Vedere «da cento occhi». Nietzsche e la relazione


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Nicola Comerci

Vedere « da cento occhi» Niet7..sche e la relazione

11S CH18BOLETH

A mio padre Vincenzo a mia madre Anna Maria a mia sorella Nadia sine quibus non

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Introduzione

O. Contingenze Questo libro nasce dalla volontà di riflettere sul terna della "relazione" in Nietzsche, segnatamente in rapporto a un versante politico, e ciò rende necessaria una preliminare serie di considerazioni metodologiche e contenutistiche. Il dialogo con il pensiero di un 6losofo si rivela infatti sempre un compito non agevole, in quanto a venire chiamato in causa, a venire coinvolto, risulta inevitabilmente il pensiero di chi si dispone a pensare un altro pensiero, con tutte le difficoltà e i rischi che in termini di parzialità, "schematismi", precomprensioni varie sorgono da tale ineludibile coinvolgimento. Nel riferirsi al portato filosofico di una riflessione complessa, stratificata, spesso contraddittoria quale quella di Nietzsche, la cifra di tali rischi si amplifica vertiginosamente•, in partico-

1. Come è noto, è merito di Jaspers, Lowith e soprattutto di Hcidegger aver sottratto Nietzsche ad una "cataloga;re» che strutturano il politico, e dunque conduce al riconoscimento critico «dell'essere-valore della dimensione del "politico"». Ciò non genera però il semplice «rifiuto» del politico (come vorrebbe Mann), ma sfocia nel «riconoscimento del suo intrinseco nihilismo»34 • Ora, per Nietzsche non si tratta semplicisticamente di prendere congedo da una escatologia te(le)ologica basata sulla distinzione tra Bene e Potere, tra trascendenza e immanenza, tra fine e azione. L'elisione del riferimento trascendente non conclude con una mera assolut:iZ7.azione dell'immanen1.a (come, in definitiva, ritiene Jaspers15), in quanto la dottrina dell'«etemo ritorno dell'uguale», nell'apertura all'eterno offerta dall'istante, rielabora la scissione trascendente/ immanente dell'azione secondo una dinamica che supera le categorie del soggetto e della parzialità dell'agire rivolto ad uno scopo, e apre così ad una visione dell'immanen1.a che

tradi:àonali, cioè gli ideali e i valori che rappresentavano la risposta al "perché?" e che come tali illuminavano l'agire dell'uomo» (Volpi F., Il nichilismo, Later.a1, Roma-Bari, 2004, p . 4). 34. Cacciari M., L'Impolitico nietzschiano, clt., pp. 110-111. 35. Jaspers spiega che per Nietzsche è importante chiarire come •l'origine della conoscenza filosofica risieda non già nella riflessione su un semplice oggetto o nella ricerca di una cosa, bens\ nell'unità di pensiero e vita, in modo che il pensiero scaturisca dall'intima, sofferta e totale partecipa:àone dell'uomo: questo è per l'autocoscienza di Nietzsche l'autentico carattere della sua verità» (Jaspers K., Nietzsche. Introduzione alla comprensione del suo filosofare, cit., p. 348).

.36 si autotrascende continuamente al proprio interno, sell7.a peraltro riferirsi a una dinamica teleologica (come, finemente, chiarisce Bataille16). Viene pertanto rielaborato il confine dicotomicoimmanen7.a-trascendenza, in modo che una visione dell'«eterno ritorno» inteso in chiave transimmanente, nel suo legame con una concezione oltremetafisica della volontà di poten7..a, può fornire indicazioni preziose per la filosofia politica e per la filosofia in genere riguardo alle modalità di "interpretare" il factum (anche) politico e, di rimando, di interpretare anche se stessa nell'atto di interpretarlo. Ci si trova cos\ di fronte a problematiche più estese del mero riferimento politico, che coinvolgono le pretese della ragione nella sua totalità. Ciò motiva una conversione dello sguardo filosofico su se stesso, sui propri parametri di conoscell7.a e sulle categorie di cui dispone per conoscere, che vengono reimpostate al fine di sottrarle alle dinamiche "concilianti" e totalizzanti dell'Idea, al fine di renderle capaci di rapportarsi alla molteplicità diveniente e caotica dell'immediato, evitando le seduzioni ri(con)duttive dell'Unità concettuale. E proprio l'intera esperiell7.a filosofica di Niet:7.sche testimonia un tenace e paziente assedio genealogico alla roccaforte della ragione, sen7.a che ciò determini alcuna indulgen7.a verso l'irrazionalismo, come è ormai acquisito37 • Prendendo le mosse dalla

36. Cfr. Bataille G., Sur Nietzsche, Gallimard, Paris, 1945; tr. it. Nietzsche. Il culmine e il possibile, Ri:a.oli, Milano, 1970, pp. 21-34. 37. «li termine "irra:aonale'" fallisce totalmente nel venire a patti con il "metodo~ della genealogia.[ ... ) Agli occhi di Nietzsche, la genealogia è un tentativo di dar conto della storia della ragione. Possono esservi problemi con tale conto, talvolta può procedere troppo velocemente, ma come tale la genealogia inscrive se stessa nel retro della ragione; non può pertanto essere una procedura irra:aonale di pensiero. li metodo ed il proposito della genealogia precedono ed eccedono tali distinzioni, riorganizzando le identificazioni della tradizione circa ciò che è razionale e ciò che è irra:aonale» (Derrida J., Nietzsche e la macchina, cit., p. 34).

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critica alla metafisica, il suo pensiero riflette sul pensare in generale, problematiZ7.ando altresl tale pretesa di pensiero particolare che si rivolge alle condizioni di possibilità del pensare in generale. Un pensiero singolare orientato verso la molteplicità diveniente della vita, e deciso a rendere conto della sua intrinseca struttura relazionale. Il risultato è una problematizzazione filosofica delle dinamiche filosofiche della filosofia, a cui il pensiero della relazione assegna il «compito» di «vedere le cose come sono», cioè di «vederle da cento occhi». Contro l'impersonalità monoteistica e nostalgica dell'Idea, il compito sarà quello di riuscire a «vedere molti prossimi e con molti occhi, tutti occhi personali»38, senza però ricadere in un semplice politeismo rappresentativo30. Il vedere «da cento occhi» dispone infatti, per la filosofia, la necessità di adottare uno sguardo ben più complesso: uno sguardo capace di rapportarsi alla molteplicità intrinseca del reale, che riconosce e a cui riconosce di appartenere nella pluralità di rimandi che lo costituiscono. Vedere «da cento occhi» significherà cosl prendere coscien7.a che ogni prospettiva singolare, se per un verso partecipa della pluralità possibile dei rinvii prospettici di cui ne è, dall'altro, e proprio per questo motivo, tende ad abitare la distan7.a dalla propria

38. Nietzsche Fr., Nachgelassene Fragmente 1881-1882; tr. it. Frammenti postumi 1881-1882, in Id., La gaia scienza, lduli di Messina. Frammenti postumi 1881-1882, «Opere dì Friedrich Nietzsche», voi. V,tomo 11, Adelphi, Torino, 19912, pp.325-589, n.11 (651, p. 35.3. 39. Rileva infatti Taddio, che «se il vedere coincidesse.sic et simpllcitercon il pensare, non ci sarebbe alcuna esperien:.a immediata e tutto l'apparire ricadrebbe entro una soggettività dove gli altri e il mondo resterebbero per il pensiero e l'analisi fì.losofìca una "x" misteriosa e inconoscibile. L'Io resterebbe chiuso in se stesso e l'esistenza del mondo esterno non sarebbe pienamente giustificabile, se non come interpreta:done soggettiva della realtà,, (Taddio L, Fenomenologia eretica. Saggw sull'esperienza immediata della cosa, Mimesis, Milano, 2011, p. 28).

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particolarità, senza però cedere alla seduzione dell'universale. Uno sguardo che, come il pensiero che sottende, non perde di vista la propria finitezza, ma che mentre guarda ha coscien7.a che sta guardando, e non nasconde il condizionamento che subisce da ciò che ne garantisce la condizione di possibilità: prende atto del mezzo che utilizza per guardare, e dell'inevitabile costrizione che da esso gli deriva. In definitiva, uno sguardo determinato che, non potendo essere nient'altro che uno sguardo tale, mette però in questione il suo «semplice guardare» mentre guarda, dall'interno del guardare e mediante il guardare stess, mentre nel mezzo si situa la filosofia, il medium della rappresentazione, che non solo "costituisce" ogge tti del pensiero, ma si occupa essenzialmente delle loro combinazioni al fine di delineare una teoria più o meno suggestiva e persuasiva. Una teoria che si rivesta di un significato, considerato che non può avere alcun riscontro su ciò che è e si dà ali'esperien:za ed ali'esperimento: la vita. In defìnitiva, il rischio che incombe sulla dottrina dell'eterno ritorno è l'involuzione metafisica, nella sua forma peggiore, in cui l'individuo singolo sentenzia sul tutto sen:za termini medi, e quindi «libera la libertà che dorme in lui»38 • Nello specifìco, gli elementi costitutivi della lettura di Nietzsche sviluppata da Heidegger si indirizzano verso il cuore della riflessione del filosofo di Rocken laddove ne sanciscono il "fallimento" del tentativo di fuoruscita dalla metafisica. Come è ben noto, se infatti per un verso Heidegger ha certificato l'appartenen:za del pensiero di Nietzsche all'orizzonte filosofico, riconducendo la sua riffessione nell'ambito dell'ontologia, e tributandogli il rispetto che si deve ad Aristotele, per un altro ne ha ratifìcato la struttura metafisica nel ritorno ad una concezione dell'«ente in quanto tale» e, dunque, ha "vanifìcato" gli sforzi niet7..scheani di passaggio ad un paradigma altro rispetto alla storia del pensiero rappresentativo. Secondo Heidegger, la lezione di Nietzsche va inserita all'in-

37. Heidegger M., Nietzsche, cit., p. 384.

38. Fink E., 1.Afilo.sofiath Ntettsche, cit., p. 100.

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temo della storia dell'essere che inizia in Grecia, e attraverso Cartesio, Leibniz e gli idealisti, si trasforma in divenire nella ,.volontà di potew,a», inaugurando di fatto l'epoca del nichilismo, come esito ultimo del percorso della ragione occidentale. La tesi centrale di Heidegger è che «il pensiero dell'eterno ritorno» sia «il pensiero metafisico di Nietzsche»30, in modo che non soltanto Nietzsche proseguirebbe tale tradizione ma addirittura ne costituirebbe, per certi versi, il punto conclusivo ed apicale, in modo da apparire come «l'ultimo metafisico dell'Occidente»40• Nel suo pensiero finirebbero per trovare una sintesi le due prospettive fondamentali di rappresentazione dell' «ente nel suo insieme», e cioè l'essere e il divenire, riconducibili rispettivamente alla meditazione di Parmenide ed Eraclito, come estremo riferimento della storia di oblio dell'essere e della sua ri(con)duzione all'ente, una storia che ha inizio in Grecia e giunge a caratterizzare la nostra epoca. Una storia della quale Nietzsche ha sl individuato i criteri di superamento, da collocarsi nella dottrina dell'eterno ritorno, sen7,a riuscire comunque lui stesso a superarla verso un pensiero dell'essere differente dall'ente, verso un nuovo inizio. Per meglio comprendere tale rischio involutivo, è necessario considerare non soltanto che il divenire dell'eterno ritorno risale genealogicamente ad una sfera primordiale che precede Eraclito e la filosofia stessa, e si modula piuttosto nei termini dell'accadere, ma anche l'estrema importan7.a riconosciuta da Nietzsche ai sensi anche in ambito speculativo, come vedremo meglio nel prosieguo del discorso••. Emerge però, data

39. Heidegger M., Nietzsche, cit. p. 372; «la posizione metafisica di fondo di Nietzsche è definita dalla sua dottrina dell'eterno ritorno dell'uguale• (ivi,

p.217). 40. lvi, p. 398.

41. Cfr. infra, cap. IV.

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la particolare pregnan7.a teoretica della critica heideggeriana, sia in termini di profondità di analisi, sia per ciò che concerne il condizionamento che ha esercitato (ed esercita) sulla vulgata niet7Scheana, la necessità di soffermarci su di essa, con l'intento di problematizzarne gli esiti nella metalìsica o, quantomeno, di tentare di discutere i termini di appartenen7.a di Niet7.sche a tale straordinaria tradizione, valutando «al,tre possibilità in Niet7Sche non programmate da una storia della metalìsica»42• Nello specifico, proveremo a ricostruire il pas-

42. Osseiva Denida che è imporbnte «prendere in mano il NietZsche di Heidegger e mostrare che vi sono altre possibilità in Nietzsche non programmate da una storia della metafisica, che vi sono movimenti piÌl forti, che vanno pill lontano di quanto Hcideggcrchiama la storia del compimento della metafisica; movimenti che in effetti mettono in questione lo stesso Heidegger. la sua lettura di Nietzsche in particolare ed il suo orientamento filosofico in generale» (Derrida J., NietZschee la macchina, cit., p. 38). Qui il riferimento è al suo Sproni. Gli stili di NietZsche, in cui la critica alla lettura di Heidegger passa attraverso gli stimoli dell'interpretuione nietl.scheana di Deleuze, per concludersi in un pensiero della dijférance che modula la tesi che in Nietzsche sia possibile sottrarsi al dominio logocentrico imposto dalla metafisica, sia nella sua forma fonocenhica come elemento apicale del dialogo, sia nell'aspetto ra:donale che vede nel /ogos il nucleo solido di configura:done della verità. In tale scenario esegetico, la predominanza in Nietzsche della questione dello stile filosofico, o meglio, dei divem stiu in cui egli espone il suo pensiero, portano a intendere il detto non come semplice tramite di veicolazione di un senso, ma come scritte, una sfera linguistica differenziale che mira prima di ogni cosa all'espressione e sfugge all'inquadramento all'interno di paramehi di esatte-a& e conformità perché non assoggettata aprioristicamente alla verità del logos. In tal modo, Derrida rimprovera ad Heidegger di non aver considerato il valore «spronante, pill pote nte di ogni contenuto, di ogni tesi, di ogni senso• che la scrittura di Nietzsche rappresenta, in quanto fa emergere il nesso differerwale, e dunque non meramente identificativo, tra il pensiero e lo scritto, nei margini di un nomadismo del senso che lo annuncia sempre come traccia (cfr. Derrida J., Èperons. Les styles de NietZsche, Paris, Flammarion, 1978: tr. it Sproni. Gli stili di Nietzsche, Adelphi, Milano, 1991. Sul rapporto DerridaNietzsche cfr. Pelgreffì I., Scrittura e filosofia. Jacques Derrida inte,prete di Nietzsche, Aracne, Roma, 2014). Accogliendo l'invito di Derrida, è

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saggio dell'attenzione lìlosofica di Nietzsche da un paradigma della sostanza ad una concezione della vita come relazione, e questo ci consentirà di peivenire ad una visione del rapporto che intercorre tra i nuclei centrali del suo pensiero, l'eterno ritorno e la volontà di potenza, che evidenzia lo sforzo antirappresentativo del lìlosofo nel superare l'ineludibile mediazione della lìlosofia per cogliere il carattere contingente della vita nella palude. In tal guisa, il confronto con la posizione di Heidegger (che richiamiamo nei nuclei centrali) e con i suoi critici (in particolare Mtiller-Lauter) ci darà modo di acquisire alcuni aspetti della meditazione nietzscheana di costitutiva importanza perii cammino che stiamo percorrendo.

2. Il Niet7.sche di Heidegger Heidegger ha il merito di aver riconosciuto il carattere eminentemente lìlosofico della riflessione di Nietzsche, attraverso il suo inserimento nella storia della metafisica occidentale, fino ad attribuirgli un ruolo apicale in seno a tale storia, come momento del suo compimento: nel capovolgersi, la metafisica si compie esaurendo le proprie possibilità. E l'incontro con Nietzsche non rappresenta un'esperieni.a marginale nello sviluppo dello stesso pensiero heideggeriano 43, bensl ne codunque dal Nietzsche che è necessario ripartire per tentare di delineare una strada altra rispetto a quella tracciata da Hcidegger, ma diversa anche da quella indicata da Derrida, anch'essa per certi versi "condizionata" dalla prospettiva fìlosofìca del suo autore. 43. È a partire dagli anni 1927/1930 che l'interesse di Heidegger per

Niet=he diviene tematico nello sviluppo del proprio pensiero. Tralasciando qualche sporadico cenno giovanile, è in Essere e tempo del 1927 che compare il primo esplicito riferimento a Niet=he, a proposito della triplicità di

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stituisce un momento centrale poiché, proprio a partire da Nietzsche, Heidegger riflette su nodi centrali della propria

articola:done dell'esperienza storica (cfr. Heidegger M., Sein und Zelt, Max Niemeyer Verlag, Tiibingen, 1927; tr. it. Essere e tempo, Utet, Torino, 1986', p. 474; a tal proposito, cfr. Brusotti M., Heldegger su storia monumentale e ripetiticne. uz seconda Considera:done inattuale di Niet%sche in Essere e tempo, in Gentili C., Stegmaier W., Venturelli A., a cura di, Metafisica e nichilismo: Uiwlth e Heldegger lnterpml di Nietzsche, Pendragon, Bologna, 2006, pp. 125-141). Heidegger "si appassiona" al pensiero di Nie~che al punto di spingersi ad interessarn alle vicende di pubblica:done di quanto contenuto nell-Archivio-Nie~che" di Weimar (1934), a tenere corsi •quasi esdusivamente• su Nietzsche dal 1936 al 1940, e a lavorare sul suo pensiero fino al 1946-1947 e oltre. Si tratta di un interesse che affiora in diversi scritti; riferimenti espliciti al pensiero di Nie~che si trovano, tra gli albi: nel saggio dedicato al concetto platonico di verità che risale ai primi anni Trenta, ma pubblicato nel 1942 (Heidegger M., Platons Lehre oon Warheith, in "Geistige Ucberlieferung", 1942,pp. 96-124,poi ripreso in (d., Wegmarken, Frankfurt am Main, Klostermann, 1967; tr. it. uz dottrina platonica della verità, in Id., Segnavia, Adelphi, Milano, 1gg,p, pp.159-192); nel celebre discorso pronunciato il 27 maggio 1933 in occasione della sua nomina a rettore dell'università di Friburgo (Heidegger M., Dle Selbstbehimptung der deutschen Univemtiit, 1933; ora in Martin Heldegger Gesamtausgabe, voi. 16: Reden und andere Zeugmsse elnes Lebensweges, Frankfurt am Main, Klostermann, 2000; tr. it. L'auwajfermazwne dell'università tedesca - Il rettorato 1933134, li Melangolo, Genova, 2002); nel saggio dedicato alla "morte di Dio" in Nie~ehe del 1936-40 (Heidegger M., Nietzsches Wort «Gon ist tot., 1936-1940, in Id., Holzwege, Frankfurt am Main, Klostermann, 19.50; tr. it. uz sentenza di Nietzsche «Dio ~ morto•, in Id., Sentieri intem>ni, La Nuova Italia, Firenze, 19773, pp. 191-246); nello scritto che anali= il famoso "detto" di Anassimandro (Heidegger M ., Der Spruch des Anaximander, 1946, in (d., Holzwege, cit.; tr. it. Il detto di Anassimandro, in (d., Sentieri fntem>tti, cit., pp. 299-348); nel corso universitario del 19.51-52 incentrato sulla figura di Zarathustra (Heidegger M ., Was heisst Nietzsches Z.Orathustrai', in Id., Was heisst Denkeni', Max Niemeyer Verlag, T iibingen, 1954; tr. it. Chi è lo Z.Orathustra di Nietzsche, in Id., Che cosa significa pensare, Sugarco, Milano, 1994). Ma è soprattutto nel Nietzsche del 1961 che la lettura heideggeriana si mostra nella sua profondità. Data la diffusa notorietà delle tematiche contenute nel testo, ci limiteremo a richiamarne alcuni elementi essenziali.

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6losolìa, e ciò ha comportato un approfondimento dei temi su cui si concentra il suo interesse, in particolare sulla "differenza ontologica" e sulla critica alla metafisica, attraverso le tesi nietzscheane"".

44. Scrive Vattimo che «si può dire che, dopo Sein und Zeit, è principalmente in dialogo con Nietzsche che il pensiero di Heidegger si viene sviluppando, come attestano i numerosi saggi e i riferimenti a Nietzsche sparsi in tutta la sua opera. (Vattimo G., Essere, sroria e linguaggio in Heidegger, Edizioni di Filosofia. Torino, 1963, pp. 1-2. Sulle ripercussioni dell'incontro con la filosofia di Nietzsche nel pensiero heideggeriano cfr. Volpi F., Postfazione a Heidegger M., NietZsche, cit., pp. 943-973). In questo modo la riAessione sul pensiero di Nietzsche viene condotta da Heidegger in parallelo allo sviluppo della propria ontologia. in modo che sono tante le interferenze tra i due piani del discorso, con tutto ciò che ne è derivato. Ma se MullerLauter rileva i limiti dell'•impressionante autointetpretazione di Heidegger attraverso i testi di Nietzsche» (Miiller-Lauter W., l}Q$ Willeswesen undder (Jbermensch, in "Niet-.osche-Studien", n. 10/11, 1981-1982, pp. 132-177; tr. it. L'esser® della volontà e il superuomo. Le interyretazioni heideggeriane di NietZsche, in Id., Volontà di potenza e nichilismb. Niet7sche e Heidegger, Parnaso, Trieste, 1998, pp. 99-141, p. 101), già Granier aveva dichiarato «inaccettabile», da un punto di vista nietzscheano, l'intetpretazione di Heidegger, utile più a capire Heidegger che Nietzsche (cfr. Granier J., Le problème de la oérité dans la philosophie de Nietzsche, Paris, 1966). E pur non potendo qui occuparci nel dettaglio di tali problematiche, ricordiamo, come esempio di questa interferenza, quanto Lowith rileva a proposito della lettura heideggeriana del termine "metafisica" in Nietzsche, che prospetta una vera e propria "foratura" del pensiero del filosofo di Rocken, al punto che nell'esaminarla sembra quasi di trovarsi di fronte al -pensiero di Hcidegger in vesti nietzscheane» (Lo,vith K., Die Auslegung cks Ungesagten in NietZsche Wort «Gott 1st tot», in Id., Slimtllche Schriften, vol.8: Heidegger - Denken In durftiger Zeit, Met:der, Stuttgard, 1984; tr. it. L'lntery,retazione di ciò che rimane taciuto nel detto di Nietzsche «Dio è r,wrto», in Id., Saggi su Heidegger, Einaudi, Torino, 19742, p. 103). Ciò avvienein quanto, secondo Lowith, Heidegge r conside ra il fenome no di dissoluzione dei valori di cui si nutre il concetto di soprasensibile di origine platonica sostanzialmente identico alla propria visione della metafisica come dimensione di occultamento della differew.a tra essere ed essente. In questo modo, commenta Gentili, «è evidente che la posizione di assoluto rilievo che Heidegger riconosce a Nietzsche dipende dal suo inserimento nella storia, e in prossimità

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Il nucleo solido della esegesi heideggeriana è la dottrina dell'«eterno ritorno dell'identico».cs, su cui Heidegger incentra la sua lettura del pensiero niewcheano e a cui conferisce il ruolo di "perno eccellente" intorno al quale far ruotare l'intera meditazione-46 del filosofo di Rockert, ivi inclusa la «volontà di potenza>,. Il pensiero di Niewche rappresenta cosl il compimento della storia della metafisica poiché sostanzia la «fusione conclusiva ('ZusammenschlujJ)» delle due più significative prospettive di determinazione dell'ente, quella di Parmenide e quella di Eraclito, in modo che la dottrina dell'«eterno ritorno dell'identico» e la «volontà di potenz.a» costituiscono la risposta niet7'5cheana alla «domanda-guida della metafisica»: «li,ò òv», «che cosa è l'ente?»47, da cui scaturisce la