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Italian Pages 105 [205] Year 2022
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BIBLIOTECA MODERNA ITALIANA. FÜR DEN UNTERRICHT IM ITALIENISCHEN H E R A U S G E G E B E N VON
C.
M.
S A U E R ,
DIRECTOR DER HANDELSHOCHSCHULE, STIFTUNG R E V O L T E L L A , IN TRIEST.
ERSTES
HÄNDCHEN.
UN CUOR MORTO. C O M M E D I A IN T E E A T T I DI
LEO DI CASTELNUOVO.
LEIPZIG V E R L A G VON V E I T & COMP. 1878. / P4T* Prospect auf der letzten Seite des Umschlages.
BIBLIOTECA MODERNA IT ALI ANA. FÜR DEN UNTERRICHT IM ITALIENISCHEN H E R A U S G E G E B E N TON
C. M. S A U E R , D I R E C T O R D E R H A N D E L S H O C H S C H U L E , S T I F T U N G R E V O L T E L L A , IN T t t l K B T .
ERSTES
BÄKDCHEIi.
UN CUOR MORTO. COMMEDIA IN TEE ATTI DI
LEO DI CASTELNUOVO.
LEIPZIG V E R L A G V O N V E I T & COMP. 1878.
L E O D I C A S T E L N D O V O ist das Pseudonym, unter welchem Graf L E O P O L D P U L L E in Mailand schreibt. Sein Vater adoptirte als Pseudonym R I C C A R D O C A S T E L V E C C H I O . Die Familie stammt aus Venedig. Graf L E O P O L D P U L L S führte sich im Jahre 1 8 6 6 mit einer Sammlung Gedichte unter dem Titel: „Arpa e Ghitarra" in die Literatur ein; zu den anmuthigsten seiner Dichtungen zählt „Menestrello e Re" Die in seinen Gedichten vertretene Richtung ähnelt einigermasson derjenigen A E N A L D O F Ü S I N A T O ' S , ohne dass man den Dichter deshalb einen Nachahmer des Verfassers des „Studente di Padova" nennen könnte. C A S T E L N U O V O ' S erste dramatische Arbeit war das vorliegende Lustspiel „Un cuor morto", welches besonders durch die Lebhaftigkeit des Dialogs anspricht. Ueber die Möglichkeit des die Katastrophe bedingenden psychophysiologischen Vorgangs liesse sich allerdings mancherlei sagen. Im Uebrigen zählt das Stückchen zu den besten unter den heutigen italienischen Lustspielen. Grossen Erfolg hatte das zweite Lustspiel CASTELNUOVO'^S „ I I Guanto della Regina". Sein Drama „II Brindisi" erinnert an die ältere Schule. Neuere Dichtungen sind: „Fuochi di paglia", das reizende Lustspielchen „Imparate l'arte" und „Bere o affogare" Unter den neuesten Lustspieldichtern Italiens nimmt C A S T E L N U O V O unbestritten eine der hervorragendsten Stellen ein. —
L I P S I A , N E L L A TIPOGEAFTA D I GIESECKE E DFIVEIENT.
NB. Die spitzen Accente ( ' ) bezeichnen die b e t o n t e Silbe, in sofern solche nicht nach der Hauptregel (Äccent auf der v o r l e t z t e n Silbe) den Ton hat, werden aber im Italienischen n i c h t geschrieben.
PERSONE
DELLA
COMMEDIA.
MATILDE. OSCAR. LORD
BARKER.
GIUSEPPE
VITTI.
MICHELONE, BRIGA,
impresario.1
giornalista.
JAMES. Un mèdico.
La scena è in Nàpoli
1
Impresàrio, ifjeatcrbireftor. —
C A S T E L N U O V O , Un cuor morto.
—
2
Època
presente,2
Epoca presente, >jeit: bic ©cgctttoart. 1
A T T O PRIMO. Sala bene arredata 1 in un albergo. — Tre uscite. — Canapè.
—
Tavolini. — U n terrazzino.
SCENA PRIMA. Matilde al terrazzino. James che entra con un fàscio di giornali.
MAT. (è assorta in pensieri; all'entrare di James si alza speranzosa2 e gli corre incontro) Lèttere? JAM. NO, miss: i giornali soltanto. (Li depone.) MAT. (sospirando) Anche oggi nulla! nè venire 3 nè scrivere! JAM. Il battello non è ancora arrivato ; potrebbe giùngere con quello. Vuole la carrozza per andare alla prova? MAT. Che dici, James? sai bene che per me non ci sono più prove. Io ho terminato ieri a sera 4 colla mia beneficiata. 5 JAM. Molto bene! brava miss . . . ho grandissimo gusto. 8 MAT. Perchè? JAM. Perchè miss quando canta è sempre ammalata. MAT. Buon James! JAM. L'impresario sarà malcontento . . . Bene arredata, clegattt mobiirt. — 2 Speranzosa, BoH frcubiger §offmmg. — Nè venire nè scrivere, E t iomjttt Weber, Itod) fdjrcibt cr. — 4 Ieri a sera, geftern Slbertb. — 5 La beneficiata, bie SBenefijOorfteHung. — 6 Ho gusto, ba§ freut midj. 1
3
—
3
—
MAT. Non me ne importa. JAM. Perdendo voi . . . perde tutto! State in guàrdia,1 miss . . . . Colui è un cattivo uomo . . . molto cattivo! {Esce) MAT. (siede) Ma perchè questo lungo silènzio? Che il re si sia opposto al nostro matrimònio?.. ('¡Si alza) La mia agitazione è al colmo !... Che2 io non possa mai superare questa eccessiva sensibilità? ( Va al terrazzino) Ah! ecco il battello che naviga verso Nàpoli. È ancora lontano . . . . Oh ! potessi èssere una róndine per volare incontro a quel legno 3 ... per védere se il mio Oscar vi si trova !... Quanto4 l'amo, mio Dio, quanto l'amo !
SCENA II. James, Michelone e detta.
JAM. L'impresàrio. (Introduce ed esce) Mie. Ben levata5, signora Matilde. Eccomi qua di buon'ora a fare il mio dovére. MAT. Addio6, Michelone. Che buon vento vi guida? Mie. Un vento d'oro. Vi porto il bordereau'1 della vostra serata. Trentamila franchi netti da spese8: è un bell'incasso! Poi ho qui un pacchetto che mi fu consegnato ieri a sera perchè ve lo portassi in camerino!9 (Mostra un involto) È suggellato. MAT. Apritelo. Mie. (apre l'involto e trova un astùccio10) Un superbo astuccio di velluto con una corona d'oro a rilievo!11 1
State in guàrdia, £riiteit ©te ftdj. — 2 Che io non possa . ., ®afj id) boefj niemals uetmag . . . — * Legno, @d)iff. — 1 Quanto, mie fel)t. — B Ben levata, loiinfdje mot)! gcrufyt ju fjabert. — 6 Addio! ©uten£ag. (®er Sftoliener gcbraudjt Addio ntd)t imr afó 9fbfd)tcb§gxufi, fonbctti aud) beirn Gintrittc). — 7 Bordereau (franj.), ber Kaffeitrapport. —8 Netti daspese, itad) Sìlbjitg ber Soften. —9 Camerino, bie ©arbcrobe cinc§ ©oliften auf ber 23u£ine. — 10 Astuccio, Stui. — 11A rilievo, itt [jaiberijaberter Slrbeit. 1 *
—
4
—
MAT. (ansiosamente) Una corona? Vediamo. (Prende Fastuccio, guarda la corona e lo riconsegna a Michelone dicendo fra sè con un sospiro) Non è la sua! Mie. (fra sè) L'ha creduta di quell'altro!... All' erta1, Michelone! (Forte) E non vi curate neppur di guardarvi dentro? MAX. Che m'importa? MIE. Guarderò io. (Apre Pastùccio) Un braccialetto tempestato2 di brillanti! (Esaminandolo) To', to',3 il braccialetto si apre . . . Càpperi!4 c'è anche il segréto 5 ... Ah! un bigliettino! (Lo tira fuori dal segreto). Ora poi è affar vostro!6 MAT. (Prende il biglietto e legge ad alta voce). « Miss Matilde. « Questo gingillo fu fabbricato a Londra dal gioielliere della « regina: mi costò 1000 lire sterline. Moltiplicate questo nùmero « per 6 ed avrete la cifra delle mie entrate; levate ad essa due « zeri ed avrete quella de' miei anni... che io però porto assai « bene. Domani, miss, se me lo permettete, avrò l'onore di « venire in persona a baciarvi la mano. Spero vedére questo « gioiello offuscato dalle nevi7 del vostro bellissimo braccio. « Lord B A K K E R . » Che pazzo! Mie. Pazzo? perchè pazzo? Lord Barker è un mecenate8 generosissimo degli artisti; spero che lo riceverete. MAT. Forse: per restituirgli il suo braccialetto. Mie. Restituirlo? . . voi mi fate célia9! Sarebbe un mal esémpio per l'arte. MAT. Per l'arte? Ah, sì, per quell' arte che non è la mia. Mie. Vostra, o no, poco monta!10 Io ho fatta la mia incombenza; ora 1 All' erta! SKufgepafit! — 2 Tempestato, uberfaet. — * To', to', Èt, ei! — Càpperi! ©aperlot! — 6 Segreto, ©cljeimfadj. — 8 È affar vostro, ba§ ift 31jrc ©adje. — ' Le nevi, ber ©djttce, bie SSei&e. — 8 Mecenate, ©òrtner, Sunftfrcunb. — 9 Mi fate célia, ©ie fdjerjett. — 10 Poco monta, einerlei. —
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5
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sbrigatévela v o i 1 . . . . Parliamo un po' dei nostri interessi. Ieri è terminato il contratto che avevamo insieme. M A T . LO
so.
Mie. Volete rinnovarlo? MAT. V'ho già detto di no. Diedi al teatro cinque anni della mia vita; voglio gli altri per me. Mie. Ma dunque, voi volete la mia rovina! . . . volete! È una vera ingratitudine, dopo tutto ciò che feci per voi. MAT. Per me? dite per voi stesso. Voi approfittaste dei dissesti finanziari2 del mio pòvero padre, comperandomi per cinque anni, come una volta si comperava uno schiavo sul mercato. L a mia educazione me la sono fetta da me: la voce ed il talento li ebbi da Dio. Voi mi tracciaste la via, io vi pagài a peso d'oro. Il nostro contratto è finito! Ora stringiamoci la mano e ciascheduno di noi vada per la sua strada. Mie. (attentamente studiàndola) Ma se voi lasciate il teatro, che cosa volete fare? Non avete più parenti . . . Bisogna che abbiate qualche grave motivo per gittare dalla finestra tanto ben di Dio ! 3 MAT. L'avrò. Mie. E non potréi saperlo io? MAT. LO saprete a suo tempo. Mie. Ma io posso mandarvi a Londra. MAT. C'è la nébbia. Mie. A Pietroburgo. MAT. Ci fa troppo freddo. Mie. A Rio Janeiro. MAT. Ci fa troppo caldo. Mie. ( f r a sè) Scaviamo terreno! 4 . . (Forte [laut]) In città si bucina 5 che lasciate la scena per prèndere marito . . . 1
Sbrigàtevela voi, ba§ Itt'brtge tft ¡3f|te ©adje. —
2
Dissesti
finanziari,
jerriittete SBerntogenSOcrtjaltniffe. — 8 Tanto ben di Dio, ettt foicfjeS ©liicf. — 4 Scaviamo terreno, fonbirett » i r eitt SBettig! — s Si bucina, man erjafjtt ftdj.
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MAT. PUÒ darsi. 1 Mie. ( f r a sè) È! è! 2 (Forte) Si bucina anche che codesto preteso marito sia molto geloso . . . Badate, veh! io ripeto quanto dicesi in città . . . dove preténdesi che egli debba anche capitare da un momento all'altro . . . MAT. E se fosse vero? Mie. {fra sb) È vero! (Forte) Pazzie, mia cara, fanciullàggini! — Un marito? . . . Oro, vuol esser oro! 3 . . . e voi potete guadagnarne di molto! Continuate l'arte vostra. Di solo amore non si vive. MAT. Ma senza amore si muore. Mie. Poesie . . . poesie; pensateci meglio; contate il vostro denaro: osservate mèglio quel braccialetto . . là . . alla luce del s o l e . . . Ritornerò più tardi. (Fra sè uscendo) Pèrderla sarebbe la mia rovina . . . non la perderò ! ( Via). MAT. Uomo esoso!4 L'oro è il suo Dio. E codesto lord che mi manda un regalo di venticinquemila franchi? . . . egli non mi conosce dunque? (Torna al terrazzino) Ah! ecco! il battello si è avvicinato . . . il cuore batte con violenza . . . i nervi vibrano . . . Il mio buon mèdico mi prèdica sempre la calma . . . ma al cuore non si comanda.. ed il mio è pieno di speranza! . . . in questo momento sento il bisogno di beneficar qualchedunO. ( Va verso il tavolino) Quanto denaro! che ne fàccio io? potrei spènderne una parte ad asciugar delle làgrime . . . ma in mia presenza nessuno ne ha mai sparso . . . io non conosco che genti spensierate 5 . . . felici! . . .
1
Pu5 darsi, ba§ tDctre moglicf). — 2 È! è! ©§ ift ridjtig! — ' Vuol esser oro, ©olb ift bie ijjauptfacfje. — 4 Esoso, Ijabgierig (beffer mare spilorcio). — B Spensierato, ieidjtfinnig, gebattfettloS.
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S C E N A III. James e detta.
JAM. MAT. JAM. MAT. JAM. MAT. JAM.
Miss. Cosa vuói, James? C'è di fuori 1 un gióvane che vorrebbe parlarle. Ti ha detto il nome? NO, ma è molto pàllido e molto malincònico. Fallo £=/« lo) entrare. (sulla sòglia) Entri. (Introduce e se ne va).
S C E N A IV. Giuseppe e Matilde.
Giù. ( f r a sè) Come mi trema il cuore! (Resta indeciso mlFuscio). MAT. Venga avanti . . . Ella desidera parlarmi? Giù. SÌ, o signora, se si degna darmi ascolto. MAT. In che posso servirla? Giù. Io sono Giuseppe Vitti, maèstro di música. MAT. Mi rallegro di conóscere in lei un compagno d'arte.2 Giù. Troppo onore, signora. Sono un esordiente3; studiái nel Conservatorio sotto il maestro Mercadante. Dovetti interrómpere il corso de'miei studi per la morte di mio padre, che ci ha lasciati pòveri. Mia madre è vècchia ed inferma, e debbo consacrarle tutto il mio tempo e tutte le mie cure, perchè sono Túnico suo sostegno.
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1 C'è di fuori, braufjett i f t . . — Esordiente, 2lttfanger.
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Compagno d'arte, ©unftgcitoffe. —
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MAT. Questi sono sentimenti degni d'un nòbile cuore . . . continui. Giù. Un giorno che più del sólito mi sentivo umiliato della mia povertà, l'ànima mia si ribellò; volli gittare un guanto di sfida1 alla sorte e feci una follia. MAT. Giuoco forse? Gru. No, signora; scrissi un'òpera. MAT. E chiama questa una follia? GIÙ. SÌ, perchè io mi immersi tutto nel mio lavoro, consacrái ad esso ánima e corpo, consumái un tempo prezioso per la mia pòvera madre, mi ingolfái2 nei débiti . . . ed ora mi trovo colle mani piene di vento 3 e con la disperazione nel cuore! Oh pei pòveri, o signora, è un lusso funesto l'ingegno: è un vizio rovinoso! MAT. Si calmi, si calmi. Ella ha un'imaginazione troppo viva. Mi dica dunque: la sua òpera è terminata? Giù. Da quattro mesi. MAT. E perchè non l'ha data alle scene?4 Giù. Perchè il trovare un impresàrio, il quale acconsenta di far rappresentare il primo spartito6 d'un esordiente oscuro . . . è cosa affato impossibile. È mestieri6 essere o sfacciati, o protetti, 0 ricchi' . . . ed io non sono sfacciato . . . non ho protettori, e . . . sono pòvero! MAT. Se non è che questione di 7 denaro, io potrei . . . ma non so se debba . . . Giù. Oh, grázie . . Io vengo, pur troppo, a domandarle molto più che del denaro. MAT. E cosa mai? 8 Giù. Ella sìa mèglio di me che l'avvenire di un artista dipende essenzialmente da un primo successo. Nel mio spartito la parte 9 1
Gittar il guanto di sfida, ben §anbfd)uf) £)imt>et[en; IjerauSforbern. — Ingolfarsi, ftcf) ftectcn in . . — ® Trovarsi colle mani piene di vento, mit lecren ^anben bafteljen. — 4 Dar alle scene, jur 2tuffüí)rung bríngen. — 6 Spartito, ípartitur. — 6 È mestieri essere, man tttujj fein. — ' Se non è che questione di . wenn e§ fidi nut Ijanbelt utn... — 8 E cosa mai, unb ba§ »aie? — 9 Parte, Sartie. 3
—
9
—
principale è pel soprano: se ella, o signora, fosse tanto buona da volérsela assumere 1 , sono sicuro che non mi mancherébbero nè l'impresario nè il successo . . . perchè io, che vuole? ho la coscienza che la mia mùsica sia buona e che, cantata da lei, debba piacére. MAT. (dispiacente) Oh! guarda! 2 ella ha riposto in me le sue speranze? Gru. Sì . . . non ebbi mai il coràggio di venirgliene a parlare; ma oggi la mia pòvera madre sta male . . . s il mèdico ordinò una cura dispendiosa . . . trovandomi privo di mezzi ho dovuto superare la mia soggezione 4 e sono qui ad importunarla. MAT. Glie ne sono grata. Soltanto . . . scusi, dove àbita lei? G i ù . In via di Chiaja N. 17. MAT. Perdoni un momento. ( C h i a m a ) James!
S C E N A V. J a m e s e detti. JAM. Miss. MAT. ( prende un ròtolo di denaro e dice a James in disparte6) V a in via di Chiaja N. 17, domanda della signora Vitti che è ammalata: consegna a lei o a chi sta con lei questo denaro. Poi passa dal mio mèdico e prégalo di recarsi a visitarla e di dirmene notizie. V a , fa presto. JAM. SÌ, miss, vado. (Fra sè partendo) Sempre così! MAT. Dunque, maèstro 6 , torniamo a noi. Ella desidererebbe che io cantassi nella sua òpera? Gru. È una grande audàcia la mia, ne convengo; ma per lei, o Volérsela assùmere, fte iibctneljmcrt JU lt)oHctt. — a Oh, guarda! 9?lttt ba fclje Gemer! — * Sta male, tft franf. — 4 Soggezione, erf. — 6 Mari e monti, bie gtöjjten S u m m e n . — 6 Come chi dicesse una cinquina, fo JU fagett eitte D-uinternc. — ' Toccare il do sopracuto, ba§ Ijofje C rtel)tnen. —
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Far dei patti d'oro, auf ade S3ebingungen eingeben. —
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Scusa, sai,
(Sntfdjulbige ! (Qtn Staliettiidjen ift ber ©ebraucf) be§ „ ® u " nidjt fo fdjatf abgegrenzt wie im ®eutfd)en. $ e r JEjeatcrbireftor bujt Ijier ben jungen Siinftler, gletdjfam u m ifym burd) biefe SSeitcauiidjFeit Ijöfjere SSebeutung j u beriefen).
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BRI. Il maestro Mercadante mi parlò molte volte di lui coi tèrmini più lusinghieri . . . (Fra sè) Non lo intesi mai nominare! MIE. Dunque il nostro Vitti ha uno spartito? MAT. Pronto per la scena. MIE. Nel quale voi cantereste? M A T . E h . . . chi sa?
Mie. Chi sa, chi sa! Ma io non lo prendo che a questo patto. MAT. Oggi non posso ancora prométter nulla: non dico nè sì, nè no: abbiate la pazienza d'attèndere sino a domani! Mie. V a egregiamente. 1
{Piano a Briga) Capisci? . . . L o aspetta
domani, è un afiar fatto. BEI. (piano) Non c'è da pèrdere tempo! Giù. (a Matilde) A h . . . signora io non posso crédere . . . Mie. Che ella si risolva a cantare? E già bella e risoluta 2 . . . glielo leggo negli occhi. Ella canterà nella tua òpera . . . e poi . . anche nelle altre. N'è (=non è) vero, signora Matilde? MAT. Nelle altre no . . . ve lo giuro! MIE. Aspettate a giurare . . . pensateci su 3 , e a r i v e d e r c i . . . domani. BEI. Signora, fàccia un sacrifizio... legga il Moscone : cambierà opinione. MAT. Non è possibile. BRI. Perchè? MAT. Perchè non ne ho nessuna . . . non l'ho mai letto. BRI. (a Miehelone) Quanta bòria! Domani lo leggerà! . . (Éseono).
S C E N A VII. Matilde e Giuseppe. Giù. E l l a ha voluto ridersi di loro, non è vero? MAT. No; essi volévano prèndersi gioco 4 di me, recitando 5 una 1 Ya egregiamente! ®a§ getjt ja Bortrefflidj! — 2 È già bella e risoluta, (àie ift bereit§ entfdjloffen. — ' Pensateci su, benfcit ©ie bariiber nad). — * Prèndersi giuoco, fettt ©pie! treibett mit . . . — 6 Recitare, fpietett.
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commèdia. Ho avuto un'ispirazione subitànea . . . fu come un lampo che mi è passato per la mente. (Risoluta) Maestro, crede lei nel destino? Giù. Tutti gli sventurati sono fatalisti. MAT. Ebbene, senta: dianzi io desiderava di rèndere felice qualcheduno... e lei è comparso !... Sappia che in questo stesso giorno... forse fra momenti1, si decide della felicità di tutta la mia vita... Ora, se è vero che dipende da me sola rèndere felice anche lei, sarei in contraddizione col mio cuore, se, in questo momento d'ineffàbili speranze, negassi a lei quel bene2 che io aspetto da altri... Giù. Voglia Iddio che si awéri! MAT. Maestro, interroghi il cuore e risponda: Se io appago i suoi voti, crede che i miei saranno esauditi? Giù. La voce degli sventurati trova un' eco lassù . . . I miei voti e quelli della mia pòvera madre saranno esauditi... I spero... lo sento . . . MAT. Accetto 1' augùrio! (gli dà la mano) Gràzie! . . . Ora venga meco al pianoforte . . . Voglio udire la mia parte . . Giù. Come? MAT. IO canterò... glie ne do la mia parola... io canterò. (Émtranó).
SCENA Vili.
James, indi Oscar da viàggio
JAM. (di eattivo umore) Eh! anche quest' oggi nulla . . . Pòvera miss! . . . . speriamo in domani (Ode il maestro che suona) Chi è che suona? . . . Codesta non è miss'. . . Ah! sarà il maestro. Ose. (entra pian piano; depone il cappello, si accosta a James e gli tocca una spalla) James. JAM. (con giója) OH! Altezza! 1 Fra momenti, biitneit tocnigen SiugenMicfert. — viàggio, in SReifeiIeibern.
2
Bene, ©lui. —
3
Da
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—
Ose. (si pone un dito sulla, bocca) Sss! Dov' è Matilde? JAM. È là . . . al pianoforte . . . Oh! Altezza, come ella sarà felice! Ose. A l pianoforte? Se l'ho veduta or ora alla finestra . . . dalla parte di là? . . JAM. Non può èssere: le stanze di miss sono quelle lì . . . . Ose. È s t r a n o ! . . . mi è parsa l e i . . . tutta lei? . . . Dunque, dimmi: la sua salute? JAM. Non c'è male. 1 Ose. Soffre sempre dei suoi nervi? JAM. Quando si agita. Ose. Ha ella sempre pensato a me? JAM. E a chi mai doveva pensare? Ose. Posso créderti? JAM. Milord? Ose. JAM. Ose. JAM. Ose. JAM.
Perdona, buon James . . . ma io l'adoro . . . e sono geloso. Miss non lo mérita. (ascolta alla porta) Odo la sua voce: ella non è sola. C'è il maestro. E cosa fa del 2 maestro? Non ha ella finito di cantare? IO non so, Altezza: quel maestro è un povero giovine che ha la madre ammalata. — Entri, entri . . . Ose. N o . . . aspetta... viene ella stessa... taci, non dirle nulla. (Va a sedére3 al tavolino voltando la schiena a Matilde: finge di scrivere).
S C E N A IX. Matilde, Giuseppe e detti. MAT. (a Giuseppe uscendo) È bella, è bellissima, glie ne fo i miei complimenti; l'ópera piacerà. Gru. A h ! signora, ella mi consola. 1 Non c'è male, nid)t fdjledjt! fo jiemlidj befriebigenb. — 2 Che cosa fa di... 28ojU brcmefjt fie . . . — s Va a sedére, fejjt fidj.
—
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—
MAT. Ora vada pure di buon ànimo da sua madre: ci rivedremo domani. James, (aecorgéndosi di Oscar) chi è quel signore? JAM. È . . . (imbarazzato) uno del teatro . . . . MAT. (si avvicina ad Oscar, lo riconosce, dà un grido: egli si alza e Pabbràccio,) A h ! JAM. (a Giuseppe che guarda e tace) È il suo sposo.1 (Éscono.)
SCENA X. Matilde ed Oscar.
MAT. AH! mio Oscar, tu sei qui finalmente! Ose. Cara Matilde! tu mi ami dunque sempre? MAT. Se t'amo? guarda . . . io tremo t u t t a 2 . . . . la mia testa è un fuoco! Oh! ma ora sono felice! . . . Sai? Ieri sera ho cantato tanto bene! E vuoi che ti dica il perchè? io sperava che i u m'avessi fatto una sorpresa; che tu fossi nascosto in un qualche palchetto3 e mi stessi ascoltando4. Avevo la febbre ier sera. Il mèdico è venuto nel camerino e mi ha sgridata. Ose. Vedi, mia cara! è il teatro che ti fa male! MAT. No : questa volta eri pròprio tu, che non venivi e che non mi scrivevi! Ho avuto tanti brutti pensieri pel capo! . . Qui, qui, sediamo e discorriamo. (Siedono. Guardandolo con ansietà) Dunque? . . . Ose. Cosa? MAT. O Dio! non mi capisci! Ho paura d'interrogarti... tremo . . . Ose. (allegro) Siamo sposi.5 MAT. (molto commossa) Sposi! . . . non m'inganni? . . . Ose. No, mia cara; Il re ha ceduto. Non agitarti . . . per pietà! 1 Sposo, 33rautigam. — 2 Tremò tutta, idj jittere am ganjen Seibe. — Palchetto, Soge. — 4 Mi stessi (tJOtt stare) ascoltando, mir JufjDttcft. — 5 Sposi, Derlobt; SSrautleute. 3
—
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—
MAT. Nulla, sai 1 . . . . è la gioia. . . . AH! chi sa quale battàglia avrai dovuto sostenére? . . . Ose. Sì . . non te lo nascondo ; la lotta è stata un po' aspra. Il mio augusto parente ed io ci siamo un po' bisticciati.2 MAT. Figuriamoci! 3 un re in collera! Ose. Ma io ho sostenuto intrepidamente la difesa. Incominciai con un patètico racconto del nostro primo amore. — Vi ricordate, sire — gli dissi — come era bella madamigella Taglioni la prima volta che comparve sul teatro di Stoccolma? Voi stesso mi avete allora obnfessato, che se non foste stato re, vi sareste sentita la tentazione di fare per lei una follia. MAT. Oh! e lui cos'ha risposto ? Ose. Rispose: — Sì, è vero, io l'ammirava! MAT. E tu? Ose. Ed io — soggiunsi — mentre voi la ammiravate, me ne innamorava . . . ! Ed ora vóglio sposarla — Sposarla! . . . M A T . O Dio! Ose. Sposarla? — gridò con voce tonante alzandosi in piedi: — Volete sposare un'attrice? . . . Cugino, voi impazzite! — La disputa si fece viva. Io vidi che la faccenda 4 diventava sèria, e dichiarili a Sua Maestà che, volesse o non volesse, eravamo già maritati. MAT. Ti pare! 5 una bugia ad un re! Ose. Ci sono abituati. Egli mi ha creduto, e disse che avrebbe fatto 6 annullare il nostro matrimònio. MAT. E . . . cosa rispondesti? Ose. Sire — risposi sèrio sèrio — e mio figlio 1' annullerete voi? MAT. (ridendo) Un figlio! Ah! questa poi è troppo grossa! 7 ... E il re ha creduto anche questo? 1 Nulla, sai, ift md)t§. — 2 Bisticciarsi, ftd) fjeftig jattfett. — * Figuriämoci, ©cfjrecilitf)! — 4 La faccenda, ®ie ©adjc, bic ©efdjidjte. — 5 Ti pare, toarmn itidjt gar! — 6 Avrebbe fatto, er mürbe laffcit. . — 7 Questa poi è troppo grossa, ®a§ ift benn botf) ju [tari!
—
17
—
Ose. L'ha creduto. MAT. (come sopra) L ' h a creduto? . . . Ose. A l t r o ! 1 . . . Fortunatamente il re, che è religioso, all'idea dell'innocenza abbandonata si scosse2: e, dopo un assèdio di più giornate . . . . dopo qualche altra bugia . . . .
stringente 3 ,
Sua Maestà si degnò di spiccarmi un brevetto, col quale ti accordava il titolo di contessa di Fingali.
Io sono dunque il
conte di Fingali . . . l'eròe delle più antiche nostre leggende. Ciò vai bene la vicereggenza 4 che il re mi avrebbe data! MAT. Una vicereggenza?! . . E tu, per amor mio 5 , rinunci quasi ad una corona? . . . Io, in ricambio, qual dote ti reco? (tocca il cuore) Questo . . . e null'altro! . . . Ose. Null'altro, tu dici! . . . Cattiva! Dunque la mia vita non la conti per nulla, tu? MAT. Non ti capisco? Ose. Il tuo cuore non è la mia vita? MAT. Buon O s c a r ! . . . (gli stringe le mani) Continua . . . . continua.. e poi! . . . Ose. Poi ho dovuto prométtere in tuo nome che avreste lasciato 6 il teatro per sempre. MAT. È già fatto. Ose. A h ! brava. Dunque non canti più? MAT. Ancora una volta . . . Ose. (brusco7) Ma perchè? MAT. Per una beneficenza. Ose. Spiégati. MAT. Vedesti quel gióvane uscito or ora? È un infelice pieno d'ingegno e di bisogni. Egli scrisse un'opera che vorrebbe rappresentare... 1 Altro! greittdj! — 2 Si scosse, er ttmrbe geriifjrt; er gab itaci). — Stringente, burdj bie 9?otf) geboteit. — 4 Vicereggenza, SStccfonigStourbe. — 8 Per amor mio, mir gU iìiebe. — 6 Avreste lasciato, bu tDÙtbefttìerlaffen.— ' Brusco, barfef). CASTICI,NUOVO, Un cuor morto. 2 3
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e non lo può se io non canto. Mi pregò tanto . . . . Io alla bella prima 1 ricusai . . . . Ose. Dovevi persistere. MAT. Sono un poco fataliste, lo sai! . . . Metti 2 che sia una spècie di voto. Promisi al maestro che se il cielo avesse esaudita la mia preghiera . . . quella 8 che tu arrivassi oggi . . . io avrei acconsentito4 di cantare . . .! Tu sei arrivato, dunque . . . . Ose. (serio) Dunque non canterai. MAT. Oscar, io ho data la mia p a r o l a ! . . . È un affare di pochi giorni. Ho forse fatto male . . . ma ora quel che è fatto è fatto. Amico mio perdónami. Ose. (di cattivo umore) Tu hai convertita 5 in veleno tutta la giòia del rivederti. MAT. Oh no! . . non andare in còllera!... non mi rimproverare . . . Tu sei tanto buono . . . io ti amo tanto! . . .
SCENA XI. James e detti.
JAM. MAT. JAM. MAT.
Perdono, miss . . . . Che vuói, James? Una lèttera per miss. Chi l'ha recata?
JAM. Un signore che aspetta alla porta nella sua carrozza. MAT. (apre e vede la sottoscrizione) Che importuno! Ose. Chi ti scrive? MAT. (gli dà la lettera) Leggi. Ose. (legge) «Fedele alla mia promessa, sono alla vostra porta nèl 1
A l l a bella prima, juerft. —
2
Metti, itimm art . . —
— * A v r e i acconsentito, ief) tniirbe eittttrittigen. —
6
0
Quella, ninniti).
Convertito, Derttmnbelt.
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« mio Poney-chaise aspettando che mi facciate l'onore d'invitarmi « a salire. « Lord B A R K E R . » Chi è costui? MAT. È un inglese, un uomo bizzarro, che malgrado i suoi sessantanni si è messo in mente di corteggiarmi, e ieri sera mi ha regalato un ricco braccialetto accompagnato da un'altra 1 letterina. ( Gli dà braccialetto e lèttera) Guarda. Ose. (dopo aver letto) Insolente! Ti ha egli mai parlato? MAT. Mai. Ose. E che avresti fatto di questo braccialetto? MAT. Glie l'avrei restituito. Ose. Ciò tocca a me. Costui mérita una lezione! {Per partire.) MAT. (trattenendolo) NO, no . . . férmati . . te ne prego! Se me lo permetti, la lezione l'avrà da me! Ose. Vorresti ricéverlo? MAT. E perchè no? Ose. Ti esporrai a nuovi insulti. MAT. Lord Barker è un gentiluomo... e se mai se lo dimenticasse 2 ... glielo ricorderò. Ose. (impazientito) Poiché lo vuói assolutamente . . . Ma io frattanto che cosa farò? dove andrò? . . . MAT. Sei ancora in àbito da viaggio . . . puoi andare a rivestirti... a farti bello . . . ( Con gràzia3) Come procurerò di fare anch'io . . perchè più tardi dobbiamo desinare insieme! . . . Ose. Non è questa una locanda? . . Io posso benissimo alloggiar qui? MAT. (come sopra) Nossignore . . . qui per lei non c'è posto I . . . pròprio no! 4 Facciamo questo piccolo sacrifizio alla maldicenza . . sarà l'ultimo. Ose. Ah tu non vuói èssere sorvegliata da me? 1
Accompagnato da un'altra letterina, iiberbieS DOtt emetti 33rtefdjeit bc=
gleitet. — 2 Se mai se lo dimenticasse, faité er c§ mitiiicf) bergeffen foHte. — ' Con grazia, mit Stnmutfj ; fdjerjettb. —
4
Proprio no, ratrflicf) rtidjt. 2*
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MAT. Spero di non averne bisogno!... ed a n z i . . . James! (A James) Va, e di' a milord che lo aspetto. JAM. SÌ, miss. Ose. A rivederci dunque . . . MAT. Senza bróncio?1 Ose. Senza bróncio. MAT. Dunque, via quel brutto nuvolone dalla tua fronte!... qua . . . andiamo . . (gli dà la fronte a badare). Ose. (baciàndola) Addio. ( Uscendo s'imbatte in lord Barker che si ferma a squadrarlo colVocchialino2. Oscar dice fra sè) Era già nell'anticàmera! (parte).
S C E N A XIII. Barker e Matilde.
MAT. Milord, perchè non venite avanti? BAR. (avanzandosi) Miss, quando io entro per la prima volta nelle stanze d'una signora bella ed elegante come siete voi, e m'imbatto3 in sull'uscio con un giovane bello come quello ch'è uscito or ora, sto sempre in dùbbio se debba inoltrarmi o no . . per paura di riuscire4 importuno. MAT. Milord, vi prego di riflèttere che se la vostra visita mi avesse disturbata non vi avrei ricevuto! BAR. Il vostro ragionamento è persuadente. MAT. Sedete5, milord. BAR. Molto volontieri (Seggono). MAT. Che cosa avete da comandarmi? Broncio, ©rott. — 8 Squadrare coll'ocohialino,ttùtbem Sorgjtoit Don obeit Bi§ unteit bctradjten. — 1 M'imbatto in . i c f j ftofje aitf ; td) treffe. — 4 Riuscire, toerbett; falien. — 6 Sedete, neljmett eSf)alb...
a
La pena, bie SJtittje. — * Il perchè, bie Urfadje,
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—
dalle quali scaturisce all'impensata un diavolino che li spaventa, mentre crédono d'afferrare un confetto. Vedete? (apre la susta e mostra il bigliettino) il vostro diavolino mi ha fatto paura! BAR. Ebbene, se il diavolino vi fa paura, scongiuriamolo . . facciamolo sparire. (Làcera la carta.) MAT. EH! milord, non basta. L a prima impressione è fatta. Il diavolino ha parlato una lingua che io non intendo e che suona male al mio orécchio . . . No, no . . . riprendete pure il vostro gioiello : suppongo che avrete forse in Inghilterra qualche nipotina, figlia d'un vostro figlio, cui poterlo regalare. BAR. (piccato) Non sono nonno, miss: e non lo posso èssere perchè sono commendatore di Malta 1 . MAT. (ride) Me ne congràtulo 2 ! comunque sia, riprendételo . . . o mi farete andare in còllera. BAR. Ma questo che vuol dire? MAT. Che vi siete ingannato. BAR. Sarebbe la prima volta. MAT. Bisogna ben cominciare dalla prima 3 , milord! BAR. Eh, no, no, madamigella! io so cos'è4. Voi oggi vi siete alzata collo spleen. Sono inglese e me ne intendo. Lo spleen, ha origine della nébbia, ma fortunatamente in Italia essa dura poco. Porto meco il braccialetto, poiché me l'ordinate, ma ritorneremo insieme col primo ràggio di sole. (Si alza.) MAT. Siate certo, milord, che quel ràggio su cui contate non lo vedrete mai. BAR. Ma sarei proprio andato a bàttere in 5 una eccezione alla règola? MAT. Tali eccezioni non sono poi tanto rare, o signore. Fra le quinte,
1
Commendatore di Malta, Sommanbeur be§ Wafte[erorben3 (hie Kittet
biefeS Drbeité biirfen itidjt tjetratfien). — 2 Me ne congràtulo, ba§ ift mir lieb. 1 Bisogna ben cominciare dalla prima, man ntufj tnotjl cttblicf) eitttttat anfangen. —
4
Cos'è, mie ftdj Me ©adje ücrljält. —
id) mirifici) gcftofjen fein a u f . . .
5
Sarei proprio andato a bàttere in..., folite
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pur troppo! non è tutt' oro quello che splende, ma non è neppur tutto fango; incolpate la vostra mal'awentura 1 , se non ci avete trovato che di questo! Milord, buon giorno. (Entra netta sua càmera.').
S C E N A XIV. Barker e James che sta nel fondo.
BAR. Rifiuta il mio regalo e mi mette alla porta! La cosa non è naturale. Che l'àbbia creduto falso?2 Impossibile! Lord Barker è troppo conosciuto dal bel sesso teatrale! . . . ( Voltandosi, vede James) Che fai tu là? JAM. Aspetto, milord. BAK. Cosa? JAM. Che milord vòglia uscire. BAR. Impertinente! vien qui. (James si accosta) Come ti chiami? JAM. James Parkett. BAR. Sei inglese? JAM. Scozzese, milord. BAR. (sottovoce) La tua padrona mi piace. JAM. Lo credo, milord: piace a tutti. BAR. Volevo regalarle un braccialetto del valore di venticinquemila franchi, non l'ha voluto. Ci deve essere una ragione . . . JAM. Ci sarà. BAR. H a ella un amante? JAM. Non lo so. BAR. Nell'entrare ho incontrato un giovane signore. Chi era? JAM. Non lo conosco. 1 Incolpate la vostra mal'awentura, fdjreiiien ©ie e§ Qfjrem SKijjgejdjitf ju . . — 2 Falso, uttadjt.
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BAR. Suvvia! 1 parla chiaro. Io sono discreto; e ti pagherò bene. L a tua padrona cos'è? JAM. Una donna, milord. BAR. Lo so. (Fra sè) Maledetto scozzese! (Forte) Vorrei sapere se la sua virtù è reale, o fittizia.2 JAM. Milord ha parlato con lei? BAR. Sicuramente. JAM. Allora lo deve sapere. BAR. Il diàvolo che di porti!3 JAM. SÌ, milord. BAR. (fra sè) Tutti così questi dannati montanari!.. Il suo caràttere mi piace. (Forte) Ehi . . . James! JAM. Milord? BAR. A te. (Gli offre la borsa.) JAM. Perchè, milord? BAR. Pel tuo silènzio. JAM. (rifiutando) Non lo vendo. (Esce.) BAR. (pestando i piedi) E due!4 Una mi rifiuta il braccialetto e l'altro la borsa! Che razza di gente è questa?
SCENA XV. Michelone e detto. Mie. (fra sè) Eccolo qua l'amico6. (Forte) Che vedo! ella qui, eccellenza? BAR. IO non sono eccellenza, e tu sei un buffone.6 Mie. Perchè, eccellenza? 1
S u v v i a ( = s u - v i a ) , madje teine limitante. —
Ijeudjelt. —
a
Dtumtner jtoei! — $an8ttmrft.
2
Fittizia, crfunftelt; er=
II diavolo che ti porti! § o I bid) ber Scufei. — * E due! ba§ ift alfo B
Eccolo qua l'amico, ba ift ja unfer SKcmn. —
6
Buffone,
— 25 — BAR. Perchè mi assicurasti che braccialetto e visita sarebbero stati aggraditi dalla tua prima donna, ed invece . . . Mie. Ha rifiutato il dono? BAR. E mi ha messo alla porta come un collegiale.1 Ma giuro al cielo! io non vóglio essere corbellato da un tuo pari 2 : e l'avrai da fare con me! Mie. (fra sè) Ho capito... Qui convien fare un viaggio e due servigi.3 (Forte) Ah, ah, ahi BAR. Perchè ridi? Mie. Rido, eccellenza, per la gherminella.4 BAR. Per quale gherminella? Mie. Per quella che fu fatta a lei. BAR. A me? . . . Cosa vuoi tu dire? Spiégati. Mie. Parliamo sottovoce. Quant'è 6 che V. E. ha veduto la prima donna! BAR. Un quarto d'ora. Mie. Dove ebe luogo il collòquio? BAR. Qui. Mie. Ed ella ha rifiutato il braccialetto? BAR. Eccolo. (Lo mostra.) Mie. Arte, 6 milord, malizia sopraffina! BAR. Come? Mie. Ella rifiutò, perchè là, nella sua càmera, c'era chi ascoltava. BAR. (sorpreso) Oh! Chi mai? Mie. Un forestiero giunto questa mattina. BAR. Ah! per S. Giacomo! Mi hanno dunque infinocchiato 7 ! (Risoluto) Ora mi metto al puntiglio 8 e la voglio spuntare, dovessi spèndere... trentamila franchi! 1 Collegiale, eitt ^rimaner. — 2 Da tuo pari, toott bcittcSgleidjen. — * Qui convien fare un viaggio e due servigi, Ijier Ijeifjt e§ jtnei gltegen mit eitter Mappe fd)tagen. — * Gherminella, ba§ S'unftftucfcfjen ; bie ©omobie. — 6 Quant' è, rote lattge ift e§ Ijer? — 6 Arte, SSorfteKutig. — ' Infinocchiato, jum 9?arrert geljalteit. — 8 Mettersi al puntiglio, ftcf) auf ettoaS iaptijireit.
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26
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Mie. Trentamila! È una bella somma! BAR. Vuoi tu pigliarla? Mie. Magari 1 , ecellenza! ne avrei pròprio necessità. Ora ch'è tolto anche quel po' di dote2 ai teatri . . .-. si muore di fame . . . BAR. Ebbene, senti: io ho detto a miss Matilde che sarei tornato col primo ràggio di sole, ed ella mi ha rispostò che questo raggio di sole non lo vedrò mai! . . . Non si potrebbe convertirlo invece in un ràggio di l u n a ? . . . Saresti tu capace di questa magia? . . . Mie. Ma io . . . milord! . . . BAR. Non c'è ma! . . . tu non dovevi ingannarmi! Senti invece una mia proposizione: — Se questa sera là . . . (indica il terrazzo) su quel terrazzino . . . splende il raggio di luna, io ti regalo mille sterline: altrimenti ne do cento ad un lazzarone e ti faccio bastonare come un cane! Riprendi questo braccialetto... Mi porterai la risposta oggi stesso.3 Mie. Oggi?. . . milord! . . . BAR. SÌ, oggi. Mie. Ma . . . BAR. Nessun ma! torno a ripètere.4 Non intendo ragioni 5 . . . E, se è luna . . . Mie. Mille sterline! . . . BAR. Se no . . . (Fa il gesto di chi bastona6). Mie. Ho capito eccellenza! BAR. Addio! (Esce.) 1
Magari! S8on ganjem §erjen. — 2 Dote, ©uimentton. — » Oggi stesso, Jtodj Ijeute. — 4 Tomo a ripetere, iti) foieberljole ®tr . . — 8 Non intendo ragioni, id) laffe litici) itidjt auf SSeitenmgen eitt. — 6 Di chi bastona, faeS $rügeln3.
FINE DEL PRIMO ATTO.
ATTO SECONDO.
SCENA P R I M A . Michelone e Briga.
Mie. Qui non c'è ancora nessuno per la prova: ma non póssono tardar molto a venire. BEI. (con interesse) Dunque? Mie. Vada come la vuole andare 1 , ora il colpo è fatto! BEI. Oh! sono curioso . . . Di' su . . . di' su 3 . . . Mie. Il giorno calava . . . Matilde era a desinare col fidanzato . . . Là, sul terrazzo era bùio! La mia alleata si finse presa da una forte infreddatura . . . non gli accordò che un istante, e non rispose che a sternuti. BEI. Ma l'inglese? Mie. È un credenzone!3 — vide brillare nell' ombra il suo bracciar letto, — tu sai che nell'insieme4 le due donne si rassomigliano. — Inebbriato del suo trionfo, non guardò tanto pel sottile5 . . . e lì, in fretta e in furia, le chiese un altro collòquio per domani... A questo ci penseremo. BRI. (ridendo malignamente') Ma dimmi un po' : e . . . . la coscienza? 1 Vada come la vuol andare, gei)e e§, tote e§ uriti. — 2 Di' su, fprtdj! — * Credenzone, eitt aufjerft ieicfytglaubiger SKenfclj. — 4 Nell'insieme, ittt 2tH= gemeittett. — B Non guardar tanto pel sottile, ttidjt fo gettau fjtttfeljett.
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28
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Mie. Ecco... quanto alla coscienza . . . se ti dicessi ch'ella mi assicura ch'io ho fatto un'ópera santa . . . forse ti direi una bugia — e tu sai che io bugie non ne dico . . . come tei . . . va bene? 1 ... — Ma che vuoi? l'impegno era corso2; l'inglese m'avea messo fra. l'uscio e il muro . . . Di qua? sterline . . . Di là? bastonate!... c'era da tentennare?3 . . . Basta, ora cosa fatta capo ha4 . . . Parliamo d'altro. — L'articolo? BRI. È un capolavoro. (Leva di tasca il giornale.) Mie. Com'è intitolato? BRI. Ronzio.5 Mie. BRI. Mie. BRI.
Bello, mi piace! Il ronzio del Moscone. Se ne parla già a quest'ora per i caffè. Leggi, leggi . . . fino a che siamo soli. (legge) « Sopra un teatro d'una delle cento città latine, un'illustre « virtuosa . . . di canto .. » ira virtuosa e di canto, alcuni puntini! Mie. Puntini eloquenti. Avanti.
BRI. «Una illustre virtuosa . . . di canto, chiamata Dalmite . . .» Capisci? Mie. L'anagramma di Matilde . . capisco! BRI. « . . in sera di sua beneficiata, ricevette in dono, da uno sfondato «bojardo6 transilvano, un meraviglioso braccialetto di brillanti. La virtuosa . . . » Mie. (interrompendo) Puntini! . . . BRI. « Che nutre già nel suo cuoricino una passione romàntica, rifiutò «il dono. — Oh prodigio di virtù! — direte voi? — nossignori7! « non è virtù, e càlcolo. L'inaudito sacrificio iu da lei consumato «colla speranza di diventare la móglie dell'opulento boiardo!» Mie. Di bene in meglio! Avanti. 1
Y a bene, Ijabe idj 3ted)t? —
einmal im ©angc. —
s
2
L'impegno era corso, bie ©acfje toar lutti
Tentennare, jaubern. —
®inge laffert fi et) nidjt anbertt. —
8
4
Cosa fatta capo ha, gefdjei)ene
Ronzio, ©efutmne. —
6
Sfondato bojardo,
fteinreic^er 23ujat. — ' Nossignori! £ neirt! Srn ©egentijeit! — meglio, iitimer beffer!
8
D i bene in
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BRI. «Ma, ahi, caso inaspettato! Il bojardo non può impalmarsi 1 ... «egli è commendatore del sacro órdine dei cavalieri di Malta! « Messa allora in fra le due 2 , la vituosissima calcolatrice s'appi« glia ad un savio partito. Di giorno, al chiaro sole, si specchia «negli occhi del bell'innamorato 3 e fa la sentimentale; — di «sera . . . al chiaro di luna, prende lume 4 dai brillanti del «generoso boiardo. Il nostro Moscone, testimònio inosservato di «quel primo ed innocente convegno, venne stanotte a palesarci « l'intriguccio, ronzando allegramente intorno alla nostra lucerna. » — Eh? che te ne pare? Mie. Bello! stupendo . . degno di te! La trasparenza 5 è perfetta! ma . . . . BEI. Ma che? Mie. (ghignando come sopra) E la coscienza? . . . E le conseguenze? — dirò anch'io! BRI. Quanto alla coscienza? . . . senti: non facciamoci illusioni . . . . Noi non siamo due fior di galantuomini? 6 . . . Mie. (e. s.) No . . . questo no . . . Ma c'è de'bricconi peggio di noi BEI. Uhm . . . può darsi! 7 . . . colla differenza però — detto a quattr'occhi — che quelli sono in . . . (indica in prigione) e che noi passeggiamo la città e formiamo, come suol dirsi, la pùbblica opinione . . . . L'arte di chi scrive simili cose, mio caro, sta tutta qui: dire e non dire, rivelare . . . . reticenze 8 , puntini, punti ammirativi . . . . e aprire un vasto campo alle induzioni! In questo modo si cammina senza pericolo d'inciampare in qualche denuncia per diffamazione . . . . L'articolo fa un chiasso indiavolato 9 . . . . tutti gridano all'immoralità . . . Ma
x Impalmarsi, ftdj eljeltdj Derbtnbett. — 2 Messa in fra le due, in biefer Skrlegettfjeit. — 3 Del bell'innamorato, QljreS ©cliebten. — 4 Prender lume, fid) Beleudjtett, befdjeinen laffett. — 8 La trasparenza, bte S3ejtcl)ung. — 6 Fior di galantuomini, boHenbete ©Ijremttanner. — ' Può darsi, ba§ ift tttoglidj — 8 Reticenze, Beri)ii[(te 9lnbcutungen. — 9 Chiasso indiavolato, §6HeitIarat.
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ogni volta che sul Moscone esce un ronzio di questo gènere, io ne vendo due o tremila esemplari!
Se il mio fòglio è immorale,
perchè dunque lo comperano? Perchè coloro stessi che lo biàsimano pubblicamente, se lo strappano -dalle mani in privato?... E più esso è maligno, più lo gustano . . . . lo comméntano . . . . e ridono? Vedi dunque che l'immoralità non è mia, ma di chi cómpera il giornale! — Quanto alle conseguenze.... abbiamo o non abbiamo un gerente responsàbile1? Mie. Sì, hai ragione. — Metti dunque il Moscone su quel tavolino ed aspettiamo imperterriti lo scòppio della bomba. (Briga mette il giornale sul tavolino.)
SCENA II. Giuseppe e detti. Giù. Buon giorno, signori. Mie. Buon dì, maestro. Giù. Éccomi qui per la prova. Mie. Passeremo lo spartito al pianoforte colla prima donna.
Vedi?
ho condotto anche l'amico Briga perchè possa preparati il successo! BEI. Sicuro ! e farò una rèclame mostruosa ! . . . sentirete che applausi ! Giù. I vostri applaussi mi fanno paura . . . Usatemi una cortesia: lasciate che prima applauda il publico . . . . se me ne crederà degno. BEI. ( f r a sè) Pover'uomo, vuol essere fischiato!2 1 Gerente responsabile, DeranttDOrtiicfyet SRe&aiteut. — fischiato, toixb cutógepfiffm merben.
2
Vuol essere
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SCENA ni. Matilde e detti. MAT. Signori, vi saluto. Mie. Ben levata 1 , signora Matilde; come state? MAT. Gràzie, non c'è male. Maestro, come va sua madre? Giù. Un po' mèglio, signora. MAT. Quanto ne sono contentai . . . Ma però i e r i . . Giù. {piano)
A h . . . signora! se penso a ieri, non oso alzare la
testa davanti a lei. MAT. (C. S.) Perchè? Giù. (c. s.) Quel generoso d o n o . . . . il mèdico che ci ha mandato!... è troppo, signora, è troppo! . . . MAT. (C. S.) Sono io che debbo ringraziarla! L a sua predizione si è avverata. Giù. (c. s.) È felice? MAT. (e. s.) Più di quanto potevo desiderare. MIE. Possiamo dunque incominciare? GIÙ. Domandatelo alla signora. MAT. Se non vi rincresce, aspettiamo, un momento.
Ho invitato
una persona che desidera sentire la mùsica del maestro Vitti. Mie. Qualche corrispondente teatrale? . . . qualche editore forse? . . . MAT. N o ; è il mio sposo. Mie. (piano a Briga) Senti? BEI. (come sopra) Ho sentito! MAT. Eccovi spiegato il motivo per cui làscio il teatro. BRI. E questo uomo fortunato è forse un nostro compaesano? MAT. NO . . . è uno svedese. D conte di Fingal. BRI. (inekinàndosi) Oh, oh! signora contessa . . . . Mie. (come sopra) Signora contessa . . . . 1
Ben levata, 'tóo£)i gentljt?
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SCENA IV. Lord Barker che reca un grtm mazzo di fiori, e detti.
BAR. È permesso1? MAT. (tra si) Lord Barker! Che vuole da me2? BAR. Perdonate, bella miss, la mia importunità. Sono passato a prèndere notizie della vostra salute . . . e ad offrirvi questi fiori, che io ho cólti stamane nella mia serra . . . al ràggio di quel sole che dissipò le nébbie di ieri. MAT. (tra si) Che originaleI (forte) I vostri fiori, lord, sono bellissimi . . . ma potevate lasciarli tranquilli nella loro serra . . . ve ne sarei stata molto più riconoscente . . . . Tanto più ora che... a dirvi il vero . . . stavamo per ricominciare le prove . . e . . . . BAR. Come? vi accingete a provare? . . . Molto bene! Se voi cantate, miss; è un segno che la vostra infreddatura8 è passata. MAT. Infreddatura? . . Non so di averne avuto alcuna! temo che andiate soggetto4 a delle distrazioni . . . Vorrete dire mal di nervi? (Fra si) E non se ne va! BAR. Ah sì . . . è verò . . . mal di nervi. (Fra sè) Come sanno finger bene le donne! Si direbbe che non capisce pròprio nulla! Gru. (col giornale in mano) Oh! che indegnità! M A T . Che c'é? Gru. Una nuova infàmia del Moscone. Mio. (piano a Briga) Ci siamo!5 BRI. (piano) Fàccia franca6, e niente paura! 1 È permesso, barf -man eintreten? — " Che vuole da me? 28ct§reittber Ijier? — s Infreddatura, ©dltnipfett. — 4 Andar soggetto a... ietbett CTTT. — 5 Ci siamo !.9iuit gefjt'§ Io§! — ' Fàccia franca e niente paura! Secf brcingefdjaut unb {ritte gurdjt gejcigt!
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MAT. Dunque . . . maestro? . . sono curiosa di sapere cosa contiene quel giornale. Giù. Contiene una calùnnia. MAT. Una calùnnia? Giù. (avvioinàndosi a Briga che finge di lèggere un libro) Signore! BEI. Eh? Giù. Quest'articolo è vostro1? BEI. Che articolo? Giù. Questo che è stampato nel Moscone e s'intitola ronziot BEI. Se non è mio, sarà di qualche mio collaboratore. GIÙ. NO, no, è vostro. Conosco lo stile, o mèglio, l'abitùdine che avete die scrivere simili turpitùdini! . . . BEI. (forte) Signore! BAE. (frapponendosi) Calma, calma, signori miei. Queste cose non si discùtono in prezenza della dame. Cosa c'è in quel giornale? Gru. C'è uno scritto maligno . . . che compromette una donna . . . che noi tutti stimiamo ed ammiriamo. MAT. Che cosa dice, maestro! BAE. Allora debbo prèndere anch'io le sue difese. Chi è questa donna?
SCENA V. Oscar e detti. Ose. (entrato alle ùltime parole) Ve lo dirò io . . . È lei . . . la mia fidanzata. BAE. (tra sè) La sua fidanzata? MAT. Oscar! parli tu seriamente! . . . Ose. Io ripeto ciò che intesi momenti sono2 in un caffè . . . dove fili 1 È vostro, ift Don Qfmeit (gefdjriebeit)? — 2htgenbiicEen.
CASTELNUOVO , Vh cuor morto.
2
Momenti sono, sor menigett 3
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testimonio agli scandalosi commenti che sifiicévanoad un articolo del Moscone . . . ai frizzi1 maligni scagliati contro la credulità di colui che deve darti il suo nome! — signori, io non conosco nessuno di voi, nè sono da voi conosciuto . . . Amo questa donna, e fra pochi giorni deve èssere mia móglie. — Quanto mi è toccato3 d'udire e lèggere momenti sono, è per me cosa così strana e inaspettata, che non oso, nè potrei, volendolo pure, formarmene un giusto critèrio 3 . . . A voi! . . . prendete . . . éccovi il foglio . . . (lo trae fuori) leggételo! . . e poi ditemi se io debbo o no tacciare di mentitori 4 coloro i quali pretèndono ch'ella sia l'eroina di così infame libello ( Gitta il giornale sul tavolino). MAT. (sorpresa) Oscar . . . tu dici che quel giornale parla di m e ? . . . che io sono accusata? Ebbene, perchè ti rivolgi agli altri invece che a me stessa?. . Sono io che debbo rispónderei — a me dunque questo fòglio. (Lo prende.) MIE. (piano a Briga) Mi pare che quel forestiere mi guardi! BRIO, (piano) Tu hai paura? MIE. (e. s.) Un poco . . . lo confesso. BAR. (tra sè) Ed io che non so ancora di che cosa si tratti! MAT. (dopo aver letto) Quest'articolo è un indovinello . . . io non ci capisco nulla. (Lo dà a Barker) Vedete un po' voi, milord, se potete raccapezzarvi. BAR. Oh finalmente! Ose. (avvieinàndosegli) Voi siete lord Barker? BAR. Credo bene! Ose. Perdonate: non vi vidi che un momento solo, e non vi ho ravvisato. Voi dunque mi darete la spiegazione di quell'articolo. BAR. Io? . . ma questa è bellissima5 . , . assai! Abbiate la compiacenza almeno di lasciarmelo lèggere. 1
Frizzi, Beifiertbe SSige. — 3 Quanto mi è toccato, 3Ba8 icfj mufjtc. — * Criterio, llrtljeil. — 4 Tacciare di mentitori, Siigett ftrafen. — 6 Ma questa è bellissima, SII), bté ift nidjt iiBel!
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MAT. (si avvicina ad Oscar, che si è seduto e mostra la maggior inquiétudine) Oscar . . . amico mio! . . . Ose. Làsciami! (Si alea di nuovo e torna da Barker, che col giornale in mano è rimasto come di stucco1) Ebbène, milord? BAR. Cosa? Oso. Avete letto? BAR. HO letto. Ose. E come spiegate voi quell'articolo? BAR. Ma.. . dirò . . . in Inghilterra, queste cose . . se anche sono vere, non si stampano . . . perchè noi facciamo rómpere le bréccia2 a chi le scrive . . . Oh! li abbiamo educati!3 . . . Ose. Voi però non l'impugnate? BAR. Perdono . . . ma come c'entro io 4 in questo pasticcio? Ose. Non vedete? . . . qui si parla d'un braccialetto di brillanti offerto ad una cantante . . e da lei rifiutato . . . Voi ne offriste uno alla mia sposa, ed ella . . ve l'ha restituito . . . (guardando Matilde) Almeno lo credo? . . . MAT. (:rimproverandolo5) Oscar!! BAR. S ì . . . questo è vero... Ma dei braccialetti ve ne sono t a n t i . . . delle cantanti egualmente . . . Ose. Alle corte!6 -— Siete o non siete il bojardo transilvano, di cui si parla qui dentro? B A R . ECCO là il redattore del Moscone: domandatelo a luì (accenna a Briga). Ose. Che dite?. . . Colui, è il giornalista? Mie. (tra si) Ahi! ahi! BRI. SÌ, O signore . . . sono anzi l'autore dell'articolo. Cosa avete da comandarmi? Ose. NuìPaltro che la vostra parola d'onore. . in faccia a quanti 1 Rimaner di stucco, ftarr Sor (Srfèautten. — 8 Facciamo rómpere le bfàceia, »ir fdjlagen 2trm wnb Sem entjmei. — 3 Li abbiamo educati, SSir Ijctben fie gut 4 erjogert. Come c'entro io? 38aà gef)t baS mid) an? — 8 Bimproveràndolo, »ornmrfétooU. — 6 Alle corte, oljtte Umfdjweife.
3*
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qui 1 siamo . . . che con quel libello infamante voi non avete inteso di allùdere nè a lei, nè a lui . . . e che quanto avete scritto è una pura invenzione! — È un atto degno d'un uomo onesto, e non dovrebbe costarvi fatica! BEI. Ma io resto attonito che si possa neppur 2 sospettare una cosa simile! . . . Perchè quattro o cinque oziosi e maldicenti si sono cacciati in testa 3 di dare un nome all'eroina del mio romanzetto, chiamandola Matilde, piuttosto che Paolina o Teresa, questo nome deve èssere incontrastabilmente il suo?... e si deve tacciare il giornalista' di calunniatore? . . . Sfido qualunque di voi a provarmi che io abbia voluto allùdere a questa piuttosto che a quella! Gru. C'è forse bisogno di prove 4 ? Non sappiamo tutti che vi sono de'giornali . . . come il vostro! . . . i quali ùsano di quella grande leva 5 sociale, che si chiama lo scàndalo, per raccattare lettori che non avrébbero altrimenti. E con quali arti? e per quali vie? Non con una critica urbana e franca . . . ma con certi periodetti, a caràtteri minuti 6 , ficcati come per caso nelle colonne del giornale, cui si dà un nome qualunque, come per esempio: ciarle, morsicature, sacco nero, rondo; — dendncie mascherate . . . abbellite dai fiori di un umorismo stuzzicante7, per cui si lèggono volontieri! . . . articoli a dóppia fàccia . . . che dicono e non dicono . . . pieni di reticenze, di x, di y, di zi — Che colpa ha l'innocente giornalista se la persona che comparisce sul trasparente 8 se ne offende e fa del chiasso? È sempre il lettore che ci mette la malizia! . . . L'articolo non ha gli estremi di legge9 per essere incriminato! BRI. (interrompendo) Ma io . . . 1
In faccia a quanti qui siamo, Qit ©egettmarttìOlturtèOTeit.— 2 Neppur, iibetf)aupt. — 8 Si sono cacciati in testa, Ijabeit fidj in ben Siopf gcfegt. — 4 C'è forse bisogno d i . . . braudjt e§ ettoa . . . — 6 Leva, ¡pebel. — 6 Caràtteri minuti, Heine ©cfjrift, fleiner ®t'uci. — ' Stuzzicante, aufreijenb. — 8 Che comparisce sul trasparente, meldje tit ber 93eleucf)tung ericfjeint. — 9 Gli estremi di legge, Me Don bem ©efe|e »eilangten ffirforbcrniffe.
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G i ù . Lasciatemi finire! — Quanto ho detto è pur troppo confermato dai fatti! —
Una brava donna, una móglie onesta, non
frequenta nè i balli nè i teatri, perchè preferisce le sante e tranquille giòie della famiglia . . . e le cure de'suoi figli . . . ai rumori della società . . . Voi la credereste al sicuro da quei colpi, non è vero? ebbene . . .
no! — no, o signori! —
Un
maledetto c a l a b r o n e 1 . . . un Moscone . . . pénetra nel santuario di quella creatura intemerata 2 . . . Non trovandovi colpa . . . la inventa! — L'indomani esce un ronzio: — quel ritiro? è un càlcolo.
I figli? un pretesto! — L a virtù? un'ipocrisia . . .
L'onesta donna ha un amante . . . quell'amante ha anche esso una móglie da ingannare... Dóppio adultèrio, dóppio scàndalo !... E qui si ferma il ronzio. Ma il germe della calùnnia è gittato!... l ' x incògnita sarà trovata dal pùbblico . . . ! — E il dì dopo? un duello, una védova, degli orfani . . . Ma cento abbonati di più al g i o r n a l e ! . . . Oh, cento abbonati vàlgono bene la vita d'un uomo, il pudore 3 d'una donna . . . e la rovina di un'intera famiglia! MAT. Maestro, accetti i miei ringraziamenti! . . . ella ha un ànimo generoso! (Ad Oscar) Ebbene, Oscar . . . l'hai sentito? cosa ne pensi? Ose. (turbato) Penso che tu sei fortunata . . . perchè hai dei caldi protettori! G i ù . Signore . . . il protèggere la virtù oltraggiata è un dovere d'ogni uomo d'onore! MAT. Basta c o s ì . . . vi prego. Signori, perdonate . . . io mi ritiro . . . Quest'incidente mi ha tutta sconvolta 4 . . . So bene che dovrei riderne . . . perchè la mia coscienza . . . non mi rimprovera nulla . . . nulla affatto! Ma io sono molto nervosa . . . e questo colpo! . . . (Piano ad Oscar) Seguitemi . . . per pietà 5 . . . ho bisogno di restar sola con te. {Entra in un' estrema agitazione.) 1 Calabrone, ipummel. — 2 Intemerata, uttbefdjoltett. — * Il pudore, ber gute Sftuf, bie (toeibltdje) @i)re. — * Sconvolta, aufjer gaffung gebradjt. — 6 Per pietà, um ©otteStDiflen.
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Ose. (per seguirla) Signori . . . BAK. (fermandolo) Amico, vorrei dirvi due parole. Ose. A me? BAK. S ì . . . ve ne prego . . . restate. Ose. Volete che usciamo? BAK. È inùtile . . . giacché sembra che questi signori se ne vàdano... Mie. Perdono . . . affari urgenti . . . affari urgenti! . . . Con permesso. ( Via.) BRI. (giano a Giuseppe) Noi ci rivedremo. Gry. Anzi, 1 vengo con voi. (Miehelone, Briga e Giuseppe escono.)
S C E N A VI. Barker e Oscar. BAK. Dunque voi volete sposare miss Matilde? Ose. Sono a Nàpoli per questo. BAR. Di che paese siete? Ose. Di Stoccolma. BAR. Svedese? Brava gente gli Svedesi! — Voi mi siete simpàtico. Ose. Gràzie, milord... (impaziente) Spiàcemi non-poter dire altrettanto a voi . . . BAR. Non importa. — Io vóglio egualmente 2 rèndervi un servigio. Ditemi schietto: sposate voi miss Matilde per amore, o per interesse ! Ose. Sapete il mio nome? BAR. IO non ve lo domando. Ose. Mi chiamo il conte di Fingali . . . e sono il cugino del re di Svèzia. BAR. (sorpreso) Voi! 1
Anzi, fogar. — 2 Egualmente, baruttt bedj; beffcit ungcadjtet.
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Ose. Se mai non lo credeste, il mio cònsole potrà affermarlo. BAR. Per S. Giàcomo!... principe!... e volete sposare la Taglioni? Ose. Sì! BAR. Voi fate una grossa corbelleria. 1 Ose. (interrompendolo) Milord! BAR. Lasciatemi terminare. In codeste faccende ci vuole un po' di sangue freddo . . . altrimenti non se ne fa nulla. Poco fa . . . allorché si è parlato del Moscone . . . voi volevate sapére da me se ero o non ero il bojardo transilvano. Io non dissi nè Sì nè No. Non dissi di sì . . . perchè la cavalleria 2 non mi permetteva di comprométtere una donna in presenza di testimoni. . . Non dissi di No . . . perchè sarebbe stata una menzogna — e lord Barker non mente. Ose. (aggitato) Ebbene? BAR. Ora che siamo qui, a quattr'occhi . . . fra due gentiluòmini . . . vi dichiaro che quel bojardo sono propriamente io . . . e che il giornalista se, stampando3 quell'articolo, ha commesso un'azione da bastone4 . . . non ha però mentito! Ose. (come fulminato) Non ha mentito? BAR. No, da uomo d'onore. Ose. Dunque il convegno? . . . B A R . Ci fu 5 . Ose. Ed ella vi ha ricevuto? BAR. Per due minuti solamente . . . ma deve ricévermi ancora. Ose. Quando? BAR. Domani. Ose. Dove? B A R . Qui. Ose. Non è possibile! (non può frenarsi) Voi mentite! 1
Corbelleria, ®utmnfjeit; Unfittn. —
ritterlidje ©eftnnung. —
2
L a cavalleria, $ t e ©aicmterie, bie
* Stampando, inbem er j u m Sibbnid braci)te. — * Un'-
azione da bastone, cine ipanblintg, fiir melile et S|5rugel oerbient. — fanb fiati.
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Ci fu,
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BAB. Principe! . . . Scuso la vostra còllera, figlia della gelosia . . . altrimenti vi direi, che uno dei miei antenati — lord Arrigo Barker — all'època delle crociate, ebbe l'onore di èssere ucciso in duello dal re Riccardo Cuor di Leone . . . . e vi domanderei alla mia volta 1 , l'onore di uccider voi! Ma invece amo meglio convincervi colle prove alla mano. (Accenna a' fiori) Vedete quel mazzo di fiori? Sono io che l'ho recato or ora a miss Matilde . . . . Ose. Ciò significa poco. BAB. Perdono, altezza . . . significa moltissimo! Prendete il mazzo e frugatevi dentro. Ose. (afferra il mazzo e lo scompone2) Un biglietto ! BAB. Leggételo. Ose. ( apre la carta ma non può leggerla) Non posso . . . la vista mi si offusca . . . BAB. Ebbene, leggerò io. (Legge) «Miss. Un idillio di due minuti, per quanto sia bello, è troppo corto! «Rivedéndoci domani sera, come avete promesso, spero che ((vorrete èssere più generosa, e . . . meno arcàdica ! » — Barker. Ose. (strappandogli di mano il biglietto) E questo . . . . era per lei . . . B A E . Per lei. Ose. (al colmo del dolore) Dio! Dio! BAB. (commosso) Principe . . . sono dolente3 d'ésservi cagione di tanto male! . . . U n altro avrebbe taciuto . . . io ho creduto mio dovere parlare. Un giorno, rimarginata la piaga, ringrazierete il mèdico che vi fece spasimare4, ma che vi avrà guarito ! — Ora ditemi, credete che un uomo, come me, scriverebbe in tali tèrmini a miss . . . se non sapesse di poterlo fare? Ose. (costernato) Basta così! basta . . per carità! . . . 5 Quale rivelazione, mio Dio! . . . Jeri volevo restituirvi di mia mano quel 1 8
Alla mia Tolta, meitterfettS. —
Sono dolente, e§ fdjmerJt mici). —
carità, idj bitte ©te.
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Scomporre, auéetnanberreijiett. —
Spasimare, ©djtnerj leibejt. —
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Per
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braccialetto . . . ella insistette per ricévervi . . . Poi desideravo alloggiar qui . . . e non lo volle, ad ogni costo! Lord Barker andrete voi a questo secondo abboccamento? BAR. No, altezza. Io vi parlo schietto: ci sarei andato, perchè quando principio una cosa mi piace anche di finirla . . . ma, dopo che vi ho conosciuto, quella donna non ha più attrattive per me! . . . Noblesse oblige. Dirò una parola al giornalista, e poi partirò per Londra . . . ( Con intenzione) A meno che voi non mi ordiniate di restare per . . . Ose. Per bàttermi con voi? . . . No, milord! (Oupo)1 Voi avete detto il vero . . . Avete voluto rèndermi un Servigio, risparmiare un disonore al mio nome! Dunque vi debbo i miei ringraziamenti... BAR. Vostra Altezza mi dà la mano? Ose. {gli stringe la mano) Volentieri. BAR. Addio. (Parie.)
SCENA VH. Oscar, indi James.
Ose. Ed ella voleva parlarmi? . . . No . . . no . . . il disprezzo e l'oblio! . . . Partirò ( Vede i fiori, li afferra e li strappa) Maledetti fiori . . . ch'io vi distrugga! Così potessi3 distrùggere quell'affetto che sento ancora per colei! {Per partire, entra James.) JAM. {sulla porta molto afflitto) Altezza. Ose. Che vuoi tu da me? . . . Va via, non ti vo' (= voglio) vedére! JAM. Principe, mi perdoni, se per questa volta ardisco disobbedirla! . . . Vengo a cómpiere un óbbligo di coscienza. Ose. Di coscienza? tu! . . . 1
Cupo, büfter. — a Cosi potessi, O baj? idj aud) fonnte.
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JAM. IO, altezza . . . Perchè io l'ho la coscienza, sa 1 (va a métterti svila porta d'uscita). Ose. (vuol uscire) Lasciami passare! JAM. Prima due parole, altezza! — Io non vidi mai la mia signora tanto commossa . . . V. A. sa eh' io l'ho vista créscere2 sotto a'miei occhi . . sa quanto affetto le porto. Eli' è di un temperamento troppo sensibile! . . . Anche ieri il mèdico assicurava che un grave dispiacére . . . (con interesse3) una scossa violenta . . . potrébbero essere funesti alla sua ragione . . . Ose. (colpito) Che dici tu? JAM. Non io . . è il mèdico che lo dice, altezza! e . . . aggiunge . . . (marcato) funesta alla sua ragione . . . e forse anche . . . alla sua vita! . . . Ose. (che era rimasto un momento pensieroso) James! Lisciami passare, ti ripeto . . . o che io! . . . (minaceiàndolo). JAM. Fàccia pure, altezza . . . faccia quello che vuole . . . Prenda un bastone e mi batta . . . ma non vada via! . . . Io non so che cosa sia accaduto di tanto strano4 in pochi momenti . . . Io non so per quale motivo la mia padrona sia tanto agitata . . . ma so che agitarsi le fa male . . . ch'essa è un àngelo . . . e che . . . se v'è al mondo chi5 può rènderle la sua tranquillità . . . è vostra altezza soltanto! . . . (Pietosamente6) Perdoni a questo pòvero vècchio . . . . Guardi, altezza, ella è là . . . (accenna alle stanze di Matilde) Là . . . sola . . . che piange . . . che vi aspetta . . . (congiungendo le mani in atto di chi prega7) là, milord . . . là . . . entri là! Ose. (risoluto) Io non la vedrò più la tua padrona! . . . intendi (imponendo a James di farsi da parte8) Lévati di costì ! 1 Sa, ttriffett ©te. — a Crésoere, Jjeranmadjien. •— 2 Interesse, mit Sia ti)* bruci. — 4 Strano, ScitfameS, UnerfjortcS. — 6 Se v'è . . . chi, »enti irgenb Scmanb. — 8 Pietosamente, fleljenb. — ' I n atto di chi prega, mit btttettber ©eberbe. — 8 Farsi da parte, jur ©ette tretcn.
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SCENA V i l i . Matilde e detti. MAT. Dove vai? Che cosa fai? Ose. (fra sè) Lei! Come nascónderle ora la tempesta che ho nel cuore? . . . (.á James) James! (gli accenna d'uscire.) JAM. Ora . . . obbedisco . . . (NeWuscire) Pòvera miss! pòvera miss! (Vìa.) MAT. (guardándolo) So che lord Barker era qui con te . . . Fu ben lungo il vostro collòquio . . Ose. (fra sè) È in sospetto eh' egli l'ábbia tradita! (Forte) S ì . . . è vero . . . mi ha lasciato ora . . . MAT. E cosa ti ha detto? Ose. Ti preme di saperlo? . . non lo indovini? MAT. Ti ha parlato di me? Ose. Anche. MAT. Ebbene . . . che cosa ti disse?. . . Vèglio saperlo! Ose. Mi disse . . . che non è giusto che tu . . . bella, giovane . . . tanto ammirata! debba abbandonare la scena! MAT. Me lo ripeti in un certo modo! . . si direbbe che tu partécipi della sua opinione . . . Ose. E perchè no? . . . Che cos'è la scena per un'attrice? è un mezzo per méttersi in mostra 1 . . . è una Spècie di bazar bene illuminato dove la merce si espone con istúdio per adescare i compratori! — (Esaltandosi) L'arte? un pretesto! . . . la fama? una chimèra? . . . Uno solo è il vostro scopo: trovare un buon uomo che vi veda . . . che si lasci abbagliare dal menzognero incanto delle veste e del belletto 2 . . . che vi creda tanto ingènue e virtuose fuor di teatro . . . quanto 3 spesso fingete di essere sul palco scènico . . . che si innamori di voi . . . e che acconsenta di porre il suo nome e le sue sostanze4 nelle vostre mani! (scalr 1
ebenfo
In mostra, ¿ut ©cfjau. —
2
Belletto, ©ci)minfe. — 4 Tanto
ais!. — 4 Sostanze, 23ertnogen.
quanto,
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dàndosi man mano). — Destino giocato sopra una carta . . . carta fatale! MAT. (sbalordita) Oscar . . . ma sei tu? . . . sei veramente tu, che io ascolto in questo momento? . . . L'amara ironia delle tue parole è uno scherzo? . . . o è forse una prova che tu vuoi fare di me? . . . Per carità! ti scongiuro . . .* guardami! . . . io sto male . . . io non ho fibra che non oscilli1 . . abbi compassione di me! Ose. (forzàndosi alla calma) No . . non agitarti . . . Matilde! . . . Non ho già voluto allùdere a te . . . Vedi? sono tranquillo . . MAT. Tranquillo; tu potresti ingannarmi, se io non ti conoscessi . . . se l'ànima mia non fosse abituata a lèggere nel tuo cuore. (Lo prende per le mani) Non più finzioni con me! {Risoluta piantàndogli2 gli occhi in viso) Vieni qui, fissami in volto . . . e rispóndimi in nome del nostro amore . . . — mi credi tu colpévole? ti réstano forse dei dubbi sulla mia fede? . . . parla . . . (Con forza) Ma parla! in nome di Dio! Ose. (vorrebbe svincolarsi) Matilde! MAT. TU sei geloso, lo so . . . ma tu hai un ànimo nòbile . . . non puoi èssere nè ingiusto nè crudele con me. ( Con passione) Io ti amo Oscar! . . . io non ho mai amato altro uomo che te. — Tu hai sacrificato per me onori, grado, speranze . . . tutto! E perchè dovrei tradirti? . . . a quale scopo? Dove posso io trovare un avvenire che mi sorrida al pari di quello che tu mi prepari? — Ma sia ragionévole, amico mio . . . Non guardarmi . . . oh, non guardarmi così accigliato3! . . . Sorridimi, Oscar . . . ( Oscar vorrebbe schermirsi) Non ritirar la tua mano! . . . Questa mano che deve èssere mia . . . per sempre! . . . Ose. (ritirando a forza la sua mano da quelle di lei) Lisciami . . . Lisciami, ti ripeto . . Questa mano . . . tu non la stringerai mai più. MAT. Mai più? 1
Oscillare, (jebett. —
cigliato, biifter.
a
Piantare gli occhi in viso, feft anfefjett. —
3
Ac-
— 45 — Ose. Ascolta . . . Matilde! (forzàndosi alla calma) quaggiù di sacro, non fingere più oltre.
Per quanto hai
Io amo mèglio vederti
nel tuo vero aspetto . . . fossi tu pur mille volte più colpévole. T u sei una pòvera creatura, débole, abbandonata. Noi eravamo troppo lontani l'uno dall' altra . . .
L a mia imàgine non ebbe
forza bastante per salvarti dalle seduzioni . . .! È un destino comune a tutte le tue compagne . . Gittati 1 piuttosto a'miei ginocchi. . conféssami francamente la tua colpa . . . e, se non potrò conservarti il mio cuoro . . . avrai almeno la mia compassione . . . il mio perdono! MAT. (febbrile) Perdono? e di che? . . . Ose. E me lo domandi?
(Cupo.)
MAT. O s c a r . . . comeha potuto un infame libello turbarti tanto la mente? Ose. E tu persisti a tacciarlo di menzogna? 2 MAT.
SÌ.
Ose. E lord Barker? MAT. Lord Barker? Ose. Egli è u n uomo d'onore . . . appartiene ad uno dei più nòbili ceppi 3 d'Inghilterra . . . ebbene! Lord Barker . . poiché mi costringi a palesartelo . . . lord B a r k e r . . . q u i . . . mi ha detto . . . MAT. (ansiosa) Cosa? Ose. Che quell'àrticolo è veritiero . . . MAT. (con forza) No! Ose. Che tu gli accordasti un collòquio. MAT. (con impeto) No! non è vero! Ose. Che vi siete lasciati colla promessa di rivedervi domani . . . MAT. (con maggior impeto) Non è vero . . . è una calùnnia tàndosi)
(EsaU
E se colui . . . può èssere tanto infame da sostenérmela
in faccia . . . chiamalo . . . io lo confonderò! Ose. È inùtile.. . . Vieni qua . . . ! guarda. . . . (La trascina) Vedi tu questi fiori? 1
—
3
Gittati = gitta-ti,rairf3)icf), falle. — 2 Tacciar di menzogna, Sugen ftrafett. Ceppi, gamilten.
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MAT. L i vedo. Ose. Sai cosa contenévano? MAT. Non so . . . io non li ho toccati che per gittarli su questo tàvolo . . . ( Quasi estenuata1) L a mia mente 2 si confonde . . . mi manca la voce . . . mi mancano le forze . . . Oscar, tu mi uccidi! Ose. Ebbene . . . quei fiori nascondevano un biglietto ! . . . Il biglietto è di pugno 3 di lord B a r k e r . . . ed è per t e ! . . . 'Eccolo... leggi e dimmi: (gèlido) a quali fémmine 4 può un gentiluomo scrivere così? . . . MAT. (dopo aver letto si lascia cadére il biglietto, e dà un grido) AH! Ose. E d ora, addio . . . e per sempre! (Si slancia fuori.) MAT. A h no! . . . Oscar . . . Oscar! . . . férmati . . . ascolta . . . Oh! mio D i o ! . . . (Chiama, fuor di sè, vacillante) James! James!
SCENA
IX.
James e detta. JAM. ( entra correndo) Miss. MAT. (con grido straziante5) A h . . . James . . . James . . . tu non sai? . . . Oscar parte . . . mi abbandona . . . mi abbandona . . . intendi? . . . (al colmo della disperazione, spingendo James verso Vuscita) Y a , corri! . . . raggiungilo . . . ricondùcilo! — Io muóio ( Cade fuori di sè sulla seggiola e cala il sipario) 1 Estenuata, iibermoltigt, ÌraftloS. — 2 Mente, ©eift. — ' Pugno, §attb, ipattbfiirift. — 4 Fémmine, grauen&petfonen, ®eiber. — Straziante, geHenb, ijerjjmeifienb.
FINE DELL'ATTO SECONDO.
ATTO TERZO. SCENA PRIMA. Matilde e James. MAT. (seduta sul canapè, apàtica, annoiata) James! JAM. (ritto in piedi, un po' discosto, afflittissimo) Miss? (si avvicina.) MAT. Raccontami qualche cosa. Mi annoio. JAM. (tra sè) Ci siamo! 1 (Forte) Mio Dio, miss, non ho pròprio nulla da raccontarle. . . nulla . . . tranne delle brutte novità. MAT. E tu narrami 2 quelle. JAM. (studiando nel viso di lei Veffetto delle pròprie parole) L a madre del . . . maestro Vitti . . . è . . . MAT. (indifferente) M o r t a . . . forse? — Mèglio per lei.
Quando
uno soffre . . . o s'annóia, non ha altro a fare che finirla3 così. 10 stessa, vedi James, io stessa, se in questo momento il mèdico mi dicesse: — Signorina, non avete che cinque minuti di vita... — credi che me ne affliggerei? . . . No ve' 4 ! . . . Appoggierei 11 capo su questo guanciale . . . e mi addormenterei . . . per non risvegliarmi più.
(Eseguisce 5 ) Così . . . v e d i . . . pròprio
così . . . — E a te non ti piacerebbe 6 morire? Ci siamo! SKSteber bie alte ©efcfjidjte. — 2 E tu nàrrami quelle! @o erj&fjle mir fic! — * Non ha altro a fare che finirla così, baitit ifi eg airt beftejt, toettn matt fo eitt ©ttbe madjt. — 4 No ve' ! 9lidjt im ©eringften. — 6 Eseguisce, fte tijut e§, b. f). fte legt ben ffiopf auf bie Siffcn. — 6 Non ti piacerebbe, modjteft bu nidjt? 1
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—
JAM. (intenerito) Ora sì! . . . molto . . .
mi piacerebbe . . . mol-
tissimo! MAT. (guardandolo) To' 1 , perchè piangi? Sei un benedetto uomo tu 2 ! Da due giorni non fai che piàngere . . . E non hai nulla di bello da narrare. — Io m'annóio, intendi? m'annoio! . . . JAM. (fra se) Proviamo qualche cos'altro! (Forte) Ho veduto quel pòvero maestro. Quello sì ch'è 3 un bravo gióvane! — Afferrò il giornalista pel collo . . .
lo insultò . . .
si è battuto, e . . .
(tra sè) Dio, perdónami la bugia. MAT. E . . . che cosa? JAM. (come sopra) F u ferito . . . a una mano . . . gravemente! . . Poveretto, ora non potrà più suonare il pianoforte... Non potrà, più dar le sue lezioni . . . Morirà di fame! MAT. (indifferente) Come sei noióso, James! Di' su 4 qualche altra cosa. E poi? . . . JAM. Poi . . . ho visto lord Barker. MAT. AH, a h . . . lord Barker?... Quello sì ch'è un bell'originale 5 !... quello sì che fa ridere . . . JAM. (come sopra) Già 6 , fa molto ridere . . . Egli mi disse che dopo il tradimento fatto a lei, miss, e la gherminella 7 giocata a lui, Michelone è fuggito con denari, braccialetto e ogni cosa. MAT. Perchè è fuggito ? JAM. Per la paiira. MAT. D i Milord? JAM. S ì . . . e anche di lei. MAT. D i me? . . . Potevi dirgli di non fuggire,
Egli fece il suo
mestiere . . . Pèggio per chi 8 gli ha creduto. JAM. OH, molto pèggio, miss. MAT. E . . . p o i ? . . . 1 To', 9htn. — 2 Benedetto uomo, merftoixrbtger SDtenfdj. — * Quello sì ch'è, ber ift tririiid). . . — * Di' su, fo fage bod) . . . — 6 Quell si ch'è un beli' originale, ber ift tmrfiidj eirt Originai. — 6 Già, ja tr)oi)l, in ber Sljat. — ' Gherminella, ©treicf). — 8 Pèggio per chi.. um fo fdjiimmer fiir benjenigen, toeldjer . .
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JAM. Poi? . . . (Fra sè) Tentiamone1 un'altra! (Forte) P o i . . . ho visto . . . lui. MAT. L u i ? . . . chi? JAM. (con intensione) Il Principe. MAT. (calma) Oscar? E che ti disse di bello? JAM. Mi disse . . . che forse verrà q u i . . . ai suoi piedi . . . a chièderle perdono . . . (tra sè) Dio lo volesse! (forte) a dirle ch'ella è un àngelo ! . . . MAT. Un àngelo? . . ., ah, ah, ah! Non farmi ridere, James. JAM. (tra sè) Mi si schianta2 il cuore! MAT. (guardandosi intorno) Ih! che freddo . . . Da dove viene? JAM. Dal terrazzo, miss; vuole che chiuda? (va per chièdere e grida) A h ! miss . . . miss . . . M A T . Che c'è? JAM. Una barca che è lì lì per8 affondare! . . . Venga, venga a vedere! MAT. (si alea, sempre calma e va al terrazzino) Non la vedo. JAM. Là . . . là . . . in fondo . . . Éccola! guardi come sale a l t a ! . . . ora non si vede più ! . . . Pòvera gente . . . pòvera gente . . . Un colpo di mistrale4 e sono iti! MAT. (stringendosi nelle spatte5) Avevi ragione di chiùdere . . . fa troppo freddo. (Si ritira) Andrò di là . . . accanto al fuoco . . . di là starò mèglio. Sei un benedetto uomo tu! . . . Vedi che m'annoio e non sei buono6 di divertirmi. JAM. (disperato ; per córrere allafinestra)Vuole che mi butti giù dalla finestra, miss, per divertirla? . . . Lo dica e mi ci butto . . . chè taiit'e tanto7, per me non v'è più bene8 a questo mondo! MAT. (nelVentrare) L'ho detto io che sei un benedetto u o m o ! . . . Non Tentiamone, ptobiren ttitr . . . — 2 Mi si schianta, e§ Bridjt mir . . . — È lì II per, ift im begriffe ju . . . — 4 Un colpo di mistrale, ein aBinbftojj (Mistrale, ein heftiger SBinb auS ©üben). — 8 Stringersi nelle spalle, bie 3ld)feln jltcfett. — 6 Non sei buono, ®u Bifi nidjt im ©tcutbe. — ' Chè tant'e tanto, benn mir ift e§ ganä einerlei. — 8 Non v'è più bene, eè gifct lein ©lite! meljr. 1
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C A S T E L N U O V O , Un cuor morto.
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fai che piàngere . . . null'altro che piàngere . . . Benedetto uomo, v a 1 ! (entra.)
S C E N A II. James, indi Giuseppe.
JAM. (cade a sedére2 percoténdosi il capo)
Maledetto teatro! . . .
maledetta móscia! . . . maledetti maèstri! . . . Gru. (entrato alle ultime parole, si avvicina pietosamente a James) James? JAM. Lei! . . . Oh! scusi, sa . . non dissi per dirlo a lei, eh' è un bravo gióvine . . . disgraziato come noi . . . ma perchè, vede, ho qui una spina che mi punge . . . mi strazia . . . e che non posso mandar giù! Giù. Pòvero James! . . . Se sapeste come vi comprendo . . . Avete parlato col principe? JAM. No . . . ma ci andò lord Barker. Spero sia 3 stato più fortunato di me . . . di me che egli non volle ascoltare. Quasi tutto il santo4 giorno ieri, rimasi . . . là . . . inchiodato alla sua porta . . . immòbile come un cane da guàrdia . . . aspettando che uscisse di casa! . . . E, quando Dio volle, uscì . . . io allora mi buttai alle sue ginóchia, scongiurandolo d'ascoltarmi . . . eh, sì! — «Lévamiti di costà!5 . . . non ti conosco!» — gridò... E via! . . . mi piantò lì 6 come fulminato . . . Che se non fosse stato pel bene 7 che porto a quella poveretta . . . la mia testa se la sarebbe presa8 colle muraglie . . . e avrei picchiato tanto e Val (ein Bloßer Sluäruf, etwa:) ©enug! — 2 Cade a sedére, fällt auf einett ©tUljl. — s Spero sia = spero che sia . . . — 4 Tutto il santo giorno, ben ganjen, Heben Sag. — 5 Lévamiti di costà, pad bidj fort. — 6 Mi piantò lì, liefj mici) fielen. — 'Senon fosse stato pel bene che porto a .. SBennict) nid)t fo fefjr liebte . . — 8 Se la sarebbe presa colle . . . §ötte id) geftojjen gegen . . 1
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tanto che . . . o essa o loro ! . . . A proposito, scusi sa, maestro . . . mi son permesso di dire alla mia padrona che lei era stato ferito dal giornalista . . . Volevo commóverla . . . ma non ci sono riuscito . . . Ella è là che mette pietà 1 a vederla! Giù. Ma dunque lord Barker che cosa fa? . . . perchè non si muove?
S C E N A III. Barker e detti. BAR. (sulla soglia) Lord Barker si muove . . . e molto bene. JAM. (correndo a lui) A h ! ch'ella sia il benvenuto! L'ha visto? BAR.
SÌ.
GIÙ. Gli ha parlato? BAH.
SÌ.
JAM. Verrà egli? BAR.
SÌ.
JAM. Oh, caro 2 ! . . . e che cosa ha detto? . . . e quando verrà? Giù. Verrà subito? BAR. (calmo) E h ! adàgio . . . per S. Giàcomo! Non mi soffocate di domande.
Abbiate un po' di pazienza . . .
Risponderò per
órdine 3 , con c a l m a . . . una cosa alla volta . . . ! (con molta, calma, mentre gli altri sono ansiosi di udire) Anzi tutto io sono stato dal giornalista. — un momento dopo di voi . . (a Giuseppe) V o i , mio caro, col vostro sangue italiano che bolle, bolle . . . avete fatto, come voi dite, un buco nell'acqua 4 . pregato, minacciato, strepitato, poi sfidato . . .
V o i avete
Io non pregai,
non strepitai, non sfidai! . . . ma contrattai 8 . L a ritrattazione è stampata. 1 È là che mette pietà a vederla, e§ ift eitt Simmer fic ju feljctt. — a Oh, caro,toortrefflidj.— 8 Per órdine, ber SReilje nati). — 4 Far un buco nell'acqua, fid) umfonft bemiiljen. — 6 Contrattare, uitterljanbeln, t)anbcln.
4*
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JAM. Meno male . . . avanti, milord . . . avanti! BAR. Ma io aveva bisogno di qualche cosa di più. Avevo bisogno che il principe si abboccasse con una . . . signora . . . JAM. Una signora! . . . Gxu. Chi mai?2 BAR. (un po' di cattivo umore) Codesto è affar mio particolare . . . (Fra sé) Riderébbero alle mie spalle3! . . . JAM. E allora . . . lei è andato dal principe? . . . BAR. Certamente. Uh! quel pòvero principe, ha una testa troppo vulcànica . . . (A Giuseppe) Come la vostra . . Oh yes . . .! Quando seppe ogni cosa diventò matto. 4 Prima mi voleva sbranare dalla ràbbia . . . poi mi voleva soffocare a furia di baci . . . e di abbracci. . . Gridò tanti 6 : oh! ah! uh! . . . Si picchiò la testa . . . si strappò i capelli . . . Non pareva un figlio del nord . . . non pareva un principe tedesco . . . no, in fede mia! — Non credevo che l'amore facesse diventare italiani anche i tedeschi6! Giù. Milord, il cuore è di tutte le nazioni. BAR. (che prende queste parole per un complimento) Gràzie! (gli stringe la mano.) JAM. Per carità . . . non ci confondiamo in discorsi intìtili . . Dica, milord, dica! . . . non vede che pendiamo dalla sua bocca? BAR. Eh! volete che fàccia anch'io come il principe, che voleva morire? Non fàtemi pèrdere 7 la pazienza anche v o i . . come me l'ha fatta pèrdere lui . . . JAM. Oh Dio, ell'ha perduto la pazienza? BAR. Certissimamente. 1
Meno male, feljr gut. — 3 Chi mai, unb mei ift bct§? — * Riderébbero alle mie spalle, fic würben auf meine Soften tadjen. — 4 Diventò matto, er geriet!) attfier ftdj. — 8 Gridö tanti: ©t feerie in einem fort: — 6 Facesse diventare italiani anche i tedeschi, bie $eutfdjen (b. i). fjier bie Siotblänbet, ba ber ©raf ein ©djtocbe ift) ju Italienern madjte. — ' Non fàtemi pèrdere la pazienza, bringe mici) nidjt um meine ©ebulb.
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JAM. E allora che cosa ha fatto? BAR. Allora sono andato in còllera . . Mi sono arrabbiato . . . molto arrabbiato ! e . . . essendo molto arrabbiato . . . presi un sigaro... l'accesi . . . e me ne andai. JAM. Se n'andò? . . . oh pòvero me! BAK. (sorridendo) Sì . . . Ma l'altro . . . mi trattenne per l'àbito . . . ed io mi sono fermato, per noD fàrmelo strappare . . . Allora venne con me, egli toccò con mano 1 . . . oh yes! . . . toccò con mano . . montò in furia ancora . . . strepitò . . . poi finalmente si calmò . . . Ma io ho fatta una grande fatica 2 . . . Oh sì! grandissima! — Sua Altezza fra momenti sarà qui? — Éceovi la mia storia. Ora ditemi, come sta miss Matilde? Gru. Ecco appunto il mèdico! Chièdetelo a lui.
SCENA IV. Il Mèdico e detti. BAR. Ebbene, dottore, diteci qualche cosa. MED. Milord, non potrei dirvi quello che non so io stesso. È un caso senza esempi, è una malattia nuova. BAR. Ècco! voi mèdici, siete tutti compagni 3 . Quando non sapete che cosa dire, dite ch'è una malattia nuova! . . . Ma perchè siete dunque mèdici, voi? MED. Per applicare i precetti della scienza. Ma quando questa non ha più precetti . . . quando la malattia è puramente morale . . . BAR. Dunque il male è nel cuore? MED. Appunto, milord: male tanto più difficile a guarirsi, chè il cuore di madamigella Matilde è come se fosse morto. JAM. Morto! 1
Toccò con mano, er erf)ieit bie fjattbgretfiidje ©ettrijjljett. — 3 Far una gran fatica, ftdj fei)t cmftrettgett. — 8 Siete tutti compagni, ifjr feib Side gteidj.
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BAR. Ma può morire il cuore mentre la persona è viva? MED. Mi spiego, milord. Il cuore di madamigella Matilde è morto, moralmente, ad ogni sensazione. BAR. E non potrebbe resuscitare? MED. SÌ, ma forse con pericolo della ragione o della vita. BAR. 0 diàvolo! Dottore . . . voi volete raccontarmi delle fàvole! MED. No . . . milord. BAR. SÌ, delle fàvole . . . come questa che ho udita raccontare da piccino . . . e che non ho mai dimenticata. Volete sentirla? Eccola: — Un gióvane andava consumandosi1 perchè il suo cuore era troppo sensibile. Ogni piccola emozione lo faceva andare su . . . giù . . . come il mare in burrasca. Un giorno egli pregò una fata 2 di cavarglielo dal petto e la fata glie lo cavò! Allora il gióvane non sentì più nulla: nè dolori, nè piaceri, nè paura, e stava bene di salute — e ingrassava come un cappone! . . . Ma si stancò di quel vuoto che aveva nella parte sinistra, e ridomandò alla fata il suo cuore. — Volontieri — disse essa, che era una gióvane molto bellina! — ma se io ti restituisco il cuore, alla prima emozione ti scoppierà. — Non importa! — rispose il gióvane — tu mi piaci . . . io voglio amarti. — Amami dunque, — concluse la fata — e gli diede il cuore. — Ma appena questo rientrò nella sua nicchia, si gonfiò tanto . . . tanto . . . che puff! scoppiò come una caldàia, e il giovane morì. — Ma questa, ripeto, è una fàvola . . . MED. Che può avere un fondo d'insegnamento3, milord! BAR. Dunque secondo voi bisognerebbe, dico, operare un miràcolo . . resuscitarle il cuore? MED. Ridarle la sensibilità, milord. BAR. È lo stesso! voi mèdici volete sempre aver ragione . . . anche quando fate morire! Per questo non mi piacete. 1 Andava consumandosi, fiedjte fjttt. — 8 Fata, Qfce. — 3 Aver un fondo d'insegnamento, eiiterooljlju Befjerjigenbe Seljte entljalten.
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JAM. Signori . . . i momenti sono preziosi... non perdiamo tempo . . . (ed mèdico) Che cosa dobbiamo fare? MED. IO manderò la signora in questa stanza . . . Parlitele; ma uno alla volta. I vostri discorsi tèndano1 a risvegliare, se è possibile, la sua sensibilità . . . gradatamente, senza scosse violente. S'ella si risente, se nel petto le si risvéglia un pàlpito, se piange... siamo in porto3. BAK. Deve piàngere? Ebbene, me ne incàrico io . . . (J. Giuseppe) Volete parlare prima voi? Giù. (molto commosso) No . . .-no, milord . . . prima voi . . . Io esco con James . . . Aspetteremo l'arrivo del principe . . . e lo informeremo d'ogni cosa. JAM. (come sopra) Sì . . . andiamo . . . (come se gli mancàssero le forze si appòggio, al braccio di Giuseppe) Perdoni sa, buon signorino3, ma le gambe mi treman sotto4 che mi par d'ésser lì lì 5 per cadere. Gru. Qui, qui, bravo James! . . . appoggiàtevi forte . . . . e preghiamo insieme che Dio ce la risani. (Escono.) BAK. (guardando loro dietro) Io credo due cose: una che quel vècchio scozzese darebbe volontieri la vita per la sua padrona ; l'altra, che quel gióvine italiano, offrirebbe a miss, anche più volentieri, un altro cuore . . . il suo! Miss guarirà, ma egli forse andrà all'altro mondo . . . Pazienza!6 io non lo seguirò. — Eccola! Ora tocca a me farla piàngere. 1
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8
Tèndano, miiffen batyin ftreBeit. —
a
Siamo in porto, » i r jtttb gerettet.
Signorino, juttger § e r t , juitger OTatttt. —
td) jittere alt alien ©liebertt. — id) jebett 2lugenbltm ©eutfdjert etroa: S p a g e i t b e i t t e , Sìtticfebeitte. — 9 Manaccia, eine berbe ¡panb. — 10 Non vedeva l'ora di mandare in gola . . . iomtte e§ faUJlt erluartctt, big ftc DOl'WCtfen lonitte.
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«Tutte queste» disse «sono stòrie belle e buone, ma non fanno per me 1 ; e i piastricci che posson nàscere li so io, e toccherà a me di pensarci : Bene o male, quella figliuola aveva cominciato a mangiar la sua farina 2 ; adesso, sta a vedére, la manderanno via dalla fàbbrica, e a me toccherà di pigliarla indietro! . . , a me toccherà!» «Alla fine,» uscì fuori Battista, «potrà lavorare anche lei per la casa, aiutór la mamma.» Alla Margherita non parve vero di sentir il figlio a parlar così diverso di prima. « E poi,» aggiuns' ella «almanco st^rà qui con noi; e io non sarò tribolata come adesso. » «Sentite, zia Margherita, e voi, zio Giannandrea, tutti e due siete stati buoni con me, e m' avete dato ascolto fin adesso . . . io ho un' altra cosa sul cuore ; e non so se devo parlare . . . » «Di su, Vito; tu m'hai fatto tanto bene colle tue parole . . .» lo incuorò la zia. Il vècchio mugnaio si contentò di guardarlo, facendo un sogghigno tra l'agro e il dolce. «Non so da che parte incominciare . . . ma la cosa è questa... Io sono un pòvero figliuòlo, sono della montagna; ma, gràzie al Signore, ho sempre potuto fiatar del mio 4 : e da che è morto mio padre, ve ne ricorderete, Giovannandrea, son già quasi otto anni, sono sempre stato in casa, con mia madre e col Faustino, il mio fratello minore . . . e non fo per dire, ma un po' di ben di Dio 5 l'abbiamo anche noi lassù . . . una vigna, la selva e due béstie . . . e quando il cielo manda la buona annata, s'ha da camparla 6 . . . Sentite dunque; là al paese si parla ancora di voi, come7 ci foste; e la Nunziata, eh' è venuta al mondo sul nostro alpe, possiamo dire che l'è nostra . . . » E qui tacque un poco; poi, col viso fatto di bràgia, aggiunse in fretta: «Se la fosse contenta lei di tormi me, voi me la dareste, zio Giannandrea?» 1 Non fanno per me, Raffen mirnidjt. — 2 Aveva cominciato a mangiar la sua farina, fjatte angefangen ftdj felbft p erhalten. — 3 Far un sogghigno tra l'agro e il dolce, fauerfüfj lädjeln. — 4 Fiatar del mio, Bon meinem ©gentfjum leben. — 8 Ben di Dio, Vermögen, S3eftg. — 8 S'ha da campare, iomnten imr au3. — 7 = Come se ci foste, al§ wäret 3C)r nod) ba.
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Il mugnàio non s'aspettava certo la franca e onesta domanda del montanaro. Lo guardò, tra incrédulo e maravigliato, come gli paresse impossibile che quel gióvine, il quale poco innanzi egli voleva tener nell' ùnghie per farlo saltar giù dello scòglio, l'avesse con quattro parole così incantato e tramutato, che si sentiva quasi vòglia di buttársegli ali collo! Stava Vito ad aspettare come lo sentisse lo zio; ma la buona Margherita, tutta commossa, e Battista contentone, l'una con qualche lágrima di consolazione, 1' altro con una brava fregatina di mani1, gli avévano già fatto risposta. Pensato ch'ebbe un poco, forse più per una mostra d'importanza che per altro, il vècchio: «Dà qui su la mano 2 :» disse a Vito, che stávagli ritto dinanzi, senza tirar respiro «dà qui su la mano, figliuolo, se tu la vuói, la sia tua, e buon dì e buon anno3.» Io non mi starò a dire adesso la giòia ch'ébbero tutti quanti a codeste parole del messère; anche i tre marmocchi, senza nulla capire, si misero a ballonzolare intorno a Vito. E Battista lo apostrofò con un enérgico: — Viva noi! 4 Lo sapeva io che doveva finir bene! — Ma la Margherita, a cui la gioia a un tratto sopiva la dòglia di quella spina che aveva in cuore, tornò a pensare che la sua figliuola intanto penava tutta sola; e se l'avéssero lasciata fare, sarebbe ita senza pèrder più tempo, giù ad Intra insieme a Vito, che anche lui le avrebbe fatto volentieri compagnia. Ma, com' era già notte fatta, Giovannandrea e Battista li persuásero ad aspettar la mattina ventura, eh' era la doménica, quando ella stessa non fosse salita 5 al Mulino. Non appena venne la mattina, Margherita con Vito, ch'essa già chiamava suo figliuolo, montávano in su dal mulino del Buco per méttersi sul cammino d'Antòliva, e scéndere poi per la più corta ad Intra; quando, in cima alla costa, fra gli arboscelli, le cui tènere fòglie tremolávano per la brezza montanina dell' alba, videro apparire una fanciulla, che loro pareva e non pareva, ma ch'era veramente la Nunziata. Ella non s' era accorta di loro, e veniva lentamente, 1 Fregatina di mani, bergrtügteS §anberctben. — 2 Dà qui su la mano! í)ic §anb [jet. — 8 E buon di e buon anno, unb bamit ®ott befoljlert. — 4 Viva noi! igurraf)! — 5 Quando ella stessa non fosse salita, falté fie nidjt felbft f)cr= auf fommett toiirbe.
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portando sotto il bràccio un piccolo involto , e sostando1 di tanto in tanto, come per ripigliare un po' di lena. Quando vide la madre, quando riconobbe il Vito, si fermò come incantata; e a loro, che la chiamavano per nome, e le corrévano incontro frettolosi e lieti, non rispose, non fece alcun segno di conoscenza o di giòia. Appena la madre l'ebbe stretta fra le bràccia e fece per parlare, la fanciulla si sentì mancar del tutto le forze, e fu costretta di sedérsi sull' erba della riva. «Tu stai male; oh! la mia pòvera Nunziata . . . » « No, no, mi manca un po'la forza in questi dì, ma è niente... passerà; sarà stato il troppo lavorare.» «Sta su di buon ànimo adesso 2 : se tu sapessi . . . » «Oh sì! Se sapeste voi, mamma, che cosa mi tocca! E voi, Vito, perchè siete tornato? . . . perchè?» E Vito la contemplava tacendo, e si sentiva rompere il cuore, « Per carità, che mio padre non lo sàppia così sùbito e neppure Battista . . . ma ieri . . . oh pòvera me! mi hanno cacciata via dalla fàbbrica, come una tosa perduta . . . Ieri, sulla bass'ora, io non aveva potuto levar su dal letto, in tutto il dì, e la Caterina védova andò per me alla fàbbrica a farsi dare quel po' di salàrio che m' avanzava . . . Oh! che cose di fuoco ha dovuto sentire quella pòvera donna!... l'hanno strapazzata3 lei per me . . . gliene hanno dette, che se io era là, mi sarei nascosta sotto terra . . . Oh caro Iddio! che cosa ho fatto di male a loro? . . . Non mi vògliono più, dopo che, in manco4 di due anni, ci ho quasi lasciata la vita dietro a quel telàio . . . Oh! pazienza5!» E alcune làcrime le cadévano lentamente sulle guàncie smunte, ma non pàllide ancora. «Senti, Nunziata,» la riconfortava la madre, «non tormentarti il cuore per quello ch'è stato . . . Ricórdati che il signore non abbandona mai ! Vedi, è Lui, che nel momento istesso che ti dà questo travàglio, ti prepara anche la consolazione . . . Oh ! vèglio esser io a dirtelo, mia buona Nunziata: lo sai? il nostro Vito ha parlato con noi, ha parlato di te, ha detto che ti vuole sposare, e noi due 1 Sostare, fteljen Meibett! — 2 Sta su di buon ànimo! ©et Uttbeforgt! S e i juftteben ! — * Strapazzare, tntfji)anbeirt. — 4 Manco = meno. — 6 Pazienza! ©in SluStuf, momit man ©ntfagung auèbructt. 3 m Seutfdjen etroa: ,,9iuit, mie ® ott m i l i !
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t'abbiamo, si può dire, impromessa , . . Non dici niente, Nunziata? guardi in terra? . . . poveretta, ti compatisco1; non ti deve parer vera. Sta su allegra, non ho ragione, Vito?.. . . Parleremo col signor arciprete, presto vi diranno in chiesa . . . » Il gióvine montanaro, che avrebbe dato la sua vita per la Nunziata, stava tremando ad aspettar ciò ch'ella fosse per dire; alle affettuose parole di mamma Margherita, non seppe che cosa aggiùngere del suo. Egli sperava e taceva. Ma la fanciulla, facendo tutto lo sforzo che potè, si levò da sedére ; e venuta un passo incontro a Vito, ma senza guardarlo, senza osar di stèndergli la mano: «Oh Vito!» disse con voce débole «che cosa avete pensato mai? ed io perchè vi ho parlato? . . . Voi siete buono . . . ma adesso è inùtile! io sento dentro di me, lo sento pròprio, vedete, che il Signore non vuole! . . . » Nè la madre, nè il promesso, diédero mente2 alle malincòniche parole della Nunziata; vedéndola così infiacchita, malata, ben capivano non poter essa, in un momento come quello, diventare allegra e sperare. Ma l'occhiata che si scambiarono, nell'aiutarla a camminare per la stretta callàia 3 verso il Mulino, voleva dire che l'uno e 1' altra credévano veramente che fra poco, a quel giorno di tristezza dovesse succèdere il giorno della giòia e della benedizione.
VII. Otto giorni dopo 1' ùmida catastrofe, che aveva forse per non breve stagione4 oscurato il valore del cicisbeò5 della fàbbrica, egli s'arrischiò di comparir di nuovo nella bottegùccia del Caffè, all'ora consueta del ritrovo6 di coloro che nel paese sono chiamati, colle frase d'oggigiorno, «le notabilità.» Teneva che già fosse dimenticato l'accidente; e dava altronde al pròprio crédito vigór bastante per 1 Ti compatisco, iemaria(auten ¿imi att= bern, fo bufj j. 58. Sulle due ore di mattina nidjt etroa unfcrcm „2 Uljr 2Rorgett§" fonberit ber jroeiten ©tunbe nacfj bem ©ìorgeitlauten entfpridjt. — * Mise un urlo disperato, er ftiefe eitten Derjmcifciten ©direi au§. — 6 Frana, @d)ludjt. — 6 Tonfo, bumpfer ©djlag. — ' Rovinava, ftiirjte i)itiab.
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intoppo1; e, tenéndosi aggrappato alle snudate radici degli àlberi e ai massi mal fermi, giunse in un momento, senza sapér come, sullo spianato. L a casa non v' era più; alcune macèrie, qualche brano di rozza suppellèttile segnavano appena il sito ove fu; del Mulino più basso non si scorgeva più tràccia nessuna. Il turbinio destato dalla caduta del dirupo aveva sollevato un vortice di pólvere e di terra; ma le acque del torrente s' èrano già aperte nuove vie a traverso la rovina; nuovi zampilli gorgogliàvano tra i sassi, e la cascata più libera e più vasta perdévasi nel fondo del burrone. Mentre da Antoliva e dalle sparse cascine del contorno accorreva gente in furia 2 verso il luogo della sciagura, giacché lo spaventoso rimbombo fu udito a parécchie miglia in giro e 1' eco n' era giunto fino alle opposte montagne del lago, il gióvine di Cossogno, brancolando tra lo sfasciume della pòvera casa, aveva trovato per il primo, già morta, la sua Nunziata. Il cadàvere della fanciulla non era ancor freddo; non isfigurata, nè pesta, ella giaceva supina sul màrgine dello scheggione, fra i rami d' un àlbero stradicato che l'urto dello scoglio non avea riuscito a strappare del tutto dal fianco della montagna. Si vedeva che la fanciulla, sul punto3 dell' orribile rovinio, era uscita dalla casetta, forse per salire all'aperto: così non fu colta dal sasso, che schiacciò e menò seco8 il casolare, ma percossa dal cadér di quell'albero, giacque là, onde la trasse fuori il pòvero Vito. Così il Signore aveva consentito che, innanzi tempo, ella finisse di patire; così forse Egli volle sottrarla a più vivi dolori, a prove amarissime. Chi può interrogare la sua misteriosa e provvidente volontà? Se a quell' uomo pieno di tristizia5, che aveva cercato di perder per sempre l'innocente figliuola del mugnaio, si fosse potuto strappare la verità eh' egli cercava di soffocare insieme al rimorso, forse avrebbe detto che, in quel giorno appunto, egli volgeva nel1' ànimo pensieri d'inferno. Chi sa che Dio, permettendo la morte della innocente, non 1' àbbia salvata da un precipizio peggiore, per tirarla con Lui bella e incontaminata? Quando altri discésero al luogo ove sorse il Mulino, trovàrono Vito, che, in ginocchione sullo spianato, sosteneva colle bràccia il 1 Far intoppo, 6ci)inbetn. — 2 In furia, in ©ile. — 3 Sul punto dell'orribile rovinio, im Slugenbiicf be§ furrfjtbaren S8ergfturje§. — * Menar seco, mit fiti) fortreifeen. — 6 Pieno di tristizia, »oli fdjledjter ©ebemfert.
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capo arrovesciato della fanciulla, e la guardava immoto, inconsapévole4 affatto di ciò che succedeva. Poco di poi, fu inteso un grido acutissimo: era la madre, che prima degli altri, nel tornare da Intra con uno dei fanciulletti, appena fu ad Antóliva e vide córrer gente verso il sentiero del Buco, proruppe disperatamente: «Ah! la mia figliuola!» E come forsennata si aperse la via fra gli accorenti, che inutilmente volévano tenerla indietro. Appena giunta sul dosso, vide una frotta d' uòmini e donne che salivano ; in mezzo al gruppo, due di quei d' Antóliva reggévano1 sulle spalle una scala a piuoli, e su quella scala era distesa la morta Nunziata. La madre venne innanzi ; e dovéttero fermarsi, posarla sul terreno, e lasciare che la poveretta si accertasse da sè medesima dell' órribile sciagura. Cominciò a piàngere, a parlar sommesso; ma làgrime e parole uscivano rade e interrotte. Alla fine il dolore le annebbiò la mente; e quando coloro che portàvano il cadàvere si rimisero in via, essa tenne loro dietro2, muta e trasognata, come non sapesse più nulla di questo mondo. Il vècchio mugnàio conobbe, di li a poco, la pèrdita della figliuola e la fatale rovina di tutto ciò eh' egli aveva. I buoni contadini del contorno si proflersero a dargli ricóvero finché avesse raccolto nel precipizio quel che potesse ancora trovarsi; ma tutto era stato sfracellato, distrutto, sepolto per sempre. La Margherita, accompagnata dal Vito, andò co' suoi figliuoli a Cossogno, e vi stette per alcun tempo, nella casipola della sorella. In che doloroso momento si rivedévano le due misere donne! Qualche anno di poi, il Mulino del Buco fu ricostrutto da un altro compare della montagna, nello stesso luogo. Vito doveva partire soldato; e benedisse quel giorno quando venne. Un anno dopo, al paese3, tutti 1' aspettavano, ma non tornò più: egli era rimasto tra i morti della prima battàglia. 1
Inconsapévole affatto, oljtte ftd) Bettmfjt JU toerbett. — 2 Reggevano, trugeit. — * Tenne loro dietro, gittg Ijittter tfjttert bretn. — 4 Al paese, int ®orfe.
Biblioteca moderna italiana. Die grossen politischen Umgestaltungen auf der appenninischen Halbinsel im Laufe der letzten 30 Jahre haben auf die neueste italienische Literatur und nicht minder auf die Sprache selbst nachhaltigen Einfluss ausgeübt. Auf allen Gebieten geistigen Lebens in Italien bekundet sich ein rastloser Fortschritt. Parlament und periodische Presse tragen in bedeutendem Maasse zur Entwickelung und Fortbildung des ebenso schönen als reichen Idioms bei, dessen Prosa, durch MANZONI mustergiltig festgestellt, heute den am meisten fortgeschrittenen Cultursprachen Europas ebenbürtig zur Seite steht. Auffälliger Weise findet sich bei den in Deutschland zu Unterrichtszwecken herausgegebenen Lesestücken und ähnlichen Sammlungen die neueste italienische Literatur fast gar nicht vertreten. Unsere Biblioteca moderna italiana beabsichtigt diesem Mangel abzuhelfen. Der leitende Gedanke bei diesem Unternehmen ist, nur anerkannt mustergiltige, der zeitgenössischen Literatur entnommene Erzeugnisse zu bringen, von denen jedes ein in sich abgeschlossenes Ganzes bildet. Ausser dem sprachlichen Element ist auch der Inhalt des zu Bietenden für die Auswahl maassgebend, denn unsere Absicht geht dahin, nur solche Stücke in die Sammlung aufzunehmen, welche sich durch ihren literarischen und ethischen Gehalt gleichmässig für die Schule wie für den Privatunterricht empfehlen. Schwierigere sprachliche und sachliche Stellen finden durch die dem Texte fortlaufend beigegebenen Noten die entsprechende Erläuterung. Der Herausgeber, Director einer grossen italienischen öffentlichen Lehranstalt in Triest, und durch seine sprachwissenschaftliehen und schönwissenschaftlichen Werke in den weitesten Kreisen bekannt, ist in der Lage, der literarischen Bewegung in Italien aufmerksam zu folgen und aus dem reichen Schatze des Vorhandenen jederzeit das Beste auszuwählen. Wir eröffnen unsere Sammlung mit folgenden Bändchen: 1. üh cuur morto, Commedia in 3 atti di LEO DI CASTELNÜOVO. 2. La Nunziata, Novella di GIULIO CARCANO. 3. Ori.gi.ne d'una gran caset baneuria, Commedia in 2 atti di ITALO FRANCHI. Weitere Bändchen folgen. ¡H^T" D e n Herren Fachlehrern, welche die Bändchen der Biblioteca moderna italiana einführen, wird von den bereits erschienenen sowie den noch erscheinenden Bändchen, und zwar von den letzteren stets nach Ausgabe eines neuen Bändchens, von der Verlagsbuchhandlung a u f d i r e c t an sie g e r i c h t e t e s V e r l a n g e n bereitwilligst ein Dedications-Exemplar zur Verfügung gestellt.
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J L e i p z i g , Druck von Glcsecke & D e v r i e c t .
III. BIBLIOTECA MODERNA ITALIANA. FÜR DEN UNTEREICHT IM ITALIENISCHEN H E R A U S G E G E B E N TON
C. M. S A U E R , D I R E C T O R D E R H A N D E L S H O C H S C H U L E , S T I F T U N O R E V O L T E L L A , IN T R I E S T .
DRITTES
BÄNDCHEN.
ORIGINE D'UNA GRAN CASA BANCARIA. COMMEDIA IN DUE A T T I DI
ITALO FRANCHI.
LEIPZIG V E R L A G VON V E I T & COMP. 1878.
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Prospeet auf der letzten Seite des Umschlages.
BIBLIOTECA MODERNA ITALIANA. FÜE DEN UNTERRICHT IM ITALIENISCHEN HEBAUSGEGEBEN
VON
C. M. SAUER, D I B E C T O B D B B H A N D E L S H O C H S C H U L E , S T I F T U N G B E V O L T E L L A , I N T B I E ST.
DRITTES
HÄNDCHEN.
ORIGINE D'UNA GRAN CASA BANCARIA. COMMEDIA IN DUE ATTI DI
ITALO FRANCHI.
LEIPZIG, V E R L A G VON V E I T & COMP.
1878.
L I P S I A , » E L L A TIPOGRAFIA DI GIESECKE E DEVBIENT.
NB. Die spitzen Aecente ( ' ) bezeichnen die b e t o n t e Silbe, in sofern solche nicht nach der Hanptregel (Accent auf der v o r l e t z t e n Silbe) den Ton hat, werden aber im Italienischen n i c h t geschrieben.
PERSONAGGI.
PRIMA PARTE (anno 1792).
NATHAN GOTTSCHIELD. IL MARCHESE DI SAINT-CAST. GIONATA BEN MANASSE. LEONIDA. ORAZIO COCLITE BRICABRAC. MARCO GIUNIO BRUTO. ISACCO. RITA, móglie di Nathan. La «cena rappresenta il Ghetto di JPrancoforte. SECONDA PARTE (anno 1814).
NATHAN GOTTSCHIELD. GIONATA BEN MANASSE. VITTORIO, figlio del Marchese di Saint-Cast. ROBERTS. GIUSTINO BRICABRAC. DAVID. RITA, figlia di Nathan. La scena rappresenta la viUa di Nathan, presso Londra.
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PARTE PRIMA. (22 ottobre 1792). Povera sala terrena,1 tetra ed tìmida nella casticeia di Nathan nel ghetto2 di Franefort. — In fondo una finestra di architettura gòtica; porta che dà sulla strada. — In fondo, altresì, a destra dell' attore, un vècchio banco da bottega* ; e presso a questo una ruota da arruotare pietre preziose;-a sinistra poche seggiole all'antica, tutte di legno scolpite, massiccie, senza impagliata. — Una antica làmpada di rame sospesa ad una catena sopra la ruota. — A sinistra àmpia poltrona4 con una culla accanto, e dietro ad essa presso allo scenàrio6 una stufa amplissima d'antica fòggia, oppure un camino patriarcale alto da terra8. — Questo si appoggia ad una scaletta praticàbile, che conduce a stanze superiori. — Una porticella, dal lato opposto, conduce pur essa' fuori della casa. — Assi alle pareti con giare8 di birra all' uso tedesco, vasi ed altri utensili da cucina.
SCENA PRIMA. G-ionata, solo, entra dalla porta di fondo con un plico sigillato nella mano.
Gion. Nathan non è al lavoro. V' era un tempo in cui alle otto del mattino si poteva esser sicuri9 di trovarlo alla sua ruota a tagliar pietre preziose; ma, da che ha preso moglie, le pietre preziose han fatto divòrzio da lui . . . . Poveràccio ! (Si cava di tasca un piccolo involto di danaro) Ecco il denaro che ho ricavato dalla véndita della fibbia di brillanti che Nathan mi diede ieri a véndere per conto suo. Come diàmine gli sia capitata nelle mani quella fibbia? mi voleva dare ad intèndere10 che era stato incaricato da un amico . . . ma sappiamo tutti in ghetto che cosa vuol dire questo amico! (DalC attra mano ha il piego e lo pesa nelle mani) Ed ecco un plico11 che ho preso alla posta per lui , . . . (Legge 1 Sala terrena, .gimmo: tot ©rbgefdjojj. — 3 Ghetto, Qubenftabt. — * Banco da bottega, Cabentif^. — 4 Poltrona, fie^rtftu^t- — 8 Scenario, $rofcemunt, SSorberjmmb. — 8 Alto da terra, erf)6£)t. — ' Pur essa, glcicfjfaUS. — 8 Giara di birra, àsierglté. — 9 ®cr giurai bei si S roegen be§ SiJìeljrjalpegriffg. — 10 Dar ad intendere,roeifcIttadjeit. — 11 Plico, SJSaciet.
V indirizzo) « AI cittadino Bon-Enfant presso Nathan Gottschield nel quartiere degli Israeliti a Francfort,» . . . Che cosa ci sia dentro, che pesa tanto? (Guarda attorno) E Nathan non viene! appunto stamane i Francesi éntrano in città; non vo'mica pèrdere lo spettàcolo! Nathan! ( Verso la porta laterale) Ehi, Nathan Gottschield? SCENA II. N a t h a n dalla porta in cima1 alla scaletta, e detto.
NAT. PSS! (Jacendo cenno a Giónata di abbassar la voce) Gionata? Pss! Voi svegliate la bambina. ( Va premwrosamente alla culla) NO, dorme profondamente la pòvera creaturina! (Sospira con amarezza) Oh! così potéssero dormire i suoi genitori! 2 GION. To' ! E il Rabino pretende che avete il sonno duro! NAT. Lo so io che cosa vuol dire colle sue metàfore! sempre implacàbile meco! Perchè in tutte le religioni dev' esser così? Più esse comàndano l'amore e più i loro ministri, che si dicono zelanti, sono spietati. GION. Caro Nathan, codesti sono gineprai® in cui non m'impiccio. Che il Rabino parli del sonno che fa tenér chiusi gli occhi, o di quello che fa tener chiusa la coscienza a me importa nulla, ed io sono pronto a servir lui come servo voi, quando mi date qualche incombenza. Voi mi avete ieri dato quella di véndere una certa fibbia (gli dà wn involto di denari) ed ecco qui il ricavato4; ma ho dovuto durar fatica.6 NAT. (avidamente prende il denaro) Quanto? . . . quanto? (Conta) Quindici talleri! Pel Talmud! vi giuro che ne valeva t r e n t a . . . GION. Mi diceste che vi occorreva vender sùbito . . . . che la fibbia non era roba vostra . . . NAT. NO, ma c'È la mia commissione; tre groscen per tàllero ; dunque ci ho perduto quarantacinque groscen . . . . ne avrei potuto guadagnare cinquanta . . . . Per Mosè! ne sono sicuro. 6 GION. E perchè non siete andato in piazza de' mercanti da per voi? 1 In cima, obetfjalb. — 8 To' (SBeriiirjung Don togli,) Qnterj. 9iun! ba fieljt man'3. — * Gineprai in cui non m'impiccio, ®ittge in tneldje id) mtd) nicfjt ntettge. (Ginepraio bebeutet eitteit Dtt, ito »tele 58ad)i)o(berftaubett roadjfeit, bafjer fig. ®ididE|t, SSertnicfelungen;c. — 4 Ricavato, ba§ ©rtragnife, baè ©elb. — 6 Du-, rar fatica, jtdj feljr bemui)en irtiiffett. — 6 Da per voi, felbft.
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NAT. Perchè? perchè? {Con profondo rancore, come se parlasse ad altri ohe a Giónata). Lo sa bene costui, che non c' è israelita nel Ghetto che vòglia toccar la mano di Nathan Gottschield. I mèdici sostengono che la lebbra1 è disparsa d'infra noi. È una menzogna, Giónata! Non sono io forse il lebbroso di Francfort? La mia mano non è forse appestata, il mio fiato avvelenato, lo stesso mio denaro infetto? E voi vorreste che io negoziassi da per me? Grázie, Giónata Ben Manasse, grázie del buon consiglio . . . . G I O N . A che lamentarvi, Nathan? Siete voi che l'avete voluto; conoscete la nostra legge, eppure . . . . NAT. Eppure ho sposato una cristiana, e perciò mi vidi rejetto dal consòrzio dei miei correligionaij, dalle loro adunanze, dalle loro leggi, dai loro ufficj, dai loro tràffici . . . . L' ho voluto, è vero e se tutti i profeti venissero ad offrirmi quanto ho perduto per, disfare2 quello che feci . . . . noi vorrei, per Gehovah! GION. Gli 3 è vero che la vostra Rita è una buona creatura, quantunque sia cristiana. NAT. Una buona creatura! Ho trafficato in pietre preziose per tutta la vita mia, Giónata, e vi so dire io che la è una gemma che ripaga tutto quanto ella mi costa . . . ed è una grossa somma! (Sospirando. 8' ode rumore di armi e di eardi popolari al di fuori). Che cos' è questo fracasso? GION. Sono gli evviva 4 e le dimostrazioni con cui il pòpolo riceve i soldati della repùbblica francese. Essi entrávano stamane dalla Porta Magonza, mentre i nostri soldati prussiani uscivano da quella d' Hanau. Così sono sicuri di non incontrarsi! Me ne vado a far le smanacciate5 anch' io ai nostri liberatori. (S' incammina) Oh! mi scordavo di darvi questo plico, che ho trovato per voi alla posta. Addio, Nathan. Evviva! (Andándoseme) Evviva la libertà! Evviva la fratellanza! (Esce gridando; il rumore continua per qualche tempo al di fuori). SCENA III. N a t h a n solo.
NAT. Kai Adonai! (*) Urlate tanto che ne abbiate squarciata la gola! Ancora un po' e mi svegliávano questa creaturina! {Alla
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*) In ebraico : Per Dio ! . . . 1 Lebbra, SluSfag. — 2 Disfare, imgefdje'fjm macfjett. — » Gli = egli, eS. — Gli evviva, bie Sebeìjodjrufe. — 6 Far le smanacciate, begeiftert bcgriifjett, jujubelit..
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culla) Libertà! fratellanza! Pòssano queste parole èssere atìspici di un' èra nuova, e valere per tutta 1' umanità! Se esse suónano il vero, non più oppressione di gentili1 sopra israeliti, o, locchè è più dura legge, d'israeliti su israeliti! Se esse suónano il vero, da questo giorno comincia per la pòvera nostra razza una liberazione più grande e più solenne di quella conquistàtaci da Mosè. Non più schiavitù, non più abiezione, non più uòmini cacciati da uòmini come belve dai segugi! . . . SCENA IV. Il Marchese di Saint-Cast e Nathan. (Il Marchese di Sa/imt-Cast entra, i/n fretta, come se fosse inseguito, dalla porta di fondo che Qiónata lasciò socchiusa).
NAT. (SÌ riscuote2) Chi è? (Il Marchese getta su di un mòbile il terraiuolo in mi era imbaccucato sino agli occhi) Cittadino BonEnfant . . . . 3 MAKCH. (benché in àbito da màggio, il vestiàrio e i modi del Marchese accennano ad estrema eleganza. Il Marchese è wn uomo di 4.0 o £5 anni, motteggiatore nei momenti piò gravi e più rischiosi. È un vero modello della brillante e spensierata società aristocràtica del sècolo XVIII) Date un' occhiata alla porta, amico. (Nathan eseguisce4) Spero di aver fatto pèrdere la mia tràccia a questi lùridi sanculotti. E dire5 che siam nati nello stesso paese io e codesta genia di mascalzoni! (Con disgusto) Puah! NAT. (toma sul proscènio, dopo aver chiusa la porta con una sbarra trasversale di ferro) La strada è vuota ; tutto il ghetto è accorso a dare il benvenuto all' esèrcito francese. Voi avreste dovuto esser colà, cittadino. (Con Menzione). 6 MARCH. Non gradisco esser preso in isbaglio per un fariseo, signor Nathan. Odio i clamori dei trivii. (Applausi di dentro). NAT. Udite? Viva la libertà, viva la fraternità, 1' uguaglianza! Il cuore non vi batte di giòia a tali grida? MARCH. Mi batte, ma non di gioia; se aveste udito tanto di questa 1 Gentili, ¡geibett. — 2 Riscuòtersi, ¿ufammeitfaljren, erfdjrccEen. — * Vestiàrio e modi, feeiburtg unb SBcne^tncit. — 4 Eseguisce, gei)ord)t. — 6 E dire, Uttb ba fon matt fagert. — 6 Non gradisco esser preso in isbaglio per . . . tdj miJcf)te nidjt gerne irrtfjumiid) gefjalten merbett fiir . . .
música quanto ho dovuto udirne io col ritornello obbligato : à lalanterne, non sareste così entusiasta . . . . (Dopo aver guardato attorno e dalla finestra) Su via1, mio eccellente amico, giuochiamo a carte scoperte; non avete alcun sospetto intorno a me? NAT. No; ho certezza. M A R C H , (riscuoténdosi al tuono profondo di Nathan) Ed è? NAT. Che siete un emigrato, un aristocrático ; che andate a raggiùngere 1' esèrcito dei principi i quali pretèndono tornare colla forza delle armi nel paese donde fúrono scacciati. Ho certezza che siete qui trattenuto, vostro malgrado, per mancanza di denaro. Il caso vi fece capitare2 nella pòvera mia casa; volevate véndere un gioiello, e vi serviste della mia mediazione. Da quel giorno siete venuto più volte, spinto dal bisogno di raccòglier moneta per far fronte 3 alle vostre urgenze quotidiane . . . ( Guardando lo spillo che ha alla cravatta) Ecco qui un grazioso solitàrio4: bell'acqua, e ben legato.5 Per la Misnà6! Pensare che ci sono persone che vanno a zonzo7, tutte tempestate8 di diamanti! . . . Or bene, che cosa vorreste ricavare da codesto ninnolo? Credo potér trovare un cliente che ne dia 50 talleri, oltre la mia commissione. 9 M A R C H . Grázie. Finché le mie spalle basteranno a règgere la mia testa, questo gioiello rimarrà dov'è. Era di mio padre : fu il suo dono al letto di morte. NAT. Bene, bene, fate voi10! A me pareva che vi potesse riuscir più cómodo il convertirlo in denaro, ridotto, come siete, in strettezze di pecùnia. M A R C H . E perciò non meritévole di esser consegnato ai miei concittadini sanculotti, entrati oggi appunto in Francfort col generale Neuwingher. NAT. Anzi mai sarebbe tempo sì opportuno per consegnarvi quanto 11 la solennità di quest' oggi, marchese . . . . M A R C H . Marchese? . . . NAT. Di Saint-Cast. MARCH. Ah! ah! scusate; i titoli sono aboliti, e mi chiamo il cittadino Bon-JEnfant. NAT. SÌ , sull' indirizzo delle lettere che mi avete incombenzato di 1 Su vial §orett ©te! Dffett IjerauS ! — 2 Capitare in, jufalitg treffcn auf... — • Far fronte, gettiigen. — * Solitàrio, grofjer eittjclner ©bclftein (Solitaire). — 6 Legato, gefajjt. — 6 Misnà, 2Rìfcf)na (cin retigi5fe§ ©efegbucf) ber Suben). — ' Andar a zonzo, Jgerumiungerrt, SSutnmeltt. — 8 Tempestate, befttet, bidjt bebedt.
— 9 Règgere, trageti. — 10 Fate voi, tfjun @ie, tote e§ gíjneit beliebt.—"Quanto, al§.
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andare a prèndere alla posta per voi, ma marchese di Saint-Cast sull' orlo delle vostre fibbie. Dovreste aver cura di scancellare il vostro nome dagli oggetti di cui volete disfarvi, prima di mandarli in ghetto. Ma tranquillizzatevi, io ebbi la precauzione che voi non aveste . . . . Ecco il denaro; quindici talleri; contate, ho dedotto la mia commissione, tre groseen per tàllero. MARCH. (dopo una pausa) Sono nelle vostre mani. Vi siete fatto un'idea1 di quanto possa profittarvi il tradirmi? Forse, se mi accennate la somma, potremmo vedére se non vi convenisse meglio lo assistermi. NAT. Questo plico può aiutarci a fare il càlcolo. (Mostra il plico dàtogli da Gionata). MARCH. Un plico al mio indirizzo? lo aspettavo; sì, (con finta indifferenza) sono carte di famiglia . . . . (Stende la mano per prèndere il plico). NAT. Scusate, veh! ma sono biglietti di banca. MARCH. Avete rotto il sigillo? (con disprezzo sdegnoso). NAT. Oibò! mi è bastato palpare l'involto; ho un pòllice e un indice sensibilissimi. MARCH, (apre il plico) Sì, avete ragione: siete più assuefatto di me a questa sorta di faccende . . . . senza il mio intendente non ci capisco nulla . . . Ditemi un po'; che somma rappreséntano queste carte? (Gli dà il plico). NAT. (svolgendo i biglietti rapidamente come farebbe un cassiere di banca) Allo sconto di Amburgo dugentomila tàlleri, qualche groseen più o meno. Allo sconto di Londra circa tremila talleri di meno, perchè, come sapete, gli sconti dei paesi che sostengono i principi esiliati son sterminati come le loro pretese. Marchese, (con disinvoltura2) voi possedete qui un milioncino di franchi; vedete dunque che la vostra testa vale pólvere e piombo quanto pesa. ( Gli rende il pacco). MARCH. Sta bene. E chi volesse comprarla sarebbe pagato di questa moneta. (Gli fa vedére un paio di pistole). NAT. (spaventalo) Abbasso3, abbasso quelle armi! - . . MARCH. Avete paura? NAT. (rimetténdosi) Oh! Ho paura soltanto che si svegli questa creaturina No, no, signor marchese, non vi allarmate: la mia vita non vai la ménoma parte di tutto quel denaro, e la vostra nemmeno. 1 Vi siete fatto un' idea, IjaBeit ©te auSgeredjnet. — 3 Disinvoltura, UltgenirtIjcit, SSertrauIitì)feti, gramutfjigieit. — s Abbasso, fort Jtiit! roeg mit!
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Contaste i biglietti voi stesso? NAT. SÌ, ma quanti credete voi ne cadrébbero nelle mie mani se andassi a denunziarvi? Eppoi, è una cattiva usanza il far fucilare i proprii avventori! . . . MARCH. Ma voi vi siete mostrato partigiano delle màssime1 del signor Robespierre e compagni! Voi sapete oramai chi io mi3 sia: un emigrato, un aristocrático, un uomo messo fuori dalla legge. NAT. Ma per me, anzitutto, un avventore, un cliente . . . . I miei antenati adorárono il vitello d'oro; adoro il denaro anch'io, ma il denaro che nutrisce. Il denaro macchiato di sangue fa sempre la rùggine.3 I vostri correligionarii hanno un certo provèrbio intorno alla farina del diàvolo . . . . Io non vóglio che il denaro mi si converta in cénere. Vorrei piuttosto che il piombo mi si convertisse in argento fra le mani, che l'argento mi diventasse oro. H vostro segreto è sicuro meco. ( Va verso la c/una). MARCH. In qual modo debbo pagarlo? NAT. Col giudicare un po' più caritatevolmente il pròssimo israelita con cui avrete che fare4 . . . e . . . Vediamo . . . (Da varii moti di Nathan trasparisce come alle prime intenzioni generose, disinteressate, suggeritegli dalla móglie, succede sempre la sete accanita del denaro e dei lucri) Se vi decideste a disfarvi di quel solitàrio, (accennando lo spillo) e non vi rincrescesse pagarmi una commissione5 ragionévole, come, a mo' d'esempio6, dodici groscen per tàllero . . . . MARCH. Non dimenticherò 1' amico Nathan Gottschield, ma dentro oggi debbo lasciar Francforte per Coblenza. Permettete che io vi offra questa tènue ricognizione de' vostri servigi. (Presentandogli un biglietto). NAT. (guardándolo con esitazione) Un biglietto di mille franchi? . . . MARCH. Mi affliggereste ricusándolo. Perchè esitate? NAT. È un biglietto francese . . . . al vostro nome . . . . non è negoziàbile7, se non ci fate la gira. MARCH, (va alla tàvola, prende una penna, fa la gira sul biglietto, e glielo dà) Ecco . . . . un piccolo ricordo per la vostra bambina. MARCH.
1 Màssime, ©runbfäfce. — a Chi io mi sia, ma§ id) bin. ®a§ 3lccufatit>= ptonotnen mi, ti, si, je. fügt ftdj jutneilen pleonaftifd) bei um ben SluSbrudE ju oer= ftiLtfen. — * Far la ruggine, roften, leinen ©egen bringen. — 4 Aver ohe fare, JU tfjun (jaben. — 5 Commissione, Sßroöifton, 9Käflcrgebiif)r. — 6 A mo' ( = modo) d' esempio, junt ©etfptel. — ' Negoziàbile, ju begeben, ju üerttjertijen.
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NAT. Gràzie, gràzie: ne ha grandemente bisogno, la poveretta, e tutti noi, tutti! (Dalla cuna passa a sinistra) Siamo così miseràbili! MARCH. E adesso, amico, vi ringrazio. Addio! {Gli stende la mano). NAT. Che? Voi non avete ribrezzo a toccare la mano del lebbroso, voi, un marchese, un cristiano, mentre i miei fratelli non vogliono stringerla? Eccola. (Gliela stringe) Gehovah vi conduca! La benedizione di un ebreo non può far male ad un cristiano. ( Apre la porta e guarda al di fuori. Il Marchese si ripone il terraiuolo e da per passare la sòglia,. Nathan lo respinge bruscamente, lo afferra e lo astringe a collocarsi dietro V'ascio, che spalanca per meglio nascóndere il Marchese, mentre egli si pianta sul bel mezzo deW uscio, quasi sulla strada: s'ode il rullo dei tamburi, poi pdssano dei soldati della Repubblica francese mal vestiti e làceri; si ode il suono, eseguito dalla banda e dai pifferi, della Marsigliese). NAT. (a voce scmmessa al Marchese) I Francesi! Silenzio, se vi è cara la vita. (Gridando sull'uscio) Libertà, fraternità, uguaglianza! Viva i nostri liberatori! (Guardando dietro ad essi dopo che sono passati) Se ne sono iti1, i nostri liberatori! ( Chiude la porta colla sbarra). MARCH. I miei carnéfici . . . . se mi póssono aver nelle mani . . . . NAT. Un minuto prima sareste caduto in mezzo a loro. ( Guarda di muovo) Fanno alto2 sulla piazza del ghetto . . . . méttono le armi in fàscio . . . . Ismaele Wolf porta loro del vino . . . . collócano sentinelle ai canti delle vie . . . . MARCH. Debbo passarvi franjezzo per tornare alla mia locanda . . . . se mi fermano3 . . . NAT. La lingua vi rivelerà per francese, i modi per un nòbile . . . . vi frugheranno . . . Avete una carta di cittadinanza? MARCH. NO davvero. Briganti! Conosco la loro parola d' órdine «la borsa o la vita». NAT. NO, «la borsa e la vita». Nel caso vostro tale sarebbe la parola d'órdine: non potete nascóndere la vostra condizione. (Con grand' arte V attore deve tradire quasi impercettibilmente V idea che il Marchese possa esser preso, e che il denaro cada in sue mani). MARCH. Come uscirne? Non mi sta a cuore la vita, ma questo denaro.... NAT. Bravo! Avete ragione: (approvando con calore V idea del Marchese) tenete a cuore4 il denaro ! 1
Se ne sono iti, fte ftttb fott. — 2 Far alto, ^altmadjen. — * Férmare, anljalten.
* Tener a cuore, am §erjen ttegeit.
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tutto il patrimònio che lascio a mia moglie, a mio figlio... {Dopo breve riflessione) Nathan, posso io fidarmi di voi? NAT. È un po' tardi per fare una tale domanda. MARCH. È vero, debbo fidarmi . . . . me ne deste la prova, poiché avreste potuto appropriarvi quanto posseggo . . . . mi affiderò a voi intieramente: abbiate cura di questo plico per me fino al mio ritorno. NAT. Affidate ad un pòvero ebreo il denaro e la testa . . . . tutto ad un tempo? MARCH. Non ho altra alternativa, ed ho fidùcia in voi. Bisogna che torni alla mia locanda, al Cava'1 bianco. Debbo distrùggere carte importanti che comprometterébbero la nostra causa. NAT. La vostra, volete dire . . . . 2 MARCH. Distrutte queste . . . . NAT. E se voi foste distrutto prima? MARCH. Debbo córrere il rischio! Mi è lecito porre la mia fortuna in salvo: è cosa mia; ma non posso esitare ad esporre la vita: è cosa3 del mio re. ( I'ncamminändosi per uscire). NAT. (da sè, scuòtendo le spalle) Curiosi principii di questi cristiani! Aspettate. ( Gli copre il petto e il collo col ferraiuolo) È meglio che copriate il vostro solitario . . . . potrebbe destare tentazioni 4 MARCH. Viva Dio ! avete ragione, amicò. Eguaglianza, fratellanza, 5 sonfémmine !.... difficilmente san6 resistere ai diamanti. (Parte). MARCH. È
SCENA V. N a t h a n solo.
NAT. (guardando dalla finestra per la via dopo avér chiuso accuratamente la porta) E non san resistere al vino! . . . I nostri liberatori mi han 1' ària 7 di èssere passabilmente brilli. Se séguitano così, asciugheranno, prima che sia notte, sino all'ùltima botte d'Ismaele Wolf. Vediamo come si comporta il signor marchese... Siamo al momento pericoloso . . . . Bene! ha passata la prima sentinella senza alcuna aflettazione8. Bravo! Diàmine! Tenete chiuso il ferraiuolo. (Facendo gesti) Oh! . . . il sergente lo ferma, 1 Patrimònio, SBermögen. — 2 Distrutte queste, loemt biefe Dernicfjtet fiitb. — • È cosa di . . . &tefe§ (b. i). mein Sieben) gefjört. — * Viva Dio, bei ©Ott. — 6 Son fémmine, finb SSet&er. — 6 San = sanno, tuiffeit, tonnen. — ' Aver 1' ària, ben Sinfd)etn fjaben. — 8 Affettazione, Slnftonb, ©djtoierigfeit.
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gli mette la mano sulla spalla . . . . Ahi, ahi! la faccenda si fa seria! Gli offre da bere! Ahi! ahi! signor marchese; come deve riuscirvi gustoso il trincare coi briganti, come li chiamate! . . . Ne è uscito a salvamento, non c' è che dire . . . . Passa oltre . . . . È libero, libero come le sue belle cédole di banca . . . . Éccole qui, colombe adorate ! ( Chiude la finestra e ritorna sol proscènio, tenéndosi il pacco di cédole stretto sul seno) Non mi rincresce mica1 eh' ei sia scampato alle unghie de' nostri liberatori, oh! no, non mi rincresce! Chi lo dicesse sarebbe una mala lingua. La sua fu la prima mano che stringesse da lungo tempo cortesemente la mia, all' infuori2 della pòvera Rita! Ora riponiamo queste preziose carte. (Guardàndole) Firme senza eccezione! Tutte d'israeliti . . . . Gran pòpolo il nostro per il denaro! Ecco la firma di Meyer, ecco quella d'i Oppenheim e quella di Mendelsohn! Tutte banche che valgono oro quanto3 pésano. Non ve n' è una che farebbe torto di un kreutzer alle loro cédole ! Mentre, guardate un po' qui la carta di questi cristiani! ecco i loro assegnati che sono di già al venticinque per cento di sconto. Peuh! ( Con disprezzo, poi pesando e rimirando V intiero plico) Con qual baldanza potrébbesi andare alla Borsa con un capitale come questo fra le mani e con tempi come questi propizii ai grandi colpi, per un uomo chef abbia la testa a segno4! Valori e fondi pùbblici5, che van su e giù come i cavalloni di un mare in tempesta! . . . Il denaro vale ora il cinquanta per cento a chi sa maneggiarlo destramente! (Baciando le cambiali) Oh! àngioli santi, se foste miei, come saprei farvi valére! Se mi avesse almen detto di méttere a frutto6 il denaro. {Pausa) Santi profeti! (Con grande esclamazione di sorpresa e di giubilo) E il forsennato se n' è ito senza neanche esigere un rigo di ricevuta! . . . senza neppure domandarla! Ecco come i cristiani rovinano i loro affari! E la sua testa può essere spiccata dal busto ad ogni piè sospinto 7 ! . . . Nessuna ricevuta! . . . nessun testimone! . . . e la mia pòvera Rita, che tante volte ha patito meco la fame . . . . e la nostra creaturina . . . . (Stringendo le carte con dita convulse) 1
Mica, eiite Tttefjr ber SBollSfptacfje attgefjorige S3erftatfurtg ber SBertteirturtg, etica: fetneéroeg§, butd.)aué nidjt.— All'infuori di, auégenotnmen.— * Che vàlgono oro quanto pesano, bie fotoiel @elb metti} finb ctl§ fie jcfjwer fittb. — * Aver la testa6a segno, ben Ìfopf attt rccfjtctt gledeftaben.— 6 Fondi pùbblici, ©taatàpapiere. — Méttere a frutto, nugbringenb antegen. — 'Ad ogni pie sospinto, bei jebem ©djritte.
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No, no, no! via, via da mei vi è la gira di Belzebù sovra ognuno di questi fogli! . . . (Chiude i fogli nell' inviluppo) Adesso occore sigillarli, sigillarli ben bene. ( Va al focolare ad accèndere una piccola candela) Poverette!... racchiùderle, mentre sarebbe sì bella cosa mandarle in giro pel mondo e far loro produrre il cento per cento! (Sta per sigillare il plico) Ah, bisogna che dia loro un' altra occhiata a queste bellezzine 1 !... (comincia a contare le cambiali). «Buono per cinque mila tàlleri, a tre mesi data, Oppenheim» col nome del traente in bianco. ljnen finbet. — * Gli arnesi del mestiere, ba§ ^attbtoerféjeug. — 8 O chi per lui, ober an beffett Drbre. — 9 In fede, Ur= futtb beffett.
NAT. (prende le cédole e si aasiede presso il fuoco) Aspettate che io conti le cédole per esser pienamente sicuro della esattezza della somma. (Almeno che io le maneggi ancora una volta.) Cernia le cédole ed è talmente assorto in tale occupazione, che non abbada al seguente discorso, il quale avviene sul proscenio fra il marchese e Rita). M A R C H . E una formalità superflua, ma giacché insistete, amici miei, io nascondo, come vedete, la vostra ricevuta in un cassettino segreto di questo scrignetto. (Fa vedére a Rita il magnifico „necessaire", che teneva ascoso sotto il ferrajuolo. Si cerchi sia quanto più possibilmente elegante1 e alla moda, di quei tempi) Un grazioso scrignetto, non è vero? (A Rita) E il dono che mi fece mia móglie quando partii dì Francia, ella ne aveva due simili: uno se ne ritenne col mio ritratto e a me diede il suo, éccolo qui . . . . sulla placca2 {Sospira). R I T A Vostra móglie è in luogo sicuro, senza dùbbio? 1 M A R C H . Dio lo voglia* . Fui costretto a lasciarla con un nostro bambinetto alla frontiera francese, per non destare sovèrchio sospetto. Chi sa se ci rivedremo più mai! Addio, miei buoni, miei òttimi amici. (Per uscire). R I T A (fermandolo) Un momento. (Accende una candela al fuoco) Nathan, hai tu finito di contare? . . . NAT. (scuoténdosi3 Idscia di esaminare le cambiali) Sì, Rita, sì. R I T A Dammi quei fogli bisogna farne di nuovo un plico e sigillarlo. NAT. (con dolore e consegnandoli a stento4') Eccoli! R I T A (ne fa un plico) Adesso, signor marchese, sigillate voi stesso questo plico. (Da il pacco al Marchese che lo sigilla con un anello che ha in dito) Ma se voi non tornaste a ripréndere questo sacro depòsito, diteci almeno ove noi lo potremmo far pervenire a vostra moglie . . . . M A R C H . In tal caso . . . . indirizzatele una lèttera a . . . . NAT. No, non ci dite nulla. Ciò che uscì da una bocca volontariamente, può uscir da un' altra a forza, sotto l'impulso del terrore e della violenza. Scrivete; un foglio si può nascóndere facilmente. M A R C H . Avete ragione. (Mentre Rita parlava scrisse P indirizzo) Questo appunto vi basterà a scoprire la segreta dimora di mia móglie. (Pone il foglio sulla tdvola) Addio! (Jdesi al di fuori 1 Si cerchi sia quanto più2 possibilmente elegante, e§ (bd§ $aftd)en) tnufj fo elegant afé moglie!) feitt. — Placca, bie piatte. — 3 Scuoténdosi, auffteEjenb. 4 — A stento,roiberSBtttcìt, mit SBibcrftrebcn.
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il passo di marcia dei soldati, tamburi e rumori) Ah! abbiate cura di quel depòsito, è tutto quanto posso lasciare a mio figlio! R I T A Non temete. Io vi condurrò per una ADA più sicura sino alle porte della città. Venite meco, signore. {Lo prende per la mano e parte seco lui1 dalla porta donde ella è entrata in iscena). SCENA V i l i . Nathan solo.
NAT. Oh donne, donne! Non ci lisciano mai cògliere la palla al balzo2 coi loro scrùpoli. Ma Rita ha ragione, sempre ragione, comunque cristiana.3 Ha lasciato un fòglio! ( Vede Pindirizzo sulla tàvola, ma non lo legge) E l'indirizzo di sua moglie . . . . No, non vo'4 lèggerlo, lo porrò nel plico delle cédole . . . . Rita avrà cura di tutto . . . Ah! essa ha preso seco le cédole? Le avrei tenute ancora un po' fra le mani tanto volentieri! Buona giovane! Il marchese sarà salvo guidato da lei . . . . (Sospira) Gran fortuna5 che non l'àbbiano ucciso prima che gli facessi la ricevuta! (Con rammàrico mal dissimulato). SCENA IX. Oiónata e detto.
Gì ON. (di dentro) Nathan! Nathan! NAT. Gionata Ben Manasse! ( Corre ad aprirgli la porta) Che cosa è stato? La sinagoga ha forse preso fuoco? G I O N . Chi lo sa! Potrebbe anche darsi6 che prendesse fuoco quanto prima. I francesi si sono impadroniti della città; adesso fraternizzano, come essi dicono, col pòpolo. NAT. Tanto cogli Ebrei che coi Gentili, non è vero, Giònata? Oh santa eguaglianza! . . . G I O N . Essi non móstrano preferenza. Chi ha vettovàglie deve métterle fuori 7 ; e denari e roba sono confiscati senza la ménoma distinzione, con una eguaglianza edificante . . . . 1 Seco lui, mit tf)tn. — 2 La palla al balzo, bie Sfugel im S'uge = bte gute ©clegertljieit? — 3 Comunque cristiana, obtt>oI)l fte eine ©Ijriftin ift. — 4 Vo' = voglio, idj tirili. — 5 Gran fortuna, e§ ift lt>irfltcf) ein ©liicE. — 6 Potrebbe darsi, c§ mare moglidj. — ' Métter fuori, fyeraitSgebert,
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NAT. Non è egli nostro dovére di far buone accoglienze a chi 1 ci libera da un odioso dominio? E se essi prèndono ciò che non si dà loro di buon' ánimo, han forse tutti i torti? GION. Gli è che2 in casa vostra essi non troveran da prender molto, ammenoché non ábbiano il gusto dell'Orco3 . . . . quello di mangiare i bambini. Ad ogni modo state certo, Nathan, che faranno una visita anche a voi. Già dicono di volér saccheggiare il ghetto. Hanno preso una specie di spione . . . . quel cane rinnegato4 di Isacco. Egli ha promesso loro di condurli alla scoperta di tutti i nostri scrigni. Ah! Nathan, felice voi che non avete scrigni, o, se li avete, sono completamente vuoti. NAT. SÌ, vuoti! tutto è vuoto nella pòvera casa di Nathan Gottschield . . . . scrigni e cassette . . . . stanze e ripostigli. Ditelo pure ad Isacco, ditegli che può risparmiarsi la visita . . . . Perderà tempo e fatica ! GION. Che volete che io gli dica? Non mi presterà fede quell'apòstata indiavolato.5 NAT. Neanch'io posso crédere a quanto6 mi dite. Come? . . . . i figli della grande rivoluzione, gli apóstoli della libertà abbassarsi a saccheggiare? E una menzogna! SCENA X. Bita e detti.
(dall' uscio donde è uscita e fermandosi un mómento sulla sòglia) È verità ! I Francesi già cominciano a saccheggiare il ghetto : sono due usci più in su7 della vostra bottega, Gionata. GION. Oh santo profeta Abramo! E tutti i guadagni della settimana, che ho sempre nel mio scrittojo! Per 1' ánima di Melchisedec! se ci méttono sopra8 le ùnghie, sto fresco9! Ah! dice bene il Rabino, ci sono tempi in cui una borsa vuota è il guanciale più sicuro. {Si ódono rotture di porte e di vetri al di fuori) Senti come ci dan dentro10! Chi sa che non mi sfóndino anche 1' uscio di casa. Oh! . . . per li Capanni 11 ! (Disperalo, colle mani nei capelli va RITA
1 A ohi, bemjenigen toeldjer . . . — 2 Gli ( = egli) è che, cine Umfá)rei= bung gleidj bem Sroitj. C'est que . . .roirbnidjt liberi". — 3 Orco, SKenfcfienfreffei:. 4 Quel cane rinnegato, jener abtviinnige ¡Qltrtb. — 6 Apostata indiavolato, £)ot£ifdt)er Slbtriinniger. — 6 Quanto mi dite, ttiaá mir fagt. — 7 Due usci più in su, um «nei Xí)üren toeiter oben. — 8 Métter le unghie sopra qualchcosa, etttiaS urttet bic iganbe befommett. — 9 Starfresco,in ber s p a t f d j c ftfcen. — 1 0 Senti come ci dan dentro, fjiirft $u rote fie braufloSfcljIagen? — 11 Per li Capanni, bei alien Saubertjiitten.
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alla porta di sbrada e guarda) Viva i Francesi! (Nuovo rumore) Razza infernale! (Piano dentro la porta gridando) Libertà, fratellanza o morte! Viva! (Fuori della porta gridando) Cani scellerati, figli di Bélia! Viva i nostri liber . . . . (Per gridare fuori della porta, e ad un trailo tornando dentro oon comica disperazione) Me 1' han sfondata . . . . Mi han sfondata la bottega! Oh cani!... Oh gatti!... Oh béstie feroci! (Partecorrendo). SCENA XI. Nathan e Rita.
NAT. (chiudendo la parta di strada dietro Giónata) Accompagnasti si presto il marchese alla porta di Hanau? 1 R I T A Volle a forza che lo lasciassi appena ebbe messo il piede fuori del quartiere . . . . NAT. Ma tu hai il plico, non è vero? . . . R I T A Éccolo. (Se lo toglie dal seno e glielo mostra). NAT. Dà qui. ( Vorrebbe prènder il plico dei biglietti, ma Rita lo ritiene sempre) Bisogna nascónderlo. Dove, dove? (Girando inquieto per la stanza). R I T A Nel ripostiglio che è qui . . . . nel pavimento. NAT. NO, no, Isacco Salomon lo conosce . . . . questa era prima la sua bottega. R I T A La cassetta segreta sotto la ruota . . . . (L'accenna). NAT. Sentiranno il vuoto2 colle baionette e col càlcio del fucile. (Storcéndosi le mani convulsivamente) Oh queste care, queste preziose cédole! (Rumori di passi al di fuori). R I T A Silenzio! Éccoli! sono alla porta! NAT. (erra come pazzo per la stanza guardando da per tutto) Come fare? ove nascóndere tanto tesoro ! Se ti trovano indosso i biglietti ti uccideranno. Dámmeli, meglio che uccidano me . . . Oh saprò difènderli! (Picchi violenti alla porta di fondo). R I T A No, no. ( Time stretto al seno il plico). O R A Z . (di dentro) Aprite in nome della Repùbblica una e indivisibile. NAT. AH! l'ho trovato! Qui nella culla; la vita di un bambino deve esser sacra. R I T A (getta nella culla il plico, trae daMa borsa che ha al fianco, 1 Appena ebbe, afó er faum . . . f)atte. — ben leeren SRanm entbetfett.
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Sentiranno il vuoto, fie Werbeit
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il lavoro, e siede presso la culla lavorando ad im merletto. Essa e Nathan cércano comporsi a contegno quieto1 e indifferente. Nathan apre). SCENA XII. lieónida, Orazio Coclite e vanì soldati sanculotti ciati. Isacco Salomon, che li conduce, si trae va Bita e Nathan.
francesi, polverosi e stracdisparte2 ed esámina tutto.
NAT. (scortando i soldati con grande ossèquio ed umiltà) Siate i benvenuti nella mia povera casa, signori . . . . 3 LEON, (da una parte di Nathan) Signori? la qualifica è sospetta! ORAZ. (dall' altra parte) Più che sospetta, cittadino Leonida . . . . è criminosa; e come tale implica e autorizza la confisca immediata di tutti i beni mòbili ed immòbili del reo sì, signora. (A Rita) Yóglio dire cittadina, (Le fa il saluto militare) Orazio Cóclite della prima legione dell' infanteria leggiera . . . . dolentissimo di recare disturbo ad una cittadina . . . . ma il linguàggio di codesto individuo . . . . R I T A Mio marito . . . . ORAZ. Uhm ! (Va a guardare Rita più da vicino) Lodo il buon gusto dell' individuo incriminato4, (va guardar Nathan fin sotto il naso) ma non posso lodare il gusto della cittadina. Asserisco e giúdico che il linguàggio fazioso di questo individuo, unito alla circostanza aggravante di aver tenuto fuor dell' uscio a fare anticàmera5 la Repubblica ima e indivisibile, giustifica i più fondati sospetti. Attenti6, Isacco, attenti. (Movimento d! Isacco che si avanza e che Orazio Cóclite prende pel bàvero della sua zimarra) Conduci la Repubblica una e indivisibile allo scrigno dell' individuo criminoso. NAT. (seguèndoli verso il fondo passo passo) In fede mia, signor.... (Orazio e Leonida lo guárdano biecamente e picchiano in terra il calcio dei loro fucili) Degni cittadini! valorosi liberatori! se trovate in tutta la casa più di mezzo tàllero consento di buon grado ad aver mozza7 la testa. (A Isacco) Non occorre che tu 1 Cercare a comporsi a contegno quieto, fiá) bemüljen etti tuljigeg SBeneljltten ju jeigett. — 2 Trarsi in disparte, jut ©eite treten. — s La qualifica, ber Sitel, angeflagt, befdjulbigt. — 6 Far fare anticàmera, bie Slnrcbe. — * Incriminato, 6 loarten laffeit. — Attenti, aufgepnjjt. — 'Ad aver mozza, mir abfdjlageit ju laffen.
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mostri la via, buon amico, mostrerò tutto io stesso . . . . Guardate, cittadini, guardate se riesce a voi di trovare quel che non riesce di trovare a me: un po' di denaro. Guardate, visitate tutto . . . . (Apre i cassetti) Sono un pòvero ebreo, rejetto dai suoi correligionarj . . . . non ho merci, non ho oggetti di valore, solo qualche utensile da cucina e la ruota da lapidàrio . . . . Signori . . . cittadini, . . . Noi siam mendici, accattoni, Gehovah ci assista (I soldati cércano dappertutto). ISAC. Ti sei scordato, Nathan, che io tenni questa bottega prima di te e che ne conosco tutti i nascondigli. Qui c'è un ripostiglio sotto il pavimento. NAT. Permetti che io lo mostri ai nostri generosi liberatori, ánima mia1, mio òttimo Isacco. ( Apre lo sporidio del ripostiglio) Vedete, non c' è che pólvere e ragnateli. Oh l'amico Isacco l'aveva sempre pieno, io non ho da riporvi un pàio di groschen per tenersi compagnia 1' uno coli' altro. (I soldati frugano eolle baionette nel ripostiglio). L E O N . Vuoto come IL mio sacco. O K A Z . Che orrore! E questo il modo di ricompensare i tuoi liberatori? NAT. (umilmente) Quel che è mio è tutta roba vostra . . . Sono mortificato che sia sì poca cosa. ISAC. T U diméntichi il cassetto sotto la ruota, mio buon Nathan NAT. (andando con affettato premura alla ruota e scostando con garbo2 Isacco) Lásciami mostrare ai nostri prodi amici come si scatti3 la molla, mio impareggiàbile Isacco . . . . O R A Z . ( a Leonida) Che bell'esempio d' amicizia, eh camerata? Questi due ebrei si vogliono un ben4 dell' ánima . . . . NAT. (apre il cassetto, i soldati vi cáeeiano dentro le baionette) Cercate, cittadini, cercate, ho cercato tanto tempo anch' io, e non ci ho trovato mai nulla. (I soldati, meno Leonida ed Orazio, Mirano nelle altre stanze laterali. Nathan guarda alla sfuggito la culla e Isacco lo osserva). ISAC. (dirigendosi verso la mila) Qualche volta anche i pannilini di una culla han servito di ripostiglio. (Nathan trema. Orazio si dirige verso la culla). R I T A (con grazioso sorriso) Il cittadino è forse padre . . . . e non vorrà svegliare la mia bambina. 1 Anima mia, mein a(lcrlic6iter. . . . — 2 Con garbo, artig. — ° Scattare, auffcfjnappert laffeit (cine ©prungfebet). — 4 Si vógliono un ben dell'ánima, ftttb eittattber con ¡perjen gut (voler bene, liebett).
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(dando un passo indietro) No, sacré mille tonnerres! . . . Ho un piccolo Orazio Coclite a casa mia, e so che quando è desto fa sentire una mùsica che non è gustosa. Lascia dormire la tua piccola cittadina in fascie, cittadina bella, e speriamo che venga su 1 una Lucrezia romana. L E O N , (facéndosi innanzi) E se ficcassi un po la mia baionetta sotto la piccina? R I T A (andàndogli incontro per difèndere la culla) E se ficcassi le mie unghie nella tua faccia, cittadino? Eh via . . . . siete uòmini? siete padri? Rispettate il tesoro di una madre! Indietro! . . . ORAZ. (frapponendosi fra Rita e Leónida) Brava cittadina! Ti do licenza di adoperare le tue armi naturali offensive e difensive. Vergogna, cittadino Leonida! La Repùbblica una e indivisibile rispetta i bimbi che dormono . . . . lascia dormire in pace questa piccola Cornelia in erba 2 . . . . R I T A (lo bacia con effusione) Sergente, siete un bravo uomo, accettate il bàcio della fratellanza. ORAZ. Con piacere. Ed accéttane un altro da me, quello dell'eguaglianza. (A Nathan, che dal fondo è venuto innanzi) Non mi diventar verde3, cittadino senza denari, che già se' giallo abbastanza. La tua metà è sotto la mia protezione! Lascierò una sentinella d' onore alla porta. D' ora innanzi potrete dormire sonni tranquilli sotto 1' egida della Repùbblica una e indivisibile . . . . Mi dareste un po' di fuoco per accèndere la pipa? R I T A (va al focolare ad accèndere una candela; i soldati tórnano daUe stanze senza recar nulla; dalla parta di mezzo, che è rimasta aperta, entra) OKAZ.
SCENA XIII. Marco Giunio Bruto e detti. MARCO Ehi, camerati, faceste buona preda? 4 LEON. Neanche un soldo, tenente Marco Giunio
Bruto! Cenci e misèria! . . . 5 ORAZ. Per me valuto le belle labbra della cittadina a cento franchi — in assegnati. 1
Venir su, ijerattmadjfen JU . . . — 2 Una Cornelia in erba, eine juiihtftigc
©omelia. —
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Diventar verde, 6ofe merbett, grim rocrbett DOT Slerger. — * Tenente,
cigentKcf) Luogotenente, Sieutermnt. — 6 Valutare, fdjcigett.
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Siete un branco d'imbecilli a pèrdere qui il vostro tempo, mentre in istrada v' è un' eccellente selvaggina da cacciare ; aristocràtici travestiti, emigrati che téntano scapparci di sotto al naso per andare a complotteggiare con quella canàglia dei loro principi. Ne abbiam colto uno dieci minuti fa che stava per 1 prèndere il largo2 fuori della porta d' Hanau. (Rita, che è venuta colla candela accesa, si ferma tutta sbigottita) Bel figurino! manichini ricamati, mani bianche, bocca ridente a denti stretti.... tutti i contrassegni del traditore. R I T A (offerendo il lume a Orazio con mano tremante) Ecco per accènder la pipa, cittadino sergente. O K A Z . Grazie, cittadina, E disse il suo nome costui? M A R C O Nessuna carta, nessun documento. Voleva darci ad intèndere che si chiamava il cittadino Bon-Enfant. (Rita e Naihan si scàmhiano un' occhiata). O R A Z . Un finto nome, si vede chiaro . . . . Lume! (A Rita) Tu tremi, cittadina? NAT. (prendendole il lume di mano) Da qualche mese in qua soffre di piccoli accessi . . . . di paralisia. O R A Z . Diàvolo! è peccato! Posa la candela; non mi piace il profumo di sego nel tabacco ; accenderò la pipa da per me ( Va verso il camino, ma anddndoci vede sulla tavola la carta su cui il marchese scrisse P indirizzo) To! un foglio scritto! MARCO
MARCO C h e cos' è?
NAT. (piano a Rita, indietro) L'indirizzo lasciato dal marchese; siamo perduti! . . . 3 M A R C O (prende il foglio e lo esamina da tutti i lati) Che razza d'uncini ! R I T A (piano a Naihan rapidamente) Prèndigli il foglio dalle mani. NAT. (piano a Rita rapidamente) S'insospettirà di più. NAT. (Ma Isacco sa.) (Piano e presto). O R A Z . (che ha ripreso il foglio ne fa un cartoceino) Non è foglio che prema4, non è vero, cittadino? ISAC. (avanzndosi) Vediamo. NAT. (lo tòglie di mano ad Oràzio, frettolosamente lo accende alla candela che ha già preso d'in sulla tàvola) Un foglio da nulla 5 : ecco, sergente, accendete la pipa. (Glielo dà quasi consunto). R I T A (mormora piano con mesto rimpròvero a Naihan, mentre egli 1 Star per, Ttie SBegriffe feitt. — 2 Prèndere il largo, ficE) au§ beni ©taube macfjen. — 8 Che razza6 d'uncini,tt>a§fiirfèafett,ma§ fur eiit ©efrtgel. — * Che prema, Don SMatig. — Da nulla, roertfjloS.
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le passa dinanzi colla candela in mano per riparia sul focolare, donde Rita la tolse) (Ogni indizio è ora distrutto! Oh Nathan!) NAT. Ci andava di mezzo1 la nostra vita.) ORAZ. E come trattaste il prigioniero? (Pipando2). 3 MARCO Lo spacciammo sommariamente come va fatto coi traditori: morì come una vipera, sputando veleno. Ecco la mia parte della sua pelle . . . . (Mostra lo spillo di diamanti). NAT. (piano a Rita) (Il diamante del marchese!) R I T A (Assassinato!) MARCO Giacché tagli diamanti . . . . Dico a te, can d'un ebrèo, (a Nathan) tu devi conóscere il valsente di queste pietre . . . . Quanto ne daresti? (Lo dà in mano a Nathan che lo prende tremando) Cosa c' è adesso? sei anche tu paralitico? NAT. E macchiato di sangue. (Glielo rende). 4 6 MARCO Che pulcini bagnati ! (Canzonando Nathan, a Leonida e Orazio, che eróllano le spalle con disprezzo) Quanto me ne dai, brutta bestia? NAT. Forse troverò un amico che ve ne darà trenta tàlleri; io non ho denaro di mio6. . . . come sanno codesti signo . . . . OBAZ. (con ira) Cosa? . . . NAT. Come sanno codesti òttimi cittadini. ISAC. (ponéndosi fra Nathan e Marco) Fàtemi vedere . . . . (Prende il diamante, lo esdmina, scostdndosi da tutti dice fra sè) (Ne vai mille e Nathan lo voleva per trenta, briccone!) Ve ne do io cinquanta. MARCO Va per cinquanta. Eh, eh! la pelle di questi aristocràtici vale qualche cosa! . . . E chi sa che c'era di buono7 dentro la cassetta. LEON. Quale cassetta? MARCO Un cassetta che il fuggiasco portava nascosta sotto un gran ferrajuolo. La volle per sè il capitano. 8 LEON. Per farsi la parte del leone, secondo il sòlito. MARCO SÌ, libertà e uguaglianza . . . . fuori delle file . . . Disse ch'era tutta piena di fogli, e la pose sotto sigillo per la visita del generale. ORAZ. Non vorrei èssere nelle scarpe di coloro che saran menzionati su quei fogli! 1 Andar di mezzo, tn ©efafjr feitt. — 2 Pipare, raudjeit, qualmen. — * Come va fatto, tote tttatt e§ ti)Ut, tDie ficfy'g gebufjrt. — 4 Pulcino bagnato, butdjnfifiteS §ùi)nd)en = fèafettfufj. — 6 Canzonare, Derljoljtten, tteifen. — 6 Di mio, eigeit. — ' Che c' era di buono, roctè noci) ©uteg (28citi)Doileè) ftdj befanfa — 8 Secondo il sòlito, rote geroofjnlidj.
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L E O N . Sei palle nello stómaco e buona notte. NAT. (Se tróvano la ricevuta, le sei palle sono per me. ( A Rita tremando). 1 MARCO Andiamo, camerati; sulla cóntonata c ' È un'osteria; Isacco pagherà un pajo di bottiglie soprammercato. IaAC. Anche quattro, tenente. (E di più se occorre, finché tu ci vegga doppio2, e prenda venticinque tàlleri per cinquanta). (Da sè andandosene). ORAZ. Bravo Marco Giunio Bruto! Ho la gola asciutta come una cartuccia3 bruciata. Addio, bella cittadina. (I soldati pártono con Isacco. Orazio solo rimane indietro con Leónida). R I T A Addio, sergente . . . . Ma rammentátevi la pfomessa. ORAZ. (sulla sòglia) La promessa? . . . Che cosa diàmine ho promesso? R I T A Di liberarci da altre visite della Repùbblica una e indivisibile. 4 ORAZ. Ah! sta bene . Ecco la promessa sigillata. (La bacia). Qua, Leonida, penna, inchiostro e calamaio. (Leonida torna indietro e cava di tasca un pezzo di gesso) Questa è la penna, l'inchiostro e il calamaio. (Apre la porta spalancata e vi disegna sopra un grande zero) E questa è la carta. La mia calligrafia è limitata, ma è di fàcile intelligenza. Zero vuol dir nulla ; tutto 1' esèrcito capirà che qui dentro non v' è da pigliar niente. (A Nathan con disprezzo) Un ebrèo collo scrigno vuoto! . . . Lo credo io5 che ti ábbiano rejetto come un degènere6 figlio di Israele. (Partendo)i Vergogna! farsi trovare senza un soldo! Ricévere la Repubblica a mani vuote! Vergogna! NAT. (accompagnò,ndolo quasi fuor dell'uscio). Ah! sergente, ah! ah! (Con riso sforzato) Che celione7 che siete! Buon dì e buona fortuna. Oh, oh, oh! (Lo lascia allontanare e poi sbarra accuratamente la porta).
SCENA XIV. Rita e Nathan.
NAT. (torna rapidamente sulla scena e prende per mano Rita) Rita, se la mia ricevuta è trovata siamo perduti senza scampo. Svéglia e vesti la bambina. Bisogna fuggire stanotte, súbito è la fortuna che ne abbiamo i mezzi. 1 Sulla cantonata, art ber ©dfe. — 3 T u ci vegga doppio . . . . btt boppelt ftcJjft. — 9 Cartuccia, p a t r o n e . — 4 Sta bene, ricf)tig, gut. — 6 Lo credo io, ba glaube icfj'S geme. — e d e g è n e r e , entartet. — * Celione, ©pajjmacfjcr, SEiijboib.
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Come ne abbiamo noi i mezzi, Nathan? NAT. Di certo, le cédole . . . . R I T A Non sono nostre, Nathan. NAT. E di chi sono m a i ? . . . Il marchese fu ucciso . . . la carta che ci doveva indicare ove trovar sua móglie fu arsa . . . . non l'arsi 10 . . . . oh no, Rita, cioè sì . . . . ma vi fili astretto per salvarci la vita . . . . non è vero, Rita? Vedi che è vero, giacché tu non rispondi, tu che trovi un' obiezione a tutto. R I T A Che cosa posso rispóndere? L'istinto della conservazione è innato nell' uomo; è più forte dell' impulso dell' onore. NAT. (aggiràndosi impaziente per la scena) Così è, così è è molto più forte . . . . oh! più forte assai . . . . 1 R I T A Ma quando L'istinto della conservazione è spalleggiato dall'avidità dell'oro, che cosa diventa l'onore, Nathan? NAT. Oh sta a vedére che non doveva2 accettar questa somma! (Sempre riunendo utensili e piccoli oggetti per partire). R I T A S Ì , ma dovevi nascóndere anche quella carta . . . . NAT. Ormai ciò che è fatto è fatto. Mosè mi è testimone che volevo nascónderla ; ma la fretta, il timore . . . . E poi, ora che ci penso,3 come méttere quel foglio cogli altri, se tu avevi preso teco il plico delle cédole? Ad ogni modo è sempre meglio che esse sieno nelle nostre mani, anziché in quelle di codesti mostri sanguinarii. R I T A SÌ, è meglio, perchè cercheremo di scoprire coloro che soli hanno diritto a tale possesso. Non è vero che cercheremo, Nathan? NAT. OH! sì, sì . . . . se potremo . . . . R I T A L O potremo se vorremo, mio Nathan. NAT. Ma intanto noi sprechiamo un tempo prezioso . . . . A quest'ora4 póssono aver trovato la ricevuta. Ah fosti tu che mi facesti comméttere tale imprudenza! . . . Un po' di fuoco, di calore, può far comparire i nostri nomi e allora . . . . sei palle . . . . Li hai sentiti? Orsù, bisogna fuggire senza indugio. Presto, Rita, dammi 11 mio mantello, fa un fagotto dei tuoi àbiti, lascia tutto il resto Ecco il libro della Legge che apparteneva a mio padre, non debbo lasciarlo . . . . (Rita va a sedersi chetamente presso la mila) Rita? Che pazzia è questa? Cos' è questo indugio? R I T A Verrò teco, Nathan; (si alza) il dovere e 1' amore me lo impónRITA
1 Spalleggiato, unterftujjt. — 2 Sta a vedére che non doveva, burfte (follie) idj Dielleidjt rtidjt . . . — 8 Ora che ci penso, bel fattt mir «in. — 4 A quest'ora, in btefent 9lugcnbticEe.
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gono. Ma prima ho da dirti una cosa. Nathan, mi vuoi tu bene1 davvero? NAT. Puoi dubitarne? R I T A Ne vorrei una prova. In mezzo a tutte le sofferenze io non ho mai alzato lamento2, non è vero, mio Nathan? NAT. Mai, mai, povera donna! Ti ho visto patir gli insulti, l'abbandono de' tuoi, la fame . . . . sempre con fronte serena. Eri pàllida e malaticcia, eppure mi sorridevi per infóndermi coraggio, e mi dicevi che eri felice. R I T A E sono felice, Nathan, quantunque a volte àbbia il presentimento di dovervi presto lasciare, te e la nostra bambina . . . . NAT. Non dir queste cose, non dirle, Rita . . . . 3 R I T A Se la volontà del cielo così dispone, sia pure ; la mia religione e la tua ci inségnano la rassegnazione. Ma sia io per viver lungamente o per morire fra poco, io spero, mio Nathan, che tu non vorrai fare della mia vita un atroce tormento e della mia morte un supplizio anche più tremendo. Giùrami, Nathan, che non mancherai alla fede che in te ripose e viva e morta la tua Rita: che adoprerai ogni cura per trovare i legittimi possessori di questo denaro! Giurami che quando li avrai trovati lo restituirai intatto nelle loro mani. (Prendendogli il libro dalle marni) Gitìralo, Nathan, sulla Bibbia che ti lasciò tuo padre . . . . {Ponendo il libro sulla culla presso la testa della bimba dormiente) spi capo della nostra creatura. NAT. LO farò, Rita, lo farò quando saremo in salvo. R I T A NO, qui, adesso. (Lo trae presso la culla) Non partirò . . . . non muoverò un passo senza il tuo giuramento! Quando sarò morta, non rimarrà, lo so, alcun testimone di questo tuo giuramento sulla terra, ma il Giùdice della vita e della morte . . . . ha visto . . . . e ti vedrà sempre. Giura, Nathan. ( Con intenso sentimento e solennità. — S' ode lontanissimo il suono della Marsigliese,4 supponéndosi che le truppe francesi fàcciano qualche evoluzione). NAT. (S' inginocchia accanto aUa culla; pois' alza, giacché gli ebrei préstano giuramento in piedi; a poco a poco appóggia la mano sulla Bibbia e china la testa mormorando con voce sommessa ma grave) Giuro! 1 Mi vuoi tu bene, licbft ®U Ittici? — 2 Alzar lamento, eilte SHage laut Werben iaffen. — 3 Sia pure, fo fri té. — 4 La Marsigliese, bic SftarfeiEaife.
Fine della parte
prima.
P A R T E SECONDA. (4 aprile 1814). La villa del banchiere Gottschield a un miglio da Londra. — La scena rappresenta un elegantissimo salotto a pian terreno, che dà sul 1 giardino. — Fiori da per tutto. — Mòbili di gran lusso. Tende, lampadari3, ecc. Da una parte a destra degli attori una scrivania con uno scrigno. — Sulla scrivania si vede il ritratto, se è possibile in piedi, di Rita, vestita come nella Prima Parte.
SCENA PRIMA. D a v i d dalla destra fa entrare Roberta.
ROB. È inùtile ogni pretesto; bisogna che io lo vegga. {Gli nassa innanzi3
e viene siti
proscènio).
Risico di pèrdere il mio posto, signore. Miss Rita diede órdine espresso che nessuno venisse oggi a parlar d' affari al signor Gottschield. ROB. Miss Rita che dà ordini! DAVID
SCENA IL R i t a e detti.
Sicuro, signor Roberts; e órdini che débbono essere obbediti. Oggi è l'anniversàrio della mia nàscita 4 ; sono regina per ventiquattro ore, e non vo' che nessuno parli d'affari a mio padre durante il mio regno. ROB. Miss Rita, gradite i miei augurii e con essi le mie scuse, ma debbo assolutamente vedére vostro padre. 6 R I T A Assolutamente! Oggi alla nostra villa non ci son che io che possa parlare così. Domani, quando papà tornerà alla sua banca, RITA
1
Dare su, ge£)cn ctuf... (Don genfterrt, 3tntmern te.). — 2 Lampadare, Satt= 3 betdber,fiuftre.—• Passare innanzi a qdno, bei 3emani) uorbet gefjen. — * L'anniversàrio della nàscita, ber ©eburtStag. — 5 Non ci son che io che, ttur id) a [tetri.
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alla city, in Londra, direte quel che vorrete. Papà ha acconsentito al patto, e un banchiere deve mantenére la parola. ROB. Miss Rita, le cose di cui si tratta non póssono essere differite; non vi potete immaginare di quanto rilievo esse sieno. Ah! ecco vostro padre! SCENA III. Nathan e detti.
(correndogli incontro prima di Roberts) Papà, papà, manda via stìbito codesto cattivo importuno. Digli che la banca è chiusa, che il libro dei conti è sotto chiave, che i consolidati1 sono iti a spasso, che il cinque per cento2 è morto, che oggi è l'anniversario della nàscita della tua Rita, e che nessun altro ha il diritto di parlarti all'infuori di lei.3 NAT. (con grande tenerezza) Dio ti benedica, mia adorata creatura4! (La bacia) Ma tu lo vedi, le mosche si ostinano a volare sul vaso di miele. ROB. Sono dolentissimo di disturbarvi nella vostra campagna, signor Gottschield, ma la necessità non ha legge, perciò con licenza di miss Rita . . . . R I T A Non do licenza, brutto uomo! (Sipone in mezzo ai due). NAT. Vedete che questa signorina oggi non intende ragione, Roberts! È un gran giorno, del resto; la ragazza dice bene . . . . un solenne anniversàrio! . . . Esso non rammenta spltanto che Rita compie le sue ventidue primavere, ma rammenta 1' epoca in cui son divenuto uomo! . . . ROB. Come, signor Gottschield?... Non siete stato sempre un uomo? NAT. Si è forse uomini5 quando si è miseràbili? . . . Sì perbacco Ventun'anno addietro, in questo giorno.... sbarcài a Londra . . . . e vi assicuro, Roberts, che ero privo di tutto . . . . di denaro, di crédito, ed anche, ahimè ! di felicità domèstica!... La mia pòvera móglie, colta da un morbo improvviso, mi morì ad Amsterdam, ove ero di passàggio6; e qui io me ne venni7 pòvero, solo, védovo, senza amici, colla mia piccola orfanella fra le braccia. (Mostrando Rita). ROB. Ed in ventun'anno vi siete inalzato da si ùmile condizione a quella d' uno de' più cospicui banchieri di Londra? RITA
1 Consolidati, ©onfoIS (ettgl. ©taatSpapier). — 2 II cinque per cento, bic funfprojentige 9ìcnte. — 3 All' infuori d i . . . aujjer. — 4 Creatura, 2oct)ter. — 6 Si è forse uòmini, ift man Bieltcidjt eittOTenfcf).— 6 Essere di passàggio, fttf) Dotubergcfyettb aufljaltm. •— 7 Qui io me ne venni, idj fam i)teri)er.
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COSÌ NII chiamano, Roberta . . . . Il più gran banchiere di Londra! E vero che sbarcando dal Tamigi 1 non era affatto affatto senza un soldo; avevo un piccolo capitale . . . . una miscéa! . . . dugento mila tàlleri! . . . Come vedete, essi sono cresciuti, come sono cresciuto io, com' è cresciuta la mia Rita . . . . hanno ingrossato come me. Avevo ragione di dirvi che da codesta època era divenuto uomo, aveva cessato di èssere uno schiavo, un proletàrio . . . . maneggiavo 3 finalmente il mio . . . . R I T A Eh! se fossi uomo anch'io, come vorrei maneggiare il mio! Quanti felici vorréi fare! NAT. Piccola pròdiga! Chi sa come i miei milioni correrébbero per le strade . . . . R I T A (cambiando tuono) Intanto, signor Roberts, avete inteso?... correte voi per la strada. Oggi non c' è prosa in casa, non ci sono cifre, non ci sono affari . . . . ROB. Desolato, miss Rita, ma, signor Gottschield, dovete darmi ascolto, la nostra ditta versa 3 in un grande rischio. NAT. {con un po' d' ironia) Come! la grande ditta Lackerstein e Compagni! Diàmine! è cosa seria! ROB. Ah non scherzate, signor Gottschield; voi diceste che potevamo fare assegnamento4, sopra di voi! NAT. Ditelo pure a' vostri clienti. Il dirlo non costa nulla a voi, nè a me. ROB. Siete voi che ci avete consigliate tutte le nostre operazioni: ci avete fatto comprare quanti valori èrano alla Borsa, ed ora non abbiamo più denari, e ci conviene realizzare5 con pèrdita enorme, se non possiamo tenére quei valori in portafogli, finché non riàlzino di prezzo.6 NAT. Tenételi in portafogli, amico, tenételi ben chiusi; voi sapete pure che anch'io compro di tutto e dappertutto. R I T A (che era presso l' àtrio del giardino) Questo è un tradimento bello e buono 7 ! Osare di parlar d' affari in mia presenza! ROB. Per carità, miss Rita, lasciateci parlare, se non volete vedere la nostra ditta andare in bancarotta . . . . R I T A (seria) In bancarotta! Vi domando perdono, signor Roberts — io scherzavo perchè non credevo si 8 trattasse di cose tanto gravi —
NAT.
1 Sbarcando dal Tamigi, al§ idj ttlid) auf ber X£)Cmfe3 auSfdjiffte. — 2 Maneggiavo il mio, tei) ocrroaftcte metri ctgcnc§ SBermogen. — Versare, fdjtoeben. — 64 Far assegnamento sopra di . . . ¿(Ujlett auf. — 8 Realizzare, berfaufcit. — Rialzare di prezzo, tuieber firtgen (Don ÌJJapiercn). — 7 Bello e buono, roaljr, ridjtig. — 'Si trattasse = che si trattasse. I . F R A N C H I , Origine.
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scusate la mia leggerezza . . . . V i lascio parlare in libertà . . . . Addio, papà, addio per un quarto d'ora; tu mi chiamerai per rifarmi regina, non è vero? NAT. SÌ, SÌ, ángelo mio. (Roberta si ritrae). R I T A E vedi di 1 assistere il signor Roberts e i suoi principali Gli assisterai, eh? mi rincresce, pòvero vècchio, di vederlo in tanta ansietà . . . . Ed io che l'ho tormentato poc' anzi! (Stringe la mano al padre) Prométtimi che farai per lui tutto quello che potrai . . . . NAT. (hadándola) Tutto quel che vorrai, mia Rita. R I T A Così mi piace il mio papà . . . . (A Roberts) Addio, signor Roberts. (Piano) Ho messo2 per voi una buona parola . . . . Coràggio, coràggio, non sarà nulla. ( Via nel giardino). SCENA IV. Nathan e Roberta. NAT. (presto e assumendo altra fisonomía) Adesso ditemi in quale stato di cassa siete; poche parole, dite pur tutto. ROB. Operando dietro i vostri consigli, la casa comprò per duecentomila lire sterline di cartelle3 dell'imprestito di lord Wellington. Adesso le cartelle perdono il dieci e mezzo per cento. Se realizziamo, siamo perduti; e se teniamo tutta codesta carta presso di noi, ci máncano cinquantamila lire sterline per far frontè4 ai nostri pagamenti d'oggi e di domani. NAT. Come stiamo a conti4 colla vostra ditta? vediamo. (Pensa). ROB. Ecco qui sul libro maestro6 . . . . (Prende un grosso libro, che entrando depose su d'un tàvolo) la lista delle somme che ci avete passate. NAT. A l diàvolo i vostri libri! Credete forse che io non sappia contare? ROB. Sta bene. Guardate i vostri conti. Ove avete la lista? NAT. (toccándosi la fronte) Qui, sul mio libro maestro. La cifra totale delle somme che vi ho. sborsate a tutto ieri l'altro è di duecentottantamila.lire, dodici scellini, e sei pence*.
{*) Si pronuncia pene. 1 V e d i di, fiei) j u , bajj bu . . . — 2 H o messo, tdj fjabe eingclegt. — 3 Cartelle, Cbligationen, Slntfjetlfdjem. — 8 F a r fronte a, bcftrctten fottnett. — 5 Stare a conti, ©tetjen JU . . . — 6 Libro maestro, ígaufltbucí).
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HOB. Pròprio così! (Guardando il libro) Che testa che avete, signor Gottschield ! NAT. E se doveste far punto1, che condizioni potrete offrire ai vostri creditori? {freddo). ROB. Ohimè, signor Gottschield, che dite mai? Far punto, fallire! NAT. È un modo di dire2. Quanto per cento? ROB. Tutto al più il venticinque per cento. NAT. In tal caso perderei sessanta mila lire sterline, tre scellini, un penny e mezzo. Bisogna che vi tenga ritti, non. v'è che dire!3 Vi darò dunque altre cinquantamila sterline; così arrisico trecentotrentamila lire sterline, dódici scellini, e sei penee. Quali garánzie mi potete dare? ROB. Ecco; cédole dello scacchiere.4 NAT. Buone! le prendo. ROB. Badate bene, sono all'otto per cento di pèrdita. NAT. Sta bene5, sta bene. (Li prende) E poi? ROB. Queste sono buone . . . . cédole del cinque per cento irlandese; si possono esitare6 quasi alla pari. NAT. Oibò, oibò, non ne voglio. ROB. (Curioso uomo). (Da sé) Non avrei più da offerirvi che cartelle delFimpréstito del comandante in capo lord Wellington; ma, lo sapete mèglio di me, si scóntano7 al dieci e mezzo per cento, e se non véngono buone nuove dal campo . . . . che ora è nei Paesi Bassi, cadranno a precipizio. NAT. Sta bene; le prendo, le prendo. Eccovi un buono di cinquantamila lire sterline pel mio cassiere ( Va alla scrivania e appone la sua firma ad un foglietto). Mi rimborserete l'intiera somma fra un mese. Qua le vostre cédole, i vostri valori . . . . ROB. {glieli dà sorpreso e quasi estático) O mio buon signor Gottschield! . . . voi avete salvato l'onore della nostra ditta! Come potremo mai ricompensarvi? NAT. Col pagarmi8 il quindici per cento pel favore. ROB. Il quindici per cento! (Maravigliato e dolente). NAT. Se i miei patti non vi convéngono, cercate denaro altrove. ROB. {supplichévole) Signor Gottschield, lasciátecelo al dieci per cento! 1 Far punto, bie $aljlungen einstellen. — 2 È un modo di dire, idj meine bie§ nur bei)>iel§tticife. — 3 Non v'6 che dire, ® a ift nidjtS ju ntaefien ! 3Jìit bleibt fonft nicfjtä übrig. — 4 Scacchiere, ©jd)cquer, (ber englifcf)c ©taat§fd)a£.) — 6 Sta bene, fd)on gut. — 6 Esitare, begeben, oerfaufen. — 7 Si scontano, fie fielen (Don SBörfeneffeften). — 8 Col pagarmi, inbem ©ie mir bejahten.
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NAT. Mi avete preso per un usuràio? Io non mercantéggio. O il quindici per cento, o stràccio il buono1 pel mio cassiere. (Ne fa tatto.) KOB. NO, no, signor Gottschield, avrete il quindici. Sia fatta la vostra volontà. — Voi avete salvata la ditta . . . . (Un altro salvamento a questo modo, e siamo rovinati affatto ! (Da sè partendo in fretta salutando.) SCENA V. Nathan solo. NAT. (si stropiccia le mani, passeggiando in su e giù) Famosi tempi! tempi famosi ! I tempi che ci vogliono per pescare i milioni nelle acque torbe delle Borse d'Europa! «Gli alleati han preso Chàlons» ecco i consolidati in rialzo. «Bliicher è respinto a Janvilliers» ecco l'impréstito del nostro comandante-in-capo andar2 giù a rotta di collo3 «l'Imperatore ha preso Chàlons!» Fondi inglesi, prussiani, austriaci a precipizio, un salva chi può4 generale. «Schwartzenberg ha ripreso Troyes» ecco di nuovo i fondi inglesi a galla5. E intanto noi, grossi pescatori, facciam retate piene, mentre i piccoli battelletti pescarecci sen vanno a fondo,6 a fondo... e spariscono per sempre. (Stropicciàndosi le mani con più forza che mai e passeggiando anche più rapidamente) E poi mi si venga a parlare di casini da giuoco,7 di faraone, di rossa e di nera8. Giuocàttoli codesti, miseràbili giuocàttoli da bambini! Dàtemi la Borsa di Londra, la Borsa di Parigi, coll'Europa convulsa! Questi sono i giuochi! Costà è la vita, costà l'ebbrezza! Oggi padrone di milioni, domani sull'orlo della misèria, ma sempre con volto tranquillo, con ànimo impàvido, e col crédito, colla stima, colla venerazione di tutti e col titolo di re dei banchieri e di banchiere dei re! Chi non è altèro adesso di stringer la mano a Nathan Gottschield, chi non lo inchina per le vie? E come i suoi correligionarii si affréttano a dargli il primo posto nella sinagoga! Eppure a volte9 il suo àbito è più consunto10 di quello 1 II buono, ber 33on, bic Slntnetfuitg. — 2 Ecco andar giù, ba ftiirjt. — 3 A rotta di collo iiber § a l § unb Sopf. — 4 Un salva chi può, cine Monique. — ® A galla, obert auf. — 6 Andar a fondo finfert, Derfinfcn. •— 7 E poi mi si venga a parlare di casini da giuoco, unb ba flpredje mart mtr Bon ©piclijoEcn. — 8 Rossa e nera, Rouge et noir (baè SRouIette(piel). — 9 Alle volte, jutneilcit. — 1 0 Consunto, n&gefd^abt, fdjabig.
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di venti anni fa; eppure, se non la sua pòvera moglie, che gli faceste, uòmini iniqui, eterne -marionette, morir di stento e di crepacuore, sua figlia, la più cara parte di sè, è una cristiana, come quando gli sputavate addosso a codesto reietto, che pur non vi chiedeva che un po' di posto al sole. E tutto ciò, questo trionfo e questa glòria, che oramai sorge gigante, è uscita di qui, di qui! {Si batte la fronte) E da quei pòveri dugento mila tàlleri, depòsito di un fuggiasco francese trucidato! Oh uòmini, quanto siete piccini! Oh denaro, quanto sei grande, onnipotente, miracoloso ! SCENA V I . David, poi Giónata Ben Manasse, e detto.
DAVID. Il vostro primo commesso1, signore, che giunge da Londra. NAT. Il mio vècchio Manasse! Ditegli che venga avanti. (David esce dalla, porta laterale d'onde è entrato in iscena) Ecco una gemma di commesso! Ha seimila franchi all'anno di stipèndio e ne vale centomila! Se lo sapesse! ma non lo sa! È stato sempre un pòvero di spirito pei suoi pròprii interessi!... il mondo si divide così: chi2 serve e chi2 si fa servire. (Entra Gionata che salvia con rispetto) Ebbene, vècchio Gionata, come vanno i fondi? GION. Tutti al ribasso; ecco il listino di mezzogiorno.3 (Glielo dà) Non pensate che sia tempo di métterci al coperto, signor Gottschield, prima che gli affari vàdano maggiormente a tracollo?4 NAT. Oibò, oibò, vècchio Gionata, non è tempo ancora! Vediamo, ci possiam règgere5 per due altri giorni senza rischio, non è vero? Dammi anche le notizie che córrono. Io non leggo mai i giornali, benché ne paghi tanti! Chi dice bianco, chi dice nero, chi bianco e nero tutto ad un tempo. C'è da perder la bùssola6 facéndosi condurre dai giornalisti! . . . GION. Oggi le nuove son cattive assai per gli alleati. Napoleone ha separato l'esèrcito di Schwartzenberg da quello dei Prussiani a Saint-Dizier. Pare che voglia bàtterli alla spicciolata. (Con ària sufficiente7) Vedrete che gli alleati dovranno ritirarsi da Parigi. NAT. (passeggiando) Tu lo credi, Gionata? 1 Commesso, ©otmnt§, primo —, 93ud)ljalter. — 2 Chi, — ohi, ber etite, — ber art&re. — 3 II listino di mezzogiorno, ber SBeridjt iiber bie 9Jìittag§bor[e. — * Andar a tracollo, ftd) Dcrfdjiimmortt. — * Reggere, ausCjalten, ftdj aufredjt Ijalten. — 6 Perder la bùssola, bett Stopf Berlierett. — ' Sufficiente, felbitbettwjjt.
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Come se me lo dicéssero i Parnasim, la Sapienza della Sinagoga. NAT. Ed io, con buona pace1 della sapienza della Sinagoga, non ci credo affatto. Vedi, Giónata? vi sono certe stelle che quando incominciano a tramontare, non risórgono più sull'orizzonte! E ne conosco una io di codeste stelle, grand'astro lucente due o tre anni fa, che mi ha l'ària di essere una vera stella filante2 nel'l'anno di grazia 1814! A propòsito: verrà al banco il primo commesso della ditta Lakerstein; gli feci un buono di cinquantamila sterline. Ecco la cauzione che mi diede. ( Va alla scrivania, gli dà le cédole, ecc.) 3 G I O N . (crollando la testa) Tutte cédole che sono al ribasso. NAT. E perciò le prendo. Fra poco le vedrai salire, salire, che sarà una benedizione l'averle. Giónata, di' ai nostri agenti che comprino; quando sarà l'ora di véndere, tutti dovran cascare da noi4 e noi terremo alta l'esca dorata. Eh! che ne dici, sempliciotto? (Prendendolo famigliar mente pel mento.) G I O N . Signor Gottschield, sta tutto bene; ma non capisco esattamente. NAT. Ecco appunto la differenza che esiste fra noi due ; tu non capisci esattamente, ed io capisco ! . . . Va, va, buon Giónata. ( Giónata s'avvia crollando la testa) Aspetta. ( Con ària di gran mistero) Hai visto l'uomo del mercato dei polli? 5 G I O N . Quello dai colombi? NAT. Appunto. Gli dicesti di andar col suo focile sulla via di Douvres? G I O N . S Ì signore. NAT. Sta bene. (Con bonarietà) Ho vòglia6 di colombi che véngono di là dal canale! G I O N . Curiosa vòglia! NAT. Che cosa vuói? sono gusti! Va via adesso, Giónata, ricórdati bene, compra carta degli alleati a tutti i prezzi. G I O N . Che grand'uomo voi siete! è un piacere di vedervi gettar via centomila lire sterline! . . . NAT. Colla probabilità di farle diventare trecentomila, se rialzano7 i fondi. G I O N . E se non riàlzano . . . . NAT. Allora . . . . (dopo un momento di pausa) allora, mio buon Giónata, torneremo a Francoforte insieme, io a tagliar pietre GION.
1 Con buona pace, mit gütiger (SrlauBnifj. — 2 Stella filante, finlenber «Stent. — 8 Essere al ribasso, bit Sßreife gcfunfeit. — 4 Tutti dovran cascare da noi, alle muffen ju uttó fommett. — 5 Quello dai colombi, ber Jaubenmatttt. — 6 Ho voglia, tdj [)abe SlppetU a u f . . . — ' Rialzare, fteigen.
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preziose, e tu a véndere panni vecchi come venti anni fa! Te ne rammenti, eh! Giónata Ben Manasse? G I O N . Come se fosse ieri! Mi par sempre di vedere i Francesi dare il sacco alla mia bottega! Quel giorno fu la mia rovina. . . . NAT. E fu la mia fortuna! Tu fosti il solo dei miei correligionari che non mi abbandonasse . . . . ed io non mi scordài di te, Giónata. Ti portai meco in Inghilterra, ti vestii come un signore, ti nutrii grassamente, t'insegnai come si faccian gli affari . . .'. e non ho ancora fatto tutto per te . . . . c'è il meglio, Giónata!1 Se le faccende vanno a seconda, Giónata, aumenterò il tuo stipèndio3 Giónata, di venti lire sterline all'anno, Giónata! (Pesando le parole e battendogli colla mano sulla spalla ogni volta che pronunzia il suo nome.) O I O N . L'anno scorso mi faceste la stessa promessa, e poi . . . . NAT. Come! ti promisi e poi dimenticai? . . . Giónata, non dimenticherò questa volta. Per il primo impréstito3 che concluderò col re di Prussia, o coli'imperator d'Austria, purché sia,4 ti darò duemila lire. Giónata, duemila lire alla pari senza sconto... Adesso va via, Giónata, va via per davvero. (Giónata s'incammina. Nathan seguita ad andar0 su e giù pel proscènio; quando Giónata è già aWuscio, Nathan lo chiama) A proposito, Giónata, sei stato da quel mercante francese del Bazar vicino a Leicestersquare. G I O N . Dove miss Gottschield fece ieri una scelta d'oggetti? Ci fili e gli dissi di venir qui con quel che aveva di mèglio. NAT. SÌ, vo'unire anch'io qualche cosa a quello che comprò, per farle vedere che non diméntico il suo anniversàrio. GION. Come potete aver la testa a simili piccolezze, quando la Borsa è nello stato in cui si trova e i sacchetti6 della nostra cassa sémbrano liquefarsi? NAT. Piccolezze l'anniversario della mia Rita? Tu dici piccolezze, miseràbile figlio d'Israele? (Irritato lo scuote per la cravatta) Non hai dunque tu cuore? Non hai avuto mai móglie, nè figli? ( Giónata fa segni negativi) Non sai tu che per far piacére alla mia Rita ho consentito a rimanér qui prigioniero tutt'oggi, in una giornata come questa? Quando la Borsa mi fa appello con 1 C'è il meglio, e§ fommt Itodj beffer. — 28 Stipèndio, ©efjalt. — 3 Imprésti4 to, sinle£)ett. — Purché sia, trite e§ aitdj fet. — Séguito ad andare, gefjt auf'à biette. — 6 Sacchetti, bie ©elbfade.
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mille voci di sirena ? Quando si tratta di combàttere la mia battaglia d'Austerlitz? . . . G I O N . Austerlitz? . . . Sì, se i fondi riàlzano . . . . e se non rialzano? NAT, Il fallimento, la bancarotta, la fuga . . . . (Freddamente) G I O N . E lo dice con quel sangue freddo! Santi profeti! NAT. Anco l'imperatore, dicono non sia mai tanto calmo quanto alla vigilia di una gran giornata campale. Ed i miei milioni mi sono più cari che a lui i suoi esèrciti . . . . eppure, senti, (si tasta il polso) io sono tranquillo, il polso batte regolare e posso occuparmi dej presenti per l'anniversario della mia dolce Rita, del vivente ritratto della sua pòvera madre. (Si ferma dinanzi al ritratto di Rita). G I O N . (Che uomo, che testa! E adesso che pensa alla móglie defunta, si potrebbe fargli tintinnare all'orécchio un sacco di monete d'oro che non si volterebbe a guardarlo. ( Via d'onde1 è venuto; entra David). SCENA VII. David, poi Brieabrac, e detto.
Un uomo che dice venire dal Eazar francese per órdine vostro, signore. NAT. (si scuote2) Ah! fàtelo entrare. Sì . . . . O il primo dei banchieri o l'ùltimo dei falliti ! Ma l'ora fatale non può tardar lungamente a scoccare. Parigi deve arrèndersi agli alleati : così dicono i biglietti che ricevo segretamente dai quartieri generali dei due esèrciti . . . . Giacché i miei milioni hanno amici da per tutto. Oh! essi sono cosmopoliti! Ognuno dà loro la patente di cittadinanza! . . . Ah! mi costan care codeste lèttere! . . . Se mi riuscisse ad avere uno di quei colombi che pórtano le notìzie del campo al banchiere Overstone! . . . Egli avrà un colombo di meno, ed io qualche milione di più. (Entra Bricabrac. È vestito alla francese di quei tempi, con caricatura e cattivo gusto. Ha tunga barba bianca, ed è un po' curvo. Deve èsservi una notevolissima differenza da quando era sergente, come comparve alla prima parte. Ha un involto3 assai voluminoso sotto il braccio). B R I O . Bonjour, signore. Mi han detto che portassi quanto ho di DAVID.
1 Via d'onde . . . entfernt ftdj in ber SRidjtuitg Don rao . . . — befirmt ftdj. — 3 Involto, igacfet
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Si scuote.
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mèglio. Ho qui una rarità che vale oro quanto pesa. (Apre Vinvolto e ne trae il piccolo scrignetto che aveva il marchese di Saint-Cast alla prima parte) Uno scrignetto, stile Dubarry, vero Boule, con placca di porcellano di puro Sèvres, un bijou, un vero bijou. NAT. Peuh! . . . Sì . . . può passare per bellino! Già1 io non me ne intendo . . . . È un oggettofrancese,non è vero? (Sedendopresso al tavolino). BKIC. Fabrique de Paris. Sì, signore, tutto quel che c'è di più parigino al mondo. (Piano, mettendo il dito sulla bocca misteriosamente) È un oggetto di contrabbando, meuble historique, signore, di pertinenza della generalessa Neuwingher, che morì, l'anno scorso. NAT. (con indifferenza) AH, ah! la védova di quel generale che occupò Francfort nel 1792? BKIC. (Tiens! tiens! tiens! Come san bene la stòria i banchieri!) Precisamente . . . . Il signore ha buona memòria! NAT. HO ragione2 di rammentármene. BRIC. Ed io: Parbleu! Mi trovava colà a quei tempi! NAT. Voi? (Guardándolo con indifferenza e rimetténdosi3 tosto a far càlcoli col lapis). BRIC. Qual mi vedete, signore, ho fatto parte del glorioso esèrcito del Reno. ( Con mistero) Giustino Orazio Coclite Bricabrac fu uno degli eroi del 1792! {Si accosta a Nathan e gli demanda con premura) È inglese il signore, di grázia?4 NAT. NO! BKIC. Ah!
mi parea, infatti.... ma temevo ingannarmi.... {Con più espansione) Questi cani d'Inglesi mi fécero prigioniero a Tolone, fili condotto sui pontoni fino alla pace d'Amiens. Allora, per vendicarmi, sposái un'inglese, colla sua dote misi su5 bottega di chincáglie, e fáccio versar sangue ai miei nemici sotto forma di denari, che traggo loro di tasca. NAT. Onesto Francese, spero non vorrete fare' la vostra operazione chirùrgica sulle mie tasche. Quale è il vostro prezzo per quella bagattella? JBRIC. Il prezzo . . . . Ah, signore, ve ne farei volentieri un ùmile 1 Già, übrigens. — 3 Ho ragione, tdj ijabe guten ©ritnb. — 3 Rimetténdosi, tnbent er ttneber anfängt. — * Di grazia, wenn idj fragen barf. — 6 Metter su bottega, einen Saben errieten.
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omàggio, se mi voleste prométtere un piccolo coupon d'uno dei vostri pròssimi impréstiti . . . . NAT. Meno scherzi1. Il prezzo, dico! 2 B R I C . Il prezzo? Ah mori Dieu! Mi vien da piàngere al pensiero di separarmi da una meraviglia come questa . . . . NAT. Il prezzo, il prezzo! B R I C . E questo ritratto qui sulla placca! Che visino, che capelli, che petto ! NAT. Il prezzo? B R I C . Ah! perchè volér desolarmi col parlar di prezzo per un chefd'oeuvre come questo! che perfezione artistica: che ispirazione! che gènio! Che chic! . . . Oré noni d'un petit bonhomme! (Nathan suona il campanello. Bricabrac si allarma) Perchè suona il campanello, vossignoria!3 NAT. Vi domandai quattro volte il prezzo, voi non lo volete dire, sta bene, andatevene via. SCENA Vili. David e detti.
NAT. (a David) Méttete alla porta quest' uomo. B R I C . (a David che gli si avvicina) Un momentino, amico. Ebbene, signore, dirò il mio prezzo Se si trattasse di chiunque altro, ma per voi, signore . . . . e poi la vostra signorina fece alcune spese al mio Bazar: Au grand Mogol.... non starò a dire4 trenta lire sterline, ma . . . . NAT. Dieci. BKIC. Dieci! horreur! Signore, voi scherzate; per questo moreeau magnifico dieci lire sterline! NAT. Dieci lire fan duegentocinquanta franchi, è il suo prezzo! B R I C . A H ! signore, ah! ah! ma guardate . . . . guardate . . . . NAT. (dà una occhiaia aMo scrignetto) È vero, ho sbagliato B R I C . L O credo anch'io che, abbiate sbagliato! Dieci lire, dieci lire! Par exemple! . . . 1 Meno scherzi: ieijte ©pä&e! — 2 Mi vien da piàngere, tdj mödjte Weinen. — 3 Vossignoria, @n>. §errlicf)feit (ein SEitel ber fjeute nur noci) tn SBriefcn gè« bräudjiid) ift. .gier ftefjt er roo£)l nur in Sinologie beä engl. Your Lordship, bet'jen fici) ber überfjöfliidje fjranjofe Sftatìjan gegenüber Bebtent). — * Non starò a dire, idj erlaube mir j u fagen . . .
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ERIC. C'è una scalfittura nel copèrchio2 . . . . e un cretto nella porcellana . . . . Volevo dire otto lire. BRIC. Oh signore! oh! oh! . . . Mon Dieu! Il signore si burla delle belle arti, dieci? . . . otto? . . . Ebbene, giacché mademoiselle è una pratique, la galanteria francese non mi permette di farle un dispiacére . . . . in grazia sua3 diciamo diciotto. NAT. Otto, otto, otto! Prendétele o lasciatele. 4 BRIC. Ah! c'è di che strapparsi la barba come i Turchi (Nathan suona il campanello. David che è in fondo s'avanza) Otto ghinèe, signore, otto ghinèe, ed è vostro. NAT. Alla buon'ora! Vorrete oro, non è vero? (cava la borsa). 5 BKIC. Ma sì, signore. (Da sè) (L'oro si compra a ruba! ) Prefersico l'oro, giacché me l'offrite così gentilmente. NAT. Voi sapete che sopra ogni ghinèa c'è adesso sei scellini di guadagno6. Bricabrac si frega le mani sorridendo) Dunque diciam 27 scellini per ogni ghinèa, otto via sei quarantotto. Due ghinèe, quattro . . . . sei . . . . (gliele conta) ecco sei ghinèe d'oro e due scellini: il conto è giusto. Due ghinèe meno due scellini d'aggio. BKIC. Due ghinèe meno due scellini, per averne otto! Ma questa è una carneficina! Ma io sono scorticato vivo! Dissi otto ghinèe, signore. NAT. Diceste otto ghinèe in oro, mio caro, e l'oro è caro, bisogna pagarlo bene a questi chiari di luna!7 Quando io faccio affari, li faccio bene. (Suona). BKIC. Questo è un insulto, è una derisione! Un signore che guazza nell'oro farmi pagare l'interesse!8 (Nathan suona di nuovo. David s'accosta) Basta, lo prendo . . . . NAT. Il vostro ninnolo? (Porgendo lo scrignettd). BKIC. No, l'oro. E se il signore vuol favorirmi nel mio Bazar gli mostrerò altre maraviglie. NAT. Non ho tempo per fare queste visite. BRIC. Ah signore, di gràzia, voglia favorire un confratello . . . . NAT. IO vostro confratello? (con disprezzo). BRIC. Sicuro; tutti due noi facciam fuoco addosso a questo sacré rosbif. In attenzione che colui di laggiù le petit caporal 1 Scalfittura, cine Sftige. — a Cretto, cirt ileiner ©prung. (®a§ SBort ift rtid)t TCitt italientfcE).) — 8 In grazia sua, Ultt irretiti tlieit. — 4 C'è di che strapparsi, bct fonnte man ftdj au§reifjen. — 6 Si compra a ruba, mari reijjt ftd) itm . . . — 6 Di guadagno Stufgelb, Sigio. — 7 A questi chiari di luna, in bicfcit geitlciufteit. — 8 Interesse, ÌJkojettte.
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prenda loro la capitale, noi prendiamo i capitali. A h , ah! Elle est borine cette-ci! . . . (Parte ridendo con profonde viverense. David mostra la via.) NAT. (guarda lo serignetto) L'ho avuto a buon patto! 1 Son certo che costò quattro volte di più. Un Francese contro un Ebrèo! Pòvero sciocco? ( Védesi Rita in fondo al giardino. Nathan copre lo scrigno con un fazzoletto) Mia cara Rita!
SCENA IX. Rita e Nathan. Ebbene, papà, tutta questa gente d'affari è dessa2 andata via? Sì? . . . . Oh adesso sono contenta. Tu mi appartieni per tutto il resto del giorno. NAT. Ecco un piccolo presente pel tuo anniversàrio (Scopre lo serignetto.) R I T A (siede aWaltra lato della tàvola) A h lo serignetto che avevo visto al Bazar francese, e che non osai prèndere perchè costava sì caro! . . . Ma chi ha potuto dirti? NAT. HO le mie spie anch'io. Credi tu che i principi delle finanze non ne abbiano da quanto3 i principi del sangue? Solamente noi le paghiam meno, e ci servon mèglio! R I T A (che si è alzata ad esaminare lo serignetto, lo prende e si mette su di un panchetto ricamato e imbottito ai piedi del padre) Come è grazioso! Si direbbe che odora sempre della pólvere alla marescialla che qualche duchessa o marchesa del sècolo passato ci deve aver tenuto insieme alle sue letterine galanti!... Bisogna che lo mostri al signor Vittório. NAT. Chi è il signor Vittorio? R I T A I I mio maestro di mùsica. Mi fu raccomandato or fa, diciotto mesi da lady Markman, la nostra vicina di villa . . . . Ha un gusto squisito. NAT. Chi? lady Markmann? R I T A N O , il signor Vittório; mi rincresce che oggi- non sia giorno di lezione. NAT. E che cosa ci porrai tu dentro a questo piccolo mòbile? RITA
1 A buon patto, btilig. — 2 Dessa, flefjt tjier jur SSerftarÌUttg bc§ SiuSbtudS mtrb aber ttidjt iiberfejjt. — 3 Da quanto, ebeitfo gut mie. . .
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Non so . . . . io non ho letterine galanti, lo sai; se tu vuói darmi quelle che ti scriveva la mamma te le custodirò fedelmente. NAT. Le lèttere di tua madre, Rita? (A voce bassa e commossa, mostrando la tasca intema del suo àbito) Sono sempre qui, figlia mia, qui in un taccuino, e sempre staran qui, sul mio cuore, finché esso avrà un pàlpito; sul mio cuore quando sarà freddo! . . . R I T A Caro papà! (Si alza e lo bàcio) Allora scrivimi tu una letterina, ed essa sola terrà tutto il mio scrignetto finché non ne avrò altre da méttere. Credo che prima o poi me ne capiterà qualcheduna. NAT. Eh! a bizzeffe,1 mia Rita; e chi sa quante ne avresti a quest'ora se non avessi fatto io buona guàrdia . . . . R I T A (ridendo) Ah! tu fai la guardia acciò non mi véngano lettere galanti? NAT. Faccio la guardia alle farfalle e ai mosconi che volentieri ti svolazzerébbero attorno, e che altro non sono fuorché vermi nudi viscosi. Occorre2 tu lo sàppia, fanciulla mia; essi sono attratti dal tuo denaro non dall'amore. È una dura lezione, ma te la déggio fare. R I T A Mio Dio ! vorrei non esser ricca . . . . NAT. Pgs! non bestemmiare, Rita mia! Ricca, almeno hai il mezzo di riderti delle loro insidie; pòvera, ne saresti la vittima! La ricchezza, Rita, non disprezzarla!.... Oggimai è la solo divinità che si adori con egual culto su tutta la superficie della terra. Vedi? questo è il Dio del giorno. ( Togliendosi una moneta d'oro di tasca) E come sono riveriti i suoi sacerdoti! Tutti strisciano ùmili ai loro piedi, e li incénsano e li adorano, e ne baciano lo stivale . . . . ( Alzando il piede) Ecco lo stivale che essi baciano anche quando dà loro un càlcio ! . . . I nostri antenati adoràvano il vitello d'oro, i pòpoli cristiani ci han rubato la fede; ma noi abbiamo conservato l'idolo. (Mostra la moneta e la ripone) R I T A Zitto, papà, zitto; mi fa male sentirti parlare così: Ah! no, io non vo'amar le ricchezze se débbono insegnarmi a disprezzar tanto i miei simili. NAT. Disprezzo o no, siamo in una società siffatta3, cara figliuola mia, che spesso conviene disprezzarla . . . . per non odiarla . . . . R I T A E tu credi che solo la ricchezza valga qualcosa nel mondo? NAT. NO, ma essa dà valore a tutte le altre cifre, precisamente come fa un heWuno dinanzi ad uno sfilata di zeri. RITA
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A bizzeffe, in ©icttge, maffenfjaft, über unb über. — 2 Occorre tu = oc-
-corre che tu . . . —
3
Siffatto, foldje, berartige.
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R I T A E la bellezza, il talento, la virtù? NAT. Son tanti profumi che aspirano essi pure 1 alla ricchezza, come gli incensi del tabernàcolo aspirano a salire al cielo. R I T A E la nobiltà? NAT. Oh! la nobiltà senza pecùnia, ragazza mia, è l'ombra che vuol esser corpo, è il leone senza ùnghie, senza denti e senza criniera: spettàcolo miserando alle genti2 . . . . R I T A Oh, allora è mèglio esser ricca e non nòbile, come sono io, che nòbile e non ricca. NAT. (ridendo) Meglio di tutto esser ricca, nòbile e bella. Sono i tre poteri costituzionali d'una fanciulla. Re, Senato e Rappresentanza nazionale . . . . di questi poteri ne hai già due: sei ricca e bella. R I T A E nòbile? NAT. Coi miei milioni non puoi mancarlo di èsserlo quando v u o i . . . . R I T A . Ma tu non lo sei, ed io non vo'separarmi da te. NAT. LO tolga il cielo!3 Ma credi tu che io non mi àbbia una figura da blasone?4 Non temére, un mucchio d'oro è sempre il ben venuto, qualunque sia il tàglio dell'àbito che lo copre! Sì, la mia Rita sarà una nòbile signora, una bella dama. R I T A Capisco! tu vuoi comprarmi come una cédola di banca contro uno stemma5 di conte o di marchese. NAT. Oggimài nel ceto nostro le mogli sono quotizzate6 alla borsa come tutti gli altri valori, mia cara. Il dieci per cento matrimoniale è un investimento che gode gran crédito presso la nobiltà spiantata7.
SCENA X. David e detti.
visconte Vernon è in sala8. NAT. (si alza) Fittelo entrare nel mio gabinetto. (A Rita) Un segretàrio di gabinetto . . . . un futuro ministro, se avrà il mio oro o il mio ingegno per ajuto. R I T A Non ti tratterrà molto tempo, non è vero, papà? NAT. NO . . . . SO quel che vuole. È un'ape venuta a suggermi un DAVID I I
1 Essi pure, gteidjjeitig. — 9 Alle genti, fiir bie SSett. — 3 Lo tolga il cielo, ba§ Derfjùte ber Rimmel. — 4 Che non mi abbia una figura da blasone? bafi metne ©eftalt ¿u einent SJSappett paffc. — 6 Stemma, SBappcn. — 6 Quotizzate, cotirt (im
SSoTfeitjettel serjeidjnet.) — ' Spiantata, ruinirt, IjeraBgeioittmen. — 8 In sala, im SSorjitntner.
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po' di cervello. Vado, e a momenti 1 ritorno. Il ministro delle finanze vuole il mio parére intorno al pròssimo impréstito o intorno alle cartelle di quello già fatto . . . . Se Gionata eseguisce i miei órdini puntualmente, le cartelle non le avranno che alla pari 2 , e in quanto al denaro . . . . deve pagarlo caro oggi chi non è certo del domani. (Parie dalla parte opposta d' onde è entrato David). SCENA X I . Rita solo. RITA
Oro, oro, oro! sempre oro! a forza di 3 parlarne e di maneggiarne, papà si scorda che vi sono cose le quali nè si comprano nè si véndono per oro; No . . . . il cuore di Rita non sarà mai dato a chi vorrà métterci il più alto prezzo, come ad un incanto. Mio Dio! Se papà sapesse ch'esso ò già dato via, e ad uno che non ha un soldo per comprarlo! Come andò la faccenda? 4 Chi 10 sa! Egli non mi ha detto nulla, io nemmeno . . . . Eppure ci amiamo . . . . lo sento . . . . me ne accorgo al trèmito che ci assale quando le nostre dita s'incontrano sui tasti del pianoforte . . . . alla mia felicità quando mi trovo seco . . . . alla mia inquietùdine quando egli è lontano. Parlerà? . . . a che prò? 5 . . . E poi ha troppo onore e troppa alterezza . . . . È un grande impiccio 11 mio! 6 Oh! se vivesse mia madre! Ma bisognerà che la consulti, che le domandi consiglio . . . . come fa spesso papà . . . . ed essa mi darà lina buona ispirazione. Aspetterò domani, quando l'avrò veduto. Se consultassi mia madre oggi, e se mi dicesse che fóccio male a vederlo ancora, non ci sarebbe verso7 di parlarci più. -Almeno una volta, una volta sola, e poi gli parlerò chiaro . . . . te lo prometto, mamma . . . . ( Vòlta al ritratto).
SCENA X I I . David, poi Vittorio e detto. D A V I D (anmmciando) Il maestro di mùsica, miss Rita. 8 R I T A Ah ! oggi che è giorno di vacanza? Cosa vuol dire questa sorpresa? 1 A momenti, im Stugeitbiid — 2 Le cartelle non le avranno che alla pari, SKatt mirò bie Dbligationen m i r r a t i (b. £). im Sìominalttierttje) beiommen loitneit. — 3 A forza di parlare, inbem et ttntnfr [prid)t . . . — * Come andò la faccenda? SGSie giitg ba§ nur j u ? — 6 A che prò? 33a§ itiiirbe eS niigett? — 8 È un grande impiccio il mio, icf) bttt in eirter grofjeit S3erlegen£)Ctt. — 7 Non ci sarebbe verso, e§ tuare feitte 2Jìog(id)feit... — 8 Cosa vuol dire, isa§ bcbeutct?
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(che entrando donde usci David udì Vesclamazione) Oggi è l'anniversàrio della vostra nàscita, Miss, e non potei resistere al desidèrio di pòrgervi1 anch'io i miéi sinceri augùrii. Profittai della circostanza d'andar a far lezione a lady Markman, vostra amica e vicina. 2 R I T A (dopo avérgli stesa la mano e stretta la sua ali inglese ) Come sapete che oggi è l'anniversàrio della mia nàscita? V I T T . Me lo diceste l'anno scorso. Credete forse che io avrei dimenticata la data? Siate sempre felice, felice come lo desiderano tutti coloro che vi àmano. 3 R I T A (con innocente civetteria ) O H ! tranne il mio papà, non vi è nessuno che mi ami in guisa da farmi tanti angurii. Non frequento alcuno. 4 V I T T . E tutti gli infelici che soccorrete? E tanti cuori in pena che avete consolati? V'è chi 5 prega per la vostra felicità più spesso che non pensate. R I T A Davvero? Ho gusto a saperlo. V I T T . Miss, nel mio paese, in Francia, v'è l'uso anco fra sémplici conoscenti d'offerire un mazzetto per li anniversarii; volete perméttermi di pregarvi a non rifiutare un modesto mazzolino di viole, cólte da me nel sentiero attraverso il parco venendo a questa volta? ( Glielo dà). 6 R I T A Mi riesce doppiamente caro . . . . Come sono odorose! voglio chiuderle nel mio nuovo scrignetto perchè lo profùmino. {Lo mostra a Vittorio) È un regalo che mi fece dianzi7 papà; non è vero che è bello? V I T T . Bello! (Si avvicina ad esaminarlo) Gran Dio! quello stemma . . . . quel ritratto! . . . R I T A Che cosa avete? V I T T . Dite, dite, Miss, come mai ne veniste in possesso? R I T A Papà lo comprò nel bazar francese . . . . lo avevo osservato ieri, ed ei mandò sùbito ad acquistarlo . . . . l'uomo che lo vendeva mi disse che proveniva da un'asta pùbblica avvenuta alla morte del generale Neuwingher. V I T T . Quegli che comandava l'èsército del Reno sotto la Repùbblica? strane combinazioni del caso! Sì! . . . è lo stemma di mia famiglia . . . , È il ritratto di mia madre . . . .
VITT.
1 Porgervi, Qljitcn barbrmgeit. — 8 All'inglese, nacf) englifd)er SScife. — 4 Civetteria, Sofctterie. — In pena, leibenb. — 6 V'è chi, e§ gìebt Cónte raeldje... 6 — Mi riesce, e§ trirb mir feirt. — ' Dianzi, foebeit. 3
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R I T A Vostra madre? Oh quanto era V I T T . E quanto sventurata! R I T A Ma è vestita come una grande
— bella!
dama . . . . lo stemma è sovrastato 1 d'una corona gentilizia3 . . . . V I T T . Ed io sono un pòvero maestro di mùsica senza nome, senza fortuna!... Ebbene, Miss, voi sapete già la metà del mio segreto.... avete diritto a sapére il resto. Mio padre, il marchese di SaintCast, fu compromesso, come tutti quei della sua razza, nella rivoluzione ; fuggì da Parigi con mia madre e con me, allora bambino. Sul punto di raggiùngere i principi a Coblenza fu separato da noi nell'Alsazia, e non ne avemmo più. nuove. RITA Mio D i o ! V I T T . Deve essere
stato ucciso dalle bande rivoluzionarie che allora occupavano il Reno. Mia madre, allo stremo di tutto 3 già cagionévole di salute4, morì lasciando me orfano, quasi inconsapévole della mia sciagura. Essa non rivelò il suo nome ai poveri contadini che l'assistérono nella lunga agonia. Crebbi fra essi, giacché per ùnico retaggio la misera madre mia non mi lasciò che un piccolo mòbile affatto simile a questo, fuorché, del ritratto di mia madre, h a w i quello del mio genitore. Un buon prete, fuggiasco egli pure 5 , astretto a farsi suonatore d'organo e maèstro di musica per campar 6 la vita, mi conobbe giovinetto, e mi prese ad educare, inségnandomi l'arte da cui oggi ritraggo la sussistenza. R I T A Ma chi vi svelò il vostro grado? . . . 7 V I T T . F U il caso. Addivenuto grandicello , spesso aprivo lo scrignetto che conservavo gelosamente in memoria di mia madre. Un giorno mi avvenne di trovare un cassettino segreto. Ivi mia madre aveva rinchiuso un breve ragguàglio del tristo destino de' miei genitori. R I T A Strana combinazione! V I T T . E vedete, la somiglianza è tale, che anche qui è un cassettino segreto . . . . Ecco la molla . . . . R I T A Ma il cassettino non si apre . . . . 8 V I T T . L'umidità e l'incùria fécero gonfiare il legno. E adesso, voi sapete il mio segreto . . . . non lo rivelerete ad alcuno, non è vero, Miss Rita? 1 Sovrastato, überragt. •— 2 Corona gentilizia, abelige SBappett frotte. — Allo stremo di tntto, in äufeerfter Sioti). — 4 Già cagionévole di salute, fdjott früher leibettb. — 5 Egli pure, gieidjfaH3. — 6 Campar, friftett. — 7 Addivenuto grandicello, alà idj ettoaé (jerangetoadjien war. — 8 Incuria, SSentadpfftguttg. 5
I . F K A N C H I , Origine.
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Ma perchè non reclamate il vostro grado, non fate valére i vostri titoli? VITT. No, non vo'nulla da chi regge 1 adesso la Frància. E poi a che prò? I nostri beni firono confiscati, venduti come proprietà nazionale. Il mio grado, la mia posizione, vóglio conquistarmeli da per me. Se un giorno sarò buono a qualche cosa, se le mie azioni potranno fare onore alla famiglia, confesserò un nome che ho sempre celato. I pòveri hanno essi pure il loro orgóglio, Miss Rita, comunque i ricchi di rado se ne sàppiano dar conto.2 R I T A Oh! signor Vittorio, credételo, io comprendo e apprezzo tutta la nobiltà del vostro procèdere . . . . Ma le nostre lezioni? In verità io non posso aver più per maestro il marchese di Saint-Cast. VITT. Consentite che io sia per voi sempre il povero maestro di mùsica. R I T A E mio amico, mercè il segreto che adesso esiste fra noi. (Gli dà la mano) VITT. C'era bisogno di questo® per èssere amici? ( L e bdcia la mano, Rita la ritira) R I T A (sorridendo) E la lezione di lady Markman? V I T T . L'avevo scordata; perdonatemi, Miss Gottschield. R I T A Chiamatemi Rita. VITT. Non posso, non debbo . . . . Signorina . . . . Io non Sono che il vostro maèstro di mùsica, studiate bene la lezione per domani. OS" inchina e parte) RITA
SCENA XIII. R i t a sola. RITA
Ecco un vero nòbile! Egli mi ama e papà vuol comprarmi un marito titolato! . . . Perchè non prèndere Vittòrio? Cosa importa che sia Francese od Inglese? Ma è così altiero! Vedrete che sarà capace di rifiutar la mia mano! . . . Caro questo piccolo scrignetto! Come l'amo adesso! Morivo di vòglia di offerirglielo, ma non osài. Debbo domandarne licenza a papà? Allora bisognerà che gli riveli un segreto che ho promesso di non dire ad alcuno! Adesso sono più impicciata che mai! . . . Suvvia! 4 Rita, coraggio e riflessione; vediam qual sia il miglior partito da prèndere . . . (Si mette al tavolino, colla mano tméndosi la fronte, in ària profondamente pensosa)
1 Da chi regge, Don ben je$igett SBetjcrrfcfiern. — 4 Sapersi dar conto, ettoaS Jtierfen. — 3 C'era bisogno di questo, Skburfte e§ beffen? — 4 Suvvia, 9luf!
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SCENA X I V . Nathan e Rita.
NAT. Il nòbile visconte è partito dopo aver presa l'imbeccata1. Scommetto che si dà l'ària, ira i suoi pari, di un gran finanziere! Un dì o l'altro mi pagherà le lezioni. — Rita, che cosa fài, così pensierosa? Méditi anche tu un segreto di Stato? R I T A Oh! no, papà, cerco soltanto d'aprire un cassettino segreto, che è qui, e non mi riesce . . . . NAT. Un cassettino segreto? Fa vedére, fa vedére, ragazza mia. Spesso ftìrono trovate delle belle cédole di banco in simili nascondigli. È duro a cèdere2. . . . R I T A L'umidità forse . . . . NAT. NO; qualche cosa che è fra il cassetto e l'assicella interna Aspetta . . . . bisogna adoprar cautela. Che diresti, Rita, se ci fosse dentro un bel biglietto di banca di venti o trentamila franchi? R I T A Magari 3 ! (Battendo le mani e con còmica gravità) Tutto quel che c'è dentro è roba mia4. (Lo manderò a Vittorio.) {Fra sé) NAT. (apre il cassettino) Alla fine! Il mio sospetto5 era giusto c'è un fòglio. R I T A Cos'è? NAT. Bianco . . . . Mia povera Rita, mi rincresce di averti fatto concepire una vana speranza . . . . R I T A (indispettita) Ed io che mi era fabbricata un sì bel castello in aria . . . . Pazienza! (Getta il fòglio per terra) Un pezzetto di carta ammuffita6 e gialla . . . . bella presa! (Fra sè) (Per consolarmi scriverò a Vittório, e gli manderò lo scrignetto.) (Siede al tavolino volgendo le spalle agli spettatori e scrive.) SCENA X V . David, poi Giónata e detti. D A V I D I I signor Giónata. NAT. Il mio primo commesso? Lasciar così il banco?7 Entri sùbito. 1 Prendere l'imbeccata, fidi ¡gnfpiratiotten Ijolett. — 2 È duro a cèdere, e§ öffnet ficf) jdjroer. — 3 Magari! SSoHtc ÜJott! wäre p b f d j ! — 4 È roba mia, gehört mir. — 6 Sospetto, SBcrmutijurtg. — 6 Ammuffito, »ermobert, ttadj SKober riedjejtb. — ' I l banco, ba§ ©omptuir.
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(Gli va incontro; David parte) Che c'è di nuovo, vècchio Giónata? 1 GION. (agitato) Scusate la mia agitazione, ho voluto venir da me .... NAT. (piano) (Calma, calma, vècchio pazzo. Vedi che io son calmo? Non spaventar la ragazza.) 1 GION. Mi avete detto di dar órdine -ai vostri sensali di comprar cédole dello Stato? NAT. Sicuro. Cédole per véndersi a caro prezzo quando rialzeranno i fondi . . . . GION. Sta bene. Il primo vostro sensale Overland compri per dugentomila lire di cédole, che han ribassato ancora del due per cento. NAT. Ottimamente. GION. Le ha comprate, ma non trova denaro per pagarle. NAT. ( f r e d d o ) Tanto pèggio per lui ! GION. (stupefatto) Ma comprò per conto vostro. NAT. Gliel'ho forse detto io? Gliel'ho forse scritto? GION. Ma mi sono impegnato io per voi! NAT. Ebbene, paga. (Ridendo delia figura sconvolta di OionaM) Ah! ah! non vedi che ho voluto farti paura? ( Va al forziere) Ecco sessantamila lire in valori sulle Indie e cédole di banche inglesi pel resto. 8 GION. Respiro . . . . Ma v'ha di pèggio. NAT. Che cosa? GION. Sapete che cosa dicono alla Borsa? NAT. Che cosa? GION. Dicono che bisogno esser pazzo per comprare così spropositatamente3 . . . . che avete fatti acquisti al di là dei vostri mezzi, e che se il ribasso continua ancora due giorni, sarete . . . . NAT. Sarò un banchiere fallito . . . . Han detto la verità! Solamente credo che s'ingànnino in quanto4 al giorno. Se il ribasso continua, sarò fallito domani anziché doman l'altro. 5 GION. E me lo dite così a fàccia fresca? NAT. Bambino! (Ddndogli un buffetto sul naso) E gli altri miei agenti, Goldsmith e Levi, han dessi6 comperato per mio conto?.... GION. Sì . . . . l'uno per cinquantamila lire . . . . l'altro per ottantamila . . . . 1 Da me, att§ etgenem SlntrieB. — 2 V'ha di peggio, e§ giebt noti) argereS. — * Spropositatamente,6unftnttig. — 4 In quanto, in SBetreff. — 5 A faccia fresca, tuf)tg, gleidjmiitljig. — Han dessi, ¡paben fte aucfj?
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NAT. Fa comprar sempre . . . . fa comprar tutto . . . . Ecco due miei biglietti a tre giorni data. GION. Per oggi saranno accettati, ma domani . . . . NAT. Silenzio e bada di tener la lingua a freno ( Giornata parte). SCENA XVI. Nathan e Rita. NAT. (stropiceidndosi le mani) Ah, ah! così si chiama vivere! Come queste lotte riscàldano un uomo! . . . . Mi par d'essere un pilota ; il mare è indiavolato,1 il vento soffia verso terra . . . . la scoglièra è vicina . . . . E sentire che avete un buon naviglio, stàbile e snello sotto i piedi, ed un cuore forte, impàvido al timone! Eh! eh! (Cambiando tuono e motteggiando) Se venisse un po'di bel tempo non sarrebbe però punto male! I nodi filan via 2 maledettamente . . . . ( Cbsì dicendo è allo scrigno) RITA (alzando la testa) Ed in questo modo mi si consacra la giornata! (Va da Nathan che sta per chièdere lo scrigno) Non chiùdere ancora quell' orribile forziere : vorrei darci un'ochiata. Cosa sono tutti quei mucchi di striscie di fogli d'ogni colore? NAT. Cambiali, bieglietti di banca, cédole, ali di carta che ajutano il denaro a volare per il mondo. Furono i miei primi padri che inventàrono questo modo di cambio. E fécero qualche cosa di mèglio che pèrdere il tempo ad almanaccare che la terra cammina e che il sole sta fermo. RITA. E tutti quei mucchi luccicanti? NAT. Oro, Rita, oro coniato dalle principali zecche di Europa, lire sterline, dobloni di Spagna, tàlleri tedeschi, luigi d'oro, napoleoni, tutti uccellini che prèndono il loro volo verso Londra, e che io chiudo in gàbbia per farne la cova. Méttici dentro le mani, riméscola questi mucchi. Non è vero che fa piacére il prendere3 un bagno d'oro a questo modo? (Prende due pugni di monete e se le lascia fuggire d'infra le dita) RITA Questi sono luigi d'oro, non è vero? Furono coniati prima della rivoluzione . . . . NAT. SÌ, lisciami verificare4 un momento il mio stato di cassa. (Siede davanti il forziere e conta i biglietti) 1
Indiavolato, lDÌitf)ettb. —
s
Filar via, baf)itt ffiegett, (b. E), bte Kttoteit meldje
ba§ ©djiff juriicilegt). — * Il prèndere, jit netimen. — 4 Verificare, ii&evjaljleit.
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(con ima manata di luigi d'oro viene sul 'proscenio) Se nascondessi un rotolo di questi luigi nel cassettino segreto? Vittório nel trovarlo si persuaderà che ce li lasciò suo padre. È tanto pòveroI . . . Oli che bellissima idea! Papà, mi occorrono venti di queste monete. NAT. Venti luigi d'oro, mia Rita? Per farne cosa? R I T A È un capriccio che ho. Credo che mi sia permesso di avere un capriccio per l'anniversàrio della mia nàscita. NAT. Cinquanta, ragazza mia, cento, se ti débbono far contenta.1 Éccoti venti luigi, tutti gli altri saran tuói un giorno. Come sono belli! (Sospira) Ah ogni volta che me ne divido non posso a meno di sospirare; li amo tanto! (Li riconta) R I T A Ma tu mi ami di più ancora, spero. Gràzie, papà! Li riconterò anch'io per esser degna figlia del mio papa ( Va al tavolino) RITA
SCENA XVII. D a v i d con plico, e detti.
Un corriere, che arriva a spron battuto da Londra, ha portato questo plico per parte del vostro cassiere. NAT. (s'alza) AH! quà, presto (Apre con fretta,.getta la busta) Il listino della Borsa . . . . ribasso . . . . ribasso . . . . giù tutto a precipizio!2 Vediamo la lettera. «Quattro agenti di cambio «sospèsero i pagamenti, Meyer fallito, Glynn sta per far punto. «Non abbiamo più carta spendibile per coprire le ùltime ope« razioni indicate. Ci occórrono quarantamila lire col ritorno del «corriere.» A h ! la faccenda comincia a farsi sèria. (Guarda Porologio) Sono le d u e . . . . ancora due ore di questo passo . . . . e Nathan Gottschield è costretto ancor esso a far punto . . . . ( Va allo scrigno, prende varii biglietti, li pone in una busta,3 sigilla e dà a David) Date al corriere, e ditegli che vada di gran galoppo. (S'alza) Oh! quando cambierà il vento! quando cambierà! . . . Vediamo . . . . ( Allo scrigno) Impossibile di toccar questa carta. Liquidare con tale ribasso è "una rovina sicura. Come fare? . . . Come? . . . Stolto! Col mostrare fronte audace alla fortuna. È donna, e favorisce i temeràrii. Terrò fermo
DAVID
1 Ti débbono far contenta, bit ^reube tttadjen. — 2 Giù tutto a precipizio, StHeS ftitrgt. — 3 Busta, etgentlidj @tui, jumeift aus ^ctppc: Souoevt. (SBeffer ift sopraccarta.)
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finché il mio nome varrà uno scellino. (Passeggia agitato e si ferma dinanzi a Rita che non riesce a fare un ròtolo dei suoi venti luigi) A i ! manine inesperte! . . . Lascia fare a me. (Va al tavolino ove è Rita e fa il rotolo dei luigi) Queste sono le ruote con cui l'antico tràffico dei cristiani facea pesantemente il suo viaggio, finché noi insegnammo loro il modo più speditivo. E adesso cosa vuoi farne? R I T A (seduta) Te l'ho da dire? . . . lo vo'mandar via. NAT. (in piedi2 nel mezzo) Senza mia licenza? R I T A Oh sì, te la domanderò . . . . purché tu prometta di dármela. NAT. Prometto. Per chi è quel denaro? R I T A Pel signor Vittorio . . . . NAT. Come! non gli son forse pagate puntualmente le sue lezioni? R I T A Questi luigi non sono per lezioni, è per una sorpresa . . . . e voglio, di più, mandargli il mio bello scrignetto. NAT. Il regalo che ti feci poco fa? Eh via! 3 4 6 R I T A Gli è che ci ha sopra un diritto . Pensa un po'! Si accorse che quello scrignetto aveva appartenuto a suo padre. Riconobbe lo stemma . . . . il ritratto della madre che gli morì quando era bambino. NAT. È fàcile contare tutte queste storielle! Il mondo è pieno di avventurieri, ed io ho torto di non èssermi informato meglio di questo Signor Vittorio. R I T A . Il signor Vittorio non è un avventuriere. Le informazioni le presi io, e sono ottime. Di più mi provò che sapeva èsserci un cassettino segreto . . . . E mi mostrò la molla. Vedi, ecco il ritratto di sua madre. Non ti parrebbe cosa molto crudele se io fra molti e molti anni m'imbattessi nel ritratto di mia madre in possesso d'altra persona, e se questa non si facesse un dovere di cèdermelo? . . . NAT. E vero; il ritratto di una madre è cosa preziosa. R I T A Dunque posso dárglielo? NAT. SÌ. (Dopo un istante di sospensionee). R I T A Grázie, grázie, papà mio. Quanto sei buono e quanto ti voglio bene! Ora, vedi, io introdurrò questo ròtolo nel cassettino segreto. Per buona sorte Vittório non riuscì ad aprirlo, e crederà che ce 1
Finché, fo lange al§. — 2 In piedi, ftcfjcnb. — 'Eh via! 9ímt,rotómetter? 6 — Gli è che, bie ©adje ift, bafe . . . — Ci ha sopra un diritto, er fiat ein 9ted)t barauf. — 6 Sospensione, ¿jogertt, Uttentfdjloffenfjcit. 4
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lo àbbia messo qualcuno della sua famiglia. Se egli me lo dimanda, io giurerò di non avércelo messo . . . . NAT. OH! guirare una bugia! R I T A Niente affatto. Io non ce lo metterò . . . . ce lo metterai tu . . . . Eh! sono furba io 1 ! Non è astuto questo modo di fare una cosa e di non farla ad un tempo? NAT. È un po'gesuitico, ma per una principiante non c'è male.2 Solamente ci si vede un po' troppo la principiante. (Rompe il ròtolo) Guarda, i luigi hanno la data del 1787 e 88, e tu li hai messi dentro un pezzo di carta, sul cui màrchio di fàbbrica è indicato . . . . questo anno . . . . (Ponendo la carta dinanzi la candéla, che è rimasta accesa per sigillare il ròtolo) R I T A Vedi! vedi! non ci avrei mai pensato! . . . NAT. Altri furbi prima di te non ci hanno pensato, e si non fatti scoprire per storditàggini simili. Quando vuoi fare tali burle, ragazza, esàmina sempre la marca del fabbricante di carta, e rammentati sopratutto di esaminare le marca dei biglietti di banca . . . . così . . . . attraverso la luce . . . . Ce ne sono tanti falsi . . . . R I T A Bisogna dunque servirsi per fare il ròtolo di un pezzo di carta senza marca . . . . NAT. (guardando per terra) Ecco appunto quel fòglio che era nel cassettino. È giallo e vècchio quanto basta . . . Di più è carta forestiera. Vediamo la marca. {Rita pone ilfòglio contro al lume) R I T A E assai chiaro «1791» Oh! papà, .guarda . . . . son venute fuori delle lèttere brune che innanzi non si vedévano sul fòglio. Distinguo benissimo la prima parola «Pagàbile». NAT. Fa vedere.3 E un foglio scritto con inchiostro simpàtico. Ci vuole un forte calore per trar fuori meglio i caràtteri.4 R I T A Ancora un mistero! oh il prezioso scrignetto . . . . Somiglia a un mòbile delle Novelle Arabe. Metti il foglio vicino al fuoco del caminetto, intanto che preparo lo scrignetto . . . . NAT. {va al caminetto, che deve esser acceso durante tutto tatto, e tiene il fòglio al fuoco. Legge) « Pagàbile a vista . . . . la somma di dugentomila tàlleri» il mio caràttere!8 {Pone di nuovo la carta al fuoco frettolosamente e legge) La ricevuta che feci il 1
Sono furba io, bili icf) nidjt fdjlau? — 2 Per una principiante nonVè male, gctr nidjt iìbel fiir eine Sltifangerin. — * Fa vedére, lafj fefjen. — * I caràtteri, bie ©djriftsuge. — B II mio caràttere, mente ©djrtft.
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2 ottobre 1792 . . . . al marchese di Saint-Cast (8'erra il foglio nelle mani convulsivamente e ne fa una spècie di palla) R I T A Che cosa è papà? ( Volgéndosi verso di lui) NAT. Nulla; una vècchia ricevuta di nessuna importanza. Non riguarda che persone morte . . . . tutte morte da molto tempo . . . . 8traccia una porzione del foglio) Son curioso si vedere che inchiostro simpatico sia questo; spesso noi altri banchieri ne adoperiamo. Conservo la parte scritta del foglio per farla sottoporre all'anàlisi chimica. Èccoti la parte rimasta in bianco. Ve n'è abbastanza per fare il rotolo. (Ci pone i luigi, e li sigilla) R I T A Vedi la molla, papà? il cassettino salta fuori. Mettiámoci dentro 1 il rotolo.... Adesso sparite subito.3 ( Come se desse un órdine) NAT. TU dicesti che esso appartenne al padre di Vittório? 3 R I T A SÌ, di cui non si ébbero più nuove dal 1 7 9 2 . La sua pòvera móglie morì poco dopo in Alsázia. NAT. Ed egli ti disse il nome di suo padre? R I T A Sì, ma è un segreto. Eppure credo di dovértelo dire, perchè fra me e te non ci dévono èssere4 segreti, non è vero? me lo ripeti sempre. Orbene, suo padre si chiamava il marchese di SaintCast, ma Vittório non assunse mai questo titolo, e non lo vuole assùmere perchè è così pòvero . . . . NAT. (Strana, strana combinazione!5 C'è il dito di Gehovah!) (A voce sommessa, ma Rita intende. Egli va daWaltro lato) R I T A Quale combinazione, papà? NAT. Quella che porta questa cassettina e Vittório l'un presso l'altro6 dopo tanti anni! R I T A Ciò prova che dobbiamo rèndergli tutto, non è vero? NAT. (preoccupato1) Sì, sì . . . . R I T A Ora lo porto a David perchè mi assista a farne un pacco, e lo mando al signor Vittorio. Egli deve èssere ancora da lady Markman qui dirimpetto. Oh come sono felice! Che bel giorno anniversàrio! E che papà eccellente e generoso io posseggo! . . . (Lo bacia e parte collo scrignetto) 1
Mettiamoci dentro, legen » i r ijtrtettt. — 3 Sparite sùbito, gort mit ©udj ! (fie fpridjt biefe S o r t e fcfjerjcttb ju ben ©olbftücfen). — * Non si ébbero più nuove d a l . . . (bon bcm) man teine Sìadjridjt mefjr fjatte f e i t . . . — 4 Non ci dévono essere, e§ barf nidjt geben. — 5 Combinazione, Qufammentreffen. — 6 Che porta . . . l'un presso l'altro, roeldje p einanber f i i f j r t . . . — ' Preoccupato, in ©ebanfen ber* l'unten.
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SCENA XVIII. Natlian
solo.
NAT. Eccellente, generoso! Parole vuote di senso! L'erede del defunto si scopre1 dopo tanti anni, dopo che invano lo cercammo dappertutto, quando la restituzione sarebbe stata fàcile, quando non avevo nulla da pèrdere, quando il mio buon àngelo era meco. E adesso viene costui a reclamare il suo denaro, adesso che ogni più piccola somma di cui posso disporre mi è necessària, indispensàbile! . . . Adesso che ogni mia fortuna2, tutto il mio avvenire dipende dagli eventi di un'ora! (Muta voce3) Oh! ha aspettato tanto, aspetterà ancora, finché io vegga la fine di questa lotta . . . . se rimango a galla4 o se affondo, se entro in porto o mi sfracello nel naufragio Lo pagherò domani se se? . . . Chi sa se domani mi rimarranno tanti soldi quanti sono i tàlleri che egli reclama . . . . Egli reclama? Ma dov'è la prova di tutto ciò? Maledetto scrigno! Mi ricordo adesso che il marchese di Saint-Cast aveva fra le mani qualche cosa di simile . . . . ma non ci feci attenzione. Deve esser lui che pose5 la ricevuta nel cassettino. Or bene, supponiamo pure che questo Vittorio sia suo figlio . . . . ove è la prova del mio débito verso di lui? Nient'altro che questo pezzo di carta mezzo làcero, che il fuoco può distrùggere in minor tempo che il fuoco abbia messo a farmi lèggere ciò che ivi sta scritto. Il consiglio più prudente è di distrùggerlo. ( F a verso il fuoco) Maledetto pezzo di carta, lo riconobbi alle prime parole, quantunque il mio nome sia invisibile ancora. Vediamo, vediamo se c'è tutto.6 ( i o scalda) C è pur troppo, e come chiaro! non Vè agente di càmbio in Londra che non giurasse esser questa la mia firma. E queste altre parole che cosa sono? non me ne ricordo . . . . «attesto e prometto quanto sopra, Rita Gottschield. » La mia Rita! . . . Il suo caràttere tutto tremolante . . . . Oh la mia Rita! (Bacia il foglio) No, no, non posso bruciare i suoi caràtteri, no, mai! Oh come sarésti lieta, mio àngelo santo, di vedére questo giorno . . . .) Essa ne parlava anche al suo letto di morte, essa rammentava la védova 1
Si scopre, erfdjeint. — 2 Ogni mia fortuna, mettt gcmjeS SScrmogcn. — Muta voce, mit aitberem Stott. — * Kimango a galla, id) bleibe obcn auf. — Deve essere lui che pose, er mujj gelegt ijabett. — 6 Se c'è tutto, ob 3tHeg ba ift, ot» ittdjtS feljlt. 3 5
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e l'óriano, rimasti inconsapévoli eredi1, e mi faceva prométtere ad ogni momento di non cessar mai le mie indàgini finché li avessi rinvenuti. E glielo giuravo, come lo giurai quel 22 ottobre! Rinvengo ora l'órfano, ma il mantenere la parola è la mia totale rovina. Oh! che debbo mai fare? Tu mi vedi, tu mi ascolti, mia Rita, dammi forza, dammi consiglio . . . . Rita, Rita, aitatami, aiutami! (Cade in ginòcchio innanzi al ritratto stendendo le braccia verso di esso) Ho da dir tutto a mia figlia? ( Queste parole le dice come se gli venissero suggerite*) Sì . . . . le dirò tutto . . . . Ella sarà il mio consiglio, la guida del mio cuore, come tu lo fosti e come lo saresti ancora . . . . SCENA XIX. Rita, Nathan, poi David. H O mandato il pacco al signor Vittorio, papà . . . . Ma cos'hai? Come sei pàllido! Tremi tutto! Ti écciti troppo! sono questi corrieri che vanno e véngono . . . . Comincio ad èsserne inquieta ancor io3. Ce ne è appunto un altro che scende in questo momento da cavallo. NAT. {correndo alla porta) Dov'è? Debbo vederlo sùbito. (David entra, e rimette a Nathan un plico Ornile all'altro) R I T A (guardando con compassione suo padre così agitato) E questa è la felicità delle ricchezze? NAT. (prende il plico e l'apre còn mani tremanti) Ah! riàlzano i fondi della banca di Londra . . . . No! un nuovo ribasso dopo mezz'ora . . . . ribasso in tutti gli altri valori! (È atterrito; prende il biglietto che era col listino) Un biglietto di Giónata! Roberts è in procinto di sospèndere i pagamenti se non gli spedisco trentacinquemila lire! Che! Roberts, a cui ho fatto una nuova anticipazione un'ora fa, la cui ditta mi deve già cinquecentomila lire in contanti ed altrettanto in cambiali colla loro gira! La ruina di codesta ditta è la mia ruina! Ma come assisterla? Se lo faccio esaurisco ogni risorsa. Eppure è giocoforza!4 Gehovah mi soccorra ! ( Va allo scrigno, e prende un fascio di carte) Rita, ascolta! Quel foglio che trovammo nel cassettino.... RITA
1 Inconsapévoli eredi, ©rbeit feirt, otjtte cS guttriflen.— 2 Suggerite, etnge* ftuftert. — 3 Ancor io, aucf) tei). — 4 È giocoforza, 9lbt>. (£§ ift unberttteiblid) !
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poco fa, non era ben leggibile . . . . adesso si legge chiaramente, vedi? .RITA (legge) «Pagàbile a vista all'órdine del marchese di Saint-Cast, 0 chi per lui, la somma di dugentomila talleri, da me ricevuta per suo conto. Nathan Gottschield». Il tuo nome! NAT. Leggi, leggi . . . . R I T A «22 ottobre 1792. Attesto e prometto quando sopra: Rita Gottschield». Mia madre! NAT. SÌ, essa fu testimone . . . . essa promise. Il marchese ebbe da me . . . . in proprie mani . . . . questa ricevuta. R I T A E non venne mai a reclamare la somma? NAT. FU assassinato pochi momenti dopo . . . . R I T A (con orrore) Oh Dio! . . . NAT. Dai suoi compratriotti, dai soldati francesi. R I T A Dunque tutto questo denaro è di Vittório? NAT. Se egli è veramente figlio del marchese . . . . 1 R I T A Oh che contentezza ! Potrà riprendere il suo nome, il suo 3 grado! . . . Quanto sono felice! (Fa sosta3 e dà4, in uno scròscio di pianto) NAT. Cos'è, Rita? R I T A Perdonami, papà; ma se tu sapessi quanto è buono ! Con quanto coràggio e nobiltà sopporta l'umile suo stato! . . . NAT. Rita, tu l ' a m i . . . . (Rita si volge dall'altra parte vergognosa) Ed egli ti ama? N I T A Non me l'ha mai detto . . . . NAT. Peuh! non occorre dirlo!5 . . . Credi tu che ti ami? RITA
SÌ.
NAT. Per te o pel tuo oro? R I T A Oh per me, per me sola! NAT. E fa bene6, perchè se ti sposa, sposa una pitocca. R I T A Ah capisco, tu vuoi diseredarmi? NAT. Cattiva!7 Puoi pensar così di me? Guarda. Ecco trentamila lire sterline . . . . Esse equivàlgono alla somma che gli debbo (Fa un pacco di cédole) Mandagliele. R I T A Oh! papà, grazie, gràzie! Non vo'pèrdere un minuto . . . . NAT. Aspetta. Prima che tu lo faccia, devi sapére che questa somma, la quale lo arricchisce, mette me alla misèria . . . . 1 Che contentezza, 2BeId)C§ ©Ilici! — 2 Grado, SRang. — * Far sosta, itttteIjaltert. — 4 Dare in,6 auSbredjeit in . . . — 6 Non occorre dirlo, ba§ braudÉ)t man nidjt JU fagett. — Fa bene, et tfjut tt>o£)I batait. — * Cattiva, bofe§ ffiiub.
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R I T A Padre! NAT. È la schietta1 verità! Codesta somma, tolta alle mie operazioni, in questo momento, mi spòglia di tutto, è la mia sconfitta, il mio precipizio2 . . . . R I T A Prendi, prendi, papà. ( Vuol rèndergli i fogli). NAT. E se la riprendo, andrà nella voràgine che ha inghiottite tutte le mie sostanze® nel giro di poche ore. R I T A L O pagherai dopo. NAT. Quando? come? Se i miei càlcoli falliscono, fra un'ora dovrò sospèndere i pagamenti . . . . domani sarò dichiarato in bancarotta. R I T A Sicché, se ti servi di questo denaro? . . . NAT. Defraudo il mio creditore. R I T A E se egli lo ha?. . . NAT. Precipita tuo padre nella rovina, nel disonore! Scegli, ragazza, scegli fra le due alternative . . . . 4 R I T A (con trèmito convulso e voce resa tremula dal piantò) No, no, padre, scegli tu stesso. Io non posso, papà, non oso . . . . NAT. (la prende per mano) Fanciulla, tua madre avrebbe scelto! Prégala che t'inspiri. R I T A Ah padre! non posso pregare! La testa mi arde, mi sento morire!5 Prega, papà, prega per noi due (Gli cade accasciata ai piedi). NAT. HO pregato, e la preghiera mi ha dato forza.
SCENA XX. David, poi Vittorio, e detti.
(annunciando) Il maestro di mùsica. (sorge come spinta da ima susta6, e passa alla destra del padre) Vittorio! V I T T . (entra collo scrignetto; David parte) Signor Gottschield, Miss Rita, non posso tornare in città senza esprimervi la mia profonda gratitùdine pel vostro dono prezioso. Forse voi non sapete, signore . . . . NAT. SO tutto! (A Rita) Non hai nulla da dire al signor Vittório? R I T A ( f a uno sforzo e non può) Non posso parlare. V I T T . (non si è accorto della scena fra padre e figlia, giacché questa DAVID RITA
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1 Schietta, rem. — 2 Precipizio, Utttergcmg. — * Sostanze, SSermogen. — Resa trèmula, bebettb. — 5 Mi sento morire, id) fterfie. — 6 Susta, Springfeber.
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rimane nell'àngolo del proscenio a destra) Addio, signore, a domani, Miss! Gràzie, gràzie dal fondo del cuore . . . . {Fa per partire) NAT. Fermatevi! . . . (Pausa) Sembra che voi siate il marchese di Saint-Cast? V I T T . Miss Rita svelò il mio segreto? NAT. NO, codesto oggetto (accenna lo scrigno) lo svelò . . . . E svelò anche un altro segreto . . . . questa ricevuta; leggétela. (La dà a Vittorio) Ecco le cédole di banca per la somma che vi debbo. In quanto agli interèssi c'intenderemo . . . . 1 V I T T . E mai possibile? (Depone lo scrìgnettto sul tavolino) Dunque fu nelle vostre mani che mio padre? . . . NAT. Affidò quando possedeva . . . . Sì! sì! . . . V I T T . Alla fine posso ripréndere il mio nome e il mio grado! Ah, signore, coronate l'ópera vostra generosa con un altro benefizio! Accordàtemi la mano di vostra figlia! Forse io non sarò il ricco gènero a cui aspirate . . . . NAT. Più ricco assai che non possa aspettarmi! . . . (Con abbattimento profondo) Sono un uomo rovinato. V I T T . Voi? R I T A (nel mezzo) Sì, Vittório . . . . ridotto alla misèria da questa restituzione!... Quel denaro lo avrebbe salvato . . . . (Piangente) V I T T . O ricco o mendico, mi volete voi per genero? NAT. Come? La vorreste prèndere senza dote? Pensate! La mia è una immensa caduta! Io perdo tutto! V I T T . Ed io tutto acquisto possedendo Rita. NAT. Bene! bravo! . . . giovinotto!3 Voi siete moneta di buon cònio! Prendétevi3 la ragazza . . . . ma avrete da mantenere anche il padre . . . . Rimango senza un soldo. Del resto non sarà per molto tempo! Questo rovescio di fortuna è per me un gran colpo! (Abbattuto passa dall'altro lato della scena, quasi strascinàndosi) V I T T . N O , signore, voi non sarete pòvero . . . . mi associo alle vostre operazioni, lo metto a vostra intiera disposizione . . . . NAT. (con un subitàneo ritorno d'energia) Che? .. . voi mi confidate? . . . Volete giuocar meco alla Borsa? . . . Tutto non è ancora perduto . . . . (Prende il pacco di cédole, va al tavolino, e suona impetuosamente) 1 È mai possibile, 3|t ba§ moglidj. — a Giovinotto, juitger Wctntt. — 3 Prendetevi, ba ne£)ttten ©ie . . .
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SCENA X X I . David con un piccolo panierino,
e detti.
NAT. Questo plico a un corriere . . . . che vada sùbito . . . . che ammazzi un cavallo, se fa d'uopo . . . . che si ammazzi egli pure1, ma che arrivi prima della chiusura della Borsa. ( Gli dà il plico) Ebbene? . . . che cosa aspetti, scimunito? D A V I D Vi è un uomo al cancello3, vestito come un cacciatore . . . . ha portato questo cesto dicendo che vi si dia sùbito . . . . È un piccione . . . . lo porterò al cuoco. (Per partire) NAT. Non ci mancherebbe altro!3 Alla fine! ( A f f e r r a con grande ansietà il cestello) (Uno dei colombi di Schwartzschild!) (Prende il piccione morto e strappa coi denti, giacché noi può colle mani convulse dalVansietà, wn piccolo foglietto nascosto sotto l'ala) È scritto in cifra, ma lo capisco. (Legge con voce trèmula, passandosi la mano negli occhi4) «4 aprile: mezzogiorno. Gli alleati sono in Parigi, Napoleone ha abdicato a Fontainebleau.» Salvo, salvo, sono salvo! {Salta di giqja; è convulso, dà in iscrosei5 di riso misti a pianto d'allegrezza) R I T A Mio Dio! è impazzito! (A Vittorio) NAT. Pazzo? Ah, ah, ah, pazzo! ( V a al tavolino e scrive frettolosamente leggendo di mano in mano che scrive) «Gionata, impiega quanti agenti di càmbio6 sono in Londra! compra, compra, compra! . . . fa piazza pulita". . . . » Questo al corriere. (David parte in fretta) Corri, tartaruga! ( Gridàndogli dietro, poi viene sul proscenio) Ecco il cambiamento di scena . . . . ecco il porto . . . . ecco il trionfo . . . . ecco i fondi in aumento8 le mie centinàie diventano centinàie di migliaia . . . . Domani sarò cento volte milionàrio . . . . Marchese di Saint-Cast, veniste in buon punto9! Voi dividerete le mie vincite10! Oggi tutti véndono, ed io ftii solo a comprare, domani tutti compreranno ed io sarò a véndere. (Stringe il piccione al seno) Oh cara bestiola! La colomba di Noè venne all'arca col ramo d'olivo nel becco, e 1 Che si ammazzi egli pure, et rette ftd) feibft j u £obe. — 3 Cancello, ©itter, ©ittertljor. — 8 Non ci mancherebbe altro, ba§ feìjtte gerobe Itoci). — 4 Passandosi la mano negli occhi, ftd) bie Slugett toifdjenb. — 8 Dar in iscrosci, cm§= bredjen in . . . — 6 Quanti agenti di cambio, alle SSorfenagenten. — ' F a piazza pulita, madje teine Slrbett. — 8 Ecco i fondi in aumento, jegt fteigen bie ifcipiere. — 9 Veniste in buon punto, ©te finb p redjter ¿Jeit gefommen. — 10 Vincita, ©eroinn.
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e tu lo porti sotto l'ala! Non ti posso rèndere alla vita, ma ti farò impagliare e ti riempirò di biglietti di banca! . . . ti metterò in una gàbbia d'oro massiccio 1 .... e ne farò un regalo a Rita pel suo anniversario. (Pon€ il piedone sul favolino, e ciò facendo vede lo scrigno e prende il denaro nel (¡assettino segreto) Intanto anche questi possono tornare al mio scrigno . . . . RITA Ah! i venti luigi d'oro di Vittório? NAT. {nel mezzo) Io ti propongo un presente migliore . . . . Gli darai altrettanti baci. A un franco l'uno fanno quattrocento baci. R I T A Quattrocento! YITT. . Accetto. NAT. Pagàbili a vista.3 (Spinge dolcemente Rita verso di lui e fa un passo addietro per guardarli, gittando un'occhiaia al ritratto della móglie.) 1
Oro massiccio, tnoffibeS ©oib. —
2
Pagàbili a vista, jafjlbar itadj ©idjt.
Fine detta Commedia.
r Biblioteca moderna italiana. Die grossen politischen Umgestaltungen auf der appenninischen Halbinsel im Laufe der letzten 30 J a h r e haben auf die neueste italienische Literatur und nicht minder auf die Sprache selbst nachhaltigen Einfluss ausgeübt. Auf allen Gebieten geistigen Lebens in Italien bekundet sich ein rastloser Fortschritt. Parlament und periodische Presse tragen in bedeutendem Maasse zur Entwickelung und Fortbildung des ebenso schönen als reichen Idioms bei, dessen Prosa, durch MANZONI mustergiltig festgestellt, heute den am meisten fortgeschrittenen Cultursprachen Europas ebenbürtig zur Seite steht. Auffälliger Weise findet sich bei den in Deutschland zu Unterrichtszwecken herausgegebenen Lesestücken und ähnlichen Sammlungen die neueste italienische Literatur fast gar nicht vertreten. Unsere Biblioteca moderna italiana beabsichtigt diesem Mangel abzuhelfen. Der leitende Gedanke bei diesem Unternehmen ist, nur anerkannt mustergiltige, der zeitgenössischen Literatur entnommene Erzeugnisse zu bringen, von denen jedes ein in sich abgeschlossenes Ganzes bildet. Ausser dem sprachlichen Element ist auch der Inhalt des zu Bietenden f ü r die Auswahl maassgebend, denn unsere Absicht geht dahin, nur solche Stücke in die Sammlung aufzunehmen, welche sich durch ihren literarischen und ethischen Gehalt gleichmässig für die Schule wie für den Privatunterricht empfehlen. Schwierigere sprachliche und sachliche Stellen finden durch die dem Texte fortlaufend beigegebenen Noten die entsprechende Erläuterung. Der Herausgeber, Director einer grossen italienischen öffentlichen Lehranstalt in Triest, und durch Seine sprachwissenschaftlichen und schönwissenschaftlichen Werke in den weitesten Kreisen bekannt, ist in der Lage, der literarischen Bewegung in Italien aufmerksam zu folgen und aus dem reichen Schatze des Vorhandenen jederzeit das Beste auszuwählen. Wir eröffnen unsere Sammlung mit folgenden Bändchen: 1. Un cuor morto, Commedia in 3 atti di LEO DI CASTELNUOVO. 2. La Nunziata,
N o v e l l a di GIULIO CAECANO.
3. Origine d'una gran casa bancaria, Commedia in 2 atti di ITALO FRANCHI. Weitere Bändchen folgen. Den Herren Fachlehrern, welche die Bändchen der Biblioteca moderna italiana einführen, wird von den bereits erschienenen sowie den noch erscheinenden Bändchen, und zwar von den letzteren stets nach Ausgabe eines neuen Bändchens, von der Verlagsbuchhandlung a u f d i r e c t a n s i e g e r i c h t e t e s V e r l a n g e n bereitwilligst ein Dedications-Exemplar zur Verfügung gestellt.
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J L e i p z i g . Druck von Glcsecke & Dcvrieot.