Tristano. Storia di un mito 8843034170, 9788843034178

La vicenda di amore e morte che ha come protagonista il giovane cavaliere Tristano rappresenta senz'altro uno dei m

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Tristano. Storia di un mito
 8843034170, 9788843034178

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La vicenda di amore e morte che ha come protagonista il giovane ca'valiere Tristano rappresenta senz'altro uno dei miti letterari alla base dell'immagina­ rio occidentale, disponibile a continue risemantizzazioni, dal medioevo fino alla modernità.

A partire dal nucleo originario della storia, databile intorno alla metà del XII secolo, il lettore potrà percorrere le principali linee di sviluppo dellll leggenda

'• .

in llrea romanza, ma llnche tedesca e medio inglese, fino alle riscritture in pro­ sa italiana della fme del Xlll secolo. Il volume si propone dunque di coniugare a una duplice prospettiva diacr�ni­ ca e comparativa l'attenzione alle singole realizzazioni letterarie e alla loro specificità, intrecciando a un'informazion,e chiara, ma attenta al dibattito criti­ co, la lettura direttll di una scelta di testi che questo mito ha contribuito a for­ mare. Non dunque un'antologia, ma "una"stori� della storia" di Tristano che accompagni il lettore nei labirinti complessi e suggestivi della leggenda senza· privarlo del prezioso contatto con i brani letterari.Arianna Punzi è docente di Filologia romanza all'Università di Roma "La Sapienza".

Si è occupata principalmente di romanzi tristaniani in antico francese e della loro rice­ zione anche in altre aree linguistiche. Ha dedicato alcuni lavori alla trasmissione della

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letteratura classica nel medioevo latino e romanzo e alla Commedia di Dante Alighieri, con �articolare riguardo all'aspetto metrico.

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In copenina: Particolare da una miniatura del XV secolo del Ro­ de Trùtan, manoscrino conservato presso la Ostcrreichi­ sche Narional Bibliothek. f1ttlll

€ 21.30

ISBN 978-88-430-3417-8

1 1 1111 1 1 11 1 1 1 111111 1

9 788843 034178

BIBLIOTECA MEDIEVALE SAGGI/ 18

Collana diretta da Mario Mancini, Luigi Milone e Francesco Zambon

I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore Corso Vittorio Emanuele n, 229 ooi86 Roma telefono o6 l 42 8I 84 I 7 fax o6 l 42 74 79 3I Siamo su: http://www.carocci.it http://www.facebook.com/caroccieditore http://www. twitter. com/caroccieditore

Arianna Punzi

Tristano Storia di un mito

Carocci editore

23

ristampa, luglio 2009 edizione, maggio 2005 ©copyright 2005 by Carocci editore S.p.A., Roma I3

Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633! Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

I.

Per la storia di una ricostruzione

2.

Thomas e le intermittenze del cuore

21

2.1. 2.2. 2.3 .

I frammenti conservati La scrittura dell'interiorità Thomas rilegge Tristano

25 54 58



Rileggere Thomas

65

3·1. 3 . 2.

Goffredo d i Strasburgo Tristano " scorciato " : la Saga n arrena e il Sir Tristem

65 70

9

3.2. 1. Saga norrena l 3.2.2. Sir Tristem



Tristano e l'ambiguità della parola

4·1. 4.2. 4·3 · 4·4· 4· 5·

L'enigma Béroul La parola e il suo doppio Le parole che ritornano Raccontare l' estoire: Eilhart von Oberg Le maschere di Tristano 4·5·1. Le Folies Tristan l 4·5·2. Maria di Francia, Lai du Chèvre-

77 77 79 94 98 103

/euille



Tristano cavaliere: il Roman de Tristan en prose dalla Francia all'Italia

121

5·1.

Il grande libro di tutte le storie

121

7

5·3·

Selezionare e ricostruire: i codici e l'intreccio delle avventure Riscrivere il Tristan: il caso italiano

151 156

6.

Attraversamenti

165

6.1. 6.2.

Un destino nel nome Morire insieme

165 173

Bibliografia

183

5.2.

I

Per la storia di una ricostruzione

Ripercorrere la lunga storia della fortuna della leggenda tristaniana, che si manifesta nel tempo in forme letterarie di volta in volta diverse, se­ condo modalità talvolta ricostruibili solo per approssimazioni, significa addentrarsi in un affascinante e intricato labirinto di autori, lettori, re­ dazioni, manoscritti che resiste ad ogni ordinata risistemazione. L'aspirazione romantica ad attingere l'origine prima di quel Urbuch , quella fonte originaria da cui si sarebbero dipartiti in tanti rivoli le do­ cumentazioni della leggenda, impronta di sé anche il dibattito sulla ge­ nesi della letteratura tristaniana. Lo schema di fondo della storia, infat­ ti, è riconoscibile, con maggiore o minore vicinanza, in testi celtici, gal­ lesi, bretoni, latini, ma perfino indiani e persiani, in un coacervo di ri­ scontri difficilmente riconducibile ad unità 1• Niente sappiamo su quelle pratiche orali affidate a conteurs di pro­ fessione, probabili veicoli per la prima formazione della leggenda trista­ niana, mentre rimangono per giudicare tempi, luoghi e modi della tra­ smissione quei libri prima manoscritti poi a stampa che ci hanno con­ servato una storia destinata a diventare protagonista della più attuale for­ ma di narrazione: quella cinematografica 2• Gli studiosi concordemente ritengono che è certamente in area fran­ cese intorno alla metà del noo che la leggenda trova una sua prima sta­ bile definizione ad opera di un poeta. Altri avrebbero nei decenni suc­ cessivi riscritto e reinterpretato la vicenda che - grazie alla coesione nar­ rativa imposta dal percorso biografico - avrebbe mantenuto una scan-

1. Per una sintesi sulle proposte avanzate nel tempo cfr. F. Benozzo, Tristano e Isot­ ta. Cent'anni di studi sull'origine della leggenda, in "Francofonia" , 33, 1997, pp. 105-30 e la recente messa a punto sull'insieme della leggenda tristaniana realizzata da F. Cigni, Tri­ stano e Isotta nelle letterature f rancese e italiana, in M. Dallapiazza (a cura di) , Tristano e Isotta. La f ortuna di un mito europeo, Edizioni Parnaso, Trieste 2003, pp. 29-129 . 2. Basterà fare riferimento all'Eterne! retour del 1943 con l a regia di J ean Delannoy e sceneggiatura di J ean Cocteau.

9

TRISTA N O

sione in tappe narrative ben precise: nascita di Tristano; prime imprese cavalleresche; filtro e innamoramento; morte. Come scrive Eilhart von Oberg in chiusura del suo testo:

Questo libro è stato scritto da messer Eilhart von Oberge che ha saputo narrar­ ci la morte e la nascita di Tristano e tutto quello che gli è successo. Altri proba­ bilmente sosterrà che la sua vita non fu questa e noi ben sappiamo che esistono versioni diverse della sua storia. Ma Eilhart può invocare delle testimonianze si­ cure quando afferma che fu davvero così (vv. 9446-9457 ) 3• In una dialettica fra elementi strutturali (il filtro, la morte degli amanti ecc. ) ed elementi accessori (imprese cavalleresche, tentativi di rivedere Isotta ecc.) disponibili ad essere variati senza che la trama ne risulti com­ promessa, ogni autore è intervenuto rileggendo la vicenda, giudicando le azioni dei personaggi, obliterando particolari ritenuti contraddittori, in molti casi scegliendo fra versioni diverse la cui esistenza ci viene sug­ gerita dalle dichiarazioni degli autori . Come scrive Valeria Bertolucci Pizzorusso: «Di fronte alla ripetibilità dei contenuti sta la varietà delle forme che li configurano e che diventano a loro volta contenuti di nuo­ ve forme portatrici di nuovi significati, in una progressiva e spesso ver­ tiginosa operazione di riscrittura»4• Si rilegga quanto scrive Thomas , au­ tore anglonormanno attivo intorno alla metà del XII secolo:

Seignurs, cest cunte est mult divers, E pur ço l'uni par mes vers , E di en tant cum est mester, E le surplus voil relesser. N e vol pas trop en uni dire: Ici diverse la matyre Entre ceus qui solent cunter E del cunte Tristan parler, Il en cuntent diversement (vv. 2261-2269) 5

3· Eilhart von Oberg, Tristant, éd. diplomatique des manuscrits et traduction en français moderne avec introduction, notes et index, par D. Buschinger, Ki.immerle, Gop­ pingen 1976. Mi servo di questa edizione, in particolare facendo riferimento al testo pro­ posto dal manoscritto H. Nella traduzione italiana mi sono appoggiata su quella france­ se proposta dalla Buschinger. Una recente traduzione in francese del poema di Eilhart, curata da R. Pérennec, si legge in C. Marchello Nizia (éd. ) , Tristan et Yseut. Les premiè­ res versions européennes, Gallimard, Paris 1995, pp. 263-388, cui si rinvia anche per la bi­ bliografia citata. 4· Cfr. V. Bertolucci Pizzorusso, Morf ologie del testo medievale, il Mulino, Bologna 1989, p. 5· 5· Per il testo di Thomas faccio riferimento a Marchello Nizia (éd.), Tristan et Yseut, ci t.

IO

I. PER LA STORIA DI U N A RICOSTRCZIO:'\E

( Signori questo racconto si presenta in modo molto diverso e per questo lo ho reso unitario nei miei versi, ed ho detto quanto era opportuno ed il superfluo voglio lasciare da parte. N on voglio unificare troppo: così diversa è la materia. Fra coloro che sono soliti raccontare e parlare del conte di Tristano, si racconta in altro modo . . . ). Ma è mai esistito un archetipo della leggenda, un testo da cui si sareb­ bero dipanati tutti i successivi? Spetta a Joseph Bédier il merito di aver tentato di ricostruire un ar­ chetipo, un primo testo romanzesco unitario, che avrebbe trovato una sua forma compiuta intorno alla metà del XII secolo 6• Attraverso il confronto fra cinque opere - Thomas, Béroul, la versione tedesca di Eilhart von Oberg, il Roman de Tristan en prose e la Folie di Berna - Bédier seleziona quegli episodi che dovevano essere presenti nel testo originale, arrivando a proporre un albero a quattro rami dipendenti da un archetipo x a cui fan­ no capo la Folie Tristan (Fb), Thomas, il Romanzo di Tristano in prosa fran­ cese e un subarchetipo y da cui deriverebbero a loro volta Eilhart e Béroul 7: x

Folie Tristan (Fb)

Thomas

y

Tristan en prose



Eilhart

Béroul

La teoria di Bédier, pur avendo goduto di larga fortuna, non ha manca­ to di sollevare perplessità 8, in particolare da parte di Alberto Varvaro a cui si deve, alla fine degli anni sessanta, il più meditato ripensamento del-

6. Cfr. J. Bédier, Le Roman de Tristan par Thomas, poème du XIIe siècle, 2 voli., Di­ dot, Pa ris 1902-05; per questa tesi cfr. il tomo II. 7· Cfr. ivi, t. II, p. 192. A p. 309 lo studioso propone uno schema più complica to che include tutti i testi a ntichi. 8. Cfr. fra gli altri M. Delbouille, Le premier Roman de Tristan, in "Ca hiers de Civi­ lisa tion Médiévale", 5, 1972, pp. 273-86 e 419-35, a p. 275.

II

TRISTA N O

la questione 9• Infatti proprio Bédier, che pochi anni dopo metterà in cri­ si il metodo di Lachmann sulla base di una impossibile presunzione di oggettività, sembra, nella ricostruzione dell'archetipo tristaniano, nutri­ re una grande fiducia sulla possibilità di stabilire meccanicamente un te­ sto sulla base di errori. «Ma cosa può essere "errore " nella trama di un racconto», si domanda Varvaro scettico sulla possibilità di procedere ad una ricostruzione meccanica e prosegue:

Bédier aveva l'esperienza del suo grande studio sui /abliaux e risolse la questio­ ne in modo correttissimo, definendo errori i tratti avventizi. Ma un giudizio di recenziorità non può fondarsi, per un elemento narrativo, sui dati di cui dispo­ ne un editore di testi [ . ] Rimane solo il criterio più soggettivo, la congruenza maggiore o minore dei diversi tratti concorrenti con la presunta /acies culturale da restaurare10• .

.

Inoltre la vicinanza cronologica tra i tre testi francesi ci costringe a po­ stulare la possibilità di reciproche contaminazioni, come nel caso del duecentesco Roman de Tristan en prose che dimostra di conoscere Bé­ roul, Thomas e le Folies. Varvaro esclude dunque la possibilità di accertare l'esistenza di un unico archetipo da cui sarebbe derivata l'intera tradizione tristaniana, e ritiene che sia necessario fare i conti con una materia assai articolata, vei­ colata in forme scritte e orali da narratori di professione e giullari in gra­ do di attingere e arricchire un repertorio di episodi legati ad una trama sostanzialmente stabile. La complessità della formazione e diffusione di questo mito è inoltre accentuata dalle modalità particolari in cui il testo deve aver circolato. Si consideri infatti come si presenta l'insieme della tradizione: nessun testo databile entro il XII secolo è giunto completo. Accanto a veri e propri la­ certi sopravvissuti alle ingiurie del tempo (fogli isolati utilizzati come carte di guardia o come copertine di atti notarili ecc.) gran parte di que­ sta tradizione è tràdita da frammenti che non necessariamente possono essere considerati le membra disiecta di un libro completo, ma piuttosto ci suggeriscono l'esistenza di materiali circolanti in forma episodica che, pur presupponendo la storia nel suo complesso, mantengono tuttavia una loro autonomia di vicenda in sé conchiusa anche se contestualizza­ bile in una sequenza narrativa n.

9· A. Varvaro, La teoria dell'archetipo tristaniano, in "Romania", 88, 1967, pp. 13-58. lvi, p. 22. n. Sw punto A. Varvaro, I romanzi della Romania medievale, in F. Moretti (a cura di) , Il romanzo, t. III, Storia e geograf ia, Einaudi, Torino 2002, pp. 33-56, alle pp. 35-7. IO.

12

I. PER LA STORIA DI U N A RICOSTRCZIO�E

n caso delle Folies, quella più breve, cosiddetta di Berna, e quella più lunga, di Oxford , potrebbe essere letto proprio in questa direzione: al­ l'interno di una trama nota uno stesso episodio viene rielaborato in due modi diversi. Era infatti sufficiente che gli autori ricontestualizzassero l'episodio attraverso strategie narrative di mise en abyme e riassumesse­ ro gli eventi capitali della vicenda, una sorta di "riassunto delle puntate precedenti " , per consentire agli ascoltatori di fruire autonomamente di quello spaccato della storia. Come osserva Varvaro: «le narrateur pré­ suppose que le public connait les grandes lignes et les principaux épiso­ des de l'histoire des deux amants et donc qu'il le sait le re-connaitre» 1 2• Ma proviamo ad osservare come si presenta la tradizione dei testi nella materialità degli esemplari manoscritti che la hanno conservata.

Tristan di Thomas: i dieci frammenti giunti a noi del Tristan di Thomas appartengono tutti , salvo quello di Carlisle, alla parte finale della vicen­ da per un numero totale di 3 . 294 versi. Secondo l'ipotesi avanzata da Fé­ lix Lecoy 13 (sulla base di una preziosa indicazione presente nel margine inferiore del f. 10 del manoscritto Sneyd , che reca un segno di fascicolo: VIII) il testo doveva contare un numero di versi oscillante tra i 12.ooo e i 13.000 versi. Tuttavia non è possibile escludere che il codice, nella parte perduta, contenesse altre opere, come nel caso del manoscritto Douce che reca, oltre ad una sezione di Thomas , la Folie di Oxford. Lasciamo da parte i frammenti di Carlisle, Cambridge e Strasburgo che sono sopravvissuti 14, pur deteriorati, perché utilizzati come mate­ riale di riuso all'interno di altri codici. I tre restanti testimoni , nono­ stante la perdita di alcune carte (sia Sneyd che Torino conservano due blocchi narrativi non contigui) , recano episodi completi: il primo fram­ mento Sneyd riporta tutto l'episodio del matrimonio di Tristano con Isotta dalle bianche mani cui segue, con un ben costruito cambio di sce­ na, la visita di Cariado ad Isotta per informarla appunto delle suddette nozze. n primo frammento di Torino presenta il lungo monologo di Trir.

12. Cfr. Id., Elaboration des textes et modalités du récit dans la littérature /rançaise mé­ diévale, in "Romania " , 119, 2001 , pp. 1-75, a p. 50. 13- Cfr. F. Lecoy, Sur l'étendue probable du "Trista n" de Thomas, in "Romania" , 109, 1988, pp. 378-9. Lecoy contesta quindi la stima fatta da Bédier, Le Roman de Tristan, cit., t. II, pp. 93-4, stabilita sulla base del rapporto fra la saga norrena e le parti conservate, che arrivava a contare un numero di versi oscillante fra i 17. 500 e i 19.500. 14. li frammento di Strasburgo è andato distrutto durante l'incendio che nel 187o ha devastato la Bibliothèque du Séminaire Protestant e non ci resta che servirei della tra­ scrizione compiuta da F. Michel (éd.), Tristan. Recueil de ce qui reste des poèmes relati/s à ses aventures, composés en /rançais, en anglonormand et en grec dans les XIIe et XIIIe siècles, Tichner, Londres-Paris 1835 (t. I et n), 1839 (t. III).

13

TRISTA N O

stano nella Salle aux images, cui segue una digressione dell'autore sulla situazione di dolore in cui sono immersi i quattro personaggi presi da amore: Tristano , Isotta , Marco e Isotta dalle bianche mani. Ma la con ­ dizione di " pulcelle " (fanciulla vergine) in cui Tristano lascia la moglie sarà rivelata nell'episodio immediatamente successivo, quello dell' ac­ qua ardita che sfiora la fanciulla laddove mai mano d'uomo era giunto . Il manoscritto Douce ci conserva tutta la parte finale della storia, fino alla morte degli amanti per un totale di 1.823 versi. Ma la fine del ro­ manzo, certamente luogo culminante dell'intera vicenda, gode del pri­ vilegio di essere stato conservato anche in Sneyd 2 per 826 versi che principiano dal momento esatto in cui Tristano è ferito dalla freccia av­ velenata e proseguono fino alla fine; Torino 2 con 256 versi che riporta­ no quasi per intero la violenta discussione fra Isotta e Brangania (l'ini­ zio quindi coincide, salvo uno scarto di tre versi, con quello di Douce) , e, sebbene per soli 70 versi, anche con il secondo frammento di Stra­ sburgo che conserva la parte finale della lite fra la regina e la sua ancel­ la e con il terzo frammento di Strasburgo , dove si narra come Tristano , travestito da mendicante cerchi di comunicare con Isotta, ma Branga­ nia lo impedisca. Dunque credo si possa affermare che i versi di Thomas tràditi dai manoscritti Sneyd, Torino e Douce, pur certamente sfigurati dalla per­ dita di un numero imprecisato di carte, non possono essere considerati lacerti casualmente conservati, ma rappresentano la testimonianza della fortuna, in due casi pressoché completa, della sezione finale dell'opera, che dovette godere di una tradizione autonoma.

2. Tristan di Béroul: tràdito dal manoscritto Paris, BNF 2171, fine XIII se­ colo, 240 x 220 mm, 32 ff. , 2 colonne di 35-36 versi, si presenta mutilo ed acefalo, ma non è possibile stabilire l'entità della perdita. Eppure anche la situazione di questo esemplare, unico testimone dell'opera di Béroul, non potrà non sorprendere. Si apre infatti con l'episodio, famosissimo, dell'appuntamento fra gli amanti spiati dallo sguardo sospettoso di re Marco e si chiude ancora con uno sguardo, quello dei felloni che spiano l'incontro fra i due. E come in apertura l'astuzia di Isotta eviterà che Mar­ co li colga in flagrante, così in chiusura la prontezza della regina consen­ tirà a Tristano di uccidere Godo'ine. Siamo sicuri che questa «artisticità [. . . ] del " taglio " che cade in " apertura " e in "chiusura " su due dramma­ tici episodi in parallelo della vicenda (gli amanti spiati e scoperti anche se per il momento vincenti) [sia davvero] del tutto accidentale»? 1 5

gan

15. L'osservazione è di V. Bertolucci Pizzorusso, Béroul e il suo Tristan, in R. Bruse­ (a cura di) , Le Roman de Tristan. Le maschere di Béroul, Atti del Seminario di Verona

14

I. PER LA STORIA DI U N A RICOSTRCZIO:'\E

E la scelta di ripercorrere nella prima scena conservata, attraverso il dialogo fra Tristano e Isotta, elementi chiave della vicenda non potreb­ be essere interpretata come una strategia per consentire agli ascoltatori di riepilogare gli eventi precedenti? Com'è noto , una delle questioni che hanno animato gli studi intor­ no a Béroul è stata la discussione sulla duplicità di autore 16, alla luce di talune contraddizioni fra prima e seconda parte 17• Questa discussione appare ormai quasi del tutto superata in favore di una prospettiva più complessa volta a valorizzare l' autonomia dei singoli episodi all'interno del testo, autonomia che non esclude alcune contraddizioni narrative 18 • Secondo Varvaro 1 9 il procedere per episodi sarebbe una caratteristica ci­ fra stilistica di Béroul, il quale si spinge fino al punto di salvaguardare un notevole margine d'autonomia ad ogni segmento narrativo, lontano in questo dalla retorica dell'uni dire di Thomas 20 • Annoso è anche il dibattito intorno ai rapporti con il Tristan di Eilhart von Oberg, soprattutto considerato lo scarto che esiste, nella se­ conda parte, fra la versione di Béroul e quella di Eilhart. La ricostruzione di Bédier, che ipotizzava un modello comune ai due testi, è stata sottoposta a numerose osservazioni critiche 21• Senza entra­ re nel merito di una così ardua questione si potrà con Varvaro ribadire che i due testi presentano lo stesso svolgimento narrativo fino «a Béroul v. 3009 Eilhart v. 4997 oppure a Béroul v. 2732 Eilhart v. 4902»22• In entrambi i casi siamo di fronte a due luoghi di transizione fondamenta­ li: nel primo (v. 273 2) Isotta è ricondotta dall'eremita a corte da re Mar­ co poiché l'effetto del filtro, ormai finito, rende possibile la separazione =

=

(14-15 maggio 2001), Salerno Editrice, Roma 2001 , e in "Medioevo romanzo" , 25, 2001, 2, pp. 211 -20, a p. 212, nota 4· 16. Cfr. , fra gli altri, G. Raynaud de Lage, Faut-il attribuer à Béroul tout le Tristan?, in "Le Moyen Age" , 64, 1958, pp. 249-70, p. 70, alle pp. 33-8. 17. Tra i sostenitori della tesi di una duplicità d'autori, cfr. ibid. All'ipotesi di dualità si è opposta M. Hanoset, Unité ou dualité du (Tristan" de Béroul, in "Le Moyen Age " , 67, 1961 , pp. 503-33· 18. Cfr. A. Varvaro, Il (Tristan" di Béroul, quarant'anni dopo, in Brusegan (a cura di) , Le Roman d e Tristan. Le maschere d i Béroul, cit. , p. 3 2 9 , e il meditato intervento di R . N . Illingworth, The Composition o/ the (Tristan" o/ Béroul, i n "Arthurian Literature " , 1 8 , 2001, pp. 1 -75. 19. Cfr. Varvaro, Il (Tristan" di Béroul, cit., pp. 328-31. 20. Cfr. Bertolucci Pizzorusso, Béroul e il suo Tristan, cit., p. 213. 21. A. Adams, T. D. Hemming, La/in du (Tristan" de Béroul, in "Le Moyen Age" , 79, 1973, pp. 449-68. Diversamente M. Tyssens, Comment Béroul écrit l'estoire, in Miscellanea di studi in onore di Aurelio Roncaglia, 4 voll. , Mucchi, Modena 1989, vol. IV, pp. 1369-79, difende la ricostruzione proposta da Bédier. 22. Cfr. Varvaro, Il (Tristan" di Béroul, cit., p. 328. Sul punto anche Adams, Hem­ ming, La f in du Trista n, cit. , p. 451 ss.

15

TRISTA N O

degli amanti; nel secondo , dopo che Tristano si è rifugiato presso il buon Orri, ecco i tre baroni sobillare Marco affinché sottoponga Isotta ad una prova giudiziaria che ne attesti l'innocenza. Comunque sia, il fatto che i due testi coincidano solo per una parte della storia, dimostra ancora una volta che la vicenda tristaniana era in­ trinsecamente disponibile ad essere segmentata in più episodi disponi­ bili ad essere selezionati e montati in modi differenti, ma anche a circo­ lare separatamente. Dunque , pur ammettendo la grande abilità di Béroul nello «sfrutta­ re questa libertà di costruzione del testo per controllare attentamente le reazioni del pubblico e per indirizza de nella direzione voluta» 23, po­ tremmo pensare che proprio l'articolazione in episodi autonomi del te­ sto abbia favorito la scelta di narrare solo un segmento, per quanto con­ sistente della storia, segmento che poteva risultare fruibile autonoma­ mente per il pubblico in ascolto. 3· Anche la tradizione manoscritta di Eilhart, nella sua documentazione più antica, si presenta frammentaria: i lacerti di un esemplare databile intorno alla fine del XII secolo e proveniente dal convento di Obermi.inster (R) ri­ sultano attualmente conservati in tre luoghi diversi (Mi.inchen, Bayerische Staatsbibliothek, cgm 5249/31; Donaueschingen, ehem. Fi.irstlich Fi.irsten­ bergische Hofbibliothek Hs. Nr. 69; Regensburg, Proske'sche Musikbi­ bliothek beim bischoflichen Generalvikariat) . I frammenti conservano ri­ spettivamente i seguenti episodi: a) Tristano uccide il drago ma Isotta sco­ pre che è lui l'assassino dello zio; b) Isotta ritrova Brangania che aveva or­ dinato di uccidere; Tristano si attira, per il suo valore, l'odio dei baroni che cercano di istigare Marco contro di lui; c) l'appuntamento spiato. M, frammento ritrovato a Magdeburg, fine del XII secolo, conservato a Berlin, ehem . Preu.Bische Staatsbib. Ms. germ. quart. 661 (e ora nella Bi­ blioteca Jagellonska di Cracovia) , è costituito da due bifoli che corri­ spondono all'episodio dell'appuntamento spiato; St, frammento conservato a Berlin, ehem . PreuBische Staatsbib . Ms . germ . quart. 1418, fine del XIII secolo, narra come Tristano travestito da pellegrino cerchi di raggiungere Isotta. I tre frammenti antichi sono geograficamente dislocati in luoghi di­ versi a testimonianza di una circolazione relativamente ampia del testo, co­ me conferma la recente scoperta di un lacerto della fine del XIII secolo 24

23- lvi, p. 329. 24· A. Brandstetter, Ober den Stellenwert des neuge/undenen St. Pauler Fragments in der Oberlie/erung von Eilharts Tristant, in Festschri/t /iir Ingo Rei/fenstein zum 6o. Geburtstag, hrsg. von P. K. Stein, A. Weiss, G. Hayer, Kiimmerle, Goppingen 1988, pp. 339-52, a p. 346.

16

I. PER LA STORIA DI U N A RICOSTRt:ZIO:\'E

rinvenuto nell'abbazia benedettina di San Paolo in Corinzia, ulteriore tassello per ragionare sui rapporti fra i frammenti antichi e le più recen­ ti testimonianze. Si conservano, infatti, tre rimaneggiamenti in versi trà­ diti in manoscritti cartacei del XV secolo (il manoscritto di Dresden , Sa­ chsische Landesbibliothek Ms. M. 42 ; quello di Heidelberg, Univer­ sitatsbibliothek Cod . Pal. Germ . 346, 143 3 , e nella seconda metà del XV secolo , quello di Berlin , Stiftung Preu.Bische Kulturbesitz , 1461) . L'ipo­ tesi più economica è che queste versioni complete derivino dal testo di Eilhart, ma a rigore non potrà essere escluso che le versioni recenti rap­ presentino una risistemazione ordinata di quanto ancora una volta ve­ niva tramandato in maniera non direi frammentaria quanto piuttosto episodica. Si ricordi infatti che nessun frammento antico conserva trac­ cia né della parte iniziale, né di quella conclusiva della storia . Sostanzialmente ci troviamo ancora una volta di fronte ad una tra­ dizione che preserva dalle ingiurie del tempo solo alcuni episodi seletti e lascia che siano più tardi rimaneggiatori a restituire la storia nella sua interezza, secondo un modello di libro completo che nelle fasi più anti­ che della leggenda non risulta attestato e che sembrerebbe il frutto di successivi montaggi. Una conferma in questa direzione si ottiene dall'esemplare quattro­ centesco conservato a Berlino , che presenta in successione il Tristan di Goffredo di Strasburgo, interrotto dall'autore per cause ignote nel mo­ mento in cui Tristano si interroga se accettare o meno l'amore di Isotta dalle bianche mani e la parte conclusiva secondo Eilhart, che inizia esat­ tamente laddove Goffredo si interrompe (al v. 6103 , quando Caerdino , fratello di Isotta dalle bianche mani, incita Tristano a chiedere la mano della fanciulla) 25• Perché escludere che questi tardi rimaneggiamenti abbiano riscritto la storia servendosi di altri modelli? 4· La tradizione manoscritta di Goffredo di Strasburgo rivela, nel suo complesso, la tendenza a completare la narrazione lasciata incompiuta, attraverso l'aggiunta di sezioni narrative provenienti da testi diversi. I 12 manoscritti (due del XIII secolo; quattro del XIV secolo e sei del XV seco­ lo, di cui uno perduto) sono completati in sette casi dal Tristan di Ulrich von Tiirheim, in tre da quello di Heinrich von Freiberg. Si aggiunga che in due codici quattrocenteschi, Bruxelles 14697 e Hamburg Ms. germ . 12

25. Per i rapporti fra frammenti antichi e versioni seriori cfr. l'edizione sinottica cura­ ta da H. Bussmann, Tristant, Niemeyer, Ti.ibingen 1969 ; D. Buschinger, Une nouvelle con­ tribution à l'étude d)Eilhart von Oberg, in "Etudes germaniques" , 26, 1971, 2, pp. 221-8.

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(oggi perduto) , il poema di Goffredo e la sua prima continuazione sono chiusi da un poemetto di 2.705 versi, Tristan le Moine, scritto fra il 1210 e 1260 in un'area riconducibile alla Germania meridionale. Sarà allora un caso che la rielaborazione slava, composta in area boe­ ma tra la fine del Duecento e l'inizio del secolo successivo, conservata in due codici del XV secolo , rappresenti, com 'è stato dimostrato, un mon­ taggio di episodi ripresi da opere di autori diversi (Eilhart von Oberg, Goffredo di Strasburgo, Heinrich von Freiberg)? 26 5· Assai complessa si rivela anche la situazione testuale della Saga: ci sono infatti giunti due frammenti quattrocenteschi, due testimoni completi, islandesi, della fine del Seicento e un riassunto del secolo successivo. In linea di principio dunque non è possibile avere la certezza che il testo per­ venuto non rappresenti un tardivo rimaneggiamento islandese. Ma per concludere il ragionamento si consideri la tradizione del Roman de Trista n en prose, ove lo smontaggio ed il rimontaggio di epi­ sodi ritenuti particolarmente significativi sono chiaramente riconoscibi­ li in particolare nei testimoni copiati in Italia dove ritroviamo «Trista n esplicitamente costruiti giuntando solo alcune sezioni del romanzo, op­ pure restaurando e " completando" in epoca successiva testimoni par­ ziali, o mediante spezzoni di altri manoscritti, o provvedendo ad inte­ grazioni espressamente esemplate»27• Ritorniamo allora alla domanda di partenza: quali elementi della leggenda possono essere considerati delle costanti indispensabili? E queste costanti ci offrono una trama stabile e dotata di una seppur re­ lativa coerenza? In questa direzione utili indicazioni potranno ricavarsi proprio da quei testi non direttamente legati alla materia tristaniana, come l' Escoufle di Jean Renart, opera databile ai primissimi anni del 1200 dove viene de­ scritta una coppa d'oro su cui sono raffigurati gli snodi principali della vi­ cenda, non riconducibili ad un unico modello, ma semmai la prova di «come sia possibile ricavare una versione sensibilmente diversa da quel­ le a noi note distribuendo in modo imprevisto, ma pressoché inalterati, i materiali tradizionali che ci sono attestati dagli altri romanzi»28 • Si vedano ancora le testimonianze offerte da alcuni preziosi reperti quali i due scrigni d' avorio della fine del XII secolo : il primo reca le illu-

26. Cfr. Z. Ticha, Tristam a Izalda, Mlada fronta, Praha 1980. 27. D. Delcorno Branca, Tristano e Lancillotto in Italia. Studi di letteratura arturiana, Longo Editore, Ravenna 1998, p. 66. 28. Cfr. Varvaro, La teoria dell'archetipo, cit. , p. 37·

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strazioni a) del combattimento di Tristano e il Moroldo 29 ; b) re Marco e Isotta in un verziere; c) Brangania che offre a re Marco e Isotta, a letto, il filtro ; d) Tristano e Isotta; e) l'episodio della h arpe et de la rote. n se­ condo affianca a scene non decifrabili con chiarezza lo stesso episodio della harpe et de la rote 30• E ulteriori suggestioni si ricavano dal cofanet­ to di Vannes studiato da G. J. Brault 3X, che reca in successione: a) n com­ battimento a piedi di Tristano e del Moroldo; b) Tristano e Governale che si recano in Irlanda per chiedere la mano di Isotta; c) La partenza di Tristano per combattere il dragone, mentre Isotta lo guarda dall'alto di una torre; d) La scoperta degli amanti nella foresta del Morois ; e) Tri­ stano menestrello; /) Tristano monaco. Ogni scenetta rappresentata un episodio particolare evidentemente noto e quindi facilmente riconoscibile, anche se gli eventi allusi non pos­ sono ricondursi ad un 'unica versione, suggerendoci l'esistenza, già al­ l'altezza della seconda metà del XII secolo, di una messe non indifferen­ te di vari an ti. Inoltre a questi elementi di coesione narrativa andranno accostati quei motivi che, lungi da svolgere un ruolo di sfondo, improntano for­ temente la trama. Si pensi al motivo del mare, di antica e celebre me­ moria a partire dall' Odissea archetipo di tutti i romanzi, che diviene lo spazio privilegiato dove si muovono i protagonisti: Tristano nasce du­ rante la tempesta e muore, (almeno nella versione di Thomas ed Eilhart) a causa di una tempesta che impedirà all'amata di giungere in tempo . Fe­ rito nel combattimento con il Moroldo si affida alle acque che lo con­ durranno alla corte del padre di Isotta ed in mare ritorna per aiutare gli Irlandesi. E di nuovo il mare è attraversato da Tristano partito alla ri­ cerca della moglie per Marco e ancora una volta una tempesta guida il destino costringendo Tristano e la sua truppa ad approdare sulle coste d' Irlanda. Sarà in mare che i due amanti berranno quel filtro che rap­ presenta certo un'invariante necessaria della leggenda ma anche un sim­ bolo di volta in volta risemantizzato 32•

29. Su questo episodio cfr. F. Cigni, Da un'avventura tristaniana al mito di Eracle: la sconf itta del Moroldo, in A. M. Babbi (a cura di) , Rinascite di Ercole, Atti del convegno in­ ternazionale ( Verona, 29 maggio-I0 giugno 2002), Fiorini, Verona 2002, pp. 183-98. 30. Cfr. R. Shennan Loomis, L. Hibbard Loomis, Arthurian Legend in Medieval Art, Oxford University Press-Modern Language Association of America, London-New York 1938, pp. 43-4· 31 . G. ]. Brault, Le co//ret de Vannes et la légende de Tristan, in Mélanges of/erts à Ri­ ta Lejeune, 2 voli . , ] . Duculot, Gembloux 1969, t. I, pp. 653-68. 32. Sul punto cfr. le belle pagine di V Bertolucci Pizzorusso, Il discorso narrativo su Tristano e Isotta nel secolo X II , in Ead., Morf ologie del testo medievale, cit., pp. 7-17.

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Ed è proprio la penetrazione del significato e della valenza ideologi­ ca che di volta in volta la storia assume nelle diverse versioni, a risultare, nonostante la grande mole bibliografica disponibile sull'argomento, an­ cora segnata da nodi non risolti, e forse destinati a restare tali. Ma i te­ sti, in particolare quelli poetici, sono, come si sa, scanditi da segnali re­ torici, metrici, lessicali che possono guidare la nostra lettura, perché ta­ le vuole essere questo saggio, uno dei tanti possibili attraversamenti di una leggenda aperta a molte possibili interpretazioni.

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Thomas e le intermittenze del cuore

Un destino beffardo sembra avere steso le sue ombre proprio sul più straordinario testo del Medioevo francese: relativamente alla versione che reca la firma di Thomas , sono più le domande aperte che le acquisi­ zioni sicure. Chi si nasconde sotto il nome di Thomas? Quando e dove è stato scritto questo testo? Perché di un'opera che ha avuto un impat­ to così importante fino alla modernità (si pensi al Tristan und Isolt di Ri­ chard Wagner) rimangono solo pochi frammenti e per di più relativi quasi unicamente alla seconda parte del testo? E altri importanti inter­ rogativi che coinvolgono il senso e l'interpretazione dell'opera nel suo complesso si potrebbero aggiungere. Volendo provare ad offrire delle coordinate di riferimento basterà accennare che la presenza di un nome d'autore, pur in assenza di altri elementi, rappresenta già un indizio di coscienza autoriale significativa. Non molti sono infatti i testi narrativi antico francesi dotati di paternità, e ove questa firma sia rintracciabile rappresenta sempre una volontà di rivendicare una rilettura o una reinterpretazione personale della storia che si narra. Thomas si nomina due volte, la prima per distinguere la versione da lui accolta rispetto ad altre che dovevano circolare sulle imprese di Tri­ stano e del cognato Caerdino in partenza dall'Inghilterra:

Thomas iço granter ne volt E si volt par raisun mustrer Que iço ne put pas esteer (w. 2228-2230) (Tommaso non vuole sottoscrivere questo e vuole con ragione mostrare che questo non poté essere awenuto). L'altra in un luogo retoricamente connotato come l'epilogo che , a nor­ ma della retorica classica, prevede il congedo del poeta dai suoi ascol­ tatori:

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Tumas fine ci sun escrit. A tuz amanz salut i dit, As pensis e as amerus, As emvius, as desirus, A enveisiez, as purvers , A tuz ces ki orunt ces vers (vv. 3279-3284) (Tommaso finisce qui la sua opera. Saluta e si rivolge a tutti gli amanti: ai tormentati e agli innamorati, a coloro che bramano l'amore, e ai lussuriosi, agli invidiosi e ai perversi, a tutti coloro che udranno questi versi). Le proposte di identificazioni avanzate nel tempo - ricorderò quella con Thomas di Kent autore del Livres de Chevalerie- non sono approdate a risultati convincenti 1 • Anche sulla data dell'opera le proposte sono state diverse. Innanzi tutto i termini cronologici fissati generalmente e cioè la posteriorità ri­ spetto al Brut di Wace (nss) - grande affresco romanzato della storia bre­ tone fino alla caduta del mondo arturiano e alla migrazione anglo-sasso­ ne - e l'anteriorità rispetto al romanzo di Chrétien de Troyes, Cligès (n7677) , possono quantomeno essere posti in discussione 2• Infatti nulla esclu­ de di postulare che gli elementi comuni tra Thomas e il Brut di Wace sia­ no dovuti ad una ripresa autonoma della fonte diretta di Wace: l'Ht'storia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth (113 5) , vero e proprio best­ seller dell'epoca certamente noto a Thomas come dimostrò a suo tempo Francesco Novati 3• Ma non potrà trascurarsi anche il ruolo che la trasgressiva leggenda assume nella genesi del dibattito trobadoresco intorno all'amore dove, a

1. Cfr. B. H. Wind, Paut-il identi/ier Thomas, auteur de Tristan, avec Thomas de Kent ? in Saggi e ricerche in memoria di Ettore Li Gotti, Centro di studi filologici e linguistici si­ ciliani, Palermo 1962, t. III, pp. 479-90. Thomas di Monmouth, attivo intorno alla metà del XII secolo, è autore di un'opera agiografica latina. 2. Mi permetto di rinviare al mio studio Materiali per la datazione del Tristan di Tho­ mas, in "Cultura neolatina", 48, 1988, pp. 9-71 che presuppone A. Roncaglia, Il trovatore Bernart de Ventadorn. Materiali ed appunti per il corso di Filologia romanza, anno accade­ mico 1984-85, Bulzoni, Roma 1985. Non concorda con questa proposta M. Tyssens, Les sources de Piramus, in Et c'est la /in pour quoy sommes ensemble. Hommage à ]ean Du/our­ net, Champion, Paris 1993, t. III, pp. 1411-9. 3· Cfr. F. Novati, Un nuovo ed un vecchio /rammento del Tristan di Tommaso, in "Studj di filologia romanza", II, 1887, pp. 428 ss. Sulla questione cfr. anche F. Lot, Gormond et Isembard, in "Romania", 27, 1898, pp. 1-54.

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partire dalla metà del XII secolo , si moltiplicano le voci di risposta alle tante questioni messe in campo dalla versione di Thomas. Ecco così che Bernart de Ventadorn, svaluta, nella sua canzone ma­ nifesto, la poesia composta da chi non è mosso da Amore:

Chantars no pot gaire valer Si d'ins dal cor no mou lo chans; ni chans no pot dal cor mover, si no i es fin ' amors coraus ( vv. 1 -4) (Il cantare nulla può valere, se il canto non muove dall'interno del cuore né il canto può muovere dal cuore se non è un amore raffinato e profondo) e sembra avere come obiettivo polemico proprio Thomas . Come osser­ va Aurelio Roncaglia:

in senso psicologico, ma anche in senso cronologico Tommaso viene a collocar­ si in una zona anteriore a quella svolta dall"'oggettivismo intellettualistico al sog­ gettivismo affettivo " ch 'è rappresentata nella storia dalla teologia da San Ber­ nardo ai Vittorini 4• Non credo si possa dubitare del fatto che proprio Bernart de Venta­ dorn sia il trovatore particolarmente ricettivo alle suggestioni prove­ nienti dalla leggenda tristaniana e dalla versione di Thomas in partico­ lare5. Si veda ancora la menzione della blancha camiza (v. 62) nella can­ zone Bel m 'es qua n la rana eh anta 6 o la strofa IV di Tant ai mon cor p le de joya dove l'epiteto utilizzato per Tristano è l'ama dor che richiama l'amerus di Thomas 7:

4· Cfr. Roncaglia, Il trovatore Bernart de Ventadorn, cit., p. 55· Sulla svolta operata dal XII secolo dalla mistica cistercense e vittorina cfr. Id. , Precedenti e significato dello ((stil no­ va" dantesco, in Dante e Bologna nei tempi di Dante, a cura della Facoltà di Lettere e Filo­ sofia dell'Università di Bologna, Commissione per i testi di lingua, Bologna 1967, pp. 13-34. 5· Cfr. ]. Deister, Bernart de Ventadour's Re/erence to the Tristan Story, in "Modern Philology" , 19, 1922, pp. 287-96; D. A. Monson, Bernard de Ventadorn et Tristan, in Mé­ langes de langue et littérature occitanes en hommage à Pierre Bee, CESCM, Poi tiers 1991 , pp. 385-400. 6. Cfr. S. B. Gaunt, Did Marcabru know the Tristan legend, in "Medium Aevum" , 55, 1986, pp. 108-13. 7· Come sottolinea con efficacia L. Rossi, Carestia, Tristan, !es troubadours et le modè­ le de saint Pau!: encore sur D'Amors qui m'a tolu a mai (RS 1664 ) , in N. Henrard, P. Mo­ reno, M. Thiry-Stassin (éds.) Convergences médiévales. Epopée, lyrique, roman. Mélanges of /erts à Madeleine Tyssens, De Boeck Université, Paris 2001, pp. 403-19, a p. 410.

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Plus trae pena d'amor de Tristan l' amador que · n sofri mantha dolor per Izeut la bionda (w. 45-48 ) ( Sopporto più grandi pene d'amore di Tristano l'amoroso, che soffrì molti dolori per Isotta la bionda) . Ma altre riprese del mito tristaniano - troppo spesso ricondotte generi­ camente ad una prima versione non identificata - sembrano rinviare esattamente a quest'opera 8 , fino a quella complessa galassia di citazio­ ni/allusioni svolta dal noto dibattito intorno all'amore che vede coinvol­ ti trovatori come Bernart de Ventadorn, Raimbaut d' Aurenga e il gran­ de romanziere francese Chrétien de Troyes che dichiara:

Onques du buvrage ne bui dont Tristanz fu enpoisonnez, mes plus me fet amer que lui fins cuers et hone volentez. Bien en doit estre miens li grez, qu'ainz de riens efforciez n 'en fui, fors que tant que mes euz en crui, par cui sui en la voie entrez donc ja n'istrai, n'ainc n'en recrui (D'Amors qui m'a tolu a mai, w. 28-36) 9 (Mai non bewi quella bevanda da cui Tristano fu awelenato, 8. Esemplare il caso di un altro trovato re: Cercamon (1135 ca.) in Ab la pascor m'es bel qu'eu chant che menziona lo cor tristan da interpretarsi non come aggettivo "cuore rat­ tristato" , ma come "lo cor Tristan" il cuore di Tristano. Per gli estremi della discussione cfr. L. Rossi, La chemise d'Iseut et l'amour tristanien chez les troubadours et !es trouvères, in Contacts de langues, de civilisations et intertextualité, Actes du III Congrès international de l'Association internationale d'étude occitanes (Montpellier, 20-26 septembre 1990), éd. par G. Gouiran, Centre d'Etudes Occitanes de l'Université de Montpellier, Montpellier 1992, III, pp. 1119-32, a cui si rinvia anche per la bibliografia pregressa. 9· Una sintesi del dibattito, inaugurato in un famoso articolo da A. Roncaglia, Care­ stia, in "Cultura neolatina", 18, 1958, pp. 121-37, si legge in M. Infuma, Intertestualità e mi­ se en abyme, in Lo spazio letterario del Medioevo, 2. Il Medioevo volgare, dir. P. Boitani, M. Mancini, A. Varvaro, vol. I, La produzione del testo, Salerno Editrice, Roma 1999, t. I, pp. 423-57, al quale andrà ora aggiunto il contributo di L. Borghi Cedrini, Uenigma degli pseudonimi nel ((débat" tra Raimbaut d'Aurenga, Bernart de Ventadorn e Chrétien de Troyes, in U. Floris, M. Virdis (a cura di) , Il Segreto, Atti del Convegno di Studi (Cagliari, 1-4 aprile 1998), Bulzoni, Roma 2ooo, pp. 49-75.

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ma più che quella mi fa amare cuore puro e buona volontà. Dawero il merito deve essere mio, perché da nulla fui costretto se non dall'aver creduto nei miei occhi a causa dei quali sono entrato in una strada da cui mai uscirò e che mai ho abbandonato). Quella bone volonté di agostiniana memoria qui diviene ciò che spinge ad amare 10, forse in polemica con una volontà asservita al desiderio che Tristano manifesta verso Isotta al termine di un tormentato monologo:

Le grant amor qu 'ad vers Ysolt Tolt ço que la nature volt E vaint icele volenté Que senz desir out en pensé. Il out bon voleir de li faire, Mais l' amur le fait molt retraire (w. 809 -814) (Il grande amore che ha verso Isotta annulla ciò che la natura vuole, e vince quella volontà senza desiderio provata nel pensiero. Aveva molta voglia di fare ma l'amore lo trattiene). 2.1

I frammenti conservati

Come si diceva sono complessivamente dieci i frammenti (riconducibili a sei manoscritti) giunti a noi del Tristan di Thomas , relitti di un naufra­ gio che ha disperso una tradizione che doveva essere molto più ampia. Tutti, tranne il frammento di Cambridge, sono scritti in una lingua dal­ l'evidente patina anglonormanna. Fu merito di Joseph Bédier avere affrontato l'arduo compito di ri­ costruire le parti perdute del Trista n di Thomas servendosi dei diversi ri­ facimenti dell'opera giunti fino a noi: due composti intorno alla prima metà del XIII secolo , il Tristan di Goffredo di Strasburgo in medio alto

10. Cfr. in proposito R. Antonelli, Oscurità e piacere, in G. Lachin, F. Zambon (a cu­ ra di) , Obscuritas. Retorica e poetica dell'oscuro, Atti del XXIX Convegno interuniversitario di Bressanone (I2-IJluglio 2oor), presentazione di F. Brugnolo, Università degli Studi di Trento, Trento 2004, pp. 47-58, p. 50.

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tedesco e la Tristams saga ok !sondar di Frate Roberto in antico norreno, ed il più tardo, in medio inglese, Sir Tristem 11• I frammenti , per convenzione, vengono citati a partire o dal luogo di conservazione o dal nome del più antico possessore.

Carlisle: Cumbria Record 0//ice, Holm Cultram Cartulary, ff I-5� I54 versi Ritrovato in tempi recenti 12, il frammento rappresenta una scoperta esemplare su un duplice piano : segna infatti una traccia essenziale sui luoghi concreti dove cercare le membra disiecta dei libri perduti (e si ri­ cordi che la metà dei frammenti di Thomas sono stati rinvenuti nelle le­ gature di codici usati come carte di guardia) , ma illumina anche sul fa­ scino e le variabili della ricerca, si costruisce l'ipotesi più credibile fino a quando non giunge un nuovo tassello a rimescolare le carte. n frammento ritrovato sul foglio di guardia di un cartulario latino conservato nell'abbazia cistercense di Holm Cultram in Inghilterra, con­ tiene 1 54 versi relativi ad una scena chiave, quella in cui Tristano e Isotta, dopo aver bevuto il filtro, si rivelano il loro reciproco amore attraverso una equivocatio sfruttatissima sin dall'antichità fra amaro/amare/mare 13:

Ysolt dit: « [C]el mal que je sent Est amer, mes ne put nlent: Mon quer angoisse e pres le ti en t. E tel amer de la mer vient: Prist puis que [je çaen] z entray». Tristan respont: «Autretel ay: Ly miens mal est del vostre estrait. L' anguisse mon cuer amer fait, Si ne sent pas le mal amer; N 'il ne revient pas de la mer, M es d'amer ay ceste dolur,

n. Sul comportamento di Bédier editore di Thomas, cfr. A. Varvaro, Per la storia e la metodologia della critica testuale. Bédier editore di Tommaso, in S. Guida, F. Latella (a cura di) , La f ilologia romanza e i codici, Atti del Convegno di Messina (19-22 dicembre 1991), Sicania, Messina 1993, pp. 29-40. 12. Cfr. M. Benskin, T. Hunt, I. Short, Un nouveau /ragment du 'Tristan" de Thomas, in "Romania", n3, 1992-95, pp. 289-319. 13. Cfr. G. J. Brault, Uamer, l'amer, la mer: la scène des aveux dans le ((Tristan" de Thomas à la lumière du Fragment de Carlisle, in ]. C. Faucon, A. Labbé, D. Quéruel (éds.), Miscellanea Mediaevalia. Mélanges of /erts à Philippe Ménard, Champion, Paris 1998, t. I, pp. 215-26.

2. THOMAS E LE INTERM ITTENZE DEL CU ORE

E en la mer m'est pris l'amur. Assez en ay or dit a sage». (w. 59-71) (Dice Isotta: «Questo male che io sento, è amaro , ma non puzza affatto: opprime il mio cuore e lo tiene prigioniero e questo amaro viene dal mare è cominciato dopo che io vi entrai». Tristano risponde: «lo provo altrettanto: il mio male deriva dal vostro. L'angoscia rende amaro il mio cuore, ma tuttavia io non sento questo male amaro e questo male non proviene dal mare ma dall'amare mi proviene questo dolore e nel mare mi ha colto l'amore. Ho detto abbastanza per chi sia saggio»). n dialogo è costruito come un indovinello e il bisticcio linguistico non solo viene esibito in rima, ma si rifrange all'interno del verso, creando le­ gami fonico-semantici di grande effetto, che dovettero colpire anche i contemporanei se Chrétien de Troyes lo sfrutterà in funzione polemica 14 e Goffredo di Strasburgo lo riprenderà conservando i termini francesi 15• Dopo essersi rivelati i reciproci sentimenti, i due amanti consumano la loro passione con la connivenza di Brangania, la damigella che ac­ compagna Isotta. Giunta la nave in Cornovaglia, re Marco sposa Isotta e Brangania acconsente a sostituirsi alla sua signora la prima notte di nozze perché non si scopra che non è più vergine.

Cambridge: Cambridge, University Library, Add. Ms. 275I (3) n frammento conservato dentro una rilegatura, è costituito da un unico foglio con 26 versi per facciata (e una probabile lacuna di tre versi da un foglio all'altro) , assegnabile allo scorcio del XIII secolo. Vi si descrivono Tristano e Isotta che dormono abbracciati quando , improvvisamente, sopraggiunge il re accompagnato dal nano delatore. Tristano si sveglia e decide di fuggire, ma prima si congeda dall'amata chiedendole, fra le lacrime, di continuare ad amarlo anche nella separa­ zione, in una dialettica fra lontananza spaziale e presenza di un senti-

14. Cfr. Chrétien de Troyes, Cligès, vv. 539-557. 15. Alla luce della scoperta del frammento di Carlisle, la lettura cui Goffredo ha sot­ toposto il Tristan di Thomas è stata sottoposta a nuove indagini. Cfr. in proposito W. Haug, Reinterpreting the Tristan Romances o/ Thomas an d Got/ried. Implication o/ a Re­ cent Discovery, in "Arthuriana" , 7, 1997, pp. 45-59.

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mento custodito dalla memoria, che giocherà un ruolo fondativo nel­ l'immaginario amoroso occidentale 16:

Ma doce dame, je vos pri, N e me metés mie en obli: En loig de vos autant m'amez Camme vos de près fait avez (vv. 185-188) (Mia dolce signora, io vi prego non mi dimenticate mai: nella lontananza da voi amatemi come avete fatto nella vicinanza) . Isotta risponde tendrement (v. 40) con quella " tenerezza " che sarà la ci­ fra del suo amore per Tristano fino alla morte 17 e che lei ribadisce di pro­ vare nel momento della separazione:

Si grant pitié, ne tel tendrour Quant doi partir de vostre amor (vv. 201-202) (Che profonda pietà, che tenerezza nel dovermi separare dal vostro amore ! ) giura che se i corpi si separeranno l'amore sopravvivrà e gli affida come pegno d'amore un anello:

Nequedent cest anel pernés: Por m'amor, amis , le gardés . . . (vv. 205-206) (Prendete dunque quest'anello per amor mio conservatelo . . . ) .

Sneyd I e Sneyd 2: Oxfor� Bodleian Library, French d. I� ff 4-I7 Si tratta di due frammenti appartenuti al bibliofilo Walter Sneyd che si segnalano per la loro antichità (fine del XII secolo) e per la loro fattura

16. Sul rapporto fra assenza dell'oggetto e potenza dell'immaginazione in questo stes­ so ambiente letterario, cfr. C. Bologna, Figure d'autore nel Medioevo romanzo, in Lo spa­ zio letterario del Medioevo, cit. , pp. 339-86 e più in generale sulla cancellazione della don­ na amata R. Antonelli, La morte di Beatrice e la struttura della storia, in M. Picchio Simo­ nelli (a cura di), Beatrice nell'opera di Dante e nella memoria europea, 1290-1990. Atti del Convegno internazionale (Napoli, 10-14 dicembre 1990), Cadmo, Firenze 1994, pp. 35-56. 17. Cfr. i vv. 3275-3278 , con i quali Thomas sigla, alla fine dell a storia, la morte dei due amanti di Cornovaglia.

2.

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assai accurata, con disposizione a due colonne per pagina, messa in ri­ lievo del couplet e la presenza di una miniatura (lsotta che suona l'arpa) . Il primo quaternione (ff. 4r-1ov) conta 888 versi ed è mutilo della prima carta , mentre il secondo di 826 versi (ff. 11-1 7) è privo dell' ulti­ ma carta. La premessa dell'episodio si può ricavare dal confronto con le ver­ sioni derivate da Thomas : Tristano, dopo aver lasciato l'Inghilterra in­ contra il figlio del re di Bretagna, Caerdino, con cui stringe un forte le­ game d'amicizia. Questi ha una sorella, Isotta detta " dalle bianche ma­ ni, che si innamora di Tristano. Il frammento Sneyd si apre con un lun­ go monologo in cui Tristano riversa tutto il suo rovello interiore: rim­ provera a Isotta di !asciarlo solo a macerarsi nel dolore mentre lei può consolarsi con re Marco, suo legittimo marito, e dimenticarlo. Sollecitato dall'amore di un'altra Isotta, Tristano si interroga, allora, se tentare di dimenticare l'amata o almeno di condividerne la condizio­ ne sposandosi. n tema del changer, " cambiare , , inteso sia come oscillazione del pen­ siero sia come abbandono del sentimento, percorre il brano , sin dai pri­ missimi versi,

Sis corages mue sovent E pense molt diversement Cum changer puisse sun voleir, Qant sun desir ne puit aveir (vv. 207-210) (Il suo animo muta continuamente e pensa in modo sempre diverso come possa cambiare il suo volere, dal momento che il suo desiderio non può avere) per poi cedere il posto al motivo dell' esprover, " sperimentare , , infatti come in un laboratorio Tristano vuole " fare esperimento , della condi­ zione vissuta dall'amata :

Mais mei ne l' estuit faire mie, Fors qu'assaier voldrai sa vie: J o voil espuser la meschine Pur saveir l'estre a la relne (vv. 377-380) [ ] N el faz mie li pur ha!r, Mais pur ço que jo voil partir U li amer cum ele fait mei Pur saveir cum aime lu rei (vv. 385-388 ) ...

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(Per quanto mi riguarda io non sono costretto, se non dal fatto di voler sperimentare la sua vita: io voglio sposare la fanciulla per comprendere l'animo della regina, [. . . ] Non agisco così per odio, ma perché voglio separarmi da lei, o amarla come lei ama me per sapere come ama il re) . L a scelta cade s u una fanciulla che condivide con l a donna amata due elementi fondamentali : la bellezza e il nome, ed è dunque intrinseca­ mente destinata a ricordare Isotta la regina. Sarà proprio il ri-cordare, cioè il portare nel cuore la memoria del­ l' amata (rievocata dall' altra Isotta) , che impedirà a Tristano di consu­ mare il suo matrimonio . Infatti alla vista dell'anello scambiato al mo­ mento di separarsi, Tristano ricorda la promessa di fedeltà fatta alla re­ gina e decide di /astenir, di rinunciare a unirsi con una donna che non è l'amata . Come osserva Valeria Bertolucci Pizzo russo

La magica virtus dell'anello, oggetto-simbolo dell'amore che insieme lega ed esclude, si raddoppia a partire da questo momento nella versione di Thomas , ca­ ricandosi an che di quella primaria del "beivre " , di cui diventa il sostituto e il rappresentante, sempre presente in superficie solo nei momenti decisivi delle vi­ cende dell' estrange amur vissuto dalla coppia 1 8 • In un paradosso condotto con straordinaria efficacia narrativa, le ragio­ ni dell'amore coincidono con la negazione delle stesse:

Le desir qu 'il ad vers la re1ne Tolt le voleir vers la meschine. Le desir lui tolt le voleir, Que nature n 'i ad poeir. Amur e raisun le destraint E le voleir de sun cors vaint (w. 803-808). (Il desiderio che ha verso la regina, gli toglie la voglia verso la fanciulla; il desiderio gli toglie la voglia,

18. Cfr. V. Bertolucci Pizzorusso, La ((clergie" di Thomas: l'intertesto agiograf ico-reli­ gioso, in Ensi/irent li ancessor. Mélanges de philologie médiévale of f erts à M. R. ]ung, a cu­ ra di L. Rossi, Edizioni dell'Orso, Alessandria 1996, t. I, pp. 335-48, alle pp. 335-6. 30

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cosicché l'impulso naturale non ha la meglio. Amore e ragione combattono in lui, e vincono la voglia del suo corpo) . L'amore e l a ragione 19 gli impediscono d i assecondare il voleir, "l'incli­ nazione naturale " , la " nature" che lo spingerebbe verso la legittima con­ sorte, anzi glielo strappano dal cuore 20 • Così in un serrato discorso con la moglie, Tristano attribuisce il suo comportamento al travaglio di una ferita profonda e dolorosa, posta pro­ prio vicino alla zona genitale, che gli impedirebbe di fare l'amore, me­ tafora di un'altra ferita questa sì reale - quella d'amore - che gli tormenta il cuore e il corpo:

De ça vers le destre costé Ai el cors une emfermeté Tenu m 'ad molt lungement; Anoit m'ad anguissé forment. Par le grant travail qu 'ai eii, M'est il par le cors esmeii. Si anguissusement me tient, E si près de la feie me vient Que jo ne m' os plus emveisier Ne mei pur le mal travaillier (vv. 836-844) (Qua dalla parte destra del costato ho nel corpo una ferita, la ho da molto tempo, questa notte mi ha fatto soffrire terribilmente. Il grande dolore che ho mi si è propagato per tutto il corpo, così angosciosamente mi stringe e così vicino al fegato che io non oso fare l'amore né fare niente tale è il male che patisco). 19. Su questo termine cfr. l'importante approfondimento di ] . Frappier, Sur le mot "raison" dans le "Tristan)) de Thomas d)Angleterre, in A. S. Crisafulli (ed.) , Linguistic and Literary Studies in Honor o/Helmut A. Hat7/eld, Catholic University of America Press, Washington 1964, pp. 163-76. 20. Y. Foher-Jannsens, Lit d)amou" lit de mort. Thomas d)Angleterre et testhétique romanesque, in "Le Moyen Age" , 102, 1996, pp. 403-17, alle pp. 405 ss. segnala la presen­ za di argomentazioni già abelardiane in questa dialettica desiderio vs volontà. I versi in questione sono stati spesso commentati; cfr. almeno P. Jonin, Les Personnages /éminins dans !es romans /rançais de Tristan au XIIe siècle, Ophrys, Aix en Provence 1958, pp. 41620; J. T. Grimbert, Voleir vs Poeir: Frustrated Desire in Thoma/s Tristan, in "Philological Quarterly" , 69, 1990, pp. 153-65.

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L'obiettivo si sposta poi simmetricamente su Isotta che, sola nella sua stanza, ha un solo pensiero, una sola volontà ed un solo desiderio: ama­ re Tristano (vv. 8 59-86o) ma non ha più notizie di lui e crede che si trovi ancora in Spagna a combattere contro un gigante. E mentre intona un !ai dal tragico argomento (un marito uccide l'amante della moglie e dà a questa in pasto il cuore) 21 sopraggiunge il conte Cariado , innamorato di Isotta, che le rivela come Tristano abbia preso in moglie la figlia del re di Bretagna, gettandola così nella rabbia e nell'angoscia:

En sun corage est anguissee E de cest novele iree (vv. 1093-1094) (Nell'animo è angosciata e per questa notizia irata).

Torino: Accademia delle Scienze, Mazzo 8IJ, fase. 43 Si tratta di «due carte non consecutive appartenute in origine ad un mede­ simo fascicolo» 22, scritte in una gotica libraria di mano francese duecente­ sca. Di grande interesse per ricostruire il percorso seguito dal codice sono le annotazioni apportate da una mano italiana trecentesca che denunciano il passaggio in questa epoca del manoscritto forse proprio in Toscana 23• Ancora una volta il contesto narrativo sembra essere stato cancella­ to dal tempo a favore del solo monologo di Tristano : dal confronto con il Sir Tristem si può ipotizzare che i versi precedenti narrassero come Tri­ stano, vinto il gigante Moldagog, avesse costruito una sala con statue di­ pinte ad altezza naturale in una grotta posta su un'isola inaccessibile. Isotta sarebbe stata rappresentata nel momento dell'addio nell'atto di

21. Si tratta del lai di Guirun sulla cui presenza in Thomas cfr. L. Rossi, G. Bromiley, Autour du Lai de Guiron dans le Roman de Tristan de Thomas, in D. Buschinger, W. Spiewok (éds.), Tristan et Yseut. Un thème éternel dans la culture mondial, Reineke-Ver­ lag, Greifswald 1996, pp. 45-57; si veda anche Grimbert, Voleir vs poeir, cit. 22. Il frammento di Torino posseduto «da un egregio e dotto gentiluomo» torinese intorno al 188o fu pubblicato da Novati, Un nuovo ed un vecchio /rammento, cit., p. 369, poi smarrito e finalmente rinvenuto nel corso del riordino dell'Archivio completato nel 1988. È merito di L. Fontanella Vitale Brovarone avere fornito una nuova accurata tra­ scrizione paleografica del frammento corredata da un ricco commento, cfr. Due /ram­ menti f rancesi dell'Accademia delle scienze di Torino: I:((Estoire du Graal" e il ((Tristano" torinese, in A. Cornagliotti et al. (a cura di), Miscellanea di Studi Romanzi offerta a Giu­ liano Casca Queirazza per il suo 65° compleanno, Edizioni dell'Orso, Alessandria 1988, I, pp. 291-314, e Il /rammento del ((Tristan" di Thomas: resoconto di un seminario di studio, in "Pluteus" , 6-7, 1988-89, pp. 393-427. 23. Cfr. Fontanella Vitale Brovarone Due /rammenti f rancesi, cit. , p. 302.

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porgergli l'anello 24• TI frammento di Torino, infatti, si apre direttamente con le parole rivolte da Tristano alla statua dell'amata, simulacro del­ l' assenza, ma anche della fissità del sentimento. La statua non risponde, può solo incarnare paradossalmente l'inutilità della presenza. L'osses­ sione del pensiero non ha interlocutori ma solo la memoria di un legame indissolubile, e si perde errando nei labirinti del pensiero:

Hicest penser errer le fait Errur san corage debote (w. no8-no9) (Questo pensiero lo fa errare, l'errore sconvolge il suo animo). Oscillando fra gelosia e rabbia si rivolge alla statua della fedele Branga­ nia lamentando il presunto oblio dell'amata, ma la vista dell'anello lo ri­ porta in sé e piangendo chiede perdono per la sua follia:

Hice li fai t faire l'amor Que met son corage en errur. Se sor tute rien li n'amast, De nul autre ne se dotast; Por ço est en suspedon Que il n' aimme riens se li non. S'envers autre amor eiist, De ceste amor jalus ne fust, Mais por ce en est il jalus Que de li perdre est poiirus (w. II49-n58) (Questo gli fa fare l'amore, che mette il suo animo in errore. Se non l'amasse sopra ogni cosa, non dubiterebbe di nulla: ma per questo si tormenta nel sospetto: perché non ama che lei. Se verso un 'altra provasse amore, non sarebbe geloso di questa; ma per questo è geloso perché teme di perderla) . In una delle prove dialettiche più retoricamente sostenute, Thomas sot­ topone ad una lucidissima analisi i sentimenti dei due protagonisti e del-

24· T. Adams, Archetypes and Copies o/ Thomas's Tristan: A Re-Examination o/ the Salle aux Images Scenes, in "Romanic Review" , 90, 1999, pp. 317-32.

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le altre due vittime coinvolte in questo delirio d'amore 25, il re Marco che gode del corpo di Isotta ma non ha il cuore:

De cors puet faire son delit, Mes ice poi a lui soffit, Quant autres en a le corage; De ce se deve a enrage (1177-1180) (Dal corpo di lei può prendere godimento, ma questo non lo soddisfa poiché un altro ha il cuore, per questo si tormenta ed è roso dalla rabbia) e Isotta la regina che patisce un doppio dolore lontano da Tristano:

Li rois nen a que un turment, Mais la ra1ne duble entent. Ele volt Tristran e ne puet, A so n seignor tenir l' estuit, N e le puet guerpir ne laisser, N'ele ne se puet deliter. Ele a le cors, le cuer ne volt: C'est un turment dont el se deut (w. 1187-1194) (Il re non ha che un tormento, ma la regina prova un duplice dilemma. Ella vuole Tristano e non può averlo, deve restare con il suo signore, ella non può abbandonarlo né !asciarlo, né ella può essere felice, ha il corpo, ma non vuole il cuore: questo è un tormento di cui si duole). Tristano è come lei preda di una pena raddoppiata, amplificata quasi dal­ la vicinanza della moglie che gli è gradita solo per il nome che porta:

Quant l'embrasce, poi se delite, Fors soul le non que ele porte: Ce, sevaus, auques le conforte.

25. Sul punto cfr. G. J. Brault, Entre ces quatre ot estrange amor, Thomas' Analysis o/ the Tangled Relationships o/ Mark, Isolt, Tristan, an d Isolt o/ the White Hands, in "Roma­ nia" , 114, 1996, pp. 70-95; A. Henry, Al quel estoit mieuz de l'amor, in "Romania" , 115, 1997, pp. 247-9·

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2.

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Il ha dolur de ce qu'il a, Plus se deut de ce que nen a: La bele ralne, s'arnie, En cui est sa mort e sa vie, E por ce est duble la paigne Que Tristran por ceste demainne (vv. 1210-1218 ) (Quando l'abbraccia, poco si delizia, se non per il solo nome che porta, questo, almeno, un poco lo conforta. Egli ha dolore per ciò che ha, e più si duole per ciò che non ha: la bella regina, sua amica, nella quale è la sua morte e la sua vita; per questo è doppia la pena che Tristano patisce per costei). Ed infine Isotta dalle bianche mani che vorrebbe sperimentare con il marito le delizie dell'amore ma non osa chiedere nulla. Rifiutandosi di stabilire chi dei quattro sperimenti un dolore più grande, Thomas rin­ via al pubblico il giudizio sui sentimenti dei protagonisti e come in un laboratorio si limita a scandagliare il cuore tormentato degli attori del­ la vicenda. L'obiettivo si sposta poi su Isotta dalle bianche mani: un giorno men­ tre cavalca accanto a Tristano e al fratello Caerdino perde il controllo del cavallo e finisce in un fossato. Uno schizzo d'acqua le bagna le cosce. In­ terrogata dal fratello sul perché questo le susciti tanta ilarità lei confessa:

E dist: «Ge ris de mon pensé D'une aventure que avint, E por ce ris que m 'en sovint. Ceste aigue, que si esclata, Sor mes cuisses plus haut monta Que unques main d'ome ne fist, Ne que Tristran onc ne me quist. Frere, ore vos ai dit le dont» (vv. 1343-1350) (e dice «lo rido nel pensare a quanto m 'è successo un giorno, è questo ricordo che mi ha provocato il riso. Questa acqua che qui è schizzata, è salita sulle mie cosce più in alto di quanto mai fece mano d'uomo, e di quanto mai Tristano mi richiese. Fratello, ora vi ho detto la ragione»). 35

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Strasbourg: Bibliothèque du Séminaire protestant Si tratta di tre frammenti (XIII secolo) , corrispondenti rispettivamente ai 1198 -1265; vv. 1486-1491 + 1611-168 5; vv. 1782-1851, distrutti nell'incendio che nel 1870 danneggiò la Biblioteca del Seminario dei Protestanti. Non rimane altro che la trascrizione di François Michel del 1839. Due di questi frammenti, per un totale di 68 versi, rappresentano gli unici testimoni dell'episodio noto come il Corteo della regina. Nella parte precedente, perduta, si descriveva presumibilmente l'a­ spra discussione sorta fra Caerdino e Tristano, costretto a confessare al co­ gnato la verità dei suoi sentimenti. Ecco dunque che i due cognati deci­ dono infine di partire per l'Inghilterra in modo che Caerdino possa com­ prendere il perché di questo amore vedendo con i suoi occhi la regina. E sul desiderio di soddisfare la vista insistono i primi versi del frammento: vv.

E vunt s'en dreit vers Engleterre Ysolt veeir e Brengien guerre, Ker Kaerdin veeir la volt, E Tristan volt veeir Ysolt ( w. 1351-1354) (E si dirigono verso l'Inghilterra per vedere Isotta e cercare Brangania, perché Caerdino la vuole vedere, e Tristano vuole vedere Isotta). Ma l' arte dell' amplz/icatio che si scioglie in descrizioni particolareggiate e digressioni è assolutamente estranea a Thomas che dichiara la sua scel­ ta di una narrazione che punti all'essenziale:

Que valt que l'um alonje cunte U die ce que n'i amunte? Dirrai la sume e la fin ( w. 1355-1357) (Che serve prolungare il racconto, o parlare di ciò che non lo riguarda? Dirò la sintesi e la fine). Dichiarazione tuttavia sorprendente dal momento che si colloca proprio in uno dei rarissimi luoghi dotati di un respiro narrativo e non solo di analisi introspettiva, e con un andamento retorico, maggiormente aper­ to alla repetitio e alla /requentatio:

Vienent garzun , vienent vatlet, Vienent seiiz , vienent brachet,

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E li curliu e li veltrier, E li cuistruns e li bernier, E marechals e herberjurs (w. 1375-1379) (Giungono garzoni, giungono valletti, giungono cani da caccia, giungono bracchetti ed i messaggeri e gli addetti ai cani e i garzoni della cucina e gli addetti alle pulizie e i marescialli e gli addetti ai cavalli) . Ancora sul campo semantico della vista insistono i versi successivi, con il passaggio del lungo corteo sotto lo sguardo carico di meraviglia di Caerdino che scambia semplici domestiche per la regina e la sua ancella tanto gli sembrano straordinarie:

Dune dit Kaerdin: «Or le vei ! » «Ne vus, dit Tristan, par ma fei» (w. 1395-1396). (Allora dice Caerdino: «Ora la vedo ! » «Cosa dite - dice Tristano - in fede mia ! ») . Man mano che avanzano i gradi più alti del corteo fa l a sua comparsa an­ che la musica, indispensabile compagna del "parlar d'amore " :

Apres vienent les dameiseles [. . . ] Chantent suns e chant delitus. Od eles vunt li amerus, Li enseignez e le v[ai] l [lanz] ( w. 1404-1409) (Poi seguono le damigelle, [. . . ] intonano motivi e canti piacevoli. Con loro vanno gli innamorati, gli istruiti ed i valorosi). E il frammento si chiude con una nuova domanda di Caerdino , di cui però non conosciamo l'esito:

[. . . ] Ore la v[ei] ! Ceste devant est la relne! E quele est Brengien la meschine? ( w. 1416-1418 ) (Allora dice Caerdino: «Ora la vedo ! Quella davanti è la regina. E quella è Brangania la fanciulla?»). 37

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Douce: Ox/or� Bodleian Library, Douce d. � /f I-I2 (metà XIII sec.) n codice contiene complessivamente 1823 versi relativi alla parte finale del poema, la cui fortuna nella tradizione manoscritta ci è confermata dalla parziale coincidenza con il frammento di Torino, con due frammenti di Strasburgo e con quello di Sneyd . Principia dalla collera di Brangania colpita dal doppio tradimento, di Caerdino e della sua signora che di questo amore era stata propizia­ trice. In un linguaggio intessuto di termini violenti, volutamente distan­ te dal rarefatto lessico di Thomas , Brangania attacca senza remore quel­ la donna per cui ha sacrificato il bene più prezioso, la sua verginità, e di cui ora mette a nudo impietosamente le colpe:

Dame, dit Brengvein, morte sui ! Mar vi l'ure que vus cunui, Vus e Tristran vostre ami ! Tut mun pa'is pur vus guerpi, E pus, pur vostre fol curage, Perdi, dame, mun pucelage. Jol fiz, certes , pur vostre amur: Vus me pramistes grant honur, E vus e Tristran le parjure Ki Deu doinst ui malaventure E dur encunbrer en sa vie ! Par li fu ge primer hunie. Membre vus u vus m' enveiastes: A ocire me cummandastes. Ne remist en vostre fentise Que par les serfs ne fui ocise: Melz me valuit la lur haiir, Ysolt, que ne fiz vostre amur! Chetive et malvise fui, Quant puis icel ure vus crui, Que un ques vers vus amur oi, Pus ke cete mort par vus soi. (vv. 1423-1444) (Dama, dice Brangania, sono morta ! Maledetto il giorno che vi conobbi, voi e Tristano il vostro amico ! Ho abbandonato per voi tutto il mio paese, e poi per il vostro folle animo, ho perso, dama, la mia verginità. Certo io lo feci per amor vostro: voi mi prometteste grande onore, voi e Tristano, lo spergiuro,

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che Dio gli doni mala sorte e renda dura la sua strada ! Per colpa di costui sono stata umiliata da principio. Ricordatevi dove mi mandaste di uccidermi comandaste; non è certo per merito vostro se dai servi non sono stata uccisa; più mi valse il loro disprezzo Isotta, del vostro amore, disgraziata e colpevole fui a credere ancora in voi dopo di allora, e a conservare amore verso di voi, dopo che avete tentato di uccidermi) . E nei versi successivi Brangania rincara l a dose arrivando ad accusarla di 6 essere una vile mezzana 2 :

Or me dites, reine Ysalt, Dès quant avez esté Richolt? (vv. 1475-1476) (Ora ditemi, regina Isotta da quan do siete diventata come Richolt? ). La risposta di Isotta appare davvero sorprendente, piuttosto infatti che difendersi attacca senza mezzi termini Tristano arrivando addirittura a maledirlo e ad attribuirgli tutte le disgrazie sopravvenute. Si veda come le accuse all'amato siano sottolineate dall'insistenza su quel par vus, " a causa vostra " :

Tristran, vostre cors maldit seit ! Par vus sui jo en cest destreit ! Vus m'amenastes el pa'is: En peine ai jo esté tuz dis; Pur vus ai de m un seingnur guerre E de tut ceus de ceste terre, Priveement et en apert. [. . . ] Tristran , pur vus me volt h unir. Mar acuintai une vostre amur: Tant en ai curuz e irur ! (vv. 1507-1520)

26. Su Richolt, famosa mezzana, cfr. R. Brusegan, Yseut e Richeut, in Id. (a cura di), Le Roman de Tristan. Le maschere di Béroul, cit, pp. 284-300.

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(Tristano siate maledetto ! Per colpa vostra sono in tale tormento ! Voi mi conduceste in questo paese, in angoscia ho trascorso tutti i miei giorni; per colpa vostra sono in guerra con il mio signore e con tutti gli abitanti di questo luogo, in segreto o apertamente. [. .. ] Tristano per colpa vostra lei vuole svergognarmi. Male mi portò amare voi, tanto è il dolore e la rabbia che ne ho ricevuto ! ). E Isotta continua affermando che tutto sarebbe stata disposta a sopporta­ re pur di poter contare sull'affetto e sulla fiducia di Brangania, mettendo in gioco qualsiasi strategia retorica per recuperare la crisi con l'ancella. Ma ora per colpa di Tristano, nientemeno accusato di voler condurre Branga­ nia dalla moglie Isotta dalle bianche mani, lo stretto legame si è rotto:

Vus la vulez a vus mener, Ysolt as Blanches Mains guarder; Pur ço que leel la savez, Entur li avein la vulez . ( w 1534-1537) ..

.

(Volevate condurla con voi, a vegliare su Isotta dalle bianche mani, poiché conoscevate la sua lealtà la volevate intorno a lei . . . ). L'accusa gravissima di essere spergiuro rivolta da Brangania a Tristano viene ripetuta anche da lei:

Emvers mei errez cum parjure, Quant me tolez ma nurreture ( w 1537-1538) .

(nei miei confronti vi siete comportato da spergiuro, poiché mi sottraete il mio alimento vitale). Brangania si rivela però altrettanto dotata nell'arte dialettica e, senza ab­ bandonare il linguaggio duro dell'invettiva, le squaderna senza mezzi termini le sue colpe, riportando su Isotta l' accusa di essere spergiura:

Chative Ysolt, parjure fustes, Feimentie e parjuree ( w 1665-1666) .

(sventurata Isotta, foste spergiura, falsa e spergiura).

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L'accusa si intreccia al ritorno di alcuni termini che percorrono l'intera invettiva, come quelli inerenti al campo semantico della malvagità:

La malvesté que tant amez Sur Tristran aturner vulez; Ja çoi seit que Tristran n'i fust, Pire de lui l' amur eiist. Ne me pleing de la sue amur, Mais pesance ai e grant dolur De ço que m'avez enginné Pur granter vostre malvesté. Hunie sui si mais le grant (w. 1563-1571) (La malvagità che tanto amate volete addossare a Tristano. So che se Tristano non fosse mai esistito, vi sareste innamorata di uno peggiore di lui. Non mi addoloro per l'amore verso di lui, ma ho sofferenza e grande male perché mi avete ingannato per assecondare la vostra malvagità. Sono disonorata se vi cedo). Malvagità che non significa semplicemente cattiveria, ma alla luce della base etimologica del tardo latino malz/atium, indica l'individuo portato­ re di un destino di male che coinvolge coloro che lo circondano, come Isotta rispetto al re che ingenuamente la ama:

Se vus amisez nul honur, Vostre malveisté laissez. Ben sai en quei vus vus fiez: En la jolité de le rei Que voz bons suffre endreit sei (w. 1706-1710) (Se aveste amato l'onore avreste rinunciato alle vostre malvagie azioni. So bene in cosa confidate: nella amabilità del re, che sopporta dentro di sé i vostri bei piaceri). E così Isotta, ormai incapace di contenere l'ira, esplode, riconoscendo sì le accuse di Brangania, ma coinvolgendola nelle stesse colpe:

Certes, si jo sui feimentie, Parjuré, u ren hunie, U se jo ai fait malvesté, 41

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Vus moi avez ben conseilé. Ne fuz la consence de vus , Ja folie n'eiist entre nus (w. 1731-1736) (Certo se io sono bugiarda, spergiura, e svergognata o se io ho compiuto infamie, voi mi avete ben consigliato. Se non fosse stato con il vostro consenso, mai alcuna follia sarebbe awenuta fra noi). Brangania, con rabbia, le giura di essere decisa a rivelare tutto al re . Ma, troppo fedele alla sua signora per rovinarla, trasforma poi in favore di Isotta la minaccia: invece di accusare Tristano esorta Marco a dubitare di Cariado e ad allontanarlo. E Thomas , come altre volte, chiude la scena evocando - in modo ap­ parentemente neutrale - il dolore che segna tutti gli innamorati:

Vunt s'en Tristan e Kaherdin, Dolent e triste, lur chemin . Y salt en gran tristur remaint, E Brengvein , que forment se plaint. Markes rad el cuer grant dolur, E em peisance est de l' errur. Kariado rest en grant peine, Ki pur amur Ysolt se peine (w. 1907-1914) (Vanno via Tristano e Caerdino dolenti e tristi per la loro strada. Isotta rimane in gran tristezza, e così Brangania, che duramente si lamenta. Marco prova grande dolore nel cuore, ed è afflitto per l'errore commesso. Cariado rimane in gran pena, che per amore d'Isotta si duole) . E d ecco dunque Tristano vestire una delle tante maschere che connota­ no il personaggio e deformare la sua immagine assumendo quella di un lebbroso; ma se in altri testi la maschera è funzionale all'inganno e al non riconoscimento, qui la trasformazione diviene l'immagine di un dolore che si fa malattia, degrado, distruzione della sua figura bella, vigorosa e degna d'amore, più vicina dunque a quella follia che priva l'individuo della sua umanità e della sua dignità. Nemmeno Isotta lo riconoscereb­ be se non fosse per la coppa che gli aveva regalato. Subito cerca di con­ segnargli un pegno d'amore, il suo anello d'oro , ma Brangania glielo im-

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pedisce gettando Tristano nel più cupo sconforto. Ecco allora che dav­ vero l'evocazione della povertà e della malattia diviene realtà concreta e al pianto angoscioso per la sua giovinezza trascinata nel dolore

Des oilz plure mult tendrement, Plaint s'aventure e sa juvente, Que unques en amer mist s'entente (vv. 2014-2II6) (dagli occhi piange molto teneramente, piange il suo destino e la sua giovinezza, da quel momento in cui mise tutto sé stesso in amore) si uniscono la debolezza e la fatica del digiuno e dei disagi subiti:

Suz le degré est dune mucez: Plaint sa mesaie e sa grant peine, E sa vie que tant le meine. Mult est febles de travailer, De tant juner e de veiller (vv. 2024-2028 ) (In un sottoscala allora si nasconde, piange il suo male e la sua grande pena e la sua vita che così trascina. Molto è stanco di faticare, di digiunare, di vegliare). Sdraiato sul sagrato , Tristano , come un nuovo sant 'Alessio 27, è ormai moribondo, ma fortunosamente viene salvato dalla moglie del portiere con la quale si confida. Isotta implora Brangania di recarsi da lui, ma la donna le ricorda le gravi accuse ricevute:

Oan mais ne m'ert reprové Que par moi aiez fest folie: Ne vul covrir la felunie (vv. 2102- 2104). (Nessuno mai potrà rimproverarmi che per causa mia avete compiuto questa follia: non voglio coprire la fellonia). Finalmente Isotta riesce a piegare l'irata Brangania e a convincerla a soc­ correre Tristano che giace in fin di vita. La donna lo trova segnato dalla malattia e dagli stenti che piange e sospira teneramente:

27. Cfr. Bertolucci Pizzorusso, La "clergie" di Thomas cit., pp. 342-3.

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TRISTA N O

Trove le malade et mult feble, Pale de vis, de cors endeble, Megre de char, de colur teint. Brengvein le veit qu 'il se pleint E cum suspire tendrement (vv. 2129-2133) (Lo trova malato e molto debole, pallido nel viso, indebolito nel corpo, dimagrito, dal colore alterato. Brangania lo vede lamentarsi, e sospirare teneramente). Tristano la rassicura sul comportamento di Caerdino e Brangania con­ cede ai due amanti di riunirsi:

E vunt en puis a la relne Suz en une chambre marbrine; Acordent sei par grant amur, E puis confortent lur dolur (vv. 2145-2148 ) (e vanno poi dalla regina nella camera di marmo. Si incontrano con grande amore e poi confortano il loro dolore). E la conclusione dell'episodio, con gli amanti felicemente riuniti dopo tanto soffrire, rappresenta uno schema che ritroveremo sia nelle Folies che nel Lai du Chevrè/ueille di Maria di Francia. Ma l'atmosfera felice non dura che un momento , Tristano e Caerdi­ no tornano dall'altra Isotta rosa dalla gelosia per la sua omonima amata dal marito. Isotta rimasta sola, può sopportare la distanza dall'amato e il cari­ co pesante del dolore sottoponendosi ad una dura penitenza, spinta da un desiderio ben preciso, condividere , "partir" , il dolore dell'amato :

Pur ço que Tristan veit languir. Ove sa dolur vult partir. Si cum ele a l'amur partist Od Tristan qui por lui languist, E partir vult ove Tristan A la dolur e a l'ahan (vv. 2173 -2178 ) (Poiché vede languire Tristano, il dolore di questo vuole spartire. Così come lei ha spartito l'amore con Tristano che langue per lei, 44

2.

THOMAS E LE I N TERM I T T E N ZE DEL CU ORE

e spartire vuole con Tristano il dolore e l'affanno). Profondamente scosso dalla notizia delle sofferenze dell'amata, Trista­ no, insieme all'ormai inseparabile amico , torna in Inghilterra dove si ci­ menta in alcune imprese e finalmente fa rientro in patria. Segue un'apostrofe al letto re dalla valenza ben precisa, richiamare l'attenzione su un momento cruciale della vicenda e soprattutto dichia­ rare esplicitamente il proprio modello: 01 en ai de plusor gent, Assez sai que chescun en dit, Mes selun ço que j 'ai o"i, Nel dient pas sulun Breri, Ki solt les gestes et les cuntes De tuz les reis , de tuz les cuntes Ki orent esté en Bretaigne (vv. 2116-2122) 28

(l'ho udito da molte persone. Ben conosco quello che ciascuno dice, ma secondo ciò che ho udito, non lo dicono secondo Breri che conosce le gesta ed i racconti di tutti i re, di tutti i conti che sono stati in Bretagna). E parallelamente Thomas afferma di aver voluto selezionare, attraverso un'operazione di cernita del materiale disponibile, la complessità della tradizione: E pur ço l'uni par mes vers [. . .] E le surplus voi! relesser (vv. 2262-2264) (E per questo l'ho reso unitario nei miei versi [. . . ] ed il su­ perfluo voglio lasciare da parte) 29, contestando con esempi concreti la coerenza di taluni episodi narrati da altri. Tornato in Bretagna cerca di alleviare la lontananza dell'amata fre­ quentando la sala delle statue e dedicandosi alla caccia. Un giorno , ad28. Sul misterioso personaggio, cfr. P. Gallais, Bleheri} la cour de Poitiers et la diff u­ sion des récits arthuriens sur le continent, in Actes du VIle Congrès National de la Société Française de Littérature comparée (Poitiers, 27-29 mai 1965) , Didier, Paris 1967, pp. 47-79. 29. Per l'ardua interpretazione del passo, cfr. D. Kelly, ((En uni dire" ( Tristan Douce 839) and the Composition o/ Thomas1S Tristan, in "Modern Philology" , 67, 1969-70, pp. 917· Diversa l'interpretazione fornita da E. Baumgartner e I. Short: cfr. F. Lecoy (éd.) , Le ((Roman de Tristan11 par Thomas} suivi de la Folie Tristan de Berne et de la Folie Tristan d}Ox/ord, trad., prés. et notes de E. Baumgartner et I. Short, Champion, Paris 2003, p. 19, secondo i quali «Thomas, semble t'il, a clone voulu retrouver un juste équilibre et donner du liant à une trame narrative sans doute un peu chaotique». 45

TRISTA N O

dentratosi nel bosco con Caerdino, attraversa la Bianche lande, spazio misterioso e irto di pericoli, dove sarà chiamato ad affrontare l'ultima av­ ventura della sua vita 30 • Qui incontra un cavaliere armato di tutto pun­ to che lo apostrofa con dolcezza chiedendo notizie di Tristano, definito immediatamente come Amerus:

Sire, dit dune li chevaler, Savét me vus enseingner Le castel Tristan l'Amerus? (w. 2531-2533) (Sire - dice dunque il cavaliere sapete voi indicarmi il castello di Tristano l' Amerus? ). Tristano si qualifica e chiede a sua volta il nome dell'interlocutore che, significativamente si chiama come lui, ma il nome è accompagnato dal­ l' epiteto, le Naim, che se evoca una di quelle misteriose creature che affollano lo spazio incantato del bosco, tuttavia sembra anche segnare una distanza con la figura di Tristano che giganteggia in quanto cavalie­ re amante, come l'altro sottolinea implorandone il soccorso:

E pur ço sui a vus venuz: Dutez estes e mult cremuz, E tuz li meldre chivalers, Li plus francs, li plus dreiturers, E icil qui plus ad amé De trestuz ceus qui unt esté (w. 2386-2390) (e per questo sono venuto da voi: siete temuto e incutete soggezione, e siete il migliore cavaliere fra tutti, il più franco , il più giusto e colui che ha più amato fra tutti coloro che sono esistiti). Ma all'assoluta urgenza di Tristano il nano, l'altro oppone un aiuto dila­ zionato nel tempo, e tanto basta perché questi non lo riconosca più co­ me vero Amerus. Anzi rivendicando ai soli amanti la capacità di com­ prendere l'intensità del dolore che prova e dunque di soccorrerlo, Tri­ stano il nano dichiara con forza che cercherà il "vero " Tristano:

30. Siamo di fronte al motivo dalla forte impronta simbolica del trasferimento, del rito di passaggio da un luogo all'altro: l'attraversamento di un luogo strategico come la Bianche lande sottolinea infatti l'entrata definitiva in un mondo diverso, misterioso e sco­ nosciuto.

2.

THOMAS E LE INTERM ITTENZE DEL CU ORE

Que une ne sot que fud amur, Ne put saver que est dolur. E vus, amis, que ren n )amez, Ma dolur sentir ne poez. Dune vuldr"iez od mei venir. A Deu seiez ! Jo m'en irrai Quere Tristan quel troverai. N'avrai confort se n'est par lui (vv. 2417-2424) (Chi mai non seppe cos 'è amore non può sapere cos'è dolore. E voi, amico, che nulla amate, il mio dolore non potete sentire, altrimenti vorreste venire con me. Ma sia ciò che Dio vuole ! Io me ne andrò a cercare Tristano finché lo troverò. Non avrò conforto se non da lui). Di fronte alla sottrazione della sua identità più profonda, Tristano rea­ gisce e recupera il suo status dichiarandosi disponibile proprio perché è Tristan tAmerus (v. 2440) . M a la battaglia è durissima e finisce in una strage: Tristano il nano resta ucciso e Tristano l'Amerus viene ferito da una spada avvelenata. Ecco ora Tristano giacere gravemente malato. Invano i medici cer­ cano di curarlo, ma il veleno si spande per il corpo, egli sa che se Isotta non interviene è destinato a morte sicura:

Nequident s'Ysolt la relne Icest fort mal en li saveit E od li fust, ben le guareit (vv. 2504-2506) (solamente se Isotta la regina conoscesse questa grave malattia e fosse con lui, allora di certo lo guarirebbe). E il motivo di Isotta salvatrice scandisce ossessivamente il dialogo fra Tri­ stano e Caerdino, al quale come estrema prova di amicizia, il cognato chiede di partire per portare un messaggio all'amata, l'unica dotata del potere di restituirgli la salvezza:

Car nuls hume ne me put garir, Fors sulement re"ine Y salt (vv. 2560-2561) (perché nessuno può guarirmi tranne la sola regina Isotta) 47

TRISTA N O

Senz li ne m'ert santé rendu (v. 2626) (senza di lei non mi sarà restituita la salvezza) En fin dites que jo sui morz Se jo par li ne ai les conforz (w. 263 5-2636) (E alla fine ditele che io sono morto se da lei non ho conforto ). n tempo, variante immobile e immutabile della storia, fissato per sem­ pre nell'attimo dell'innamoramento, diviene ora un numero di giorni stabilito, quaranta giorni per la salvezza altrimenti sarà la fine:

Quarante jur seit le repiz (v. 2707) (Quaranta giorni è la dilazione ). Caerdino per amore dell' amico prende il mare. Ma intanto Isotta dal­ le bianche mani tesa contro la parete, ha udito tutto e la forza dell'a­ more che nutre per Tristano si trasforma in travolgente desiderio di vendetta :

Car la u plus amé avra, Iluc plus tost se vengera ( w. 2751-2752) (Perché là dove avrà più amato più crudelmente si vendicherà) Trop cruelment se vengera De la ren del mund qu'aime plus ( w. 2774-2775) (Troppo crudelmente si vendicherà di ciò che al mondo ama di più). E si osservi come in un testo alieno da ogni descrizione puntuale ricor­ ra più volte l'immagine di Isotta dalle bianche mani appoggiata alla pa­ rete suz la parei: vv . 2530, 2534, 2762, quella stessa parete verso la quale volgerà l'ultimo sguardo Tristano prima di spirare. Caerdino giunge in Inghilterra. Di fronte alle parole di Caerdino , Isotta è assalita da quei sentimenti che da sempre hanno segnato il suo amore: angoscia, pena, pietà e dolore, ma la reazione appartiene alla sfe­ ra intellettiva: Or pense/orment (v. 2917) (ora pensa intensamente) e, do­ po aver condiviso con la fedele Brangania la tragicità della notizia, con­ divisione sottolineata dall'insistenza sul campo semantico del parlare (parlement . . . parlé. . . parlement) , prende la decisione di partire:

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THOMAS E LE I N TERM I T T E N ZE DEL CU ORE

Ore comence le suspirer E le plaindre e le plurer E la peine e la pesance E la dolur e la gravance, Al parlement qu'eles funt Pur la tristur que de lui unt. ltant un t parlé nequedent, Conseil unt pris a le parlement (w. 2929-2936) (Ora comincia il sospirare e il lacrimare ed il piangere e la pena ed il tormento e il dolore e la sofferenza, nel colloquio che ebbero fra loro per la tristezza che per lui provano. Pertanto hanno parlato a lungo hanno preso una decisione nel corso del colloquio). Ecco, ancora una volta, il mare ritornare protagonista della vicenda dei due amanti, con le sue imprevedibili sorprese. Attraverso un lessico tecnico di grande efficacia 3\ Thomas descrive l'avvio della navigazione interrom­ pendo poi quest'immagine per riportare l'obiettivo su Tristano morente, preso da uno strenuo desiderio di veder giungere l'amata:

D'Ysolt desire la venue. Il ne coveite altre ren , Senz li ne puet aveir nul ben (w. 2972-2974) (Desidera l'arrivo di Isotta. Egli non desidera nient'altro, Senza di lei non può avere nessun bene) Altre desir al quer ne tent (v. 2982) (Non nutre nel cuore nessun altro desiderio) Vers nule ren n'ad il desir, Fors sulement de sun venir (w. 2987-2988) (Non desidera nient'altro se non soltanto la sua venuta)

31 . Sul tecnicismo del lessico nautico in Thomas, cfr. J. H. Grisward, A propos du thème descripti/ de la tempete chez Wace et chez Thomas d'Angleterre, in Mélanges de langue et de littérature du Moyen Age et de la Renaissance of/erts à ]ean Frappier, Droz, Genève 1970, l, pp. 375-89.

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TRISTA N O

La nef desire purveer, Mais le faillir ne vult saveir. En sun quer est angussus , E de li veer desirus (w. 2999-3002) (Desidera vedere la nave, ma non vuole sapere che l'impresa è fallita. N el suo cuore è angosciato e desideroso di vedere lei) En ço est trestut sun pensé sun desir e sa volenté (w. 2989-2990) (E in questo è teso il suo pensiero, il suo desiderio e la sua volontà) . Ma sopraggiunge una terribile tempesta, Isotta affranta comprende che se non potrà soccorrere l' amico anche lei dovrà morire:

La vostre mort vei devant mei, E ben sai que tost murrir dei (w. 3073-3074) (La vostra morte vedo davanti a me e so bene che subito devo morire) Mais se mort fussez devant mai, Apruef vus curt terme vivreie (w. 3114-3115) (Ma se morto foste davanti a me dopo di voi vivrei ben poco). E non rimane che sperare di poter morire insieme:

U nus dous murrir d'une anguisse (v. 3120) (O noi due morire d'un solo tormento ). Finalmente il mare si placa e si riprende la navigazione, quel desiderio disperato di Tristano che attende l'amata ora si riverbera nel disperato desiderio di arrivare da parte di Isotta:

Ysolt est mult ennuiee, La terre veit qu'ad coveitee, E si n'i pot mie avenir. A poi ne muert de sun desir (w. 3151-3154) (Isotta ne è molto angosciata: vede la terra che ha desiderato,

2.

THOMAS E LE INTERM ITTENZE DEL CU ORE

e non può mica raggiungerla; manca poco che non muoia per il troppo desiderio). Come Isotta, anche Tristano sta per morire di desiderio:

Tristans en est dolenz e las, Sovent se plaint, sovent suspire Pur Ysalt que tant desire, Plure de oilz, sun cors detuert, A poi que del desir ne muert (w. 3160-3164) (Tristano ne è dolente e infelice, sovente si dispera, sovente sospira per Isotta che tanto desidera, lacrima dagli occhi, si tormenta al punto che per poco non muore di desiderio) . L'inganno della moglie tradita che mentirà sul colore della vela gli sarà fatale. Credendosi abbandonato da Isotta, Tristano invoca tre volte l'a­ mata e spira . Isotta appena giunta a terra ode rimbombare i pianti ed i lamenti e gettatasi sul corpo dell'amato lo abbraccia e lo bacia:

Embrace le, si s'estent, Baise la buche e la face E molt estreit a li l' enbrace, Cors a cors, buche a buche estent, Sun espirit a itant rent (w. 3268 -3272) (L'abbraccia, si stende accanto a lui, gli bacia la bocca e il viso e lo stringe molto fortemente, corpo a corpo, bocca a bocca stanno, intanto spira). E in questo morire tra le braccia dell'amico si compie ciò che Isotta ave­ va sperato durante il viaggio verso la Piccola Bretagna : Car en voz bras quidai murrir (v. 3076) (Perché fra le vostre braccia volevo morire) .

Sneyd 2: Ox/or� Bodl. Library, French d. I� /f II-Il TI frammento Sneyd 2 coincide con il manoscritto Douce fino al verso 3 239 , conserva dunque, come unico testimone, la cosiddetta "fine lunga " del romanzo.

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TRISTA N O

Isotta dichiara di morire di tenerezza, straziata di desiderio e do­ lore:

Mort estes pur la meie amur, E jo murc, amis , par tendrur (vv. 3239a-324oa) ( Siete morto per il mio amore E io muoio, amico, di tenerezza). Il tempo diviene ora ciò che ha impedito la salvezza, come Isotta conti­ nua disperatamente a ripetere:

Que jo a tens ne poi venir (v. 3241a) (Perché io non sono giunta in tempo). E come ribadirà alla fine Thomas :

Tristan murut pur sun desir, Ysolt qu 'a tens n 'i pout venir (vv. 3275-3276) (Tristano morì per il suo desiderio, Isotta perché non poté giungere in tempo ). n tempo le ha impedito di ricordare insieme la loro storia, anzi di trova­

re le parole per raccontare questo amore :

Se jo fuisse a tens venue, Vie vos oi.ise, amis, rendue, E parlé dulcement a vos De l'amur qu 'ad esté entre nos (vv. 3249 -3252) ( Se io fossi giunta in tempo, vi avrei, amico, reso la vita, e parlato dolcemente con voi dell'amore che ci ha unito). Così abbracciata all'amato Isotta spira:

Tristant murut pur su amur, E la bele Ysolt pur tendrur ( vv. 3277-3278 ) (Tristano morì per amore di lei, E la bella Isotta per tenerezza). 52

2.

THOMAS E LE I N TERM I T T E N ZE DEL CU ORE

La morte degli amanti è la fine della storia. Ora Thomas può congedar­ si dagli " amanti " di cui mette a fuoco categorie diverse 32:

Tumas fine ci sun escrit; A tuz amanz saluz i dit, As pensis e as amerus, As emvi'us, as desirus, As enveisiez, as purvers , [A tuz ces] ki orunt ces vers (vv. 3279-3284). (Tommaso finisce qui la sua opera: saluta e si rivolge a tutti gli amanti: ai tormentati e agli innamorati, a coloro che bramano l'amore, e ai lussuriosi, agli invidiosi e ai perversi, a tutti coloro che udranno questi versi) . Come ben sintetizza Fabrizio Cigni:

I termini indicano (ma la loro interpretazione non è semplice per l'esegeta mo­ derno), nell'ordine, gli appartenenti a tre modi di amare: gli amerus e pensis so­ no i sentimentali; gli emvius e desirus sono coloro che vivono nell'attesa, spesso dolorosa di dividere la felicità; gli enveisiez e i purvers sono coloro che riduco­ no l'amore alla soddisfazione degli istinti 33• Tutta la vicenda narrata è improntata a verità e dotata di valenza esem­ plare: Pur essample issi ai/ait (v. 3290) ed è per questo che gli amanti ad un tempo soggetti e destinatari privilegiati della storia potranno trovar­ vi conforto, quasi che questa vicenda possa servire come antidoto con­ tro il dolore, l' angoscia e la paura insite in ogni esperienza d'amore :

Aveir em poissent gran! con/or! Encuntre change, encontre tort, Encuntre paine, encuntre dolur, Encuntre tuiz engins d'amur ! (vv. 3295-3298) 32. Sul punto cfr. le considerazioni di E. Baumgartner, R. L. Wagner, As enveisiez e as purvers: commentaire sur les vers 3125-3129 du "Roman de Tristan" de Thomas, in "Romania", 87, 1967, pp. 527-37; D. Kelly, La vérité tristanienne: quelques points de repère dans les ro­ mans, in D. Buschinger (éd. ), Tristan et Iseut, mythe européen et mondial, Actes du collo­ que des ro-r2janvier 1986, Ki.immerle, Goppingen 1987, pp. 168-8o; le belle pagine di V. Ber­ tolucci Pizzorusso, Il discorso narrativo su Tristano e Isotta nel secolo XII, in Ead., Mor/olo­ gie del testo medievale, il Mulino, Bologna 1989, pp. 12 ss. , dove si riflette sulla funzione di questo uditorio privilegiato ripercorrendone i riferimenti in tutti i frammenti conservati. 33· Cfr. F. Cigni, Tristano e Isotta nelle letterature f rancese e italiana, in M. Dall apiazza (a cura di), Tristano e Isotta. La f ortuna di un mito europeo, Edizioni Parnaso, Trieste 2003, p. 57·

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TRISTA N O

(ne potranno avere grande conforto, contro l'incostanza, contro il torto, contro il tormento, contro il dolore, contro tutti gli inganni d'amore ! ) . E congedandosi dal suo testo Thomas sembra voler ribadire attraverso i due rimanti che suggellano il testo (amurldolur) , la tesi che percorre tut­ to il poema: "l' amore è dolore" . 2.2

La scrittura dell'interiorità

Uno degli elementi utili a sottolineare l'eccentricità della scrittura di Thomas rispetto alla produzione romanzesca coeva risiede nella mes­ sa in ombra dell ' aspetto diegetico in favore di un linguaggio forte­ mente lirico che si realizza attraverso una sintassi poetica retorica­ mente costruita 34. In particolare il motivo ossessivo che scandisce l'intero testo : l'a­ more indissolubile fra Tristano e Isotta, simbolizzato dal filtro d'amo­ re, si riverbera in una scrittura che batte costantemente su alcuni temi chiave capaci di racchiudere il senso profondo del testo: l'amore, il do­ lore, la morte , la regina Isotta e l'altra Isotta, il conflitto fra il potere e il volere. Tutti termini in gran parte esibiti nel luogo più forte del testo: la rima. E non sarà un caso che la coppia di rimanti amur/dolur sia, con le sue 26 presenze (alle quali andranno aggiunte le quattro occorrenze dei lemmi al plurale) , la più frequente, così da sottolineare un assunto fon­ damentale nel poema: l'amore, quello vero , profondo , in cui l'indivi­ duo gioca tutto se stesso, non può che essere indissolubilmente legato al dolore. I due rimanti si concentrano in alcuni luoghi significativi, e in parti­ colare nella parte finale del poema, sulla cui assoluta eccezionalità è l'au­ tore stesso a richiamare l'attenzione :

Oiez pituse desturbance, Aventure mult doleruse

34· Sulle caratteristiche della scrittura di Thomas, cfr., oltre allo studio fondativo di (7ristano" di Thomas, in "Studi mediolatini e vol­ gari " , 6-7, 1958-59, pp. 25-61, T. Hunt, The Signi/icance o/ Thomas 's (7ristan", in "Reading Medieval Studies" , 7, 1981, pp. 41-61, e E. Baumgartner, Tristan et Iseut. De la légende aux récits en vers, PUF, Paris 1987, pp. 76-112. V. Bertolucci Pizzorusso, La retorica nel

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2.

THOMAS E LE I N TERM I T T E N ZE DEL CU ORE

E a trestuz amanz pituse ! De tel desir, de tel amur N'oistes une greniur dolur! (w. 3oo8 -3o12) (Udite un caso pietoso, un' awentura molto dolorosa e tale da indurre a pietà tutti quelli che amano; di tale desiderio, di tale amore mai udiste un dolore più grande ! ) dove il topos dei due cuori in uno diventa realtà intrinseca ai personag­ gi, l'essenza stessa del legame che li unisce:

De tel manere est nostre amur, Ne puis senz vus sentir dolur. Vus ne poez senz mai murrir, Ne jo senz vus ne puis perir (w. 3065-3068 ) (Di tale genere è il nostro amore, non posso senza voi sentire dolore; voi non potete senza me morire, né io senza voi posso perire). E ancora il binomio meschinelrei"n e torna più volte, esaltato dalla posi­ zione in rima, proprio a descrivere il travaglio di Tristano lacerato fra Isotta la regina e Isotta dalle bianche mani:

J o voil espuser la meschine Pur saveir l'es tre a la reine (w. 379-380) (Io voglio sposare la fanciulla per conoscere la condizione della regina) Car s'il poiist aveir la reine, Il n'amast Ysolt la meschine (w. 521- 522) (Perché se egli avesse potuto avere la regina non avrebbe amato la fanciulla) Tant ai amé la reine, Qu 'enginee est la meschine (w. 673-674) 35 (Tanto ho amato la regina che la fanciulla è ingannata).

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TRISTA N O

Come è stato opportunamente rilevato , la «scoperta fondamentale di Tommaso romanziere è l'intuizione del carattere sottilmente intellettua­ listico proprio d'ogni fantasticheria amorosa»36• Lontano dall' amore co­ me pathos immediato, i sentimenti dei protagonisti vengono scarnificati alla luce di una domanda analitica, costruita sull'antitesi fra volontà e possibilità di avere ciò che si desidera 37 che, secondo la strategia poeti­ ca già descritta, viene espressa attraverso rimanti i quali, pur concen­ trandosi in questa zona del testo , percorrono l'intero poema:

Cum changer puisse sun voleir, Quant sun desir ne puit aveir (w. 209-210) (Come possa cambiare il suo volere, dal momento che il suo desiderio non può avere) Quant mun desir ne puis aveir, Tenir m'estuit a mun pueir (w. 241-242) (Quando il mio desiderio non posso avere devo attenermi a ciò che posso) Par le mien cuer ai bien sen tu Que li suens m'ad bien tenu E cumforté a sun poeir; Se m un desir ne puis aveir, Ne dei pur ço cur a change . . . ( w. 265-269 ) (Nel mio cuore ho chiaramente sentito che il suo mi è rimasto fedele e confortato come ha potuto. Se non posso ottenere il mio desiderio non per questo devo cercare il cambiamento) Ysolt, quel que sei t le voleir, Vers mei avez molt buen penseir (w. 28r-282) (Isotta qualunque sia il volere nei miei confronti nutrite una buona inclinazione).

36. Cfr. l'intervento di A. Roncaglia, Commento a cinque versi del Tristano di Tom­ maso, Società tipografica modenese, Modena 1953, p. 6. 37· Come scrive Bertolucci Pizzorusso, La retorica, cit. , p. 29: «Nel ritornare con­ tinuo sulla questione con tutti i mezzi offerti dall' amplificatio, il monologo si trasforma in un'oratio rhetorica in cui vengono esposti e discussi i motivi pro e contro il matri­ monio».

2. THOMAS E LE INTERM ITTENZE DEL CU ORE

E l'intreccio dei rimanti si ripresenta nei versi successivi (cfr. vv. 437-43 8 , 45 9 -460, 473 -474 , 501- 502 , 553 - 5 54) , fino alle parole espresse per bocca dell'autore che, commentando la scelta di Tristano di prendere moglie, conclude:

Quant fait que faire ne desire Pur sun buen qu 'il ne puet aveir, Encontre desire fait voleir. E Tristan altretel refait: C un tre desir a voleir trait. Pur ço que d' amur se dolt Ysolt, Par Ysolt delivrer se volt (w. 564-570) (Chi fa ciò che non desidera fare in nome di un bene che non può ottenere, segue una volontà contraria al desiderio. E Tristano fa così: insegue una volontà contraria al desiderio. Poiché soffre per amore di Isotta, si vuole liberare attraverso Isotta). Ed ecco nel distico finale apparire tutte le componenti lessicali, retori­ che, metriche di quel procedimento per moduli binari tanto caro all'au­ tore: Isotta sdoppiata e ripetuta alla fine del verso e all'inizio del succes­ sivo, la rima interna che proietta il dolore (dolt) a un tempo su Ysolt e sull'atto volitivo (volt) che segna la scelta di liberarsi di lei. Ma, proprio nel momento della decisione, i rimanti sembrano svelare qual è l'unica volontà di Tristano: " avere " Isotta (volt!Ysolt) 38, attraverso un binomio che ritorna - significativamente - ben 22 volte, segno e riflesso del de­ stino del protagonista. E, potremmo aggiungere, la risposta più chiara alla domanda con cui Thomas chiosa il primo lungo monologo di Tri­ stano conservato nel frammento Sneyd (vv. 207-388) :

Se par le deli t qu 'il volt Poisse entroblier Ysolt ( w. 395-396) (Se per il piacere che vuole possa dimenticare Isotta).

38. Sulla possibilità di una lettura verticale del testo poetico cfr. C. Segre, Avviamento all'analisi del testo letterario, Einaudi, Torino 1985, pp. 64-8; R. Antonelli, Tempo testuale e tempo rimico. Costruzione del testo e critica nella poesia rimata, in "Critica del testo" , 1, 1998, I , pp. 177-201.

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TRISTA N O

Più in generale si può notare come il ritorno di alcuni rimanti denunci una precisa volontà da parte dell'autore di selezionare il lessico in rima, affidando a questa sede i termini chiave del suo discorso. Una semplice lettura dei binomi con un più alto numero di occorrenze conferma que­ sta affermazione:

amurldolur Ysolt/volt Meschine/relne Morticonfort Aveir/voleir Vie/arnie

26 ( +4 occorrenze al plurale) 22 13 15 12 9 2 .3

Thomas rilegge Tristano

Come si diceva , Thomas si nomina direttamente solo due volte. Ma in altri casi si chiama in causa come giudice mancato, quasi a porsi come artefice di una storia di cui tiene le fila ma che guarda come evento estraneo :

Ne sai certes que jo en die (v. 497) (Certo non so che dire) Hici ne sai que dire puisse, Quel de aus quatre a greignor angoisse, Ne la raison dire ne sai Por ce que esprové ne l'ai (vv. 1238 -1241). (Perciò non so come poter dire, chi di questi quattro sperimenta una più grande angoscia, né saprei indicare il giusto, perché mai l'ho provato) Mais je nen os mun ben dire, Car il n'afirt nient a mei (vv. 2760- 2761). (ma io non oso dire la mia opinione perché non mi riguarda in alcun modo). Novati propone di vedere in lui un religioso, estraneo dunque alle fac­ cende amorose 39, mentre Roncaglia, come già ricordato, sottolinea la di­ stanza con quella linea poetica che insiste sulla possibilità del poeta di 39· Cfr. Novati, Un nuovo ed un vecchio /rammento, cit., pp. 403-4.

2. THOMAS E LE INTERM ITTENZE DEL CU ORE

parlare d'amore in quanto portatore di un'esperienza privilegiata. E tut­ tavia varrà la pena di osservare con Valeria Bertolucci Pizzorusso che Thomas

conferendo a se stesso attraverso la maschera del narratore la minima, ed al suo interlocutore la massima, competenza in una materia che richiedeva decise e rin ­ novate dichiarazioni pro e contro - basti pensare all'opposto atteggiamento di Béroul e alle risposte polemiche di Chrétien - egli è libero di prendere da essa la distanza necessaria per assumersi il ruolo puramente "tecnico " dell'analista, il quale fornisce i dati elaborati (la parole mettrai avant) , senza la responsabilità della diagnosi (jugement). In tale veste egli isola artificiosamente nello spazio nu­ do del suo laboratorio i personaggi e ne scruta a fondo, con un distacco tuttavia dolente, la complessità sentimentale e i comportamenti, alla ricerca, che risul­ terà vana, di un principio razionale e etico coerente, di una ratio (raisun) che rie­ sca a dominare la mutevole, scomposta nature40• Sull'interpretazione complessiva del testo esiste un 'ampia letteratura 41 • Ritengo tuttavia che meriti di essere ulteriormente sottolineata la forza trasgressiva della riscrittura di Thomas che si realizza nella scelta di una storia che mette in campo l'adulterio, reso ancora più colpevole perché realizzato da un cavaliere verso il suo signore, e addirittura sfiora il tabù dell'incesto visto che Isotta è zia di Tristano. Ma ancor più sono i connotati di questo amore ad essere trasgres­ sivi, dal momento che il sentimento che lega gli amanti si sostituisce e si sovrappone a ciò che spetta solo alla Divinità : «Audi , Israhel, Do­ minus Deus noster, Dominus unus est . Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo , et ex tota anima tua, et ex tota fortitudine tua» (Deut. 6, s ) . (Ascolta, Israele, il Signore Dio nostro è uno solo . Ame­ rai il Signore Dio tuo con tutto il cuore , con tutta l'anima e con tutte le tue forze) . E questa passione è descritta come una forza che pervade ogni sfera dell'essere, affettiva ed intellettuale:

Y solt en sa chambre suspire Pur Tristran qu'ele tant desire. Ne puet en sun cuer el penser Fors ço sul: Tristran amer. Ele nen ad altre voleir

40. Cfr. Bertolucci Pizzorusso, Il discorso narrativo su Tristano e Isotta, cit., pp. 14-5. 41. Interessante per la proposta di una lettura "anticortese" del testo il contributo di E. Kohler, L'avventura cavalleresca. Ideale e realtà nei poemi della Tavola rotonda (1956), il Mulino, Bologna 1985, p. 218, e T. Hunt, The Signi/icance o/ Thomas's ((Tristan", cit.

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TRISTA N O

N e altre amur ne altre espeir. En lui est trestruit sun desir (w 855-861) .

(lsotta nella sua camera sospira per Tristano che desidera tanto, non può nel suo cuore pensare altro se non soltanto: amare Tristano; ella non ha altro volere né altro amore, né altra speranza, in lui è riposto tutto il suo desiderio) Tristan . . . Vers nule ren n'ad il desir Fors sulement de le sun venir. En ço est trestut sun pensé, Sun desir e sa volenté (w 2987-2990) .

( Non prova desiderio verso nulla che non sia l'arrivo di lei; a questo è volto tutto il suo pensiero, il suo desiderio e la sua volontà) . E Isotta è per Tristano colei che detiene potere sulla vita e sulla morte, egli infatti ha bisogno di lei:

Cum a dame, cum a s'arnie En qui main est sa mort e sa vie (w 2865 -2866) .

(Come alla propria signora, come alla propria amica, nelle cui mani è la sua morte e la sua vita). Lei, l'unica che, come Dio, può ciò che vuole:

Car nuls hume ne me put garir, Fors sulement re'ine Ysolt, E le puet /ere) si! volt (w 2560-2562) .

(Perché nessuno può guarirmi tranne la regina Isotta, e lo può fare se lo vuole).

È dotata di tale sapienza che può sanare le ferite mortali: Car jo sai ben, s'ele le seiist, De cel mal aider me peiist, Par sun sen ma plai garir (w 2567-2569) .

6o

2.

THOMAS E LE I N TERM I T T E N ZE DEL CU ORE

(Perché so bene, se lei lo sapesse potrebbe soccorrermi nel mio male, e con il suo senno guarire la mia ferita) . E l a sua parole come quella del Cristo, è portatrice di vita:

Se jo fuisse a tens venue, Vie vos oi.ise, amis rendue, E parlé dulcement a vos De l'amur qu 'ad esté entre nos (vv. 3249 -3252) ( Se io fossi giunta in tempo, vi avrei, amico, reso la vita, e parlato dolcemente con voi dell'amore che ci ha unito).

È lei l'Amore unico e solo : N e li ne altre amer porrai Tant cum la re"ine amerai (vv. 2677-2678 ) ( Né lei né altre potrò amare fin quando amerò la regina) capace di sommo amore:

ki sur tuz altres m 'ad amé . . . (v. 753) ( che mi ha amato su ogni altra cosa). Sembra dunque che Isotta racchiuda in sé tutti i tre attributi della Tri­ nità: Sapienza, Potenza e Amore; allontanarsi da lei significa dunque agi­ re encuntre desir (v. 414) , encuntre amur (vv. 604-613 ) , ma anche encuntre raisun; cuntre volonté (v. 713 ) , cuntre la /ei (v. 758) , condannandosi a tra­ dire prima di tutto se stesso: enginné sui al premier (v. 698) (io per primo sono ingannato) . Ecco allora che l' amore di Tristano diviene penitenza, come duran­ te la prima notte di nozze con Isotta dalle bianche mani:

Dunt me vint ceste volenté E cest desir e cest voleir U la force u le poeir Que jo vers ceste m 'acointai U que jo unques l'esp usai Contre l'amur, contre la fei Que a Ysolt m 'arnie dei? (vv. 754-760) 61

TRISTA N O

(Da dove mi viene questa volontà e questo desiderio e questo volere o ancora la forza e il potere da legarmi a costei e perfino di sposarla contro l'amore, contro la fede che devo a Isotta la mia amica?). L'espiazione passa per il sacrificio della carne, per l'astenir:

E pur le tort que jo ai fait, Voil que m'arnie dreiture ai t, E la penitance en avrai Sol une ço que deservi l'ai. Chulcher m'en voil ore en cest lit E si m'astenderai del delit. Ne pois, ço crei, aveir torment Dunt plus aie paine sovent, Ne dont ai anguisse greinur, Ait entre nos ire u amur: Car si delit de li desir, Dune m'irt grant paine l'astenir, E si ne coveit le delit, Dune m'irt fort a sofrir sun lit; U li ha'ir u li amer M'irt forte paine a endurer (w. 775-790) (e per il torto di cui mi sono macchiato voglio che la mia amica riceva giustizia, e io soffrirò la penitenza proporzionata a quanto ho commesso: voglio ora giacere in questo letto, e mi asterrò dal piacere. Non posso, credo, avere tormento che mi provochi un continuo dolore, né un'angoscia più grande, ci sia fra noi rabbia o amore; perché se bramo piacere da lei, tanto più soffrirò nel privarmene, e se non desidero il piacere, allora mi sarà di grande sofferenza il suo letto. Odiare o desiderare mi sarà comunque atroce da sopportare) . Solo a questo prezzo potrà sperare d i ottenere il perdono:

2.

THOMAS E LE INTERM ITTENZE DEL CU ORE

Pur ço qu'a Ysolt ment ma fei, Tel penitance prang sur mei, Quant savra cume sui destrait, Par tant pardoner le mei dei t (w. 791-794) (Dal momento che ho tradito la fede che devo a Isotta, questa penitenza prendo su di me, quando saprà come sono tormentato mi dovrà perdonare). E per amore anche Isotta si sottopone ad una penitenza spinta da un de­ siderio ben preciso, "partir" il dolore dell' amato, dove l'insistenza os­ sessiva sul bisogno di partir, "spartire, condividere" il dolore è il segno tangibile di un amore che non conosce separazione e distanza:

Pur ço que Tristan veit languir. Ove sa dolur vult partir. Si cum ele a l' amur partist Od Tristan qui por lui languist, E partir vult ove Tristan A la dolur e a l'ahan (w. 2173-2178 ) (Poiché vede languire Tristano, il dolore di questo vuole spartire. Così come lei ha spartito l'amore con Tristano che langue per lei, e spartire vuole con Tristano il dolore e l'affanno). Assumendo su di sé il dolore dell'amato anche Isotta si pone come no­ vello Cristo . Così se l'amore reciproco si sostituisce all'amore geloso e esclusivo dovuto a Dio, nello stesso tempo prende i connotati dell'amore sacrifi­ cale che Cristo ha nutrito per gli uomini portandolo fino alla morte; la ferita sul costato De ça vers le destre costé l Ai el cors une em/ermeté ( vv. 83 5- 836) (nella parte destra del costato l ho una ferita) che Tristano ad­ duce per giustificare il suo rifiuto della moglie richiama quella del Figlio sulla croce, estremo sacrificio d'amore (Ioann. 19, 34) . Ma è certamente nella parte conclusiva che si intrecciano due moti­ vi fondamentali: l'idea, come si è detto, che solo Isotta è portatrice di sal­ vezza e la morte per amore . E appare chiaro che l'amore e la morte de­ gli amanti in questa versione segnata dall'assoluta mancanza di speran­ za - come spesso è stato osservato - e di possibilità di redenzione, in realtà trova la sua ragione d'essere in una passione dove l'amore tra l'uo­ mo e la donna assume la dimensione totalizzante del divino.

3

Rileggere Thomas

3· 1

Goffredo di Strasburgo

Di Goffredo non sappiamo nulla se non quello che ci dicono i suoi con­ tinuatori Ulrich von Tiirheim e Heinrich von Freiberg. L'autore infatti attivo entro il primo terzo del XIII secolo lascia traccia di sé soltanto nel­ l' acrostico che percorre tutto il poema incrociando il suo nome con il committente e con i protagonisti della storia: Tristano e Isotta 1• La pre­ senza di questo acrostico ci garantisce, come si è già accennato , che il poeta intendeva costruire un poema completo della storia di Tristano a partire dalle vicende dei suoi genitori per arrivare alla morte degli aman­ ti. Eppure ancora una volta un singolare destino ha fatto sì che l'opera si interrompa praticamente dove Thomas comincia, vale a dire all' altez­ za dell'episodio del matrimonio con Isotta dalle bianche mani, e la coin­ cidenza si esaurisca in soli 400 versi. n debito verso il modello francese è dichiarato esplicitamente; tra i molti infatti che hanno narrato di Tristano, solo Thomas di Bretagna ha raccontato la storia secondo verità. E tuttavia la distanza di gusto, di ideologia, di modelli culturali che separa Goffredo dal poeta anglonor­ manno si delinea già con chiarezza dalla lettura del prologo, dove quel­ l'amore indissolubilmente intrecciato al dolore diviene, attraverso l'esi­ bito gioco degli ossimori, un piacere agro-dolce 2:

Un compito mi sono imposto per letizia del mio mondo, per la gioia dei cuori gentili, 1 Cfr. J. Fourquet, Le Cryptogramme du Tristan et la Composition du poème, in " Étu­ des germaniques" , 18, 1963, pp. 271 -6. 2. Cito da Gottfried von Strassburg, Tristano, trad. it. curata da L. Mancinelli, Ei­ naudi, Torino 1985. Tutte le opere composte in lingue non romanze sono citate solo in tra­ duzione italiana.

TRISTA N O

i cuori che mi stanno a cuore, il mondo a cui guarda il mio cuore. Non intendo tutti coloro dei quali odo dire che mai una pena sanno soffrire, ma al piacere solo san darsi: Dio li lasci godere in pace (vv. 45-54) [. . .] Mi rivolgo a un altro mondo, che in un cuore unisce insieme dolce pena, lieto affanno, gioia del cuore, penoso dolore, vita dolce, amara morte, morte dolce, vita amara (vv. 58-63). L' ossimoro non può certo essere ridotto a mero espediente retorico, ma informa il senso stesso del poema: l' amore e la morte sono strettamente connessi, poiché quando l'amore è così forte da accettare la morte , rac­ coglie una grande sfida, quella di vincere la morte stessa:

Perché un nobile cuore non accetta di soffrire un male per mille gioie? Pena per un grande bene? Chi non soffre per amore non avrà gioia d'amore. Uniti gioia e dolore nell'amore sempre son stati. Con l'uno e l'altro può l'uomo conquistare stima e onore, o perdersi senza di essi (vv. 20 1-210 ) . E ciò che rende i due protagonisti degni di essere ricordati nel tempo è proprio la qualità del loro amore custodito nel cuore di chi ama:

Color di cui narra la storia se in cuor non avessero accolto l'affanno che viene d'amore, triste pianto per gioia di cuore, non avrebbero il nome e la storia tramandato ai cuori gentili per allietarli e consolarli. Ci è caro ancor oggi l'udire, dolci e pur sempre novelle,

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3 · RILEGGERE THOM AS

dell'anima loro la fede, gioia e pena, fortuna e sventura; benché da gran tempo sian morti, il nome loro ancor vive, a lungo vivrà la lor morte . . . (vv. 211-224). Di fronte al reticente Thomas che rifiuta ogni coinvolgimento in mate­ ria d'amore, Goffredo si compiace nell'insistere sulla propria personale competenza in materia d'amore:

Su di questo non v'è dubbio, questa pena ben conosco: nobil cuore innamorato ama storie pur d'amore (vv. 119 -122). E ancora più esplicito appare il riferimento al proprio vissuto persona­ le, nella lunga digressione sull'amore, dove è il cuore a suggerire alla boc­ ca le parole:

Per quel poco che in mia vita ho sofferto per amore, dolce pena della mente che discesa in mezzo al cuore rende dolce l'amarezza, il mio cuor mi suggerisce . . . (vv. 12191-12196). Non ancora del tutto decifrata risulta la prospettiva morale all'interno della quale Goffredo rilegge questo amore. Egli sembra infatti lasciar da parte la nozione di peccato come colpa, che tanto ossessionerà il suo continuatore Wolfram , in favore di un amore che sappia accogliere la contraddizione, che non insegua un mero godimento fisico e fugga ogni inganno, ma soprattutto che accetti anche il male se l'obiettivo è vivere nella sua interezza l'esperienza d'amore:

Non occorron più parole: se vogliam viver l'amore, evitare non possiamo d'accettare anche il dolore. Benché dolce sia l'amore, dobbiamo pure ad esso accanto custodire anche il prestigio. Chi vuoi sol preoccuparsi del piacere del suo corpo perderà il suo prestigio (vv. 12507-12516).

TRISTA N O

Sebbene la fedeltà al modello sfiori talvolta il calco , particolarmente evi­ dente nelle dirette citazioni dal francese (cfr. vv. 12563 -12 564; 13301 -13302; 13137; 19413-19414) , Goffredo risceglie la sua storia e non si limita passi­ vamente a riproporre una trama. La scoperta del frammento di Carlisle ha rappresentato l'occasione per un confronto ravvicinato fra i due autori; ne è emerso un Goffredo che non solo declina in 700 versi un episodio che Thomas condensava nello spazio di 150, ma che non esita ad operare significativi spostamen­ ti strutturali, come nella richiesta a Brangania di sostituire la regina du­ rante la prima notte di nozze, che Goffredo anticipa al momento della navigazione, sottolineando la forte preoccupazione per la difesa dell'o­ nore da parte dei due amanti (v. 12425) in contrasto con il senso di colpa di Brangania che avrebbe dovuto preservare diversamente il dolce filtro d'amore. Dove necessario, inoltre, Goffredo discute altre versioni della leggenda, e in particolare proprio quella relativa al vino bevuto da re Marco dopo aver trascorso la prima notte d'amore con la moglie:

Bewe il re con la regina. Qui talvolta vien narrato che era ancor quella bevanda da cui poi Tristano e Isotta tanta pena ricevettero. Di quel filtro nulla c'era: lo gettò Brangania in mare (w. 12654-1266o). Ma, sempre laddove sia possibile operare un confronto, si potrà facil­ mente osservare come il gusto della citazione erudita e della ripresa pro­ verbiale trasformino profondamente l'asciutto raziocinare di Thomas. Basterà provare ad accostare al tormentato monologo del protagonista lacerato fra le due Isotte di Thomas, il ragionamento saltellante e ricco di digressioni e similitudini complesse proposto da Goffredo:

Ahi ! - pensava - come sono dall'amore si travolto ! Questo amore che mi sconvolge, che mi toglie vita e senno, da cui sono si angosciato, se può mai su questa terra ottener qualche ristoro, l'avrà forse da altro amore. Molte volte infatti ho letto e so ben che nuovo amore toglie all'altro la sua forza.

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3 · RILEGGERE THOM AS

È del Reno la corrente così grande in nessun luogo che distrarne non si possa con ruscelli separati tanta, che non si riduca e diventi meno forte (w. 19428 -19444). [. .. ] Così esser può per me: suddividere io voglio il mio amore e il mio pensiero in più donne anziché in una (w. 19461-19464).

li Tristano di Goffredo , che augura a se stesso di poter diventare un uo­ mo "senza pena " , disperdendo in più rivoli la forza del sentimento, è as­ sai diverso dal Tristano di Thomas che anela disperatamente a speri­ mentare la condizione di Isotta divisa fra due uomini, e capire se la pre­ senza di un'altra possa aiutarlo a staccarsi dall'amata. Certo questa fine che chiude sul presunto ribaltamento del senti­ mento di Isotta verso Tristano lascia aperto il dubbio su quale seguito il poeta avrebbe mai scelto per i suoi protagonisti. Se la risposta è destina­ ta a rimanere insoluta, credo si possa asserire che laddove Thomas proietta sui due amanti il desiderio inesausto e sempre inappagato di una passione che non sembra capace di ritagliarsi in vita uno spazio di gioia, e l'unico vero momento in cui gli amanti sperimentano l'essere insieme è la morte, invece Goffredo teorizza un amore che si vive nella vita:

Tanto esalta la vita, tanta gioia produce, tanta virtù ne deriva che guai a chi nella vita non lotta per gioia d'amore (w. 191-194). Ma la gioia, in questa vita, non in un altra, si conquista se non si ha paura di soffrire, se si comprende la posta in gioco e soprattutto se si difende ad ogni costo il senso altissimo di quell'amore tante volte cantato nei libri:

Noi, falsari dell'amore, dell'amore ingannatori, noi sprechiamo i nostri giorni senza pure alla tristezza procurare un lieto fine! Noi gettiamo via la vita senza amore e senza gioia ! Pure il cuore ci consola

TRISTA N O

cosa che non ci appartiene: quando s'odon belle storie di vicende di passione, che ci giungono in racconti di persone che in passato son vissute or son molti anni, questo il cuore ci consola (vv. 12315-12329) 3· 2

Tristano "scorciato": la Saga norrena

e

il Sir Tristem

3 .2.1. Saga norrena

La Saga n arrena è un testo norreno in prosa scritto nel 1226 per re Hakon da un certo frate Roberto, vissuto nel monastero di Lyse 3• La Saga conser­ va una narrazione compiuta della storia ed è sempre stata considerata un documento prezioso per la ricostruzione del testo di Thomas . Ma, come già osservato, i testimoni completi sono copie tardive e di area islandese, la reale fisionomia del testo duecentesco rimane dunque assai nebulosa. In un saggio fondativo per l'analisi dei rapporti con il modello an ti­ co-francese, M. F. Thomas 4 ha ben delineato la tendenza alla sintesi ope­ rata dalla Saga che si realizza sia nell'eliminazione di episodi non ritenu­ ti funzionali, sia attraverso una forte contrazione dell'elemento dialogi­ co , compreso il dibattito interiore 5• È stato anche osservato come frate Roberto affronti un tema, la pas­ sione di una coppia adultera, che il suo pubblico doveva ritenere com­ pletamente assurda. Vi era dunque un solo modo di rendere comprensi­ bile il testo: «c'était de faire coincider avec ce que la mentalité de cet au­ ditoire avait de plus précieux: sa conception de destin»6• Se allora ogni uomo è chiamato a riconoscere ed assecondare il suo destino, pena un fallimento esistenziale, ecco che il concepimento di Tristano viene cala­ to in una situazione di confine fra la vita e la morte, interamente costruita sulla falsariga della morte degli amanti. Blensinbil accorre al capezzale

3· L'intera tradizione norrena è stata ora edita da M. E. Kalinke, Norse Romance, I. The Tristan Legend, Brewer, Cambridge 1999, in particolare per la Saga, pp. 23-226. 4· Cfr. M. F. Thomas, The Briar and the Vine: Tristan Goes North, in "Arhurian Li­ terature" , 3 , 1983, pp. 53-90. 5. Cfr. D. Lacroix, La spéci/icité de la "Tristams saga" scandinave, in "PRIS-MA" , 7, 1991, I, pp. 73-88. 6. Cfr. l'introduzione alla Saga curata da R. Boyer in C. Marchello Nizia (éd.), Tri­ stan et Yseut. Les premières versions européennes, Gallimard, Paris 1995, pp. 1515-32, p. 1531. Per il testo dell a Saga mi sono basata sulla traduzione francese da lui curata.

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3 · RILEGGERE THOM AS

di Kanelangres ferito a morte e si stringe a lui piangendo. I due amanti si stringono con tale ardore che concepiscono un figlio: «che dovette af­ fliggere tutti gli amici e che è all'origine di questa saga» (cap. XII) . Ancora significativo, non solo per la fortissima contrazione cui sot­ topone il testo di Thomas, ma per la differente concezione che serpeg­ gia, appare il capitolo dedicato alla prima notte di nozze con Isotta dal­ le bianche mani, dove il tormentato travaglio di Tristano lacerato fra le due Isotte, viene qui ridotto a poche parole e chiuso con un riferimento al destino, estraneo al modello francese:

Il fatto è che io non posso separarmi da lei poiché l'ho sposata davanti a nume­ rosi testimoni. E tuttavia io non posso giacere con lei senza tradire la mia fedeltà e disonorare la mia dignità di uomo. Sia tuttavia come vuole il destino ! (cap. LXX) Non una parola verso colei che gli impedisce con la sua presenza/assen­ za di unirsi ad un'altra donna, nessuna traccia del profondo dissidio fra l'attrazione e la repulsione che prova verso la moglie. Sulla stessa linea la straordinaria scena nella sala delle statue, dove Thomas descrive con grande efficacia le intermittenze del cuore tormentato dalla solitudine e dalla lontananza che diviene nella Saga la rappresentazione di un uomo che abbraccia con calore la statua della sua donna e della di lei ancella e si scaglia contro il siniscalco spione:

E sempre, una volta entrato e giunto davanti alla statua d'Isotta, egli la stringe­ va, le passava le braccia attorno al collo come se fosse stata viva, e le manifesta­ va tutti i suoi pensieri sul loro amore e sul loro dolore (cap. LXXXI) . Ma anche all'interno dell'asciutto peri odare della Saga l' intertesto di Tho­ mas affiora con chiarezza e non è lecito dubitare che frate Roberto lavo­ rasse con il suo modello aperto sullo scrittoio. Mi sembra tuttavia che non sia stato sufficientemente notato come quella che è ritenuta l'attitudine tipica di frate Roberto, la tendenza ad eliminare l'elemento dialogico e a ridurre il racconto ad una successione di eventi, visibile con chiarezza in talune zone del testo, cada in un luogo particolarmente significativo del racconto: la parte finale. Questa sezione, pur ridotta rispetto alla fonte francese, mantiene un'aderenza impressionante al testo di Thomas . Si ri­ legga in particolare il dialogo fra Caerdino e Tristano morente.

E Tristano dice allora: «Se io fossi nel mio paese, ci sarebbe qualcuno in grado di soccorrermi. Ma qui in questo paese nessuno è esperto. Così sono destinato a morire privo di cure. Ora io conosco l'unica persona in grado di guarirmi e di portarmi soccorso, è la regina Isotta in Inghilterra. Se lei sapesse la situazio­ ne troverebbe il modo, perché ha grande potere e grande sapienza. Ma non so 71

TRISTA N O

come poterla informare. Perché se lei lo sapesse certamente mi porterebbe qualche aiuto. Nessuno al mondo è tanto esperto di medicina e in tutte quelle arti che sia con cesso ad una donna possedere. E dunque voglio domandarti, Cardino, mio compagno, in nome dell'amicizia che ci lega, di andarla a cerca­ re e di dirle quanto awiene, perché non c'è nessuno di cui io mi fidi tanto quan ­ to te, ed io non amo nessuno quanto lei e nessuno quanto lei ha fatto tanto per amore mio , ed è quello che mi avevi giurato quando la regina Isotta ti donò Brangania su mia richiesta. Fai dunque ciò che ti domando e che spero. E io, se posso, ti ricompenserò come son solito fare e secondo il merito» (cap. XCVI). Dit li: «Entendez, beai amis, Jo sui en estrange pa'is, ]o ne ai ami ne parent, Bel compaing, fors vus sulement. Une n'i oi dedut ne deport, Fors sule par le vostre confort. Ben crei, s'en ma terre fuce, Par conseil garir i puce. Mais pur ço que ci n'ad a'ie, Pere jo, bels dulz compainz la vie. Senz a'ie m'estut murir, Car nuls hume ne me put garir, Fors sulement re'ine Ysalt, E le puet fere, sii volt, La mecine ad e le poeir, E, se le seiist, le vuleir. Mais, bel compainz, n 'i sai que fa ce, Par quel engin ele le sace, Car jo sai ben , s' ele le seiist, De cel mal aider me peiist, Par sun sen ma plai garir. Mais coment i puet ele venir? Se jo seiise qui i alast, Mun message a li portast, Acun bon conseil moi freit, Des que ma grant message oreit. ltant la crei que jol sai ben Qu 'ele ne larreit pur nul ren Ne m'aidast a ceste dolur: Emvers mei ad si ferm amur ! N e m' en sai certes conseiler, E pur ço, compainz, vus requer, Pur amisté e pur franchice, Enprenez pur moi ceste servise. Ceste message faites pur moi, 72

3 · RILEGGERE THO MAS

Pur cumpanie e sur la fei Qu'afiastes de vostre main Quant Ysolt vus dona Brengvein. E jo ci vus afei la meie: Si pur mei emprenez la veie, Vostre liges en devendrai, Sur tut ren vus amerai» (vv. 2549 -2590) «Ascoltate bell'amico, io mi trovo in un paese straniero, io non ho amici, né parenti, bel compagno, se non voi solamente. Mai ho avuto gioia e piacere, se non dal vostro solo conforto. Credo certamente che se fossi nella mia terra, potrei avere soccorso e guarire; ma poiché qui non ho aiuto, io perdo, dolce e bel compagno, la vita; senza aiuto mi tocca morire, perché nessuno può guarirmi tranne, solamente, la regina Isotta. Ella può farlo, se lo vuole: ha la medicina ed il potere, e se lo sapesse, la volontà. Ma, bel compagno, non so che fare, con quale mezzo farglielo sapere. Perché so bene, che se ella lo sapesse, contro questo male potrebbe aiutarmi, con la sua sapienza guarire la mia ferita; ma come può lei venire? Se io sapessi che qualcuno andasse da lei il mio messaggio a lei portasse un grande soccorso mi farebbe, dal momento che lei conoscerebbe la mia richiesta. Tanto credo in lei che io so bene che non si asterrebbe per nessuna ragione dal soccorrermi in tale dolore, verso di me ha così grande amore ! Certo non so come poter fare e per questo, compagno, vi chiedo per amicizia e per lealtà compiete per me tale missione! Questo messaggio portate per me per il compagnonaggio e sulla fedeltà che giuraste quando Isotta vi donò Brangania ! 73

TRISTA N O

Ed io qui vi affido la mia promessa, se per me intraprendete la strada, diventerò vostro uomo fedele, su ogni cosa vi amerò». Ma all'autore della Saga il gusto ed il senso della repetitio che segna la scrittura di Thomas doveva risultare estraneo ed evita di ripetere per bocca di Caerdino il messaggio di Tristano , sintetizzando in poche pa­ role l' accorato appello del morente Tristano :

Le portò i saluti di Tristano con belle parole e con grande amore e disse che la sua vita e la sua morte erano in suo potere: «Egli è il vostro fedele amico, fede­ le sotto ogni rispetto». Le raccontò in poche parole gli awenimenti che erano accaduti, le parlò della situazione di Tristano e della sua malattia, che null'altro lo aspettava se non la morte se lei non lo raggiungeva il più velocemente possi­ bile ( cap. XCVI) . Ma nuovamente la Saga recupera, almeno in parte, la complessità del modello francese per dare spazio alle ultime parole pronunciate da Tri­ stano prima di spirare:

E quando Tristano intese queste cose, fu così afflitto che mai non aveva sofferto un simile tormento. Dunque si voltò verso il muro e disse con voce addolorata: «Ecco Isotta, tu mi odi. Io mi dolgo che tu non voglia venirmi a vedere ed è per causa tua che io muoio perché non hai avuto pietà della mia malattia» (cap. XCIX). Ma se in Thomas Tristano accusava Isotta di non avere avuto pietà della sua malattia, e nello stesso tempo si dichiarava sicuro che, di fronte alla morte, la sua presunta durezza si sarebbe sciolta e il dolore e la pietà avreb­ bero preso il sopravvento, nella Saga Tristano spira privato anche di que­ sto conforto. E parallelamente Isotta non muore più di tenerezza alla vista del cadavere dell'amico, ma solo perché non è giunta in tempo: «lsotta morì così rapidamente perché arrivò troppo tardi presso di lui» (cap. CI) . 3 .2 .2. Sir Tristem Il Sir Tristem, poemetto strofico in medio inglese, databile intorno al 1300, è incompleto 7, a causa della perdita di un foglio finale e si inter­ rompe con l'episodio di Tristano gravemente ferito durante uno scon-

7· Dato all e stampe per la prima volta da Walter Scott, Sir Tristem, Ballantyne, Edim­ bourg 1804. Per il testo del Sir Tristem mi sono servita della traduzione curata da A. Cré­ pin, in Marchello Nizia (ed. ) , Tristan et Yseut, cit., pp. 923-64.

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3 · RILEGGERE THOM AS

tro per difendere il suo omonimo che gli aveva chiesto aiuto. È tràdito dal solo manoscritto Edinburgh , N ational Library of Scotland , Adv. Ms. 19.2.1, della prima metà del XIV secolo. Si conservano 3.144 versi sud­ divisi in 304 strofe di n versi ognuna. Robert Mannyng nel prologo del­ la Chronique o/ England (1338) lo attribuiva a Thomas d'Erceldoune. Anche in questo caso la sintesi operata conserva poco più che un ca­ novaccio, ma depaupera profondamente il senso della storia. Basteran­ no due esempi, l'uno sempre tratto dalla prima notte di nozze con Isot­ ta dalle bianche mani, durante la quale ogni traccia del dissidio interio­ re è cancellata e dove il rifiuto di Tristano di consumare il matrimonio è espresso seccamente «L'atto d'amore non sarà compiuto» e senza pre­ tendere giustificazione la fanciulla risponde: «Non preoccuparti, stai tranquillo, non desidero nulla che tu non vuoi» (p. 956) . Ma è forse l'ultimo episodio conservato, l'incontro con Tristano il nano, a darci la misura di cosa significhi recuperare un canovaccio sen­ za coglierne i molti sovrasensi connessi:

Giunge un cavaliere [. . . ] si chiamava Tristano, è l'esatta verità. Da molto lonta­ no si era mosso per cercare Tristano e in quel momento lo incontrò. Si gettò ai piedi di Tristano implorando di avere pietà. "La mia amica bella quanto amabi­ le, mi è stata sottratta da un cavaliere. Che Cristo possa concederti una donna che conosce il valore dell'amore. Aiutami a trovare rimedio al mio dolore per amore della nobile Isotta (pp. 963-4). L'insistenza sul rapporto di solidarietà speciale che stringe coloro che amano è cancellato, insieme al gioco di contrasto fra gli epiteti (Tristano una volta ferito verrà designato come " il fedele " ) , cade anche l' esitazio­ ne nel prestare aiuto e la conseguente messa in dubbio da parte dell'in­ terlocutore dell'identità di Tristano.

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4

Tristano e l'ambiguità della parola

4· 1

L'enigma Béroul

Il recente volume che raccoglie gli atti di un convegno svoltosi a Verona nel 2001 1 ha rappresentato l'occasione di una messa a punto all'interno di una bibliografia ricca ma spesso dispersa e asistematica, fornendo un bilancio delle principali acquisizioni critiche intorno ad uno dei testi più eccentrici del panorama romanzesco antico-francese. Sui tempi della composizione del testo possono accogliersi le con­ clusioni cui perviene Gioia Paradisi 2 che colloca il testo intorno agli an­ ni sessanta del XII secolo e lo localizza in Inghilterra. TI romanzo firmato da Béroul (che si nomina due volte all'interno del testo : v. 1268 e v. 1790) , è conservato da un solo codice: Paris , BNF 2171, assegnabile alla fine del XIII secolo , per di più mutilo all'inizio e alla fi­ ne 3. Nelle 32 carte sopravvissute all'ingiuria del tempo possiamo leggere 4·453 ottosillabi suddivisi in paragrafi, probabilmente presenti nel mo­ dello 4• Un elemento materiale che scandisce e guida la lettura e che po­ trebbe riflettere anche una scelta dell' autore, quella di mantenere visibi­ le la successione delle scene.

1. R. Brusegan (a cura di), Le Roman de Tristan. Le maschere di Béroul, Atti del se­ minario di Verona (14-15 maggio 2001), Salerno Editrice, Roma 2001, e in particolare il sag­ gio di A. Varvaro, Il ((Tristan" di Bérou" quarant)anni dopo, pp. 312-46, che sintetizza e ap­ profondisce le questioni fondamentali sollevate dal testo. 2. Cfr. G. Paradisi, Tempi e luoghi della tradizione tristaniana, in "Cultura neolatina " , 49, 1989, pp. 75-146, cui s i rinvia anche per l a bibliografia pregressa. Un'ulteriore propo­ sta interpretativa è stata avanzata da G. Ronchi, Per una malattia in meno. ((Le mal d)A­ cre))' in "Medioevo romanzo", 14, 1989, pp. 171-80. 3· Un'accurata descrizione del codice si legge nel primo volume dell'edizione curata da A. Ewert, The Romance o/ Tristan by Beroul, Blackwell, Oxford 1939, pp. IX-XIII. 4· J. Batany, Le manuscrit de Béroul: un texte diff icile et un univers menta! qui nous dérange, in D. Buschinger (éd.), La légende de Tristan au Moyen Age, Actes du colloque des 16 et 17janvier 1982, Kiimmerle, Goppingen 1982, pp. 35-59.

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TRISTA N O

Questa strategia narrativa è ulteriormente sottolineata dalla presen­ za di interventi d'autore, che possono essere organizzati secondo tre ti­ pologie diverse: l'autore si rivolge al suo uditorio direttamente, indiret­ tamente o avanza considerazioni non indirizzate al pubblico . n primo , facilmente riconoscibile dall'uso del verbo oiez, introduce un episodio notissimo: il nano delatore cerca di sorprendere Tristano at­ traverso lo stratagemma del fiore di farina, facendolo precedere da con­ siderazioni di ordine morale:

Dex ! quel pechié ! Trop ert hardiz ! Li nains la nuit en la chanbre ert: Oiez conmen t cel e n uit sert (w. 700-702) 5 (Dio che sventura ! Troppo fu ardito ! La notte il nano era nella camera: ascoltate come approfitti dell'oscurità). n secondo, a una distanza di 2oo versi, si colloca immediatamente dopo l'episodio della fuga di Tristano dalla cappella: Mes or oiez de Governa! (v. 965) e 300 versi dopo ecco un altro appello siglato da oiez che prelu­ de ad una nuova trappola ordita dal nano:

Seignors, eisi font longuement En la foreste parfondement, Longuement sont en cel desert. Oiez du nain com au roi sert (w. 1303-1306) (Signori, così vissero a lungo nel profon do della foresta. A lungo sono restati in quel luogo deserto. E ora udite cosa awiene al nano insieme al re). E ancora, a chiusura del primo incontro degli amanti con l'eremita:

Qui veut o'ir une aventure, Con grant chose a an noreture, Si m 'escoute un sol petitet (w. 1437-1439 ) (Chi vuole udire un'awentura che mostri quanto è importante l'educazione mi ascolti un momentino ! ).

5· Per il testo di Béroul mi servo dell'edizione curata da D. Poirion, in C. Mar­ chello Nizia (éd.), Tristan et Yseut. Les premières versions européennes, Gallimard, Paris 1995·



TRISTA ::-\ 0 E L' AMB IGU ITÀ DELLA PAROLA

Come osserva Elisabeth J. Bik questi interventi (in particolare quelli di­ retti al pubblico) «correspondent partout à la composition épisodi­ que»6, lo dimostra quell'appello al lettore, già ricordato (vv. 1303 -1306) , che si colloca nel luogo di transizione fra la vita degli amanti nella fore­ sta e il primo incontro con l'eremita. Allo stesso obiettivo , selezionare e circoscrivere un determinato blocco testuale, risponde il richiamo al pubblico su cui si avvia l'ultimo episodio conservato:

Oez, seignors , quel aventure ! L'endemain fu la nuit oscure. Tristan se fu mis a la voie Par l'espesse d'un'espinoie (vv. 4351-4353) (Udite, signori, che avventura ! Il giorno seguente fu la notte oscura. Tristano si diresse sulla via attraverso un sentiero pieno di albespini) . Come s i diceva, l a discussione sulla duplicità d i autori 7 sembra ormai quasi del tutto superata in favore di una prospettiva più complessa vol­ ta a valorizzare l' autonomia dei singoli episodi all'interno del testo, au­ tonomia che non esclude alcune contraddizioni narrative e risponde al­ la grande abilità del poeta nello «sfruttare questa libertà di costruzione del testo [ . . . ] » 8 • 4· 2

La parola

e

il suo doppio

È stato più volte osservato come il Tristan di Béroul si apra e si chiuda su scene analoghe: gli amanti che cercano un incontro reso impossibile dal sospetto di uno sguardo che, dall'alto, ne spia ogni movimento. In apertura troviamo la famosissima scena dell'appuntamento spiato, tante volte rappresentato anche dal punto di vista iconografico e, in chiusa, il tentativo fallito dei tre baroni di sorprendere insieme gli amanti.

6. Cfr. E. ]. Bik, Les interventions d'auteur dans le Tristan de Béroul, in "Neophilo­ logus ", 56, 1972, pp. 31-42, p. 32. 7· Cfr. , fra gli altri, G. Raynaud de Lage, Faut-il attribuer à Béroul tout le Tristan?, in "Le Moyen Age", 64, 1958, pp. 249-70, p. 70, pp. 33-8. 8. Cfr. Varvaro, Il (Tristan" di Béroul, cit. , p. 329, e il meditato intervento di R. N. Illingworth, The Composition o/ the Tristan o/ Béroul, in " Arthurian Literature" , 18, 2001, pp. 1-75·

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TRISTA N O

L'inganno e l'ambiguità della parola sono i veri protagonisti della prima scena, dove il doppio senso 9 si insinua nelle pieghe del discorso di Isotta pronta a capovolgere il passato per usarlo come prova di inno­ cenza davanti ad un Dio continuamente invocato come garante:

Par Deu, qui l' air fist et la mer, Ne me mandez nule foiz mais. Je vos di bien , Tristan , a fais , Certes, je n'i vendroie mie. Li rois pense que par folie, Sire Tristan , vos aie amé; Mas Dex plevis ma loiauté, Qui sor mon cors mete flaele, S'onques fors cii qui m'ot pucele Out m'amistié encor nul jor ! Se li felon de cest' enor, Por qui jadis vos conbatistes O le Morhout, quant l'ocelstes, Li font acro ire (ce me senble) Que nos amors jostent ensenble, Sire, vos n'en avez talent; Ne je, par Deu omnipotent, N 'ai corage de driierie Qui tort a nule vilanie. Mex voudroie que je fuse arse, Aval le vent la poudre esparse, J or que je vive que amor Aie o home qu'o mon seignor. Et, Dex ! si ne m'en croit il pas . Je puis dire: de haut si bas ! Sire, mot dist voir Salemon: Qui de forches raient larron, Ja pus ne l'amera nel jor (w. r6-43 ) (In nome di Dio, che creò l'aria e il mare non mandatemi mai più a chiamare. Io ve lo dico chiaramente, Tristano, siate certo, io non verrò mai più. Il re pensa che follemente, Sire Tristano, io vi abbia amato, ma chiamo Dio a testimonianza della mia lealtà, che scagli i suoi colpi sul mio corpo, se mai, salvo con colui che mi prese vergine, 9· Cfr. la lettura di L. D. Gates, Precisions on the Use o/ Irony in Béroul's Tristan, in "Tristania" , 14, 1993, pp. 15-29.

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4· TRISTA ::-\ 0 E L' AMB IGU ITÀ DELLA PAROLA

ebbi mai un rapporto amoroso ! Se i felloni in questo reame, per il quale un tempo voi combatteste contro il Moroldo , prima di ucciderlo, gli fanno credere (come mi sembra) che noi abbiamo una relazione d'amore, Sire, voi non c'entrate per nulla; né io , per Dio onnipotente, non ho intenzione di darmi a faccende amorose che mi trascinino nel disonore. Meglio vorrei essere arsa, e che nel vento la polvere sia sparsa, piuttosto che vivere e l'amore spartire con uno che non sia il mio signore. Ma Dio , lui non mi crede ! Posso ben dire: dall'alto in basso ! Signore, Salomone dice una parola vera: colui che salva il ladro dalla forca non può aspettarsi da quello alcun amore). Alle finte lacrime di Isotta: Or/ait senblant con s'ele plore (v. 8) (Ora fin­ ge di piangere) , fa da contraltare il pianto di Marco, il cui animo è inva­ so da pitié:

De la pitié qu 'au cor li prist, Qu 'il ne plorast ne s'en tenist Por nul avoir (vv. 261-263) (Per la pietà che gli invase il cuore non poté evitare di piangere per nulla al mondo) un sentimento che sovente lo invade di fronte all'apparente innocenza degli amanti , come davanti alla scoperta di Tristano e Isotta addormen­ tati, vicini ma vestiti e separati da una spada (v. 2024) . Ma in entrambi i casi la paura di fronte al rischio di essere colti in flagrante è grande e 1'1sotta che corre a confidarsi con la fedele Brangania appare pallida, smar­ rita, angosciata e tuttavia convinta di dovere la sua salvezza ad un prov­ videnziale intervento divino: Dex me /ist parler premeraine (v. 352) (Dio mi fece parlare per prima) e l'ancella le fa eco: Iseut, ma dame, grant mer­ ci l Nos a Dex /ait, qui ne menti (vv. 371-372) (lsotta, mia signora, una grande grazia l ci ha concesso Dio , che non mente) e aggiunge:

Granz miracles vos a fait Dex , Il est verais peres et tex 8r

TRISTA N O

Qu 'il n'a cure de faire mal A ceus qui sont buen et loial (w. 377-380) (Un grande miracolo vi ha fatto Dio egli è vero padre , e tale che si preoccupa che non si faccia male a coloro che sono buoni e leali). Un Dio dunque schierato senza riserve a fianco degli amanti adulteri, fi­ no al punto di salvarli dalla morte in taluni momenti cruciali, come do­ po l'episodio del salto : Mot gran miracle Deus i aut l quis garantz: si con liplot ( vv. 75 5-756) (Un grande miracolo fece Dio l che li salvò come a lui piacque) o come quando, ormai smascherati dalle insidie tese dai baro­ ni, verranno condannati al rogo . Su questo particolarissimo ruolo del di­ vino nel poema si è molto discusso e non è mancato chi ha voluto rico­ noscere una forte impronta abelardiana nel modo in cui si prospetta la colpa degli amanti 10, in particolare nell'assenza di intenzionalità, che si traduce nell'ostinazione con cui Tristano e Isotta attribuiscono ogni re­ sponsabilità a chi ha fatto bere loro il filtro:

Ce fist Brengain, qu'i dut garder: Lasse ! Si male garde en fist ! ( vv. 2208-2209 ) (Fu colpa di Brangania, che doveva averlo in guardia: Sventurata ! Che cattiva guardia ne fece ! ) . Diversamente, invece, in Thomas, Isotta, anche quando Brangania le ri­ versa contro con veemenza tutte le sue colpe, le ricorda, non tanto di es­ sere stata lei la causa involontaria della folle passione che la lega a Tri­ stano, quanto di essere stata loro complice e di averne sempre coperto le azioni presso il re (vv. 1751-175 5 ) . M a tornando a Béroul, s i osservi che anche quando cessa l'effetto del filtro e le azioni degli amanti non sono più dettate da necessità, ma libe­ ramente scelte, neanche in quel momento sembra affiorare un qualche sentimento di violazione della legge morale, anzi essi sembrano divenire sempre più abili nello sfuggire ai tranelli tesi dai baroni. Quando Isotta, in procinto di incontrare l' amante, scorge la nuca di Gondo!ne, non ha un attimo di esitazione e, pur sopraffatta dall'ira, si comporta come don­ na di gran! savoir (v. 4430) esortando Tristano a non fallire il colpo: 10. Cfr. in particolare T. Hunt, Abelardian Ethics an d Béroul's Tristan, in "Romania", 98, 1977, pp. 501-40, e le riserve mosse da P. E. Bennet, ]ugement de Dieu, parole d'auteur. Béroul et le débat sur l'intentionnalité au Xlle siècle, in D. Buschinger, W Spiewok (hrsg.), Tristan und Isolde. Unvergi:ingliches Thema der Weltliteratur, Reineke-Verlag, Greifswald 1996, pp. 13-25.

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TRISTA ::-\ 0 E L' AMB IGU ITÀ DELLA PAROLA

Yseut n'aut cure de gaber: «Amis, une seete encorde, Garde du fil qu 'il ne retorde. [...] Tristan , de l'are nos pren ta toise» (vv. 4453-4456) (Isotta non ha voglia di scherzare: «Amico, incocca una freccia nella corda, fai attenzione che il filo non si storca, [...] Tristano, tendi al massimo il tuo arco» ). All a buonafede degli amanti si contrappongono gli intrighi di corte, uno spazio dove serpeggia l'invidia, l'insinuazione, il sospetto n, sentimenti che sembrano concentrarsi nella figura dei tre baroni, definiti sempre co­ me /elons:

A la cort avoit trois barons Ainz ne ve1stes plus /elons (vv. 581-582) (alla corte vi erano tre baroni mai ne vedeste di più felloni). E si noti che sovente /elon è in rima con trai'son ( w. 741 , 4271) così come rois si intreccia proprio a quei trois che continuamente sobillano Marco perché si liberi dell'ingombrante nipote (v. 823 ) . Oggetto della loro rab­ bia non è tanto l'adulterio, quanto la gelosia verso quel giovane cavalie­ re tanto amato dal re, di cui esplicitamente vogliono liberarsi a prezzo di sfidare il sovrano:

Que, se li rois de son pa1s N 'en faisot son nevo partir, Il nu voudroient mais sou/rir (vv. 584-586) ( che se il re dal suo paese non avesse fatto allontanare il nipote non lo avrebbero più sopportato) . S e ton nevo n'ostes d e cort, Si que jamais nen i retort Ne nos tenron a vos jamez,

n. Su questo aspetto dell'opera si rileggano le pagine di V Bertolucci Pizzorusso, La corte e le sue immagini nel ((Tristan" di Béroul, in Ead., Mor/ologie del testo medievale, il Mulino, Bologna 1989, pp. 19-33.

TRISTA N O

Si ne vas tendron nule pez. De nos voisins feron partir De cort, que nel poon sou/rir (w. 619-624) ( Se tuo nipote non si allontana dalla corte così da non ritornarvi mai più noi non saremo più con voi e non vi lasceremo più in pace. Spingeremo i nostri vicini a lasciare la corte, perché non possiamo più sopportare questa situazione). E re Marco è troppo debole non solo per opporsi ai baroni, ma anche per sentirsi sicuro dell'amore e della fedeltà della moglie e del nipote, a lui ugualmente cari, e si presta dunque agli inganni che i felloni tendo­ no agli amanti. Tristano, di contro è davvero l'antitesi dello zio , talmen­ te spavaldo e sicuro del fatto suo da affrontare situazioni insidiose come quella del fior di farina. E questa spavalderia è sottolineata anche da Bé­ roul: Dex.' Quel pechié.' Trop ert hardiz.' (v. 700) (Dio che sventura ! Trop­ po era ardito ! ) . Nella certezza che i due amanti avrebbero tentato di incontrarsi, i fel­ loni spargono intorno al letto di Isotta della farina. Tristano se ne accor­ ge e decide di compiere un salto ardito, ma senza accorgersene lo sforzo fa sanguinare una ferita recente e sarà proprio il sangue ad inchiodarlo al­ la sua colpa. I due amanti vengono trascinati al rogo tra la compassione della gente, ma l'astuzia di Tristano non si incrina neanche di fronte al pa­ tibolo che lo attende e chiede un 'ultima estrema grazia: potersi racco­ gliere in preghiera, prima di essere consegnato alle fiamme, in una cap­ pella. Una volta entrato, salta dalla finestra e fugge, ed ecco che come un salto lo aveva perduto così un altro salto lo salva, mettendo chiaramente in luce quelle eccezionali doti fisiche che caratterizzano il personaggio. Isotta intanto viene condotta al rogo, secondo una rappresentazione che sembra piuttosto evocare un rito nuziale capovolto:

Amenee fu la rolne Jusque au ré ardant d'espine (w. ro83-ro84) (La regina fu condotta fino al rogo ardente di spine) . n campo semantico legato all"' ardere " s i ripresenta insistentemente nei versi che seguono, ribadendo il legame strettissimo fra l'ardore del fuo­ co (già tante volte evocato come punizione possibile nel corso del testo) e quello della lussuria, come appare evidente quando i lebbrosi chiedo­ no di distruggere Isotta non con l'arsura del fuoco ma consegnandola al-

4· TRISTA ::-\ 0 E L' AMB IGU ITÀ DELLA PAROLA

la loro carne ardente di libido e di malattia. Non sfugga dunque il lega­ me che si instaura fra il peccato della carne, di cui Isotta si è macchiata, e la punizione che la destina nelle mani di coloro che sono segnati da una sessualità peccaminosa e malata, sottolineata dalla deformità, dal fetore e dalla degenerazione della carne:

Sire, en nos a si grant ardor Soz ciel n'a dame qui un jor Peiist soufrir nostre convers (w. II9 5-II97) ( Sire, in noi brucia un tale ardore che non vi è donna al mondo che per un solo giorno possa sopportare la nostra compagnia). E il capo dei lebbrosi conclude evocando una corte completamente di­ versa da quella regale a cui la donna era destinata:

Qant or verra la nostre cort, Adone verra si desconfort, Dane voudroit miex morir que vivre. Dan e savra bien Yseut la givre Que malement avra ovré: Mex voudroit estre arse en un ré (w. 12n-1216) ( Non appena vedrà la nostra corte, allora sarà colta da un tale sconforto, per cui preferirà morire piuttosto che vivere. Allora ben comprenderà lsotta la vipera 12 di aver male agito, meglio vorrebbe essere arsa in un rogo) . Inutili l e suppliche d i Isotta a l marito perché l e risparmi l'atroce suppli­ zio , Marco come un padre che conduce la figlia all'altare la prende per mano e r affida al capo dei lebbrosi:

Cort a Y seut, prist l'a la main. Elle crie: «Sire, merci ! Ainz que m'i doignes , art mai ci». Li rois li dane, et cil la prent (w. 1220-1223 ) (Corre verso Isotta, la pren de per mano. Lei grida: «Sire, pietà !

12. Sulla vipera come simbolo di lussuria, cfr. F. Zambon, I:impuro concepimento del­ la vipera, in Id. , I:alfabeto simbolico degli animali, Luni, Milano-Trento 2001, pp. 57-79.

TRISTA N O

Piuttosto che consegnarmi, bruciatemi qui ! ». Il re la offre, e quello la prende). Tristano aiutato dal fedele Governale riesce a liberare Isotta e a rifugiar­ si con lei nella foresta del Morois dove costruisce un rifugio riparato. Come concordemente ha visto la critica, siamo di fronte a un punto di sutura fra due parti del testo diverse, elemento che, come già accen­ nato , non indica necessariamente una duplicità d' autore, ma suggerisce comunque l'avvio di una sezione separata del testo. Sulle calunnie del nano delatore si era aperta la prima scena. Ades­ so ecco di nuovo questo triste figuro , deforme nel fisico e sentina di ogni vizio, riprendere spazio attraverso una più chiara definizione dei suoi connotati, il suo nome Frocin, che potrebbe significare " rospo " , come suggerisce l'inglese /rag 1 3, e il suo essere detentore di un segreto capace di coprire il re di infamia: quello di avere le orecchie di cavallo. E si no­ ti che Mare è un nome celtico che significa " cavallo " , saremmo dunque di fronte a un'ingegnosa interpretatio nominis14• E al re iroso , ma capa­ ce di pietà, si affianca ora un'immagine evidente di regalità negata:

«Or escoutez , seignor marchis ! Espine, a vos, non a vasai: Mare a orelles de cheval» (vv. 1332-1334) («Ora ascoltate, signori marchesi ! Espine, parlo a voi, non ai vassalli: Marco ha orecchie di cavallo»). L'obiettivo si sposta, grazie ad un nuovo appello al pubblico (v. 13 51) , su Tristano e sul suo primo incontro con l' eremita Ogrin. L'ambiguità tra la fedeltà di Tristano verso Isotta e verso Dio, si palesa nel ricorrere incal­ zante del termine /o i che assume di volta in volta valenze differenti, so t­ tolineate anche dall' equivocatio:

Ogrins li dit mot bonement: «Par /oi! Tristan, qui se repent Deu du pechié li fait pardon

13. Cfr. M. Ddbouille, Le nom du nain Frocin, in Mélanges de linguistique et de litté­ rature romanes à la mémoire d'Istvan Frank, Universitat des Saarlandes, Saarbri.icken 1957, pp. 191-20314. Sul punto T. Bolelli, Due studi irlandesi: Preistoria della poesia irlandese e La leg­ genda del Re dalle orecchie di cavallo in Irlanda, Libreria Goliardica, Pisa 1950, pp. 43 ss. e G. Milin, Le roi Mare aux oreilles de cheval, Droz, Genève 1991 .

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4· TRISTA ::-\ 0 E L' AMB IGU ITÀ DELLA PAROLA

Par /oi et par confession». Tristan li dit «Sire, par /oi, Que ele m'aime en bone /oz', Vos n'entendez pas la raison: Qu 'el m'aime, c'est par la poison» (w 1377-1384) .

(Ogrin gli si rivolge molto bonariamente: «In fede, Tristano a chi si pente Dio perdona il peccato attraverso la fede e la confessione». Tristano gli dice: «Sire, in fede, se lei mi ama in buona fede, voi non potete comprenderne la ragione: lei mi ama a causa della bevanda d'amore»). Una nuova transizione ci introduce all'episodio seguente che si svolge nella foresta del Morois :

Seignors, oiez con por Tristan Out fait li rois cr!er son han (w 1431-1432) .

(Signori , udite come per Tristano il re ebbe fatto proclamare un bando). Intorno a questo bando posto da Marco sul nipote, Béroul insiste ripe­ tutamente, proprio a sottolineare il contrasto fra la vita a un tempo (w. 3186-3194). (e allora dice: «Dio salvi Isotta e me ! Quando da me non volete venire, per il vostro amore io devo morire. Io non posso più soprawivere. Per voi muoio Isotta, bella amica. N on avete pietà della mia sofferenza, ma della mia morte avrete dolore. Questo mi è, amica, di grande conforto che pietà avrete della mia morte») . Isotta giunge trafelata e angosciata dai pianti che risuonano ovunque, ma ormai troppo tardi , Tristano è morto e a lei non resta che rivolgergli le ultime parole di commiato:

Quant a tens venir n'i poi, e jo l'aventure n 'ai, e venue sui a la mort de meismes le beivre avrai confort (w. 3261-3264) (Dal momento che non sono giunta in tempo, e non ho udito ciò che è awenuto,

6.

ATTRAVERS AMENTI

e sono arrivata nel momento della morte, nel bere con avidità la morte avrò conforto ugualmente) 8• La Saga norrena, pur seguendo quasi alla lettera il modello francese, rea­ gisce a questa morte senza Dio, a questa totale negazione di una pro­ spettiva escatologica e inserisce una lunga preghiera 9:

Ti prego Dio onnipotente, di essere verso quest'uomo e verso di me misericor­ dioso, così come io credo che tu sei venuto al mondo grazie alla Vergine Maria per la redenzione di tutta l'umanità, così come hai soccorso Maria Maddalena ed hai sopportato la morte per noi peccatori e ti sei lasciato inchiodare sulla cro­ ce e trafiggere da una lancia sul fianco destro e hai devastato l'inferno e hai li­ berato la tua gente da una eterna infelicità. Tu sei il nostro Creatore. Dio eterno e onnipotente sii misericordioso verso di noi peccatori così come io credo tu sia. E voglio con tutto il cuore credere in questo e lodarti e adorarti. Concedimi ciò che ti chiedo, mio Creatore e perdona i miei peccati, unico Dio, Padre, Figlio e Spirito santo. Amen (cap. CI). Diverso il racconto del Tristan en prose, dove alla vendetta di donna in­ namorata si sostituisce un'altra vendetta legata alla gelosia: quella di re Marco che, sorpreso Tristano nella stanza dell'amata mentre suona un l ai da lui stesso composto 10 , lo pugnala.

Mesire Tristans estoit desarmés, si que li rois le feri mortellement par mi la quis­ se, et quant li rois ot fait cestui caup, il s'em parti, car il n 'osa monsigneur Tri­ stan atendre (TM IX, 188) (Messer Tristano era disarmato, così che il re lo ferì mortalmente sulla coscia, e dopo che il re ebbe dato questo colpo, si allontanò perché non osava aspettare messer Tristano).

8. Sul passo, con particolare riguardo al v. 3264, cfr. le pagine di L. Rossi, "Bere l'a­ more": per mare con Enea e Tristano, in F. Beggiato, S. Marinetti (a cura di), Vettori e per­ corsi !ematici nel Mediterraneo romanzo, Rubettino, Soveria Mannelli 2002, pp. 18-9. Se­ condo Luciano Rossi l'epilogo del romanzo presuppone la conoscenza da parte di Tho­ mas non solo dell'Eneide virgiliana, ma anche delle Eroidi ovidiane ed in particolare di Her. v. 9· Cfr. ]. Kiaer, Tristams saga ok !sondar , une version christianisée de la branche dite courtoise du Tristan, in K. Busby, E. Kooper (eds.), Courtly Literature: Culture and Con­ text. Selected Papers /rom the sth Triennial Congress o/ the International Courtly Litera­ ture Society (Dalfsen, 9-16 August 1986) , }ohn Benjamins, Amsterdam-Philadelphia 1990, pp. 367-77· 10. Sull'importanza di questo tratto del personaggio cfr. le riflessioni di V. Bertoluc­ ci Pizzorusso, Uarpa d'Isotta: variazioni testuali e f igurative, in }. C. Faucon, A. Labbé, D. Quéruel (éds.), Miscellanea Mediaevalia. Mélanges o//erts à Philippe Ménard, Champion, Paris 1998, t. I, pp. 101-19 cui si rinvia anche per la bibliografia pregressa.

177

TRISTA N O

La gran parte dei codici concordano nella lezione par mi la quisse con­ tro quella par mi l'eschine riportata da una minoranza di testimoni met­ tendo in rilievo l'aspetto di punizione sessuale 12 della ferita. Come osserva Valeria Bertolucci Pizzorusso assistiamo al passaggio «da una quasi passiva accettazione del destino ad una situazione attiva in cui prevale il dato dell'omicidio, perpetrato e commesso dal re Mar­ co [ . ] accanto alla cancellazione del ruolo (e dello stesso personaggio) di Isotta dalle bianche mani, a cui è affidata la mossa principale e de ci­ siva dell'episodio» ed infine ad una lunga agonia che sostituisce la mor­ te istantanea della versione poetica 13: n

. .

Quant il a ensi parlé au roi March, il se tourne vers la ro'ine et li dist: «Dame je me muir. Venue est l'eure que je ne puis mais aler avant. Certes, tant me sui com­ batus con tre la mort come je puis plus ! Ma dame ciere, et quan tje mui" que /erés vous? Conment duerrés vous aprés moi? Conment porra ce avenir que Yseut vi­ ve sans monsigneur Tristan ? Ce sera ausi grant mervelle con del poisson qui vit sans eve et conme del cors qui vit sans ame ! Ma ciere dame, que ferés vous, quant je muir? Ne morrés vous avoec moi? Si iront nos ames ensamble. Ha, bele clou ­ ce arnie, que je ai plus amee de moi, faites ce que vous requier, que nus muirons ensemble! Bele douce arnie, pour Dieu , gardés que chis fais ne soit autrement ! ». La royne, quant elle oy Tristans, chey conme mort toute pasmee. Et au revenir ne scet que respondre ( TM IX, 197-8) (Quando ha così p arlato al re Marco, si volge verso la regina e le dice: «Si­ gnora , io muoio ! E giunta l'ora che non posso più soprawivere. Certamente, per quanto ho potuto, ho combattuto contro la morte. Mia cara signora e quando io muoio voi che farete? Come soprawivrete dopo di me? Come può essere che Isotta viva senza messer Tristano? Sarebbe un fatto straordinario come un pesce che viva senza acqua e come un corpo che viva senza anima. Signora mia cara che farete dal momento che io muoio? Non morirete con me? Così le nostre anime andranno insieme. Ah bella dolce amica, per Dio, fate at­ tenzione che le cose non vadano diversamente ! ». La regina, quando udì Tri­ stano, cadde svenuta come morta. E al ripren dere conoscenza non seppe che rispondere).

u . Tra cui il manoscritto della Bodleian Library, Douce 1 8 9 s u cui cfr. E. S. Murrell, The Death o/ Tristan, /rom Douce Ms 189, in "Publications of the Modem Language As­ sociation" , 43, 1928, pp. 343-83 e il manoscritto parigino BNF 1463 per il quale cfr. l'edizio­ ne di Rustiche/lo da Pisa in F. Cigni, Il romanzo arturiano di Rustichello da Pisa, Cassa di Risparmio di Pisa, Pisa 1994, pp. 222 e 387. 12. Sul punto, cfr. L. Harf-Lancner, " Une seule chair; un seul coeur; une seule ame". La mort des amants dans le Tristan en prose, in Faucon, Labbé, Quéruel (éds.) , Miscella­ nea Mediaevalia, cit., I, pp. 613-28. 13. Cfr. Bertolucci Pizzorusso, Due morti per un solo eroe, cit. , p. 139.

6.

ATTRAVERS A M E N T I

La domanda sulla possibilità di morire di dolore coinvolge la tradizione stessa della leggenda, quella " tenerezza " che scioglie l'Isotta di Thomas sembra qui negata:

A chief de piece li respont: «Ami, se Diex m'a'ist, il n'est ore nule cose en cest mon de com je amaisse tant conme morir avoec vous et con faire vous conpain­ gnie a ceste mort, ne je ne sai conment ce puisse estre. Se vous le savés , si le di­ tes, et jel ferai erramment. Se pour dolour et angoisse peiist feme morir, je feiis­ se mort pluiseurs fois» ( TM IX , 198 ) (Dopo un attimo gli risponde: «Amico , che Dio mi aiuti, non esiste cosa al mon ­ do che io possa amare tanto come morire insieme a voi ed esservi vicina nella morte, ma non so come questo possa awenire. Se voi lo sapete, ditemelo, ed io lo farò immediatamente. Se una donna potesse morire per il dolore e per l'an ­ goscia, io sarei già morta più volte»). La morte fra le braccia dell'amata, che rievoca tante figurazioni del Cri­ sto tra le braccia di Maria, ha suscitato qualche perplessità da parte dei moderni interpreti che sono colpiti da questa scena quasi brutale di Tri­ stano che " strozza" Isotta:

Quant mesire Tristans vit apertement qu'il estoit a la mort ven us, il regarde en ­ tor soi et dist: «Seigneur, je muir ! Jo ne puis plus vivre. La mort me tient, qui plus ne me laisse vivre. A Dieu soiiés vous tous conmandés, qui cy estes , car a ma fin suy venu ! Dane, se a Dieu plaist qu 'entre !es bras la roi'n e Yseut fine je ma vie, qui brieve est, finerai adont plus aiesè, ce m'est avis ! ». Yseut s'acline sus monsigneur Tristan , quant ele entent ceste parole. Ele s'abaisse sour son pis, me­ sire Tristans le prent entre ses bras. Et quant il le tint sour son pis, il dist, si haut que tout cil de laiens le porent o'ir: «Des ore ne me caut quant je muire, puis que je ai madame Yseut ore aveuc moi ! ». Lors estraint la ro'ine con tre son pis de tant de force com il avoit, si qu'il li fist le cuer partir, et il me'ismes morut en cel point, si que bras a bras et bouce a bouce morurent li doi amant et demourerent en tel maniere embracié, tant que cil de laiens quidoient qu'il fussent en pasmisons , quant il virent apertement qu 'il estoient mort andai e que recouvrier n 'i estoit� et mort sont ambedoi, et par amour, sans autre con/art (TM IX, 199). (Quando messer Tristano vide con chiarezza di essere arrivato in punto di mor­ te, si guarda intorno e dice: «Signore, muoio ! Non posso più vivere. Mi possie­ de la morte, e non mi concede di vivere ancora. Tutti voi che siete qui, siate af­ fidati a Dio, perché sono giunto alla mia fine. Dunque se a Dio piace che io fi­ nisca tra le braccia della regina Isotta la mia vita che è stata breve, mi sembra che sarà più facile finirla». Isotta quando sente queste parole si china verso mes­ ser Tristano. Si abbassa sul suo petto e messer Tristano la prende fra le sue brac­ cia. E mentre la tiene sul suo petto dice così forte che tutti quelli di fuori lo pos­ sano udire: «Ormai non mi importa se io muoio, poiché ora ho con me la mia dama Isotta». Allora stringe la regina contro il suo petto con tutta la forza che 179

TRISTA N O

aveva, così che la fece partire il cuore, ed egli stesso morì in quel momento, co­ sì che braccia con braccia e bocca con bocca morirono i due amanti e rimasero abbracciati in tal modo tanto che quelli di fuori credevano fossero svenuti quan ­ do videro chiaramente che entrambi erano morti; ed entrambi sono morti, per amore, senza altro conforto ). La Tavola riton da pur mantenendosi sostanzialmente fedele alla falsari­ ga della prosificazione francese, sembra aver voluto correggere due ele­ menti del modello . Si rilegga quella chiosa, legata al perdono divino, che raccoglie una sfida assai ardua , dotare la leggenda di una fine inscritta nella logica della "buona morte " :

Ora dice lo conto e pone la piatosa storia, che dappoi che lo leale messer Trista­ no ebbe rendute l'armi e chiamatosi vinto, sì si volta inverso la dolente reina Isot­ ta, e presela a riguardare molto tenera mente, e pigliavasi parte del suo piacente viso amoroso, lo quale tanto avea amato in questo mondo; e appresso Tristano disse: «0 gentile reina, dolce mia dama e corale mio amore e leale mio conforto, venuto è lo tempo che lo tuo Tristano no' puote più vivere. Or come farete voi dopo la mia morte? Lascerétemi voi in tale maniera dipartire da voi? Or, ché no' mi fate voi compagnia, acciò che le nostre anime siena insieme in quello altro mon do? E io ò fede e speranza i' Dio) che ci arà misericordia delle nostre offese». E la reina, udendo il dolce parlare di Tristano, per lo grande dolore cadde in ter­ ra tramortita, e non si sentfa né polso, né vena; e lo suo viso colorito come la ro­ sa, era pallido e scuro e mortificato, ed era sanza neuno con/orto (cap. cxxrx). n secondo elemento di differenza è la scelta di respingere il tentativo di

razionalizzazione del suo modello (accolto invece nelle altre riscritture italiane: il Tristano Panciatichiano ed il Tristano veneto) osservando, non senza una punta polemica:

E stando insieme in tale maniera abbracciati, che l'uno era contento di morire per l'altro; e a quel punto non per istretta né per niuna forza /atta) ma per debo­ lezza e per proprio dolore, e con piacere e diletto sì dell'uno e dell'altro, amen­ duni li leali amanti passarono di questa vita, e le loro anime si dipartirono del corpo (cap. CXXIX) . Si cancella così un elemento del tutto estraneo a questo necessario spez­ zarsi del cuore e venir meno di ogni energia vitale, necessario perché Isot­ ta, com'è scritto da principio, non può sopravvivere all'amato:

«De tel manere est nostre amur, ne puis senz vus sentir dolur. Vus ne poez senz moi murrir, ne jo senz vus ne poi perir» (vv. 3065-3068 ) 180

6.

ATTRAVERS A M E N T I

(«Di tale genere è il nostro amore non posso senza voi sentire dolore; voi non potete senza me morire, né io senza voi posso perire»). E questo inscindibile connubio che li conduce insieme alla morte, rap­ presenta senz'altro la cifra più significativa della passione che lega Tri­ stano alla sua Isotta: ugualmente innamorati, ugualmente dipendenti l'u­ no dall'altra, inutilmente vivi senza l'altro. E volendo chiudere con una nota leggera, ma forse neanche troppo, può essere interessante spostare l'attenzione sull'ultimissimo tentativo di rileggere in chiave cinematografica la leggenda e per di più sotto forma di cartone animato operata in Francia nel 2002 da Thierry Schiel . Qui un Tristano ed Isotta, dai connotati simili ai molti principi e personaggi im­ mortalati dal genio di Walt Disney (da Cenerentola alla Bella addor­ mentata ecc.) , si muovono in un universo magico aiutati da spiritelli e fa­ tine, che rispondono ai suggestivi nomi di Puck e Teatze, contro i tranelli del malvagio Ganelon. Se il pubblico di bambini a cui il film è diretto impone che la tragicità della leggenda (ed in particolare della fine) sia fortemente edulcorata, tuttavia in questa ultima rilettura della storia for­ se l'unico elemento che sopravvive inalterato è proprio il bisogno asso­ luto, essenziale ed insormontabile che lega, a prezzo di ogni prova , i due innamorati fino alla morte.

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