Pier Paolo Pasolini. Il cinema in corpo. Atti impuri di un eretico 8887323429, 9788887323429

Tanto più le previsioni o profezie di Pasolini ci riguardano, avverandosi oltre ogni sua immaginazione, tanto più la cul

114 50 20MB

Italian Pages 420 [400] Year 2001

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

Recommend Papers

Pier Paolo Pasolini. Il cinema in corpo. Atti impuri di un eretico
 8887323429, 9788887323429

  • 0 0 0
  • Like this paper and download? You can publish your own PDF file online for free in a few minutes! Sign Up
File loading please wait...
Citation preview

Pino B ertelli Interventi di G O F F R E D O FO FI e E N R IC O G IIE ZZI

Pier P aolo Pasolini

Aot siamo gli ultimi del mondo ma questo mondo non ci avrà noi lo distruggeremo a fondo spezzeremo la società 'nelle'.fabbriche il capitale come macchine ci usò nelle sue scuole la morale di chi comanda ci insegnò Questo pugno che sale questo canto che va è l'Internazionale un'altra umanità questa lotta che è uguale ritorno a ritorno fa rò e l'Internazionale fu vinta e vincerò... !\Oi siamo gli ultimi di un tempo che nel suo male sparirà e l'avvenire è già presente chi liti compagni non morirà al profitto e al suo volere tutto ritorno si tradì ma la Comune avrà il potere dor erà no! farem o si! Questo pugno che sale questo canto che va è l'Internazionale un 'altra umanità questa lotta che è uguale l'uomo a ritorno farà è l'Internazionale fu vinta e vincerà E tra di noi divideremo lavoro amore libertà e insieme ci riprenderemo la parola e la verità guarda in viso tienili a memoria chi ci uccise e chi mentì compagno porta la tua storia alla certezza che ci unì Questo pugno che sale questo cauto che va è l'Internazionale un'altra umanità questa lotta che è uguale l'uomo a l'uomo farà è l'Internazionale fu vinta e vincerà Aoi non vogliam sperare niente il nostro sogno è la realtà da continente a continente questa terra ci basterà classi c secoli ci han straziato tra chi sfruttava e chi servì compagno esci dal passato verso il compagno che ne uscì Questo pugno che side questo canto che va è l'Internazionale un'altra umanità questa lotta che è uguale Vuotilo a Vuomo farà è l'Internazionale fu vinta e rim erà".

Franco Fortini (L'internazionale. 1968/1991)

Goffredo Fofi

Tanto più le previsioni o profezie di Pasolini ci rigu ardano, avverando­ si oltre ogni sua im m aginazione, tanto più la cultura italiana sem bra di­ menticarsene. A nche Pasolini è diventato un argom ento di studi univer­ sitari, oggetto di tesi inerti e talora di pretestuosi dibattiti, del tutto se­ condari rispetto al suo dire e al suo fare. A ccade per lui com e per tutti i più lucidi analisti del nostro secolo e del nostro paese, p er i più grandi ilei nostri poeti e scrittori e pensatori: l’ interesse p er loro si risveglia sol­ tanto se ci sono occasioni “ ghiotte” cioè pettegole, che suscitano la cu­ riosità perversa di giornalisti e “ addetti ai lavori” , della cosidetta com u ­ nicazione di massa. Al quadro tracciato da Pasolini nei suoi ultimi anni di vita, più pessimi­ sticamente di altri perchè più coscientem ente di altri di una coscienza vissuta non solo nel cuore e nella mente, almeno un dato bisognerebbe però aggiungere, che egli non aveva previsto: quella della fusione, della con-fusione e collusione tra cultura e politica, tra intellettuali e potere, che ha celebrato il suo trion fo p rop rio in quest'ultim o decennio del se­ colo grazie al “ successo” di una sinistra d ie ha perso strada fa cen d o ogni sua diversità. Rileggere e rivedere Pasolini è dunque un’ operazione che acquista senso soltanto se si riparte da Pasolini, e cioè dalle istanze ir­ requietudini ribellioni suscitate in lui dalla constatazione del disastro, se riparte da altrettanto sdegno nei confronti dello “ stato delle cose” se sa considerare uno stesso senso di sconfitta c di m orte il suo am ore per un'umanità offesa, degradata dal potere con gli strumenti della p u bb li­ cità e del consum o e fatta com plice dal potere, acquisita agli ingranaggi del potere in una crescente com plicità. Pasolini aveva ragione, aveva più che ragione, e ha ragione oggi com e non mai. Non fu il solo a metterci in guardia, c tra gli altri voglio r ico r ­ dare, degli italiani, almeno i più lucidi: da Chiarom onte e Silone a Elsa Morante c Anna Maria O rtese, da R ia n d a n ti e Cassola a Fcllini e Voi-

poni. E im pressionante clic, con E eccezione di don M ilani, p recu rsore, siano assenti d all’ elenco dei chiaroveggenti i preti, mentre è più com ­ prensibile che lo siano i politici, con l ’ eccezion e, forse, dell’ ultimo B er­ linguer, finalmente cosciente della rovina che il suo partito aveva pervi­ cacem ente con tribu ito a far crescere, e filosofi e teorici, sem pre succubi d ’ altrui pensieri, incapaci di visione e pensiero p rop ri, in quest’ ultimo m ezzo secolo, con E eccezione del citato e m isconosciuto Ckiarom onte. Tra le cose che possiam o ancora rim proverare a P asolini, p u r capendo le sue ragioni, c ’ è un certo “ tatticism o” , in certi anni, nei con fron ti dei com unisti; così com e c ’ è E aver subito, p er il tramite del successo cine­ m atografico e del potere-denaro che gli veniva da questo, il fascino non della borghesia ma di un ra p p orto con la borghesia e di una qu alche, ec­ cessiva. m ediazione con il “ sistema” , parola che ('gli non am ò, e fece ma­ le, p rop on en d o invece quella di “ p alazzo” , che ha mille meriti ma anche il dem erito di fa r pensare che il male è tutto lì e quel che ne è fuori ne d i­ pen de, mentre la situazione era ed è invece più com plessa, di reti e ra­ gnatele di p iccoli e grandi interessi e privilegi che collegano forze e p er­ sone. E ciò ripropone? il grande p rob lem a , vivo e pressante p er m olti di noi oggi più di ieri, del grado di estraneità che si riesce a conservare e che è doveroso conservare nei con fron ti degli altri (chiam iam ola p u re, oggi, dem ocrazia, chiam iam ola m asse, chiam iam ola possibilità di parla­ re ai più). P roblem a aperto, sca b roso, d ecisivo... Sarebbe indecente rim proverare a Pasolini ciò che, per me, continua a im porsi alla revisione dei suoi film ultimi e alla lettura delle sue op ere e articoli ultim i, con una separazione tra i due ambiti che mi appare ben­ sì m otivata e com prensibile. M entre il suo cinema languiva e si faceva, aum entando le sue am bizioni, in realtà m eno forte e meno p oetico, m e­ no capace di interpretare il presente e di dialogarci, tuttavia in una os­ sessiva e dolorosa interrogazione, e in definitiva si faceva più intellet­ tuale elle ispirato, le sue riflessioni polem iche sul paese e la sua cultura toccavano un vertice di incandescente verità e una capacità inaudita di santa p rovocazion e. Vedo in questo una scissione di cu i, cre d o , Pasolini doveva avere una qualche coscienza e che, cre d o , ha acuito la dispera­ zione dei suoi ultimi anni, dentro l ’ altra scissione che le testimonianze dei suoi amici hanno afferm ato, da un lato tra la cupezza del suo ultima cinem a (Salò) e la furia delle sue ultime prese di posizione giornalistiche, e la vitalità che invece esprim eva (e da cui era espresso) nel suo “ priva­ to” e nella sua baldanza progettatrice. Queste mie convinzioni non sono in linea con quelle d ell’ appassionato saggio di Pino B ertelli, che nel suo am ore per Pasolini tende a .sottova­

8

lutarne le con traddizion i di cui an ch ’ egli era portatore - ed erano tante! Immagino il suo "“vero n ien te!'- alla lettura di queste righe, e però insi­ sto. C onsidero il cinem a di P asolini, con quello del llossellini tra Roma Città aperta e La paura (con la gloriosa appendice di due lezioni di storia. Vanino. Varimi e La presa di potere di Luigi XIV) e con quello di Fellini (con due e tre eccezioni nel corso d ell’ opera) il più grande n ostro, anche p er­ ché il più nuovo e perché afferm a, com e quello dei suoi due am ici-m ae­ stri. un m odo di narrare per immagini che prim a non c ’ era, un'assoluta originalità del linguaggio. Ma ne vedo la grandezza in u n ’ adesione a c o n ­ trario, op p u re, se vogliam o, in p ro fo n d o , allo spirito dell’ ep oca , urCadesione che mi appare palm are e manifesta nei film da Accattone a Che co­ sa sono le nuvole, m entre nei successivi si esprim e una tentazione deca­ dente che significa, per il regista, lui calo di ispirazione, e anzi cred o un calo di convinzione nei con fron ti della realtà, o addirittura un crollo di speranza... Queste mie opinioni non vengono scosse dalla lettura del saggio di Ber­ telli. Il con fron to continuo e m eritorio che egli p rop on e tra analisi dei film e dichiarazioni, articoli, saggi di Pasolini contem poranei dei film , ma le rafforza e precisa. Non ultimo pregio di questo lavoro è infatti la quantità di inform azioni e riferim enti elio mette in cam p o, la più ampia sinora sulla questione e la meno rinchiusa nei solo am bito del cinem a. In Pasolini il cinema fu elem ento di sfogo vitale oltre che artistico, e fu sempre una possibilità unica di avventura e di conoscenza che lo mette­ va in contatto con realtà le più diverse, perlustrate eou esaltante fe rv o ­ re. con un continuo sentimento di meraviglia e di gratitudine. Il cinema era un pezzo di vita, non ei a solo "la m orte al la v o r o " di cui parlava Coeteau, ma, com e in pochissim i altri autori (e mi vengono in mente certi russi, D ovjen k o o Suksin, e certi giapponesi, M izoguchi e Kurosawa, o certi am ericani, F ord c K a z a n ...) era una scoperta di vita, "rip re sa " nella e della vita, con la generosità e con la purezza dei prim i­ tivi - con quella generosità e purezza che fu di Rosscllini e. negli anni Cinquanta, dei docum entari di De Seta e, d op o Pasolini, negli anni O t­ tanta e N ovanta, degli apocalittici, dei post-pasoliniani Cipri e M areseo, i suoi allievi più coerenti ed estremi. In loro Pesem pio e le idee di Pasolini continuano ad agire, ma siam o, con loro a figure di coscienti outsider, per una precisa scelta sociale e poeti­ ca. Pasolini fu invece un outsider involontario, piuttosto un "b a rb a r o piom bato in un m ondo - quello della cultura e della politica italiana - che non ha voluto accogliere nessun suggerim ento, e che sem pre un "b a r b a ­ ro” continua a considerarlo anche ora che lo Ilei collocato nelle bibliole-

9

che c dissertazioni universitarie e lo tratta magari da “ classico” , ma pro­ prio perché non vuole e non sa capirne le ragioni e accettarne l'eredità. Questa eredità, infatti, sarebbe la negazione di tutte le finzioni gli op­ portunism i le m anipolazioni di cui oggi quel m ondo si fa forte. Pasolini ha p erd u to, ed era im possibile che non perdesse, ma con lui ha perduto irrim ediabilm ente tutta la società, e chi ancora sa p orsi, vedi Bertelli e pochissim i altri, alPascolto delle generose e disperate riflessio­ ni e visioni pasoliniane, sarà sem pre più costretto ad aggirarsi, come il Citti-Pasolini d ell'ep ilogo m odern o e bolognese di E d ip o re, dentro un chiassoso e soddisfatto m ondo autom i, privi di m em oria e privi di spe­ ranza.

io

Enrico Ghezzi Cenere e P etrolio: (ram m enti sul cinema di P ier P aolo Pasolini

...Sospeso tra la volontà profetica dell’anm incio e la sensibilità, anzi v o ­ lontà quasi ideologica del San Sebastiano, del sansebastianismo om oses­ suale, il rischio di Pasolini è sem pre stato che la tensione - tra queste ipolesi che possono in certi momenti anche coin cid ere - che la tensione ve­ nisse, invece, ridotta e letta in una figura di interprete alto o basso o me­ dio, puntuale o lirico. hi un interprete della realtà, della realtà italiana del d opogu erra, della seconda metà del secolo, del penultim o qu arto del ventesimo secolo in Italia, in Europa o forse nel m on d o, com unque in un lettore, in un in­ terprete, in un poeta e cineasta della realtà. M entre cred o che Pasolini già avesse il cinema con una precisione straordinaria, il cinema com e lin­ guaggio e addirittura lo chiam ò, nella lingua dell’ep oca , "semiologia" del­ la realtà. Il cinema com e semiologia della vita, com e cose che p arlan o, in qualche m od o, da sole, un elem ento del futurism o anticipatore degli ini­ zi del secolo. II cinema com e esem pio, ancora in com pleto, di fattogralia,

  • ai miracoli della fede... l’Utopia è una reve rie delVanima che fa della coscienza individuale dell’ oggi, la coscienza sociale di domani. L’ Utopia è so­ gnare ad occhi aperti il non-presente che sarà realizzato dal popolo degli uo­ mini Uberi alla fine della storia, vista come forma normale di delirio collettivo. Nelle società più sviluppate le decisioni sociali sono prese dal centro... per gli utopisti ogni cosa è soggetta alla volontà «li coscienza (Friedrich Nietzsche) e non c'è niente «li più importante della consapevole volontà del Elioni o (Martin Bulier) per mostrare i limiti «li una società e i percorsi accidentati che portano a una diversa dimensione del vivere insieme. La visione utopica pasòliniana percorre ogni film e tra profezie apocalittiche (Giovanni) e abrasioni di felicità e gioia incontenibili (fra* Dolcino)... elude l’ intervento divino e annuncia il dia­ logo tra l’ uomo e la sua coscienza. Nel suo cinema il futuro non c ’ è e il passato e il presente sono sfigurati, trascesi, violati di estreme bellezze. Il potere ridu­ ce I uomo a cosa e il destino dell’ uomo è dentro i programmi «Iella merce o ne­ gli eventi apocalittici della politica. Commiato dal domani: “ Ti temeranno fin­ che splenderà il sole, finché brillerà la luna, di generazione in generazione ”, di­ ceva Rabbi Eliezer. figlio di Azzarià. Se per alcuni il tuo inizio è stato poca co­ sa, per altri il tuo avvenire sarà luminoso (Giobbe). Le utopie pasoliniano si battono contro la tendenza generalizzata della cultura a perpetuare la politica istituzionale che accentra ogni cosa a spese di ogni pos­ sibilità di decent razione dei poteri e «Iella partecipazione alle scelte conviviali della collettività (utopica) in formazione. L’ utopia “ c possibile e impossibile in tutti i tempi; è possibile se ci sono gli uomini giusti che la vogliono o, meglio, che la Ialino; ed è impossibile se gli uomini non la vogliono o, per così «lire, si limi­ tano a volerla, ma non sono in grado di farla” (détournando Gustav Lau­ datici*). Pasolini ha lavorato p«jr modificare i rapporti tra gli uomini e nei risguardi della sua filmografia è possibile rintracciare una progettualità sovver­ to

    *

    « V J J L U J

    I

    U H 1 F I J U I W

    J l l

    I B « C l

    ■ • !

    V

    *

    rv

    siva. utopistica, cpifaniea... dove sono enunciate alterità sociali più autentiche 0 dirette (associazioni, movimenti, federazioni, cooperative...) come fucine es­ senziali per comprendere e incamminarsi verso quella comunità di comunità sulle quali U “ diritto di avere diritti*’ è sovrano. Come ogni utopista, Pasolini ha cercato di rendere la vergogna del potere ancora più vergognosa. I na sto­ riella del Talmud racconta: “ Da tre cose Duomo è riconoscibile: dal suo bic­ chiere, dalla sua tasca, dalla sua ira. C'è chi dice: Anche dalla sua allegria** o dalla sua utopia. Non si tratta tanto di vedere clic cosa c ’ è sopra, che cosa c ’ è sotto, die cosa c ’è prima, che cosa c ’ è dopo l’ Utopia... nè di amare il potere e l'autorità e dispensare favori alla gente... ciò che conta è odiare il potere e l’ autorità sotto ogni aspetto... e ricordare all'uomo che la mosca è esistita prima di 1ui. 11 cinema in utopia di Pasolini ha espresso i conflitti tra spirito c autorità. Tra poesia della libertà e violenza del potere. Nell’ epoca in cui i poteri politici/economiei/reljgiosi sembrano avere dimenticato i più elementari diritti umani... dai bordi della terra emergono richieste di dialogo tra i poveri, gli oppressi, gli sfruttati... che pretendono l ’ impossibile, cioè testimoniano la sofferenza e il re­ cupero del pensiero libertario come legame coscienziale Uomo/Mondo e lamio del bene e del male nuovi echi di protesta, ili contestazione, di rivolta contro la morte della dignità espressa dalla civiltà contemporanea. “ Gli uomini sono na­ ti o creati uguali e divengano disegnali in virtù delle istituzioni sociali e politi­ che, cioè costruite dalPuomo” (Hannah Arendt). La vita di un uomo libero è inconcepibile senza che anche gli altri uomini non conoscono la libertà. Un uo­ mo (come un popolo) rappresentato non è libero! la giustizia e la libertà sorgo­ no là dove gli uomini planetari si associano liberamente e manifestano in pub­ blico le loro idee e i loro pensieri. Non è vero che il potere deriva dal popolo! Il popolo “ possiede” il potere solo il giorno delle elezioni! “ dopo diventa pro­ prietà di quelli che lo governano” (T. Jefferson). Ogni Utopia è un cammino... un’ allargamento dello spazio della libertà situato all’interno delPordine costi­ tuito... Ogni Utopia custodisce la memoria della vita offesa e mostra ovunque che il potere “ è un eterno crimine” (Saint-Just). Ogni Utopia è la rivoluzione in permanenza auspicata da Proudhon ed è lì, nel cuore degli spiriti liberi, a ri­ cordare alla storia dell’ umanità di superare la propria infanzia. Tl Paese di Utopia è il crocevia dei popoli dove la libertà pubblica consiste nella parteci­ pazione dei cittadini alla cosa comune... una democrazia partecipata da ogni soggetto sociale secondo le sue possibilità e i suoi sogni... una democrazia di mutuo aiuto dove la parola Utopia significa ancora: nè Dio né Padrone!

    21

    r

    Capitolo I

    Poetica delPimperfezione

    1961/1964

    "Io ero nato per essere sereno, equilibrato. naturale: la mia omosessualità era in più. era fuori, non central a con me. Me la sono sempre vista accanto come un nemico. non me la sono mai sentita dentro*\ Pier Paolo Pasolini "La disobbedienza, per chiunque conosca la storia, è la t irlù originale dell'uomo. Con la disobbedienza il progresso e stato realizzato: con la disobbedienza e con la rivolta Oscar

    ilei e

    Accattone Mamma Roma La ricotta La rabbia Comizi d ’amore I. Le lacrime ili Nietzsche e l’ anarchia di Accattone Il cinema di Pier Paolo Pasolini figura il diario (scritto col sangue dei giorni...) di un uomo in rivolta. T suoi film sono degli appunti di viaggio clic denunciano il vuoto delle ideologie, le falsità della morale pubblica e Papologia del male del­ la Chiesa (nell'era della falsificazione e deirimpostura). Il linguaggio cinema­ tografico pasoliniano esprime una poetica dcirimpcrfezione, il saccheggio didisinvolto di alcuni maestri celebrati dalla macehina/cinema o dinamitardi del­ la ragione statuale... per andare a comporre un florilegio di emozioni che con­ fluiscono nell’ esplosione dell'utopia possibile, dove la nudità dell’ immaginario sociale diviene trasparenza e dissoluzione di una realtà impoverita nel disordi­ ne spettacolarizzato delle idee. Nel cinema, la rivendicazione della libertà di espressione, ritorna puntuale ad ogni Festival... falsi critici arrabbiati e falsi registi di film che mortificano il sentimento estetico (anche quando parlano dei

    i

    23

    l ’ ìlio B ertelli

    "“quasi adatti” di una società brutale)... albergano ovunque e il tanfo della me­ diocrità risplende nel vuoto... in attesa di liquidare la loro pedagogia della ge­ nuflessione. della segregazione o dell’ apparenza... gli eretici del desiderio di vi­ vere (i grandi Solitari, gli Eresiarelii. gli A inarca. i “ costi-ultori di situazio­ ni” ...) si fanno sotto e passano dalla vita alla pagina e dalla pagina alla vita: " . . . quando il prevedibile capovolgimento «Ielle condizioni culturali e sociali permetterà un cinema libero, molti altri campi d azione saranno già siati ne­ cessariamente introdotti. E probabile che allora la libertà del cinema sarà am­ piamente superata, dimenticata nello sviluppo generale di un mondo in cui lo spettacolo non sarà più dominante. Il tratto fondamentale dello spettacolo mo­ derno è la messa in scena della propria rovina” . 1 Ciò che è ritenuto sacro va distrutto. L’ avvento dell'epoca della libertà è segnato (alla maniera di Nietzsehe) dal tempo del riso e delia gioia. Nietzsche ci ha insegnato a guardare (sen­ za dimenticare il martello...) un Dio m orto... “ Spezzate, spezzate, fratelli. \c ne prego, queste tavole antiche dei devoti! Distruggete con i vostri detti, vi pre­ go, le sentenze di coloro che calunniano il mondo!’ .2 II pensiero libertario «li Nietzsche ha trasformato il fiele della pretaglia di Cristo in miele dello scanda­ lo dell'eresia. "Da duemila anni Gesù si vendica su «li noi di non essere morto su un divano ’ (E. M. Cioran). Solo i singhiozzi lasciano in bocca il sapore «li un passato che non c'è più e di un divenire già decomposto. Legati a una stel­ la, la più lontana... e vai dove ti portano i tuoi sogni. II cinema di Pasolini è un veleno per il cuore di tutti i filistei delPimmaginario addomesticato... la bellezza virulenta delle sue immagini, dei suoi contenuti, delle sue metafore sono fatali per ehi non legge/guarda per comprendere e so­ no sprezzanti verso/contro i compilatori di sciocchezze specializzate, negli schiamazzi mondani delle Mostre cinematografiche sparse dappertutto. Quello pasoliniano è un cinema del cuore c il Cuore “ per ere incalcolabili non ebbe no­ me. Poi, in stato di confusione mentale, gliene diedero uno. Quando vola negli ocelli, anche la polvere d'oro acceca” .3 Colui che percepisce le sofferenze «lei mondo e le disperde ovunque ci sono orecchie per intendere e occhi per vede­ re, lavora per la liquidazione dell"ordine e restituisce gli orchi alla saggezza. Gli antichi dicevano che 1 ignoranza e la “ non-luce ’ delPesistenza e la saggez­ za è la '“luce del cuore” . Ecco perchè le parole dei patriarchi sono specchi lu­ minosi, sono il cinema delle stelle che trasforma la sofferenza in «noia e la sehiavitti in libertà. Un Uomo Superiore aiuta il bisognoso: non rende ricco il piu ricco” (Confucio). L'uomo non sarà mai niente, fin quando non avrà la con­ vinzione che la sua sorte dipende unicamente da se stesso. La “ potenza è il po­ tere che ci si vuole prendere sugli altri: la libertà è il potere che si vuole pren­ dere su se stessi ’ .4 11 ““tono conviviale’ di una civiltà si misura a colpi di can­ none o nel genocidio di intere popolazioni che hanno avuto il torto di essere po­ vere e nascere su una terra ricca... l’ umanità che conosciamo è l’ essenza di tut­ to ciò che è riuscita a possedere, a violentare. Il fatto è che anche ““la gaiezza non è più collegata ad alcun atto importante e che, al «li fuori «lei pazzi, nessu24

    ru »r r a d o ra s o liiil/li cin em a in c o r p o

    no ri«* solo attraverso la trasgressione l'uomo è capare di diventare il soggetto del­ la propria storia” .37 La sfida della “ diversità” è dunque una violazione della norma e Pomosessualita, il colore della pelle, la concezione delle religioni, gli handicap fino alla follia... sono segnali di una mancanza di coraggio, quello di ribattezzare il “ male di vivere” con ciò che abbiamo di meglio. Nel i% 0 . Pasolini era stato al centro di una marchiatura dei comunisti. Mario Montagnana, cognato di Togliatti e membro del Comitato centrale del P.C.I.. scrive una lettera a Rinascita contro il romanzo L no vita violenta e questi so­ no i toni: “ Pasolini riserva le volgarità e le oscenità, le parolacce al mondo biel­ la povera gente... Si ha la sensazione che Pasolini non ami la povera gente, dis­ prezzi in genere gli abitanti delle borgate romane e, ancor più, disprezzi (non trovo la parola) il nostro partito... Tommasino il protagonista è in realtà un giovane delinquente della peggior specie: ladro, rapinatore e pederasta... la de­ scrizione che il Pasolini dà della sezione comunista e del suo segretario (un mez­ zo delinquente) e delPassemblea dei suoi iscritti, è senz’ altro da respingere con sdegno... Ecco il giovane delinquente diventato un tesserato del partito comu­ nista... ha bisogno di alcune centinaia di lire... entra in un cinematografo mal­ famato... si avvicina a un tale che riconosco come pederasta... si la masturba­ le da lui... si fa consegnare 500 lire... Non è forse abbastanza per farti indi­ gna re?” .38 Sorvolando sul linguaggio da appuntato di pubblica sicurezza o da vescovo implicato in camorre e mafierie ordinarie... il povero Montagnana non si accorge che proprio quel romanzo annunciava una realtà del Partito sotto gli ocelli di tutti... i delinquenti erano in Parlamento o nel Vaticano, nella bor­ ghesia o nel proletariato... per una fetta di potere ciascuno faceva la sua mar­ chetta né più né meno come quel comunista che per un pompino prendeva 500 lire da un omosessuale in un cinema (“ malfamato” come tutte le sezioni dei par­ tili ni confessionali delle chiese) e i senzastoria come Tommasino morivano so­ li e abbandonati da tutti in un lettino di contenzione. Il cinema pasoliniano nasce dall’ esilio forzato del poeta di Casarsa della Deli­ zia. Espulso dal Partito, allontanato dalla sua gente, senza lavoro, Pasolini vi­ ve con la madre alla periferia di una Roma ancora “ provinciale” . TI padre di Pasolini li raggiungerà nel gennaio del 1951. Un amico, trova al giovane pro­ fessore un posto in una scuola media privata di Ciampino. Pasolini scrive per qualche giornale (cattolico o legato alla destra), fa la comparsa a Cinecittà (ap­ pena due notti) e collabora alle prime sceneggiature. 11 suo incontro con San­ dro Penna, è di quelli folgoranti. Che durano una vita. Come certi amori. Pen­ na è uno dei più grandi poeti del '900... omosessuale, vive in una stanzetta, fuori «la ogni dottrina accademica e tira avanti con lavoretti occasionali. E lui che fa conoscere a Pasolini i ragazzi romani e una sessualità pagana o dispera­ ta che il giovane insegnante friulano definisce come quella dei ''gattucci in cer­ ca d ‘amore'\ Non si vergogna più della sua omosessualità e a Silvana Mauri scrive1: "La mia omosessualità era in più, era fuori, non c entrava con me. Me la sono sempre vista accanto come un nemico, non me la sono mai sentita den-

    P i n o Itertelli

    Irò. Solo quest ultimo anno mi sono lasciato andare* .39 Nell'estate del *50. incontra Sergio Cittì. E un ragazzo di 18 anni che fa I im­ bianchino. Ma è schietto, diretto. E appena usi-ito dal riformatorio. Suo non­ no e suo padre erano anarchici. Gli hanno insegnato riniportanza deH‘ ann... mentre la scelta dei movimenti di macchina, le inquadrature, i raccordi di montaggio - sovente dissonanti con P intelaia tura ricettiva del cinema mercanjll,* - divengono in Pasolini una vera e propria sintassi a/cinematografica. \t*| cinema pasoliniano non c ’è mai un’inquadratura nella quale si vedono per­ sonaggi di spalle o di quinta... gli interpreti non entrano né escono dal campo rari sono i profili dei corpi... quando ci sono si muovono. Pasolini mette Puonio/Ia donna al centro di ogni ripresa e non è soltanto perché si riconosce negli affreschi di Masaccio, Giotto, Caravaggio o in manieristi come Pontorno... il cinema pasoliniano trascolora ogni cosa, dal rifiuto della drammatizzazione neorealista (Rossellini, De Sica), a una certa violazione dell'attoralità rosa (De Santis. Visconti)... che sono alla radice del miglior cinema italiano: quello d impegno civile (Francesco Rosi, Florestano Vaticini) e della commedia amara ilegli anni '60 (Dino Risi, Mario Monieelli). VI fondo dell’ opera pasoliniana la crosta più sofferta è \ estetica ludra del Neo­ realismo. Specie nei suoi sotterranei più compromettenti. Cioè il senso noncotivrazionale dello spettacolo della miseria come catarsi sentimentale di nuo­ vi fascismi ordinari. Operazione tra le più bieche del lavoro culturale, sulla quale molta televisione poggerà le proprie miserie e le proprie fortune. Molto importante invece, ci appare in Pasolini la dilatazione poetica del surrealismo più grande e a vedere in fondo a tutto il suo cinema, non sono pochi i rimandi a Luis Runuel, Jean Cocleari. Jean Vigo o Georges Mèlica. La cinevita di Paso­ lini è infatti quella di un sognatore. La sua visione del mondo ritorna a quella dimensione interiore dove il reale e rimmaginario, la vita e la morte, il passa­ to oeea
  • oeta>. guiva con trepidazione all*università di Bologna.71 Con quei ricordi in testa,, negli ocelli... Pasolini filma il mondo periferico di Maturila Roma sotto un so|h cadaverico, luccicante, che brucia le facce ilei protagonisti. 1 campi, i ruderi romani, i casermoni della Roma sottoproletaria avanzano ai bordi dello scher­ mo e ogni inquadratura sembra annunciare il finire di un'umanità felice e nel contempo disperata. Anna Magnani in principio non capisce la tecnica (in ap­ parenza grezza) di Pasolini. Lei vuole - interpretare - il personaggio della mamma/pultana. Pasolini le spiega che deve —essere - una puttana/iuamina. semplicemente. Si chiariscono quasi subito. Lei comprende quello strano regi­ sta che gira brevissime inquadrature (non durano più di due o tre minuti), che lavora su primi piani sfalsati (con la macchina da presa a mano), che rompe la nomenelazionc classica del linguaggio cinematografico (un campo segue un con­ trocampo o un totale che anticipa una figura intera eee.). Lui vuole rendere im­ mortale la sua passionale sensualità. Pasolini costruisce il suo cinema fuori dal­ le lunghe inquadrature articolate sulPattoralità o sull'illustrazione degli sfon­ di... le espressioni, i sentimenti, i passaggi psicologici sono confluiti tutti nel montaggio e come una specie di ““quadro vivente” restituisce sullo schermo una nuova magica surrealtà. A Pasolini non interessa ciò che viene chiamato “ spontaneità” o ““naturalezza" ma l’ unione di fasi interpretative/figurative differenti, che appunto uccidono la spontaneità e la naturalezza per andare a rilevare o riconoscere nuove spiagge del desiderio di esistere fuori da una realtà pietrificata nel convenzionale o de­ cuplicata nella mediocrità. Anna Magliani/Mamma Roma, Pasolini l’ aveva già descritta in un libro fotografico di Sani Waagcnaar nel I960, Donno eli Roma. Qui, a corredo di due stupende fotografie... un primo piano forte, sensuale, (piasi rabbioso dell'attrice e un’immagine più privata, dove si vede la Magnani spettinata, con gli occhi schiacciati contro il sole e un sorriso aperto sulla sto­ ria... mentre stringe al suo corpo un gatto bianco e insofferente... Pasolini scri­ ve: “ Osservo Anna Magnani, là in fondo, sul divano del salotto elegante, dietro un prezioso pò//' d'antiquariato, carico di scatolette e vassoietti di dolci di prima qualità. Tace, mezza nascosta. La pelle è bianca, e i due ocelli sono conio un grande fazzoletto nero, che la fascia sopra il naso Tace, ma sta col busto eretto, come doveva stare sua nonna, un secolo fa. sulla porta di rasa. V do però che il suo silenzio è inquieto: dietro la fascia nera degli occhi passano ombre piti non1, interrotte, riprese, ora represse come un piccolo rutto, ora liberate come risale. E chiaro chi* In gioite che ha intorno la comprime, la fa rientrare dentro la sua forma, come un liquido spanV che possa rifluire dentro il vaso, e starsene lì, buono buono. Beve lo champagne, sublime. delLospilc: e si prende la toppa. Dopo qualche minuto si alza suo angolo, grida che va al gabinetto, e quando ritorna, si siede in mezzo alla stanza, su un gioletto ili mezzo al grandi* tappeto verde. È come su un palcoscenico: sla seduta sempre col l,lt' sto eretto e le zinne sporgenti: due belle zinne, perché, in questi ultimi tempi, si è rifatta boM' sempre come la nonna, con un vestito che chissà come mescola I ultima moda con la moda cUr na delle popolane ciociare o burine, se ne sta seduta in posizione di sfida.

    P ie r P a o lo Pasolini/Il cinem a in c o r p o

    l.a fiis«*Ì2t le è cascata dalla faccia bianca, e due occhi •galleggiando sulla loro pece, lampeggiano timidi e tJtalandri. lanciano occhiate di scorcio, troncate a metà, n prolungate con un'altra opre**'ione, che distruggono e lasciano come uno stupido chi la guarda. Questa sensazione di essere stupidi, che si prova di fronte a lei. si tramuta subito in tenero af­ fetto: è la stessa cosa clic capita a dei gio\incelli, sia pure malandrini, clic arrivano sparali in tnolorirleita davanti a una prostituta, che li aspetta, ferma, seduta su qualche panchina a Uaraeiillu. Pi frou te alla sua aria di sfida con cui si difende, anche i più dritti perdono la bussola, r «lanini lì. lecchi looclii, come davanti alla statua di una santa miracolosa. Ihill'anu di sfida
  • sitejn) non sono poi così espliciti... e se il magistero del suo professore aIT uni­ versità, Roberto Lunghi, è sempre presente nel gusto pittorico. nelT*"antimodernismo” pasohniano, le trasfigurazioni poetiche di Bunuel, Welles o Dreyer confluiscono fortemente in tutta la sua opera e fanno di Pasolini un maestro del cinema maledetto e perseguitalo. 11 commento e il coordinamento musicale di Carlo Rustiehelli. trova momenti di granile ilarità contrapposta a quanto acnule sullo schermo e sottolinea Limportanza figurativa dei costumi di Danilo Donati, che fanno da contrappunto alla scenografia suggestiva di Flavio Moglveiini. Il montaggio alternato tra la frontalità dei primi piani coti lo sciogli­ mento delibazione, conferma Limportanza intuitiva di Nino Baragli che insieme alla "rande magia fotografica di Tonino Delti Colli, saranno i preziosi collabonitori di Pasolini per molti suoi film. Pasolini lo ha sempre detto: "*11 mio gusto cinematografico non è di origine cinematografica, ma figurativa. Quello che io ho in testa come visione, come campo visivo, sono gli affreschi di Masaccio, di (fiotto, che sono i pittori che amo di più, assieme a certi manieristi (per esem­ pio Pontoruo). F non riesco a concepire immagini, paesaggi, composizioni di fi­ gure al di fuori ili questa mia iniziale passione pittorica, trecentesca, che ha l’immo come centro di ogni prospettiva".83 In questo senso, le immagini di Pa­ solini sono esplorate come se la macchina da presa si muovesse sulla superficie «li un quadro. 11 fondo è lo scenario che Pasolini aggredisce in modo frontale. I.c figure si muovo su questo fondo/scena rio in maniera possibilmente simmet­ rica: primo piano contrapposto a un altro primo piano, panoramica di anda­ ta che corrisponde alla panoramica di ritorno, ritmi ili montaggio scorciati, in­ quadrature brevi senza mai incollare primi piani c campi lunghi. Le figure in campo lungo fanno parte dello sfondo, quelle in primo piano si muovono su questo sfondo e intrecciano il racconto (la storia) alla poesia della realtà (la vi­ sione figurativa del regista). Quando Alberto Moravia recensisce RoGoPuG per L'Espresso, scrive: "‘Dob­ biamo premettere che un solo giudizio si attanaglia a questo episodio: geniale. Non vogliamo dire con questo che si perfetto o che sia bellissimo; ma vi si ri­ scontrano i caratteri della genialità, ossia una certa qualità di vitalità al tempo stesso sorprendente e profonda’’ .8 4 In molti gridano all’idiozia. La giovane critica si fa avanti e Maurizio Ponzi elogia “'una esagerata staticità, cuhninanl«* nei "quadri’ ch’ egli pedissequamente riproduce nel film, ripresi dal Pontornoe da Rosso Fiorentino” .85 Luigi Faccini, vede ne La ricotta l’ effettivo pun­ to di partenza del cinema di Pasolini. F il film in cui egli libera finalmente se stesso, come soggetto responsabile, nei confronti della materia oggetto della rappresentazione, nei confronti dello stile cinematografico” .8 6 'Lutto vero. Noi crediamo che già in Accattone e Mamma Roma, Pasolini ha espresso tutto il suo cinema a venire e quello che non riuscirà mai a fare. In questo mediometraggio Pasolini affina una certa dissacrazione linguistica del cinema, tra­ •

    71

    n n o Bertelli

    scolora l'ovvio e P ottuso della cultura corrente e non si vede proprio dovergli abbia ‘‘distaccalo il proprio mondo culturale da quello proletario (Gian Pie­ ro Brunetta). Non li ha rappresentati come “ due proposte di cinema (il cinema come letteratura inerte, esasperatamente raffinata del mondo delFi titolici totale Wclles-Pasolim, e il cinema come vita, colto a livello di un unico bisogno fisio­ logico, di puro vitalismo animale). Non più identità o somiglianza tra il mondo dell'intellettuale e quello proletario, ma insanabile dicotomia, data dalla so­ stanziale incapacità deirintellettuale di prendere contatto di fatto, con la sua opera, ad una funzione reazionaria''.87 Vero in parte. Il proletariato quando non è stato raffigurato (in modo demagogico) dalla propaganda (comunista, na­ zista o resistenziale...) è stato dipinto come una classe di emeriti cretini clic aspirano a divenire i piccolo-borghesi i bravacci della burocrazia annata della tirannide. Niente più. La decomposizione dell umanità poggia più sulTinerzia. la passività, la soggezione a tutto degli sfruttati che per Feffettha forza dei loro sfruttatori. I “ pretini rossi"' di Cinema ISuovo denigrano i denti arro­ tati alle scuole di partito e Franco Prono (quasi dieci anni dopo) scrive del film di Pasolini cosi: “ ...Si vede dunque come il ‘ marxismo' pasoliniano sia sfidu­ ciato. senza fede nella dialettica storica: lo si può vedere ancor meglio (perché non vi è neppure il riscatto finale) nella figura del regista. Questi lancia ‘qual­ che sterile trale' ideologico, che viene però a cadere inoffensivo nell’ ani luto della cultura neocapitalistica: si dichiara marxista, ma in realtà è un intellet­ tuale borghese che usa come cose i sottoproletari, si prosterna di fronte al pa­ tere economico, e se la prende con i fantocci che sono gli strumenti della bor­ ghesia stessa (il giornalista)".8 8 Vero niente. Il marxismo di Pasolini non è per nulla “ sfiducialo *, è nichilista (alla maniera eh Nietzsche) e dunque non può avere nessuna “ fede nella dialettica storica'*, che è quella delTomologazionc culturale c dei campi di sterminio - ovunque la “ diversità" si chiami fuori dai iungili del consenso —. In La ricotta. Welles/Pasolmi afferma elle ‘Titolilo medio è un pericoloso de­ linquente, un mostro. Esso è razzista, colonialista, sehia\ista, qualunquista . In molti si indignano. La bestemmia della verità pasoliniana ha un effetto de­ vastante. Una tempesta di polemiche cade sul film. I cattolici si sentono ridico­ lizzati. i marxisti traditi. Malgrado che la pontificia Università Gregoriana di Roma non vedesse nel lilm passaggi blasfemi e la commissione di censura del Vaticano non l'avesse dichiarato “ escluso a tutti", il Contro Cattolico Cinema­ tografico rileva nel film ” i logori schemi del marxismo protestatario" e mette iti guardia i falchi della tolleranza catto/deniocristiana. Mentre Foli ini raccoglie un successo internazionale con 8 1/2, dove invila pubblico, fede e critica ad una festa circense dei valori dominanti... La ricotta viene censurato per “ vilipen­ dio della religione di Stato", in violazione dell'articolo 102 del Codice Penale. Il “ vilipendio trattava la violazione ili quella religione di Stato che si legò a Mussolini con i “ Patti lateranesi" nel 1929 e la Costituzione democratica del 1948, sancì come religione ufficiale del popolo italiano.

    Pier Paolo Pasolini/II cinema in co rp o

    |! 1° marzo 1963, su disposizioni del sostituto procuratore ili Roma, Giuseppe Di Gennaro, i carabinieri si presentarono al Cinema Corso ili Roma e seque­ strarono le bobine del film di Pasolini (anche a Viridiana. di Luis Bmìuel capi­ tò la stessa sorte). Ai giornalisti Di Gennaro dichiarò: "stiano attenti i cattolici a non portare nella città di Dio il cavallo di Troia della rivoluzione proletaria". Al processo lo stesso procuratore chiese il massimo della pena (previsto dal Co­ llier Rocco del 1930): un anno di reclusione senza lanificio della condizionale. La Corte emise una sentenza di 41 pagine per formulare la condanna di Paso­ lini. il «piale veniva "'ritenuto colpevole del delitto ascrittogli" e condannato a quattro mesi di carcere. Pasolini chiarisce il suo anticlericalismo, così: "Nulla muore mai in una vita. Tutto sopravvive. Noi, insieme, viviamo e sopravvivia­ mo. Così anche ogni cultura è sempre in tessuta di sopravvivenze... Io sono an­ ticlericale (non ho mica paura a dirlo!), ma so che in me ci sono duemila anni «li cristianesimo; io eoi miei avi ho costruito le cinese romaniche, e poi le chie­ si* gotiche, e poi le chiese barocche: esse sono il mio patrimonio, nel contenuto c nello stile. Sarei folle se negassi tale forza potente che è in me; se lasciassi ai preti il monopolio «lei Bene".89 Le cronache scandalistiche dei giornali lo dif­ famarono a lungo... la voce autorevole «li Pietro Nonni gli venne in aiuto e il PLl scese in campo contro la censura sulle “ opere «l'ingegno". Perfino Anto­ nello Trombai lori, focoso burocrate del partito, si mise a fianco «li Pasolini e difese pubblicamente la libertà di pensiero. L'incarcerazione del poeta fu so­ spesa in appello e il 6 maggio 1964 la Corte d'appello «li Roma dichiarò che "il fallo non costituisce reato" (nel 1967, la Corte «li cassazione annullerà la sen­ tenza "per essere il reato estinto dall amnistia"). Iai ricotta fu rcimmesso nella distribuzione e al film fu dato un nuovo titolo: Lutiamoci il cervello. Pasolini dovette apportare alcune modifiche alla sua opera (i punti incriminati furono venticinque). Ogni volta che si udivano bat­ tuta considerate “ blasfeme", la colonna sonora andava tagliata, anche lo stripteasi* «Iella Maddalena c l'insistita sequenza della corona di spine, protesa al mitro (,|iniano doveva essere un documento contro la guerra e invece ne esce fuori un pamphlet libertario contrapposto a una specie di cinegiornale nazi-faseista («niello di Guareschi) fuori luogo e fuori tempo. Il lavoro di Pasolini è qualco­ sa lJ sano i poeti. 1 poeti, questi eterni indignati, questi campioni della rabbia int,.| lettuale, della furia filosofica. Ci sono stati degli avvenimenti che hanno segnato la fine del dopoguerra: rnci. damo, per L'Italia, la morte di De C asperi. La rabbia comincia li, con quei grossi grigi funerali. Lo statista antifascista e ricostruttore è ‘ scomparso’ : l'Italia si adegua al Iuk. della scomparsa, e si prepara, appunto, a ritrovare la normalità dei tempi ili pace, di vera, immemore pace. Qualcuno, il poeta, invece, si rifiuta a questo adattamento. Rgli osserva con distacco —distacco dello scontento, della rabbia - gli estremi atti del dopoguerra: il ritorno degli ultimi prigionieri, ricordate, in squallidi treni, il ritorno delle ceneri di morti... E... ...il ministro Polla che, tronfiamente, suggella la volontà dell’ Italia a partii pare all*Europa Unita. E così che ricomincia, nella pace, il meccanismo dei rapporti internazionali. I gabinetti si susseguono ai gabinetti, gli aereoporti sono un continuo anelane venire
  • i millenni” (E. M. Cioran) riposano in cimiteri consacrati dalla stupidità. Sul tramonto degb oracoli non c ’ è bisogno di credere a una verità per soste­ nerla. né di avere un ideale* per giustificarlo, dato che in ogni principio insur­ rezionale è dimostrabile l’ accezione o l’ epifania della rivolta o dell’l topia. TI fiim/documento di Pasolini serve anche da appunti preparatori (le facce, i luoghi, gli sfondi) per il film su “ Vangelo” che avrebbe dovuto fare ranno do­ po con il produttore Alfredo Bini. La fotografia (Mario Bernardo, Tonino Ud­ ii Colli) è “ diretta” , zeppa di neri e di chiari, «piasi a sottolineare Limportanza dei contenuti e del diario di bordo (agevolato dall’ uso alternato di macchine da presa 16 e 35mm. caricate con pellicola Fcrrania P. 30 e Kodak plus x). 11 mon­ taggio (Nino Baragli) è tipicamente televisivo, come le inquadrature sporche, disturbale dalla gente (Vittorio Bernini, Franco Delli Colli, Cesare Fontana) volute da Pasolini. La voce narrante di Lello Bersani dà quel che di “ seriosità ufficiale” all’ insieme, belli, semplici e sovente amareggiati gli interventi di Pa­ solini, Moravia e Musatti. La colonna sonora mescola con disinvolta ironia, le

    Fior P aolo Pasolini/!! cinema in co rp o

    canzonette —/ Wa lussi. La partita di pallone. Son finite le vacanze, Se mi p er­ denti. Stessa spiaggia stesso mare —... alla musica ili Giuseppe Verdi, I vespri siciliani. 11 film uscì con il div ieto ai minori di 18 anni. Comizi d'amore venne presentato al Festival del cinema di Locam o (1964) e I*accoglienza della critica fu diversificala, come quella del pubblico. Sandro l\*traglia non vi trova “ nulla «li interessante... Documento, certo, ma anch’ es­ co ambiguo, notevole nella strumentazione materica del dato ma incapace di sintesi e di reale oggettivazione sociologica, che non siano quelle un po' manie­ rate del cinema stesso nella sua componente immediatamente inagnetofonica” . 104 Vero il contrario. Il lavoro di Pasolini è proprio un film
  • ko Olio. The Chelseu Girls (1966) «li Andy Warliol. Tre e basta (1967) di Luca Patella. Amare amore ( 1967) di Alfredo Leonardi. L'occhio è j>er così dire Devoluzione di lina lacrima ( 1967) di Alber­ to Grifi, Wa vele tight (1967) di Michael Snotv. Satellite (1968). Emano non limano ( 1968) di Mario Schifano. ISostro signora dei turchi ( 1968) di Carmelo Bene... sono opere che in diversi modi hanno incrinato la clessidra della cultu­ ra (non solo) cinematografica dominante... hanno fatto un ““cinema di pensie­ ro e scardinato l’ inumanità e la percezione della coscienza ordinaria... certo, qualcuno poi si è trovato a sviolinare sulle vetrine del mondano e della merce più bieca... sono diventati dei bottegai in tutto ma il loro marciume artistico non sopravvive all’ evidenza che niente può essere pensato due volte allo stesso modo. Negli anni “60. la "divina commedia del cinema * (Jean-Claude Biette) comincia a tracimare idee marginali o minoritarie e le storie dei film s’intreeeiano alle storie (tracce nitiesiche/emozionali) degli spettatori... la verità ripresa ““ventiquattro volte al secondo (Jean-Luc (rodarci), viola la dispensa dell industria culturale e il retaggio sacrale dell immagine fa della concatenazione degli sguardi un viaggio verso un mondo/film dove 1 utopia è il cuore e il sangue del cinema. La sala buia viene ad essere “*il luogo Mi cui abbiamo sognato, inge-

    P ino B ertelli

    linamente, rii essere tutti ugnali'' (Serge Daney)... ina i film della nostra \ita brillano ancora nei nostri sogni. K in quegli anni de 11*inquietudine amorosa, che sugli schermi italiani (e del mondo) le ombre divengono sempre più rosse... Siici do ics (1960) ili John Cassavetes. Fino nlVultimo respiro (1960) di Jean-Luc Godard, Rocco e i suoi fratelli (1960) di Lueliino Visconti. Sabato sera, dome­ nica mattina (I960) di Karel Reisz. Accattone (1961) di Pier Paolo Pasolini. Gli spostati (1961) di John lTuston, Los inutidados (1961) di Fernando Rieri. Gioventù amore e rabbia (1962) di Tony Richardson, L angelo sterminatore ( 1962) di Luis Bunuel. David e Lisa (1962) di Frank Perry. Goal World ( 1963) di Shirley Clarkc. 1fucili (1963) di Ruy Guerra. Vidas secas (1963) di JNeLmi Pereira dos Santos. Il dio nero e il diavolo biondo (1963) di Glauber Roilm. L'ape regina (1963) di Marco Ferreri, I compagni (1963) di Mario Mollicci li. Luciano, una vita bruciala (1963-64) di Gian Vittorio Baldi. Prima della rii oluzione (1964) di Bernardo Bertolucci, Pelle viva (1964) di Giuseppe Fina. Gli amori di una bionda (1965) di Milos Formali, ì\on riconciliati ossia solo riolenza aiuta dove violenza regna (1965) di Jean-Marie Straub e Daniele lfuillet. I pugni in tasca (1965) di Marco Bellocchio. La caccia (1965) di Carlos Saura, In thè country (1966) di Robert Kramer. La guerra è finita (I960) di Alain Rcsnais, La battaglia di Algeri (1966) di Gillo Pontecorvo. Morgan mot­ to da legare (1966) di Karel Reisz. Ukatnau (1966) di Jorge Sanjines. Terra in trance (1966) di Glauber Roclia. Treni strettamente sorvegliati (I960) di .1iri Menzel. Uccellarci e uccellini (1966) di Pier Paolo Pasolini. Il ritorno non troppo felice di Joszef Katus noia paese di Rembrandt (1966) di Vini Versta) >pen, Chappaqua (1966) 4li Conrad Rooks, Francesco d'Assisi (1966) di libami Cavalli, La Gioire de... (1966) di Sambène Ousmanc, Memorias del subdesarrolo (1967) di Tomas Gutierrez Alea. Tlie Edge (1967) di Robert Kramer. La cinese (1967) di Jean-Lue Godard, Marat-Sade (1967) di Peter Broook. Poor Cow (1967) di Kenneth Loaeh. 1 sovversivi (1967) di Paolo e Vittorio Taviani. La Cina è vicina (1967) di Marco Bellocchio, Fuoco! (1968) di Gian Vittorio Baldi, Il gatto selvaggio (1968) di Andrea Frezza... sono corsi dagli scritti di Lenin, Marx, Bakunin. Sartre. Mao, “ Che” Gucvara. Althusser, Lefebviv. Reich, Marcuse... e disseminati - come veniva - insieme ai testi di utopisti co­ me "Nietzsche, Saint-Simon, Fourier o Proudhon... auspicavano una società de­ centrata. rendevano manifesta la rappresentazione di un'assenza: quella della libertà politica come fine delle disuguaglianze sociali... e siccome dopo "Ausch­ witz è diventato impossibile scrivere [o filmare] semplicemente inni alla gran­ dezza delFuomo” (Theodor VX. Adorno), questo cinema del disvelameli lo (del­ la verità possibile), renderà comprensibile Pindieibile e andrà a disturbare il sonno dei padroni della maechina/einema. In pieno *68. Pasolini si accosta al teatro. Lo fa in modo singolare. Nel nume­ ro di gennaio-marzo 1968 di !\uovi Argomenti, esce il suo Manifesto per un nuovo teatro, dove grida la rinascita del teatro in mia nazione in cui la bor­ ghesia è incapace di produrre una scena teatrale che non sia provinciale c ae-

    P ier P a o lo Pasolini/U cinem a in c o r p o

    endemica, dove la classe operaia è assolutamente estranea a questa cultura. Pasolini aveva cominciato a scrivere per il teatro nel marzo 1965. quando vie­ ne colpito da un attacco di ulcera gastrica in un ristorante del ghetto ebraico a Roma. È in compagnia di Alberto Moravia e Dacia Marami. Resta a letto per un mese. Per una forte dieta a base di latte e cibi in bianco, dimagrisce fino a pesare a 50 chili. Legge i Dialoghi di Platone e resta sconvolto dalla "loro bel­ lezza'’ . Lavora intanto alle commedie: Orgia. Bestia da stile. Pilade. Affahulazione. Porcile. Calderón (clic resteranno incompiute, eccetto Calderón). L'idea/teatro di Pasolini non era nuova... si batteva contro una ritualità cultura­ le del teatro indirizzato alla classe borghese ed era ciò che Fisca tur. Brecht. Ai ­ tami o Bcck avevano già fatto con le loro opere... in modi diversi, avevano scardinato le quinte del vecchio teatro, si erano opposti anche alla "dizione im­ postata" degli attori ed erano riusciti a portare i loro lavori davanti alle platee meno "nobili*. Pasolini affidò i suoi drammi alla compagnia del Teatro del Porrosi tino (fon­ data da Moravia, Maraini, Enzo Siciliano), diretta da Carlotta Barilli e Paolo Boriarci li. Sotto le spinte eversive del "68. Pasolini cura la regia di Orgia (per Piu terp rei azione memorabile di Laura Betti, affiancata da Luigi Mezzanotte e Nelide Giamitiareo: le musiche sono di Ennio Moccicone, le scene di Mario Ceroli). e debutta al Teatro Stabile di Torino il 27 ottobre 1968. La rappresenta­ zione ebbe dure critiche e i fischi non furono pochi. L attoralita straniarne del­ la Betti non sortì gli effetti che Pasolini credeva e la provocazione dellTnsieme cadde nel vuoto delPincomprensioni della critica e del pubblico. Pasolini si as­ sunse ogni colpa e dichiarò clic occorre - una vita dedicata al teatro —per fare qualcosa di veramente valido e innovativo e la sua irruzione teatrale restava un’ esperienza incompleta. Mentiva e lo sapeva. Orgia, qualche anno dopo... sarà ripresa da giovani compagnie teatrali e si mostrerà uno dei testi del teatro sperimentale più belli mai rappresentati, insieme ad AJfabulazione. La stupi­ dità divampa in assenza di giudizio sui valori dominanti... perché la dell esta­ si dello spettacolo massmediatico, il fatale e I accidente... "11 iatale e il contra­ rio dell’ accidente. L’ accidente sta alla periferia, il fatale al cuore del sistema (ma il fatale non è sempre disastroso, Pimprevedibile può essere quello dell in­ canto)... l’ evidenza non è mai certa. A forza d essere incontestabile, la verità stessa perde la faccia, la scienza stessa perde le chiappe che restano incollate alla poltrona” ... 125 il mondo è divenuto una scacchiera di frattali telematici in una guerra virtuale all’ ultimo gioco, ed c ancora vero (secondo le teorie del caos o le leggi del disordine), che il battito d ali di una farlalla a Parigi, può scatenare una rivoluzione a Pechino.126 Ma sono le quotazioni/giochi delle Borse internazionali a deciderlo. Il terrorismo di Stato continua (con gli stessi mezzi). Il cinema affascina gli spiriti liberi e agita le loro passioni. Uccellarci e uccelli­ ni di Pasolini, è l’ opera che fa da "linea d'om bra” tra la vampata di rivolta po­ litica presessantottesea e gli anni incendiati dalle ribellioni antiautoritarie...

    F in o B ertelli

    Pa solini raccoglie la sfida del cinema d autore o della poesia del cinema. «*