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Italian Pages 404 Year 2006
Fabio Ciraci
VERSO L’ASSOLUTO NULLA La Filosofia della redenzione di Philipp Mainlinder
le Pensa © MULTIMEDIA
humantities Collana di Filosofia e Scienze Umane diretta da Roberto Finelli e Francesco Fistetti
Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di Filologia Classica e di Scienze Filosofiche dell’Università degli Studi di Lecce
Fabio Ciracì
Verso l'assoluto nulla La Filosofia della redenzione di Philipp Mainlinder Lecce, PENSA MULTIMEDIA s.r.l., 2006 404 pagine
ISBN 88-8232-442-7
©kEdizioni PENSA MULTIMEDIAs.r.l., 2006
Via A.M.Caprioli, 8 - 73100 Lecce Tel. 0832/230435 - Fax 0832/230896 [email protected] www.pensamultimedia.it
‘Fabio Ciracì (VIESEUDA 977), doti tore di ricerca in Discipline NERD
filosofiche, collabora con la cattedra ‘di Storia della Filosofia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università
degli Studi di Lecce. Si occupa della ‘filosofia tedesca dell'Ottocento, de-
‘dicandosi in particolare allo studio! ‘della ricezione del pensiero di Scho[ele i deieCT EEE
ILE ie Mainlinder-
Nella nottefra il 31 marzo ed il 1 aprile del 1876, Philipp Mainlander (pseudonimo di Philipp Batz, 1841-1876), dopo averricevuto la copia fresca di stampa della sua
Filosofia della redenzione,si tolse la vita, come estremo
gesto di coerenza con il suo pensiero. Si tratta di un filosofo appartenente alla scuola schopenhaueriana,il
quale, a partire dall’affermazione della morte di Dio,
radicalizzò in senso fortemente pessimistico la dottrina
del maestro. Per Mainlànder, «Dio è morto e la sua morte
fu la vita del mondo». Perciò, nel movimento entropico che dall'essere porta al non-essere, il destino del mondo e dell’uomo conduceinesorabilmente verso l'assoluto nulla. La filosofia della redenzione, che fu tra le letture
di Friedrich Nietzsche ed è stata apprezzata da autori
come E. M. Cioran, ). L. Borges, A. Caraco, H. Carossa,
è attualmente oggetto in Germania di una vera e propria riscoperta. Il presente lavoro è la prima monografia italiana su Mainlander. Se ne ricostruisce la vicenda biografica e se ne esamina l’operafilosofica, che è collocata nel contesto del dibattito sulla filosofia di Schopenhauernella Germania del secondo Ottocento.
In fondo,il filosofo immanente vedenell’intero universo nient'altro che il profondo desiderio di annichilimento assoluto, ed in lui è come se ascoltasse parlare chiaramente una voce che attraversa tutte le sfere del cielo, e dice: Redenzione! Redenzione! Morte alla nostra vita! — e pronunciare la rispettiva confortante risposta:troverete tutti lafine e sarete redenti”
Philipp Mainlinder
Il presente volume è frutto delle indagini, che ho condotto prevalentemente in Germania, per la tesi del Dottorato di Ricerca in Discipline storico-filosofiche dell'Università degli Studi di Lecce. AI Coordinatore del Dottorato, Prof. Giovanni Papuli, e al Collegio dei Docenti, rivolgo, pertanto, il mio ringraziamento.Vorrei, inoltre, ringraziare il Direttore del Dipartimento di Filologia Classica e di Scienze Filosofiche dell'Università di Lecce, Prof. Loris Sturlese, che ha sostenuto ed inco-
raggiato la ricerca, ed i Proff. Francesco Fistetti e Roberto Finelli per i loro preziosi consigli e per avere accolto questo mio lavoro nella Collana da loro diretta. Ringrazio,infine, 11 mio Tutor, Prof. Domenico Fazio,
per le sue preziose indicazioni, dedicando il volume alla sua persona e al suo magistero.
INDICE
Capitolo primo
Philipp Mainlcinder: un profilo bio-bibliografico 1. Per una storia delle fonti bio-bibliografiche 1.1. Letteratura secondaria Storia delle edizioni Vita e “Fanulientodessehnsucht” 3.1. Un matrimonio combinato: un tragico inizio 3.2. Giovinezza e formazione. “Il piccolo filosofo” 3.3. La scuola di Dresda 3.4. Il soggiorno italiano: da Spinoza a Schopenhauer 3.5. L'inizio di una lunga tragedia 3.6. Unfilosofo “corazziere” 3.7.Il suicidio come prassi: una morte preannunciata? 3.8. Minna Batz-Mainlander
11 13 18 20 20 22 28 32 45 56 63 68
Capitolo secondo
Analitica dellafacoltà conoscitiva della “Philosophie der Erlòsung” 1. Filosofia inimanente e idealismo trascendentale 2. La prima fonte della conoscenza: i sensi. Influsso di H. von Helmholtz Il mondo come rappresentazione 3.1. Intelletto, legge di causalità e spazio 3.2. La materia 3.3. La ragione 3.4. Il tempo Dalle modificazioni alle riproduzioni della ragione La legge di causalità e le sue quattro forme 5.1. Spazio matematico 5.2. la catena causale 6. Inconoscibilità della semplice unità e sua determinazione
»
81
85 88 91 96 101 107 110 113 116 118 123
Indice 7. Finitezza del mondo e “perversa ragione” 8. La seconda fonte della conoscenza: l’autocoscienza
129 133
Capitolo terzo
La fisica
1. Vita e movimento 1.1. La volontà obiettivata nel corpo: mistica del sangue e demone Caratterologia, sentimenti, piacere e dolore 2.1. Le qualità della volontà 2.2. Sentimenti di odio e di amore 2.3. Ebbrezza e sonno Dall’eudemonologia schopenhaueriana all’entropia di Rudolf Clausius Dall’uomoalla materia inorganica: 1) la volontà individuale negli animali Dall’uomoalla materia inorganica: 2) la volontà individuale nelle piante La volontà individuale nel regno della materia inorganica Dai tre stati del mondo inorganicoalla riproduzione Disgregazione della semplice unità e creazione del mondo del molteplice 8.1. Sulla teoria di Franklin, di Kant-Laplace e sulle leggi di Newton 8.2. Dalla nube originaria alla legge dell’indebolimento delle forze 9. Ateismo scientifico e morte di Dio 9.1. Necessità morale dell’ateismo 9.2. “Dio è morto e la sua morte fu la vita del mondo” 10. Breve nota al concetto della morte di Dio. Analogie e differenze fra nichilismo mainlinderiano e nietzscheano
137 145 151 151 154 157 158 161 165 168 171 176 176 181 184 184 187
193
Indice Capitolo quarto
L'estetica 1. 2. 3. 4. 5.
6. 7. 8. 9.
L'estetica comescienza del disinteresse Le formea priori dello stato estetico e la contemplazione Il bello è in tutti gli oggetti Il sublime La teoria del comico 5.1. Lumore 5.2. Il senso comico 5.3. Il comico astratto La dottrina dell’arte e le qualità dell’artista Schopenhauere Fichte: primato della poesia e della musica La schone Seele di Schiller La musica
197 199 202 205 207 207 209 212 213 219 223 225
Capitolo quinto
L'etica
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
Etica comedottrinadella felicità La funzione dello spirito e il problema della libertà Dallo stato di natura allo Stato moderno Il ruolo della religione Criteri e tipi dell’azione morale Conoscenza ed egoismo rischiarato Il fondamento della morale 7.1. Lo Stato 7.2.Il socialismo utopico e la ruota delle nascite 8. Dall’essere al non-essere. Il comandamento della verginità
229 235 238 242 245 250 254 254 257 264
Capitolo sesto
La politica
1. Leggi e forme della storia regressiva 2. Kulturgeschichte e Civilisation: contesto e storia dell’entropia del mondo Sovrappopolazione e nazionalismo Alcuneleggidella civiltà
271 275 284 289
LIDI
Indice Panteismo, buddhismo, ateismo, idealismo
I greci e il cristianesimo Il socialismo utopico regressivo
293 298 302
La lotta dello Stato contro la Chiesa e la missione
del popolo tedesco Dallo Stato ideale alla redenzione finale
306 314
Capitolo settimo
La metafisica
5. Lo Schlusswort della Filosofia della redenzione
319 336 344 351 351 359 365
Bibliografia
371
Indice dei nomi
395
1. Definizioni di Dio
2. La volontà di morte e l’uomo 3.
Individualità e forme della morte assoluta
4. Libertà e predestinazione 4.1. Il suicidio 4.2. Il delitto
Capitolo primo
Philipp Mainlander: un profilo bio-bibliografico
1.
Peruna storia delle fonti bio-bibliografiche!
Ogni tentativo di ricostruire con fedeltà e con rigore metodologico la vita di Philipp Batz, detto Mainlinder,si scontra necessariamente con l’evidente esiguità delle fonti. La maggior parte delle notizie pervenuteci sono dovute a poche fonti: la sua autobiografia, tramandataci dalla sorella Minna Batz, e alcuni profili della sua vita, pubblicati suriviste dell’inizio del XX sec. da Otto Hérth, da Walter Rau-
schenberger e da Fritz Sommerlad.
Si deveattribuire, invece, la mancanza di ulteriori infor-
mazioni sulla vita di Mainlinder in particolare a due fattori: da unlatoall’insuccesso complessivo della sua opera, la Philosophie der Erlosung, dall’altro alla vita isolata dell’autore e al suo suicidio, che non permiseroallo stesso di occuparsi della divulgazione del suo pensiero. Tutte le fonti consultate sono in lingua tedesca. Qui sono state tradotte per la prima volta in italiano, confrontando le notizie tratte dalla postfazione al IV volume delle Schriften di Mainlinder congli articoli o i saggi pubblicati sino ad oggie svolgendoapposite ricerche d'archivio. Cfr. Winfried H. Miiller-Seyfarth, “Nachwort — Zur Editionsgeschichte”, in Philipp Mainlander, Schriften, 4 Bd.c, hrsg. W. H. Miiller-Seyfarth, Georg Olnss Verlag, Hilde-
sheim-Ziirich-New York, 1999, Die Macht der Motive, Bd. IV, Literarischer Nachlaf} von 1857 bis 1875, S. 468-469.
ll
Capitolo primo Seguendoil fragile filo della vita dell’autore ci si imbatte numerose volte in una costante distintiva: il suo autoisolamento dal mondoe il suo carattere introverso. Come molti filosofi del suo tempo, anche Mainlinder credette nella sua Sendungfilosofica. Proprio la convinzionein questa missione, associata ad una natura apprensiva e introversa, deter-
minò un volontario isolamento dal mondo. A questo si aggiunge la caratteristica incapacità che Mainlinder mostrò di rapportarsi con la gente comune. Tutta la sua breve esistenza lo testimonia. Si leggano a tal proposito, soltanto per esempio,le poche righe estratte da una lettera indirizzata alla sorella Minna,la sua più intima confidente e collaboratrice: “To credo che 1 monti sarebbero un posto giusto, se vuoi lasciar cadere i giudizi dei vicini di Offenbach. Noi dobbiamo solamente avere solitudine e non vivere insieme con altri nello stesso posto”. Nemmenolatragica fine delfilosofo gli valse quel successo di scandalo che avrebbe permesso una maggiore pubblicità dell’opera. Infine, gli esiti catastrofici dei bombardamenti aerei americani durante la seconda guerra mondiale — che rasero al suolo Francoforte e i paesi limitrofi, ed in particolare Offenbach, senza risparmiare musei ed archivi — non hanno permesso il rinvenimento di quella documentazione necessaria ad una ricostruzione puntuale della sua esistenza.
Walter Rauschenberger, Aus der letzten Lebenszeit Philipp Mainlinders. Nach ungedruckten Briefen und Aufzeichnungen des Philosophen, in “Siiddeutsche Mo-
natshefte”, Anno XXII, Nr. 9 von 1911-1912, S. 117-131: 123, lettera del
dicembre 1875.
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Philipp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico 1.1. Letteratura secondaria
Esiste ormai una copiosa letteratura secondaria su Mainlinder, costituita in massima parte da articoli di giornali e rotocalchi dall’esplicito scopo divulgativo. Essi attingono perlopiù alle già citate fonti bio-bibliografiche. Le prime significative informazionisulla vita del filosofo sono contenute nel saggio della studiosa Olga Pliimacher dal titolo Zwei Individualisten der Schopenhauerchen Schule del 1881?. Nel 1891 compare unarticolo firmato da Otto Hérth*, il quale collaborò con Minna Batz percirca sei annialla prima pubblicazione degli scritti postumi di Mainlinder, occupandosi del secondo volume delle opere del filosofo. Fu sempre Hérth a stilare personalmente il necrologio per la morte di Minna “Mainlinder”, quando questa si tolse la vita in povertà. Avvalendosi della precedente documentazione, nel 1911 lo studioso Walter Rauschenberger pubblicò un saggio? sull’ultimo periodo della vita di Mainlindere sulla sua ultima produzione filosofica. Rauschenberger riuscì a rac-
Olga Pliimacher, Ziwei Individualisten der Schopenhauerschen Schule, L. Rosner,
Wien 1881, S. 33 ff. Ristampato in: Winfried H. Miiller-Seyfarth (Hg.), Die modernen Pessimisten als décadents - Von Nietzsche zu Horstmann. Texte zur Rezeptionsgeschichte von Philipp Mainkinders Philosophie der Erlisung, K6nigshau4
sen & Neumann, Wiirzburg 1993, S. 31 ff.
Cfr. Otto Hérth, Die Familie Batz-Mainlinder, in “Frankfurter Zeitung”, 2.
Morgenblatt, del 22.V.1891, Nr. 142; 17 Juni 1891, Frankfurt Didaskalia, S.
1- 4. Mi permetto di segnalare che l’articolo è registrato sotto la voce Philipp Mainlindernell'Archivio della città di Offenbach sul Meno, M2/8. Cito questa fonte, perché l’articolo è praticamente introvabile. Una traduzione italiana si trova in Lafamiglia Mainlinder in “Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia”, vol. 12, Torino, 1891, p. 484 ss.
W. Rauschenberger, Aus der letzten Lebenszeit Philipp Mainlinders. cit. Dello stesso, la breve biografia ,,Mainlinder, Philipp. Philosoph, 1841-1876”, in “Hessische Biographien”, Bd. 1, Darmstadt 1918, S. 361-365.
13
Capitolo primo
cogliere ulteriori notizie sulla vita del filosofo soprattutto
grazie alla conoscenza di Lucia Franz®, parente dal lato paterno di Mainlinder. Fu proprio la studiosa di Schopenhauer a comunicare ulteriori notizie e particolari sulla
famiglia Batz-Mainlinder'.
Più tardi, nel 1883, Georg Hiibscher®, editore della ter-
za edizione della Philosophie der Erlòsung, rese possibile poi a diversi altri studiosi la pubblicazione di parti del NachlaB3: il
primo frammento, dalla fanciullezza di Mainlinder sino al-
l’inizio del suo servizio militare volontario, fu curato da
Fritz Sommerlad’, che pubblicò sullo stesso argomento un
©
Lucia Franz (nata Schneider), figlia di Peter Philgus e Johanna Batz, que-
st'ultima sorella di Georg Batz, padre di Philipp Batz detto Mainlinder .Vis-
se la sua infanzia nella ‘“Hause Schòne Aussicht”, in Elkenbachstrasse, nr. 16
a Francoforte sul Meno,proprio di fronte al fiume, nell’abitazionein cuitra-
scorse la sua vecchiaia Schopenhauer (dal 1 luglio 1859 sino al giorno del-
la sua morte,il 21 settembre 1860) che abitò presso i genitori di lei. Ebbe con la famiglia Batz rapporti assai intimi: alla morte di Justine, la sorella maggiore di Mainlinder, accolse la sua famiglia nella sua casa. Cfr. W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlinder, cit., S. 134. La studiosa conobbe
personalmente Schopenhauere ci ha lasciato testimonianza delle sue perso-
nali impressioni. Cfr. L. Franz, Uber Schopenhauers hausliches Leben, in “Schopenhauer-Jahrbuch” Nr.3, Jahr 1914, S. 74-91, Anmerkung. Per le ripetute
citazioni degli “Schopenhauer Jahrbuch” = Schjb.
7
W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlinder, cit., S. 130-144: 136, An-
8
Georg Hiibscherfu il padre del celebre Arthur Hiibscher, curatore delle
merkung 11: “L'autore ha personalmente conosciuto Lucia Franz negli anni 1911/12 e gli sonostati lasciati i suoi ricordi su Schopenhauer e Mainlinder”.
opere di Schopenhauer e direttore degli SchJb (dal 1937 al 1983), rivista fondata da Paul Deussen, nel 1912. Il primo articolo biografico su Mainlin-
der degli SchJb fu pubblicato nel 1931, firmato proprio da Walter Rau-
schenberger. Cfr. W. Rauschenberger, Philipp Mainlinder, SchJb. 18, Jahr 1931, S. 227-245. Per quello che riguarda Arthur Hiibscher su Mainlinder,
Id., Arthur Hibscher, Erlebt — gedacht — vollbracht — Erinnerungen an einJahrhundert, Bouvier, Bonn 1983, S. 24. Fritz Sommerlad fu studioso della filosofia di Schopenhauer. Si veda F Som-
merlad, Darstellung und Kritik der dsthetischen Grundanschauungen Scho-
penhauers, Diss. Giessen, Giessen Universitit 1895.
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Philipp Mainlinder: un profilo bio-bigliografico saggio biografico!” Inoltre a Sommerlad fu affidata la novella, Rupertine dal Fino!!. La seconda parte del NachlaB fu curata nel 1925 sempre da Walter Rauschenberger sotto il titolo Meine Soldatengeschichte!?. Dopola morte di Georg Hiibscher, Hans Ludwig Held acquistò una parte del NachlaB. Questi era l’editore della rivista Die religiose Kultur, che, a causa di problemifinanziari, fu stampata a singhiozzo tra il 1913 e il 1917. Ciononostante, nel 1917, Held riuscì a pubblicare dal NachlaB il fram-
mento su Buddha!® e una parte del quarto saggio dal secondo volume della Philosophie der Erlosung!*. Non è noto però che cosa Held avesse predisposto per la terza annata della rivista. Nell'ottobre del 1922, la Bayerische Staatsbibliothek acquistò 1 manoscritti postumi di Mainlinder dalla vedova di Georg Hiibscher. Essi a tutt'oggi si trovano presso l’archivio
10
E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders. Mitteilungen aus der handschriftlichen Selbstbiographie des Phiilosophen (1898), in “Zeitschrift fur Philosophie und philosophische Kritik”, Bd. 111, S.79, ora in Die modernen Pessimisten als décadents, cit., S.93-113.
P. Mainlinder, Rupertine. Novelle. Frei nach dem Original bearbeitet von Fr. Sommerlad, in “Allgemeine Zeitung”, 102. Jg. Miinchen 1899, Morgenblatt, Nr. 101, 103, 105, 108, 110, 112, 115, 117, 119, 122. Id., Meine Soldatengeschichte, Autobiografia, hrsg W. Rauschenberger, in “ Schriftenreihe der Prussischen Jahrbiicher”, Nr. 18, Georg Stilke Verlag, Berlin 1925. Id., Buddha. Ein dramatisches Fragment von Philipp Mainlinder. Aus dem unveròftfentlichen Nachlass Ph. Mainlinders herausgegeben von H.L. Held, in “Die religiòse Kultur”. Ein volkstiimliches Archiv fiir Religionskunde, Zweiter Jahrgang 1913-1917, Hans Sachs Verlag , Miinchen-Leipzig, S. 480 ff. Hans Ludwig Held, Der Buddhismus. Zuwei Essay von Philipp Mainlinder. Der esoterisch Teil der Buddlalehre hrsg. von H.L. Held in “Die religiose Kultur”. Ein volkstiimliches Archiv fiir Religionskunde, Zweiter Jahrg. 1913-1917, Miinchen-Leipzig, S. 514 ff. Cfr. P.Mainlinder, “Der Budhaismus”, in Philosophie der Erlisung, d'ora in poi Ph. d. Erl., cit., Bd. II, IV Essay, S. 71-188. Cfr. H. L.
Held, Zu unseren Aufsitzen in “Die religi6se Kultur”. Ein volkstiimliches Archiv fiir Religionskunde, Zweiter Jg. 1913-1917, Miinchen-Leipzig, S. 570ff.
15
Capitolo primo degli “Hand-schriften- und Inkunabelabteilung” della Biblioteca di Monaco di Baviera, catalogati sotto il nome di Mainlinderiana. Abbiamo personalmente avuto modo di ritrovare un registro del fondo della vedova Hiibscher, con alcune preziose indicazioni. Il NachlaB consta del melodramma Tarik!, della commedia Die Macht der Motive!®, del frammento del dramma
Tiberius, di un plico contenente una compilazionesu fogli spaginati delle Gedichte (Poesie)!”, di alcuni quaderni e registri contabili, su cui fu trascritta dall'autore stesso la sua Autobiografia!*, e della novella Rupertine del Fino!. Nel fondo Mainlinderiana è presente anche un plico intitolato Studien, contenente appunti ed excerpta di pugno di
Mainlinder, nonché notizie su di lui redatte da sua sorella
Minna.Vi sono anche delle lettere inedite che Mainlinder inviò all’editore, nonché il registro delle ordinazioni della Philosophie der Erlisung?®. Infine la raccolta Mainlanderiana di Monaco contiene anche un contributo critico sull’opera del filosofo di Offenbach, Zur Philosophie der Erlosung
15 10
19 20)
16
Il Tarik fu scritto in un quaderno di 70 fogli. La commedia consta di 202 pagine trascritte in bella copia di proprio pugno dal filosofo. Probabilmente curato dalla sorella, esiste un quaderno di 75 pagine,intitolato “Tagebuch eines Dichters”. L'intera autobiografia, conservata dalla sorella in un grande contenitore per libri, consta di quattro quaderni dalle complessive 488 pagine manoscritte. Fula sorella a suddividerlo e ordinarlo in due parti (Meine Soldatengeschichte I- Der Sommer 1874 — Meine Soldatengeschichte ID. La prima parte fu offerta a Fritz Sommerlad, editore di una sezione della biografia del filosofo e della novella Rupertine del Fino. Cfr. lo stesso Mainlinder: “L'inizio della mia storia da soldato la scrissi il 16 aprile del 1873 e chiusi con questo periodo gli avvenimenti sino a circa la fine del 1870”, P. Mainlinder, Die Macht der Motive, in Id., Schriften, cit., Bd. IV, S. 325.
La novella originale è stata scritta in quattro quaderni di cui tre di 27 pagine e uno di 20. In “Bayerische Staatsbibliothek Miinchen”, Handschriften- und Inkunabelabteilung, Mainlkinderiana Nr. 13 und 17.
Philipp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico Philipp Mainlinders di Wilhelm Frei?!, ed una lettera del 24 ottobre 1894 di Max Seiling, autore del saggio del 1888 Mainlinder, ein neuer Messia??, all’editore del nostro filosofo,
Kbnitzer. Come abbiamo potuto verificare personalmente, Mainlinder appuntava i suoi pensieri dappertutto, su fogli spaginati di quaderni, su ritagli di carta, sulla carta intestata della Deutsche Bank,fissando occasionalmente le sue rifles-
sioni. Più tardi divideva in paragrafi gli appunti e a margine segnava a quale sezione (Fisica, Metafisica, Morale, Politica,
o Analitica della facoltà conoscitiva) della sua opera fosse destinato un determinato passo. Colpisce il fatto, testimoniato dalle continue cancellature e dalle numerose correzioni, che molto spessoil filosofo fosse indeciso se destinare alcuni brani alla Metafisica invece che alla Fisica, o viceversa.
Unavolta deciso dove dovesse assegnare un determinato paragrafo, vi tirava sopra un frego con la penna, per segnalare che il branoera stato ormaiutilizzato ed archiviato. Nel NachlaB sono conservati diversi quaderni (o registri di contabilità utilizzati come quaderni) in bella copia, alcuni destinati all'editore, su cui gli appunti venivano quasi definitivamenteritrascritti.
Un'altra parte della documentazione, rivelatasi molto utile per la ricostruzione della vicenda biografica di Mainlinder, si trova nell’archivio della città natale del filosofo, Offenbach am Main, nel quale, di recente, è stato inaugurato un
“angolo Mainlinder”, in cui sono raccolte le opere di e su Mainlinder. Nell'archivio sono conservati alcuni documenti
W N
2°
In “Bayerische Staatsbibliothek Miinchen”, Handschriften- und Inkunabelabtellung, Mainkinderiana Nr. 12. Max Selling, Mainlinder, cin neuer Messia. Einefrohe Botschaft inmitten der herrschenden Geistesvenvirrung, Ackermann, Miinchen 1888.
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Capitolo primo miracolosamente scampati alle bombe,fra i quali la registrazione dell’atto di nascita di Philipp Mainlander,il verbale della sua mortestilato dalla polizia, un foglio personale sul Nostro appartenente alla cronologia dello stato di Offenbach, svariati articoli di giornale e poche fotografie.
2.
Storia delle edizioni
La Philosophie der Erlosung non ha conosciuto numerose edizioni: la prima?* fu stampata a Francoforte sul Meno da ‘Tagersche Verlags- Buch- und Landkartenhandlung” di C. K6nitzer nel 18706. Il nostro filosofo avrebbe desiderato trovare un editore a Lipsia?4, probabilmente per emulare Schopenhauer. Tuttavia, il suo editore fu un piccolo e quasi sconosciuto francofortese?°. Nel 1877 questa stessa edizione fu ristampata da Theobald Grieben a Berlino”. La seconda edizione fu pubblicata, senza modifiche rispetto all’opera originale di Mainlinder, sempre a Berlino, peri tipi di Hofmann nel 1879”. Una terza edizione del primo volume fu
23
Cfr. Bernd Gràfrath, Pessintismus, Egoismus, Sozialdemokratie: Philipp Mainlcinders ,, Philosophie der Erlòsung“, SchJb Nr. 77, 1996, S. 211-241: 218, Anmerkung 24.
24
P. Mainlinder, Die Macht der Motive, cit., S. 363-5.
25.
26
27
18
Nell’archivio della biblioteca di Stato di Monaco abbiamo potuto ritrovare della carta intestata dell’editore, che il filosofo riutilizzava per i suoi appunti. L’'intestazione tedesca recita: “C. Koenitzer/ Filiale der Jaeger’ schen Buch-, Papier- und Landkarten-Handlung”. Nell’intestazione è indicato anche l'indirizzo (3/5 Theaterplatz, Frankfurt,) con il seguente sottotitolo: Deutsche und auslindische Literatur. Abonnement aufJournale und Zeitschriften. Landkarten aller Liinder. Schulbiicher. Cf. Mainlinderiana in Bayerische Staatsbibliothek Miinchen, Handschriften- und Inkunabelabteilung, 13/14, S. 2-3.
Il frontespizio è conservato nell’“Offenbacher Stadtarchiv”, sotto la voce Batz, Philipp (Mainlinder), Philosoph Offenbach/Main, Mappe Nr. 2., M2/7. Il frontespizio è conservato nell’Offenbacher Stadtarchiv, sotto la voce Batz, Philipp (Mainlinder), Philosoph Offenbach/Main, Mappe Nr. 2., M2/7, Heft 1974.
Philipp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico pubblicata a Francoforte nel 1894 sempre per le edizioni Jaeger?®. Diversa la storia del secondo volume, pubblicato nel 1886 da KGnitzer a Francoforte, a cura di Minna Batz e Ot-
to Hérth. Il piccolo editore è un conoscente dello stesso Otto Hérth. Questa edizione sarà venduta anchein fascico-
li separati, contenenti i singoli capitoli che compongonoil volume: “La presente fornitura V [il saggio su Hartmann] è anche in vendita nelle librerie singolarmente a 3 Mk. La fornitura I e II (Realismo e Idealismo, VII saggio) verranno unite al prezzo di 6 Mk,così come entrambele forniture III e IV in un unico quaderno per 6 Mk”.
Solo sessant'anni piùtardi, nel 1989, Ulrich Horstmann ha curato un’antologia della Philosophie der Erlòsung. Questa edizione ha il vantaggio di essere maneggevole e di essere trascritta in tedesco moderno,risultando quindi più agevole alla lettura. L'antologia è tratta dal primo e dal secondo volume della Philosophie der Erlosung e propone un’esposizione tematica dell’opera, attraverso una selezione per argomenti. Inevitabilmente, però, questa scelta lascia trasparire l’interpretazione del curatore. Ultima solo per ordine cronologico, ma di fondamentale importanza, l'edizione delle Schriften di Mainlinder a cura del tanatologo Winfred H. Miiller-Seyfarth, in quattro volumi??, I primi due volumi contengono la ristampa anastatica dei due volumi della Philosophie der Erlosung. Il terzo volume comprende,invece, l’opera drammatica Die letzten
Hohenstaufen. Il quarto e ultimo volume,intitolato Die Ma-
28. 29
Il frontespizio è conservato nell’Offenbacher Stadtarchiv, sotto la voce Butz, Philipp (Mairlinder), Philosoph Offenbach /Main, Mappe Nr. 2.,M2/7, Heft 1103. P. Mainlinder, Schriften, Hrsg. W. Miiller-Seyfarth, 4 Bd.e, Georg Olms Ver-
lag, Hildesheim 1996-1999,
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Capitolo primo cht der Motive, racchiude finalmente l’intero Nachlaf, ad esclusione degli Studien, delle lettere inedite e dei registri delle ordinazioni. Questo volume è curato da Joachim Hoell ed è arricchito da un'introduzione di Ulrich Horstmann. A questa edizione va il merito di aver raccolto la maggior parte degli scritti di Mainlinder, rendendone finalmente possibile una loro lettura d’insieme. Va aggiuntochelo stesso Miiller-Seyfarth ha curato una delle più complete bibliografie sulla letteratura critica di Mainlinder, oggi disponibile anche sul sito dedicato al filosofo www.mainlaender.de. 3. Vita e “Familientodessehnsucht” 3.1. Un matrimonio combinato: un tragico inizio L'ambiente familiare da cui proviene Mainlinder è di rilevante importanza per comprendere in quale contestosi sviluppò la sua personalità e quanto esso influì sulla sua riflessione. Georg Batz (1808-1834), padre di Philipp Batz, cra nato ad Offenbach, da Johann Wilhelm Batz, fabbricante di argen-
to e presidente del consiglio ecclesiastico evangelico lutera-
no, che aveva sposato una giovane originaria di Marburgo,la
nonna paterna di Mainlinder, Chatarina Maria Briel (17751837). Il padre del filosofo proveniva, dunque, da una fami-
glia agiata e stimata ad Offenbach. Mainlinder, tuttavia, descriverà il nonno paterno come un uomoviolentoc iracondo. La madre di Mainlinder, invece, Chatarina Luise Seib
(1811-1865), cra figlia di Philipp Seib (1777-1829), imprenditore e consigliere comunale di Offenbach, e di Marie Henriette Heim (1782-1819). Quest'ultima era andata in sposa 20
Philipp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico contro la sua stessa volontà. Mainlinder racconta che suo nonno materno era un uomo “vecchio dai capelli argentati con due grossi occhiblu, [...]mite, indulgente, piacevole, cor-
tese, tenero e sensibile, buono di cuore”°, Nonostante tutte
queste qualità, la giovane nonna materna non ne era innamorata, ma, al contrario, era rimasta legata ad un giovane ufficiale francese?! Tant'è che le bastò incontrarlo di nuovo per cadere in depressione ed ammalarsi. La povera donna,riferisce Sommerlad, “affondò nel mare del misticismo”, cercando
invano una salvezza nella fede, ed in seguito fu colta da una
pazzia delirante??.
Anche Luise Seib, la madre di Mainlinder, era radical-
mente contraria all’idea di sposarsi: nonostante ciò, andòin moglie a Georg Batz. Secondo la descrizione delfilosofo,la madre “quando era una ragazza, era la più bella di Offenbach. Era una donna geniale; mail diamante che si trovava nel suo splendido ricurvo cranio rimase non levigato, le perle che erano nella sua testa non furono mai accuratamente ripulite nella sua giovinezza. Sarebbe divenuta un’intelligenza significativa, se questa splendida fantasia fosse stata resa feconda dall’arte e dalla scienza, tanto che avrebbe retto il
confronto vicino alla gloria di Saffo e di Corinna”*5. Mail destino della donna doveva compiersi diversamente. La poveretta mise al mondo, unodietro l’altro, quattro figli, due maschi e due femmine.Il dottore di famiglia raccomandò ai due coniugi di evitare un’altra gravidanza, per scongiurare il pericolo di una forte depressione, come era già accaduto
30
Secondo quanto scrive Joachim Hoell, il nonno (quello materno?) si sarebbe tolto la vita. Cfr. Joachim Hoell, Nachwort, in P. Mainlinder, Die Macht der Motive, cit., S. 461-467: 462.
"Cfr. F Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 94. 3
33.
Ibidem.
Id., S. 94-95.
21
Capitolo primo alla madre di Luise. Nonostante ciò ella fu di nuovo in attesa di un altro bambino: il nostro filosofo. Le pessimistiche previsioni del dottore non si avverarono, ma la signora Batz uscì lo stesso emotivamente provata dalla gravidanza.
3.2. Giovinezza e formazione.“Il piccolo filosofo” In quel tempo Francoforte sul Meno era già una grossa provincia, che aveva visto nascere e svilupparsi banche private ec industrie, prime fra tutte quella argentiera radicata anche nel piccolo sobborgosulla riva sud del Meno,nel paese di Offenbach. Il piccolo borgoera ricco di giardini e di terrazze e godeva di un discreto benessere economico, che aveva permesso l’incentivarsi e l’accelerarsi del processo di industrializzazione. Come nella maggioranza dei centri industrializzati, anche ad Oftenbachsi ebbe un notevole incremento della popolazione, che si era decuplicata in meno di un secolo?*. Così, nel piccolo ma attivo borgo trasformatosi in breve in un grosso agglomerato,alle ore 12 del cinque ottobre 1841, ultimodi cinque figli, nacque Philipp Batz. La registrazione della sua nascita nella chiesa evangelica di Offenbach recita: “Nell A_D. 1841, alle ore 12 del 5 ottobre, secondo l’avvenuto benedetto annuncio del nostro cittadino e fabbricante di
3
Cfr. la voce Offenbach, in ‘“Handbuchderhistorischen Stitten Deutschlands”, hrsg. G. W. Sante , Bd. IV., Alfred KrénerVerlag, Stuttgart, 1976, S. 360-361.
Offenbach era un grosso agglomerato urbano, in cui lo sviluppo dell’industria argentifera e chimica aveva favorito il concentrarsi della mano d’opera. Alla crescita del proletariato avevano risposto anche le politiche governative del Hessen (1840-1870). Difatti, il granduca Ludwig I parlava già allora della necessità di andare “ zum Sozialismus und Kommunismus ”; cfr. G. F Eckhart,
Der Staat der GroBherzòge von Hessen und bei Rhein in “Das Werden Hessens”,
hrsg. von Walter Heincemeiyer, Elwert, Marburg 1986, S. 499.
22
Philibp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico argento Georg Wilhelm Batz, è nato dalla sua coniugata moglie Katharine Luise, nata Seib, il terzo figlio [maschio], che è stato battezzato il 24 del c.m., giorno in cui egli ha ricevuto il nome
di Johann Philipp”.
Walter Rauschenberger, abbozzando il carattere di Mainlinder, racconta che “Dal lato paterno aveva ereditato un buon cuore, da quello materno uno stato d’animo melanconico e trasmise la sua tendenza alla speculazione filosofica che andava con ciò d’accordo’’. Così comei suoifratelli maggiori Wilhelm, Daniel, Justine e Minna, anche Philipp non fu concepito per amore. Il matrimonio dei coniugi Batz fu un “matrimonio combinato” per interessi familiari. ‘“Con commozione leggiamo che tanto sua madre quanto sua nonna andarono in matrimonio contro la loro volontà e che per tutta la vita persistettero nell’intimo rifiuto del matrimonio stesso. “Noi non siamo figli dell'amore, bensi figli della violenza carnale coniugale”’ disse Mainlinder di sé e deisuoifratelli”. Nonostante i ripetuti abusi coniugali, la signora Batz continuò a soffrire in silenzio e allevò i suoi figli con quell’amore che intimamente non aveva mai nutrito per il coniuge. Il signor Georg Batz, da parte sua, oltre ad essere un marito indesiderato era anche una specie di padre-padrone: decideva della vita dei figli in base ai propri progetti, senza tener conto dei loro desideri e delle loro aspirazioni. Per Mainlinder Georg Batz aveva dapprima immaginatoche di-
>
Dalla registrazione della nascita nella Chiesa evangelica di Offenbach, Ar-
36
lipp (Mainlinder)” — M2/ 39. W. Rauschenberger, Philipp Mainlinder, SchJb Nr. 18, Jahr 1931, S. 229-245: 229.
37
Ibidem.
chivio di Stato di Offenbach am Main, registrato sotto la voce “Batz, Phi-
25
Capitolo primo ventasse chimico*5. In seguito, però, forse per avere un aiuto sul lavoro, introdusse il figlio minore agli studi commerciali. Le aspirazioni del giovane Philipp erano differenti: “Quando ero quattordicenne e dovevo decidermi per unlavoro, chiesi senza riflettere di lasciarmi arruolare nell’esercito au-
striaco. La gioia che un ragazzo prova di fronte allo splendore della divisa era così poco il motivo del mio desiderio, quanto invece lo era figurarmi il compito di un esercito in tempo di pace e di guerra [...]. Dopo che la mia richiesta mi fu categoricamente respinta dai genitori, dissi così ad un amico: - io ho una richiesta fuori dal comune, una volta voglio essere assolutamente in tutto sottomesso ad unaltro, fare il lavoro più umile, per dover ciecamente obbedire [...]. Questo desiderio è riemerso sempre nella mia vita ed io in fondo avevo un’indole bisognosa di libertà”?,
Unadescrizione dettagliata di quegli anni della famiglia Batz si trova in una testimonianza di Lucia Franz: “La famiglia Batz stette in quel periodo (1858) nel punto più alto del suo sviluppo e visse in buone condizioni economiche. Abitavano in una semplice ma graziosa abitazione, per le condizioni di allora, in Waldstrassc®® ad Offenbach. Nelle vicinanze del-
la casa c'era una fabbrica di proprietà della famiglia. All’interno della casa c’era un grazioso e curato giardino. Lì si trovava il tavolo da caffè già apparecchiato per eventuali ospiti; ospitali come la famiglia Batz non se ne potevano trovare in nessun luogo. La signora Batz e la sua vecchia cuoca adempivano ad unvero e pro-
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39 40
Cfr. FE Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 95. Il primo progetto che il padre ebbe in mente per Mainlinder è forse da attribuirsi alla possibilità futura che egli potesse trovare un impiego presso qualche industria argentiera come chimico. Ibidem. Per la precisione, la famiglia Batz visse in Waldstrasse Nr. 13. Cfr. Uta Grossmann, “Von Narzisismus und Parallelen zu Thomas Mann” — Referate des
Offenbacher Mainlinder-Symposiums ediert/ Kolleg lisst auf sich warten,
in “Frankfurter Rundschau”, 19.09.2002.
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Philibp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico prio prodigio nell’arte culinaria. La signora Batz era il modello della casalinga tedesca. Lei viveva solo per la sua famiglia. Tutti i suoi pensieri erano rivolti a suo marito ed ai suoi figli*'. D’aspetto era molto corpulenta ed aveva quasi sempre un sorriso contento e felice sugli zigomi. Nessuna delle sue figlie ereditò il suo senso per la casa, ma al contrario entrambesi distinguevano perspirito e buone maniere. La famiglia era composta da cinque giovani rampolli, della fortuna e della felicità dei genitori, di uomini eccellenti, ricchi di spirito e vivaci, dai quali ci si aspettava un futuro promettente e fortunato. Purtroppo però accaddeil contrario di quello che si era pensato. Il padre, Georg Batz, era il prototipo dell’uomo felice di vivere, pieno di vivacità; lo si era sentito sempre ridere e parlare, anche quando nonlo si vide più. Aveva bisogno di vita e serenità dovunque egli si facesse vedere. Suo figlio più grande era il suo ritratto; anche il secondo figlio Daniel e la più giovane figlia Minna avevano perlopiù le stesse maniere del padre. Al contrario la più grande delle figlie, Justin, ed il più piccolo dei figli, Philipp, avevano le quiete maniere della madre e avevano ereditato i suoi modi. Wilhelm, il più grande, era il meno dotato dei fratelli, ma era un originale, eccentrico, pieno di voglia
di vita, uomo di sport, amante dei cavalli e delle donne. Se cra accaduto qualcosa ad Oftfenbach, lui vi aveva partecipato. Il suo “Henri quatre”, nero come pece, era sempre lucido e profumato; Wilhelm somigliava a Napoleone II ed era felice se qualcuno glielo ricordava. Justin, la più grande delle figlie, somigliava alla madre, noncra bella, era un po’ corpulenta, e per la maggior parte della sua esistenza diede l’anima alla sua famiglia. Fondò il primocollegio per donne ad Offenbach. Negli anni giovanili fu educatrice in Inghilterra e portò con sé da lì i primi allievi, quando
41
Da questa descrizione di Lucia Franz, a noi pervenuta tramite W. Rauschenberger, la figura della signora Batz sembrerebbe uscirvi fuori come quella di una coniuge felice. E certo che invece il narratore fosse a conoscenza dei reali rapporti coniugali dei Batz, poiché egli stesso aveva precedentemente riferito sulla questione (cfr. W. Rauschenberger, Philipp Mainlinder, cit.): V’articolista tende inizialmente a descrivere in modo cufemistico la famiglia Batz-Mainlinder, per dare un effetto drammatico in chiusura, con la descrizione delle infinite peripezie familiari e delle sciagurate morti volontarie.
25
Capitolo primo fondò il suo istituto, che andò molto bene, e con questo sostegno più tardi aiutò la famiglia. Il secondo genito, Daniel, era esplicitamente il preferito della famiglia. Era un giovane uomo molto affascinante,felice di vivere. I suoi vividi occhi affascinavano le don-
ne. Era considerato un dongiovanni. Minna, la più giovanefiglia, a quel tempo quasi ventenne, era appassionata e molto intelligente. Aveva lunghi ricci neri e somigliava ad un’ungherese (si dice che gli antenati della famiglia provenissero dall’Ungheria*). Era molto altezzosa, quasi dispotica, e così anche le sue maniere.I suoi occhi profondi e neri dominavano l’intero volto. Era di altezza media ed era ben proporzionata. Sarebbestata bella, se non avesse avuto una bocca troppo grande ed un naso accentuato. Ciò nonostante era considerata molto bella ed era sempre attorniata da ammiratori, ai quali zelantemente si negava. Le sue discussioni vivaci e ricche di spirito dominavano la compagnia”.
Minnae Philipp, così diversi per carattere, condividevano un'intesa a dir poco unica, alimentata soprattutto dagli studi comuni. “Sembra che entrambi in presenza di altre persone parlassero una lingua che nessuno comprendeva: la B.-B.-Sprache*; avevano perciò un’intesa che si poteva ammirare. Oppure citavano classici tedeschi, latini, francesi e inglesi”*. Ma veniamo alla descrizione di Lucia Franz del “piccolo Mainlinder”: “Quandosi stava seduti felicemente al tavolo da caffè, la madre allora chiedeva: “Dov'è il nostro filosofo?”. Si era dato questo nome al più giovane dei figli, Philipp, ma più come nomignolo. In quel tempo non aveva avuto ancora successo coni suoi
42.
Ciò è falso: al contrario i Batz (Patzky) provenivano originariamente dalla Slesia. Il nome Patzky sembra derivare dal polacco. Ugualmente il nome del ramo cadetto Gonserofsky.
4
W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlinder, cit., S. 133.
44.
45
26
Probabilmente la B.-B. Sprache potrebbestare per ,,Bruder Batz Sprache“, cioè lingua dei fratelli Batz. Id., S. 134-5
Philipp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico scritti e questa grande opera [Die Philosophie der Erlòsung], alla quale egli lavorò, era appena un progetto. Lo si andava a prendere dalla soffitta, la sua “valva del poeta” [Dichterklappe], come chiamava il suo piccolo studio, nel quale spesso si chiudeva per giorni. [...] Una volta, mentre si stava seduti in giardino per il caffè, era arrivato per Minna unfascio di rose rosse, che proveniva da un ammiratore seriamente interessato a lei. Padre e madre erano raggianti di gioia, ma Minnagettò il fascio di fiori sul tavolo, prese Philipp per un braccio e andò con lui a passeggiare in giardino chiacchierando di quanto fosse sola al mondo”°,
Anche Mainlinder in quel tempo era innamorato di una certa signorina M6nch*, giovane figlia di fabbricanti, ma, da quello che sappiamo, non cercò da lei mai nessuna reale corrispondenza. Né si curò dell'amore di una sua cugina, Justchen Seib. Secondo il racconto di Lucia Franz riportato da Rauschenberger, Mainlinder era “sensibile solo alla filosofia ed alle elucubrazioni, a causa delle
quali l’intera famiglia era adirata. Andava d’accordo solo con sua sorella Minna. Entrambi erano legati da un profondo legame fraterno ce dall’affinità spirituale. Philipp era di piccola statura, un po’ esile ed aveva un volto pallido. Aveva capelli di media lunghezzae, con i suoi occhi sognatori, aveva l’aspetto di unartista 1748
Probabilmente Mainlanderera timido e insicuro, tanto
da rinunciare quasi a priori a qualsiasi relazione sentimentale. Oppure, se consideriamo quanto egli sostiene nella sua opera, nella quale si trova postulato il comandamento della verginità, probabilmente il filosofo intese solamente rimanere fedele ai suoi principi.
46 47
Id., S. 133 E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 94.
48
W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlinder, cit., S. 133.
27
Capitolo primo 3.3. La scuola di Dresda
Dovendointraprendere gli studi commerciali, Mainlaànder fu costretto a frequentare la Realschule della sua città natale. Più tardi, il 31 marzo del 1856, si iscrisse alla Han-
delsschule di Dresda, su consiglio di un amico di famiglia,il poeta Karl Gutzkow, che più tardi diverrà suo precettore. Gutzkow era sposato con una signora di Francoforte, per mezzo della quale probabilmente conosceva la famiglia Batz. È sicuramente durante il soggiorno di Dresda che Mainlinder comprese quali fossero le sue reali aspirazioni, anche grazie all’aiuto di un certo Helbig4?, professore benemerito della Kreuzschule, presso il quale il nostro filosofo abitò in affitto. Mainlinder nutrirà una vera e propria ammirazione per Helbig e racconterà che, quandoil suo professore scoprì da quale sete di conoscenza egli fosse animato,lo iniziò allo studio dei classici, preparandolo premurosamente e “prudentemente” per un intero “lungo anno 59. Fu sempre il prof. Helbig che decise di rivolgersi al padre di Mainlinder, per chiedergli di lasciare che il figlio cambiasse l’indirizzo dei propri studi. Noi non conosciamo quale fu la risposta del vecchio Batz. Sappiamo però che Mainlinder proseguì indisturbato a coltivare i suoi interessi, autonomamente,sotto la
premurosa guida del suo professore. Le lezioni del professore Helbig lo costrinsero ad uno studio serio e metodico, tanto che Mainlinderstesso dirà:“A Dresda mi ero procurato morso e speroneperla miafantasia e un occhio lungimirante, che
4
Cfr. FE Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 95. Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., Bd. IV, “Die Macht der Motive”, Kap. “Autobio-
90.
28
graphie — Aus meinem Leben”, S. 365. F Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainléinders, cit., S. 96.
Philibp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico colse una méta fissa e non l’avrebbe più lasciata andare, fino a quando nonl’avesse raggiunta”. Questo obiettivo era innanzitutto quello di dedicarsi alle lettere, come successivamente sarà quello di dedicarsi alla filosofia. Egli poté costruirsi così “le migliori basi culturali [...] quanto quelle che tutte le università del mondo nonavrebbero potuto dargli”. A Dresda Mainlinder ascoltò anche alcune lezioni universitarie: quelle di estetica del teatro del prof. Hettners e soprattutto quelle di aritmetica del prof. Odermann. Ad alimentare il suo amore perla letteratura si aggiunse ancheil rapporto conil già citato poeta Gutzkow?*. Questi era un’intellettuale molto attivo, che durante la sua carriera
di giornalista non aveva risparmiato i suoistrali satirici contro il potere secolare della Chiesa e quello delle istituzioni dello Stato. Così ce lo descrive Mainlinder:
“Ero in relazione col sottile spirito negatore di Gutzkow,la cui stella in quel tempo luceva col massimo fulgore. Andai poche volte da lui, unicamente per causa mia, poiché cercai la più affettuosa accoglienza da parte della amabile e affascinante ‘“conterranca” (la seconda signora Gutzkow, unafrancofortese) e l'“Imponente” si dedicava con accondiscendenza al suo insignificante scolaro di studi commerciali, così tanto che tornai sempre indietro con un insieme di stimoli e di pungenti incitazioni. Devo
5 92 93.
Ibidem. Ibidem. Karl Ferdinand Gutzkow (Berlino 1811 - Sachsenhausen 1878) fu un esponente di rilievo degli scrittori della “Junges Deutschland” (Giovane Germania) e quindi amico di Heine. Nel 1831 collaboròal ‘“Literaturblatt” di W. Menzel comearticolista di satira politica e di critica letteraria. Nel 1837-48 fu redattore del “Telegraph fiir Deutschland” ad Amburgo. Fra le opere principali vanno ricordate: Uriel Acosta (1846, tragedia, spietata requisitoria contro l'ortodossia e le manipolazionidi potere clericali), Das Urbild des Tartiffe (1844,Il prototipo del Tartufo), Wally, die Zweiflerin (1835, Willy, la dubitatrice; per la quale viene condannato a quattro mesi di carcere), Die Ritter von Geist (1850-51, in 9 voll. I cavalieri dello spirito, un romanzo).
29
Capitolo primo confessare apertamente che Gutzkow in presenza di altri s1 sbarazzava di me con sufficienza (ma non contro di me) e spesso mi faceva rotolare di nuovo fuori dalla porta”.?4
Gutzkow contribuì in maniera fondamentale a destare in Mainlinder una profonda attenzione per gli studi classici, riempiendolo sempre di stimoli e di incitamenti “pepati” (‘“gepfefferte Reize”). Forse fu Gutzkow stesso a minare le convinzioni pietiste di Mainlinder e a generare in qualche modo unavisione più distanziata e critica nei confronti della Chiesa. Proprio in quel tempo, fra un viaggio ed un altro, Gutzkow attendeva allo studio per la stesura di una sua opera, “L'incantatore di Roma”, ambientato nella
capitale italiana. Nel frattempo Mainlinder aveva concluso gli studi. Espresse, allora, alla madre il desiderio di partire per l’Italia. Non voleva rinunciare alla libertà della quale godeva a Dresda. Anche suofratello Daniel, il più coccolato ditutti 1 figli, compìla stessa scelta del fratello minore, mettendosi in viaggio per la Sicilia. Nell’aprile-giugno del 1858 Gutzkow intraprese il suo viaggiò per l’Italia, per completare le sue ricerche storiche ed in settembre pubblicò il primo volume di “Der Zauberer von Rom”. Il curatore dei restanti otto volumidell’opera lo tratterrà in Italia sino al maggio 1861. Contemporaneamente, Mainlinderriuscì a procurarsi un posto a Napoli presso una banca commerciale italiana per potersi sostenere all’estero. Suo padre trovò il progetto di far esperienza all’estero produttivo per la futura professione delfiglio e, al contrario della madre, accordòil suo assenso. La povera Luise Seib non avrebbe voluto lasciarlo
94
30
E Sommerlad, Aus den Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 96.
Philibp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico partire. Tuttavia “Lei infine cedette — racconta commosso il nostro filosofo — ma per affliggersi sino alla morte”. Il primo giugno del 1858, in concomitanza conla partenza del suo precettore, Mainlandersi recò in Italia, attraverso la Francia. Di Gutzkow, Mainlinder non perse mai memoria, né dimenticò di scrivere alla sorella, solo quattro giorni primadi togliersi la vita, di inviare una copia della sua opera al “professore Gutzkow?®”?. Di questo periodo è il primo scritto di Mainlinder: Tar°”. L’opera fu cominciata il 25 dicembre del 1857 e compiuta il 25 gennaio 1858, secondo le date che lo stesso Mainlinder appose sul frontespizio del manoscritto. Si tratta di un dramma in cinque atti, firmato col nome “G. Duld”°8 e “dedicato alla sua intima amata amica Emma? per l’amore dedicato all’autore”. Mainlinder indicò questo lavoro come “comprensibile solo a se stesso privato di tutto il valore poetico”. Per comprendere meglio queste parole bisogna sfogliare il dramma: in esso ricorrono alcuni motivi biografici e soprattutto diversi temi di natura filosofica. Innanzitutto l’opera testimonia dell'interesse di Mainlinder per la religione e la sua intima approvazione della tolleranza religiosa. Il filosofo manifesta il rifiuto di ogni fondamentalismo, in sintonia con il messaggio morale contenuto
9 96 97
58 59
Ibidem. W. Rauschenberger, Aus derletzten Lebenszeit Philipp Mainlinders, cit., S. 131 Così Joachim Hoell: “Tarik è il debutto, che egli redasse quando era uno studente sedicenne della scuola commerciale. La materia storica del condottiero arabo, che nel 711 combatte il re dei Visigoti Roderico presso Gibraltal, è ricostruita sulla base del Nathan di Lessing, parabola sulla gelosia e sul fondamentalismoreligioso in rapporto alla libertà di spirito e alla grandezza d’animo. Il finale culmina con il matrimonio fra Tarik e la vedova di Roderico, Goswintha — tra Islam e Cristianesimo — e gli avversari sono ricolmi di misericordia”, da Joachim Hoell, Nachwort, cit., S. 461-467: 463.
Probabilmente lo pseudonimo G. Duld sta per il ted. Geduld cioè pazienza. Forse, la già citata signorina M6nch.
31
Capitolo primo nel Nathan di G. E. Lessing, al quale Mainlinderinfatti si ispira. Se quindi fosse possibile spogliare questo drammadel suo elemento lirico, ci imbatteremmo sicuramente nella
prima elaborazione di natura filosofica di Mainlinder, avente per tema centrale la religione e la tolleranza. 3.4. Il soggiornoitaliano: da Spinoza a Schopenhauer Il primo giugno 1858, Mainlindersi mise in viaggioat-
traverso la Francia, per recarsi in Italia, per prendere posto in
una certa banca commerciale di Napoli. Il filosofo avrebbe trascorso nella nostra terra cinque anni. Questo soggiorno fu di grande importanza peril suo sviluppointellettuale. La sua vena poetica fu alimentata — così racconta l’autore — dai suggestivi paesaggi del Sud ed egli giunse addirittura a cimentarsi con il metro classico®%. Tuttavia, il soggiorno italiano avrebbe portato consé anche delle tristi novità. Nel suo diario, che comincia nel 1859, Mainlinder allude con
tristezza a due infausti eventi: il fidanzamento con unaltro giovane della ragazza di Offenbach che egli amava segretamente edil suicidio di suo fratello Daniel:
“In quest'anno il mio amore spirituale (per una ragazza di Offenbach®!) fu scosso sino alle radici ed il mio cuore ricevette due ferite mortali, che certamente si sarebbero rimarginate col tempo, ma che di tanto in tanto dolevano ancora. La mia anima
portò in seguito una leggera fascia di lutto, per portarne più tardi ancora una più pesante”.
Secondoil racconto autobiografico di Mainlinder, suo fratello si era levato la vita a Messina. In alcunelettere, giun6 I frammenti poetici di Mainlindersi trovano nella biblioteca di stato a Monaco di Baviera.
32
Philipp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico te troppo tardi nelle mani di Mainlinder,il fratello lo pregava fortemente,affinché si recasse da lui immediatamente. In un’ultima lettera, anch'essa giunta troppo tardi a destinazione, Daniel gli comunicava che si sarebbe dato la morte, poichéil fratello non era giunto. Mainlinder sprofondò nella tristezza, che lo spinse a seguire il suo vecchio desiderio di divenire soldato per cercare la morte in battaglia. Secondo la ricostruzione di Sommerlad, Mainlinder decise allora
di partecipare ai moti risorgimentali italiani e si recò a Villafranca. Di questa esperienza non abbiamo alcuna documentazione. Di certo, però, a Villafranca non trovò la morte in cul sperava. Rientrato a Napoli, dopo la sua breve esperienza “patriottica”, annientato dal dolore della perdita del fratello e dal sogno d’amoreinfranto, Mainlinder cercò rifugio e consolazione nello studio della letteratura: ‘“Sprofondai in una profonda melanconia e trovai conforto solamente nella meravigliosa natura e nella poesia”, Tuttavia, questo si rivelerà un periodo d’intensa attività. Mainlinderaderì ad un’associazione culturale, 11 “Deutschen
Verein”, e vi partecipò subito dinamicamente, attivandosi per la fondazione di un circolo di estetica e sollecitando la lettura dei classici italiani. Assieme a quello poctico, ancheil demonedella filosofia prese il sopravvento. Il prof. Helbig, oltre ad averlo introdotto ai piaceri delle lettere, lo aveva ammonito: “Eviti la filosofia come la peste!” e naturalmen-
6 © 93
Probabilmente la stessa signorina M6nch di cui abbiamo già parlato. Cfr. E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 97. P. Mainlinder, Meine Soldatengeschichte, Autobiografia, in Id., Schriften, cit., Bd. IV, S. 312: “Erospinto da un demoneselvaggio, che senza coscienza impelleva verso una mèta. È strano che questo istinto si rivelasse solo in parte”. Di questo “demone”, termine che egli mutua da Goethe, il giovane filosofo parlerà per tutta la sua breve esistenza, sino a farne un filosofema.
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Capitolo primo te, come ogni giovane animo, Mainlinder desiderò ardentemente il contrario. Erano trascorsi appena sei mesi dal suo arrivo a Napoli, quando acquistò e lesse i testi di Spinoza, che, così come era accaduto per le generazioni di intellettuali che si susseguirono da Jacobi a Nietzsche, lo colpirono profondamente. È interessante leggere in che maniera il nostro autore ne fu conquistato: “Ero a Napoli da appena sei mesi, quando comprai Spinoza e con fameinsaziabile rimasi inchiodato a quella lettura. Il Tiactatus-Theologicus-Politico, che è scritto così chiaramente e comprensibilmente, produsse in me una rivoluzione. Era comese fossero caduti millenari veli dai miei occhi, comese l’impenetrabile nebbia mattutina fosse caduta a terra ed io vedessi sorgere 1l sole raggiante. Avevo diciassette anni e quanto mai devo ringraziare l’azione del fato, che questo trattato del grande uomo fosse stato il primoscritto di filosofia che mi fosse caduto nelle mani. Trasformai la visione di Spinoza sulla “legge di natura” e sullo Stato nella mia carne e nel mio sangue, e quandopiù tardi passal alle ciance di altri filosofi su materie importanti ero tre volte corazzato contro la menzogna e la stupidità — L'Ethica non la compresi. Ero troppo immaturo per coglierla. Però la lessi scrupolosamente, riga per riga, con moltariflessione, con molta lentezza, spesso lasciando che il senso del libro scivolasse via, per
molte ore rimuginando su di una pagina. Tuttavia già in quel tempo il mio istinto demoniacosi ribellava intimamente al panteismo. Sentì che non mi poteva appagare un Dio nel mondo. Questa avversione lavorava di nuovo in silenzio. La vita di Spinoza mi entusiasmò. Lo considerai come l'esempio più caro e spesso, molto spesso, era proprio l'esempio del genuinofilosofo pratico il mio salvatore nella difficoltà””°*,
Mainlinder si sentì, dunque, come “corazzato” della filosofa di Spinoza. La metafora militare rivela, però, che i
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Cfr. FE Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 97.
Philibp Mainlinder: un profilo bio-bigliografico suoi studi non lo avevano del tutto distolto dal proposito di arruolarsi nell'esercito: “Quandol’Austria fu attaccata dalla Francia nel 1859, le mie visioni politiche erano talmente confuse, poiché parteggiavo dalla parte austriaca a causa di un odio puro contro la Francia. Alcuni amici fecero allo stesso modo e decidemmo di arruolarci nell’esercito, se questa [l’Austria] fosse stata sconfitta. La guerra decorse troppo infretta, oltre alle nostre aspettative”.
Giunse così nel febbraio 1860 un evento destinato a rivelarsi decisivo. Mainlinder entrò come di consueto in una libreria di Napoli per vedere le novità editoriali e, sfogliando 1 libri appena arrivati da Lipsia, si imbatté in un’opera giunta già alla sua terza edizione, e ben nota alla cultura filosofica posthegeliana del’48: I[ mondo come volontà e rappresentazione di Arthur Schopenhauer: “Nel febbraio del 1860 giunse il più grande e importante giorno della mia vita. Entrai in una libreria e cominciai a sfogliare alcuni libri arrivati da poco da Lipsia. Trovai Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer. Ma, chi era questo Schopenhauer? Nonne avevo mai sentito il nome. Sfogliai l’opera, lessi della negazione della volontà di vita, trovai numerose citazioni nel testo a me note, che mi fecero trasognare. Mi dimenticai di tutto ciò che mi circondava e mi sprofondai nella lettura. In fine dissi — Quanto costa il libro? —, :- Sei ducati —:,— Ecco i soldi! Afferrai il mio tesoro e mi precipitai come un pazzo da quel luogo verso casa, dove con febbrile fretta tagliai il primo volume e cominciai a leggerlo dall’inizio. Era già giorno pieno, quando smisi. Avevo letto l’intera notte senza sosta. — Mi alzai e mi sentì rinato. Quest'opera aveva reso fecondo il mio spirito, come mi era accaduto con Kraft und Stoff di Biichner °°. Avrei adorato per mol-
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P. Mainlinder, Meine Soldatengeschichte, cit., S. 313. Forse Mainlinder si era schierato contro la Francia già in occasione dell’armistizio di Villafranca. Mainlindersi riferisce qui a Ludwig Biichner, popolare autore del materia-
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Capitolo primo to tempo quell’opera con pura ammirazione. Misentii in un’insolita situazione. Presentii che nella mia vita era accaduto qualcosa di smisurato significato. — Era solo un puro caso che avessi fatto la sua conoscenza? E se fossi entrato solo un quarto d’ora più tardi in quella libreria, così da non imbattermi nel libro, cosa mai sarei divenuto? Rabbrividisco se mi figuro le conseguenzediciò, se immaginoche in quel tempo,in cui il mio giovane cervello apprendeva ogni impressione così fedelmente, avrei studiato Hegel al posto di Schopenhauer. Ed il pericolo era presente; già ad un caro amico, entusiasta seguace di Hegel, avevo promesso che avrei comprato per me La fenomenologia dello spirito [...). Durante il mio viaggio lessi per due volte l’opera. Era la mia Pallade Athena ed io avevo reso prezioso il mio viaggio. Quante cose preziose avrei tralasciato senza di essa e in quali trappole, che avevo considerato per l’intera vita come le Eumenidi, sarei mai caduto senzadi lei”’0”,
Probabilmente Mainlinder mente, quando afferma di non conoscere Schopenhauer nemmenodi nome. Difatti sappiamo che Schopenhauer abitava a Francoforte dal 1833 ed era diventato famoso dal 1851coni Parerga e Paralipomena, divenendo celebre, appunto, comeil “saggio di Francoforte”. Sette anni dopo, quando Mainlinder partì per l’Italia (1° giungo del 1858), Schopenhauer era ormai nel pieno della sua fama.Il “saggio di Francoforte” prese in affitto l’abitazione degli Schneider nel luglio del 1859, ovvero un anno dopo la partenza di Mainlinder. In casa di Lucia Franz Schneider, cugina di Mainlinder, si parlava molto del rinomato af-
fittuario della loro abitazione sulla “Schòne Aussicht”. Secondo la testimonianza della Franz,il “cuginetto” Mainlinder chiedeva spesso del suo venerato maestro: “Egli stesso fece un
lismo psicologico del 19. sec. Cfr. L. Biichner, Kraft und Stoff. Empirische-naturphilosophische Studien, hrsg. und eingel. von W. Bélsche, KTA, Band 102, Leipzig 1932. %
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Cfr.W.Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlinder, cit.,S.131. Cfr. F Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainliinders, cit., S. 98.
Philibp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico paio di volte visita sotto [abitazione di Schopenhauer], ma nonfu accolto, poiché Schopenhauerera già gravemente sofferente’”’°8, Mainlinder racconta di aver conosciuto il nome di Schopenhauer solo nel febbraio del 1860, quando è già a Napoli. In Italia il filosofo di Offenbach rimarrà percinque anni, con l’eccezione di occasionali viaggi d'affari all’estero e del suo viaggio di ritorno al termine del 1862. Nell’aprile del 1860,a distanza di pochi mesi dalla scoperta che Mainlinder
fece del Mondo, Schopenhauer non godeva già più di buona salute ed il 9 settembre dello stesso anno si ammalava di polmonite, per morire,infine, il 21 settembre del 1860. Comeè possibile, allora, che Mainlanderabbia tentato di
conoscere personalmente Schopenhauer, come vorrebbe la Franz,se si trovava in Italia? È sostenibile un'ipotesi: durante
il lungo periodo di cinque anni di permanenzanella Penisola, Mainlinder potrebbe essersi recato occasionalmente in Germania, magari perfar visita ai familiari, o magari per uno dei viaggi d’affari in Europa, che egli stesso racconta di aver fatto spesso per lavoro. Se così fosse accaduto,il racconto della Franz sarebbe compatibile con quello di Mainlinder. È possibile infatti che Mainlinder abbia dapprima conosciuto l’opera di Schopenhauer nel febbraio del 1860 e successivamente abbia desiderato di conoscere personalmente l’autore. Quindi, avrebbe cercato di approfittare del fatto che il suo maestro, per una fortunata coincidenza, aveva preso in affitto proprio l’abitazione dei suoi zii, i Franz-Schneider, conduttori della Schòne Aussicht. Questo sarebbe potuto accadere solo nei sette mesi successivi alla scoperta del Mondo, cioè sino al 21 settembre del 1860, data di morte di Schopenhauer. Tuttavia ci risulta difficile credere all’affermazione di Mainlander, secondo la quale egli non avrebbe conosciuto 6 Cfr. L. Franz, Uber Schopenhauers hausliches Leben,cit. S. 87.
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Capitolo primo Schopenhauer nemmenodi nome ancora nel 1860. Il nostro dubbio è alimentato dalla straordinarietà del fatto, conside-
rato che sin dal 1833 Arthur Schopenhauerrisiedeva a Francoforte, cioè a quattro chilometri da Oftenbach, e che, già
una decina d’anni prima della partenza di Mainlinder per l’Italia (1858), godeva di grande fama, tanto che veniva data notizia dai giornali locali sin anche di una sua sfortunata caduta 9. Per di più Mainlinder aveva compiuto i suoi studi avendo come guida Gutzkow, il poeta che fu concittadino di Schopenhauer a Francoforte sul Meno dal 1835 al 1837 e dal 1842 al 1848. Gutzkow conosceva bene l’autore del Mondo, com'è testimoniato dai suoistessiscritti”, Inoltre, nel 1852, due anni prima di incontrare Mainlander a Dresda,
Gutzkow aveva pubblicato anche una famosa recensione dei Parerga e paralipomena. È davvero possibile allora che il poeta non avesse mai parlato a Mainlander di Schopenhauer anche solo di passaggio? È possibile che Mainlinder non avesse mai sentito il nome del grande filosofo del Mondo? La narrazione di Mainlinder ricorda molto da vicino il
©
Cfr. A. Schopenhauer, Colloqui, prefazione, traduzione e commento di Anacleto Verrecchia, Rizzoli Editore, Milano 1982, Lettera di Frédéric Morin
del marzo 1858, p. 188: “L'uomo più stupefacente che io abbia incontrato
in Germania è, senza dubbio alcuno, Arthur Schopenhauer. Era il 1858 ed
egli era giunto al culmine della sua gloria. Tutti ne avevano parlato a Heidelberg, a Weimar, a Jena, a Berlino e a Halle.[...]. In una bella giornata di marzo e dopo essermi fatto annunciare da un amico comune, mi presentai da lui a Francoforte. Abitava non già in una delle vie tortuose e malagevoli della città, ma in vista del Meno,sul lungo fiume Schéne Aussicht...”.
7% Si veda a proposito Karl Gutzkow, Réckblicke auf mein Leben (1875), A. Hofmann, Berlin 1875, S 127/129. Sul rapporto Gutzkow-Schopenhauer,cfr.
Bernhard Adamy, Neidische “Nachbarschaft — Karl Gutzkow (1811-1878) Verlviltnis zu Schopenhauer in SchJb Nr. 74, K6nisghausen&Neumann, Wirzburg 1993, S. 7-27. Cfr. Henrich H. Houben, Gutzkow und Schopenhauer in “Miinchener Zeitung”, 39, (1930), Nr. 89 von1. IV. 1930. Herbert Eulen-
berg, Schopenhauer und Gutzkow, in SchJb 1930, S. 299 ff. Cfr. A. Schopenhauer, Colloqui, cit., pp. 139, 232, 244.
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Philibp Mainlinder: un profilo bio-bigliografico racconto che Nietzsche fece qualche anno più tardi (inverno 1865-66) a proposito della propria scoperta del Mondo: “Ungiorno avevo trovato nella bottega del vecchio antiquario Rohnunlibro che non conoscevoaffatto: lo presi in mano e lo sfoglia. Non so quale demone mi sussurrasse “Portati a casa questo libro”. La cosa comunque accadde contrariamente alla mia abitudine, che era quella di non essere mai precipitoso nell’acquisto di libri. A casa mi gettai su un angolo del sofà col mio nuovo tesoro e cominciai a sottopormiall’influsso di quel genio cupo ed energico. Qui era ogni riga a proclamare rinuncia, la negazione,la rassegnazione; in quello specchio vedevoriflessi in dimensioniterrificanti del mondo,la vita, il mio proprio animo. Da quelle pagine mifissava l'occhio solare e totalmente disinteressato dell’arte,
qui io scorgevo il morbo e la guarigione,l’esilio e il rifugio, il cielo e l’inferno. Fui violentemente afferrato dal bisogno di autoconoscenza, anzi di autocorrosione; testimoni di quello sconvolgimento sono ancora per me le quiete malinconiche pagine del mio diario con le loro vane autoaccuse e il disperato miraggio di santificazione e trasformazione di tutto quanto il nucleo del mio essere. Nel portare avanti al tribunale di un tetro autodisprezzo tutte le mie qualità e aspirazioni, fu amaro, ingiusto e sfrenato l’odio contro di me. Non mancarono nemmeno torture corporali. Così mi costrinsi quattordici giorni di fila ad andare a letto non prima delle due di notte e ad alzarmi alle sei in punto. Un’eccitazione nervosa si impadronì di me, e chi sa fino a qual punto difollia sarei arrivato se le seduzioni della vita, della vanità e la costrizione
di uno studio regolare non avessero fatto da contrappeso””!.
L’analogia fra il racconto di Mainlinder e quello di Nietzsche è evidente. Entrambi affermano di essersi imbattuti per caso nell’opera di Schopenhauer. Entrambi chiamano il Mondoil proprio “tesoro” e si sprofondano da subi7!
F Nietzsche, Sguardoretrospettivo ai miei anni a Lipsia, in La miavita, Scritti autobiografici 1856-1869, nota introduttiva di M. Montinari, versione di M.
Carpitella, Adelphi, Milano 1992, pp. 164-65.
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Capitolo primo to in una lettura febbrile. Tuttavia, almeno per quanto riguarda Nietzsche, sappiamo che “La conoscenza de Il mondo come volontà e rappresentazione risale almeno al periodo di Bonn e che il demone che gli aveva suggerito di acquistare il volume, di cui Nietzsche parla nello Sguardo retrospettivo, è, in realtà, un comune mortale con tanto di
nome e cognome. Si tratta del professor Carl Schaarschmidt, che all'università di Bonn insegnava Storia universale della filosofia, le cui lezioni aveva frequentato nel semestre estivo 1865””72,
In ogni caso, per Mainlinder, così come per Nietzsche — ma ancheperaltri schopenhaueriani della prima generazione — l’incontro conil filosofo del Mondo ebbe sempre qualcosa di fatale, fu vissuto e raccontato come una “folgorazione”. Probabilmente fu la stessa filosofia di Schopenhauer che, sulla scorta del metodo esoterico dell’esperienza diretta della volontà, generò questa “modafilosofica”: chi si imbatteva nel Mondo, veniva immediatamente iniziato alla verità, alla metafisica della volontà schopenhaueriana, e
quindi ne era improvvisamenteilluminato.
Quando Mainlinder, nel 1862, ritornò ad Offenbach,
studiò nuovamente Schopenhauer:
“Acquistai per me tutti i suoi immortali scritti e li impressi nel mio spirito come fermento. Nonera ancora giunto il tempo per un lavoro filosofico autonomo. Non una volta presi un appunto. Avevo preso in considerazione molte visioni del grande uomo, molte altre cose disapprovavo fortemente; ma tutto era nella mia testa e non trovai nessuna maniera di scrivere”’73.
72
7
40
Domenico M. Fazio, Nietzscheeil criticismo — clementi kantiani e neokantiani e
critica della dialettica hegeliana nella formazione filosofica del giovane Nietzsche, QuattroVenti, Urbino 1991 p. 40. Cfr. F Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 98-99.
Philibp Mainlinder: un profilo bio-bigliografico Nonostante le prime critiche, da quel momentoin poi c per tutto lo sviluppo della sua riflessione filosofica, l’opera di Schopenhauer divenne per Mainlinder un vero e proprio modello. Ma,in questo stesso periodo Mainlinder lesse, fra l’altro, le opere di Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Tasso,
Leopardi. In maniera particolare lo attirava la poesia di Giacomo Leopardi”, il cui pessimismo cosmico faceva eco al pessimismo metafisico di Schopenhauer. In questo periodo la vita del giovane Mainlinder non fu ritirata come in passato: fu un vivace membro del “Deutsche Ruderclub””°; prese parte ad una società di ispirazione repubblicana, dall’inquietante nome “die Riuberbande””° [La banda dei Masnadieri], impegnata nell’azione politica e i cui membri coltivavano parallelamente studi di estetica; inoltre, partecipò alla vita sociale del paese, a feste da ballo e a gite organizzate. Le esperienze coltivate durante la lunga permanenzain Italia gli avevano dato la possibilità di guardare alla realtà con occhi diversi. A_tal proposito, il filosofo racconta nella sua autobiografia: “Avevo visto il mondo come commerciante, avevo guadagnato un vasto sguardo mondano e rimasi immuneall’alito velenoso dei professori di filosofia e alla secca, insulsa, miope erudizione, alla “tuttologia”, come si preoccupavadi dire sprezzantemente Eraclito”””7.
7
Cfr. FVolpi, Mainlinder, Leopardi und die Entstehung des européischen Pessimistuus, in “Was Philipp Mainlinder ausmacht”, Offenbacher MainlinderSymposium 2001, hrsg. von W. H. Miiller-Seyfarth, K6nigshausen & Neumann, Wiirzburg 2002, S. 19-28.
75
E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit.,S.98-99: cioè di un club di canottieri. Forse per questo circolo è pensata la poesia “Drei Lieder vom Ruder-
76
È possibile che il nome fosse stato ispirato dal celebre romanzo di Schiller,
77
club” del 1860, in Id., Bd. IV, “Aus dem Tagebuch eines Dichters”, S. 207, Nr.1.
“Die Riuber”, classico dello Humiatismus tedesco. W.Rauschenberger, Philipp Muinlinder, cit., S. 230.
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Capitolo primo Nel 1862, intorno alla fine dell’anno, Mainlinder si
preparò peril suo ultimo viaggio in Italia, che avrebbe segnato la fine di un importante capitolo della sua vita’. A tal proposito, verrebbe spontaneo domandarsi perché mai Mainlinder non decise di rimanerein Italia. La risposta va cercata nel suo amordi patria. Nelle pagine del suo diario Mainlinder benedice il suo destino per averlo strappato ai “ziardini di Armida””?, dalla terra del divertimento e del dolce vivere, “poiché — aggiunge — se fossi rimasto, cosa sarei divenuto ora? Solamente dopo aver scelto un'unica direzione simile ai più, volevo distinguermipercarattere: ero unodi queitristi compagni che non hanno più una patria, che, cedendo alla magia dell’Italia, non sono più né veri italiani, né veri tedeschi”. Il filosofo, con piglio polemico, biasima quei tedeschi apostati, “tedeschi-americani, tedeschi-inglesi, tedeschi-italiani”, che rinnegano la propria patria, poiché credono d’esser divenuti “i più saggi fra i saggi, 1 più fortunati fra i fortunati”, avendo perso ormai ‘“l più prezioso tesoro dell’uomo: lo struggente amore per la patria”. Tuttavia, Mainlinderrimase legato all’Italia ed in particolar modo a Napoli, dalla quale si separò con questi ultimi pensieri: “Nonvorrci rivederti ancora; se così fosse, perderci i ricordi del tuo splendore. Essi sarebbero già come una farfalla, che ha tolto la polvere dalle sue tenere ali. L'impressione dell’uomo adulto non deve ritoccare quella dei giovani sensi, del giovane linguaggio. Tu, sacro sogno della mia giovinezza, devi rilucere puro e chiaro sino alla mia ultima ora, come sinora hai brillato nel luogo sacro della mia anima’,
78 Ibidem. Ibidem. 80 E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 99.
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Philibp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico A Roma,nel 1863, visitò la chiesa di Santa Maria degli
Angeli, in cui vide la statua del filosofo Giordano Bruno, cilla quale rimase affascinato:
“Sapevo contotale fermezza che noi vivevamo ancora nel medicevo, così che sarei potuto diventare un monacocertosino*!. La statua è la reincarnata santità, la reincarnata libertà del cuore, la
reincarnata nostalgia [Heimweh] di un mondo migliore. — Il Cristianesimo è la più purarivelazione di Dio attraverso il cuore umano. La più pura rivelazione dello Spirito deve ancora giungere”.
Da Roma Mainlinder prese la via del ritorno in Germania: “Quando l’Italia sprofondava dietro di me e giù d’avanti scorsi la selvaggia valle dei rimorsi [Reussthal], si insinuava lentamente il presentimento che il tempo incui “felicemente giocavo al sole del buon Dio” sarebbe passato e che cominciavo l’aspra battaglia della vita. Questo presentimento durò a lungo,finché il “ciò è necessario che sia” [' es muss sein ”] vinse la mia malinconia e ridestò la fiducia nella mia forza. La fiduciasi risvegliò in me conforza; accolse il mio sangue che ribolliva nell’aspra aria della patria con cui era imparentato”’8*,
Di ritorno dall’Italia, scrive Rauschenberger, Mainlinder “aveva il volto interamente abbronzato, che a contatto
con i lunghi capelli neri, gli dava l’aspetto di uno stranie-
ro”’83. Ritornato ad Offenbach, Mainlinder riprese, come
scrive, a vivere “come un prigioniero”nella sua stessa ca81
82 83 84
Nel testo tedesco, “Karthiuserm6nch”, in italiano, ‘certosino’. Giordano Bruno, però, era frate domenicano. Probabilmente Mainlinder non sapeva
che il filosofo nolano era appartenuto all’ordine fondato da san Domenico di Gutziman.
F Sommerlad, Aus den Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 100. W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlinder, cit., S. 133.
E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 100.
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Capitolo primo sa, che abbandonava raramente. Tornò ad essere melanconi-
co. Soffriva soprattutto a causa del ricordo di Napoli. Si sviluppò lentamente nel suo carattere una “tendenza ascetica”, come ebbe a dire lui stesso, che lo ‘univa in tensione al
golfo blu attraverso doratifili magici”’*°.Trascorreva la maggior parte del tempo nel negozio di suo padre e dedicavail suo tempo libero alla madre sofferente. Conlei il giovane filosofo discuteva animatamente delle sue teorie religiose:
“[Mainlinder] Tu vorresti essere una piccola “Gesù” e sei legata ancora al mondo con mille corde grasse: al denaro, al possesso, alla stima altrui, ecc... Però te lo spiego: tutte queste corde devono essere tagliate a metà, se vuoi seguire il tuo Salvatore. Chi lo vuole seguire, non deve guardarsi indietro. Egli infatti ti chiede di amare i tuoi figli non più di Lui, proprio così, che tu non li ami più! [Madre] Figli miei — gridava lei ed i suoi occhi scintillavano come quelli di una leonessa aggressiva — Cristo non dice questo, questo non poteva dirlo. [Mainlinder] Sì invece,sì! Questo è chiaramente dimostrabile dalla sua stessa Parola, e tu lo sai come me. Però infili la testa sotto la sabbia come uno struzzo c non vuoi vedere. Sci una miscredente, una mondana, una peccatrice e un giorno andraiall'inferno. [Madre] Se solamente qui ho i miei figli, potrò essere felice! [Mainlinder fra sé e sé] Allora già mi sfuggiva — tuttavia solo come spuma sul torbido flutto dei pensieri — la convinzione che fosse necessario annientare il selvaggio istinto dell'amore materno — dovevo rendere possibile la redenzione [Erlòsung] dell'umanità. Però il “come” mi fu nascosto per l’intera notte [...]. I caratteri caparbi c appassionati si scontrano e le mie mani ventiduenni dovevano dirigere la selvaggia forza su di un punto. Ero un angelo forse? Non menodi questo. Portavo in melo stesso sangue che ribolliva negli altri: il selvaggio sangue patrio; ma attraverso l'educazione e la formazione filosofica incombeva su di me una pericolosa violenza verso me stesso. Spesso rimanevo
85
44
Ibidem.
Philibp Mainléinder: un profilo bio-bigliografico smorto, tremante, con le mani serrate, senza che però una parola affiorasse sulle labbra, mentre gli altri le [alla madre] aprivano il cuore intero. Questo mi diede un grande peso”80
3.5. L'inizio di una lunga tragedia Alla fine del 1863 Mainlinderfu travolto dall’entusiasmo per la guerra di successione dei ducati di Danimarca, cioè le erre dello Schleswig-Holstein, contesi fra Austria e Germania. Le mura di casa Batz divenivano sempre piùstrette:
“Il mio istinto bellicoso si ridestò nel successivo 1863, allo
scoppio della guerra dello Schleswig-Holstein. Avevo la seria intenzione di aiutare [la nazione] e in quel tempo nonstavaalla base nessunistinto, ma piuttosto un amordipatria sicuro di sé. Sotto questa direzione giaceva sin da allora l’ineliminabile vivido impulso di diventare soldato”.
Tuttavia non gli fu concesso di addestrarsi alla vita militare insieme con1 ginnasti di Offenbach.“La mia individualità chiedeva imperiosamente unaviasolitaria”. Per volontà di sua madre, invece, Mainlinder fu addestrato al tiro di scherma da un
sottufticiale che era stato incaricato esplicitamente, a detta del filosofo, di non risparmiarlo e di non addestrarlo per gioco®*.
“Potei esercitarmi perfettamente nell’inverno da un maresciallo dell'Assia, per essere preparato in ogni momento; poi potei solo in seguito pensare con ragione di diventare soldato,se la guerra non fosse rimasta localizzata. Contro la Danimarca erano sufficienti solamente pochi corpi d’armata, ed io avevo dei do-
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88
Ibidem. P. Mainlinder, Die Macht der Motive, cit., S. 313.
E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 100.
45
Capitolo primo veri verso la mia famiglia, che solo in caso estremo avrei potuto trascurare. La guerra, come è noto, rimase localizzata ed io tor. . . . . ‘x ( nai di nuovo alle mie abituali attività”’89,
Trascorso questo periodo, nel 1864 Mainlinder compose Gli ultimi Hohenstaufen?®, un’opera drammatica dall’accento patriottico, concepita in tre atti, Ezio — Manfredi — Corradino?!. Il 4 gennaio 1864 trovò l’ispirazione giusta?? e scrisse in pochissimo tempo la sezione su Ezio. Nella primavera 1865 continuò la parte su Manfredi e nel maggio 1866 lavorò a quella su Corradino?*, lavori letterari che “coltivarono in me il seme della tranquillità attraverso il piacevole bulino della filosofia, in questo e nei successivi anni (1864-1865)”% Naturalmente,il lavoro fu seguito dalla sorella Minna, sempre presente nei suoistudi.
Nello stesso periodo, Mainlinder leggeva e rileggeva nuovamente le opere di Schopenhauer devotamente, “zur Stàrkung”. “Avevo molte preoccupazioni ed il mio impulso poetico era troppo desto perché potessi avvicinarmi critica-
89.
P. Mainlinder, Die Macht der Motive, cit., S. 313.
91
[senza data di pubblicazione]. “Gli ultini Hohenstaufen erano la filosofia della storia in forma poetica, la rappresentazione della legge storica, che tutto è nella vita comela vita stessa solo un mezzo perla realizzazione deifini divini voluti. Questo è il mezzo impiegato in modocheil soffio divino si effonda dappertutto”, E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit.,S.101 und Anmerkung. Mainlinder riprende un tema storico caro alla tradizione letteraria tedesca durante il periodo del così detto Biedermeier-Stil (1815-1820). Questo genere fu inaugurato in quegli anni a Berlino da Ernst Raupach, e nacque per celebrare la storia dell’antico casato sassone degli Hohenstaufen. Cfr. Riidiger Safranski, Schoperthauer e gli anni selvaggi della filosofia — Una biografia, La
9
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93 94
46
Id., Letzten Hohenstaufen, Schmidt & Giinther Verlag, Leipzig, ohne Jahreszahl
NuovaItalia, Firenze 1997, p. 381. E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 101.
Ibidem: [...] La poesia era per me solo un mezzo perla filosofia; un’altra maniera per esprimermi”. Ibidem. (1
Philibp Mainlinder: un profilo bio-bieliografico mente alle opere di Schopenhauer. Per questo era necessario un pericoloso scossone e questo arrivò”. Dopoil suicidio del fratello Daniel, avvenuto a Messina nel 1858, un
nuovo lutto colpì la famiglia Batz. Chatarina Luise Seib, che dopo la morte del figlio non si era mai del tutto riavuta,
morì il cinque ottobre? del 1865,
Questo avvenimento sarà d'importanza capitale sia per la vita che perla riflessione delfilosofo. Seguendolafalsariga della teoria schopenhaueriana delle motivazioni”, Mainlinder interpreta in forma poetica il suo dolore per la morte della madre comela cifra di ogni altro sentimento. “C'è forse differenza fra il sentimento dell’amore e l’entusiasmo del cuore? Certamente nonprecisa. Differenza c’è solamente nelle motivazioni. Il cuore risponde sempre conle stesse effusioni a tutte le motivazioni che producono un grande amore, e solamen-
te dalle diverse condizioni della motivazione che deriva l’amore
peri figli, l’amore perla stirpe, l’amore peri genitori, l’amore per la patria, l’amore cristiano, e quanto altro si può dire. E così sapevo che tutto quello che ho sentito nei riguardi del sesso femminile, trovava il suo declino e la sua riapparizione trasfigurata nel sentimento che mi univa a mia madre.Il ricordo di lei è il mio matrimonio, il mio insolubile matrimonio. Lei era mia madre, mia
® Giorno di compleanno di Mainlinder, che non era ad Offenbach quandola madre si spense: la trovò già morta di ritorno da un breve viaggio sul Re-
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no. Cfr. F Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 101. Sommerlad racconta che Catharina Luise Seib morì il giorno stesso del compleanno di Mainlinder “in seguito allo stesso dolore che la sua [di Mainlinder] nascita le aveva portato”, F Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlanders, cit., p. 101. Infatti, secondo la documentazione anagrafica della famiglia Batz trasmessaci da Rauschenberger, la poveretta passò a miglior vita il 5 ottobre 1865, per volvolo (intreccio intestinale), all’età di soli cin-
quantaquattro anni — mentre il padre morrà vecchioall’età di settantotto an-
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ni. Cfr. W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlander, cit., S. 137.
A. Schopenhauer, Sulla quadruplice radice del principio di ragione sufficiente, intr. e tr. it di S. Giametta, BUR, Milano 2000!!, pp. 204-206.Id., Il mondo come volontà e rappresentazione, a cura di S. Giametta, BUR, Milano 2002,p. 273-278.
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Capitolo primo moglie, mia figlia nell’ideale significato della parola; e se anche mi piacevafra l’altro apparire come un singolare scapolo, in verità avevo già una moglie e unfiglio, e quale moglie e quale figlio”’?8.
D'ora in poi, peril filosofo, l’unico legame che potrà supplire in qualche modoa quello con la madresarà il rapporto conla sorella Minna.Isolatosi sempre di più, Mainlinder cercò consolazione”? negli studi: “La morte di mia madre mi gettò sopra mille macigni[...]. La cartella coni fogli spaginati della mia critica [a Schopenhauer] diventava sempre più piena, e in grandi confuse linee appariva agli occhi spiritati la mia opera principale. Mi feci arrivare il
“Manuale del Buddhismo” di Hardy!"e il suo “Eastern Mona-
chism” dall’Inghilterra e mi immersi nel Buddhismo. Allo stesso tempostudiai i mistici tedeschi del medioevo (“IlAnonimo Francofortese”, Tauler, [Angelus] Silesius) e la letteratura antica tede-
sca, soprattutto l'immenso profondo Parsival!”!”192,
Nel 1866, come era già accaduto ed ancora sarebbe accaduto ripetutamente, Mainlinder cercò nuovamente di arruolarsi nell'esercito:
% E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 101. % Nella sua autobiografia racconta addirittura che gli abitanti di Offenbach esclamavano: “Unoriginale! dicevano di me alzando le spalle i buoni abi-
tanti di Offenbach, se sfrecciavo veloce davanti a loro” in F Sommerlad, Aus
100
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dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 101. Va sottolineata l’importanza di questa fonte: nel secondo tomo della Ph. d. Erl., Mainlinder si dedica quasi sistematicamente al commento dell’opera. Inoltre va ricordato che questo stesso manuale era tenuto in gran conto dallo stesso Schopenhauer. Mainlindersi riferisce ad uno dei più grandi capolavori della letteratura tedesca del Medioevo,il Parzival di Wolfram von Eschenbach(ca. 1200-1210), ispirato al Perceval o Conte del Graal (ca. 1190) di Chrétien de Troyes. Troviamo un esplicito riferimento ad uno studio sistematico dell’opera nel piano di studi indirizzatoalla sorella, in unalettera della fine di febbraio del 1876. Cfr.W. Rau-
schenberger, Aus der letzien Lebenszeit Philipp Mainlinders. [...]!*, cit., S. 126. 1° FE Sommerlad, ,,Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., p. 102
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Philipp Mainléinder: un profilo bio-bigliografico “Giunse il gravissimo 1866. Le mie visioni politiche st erano nel frattempo chiarite!’ ed io senza esitare e riflettere parteggiavo per la Germania, cioè per la Prussia. La posizione della Prussia era così critica, poiché infatti un’attesa della prima battaglia non doveva essere messa in calcolo, e così scrissi!* subito, fermamente deciso, ma dubbioso in molti punti sul mododi eseguire, al ministro della guerra prussiano, come segue: Un mio amico, un certo Hesse!” , che attualmente si trova a Napoli e attende solamente dalla Prussia l’unità ardentemente desiderata dell’intera madrepatria, vorrebbe mettere a disposizione di Sua Maestà il Rela sua debole forza per l’incombente battaglia e perciò mi ha incaricato di rivolgere questa domanda a Vostra Eccellenza Illustrissima, se egli può entrare in qualche ordine di Cavalleria di Sua Maestà come soldato. Io oso questo compito assolvendolo con l'appunto che il mio amico è un venticinquenne, di forte costituzione e commerciante di professione, ma purtroppo, a causa della miopia, porta gli occhiali. In tal occasione sono cosciente che Vostra Eccellenza Illustrissima al momento è occupato in un lavoro molto serio e certo non è in grado di prestare una speciale attenzione ad una qual simile richiesta; nonostante ciò vorrei dare forza espressiva alla volontà del mio amico nella speranza che la sua richiesta venga presa in considerazione e che Vostra Eccellenza possa trovare la maniera, che non La privi anche del più breve tempo, di comunicarmi a tal proposito. Offenbach a M. 14 Mai 1866”.
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La visione politica di Mainlinder si era “chiarita”, poiché in precedenza, durante il conflitto austro-francese del 1870, aveva detto di aver preso le parti dell’Austria, accecato da “un odio puro contro la Francia”, cfr. P. Mainlinder, Die Macht der Motive, cit., S. 312.
La lettera seguente è la prima di una lungaserie dilettere, attraverso le quali Mainlinder tentò di realizzare il suo sogno di divenire soldato, facendone, sotto mentite spoglie, richiesta al Ministro della Guerra. Naturalmente non esiste nessun Hesse. Mainlinder finge di parlare per conto di terzi, in modo da sondareil terreno, per vedere cioè a quali possibili aspettative rivolgere le sue speranze. Infatti questo fantomatico amico, oltre che soggiornare a Napoli (che Mainlinder conosce bene), dice di essere un venticinquenne (l’età di Mainlinder al tempo), di essere un commerciante e di portare gli occhiali, come il nostro autore. Mainlinder mente solo su di un aspetto, cioè
sulla sua robustezza; ma ciò è necessario per poter entrare nella Cavalleria.
49
Capitolo primo La risposta nonsi fece attendere. Quattro giorni dopo, da Berlino, l’allora ministro della guerra Podbielski rispondeva che l’approvazione della richiesta di arruolamento volontario dipendeva dal distretto militare di appartenenza e che pertanto il ministero della guerra non aveva voce diretta in capitolo. Disponeva così che l’aspirante si rivolgesse al dipartimento di competenza e solo “allora, dopo che l’esercito reale mobile sarà formato,si troverà una regolarizzazione di quelle persone che non sono state addestrate da militari, inoltre solo presso le truppe della riserva”. La lettera si chiudeva con una nota, ‘“è da segnalare che la miopia è una qualità indesiderata per la cavalleria”. Nonostante queste ultime righe,l’arrivo di questa lettera aprì qualche spiraglio di speranza. Mainlinder cominciò, allora, a preparare delle possibili giustificazioni che lo liberassero dagli impegni lavorativi e familiari!0; “Vigilai sulle realizzazioni, feci un Memorandum di tutte le possibili operazioni riguardanti, ecc... Così trascorse uninterofine settimana, prima che decidessi di rivolgermi al mio distretto. Come potevo immaginare che sarebbe stata combattuta la battaglia di KG6niggratz, così da decidere l’intero corso della guerra? Anche in questa occasione il mio sforzo doveva risultare vano. 22107 Nondovevo ancora diventare soldato
Fu così che il rapido verdetto di K6niggratz fece sfumare ancora una volta il suo intento di servire la patria. Mainlinder fu costretto a ritornare alla sua abituale attività,
nuovamente gomito a gomito col padre. Ma le cose sareb-
bero cambiate. Come aggiunge giustamente Rauschenber-
cer, la morte della madre fu un evento capitale non solo per
106. P. Mainlinder, Die Macht der Motive,cit., S. 314. 107. Ibidem.
50
Philipp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico il nostro autore, ma ancheperl’intera famiglia Batz. La fortuna di questa sembrò svanire nel nulla. La morte della madre ruppeil fragile equilibrio della casa, causando una tragica catena destinata a non rompersi: “Georg Batz non ebbe più fortuna nei suoiaffari; vendette la sua fabbrica e tentò tutte le possibilità, ma tutte senza successo. Ebbe la prima fabbrica di pane ad Offenbach; chiuse anche quella. Poi, una volta, si accaparrò tutte le patate dei dintorni, tanto da essere chiamato “Re delle patate”. Però tutto fallì. Rinunciò infine all'’amministrazione della casa e andò ad abitare da suafi-
glia in quel famosoIstituto”’198,
Justine, la sorella maggiore di Mainlinder, rappresentò una vera e propria seconda madre per tutta la famiglia e fu l’unica a preoccuparsene sino alla propria morte. Prese con sé il padre, diventato burbero e caduto nell’indigenza,e sostenne economicamente, sino all’ultimo periodo della sua vita, ancheil fratello maggiore, Wilhelm. “Philipp e Minnatrovavano un sostegno nella sorella Justine, che aveva supplito loro all'amore della madre, così come all’amore del padre aveva supplito loro quello della sorella Minna;Justine, una signora già anziana non sposata, viveva nella casa dei genitori ad Offenbach,sulla piazza del mercato, cometitolare di rendita. Da lei avevano trovato rifugio anche il vecchio Batz e suo figlio Wilhelm![...]. Alla morte della madre, la sorella Minnasi recò in Inghilterra per imparare la lingua inglese. Più tardi diede qualche lezione nell’Istituto di sua sorella e scrisse con suo fratello Philipp, del quale era il braccio destro, e fu di nuovo entusiasta per la sua opera””!!9,
108. Nel 1886. Cfr. F Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainléinders, cit., S. 102. 109 W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainléinder, cit., S. 134. 110 Ibidem.
51
Capitolo primo Mainlander nel frattempo coltivava ancora la speranza di prendere parte alla guerra: “Troppo presto mi diedi per fuori, poiché la sconfitta dell’Austria fu ritenuta dalla Francia come una propria sconfitta e in tutto il Tuillerein regnò il motto: Révanche pour Sadowa. To ne ero pervaso e volli essere pronto per il momento decisivo. Nell’autunno 1868 rimasi completamente libero poiché il mio primo pensiero era naturalmente arruolarminell'esercito, ed in questo modo potevo subito marciare allo scoppio della guerra. Scrissi ad un gentile conoscente di mia sorella, tale Herr Oberst v. Z. in Stettin”!!!,
Ma anche questa nuova corrispondenza doveva dimostrarsi vanal!?. Così Mainlinder scelse di trovare un nuovo
impiego:
‘“Nell’anno 1869 (marzo) entrai nella grande BancaJ. Mart. Magnus in Berlino come corrispondente. Lo stipendio non era gran che, non pensavo neanche al risparmio. Così vissi lì. La mia speranza di entrare nell’esercito era fallita, nella mia posizione lo sentivo, poiché l’andamento degli affari mi era estraneo ed io ero scivolato dal lavoro autonomo a quello dipendente,all’inizio a giusta ragione connaturale disagio. Fra l’altro mi rinchiusi sufficientemente, vissi modestamente e mi abban-
donai a pensieri poeticie filosofici"!.[...] Questo tempo d’attesa, non lo passavo esclusivamente sognando. A fianco a fondamentali studi di lingua, mi immergevo per la prima volta nella Critica della ragion pura di Kant. Poiché ponevo mano a questa importantissima opera filosofica appena a 27 anni — con strumenti intellettuali maturi, non avvelenati inoltre con Fichte,
Schelling e Hegel, ma piuttosto formati attraverso il critico Schopenhauer — non potevofissare questa opera consufficiente profondità a causa della mia formazione. Devo confessare che lessi quasi solo meccanicamente la Critica della ragion pura per la
1! P. Mainlinder, Die Macht der Motive, cit., S. 314-315.
112 Id., S. 315-318.
52
Philiph Mainléinder: un profilo bio-bigliografico prima e la seconda volta. Per me erano solo parole e parole. Non volli accettarne lo spirito. Ebbi il presentimento che mi stava dinnanzi un giacimento aurifero, ma non vedevo nessun oro.[...] Lanciai uno sguardo indietro sui miei quasi cinque anni di permanenza ad Offenbach,cioè sulla mia vita da eremita, così ringraziai il mio destino. Appena in questo periodo,il mio carattere metteva le ossa. Mi basavo quasi solamente sulla mia individualità !!4.[...] Nel frattempo maturò la semina e cominciò ad apparire l’anno 1870. In quel tempo mi trovavo a Berlino. Quando divenne chiaro che la guerra non poteva essere più evitata, cominciò in me un’agitazione febbrile, che si perse gradualmente appena nell’inverno 1870/71. Nessun uomo ragionevole considerava il compito della Germania facile, ma anzi comprendeva che per noi tutto era in gioco, che avevamo un
nemico molto forte, che era una battaglia per la vita e la mor-
te. Il re parlò delle vicissitudini della guerra e disse che noitutti sopravvalutavamo la forza della Francia. Mi struggevo nell’impotenza di non poter aiutare e pensavo già di cambiare 51
motivo per cui ero nato, per poter entrare nell’esercito”!!5.
Mainlinder non era nuovo a questi stati di eccitazione emotiva. Non appena soffiavano venti di guerra, egli riprendeva le sue esercitazioni militari: “Affrettai subito il mio stalliere Honne cominciai di nuovo i miei studi di equitazione. Mifeci istruire subito alla sciabola da un ex brigadiere ussaro”’1!9, Nell’agosto del 1870, quandoa Berlino gli giunse la notizia della battaglia di Wérth, Mainlinder sembrò del tutto convinto che fosse giunto finalmente il suo momento. A dissuaderlo fu il suo amico, il conte Liittichau!!, che lo
1
3 Id., S. 325. 4 E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 102. P. Mainlinder, Die Macht der Motive,cit., S. 319. Ibidem. Id., S. 321.
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1
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convinse, almeno per il momento,a lasciar perdere. Ma la serie dei numerosi tentativi falliti non terminò.
n o AI
1 1
fd N
1
33
Capitolo primo “Non potei presentarmi alla leva il 29 agosto, poiché continuamente, in giorni diversi, una pericolosa eccitazione mi aveva inchiodato al letto. Fantasticavo ininterrottamente, ma mi rimisi di nuovo rapidamente. Venerdì 2 settembre volli finalmente presentarmi, quando mi raggiunse la notizia di Sedan. Ritenni anche io
la guerra ormai terminata”!!8,
Gli avvenimenti bellici del suo tempo però lasciarono nel suo animo una profonda impronta. Secondo quanto scrive Mainlinder nella sua autobiografia, non era la guerra ad ispirare il suo pensieroe la sua opera,bensì erala sua stessa filosofia a incitarlo alle armi: “I sentimenti che la guerra suscitò nel mio cuore erano il trasporto nativo della mia Philosophie der Erlosung!!?. Alla fine del 1870 sua sorella Minna raggiunse Mainlinder a Berlino!%, Da quel momentoin poivisse in casa di lui. Mainlinder riuscì a guadagnare abbastanza, tanto da mettere da parte un piccolo capitale e da provvedere anche al sostentamento di sua sorella Minna, “che non ave-
Va più nessuna patria e non poteva davvero coltivare il suo
talento di scrittrice nell'atmosfera di Offenbach”!2!, e di suo
padre, ormai divenuto povero. Nel giugno 1872, Mainlinder prese la decisione dilasciare il posto in banca a Berlino e di ritrasferirsi ad Offenbach. Con uno sguardorivolto al passato, così Mainlinder commentava,nella sua autobiogra-
fia, l’esperienza lavorativa berlinese:
“Sotto l’involucro maturava, senza il calore di una serra, ciò che devo considerare come il mio scopo vitale; proprio così, lo ripeto, lei [la mia attività di bancario] agiva sulla mia formazio-
118 Id., S. 322.
119 E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 102. 120. P. Mainlinder, Die Macht der Motive,cit., S. 326. 121 Ibidem.
54
l'lulipp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico ne costringendomi a pensieri astratti e chiari: è una verità intramontabile che ogni sanguefilosofico significativo prospera solamente sul suolo dello schietto lavoro manuale. La pausa delle ore di riposo è il soffio vitale, e attraverso questo principio anche i dilettanti sono servitori molto importanti e valenti della verità. Infatti si può applicare questa massima ancheall’arte, così come
alla scienza. Chi non lavora solo peril salario, ma si sacrifica per il genio dell’arte e della scienza, costui solamente è sulla retta via,
ed il suo sacrificio lo remunererà mille altre volte”!22,
Nel frattempo a Berlino aveva continuato,perciò,la vitl appartata, fatta di intenso studio. Nel suo tempoliberosi interessò alla poesia tedesca,alla storia, alla politica sociale, al-
la storia della natura!all’antropologia e lesse nell'ordinele
opere di Eraclito, Platone, Aristotele, Scoto Eriugena, Locke, Berkeley, Hume, Hobbes, Helvétius, Fichte, Hegel, Herbart
c Condillac!?4. A proposito di Fichte e Hegel, Mainlinder scrive d’essere riuscito a rimanere immuneai loro veleni. Nessuno dei filosofi sopraelencati, a suo dire, esercitò su di lui l'influsso che ebbe Schopenhauer. “Aderisco a Schopenhauer — così scrisse — sempre più strettamente. In un’ora in cui fui particolarmente entusiasta io giurai: voglio essere
il tuo Paolo!?, ed avevo mantenuto la mia parola’’126.
122 P. Mainlinder, Die Macht der Motive,cit., S. 327. D'ora in poi lo stesso Sommerlad si riferirà alla prima sezione della “Lebensgeschichte”, secondola redazione della sorella Minna, ora pubblicati nel IV volume Die Macht der Motive, cit., S. 313-434. 123 Per esempio, a Lorenz Oken (1779-1851) [cfr. F Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S.102], di cuisi dirà nel capitolo della Fisica della Phi-
losophie der Erlòsung, e al quale autoresi erano interessati anche lo stesso Scho-
penhauer [Cfr. Id., Colloqui, pref. e commento di A. Verrecchia, BUR, Milano 2000, Carlot Gottfried Beck (marzo 1857), p. 177], e E. von Hartmann[Id.,
Philosophie des Unbewussten (1869),V Auflage, Erste Sterotyp-Ausgabe, Berlin 1873, “Das Unbewusst in der Mystik”, Abschnitt B. Capitel IX, S. 308]. 124 E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 102. 125 A san Paolo è dedicata anche una poesia, Bd. IV, “Aus dem Tagebuch eines Dichters”, S. 221, Nr. 31 “Sankt Paul”.
126 F Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., 5.102
3I
Capitolo primo 3.6. Un filosofo ‘‘corazziere’’
Nel novembre 1871 la “Haus Magnus” celebrava il cinquantesimo anno dalla fondazione e nel giugno del 1872 morivail direttore,il baroneVictor von Magnus. Quattordici giorni dopo Mainlinder dava le sue dimissioni e nel settembre dello stesso anno lasciava Berlino!” con la sorella. Minna,“la geniale ragazza — alla quale non era un mistero la mia indifferenza nei confronti degli uomini, delle donne, del possesso — mi
comprendeva e aveva solo parole di approvazione[...]”1?8.
Il filosofo aveva scritto e annotato molto, ma‘il mate-
riale era totalmente impossibile da leggere, un vero caos, in parte scritto per me,in parte solo nella mia testa”!?, Decise quindi che, una volta ritornati ad Offenbach, avrebbero
affittato una casa. Solo allora avrebbe scelto se rimanere con Minnao se allontanarsi per qualche mese per recarsi presso qualche università, al fine di cercare il rimanente materiale necessario ai suoi studi. Nel frattempo Minna avrebbe potuto completare la novella alla quale lavorava e rimanere un poco col padre!Ma la sorella rifiutò categoricamente quest’ultima possibilità, perché altrimenti sarebbe ricominciata la “vecchia battaglia con il padre”. Minna non voleva assolutamente cheil fratello si allontanasse da lei. A tal proposito, Mainlinder racconta: “Miadirai molto — Non dovrò forse mai essere libero? Dovrò essere sempre vincolato dalla famiglia? Senza di voi volerei
127 P. Mainlinder, Die Macht der Motive, S. 327.
128 Id., S. 328. 129. Id., S. 327. Cfr. F Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders,cit., S. 104.
Mainlinder parlava con ragione dei suoi appunti comedi un vero caos. Nel-
la Staatsbibliothek di Monacoè possibile ancora oggi verificare che quegli ap-
punti sono davvero illeggibili e pieni di correzioni indecifrabili.
130 Id., S. 328.
56
Philibp Mainléinder: un profilo bio-bigliografico nell’aria libero, poiché ho grandi ali, ma a causa vostra devo ri-
manere inginocchiato sulla terra come un verme.Io ti consi-
dero unica. Allora, come puoi volermi frenare proprio tu? A
causa tua, cometu stessa hai recentemente detto, nello scherzo,
ma fondatamente, ho tutti i pesi di un matrimonio senza le gioie”!91,
Lo strano “matrimonio”, doveva però terminare. Mainlinder avvertiva la presenza di Minna comeunavera e propria zavorra: “Io però vedevo chiaramente che non sarei diventato soldato nell’inverno”. Così, mentre Minna immaginava la possibilità di una nuova vita col fratello, lontana dal padre,
Mainlinder era completamente immerso “nel suo desiderio struggente di scrivere il primo capitolo della mia opera, della
quale ancora non avevo trovato il titolo”!5, Egli affermavadi
aver cominciato a sentire comela voce di un demone,che prevedeva la sua entrata nell’esercito e che profetizzava che alla fi-
ne dell’inverno avrebbe già formulato il suo sistemafilosofico!>5: “La divinità scrive [...] poiché lo spirito, nel quale io ero
prima del mondo,guida le mie mani!*4.[...] Il tuo lavorofilosofico, vaticinava il demone, è solo il riflesso del tuo amore per
me, lui haispirato ogniparola, tu hai celebrato dentro solo me,
solo meattraverso di esso hai reso immortale”! Mainlinder fu pervaso da una febbrile attività intellettuale che lo costringeva a studiare giorni interi senza pause:
“Cominciava ora una vita piena di incanto, unfiorire spirituale pieno di felicità e di fremiti deliziosi. [...] Questa vita durò
quattro mesi pieni; tutto questo accadde a giugno,luglio, agosto
la N
131 Id., S. 328-29. dd D_
132 13 .
Id., S. 328-29. [d., S. 330.
134 Cfr.W. Rauschenberger, Aus der letzten Lebenszeit Philipp Mainlinders. cit, S. 128. w
135 P, Mainlinder , Die Macht der Motive, cit., S. 332.
57
Capitolo primo e settembre. Completamente chiaro, conseguente e in sé com-
piuto,il mio sistema era nel miospirito...’’, 159
Maunsenso di inquietudine lo travolse e fu proprio il filosofo a parlare a questo proposito di “Todessehnsucht”!57, Nel Natale del 1873 riuscì nuovamente a trovare un posto come corrispondente presso la Deutsche Bank, soprattutto grazie alle sue eccellenti conoscenze linguistiche. Gli fu difatti affidata la corrispondenzain lingua francese ed inglese. Tuttavia, appena due mesi dopo (5 marzo), Mainlinder rinunciò nuovamente all’incarico, rompendo definitivamente anche col padre, che non aveva condiviso questa sua scelta!*8. Il filosofo riuscì a terminare la sua opera quasi alla fine di settembre. Il 26 settembre, coerentemente con quanto aveva sostenuto nella sua opera, Mainlinder andò presso la
tomba di sua madre e promise, tendendo le manial cielo, ‘“Verginità sino alla morte. — Questo avevo compreso e questo anchenellavita volli praticare””!5?, Il primo ottobre 1874, Mainlinder, dopo aver inviato una lettera al Kaiseril 6 aprile dello stesso anno, venne finalmente arruolato nei Coraz-
zieri di Halberstadt!4°, La domandadi arruolamento volon-
156 Id., S. 362-363. DD N
137
Id., S. 338.
158. Ibidem.
159 Id., S. 372. 140 W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlinder, cit., S. 134: “Considerò la soddisfazione del dovere militare, come un dovere per lo Stato. Una domandarelativa al Kaiser ebbe successo, poiché, nell’inverno dello stesso anno, gli fu concésso di entrare a far parte dei corazzieri in Halberstadt. Scelse per sé intenzionalmenteil più duro servizio di cavalleria. Estraneo ad ogni
necessità ascetica, volle prestare servizio anche come soldato semplice, an-
che se gli era stato consigliato di conseguire ancora la qualifica perl’abilita-
zione al servizio militare. Nel tempotrascorsosinoall’inizio del servizio mi-
litare, essendoci dei mesi liberi dal giugno sino al settembre del 1874, Mainlinder terminò il primo volume della sua opera preparata così a lun-
58
Philibh Mainlinder: un profilo bio-bigliografico tario fu accolta contro ogni speranza: Mainlanderinfatti aveva ormai 31 anni e il servizio di cavalleria prevedeva come limite di età la soglia dei trent’anni!4. Passarono quattro mesi, prima che Mainlander potesse cominciare effettivamente a praticare il servizio militare!‘In quel tempoil filosofo completò le ultime correzioni e trovò untitolo peril suo lavoro: “Die Philosophie der Erlésung”!4. Contemporaneamente organizzò un viaggio a Romaperlasorella!*, affinché fosse lontana per un certo periodo dalla casa paterna. Prima chelei partisse le aveva assegnato il compito di trovare a Lipsia un editore peril suo lavoro, consegnandole delle lettere rivolte a questo scopo. In unadi esse si legge: “To appartengo a coloro dei quali il mistico Tauler disse: loro si nascondonoalle altre creature, nessuno può parlare di loro né bene né male. Nessun altra sentenza mi impressionò così profon-
damente quanto quella chesi trova scritta sulle lapidi nelle cata-
combe di Napoli: Votum solvimus nos quorum nomina Deus scit!*, Dovrei perciò chiederLe cortesemente di darmi la Sua garanzia di non nominarmi mai come l’autore della “Philosophie der Erlòsung”. Naturalmente Le rivolgo la stessa cortesia, nel caso in
cui Lei dovesse respingere l’edizione dell’opera. Per questo lavo-
ro io sono Philipp Mainlinder e voglio che ciò sia sino alla mor-
te e per tutto il tempo a venire”,
go, Die Philosophie der Erlòsung”. Cfr. P. Mainlinder , “Aus meinem Leben”,
cit., S. 368: “Così come Cristo dovette morire per rendere proficua la sua dottrina, così io devo entrare nell’esercito nel 33.mo annodi vita, affinché la mia dottrina riscuota successo”.
141 P. Mainlinder, Die Macht der Motive, cit., S. 346. Oppure in Id.., Meine Soldaten Geschichte, hsg. W. Rauschenberger, Berlin 1925, S. 48.
142 Id., S. 363. 143 Id., S. 365. 144 Id., S. 363 fr.
145 Tr. it.: “Noi, di cui (solamente) Dio conosce i nomi, sciogliamo il voto”,
cioè ci separiamo dallavita.
146 Id., 5.367. Cfr.W. Rauschenberger, Philipp Mainlinder, cit., 1931, S. 233, An-
merkung 3.
59
Capitolo primo Mainlinder, cioè abitatore del Meno. Probabilmente la
scelta di questo nome è daattribuirsi alla volontà di sottolineare la sua fedeltà alla terra patria. In un successivo passo Mainlinder appunta:
“La mia azione teoretica è fatta. Quella pratica è all’inizio. Quella pratica sarà iniziata da un demone inconscio. Dovrebbe forse la continuazione cosciente sfociare in questo ordine? Ciò
sarebbe fantastico”’!47,
Si direbbe unasorta di testamento, nel quale l’autore dichiara di dover portare a compimento il suo credo filosofico nonsolo attraverso la formulazione teoretica, ma anche
attraverso l’applicazione del suo programma di auto-annichilimento: il suicidio è espressamente già pensato e dichiarato. Il tema del suicidio è ribadito anchenelle lettere indirizzate a Minna: “... la speranza di condurre una lunga vita, di continuare ad esistere sino alla mia morte naturale:
questo per me è inconcepibile’’!48,
Però Mainlinder aggiunge che “Una cosa è chiara:il punto principale del mio insegnamento perl’odierna società non la verginità, bensì la passione per lo Stato”. La verginità nonè il fine del suo programma,bensì solo un mezzo perassolvere al fine ultimo: lo stato socialista, come portatore del non-essere. Lo stato socialista è il vero cuore del sistema,il
vero motivo peril quale il filosofo ha fondato la sua metafisica. Non un qualsiasi stato socialista, ma uno stato socialista governato da una idea nazionale. “Scopo: la battaglia per lo stato ideale nell'odierno Stato e con questo contro gli altri
147 Id., S. 367-8. Cfr W. Rauschenberger, Aus der letzten Lebenszeit Philipp Mainlinders, cit., S. 120.
148 W. Rauschenberger, Aus der letzten Lebenszeit Philipp Mainlinders.cit., S. 123124.
60
Philibp Mainlénder: un profilo bio-bieliografico stati. / a) La battaglia nello Stato / Il passaggio dell’umanità su tutti i territori / Soluzione della questione sociale / Go-
verno dell’Arte e della Scienza / [...]?!4?.
Durante il servizio militare Mainlinder dice di aver portato con sé pochilibri, fra i quali però non mancarono le grammatiche diinglese, di francese e di italiano, un dizionario di francese, il manuale di Spencer Hatdy sul buddhismo,Tacito, Gil Blas, le opere di Leopardi, l’aritmetica del suo professore universitario Odermanne la grammatica tedesca di Heise. In ultimo, la Theologia Deutsch dell’Anonimo Francoforte-
se. Questi testi, nelle intenzioni di Mainlinder, gli sarebbero
serviti per fare scuolafra i suoi camerati: “Pensavo alla lezione che avrei potuto dare, forse, ai poveri camerati ed agli zelanti
sottoufficiali’’!°, Mainlinder pensava che fra ragazzidi età inferiore alla sua non sarebbestato troppo difficile portare il suo credo socialista e nazionalista. Ma, “l’amore perla cosa [peril proprio lavoro] manca quasi al 99 per cento dei soldati, per-
ché mancail rapporto conil loro lavoro”!°!, Al termine del
primo annosi congedò da caporale. Al contrario di quantotestimonia l’edulcorato racconto di Mainlinder nella sua romanzata autobiografia, il servizio come corazziere si rivelò molto logorante. A questo proposito si legga la lettera di Mainlander indirizzata a Minna,scritta ad Halberstadt: “Cara Minna,
misonosalvato dalle manovre e sono tornato tutto intero. Durante le manovre ho avuto un grande godimentoestetico: tale, co-
mesolo in nessun altro posto mi sarebbe potuto essere offerto. So-
lamente, mi sento estraneo a questa condizione, senza percepire alcun trasporto verso altro in cambio di ciò. Credo di essermi lo-
149 P. Mainlinder, Die Macht der Motive, cit., S. 368. 150. Id., S. 374. 151 Id., S. 385.
61
Capitolo primo gorato, ...worked out: sono senza aria ed impulso per qualche cosa.Apprezzo l’intero senso delle parole di Goethe sui demoni,che, dopo che noi abbiamo compiuto il nostro compito su questa terra, ci fanno lo sgambetto fino a che noi non siamo ormai esangui. Per meci fu solo un demone,del quale il potere fu così grande,
perché era in collegamentoconi risultati della mia filosofia. [...]
Misento indicibilmente stanco nel corpo, in tutto il mio corpo duro comeacciaio. Per mesi affermail detto di Gracian, secondo il quale lo spirito richiede nutrimento comeil corpo. Nessun al-
tro impulso: dove trovo il nutrimento?” 152,
Terminato il servizio militare, il primo novembre 1875,
Mainlinder giunse di nuovo ad Offenbach.Il suo istinto vitale, che non erà maistato forte, si dileguò di lì a poco. “Là nessuna voce parlò in me e dominaiesteriormente il mio silenzio di tomba,così risposi alla domanda: “Cosa accade dopo? Attraverso un sobbalzo del cuore pieno di struggimento,
nel dopo c’è solo l’assoluta pace” !55 . Mainlinder nonsisentì
più vincolato ai suoi doveri familiari, ma esclusivamente alla sua missione filosofica. In una lettera indirizzata a Minna,le
scrisse: “tu non puoi contare nessun altro amico sulla terra se non me — mail mio cuore non appartiene più a nessun padre, a nessuna sorella, a nessun fratello, a nessun amico, in una
parola non alla sola umanità; esso appartiene al mio Dio”!°4.
In questo stesso periodo, ci informa Rauschenberger, scrisse alcune pagine della sua autobiografia. “Poiscrisse in dieci giorni una novella, “Rupertine del Fino”, solo perché sua sorella asseriva che nonfosse in grado di comporre nessun ro-
manzo!Subito dopo compilò la seconda parte della Philo-
152 W. Rauschenberger, Aus der letzten Lebenszeit Philipp Mainléinders, cit., S.121122, lettera del 22 ottobre 1875.
153. Id., Philipp Mainlinder,cit., S. 233. 154 Id., Aus der letzten Lebenszeit Philipp Mainlinders, cit., S. 125, lettera del dicembre 1875.
155 Id., S. 130.
62
Philibp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico sophie der Erlòsung, questa tutta in cinque mesi! Inoltre accarezzò il progetto di collegarsi al movimento socialdemocratico e di agire praticamente per ogni suo prossimo sofferente’’!5°, 3.7.Il suicidio come prassi: una morte preannunciata? Il rifiuto di un posto come impiegato di banca a Berlino determinò la definitiva rottura col padre. Mainlinder aveva ormaideciso di dedicarsi anima e corpo solamente alla sua attività di scrittore e filosofo. Un elenco, contenuto in
una lettera indirizzata a Minna nel gennaio del 1876,testimonia la sua intensa attività:
“In due mesi (novembre e dicembre) corressi con te [Minna] ancora una volta l’intero manoscritto: 1) Gli Hohenstaufen 2) Il miolavoro,la Ph. d. Etrl.; ordinai: 3) pertre lunghi giornii mieifogli; SCrissì: 4) Rupertine del Fino 5) 600pagine stampate in 8 piccolo: Aus meinem Leben; portai avanti: 6) una voluminosa corrispondenza e completai il materiale in tre giorni 7) Buddha e Tiberius, in modochepotessero essere messi in versi in qualsiasi momento; lasciai correggere: 8) i quotidiani
9) i difficili fogli di stampadella Ph. d. Erl. e quelli complicati
degli Hohenstaufen insieme al tuo aiuto; studiai: 10) i Salmi, Giobbe, Koheleth, ancora una volta riga per riga il Manuale del Buddhismo,
156 Id., Philipp Mainliinder, cit., S. 233.
63
Capitolo primo lo stato di Platone,
il Parzival” 1°,
Dal 4 gennaio e per tutto il mese di febbraio Mainlin-
der lavorò ad alcuni saggi!”, che però non pubblicò. Proba-
bilmente i dodici saggi dovevano appartenere inizialmente alla Philosophie der Erlòsung. Essi rimasero inediti e fornirono successivamente il materiale di cui sarà costituito uri secondo volume dell’opera, che i curatori, Otto Hérth e Minna
Batz, considerarono come una sorta di “Supplementi”, sul modello del secondo volume del Mondo di Schopenhauer. Alla notizia del compimento della sua opera, quando ormai gli attriti con la famiglia sembravano dover cessare completamente, accadde l’inatteso: la rottura dei rapporti di Mainlinder con sua sorella Minna. Si può già trovare testimonianza di un primo distacco in una lettera che Mainlinder inviò a Minnaforse nei primi mesi del 1876: “Tu hai perfettamente ragione, se dici che cominciamo a perderci... Nonsolo tu ritorniin fretta sui tuoi passi, ma io ti precedo:
la distanza diventa di giorno in giorno maggiore”!5,
Maperché questo allontanamento? La dottrina etica di Mainlindersi ispirava ad una visione socialista del mondo, in cui tutti gli individui dovevano aiutarsi vicendevolmente, senza distinzioni di rango e di classe. Questa visione democratica di Mainlinder si scontrava nettamente con quella elitaria ed aristocratica della sorella. “Riguardo a ciò bisogna render noto che la sorella di Mainlinder, Minna, aveva una visione politica rigorosamente aristocratica e non condivise l’intenzionedelfratello di arruolarsi come soldato vo-
157 Id., Aus der letzten Lebenszeit Philipp Mainlinders,cit., S. 127. 158. Ibidem.
159 Id., S. 126.
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Philibp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico lontariamente!®, si oppose con doloreall’intenzione del fratello di
agire politicamente come un socialdemocratico. Questa circostanza lo indusse molto probabilmente ad abbandonare la sua intenzione.
Conciò però venne a mancargli ogni pretesto per vivere”!9!,
Minnaerastata l’unica persona con cui Mainlinder avesse condiviso intimità e passioni culturali. Una diversità d’opinioni così radicale, era così degenerata in una rottura insanabile. Tuttavia la rottura con Minnanonfu l’avvenimento che determinò la morte di Mainlinder, come pure è stato detto. Nella notte fra il 31 marzo edil primoaprile 1876, Philipp Batz detto Mainlindersi tolse la vita. Proprio il giorno precedente aveva ricevuto fra le mani la prima copia della sua opera, fresca di stampa!°?, La sua vita dunque non aveva più alcun fine. Egli decise allora di vivere sino in fando la sua stessa filosofia: la “volontà di morte” non doveva essere
solo unoslogan filosofico, non solo una formulazione teore-
tica, ma bisognava dimostrare praticamente la validità delfilo-
sofema. Insomma,vita e pensiero ancora una volta intrinse-
camente legate!95, Il suicidio comeprassi.
Così recita la relazione sintetica stilata dalla Polizia di Offenbach,scritta in occasione del ritrovamento del corpo del filosofo ormai esanime: “Il commerciante Philipp Batz, 34 anni, figlio del pensionato Batz, è stato trovato morto, oggidì sul presto, verso le otto e mezza, nella sua abitazione in Waldstrasse n. 13, da suazia,la signorina Seib, presso la quale egli viveva. Secondo la dichiarazione della soprannominata, lei trovò nella sua camera l’esanime, che giaceva perter-
160 Cfr. P. Mainlinder, Die Macht der Motive,cit., S. 371. 161 W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlander, cit., S. 135. 162 Secondo Otto Hérth, Mainlinder avrebbe ricevuto qualche tempo primala copia fresca di stampa. Cfr. O. Hòrth, Die Familie Mainlinder, cit., S. 1. 163 Cfr. F Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders, S. 79, S. 94.
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Capitolo primo ra; intorno alla sua gola si trovava una piccola fune (un cappio) con la quale si era appeso ad unascaffalatura chesi trovavasul tetto. Nell’ultimo periodo di studio Batz si era dedicato totalmente alla filosofia, aveva curato da sé un’opera, “La filosofia della redenzione”,
che il giorno prima della sua fine era arrivata fresca di stampa. Ultimamente era molto melanconico e durante il giorno, dopo la pubblicazione della già nominata opera, ai suoi familiari aveva detto che la vita non aveva per lui più nessuno scopo”, Macosa determinò il suicidio di Mainlinder? Secondo
Lucia Franz!99 la vera causa che condusse il nostro filosofo alla morte è da attribuirsi all’insuccesso dell’opera. Tuttavia, come testimonia il verbale riportato sopra,il filosofo si suicidò non appena ebbe in mano la copia stampata del suo libro, e quindi nonebbe il tempo per divenire spettatore del suo insuccesso. La Franz però non poteva rendersi conto dei
veri motivi dell'estremo gesto del filosofo, poiché non conosceva gli scritti inediti, della cui pubblicazione si occupò
solo successivamente la sorella del filosofo, Minna Batz. A
questo proposito Rauschenberger ribadisce:
“Noi siamo maggiormente informati sulle motivazioni del suo suicidio, attraverso le personali annotazioni dal suo ultimo periodo divita. Il motivo principale era il suo struggimento per la morte [die Todessehnsucht]. A questo lui potette sfuggire o per lo meno passarci sopra perché prese le parti dell'umanità dolente attraverso un'attività pubblica e alleviò il suo destino. Si liberò da questo conflitto col suicidio volontario [...]. Sicuramente per sfuggire alla sua “volontà di morte”, volle attivarsi politicamente. Questo progetto si scontrava con sua sorella Minna, che nutriva visioni aristocratiche, con l’intera pas-
164. Estratto della relazione del Commissariato di Polizia di Offenbach am Main,
Archivio di Stato di Offenbach am Main, registrato sotto la voce “Batz, Philipp (Mainlinder)” — M2/ 6.
165 Cfr.W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlinder, cit., S. 135.
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Philipp Mainlénder: unprofilo bio-bigliografico sionalità della sua natura. Mainlinderscrisse testualmente alla sorella: “Sii ragionevole. Affido questo [La Philosophie der Erlòsung e i suoi appunti] alle tue mani”. Non trovò nessuna comprensione
presso sua sorella”!99,
Tuttavia,l’ipotesi che il principale motivo del suo suicidio sia da attribuirsi al dissidio con la sorella, tende a sotto-
valutare il fatto che quello del suicidio è un tema centrale della Philosophie der Erlòsung. Il dissidio di Mainlinder con Minna, probabilmente,
rafforzò il suo proposito al suicidio, ma il motivo principale del suo gesto fu sicuramentedicarattere filosofico: “Cristo non ha detto nulla sul suicidio. Da ciò però non sembra che il suicidio sia una esecuzione del male, che proviene dal cuore degli uomini; si deve quindi concludere, che egli non sarebbe stato capace di negare al suicida il regno deicieli professato
esotericamente. Proprio così, come ho già dimostrato nella mia
opera principale [vol. I della Philosophie der Erlosung] la morale di Cristo è nient'altro che il suo comandamento [Anbefehlung] di un lento suicidio; se si assume ancorail profetico tramonto del mondo inteso per aiutare, si potrà finire di dire che Cristo, così come
Buddha, ha raccomandatoil suicidio. Io perciò insisto su questo punto così tanto, come dovetti confessare apertamente, poiché lo
spietato giudizio della maggior parte degli uomini, soprattutto dei
preti, è davvero unico. Esso mi può ancora profondamente indignare. Inoltre vorrei spazzar via tutte quelle vuote motivazioni che possano distogliere gli uomini dal cercare la serena notte della morte, e se la mia professione di fede, cioè il fatto che mi sbarazzerò tranquillamente di questa esistenza, e se lo struggimento per la morte ancora di un poco aumenterà in me,allora potrò avere la forza per sostenere un altro solamente o altri ancora dei miei pros-
simi nella battaglia conla vita; così agirò”!9,
166 Ibidem. 167 P. Mainlinder, Philosophie der Erlòsung, Bd.II, tr. it.V saggio “IlDogmadella Trinità”, $ La parte esoterica della lezione di Cristo, S. 218. A tal proposito, Cfr. O. Hòrth, Die Familie Mainlander, cit. S. 2.
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Capitolo primo Le parole di Mainlinder sono inequivocabili. La volontà di suicidarsi è una professione difede, programmatica e coscientemente affrontata. Per tutto questo, è sostenibile che il suicidio sia non solo preannunciato, ma persino programmato. Il secondo volume della “Philosophie der Erlòsung” uscì il primo gennaio del 1886, dieci anni dopo la morte di Mainlinder. Dell’edizione del volume si occupò Otto Hérth di Francoforte!?8 in collaborazione con Minna Batz. Tuttavia anche a questa impresa editoriale si legò il racconto di un'altra tragedia. 3.8. Minna Batz-Mainlander
Il drammatico episodio della morte di Mainlinder però nonfu l’ultimo. Dopoil suo suicidio,il padre, divenuto un uomo “brontolone, esacerbato, materialista e del tutto malato di
spirito”, perse ogni sostegno. Fu proprio l’amore per la famiglia ereditato dalla madre, che permise alla sorella più grande, Justine, di aiutarlo e di farlo vivere con lei. Justine fu l’unica a vivere sino alla vecchiaia:si spense infatti il primo gennaio nel 1902, “dopo aversalvato tutti i parenti della famiglia di suo fratello in casa di Lucia Franz, che li aveva accolti”’!99, Per Minnala morte delfratello fu un duro colpo,sia dal puntodivista affettivo ed intellettuale, che dal punto di vista
economico!”Abbiamo già visto quanto spesso Mainlinder 168 Il 15 maggio 1912,su iniziativa di W. Rauschenberger, ad Offenbach fu innalzata una lapide in onore di Mainlinder,il costo della quale fu sostenuto
dai parenti del filosofo. La lapide era un blocco di quarzo imponente pro-
veniente dal Taunus, il monte che sovrasta Offenbach. Nello stesso anno, sempre periniziativa del solito Rauschenberger, nei giardini pubblici di Of-
fenbach, fu eretta una lapide in memoria delfilosofo.
16? W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainliinder, cit., S. 134. 170 O. Hòrth, Die Familie Mainlander, cit., S. 1:“La sua morte è indirettamente
68
Philibp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico si curasse della sorella e del suo sostentamento e quanto cercasse financhedi incoraggiarla comescrittrice. Rauschenberger racconta che Minna “Era dapprima comeannientata. Poi però alzò la testa e combatté di nuovo per suo fratello. Altri uomini non dovevano aver parte al suo dolore. Odiò e disprezzò gli uomini. Litigò con suo padre, con suofratello e
con la sua buonasorella Justine”!7!,
Già in queste poche righe Rauschenberger descrive an-
cora una volta di quale tempra fosse fatta Minna Batz. La morte delfratello rese ancora più freneticala suaattività, oltre a rafforzarela sua caparbietà.Il giornalista Otto Hérth!”2
ci ha lasciato un interessante ricostruzione della personalità di Minnaedil ricordo del loro incontro: “Nel marzo del 1876 Philipp Mainlinder ricevette il primo
esemplare stampato della sua Philosophie der Erlosung nelle proprie mani. Il 31 dello stesso mese,il trentacinquennesi levò la vita. Senza sapere della morte dell’autore, pubblicai una recensione del suo
lavoro nel 1877,!75 che gli rendeva il giusto merito. Perciò ricevetti l'invito della signorina Minna Batz di farle una volta visita ad Offenbach. Lei mi voleva ringraziare personalmente per la recensione e mi avrebbe voluto comunicare cose di vario genere, che mi avrebbero interessato. Ciononostante, prima di poter adempie-
diventata anche la causa della rovina materiale di lei, che egli [Mainlinder]
non poté senza dubbio considerare”.
171 W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlinder, cit., S. 134 172 Otto Hérth nacque nel 1842, probabilmente a Francoforte sul Meno, e morì nel 1935. Fu giornalista di orientamento democratico e si occupò di
poesia e storia locale. Cfr. Otto Hòrth, Gedenkfeiern 1873-1898-1923, Societataes-Dr., Frankfurt a. M. 1925. Cfr. Anche Walther Schmidt, Preufen und die deutsche Geschichtskultur in “UTOPIAkreativ”, Heft 123, Mai 2001, S. 389-404.
173. Cfr. “Frankfurter Morgenblatt”, von 10, 14. und 21 Januar 1877, Philosophische Streifzùge I, II, und III. Un piccolo estratto dell’articolo in questionesi trova anche nella prefazione all’edizione della Philosophie der Erlòsung del 1877, edita da Th. Griebena Berlino.
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Capitoloprimo re all'invito, ricevetti una sua lettera, nella quale quella mi pregava di non recarmi ancora da lei. Era ancora troppo scossa dalla morte di suo fratello per potermi raccontare tutto con tranquillità. L'attesa di un nuovo invito durò due anniinteri, fin quando |[Minna Batz] non trovò la calma necessaria e mi invitò di nuovo. Partì da Francoforte per Offenbach e la cercai. Minna Batz abitava in una spaziosa villa con un grande giardino in una strada tranquilla. Era completamente sola in casa. Dalla morte del fratello non aveva più messo piede fuori, ad eccezione di una volta all’anno, nel giorno della ricorrenza della morte del fratello, occasione in cui lei si recava sulla sua tombae l’abbelliva con deifiori. Trovai una piccola, ma già quasi corpulenta signora nel mezzo della trentina, vestita completamente di nero. I suoi tratti confermavano ciò che avevo già saputo sottomano, ovvero che nel fiore della sua giovinezza era stata molto bella. Nelle sue maniere mostrò di essere stata educata alla letteratura, così come d’essere molto eloquente, anzi, oggettivamente troppo verbosa di fronte ad un uomo preparato e fortemente impegnato.Il discorso naturalmente verté su suo fratello. Lei mi confidò che egli stesso le aveva lasciato molti manoscritti, per prima cosa un secondo volume della Philosophie der Erlisung, che constava di 12 saggi: sull’Idealismo, sul Realismo, sul Panteismo e sul Buddhismo, sul cuore della lezione di Cristo e del So-
cialismo, una critica alla Filosofia dell’Inconscio di Hartmannedaltro, nelle quali singole parti si trovavano una introduzione ed una motivazione del primo volume. Inoltre possedeva una biografia, un diario, una spigolatura con punti sparpagliati ed abbozzati ed altro ancora. Questoè il lascito del morto, mi disse lei, che lei stessa ave-
va redatto, così come aveva fatto in precedenzaperil primo volume della Philosophie der Erlisung. Il manoscritto è stato gettato giù però molto in fretta ed infatti in alcuni particolari punti è solo abbozzato qualcosa. Perciò la dovevo aiutare - poiché con la mia recensione le avevo dimostrato che nonsolo ero interessato in generale a questo lavoro, ma anche che lo comprendevo nei particolari, mentre lei stessa non era invece così incline alla filosofia —
e dovevo assumermi la responsabilità della redazione del testo. Dopo averciriflettuto un po’ le risposi che volevo aiutarla. Durante il nostro discorso imi guidò singolarmente il pensiero di aiutarla, contribuendo a far sì che quest'opera postuma di un così straordinario spirito nonfosse andata perduta [...].
70
l'hulipp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico “Era una lavoro duro. Per la durata di anni impiegatutto il nuo tempo libero per andare ad Offenbach.Verificavamo e controllavamoil testo, lo studiavamo e lo correggevamo. Però senza un'attività costante e determinata. La signorina Batz non era portata per ciò. Lei non si impegnava quasi totalmente al lavoro, si distraeva continuamente e se anche il racconto le risultava molto interessante, giovava poco al nostro lavoro. Perciò si procurò da sola una quantità non necessaria di difficoltà. Al posto di un manoscritto già preparato da consegnare e da far pubblicare ad un editore — come 10 le consigliai — lei volle occuparsi personalmente della stampa, controllare e assumere una commissione editrice per la distribuzione. Anche questo! Prese anche un’altra macchina per stampare ad Offenbach e quandotutto questo risultò già dal primo foglio sbagliato, le cercai una macchina per stampare e quindi un editore a Francoforte. Aveva bisogno ditutti noi, financo dell'ultimo giovane collaboratore, spesso quasi sino a portarcialla disperazione, ma non già a causa dell’imbarazzo che noi tutti provavamo, ma anche a causa di molto lavoro inutile che ad ognuno di noi procurava. Aveva già per venti volte ripensato e cambiato e verificato tutto, ma così doveva sicuramente essere: lei ci avrebbe ripensato e lo avrebbe modificato un altro giorno per la ventunesima volta! Cosale sarebbe costato,le era del tutto secondario. Allora appresi che non era proprio fatta per le esigenze delle vita pratica, ma anche che non aveva alcunaidea del valore dei soldi e del lavoro degli uomini. Nell’anno 1886 finalmente il secondo volume della Philosophie der Erlòsung fu pubblicato per i tipi di C. K6nitzer in Francoforte. Con ciò il mio compito era terminato; 10 avevo promesso che l’avrei alutata solamente per il secondo volume.Il rimanente lasciai che lo terminasse da sola, anche se lei mi pregò di esserle ancora d'aiuto. Ma io avevo altre occupazioni e le esperienze fatte non deponevano a favore di una nuova collaborazione?.!74
Standoalla testimonianza di Hérth, questi aveva pubblicato un articolo sull'opera di Mainlinder nel 1877. Di lì a
14 Id, 5.1.
71
Capitolo primo poco fu contattato da Minna, presumibilmente nello stesso anno. L'invito però venne procrastinato di altri due anni, vale a dire all’incirca nel 1879. Quindi Minna ed Hérth avreb-
bero lavorato al secondo volume della Philosophie der Erlosung sino alla pubblicazione nel 1886. Ciòsignifica che Hérth collaborò con Minna per il lungo periodo di circa sette anni. Tuttavia degli appunti del loro lavoro, come della maggior parte della documentazione della vita di Mainlinder, nonci è pervenuto nulla,all'infuori dell’edizione del secondo volume della Philosophie der Erlosung. Di tutti 1 materiali appartenuti a Mainlinder restarono, dunque, pochi appunti, ancora oggi conservati nel fondo Mainlinderiana di Monaco, alcuni dei quali sono oggi editi nel IV volume delle Schriften. Non è pertanto possibile stabilire con quali criteri filologici e con quanto rigore metodologico sia stato assemblato il materiale del secondo volume della Philosophie der Erlosung. Tornando a Minna Batz, va detto che l’intraprendente sorella di Mainlinder non aveva finito ancora di tribolare (e far tribolare) sulla terra. Così Rauschenberger: “Girò per il mondo,lottò, softrì e litigò per la sua esistenza. Per molto tempo alloggiò presso il poeta Gutzkow; lì scrisse c trovò ispirazione. [...] Quando sua sorella Justine morì, Minna portò avanti l’Istituto, ma dopo due anni dovette abbandonarlo. Era troppo dispotica conle studentesse e coni loro genitori. Non possedeva gli ottimi e amabili modi della sorella. Dopo molti anni nessuno parlò più di lei. Trovò nella casa di una vecchia signora, una tale sig. dott. Walter, una seconda patria. Però dopo la sua morte, lei abbandonò subito quel luogo. Visse a Francoforte, sen-
za che la sua famiglia ne avesse idea, fino al giorno in cui un gazzettino locale sotto il titolo “Scrittrice-Povertà” dette la notizia che si era tolta la vita in profonda indigenza. L'intera ristretta c rimanente famiglia fu come paralizzata, tanto più quanto maggiormente ricchi eranovissuti i parenti, che non avevano potuto soccorrerla. Quando fu seppellita, vicino alla sua tomba c’era un grande fascio di rose rosse. Proveniva da quello stesso uomo, che
72
Philipp Mainlénder: un profilo bio-bigliografico in un giorno fortunato l’aveva corteggiata. — Suo padre nonvisse
per fortuna più della morte disuafiglia. Perì l’anno prima”!”.
Un'ulteriore descrizione dell’evento della sua morte ci È stata lasciata da Otto Hérth,chefra l’altro fu autore anche
del suo necrologio:
“Il 20 maggio in Francoforte, ore 7 di sera, ha posto fine alla sua vita la scrittrice Minna Batz-Mainlinder, tagliandosi la gola. Era alla fine di tutte le sue risorse, doveva essere messa alla porta, i suoi mobili le erano stati confiscati; doveva lasciarsi dietro tutto ciò che le era stato amato e caro, doveva restare fuori, all’addiaccio, senza sapere nemmeno dove dormire la notte o cosa poter
mangiare, senza disonorarsi o senza entrare in conflitto con la legge della strada. Quando della gente venne per prelevare i suoi mobili, poterono purtroppo essere ancora testimoni oculari della sua
tragica fine. Non c’era più niente da fare persalvarla””!7°,
Ancheil primo deifratelli Batz, Wilhelm, seguì presto l’infausto destino della sua famiglia: “Era rimasto vivo solo il più grande deifigli della famiglia, Wilhelm. Egli cercò aiuto presso la sua anzianissima zia Minna. Attraverso la sua mediazione, ricevette dal fratello di lei, che era milionario, una rendita vitalizia, per la quale l’anziana zia dovet-
te farsi garante con la suastessa casa. Però l’anziana zia vide morire anche lui primadi se stessa. Se ne andò contento ad un tour a piedi e fu colto da un colpo apoplettico per strada. Dei cinque figli, curati e vezzeggiati dalla madre, tre erano deceduti per una morte non naturale e nessuno si era sposato. Una famiglia all’inizio così ammirata era stata sterminata”.
175 W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlinder,cit., S. 134. Il padre morìil tre luglio del 1884.
176 O. Hòrth, Die Familie Mainlander, cit., S. 1.
73
Capitolo primo Mail racconto biografico su Philipp Mainlinder e la sua famiglia si conclude con un ennesimo,triste episodio. “Dopo molti anni, Lucia Franz incontrò per caso in Marktplatz ad Offenbachla signorina Justine Seib, cugina di Philipp Mainlinder. Poiché era ancora una signora di mezza età piacevole, le chiese perché mai nonavesse sposato Wilhelm Batz. Allora la donna cominciò a singhiozzare e disse:“Non era Wilhelm, ma Philipp che io ho amato”. Era l’ultima volta che la sig. Franz la vide. Justine Seib diede fine a suoi giorni alla stessa maniera di suo cugino Mainlinder: per suicidio volontario”!””,
L’istinto di morte della famiglia Batz doveva mietere ancora l’ultima vittima.
177 W. Rauschenberger, Die Familie Batz-Mainlinder, cit., S. 136.
74
Capitolo secondo
Analitica della facoltà conoscitiva
della Philosophie der Erlosung
La Philosophie der Erlòsung si apre con una Prefazione nella quale Mainlinder offre un’interpretazione storica della propria filosofia, collocandola comel’esito necessario di un complesso processo storico, processo dal quale si possono enucleare diversi stadi, che definiscono da parte dell’uomo la graduale presa di coscienza del movimento del mondo. “Chisi sprofonda nel processo evolutivo dello spirito umano, dall’inizio della civilizzazione sino ai nostri giorni, conseguirà uno strano risultato: troverà infatti che la ragione interpretò l’innegabile forza della natura per prima cosa come frantumata e la singola manifestazione della forza come personificata, e quindi diede
formaagli dèi. In sèguito questi dèi furono ridotti ad un’unica divinità; poi questa divinità, attraverso il pensiero più astratto, fu realizzata come essenza, che non poteva essere maggiormente imma-
ginata in alcun modo.Infine però accadde che da essa fosse strap-
pato delsottile tessuto e che questo divenisse il reale individuo: la realtà evidente dell'esperienza interna ed esterna siede sul trono. Gli stadi di questo processo sono: 1) Politeismo; 2) Monoteismo — Panteismo
a) panteismoreligioso b) panteismofilosofico 3) ateismo.!
!
Anche Schopenhauerconsiderò il panteismo come una formadi ateismo.
TI
Capitolo secondo Nontutti i popoli civili hanno percorso questo processo completamente. La vita spirituale della maggior parte di loro è rimasta fra il primo ed il secondopuntodi sviluppo e solamente in due
paesi si è giunti all’ultimo stadio: in India ed in Giudea. La religione dell'India era inizialmente politeista, poi pantei-
sta. (Della religione panteista si impadronirono più tardi teste molto sottili e significative e la svilupparono in panteismofilosofico {filosofia Vedanta}). Allora comparve Buddha,il magnifico figlio del re, e fondò nella sua formidabile lezione del Karma
l’ateismo sulla fede nell’onnipotenza dell’individuo. Proprio allo stesso modofu la religione della Giudea prima del rozzo politeismo, dopo il più rigoroso monoteismo. In lei l'individuo perse, come nel panteismo, l’ultima traccia di indi-
pendenza. Geova, come aveva osservato giustamente Schopenhauer?, aveva torturato a sufficienza la sua impotente creatu-
ra, così la gettò nello sterco. Contro di ciò reagì la ragione critica con la forza elementare nella sublime personalità di Cristo. Cristo stabilì l'individuo come la sua legge imperitura e fondò
su lui stesso e sulla fede nel movimento del mondodalla vita al-
la morte (fine del mondo) la religione ateistica della redenzione. Sia che il puro cristianesimo consista nel più profondo fondamento del puro ateismo (cioè la negazione di un Dio personalizzato coesistente col mondo, ma piuttosto l'approvazione di un mondo pervaso da un enormerespiro di una divinità primitiva ormai morta) e sia che in superficie sia monoteismo, è ciò che dimostrerò nel testo. Il cristianesimo esoterico divenne la religione del mondo,e dopoil suo trionfo non si era più compiuto in nessun singolo
popoloil sopraccitato sviluppo spirituale. Contro di ciò la filo-
Cfr. Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena (1851), a. c. e tr it. di G. Colli, 2 voll., Adelphi, Milano, 2003", vol. I, p. 166: “Inoltre il panteismo è
un concetto che annullase stesso, poichéil concetto di Dio presuppone, come suaantitesi essenziale, un mondoda lui distinto. Se per contro il mon-
do stesso deve assumerela parte di Dio,ci si trova di fronte a un mondo assoluto privo di Dio: panteismo è dunque soltanto un termine eufemistico, in luogo di ateismo”. Le note alla Prefazione sono tutte di chi scrive. Id., p. 181-2, in nota: “[...] Il Signore, Jahvè, dopo aver sfruttato e sfinito a sufficienza la sua creatura, il suo strumento, lo scaraventa via nel letame: ta-
le è la sua ricompensa”.
76
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung sofia occidentale si muove verso la religione cristiana, nelle comunità dei popoli occidentali, e si sta avvicinando al terzo stadio. Essasi riallaccia alla filosofia aristotelica, che era precedentemente ionica. In essa singole visibili individualità del mondo(acqua,
aria, fuoco) furono stabilite come principi del tutto, similmente a come in ogni singola religione primitiva osservata le azioni del-
la natura sono ricondotte alla divinità. Questa semplice unità
conseguita nella filosofia aristotelica attraverso l'unione di tutte le forme divenne poi nel medioevo (il puro cristianesimo era già da molto tempo andato perduto) il dio filosofico-sistematico
della chiesa cristiana; dunque la Scolastica è nient'altro che mo-
noteismofilosofico. Poi, attraverso Scoto Eriugena,Vanini, Bruno e Spinoza,esso
si trasformò in panteismo filosofico, che sotto l’influsso di una
particolare diramazione filosofica (l’idealismo critico: Locke, Berkeley, Hume, Kant) si perfezionò da un lato in un panteismo senza processo (Schopenhauer), dall'altro in un panteismo con svolgimento (Schelling, Hegel), cioè fu spinto all’esterno.
In questo panteismo filosofico (è totalmente uguale che la
semplice unità sia chiamata nel mondo comevolontà o idea,assoluto o materia) per ora si muovono, comei nobili indiani al
tempodella filosofia Vedanta, la maggior parte dei dotti di tutti i popoli civilizzati, dei quali la cultura occidentale è il fondamento. Tuttavia, ora è arrivato anche il giorno della reazione. L'individuo richiede, schietto come non mai, il ristabilimento
del suo diritto, stracciato e calpestato, ma indistruttibile. Il presente lavoro è il primo tentativo di restituirglielo interamente e completamente.
La Philosophie der Erlòsung è il prosieguo della lezione di Kant e di Schopenhauere la conferma del buddhismoe del puro cri-
stianesimo. Queisistemi filosofici verranno da essa corretti ed in-
tegrati, questa religione da essa riconciliata con la scienza. Essa fonda l’ateismo non sulla sola fede, come questa religio-
ne, bensì, in quanto filosofia, sulla conoscenza, e per questo moti-
vo esso è da essa per la prima volta fondato in modoscientifico?.
3.
Mainlinder riprende la posizione di Spinoza, per la qualela filosofia non si
può fondare sulla sola fede, ma soprattutto sulla conoscenza. Cfr. Baruch
77
Capitolo secondo Ciò passerà anche alla conoscenza dell’umanità; perché essa è matura per questo: è diventata maggiorenne. PM?"
Con questo breve excursus storico, condotto attraverso un improbabile evolversi del pensiero e dello spirito dell’uomo, Mainlinder intende indicare il percorso che esso ha condotto per giungere, solo infine, alla più alta sintesi e chiarificazione filosofica, la Filosofia della redenzione. Nella Prefazione aleggia stranamente un'eco hegeliana, estranea all'orientamentofilosofico dell’autore, che si dice seguace del più acerrimo nemico di Hegel, Schopenhauer. L'intento di Mainlinder è quello “da un lato, di collegare il panteismo indiano con il buddhismo, dall'altro lato, di collegare l’idealismo critico (Kant e Schopenhauer) con il ragionevole realismo”, ovvero egli vuole conciliare la lezione ascetico-buddhistica e quella cristiana — intese entrambe comefilosofie individualistiche — conle filosofie di Kant e di Schopenhauer. Infatti, se, da un lato, lo stesso fi-
nale della Prefazione è scritto sulla falsariga della Risposta al-
la domanda: che cos’è Illuminismo? di Kant, dall’altro, non va
dimenticato che Mainlinder a proposito di Schopenhauer avevascritto di volere essere il suo Paolo”, ovvero, comeegli
aveva scritto nei suoi appunti, di fondare la sua riflessione “stando sulle spalle di Schopenhauer”7. E ancora, Kant e Spinoza, Trattato teologico-politico, (1670), tr. e a c. di A. Dini, Bompiani, Milano 2001, p.55 e p. 69. P. Mainlinder, Pl. d. Erl., cit. Quandononspecificato, i rimandi all’opera si
5 6 7
riferiscono al primo volume. Id., Ph. d. Erl., cit., Bd. II, S. 235. Id., Die Macht der Motive, cit., S. 327.
Id., Ph.d. Etl,, cit., Bd. IT, S.242.“Dalla volontà di vita di Schopenhaueralla volontà
di morte giungo al risultato finale, cioè mi lancio in avanti, stando sulle spalle di Schopenhauer, su di un punto fermo, che prima di me nessuno mai aveva assunto”. Cfr. Ulrich Horstmann, Aus Schopenhauers Schatten, in SchJb, Bd. 81, 2000. S. 165.
78
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung Schopenhauersonocitati in esergo*, e, proprio a riprova che la Philosophie der Erlòsung intende partire dal pensiero dei due campioni del criticismo, l’opera si conclude conla disamina delle dottrine dei due pensatori. Alla Prefazione si ricollega la successiva definizione mainlinderiana della propria filosofia come“idealistica trascendentale”?. Ma che cosa intende Mainlinder per essa? E perché definisce il suo sistema cometale? Per chiarire la sua posizione, Mainlinder elenca quattrotipi fondamentali di concezioni filosofiche del mondo: 1) realismo ingenuo,“Partendo da Kant per realismo (realismo ingenuo, acritico) si intende ogni osservazione della natura chesi ha senza l'anteriore corretto esame della capacità conoscitiva umana,il mondo è considerato dal realismo come giusto così come l’occhio lo vede, l'orecchio lo sente, in breve, per come
lo percepisconoi sensi. Per questo si può affermare cheil realismo salta l’io conoscente”; 2) realismo assoluto,‘salta l’intero
io, sia quello conoscente sia quello volente”; 3) idealismo asso-
luto, ovvero “l’idealismo della cosa in sé”, che “eleva l’io conoscente e volente,il singolo individuo,sul trono del mondo”;
idealismo critico o trascendentale, che egli abbraccia:
“Idealismo critico al contrario è ogni osservazione della natura che si rappresenta il mondo come un'immagine,un riflesso nello spirito dell’io, ed accentua ed indica la dipendenza di que-
Rispettivamente, le citazioni di Kant e Schopenhauer: Immanuel Kant, Pro-
legomeni ad ogni futura metafisica (1783), tr. it. P. Carabellese, Laterza, RomaBari 2002,p. 258:“[...] Chi ha, per una volta, gustata la critica, vien poi sempre disgustato da tutte le ciance dogmatiche”. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. II, p. 858: “La filosofia ha il suo valore e la sua dignità nello spre-
giare tutte le ipotesi che si possono fondare e nell’accogliere tra i suoi dati solo ciò che si può dimostrare con sicurezza nel mondo esterno intuitivamente dato, nelle forme costituenti il nostro intelletto per l’intendimento
°
del medesimo e nella coscienza a tutti comune del proprio Io”. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 3.
79
Capitolo secondo sta immagineriflessa dallo specchio della capacità conoscitiva. Si può allora affermare che l’idealismo critico considera come suo punto fondamentale l’io conoscente comela cosa principale”!
Questa definizione occorre a Mainlinder per indicare che la propria filosofia intende essere il prosieguo della filosofia kantiana, alla luce della nuova metafisica della volontà
schopenhaueriana. Ma, nel contempo,la sua filosofia inten-
de ristabilire i diritti dell’individuo, ovvero, con le parole di Mainlainder, che “l’individuo richiede, schietto come non mai, il ristabilimento del suo diritto, stracciato e calpestato,
ma indistruttibile”.
Mainlinder vorrebbe, quindi, riconciliare religione e fi-
losofia nel nomedell’ateismo scientifico. Tuttavia la metafisica è piegata ad esigenze di carattere deontologico, rivelando così la fragilità della sua fondazione e la preponderanza dell'aspetto morale.
10
Id., Bd. II, S. 4ff. Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura, (1871-1878), a c. e tr. it di G. Colli, Adelphi, Milano 1995, p. 67.Va detto solo di passaggio che, per Mainlinder, anche la filosofia fichtiana rientra a pieno titolo nell’idealismo critico, anche se “l’idealismo critico non è debitore a Fichte di niente, poiché questi non hané accresciuto né diminuito le forme del nostro spirito, così come le ha stabilite Kant. Egli avrebbe migliorato l’idealismo di Kant veramente, attraverso la rimozione della esterna e scandalosa cosa in sé, che Kant aveva conforza assicurato, se al posto di questa cosa in sé avesse posto il nascosto cuore dell’io individuale. Egli ha però stabilito l’io generale, la razionalità generale. In poche parole: Fichte divenne panteista, dopo aver gettato fuori dall’io individuale 11 mondo, ovvero la sua lezione è, come ha detto Jacobi, uno spinozismo idealistico rovesciato”, P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., Bd. II, S. 67. Per la definizione di idealismo trascendentale di Schopenhauer,cfr. Id,
Parerga e paralipomena, cit., vol. I, pp. 123-125. Per le quattro concezionifilosofiche fondamentali del mondo secondo Mainlinder, cfr. anche Giuseppe Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell'Ottocento — Schopenhauer, Hartmann, Baln-
sen e Mainliinder e i loro avversari, La Nuova Italia, Firenze 1994, pp. 277-8.
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Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung I. Filosofia immanente e idealismo trascendentale Attraverso l’Analitica della facoltà conoscitiva, con cui si apre la Philosophie der Erlosung, Mainlinder intende presentare sommariamente la sua Erkenntnistheorie, offrendo alcu-
ne definizioni di importanza cruciale, al fine di stabilire le coordinate della sua gnoseologia, per poter successivamente aprire, in appendice, la discussione critica sulla gnoseologia di Kant e di Schopenhauer,. Tuttavia, nonostante questo esplicito riferimento, la teoria della conoscenza di Mainlinder risulta più vicina alla Weltanschauung empirista di Locke. Se perònell’opera pubblicata in vita Mainlinder nomina Lockesolo pertre volte!!, tuttavia il debito contratto con la filosofia empirica del pensatore inglese risulta chiaramente nel volume postumo, nel quale Mainlinderriporta un’analisi puntuale di alcuni brani del Saggio sull’intelligenza umana!2, Inoltre il filosofo di Offenbachdichiara di preferire la filosofia di Locke di gran lunga a quella di Cartesio, Berkeley e Hume!*, e che “dopo aver raccolto i frutti di Berkeley, Hume, Kant e Schopenhauer, sono tornato a Locke ed
ho risolto sulla base dei suoi giusti passi l'enigmadell’idea-
!! 12
Id,, S. 283, 367, 369. Id., Bd.II, S.41-45: dove è presente la distinzione che Locke effettua fra qua-
lità primarie e secondarie e la separazione fra il mondo reale e quello ideale; separazione che, secondo Mainlinder, Locke riconosce nella materia.
Mainlindercita On human Understanding, a proposito del passo in cui Locke intende la produzione delle idee come l’effetto di un impulso [John Locke, Saggio sull’intelligenza umana, (1790), voll. 2, tr. it. C. Pellizzi, Laterza, RomaBari 2003?, vol. I, p. 135]; e dove Locke indica la necessità che la sostanza, in
quanto idea complessa, accompagni le idee semplici [Id, vol. 2, pp. 615-6].
13
Cfr. in particolare P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., Bd. II, S. 41-44. Inoltre, Id.,
Phi. d. Erl., cit., Bd. II, S.67,“Dichiaro apertamente che per lungo tempo combattei una dura battaglia fra Buddha e Kant, da un lato, c Cristo e Locke, dall’altro. [...]MI decisi alla fine per Cristo e Locke”, anche se Mainlinder confessa che in quanto uomosi è sempre sentito trasportato dal buddhismo.
81
Capitolo secondo lismo trascendentale”!4. Ed è richiamandosi a Locke e a
Schopenhauer che Mainlinderscrive:
“la vera filosofia sia puramente immanente, cioè tanto la sua materia quanto i suoi limiti debbono essere il mondo. Essa deve spiegare il mondo attraverso i principi che ogni uomo può riconoscere in essa stessa e non può invocare nessuna forza ultraterrena di cui non si può conoscere altro che l’assoluto nulla, né può invocare forze nel mondo, che però dopo nonsiano riconosciute conformialla sua essenza””!9.
Seguendo le indicazioni di Schopenhauer! ° (e, a suo modo, anche di Spinoza 17), Mainlinder condivide che la filosofia deve essere immanente, cioè la sua materia ed i suoi limiti devono essere il mondo.
La filosofia di Mainlinder intendeinoltre stabilire 1 propri limiti a partire dal soggetto conoscente: “Inoltre è necessario che la vera filosofia sia idealistica, cioè
nonle è concesso di passare oltre il soggetto conoscente e parlare delle cose, come se le stesse cose, indipendentemente da un
occhio che le vede e da una mano che le percepisce, siano esattamente uguali a come l’occhio le vede e la mano le percepisce. 14 15 16
Id., Bd. II, S. 68. Id., S. 3
A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. I, p.899:“[la mia filosofia] non fa dunqueillazioni su ciò che esiste al di là di ogni esperienza possibile, ma fornisce solo l’interpretazione di quel che è dato nel mondo esterno e nell’autocoscienza, si accontenta dunque di comprendere l’essenza del mondo nella sua interna coerenza conse stessa. Essa è pertanto immanente, nel senso kantiano della parola”. Cfr G. Invernizzi, Il pessimismotedesco dell’Ottocento..., cit. Per il riferimento a Kant, cfr. I. Kant, Critica della ragion pura cit., p. 371: “Questo principio [l’incondizionato] si distinguerà completamente da tutte le proposizioni fondamentali dell’intelletto (il cui uso è del tutto immanente in quanto esse hanno come unico tema la possibilità dell'esperienza)”. B. Spinoza, Etica dimostrata secondo l'ordine geometrico, tr. it. di S. Giametta, a.
c. di G. Colli, Bollati Boringhieri, Torino 2002, p. 22.
82
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung Prima che essa possa fare questo passo, affinché l’enigma del mondo sia sciolto, essa deve aver ricercato accuratamente e precisamente le capacità conoscitive”’!8,
Come osserva Invernizzi, ‘“Mainlinder definisce la sua
posizione “idealismo trascendentale” !?, ma come già i suoi primicritici hanno visto, sarebbe piuttosto opportuno parlare di un “realismo trascendentale””°. Difatti la definizione kantiana del realismo trascendentale?! si attaglia perfettamente alla gnoscologia di Mainlinder, che intende per idealismo la dottrina filosofica secondo la quale ] ‘‘1) il soggetto conoscente produce interamente,attraverso i propri mezzi, il mondo. 2) il soggetto percepisce il mondo esattamente così come esso è. 3) che il mondoè unprodottoin parte del soggetto, in parte del fondamento del fenomeno indipendente dal soggetto. L'uscita dal soggetto è pertanto l’inizio della singola sicura via verso la verità. È possibile, come qui devo ancora argomentare, che il filosofo sia indotto ad un salto sul soggetto, ma un tale metodo, che rimette tutto al caso, sarebbe indegno di un accorto pensatore””?2,
18
P. Mainlander, Ph. d. Erl., cit., S 3. Macosa intende Mainlinder col termine trascendentale? ‘“Trascendentale significa: dipendente dal soggetto conoscente; il contrario è trascendente: l’esperienza sorvolante 0 iperfisica”, in P. Mainlinder, Bd. II, cit., S. 39. Cfr. la definizione di A. Schopenhauer, Sulla quadruplice radice..., cit., p. 66.
20 G.Invernizzi, Il pessimismotedesco dell’Ottocento..., cit., pp. 266-267. Cfr. Olga Plimacher, Zwei Individualisten der Schopenhauerschen Schule, cit., S. 1. Cfr.
Eduard von Hartmann, Geschichte der Metaplysik, 2 Bd.e, Leipzig 1889/1900, Haacke, rist. an. Darmstadt 1969, Bd. II, S. 523.
21
I. Kant, Critica della ragion pura, cit., p. 431: “Il realismo trascendentale [...]considera gli oggetti dei sensi, c tratta le semplici apparenze come enti indipendenti che esistano fuori di noi”.
22
P. Mainl&nder, Ph. d. Erl,, cit., S 3.
83
Capitolo secondo
Mainlainder afferma quindi che il mondo intero è il prodotto sia del soggetto,sia “del fondamento del fenomeno indipendente dal soggetto”, successivamente identificato con le misteriose cose in sé. In questo senso, per Mainlinder,
esistono due mondi differenti, quello della rappresentazione del soggetto e quello della realtà delle cose in sé. Questo Weltbild si scontra con quello di Schopenhauer, che, muovendodallafilosofia elementare di K. L. Reinhold?, aveva affermato che “nel conoscere, la nostra coscienza, chesi
presenta come sensibilità esterna ed interna (ricettività), intelletto e ragione, si scomponeinsoggetto ed oggetto,e al di fuori di ciò non contienealtro. Essere oggetto peril soggetto ed essere nostra rappresentazione è la stessa cosa. Tutte le nostre rappresentazioni sono oggetti del soggetto, e tutti gli
oggetti del soggetto sono nostre rappresentazioni”,
Per Mainlander, invece, il soggetto conoscente non è
contenuto all’interno della rappresentazione, ma è esso stesso che produce il mondoapparente. L'intento di Mainlinder è quello di coniugare, in questo modo, la lezione di Schopenhauer a quella dell’empirismo, curvandola, per riflesso, in senso realistico. Solo in questo modo Mainlinder può sostenere la diade irriducibile di mondo reale e mondo fenomenico.
23
Per Reinhold, “nella coscienza la rappresentazione viene dal soggetto distinta in soggetto ed oggetto e riferita ad entrambi”. Reinholdpartiva dalla realtà della “nuda coscienza” |blofes Bewusstsein] — intesa sul modello dell’io penso kantiano — nella quale distingueva le rappresentazioni come formate da un rappresentante (la forma) ed un rappresentato (materia), entrambi fenomenici. Cfr. Karl Leonhard Reinhold, Neue Darstellung der Hauptmomente der Elementarphilosophie: Erster Theil. Fundamentallehre, in “Beytrige zur Geschichte
24
A. Schopenhauer, Sulla quadraplice radice..., cit., p. 66.
84
der Philosophie”, hrsg. von G. G. Fiilleborn, N.I, 1790, S. 163-254: 168.
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlésung 2.
La prima fonte della conoscenza: i sensi. Influsso di H. von Helmholtz
Per poter quindistabilire perché l’individuo rappresenta l'elemento fondamentale della sua teoria della conoscenza, Mainlinder procede all’analisi della capacità conoscitiva: “Le fonti da cui sorge tutta l’esperienza, tutta la conoscenza,
sono:
1) 1 sensi 2) l’autocoscienza Non c’è una terza fonte”.
Sebbene Mainlinder, in sintonia con Schopenhauer,
ammetta come fonti della conoscenza i sensi e l’autocoscienza, escludendo una qualsiasi terza possibilità (l’idea, lo spirito, ecc...), in realtà il ruolo del Selbstbewusstsein è di
gran lunga inferiore a quello assegnatogli da Schopenhauer. Mainlinder dedicherà all’autocoscienza solamente le ultime quattro pagine della sua gnoseologia, indicando i sensi come mezzo migliore per giungere all’in sé, senza incorrere nelle contraddizioni fra idealismo e realismo in cui sarebbe caduto Schopenhauer. Mainlinder, perciò, indugia sull’analisi dei sensi, supportando la descrizione delle diverse sensazioni con corrispettivi esempi: “Consideriamo dapprima la conoscenza dei sensi. — Un albero, che si trova di fronte a me,riflette in maniera rettilinea i raggi di luce che lo colpiscono. Alcuni di essi cadono nel mio occhio, determinando sulla retina un’impressione, che il nervo ottico stimolato trasmette al cervello.
25.
P. Mainlinder,Ph. d. Erl., cit., S. 4. Cfr.A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. II, p. 858, in esergo all’opera.
85
Capitolo secondo Tasto una pietra e il nervo trasmette le sensazioni ricevute al cervello. Un uccello canta e produce in questo modo un movimento ondulatorio (vibrazione) nell’aria. Alcune onde colpiscono il mioorecchio, trema il timpano, il nervo trasmette al cervello.
Respiro l’odore di un fiore. Esso tocca la mucosa del naso e
stimola il nervo olfattivo, che porta un'impressione al cervello.
Unfrutto stimola il mio gusto e propaga la sua impressione
al cervello. La funzione dei sensi è perciò la trasmissione delle impressioni al cervello. Poiché intanto queste impressioni sono di una natura ben di-
stinta e sono il prodotto di una reazione, che è ugualmente una
funzione,allora è opportuno separare il senso negli organi di senso dal sistema di trasmissione. La funzione dell’organo di senso consiste quindi nella produzione di una specifica impressione e la funzione del sistema di trasmissione consiste, come sopra, nel-
l’invio di una distinta impressione”’20,
Attraverso la descrizione precedente Mainlinder intende definire fisiologicamente la sensazione come prodotto di
una reazione, il cui primum movens ha origine dall’azione del
mondoesterno nei confronti dei nostri sensi, che sono sem-
pre passivi. Alla reazione dei sensi succede la trasmissione dei dati sensibili al cervello, per mezzo di terminazioni nervose specie-specifiche, le quali formanoil sistema di trasmissione nervoso. Ma da quale fonti attinge Mainlinder per la formulazione di questa fisiologia delle impressioni dei sensi e in che rapporto essa si trova con la gnoseologia di Schopenhauer? Mainlinder aveva da temporivolto i suoiinteressi a studi scientifici, soprattutto di fisica, come testimonia la sua
opera, e non mancanoanchecitazionidi operedifisiologia,
26
86
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 4.
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung come la Physiologie als Erfahrungswissenschaft di K. FE Burdach. Inoltre, anchese il suo nomenonsi trova maicitato nel-
le opere di Mainlinder, è probabile che egli abbia letto anche un’opera di successo come lo scritto di ottica di
Helmholtz?”.
La teoria delle “energie sensoriali specifiche” era già stata postulata dal suo maestro, J. Miiller, e Helmholtz l’aveva sviluppata, applicando alle forze vitali i principi della meccanica, operando così una reductio ad physicam, metodo spesso utilizzato anche da Mainlindernella sua Fisica. Helmholtz aveva già utilizzato in Handbuch der physiologischen Optik°* il termine “stimolo specifico [specifisches Reiz]”, al posto del quale Mainlinder utilizza il termine ‘Impressione specifica [specifisches Eindriick|”. La terminologia non differisce di molto ed esiste una forte somiglianza nella spiegazione del fenomeno di trasmissione delle sensazioni attraverso l’apparato nervoso. Mainlinder, tuttavia, non cita mai Helmholtz e dichia-
ra invece di prendere le mosse dal filosofo del Mondo. Ma,in verità, seguendo unaspiegazione fisica ed energetica della cosa in sé, Mainlinder si distacca dal maestro Schopenhauer, per favorire l’approccio scientifico alla Helmholtz. Questa posizione non deve meravigliare. Mainlinder, infatti, non fu l’unico schopenhaueriano a far prevalere una reinterpretazione della gnoseologia del maestro in senso realistico. L'influsso dei nascenti studi di fisiologia e di psicologia offriva nuovi orizzonti epistemologici, tanto da condizionare anchela riflessionefilosofica e la preFra l’altro Helmholtz si era occupato anche degli studi naturalistici di
Goethe, che Mainlinder dimostra di conoscere in maniera profonda. Cfr. H. von Helmholtz, Sui lavori naturalistici di Goethe (1853), in Opere, a c. di V. Cappelletti, UTET, Torino 1967.
2 H. Helmholtz, Handbuch der physiologischen Optik,Voss, Leipzig 1867.
87
Capitolo secondo senza di Helmholtz è riscontrabile anche nei discepoli diretti di Schopenhauer, come testimoniano le lettere di
Schopenhauer a Becker e Frauenstidt’?, o ancora negli
‘ammiratori’ di Schopenhauer, come il celebre Eduard von
Hartmann?9 edil filosofo e medico Paul Rée. 3. Il mondo come rappresentazione
Le impressioni dei sensi, rielaborate dal sistema nervoso, sono le rappresentazioni: “Le impressioni dei sensi trasferite dal cervello verso l’esterno si chiamano rappresentazioni [ Vorstellungen]; la loro totalità è il mondo come rappresentazione. Esso si divide in: 1) le chiare rappresentazioni o, in breve, le intuizioni [An-
schauungen];
2) le rappresentazioni non-chiare””*!,
Per Mainlinder il mondo come rappresentazione, che in Schopenhauerè il principio del sistema, partendo dal quale è possibile un qualsiasi soggetto ed oggetto, è dunque un punto d'arrivo. Ciò dipende dal ruolo attivo e sintetico che egli, in sintonia con la neurofisiologia del suo tempo,assegna al sistema nervoso. Assumendo il modello fornito da 29 Cfr. la lettera di Schopenhauer a Frauenstidt del 15 luglio, in A. Schopenhauer, Gesammelte Briefe, hrsg. von A. Hiibscher, Bouvier Verlag Herbert
3 31
88
Grundmann, Bonn 1987,“AnJulius Frauenstàdt”, Nr. 362, S. 368. Cfr.la lettera di Schopenhauer a Becker del 31 marzo 1854,in Id., “An Johann August Becker”, Nr. 377, S. 380. Cfr. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., p. 138. Cfr. Leopold Zie-
gler, Das Weltbild Hartmanns. Eine Beurteilung, Eckardt, Leipzig 1910, S. 73-120.
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S.4.Va evidenziato che anche Locke aveva distinto fra idee chiare e oscure, cfr. J. Locke, Saggio..., cit., vol. I, Cap. XXIX.
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlésung
Schopenhauer®, Mainlinderdistingue dagli altri sensiil tat-
to e la vista, distinzione che ha un certo rilievo, poiché tutta la successiva dimostrazione cheil filosofo di Offenbach offrirà dello spazio verrà fatta derivare dall’osservazione, senza, fra l’altro, che Mainlinderspieghi il perché di questa sua scelta preferenziale. Mainlinder prende, quindi, in esame la funzione dell’intelletto: “Dobbiamo ora vedere come sorge in noi la chiara rappresentazione,l'opinione, e cominciamo proprio con l'impressione che ha generato l’albero nell’occhio. Il più deve ancora accadere. Ha avuto luogo una certa modificazione sulla mia retina e questa modificazione ha prodotto un effetto. Quello che non può accadere,se il processo finisse qui, è che il mio occhio riesca a vedere mai l’albero, poiché in che modo dovrebbe mai agire la debole modificazione sui miei nervi, per poter essere elaborata in me in un albero e in quale incredibile modo lo vedrei? Il cervello però reagisce sull’impressione e la capacità di conoscere, che noi chiamiamointelletto [Verstand], entra in azione. L'intelletto cerca la causa della modificazione nell’organo di senso e questo passaggio dall’effetto nell’organo di senso alla causa è la sua unica funzione, è la legge di causalità. Questa funzione è connaturata al cervello ed è nella natura di tutta l’esperienza, così
comelo stomaco deve avere la facoltà di digerire, appenail primo
nutrimento giunge dentro di lui?*. Se la legge di causalità non fos-
3
Anche Schopenhauer sostiene il primato della vista e del tatto sugli altri sensi, motivandone, diversamente da Mainlinder, la priorità in virtù del rapporto diretto che questi due sensi hanno con la spazialità. Cfr. A. Scho-
penhauer, Sulla quadruplice radice..., cit., p. 97. Cfr. anche J. Locke, Saggio..., 33
34
cit., vol. I, p. 124. Inoltre, sulla vista, Id., p. 148; pp. 404-405. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 4:“Le prime si basano sul senso della vista ed in parte sul tatto (il sentire); le seconde sull’udito, sull’olfatto e sul gusto, che sono in parte anche queste il sentire”. Questa espressione è chiaramente ripresa da quella di A. Schopenhauer, Sul-
la quadruplice radice ..., cit., p. 101:“Fisiologicamente,esso [l'intelletto] è una
funzione del cervello, che questo ha così poco imparato dall’esperienza co-
me lo stomacoa digerire o il fegato a secernerela bile”.
89
Capitolo secondo se una funzione a priori dell’intelletto, allora non giungeremmo mai ad un'opinione. La legge di causalità è, dopoi sensi, la prima condizione della rappresentazione e perciò è a priori in noi. Tuttavia l’intelletto non potrebbe mai entrare in funzione e sarebbe una capacità conoscitiva morta ed inutilizzabile, se esso non venisse stimolato dalle cause. Le cause, che conducono al-
l'opinione, dovrebbero allora aver sede nei sensi, comegli effetti, in modo tale che dovrebbero forse essere prodottein noi da una mano estranea inconoscibile e onnipotente, cosa chela filo-
sofia immanente deve rigettare. Rimane così solo l’ipotesi che cause del tutto indipendenti dal soggetto producano le modificazioni negli organi di senso, ovvero che autonome cose in sé
mettano in funzionel’intelletto”.
Certamente quindi la legge di causalità è in noi e certamente è provata da tutta l’esperienza, così certamente, dall’altro versante, l’esistenza di un soggetto indipendente viene dalla cosa in sé, dalla cui attività l’intelletto, primofra tutti, è posto in funzio-
ne'?59,
Mainlinder riprende la spiegazione di Schopenhauer, secondo cuil’intelletto, “cogliendo ogni modificazione come effetto e riportandola alla sua causa, produce,sulla base delle intuizioni fondamentali a priori dello spazio e del tempo,il fenomenocelebrale del mondo oggettivo, cui la sensazione fornisce soltanto alcuni dati. Ed esso svolge questo compito esclusivamente in virtù della propria for-
ma,che è la legge di causalità [...]"?®7.
35
SecondoInvernizzi questa giustificazione della cosa in sé è semplicistica ed
essa in realtà è “un ripensamentoin sensorealistico della legge di causalità”, NOn 66
36
G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 268. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 5. Cfr. Fritz Sommerlad, Mainlinders Kantk-
37
Cfr. A. Schopenhauer, Sulla quadruplice radice ..., cit., p.117.
90
ritik in “Kantstudien”, Bd. III, 1988, S. 424-433: 428.
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung 3.1. Intelletto, legge di causalità e spazio In conformità al pensiero del maestro, Mainlander intende assegnareall’intelletto il compito di ricercare le cause delle modificazioni negli organi di senso. Tuttavia, anche se in apparenza Mainlinder muove dalla gnoseologia di Schopenhauer, nella teoria mainlinderiana della conoscenza esiste una forte torsione in senso realistico: Mainlinder vorrebbe dimostrare che le cause che determinano le modificazioni degli organi di senso sonole cose in sé, poiché,egli osserva, non si può in nessun modoasserire che tali modificazioni siano originate da una ‘mano estranea ed incono-
scibile’’98, La breve deduzione della cosa in sé fatta da
Mainlinder è propriamente una petitio principi ‘“un’argo-
mentazione invero piuttosto semplicistica”, poiché la cosa
in sé è banalmente presupposta come causa del fenomeno.
Schopenhauer,al contrario, attraverso una lunga ed articolata dimostrazione, aveva riferito il concetto di causa solo
al fenomeno;inoltre per causa aveva inteso non già un 0ggetto determinato, bensì uno “stato”. Il filosofo del Mondo aveva così enunciato l’impossibilità di applicare il concetto di
3
P. Mainlinder,Ph. d. Erl., cit., S. 5. Probabilmente in queste righe Mainlinder ha presente l’idea di Dio della filosofia idealistica di Berkeley, del quale aveva letto il Trattato. Pur opponendosi all’immaterialismo di Berkeley, Mainlinder dichiara la sua ammirazione per il vescovo inglese illuminista, per essere stato il primo ad aver dimostrato che le cose percepite esistono solamente “nella nostra testa”. Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl, cit., Bd. II, S. 45-
46. Cfr. George Berkeley, Trattato sui principi della conoscenza umana, (1710),
39 40)
tr. it., M. M. Rossi, a c. di PF Mugnai, Laterza, Roma-Bari, 2002), p. 32.
G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 268. A. Schopenhauer, Sulla quadruplice radice ..., cit., p. 76: “le sole singole, di-
verse determinazioni, che solo prese insieme completano e costituiscono la causa, possono essere detti momenti causali, o anche le condizioni, e perciò si può scomporrela causa in tali momenti. È invece del tutto sbagliato chiamare causa nonlo stato bensì gli oggetti”.
91
Capitolo secondo causa alla cosa in sé: “la fisica esige cause, ma la volontà non è mai causata; la sua relazione col fenomeno non è affatto
conformeal principio di ragione [...] la catena delle cause e degli effetti non viene mai spezzata da una forza originaria alla quale ci si debba richiamare[...}”4. Schopenhauer intendeva così combattere la possibilità che dallo scire per causas si potesseristabilire la validità della prova cosmologicadi Dio, prova che la Critica della ragion pura di Kant avevainfirmato definitivamente. Quindi per Schopenhauerfra cosa in sé e fenomeno non possibile alcun nesso causale. Contravvenendo all’interdetto di Schopenhauer, Mainlinder considera le cose in sé come cause della realtà fenomenica”, dando un’interpretazionefisica della Ding an sich che determina unasvolta in senso realistico. Mainlinder condivide, invece, la critica che il filosofo
del Mondorivolge contro l’affermazione kantiana dell’apriorità della legge di causalità. Kant aveva affermato che “peraltro un riferimento ad essa [legge di causalità], come la condizione dell'unità sintetica delle apparenze nel tempo,fu tuttavia il fondamento dell’esperienza stessa e precedette quindi a priori quest'ultima”’*5. Per Kantla causalità è una forma a priori dell’intelletto, per Schopenhauer essa è la materia stessa in quanto è l’unica possibilità di percepire la materia:
la materia è causalità*.
Anche Mainlinder afferma che l’intelletto agisce in funzione della legge di causalità e la riconosce come mate-
4!
42.
43 44
92
A. Schopenhauer,Il mondo ..., cit., vol. I, pp. 322-323.
Questa spiegazione ricorda, in qualche modo, quella di Reinhold, per la
quale le cose in sé sono “quel quid che deve stare alla base della semplice materia della rappresentazione, del quale però nulla è rappresentabile”. Cfr. K. L. Reinhold, Neue Darstellung der Hauptmomente der Elementarphilosophie, cit ., S. 169-170. I. Kant, Critica della ragion pura, cit., p. 270. Cfr. anche A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena,cit., vol.I, p. 38.
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlésung ria percepita”. Tuttavia, se per Schopenhauer “il soggetto conosce immediatamente solo col senso interno, in quanto il senso esterno è a sua volta oggetto di quello interno”, e solo in un secondo momentol’intelletto si rappresenta come esterne, cioè nello spazio, le cause intuite nel tempo; per
Mainlinder, invece,l'intelletto coglie intuitivamente le cau-
se così comeesse si presentano solo nel senso esterno:
“L'intelletto cerca la causa delle impressioni dei sensi e nel mentre percorre la direzione dei raggi di luce che sono caduti dall’alto, giunge ad essa. Non percepirebbe nulla se nonci fossero in lui, prima di ogni esperienza,le forme, nelle quali l’intelletto riversa subito le cause. Una di queste formeè lo spazio ”’#7.
Schopenhauer e Mainlinder intendono la relazione fra lo spazio e la legge di causalità in maniera molto differente l’uno dall’altro. Per il primo,infatti, tutte le nostre rappresentazioni sono parimenti prodotte dallo spazio (che ne regola la simultaneità) e dal tempo (che ne regola il cambiamento): “se d’altra parte l’unicaforma delle rappresentazioni di questa classe fosse lo spazio, non ci sarebbe alcun cambiamento: giacchéil cambiamento o modificazione è successione degli stati, e la successione è possibile solo nel tempo”. Per Schopenhauer la causalità è un’intuizione intellettuale, così comelo sonoil
tempo e lo spazio‘. Per Mainlinder invece
4 Ciononostante Mainlinder prende le distanze da Schopenhauerin favore di Kant proprio a proposito della cosa in sé, laddove “la concezione kantiana della causalità è da preferirsi a quella di Schopenhauer perché mediante es-
sa, seppure in modoaporetico, Kant afferma l’esistenza della cosa in sé”, G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 268. Cfr. P. Mainlinder, Ph, d. Etl., cit., S. 438.
4 A. Schopenhauer, Sulla quadrplice radice..., cit., p. 71. 47 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 6.
4A. Schopenhauer, Sulla quadruplice radice ..., cit., p. 69.
4 Id., Il mondo..., cit., pp. 292-293.
93
Capitolo secondo “Lo spazio in quanto forma dell’intelletto (non si parla per ora dello spazio matematico) è un punto, cioè lo spazio in quanto formadell’intelletto è da intendersi come l’immagine di un punto. Questo punto ha la facoltà (o addirittura facoltà del soggetto), di delimitare secondole tre dimensionile cose in sé, che agiscono sugli organi di senso che le riguardano”.
Commenta Invernizzi: ‘“non è chiaro se Mainlinderin-
tenda per l’estensione della sfera d’attività delle cose in sé
l'estensione occupata sulla retina (per limitarci alla vista)
dall’attività della cosa in sé, o addirittura l’estensione di tale
attività fuori dal soggetto. Nell’uno come nell’altro caso è comunque evidente l’impostazione realistica che Mainlin-
der dà al problema dello spazio”.
Mainlinderricava la propria definizione dello spazio dal senso della vista: “L'essenza dello spazio è pertanto la facoltà di accedere ad un'estensione indefinita (in indefinitum) separatamentein conformità delle tre dimensioni. Dove una cosa in sé smette di agire,lì lo spazio le ponei suoilimiti e lo spazio non hala forza di assegnarle l’estensione. Lo spazio rimane perfettamente indifferente per quanto riguarda l'estensione. Esso dì ugualmente dei confini ad un palazzo come ad un granello di quarzo, ad un cavallo come ad un’ape. La cosa in sé agisce propriamente in questa maniera, cioè manifestandosi da così lontano ”’5!
Mache cosa intende Mainlinder col termine spazio? Da un lato egli afferma che esso è forma dell’intelletto e dall’altro lato che “tuttavia lo spazio non è nemmenonessuna rappresentazione a priori del soggetto”. Nonostante queste 90
51
94
G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 269, nota 9. Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., Bd. II, cit., S. 239 “Nella mia teoria della conoscenza è originale: 1) lo spazio-punto (pura facoltà, condizione di conoscenza[...])”?.
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 6.
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung contraddizioni, dal testo si evince che Mainlinder conside-
ra lo spazio comeil correlato soggettivo della sfera delle attività di forze delle cose in sé. Pertanto egli si oppone alla concezione kantiana, secondo la quale spazio e tempo, come intuizioni pure, sono infiniti, ovvero con le parole di Kant, che “lo spazio è rappresentato come un'infinita grandezza data”? e che “l’infinità del tempo nonsignifica null'altro, se non che ogni grandezza determinata di tempo è possibile soltanto attraverso limitazioni di un unico tempo che sta alla base””?5. Così, invece, Mainlinder: “Se si parla dello spazio, si dà risalto abitualmente che esso ha tre dimensioni: altezza, larghezza e profondità, cioè sarebbe impossibile pensare che lo spazio ha un confinee la certezza di non giun-
gere mai ad unafine percorrendolo sarebbe quindi la sua infinità?4.
Chelo spazio infinito esista indipendentemente dal soggetto e che la sua limitazione [Einschrinkung] appartenga all’essenza della cosa in sé — la spazialità — è una visione della filosofia critica vulnerabilissima che proviene dalla ingenua infanzia dell’umanità, visione che un inutile lavoro dovrebbe confutare. Al di fuori di un soggetto che osserva non esiste né uno spazioinfinito né una spazialità. Tuttavia lo spazio non è nemmenonessuna rappresentazione a priori del soggetto, né ha la pura rappresentazione a priori da spazialità infinite, attraverso la reciproca disposizione delle quali si potrebbe giungere ad una rappresentazione completa di un tutto, di uno spazio, come dimostrerò in appendice [...] Se perciò da unlato il (punto dello) spazio è una con-
dizione della possibilità dell’esperienza, una formaa priori della
nostra capacità conoscitiva, dall’altro lato è certo che ogni cosa in sé ha unasfera d’azione totalmente indipendente dal sogget-
°2
I, Kant, Critica della ragion pura,cit., p. 80.
93 Id., p. 88. Di % Anche Locke aveva pensato all’infinità dello spazio come un’idea complessa, Cioè non derivata dalla sensazione, ma da un’elaborazione mentale. Cff. J. Locke, Saggio..., cit., vol. I, p. 175.
99
Capitolo secondo to. Essa non è limitata propriamente dallo spazio, bensì sollecita lo spazio, esattamente lo delimita dove nonagisce più”.
Mainlinder intende per cosa in sé una qualcheforza na-
turale, che provoca le modificazioni nei sensi e che quindi smette di agire interferendo con essi?°: proprio quando l’azione della forza cadesotto i sensi essa è percepita come materia. In questo senso lo spazio è sollecitato dalla forza, che ne è la fonte, che finisce di agire là dove comincianoi sensi. 3.2.La materia
Nonostante alcune somiglianze, anche importanti, la concezione della materia di Mainlinder differisce da quella di Schopenhauer. Per lui la materia nonsi identifica con la causalità, che è legge a priori della ragione, ma è una forma a prioridell’intelletto stesso: “La seconda formachel’intelletto chiamain aiuto per percepire le cause ritrovate è la materia. Anche essa è da pensare come l’immagine di un punto (non trattiamo qui della sostanza). Essa è la facoltà di obbiettivare ogni unità della cosa in sé, ogni speciale attività della stessa all’interno dello spazio segnato dalla forma [Gestalt] esattamente e fedelmente.
Senza la materia nessun oggetto, senza oggetto, nessuna materia”.
La scelta di questa definizione segna la presa di distanza di Mainlinder anche da Locke, poiché “in contraddizione con Locke: la materia non sarebbe la cosa in sé, bensì una
formadell’intelletto, cioè a priori”””. 55.
P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 6-7.
96. Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, VanBremen Verlagsbuchhandlung, Berlin 2000,S. 12-17.
5? P. Mainlinder, Ph. d. Erl., Bd.II, cit., S. 238.
96
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung L'affermazione “senza la materia nessun oggetto, senza oggetto, nessuna materia” sembrerebbe essere stata ispirata a Mainlinder dal “nessuna forza senza materia, nessuna mate-
ria senza forza”°* contenuto in Kraft und Stoff, opera materialistico-naturalistica di Ludwig Biichner, autore che Mainlinder ricorda anche nella sua autobiografia??. Nella sua opera Biichner aveva inteso forza e materia come deteriminazioni di una sostanza eterna ed indistruttibile. Oltre a sostenere l’idea che la materia è un prodotto della forza, già Biichner, come più tardi avrebbe fatto Mainlander, aveva respinto tanto una qualsiasi causa trascendente il mondo, quanto un Dio creatore, facendo professione immanentistica e matertalistica. Se per Schopenhauer la materia si risolve interamente nel fenomeno, poiché non è possibile “nessun oggetto senza soggetto”, per Mainlinder, invece, la materia è il punto di sutura fra i due mondi, quello del fenomeno e quello del noumeno,grazie al quale è possibile un nesso causale: “Con la descrizione esposta sopra sulla divisione del senso negli organi di senso e del sistema di trasmissione dobbiamo definire la materia come il punto incui si uniscono le impressioni sensibili, che sono le cose in sé, più visibilmente elaborate come speciali attività. Perciò la materia è la forma comune pertutte le impressioni sensibili o anche la somma completa delle impressioni sensibili delle cose in sé del mondo apparente. La materia è quindi un’altra condizione della possibilità del-
98
Ludwig Biichner, Kraft und Stoff Empirische-naturphilosophische
Studien,
(1832), hrsg. und cingel. von W. Bélsche, KTA, Band 102, Leipzig 1932, S. 6
99 %
ff. Cfr. EF Sommerlad, Mitteilungen aus der handschriftlichen Selbstbiographie des Philosophen, (1899) rist. in Die modernen Pessimisten als décadent, cit., S.93113: 99 ff. Cfr. W. H. Miiller-Scyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S.37, Anmerkung Nr.3. | E Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlinders..., cit., S. 53-63: 98. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. I, p. 162.
97
Capitolo secondo l’esperienza o una formaa priori della nostra capacità conoscitiva. Essa si pone, completamente indipendente, come la somma delle attività delle cose in sé, ovvero, in una parola, comeforza.
Nella misura in cui una forza diviene oggetto della percezione di un soggetto, essa è materia (forma oggettivata); al contrario, ogni forza indipendentemente da un soggetto percipiente, è libera dalla materia e quindi è solo forza. Perciò è meglio sottolineare che anche se la materia, data dalla forma soggettiva, riproduce esattamente e con fotografica fedeltà alcune attività della cosa in sé, tuttavia la riproduzione è toto genere diversa dalla forza. La formadi un oggetto è identica alla sfera di attività della cosa in sé che le sta a fondamento, ma le
manifestazioni della cosa in sé oggettivate dalla materia non sono per loro essenza identiche con le mamifestazioni stesse 61?
Kant e Schopenhauerasserivano che la legge di causalità è valida solamente per i fenomeni; per Mainlinder, invece,la
materia proviene dalla cosa in sé, che ne è quindila causa. Commenta Miiller-Seyfarth: “Mainlinder giunge ad accettare che la materia obiettivizza la frattura fra la cosa che appare |Erscheinenden] ed il suo fenomeno[Erscheinung]. Secondo la terminologia usata da Mainlinder, la materia è la seconda forma della possibilità presupposta per la determinazione delle cause di un effetto sui sensi, e l’intelletto
pensa queste anche come l’immagine di un puntoconla facoltà di obiettivizzare ogni proprietà della cosa in sé entroi confini dello spazio predisposto”, Invernizzi sottolinea che “è solo la forma a priori della materia a creare un mondo fenomenico “toto genere” differente dal mondodell’insé, ed è quindi proprio la materia a segnare la cesura fra il reale e l’ideale”**. Mainlinder,difatti, dopo aver asserito che il soggetto è il fattore principale ©
© 6
98
Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 412.
W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 27. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 270.
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung della produzione del mondoesterno e che “cosa in sé e soggetto creano l’oggetto”, sostiene anche che“la materia produce l’abisso ‘4 fra la cosa che appare e le cose rappresentate”. La materia produce quindi, con le parole di Mainlinder, il coltello essenziale per poter tagliare correttamente “il reale e l'ideale”, che determina lo iato fra mondo intuito e
cosa in sé°9,
Un'altra significativa differenza fra la gnoseologia di Schopenhauer e quella di Mainlinder è nella diversità della fondazione dell’intuizione della materia. Per Schopenhauer “le forme di queste rappresentazioni sono quelle del senso interno ed esterno, fempo e spazio. Ma esse sono percepibili solo in quanto riempite. La loro percettibilità è la materia [...}”®” Per Mainlinder invece la materia è una forma a priori della nostra capacità conoscitiva che si fonda sullo spazio, senza quindi passare per il senso interno. Per Mainlander, infatti, le duc formea priori dell’intel-
letto sono lo spazio c la materia, mentre il tempo è considerato unasintesi a posteriori. Se da un lato Mainlinder definisce la materia come “completamente indipendente, come la somma delle attività delle cose in sé, ovvero, in una
parola, come forza”, dall’altro afferma che “ogni forza, indipendentemente da un soggetto percipiente, è libera dalla materia ed è quindi solo forza”.Ma come puòallora la materia, che in questo senso esisterebbe solo per l’intelletto, “nella misura in cui una forza diviene oggetto della perce%
6 6
©
Cfr. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. II, p. 272: “È questo forse il mo-
do più semplice c comprensibile di svelare 11 profondo abisso che separa il mondo ideale da quello reale”. Passo riportato da Mainlinder, Id., Ph. d. Erl., cit., Bd. II, S. 40. P Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 8. Cfr. F Sommerlad, Mainlinders Kantskritik, cit., S. 430.
A. Schopenhauer, Sulla quadruplice radice ..., p. 69. Inoltre per Schopenhauer la materia è causalità; cfr. Id., cit., vol. I, p. 131.
99
Capitolo secondo zione di un soggetto”, essere contemporaneamente “completamente indipendente”, come il noumeno,e obiettivata, come fenomeno? Mainlinder risponde a queste contraddizioni cercandodi risolverle per mezzo dell’esempio: “Non ha luogo nemmeno alcuna somiglianza, per cui si può solo con grossa riserva avvicinare un'immagine alla spiegazione e dire qualcosa: la materia rappresenta le caratteristiche delle cose, come unospecchio colorato mostra gli oggetti, o l’oggetto si comporta con la cosa in sé come un busto di marmo nei confronti di un modello. L'essenza della forza è quindi toto genere di-
versa dall’essenza della materia”,
Probabilmente Mainlinder intende la materia, in senso strettamente fisico, ovvero come una forza naturale, che vie-
ne riconosciuta dall’intelletto per mezzo del principium individuationis. La forza, noumenica,si obiettivizza nella materia,
fenomenica. Solo in quanto rappresentata, la materia è totalmente diversa dalla forza naturale che l’ha generata, forza che, pur tuttavia, secondo Mainlinder, deve essere presupposta. Nonacaso egli scrive che “la forma di un oggetto è identica con la sfera di attività della cosa in sé”. In ogni caso, per Mainlinder, “il lavoro dell’intelletto si conclude con il ritrovamento delle cause attraverso le modificazioni negli organi di senso e con “il riversarsi in entrambe le forme di spazio e materia (obbiettivazione della causa)”?, Entrambe le forme, egli ripete, sono ugualmente importanti e si sorreggono vicendevolmente. ‘“L'intelletto solamente deve obiettivizzare le impressioni dei sensi e nessun’altra capacità conoscitiva lo può sostituire nel suo lavoro. Tuttavia l’intelletto non fornisce degli oggetti completi”, 68
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 7.
6 70
Id.,5.9. Ibidem.
100
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung bensì solo rappresentazioni parziali. Ricollegandosi alla sensazione visiva, Mainlinder porta l’esempio di un occhioche,
osservando un albero, effettua rapidi movimenti nelle diverse direzioni, “solamente affinché ogni parte sia portata in contatto col centro della retina”! . 3.3. La ragione In questo modol’intelletto acquista una certa quantità di rappresentazioni parziali dell'oggetto, che verranno poi riunite sotto un'unica rappresentazione per mezzo della ragione | Vernunft]. Ma come funziona e comesi articola la ragione? Secondo Mainlinder la ragione si serve di tre subfacoltà: la memoria, il giudizio c l'immaginazione. La somma di queste facoltà è lo spirito, rappresentato nello schema seguente, fornito da Mainlinder”?:
Spirito ragione
TC
memoria
_—___=" immaginazione
intelletto
senso
7
Ibidem.
22
Id., S. 10. Cfr.Id,, Bd. II, cit., S. 57-58. Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 23.
101
Capitolo secondo “La funzione della ragione è la sintesi o il collegamento come attività. D'ora in avanti utilizzerò sempre,se si parlerà di ragione,la parola sintesi, al contrario metterò congiungimento per il prodotto, ciò che è collegato. La forma della ragione è il presente”?. La funzione della memoria è il conservarsi delle impressioni dei sensi. La funzione del giudizio è raccogliere le cose omogenee. La funzionedell’immaginazioneè il tener fermo ciò che è chiaro, cioè ciò che è stato collegato dalla ragione, in un'immagine. La funzione dello spirito è allora soprattutto accompagnare l’attività di tutte le facoltà con la coscienza e connettere le loro conoscenze nel punto dell’autocoscienza””74.
Secondo quanto affermato da Mainlinder, la ragione,in unione con il giudizio e con l'immaginazione,è in strettissimo rapporto con l'intelletto, attraverso il quale sonostate ricercate le cause delle modificazioni nei sensi. La ragione ‘afferra” la produzione delle rappresentazioni, attraverso l’attività del giudizio, che collega le rappresentazioni parziali omogenee. Questo processo è, per così dire, un’attività d’assemblaggio, incuiil giudizio fornisce le rappresentazioni parziali e l'immaginazione man mano completa l’intera rappresentazione, tenendo insieme le differenti parti. Ciò avviene “sino a quando è necessario”, cioè sino a formare un’immagine, che quindi è realizzata sinteticamente, come in Locke”.
73
Cfr. A. Schopenhauer, Purerga e paralipomena,cit., vol. I, p. 126:41) l’unica forma di ciò che è reale è il presente. In questo soltanto può esser còlto imimmediatamente il reale, che vi è sempre contenuto in modo pieno e completo; 2) il veramente reale è indipendente dal tempo, cioè uno e medesimo in ogni momento; 3) il tempo è la forma dell’intuizione del nostro intelletto, ed è di conseguenza estraneo alla cosa in sé”.
74. 9
P. Mainlinder, Ph, d. Erl., cit., S. 10. Ibidem. Cfr. J. Locke, Saggio..., cit., vol. I, p. 164 e p. 169. Cfr. G. Invernizzi,
Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 273n. Cfr. H. Miiller-Seyfarth, Metapliysik der Entropie, cit., S. 28.
102
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung Main che maniera la ragione esercita la sua funzione, senza dover ricorrere alla forma del tempo? La ragione applica la sua sintesi solo nel continuo fluire del presente, “la ragione esercita la propria funzione sul punto del presente che costantemente scivola via [...]. L'immaginazione trascina ciò che collega man mano, di presente in presente, c la ragione unisce pezzo per pezzo, rimanendo in ogni momento nel presente, cioè sul punto del presente che scivola via””°.
Lavorando continuamente nel flusso?” del presente,la ra-
gione nonha la necessità di ricorrere al tempo perricostruire le rappresentazioni; tuttavia ci risulta difficile pensare, per esempio, alla memoria, che è una subfunzione della ragione,
come qualcosa di estraneo al tempo, se Mainlinderla definisce come “la conservazione delle impressioni sensoriali””9. Mainlinder polemizza contro due differenti opinioni: la prima, che l’intelletto possieda capacità di sintesi”?; la scconda, che la sintesi non abbia per niente luogo, ma l’oggetto percepito sia dato immediatamente. Secondo il filosofo, entrambele visioni sonosbagliate, poiché “l’unica funzione dell’intelletto è il passaggio dagli eftetti negli organi di senso alle cause’’8°, Per Mainlinder non è possibile sintetizzare immediatamente nemmeno la “testa di uno spillo”, poiché gli occhi, effettuando dei movimenti tanto rapidi da
76
"
78
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 11.
Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S.25:“Il movimento nel flusso [sic] non è il tempo, bensi il punto del presente sulla linca ideale”. Su questo argomento ancora Id., S. 17. Non molto dissimile la definizione di Locke, per il quale, come per Mainlinder, la memoria agisce sempre nel presente. Cfr. Id., Saggio..., cit.,
vol. I, p. 152.
9 80
Cfr.F Sommerlad, Mainkinders Kantskritik, cit., S.428. Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metapliysik der Eintropie, cit., S. 23. P._ Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., 8.11.
103
Capitolo secondo essere impercettibili, percepiscono man manol’oggetto che hanno difronte. La sintesi non ha luogoattraverso delle categorie a priori, poiché essa ‘è quasi sempre esercitata in maniera inconScla 81. sia a causa della velocità con cui questo processo sintetico avviene, sia perché “da bambini, dovemmo imparare ad applicare gradualmente e con grandefatica la sintesi, comeall’inizio la dimensione della profondità dello spazio era per noi totalmente sconosciuta”, Mainlinder è persuaso dal fatto che l’intelletto ‘‘esercita la sua funzione inconsciamente”, proprio perché “l’intelletto non può pensare”, come potrebbe invece la ragione, quindi non può rappresentarsi nel pensiero il processo che sta a monte della sua sintesi. Peril filosofo non è possibile percepire con un colpo d’occhio un qualche oggetto, poiché esso dovrebbe essere esteso quanto un punto per poter coincidere con il centro esatto della retina che lo percepisce con un solo atto. L'errore, se*
condo Mainlinder, sta nell’aver creduto che, da una distan-
za ragionevole, fosse possibile percepire un oggetto con un colpo d'occhio. Errore che è confutato immediatamente osservando oggetti di una considerevole grandezza, come la punta di una montagna,la quale, in forza della sua grandezza, esige invece che gli occhi si muovano rapidamente per
tutta l'estensione della figura.
“Lasintesi — scrive Mainliìnder — è una funzione a priori della capacità conoscitiva, in quanto condizione a priori della possibilità della rappresentazione. Di fronte ad essa si pone, perfettamente indipendente la cosa in sé, che costringe la sintesi a collegare in una bendistinta maniera”, 81 82 83.
Ibidem. Ibidem. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 19.
84
Id., 5.12.
104
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung Il passo intende riprendere la celebre definizione kantiana della funzione dell’intelletto e della ragione, in polemica con la concezione schopenhaueriana. Per Invernizzi, “così Mainlinder dopo essersi schierato dalla parte di Schopenhauer nel sostenere il necessario concorsodell'intelletto nella prima elaborazione del materiale sensibile, sposa ora la
posizione di Kant nel sostenere che un oggetto può sorge-
re solo mediante funzioni sintetiche’’’, cioè restituisce un ruolo conoscitivo primario alla ragione. Tuttavia la sua definizione di ragione come“sintesi o collegamento comeattività”, evidentemente discorde con quella di Schopenhauer,
s1 discosta non poco anche da quella di Kant. Difatti, Kant aveva affermatoche la ragione è “la facoltà che fornisce i principi della conoscenzaa priori”, intendendo per essa cioè un processo conoscitivo “in cui conosco il particolare nell’universale,mediante concetti”, cioè attraverso la deduzione, e distingueva in essa “un uso semplicemente formale, cioè logico, in cui la ragione astrac da
ogni contenuto della conoscenza; [...] un usoreale, in quanto la ragione stessa contiene l’origine di tutti i concetti e di certe proposizioni fondamentali, che essa non deriva né dal sensi, né dall’intelletto”?7. Nel suo uso reale, Kant aveva sta-
bilito che la ragione era quindi la “facoltà di dare unità alle regole dell’intelletto”’* attraverso dei principi e proprio questa unità della ragione conduceva inevitabilmente all’illusione trascendentale. La sintesi, quindi, per Kant, avveniva
attraverso la mediazione dei principi della ragione.
G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 272. Cfr. P.
87
Mainlinder, Pi. d. Erl., cit., S. 372. I. Kant, Critica della ragione pura, cit., p. 67.
Id., p. 365.
88 Id., p. 366. 105
Capitolo secondo Per Schopenhauer, invece, la ragione è la facoltà propria dei “concetti, delle rappresentazioni astratte, in contrasto con
quelle intuitive, dalle quali sono però dedotte’’?, Proprio per-
ché i concetti sono rappresentazioni di rappresentazioni, ovvero un compendio delle singole rappresentazioniintuitive”,“la ragione non ha affatto un contenuto materiale ma soltanto un contenuto formale, e questo è la materia della logica, la quale contiene quindi mere forme e regole per operazioni di pensiero”?! Schopenhauerassegnaalla ragione il compito astrattivo che invece Mainlinder aveva già assegnato all’intelletto. Per Mainlinder la funzione sintetica della ragione non si applica attraverso i principi. La sua attività si esercita sulla materia, cioè direttamente sulle rappresentazioni fornite dall’intelletto. Di Kant in qualche modo Mainlinder recupera la definizione di ragione come attività sintetica: “La sintesi è una funzionea priori della capacità conoscitiva”, concedendole tuttavia una diretta attività sulle rappresentazioni parziali??, cioè non mediata da principi. Divergendo da Kant, il filosofo di Offenbach sostiene che “nella maniera data sorge per noi il mondovisibile. È da sottolineare però che, attraverso la sintesi delle rappresentazioni parziali verso l'oggetto, il pensiero non giunge alle rappresentazioni””?4, Per Mainlinder,il collegamento chela ragione effettua del molteplice della rappresentazione è un'operazione in cui non vengono impiegati 1 concetti. La
ragione, “che è sempre la medesima, esercita la sua funzione, ancoraattraverso un altro ambito”, quello del mondori89 A. Schopenhauer, Sulla quadruplice radice ..., cit., p. 150. % 7" 9 93
Cfr. Id,, cit., p. 151. Cfr. Id., Il mondo..., cit., vol. I, p. 154 e vol. II, p. 93 ss. Id., Sulla quadruplice radice ..., cit., p. 172. P. Mainlinder, Pl. d. Erl., cit., S. 12. Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie,cit., S. 28-33; Id., S. 167.
9%
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 12.
106
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung flesso nei concetti. Le rappresentazioni parziali dell’intelletto vengono confrontate dal giudizio, che, con il sostegno dell’immaginazione,riunisce insieme quelle simili e le offre alla ragione, che da ultima le collega ad una “unità collettiva”, il concetto. Attraverso un processo astrattivo di semplificazione, vengono unite le rappresentazioni simili sotto un unico rappresentante, cosicché il numero dei concetti diminuisce, sino ad arrivare ad un concetto generale che però è indissolubile dal suo terreno d’origine. La ragioneinoltre collega i concetti alle premesse,attraversoil giudizio, derivando da esse un altro concetto.Il procedimentodescritto da Mainlinder sembrerebbe essere proprio quello del sillogismo, in cui a delle premesse segue sempre una conclusione, per tramite del termine medio. Questo metodo viene guidatoattraverso le cosiddette quattro leggi del pensicro, sulle quali si basa la Logica. 3.4. Il tempo “La ragione pensa nell’ambito dell’astrazione, c certamente nel punto del presente e non già nel tempo”. Per Mainlinder, il tempo “è un collegamento della ragione e non già, come ammesso comunemente, una forma a priori della capacità conoscitiva”? Ma in che modola ragione produce il tempo? Sccondo Mainlinder ciò avviene soloalla luce della coscienza. Se noi ci slegassimo dal mondo apparente, con quest’atto potremmo percepire l’incessante movimento, originato dal
continuo passaggio d’attimo in attimo nel presente. “Lì do9 9%
Ibidem. 1d.,5.14.
107
Capitolo secondo ve è il punto del movimento,lì è il punto del presente””, dimodoché essi si sovrappongono in maniera inseparabile. In questa maniera siamo coscienti di scivolare di presente in presente, nel flusso continuo del divenire. Nel mentre la ragione ha coscienza di questo suo movimento,l’immaginazione collega fra di loro i punti del tempo presente, che stanno per svanire, con quelli che stanno per sopraggiungere, descrivendo così una superficie, sulla quale la ragione “legge”, ottenendo una serie di momenti pieni, ovvero “la serie del passaggio pieno di presente in presente”. Il presente è, quindi, inteso come formaa priori della ragione??. In questa maniera la ragione ottiene “l’essenza e il concetto del passato”, nella direzione dei punti tempo che stanno per scomparire, e del futuro, nella direzione dei punti tempo chestanno per sopraggiungere??. Una volta che, attraverso la coscienza del movimento e l’unione dell’immaginazione, la ragione ha ottenuto il passato ed il futuro, essa uni-
sce i due estremi temporali, ottenendocosì il tempo. In que-
sto modotanto il passato, quanto il futuro, non sono niente
senza il supporto del presente.
Ancora una volta, Mainlinder sembra avvalersi della le-
zione del Saggio sull’intelligenza umana di Locke.Il filosofo empirista, partendo dall’idea semplice del numero e della sua moltiplicabilità in infinitum, aveva sostenuto che l’eternità era il frutto di una reiterazione numerica, un prolunga-
mento delpresente,a parte ante e a parte post, termini sco-
lastici, questi ultimi, ripresi anche da Mainlinder. Il ragionamento sull’eternità aveva in Locke un addentellato nella de9 Ibidem. #8 Cfr. F Sommerlad, Mainlinders Kantskritik, cit., S. 428. 9
Cfr.Id., S. 429.
100 J. Locke, Saggio..., cit., vol. I, p. 229.
108
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlésung finizione della successione, intesa come la percezione dell'apparire di percezioni “una dietro l’altra” o “in fila”!!, La lettura di Locke,quindi, fornisce a Mainlinderil pretesto per rivisitare in senso empiricoil concetto di spazio e tempo, allo scopo d’affermare, in opposizione a quanto sostenuto da Kant, che “la successione reale avrebbe luogo an-
che senza la successione ideale’’!°, poiché, per Mainlinder,
esisterebbe in ogni caso il movimento puntuale del presente dell’io percipiente. In questo modoil tempo nonè inteso più, come avevano fatto Kant e Schopenhauer, come una formaa priori, bensì “Il tempo è il metro soggettivo del movimento. Sotto il punto del movimento delsingolo, vicino la sostanza conoscente,sta il punto del presente. Il punto del movimento del singolo si trova vicino a tutti gli altri movimenti del singolo, cioè tutti i movimenti del singolo formano un movimento generale della successione uniforme.Il presente del soggetto indica sempre correttamente il punto del movimento della cosa in sé”199,
In queste ultime righe fa capolino nuovamente la cosa in sé, che sembraessere collegata al “presente del singolo”, ovvero al movimento continuo del presente che Mainlinder ha identificato come un punto. Tuttavia il filosofo, almenoin sede gnoseologica, non ci ha ancora spiegato cosa ci permette di affermarel’esistenza di questo nessofra la cosa in sé ed il singolo.
101 Per Locke, la successione è un’idea semplice, cioè deriva direttamente dalla percezione di una qualità primaria dell’oggetto. Cfr.Id., vol. I, p. 129 e p. 191.
102 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 15.
103 Ibidem.
109
Capitolo secondo 4. Dalle modificazioni alle riproduzioni della ragione Solo dopo aver affermato che il tempo è “un collegamento a posteriori”, Mainlinder ammette la possibilità che la sintesi delle rappresentazioni parziali possa avvenire anche nel tempo! Partendo dall’asserto che “le modificazioni, che possono essere percepite sul punto del presente, nonsi comportano altrimenti”! ammette che esse sono sempre correlate al movimento e sono possibili come modificazioni di luogo e modificazioni interiori, quest'ultime cioè come impulsi c sviluppi!0, Per modificazioni di luogo si intendonoallora quelle di un soggetto in movimentorispetto a degli oggetti in quie-
tel”. Esse non sono dipendenti dal tempo!, bensì sono sempre riconosciute sul punto-tempo del presente. Difatti, per la ragioneriflettente le modificazioni riempiono, senza eccezioni, un certo tempo,che è solo un “collegamento ideale”! Potremmo,quindi, considerare il tempo come unasse
ideale, senza origine e fine, ed il movimento come il punto del presente che scorre su quest’asse. Quindi, comescrive il filosofo, “esso si muove, nonil tempo”!!° Standoall’immagine di Mainlinder, potremmo concludere che le modificazioni dovrebbero essere rappresentate da un segmento,tracciato dal movimento del punto-presente sull’asse del tempo. 104 105
Ibidem. Ibidem.
16 Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 25.
107 Cfr. J. Locke, Saggio..., cit., vol. I, p. 180. 108° Mainlinder si muove in senso opposto a Kant,per il quale le modificazioni di luogo dipendono dal tempo. Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura,cit., p. 88: “Il concetto di mutamento, ec con esso il concetto del movimento (coime mutamento di luogo), è possibile soltanto attraverso la rappresentazione di tempo, c in essa”. 109 P. Mainlinder, Pit. d. Erl., cit., S. 16.
O Ibidem.
110
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung Il tempo quindi non è inteso come unflusso del presente, bensì comela linea ideale!!! che la ragione produce a posteriori, grazie all’immaginazione, partendo dal puntopresente, che è l’unica condizione per la produzione del tempo stesso. Unavolta chiarito di quali parti si componelo spirito e dopo aver definito che cosa sono lo spazio, la materia edil tempo, Mainlinder afferma di aver esplorato tutta la regione della chiara rappresentazione. “Mala totalità degli oggetti spaziali e materiali rappresenta forse l’intero mondodell’esperienza? No di certo! Esso è solo un frammento del mondo come rappresentazione. Abbiamo le impressioni sensoriali, delle quali l’intelletto, esercitando la sua funzione, cerca le cause, alle quali però non può dare formaspaziale e materiale. Ciononostante possediamo la rappresentazione di oggetti non chiari, attraverso i quali tuttavia abbiamo una rappresentazione di una unità collettiva, l'universo. Come accade tutto ciò? Ogni maniera d’agire della cosa in sé è obiettivizzata [...] dalla forma intellettiva della materia, cioè essa diviene per noi materiale. Non esiste possibilità d'eccezione e perciò la materia è il sostrato ideale di tutti gli oggetti visibili, sostrato che in sé e per sé è senza qualità, al quale però tutte le qualità devono apparire, allo stesso modoin cui lo spazio è senza dimensione, eppur
tuttavia designa tutte le sfere di forza”!!2,
La materia è definita ancora una volta comeil “sostrato ideale di tutti gli oggetti visibili”, per sottolineare come essa non sia altro che una nostra rappresentazione, prodotta a posteriori dalla nostra ragione. Per Mainlinder, ogni modo d’agire della cosa in sé è obbiettivizzato dalla forma intel-
!!! Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie,cit., S. 24.
112 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S.17. Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 85.
111
Capitolo secondo lettuale della materia, ovvero ‘“è per noi materiale”. Quindi, procedendo dalla definizione della materia come sostrato privo di qualità, ovvero come un insieme di sole qualità e considerando la sintesi della ragione un'attività unificatrice del molteplice, Mainlinder definisce la sostanza come “collegamento a posteriori della ragione basato sulla forma a priori”!!5. Essa ha origine solamente dalla sintesi della ragione, ovvero “tutto ciò che genera un’impressione sui nostri sensi è necessariamente sostanziale’’!!4. Quindi, per Mainlander, sostanza e materia coincidono, essendo entram-
be unprodotto ideale della ragione. Questa definizione di sostanza subisce l'influsso di quella offerta da Locke!!>:“Le qualità secondarie, che Locke insegna, sono ciò che chiamiamo materia, sostanza di una cosa”. Pertanto, “la materia [è] ideale nella nostra testa’’!!9, espressione, quest’ultima, mutuata da Berkeley, altro filosofo che Mainlinder ebbe presente nella sua analisi. Il gusto è il senso che rende più di tutti chiara questa spiegazione, poiché noi non abbiamo maiil sapore della cosa in sé, bensi la rappresentazione di un oggetto obbicttivizzato!!, una sua qualità.
113. Ibidem. 114 Ibidem. Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 25. 115. Per Locke, cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., Bd. 1, S. 289, 367, 369 ; Bd. II, S. 43-45, 62, 67, 69-70, 79, 238, 297. Per quanto riguarda il concetto di sostanza, cfr. Id, Ph. d. Erl., Bd. II, S. 70, dove Mainlinder si richiama esplici-
tamente alla definizione offerta da Locke della sostanza come qualità secon-
daria. Cfr. J. Locke, Saggio ..., cit., vol. I, p. 326. 116. P. Mainlinder, Pl. d. Erl., Bd. II, cit., S. 45-46. Cfr. G. Berkeley, Tiattato sui prin-
cipi della conoscenza umana, cit., p.81.I riferimenti alla filosofia di Berkeley sono numerosi in tutto il secondo tomodell’opera, in particolare nel terzo saggio, “Der Idealismus”, [[bidem, S. 44ss], nel quale, riprendendoil concetto del-
le “leggi divine” di Berkeley, Mainlinder analizza anche la considerazione berkeleyana che la realtà degli oggetti esterni, imponderabile, dipende da Dio. 117 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 18.
112
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung Mainlinder può quindi affermare che esistono tre diversi livelli:1) le impressioni dei sensi conducono agli o0ggetti, che producononella loro totalità il mondo obiettivo; 2) la ragioneriflette in concetti l’intero mondo obiettivo e attraverso quest’azione ottiene un mondo dell’astrazione, collocato vicino al mondo immediato della sensazione!!8;3) infine, essa giunge ad un ferzo mondo, quello della riproduzione, che si trova in mezzo ai primi due!!?. “La ragione riproduce, separate dal mondo esterno,tutte le sensazioni conl’aiuto della memoria[...]. Essa nonsi ricorda già figure intere, odori completi, sensazioni di gusto complete, parole, espressioni, ma essa ricorda solo attraverso le sensazioni dei sensi. Conl’aiuto della memoria, essa richiama a sé nei nervi dei
sensi [...] un’impressione,e l’intelletto la obiettivizza”!20.
Secondo Mainlinder, la ragione riflettente può riprodurre ex novo degli oggetti, partendo dalle sensazioni che essa ha conservato nella memoria, o meglio che la memoria haripetuto nel tempo. In una maniera molto simile vengono generati anche i sogni, che sono “perfette riproduzioni”, la cui obiettività è causata dall’inattività dei nervi sensori dell’individuo
dormiente,slegato da ogni influenza degli oggetti reali!?!. 5. La legge di causalità e le sue quattro forme
Se da un lato Mainlinder avevadefinito come compito dell’intelletto quello di ricercare le cause delle modificazioni negli organi di senso, dall’altro l’intelletto non sarà mai 118. Cfr.J. Locke, Saggio..., cit., vol.I, p. 433.
!19 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 18. W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie,cit., S. 29.
120 Ibidem. 121 Sul sogno,cfr. J. Locke, Saggio..., vol. I, p. 245.
113
Capitolo secondo cosciente della sua azione, poiché — come già affermato — procede in maniera inconscia. Spetta invece alla ragione riconoscere il ruolo dell’intelletto e solo alla ragione collegare le cause, che l’intelletto ha mostrato, agli effetti. In questo
modola ragione riconosce, consciamente!?, dapprima due tipi di rapporti causali:
‘‘1) la legge di causalità, cioè che le modificazioni negli organi di senso del soggetto devono avere una causa
2) che la cosain sé agisce sul soggetto”!25.,
A queste prime due formedi causalità se ne aggiunge unaterza,la causalità generale!24, per mezzo della quale “la ragione connette oggetto con oggetto, cioè la causalità generale è la condizione della possibilità di riconoscere il rapporto, nel quale le cose in sé si trovano reciprocamente”’12°. Quindi, se la legge di causalità è una funzionespecifica dell’intelletto, riconosciuta dalla ragione, diversamente da essa
la causalità generale è il correlato specifico della sola ragione. Cosicché avviene cheattraverso la legge di causalità l’intelletto cerca le modificazioni, negli organi di senso, delle quali la ragione riconosce le cause; in altra maniera,in virtù
della legge di causalità generale, la ragione riconosce un nesso causale fra il soggetto percipiente e le cose in sé. Ma dove si manifesta questa terza formadella legge di causalità? Secondoil filosofo di Offenbach soprattutto ne 122 SecondoInvernizzi “Va rilevato che Mainlinder non prende in alcun mo-
do in considerazione l’ipotesi che le modificazioni sensoriali siano prodotte da un’attività inconscia del soggetto — il che, dopo Fichte e, soprattutto,
dopo Hartmann, non può nonlasciare sorpresi”, Id., Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 269n. 123. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 19. 124 Id., S. 20. 125 Ibidem.
114
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung “le cause efficienti (causae efficientes), che si possono suddividere in: 1) cause meccaniche(pressione e colpo) 2) stimoli 3) motivi Le cause meccaniche si presentano soprattutto nel regno inorganico, gli stimoli soprattutto nel regno vegetale, i motivi so-
prattutto nel regno animale”129,
Inoltre solamente all'uomo, in virtù della sua percezione del tempo, appartengono anche le cause finali o ideali (causaefinales) che agiscono cometutti gli altri tipi di cause. Sembrerebbe così che Mainlinder recepisca e reinterpreti l’antifinalismo di Spinoza, secondoil quale “tutte le cause finali non sono che finzioni umane”!27, Se quindi da un lato la legge della causalità generale rispondeall’esigenza di spiegare il rapporto causale delle cose in sé in relazione al soggetto,dall’altro lato la ragionesi serve della comunanza!o azione reciproca [Wechselwirkung] come della legge attraverso la quale le cose in sé agiscono simultaneamente fra di loro, in un tutto dinamico ed interdipendente!??, Con questa spiegazioneil filosofo vuole chiarire l’impossibilità dell’esistenza di cose in sé indipendenti, poiché ognuna di esse determina “continuamente, direttamente e indirettamente l’altra”. Da ciò segue che “nessuna cosain sé può avere un'attività assolutamente indipendente”. Scho-
126 Ibidem.
127 B, Spinoza, Etica ..., cit., p. 37. 128. Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., Bd.II, cit., S. 239, in cui Mainlinder, elen-
cando quali sono gli elementi filosofici originali della sua teoria, elenca co-
129
me ultimo “la giusta spiegazione dell’azione reciproca”. Cfr. W. H. MiillerSeyfarth, Metaphysik der Entropie, S. 29.
Anchein questo caso è possibile rintracciare delle analogie con Helmholtz.
Cfr. H. Helmholtz, Sull’azione reciproca delleforze naturali e sulle più recenti determinazioni dellafisica che ad essa siriferisce (1854), in Opere, cit., pp. 201-270.
115
Capitolo secondo penhauer, com'è noto, non aveva ammesso in alcun caso l’azione reciproca, rimproverando a Kant d’aver fatto solo confusione con questo concetto!59, Anche questa quarta forma di causalità, precisa invece Mainlinder, è un collegamento soggettivo, conosciuto in virtù della “connessione reale e dinamica del mondo”!!. Essa potrebbe sussistere senza alcun soggetto percipiente. 5.1. Spazio matematico Unavolta spiegate le quattro formedella legge di causalità, Mainlinder si sofferma sull’esposizione dello spazio matematico. Seguendo l’insegnamento di Spinoza!e soprattutto di Kant!*, Mainlinder sostiene che la matematica non è solamentela base delle diverse scienze, ma è innanzi-
tutto l’architettura del pensiero stesso come formaa priori. È per questo che
“Lo spazio matematico sorge, nel mentre la ragione distingue lo spazio-punto, compenetrandolo, e poi unisce una qualsiasi pura spazialità ad una certa estensione di un intero. Agisce cioè come l’immagine di un oggetto composta di rappresentazioni parziali.
130. Cfr. A. Schopenhauer,Il mondo..., pp. 773-782. Id., Sulla quadruplice radice... cit., pp. 84-5, 144-149. 1351 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 21.
192. Cfr. B. Spinoza,Etica..., cit., p. 37:“La verità sarebbe rimasta celata in eter-
no agli uomini, se la matematica, che si interessa non difini, ma di essenze e proprietà delle figure, non avesse mostrato agli uomini una norma diver-
133
sa della verità”. I. Kant, Critica della ragione pura,cit., p. 19:‘“Matematica e fisica sono le due
conoscenze teoretiche della ragione, che debbono determinare a priori gli oggetti; la prima deve fare ciò in modo del tutto puro, la seconda deve farlo per lo menoin parte in modo puro, ma tenendo conto poi anche di fonti conoscitive differenti da quella della ragione”.
116
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung Lo spazio matematico è il singolare collegamento a priori
che non giova a distinguere la cosa in sé”154,
Allo spazio matematico non corrisponde quindi una cosa in sé, come avviene per lo spazio materiale, ma esso, in quanto condizione di rappresentabilità dello spazio materiale, “sta di fronte al nulla assoluto”!che non è possibile rappresentarsi altrimenti se non comespazio vuoto. Secondo quanto descritto sinora avremoallora che: “La capacità conoscitiva umanaha: a) diverse funzioni e formea priori e cioè : 1) la legge di causalità 2) lo spazio (-punto) 3) la materia 4) la sintesi 5) il presente che nell’ambito del reale, totalmente indipendente, corrispondono alle seguenti determinazioni della cosa in sé: 1) l’azione 2) la sfera d’azione 3) la forza pura 4) l’unità di ogni cosa in sé 5) il punto del movimento. b) diversi collegamenti ideali della ragione messi in azione sulle funzioni e formea priori, rispettivamente i nessi di: 1) tempo 2) causalità generale 3) comunanza[o azione reciproca] 4) sostanza 5) spazio matematico Ai primi quattro corrispondono nell’ambito del reale le seguenti determinazioni: 1) la successione reale
134 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 22. 135 Ibidem.
117
Capitolo secondo 2) l’azione di una cosa in sé su di un’altra 3) la connessione dinamica del mondo. Allo spazio matematico corrisponde l’assoluto nulla. Abbiamostabilito in seguito che l’oggetto è il fenomeno della cosa in sé e che la materia solamente produce la differenza fra entrambi”’!%0,
5.2.La catena causale
Comerisulta evidente, i collegamenti ideali descritti in b) sono tutti nessi a posteriori della ragione, e quindi principalmente un prodotto della nostra facoltà d’immaginazione. Una volta stabilito quali funzioni spettanoall’intelletto e quali alla ragione, Mainlinder identifica la cosa in sé conla forza: “Ta cosa in sé [...] è forza. Il mondo,la totalità delle cose in sé, è un intero di pure forze, che divengono al soggetto verso l’oggetto. L'oggetto è fenomenodella cosa in sé e sebbene esso dipenda dal soggetto, come abbiamo visto, esso non infirma in nessun modo la cosa in sé. Dobbiamoperciò fidarci dell’esperienza”!!”.
La cosa in sé è allora intesa comeforzafisica e causa del mondo fenomenico. Ma possiamo ritenere corretta la reinterpretazione che Mainlinder ha dato della volontà noumenica di Schopenhauerin sensofisico-energetico? È legittimo forse definire la volontà schopenhaueriana come una forza? Schopenhauer ha precisato che la volontà è come un “impulso cieco e inarrestabile’’!°8 , rifiutando l’uso del concetto di forza, in quanto proveniente dal mondo fenomenico. Con ciò Schopenhauerintendeva distinguersi anche da-
136. Id., S. 23 137 Id., S. 23-24. Il termine tedesco per forza, intesa in senso fisico, è Kraft. 138. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. I, p. 512.
118
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlésung gli scienziati come Helmholtz. Per Schopenhauer, la forza sta al fenomeno comela volontà sta alla cosa in sé. Egli vuole ampliare il concetto di volontà, attribuendogli anche le caratteristiche della forza, o, comeegli dice “Il concetto di volontà è l’unico,fra tutti quelli possibili, che non ha origine dal fenomeno, non dalla mera rappresentazione intuitiva, ma viene dall’interno [...]. Se invece sussumiamo,come è stato fatto finora,il concetto di volontà sotto quello di forza, rinunziamo all’unica conoscenza immediata che abbiamo dell’essenza interna del mondo, facendola andar persa in un concetto astratto dal fenomeno, con il quale quindi non potremo
mai andare oltre l’esperienza’’!59,
Comeperò ha già rilevato Sossio Giametta,il concetto di volontà è una “superfetazione”!4° di Schopenhauer,suscettibile d’essere interpretata come forza. Schopenhauer adopererebbe due terminidiversi per distinguere la sua “Volontà generale” dalle “volontà individuali”, obbiettivate, quali sono le forze fisiche. Mainlinder, invece, parte proprio dal presupposto dell’individualità della cosa in sé e intende la volontà comeforza.Il “salto” consiste nella torsione della filosofia di Schopenhauer in senso realistico-fisico, salto che verrà compiuto non soltanto da Mainlinder, ma anche da altri discepoli di Schopenhauer, come Hartmann e soprattutto Bahnsen!*!.
159. Id., p. 281. 140 Sossio Giametta, Il mondo di Schopenhauer — Verità ed errori, in A. Schopenhauer, Il mondo..., pp. 5-91: 28-29. 141 Julius Bahnsen, Der Widerspruch im Wissen und Wesen der Welt. Princip und Einzelbewiihrung der Realdialektik, 2 Bd.e, Leipzig 1880/1882,rist., hrsg. u. eingel. v. Winfried H. Miiller-Seyfarth, Georg Olms Verlagsbuchhandlung, Hildesheim 2002, Bd.I, S. 352, in cui Bahnsenpreferisce sostituire al concetto di Wille zum Leben, principio supremo della realtà visto dall’interno,il concetto di Kraft zu sein, ens metaphisicum visto dall’esterno, oggettivamente.
119
Capitolo secondo Esisterebbe quindi un rapporto causale fra cosa in sé e fenomeno, affermazione questa che ricade in un’insolvibile aporia, che, secondo Mainlinder, né Kant né Schopenhauer avevano risolto. Ma può applicarsi la legge di causalità anche al noumeno? Attraverso la legge di causalità, l'intelletto cerca le cause delle modificazioni negli organi di senso, sempre c solamente all’interno del mondo del fenomeno. Perciò l’intelletto non può applicare la legge di causalità alle cose in sé. Difatti, secondo il filosofo, l’intelletto è testimone inco-
sciente delle modificazioni negli organi di senso e non già degli oggetti. Quindi le modificazioni percepite dall’intelletto per mezzodella legge di causalità riguardano sempre e solamente la realitas come phaenomenon. Main che modoallora è possibile cogliere il nesso causale fra oggetto e soggetto? Come già anticipato schematicamente sopra, questo è il compito cui la ragione assolve attraverso la legge di causalità generale, “un collegamento a posteriori della ragione 7142. La legge di causalità, secondo Mainlinder, ci permette di comprendereil nesso causale che intercorre fra soggetto ed oggetto, intendendo per nesso il medium fra oggetto e soggetto; essa però non ci permette in nessun casodi cogliere l'essenza della cosa in sé. Quindi, in virtù della legge di causalità generale, comprendiamoil rapporto causale fra forza-cosa in sé ed il suo corrispettivo fenomeno, senza intaccare, per così dire, la cosa in sé, poiché
prendiamo in considerazione solamente la relazione fra noumenoe fenomeno, intesa come termine medio.
Da ciò segue che non possiamo in nessun caso applicare la legge di causalità alle forze noumeniche e che nonci è dato di poter conoscere alcuna causa prima nella catena 142 P. Mainlinder, Pl. d. Erl., cit., S. 24.
120
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung causale, neppure se ricorriamo alla causalità generale. Pertanto, scrive Mainlinder, avremo che ‘1) l'applicazione della causalità generale svia sempre dalla cosa in sé 2) le catene causali sono solo un nesso delle azioni delle cose in sé ed innessuncaso quindile stesse cose in sé come elementi in sé contenuti [...] 3) è difficile stabilire corrette catene causali, quando appare chiaro al primo colpo d’occhio, che per il soggetto è totalmente impossibile, da una qualche modificazione terminata, stabilire una giusta catena causale a parte ante, che avesse in indefinitum un punto di partenza libero. Le cose in sé nonsi trovano mai in una catena causale ed 10 non posso chiedere delle cause dell'essere di una cosa in sé né grazie alla legge di causalità, né grazie alla causalità generale. Poiché la cosa in sé si modifica, la cosa in sé è ottenuta come oggetto grazie alla legge di causalità, e poiché domando delle cause delle modificazioni grazie alla causalità generale, allora sono sviato dalla cosa in sé. La domanda: qual è unicamente la causa di una cosa in sé nel mondo non solo non deve, ma non può essere fatta”!4.
Seguendo il ragionamento di Mainlinder, non è quindi possibile risalire a nessuna causa prima percorrendoa ritroso la catena causale c quindi “la catena causale non conduce mai nel passato alla cosa in sé”!44 Seguendo in qualche modoc solo sin qui l'impostazione data da Schopenhauer, anche Mainkinder intende affermare l'impossibilità delle “così dette tre dimostrazioni di Dio”!in base alla legge della causalità, poiché, come s'è detto, non è possibile risalire ad una causa prima creatrice. Come per Schopenhauer, anche per
143 Id., S. 25.
144. Id., S. 26.
145. Ibidem.
121
Capitolo secondo Mainlinder la catena della causalità è infinita. Tuttavia, diver-
samente dal Saggio di Francoforte, per Mainlinder la catena causale non è l’unica relazione possibile: “Un seme nonè la causa di una pianta, poiché seme e pianta nonsi trovano in nessuna causalità, bensì in un nesso genetico. Al contrario si può domandare delle cause che occorrono al seme nel terreno per germinare, o delle cause che fanno cresce una pianta più alta di sei piedi così alta. Come ognunopotrà verificare, si risponde a queste domande così come abbiamo già detto sopra, cioè: che ognunadi queste cause svia dalla pianta. Infine si troverà la pianta totalmente aggiogata agli elementi della catena causale, nei quali essa però giammai compare come elemento. Esiste forse un mezzo per poter penetrare nel passato della cosa? Il già menzionato nesso fra il seme e la pianta risponde di sì alla domanda. La ragione può produrre catene di sviluppo [Entwiklungs-reihen] che sono quasi totalmente altro dalle catene causali. Queste sorgono con l’aiuto della causalità, quelle altre conl’aiuto del tempo. Le catene causali sono la incatenata effettività non di una madi molte cose; le catene di sviluppo invece hanno a che fare conl’essere di una sola cosa in sé e conle sue modificazioni. Questo risultato è molto importante’’!4,
La definizione di un metodo genetico, ottenuta ripercorrendola catena di sviluppo di un qualche oggetto, richiama inevitabilmente la definizione di potenza ed atto data da Aristotele ed in qualche maniera sembra seguirne lo schema. Così Mainlinder, se da unlato sembra seguire grossomodola definizione di causalità di Schopenhauer,dall’altro affianca ad essa quella più antica della fisica dello Stagirita. L’artificiosa distinzione fra catena causale e catena di sviluppo genetica! serve a Mainlinder per aprire la strada a quella che sarà la sua 146 147
Ibidem. Anche Locke aveva parlato della “generazione”, intendendo per essa però una determinata forma della causalità “prodotta da un principio interno che
122
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung tesi cosmologica di un'origine evolutiva di tutto il mondo. Questo distinguo permette a Mainlinder una doppia strada: 1) la negazionedella possibilità di ricorrere ad una causa prima, ancora presente, che abbia generato il mondo,poiché la
causalità appartiene solo al fenomeno e inoltre la relazione causa-effetto ammette sempre la possibilità che ad un effetto possano corrispondere diverse cause (come avviene anche per Schopenhauer); 2) il riconoscimento di un nesso generativo, fondato nel tempo, che regola la relazione biunivoca di una determinata cosa in sé con il suo fenomeno. Secondoil filosofo il nesso genetico permetterebbe di ripercorrere a ritroso il tempo e di esplorare il passato; in questo modo, a detta di Mainlinder, sarebbe possibile ricondurre tutte le catene di sviluppo delle forze alle forze chimiche (carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno,ferro, fosforo
ecc...)!48, “la così detta materia semplice”, che secondo gli scienziati sono riconducibili a pochi elementi chimici. “Per la nostra ricerca è indifferente se questo accada o meno, poiché è una verità incontestabile che nell’ambito dell’immanente
non potremo mai giungereal di là della molteplicità all’unità”1%,
ambito in cui si muove anchela scienza.
6. Inconoscibilità della semplice unità e sua determinazione Il mondodell’immanenteè il mondo della molteplicità, della quale i nostri sensi, il nostro intelletto e la nostra raè nell'ordine normale della natura, ma è messo all’opera da qualche agente
esterno (o causa), e da esso ricevuto”, comela “creazione”e la “fabbrica-
zione”. Cfr. J. Locke, Saggio..., vol. I, pp. 358-359. 148. P. Mainlinder, Ph. d, Etl., cit., S. 27. 149. Ibidem.
123
Capitolo secondo gione sono testimoni. Per noi è impossibile andare al di là del molteplice anche se “la ragione nonsi lascia trattenere dal richiamare costantemente e sempre di nuovo la neces-
sità di una semplice unità”!°9,
Come ha affermato Invernizzi, ‘nonostante ci si trovi di
fronte ad uno dei passaggi cruciali della sua filosofia, Mainlinder conduce l’argomentazione in modo estremamente rapido, lasciando aperti molti interrogativi. In particolare, egli non specifica la natura di questa tendenza della ragioneall’unificazione” — che ricorda quella della ragione propriamente detta, così comel’aveva intesa Kant — “[...] Mainlinder sembra in definitiva far uso di un’argomentazione che ricorda la prova ontologica dell’esistenza di Dio (dalla necessità logica alla necessità ontologica)”, cadendo così inevitabilmente nella ‘trappola’ della fallacia ontologica, contro la quale si erano scagliati sia E. G. Schulze che Schopenhauer. La giustificazione di un’unità semplice e precosmica è condotta da Mainlinderattraverso lo studio di Platone e soprattutto dei mistici medievali: il mondo dell’immanente è facilmente assimilabile a quello del divenire, così come quello del trascendente dell’unità al Dio di Plotino. Mainlinder indica un “Ausweg”, una via d’uscita, per poter raggiungere la regione del trascendente: il passato. Infatti ‘esiste una regione scomparsa, divenuta, tramontata, ed assie-
me ad essa è passata e tramontata anche la semplice unità”!°, Main che modopossiamo ripercorrere il passato? Soprattutto, questo preteso ritorno al passato e all'origine non è forse in netta contraddizione con quanto Mainlinderstesso ha affermato sull’origine sintetica del tempo,inteso come nessoa posteriori della ragione? 150. Ibidem. 15! G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento...,cit., p. 275, nota 20. 152 P. Mainlinder, Pl. d. Erl,, cit., S. 28.
124
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung “Mentre fondiamo insieme la molteplicità con l’unità, abbiamo distrutto soprattutto la forza; poiché la forza ha validità e significato
solo nella regione dell’immanente, nel mondo. Ne consegue che non possiamo formare alcuna rappresentazione dell’essenza di questa unità precosmica. È chiara la totale inconoscibilità di questa unità precosmica,se le applicassimo tutte le nostre funzioni e formea priori e tutti i nostri collegamenti a posteriori ottenuti dal nostro spirito. Essa è la testa di Medusa, di fronte alla quale tutto diviene pietra”’!59.
Stabilito che è impossibile applicare una qualsiasi forma del soggetto alla semplice unità, Mainlinder ricorre al metodo utilizzato da Plotino, e in seguito dalla mistica ec dalla teologia apofatica medievale, della definizione dell’Ente supremo per via negationis!®*: “Noi possiamo perciò definire la semplice unità solo negativamente e, partendo da questo punto, certamente come: inattiva, inestesa, indistinta, indivisa (semplice), immobile, atemporale
(eterna)”?!55.
Il filosofo di Offenbach aggiunge, però, che “questa semplice unità [...] assolutamente è tramontata e non esiste più”!Inoltre questa unità, dalla quale tutte le catene di sviluppo hanno origine, è assolutamente enigmatica e “è una x!°7 , è uguale al nulla, c perciò noi possiamo dire correttamente che il mondo è sorto dal nulla. Poiché da un lato dobbiamo accludere a questa unità un predicato positivo, l’esistenza, anche se non possiamo immaginare in quale modosi for-
153. Ibidem. 154 Secondol’interpretazione offerta da Ueberweg, in Grundrisse der Geschichte
der Philosophie anche Schopenhauer avrebbe ricavato gli attributi della vo-
lontà, attraverso un ragionamento ex contrario, anche se il filosofo del Mondo
nonlo fa esplicitamente.
155. P. Mainlinder, Ph. d. EH., cit., S. 29. 156. Ibidem.
157. Mainlindersi richiama chiaramente al concetto limite di Kant.
125
Capitolo secondo mi un concetto più povero di esistenza, e poiché, dall’altro lato,
alla nostra ragione non è dato assolutamente di pensare un sorgere dal nulla, allora abbiamo a che fare con un nulla relativo (nihil privativum), che, in quanto essere originario [Ursein], passato ed incomprensibile, si trova in tutto ciò che esiste e va indicato come un’inconcepibile essenza che era sorta in passato”!°8,
Nelle ultime righe del brano appenacitato fa anche capolino, per la prima volta in manieraesplicita,l’unità originaria di Dio, addotta come esigenza di un’essenza unitaria del passato!’?. Quindi, come nella più antica tradizione religiosa, anche per Mainlinder il mondo è creato, ed in quanto creatura esso ha origine ex nihilo. Unaallieva di Eduard von Hartmann, Olga Pliimacher,
ha criticato il concetto di nihil privativum di Mainlinder, dichiarandolo impensabile, e sostenendo che esso è il punto debole della dottrina del filosofo di Offenbach: “Il nulla come effettivo nihil privativum, come negazione della posizione ammessa per necessaria, non è alcun concetto, ben-
sì solo una parola, una noce vuota. Così come il nulla è difficilmente rappresentabile, allo stesso modo è difficile afferrare come reale il nulla assoluto come negazione dell’assoluto. Noi possiamo pensare il nulla semplicemente come negazione di un “qualcosa”, cioè di unadistinta cosa, o di una serie di alcune cose. Il
nulla è pensabile in rapporto all’assoluto solamente come possibile ma come reale la negazione della posizione dell’assoluto non è pensabile, perché come reale sarebbe esso stesso posizione,e la
posizione è la negazione del nulla”,
Secondo Miiller-Seyfarth, la Pliimacher hafraintesoil concetto di nulla relativo di Mainlinder, poiché il filosofo 158. Ibidem. 15% Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 30-31. 160 O, Pliimacher, Zwei Individualisten der Schopenhauerschen Schule, cit., S. 31.
126
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung si riferisce ad una “Urposition”, cioè ad una posizione originaria, e non intendeoffrire alcuna informazione sulla sua essenza, sulle proprietà, sulle attività, etc. La definizione di
Mainlinder, invece, intende essere vicina a quella del nou-
meno kantiano, un concetto limite, una x, solo pensabile
ma non conoscibile. “Non è nessun concetto negativo,il quale deve ammettere l’assenza di qualcosa, bensì il contrario””19!. In ognicaso, questa “inconcepibile essenza che era sorta in passato” sarà successivamente identificata con Dio e rappresenterà il pilastro su cui Mainlinder fonderà tutta la sua dimostrazione della creazione del mondo e del movimento di Dio verso il nulla assoluto, conil quale non coincide, per Mainlinder, la “posizione originaria” dell'essere. Riguardo alle possibilità di pensabilità di questa posizione originaria, Mainlinder sostiene che: 1) le catene di sviluppo (o genetiche) hannoin ognicaso uninizio; 2) non s1 può dare nessuna catena causale a parte ante; 3) tutte le forze fisiche sonostate originate, in modoche, se è vero che
tutto ciò che era nella semplice unità primigenia si sottrae
alla nostra conoscenza, allora le stesse forze, nel loro diveni-
re immanenti hanno determinato la nascita di quell’ “impenetrabile velo che copreil nostrospirito”!°, ovvero la realtà fenomenica. Secondoil filosofo, solo attraversoil “filo sotti-
le” dell’esistenza, come unico predicato positivo dell’unità precosmica, è possibile il collegamento fra la regione dell’immanente e quella del trascendente. L'esistenza è “il più povero dei concetti” pensabili, c, in quanto dimensione del divenire, essa è 1l trait d’union fra mondo dell’essere della
semplice unità c quello del non essere del mondo.
161 W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 38, Anm. Nr.4. 162 P, Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 30.
127
Capitolo secondo Tutte le forze hanno avuto origine dall'esplosione dell’unità precosmica di Dio. La frammentazione di Dio ha creato la materia ed ha trasmesso una parte del movimento della esplosione divina ad ogni essere. In questo senso, per Mainlinder, anche le forze chimiche, e la materia inorganica che esse compongono, sono considerate organismi vi-
venti. Mainlànder passa, quindi, all’analisi del regno inorganico per dimostrare in quale modo agisce la cosa in sé nel presente, affermando chein esso esistono delle forze chimiche elementari che compongonotutti gli organismi!9*. Mainlinder scrive che secondogli scienziati queste forze chimichedi base “non si annullano mai” e non “periscono”, così com'è testimoniato anche dalla natura stessa, ‘“uni-
ca fonte di verità”!°* Questa prova naturale della pluralità d’entità chimiche è assolutamente valida, secondo Mainlin-
der, nel mondo dell’immanente. Tuttavia non bisogna dimenticare che “la forza è totalmente indipendente dal soggetto conoscente” in quanto cosa in sé, motivo per il quale si devono considerare anche gli elementi chimici presenti in natura comefoto genere diversi dalle forze, necessari correlati fenomenici delle forze. Anche per questo Mainlinder intenderà gli elementi chimici al pari di individui. Gli organismi, in quanto individui composti da elementi chimici elementari, sono sorretti da una forza centra-
le, data dal risultato delle varie forze suborganiche. Pertanto gli individui, in quanto organismi, “nascono e muoiono”, nel senso cheil loro stato di aggregazione si scinde si ristabilisce sotto nuove sembianze. A proposito di questa spie-
163 In questo modo Mainlinder supererebbe proprio quelle aporie incontrate da Bahnsen nella spiegazione della costituzione di individui complessi nel procedere da un’unica volontà verso le sue sottounità. 164 [d., 5.31.
128
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung gazione Eduard von Hartmann ha parlato della presenza in Mainlinder di una sorta di naturalismo ilozoista!®. “Quando un organismo muore,le forze unite in lui tornano di nuovo libere senza la minima perdita, ma la forza che prima dominava le forze chimiche è morta [...]. Così come ci è impossibile pensare un sorgere dal nulla, così non possiamo pensare facilmente che tutti i legami chimici sono per sempre annullati. Da ciò si concludeche: 1) tutte le forze chimiche semplici sono, secondo l’esperienza che abbiamo a tutt'oggi, indistruttibili 2) al contrario, che tutti 1 legami chimici e tutte le forze organiche sono periture’’!9°,
Da queste premesse Mainlinder conclude che “la sostanza è ingenerata cd imperitura”!°7, Ma com'è possibile — s1 chiede Mainlinder — conciliare queste conclusioni conle precedenti affermazioni, secondo cui“tutte le forze senza eccezione sono generate” e “che solo singole forze sono imperiture”’? Mainlinder lascia inevasa la domanda, per rispondervi successivamente, in parte nella Fisica c soprattutto nella Metafisica. 7. Finitezza del mondo e “perversa ragione” Il filosofo di Offenbachha sin dall’inizio affermato che la sua filosofia intende essere unafilosofia dell’immanente e che il mondoè finito. Per provare la finitezza del mondo — scrive Mainlinder — possiamo ricorrere “a duc strade: 0 of16 E. von Hartmann, Die pluralistische Willensmetaphysik, in Aa.Vv. Die modernen Pessinmtisten als décadents, cit., S. 38-45:40. 166 P, Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 33.
107 Ibidem.
129
Capitolo secondo friamo delle prove con l’aiuto della rappresentazione, o con la logica pura”!98, La prima via conduce ad un’antinomia: per mezzo della semplice percezione del mondo siamo indotti ad affermare che il mondoè finito; la scienza, dal canto proprio, distrugge questa visione, mostrandocidi giorno in giorno l’infinità delle tre dimensioni ed il continuo allargarsi della sfera di forza del mondo: ne deriva che “l’intelletto non può stabilirne i confini”!°”?, Seguendo invece “l’inflessibile logica” è possibile dedurre che “il mondo non è unaforza singola, una semplice unità, bensì l’intero delle sfere di forze finite”; tale “totalità di sfere di forze finite deve necessaria-
mente essere finita”. Dalla somma delle semplici forze, che sono tutte finite, deriva allora che il mondostesso è finito!?0,
Il procederesillogistico di questa dimostrazione presuppone che le premesse, cioè che il mondo non è un'unità semplice e che tutte le forze semplici sono finite, debbano essere vere. Tuttavia Mainlinder sembra contraddirsi là dove la verità delle premesse, cioè che l’immanente è molteplice,
non è fatta derivare dalla logica pura, ma dall'esperienza e quindi dalla rappresentazione. Secondoil filosofo, 11 motivo del nostro istintivo rifiuto
della finitezza del mondo nasce dal fraintendimento della ragione, causato dalla percezione dello spazio come forma dell’intelletto ovvero dello spazio matematico, che è sempre divisibile, ma che ‘esiste solamente nella nostra testa e non ha alcuna realtà”!7!.
168 Id., S. 34. 16 Ibidem. Si confronti quanto aveva invece detto Kant a proposito della prima antinomia, in I. Kant, Critica della ragione pura, cit., pp. 484-491. Id., Prolegoment..., Cit., p. 195.
170 Id., S. 35. 171 ]d., S. 36.
130
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung La ragione, svincolata dalla realtà, porterebbe ad ammettere la divisione all’infinito, ma “la sua pericolosità sarebbe doppia se si applicasse la divisibilità infinita anche alla forLi 1172, poiché si affermerebbe in maniera insensata anche la divisibilità della forza chimica 173. Questa ragione perversa dovrebbe quindiarrivare a scontrarsi con il concetto diinfinità, che non ha luogo“mai, mai nella regione del reale”’!74. Questo delirio della pura ragione ci costringerebbe a postulare “latomo, cioè quella sfera di forza che non deve piùessere divisibile”!’°. Mainlinderrifiuta quindi l’infinita divisibilità della forza e il concetto di atomo, perché fondato su di un calcolo razionale nonconfortato dall’esperienza. L'antiatomismo di Mainlandersi fonda sulla convinzione che nonsia possibile dividere ad infinitum la materia, come vorrebbe la “perversa ragione”! dei matematici. Mainlinder oppone a quest’ultima la ragione critica: “La ragionecritica si accontenta; non così la ragione perversa. Essa richiama in vita [...], allontanandosi in indefinitum senza supporto reale, l’operosa eternità. Qui si trova più vicino che in qualsiasi altro luogo l’uso improprio più evidente che possa essere fatto della facoltà conoscitiva. Dei momenti vuoti vengono collegati incessantemente e ha così luogo una linea che ha un supportofisso e sicuro sino alla regione deltrascendentale, lo sviluppo reale, ma ora svanisce nell'aria. Noi non possiamo fare altro che basarci sulla pura ragione,
172 Id., S. 38. 173. Ibidem.
174 Id., 5.39.
175 Ibidem. 176 L'immagine è kantiana, ma il concetto no: Kant aveva distinto due difetti della ragione, 1) la ignavia ratio, cioè “ogni principio, che ci faccia considerare la nostra indagine sulla natura [...] come compiuta” [Id, Critica della ragione pura, cit., p. 694], 2) la perversa ratio (o usteron proteron rafiottis), cioè quandoall’uso regolativo della ragione subentra una visione teleologica della natura in senso antropologico |/bidem, p. 696].
131
Capitolo secondo impedendone semplicemente l’impulso teoretico trascinante. Se allora il movimento reale, del quale il tempo è metro di misura soggettivo, ha a parte ante un inizio, allora non è detto che debba avere a parte post un termine. La soluzione a questo problema dipende dalla risposta alla domanda: le semplici forze chimiche sono indistruttibili? Allora è chiaro che il movimento reale deve essere infinito,
se le forze chimiche semplici sono indistruttibili. Quindi seguirà che: 1) il movimento reale ha un inizio. 2) il movimento reale è infinito. Noi lasciamo cadere l’ultimo giudizio con la riserva di una revisione nella Fisica della Metafisica”!??,
Nella sua lotta contro la ragione perversa, la ragione critica è intesa da Mainlinder come ‘idealismo critico, poiché non domina la ragione perversa (perversa ratio) e non le permette: 1) di abusare della causalità per la costruzione di catene infinite 2) di slegare il tempo dal suo indispensabile supporto di base, lo sviluppo reale, e di costruire una linea di momenti vuoti, che giungeall’infinità e se ne allontana 3) di tenere in conto lo spazio matematico e la sostanza più di una cosa pensata 4) soprattutto di attribuire a questo spazio reale l’infinità e a questa sostanza reale l’assoluta persistenza. In seguito l’idealismo critico permetterà ancora di meno alla ragione perversa il conferimento volontario di una qualche idea cervellotica sulla cosa in sé e annullerà le sue arroganti affermazioni: 1) l'essere puro della cosa cade nelle infinite catene causali 2) il mondosarebbeinfinito e le forze chimiche sarebbero divisibili all'infinito o esse sarebbero un aggregato di atomi 3) lo sviluppo del mondo nonhanessuninizio
177 Id., S. 40.
132
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlésung 4) tutte le forze sonoindistruttibili Due giudizi dovremmofar cadere: 1) chele forze chimiche elementari sonoindistruttibili
2) che l’evolversi del mondononhaunafine[...]?"!?8,
Per Mainlinderla possibilità di dimostrare questi ultimi due punti è legata alla necessità che l’idealismo critico trascendentale riconosca una “regione trascendente”. Compito dell’idealismo critico sarà quindi quello di liberare ogni uomo dall’errore, riavvicinandola filosofia allo studio della
natura. A_tal proposito Mainlinder cita le parole che Goethe, nella sua più grande opera, fa pronunciare a Mefistofele che si rivolge a Faust: “[...]chi si perde in astrazioni è come un animale che unospirito maligno menain giro per campiinariditi
e ha tutt'intorno bei pascoli verdi””!7?,
8. Le seconda fonte della conoscenza: l’autocoscienza Tirando le somme dell’indagine sin qui svolta, Mainlinder afferma che i primi duerisultati della sua ricerca sono quindi 1) le cose in sé comeentità reali esterne all’io 2) le sfere diattività di forze comeindipendenti dal soggetto. A ciò si aggiunge che ogniforza ha un proprio movimento, per così dire, originario. Ora, poiché “ogni uomo appartiene alla natura!89, egli stesso è una forza, e propria-
178 Id., 5.41.
173. Ibidem: estratto da Johann Wolfgang Goethe, Faust, a c. di F Fortini, Meridiani Mondadori, Milano 1999'!, I, “Studio”, pp. 140-141, v. 1830-3.
180. Cfr. W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie,cit., S. 33.
133
Capitolo secondo mente una forza autocosciente. L'essenza della forza deve essere considerata l’autocoscienza [Selbstbewusstsein]"?18!, Per giungere allo stato di autocoscienza, Mainlinderindica la strada della meditazione, affine a quella della tradizione ascetica buddhista, che aveva già affascinato Schopenhauer. Questa tecnica prende le mosse dalla capacità del sentire, in particolare del sentire “interiore”, distinta da quella del conoscere esteriore: “Sprofondiamocinella nostra interiorità, in modotale da dismettere l’uso dei sensi e dell’intelletto, che funziona secondo la
capacità conoscitiva esterna. Distaccandoci, solamente le capacità conoscitive di superficie rimarranno in attività. Nella nostra interiorità non abbiamo alcuna impressione, per la quale dapprima cercare una causa distinta da essa; non possiamo in seguito rappresentare noistessi spazialmente e siamo totalmente immateriali, cioè in noi la legge di causalità non trova alcun impiegoe siamo totalmente liberi dallo spazio e dalla materia. Pur essendo completamente senza spazio, cioè non possiamo giungere all'apparenza di una formadella nostra interiorità, tuttavia, proprio per lo stesso motivo, non siamo in alcun modo un punto matematico. Sentiamo la nostra sfera d’attività così lonta-
na, quanto ricca; solamente ci mancail mezzo per rappresentar-
la. Sino alla punta più estrema del nostro corpo giungeil sentire
generale della forza, e non ci sentiamo né concentrati in un pun-
to, né comese scorressimo in indefinitum, bensì in unasfera intera e distinta. Chiamerò da adesso in poi questa sfera col nome di individualità reale [die reale Individualitàit]: essa è il primo pilastro
della pura filosofia immanente”!82,
181 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 42. Cfr. FE Sommerlad, Mainlinders Kantskri182
tik, cit., S. 431.
Id., S. 43.A proposito deirisultati principali della sua teoria della conoscenza Mainlinder elenca, dopo la definizione della materia, quella dell’indivi-
dualità come forza. Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., Bd. II, cit., S. 240: “la co-
sa in sé sarebbe una pura forza individuale che si muove”.
134
Analitica della facoltà conoscitiva della Philosophie der Erlòsung Mainlinderosserva inoltre che, giunti all’autocoscienza, ci sentiamo in un incessante movimento, la nostra forza è
essenzialmente irrequieta ovvero priva di quiete, “poiché la quiete stessa è morte!8* e il più piccolo pensabile intervallo
della vita sarebbe allora l’estinguersi della fiammavitale”’184,
Ciò significa che, in uno stato di autocoscienza possiamo sentire noi stessi solo nel movimento, ovvero come punto mobile del presente, come coscienza del presente. Quindi, aggiunge Mainlinder, il movimentoreale è il secondo pilastro della filosofia immanente!8°. Ma com'è possibile definire questo movimento,alla luce della coscienza, qual è cioè
“l'intimo nocciolo”della nostra essenza? La risposta provvisoria di Mainlinder è che “essa è volontà di vita [Wille zur Leben}"!86, volontà che è sempre attiva, anche se non sem-
pre evidente in superficie.
“Anche se l’uomo nonvolesse davvero più la vita, egli si annienterebbe anche subito attraverso l’azione. La maggior parte degli uomini intimamente desidera solamente la morte, tuttavia
non la vuole. Questa volontà è una individualità che si evolve, che è identica alla sfera di attività trovata che si muove dall’esterno. Essa è però da parte a parte libera dalla materia”!87,
Mainlinder riprende qui la definizione di Schopenhauer, secondo la quale sia il volere la vita cheil volere la morte, in ogni caso, implicanoil volere in quanto tale. Infi-
185 Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 33. 184 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 43.
185 Id., S. 44, 186 Ibidem. Cfr. Id., Bd. II, cit., S. 240: “L'esamedell’esperienza interiore confer-
ima momentaneamente la grande lezione di Schopenhauer:la cosa in sé sarebbe l’inconoscibile volontà di vivere”.
187 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 43. Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie,cit., S. 33.
135
Capitolo secondo ne, dopo aver brevemente accennato all’autocoscienza, Mainlinder torna sulla definizione della materia, che consi-
dera come “il sigillo che la natura imprimesulla [...] teoria della conoscenza”. Dobbiamoquindi considerare proprio la definizione di materia, assieme a quella di forza, come cen-
trali dell’intera teoria della conoscenza di Mainlinder!88, Con la prima, in particolare, Mainlinder intende “distinguere la cosa in sé dal soggetto”, compito cui “né lo spazio, né il tempo” possonoassolvere!??, È a partire da questirisultati cheil filosofo di Offenbach sostiene la totale indipendenzadel soggetto dalla volontà di vita individuale e in movimento!”, che è “la chiave” del suo sistema filosofico, “che conduce al cuore della Fisica, dell’ Estetica,
dell’Etica, della Politica e della Metafisica” della sua opera.
In conclusione, lo studio della teoria della conoscenza
dimostra come Mainlkinder, pur dichiarandodi partire dalla filosofia schopenhaucriana e kantiana, c pur definendola propria gnoscologia come appartenente a “l’idealismo trascendentale”, in realtà recuperi la lezione della filosofia empirica di Locke e della fisiologia di Helmholtz, perrivisitare €, a suo dire, correggerelafilosofia critica di Kant e Schopenhauer nel senso di un “realismo trascendentale”.
188. Enumerando i principali risultati della sua gnoscologia, Mainlinder poneal primo posto “la materia soggettiva (sostanza relativa)” che ‘“ divide la cosa in sé dalla sua apparenza (quindi la cosa in sé non sarebbe materiale, come insegna Locke)”, P. Mainlinder, Ph. d. Erl., Bd. II, cit., S. 239. 189. P. Mainlinder, Ph. d. Erl,, cit., S. 45.
199 Cfr.W. H. Miiller-Scyfarth, Metaplysik der Entropie, cit., S. 20.
136
Capitolo terzo
La fisica
1. Vita e movimento
Nelcapitolo della Philosophie der Erlisung dedicato alla Fisica Mainlinder intende affrontare la “analisi della volontà di vita, reale e individuale”, volontà intesa comecosain sé!,
nelle sue diverse obiettivazioni. Il filosofo si prefigge di chiarire in base a che cosa la volontà è definita “principio” e che cosa garantisce ad ogni volontà individuale la connessione dinamica conil movimento totale del mondo. Partendo dall’affermazione di Schopenhauer, il quale aveva definito l’espressione volontà di vita un pleonasmo?, il filosofo rileva che essa non è che una “tautologia”, un “chiarimento”, “poiché — come spiega Mainliinder — la vita non è divisibile dalla volontà, lo stesso però non accade nel pensiero astratto”. Mainlinder aggiunge che “la vita e il movimento sono concetti interscambiabili, poiché dov'è vita, là c'è movi-
£»-
£.
IN
—
mento e viceversa, e una vita, che fosse senza movimento,
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 49. Cfr. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. I, p. 512. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 49. Ibidem.
137
Capitolo terzo nonpotrebbe essere pensata dal pensiero umano”. È il movimentoa spiegare la vita proprio perché esso è caratteristico della vita stessa, perché “alla volontà di vita il movimento è essenziale, esso è il suo singolare e vero predicato®, e noi
possiamo affidarci ad esso per poter muovere i primi passi
nella fisica”.
Mainlinder stabilisce quindi la triplice equazione volontà di vita = vita = movimento, per partire proprio da quest'ultimo termine, che è evidentemente quello più facilmente esperibile e più vicino alla sua revisione real-empiristica della metafisica schopenhaueriana. Maè proprioa partire da questa definizione che il pensiero di Mainlindersi distacca significativamente da quello del maestro.Il filosofo del Mondo aveva innanzitutto scritto che “la vita stessa è un fenomeno della Volontà”8, una sua manifestazione; la vita, quindi, non è intesa come realtà
noumenica, ma come rappresentazione, obiettivazione. Questo significa che è vero che tutta la vita è manifestazio-
ne della volontà, ma non è vero che la volontà coincide con
la vita stessa. Per di più, secondo Schopenhauer,il movimento è ge-
nerato dalla volontà”, è esso stesso la manifestazione della
volontà, così come lo sono il magnetismoe la gravità, o an-
cora altri fenomeni naturali che generalmente vengono equivocati con delle qualitates occultae della materia. Quindi,
5
Ibidem.
© —Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie,cit., S. 54. ? P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 49-50. 8A. Schopenhauer, La Volontà nella Natura (1936), a cura di I. Vecchiotti, La-
terza, Roma-Bari 2000", p. 132: “La Volontà non è per me unaccidente del conoscere e insieme della vita, come secondol'opinione che se n'è avuto finora; mala vita stessa è un fenomenodella Volontà”.
°Id., p. 134.
138
La fisica Schopenhauer non avrebbe maiaccettato l’equazione di volontà e movimento.
Inoltre, non. va dimenticato cheil pensiero speculativo di
Schopenhauer si fonda sulla natura e non già sulla storia. Il movimento, fondamentale per la metafisica mainlinderiana,è
invece stutturalrnente collegato al divenire, come, per esempio, il movimento di Dio dall’essere al non-essere. Al contra-
rio, Schopenhauersi è sempre dichiarato avversario delle filosofie della storia, proprio perché il divenire appartiene alla rappresentazione,all’individuazione e quindiall’illusione.
Latriplice @quazione, volontà = vita = movimento,tie-
ne fede alla spinta realistica di Mainlinder e tradisce l’originaria prospettiva schopenhaueriana, cosicché la Volontà generale di Schopenhauer non è in alcun modoidentificabile con la volontà individuale di Mainlindere il ricorso allo stesso sostantivo nonriflette l’utilizzo del medesimo filosofema, ma l’uso, per così dire, di un suo “omonimo succedaneo”. Maallora, di quale volontà scrive Mainlinder? Di quelle
diverse volontà individuali, che si possono cogliere in natura già con un semplice colpo d'occhio, poiché esse, per quanto ri-
guarda la loro essenza, sono fondate tutte nella stessa maniera. L'unica differenza visibile fra l’una e l’altra volontà individuale consiste, per Mainlinder, nel movimento!, che è sempre uni-
tario ed indivisibile in un “individuo inorganico”’!!, mentre è divisibile in un individuo organico.
!0 11
Cfr. P, Mainlinde:r, Ph. d. Erl., Bd. II, cit., S. 240: ‘La cosain sé sarebbe la vo-
lontà di vita individuale, la quale ha un singolo prodotto: il movimento”. P. Mainlinder, Ph., d. Erl., S. 50.Val la pena di ricordare che già nella sua teoria della conoscenza Miainlinder aveva asserito che col termine movimentosi dovevano intendere anche le modificazioni spaziali e le modificazioni interne ad un individuo, Cfr. Id.., Ph. d. Etl., cit., S. 15. Cfr. E. von Hartmann su Mainlinder,
in Id., Geschichte aler Metaphysik, cit., Bd. II, S. 527:“La nostra rappresentazione dell’inorganico sorge nell’attività delle forze con un movimentoindiviso,la nostra rappresentazione delle forze organiche con movimentodiviso”.
139
Capitolo terzo Il movimento va inteso come un qualsiasi elemento chimico elementare. L'impulso dell’individuo inorganico può essere interno ad una determinata individualità organica, ed in tal caso è “incompleto”; l'organismo, a sua volta, possiede, nel suo complesso, un proprio movimento, che Mainlinder definisce “risultante”, poiché esso deriva dall'interazione dei movimenti delle sub-individualità inorganiche. La definizione di individuo adottata da Mainlinder sembra essergli stata suggerita dall’Etica di Spinoza, nella quale infatti è scritto: ‘“Assiomi Definizione Quando alcuni corpi [...] siano premuti insieme da altri o in mododaessere in contatto gli uni conglialtri [...] diremo che quei corpi sono uniti fra loro, e che tutti insieme compongono unsolo corpo o individuo[...]. Postulati 1) Il corpo umanosi compone di moltissimi individui (di diversa natura), di cui ognuno è oltremodo composto. 2) Degli individui,di cuiil corpo umanosi compone,alcuni sono fluidi, alcuni molli, e altri infine duri ’’12,
L'idea di attribuire la definizione di individuo agli elementi primi della materia inorganica è quindi di Spinoza,filosofo che Mainlinder avrà presente anche per quantoriguarda la formulazione del concetto di Dio, come avremo mododi vedere nella Metafisica. Mainlaànder, inoltre, sostiene che tutti gli organismi si differenziano fra di loro a seconda del movimento. Anche qui è presente la lezione di Spinoza. E infatti, il filosofo di Amsterdam avevascritto:
12 B, Spinoza,Etica, cit., pp. 59 e 61.
140
La fisica “[...] 2) ogni corpo si muoveora più lentamente, ora più celermente. Lemma 1.I corpisi distinguonofra loro in ragione di moto e di quiete, di velocità e di lentezza, e non in ragionedi sostanza. [...] Lemma 3. Un corpo, mosso o in quiete, dové essere deter-
minato al motoo alla quiete da un altro corpo, che anche fu determinato al moto o alla quiete da un altro, e quello ancora da un altro, e cosìall’infinito”’!.
Attraverso unalettura capziosa di Spinoza, Mainlinder so-
stiene che il movimento è la struttura metafisica del processo entropico del mondo, e per dare ulteriore sostegno a questo modello ricorre ancheagli scritti di Platone e di Eraclito!4. Quindi, per Mainlinder, tutti gli organismi si differenzianofra di loro a secondadel loro movimentospecifico. Essì, per esempio, sono piante, quando si caratterizzano per
V’irritabilità [Irritabilitàt]!®, ovvero la capacità di reagire a sti-
moli esterni. In questo caso il movimentorisultante è la crescita. Gli animali, a loro volta, oltre a possederel’irritabilità,
si caratterizzano per la sensibilità, ovvero la facoltà di rispondere attivamente agli stimoli esterni!?. Ciò che muove 13 Id., p. 57. 14 Per quanto riguardale cit. di Eraclito, cfr. P.Mainlinder, Ph. d. Erl., S. 212, 254-5, 469, 606; Id., Bd.II,cit., S. 483, 489, 498. In particolare, Mainlinder distingue il suo sistema da quello di Platone ed Eraclito, poiché nei loro sistemi il divenire è associato ad un processo ciclico, mentre per Mainlinder il processo decorre descrivendo “una spirale” [Bd.II, S. 483].
15 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., Bd.II, cit., S. 240: “L’irritabilità e la sensibilità sarebberoattività di parti di una parte della volontà, ovvero manifestate obiettivamente; i nervi ed i muscoli sono fattori del movimento”. Per Schopenhauerl’irritabilità è caratteristica esclusiva dei muscoli così co-
mela sensibilità è peculiare dei nervi. Cfr. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit.,
vol. II, p. 353. Id., La Volontà nella Natura, cit., pp. 50 e 64. Per Mainlinder,
invece, la prima è attributo delle piante, ed è intesa come unacapacità di reazione, passiva; la seconda, assiemeall’irritabilità, è attributo degli animali,
ed è intesa come unacapacità in cui è presente un’attività volontaria. Se-
141
Capitolo terzo e ciò ch'è mosso possono essere raffigurati, scrive il filosofo,
comeil comandante e il comandato. Sul modello dell’antropologia volontaristica di Scho-
penhauer!, è sempre la volontà di vita individuale che governa queste due forme organiche, vegetali e animali, muovendosi ex gradu, in un processo ascendente ed autocoscien-
te, dal mondo inorganico verso l’uomo:
“Una grossa parte dell'intero movimento si divide ancora in due tipi: quanto più grande è l’intelligenza, tanto più alto il livello sul quale l’animale si trova, e tanto più è importanteil significato di ciò che comandal’azione per l’individuo; più è sfavore-
vole il rapporto della sensibilità con il resto del movimentoindiviso, tanto più grande è il resto dell’intero movimento, che qui ap-
pare comeistinto, ovvero una diramazione dell’impulso del futuro. Attraverso un'ulteriore scissione, il resto del movimento totale, infine, sorge nella volontà individuale come il pensiero in concetti, e esso è un uomo.
Il movimento risultante si mostra nelle fiere, nell'uomo, co-
mecrescita e movimento volontario”’!8.
Comandante e comandato, volontà e movimento,si tro-
vano quindi in un rapporto strettissimo, così comeirritabilità e sensibilità stanno fra loro nel rapporto di ‘cavallo e cavaliere”, secondo l’immagine di Mainlinder:
17
condo E. von Hartmann[Id., Geschichte der Metaphysik, cit., Bd. II, S. 527]: “Mainlinder qui opera interamente con la tradizione della vecchia Naturphilosophie”. Per un confronto della Fisica mainlinderiana con quella schopenbaueriana,
cfr. soprattutto A. Schopenhauer, Il mondo..., vol. II, “Supplementi”, cap. 20
“Oggettivazione della volontà nell'organismo animale”; e i due trattati, La
Metafisica della Natura (1836) e La Volontà nella Natuta (1836), in cui Scho-
penhauer si occupa delle “conferme”che la sua filosofia ha ottenuto da parte delle scienze empiriche. 18. P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 50-51.
142
La fisica “Il cavaliere non ha alcuninflusso diretto sulla volontà e può
quasi guidare il cavallo secondoil proprio arbitrio. Il cavaliere
suggerisce solo la direzione e il cavallo solamentedistingue la di-
rezione del suo movimento””!?,
Mentre Schopenhauer non aveva concesso alcuna possibilità che la volontà subisse condizionamenti esterni,
Mainlinder ammette che lo spirito può avere un’inlfuenza diretta sulla volontà. Negli animali lo spirito è articolato in maniera duplice (sensibilità e istinto), negli uomini possiede un elemento in più: l’autocoscienza?9, Sia la sensibilità che l’autocoscienza posseggono una grossa forza ed esercitano un grosso influsso, anchese indiretto, sulla volontà?!. All’essenza della volontà appartiene solo il movimento, non la rappresentazione, né le appartengono il sentimento o l’autocoscienza, che sono fenomenidi un determinato movi-
mento che si suddivide. Negli uomini la coscienza si mostra sia come sensibilità, che come autocoscienza??. Partendo da
quest’impostazione,la volontà di vita si definisce allora come “una spinta o un impulso originario, cieco e violento”, che
Id., S.51. L'esempio sembra riprendere quello del mito platonico della biga
20
alata raccontato da Platone nel Fedro (245 A-C).
Miiller-Seyfarth ha rilevato come questa distinzione fra animale e uomofatta da Mainlinder riprende quella di Biichner: “Anche qui Mainlinder segue il materialismo virulento del suo tempo. Anche se egli — in opposizione a Ludwig Biichner — aderisce esplicitamente alla teoria dell’istinto degli ani-
mali, la sua distinzione fra uomini e animali segue sufficientemente alla let-
tera la valutazione di Biichner” in W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 57. Cfr. L. Biichner, Kraft und Stoff, cit., S. 183.
21 Ibidem. 22 P. Mainlinder,Ph. d. Etl., cit., S.52. Mainlinder considera la rappresentazio23
ne come un lavoro inconscio dello spirito, la quale è portata alla coscienza attraverso il rapporto della sensibilità con l’autocoscienza. Cfr. A. Schopenhauer,Il mondo..., cit., vol. I, p.512:“La volontà che, considerata puramentein sé, non ha conoscenza ed è solo un impulso cieco e inarrestabile, quale ancora la vediamo manifestarsi nella natura inorganica e vegetale e nelle sue leggi, come pure nella parte vegetativa della nostrastessa vita [...]”. “
143
Capitolo terzo conoscendoil proprio movimento attraverso la suddivisione, diviene sensibile e autocosciente”’4, Proprio perché ogni volontà di vita individuale è sottoposta alle leggi di un qualche tipo di movimento”, essa manifesta la propria essenza attraverso le idee in generale. Così avremo 1) le idee chimiche;2) le idee delle piante; 3) le idee degli animali; 4) le idee degli uomini. Diversamente da Schopenhauer, a fianco alle idee generali, Mainlinder ammette delle idee individuali, cioè quelle idee particolari in cui sono riassunte le caratteristiche e le proprietà di una determinata volontà, e quindi ‘‘esse saranno tante quanti sono gli
individui’’9. In questo modoil filosofo sostiene l’impossi-
bilità di una riduzione del molteplice all’unità delle idee generali e rifiuta proprio quella petafaotis erpg di XXo YÉvog che tanta parte aveva giocato nella metafisica di Schopenhauer come rimedio al divenire storico. Mainlinder considera infatti le idee generali solamente comedelle astrazioni generalizzate. Quindi, ad ogni individuo reale corrisponde una singola idea: “La filosofia immanente pone il suo punto fondamentale là
dove la natura lo pone:infatti l'individuo reale, e non già la specie, la quale non è nient'altro che un concetto, come unasedia o una finestra, è o in una unità trascendente inconcepibile e so-
gnata, oppure è sopra o dentro il mondoe coesistente con que-
sta”27,
Per poter analizzare l’individuo Mainlinder parte dalle sue manifestazioni fenomeniche, avendo ben chiaro che 24
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 52.
26
Cfî.Id., S. 55. Cfr. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 283n. Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 492f£.
25. Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 54. 27. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 52.
144
La fisica questo tentativo equivale a quello di “chiarire la forma della cosain sé dalla sua ombra”?8, Noi siamo coscienti del nostro movimento, ma questo non ci fornisce informazioni sulla nostra cosa in sé, poiché “percepisco sempre e solo uno stato della mia volontà”??. Partendo allora dall’esperienza di noi stessi, segue che noi ci percepiamo comecorpo e che “il corpo umanoè oggetto”, cioè esso è l’idea dell’uomo che
si ottiene attraverso le forme della conoscenza. L'idea pura dell’uomo è indipendente dal soggetto, essa è volontà individuale”.
Come Schopenhauer, anche Mainlinder parte dalla convinzione che il nostro corpo ha il vantaggio di essere non solo un oggetto fra gli altri, ma il soggetto stesso della nostra conoscenza; come dice Schopenhauer, esso è medium,
cosicché soggetto ed oggetto, conoscente e conosciuto, coincidono. Mainlinder passa allora all’analisi delle componenti organiche del corpo e delle sue manifestazioni, seguendo lo stesso schema schopenhaueriano, ovvero intendendoil corpo come un’oggettivazione della volontà. Questa per Mainlinder è solamente individuale. 1.1. La volontà obiettivata nel corpo: mistica del sangue e demone. Analizzando quindi il corpo, Mainlinder considera comeil “comandante” la funzione dei nervi, e come ‘“coman-
dato” la funzione dei muscoli. Già Schopenhauer aveva
28° Ibidem. 29
Id.,S.53. Cfr. A. Schopenhauer,Il mondo. .., cit., vol. I, p. 264. Id., vol.II, p. 351.
32
Id., S. 54.
3 Cfr. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. I, p. 147. 31 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 52.
145
Capitolo terzo sostenuto che “la volontà si oggettiva nel modo più immediato nel sangue, che in origine crea e plasma l’organismo”’33: allo stesso modo, secondo Mainlinder,tutti gli or-
gani sono formati dal sangue, nel quale è rimasta ancora viva una parte del movimento totale dell’individuo. Ogni organo è, quindi, inteso come “un'’obiettivazione di una bendistinta aspirazione?* o tendenza della volontà, di cui essa non può fare uso come sangue, ma che invece de-
ve mettere in atto”. Il cervello5’, in questa prospettiva, è interpretato comel’obiettivazione della volontà individuale
di “conoscere, sentire e pensare”, così comei vari organirispondono a determinate necessità della volontà di determinarsi in vista di qualche bisogno da soddisfare”. Nel suo complesso, l'organismo si presenta allora come l’obiettivazione dell’intera volontà, di modo che essa realizza la sua
“sfera di forza” ed ogni azione del soggetto è internaall’in-
tero movimento della volontà individuale®5.
Per Mainlinder è indifferente che il risultato di un’azione sia opera di un singolo elemento chimico, di un uomoo di dieci uomini, poiché esso è, in sostanza, sempre interno al movimento totale del mondo e va considerato come tale. Così comel'’irritabilità e la sensibilità, allo stesso modoi nervi e i muscoli sonodistinti dal sangue, che, co-
me già per Schopenhauer, è l'elemento principale e originario, il quale dà origine a tutti i tessuti organici. Talvolta Mainlinder identifica il sangue conil “dèmone?’?.
53. Cfr. A. Schopenhauer,Il mondo..., cit., vol. II, p. 361. 34 Id., p. 351. 35. P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 54. 36
Cfr. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. II, p. 352.
3°
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 55.
37 Cfe.Id., vol.I, p. 277. 38 Cf.Id., p. 265. 146
La fisica “E bene sottolineare che, anche se la massa nervosa, come ogni altra parte del corpo, è oggettivazione della volontà, essa però occupa una posto davvero eccezionale nell’organismo. Già
sopra abbiamovisto che essa si trova in un rapporto molto importante con il demone, anche se in totale indipendenza dalui,
come se gli comparisse di fronte come estraneo. In ogni caso i muscoli si trovano chiaramente vicino al sangue, cioè essi contengono la maggior parte del movimento separato, come già ri-
sulta dai colori e dalla composizione chimica’’9.
Al concetto dell’unicità della volontà individuale si uni-
sce così quello poetico-filosofico del demone: già nella sua autobiografia Mainlinder scrive spesso di un demone,che lo sollecita verso alcune decisioni, che condiziona la sua vita e
che ispira la sua opera 4. Machi o che cosa è questo demone e che cosa rappresenta? Esplicitamente Mainlandersiispira al demonedi platonica memoria” ed a quello goethia-
no. Ma, per Mainlinder, il demone non vuol essere un
semplice simbolo,bensì l'effettiva realtà della volontà individuale, derivata dalla frammentazione di Dio, presente in ogni
entità del creato*4. Il demone,in quanto cosain sé, raffigura
40 41
Ibidem. Id., Autobiografia, “Meine Soldatengeschichte”, in Ph. d. Erl., Bd.IV, cit., S. 313: “Ero spinto da un demone selvaggio, che senza coscienza impelleva
verso una méta. È strano che questoistinto si rivelasse solo in parte”. Cfr.
Id., S. 332: “Il tuo lavoro filosofico è solo il riflesso del tuo amore per me, lui ha ispirato ogni parola, tu hai celebrato dentro solo me, solo me attraverso di esso hai reso immortale”. Cfr. anche S. 327-8, 332, 334, 340, 348 e
soprattutto 358. Cfr. W. Rauschenberger, Aus der letzten Lebenszeit Philipp Mainliinders, cit., S. 128: “La divinità scrive [...] poiché lo spirito, nel quale
42 43 44
io ero prima del mondo, guida le mie mani ”.
Cfr. Platone, Apologia di Socrate, passim; Id., Ione, passim.
Cfr. P. Mainlinder, Autobiografia, cit., S. 358. Così Mainlindernei suoi appunti [Id., Bd. II, S.551ff]:‘“Nel suo movimento gia-
ceva l’impulso verso lo scopo e lo scopo era inseparabilmente unito. Non si può quindi parlare di una qualsiasi immaginazione di uno scopo, da parte dei primi individui al mondo.Il loro primo impulso fu tutto. Quest’impulso vive ancora
147
Capitolo terzo la volontà individuale, e in quanto fenomeno,il sangue ov-
vero l’inconscio dell’uomo (negli animali, l’istinto):
“Cos'è il demone negli uomini, al quale crede Socrate e del quale Goethe, spesso quanto poté, andò parlando? Esso è il movimento indiviso espresso in maniera filosofico-fisiologica, chesi attarda nel sangue, tutto il movimento restante. Esso è ciò che per gli animali chiamiamoistinto. Così come esso spinge con sicurezza verso l’acqua l’anatroccolo, che ancora nonla conosce,così il demone spinge l’uomo ad azioni che egli non comprende.[...] Prima del mondol’idea del destino futuro era unitaria. Però, nel momentoin cuisi realizzò la decisione di nonessere,il destino si divise in demoni e nel caso [Zufall] (Sommaditutti gli altri demoni). Entrambi condussero gli uomini attraverso fortuna e sfortuna, gioia e dolore, vita e morte, verso la redenzione. Per questo
una voce piangein te ed un richiamoosserva fuori di te”*.
adesso (anchese nel frattempo modificato da tutto ciò che dagli albori del mondo fino a questo momentohainfluito sull’individuo) nell’inconscio demone di
ogni uomo./ Daciò segue l’infallibilità, la sicurezza del puro demone,rispetti-
vamente del puro demone dell’istinto animale, vegetale e di quello che agisce nel mondo inorganico secondo un ideale punto centrale o in tutte le direzioni.
Attraverso questo istinto infallibile e cieco la coscienza agisce simultaneamente negli uomini. Il demonesi è manifestato soprattutto nel cervello, un organo che pensa, percepisce e contempla, al quale appartiene la coscienza, prodotto e generatosi da sé, poiché il demone[attraverso quest’organo] volle accelerare e migliorare il suo movimento verso il suo scopo, che in lui giaceva senza rappresentazione [cioè senza essere manifestato]/ Io ho rivelato questo demone come volontà di morte. La volontà di morteè, alla luce della coscienza, l’essenza dell’inconscio, più propriamente di quello individuale, non di un agognato fantasticato Inconscio Tutto-Uno [quello di Hartmann]. Il demone inconscio individuale e lo spirito cosciente tendono verso la morte assoluta, cooperano in questa tensione, si soccorrono vicendevolmente,si aiutano e raggiungeranno anchein
ogni uomo,prima poi,il loro fine, poiché la volontà di vita è un mezzo della
volontà di morte (progressivo indebolimento della forza)./ Questo è il vero inconscio, la vera armonia nell’universo, malgrado il frastuono, il lamentoe il piagnucolare, malgrado i contrasti nel suo seno, la famee la sete di vita, dalle quali
sgorga la lotta per l’esistenza. AI mondononesistono che individui. Però l’ori-
gine da una semplice unità gli avvolge insieme comeun nastro (connessione dinamicadelle cose). Questa unità volle il non-essere ed è perciò che tutto cospira contro il mondoe nell’individuo secondo il non-essere”.
4 P. Mainlinder, Autobiografia... cit., S. 358.
148
La fisica L'intenzione di Mainlander è quella di attribuire al demone un valore “filosofico-fisiologico”, (istinto/sangue) ma, nonostante la volontà del filosofo, anche nella filosofia della redenzione la figura del demone rimane ancorata al suo originario significato mitologico-poetico, cioè è ancora legata all'immagine del demone-titano assegnatole dalla Schwirmerei protoromantica del circolo di Jena, di cui anche Goethe aveva fatto parte. È il rispecchiamento dell’unicità della volontà, il demone, a garantire l’unicità dello spirito e del corpo, in quanto parte del suo movimento.Inoltre, è lo spirito che decide dello sviluppo, maggiore o minore,delle sue parti (giudizio, cervello, immaginazione); così, mentre l’intelletto ‘esercita sem-
pre le sua funzione e certamentein tutti gli uomini”, la ragione, è ciò che rende differente lo “stolto” dal “genio”, è la capacità dello spirito di sviluppare o meno facoltà conoscitive e “lo spirito non si può manifestare in maniera pura, poiché la sua attività dipende dalla volontà”. Insomma, una volontà differisce da un’altra non nel suo come, ma nelsuo che.
Anche in Mainlinder, come in molti pensatori dell’epoca, fa capolino quello stesso retaggio fisiognomico, presente nella metafisica della volontà di Schopenhauer, coniugato, tuttavia, con una sorta di “mistica del sangue”. Per 46 Id., Ph. d. Etl., cit., S. 56. 47.
Questo è un Leitmotiv della metafisica della volontà individuale, al qualesi associa spesso quello del demone. Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., Bd. II, cit., S. 240: “il sangue, la vera indivisa volontà, l’inconoscibile demone,sa-
rebbe l’inconoscibile istinto”. Probabilmente Mainlinder è giunto a questa teoria per vie diverse: da un lato, trasportato dal pathos per il suo socialismo
patriottico e nazionalista, il cui pendant classico si ritrova anche nella purez-
za del sangue tedesco, comeperes. nei Rede an die deutsche Nation di Fich-
te, che Mainlinderlesse con passione; dall’altro, attraverso la meditazione di testi classici, in cui il sangue è considerato come unasorta di siero o liqui-
do portentoso, come per esempio nel Faust di Goethe;cfr.il passo citato dal-
lo stesso filosofo [Id., Ph. d. Erl., Bd.II, cit., S. 467]: “Il sangue! Il sangue! —
149
Capitolo terzo Mainlinder “il cervello solamente mostra la grande genialità, se viene messo in atto un movimento energetico del sangue, che dipende, da una parte, da un notevole apparato digestivo e, dall’altra, da possenti polmoni”. “La volontà vuole semplicemente esistere. Questo è l’essere-per-se-stessi [Fwrsichsein] o l'egoismo”. Correlato necessario di ogni volontà individuale è, schopenhauerianamente,il carattere, il quale è il modo in cui la volontà si manifesta. Secondo Mainlinder, la ‘forma comune” del carat-
tere è quella dei “temperamenti” (melanconico, sanguigno, collerico, flemmatico). Mainlinder tenta allora di coniugare l'impostazione fisiognomica schopenhaueriana con l’antica classificazione degli “umori” di Ippocrate, del quale il filoquesta è la cosa più misteriosa nella natura, l’inconscio puro. “Il sangue è
un liquido davvero singolare”’”. La citazione di Mainlinderè tratta dal dia-
logo di Mefistofele in J. W. Goethe, Faust, I, cit., “Studio”, p. 134, v. 1740. Oppure, ancora,attraverso il Parzifal di Wolfram von Eschenbach,cui dedi-
ca uno studio profondo e metodico,in cuiil sacro Gral, pietra sacra, rappre-
senta il sangue di Cristo, tanto che Mainlinder lo chiama anche “die heili-
ge Erlésungskfraft”. La denominazione di “mistica del sangue” è di E. von Hartmann, Geschichte der Metaphysik, cit., Bd. II, S. 527: “Dalla nostra rappresentazione del sangue sorge il demone; qui Mainlinder si perde in una fantastica mistica del sangue, che deve sostituire in lui l’anima senziente”. Cfr. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 291. Una curiosa interpretazione della mistica del sangue mainlinderiana si può ritrovare
in uno dei suoi maggiori studiosi ed ammiratori, Walter Rauschenberger,il quale, rovesciando la teoria della “pura razza ariana” proprio negli anni del
terrore nazista, fu sostenitore di una Erb- und Rassenpsychologie, basata sulla commistione [Rassenmischung] dei vari ceppi sanguigni, grazie alla quale solamente sarebbe possibile la nascita del genio. In questa insolita opera di Rauschenberger compaiono frasi come “il caos del sangue [Blutchaos] è il più pericoloso degli stadi, che la comunità culturale può raggiungere, il mantenimento del più grande dislivello razziale come premessa di ogni futura cultura di sangue”, in Id., Erb- und Rassenpsychologie schopferischer Personlichkeiten, Buchdruckerei F Mitzlaff, Rudolstadt/Thiir, Frankfurt a. M.
1942,p. 318. Cfr. Josef Dvorak, Satanismus — Schwarze Rituale, Teufelswahn und
Exorzismus. Geschichte und Gegenwart, Heyne Verlag, Miinchen, 2000, S. 47-
52 e S. 52-56,in cui l’autore si sofferma su Mainlinder e Rauschenberger. 48. P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 57.
150
La fisica sofo di Offenbach fa menzione anche nei frammenti pub-
blicati postumi‘. Il riferimento ai tipi ippocratici era diffu-
so nella tradizione di pensiero pre-freudiana, ed occorreva come base per l’analisi dei tipi umani e quindi non deve meravigliare che Mainlinder ricorra a questo modello, come accade in maniera più puntuale nel Nachla@?®: Si tratta, del resto, di un modello in uso anchenegliscritti precritici di Kant?! e presso Schopenhauer”.
2. Caratterologia, sentimenti, piacere e dolore
2.1 Le qualità della volontà Facendole derivare dai gradi intermedi o promiscui dei quattro umori fondamentali, Mainlinder afferma l’esistenza
di altre “qualità della volontà”, che testimonierebbero della vasta gamma di possibilità combinatorie, e quindi della complessità e pluralità, delle manifestazioni della volontà individuale: “Invidia Avidità Crudeltà Avarizia Falsità Superbia
Benevolenza Generosità Misericordia Prodigalità Lealtà Umiltà
4 Id., Bd.II,cit., S. 468. 5 Ibidem. Qui, Mainlinder elenca proprio i quattro tipi classici dei tempera51 52
menti (melanconico, sanguigno, collerico e flemmatico), attraverso la sua ‘fisica della volontà’. I. Kant, Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime (1764), intr. G. Morpurgo-Tagliabue,tr. it. L. Novati, BUR 2002° Milano,p. 94ss.
A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. II, p. 397; Id., Parerga e paralipomena, cit., vol. II, p. 827.
151
Capitolo terzo Arroganza Avidità di dominio Immodestia Volgarità Ostinatezza
Viltà Ingiustizia Dissimulazione Malizia Spudoratezza Dissolutezza Infamia Vanità “Stati d'animo”
Timidezza Mitezza
Modestia Nobiltà d’animo Malleabilità Audacia Giustizia
Franchezza Lealtà Pudore Moderazione Onorabilità Santità
Condizioni della volontà “Molto sentiti”
Sentimento della vita (imperturbabilità) — sue modificazioni: Gioia Coraggio Speranza Amore Odio Disperazione Paura Afflizione.
Movimenti doppi”.
593.
Questa classificazione delle qualità della volontà desterà anchel’interesse di Friedrich Nietzsche,il quale, duranteil suo soggiorno sorrentinoa villa Rubinacci (1876-77), assieme alla “idealista” Malwida von Meysenbug, allo schopenahueriano Paul Rée, e all’allievo Brenner aveva letto e discusso la
Philosophie der Erlosung. Un estratto della Ph. d. Erl. è ancora in F Nietzsche,
Frammenti Postumi1882-1884, cit., primavera-estate 1883, 7 [136], p. 273. P. Mainlinder, Ph. d. Etrl., cit.,S.57-61. Cfr. anchela lettera di Nietzsche a Sorrento indirizzata a Franz Overbeck in Basilea, 6 dicembre 1876, in F Nietz-
sche, Epistolario 1875-1879, ed. it. condotta su testo critico stabilito da G.
Colli e M. Montinari, 4 voll., Adelphi, Milano 1995, vol. III, Lettera n. 573,
p. 184:“Abbiamo molto letto Voltaire; ora è la volta di Mainlinder”.
152
La fisica Le Willensqualititen sono da paragonare, per Mainlinder, a vere e proprie ‘‘scalfitture’’, che fungono da canali in cui fluisce e si dirama la volontà. “Dalle qualità della volontà bisogna distinguere gli stati della volontà”*4, ovvero i vari moti della volontà in quanto ‘movimenti sentiti”, ai quali giunge la riflessione, che li riconosce cometali. Non è però la riflessione, bensì sono i motivi, schopenhauerianamente intesi, a farci comprendere fattualmente che l’origine di questi stati della volontà si trova nelle qualità della volontà e quindinel carattere. È quindila dimensione del“sentire interno”, come fonte di conoscenza
prodotta dallo spirito, che permette quello stato principale della nostra volontà,il quale è il solo che ci consenta di rag-
giungere poi quello stato di base [Grundzustand]®® che
Mainlinder chiama “sentimento di vita” [Lebensgeftihl]. Se nella Fisica Mainlinder ha senza dubbioattribuito alla volontà il compito di dispensare dolore e piacere, nel-
I’Appendice®, invece,il filosofo delegherà questo compito al-
la ragione, definita come “Schmerz- und Lustspender” cioè “dispensatrice di dolore e di piacere”. Gli stati della volontà, secondo Mainlinder, sono qualcosa di diverso dai veri e propri sentimenti che, come ha osservato Invernizzi, in polemica con Schopenhauer Mainlinder considera una produzione della ragione, la quale si serve di essi per poter influire, con nuovi motivi, sulla volontà”. Mainlinder attribuisce quindi alla ragione anche la funzione di determinare i sentimenti, proprio perché il sentire è inteso come mezzo di conoscenza, e quindi come appartenente allo spirito.
94. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 58. 99
56
Id., 5.59.
Id., “Kritik der Lehren Kants und Schopenhauers”, S. 474.
9? G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 293 e nota.
153
Capitolo terzo Mainlinderattribuisce alla ragione questo compito, per non cadere, a suo avviso, in quell’assurdità della concezione
schopenhaueriana, la quale condurrebbe inevitabilmente ad attribuire sentimenti anche agli essere inanimati. Il Grundzustand dell’individuo di cui parla Mainlinder è da considerarsi come il punto 0 immaginato da Hartmann, cioè è un “sentimento di vita” in cui non è percepita “né la gioia né il dolore”, in cui la volontà è completamente soddisfatta ed il “suo chiaro specchio non è disturbato da nulla”. Da ciò deriva che proprio l’aspetto fondamentale della volontà, la percezione della vita, non è già, co-
me per Schopenhauer, percezione dell’intimo dolore della Vita stessa nella sua essenza o dell’inappagata volontàin tensione, ma al contrario uno stato neutro, che funge da zero
cartesiano di tutti gli altri stati. Piacere e dolore sono variazioni dello stato fondamentale, “affezioni” o ‘“modificazio-
ni”, le principali delle quali sono “gioia e tristezza, coraggio e paura, speranza e disperazione” ed infine “amore e odio”, le modificazioni più forti, di “massimo grado”. Fra l’altro, va detto che questo stato fondamentale sembra essere in contraddizione con il concetto di movimento della volontà individuale, che presuppone una tensione continua verso un telos, tensione che è difficile immaginare come neutra, an-
che se poniamol’artificiosa distinzione, introdotta in seguito dal filosofo, fra stato fondamentale e stato normale.
2.2. Sentimenti di odio e di amore Ovviamente Mainlinder, da buon real-empirista, non
può prescindere dall’auto-osservazione, unica maniera per
58
P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 59.
154
La fisica poter conoscere direttamente quelli che potremmodefinire comei “movimenti dell’animo”. Per il pensatore di Offenbach il nostro stato normale è da immaginare come una corrente che scorre calmaal nostro interno o come unapalla, una sfera, rappresentante l’individuo, nella quale la volontà decide del moto della corrente??,
Per Mainlinder, la volontà individuale9 può determi-
nare il suo moto in direzione centro-periferia, verso l’esterno (noi diremo, forza centrifuga), e periferia-centro, verso
l'interno (centripeta). In questo modoessa suscita, sfumando attraverso otto principali gradi d’intensità del moto,rispettivamente,i sentimenti di amore, “ribollimento dal centro verso la periferia”, e di odio9!, “l’intensa corrente inver-
sa della volontà dalla periferia al centro”. Grazie al movimento descritto dall’azione dell'amore “si può dire — scrive Mainlinder — che l’uomo in amore è teso ad allargare la sua individualità, nell’odio, al contrario,a restringerla’’’?. A que-
sto proposito Nietzsche avrebbe annotato “L'amore: il più forte riversarsi al di fuori, la volontà vorrebbe infrangere la sua sfera, diventare tutto il mondo”?. La volontà però non realizza maiil suo fine e l’individuo è così costretto a vivere in questa tensione verso l'espansione o la concentrazione della sua sfera, senza fine.
Per Schopenhauerl'individuo è indissolubilmente legato al fenomeno,in quanto obiettivazione della volontà generale stessa; per di più, le forze di attrazione e di repulsione rispec-
chiano quella “stessa lotta dei fenomenidella volontà fra lo-
59
60
Id., S. 60.
Cfr. Id., Kap.“Kritik der Lehren Kants und Schopenhauers”, S. 473 ff.
6! Cfr. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. II, p. 304. 6 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 60. 63
F Nietzsche, Frammenti postumi 1882-1884, cit., primavera-estate 1883, 7
[140] p. 275.
155
Capitolo terzo
ro” e quindi non appartengono, come vorrebbe Mainlinder, alla regione della cosa in sé, ma ad un processo di astrazione della materia. Non a caso Schopenhauerscrive: “[...] la semplice materia cometale, il mondo conglobato in
una sfera, la cui vita, ossia la cui oggettivazione della volontà, è
costituita unicamente da quella lotta tra forza attrattiva e forza repulsiva: la prima, come gravità, preme da ognilato versoil cen-
tro; l’altra, come impenetrabilità, la contrasta, sia in formadi ri-
gidità, sia di elasticità. Tale perenne premere e resistere deve dunque essere considerato come oggettità della volontà nel grado più infimo, mafin d’ora nerivela il carattere essenziale di una pe-
renne lotta’’84,
A questo proposito, Invernizzi ha già rilevato comesia quievidente che il movimento dei sentimenti acquisisce in Mainlinder più un valore metaforico-poetico, che non filosofico-scientifico?°. E difatti, Mainlinder sostiene che
parte di questo sforzo di estendere la sfera individuale si esplica nell’istinto ‘“demonico” di riproduzione o amor sessuale, altrimenti detto voluttà. È proprio in questo stato che l’individuo raggiunge lo stadio più alto di eccitabilità ed è proprio contro questa estrema tensione che l’individuo “Sopporta i dolori più grandi con fermezza, compietutto ciò che nonè abituale, spazza via pazientemente dalla sua strada l’errore e nontoglie via, se si dà il caso, la certa morte, poiché esso vuol continuare a vivere demonicamente (inconsciamente) con
purezza, ma solo in unione con un’altra distinta volontà”,
64 A. Schopenhauer, Metafisica della Natura, cit., p. 119. Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 83.
65 Cfr. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 293 e n. 66 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 61-62.
156
La fisica Mainlinderafferma,allora, che ‘‘attraverso l’amore sessua-
le l’uomo estende la sua individualità alla famiglia”, a partire dalla quale questo suo movimentoverso l’esterno si manifesta, ex gradu, anche attraverso l’ambizione,il piacere per la potenza e la sete di gloria. Solo in un secondo momento subentrano la riflessione ed il piacere della riflessione, sentimenti che permettonodi allargare ancora la propria sfera individuale, attraverso l’amicizia,all'amore per l’umanità?”.
2.3. Ebbrezza e sonno
Rimandando la descrizione dei gradi delle manifestazioni dell'odio all’Etica ed all’Estetica, Mainlinder passa ad analizzare gli stati di ebbrezza e di sonno.Il primo è direttamente collegato al secondo: quando intelletto e ragione riposano, la vita nel sangue ha il sopravvento?8. Questo è confermato dal fatto che l’ebbrezza è causata anche da mezzi che narcotizzano®? le facoltà dello spirito (ragione ed intelletto), cosicché “l’autocoscienza è uno specchio davvero
puro” in cui il sangue manifesta tutto il suo contenuto demonico e quindi inconscio. Se per Schopenhauer il sonno è necessario affinché l'organismo venga nutrito a pieno regime dal sangue,chesi rinnova duranteil riposo”, per Mainlinder la sua necessità f
67 Id., S. 62. 6
6
Cfr. A. Schopenhauer,Il mondo..., cit., vol. II, p. 343. Cfr. Id., Saggio sulle visioni di spiriti e su quanto vi è connesso, in Id., Parerga paralipomena,cit, vol. II,
pp. 311-420: 314-361.
Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., Bd.II, cit., S. 464: “Quando mi svegliai, subito ebbe luogo il mio pensiero, poichédissi all’istante: Che peccato però che
l'inconscio invada molte cose. Molti sogni nella narcosi. Non vidi però nes7
suna singola immagine; pensai e sentii solamente”. Cfr. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. II, p. 344.
157
Capitolo terzo non è solamente legata ad unfattore fisiologico che riguarda l’organismo, ma esso è necessario per dare libero sfogo
anche al demoneche, com’egli dice utilizzando un linguag-
gio che oggi chiameremmofreudiano, viene ‘represso’ durante la veglia dall’intelletto: “La forza, che si consuma nel rapporto con il mondo esterno, si deve rinnovare e deve essere eliminato il disordine negli
organi. Perciò il senno si dismette e la volontà, ben chiusa nella
sua sfera e irrequieta come sempre,si fa largo e si prepara ad una nuova azione. Essa domina ora l’armistizio ottenuto in battaglia per l’esistenza. Inoltre, il sonno è necessario anche per il demone. Di tanto in tanto, egli deve diventare impertinente, per non disperare, ed egli può diventare impertinente solo nel sonno
profondo””!.
L'impertinenza, quindi, renderebbe più docile il demone che altrimenti dispererebbe, cioè diverrebbe indomabile an-
che perl’intelletto. 3.
Dall’eudemonologia schopenhaueriana all’entropia di Rudolf Clausius
AI filosofo immanentista non resta che tradurre la (meta-)fisica del movimento dalla sfera demoniaca (od inconscia) dei sentimenti a quella empirica delle sensazioni. Alla forza centrifuga (espansione), suscitata dal sentimento dell’amore, corrisponderà la sensazione del piacere; viceversa,
alla forza centripeta (concentrazione) del sentimentodell’odio corrisponderà la sensazione del dolore. A questo proposito, Mainlinder introduce una conside-
71
P Mainlinder, Ph. d. Erl., S. 64.
158
La fisica razione che sembra richiamarsi, implicitamente, alla teoria termodinamica stabilita da Rudolf Clausius”, fisico a lui
ben noto. Passato alla storia per aver enunciato scientifica mente il secondo principio della termodinamica, già intui-
to da Lord Kelvin, Rudolf Clausius aveva sostenuto che in
un sistema chiuso, ogni qualvolta un corpo cede calore ad un altro più freddo, allora una parte del calore cedutosi dissipa. Da qui lo scienziato faceva seguire che in ogni scambio termico di calore esiste una costante di “dispersione” termica. Questo permetteva al fisico prussiano di enunciare la nota teoria secondo la quale “L’entropia di un sistema isolato cresce ogni qualvolta il sistema subisce una trasformazione”, intendendo col termine entropia quella grandezza che misura l’energia dissipata, cioè persa, in uno scambio termico, ovvero il grado di disordine di un sistema chiuso. La teoria dell’entropia di Clausius introduceva allora due concezioni totalmente estranee alla fisica classica di Newton: 1) essa intende tener conto di una “direzione” degli eventifisici, secondola quale esiste un processo che conduce dall’ordine iniziale di un sistemafisico verso il suo disordine; 2) questo processo entropico è irreversibile, e quindi il tempo nonè unalinea ripercorribile all’indietro, ma decorre implacabilmente. Quindi Clausius, nel 1868, applicava la sua teoriaal livello cosmologico,affermandoche “l’entropia dell’universo e di ogni sistema isolato tende ad aumentare”. È evidente che la conseguenza di questa lettura in chiave cosmologica conduce inevitabilmente a stabilire che, in un
72
Rudolf Julius Emanuel Clausius era nato a Koslin (o Koszalin) in Prussia, nell’attuale Polonia nord-occidentale, nel 1822. Si laureò a Berlino nel 1850, formandosi sulla fisica di Carnot; dal 1855 fu professore nella stessa città, poi a Wiirzburg ed infine a Bonn, dove morì, nel 1888,all’età di 66 anni. La sua opera principale, Die mechanische Warmetheorie (Teoria meccanica del calore), venne pubblicata a Brunswick nel 1876.
159
Capitolo terzo futuro non definibile, l'universo sarà destinato alla morte termica, cioè all’assideramento. Mainlinder conosceva Clausius, come dimostra la citazio-
ne del suo nomenel volume postumo”*, anche se non è possibile stabilire in quale modo e con quale profondità. È probabile cheil filosofo abbia conosciuto lo scienziato prussiano attraverso la lettura di Helmholtz, che sviluppò gli studi di Clausius, o che durante il suo periodo a Berlino Mainlinder abbia avuto l’opportunità di imbattersi nelle nuove teorie della termodinamica, che in quel tempo ebbero unadiscreta eco. Dicerto, si può intuire quale fascino abbia potuto esercitare su Mainlinder questa teoria fisica, nella quale si prefi-
gura il destino e la fine del mondo,non senza l’espressione di un forte pessimismo cosmico. Così Mainlinderintegra la sua esposizione con elementi di termodinamica, che si ricollegano implicitamente alla fisica di Clausius, associando per esempio ad uno stato di attività della volontà un certo calore e, viceversa, alla sua inattività una diminuzione della
temperatura del corpo. Così Mainlinder:
“Le sensazioni fredde e calde sono davvero molteplici. Per-
cepiamobrividi gelidi e ciò ci fa raggelare; al contrario sentiamo
caldo, vampate calde ci colpiscono insieme, bruciamo, fondiamo e tutto ciò cuocenelle nostre vene,il sangue ribolle. Però non abbiamosolo queste sensazioni interne, ma anche il nostro corpo mostra cambiamenti di temperatura. Nello stato di dolore le estremità diventano fredde,si intorpidiscono; d’altra parte il corpo,nello stato di piacere o nella parte del doppio movimento che emana, come nella collera, indica il più alto calore. Anchela febbre appartiene a questo caso””74.
73.
74.
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., Bd.II, cit., S. 519: “Comeultimo fine segue poi,
sulla base della ‘disgregazione del mondo organico in elementi chimici, se-
condola teoria del fisico (Clausius), la soluzione di tutte le forze meccaniche e chimiche, detto in breve, l’intero cosmo nel calore totale”. Id., S. 66.
160
La fisica Da qui l’equazione concentrazione = dolore = raftreddamento, da un lato, ed espansione = piacere = riscaldamento, dall’altro lato. È evidente che, in questo modo,
Mainlinder può coniugare la fisica della volontà, ossia del dolore/piacere a quella del caldo/freddo della termodinamica di Clausius. Tuttavia, l'utilizzazione della teoria di Clausius da parte di Mainlinder non deve portare a credere che essa sia stata cruciale per la costruzione del sistema o decisiva per la fondazione del concetto della morte di Dio. Di questa teoriafisica, sicuramente, Mainlindersi servì per dar maggiore credibilità e ponderatezza scientifica alle sue teorie. Niente rendelecito far coincidere il principio di entropia di Clausius con quello di Mainlinder, che si distingue sia per statuto epistemologico, che per fondazione metafisica.
4. Dall’uomo alla materia inorganica: 1) la volontà individuale negli animali
Schopenhaueravevascritto: “In sé la volontà è priva di percezione e tale rimane nel regno inorganico e in quello delle piante [...]. Nella natura inorganica cessa anchela ricettività allo stimolo, la cui analogia con la coscienza nonsi può misconoscere”??.
L'animale ha per proprio elemento distintivo la coscienza (‘coscienza animale’’79) e la percezione;le piante,il
sentire e la ricettività allo stimolo, in cui la volontà si obiettivizza ancora indirettamente. Nel regno dell’inorganico,in-
7A. Schopenhauer, La Volontà nella Natura, cit., pp. 112-114.
76 Id., p. 123.
161
Capitolo terzo vece, la volontà si manifesta in maniera diretta come causa e da ciò deriva che “qui ci si è presentato il fatto che il mondo come rappresentazione ondeggia sulla tenue linea divisoria fra causa esterna (motivo) ed effetto provocato (atto di volontà) negli esseri conoscenti (animali), dal momento chein essi soltanto si inizia la
netta separazionefra l’uno e l’altra”””7.
Sin quilafisica di Schopenhauer, nella quale la volontà si manifesta ex gradu, in maniera sempre meno diretta, dall’i-
norganico all’organico. Questa impostazione metafisica e naturalistica della volontà è reinterpretata da Mainlinderall’interno della sua metafisica del movimento. Dopo aver descritto il carattere individuale dell’uomo, Mainlinder prosegue la fenomenologia della volontà nel regno animale, in cui ogni distinto movimento è espressione di una distinta volontà: “L'animale, come l’uomo, è il collegamento di una distinta volontà con unospirito distinto. Il suo spirito ha per primacosa gli stessi sensi dell’uomo, che però sono migliori in molte individualità, cioè hanno una maggiore sensibilità alle impressioni in confronto agli uomini. Anche l’intelletto è lo stesso [...]. L'animale ha poi comel’uomola ragione [...]. Esso ha anche più o meno una buona memoria, ma una debole facoltà di immaginazione ed una debole capacità di giudizio ed anche questa incompletezza costituisce la differenza
fra uomini ed animali”’8.
Gli animali, secondo Mainlinder, posseggonola facoltà della ragione, anche se essa è imperfetta, rispetto a quella dell’uomo. Per Schopenhauer, invece,“l’intelletto è appieno e nettamentedistinto dalla ragione, che è un potere conoÎ Id., p.118. 78. P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 66.
162
La fisica scitivo aggiuntosi soltanto nell’uomo, e veramente in sé ir-
ragionevole anche nell’uomo””?.
Diversamente da Schopenhauer, Mainlainder crede che, a causa di queste differenze, agli animali non sia dato, abitualmente®89, di costituire, proprio secondo la facoltà della ragione, degli oggetti completi, se non quandoessi non siano presenti, poiché gli animali non sono in grado di rappresentarli nel tempo®!. Secondo Mainlinder,il tempo stesso, in quanto alto prodotto della ragione, non è percepito dagli animali, che per questo vivono in un eterno presente. Da qui ancheil fatto chegli animali percepiscono solo movimenti che hanno luogo inun breve lasso di tempo, coincidente per lo più con il punto-presente. Inoltre, gli animali non posseggono alcun concetto di causalità generale, che dia loro idea dell’azione reciproca delle forze individuali. L'unica causalità conoscibile agli animali è quella in rapporto -alla propria corporeità, grazie alla quale essi correggono la loro condotta rispetto all'ambiente esterno per sopravvivere. Infine, gli animali sono privisia di qualsiasi concetto di sostanza®2, e quindiil loro mondo è una“rappresenta-
zione incompleta e frazionaria”*5,sia di qualsiasi concetto ge-
nerale, e quindi ad essi non è possibile pensare, come fa l’uomo. Pertanto, non hanno autocoscienza ma possono solamente 1) sentire e 2) autosentire (sentimento generale della propria individualità)84. Se anche l’animale potesse pensare, scrive
Mainlinder, dovrebbe farlo “in immagini”’, poiché la sua ra7? A. Schopenhauer,Il mondo..., cit., vol. I, p. 155. 80 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 66. 81 Cfr. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. I, p. 149; Id., vol. II, pp. 87-91, passim. Cfr. anche Id., Sulla quadruplice radice..., cit., p. 125. 82 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 67. N 83° Ibidem. 84 Ibidem. 85
Ibidem.
163
Capitolo terzo gione è limitata e non è capace di articolare un pensiero vero e proprio come l’uomo. Come nell'uomo il movimento restante è identificato con il demone,così negli animali esso è presente comeistinto che, come per Schopenhauer,supplisce alle defaillances della ragione, permette all’animale di sopravvivere e regola il comportamento di intere specie, anche rispetto al tempo, come per esempio nella migrazione periodica degli uccelli®9. Mainlinder è dell’opinione che gli animali, così come l’uomo, abbiano un carattere proprio, malgrado essi posseggano meno gradazioni e sfumature rispetto al carattere umano. Essi mostrano, inoltre, due qualità della volontà fon-
damentali: la vivacità e la pigrizia. Solo in pochissimi animali domestici si possono riconoscere altri “temperamenti umani”, dati proprio dalla costante e plurisecolare vicinanza al-
l’uomo, comeneicasi del cavallo e del cane®”. In senso generale si può affermare cheil carattere dell’animale coinci-
de col sentimento dell’egoismo e che gli altri sentimenti, a causa della massa nervosa e delle condizioni naturali, siano
più deboli e menointensi di quelli umani. La stessa percezione del dolore e del piacere negli animali è decisamente inferiore a quella umana. Solo in alcuni animali superiori sono presenti gli stati di gioia e di tristezza. Lo stesso dicasi per alcuni sentimenti, che — per dirlo con Schopenhauer — l'aristocrazia della natura ha concesso solo ad alcuni animali più evoluti8*. Al contrario, secondo il pensatore di Offenbach, la maggior parte degli animali percepisce la paura, poiché essi sono “in generale vili”??. Infine,tutti gli 86 Id., S. 68. 87 Id., S. 68-69. 88 Id., S. 69. Fra questi sentimenti, anche la speranza,in cui si manifesta la percezione temporale del futuro come attesa o aspettativa. 89 Ibidem.
164
La fisica animali hanno sentimenti di odio e di amore, più o meno intensi; in particolare, l’amore si manifesta come “amore ses-
suale (fregola)”, che negli animali è molto vigoroso, poiché l'istinto animale è molto più potente del demone umano. L'amore animale si esprime sia come sentimento di piacere per la potenza, sia come sentimento gregario, il quale permette la formazione di nuclei familiari. Al contrario,
“l’odio si mostra come avversione, come inimicizia della spe-
cie verso l'accoppiamento, sulla base dell’egoismo [...] come odio contro l’intero ambiente circostante o qualche distinta in-
dividualità, se l’esistenza è in gioco”.
5.
Dall’uomo alla materia inorganica: 2) la volontà individuale nelle piante Procedendo ritroso la scala evolutiva, dall'uomo alla
materia inorganica,le piante rappresentano un “regnosilenzioso” in cui non esiste, secondo Mainlinder, nessuna sensi-
bilità, ‘cioè, nessuna rappresentazione, nessun sentire, nessun
autosentire, nessuna autocoscienza: queste sono le cose principali che fanno la differenza fra piante e animali”’?!. Unavolta fatta questa distinzione, anche la pianta, come
l’uomo e l’animale, “ha un movimentorisultante”, solo che
il suo movimento non è generato da alcunaattività propria, ma è deciso dallairritabilità, cioè ogni pianta reagisce immediatamente al mondo esterno ed è quindi condizionata da esso. L’irritabilità è una facoltà passiva, distinta dalla sensibilità animale, che è invece attiva, poiché quest’ultima permette la produzione di rappresentazioni”. % Ibidem.
7
1d.S.70.
?. Diversa la definizione che Schopenhaueroffre di sensibilità e diirritabilità,
165
Capitolo terzo Se, per quanto riguarda l’uomoe l’animale, il sangue rappresenta la prima e originaria obiettivazione del movimento totale della volontà, nelle piante essa si manifesta come succo
[Saft], che genera e dà forma“alle radici,alle spine,alle foglie e agli organi riproduttivi”. La differenza fondamentale fra queste due“linfe vitali” consiste nel fatto che “il succo realizza [actuiri] gli organi in manieradiretta, il sangue invece attraverso il cervello, mentre i rimanenti organi animali non possono per nul-
la funzionare attraverso la semplice attuazione del sangue”.
Partendo dal presupposto dell’individualità della volontà, Mainlinder sostiene che “la pianta è una volontà di vita individuale ed è un essere-per-sé chiuso”?4. Il carattere delle piante è però molto semplice e nonsi distingue, comepergli animali e per l’uomo,in qualità della volontà. Esso è, in tutte le piante, un impulso cieco, un impulso alla crescita”, che si distingue in ogni singola pianta per intensità e si manifesta attraverso il tendere verso la luce (quello che noi chiamiamo fototropismo). La volontà delle piante si manifesta attraverso tre stati: il crescere, il fiorire, l’appassire; rispettivamente, per Mainlinder, espansione, affermazione e concentrazione della
volontà.Il carattere si manifesta anche attraverso il profumo, proprio di ogni fiore, così come avviene conil timbro della voce negli animali e la lingua negli uomini. per i quali concettiegli si rifà, invece, a Cabanis. Cfr. Id. Il mondo..., cit., vol. II, p.353:“La sensibilità in sé è assolutamente impotente a contrarre un muscolo; ciò può fare solo il muscolo stesso, e la sua attitudine si chiamairrita-
bilità, cioè eccitabilità: essa è una proprietà esclusiva del muscolo”. La distinzione fatta da Schopenhauerfra irritabilità e sensibilità non corrisponde quindi a quella fra l’animale e il vegetale, come per Mainlinder, ma a quel-
la fra muscolo e nervo”, Id., La Volontà nella Natura, cit., pp. XXXII. Cfr.
Pierre Jean Georges Cabanis, Rapports du physique et du moral de l’homme (1802), tr. it. parziale di S. Moravia, Laterza, Roma-Bari 1973, pp. 142-143. 9 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 71. % Ibidem. 5. Cfr. A. Schopenhauer, Metafisica della Natura,cit., p. 66.
166
La fisica Per Schopenhauer, invece,il carattere individuale si ma-
nifesta propriamente solo nell’uomo, grazie alla superiorità dell’intelletto umano su quello animale?’ Se quindi già negli animali “quell’impronta di carattere individuale si perde nel carattere generale della specie”?”, a maggior ragione ciò avviene nelle piante’. Intelligenza ed individualità, per Schopenhauer, sono direttamente proporzionate e la personalità ed il carattere di un individuo sono strettamente condizionati dalla maniera di oggettivarsi, e quindi di comparire sotto le spoglie del fenomeno. Qui, la differenzafra la fisica del filosofo del Mondo e quella del pensatore di Offenbach rispecchia la discordanza fra le due impostazioni metafisiche, quella cioè che intercorre fra la volontà generale di Schopenhauere la volontà individuale di Mainlinder. Anche a proposito del regno vegetale, Mainlinder non manca di crearsi un addentellato con la termodinamica di Clausius, che è sottesa all’intero capitolo. Qui Mainlinder sottolinea comela fioritura avvenga proprio quando la temperatura tende ad aumentare, cioè in corrispondenza di una crescita direttamente proporzionata dell’attività delle piante. Mainlinder supportala sua tesi, ancora una volta, con la documentazione offertagli dalla già citata fisiologia di Burda-
ch??, lo stesso scienziato del quale — assieme soprattutto a
quelle di Bichat, Cabanis e Cuvier — Schopenhauer aveva letto ed ammirato le opere scientifiche.
A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. I, p. 309.
#7 Id., p.310. 8 Ibidem. 9 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S.71. Per Burdach in Schopenhauer,cfr.Id. Il mondo..., cit., vol. II, p. 487, pp. 715 e 724, e soprattutto p. 359ss.
167
Capitolo terzo 6. La volontà individuale nel regno della materia inorganica La caratteristica distintiva del regno inorganico, o ‘delle idee chimiche”, è il “movimento indiviso” [ungetheilte Bewegung]. Anche le idee chimiche sono volontà individuali, un essere-per-sé chiuso. L'individualità vera e propria del regno inorganico è proprio l’idea intera [die ganze Idee]. Scrive Mainlander, “poiché tuttavia ogni parte della stessa essenza ha un intero, ogni sfera chiusa di una forza chimica omogenea presente in natura è un individuo”!°, Quindi, per idee intere dell’inorganico dobbiamo intendere anche gli elementi chimici in generale, cioè “le cosiddette materie semplici come ossigeno,azoto,ferro, oro, kalium, calcio e così via, senza miscugli’’!, cioè gli “individui” intesi, in senso stretto, come
la totalità di ogni atomo di una data maniera esistente al mondo,per esempio tutto il ferro o tutto il sodio esistente. Anche in questo caso Mainlinder fa precedere il tutto alla parte, l'omogeneità sull’eterogeneità, intento sempre a contrastare l’atomismo della “perversa ragione”. Difatti, Mainlinder non manca di considerare comeindividui finanche “i composti chimici, che all’atto del loro formarsi, danno
origine a nuoveforze caratterizzate da specifiche idee”’!°2, Potremmo paragonare la volontà di ogni entità naturale alla diagonale nel parallelogramma delle forze, cioè essa è la risultante del movimento delle singole individualità chimiche, che può essere scomposta però in infinite forze. Mainlander sembra argomentare le sue tesi quasiin risposta a quelle sostenute da von Hartmann. Difatti, quest'ultimo aveva affermato che anche gli atomi sono ricon-
100. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 72. 101 [d., 5.73.
102 Id., S. 79. Cfr. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 283.
168
La fisica ducibili alla diade di volontà e rappresentazione, cioè che essi sono manifestazioni di forze parziali e subunitarie dell’Inconscio e che tuttavia bisogna considerarli come individui!° Tanto è vero che, per Hartmann,se gli atomi sono individui, allora gli individui “polimeri” sono necessariamente “somme”di altri individui. ‘Hartmannsviluppa così una concezione dell’individuo che si potrebbe dire a piramide”’1%, nella quale l’Inconscio, come la Volontà di Schopenhauer, si mostra ex gradu. Le analogie con la Filosofia della redenzione sono molte. Tuttavia, a differenza di Mainlinder, Hartmann definisce gli
atomi comeparti di un'unità di coscienza e come elementi spirituali!All’individuo come atomoedunità spirituale di Hartmann, Mainlinder fa subentrare la sua definizione di in-
dividuo comeunità di movimento. L'elementospirituale della Filosofia dell’inconscio viene così scalzato dall’impostazione “fisica” ed “empiristica”’ della Filosofia della redenzione. Soprattutto, se per Hartmann gli individui non sono entità chiuse in sé, per Mainlinder essi sono esseri-per-sé, differenti però dalle monadi, che sono senza porte e finestre!, poiché per Mainlinder il loro presupposto è la Wechselwirkung. 103 E. von Hartmann,Philosophie des Unbewufiten, 2 Bd.e, Carl Dunckers Verlag, Berlin 1904", Bd.II, in particolare il Kap.VI, nel quale Hartmannpresenta la sua concezione di individuo, e il Kap. XI, nel quale si sofferma sulla dimensione metafisica dell’individuo.
104 G.Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 148, nota 8. 105 E. von Hartmann,Philosophie des Unbewuften, cit., Bd. II, Berlin 1904, S. 128-130. Inoltre, Hartmann distingue cinque tipi di individui organici, a partire dalla cellula, sino agli organismi cosiddetti “polimeri”. 106 Per Schopenhauer,l'individuo superioresi realizza sempre attraverso una lot-
ta interna di subunità, in cui si rispecchia la lotta e la vittoria delle idee su-
periori su quelle inferiori. Cfr. A. Schopenhauer, Metafisica della Natura,cit., pp. 114-115. La posizione di Mainlinder richiama in qualche modo quella di Bahnsen,il quale, interpretando in senso realistico il principium individuationis, passava ad affermare il suo individualismo caratterologico, secondo il quale esistono delle singole volontà sostanziali dette enadi, alle quali è permesso
169
Capitolo terzo Rispetto a quella di Schopenhauer, la definizione del regno inorganico di Mainlinder si distingue significativa mente. Schopenhaueraveva scritto che “Fin dall’inizio di questo secolo si è in verità voluta spesso attribuire una vita all’inorganico: ma del tutto a torto. Vivere ed organico sono concetti reciproci [...]. La linea di confine [fra inorganico ed organico] non è il movimento, come in qualche modo fra animale e vegetale, solido e liquido.[...] Invece che a ciò che è privo di vita,all’inorganico,sia da attribuire la Volontà,
l’ho detto per primo”!0,
Per Mainlinderinvece, proprio perchéla vita è sinonimo di volontà, anche la materia inorganica è viva. A questo si contrappone la considerazione di Schopenhauer, secondo la quale l’individualità nell’inorganico, come già detto, svanisce del tutto!Nella scala che va dalla volontà alla rappresentazione, dall’universale al particolare determinato dal principium individuationis, per Schopenhauerl’individualità si trova nella parte più alta del mondo fenomenico, in massi-
comunicare in forza di una volontà che si manifesta all’infinito nel tempo. A differenza di Mainlinder, però, Bahnsen non scrive in nessun passo che pre-
supposto di questa possibilità di relazione sia un’unità assoluta originaria, ma
lascia intendere che ogni possibilità di interazione è già presupposta indivi-
dualmente nelle singole enadi, in virtù della loro forza e della loro capacità
di contraddizione, “ein in sich selbst widersprechender®. Anche quandole enadi
danno vita a individui complessi, esse non sono considerate in ragione del tutto come subunità, ma continuano sussistere al livello atomico. Solo nell’uomo l’autocoscienza subentra alle enadi per mezzo — scrive Bahnsen — del “miracolo dell’individualità”, nella quale vige la forza organizzatrice di una monadecentrale. Cfr G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., pp. 227-9. Miiller-Seyfarth dedica alla questione degli individui atomici un 107 108
attento studio. Cfr. Id., Metaphysik der Entropie, cit., S. 58-67. A. Schopenhauer, La Volontà nella Natura, cit., pp. 131-132. Cfr. Id., Metafisica della Natura,cit., p. 68, pp. 94 e 96. Id, Il mondo..., cit., vol. I, p.311.
170
La fisica
mo grado nel genio!°, ed è quindi toto genere diversa dal-
l'individuo chimico di Mainlinder. Una volta ammessa la presenza dell’individualità anche nei gradi inferiori della natura, Mainlinder definisce il ruolo chela filosofia deve assumere nell’ambito del sapere: essa non deve curarsi di indagare i fenomenineiloro aspetti particolari, come fanno le singole scienze, ma deve considerare
i frutti della ricerca scientifica, la quale progredisce e si perfeziona nel corso del tempo. Lafilosofia, allora, osserverà i
risultati delle singole scienze, ex post, dal proprio punto di
vista universale e metafisico!!, Anche in questo caso, alli-
neandosiall'idea schopenhauerianadi un passaggio “dalla fisica alla metafisica”, Mainlinder conferma la sua tendenza
empiristica e, pur lasciandoalla filosofia il ruolo principale di supervisione unitaria ed universale, riconosce alle scienze una funzione cognitiva fondamentale. 7. Dai tre stati del mondo inorganico alla riproduzione Passando alla classificazione del regno dell’inorganico, Mainlinderscrive:
“Tutti i corpi sono o solidi o liquidi o gassosi. In comune posseggono estensione e l’impenetrabilità, o detto altrimenti ogni corpo inorganico ha volontà individuale di vita. Esso ha una sfera di forza e si affermanella vita, che esso brama.I corpisolidi mostrano inoltre la gravità, cioè posseggono una tendenza principale: raggiungere il centro della terra. Ogni individuo del regno dell’inorganico vuole essere nel centro della terra: questo è il suo carattere generale. Il suo carattere speciale è l'intensità
109 Id., vol.II, pp. 539ss. 110 P Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 73-74.
171
Capitolo terzo con la quale esso fa valere il suo tendere, la sua coesione, o anche la sua gravità specifica (peso specifico). Nell’esplicarsi di questa tensione, che il corpo solido ha sempre e non perde mai,si
mostra l’inerzia”!!!.
Mainlander afferma chele proprietà dei corpisolidi (elasticità, estensione, durezza, porosità...) non sono delle idee, cioè forze autonome, ma esse ‘determinano solamente l’essenza delle idee chimiche”, ovvero sono ricondotte alla cosa in sé “in ragione del fenomeno”, sottoil principium individua-
tionis. Alcune di queste proprietà derivano anche dallo stato di aggregazione, cioè dal modoin cui l’insieme delle idee chimiche sono congiunte fra loro. Per definire e distinguere i vari stati della materia, Mainlinder associa ad ognunodi essi un motospecifico: i solidi tendono versoil centro della terra, i liquidi verso un puntoideale al loro esterno, i gas verso tutte le direzioni, ovvero il loro movimento è l'espansione assoluta!!2, Le possibili modificazioni di questistati di aggregazione sono dovuteal calore alla elettricità.
“La capacità di estensione attraverso il calore significa solamente che un corpo, per mezzo di un libero impulso, è passato in uno stato di grande eccitazione, in un movimento interno
violento, e la sua sfera cerca di allargarsi in lui [...] esso si è riscaldato poiché ha mutatoil suo movimento nona causa di uno stimolo esterno, ma per la sua propria forza e in questo nuovo movimento ora genera sul senso dell’osservatore un’altra impres-
sione diversa da quella antecedente”’!!°,
Mainlinderdefinisce l’elettricità come una‘eccitazione
ed espansione dell’individualità”, generata non da necessità 111 [d., 5.74.
112 Id., S. 74-75. Cfr. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 284. 113 Id, S. 75.
172
La fisica fisica, bensì da “un’unione amorosa”. Essa è causata dal fat-
to che “una qualche individualità desidera cambiare il suo moto, avere un'altra vita in una terza”. Di conseguenzai legami chimici, ottenuti attraverso la copula positivo-negativo, sono i prodotti di una procreazione vera e propria, e in questo modo “hannooriginei sali, e certamente le basi sono il vero principio della procreazione”!!4. “Cheil legame chimico sia possibile solo in una condizione
elettrica del corpo eccitata risulta chiaro dal fatto che attraverso il raffreddamento, quindi attraverso l'annullamento dello stimolo
necessario, alcuni legami possono essere impediti [...]. La scomposizione chimica [ottenuta] attraverso il calore riposa sul fatto
che uno stimolo esterno diverso agisce su forze legate. La forza
repressa giunge in unostato di eccitazione e di sollecitazione più forte di quello di prima e così può liberarsi”’!!5,
Inoltre,
come
ultima
forma
di
modificazione,
Mainlinder considera anche il caso dell’adesione, che egli definisce sic et sempliciter come attrazione!!’. Ma che cosa intende Mainlander, in questo caso, per procreazione? Il filosofo scrive che “nel regno inorganico la riproduzione è fusione, e precisamente gli individui si sollevano allo stato di procreatori”’!!”, cioè i gradi inferiori si “sacrificano’’!!8 per dar vita, in una catena ascendente!!, a quelli superiori. Come per Schopenhauer, anche per Mainlinder“la vi-
114 Id., 5.77.
115 Id., S. 78. Mainlinder indica sin anche quale siano le principali modifica-
zioni di base indicandole attraverso formule stechiometriche:‘“1) Fe + CD H = Fe Cl+ H; 2) Fe O+ Cl H = Fe Cl + HO; 3) Fe + HO + SO,+ H”.
116 Ibidem.
117 Id.,5.79. 118 Id., S. 80. 119 Id., S. 79: “Elementi della catena: amore sessuale — cuore — fiorire — elettricità positiva; odio umano — odio animale — onde — elettricità negativa”.
173
Capitolo terzo
ta è lotta””!20, Infine, “la morte dei legami chimici si mo-
stra comeun ritorno della sua materia semplice ed essen-
ziale al movimento originario”!!, La “riproduzione ses-
suale” riveste allora un ruolo primario nella fisica mainlinderiana, specialmente per il suo riflesso sull’uomo. Mainlinder applica al mondo animale dell’uomo le stesse regole che ha individuato nel mondoinorganico,inserendo però alcuni ‘particolari’ che val la penalasciar descrivere all’autore: “Un uomoed una donna, ognuno con unbendistinto carattere ed un distinto movimento, si accoppiano. Ne consegue il loro frutto, e così nasce un individuo (o diversi individui) con unadisposizione ad un distinto carattere e ad un distinto spirito. Cheil seme dell’uomo insemini l’ovulo della donna, anche
se non può giungere direttamentealle ovaie, è un fatto. L’ovulo e il seme sonosecrezionidel più intimo nocciolo dell’individuo e contengono le sue qualità raccolte sotto forma di immagine [nachbildlich]. Ogni genitore procrea entrando in uno stato di massima eccitazione. Questa condizione in cui si trova ogni qualsivoglia procreatore distingue in duelinee la specie del proprio frutto, e questo è davvero un momento molto importante; poiché, a seconda delle circostanze, la donna o l’uomoagiscono con passione, ben saldi, pieni di energia nell’atto della generazione, il nuovo individuo manifesterà più individualità della donnao dell’uomo.È da osservare anche che la donna bruciando di un grande amore per un uomo, aumenterà la sua azione sostanzialmente, come, al contrario, l’uomo, a causa di un gran-
de amore per una donna,può lasciare libero gioco a certe attività della donna. In questo modole qualità della volontà dell’individuo con-
120 Id., S. 80. Cfr. A. Schopenhauer,Il mondo..., cit., vol. I, $ 27, passim; $ 61, p. 594; Id., Parerga e paralipomena, cit., vol. I, pp. 450-451; Id., Metafisica della Natura, cit., p. 119.
121 P, Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 80.
174
La fisica cepito vengono rafforzate, indebolite o unite totalmente; altre immodificabili sono trasmesse al bambino e subito egli determi-
na le sue capacità spirituali. Tuttavia la natura dell'embrione non è semplicemente immodificabile; per un tempo sufficientemen-
te lungo, questo nuovo individuo si trova sotto l’influsso della madre poiché ora comincia la decisione di lei attraverso il proprio corpo. Può accadere di tutto nel frattempo! Lavori pesanti O preoccupazioni angosciose, abnegazione o unafortissima propensione per l’uomo, eccitazione spirituale, amore per un altro uomo, malattia, un violento stato di agitazione o una febbre altalenante a causa di guerre e rivoluzioni: tutto questo, in alcuni casi, non passa senza lasciare traccia sull’embrione, ma rimanein
maniera più o menoleggera o forte’’122,
Mainlinder prosegue, portando l’esempio delle guerre avvenute fra Francia e Germania e sostenendo che “il popolo tedesco” ha acquisito una maggiore fermezza, proprio a causa del violento dominio francese, perché le puerpere tedesche, durante i sanguinosi avvenimenti di guerra, hanno in qualche modoinfluito sulle generazioni successive!?5. Il filosofo si dilunga poi nella descrizione di un’improbabile legge di ereditarietà delle qualità della volontà, sino ad affermare che “più andiamo avanti, più la differenza fra genitorie figli diviene minore; poiché la volontà individuale si separa sempre di
menoin qualità, il numero dei suoi stati diventano sempre più piccoli e gli stati stessi sempre più semplici’’!24,
122 Ibidem. 123 Id., S. 81. 124 Id., 5.82.
175
Capitolo terzo 8.
Disgregazione della semplice unità e creazione del mondo del molteplice
8.1. Sulla teoria di Franklin, di Kant-Laplace e sulle leggi di Newton Questo graduale livellamento si rispecchia come un semplice “ringiovanimento” [Verjungen] dei genitori neifigli, senza un effettivo modificarsi delle qualità del carattere, ingenerando un lento processo d’estinzione!?°, Mainlinder ammette che “ogni organismo muore,cioè che l’idea viene
distrutta’!26, Il filosofo scioglie quindi l’interrogativo, posto
nella gnoseologia!?”, e cioè se l’idea chimicasi possa distruggere o meno,rispondendo che ‘essa muoree continua a vivere. Muore,se l’individuo non si ringiovanisce attraverso la riproduzione,e vive se si rivolge ad un bambino”!28, Mainlinder non esita quindi a compiere un’ulteriore passo in avanti: il nostro pianeta è una sfera di forza nell’universo, nella quale, più ci si avvicina al centro, più aumenta la temperatura, e quindi, più intenso diviene il movimento delle idee chimiche. Ne deriva cheil centro della terra sia costituito da un nucleo gassoso, al cui esterno si condensa un altro strato liquido, a sua volta rinchiuso dalla crosta ter-
restre solida. Questa ipotesi, formulata per primo da Benja-
125 Ibidem. 126 Id., S. 83.
127 Cfr.Id., S. 33:“Quandoun organismo muore,le forze unite in lui tornano di nuovolibere senza la minima perdita, ma la forza che prima dominavale forze chimiche è morta[...]. Così come ci è impossibile pensare un sorgere dal
nulla, così possiamo pensare facilmente che tutti i legami chimici sono per sempre annullati. / Da ciò si conclude che:/ 1) tutte le forze chimiche sem-
plici sono, secondo l’esperienza che abbiamoa tutt'oggi, indistruttibili / 2) al contrario, che tutti i legami chimicie tutte le forze organiche sonoperiture”. 128. Id., S. 83-84.
176
La fisica min Franklin, è fatta propria anche da Mainlinder, che trova in essa una confermaalle proprie congetture. “La filosofia immanente deve accettare l’ipotesi di Franklin come la migliore; poiché tanto la nostra terra, quanto l’intero
universo possono avere in questo modo una qualche consistenza, poiché la tensione di una qualche idea chimica non può mai trovare una liberazione completa”!29. Secondoil filosofo, l'ipotesi di Franklin, non solo con-
fermerebbe la tensione di tutti i solidi verso il centro della terra, dei gas verso tutte le direzione e dei liquidi verso un punto esterno ideale, ma anche si accorderebbe conla cosiddetta teoria di Kant-Laplace sulla formazione dei corpi celesti da una nebulosa originaria. Mainlinder considera tanto la terra ($ 29), quanto l’universo ($ 30) come un'unità collettiva!>9, formata di innumerevoli idee individuali, che agiscono l'una sull’altra vicendevolmente. Si ricompone qui, allora, quella connessione dinamica di cui Mainlinder aveva fatto
menzione nella sua gnoseologia!*!, connessione che l’uomo
intuisce come “causalità generale allargata a tutto”. Il continuum dinamico che unisce tutte le idee individuali potrebbe essere considerato “al meglio sotto il nome corrente di etere”!°2, che Mainlinderdistingue però da quell’omonimoelemento ‘“imponderabile”, individuato daifisici del suo tempo. Dopoaverribadito che calore ed elettricità sono modificazioni di stato delle idee, delle quali è predicabile unicamente il movimento della volontà individuale,il filosofo di
Offenbachsottolinea che
129 Id., S. 84. 130. [d., S. 84-85. 151 [d., 5.23.
132. Id., S. 85. Cfr. A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, vol. II, pp. 151-152.
177
Capitolo terzo “non ci sono né calore libero, né elettricità libera ed anche
nessun calore collegato (latente!*3). Un corpo è caldo e perdeil
suo calore [cedendolo] ad unaltro, e questo significa soltanto che esso aumenta lo stato di un altro e, nell’applicazione di unostimolo, perdono forza, cioè si ottiene uno stato più debole”?!34,
In conformità con la tesi di Clausius, Mainlinder vuol
mettere in evidenza che la trasmissione del calore 1) è una variazione di stato e 2) che essa porta sempre ad un decremento effettivo di calore o di forza. Anche il magnetismo è
considerato, al pari del calore e della elettricità, un fenomeno del movimento della volontà individuale, così come lo è la luce, che “non è nient'altro che movimento molto violento
di un’idea divenuto visibile o un'impressione obiettivata dal
soggetto di un movimento violento sui sensi”! Solamente il sole è da considerarsi come un'imponente fonte di energia,
che funge anche da centro del nostro sistema di pianeti!*,
Secondo il filosofo di Offenbach, anche le leggi della dinamica stabilite da Newton!?” concordano coni risultati della filosofia della redenzione, poiché essa ribadisce che esiste 133 Cfr. A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena,cit., vol. II, p. 152, fra parentesi: “il divenire latente e poi libero dal calore dimostra in modo inconfutabile la sua natura materiale e, poiché esso è una metamorfosi della luce, la natura materiale anche della luce”.
134 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 86.
135. Ibidem.
136 Id., S.87. Secondo Mainlinder,i raggi solari sono percepibili sulla terra gra-
zie all'aria che funge da medium fisico, ed inoltre “si può chiamare forza straordinaria quella che la luce solare propaga per immagini[bildlich] con il
137
movimento originario, allorquando colpisce con violenza gli occhi”.
Mainlindercita il primo principio della dinamica (principio di inerzia) e la legge di gravitazione universale (S. 87), affermando che senza dubbio ‘“secondo entrambele leggi si può chiarire l’intera meccanicadelcielo,tutti i movimenti dei corpi celesti”. La presenza delle teorie di Newton (1642-
1727) all’interno del $ 31 è ragguardevole. Mainlinder, tuttavia, si oppone a Newton, senza addurre alcuna argomentazionescientifica, a proposito della teoria della conservazione della forza.
178
fisica una forza d’attrazione (e di repulsione) fra i corpi, che inte-
ressa anche quelli celesti!*8. Tuttavia, la legge newtoniana “è
semplicemente postulata e posta come presente.[...] La sua essenza è completamente sconosciuta e noi conosciamo solo la legge secondola quale essa agisce’’!5, “La filosofia immanente non può riposare su queste due forze inconoscibili”’, e così, proprio come già aveva fatto Schopenhauer, anche Mainlinderscorge nelle scoperte e nelle teorie fisiche scientifiche coeve delle “conferme”della sua teoria metafisica, la quale ha però il compito di indagare le cause prime di tutte queste forme fenomeniche dell’attività della volontà individuale. Essa deve indagare quale quello che Mainlinder chiama “il primo impulso”, lo stesso a partire dal quale hanno avuto inizio le successive modificazioni e trasformazioni nel mondo del molteplice!‘Il filosofo immanente non si può, quindi, accontentare di analizzare le cause del mondo fenomenico, ma vuol comprendere le “cause del movimento” in quanto volontà, vuol comprendere, cioè, quando è avvenutoil “primo impulso”!4!. È proprio per questo che Mainlinder presenta, per la prima volta nell’opera,la sua teoria metafisica fondamentale, sulla quale si basa ancheil filosofema principale della morte di Dio: “La filosofia immanente al contrario non fa del primo impulso alcuna difficoltà, poiché essa non deve attribuirlo ad una
138 Id., S. 88. 139 Id., S. 87. 140 Riguardo a questo erster Impuls si potrebbe rivolgere a Mainlinderla critica che Pascal rivolse a Cartesio:“Non posso concordare con Cartesio: egli avreb-
be pur voluto,in tutta la sua filosofia, poter far a meno di Dio; ma non ha potuto evitare di fargli dare un colpetto, per mettere il mondo in movimento; dopo di che, non sa più che farsene di Dio”, in B. Pascal, Pensieri, a.c. di B. Segre, Biblioteca Ideale Tascabile, Milano 1995, p. 38.
141 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 88.
179
Capitolo terzo mano esterna!*, ma lo può dedurre dal primo movimento dal quale tutti i movimenti, che furono, sono e saranno, sono semplicemente prosecuzioni. — Questo primo movimento è la disgre-
gazione dell’unità trascendentale nella molteplicità immanente,la trasformazione dell’essenza. Quando la semplice unità precosmica, l'assoluta calma e la regione del trascendente tramontò, ebbero origine la molteplicità, il movimento e la regione dell’imma-
nente, il mondo.Il movimento, che ogni volontà individuale da allora possiede,fu il primo impulso, ma niente di estraneo; poiché se noi non potessimo mai neanche spiegare la natura dell’unità precosmica dall’essenza della volontà individuale, allora di sicuro
l'essenza dell’unità, anche se modificata, sarebbe presente in questo mondo,ed il movimento, l’unico predicato della volontà in-
dividuale, è sgorgato dall’interno e non è arrivato dall’esterno. In questo modosi giunge poialla evidenza della teoria di Kant e Laplace,sulla base del movimento della terra”!,
I temi adoperati da Mainlinder hanno un'evidente eco
platonica!‘il mondo del divenire, quello fenomenico,è il mondo del molteplice, mentre quello di Dio è quello dell’unità precosmica. Il rapporto fra essere e divenire non è, come nel Tteteto platonico!‘ una struttura extratemporale, ma esso è, come per sant'Agostino,il principio stesso del tempo, del moto e quindi del divenire.
14 Cfr. Id., S. 5. 143 Id,, S. 89.
È possibile riscontrare una certa influenza di Scotus o Scoto Erigena (Jeru-
gena), Johannes (ca. 810-877), autore del De divisione naturae e del De praedestinatione, già citato da Mainlinder nella sua Prefazione. Cfr. P, Mainlinder,
“Aehrenlese”, S. 466-467, in cui Mainlinder scrive che Scoto ‘aveva chia-
mato gli uomini rinnovamento di tutte le creature: il macrocosmo e il microcosmo. L'uomo è pervaso così comelo è la natura”. Mainlinder riprende anche la metafora della luce nell'uomo delfilosofo irlandese, conside-
rando l’immagine “ingenua” ma “molto bella”.
145. Cf. Platone, Teeteto, 152d e ss.
180
La fisica 8.2. Dalla nube originaria alla legge dell’indebolimento delle forze “Il primo movimento edil sorgere del mondo sono la medesima cosa. La trasformazione della semplice unità nella molteplicità, il tramonto della regione del trascendente nell’immanente, fu proprio il primo movimento.[...] Tutti i movimenti successivi furono solo continuazioni di questo primo,e cioè essi non potevano nient'altro che essere o di nuovo disgregazione o ulteriore frammentazione delle idee. Questa ulteriore disintegrazione si può esprimere attraverso la divisione delle materie semplici e attraverso i legami. Ogniidea chimica semplice avevala tendenza ad allargare la sua individualità, ovvero a cambiare il proprio movimento” 1%,
Ogniidea, nel senso attribuitole da Mainlinder, cercava
di espandere la propria sfera di attività, giungendo così ad una lotta violenta conle altre idee, sino a quandol’idea vincitrice stabiliva un legame chimico provvisorio, con il quale ricominciare la sua battaglia con una nuovaidea. Si formavano così, per gradi, i primi corpi e successivamente i primi organismi. Ma come è accaduto tutto questo? Riprendendola teoria di Kant-Laplace, Mainlinderscrive che le idee di cui si componevala nostra terra “erano in una nu-
be originaria infuocata [feuriger Urnebel|”, nella quale, da un lato, gas e vapori si davano battaglia in maniera caotica, dall’altro, si formavanola crosta terrestre, i mari ecc...
Mainlinder sostiene che le idee individuali contenute nella nube sono le medesime di oggi, osservando che la “connessione genetica” è presente, ma al contempoafferma che l’essenza non la stessa, poiché si è modificata, cioè “la sua forza ha perso di intensità: essa è diventata più debo-
146 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 94.
181
Capitolo terzo
le”!4, Mainlinder avanza un primo passo verso la formula-
zione della sua teoria dell’indebolimento della forza, cer-
candodi arrivare ad essa dandole formae dignità scientifiche. Non deve infatti meravigliare che egli scriva che “questa è la più grande verità che la geologia insegna”’!4, come se davvero questa teoria fosse stata enunciata così comeegli la presenta. Mainlinder tenta quindi di coniugare la teoria di KantLaplace con la sua idea di un’unità dinamica del mondo, nella quale, a causa della lotta per l’affermazione delle idee,
la forza totale diminuisce ex gradu:
“Un gas è, nella sua intima essenza, secondo il proprio ten-
dere, più forte di un liquido e questo più forte di un solido. Non dimentichiamo mai che il mondo ha unasfera di forza finita, e che per questo una qualche idea che ha ceduto la sua intensità
non potrà essere rinforzata, senza che un'altra idea perda di for-
za. Un rafforzamento è altresì possibile, ma al prezzo di un'altra
forza, o con altre parole quando nella battaglia del mondo inor-
ganico una di esse diviene più debole, di modo che la somma delle forze obiettivate nel mondo diviene più debole, e per questa perdita non c’è alcun sostituto, proprio perché il mondoè finito e perché esiste con una determinataforza[...]. Il risultato è
anche qui indebolimento della forza, anchese la stessa, a causa di un lungo processo d’evoluzione, non è visibile giorno per giorno, e la sensazione [del suo decorso] sfugge’’!4,
Questa legge dell’indebolimentosi ispira chiaramente al principio di entropia di Clausius. Essa ha validità anche nel regno organico,attraverso la battaglia per la vita di ogni volontà individuale vegetale e animale, nella quale lotta la ri-
147 Id., 5.95.
148. Ibidem. 149. Ibidem.
182
La fisica produzione è il tentativo di “conservazione dopo la morte”. Sia che avvenga un frazionamentoallivello delle idee chimiche, sia che abbia luogo la battaglia per l’esistenza di individui animali, il risultato è il medesimo: “indebolimento degli individui”!°°, In ogni nuova generazione, nata dai vincitori della lotta per l’esistenza, nasceranno individui sempre più deboli, perché il combattimento intrapreso dai loro genitori avrà consumatole loro forze originarie e quindi, infiacchiti e indeboliti, essi non potranno che mettere al mondo deifigli più deboli di loro. Si potrebbe quasi parlare, a questo proposito, di “involuzione della specie”, da quella più forte a quella più debole. Anchein questo caso, Mainlinder ammanta la sua spiegazione di vesti scientifiche, sostenendo che “come la geologia per il regno inorganico,così la paleontologia per quello organico è la prova principale, con la quale,sollevati da ogni dubbio,si attinge la verità che nella lotta per l’esistenza gli individui avanzano sempredi più, di un grado in avanti nell’organizzazione, ma nel contempo divengono sempre più
deboli”?!5!.
La paleontologia giungerebbe allora in aiuto del ricercatore nel confermare questo lento processo di indebolimento progressivo, non visibile in brevi lassi di tempo. Le scienze forniscono quindi le “prove indirette”, alle quali
Mainlinder affiancherà nella Metafisica le “prove dirette’’!°2 della teoria dell’indebolimento della forza.
150 Id., S. 96.
151. Ibidem.
183
Capitolo terzo
9. Ateismo scientifico e morte di Dio 9.1. Necessità morale dell’ateismo
Affermare che la volontà di vita individuale è il princi-
pio del mondo dovrebbesignificare affermare che essa è anche autonoma e indipendente. Tuttavia, Mainlinder scrive che, se la volontà “è autonoma ed indipendente, non è possibile che ci sia una connessione dinamica”. E l’esperienza quotidiana dimostra che questa connessione dinamica di tutte le volontà individuali esiste. Allora Mainlindersi chiede quale dei due principi, la volontà individuale o la connessione dinamica,sia falso:
“o gli individui singoli sono autonomi, e quindi l’influxus physicus è impossibile [...] oppure essi non sono autonomi, e
quindi deve esserci una semplice sostanza, che li mette in atto, dalla quale loro ricevonola vita in feudo ””!5.
Come scrive giustamente il filosofo, “il problema è straordinariamente importante”, poiché ne va non solo della struttura del mondo, ma — e questo soprattutto interessa a Mainlinder — della libertà dell’individuo singolo. “L'autorità dell'individuo è in gran pericolo [...] comese fosse perduta irrimediabilmente”. Sembra quasi, scrive Mainlinder, chealla filosofia immanente nonriesca più di difendere l’individuo. Seguendo la “costrizione logica” di questo discorso, si dovrebbe giungere o ad affermare un Dio trascendente che vive e dal quale dipendiamo (monoteismo), oppure ad ammettere che ogni essere vivente dovrebbe far parte di un'unica essenza divina immanente (panteismo). Ma, tanto 152 Id., S. 97. 153. Id., S. 67.
184
La fisica nelle mani di un Dio oltremondano, quanto nelle mani di un Tutto immanente, l’uomo diverrebbe “una marionetta”?154 e perderebbe la sua indipendenza. Ma spesso “la na-
tura mente”e lascia apparire l’uomo come
“oro falso e senza valore [Katzengold] [...]. Al contrario tutto ciò riesce a difendere le volontà individuali, i fatti [Thatsache] dell'esperienza interna ed esterna, poiché esiste anche una costrizione logica, quella di rompere definitivamente e per sempre contutte le idee cervellotiche trascendenti, esse solamente vor-
rebbero penetrare sotto le vesti di monoteismo, panteismo o materialismo, poiché — per la prima volta — l’ateismo è fondato
scientificamente’’!5,
Main quale maniera questa fondazione scientifica dell’ateismo è possibile? Mainlinder ribadisce!che “nessun rapporto causale o legge di casualità o causalità generale può ricondurci al passato della cosa in sé, ma solo il tempo [può farlo]. Alla nostra portata seguimmole catene di sviluppo a parte ante!5?, trovammo però che nella regione immanente
non possiamo mai andare oltre la molteplicità”[...]??!>8,
Se, però, dal nostro mondodella molteplicità e del divenire non è possibile tornare alla regione del trascendente, tuttavia, grazie a queste catene di sviluppo, la nostra ragione può “trovare inesorabilmente la semplice unità”. Seguendo la ragione, allora, dovremmo “lasciar confluire gli individui
154 155 156 157 158
Id., S. 103. Cfr. Id., Prefazione, la nostra traduzione oppure S.V-VIII: VIIVIII. Id., S. 103. Cfr. Id., S. 26. Le “Entwicklungsreihen” di cui Mainlinder scrive a p. 26 della “Analytik des Erkenntnisvermògens”. Id., S. 104.
185
Capitolo terzo al di là della regione dell’immanente in un’inconcepibile unità”. Tutto ciò non può avvenire nel presente, che nessuno può oltrepassare, ma può essere ritrovato solo nel passato. Mainlinder sostiene che solo attraverso la ragione, e cioè ripercorrendoa ritroso le catene di sviluppo, è possibile tornare indietro nel tempo e trovare quella semplice unità precosmica, che non possiamo rappresentarci “né con immagini, né con similitudini”1°9,
“Quindi, nel regno dell’immanente troviamo solamente volontà
individuali ed il mondo nonè nient'altro che unaunità collettiva di individui, allora gli stessi individui non sono autonomi, poiché loro furono prima della creazione del mondo una semplice unità ed il
mondostesso è diventato l’azione di questa unità”190,
Di conseguenza,le volontà individuali non sono né totalmente indipendenti, né fanno più parte di un’unità immanente, ma sono “per metà indipendenti”. La soluzione di Mainlinder vuol tener conto da una parte della connessione dinamica, dall’altra dell’indipendenza individuale. Mainlinder propone una soluzione mediana: da unaparte la preesistenza di un’unità garantisce la connessionefra le singole volontà individuali; dall’altra le singole volontà conservano una qualche autonomia, perché l’unità precosmica non esiste più, come ha già scritto in precedenzailfilosofo, ‘‘è tramontata”. Anchela critica di Mainlainder alla filosofia di Spinoza muovedalla volontà di salvare l’individuo dal tutto. L'individualismo di Mainlinder, che si dichiara immanentista come
Spinoza, combatte proprio il panteismo spinoziano!9!, poi159. Ibidem. 160 Id., S. 105.
161 Mainlinder non approva che Spinoza postuli Dio sia come causa che come principio [Id., Ph. d. Etl., cit., Bd.II, S. 226]: “Non ammetto per niente
186
La fisica ché l’esistenza di Dio, tanto più di un Dio immanente, vin-
cola e compromettela libertà del singolo.
9.2.“Dio è morto e la sua morte fu la vita del mondo”
Unavolta confermato che “la volontà individuale è salvata, nonostante la sua mezza indipendenza, comeprincipio del mondo”, Mainlinder procede ad ampliare la definizione della semplice unità originaria prospettata nella sua gnoseologia. Egli, infatti, aveva stabilito via negationis che essa era ‘‘iInattiva, non estesa, indistinta, indivisibile (semplice), im-
mobile, atemporale (eterna)””!92, Ora, dopo aver ampiamen-
te discusso in tutta la Fisica che la volontà è movimento,egli può ex contrario affermare che “dobbiamo quindi attribuire all'unità precosmical’assoluta quiete”. Inoltre, se allora il mondo del molteplice è governato dalla necessità, seguendo questa logica ex contrario, seguirà che anchela libertà in senso assoluto è appartenuta solo all’unità precosmica!99, Ma,allora, quale tipo dilibertà ha mai inteso difendere dal monoteismo, dal panteismo e dal materialismo la filosofia immanente di Mainlinder? “Cosa sarebbe la libertà (liberum arbitrium) in senso filosofico,
possiamo dirlo solo con queste parole: la facoltà di un uomo di essere un determinato carattere, di volere o non volere un qualche sufficiente motivo”.
quindi il punto fondamentale, che una onnipotente saggezza, che conduce la storia del mondo,trovi posto proprio nel vangelo di Giovanni, proprio in Spinoza, ecc...che la causa diventi poi azione”; Id., Bd.II, S. 470: “La sostanza una di Spinoza, dappertutto un Dio nel mondo,deve essere per ogni persona ragionevole e ponderata una vera e propria mostruosità”.
162. [d., S. 106. Cfî, Id., S. 29. 163 Id., S. 106-107.
187
Capitolo terzo Questo non significa che ogni individuo sia libero di agire in maniera indipendente dal destino segnato dal movimento totale del mondo, bensì che egli può solamente assecondare le sue inclinazioni, che sono in ognicaso già determinate dal proprio movimento individuale.Violandoil prescritto schopenhaueriano della necessità dell’agire umano, Mainlinder afferma che l’individuo possiederebbe, insom-
ma, una “semilibertà”’!94, All’uomo è assegnata una sovranità
di interregno, effimera e circoscritta, sempre in relazione a Dio, poiché essa è compresa fra gli estremi dell’origine e della morte dell’unità di Dio. “In nessun caso ci sarebbe possibile che venga data una prova in favore di questa libertà. [...] Noi possiamo associare la li-
bertà solo alla semplice unità, perché essa fu una semplice unità.
Presso di lei cade la costrizione della motivazione, che è un fat-
tore di ogni movimentoa noi noto”!9,
In base a questo, Mainlinderstabilisce il seguente “schema immanente”: “Mondo del molteplice —- Movimento — Necessità sta quindi in relazione allo schema trascendente:
Semplice unità — Quiete — Libertà”!96,
Mainlinder fa dunque il punto della situazione, enucleando gli aspetti salienti della sua teoria, per trarne le ultime, estreme conclusioni:
“Già nell’Analitica abbiamo trovato che la forza, appena è
passata peri sottili fili dell’esistenza dalla regione dell’immanen-
164 Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 94f£. 165 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 107. 166 Ibidem.
1883
La fisica te a quella del trascendente, smette di essere forza. Essa è più no-
ta e diviene completamente inconoscibile come l’unità nella quale è tramontata.[...] Noi chiamiamo forza ciò che è volontà
individuale, e nella Fisica abbiamo visto infine che lo spirito è la funzione di un organo reciso dalla volontà e in base a nient'altro che ad una parte di un movimento diviso. Perdiamola volontà, così conoscibile nella regione dell’imma-
nente, così intimo unico principio, perdiamo anchelo spirito, ad es-
sa subordinato, secondario, ma in ogni caso così intimo principio,
nel modoin cui perdiamola forza, non appenali lasciamo trasportare nella regione del trascendente. Essi espiano totalmente la loro natura e si separano completamente dalla nostra conoscenza. Così siamo costretti allora a chiarire che la semplice unità non era né volontà,né spirito, né il particolare intreccio di volontà e spi-
rito. In questo modo perdiamo l’ultimo punto fermo”!9”,
Di fronte a questo stallo teoretico, cioè all’impossibilità di far valere qualsiasi categoria dell’immanentesul trascendente,sia essa volontà, movimento spirito, Mainlinder so-
stiene che si può
“Attribuire a quest’essenza il noto nome che da sempre indica ciò che nessuna capacità rappresentativa, nessun volo della
più audace fantasia, nessun astratto pensiero, per quanto profondo, nessuna anima, concentrata e piena di devozione, nessuno spirito nell’estasi e nel rapimento ha mai raggiunto: Dio”*!98,
Ispirato forse al modello negativo dell’Ungrund dei mistici (Scoto, il Francofortese o Tauler), Mainlinder chiamala
167
Il passo riproduce quasi letteralmente quello dell’anonimo Francofortese,
che così si esprime: “Dio comedivinità, al quale non appartiene né volontà, né sapere o manifestazioni, né questo, né quello, né ciò che si può nominare o dire o pensare. / Ma Dio in quanto appartenente a Dio, poiché egli
esprimese stesso e conosce ed amase stesso ed a se stesso si manifesta”, cit.
in P. Mainlander, Ph. d. Erl., cit., Bd. II, S. 236.
168 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 108.
189
Capitolo terzo semplice unità col nome di Dio. Ritorna così a delinearsiil modello della via negationis dei neoplatonici, dimodoché al posto dell’ingenuofilosofo realista dell’Analitica, nella Fisica subentra un fumoso filosofo morale. È evidente, infatti, che
l'introduzione del concetto di Dio segni nonsolo una svolta, ma addirittura una frattura, con lo spirito realistico dell’Analitica e che allora “questa teologia di Mainlandersia in cogente contraddizione con il ripetuto ed invalso postulato
dell’immanenza della sua filosofia”!9?. Ancheseil filosofo a
bella posta ha affermato nella Fisica l’identificazione della semplice unità con Dio, quasi a ribadire che questo riconoscimento è la logica conseguenza di quella analisi del principio del mondo, della volontà immanente, ciò non toglie che il tentativo sia possibile solo attraverso un “salto”, cioè solamente postulando l’identità fra Dio e l’unità originaria. Ma tutto questo è sufficiente per considerare Mainlinder un filosofo di ispirazione teologica? A questa domanda sembrerebbe rispondere la successiva tesi del filosofo, quella sui cui egli fonda il suo ateismoscientifico!”9, quella che ha strappato Mainlinder all’anonimato, che lo ha reso noto ad un lettore attento e sensibile quale fu Nietzsche: “Ma questa semplice unità è divenuta; non è più. Mutata la sua essenza, essa si è frantumata completamentee totalmente verso il mondo del molteplice. Dio è morto e la sua morte fu la vi-
ta del mondo”!”!.
169 W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., p. 80.
170. Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., Bd. II, S. 235-237: “wissenschaftlich be-
griindeten Theismus”. Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie,cit.,
S.80-81. Secondo E. von Hartmann[Id., Geschichte der Metaphysik, cit., Bd. II, S. 532]: “Il vangelo di Mainlinder, secondo il quale Dio sarebbe morto, non è, come egli [Mainlinder] ha pensato, la prima forma di ateismo scientificamente fondata, bensì un’assurdità metafisica e una blasfemia religiosa”.
171 P. Mainlinder,Ph. d. Erl., cit., S. 108. Cfîr. Id., Bd.II, S. 237: “Questadivinità morì, però il mondo vennealla luce”. Sembrerebbecheall’influenza eserci-
190
La fisica La morte di Dio si presenta così nel suo duplice aspetto, metafisico e morale, come condizione di una teofania negativa, per la quale Dio è causa del mondo ma non più suo principio, e come condizione della parziale libertà dell’uomo, che non dipende più dall’azione di un Dio immanente, ma che in ognicaso è condizionata da un Dio oramai
tramontato!”2, L'azione di autodistruzione di Dio fu sufficiente a generare il moto delle singole individualità,
“l'esplosione fu l’azione di una semplice unità, la sua prima ed ultima azione,la sua singola azione. Ogni volontà del presente conserva essenza e movimento in questa unica azione e perciò tutto si connette reciprocamente come un ingranaggio nel
mondo”!?3.
L'esplosione dell’unità originaria, la morte di Dio, è lo zero delle assi cartesiane da cui hanno origine il tempo ed ogni individualità, cosicché “le catene di sviluppo dell’universo discendono indirettamente attraverso l’unità originaria e direttamente attraverso il primo movimento”.
tata da Spinoza Mainlinder abbia coniugato lo studio del mistico l’Anoni-
172
mo Francofortese, del quale, proprio a questo riguardo, Mainlindercita alcuni passi (S. 236-237). Mainlinder traccia allora il processo mentale o, per così dire, psicologico, che ci ha portato ad equivocare sulla semplice unità. Id., S. 108: “Abbiamo per prima cosa una pura regione dell’immanente, nella quale o sulla quale non alberga più nessuna forza — essa si chiami come si vuole — questa, come un direttore di un teatro di marionette, lasciò fare un po’ questo e un po’ quello. Poi sorse in noila verità, che tutto ciò che fu prima del mondo esistette in Dio. Noiesistevamoin lui: non potevamoutilizzare nessun'altra parola. Vorremmodire: vivemmo e tessemmoin lui, così tutto ciò divenne falso, poiché trasferimmol’attività delle cose di questo mondosull’essenza che era totalmente inattiva ed immota. In seguito non fummopiù in Dio, poiché la semplice unità fu distrutta e morì. Per questo siamo nel mondo
del molteplice, gli individui del quale sono uniti in tensione verso un’unità
collettiva”.
173 Id., S. 109.
191
Capitolo terzo Mainlinder, quindi, considera il primo movimento nonsol-
tanto in chiave temporale come un “dopo”, ma anche in senso ontologico come un “altro” dalla semplice unità di Dio. La differenza ontologica fra l'essenza di Dio ed il resto del mondo è incommensurabile. Solamente la connessione dinamica del tutto testimonia dell’esistenza di Dio. Essa dà ragione della possibilità di relazione delle singole volontà individuali e del loro movimento risultante, che Mainlinder
non esita a chiamare deterministicamente il “destino del mondo”!74. In terminiontologici,“il destino non è nient’altro che il divenire del mondo, il movimento di una con-
giuntura orfica,la risultante di tutti i singoli moti”. Dopo aver rimandato ad ulteriori spiegazioni nella sezione dedicata alla Metafisica, Mainlinder risponde ai quesiti lasciati aperti nella sua teoria della ragione e cioè afterma che le forze chimiche elementari sono indistruttibili e che esiste un’origine ed un inizio del movimento del mondo e delle singole individualità, ma che esso movimento non hafine!’°. Tuttavia, il movimento deve essere modifi-
cato da una legge fondamentale del divenire, l’indebolimento della forza, della quale Mainlinder discuterà nella Metafisica. Nella Fisica Mainlinder ha raggiunto l’obiettivo chesi era proposto, fornendo la soluzione alla domanda dalla quale era partito, cioè quale fosse il principio del mondo del molteplice e rispondendo in maniera univoca che esso è la volontà individuale.
174. Ibidem. 175 Cf. Id,, cit., S. 33. In questo passo Mainlinder intende il movimento totale del mondo comeinfinito,alla maniera di un limite matematico tendente a zero (t-45) 0); tuttavia questa posizione verrà abbandonata successivamente.
192
La fisica 10. Breve nota alconcetto della “morte di Dio”. Analogie e differenze fra nichilismo mainlinderiano e nietzscheano La Philosophie der Erlisung fu tra le letture del grande Nietzsche e, comerisulta da un’attenta analisi dei testi e de-
gli appunti del filosofo dello Zarathustra, egli se ne occupò per poco più di dieci anni (1876-1888), anche se in maniera rapsodica ed occasionale. Per entrambii filosofi il problema della morte di Dio è legato indissolubilmente a quello della libertà dell'uomo, e quindi per entrambiil problemadell’esistenza di Dio è di ordine morale. La morte di Dio restituisce all'uomo la possibilità di decidere del bene e del male. Inoltre l’espressione mainlinderiana “Dio è morto” rinvia immediatamente a quella nietzscheana. Ma le analogie finiscono qui. La fondazione dell’ateismo di Mainlinder differisce da quella di Nietzsche non solo per minore capacità e profondità di analisi, ma anche qualitativamente: Mainlinder presuppone un Dio garante della connessione dinamica delle singole volontà e del mondo,il quale, anche dopoil necessariosuicidio, continua ad essere presente comeil presupposto di ogni relazione delle parti; il mondo dunque rimane un prodotto divino. Nietzsche non riconosce alcun “filo sottile” che colleghi Dio all’uomo, non postula “catene di sviluppo” che connettano il divino con l'umano e non è un caso che Nietzsche apostrofi il mondo immaginato da Mainlinder con l’espressione
“Effetti postumi del vecchio dio [...] eternamente nuovo”!°. Nietzsche considera Dio “un'ipotesi troppo estrema”!77, che
176 E Nietzsche, Frammenti postumi 1884-1885, estate-autunno 1884, 26 [383], vol.VII, t. II, p. 229.
177 Id., Frammenti postumi 1887-1888, nov. 1887/marzo 1888, n. 11[150] del
vol.VIII,t. II, p. 279.
193
Capitolo terzo combatte strenuamente attraverso una stringente analisi antropologica, la quale gli permette, da una parte, di considerare la morale come un prodotto della storia, un prodotto umano,e,
dall’altra, di identificare Dio conil garante metafisico della morale platonico-cristiana. Nietzsche considera Dio un fastidioso “testimone”, ma anche un colpevole chiamato a giudizio dal tribunale del consorzio umano per aver sacrificato la vita, “la terra”, sull’altare del dover essere e dell’ultraterreno.
Il nichilismo nietzscheano libera l’uomo dalla sudditanza morale osservata nei confronti di Dio,perrestituirgli la libertà delle proprie azioni, là dove il nichilismo mainlanderiano ottiene una anodina semilibertà individuale, e nonfa fronte al-
la necessità di una riconsiderazione integrale della dimensione storica ed umana della morale, cioè non compie alcuna analisi, per così dire, decostruttivista e genealogista. La filosofia di Mainlinder conclude proprio dove inizia l’analisi morale di Nietzsche, con la morte di Dio.Il suo ‘“‘ul-
timo uomo” non è in grado di fare un passo in avanti verso lo Uber-mensch di Nietzsche, non giunge nemmenoa proclamare la morte di Dio, ma si occupa del mondo comedel cadavere suicida di Dio. Il nichilismo passivo e pessimistico di Mainlinder è presupposto e superato dal nichilismo attivo e Vitalistico di Nietzsche. Sull’oziosa questione se la morte di Dio formulata da Mainlinder abbia in qualche modoinfluito sulla formazione del nichilismo nietzscheano, va detto che in Nietzscheil
concetto della morte di Dio si era già insinuato attraverso la lettura giovanile (1870) di Plutarco (“Il dio Pan è morto”) e di Schopenhauer, tant'è che già nella Nascita della Tragedia Nietzsche aveva scritto “Io credo nell’antica sentenza germanica:tutti gli dei devono morire!?8”. È necessario allora 178 Id., La nascita della tragedia, in Opere,cit., vol. III, t. I, p. 121.
194
La fisica considerare Mainlinder come una delle numerose letture delle quali Nietzschesi servì per i suoi studi sul pessimismo schopenhaueriano. Tuttavia, è possibile che con la suggestiva espressione “morte di Dio” Mainlinder abbia in qualche modocolpito l’immaginario di Nietzsche, tanto che quell’espressione fu da Nietzsche utilizzata come efficace icona di quella complessa e ricca riflessione sul nichilismo contemporaneo del quale egli viene considerato il padre. All’interno di questa riflessione, l’immagine della morte di Dio assume un nuovo significato, diviene metafora della trasvalutazione di tutti i valori. Così, anche se l’immagine di Mainlander sedusse l’autore dell’Anticristo, l’omonimia del
termine non permette di far coincidere i due semantemi e la filosofia di Mainlinder rimane confinata all’interno di quello schopenhauerismo che Nietzsche intese superare.
195
Capitolo quarto
L'estetica
1.
L'estetica come scienza deldisinteresse
Rispondendo più ad un'esigenza architettonica, che non speculativa, nel capitolo dell’Estetica della Philosophie der Erlòsung, Mainlinder si preoccupa di reinterpretare la teoria
del bello, attraverso la metafisica del movimento delle volontà individuali. Il filosofo cerca di riconciliare, all’interno
della sua spiegazione metafisica, speculazionifilosofiche differenti e spesso eterogenee fra di loro, e per ciò stesso inconciliabili: all'estetica di Schopenhauer, privata però del ruolo fondamentale delle idee generali, si intrecciano, in maniera confusa e contraddittoria, alcuni temi della Critica
del giudizio di Kant e l’ideale romantico dell’anima bella di Schiller, già ripresa anche da Hegel nella Fenomenologia dello Spirito. Mainlinder definisce l'estetica come una scienza, “perché essa stabilisce, sotto un particolare puntodi vista, diversi casi”! ed inoltre perché essa “porta regole”, ovvero essa è normativa. L'estetica si occupa “di uno stato speciale della volontà,suscita
!
P. Mainlinder,Ph. d. Erl., cit., S.115. Diparere diverso è invece Kant, peril quale l’estetica non è una scienza. Cfr. I. Kant, Critica del giudizio (1790), a c. di L. Amoroso,2 voll., BUR, Milano, 1998", vol. I, p. 417 e p. 421.
197
Capitolo quarto una particolare maniera di comprendere le idee”, cioè essa si occupa della volontà individuale di vivere, che nella Fisica Mainlinder ha stabilito essere il principio della natura. “Fondandol'estetica, vogliamo in ogni momento aver pre-
sente che nella natura si dà solamente un principio: la volontà in-
dividuale di vita, e che esso, indipendente dal soggetto, è cosa in sé, dipendente da esso, è oggetto”.
Con questa espressione molto stringata Mainlinder intende enunciare una definizione generale di oggetto estetico, che tenga conto contemporaneamente di esso in relazione alla sua essenza ed al suo manifestarsi. Con la prima parte dell’espressione egli ribadisce allora che ognientità naturale, indipendentemente da un soggetto che la conosca — considerata cioè non come puro fenomeno, manella sua essenza — è volontà individuale; inoltre, in quanto fenomeno, cioè dipendente dalla vo-
lontà comeprincipio, esso è oggetto dell'estetica. Mainlinder sostiene che “ogni uomo vuolela vita in un mododistinto e con undistinto spirito, cioè un distinto movimento”. Abitualmente l’uomo considera le cose chelo circondano semprein relazione ad un qualcosa, “o, detto in breve, il suo interesse è il suo metro”. A causa di ciò, l’uomo
non riesce a vedere gli oggetti nella loro purezza, masolo at-
traverso la loro attività, nell’incessante moto di interazione
con la propria volontà.Solo il “disinteresse”4 allora permette di modificare la relazione con l’oggetto, di giungere alla “re-
lazione estetica ”, allo “stato estetico”, alla ‘gioia estetica”.
2 3 4 ©.
P. Mainlinder,Ph. d. Etl., cit., S. 115. Ibidem. Cf.I. Kant, Critica del giudizio,cit., vol. I, p. 150 e p. 167. A. Schopenhauer, Il mondo..., vol. I, pp. 371-2. P. Mainlinder,Ph. d. Etl., cit., S.116.
198
L'estetica
2.
Leformea priori dello stato estetico e la contemplazione
Mainlindersostiene, con diversi esempi, che ad ogni uomoè datala facoltà di entrare nello stato estetico, anche se a
taluni riesce più difficile che ad altri. Secondoil filosofo,
“Le idee mostrano la loro essenza nell’oggetto in diverse maniere[...]: 1) nella formae nella loro totalità; 2) nel movimento degli elementi;
3) nell’espressione mimica e negli occhi; 4) in parole e toni”.
In questa maniera, scrive il filosofo, “l’interno viene
portato all’esterno sempre chiaramente”? e, quindi, le idee si esprimonella loro pienezza. Anche per Mainlinder, come già per Schopenhauer’, l’uomo haa che fare sempre e solamente con oggetti, ad esclusione solamente di quando egli si pone come oggetto, e questa “differenza è molto impor-
tante ancheperl’estetica”3,
Per quanto riguarda toni e parole, la loro naturarisiede
nelle “oscillazioni della volontà, nel loro movimento,il qua-
le si comunicanell’aria”. L'oscillazione si propaga in modo tale che il movimento prosegue in una “idea estranea”e si oggettiva attraverso i nostri sensi. Proprio per questo anche toni e parole sono da considerarsi oggetti cometutti gli altri. Essi non mostrano mai la volontà individuale, ad ecce-
zione che negli artisti, i quali hannola possibilità di riconoscere “nel proprio cuore” la cosa in sé delle parole, in virtù di un profondorichiamointeriore e volontario. Esi-
6 8
Id.,5.117. Cfr. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. I, pp. 264-5.
P. Mainlinder,Ph. d. Etl., cit., 5.117.
199
Capitolo quarto stono difatti due particolari modi di manifestarsi dello stato estetico: ‘‘1) la contemplazione estetica 2) la partecipazione [Nachfthlen] o il sentire insieme [Mitgefth]] 999 estetico”.
Nella contemplazione estetica la volontà si comporta ‘“come se” [als ob] il suo movimento abituale all'improvviso cessasse ed essa divenisse “immota”!°. La contemplazione genera l'illusione che tutti i desideri, tutti gli impulsi e tutte le impressioni vengano placati improvvisamente. L'uomo giunge a credere all’illusione di poter rappresentare un'essenza comese la conoscesse in maniera pura, tanto che ogni legame col mondo contingente viene finalmente spezzato. Proprio per questo, anche le leggi di causalità, e con esse la connessione dinamica e i legami genetici che poggiano nel tempo,si dissolvono,sino a generare l'illusione che l’oggetto estetico diventi zeitlos, “sciolto dal tempo”, eterno. Attraverso quella che, allora, potremmo chiamare “illusione estetica” si perviene all’ingannevole impressione che l’autocoscienza possa raggiungere la quiete assoluta, una qualche “indicibile santità”!!.
La contemplazione assume diversi gradi di profondità, in relazione alla diversa intensità di movimento posseduta dagli oggetti: nella partecipazione estetica la volontà svanisce col movimento dell’oggetto; così, per esempio, ‘“prestiamoascolto al canto di un uccello, oppure alle espressioni di sentimentodialtri animali [...], per i quali non nutriamo al-
cun interesse diretto”!2, in modotale che la nostra volontà
° Ibidem. 10° Ibidem. 11
Id.,,5.118.
12 Ibidem.
200
L'estetica
‘vibra in silenzio”. A questo secondo mododello stato estetico si associa, innanzitutto, un doppio movimento:l’entusiasmo estetico [aestetische Begeisterung]: “La sua prima parte è o la contemplazione estetica o il sentire insieme estetico; la sua seconda parte, al contrario, o gioia,
o giubilo, o coraggio, o speranza, o struggimento, o comunque un'’eccitazione della volontà piena di pathos. Esso sorge talvolta dalla contemplazione ed è perciò anche il movimento più de-
bole”!5
Secondo il pensatore di Offenbach ogni oggetto può diventare oggetto estetico!*, anche se alcuni oggetti sono può o menoinclinia sollecitare la contemplazione. Ma è assodato che “ogni uomo può comprendere esteticamente e ogni oggetto può essere osservato comeoggetto estetico, tuttavia non ogni 0ggetto è bello. Cosa significa allora che un oggetto è bello?”?!5
Sotto il concetto generale di “bello”, Mainlinder distingue diversi tipi che egli utilizzerà successivamente per l’analisi delle arti: 1) “bello soggettivo” o “bello formale”, che riposa sulle forme e funzioni a priori del soggetto, nel quale sono in relazione lo spazio matematico,la causalità, la materia (“o sostanza”) ed il tempo. Il bello formale si ha quindi quando, come in Schopenhauer!9, le parti che co-
13 Id,, S. 119. 14 Id., 5.120. 15 Ibidem. Per forma regolare Mainlinder intende una figura formata da linee conti-
nue(rette, circolari, a spirale), come nella geometria, in cui sia rispettata sia la proporzione delle parti col tutto [Gestali], sia la simmetria. Così anche Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. II, p. 583 e p. 584.
201
Capitolo quarto stituiscono un oggetto hanno un rapporto armonico col
tutto. La bellezza formale si rivela come causalità, quandosi
mostra come un movimento esterno regolare, come mate-
ria attraverso l'armonia dei colori e, infine, come tempoin
quanto successione regolare!”; 2) “fondamento del bello nella cosa in sé”; esso è il prodotto di quella bellezza che l'oggetto nascondein sé e della bellezza formale!8, cioè pura obiettivazione della cosa in sé. Con questo concetto Mainlinder vuole attribuire all'oggetto una bellezza ogget-
tiva, come aveva già fatto Schiller, “indipendentemente dal
bello soggettivo””!?, cioè da un soggetto contemplante, per poter affermare,infine,l’esistenza di 3) un “oggetto bello”, cioè quell’oggetto che, indipendentemente da ogni soggetto, possiede una bellezza in sé, e quindi oggettiva, la quale deriva dal “movimento armonico” dell’oggetto. 3.
Il bello è in tutti gli oggetti Mainlinder non utilizza mai il termine bellezza,
Schonheit, perché la sua indole di filosofo empirico rifiuta ogni astrazione, ma preferisce ricorrere al sostantivato das Schòn, rinviando così il concetto alla cosa singola e concreta. Chein ogniente sia celata in gradi diversi una certa quantità di bello consegue dalla necessità dell'armonia interna ad ogni oggetto, poiché “questo primo movimentoè stato, in quanto esso fu azione della semplice unità, necessariamente uniforme e armonico,e poiché tutti gli altri movimenti furono e sono solo suoi prosiegui, ogni tendere della cosa in sé deve
17 P, Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 121. 18
Id.,S. 122.
19 Ibidem.
202
L'estetica
necessariamente essere nel suo fondamento più intimo armonico”, come dimostrerebbe anche l'armonia degli astri e dei corpi celesti grazie alla “meccanica del cielo”20, Tuttavia, secondo il pensatore, “Nel regno dell’inorganico, dove però il tendere della volontà
è semplicementeindiviso e straordinario, emerge che nella lotta di
un individuo con unaltro (parzialmente in guerra per l’esistenza) l’armonico movimento interno può venir a mancare solamente di purezza di espressione. Nel regno organico, dove domina senza eccezione la battaglia per l’esistenza e con grande vigore, nessuna
aspirazione si può manifestare nella sua purezza”?!.
Con questo, Mainlinder vuol spiegare che non ci è sempre possibile riconoscere la bellezza negli oggetti, siano essi di natura organica o inorganica, poiché negli uni, dove
il movimento della volontà non è mediato dall’intelletto, la
guerra per l’esistenza non si esprime col massimo vigore; negli altri, anche se la lotta per l’esistenza assume una forza maggiore, questa battaglia è mediata dai motivi dell’intelletto ed è quindidifficile poter riconoscere i moti della volontà. Di conseguenza,il risultato spesso è quello di un apparente moto disarmonico e disunitario. In ognicaso, è proprio il mondo organico, grazie al suo carattere “per metà naturale” e “per metà artistico”, che, per Mainlinder,risulta offrire “gli oggetti più belli e la maggior parte degli oggetti belli”?2. Dopo aver ammesso che anche nel regno vegetale e in quello animale esiste una qualche produzione artistica determinata dall’istinto, Mainlinder afferma che “lo spirito
20.
21 22
Ibidem.
Id.,5.123-4. Id., S. 124.
203
Capitolo quarto dell’uomo, nel quale però è presente solamenteil bello formale, come sappiamo, è movimento diviso” ed è quindi dotato di una maggiore sensibilità alla bellezza, in proporzione allo sviluppo più evoluto della sua facoltà conoscitiva, proprio perchéil bello formale poggia sullo sviluppo delle for-
mea priori??.
Ogni soggetto è allora kantianamente “giudice e distingue in conformità delle sue formeciò che è bello e ciò che non lo è”24, Alla domanda,se ogni uomotrovi “bello un 0ggetto bello”, Mainlinder risponde con fermezza: ‘senza dubbio!”, poichéil bello è oggettivo. Unica condizione necessaria affinché il soggetto possa entrare nello “stato estetico” è che “l'oggetto che gli sta di fronte sia completamente senza interesse”, poiché il senso della bellezza altro non è che una modificazione della capacità di giudizio secondo la legge del bello soggettivo. In base a questa premessa, Mainlinder può affermare che “il vero senso estetico non
sbaglia mai”, proprio perché la condizione della sua appli-
cazione e della sua validità risiede 1) nella struttura a priori dello spirito, 2) nel fatto che può esistere in ogni cosa un solo oggetto della bellezza, cioè la volontà individuale. Una volta stabilito il concetto di bello, Mainlinderricava da esso, ex contrario, quello di brutto: “Il brutto si può definire in maniera molto semplice. Brutto è tutto ciò che non sorge dalla legge del bello-soggettivo. Un oggetto brutto può, come unobello, essere osservato in ogni caso in senso estetico come ogni oggetto”,
23 Ibidem. 24
Id., S. 126.
26 27
Id., S. 127. Id., 5.128.
25 Ibidem.
204
L'estetica
4.
Il sublime
Utilizzando questa definizione a dir poco lapidaria, Mainlinderpassa subito ad occuparsi di un temacaroalla filosofia kantiana, alla quale si ispira chiaramente anche la sua descrizione, quello cioè del sublime. Il pensatore di Offenbach distingue il concetto di “sublime”, spesso messo a torto in relazione con il concetto di bello, da quello di “stato sublime”di un uomo.Il sublime non è già un concetto?8, comeil bello, derivato dalle forme a priori, ma un particolare
stato estetico, originato anch'esso da un “doppio movimento”??, che ha inizialmente per causa l’oscillare della volontà ‘ra paura della morte e disprezzo della morte”, decidendosi infine per quest’ultima possibilità. L'oggetto, che in questo stato sembra essere elevato ed innalzato, in realtà non lo
è mai, se non rispetto alla nostra percezione estetica, quindi il sublime è relativo al nostro stato ed alle nostre impressioni e non già rispetto alla natura dell’oggetto stesso. Assieme a Kant, Mainlinder distingue due tipi di sublime: quello dinamico»°, quello cioè relativo al rapporto dell’uomoconle forze violente della natura, e quello matematico®!, che Mainlinder definisce relativo a “Quegli oggetti che ci rimpiccioliscono, che ci mostrano l’insignificanza dell’intero universo, e che ci rendonoaccorti al-
la brevità e all’effimerità della nostra vita, come dice Cabanis, alla éternelle jeunesse de la nature””?2,
28.
29. 30 3 32.
Per Kant,invece,il sublime è un concetto. Cfr. Id., Critica del giudizio, cit.,
vol.I, p. 267 e p. 273. P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 128. I. Kane,Critica del giudizio, cit., vol. I, p. 301ss. Id. p. 267. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 129.
205
Capitolo quarto Il pensatore afferma allora che “L'idealista della scuola di Kantsi solleva allora sul pensiero:
tempo e spazio sono in me, questo universo è così smisurato so lo nella nostra testa, la cosa in sé è senza estensione, e lo scorre-
re delle rappresentazioni è uno scambio; il panteista pensa: io sono questo stesso immenso e immortale universo: hae omnes crea-
turae in totum ego sum et praeter me aliud ens non est; il devoto di Cristo pensa: tutti i capelli della mia testa sono contati, io sono
nelle mani del Signore”.
Anche se Mainlinder propendeperla mistica via del cupio dissolvi, egli non perde l'occasione di dimostrare il suo entusiasmo patriottico, associando al tema dello stato sublime quello dei caratteri sublimi, e annoverando fra di essi “1) gli eroi; 2) i saggi; 3) i saggi eroi”’?4. Sono proprio questitre tipi di caratteri che posseggono un sublime “disprezzo della morte” [Todesverachtung]. In realtà “è un eroe — scrive Mainlinder — ogni soldato nel fuoco, che vince la pura della morte, ed ognuno,il quale, ponendo la sua vita di fronte
allo specchio,lo fa per salvare un altro”. In maniera diver-
sa dall’eroe, “il saggio ha conosciuto la mancanza di valore della vita [...] e questa conoscenza infiamma ogni cosa”. Mainlinder considera il sublime nel suo senso etimologico, comeil sublimare,il sollevarsi [er-heben], per affermare che ‘effettivo sollevarsi al di sopra della vita è il criterio vero e proprio del sublime”. Infine, “il carattere più sublime è quello dell’eroe saggio”, il quale non vive con rassegnazio-
33 Ibidem. Mainlinder cita un passo di un Commentario latino al testo dell’ Ou-
pnek'hat, i.e. secretum tegendum, Strasburgo, 1801-2, (I, 122), la stessa famosa citazione vedanta che Schopenhauer fece sua: “tat-twam-asi”. 34 Id,, cit., S. 130.
35. Ibidem. 36
Ibidem.
206
L'estetica
ne la sua esistenza e ‘‘osserva la sua vita come un’armapiena di valore per combattere in nome del bene dell’umanità”*7, Egli è eroe peril disprezzo della morte,saggio perché il suo è un fine superiore alla sua esistenza di singolo, perché “muore con la spada in mano (in senso figurato o reale) per l’ideale dell'umanità... L'eroe saggio è la rappresentazione più pura su questa terra”5,
5. La teoria del comico 5.1. L' umore
Unavolta descritto lo stato estetico del sublime, proprio dell’eroe, Mainlinder afferma che “allo stato estetico il più prossimo è l'umore ”, proprio perché grazie ad esso l’umorista si beffa della realtà e la disprezza, anche se “l’umorista non può rimanere in maniera duratura in cima alla chiara vetta sulla quale si trova il saggio”??. Nonostante l’inferiorità rispetto al saggio, l’umorista possiede una qualità fondamentale, “la sua tendenza di base è la mancanza di deside-
rio”. A questo proposito, Mainlinder introduce un adagio caro a tutta la cultura del pessimismo tedesco, preso a prestito dal libro dell’Ecclesiaste (7, 2), asserendo che l’umorista
non può partecipare alla vita come il resto dell’umanità, perché egli è in possesso di una verità della quale non può più liberarsi e cioè che “il giorno della morte è migliore di quello della nascita”’4. Questa verità è fatta propria dall’umorista
37 Ibidem.
38
Id.,S.131.
40
Id., 5.132.
3 Ibidem.
4
Ibidem.
207
Capitolo quarto che fa di essa un ideale. Egli “porta l’ideale in sé e sa che egli, poiché è un uomo, può sviluppare l’ideale, se e soltan-
to se il sole è salutato a sufficienza dai pianeti”’*2, cioè se e sol-
tanto se questo ideale viene tenuto presente a sufficienza. Solo una volta che l’umorista ha fatto propria questa verità, egli può innalzarsi “su se stesso” e superare, attraverso lo stato estetico, anche la sua tendenza di fondoal dispiacere. Difatti, “egli si rapporta allo stato dell’ideale e ride della follia della sua incompletezza”. L'umorista ride della differenzafra l’ideale di cuisi fa portatore e la possibilità di realizzarlo, tanto che, infine, è costretto a ridere finanche di sé
stesso. Tutto questo accade “poiché il sorriso sorge tutte le
volte che si scopre una discrepanza’’*.
Mainlander riprende quiil tema della teoria delriso,al quale aveva prestato attenzione già Kant‘ e al quale Schopenhauer dedica uno studio dettagliato nel capitolo ottavo
dei sui Erginzungen al Mondo. Lì Schopenahuerasserisce che
“l'origine del ridicolo è sempre la paradossale e quindi inaspettata sussunzione di un oggetto sotto un concetto ad esso del resto eterogeneo, e conformementeil fenomeno del riso denota ogni volta l'improvvisa constatazione di un’incongruenzafra tale concetto e l'oggetto reale con esso pensato, cioè tra una cosa astratta ed una intuitiva’’4. La discre-
42 “Die Sonnegiinstig steht zum Grufe der Planeten”, parafrasi mainlinderiana dei
celebrei versi di Goethe “Die Sonne stand zum Grufe der Planeten”, cioè “il sole era salutato dai pianeti”, in J. W. Goethe., Gott und Welt, “Urworte”,
Orphisch, versi ripresi anche da Schopenhauer, Parerga e paralipomena,cit., vol. I, p. 431. 43 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 132. 44 I. Kant, Critica del giudizio,cit., vol. I, p. 493: “Il riso è un affetto che scaturisce dall’improvviso trasformarsi in nulla della tensione di un’aspettativa”. 4A. Schopenhauer,Il mondo..., vol. II, pp. 132-147: 133. Questo breve capi-
tolo, scritto in formadisaggio, è solitamente ricordato a proposito della cosiddetta “teoria del riso”, assieme a quello di Baudelaire {Charles Baudelaire, Dell'essenza del riso e in generale del comico nelle arti plastiche (1845-6), in Id.,
208
L'estetica
panza che genera il ridicolo, concetto-chiave di tutta la “teoria del comico” sia per Mainlinder che per Schopenahuer, è proprio quella data dalla differenza fra l’ideale ed il reale di cui Mainlinderscrive. Secondoil pensatore di Offenbach,“l’umore è perciò un doppio movimento davvero molto particolare e singolare”, il cui primo motoè definito come “un’oscillazione in avanti e dietro piena di dispiacere fra due onde”, ed il secondo come “nessuno stato puramente contemplativo”. A differenza del saggio e dell’eroe, l’umorista sembrerebbe, allora, non potersi distaccare mai
totalmente dal mondo contingente, poiché egli guarda in ogni caso ad esso in quanto oggetto del suo riso. “L'umore”, che non corrisponde quindi al semplice “umorismo”, è uno stato in cui può entrare qualsiasi uomo ed è per questo che, secondo Mainlinder, esso può essere considerato come un “colore” del temperamento individuale. Inoltre, l’umore acquista un particolare valore, “poichél’umorista, comeil soldato,il saggio ed il saggio soldato, dalla regione dell’estetica entra totalmente in quella etica”. L’estetica è dunque per Mainlinder, come l'estetica schopenhaueriana, intimamente legata alla filosofia pratica.
5.2. Il senso comico
Lo studio dell'umore permette a Mainlinder di introdurre l’analisi del concetto di comico:
Scritti sull’arte, trad. di G. Guglielmini ed E. Raimondi, Einaudi,Torino 1992]
e a quello di Henri Bergson, Il sorriso. Saggio sulsignificato del comico, Parigi 46
1900 in Opere, a c. di E. Paci, Utet, Torino1971. P, Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 133.
209
Capitolo quarto “Il comico ha più punti di appoggio conil bello e uno con l'umore. Collego il comico con 1) il senso comico 2) il comicoastratto. Riguardo al senso comico bisogna distinguere:
1) il criterio soggettivo
2) l'oggetto comico 3) lo stato comico della volontà 7947.
Per quanto riguarda il senso comico, Mainlinder individua il criterio del comico soggettivo, “la condizione indispensabile per il comico”, soprattutto in un effetto dinamico immediato, a causa del quale vengono modificate o interrotte alcune azioni, che normalmente sono causate da un
determinato moto e che confliggono con il nostro senso soggettivo. Comeperil ridicolo, la condizione del comico sembra risiedere nella schopenhaueriana discrepanza fra
un'azione abituale ed un’altra insolita*.
Mainlindercerca, allora, di difendere la dichiarata e pretesa soggettività del senso comico, ricorrendo ad una terminologia nuova, per esempio il “criterio soggettivo”, senza però spiegare in maniera soddisfacente che cosa esso sia e perché mai questo criterio soggettivo dovrebbe far eccezione rispetto a tutte le altre forme oggettive ed a priori del nostro processo conoscitivo. Contraddicendosi nuovamente,è proprio il filosofo che attribuisce al “senso comico, come per il bello soggettivo”, un rapporto con 1) lo spazio, 2) la causalità, 3) la sostanza o materia, 4) lo spazio. Nell'uomo,il comico che scaturisce
dallo spazio si ha quandoesiste una sproporzionefra le par-
47
48°
Id., 5.134.
Ibidem.
210
L'estetica
ti che compongonounindividuorispetto al suo “tipo”: per esempio, un uomodalle braccia sproporzionatamente lunge, o dalle mani esageratamente grandi ecc... In relazione alla causalità, il comico si ottiene da uno “svolgimento maldestro” di un’azione ‘dall’effetto alla causa”, quando cioè non c’è una consequenzialità logica, ma c’è “stupidità”, ovvero quando c’è un “imparagonabile dispendio di forza per unfine”. La relazione del comico con il temposi basa invece sul “tempo della lingua”, o come diremo oggi,sui tempi della battuta, cioè sulla maniera di far succedere le pause al dialogo, e quindi sulla capacità di espressione del comico. Per quanto riguarda la sostanza, Mainlindersi limita a scrivere che la comicità può scaturire da un insieme disarmonico comeper esempio quello di un vestito in cui colori sgargianti ed opposti (verde/rosso, blu/rosso) risaltano alla vista. Ovviamente, come tutte le manifestazioni dello stato
estetico, anche il comico è originato da un doppio movimento,all’interno del quale si possono individuare ancora una coppia di moti: 1) l'individuo mantieneil suo distacco grazie alla contemplazione estetica e, subito dopo, non si trova più in uno stato di disinteresse per l’oggetto, a causa della discrepanza che scaturisce fra esso ed il criterio soggettivo del senso comico;2) in seguito, come per l’umorela volontà dell'individuo “si espande con gioia attraverso il sorriso per raggiungere l’esterno”.
4 Id., S. 135. Già Schopenhaueravevascritto che “La mancanzadiintelletto si chiama in senso proprio stupidità ed è appunto ottusità nell’applicazione della legge di causalità, incapacità di afferrare immediatamente le concatenazionidi causa ed effetto, di motivo ed azione”, in Id., Il mondo..., cit., vol. I, p. 151.
Proprio per questo Schopenhauerdistingue fra stupidità come mancanza di intelletto e stoltezza come mancanza di applicazione della ragione alla vita
pratica [Id., p. 153].
211
Capitolo quarto 5.3. Il comicoastratto
Dopoaverdescritto il “senso del comico”, Mainlindersi sofferma sul “comico astratto”, distinguendo anche quifra 1) criterio soggettivo e 2) incongruenza nei confronti di esso”. Se nel senso comicoera soprattutto la forma ad avere un ruolo principale, nel comico astratto questo ruolo è dato dal rapporto di un concetto conunaltro. Quila visione di Mainlinder differisce totalmente da quella di Schopenhauer, il quale, comesi è già ricordato, aveva affidato al concetto una funzione centrale per quanto riguardava il ridicolo, che infatti, secondo lui, era frutto dell’associazione di un concetto con
un'intuizione ad esso incongruente, e viceversa?!. Mainlinder suddivide il comicoastratto in cinquetipi: l’i-
ronia,la satira, lo scherzo, le azioni folli, i giochi di parole. Per
quanto riguarda l’ironia, mentre Schopenhauer l’aveva definita, in opposizioneall’umorismo, come quel particolare ridico-
lo che “comincia con l’aria seria e finisce col sorriso”, Mainlinderscrive che “nell’ironia un uomo è considerato come egli realmente è, secondo il criterio”. L'ironia è, perciò,
frutto di quel confronto, fatto ad opera di unoschernitore, per mezzo di opinioni o ipotesi, dal quale emerge la discrepanza fra lo stato reale di un uomoe quello in cui egli dovrebbe essere: “due rappresentazioni che, con l'eccezione forse del solo schernitore, nessun uomo può ricondurre sotto lo stesso sembiante”. Secondo il pensatore di Offenbach, unica differenza fra ironia e satira e che il tema della prima è l’umanità in genere, quello di cui si occupa la seconda è la politica, ovvero lo stato sociale di una nazione, di una provincia o di un popolo.
50. 9
Id., S. 136. Cfr.A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. II, cap. 6 “Sulla teoria del ridicolo”, passim.
212
L'estetica
Se Schopenhaueraveva definito lo scherzo come“il ridicolo intenzionale”in cui l’autore fa leva sulla “discrepanza fra i concetti di unaltro e la realtà, spostando unadi que-
ste due cose”*?, Mainlinder ne riconosce duetipi diversi:
l’uno, in cui “due rappresentazioni sono utilizzate attraverso un paragone appropriato sotto un unico concetto”; l’altro, in cui “due rappresentazioni, che si trovano già sotto uno stesso concetto, sono comprese immediatamente sotto i propri occhi”. Anche qui il comico sorge in conseguenza della discrepanza fra le due rappresentazionirispetto al criterio soggettivo. Secondoil filosofo, anche gli aneddoti fanno levasullo stesso principio, poiché in essi due avvenimenti (e quindi due rappresentazioni) sono ricongiunti in un racconto (sotto un concetto) in cui si rileva una discrepanzafra il fatto reale accaduto e quello che sarebbe dovuto accadere. Infine, il comico emerge anche da azionifolli e giochi di parole,nei quali, nei fatti o nelle forme verbali, si ripete l’in-
congruenza concettuale di un'azione o di un ragionamento, dando origine a quella discrepanza, lo ripetiamo ancora, sulla quale si basa l’intera teoria del ridicolo, sia per Schopenhauer che per Mainlinder. 6. La dottrina dell’arte e le qualità dell’artista Parafrasando la definizione di Schopenhauer, Mainlinder scrive che “L'arte è il rischiarato riflettersi del mondo”,
del quale rischiarimento l’artista è l’autore®?. Comesi può
52 A. Schopenhauer,Il mondo..., cit., vol. II, p. 144.
53.
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 143. Cfr. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol.II, p. 535: “Allora [il genio] raggiunge la massima purezza e diviene un chiaro specchio del mondo”.
213
Capitolo quarto notare, il pensatore pone subito l'accento sull’artista, in quanto individuo, enumerando quali requisiti questi debba poter annoverare comepropri. Innanzitutto, egli deve avere. “la capacità di entrare facilmente nello stato estetico [...]; secondo,unistinto di riproduzione o di creazione; terzo, un senso della bellezza più sviluppato; quarto, una facoltà d’immaginazione vivace, una sottile capacità di giudizio ed una buona memoria, cioè le subfacoltà della ragione devono essere molto ben for-
mate”.
Grazie a questi requisiti, l'artista può contemplare “le idee in quanto rappresentazioni (oggetti) e l’idea uomo secondola sua propria intima essenza, come cosa in sé, ed in-
fine egli dì formaal suo ideale”. Per Mainlinder è ormai
scontata l’equazione fra oggetti e rappresentazioni. L'ideale è, per così dire, costruito attraverso le facoltà della ragione. Il pensatore, quindi, ha già fatto un “salto” oltre quanto egli stesso aveva stabilito nella sua gnoseologia. Male contraddizioni si susseguono con generosità:“Le idee (la volontà di vita individuale) sono concepite nel flusso continuo del divenire. Il movimento è vita — ribadisceil filosofo — e perciò non possiamo pensarci senza movimento”. È difficile però capire come possanole idee essere contemporaneamente sia “rappresentazioni (oggetti)” sia ‘“volontà di vita individuale”, poiché cosa in sé e rappresentazioni si escludono a vicenda. Inoltre, già Schopenhauer aveva escluso chele idee potessero partecipare al mondodeldivenire, rispettando il prescritto platonico. Diversamente da Platone e da Schopenhauer, Mainlinder sostiene invece che le idee siano immerse nelflusso del divenire, e che, anzi,
54. 55.
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 143. Ibidem.
214
L'estetica “Più profonda l’idea si trova per intensità, più semplice è la sua essenza, tanto più costantemente essa diviene; quanto più essa è organizzata però, tanto più essa può sostenere in battaglia le
sue individualità, tanto più essa deve cedere influssi sfaccettati”’°9,
Secondo Mainlinder, questo stato di cose si manifesta in massimo grado nell'uomo in quanto idea complessa che combatte contro altre sue simili. Mainlinder non mancadi citare il vecchio adagio latino, secondo il quale “la morte dell’uno significa la vita dell’altro”. Il pensatore accenna,allora, ad un tema caro anche a Schopenhauer, quello dell’egoismo individuale. Il tema dell’egoismo, inteso in senso metafisico,si ricollega alla lezione rousseauina del “torto legno del genere umano”, che attraverso la ricezione di Kant era approdata nel cuore del pessimismo metafisico di Schopenhauer. Così Mainlinder: “Doveè possibile scorgerlo,l'egoismo spudorato guarda ghignando noie la [nostra] completa intera sconsideratezza””?”.
Il problema del rapporto che intercorre fra le idee e il molteplice è capitale per comprendere a fondo lo spirito empiristico del filosofo di Offenbach. “Tuttavia, tutto in natura è solo volontà di vita, e anche se
ogni uomopossiede un proprio carattere, si esprime in ognuno l’idea generale dell’uomo. È, però, un grande errore — un errore che si lega attorno alla facoltà di giudizio con un grosso velo e la sprofondain una fantastica vita sognante — se si ammette che, nascosta, dentro ad ogni simile individuo riposa un'unità,
e che questa unità sia la vera e propria idea. Questo significherebbe considerare le ombre comecose reali. Il modo odil ge-
56
Ibidem.
9
Id., S. 144.
215
Capitolo quarto nere sono solo unità concettuali che generano nella reale effet-
tività una molteplicità più o meno simile agli individui reali — niente più”.
Comeaveva già affermato nella Analitica e nella Fisica, Mainlinder riprende la definizione dell’uomo comeindividuo composto e,sotto l’influsso della filosofia empirista di Locke, considera la sostanza-uomo come un’idea complessa, costruita, cioè come “unità concettuale”. Proprio per questo Mainlinderasserisce, in polemica conil concetto di
origine platonica dell’idea di Schopenhauer, ma forse so-
prattutto con la Urform di Goethe, che l’idea-modello non è originaria: “L'ideale dell’artista, tuttavia, è solo una singola forma, non già la forma originaria, che uno scienziato molto fantasioso, sulla base della paleontologia, è capace di progettare per una specie, più o meno esattamente, più o meno bene, mapiuttosto essa è una formachesi libra nel mezzodi un individuo or ora vivente”
L'artista, allora, procura al mondo i modelli dei quali es-
so potrà avvalersi per entrare nello stato estetico della contemplazione, ricavandoli per astrazione, questa volta in modo disinteressato, dalla forma dai contenuti empirici del mondo e del molteplice. Inoltre, l'artista applica a questa astrazione un effetto dinamico, cioè offre la possibilità di reinterpretarla nel tempo, di fungere da modello,il quale solleciti il senso estetico e conduca l’uomo comune ad entrare nello stato estetico.
Mainlinder distingue diversi orientamentiartistici?8.Se,
infatti, ‘“il soggetto conoscente non può non riflettere il mondo così come esso è”, lo spirito dell’artista “non è
598
Id., S. 145.
216
L'estetica
schiavo del mondo esterno, egli crea un nuovo mondo: un mondo di Grazie, di forme pure, di colori puri”. Questo
mondoè il frutto della anima bella di memoria schilleriana.
Essa è al servizio dell’arte ideale, concetto, questo, sul quale
Mainlindersi soffermerà in seguito. Se però l’arte si prefiggesse di far conoscere all’uomoilbiblico ‘frutto amaro dell'albero della conoscenza”, essa si avvicinerebbe al compito della religione, quello cioè di raffigurare sempre il mondo “così come esso è”, descrivendo la continua ed inarrestabi-
le battaglia per l’esistenza, la battaglia degli individui contro gli individui. Nell’arte fantastica, invece, l’artista rappresenta una parte del mondo, modificandola o collegandola al tutto arbitrariamente. Secondo Mainlinder, “qualche immagine può essere di straordinaria bellezza”, ma, solitamente, a questo genere
appartengono delle cattive rappresentazioni, legate a qualche valore storico-culturale. In un passo dalla nitida reminiscenza hegeliana, Mainlinder dichiara che anche quest'arte, come
quella realistica, affonda le sue radici nella religione:
“L'arte fantastica si radica nel fertile terreno della religione e deve essere considerata come la madre di entrambe le altre espressioni artistiche; questo perché nella giovinezza dell’umanità, nella quale l’individuo giaceva ancora nelle fasce della natura e, a causa del tremore per l’onnipotenza del tutto — che egli non può cogliere, non può seguire in alto —, cercava affannosamente di dare una forma alla forza soprasensibile pensata e, in questo modo, di portarla al suo sentimento. Egli volle vedere i suoi dèi, restando tremante di fronte a loro, e poter offrire loro le cose più amate, affinché essi si riconciliassero con lui. Poiché per la raffigurazione degli dèi non c’era a disposizione nient’altro che il mondoesteriore, egli dovette rappresentarli nelle for-
me di quello; ma, poiché non gli venne concesso di porsi sullo stesso piano degli dèi, non gli rimase altra via che ingigantire quelle formesino a farle divenire dei colossi e, inoltre, sino a raf-
217
Capitolo quarto figurarle comeil tutto, poiché in natura non esisteva nessun'altra
essenza’’99,
Mainlinder distingue cinque diverse arti: architettura, scultura, pittura, poesia e musica. Le prime tre si occupano di oggetti visibili, ma sono libere dal tempo;le ultime due, poesia e musica, sono libere dallo spazio e dalla materia e quindi collegate alla cosa in sé, ma calate “nel tempo (la sostanza, il preparato, svanisce di fronte al contenuto)”. Ancora una volta il pensiero di Mainlindersi allontana da quello di Schopenhauer.Se, infatti,il filosofo del Mondo aveva chia-
mato ‘tempoe spazioil principium individuationis, perché solo per essi e in essi è possibile la pluralità dell'’omogeneo’’90 e non aveva concesso che,nella rappresentazione della materia, l’uno potesse essere diviso dall’altro, poiché “la rappresentazione nasce dunque soltanto dall'unione di tempo e spazio’’!, Mainlinder, invece, contravvenendo a questo interdetto,“scioglie” lo spazio dal tempo,per poter poiattribuire separatamente l’uno o l’altro a questa o a quella for-
99. Id., S. 147. Pur avendo affermato di essere rimasto immuneai “veleni” dell’i-
dealismo, Mainlinder riprende delle tesi che fanno eco a quelle sostenute da
Hegelnella Fenomenologia. Cfr. G.W.F Hegel, Fenomenologia dello Spirito, intr. di
V. Cicero, Rusconi, Milano 1995, p. 927. Già per Hegel, la produzioneartistica aveva la sua ragion d’essere come rappresentazione del sentimento religioso e quindi la religione costituiva, per così dire, l’humus e la materia dell’arte. Inoltre, il grande filosofo prussiano aveva scanditole fasi in cui dal sentimentoreligioso sorgevanopoigli idoli [Id., Fenomenologia..., p. 931-2]. Come Hegel, an-
che Mainlinderfa procedere dalla religione naturale quella artistica e, come per
Hegel, la religione è la madre delle arti. Inoltre, Mainlinder segue l’evoluzione del sentimentoreligioso verso la rappresentazione degli idoli sostenuta da Hegel. Questa serie di convergenze, non solo concettuali, ma addirittura di rispondenza testuale, sembrerebbero avvalorare la nostra ipotesi, secondo cui
Mainlinder avrebbe tenuto conto nonsolo del pensiero fichtiano, ma anche di quello di Hegel, pur rimaneggiandolo e adulterandolo a proprio vantaggio.
60 A. Schopenhauer,Il mondo..., cit., vol. I, p. 594. 61
Id., Sulla quadruplice radice..., cit., p. 69.
218
L'estetica
mad’arte. È questo il motivo fondamentale peril quale egli non tiene conto delle “Osservazioni sparse sul bello naturale” di Schopenhauer®2, né tanto menodeglistudi che il filosofo aveva dedicato nei Supplementi all’architettura (cap. 34), alle arti figurative (cap. 36) o alla poesia (cap. 37). 7. Schopenhauer e Fichte: primato della poesia e della musica Lo stravolgimento dell’utilizzazione del principium individuationis, assieme alla negazione delle idee generali, non permette in alcun mododi affermare che quella di Mainlinder sia un'estetica schopenhaueriana. Nel libro dedicato all’Estetica, infatti, Mainlinder intende costruire quel ponte che,
dalla dottrina morale di Schopenhauer, gli permetterà di giungere al nazionalismo di Fichte. Non a caso, dopo aver
discusso dell’architettura°9, della scultura?* (plastica e idea-
le°) e della pittura9, Mainlinder si concentra sulla poesia,
con la quale “non abbiamo più a che fare con oggetti, bensì con la semplice cosain sé”. Riproponendolo schema dell'espansione della volontà, indicato nella Fisica a proposito della Willensqualitàt dell'amore, Mainlinder sostiene che “Alla natura dell’uomo appartiene per prima cosail suo movimento espansivo oltre alla sfera dell’individualità, ovvero egli ha una tendenza a confidarsi e a comunicare la sua condizione.
Proprio così sorgono i toni°”, che non sononient'altro che mo62. Id., Il mondo..., cit., vol. II, pp. 567ss. 63 P, Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 148-9.
64 65 6
Id., S. 150-2. Id., S. 153-4. Id., S. 154-6.
6 Cfr. G.W. F Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, Laterza, Roma-Bari 1994!!! p. 449: “il fono: l’estrinsecazione compiutadell’interiorità che si manifesta”.
219
Capitolo quarto vimenti interni divenuti udibili: essi sono proseguimenti delle vi-
brazioni interne nella materia estranea. Quando attraverso le facoltà dello spirito più sviluppate i concetti entrarono nella vita dell’uomo,si rafforzò il loro senti-
mento e i rumori della natura ne furono portatori. Così nacque la lingua,cheè il mezzo perfetto®8 dell’uomo,per confidarsi e per
comunicareil suo stato99,
In parole e in suoi particolari timbri l’uomo mostra, quindi, la sua interiorità, ed essi sono perciò il materiale della poesia, la qua-
le si occupa quasi esclusivamente delle idee superiori, per l’uomo;
poichéessasi serve delle altre idee al solo fine didareal sentire del-
l’uomo delle fondamenta,dalle quali innalzarsi, e perciò le descrizioni più pessimistiche della natura altro non sono che espressione
delle sensazioni del cuore dell’uomopiù agitato”,
Ma qual è l’anello di congiunzione fra l’estetica di Mainlinder e la filosofia nazionalista fichtiana? “La poesia — scrive il pensatore — è la maggiore delle arti, poiché essa da un lato disvela la cosa in sé, il suo stato e le sue qualità, e, dall’altro lato,riflette anche l'oggetto, descrivendolo e cantandoloall’ascoltatore, per rappresentarlo con l’immaginazione””!.
È proprio attraverso questo primato della poesia che Mainlindersi ricollega alla tradizione idealistica di Hegel e soprattutto a quella di Fichte,il quale aveva scritto: “Fra 1 mezzicapacidi trasportare nella vita di tutti il pensiero spuntato in una singola esistenza occupa il primo posto la
6 Cfr. G.W.F Hegel, Enciclopedia..., cit., pp. 415-6:“Ma,perlo spirito, la forma 69
è solo la sua prima apparizione; e la lingua è la sua espressione più completa”. G.W. E Hegel, Fenomenologia..., cit., p. 935: “Questo elemento superiore è il linguaggio[...] è l’anima che esiste come anima”. D'altra opinione Schopenhauer,per il quale il linguaggio è [Id., Il mondo..., cit., vol. I, p. 172] illuministicamente “il primo prodotto e il necessario strumento della ragione”. Sulla lingua,cfr. Id., Il mondo..., cit., vol.II, cap.6.
70 P. Mainlinder., Ph. d. Erl., cit., S. 154-6. 71 Id., S. 158.
220
L'estetica poesia. Essa è dunqueil secondo [dopola lingua] fra gli elementi essenziali della cultura di un popolo. D'altronde il pensatore mentre esprime i suoi pensieri col linguaggio [...], per questo
fatto è anche poeta””72.
Chel’atteggiamento filosofico di Mainlinder sia muta-
to rispetto a quello illuminista ed empirista dell’Analitica, lo dimostrano alcune definizioni che nell’Estetica sembrerebbero quanto meno essere state ispirate da alcuni principi fondamentali dell’idealismo. Ciò appare, per esempio,nella seguente affermazione: “Daqui sorge la prima legge del bello soggettivo per la poesia. I concetti sono la quintessenza e la più grande quintessenza di oggetti uguali o molto simili”? Questa definizione è ben diversa da quella che Mainlander aveva offerto nel capitolo della sua gnoseologia, in cul invecei concetti erano ritenuti il prodotto di un processo di astrazione dalle “chiare rappresentazioni””?*. Ciononostante, Mainlinder tiene presente anche la celebre teoria schopenhaueriana delle sfere concettuali, che però si avvale proprio di quel processo d’astrazione dal quale Mainlinder si è or ora distaccato. La teoria di Schopenhauer intende offrire una spiegazione simbolica dell’estensione di un concetto (noi diremmo, estensione del suo campo semantico)”: quanto più un concetto sarà generale, tanto più la sua sfera sarà estesa, allo stesso modo in cui quanto più un concetto sarà specifico e si riferirà a cose particolari, tanto più la sua sfera sarà ristretta. Mainlinder spiega cheil poeta si serve dei concetti, poiché “il bello soggettivo della causalità promuove soprattutto 72. Johann Gottlieb Fichte, Discorsi alla nazione tedesca (1808), UTET, Torino 1972, p. 98. 73 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 158. Quest’affermazione sembra richiamar74
si più al pensiero idealista, che nonalla filosofia di Schopenhauer. Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 13.
7A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. I, pp. 176-193. Cfr. anche Id., pp. 177-8.
221
Capitolo quarto una lingua poetica, cioè concetti, che permettano il passaggio ad immagini”, le quali, richiamandosi ad un data rappresentazione, ne sollecitano la memoria. Anche Mainlinder, come già Schopenhauer, afferma che unostile bello è
sempre semplice, ed è dell'opinione che la chiarezza dello stile sia una virtù. Essa è possibile soprattutto grazie a una scrittura che si distingue per il periodare breve: “Nessuno
style empesé, bensì dizione sobria, unostile casto”?.
Attraverso i concetti il poeta “riflette degli stati d’animo”, cioè “egli promuoveil bello della pura causalità, la pregnante esecuzione della stessa e il giusto rapporto della realtà effettiva con la causa”. Il poeta ci mostra ogniatto della volontà, traendo il bello dalla ‘stretta legge della motivazione |[...].Ogni azione quindi prolunga un determinato fondamento e tanto più comprensibile è il motivo dell’azione, tanto più bello esso è”. Inoltre, il poeta non ha solo la virtù di rivelare la bellezza della semplice legge della motivazione, che riguarda gli individui, ma anche quella della stessa “piena effettività” della natura, aprendo gli occhi all'individuo su quel mondoche egli ogni giorno osserva con indifferenza e passività, mostrandoglielo attraverso la poesia: ‘“il poeta concentra tutto e dà subito in poche gocce di un-
guento di rose il profumodi mille rose”.
“Il bello del tempo è nella poesia il metro”, che collega i concetti non solo attraverso un’armonia data dalle “quantità e dalle qualità” delle parole, ma anche come attraverso ‘una corrente con lamine di ghiaccio, che si scontrano si urtano”. Non è semplicemente l’applicazione delle leggi metriche a far scaturire il bello, ma, come dimostra anche la
bella prosa, la fluidità del verso o del periodare. Mainlinder
76 7?
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 158. Id., 5.159.
222
L'estetica
è dell'avviso che i versi migliori siano quelli più brevi e difatti prende a modello quello della strofa saffica, per il suo “schema semplice”. Anche la sostanza si manifesta come bello formale, “poiché — scriveil filosofo — la comunicazione di sentimenti è possibile solo attraverso oggetti sostanziali, parole o toni”’8, com'è evidente, per esempio, nella possibilità di formulare una rima per mezzo di fonemi.
8.
La “schone Seele” di Schiller
Per Mainlinder è chiaro che “il bello soggettivo di cui quisi discute non può fondare una poesia chesia fra l’ideale ed il reale”, perché essa ha come obiettivo principale quello della “manifestazione della cosa in sé”, e la cosa in sé è indi-
pendente dal bello soggettivo. Mainlinder, per questo, ri-
prende un tema caro a tutto il romanticismo tedesco, e asse-
risce che “la poesia riposa,allora,sull’anima bella, che è l’ideale della poesia stessa”. L'anima bella è espressione del carattere sublime, poiché essa scioglie l’individuo dalle sue inclinazioni e lo porta a distaccarsi dall’interesse che lo lega al mondo del divenire. Essa “non haradici in questo mondo,così co-
me fra gli uominiallo stato di natura, i quali non hanno ancora formato la loro individualità attraverso la personalità”. Secondol’interpretazione che era stata di Schiller, l’anima bella non è solo “virtuosa”, cioè la sua volontà non è de-
terminata esclusivamente dal dovere, ma è anche “graziosa”, nel senso chein essa le inclinazioni della sensibilità sono per natura, spontaneamente, in accordo conla legge morale. La celebre immagine dell’anima bella del poeta romantico voleva replicare all’eccessivo rigorismo della morale kantiana, 78
Id., S. 160.
223
Capitolo quarto di fronte alla quale, secondo Schiller, “anche le Grazie sa-
rebbero fuggite”??. L'ideale di Schiller, perciò, era quello di una riconciliazione fra spontaneità e sforzo, grazia e dignità,
che il poeta indicava nell’idea mistica dell’amore®80.In Schil-
ler, quindi, l’anima bella è l’immagine di un ideale, nel quale il mondosensibile si accorda spontaneamente col mondo della ragion pratica. Come è evidente, l’anima bella di Mainlinder ha un al-
tro valore ed un’altra natura da quella schilleriana, e si ricollega idealmente a quella della tradizionefilosofica di Platone, cioè come bellezza dell'anima opposta alla corporeità. Difatti, attraverso questa immagine il filosofo non vuole conciliare dovere e desiderio, ma essa deriva ‘dal carattere su-
blime”, che si è già sprofondato nella contemplazione estetica, nel mondo iperuranico del disinteresse, e quindi ha già
sciolto ogni vincolo creato dall’interesse con il mondo del divenire, essa, cioè, vuole elevarsi al di sopra del molteplice
e della volontà di vivere. Rispetto alla divisione classica fra poesia lirica, epica e drammatica — scrive Mainlinder — l’anima bella propende sicuramente per la lirica, nella quale si dispiega al massimo
la sua tensione verso Dio®!. Questo nonsignifica che l’ani-
mabella sia ‘‘fredda in sé, ma in confronto conlealtre individualità”82, Nella poesia lirica, allora, le passioni scivolano
79 J.C. F Schiller, Saggi estetici, UTET, Torino 1951, “Grazia e dignità” (1793), 80
p. 174. Id., pp. 177-8: “Si dice anima bella, quandoil sentimento morale è riuscito ad assicurare tutti i moti interiori dell’uomo al punto da poter senza timore lasciare all’affetto la guida della volontà e da non correr mai pericolo di essere in contraddizione con le decisioni di esso. Quindi in un’anima bella
non sono propriamente morali le singole azioni, ma lo è tutto il carattere”. 81 P., Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 160. 82 Anche per quanto riguarda l’ideale dell'anima bella, Mainlinder sembra avvicinarsi alle posizioni di Hegel. Questi, infatti, aveva ripreso l’immagine
224
L'estetica
pian piano nelle impressionivivaci e quindisi distaccano dal fondo della passione che avvince i personaggi, i quali si elevano al sublime, proprio come nell’animabella. Nella poesia epica, invece, la storia è basata sui caratteri, che perse-
guono dei fini concreti, come per esempio — scrive Mainlinder — i personaggi, divinità ed eroi, dei racconti
omerici®*. “Nel dramma,infine, l’uomosi rispecchia perfet-
tamente”. Fra i maggiori scrittori d’opere drammatiche
Mainlinder annovera Shakespeare, Sofocle e Tasso. In realtà, se consideriamo tre autori nel loro insieme, essi si distin-
guono più per le opere tragiche, e ciò farebbe allora pensare che Mainlinder intenda, etimologicamente col termine dramma ogni opera riguardante le azioni umane e quindi, a maggior ragione, quelle della tragedia. 9.
La musica
Anchese Schopenhauer aveva sostenuto il primato della musica84, Mainlinder, dopo aver sostenuto che essa è l’arschilleriana, per tradurla nella celebre figura della Fenomenologia dello Spirito.
Comeper Hegel, anche per Mainlinder l’anima bella nonsi sporca le mani, per dirlo con Sartre, con l’esistenza, ma grazie al disinteresse essa si eleva al
di sopra del mondo del molteplice. Sebbeneil giudizio di valore che Hegel esprime sull’anima bella sia (dialetticamente) negativo e quello di Mainlin-
der positivo, la natura di questa figura nei due filosofi è molto simile. Essa non haa che fare con il mondosensibile, ma è chiusa nel suo essere-per-sé,
83 84
in Hegeletico, in Mainlinder estetico-etico.
Mainlinder sembrerebbe riprende l’interpretazione di Aristotele, Poetica, 24,
1459b e 14502. Per Schopenhauerle arti sono espressioni o immaginidelle idee. Le idee, a
loro volta, sono altro dalla volontà, esse sono le species del mondo fenomenico, poiché l’idea “pur rappresentando un’infinita quantità di cose singole, è tuttavia sempre determinata, non viene conosciuta mai dall’individuo in quanto tale, ma solo da colui chesi sia elevato, al di sopra di ogni volere e
di ogni individualità [Id., p. 453] Le arti sono immagini del mondo come rap-
presentazione, così come la musica, invece, è immagine del mondo come volontà.
225
Capitolo quarto te “più potente”, ha tuttavia affermato chesolo la poesia,attraverso la lingua,riflette in concetti il mondo.Il pensatore di Offenbach sostiene che la musica “è essenzialmente incompleta rispetto alla poesia”, poiché essa si occupa dell’interiorità dell’uomoe nonditutti i suoi‘stati’, come inve-
ce farebbe la poesia.
Inoltre, se per Schopenhauer, che parafrasa Leibniz, la
musica è ‘“exercitium metaphysices occultum nescientis se philo-
sophari animi”*>, Mainlinder interpreta la musica da un pun-
to di vista che potremmodefinire “positivo”: “il suono nonè identico con il movimento del sentimento, ma esso è oggetto, quindi comeil colore di un oggetto nonè identico con la natura della cosa in sé che lo ha causato”, I “toni”, allora,
sono solo il “materiale dell’arte dei toni”, rispetto ai quali ‘il ritmo”rappresenta il bello formale in rapporto al tempo così come l’armonia in rapporto alla sostanza. Per Mainlinder, la musica deve rinunciare “ad essere ideale o realistica”;
essa può “essere suddivisa solamente in strumentale e vocale’’88, poiché in essasi tratta sempre “del bene e del male, della tristezza e dell’amore, dello struggimento,della gioia, della
disperazione e dell’amicizia degli uomini”’8?.
Il capitolo dell’Estetica di Mainlinder si conclude aprendo all’Etica: 11 filosofo riassume le proprie acquisizioni, scrivendo che se “guardiamo indietro verso l’arte, per prima cosa ci è mostrato come gli uomini [...] sono trasportati facilmente nello stato estetico”? nel quale l’uomo abbandona ogni legame con la vita e quindi anche con il dolore che da essa deriva.
85 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., p. 499. 86
Id., S. 163.
88
Id., S. 164.
90.
Id., S. 165.
87 Ibidem.
89 Ibidem.
226
L'estetica “Il bello formalesi sviluppa sempredi più in lui sino a quando non emergeil fior fiore del senso estetico perfetto”’?!,
Se Schopenhauer aveva sostenuto, aristocraticamente,il
primato del genio e dell’arte, tuttavia, per Mainlinder,il conoscere estetico, come egli lo chiama, ha solo un valore propedeutico: esso prepara gli uomini alla redenzione, non la concede.
“L'attività dello spirito, che si trova nella relazione estetica
con le idee, si può chiamare conoscere estetico, e poiché questa non è solamente la madre dell’arte, ma anchescienza,essa si può
chiamare a giusto merito conoscere obiettivo o geniale”, L'arte prepara il cuore dell’uomoalla redenzione, mala scienza solamente lo può redimere: poiché essa solamente ha la parola che placatutti i dolori, poiché il filosofo, nel conoscere obiet-
tivo, concepisce la connessione di tutte le idee ed il destino del mondo,il corso del mondo,che dalla loro attività continuamen-
te si genera””,
7 Id.,S. 166. 9. Mainlindersi richiama chiaramente al tema schopenhaueriano della cosid-
detta obiettività del genio, secondo il quale “Genialità è obiettività”, Arthur Schopenhauer, La Volontà nella Natura, cit., p. 121. “È l’arte, l’opera del ge-
nio. [...] Solo con la pura contemplazione sopradescritta, chesi scioglie tutta nell’oggetto, vengonocolte le idee, e l'essenza del genio consiste appunto in un'attitudine preponderante a tale contemplazione; ma poiché questa ri-
chiede una totale dimenticanza della propria persona e dei suoi rapporti, la
genialità non è nient'altro che la più perfetta oggettività, cioè direzione oggettiva dello spirito, opposta alla soggettiva, che mette capo alla propria persona, cioè alla volontà. In conseguenza la genialità è la capacità di comportarsi in modo puramente contemplativo, di perdersi nella contemplazione e di sottrarre la conoscenza, che esiste originariamente solo per servire la vo-
lontà, a codesto servizio, vale a dire la capacità di perdere completamente di
vista il proprio interesse,il proprio volere e i proprifini, e in tal mododirinunciare appieno, per un certo tempo,alla propria personalità, per rimanere comesoggetto puro della conoscenza, come chiaro occhio del mondo”, Id., Il mondo..., cit., vol. I, pp. 384-5.
9 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 166.
227
Capitolo quarto In questa breve fenomenologia senza dialettica del “carattere sublime”, il saggio eroe e l’anima bella sono detentori di una conoscenzaobiettivo /geniale, ponendosi però a metà strada fra il genio di Schopenhauered il dotto di Fichte, con la sua missione. Tutto questo ci porta a considerare il libro dell’Estetica comeil capitolo in cui Mainlinder tenta per la prima volta di conciliare schopenhauerismo e idealismo fichtiano, tentativo questo che egli cercherà di portare a compimento nell’Etica e nella Politica, attraverso una sintesi di morale della
compassione e socialismo nazionalista.
228
Capitolo quinto
L'etica
1.
Etica come dottrina della felicità Già Invernizzi ha osservato che, “come avvienein tut-
ti i pessimisti, anche in Mainlinder la gnoseologia e la metafisica hanno essenzialmente la funzione di fornire il quadro di riferimento in cui inserire la dottrina morale, che costituisce il centro di gravità della sua riflessione”. L'interesse cheil filosofo nutre per l’etica e la politica risulta subito evidente dall’estensione dei rispettivi capitoli dell’opera, lunghipiù del doppio degli altri, i quali occupano quasi la metà dell’intera Philosophie der Erlosung. Ed è certamente proprio l’Etica, che Mainlinder definisce significativamente come “eudemonistica o dottrina della felicità”?, a permetterci di ascrivere Mainlinderall’interno della variegata e non facilmente classificabile scuola schopenhaueriana. “Il compito dell’etica — scrive il filosofo — è la felicità, ovvero indagare in tutte le sue fasi lo stato di soddisfacimento del cuore dell’uomo, coglierlo nella sua formapiù perfetta e porlo su
2
G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 290.
P. Mainlinder, Ph.d. Etl., cit., S. 169.
229
Capitolo quinto di un solido fondamento,cioè indicare il mezzoattraverso il qua-
le l’uomo può giungere alla completa pace del cuore [Herzensfrieden], alla supremafelicità”.
La dottrina della felicità si afferma a partire da quella dimensione radicalmente pessimistica dell'etica di Mainlinder, che è poila cifra del suo schopenhauerismo. Mainlinder si ricollega alla grande tradizione filosofica dell’eudemonismo, che parte da Aristotele per giungere a Schopenhauer, la quale assume per proprio scopola felicità dell’uomo. Una volta stabilito che lo schopenhauerismo di Mainlindersi identifica con il suo pessimismo, tuttavia bisogna tener presente che nell’Etica mainlinderiana vive anche un’anima opposta a quella di Schopenhauer: Mainlinder cerca di connettere l’etica eudemonistica del filosofo del Mondoall’etica del dovere, richiamandosi alla lezione della
Critica della ragione pratica di Kant, ed in seguito alla dottri-
na morale di Fichte:
“Nell’Etica dimostro che
essa riposa, da unlato,sull’egoismo (volontà individuale), dall’altro, sul movimento dall’essere al non essere, in contraddizione; a) con Kant, essa deve tenere per possibile un'azione senza motivo, e deve ricorrere ad un Dio ultramondano; b) con Schopenhauer, essa considera l’assenza di tutte le motivazioni egoistiche comecriterio delle azioni morali e nonriconosce nessun progresso del mondo”*.
Il punto di partenza di Mainlinder è la tesi di Schopenhauer, seconda la quale “ Lo stimolo principale e fonda-
4
Ibidem. Cfr. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 295.
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., Bd.II, cit., S. 241. Come. si vedrà, Mainlinder, però; non rimarrà fedele a nessuno di questi criteri.
230
L'etica
mentale nell'uomo comenegli animali è l'egoismo,cioè l’anelito all'esistenza e al benessere”. La formulazione del principio egoistico di Schopenhauer® è, per cosi dire, sùbito reinterpretata da Mainlin-
der in chiave individualistica. La volontà individuale e, di conseguenza, il suo egoismo non commettono “salti”, non si generalizzano’. Essi rimangono ancorati al singolo, come già si era detto nella fisica®. In questo senso, il movimento composto di ogni singolo uomo è “essenzialmente indivisibile ed il movimento risultante è perciò solamente uno”, esso cioè esprime un distinto movimento della volontà attraverso “un distinto carattere ed un distinto spirito”. Negli uomini questo egoismo nonsi manifesta solamente comeistinto di riproduzione, ma anche come “impulso alla felicità”. L'uomo non vuole soltanto vivere, ma egli vuole anche ottenere la massima soddisfazione dei propri desideri,
inseguendo costantementel’oscillare della volontà, comenel-
la celebre immagine schopenhaueriana del pendolo:
“desiderio — soddisfacimento immediato — nuovo desiderio — soddisfacimento immediato: questi sono gli elementi di una catena vitale, così come desidera l’egoismo naturale”’!9,
?.
A. Schopenhauer,Ilfondamento della morale, intr. di C.Vasoli, Laterza, RomaBari2005, p. 199ss. Cfr. S. Giametta, Il mondo di Schopenhauer, cit., p. 74.
P. Mainlinder,Ph. d. Etl., cit., S.169: “L'uomo è un collegamento di un distinto demoneconun distinto spirito[...]. Nell'uomoil movimento si mo-
stra non come semplice ma comerisultante [...]. Ma questo collegamento è essenzialmente indivisibile e il movimento perciò è solo uno: poiché cosa esprime questo distinto carattere e questo distinto spirito se non questo 8
9.
10
distinto movimento della volontà?”
Cfr.Id.,S.55.Cfr.G.Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 292.
P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 169.
Id., S. 170. Control’analisi schopenhaueriana della distinzione fra il dolore e la sua causa, la volontà, espressa fisiologicamente dalla dinamica doloresoddisfazione, si era dichiarato Lassalle, al quale pure Mainlinder guardava
231
Capitolo quinto L'esigenza di soddisfare il desiderio “tanto spesso quanto è possibile”, ovvero di circoscrivere il dolore “quanto più è possibile”!!, conduce ciascun uomo ad un hobbesiano “bel-
lum omnium contra omnes”!2, Ma prima ancora che questo
meccanismoindividuale abbia un qualche risvolto sociale,esso si manifesta innanzitutto nel singolo, in una formadi edo-
nismo psicologico, per dirlo con James. Mainlindertenta allora
di fare un bilancio eudemonologico delle azioni umane, considerate nel loro rapporto conil tempo!*, attraverso una sche-
matizzazione, dal taglio decisamente empirista, di dodici
combinazionipossibili di piacere e dolore, in relazione al presente e al futuro, secondo un metodo che ricorda per alcuni
versi quello della tabula presentiae et absentiae di Bacone!*.
La volontà decide di scegliere sempre per il minore ma-
come modello del suo socialismo nazionale e al quale aveva dedicato uno
studio specifico nel primo dei “Tre discorsi ai lavoratori tedeschi”, intitolandolo appunto “La figura di Ferdinand Lassalles”, [Id., “Socialismo prati-
!!
co”, in Ph. d. Erl., Bd. II, cit., S. 343ff.]. Cfr. Ferdinand Lassalle, Il Signor Bastiat-Schulze von Delitsch — Il Giuliano Economico ossia Capitale e Lavoro (1863), tr. it. A. Treves,rist. an., La Cultura — Libreria Editrice, Milano 1970,p. 15.
P Mainlinder,Ph. d.Etl,, cit., S. 170. Cfr. Esther Mon-hua Liang, Die Ethik der
Schule Schopenhauer (1932), in Aa.Vv., Die modernen Pessimisten als dècadents, cit., pp. 68. Inoltre, secondo Liang: “Ancora con più forza di Frauenstidt, Mainlinder
pone l’accento sul fatto che l’uomo non può agire contro il suo proprio bene. Mainlinder impiega infatti in prevalenza l’espressione egoismo[...]”, p. 67. 12 Cfr.Thomas Hobbes, De cive, (1642), a c. di C. Monti, Le Monnier, Firenze
1974! p. 38.ss. Che Mainlinder conoscesse Hobbes, lo documentanosia la sua opera [Id., Ph. d. Erl., cit., S. 283, 547, 589], sia la sua biografia [Cfr. F
Sommerlad, Aus dem Leben Philipp Mainlénders,cit., S. 102]. 13 W.H.Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 95. Cfr. Olga Pliimacher,
Der Pessimismus in Vergangenheit und Gegenwart,Weiss, Heidelberg 1884,S. 179f£. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 171, in relazione: “ad un piacere nel presente con un 1) piacere maggiore nel futuro (= n.f.)/ 2) piacere inferiore n. f. / 3)
un piacere uguale n. £./ 4) più grande dolore n.f./ 5) inferiore dolore n.f./ 6) uguale dolore n.£.; inoltre, ad un dolore nel presente con un 7) maggiore do-
lore n.f./ 8) un dolore inferiore n.f./ 9) un dolore uguale n.f./ 10) piace-
re maggiore n.f./ 11) inferiore dolore n.f./ 12) dolore uguale n.f?”. Rispetto alle combinazionielencate, la volontà decide sempre per il dolore mino-
232
L'etica
le possibile, ovvero per il piacere maggiore,talvolta oscillando nelle proprie decisioni, quando ciò che accadrà nel futuro nonè prevedibile, talvolta lottando con fermezza, quan-
do è possibile pronosticare con certezzail risultato di questo calcolo eudemonistico. È, quindi, il calcolo del vantaggio!5 che permette ad ogni uomo di muoversi in un senso piuttosto che in un altro. Questo vantaggio è il frutto della “perfetta facoltà di deliberazione” che, secondo Mainlinder, l’uomo possiederebbe!0. Schopenhauer,si è detto, aveva affermato che “ogni vita è dolore”, partendo da un’analisi della struttura metafisica del
mondo, cioè partendo dalla valutazione che l’essenza del mondo è la volontà universale, che ci spinge alla lotta per l’esistenza e ci vincola al desiderio, ed aveva concluso chela
“vita è un affare, che non coprele spese”!”.
Eduard von Hartmann,dal canto suo, partendo da una
“base fisiologica delle sensazioni’’!8 e svolgendo la sua ana-
re ovvero per il piacere maggiore”. Questo bilancio non sarebbe possibile
per Schopenhauer, che sosteneva, invece: “Il mio dolore presente non viene
mai eliminato dalle gioie future, riempiendo queste il loro tempo come
quello il loro”, Id., Il mondo..., cit., vol. II, p. 809. Per Mainlinderè indifferente che questo vantaggio sia reale o ideale, ma esso è valido a condizione chesia sicuro, cioè che esso non possa essere messo in dubbio. Cfr. Id., S. 194.
Questa affermazione cade in contraddizione con quello che Mainlinder dirà
in seguito sul “rimorso di coscienza”, il quale nascerebbe dal fatto che “le azioni dell’uomo non nasconotutte nella stessa maniera”(S. 175), poiché talvolta la volontà segue le sue inclinazioni nel presente e talvolta quelle dello spirito che guardaal futuro. In questa maniera viene meno o la necessità con
cui dalla volontà dovrebbero seguire le azioni stesse, oppure la perfezione del-
la nostra capacità di deliberare. Inoltre, a sottolineare questa possibile defaillance della nostra facoltà di deliberare, Mainlinder sostiene che rimorso, angoscia, pentimento e allucinazione, appartengonoa stati etici della volontà!
1? A. Schopenhauer,Il mondo..., cit., vol.I, p. 564.; Id., vol. II, p. 804. 18 La questione delbilancio eudemonologico è capitale per tutto il pessimismo.In particolare cfr. E. von Hartmann, Zur Geschichte und Begriindung des Pessimi-
smus, Verlag von W. Friedrich, Leipzig 1891", S. 263-277.
233
Capitolo quinto lisi a partire da un calcolo matematico delle sensazioni, era giunto al risultato che ogni “compensazione-equivalenza di piacere e dolore” con esito positivo, corrispondente alla felicità, è una pura illusione, causata ‘“dall’astuzia dell’inconscio”’!?. Nella sua Filosofia dell’inconscio, Hartmann aveva inoltre sostenuto che “nel presente il dolore è di gran lunga preponderante non solo nel mondoin generale, ma anche in ogni singolo individuo, quand’anchesi trovi nelle condi-
zioni più favorevoli””20.
Diversamente da questi due campioni del pessimismo, Mainlander basa la possibilità di ogni calcolo eudemonologico sul rapporto che piacere e dolore hanno soprattutto con il futuro, “poiché la potenza del presente non prevalga significativamente sul futuro”2!. È proprio la dimensione temporale del futuro a lasciar scorgere la carica utopica della riflessione di Mainlinder, ed è dunque essa a sgretolare la ponderatezza empirica di questo bilancio, poiché è impossibile verificare empiricamente le sensazioni che avverranno in futuro. In ognicaso, è indubbio che ‘“con questa presa di posizione, Mainlinder delinea un modello d’interpretazione rigorosamente utilitaristica’? dell’agire umano, che risulta
1? Ibidem. 20 E. von Hartmann,Philosophie des Unbewussten, cit., Berlin 1904!!, S. 352. 21
P.Mainlinder,Ph. d. Etl., cit., S.172. Anchein queste righe si sente una forte eco spinoziana. Cfr. B. Spinoza,Etica, cit., p. 208: “Sotto la guida della ragione, appetiremo un bene maggiore futuro più di uno minore presente, e un male minore presente più di uno maggiore futuro”. Ma ancheJ. Locke,
Saggio..., cit., p. 297: “il dolore che uno prova attualmente è sempre il peg-
giore di ogni altro [...]. E perciò tutti i nostri sforzi e pensieri sono diretti a liberarci dal male presente, prima di ogni altra cosa, come prima condi22
zione necessaria della nostrafelicità; qualunque cosa ne possa poi seguire”.
Unaltro schopenhaueriano, Paul Rée, similmente a Mainlinder, aveva affermato che “buono ed utile sono sinonimi” ed aggiungeva che ‘si è di-
menticato che quest'apprezzamentosi fondava inizialmente sull’utilità per la
società”, in Paul Rée, Der Ursprung der moralischen Empfindungen, S. 136-137 Sq”
234
L'etica
determinante per l’etica”?5, seguendo in questo l’insegna-
mento di Spinoza,il quale intendeva “per bene ciò che sappiamo concertezza checi è utile”24.
2. La funzionedello spirito e il problema della libertà “È lo spirito — scrive Mainlinder — che poneil bene generale nei singoli casi ed una volta per tutte”. Mainlinder aveva definito lo “spirito”, ispirandosi in qualche modo a Berkeley?, come quella unità che sovrintendealla subfacoltà della conoscenza(ragione,intelletto, memoria, giudizio e immaginazione), la cui funzione è quella di “accompagnare le azioni di tutte le altre capacità con la coscienza e di unire le loro conoscenze nel punto dell’autocoscienza’’?8. Ora, dobbiamo considerare questa facoltà conoscitiva dello spirito comese essa fosse “separata dalla volontà”. Tutto questo, scrive Mainlinder, non significa che fra volontà e spirito ci sia ‘‘antagonismo”, poiché lo spirito è un prodotto della stessa volontà, che attraverso di esso si autoimponedelle costrizioni. Infatti, una
delle caratteristiche principali dello spirito è quella di essere unafacoltà educativa e formativa per la volontà stessa, nel senso che è proprio lo spirito a guidare, in determinate circostante, la volontà. Inoltre, anche lo spirito si può sviluppare:
“Sviluppare lo spirito è il compito proprio dell’educazione,se si prescinde dalla formazionefisica; poiché il carattere può essere in-
23
25
in Gesammelte Werke 1875-1885, Hrsg. H.Treiber, Walter de Gruyter, Berlin New York 2004, S. 136-137. Cfr. Id., Osservazionipsicologiche, tr. it. e a cura di D. M. Fazio, Editori Riuniti, Roma 2000,p. 52. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 294. B. Spinoza, Etica..., cit., p. 162.
G. Berkeley, Trattato sui principi della conoscenza umana,cit., p. 32 e p. 36.
26 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 10.
235
Capitolo quinto fluenzato solo attraverso lo spirito ed è certamente in questo modo
che al discepolo vengono mostrati con chiarezza i vantaggi e gli
svantaggi, che sono conseguenze delle azioni, 0, con altre parole, egli
può comprendere chiaramente dovesi trova il vero bene”?7,
»
Si imponequiall’attenzione una differenza evidente fra Schopenhauer e Mainlinder. Il primo aveva affermato, innanzitutto che “Si rischiara la testa, ma il cuore non migliora. L'essenza fonda-
mentale e decisiva, nel campo morale come in quello intellettuale
e nelfisico, è l'elemento innato: l’arte non può che dare una mano. Ognunoè ciò che è, quasi “per grazia di Dio”, iure divino”,
A questa visione aristocratica, secondo la quale uomini
virtuosi si nasce, Mainlinder oppone, pur con tutti i suoi limiti, una visione più democratica, in cui un ruolo fondamentale è svolto dalla conoscenza e dall’educazione:
“Il carattere dell’uomo è innato, ma non immutabile. La sua mutabilità però oscilla in confini ristretti, poiché il temperamento [non può essere modificato] per niente e le singole qualità della volontà possono subire modificazioni solamente attraverso le giovani impressioni di una dottrina e attraverso l'esempio, oppure attraverso i colpi di clava del destino, attraverso una grande sfortuna o un grave dolore — tutto questo dipende dall’esperienza, poiché questo può avere un qualche influsso sulla volontà solamente attraverso lo spirito. [...] Se la volontà dell’uomo nonfosse conoscente, allora egli sarebbe semplicemente immutabile””??,
Mainlainder sembrainterpretare allora la volontà non più in senso strettamente metafisico, sub specie aeternitatis, bensì 27 Id.,5.173. 28. A. Schopenhauer, Ilfondamento della morale, cit., p. 264. 29 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 174.
236
L'etica
come unasorta di 4 priori storico, dato non una volta per tutte, ma modificabile nel corso del suo divenire. Tuttavia, la
possibilità che il carattere innato dell’uomo sia modificato attraverso lo spirito non infirmala necessità secondo la quale
“Ognunadelle sue azioni è il prodotto necessario di questo carattere e di questo motivo da raggiungere, e deve realizzarsi con la stessa necessità con cui una pietra cade al suolo”.
E proprio in base a questa necessità che Mainlinderstabilisce schopenhauerianamente che non esiste alcunalibertà per l’uomo:
“Potrebbe sembrare che l’uomo possegga il liberum arbitrium indifferentiae, cioè che la sua volontà sia libera, poiché egli, come abbiamovisto, può eseguire azioni che non sono conformi al suo
carattere, ma sono invece contro la sua stessa natura. Non è que-
sto il caso: la volontà non è mai libera e tutto nel mondo accade
con necessità.[...]
Io pongo solamente un caso: il motivo potrebbe essere raggiungibile per il mio carattere ma non già per il mio intero io, poichéil mio spirito pone come contromotivo”! il bene comune, e questo è più forte di quello”,
Anchelo spirito agisce con necessità, poiché anche esso è determinato dalla volontà, che è necessaria, e dalla conoscen-
za, che è sempre il prodotto determinato con necessità dall’ambiente e dall’educazione. Attraverso un'analisi che oggi diremo d’impronta comportamentista, Mainlinder scrive che:
35 Id., S. 175. Cfr. B. Spinoza, Tiattato Teologico-Politico, cit., p. 519. Cfr. Schopenhauer, La libertà del volere umano, cit., p. 106: “Tutto ciò che avviene, dal
fatto più grande a quello più piccolo avviene necessariamente. Quidquidfit necessario fit”.
3 Cfr. A. Schopenhauer, Il fondamento della morale, cit., p. 205. 32 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 177.
237
Capitolo quinto “Perciò il mio spirito è per sua natura uno distinto, e la sua formazione avviene secondo una qualche direzione con necessità, poiché io appartengo a questa famiglia, sono nato in questo paese, ho appreso questa dottrina, mi curo di questi rapporti, fac» cio queste distinte esperienze, ecc...[...]. La volontà,attraverso il suo vero bene, può essere portata lontano, poiché essa annienta il suo nocciolo più intimo, e non vuo-
le più la vita, cioè essa si pone in contraddizione consestessa ”’3,
È la necessità della conoscenza,assieme a quella della volontà, a negare ognipossibile libertà dell’uomo,la quale può derivare soltanto da una “deduzione errata” delle azioni umane.
Nonostante questo,il ruolo che la conoscenza, in contraddizio-
ne conla volontà, riveste per le azioni umane è decisivo: “La volontà non è diventata libera, ma essa ha ottenuto una straor-
dinaria grandissima vittoria: lei ha ottenuto un nuovo movimento”.A conclusionedi tutto questo, Mainlinderstabilisce, allora, quali sonoi risultati preliminari di questa indagine: ‘“1) che la volontà dell’uomo nonè libera; 2) chetutte le azioni avvengono connecessità; 3) che egli può rappresentarsi un bene generale, sulla base dell'istinto di felicità e per mezzo dello spirito; 4) che questo bene, in determinate condizioni, può portarlo ad
agire contro il suo proprio carattere”’4.
3.
Dallo stato di natura allo Stato moderno
Sulla base di queste premesse, Mainlinder intendestabilire in quale modo l’uomopervieneall’idea di un bene generale come vantaggioso perlui stesso.Il filosofo ricorre all’immagine dello stato di natura, definendola con toni hobbesiani, 33 Ibidem. 34
Id., S. 178.
238
L'etica “La negazione dello Stato, o come quella certa formadi vita dell’uomo, che è precedente allo Stato [...]. Osserviamo l’uomo
indipendente dallo Stato, libero da questo potere, cioè solamente come una parte della natura, come ogni altra volontà indivi-
duale, così egli si trova sotto nessun altro potere che nonsia la
natura”,
In questo ipotetico stato immaginario, e nonstorico,secondo Mainlinder, ogni uomosi trova di fronte al suo simile, cioè immediatamente gettato nel mondoin una dura lotta per l’esistenza. Quest’analisi permette a Mainlinder di tradurre la schopenhaueriana “lotta per l’esistenza” nei ter-
mini dell’hobbesiana “lotta di tutti contro tutti”. Nello
stato di natura l’unica legge è quella del più forte o del più furbo, a scapito del più debole e del più ingenuo.?” Tutte le azioni che nello stato non sarebbero permesse (assassinio,
furto, rapina, frode...) hanno origine dall’istintivo egoismo individuale. Maesse, scrive Mainlinder, non sono compiute a torto o a ragione, in manieralegittima o illegittima, poiché “solamente la forza decide oppure l’astuzia”*8. Non esiste nessun diritto naturale in base al quale stabilire se un’azione è legittima o meno, né alcun giudice. Mainlinder nega anche che nello stato di natura l’uomo possegga già la coscienza di Dio, la quale sola potrebbe morigerare le azio-
3 Id., 5.179. 36
La trasformazione del pessimismo metafisico di Schopenhauernel pessimismo antropologico di Hobbes introduce il passaggio avvenuto dall’analisi
dei principi metafisici del mondoall’analisi delle ragione umana,alla quale
37
38.
è dovuta la nascita delle Stato e delle sue istituzioni.
Cfr. A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena,cit., vol. II, “Sulla teoria del di-
ritto e della politica”, p. 319. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S.179. Per quello che concerne i concetti di
legittimo e illegittimo, Mainlindersi richiama a Hobbes,peril quale, scrive, es-
si sono concetti completamente convenzionali [Id., S. 589].
239.
Capitolo quinto ni degli uomini. L'uomo, come un qualsiasi altro animale,
non ha nessuna coscienza di Dio?”. di
o.
VIA
.
Giusto ed ingiusto sono concetti”, cioè prodotti della ragione umana,“che non hannosignificato nello stato di na-
tura: essi hanno senso solo nello Stato”. In conformità con il precetto schopenhaueriano, Mainlinderscrive, pertanto, “Ogni azione, la più alta come la più infima, è egoistica; poiché proviene da unadistinta individualità, da un distinto io, con un
sufficiente motivo e non può in nessun caso sottostare ad altro
[...]. È altrettanto impossibile per la persona compassionevole la-
sciare nell’indigenza il prossimo quantoperla persona insensibile venire in soccorso al bisognoso. Ciascuno dei due agisce secondoil suo carattere, la sua natura, il suo io, la sua felicità è conseguentemente egoistica; se infatti la persona compassionevole nonasciugasse le lagrime degli altri, sarebbe forse soddisfatta?””49,
Mainlinder sembra sintetizzare la lezione di Spinoza con quella di Schopenhauer. Con Spinoza Mainlinder sostiene che bene e male sono concetti relativi ad un utile; con Schopenhauer, invece, che “Ogni azione il cui fine è il be-
ne o il male dell'agente stesso è un’azione egoistica”4!. Mainlinder, però, non intende occuparsi nello specifico del perché si passi dallo stato di natura allo Stato moderno, poiché gli occorre solamente spiegare come ciò sia avvenuto. Egli, cioè, vuole mettere in evidenza che “lo Stato è ope-
ra della ragione e che esso poggia sul contratto”, si fonda sul fatto che “dà ai suoi cittadini più di quanto non chieda, 39 Ibidem. 40. Id., S. 180. Più oltre, in conformità con quanto detto, Mainlinderscriverà, che “dal punto di vista della natura, nessun uomo agisce moralmente”, Id., S. 218. Cfr. A. Schopenhauer,Il fondamento della morale, cit., p. 261.
4 A. Schopenhauer, Ilfondamento della morale, cit., p. 210. 4 P. Mainlinder,Ph. d. Erl., cit., S. 180. Cfr. A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. I, p. 611.
240
L'etica
poiché esso garantisce loro, in tutto e per tutto, un vantaggio, che superail sacrificio”. Da qui in avanti Mainlinder descrive con accento hobbesianola nascita dello stato civile. Scrive Mainlinder, “ognuno è chiuso nel suo egoismo e si considera l’unica realtà nel mondo”. Ed è proprio il timore reciproco, di essere uccisi o derubati, che conduce gli
uomini a stabilire quelle che Mainlinder definisce le leggi
originarie,e cioè che “nessuno deve rubare; nessuno deve uccidere’’4. Il contratto sociale, allora, è la diretta conseguen-
za di queste prime leggi, che si articolano in “doveri e diritti”’. In seguito,il riconoscimentodeldiritto alla vita ed alla proprietà diventa principio di una serie di altre leggi che da esso derivano, dando così vita ad un nuovo potere, eser-
citato dai giudici attraverso il diritto.
In questo contesto, la pena è intesa non già come la vendetta per un crimine commesso, ma come “un contromotivo per una possibile azione vietata”, non come una rappresaglia, ma come deterrente contro i possibili crimini futuri. Se da un lato, però, Mainlinder,sull'esempio di Hob-
bes*, asserisce che il contratto sociale ha come scopo prin-
4 Id., S. 181. Cfr. B. Spinoza, Trattato Teologico-Politico, cit., p. 521:Ma,in realtà, nessuno può dubitare quanto sia più utile per gli uominivivere secondo le leggi e i dettami certi della nostra ragione, i quali, come abbiamo detto, hanno di mira soltanto il vero utile degli uomini”. 44
Ibidem. Cfe. Id., Aus meinem Leben, cit., S. 414: “Solo le azioni degli indivi-
dui, in rapporto alla legge di Dio, sono morali o immorali. Ci sono solo due tipi di leggi dello Stato, che sono in armonia conle leggi di Dio e per que-
sto sono sacre: le leggi fondamentali di ogni Stato, tu non devi rubare, tu non devi uccidere. Esse saranno valide sino alla fine dell'umanità, poiché la proprietà (la proprietà dello Stato) e l’individualità esisteranno sempre”.
4 Id., Ph. d. Erl.,S.182. 46 Ibidem. Sul tema della pena, cfr. anche P. Rée, Der Ursprung der moralischen Empfindungen, cit., S. 135-136. Cfr. T. Hobbes, Leviatano, a. c. di R. Santi,
47
Bompiani, Milano, 2001, p. 505 e pp. 565-6.
T. Hobbes,Leviatano,cit., p. 543; Id., De cive,cit., p. 82.
241
Capitolo quinto cipale la sicurezza dei singoli individui, dall’altra, egli è dell'opinione chel'individuo deve cederealle limitazioni di un dovere principale, “la sottomissione alla legge”, per poter garantire così “la salvezza dello Stato”. 4.
Il ruolo della religione
Come scrive Mainlinder,“la caratteristica della felicità è quindi sempre la soddisfazione del cuore”, cosicché egli può affermare che “noi siamofelici se il liscio specchio del cuore non è turbato e siamo anchefelici là dovesi placa il
desiderio”*?, cioè quando la volontà, da un lato appagail
desiderio e, dall’altro, non è minacciata”, Nonostante l’azione dello Stato rappresenti un freno agli istinti egoistici degli uomini, “il naturale egoismo dell’uomo non è frenato più di quanto lo Stato permetta di fare”’?!, Se, quindi, lo Stato pone le basi per una convivenza nel consorzio umanosotto la costrizione delle leggi, questi vincoli non sono sufficienti ad arginare l’egoismo dell’uomo. Ed è per questo, scrive il filosofo, che “la forza,alla quale spettò questo
compito, fu la religione”? La religione riveste dunqueil
48 P, Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 182. Cfr. B. Spinoza, Etica, cit., p. 212. 49 Id., S. 184, Cfî. Plotino, Enneadi, a c. di G. Faggin, Bompiani, Milano 2002, pp. 113-115. 90 G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 294. 5! P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 185. Cfr. A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena,cit., vol.II, “Sulla teoria del diritto e della politica”, p. 329: “Il dirit-
52
to in sé stesso è impotente: per natura, domina la violenza”. Ibidem. Schopenhauerè di tutt'altra opinione,Id., Parerga e paralipomena, vol. II, p. 433: “È falso che lo Stato,il diritto e la legge non possano essere mantenuti in vigore senza l’aiuto della religione e dei suoiarticoli di fede, e che la giustizia e la polizia abbiano bisogno della religione, come -di un loro
complemento necessario per affermare l’ordine legale. Questa asserzione è falsa, benché venga ripetuta centinaia di volte”.
242
L'etica
ruolo dell’instrumentum regni di machiavelliana memoria, in quanto legge non scritta, che regola tutti gli altri aspetti dell’agire umano.La religione, quindi, nasce in seguito allo stato ci-
vile moderno, non già come sentimento innato dell’uomo. Mainlinder descrive in quale modo l’uomo, dopo aver consegnato allo Stato ognidiritto, giunge alla religione:
“L'individuo si vide senza aiuto nelle mani di una forza nemica, che poteva annientare i suoi averi e la sua vita. L'uomo comprese allora che nélui,né la società, erano orientati in qualche modo verso questa forza onnipotente, e sprofondò di fronte ad essa, scoraggiato e col sentimento di una perfetta impotenza, nella polvere. In questo modo,nei rozzi primi uomini sorse la prima relazione nei confronti di una potenza inconcepibile ed ultraterrena, che si poteva manifestare nella natura in maniera spaventosa, an-
nientando e devastando,ed essi si rappresentarono così gli dèi”,
La nascita della religione fu essenziale, poiché “essa confermò per primacosa le leggi dello Stato, imponendole all’uomo in nomedi Dio”. In questa maniera la massima del-
l'egoismo,il ‘“Pereat mundus, dum ego salvus sim doveva dive-
nire ama il tuo prossimo comete stesso”’?4. Mainlinder considera innanzitutto il Cristianesimo comela religione più universale: “Noi qui ammettiamo[...] che tutti gli uominisi tro-
vino sulla base del cristianesimo. Essi credono in Dio, al-
l'immortalità dell’anima, ad una giustizia dopo la morte”.
Probabilmente, ricordando le parole che Hobbes aveva usato per legittimare il potere dello Stato e dei regnanti, Mainlinder scrive che “Tutte le violazioni delle leggi dello Stato, come tutte le trasgressioni al comandamento di Dio,
53. .P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 185-6. 94 Ibidem.
5
Id., S. 186.
243
Capitolo quinto sono peccati e nessuno scampa a Dio onnisciente”°?. Ogni peccato viene, allora, punito così come ogni azione buona viene ricompensata. È da questo meccanismo, spiega Mainlander, che nasce l’idea del regno dei cieli come casa dell’anima, dell’inferno come luogo dei dannati. Tuttavia,il comandamento biblico dell'amore verso il prossimo nonsi riferisce solamenteal proprio simile, bensì anche al nemico””. La religione, inoltre, esige “coraggio e temperanza in ogni piacere consentito”. Questa temperanza e questo coraggio sono da essa richiesti anche nei confronti del piacere del corpo, “dell’istinto sessuale”, ed infatti essa promette in cambio della verginità dei credenti “la ricompensa più
grande: l'immediato passaggio nel regno di Dio”°8, La ver-
ginità in questo caso è ottenuta attraverso l’obbedienza ad un comandamento, cioè è, per così dire, estorta in cambio di un bene maggiore. “È chiaro che attraverso questo comandamento l'egoismo naturale del fedele è totalmente vincolato.[...] L'uomo non può più fare un'azione chesùbito salta fuori la sua coscienza. Egli de-
ve abbandonare tutte le azioni che potevano provenire dal suo
carattere, se non vuol mettere in pericolo il suo bene più grande, poiché gli occhi di Dio nonlo lasciano perniente[...]. Non c’è nemmeno unavia di fuga possibile. La morte deve arrivare e per questo comincia o una Vita eterna di santità, oppure un qualche tormento. Unavita eterna! Che cosa è rispetto
56 Ibidem. Cfr. T. Hobbes, De Cive,cit., p. 95-6: “Dio comanda ognicosa attraverso la voce dei sovranie, per converso, tutto ciò che è comandato da quelli, sia in materia di culto, che riguardo al campo secolare, è comandato da Dio.Id., “Crimini, giustificazioni e attenuanti”, 1) Che cos'è il peccato, pp. 470-1:“Un peccato non è soltanto la trasgressione di una legge, ma anche
57
il disprezzo nei confronti dellegislatore”.
Id., S. 187, Mainlindercita a tal proposito il passo biblico del Vangelo secondo Matteo, 5, 44.
598 Ibidem.
244
L'etica all’eternità il breve lasso della vita? Eternamente essere santi; eternamente sarà necessario soffrire! E così il regno dei Cieli è creduto e con esso anchel’inferno: questo è il punto centrale. Quindi, l’egoista naturale vive secondo i comandamenti della religione [...], poiché crede all’immortalità dell’anima e pensa alla vita eterna. Ma è egli felice? Per niente! Egli si risente di Dio: “Perché non posso diventare santo, senza avere i miei impulsi vincolati? Perché non posso essere felice qui e ld? Perché devo pagare così cara la mia vita santa,al di là della tomba? Egli comprende
certamenteil suo piccolo dolore, egli ottiene a caro prezzo il suo
bene maggiore, ma con cuore pieno di rancore e di tremore. Egli è infelice su questa terra, per essere felice dopo la morte”.
5.
Criteri e tipi dell’azione morale
L'analisi della nascita dello Stato e del ruolo della religione permette a Mainlinder di affermare che, rispetto a queste dueistituzioni, le azioni dell’uomo assumono, in senso convenzionale, “l'impronta della legalità, ma esse non
hanno alcun valore morale’. Ma qualè allora il “criterio incontestabile” di un’azione morale? Mainlinder risponde indicando comeprimocriterio di un’azione morale la massima galenica, già indicata da Kantf! e Schopenhauer: “Neminem laede; imo omnes, quantum potest, juva”°2, Dando per scontata la lunga spiegazione offerta già dal filosofo del Mondo**, Mainlinder asserisce, però, contro
5? Id, S. 188. 60 Ibidem. 6 Cfe.I Kant, Kants gesammelten Schriften, cit., Die Metaphysik der Sitten (1798), S. 236u. Kant l’aveva considerata come una vera e propria lex, indirizzata a ‘‘non commettere ingiustizia”.
62 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 188. 65
Cfr. A. Schopenhauer, Ilfondamento della morale, cit., pp. 136-7, pp. 217-219, p. 233.
245
Capitolo quinto Schopenhauer, che “l’assenza di tutte le azioni egoistiche non
può maiessere il secondo criterio di un’azione morale. Tutte le azioni sono egoistiche, ed ogni eccezione è totalmente impensabile, poiché o agisco secondo le mie inclinazioni, oppure contro il mio carattere”°*. Nel primo caso, agisco sotto la potenza di una motivazione, nel secondo,a cau-
sa delle restrizioni della legge, che è frutto del mio stesso egoismo. Per questo, un'azione non è morale in sé, ma possiede un valore morale se soddisfa tutte e due le seguenti condizioni: “Un'azione ha un valore morale, se essa
1) comegiàsottolineato, è in accordoconle leggi dello Stato o con i comandamenti della religione, cioè essa è legale; 2) è compiutavolentieri, cioè se nell’agire vien fuori uno stato
di profonda soddisfazione,il puro piacere’’5.
Masele azioni morali sono il prodotto necessario della nostra volontà ed il loro valore morale è relativo alle leggi o
ai comandamenti, ed è quindi convenzionale, allora è possibi-
le che coloro che non nascono con una volontà buona possano agire moralmente? A questa domanda Mainlinderrisponde che anche le loro azioni possono avere un valore morale; però è necessario che la loro volontà conosca unagestione diversa, cioè, che essa sia in qualche modo “trascurata
o frenata”, cosicché si possa infiammare“di fronte alla conoscenza, la conoscenza deve renderla feconda, incendiarla’’99. Maa quale tipo di conoscenzasi riferisce il pensatore? Mainlinder prende in esame alcuni “tipi” di individui, che inizialmente non agiscono moralmente, ma che in se-
64 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 189. 65 Ibidem. 66 Ibidem.
246
L'etica
guito riesconoa farlo attraverso la conoscenza: l’individuo non educato, attraverso il patriottismo; l’uomo che controvoglia
obbedisce alle leggi, attraverso la giustizia; il timoroso di Dio, attraverso la santità della contemplazione. Nel primo caso, Mainlinder immagina un cittadino non ancora educato, non ancora formato,il quale assolve al proprio dovere nei confronti dello Stato, ma controvoglia, con riluttanza, a causa cioè della pena temuta. Inoltre, quest'uomo nontollera l’autorità dello Stato, ma è troppo debole per poterla combattere. “Non ci meraviglia, scrive Mainlinder, che costui non abbia davvero alcuna chiara conoscenza del significato dello Stato”. È, allora, alla cono-
scenza di un bene superiore che Mainlinder intende affidare il superamento della volontà egoistica verso una nuova coscienza. Se il cittadino non ancora educato al valore dello Stato si raffigurasse la situazione di perenne angoscia dell’uomo nello stato di natura, e temesse gli “orrori di un’anarchia incombente, oppure le atrocità di una guerra con forze estranee sul suolo natio”, allora comprenderebbe che tutto ciò che egli ama e gli appartiene potrebbe essere presto annientato. “Egli vedeil frutto della sua condotta diligente, coltivata negli anni, annientata in un colpo d’occhio, vede lo stupro di sua moglie, il pericolo di morte dei suofigli, dei suoi genitori, delle sue sorelle, in parole povere, di coloro che egli ama [...]. Conoscerebbe di seguito il valore del popolo al quale egli appartiene, ed il rispetto, che gli altri popoli nutrono nei suoi confronti: si sentirebbe orgoglioso e desidererebbe a giusta ragione che esso non lo perdesse mai, che egli stesso non venga mai trattato con
disprezzo se nominala suapatria. Infine, egli si delizia nell’osser-
vare cometutti i progressi culturali dell'umanità dipendono dal-
la rivalità delle individualità dei popoli, e comeal suo popolosia capitato una certa particolare missione in questa concorrenza. Subito egli conosce ben chiaro, che tutto questo è solamente
247
Capitolo quinto raggiungibile, oppure viene evitato, se ognicittadino assolve pienamente e interamente al suo dovere”97,
Nel primo caso, quindi, è la nuova “conoscenza” che “tutto può essere raggiunto solo se ognuno fa il suo dovere”’98, scrive Mainlinder, che “lavora alla propria volontà”, cosicché “in questa battaglia con se stessa la volontà si può
accendere e dare alla luce l’amore per la patria”. Dovrebbe
essere quindi l’amore per la patria a rendere morali le azioni del singolo, poiché grazie ad esso l’uomo non agirebbe solo in conformità con le leggi obtorto collo, cioè per timore di perdere la sua vita o per timore di una punizione, bensì anche in virtù del suo amordi patria. Non solo. È proprio grazie a questo amore, ottenuto attraverso la conoscenza, che l’uomo “si sente in armonia con la legge, in breve, egli agisce moralmente”. In questo senso, è proprio l’intenzione che conferisce all’azione kantianamente la moralità, tuttavia senza il beneficio né dell’autonomia,né della libertà che Kant ave-
va concessoall’uomo, le quali permettevano una fondazione dell’azione morale stessa. Per Mainlinder, ogni azione conformealla legge possiede un contenuto morale — e quindi non è morale — solo quando appaga le inclinazioni della volontà, proprio come nell’immagine schilleriana dell’anima bella, alla quale il pensatore ha già dichiarato di ispirarsi. Il secondocaso riguarda l’uomo che ancora non ha raggiunto il concetto di giustizia. Questi agisce in conformità
67 Ibidem. Mainlinder riprende ancheil temaeracliteo della guerra come padre di ogni cosa, che dovrebbe in qualche modo giustificare il fatto che “i progressi culturali” delle singole individualità dei popoli sono prodotti dalla “di-
scordia”. La legge hobbesiana della “guerra di tutti contro tutti” viene este-
sa anche alle nazioni, sulle quali però è sceso, sotto le sembianze del dovere, il gelido fantasma della missione nazionale di fichtiana memoria, tema que-
sto che sarà sviluppato nella Politica. 68° Id., S. 191.
248
L'etica
delle leggi, ma contro il proprio volere. Dopo averriflettuto sulla possibilità di una “ricaduta”nello stato di natura, egli giunge alla conoscenza del valore della giustizia, grazie alla
quale “agisce moralmente?’99,
Infine, anche l’uomodi fede può agire moralmente,là dove al rispetto dei comandamenti di Dio, osservati a causa del timore di una punizione eterna (inferno), si sostituisceil desiderio positivo di una vita senza dolori e affanni (paradiso)7°. È proprioin questo particolarestato di “santità”cheil
6 Ibidem:“Prendiamoil caso di un uomoche controvoglia, solo per paura di una punizione, dà ad ognuno il suo. Egli riconosce alla giusta ora, in ma-
niera chiara e corretta, come la restrizione che lo Stato infligge al singolo è assolutamente necessaria; come sarebbe certamente più piacevole potersi arricchire a scapito degli altri. Però, se ognuno volesse questo, avrebbe luogo
una ricaduta nello stato di natura; subito quest'uomo, allora, richiama alla
mente l’intensa immagine della guerra di tutti contro tutti e il vantaggio,
che la legge così riccamente concede. Trattiene in mente con piacere il be-
ne capitatogli, l’immagine della totalità, nella quale ogni elemento, dal più
piccolo al più grande, agisce onestamente. Nonostante tutte le incursioni dell’egoismo naturale, la volontà può accendersi per questa conoscenza,e la
70
virtù della giustizia può mettere radici. Egli si sprofonda subito nella massima: voglio sempre agire con onestà e rettamente, nel cuore, e accompagnare ogni azione col sentimento della soddisfazione. Egli si sente in armonia con la legge, cioè egli agisce moralmente”.
Id, S. 191-2: “Infine, pensiamo al credente in Cristo, che allevia il bisogno del
suo prossimo, dove egli può, però non a causa di una vocata misericordia, bensì per paura dell'inferno e per guadagnare il regno dei cieli.
In qualche modo,però, giunge un male: una grave malattia, una grave perdita, l’incorrere amaramente in una ingiustizia, che fa ritirare l’uomoin sé, poiché in nessun luogo egli può trovare consolazione, tranne che in Dio [S. 191]. Egli vede oltre la sua vita [...], poiché la sua vita altro non è diventata
che una catena di bisogno e tormento, angoscia e pena, grossi dolori e brevi
fugaci gioie [...]: quale quantità di sfortuna su di un lato, quale scarsa gioia sull’altro! [...] Egli allora richiama alla mente l’ora della sua morte, che deve arrivare, presto o tardi che sia. Egli non pensa più all’inferno, ma ha in men-
te la vita eterna, in contrasto conla vita terrena, che proprio or ora ha preso in considerazione comefonte di mali, la vita eterna in grembo a Dio. Egli pensa questa vita eterna libera dall’angoscia, dagli affanni, dal bisogno e dal-
la discordia, dall’invidia e dagli alterchi, libera dal dispiacere e da dolorifisici, libera dal movimento, dalla nascita e dalla morte: piena di santità. [S.192]”.
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Capitolo quinto fedele acquista la capacità di contemplare Dio. Nella contemplazione del beato,allora, “È comese le azioni provenissero da una buona volontà e portassero l'impronta della moralità. L'uomo agisce in armonia con i comandamenti di Dio, al quale egli crede, ed egli possiede già il regno deicieliin terra; poiché, cos'altro sarebbe, altrimen-
ti, la pace del cuore?””7!,
6.
Conoscenza ed egoismorischiarato
Le tre virtà del patriottismo, della giustizia e della santità dimostrano che “la trasformazione della volontà attraverso la conoscenza è unarealtà, che alla filosofia non è con-
cesso trascurare. Essa è il fenomeno più importante e più significativo nel mondo””2, anche se è indubbiamente unfenomenoraro. Stando a quanto Mainlinder scrive, la trasformazione della volontà attraverso la conoscenza avviene ‘con necessità” — poiché ogni conoscenza è determinata dal corredo genetico di ogni individuo, dalla sua educazione e dall’ambiente a lui esterno — ed in maniera silenziosa ed è possibile “alla maggior parte degli uomini”. Ancora una volta,la natura aristocratica dell’intuizione del genio, così come l’aveva intesa Schopenhauer, è in discordanza con la natura democratica della conoscenza proposta da Mainlinder. Mainlinder prosegue, affermando che l’azione santa “non è possibile [...] poiché nessun uomo puòagire contro il suoio,il suo se stesso”74, È possibile, invece, distinguere fra
71
Id., 5.193.
74
Ibidem.
72 Ibidem. 73° Ibidem.
250
L'etica
1) azionilegali edillegali, come quelle azioni generate dall’egoismo naturale, ma conformi o meno alle leggi dello Sta-
to e ai comandamenti di Dio. La legalità quindi è attribuita
a quelle azioni compiute “per paura della punizione”, 2) azioni morali, cioè azioni compiute da coloro che nascono con una buona volontà o da coloro i quali sono illuminati dalla conoscenza, le quali sono prodotte da “egoismo rischiarato”7°. Invernizzi ha giustamente sostenuto che quella di cui parla Mainlinder è “una trasformazione sui generis, assai diversa dalla “conversione” schopenhaueriana alla noluntas, rimanendo tutta all’interno dell’eudemonismo di Mainlinder: l’agire dell’uomo è e resta egoistico, maall’egoismo naturale si sostituisce nella morale un egoismo rischiarato”?.
Quindi, che esso sia naturale o rischiarato, per Mainlinder
l'egoismo originario della volontà resta il carattere distintivo di tutte le azioni umane. Schopenhauer aveva rifiutato con decisione ogni forma di violento nazionalismo, così come anche ogni edulcorato patriottismo, proprio perché la Volontà è un principio metafisico, unico ed universale. Allo stesso modo, la volontà indi-
viduale di Mainlinder, in quanto principio della realtà, è uni-
versale, ma, in virtù della sua individualità, essa giustifica la
particolarità di ogni popolo, in quanto “movimento”di un solo ramo dell'umanità. Con questa giustificazione, Mainlinder opponealla virtuosa esperienza del patriottismo ‘“l disgregante veleno cosmopolita”. Per il giovanefilosofo, pieno d'esprit de revanche contro la Francia e ardente dal desiderio di immolarsi per la Prussia, coloro che invocano la fratellanza tra i popoli e si proclamanocittadini del mondo sono “spiriti immaturi che non conosconola storia della lo9 Ibidem. 7
G.Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 302.
251
Capitolo quinto ro terra, né tanto menoil corso faticoso dell’umanità, in
conformità dell’unica, grande e immutabile legge, che si
mostra in diverse forme”.
In questa affermazione si concentra uno snodo di pensiero fondamentale per comprendere come Mainlinderstia passando da una concezione metafisica del divenire ad una concezionestorica. Il mondo del molteplice non è più, metafisicamente, concepito come l’immagine speculare dell’essere di Dio. Esso è un divenire storico, e quindi possiede una direzione ed un senso. Lo spirito immaturo è quello che non comprendela legge di questo divenire, e che, per questo, non riesce a vedere neanche la storia della sua terra, il movimen-
to del proprio popolo,la sua missione. Il ruolo svolto dalla
storia, in Mainlinder, così come nel pensiero di Fichte e di
Hegel, è centrale, perché è la storia chesi identifica col mo-
vimento del mondo, ovvero con il divenire. La volontà in-
dividuale, e con essa quella dei popoli e delle nazioni, compie un movimento necessario verso il comune ed immuta-
bile destino’ dell’umanità.
Mainlinder ha appena asserito che la conoscenza “in-
fiamma” la nostra volontà, in modo da cambiare il suo mo-
vimento. Ma che cosa intende il filosofo per la moralische Entziindung des Willens?
77 P, Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 194. 78
È proprio il comune concetto di movimento, di evidente matrice idealistica, a permettere di mettere in rilievo le affinità di pensiero fra Hartmann e
Mainlinder. L’Inconscio unico di Hartmann riprende esplicitamente il tema dello Spirito Assoluto di Hegel; la volontà individuale di Mainlindersi riallac-
cia, in maniera implicita, al manifestarsi storico dello Spirito di Fichte e interpreta la sua tensioneversoil Sollen, identificandoil suo fine nel nulla assoluto. Allo Spirito Assoluto, però, i due pessimisti sostituiscono un principio irrazionale, donde deriva il pessimismo di entrambi. Questo spiegherebbe anche l’interesse e lo studio che Mainlinder dedica all’opera di Hartmann.
252
L'etica “L'entusiasmo morale della volontà è un fatto, che ho cerca-
to di spiegare in precedenza in maniera puramente immanente. Essa è unfatto, comela trasformazione del normalestato di un’idea chimica in unaelettrica, come la stato normale di un uomo in uno stato di eccitazione. Io la voglio denominare entusiasmo morale. Esso è, come quello estetico, un doppio movimento,però da quelloessenzialmente diverso. Per prima cosa, esso nonè, come quello, un movimento interconnesso, poiché le sue parti si trovano una dopol’altra. La prima parte [il primo movimento] è un violento agitarsi della volontà, rievocata da una conoscenza geniale, fra piacere e dispiacere, mentre la prima parte dell’entusiasmo estetico è unostato estetico senza dolore; la seconda par-
te, invece, non è nessuna corrente impetuosa della volontà, bensì una pura pace del cuore. Questa pace del cuore è capace di un'’elevazione, che è davvero singolare. Essa, infatti, può, sotto l’ininterrotto influsso di una chiara conoscenza (quindi, non attraverso piacere e dispiacere di un desiderio) elevarsi verso: 1) il coraggio morale 2) la gioia morale 3) l’amore morale?””?,
Per Mainlinder, l'individuo che possiede l'entusiasmo morale “ha solamente un obiettivo davanti agli occhi”, che
per il resto degli uomini non è chiaro, cioè la “missione della sua madrepatria”. Costui,il patriota, non è un uomo qualunque, ma quasi un santo: “Infine risplendesin da ora, che un verocristiano,la volontà del quale si è infiammata poco a poco della dottrina della dolce patria, quindi un santo — costui sarà l’uomo più felice che si pos-
sa pensare”80,
|
7 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 196. 80. Id,, S. 198. Cfr. Id., S. 197: “Loro si trovano in unatale intima delizia, in una
pace ed in un’inattaccabilità, che tutto diviene loro indifferente: la vita, la morte e la vita dopo la morte. Hannola coscienza che quello non può svanire, che quel regno deicieli che è in loro si chiude al regno deicieli che
255
Capitolo quinto
7.
Ilfondamento della morale
7.1. Lo Stato La filosofia immanente, prosegue Mainlinder, non può accontentarsi della fondazione dell’etica basata sulla fede, ma
deve interrogarsi “sul fondamento scientifico della morale,
cioè se sia possibile o meno fondare la morale, senza dogmi,
senza l'eccezione di una volontà manifestamente divina”*!,
Se, quindi,la filosofia immanente non può fondare l'etica
sulla fede, e se essa tiene fermo il suo rifiuto di ‘accettare una
semplice unità nascosta, in o sopra o nel mondo”, allora essa “nonriconoscealtra autorità oggigiorno,al di fuori dello Stato costruito dagli uomini”. È lo Stato, creazione della ragione umana, secondo Mainlinder, che fonda l’etica*, “poiché la vo-
lontà dotata di ragione, secondo la giusta conoscenza della natura di due mali, deve scegliere il minore”8*. Trovandosi a dover scegliere fra lo stato di natura,in cui la propria vita è messa in pericolo,e le costrizioni dello Stato civile,illuminato dalla chiara ragione, l’uomo sceglie quest’ultimo, anche se “Lo Stato è [...] per l'egoismo naturale un male necessario”84. Questa scelta è assolutamente necessaria, perché lo impone la deve ancora giungere. Loro vivono solamente nel presente, in maniera inesprimibile, da santi, cioè nel sentimento dell’interiore immobilità, anche se questa è solo un'illusione; o con altre parole, nei santi lo stato fluido della
contemplazione estetica più profonda è divenuto permanente”. 81 Ibidem. 82. Quella di Mainlinder richiamaalla mente la definizione dello Stato etico di Hegel. Cfr. Id., Enciclopedia delle scienze, cit.,“[p. 492] La sostanzaetica è c) la sostanza consapevole di sé, comelo spirito che si è sviluppato in unarealtà 83.
organica: la costituzione dello Stato [...], [p. 517]. Lo Stato è, infine, la realtà immediata di un popolo singolo e naturalmente determinato”. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 199. Cfr. G.W. E Hegel, Enciclopedia delle scienze, cit., p. 503: “L'essenza dello Stato è l’universale in sé e persé,la razionalità del volere”.
84. Id., S. 200.
254
L'etica
stessa natura della volontà e “questa legge sta allo stesso modo di quella per cui ogni effetto ha una causa”®. Mainlinder sembra offrire in tal modo una valutazione dello Stato, per così dire, “bifronte”’, ovvero egli ne dà due
definizioni diverse: considerato dal punto divista dell’egoismo naturale, lo stato è un male necessario; invece, dal punto
di vista dello spirito illuminato dall’amordi patria, esso è il
principio stesso su cui si fonda l’etica. Se davvero tutti seguissero le leggi o fossero illuminati dalla ragione, allora “nello Stato non dovrebbero esserci che giusti”, cioè “giusti per condizione naturale, giusti per la volontà rischiarata”’86, Invece, negli Stati sono presenti ancheil delitto e la violenza e, con le parole di San Paolo, Mainlinder ribadisce che “La legge provocal’ira; al contrario, dove non c’è legge, non c'è nemmenotrasgressione. [...] Per questo, attraverso la fede deve giungere la giustizia”’8”. Mainlanderriflette anche sul caso di quelle azioni che non sonoregolate da nessuna legge e che rimandanoalle ce-
lebri leggi non scritte di Sofocle88.Tale è, per esempio,la mise-
ricordia nei confronti dei poveri. Lo Stato non si occupa di tutti i rapporti umani, masolo di limitare l'egoismo naturale dell’uomo.È a tal proposito che, allora, Mainlinderscrive: “Nel nostro Stato, abbiamo solo una moralità limitata; perché tutte le azioni che sono in armonia con la legge e sono compiute volentieri hanno valore morale, e non sono semplicemente legali.
85 Ibidem.
86 Id., S.201.
87 Ibidem. Cfr. “Lettera ai Romani”, 4, 15.
88
Mainlindercita un passo dell’Antigone di Sofocle, cfr. Id., Aus meinem Leben, cit., S. 414: “Il metro di misura di tutta la morale è il corso del mondo o la più concreta legge divina espressa, da Antigone così magnificamente detta [...]: tuttavia mi servono invano, nel frattempo loro imparanotali leggi che non sono comandamenti umani”.
255
Capitolo quinto Tuttavia l'uomo misericordioso non agisce moralmente,se rinfranca chi si duole nel bisogno, così poco comeil duro di cuore agisce
illegalmente,se lascia morire di fame un povero davanti alla sua porta, perché non c’è nessuna legge che ordina la buona azione e questo è una condizione per un’azione morale, poiché essa si accorda
con la legge. Naturalmente l’uomo misericordioso nonagisceillegalmente,se egli sostiene il povero. La sua azione non ha alcun carattere singolare, bensì è generalmente egoistica. Segue liberamente il suo egoismo rischiarato, non viola alcuna legge ed è felice”.
Anchela misericordia è il prodotto necessario della nostra volontà e del nostro vissuto, poiché ognuno porta con sé “le catene della fede, dei cari ricordi, delle parole piene di
amore della bocca adorata”. Anche “l’autorità della religione”, che potrebbe rappresentare un solido fondamento per la nostra azione morale, “non esiste più per noi, e al suo po-
sto non è subentrata nessun’altra cosa”8?. Come già aveva
fatto Schopenhauer”, anche Mainlinder considerail Mitleid non già come unavirtù morale, bensì come un impulso innato e costitutivo della stessa volontà. Considerarlo come un fondamento dell’etica sarebbe come intraprendere “una strada falsa”, poiché non esiste alcuna autorità divina a imporcelo cometale. Per Mainlander, “nel nostro Stato, così pen-
sato, le azioni di misericordia non possono essere morali,
poiché nessuna potenza lo chiede, e quindi le azioni hanno
un valore morale, quando esse sono compiute volentieri e in accordo conla legge”?!. Da questo segue che “considerando la vita di un cittadino nel suo rapporto con lo Stato e conle sue leggi, egli è felice. Mala vita non è solo una ca-
tena di doveri da adempiere nei confronti dello Stato”,
89 Id., S. 202. A. Schopenhauer,Ilfondamento della morale, cit., p. 261. 9 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 203. 9 Ibidem.
256
L'etica
7.2.Il socialismo utopico e la ruota delle nascite Per Mainlinder, ogni individuo che guardi con occhio obiettivo il mondoè persuaso che “la vita dell’uomo,nella sua forma presente, è essenzialmente infelice”? Gli uomini che non si avvedono della vera natura del mondo,gli ottimisti, “non hannosofferto abbastanza e non hanno compreso nulla. Verrà il giorno in cuise non nella loro vita individuale, quanto menonella loro discendenza,essi si risveglieranno ed il loro
risveglio sarà terribile”’?4.
Formulato quasi come un anatemascagliato contro l’umanità, Mainlinder introduceil tema che riprenderà e svilupperà qualche paragrafo dopo, quello della ruota delle nascite. Per ora, però,il giudizio negativo che egli esprime sulla natura del mondoe sulla infelicità dell’uomo è strumentale alla teorizzazione della necessità di costruire uno Stato ideale”. Per far questo, Mainlinderrivolge la sua attenzione a “tutto ciò che l’aspetto dell'umanità porta con sé, all’intera umanità”, In questo Stato ideale
93. Id., S. 204.
94 Ibidem.
95. Lo Statoideale di Mainlinderha un’esplicita origine platonica, poiché in esso regnano l’idea di giustizia e il bene comune (Cfr. Platone, La Repubblica, 473-475); inoltre, lo Stato ideale avrà luogo, ma non sarà ottenuto dagli uo-
mini, e quindi esso ha un valore utopico-ideale, fungerà cioè da modello (Cfr. Platone, La Repubblica, 592a-592b) per la società di oggi. La riflessione sullo
Stato ideale di ispirazione platonica fa tutt'uno con la dimensione utopica del socialismo cui Mainlinder fa riferimento: quello di Lassalle, ma forse in par-
te anche quello di Marx, del quale probabilmente Mainlinder non lesse le
opere. Numerosi riferimenti allo Stato ideale di Platone sono rintracciabili specialmente nel secondo volumedella Ph. d. Erl., cfr. Id., S. 268-9, 304, 3367,483, 489, 528. Inoltre, Mainlindersi riferisce esplicitamente ancheal divenire, in relazione all’anno platonico, cfr. Id., “Aus meinem Leben”, cit., S. 413.
9% Ibidem.
257
Capitolo quinto “Nonci sono guerre e rivoluzioni. La potenza politica non
appartiene più ad una sola classe, ma l’umanità è un popolo che vive secondole leggi, alla formulazione della quali tutti collaborano. La miseria sociale è risolta. Il lavoro è organizzato e non opprime più nessuno. Lo spirito d’invenzione hascaricato i la-
vori duri sulle macchine e la loro conduzione portavia al citta-
dino solo poche ore al giorno; chiunquesi risvegli potrà dire: il giorno è mio!”
Questo, però, non è un obiettivo di poco conto,specialmente se consideriamo,scrive il filosofo, “che non abbiamo a
che fare ancora con l’anima bella”?”. A quell'uomo che mostra di adorare la volontà di vivere, il filosofo risponde con un elenco di bisogni peri quali ogni individuo è vincolato a cercare una soddisfazione (lavoro, fame, ecc..., ma anche una so-
cietà migliore) senza poterla trovare. Mainlindercita i “quattro mali” più grandidella vita dell’uomoche, con un linguaggio più moderno, potremmodefinire i quattro mali esistenziali:‘“dolore della nascita, malattia, vecchiaia e morte di ogni individuo”. Si ricordino, inoltre, almenotre fra i mali minori?8, e cioè il sonno, che ci sottrae un terzo dell’esistenza”; il lavo-
r0!°, che già l'Antico Testamento considera come una maledizione di Dio (Genesi, 3, 14ss); e, infine, la noia, che subentra
ogni qual volta appaghiamoil desiderio![...]. Se il bisogno
%Id., S. 205.
98 Mainlinder menziona il "De miseria humanae conditionis" di Innocenzo
III (al secolo, Lotario dei Conti di Segni, 1198-1216). Lo stesso passo del
"De contemptu mundi"di Papa Innocenzo III presente nella Philosophie der Erlòsung è ripreso da FW. Nietzsche, Genealogia della morale,tr. it. di E Ma-
sini, in Id., Opere,cit., vol.VI, t. II, pp. 256-266.
9 Cfr. A. Schopenhauer,Il mondo..., cit., vol. II, p. 302. 100. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., S. 206. 101 Id., S. 207: “Sonoloroinfine felici? Lo sarebbero se non percepissero in loro un deserto orribile e un vuoto”. Cfr. A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, cit., vol. I, p. 442.
258
L'etica
è un male orribile, la noia è però il più terribile di tutti - scrive il filosofo — meglio unavita nel bisogno che nella noia”. Da tutto questo deriva che “la vita anche nel migliore Stato del nostro tempo è priva di valore”, perché essa è una valle di lacrime, e che perciò il filosofo pessimista non può che affermare, così come avevano fatto Schopenhauer e Hartmann,
che “il non essere è migliore dell’essere’’!°2, Finanche coloro che hanno vissuto in maniera agiata e illuminati dalla conoscenza, come è accaduto a Goethe e a Wilhelm von Humboldt!9, hanno compreso che unavita esteriormente felice è,
in verità, triste e priva di senso!°*. Inoltre lo Stato ideale è una
pura immagine della nostra fantasia, scrive Mainlinder, e non
potrà maiessere realtà”’!05, Nonostante tutto questo, secondo il pensatore di Offenbach, nessuno può negare “il reale progresso del genere umano, che arriverà un tempoin cuilo Stato ideale, non costruito da noi, tuttavia verrà raggiunto”. Mainlindersi ripromette di chiarire questa affermazionesibillina nella Politica. Noi, tuttavia, sin da adesso possiamo rilevare un’evidente contraddizione logica.Mainlinder ha ammesso un certo progresso dell’umanità — che non è semplicemente in discordanza con lo spirito di ogni pessimismo tout court, ma anche con Scho-
penhauer e con Hartmann!e con la dottrina esoterica
102 Id., S. 208.
103. Id., S. 209-210. Mainlinder prende come esempio,oltre all’amato Goethe, anche Wilhelm von Humboldt,il quale si era occupato del problema della libertà dell’individuo rispetto allo Stato nell’opera Ideen zu einem Versuch, die Grenzen der Wirksamkeit des Staats zu bestimmen.
104 Cfr. Id, Ph. d. Erl., cit., Bd. II, S. 511. Cfr. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell'Ottocento. .., cit., p. 297. Cfr. L. Liitkehaus, Nichts, cit., S. 247. 105 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 210.
106 Cfr. E. von Hartmann, Philosophie des Unbewusstes, cit., S. 633 ff: Drittes Stadium der Illusion: “Das Gliick wird als in der Zukunft des Weltprozesses liegend gedacht”.
259
Capitolo quinto buddhista!” — ed egli stesso ha affermato l’illusorietà del progresso. Il progresso dell’umanità coincide conil destino stesso dell'umanità e con il suo stesso movimento, e quindi ‘esso spinge coloro che lo vogliono e coloro che non lo vogliono inesorabilmente sui binari che conducono allo Stato ideale
ed esso deve divenire reale”!°. La necessità di questo movi-
mento dell'umanità è determinata da quella unità precosmica, che Mainlinder ha supposto esistere nella Fisica. Quindi, in relazione a questa unità, 1) un'azione si dice morale quando asseconda conpiacere il movimento necessario del mondo; 2) “lo Stato è la forma nella quale si compie il movimento pensato, nel quale il destino dell’umanitàsi dispiega”’1°. In questa prospettiva, lo Stato, nato dalla costrizione alla convivenza pacifica dei diversi egoismi individuali, è solo uno stadio transitorio “verso un’altra forma per il progresso dell'umanità, perfezionata in direzione della migliore società che possa essere pensata”!!°. Per la prima volta si mostrano chiaramente le caratteristiche di quella forma di socialismo utopico!!!, tutto incentrato sullo Stato ideale, e successiva-
mente sulla società ideale, il quale poggia sulle virtù fonda-
mentali del patriottismo, della giustizia e dellafilantropia, che il filosofo riassume sotto le due massime di “dedizione al bene
comune”e di “amore perlo Stato”!!2, Ed è proprio la nuo-
107. Cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., Bd. II, S. 631-632. Cfr. G. Invernizzi,Il
pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 299. 108 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 211.
109 Ibidem.
110 Ibidem. !!! Cfr. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 299. Rispetto al socialismo utopico progressivo di Proudhon e di Sorel, il socialismo di Mainlinder potrebbe essere definito un socialismo utopico regressivo, in cui la società livellata è il presupposto necessario per accedere al regno del nulla e
della morte totale di Dio. 112 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 212.
260
L'etica
va concezione dello Stato in direzione del socialismo utopico, che permette a Mainlinder di poter cambiare la succitata massima di san Paolo!!* nella seguente: “La legge provoca l’ira; al contrario, dove non c’è legge, non c'è nemmenotra-
sgressione. Per questo, attraverso il sapere deve giungere la dedizione al bene comune”. In questo modo,“il giusto per condizione naturale ed il misericordioso posseggono una condizione più facile di fronte al comandamento,rispetto all'egoismo naturale”!!4, Nel nuovo Stato, però non è sufficiente la misericordia nei confronti dell’uomo che soffre: “To, in quanto giusto, devo agire in modo tale che tutto divenga perlui, quello che egli, in quanto cittadino, può desiderare, devo agire in modotale che, ogni cittadino divenga un’opera di bene dello Stato, ed io, in quanto filantropo, devo agire con gli altri uomini misericordiosi in modocheil bisogno svanisca to-
talmente dallo Stato”!!5,
La filosofia immanentericonosce “l'inferno dello Stato presente e il paradiso dello Stato ideale, e richiamandosi ad entrambi, rimane con fermezza sul terreno della fisica”’1!0.
Con ciò, Mainlinder intende ricondurre l’etica al piano dellafisica, della natura, cioè egli vuole fondare le azioni morali a partire dalla realtà immanente,e per far questo devericonoscere il mondo così com'è ed il mondo comedeve essere nella natura stessa!!”. Tuttavia, all’interno di questa po-
113 La Bibbia, Lettera ai Romani 4, 15-16:“La legge provocal’ira; al contrario, do-
ve.non c’è legge, non c'è nemmenotrasgressione. [...] Per questo, attraverso la fede deve giungere la giustizia”. Cfr. P_ Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 201.
114 P. Mainlinder, Ph. d. Efl., cit., S. 212. 115 Ibidem.
16 Ibidem. '17 Si potrebbe rivolgere a Mainlinder l’accusa di pansatanismo, che Liebmann rivolse contro Schopenhauer, proprio nell’anno in cui fu pubblicata la Phi-
261
Capitolo quinto sizione dichiaratamente immanentista, riposa un elemento utopico che le è estraneo, la tensione verso lo Stato ideale e
la società ideale, totalmente proiettati nel futuro, rispetto ai quali pure il filosofo vorrebbe applicare una reductio ad physicam, interpretandoli comefasi necessarie e naturali del movimento determinato del mondo.
Per Mainlinder, la minaccia di un inferno naturale non
sembra essere sufficiente a far sì che l’uomo agisca moralmente, poiché ogni individuo potrebbe egoisticamente decidere di sopportare quest’inferno in terra sino alla propria morte. In questo senso la morte stessa, elencata all’inizio fra i quattro mali costituitivi dell’esistenza, non è più letta in senso negativo, bensì come liberazione dai tormenti della vita stessa, in ogni caso come un’eutanasia!!8, Se la morte è sollievo, pensa Mainlinder, allora, incontro a quale pena deve correre colui che è costretto a vivere in eterno: “Unavita eterna! Che cosa è rispetto all’eternità il breve lasso della vita? Eternamente essere santi; eternamente sarà neces-
sario soffrire![...]!!?
Ditutti i mali solo la morte non può essere eliminata. E perciò avremmo unavita breve e senza dolori di fronte a noi. Ma
questa è forse una fortuna? [...]??120,
Ed è così cheil filosofo pensa di ricorrere ad un altro deterrente contro l’egoismo naturale, al quale legare in terra l'inferno e il paradiso:
losophie der Erlòsung. Cfr. Otto Liebmann, Analysis der Wirklichkeit: eine Eròrterung der Grundprobleme der Philosophie (1876), betrichtlich vermehrte Auflage, Trubner, Strassburg 1880", S. 230. 118 Cfr. Id,, cit., S. 207: “All'improvviso, la morte ci dà la fine (eutanasia)”. 119 Id., S. 188. 120. Id., S. 207.
262
L'etica “Ognuno comprende l’inferno lì dove mette. radici l’umanità e la vita, ed essa grida così contro di lui : “tu continui a vivere nei tucifigli, nei tuoi figli celebri la tua reincarnazione, e
ciò che colpisce loro, colpisce anche te”. Tanto a lungo però lo
Stato ideale non diviene reale, così tanto a lungo mutanole con-
dizioni e le posizioni della vita. Il ricco diviene povero ed il povero diviene ricco. L'oppressore viene oppresso e l’oppresso diviene potente. Il forte diventa debole ed il debole, forte. In un tale ordinamento delle cose sei oggi l’incudine, domaniil mar-
tello, oggi martello domani incudine!?!, Agisci allora per il bene
comune,se ti sforzi di conservare questo ordine delle cose peril
verso giusto. Questa è la minaccia dell’etica immanente; la sua promessa però è lo Stato ideale, cioè un ordine di cose nel quale è separato dalla vita tutto ciò che non è essenzialmente legato
ad essa: povertà e bisogno””!22,
Mainlander riprende un tema buddhistico, presente anche nella tradizione biblica, che già Schopenhaueravevafatto proprio: quello del samsàra, cioè della ruota delle nascite, per giustificare cosìla ciclicità del bisogno, la quale sola potrebbe trattenere l’uomodal pensare alla sua singola esistenza. Per Mainlinder, ogni genitore rivive e si reincarna, non solo in senso simbolico, ma anchein sensofisico, nei propri
figli, senza che però “nessun padre ricco abbia la certezza che la sua prole un giorno nonfinirà in miseria”!5, L'etica allora stabilisce un nuovo sapere per l’uomo: ‘‘1) Egli continua a vivere neifigli, 0, espresso in maniera generale, egli mette radici nell’umanità, solo in essa e attraverso di essa può conservare la vita 2) l’ordine odierno delle cose condiziona necessariamente il cambiare delle posizioni [...]
121 Cfr. Id., “Der thoeretische Socialismus”, Bd.II, cit., S. 288. 122 Id., Ph. d. Erl.,S. 213-4.
123. Id., “Der theoretische Socialismus”, cit., S. 288."
263
Capitolo quinto 3) nello Stato ideale è garantita a tutti la miglior vita immaginabile
4) il movimento del mondo, nonostante coloro che nonlo vogliono o lo avversano, ha comefine lo Stato ideale e lo raggiungerà\7*124
La ciclicità delle nascite e quella del bisogno sono strettamente correlate. La coscienza cheil nostro agire ha un peso rilevante per i nostri figli, e che loro sono la nostra reincarnazione,fa sì che il nostro egoismo naturale, e di conseguenzail calcolo del vantaggio prodotto dalle nostre azioni, ci porti ad agire per il bene comune,nonsolo nei confronti della nostra progenie, ma anche di quella altrui, poiché la ruota del fato cambia continuamente le posizioni degli uomini, capovolgendole. Fortunae rota volvitur. Comeha giustamente obiettato Invernizzi, “Questa dottrina appare peraltro inconciliabile con l’altra tesi di Mainlinder, secondo cui ogni individuo complesso, al momento della sua morte cessa di esistere come tale, scomponendosi negli elementi semplici. Anche ammesso che l’individualità dei genitori sia perfettamente riprodotta dall’individualità dei figli, resta il fatto che si tratta di un’individualità nuova e numeri-
camente diversa da quella dei genitori”!25,
8.
Dall’essere al non-essere. Il comandamento della verginità
Il concetto di individuo, così come, sia nella Fisica sia nell’Analitica, lo aveva inteso Mainlinderstesso, cioè come leibnizianamente irripetibile, facendone un caposaldo del suo
individualismo metafisico, sembra svanire a vantaggio della
124 Id., Ph. d. Etl., cit., S. 214. 125 G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 300, nota 12.
264
L'etica
dimensionestatale dell’etica. Ma l’immanentismoetico così fondato è svuotato gradualmente dalla carica utopica, cioè dalla tensione verso il futuro Stato ideale, che
Mainlinder giustifica con la necessità del movimento del mondo.All’ineluttabilità del fato l’egoismo rischiarato risponde semplicemente eliminando gli ostacoli, ovvero “il ristagno”in cui il destino dell’umanità può imbattersi. Tuttavia, è impossibile fermare il movimento dell’universo “Verso il totale annichilimento, il movimento dall’essere al
non essere” 126.
Per la prima volta Mainlinder definisce in maniera esplicita il movimento del mondo come un passaggio dal-
l'essere al non essere. Come ha acutamente osservato
Liitkehaus, Mainlinder sembra capovolgere il dogma cristiano della ‘“creatio ex nihilo” nello speculare filosofema della “creazio ad nihilum”!27, e questa creazione dall’essere di Dio verso il nulla coinvolge tutta l’umatnità, ovvero “tutti 1 singoli uomini viventi”, i quali sono guidati da “un irresistibile struggimento per la pace della morte assoluta??128. “AI movimento dell’umanità verso lo Stato ideale seguirà quindi l’altro, quello dall’essere al non essere, o, con altre parole: il movimento dell’umanità è soprattutto il movimento dall’esse-
re al non essere”129.
Maquale mezzo possiede l’uomo per poter agevolareil corso del mondo? Mainlinder risponde senza esitare che esq
SO €
126 127 128. 129.
P, Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 215. Cfr. L. Liitkehaus, Nichts, cit., S. 249. P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 215. Ibidem.
265
Capitolo quinto “il comandamento!della verginità, che però nonè richie-
sto nella religione cristiana, ma comela più alta e più perfetta virtù raccomandabile; poiché se anche il movimento si compie
nonostante l’istinto di riproduzione animale e la voluttà, ad ogni
singolo esso si rivolge però con la richiesta di essere vergine, cosicché esso possa giungere al fine più velocemente. Di fronte a questa pretesa indietreggiano giusti ed ingiusti, misericordiosi e duri di cuore, eroi e criminali, e con l’eccezione di pochi che, come Cristo disse, sono nati separati dall'amore materno, nessun uomo può assolvere ad esso volentieri senza
aver vissuto una totale trasformazione della volontà”!?!,
A differenza, però, delle precedenti virtù, patriottismo,
giustizia e santità, grazie alle quali l'individuo poteva disprezzare la morte per una vita migliore, la trasformazione della
volontà per mezzo della castità è “amore per la morte. Inau-
dita pretesa!”. Infatti, la volontà si afferma solamente desiderando e conservandola vita, e può far questo attraverso la riproduzione. Il filosofo pessimista afferma che solamente
130 L'idea della verginità come comandamento sembra essere stata suggerita a
Mainlinder dalla lettura del Parzival di von Eschenbach,cfr. P. Mainlinder, “Aus meinem Leben”, cit., S. 365-6. È proprio a causa del filosofema della
verginità, che Nietzsche [Id., La gaia scienza, cit., af. 357 “Sul vecchio problema: Checosa è tedesco?”] ricordò Mainlinder come“il dolciastro apostolo
della castità”. Inoltre, cfr. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., Bd. II, S.231:“La genialità è frutto della verginità [...]: questo è il prezzo dell’astensione. Lo sperma non viene trasudato, ma è riassorbito nel sangue; esso è la forza concentrata dell’uomo e questa forza giunge al cervello per il bene: il cervello
brucia in qualche modoin puro ossigeno, fornito abitualmente nell’aria”. Infine, si tenga conto anche dell’elemento esistenziale ed autobiografico
della sua riflessione, cioè del suo voto di “verginità sino alla morte [Id., Bd. IV, S. 372]”, del rapporto di estremo amore che egli ebbe per la madree di quello difficile da definire con la sorella, oltre che della sua valutazione negativa del matrimonio dei genitori (“Noi non siamofigli dell'amore, bensì figli della violenza carnale coniugale [W. Rauschenberger, Philipp Mainléinder, cit., S. 229]” e quindi del matrimonio e della procreazione in genere. 151 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 215-6.
266
L'etica “La conoscenza che il non essere è migliore dell’essere, o che la vita è un inferno e che la dolce quieta notte della morte asso-
luta è l'annullamento di questo inferno”!5
può condurre l’uomo ad amare la morte, poiché essa mette fine alle sofferenza, di cui la vita è sinonimo. Utilizzando la
stessa argomentazione di cui si era servito Schopenhauer, e seguendole indicazioni offerte da Hartmann, Mainlinder fa proprio l’assioma fondamentale di ogni pessimismo tout court, cioè che “il non essere è migliore dell’essere”, sul quale si fondala possibilità stessa di ogni redenzione, poiché solo il non essere può offrire “letizia, santa serenità e comple-
ta immobilità’’!55, Le quattro virtù morali — patriottismo,
giustizia, filantropia e castità!?* — sono, quindi, intese in relazione al movimento del mondodall’essere al non essere: “L'umanità ha solo un percorso, che l’azione morale antici-
pa o accelera’”’!*. In questo senso, l’azione morale corri-
spondealla “negazionefilosofica della individuale volontà di vita”, e quindi “La volontà allora si infiamma, desidera lo stato di pace del
cuorein direzione della morte, senza interruzione, e la morte nel totale annichilimento, che è la completa e totale redenzionedi se stessi. Essa desidera perdere totalmente con il movimento reden-
tore la vita e con la vita l’intimo nocciolo dell’essenza’’!59,
132 Ibidem. Cfr.A. Schopenhauer, Il mondo..., cit., vol. II, p.815:“Io, invece di favoleggiare di un inferno futuro come equivalente dei peccati, ho dimostra-
to che, dove c’è colpa, nel mondo,c’è già anche qualcosa di infernale; e chi
volesse negare ciò — può facilmente sperimentarlo per conto suo”. Cfr.Id.,
133 134. 195. 136
vol. I, p. 685. Id., cit., S. 217. Id,, cit., Bd. II, S. 201. Ibidem. Id., Bd. I, S. 218.
i
267
Capitolo quinto Anche Mainlinder attribuisce un certo valore al Mitleid,
poiché, egli scrive,
‘Il dolore del prossimo producein noilo stato della compas-
sione etica, straordinariamente significativa, della quale i frutti
sono le azioni morali. Noi percepiamo nella compassione un dolore positivo”!57,
Tuttavia, diversamente da Schopenhauer!*, Mainlinder afferma che la compassione non è un prodigio della volontà: “Lafilosofia immanente non conosce alcun miracolo ed è cosciente di non parlare di eventi [che accadono] in un altro mondo inconoscibile, i quali sarebbero conseguenze delle azioni in questo mondo. Quindi per lei c'è solamente una perfetta e sicura negazione della volontà di vivere; essa la realizza attraverso la verginità. Come abbiamovisto nella Fisica, l’uomotrova nella morte la fine assoluta; tuttavia egli muore in apparenza, se continua a vivere neifigli, poiché in questi figli egli è già risorto: egli ha nuovamenteafferrato in loro la vita e questo afferma una durata di tempo che non è stimabile. Questo lo sente ognuno istintivamente. L’avversione invincibile del sesso verso la specie, nel mondo animale, si manifesta
nell'uomo comeuna profondatristezza [...]"199.
L'istinto sessuale, come il morso dato da Proserpina al
157. Ibidem. 158. Cfr. A. Schopenhauer, Il fondamento della morale, cit.: “[p. 213] Il quotidiano fenomeno della compassione,cioè dell’immediata partecipazione[...]. Cer-
to questo avvenimento è stupefacente, anzi misterioso. E invero il grande mistero dell’etica, il suo primordiale fenomeno,il cippo di confine oltre il
quale soltanto la speculazione metafisica può ardire di muovere un passo.[p.
236]. Questo procedimentoè, ripeto, misterioso, è infatti qualche cosadi cui
la ragione non può rendere direttamente conto e le cui ragioni nonsi possono trovare attraverso l’esperienza”.
139 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 219.
268
L'etica
melograno!4, ci condannaalla vita e alla sua sofferenza. La vita, allora, è concepita nel senso schopenhaueriano, ma anche cristiano, di peccato e di caduta. In questo stesso senso,l’i-
stinto sessuale, in quanto estensione e continuazione della vita, è sentito con vergognadall'uomo, che venendone soggiogato persevera nella sua colpa diesistere. Mainlinder riprende qui in parte la metafisica dell’amor sessuale di Schopenhauer. L'istinto sessuale, tuttavia, non è più inteso schopenhauerianamente comeistrumentum species, perché Mainlinder non riconosce alcun valore reale alle
idee generali e quindi alle species. Esso è strumento diretto
della volontà individuale, dell’egoismo naturale di ogni singolo individuo,il quale vuole continuare a vivere!*: “Ciò che è importante non è la lotta della vita con la morte sul letto di morte,in cui vince la morte, bensì la lotta della morte con la vita durante l’amplesso, quando vince la vita. Quando l’individuo in una violenta passione serra i suoi denti nell’esistenza e con braccia dure come l’acciaio le si avvinghia: nella vertigine del piacere ci si prende gioco della redenzione”’42,
Ma come devono comportarsi coloro che hanno già generato e cominciano già a rivivere nei figli? A costoro Mainlinder affida il difficile compito di educare la gioventù alla “vera conoscenza”, a sacrificasi per lo Stato ideale, que-
sta “grande vittima, come dicono gli indiani””!%.
140. Cit. da J.W. Goethe, in Goethes Werke,cit., I, 17, S. 46, Z. 27ff. La metafora è presente anche in A. Schopenhauer,Il mondo..., p. 591. 141 È proprio questa volontà di vivere che fa insorgere il pentimento delle cattive azioni, poiché in prossimità della morte l’uomo capisce il reale inganno del suo istinto, che “tutto ciò al quale il cuore si attacca deve essere abbandonato [Bd.I, S. 219]”.
142 Id., S. 220. 143. Ibidem.
269
Capitolo quinto In ogni caso non bisogna pensare che il comandamento della verginità sia il punto fondamentale della dottrinafilosofica di Mainlinder, ma che esso è sempre considerato come un mezzo, per “l’annientamento dell’individuo nella
morte”’!4, per il raggiungimento dello Stato ideale, ovvero
per accelerare il movimento dell’essere verso il non essere.
“Unacosa è chiara: il punto fondamentale della mia dottrina per l'odierna società non è la verginità, bensì la dedizione allo Sta-
{0°7145.
144 Id., “Aus meinem Leben”, cit., S. 369.
145 Id., S. 368.
270
Capitolo sesto
La politica
1. Leggi eforme della storia regressiva “La Politica si occupa del movimento dell’intera umanità. Questo movimentorisulta dallo sforzo di tutti gli individui edè, considerato, come dovevamo porre nell’Etica senza dimostrazione, da un aspetto subalterno, il movimento verso lo Stato ideale, compreso, invece, da uno punto di vista superiore, il movimento dalla vita nell’assoluta morte, poiché un ristagno nello
Stato ideale non è possibile”!.
Il capitolo della Politica della Filosofia della redenzionesi apre con l’intenzione di collocare l’Etica come studio preliminare della Politica, la quale, a sua volta, deve essere consi-
derata dal superiore punto di vista della Metafisica. Se, infatti, nell’Etica Mainlindersi è occupato dell’azione dell’uomo in rapportoai suoi simili e allo Stato, nella Politica il pensatore descriverà le leggi e le forme generali del movimento dall’essere verso il non essere, che conducono l’umanità verso
lo Stato ideale, quest’ultimo inteso comel’ultimo stadio per il passaggio nel nulla assoluto.
!
P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 227.
271
Capitolo sesto “Questo movimento non porta con sé alcuna impronta morale; poiché la morale si poggia sul soggetto, e quindi solamente
le azioni del singolo, rispetto al movimento della totalità, possono essere morali.
Questo movimento ha luogo solamente attraverso un'’irresistibile forza violenta, che, considerata in maniera generale, è l’onnipotente destino dell'umanità; tutto ciò che glisi rivolta contro, sia esso anche unesercito di milioni di unità, viene schiacciato e frantumato comevetro;fin dove esso sfocia nello Stato, si chiamaciviltà [Civilisation]. La forma generale della civiltà è quindi lo Stato: le sue forme proprie sono: quella economica, quella politica, quella spirituale, che io chiamo forme storiche. La legge principale, attraverso la quale esse si sviluppano, è la legge del dolore, che causa l’indebolimento della volontà e il rafforzamento dello spirito. Essa si articola in diverse singole leggi, che io chiamo leggistoriche””?.
Sebbene Mainlinder prenda le dovute distanze dal movimento progressivo dello “spirito della storia”? di Hegel, soprattutto per quanto concerne l’etica, in realtà, sin dalle prime righe, questo capitolo si caratterizza per il suo tono profetico e per la sua volontà sistematica, di evidente stampo storicistico-idealistico. La storia dell'umanità, come per
Hegel, è la storia dei popoli”, ma per Mainlinderla storia dei popoli è la storia dell’entropia di Dio, ed il suo movi-
mento, per questo, è regressivo, cioè esso si conclude neces-
sariamente con l’avvento del nulla e con il prevalere dello spirito sull’essere e sul corpo. Inoltre, lo spirito del popolo
non è, per Mainlinder, un’entità sovrastorica e sovraindivi-
duale, ma semprela risultante ottenuta dal parallelogramma delle forze dei singoli individui.
2 3.
4.
Ibidem.
Cfr.W.G. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, cit., p. 1063, “La storia è il divenire dello Spirito che sa e media se stesso:è lo Spirito esteriorizzato nel tempo”.
Id., Enciclopedia delle scienzefilosofiche..., cit., p. 519.
272
La politica La redenzioneè il fine e la fine del mondo.Proprio per questo, Mainlinder non individua le leggi del divenire dall'osservazione delle azioni degli uomini e del loro evolversi, empiricamente. Al contrario, Mainlinder presenta le ‘“forme”e le “leggi storiche”in cuisi articola la suafilosofia della storia, stabilendo innanzituttoi suoia prioristorici. Egli non intende descrivere i fatti, ma dimostrare il movimento verso il nulla assoluto: “Il nostro compito è, dunque, per prima cosa dimostrare rispetto agli eventi principali, che ci tramandala storia, il corso della civiltà, le formee le leggi, nelle quali e secondole quali l’u-
manità sino al nostro temposi è sviluppata, per rilevare il motivo della confusione delle apparenze; poi, quello di ricercare lo scorrere nel nostro periodo storico, per comprendere con evi-
denza,infine,il punto sostanziale, sul quale dimostrare tutte le catene di sviluppo presenti. Soprattutto, eviteremo, in particolare nell’ultimo lavoro, di perderci nella singolarità; poiché sarebbe sin troppo audace volerci tener fermi nel singolo, come in futu-
ro verrà fatto vedere”.
Mentre nell’Etica avviene un vero e proprio ‘salto’, da un'analisi empirico-eudemonologica della nascita dello Stato (con la teoria hobbesiana della nascita dello Stato) ad un punto di vista deontologico (con la “dedizione al bene comune’), nella Politica questo cambio di prospettiva è già avvenuto: Mainlinder non sente di dover giustificare le sue affermazioni, e tutta la sua descrizione degli eventi procede conrisoluta apoditticità. Il caso singolo lascia il posto ad una visione complessiva più generale, attraverso l’evolversi delle civiltà e degli Stati, cosicché alla divisione dei paragrafi cor5. 6
Mainlinderelencherà ben 23 varianti della legge del dolore comeleggi storiche. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 227-8.
273
Capitolo sesto risponde, grosso modo,la posizione di una legge e la sua discussione, come se Mainlander seguisse la logica postulatoscolio. In ogni caso, secondo la convinzione di Mainlinder, questo nuovo punto di vista è sempre fondato sulla base dell’immanentismo più puro, poiché il decorso entropico dall'essere al non essere è un movimentoreale. In base a questi presupposti, Mainlinder descrive come si è giunti alla verità secondo la quale “tutti gli uomini sono fratelli”. Questa realtà non deve essere intesa comefrutto della fede in un’unità incomprensibile, che possa essere colta dall’intuizione intellettuale’, ma comeil risultato di
una lunga evoluzione dell’umanità stessa. Il pensatore nonintende, però, occuparsi delle varie fasi in cui questa evoluzione è avvenuta, ma egli vuole rilevare che “nel frattempo, in questa direzione, in più generazioni, aveva avuto inizio unostato di ristagno”, che Mainlin-
der identifica con la legge dello svolgimento dell’individualità. Questa legge non definisce semplicemente il processo di sviluppo [Ent-wicklung] dell’uomo, ma quel determinato processo che lo ha condotto a perdere, per così dire, l’involto della bestia [Aus-wicklung], a liberarsi della sua animalità,
della forza vitale propria di ogni fiera, acquisendo di pari passo una maggiore connotazionespirituale. Id., S. 228. Mainlinder non è chiaro nella sua affermazione. Nonsiriferisce espli-
citamente all’intuizione intellettuale postulata da Schopenhauer per dimostrare
l’idealità della nostra conoscenza (cfr. A. Schopenhauer, Sulla quadruplice radice del principio di ragione sufficiente, cit., p. 94). Mainlinder scrive [S. 228]: “Tutti gli uo-
8°
mini sono fratelli, e non si deve credere, per ottenere questa verità, ad un’unità inconcepibile e nascosta dentro l’individuo,la quale, alla giusta ora, debba essere riconosciuta attraverso l'intuizioneintellettuale”. È possibile anche che Mainlinder si riferisca all’intuizione intellettuale del credente, il quale intuisce un Deus absconditus e relega ogni giustificazione della realtà ad un’entità sovrannaturale e trascendente. Oppure che egli abbia in mente l'intuizione intellettuale buddhista, che riconoscel’illusorietà del singolo e la sua appartenenza al tutto.
Ibidem.
274
La politica Già nel “primo periodo dell'umanità”, l’uomo primitivo andava spogliandosidella sua istintività, per sviluppare, viceversa, il suo spirito, attraverso un incremento dell’attività dell’intel-
letto e evolvendosi in base a questa. Lo sviluppo progressivo della ragione umana giunse sino al punto che “La ragione[si] spinse subito fuori dalla navigazione costiera; essa non potette ancora recarsi sul vasto mare dell’astrazione, ma dovette sem-
pre tener d’occhio le singole cose del mondovisibile”’?. Il decorso temporale dall’essere verso il non-essere si sviluppa in maniera proporzionale alla diminuzione delle forze fisiche ed in ragione di un aumentodelle forze spirituali. L'incrementarsi dello spirito a scapito della volontà,se da un lato, in assonanza con Schopenhauer, sembra prefigurare un sorta di nirvana cosmico, dall’altro lato, assegna un posto di rilevo all’azione dello spirito, ruolo che Schopenhauer aveva negato senza replica. In questo modo, Mainlinder sembra allontanarsi dalla prospettiva schopenhaueriana,rievocando invece quel primato dello spirito presente già in Fichte ed in Hegel. 2.
“Kulturgeschichte” e “Civilisation”: contesto e storia dell’entropia del mondo
Mainlander offre diverse formulazioni di questo progressivo incrementarsi dello spirito a scapito delle forze vitali, distinguendo sotto ogni specifica denominazione un aspetto particolare, ma non sostanzialmente differente!9, della legge del dolore:
? 10°
Id., S. 229. L'immagine è kantiana. Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura,cit.,
p.311.
Ibidem.
275
Capitolo sesto “L'aumentare degli uomini, favorito da un lato attraverso un
istinto sessuale davvero moltoforte, dall’altro attraverso una conduzione vantaggiosa della terra che gli uomini ‘abitavano, ebbe comeeffetto una notevole e progressiva estensione. Gli uomini si divisero in gruppi su ciascuna zona confinante cheoffrivail lo-
ro sostentamento, in una progressiva lotta col mondo animale e
con i loro eguali[...]. La legge dello sviluppo e del logorante dis-
sidio dominai lunghi periodi di tempo”!!.
È proprio in basealla costante lotta, che inizialmente consumavale energie vitali dell’uomo in modo impercettibile di generazione in generazione,alla quale Mainlinder dà il nomedi “legge del logorante dissidio”, che “si rafforzò così l’intelligenza, ma molto poco in questo periodo, poiché la necessità poteva divenire ancora molto grande’. Mainlinder non offre indicazioni temporali precise, ma si
riferisce in generale alla preistoria!* dell’uomo, cioè a quella storia dell’uomoanteriore al sorgere dello Stato.Il punto di
vista dal quale Mainlinder sembra condurre la sua ricostruzione sembra essere, ancora una volta, quello di Hobbes. La preistoria, allora, svolgerebbe più un ruolo logico che non propriamente storico. Tuttavia, Mainlinder non sembra avvalersi.sempre dello stesso metodo, cosicché talvolta i suoi riferimenti sono logico-antropologici, talvolta, nell’applicazione delle leggi della storia, il pensatore fa valere un punto di vista storico-cronologico. In accordo con Hobbes!4, Mainlinder è della convinzione che l’uomo nonsia essenzialmente un animale sociale!?.
11
Ibidem.
12
Id.,S. 230.
15.
T. Hobbes, De Cive,cit., p. 17: “L'uomoè unlupo per l’uomo”. P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 230.
13 Ibidem.
276
La politica Quella di riunirsi in gruppi e nuclei familiari è un’esigenza che l’uomo sviluppa solamente per non soccomberealle forze della natura, che altrimenti sarebbero superiori alla forza del singolo. Anzi, è pensabile che i primi uomini, essendo più forti, vivessero preferibilmente isolati e possedessero un forte istinto di indipendenza!9. È proprio con la nascita dei gruppi tribali e familiari che, secondoil filosofo, entriamo nel ‘“ve-
stibolo della civilizzazione [Vorhalle der Civilisation]”, quando, cioè,si sviluppano le pratiche primitive per la sopravvivenza: la caccia, l'allevamento e l’agricoltura. Per poter comprendere appieno a quale metodo d’anali-
si storica Mainlinder fa riferimento, è necessario contestua-
lizzare la sua indagine e comprendere quale tradizione egli ha avuto presente. Mainlinderutilizza il francese Civilisation, al posto del tedesco Zivilisation, ovvero civiltà, in riferimento al
modello storico-ermeneutico della tradizione dell’Historismus, e più precisamente egli fa proprie le categorie storiche
della Kulturgeschichte. Le nozioni di Kultur e di Civilisation fu-
rono individuate e utilizzate da un grande storico, lo schopenhaueriano Jacob Burckhardt, già agli inizi degli anni ’70: egli contrapponeva alla Kultur”, Ja cultura classica di origine greca, la Civilisation latina, la modernaciviltà borghese, dalla quale avevano origine i mali della società borghese. La Kultur era l'elemento dinamico e vitale, che si opponeva alle altre due “potenze storiche”, lo Stato e la religione, le quali, invece, favorivano la nascita della Civilisation. Non sappiamo se Mainlinder abbia mai conosciuto le opere ed il pensiero di Burckhardt. Tuttavia, è interessante riscontrare comel’analisi della storia della civiltà di Mainlinder
16 Ibidem.
17
Cfr. Jacob Burckhardt, Meditazioni sulla storia universale, Sansoni, Firenze
1959, pp. 8-9 e pp. 58-59.
277
Capitolo sesto ha molti punti di contatto con quella burckhardtiana. Per entrambi, infatti, il movimento dell'umanità non è progressivo,
ma,anzi, la Civilisation segna una frattura insanabile col passato, determinando unregresso dell'umanità. Entrambi i pensatori vedono nella storia un movimento, che è retto dalla volontà,
ed entrambi analizzano la ciclicità in cui si manifesta necessariamentela nascita e il declino di unaciviltà. Inoltre, i due pensatori guardano allo Stato e alla religione come due fenomeni costitutivi della Civilisation. In particolare, sia il pensatore di Offenbach,che lo storico di Basilea, sono d’accordo nell’attri-
buire allo Stato e alla religione una volontà coercitiva nei confronti del singolo. Questi i punti in comune. Se è vero che non abbiamo prove che Mainlinder abbia letto Burckhardt, sappiamo,però, con sicurezza, che egli si interessò al filone della Kulturgeschichte, all’interno della quale corrente, oltre a Burckhardt, la storiografia inserisce altre due figure minori, in verità distanti da Burckhardt, quali Gustav
Freytag e Wilhelm Heinrich Riel!8. Pur essendo egli su po-
sizioni ben differenti da quelle burckhardtiane, Riehl segue da vicino il metodo di ricostruzione storica di Burckhardt !?. 18° Cfr. A. Giuliani, Wilhelm Heinrich Riehl,‘“ad vocem” in Aa.Vv., Enciclopediafilosofica, 6 voll., Centro di Studifilosofici di Gallarate, Sansoni, Firenze 1967", vol. V, p. 768. La visione politica di Riehl prenderà una decisa impronta conservatrice, in particolare dopo i moti del 1848, a causa del disordine sociale e politico che questi tumulti provocarono. Fra le sue opere ricordiamo quella fondamentale, Die Naturgeschichte des Volkes als Grundlage einer deutschen Sozialpoli-
tik (1851-64). Cfr.il giudizio poco lusinghiero su Riehl di F Nietzsche, Ope-
re, cit., Frammenti postumi 1869-1874, vol. III, t. III/II, a c. di M. Carpitella, frammento 19 [201], p. 66: “Oggi s'impara persino ad essere contenti di cuore del propriofilisteismo il filisteo ha perduto la propria innocenza (Riehl)”. Su Riehl,cfr. anche Ernst Cassirer, Storia della filosofia moderna, voll. 6,tr.it. L.
19
Tosti, Newton Compton, Roma 1978, vol.VI, pp. 291-292. Cfr. Fulvio Tessitore, Introduzione allo Storicismo, Laterza, Roma-Bari 1991, pp. 180-181.
Ricordiamo che Kinkel, maestro di Riehl, fu carissimo amico di Burckhardt. Cfr. Felix Gilbert, Storia: politica o cultura?, Mulino, Bologna
1993,p. 50.
278
La politica Per Riehl, infatti, “lo studio degli atteggiamenti mentali e delle condizioni di vita aveva come scopo quello di identificare e definire il carattere specifico di una nazione o delle popolazioni di una particolare regione o zona”. Così comenegli scritti di Mainlinder, il termine Kultur ricorre poche volte negli scritti di Riehl, e non con lo stesso significato assegnatogli da Burckhardt. Al contrario, ha un grande peso il concetto di Volk, sul quale Riehl, in maniera dichiarata, fonda tutta la sua ricerca sui costumi e
sulla civiltà dei popoli?! Quella di Riehl era dunque un’in-
terpretazione del ruolo della Kulturgeschichte in senso nazionalistico, fondata sul concetto portante di popolo. Il popolo, scrive Riehl, “è un’astrazione, che è già presupposta ad un ciclo storico allargato della formazione[...]. Si può dire, infatti, che per milioni di tedeschiil concetto unitario di popolo tedesco è ancora semplicemente una parola morta””22. L'intenzione di Riehl è allora quella di mettere in luce che “il gigantesco progresso in tutte le culture spirituali viene fuori dall’autocoscienza dal carattere nazionale”. Per Riehl, “Le condizioni originarie della vita del popolo sono date nella natura, ordinate da Dio; l’uomo si può sviluppare liberamente, ma non sollevarsi al di sopra. Per questo noi diciamo — e questa è una frase di enorme importanza — i popoli sono diventati, essi non si sono costituiti sin dall’inizio attraverso un riunirsi arbitrario, essi non si sono divisi da soli, ma sonostati divisi. La
20
21
F Gilbert, Storia: politica 0 cultura?,cit., p. 76.
Cfr. Wilhelm Heinrich Riehl, Kulturstudien aus drei Jahrhunderten, J. G. Cottasche Buchhandlung Nachfolger, Stuttgart und Berlin 1903, S. 225-251. 22 W.H. Riehl, Kulturstudien aus drei Jahrhunderten, cit., S. 234. Comesi vedrà più avanti, anche Mainlinder dirà che l’umanità è solo un concetto. Cfr . P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 314.
23
Id., S. 238.
279
Capitolo sesto divisione dei popoli è divenuta una necessità attraverso le zone della terra e la conformazione del suolo”?4.
Mainlinder menziona Riehl nella sua Autobiografia? e in maniera diffusa nel capitolo della Politica?9. Da lui derivano molti concetti ricorrenti poi nella Filosofia della redenzione, comei condizionamenti del territorio per la formazione dei popoli, la necessità di un'innata natura dei popoli e la possibilità di un loro mutarsi in virtù dello sviluppo spirituale e politico. È possibile, allora, che attraverso l’interesse per l’opera di Riehl, siano penetrati in Mainlinder gli elementi di quella nuova Weltanschauung storica, in parte burckhardtiana, comelo studio della Civilisation, che, in ogni modo, Mainlin-
der recepisce e utilizza, in maniera non rigorosa, per lo studio delle diverse civiltà storiche. Ma la produzioneletteraria della Kulturgeschichte è sicuramente una fonte della quale Mainlinder si serve per la raccolta del materiale storico, essenziale soprattutto per la stesura del capitolo della Politica, e alla quale si ispira in grandi linee la sua esposizione. Nel caso di Mainlinder, la civiltà assume un significato preciso e radicale: essa è l’evolversi stesso dell’umanità, un processo necessario, che ha inizio nello stato di primitiva animalità con qualche impedimento e, per mezzo della ragione,si
24 Id., S. 243-244. 25. P. Mainlinder, Aus meinem Leben, cit., S. 401: “La litigiosità si introduce profondamente nel ceto rurale, soprattutto nei Germani. Altrettanto profondamentesi introduce anche la gioia alla vista della baruffa fra gli uomini,la quale splende anche nella più garbata élite della civiltà [Zivilisation]. Essa, però, è per prima cosa animale. O come dice in maniera indovinata R.iehl:
“Nella soddisfazione di alcune atrocità si mostra come negli uomini rozzi la voluttuosa gioia dello spettacolo della sofferenza violenta si sia radicata alla vista della povertà, della disperazione, della follia, dell’uccisione e dell’omicidio colposo, della furfanteria”. Kulturstudien aus drei Jahrhunderten”.
26 Id., Ph. d. Erl., S. 307, 310.
280
La politica evolve verso lo Stato civile, che è il suo coronamento,senza più
nessuna battuta di arresto o “ristagno”. In questo caso,l’utilizzo della ragione ha un'’accezione negativa:essa si sostituisce alla forza bruta, quella vitale e originaria, di modo cheil raffinarsi delle facoltà intellettive è il germe di quella progressiva perdita di forza vitale ed animale dell’uomo, ovvero, con linguaggio nietzscheano, esso è l’origine del processo di decadenza. Mainlinder, però, non intendefare l'esaltazione dell’ Ur-
mensch o della forza originaria dell’uomo, bensì intende dimostrare la progressiva perdita di quella forza originaria lungo la sua discesa nel nulla assoluto. La sua è una logica interna a quella della decadenza, non è un'analisi della decadenzastessa. Mainlander proseguela sua disaminastorica, vagliando le tre formediattività umane primitive, la prima delle quali è la caccia, pratica di sopravvivenza originaria e istintiva. Quando l’uomo la praticava egli era ancora “semplice volontàdi vita, cioè egoismo naturale [...] egli voleva esistere solamente in
conformità del suo semplice carattere”?Il suo istinto lo
portava inizialmente ad odiare tutti, ma anche a soddisfare la sua volontà e così ad allargare la sua individualità attraverso l’amore?8. Fu per questo che l’uomo scelse una compagnae diede vita ai primi nuclei familiari, che allora dovevano essere “rozzi e ancora interamente animaleschi””??, In seguito, Mainlinder descrive il passaggio dai primi nuclei familiari, in cui non esistevano vincoli e tutte le relazioni erano provvisorie, alla famiglia vera e propria, in cui i rapporti diventano fissi e le relazioni più salde. Ed è sempre dal rapporto reci-
27 Id., 5.230.
28. Probabilmente, qui Mainlinder intenderiferirsi all'amore sessuale. Si ripre-
senta qui lo schemadell’estensione-restrizione dell’individualità rispetto al centro e alla periferia del proprio io, da Mainlinder presentata nel capitolo della Fisica. Cfr. Id., S. 61.
29 Id., 5.231.
281
Capitolo sesto proco e costantefra i vari individui e i diversi nuclei familiari che ha luogo la prima formadi “consorzio legale”, una forma di organizzazione collettiva di mutuo soccorso fra gli individui in caso di pericolo, alla quale segue il contratto, che Mainlinder, con toni ancora una volta hobbesiani, ribadisce
essere un “prodotto della ragione”. Uno dei passi decisivi compiuti dall’umanità per uscire dallo stato primitivo, scrive Mainlinder, è la capacità di allevare il bestiame, pratica, questa, che ha mutato radicalmente le abitudini di vita dell’uomo, poiché egli dovette ingegnarsi per accudire le proprie bestie e confrontarsi con il quotidiano, ovvero, con le parole di Mainlinder, con “occupazioni monoto-
ne”3!, È proprioil ruolo pianificante della ragione, la quale de-
ve adoperarsi per risolvere i problemi di una vita stanziale, a determinare quell’ “addolcimento” del carattere dell’uomo cacciatore, il quale invece era abituato a vivere alla giornata e seguendoil suo istinto. Ed è proprio la comparsa del ruolo dell’allevatore, successivamente a quella dell’agricoltore*, a determinare un cambiamento di percezione della stessa natura,la quale viene finalmente riconosciuta come un'entità temibile e violenta. Da qui, secondo Mainlinder, proviene anche quel sentimento che permisela “prima religione naturale””. A proposito delle società dedite all’allevamento e all’agricoltura, queste “forme semplici” che hanno avuto vita lun-
go mille anni, Mainlinder parla della legge dell’abitudine”*,
“che dominatutto”, e del “prodotto di questa legge, i costu-
30. Id., S. 232. 31 Id., S. 233. 32.
Mainlinder analizza ancheil caso dei popoli nomadi, che egli definisce come una forma arcaica di società, in cui non è avvenutoil passaggio allo stadio suc-
cessivo, cioè quello di società stanziali di allevatori e agricoltori. Cfr. Ibidem. 33 Ibidem. 34 Id., S. 234.
282
La politica
mi”. Con tono humiano?> e positivo, Mainlinder mette in
evidenza che i costumi sono il primo prodotto dell’abitudine, alla quale il pensatore assegna il valore di una delle leggi del divenire. Sulla base di prassi consolidate, attraverso l’affermarsi dei costumi, ‘“i germi delle qualità della volontà si sono
formati nel singolo”, senza però che gli uominiavessero caratteri ben distinti, ma anzi“la vita scorreva uniforme”.
“AI contrario lo spirito — scrive Mainlinder — lavoravain silenzio sul gradino più alto ottenuto. Esso divenne, specialmente in quei paesaggi dal clima dolce ed in conformità di quel clima, più contemplativo, più obiettivo, e per questo poté sprofondarsi più facilmente nell’essenza delle cose. In questo modo esso dovette pervenire a invenzioni e scoperte molto piccole, ma importanti, sino a quando finalmente lo stelo del frutto conobbeil
suo utilizzo e le varie specie di erba che si trovano in natura at-
traversarono mirabilmente i campicoltivati. Ora si era raggiunto unsolido terreno su cui poteva prendere fissa dimorala civiltà [Civilisation] e cominciare la sua marcia trionfale; ora si poteva manifestare la sua legge superiore,la legge del dolore, nel sempre maggiore logorante dissidio, la volontà poteva ingentilirsi e illuminare lo spirito”’?7,
Nelle ultime righe di Mainlinder è palese la critica rivolta contro la categoria hegeliana di progresso. Per il filosofo, “la marcia trionfale” della Kathederphilosophie idealista, comel’aveva definita Schopenhauer, non tiene conto, però,
della legge fondamentale del divenire, della “legge superiore” che dominail destino di tutti gli uomini, quella del dolore, che non discrimina e non fa eccezione alcuna, ma domina
35. 36
Mainlinder avevaletto le opere di Hume, com'è attestato da FE Sommerlad,
Aus dem Leben Philipp Mainlinders, cit., S. 102. —P. Mainlinder, Ph. d. Erl., S. 234.
3 Ibidem.
283
Capitolo sesto tutta l’esistenza e tutto il divenire indistintamente. Quella di Mainlinder è, sì, una filosofia della storia, ma non in senso
hegeliano, bensì in una prospettiva pessimistica, è intrisa della coscienza schopenhaueriana che “ogni vita è dolore”. 3.
Sovrappopolazione e nazionalismo
A partire dalla trasformazionedella società di allevatori in quella agricola, i benefici di questa nuova formadi vita sociale garantirono, secondo Mainlinder, una minore precarietà e “Un grosso sviluppo degli individui. Il numero della popola-
zione dovette aumentare notevolmente, poiché, da un lato, la stessa parte di terra ora poteva alimentare dieci volte di più di
primae, dall’altro lato, gli uomini non venivanouccisi in guerra.
Passando il temposi giunse ad un aumento di popolazione,
un grosso male?8, al quale si poté porre rimedio attraverso una
38
L'ossessione nei confronti del pericolo della sovrappopolazione è una co-
stante di una certa cultura tedesca che, dalla seconda metà dell’Ottocento, vide nell’incrementarsi continuo della popolazione, prodotto dai progressi
tecnologici e delle scienze, una minaccia alla stabilità ed al benessere della società. Questo tema, discusso anche da Marx, fu caro specialmente ai movimenti socialisti-nazionali come quello di Lassalle, molto differenti da quel-
lo socialista marxiano internazionalista. E quindi, Mainlinder, seguace di Lassalle, dovette alimentarsi della stessa matrice ideologica. Lo spauracchio
del soprannumero di individui permeò largamente l'immaginario collettivo della popolazione prussiana, tant'è che la minaccia imminente di un aumento incontrollato della popolazione divenne il Leitmotiv della propaganda nazionalsocialista, sino a divenire un pretesto per dar vita ad una politica imperialista, cominciata già con Bismarck,unapolitica, che sotto Hitler pre-
se i colori di unalotta per lo “spazio vitale”. Ma il tema della sovrappopolazione non è estraneo ad autori che condannerannosenzareplica il nazio-
nalismo e le dottrine naziste. Si pensi al valore che questo tema assunse in
un singolare lettore di Mainlinder, Albert Caraco, pensatore originale e rea-
zionario, nella cui opera, di chiara ispirazione schopenhaueriana e nietz-
284
La politica massiccia emigrazione. Si deve ammettere che nella regioneasiatica, a nord della catena montuosa dello Hinduku e dell’Himalaya è avvenuto il primo passaggio dalla vita dei nomadi all’agricoltura e ha luogo un groviglio. Dal popolo più forte, tenace e valoroso degli Arii si staccò presto una grossa parte che, con animali domestici, equipaggiata di aratri e di granaglie,prese la strada e fondò una nuovapatria in diversi punti d'Europa.Infine, essi si scissero definitivamente [...]. Si fusero però non con i vincitori, ma sorse uno Statodi caste, una delle più importanti e ne-
cessarie forme perl’inizio della civiltà”.
In queste poche masignificative righe, Mainlinder riprende unatradizione ed una convinzione largamente condivisa nella seconda metà dell'Ottocento tedesco, che va da
Wilhelm von Humboldt ed abbraccia il pensiero di Fichte e di Hegel, tutti autori che Mainlinder ha ben presenti. Secondo questa tradizione, il tronco principale dal quale discendonoi popoli europei è il popolo ario. Le altre popolazioni sonosoloil frutto di un’unione promiscua ed impura di questo con le popolazioni ‘minori’ e autoctone, che esso aveva vinto ed assoggettato. Gli arii, quindi, sono il popolo valoroso, originario e vincitore;gli altri popoli, invece, mansueti, dediti alla agricoltura, sono i perdenti. Probabilmente, scrivendo queste considerazioni,
scheana, sono spesso ripresi temi cari a Mainlinder, comela castità, la catastrofe finale, il suicidio, e non ultimo il problema della sovrappopolazione.
Cfr. Albert Caraco, Breviario del caos, Adelphi, Milano 2000, p. 40: “Stiamo
entrando nella notte e ne usciremo soltanto ridotti a miseriresti, siamo troppo numerosi, saremo ancora più numerosi e saremo sempre più numerosi, affinché il caos trionfi e la morte possa saziarsi”’. Cfr. Id., p. 61: “Siamo già troppo numerosi per vivere, per vivere non dainsetti ma da uomini”; Id., p.
83: “Il mondo perirà perché gli uomini in soprannumero muoiano, ormai
3°.
sappiamo che i bambini che nascono sono colpevoli, colpevoli diesistere,il delitto è metterli al mondo”. Cfr. Id., pp. 118, 128. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 234.
285
Capitolo sesto Mainlinder aveva in mente proprio Fichte, che il pensatore di Offenbach aveva esaltato come “un uomotedesco, un van-
to della nostra nazione, il più geniale politico filosofico di
tutti i tempi: Johann Gottlieb Fichte”4°. Ed era stato Fichte che, nei suoi Reden an die deutsche Nation, aveva scritto:
“La differenza tra il destino dei tedeschi e quello deglialtri
ceppi provenienti dalla stessa radice, che si presenta all’osserva-
zione immediatamente e primadi tutte le altre, è che i primi sono rimasti nelle loro sedi originarie del popolo di provenienza,
mentre gli altri sono migrati in altri luoghi; i primi hanno conservato e formato ulteriormente la lingua originaria del popolo
di provenienza, i secondi hanno accolto una lingua straniera e
l'hanno trasformata gradualmente a modoloro [...]”. Comunque,furono soltanto i Germani a vincere, a dominare e a formare il nuovo popolouscito dalla mescolanza[...]; cosicché nessuno dei popoli sorti dai Germani potrebbe dimostra-
re al giorno d'oggi una maggiore purezza della provenienzarispetto agli altri””*!.
A partire da Fichte, Humboldt e Hegel in Germaniasi era andato sviluppando un nuovo orientamento di pensiero: a fianco al mito della “pura razza aria o ariana”, il quale fondava la pretestuosa origine pura della lingua tedesca, andarono formandosi movimenti di azione nazionale,i quali si dicevano difensori delle identità culturali germaniche. Il mito del deutsches Volk, di quel popolo che persecoli era stato soggetto a dominazioni esterne e frazionato in piccole realtà territoriali autonome,rispondeva all’esigenza fondamentale di una nuova koinè territoriale e culturale, che facesse fron-
40
4!
Id., Bd.II, cit., IX Essay “Der praktische Socialismus — Drei Reden an die deutschen Arbeiter”, 1) Das Chatrackterbild Ferdinand Lassalle*, S. 348.
Cfr.J.G.Fichte, Discorsi alla nazione tedesca (1808), a c. di G. Rametta, Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 49-50.
286
La politica te alle pretese imperialiste delle altre nazioni europee, specialmente di quella francese. Si comprende,allora, come mai molti intellettuali come Heinrich von Kleist, storici come
Savigny e Niebuhr,filologi come Wolf,e filosofi come Schleiermacher, Hegel e Fichte, dopo averassistito all'avanzata travolgente dell’esercito napoleonicoin patria,si volsero totalmente alla causa della guerradi “liberazione nazionale’’4*, Mainlinder non fu estraneo a questo clima di intenso fervore nazionalistico e, probabilmente, infiammato dai mo-
ti sorti dopo la battaglia di Sedan (1870) e coinvolto perso-
nalmente dal desiderio di arruolarsi, cercò di trovare una
sintesi fra due modelli di pensiero molto differenti, quello metafisico di Schopenhauer e quello filosofico-politico di Fichte. La ripresa del tema del popolo ario come“il più forte, tenace e valoroso” rivela così senza dubbio la sua matri-
ce ideologico-filosofica. Mainlinder ha sostenuto chela fusione dei popoli sconfitti con i vincitori (gli arii) diede vita ad unasocietà divisa in caste, “una delle più importanti e necessarie formeperl’inizio della civiltà”4. Questa nuova formadi società, scrive il filosofo, ha origine dalla divisione fra dominatori e schiavi, e quindi è successiva alle guerre fra le popolazioniin lotta per i nuoviterritori. Una volta sconfitti, i popoli soggio-
42
L'espressione “guerra di liberazione nazionale”, Befreiungskrieg, è tratta dal vocabolario antinapoleonico dell’epoca. Con essa si intendevano quelle lotte che, a partire dalla battaglia di Jena (1806), i diversi paesi di origine germanica intrapresero contro Napoleone in risposta all’espansionismo francese. Cfr. Domenico Losurdo, Hegel e la Germania — Filosofia e questione nazionale tra rivoluzione e reazione,Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Na-
poli, Angelo Guerini e Associati, Milano 1997, in particolare pp. 25-76, 362369; 293-295. Cfr. l’efficace affresco storico di Riidiger Safranski, Scho-
penhauer e gli anni selvaggi della filosofia — Una biografia, tr. it. L. Crescenzi, NuovaItalia, 1997, pp. 207-219.
43 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 235.
287
Capitolo sesto gati avrebbero formato la classe degli schiavi, subordinandosi ma anche fondendosi con i popoli vincitori e con i loro costumi. La fusione fra queste diverse etnie avrebbe gettato le basi perla civiltà. Non tutti i popoli, però, avrebbero deciso di “confondersi” con i vinti: “Chela fusione non abbia avuto luogo, è chiaro. Di fronte al semiselvaggio dai costumi rozzi, dall’aspetto ostile e dai colori scuri, l’orgoglioso e bell’ariano dovette sentirsi come un'essenza di genere superiore e dovette avere vero e proprio ribrezzo di
fronte alla possibilità di una fusione sessuale con quello”’*4.
Questo ribrezzo avrebbe preservato il popolo ariano dal perdere totalmente la sua originaria individualità. Queste considerazioni si ricollegano anche alla concezione della “mistica del sangue” mainlinderiana, della quale abbiamo già detto nella Fisica, e mettono in luce una forte torsione della metafisica schopenhaueriana in senso nazionalistico. Quisi comprende in che misura, in Mainlinder, la tensione morale e quella politica hanno il sopravvento sull’impostazione universalistica della metafisica della volontà di Schopenhauer. Inoltre, anche se distante nel tempo dai tragici eventi causati dalla follia hitleriana, nel capitolo della Politica di Mainlinderè già presente quella “mitologia della pura razza ariana” che caratterizza la Germania guglielmina e che è alla radice della xenofobia nazista e della sua terribile politica di sterminio.
44 Id. S.236. 288
La politica 4.
Alcune leggidella civiltà Alla nascita della società divisa in caste, Mainlinder fa
corrisponderela “legge della formazione della parte, una delle leggi più importanti della civiltà”. Si tratta della legge della nascita di un'unità culturale dello Stato, alla quale il pensatore contrappone subito la “legge dello spiegamento della semplice volontà”, ovvero la preoccupazione del proprio sostentamento vitale di una parte della società, cioè una riproposizione del tema del Kampf um’ Daseyn in terminisociali. Ed è in questo stadio che, secondo Mainlinder, nell’uo-
mo si generano le Willensqualititen, proprio perché il contrasto fra le diverse caste perfeziona lo spirito, rendendolo più sfaccettato‘, e determinandocosì“la trasformazionedei caratteri’’49, Una diretta conseguenza della varietà dei caratteri è poi “la legge dell’ereditarietà dei caratteri”, la quale avviene attraverso il sangue; è rispetto a questa legge, scrive Mainlinder, in quanto naturale prosieguo della “legge dell'abitudine”, che si può parlare dell’individuo vero e proprio. Questo significa che, per Mainlinder, la nascita delle qualità della volontà precede quella stessa dell’individuo, e che essa è espressione di un ulteriore raffinarsi dello spirito. Allo sviluppo dell’individualità segue la “legge del vin-
colo”, in base alla quale l’uomo prende coscienza del fat-
to che è un essere limitato e riconosce la natura come potenza esterna. “La religione naturale — scrive Mainlinder — non è più sufficiente allo spirito indagatore e divenuto obiettivo dei preti. Es-
4
Id., 5.237.
47
Ibidem.
46 Id. S.238. 289
Capitolo sesto si si sprofondano nella connessione della natura, e la vita, breve e
faticosa, fra nascita e morte, diviene il loro problema principale. Nasci, laborare, mori. Potevano forse decantare questo? [...] La co-
noscenza chela vita è senza valore è il sangue di tutta la saggez-
za. L'assenza di valore della vita è la verità semplice, ma quella che all’inizio è più dura da comprendere, poiché si presenta co-
perta di innumerevoli veli”?4,
È chiaroil riferimento che Mainlinder,sull’esempio di Schopenhauer, intende fare al velo di Maja. Il pensatore prosegue la sua analisi, richiamandosi in particolar modo alla cultura dei Bramani*’, la quale avrebbe colto per prima l’illusorietà del piacere, e avrebbe insegnato al mondoil “desiderio struggente diliberarsi dell’esistenza”: “Il panteismo del bramanesimo,nel quale si formòla religione della natura degli indiani, servì solamente a saggiare il pessi-
mismo:esso era solamente la prima formulazione della pietra di
paragone [...] e insegnò che attraverso la mortificazione della volontà del singolo, l’uomo può essere riunito con l’essenza originaria, ovvero che l’immortale raggio vivente, che in ogni uomo nonè riunito, [proveniente] dall’essenza originaria, per mezzo del mutamento dell’anima, dovrebbe rimanere nel tormento dell’esistenza, così a lungo sino a quandoegli si riunirà e sarà maturo perla santità””0,
Se però Mainlinder dedica uno spazio privilegiato alla cultura indo-bramanica,il pensatore raccoglie, invece, sotto un unico aspetto la storia, probabilmente più documentata e più nota,di diversi popoli della storia antica:
48° Ibidem. 49. Mainlindersi riferirà in maniera esplicita al velo di Maja più avanti, a pro-
posito della culturaVedanta, definendolo etimologicamente come l’immagine dell’illusione, “Trugbild”, Id., S. 244.
50 Id., S. 238.
290
La politica “Lastoria di Babilonia, degli Assiri e dei Persiani mostra nuove leggi della civiltà: la legge dell’imputridimento e la legge dellafusione attraverso la conquista. Esse sono essenzialmente civiltà, poiché questa, secondo la legge della formazione della parte, comincia in piccoli cicli e questi in seguito si allargano. La civiltà non è in contraddizione con il movimento dei popoli naturali [Naturvolker], poiché entrambe le specie di movimento hanno la stessa direzione. Il movimento di un popolo naturale è quello di una palla su di un piano quasi orizzontale, il movimento di un popolo di cultura [Culturvolk], al contrario, compare alla caduta
di questa palla nell’abisso. Detto questo per immagini, solamente la civiltà possiede la forza propulsiva per spingere tutti i popoli
nel proprio ciclo; essa possiede insieme l’intera umanità e non trascura nemmeno il più piccolo consorzio umano nel più re-
moto angolo della terra”5!.
Mainlinder approda ad una concezionefilosofica della storia, ancora una volta, non molto distante dall’impostazione di Burckhardt, segnata cioè dal pessimismo, ma anche
dall’attività di grandi entità spirituali, i popoli, e dal costituirsi anche dello Stato e della società, le burckhardtiane
“potenze storiche”. E così, come per lo schopenhaueriano
Burckhardt, involontariamente, anchela filosofia della storia
di Mainlinder rinvia continuamente a quella di hegeliana
memoria. Come ha osservato Invernizzi, Mainlinder ‘“svi-
luppa di fatto unarilettura dello sviluppo storico dell’umanità i cui soggetti sono hegelianamente i popoli in quanto costituiti da Stati”°2. Tuttavia, diversamente da Hegel, per
Mainlinder, la storia dell'umanità non è la progressiva Fenomenologia dello Spirito, bensì una teofania negativa,la cui direzione è segnata dal movimento entropico di Dio, dall’essere al non-essere.
9 9
Id., S. 240. Cfr. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 305.
291
Capitolo sesto All’interno di questo movimento, il moto di ogni singola civiltà e di ogni singolo popolo descrive un proprio “ciclo vitale”, il cui inizio coincide con la nascita del Na-
turvòlk e il cui termine è rappresentato dal Culturvolk, che segna anche e inevitabilmentela fine di una determinata civiltà e di un determinato popolo. In questo modo,ogni ciclo di unaciviltà è inglobato da quello della civiltà successiva, della quale rappresenta la condizione di esistenza, cosicché ognicircolo della Civilisation tende ad allargarsi sempre di più in quello successivo, sino a coincidere col movimentostesso dell'umanità, ed infine con quello del mondo. “Ogni Stato culturale — scrive Mainlinder — cerca di
conservarsi [...] per rafforzarsi quanto più gli è possibile”.
La nascita degli Stati, unitamente alla volontà di rafforzarsi di ciascuno diessi, li conducein una battaglia reciproca per la sopravvivenza. “In questo modo,gli Stati si avvicinarono l’uno con l’altro, ognuno cercò di indebolire l’altro, oppure, appena quello concesse la sua forza e afferrò il suo interesse, cercò subito di annetterlo interamente”. In caso
di conquista, i popoli vinti furono presto sottomessi, ‘“qualche volta anche popoli di diversa razza (Ariani, Semiti,...). In quest’ultimo caso, elementi della classe superiore furono
gettati in basso nel popolo inferiore”, la qual cosa, secon-
do Mainlinder, provocò anche un cambiamento del carattere originario. “Questo movimento, che segue la legge della conquista — scrive Mainlinder — è un moto energetico dall’interno dello Stato verso l’esterno; al contrario, quello che ha alla base la legge
53. P, Mainlinder, Ph. d. Erl., S. 240. 94 599
Id., S. 240-1. Cfr. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 305. Id., S. 241.
292
La politica dell’imputridimento è un movimento energetico dall’esterno
verso l'interno dello Stato. In entrambii casiil risultato è lo stesso, cioè fusione dei popoli, trasformazione degli individui, o anche, detto in generale, allargamento delciclo della civiltà”9.
A causa della sovrappopolazione,delle lotte esterne con gli Stati confinanti, della fusione con altri popoli che indebolisconola fibra di quello originario,le varie civiltà si succedono quasi seguendo unatraiettoria a forma dispirale, in cui le forze centripete esplodono verso l’esterno. Proprio per questo,alle leggi di imputridimento,fusione e conquista segue la “legge della colonizzazione”?”, secondo la quale ogni popolo cerca nuoverisorse in altri luoghi, e che Mainlinder riferisce, in primo luogo, ai Fenici. In ogni caso, precisa Mainlinder, non bisogna pensare che tutte queste leggi siano qualcosa di estraneo al movimento stesso del mondo: “Ho già detto sopra chela legge principale della civiltà è la sofferenza, attraverso cui la volontà è indebolita e lo spirito
potenziato”8. 5.
Panteismo, buddhismo, ateismo, idealismo
Riferendosi alla legge del dolore, Mainlinder riprende, allora, l'esempio dei popoliasiatici, ed in particolar modosi sofferma sulla cultura indiana e sulla tradizione Vedantica, le
quali per prime, secondo la sua interpretazione, hanno intuito la vera natura dell’universo. Il panteismo indiano viene considerato “puro idealismo empirico”, poiché ricono-
50 Ibidem. 5 Ibidem.
58 Id. S.242. 59 Id. S.243. 293
Capitolo sesto sce l’illusorietà del mondo e la concretezza del dolore. A fianco a questa sua intuizione, che ha rappresentato un innegabile pregio, la cultura vedantica ha avuto ancheil difetto di aver considerato la sostanza di Dio come realmente esistente e di essere sfociata in una forma di panteismo, che tuttavia ha nell'uomo il suo “punto d’appoggio fisso”. Il panteismo,allora, riconosce,sì, l’illusorietà del mondo, ma
solo ammettendol’esistenza di un'unità reale e presente del mondostesso, ed in questo modo, per Mainlinder, essa en-
tra in contraddizione con la realtà, che è molteplice.
Mainlinder, allora, riprendendo latradizione sankhja, dalla
quale ha poi avuto origine il buddhismo®, asserisce che nel-
la dottrina di Buddha viene negata l’esistenza dell’unità panteistica e l’individuo diviene il fondamentoassoluto. “Il nucleo fondamentale del buddhismo — scrive Mainlinder
— è proprio la dottrina del karma:tutto il resto è orpello fantastico, che è da imputare all’orientamento dei continuatori del grande uomo [Buddha]”.
Edè proprioalla dottrina di Buddha, scrive Mainlinder, che siispira la sua Metafisica. Buddha, per primo, “Legò tutte le realtà all’essenza del singolo, il karma, e fece questo con onnipotenza[...]. Nessuna forza,al di fuori di quella che giace nell’individuo, ha il minimoinflusso sul suo destino. Buddha giudicò il processo di sviluppo stesso come movimento
da una causa inconcepibile nel nulla’°!.
Mainlinder non esita, allora, a definire la dottrina di
Buddha comeuna formadi ateismo, ma un ateismo sempli-
60 Id. 5.245.
61
Ibidem.
294
La politica cemente “creduto”, e non già scientificamente dimostrato, comeinvece pretenderebbe di essere quello della Philosophie der Erlòsung. Ed è sempreil buddhismo che, secondoil pensatore, avrebbe restituito all’individuo la propria “autonomia”, poiché “tutto ciò che noi chiamiamocaso, è azione dell’individuo”, deriva dallo “scenario” del proprio karma. “Buddha non riconosce quindi, a costo della verità, la realtà dell’effettività di tutte le altre cose del mondo, cioè propriamente la realtà di tutte le altre cose, e perciò rimane unasola realtà restante: l’io, che nella sua pelle percepisce se stesso e si concepi-
sce come autocoscienza”,
Comerisulta evidente, Mainlinder, così comeaveva fat-
to Schopenhauer, tende a mettere in risalto il lato idealistico della dottrina di Buddha ma,a differenza del saggio di Francoforte, avvicina sempre di più il buddhismoall’idealismoclassico tedesco, ed in particolare alla concezione dell’Io di Fichte: “Il dispotismo dell’io esige, però, in maniera incondizionata
la riduzione del mondo restante, il non-io, ad un mondo dell'apparenza e dell’illusione; poiché, se nel mondo solamente l’io è reale, allora il non-io può essere solo un’apparenza: esso è decorazione, coulisse, scenario, fantasmagoria nelle mani del solo reale, dispotico individuo.
Il buddhismo porta in sé, come il panteismo,il veleno della contraddizione con l’esperienza. Quello nega la realtà di tutte le cose, eccettuata quella dell’individuo, in seguito nega la connessione dinamica del mondo e un movimento indiviso dell’unitàcollettiva; questo nega la realtà di tutte le cose e riconosce solo una semplice unità nel mondo con un solo movimento.
6 Cfr. Id., S. 246.
63 Id., S.245.
295
Capitolo sesto Il buddhismo,però, si trova molto più vicino al cuore dell’uomodel panteismo,poichél’unità inconoscibile non può mai mettere radici nel nostro animo, mentre per noi non c’è niente di più reale del nostro conoscere e del nostro animo, detto in breve, del nostro Io, che Buddhaha sollevato sul trono del mondo”4.
Il buddhismo, secondo Mainlinder, avrebbe colto intuitivamenteil reale movimento, mentre il panteismo se ne sa-
rebbe allontanato, portandosi dietro questo “grave peso”. Entrambe le dottrine, però, esigevano “l’amore del nemico”, poiché il mondo è solo apparenza, quindi nonè il nemico ‘che genera dolore, ma lo fa direttamente Dio”. Dalla lettura mainlinderiana, emerge un Buddha che, riconoscendo che tutto ciò che accade è “opera mia”, compreso anche il male che mi viene inferto dal nemico,insegna “l’uguaglianza e la fratellanza di tutti gli uomini e con questo rompel’ordine delle caste — egli era anche un riformatore
politico sociale’’99.
Passando in rassegna, più brevemente, anche la religione Zen dei Parsi, Mainlinder può concludere che ognunadelle tre religioni prese in esame — bramanesimo, buddhismo, zen — utilizza sempre una minaccia affinché i suoi comandamenti siano rispettati: “il bramanesimo minacciava coloro che si davanobattaglia con la metempsicosi, il buddhismo conlarinascita, la religione zen conla sfortuna’”’?”, Secondoil filosofo, dei popoli semiti dell’Asia, solamente gli Ebrei riuscirono ad imporrela propria religione.
64 Id., S. 246.
65 Ibidem.
66 Ibidem. 67 Id., S. 247-8. Le informazioni che Mainlinder ha raccolto sulle varie religioni sonotratte, anche questa volta, dall’opera di Spencer Hardy, Eastern Monachism, del quale il pensatore riporta anche alcuni estratti.
296
La politica I babilonesi veneravano il dio Moloch, una figura mitologica non molto dissimile dalla raffigurazione di Satana,al quale offrivano intimoriti in sacrificio donne e bambini. Il loro culto, troppo cruento e dispensatore di troppo dolore, fu presto soppiantato da quello di altri popoli, come nel caso del Cristianesimo. Mainlinder non fa alcuna distinzione confessionale e,
semplicemente, osserva che il cristianesimo degli ebrei era ‘fortemente monoteista” e che il dio cristiano,il quale diversamente dagli altri era trascendente e creatore del mondo, comele divinità delle precedenti religioni esercitava, però, il suo potere attraverso i comandamenti e la minaccia della sua collera. Proprio per questo, Mainlinderscrive che “il vero rapporto di Dio conl’individuo era lo stesso del panteismo degli indiani[...]. L’uomoera niente, come un giocat-
tolo nelle mani di Geova”, Inoltre, peril cristianesimo de-
gli ebrei, al contrario di quanto ammettevanole altre religioni, il mondo non aveva alcun movimento. Chiudendoil discorso, quasi a significare l’inutilità dei tentativi con cui tutte queste religioni si erano sforzate di dare un valore all’esistenza, Mainlinder chiosa con una con-
clusione significativa: “L'universo non ha alcun senso”??. Con quest’ultima considerazione, Mainlinder sembratirare un tratto di penna sulle religioni e sulle dottrine analizzate, per riportarci alla verità schopenhaueriana della mancanza di senso dell’esistenza. Le religioni non riconosconola priorità gnoseologica e, soprattutto, morale dell’individuo”9, ad
esclusione del buddhismo che però, da un lato utilizza la minaccia del karma per far applicare i suoi comandamentie, dall’altro, non è fondato scientificamente.
68 Id. S.249.
6
Ibidem.
0
Cfr Id., S.VIII.
297
Capitolo sesto 6.
Igreci ed il cristianesimo
Dopoaverillustrato in che modole religioni prendono piede nella società, Mainlinder dedica numerosi paragrafi alla descrizione delle diverse società e dei diversi popoli della storia, applicando lo schemainiziale, secondo il quale il maggiore o il minore sviluppo di una società è da attribuirsi inizialmente al climae alle caratteristiche territoriali di un paese. Enumerandodi volta in volta quale specifica legge del divenire ha prodotto quel determinato processo storico, Mainlinder fa derivare, per esempio,l’esemplare “intera vita politica e spirituale degli Elleni sulla base dell’influsso della magnifica terra, in cui loro abitavano””!. Riaffiora così quella posizione comportamentisca, che Mainlinder aveva manifestato allorquando aveva dovuto giustificare la libertà dell’individuo in rapporto allo sviluppo necessario delle singole volontà. Ancora una volta, il sacrificio dei sol-
dati greci contro il nemico persiano è preso come esempio di dedizione al bene comune,per cui “l’individuo è votato
ad annientarsi”, poiché, sia che il singolo decida di perire per mano del nemico restando passivo al suo attacco, sia che immoli la sua vita combattendo, “entrambe le vie hanno un
fine: l'assoluta morte””?,
In particolare, quello che Mainlinder desidera sottolineare sono due elementi costitutivi dello sviluppostorico: il primo, che “nella vita dell'umanità agiscono semprele stesse leggi, mail ciclo della civiltà diviene sempre più gran-
de’”7>, ma anchechelaciviltà uccide, poiché
71 72
73.
Id, 5.251. Id., S. 252.
Ibidem.
298
La politica “Ogni popolo che entra nel processo dicivilizzazione, ovvero
passa in un movimento più veloce, cade e viene annientato nel profondo. Nessuno può mantenersi nella sua forza virile, ognuno deve divenire decadente, degenerare e morire. È totalmente indifferente come i suoi individui votati alla
morte sprofondino nell’annichilimento; se secondo la legge del-
l’'imputridimento,allora andranno in rovina rotolando nella melmae nel letame di una voluttà raffinata; se secondo la legge dell’individualismo,allora gettando via con disgusto tutti i frutti più preziosi, poiché essi non dannoloro più soddisfazione, struggendosi nella nausea e nella noia, oscillando in avanti e indietro, per-
ché hanno perduto una volontà stabile ed un chiaro fine,
non soffoca eppure non vive non disperato e non rassegnato 74.
Oppure, attraverso la moralità: esalando nell’etere della santità la loro vita. La civiltà li cattura e li uccide. Comele ossa bianche indicano le vie attraverso il deserto, così i monumenti segnanoi regni culturali decaduti, rendendo nota la morte di milioni, come binari della civiltà. ‘Tuttavia hanno trovato la redenzione tutti coloro che sono
stati annientati e tutti loro l’hanno guadagnata. Perché, quale persona ragionevole avrebbe il coraggio di dire: la redenzione sarà solo in parte per chi l’avrà acquisita attraverso la filantropia o la castità? Tutti coloro che hannolasciato sprofondarela loro sorte nella notte dell’assoluto nulla pagheranno a caro prezzo,attraverso il dolore, la liberazione dase stessi”’79.
Le leggi del divenire imperano sull’intero corso della storia, in modocherisulta chiaro che “il corso dell'umanità
non è la manifestazione di un cosiddetto ordine morale del mondo, ma il puro movimento dalla vita nella morte asso-
luta”9. Castità e dedizione per il bene comune, così come
74 J.W. Goethe, Faust, cit., II, Atto V, Mezzanotte, per bocca della cura, p. 1008, righe 11479-80.
75. P. Mainlinder, Ph. d. Erl., S. 261.
76
Id., S. 260.
299
Capitolo sesto il suicidio, sono solo mezzi per anticipare quello ch'è l’ineluttabile destino di ogni uomo. Ed è proprio in questo processo di redenzione-estinzione che, sotto il regno dei Cesari, scorre “come olio sul fuoco”
per la prima volta “il lieto messaggio del regno di Dio”: il
messaggio di Cristo, il quale ha introdotto nuove “virtù”, oltre quella della giustizia individuata dai greci e dai romani: l’amore del prossimo e l’amore per il nemico, allontanando l'uomo da ogni impedimento, dall’amore di sé attraverso
“l'odio per la propria vita”. Secondo Mainlinder, Cristo per primo avrebbe “rinnovato lentamente il suicidio”, poiché egli avrebberilevato l’inutilità dell’esistenza umana. Il regno di Dio, in questa prospettiva, è interpretato comel’assenza del mondo terreno, e quindi come “completo e totale svincolamento dell’individuo dalla terra””è, Ed è per questo che il pensatore afferma che “a chi vuole essere un vero cristiano non è concesso che egli scenda a compromessi conla vita””7?, poiché il compenso per questa scelta è la pace del cuore e il regno deicieli. “Il vero seguace di Cristo va attraverso la morte nel Paradiso, cioè egli è libero da se stesso,
è totalmente redento”. Con Cristo il rapporto dell’individuo conla natura e con Dio cambia radicalmente. La precedente immagine di Dio “sorgeva dalla fusione degli dèi”, cioè corrispondeva ad una personificazione antropomorfica della volontà della natura. Con Cristo,il quale insegna la dottrina del “peccato originale”’89, cioè quella della caduta nell’esistenza, la natura, violen-
ta e terribile, è distinta da Dio. Il Dio di Abramosi distingue
7 Id. S.262.
78 Ibidem. 99 Id., S. 264.
80 Id S.265. 300
La politica da quello di Cristo poiché il primo è un Dio che si impone attraverso l’ira e la paura,il secondo è “un Dio d’amore”’!, È per questo, scrive Mainlinder, che“il posto dell’individuo nei confronti di Dio è totalmente cambiato [...], il destino di ogni singolo divenne il prodotto del peccato originale e della provvidenza”82, Con queste. parole, ancora una volta, Mainlinder manifesta l’intento di voler conciliare la
necessità del fato, determinata dal peccato originario, ovvero
dalla volontà individuale, con la libertà dell’individuo,la pos-
sibilità della sua redenzione per mezzodella grazia divina, ovvero per mezzo della conoscenza. Nel peccato originale e nella grazia “l’individuo agiva per metà in maniera autonoma,
per metà veniva guidato da Dio. Una grandee bella verità”95,
In base a questa personale esegesi biblica, Mainlinder riconosce nel cristianesimo il primo garante storico dell’indivi-
dualità?4, poiché esso ammetterebbe, da un lato, l’esistenza passata di un Dio provvido e misericordioso, dall’altro, l’im-
manenzadel singolo e la sua “autonomia dimezzata”.
“Il cristianesimo si trova fra bramanesimo e buddhismo nel giusto mezzo,e tutte e tre si fondano sul giusto giudizio del valore dell’esistenza [...]. Il cristianesimo unisce entrambe le verità unilaterali del panteismo e del buddhismo: egli mette insieme il reale movimento dell’individuo (il destino del singolo),
81 82 83 84
Ibidem. Id., S. 266. Id., S. 266-7. Il caso di Mainlinder è quasi paradossale. La teoria individualista di
Mainlindersi rivolge quasi esclusivamente a dottrine religiose e morali, anche quando si ammanta di una parvenza scientifica in nome del dichiarato immanentismo e della sua tendenza empirica. Mainlinder sembra, invece, ignorare quelle nuove tendenze della biologia e della fisiologia del tempo che, proprio negli anniin cuiil filosofo meditava e studiava per la sua ope-
ra, riproponevanoil concetto di individuo.fr. A. Orsucci, Dalla biologia cellulare alle scienze dello spirito, cit., in particolare, pp. 11-58.
301
Capitolo sesto che solamente Buddha riconosceva, con il reale movimento del mondo (destino del mondo), cui solamente il panteismo aveva
dato valore®. [...] Chi guarda con attenzione alla dottrina di
Cristo senza pregiudizio, troverà solamente materiale immanente: pace del cuore e qualità del cuore; volontà individuale e connessione dinamica del mondo; movimento individuale e movimento del mondo. — Regnodeicieli ed inferno; anima,satana e
Dio; peccato originale, provvidenza e grazia; padre,figlio e spi-
rito santo; — tutto questo è solo un involucro dogmatico per la
verità conoscibile’’99,
Conla religione cristiana anche le donne acquistano un ruolo diverso e si riconosce loro dignità, incaricandole di
diventare le “principali portatrici del Cristianesimo”, Il cristianesimo, insomma, è per Mainlinderla religione in cui
maggiormentela verità dell’esistenza umanasi palesa, anche se in forma ancora dogmatica. 7.
Il socialismo utopico regressivo
Passando per lo studio del neo-platonismo®8, e riprendendo in parte lo sviluppo del cristianesimo attraverso Maometto®?, Mainlinder pervienealla legge del particolarismo,
con la quale tramontala civiltà cristiana antica e si apre l’età del medioevo, la cui forma economica è identificata dal-
l’autore con la schiavità”!.
Procedendo nel suo racconto, Mainlinder elenca diver-
85 86 87 88 89 90 9
Id. S.267. Id. S.268. Id. S.269. Id., S.271-273. 1d., 5.273. Id. S.276. Id. 5.277.
302
La politica
se leggi, fra le quali va ricordata quella del livellamento”. In base ad essa le diverse parti di una società divengono ugua-
li di fronte ad un’autorità assoluta, come lo Stato. Con un ‘salto storico’, Mainlinder menziona, allora, la massima del
re Luigi XIV?*, ricordandola comeil motto per antonomasia dello Stato assoluto e teocratico, anche se probabilmente, nell’indicare un modello presente nella storia medievale, avrebbe potuto riferirsi meglio a quello indicato da InnocenzoIII.
Il fatto di voler tracciare una storia universale, dalle ori-
gini al suo tempo,e il fatto di voler far corrisponderealla logica dei cicli di nascita e decadimento la trama complessa e sfuggente degli avvenimenti storici, costringe spesso Mainlander a ricorrere alla forma del compendio e a forzare il susseguirsi storico degli eventi. Per questo, l’esposizione delle leggi del divenire risulta faticosa e macchinosa, e tal-
volta l’autore, illustrando le caratteristiche di un periodo,si
riferisce erroneamente ad eventi cronologicamente anteriori o posteriori.Venuto menoil rigore cronologico, Mainlinder lascia seguire alla nascita dell'economia industriale, il paragrafo sulla Scolastica, mentre, subito dopo, con unaltro sal-
to temporale, passa a considerare brevemente il protestantesimo, per occuparsi in seguito della rivoluzione francese. Considerando la grande quantità delle pagine che Mainlinder ha dedicato alla descrizione della natura delle religioni rispetto alla breve esposizionedi più di tremila anni di storia della civiltà, risulta evidente quale sia il reale interesse dell’autore. Mainlinder dedica, invece, ampio
spazio alla storia contemporanea, che ha come inizio le
92 Id. S.281.
99. La celebre frase pronunciata da re Luigi XIV, il “Re sole”, al parlamento francese il 13 aprile del 1655: “L'Etat c’est moi”.
303
Capitolo sesto campagne di conquista napoleoniche. È significativo che Mainlinder cominci l’analisi di questo periodo proprio a partire da Kant: “Mentre si estendevano questi cambiamenti in ambito politico ed economico, un uomo tedesco, Kant, portava a compimento la più grande rivoluzione
nell’ambito dello spirito (completamente il 29 marzo
1781), era cosa più grandee più ricca di successo che non
l’azione di Lutero”.
Dopo questo omaggio a Kant, Mainlinder si sofferma
sulle guerre napoleoniche, “con il suo dolore da un lato,il suo fervore dall'altro”, considerandole, però, in maniera di-
staccata, come appartenenti agli “avvenimentistorici, dove si manifesta in maniera passeggera il movimento fondamentale della razza umana,dalla vita nella morte assoluta”. Anche
gli avvenimenti più vicini non sfuggonoalla logica del movimentoverso il nulla, cosicché l’invasione di Napoleonein Prussia deve essere valutata da un punto di vista universale, rispetto al quale la logica amico-nemico nonha più senso. Valutando le trasformazioni in atto dopo la disfatta di Napoleone, e soprattutto considerando l’ascesa al potere della borghesia mondiale, Mainlinderscrive: “Nella maggior parte degli Stati è stata introdotta, sul modello dell’Inghilterra, la monarchia costituzionale, in virtù della quale il potere nello Stato è stato diviso fra la cittadinanza,l’aristocrazia nobile, il clero e il principe. La seconda camera, che dovrebbe rappresentare il popolo, rappresentain realtà solo una minima parte, giacché è stata introdotta una discriminante di censo che ha reso di nuovo l’uomo senza mezzi, politicamente sen-
za diritti””.
9 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., S. 286.
95 Id. 5.287. 304
La politica Comespiega efficacemente Invernizzi, “Mainlinderritiene chela sua epocasia caratterizzata sul piano politico dall’affermazione delle monarchie costituzionali e sul piano economico dal dominio del capitale. Mainlinder non ha dubbicirca il carattere di classe delle monarchie costituzionali”. Ed è propriolo sviluppo del capitale con la sua logica del profitto che condiziona:i lavoratori, i quali, inizialmente liberi sul campodellavoro, adesso, soffrono “sotto il più gelido ed il più terribile dei tiranni:il capitale”. Le loro necessità, anche quelle più elementari, rimangono continuamente insoddisfatte e la loro vita è continuamente sferzata
dal dolore?”.
Comeharilevato Invernizzi, “Nell’ottica della metafisi-
ca della volontà ciò significa che il proletariato ha una volontà particolarmente indebolita (tant'è vero che il proletariato della città ha un corpo molto più debole del contadino), ma unospirito estremamente sviluppato”.
%
G.Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 307.
% P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 287. 98 G.Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 307.A tal proposi-
to, può giovare ricordare che anche Riehl è dell’avviso cheil capitale abbia
inciso sulla forza degli individui della sua epoca (rispetto ai quali fa eccezione ‘ovviamente’ il popolo tedesco) divenuti uomini più deboli di quelli granitici del passato, che vivevano in capanne di legno e fango. Cfr. W. H. Riehl, Kulturstudien..., cit., S. 284-5: “In Germania, dove ancora, grazie a Dio, si onora sempre più il lavoro secondola sua propria dignità, piuttosto
che secondoil profitto esteriore, l’uomo veramente formato si riconosce dal fatto che egli può molto, ma esige poco, cioè, che egli possiede il bisogno supe-
riore che il capitale spirituale a buon mercato produce, ma non quello minore che non rende conveniente il denaro e rende cara la vita. Nonostante
la potenza dell'economia nazionale, da noi è lecito, però, pronunciare la pa-
rola “semplicità dei costumi” con profondorispetto. Il semplice piccolo bisogno dell’esistenza comoda e piacevole esternamente,il quale rincara soprattutto la vita, è però il padre del progresso, ma esso è anche, nel suo do-
minio unilaterale, il padre del declino delle nazioni. E giustamente nella sto-
ria di tutti i popoli si rivolge a noi in modo eterno e solenne ogni epoca,
305
Capitolo sesto Questo processo avviene soprattutto attraverso la ‘“gran-
de legge della civiltà, la povertà sociale”’?, la quale è la leg-
ge principale della politica. Per questo Mainlinder scrive che “la povertà aiuterà”. Le classi più agiate si trovano, invece, sotto la legge del lusso!99, la quale, assieme a quella della
povertà è “l’espressione dei danni dell’intera società, la sua
produzione irrazionale di modi di produrre e di vivere?’!0!,
Mainlinder passa brevemente alla critica del materiali-
smo, nato, secondo la sua prospettiva, dall’esigenza di dare
espressione ai bisogni materiali!°2, e quindi privo di una
fondazionefilosofica. In seguito si sofferma brevemente sui
moti del ’48!, interpretati come l’epifenomeno d’una
sempre maggiore distinzione e divisione ‘dei tre stati superiori dal nuovo quarto stato”. Giunto quindi alla contemporaneità,il racconto dell’autore si carica di enfasi politica.
8. Lalotta dello Stato contro la Chiesa e la missione del popolo tedesco
“Sinora, con attenzione e prudenza, abbiamo gettato uno sguardosull’umanità, seguendola direzione della corrente dominate nel puro ambito politico, economico (social-politico) e spi-
in cui uominidi granito vivevano in abitazioni di legno e diargilla, rispet-
to ad ogni tempodisenile debolezza pieno di necessità, dove vivono sotto
colonne di granito stirpi molli comela cera”. 9 P. Mainlander, Ph. d. Etl., cit., S. 288. 100. Anche in Riehl è presente la formulazione della “legge del lusso”, cfr. W. H.
R.iehl, Kulturstudien..., cit., S. 259fE. 101 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 289. L'espressione della debolezza crescen-
te del corpo si manifesta inoltre comelegge della nervosità, in base alla quale nell'uomo aumenta la sensibilità e la irritabilità, e quindi la sua predisposi-
zione al dolore. 102. Ibidem.
103 Id., S. 290-1.
306
La politica rituale del presente. In Europai fenomeni politici si manifestano al temposotto tre grandi leggi: legge della nazionalità, legge dell’umanesimoe legge della divisione dello Stato dalla Chiesa, cioè
la distruzione della Chiesa”!
Mainlinder riferisce la prima legge a quegli Stati che sono divisi dagli altri o perché hannoereditato la loro estensione dal periodo medioevale, o per un artificioso autoisolamento dagli altri popoli, o ancora perché, anche successivamente al periodo napoleonico, si battono ancora per la propria identità!°, Questi ultimi, scrive Mainlinder, sono quei popoli che, uniti dalla lingua, dai costumi e dalla cultura, cercano la propria unità per non soccombere nella guerra contro le altre nazioni. Conla secondalegge, quella dell’umanesimo,il pensatore si riferisce invece allo sviluppo di quella particolare idea culturale, secondo la quale il singolo è un’essenza preziosa ed irripetibile nel mondo. Grazie a tale concezione,si dà rilevo
ad ogniindividualità e quindialla totalità degli uomini!°, In-
fine, con la terza legge, Mainlinder riprende il tema, che percorre tutta la seconda metà dell’Ottocento europeo,della lotta fra Stato e Chiesa. Questo conflitto è tradotto da Mainlinder nei termini di un’opposizione fra scienza e fede. Da questo scontro, i cui rappresentanti sono nell’ordine la Germania e la Francia, uscirà ovviamente vittoriosa la scienza!”. Tutti questi temi, brevemente abbozzati, lasciano poi
104 105 106 107
[d,, S.291. Cfr. G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p.311. Ibidem. Ibidem. Id., S. 292. Cfr. anche Id., S. 303. “In primo pianosi trova però la battaglia
della Chiesa con lo Stato, della ragione con la dissennatezza, della scienza con la fede, della filosofia con la religione, della luce con le tenebre, ed essa darà il segno distintivo al prossimo periodo storico”.
307
Capitolo sesto posto al problema della ‘“domanda sociale”, problema che a sua volta rinvia a quello fondamentale dell'educazione dell'umanità: “La domandasociale non è nient'altro che una domanda di
educazione, anchese in superficie essa ha un altro aspetto: infat-
ti il problema che essa pone è semplicemente quello di portare tutti gli uomini a quellivello di conoscenza in cui solamente la vita può essere giudicata correttamente. Ma poichéla strada verso questo livello superiore è sbarrata da impedimenti di ordine
politico ed economico,allora la domanda sociale non si manifesta nel presente come una pura domarida di formazione, bensì per prima cosa comepolitica ed economica”!98,
Così come per il Fichte, influenzato dalla dimensione paideutica del Pestalozzi, anche per Mainlinder cultura ed educazione finiscono per identificarsi l’una con l’altra e per divenire l’unico strumento capace di plasmare lo spirito, e
quindi di risolvere quelle difficoltà politico-sociali ed eco-
nomiche che sono causate proprio dall’ignoranza!. Non a caso, per Mainlinder, i problemi sociali dei lavoratori sono
strettamente correlati a quello della loro formazione, tant'è che il pensatore indica nella “libera scuola” e nella “conciliazione fra capitale e lavoro” la soluzione alla crisi econo-
mica prodotta dal capitalismo!!. Per capitalismo Mainlin-
der intende la concentrazione del capitale e della proprietà esclusiva dei mezzi di produzione in una ristretta élite, e quindi, in risposta ad esso, “i lavoratori devono divenire proprietari delle azioni delle imprese in cui lavorano ed avere parte agli utili da esse prodotti”!!!. In questo modo,nasce-
108. Id. S. 295. 109 Id. S. 297.
110 Id., S. 297-299.
11! G. Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 309.
308
La politica rannosingole società per azioni amministrate dai lavoratori, che tenderanno poia risolversi e a coincidere conlo Stato. Per Mainlinder, la conquista dello Stato ideale da parte della classe dei lavoratori non è possibile in maniera pacifica, se non coinvolge anche le classi superiori della società,
cioè se questa tensione verso lo Stato ideale non coinvolge tutta l’umanità. “Dalla soluzione della domanda sociale di-
pende la redenzione dell’umanità”’!!2. Il raggiungimento
dello Stato ideale non è questione che riguardi esclusiva-
mente i lavoratori, ma anche le classi agiate della società,
poiché ne va del movimento complessivo dell'umanità. L'adesione di Mainlinder al socialismo!!*, perciò, non ha comefine quello marxiano di una società di eguali oltre lo Stato, ma quello della redenzione finale dell'umanità attraverso il suo autoannichilimento. Quello di Mainlinder,
allora, si può definire come unsocialismo utopico regressivo!!4, poiché il processo che sottostà all'intera umanità sfo-
112 P. Mainlinder,Ph. d. Erl. cit., S. 301. 113 Sul socialismo di Mainlinder, cfr. l'articolo di Bernd Griftrath, Pessimismus, Egoismus und Sozialdemokratie. Philipp Mainlinders “Philosophie der Erlòsung”, in SchJb Nr.77, 1996, S. 211-240. 114
Nel secondo volume della Ph. d. Erl., Mainlinder dedica tre saggi al sociali-
smo. Nel primo Essay egli si occupa del “socialismo teoretico”, ovvero dei
presupposti teorici del socialismo utopicoclassico (libero amore,riscatto del-
la condizione femminile, negazione della proprietà privata); il secondo saggio
riguarda,invece, il “socialismo pratico”, e raccoglie, sotto un titolo fichtiano, tre Discorsi ai lavoratori tedeschi. Di questi tre Discorsi, il primo è unaricostruzione della personalità di Ferdinand Lassalle; il secondo ha per oggetto il “compito sociale del presente”; nel terzo, Mainlinder si occupa, invece, del problema della legittimità della rivolta degli individui contro lo Stato. In questo ultimo saggio,scritto a pochi giorni dal suicidio, Mainlinder descrive con dovizia di particolari lo statuto ed i riti del nuovo ‘Ordine del Graal”, nel quale egli scorge quel superamento della prima fase del socialismo organizzato dai lavoratori e il ponte per la redenzione totale dell'umanità. Nei Discorsi, la scrittura di Mainlinder acquista un’enfasi più propagandistica, sebbeneil
pensatore prenda nettamente le distanze dalle posizioni più radicali dei socialdemocratici suoi contemporanei. Infatti, nonostante egli dedichi il primo
309.
Capitolo sesto cia nella distruzione dell'umanità stessa, in un progressivo infiacchirsi di forze, dall'uomo primitivo all’operaio delle città, che conduce necessariamente verso l’assoluto nulla.
Per Mainlinder, i socialdemocratici “si ingannano, ma non con giochi di parole, bensì con l’azione”’!!5, proprio perché non sanno guardare al movimento complessivo dell’umanità, cioè alla corsa del mondoverso la morte assoluta, verso “la redenzione da se stessi’’110. Mentre i socialisti marxiani e demo-
cratici organizzano la loro “lotta di classe”in senso internazionalista, per Mainlinder,invece,il riscatto dei lavoratori passa at-
traverso la lotta fra le nazioni, le quali incarnano ognuna un ruolo preciso per il corso necessario dell’umanità: “Se diamo uno sguardo da qui indietro, vediamo cheprincipio di nazionalità, battaglia dello Stato con la Chiesa, e movimento sociale sono prodotti da grandi rivoluzioni che nell’insie-
me possono prendere un corso non cruento[...]. È probabile che
questi sovvertimenti diverranno violenti. L'umanità può soltanto gettare le fondamenta nell’esistenza per una forma e unalegge di
un nuovo periodo, nel dolore della nascita, sotto tuoni e lampi, in un'aria putrida e intrisa di sangue. Questo insegna la storia,
“l’autocoscienza dell'umanità”. Però, queste rivoluzioni si compiranno in fretta e saranno accompagnate da pochiorrori: di questo buoni e giusti si preoccupano, ovvero si preoccuperanno che l'umanità sia divenuta una superpotenza.
discorso a Lassalle, Mainlinder non condivide la sua proposta di costruire cooperative di lavoratori che, con l’appoggiodeicapitali statali, avrebbero potuto godere interamente del profitto del loro lavoro. Cfr. G. Invernizzi, Il pes-
simismo tedesco dell’Ottocento..., cit., p. 307-308 e relative note. Cfr. W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie,cit., IV, 2 “Individuelle und terrestrische Erlòsung”, S.97-100. Sulla critica che già Marx aveva rivolto contro Lassalle,
riguardo a questa proposta dell'intervento statale a favore degli operai, cfr.
Karl Marx, Critica del programma di Gotha, intr. di A. Illuminati, tr. it. I. Pa-
squaloni, Nuova Sinistra — Edizioni Samonà, Roma 1968, p. 46. 115 P. Mainlinder, Ph. d. Etl., cit., S. 302. 116 Ibidem.
310
Lapolitica Il compito della politica filosofica è quello di abbozzare il corso dell'umanità, sotto diversi punti storici, in grosse linee, poi-
ché essa solamente lo può fare.[...] È chiaro,allora, che nessuna delle rivoluzioni di cui parliamo si svilupperà totalmente nel
prossimo futuro”!!7,
Nazioni diverse rappresentano diversi movimenti della storia che si scontrano. Comein un parallelogrammadelle forze, dallo scontro di questi movimenti dei popoli si svilupperà quel corso necessario dell’umanità verso il nulla. Agli occhi del filosofo, Germania e Francia in apparenza si contendono l’egemonia del Continente, ma in realtà la loro è una battaglia fra due modelli di vita, fra scienza e fede. Per di più,la Francia,se-
condo Mainlinder,si sarebbe fatta carico di portare la bandiera che era stata di Roma. Quella della Germania contro il popolo francese,allora, non sarebbe altro che una rinnovata lotta
fra la gli uominiilluminati dalla ragione ed il papato, “l’ultima e definitiva resa dei conti con Roma,conle bugie e con gli ingannidei pretacci”!!8, La sconfitta di Romaè parte del necessario corso dell’umanità ed in questo senso Mainlinder scrive
che “Romaè votata alla morte”?!!9,
Mala verve patriottica di Mainlinder ha il sopravvento anche sul movimento sovranazionale del mondo.Il primato del popolo tedesco, comerappresentante della Kultur, diviene il Leitmotiv di una lunga domandaretorica: “Perché mai, allora, il popolo di Lutero, di Kant e di Schopenhauer, di Copernico, di Keplero e di Humboldt, di Lessing, di Schiller e di Goethe!?° dovrebbe esser nato, se non per la co-
117 Id. S.302-303. 118 Id. S.304. 119. Ibidem.
120 Se può sembrare ovvio che Mainlinder non citi Schelling e Hegel, è strano però che egli non abbia menzionatoil “padre della nazione tedesca” Fichte.
311
Capitolo sesto rona d'alloro, per combattere per la seconda volta Roma, e que-
sta volta per mandarla in pezzi, per non disporre anche degli altri, per non doverrisolvere la domandasociale?’’!2!,
L'intenzione di Mainlinder è quella di coniugare nazionalismo e cosmopolitismo, affidando la guida del corso del mondoe la sua redenzione alle mani della “nazione tedesca”. “Vale allora per il periodo storico in cui viviamo il
motto: a causa del cosmopolitismo ognuno sarebbe un patriota pronto al sacrificio’’!22, Mainlinder riprende così il tema fichtiano della missione tedesca e, come Fichte, inter-
preta quello del popolo tedesco come un dovere verso l’umanità. È all’interno di questo processo entropico che si consuma anche il flusso della civiltà, ed è per questo che Mainlinder ribadisce che “la civiltà uccide”!, poiché attraverso di essa si realizza la legge del dolore e dell’indebolimento delle forze. Mentre gli uomini conservatoridi stato sostengono chela scarsezza delle risorse è il miglior terreno per le Menschenpflanzen — le piante umane — per Mainlinder ‘la pianta-uomo deve avereil calore della serra, così dice la
filosofia immanente”!24. Questo significa che, per Mainlin-
der, la civilizzazione è un processo di decadenzae gli uomini sono semplicemente delle piante dipendenti dal calore del luogoin cuisi radicano. Con questa immagine Mainlinder si ricollega idealmente proprio alla legge dell’entropia termodinamica di Clausius, in base alla quale postula la necessità della morte termica del genere umano.Inoltre, egli interpreta le prospettive cosmologico-catastrofiche di Clau-
121 Id. S. 305. 122 Id. 5.306. 123 Ibidem. 124. Ibidem.
312
La politica sius alla luce dell’analisi culturale di Riehl. Proprio di Riel egli cita puntualmente alcuni passi, nei quali lo storico della Kulturgeschichte riprende la descrizione della scomparsa improvvisa di alcuni rami della nobiltà medioevale!, oppure descrivela ciclicità della rinascita e del declino di ogni civiltà!?9. Attraverso la sintesi di queste due prospettive, Mainlinder costruisce l’immagine di un mondo in cui “dappertutto, là dove ha preso piede l’imputridimento della società, si manifesta la legge della fusione; poichéla civiltà ha, comeio ho espresso metaforicamente, la tendenza ad al-
largare il suo ciclo”’!?7, Per Mainlinder, però, v’è differenza fra la forza vitale di un popolo e quella di un altro, tant'è che egli non esita a scrivere che “La forza vitale delle nazioni romanicheè inferiore a quella delle nazioni germaniche, e la forza di questi indeboliti [è inferiore] a quella dei popoli slavi. Ma un cambiamentodei popoli non può più aver luogo, poiché tutte queste nazioni sono ormai chiuse nel proprio ciclo di civiltà, e in ognuna di queste nazioni, tanto in Russia quanto in Francia, è già presente l’imputridimento”28.
125 Id.,S.306-7,cit. di Riehl:“Le più antiche e primitive specie dell’alta nobiltà sono alla fine del medioevo quasi tutte estinte. L'uomo di quella geniasi
perde, se ha portato a compimentola sua missione, così anchela specie e la famiglia se il numero deisuoi effetti è compiuto. La più fiera casata, i cui innumerevoli rampolli sembravano promettere una durata secolare, si spegne spesso improvvisamente”.
126 Id., S.307, cit. di Riehl: “Quandoil sole di mezzodì dellaciviltà si è già inabissato dietro la pianura, allora dai monti e dalle alture incolte sino al deserto uno spirito popolare ininterrotto e fresco di natura, come aria delle valli, ritornerà su di essa di nuovo rivivendo”.
127. Ibidem. 128. Ibidem.
313
Capitolo sesto 9.
Dallo Stato ideale alla redenzionefinale Per Mainlinder, l’unica via d’uscita possibile da questo
movimento dominato dalla legge del dolore è,allora,il livella-
mentodella società, che a sua volta dipende dalla soluzionealla domanda sociale!?, Sembrerebbe proprio che Mainlinder a questo proposito applichi su larga scala l’analisi psicologica del meccanismo di soddisfazione momentanea del dolore che Schopenhauer aveva riferito invece al singolo individuo!’, L'organizzazione del lavoro dovrebbe portare alla soddisfazione momentanea dei bisogni, alla quale subentrerà presto la considerazione che “è un grosso dolore che ci sia un piacere nella vita e che nonsia possibile raggiungerlo”. Infine, “É necessario che la soddisfazione di tutti i piaceri cheil mondo può offrire giunga a tutti gli uomini prima che l’umanità possa divenire matura per la redenzione, e poiché la sua redenzione è la sua destinazione, gli uomini devonoessere sazi, e
la sazietà solamente lascerà dietro di sé la risolta domandasocia-
le. [...] Il movimento sociale moderno è un movimento necessario, e così come esso ha preso piede con necessità, così anche
deve giungere al suo scopo:lo Stato sociale’’!5!.
Se Schopenhauer aveva fatto seguire alla soddisfazione del bisogno la noia, per Mainlinderil livellamento degli individui, per mezzo della soddisfazione dei loro bisogni e dei loro piaceri, conduce allo Stato ideale, non inteso marxianamente come società di eguali, ma come quello stadio di soddisfazione e pienezza in cui tutti gli appetiti sono stati ap-
pagati e che perciò prelude all’assoluto nulla!52;
129 Id. S. 308.
130 Cfr. A. Schopenhauer,Il mondo..., cit., vol. I, p. 565. 131 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., cit., S. 308. 132 Sempre in riferimento alla metafisica schopenhaueriana, Mainlinder ribadisce
314
La politica “Checos'è lo Stato ideale?
Ci sarà una forma storica che comprenderà tutta l’umanità. Noi, però, non ne fisseremo la forma più prossima, poiché essa
sarebbe soltanto la superficie: la cosa principale è il cittadino del-
lo Stato ideale. [...] L'uomosi sarà completamente emancipato. Tutti 1 motivi sono ex gradu scomparsidalla vita dell’umanità:
potere, proprietà, fama, onore. Tutto ciò cui i sentimenti la tene-
vano legatasi è dissolto. L'uomosi è fiaccato.
Il suo spirito giudica ora esattamente la vita e la sua volontà
si incendia a questo pensiero. Ora il cuore si riempie solo di un certo struggimento: essere cancellato per sempre dal libro della
vita. E la volontà raggiungeil suo fine: la morte assoluta”’!5.,
La perdita delle forze primigenie e vitali dell’uomo,e quindi, la perdita degli appetiti, manifestano il completo dispiegarsi della “legge del contagio dello spirito”’!5, in base alla quale “la forza demonicadell’istinto sessuale e il grande amoreperla vita, che quasi tutti gli uomini mostrano” vengono soppiantati dallo spirito, che infetta la volontà dell’uomo indebolendola, lungo il suo processo di civilizzazione,
sino ad annientarla. Con unosguardoretrospettivo, Mainlinder afferma che “Laciviltà è il movimento dell’intera umanità, il movimento dalla vita verso la morte assoluta. Esso giunge a compimento solamente in un'unica forma, lo Stato, che ammette diverse forme, e in base ad un'unicalegge, quella del dolore, della quale sono
che, in parte attraverso la musica, ma soprattutto attraverso la poesia, l’uomo può raggiungere un momentaneo benessere, una sospensione dal dolore del mondo. Cfr.Id., S. 309. Anchela religione presso le masse assume una funzione consolatoria rispetto al dolore del mondo (viene da pensare alla massima di
Bauer e poi di Marx,della religione comeoppio dei popoli), e la filosofia immanente “non distrugge la fede, al contrario essa è una sua metamorfosi[...]. Il sapere puro non è, quindi, il contrario della fede [Id., S. 310]”.
133. Id., S. 311. Cfr.W. H. Miiller-Seyfarth, Metaphysik der Entropie, cit., S. 92. 154 Ibidem.
315
Capitolo sesto conseguenze l’indebolimento della volontà e lo sviluppo dello spirito (trasformazione dei fattori di movimento)?”?!55,
La legge del dolore, che si rivela sotto quelle diverse
forme (ben 23!)!5 che Mainlinder ha descritto lungo l’ar-
co ditutto il capitolo della sua opera, non riguarda però uno spirito dei popoli hegelianamenteinteso, ma esso è la risultante del parallelogrammadelle forze dei singoli individui. È per questo che Mainlinder afferma che “L'umanità per prima cosa è solo un concetto; ad esso corri-
spondenella realtà una totalità di individui, i quali solamente so-
no reali e si conservano in vita per mezzo della riproduzione.Il movimentodell'individuo dalla vita nella morte assoluta, in unione con il suo movimento dalla vita nella vita [riproduzione], ge-
nera Îl movimento dalla vita nella morte relativa, che però, poiché la volontà si indebolisce e l'intelligenza si rafforza in questi continui passaggi, si trova sulla base del movimentoa spirale dal-
la vita alla morte assoluta.
L'umanità deve avere lo stesso movimento, poiché essa altro non è chela totalità degli individui. Ogni definizione del suo movimento, che non tenga conto della morte assoluta come punto finale, è troppo breve, poiché non comprendeil corso totale. Se il vero movimento non fosse semplice da comprendere, la filosofia immanente dovrebbe postulare la morte assoluta co-
me puntofinale”’!57,
Nessuna vita può sfuggire al suo destino, poiché ognuna è interna al movimento generale del mondo ed è quindi per questo chesuicidio e verginità sono mezzi per anticipare l’ineluttabile fine del mondo,così come, viceversa,l’i-
stinto di conservazione della propria vita e la soddisfazione
135 Id., S. 312.
156 Cfr. lo schemariassuntivo di Mainlinder, S. 313-314. 157 Id., S. 314.
316
La politica dell’istinto sessuale sono solo un vano temporeggiamento. “L'umanità è votata alla morte”. Nel mondodell’umanità futura immaginato da Mainlin-
der, in cui la vita scorre At Epvepyetag egg appyiav!8, per
dirlo con Michelstaedter, non rimarranno allora che uomini privi di ogni forza, “stanchi,sfiniti, quasi morti e paralitici”. La scrittura di Mainlandersi carica allora di enfasi, assu-
me tonalità e simboli non diversi da quelli della mistica medievale, della quale spesso il pensiero delfilosofo si nutre: “E poila silenziosa notte della morte assoluta inabisserà tut-
ti. Come tutti nel momento del trapasso trepideranno beati: so-
no redenti, redenti per sempre!?159,
138 “Attraverso l’attività verso la pace”, motto che Michelstaedter aveva posto
sotto il suo ritratto di Schopenhauer. Cfr.Id., Opera grafica e pittorica, Istituto per gli incontri culturali Mitteleuropei, Gorizia 1975. Anche in Id., La per-
suasionee la rettorica, (tesi di laurea del 1910, pubblicata da G. Formiggini, Ge-
nova 1913), Adelphi, a c. di S. Campailla, 1999!!! Milano,p. 89 e nota,p. 200. 139 P. Mainlinder, Ph. d. Erl., S. 315.
317