [ ... ] oç YE ayaxcòv taç 'A9ftvaç IJ.clì..ÀOV tOU vuv 7tEpÌ. il~J.éiç oyKO'U, nìv crxoì..itv BiJxou9ev ÈKEiVflç É1tatvcòv), e qui, nella città simbolo della cultura greca ed esempio di filantropia e di amore per gli dèi (Or. XII 18, 348c, p. 171 Lacombrade: 'Eyo) tOl KaÌ. amòç eyvoov 'A9flvaiouç 'ElliJvoov q>tÀOTIIJ.Ottou, conservata da Commelinus, Boissonade (e anche Boissonade 1822), De Rouville, Wright, Blockley, I, 4 (e, sulla loro scia, anche da me), ma corretta in Ècjl' autO? da Vollebregt, 103, e Giangrande, i quali, in ragione del fatto che gli ierofanti erano nominati a vita, davano per certo che il vecchio sacerdote di Eleusi non potesse soprawivere alla distruzione dei templi e all'abolizione delle cerimonie sacre. L'ipotesi della destituzione

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forzata dello ierofante di Eleusi a opera di Teodosio non soltanto rende l'espansione écp' ai>toil del tutto perspicua e logicamente aderente al contesto dato, ma consente pure di cogliere e decifrare ulteriori messaggi interni al testo: l'assistere da parte del vecchio ierofante al naufragio del paganesimo e al tracollo delle sue istituzioni sacre conferisce maggiore pathos al racconto e ne accresce sensibilmente il tono sofferto, venando la testimonianza di un pessimismo ancora più amaro. Anche Fornara, 522 n. 21, desume dalla testimonianza eunapiana la sopravvivenza dello ierofante al tanto deprecato cambio di successione («The precision with which the hierophant describes bis successor requires that be was privy, direcùy or indirecùy, to deliberations concerning bis replacement. The natura! occasion for such discussions can only bave come very late in the life of the aged hierophant»). 365 Dal momento che oggetto del discorso sono Eleusi e i suoi ierofanti, le dee in questione saranno evidentemente Demetra e Persefone: vd. Trombley, l, 69-70, 294, 304. 366 L'autorevole Laurentianus Mediceus legge ÉK 0Emttrov, lezione oscura e sicuramente corrotta; la variante apografa ÉKOEtì..Oaoc~>oç che, come egli stesso teorizza nell'Epistola a Temistio, fa della conoscenza degli dèi e della loro essenza la propria principale virtù (lO, 265a-b, p. 27 Rochefort: aÀ...,9e1ç BÈ imép 'tOU 9eou M!;aç àvaÀCl~lV OUK àpetfìç J.UlVOV 'tiìç 'teÀ.Eiaç epyov Èanv, all' É1tt ~13ou­ M:oo9at Kaì..ciìç ò xpovoç ti!v 1tEtpav èç tÒ èvavtiov ECJtpEcpE, ta'iç tOÙ Kaiaapoç apeta'iç CJ\JVEV9ouat. "LEpistola 26 di Giuliano, del dicembre del 361 (per la datazione vd. Caltabiano, 101), insieme alla frammentaria 6lc, di cui si ignora il destinatario (riguardo alla data di composizione e alle diverse ipotesi sulla natura di questo documento vd. Caltabiano, 114), testimoniano come Giuliano soltanto dopo la morte di Costanzo e il suo arrivo a Costantinopoli ebbe modo di rendere pubblicamente culto agli dèi, potendosi dedicare, ormai libero da timori e sicuro del proprio potere, a sacrifici e purificazioni rituali (Epp. 26, 415c, p. 54,5-8: 8p11CJKEuOIJ.EV toùç 9eoùç àvacpavoov Kaì. tò 7tÀ.fì9oç tOÙ CJUYKOtEÀ.96vtoç IJ.Ot atpato7tÉOO\J 9EOCJEj3Éç ÈCJttV' lÌIJ.Etç cpavepciìç 13ou9utOÙIJ.EV; 61 c, 423c, p. 75,4-6 Bidez: ènetOlÌ OÈ lÌIJ.lV oi. 9eoì. tlÌV ÈÀ.Eu9epiav eooaav, at01tOV EÌvai IJ.Ol cpaiVEtat OtOOCJKEtV ÉKriva toùç àv9pV XP'IlOQj.LÉVO>V' Ej.LQ\ltÒV ci>il91lv xpftVat 'ttj.LCÌV tfl momfl; 9, 28la, p. 228,4-10 Bidez: i.KÉtEuov [ ... ] avBpaç riya9oùç KaÌ axouBaiouç Bouvai j.LOl toùç uxoupyoiìvtaç· ò Bé -scii. ò Kwvatavttoç- 7tpOtEpov EBWKE toùç j.LOX9'11POtatouç. 'Qç BÈ Ò j.LÈv EÌç Ò 1tOV1lPOtatoç KaÌ. j.LaÀa ÒOj.LÉVcoç \J7ttiKO\laEV, o\JBEì.ç BÈ til;iou trov ÒÀÀO>v); alcuni di essi entrarono, addirittura, con lui in aperta ostilità (10, 282b-c; 11, 285a): vd. pure Amm. Mare., XVI 7, l; 12, 67-70; XVIII 3, 6; e Lib., Or. 12, 44, 57-58. E anche dopo la sua proclamazione augustea egli fu oggetto di una serie di insidie, come ebbe a rivelare egli stesso al maestro Massimo di Efeso in una delle lettere a lui indirizzate (26), alle quali riuscì a sfuggire senza spargimento di sangue e senza il ricorso a misure repressive (415b-c, pp. 53,23-54,4 Bidez: 'All' òp(ìç j.LEyaÀa Kai. 1tOÀÀÒ xapÉBpaj.LOV, j.LaÀtata aE xu9éa9at àl;tov· x6>ç j.LÈv à9p6coç tiìç emtjlavEiaç ùa96j.LE9a trov 9Erov, ti.va Bè tpoxov tò toaoiìtov trov èxtjk>u).6>v

on

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7t)..fì9oç lhan:Ecpe\ryaf.L€v, Kteivavteç oùBéva, XPiiJ.lata oùSevòç ciq,eÀOJ.1EVOt, q,uÀal;aJ.lEVOt St J.lOVOV ouç ÈÀaJ.1jkiVOfl€V È1t' aùtocpo)pcp). 387

Vd. n. 316.

388 Se per Gauthier, 92, questi sarebbero i riti eleusini riservati agli iniziati (il passo testimonierebbe, dunque, per la studiosa, la iniziazione dei Giuliano ai misteri di Eleusi: vd. in proposito n. 359), per Matthews '89, 115 ss., 124, essi non potrebbero consistere in nient'altro che in operazioni di natura essenzialmente teurgica. 389 Anche il tentativo di abbattere il regime tirannico di Costanzo viene, dunque, presentato da Eunapio come un'azione mnseguente a un ben determinato piano divino (vd. n. 391): vd., al riguardo, l'acuta osservazione di Baldini '84, 201: «l'incitamento a Giuliano è collegato alla consultazione degli dei, quasi da questi derivi la defmizione di 'tiranno' per Costanzo; in questo modo tyrannis mantiene la duplice accezione, morale, e tecnica per illegittimità, perché in prospettiva filosofica non è legittimo il sovrano nemico della filosofia e religione tradizionali, sicché l'impero di Giuliano viene sciolto da ogni implicazione di usurpazione o ribellione, e diviene pienamente legittimo, in quanto Giuliano appunto è filosofo» e, in qualità di legittimo conoscitore delle cose divine - aggiungo io -, fedele esecutore degli ordini degli dèi. Risultando evidente dalla testimonianza eunapiana che l'invito allo ierofante eleusino e il compimento dei riti misterici precedettero cronologicamente l'acclamazione augustea di Giuliano (di questo avviso anche Matthews '89, 124: «the incident took piace at a time when Julian had as yet no explicit intention of claiming the imperia! throne for himself»), non posso che ritenere infondata l'ipotesi di Buck '93, 78, secondo cui gli eventi in questione si collocherebbero dopo l'acclamazione, quando cioè «}ulian was in great doubt as to what he should do». Contrariamente a Baldini '84 («fu spinto») e e Penella, 124 («was roused to»), ritengo che il verbo i)yép9TJ occorra qui con significato attivo: corrette, dunque, le traduzioni di lunius e Boissonade («sese accinxit»), Tommaseo («Sollevato dunque ch'ei si fu - scii. della tirannide di Costanzo»), De Rouville («ll se mit en devoir»), Wright («mustered up courage»), De P. Samaranch («cobr6 animo»), Matthews '89, 115 («gained the courage to») e Buck '93, 78 («was aroused to»).

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390 A esprimere valutazioni negative sulla figura e sul regno di Costanzo furono, oltre allo stesso Temistio (Or. 34, 12, p. 222,4 ss.), che pure sotto questo sovrano entrò a fare parte del senato costantinopolitano e fu suo consigliere, anche altri autori pagani come Ammiano che, dal punto di vista caratteriale e comportamentale, ne critica la disumanità (immanitas), la selvaggia crudeltà (saevitia), l'asprezza (acerbitas) e l'iracondia (iracundia) nei confronti dei rei di lesa maestà, dal punto di vista dell'azione politica, invece, ne denuncia l'incapacità e l'irresponsabilità in campo fiscale (XXI 16, 15; 17); Libanio, che ne biasima l'intolleranza religiosa verso il culto pagano e l'awersione nei confronti della fùosofia, oltre che della cultura in generale (Or. 62, 8-9); e Zosimo, il quale condanna la smoderata sfrenatezza causatagli dall'essere rimasto, dopo la lotta con i fratelli, l'unico imperatore (1155, l, p. 126,21-2 Paschoud: 'Eni toutotç tf)ç trov oì...wv àpxfìç Eiç J.I.OVOV Krovcr"tavnov 1tEptcr'tOOTJç àÀaçovEia J.I.ÈV aut npocreyivEtO, TJÌV rux11v ÈVEYKE'iv J.I.Etpiroç o'Ù OUV119Évn). Si ricordi l'immagine fosca che lo stesso Giuliano aveva tratteggiato della corte di Costanzo e del suo violento agire nei confronti suoi e del fratellastro (Or. V, 3-4, 270c-273b), e l'aspra critica mossa alla politica religiosa dei Costantinidi, e dunque anche a quella del cugino (Or. VII, 22, 228b-c). Sul carattere dispotico del regno di Costanzo vd. Cracco Ruggini '72, 188 n. 24, e per un ragguaglio bibliografico Mazza '86, 129 n. 79. 391 Contrariamente a Eunapio, il quale ritrae qui Giuliano come un attivo cospiratore nella ribellione contro Costanzo [ma vd. pure il/r. 14,5 M.= 21, 3 B. della sua Storia, dove il riferimento alla cospirazione di Dario contro i magi persiani e di Arsace contro i Macedoni sembra volere alludere alla cospirazione di Giuliano contro Costanzo: segnalo che il verbo utilizzato in questo caso per esprimere l'ardimentoso atto della sollevazione (ÈyeipoJ.i.at) è identico (con in aggiunta il preverbio cruv-) a quello impiegato da Eunapio nel passo immediatamente precedente a quello in questione, p. 32,3-5: Ka9anep o'i tE .:\apEiq> crucrtavtEç È7tÌ. toùç J.I.Oyouç ~crav Éntà Kai Ot nollo'iç UEOIJ.EVOt tlf.l.tV yevÉa9at xapà tci>v KpEttt6vrov i.epoupyiatç XPv Xptcrttavci>v 9pT(crKeiav nepì toùç 9eiouç 9EO"IJ.O'Ùç àcre~T!cravtoç), all'amore per il lusso e il potere dovette associarsi, durante il suo soggiorno alla corte imperiale, anche una fanatica, imprudente e provocatoria professione di culto che, alla morte inattesa del restauratore del paganesimo, dovette indubbiamente esporlo a gravi e dannose ritorsioni (per una trattazione più estesa e dettagliata della questione vd. n. 469): e sappiamo bene quanto fosse importante, per Eunapio, che gli intellettuali pagani esercitassero con moderazione i loro compiti sociali e religiosi, proprio come Crisanzio, il quale seppe svolgere il ruolo di gran sacerdote in Lidia con equilibrio e senso pratico, senza pericolosi e "anacronistici" fanatismi, affiancando a una politica di pacifica convivenza con i cristiani una "silenziosa" e indisturbata attività di ricostruzione dei templi pagani: vd. VS XXIII n. 844. Mi pare, dunque, di potere affermare che della sapienza di Massimo non è la presunta contiguità al sapere magico che Eunapio intende biasimare, ma il suo "fanatico" e individualistico impiego; egli è un personaggio che consente di riflettere ancora una volta sui difficili rapporti fra cultura e potere, fra impegno intellettuale e partecipazione politica, fra mondo delle idee e quello della storia, «tra la salvezza dello spirito e le fortune politiche e mondane», per usare una efficace espressione di Cracco Ruggini '71, 415. Non posso, quindi, che essere d'accordo con Matthews '89, 497 n. 22, quando, obiettando alla tesi di R.L. Rike [Apex Omnium. Religion in the Res Gestae o/ Ammianus, (The Transformation of the Classical Heritage, 15), Berkeley, 1987, 61-7] sulla presunta condivisione da parte di Oribasio ed Eunapio del sentimento di antipatia ammianeo nei confronti di Massimo, afferma: «Eunapius had his doubts, but they were connected more with Maximus' unphilosophical conduct under Julian than with his doctrines. On the issue of theurgy they should be classed against Ammianus». 404 Nel menzionato passo della biografia di Crisanzio Eunapio contrappone all'audace ostinatezza di Massimo l'irresolutezza, la determinazione, l'inflessibilità del suo maestro nel rifiutare seccamente il pressante invito a corte di Giuliano (VS XXIII 2, 5, p. 93,9-11 G.: outroç ò IJ.ÈV WpiJ.T(O"E nìv àpxéKaKOV òoòv EK"EiVT(V KaÌ à1tOOT(IJ.iav, ò OÈ Xpucrav9toç EIJ.ElVE ICOtà xropav).

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405 L'espressione tò Kpcittov t&v !k>uÀE'UtT)pirov designa evidentemente i membri più influenti e potenti delle curie dei principali centri urbani d'Asia Minore, i cosiddetti 1tprotEOOVtEç (o pn'ncipales), di cui Libanio critica apertamente la gestione interessata e privatistica del potere e lo sfrenato desiderio di ricchezza (vd. Petit '55, 82-91, 353-55; Liebeschuetz, 171-74; Brown'95, 40-41). Il termine lk>uM:un'tptov qui adoperato indica specificamente il luogo nel quale si riuniva il consiglio cittadino o curia, lk>uì..ft per l'appunto (si ricordi che ad Antiochia l'altra sede del consesso senatoriale cittadino è il OtKacm'tptov, il tribunale e il palazzo del funzionario imperiale): vd. Petit '55, 64. Come Libanio (vd. Petit '55, 72-4), anche Eunapio usa apxro e il suo deverbativo per designare l'attività dei funzionari imperiali in contrapposizione a quella dei magistrati municipali: mi sembra chiaro che il biografo, probabilmente per amplificare la visibilità sociale del suo personaggio, vog)ia rappresentare quest'ultimo come un oggetto di venerazione da parte tanto degli amministratori imperiali quanto dei notabili delle province. 406 nì..ayia 9-Upa vale qui come "posticumn, cioè porta posteriore: vd. Poli., I 76 Bethe: auM:toç 9upa, KTJ1taia 9-Upa, ciJ.J.cpi9upoç, 1\v "OJ.J.TJpoç òpao9UpTJV KaÀ.Ei., oi. OÈ 1toUoì. 1tì..ayiav 9-Upav. 407 Anche se con qualche margine di incertezza seguo, come Wright e Giangrande, l'integrazione . 420 Nessuna delle due lettere si è conservata. Sui diversi tentativi di emendare il testo tràdito OOç àv ri)v j.l.tav toùç c'i!;ovtaç rimando a Giangrande '54 bis, 90. La mia traduzione si fonda sull'intervento correttivo proposto dall'editore in apparato: «ç en )(poviçrov). 423 Eunapio tende a sottolineare il comportamento moderato ed equilibrato che Prisco, contrariamente a Massimo, scelse di adottare sin dal suo arrivo alla corte costantinopolitana. 424 Non meno numerosi, cioè, di quelli che stavano sempre al seguito di Massimo: vd. VS VII 4, l, p. 48,19-20 G.: tE ycip j}am.Al:uç Kaì oi. j}am.Al:oojJ.EVot mivta lÌGav è1tì Mal;illC!>· 425 La mia traduzione si fonda sulla ricostruzione del testo tentata da Giangrande '54, 91 (che ha, tuttavia, consapevolezza del suo forte grado di approssimazione): ci>ç intèp tou Pam.Àtroç iì Katà AuBiav ç oùK àv iJpvi)crato Xp1)cravewç tiJv KA.iìcrtv EÌ. Jltl tt 01)CJXEpÈç ÈvEtOE toiç 1J.ÉAA01)01.V), dove il verbo 7tp001)1tOVoÉro da lui usato esprime evidentemente non una sensazione o uno stato d'animo, ma un processo mentale, razionale, in particolare un sospetto o una supposizione, quella, cioè, che Crisanzio non avrebbe rifiutato l'invito se non avesse avuto una qualche percezione dei possibili inconvenienti che avrebbe comportato la sua visita alla corte imperiale. 427 Cfr. pure Eun., VS XXIII 2, 7, p. 93,20-21 G.: o oÈ Xp1)cravewç tiJv àpxtEprocrùVT]V tOU 1tavtòç e8vouç A.a!ki>v. 428 Entrambi lo assistettero al momento della morte sopraggiunta nel bel mezzo di tale spedizione; con loro, in fin di vita, Giuliano discusse della sublimità dell'anima (Amm. Mare., XXV

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NOTE AL TESTO [VII. MASSIMO]

3, 23: quibus ideo iam silentibus ipse cum Maximo et Prisco philosophis super animorum sublimitate perplexius disputans; Lib., Or. 18, 272, p. 355,11-14, Forster II: ènetiJJ.a tOìç tE iiUOlç Kaì o\Jx ilKtota ati tomotç - scii. oi. cptM>ooq,ouvreç -, e i. tcilv IJE~teo­ JJ.Évrov aùtòv dç MaKciprov viJoouç ciyovtrov o'iae còç à!;iroç Taptàpou ~~troKota aaKpùotev). Essi erano gli uomini più sapienti della corte giulianea (Lib., Or. 13, 44, p. 79,3-5, Forster II: ooì at trov è1tì yilç oi oocprotatot xaipovteç tiì cpop~ tiìç vuxilç. iìv 7tap' t1JJ.épav EKcjiÉpetç), legati all'imperatore da un profondo legame di amicizia (cfr. pure Lib., Or. 14, 34). 429 Non concordo con Wright («and certain other sophists joined the expedition») e De P. Samaranch («y algunos otros sofistas se unieron a la expedici6n») nell'identificare questi &Uot aé ttveç che parteciparono alla spedizione antipersiana di Giuliano, e di cui il biografo semba non voler specificare la identità, con dei sofisti non ben precisati; correttamente aderente al testo, invece, trovo la interpretazione di lunius e Boissonade («alii nonnulli comites expeditionis se adjunxerunt»), e Tommaseo («ed altri ancora in moltitudine s'apprestarono ad accompagnarlo»). Riconosco, insieme a Penella, 69 n. 73, che non è dd tutto chiaro se Eunapio intenda includere Massimo e Prisco tra quella folla di accompagnatori che si autoelogiavano e si gonfiavano d'orgoglio per trovarsi al seguito dell'imperatore: contrariamente, però, allo studioso- il quale avverte probabilmente l'esigenza di escludere una reazione così eccessivamente superba nei due celebri ftlosofi -, non ritengo necessario accogliere la correzione di Oé in tE suggerita, ma non motivata, da Vollebregt, 109 (che si limita semplicemente ad osservare: «lteratio copulae Oé non ferenda est. Priore in tE correcta, sententias sic distinguo: amòç E7tÌ tòv nepatKÒV OUV111tEÌYEt0 7tOAefJ.OV Ma!;iJJ.OU tE KaÌ npim Otavotav cj)avEpàv 1t0tElV, ci>ç E1tEtat toiç Èv9oumcòmv, ou 7tapaÀ.Oyoç it croyyv(Òj.LTJ' Kaì ai>tòç M 7tEpì ~v 'laiJ.~À.tXov Èv cj)tÀ.oaocpiQ, 7tEpÌ OÈ tòv OIJ.cOVUIJ.OV Èv 9EoaocpiQ j.LÉIJ.TJVa, Kaì VOIJ.içro tOÙv v WpllTJ!lÉVrov), oltre che alla sollevazione popolare e all'invidia che suole generalmente perseguitare chi si distingue per cultura (lOOa-b, p. 150,3-7 S.-D.: JCaì 1tom yevéa9at cpavepòv on lltite ÉJCEtVTJ ti \lfflcpoç tflç UjlEtÉpaç Kpiaeroç ~v, aÀ.À.à tou Kotvou 8opul3u Kaì tflç auVTJç to"iç èv 7tatOeiQ SteveyKoum): per una trattazione dettagliata dell'argomento vd. n. 469. 441 Sulla funzione sociale del ftlosofo vd. VS VI n. 148. 442 Respingendo, in quanto non indispensabili, le integrazioni al passo di Vollebregt, 110-11 (oaa lltite avtìp c:iJCouetv éouvato cptÀ.oaocpoov) e Giangrande (oaa lltite àv"fÌp aJCOUElV [ ... ] èpetv, a rimettersi su, a riacquistare cioè spazio, fama e prestigio tra l'intellettualità cittadina riprendendo (come sta a significare incontrovertibilmente l'avverbio xàì..tv) l'attività del otaA.éyeaSat: attività, questa, che, sulla base di quanto riferito fin qui dal biografo, mi sembra che non abbia nulla a che vedere con la carriera e la professione sofistica. Fino a questo punto Eunapio ha fatto riferimento esclusivamente all'attività filosofica di Massimo (vd. soprattutto VS VII 4, 13, p. 51,13-14 G.), allievo di Edesio, e convinto, per non dire fanatico, sostenitore del filone teurgico postgiamblicheo; e se qualche riferimento è stato fatto dal biografo alla sua eccellente eloquenza (vd. VS VII 2, 7, p. 44,7-9 G.: o'Ùtoç otà tJ.Éyeeoç c~>uaeroç KaÌ ì..Oyrov \mepoxÌJv Katacl>povftaaç tciìv ev toutotç àxooei!;erov), esso è stato fatto sempre nel contesto e nell'àmbito della sua attività filosofica: l'eloquenza di Massimo, così come quella di Eusebio, di Crisanzio e degli altri filosofi eunapiani, risulta essere non il campo di professione precipuo di questi pensatori, ma semplicemente uno strumento al servizio della loro speculazione intellettuale, un procedimento operativo destituito di ogni intrinseca e autonoma validità, pensato e valutato soltarito in relazione alla comunicazione (per lo più interna alla scuola) dei contenuti del loro pensiero e delle loro indagini (E, del resto, sono ormai state accertate la dimensione privata dell'attività delle cerchie neoplatoniche e la loro conseguente esigenza di diversificarsi, tanto nell'immagine sociale quanto nei contenuti e nelle loro modalità di comunicazione e trasmissione: vd., per tutti, Lim, 61-5). Nel caso di Massimo, in particolare, non c'è dubbio alcuno che la retorica, come unica e autonoma sfera di interesse e azione, è del tutto assente dal suo orizzonte ideologico e professionale: prova ne è il suo rifiuto, testimoniatoci da Eunapio, per qualunque

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NOTE AL TESTO [VII. MASSIMO]

dimostrazione logica solitamente effettuata nel contesto di ragionamenti e disquisizioni filosofiche (di cui invece si faceva sostenitore Eusebio, ma pur sempre nell'àmbito dei procedimenti della indagine filosofica), e del suo pressoché esclusivo interesse per le "follie" (J.I.avim), cioè per i riti teurgici [ipotesi, questa, la cui validità non verrebbe, a mio avviso, in alcun modo inficiata dall'eventuale paternità massimiana dello scritto retorico llEpÌ. ciì..tltlOV civn9ÉaErov, attribuito dal Lessico Suida (M 174, s.v. Mcil;tJ.I.oç: vd. n. 305), insieme a un trattato di aritmetica (nEpÌ. cipt9J.1.rov) e astrologia (nEpi. Jcatapxrov) e a commentari filosofici ('l'7tÒJ.I.V11J.I.a EÌç 'AptatotÉÀ.Tlv), a un non ancora ben identificato filosofo Massimo "Epirota o Bizantino": sulla questione vd. Penella, 71-2 n. 79]; lo stesso può dirsi di Crisanzio che, dopo una breve parentesi di studio e applicazione alla retorica, si diede all'unica e vera forma di conoscenza: quella divina (VS XXIII l, 8-10 G.). E anche quanto racconta Eunapio all'inizio della sua biografia riguardo alla sensazione di armonia che derivava a chiunque lo ascoltasse e lo guardasse, e al senso di ammirazione e sbigottimento che ogni suo interlocutore provava nell'osservare l'òl;uKtVllaia dei suoi occhi e nell'ascoltare ilBpÒJ.I.oç delle sue parole, non credo che possa contraddire la posizione di inferiorità in cui, secondo questo filosofo, i ì..òyot si trovavano rispetto al tò cjltì..oao>) - sia complessivamente da difendere e accogliere (fatta eccezione per il valore temporale da lui attribuito alla congiunzione olç): «Tunc etiam publicas aliquot declamationes habuit: sed parum (corsivo mio) inde ad gloriam profecit, quia a natura non factus erat ad theatralem sophistarum eloquentiam: donec rursus ad gloriam emersit, de philosophia disserens, ac rursus ut antea scholas habens». 469 Ci troviamo di fronte a un passo di non facile e immediata comprensione. Il testo del Laurentianus Mediceus 86.7 legge Kaì. 'tiìç àm v6Tlltoç 1tEpÌ. 'tiìç 9Ewupyiaç è:mì. J.LÈ:V 1tE7tEtpaJ.Lévoç, nìv 5è: éç t6v& éxì. xÀ.Éov éooçaçEv. lunius e Boissonade, pur ritenendo il testo guasto (Boissonade, infatti, scrisse in corsivo la traduzione come a significame l'oscurità del significato), lo mantennero nella forma tràdita, così interpretando: «Factum est periculum innocentiae illius circa Magicos ritus, eaque res existimationem illius adauxit»; Boissonade 1822, 324-25, mutando 1tE1tEtpaJ.LÉvoç in 1tE7tEtpaCfJ.LÉvoç e suggerendo nell' adnotatio critica di correggere Éç t6v5E in É:K tou5E, interpretava «et suae circa theurgiam innocentiae periculum subiit, indeque hanc (theurgiam) magis fecit illustrem» (in questo seguito da Tommaseo, che traduceva «E diede prova dell'innocenza sua nelle cose della teurgia, sicché ne crebbe alla scienza e franchigia ed onore»), mentre Wyttenbach, 221-22, leggendo KaÌ. 'tiìç àcnv6Tlltoç 'tiìç 1tEpÌ. 9EOUpyi.av aptt J.LÉ:V 1tE1tEtpaf.lÉVOt, VUV 5' E tE EOÉTtGE tiìç tÉXVTtç OtOOGKEa9ai n 7tEpÌ t&v iOtCùV tOOV OUtOU 7tapà tOOV 9EOOV jloUÀOJ.I.ÉVq>). 472 Valentiniano e Valente. Gli autori che parlano esplicitamente di "congiura" sono, oltre a Eunapio (di cui vd. anche ilfr. 38 M. = 39, l B. della sua Storia, dove la causa principale della cospirazione di Teodoro è esplicitamente individuata nella cupidigia e nella sfrenata sete di potere dei cortigiani, p. 54,6-13: [. .. ] tò yàp avapomtvov, KOÌ. oaot 1tEpÌ. atpateiaç exì. tà KÉPOTI KaÌ tàç KOt vàç ruxaç E7ttOTt~Vot KaÌ. KEXTtVOteç, t..;v lÌJ.I.EPOtTtta KataJ.I.096vtEç ailtou - sci!. tou 8Eoocbpou - Kaì tò xpòç tàç ÒJ.I.tì..iaç EUKpatÈç Kaì xpoXEtpov, taxù J.l.aì..a t..; v OJ.I.axov Kaì. ~1'\Epàv Kaì. toiç vouv itxoum. Koì..aKEiav im:oouvteç Kaì. xpojXxÀ.OJ.I.EVOt Ka9a7tEp EÀ.É7tOÀiV tiva KOÌ. J.I.TIXOV"IÌV acpUKtOV, E!;,Éroaav tOOV aacpaì..&v KOÌ. G(J)t'T!ptCùV ÀO'YlGJ.I.OOV tÒV VEOvtGKOV KOÌ. KOtÉGEtGav Eiç tòv J.I.OVtolOTt KaÌ. acpaì..Epòv tiìç j3am.ì..Eiaç Epcota), Ammiano Marcellino (XXIX l, 15: non abnuimus [. .. ] salutem Valentis et antea saepius per occultas coitiones et tunc in extrema demersam [. .. ]; 36: Eutropius [. .. ] ut factionis conscius arcessitus in crimen [. .. ]), Libanio (Or. l, 171, p. 163,4-6, Forster I= p. 96,16-18 Norman: aacpaì..Etav OÈ tiìç 7tpçt6tlltoç erovfìa9at VOJ.I.içrov EUpEV EtEp ov Mxov, toouanov tE KOÌ. ouç EKEl voç È7tOVÉGtTtGE tep CJKitxtpq>), Giovanni Crisostomo (Ad vid. jun. 4, p. 134,250-251 Ettlinger-Grillet, SC 138: [ ... ] emjlouì..Eooaç- scii. ò E>EoOCùpoçPaatÀ.Et KOÌ. aì..oùç autòç J.I.ÈV a7tEtJ.I.it9Tt acpoopa ÈÀ.EEtv&ç) e Sozomeno (HE VI 35, 5 p. 292,8-9: KOtOJ.I.TtVU9EiCJTtç OÈ tiìç emXEtpitaeroç 00ç Eiç G(J)t'T!piav Extj3oUÀ.EU9EÌ.ç 000ì..Ttç OÙK avEKtÒç ~v xaì..Exaivrov; 8, p. 292,16-19 Bidez-Hansen: oux iiKtata OÈ xapà toiç EÙ cppovof>m. oiKatOv oÌJ.I.at Kata~J.1.cpea9at [. .. ] toùç cptì..oaocpouç 7tp07tEtEiaç KOÌ tlìç acptì..oaocpou E7ttXEtpftGECùç). Giovanni Crisostomo (De incompr. dei nat. III 428-429, p. 222 Malingrey, se 28bis: ITpò yàp OÉKa tOUtCùV Etrov eaì..roaav E7tÌ. tupawiot nvÉç, Ka9érxep Kaì. UJ.I.Etç 'late) e Socrate (HE IV 19, 4, pp. 512,18-513,19 Hussey = p. 247,21-22 Hansen: [. .. ] xoì..ì..oùç axcbUuev- sci/. Ò000ì..Ttç -, oi)ç tUpOvvftGElV im:omtEUEV) affermavano, in altri termini, che coloro i quali erano stati arrestati aspiravano a impadronirsi del potere. 473 Alla interpretazione di Iunius, Boissonade («vulgare quoddam vaticinium obtendentes»), Wyttenbach, 223 (xpoiata-

NOTE AL TESTO [VII. MASSIMO]

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aElai n = «praetendere, praetexere aliquid ut caussam agendi, ab aliqua re initium actionis ducere, auctoritatem alicujus sequi»), De Rouville («prétextant un oracle vulgaire»), è forse preferibile quella di Tommaseo («armatisi di un privato oracolo»), Wright («put forward some private oracle») e De P. Samaranch («presentaron un oraculo privado propio suyo»). 474 Ammiano riporta integralmente il discorso che Dario, uno dei complici di Fidustio, espose di fronte ai giudici, fornendoci così una testimonianza della pratica divinatoria seguita dai cospiratori differente e molto più dettagliata di quella eunapiana (XXIX l, 29-32). Di fronte alla crudele violenza dei giudici, il cortigiano non potè nascondere la verità, e dovette riferire nei minimi particolari il rito che insieme agli altri aveva eseguito per conoscere il nome del futuro imperatore. Raccontò che presero un tavolino e che, dopo averlo consacrato con preghiere e cantilene magiche, lo misero in movimento (29: "Construximus", inquit "magnifici iudices, ad cortinae similitudinem Delphicae diris auspiciis de laureis virgulis infaustam hanc mensulam, quam videtis, et imprecationibus carminum secretorum choragiisque multis ac diuturnis ritualiter consecratam movimus tandem"). Messolo al centro della casa, vi posarono sopra un piatto rotondo fatto di metalli diversi, sul cui orlo erano incise le ventiquattro lettere dell'alfabeto (30: "collocabatur in medio domus [ ... ] lance rotunda pure superposita ex diversis metallicis materiis fabrefacta. cuius in ambitu rotunditatis extremo elementorum viginti quattuor scriptiles formae incisae perite diiungebantur spatiis examinate dimensis"); e un tale, nelle veci di sacerdote, abbigliato con un abito di lino e con calzari anch'essi di lino, con in mano fronde di albero fruttifero, dopo la preghiera alla divinità che presiede alla profezia (Apollo), salì sul tavolino facendo ondeggiare sopra il piatto un anello legato a un sottilissimo fùo che, cadendo sulle singole lettere, formava degli esametri in risposta alle domande che venivano via via poste. E alla domanda riguardante chi sarebbe stato il successore di Valente esso, saltellando, sfiorò le due sillabe 8EO con l'aggiunta finale di una lettera; uno dei presenti esclamò allora che il personaggio designato dalla volontà del dio era Teodoro: e sicuri che questa fosse la risposta che ci si attendeva, non si procedette oltre nell'indagine (32: "ibi tum quaerentibus nobis, qui presenti succedet imperio, quoniam omni parte expolitus fore memorabatur et assiliens anulus duas perstrinxerat syllabas 8EO cum adiectione

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NOTE AL TESTO [Vll. MASSIMO]

litterae postremae, exclamavit praesentium quidam Theodorurn praescribente fatali necessitate portendi. nec super negotio est exploratum; satis enim apud nos constabat hunc esse, qui poscebatur. "). Molto vicini al racconto ammianeo sono quello di Zosimo (IV 13, 3-4)- che, pur presentando gli episodi che portarono alla scoperta di Teodoro in modo differente da Ammiano (vd. al riguardo Paschoud, n. 130 al§ 14, pp. 358-59, e n. 163), riferisce l'operazione magica quasi nei medesimi termini dello storico antiocheno -,e di Sozomeno (HE VI 35, 1-11), il quale presenta, però, la vicenda in un contesto di repressione del paganesimo (operazione ideologica, quest'ultima, come sottolinea Paschoud, 357, del tutto assente in Zosimo). Anche le fonti storiche cristiane testimoniano la cospirazione antimperiale, concordando nello scopo e nei risultati del procedimento divinatorio, ma discordando nelle tecniche praticate: per Socrate (HE IV 19, 1-2) i cospiratori utilizzarono la necromanzia; per Filostorgio (HE IX 15) degli oracoli pagani. Fonti tarde invece, come Zonara (XIII 16) e Cedreno (1548,13-20), discordano dalle altre non soltanto per la tecnica divinatoria praticata (i congiurati, secondo loro, avrebbero fatto ricorso all'alectoromanzia), ma anche per il numero dei complici: ai già noti essi aggiungono Libanio (la cui responsabilità, effettivamente denunciata durante il processo da uno dei complici torturati, venne con forza negata dallo stesso retore, vd. Or. l, 172, p. 163,16-19, Forster I= pp. 96,25-98,1 Norman: [ ... ] mivtroç civ EÌ.ç eì..Enov J.l.E 7tE ÉpyaaaJ.LEvoç ill3amì..Euç menzionato immediatamente dopo, e cioè Valente. Il passo, dunque, significherebbe che l'imperatore, dopo la comune e molteplice rovina di tutti, nel corso della quale commetterà una vera e propria strage, perirà in modo veramente insolito, privo di una sepoltura degna del suo rango. Ammetto che questa soluzione conferirebbe un significato pienamente perspicuo al periodo in questione, avendo il merito di risolvere il poco chiaro sintagma ç) destinati a subire sventura corrispondono gli interrogati ammianei, anch'essi consapevoli della loro imminente condanna a morte, e al llacnÀ.Euç che avacp6apiJcre'tat in modo strano corrisponde l' ipse princeps su cui incombono le Furie spiranti stragi e incendi. La morte di Massimo, presente nella predizione raccontataci da Eunapio ma del tutto assente nell'oracolo ammianeo, può forse spiegarsi con il ruolo particolarmente attivo che il biografo di Sardi sceglie di attribuire al ftlosofo di Efeso (vd. n. 491). Faccio a ogni modo presente che la profezia esametrica menzionata da Ammiano non esaurisce tutto l'oracolo, ma soltanto i tre versi finali; non mi sembra, pertanto, metodologicamente corretto confrontare l'esegesi dell'oracolo pronunziato da Massimo con il contenuto di quello citato da Ammiano, potendo anche quest'ultimo contenere, nella parte non citata, il riferimento alla violenta uccisione dell'imperatore a opera di mano nemica. Non mi convince nemmeno l'idea dello studioso, 285, che Eunapio «en citant la prophétie prononcée par Maxime, il opposait ainsi un énoncé simple, limpide, sans équivoque, à un texte sophistiqué, conte-

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NOTE AL TESTO (VII. MASSIMO]

nant de savantes allusions mythologiques, rédigé sous une forme «pythique» qui n'était pas aussi claire que l'assurait Ammien». Ancora una volta la storia fa irruzione nel mondo mistico e divino dei personaggi eunapiani per confermare la visione provvidenziale e moralistica sottesa all'impalcatura ideologica dello scritto biografico. L'omicidio di Massimo perde la sua valenza di vicenda individuale per farsi esempio generale dd violento e persecutorio attacco da parte del potere imperiale cristianizzato contro l'élite intellettuale greca; mentre quello disonorevole di Valente sul campo di battaglia a opera dei barbari diventa, positivamente, la prova di una vendetta divina volta a sanzionare e, in qualche modo, ripristinare il turbamento dell'ordine morale (vd. anche la morte del sanguinario governatore Pesto) e, negativamente, il tangibile segno dell'imbarbarimento dell'impero e dell'inarrestabile fine della religiosità tradizionale. 482 Anche questo rinvio va ovviamente riferito alla prima edizione della sua opera storica e in particolare collocato, come ha dimostrato Paschoud '85, 269-70 (contrariamente a Goulet, che lo considerava come una lunga digressione all'interno della sezione dedicata a Giuliano: vd. al riguardo anche VS VI n. 292), nella parte in cui essa doveva trattare, nel suo corretto e naturale contesto cronologico, il periodo di Valentiniano e Valente. 483 Dopo l'interrogatorio dei principali protagonisti della cospirazione antimperiale Valente ordinò, testimone Ammiano, la tortura e la uccisione di tutti i presunti complici (XXIX l, 40: et [. .. ] diebus secutis omnium fere ordinum multitudo, quam nominatim recensere est arduum, in plagas calumniarum coniecta percussorum dexteras fatigavit tormentis et plumbo et verberibus ante debilitata). E per descrivere l'enorme grado di violenza raggiunto dalla furia omicida dei punitori lo storico istituisce, ancora più crudemente di Eunapio, un paragone fra le vittime di tale inaudita cruddtà e degli animali domestici innocui e deboli quasi quanto le galline, le pecore (sumptumque est de quibusdam sine spiramento vel mora supplicium, dum quaeritur, an sumi deberet, et ut pecudum ubique - si noti il parallelo con il navtaxoiì eunapiano- trucidatio cernebatur). 484 Cioè provata, dimostrata. L'interpretazione che, sulla scia di Tommaseo («Ma poiché dall'esame giudiziale fu tutto scoperto»), do del sintagma CÌ>ç mivta È1tÌ tlìç Kpicreooç "JÌÀÉ'YX&r! (per questo valore di ÈÀ.É'YXOl vd. LSJ II, 2-3 ), si discosta alquanto da quella data da Iunius e Boissonade («quod in judicio confutata

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NOTE AL TESTO (VII. MASSIMO]

essent omnia»), Wright («because he had refuted every charge at the trial»), e quindi De P. Samaranch («porque habia refutado todo cargo formulado contra él en el juicio»). ritegno e la titubanza di Valente a uccidere subito Massimo si spiegano, mi sembra di capire, come effetto non tanto dell'accertamento giudiziario della innocenza di Massimo, della confutazione delle accuse mossegli e della sua estraneità al reato contestastogli, quanto della costatazione, da parte del sovrano, del coinvolgimento inconsapevole del filosofo, la cui unica colpa era stata quella di presagire, in virtù delle sue doti divinatorie, l'esito futuro degli eventi: non si dimentichi, infatti, che egli aveva apertamente criticato coloro che si erano cimentati nel complotto (KatÉyvro tci>v ÉYXEtpllaavtrov). La sola responsabilità di Massimo, dunque, che tuttavia non meritava una immediata esecuzione capitale, era semplicemente quella di essere stato un attore involontario della cospirazione e un suo divino presago: l'unico provvedimento che Valente ritenne opportuno prendere in tale circostanza fu quello di punire il punibile che era in Massimo, e cioè le qualità divine della sua anima e della sua mente, il dio che era in lui, come dice Eunapio, delegando, pertanto, la sua esecuzione a un proprio funzionario e scegliendo, per la sua morte, un luogo a lui consono: vd., in proprosito, n. 486. 485 Fondo la mia traduzione sulla interpretazione di Wyttenbach, 230 «[ ... ] quum in judicio, omnibus rebus inquisitis, apparuisset, Maximurn conjuratos reprehendisse, [. .. ]», accolta da Vollebregt, 117-18, e recentemente da Penella, 74 e n. 83. 486 Precisamente a Efeso, secondo la testimonianza di Ammiano (XXIX l, 42: Ephesum ad genuinam patriam ductusscii. Maximus - ibique capite truncatus sensit docente periclo postremo quaesitoris iniquitatem omnibus esse criminibus graviorem). La motivazione della decisione di Valente di far eseguire la condanna capitale di Massimo a Efeso, piuttosto che ad Antiochia, è ricondotta acutamente da Wiebe, 144-46, alla volontà dell'imperatore di dare a una città come questa, che con Pergamo rappresentava il centro principale del filone teurgico della scuola neoplatonica, un inequivocabile segnale di avvertimento e di intimidazione contro ogni futuro atto divinatorio e teurgico. 487 Dapprima consolare della Siria (probabilmente nel 365 o 368) e, dopo la sua chiamata a corte, magister memoriae al posto di quell'Eutropio accusato di magia e di complicità nell'affare di

n

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NOTE AL TESTO [VII. MASSIMO)

Teodoro (Amm. Mare., XXIX l, 36, e Lib., Or. l, 159), e poi

proconsul Asiae (372-378): vd. Malcus, 114-116; PLRE l, s.v. "Festus" nr. 3, pp. 334-35. Riguardo alla identificazione tradizionale di questo Festo con l'autore del Breviarium, discussa Hno a qualche tempo fa (vd., fra tutti, B. Baldwin, Festus the Historian, "Historia" 27, 1978, 197-217), si è pronunziato favorevolmente Matthews '89, 458, mentre più recentemente Moroni, 65-6 n. 69, ritiene prudente sospendere il giudizio. 488 Cioè, di sua iniziativa andò ben oltre gli ordini ricevuti (!CaÌ. xap' Ea\YtOU 1tpOoÉ9ft1CEV). 489 L'immagine usata qui da Eunapio è oltremodo concreta, e descrive propriamente l'atto del nutrire, fornire alimento: si consideri, per esempio, l'espressione filostratea xàoa xopTJyia tilç v6oou (/m. 2, 23 ), che indica tutto ciò che alimenta la malattia. Nel linguaggio militare, non a caso, ai. XOPTJYiat sono i rifornimenti (vd. Poi., I 3, 9). Trovo senz'altro efficace la traduzione di Tommaseo: «vi aggiunse un che del suo, come colui che aveva trovato pascolo abbondante a quella sua anima di cinghiale furibondo». 490 Ammiano (XXIX 2, 22-28) racconta come questo personaggio di origini oscure esercitò, all'inizio della sua carriera, le sue funzioni amministrative con moderazione; ma, una volta constatato che il vicario Massimino, suo vecchio amico - anche lui, cosa non strana, di origini assai umili e, per di più, barbare (XXVIII l, 5) -,era stato promosso al rango di prefetto del pretorio delle Gallie (dal371 al376: vd. PLRE I, s.v. "Maximinus" nr. 7, pp. 577-78) malgrado le innumerevoli condanne a morte da lui ingiustamente proposte e attuate, decise di assumere il medesimo comportamento malefico nella speranza di otteneme in cambio anche lui un prestigioso avanzamento di carriera. Nel clima di terrore creato da Valente, innumerevoli furono le vittime innocenti della sua indicibile crudeltà, sospettate di colpevolezza in azioni di magia ai danni dell'imperatore: un filosofo di nome Ceranio (menzionato, quale vittima della brutale violenza di Festo, anche da Eunapio, Hist.,fr. 39M.= 39, 8 B.), torturato fino alla morte soltanto perché aveva inserito in una lettera alla moglie la frase greca - definita da Ammiano proverbiale (proverbialiter), ma non contenuta in Paroemiographi Graeci- "crù a€ v6et tmì. otÉcpe -nìv 1tUÀ.TJV" con cui la esortava a compiere un'azione importante; una vecchia che, nonostante gli avesse curatò la ftglia, fu da lui condannata a morte perché curava febbri inter-

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mittenti con dei versi; un illustre cittadino, frustato fino al decesso per il possesso di un oroscopo riguardante un certo Valente, che dimostrò trattarsi non dell'imperatore ma del proprio fratello; e poi un giovane che, solo per avere awicinato, mentre si trovava alle terme, le dita delle due mani al marmo e al petto in modo alterno, e contato sette vocali (non altro che un rimedio, precisa lo storico, per il suo mal di stomaco), fu creduto compiere un pericoloso rituale magico e condannato, quindi, alla decapitazione (quel gesto fu evidentemente scambiato per la recitazione di vocali greche prescritta in alcuni testi magici: vd., per esempio, PGM XLII,l-6, p. 179 Preisendanz). La sua efferata crudeltà è messa bene in luce, oltre che dall'opera storica eunapiana (Hist.,fr. 39M.= 39, 8 B., p. 56,5-6, dove si dice chdv Oè Jlavia où 9upa9ev, àU' evoo9ev èì..ucrcra Kaì. ÈJ!aiveto), anche da Libanio, che ne sottolinea la folle dissennatezza e la profonda ignoranza (Or. l, 156-159, in partic. 156, p. 157,3-5, Forster I= p. 88,25-26 Nòrman: ò J!Èv oùv ljlcl>vftç 'EÀ.Miooç èi1tEtpoç ~v, ò iicrtoç, 1tapa1tairov c'iv9p(l)7toç), e da Zosimo, IV 15, 2-3, in partic. 2, p. 276,15-17 Paschoud (trov OÈ àt01tT)Jlatrov ~v Koì..ocpflOtTttOç 1tPOXEtpov ovta tiìç 'Acri.aç àv&\m:atov Pam.ì..Eùç EcrtEtì..Ev). Nel mettere in dovuto risalto la natura bestiale, animalesca dell'animo di Festo, credo che Eunapio si trovi a compiere un'operazione molto simile a quella di Ammiano, il cui uso frequente di immagini derivate dal comportamento animale è funzionale alla descrizione della sfrenata e aggressiva violenza degli ufficiali romani e persino dell'imperatore (come Valente, proprio in occasione dello stesso processo di Antiochia qui menzionato da Eunapio: XXIX, l, 27 «eruditior ad laedendum in modum arenariae ferae [ ... ] ad ultima m rabiem saeviebat»), consentendo una seria e profonda riflessione sulla incontrollabile brutalità tanto del potere imperiale quanto degli uomini coinvolti nei suoi disumani "processi di gestione" (vd. sull'argomento le interessanti osservazioni di Matthews '89, 258-62). 491 Come ebbe a sottolineare già Paschoud (n. 132 al § 15 del IV libro della Storia nuova di Zosimo, p. 362) - e più recentemente anche Wiebe, 150, 152 - Eunapio e Ammiano differiscono sensibilmente nel ruolo attribuito a Festo nel contesto della cospirazione di Teodoro. Se Ammiano, infatti, colloca il suo intervento soltanto nella fase conclusiva del processo, dopo cioè la condanna di tutti coloro i quali erano implicati nell'affare di Teodoro (compreso Massimo), Eunapio, facendo del proconsole

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l'unico responsabile della condanna e della esecuzione del filosofo di Efeso (vd. anche Hist.,fr. 39M.= 39, 8 B., e similmente Lib., Or. l, 158, p. 158,1-3, Forster I = p. 90,12-14 Nonnan: [. .. ] JlE OÙIC E1tOlT)OE- sci/. i) T\JxT)- cpiì..ov civopì. oeiaavn JlE'tO 'tQÙ'ta UO'tEpov JllÌ cp9ciC11] 'tÒV EKElVO\l alOT)pov lÌ voaoç cixeVE-yiCOÙaa -ròv Mcil;lJlOV), finisce con l'attribuirgli molta più responsabilità e inziativa di quella che probabilmente egli ebbe in questa circostanza (ipotizza verosimilmente Paschoud: «Comme proconsule d' Asie, Festus peut fon bien avoir été chargé de la mise à mort de Maxime à Ephèse sans avoir aucune responsabilité dans sa condemnation»), volendone quasi fare un nemico non solo degli intellettuali, ma tout court anche dei pagani: un po' più avanti, infatti, Eunapio attesta esplicitamente l'estraneità del personaggio al culto pagano. Operazione, questa, che inevitabilmente induce il biografo a passare sotto silenzio quelle componenti caratteriali del personaggio che, testimoniateci dalla fonte ammianea, mal si adattano al suo ritratto cosl faziosamente (ri)costruito: nessuna parola, dunque, della lenitudo e della reverentia dimostrate dal proconsole nel periodo in cui amministrò la Siria e svolse l'incarico di magister memoriae (vd. n. 487), nessuna parola sul cambiamento di carattere successivamente determinato dall'esempio negativo del suo vecchio amico Massimino (vd. n. precedente). Non soltanto nello scritto biografico, ma anche nella sua opera storica (vd. n. precedente), Festo è rappresentato da Eunapio come un uomo crudele e assetato di sangue; in quanto exemplum della negatività del potere, egli non può non possedere un'indole che, essendo per natura malvagia e animalesca, ignora anche la più lieve inclinazione al bene: egli è l'incarnazione del male. Come ha ben puntualizzato Penella, 73-4, diverso è anche lo spazio parallelamente assegnato dallo storico e dal biografo a Massimo: se in Ammiano egli occupa certamente un ruolo marginale che lo vede non soltanto complice della cospirazione insieme ad altri filosofi (come Simonide: XXIX l, 3739), ma anche molto meno attivamente partecipe nella interpretazione dell'oracolo e quindi nell'azione vera e propria della congiura [lo storico antiocheno non fa minimamente cenno dell'incontro fra lui e i congiurati finalizzato alla spiegazione dell'oscuro significato dell'oracolo: egli non specifica in alcun modo se Massimo predisse la condanna a morte dei congiurati alloro cospetto, o comunque in occasione del presunto incontro segreto dove avrebbe avuto luogo la rivelazione dell'oracolo], in Eunapio, invece, egli campeggia e domina l'intera vicenda quale unico

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filosofo, assurgendo, in virtù delle sue eccezionali e straordinarie doti di preveggenza, a simbolo tanto della validità sapienziale dd bagaglio filosofico-religioso pagano (vd. Wiebe, 151: «Eunaps literarische Absicht ist klar erkennbar; ins Zentrum riickt er die Existenz eines 9eioç àvt'lp, dessen Fahigkeit, den Willen der Gotter zu erkennen, und die Bestatigung der Vorhersage aus dem Geschehensablauf») quanto della crudeltà e della intolleranza del potere imperiale cristiano (cfr. Zawadzki, 280: xeto e\.ç 'Iroviav ixi tlÌV cipxliv, cilatE yÉÀ.rota xoÀ.Ùv Èv t~ OllCOGtTIPiq> tòv Maprupwv xapaaxe'iv oùK ixovtrov trov OlJCaçovtrov flOOe'iv, i\nç it àpxit tep toiltov àx9ftvm yévol to, riìç àpxftç toii xpciyf.latoç ÈV GICOtcp YEYEVllf.lÉVllç. Cl>l\mcp flÈV oùv aOÀ.Ov riìç lCOICtaç ÈyÉveto ycif.loç, vÉa flÈv yuviJ, GUXvTt oÈ oùma, Kaì viiv Èv ooÀ.Emv (ìç ÈKÉV(I)(JE, tp~). La causa, dunque, dell'organizzazione del lauto banchetto qui menzionato sembra doversi attribuire alla superba volontà di Festo di ostentare tanto i suoi recuperati rango e ricchezza quanto la sua impunità. 498 n 3 gennaio, cioè. n motivo per cui Festo ha scelto tale data lo si deduce, come evidenzia Wyttenbach, 233-34, da un passo della plutarchea Vita di Cicerone (2, 1), dove si afferma che in questo giorno «i magistrati fanno preghiere e sacrifici per la salute dell'imperatore»([. .. ] oi. àpxovteç euxovtmKaì OOOumv intÈp toii ftYEflOVoç). 499 Venerate in Asia e specialmente a Smime: vd. H. Herter, RE s.v. "Nemesis", XIV,2, 1935, coll. 2338-380, in partic. 2353. Non è un caso che Festo scelga di entrare nel tempio di una divinità che, per un pagano come Ammiano (XIV 11, 25-26), era ultrix /acinorum impiorum bonorumque praemiatrix e arbitra rerum ac disceptatrix. ~oo Concordo pienamente con Wiebe, 152, nell'intendere questa affermazione come una esplicita espressione del giudizio eunapiano sulla motivazione della condotta implacabilmente efferata di Festo (e indirettamente dell'imperatore Valente) nell'àmbito dei sanguinosi processi in Asia: il vero scopo che, in tale occasione, egli si prefisse fu, secondo Eunapio, quello non di sanzionare e punire comportamenti ed azioni illegali (pratiche divinatorie, atti di magia e di cospirazione), ma di perseguitare i pagani proprio per la loro fede. ~O! L'esposizione di questa vicenda risulta-poco chiara: non si capisce se il racconto del sogno avvenga contestualmente alla

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NOTE AL TESTO [VII. MASSIMO- VIII. PRISCO]

visita di Festo al tempio delle dee Nemesi oppure in un momento successivo; se venga, cioè, riferito dal proconsole a persone, molto probabilmente sacerdoti (così Tommaseo), che si trovavano, nel momento della sua visita alle dee, dentro il suddetto tempio (come intendono quasi tutti gli interpreti), oppure successivamente agli illustri ospiti della sua festa (come, interpreta, invece soltanto De Rouville), i quali, nell'udire questo triste e sinistro sogno, lo avrebbero esortato a pregare le dee, e verosimilmente a recarsi di nuovo al tempio; e in occasione di questa seconda visita avrebbe avuto luogo la sua caduta mortale. Propenderei forse per quest'ultima interpretazione: in tal caso, occorre evidentemente riferire tanto il pronome aù'toiç quanto il participio nap6v'tEç, occorrente qualche rigo più sotto, agli illustri convitati di Festo. 'o2 Cioè Plutone.

[VIII. Prisco] 'OJ PLRE l, s.v. "Priscus" nr. 5, p. 730. Questo personaggio ci è noto, oltre che dalla biografia e da un frammento della Storia di Eunapio (Hist., /r. 19 M. = 25, 4 B., p. 36: MaçtJ.i.Oç 'tE 1caì llpimcoç MSyou IJ.èv J.I.E'tEXÉ'tllV: su cui vd. VS VII n. 433 ), anche a) da alcune epistole giulianee (Epp. 11-13, 96 Bidez) che testimoniano il grande legame affettivo e intellettuale fra lui e il ~amM:uç pagano; b) da alcuni riferimenti di Libanio al suo luogo di nascita (Or. l, 123 ), al suo insegnamento ad Atene (Or. 12, 55; Ep. 760), al suo soggiorno in Gallia durante il cesarato di Giuliano (Or. 12, 55-56), ai suoi spostamenti da Costantinopoli ad Antiochia al seguito dell'imperatore (Or. 14, 32, 34; Ep. 760), alla sua presenza durante gli ultimi momenti di vita del sovrano morente (Or. 18, 272; la notizia è fornita anche da Ammiano Marcellino, XXV 3, 23), al suo rientro ad Antiochia (Ep. 1426) e infine al suo trasferimento in Grecia e alla ripresa dell'insegnamento (Ep. 947); e c) dalla notizia che Temistio (Or. 7, lOOb) dà del suo arresto durante il regno di Valente insieme a Massimo di Efeso e della sua liberazione. Delle sue opere l'unica di cui abbiamo notizia è il compendio di logica aristotelica (Ai 'AptO''tO'tÉÀ.ouç auvayroyai) menzionata dall'imperatore Giuliano nella sua Epistula 12. '04 Tutti i riferimenti a Prisco sono contenuti nella precedente biografia di Massimo di Efeso. Qui Eunapio lo menziona

NOTE AL TESTO [VIII. PRISCO]

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come allievo di Edesio insieme a Massimo, Crisanzio ed Eusebio (VS VII l, 10, p. 42,10-11); testimonia un suo viaggio giovanile in Grecia (1, 14, p. 43,1-2); racconta l'invito rivoltogli da Giuliano (4, 3-4, p. 49,2-5), il suo soggiorno presso la corte imperiale (4, 7, p. 49,19-22), e la sua partecipazione alla spedizione antipersiana insieme al fùosofo di Efeso (4, 8, p. 50,9-10); e, infine, accenna cursoriamente al suo arresto sotto Valente (4, 12, p. 50,20-22), alla sua repentina liberazione e al suo immediato ritorno in Grecia (4, 12, p. 51,4-7 G.). 505 In VS VII l, 10, p. 42,11 G., dove viene denominato "Tesprozio o Molosso". 506 L'aggettivo 13a9uyvç amò ~Oéyyot to, cilç tà J.LÈV ciì..ì..a 1tavta oaa ÉCJtÌ 1tapà toutou auvÉXEtat· J.1€touaiçt ycip n vt a\>tou Écm, teaì Eiç tomo lÌ àvayroyil 1tavtrov). Porfirio lo adopera per indicare tanto la elevazione dd saggio verso il dio mediante un salvifico processo di unione e assimilazione a lui [Abst. II 34, pp. 163,22-164,3 Nauck =p. 101 Bouffartigue-Patillon: ~E'i cipa auva~OÉvtaç teaì ÒJ.LotroOÉvtaç

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NOTE AL TESTO [VIII. PRISCO)

OÙ'tcp 'tJÌV Éa'IYtOOV QVOYO>)'TJV 9ucriav tEpav 7tpOOOYElV 'tep 9Ecp, 'tJÌV aÙ'tJÌv OÈ ICQÌ. UjlVOV oooav ICQÌ. lÌilWV OCO'tl'IPiav. Faccio presente che nell'Epistola a Marcel/a 26, p. 30,13-14 Potscher = p. 121,11-12 Des Places il termine avayroyoç concorre a definire Wla delle tante funzioni che l'Intelletto svolge nei confronti dell'anima razionale, quella cioè di innalzarla alla sfera del divino (oltre a quella di guidarla, salvarla, nutrirla, e proteggerla): Kaì. otMOKaÀOç aÙ'tÒç ytvojlEvoç Kaì. oCJmÌp KaÌ. 'tpo4Peùç Kaì. l!lùì..aç KaÌ. avayroyoç] quantO il ritorno delle "ipostasi integrali e perfette" al principio primo (Seni. 30, p. 20,12-16 Lamberz: otiJKEt 'tOtVUV É7tÌ. 'tO'Ù'tO anò 'tO'Ù ÉOXcl'tOU apçajlEVOV Ka9' OUVQ'tQt EICQO'tOV' lÌ 7tpÒç 'tÒ 7tpffi'tov avay(J))'lÌ 7tpooexWç jltV'tOt i\ 7t6ppro9ev. OtÒ 'tQ'Ù'ta OÙIC Él!lieo9at jlOVOV 'tO'Ù 9eo'Ù À.Éyot't' civ, aUcì Kaì. anoì..auetv Ka'ta ouvajltv). In Giamblico esso indica specificamente il processo di elevazione e transfert dell'anima verso gli dèi nel contesto teurgico dell'ev9ouotaojloç (Myst. III 7, p. 114,9-10 Parthey =p. 106 Des Places: 'A'A.'A.' oùo' ho'taotç émì..Wç ou'troç Éonv- sci!. ò év9oumaojloç -, àU' enì. 'tÒ KpE'i't'tOV àvay(J))'lÌ KaÌ. jlE'tamamç), e nel neoplatonismo tardo la tensione noetica e spirituale verso il divino (vd., per fare solo qualche esempio, Synes., Dio 9; Procl., In Ti. I, p. 180,19-21 Diehl; Theol. Plat. IV, p. 4,5 Saffrey-Westerink; Syrian., In Metaph. p. 96,28 Kroll; Damasc., In Phd. §§ 123, p. 77 ,6; 529, p. 269,2 Westerink). 513 È molto probabile, infatti, come sembra pure confermare Ternistio, che egli si sia astenuto, contrariamente a Massimo di Efeso, da quegli atteggiamenti fanatici e intolleranti che avevano determinato le dure reazioni di Valentiniano e Valente già subito all'inizio del loro regno: vd. su tutta la questione VS VII nn. 403, 469. 514 Contrariamente a Fowden '82, 44, ritengo che il sintagma noì..ì..oùç VEW'tEptojloÙç eveyKcòv sia da intendere non come esplicita ammissione della scelta da parte di Prisco di un nuovo indirizzo filosofico antigiamblicheo - cioè antiteurgico (che sarebbe completamente in contrasto con l'immagine che di lui viene data nella precedente biografia: vd. in particolare VS VII n. 403 ), ma probabilmente come un riferimento (cursorio ed effettivamente poco chiaro) alla sua tenace determinazione nel difendere e preservare un certo modello di sapienza ed etica fùosofica: prova ne è il fatto che al passo in questione fa immediatamente seguito l'affermazione che egli mantenne sempre inaltera-

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NOTE AL TESTO [VIII. PRISCO]

to il suo carattere altero (13a6U). Wyttenbach, 244, interpretava tali verotEplCJJ.I.Oi sia come innovazioni dottrinali apportati dai suoi discepoli sia come una nuova successione di questi ultimi nella scuola del maestro, Tommaseo, 314 n. 515 come un discostarsi di tutti i giovani (e non solo dei discepoli del filosofo) dalle «dottrine de' vecchi», Penella, 66-7 e n. 67, recentemente, è incerto se interpretarli o come delle generiche e non ben specificate «innovations» - e in tal caso intendere Kopullavncòvtrov E1tÌ. aoclliQ J.l.Elpmdrov come genitivo di specificazione retto da vewttpl~oi - oppure, più in generale, come i numerosi sconvolgimenti di tipo socio-politico che scossero l'equilibrio della vita culturale e religiosa dei pagani (e a tal proposito rimanda a un passo della parte conclusiva della biografia di Crisanzio, dove Eunapio accenna ai molti e gravi mutamenti politici verificatisi alla fine del IV secolo, VS XXIII 6, l, p. 99,22-23 G.: Kaì. 1tOÀ.À.rov Kaì JJ.eyciì..rov EJ.1.1tl1ti:ov't'rov OllJ.I.Oairov Kaì Kowrov 1tpayJJ.citrov, ci 't'àç ci1tcivtrov \jluxàç KatÉCJEtCJEV Eiç cll6J3ov). Quest'ultima ipotesi di Penella, con il quale pur concordo nel respingere sia la interpretazione antigiamblichea del passo in questione sia la traduzione che Fowden, sulla scia di Wright (e De P. Samaranch), dà del participio EvEyKCÒv - i.e. "introducing"-, non è a mio avviso sostenibile, per il fatto che i cambiamenti qui menzionati da Eunapio sono in evidente relazione (comunque si interpreti la funzione sintattica dell'espressione Kopullavncòvtrov E1tÌ aoclliQ J.l.EtpaKirov) con i discepoli del filosofo, e più in generale con l'attività professionale della scuola. 515 Non è chiaro se la causa della "morte" dei luoghi sacri (to'iç tE 'EUciooç i.epo'iç ... auva1tCÒÀ.Eto) qui cursoriamente menzionata debba ravvisarsi nella interdizione assoluta dei culti pagani ordinata da Teodosio nel 392 (vd. VS VII n. 368) - che talora favorì episodi violenti e distruttivi come quelli che portarono alla distruzione del Serapeo di Alessandria (vd. VS VI n. 269) -, oppure nell'opera di distruzione degli idoli e dei templi dei pagani attuata dai Goti di Alarico a partire dalla fine del395: a me pare che il riferimento cronologico sia, più che a una data precisa, a un particolare contesto storico percepito da Eunapio e da tutti gli intellettuali pagani ostili all'impero cristianizzato come il segno dell'inarrestabile decadenza del paganesimo determinata tanto dai deprecabili interventi legislativi attuati da Teodosio alla fine del suo regno quanto dalla perniciosa irruzione dei "barbari' nel continente ellenico (anch'essa determinata,

NOTE AL TESTO [VIII. PRISCO]

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in quest'ottica, da una politica estera imperiale sbagliata). Se Christ-Schmid-Stiihlin II 26, § 820, 105j5, collocavano esattamente la morte di Prisco nel 392 (facendola cioè coincidere con l'editto con cui Teodosio ordinò la fine dei culti pagani), W. EnBlin (RE s.v. "Priscus" nr. 28, XX:IIIl, 1957, coli. 7-8, in partic. 8), sulla base del confronto con la testimonianza eunapiana sull'omicidio di Proterio e Ilario, la poneva più correttamente durante l'invasione di Alarico. 516 Concordo pienamente con Baldini '84, 107, che commenta così il passo: «nel periodo della distruzione dei templi [. .. ] molti si lasciarono morire per il dolore, mentre altri furono uccisi dai barbari, secondo momenti per noi cronologicamente distinti (il 'dolore' di cui parla Eunapio non sarà da considerarsi provocato dalle devastazioni alariciane, ma dalle interdizioni teodosiane), ma concettualmente indissolubili per Eunapio, il quale collega (qui non provvidenzialisticamente, ma) obbiettivamente interdizioni teodosiane e invasione alariciana in una categoria che si potrebbe definire come 'periodo della distruzione dei templi', e partic. dell'Ellade». Non ho dubbi nel ritenere che la politica religiosa di Teodosio e l'invasione alariciana siano, dal punto di vista di Eunapio, indissolubilmente intrecciati e concatenati su un piano ideologico che, come precisa Baldini, ibid. n. 39, «oltrepassa il piano cronologico, o ne prescinde». "7 Personaggio non altrimenti conosciuto: vd. W. EnBlin, RE s.v."Proterius" nr. l, XXIII!, 1957, col. 930. Non è contenuto in PLRE. 518 Anche di questo personaggio Eunapio è l'unica fonte: vd. O. Seeck, RE s.v. "Hilarius" nr. 6, VIII2, 1913, col. 1601, e PLRE l, s.v. "Hilarius" nr. 9, p. 435. Forse identificabile, secondo Criscuolo '97, 58 n. 51, con l'omonimo personaggio raccomandato da Libanio a Prisco (Ep. 947 Forster). 519 Famoso pittore, scultore e teorico d'arte del IV secolo a.C., autore di due perduti manuali scientifici dal titolo De symmetria et coloribus (Plin., HN XXXV 123) e Praecepta symmetriarum (Vitr., VII praef 14): su di lui vd. C. Robert, RE s.v. "Euphranor" nr. 8, Vll, 1907, coli. 1191-194, e per una bibliografia recente R Neudecker, Der neue Pauly, s.v. "Euphranor" nr. l, IV, 1998, coli. 268-69. 520 Efficace la traduzione di Tommaseo: puyiaç), disapprovò il fatto che l'imperatore Giuliano aveva preferito Libanio a Proeresio (vd., al riguardo, VS X n. 562): vd. PLRE I, s.v. "Tuscianus" nr. l, p. 926. Contrariamente a PLRE (l, s.v. "Tuscianus" nr. 2, p. 926), R. Giingerich, RE s.v. "Tuscianus" nr. l, VIIA2, 1948, coll. 1460-62, in partic. 1461, e recentemente Blockley, I 23, 136 n. 118, lo identificano pure con l'omonimo assessor di Anatolio, prefetto del pretorio dell'Illirico nel 357-358 menzionato anche da Libanio in alcune sue epistole.

NOTE AL TESTO [IX. GIULIANO]

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539 ll Lessico Suida (A 1128, s.v. 'AUI;av~poç) fa il nome di un altro allievo di Giuliano, Alessandro, figlio di Casilo: vd. L. Cohn, RE Suppl. l, s. v. "Claudius Casilo", 1903, col. 318. 540 Giuliano Imperatore (vd. VS VII n. 316). È probabile, come sostiene PLRE, che questo riferimento sia proprio all'episodio della preferenza di Libanio a Proeresio raccontatoci anche dal Lessico Suida: vd. VS X n. 562. 54 1 L'espressione è da intendere evidentemente in riferimento alla concezione sacrale che Eunapio aveva della paidéia greca (vd. n. 534): tanto l'abitazione di Proeresio quanto Atene sono metafora della "superiorità" religiosa e culturale dell'Ellenismo. 542 Sull'uso delle abitazioni private, spesso dotate di piccoli teatri per tenervi lezioni di retorica, vd. Walden, 267-69. 543 Eunapio fa qui riferimento non soltanto (come afferma Wright, 468 n. 2) alle risse fra le bande di studenti avversari menzionate da Libanio (vd. al riguardo VS X n. 572) e in maniera velata e allusiva anche da Imerio [vd. Or. 38, 9, p. 158,83-86 Colonna: ayé)..at ~è vérov, crKtptroaat 7tpocr9ev atacr9a)..a, vuv WlA.clatpwç 1tOÀltEUEtm) e un suo cursorio e indiretto riferimento all'opportunità concessagli, in occasione dd suo soggiorno giovanile ad Atene e del suo rapimento forzato a opera degli studenti di Diofanto (vd. n. 572), di ascoltare le epidéixeis di Epifanio e Proeresio; d) una menzione degli storici cristiani Socrate (HE IV 26, 6) e Sozomeno (HE VI 17, l) che lo nominano, insieme a Imerio, quale maestro di Basilio e Gregorio Nazianzeno; e) un Epita/io composto in suo onore dal Nazianzeno (Epitaph. 5, 13A, PG 38); e infine f) un passo dd Chronicon di Gerolamo che attesta il suo rifiuto di continuare l'insegnamento dopo il provvedimento legislativo giulianeo contro i retori cristiani (vd. n. 697). '6J La precedente biografia del maestro Giuliano di Cappadocia è, infatti, incentrata sul racconto del processo giudiziario che vide come reciproci accusatori gli allievi di Apsine e quelli di Giuliano (fra cui spicca proprio Proeresio) e del lungo discorso di difesa trionfalmente pronunziato in tale circostanza dal sofista armeno al cospetto del proconsole romano. 564 V d. n. precedente. 565 L'esigenza di Eunapio di sottoporsi a un così lungo viaggio per completare e perfezionare la propria istruzione nasceva dal fatto che la cultura letteraria tardoantica non era diffusa uniformemente in tutte le zone dell'impero: essa era fondata su quello che Kaster, 21, ha definito come un «archipelago of cities», le cui isole si concentravano per lo più nelle aree maggiormente urbanizzate e più profondamente imbevute di cultura greca, e cioè intorno al mar Egeo e nelle coste orientali del Mediterraneo (vd. al riguardo anche Brown '95, 53-4). Atene è il simbolo per eccellenza dell'Ellenismo e dei suoi valori (vd. VS

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VII n. 359), meta obbligata per chiunque desiderasse bere alla fonte prima di ogni sapienza, pagano (vd. il caso di Libanio, in partic. Or. l passim) o cristiano che fosse (Basilio di Cesarea, secondo la testimonianza di Gregorio di Nazianzo, Or. 43, 14, p. 86 Boulenger, fu inviato da Dio e dalla sua inestinguibile sete di sapere proprio ad Atene da lui definita tò tç Éa7tÉpa tÒtE ~V, tOU À.OUtpOU, 'tOU 0Et1tVO\I, tWV ÉV tql Oet7tVq> À.Òycov KaÌ. cilç etepot j.lÈV e9fJpaaav, ÉtÉpcov oè ~v ò òpvtç). In effetti, da quanto il retore tiene subito a precisare, di vero e proprio sequestro si trattò (e in questo concordando pienamente con il Nazianzeno, Or. 43, 16, p. 90 Boulenger: 'EnetOàv oùv nç

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extCJ'tfl 'tcilv ve(J)v Kaì. ev XEPOÌ yeVTl'tal 'tcilv ÉÀOV't(J)V, yi.vE'tal

~

il j}wa9EÌ.ç il É!Cci>v, VOIJ.Oç om6ç eanv airro"iç 'AmKÒç ICOÌ. 1tal~hà axouS"fl aU!J.IJ.tK'toç): egli esplicitamente qualifica questo episodio inatteso e imprevisto come una esperienza assolutamente coatta e per nulla corrispondente ai suoi desideri e alla sua volontà (Or. l, 18, p. 91,1-2 F. =p. 14,3-4 N.: [ ... ] yEvea9m ~ oùx o1tEp Ea1tEOOoV, àl..ì..' còç e~j}iamo; 20, p. 92,9-10 F. = p. 14,26-27 N.: [ ... ] aì..M>ç 't' àv oùSEi.ç É1tÉ'tO't'tE Stà 'tÒ oùx ÉICOV'ta SESuÉvm). E non solo. A questa esplicita considerazione egli fa, altresì, seguire la notizia, che aveva avuto poco più che giovinetto, delle pericolose e violente rappresaglie compiute a quel tempo dalle bande (xopoi) degli studenti ateniesi a sostegno del prestigio dei loro rispettivi maestri, quali per esempio gli scontri armati, le manganellate, gli accoltellamenti, le sassate, i ferimenti, i procedimenti legali, e, cosa non meno grave, i rapimenti dei giovani appena sbarcati (ibid. 19, p. 91,7-17 F. =p. 14,9-17 N.: 'AKOOOV EyooyE[ ... ] 'tOùç 'tOOV xopcilv ÉV j.I.Éaalç 'tatç 'A9Jivmç xoÀ.ÉIJ.O\Iç Kaì. p6xaì..à 'tE Kaì. ai&ftpov Kaì. ì..i6ouç Kaì. 'tpauj.La'ta, ypacpaç 'tE É1tÌ. 'tOtrrOtç Kaì. àooì..oyiaç Kaì. SiKaç ex' ÉÀ.É-yxotç [ ... ) EÙXOIJ.TJV 'tE 'tOtç 9Eotç YEVÉa9m KaÌ. Éj.LO\I't4) 'tOlOU'ta ciptG'tEUGal, KaÌ Opaj.LEÌV j.LÈV EÌç 0Etpaui 'tE KaÌ I:oUVlOV KOÌ. 'tOùç clÀ.À.O\Iç À.tjJ.Évaç VE(J)V É~· CÌp1tay"fl 'tiìç ÒÀ.Kaooç eKj}QV't(J)V); e a conferma e completamento di questa notizia; egli non si esime dall'informarci, seppur cursoriamente, sui servizi che gli studenti, diversi anni più tardi, continuavano ancora a rendere ai loro maestri, e che egli ebbe modo di constatare personalmente proprio in occasione del suo soggiorno ateniese: queste À.Enoupyim, come egli le definisce (20, p. 92,7-9 F. = p. 14,25-26 N.: au't6ç tE yàp còç dv uj}puJjJ.Évoç [. .. ] OOOÈV rov E~V iJI;iouv À.Et'toupyE"iv), consistevano ancora in sortite (EI;oool), spedizioni (mpa'tiìm), scontri violenti (àycilveç, e~· oùç EPXE'tal •ApTJç), schieramenti di vere e proprie truppe di studenti (xapa'tai;Etç) seriamente intenzionati, come soldati in guerra (sul lessico militare impiegato da Libanio per descrivere queste scene di lotta vd. Wolf, 49), a dare battaglia ai loro rivali e a non risparmiare colpi (21, p. 92,17-19 F. = p. 16,5-6 N.: [. .. ] 1tÀ.TJycilv 'tE OlEYEVOIJ.TJV Ka9apoç, oaaç òpyaì. 1tOlOUGlV evòç xpòç EVa, où oouç 1tO'tE, ou ì..alkì>v ou~ IJ.EA.À.i)aaç OUOÉ'tEpov. 84, p. 124,1720 F. = p. 52,15-18 N.: ou IJ.lÌV oUt(J) yE extì..i)GIJ.(J)V nç ~v cila't' Ei.pi)Vllv 'tE Kaì. àacpaì..Ewv eì..xiaat IJ.E'tà 'touç xoÀ.ÉIJ.ouç eKEivouç ouç eruyxavov ÉoopaKcòç, ev otç 'tpauj.La'ta 1tOVOV 1tOÀ.À.Otç ia'tpo"iç xapaaxovm auvÉj}TJ. Vd. pure Or. 44, 2, p. 354,6-9,

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Forster III: ,.u:ixaç OÈ E'ia xaipEtV ICUÌ. J.I.OXOJ.LÉVOUç lÌÀÉEt KaÌ. tOUtCOV YE amrov J.LtÌÀ.À.OV ocrot viKatç ÈciltÀOttJ.LOUVtO Mooorov tE àì..ì..otpiatç KaÌ. 'An6ì..ì..covoç Mou OTIJ.l.Oalq> A.outplQ toutov -sci!. tòv Euvcimov - Kaflfjpate), anche Gregorio di Nazianzo, l'immersione nel bagno pubblico costituiva un imprescindibile "rito iniziatico" per chiunque aspirasse a entrare in una scuola di sofistica (Or. 43, 16, p. 92 Boulenger: "E1tEt ta 1tOJl1tEUEt Otà tiìç àyopéìç È1tÌ tò A.outpòv 1tpoay61J.Evoç.

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'H 7tOil1t1Ì M· otatci!;avu:ç Éautoùç crtot)(T)Oòv Kaì auçvyiav ÉK otacmillatoç, oi teA.ouvu:ç tci> vÉq> nìv 7tpoooov É1tÌ tò A.outpòv 7tp07tÉ!l1tOUOW [. .. ) Eha 'tlÌV Etyotç ci)pa tò ti)ç IJ.ayvftnaoç 1tpclttOUCJa 1t0VTIPÒV av tÒV 1tatÉpa tilç ropaç ÈÀÉy!;at),

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esprime l'atto, da essi tanto auspicato ma non raggiunto, di padroneggiare abilmente e con maestria l'arte retorica e, conseguentemente, di esercitare con autorità e prestigio indiscussi la professione sofistica (p. 102,15-16 F.= p. 26,22-23 N.: ò ~v yàp oOOè :rtapftì..Oev Eiç 'tÒ ouvaa6at, ò OÈ E!;E:rte:rt'tcOICEt). Sul valore di ouvaJ.uç come "rhetorisches Konnen" vd. Wolf, 31. Fra gli interpreti, ad attribuire una valenza semantica specificamente retorica sono Iunius, Boissonade («praestantiores»), Tommaseo («i più valenti») e De Rouville (oKiaç napà èipxovta 41D..ov eiMta xàpltt ~À.à\jlat VOiolOV), il quale sarebbe riuscito impunemente a processare e condannare a morte Libanio se a indurlo ad anteporre la legge alla compiacenza in favore del suo vecchio compagno di studi non fosse stato il prefetto del pretorio d'Oriente Filippo (PLRE I, s.v. "Philippus" nr. 5, p. 696), il cui arrivo

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imprevisto e del tutto casuale ispirò nel disonesto vicario una condotta seria e conforme alla legge (69, p. 117,7-8 F.= p. 44,7-8 N.: [. .. ] KaÌ. tòv oEicravta ebtEÌV a7tOÀ tUxTI te9pa1J.IJ.Èvrov) vengono considerate, a dispetto della sua origine romana, come la principale ragione del suo equo comportamento in tribunale, e che la stima e l'apprezzamento dimostrati per le doti oratorie di Proeresio dal prefetto del pretorio Anatolia vengono messi, dal biografo di Sardi, in stretta relazione non soltanto con la sua devozione agli dèi e ai loro culti, ma anche con la sua fervente e incondizionata ammirazione per la produzione letteraria degli antichi scrittori greci (vd. al riguardo n. 658), allora si può, credo, comprendere quanto, nell'ottica di Eunapio, la fedeltà all'Ellenismo e ai suoi valori fosse la condizione necessaria per un'auspicabile gestione positiva (e "illuminata") del potere. E questo vale non soltanto per Eunapio, ma più in generale anche per altri intellettuali pagani, come Libanio e Ammiano, i quali non a caso concordavano nel ricondurre la mitezza caratteriale, la razionalità e la refrattarietà agli impulsi emotivi e passionali del prefetto del pretorio Ermogene alla formazione filosofica (oltre che giuridica) ricevuta (Lib., Or. l, 115; Ep. 40, 4-5; Amm. Mare., XIX 12, 6). In questa prospettiva, sembra che sia proprio il rispetto per la tradizionale formazione ftlosofica e retorica a garantire, persino a funzionari imperiali di fede cristiana, una naturale integrità d'animo e un'apprezzabile correttezza di modi, come per esempio quelle possedute dal magister equitum Lupicino (PLRE l, s.v. "Lupicinus" nr. 6, p. 520) che, secondo il racconto del retore

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antiocheno, seppe opporsi al comes largitionum per Orientem Fidelio (PLRE l, s. v. "Fidelius", p. 337) e al principalis Eubulo intenti a rivolgere accuse infamanti contro Libanio (Lib., Or. l, 162-165, in partic. 164, p. 160,11-13 F.= p. 92,2.7-29 N.:[. .. ] aìOouJrevov - scii. Tòv a'tpanyyov - Bè 1caì. a~iav JCaì. Myouç, Myou Bè èv aocjlrov auvouaimç oùK àJtopouvTa· Tomì. Sè aù'tcp 7tapà Tftç cjluOEroç ~v). E del resto, è lo stesso Libanio a farsi teorizzatore della influenza educatrice dei A.OyOl quando afferma che il patrimonio letterario della classicità assicura onestà e moderazione, XPTJO'ton,ç e Jre'tpton,ç, a tutti coloro che scelgono di divenirne i depositari, si tratti di un giovane studente impegnato a studiare i fondamenti dell'arte retorica, come il figlio dd comes Orientis Giuliano (Ep. 1261, 4, p. 339,8-9, Forster XI: XPTJOTÒç Bè Kaì. IJ.É'tptoç emat ~v taroç JCaì. 1tap' aù'trov Stì Trov À.oyrov), o di un funzionario imperiale come il praeses Cappadociae Ulpiano, che può vincere le difficoltà dei tempi grazie alla cultura acquisita e alla sua nobile disposizione d'animo (Ep. 670, 2, p. 612,1-4, Forster X: [ ... ] àU' TtJ.lEtç J.1Èv aoì. auveuxoJre9a, aù Sè Toi> TE Jta'tpòç JCaì. Tftç aamoù cjliiOEroç JCaì. oov èJC-ritaro A.Oyrov èi!;toç elvm 1tEtpro JCaÌ. oEi.!;ov Ò>ç irn:ò yvtq> OOKU O"UJ..I.cpÉpEtv à«PT~yE'itat). Secondo la definizione datane dallo stesso Apsine (ibid., p. 251,7-9 Spengel-Hammer), infatti, mentre la ot Tt'YTIO"tç o acpity11v OUVaJ.Lerov: per una storia delle interpretazioni del passo e degli innumerevoli interventi correttivi proposti rimando a Giangrande '53, 301 e a Isebaert, 499-500. Se da un lato concordo con l'editore italiano nel considerare il tci>v ouvciJ.LErov come una glossa del participio oop"Ucllpci>v scambiato erroneamente per la forma del genitivo plurale oopUcllclprov [faccio presente che una seconda mano di Ambrosianus Gr. 210 e Ambrosianus Gr. 950 spiega a margine il tci>v ouvciJ.LErov con l'espressione 'iaroç CJXOÀtov touto], e confluita successivamente nel testo, dall'altro non condivido i valori da lui attribuiti al participio oop"Ucllpci>v («honorifice comitans») e al sintagma nominale J.LEta 1tcivtrov («cum omnibus qui aderant»): non tni pare che l'azione espressa dal participio in questione sia quella di honori/ice comitare, né che i 1tavteç qui menzionati siano tutti i presenti (cioè spettatori, guardie e stenografi). Ritengo che Eunapio stia qui dicendo che, a performance retorica conclusa, il proconsole, preoccupato probabilmente per la eccessiva calca del pubblico o per eventuali ritorsioni su Proeresio da parte dei suoi awersari (non si dimentichi che, come il biografo stesso non ha mancato poco prima di precisare, la maggior parte dell'uditorio era composto da nemici del sofista), accompagnò, scortò il sofista con tutte le guardie fuori dal teatro (constato con piacere che Isebaert, 501, valuta l'atto del oop"Ucllpeiv, oltre che come un segno di onore da parte del proconsole nei confronti del celebre sofista, anche come un probabile intervento di protezione da un pubblico scalmanato ed esagitato: «The escort of the troopos can be seen as a kind of 'procession' or- better- as a kind of protection against the wildly enthusiastic public»). Proporrei, conseguentemente, di supporre la funzione pronominale del

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1tOVt(I)V in questione, che potrebbe benissimo sottintendere il termine tov trov IJ.Et' ÈKe"ì vov). 652 Per questo significato di È1tttpÉ1tOf.I.Ot vd. Mason, 48, s.v. "È." l. 653 Norman '57, 258, mette in relazione l'istituzione di questa carica con la necessità di sorvegliare la frontiera reno-danubiana durante la spedizione britannica e la campagna germanica di Costante (vd. n. 671). 654 Qui il termine "EA.A.11v (su cui vd. già VS VI n. 199) è semanticamente polivalente, facendo riferimento tanto alla passione e alla sincera ammirazione di Anatolio per la paidéia ellenica, quanto al suo zelo e al sentito trasporto per il culto reso agli dèi pagani; il suo significato è, insomma, identico a quello con

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cui occorre nella Epistula 78 (375c, p. 85,1-2 Bidez: [. . .] oei!;ov lÌiltV èivopa év Karuta06Katç Ka9apcòç "EU11va) e in un passo del Misopogon di Giuliano (40, 367c, p. 194 Lacombrade: vojliaaç [. .. ] Éjlautòv oÉ, ei. Kaì yÉvoç Écm j!Ot 9pQKtov, "EU11va -roiç É1tt"tTIOEUjlaatv). 65' L'allusione è evidentemente all'ormai diffuso processo di cristianizzazione ufficiale dell'impero romano. 656 Permane la incertezza se attribuire in questo contesto a wyot il significato di "eloquenza", oppure, più genericamente, di "produzione letteraria": la testimonianza di Eunapio sulla formazione giuridica ricevuta da Anatolia in età giovanile, in realtà, dovrebbe forse far propendere per la prima traduzione; ma il passo immediatamente a seguire, e cioè "dare concretezza di visione alla fantasia che la mente di Anatolia aveva concepito sulla base delle immagini antiche, cioè di quelle fornite dagli scrittori antichi" (Kaì -rò vooUj!Evov ÉK -rcòv àpxaiwv i.voai..l!à-roov qu:iv-raajla É1tÌ nìv OljftV axàaat), nonché la profonda ammirazione di Anatolia per l'intero patrimonio culturale dell'Ellenismo ("EUTJV otacl>epov-rooç), mi fa sorgere il dubbio se "tà "tCÒV À.Oyoov e'iOOOÀ.a non possano essere invece tutte le immagini astratte da lui ricavate dalla lettura non solo degli oratori attici, ma più in generale degli scrittori greci di età classica. 657 Il termine 'ivOaÀ.IJ.a propriamente designa, come abbiamo già visto (vd. VS VII n. 337), l'impronta (e/figies) che, secondo il procedimento tipico dell'arte plastica, un oggetto viene ad assumere sul modello di un altro. L'espressione i.vOàÀ.jla-ra -rcòv àpxaioov fa, a mio avviso, riferimento a tutte le immagini (per esempio di località, templi, statue, edifici pubblici, ma anche riti, feste, oggetti particolari) che, contenute nelle opere degli autori antichi, consistono in mere rappresentazioni letterarie, e dunque in rielaborazioni mentali e astratte, "copie" o, per usare un termine delle arti figurative, "calchi" di realtà storicamente determinate. L'esigenza di Anatolio, come già dell'imperatore Giuliano, fu quella di prendere visione diretta del modello originario di queste immagini letterarie: la Grecia e i suoi celebri luoghi, il cui senso, come correttamente puntualizza Labriola '75, 3, era non soltanto geografico, ma anche culturale. 658 A prima lettura, Anatolio sembra possedere, almeno nell'ottica della intellettualità pagana più integralista e meno disposta alla collaborazione politica con l'impero romano cristianizzato, tutti i tratti comportamentali e professionali sufficienti per un

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suo giustificato inserimento nella folta schiera di quegli estimatori degli studi giuridici - i soli che consentivano una facile integrazione nell'apparato burocratico dell'amministrazione imperiale e un rapido raggiungimento, anche per i ceti sociali più bassi, dei più influenti e prestigiosi posti di potere (vd. VS VI nn. 157, 167) - che, sacrificando opportunisticamente alla propria smodata ambizione il regolare corso di una istruzione liberale degna di un vero "EU11v, non potevano godere a pieno titolo della rispettabile reputazione di pepaideuménoi. E non solo. Ad aggravare e compromettere, sempre secondo quest'ottica, il già poco edificante back-ground del personaggio sembrerebbe concorrere la sua permanenza a Roma, città simbolo di un potere percepito da Eunapio come tirannico e intollerante, awerso ai più profondi valori del paganesimo e sollecitatore di sfrenate ambizioni e incontenibili brame di potere (vd., per contrasto, il saggio comportamento di Libanio che rifiutò prestigiosi incarichi imperiali nella convinzione, condivisa anche dal nostro biografo, che il mestiere di sofista fosse, rispetto a quelli, di gran lunga superiore: VS XVI 2, 8-9). Sempre a prima lettura, infatti, l'espressione cjlpoviuJ.a"toç ÈJ.17tÀ.1lcr9Eiç parrebbe occorrere, in questo contesto, o in senso ironico, o in accezione negativa, con il significato di "presunzione', "arrogante ambizione", tanto più che il biografo non esita a mettere in stretta relazione l'acquisizione, da parte di Anatolio, di una completa istruzione giuridica e di una eloquenza elevata con il suo ingresso nella corte imperiale e con il veloce raggiungimento di tutti i più amblti incarichi ufficiali. Proprio quest'uso semantico del termine è testimoniato in un passo della Oratio l di Libanio (25, p. 94,14-15 F. = p. 18,2-3 N.: ~v nç apxrov civ'JÌp "tOOV è!; 'haA.iaç cjlpoviJJ.La"toç "tE 1tÀ.Èwç [. .. ]), laddove il retore antiocheno definisce "cjlpoviJJ.La"toç 1tA.èwç" un anonimo proconsole d' Acaia - anche in questo caso, dunque, un rappresentante del potere ufficiale -, il quale aveva deciso, in occasione dei disordini causati dagli studenti intorno al339 d.C., di sospendere dall'insegnamento i professori di questi turbolenti giovani. La traduzione che Petit '79 dà dell' espressione «[Nous avions alors pour gouverneur un Italien] aux visées ambitieuses» rende bene la considerazione, tutta elitaria e sprezzante, di un intellettuale come Libanio, anche lui, come Eunapio, irriducibilmente awerso nei confronti di qualsivoglia istruzione di tipo tecnico-professionale incommensurabilmente distante dai regolari standards della paidéia tradizionale. A un certo punto, però, il lettore muta impressione, trovan-

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dosi, in modo del tutto improvviso e inaspettato, di fronte a un "anomalo" modello, tutto positivo, di funzionario, il cui servizio nell'amministrazione imperiale convive armonicamente con la devozione ai culti degli dèi pagani e con I' appassionata ammirazione per la cultura greca. Egli comprende, così, che Anatolio viene a rappresentare non soltanto uno di quei numerosi esempi (testimoniati per lo più dalle epigrafi) di collaboratore imperiale la cui integrità morale e il cui rispetto per la giustizia vengono automaticamente ricondotti al suo elevatissimo grado di cultura (vd. al riguardo Kaster, 27-8 e nn. 65-66, e Brown '95, 51-2), ma anche il paradigma positivo di quel binomio impero-paganesimo tanto auspicato dal biografo di Sardi, secondo cui religione e cultura, i.epà KaÌ. M'>yot, erano l'unica forma possibile con cui tentare il disperato recupero dei tratti identitari della grecità e del suo illustre passato mitico e storico. Anatolio, dunque, allo stesso modo dei funzionari imperiali pagani come il comes Orientis Icario (PLRE I, s. v. "lcarius" nr. 2, pp. 455-56), appellato da Libanio "Moucrcilv tpocptJ.LOç", o il magister militum per Orientem e poi consul Ricomero (PLRE l, s. v. "Richomeres", pp.765-66), di cui il retore antiocheno esalta la dichiarata ammirazione per la letteratura classica e gli dèi pagani (Or. l, 219, Epp. 1007, 2-3; 1024), assurge a esempio positivo e virtuoso di una gestione del potere equilibrata, efficiente e non violenta, pienamente compatibile con la visione "ellenocentrica" che dell'impero avevano le élites greche dell'aristocrazia provinciale. 6.59 Un argomento da declamare, cioè, un 7tpo~À.TJJ.I.a. 660 Per il significato del verbo J.I.EÀ.Etaco, "declamare", vd. in particolare Civiletti 2002, 73-4. In questo passo, credo che esso indichi sia l'atto dell'esercitarsi intorno a un determinato argomento/tema, e cioè dell'individuarne correttamente le parti e dello svilupparlo, sia il risultato di questo esercizio, cioè l'atto stesso del declamarlo. · 661 Sulla definizione di mamç vd. n. 629. 662 Proprio di Imerio si è conservato un breve discorso indirizzato al prefetto Anatolio, dal titolo Ei.ç 'Avat6ì.wv u7tapxov (Or. 32 Colonna), composto probabilmente per il suo arrivo ad Atene in questa circostanza (Penella, 98, tuttavia, non esclude che l' Anatolio destinatario del discorso di Imerio possa essere l'omonimo prefetto dell'lliirico del 357 -358): lo si può defmire un catalogo di personaggi mitici e storici, come Dioniso, Eracle, Pelope, Alcibiade, Anacarsi, Alessandro, Ciro, Pitagora, acco-

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munati dalla loro venuta in Grecia e nella più illustre delle sue città. Lo si può far rientrare nella categoria dei discorsi epidittici di saluto a rappresentanti del potere imperiale in visita ufficiale, cioè in quella degli 'Entjknl\ptot A.Oyot, così minuziosamente descritti da Menandro Retore (RhG III, pp. 377,31-382,9 Spengel =pp. 94-102 Russell-Wilson). 663 Nel decennio 340-350 gli Augusti al trono erano i due imperatori cristiani Costante e Costanzo. 664 La non eccellente qualità dei sofisti ateniesi viene lamentata anche da Libanio che, oltre a denunciarne l'impreparazione (Or. l, 17, p. 90,5-8 F.= p. 12,18-21 N.: [. .. ] K:aì. ò J!Èv Kp6·toç noÀ.ùç eiç anci'tllv t&v t6te np&tov yeuoJ!évrov ÈyetpÒJ!Evoç, Èyro 8è ùo9avÒJ111V èn' OOOÈV CfEJl.VÒV acptyJ!évoç Tiìç apxfJç t&v VÉ(J)V \m' av8p&v où 1tOÀ.Ù tl vÉrov 8tacpep6vtrov tipnacrJl.ÉV'Ilç. Ep. 715, 2, pp. 643,21-644,1, Forster X: [. .. ] totç 8' tcrroç 8et 8t8acrK:aÀ.rov, o'ì toiito np&tov aùtoùç nat8eucroucrt), ne critica lo scarso impegno e la passione per l'ozio e il cibo (ibid. p. 643,1921 F.: t&v yap aùt69t 8t8acrK:aÀ.rov oi. Jl.Èv 8tà yf]paç aéotvt' àv toii K:a9eu8etv Jl.OÀ.aKci)ç È1tÌ. 7tÀ.110Jl.Ovfl). Persino il proconsole Strategio, sempre secondo la testimonianza del retore antiocheno, esortò gli Ateniesi a nominare insegnanti migliori di quelli in carica fino ad allora, affinché il prestigio della città non venisse meno e con esso la redditizia affluenza degli studenti stranieri (Or. l, 82, p. 123,12-14 F. = p. 50,26-27 N.: éi;É7tÀ.11/;Ev 'A811vaiotç, EÌ al;toiivtEç 8tà KOÀ.À.Tl À.Òyrov ÉKEtcrE c'inavtaç K:ata7tÀ.Etv oÙK: È1tEtcrciyoum t&v ovtrov crepi m àJl.Ei vro). 665 Sull'uso retorico di 8tati9EJ1at vd. Civiletti, 453 n. 34. 666 Poeta non altrimenti conosciuto: vd. PLRE I, s.v. "Milesius", p. 602. Viene menzionato anche più avanti, allorché Eunapio accenna alla sua azione consolatrice nei confronti di Proeresio in occasione della tragica morte delle sue due giovanissime figlie (VS X 7, 9-10, p. 78,9-19 G.). 667 Sul termine çit't11Jl.O vd. VS VI n. 249. 668 ~taipemç è, per usare la definizione di Ernesti (s.v. 8.), «tractatio capitum causae vel argomentorum»: vd. in partic. Syn'an. Schol. Hermog. Stat., RhG IV, pp. 64,21-65,1 (it Jl.ÈV o'Ùv 8taipemç 't'IÌV ànapi9J.J.TlcrtV Kaì 't'IÌV tcil;tv 8t8cicrK:Et t&v K:EcpaÀ.atrov ÈK:cicr'tllç crtciCJEroç), e p. 625,16-18 Walz ([ ... ] 8taipemv K:OÀ.O'Ùcrt K:Otvroç J.l.ÈV nàcrav tOJ.l'IÌV tO'Ù 1tEptÉXOVtOç Eiç tà 1tEptEXÒJ1Eva).

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669 n passo, che Giangrande '56, 142, ritiene corrotto e mette fra cruces (avanzando nell'apparato della sua edizione alcune congetture come tci>v ì..aucaatptci>v, tci>v àKEatptci>v, tci>v tptaJ.L'I.Iptci>v), potrebbe, secondo l'interessante proposta di Steinriick, 18-9, considerarsi sano e trovare perspicuità nel tono scherzoso che lo pervade («Man braucht also nicht den Text als korrupt zu betrachten, wenn man die Angabe, es handle sich um einen Scherz, emst nimmt»): la battuta comica di Milesio presupporrebbe o che il numero complessivo dei sofisti ateniesi in questione sia tredici (ipotesi che spiegherebbe l'uso del determinativo tci>v davanti al nwnerale) oppure che la lista degli argomenti da declamare contenesse soltanto tredici stdseis: quanto ai primi, tuttavia, non sappiamo il numero esatto delle cattedre di sofistica; per ciò che concerne la seconda, invece, la quantità suddetta delle stdseis potrebbe trovare conferma nella nwnerazione che ne fa Ermogene (vd. Steinriick, 19 n. 39). 670 Il tràdito 7tÒVt 't07tq>), 13 ('17t7téaç eiç 7teSiov 7tpoKaÀfj: o1tEp emv epya), p. 464 Leutsch-Schneidewin. 68lbis Su questi personaggi mitici, vd. n. 677.

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682 Un riferimento al mito di Demetra e Trittolemo è contenuto anche in una f.J.EÀ.Étl] e in un 1tpoyufJ.vaafJ.a di Libanio (Dee!. 13, 32; 49; Prog. VIII 7, 14), e in un breve discorso di Temistio (Or. 27, 336d). 683 Può ritenersi tutto sommato condivisibile la interpretazione di É1ttì(OpEoo data da Ernesti (s.v. è. «exultare in dicendo, in primis de gestu liberiori, alacriori»), che affianca a questo passo eunapiano uno della biografia filostratea di Polemone (VS I 25, 537-538), dove si dice che il sofista di Laodicea scalpitava in alcuni punti delle sue orazioni non meno vigorosamente del cavallo di Omero (p. 48,23-24 Kayser: Kaì Kpoaivetv èv -roi.ç 'tWV im:o8éaerov J(ropiotç oooèv J,lriov 't0\1 'OfJ.TIPllCOU 'i1t1tou). In realtà, sono diversi i luoghi del testo ftlostrateo nei quali è testimoniato il tradursi dell'eloquio vigoroso e veemente del retore in movimenti del corpo particolarmente convulsi e agitati: è il caso, per esempio, del medesimo Polemone, che nei punti culminanti delle argomentazioni balzava dal seggio sul quale era seduto (I 25, 537, p. 48,19-20 K.: [ ... ] civa1t11l>civ -rou Opovou 1tEpì -ràç ciJCfJ.àc; -r&v im:oOÉaErov), o del celebre Scopeliano di Clazomene, che nel trattare i temi più vigorosi e soprattutto quelli che avevano come protagonisti i Medi, e in particolare personaggi come Dario e Serse, si agitava in modo piuttosto energico, cadendo come in preda a un furore bacchico (I 21, 520, p. 33,10-11 K.: ÉÀÉ'YE'tO JCaÌ O'ElE0'8at f.J.CÌÀ.À.OV Év 'taU'tatç, WarcEp j3alCJCEUroV). Credo, pertanto, che il verbo É1ttì(OpEuro faccia qui riferimento non tanto alla esultanza emotiva e alla gioia di Proeresio, quanto alla concreta forma assunta dalla sua euforica esaltazione e dal suo entusiasmo: la gestualità, cioè, e i frenetici movimenti del suo corpo. 684 Personaggio non altrimenti testimoniato. Non viene segnalato nemmeno in PLRE. 685 "Musa" è l'appellativo che, come ha detto poco prima Eunapio, gli aveva dato il prefetto Anatolio. 686 Sono dell'awiso che il sintagma verbale xcipt-raç civci1tTE· aOat abbia anche qui il significato con cui occorre in un verso delle Fenicie di Euripide (569: afJ.aOei.ç "Al>paa-roç xapt-raç Eç a' àviJ'Ifa'to), dove indica l'atto del "rendere Oett. attaccare) favori a qcn." (LSJ I 1). 687 Accolgo la correzione di Giangrande (Giangrande '56, 145) 1tEaouaav, da intendersi nel senso di "come in time,

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come to the aid of" (vd. LSJ s. v. n. II l e 2), e la sua interprezione di noìJ..ci, e cioè "oft". 688 L'episodio ha un illustre precedente nella biografia filostratea di un sofista d'eccezione: Erode Attico. Anche lui, in seguito alla morte della moglie Regilla (VS II l, 556-557), e soprattutto della figlia Elpinice (ibid. 558), provò un dolore così profondo da perdere completamente il senno: anche lui, come Proeresio, trovò, in tutte e due le tragiche circostanze, un sostegno morale e affettivo nei filosofi Lucio e Sesto, due uomini che, in virtù della loro cultura e del loro equilibrio interiore, riuscirono a mitigare il suo lutto e a moderare le eccessive e sfrenate manifestazioni del suo dolore. Se per Filostrato, dunque, che esaltava l'assenza di femmineità e di ignobiltà nel lutto di Evodiano di Smime (VS II 16, 596, p. 100,8-10 Kayser: ui.ou aè O"lhci) teA.eu"tl'taavtoç EV tfj 'PcOIJ.lJ oùaÈv ~ÀU oùaÈ ayevvÈç avecll9Éyl;ato), la compostezza e la serietà dei modi traducevano l'idea della eccezionale e non comune "umanità" dei suoi personaggi, per Eunapio, che visse in un momento storico in cui alla paidéia era affidato il compito di preservare il decoro comportamentale e l'autocontrollo verbale in tutte le manifestazioni pubbliche, e in modo particolare nei rapporti interpersonali (v d. in proposito Brown '95, cap. 2), tale rasserenante moderazione si configurava come un vero e proprio codice di comportamento, un segno tangibile di una "naturale" superiorità sociale e culturale. Si pensi che un influente sofista di Nicomedia, che aveva attribuito la morte improvvisa della moglie a certe pratiche magiche a opera di Libanio e del suo Jit!Ji..Oypaclloç, per il semplice fatto di essersi presentato in tribunale in lacrime, non riuscì a ottenere dalle leggi la sperata punizione per l'awersario (e cioè l'arresto); anzi alla fine, dopo che venne accertata la estraneità di Libanio al fatto contestatogli, fu lui stesso a essere messo sotto accusa: Or. l, 62-64. Perché, come ebbe a dire un caro amico a Libanio quando costui si trovò in preda a un profondo sconforto per la morte del suo allievo Eusebio, la perdita della ragione è per un uomo un fatto veramente increscioso (Or. l, 189, p. 169,5-8 F. = p. 104,15-17 N.: tò a· oùv tflç i..tnrr,ç IJ.itpov el;emmatat EU1J.OÀ.7ttoç, oç IJ.Ol 7tapmcoi..ou9ci)v E7tavfryaye tÒV vouv int' aùtflç E/;EÀOUVOIJ.EVOV atet/;tCÌ>V ÒnOO"OV tt av9poo7t

Ooav

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énéaxe Kaì. c~>1..uapiav énécr'tTIO'E Kaì. tò 1tpocromov KatÉ~a'JIEV Épu9ru.J.an) -, è da attribuire, secondo Cameron, 491, al sentimento di gelosia e di disprezzo per le inimitabili capacità e competenze degli egiziani, secondo Cracco Ruggini '71, 418, invece, al diverso corso che in questa regione prese, rispetto ad Atene, il Neoplatonismo, destinato progressivamente a orientarsi «verso una fusione con il cristianesimo». Qualunque ne sia stata l'effettiva causa, rimane storicamente innegabile l'importanza e la vitalità culturale dell'Egitto nella tarda antichità, periodo nel quale vi si coltivò ogni campo del sapere, come la filosofia, le scienze [si consideri quanto dice Ammiano (XXII 16, 17) dell' Alessandria dei suoi tempi: ne nunc quidem in eadem urbe doctrinae variae silent; naro et disciplinarum magistri quodammodo spirant et nudatur ibi geometrico radio, quidquid reconditum latet, nondumque apud eos penitus exaruit musica nec harmonia conticuit et recalet apud quosdam adhuc licet raros consideratio mundani motus et siderum doctique sunt alii numeros; pauci su per bis scientiam callent, quae fatorum vias ostendit], e poi la letteratura, la grammatica, la retorica e l'antiquaria (su questo aspetto vd. Cameron, 491-97). 694 Penella, 139, sembra riferire l'aùtoç di questo sintagma (É1taVÉOTI'I Sé aÙtcp) a Proeresio, e non a Eusebio, come invece intende la quasi totalità degli interpreti: «lf he - scii. Musonius had stayed on in Athens as a teacher, he would bave been a good candidate for a biographical sketch as a contemporary and riva! of Prohaeresius». 695 L'episodio meglio conosciuto della vita di Musonio, oltre al vicariato in Macedonia nel362 (PLRE l, s.v. "Musonius" nr. 2, p. 613 ), è il suo intervento armato contro gli lsauri durante il biennio del suo vicariato d'Asia (367 /368), del quale abbiamo testimonianza non soltanto in qualche frammento dell'opera storica eunapiana (/r. 45, 2-5 M. = 43, 1-4 B.), ma anche in Ammiano Marcellino, XXVII 9, 6-7 (sui disordini provocati dagli lsauri vd. anche la testimonianza meno precisa e dettagliata di Zosimo, IV 20, l, e relativa nota di commento di Paschoud, pp. 371-372). Ammiano testimonia altresì, confermando in questo modo la testimonianza di Eunapio, che nel periodo precedente al suo ingresso in politica, Musonio era stato maestro di retorica ad Atene (XXVII 9, 6: Athenis Atticis antehac magister rhetoricus). Musonio è comunque un personaggio che viene molto positivamente descritto da Eunapio nella sua opera stori'tE

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ca, e apprezzato per la sua dignità e per la profondità ed energia della sua mente (/r. 45 M. = 29, 2 B., p. 46,1-3: Mooorovtoç, É1tÌ 'lofitavou ~V !XJmì.iooç. Jtavta, oaa ~V àptma, IJ.UCpà É~tVEtO 7tpÒç tÒV oyJCOV Mouaroviou JCaÌ tlÌV aùv tql opaatTipiq> tilç 'YVCÒIJ.llç 13a9irrllta). Se è lo stesso Musonio che Zosimo (V 5, 2, p. 10,25 Paschoud) descrive come un "EUllV avitp JCaÌ 7tat&iaç i\Krov eiç CÌJCpov (come suppone Penella, 129 n. 26), allora la simpatia che Eunapio prova per lui troverebbe ulteriore giustificazione nel paganesimo del personaggio. 696 Paschoud '85, 268, ammette, a mio avviso molto saggiamente, l'impossibilità di stabilire con precisione se anche la prima edizione della Storia di Eunapio - cui si fa evidentemente qui riferimento - trattasse del medesimo episodio menzionato nella seconda, cioè il suo intervento contro gli Isauri: vd. n. precedente. 697 Il testo del Laurentianus Mediceus legge 'Iouì..tavou oÈ !XJmì..Euovtoç, to7tq> tou 7tatOEUEtv È/;EtpyoiJ.Evoç JC.t.ì... Esso è stato oggetto di diversi interventi correttivi a partire da Commelinus, che emendò il tràdito t07tq> in t07trov, intendendo che Proeresio fu «luliano imperante exclusus a docendi munere», e poi da Boissonade, che nel 1822 sostituì il dativo in questione con il genitivo singolare toJtou (cui attribuì il medesimo valore dei due precedenti editori) e propose, anche se soltanto in adnotatio, la correzione del sintagma toi> 7tatOEUEtv in tou JtatOEUttJCOU, e nel1849, invece, limitò la propria correzione al genitivo t07tOU (il testo di questa sua seconda edizione è stato accolto da Wright, che ha attribuito al termine to7toç il più generico valore di «field of education», e più recentemente anche da Banchich '87, 165, secondo cui l'espressione «reflect the resignation of or expulsion from a 7tOÀ.t ttJCÒç 9povoç»); e poi ancora da Giangrande che, respingendo l'emendamento di Boissonade sulla base non soltanto dell'assenza di attestazioni dell'uso di to7toç con il significato di "carica ufficiale", ma anche della mancanza dell'articolo davanti a to7tou, in un primo tempo (Giangrande '53, 305) propose di correggere to7tq> in VOIJ.q> (in riferimento, cioè, come egli stesso spiega alla n. 4 di p. 305 del suo articolo, «al decreto legge imperiale del362» con cui l'imperatore Giuliano escluse dall'insegnamento retori e grammatici cristiani: e cioè CTh XIII 3, 5 =lui., Epp. 61b; 61c Bidez; Arnm. Mare., XXII 10, 7; XXV 4, 20; Greg. Naz., Or. 4, 5, 105-109; Oros., VII 30, 3; Zon., XIII 12), tre anni dopo, invece, decise di

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mantenere nella sua edizione la lezione manoscritta, che fece però precedere dalla integrazione èv, attribuendo così al sintagma nominale 'tOOtq> il valore di «ilico». Quest'ultima soluzione, in un primo tempo messa in dubbio da Pack '86, 269 n. 36, è stata definitivamente respinta da Guida, 154-57, il quale non soltanto ha dimostrato la incongruità (semantica oltre che sintattica) di questa indicazione temporale con il precedente sintagma 'IouXtavoiì ot jXxmi..Eoov'toç («non si comprende come l'indicazione di tempo puntuale "subito", "immediatamente" si connetta con l'indicazione temporale "durante il regno dell'imperatore Giuliano che abbraccia un arco di circa due anni e mezzo"»), ma ha anche provato l'inesistenza di attestazioni dell'uso della locuzione èv 't07tq> con significato specificamente temporale (vd. ibid. 155-56). Guida, pertanto, non ha dubbi nel correggere 't07tq> in VOJ.Lq> (dimenticando, però, di precisare la paternità di questa ipotesi) sulla base non soltanto di un ben attestato uso in età classica della espressione giuridica VOJ.Lq> + eipyeaOat o è!;eipyeaOat ("essere esclusi per legge, con una legge da ... "), ma anche di altre testimonianze antiche sul provvedimento legislativo giulianeo concernente retori e grammatici: quella, in particolare, di Gerolamo riguardante specificamente Proeresio (Chron. a. 363 p. Chr., pp. 242,24-243, l H el m: «Prohaeresius sofista Atheniensis lege data, ne christiani liberalium artium doctores essent, cum sibi specialiter Iulianus concederet, ut christianus doceret, scholam spante deseruit»), e quella più generica di Agostino (Con/ VIII 5, 10,3-5, p. 119 Verheijen: «imperatoris Iuliani temporibus lege data prohibiti sunt christiani docere litteraturam et oratoriam»). Come si evince chiaramente dalla testimonianza geronimiana, Giuliano - che, si ricordi, di ritorno dalla Gallia aveva invitato il sofista ateniese a comporre un'opera storiograflca sulla sua spedizione d'oltralpe (lul., Ep. 31 Bidez: vd. n. 562) - volle esonerare Proeresio dagli effetti della sua legge, senza tuttavia riuscirvi. L'emendazione di Guida è oggi generalmente accolta: vd., per esempio, Luciani, 238. 698 Come hanno puntualizzato Banchich '85, 187-93, Id. '87, 165, e Penella, 92, la /ex scholastica giulianea doveva riguardare esclusivamente l'insegnamento pubblico e non quello privato che, secondo quanto sembra suggerire il caso di Proeresio, potè essere ancora praticato indisturbatamente nelle abitazioni e nei piccoli teatri in esse contenuti. 699 Contrariamente a Goulet '80, 62 = Goulet 2001, 306 n.

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17; Id. 2000 = Goulet 2001, in partic. 333-34 e n. 58 - e già prima J. Geffcken, Der Ausgang des griechisch-romischen Hetdentums, Heidelberg, 19292 (Darmstadt, 1972), 289 n. 64, e più recentemente lo stesso Guida, 156 n. 16 -, non credo che questa affermazione possa esprimere riserve da parte del biografo su una reale adesione di Proeresio alla fede cristiana, che risulta invece chiaramente attesta dal Chronicon di Gerolamo (vd. n. 697), e che continua a essere riconosciuta dalla maggior parte degli studiosi: vd., fra gli ultimi, Gartner, 1156; Garzya, 166; Athanassiadi-Fowden, 60, 142; Penella, 92-3; Bouffartigue, 46; Pack '94, 679-82; Wiemer, 57 n. 227; Tartaglia, 113-14; Cox Miller, 240; Markschies, col. 376; Luciani, 246-49: per un elenco completo vd. Goulet 2000 = Goulet 2001, 323 n. 1). In accordo con la testimonianza geronimiana, penso che essa possa intendersi da un lato come una presa d'atto, una oggettiva constatazione da parte del biografo della communis opinio circa la professione di fede di Proeresio che, almeno secondo quanto lascia pensare il verbo OOKW, doveva essere evidentemente riconosciuto dai più come cristiano (e pertanto anche lui, come tutti gli altri suoi compagni di fede, investito dagli effetti della !ex scholastica dell'imperatore Giuliano), dall'altro, però, come espressione della sua personale e intima convinzione sulla natura non severa, non intransigente, ma colta, moderata e aperta dd cristianesimo del maestro, che riusciva a convivere in modo perfettamente pacifico, fertile e creativo con la cultura pagana. Come a dire: Proeresio sarà stato sì un cristiano, come a tutti appariva (EOOKEt) - e come egli stesso si sarà definito pubblicamente -, ma un cristiano che non aveva alcuna difficoltà a riconoscere piena dignità culturale al patrimonio mitico, storico e religioso dell'Ellenismo, al punto da ricorrere a procedimenti divinatori tipicamente pagani; sarà stato pure un cristiano, ma l'ammirazione e il rispetto da lui nutriti nei confronti dei valori del paganesimo lo avranno reso, agli occhi di un intellettuale come Eunapio, un cristiano sotto il cui credo religioso per nulla assolutizzante e integralista (per il biografo forse "superficiale" e, comunque, non costrittivo) trovava ampio spazio una profonda dimensione culturale e spirituale degna dei più illustri e stimati pepaideuménoi del suo tempo. Perché come afferma condivisibilmente Cox Miller, 240, «The force of the hagiographical impulse is perhaps clearest in this portrait of Prohaeresius, whom Eunapius presents as an icon of Hellenic holiness». Sono, dunque, convinto che con la notazione parentetica EOOKEt yàp elvat xptanavoç

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Eunapio abbia voluto non tanto negare la cristianità di Proeresio, quanto piuttosto minimizzarla nel contesto del suo racconto biografico, ossia porla in secondo piano rispetto alla sua dimensione di intellettuale profondamente imbevuto di cultura classica (constato con grande piacere che Luciani, 248, afferma: «L .. ] mi sembra molto probabile che lo scrivente abbia ridotto al minimo i riferimenti sulla fede di Proeresio, limitandosi a riportare, una sola volta e con un solo verbo (è!;etpy6J.LEvoç), una vicenda che, per un biografo, non poteva passare sotto silenzio, e che, per un fervente sostenitore di Giuliano quale egli era, poteva apparire sconveniente»): trovo, pertanto, del tutto condivisibile l'interpretazione che Penella, 93, propone dell'èS6KEt in questione: «Eunapius's te n tative È 86 KEt glosses over Prohaeresius's Christianity and hints that it was not a matter of importance or concern in his relations with his pupils». Del resto, la stima di Libanio per numerosi cristiani del suo tempo (allievi, curiali o funzionari imperiali che fossero) trovava, non a caso, spiegazione e fondamento nelle apprezzabili qualità intellettuali e nell'indiscusso spessore culturale di questi ultimi, lodati per la loro eloquenza e per la radicata convinzione che la vera paidéia fosse esclusivamente (o principalmente) quella della tradizione classica: vd. n. 618. 700 Generalmente identificato con lo ierofante di Eleusi: vd. Penella, 93. 701 Certamente Eunapio non perde l'occasione di contrapporre la politica filellenica e ft.loprovinciale di Giuliano a quella verticisticamente centralizzata di Costantino e dei suoi eredi, fondata sul massiccio sfruttamento delle province: vd. in proposito VS VI n. 158. 702 Contrariamente a Goulet '80, 61-4 = Goulet 2001, 305-10 -e sulla sua scia anche Blockley, l, ix, l; Buck '87, 77; Matthews '89, 504 n. 74 -,che colloca l'arrivo di Eunapio ad Atene nel364 (cioè dopo l'abrogazione dell'editto scolastico di Giuliano) e il suo ritorno in Asia nel369, Banchich '87, 164-65, sulla base non soltanto della coincidenza cronologica fra l'arrivo del biografo in città e l'entrata in vigore della suddetta !ex scholastica, operativa a partire dal17 giugno 362 almeno fino alla morte del jkxcrtÀEuç pagano (26 giugno 363 ), e ufficialmente abrogata l'Il gennaio 364 (CTh XIII 3, 6) [l'inconciliabilità esistente, secondo Goulet, fra la testimonianza sulle dimissioni di Proeresio in seguito a questa legge e quella sul discepolato di Eunapio presso il sofista

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è superata da Banchich attraverso l'ipotesi che gli effetti di questo provvedimento legislativo riguardassero esclusivamente l'insegnamento pubblico: vd. n. 698], ma anche della testimonianza autobiografica del medesimo (Hist., /r. 45 M. = 43, 2 B.) sulla sua presenza a Sardi in occasione della morte del vicarius Asiae Musonio avvenuta, secondo Arnmiano (XXVII 9, 6-8) nel 368, anticipa di un biennio la permanenza dello scrittore nella capitale dell'Attica (362-367), e fissa, rispettivamente, nel 362, 365 e 367 le tre principali tappe cronologiche della sua vita (oltre a collocare nel 347 la nascita): egli fu 1taiç a 15 anni, e~l3ç a 17, vÉoç a 19 (diversamente da Goulet che, intendendo i termini usati da Eunapio per indicare tali fasi secondo lo schema valido in età tardoellenistica avanzato da M.P. Nillson, Die hellenistische Schule, Munchen, 1955, 34-42 - 1taiç: fino ai 14 anni; e~l3ç: dai 15 ai 17; vÉoç: dai 18 in poi -,anticipa il periodo di efebia di Eunapio al 364, anno in cui, secondo lo studioso francese, il biografo avrebbe avuto 15 anni). La cronologia stabilita da Banchich è oggi quella generalmente accettata dagli studiosi (per un elenco completo vd. Luciani, 244 n. 34). 70J Fomara, 519, ritenendo la notizia sulla durata quinquennale del discepolato giovanile di Eunapio presso Proeresio in contraddizione tanto con la decisione ("impietosa" secondo lo studioso) del biografo di partire per l'Egitto nonostante la malattia che avrebbe di lì a poco portato il maestro alla morte quanto con la espressione ÈK 7tat06ç usata dal medesimo in riferimento al proprio periodo di studio trascorso a Sardi nella scuola del neoplatonico Crisanzio - espressione che, a suo dire, «implies a continuity at odds with an Athenian Émoru..Lia of five years» (VS VI l, 6, p. 18,10-11 G.: ò yoùv "taù"ta ypacpwv- scii. ò Eùva1twç - ElC 7tat0òç aKpoanìç Xpuaaveiou "fEVOJ.I.EVOç; XXIII l, l, p. 90,22 G.: "tov "tE ypcicpov"ta "tau"ta 7tE7tatoeu~eroç- scii. 6 Xpuaavewç - ÉK 7tat06ç) -, emenda il testo tràdito lÌ7tet"fE"to IJ.Èv f.lE"tà 7tÉJ.17t"tOV E"toç EÌ.ç nìv At yoo"tov in 1Ì1tet"fE"tO IJ.Èv J.I.E"t07tEJ.17ttoç Ei.ç nìv Atyoo"tov. Tale emendamento è stato ritenuto giustamente non necessario da Banchich '96 (e recentemente anche da Luciani, 244-45 n. 35) che, riguardo alla prima presunta incongruenza, puntualizza che dal passo in questione non si desume in alcun modo che Eunapio abbia deciso di partire per l'Egitto malgrado Proeresio versasse in gravi condizioni di salute: il fatto che il sofista sia morto alcuni giorni dopo la partenza forzata del biografo per la Lidia non autorizza a pensare che tale decesso sia stato preceduto da un periodo di malattia, o addirit-

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NOTE AL TESTO [X. PROERESIO]

tura di degenza a letto, come suppone Fornara. Quanto alla seconda, Banchich, ribadendo che la descrizione che Eunapio fa di sé stesso come studente di Crisanzio EK 7tatooç non contrasta con la durata quinquennale dd suo discepolato presso Proeresio, non solo afferma che i diversi passi attestanti il profondo legame di affetto, amicizia e conoscenza reciproca tra il sofista ed Eunapio escludono la brevità della permanenza di quest'ultimo ad Atene e lo scarso grado di "formatività" di tale esperienza di apprendimento, ma confuta pure la tesi secondo cui lo scrittore di Sardi avrebbe deciso di andare via da Atene, privo di una solida formazione professionale, in conseguenza dd provvedimento legislativo anticristiano di Giuliano e della morte di Proeresio: un passo della biografia di Crisanzio, dove Eunapio esplicitamente afferma che, una volta fatto ritorno da Atene, nelle ore mattutine egli si riuniva con i suoi allievi e impartiva il suo insegnamento di retorica a quanti di loro gliene facevano richiesta (VS XXIII 3, 15, p. 96,11-13 G.), dimostra senza dubbio che il biografo tornò da Atene in possesso di una salda esperienza nel campo della retorica sofistica, esperienza che egli aveva acquisito nel corso di un lungo apprendistato presso il celebre sofista armeno. E, comunque, qualunque argomentazione addotta cede, per cogenza e forza, a quella che si basa sulla semplice constatazione di VS VI l, 6, p. 18,11 G., dove Eunapio esplicitamente indica l'età che egli aveva una volta tornato a Sardi: 19 anni compiuti (ò 'tau'ta ypaq,v VÉWV Ù1t' civopci>v OÙ 1tOÀ.U tt vÉwv otacpep6vtwv T,p7taO"IJ.ÉVT)ç), e responsabile di una cattiva e dequalificata gestione dell'insegnamento retorico (ibid. 20, p. 92,7 F. I = p. 14,23-24 N.: cpÉpouaa - sci!. T, 9E6ç - OÈ ÈtÉpou 7tOtEt, 1tap' otq>7tEp EIJ.EÀ.À.Ov IJ.Ovouç EtO"Ea9at toùç Ù1tÈp trov Mywv 1J.6x9ouç). 719 Non escludo, tuttavia, la correttezza della. interpretazione di De Rouville, che intende «L .. ] et trouva dans cette opinion, un sujet de conversation sur ce q' est l'humanité». 720 Le guerre persiane costituivano uno dei principali temi della produzione retorico-declamatoria della Seconda Sofistica (vd. al riguardo Civiletti, 43 ss.; 452 n. 28): l'affermazione del celebre sofista Polemone di Laodicea, secondo cui non era possibile, per chi si nutriva di salsicce, sardelle e cibo a buon mercato, rappresentare degnamente la superbia di Dario e Serse (Philostr., VS I 25, 541), testimonia la notevole diffusione di questo celebre episodio così tanto radicato nella memoria storica dei Greci. Trattato frequentemente anche da Scopeliano di Clazomene (Philostr., VS I 21, 519), esso doveva costituire, sempre secondo la testimonianza dello scrittore di Lemno, anche l'argomento della meléte di Alessandro di Seleucia dal titolo Colui che consiglia a Dario di aggiogare l'Istro (VS II 5, 575). 721 Null'altro, oltre a questa breve citazione, ci è pervenuto dell'epitafio in questione, come pure di tutta la restante produzione retorica.

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NOTE AL TESTO [Xlll. SOPOLIDE- XIV. IMERIO]

[XIII. Sopolide] 722 PLRE l, s.v. "Sopolis" nr. l, p. 848. Anche Sopolide fu uno dei competitori di Proeresio, insieme a Epifania, Diofanto e Pamasio, per l'ottenimento della cattedra di retorica di Giuliano (vd. VS XI n. 708). È probabilmente da identificare con il destinatario della Epistola 962 di Libanio, nella quale si fa vdato riferimento alla sua partecipazione a una non ben precisata festa religiosa ateniese: vd. in proposito VS X n. 605. Vd. PLRE I, s.v. "Sopolis" nr. l, p. 848. 723 Fonte del Pamaso consacrata alle Muse. 724 Se risulta corretta la identificazione con l'omonimo destinatario della Epistola libaniana (vd. n. 722), il nome dd figlio dd sofista è ricavabile dal passo finale di quest'ultima (Ep. 962, 5): esso sarebbe Apine (non registrato in PLRE). 72' Secondo Penella, 95, una delle municipali cattedre di retorica di Atene.

[XIV Imerio] 726 Famoso retore e professore di retorica a Costantinopoli e ad Atene, si dedicò essenzialmente a un'eloquenza scolastica e d'apparato. Dd corpus di settantacinque discorsi, per lo più fittizi, testimoniatoci dalla Bibliotheca di Fozio si sono conservate, frammentarie, 32 declamazioni e orazioni (edite da A. Colonna, Himerii Declamationes et Orationes, Roma, 1951). Anche di Imerio il biografo ha già fatto precedentemente menzione, e in particolare della sua partecipazione alla gara oratoria organizzata dal prefetto Anatolia (VS X 6, 6), che vide come vincitore indiscusso il sofista Proeresio. L'esiguità dd profilo biografico di Imerio è molto probabilmente da attribuire alla rivalità esistente fra lui e il sofista maestro di Eunapio (su questa rivalità vd. H. Schenkl, RE s.v. "Himerios" nr. l, VIII2, 1913, coli. 1622-635, in partic. 1623-624, e Giangrande '53-'54, 390): dal momento che non era possibile, per Eunapio, estrometterlo dd tutto dalla cerchia dei personaggi biografati, anche per via dei legami che questo sofista ebbe con Giuliano, l'unica modalità di trattazione era una frettolosa e liquidatoria menzione (peraltro già messa in evidenza da Wright, 320). 727 L'origine bitinica di Imerio è stata già attestata nella biografia di Proeresio (VS X 6, 6, p. 75,1-2 G.: lf.IÉpt6ç nç a~to't'ÌJç ÈK Bt9vviaç). Il Lessico Suida specifica che la città di provenienza è Prusa (I 348, s.v.liJÉptoç, [ ... ] Tipol)(Jl.aOoç 'tilç Bt9vviaç).

NOTE AL TESTO [XIV. IMERIO)

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728 Questa indicazione temporale è stata già fornita da Eunapio nd passo della sua biografia menzionato nella nota precedente (VS X 6, 6: o'inc eyvro tomov Ò avyypac!IE\lç). 729 Dai tituli di tre orazioni dd sofista bitino - [. .. ] KÀTJ9eìç imò tou jXxm.Uroç 'louÀtavou K.t.À. (Or. 39), [. .. ] imò jXxm.Uroç KÀTJ9EÌ.ç 'louÀtavou K.t.À. (Or. 40), Eì.ç tò tou a'Ù'toKpa'topoç 'louÀtavoiì tÀi7t1tOtç, O'tE a1t1JEt 7tapà 'loUÀtavoiì ~aatÀÉroç KaÀOUJ.LEvoç) risulta che fu Giuliano a invitare espressamente Imerio alla corte costantinopolitana. Se, come unanimemente ritengono gli studiosi, è lui uno dei sette forestieri che Giuliano menziona nd suo Misopogon come appartenenti al suo entourage antiocheno (25, 354c, p. 178 Bidez: 'E7t'tà yap ÉOJ.LEV o'ioe Kaì 1tap' 'ÙJ.LtV !;évot vEitÀuoeç, eiç OÈ Kaì 7toÀi 'tTJç 'ÙJ.LÉ'tEpoç [ ... ] Myrov aya9òç OTJJ.LtOupyoç) - gli altri sei sarebbero i filosofi Massimo e Prisco, il retore Libanio, il medico Oribasio, il prae/ectus Orientis Salustio, e il magister officiorum Anatolio -, e se risulta fondata la testimonianza di Giovanni Tzetzes, secondo cui Imerio fu ypaJ.LJ.La'tE\lç delllamÀEuç pagano (Chi/. VI, Hist. 46, 322), bisogna allora supporre che i rapporti fra lui e l'imperatore dovevano certamente essere molto più stretti di quanto emerge dalla testimonianza eunapiana. Cosa che, del resto, trova conferma nd passo iniziale dd panegirico pronunziato da Imerio a Costantinopoli (Oratio 41, 1), dove il riferimento alla purificazione dell'anima attraverso riti in onore di Mitra Hdios e alla benevola presenza dell'imperatore Giuliano sarebbe, secondo l'ipotesi suggestiva di T.D. Barnes (Himerius and the Fourth Century, "CPh" 82, 1987, 206-25, in partic: 222), una implicita testimonianza tanto dd ruolo di piena responsabilità giocato dal jXxmÀEuç pagano in tale iniziazione mitraica quanto della sua volontà di onorare con essa il sofista. 730 L'awersione di Giuliano nei confronti di Proeresio, attestata anche da Eunapio (Hist.,fr. 25 M. = 26, 2 B. =A 486, s.v. At!kivtoç: [. .. ] ò oÈ 'IouÀtavoç [. .. ] 'tÒv Tiìç 'Avno:xeiaç aoclltcm1v [. .. ] otac~~Epovtroç è9auJ.Laae, 'tà J.I.Èv 'iaroç È1tatvrov, tà oé, 01troç ÀU7toi TI 'tÒv J.1Éyav aoclltO't'JÌV Tipoatpéatov, 7tpOttJ.lOOV E'tEpov) e dal Lessico Suida (n 2375, s.v. Tipoatpémoç· [. .. ] KaÌ o1troç À'U1tOtTJ 'tomov - sci/. 'tÒv Tipoatpémov - ò 'IouÀtavoç, 'tÒv At!kivtov J.lEYOÀroç È9auJ.laçev), sarà stata probabilmente determinata non tanto dalla fede cristiana del sofista (come generai-

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NOTE AL TESTO [XIV. IMERIO]

mente si sostiene: vd. Giangrande '53-'54, 391 n. 2; Caltabiano, 34-5; Penella, 98-9) che, stando almeno alla testimonianza eunapiana, veniva praticata con equilibrata moderazione e in perfetta armonia con i contenuti e le forme tradizionali dell'insegnamento retorico e della paidéia greca (vd. VS X n. 699), quanto probabilmente dal suo rifiuto di scrivere l'opera storica richiestagli dall'imperatore (lul., Ep. 31, 374a-b, p. 59,4-7 Bidez: Ei flÈV i.atopiaç ypaEtç, àKptj3Éatata 1tavta à1tayydro aot, Boùç tàç È1ttatoÀ.àç Ò1tOOEi!;Etç Èyypaouç· EÌ. OÈ eyvroKaç toiç YUJ.lVOOflOat Kaì taiç flEÀitatç Eiç tÉÀ.Oç èixpt yi)proç 1tpoaK:aptEpEi.v, oùBèv 1aroç flOU 'r(ì atomiì flÉJ.l'lfU; sempre, comunque, che fosse questo l'invito rivoltogli da Giuliano in questa lettera: vd. sulla questione VS X n. 562) e, più in generale, di mettere la sua eloquenza al servizio della nuova riforma politico-culturale del ITapaj}ci'tTiç - in questo senso, infatti, potrebbe pure interpretarsi l'implicita intenzione di Giuliano di esortare il sofista ad azioni più utili delle esercitazioni e delle declamazioni retoriche (Ei Bè eyvroKaç toi.ç YUflVOOJ.lOOt KaÌ tai.ç flEÀitatç EÌ.ç tÉÀ.oç èixpt yi)proç 1tpoaKaptEpEiv) -, oppure semplicemente dalla sua "fiera" rinunzia a godere del privilegio, concessogli dal ~aat­ À.I::uç, di continuare l'insegnamento nonostante il suo credo cristiano (vd. VS X nn. 562, 697). Non è, a mio avviso, improbabile che a inclinare il rapporto fra i due sia stata non tanto la presunta incompatibilità del loro credo religioso [la quale sarebbe in qualche modo contraddetta dai rapporti di stima personale che legarono l'imperatore ad alcuni cristiani come Potino di Ancira, vescovo di Sirmio, o Cesario, il fratello minore di Gregorio di Nazianzo e medico a Costantinopoli (PLRE l, s.v. "Caesarius" nr. 2, pp. 169-70)] quanto la diversità delle loro prese di posizione in merito alla nuova organizzazione dell'insegnamento retorico, che deve avere determinato una forte incrinatura del loro rapporto (di questo avviso anche Caltabiano, 110 n. 81): come Proeresio, estimatore convinto della paidéia greca, avrà verosimilmente percepito la !ex scholastica giulianea (sulla quale vd. VS X nn. 697, 699, 702) come un atto estremo di ingiustificata prevaricazione e autoritaria ingerenza, così Giuliano avrà accolto il netto rifiuto del sofista di continuare l'insegnamento come un atteggiamento di arrogante e superba assolutezza. Pack '94, 682, non esclude nemmeno l'ipotesi, pur consapevole della sua indimostrabilità allo stato attuale delle conoscenze, che dietro a questo scontro possa leggersi «una delle solite banali guerre tra professori, in cui la religione forse contava soltanto come pretesto».

NOTE AL TESTO [XIV. IMERIO]

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La sua rivalità con Proeresio è testimoniata anche dal

Lessico Suida (l 348, s. v. '1., [ ... ] avn1tat0Euoaç npoatpEcri.q> ev 'A&Jivatç). Sozomeno descrive i due sofisti come i più illustri dell'epoca (HE VI 17, l, p. 258,9-10 Bidez-Hansen: OJ.lcpro- sci!. ò Bacri.À.Ewç 1caì. ò fpllr6pwç - J.lev yap véot ovteç 'IJ.!Epicp Kaì. npoatpEoiq> toiç tOtE EUOOIClJ.l(l)tatotç), e Socrate ne pone l'aKJ.lil nello stesso periodo (HE IV 26, 6, pp. 539,42-540,1 Hussey = p. 260,19-20 Hansen: [ ... ] trov t6tE OKJ.laocivtrov oocptotrov 'IJ.!Epiou KaÌ. Opoatpecri.ou ì..fl Kaì. tfj tpo1tfl XPCÒJ.l.Evoç, Ei Kaì. tòv Kopov OUIC EtEICEV ~ J.l.Et' EUcpu'taç xpiiotç KaÌ. OllCEl(l)atç tiìç tpo7tt;ç· ICOÌ. Katci "fE eJ.l'ÌlV ElOTlOtV O'ÙOEÌ.ç oihroç (OÌJ.l.Ol) XPllOciJlEVOç tU tpo1tflKaÀ.eòç OllttO KOÌ. ~OÉroç 01ti!Ma/;E). 734 Anche Imerio fa riferimento a costei nella monodia per il figlio Rufmo defunto (Or. 8, 12, p. 68,99-100 Colonna: où oe cpuì..al; tfìç aùtaoéì..cpou 1tavtòç ~aea tEixouç oxupcòtEpoç). Quest'ultimo, che seguì le orme professionali del padre (vd. Him., Or. 8, 14-15; 21), non viene stranamente menzionato da Eunapio; come, del resto, non viene fatta menzione neppure della copiosa produzione retorica di Imerio, al quale Eunapio riserva un profilo biografico estremamente scarso e insignificante, a evidente dimostrazione che nella sua ottica questo sofista occupava un posto decisamente inferiore rispetto al re dell' eloquenza Proeresio. Lo scarto fra il posto decisamente trascurabile che Imerio viene a occupare nella economia dello scritto eunapiano e la grande considerazione di cui egli godette in età bizantina (cfr., per esempio, il giudizio favorevole che Fozio diede del suo stile: vd. n. precedente), che non a caso preservò i suoi scritti, esprime bene la parzialità della prospettiva ideologica di Eunapio e la selettività dei suoi criteri espositivi. 735 Cioè l'epilessia. Secondo il Lessico Suida, invece, egli fu affetto in età avanzata da cecità (I 348, s.v. 'l., [ ... ] 1tllPÒç tàç O'ljfEtç ev "filpQ).

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NOTE AL TESTO [XV. PARNASIO- XVI. LIBANIO]

[XV Parnasio] 736 PLRE l, s. v. "Parnasius" nr. 2, p. 668. Parnasio è testimoniato soltanto dalle biografie eunapiane (vd. VS X n. 606). Fu anche lui uno dei sei aspiranti alla cattedra ateniese di Giuliano (vd. VS XI n. 708); della sua inferiorità, come anche di quella di Sopolide, Eunapio non fa alcun mistero, affermando esplicitamente che questi due sofisti vennero selezionati come finalisti in tale competizione oratoria esclusivamente in qualità di "mero riempitivo" (7tapap'OO'tot: su questa definizione vd. VS X n. 604).

[XVI. Libanio] 737 Anch'egli celebre retore e professore di eloquenza a Costantinopoli e, per la maggior parte della sua vita, nella nativa Antiochia, autore di innumerevoli scritti di carattere soprattutto sofistico, che occupano ben undici volumi della non ancora superata edizione di riferimento curata da R. Forster (Libanii opera, Lipsiae, 1903-1923). Di lui ci sono pervenute 64 Orationes di argomento vario (politico, sociale, scolastico, religioso), 51 Melétai (che trattano temi mitologici, storici, morali), 143 Progymntismata, 57 Hypothéseis di orazioni demosteniche, 1544 Epistulae (queste ultime contenute nel X e XI volume dell'edizione testé menzionata). Si tenga presente la seguente abbreviazione bibliografica aggiuntiva: Forster-Miinscher: R. Forster-K. Miinscher, RE s.v. "Libanios", Xll2, 1925, coli. 2485-551. 738 Uno dei generali di Alessandro, capo della dinastia dei Seleucidi, ucciso da Tolemeo Cerauno nel280 a.C. 739 Sul resoconto dettagliato che Libanio stesso fa di questa vicenda rimando a VS X n. 572. 740 'OJ.LtÀ.ia, come anche 0'\Jvouai.a (che può anche indicare la lezione, vd. VS IV nn. 46, 64), è il termine comune per designare l'associazione di insegnante e studente (vd. Walden, 221 n. 4); ÒJ.LtÀTJn\ç designa propriamente, allo stesso modo di cpot'tTJn\ç, l'allievo ufficialmente iscritto nella lista (KataÀ.Oyoç) di un professore di retorica: vd. Walden, 296 n. l; Wolf, 20; Petit '56, 20. 741 Cioè degli antichi scrittori. 742 Probabilmente Eunapio allude al percorso formativo irregolare di Libanio, che si diede alla retorica soltanto a quindici anni, dopo una infanzia trascorsa nei campi insieme ai suoi due fratelli (Or. l, 5, p. 82,6-8, Forster I= p. 4,12-14 Norman: tEtto-

NOTE AL TESTO [XVI. LffiANIO]

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poov 6t1 1101 tomovì 6td96vtoov tòv tp61tov evtamrov 1tÉ111ttou te E1tÌ to'ì.ç MICa TJ1tt01.LTJV Kai IlE eicnip:xeto 6pti1Uç nç epooç trov Mlyoov), e preferì, da autodidatta, un apprendimento libresco e individuale all'ascolto delle mediocri lezioni dei suoi maestri tanto di quelli antiocheni (Or. l, 8; e in particolare di Zenobio di Elusa, Or. 36, 11) quanto, successivamente, di quelli ateniesi (Or. l, 23-24) -, alla cui frequenza egli fu talora spinto dalla necessità, proprio come chi è costretto a far uso di pane d'orzo in mancanza di quello di frumento (Or. l, 8, p. 84,7-8, F. I = p. 6,11-12 N.: [ ... ] cilmtep oi to'ì.ç eK Kptorov èiptotç à1t0pic;~ ye toil fJeì..tiovoç). 743 Nel340; lasciò Costantinopoli nel343. 744 È implicitamente racchiusa in queste parole la critica di Eunapio non soltanto verso Costantinopoli quale città simbolo della politica di sfruttamento, attuata da Costantino e dai suoi successori, ai danni delle altre città dell'impero (vd. in proposito VS VI nn. 158, 161), ma anche nei confronti del carrierismo, a suo giudizio ingiustificato, di questo sofista. n privilegiare, dal punto di vista sia politico che culturale, i luoghi centrali del potere (e cioè Roma e Costantinopoli) a quelli municipali è un atto meritevole, secondo il nostro biografo, solo di disprezzo e del più netto dissenso. È comunque da sottolineare che questa testimonianza non trova riscontro nella produzione di Libanio, il quale attribuisce al proprio trasferimento nella capitale orientale dell'impero un carattere assolutamente accidentale (vd. Or. l, 27 -34). m In un passo della sua Orazione l (38) egli definisce addirittura "magnetici" gli effetti della propria oratoria (pp. 102,21103,3 F. I= p. 26,26-29 N.: [ .. .] cilmtep o'Ùv toùç KaÀ.O'Ùç ouK àv ypà'lfattO nç ~taioov, ei 1t0À.À.OÌ O'~V epcpev, oiJtooç 000' TJ Ev Mlyotç cilpa tò tftç 11ayvitnooç 7tpattoooa 1tOVTJpòv àv tòv 7tatÉpa tilç cilpaç ei..Eyl;at). 746 ~·accusa di pederastia cui sembra fare qui Eunapio allusivo riferimento non c'è il minimo cenno in tutta la vastissima produzione di Libanio, nemmeno nell'autobiografica Oratio l, dove il retore antiocheno attribuisce la ragione del suo allontanamento da Costantinopoli ora all'accusa di magia astrologica lanciata contro di lui dal sofista rivale Bemerchio e dai suoi sostenitori, e alla crudele ostilità del proconsole Limenio (45-47: cfr. su questo episodio anche Epp. 206, 557), ora, in termini più velati, alle mscchinazioni di una non ben specificata banda avversaria (79, p. 122,6-10, F. I = p. 50,6-9 N.: òproaa- scii. ..; Tu:x11- yàp

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NOTE AL TESTO (XVI. LIBANIO]

aù 'tO'Ùç ~v KaKOT)8eic;x, 'toùç OÉ nvaç Kaì. ciyvoic;x n'tv ÈKE18ev civaxropflm v oux oxep ~v KaÀ.OÙV'taç, 'ttJ.uopiav oè J.LE'tOVOJ.Lciçov'taç KaÌ. ~v 'tf!ç 1t6À.Eroç ciU' ouK Èpya tò Ka9' hao-tov E:!;11YEt0"9at, tiç ò Aaurn:olìiaç 1tap' E\J7toÀ.tlìt [. .. ]) - ma specifica pure che altri commediografi come Strattis (fr. 19 K.-A.) e Teopompo (fr. 40 K.-A.) avevano fatto riferimento ai motteggi lanciati in particolare contro Laispodia per la deformità delle sue gambe. La voce Aato-7tolìiaç è registrata anche da Esichio (A 158, s.v. Aat0"1tolìiaç) che la definisce come nome proprio e riporta due tesi circa l'identità del personaggio da esso designato: per alctmi indicherebbe Alcmeone, per altri chi aveva i piedi (o piuttosto le gambe) a forma di falce, con probabile riferimento al personaggio menzionato da Eupoli (ovoJ.La KUptov. evtot lìÈ tòv 'AAKJ.Laioova v xapp'llat«;X te çci>vtec; KaÌ tci>v xpattoJ.LÉvrov Éxtì..aJ.Lj3avoJ.LEvot xì..eiocn v iì Kaì xpoaeev liyrovtaaJ.LEOa ì..Oyotc;) - riuscì a esercitare un ruolo abbastanza influente ad Antiochia, a ristabilire contatti con significativi esponenti del potere: vd. in proposito Criscuolo '90, 10-1] e, difendendo la concordanza fra la testimonianza eunapiana e il già ricordato passo della Oratio 2, ritiene storicamente attendibile tanto l'offerta imperiale della carica di prefetto del pretorio al nostro sofista quanto il suo rifiuto di accettare tale prestigiosa onorificenza.

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NOTE AL TESTO [XVI. LIBANIO)

La vicinanza temporale tra la testimonianza di Eunapio e l'evento in questione, che a mio avviso acquista una certa importanza in relazione non solo al rapporto fra l'imperatore cristiano e gli intellettuali pagani ma anche alla posizione e al ruolo di questi ultimi all'interno della compagine burocratica dell'impero, rende a mio parere poco probabile l'ipotesi di un fraintendimento da parte del biografo di Sardi. A tal proposito, occorre dire che un'altra ipotesi era stata avanzata qualche anno prima, anch'essa, come quella di Martin, intenzionata a salvaguardare l'attendibilità storica della testimonianza di Eunapio e la sua concordanza con i dati biografici delle orazioni libaniane: sto parlando di quella di T.M. Banchich (Eunapius on Libanius' Re/usai o/ a Pre/ecture, "Phoenix" 39, 1985, 384-86, seguita anche da Penella, 106-7) che, interpretando il titolo ufficiale di Libanio testimoniato nelle Orr. 30, 45, 47 come carica onorifica di prefetto del pretorio (vd. supra) e riferendo l'espressione eunapiana tcòv J.LEtà taùta j3amì..érov non a Teodosio, ma a Valentiniano e Valente, traeva implicitamente dal testo eunapiano una duplice informazione, vale a dire che sia Valentiniano e Valente sia Teodosio avevano offerto al retore antiocheno il titolo onorifico di prefetto del pretorio, ma che di queste due offerte soltanto la seconda sarebbe stata accettata da quello. il silenzio di Eunapio sull'accettazione da parte di Libanio dell'onorificenza di Teodosio viene attribuito da Banchich al fatto che la eunapiana Vita Libanii non sarebbe altro, a suo modo di vedere, che la ripresa del materiale sul sofista contenuto nella prima edizione della sua Storia che, non spingendosi secondo lui oltre il )79, non poteva ovviamente contenere il riferimento a Teodosio. L'eccessivo peso che in tale ricostruzione vengono a giocare supposizioni non suffragate da oggettivi riscontri nelle fonti mi inducono, almeno allo stato attuale delle conoscenze, a ritenere la tesi di Martin preferibile a quella di Banchich. 769 Sulla storicità di questa testimonianza vd. n. precedente. Il rifiuto di Libanio è spiegabile con la concezione di alcune frange della intellettualità provinciale particolarmente gelosa delle proprie prerogative politico-amministrative, della superiorità dell'impegno politico municipale rispetto alla collaborazione con il potere centrale. Si ricordi che lo stesso Libanio, in un discorso indirizzato ai suoi ex alunni entrati a far parte del consiglio cittadino, espresse l'esigenza di affermare l'autonomia amministrativa delle p6leis greche rispetto al centralistico apparato amministrativo romano (vd. Or. 35, 4-5, 9-11, 21, 27-28).

NOTE AL TESTO [XVI. LIBANIO]

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Sulla battaglia politica e culturale di Libanio in difesa del municipalismo ellenico vd. Petit '55, 283-93, e più recentemente Rivolta, 537-40. 770 Con questa affermazione Eunapio intende orgogliosamente affermare, in modo analogo a Libanio, la concezione della superiorità culturale ed etica della professione retorico-sofistica, e più in generale della paidéia ellenica su cui quella si fonda, rispetto ad altre prestigiose e remunerative attività, come per esempio l'awocatura o il servizio all'interno dell'apparato burocratico (amministrazione, esercito): vd. in proposito VS VI n. 136. 771 La parte fmale della biografia di Libanio (toirrcp OÈ ò tauta ypacprov où crovqÉvEto, èiì..A.otE èiUrov È!i7tOOta~tcitrov È1t11pEiQ tUXT'Iç au~tPcivtrov) non è contenuta nel Laurentianus Mediceus 86.7, ma si trova soltanto nella cosiddetta "recensio Lacapeniana", cioè nel testo della Vita Libanii di Eunapio trasmesso separatamente in alcuni manoscritti del retore antiocheno (che sono elencati da Forster, Libanii Opera, I l ss.) e che, come è stato già dimostrato (V. Lundstrom, Prolegomena in Eunapii Vitas, "Skr. utg. av Kgl. Hum.-Vetensk. Samf." VI 2, 1897, 1-35, e Vollebregt, cap. 2), risulta in alcuni punti differente dal testo dell'archetipo che ha preservato l'intero scritto biografico di Eunapio. Dal momento che questa differente versione del testo si trova, nella maggior parte dei codici di Libanio (7 su 12), a precedere le lettere del sofista, le quali furono edite da Giorgio Lacapeno nel XIV secolo, Lundstrom credette che il suo redattore fosse stato proprio Lacapeno, il quale avrebbe naturalmente utilizzato un antigrafo appartenente a una tradizione indipendente da quella del Laurentianus Mediceus 86.7 (di quest'ultima idea era anche Vollebregt): la prova schiacciante di questa ipotesi, era fornita, secondo i due filologi, oltre che dalle varianti delle due redazioni, soprattutto dall'assenza, nel Laurentianus, della parte conclusiva della Vita Libanzi contenuta per l'appunto soltanto nella recensio Lacapeniana. Giangrande '53-'54, ha ritenuto questo epilogo oltre che stilisticamente differente dall'usus seribendi eunapiano (l'uso incettivo del pronome oùtoç seguito dalla particella Oé, come aveva notato già Vollebregt, 12), anche contenutisticamente estraneo alle intenzioni dello scrittore (suona in particolare strano il sintagma È1t11PElQ wx11ç: a causa della sua fredda e riservata ostilità nei confronti di Libanio Eunapio non avrebbe potuto awertire l'esigenza di specificare tanto l'eventuale incontro con il sofista quanto le possibili cause di una sua rim-

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NOTE AL TESTO [XVI. LIBANIO- XVTI. ACACIO]

pianta mancata conoscenza personale), e la cui presenza nella narrazione poteva essere percepita come indispensabile solo da chi non riusciva a comprendere l'ingiustificato silenzio di Eunapio su un avvenuto o mancato incontro con il più famoso soflSta del tempo. Convinto che le parole della parte finale della biografia in questione siano una vera e propria aggiunta, egli è pervenuto alla conclusione che tanto la Vita Libanii di Eunapio quanto quella conservatasi nei codici di Libanio risalgono a una tradizione manoscritta comune, e che sia le varianti sia l'epilogo contenuti nella cosiddetta recensio Lacapeniana sono da attribuire all'intervento di Lacapeno che, oltre ad avere alterato ed eliminato dall'antigrafo di riferimento singole parole, gruppi di parole e intere frasi (una sinossi dei due testi è disponibile in Vollebregt, 14-9), non ebbe alcuna remora a integrare ope ingenii, proprio in ragione della enorme rappresentatività di un personaggio come Libanio, una informazione analoga a quella che Eunapio offre a proposito di altri sofisti, come Imerio (VS X 6, 6, p. 75,2-3 G.: OÙK i:yvro tomov ò auyypa~Uç. 7tÀTJV oaa YE Otà auyypaJ.Lj.u:ltrov), Epifanio (VS XI 2, p. 80,5-6 G.: toi>tov ò tai>ta ypacjlrov OUK eyvro, 7tOÀÙ 7tpOa7tEÀ9ovta tlìç È7tl0TIJ.Liaç), e Diofanto (VS XII 2, p. 80,11-13 G.: tomov èyiyv(J)Q'J(Ev ò c:ntyypacj)euç, Kaì. TJKpoaaato ye 7tOÀÀciKtç OTIJ.LoaiQ ì..tyovtoç). E, come ogni invenzione personale, questa aggiunta si caratterizza, secondo l'editore italiano, tanto per prudenza quanto per vaghezza e imprecisione (392: «He- sci!. Lacapenus- handled the Vita very freely, altering or deleting single words, groups of words and whole sentences: therefore we do not see why he should not have attached to the Epilogue by Eunapius the short addition - very cautious and vague, but, at the same tirne, apt to obviate Eunapius' silence, wich seemed inexplicable to hirn, an admirer of Libanius»).

[XVII. Acacia] 772 PLRE I, s. v. "Acacius" nr. 6, p. 6. Oltre che dalla testimonianza di Eunapio, che lo menziona pure nella sua opera storica (dove in particolare si fa riferimento alle critiche che Acacio e il frigio Tusciano mossero all'ostilità di Giuliano nei confronti di Proeresio, Hist., /r. 25 M. = 26, 2 B., p. 38,5-7: [ ... ] 'AKaKwç youv nç aùtv significa non che Acacio fu coetaneo di Libanio, che nacque nel suo stesso periodo (Wright traduce «he dawned on the world about the same time as Libanius», e pedissequamente De P. Samaranch «amaneci6 en el mundo aproximadamente por el mismo tiempo que Libanio»), ma semplicemente che egli cominciò a "venire su", cioè a distinguersi dagli altri, a segnalarsi, ad acquistare rinomanza simultaneamente al retore antiocheno. Fra gli interpreti l'unico ad avere inteso correttamente è Tommaseo: «il qual fiorì nella medesima età con Libanio». 774 Prima di esercitare l'attività retorica ad Antiochia, Acacio era professore. m Sul significato di 1tVEUIJ.a vd. VS XVI n. 758. 776 Lo scritto qui menzionato non ci è pervenuto (/r. 12, p. 620, Forster XI). Sappiamo da una lettera di Libanio (Ep. 405, 13 ), che esso consisteva in una didlexis (p. 402,3-4, Forster X: [. .. ] oeiKVUIJ.t 'A.Oyov 1tEpÌ e\Jclluiaç, nmoç OÈ -rftç otaì.il;ecoç, tà aà 7tatouca) che venne pronunziata ad Antiochia nel 354/355 con un certo successo (p. 402,5-8 F.: Titv j.I.Èv oùv È1t' aùtcp KiVIlmv oùK ÈIJ.ÒV ei.1tE"iv· EICe"ivo oè ÈIJ.ov tE ~v Ei.1tE"iv Kaì èl3ato, Otl tOUt(I)V IJ.ÉVtOt OtOclOKa).oç 'Aptataivetoç KaÌ. otì KaÌ. tci>v èillrov oaa civ e7tatvov OÉXlltat). 777 La lezione del Laurentianus Mediceus è atciatv, che Giangrande '55, 21-2 propone di correggere in ataatv: «Was Libanius betonen wollte - wenigstens im Gedanken des Eunapios- war, glaube ich, seine Genauigkeit und seine Sorgfalt bei dem Gebrauch der ).el;eiota: das geht aus den Worten hervor, die unmittelbar folgen. In dem verbliiffenden atcimv liegt also eines der bei Eunapios unzahligen Isodynama vor: der

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NOTE AL TESTO [XVII. ACACIO- XVIII. NINRDIANO]

urspriingliche Text wird wohl so gelautet haben: 'tJÌv 1tEpi tà ÀE!;eUha exicrtacrtv Kai àKpil3etav. Das Fehler ist leicht zu erklaren, wenn wir von e~tcrtamv ausgehen». 778 Il termine ÀE!;eUha suona in questo caso ironico: Eunapio critica la cura eccessiva, quasi vanesia, di Libanio nella scelta delle sue belle paroline. 779 Cioè coloro i quali nutrono serio amore per il sapere.

[XVIII. Nin/idiano] 780 PLRE I, s. v. "Nymphidianus", p. 636. Menzionato già nella biografia eli Massimo di Efeso (VS VII n. 314), è conosciuto esclusivamente dalla testimonianza eunapiana: vd. W EnBlin, RE s.v. "Nymphidianus" nr. l, XVII2, 1937, col. 1604. 781 La sua origine è stata già precisata in VS VII l, 4, p. 41,11-12 G. 782 Massimo di Efeso, a cui è dedicata la quinta biografia eunapiana (VS VII). 783 Anch'egli è menzionato nel profilo biografico dedicato al fùosofo Massimo: VS VII n. 313. 784 La meléte è l'orazione, ill6gos formale retorico: per un'analisi semantica del termine vd. Civiletti 2002. Si ricordi che gli çlltl\Jlata potevano essere sia àoptcrta (cioè théseis) che cl>ptcrJ.liva (hypothéseis): vd. VS VI n. 249. Poiché vengono menzionati insieme alle melétai (che appartengono alla seconda categoria di questo genere di temi), è probabile che indichino in questo caso le questioni di carattere generale, senza specificazione eli luoghi, persone e tempo. 785 Il termine xpoayrov (come anche otciÀE!;tç, ÀaÀtci e xpoÀaÀtci) designa il discorso introduttivo all'orazione formale (cioè l'ayrov o J.lEÀitfl), da quest'ultima stilisticamente e contenutisticamente indipendente: vd. sull'argomento Civiletti, 449 n. 23. 786 Non concordo con la interpretazione che eli tò otaÀExaiivat hanno dato tutti gli interpreti (e recentemente anche Lim, 61), secondo i quali il valore di questo termine sarebbe quello di "dispute fùosofiche". Ora, è vero che OtaÀEYOJlat può fare riferimento all'attività filosofica, ed esprimere, in tal caso, l'atto eli «de philosophia disserere», di trattare questioni, argomenti di carattere filosofico (vd. al riguardo VS VII n. 468), ma questo evidentemente in contesti in cui l'oggetto della questione risulti essere spe-

NOTE AL TESTO [XVIII. NINFIDIANO- XIX. ZENONE)

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cificamente costituito da contenuti filosofici. Cosa che, nel nostro caso, è del tutto assente. Qui, infatti, non si fa riferimento a interessi filosofici da parte di Ninfidiano o, comunque, ad àmbiti nei quali egli possa avere svolto un'attività di tipo filosofico. In un contesto, dunque, come il nostro, che è unicamente di tipo retorico-sofistico, l'accezione di otaÀ.ÉyoiJ.m non può, a mio avviso, che essere retorica. Ciò stabilito, è da precisare che l'occorrenza dell'infinito sostantivato tò OtaÀq6ftvm (equivalente a il OtciA.t:l;tç) in unione sintagmatica con xpoayrov attesta, nel nostro caso, la differenza semantica di questi due termini (che escludo vengano utilizzati sinonimicamente): entrambi designano sì due tipologie di discorso del tutto differenti dall6gos formale retorico, ma dei quali l'uno (e cioè xpoayrov) consiste in una "prolusio" alla declamazione, l'altro (tò OtaÀEx6ftvat =il Otciì..Eçtç) più genericamente in una "dissertatio", in ima epideixis autonoma, non identificabile né con il preludio della meléte né con la meléte stessa: vd., sulla questione, sempre Civiletti, 450 n. 23,474 n. 7.

[XIX. Zenone] 787 PLRE I, s.v. "Zenon" nr. 2, p. 992. La proposta, avanzata da J. Bidez (L'Empereur ]ulien, Lettres et /ragments, l, 2, Paris, 1960, 41), di identificare questo personaggio con l'omonimo medico e insegnante di medicina ad Alessandria, destinatario della giulianea Epistola 58 e della libaniana Epistola 171, medico e insegnante di medicina ad Alessandria, condannato all'esilio dal vescovo Giorgio di Cappadocia (Boissonade 1822, 410, e F. Kudlien, RE s. v. "Zenon" nr. 15, 10A, 1972, col. 147, ne sostenevano l'identificazione unicamente con lo Zenone giulianeo), è stata ritenuta improbabile, per ragioni cronologiche, da Wright, lxiii e, sulla sua scia, da PLRE: dal momento, infatti, che Zenone, secondo Eunapio, È1tÉj3aÀE toiç xpovotç "IouÀtavV, KàKElVfl 7tEpÌ À.Oyouç Katayivetat KaÌ. OÙKÉtl flOVfl il PfltOptKit' [. .. ] tcOV tqvrov ai. J.IÈV 1tEpÌ. epya flOVa Katayivovtat, ci>ç çroypacptK"JÌ àv~ptavto7tOllKft il ~È 7tEpÌ. ì..Oyouç, ci>ç il ~ta­ À.EKtlKft il ~È KaÌ. 7tEpÌ epya KaÌ. 7tEpÌ. À.6youç, ci>ç iatplK"JÌ YEO>f.LEtpia KaÌ. àpt8flfltlKft ai. f.LÈV fléiÀ.À.OV f.LÈV 7tEpÌ. epya, ~ttOV ~È 1tEpÌ ì..Oyouç, Wa7tep il iatptKft). 791 Come ho già discusso nella nota precedente, ritengo, contrariamente a quasi tutti gli interpreti (tranne lunius e Boissonade «Hic utrumque profitebatur et factitabat medicinam»), che il sintagma À.Éyetv Kaì. notciv i.atplKftV esprima non due differenti attività professionali, ossia la pratica retorica e la professione medica, ma due attività entrambe legate alla medicina, quella consistente nella elaborazione e produzione della teoria medica e del suo insegnamento agli ÒfllÀ.fltai, e quella della pratica medica, ossia dell'esercizio concreto di tale attività, dell'applicazione pratica dei suoi principi teorici: vd. ancora Boissonade 1822, 410: «Eunapius di cere tantum voluit, Zenonem arte valuisse docendi scite et eleganter, non autem rhetorem fuisse et grammaticum».

[XX. Magno] 792 PLRE I, s.v. "Magnus", nr. 7, p. 534. li personaggio è a noi noto, oltre che dall'epistolario di Libanio (Epp. 843, 1208), anche da un passo della Historia ecclesiastica di Filostorgio (HE VIII 10), dove viene menzionata la notevole reputazione di cui egli godeva ad Alessandria come medico, e da uno della prefazione al De urinis di Teofilo Protospatario (prooem. 5, p. 261 Ideler), dove gli è attribuito un trattato sull'urina e gli viene riconosciuta una maggiore abilità nell'insegnamento della medicina piuttosto che nella pratica di quest'arte Oa identità del Magno eunapiano con l'omonimo medico menzionato da Filostorgio e TeoH.Io Protospatario è sostenuta, oltre che da PLRE, anche da Penella, 111-12, Criscuolo '99, 54 n. 12, e V. Nutton, Der neue Pauly, s.v. "Magnus" nr. 5, 7, 1999, col. 698). È a tutt'oggi incerta la sua identificazione con l'omonimo iatp6ç autore di un epigramma su Galeno (AP XVI 270: la identificazione è data come certa da PLRE e Baldwin, 88): vd. al riguardo il summenzionato articolo di V. Nutton, e M.G. Albiani, Der neue Pauly, s.v. "Magnus" nr. 9, 7, 1999, col. 699.

NOTE AL TESTO [XX. MAGNO]

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793 li testo tràdito (KOÌ tiì 1tEpÌ tWV CJ(J)f.Ul'trov tWV 1tpoatpEtlKWV cllooet) ha creato, e continua ancora a creare, seri problemi di interpretazione: per una breve storia dei diversi tentativi esegetici rimando a Giangrande '56, 147-48. L'editore italiano mette il passo fra cruces, ritenendolo corrotto, e avanza in apparato la seguente proposta di correzione: KaÌ tà 7tEpÌ. twv arot.u:itrov [twv l 7tapopanKòç c~~uaet; proposta di correzione, questa, che nel suo summenzionato articolo (p. 148) egli così motiva: «}etzt ist die verunstaltete Stelle anschaulich geworden: Magnus, der, was die Erforschung, die ii.rztliche Untersuchung der Korper, der Kranken angeht, von Natur aus zur Oberflii.chlichkeit neigte und deshalb dafiir kein wahres Interesse, keine wirkliche Veranlagung erzeigte, besaB eine groBe Redegewandtheit und war in Aristoteles gut belesen, so da.B es ihm leicht gelang, seine Kollegen bei Diskussionen zum Schweigen zu bringen». Anche a me il passo sembra guasto; convinto, però, dell'elevato grado di arbitrarietà di qualunque tentativo di emendazione (non nego, tuttavia, che la proposta di Giangrande conferisce una certa perspicuità al testo, esprimendo la contrapposizione fra teoria e attività pratica), sarei dell'avviso di accogliere il testo nella forma tràdita e di tentame comunque, pur consapevole della sua incongruenza rispetto al contesto e di un suo innegabile grado di oscurità, una interpretazione per così dire sommaria, e da inserire, pertanto, fra cruces. Mi chiedo se una possibile chiave di interpretazione generale dell'intero sintagma nominale (che trova, tuttavia, ostacolo nella costruzione della preposizione 1tEpi con il genitivo) non possa forse essere offerta da un passo del commentario In Genesim (IV 19-22, 140,7) di Didimo Cieco Alessandrino - scrittore ecclesiastico quasi contemporaneo di Eunapio -,dove l'aggettivo 7tpoatpEnKoç (che nella produzione medica designa solitamente la natura "volontaria" di un determinato organo e della funzione fisiologica a esso collegata, e di cui non è attestata occorrenza sintagmatica con il termine aciltla, ma soltanto, e piuttosto raramente, con il termine ça oi. av9p(J)1t0l 'tU"YXOVOUCJlV, flE'tÉXOVtEç È1tlCJtT)flWV' où yàp c007tep tà aì..oya f.J.OV(l ai.aOliaet auvç6lmv, àU' ftoTt Kaì toiì ì..oytanKoiì it àpeTJÌ oeiKvutat otà toiì Kaì. tqvwv

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NOTE AL TESTO [XX. MAGNO]

EUpEtàç 'YEYEviìaOat). In realtà, anche il filosofo Alessandro, due secoli dopo Didimo, definiva l'uomo un essere "volitivo", In Top., p. 434,10-11 Wallies, CIAG 2.2: tòv av8pomov çc9ov 7tpoatpEnKÒv Kaì j3ouÀE'Utl.Kov. Tale componente razionale (tò ì..oyumKov), che garantisce la capacità di autodeterminarsi - la 7tpoaipEmç per l'appunto- consente dunque, secondo Didimo, all'essere umano di organizzare in modo critico e consapevole la propria esistenza attraverso la padronanza delle scienze (e1tlcrtf)J.LCit) e delle arti (tÉXVat). A questo si può, pure, affiancare un passo degli Stromateis di Clemente Alessadrino (VI 16, 135, 4, p. 500,20-22 Stahlin-Friichtel: 't1Ìv 7tpoatpEnK1Ìv lie tò TrfEJ.LOVtKòv EXEt liuvaJ.LtV, 1tEpÌ iìv il çr,tllmç KCIÌ il J.LO&r!mç KCIÌ il yv6xnç), dove la volizione e il principio dell'autodeterminazione vengono collegati, secondo un simile ragionamento, alla ricerca, all'apprendimento e alla conoscenza. Se, pertanto, dessimo all'espansione eunapiana 'tfl1tEpÌ tci>v OCOJ.LOt(J)V tci>v 7tpoatpEttKci>v q,'\)aEt un qualche valore strumentale (ferma restando, ribadisco, la problematica occorrenza di 1tEpi + genitivo), si potrebbe tentare di spiegare il passo, pur consapevole di rimanere sul piano di un mero tentativo esegetico, sostenendo che Magno riuscì ad acquisire una indiscussa abilità nell'insegnamento dei fondamenti teorici della i.atptKlÌ tÉXVTl grazie sia all'insegnamento del suo maestro sia allo studio diligente, accurato, costante e all'apprendimento di una efficace tecnica organizzativa ed espositiva del discorso. Attività, quest'ultima, per la quale gli risultò fondamentale anche la lettura di un filosofo come Aristotele (e sulla base del contesto non escluderei che si trattasse dell'Aristotele teorico di logica o retorica). 794 Anche in questo caso il verbo ÀÉyEtv designa evidentemente non la professione retorica del personaggio, ma l'attività di insegnamento dell'arte medica: il fatto che tale attività venga menzionata all'interno di un contesto di rivalità fra iatpoi, dimostra incontrovertibilmente il suo specifico àmbito di applicazione, che è per l'appunto la i.atptKlÌ tÉXV!l= vd. in proposito VS XIX n. 790. A dimostrare ulteriormente questa interpretazione è la correlazione tra i due sintagmi V), non la ritengo molto convincente: credo, infatti, che KaÌ. j3amA.ta tòv 'louÀ.tavòv v ch:prov yÉ Éonv 'EUitvrov tcaì tauta 7tE7tat0EllJ.1ÉVWV J.llÌ 7tavtroç etlCElV tOtç 7tpJ.I.a; 62,41-42 Zervos: tomo Oè yY(I)GOJ.1.E9a Wç 7tpoeipTJtat È:K tou ÒÀiyov EÌVat tÒ cpepOIJEVOV aÌJ.I.a xropì.ç 7tÀEtO'tT]ç ÒOUVT]ç), ma anche la costruzione sintagmatica di questa espressione con il verbo KEv6ro: vd. Gal., De meth. med. XIII 11, p. 901 Kiihn, X: Katà J,I.Èv tòv t'iìç ii~TJç Katpòv oi. 1taioeç i\OTJ cpÉpoum t!ÌV otà t'iìç cfiÀEIX>toJ.I.iaç KÉv. Delle due correzioni è senz' altro da preferire, per motivi paleografici, la seconda. In tal caso, Eunapio starebbe affermando che, in occasione del salasso di Crisanzio, egli, per il bene del maestro (il sintagma nominale È1tÌ tò ia" 7, 1977, 359-83. Fowden '78: G. Fowden, Bishops and Temples in the Eastern Roman Empire, A.D. 320-435, "JThS" 29, 1978,53-78. Fowden '79: G. Fowden, Pagan Philosophers in LAte Antique

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INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI CITATI DA EUNAPIO

EUPOLIS (Kassel-Austin)

fr. 107

233 HOMERUS

Ilias I 218 V83 (parodiato) VI202 IX 184 X 515; XIII 10; XIV 135 Odyssea VII 59 VIII 285 XVII 485-486

155 109 79 157 79 135 79 123 FLATO

Leges V 730b Phaedrus 246a-b Phaedrus 246e Phaedrus 247a Phaedrus 247b Timaeus 34c-36e

193 269 255 117 255 93 PLUTARCHUS

Pendes 8, 5

243

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI CITATI NELL'INTRODUZIONE E NELLE NOTE

AELIANUS De natura animalium X 49: 655 n. 812 Varia historia V 5: 580 n. 597; IX 33: 348 n. 136 AETIUS (ed. Dids) Placita philosophorum I 3, 22, p. 288,9-10: 395 n. 230 AETIUS AMIDENUS Iatricorum libri XVI (ed. Zervos) 3,53-54; 62,41-42: 668 n. 873 ALCIPHRO

Epistulae 35; 53: 455 n. 352 ALEXANDER APHRODISIENSIS In Aristotelis Metaphysica commentario (ed. Hayduck) pp. 241,36-242,4: 645 n. 790

In Aristotelis Topicorum libros octo·commentaria (ed. Wallies) p. 434,10-11:648 n. 793

ALEXIS (ed. Kassel-Austin)

/rr. 201; 202,1-3; 223,1-3,10-11: 562 n. 555

AMMIANUS MARCELLINUS XIV 11, 25: 454 n. 348; 25-26: 549 n. 499; XV 2, 7-8: 444 nn. 321, 324; 9: 461 n. 359; 7, 7: 427 n. 285; 8, 11: 472 n. 376; 17: 373 n. 177; XV 8, 11: 473 n. 379; XVI l, 2: 480 n. 385; 5, 8: 462 n. 359; 7, 1:480 n. 386; 11, 13:477 n. 380; 12,67-70:480 n. 386; XVII 1: 480 n. 385; 5, 15; 17:355 n. 148; 381 n. 200; 10, 1:480 n. 385; 14, 2: 382 n. 205; 3: 382 n. 200; XVIII 2, 8-14: 480 n.

698

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

385; 12 ss.: 480 n. 384; 3, 6: 480 n. 386; XIX 12, 6: 588 n. 618; XX 4, 15: 473 n. 379; 10, 2-3: 480 n. 385; XXI l, 8: 454 n. 348; 2, 4-5: 479 n. 382; 10, 8: 359 n. 157; 16, 2: 601 n. 651; 8: 440 n. 315; 15; 17: 482 n. 390; XXII 3, 7: 477 n. 380; 4, 1-10: 493 n. 403; 5, 1-2: 478 n. 382; 7, 3: 459 n. 357; 496 n. 410; 9, 4: 442 n. 318; 10, 7: 615 n. 697; 11, 5: 442 n. 318; 10: 433 n. 295; 16, 12: 422 n. 269; 12-13: 421 n. 269; 14: 420 n. 267; 17: 614 n. 693; 18: 620 n. 704; XXIII-XXV: 502 n. 433; XXIII 2, 4: 500 n. 430; 5, 3: 380 n. 197; 4: 503 n. 433; 5: 506 n. 433; 10-11: 503 n. 433; 11: 504 n. 403; XXV 3, 7: 650 n. 799; 23: 499-500 n. 428; 550 n. 503; 4, 7: 446 n. 332; 20: 615 n. 697; 22: 439 nn. 308-309; 10, 1213: 508 n. 435; XXVI l, 1: 279 n. 2; 4, 4: 525 n. 469; 10, 9-14: 515 n. 458; XXVII 9, 6-7:614 n. 695; 6-8:619 n. 702; XXVIII l, 5:542 n. 490; 15:279 n. 2; XXIX l, 5 ss.: 530 n. 470; 7-8:531 n. 471; 15: 532 n. 472; 18; 23: 536 n. 479; 27: 543 n. 490; 29-32: 533 n. 474; 33:534 n. 475; 539 n. 481; 34:531 n. 471; 36:532 n. 472; 542 n. 487; 37-39: 544 n. 491; 40: 540 n. 483; 42: 438 n. 306; 459 n. 357; 489 n. 403; 535 n. 476; 541 n. 484; 1-2, 28: 530 n. 470; 2, 22-28: 542 n. 490; XXXI 5, 10: 279 n. 2; 13, 12: 547 n. 493; 14-17: 548 n. 493

AMMONIUS

In Aristotelis Analyticorum Priorum librum I commentarium (ed. Wallies) p. 31,12-17:437 n. 305

ANTHOLOGIA GRAECA

Anthologia Patatina VII 687,3-4:364 n. 168; IX 403,2:573 n. 574; 501:421 n. 269; X 90: 13; XI 257: 577 n. 585; 384: 429 n. 291; XII 131,2: 468 n. 370

Anthologia Planudea XVI 270: 646 n. 792; 274,1: 649 n. 799; 274,3-4: 651 n. 802

ANTIPHANES (ed. Kassel-Austin)

/r.

133: 562 n. 555 APPIANUS

Syriaca XI 10,59-61: 404 n. 238

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

699

APULEIUS Apologia 53-56: 390 n. 220

ARCHESTRATUS (ed. Olson-Sens)

/r. 24,13-20: 562 n. 555

ARISTIDES AELIUS Orationes (I-XVI: ed. Behr; XVII-LIII: ed. Keil) III 573, p. 484,13-14: 495 n. 407; 663, p. 511,10-11: 596 n. 639; XXVIII 132: 654 n. 812

ARISTOPHANES Nubes 144-145: 358 n. 154 Thesmo/oriazusae 204: 573 n. 574 Vespae 1324: 361 n. 160

ARISTOTELES Problemata 30, 5, 955h,23-26: 448 n. 336

ARRIANUS Epicteti dissertationes II 17, 30: 279 n. l

ARTEMIDORUS I 77: 362 n. 163

ATHANASIUS ALEXANDRINUS Vita Antonii (ed. Bartdink) 14, l, p. 172,1-3; 2, p. 172,3-7: 379 n. 187; 45, 2-7; 5-6, pp. 256,15-258,20: 413 n. 250; 49, 3-7, pp. 266,11-268,30: 379 n. 187; 58, 3-5; 62, 1: 407 n. 241; 66, 2, p. 308,5-8: 413 n. 250; 82, 6-10; 84, 1: 407 n. 241; 86, 2-7: 399 n. 231

ATHENAEUS IV 162b; VII 308c: 562 n. 555; XV 670c: 362 n. 163

700

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

AUGUSTINUS

Con/essiones (ed. Verheijen) VIII 2, 3,18: 607 n. 674; 5, 10,3-5, p. 119: 616 n. 697

De dvitate dei (ed. Dombart-Kalb) VIII 26: 415 n. 255; X 9: 453 n. 346; X 9,13-20, pp. 281-282: 318 n. 81; 16:453 n. 346; XXII 8,81-82: 620 n. 704 De Trinita/e IV 10, 13: 453 n. 346 Epistulae (ed. Goldbacher) 47, 3, p. 132,13-18: 426 n. 283; 118, 3:453 n. 346 AURELIUS SEXTUS VICTOR

Liber de Caesan"bus 41,20: 359 n. 157 BASILIUS CAESARIENSIS MINOR

Scholia in Gregorii Orationem I contra Iulianum imperatorem (PG 36) 1080B: 452 n. 346 CALLIMACHUS

Lavacrum Palladis 104: 378 n. 183 CEDRENUS (ed. Bekker)

Histonarum compendium I 520,4-7: 371 n. 173; 532,4-5: 650 n. 799; 548,13-20: 534 n. 474 CHARITO

De Chaerea et Callirhoe amatoriarum na"ationum libri octo II 3, 7: 388 n. 217 CHRYSOSTOMUS IOHANNES

Ad viduam juniorem (ed. Ettlinger-Grillet) 4, p. 134,250-251: 532 n. 472

De incomprehensibili dei natura (ed. Malingrey) h. 3, p. 222,428429: 532 n. 472 Eclogae (PG 63, 1-48) 34, 821: 592 n. 630 Epistulae (ed. Malingrey) 9, 2c, p. 224,30-31:425 n. 283 Homiliae in Acta Apostolorum (PG 60, 1-55); h. 39, 274-275: 536 n. 479; h. 45, 342E: 351 n. 141

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

701

CICERO

De oratore 2, 41 ss.: 412 n. 249 CLEMENS ALEXANDRINUS

Protrepticus (ed. Mondésert-Plassart) Il, l, p. 179: 409 n. 244 Stromateis (ed. Stiihlin-Friichtel) VI 16, 135, 4, p. 500,20-22: 648 n. 793 CODEX TIIEODOSIANUS (ed. Mommsen-Kriiger) I 16, 6: 361 n. 159; IV 6, 4: 635 n. 765; IX 16, 7-10: 545 n. 491; 16, 8: 364 n. 168; 17,5:337 n. 113; XI 30, 19; XII l, 28: 600 n. 650; XIII 3, 5: 615 n. 697; 3, 6: 618 n. 702; XIV 9, 1: 571 n. 572; XVI 3, 1: 428 n. 287; 10, 4-6: 507 n. 434; IO, 10; 11: 420 n. 269; 10, 12: 467 n. 368 CONSTITUTIONES APOSTOLORUM (edd. Funk = Metzger) II 13, 3, p.49,27-28 F.= p. 170,11-12 M.: 384 n. 208; V 15, 3, p. 283,7-8 F. =p. 260,12-13 M.: 455 n. 351; VII 6, 2, p. 394,15-19 F.= p. 34,4-6 M.: 451 n. 342 CORPUS IURIS CMLIS (ed. Mommsen-Kriiger)

Digesta 27,1,6,7: 417 n. 259 DAMASCIUS

In Platonis Parmenidem (edd. Ruelle = Westerink-Combès) Il, p. 95 R.= p. 47,9-11 W.-C.: 388 n. 219; p. 317 R.= p. 125,15 W.C.: 399 n. 230 In P/atonis Phaedonem (ed. Westerink) 123, p. 77,6: 553 n. 512; 172, p. 105,7-9: 341 n. 123; 466-471: 394 n. 227; 529, p. 269,2: 553 n. 512 Vita lsidori (ed. Zintzen) p. 16,10-12: 439 n. 309; p. 58,6-8: 323 n. 95; p. 98,13: 667 n. 869; p. 113,7: 440 n. 309; p. 156: 668 n. 869; p. 206,1-2:310 n. 61; p. 230; 231,2-3: 472 n. 377; p. 278,79; p. 302,11-14:439 n. 309; p. 47,8-9:551 n. 506

702

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

DAVID

In Porphyrii Isagogen commentarium (ed. Busse) 4, p. 92,2-7: 341 n. 123 DEMETRIUS RHETOR (edd. Radennacher-Chiron)

De elocutione 106, p. 26,12-20 R.= p. 33,1-10 C.: 454 n. 349 DEMOSTHENES

De corona (18) 87: 358 n. 155; 130: 428 n. 287 De falsa legatione (19) 225:552 n. 511 DIDYMUS ALEXANDRINUS

In Genesim (ed. Nautin-Doutrelau) IV 19-22, 140,7, p. 322,6-10: 647 n. 793

DIOCASSIUS 50, 5, 4: 362 n. 163; 79, 30,2: 577 n. 583 DIODORUS SICULUS XIII 54, 2: 307 n. 54 DIOGENES LAERTIUS (ed. Marcovich) IV 1: 346 n. 128; 6: 323 n. 94; VIII 8: 664 n. 851; 10: 390 n. 224; 13: 665 n. 851; 15: 390 n. 224; 19: 665 n. 851; 34: 429 n. 289

Ps.-DIONYSIUS AREOPAGITA

De Ecclesiastica hierarchia (PG 3 =ed. Heil-Ritter) IV l, 473B-C =pp. 95-96: 448 n. 337; 473B, pp. 95,23-96,2; 473B-C, p. 96,511: 449 n. 337 DIONYSIUS HALICARNASSENSIS (ed. Usener-Radermacher) Ars rhetorica X 18, p. 373,5: 454 n. 349

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

703

DIOSCORIDES (ed. Wellmann)

De materia medica I 68, 7-8, p. 64,18-20: 455 n. 352 EPITOME DE CAESARIBUS 41, 16: 352 n. 142 EUNAPIUS

Fragmenta historica (edd. Miiller = Blockley) 1M.= l B., p. 6,1012,18-21: 320 n. 86; p. 10,86-88: 298 n. 29; p. 10,95-98: 32 n. 28; 7a M.= 14, l B., p. 18,1-3: 478 n. 381; p. 18,5-10: 477 n. 380; 8 M. = 15 B.: 429 n. 291; p. 20,1-3: 279 n. 2; p. 20,7-12: 32 n. 29; p. 20,15-16: 649 n. 799; p. 20,16: 650 n. 800; p. 20,16-17: 651 n. 802; p. 20,16-20: 650 n. 799; 8 M. = 16, l B., p. 20: 590 n. 620; 10M.= 18, l B., p. 22,1-2: 32 n. 30; p. 22,1-6: 33 n. 34; p. 24,8: 524 n. 469; 12 M. = 18, 6 B.: 33 n. 33; 14, l M. = 20, l B., p. 30,6-7:372 n. 174; p. 30,6-9:477 n. 380; 14,5 M.= 21,3 B.: 485 n. 393; p. 32,3-5:482 n. 391; 19M.= 25,4 B., p. 36:504 n. 403; 550 n. 503; 23 M.= 28, lB., p. 42,11-12: 33 n. 32; 475 n. 379; p. 42,12-14: 476 n. 379; p. 42,14-16: 33n. 31; 473 n. 379; 24M.= 28, 2 B., p. 42: 653 n. 806; 28, 5 B., p. 42,1-2; p. 44,6-8: 476 n. 379; 25M. = 26, 2 B.: 630 n. 750; p. 38,1-4: 564 n. 562; 625 n. 730; p. 38,5-7: 558 n. 538; 640 n. 772; 26 M. = 28, 6 B., p. 44,19: 476 n. 379; p. 44,8-9: 475 n. 379; 32M.= 34, 5 B., p. 50: 514 n. 451; 35M.= 34,9 B.: 515 n. 458; 38M.= 39, l B., p. 54,6-13: 532 n. 472; 39 M. = 39, 8 B.: 542 n. 490; 544 n. 491; p. 56,5-6: 543 n. 490; 40 M. = 39, 3-6 B., pp. 54-56: 507 n. 434; 40 M. = 39,5-6 B.: 531 n. 471; 45 M.= 29,2 B., p. 46,1-3: 615 n. 695; 45, 2-5M.= 43, 1-4 B.: 614 n. 695; 43,2 B.: 619 n. 702; 55 M.= 48, 2 B.: 429 n. 291; 468 n. 374; pp. 74,8-76,24: 432 n. 292; p. 76,1617: 429 n. 289; 63 M.= 62, 2 B., p. 90,1-2: 551 n. 506; 71 M.= 65,4 B., p. 98,7-8: 393 n. 227; 75, 6 M.= 67, 10 B.: 516 n. 462; 83 M. = 71, 2 B., p. 114,5-10: 613 n. 693

/rr.

EUPOLIS (ed. Kassei-Austin) 102,J: 440 n. 311; 107:634 n. 763 EURIPIDES

Helena 207: 468 n. 370 Hippolytus 229: 468 n. 370 Phoenissae 569: 611 n. 686

704

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

EUSEBIUS Commentario in Psalmos (PG 23) 97 A: 655 n. 812 Commentarius in lsaiam (ed. Ziegler) I 9, 29,13-14, p. 191,5-6: 649 n. 796

Contra Hieroclem, passim: 407 n. 241 Historia Ecclesiastica VII 32, 20: 322 n. 89 Praeparatio evangelica IV 5, 1-2: 395 n. 229; 5, 2: 397 n. 230; 23, 1-5:311 n. 63; XV 37,6:562 n. 555

EVAGRIUS SCHOLASTICUS Historia EcclesiastiCI.l (ed. Bidez-Parmentier) I 20, p. 29,6: 579 n. 594 FRONTINUS Strategemata (ed. Ireland) IV 3, 6, p. 200,219-220: 580 n. 597 FULGENTIUS Mythologiarum libri tres I 16-17: 620 n. 704 GALENUS De compositione medicamentorum secundum locos (ed. Kiihn), XIII, p. 75: 668 n. 873

De di/lerentiis febn'um (ed. Kiihn), Il, VII, p. 394: 668 n. 873 De libris propn'is (ed. Miiller) 2: 654 n. 812; p. 99,19-20: 45 n. 63 De methodo medendi (ed. Kiihn) XIII 11, X, p. 901: 668 n. 873 De morborum di/ferentiis (ed. Kiihn) 9, VI: 654 n. 812 De placitis Hippocratis et Platonis (ed. De Lacy) IX 5: 655 n. 813 De praecognitione ad Epigenem (ed. Nutton) 4: 655 n. 813 De sanitate tuenda (ed. Koch) I 8, 20, p. 20,14: 651 n. 803 De theriaca ad Pisonem liber (ed. Kiihn) 2, XIV, p. 215,1,4-7: 657 n.819

De usu partium (ed. Kiihn) XIV 7, IV, p. 184: 668 n. 873 De venarum arteriarumque dissectione (ed. Kiihn) 9, Il, p. 816: 658 n. 820

Quod optimus medicus sit quoque philosophus (ed. Miiller) 3: 655 n. 813

GENESIUS (ed. Lesmueller-Wemer-Thum) Regum libri quattuor 17, p. 51,46: 664 n. 847

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

705

GERMANUS I COSTANTINOPOLITANUS

Orationes (PG 98) 8, 369B: 410 n. 247 GREGORIUS NAZIANZENUS

De. vita sua (ed. Jungck) 221-236, p. 64: 580 n. 596 Epitaphia (PG 38, 1-129) 5, 13A: 565 n. 562; 621 n. 707; 623 n. 718

Orationes 4 (ed. Bernardi) 5: 615 n. 697; 21; 31, p. 128,5-7:452 n. 346; 55-56, pp. 158-162:459 n. 357; 91:441 n. 317; 105-109: 615 n. 697; 5 (ed. Bernardi), 23, p. 338,16-19: 439 n. 309; 43 (ed. Boulenger) 14, p. 86: 566 n. 565; 580 n. 596; 15, p. 90: 585 n. 610; 15-16, p. 90: 568 n. 572; 16, p. 90: 576 n. 582; p. 92: 574 n. 580; 575 n. 580; 576 n. 582 GREGORIUS NYSSENUS

Vita S. Macrinae (ed. Maraval) 3, p. 148,3-9: 392 n. 226; 30, pp. 240,7-242,21: 389 n. 219 GRILLIUS

Commentum in Ciceronis Rhetorica (ed. Jakobi) p. 3,54-71; p. 45,26-27: 412 n. 249 HELIODORUS

Aethiopica IV 7: 406 n. 239 HERMETICUM CORPUS (ed. Nock-Festugière)

Asclepius 24-26, pp. 327,4-14, 329,14-21: 415 n. 255; I 32, p. 19,6-7; V 2, pp. 60,17-61,2: 329 n. 106; 3: 667 n. 868; X 4, p. 115,1-5:328 n. 106; 6, pp. 115,19-120,2; XIII 16:667 n. 868; 18, p. 208,4-6; 19, p. 208,16-17; XVI 5-13: 667 n. 868; 16, p. 237,13: 329 n. 106;/r. IlA, 14: 667 n. 868 HERMOGENES (ed. Rabe)

De inventione IV 9, pp. 196,10-199,2: 454 n. 349 De statibus 2, p. 37,5-7: 591 n. 629

706

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

HERODOTUS I 6, 2; 27, l; II 182, 2: 607 n. 675; 608 n. 676; III 28, 2: 424 n. 278; IX 74, 1: 423 n. 278

HESIODUS Opera et dies 170-174:390 n. 222 HESYCHIUS A-0 (ed. Latte); TI-l: (ed. Hansen); T-D (ed. Schmidt) L\ 1089, s.v. SuiKpunç: 622 n. 710; E 59, s.v. enptJ.17t'tCitm: 485 n. 400; l 68, s.v. i.vooÀ.J.Ima: 448 n. 337; A 158, s.v. AatcmoSiaç: 634 n. 763; n 690, s. v. 7tapa7taiet: 453 n. 347

HIERONYMUS Chronicon (ed. Helm) p. 234,16-17: 367 n. 172; 373 n. 178; p. 239,12-15: 607 n. 674; pp. 242,24-243,1: 616 n. 697 Epistu!ae (ed. Hilberg) 107, 2, 2, p. 292,2-7:466 n. 367 Vita Hilarionis (ed. Bastiaensen-Smit) 2, 4-5, pp. 74,11-76,19: 379 n. 187; 12, 2, p. 100,5-6; 12, 3, p. 100,9-11: 408 n. 241; 23, 26:399 n. 231

HIMERIUS (ed. Colonna) Orationes 8, 12, p. 68,99-100; 14-15; 21: 627 n. 734; 19, 5, p. 107,19-21:598 n. 643; 38, 9, p. 158,83-86:559 n. 543; 39; 40; 41: 625 n. 729; 41, 1: 625 n. 729; p. 168,2-4; 8, p. 172,81-89: 462 n. 359; 54, 3, p. 215,22-28: 576 n. 580; 65, pp. 232-233: 559 n. 543; 69: 587 n. 616

HIPPOCRATICUM CORPUS De decente habitu l; 5: 655 n. 813 Praecepta 5: 655 n. 813 HIPPOLYTUS Re/utatio omnium haeresium (ed. Marcovich) IV 34, l, p. 122: 451 n. 342; 35, 3-4; 36, l, p. 124,1-2: 457 n. 354

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

/r.

707

HIPPONAX (ed. Degani) 126: 422 n. 271

HOMERUS lliar I 218:496 n. 408; V 82-83:373 n. 177; VI 202:307 n. 55; IX 184: 497 n. 421; X 515; XIII 10; XIV 135: 307 n. 56; XXIV 333338; 679-691: 587 n. 617 Odyuea I 3: 307 n. 51; V 383: 362 n. 13; 563-568: 390 n. 222; VII 59: 423 n. 274; 272: 362 n. 163; VIII 285: 307 n. 56; X 20: 362 n. 163; XII 165 ss.: 380 n. 193; 234-235: 307 n. 50; XIV 61: 362 n. 163; XVII 485-486:388 n. 217

HORATIUS Epirtulae I 1,83: 339 n. 115

HYMNI HOMERICI Ad Cererem 50: 424 n. 278

IAMBLICHUS De myrteriù (edd. Parthey = Des Places) I 11, p. 37,4-5 P.= pp. 59-60 Des P.: 340 n. 118; 12, pp. 40,17-41,2: 327 n. 106; p. 41,3 P. =p. 62 Des P.: 338 n. 114; p. 41,4-9 P. =p. 62 Des P.: 327 n. 106; pp. 41,11; 41,15- 42,1 P.= p. 62 Des P.: 328 n. 106; p. 42,23 P.= p. 62 Des P.: 486 n. 403; 14, p. 44,11-14 P.= p. 64 Des P.: 338 n. 114; pp. 44,12, 45,4-7 P.= p. 64 Des P.: 486 n. 403; 15, p. 47,8-10 P.= p. 66 Des P.: 486 n. 403; 21, p. 65,1-2 P.= p. 76 Des P.: 340 n. 118; p. 66,4-5 P. = p. 77 Des P.: 340 n. 118; II 11, p. 96,7-10,14-19 P.= pp. 95-96 Des P.: 458 n. 355; pp. 96,11-97,18 P.= p. 96 Des P.: 337 n. 114; p. 97,1-18 P.= p. 96 Des P.: 486 n. 403; p. 97,4-5 P.= p. 96 Des P.: 340 n. 118; III 1: 345 n. 123; 2-3: 665 n. 858; 3, pp. 106,3-107,9 P.= pp. 101-102 Des P.: 378 n. 182; p. 107,16-17, p. 108,2-4 P.= p. 102 Des P.: 659 n. 821; p. 108,7-9 P. = p. 103 Des P.: 43 n. 56; 4-8, pp. 109-117 P. =pp. 103-108 Des P.: 451 n. 341; 4-11:665 n. 858; 5, pp. 111,16-112,4 P.= p. 105 Des P.: 334 n. 108; 6, p. 112,10-15 P.= p. 105 Des P.: 457 n. 354; 7: 401 n. 234; p. 114,9-10 P. =p. 106 Des P.: 401 n. 234; 553 n. 512; 8: 401 n. 234; 12: 377 n. 182; 665 n. 858; 13, p. 129,14-17 P.= pp. 115-116 Des P.: 376 n. 182; p. 130,2-5 P.= p.

708

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

116 Des P.: 492 n. 403; 14: 377 n. 182; 665 n. 858; pp. 133,12-14, 134,2-7 P.= p. 118 Des P.: 331 n. 106; 15-16: 665 n. 858; 16-18: 377 n. 182; 17: 665 n. 858; 17-19, pp. 139-147 P.= pp. 121-126 Des P.: 486 n. 403; 18, p. 145,12-14 P. = p. 125 Des P.: 340 n. 118; 19, p. 147,11-14 P.= p. 126 Des P.: 345 n. 123; 23-27: 377 n. 182; 26, p. 163,13-15 P. = p. 136 Des P.: 659 n. 821; 27, pp. 166,13-167,5 P.= p. 138 Des P.: 345 n. 123; 28, p. 167,11-13 P.= p. 138 Des P.: 535 n. 477; 31, pp. 176,13-177,6 P.= p. 144 Des P.: 492 n. 403; IV 1-3, pp. 180-190 P. =pp. 146-149 Des P.: 486 n. 403; 2, p. 184,11-12 P. = p. 148 Des P.: 487 n. 403; 3, pp. 184,13-185,18 P. = p. 149 Des P.: 487 n. 403; p. 185,6-8 P. =p. 149 Des P.: 338 n. 114; 13, pp. 198,1-4, 199,1-3 P. =p. 157 Des P.: 405 n. 239; V 10, p. 211,13-17 P.= p. 165 Des P.: 486 n. 403; 16, pp. 221,17-222,1 P.= p. 171 Des P.: 489 n. 403; 26: 327 n. 106; p. 237,15-16 P.= p. 181 Des P.: 329 n. 106; pp. 238,15239,2 P.= pp. 181-182 Des P.: 328 n. 106; VI 6, pp. 246-247 P.= pp. 186-187 Des P.: 486 n. 403; VIII 8, p. 272,1-14 P.= pp. 201202 Des P.: 486 n. 403; IX 9, p. 284,1-2 P.= p. 209 Des P.: 338 n. 114; X 3, p. 288,3-6 P. =p. 211 Des P.: 659 n. 821 De Vita Pythagorica (ed. Deubner) l, l, p. 5,7-13: 387 n. 214; 3, 13:665 n. 851; 5, 27, p. 16,7-11: 379 n. 187; 6, 30, p. 18,4:395 n. 229; 32, p. 19,12; 8, 36:399 n. 231; 41-43; 44, p. 25,2-5:36 n. 40; 15, 64-66: 413 n. 250; 16, 68: 664 n. 851; 665 n. 851; p. 38,20: 390 n. 224; 69:665 n. 851; 70:413 n. 250; 17, 72, p. 41,5; 75, p. 43,8-12; 18, 82, p. 47,18-19:43 n. 55; 19, 90, p. 53,2-3; 20, 94, p. 55,9; 23, 104, p. 60,16-17: 390 n. 224; 25, 112, pp. 64,16-65,5: 407 n. 241; 114, p. 66,2-5:407 n. 241; 28, 137, p. 77,16-19:25 n. 12; 138, p. 78,7-8:377 n. 182; 142: 399 n. 231; 153, p. 86,11-13: 429 n. 289; 29, 164, p. 92,17-18: 407 n. 241; 30, 188, p. 104,1415; 31, 187: 665 n. 851; 188: 664 n. 851; 665 n. 851; 195, p. 107,10-11:390 n. 224; 204:665 n. 851; 32,225:665 n. 851 In Platonis Timaeum commentariorum fragmento (ed. Dillon, pp. 106-205) /rr. 5; 19; 34: 322 n. 92 Protrepticus (ed. Pistelli) 13, p. 71,18-20: 492 n. 403

INSCRIPTIONES CIA III 636: 561 n. 550 CIL VI (l) 1779 (= II.S 1259), ll. 4-6,8: 465 n. 366; ll. 19-21; 1780 (= II.S 1260), ll. 4-7: 463 n. 360 IG 11212142, !l. 2-4: 449 n. 337 IGCh (H. Grégoire, Recueil des inscriptions grecques-chrétiennes

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

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d'Asie Mineure, Paris, 1922 =Amsterdam, 1968) 215 bis, ll. 6-8, p. 65: 351 n. 141 ILS 751, l. 3: 30 n. 24; 474 n. 379 Robert, L., Un oracle gravé à Oinoanda, "CRAI" 1971, 597-619, in partic. 602: 397 n. 230; 398 n. 230 IOHANNES ANTIOCHENUS

Excerpta de insidiis (ed. De Boor) /r. 190, p. 120,13-15: 469 n. 374 ISIDORUS PELUSIOTA

Epistulae (PG 78) I 437, 424A-B: 656 n. 816; II 171, 621B-C: 656 n. 813 IULIANUS IMPERATOR

Contra Galilaeos (ed. Masaracchia) 200a, p. 140,5-6: 43 n. 57; p. 140,6-7: 43 n. 58; 200a-b: 655 n. 812; 200b, p. 140,9-10: 44 n. 59; 200b-c, p. 140,13-15: 44 n. 60; 235b-c: 654 n. 812; 335c: 433 n. 295; p. 175,6-7: 337 n. 113; 339c: 433 n. 295 Epistulae (ed. Bidez) 4, 426d, p. 12,1-2: 445 n. 327; 8, 441a-b: 473 n. 379; 11-13:446 n. 331; 497 n. 415; 550 n. 503; 12, p. 19,23: 458 n. 356; 497 n. 415; p. 19,7-9: 325 n. 100; 509 n. 438; p. 19,9-14: 509 n. 438; p. 19,17-18: 438 n. 305; 14, 384b, p. 21,2-3: 653 n. 806; 384b-c: 483 n. 391; 26: 437 n. 305; 414b, p. 52,10-12: 472 n. 378; 415b-c, pp. 53,23-54,4: 480 n. 386; 415c, p. 54,5-8: 478 n. 382; 415d: 479 n. 383; p. 54,15-18: 496 n. 410; 28, 382b-c; 29:479 n. 383; 30, p. 56,12-21: 358 n. 153; 31:462 n. 359; 565 n. 562; 374a-b, p. 59,4-7: 626 n. 730; 616 n. 697; 33, 389d: 479 n. 383; 34, p. 61,16-18: 355 n. 148; 34-36: 400 n. 232; 58: 643 n. 787; 426b-c, p. 67,5-7: 645 n. 790; 61b; 61c: 615 n. 697; 61c, 422a, p. 73,2-5: 38 n. 47; 422c, p. 73,14: 598 n. 643; 423a, p. 74,10-13: 391 n. 225; 423c, p. 75,1-4: 479 n. 382; p. 75,4-6: 478 n. 382; 75b, 398b, p. 77,3-4:44 n. 59; 655 n. 812; p. 77,6-7:44 n. 60; p. 77,9-11: 44 n. 61; 78, 375c, p. 85,1-2: 602 n. 654; 89a, 452a-b, p. 152,2-3,11-12: 459 n. 357; 89b, 288b, pp. 155,16156,1: 430 n. 291; 96: 550 n. 503; 635 n. 765; 637 n. 768; 374c, p. 176,1-2:498 n. 422; 97:634 n. 765; 382c, p. 178,1-2,11,14-17: 635 n. 765; 98: 635 n. 765; 637 n. 768; 401b, p. 182,16-20: 326 n. 103; 106-107:442 n. 318; 107, 378a, p. 185,4-5; 378b, p. 185,10-

710

INDICE DEl PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

12; 378c, pp. 185,18-186,3:443 n. 319; 111, 434d: 445 n. 325; p. 191,1-3:459 n. 357; 201, 413d, p. 231,3-5: 36 n. 40 Epistulae (ed. Hertlein) 61, p. 582,14: 340 n. 119 Fragmento (ed. Bidez) 161,3-4: 341 n. 123 Orationes (ed. Bidez-Rochefort-Lacombrade) I 6, 8d, p. 19,2431: 608 n. 676; 25, 32a, p. 47,32: 661 n. 834; 26, 33a, p. 49,33-34: 440 n. 311; II 12, 118d, p. 92,26-27: 461 n. 359; 13, 121b-c: 472 n. 379; 121c, p. 95,53-57:471 n. 376; 15, 123d-124a: 443 n. 319; III 16, 70b-c: 476 n. 379; 29, 88d; 89a; 89b, p. 165,44-45: 474 n. 379; IV: 514 n. 454; V 3, 270c-d: 440 n. 315; 271b, p. 216,23-24: 446 n. 327; 3-4, 270c-273b: 482 n. 390; 4, 272d: 461 n. 359; 272d-273à, p. 218,35-36: 446 n. 329; 273b, p. 218,43: 446 n. 327; 5, 273c: 472 n. 379; p. 219,2-4: 471 n. 376; 274a-d: 472 n. 379; 274c, p. 220,30-31: 661 n. 834; 274d: 440 n. 315; 275a, pp. 220,44-221,47: 461 n. 359; 6, 275c-276d: 444 n. 323; 276b-d: 473 n. 379; 7, 277a: 472 n. 379; p. 223,3-5: 471 n. 376; 277a-b, p. 223,5-11: 472 n. 376; 277b, p. 223,11-15: 479 n. 382; p. 223,1415: 485 n. 393; 277b-c, p. 223,15-16: 651 n. 805; p. 223,15-17: 443 n. 319; 277c: 484 n. 392; p. 223,17-18:649 n. 799; p. 224,2729: 480 n. 386; 277d, p. 223,24-25: 477 n. 380; 278c, pp. 224,50225,51:480 n. 386; 8, 280c, p. 227,40-41:479 n. 384; 9, 281a, p. 228,4-10; 10, 282b-c: 480 n. 386; 282c, p. 229,6-7: 514 n. 454; 11, 284c: 479 n. 383; 285a: 480 n. 386; 13, 286d: 479 n. 383; VI 6, 259c, p. 20: 446 n. 328; 260a: 462 n. 359; 260b, pp. 20-21: 461 n. 359; 10, 265a-b, p. 27: 474 n. 379; 265b: 476 n. 379; 10-11, 263b-266b: 473 n. 379; VII 12, 217d: 476 n. 379; 16, 222b-c, pp. 67-68:474 n. 379; 20, 226c, p. 73:476 n. 379; 22, 228b-c: 482 n. 390; p. 76,4-9: 351 n. 142; 228d-230a: 441 n. 317; 229c ss.: 444 n. 323; 231d, p. 80:474 n. 379; 233c, p. 82:473 n. 379; 234c, p. 84: 475 n. 379; 23, 235a: 442 n. 318; 235a-c, pp. 84-85: 459 n. 357; 460 n. 357; 24, 237c: 596 n. 639; 30, 359d; 31, 360b, p. 185: 360 n. 159; VIII 12, 172d, p. 121; 18, 178d, p. 128; 20, 180b, p. 130: 535 n. 477; 180b-c, pp. 130-131: 475 n. 379; IX 4, 183b-c: 476 n. 379; 8, 188b, p. 154: 579 n. 592; X 34, 334a, p. 67: 473 n. 379; 38, pp. 70,17-71,5: 375 n. 179; X-Xl: 514 n. 454; XI 22, 144b, p. 119: 43 n. 57; 26, 146a, p. 121: 321 n. 87; 39, 153b, p. 131: 44 n. 59; 655 n. 812; XII 10, 344a: 433 n. 295; 15, 346b-c, p. 168: 485 n. 396; 16, 347a, p. 169: 443 n. 319; 17, 347a-348a: 404 n. 238; 18, 348c, p. 171: 461 n. 359; 21, 351c-d; 22, 352b: 442 n. 318; 352c: 440 n. 315; 23, 352d: 444 n. 323; 25, 354c, p. 178: 625 n. 729; 635 n. 765; 28, 357b: 479 n. 383; 357c: 433 n. 295; 40, 367c, p. 194: 602 n. 654

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

711

IUVENALIS XV 44-45: 420 n. 267

LIBANIUS (ed. Forster) Declamationes 13, 32; 49: 611 n. 682 Epistulae 40, 4-5: 588 n. 618; 117: 600 n. 209; 171: 643 n. 787; 206: 629 n. 746; 209: 600 n. 649; 274: 641 n. 772; 275, l, p. 261,15-16: 565 n. 562; 621 n. 707; pp. 261,15-262,1: 607 n. 674; 285, 2, p. 270,14-15: 576 n. 580; 289: 641 n. 772; 331: 382 n. 200; 331, l, p. 310,16-17: 382 n. 204; 2-3, p. 311,1-3,11-13: 355 n. 148; 333: 382 n. 200; l, p. 313,7-11: 355 n. 148; 369, 9, pp. 355,19-356,1: 35 n. 39; 405: 574 n. 576; 8: 598 n. 643; 13, p. 402,3-8: 641 n. 776; 406: 561 n. 550; 423, l, p. 412,16-18: 601 n. 650; 436: 561 n. 550; 557: 629 n. 746; 665, 2: 592 n. 630; 670, 2, p. 612,1-4: 589 n. 618; 694, in partic. 4-5: 437 n. 305; 695: 641 n. 772; 715, 2, pp. 643,19-644,1: 605 n. 664; 2-3, p. 644,1-3; 722: 570 n. 572; 735:641 n. 772; 742, l, pp. 669,17-670,3:590 n. 622; 754: 641 n. 772; 760: 550 n. 503; 2, p. 686,6-8: 450 n. 339; 843: 646 n. 792; 947: 550 n. 503; 959, 2: 632 n. 756; 962: 583 n. 605; 624 n. 722; 5: 624 n. 724; p. 99,17-18:557 n. 530; 1007,2-3: 604 n. 658; 1020,3, p. 149,7-11:598 n. 643; 1024: 604 n. 658; 1063, 5:632 n. 756; 1114:635 n. 765; 1170:600 n. 649; 1179, p. 264,912: 513 n. 448; 1198: 561 n. 550; 1203: 600 n. 649; 1208: 646 n. 792; 2: 620 n. 704; 1221: 635 n. 765; 1232, p. 314,6-8: 513 n. 449; 1261, 4, p. 339,8-9: 589 n. 618; 1265-1266: 513 n. 448; 1330: 631 n. 751; 1367, 4: 429 n. 291; 1342: 641 n. 772; 1426: 550 n. 503; 1452, l, p. 488,16-17:507 n. 433; 1458, l, p. 493,1012: 575 n. 580; p. 493,10-13: 568 n. 572; 1492: 513 n. 448; 1496, 4, p. 524,8-9: 475 n. 379 Fragmenta 12, p. 620: 641 n. 776 Orationes l, 5, p. 82,6-8 F. =p. 4,12-14 Norman: 628 n. 742; 6, p. 83,4-5 F. =p. 4,25-26 N.: 349 n. 136; 8: 629 n. 742; p. 84,1-2 F.= p. 6,6-7 N.: 580 n. 594; p. 84,7-8 F.= p. 6,11-12 N.: 629 n. 742; 9:579 n. 593; 11, p. 86,10-12 F.= p. 8,19-21 N.: 557 n. 532; 12-13: 579 n. 593; 14, p. 88,14-15,18-20 F.= p. 10,22-23,25-27 N.: 566 n. 569; 16: 621 n. 708; p. 89,12-14 F. = p. 12,11-13 N.: 568 n. 572; p. 90,1-3 F.= p. 12,15-16 N.: 570 n. 572; 17, p. 90,58 F. =p. 12,18-21 N.: 605 n. 664; p. 90,6-8 F. =p. 12,19-21 N.: 623 n. 718; 18, p. 91,1-2 F. =p. 14,3-4 N.; 19: 560 n. 545; p. 91,7-17 F.= p. 14,9-17 N.; 20: 621 n. 708; p. 92,7 F.= p. 14,2324 N.: 623 n. 718; p. 92,7-10 F.= p. 14,25-27 N.; p. 92,10-11 F.=

712

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

p. 14,27-28 N.: 570 n. 572; 21, p. 92,17-19 F.= p. 16,5-6 N.: 569 n. 572; 22, p. 93,4-8 F. = p. 16,10-14 N.: 559 n. 543; 23: 560 n. 545; p. 94,6 F. =p. 16,25-26 N.: 622 n. 713; 23-24: 579 n. 593; 629 n. 742; 24, p. 94,11-13 F.= pp. 16,1-18,1 N.: 581 n. 600; 25: 560 n. 546; 582 n. 602; p. 94,14-15 F.= p. 18,2-3 N.: 603 n. 658; 27-34: 629 n. 744; 29:596 n. 639; 34: 579 n. 593; 35: 574 n. 576; 38, p. 102,14-15 F.= p. 26,21-22 N.: 584 n. 609; p. 102,15-16 F. = p. 26,22-23 N.: 585 n. 609; pp. 102,19-103,3 F. =p. 26,25-29 N.: 584 n. 609; pp. 102,21-103,3 F. =p. 26,26-29 N.: 629 n. 745; 45-47: 629 n. 746; 50-62: 630 n. 748; 54, p. 110,11-12 F. = p. 36,13-14 N.: 632 n. 755; 62-64: 612 n. 688; 65, p. 114,16-18 F.= p. 40,25-26 N.: 598 n. 643; 66, p. 115,6-8 F. = p. 42,3-4 N.: 586 n. 615; 69, p. 117,7-8 F. =p. 44,7-8 N.: 587 n. 615; 74: 630 n. 749; 76, p. 120, 16-20 F.= p. 48,9-11 N.: 632 n. 758; p. 120,1920 F. = p. 48,11-12 N.: 359 n. 157; pp. 120,24-121,2 F. = p. 48,15-16 N.: 584 n. 608; 79: 517 n. 467; p. 122,6-10 F.= p. 50,69 N.: 629 n. 746; 81-82: 582 n. 602; 82, p. 123,12-14 F. = p. 50,26-27 N.: 605 n. 664; 84, p. 124,12-15 F. = p. 52,11-13 N.: 581 n. 600; p. 124,17-20 F.= p. 52,15-18 N.: 569 n. 572; 570 n. 572; 85: 559 n. 543; 89, p. 127,17-18 F.= p. 56,8-10 N.: 595 n. 638; 90: 641 n. 772; 90-116: 587 n. 615; 101-102: 574 n. 576; 115: 588 n. 618; 123: 446 n. 331; 550 n. 503; 125, pp. 142,20143,1, p. 143,5-6 F. = p. 72,24-25, p. 72,28 N.: 637 n. 768; 129, p. 145,7-12 F.= p. 76,3-7 N.: 563 n. 558; 131, p. 146,12-13 F.= p. 76,23 N.: 475 n. 379; 135, p. 148,5-7 F. =p. 78,21-23 N.: 507 n. 433; 154-155: 600 n. 649; 156, p. 157,3-5 F.= p. 88,25-26 N.: 543 n. 490; 157:517 n. 467; 158, p. 158,1-3 F.= p. 90,12-14 N.: 544 n. 491; 159: 542 n. 487; p. 158,11-18 F. = p. 90,20-26 N.: 549 n. 497; 162-165; 164, p. 160,11-13 F.= p. 92,27-29 N.: 589 n. 618; 171-178:545 n. 491; 171, p. 163,4-6 F.= p. 96,16-18 N.: 532 n. 472; p. 163,8-11 F. = p. 96,18-20 N.: 532 n. 471; 172, p. 163,16-19 F.= pp. 96,25-98,1 N.: 534 n. 474; 189, p. 169,5-8 F.= p. 104,15-17 N.: 612 n. 688; 198: 630 n. 749; 214: 600 n. 649; 215, p. 178,20-21 F. =p. 114,28-29 N.: 360 n. 158; 361 n. 161; 219: 604 n. 658; 223, p. 181,14-16 F.= p. 118,15-17 N.: 637 n. 768; 234: 600 n. 649; 254: 517 n. 467; 255-256: 600 n. 649; 265, p. 196,13-15 F.= p. 136,1-2 N.: 601 n. 651; 278: 632 n. 756; 279, p. 202,11-12 F.= p. 142,4-5 N.: 360 n. 158; 361 n. 161; 280:517 n. 467; 280-281: 574 n. 576; Or. 2, 8, p. 241,12-13: 637 n. 768; 20, p. 245,19-23: 631 n. 751; 32: 429 n. 291; 43-46; 64: 600 n. 649; Or. 3, 6-7: 586 n. 614; 21-25: 570 n. 572; 4, 9, p. 289,17-19: 580 n. 594; Or. 11, 141: 381 n. 198; Or. 12, 29: 473 n. 379; pp.

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

713

18,18-19,1: 34 n. 35; 34: 459 n. 357; p. 20,7: 459 n. 357; 35: 444 n. 324; 38, p. 21,13-16: 473 n. 379; p. 21,20-21: 472 n. 376; 44: 480 n. 386; p. 23,17-18: 477 n. 380; 55: 550 n. 503; p. 29,6-12: 450 n. 339; 55-56: 497 n. 415; 550 n. 503; 57-58: 480 n. 386; 92, p. 42,4-5: 485 n. 393; Or. 13, l, p. 63,2-6: 38 n. 48; 8, p. 65,171.9:37 n. 45; 11-12:445 n. 325; 12:459 n. 357; p. 67,3-11:458 n. 356; 18, p. 69,14-16: 462 n. 359; 44, p. 79,3-5: 500 n. 428; Or. 14, 32: 438 n. 306; 446 n. 331; 550 n. 503; 34: 500 n. 428; 550 n. 503; Or. 17, 31, p. 219,7-9:507 n. 433; 37:635 n. 765; Or. 18, 10, p. 240,11; 11: 442 n. 318; 13; 13-15; 18:445 n. 325; 459 n. 357; p. 245,1-4: 460 n. 357; 14-15: 570 n. 572; 20-21: 445 n. 325; 21, pp. 245,20-246,5: 475 n. 379; 25: 444 n. 324; 27: 461 n. 359; 28: 446 n. 327; 30, p. 249,10: 441 n. 317; 31: 440 n. 315; 37, p. 252,16-17: 477 n. 380; 105: 480 n. 385; 121, p. 287,5-7: 479 n. 382; 125, p. 289,11: 475 n. 379; 155: 438 n. 306; 459 n. 357; 155156: 496 n. 410; 156: 459 n. 357; 204-280: 502 n. 433; 272: 550 n. 503; p. 355,11-14: 500 n. 428; 283-290: 506 n. 433; 287, p. 362,13-14:513 n. 447; 308, p. 371,2:475 n. 379; Orr. 19-23: 633 n. 760; Or. 24, 6; 11-15:548 n. 493; 38, pp. 531,17-532,3:380 n. 197; Or. 29, 13, p. 69,11-14: 358 n. 151; Or. 30: 633 n. 760; 638 n. 768; l, pp. 87,10-88,1:636 n. 768; 6, p. 90,10-15: 351 n. 142; 7: 545 n. 491; 8: 425 n. 282; p. 91,12: 429 n. 289; p. 91,12-13; pp. 91,19-92,2:426 n. 283; 8-9: 429 n. 291; 9, p. 92,7-10:429 n. 290; p. 92,10-11; 11, p. 93,6-9: 426 n. 283; 12, pp. 93,23-94,1: 431 n. 291; p. 94,1-4:426 n. 283; 31; 48:429 n. 291; Or. 35, 3, p. 211,10-12; 4-5; 9-11:638 n. 769; 19, p. 219,17-19:381 n. 198; 21; 27-28: 638 n. 769; Or. 36, 10, p. 232,1-4: 580 n. 594; 11: 629 n. 742; Or. 37, 18:545 n. 491; Or. 40: 633 n. 760; 5: 600 n. 649; Or. 41: 633 n. 760; 9: 559 n. 543; Or. 42: 633 n. 760; 23: 364 n. 169; 24-25, pp. 318,20-320,6: 363 n. 167; Or. 43, 4-5: 600 n. 649; 6 ss.: 585 n. 614; 6; 9; 13: 586 n. 614; Or. 44, 2, p. 354,6-9: 569-570 n. 572; Or. 45: 638 n. 768; l, pp. 359,10-360,1: 636 n. 768; 26: 429 n. 291; Or. 47: 633 n. 760; 638 n. 768; 16, p. 412,8-9: 636 n. 768; Or. 48, 22-26; 28-29: 600 n. 649; 41:381 n. 198; Or. 49, 18, p. 461,12-13: 579 n. 594; 27-28; 33: 600 n. 649; Or. 58,4-5: 570 n. 572; Or. 62,6:631 n. 751; 7-10: 29l.n. 25; 8-9:482 n. 390; 10: 433 n. 295; 16; 19:586 n. 614; 21-23; 32-34:600 n. 649 Progymnasmata VIII 7, 14: 611 n. 682

LUCIANUS (ed. Macleod) Asinus (39) 12: 455 n. 352

714

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

Demonax (9) 14: 562 n. 555; 63: 288 n. 22 De parasito (33) 26: 34 n. 38 De saltatione (45) 70: 390 n. 224 DeSyria Dea (44) 17-18:404 n. 238 Dialogi marini (78) 5, 2: 651 n. 805 Dipsades (60) 4-5; 8: 446 n. 333 Hippias (3) 4:424 n. 278 Icaromenippus (24) 24: 651 n. 803 Iuppiter tragoedus (21) 15: 455 n. 352 Lexiphanes (46) 10: 463 n. 360 Nigrinus (8) 12-17; 24: 613 n. 690 Philopseudeis (34) 14: 406 n. 239 Piscator (28) 9: 610 n. 681 Prometheus es in verbis (71) 6: 358 n. 154 Pseudologista (51) 24: 596 n. 639 Vitarum auctio (27) 3: 390 n. 224

LYDUS De mensibus (ed. Wiinsch) IV 2, pp. 65,20-66,1: 354 n. 147; 118: 649 n. 799; 149, p. 167,23-24: 412 n. 250; LXXVI, p. 128,11-17: 313 n. 66

MARINUS Vita Procli (ed. Saffrey-Segonds) 1:455 n. 352; p. 2,17-21:323 n. 96; 3, p. 4,36-39: 333 n. 106; 4: 579 n. 592; 665 n. 851; 8: 349 n. 136; 12:665 n. 851; 14:664 n. 851; 18-21:418 n. 261; 19:665 n. 851; 22: 667 n. 868; 22-25: 418 n. 261; 23, p. 28,21-23: 333 n. 106; 26: 310 n. 61; 330 n. 106; 26-29: 418 n. 261; 26, p. 30,22: 341 n. 123; p. 32,54: 472 n. 377; 28: 310 n. 61; 330 n. 106; p. 33,16-18: 456 n. 353; p. 33,22-25: 377 n. 182; p. 33,23-27: 394 n. 227; p. 34,29-32: 397 n. 230; 398 n. 230; 29, p. 34,13: 407 n. 241; 30-33:418 n. 261; 32, p. 38,27-28:377 n. 182

MENANDER RHETOR (edd. Spengel = Russell-Wilson) pp. 377,31-382,9 S.= pp. 94-102:605 n. 662 NICANDER

Theriaca 334: 446 n. 333

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

715

OLYMPIODORUS (edd. Miiller = Blockley)

/r. 22M.= 28 B., p. 192,6-7,13,15-21:575 n. 580

OLYMPIODORUS PHILOSOPHUS

In Platonis Alcibiadem commentaria (ed. Westerink) 20,7-8, p. 15,8: 310 n. 61

In Platonis Gorgiam commentaria (ed. Westerink) 4, 6-8, pp. 34,11-35,8: 645-646 n. 790

ORACULA CHALDAICA (ed. Des Places)

frr. 2; 2,4: 329 n. 106; 6,1-2: 456 n. 353; 25: 412 n. 250; 32; 35: 330 n. 106; 35,3: 456 n. 353; 44,1-2; 61e: 412 n. 250; 65,2; 66; 110,1: 329 n. 106; 108: 315 n. 73; 111: 329 n. 106; 115: 412 n.

250; 121; 130: 329 n. 106; 146: 329 n. 106; 330 n. 106; 146-148: 456 n. 353; 146,3-7: 330 n. 106; 148: 329 n. 106; 330 n. 106; 457 n. 354; 163,1: 398 n. 230; 163,2-5: 398 n. 230

ORACULA SIBYLLINA (ed. Geffcken) VII 76-77, p. 137:455 n. 352

ORIBASIUS (ed. Raeder)

Euporista ve! Ad Eunapium 2, p. 317,2-4: 669 n. 877; p. 317,15: 670 n. 880; p. 317,17-19: 671 n. 880; 3-4, p. 317,23-27; 4, p. 317,28-29; 4-5, p. 317,29-30; 7-8, p. 318,7-15:670 n. 877 ORIGENES

Contra Celsum (ed. Borret) III 46, p. 110,22-25: 451 n. 342 OROSIUS

Historiae adversus paganos VII 30, 3: 615 n. 697 ORPHICA

Hymni IX 11-12:395 n. 229

716

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

PAPYRI GRAECAE MAGICAE (ed. Preisendanz) I,125, p. 8:457 n. 354; IV,529-540, p. 90:330 n. 106; IV,537-540, p. 90: 326 n. 105; IV,930-955, p. 104: 332 n. 106; IV,2175-2176, p. 138: 362 n. 163; VII,559-565, p. 25: 332 n. 106; XII,6-9, pp. 57-58:457 n. 354; XLII,1-6, p. 179:543 n. 490

PAROEMIOGRAPHI GRAECI (ed. Leutsch-Schneidewin) I 26, p. 64: 661 n. 834; 56, p. 278: 495 n. 407; 95, p. 285: 590 n. 620; II 11; 13, p. 464; 18, p. 39; 53, p. 528: 495 n. 407; 54, p. 45: 590 n. 620

PHANOCLES (ed. Powell) 2, 1: 378 n. 183

PHILO IUDAEUS

De Somniis (ed. Wendland) II 34, p. 264,19-21: 573 n. 574 PHILOSTORGIUS

Historia Ecclesiastica (ed. Bidez-Winkelmann) II 16: 371 n. 173; p. 229,11-12: 441 n. 317; VII 15: 649 n. 799; 650 n. 800; VII p. 77,21 (= Artemii Passio 35): 650 n. 799; VIII 10: 646 n. 792; IX 15: 534 n. 474

PHILOSTRATUS (ed. Kayser)

Imagines 2, 23: 542 n. 489 Vita Apollonii Tyanei I 1: 390 n. 224; 8, p. 7,27-28: 397 n. 230; 15:390 n. 224; 16, p. 17,4-6:326 n. 104; 31:665 n. 851; 34: 664 n. 851; 665 n. 851; II 5: 413 n. 250; III 15: 326 n. 105; 34, pp. 111,30-112,2: 397 n. 230; 42: 397 n. 230; 44: 43 n. 56; IV 4; 6: 399 n. 231; 10: 414 n. 251; 10-11; 20: 407 n. 241; 11: 43 n. 56; 24: 399 n. 231; 25:287 n. 19; 288 n. 20; 35: 287 n. 18; 42:287 n. 19; 46:287 n. 18; V 7; 11; 13; 18: 399 n. 231; 19:287 nn. 18-19; 22: 664 n. 851; 25: 667 n. 869; 35: 664 n. 851; VI 11, p. 222,1-2: 380 n. 193; 31: 287 n. 19; 32: 399 n. 231; 36, pp. 248,31-249,2: 34 n. 38; 43: 407 n. 241; VII 10: 287 n. 19; 16: 287 n. 18; 39: 409 n. 245; 41:399 n. 231; VIII 5:399 n. 231; 7:26 n. 13; 664 n. 851; 8: 407 n. 241; 10: 287 n. 19; 22: 379 n. 187; 26: 414 n. 251

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

717

Vitae sophistarum I 7, 488: 606 n. 672; p. 8,13-15: 380 n. 198; 8, 491: 606 n. 672; 17, 503, p. 19,27-29: 380 n. 193; 21, 518, p. 31,30-31: 455 n. 350; 21, 519: 623 n. 720; 21, 520, p. 33,10-11: 611 n. 683; 23,526: 609 n. 677; 23,527: 607 n. 674; 25,537, p. 48,19-20; 537-538, p. 48,23-24: 611 n. 683; 25,541: 623 n. 720; 25, 542: 438 n. 307; 440 n. 310; 25, 543: 607 n. 674; II l, 556558: 612 n. 688; l, 562: 324 n. 97; p. 69,26-30: 379 n. 189; l, 565, p. 72,15-16: 326 n. 102; 5, 575: 623 n. 720; 9, 582: 607 n. 674; 9, 582-583, pp. 87,32-88,3:591 n. 625; 9, 585:283 n. 11; 10, 585-586, p. 90,13-15: 326 n. 102; 10, 587: 439 n. 307; p. 91,2123: 496 n. 409; p. 91,27-29: 340 n. 119; 10, 589: 606 n. 672; 16, 596, p. 100,8-10: 612 n. 688; 20, 600: 609 n. 677; 26, 613, p. 113,6-8: 323 n. 94; 30, 623, p. 122,17-19: 552 n. 511; 32, 626, p. 124,21-24:563 n. 558 PHOTIUS

Bibliotheca (ed. Henry) codd. 77, 54a, p. 159,9-12: 32; p. 159,3133: 371 n. 173; 82, 64a, p. 188,17-20: 320 n. 86; 90, 67b, p. 16,11-14: 632 n. 759; 161, 104b, p. 128,10-11: 325 n. 98; 165, 108a, p. 138,35-36: 625 n. 729; p. 140,30-35: 627 n. 733; 166, 109b, p. 143,36-37: 513 n. 446; 181, 126a: 321 n. 87; 217, 174a, p. 132,26-29: 649 n. 799; 220, 176b, p. 139,25-26: 660 n. 824

PINDARUS (ed. Snell-Maehler)

Pythia IV 138: 423 n. 278; V 92: 468 n. 370; VII 3: 423 n. 278

PLATO Euthyphro 2a: 417 n. 257 Gorgias 524e: 434 n. 299 Leges III 689d: 495 n. 407; V 730b: 579 n. 592; VII 824a: 571 n. 574; IX 879e: 410 n. 247 Phaedo 78b-c: 447 n. 335; 89d: 551 n. 506 Phaedrus 241b: 590 n. 620; 246a-e: 666 n. 864; 246e: 661 n. 832; 247a: 384 n. 207; 247b: 667 n. 865; 247b-248c: 666 n. 864 Respublica II 38ld: 388 n. 217; III 411d: 551 n. 506 Symposium 173e: 453 n. 347 Theaetetus 183d: 610 n. 681; 210d: 417 n. 257 Timaeus 34c-36e: 346 n. 126; 50c: 631 n. 753; 53c-56c: 563 n.

555

718

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

Ps.-PLATO

Axiochus 371d: 406 n. 240 PLINIUS

Naturalis bistorta V 10: 414 n. 252; XXXV 123: 555 n. 519 PLOTINUS

Enneades I 3, 1: 552 n. 512; 8, 7; III 6, 7: 501 n. 432; 8, 10: 552 n. 512; IV 4, 43:405 n. 239; V 5, 4; 7, l; VI 8, 21:552 n. 512

PLUTARCHUS

Artaxerxes 16, 2: 513 n. 445 Cicero 2, 1: 549 n. 498; 26, 3: 664 n. 849 Demetrius 38, 3: 404 n. 238 Nicias 16: 515 n. 456 Pericles 7, 1: 410 n. 247; 8, 5: 649 n. 796 Coniugalza praecepta 141f: 323 n. 94 De facie in orbe lunae 943 ss.: 395 n. 229 De genio Socratis 59 le: 395 n. 229 De Iside et Osiride 352c: 339 n. 118; 372e-f: 395 n. 229 Quaestiones conviva/es 617e: 582 n. 604; 712a: 634 n. 763 POLLUX (ed. Bethe) I 76: 495 n. 406 POLYBIUS I 3, 9: 542 n. 489; 42, 6: 307 n. 54

POMPONIUS MELA

De chorographza (ed. Frick) I 11, p. 15,16-19: 321 n. 88 PORPHYRIUS

Adversus Christianos (ed. Von Hamack) /rr. 4; 46; 60; 63: 407 n. 241

De abstinentza (edd. Nauck = Bouffartigue-Patillon) II 34, pp.

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

719

163,22-164,3 N. = p. 101 B.-P.: 552 n. 512; 42, l, p. 171,16-17 N.= p. 109 B.-P.; p. 171,17-20 N.= p. 109 B.-P.: 405 n. 239; p. 171,20-22 N.= p. 109 B.-P.: 493 n. 403; 45, 2, p. 174,2-4 N.= p. 111 B.-P.: 488 n. 403; 46, 2, p. 175,3-4 N.= p. 112 B.-P.: 453 n. 348 De antro nympharum (ed. Nauck) 29, p. 76,9-25: 395 n. 229 Epistula ad Marcellam (edd. Potscher = Des Places) l, p. 6,1-3 P. = p. 104,1-3 Des P.: 316 n. 77; p. 6,4-5 P. =p. 104,5-6 Des P.: 317 n. 78; 3, p. 8,6-7 P.= p. 105,21-23 Des P.: 317 n. 79; 4, p. 8,24 P.= p. 106,18 Des P.: 317 n. 77; 26, p. 30,13-14 P.= p. 121,11-12 Des P.: 553 n. 512 Sententiae ad intelligibilia ducentes (ed. Lamberz) 30, p. 20,1216: 553 n. 512; 34, p. 39,1-4; 35, p. 40,6-10: 413 n. 251 Vita Plotini 1,1-2: 307 n. 48; 450 n. 338; 2,12-13,16-27,32,34: 308 n. 58; 3,12-13:458 n. 356; 3,24-32:311 n. 64; 3,25-27:390 n. 224; 3,38-48:312 n. 65; 4,1-14:305 n. 44; 4,53-54:309 n. 59; 5,12:301 n. 31; 5,1-5:305 n. 44; 5,5-7; 5,60-61:306 n. 46; 6,1-3:307 n. 49; 6,1-5: 309 n. 59; 7,1-5: 312 n. 65; 7,50-51: 306 n. 46; 10,28-30: 306 n. 47; 11,11-15: 310 n. 60; 11,11-19: 308 n. 58; 11,18-19:308 n. 58; 13,5-7:333 n. 106; 14,3:306 n. 47; 14,20-25: 311 n. 64; 16,1-18: 313 n. 66; 17,8-9: 304 n. 41; 17,9-10: 304 n. 40; 17,11: 303 n. 37; 17,12,14: 304 n. 41; 19,1-41: 303 n. 37; 20,14,13-14: 303 n. 37; 20,9-15: 303 n. 37; 20,44-47,78-80: 313 n. 68; 20,17-104:303 n. 37; 21,19-20:303 n. 37; 22,13-63:311 n. 62; 22,51:398 n. 230; 23,4: 306 n. 47; 23,12-14: 317 n. 80; 23,1821: 306 n. 47; 24,34: 309 n. 59; 26,28-32: 310 n. 60; 26,37-40: 317 n. 80 Vita Pythagorae (edd. Nauck = Des Places) 9, p. 21,14-17 N.= p. 40,3-6 Des P.: 379 n. 187; 22: 665 n. 851; 25; 29: 399 n. 231; 30, p. 33,1-3, 33, pp. 34,23-35,4 N. =p. 50,2-4 , p. 51,18-22 Des P.: 407 n. 241; 34; 35; 39:665 n. 851; 42, p. 40,3-6 N.= p. 56,3-5 Des P.: 390 n. 224

PROCLUS Hymni (ed. Vogt) I 33-35: 667 n. 868 In Platonis Cratylum commentario (ed. Pasquali) XXVIII, p. 10,12-19:310 n. 61 In Platonis Rempublicam commentario (ed. Kroll) I, p. 47,9: 44 n. 60; p. 120,12-14: 456 n. 353; p. 128,16-18: 340 n. 118; II, p. 119,5-6; p. 123,13-16:340 n. 118 In Platonis Timaeum commentario (ed. Diehl) I, p. 19,10: 323 n.

720

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

95; p. 152,12 ss., p. 153,10: 323 n. 92; p. 180,19-21:553 n. 512; III, pp. 294,30-295,2: 310 n. 61; V, p. 300,16-18: 457 n. 353 Inrtitutio Theologica (ed. Dodds) p. 128,1-21:310 n. 61 Theologia Platonica (ed. Saffrey-Westerink) I 29, p. 124,23-25: 331 n. 106; II 8, p. 56,16-25: 315 n. 73; 11, p. 64,19-22: 667 n. 868; IV, p. 4,5: 553 n. 512; 34, p. 101,1-4: 340 n. 118

PROCOPIUS CAESARIENSIS De bello Gothico VIII 30, 17: 658 n. 820 Ps.-PYTI-IAGORAS (ed. Young) Carmen aureum 70-71, p. 94: 398 n. 230 QUINTILIANUS Inrtitutio oratoria II l, 9; III 5, 7: 412 n. 249; IV 2, 117: 323 n. 93 RHETORES GRAECI (RhG) Apsines, Arr rhetorica (ed. Spengei-Hammer, I) p. 251,3-9: 594 n.635 Syrianus, In Hermogenem Commentario (ed. Rabe, XVI) Il, p. 14,9-10: 303 n. 37; p. 58,7-11: 592 n. 629; p. 64,20-22: 594 n. 635; Scholia ad Hermogenir Statur (ed. Walz, IV), pp. 64,21-65,1; p. 625,16-18: 605 n. 668

RUFINUS TYRANNIUS Hirtoria Eccleriartica (ed. Mommsen) XI 22: 421 n. 269; 23: 421 n. 269; p. 1027,10-15: 419 n. 266; p. 1028,14: 425 n. 280; pp. 1028,23-1029,1: 424 n. 280; 24: 421 n. 269; 26: 420 n. 267; p. 1032,7-11: 418 n. 260; 26-29: 422 n. 270; 27, p. 1033,16-17:425 n. 280; 29, p. 1035,12-13: 426 n. 284

RUTILIUS NAMATIANUS De reditu ruo I 439-452: 429 n. 291 SCHOLIA in Aristidem Aelium (ed. Dindorf) Oratio III, 285,3, p. 715,5-6: 495 n. 407

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

721

in Aristophanem

Aves (Holwerda) 1569a.p; 1569b, pp. 224-225: 634 n. 763 in Homeru.m (ed. Erbse) ltias XVI 128a, p. 192,70-74:409 n. 247 in Platonem (ed. Greene) Phaedrus 237b, p. 77:523 n. 469 SCHOLIA ANONYMI

in Gregorii Nazianzeni Orationem 9 (PG 36) 906A: 575 n. 580 SENECA

Epistulae ad Lucilium V 51, 3: 420 n. 267 SIDONIUS APOLLINARIS

Epistulae V 8, 2:365 n. 171; 367 n. 172 SIMONIDES (ed. Page)

/r.

68: 654 n. 808 SIMPLICIUS

In Anstotelis Categonas commentarium (ed. Kalbfleisch) p. 1,1618: 437 n. 305 SOCRATES SCHOLASTICUS

Histona Ecclesiastica (edd. Hussey =Hansen) II 13, 5, p. 204,2729 Hu. =pp. 104,19-105,1 Ha.: 359 n. 156; 46: 621 n. 708; III l, 8, p. 376,5-6 Hu. =p. 187,24 Ha.: 441 n. 317; 9: 446 n. 327; 13; 15: 445 n. 325; 16, p. 377,37-38 Hu. =p. 188,22-23 Ha.: 452 n. 346; 18: 459 n. 357; 30, p. 380,14-16 Hu. =p. 190,6-7 Ha.: 477 n. 380; IV 16-17: 548 n. 493; 19, 1-2: 534 n. 474; 4, pp. 512,18513,19 Hu. =p. 247,21-22 Ha.: 532 n. 472; 26, 6: 574 n. 578; pp. 539,42-540,1 Hu. =p. 260,19-20 Ha.: 627 n. 731; 35; 38:548 n. 493; 26, 6: 565 n. 562; V 16, 3, p. 606,30 Hu. = p. 289,26 Ha.; 10, p. 607,11 Hu. =p. 290,18 Ha.: 421 n. 269; 11, pp. 607,11608,13 Hu. =p. 290,19-22 Ha.: 425 n. 282; 13, p. 608,14-15 Hu. =p. 290,25-26 Ha.: 422 n. 269; 17, 4, p. 609,15-16 Hu. =p. 291,8 Ha.: 426 n. 284; VI 3, l, p. 660,33-34 Hu. =p. 313,22-23 Ha.: 34 n. 37

722

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

SOPHRONIUS HIEROSOLYMITANUS Epistula synodica (PG 87) 3190B: 417 n. 258 SOZOMENUS Historia Ecclesiastica (ed. Bidez-Hansen) I 5, l, p. 13,9-17: 374 n. 179; 375 n. 179; V 2, 15: 445 n. 325; 16: 445 n. 325; 459 n. 357; 22, p. 194,17-18:477 n. 380; VI 3, 3:507 n. 434; 17, 1:565 n. 562; 574 n. 578; p. 258,9-10:627 n. 731; 25,9-10: 621 n. 708; 35, 1-11:534 n. 474; 4:531 n. 471; 5, p. 292,8-9:532 n. 472; 5-8: 536 n. 479; 8, p. 292,16-19: 532 n. 472; 40: 548 n. 493; VII 15, 10, p. 321,19-20:421 n. 269 STOBAEUS (ed. Wachsmuth-Hense) III 26, pp. 597,21-580,1:322 n. 92; 35-36, p. 358,3-17:322 n. 89; 64, p. 406,3-9: 645 n. 790 STOICORUM VETERUM FRAGMENTA (ed. Von Amim) III, p. 121,1-2: 414 n. 254 STRABO III 2, 9: 513 n. 446; VI 2, 1: 307 n. 54; XVII l, 8: 346 n. 128; l, 17: 420 n. 267

/r.

STRATTIS (ed. Kassel-Austin) 19: 634 n. 763

SUIDAE LEXICON (ed. Adler) A 784, s.v. 'AKaKtoç: 558 n. 538; A 1128, s.v. 'A).i!;avlìpoç: 559 n. 539; 613 n. 689; A 2185, s.v. 'AvlìpoJ.I.axoç: 318 n. 83; A 4736, s.v. 'A'!fi.Vllç: 557 n. 530; E2741, s.v. 'Exlcpavtoç: 621 n. 708; I 27, s.v. 'IaJ.I.~ÀlXoç: 322 n. 91; I 348, s.v. 'IJ.l.iptoç: 462 n. 359; 624 n. 727; 627 nn. 731, 735; I 435, s.v. 'Ioui..lavoç: 556 n. 526; 557 n. 532; K 710, s.v. Katà riixuv: 472 n. 377; A 486, s.v. AljXivtoç: 558 n. 538; 564 n. 562; 622 n. 715; 625 n. 730; A 645, s.v. Aoyy"ivoç: 303 n. 37; M 174, s.v. Mal;lJ.I.oç: 437 n. 305; 520 n. 468; O 543, s.v. 'OpEl~acnoç: 650 nn. 799-800; O 912, s.v.

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

723

0UÀ1ttavoç: 579 n. 594; n 812, s.v. nauì..oç: 318 n. 83; n 1811, s.v. m.rotivoç: 301 n. 30; n 2098, s.v. nopcjlupwç: 303 n. 37; 317 n. 80; 322 n. 91; n 2375, s.v. npoatpémoç: 564 n. 562; 574 n. 578; 625 n. 730; I: 845, s.v. I:cò1tatpoç: 325 n. 98; 354 n. 146; 366 n. 172; I: 1411, s.v. I:uJ.lcj)UÀEtcòv: 567 n. 570; 4> 421, s.v. cl>tì..Oatpatoç: 283 n. 11

SYNESIUS Dio 1:283 n. 11; 9:553 n. 512; 12:517 n. 467; 14:570 n. 572 Epistulae 61,25-28:363 n. 167; 147,10-11; 153,2-3:429 n. 289

SYRIANUS In metaphysica commentario (ed. Kroll) p. 96,28: 553 n. 512

TERTULLIANUS Apologeticus 14, 5; 23, 6: 656 n. 813

THEMISTIUS In Aristotelis Analyticorum Priorum librum I paraphrasis (ed. Wallies) p. 111,28-36:42 n. 53 Orationes (ed. Schenkl-Downey-Norman) 3, 42c, p. 60,21: 507 n. 434; 4, 54a: 596 n. 639; 5, 63a-64a, 67b-69c; 69c, p. 102,4-5: 507 n. 434; 70c, p. 103,18-19; 6, 83b, p. 123,16: 361 n. 161; 7, 99d, p. 149,23-24: 511 n. 440; 99d-100a, pp. 149,22-150,1: 459 n. 357; 527 n. 469; 99d-100d: 511 n. 440; 100a, p. 150,1: 510 n. 440; p. 150,1-7: 527 n. 469; 100a-b, p. 150,3-7: 511 n. 440; 100b: 550 n. 503; p. 150,7-10:509 n. 438; 15, 100b-c, p. 150,12-18:530 n. 469; 188c-d, p. 273,13-15: 448 n. 337; 23, 289b; 290c; 291d; 294a: 598 n. 643; 295b-296b, p. 90,13-14: 325 n. 101; 296: 598 n. 643; 24, 302a, p. 100,5-6: 596 n. 638; 303a, pp. 101,20-102,2: 34 n. 36; 304d-305a-b: 339 n. 117; 306d: 596 n. 639; 27, 336d: 611 n. 682; 34, 12, p. 222,4 ss.: 482 n. 390

THEO SMYRNAEUS (ed. Hiller) Expositio rerum mathematicarum ad legendum Platonem utilium p. 14,18-20: 386 n. 214; pp. 14,18-15,7: 667 n. 867

724

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICI-U

THEOCRITUS II 23-26: 409 n. 245

THEODORETUS Commentarius in Isaiam (ed. Mohle) 9, 2,232: 571 n. 574 Historia Ecclesiastica (ed. Pannentier-Scheidweiler) III 28, 2, p. 206,8-10:452 n. 346; IV 31:548 n. 493; V 22,3-4:421 n. 269 THEOPHILUS De urinis (ed. Ideler) prooem. 5, p. 261: 646 n. 792 THEOPHRASTUS Characteres l, 7: 451 n. 343 Deodoribus (ed. Hort) 51, p. 372,3-13:364 n. 170 THEOPOMPUS (ed. Kassel-Austin)

/r. 40: 634 n. 763 THUCYDIDES IV 24, 5: 307 n. 50; 92, 4: 599 n. 644; VIII 86

/r.

TIMOTHEUS (ed. Kassel-Austin) 1,3: 582 n. 604

TZETZES Histonarum variarum Chiliades (ed. Leone) Chi/. VI, Hist. 46, 322: 625 n. 729; Chi!. X, Hist. 359, 876-878: 513 n. 445 VALERIUS MAXIMUS Facta et dieta memorabilia V 7: 404 n. 238 VERGILIUS Bucolica VIII 80-84: 409 n. 245

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI

725

VETUS TESTAMENTUM

Deuteronomium 22,29:386 n. 213 Machabaeorum 2, 4, 2; 5, 2: 577 n. 583 VITRUVIUS VII prae/ 14: 555 n. 519 XENOPHO

Cyropaedia IV 5, 13: 658 n. 820 Memorabi/ia I 2, 30: 428 n. 287 Respublica Lacedaemoniorum V 7: 361 n. 160 ZACHARIAS SCHOLASTICUS

Vita Severi (ed. Kugener, PO Il, l ,6) p. 27,9-14: 432 n. 293 ZONARAS

Epitome Historiarum (ed. Dindorf) XIII 4: 371 n. 173; 10, p. 203,19-27: 478 n. 380; 12: 615 n. 697; 16:534 n. 474 ZOSIMUS (ed. Paschoud) I 21, 2, p. 22,17: 661 n. 834; II 29, 3, p. 100,23-26: 374 n. 179; 32, l, p. 104,1-3: 359 n. 156; p. 104,2-4: 361 n. 161; 2, p. 104,1213: 364 n. 171; p. 104,12-14: 368 n. 172; 38, l, p. 110,3-5: 361 n. 161; 4: 360 n. 158; 39, l, p. 111,6-8: 371 n. 173; 40, 1-3: 440 n. 315; 3, p. 112,10-13:362 n. 166; 366 n. 172; 373 n. 178; 55, l, p. 126,21-23: 482 n. 390; III l, 2-3, p. 9,2-18: 478 n. 380; 8-9: 482 n. 391; 11, 3: 443 n. 319; 12-31: 502 n. 433; 12, l, p. 26,11-14: 503 n. 433; 32, 6, p. 54,1-9: 506 n. 433; IV l, l, p. 262,4-11: 525 n. 469; 2, 1-2, p. 263,1-5: 526 n. 469; 2, p. 263,5-8: 526 n. 469; p. 263,9-13:493 n. 403; 526 n. 469; 8, 4-5:515 n. 458; 10,4:517 n. 466; 13, 3: 531 n. 471; 3-4: 534 n. 474; 14, 2, p. 275,13-16: 536 n. 479; p. 275,17-19:536 n. 479; 15, l, p. 276,5-8:531 n. 471; 2, p. 276,15-17; 2-3: 543 n. 490; 18, 2-4, pp. 278,26-279,17: 463 n. 360; 20, 1: 614 n. 695; 24, 2, p. 286,14-15: 548 n. 493; 2-3, p. 286,8-22: 547 n. 493; 29, 1: 360 n. 158; V 5, 1-6, pp. 10,18-11,24: 469 n. 374; 2, p. 10,25: 615 n. 695; 6, 1-3, pp. 12,8-13,3: 470 n. 374; 13, 2 ss.: 516 n. 462; 23, 4, p. 35,8: 425 n. 283; p. 35,7-13: 431 n. 291; 5-6, p. 35,20-21:429 n. 289

INDICE DEI NOMI*

Ablabio: 16; 105; 107; 109; 300 n. 29; 362 nn. 164,166; 363 n. 167; 364 nn. 169, 171; 365 n. 171; 366 nn. 171-172; 367 n. 172; 368 n. 172; 370 n. 173; 373 n. 178; 376 n. 180; 546 n. 491; 548 n. 494 Acacio: 15; 237; 558 n. 538; 587 n. 615; 640 n. 772; 641 n. 773-774 Achille: 197; 470 n. 374; 497 n. 421; 498 n. 421; 556 n. 522 Ade: 169; 398 n. 230; 610 n. 677 Alarico: 17; 29; 35; 151; 292 n. 25; 429 n. 291; 464 n. 362; 466 n. 368; 467 n. 368; 468 n. 374; 469 n. 374; 470 n. 374; 471 n. 374; 554 n. 515; 555 n. 515; 556 nn. 522-523 Alessandro (Magno): 65; 604 n.662 Alipio: 26 n. 16; 55; 93; 95; 97; 321 n. 87; 345 n. 124; 346 n. 125; 347 n. 130 Arnerio (o Amelio): 81; 302 n. 33; 311 n. 62; 311 n. 64; 312 n. 65; 313 nn. 66,68 Ammonio: 69; 71; 284 n. 13; 286 n. 15; 296 n. 26

Anatolia (fùosofo): 85; 322 n. 89 Anatolia (allievo di Proeresio): 189 Anatolia (prefetto): 20; 22; 36; 40; 205; 207; 209; 211; 213; 558 n. 538; 588 n. 618; 599 nn. 646-647; 600 n. 650; 601 n. 654; 602 nn. 656-658; 603 n. 658; 604 nn. 658, 662; 606 n. 670; 610 nn. 677, 679; 611 n. 685; 621 n. 708; 622 n. 712; 624 n. 726 Andromaco: 83; 318 n. 83 Anficlea: 20; 215 Anteros: 48; 91; 339 n. 117; 341 n. 120 Antonino: 14; 15; 17; 25; 48; 131; 133; 135; 139; 341 n. 121; 348 n. 135; 392 n. 227; 393 n. 227; 394 n. 227; 399 n. 231; 400 n. 232; 414 n. 255; 418 n. 261; 419 n. 263; 430 n. 291; 457 n. 355; 502 n. 432 Apollo: 41 nn. 56-57; 44; 139; 141; 307 n. 56; 311 n. 62; 337 n. 113; 341 n. 121; 397 n. 230; 398 n. 230; 414 n. 251; 434 n. 299; 533 n. 474; 570 n. 572; 592 n. 630; 650 n. 799

* I numeri in grassetto rinviano alle pagine del testo italiano; quelli in corpo normale alle pagine della Introduzione e delle note.

728

INDICE DEI NOMI

Apollonio: 25; 26; 27 n. 19; 34 n. 38; 43 n. 56; 55; 69; 255; 285 n. 13; 286 n. 15; 286 n. 16; 287 nn. 16-17; 288 nn. 19-20; 296 n. 26; 297 n. 26; 326 n. 105; 376 n. 182; 379 n. 187; 386 n. 214; 397 n. 230; 399 n. 231; 402 n. 235; 407 n. 241; 414 n. 251; 664 n. 851; 665 n. 851; 667 n. 869 Apsine: 19; 177; 179; 181; 185; 556 n. 530; 561 nn. 549, 552; 565 n. 563; 588 n. 618 Aquilino: 81; 311 n. 64; 313 n. 66 Archidamo: 243; 649 n. 796 Archita: 255; 661 n. 831 Aristide: 199; 225; 283 n. 11; 591 n. 625; 596 n. 639; 654 n.812 Aristofane: 103; 358 n. 154; 361 n. 160; 573 n. 574; 634 n. 763 Aristotele: 243; 255; 282 n. 8; 319 n. 84; 437 n. 305; 520 n. 468; 647 n. 793; 648 n. 793 Atena: 141; 470 n. 374; 471 n. 374; 556 n. 522 Aureliano: 83; 319 n. 84 Ausonio: 165; 517 n. 466 Beroniciano: 15; 16; 23; 275; 323 n. 94; 671 n. 883 Callimaco: 221 Cariddi: 79; 307 n. 50 Carneade: 69; 287 n. 17 Causata: 81 Celeo: 40; 215; 610 n. 677 Cercopi: 101 Claudiano: 141; 239; 440 n. 313; 620 n. 704

Claudio: 73; 284 n. 13; 285 n. 13; 293 n. 26; 294 n. 26; 295 n. 26; 297 n. 27 Claudio (il Gotico): 83; 319 n. 84; 320 n. 85 Clearco: 18; 161; 163; 165; 513 nn. 448-449; 516 n. 459; 517 nn. 463-464; 518 n. 468; 520 n. 468; 529 n. 469; 530 n. 469; 587 n. 618 Costante: 18; 20; 36; 40; 50; 107; 211; 373 n. 175; 373 n. 178; 564 n. 562; 589 n. 619; 601 n. 653; 605 n. 663; 606 n. 671; 608 n. 676; 609 nn. 676-677 Costantino: 16; 18; 29; 37; 99; 101; 103; 105; 107; 292 n. 25; 300 n. 29; 318 n. 83; 325 n. 98; 351 n. 142; 352 n. 142; 353 n. 142; 354 n. 147; 357 n. 150; 359 nn. 156-157; 360 n. 159; 361 n. 161; 362 n. 166; 363 nn. 166-167; 364 n. 169; 365 n. 171; 366 n. 172; 368 n. 172; 369 n. 173; 370 n. 173; 371 n. 173; 372 nn. 173-174; 373 n. 178; 374 n. 179; 375 n. 179; 400 n. 232; 433 n. 295; 440 n. 315; 442 n. 318; 476 n. 379; 505 n. 433; 509 n. 436; 564 n. 562; 608 n. 676; 618 n. 701; 629 n. 744; 660 n. 828 Costanzo Il: 16; 17; 18; 29; 107; 109; 141; 151; 153; 291 n. 25; 300 n. 29; 355 n. 148; 363 n. 167; 371 n. 173; 372 n. 173; 373 nn. 175, 177; 380 nn. 194, 197;

INDICE DEI NOMI

381 n. 200; 382 n. 200; 440 n. 315; 441 n. 315; 442 n. 318; 443 nn. 319-320; 444 nn. 321-322; 445 n. 325; 446 n. 329; 447 n. 334; 461 n. 359; 463 n. 360; 477 n. 380; 478 nn. 380-382; 479 n. 382; 480 n. 386; 481 n. 389; 482 nn. 390-391; 483 n. 391; 484 n. 392; 485 n. 393; 506 n. 433; 507 n. 434; 514 n. 454; 546 n. 491; 565 n. 562; 589 n. 619; 605 n. 663; 609 n. 676; 635 n. 765; 652 n. 806 Crisanzio: 15; 17; 21; 22; 23; 25; 26 n. 15; 31; 50; 51; 54; 87; 101; 143; 145; 147; 149; 153; 155; 157; 171; 173; 253; 255; 257; 259; 263; 265; 267; 269; 271; 315 n. 73; 321 n. 87; 323 n. 94; 325 n. 100; 335 n. 109; 347 n. 131; 348 n. 135; 353 nn. 144-145; 365 n. 171; 377 n. 182; 405 n. 239; 418 n. 261; 430 n. 291; 439 n. 309; 441 n. 318; 450 n. 340; 451 nn. 340, 344; 461 n. 358; 473 n. 379; 485 n. 403; 486 n. 403; 492 n. 403; 494 nn. 403-404; 497 nn. 416, 418-421; 498 nn. 421, 425; 499 nn. 426-427; 519 n. 468; 520 n. 468; 551 n. 504; 552 n. 509; 554 n. 514; 579 n. 591; 619 n. 703; 620 n. 703; 660 n. 826; 661 n. 833; 662 nn. 837, 839, 844; 663 n. 844; 664 n. 847; 664 n. 851; 666 n. 860; 667 n. 866; 668 n.

729

870; 669 nn. 873, 875; 670 n.880 Damasia: 233; 634 nn. 763-764 Demetra: 40; 215; 462 n. 359; 465 n. 364; 485 n. 396; 610 n. 677; 611 n. 682 Demetrio: 69; 287 n. 19; 296 n. 26 Demonatte: 71; 284 n. 13; 285 n. 13; 288 n. 23; 296 n. 26 Dessippo: 83; 279 n. 2; 319 n. 84; 320 nn. 85-86 Diofanto: 15; 16; 20; 41; 54; 177; 195; 221; 229; 558 nn. 536-537; 559 n. 543; 565 n. 562; 568 n. 572; 584 n. 607; 621 n. 708; 622 nn. 715-716; 623 n. 718; 624 n. 722; 640 n. 771 Dione: 69; 283 n. 12 Dionigi (di Alicarnasso): 77; 303 n. 39 Eacide: 157 Edesio:14; 15; 16; 23; 25; 26 n. 16; 40; 48; 50; 54; 85; 87; 89; 91; 97; 99; 109; 127; 141; 143; 151; 171; 177; 253; 321 n. 87; 324 n. 97; 325 n. 99; 335 n. 109; 347 nn. 131, 133; 348 n. 135; 350 n. 139; 351 n. 139; 353 n. 145; 376 n. 182; 377 n. 182; 379 n. 187; 400 n. 232; 401 n. 235; 403 n. 235; 410 n. 248; 437 n. 305; 441 n. 318; 446 n. 334; 447 n. 334; 448 n. 335; 449 n. 337; 468 n. 371; 502 n. 432; 519 n. 468; 551 n. 504; 561 n. 552 Edesio (figlio di Crisanzio):

730

INDICE DEI NOMI

22; 23; 87; 267; 377 n. 182; 418 n. 261; 666 n. 862; 668 n.870 Efestione: 177; 193; 195; 558 n. 536; 584 n. 607; 621 n. 708 Ellespontio: 54; 267; 269; 271; 666 n. 861 Epagato: 177; 557 n. 531 Epifanio: 15; 16; 20; 41; 177; 195; 211; 219; 229; 558 nn. 536-537; 565 n. 562; 568 n. 572; 584 n. 607; 621 n. 708;622 nn. 709, 715; 624 n. 722; 640 n. 771 Epigono: 15; 16; 23; 275; 671 n.883 Eracle: 101; 358 n. 152; 456 n. 353; 597 n. 642; 604 n. 662 Ermes: 79; 85; 177; 197; 203; 215; 290 n. 24; 310 n. 61; 311 n. 61; 391 n. 225; 592 n. 630; 596 n. 639; 613 n. 690; 635 n. 765 Eros: 48; 91; 339 n. 117; 341 n. 120 Eschine: 19; 191; 577 n. 584 Esiodo: 133; 390 n. 222; 391 n. 225; 416 n. 256; 442 n. 318 Eufranore: 173; 555 nn. 518519 Eufrasio: 85; 325 n. 101 Eufrate: 69; 296 n. 26 Eupoli: 233; 440 n. 311; 634 n. 763 Eurimedonte: 135; 422 n. 271 Eusebio (di Mindo): 49; 143; 145; 147; 441 n. 318; 451 n. 344; 452 nn. 345-346; 453 n. 347; 454 n. 348; 455 n. 351; 457 n. 355; 490 n. 403; 491 n. 403; 519 n.

468; 520 n. 468; 551 n. 504 Eusebio (allievo di Proeresio): 215; 614 n. 694 Eustazio: 14; 16; 17; 25; 48; 51; 85; 111; 113; 115; 117; 125; 127; 133; 348 n. 135; 355 n. 148; 356 n. 148; 357 n. 148; 380 nn. 190-191; 381 n. 200; 382 n. 205; 383 n. 205; 385 n. 211; 393 n. 227; 394 n. 227; 395 n. 230; 396 n. 230; 397 n. 230; 398 n. 230; 400 n. 232; 414 n. 253; 434 n. 299 Evagrio: 137; 421 n. 269; 423 n.275 Evemero: 153; 652 n. 806 Festo: 18; 49; 54; 167; 169; 300 n. 29; 370 n. 173; 513 n. 448; 540 n. 481; 542 nn. 487, 490; 543 nn. 490-491; 544 n. 491; 545 n. 491; 546 n. 491; 548 n. 494; 549 nn. 497-500; 550 n. 501 Fidia: 237 Filometore: 17; 48; 127; 129; 131; 405 n. 239; 406 n. 239; 409 n. 246; 410 n. 247; 438 n. 306; 489 n. 403 Filostrato: 23; 25; 34 n. 37; 69; 279 n. 3; 283 nn. 11-12; 284 n. 13; 288 nn. 19-20; 288 n. 23; 297 n. 26; 323 n. 94; 324 n. 97; 326 n. 102; 326 n. 103; 340 n. 119; 379 nn. 187, 189; 380 n. 192193,198; 390 n. 224; 397 n. 230; 399 n. 231; 402 n. 235; 407 n. 241; 409 n. 245; 413 n. 250; 414 n. 251; 438 n. 307; 439 n.

INDICE DEI NOMI

307; 440 n. 310; 455 n. 350; 496 n. 409; 520 n. 468; 552 n. 511; 563 n. 558; 591 n. 625; 606 n. 672; 609 n. 677; 612 n. 688; 623 n. 720; 664 n. 851; 665 n. 851; 667 n. 869 Gaiba: 73; 295 n. 26; 297 nn. 27-28; 298 n. 28; 399 n. 231 Gallieno: 83; 307 n. 49; 319 n. 84; 380 n. 197 Gerione: 195 Giamblico: 14; 15; 16; 24; 25; 28 n. 20; 31; 35; 41; 48; 50; 54; 55; 85; 87; 89; 93; 95; 97; 99; 101; 139; 287 n. 16; 291 n. 25; 321 n. 87; 322 n. 89; 322 nn. 89, 91-92; 323 nn. 92, 95; 325 nn. 100101; 326 n. 106; 327 n. 105; 328 n. 106; 329 n. 106; 330 n. 106; 331 n. 106; 332 n. 106; 333 n. 106; 334 n. 108; 335 nn. 108-109; 336 nn. 110-112; 337 n. 114; 338 n. 114; 339 n. 114; 340 nn. 118-119; 341 nn. 120-121, 123; 342 n. 123; 343 n. 123; 344 n. 123; 345 n. 123; 347 nn. 130-131; 348 n. 135; 350 n. 139; 351 nn. 139-140; 353 n. 145; 354 nn. 146-147; 376 n. 182; 377 n. 182; 378 n. 182; 379 n. 190; 384 n. 210; 387 n. 214; 390 n. 224; 395 n. 229; 399 n. 231; 400 n. 232; 401 n. 234; 402 n. 235; 405 n. 239; 407 n. 241; 412 n.

731

250; 413 n. 250; 414 n. 251; 429 n. 289; 434 n. 299; 436 n. 304; 438 n. 305; 447 n. 334; 451 n. 341; 457 n. 354; 458 nn. 355-356; 459 n. 357; 486 n. 403; 487 n. 403; 488 n. 403; 489 n. 403; 491 n. 403; 492 n. 403; 497 n. 415; 509 n. 438; 534 n. 474; 535 n. 477; 553 n. 512; 556 n. 526; 557 n. 533; 659 n. 821; 664 n. 851; 665 nn. 851, 858 Giganti: 135 Gioviano: 159; 507 n. 434; 508 nn. 434-436; 515 n. 454; 615 n. 695; 635 n. 765 Giuliano (Imperatore): 14; 17; 18; 20; 21; 22; 23; 26 n. 15; 30; 32; 33; 37; 41; 49; 51; 54; 107; 141; 143; 145; 147; 149; 151; 153; 157; 159; 163; 165; 173; 177; 217; 225; 231; 233; 245; 257; 279 n. 2; 289 n. 24; 300 n. 29; 326 n. 103; 337 n. 113; 340 n. 119; 341 n. 123; 348 n. 135; 351 n. 142; 355 n. 148; 358 n. 153; 360 nn. 158-159; 370 n. 173; 372 n. 174; 373 n. 177; 375 n. 179; 380 n. 193; 391 n. 225; 404 n. 238; 405 n. 239; 430 n. 291; 431 n. 292; 433 n. 295; 437 n. 305; 438 nn. 305-306; 439 n. 309; 440 nn. 311, 314-315; 441 nn. 316-318; 442 n. 318; 443 nn. 318-320; 444 nn. 321, 323-324; 445 nn. 325-327;

732

INDICE DEI NOMI

446 nn. 328-329, 331, 334; 447 n. 334; 449 n. 337; 451 n. 344; 452 nn. 344, 346; 458 nn. 356-357; 459 n. 357; 460 n. 357; 461 nn. 357-359; 462 n. 359; 463 nn. 359-360; 464 n. 363; 466 n. 368; 471 nn. 374, 376; 472 nn. 376, 378-379; 473 n. 379; 474 n. 379; 475 n. 379; 476 n. 379; 477 n. 380; 478 nn. 380-382; 479 nn. 382-383; 480 nn. 385386; 481 nn. 388-389; 482 nn. 390-391; 483 n. 391; 484 nn. 392-393; 485 nn. 393, 395-397; 486 n. 403; 491 n. 403; 492 n. 403; 493 n. 403; 494 nn. 403-404; 496 n. 410; 497 nn. 415416, 418, 421; 498 nn. 421422; 499 n. 428; 500 n. 429; 501 n. 432; 502 nn. 432-433; 503 n. 433; 504 n. 403; 505 n. 433; 506 n. 433; 507 nn. 433-434; 508 n. 436; 509 n. 438; 514 n. 454; 515 nn. 454-455; 521 n. 469; 524 n. 469; 525 n. 469; 526 n. 469; 527 n. 469; 535 n. 477; 540 n. 482; 548 n. 493; 550 n. 503; 551 n. 504; 556 n. 526; 558 n. 538; 559 n. 540; 563 n. 558; 564 n. 562; 565 n. 562; 570 n. 572; 579 n. 592; 590 n. 620; 596 n. 639; 602 nn. 654, 657; 608 n. 676; 615 n. 697; 616 n. 697; 617 n. 699; 618 nn. 699, 701-702; 620 n. 703; 624 n. 726; 625

nn. 729-730; 626 n. 730; 631 n. 750; 635 n. 765; 636 nn. 765-766; 637 n. 768; 640 n. 772; 643 n. 787; 645 n. 790; 649 n. 799; 650 n. 799; 651 n. 805; 652 n. 806; 653 n. 806; 654 nn. 809, 812; 661 nn. 833-834; 662 nn. 838, 840; 663 nn. 844-846 Giuliano (di Cappadocia): 15; 19; 52; 54; 177; 179; 181; 183; 185; 193; 195; 241; 556 n. 526; 557 nn. 526, 532; 559 n. 539; 560 n. 547; 561 n. 553; 564 n. 560; 565 n. 563; 574 nn. 576, 578; 579 n. 594; 580 nn. 595, 598-599; 581 n. 601; 582 nn. 602-604; 584 n. 607; 588 n. 618; 591 n. 626; 597 n. 641; 598 n. 643; 599 n. 645; 621 n. 708; 622 nn. 709, 715; 624 n. 722; 628 n. 736; 643 n. 787; 644 n. 787 Giusto: 22; 36; 263; 265; 267; 665 n. 854 Grazie/Cariti: 85; 211; 275; 323 n. 94; 339 n. 117 Icaro: 173 Idra: 203 Ilario: 54; 173; 175; 555 n. 518; 556 n. 522 ilario (governatore d'Asia): 22; 36; 265; 665 nn. 853, 856 Imerio: 15; 16; 20; 31; 39; 41; 55; 207; 225; 462 n. 359; 559 n. 543; 565 n. 562; 575 n. 580; 587 n. 616; 598 n. 643; 604 n. 662; 624 nn.

INDICE DEI NOMI

726-727; 625 n. 729; 627 nn. 731, 733-734; 640 n. 771 lnnocenzio: 253; 660 n. 826828 Ionico: 15; 21; 249; 645 n. 789; · 656 n. 817; 657 n. 820; 658 n. 820; 660 nn. 823,825 Laispodia: 233; 634 nn. 763764 Libanio: 15; 21; 31; 33; 34 n. 37; 37; 39; 41; 55; 229; 231; 237; 291 n. 25; 292 n. 25; 349 n. 136; 351 n. 142; 355 n. 148; 358 n. 151; 359 n. 157; 360 nn. 158-159; 361 n. 161; 363 n. 167; 364 n. 169; 371 n. 173; 380 n. 197; 381 n. 198; 382 nn. 200, 204; 425 n. 282; 426 n. 283; 429 nn. 289-291; 431 n. 291; 433 n. 295; 437 n. 305; 438 n. 306; 440 n. 315; 441 nn. 315, 317; 442 n. 318; 444 nn. 323-324; 445 n. 325; 446 nn. 327, 331; 450 n. 339; 458 n. 356; 459 n. 357; 460 n. 357; 461 n. 359; 462 n. 359; 467 n. 369; 468 nn. 369, 374; 469 n. 374; 472 n. 376; 473 n. 379; 475 n. 379; 477 n. 380; 479 n. 382; 480 nn. 385-386; 482 n. 390; 485 n. 393; 495 n. 405; 496 n. 410; 497 n. 415; 500 n. 428; 502 n. 433; 506 n. 433; 510 n. 438; 513 nn. 447-449; 517 n. 467; 527 n. 469; 531 n. 471; 532 n. 472; 536 n.

733

479; 490; 491; 497;

542 n. 487; 543 n. 544 n. 491; 545 n. 548 n. 493; 549 n. 550 n. 503; 555 n. 518;557 nn.530,532;558 n. 538; 559 nn. 540, 543; 560 n. 546; 561 n. 550; 563 n. 558; 564 n. 562; 565 n. 562; 566 n. 565; 566 n. 569; 568 n. 572; 569 n. 572; 570 n. 572; 575 n. 580; 576 n. 580; 578 n. 590; 579 nn. 593-594; 581 nn. 600-601; 582 n. 602; 583 n. 605; 584 nn. 608-

609; 585 n. 614; 586 nn. 614-615; 587 nn. 615-616; 588 n. 618; 589 n. 618; 593 n. 632; 595 n. 638; 596 n. 639; 598 n. 643; 600 nn. 649-650; 601 nn. 650-651; 603 n. 658; 604 n. 658; 605 n. 663; 607 n. 674; 611 n. 682; 612 n. 688; 613 n. 690; 618 n. 699; 620 n. 704; 621 nn. 707-708; 622 nn. 709, 713, 715; 623 n. 718; 624 n. 722; 625 nn. 729-730; 628 n. 737, 739, 742; 629 nn. 744, 746; 630 n. 746-749; 631 nn. 750751, 754; 632 nn. 755-758· 634 n. 764; 635 n. 765; 636 nn. 765-766, 768; 637 n. 768; 638 nn. 768-769; 639 nn. 769-771; 640 n. 771; 641 nn. 772-773, 776-777; 642 n. 778; 646 n. 792 Longino: 77; 301 n. 31; 303 nn. 36-37; 304 n. 41; 305 nn. 42-43; 306 n. 45 Luciano: 34 n. 38; 71; 288 n.

734

INDICE DEI NOMI

22; 358 n. 154; 390 n. 224; 423 n. 278; 446 n. 333; 455 n. 352; 463 n. 359; 596 n. 639; 610 n. 681; 613 n. 690; 651 nn. 803, 805 Magno: 15; 21; 52; 243; 245; 620 n. 704; 645 n. 789; 646 n. 792; 647 n. 793; 648 n. 793; 650 n. 801; 651 n. 801 Maleo: 77; 304 nn. 40-41; 305 n.41 Marcella: 55; 83; 282 n. 7; 316 nn. 75-77; 317 nn. 77-79; 384 n. 210; 553 n. 512 Massimo (di Efeso): 15; 16; 17; 18; 21; 22; 25; 30; 31; 32; 40; 41; 49; 50; 51; 54; 127; 129; 141; 143; 145; 147; 149; 151; 153; 155; 159; 161; 163; 165; 167; 169; 239; 255; 257; 321 n. 87; . 348 n. 135; 384 nn. 209210; 385 n. 211; 405 n. 239; 406 nn. 239-241; 408 n. 242; 409 nn. 245-246; 410 n. 247; 437 n. 305; 438 nn. 305-306; 441 n. 318; 445 n. 325; 450 n. 340; 451 nn. 340, 344; 452 n. 346; 454 n. 348; 455 nn. 351, 353; 456 n. 353; 457 n. 353; 458 nn. 356-357; 459 n. 357; 460 n. 357; 461 nn. 357-358; 480 n. 386; 485 nn. 397, 403; 486 n. 403; 489 n. 403; 490 n. 403; 491 n. 403; 492 n. 403; 493 n. 403; 494 nn. 403-404; 496 nn. 409-410, 412-413; 498 nn. 421, 423-424; 500 nn. 428-429; 503 n. 433; 504 n.

403; 505 n. 433; 510 nn. 438-440; 512 nn. 443-444; 513 n. 447; 517 nn. 464, 467; 518 n. 468; 519 n. 468; 520 n. 468; 521 n. 468; 522 n. 469; 523 n. 469; 524 n. 469; 525 n. 469; 526 n. 469; 527 n. 469; 528 n. 469; 529 n. 469; 530 nn. 469-470; 531 n. 471; 534 n. 475; 535 nn. 475-477; 536 n. 478; 537 n. 480; 538 n. 480; 539 n. 481; 540 n. 481; 541 nn. 484-486; 543 n. 491; 544 n. 491; 545 n. 491; 546 n. 491; 550 nn. 503-504; 551 n. 504; 553 n. 513; 556 n. 523; 585 n. 611; 587 n. 618; 620 n. 704; 625 n. 729; 642 nn. 780, 782-783; 652 n. 806; 654 nn. 809810; 661 n. 833; 662 nn. 835, 837; 663 n. 844 Massimo (allievo di Proeresio): 189 Melite: 157; 497 n. 417 Menippo: 69; 288 n. 20 Milesio: 211; 215; 605 n. 665; 606 n. 669 Moire: 127 Muse: 177; 323 n. 94; 391 n. 225; 560 n. 547; 570 n. 572; 592 n. 630; 624 n. 723 Musonio (cinico): 69; 288 n. 20; 296 n. 26 Musonio (sofista): 215; 614 nn. 694-695; 615 n. 695; 619 n. 702 Nemesi (dee): 169; 549 n. 499; 550 n. 501

INDICE DEI NOMI

Nerone: 73; 284 n. 13; 285 n. 13; 293 n. 26; 294 n. 26; 295 n. 26; 297 n. 27 Nicia: 163 Ninfidiano: 15; 41; 141; 239; 438 n. 306; 642 n. 780; 643 n. 786 Odisseo: 79; 199; 307 n. 50; 362 n. 163; 388 n. 217 Omero: 123; 221; 237; 307 nn. 50-51, 55-56; 362 n. 163; 390 n. 222; 391 n. 225; 442 n. 318; 495 n. 406; 496 n. 408; 497 n. 421; 587 n. 617; 611 n. 683 Orfeo: 259; 559 n. 543 Oribasio: 14; 15; 21; 23; 32; 44; 45; 50; 51; 153; 245; 247; 249; 273; 443 n. 319; 483 n. 391; 484 nn. 392393; 494 n. 403; 578 n. 590; 625 n. 729; 645 n. 789; 649 n. 799; 650 nn. 799-800; 651 nn. 801, 803, 805; 652 n. 806; 653 n. 806; 654 nn. 809-810; 656 n. 814; 670 nn. 877,880 Origene: 81; 311 n. 64; 312 n. 64; 313 n. 68 Otone: 73; 295 n. 26; 297 n. 28; 298 n. 28; 399 n. 231 Paolo: 83 Pamasio: 15; 16; 195; 227; 582 n. 604; 583 nn. 604, 607; 584 n. 607; 624 n. 722; 628 n.736 Pericle: 243; 410 n. 247; 440 n. 311; 649 n. 796 Pisistrato: 197 Pitagora: 25; 26; 55; 181; 255; 282 n. 7; 287 n. 16; 379 n.

735

187; 387 n. 214; 399 n. 231; 402 n. 235; 406 n. 241; 407 n. 241; 408 n. 241; 414 n. 251; 429 n. 289; 509 n. 438; 562 n. 555; 604 n. 662 Platone: 23; 47 n. 66; 69; 73; 85; 93; 191; 255; 269; 283 n. 13; 284 n. 13; 285 n. 13; 286 n. 13; 295 n. 26; 319 n. 84; 321 n. 87; 323 n. 94; 346 n. 128; 384 n. 207; 410 n. 247; 417 n. 257; 447 n. 335; 453 n. 347; 491 n. 403; 495 n. 407; 509 n. 438; 551 n. 507; 562 n. 555; 571 n. 574; 572 n. 574; 579 n. 592; 590 n. 620; 610 n. 681; 661 n. 832; 666 n. 864; 667 n. 865 Plotino: 14; 16; 23; 25; 54; 55; 75; 77; 79; 284 n. 13; 300 n. 30; 301 nn. 30-31; 302 nn. 32-35; 303 n. 37; 304 n. 41; 305 n. 44; 306 nn. 4547; 307 nn. 48-49, 56; 308 n. 58; 309 nn. 58-59; 310 n. 60; 311 nn. 62, 64; 312 nn. 64-65; 313 n. 66; 314 n. 68; 317 n. 80; 318 nn. 81-82; 333 n. 106; 342 n. 123; 343 n. 123; 374 n. 179; 384 n. 210; 390 n. 224; 398 n. 230; 405 n. 239; 412 n. 250; 450 n. 338; 458 n. 356; 486 n. 403; 491 n. 403; 513 n. 445; 552 n. 512; 631 n. 753 Plutarco: 69; 71; 286 n. 14; 296 n. 26; 339 n. 118; 380 n. 193; 395 n. 229; 513 n. 445; 515 n. 456; 607 n.

736

INDICE DEI NOMI

674; 608 n. 676; 634 n. 763; 649 n. 796; 664 n. 848 Pluteo: 169; 550 n. 502 Porfirio: 14; 15; 16;23;25;26 n. 15; 50; 54; 55; 69; 75; 77; 79; 81; 83; 85; 281 n. 7; 282 n. 9; 283 n. 13; 285 n. 13; 294 n. 26; 295 n. 26; 301 nn. 30-31; 302 n. 33; 303 n. 37; 304 nn. 40-41; 305 nn. 41, 44; 306 nn. 4547; 307 nn. 49, 55; 308 n. 58; 309 nn. 58-60; 310 nn. 60-61; 311 nn. 62, 64; 312 n. 65; 313 n. 66; 314 nn. 70-72; 317 nn. 77-81; 318 n. 81; 319 n. 84; 322 nn. 89, 92; 323 nn. 92, 94; 325 n. 100; 341 n. 123; 343 n. 123; 379 n. 187; 384 n. 210; 388 n. 218; 390 n. 224; 395 n. 229; 398 n. 230; 399 n. 231; 402 n. 235; 405 n. 239; 407 n. 241; 412 n. 250; 413 n. 251; 436 n. 304; 438 n. 305; 450 n. 338; 458 n. 356; 486 n. 403; 488 n. 403; 491 n. 403; 493 n. 403; 552 n. 512; 665 n. 851 Priarno: 197 Prisco: 15; 18; 25; 31; 32; 50; 51; 143; 145; 155; 157; 159; 171; 173; 348 n. 135; 446 n. 331; 450 n. 339; 458 n. 356; 462 n. 359; 463 n. 362; 466 n. 368; 467 n. 368; 486 n. 403; 491 n. 403; 493 n. 403; 497 nn. 415, 419; 498 nn. 422-423; 500 nn. 428-429; 503 n. 433; 504 n. 403; 509 n.

438; 510 n. 439; 527 n. 469; 550 nn. 503-504; 551 nn. 508-509; 553 n. 514; 555 nn. 515-518; 625 n. 729; 664 n. 848; 668 n. 872 Probo: 83; 319 n. 84 Procopio (usurpatore): 161; 510 n. 440; 514 nn. 451452; 515 n. 458; 517 n. 463; 529 n. 469; 530 n. 469; 654 n. 810 Procopio (allievo di Ellespontio): 54; 271; 670 n.879 Proeresio: 14; 15; 18; 19; 20; 31; 36; 40; 41; 50; 51; 52; 54; 177; 183; 187; 189; 191; 193; 195; 197; 199; 201; 203; 205; 209; 211; 213; 215; 217; 219; 221; 225; 229; 241; 321 n. 87; 385 n. 211; 430 n. 291; 462 n. 359; 463 n. 360; 557 n. 533; 558 nn. 534, 536-538; 559 nn. 540-541; 560 n. 547; 561 n. 550; 563 n. 556; 564 n. 561-562; 565 nn. 562-563; 566 n. 567; 567 n. 570; 572 n. 574; 574 n. 578; 577 n. 587; 578 n. 590; 579 n. 594; 584 n. 607; 585 n. 612; 587 nn. 616, 618; 588 n. 618; 589 n. 619; 590 n. 624; 591 n. 626; 592 n. 629; 593 nn. 633-634; 595 n. 636; 596 n. 640; 597 n. 640-641, 643; 598 n. 643; 599 n. 645; 601 n. 650; 605 n. 666; 606 nn. 670-671; 607 n. 674; 608 n. 676; 609 nn. 676-677; 610 n. 677, 680; 611 n. 683;

INDICE DEI NOMI

612 n. 688; 614 n. 694; 615 n. 697; 616 nn. 697-698; 617 n. 699; 618 nn. 699, 702; 619 n. 703; 620 n. 703; 621 nn. 707-708; 622 nn. 710, 715, 718; 623 n. · 718; 624 nn. 722, 726-727; 625 n. 730; 626 n. 730; 627 nn. 731, 734; 631 n. 750; 640 n. 772; 644 n. 787 Proterio: 173; 555 n. 517 Romano: 137; 421 n. 269; 423 n.277 Salustio: 163; 165; 514 n. 454; 515 nn. 455, 457; 517 n. 466; 525 n. 469; 526 n. 469; 625 n. 729 Sapore: 16; 113; 115; 355 n. 148; 356 n. 148; 380 nn. 196-198; 381 n. 200; 383 n. 205; 385 n. 211; 400 n. 232 Seleuco: 229 Senocrate: 85; 323 n. 94 Senofonte: 65; 361 n. 160; 428 n. 287; 658 n. 820 Serapide: 131; 135; 419 n. 266; 425 n. 280; 426 n. 284 Severo (Settimio?): 73; 284 n. 13; 285 n. 13; 293 n. 26; 295 n. 26; 296 n. 26 Sirene: 113; 380 n. 193 Socrate: 103; 107; 133; 259; 358 nn. 153-154; 361 n. 161; 406 n. 240; 417 n. 257; 428 n. 287; 530 n. 469; 610 n. 681 Sopatro: 16; 18; 25; 85; 101; 103; 105; 107; 109; 348 n. 135; 354 nn. 146-147; 356 n. 148; 357 n. 150; 358 n.

737

153; 361 n. 161; 362 n. 166; 366 n. 172; 367 n. 172; 368 n. 172; 369 n. 172; 372 n. 174; 374 n. 179; 375 n. 179; 376 n. 180; 382 n. 205; 546 n. 491; 548 n. 494 Sopolide: 15; 16; 20; 41; 54; 195; 223; 582 n. 604; 583 nn. 604-605, 607; 584 n. 607; 624 n. 722; 628 n. 736 Sosipatra: 14; 15; 16; 25; 27; 48; 51; 117; 119; 123; 125; 127; 129; 131; 133; 321 n. 87; 341 n. 121; 348 n. 135; 377 n. 182; 384 n. 210; 385 n. 211; 386 n. 212; 388 n. 219; 389 n. 219; 390 nn. 220-223; 391 n. 225; 392 n. 227; 393 n. 227; 394 n. 227; 395 nn. 229-230; 396 n. 230; 397 n. 230; 399 n. 231; 400 n. 232; 401 nn. 233-235; 402 n. 235; 404 n. 238; 405 n. 239; 406 n. 241; 409 n. 245; 410 n. 248; 411 n. 248; 412 n. 249; 413 n. 250; 414 n. 251; 417 nn. 257-259; 419 n. 263; 434 n. 299; 438 n. 306; 489 n. 403 Sozione: 23; 69; 281 nn. 7-9; 283 n. 13; 284 n. 13; 285 n. 13; 286 n. 13; 293 n. 26; 294 n. 26; 295 n. 26; 296 n. 26; 387 n. 214 Tacito: 83; 319 n. 84 Temi: 201 Temistocle: 179; 181; 183; 185; 561 n. 550; 561 n. 553; 563 n.556

738

INDICE DEI NOMI

Teodoro: 18; 49; 85; 325 nn. 100-101 Teodosio: 18; 29; 33; 35; 37; 135; 169; 292 n. 25; 300 n. 29; 420 n. 269; 423 n. 274; 425 n. 282; 464 nn. 362363; 465 n. 364; 466 n. 368; 467 n. 368; 467 n. 369; 508 n. 434; 527 n. 469; 549 n. 497; 551 n. 506; 554 n. 515; 555 nn. 515-516; 556 n. 521; 561 n. 550; 633 n. 760; 635 n. 765; 636 n. 768; 637 n. 768; 638 n. 768; 663 nn. 845-846; 666 n. 860 Teoft.lo: 17; 37; 48; 135; 420 n. 269; 421 n. 269; 422 nn. 269, 271; 423 n. 274 Teone: 251; 660 nn. 824-825 Tito: 73; 298 n. 28; 399 n. 231 Trittolemo: 40; 215; 610 n. 677; 611 n. 682 Tusciano: 54; 177; 181; 183; 199; 558 nn. 536, 538; 601 n. 650; 640 n. 772 Ulpiano: 193; 564 n. 562 Valente: 18; 29; 33; 35; 49; 159; 161; 163; 300 n. 29; 370 n. 173; 419 n. 264; 431 n. 292; 508 n. 434; 509 nn. 437-438; 513 n. 447; 514 nn. 451, 453; 515 nn. 455,

458; 516 n. 459; 524 n. 469; 525 n. 469; 526 n. 469; 527 n. 469; 531 n. 471; 532 n. 472; 533 n. 474; 536 n. 479; 537 n. 480; 539 n. 481; 540 nn. 481-483; 541 nn. 484, 486; 542 n. 490; 543 n. 490; 545 n. 491; 546 n. 491; 547 n. 493; 548 n. 493; 549 nn. 497, 500; 550 n. 503; 551 n. 504; 553 n. 513; 633 n. 760; 638 n. 768; 654 nn. 809-810; 662 n. 838; 663 nn. 845-846 Valentiniano: 159; 161; 452 n. 346; 464 n. 362; 493-494 n. 403; 509 n. 437; 513 n. 447; 524 n. 469; 525 n. 469; 526 n. 469; 527 n. 469; 532 n. 472; 540 n. 482; 545 n. 491; 553 n. 513; 635 n. 765; 638 n. 768; 654 n. 809; 662 n. 838; 663 nn. 845-846 Vespasiano: 26 n. 13; 73; 298 n.28 Vitellio: 73; 295 n. 26; 297 n. 28; 298 n. 28; 399 n. 231 Zenone: 15;21;241;243;245; 249; 643 n. 787; 644 nn. 787-788; 645 n. 790; 646 n. 791; 649 n. 799

INDICE DEI LUOGHI GEOGRAFICI*

Africa: 153; 373 n. 175; 516 n. 460; 652 n. 806 Alessandria: 49; 97; 133; 135; 141; 215; 243; 346 n. 128; 384 n. 210; 414 n. 252; 416 n. 255; 418 n. 260; 421 n. 269; 422 n. 271; 423 nn. 273-274; 428 n. 287; 431 n. 292; 432 n. 293; 442 n. 318; 554 n. 515; 573 n. 574; 613 n. 690; 614 n. 693; 620 n. 704; 621 n. 704; 643 n. 787; 646 n. 792 Antiochia: 113; 167; 193; 229; 286 n. 16; 337 n. 113; 380 n. 197; 495 n. 405; 497 n. 415; 503 n. 433; 516 n. 462; 528 n. 469; 531 n. 471; 541 n. 486; 543 n. 490; 545 n. 491; 546 n. 491; 550 n. 503; 564 n. 562; 570 n. 572; 574 n. 578; 579 n. 594; 586 n. 614; 587 nn. 615-616; 625 n. 730; 628 n. 737; 633 n. 760; 635 n. 765; 637 n. 768; 641 nn. 774, 776 Antiochia (Nisibi): 243; 620 n. 704 Apamea: 271; 335 n. 111; 577 n.583 Arabia: 195; 221 Armenia: 189; 193; 574 n. 578

Asia: 13 n. 2; 18; 22; 103; 111; 117; 127; 151; 155; 161; 163; 167; 169; 187; 197; 263; 265; 321 n. 87; 350 n. 138; 359 n. 157; 363 n. 167; 373 n. 175; 444 n. 324; 445 n. 325; 452 n. 346; 459 n. 357; 495 n. 405; 513 nn. 448-449; 514 n. 453; 516 nn. 459-460; 517 nn. 462-463; 520 n. 468; 523 n. 469; 524 n. 469; 529 n. 469; 530 n. 469; 542 n. 487; 543 n. 490; 544 n. 491; 549 nn. 497, 499-500; 585 n. 611; 592 n. 630; 614 n. 695; 618 n. 702; 619 n. 702; 665 n. 853 Atene: 19; 20; 40; 41; 71; 83; 173; 175; 177; 185; 187; 189; 191; 193; 195; 197; 199; 209; 213; 215; 217; 219; 225; 229; 239; 245; 263; 286 n. 14; 301 n. 31; 304 n. 41; 341 n. 123; 346 n. 128; 353 n. 144; 358 n. 155; 361 n. 161; 366 n. 172; 379 n. 189; 446 n. 328; 450 n. 339; 461 n. 359; 461 n. 359; 462 n. 359; 463 nn. 359-360; 470 n. 374; 509 n. 438; 510 n.

* I numeri in grassetto rinviano alle pagine del testo italiano; quelli in corpo normale alle pagine della Introduzione e delle note.

740

INDICE DEI LUcx;HI GEcx;RAF1CI

439; 512 n. 444; 550 n. 503; 556 n. 522; 559 nn. 541, 543; 561 n. 550; 564 n. 562; 565 nn. 562, 565; 566 nn. 565-567, 569; 567 n. 570; 568 n. 572; 569 n. 572; 570 n. 572; 572 n. 574; 575 n. 580; 577 n. 584; 580 n. 596; 581 nn. 599-601; 583 n. 605; 584 n. 608; 586 n. 615; 597 n. 643; 604 n. 662; 607

nn. 674, 676; 608 n. 676; 609 nn. 676-677; 610 nn. 677, 680; 614 nn. 693- 695; 618 n. 702; 620 n. 703; 621 n. 708; 622 nn. 709, 713, 715; 624 nn. 725-726; 627 n. 731 Baia: 89; 339 n. 115 Berito: 205; 584 n. 608; 599 n. 646; 600 nn. 649-650 Bisanzio: 103; 286 n. 16; 358 n. 155; 438 n. 305 Bitinia: 54; 69; 109; 173; 197; 207; 225; 271; 442 n. 318; 443 n. 319; 445 n. 327; 590 n. 622; 624 n. 727; 630 n. 747 Caistro: 117 Calcide: 28 n. 20; 31; 85; 322 n. 89; 323 n. 95; 325 n. 101; 344 n. 123; 453 n. 346; 486 n. 403; 488 n. 403; 557 n. 533 Canopo: 17; 131; 133; 135; 137; 392 n. 227; 416 n. 255; 417 n. 259; 418 n. 260; 420 n. 267; 432 n. 293 Cappadocia: 85; 99; 111; 177; 350 n. 138; 400 n. 232; 442 n. 318; 444 n. 324; 445 nn.

325, 327; 446 n. 327; 565 n. 563; 574 nn. 576, 578; 586 n. 615; 613 n. 689; 643 n. 787 Caria:77;143;163;197 Castalia (fonte): 223 Cefalonia: 173 Celesiria: 85; 229; 322 n. 88; 350 n. 138 · Cesarea: 237; 389 n. 219; 442 n. 318; 556 n. 527; 564 n. 562; 566 n. 565; 574 n. 578; 580 n. 596 Chio: 191 Corinto: 175; 560 n. 545 Costantinopoli: 17; 103; 155; 157; 165; 231; 265; 325 n. 98; 352 n. 142; 354 n. 147; 359 nn. 156-157; 360 n. 158; 361 n. 161; 363 n. 167; 364 n. 169; 367 n. 172; 368 n. 172; 369 n. 172; 373 nn. 175-176; 442 n. 318; 443 n. 319; 444 n. 324; 445 n. 325; 469 n. 374; 478 n. 382; 496 n. 410; 497 n. 415; 498 n. 425; 513 n. 448; 522 n. 469; 523 n. 469; 525 n. 469; 526 n. 469; 528 n. 469; 531 n. 471; 550 n. 503; 584 nn. 608-609; 587 n. 616; 613 n. 690; 624 n. 726; 625 n. 729; 626 n. 730; 628 n. 737; 629 n. 743-744, 746; 630 nn. 748749; 632 n. 758; 650 n. 799 Efeso: 15; 16; 17; 22; 30; 40; 41; 49; 117; 145; 149; 321 n. 87; 384 nn. 209-210; 385 n. 211; 407 n. 241; 414 n. 251; 438 n. 305; 438 n.

INDICE DEI LUOGHI GEOGRAFICI

306; 445 n. 325; 459 n. 357; 460 n. 357; 461 n. 359; 480 n. 386; 496 n. 409; 505 n. 433; 520 n. 468; 524 n. 469; 539 n. 481; 541 n. 484; 544 n. 491; 550 nn. 503-504; 551 n. 504; 553 n. 513; 585 n. 611; 587 n. 618; 609 n. 677; 642 nn. 780, 782; 652 n. 806; 654 nn. 809-810; 662 n. 835; 663 n. 844 Egitto: 17; 20; 69; 103; 137; 197; 217; 286 nn. 14-15; 300 n. 30; 360 n. 158; 373 n. 175; 415 n. 255; 416 n. 255; 423 n. 274; 455 n. 353; 613 nn. 691, 693; 614 n. 693; 619 n. 703; 620 n. 704; 665 n. 853 Ellade/Grecia: 20; 35; 85; 99; 103; 117; 145; 149; 151; 153; 157; 159; 173; 207; 213; 350 n. 138; 358 n. 153; 380 n. 198; 384 n. 206; 429 n. 291; 443 n. 319; 462 n. 359; 464 n. 362; 466 n. 368; 467 n. 368; 468 n. 374; 469 n. 374; 470 n. 374; 471 n. 374; 485 n. 395; 543 n. 490; 550 n. 503; 551 n. 504; 554 n. 515; 555 n. 516; 556 n. 523; 568 n. 572; 602 n. 657; 605 n. 662; 655 n. 813 Ellesponto: 163; 197 Eufrate: 243 Europa: 187; 361 n. 161; 513 n.449 Fenicia: 103

741

Gadara: 48; 89 Galazia: 54; 267 Gallia: 17; 33; 151; 211; 213; 251; 267; 400 n. 232; 441 n. 316; 443 n. 319; 463 n. 360; 472 n. 378; 477 n. 380; 478 n. 381; 480 n. 385; 484 n. 392; 497 n. 415; 503 n. 433; 514 n. 454; 542 n. 490; 550 n. 503; 590 n. 620; 606 n. 671; 616 n. 697; 649 n. 799; 665 n. 853 Illiria: 107; 373 n. 175; 437 305; 459 n. 357; 496 410; 558 n. 538; 600 650; 601 n. 650; 604 662; 665 n. 853

n. n. n. n.

Libia: 79; 153; 197; 307 n. 54 Licia: 197; 592 n. 630 Lico/Licopoli: 75; 300 n. 30; 301 n. 30; 318 n. 83 Lidia: 17; 22; 157; 157; 159; 163; 189; 197; 217; 259; 353 n. 144; 492 n. 403; 494 n. 403; 498 n. 425; 499 nn. 425-426; 567 n. 570; 576 n. 583; 619 n. 703 Lilibeo: 79; 307 n. 54; 308 n. 58 Maratona: 221 Mindo: 17; 49; 143; 451 n. 344; 490 n. 403 Misia: 97 Nicomedia: 231; 318 n. 83; 442 n. 318; 445 n. 325; 570 n. 572; 584 n. 608; 586 n. 615; 587 n. 616; 590 n. 622; 598 n. 643; 612 n. 688; 630 nn. 747-748 Nilo: 17; 131; 133; 414 n. 252 Nisibi: 243

742

INDICE DEI LUOGHI GEOGRAFICI

Oceano: 125 Palestina: 237 Panfilia: 163; 197 Pergamo: 14; 16; 17; 41 n. 56; 97; 111; 127; 143; 153; 163; 171; 245; 253; 267; 335 n. 109; 348 n. 135; 400 n. 232; 401 n. 233; 447 n. 334; 462 n. 359; 541 n. 486; 651 n. 803 Pireo: 187; 567 nn. 570-571; 585 n. 613; Pisidia: 163 Ponto: 197; 359 n. 157; 665 n. 853 Reno: 151; 211; 480 nn. 384385 Roma: 77; 83; 95; 205; 213; 263; 287 n. 19; 308 n. 58; 311 n. 64; 350 n. 138; 361 n. 161; 364 n. 169; 366 n. 172; 380 n. 198; 414 n. 251; 420 n. 269; 422 n. 269; 430 n. 291; 437 n. 304; 465 n. 366; 546 n. 491; 600 n. 649; 603 n. 658; 607 n. 674; 612 n. 688; 613 n. 690; 629 n. 744 Salamina: 221 Samosata: 71 Sardi: 13; 20; 22; 23; 30; 38; 45; 87; 143; 157;249;265;267; 271; 275; 282 n. 9; 283 n. 12; 285 n. 13; 286 n. 16; 287 n. 16; 294 n. 26; 297 n. 26; 298 n. 29; 304 n. 41; 305 n. 42; 308 n. 58; 310 n. 60; 312 n. 65; 316 n. 77; 324 n. 97; 325 n. 100; 335 n. 109; 342 n. 123; 347 n. 130; 353 n. 144; 368 n. 172;

377 n. 182; 380 n. 198; 402 n. 235; 417 n. 259; 433 n. 295; 451 n. 344; 469 n. 374; 475 n. 379; 476 n. 379; 491 n. 403; 501 n. 432; 510 n. 439; 539 n. 481; 545 n. 491; 558 n. 536; 567 n. 570; 576 n. 583; 588 n. 618; 604 n. 658; 619 nn. 702-703; 620 n. 703; 632 n. 759; 638 n. 768; 650 n. 800; 653 n. 806; 660 n. 826; 663 n. 844; 669 n. 873; 670 n. 878 Sicilia: 79; 307 n. 49; 308 n. 58; 309 nn. 58-59 Siria: 83; 85; 89; 99; 103; 177; 219; 229; 373 n. 175; 387 n. 214; 404 n. 235; 541 n. 486; 544 n. 491; 622 n. 709 Smirne: 141; 211; 239; 323 n. 94; 414 n. 251; 438 n. 306; 549 n. 499; 591 n. 625; 612 n. 688; 667 n. 867 Sparta: 177; 275; 561 n. 549; 649 n. 795 Tauro: 197 Termopili: 151; 429 n. 291; 469 n. 374 Tesprozia: 161 Tiana: 25; 26; 55; 69; 255; 286 nn. 15-16; 297 n. 26; 376 n. 182; 386 n. 214; 402 n. 235; 407 n. 241; 566 n. 569; 667 n. 869 Tiro: 77; 286 n. 15; 301 n. 31; 304 n. 41; 310 n. 60; 340 n. 119; 380 n. 198; 388 n. 217; 439 n. 307; 496 n. 409; 606 n. 672 Tmolo: 163 Tralle: 215

INDICE GENERALE

7

PREMESSA

13

INTRODUZIONE

l. Le Vite di ftlosofi e sofisti di Eunapio di Sardi

1.1. Struttura compositiva 1.2. I fi'loso/i 1.2. I. Giuliano: l'imperatore filoso/o 1.3. I so/isti 1.4. I medici 2. Le eunapiane Vite di filosofi e sofisti tra biografia e agiografia 3. Le fonti delle biografie eunapiane

13 13 23 30 33 41 45 53

NOTIZIA BIOGRAFICA

57

NOTA CRITICA

59

EUNAPIO, VITE DI FILOSOFI E SOFISTI

63

I

65

II

69

III. PLOTINO IV. PORFIRIO V GIAMBLICO

75

VI. EDESIO VII. MASSIMO VIII. PRisco IX. GIULIANO X. PROERESIO XI. EPIFANIO XII. DIOFANTO XIII. SOPOLIDE XIV. IMERIO XV. PARNASIO XVI. LIBANIO XVII. ACACIO XVIII. NINFIDIANO XIX. ZENONE

77 85 99

141 171 177 187 219 221 223 225 227 229 237 239 241

744

INDICE GENERALE

XX. MAGNO XXI. 0RIBASIO XXII. IONICO XXIII. CRISANZIO XXIV. EPIGONO E BERONICIANO APPARATI NOTE AL TESTO

[III. Plotino] [IV Por/irio] [V Giamblico] [VI. Edesio] [VII. Massimo] [VIII. Prisco] [IX. Giuliano] [X. Proeresio] [XI. Epi/anio] [XII. Diofanto] [XIII. Sopolide] [XIV Imerio] [XV Pamasio] [XVI. Libanio] [XVII. Acacio] [XVIII. Ninfidiano] [XIX. Zenone] [XX. Magno] [XXI. Oribasio] [XXII. Ionico] [XXIII. Crisanzio] [XXIV Epigono e Beroniciano] ABBREVIAZIONI BffiLIOGRAFICHE

a) Edizioni e traduzioni b) Indici, lessici e opere di consultazione c) Riviste d) Bibliografia secondaria

243 245 249 253 275 277 279 300 302 321 347 437

550 556

564 621 622 624 624 628 628

640 642 643 646 649 656 660 671

673 673 674 676 678

INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICI-U CITATI DA EUNAPIO 695 INDICE DEI PASSI DEGLI AUTORI ANTICHI CITATI NELL'INTRODUZIONE E NELLE NOTE 697 INDICE DEI NOMI 727 INDICE DEI LUOGI-U GEOGRAFICI 739 743 INDICE GENERALE

NELLA COLLANA TESTI A FRONTE:*

Abelardo

Teologia del sommo bene Testo latino a fronte. A cura di Marco Rossini. (80) Aurelio Agostino

Amore Assoluto e «Terzp Navigazione» Testo latino a fronte. A cura di Giovanni Reale. (2) Contro gli AcCtJdemici Testo latino a fronte. A cura di Giovanni Catapano. (92) Il Maestro e la parola Testo latino a fronte. A cura di Maria Benetini. (90) Natura del bene Testo latino a fronte. A cura di Giovanni Reale. (37) Soliloqui Testo latino a fronte. A cura di Onorato Grassi. (53) Sull'anima (l; immortalità dell'anima. LA grande1.1.1l dell'anima) Testo latino a fronte. A cura di Giovanni Catapano. (83) Sulla bugia . Testo latino a fronte. A cura di Maria Bettetini. (43)

Alberto Magno L:unità dell'intelletto Testo latino a fronte. A cura di Anna Rodolfi. (102) Anassagora

Frammenti e testimonianze • Sulla natura Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Gilardoni e Giampiero Giugnoli. (66) Anselmo d'Aosta

LA caduta del diavolo Testo latino a fronte. A cura di padre Elia Giacobbe e Giancarlo Marchetti (98)

Monologio e Proslogio • Gaunilone. Dt/esa dell'insipiente • Risposta di Anselmo a Gaunilone Testo latino a fronte. A cura di Italo Sciuto. (S6) Aristotele

L:anima

oa

ediz.) Testo greco a fronte. A cura di Giancarlo Movia. (32)

L:anima e il corpo • Parva NaturalitJ Testo greco a fronte. A cura di Andrea L. Carbone. (67)

* n numero tra parentesi è quello progressivo di pubblicazione.

Il cielo Testo greco a fronte. A cura di Alberto Jori. Prefazione di Giovanni Reale. (63) Etica Nicomachea (4a ediz.) Testo greco a fronte. A cura di Claudio Mazzarelli. (4) Metafisica (5• ediz.) Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale. (l)

Meteorologia Testo greco a fronte. A cura di Lucio Pepe. (81) Poetica (2• ediz.) Testo greco a fronte. A cura di Domenico Pesce. (18)

Problemi Testo greco a &onte. A cura di Maria Fernanda Ferrini (62)

Atomisti antichi Testimonianze e /rammenti (secondo la raccolta di H. Diels e W. Kranz). Testo greco a &onte. A cura di Matteo Andolfo. (44) Francesc:o Bacone

Sapienza degli antichi Testo larino a fronte. A cura di Michele Marchetto. (20)

Ll grande instaurazione. Parte seconda. Nuovo Organo Testo latino a fronte. A cura di Michele Marchetto. (S4)

Dei pn'ncipi e delle origini secontkJ le favole di Cupido e del Cielo ovvero la filosofo di Parmenide e di Telesio e specialmente di Democrito trattata nella favola di Cupido Testo larino a &onte. A cura di Roberto Bondì. Presentazione di Paolo Rossi. (94) George Berkeley

Saggio sulla visione • Trattato sulla conoscenza umana Testo inglese a fronte. A cura di Daniele Bertini. (88) Bonaventura da Bagnoregio

Itinerario dell'anima a Dio Testo latino a fronte. A cura di Letterio Mauro. (57)

Tommaso CampaneUa Apologia per Galileo Testo latino a fronte. A cura di Paolo Ponzio. (38)

Cartesio Discorso sul metodo (2• ediz.) Testo francese a fronte. A cura di Lucia Urbani Ulivi. (59)

Meditazioni metafisiche (2• ediz.) Testo latino a fronte; tr. francese in appendice. A cura di Lucia Urbani Ulivi. (39)

Le passioni dell'anima Testo francese a fronte. A cura di Salvatore Obinu. (73)

Regole per la guida dell'intelligenza Testo latino a fronte; tr. francese in appendice. A cura di Lucia Urbani Ulivi. (9)

Dionisio di Alessandria Descrizione della Te"a abitata Testo greco a fronte. A cura di Eugenio Amato. Con un saggio di Filomena Coccaro Andreou. (93)

Empedocle di Agrigento Frammenti e testimonianze - Origini- Pun'ficazioni Testo greco a fronte. A cura di Angelo Tonelli. (65)

Johann Gottlieh Fichte Fondamento dell'intera dottrina della scienza Testo tedesco a fronte. A cura di Guido Boffi. (84)

Guglielmo d'Ockham Il filoso/o e la politica. Otto questioni circa il potere del papa Testo latino a fronte. A cura di Francesco Camastra. (58)

Johann Georg Hamann Aesthaetica in nuce (una rapsodia in prosa cabbalistica) Testo tedesco a fronte. A cura di Angelo Pupi. (45)

Georg Wdhelm Friedrich Hecel Enciclopedia delle scienze jilosofi'che in compendio (1830) Testo tedesco a fronte. A cura di Vincenzo Cicero.(24) Fenomenologia dello Spirito (3• ediz.) Testo tedesco a fronte. A cura di Vincenzo Cicero. (})

Lineamenti di filosofia del Diritto • Diritto naturale e scienza dello Stato. Testo tedesco a fronte. A cura di Vincenw Cicero. (96)

Dietrich von Hildel:lrand Che cos'è la filosofia? Testo inglese a fronte. Saggio introduttivo e revisione di Paola Premoli De Marchi. Saggio integrativo diJosef Seifen. Tr. di Manuela Pasquini. (46)

Thomas Hobbes Libertà e necessità Testo inglese a fronte. A cura di Andrea Longega. (14)

Edmund Husserl Fenomenologia e teoria della conoscenza Testo tedesco a fronte. A cura di Paolo Volonté. (10)

Pietro lspano Trattato di logica • Summule logica/es Testo latino a fronte. A cura di Augusto Ponzio. (86)

lmmanuel Kant Critica della ragion pratica Testo tedesco a fronte. A cura di Vittorio Mathieu. (8)

Enciclopedia filosofica Testo tedesco a fronte. Introduzione di Giuseppe Landolfi Petrone. Traduzione di Laura Balbiani. (76) Fondazione della metafisica dei costumi Testo tedesco a fronte. A cura di Vittorio Mathieu. (79) Principi meta/isici della scienZJJ della natura Testo tedesco a fronte. A cura di Paolo Pecere. (82) La religione entro i limiti della semplice ragione Testo tedesco a fronte. A cura di Vincenzo Cicero e Massimo Roncoroni. (35)

Gott&ied Wdhelm Leibniz Monadologia (2• ediz.) Testo francese a fronte. A cura di Salvatore Cariati. (26)

Gotthold Ephreim Leesing Gli ebrei Testo tedesco a fronte. A cura di Albeno Jori. (70)

John Loc:ke Sulla tolleranu e l'unità di Dio Testo inglese a fronte. A cura di Mario Montuori. Tr. it. della Epistola de Tolerantia a cura di Vincenzo Cicero. (60)

Raimondo Lullo Arte breve Testo latino a fronte. A cura di Mana M.M. Romano. (69) KsriMarx Di/ferenu tra le filosofie della natura di Democrito e di Epicuro Testo tedesco a &onte. A cura di Diego Fusaro. (89) La questione ebraica Testo tedesco a &onte. A cura eli Diego Fusaro. (100)

John Stuart Mill Sulla libertà (2• ediz.) Testo inglese a &onte. A cura di Giovanni Mollica. (21)

John Milton Areopagitica. Discorso per la libertà di stampa Testo inglese a &onte. A cura di Mariano e Hilacy Gatti (.SO) Michel de Montsigne Apologia di Raymond Sebond Testo francese a fronte. Saggio introduttivo di Diego Fusaro. A cura di Salvatore Obinu. (87) I.:esperienu Testo francese a fronte. A cura di Salvatore Obinu. (97) Musonio Rufo Diatribe, /rammenti e testimonianze Testo greco a fronte. A cura di Daria Ramelli. (31)

Pierre Nicole Sulla commedia

Testo francese a fronte. A cura di Domenico Bosco. (74)

Friedrich Nietzsehe Su verità e menzogna

Testo tedesco a fronte. A cura di Francesco Tomatis. (101)

Novalis I discepoli di Sais Testo tedesco a fronte. A cura di Alberto Reale. (42)

LI Cristianità o Europa

Testo tedesco a fronte. A cura di Alberto Reale. (64)

Joaé Ortega y Gasset Origine ed epilogo della filosofia e altri scritti Testo spagnolo a fronte. A cura di Armando Savignano. (j2) Panezio Testimonianze e/rammenti Testo greco-latino a fronte. A cura di Emmanuele Vunercati. (61)

Parmenide Sulla natura Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale. (28)

Blaise Pascal Pensieri

Testo francese a fronte. Introduzione di Adriano Bausola. Tr. di Adriano Bausola e Remo Tapella. (19)

Jan Patocka Socrate • Lezioni di filosofia antica Testo ceco a fronte. A cura di Giuseppe Girgenti. Tr. di Martin Cajthaml. (78) Otarles Sanders Peirce Pragmatismo e oltre Testo inglese a fronte. A cura di Giovanni Maddalena (lS) Platone Apologia di Socrate (4• ediz.) Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale. (;)

Critone (2• ediz.) Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale. (23)

Euti/rone

Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale. (48)

Pedone (2• ediz.) Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale. (12)

Fedro (2• ediz.) Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale. (16)

Filebo Testo greco a fronte. A cura di Maurizio Migliori. (17)

Gorgia Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale. (36)

Ione (2• ediz.) Testo greco a &onte. A cura di Giovanni Reale. (29)

Meno ne Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale, con un saggio di lmre Toth. (22)

Politiro

Testo greco a fronte. A cura di Maurizio Migliori. (41)

Protagora Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale. (27)

Simposio (2• ediz.) Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale. (11)

Timeo Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale. (6)

Plutarc:o Iside e Osiride e Dialoghi del/ici (La E delfica. I responsi della Pizia. Il tramonto degli Oraroli) Testo greco a fronte. Presentazione di Giovanni Reale. A cura di Vincenzo Cilento. (S5) Ed11ar Allan Poe Eureka

Testo inglese a fronte. A cura di Paolo Guglielmoni. (30)

Jules-Henri Poincaré La scienza e l'ipotesi Testo francese a fronte. A cura di Corrado Sinigaglia. (75)

Porfirio Isagoge Testo greco a fronte. In appendice versione latina di Severino Boezio. A cura di Giuseppe Girgenti. (85)

SulloStige Testo greco a fronte. Acura di Cristiano Castelletti. (99)

Richard Price Rassegna delle principali questioni della morale Testo inglese a fronte. A cura di Massimo Reichlin. (91)

Friedrich Wilhelm .loseph Schelling Introduzione fi{oso/ica alla filosofia della mitologia Testo tedesco a fronte. A cura di Leonardo Lotito. (68)

Sistema dell'idealismo trascendentale

Testo tedesco a fronte. A cura di Guido Boffi. (97)

Friedrich Daniel Emst Schleiermacher ErmeneutiCtJ Testo tedesco a fronte. A cura di Massimo Marassi. (25)

I Sette Sapienti Vite e opinioni. Nell'edizione di Bruno Snell Testo greco e latino a fronte. A cura di Daria Ramelli. (95)

Benedetto Spinoza Trattato politico-teologico Testo latino a fronte. A cura di Alessandro Dini. (33)

Hippolyte-Adolphe Taine Filosofia dell'Arte (Parti I e V) Testo francese a fronte. A cura di Olga Settineri. (47)

Tommaso d'Aquino Trattato sull'unità dell'intelletto Testo latino a fronte. A cura di Alessandro Ghisalberti. (7)

Il male

Testo latino a fronte. A cura di Fernando Fiorentino. (40)

L'ente e l'essenza Testo latino a fronte. A cura di Pasquale Porro. (49)

Voltaire Il filosofo ignorante Testo francese a fronte. A cura di Michela Cosili. (13)

SimoneWeil [}ombra e la grazia (2• ediz.) Testo francese a fronte. Introduzione di Georges Hourdin. Traduzione di Franco Fortini. (51)

Johann Joachim Wanckelmann Storia dell'arte dell'antichità Testo tedesco a fronte. A cura di Fabio Cicero. (72)

Karol Wojtyla La dottrina delta fede secondo S. Giovanni della Croce Testo latino a fronte. A cura di Massimo Bettetini. (77)

Persona e atto Testo polacco a fronte. A cura di Giovanni Reale e Tadeusz Styczen. Revisione della tr. italiana e apparati a cura di Giuseppe Girgenti e Patrycja Mikulska. (34)

L'uomo nel campo della responsabilità

Testo polacco a fronte. Introduzione di Antonio Delogu. Presentazione di Alfred Wierzbicki. Traduzione di Luigi Crisanti. (71)

NELLA COLLANA

IL PENSIERO OcCIDENTALE:

Aurelio Agostino, La Città di Dio (2• ediz.) A cura di Luigi Alici. Tutti i dialoghi Testo latino a fronte. A cura di Giovanni Catapano

Alano di Lilla, Viaggio della saggezza • Anticlaudianus • Disrorso sulla sfera intelligibile. Testo latino a fronte. A cura di Carlo Chiurco. Aristotele, Divisioni Testo greco a fronte. A cura di Cristina Rossitto.

Avicenna, Metafisica • La scienza delle cose divine Traduzione dall'arabo, introduzioni, note e parati di Olga Lizzini Prefazione, revisione del testo latino e cura di PSsquale Porro.

%rlale

George Berkeley, Alcifrone Testo inglese a fronte. A cura di Danide Bertini.

Enrico Berti, Aristotele • Dalla dialettica alla filosofia prima. Con saggi integrativi. Presentazione di Giovanni Reale.

Calcidio, Commentario al "Timeo" di Platone Testo latino a fronte. A cura di Claudio Moreschini, con la collaborazione di Marco Benolini, Lara Nicolini, Daria Ramdli.

Marziano Capella, Le noue di Filologia e Mercurio (2• ediz.) Testo latino a fronte. A cura di Daria Ramdli.

Cartesio, Tutte le lettere Testo francese, latino e olandese. A cura di Giulia Bdgioioso.

Samuel Taylor Coleridge, Opere in prosa A cura di Fabio Cicero.

Anneo Cornuto, Compendio di teologia greca Testo greco a fronte. A cura di Daria Ramdli.

Corpus Hermeticum • Edizione e commento di A.D. Nock e]. Festugière. Testi ermetici copti e commento di I. Rame/li. Testo greco, latino e copto. A cura di Daria Ramdli

Jacques Derrida, Glas Testo italiano e francese. A cura di Silvano Facioni.

Diogene Laerzio, Vite e dottrine dei più celebri filosofi Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale con la collaborazione di Giuseppe Girgenti e Ilaria Ramelli.

Fi!dor Dostoevskij, I Fratelli Karamazov Testo russo a fronte. Introduzione di Armando Tomo.

Andrea Emo, Quaderni di metafisica 1927-1981 A cura di Massimo Donà e Romano Gasparotti. Prefazione di Massimo Cacciari. Saggi integrativi di Massimo Cacciaci, enrico ghezzi, Giulio Giorello, Laura Sanò, Andrea Tagliapietra, Francesco Tomatis, Vincenzo Vitiello.

Epicurea • Testi di Epicuro e testimonianze epicuree nella raccolta di Hermann Usener. Testo greco e latino a fronte. Filone di Alessandria, Tutti i trattati del Commentario allegorico alla Bibbia. Testo greco a fronte. A cura di Roberto Radice.

Filostrato, Vite dei sofisti Testo greco a fronte. A cura di Maurizio Civiletti.

John Niemeyer Findlay, Il Mito della Caverna Introduzione di Giovanni Reale. Traduzione, monografia introduttiva e apparati di Michde Marcheno.

Pau! Friedliinder, Platone Introduzione di Giovanni Reale. A cura di Andrea Le Moli.

Hans-Georg Gadamer, Verità e metodo (2• ediz.) Testo tedesco a fronte. A cura di Gianni Vattirno. Introduzione di Giovanni Reale.

Ermeneutica. Uno sguardo retrospettivo Testo tedesco a fronte. A cura di Giovanni Battista Demarta.

Giamblico, Summa pitagorica Testo greco a fronte. A cura di Francesco Romano.

Gregorio di Nazianzo, Tutte le Orazioni Testo greco a fronte. A cura di Claudio Moreschini.

Jean Grondin, Gadamer A cura di Giovanni Battista Demarta.

Martin Heideger, Holzwege • Sentieri erranti nella foresta A cura di Vmcenzo Cicero.

Gli inni di Ho/der/in "Germania» e "Il Reno» A cura di Giovanni Battista Demarta.

Sul prindpio A cura di Giovanni Battista Demarta

Dietric:h von Hildebrand, Essenza dell'amore Testo tedesco a fronte. A cura di Paola Premoli de Marchi.

Estetica A cura di Vincenzo Cicero.

Thomas Hobbes, Leviatano (2• ediz.) Testo inidese a fronte dell651. Testo latino in nota dell668. A cura di Raffaella Santi.

Friedric:h Holderlin, La morte di Empedocle Testo tedesco a fronte. Saggio introd univo e commentario di Elena Polledri. Traduzione e appendice di Laura Balbiani.

David Hume, Trattato sulla natura umana (2• ediz.) Testo inglese a fronte. A cura di Paolo Guglielmoni.

Jean Hyppolite, Genesi e struttura della Fenomenologia dello Spirito di Hegei. Presentazione di Mario Dal Pra. Bibliografia di Vincenzo Cicero.

Wemer Jaeger, Paideia Introduzione di Giovanni Reale. Traduzione di Luigi Emery e Alessandro Setti. Indici di Alberto Bellanti.

lmmanuel Kant, Critica del giudizio Testo tedesco a fronte. A cura di Massimo Marassi.

Critica della ragion pratica Testo tedesco a fronte. A cura di Vittorio Mathieu.

Critica della ragion pura Testo tedesco a fronte. A cura di Costantino Esposito.

Metafisica dei costumi Testo tedesco a fronte. A cura di Giuseppe Landolfi Petrone. Saggio integrativo di Roberto Mordacci.

Sclren Kierkegaard, Atti dell'amore Testo danese a fronte. A cura di Cornelio Fabro. Aggiornamento editoriale di Giuseppe Girgenti.

Gottfried Wdhelm Leibniz, Saggi di teodicea sulla bontà di Dio, l a libertà dell'uomo e l'origine del male. Testo francese a fronte. A cura di Salvatore Cariati.

John Locke, Saggio sull'intelletto umano Testo inglese a fronte. Introduzione di Pietro Emanuele. Traduzione, note e apparati di Vincenzo Cicero e Maria Grazia D'Amico.

Massimo il Confessore, Ambigua A cura di daudio Morescliini.

John Stuart Mill, I:America e la democrazia Testo inglese a fronte. A cura di Pietro Adamo

John Henry Newman, Scritti filosofici Testo inglese a fronte. A cura cfi Michele Marcheno.

Gregorio Palamas, Atto e luce divina Testo greco a fronte. A cura di Ettore Perrella, con la collaborazione di Marco Zambon, Sofia Georgopoulos, Emanuele Greselin.

Che cos'è l'ortodossia Testo greco a fronte. A cura di Ettore Perella, con la collaborazione di Cristina Castalonga, Luigi Lamastra, Emanuele Greselin, Sofia Georgopoulos

Dal sovraessen:r.iale all'essen:r.a Testo greco a fronte. A cura di Ettore Perrella, con la collaborazione di Melis Meletiadis.

Parmenide, Poema sulla natura • I frammenti e le testimonianze indirette. (2• ediz.) Testo greco a fronte. A cura di Giovanni Reale. Saggio introduttivo e Commentario filosofico di Luigi Ruggiu.

Charles Sanders Peirce, Opere A cura di Massimo Bonfantini, con la collaborazione di Giampaolo Proni.

Platone, Tutti j,li scritti (4a ediz.) A cura di Giovanni Reale.

Plotino, Enneadi (2• ediz.) Testo greco a fronte. A cura di Giuseppe Faggio.

Max Pohlenz, La stoa • Storia di un movimento spirituale Presentazione di Giovanni Reale. Traduzione di Ottone De Gregorio. Note e apparati di Beniamino Proto.

I:uomo greco. Saggio introduttivo di Giovanni Reale. Traduzione di Beniamino Proto. Bibliografia e indici di Giuseppe Girgenti

Karl R. Popper, Tutta la vita a risolvere problemi. Scritti sulla conoscen111, la storia e la politica (2• ediz.) Testo tedesco a fronte. A cura di Dario Antiseri.

Porfirio, Astinen111 dagli animali

Testo greco a fronte. Prefazione, introduzione e app~ti di Giuseppe Girgenti. Traduzione e note di Angelo Raffaele Sodano.

Van*elo di un pagano. Lettera a Marcel/a, Contro Boeto sull'anima, Sul conosd te stesso», Vita di Por/irio di Eunapio. Testo greco a fronte. A cura di Angelo Raffaele Sodano. Presentazione di Giovanni Reale.

Posidonio, Testimonianze e frammenti Testo greco e latino a fronte. A cura di Emmanuele Vimercati. Presentazione di Roberto Radice.

I Presoc:ratici, Prima traduzione integrale con testi arginali a fronte delle testimonianze e dei /rammenti nella raccolta di Hermann Diels e Walther Kranz. Testo greco e latino a fronte. A cura di Giovanni Reale.

Proclo, Commento alla Repubblica di Platone Testo greco a fronte. Prefazione di Mario Vegetti. A cura di Michele Abbate.

Teologia Platonica Testo greco. A cura di Michele Abbate. Prefazione di Wemer Beierwaltes. Introduzione di Giovanni Reale

Tria opuscu/a • Provviden111, libertà, male Testo latino e greco. A cura di Francesco D. Paparella. Testo greco a cura di Alberto Bellanti

Giovanni Reale, Introduzione, traduzione e commentario della Metafisica di Aristotele. Testo greco a fronte. Ric:hard Rorty, Ui filosofia come specchio della natura Testo inglese a fronte. Nota introduttiva di Diego Marconi e Gianni Vanimo. Traduzione di Gianni Milione e Roberto Salizzoni.

Gerolamo Sac:cheri, Euclide liberato da ogni macchia Testo latino a fronte. A cura di lmre Toth e Elisabetta Cattanei. Traduzione di Pierangelo Frigerio.

Friedrich Wdhelm Joseph Schellins, Filosofia della Rivelazione (Secondo l'edizione postuma del1858 curata da Karl Friedrich August Schdling.) Testo tedesco a fronte. A cura di Adriano Bausola. Arthur Sc:hopenhauer, Il mont:lo come volontà e rappresentazione Testo tecfesco a fronte. A cura di Sossio Giametta.

Sc:oto Eriuaena, Remigio di Auxerre, Bernardo Silvetre e Anonimi, Tutti i commenti a Ma17.iano Cape/la. Testo latino a fronte. A cura di Daria Ramelli. Presentazione di Giovanni Reale.

Senec:a, Tutte le opere (2• ediz.) A cura di Giovanni Reale.

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Imre Toth, No! • Libertà e verità. Creawne e negazione A cura di Francesco Spagnolo Acht. Presentazione di Giovanni Reale. Traduzione di Antonello Nociti.

Karol Wojtyla, Tutte le opere letterarie (2• ediz·) Presentazione di Giovanni Reale. Saggi introduttivi di Boreslaw Taborski.

Metafisica della persona • Tutte le opere filosofiche e saJ,gi integrativi. (2• ediz.) A cura di Giovanni Reale e Tadeus Styczen. Revisione dei testi italiani, apparati e indici di Giuseppe Girgenti.

Pau! Yorc:k von Wartenburg, Tutte le opere Testo tedesco a fronte. A cura di Francesco Donadio

Chrietian Wolff, Metafisica tedesca • Annotazioni alla Metafisica tedesca. A cura di Raffaele Ciafardone.