Sul letto di Procuste. Introduzione alla sociologia della sessualità 8820497239, 9788820497231

La sessualità è tema troppo complesso ed importante per poter essere confinato in un solo ambito scientifico. Tale opera

119 114 10MB

Italian Pages 704 [701] Year 1996

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

Recommend Papers

Sul letto di Procuste. Introduzione alla sociologia della sessualità
 8820497239, 9788820497231

  • 0 0 0
  • Like this paper and download? You can publish your own PDF file online for free in a few minutes! Sign Up
File loading please wait...
Citation preview

Laboratorio Socio/ogico Direttore: Costantino Cipolla (Bologna) Comitato Scientifico: Giuseppe Abbatecola (Statale, Milano); Tullio Ajmone (Modena); Massimo Ampola (Pisa); Ugo Ascoli (Ancona); Bianca Barbero Avanzini (Cattolica, Milano); Enzo Bartocci (Cagliari); Francesco Maria Batti­ sti (Cassino); Ulderico Bernardi (Venezia); Giampaolo Catelli (Catania); Ber­

nardo Cattarinussi (Udine); Roberto Cipriani (''La Sapienza", Roma); Ivo Colozzi (Bologna); Celestino Colucci (Pavia); Federico D'Agostino (Napoli); Raffaele De Giorgi (Lecce); Roberto De Vita (Siena); Paola Di Nicola (Univ. del Molise); Antonio Fadda (Sassari); Pietro Fantozzi (Univ. della Calabria); Maria Caterina Federici (Perugia); Franco Garelli (Torino); Giuliano Giorio (Trieste); Antonio La Spina (Macerata); Maria Luisa Maniscalco (Salerno); Giuseppe Mastroeni (Messina); Giacomo Mulè (Palermo); Arnaldo Nesti (Fi­ renze); Mauro Palumbo (Genova); Jacinta Paroni Rumi (Brescia); Carlo Pran­ di (Parma); Antonio Scaglia (Trento); Silvio Scanagatta (Padova); Ezio Sciar­ ra (Chieti); Francesco Sidoti (Bari); Bernardo Valli (Urbino); Angela Zanotti (Ferrara). Corrispondenti internazionali: Christine Castellain Meunier (Casa delle Scienze Umane, Parigi, Francia); Jorge Gonzales (Università di Colima, Colima, Mes­ sico); Douglas A. Harper (Duquesne University, Pittsburgh, Usa); Jurgen Kaube (Accademia Brandeburghese delle Scienze, Berlino, Germania); Andrè Kieser­ ling (Università di Bielefeld, Bielefeld, Germania); Michael King (Brunei Uni­ versity, Londra, Regno Unito); Norberto Lechner (Università di Flacso, San­ tiago, Cile); Donald N. Levine (Università di Chicago, Chicago, Usa); Josè Nun (Università di Buenos Aires, Buenos Aires, Argentina e Università del Quebec, Città del Quebec, Canada); Furio Radin (Università di Zagabria, Zagabria, Croazia); Jeseph Wii (Università di Taiwan, Taipei, Taiwan). Comitato Redazionale. Coordinatore: Stefano Martelli ("Federico II", Napoli). Area Editoriale: Stefano Martelli (Coordinamento); Francesca Cremonini (Se­

greteria); Zizi Bartholini; Emanuele Morandi; Cecilia Morelli; Claudia Roma­ no; Maria Clelia Romano. Area Promozionale: Roberta Furlotti (Coordinamento); Daniela Migliozzi (Se­ greteria); lppolita Leati; Emanuela Rossi. Area Redazionale: Chiara Panaroni (Coordinamento); Annamaria Perino (Se­ greteria); Valentina Gerri; Alessia Fontana. Area delle Relazioni Internazionali: Claudio Baraldi (Coordinamento); Andrea Pitasi (Segreteria); Consuelo Corradi; Francesco Corsi; Giancarlo Corsi; Paolo Dell'Aquila; Paula Gabriela Eleta; Miguel Salerno; Giuseppe Sciortino. Area dei Servizi Mirati: Franco Bonazzi (Comunicazioni interne); Maria Pia Bernardi (Tesoriere); Paolo Polettini (Elaborazioni statistiche); Patrizia Fac­ ciali (Sociologia Visuale); Luigi Russo (Addetto stampa); Raffaello Vignali (Servizio Info-telematico); Domenico Secondulfo (Aspetti estetico-grafici); Na­ tale Ammaturo (Mezzogiorno).

SULLETIO DIPROCUSTE Introduzione alla sociologia della sessualità a cura di Costantino Cipolla

FrancoAngeli

La cura redazionale del volume è stata realizzata da Daniela Migliozzi.

Copyright© 1996 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. È vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con yualsiasi mez­ zo effettuata, non autorizzata. Stampa: Tipomonza, Via Merano 18, Milano. I lettori che desiderano essere regolarmente informati sulle novità pubblicate dalla no­ stra Casa Editrice possono scrivere, mandando il loro indiriao, alla "FrancoAngeli, Viale Monza

106,20127 Milano", ordinando poi i volumi direttamente alla loro libreria.

Indice

Introduzione, di Costantino Cipolla

pag.

11

>> >>

35 35

>>

37

I. Le categorie fondative della sociologia della sessualità Alcuni precedenti nella storia del pensiero sociologi­ co, di Maria Chiara Adorni, Daniela Migliozzi, Ro-

berta Suzzi l . Premessa: sesso e sociologia 2. Emile Durkheim: differenza di genere come inferiorità sociale femminile 3 . Georg Simmel : la sociologia dei sessi come differenza negata 4. Max Weber: sesso come produzione per il lavoro 5 . Vilfredo Pareto: i residui sessuali 6. Theodor Adorno: la socialità di sesso e amore come rapporto di scambio La creazione del mistero. Saggio sulla genesi della sessualità, di Claudio Bara/di

l. 2. 3. 4. 5.

TI discorso sulla sessualità Dalla biologia alla relazione sociale L'ipotesi della determinazione sociale Il rapporto tra amore e sesso La diversità sessuale, con e senza amore

»

44 61 67

»

72

»

77 77 78 84 90 98

» »

» » » » »

6. La socializzazione alla sessualità 7. Il corpo e la sessualità La sessualità secondo una strategia euristica transdisciplinare, di Elena Lolli

l . La comprensione della sessualità umana neli' epistemologia sessuale 2. Verso una riformulazione del concetto di sessualità umana secondo una dinamica transdisciplinare 3 . La sessualità: intrinseca socialità

pag. 1 06 )) 1 12 ))

1 16

>>

116

))

121 128

))

L a comunicazione sessuale, di Giancarlo Corsi e d E/e-

na Esposito l . Comunicazione e riferimento al corpo 2. Forme antiche e moderne di comunicazione sessuale 3 . Il rapporto di tensione tra comunicazione e percezione 4. Effetti sociali Sessualità: uno sguardo antropologico. Argomenti per un'introduzione, di Giuseppe Padovani l. Introduzione

2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

Un'analisi sul campo La concezione di Malinowski Sulla proibizione de li ' incesto Il controllo sociale del sesso Sui rapporti sessuali prematrimoniali Su mito e sessualità Corpo e sessualità Conclusione

Il segreto nello scrigno. Problemi della ricerca empirica in sociologia della sessualità, di Roberta Furlotti l. Sessuato e sessuale: un nodo concettuale da sciogliere

2. Linee di sviluppo per una definizione operativa integrata del comportamento sessuale umano 3 . L'osservabilità della relazione sessuale 4. Da una prospettiva realistica ad una prospettiva costruttivistica: due precedenti empirici 6

)) )) ))

)) ))

)) )) )) )) )) )) )) )) )) ))

)) ))

1 34 1 34 1 36 1 46 149 1 54 1 54 161 1 65 1 69 1 73 178 1 79 1 85 190 1 92 1 94

))

20 1 224

))

228

))

5. Un orizzonte di plausibilità scientifica per l ' analisi empirica della relazione sessuale: l ' integrazione metodologica pag. 244 Implicazioni sociali delle pratiche sessuali e differen­ za di genere: frammenti introduttivi, di Costantino

Cipolla, Elena Lo/li, Roberta Suzzi l . I comportamenti sessuali più diffusi o "classici" 2. Comportamenti sessuali minoritari o ''devianti" 3. Verso una laicizzazione della sessualità? 4. Posizioni di base nell ' atto sessuale uomo-donna e loro significato sociologico 5. Un bilancio metodologico molto prudente

>> » » »

» »

253 256 275 287 292 297

Il. La dimensione sociale della sessualità Società e condotta sessuale, di Alessandro Basi

l. 2. 3. 4.

Introduzione Società e condotta sessuale Società e comportamenti Conclusioni

» >> » » »

Potere e sessualità: un paradigma della modernità, di

»

324 324 325 329

»

342

»

35 1 36 1

»

Emmanuele Morandi l . Premessa 2. Uno sguardo d'insieme 3. L'uomo duplice 4. La psicanalisi come prassi rivoluzionaria: Wilhelm Reich 5. Il bio-potere e il dispositivo di sessualità: Miche) Foucault 6. Conclusioni

»

Normalità e perversione come "comune sentimento del pudore", di Ignazia Bartholini

»

l . Riflessioni introduttive 2. Freud, la bisessualità possibile e il pudore psicologiCO

7

303 303 307 315 320

» »

»

364 364

»

366

3. Scheler: antropogenesi e fenomenologia del pudore pag. 37 1 4. Naturalità dell 'Eros e/o perversione del comune » 375 sentimento del pudore » 378 5. Il comune sentimento del pudore fra Eros e Ananke La sessualità e il sacro: dalle religioni etniche alle religioni del libro, di Carlo Prandi

l. 2. 3. 4. 5. 6.

Premessa La sessualità presso le società etnologiche Sacro e sessualità nelle civiltà antiche La sessualità nel l 'induismo La sessualità nelle tradizioni religiose della Cina La sessualità nel cristianesimo

Sessualità e politiche sociali, di Elena Spetto/i

l . Premessa 2. I significati e le componenti della sessualità: un inquadramento concettuale 3 . Il terreno delle politiche sociali: un inquadramento contestuale 4. L' iter progettuale e la normativa sulle politiche sociali 5 . Politiche sociali e sessualità degli adulti 6. Sessualità dei giovani e politiche dei servizi 7. L'educazione sessuale 8 . Gli aspetti consapevoli della sessualità: la prevenzione e la contraccezione 9. Politiche sociali per la sessualità e connotazioni di genere

Fuoco e Acqua. Incontri e scontri fra sessualità e saIute, di Marco Ingrosso l.

2. 3. 4. ,. 5. � 6. 7. 8.

Percorsi culturali della sessualità e della salute Corpo e sessualità nella modernità Libido e salute mentale Il ritorno di Eros Due contro uno Costruttivismo sociale e analisi sociologica L'estetica della femminilità in Simmel Saggezza e regimi sanitari 8

» » » » » » »

382 382 383 388 39 1 395 400

»

406 406

»

407

»

408

»

))

410 424 434 446

))

454

))

46 1

))

465 465 467 469 47 1 473 475 478 48 1

»

)) ))

)) )) )) » » )) )) »

9. Stili di vita nella società post-modema: rischi e opportunità pag. 486 l O. Verso una relazionalità estetica fra salute e ses)) 490 sualità III. Temi di sociologia della sessualità Recita a soggetto. Sessualità e scelte procreative, di

Francesca Cremonini l . Premessa 2. Mutamenti nel binomio sessualità-procreazione: verso una divaricazione 3. Uomini e donne a confronto 4. Contraccezione, ovvero un cambiamento di pro­ spettiva 5. Interruzione volontaria di gravidanza e insemina­ zione artificiale: appunti ai margini 6. Una frammentazione difficile La violenza sessuale, di Michela Zorzini

l . Interazione di genere nello stupro 2. Analisi critica delle principali teorie dello stupro 3. La "sindrome del piedistallo". Due ricerche "em­ blematiche" negli Stati Uniti e in Svizzera

Pubblicità: sostantivo femminile. Differenze di gene­ re, oggetti e comunicazione di consumo, di Domeni­

co Secondulfo l . Introduzione 2. Oggetti e identità sessuale 3. Pubblicità, oggetti e relazioni di genere 4. Le tigri di carta: il genere nella pubblicità 5. Conclusioni Sessualità e relazione educativa, di Marilena Russo

l . La proposta di legge sull'educazione/informazione sessuale a scuola 2. Genitori, sessualità, scuola 9

)) ))

495 495

)) )

)

496 499

))

512

))

516 520

))

)) ))

))

522 522 529

))

538

))

)

552 552 556 558 56 1 564

)

)

566

))

566 574

)) )) )) )) )

))

Per una sessualità della reciprocità tra i due generi,

di Carmine Ventimiglia l . Maschio e femmina Dio li creò 2. Introduzione 3. Autori, vittime e giustizia 4. Le proposte di legge e la Legge 5. Qualche pista di rifles�ione conclusiva

Tossicodipendenza e sessualità: marginalità, identità, comportamenti, di Massimo Campedelli

l . Uso di droghe e comportamenti sessuali: un'introduzione fenomenologica 2. Marginalità e disagio 3. Marginalità sessuale 4. Le prostituzioni 5. Scenari locali delle prostituzioni tossicodipendenti 6. Tossicodipendenti sessualmente attivi e diffusione dell'Hiv/Aids: sul disagio sessuale 7. Dall'analisi all'ascolto

L'interpretazione morale della donna nella giurispru­ denza: una figura assente, di Carlo Rossetti l. Diritto e morale

pag. 584 » 584 » 585 » 591 » 600 » 6 14 »

627

))

627 629 634 . 635 637

)) )) )) ))

)) ))

)) »

2. Diritto e gender relations 3 . Osservazioni conclusive

)) ))

639 642 644 644 646 657 l

Biografie degli autori

))

659

Riferimenti bibliografici, a cura di Daniela Migliozzi

))

665

10

Introduzione di Costantino Cipolla

Il tema della sessualità umana è, nello stesso tempo, tema cruciale per ogni sociologia che non voglia esonerarsi dalle sue fondamenta interattive, relazionali, comunicative e tema praticamente ignorato dalla tradizione sociologica più classica. Questa contraddizione, ap­ parentemente assurda, in realtà trova ampie giustificazioni se si ap­ plica il paradigma conoscitivo della sociologia alla stessa sociologia. come correttamente si deve sempre fare. Allora, si può facilmente scoprire come la sociologia sia figlia dei propri tempi e come le sue prime riflessioni sulla sessualità siano, salvo qualche rara e fuggevole impressione (cfr. qui il saggio di Adorni, Migliozzi, Suzzi), del tutto inadeguate all 'argomento e comunque chiaramente datate, con buona pace per la "classicità" di questi autori considerati dei "classici". In una società che separa sempre più la sessualità dalla vita o dal­ la procreazione (cfr. qui il saggio di F. Cremonini), che libera la ses­ sualità da mille pastoie e comunque da sovrastrutture idèalistico-ro­ mantiche, che tende a mercificare quasi ogni aspetto del sesso, che lo desacralizza o lo estrapola da forti vincoli religiosi, può la socio­ logia occuparsi d'altro? Può la sociologia non considerare la genesi prima di se stessa e delle società, di tutte le società? La sessualità come genesi della società

L'inizio o il costituirsi originario delle società non può che fon­ darsi, partire, costruirsi su quell ' atto biologico, ma che tale non può restare per l ' uomo, rappresentato dal l ' atto sessuale. Dalla con­ giunzione fra due soggetti di genere diverso origina la vita, conti­ nua la vita, si riproduce la vita, è possibile la vita. Maschio e fem11

mina si debbono incontrare, debbono accoppiarsi intimamente, nel modo più intimo possibile, debbono entrare in relazione fra di loro, debbono comunicare ed agire in modo coordinato e compatibile. Questo dovere ammette molte scelte al suo interno (di partner, di modi, di tempi) ma non può complessivamente essere eluso. È un destino, un obbligo sociale, una sorta di condanna biologica all 'al­ terità. Qui nasce la vita. Qui emerge la società. Qui trova senso la sociologia. Se il rapporto con l 'altro ha da essere, questo va e sarà coperto da regole, da condotte, da meccanismi culturali, da forme relazionali, da norme che permettano una più o meno adeguata esplicitazione di questo rapporto. Se questo bene prezioso, il più prezioso, che è la vita, costringe ad una vita a due, se la stessa vita comincia a due, se la violenza non può essere come tale fonte di legittimazione sociale, ogni gruppo umano, ogni sistema sociale, ogni società nascerà e si identificherà come tale nel momento in cui definirà regole e codici di consenso per canalizzare la sessualità nelle sue difformi espres­ sioni di genere. Maschio e femmina portatori di una parzialità, sep­ pure diversa, non si congiungeranno più per puro istinto (orienta­ mento biologico irriflesso), ma per un misto variegato e complesso di natura e cultura, di tendenze biologiche e valori, di regole di con­ dotta e pratiche coscienziali. In tale ottica, la società porterebbe l ' in­ vio della sua stessa vita e la sua vita dal l 'irriflesso al riflesso, dalla violenza al consenso, dali ' occasionale al normato, dal libero al con­ trollato, dal i ' espresso al represso. Ciò è tanto più vero, se si considera che ogni società (come ben dimostra qui C. Prandi) ha sempre, a modo suo ovviamente, sacra­ lizzato la sessualità. Ma nel i ' avvolgere in un mantello sacrale la ses­ sualità, di fatto essa ammantava di un valore supremo la vita ed al fondo se stessa. Se ordine sociale ha da essere, questo sarà costruito a partire da quel bene prezioso, da quell ' inter, da quel prodotto dell'atto sessuale che non appartiene ad uno, ma a due, che non de­ riva da uno, ma da due. E che solo permette tutti gli altri uno, gli al­ tri due, gli altri tre e così via. Prima ed oltre i ruoli sociali di Durkheim e Parsons, prima ed oltre la comunicazione di Luhmann, l 'ordine sociale, se tale ha da essere e se come tale è possibile, deve fare i conti con la differenza di genere e con l ' obbligo all 'alterità originaria ad essa connessa. Prima ci si incontra e scontra come ma­ schio e femmina e poi da quella necessaria relazione-comunicazio­ ne-azione nasce la società e l 'eventuale suo ordine/disordine. Ogni ordine, infatti, implica il suo disordine e viceversa. 12

D 'altra parte e sulla base di quanto appena scritto, è facile capire come la sessualità sia una propensione dell 'uomo (maschio o fem­ mina) ed una relazione sociale che fonda la vita e contiene una cari­ ca di piacere non assimilabile o non fungibile, come tale, da altre. Sessualità è dunque sinonimo contemporaneamente di produzione della vita, raggiungimento de li' orgasmo, obbligo all 'alterità. In tal senso, essa è un fatto sociale per eccellenza. Contempla azione, co­ municazione e relazione e, quindi, non può mai essere ridotta alla pura genitalità, anche se in ultima istanza non può mai essere sepa­ rata da questa. Infatti, nella sua espressione classica, la sessualità comporta nello stesso tempo il massimo di socialità (da quel gesto a due deriva tutto il resto. anche se con mille altre mediazioni) ed il massimo di intimità (cosa c 'è di più avvolgente, penetrante e fusivo tra due esseri umani dell'atto sessuale?). Quindi, gli estremi si toccano e ciò che c'è di più privato diventa ciò che c ' è di più pubblico. Del resto, un figlio è anche e forse pro­ prio questo. È anche per tutto ciò che la genitalità, le tecniche concrete, i luo­ ghi fisici in cui la sessualità si esprime, nelle loro variegate modalità attrattive, anche ben lontane dal modello ideale di riferimento o classico, possono essere lette di per sé come fatto sociale, come pre­ messa o conseguenza di condoue sociali più o meno condivise o le­ gittimate come tali (cfr. qui il saggio di Cipolla, Lolli, S uzzi). Del resto, v 'è sempre �n filo, che �uò esser� più, o me?o sottile e tenace, . che lega tra loro le cose e qumd1 quas1 necessanamente deve con­ nettere la crucialità della relazione sessuale con tutto (o quasi) il re­ sto del sociale. Ma tale rapporto di natura sessuale viene prima o dopo quello più genericamente sociale nelle società attuali? Che au­ tonomia ha la sessualità dentro e rispetto all'autonomia del sociale? Che autonomia ha il soggetto rispetto al sistema sociale in tema di comportamenti sessuali? Come si mescola o si confronta nel sogget­ to socializzato la vocazione singola con gli imperativi morali collet­ tivi e con le indicazioni delle istituzioni pubbliche o private? Un giaciglio accogliente e pieno di spine

Il titolo che abbiamo deciso di dare al volume non è ovviamente casuale. Esso, per riferimento esplicito alla mitologia greca, rimanda ad un letto, il luogo più comune della pratica sessuale degli esseri umani, per la verità ben poco comodo ed anzi fonte di dolori e di 13

problemi. Perché la sessualità, così praticata e così desiderata, è nel contempo fonte di tanti dispiaceri e presenta, come una splendida rosa, così numerose spine? La nostra ipotesi è che essa, non molto diversamente dalla vita, mostri un bilancio, sia metodologico che pratico, fatto di varie voci tra cui molte al positivo, ma anche diverse al negativo. La società ha sempre normato, a volte anche in modo molto analitico, le condotte sessuali dividendole di fatto in normali o ammissibili ed in perverse o illecite (cfr. qui A. Bosi), con ciò inibendo molte vocazioni perso­ nali e di fatto determinando drammatici problemi di identità nel bene come nel male. In questo suo normare, in questo rendere pubblica una dimensione che comunque era privata, in questo trasformare in sociale (vedi qui G. Padovani) qualche cosa che poteva o doveva es­ sere e comunque era anche individuale (e forse lo era per eccellen­ za), la società ammetteva l 'esistenza in campo sessuale (ma non so­ lo!) di due autonomie relative e fra di loro correlate: la propria che si permetteva di forgiare fin dal i ' origine anche la coscienza sessuale dei soggetti e quella di quest'ultimi che derivava comunque dalla lo­ ro carica erotica e dalla loro istintualità, nel senso più sopra detto. L'entrata in gioco di norme morali, la legittimazione del "comune sentimento del pudore" come componente dirimente, di genesi natu­ rale o societaria (cfr. qui Bartholini), del confine non valicabile per l 'esplicitazione della sessualità ha assunto storicamente e geografi­ camente vesti molto diverse fra loro e solo indirettamente connesse alla sessualità come tale: intesa cioè come piacere, come manifesta­ zione Iudica connessa alla e della vita. Vediamone alcune, per som­ ma sintesi, e cerchiamo di capire perché e dove questa comparsa sulla scena erotica del sociale ha colpito intorno alla sessualità (fa­ miglia, procreazione, amore, salute, mercato, potere, lavoro, ecc.) e l 'ha comunque trasformata in un letto di Procuste. Una linea interpretativa molto diffusa e ben presente anche in que­ sto volume assimila il sociale alla repressione. La sessualità, fonte di piacere estremo e facilmente ripetibile soprattutto per i giovani e per le donne, andrebbe canalizzata e quasi negata per molte ragioni tra di loro convergenti e cioè perché una sessualità libera e plurima im­ pedisce l 'individuazione certa e corretta del padre; distoglie dal lavo­ ro, dal i ' impegno, dal sacrificio; mina la famiglia; sovverte le gerar­ chie sociali; conduce alla mercificazione dei rapporti più intimi; svuota l ' amore; concorre alla diffusione di molte malattie; conduce ad un uso perverso della stessa sessualità. Intervenire a monte, in fa­ se di formazione dell'identità personale, sui bambini e soprattutto 14

sulle bambine vuol dire evitare tutte le "brutture" elencate e significa costruire una società migliore e più giusta moralmente. È ovvio che tutto ciò ha notevoli prezzi che molti studiosi hanno ampiamente analizzato e documentato, soprattutto in campo psicologico. Molto più rare o assenti sono le ricerche in merito di natura sociologica. Un altro meccanismo sociale di governo della sessualità indivi­ duale è quello del controllo. Esso si differenzia dal precedente in quanto in questo caso la sessualità non viene impedita all'origine, ma viene veicolata o permessa liberamente in alcuni momenti della vita o in alcuni periodi dell'anno, per quanto concerne taluni com­ portamenti definiti e per rapporto a relazioni con soggetti in gran parte predeterminati, almeno come gruppo. Tt-a lo spettro delle prati­ che possibili, il controllo ne sceglie alcune e le rende pienamente le­ gittime, senza che sulle spalle e nelle coscienze resti un senso co­ stante e latente di peccato, tipico, nella sua onnipervasività, della prima ipotesi. Anche il controllo, comunque, separa ciò che è nor­ male da ciò che non lo è, ciò che si può fare da ciò che non si può fare e lungo questo crinale produce molti dolori e genera molti di­ spiaceri : probabilmente, sotto questa veste dimessa, ancora in gran parte da indagare. Il terzo ed ultimo meccanismo, tra i molti possibili, che qui pren­ deremo in considerazione può essere definito della deviazione. In questo caso, il sesso non viene negato come tale, né rimandato a fe­ ste particolari o a lune di miele più o meno autentiche. Al contrario, esso è legittimato pienamente, ma di fatto posto dopo mille altre co­ se, praticato in quinta, sesta o ennesima istanza, quasi disperso nell ' incombere delle altre dinamiche sociali che lo precedono. La sessualità viene in questo caso anticipata dal lavoro, dallo studio, dallo sport, dall'amore, dalla televisione, dal gioco, dalla religione, da quasi tutto ciò che non è sessualità. Questa sorta di estraniazione di fatto, se non anche di principio, non è comunque senza conse­ guenze e certamente non matura socialmente l'adolescente, né lo aiuta a crescere nelle sue dinamiche relazionali, determinando ulte­ riori problemi nel suo sviluppo socio-psicologico. Bastano, credo, queste poche considerazioni per capire come la sessualità sia tutt'altro che una giaciglio accogliente ed, anzi, si pre­ senti a livello sociale contornata da mille problemi. E ciò soprattutto in un periodo storico in cui sembra decisamente affievolirsi i l mo­ dello repressivo detto, pare dissolversi nella complessità quello del controllo e risulta indebolirsi anche quello, a sua volta debole e in­ differente, della deviazione. 15

Lo scopo precipuo di questo libro è quello di andare dentro ed af­ frontare, ancorché in ordine piuttosto sparso come ben si conviene ad una semplice introduzione, le argomentazioni e le tematiche cita­ te, non tanto per individuare facili scorciatoie come quelle della "li­ berazione sessuale" da un potere oppressivo (cfr. qui Morandi), quanto per riflettere e cercare di avanzare in chiave pluralistica delle linee interpretative e di politica sociale (cfr. qui Spettoli) sul tema ir­ risolto della sessualità umana o, meglio, della sessualità degli uomi­ ni e delle donne, come vedremo appena più sotto. La differenza di genere come separazione e congiunzione

L'ambivalenza della differenza di genere nella teoria della sessua­ lità diventa cruciale e per la sessualità e per la stessa differenza di genere. Diventa cruciale per ogni teoria della sessualità in quanto essa, come abbiamo già visto, obbliga al due, ad un due che non è però la somma e/o la congiunzione di due uno uguali tra loro e por­ tatori di qualche cosa di analogo. Al contrario, questo due è frutto di una congiunzione fra diversi, di una congiunzione per separazione e/o di una separazione per congiunzione. La sessualità è ambivalen­ te in quanto contempla nella sua espressione più piena questa diffor­ mità e la rende trasparente ai suoi massimi livelli. È allora chiaro come a sua volta la differenza di genere sia nella sessualità esposta come tale, come complementarità che quale pieno e vuoto, quale fodero e spada, quale miopia e occhiaie richiede una funzionalità reciproca o, meglio, reversibile per esplicitarsi al me­ glio, per raggiungere i suoi obiettivi siano essi il piacere o la produ­ zione di altra vita. Qui la differenza di genere si rincorre e si respin­ ge, si abbisogna e si trova difforme, chiede comunicazione (cfr., in questo stesso volume, Corsi e Esposito) e comprensione e spesso non la trova. Qui, non di rado, si costituisce diseguaglianza fra uo­ mo e donna, si rinuncia alla reciprocità (vedi C. Ventimiglia) per op­ zioni di comodo, di indifferenza, di dominio. Qui, sovente, il ma­ schio fa valere la sua forza fisica fino ai confini dello stupro (riman­ do a M. Zorzini). Qui, la reversibilità significante [Ardigò, e Cipolla 1 985] diventa elemento raro e non sempre appare come un bene de­ gno di essere messo sul mercato. Nella sessualità, la diseguaglianza si fonda e si pone praticamente come originaria quasi che la stratifi­ cazione di genere serva ad anticipare quella più latamente sociale [Dizard e Gadlin 1 996] . 16

Non voglio certo qui accedere ad ipotesi di tipo freudiano basate

sul primato del biologico, secondo le quali l'anatomia è, a suo mo­

do, il destino di ogni uomo, né ad altre (sistemiche?) di natura più aperta, morbida o debole secondo le quali non v'è determinismo biologico rispetto al comportamento umano psico-sociale, ma v'è una premessa orientabile su più prospettive, sempre comunque fon­ date su quella precedenza. Nella sessualità, è difficile, se non impos­ sibile, porre precedenze, come ipotizzare separazioni. Vi sono circo­ larità, rimandi incrociati, reazioni reciproche, contribuzioni con­ fluenti e divergenti di corpo, mente-coscienza e inter (società). E questo vale ovviamente come fatto più generale e vale per quanto attiene alla differenza di genere. Questa, sia chiaro, non va secondo me antologizzata come tale, prima e senza riferimento ai due differenti che la rendono possibile, né va ricondotta ad un'entità che non presupponga l 'autonomia rela­ tiva e necessariamente complementare dei due soggetti che la fonda­ no. Essa non va assolutizzata, con buona pace di L. Irigaray, ma po­ sta al centro di una serie distintiva e cruciale di rinvii in cui ugua­ glianza e differenza si rincorrono senza soste ed attraverso continue fratture ed accoppiamenti che rendono possibile la vita. Certo, assunta questa opzione che valorizza la storicità del tema, dentro la sua universalità, il problema della sessualità femminile di­ venta sempre più tale ed emerge prepotentemente come problema, anche se non scisso da quello relativo alla sessualità maschile. Allora, abbiamo visto come prima della differenza di genere c'è il genere e come questo abbia senso solo come differenza che, come tale, viene dunque prima del genere. Dentro questa circolarità non superabile o non eludibile, è possibile un 'oggettività di natura inter­ soggettiva che è garanzia di congiunzione e di consenso possibili fra i generi. Senza questa, ricorrendo al puro costruttivismo che assegna al singolo soggetto (osservatore) ogni decisione sulla validità (nep­ pur dicibile, come tale) della vita (osservazione) non è possibile nul­ la, neppure la più elementare forma di comunicazione inter-genere, la prima e la più importante. Del resto, un realismo ingenuo e anche critico non porta ad esiti molto diversi, ancorando il tutto a leggi og­ gettive e naturali ed impedendo di fatto ogni autonomia al genere ed alle sue differenze ed uguaglianze. Chiarito questo e scontata l 'intrasparenza o l ' opacità (cfr. qui Fur­ lotti) del tema in questione, possiamo sostenere che tutto ciò che è sessuale è anche sempre sessuato o, detto altrimenti, se limitiamo la sessualità al suo ambito più proprio, questo appare sempre e quasi in 17

maniera imprescindibile attraversato da differenza di genere mentre non è vero il viceversa [Furlotti 1 994, Furlotti 1 995a e Furlotti in questo volume]. La sessuazione della vita sociale va ben oltre la di­ mensione della pura sessualità. Essa muove da questa, ma si am­ manta di mille colori che storicamente sono stati quasi sempre a svantaggio della donna (vedi qui C. Rossetti), assumendo pervasiva­ mente intonazioni scure e lugubri. Neppure la sessuazione della vita sociale, come abbiamo visto, può però essere assolutizzata ed allora lo scopo della sociologia (ed anche ben più modestamente di questo volume) è anche quello di scovare, di portare alla luce in modo non puramente ideologico, ma empirico-investigativo i luoghi di tale dif­ ferenza di genere che se è abbastanza evidente a livello corporeo­ biologico, lo è assai meno sul piano più segnatamente sociale. Sessualità e società si mescolano e si confondono e sono impre­ gnate dalla sessuazione dei ruoli pubblici e privati: sessuazione che però non può esaurire la dimensione collettiva, né la può ridurre a se stessa. Ciò anche perché, se non si vuole essere deterministici, biso­ gna ammettere che la sessuazione non corrisponde necessariamente al genere biologico (come dice giustamente L. lrigaray). L'esistenza di donne-maschio o di maschi-femmina, come comportamento ses­ suale e sociale, è un'evidente dimostrazione di questo. In altre occasioni o ricerche [Cipolla (a cura di) 1 994] ho cercato i di trovare uno dei luoghi cruciali della differenza tra uomo e donna nel concetto di compatibilità fra mondi o aree di rilevanza che carat­ terizzerebbe in modo più distintivo la presenza sociale della donna di fronte ad una sorta di esaltazione del!' unilateralità (lavoro, tifo, sesso, ecc .. ) c..:he sarebbe più propria della concezione della vita ma­ schile. Non ho elementi precisi ed empirici per poter estendere que­ sta chiave di lettura al mondo della sessualità, né i l saggio qui scrit­ to con E. Lolli e R. Suzzi aveva questo intento principale, anche se tenta di scavare in chiave teorica dentro queste problematiche ed an­ che se potrebbe condurre nella direzione detta. V 'è comunque da os­ servare che mentre nel! ' uomo sessualità ed affettività sono spesso scisse e del tutto autonome, amore ed eros appaiono quasi sempre coniugati e congiunti, anche se in modo più o meno forte, per quan­ to attiene ali 'universo femminile [Belletti et alii 1 993, Furlotti 1 994, Cipolla (a cura di) 1 995, Cipolla, Lolli, Migliozzi 1 996] . Ciò credo confermi ulteriormente quella funzione co-presente di distanziamento e di fusione, di distinzione e di identità che la diffe­ renza di genere assolve necessariamente in chiave sessuale e sociale.

18

]n'introduzione che è pluralismo e prudenza

Un' introduzione non comporta organicità e non può porsi in chia­ ·e sistematica. Essa tende a coprire un vuoto, che mi appare abba­ .tanza evidente nella sociologia italiana, e ad aprire delle prospettive netodologiche e teoriche nei vari campi analizzati. Un'introduzione wn è neppure un manuale che dà conto, seppur in chiave divulgativa J didattica, dello stato dell 'arte di una disciplina. Essa, al contrario, ;i muove per segmenti, per aree centrali e marginali, per temi tradì­ donali ed innovativi cercando di far luce, una prima luce, su di essi. Se a questa opzione di fondo connessa alla finalità ed ali ' identità jeJ presente volume, uniamo l 'alta problematicità e la delicatezza jel tema in esame possiamo capire come la prudenza possa essere assunta quale criterio epistemologico di base di questo lavoro [Ci­ polla 1 996]. Prudenza che, mi sembra di poter sostenere quale idea­ tore e curatore di questa ricognizione, è un primo elemento di con­ giunzione che, seppur con vari stili ed approcci, tende a toccare tutti i saggi che compongono il presente libro. Prudenza che significa moderazione anche nell'esplicitazione, forza anche e soprattutto nel rispetto della debolezza, modestia senza rassegnazione, coscienza e senso del limite, accettazione comunque (anche se ripulsiva) dell'al­ terità. Prudenza (cfr. qui Cipolla, Lolli, Suzzi) che è fondamentale, come ribadirò anche nel paragrafo successivo, per ogni epistemolo­ gia della sessualità umana. Prudenza che appare poi decisiva laddove si antologizza come unica premessa fondativa (a monte, non negabile) del nostro lavoro quella del pluralismo. Inteso questo come eccedenza della possibi­ lità, come diversità sempre in atto, come mutamento a più piste, co­ me multidimensionalità interna ed esterna all 'oggetto, come compre­ senza di molte teorie concorrenti e convergenti sul tema. In tale otti­ ca, il presente volume è pluralista e per rapporto all 'oggetto analiz­ zato, che è un fiume formato da mille rivoli, e per riferimento ai sin­ goli autori ed ai temi da loro trattati che partono non di rado da pre­ messe diverse e giungono ad esiti più o meno convergenti. In tal senso, il pluralismo è sempre un co-pluralismo sia nel rapporto sog­ getto-oggetto, sia in quello fra soggetti. Esso poi è una fonte di ric­ chezza, a mio avviso, per la vita, per la società, per la scienza. Co­ me lo è, a modo suo, per questo libro. Il volume è stato suddiviso in tre parti. La prima cerca di sondare in chiave storica, sia in un'ottica teorica sia in una prospettiva meto­ dologica, le categorie che possono concorre a fondare o a legittima19

re una sociologia della sessualità. Una seconda parte tende invece a dar conto del fatto che la sessualità è comunque un fatto sociale, pieno di connessioni e collegamenti con altri fatti sociali, anche !ad­ dove una prima ricognizione tenderebbe a negarlo. Una terza parte, infine, entra nel merito di alcune problematiche specifiche della ses­ sualità e ne sottolinea le componenti relazionali, comunicative, inte­ rattive a dimostrazione ulteriore dei vari ambiti in cui la sociologia può trovare utile e fecondo terreno di lavoro. Il primo saggio proposto nel libro, dovuto a M.C. Adorni, D. Mi­ gliozzi, R. Suzzi, cerca di scavare in alcuni precedenti della storia del pensiero sociologico rispetto al nostro tema, con esiti tutto sommato modesti. La sessualità, infatti, come tale, è fatto estraneo alla tradi­ zione sociologica ed anche laddove essa si affaccia sulla scena (Sim­ mel, Adorno) si veste d ' altro o rimanda a fattori sociali (ad esempio i rapporti sociali di produzione in Adorno) che la governano. Il secondo saggio di C. B araldi, muovendo da una letteratura ge­ neralmente anglosassone vasta e piuttosto sconosciuta nel nostro paese, tende a delineare una teoria sociologica della sessualità che, in un'ottica di costruzionismo sociale, sottolinea il superamento di ogni forma di determinismo biologico (più o meno forte) per una concezione della sessuali tà che si ponga al crocevia relazionale di corpo (biologia), mente (coscienza), norme (società). In tale ottica, la diversità diventa normalità, l 'orientamento concettuale puro (ed astratto) va sostituito o connesso con quello intimo e specifico tarato su ogni singola persona, la socializzazione assume un ruolo cruciale. Ma in tale prospettiva, sempre secondo B araldi, il mistero della ses­ sualità resta tale, almeno in parte ed almeno per quanto concerne la sua genesi e la sua identità. Il contributo di E. Lolli si orienta nel senso di definire la sessua­ lità come fatto intrinsecamente sociale, ma nello stesso tempo come fenomeno da analizzare in un'ottica necessariamente transdisciplina­ re. Il che significa non solo il ricorso a più tecniche di analisi tra di loro coordinate ed integrate, ma, a monte, ad una strategia euristica che contempli e preveda questo debordare disciplinare della sessua­ lità umana. D'altra parte, se la sessualità è pluri-stratificazione e pluri-determinazione, l 'epistemologia sessuale che la anticipa o ne deriva non potrà che essere globale, complessa, integrazionista o tendenzialmente tale, fin dalle sue premesse. Nel saggio di G. Corsi ed E. Esposito il tema della comunicazio­ ne sessuale viene letto in chiave storico-semantica e risulta posto al centro di una rete di relazioni, più o meno fitta, in cui corpo e co20

cienza vengono a loro volta a giocare una funzione molto impor­ ante e comunque basata sulla reciproca autonomia relat.iva. In tale >ttica, la centralità del corpo, così come comunicato, diventa la :omponente distintiva, si può forse sostenere, della sessualità, anche ;e la comunicazione non garantisce alcuna soluzione dei problemi ;essuali del soggetto ed, anzi, forse essa va, in tal senso, accurata­ mente evitata. L'interesse del saggio di G. Padovani consiste, tra le altre cose, nel fatto che esso dimostra come ci sia stata nella prima metà di questo secolo una ricca tradizione antropologica di analisi empirica della sessualità in società che gli antropologi stessi definivano pri­ mitive o selvagge. Forse per l'evidenza elementare del fenomeno, forse per l 'incredibile varietà di usi e costumi sessuali, forse per il metodo conoscitivo diverso ed originale adottato, forse per una più raffinata sensibilità al tema, sta di fatto che da questo versante sono a noi giunti studi di straordinaria importanza. Si ricordino solo quel­ li di Malinowski su società (tribù) in cui la vita sociale era costruita intorno ali ' ignoranza del fatto che dali' atto sessuale deriva la vita (E il padre? E la famiglia? E la sessualità stessa?). Ma non solo, anche l'antropologia, come e meglio della sociologia, dimostra, contro la sessuologia contemporanea post-freudiana, come la sessualità non possa essere ricondotta ad un dominio a se stante ed, anzi, vada ne­ cessariamente inserita come premessa o conseguenza di tutta una complessa articolazione di trame sociali. Il saggio di R. Furlotti si avventura lungo le tortuose strade dello studio empirico della sessualità a partire dalle classiche metodologie sociologiche per cercare di dipanare la complicata matassa dell'opa­ cità del! 'oggetto di studio, della sua segretezza, della sua ineludibile intimità. Posta come premessa questa dimensione, il saggio tende ad individuare metodi, percorsi e tecniche di indagine in grado di supe­ rare i problemi citati, individuando in un'ottica metodo logica a più piste di natura ricompositiva e coordinata una delle possibili chiavi di volta del problema, dotata di un suo proprio orizzonte di plausibi­ lità scientifica. Il saggio che conclude la prima parte del volume, dovuto a chi scrive, ad E. Lolli ed a R. Suzzi, cerca di entrare dentro la fenome­ nologia concreta della sessualità, catalogarla, sistematizzarla per al­ cune componenti comportamentali più note (ancorché poco diffuse), differenziare tutto ciò per genere e ricondurlo ai suoi significati so­ ciali o relazionali, quasi a sottolineare icasticamente come tra fare sessualità e fare società vi sia un legame molto stretto, molto più 21

coeso di quello che si possa pensare, dove è difficile porre un prima ed un dopo. Naturalmente si tratta di frammenti osservativi, di prime impressioni che quindi solo come tali vanno prese in considerazione. Nondimeno, mi sembra di poter sostenere che il tema della differen­ za di genere-sesso emerga con chiara ancorché provvisoria evidenza e che la sessualità, per quanto mai riducibile a pura genitalità com­ portamentale, anche su questa dimensione cruciale e palpabile si de­ ve basare. È vero che queste pratiche sessuali possono essere assunte come criterio interpretativo in ultima istanza, ma in ogni caso se non si vuole ridurre tutto a puro idealismo astratto, più o meno estetico, o a semplice comunicazione, sgravata miracolosamente da ogni azio­ ne, o a variegato costruttivismo, esonerato da ogni rendicontazione dell'alterità, con queste specifiche tecniche o con queste concrete propensioni sessuali bisogna fare i conti e sporcarsi la mani. La seconda parte del volume si apre con un saggio di A Basi in cui l 'autore sottolinea come, con ogni probabilità, il desueto termine di condotte sociali possa essere ripreso proprio per sottolineare l ' esi­ genza di procedere oltre la vecchia dicotomia condotte sessuali so­ cialmente approvate e condotte sessuali socialmente riprovate. D'al­ tra parte, proprio nella nostra società si assiste ad un fenomeno ap­ parentemente contraddittorio secondo il quale i l quadro sociale e concettuale della sessualità tende a restare sostanzialmente immobi­ le, mentre si modificano i concreti comportamenti sessuali. Anche il nesso tra queste due dimensioni si dilata, dando luogo a meno nega­ zioni ed a maggiori permessi o tolleranze. Oppure, tutto si accomo­ da nell 'indifferenza e nel l 'estraneità? Il tema del potere nelle sue relazioni con la sessualità viene da lontano, ancorché esso non sia proprio di assunzione immediata. Il saggio di E. Morandi su questo argomento si sviluppa attraverso un percorso complesso che si occupa della teoria psicoanalitica freudia­ na, con le sue ipotesi repressi ve, dell 'approccio sempre psicoanaliti­ co, ma connesso alle opzioni liberatorie reichiane e della lettura strutturalista del bio-potere di impianto foucaultiano. L'interpreta­ zione che viene fornita del nesso sessualità-potere appare controcor­ rente e "coraggiosa", riconducendo di fatto tale nesso ad un paradig ­ ma interno al grande "momento storico" della modernità, con tutti i pregi ed i difetti intrinseci a questa. II tema del "comune sentimento del pudore" viene affrontato da L Bartholini, nel suo saggio, per rapporto a due autori per il vero assai lontani ma non estranei fra di loro e cioè Freud e Scheler. La domanda o l ' interrogativo di fondo che l 'autrice si pone come lungo

22

il crinale segnato dal dubbio se tale componente della nostra emoti­ vità sia di ascendenza essenzialmente naturale e biologica o se essa, al contrario, sia connotata in termini più strettamente sociali. Dub­ bio, per il vero, presto risolto a favore dell ' innattezza universale di tale sentimento, della sua connessione alla stessa costituzione del! 'uomo, alla sua corporeità, anche se tale innattezza appare vena­ ta da una plasticità socialmente condizionabile. Nel complesso, co­ munque, il vero problema appare quello del limite entro cui tale "comune senso del pudore" non prevarica l'altro, salvaguardando nel contempo la propria identità. Tema cruciale e su cui esiste una sterminata letteratura antropologica, etnografica, sociologica, stori­ ca, psicologica, psicoanalitica che dimostra come tale limite sia sta­ to e sia, per il vero, radicalmente difforme da luogo a luogo e da tempo a tempo. Attraverso un ampio excursus storico che dalla religioni etniche ci porta alle religioni del libro, il saggio di C. Prandi pone in netta evidenza come la religione e il sacro siano sempre entrati, ovvia­ mente a modo loro, negli ambiti più o meno privati della sessualità umana. In questa rassegna delle diversità, si potrebbe dire, di tali modelli relazionali, si trova la funzione "termoregolativa" della reli­ gione rispetto agli impulsi sessuali, quella "salvifica" connessa ali 'uso dell'oscenità (infrazione, esibizione, uso strumentale della sessualità), quella "mistica" che tende a fondere spirito e materia sessuali, quella "repressiva" che postula un controllo pieno della sessualità. E tante altre cose che danno ben conto di una presenza continua, polivalente e quasi cementificata del sacro nel profano. Il saggio di E. Spettoli inerisce ad un argomento, quello del rap­ porto fra politiche sociali e sessualità, non molto battuto dalla lette­ ratura sociologica e che rende bene l 'idea del modo piuttosto podi­ bondo e segmentale con cui tali politiche si sono occupate del nostro tema. Le aree o l 'utenza a cui si sono rivolte hanno riguardato es­ senzialmente gli adulti (consultori), gli adolescenti (educazione) e fasce marginali (handicap), con approcci spesso di natura solo medi­ co-sanitaria. Nel complesso, appare possibile sostenere che le politi­ che sessuali si sono mosse in modo piuttosto ambiguo ed indetermi­ nato, salvo mirare su alcuni temi forti quali la contraccezione e le malattie sessualmente trasmissibili, facendo adeguata attenzione alla differenza di genere. L'ultimo saggio di questa seconda parte, dovuto a M. Ingrosso, si occupa di un tema che ha sempre aleggiato, quasi come spettro, sul­ la pratica e sulla teoria della sessualità e cioè quello del legame fra

23

quest'ultima e la salute. Ingrosso affronta l 'argomento lungo un ap­ proccio di ecologia delle idee, di costruttivismo sociale secondo il quale queste dimensioni semantiche sono la riserva culturale sulla quale si basa e nella quale si muove il senso comune. Lungo un dif­ ficile crinale post-dualista, ma non monista, il saggio analizza dotta­ mente varie modalità di scontro ed incontro fra sessualità e salute in una sorta di vuoto concettuale a monte che ben sottolinea la peculia­ rità dello scavo svolto. La proposta finale per un'adeguata connes­ sione di fuoco (sessualità) e acqua (salute) si appella al superamento tanto dell 'aggettivazione realista quanto della soggettivizzazione im­ pressionista a favore de li' astrazione, delle forme sociali, del colore dei colori, di un'estetica della vita che tenga conto del nesso che tie­ ne insieme, in maniera più lata, le cose, tutte le cose. Nella storia dell 'umanità la sessualità è sempre stata intrinseca­ mente collegata alla produzione della vita e solo negli ultimi anni, sia per fattori tecnologici che culturali, si può parlare di separazione vera fra atto sessuale e concepimento. Il saggio di F. Cremonini si occupa di tale tematica, ancora poco analizzata, nel tentativo di di­ mostrare come e perché il dispositivo di sessualità tenda, dentro la coppia, ad orientarsi anche verso il piacere in modo autonomo ri­ spetto al vecchio destino procreativo connesso alla pratica sessuale. In tale prospettiva, il mutato ruolo sociale della donna e la sua difforme concezione della vita rispetto all ' uomo appaiono decisivi e gettano nuova luce sulla socialità della maternità e della paternità. La violenza sessuale a danno della donna è uno dei grandi temi­ problemi su cui si è concentrata l 'attenzione dei movimenti femmi­ nili e della sociologia in questi ultimi anni. Nella sua versione più dura, quale quella dello stupro, gli strumenti offerti dalla investiga­ zione sociologica per un suo studio adeguato appaiono incerti, lacu­ nosi e di non facile applicazione. Merito del saggio di M. Zorzini è proprio quello di aver trovato, nella dispersa letteratura internaziona­ le, alcune ricerche in grado di far luce sul tema, al di là di facili pe­ tizioni di principio, e di proporre una lettura delle prassi sessuali violente di natura non convenzionale. In tale prospettiva, lo stupro emerge come esito di comportamenti senza specifici precedenti pa­ tologici (salvo deboli eccezioni) e come il prodotto di più fattori in cui, però, il principio dell'asimmetria fra i sessi o del dominio di un sesso (maschile) sul l ' altro (femminile) sembra essere tendenzial­ mente presente. II saggio di D. Secondulfo si occupa della funzione che la pubbli­ cità può assolvere nella costruzione dell 'identità di genere. Sulla ba24

se di un approccio teorico sviluppato in maniera ovviamente ben più ampia e compiuta in altra sede [Secondulfo 1 995] , l 'autore sottoli­ nea il circolo, più o meno virtuoso, secondo il quale la pubblicità, soprattutto di natura iconica, si tuffa sul genere e sulle sue differen­ ze, le usa, le pone alla base delle proprie strategie secondo una logi­ ca espositiva per cui essa è nel contempo per il fruitore specchio e ritratto, riflesso e modello. In tale ambito, la vita sociale degli og­ getti e/o la loro valenza simbolica concorrono in modo non effimero alla costruzione ed alla conservazione dell' identità sessuale. L'argomento, certo non secondario, del l ' educazione sessuale a scuola viene trattato nel saggio di M. Russo a partire da un progetto di legge in merito ancora in fase di discussione parlamentare. Scon­ tato il fatto, per la verità non così esente da critiche, che la scuola si deve occupare di sessualità, almeno per quanto concerne le sue componenti fondative, l 'autrice opta per un approccio didattico di natura non performativa, non finalizzata cioè alla determinazione di una sorta di stampo, di un modello di comportamento sessuale qua­ si da imporre o per lo meno da proporre come dover essere ideale al bambino o all ' adolescente. Al contrario, l 'apprendimento scola­ stico o l'educazione scolastica (la differenza non è qui di poco con­ to) dovrebbero porsi in un'ottica di servizio, si potrebbe dire, limi­ tandosi (o allargandosi) a fornire strumenti e conoscenza per una specie di auto-realizzazione possibile e comunque aperta. Si tratte­ rebbe di passare da un'educazione della sessualità ad un'educazio­ ne alla sessualità. Il lungo saggio di C. Ventimiglia traccia varie e diverse coordina­ te dentro e fuori la differenza di genere, assunta, sulla scia di suoi altri e vasti lavori e quasi in una prospettiva di natura antologica, come variabile indipendente. Da tale "indipendenza" e da tale diffe­ renza, derivano comportamenti sociali, modelli culturali, linguaggi, immagini, parole che danno conto di un mondo che resta al maschi­ le e che si apre con fatica al femminile. In fondo, la violenza, più o meno forte, sottile, manifesta, latente, dell 'uomo sulla donna è frutto di quelle premesse o di quella situazione storico-sociale. Anzi, nella sua valenza estrema la violenza di genere tende ad erigersi come fat­ to emblematico del rapporto sociale più vasto fra i generi. Che fare allora? Come superare questa parzialità che si fa normalità, questa parte che rimane o si presenta come tutto? L'opzione per una reci­ procità di rapporto fra i generi viene sostenuta dal i ' autore con l' ap­ pello per un'educazione sessuale che tenga comunque conto della sessuazione, anche se non totalizzante, della vita e con il ricorso a 25

modelli didattici che, pur nella loro pluralità e libertà, avanzino uno stile ed un'etica non violenti di relazione fra i sessi. Il saggio di M. Campedelli si occupa della sessualità in condizio­ ni di più o meno estremo disagio. La marginalità, che si associa qua­ si necessariamente alla tossicodipendenza, viene letta in chiave si­ stemica come forma di relazione sociale che segna distanza e soglie di accesso alle opportunità sociali che si rendono più o meno dispo­ nibili. In tale contesto teorico, la marginalità sessuale, in condizioni di tossicodipendenza, diventa facilmente prostituzione finalizzata all 'acquisizione di denaro necessario per ottenere la "sostanza" ed assume i contorni propri della visibilità, del basso potere contrattua­ le ed, opzione per me decisiva, della non identificazione con la pro­ fessione. L'altra faccia della medaglia della sessualità del tossicodi­ pendente è quella, sconvolgente, della sieropositività o dell 'AIDS conclamato, su cui l 'autore porta informazioni ed osservazioni inte­ ressanti, ma su cui invita l ' analisi sociologica a farsi cauta per ri­ spettare la sofferenza altrui, senza comunque rinunciare alla sfida che questo drammatico problema ci pone. Il volume si conclude con un saggio dovuto a C. Rossetti. Esso tratta di una "strana" mancanza e cioè dell'assenza, per riferimento precipuo alla legislazione statunitense, di una concezione e di una interpretazione "morale" della donna. Dopo una prima parte più tec­ nica, dedicata al diritto sospeso o separato fra sue esigenze scientifi­ che e sue istanze etiche, l 'autore mostra, attraverso esempi giuri­ sprudenziali concreti, come la donna, in qualità di figura giuridica, sia spesso mortificata. Il pregiudizio "maschilista" sembra attraver­ sare la prassi giurisprudenziale americana, che pur dovrebbe risenti­ re delle lotte femminili e femministe che hanno interessato quel pae­ se negli ultimi decenni, e ciò rende ancor più necessario i l rifarsi ad uno specifico profilo morale della donna nella legge e nella società. È chiaro che il volume poteva contenere altro, occuparsi di più di alcune "patologie" sessuali, ad esempio. È altresì evidente che i sag­ gi citati, come si sarà capito, hanno taglio e prospettive a volte di­ verse. È anche comprensibile che qua e là appaiono delle sovrappo­ sizioni, ancorché marginali. Credo, comunque, che tutto questo sia in qualche modo il prezzo da pagare ad un'impostazione che per quanto rigorosa, resta volutamente pluralistica, come detto, e ad un approccio che non vuole andar al di là di una prudente introduzione.

26

Per un'epistemologia sessuale tollerante e ricompositiva

La sessualità non appartiene a nessuno e, certo, non appartiene al­ la sociologia che molto, forse troppo tardi si è accorta del problema. Ma questo non significa, non può significare chiamarsi fuori, esone­ rarsi da un tema che, a vario titolo, ci tocca tutti. Anzi, credo che dal volume siano estraibili, con maggiore o minore limpidezza e coerenza, varie linee direttrici per un'epistemologia della sessualità aperta alla tolleranza e disponibile ad una logica integratrice e/o Ti­ compositiva. Se ci poniamo in un'ottica epistemologica, cioè di riflessione sul­ le categorie conoscitive a monte che permettono lo stesso operare euristico della sociologia nel campo della sessualità umana, dobbia­ mo ri-cominciare dalla stessa definizione di sessualità. Sulla base di quanto visto, la sessualità umana vive dentro la società in modo pie­ no ed interattivo. È corpo, mente, socializzazione. È differenza di gener�. È comportamento ed intenzionalità. È vincolo e libertà. È mistero da svelare, senza che possa essere mai pienamente svelato [Cipolla 1 990a] . È parte che pervade il tutto e tutto che tocca ogni parte. È specifico e generale, normalità e devianza. È vita che ri­ chiama altra vita. È uno che vuole il due. È piacere che non riesce ad esimersi completamente dal letto di Procuste del dolore. Quest' ultima considerazione ci porta, comunque, a prendere posi­ zione rispetto ad un argomento non di poco conto quale quello relati­ vo al nesso che tiene insieme o che collega sessualità e dolore. Sap­ piamo che nell'ottica psicoanalitica freudiana, anche la psicanalisi è mille cose diverse, la sessualità è comunque necessariamente associa­ ta a frustrazione, repressione, disagi di vario genere. E tutto ciò ha fatto scuola, anche per la cruciale importanza assunta, meritatamente, nel tempo da questa disciplina in campo sessuale. Ora, credo che tut­ to questo volume sia portato a dimostrare che se questo letto di Pro­ custe permane, questa non è una condanna senza vie d 'uscita, non è un destino ineludibile dentro cui bisogna necessariamente vivere. Il masochismo sessuale non è la sessualità. Questa non può essere ri­ dotta a quello. Il sadismo non è la vita, anche se ne è una componen­ te, che comunque non la può riassumere in sé. Senza essere idealisti­ camente ottimisti (pericolo insito in ogni giusto rifiuto del realismo!), si può andare oltre il masochismo epistemologico di Freud e di Pop­ per e seguire tracce per un percorso di piacere e libertà. Ma cos'è la l ibertà in questo campo? È questo argomento, un filo­ ne di riflessioni che riguarda praticamente, anche se in modo diffor27

me, tutti i saggi del volume. Ed è in fondo i l problema dell' altro e di se stessi. Perché la sessualità è auto-etero in modo imprenscindibile, senza precedenze e senza possibilità di partire sempre e solo da au­ to, legittimando così un soggettivismo mascherato, perché senza soggetto, incapace costitutivamente di qualsiasi inter e contrafforte speculare ed omologo, perché portatore di ogni "delirio" cognitivo, del più ingenuo realismo, nella sua versione di naturalismo biologi­ co forte o debole, poco importa. In tale ottica, la sessualità umana è apertura e rispetto (contemporaneamente) di A verso B e di B verso A, di chi compie atti sessuali e di chi li riceve o li vede. L'intenzio­ nalità di io verso alter è anche quella di alter (io) verso io (alter), pur nelle reciproche differenze. Il rispetto che precede, accompagna e consegue,. in una prospettiva di tolleranza epistemologica e rela­ zionale, ogni atto sessuale è sempre, non può che essere sempre a due facce, collegando insieme chi agisce e chi osserva, chi comuni­ ca e chi è oggetto-soggetto di tale comunicazione. Ecco perché il concetto metodologico-epistemologico di empatia, sganciato dalle sue premesse idealistico-soggettive di ascendenza troppo marcata­ mente fenomenologica, può tornare utile in questo campo. In fondo, l 'empatia, come categoria euristica astratta [Cipolla 1 995, IV ed.], si limita a sottolineare la crucialità del fatto che il conoscere vero è possibile solo se auto osserva etero (auto) a partire da etero, a parti­ re dalla sue categorie concettuali e se etero (auto) osserva auto (ete­ ro) a partire dalle modalità cognitive di quest'ultimo. Solo per que­ sta via epistemologica si può arrivare ad un co-sentire, ad un co-esi­ stere, ad un co-costruire che eviti, da un lato, le secche del costrutti­ vismo radicale, incapace di vivere nel suo delirio solipsistico che non ammette legami e confronti ed, al fondo, neppure comunicazio­ ne (comunicare presuppone un inter che, a sua volta, presuppone un etero, che a sua volta deve pur esistere in modo più o meno autono­ mo da auto e quindi dire la sua e rompere l 'assoluto a se stesso, sep­ pur debole, dell 'auto di concezione costruttivista) e, dall'altro, non ricada nel tragico errore del realismo classico che, oggettivando ete­ ro, faceva morire in esso anche auto ed ogni suo ruolo attivo ed au­ tonomo nel processo di conoscenza ed azione, quasi che la "legge delle cose" o di etero fosse quella suprema ed unica. In questa logica di cogestione, di correlativismo epistemologico, di rispetto che è anch'esso co-rispetto o rispetto del rispetto, di sen­ so del limite che rinuncia quasi, si potrebbe dire, a svelare completa­ mente (ammesso che sia possibile) ed a strumentalizzare il mistero sessuale del l 'altro e di sé, di tolleranza che muove da queste pre28

messe epistemologiche di compatibilità; dentro tutto ciò, dicevo, credo sia possibile far muovere o lasciar muovere liberamente la sessualità umana, senza che questa libertà urti l ' altro e senza che l 'altro imponga al primo le proprie istanze di normalità e di "comu­ ne sentimento di pudore". Date queste premesse, è chiaro, soprattutto considerando cos'è stata e cos ' è la sessualità nel mondo, che la normalità può anche ri­ sultare deviante e la devianza può anche apparire o essere normale. Ma ciò non deve stupire, e certo non potrà stupire dopo che si sarà letto il presente volume, solo che si consideri l ' intimo e non annul­ labile spazio di libertà individuale autonoma che, nonostante tutti i vari tentativi di repressione sessuofobica, la sessualità umana ha sempre rappresentato e significato, ancor prima che questo concetto potesse essere detto e nominato come tale. Che fare allora? Cosa può dare e può dare qualche cosa la sociologia? Quale progetto di intervento può essere immaginato e costruito a partire dal sapere so­ ciologico che tenga conto delle istanze epistemologiche dette? Innanzi tutto, ancorché molto succintamente, si può osservare co­ me la sociologia non può essere totalmente esonerata, nel suo essere scienza, da investimenti operativi o, comunque, spendibili. Se è ve­ ro che essa non è confondibile con l'etica sociale, né può essere ri­ dotta a filosofia sociale, è del pari vero che essa rimane una disci­ plina umanistica [Ammassari 1 995] e, come tale, non può navigare nelle tranquille acque dell 'indifferenza. Le opzioni di valore la at­ traversano in mille maniere e la obbligano, in un certo senso, a prendere parte, ad assumere posizioni, soprattutto quando il tema è carico di valenze sociali, ovviamente. Nel caso che ci riguarda, le cose mi sembrano mutare poco ed il libro è pieno di idee e suggeri­ menti di politica sociale, più o meno condivisibili naturalmente, re­ lativi ai tanti insiemi che compongono o concorrono a comporre la sessualità umana. Due presupposti epistemologici credo, però, possono essere as­ sunti come base per una politica della sessualità che non sia pervasi­ va ed, a modo suo, impositiva in maniera eccedente. Il primo può essere definito di natura minimalista. Esso concerne il fatto che la sessualità è gusto, predisposizione soggettiva, libertà e, come tale, va normata per quel che è possibile e doveroso, ma comunque in di­ mensione ridotta [Posner 1 995]. Essa va gestita e seguita come fano pubblico, mentre non può essere eterodiretta come fatto privato. In tale ambito, essa può essere tenuta sotto adeguato controllo solo per quel concerne le eccedenze o le devianze di natura violenta. Una 29

morale oppressi va o invadente deve qui fare i conti con una libe rtà che è autonomia, consenso e valore morale in sé. Un secondo presupposto epistemologico può essere definito di natura transdisciplinare. Esso vuoi significare che un tema come la sessualità non appartiene, in ultima istanza, a nessuna scienza o a nessuna discipli na, ma abbisogna del pari concorso di tutte. In tal senso, nessuno da solo può dire l 'ultima parola sulla sessualità uma­ na e tutti devono appellarsi ad altri. Ciò vale naturalmente ed in pri­ mo luogo per la sociologia che, per altro, da buona ultima arrivata non mi sembra abbia tali mire imperialistiche, proprie in genere di istanze religiose o di discipline consolidate sull'argomento (psicoa ­ nalisi?). Questa coralità necessaria, secondo me, ma mi sembra che ciò emerga con chiarezza da tutta la presente introduzione alla so­ ciologia sessuale, non può che essere ricondotta ad una serie di ri­ flessioni e di interventi di natura integrata, coordinata, ricompositi­ va, orientati sul l 'oggetto dell'azione o della comunicazione (sogget­ to) ed interattivi a loro volta al limite della co-gestione. Solo una strategia di politica sociale volta a premettere paletti chiarificatori e ad agire di conseguenza in modo ricompositivo e quindi equilibrato rispetto al problema in questione può garantire o almeno portare ten­ denzialmente in quella direzione di co-tolleranza compatibile che sola sembra poter far scendere la sessualità umana da quel letto di Procuste, a cui tanta storia e tanti freni l ' hanno ingiustamente legata. Ciò anche per affermare un principio, non così ovvio, secondo il quale comunque la sessualità è un valore in sé, è fonte unica per la vita umana. è piacere difficilmente superabile, è meraviglioso pro­ dotto a due sia che emerga come risultato, per alcuni, di processi na­ turali di tipo evoluzionistico, sia che derivi, per altri, direttamente dalla creazione divina. E sia chiaro ancora una volta, è solo essa che permette la vita, più vite e con esse la società.

Riconoscenze Il pre sent� volu me nasce, di fatto e salvo qualche eccezione nei . redatton de 1 singoli s agg i, neli ' ambito del Corso di Perfezion a­ mento post-la rea su temi di sociologia della sessualità, attivo dal � pre � so l U n . ve rsità i di Parma, Facoltà di Lettere e 1 Filosofia, 19?3 Istituto d1. Soc i o! og1 a, cor so che ho avuto m questi anm 1 ptacere e l ' onore d1 dirigere E sso e qumdt un prodotto cara 1e e, come t aI e, ·

·

·

,

.

·

30

·

·

·

·

non può, da parte mia, che richiedere alcuni doverosi ed autentici ringraziamenti. Innanzi tutto, vorrei esprimere riconoscenza a tutti coloro che hanno accettato di concorrere alla stesura del volume in modo disin­ teressato ed accettando le ferree leggi della collana in cui esso na­ sce, leggi che prevedono la lettura del testo da parte di due correla­ tori anonimi. In secondo luogo, credo sia da parte mia doveroso esprimere af­ fettuosa e non quantificabile riconoscenza a Carmine Ventimiglia, coordinatore scientifico del corso detto, a Roberta Furlotti, segreta­ ria scientifica dello stesso ed a Maria Chiara Adorni, segretaria tec­ nica, per aver reso possibile, nei vari ruoli e con encomiabile impe­ gno ed intelligenza, il buon esito di quella e, quindi, anche della pre­ sente iniziativa. Infine, ringrazio di cuore Daniela Migliozzi che ha seguito tutto l ' iter di questo gravoso volume, mi ha sopportato ed ha inseguito tutti i singoli autori per le mille beghe redazionali ed editoriali con­ nesse ad un testo di questo genere. Ma la ringrazio anche per la ca­ pacità dimostrata nel merito dei problemi e per la delicatezza pacata con cui li ha affrontati e risolti. Per chiudere ed al fine di sottolineare che il presente volume vuo­ le aprire una strada che si cercherà di perseguire in più luoghi e se­ condo varie modalità, voglio segnalare che il testo avrà un coevo e puntuale commento-recensione, saggio per saggio, sulla rivista ReS (Ricerca e Sviluppo per le politiche sociali), attiva presso l ' Univer­ sità di Salerno ed, a vario titolo, retta e diretta da Natale Ammaturo e Tullia Saccheri, docenti presso quella Università. I commenti detti, preceduti da una sintesi generale di questo volume, saranno total­ mente autonomi dal presente testo e scritti da studiosi che non han­ no partecipato a questa avventura intellettuale, ciò a dimostrazione ulteriore di autonomia reciproca e di pluralismo concreto. Anche in questo caso, voglio esprimere sentita riconoscenza a Natale Ammaturo ed a Tullia Saccheri per aver accettato e condivi­ so questa mia idea un po' insolita ed audace ed, ancora, a Daniela Migliozzi per aver investito ed accettato di fare da ponte anche per questa nuova sfida aperta sul futuro. Mezzana (Val di Sole), 28 luglio 1 995

Costantino Cipolla

31

l. Le categorie fondative

della sociologia della sessualità

Alcuni precedenti nella storia del pensiero sociologico di Maria Chiara Adorni, Daniela Migliozzi, Roberta Suzzi

l. Premessa : sesso e sociologia

La sociologia, in particolare la sociologia "classica", elude com­ plessivamente il comportamento sessuale quale oggetto specifico ed autonomo di riflessione teorica e di indagine empirica. Essa, infatti, tende a concernere la sessualità per lo più indiretta­ mente e le analisi sociologiche in merito si qualificano prevalente­ Q1ente come studio di altre dimensioni sociali a cui viene "ancorata" la sessualità, quali, in particolare, le dinamiche familiari e la dimen­ sione etica. La letteratura sociologica, disattendendo globalmente un'analisi specifica della dimensione sessuale, quale dimensione complessa e articolata della vita non solo intima e individuale ma anche sociale, privilegia infatti quali temi di indagine le premesse normative (le "regole" morali) e formative del comportamento sessuale, il contesto strutturale (spazio di vita) e relazionale in cui si colloca, i processi di negoziazione relativi alla distribuzione degli oneri familiari, le funzioni genitoriali, la definizione di strategie quotidiane, personali o familiari, di gestione delle risorse [Furlotti 1 994], la definizione dei ruoli maschili e femminili nell 'ambito della gestione domestica ed extra-domestica, eccetera. Basti pensare, nell'ambito della tradizione sociologica classica, a Durkheim il quale, quando si occupa di differenza sessuale, si limita a collocare la donna in una posizione di inferiorità e invisibilità so­ ciale, cioè entro le mura domestiche. Basti pensare a Weber, per il quale l 'analisi della vita sessuale è, e deve essere, strettamente anco­ rata al credo religioso e da esso condizionata.

35

La specificità della relazione sessuale viene quindi complessiva­ mente ignorata in quanto tale tanto dalla teoria quanto dalle ricerca sociologica, finendo per costituire tradizionalmente tematica propria di altre discipline quali la psicologia, la psicanalisi, l ' antropologia, che lungamente se ne sono occupate. Di questo avviso è lo stesso Pareto, secondo il quale la sessualità esula in quanto tale, cioè come comportamento intimo e individuale, dal dominio della sociologia, se non per ciò che concerne le prescrizioni morali ad essa attinenti. Le ragioni de li "'assenza" della relazione sessuale come tema au­ tonomo in sociologia sono molteplici e sono da ricercarsi principal­ mente tanto nella polivalenza e plurisignificatività della dimensio­ ne sessuale, quanto nel suo carattere "intimo" e nella sua natura "sfuggevole". Poiché comunque è possibile registrare, nel contesto della lettera­ tura sociologica più recente, soprattutto internazionale 1 , un interesse , in via di sviluppo per la sessualità, sia nella sua specificità di rela­ zione sociale, sia nei confronti di problematiche ad essa attinenti, quali le strategie riproduttive 2 , intese anche come uso di anticonce­ zionali o diffusione delle pratiche abortive, la violenza intra - ed ex­ tra - familiare e la molestia 3, l 'educazione sessuale degli adolescen­ ti 4, le precedenti considerazioni ineriscono soprattutto le produzioni intellettuali degli autori classici della sociologia, dei cosiddetti "maestri del pensiero sociologico", alcuni dei quali sono oggetto del presente saggio s. Ad eccezione di Georg Simmel, che come vedremo si occupa del­ la relazione sessuale anticipando con lungimiranza alcune recenti di­ gressioni sul tema del "genere sessuale", ed in parte di Adorno, che sa cogliere la "rivendicazione femminile" come passaggio storico ri­ levante eppur problematico, gli altri sociologi analizzati nel presente saggio trattano la sessualità in modo marginale ed indiretto, nel sen­ so precedentemente specificato. Tutto ciò non può che sorprendere ed apparire, in qualche modo, "paradossale": se infatti si prescinde da un'analisi accorta dei conte­ sti storico-culturali entro cui si collocano le elaborazioni intellettuali dei sociologi "classici", contesti "ostili" ad un'osservazione scientil . Per cui si rimanda al saggio di C. Baraldi in questo volume. 2. Si veda a tale proposito il contributo di F. Cremonini in questo volume. 3. Si vedano i contributi di C. Ventimiglia e M. Zorzini in questo volume. 4. Per cui si rimanda a M. Russo in questo volume. 5. I paragrafi 2 e 4 sono di Adorni M.C.; il paragrafo 3 e la premessa sono di Migliozzi D.; i paragrafi 5 e 6 sono di Suzzi R.

36

fica sul tema in questione, appare infatti difficile giustificare l'assen­ za, o quasi, della sessualità nella storia della sociologia se solo ci si sofferma a riflettere che essa costituisce la stessa origine del sociale: la sessualità, come obbligo al due, come obbligo all 'alterità è infatti la premessa della vita sociale, della vita stessa: è qui che nasce la vi­ ta ed è qui che trova senso la società 6. 2. É mile Durkheim: differenza di genere come inferiorità sociale

femminile

L'analisi dell 'opera di Durkheim, alla luce della differenza di ge­ nere e della dinamica sessuale tra uomo e donna, non è di facile rea­ lizzazione per diversi motivi: a) nel periodo in cui Durkheim ha vissuto, lavorato e studiato (fine Ottocento inizio Novecento) queste tematiche non erano così co­ muni, tant'è che vi sono solo degli approcci indiretti alla proble­ matica legata alla differenza di genere; b) la tematica sessuale non era affrontata perché molto lontana dal pensiero, dalla tradizione e dal costume de li' epoca; c) nell'opera di Durkheim non emerge in maniera chiara la dicoto­ mia uomo/donna, mentre prevale il dualismo individuo/società. La società è caratterizzata dalla "presenza" di una coscienza col­ lettiva che ispira, guida le azioni ed il comportamento del singolo individuo. Durkheim, infatti, fa prevalere sulla filosofia naturalistica la me­ todologia sociale come ricerca di tutto ciò che unisce gli uomini fra di loro e li rende uniti per celebrare la loro coesione e la loro vita solidale. È la società che genera il singolo e non viceversa, poiché la so­ cietà non è riducibile alla somma degli elementi che la compongono. La società forma l 'individuo fin dalla nascita, attraverso modelli e valori tipici di un certo contesto storico, sociale e culturale. In ordine a ciò, l 'Autore attribuisce grande importanza alla fun­ zione dell'educazione - che deve variare in rapporto ai diversi con­ testi socioculturali - poiché l 'educazione permette agli individui di introiettare quelle regole che consentono di formulare principi mora­ li adeguati ed aiutano ad orientare, di volta in volta, «l 'agire degli individui, delimitando l 'ambito dei loro desideri ed indicando loro i 6. Si rimanda, a tale riguardo, ali 'Introduzione di questo volume di C. Cipolla.

37

fini concreti da perseguire e le regole che devono essere osservate per raggiungerli» [Crespi 1 985: 1 24]. «Così nel presente come nel passato, il nostro ideale pedagogico è, fin nei particolari, opera della società. E questa che ci traccia il ri­ tratto de li 'uomo che noi dobbiamo essere e in questo ritratto vengo­ no a riflettersi tutte le particolarità della sua organizzazione» [Durkheim 1 97 l a: 89-98]. « ( . . . ) appare evidente che ogni educazione consiste in uno sforzo continuo per imporre al bambino modi di vedere, di sentire e di agi­ re a cui non sarebbe pervenuto spontaneamente ( . . . ) La pressione ininterrotta che il bambino subisce non è altro che la pressione nell'ambiente sociale, il quale tende a plasmarlo a sua immagine e di cui i genitori e i maestri sono solitamente i rappresentanti e gli in­ termediari)) [Durkheim 1 963: 28-29] . L'educazione è per Durkheim lo strumento grazie al quale l ' indi­ viduo apprende insegnamenti, regole, norme, valori che gli consen­ tono di vivere nel rispetto del dettato sociale e del ruolo imposto dal contesto sociale. L'ordine è perciò possibile solo se tutti rispettano il proprio ruolo a partire da quello sessuale. La diversità tra il sesso maschile e quello femminile non è solo di natura anatomica e biologica, ma soprattutto psichica ed intellettuale. La riflessione di Durkheim si orienta a favore del sesso maschile. La sua opinione sulla donna, infatti, (peraltro estremamente diffu­ sa in quel periodo, sia in ambiente scientifico che di senso comune) è di inferiorità rispetto ali ' uomo: per avvalorare la sua tesi, egli ha fatto suoi i risultati di uno studioso dell 'epoca, Le Bo n, il quale ha giustificato, da un punto di vista naturalistico, l'inferiorità femminile [Durkheim 1 97 l b]. Secondo Le Bon, nel corso dei secoli, i l cervello maschile e fem­ minile si sono sviluppati in maniera differente: nel l 'uomo si è avuto uno sviluppo rimarchevole del cranio, mentre nella donna si è regi­ strata una stasi se non, addirittura, una regressione dello stesso. Il differente sviluppo del cranio ha, conseguentemente, influenza­ to lo sviluppo intellettuale della donna: «Oggi presso i popoli civili, la donna conduce un 'esistenza del tutto differente da quella del l ' uo­ mo. Si potrebbe dire che le due grandi funzioni della vita psichica si sono quasi dissociate e che uno dei sessi ha accaparrato le funzioni affettive e l ' altro le funzioni intellettuali» [ibidem: 82] . Questa affermazione giustifica la specializzazione funzionale che regola la divisione del lavoro sessuale: infatti la donna è palesemente collocata, senza possibilità di sfuggirvi, nella sfera del sentimento, del l 'affettività, mentre l 'uomo in quella delle funzioni intellettuali. 38

Fino a quando la distinzione tra le funzioni psichiche ed intelletti­ ve - periodo primitivo - non era evidente, donne e uomini svolgeva­ no mansioni quasi indifferenti, ma la differenziazione delle funzioni psichiche ha imposto alla donna un ruolo che l ' ha gradatamente al­ lontanata dal contesto visibile della società. Durkheim spiega tutto ciò attraverso la teoria evoluzionistica: «Se ammettiamo che lo sviluppo dell'individuo riproduce in breve quel­ lo della specie, abbiamo il diritto di congetturare che la medesima omogeneità potesse venir riscontrata ali ' inizio del i ' evoluzione uma­ na, e di vedere nella forma femminile quasi un'immagine approssi­ mativa di ciò che era in origine il tipo unico e comune dal quale la varietà maschile si è a poco a poco allontanata» [ibidem: 80] . L'evoluzionismo per Durkheim interessa l ' uomo (non la donna), il quale si è evoluto tanto da riuscire, nel tempo, a rispondere alle esi­ genze di una società costruita sulla divisione del lavoro la quale, se ben organizzata, determina non situazioni di conflittualità, ma di ami­ cizia e di cooperazione limitando così il pericolo dell ' anomia sociale. La donna, che non si è sviluppata allo stesso modo nel corso dei secoli, non ha acquisito gli strumenti che le potessero consentire di sviluppare le proprie capacità intellettuali e, a causa di ciò, si è tro­ vata sempre più imprigionata ali ' interno delle mura domestiche in una condizione di invisibilità sociale. Le motivazioni di una mancata evoluzione femminile, al pari di quella maschile, non sono esplicate da Durkheim il quale accentua semplicemente la propria convinzione di una interrotta evoluzione della donna: riassumendo il pensiero di Durkheim, si può ipotizzare che la donna è inferiore ali ' uomo e la ragione di tale fatto deve esse­ re ricercata nel i ' idea che si è evoluta meno e si è evoluta meno per­ ché è inferiore. Durkheim non ha dato perciò motivazioni in grado di spiegare la successione, o la mancata successione, del i ' evoluzione femminile. A causa del .suo mancato sviluppo, la donna si è trovata a dover rispettare un ruolo sociale inferiore rispetto a· quello maschile. Tutto ciò ha fatto sì che uomini e donne occupassero, sia in ambi­ to sociale, che familiare, posizioni diverse. La società occidentale è strutturata prevalentemente sul "patriar­ cato": questo concetto è evidente se si pensa ad alcuni elementi ca­ ratteristici della società: le forze armate sono "composte da uomi­ ni", si parla di "capitani di industria", nel mondo del lavoro si ope­ ra agevolando maggiormente l ' universo maschile rispetto a quello femminile. 39

Kate Millet affermava che «( . . . ) la diffusa accettazione del pregiudi­ zio della superiorità maschile assicura uno "status" superiore al ma­ schio ed uno inferiore alla femmina: si è andato cioè designando ali 'uo­ mo un ruolo superiore rispetto a quello femminile» [ 197 1 : 43-76]. Sostiene perciò Margaret Mead: «( . . . ) una società umana, grande o piccola, semplice o complessa, basata su sistemi rudimentali di caccia e di pesca o su un sistema commerciale complesso . per lo scambio di prodotti manufatti, deve possedere per sopravvivere uno schema di vita sociale che tenga conto delle differenze tra i due ses­ si» [ 1 962: 1 55- 1 70]. Nonostante i l riconoscimento di differenze di base tra uomini e donne, nel tempo si è perciò privilegiato i l ruolo maschile rispetto a quella femminile. La stessa organizzazione del tempo è stata pianificata sulla base dei bisogni e delle necessità "maschili" (calendari, rigorosa cronologia del­ le regole di vita e di preghiera monastica, l 'introduzione dell'orologio per la regolamentazione della vita nelle città, eccetera) che non hanno saputo adeguatamente rispettare le esigenze del mondo femminile. Questa organizzazione della vita sociale, lavorativa, politica, ten­ dente ad agevolare e rispettare i bisogni del l 'universo maschile, si fonda principalmente su una diffusa opinione di inferiorità della donna rispetto ali ' uomo. La donna è stata collocata, per secoli, sullo sfondo di uno scena­ rio in cui gli uomini sono stati gli unici protagonisti, mentre essa è stata obbligata ad assistere ed accettare decisioni altrui senza possi­ bilità di intervento. Essa è stata paragonata all 'arcaicità ed all 'immobilismo dei popo­ li primitivi, pregnante di affettività, ma priva, o limitata, a livello in­ tellettivo. L'inferiorità femminile diventa lo spunto per l ' uomo per evolversi sempre di più. Durkheim, infatti, riflette: «Quando vediamo in certe classi donne occuparsi d 'arte e di letteratura al pari degl i uomini, saremmo tentati di credere - è vero - che le occupazioni dei due sessi tendono a ridi­ ventare omogenee. Ma anche in questa sfera di azione la donna reca la propria natura e sostiene una parte del tutto particolare, diversissi­ ma da quella dell ' uomo. Inoltre, se l ' arte e le lettere cominciano ad interessare le donne, l 'altro sesso sembra trascurarle per dedicars i specificatamente alla scienza. Potrebbe quindi darsi che questo ap­ parente ritorno ali 'omogeneità primitiva non sia altro che l ' inizio di una nuova differenziazione» [Durkheim 1 97 1 b: 82]. 40

Dal momento in cui le donne hanno cominciato ad occuparsi di attività a loro del tutto estranee, perché prerogativa maschile, gli uo­ mini hanno indirizzato la loro attenzione verso interessi nuovi. L'azione della donna, proprio perché è collocata su un piano di inferiorità rispetto a quello dell 'uomo, è inquinante, è svilente: in conseguenza di ciò l ' uomo dirige il proprio interesse verso orizzonti nuovi di cui egli può ritenersi l ' unico detentore 7. La specializzazione dei compiti, delle funzioni non è pregnante, come già sottolineato, solo in ambienti esterni a quello domestico, al contrario questa "iper specializzazione" si è andata strutturando pri­ ma di tutto neli' ambito de li' organizzazione domestica. Durkheim infatti sostiene che la specializzazione dell'uomo e del­ la donna, neli ' ambito della di visione del lavoro sessuale, permette la solidarietà coniugale. Secondo L'Autore con lo svilupparsi delle società moderne il ma­ trimonio, come unione di coppia, si è articolato sempre di più: i vin­ coli tra i coniugi si sono moltiplicati così come le obbligazioni, si sono emesse delle sanzioni che puniscono il mancato rispetto dei doveri coniugali, è stato stabilito che il matrimonio si può sciogliere solo nel rispetto delle leggi em�sse. L'unione dei due sposi è così diventata solida, intima, duratura. La nuova configurazione del matrimonio si è ripercossa anche sul ruolo sessuale: la donna ha abbandonato la guerra, si è ritirata dalla vita pubblica e gradatamente ha concentrato la propria attenzione sulla vita e l 'organizzazione familiare, la cura dei figli e del marito, specializzandosi sempre di più in tale senso. All'ampiezza di spazi propri dell' uomo, si è opposta una delimi­ tazione di luoghi per la donna che consisteva nella casa e, al suo in­ temo, nella cucina dove le donne prendevano il sopravvento sugli uomini [Melograni (a cura di) 1 988]. La donna possedeva il potere solo nel suo "regno" (cucina, cura della casa, dei figli) insieme alle altre donne di casa (suocera, cogna­ te, sorelle), mentre tutto ciò che riguardava il "resto" era dominio dell 'uomo, cioè lavoro, vita pubblica, difesa personale e del territorio. 7. Di diverso avviso sono stati invece Sirnmel ed Adorno (per cui rimandiamo ai due contributi di questo saggio), i quali, pur partendo da riflessioni analoghe a quel­ le di Durkheim, sono giunti a conclusioni diverse, rispetto al ruolo della donna nel­ la società. Simmel infatti, anticipando i tempi, non solo riconosce le peculiarità pro­ prie della donna, rivalutandole rispetto ai suoi contemporanei , ma arriva a definirle come necessarie, se connesse comunque a quello dell 'uomo, per lo sviluppo cultu­ rale della civiltà. Dal canto suo Adorno esalta la trasformazione dell' immagine so­ ciale della donna (da donna oggetto a donna soggetto), pur restando consapevole delle trasformazioni socioculturali che tale passaggio comporta.

41

Questa profonda specializzazione delle funzioni è legata al con­ cetto di dissociazione delle funzioni psichiche: infatti dominio del sesso maschile sono le funzioni intellettuali, mentre quelle affettive, per le quali non è vincolante la facoltà intellettiva, sono prerogativa femminile. Questa suddivisione, radicata nell'organizzazione sociale e fami­ liare del mondo occidentale, evidenzia la diversa importanza attri­ buita all 'uomo ed alla donna: infatti perché la donna possa svolgere le attività che il contesto sociale le ha assegnato non è indispensabi­ le l 'uso de li 'intelligenza, ma è sufficiente il "buon senso" affinché possa essere una buona moglie e madre, rispettosa delle convenzioni e delle nonne sociali. La divisione del lavoro sessuale per Durkheim dà origine a rela­ zioni di reciprocità: infatti maschio e femmina, poiché incompleti, dipendono l 'uno dal l ' altra per l 'espletamento di quei compiti che la società attribuisce essere competenza del l ' altro sesso. Il matrimonio per la donna rappresenta lo strumento attraverso il quale potersi riparare dai pericoli che la vita pubblica le oppone. La donna, che peraltro non guadagna nulla dal matrimonio, attra­ verso questo trova nella vita domestica i l riparo dagli attacchi esterni. Il matrimonio per l ' uomo è invece un atto che gli consente di mo­ strare le proprie qualità, potenzialità, è anche uno strumento in cui egli ha la possibilità di realizzare la propria vocazione alla socialità. La stabilità del matrimonio è perciò dovuta per Durkheim proprio a questi fatti, cioè che l 'uomo e la donna rispettino quelle nonne so­ ciali che si sono consolidate nel tempo, in modo da poter arginare il pericolo dell'anomia coniugale. L'anomia coniugale si detennina quando le funzioni sociali fem­ minili e maschili cessano di esistere per cui, ad esempio, l 'uomo de­ ve iniziare ad occuparsi di attività che non gli competono. È il caso sia della vedovanza che del divorzio in cui funzioni, compiti, che socialmente non competono ali 'uomo, si concretizzano improvvisamente senza che egli abbia la capacità, gli strumenti, la competenza, la legittimazione sociale per affrontarli. Diversa è la situazione della donna in quanto essa è meno esposta ali 'influenza sociale perché la sua vita è orientata verso l ' interno, verso il privato. «( . ) Vivendo più del l 'uomo fuori della vita comu ­ nitaria, la vita comune le penetra meno e la società le è meno neces­ saria perché è meno impregnata di socialità. Essa ha pochi bisogn i rivolti in questo senso e l i accontenta con poca spesa» [Durkheim 1 969a: 264] . . .

42

Il divorzio provoca una completa rottura del l 'ordine coniugale ed una- conseguente incapacità di fare propri ruoli legati all'altro sesso. Per Durkheim, infatti, la donna presenta una m inore propensione al suicidio rispetto all 'uomo in quanto essa è molto meno impegnata nella vita collettiva, di conseguenza, avverte meno l ' azione buona o cattiva della società [ibidem: 357-360]. Per poter ridurre al massimo il numero dei divorzi (e perciò, se­ condo Durkheim, anche quello dei suicidi) occorre fare in modo che il matrimonio diventi più indissolubile, attraverso il rinforzo delle competenze maschili e femminili ed il conseguente rispetto della suddivisione sociale dei ruoli. Secondo l 'Autore se si rendesse indissolubile il matrimonio, dimi­ nuirebbe il numero dei divorzi ed il rischio di uno stato di anomia coniugale e, di conseguenza, si ridurrebbe il numero di suicidi degli uomini. «( . . . ) L'unico modo di diminuire il numero dei suicidi do­ vuti all'anomia coniugale è di rendere il matrimonio più indissolubi­ le. Ma a rendere il problema singolarmente inquietante e a conferir­ gli un interesse quasi drammatico sta il fatto che non si può diminui­ re il suicidio dei mariti senza aumentare quello delle mogli» [ibidem: 452-453]. Questa affermazione convalida ancora una volta l ' importanza che Durkheim attribuisce ali 'universo maschile rispetto a quello femmi­ nile: egli non ipotizza infatti una soluzione che possa essere positiva per entrambi i sessi, al contrario la sua opinione è che si debba co­ munque salvaguardare il sesso maschile e poco importa se gli stru­ menti posti in essere si dovessero rivelare negativi per la donna. L'osservazione compiuta da Durkheim, infatti, sugli uomini e le donne parte da presupposti differenti: egli indaga l ' uomo utilizzando gli strumenti euristici della sociologia perché comunque lo reputa una persona a tutti gli effetti, al contrario indaga la donna con stru­ menti naturalistici in quanto la considera in termini di primitività, semplicità, non attribuendole un preciso ruolo sociale, ma ritenendo­ la una persona con pochi bisogni a livello sociale e comunque facil­ mente esauribili. Come conclusione di queste poche pagine di riflessione su Durkheim, è emblematico riportare un brano tratto da Le suicide che riassume l ' opinione che l 'Autore ha elaborato nel corso delle sue ri­ flessioni sulla figura maschile e quella femminile e sulla impossibi­ lilà di considerare uomini e donne sullo stesso livello, a causa del mancato sviluppo intellettuale della donna. «A coloro che invocano fin da oggi la parità dei diritti tra uomo e donna diciamo che non di43

mentichiamo che l 'opera dei secoli non si può cancellare in un istan ­ te, e che la parità giuridica non può essere legittima finché I ' inegua­ glianza psicologica è tanto flagrante ( . . . ) Perché l'uomo e la donna possano essere ugualmente protetti dalla stessa istituzione, occorre, innanzitutto, che siano esseri della stessa natura» [ibidem: 454].

3. Georg Simmel: la sociologia dei sessi come differenza negata Georg Simmel, figura enigmatica della cultura europea del primo Novecento, costituisce per molti aspetti un'eccezione rispetto non solo ai suoi contemporanei, tra cui lo stesso Weber, ma a tutta la tra­ dizione sociologica moderna s. La lungimiranza delle sue elaborazio­ ni teoriche, tra cui quelle inerenti al tema della "relazione sessuale", lo collocano infatti, nel l ' ambito della disciplina sociologica classica, in una posizione di "isolamento" ed "originalità" intellettuali. Georg Simmel, pensatore di origine ebraica (origine peraltro non accompagnata da un'adesione di carattere confessionale) nato a Ber­ lino il l marzo 1 858, è infatti un intellettuale elusivo e straordinaria­ mente moderno, capace di vagabondare in ogni dimensione del l 'esperienza, tra cui, appunto, quella sessuale, pur mantenendosi per tutta la vita estraneo rispetto ai canoni consolidati di ricerca scientifica ed emarginato dalla vita accademica. È infatti solo nel 1 9 1 4, alcuni anni prima della morte (avvenuta a Strasburgo il 26 dicembre 1 9 1 8), che ottiene il riconoscimento di una cattedra universitaria in filosofia nella periferica sede di Strasburgo. Estroso ed insofferente di barriere disciplinari, avido di cono­ scenza della vita quotidiana e autore di una miriade di saggi nei quali l 'acume analitico si intreccia con il rifiuto di ogni intento si­ stematico, Georg Simmel è una figura complessa: tale complessità si manifesta nella vastità del l 'opera simmeliana. L'enorme e non omogenea produzione simmeliana consta infatti di circa trenta libri in edizione originale (tra monografie, raccolte di saggi e antologie postume) e trecento articoli, spesso rielaborati o ripresi in opere più ampie (per non parlare della produzione anonima e di quella ancora inedita). Produzione intellettuale che copre quasi tutto lo spettro delle scienze filosofiche e umane: metafisica, gnoseologia, etica, 8. Lo stesso Parsons, che vive e scrive diversi anni dopo Simmel, disegna con­ cetlualmente come tipologia di donna socialmente prevalente nell'America degli anni '50 la casalinga inurbata, asse centrale della famiglia, specializzata nel ruolo espressivo di cura dei figli e di gestione dell'economica domestica.

44

estetica, filosofia della religione, dell'arte, della storia, della lettera­ tura, e poi sociologia, psicologia sociale, pedagogia, sociologia del­ le arti e della cultura, della moda, dell'economia, della condizione femminile e dei sessi. Alla vastità della produzione intellettuale cor­ risponde inoltre la dispersività e la frammentarietà della sua opera in cui si può trovare di tutto: l 'orientamento relativistico dei primi l ibri sulla storia, la società, la morale e la metafisica della vita, il metodo astratto e analogico della Filosofia del denaro e la sottile capacità di osservazione empirica degli scritti sociologici e di anali­ si della cultura [Migliozzi 1 995]. Il carattere dispersivo e plurale del pensiero simmeliano, che costi­ tuisce un eccellente esempio di riflessione analogica e un modello eccellente di analisi interdisciplinare, e della sua opera internamente differenziata, sia per la vastità degli interessi, dei campi di ricerca, dei saperi esplorati, sia per un evidente mutamento intervenuto tra i primi scritti, di tono "positivistico", e gli ultimi dominati da una me­ tafisica della vita, risulta come tratto dominante anche della produ­ zione specificatamente sociologica, articolata attraverso un approccio non sistematicamente sviluppato 9 . L'interesse sociologico di Simmel viene preannunciato dagli ar­ gomenti di diversi articoli del decennio 1 880- 1 890 e comincia con lo studio La differenziazione sociale ( 1 890), raggiungendo la piena realizzazione con la Filosofia del denaro ( 1 900). Tra queste due opere appare un gran numero di articol i che, ampliati, riveduti e corretti, sono rielaborati nella raccolta che porta i l titolo di Soziolo­ gie ( 1 908). Le sue elaborazioni sociologiche prendono da subito le distanze sia dalla sociologia convenzionale allora dominante, la teoria organi­ cistica di Comte e Spencer, sia da quella durkheimiana e strutturai­ funzionalista, dal realismo macrosociologico, in altre parole da tutte quelle concezioni della sociologia che assumono come punto di par9. Simmel non intende infatti delineare una apparato concettuale per interpretare la società, ma ci indica le premesse di un modo di condurre l ' analisi dei fenomeni sociali, disaggregandoli nei loro diversi e molteplici elementi [Mongardini 1 989]. Questo approccio, se risponde all'esigenza di cogliere il significato più profondo della vita sociale nel suo stesso farsi, spiega altresì l 'interesse dell'autore per gli aspetti sub-istituzionali, microscopici del sociale, in cui il processo intera t t i v o è in massima evidenza. Limitarsi allo studio delle "grandi forme" della società signifi­ cherebbe in tale prospettiva non ricostruire la vita sociale così come ci è data ,.nel l 'esperienza. È infatt i nel tessuto delle relazioni innumerevoli che si trovano quelle reciprocità di azione che rappres e n tan o i fattori essenziali della Vergesel/­ schaftun!J.

45

tenza i l concetto onnicomprensivo di società, a cui S immel oppone l ' idea che l 'unica realtà genuina sia costituita dalle attività degli in­ dividui che formano la società [Migliozzi 1 995] . Già nella fase iniziale della sua produzione Simmel rimane infatti fedele ali ' idea, mutuata dali 'atomismo logico di Fechner, che ciò che esiste in realtà è l 'individuo singolo, psicologicamente determi­ nato, mentre la società non costituisce in sé nessuna sostanza. Tutta­ via, soccorso da una solida formazione kantiana, Simmel cerca di spiegare in che cosa consista quest'ultimo fenomeno e che significa­ to esso abbia per il singolo individuo, unica entità sostanziale. È questo il percorso che porta Simmel ad occuparsi di sociologia, disciplina che, nella sua prospettiva teorica, ha il compito di studiare le forme delle interazioni tra individui, essendo la società costituita da un insieme di interazioni formali. A livello teorico Simmel afferma infatti la possibilità di isolare sul piano analitico lo studio delle "forme di associazione" (Formen der Vergesellschaftung) da quello che di volta in volta è il loro con­ tenuto psichico (lnhalte der Vergesellschaftung). Ciò significa che per Simmel le relazioni sociali, pur fondandosi su premesse psicolo­ giche, non si risolvono in esse, così come la sociologia non si risol­ ve nella psicologia 1 0. I O. Simmel relega, a livello teorico, nell'ambito della psicologia l 'interpretazio­ ne e la comprensione dei motivi, degli interessi, del senso individuali. Tuttavia un'attenta lettura della sua opera permette di comprendere, a nostro avviso e come afferma Segre [ 1 987], come sia l 'individuo (e con lui le sue motivazioni, i suoi sen­ timenti, pensieri, azioni, il suo senso soggettivo) a costituire il fulcro dell'analisi simmeliana, anche quella che si vuole specificatamente sociologica. Il problema dell'individualità è presente infatti in tutta la produzione simmelia­ na, al punto tale che si può parlare di "un'evidente ossessione" [Dal Lago 1 983] del nostro autore per questo tema. Il destino dell'individuo, l ' identificazione dei possibili spazi di l ibertà nei con­ fronti del sociale appaiono come preoccupazioni costanti del l ' Autore. L' interesse per il "soggetto" appare evidente sia nei primi temi degli scritti di Simmel (la differenziazione sociale, la filosotìa della storia, la morale) come in quelli più "maturi" (il denaro, le forme sociali, la vita); entrambi costituiscono delle variazioni intumo a un motivo filosofico dominante, che fa del l 'individuo il perno centrale delle sue analisi: come si può pensare l 'individualità nell 'epoca della so­ cietà di massa e del declino della cultura tradizionale? Nonostante la pregnanza di tale matrice "soggettivistica" (che comunque non impedisce al Nostro, con l'introduzione del concetto di "inlerazione", di porsi al ri­ paro tanto da una concezione della società come entità autonoma tanto da un'inter­ pretazione del tutto individualistica della sociologia) e nonostante profonde affinità tra la metodologia simmeliana e quella weberiana, Simmel non giunge alla formula­ zione di una vera e propria sociologia comprendente, come invece qualcuno ha in-

46

È proprio il suo interesse per le Formen der Vergesellschaftung che conduce l ' Autore ad occuparsi delle forme sociali della moder­ nità, ambito nel quale egli sviluppa le sue riflessioni inerenti le di­ mensioni, sociologicamente "inusuali" (soprattutto ali'epoca), del­ l'amore e della sessualità, dimensioni, come vedremo, lette attraver­ so la categoria del "genere sessuale". S immel è infatti uno dei pochi sociologi moderni ad aver riflettu­ to sulla differenza sessuale e sul l 'esperienza amorosa: è infatti in queste due direzioni che si sviluppano le produzioni simmeliane sul tema in esame. Nella sociologia tedesca dell'Ottocento, la posizione della donna nell a società era stata oggetto di alcune riflessioni occasionali (si pensi, ad esempio, a Herbert Spencer), ma solo S immel ha esteso questo problema alle relazioni tra i sessi, cercando di cogliere l 'uni­ cità della donna di fronte ali 'uomo e giungendo a tematizzare e ri­ vendicare il ruolo della donna nel mondo moderno senza, come in­ vece fa Weber, sminuirla in una condizione di invisibilità sociale ma anzi valorizzandone la specificità. Il tema del i ' individualità, leitmotiv dell 'opera simmeliana, non poteva d 'altronde ignorare il destino della donna, alla quale già il giovane Simmel dedica uno dei suoi primi saggi, nel tentativo di co­ glierne la psicologia 1 1 . Né il fatto di essere uomo né l 'inevitabile condivisione di alcuni pregiudizi e stereotipi del suo tempo (egli è agli antipodi della miso­ ginia diffusa nella cultura filosofica del suo tempo, da Schopenauer a Nietzsche e in quella sociologica) hanno impedito quindi a Sim­ mel di partecipare ai dibattiti suscitati dai primi movimenti femmini­ sti, dei cui limiti egli si rese comunque subito consapevole, e di comprendere l 'oggettiva subordinazione delle donne nella società moderna [Dal Lago 1 994]. Il Nostro anticipa con sorprendente lungimiranza alcune proble­ matiche assunte come centrali nell'ambito del dibattito contempora­ neo relativo alla categoria del "genere sessuale" (per cui si veda par. 3 . 1 ), giungendo a definire la relazione tra i sessi come relazione ca­ ratterizzata dal predominio della cultura oggettiva degli uomini. travisto: anziché sviluppare compiutamente una spiegazione sociologica del senso del comportamento sociale, dell 'azione sociale, Simmel delinea un'analisi di tipo psicologico-sociale [vedi Migliozzi D. ( 1 995), Le interuzioni della vita quotidiana nella sociologia formale di Georg Simmel, in Guamieri G. (a cura di), La metodo­ /ogia nei classici della sociologia, Angeli, M i lano, in corso di pubblicazione] . I l . Zur Psycholot:ie der Frauen, i n "Zeitschrift fur Volkerpsychologie und Sprachwisswnschaft", n. 20, 1 890, pp. 6-4.

47

Nel saggio del 1 9 1 1 Il relativo e l'assoluto nel problema dei sessi, che riassume vent'anni di riflessioni su maschile e femminile, egli scrive: «La relazione fondamentale della nostra specie corre tra la mascolinità e femminilità e anche in essa compare questo tipico pro­ cesso per cui un membro di una coppia di elementi relativi diviene assoluto. Nel misurare la produttività e l 'indole, l 'intensità e le for­ me strutturali della natura maschile e femminile ricorriamo a deter­ minati parametri di tali valori, ma ci accorgiamo che questi parame­ tri non sono neutrali, equidistanti dai due sessi: essi risultano di tipo maschile. ( . . . ) Le necessità artistiche, il patriottismo allo stesso mo­ do del cosmopolitismo, la moralità generale e le idee sociali partico­ lari, l 'equità del giudizio pratico e l 'obiettività del conoscere teoreti­ co, la forza e l 'approfondimento della vita - tutte queste categorie sono, per così dire, quanto alla forma e ali ' esigenza che racchiudo­ no, generalmente umane, ma del tutto maschili nella loro formazio­ ne storico-effettuale. Se attribuiamo a queste idee che si presentano come assolute, il nome di Oggettivo per eccellenza, allora nella vita storica della nostra specie vale l'eguaglianza: oggettivo maschile. Ben ancorata a profonde ragioni metafisiche, quella permanente ten­ denza umana a mettere in risalto uno dei concetti contrapposti che si danno a vicenda senso e valore, per fargli abbracciare, dominandolo in un significato assoluto, l 'intero gioco di equilibri e sovrapposizio­ ni, quella tendenza si è costruita un paradigma storico nella relazio­ ne fondamentale della sessualità umana» [Simmel 1 985a: 55]. Simmel riflette quindi, con quell ' acume analitico che contraddi­ stingue le sue elaborazioni, sul fatto che l 'umanità è divisa in "gene­ ri" e conclude che la disparità tra i sessi è fondata su uno squilibrio interno alla relazione fra i sessi, squilibrio cristallizzatosi nel tempo e nella cultura, nelle stesse "premesse cognitive" dei soggetti che nell'ambito di tale cultura formano la loro identità. A partire dalle società arcaiche, la donna, infatti, in virtù del suo ruolo procreativo, acquista "valore" e al contempo "subordinazio­ ne": nella famiglia, luogo sociale della riproduzione fondato sulla relazione madre-figli, si manifestano infatti logiche di dominio e di proprietà (dell 'uomo sulla donna) che determinano uno squilibrio 1 2 tra i sessi in cui le norme e le definizioni maschili hanno da sempre i l sopravvento sul l ' identità femminile, segnando inesorabilmente la relazione fra i due generi. =

1 2 . Simmel G. Zur Soziologie der Familie, in "Vossische Zeitung", n. 30 giugno 1 895.

48

La subordinazione del femminile alla cultura maschile si manife­ sta anche nelle istituzioni del matrimonio per interesse e della pro­ stituzione, in cui solo gli uomini possono essere compratori, subor­ dinazione che conduce la donna a divenire, soprattutto nell'epoca dell'economia monetaria, un valore di scambio: in ciò la donna met­ te in gioco la totalità del suo sé, mentre l 'uomo, in quanto comprato­ re, solo una parte trascurabile del suo io: «l'impegno della donna è infinitamente più personale, più essenziale, più globalmente impe­ gnativo per l ' io di quello dell 'uomo» 1 3 • Lo stesso matrimonio moderno reca le tracce di una disparità che si è determinata nello sviluppo delle relazioni famigliari 1 4 [Dal La­ go 1 994] e che ha configurato la donna come storicamente "vittima" della cultura maschile di predominio, identificando i rapporti tra i sessi come relazioni di potere, regolati sul codice simbolico dello scambio e, in quanto tali, comprensibili come prodotto di un'interdi­ pendenza simbolica tra costrizione e consenso. Ma Simmel si spinge oltre, per giungere ad affermare che se le donne sono storicamente vittime della cultura oggettiva maschile, tale squilibrio ha le sue radici in una differenza "antologica": alla natura dell'uomo appartiene la tendenza al calcolo, al pensiero stra­ tegico, alla divisione del lavoro, le donne invece appaiono come es­ seri unitari: «Se dovessimo ricorrere ad un simbolo per esprimere la specificità dell 'anima femminile, potremmo dire che nella donna la periferia è più strettamente legata al centro, che le parti sono più so­ lidali con tutto l 'insieme di quanto non accada nella natura maschi­ le. In questo caso anche la prova sui singoli conferma che non vi è quello sviluppo differenziato, quella separazione dall'io e dai suoi centri sentimentali, che spinge a lavorare nell'oggetti vo, rendendo così compatibile lo specialismo disanimato con un'esistenza perso­ nale ricca e piena di vita» [Simmel 1 985a: 2 1 7 ] . L'aver identificato d a parte d i Simmel l a specificità della donna nel suo "essere unitario", coglie, con la consueta lungimiranza delle 1 3 . Simmel G. ( 1 985), Schriften zur Philosophie und Sozio/ogie des Geschlech­ ter, Suhrkamp, Frankfurt: 1 49. Si pensi come, già in questa breve osservazione simmeliana, sia anticipato, o quanto meno intuito (sebbene in un ambito di discorso particolare come quello qui affrontato dall'autore, il concetto di compatihilità femminile, per cui si veda Cipolla (a cura di) 1 994. 14. Simmel riconosce quindi il problema della disparità dei sessi e dell'inferiorità sociale della donna come problema eminentemente culturale, a differenza di Weber per i l quale la donna è biologicamente (e giustamente secondo lui!) meno sviluppata intellettualmente dell 'uomo e ciò giustifica la sua inferiorità e invisibilità sociale.

49

sue intuizioni, uno degli aspetti del l 'universo femminile recentemen­ te e maggiormente valorizzato. Il tenere insieme, da parte delle don­ ne, piani esperienziali diversi senza rinunciare a nessuno sembra in­ fatti porsi come l ' obiettivo e il progetto esistenziale di vita delle donne contemporanee che, dopo un lungo ed intenso cammino di emancipazione, colgono nell ' intreccio fra ambiti plurali dell' esisten­ za una dimensione privilegiata [Cipolla (a cura di) 1 994] . Accanto ad un'identità maschile tendenzialmente riduttiva in senso strumen­ tale in cui prevalgono i paradigmi culturali del potere, della compe­ tizione, della unilateralità [ibidem: 1 0] , si è sviluppata nel tempo un ' identità femminile fatta di pluralità, coesistenze e compatibilità, sebbene non priva di contraddizioni. Simmel anticipa quindi tutto ciò definendo il rapporto maschile/fem­ minile come terreno di scontro tra "culture" antagoniste, la cultura oggettiva maschile e la cultura soggettiva femminile che determina­ no le due maniere individuali di rapportarsi al mondo: la prima ha storicamente acquisito il predominio sulla seconda. Infatti si manifesta la tendenza diffusa di valutare prestazioni e mentalità, intensità e creatività degli uomini e delle donne in base a determinate nonne che non sono neutrali, né sottratte all 'antagoni­ smo tra i sessi, bensì attengono esse stesse all 'essenza maschile. Ciò significa affermare il predominio del paradigma maschile non solo nel l ' ambito della relazionalità fra i sessi, ma anche ad un livel­ lo cognitivo e culturale, laddove si riconosca il carattere sessuato del pensiero, delle strutture concettuali. Nel suo saggio Cultura femminile [Simmel 1 985a] l 'Autore so­ stiene che la cultura del l 'umanità non è infatti, neppure nei suoi contenuti oggettuali, qualcosa di asessuato, né la sua oggettività la pone in un al di là dell'uomo e della donna. La cultura oggettiva è del tutto maschile, cultura emersa dali 'esi­ genza di fornire una legittimazione alla sopraffazione dell ' uomo sul­ la donna, trasformando il potere in diritto. Il carattere mascolino dei contenuti oggettuali della cultura moderna predetennina il destino di subalternità della cultura soggettiva della donna, che è essenza con­ traria alla razionalizzazione del mondo, non solo perché naturalmen­ te unitaria (da cui il suo ruolo nel mantenimento della famiglia come unità sociale primaria), ma anche perché storicamente refrattaria ali ' intellettualismo moderno [Dal Lago 1 994] . Il femminile diviene così nell'ottica simmeliana u n luogo privile­ giato della critica alla modernizzazione. In tale senso il problema della condizione femminile si presenta come intimamente connesso 50

con quello più generale relativo al destino di un' intera civiltà, quella moderna, giunta alle soglie di mutamenti irreversibili. Le donne rappresentano infatti nella formulazione simmeliana la possibilità di un esito diverso della modernità: la possibilità di una loro cultura autonoma potrebbe cioè contrastare la tendenza ali 'ag­ gettivazione della cultura nei campi tradizionalmente maschili, come la scienza, il diritto, la medicina, l'arte, autonomizzazione che an­ drebbe conciliata con la realizzazione di una piena uguaglianza giu­ ridica di uomini e donne. Ponendo l'accento sull ' antagonismo esistenziale femminile nei confronti dei valori dominanti, sempre più reificati rispetto alla sog­ geuività, Simmel non solo allora accoglie il movimento femminista e ne definisce limiti e contraddizioni, ma lo rilancia come tessera importante di quel mosaico della modernità di cui egli stava cercan­ do di tracciare la microsociologia. Se è vero che l 'ideale del movimento femminista deve essere una femminilità indipendente, è altresì importante che la rivendicazione di una differenza "esagerata", attivata in un primo momento, si pon­ ga in una prospettiva a lungo termine di sintesi finale: una sintesi di una cultura oggettiva (maschile) arricchita dalle sfumature femmini­ li [Simmel 1 985a: 242], negando con ciò l 'incompatibilità e l 'incon­ ciliabilità tra "universo femminile" e "universo maschile". Le riflessioni simmeliane sulla relazione tra i sessi vertono diret­ tamente anche la sfera dell'amore, anticipando di almeno settant'an­ ni le digressioni luhmaniane sulla semantica dell'amore e sulla pro­ duzione sociale dei significati del l ' amore e dell'erotismo 1 s . Nel suo Fragment uber das Liebe 16, Simmel definisce l ' amore come esperienza assoluta, primaria ed unitaria per definizione, di­ mensione capace di ricomporre le diverse scissioni del soggetto mo­ derno in quanto unità tra le diverse attitudini del singolo e allo stes­ so tempo tra le due diverse soggettività degli amanti. La dialettica dell 'amore crea così una correlazione che è altro dalla mera relazio­ ne tra due soggetti : «L'amore è una categoria prima, che non ha fon­ damento. E ciò precisamente, perché determina il suo oggetto nella totalità del suo essere ultimo ( . . . ) Allo stesso modo in cui io stesso sono, come amante, un altro rispetto a quello che ero in precedenza ( . . . ) così l ' amato è in quanto tale un altro essere, che proviene da un altro apriori ( . . . ) È perciò del tutto chiaro che l'amore - e in senso 15. Luhmann N., Amore come passione. Laterza, Bari, 1 987. 16. Logos, 1 92 1 , n. I O: 1-5 .

51

lato tutto i l comportamento dell'amante in quanto tale - è qualcosa di semplicemente unitario, che non può risultare da elementi precsi­ stenti» 1 7• Tuttavia anche il sentimento, privato e pubblico, dell 'amore è profondamente segnato dalle relazioni oggettive tra i sessi, in cui le norme o definizioni maschili hanno da sempre i l sopravvento sull' identità femminile. In altre parole, lo stesso ideale del l ' amore viene imprigionato nell'ambito di una cultura il cui corollario principale relativo alla re­ lazione tra i sessi segna la subordinazione della donna ali 'uomo. In tale ambito la civetteria, afferma Simmel, rappresenta ad esem­ pio una forma sociale in grado di rendere evidente la dipendenza del corteggiamento dai due codici del possesso e dello scambio moneta­ rio, in cui la relazione tra i due sessi diventa caccia e premio, rischio e vittoria, lotta ed inganno e la donna la preda del gioco. Neanche l'amore quindi, come espressione e dominio della rela­ zione tra i due sessi, è libero dai vincoli di una cultura che ha collo­ cato storicamente l ' uomo in una posizione di dominio e di superio­ rità sociale rispetto alla donna; ma proprio poiché si tratta di una collocazione di natura sociale e storica, essa non è né immutabile, né tantomeno irreversibile. Anzi, ci suggerisce Simmel, occorre su­ perare paradigmi culturali desueti a partire da una valorizzazione dello specifico femminile, compatibile, anche se profondamente ed intrinsecamente diverso rispetto a quello maschile. 3 . 1 . Dalla differenza di genere alla congiunzione per differenze Le riflessioni simmeliane sul rapporto tra i sessi e sul concetto di "genere sessuale", che rientrano nel suo interesse predominante ver­ so le forme sociali della modernità t H, quali il denaro, lo spazio me1 7 . Simmel G. ( 1 985), Schriften zur Philosophie und Soziolof]ie des Gesschlech­ ter, Frankfurt: 23 1 -232. 18. Tali forme sociali propongono all'individuo delle possibilità sempre doppie: la città realizza ma ottunde l ' individuo, il denaro lo emancipa ma lo asserve alla propria logica, il riconoscimento della duplicità sessuale della natura umana arric­ chisce la cultura ma al prezzo di un ulteriore scissione della soggettività. D'al tronde il dualismo appare il più importante fra i "principi metodologici del­ la riflessione simmeliana, si veda a tale proposito, Daniela Migliozzi ( 1 995) , Le in­ terazioni della vita quotidiana nella sociologia formale di Georg Simmel, in Guar­ nieri G. (a cura d), La metodo/ogia nei classici della sociologia, Angeli, Milano. "

52

tropolitano, la moda, aprono la strada di almeno cinquant'anni, tal­ volta addirittura "oltrepassandoli" (ed in tal senso la differenza di genere tracciata da Simmel è una differenza "astuta" [Bonacchi 1 98 1 ]), ad alcuni presupposti del recente dibattito sul "genere ses­ suale", ed in particolare ad alcune posizioni in merito [Cipolla, Lol­ li, Migliozzi 1 996]. Ci riferiamo nello specifico al cosiddetto "pensiero della diffe­ renza sessuale" 1 9 (pensiero femminista, orientato da obiettiv i emancipazionistici), che si autopropone come un nuovo paradigma della conoscenza ed implica anche una valenza politico-culturale. Esso si sviluppa prevalentemente nell'ambito del panorama euro­ peo, in cui il termine genere è stato utilizzato al fine di segnalare la differenza di genere femminile come fonte autonoma di conoscenza nei più vari campi, differenza intesa come irriducibile e incompresa dalle epistemologie dominanti e informate dalla differenza sessuale maschile. Il "pensiero della differenza sessuale" si delinea come una vera e propria scuola filosofica e pone in primo piano la necessità di un pensiero sessuato, la necessità cioè che le donne elaborino proprie strutture concettuali. diverse da quelle maschili, nelle quali esse si possano rappresentare 2 o . Alla donna, intesa come soggetto collettivo e coerente, si attribuisce, in virtù di una fondazione oggettiva, indi­ pendentemente da qualunque dato empirico e psicologico, una posi­ zione epistemologica privilegiata, essendo il pensiero dominante, 1 9. Tra le principali teoriche del pensiero della differenza ricordiamo Luce Iri­ garay, le filosofe di Diotima di Verona, la Libreria delle donne di Milano, Carla Lonzi, Luisa Muraro [vedi Diotima (a cura di) 1 987]. Tale posizione teorica ha ispirato diversi interventi sia nel campo della elaborazione (il percorso della rifles­ sione femminista su questi temi è infatti, occorre precisare, tutt'altro che lineare; si presenta più simile infatti a una costellazione di contributi inerenti al tema del ge­ nere) che in quello della costruzione di specifiche pratiche e discorsi, inclusa la creazione di spazi sociali di donne e per le donne, in cui esse possano affermare, verificare e specificare la differenza sessuale. Essa ha poi i ncoraggiato l ' istituzio­ nal izzazione degli women ' s studies e d i centri culturali femministi, non riducibili unicamente, per ispirazione ed esiti, alla posizione teorica della differenza sessuale [Saraceno 1 993]. 20. Per i l "pensiero della differenza" la differenza sessuale, la dualità dei sessi è originaria, il che significa che prima di nascere come esseri umani, si nasce uomo o donna. Se con questa affermazione si intende porre l 'accento sulla differenza biolo­ gica tra uomini e donne si dice in effetti qualcosa di scontato. Non ci appare invece vi sia alcuna ragione logica o evidenza empirica che dimostri che tale differenza biologica debba fondare un pensiero sessuato né la necessità di una educazione, di una politica sessuata.

53

quello maschile, incapace, secondo tale prospettiva, di pensare la to­ talità, in quanto volto solo all 'affermazione dei propri interessi parti ­ colari (di sesso). A quest'ultimo, accusato di essere un pensiero fal­ samente universalistico, viene contrapposta l "'essenza" femminile, fondante la necessità di nuovi paradigmi e strutture conoscitive ses­ suati [Saraceno 1 993] . Essendo la differenza uomo-donna concepita, in tale contesto, co­ me assoluta e originaria (per cui non esiste un'umanità prima della determinazione sessuata di essere uomo o donna) e non come frutto di condizioni storico-sociali determinate, il "pensiero della differen­ za sessuale" finisce a nostro avviso col legittimare un separatismo strategico che presenta la formazione di ambiti separati per uomini e per donne non come mezzo ma come fine assoluto e definitivo. Conseguentemente questa idea di differenza, inconciliabile con quella di uguaglianza, dimensione rigettata come omologante e ri­ duttiva, ha spesso condotto al paradosso di rivalorizzare immagini desuete della femminilità, di esaltare la differenza, conferendo all'identità femminile un ' interpretazione organi cistica e totalitaria, che comprime tanto le differenze concrete quanto le possibili com­ plementarità fra queste differenze. La nozione di genere come differenza sessuale (e le altre che ne derivano quali "stile conoscitivo femminile" o "cultura femminile") rischia pertanto di divenire una limitazione al pensiero femminista stesso e di cadere in quello stesso modo di pensare dicotomico e per opposizioni contro cui il femminismo si era da principio ribellato e che S immel stesso, al suo tempo, è stato in grado di superare. Accanto ad un indirizzo filosofico del "pensiero della differenza" vi è poi un filone, di matrice psicologica, che assolutizza la diffe­ renza uomo-donna non più a partire da un'essenza originaria bensì dalla diversa forma che assumono l 'identità maschile e femminile negli anni della prima socializzazione, a causa del differente rappor­ to con la figura materna. Portavoce di questo pensiero è Gilligan [ 1 987], la quale sostiene che l ' identità maschile si definisce attra­ verso la separazione dalla madre e quindi il bambino sviluppa una capacità di individuazione e una disposizione permanente all 'auto­ nomia mentre l 'identità femminile si definisce attraverso l 'attacca­ mento alla madre e quindi la bambina sviluppa una capacità di iden­ tificazione e una disposizione permanente a prendersi cura degli al­ tri. La bambina introietta in altre parole un'ideale dell 'io materno che ruota intorno al piacere-dovere di prendersi cura di, di corri­ spondere ai bisogni (degli altri). 54

Scrive infatti Gilligan: «Per il bambino e per l 'uomo la separazio­ ne e l 'individuazione sono legate in modo decisivo all 'identità di ge­ nere, in quanto per lo sviluppo del l'identità maschile è essenziale la separazione dalla madre. Per la bambina e per la donna, invece, i problemi di femminilità o di identità femminile non dipendono dal i ' aver realizzato la separazione dalla madre o dal progredire del processo di individuazione. Poiché la mascolinità si definisce attra­ verso la separazione e la femminilità attraverso l 'attaccamento, l 'identità di genere maschile risulta minacciata dal l 'intimità, mentre l ' identità di genere femminile è minacciata dall a separazione» [ 1 987: 1 6- 17 ] . Tale modello di sviluppo differenziale, a l d i là d i alcune felici in­ tuizioni, finisce, a nostro avviso, con l 'ipostatizzare un' identità fem­ minile monolitica e astorica, essendo i l rapporto con la madre con­ cepito come aspetto universale, determinante in maniera immutabile la personalità maschile e femminile, il che si pone in evidente con­ trasto con il carattere multiforme, contraddittorio e aperto del pro­ cesso di costruzione del!' identità [Scio Ila 1 99 1 ] nelle nostre società complesse. Inoltre l 'immagine della donna che ci consegna tale qua­ dro teorico è quella tradizionale e stereotipata, poiché ciò che cam­ bia è solo la connotazione di valore rispetto a tale immagine: la cura degli altri (percepita come tratto distintivo dell'identità femminile) è intesa infatti come nucleo centrale di un'etica non solo diversa ma superiore a quella maschile. Entrambe le posizioni teoriche qui brevemente passate in rasse­ gna (filone filosofico e psicologico) sembrano negare alcune dimen­ sioni sociologicamente imprescindibili in un'analisi della differenza di genere, tra cui in primis l 'origine sociale del genere sessuale: il genere sessuale, o in termini anglosassoni il gender, costituisce una delle strutture fondamentali dell'esperienza quotidiana sia a livello delle pratiche sociali ma anche del! 'immaginario [Saraceno 1 986: 1 2 1 - 1 22] e l 'identità umana risulta infatti segnata da una diversità sessuata che è diversità socialmente costruita nei suoi significati e che, iscritta nei corpi, nei cervelli, nelle attese sociali, percorre tutte le relazioni sociali. Parlare di genere significa quindi prendere in considerazione l ' in­ terazione dei fattori che influenzano, in ogni fase, lo sviluppo ses­ suale, nel loro contesto storico, culturale e biografico attraverso un approccio che tenta di delineare un modello di differenziazione ses­ suale con un ampio spettro di variazioni, un modello che non pre­ scindi ma bensì integri i fattori individuali a carattere biologico e 55

psichico e i fattori legati al contesto sociale quali aspettative e ri­ chieste di ruolo, pregiudizi e stereotipi 2 1 senza che questo chiara­ mente impedisca di individuare quelle caratteristiche precipu e dell'essere uomo e del l 'essere donna e della interrelazione sessuale legate all ' attuale assetto sociale [Arcidiacono (a cura di) 1 99 1 ] che anzi costituisce una dimensione sociologicamente rilevante, come Simmel stesso ci ha dimostrato. Un approccio adeguato e sufficientemente esauriente dovrebbe delinearsi quindi come un approccio interdisciplinare, laddove si in­ tenda indagare il sex/gender system 22 nei suoi molteplici aspetti e dimensioni interrelate fra loro (biologica, psichica, cognitiva, socio­ culturale). Rispetto a tali dimensioni ci sembra tuttavia di poter af­ fermare che, come messo in evidenza da Stoller [ 1 968], il fattore de­ terminante nella formazione dell ' identità di genere non sia quello biologico ma quello culturale-relazionale 23: il genere (e quindi le re­ lazioni fra i due generi) non deve intendersi come fatto che dipende semplicemente dali' ordine naturale, ma soprattutto dali ' ordine sim­ bolico, dali' ideologia. Tali aspetti, tra cui in particolare, la costruzione sociale de li' ide9tità di genere, sono stati colti e valorizzati ne li ' ambito di alcune pro­ duzioni intellettuali. Ci riferiamo in particolare alla letteratura anglo­ americana, da cui deriva l 'introduzione della nozione di genere ses­ suale (gender) nelle scienze sociali e nell ' ambito della quale si tro­ vano anche i dibattiti più articolati su questo stesso concetto. 2 1 . Si tratta in realtà di una problematica non estranea nemmeno al padre della psicoanalisi, il quale nel 1 9 1 5 , durante la revisione dell'ultimo dei suoi Tre saggi sulla teoria sessuale, aggiungeva una nota alla sua discussione sulla differenziazio­ ne tra uomini e donne: , cosicché l' «attitudine "positiva" al sessò che emerge durante l ' adolescenza delle ragazze è, di fatto, un'accet­ tazione passiva di una forma di sessualità che non opera nel loro in­ teresse» [Jackson 1 982: 1 23]. La sessualità femminile, sottoposta al­ le regole maschili, si integra pericolosamente con il primato dell ' af­ fettività: «La perdita di autonomia, l ' adesione a schemi di interazio­ ne stereotipici, la negazione della propria esperienza e del proprio giudizio, la rinuncia all'iniziativa ed all 'esplicitazione del desiderio, la ricomposizione della propria intenzionalità sull 'intenzione e sul desiderio dell'altro sono spesso effetti di un tentativo di comprensio­ ne che eccede confusivamente i limiti del sé e si smarrisce nell ' al­ tro» [Furlotti 1 994: 1 85]. Se non può esprimersi nell'amore e nella comprensione, questa perdita di autonomia può dirigersi verso una sottomissione al sesso. Si tratta della sconfitta femminile nell 'incon­ tro "impossibile" con il maschio: l 'unione dell'impossibilità di inte­ grare amore e sesso e della socializzazione alla sottomissione, porta a forme problematiche, nell ' oscillazione tra l'eccessiva sensibilità alla seduzione alla dipendenza dal sesso. I problemi sessuali sono oggi spesso associati ad altre forme di uso problematico del corpo (come l 'uso di droghe), che portano a definire una composita «sindrome del comportamento problemati­ co» [Moore e Rosenthal 1 993: 1 68 ] . Anche in questo senso, diven­ ta sempre più difficile classificare i problemi sessuali come "de1 05

vianza": si tratta sempre più spesso di problemi per i quali si av­ verte un disagio oscuro. 6. La socializzazione alla sessualità

Se la sessualità viene considerata una struttura sociale, il compor­ tamento sessuale deve essere considerato un risultato di socializza­ zione. Di conseguenza, l ' analisi dei percorsi di socializzazione alla sessualità diventa centrale. Nonostante ciò, numerose teorie della socializzazione propongono interpretazioni semplificate della formazione della sessualità indivi­ duale [Belsky et Al. 1 99 1 ; B lumstein e Schwartz 1 990; Costantine e Martinson 1 98 1 ; Gagnon e Simon 1 973; Howells 1 986; May 1 980; Moore e Rosenthal 1 993; Patterson 1 992; Plummer 1 975 e 1 980; Riley 1 983; Weeks 1 986; Zigler et Al. 1 982]. Non possiamo discute­ re qui in dettaglio queste teorie, il cui contributo non è certamente privo di interesse. Ciò che sosteniamo è che esse partono da un pre­ supposto problematico: la tesi paradossale di un'autonomia indivi­ duale che dipende dall'eteronomia del sociale. Una teoria della socializzazione deve rendere conto sia del l ' in­ fluenza sociale che del l 'autonomia individuale. Abbiamo tentato di formulare una tale teoria in altro contesto [Baraldi 1 992a e 1 992b] . C i limitiamo qui ad osservare che è evidente come ciò che viene so­ cialmente costruito non determini affatto le infinite espressioni di comportamento e orientamento sessuale dei singoli individui. Il comportamento sessuale effettivo rende evidenti l 'incontrollabilità e l 'imprevedibilità individuali: l 'ha potuto osservare Kinsey quando ha scoperto un mondo "sommerso" di preferenze sessuali che la costru­ zione sociale conosciuta non avrebbe mai potuto giustificare. Ha, dunque, ragione, D. Milligan [ 1 993] quando osserva che la vita ses­ suale è un'infinita ramificazione di comportamenti ed orientamenti, gusti e preferenze, irriducibili ad ogni classificazione e regolazione. Nonostante la sua autonomia assoluta nel costruire i significati ' della sessualità, ciascun individuo è però costretto a dar significato a ciò che osserva e non può costruire il significato di ciò che non osserva. Se l'individuo non conosce l 'esistenza di persone per lui si­ gnificative, può sentire l 'esigenza di affetti, ma non può manifestar­ la. Se egli evita investimenti affettivi, pur conoscendo persone per lui significative, deve già attribuire questa scelta a se stesso (o a condizioni esterne), e se anche finge di non sapere che esistono tali 1 06

persone, non può fare a meno di sapere che sta fingendo. Il coordi­ namento sessuale con gli altri può avvenire in molteplici modi, ma comunque entro i vincoli di compatibilità posti dalla conoscenza del mondo sociale. Da una parte, la costruzione sociale della sessualità non può in al­ cun modo determinare orientamenti e comportamenti individuali. Dali 'altra parte, essa fissa i vincoli di conoscenza entro i quali si realizzano tutti gli orientamenti ed i comportamenti individuali. Alla base della socializzazione alla sessualità c 'è la conoscenza del signi­ ficato della sessualità nella comunicazione: il significato della sim­ bolizzazione del corpo, non della biologia, bensì della dinamica del­ le aspettative. Partecipando all a comunicazione, un individuo comprende la sim­ bolizzazione del corpo e può, a partire da qui, costruire autonoma­ mente significati, motivazioni e comportamenti. Costruzione indivi­ duale della sessualità significa che la sessualità esiste nel sistema psichico unico e specifico di un individuo. In presenza di un dispo­ sitivo sociale di sessualità, nessuno può evitare di costruire il signi­ ficato della sessualità. L'analisi della socializzazione alla sessualità condotta da S. Jack­ son [ 1 982] consente di osservare più da vicino come avviene la co­ struzione psichica della sessualità. Jackson mostra quali fattori di socializzazione siano per questo fondamentali. Il primo di essi è l 'esperienza "protosessuale", ovvero un insieme di sensazioni e piaceri del corpo che assumeranno, retrospettivamen­ te, un significato sessuale, e che fungono da sensibilizzatori iniziali. La psicologia della sessualità, dunque, non si costruisce in base alle esperienze sessuali [Plummer 1 97 5 ] : essa ha la sua base, invece, in esperienze del corpo, che sono "protosessuali" in quanto saranno, in seguito, la base per la costruzione del significato della sessualità. Jackson confuta la tesi che i bambini siano necessariamente ses­ suali: lo diventano soltanto se ne viene loro presentata l ' occasione. «Anche quando fanno cose apparentemente sessuali, non dovremmo assumere che i bambini sono motivati dagli stessi desideri e bisogni che sentiamo noi. I bambini possono esperire sensazioni simili a quelle di un adulto, ma non sono normalmente capaci di costruirne il senso nello stesso modo» [Jackson 1 982: 69] . È noto che il bambino, da solo, non è in grado di dare un significato sessuale al piacere [Goldman e Goldman 1 982], anche se c'è discussione sulle sue po­ tenzialità [Martinson l 98 1 a]. Dunque, «l'aspetto del primo sviluppo che ha il maggior impatto sulla nostra scssualità non è specificamen­ te seswab> [Jackson 1 982: 79]. La costruzione della sessualità inizia 1 07

con un piacere del corpo che non è sessuale: a partire da qui, si attiva un lungo percorso che porta alla costruzione del significato psichico della sessualità, che termina nella consapevolezza: «Per diventare completamente sessuali, i giovani debbono sviluppare una consape­ volezza dei loro corpi come fonte di piacere sensuale>> [ibidem: 1 1 8]. Il secondo fattore di socializzazione è la costruzione del significato della differenza maschile/femminile, basata sulla costante socializza­ zione alla corrispondente semantica [Brown 1 995; Furlotti 1 994; Goldman e Goldman 1 982; Hite 1 995; Jackson 1 982; Lynn 1 969; May 1 980] . Questa socializzazione crea differenze radicali nell 'orien­ tamento alla sessualità: «le nostre vite sessuali vengono organizzate intorno all'esistenza del genere» [Jackson 1 982: 83]. Non è una so­ cializzazione solo interna alla famiglia, ma diffusa nella società glo­ bale, in contesti complementari a quelli familiari [Malandain 1 986] e sui mass media [Meyrowitz 1 993]. La costruzione di questa differen­ za predefinisce ogni esperienza sessuale successiva: la definizione della mascolinità e della femminilità è la base per interpretare la pro­ pria sessualità. La combinazione tra esperienze protosessuali e costruzione dei si­ gnificati di mascolinità e femminilità si innesta su un terzo fattore decisivo: la costruzione del significato dell' amore. «Tutte le attitudi­ ni, tutti i sentimenti e tutte le risposte che ragazze e ragazzi appren­ dono convergono nelle loro idee sull'aspetto delle relazioni sessuali adulte che è stato loro permesso di osservare da bambini : il romanti­ cismo» [Jackson 1 982: 93]. La socializzazione all ' amore, però, non è solo il risultato di contenuti osservati nella comunicazione, ma an­ che di esperienza diretta della comunicazione. U n 'esperienza fonda­ mentale è, infatti, quella dell ' amore tra genitori e figli, che servirà, poi, per costruire il significato della forma amore/sesso. È l ' amore (non sessuale) per i genitori e dei genitori per i figli che fonda la successiva costruzione del significato della sessualità. Ancora non si tratta dell 'amore tra individui sessuati: amore e corpo sono ancora due esperienze separate, parallele, come le esperienze protosessuali e il sentimento nei confronti dei genitori. Infine, Jackson indica la rilevanza delle forme della comunicazio­ ne sul sesso. Possiamo definire queste forme come confessione, se­ guendo Foucault [ 1 978], testimonianza dell'esperienza sessuale ed educazione alla sessualità. Esse determinano il mpdo in cui il dispo­ sitivo di sessualità produce normalità e devianza: riproducono una semantica strutturata, differenziata per età, prodotta esplicitamente o implicitamente (col segreto, il non detto, l 'allusione). Si tratta delle forme attraverso cui la volontà di sapere si trasforma in volontà di / 08

dire' (molto o poco, bene o male), non dire ed, eventualmente, con­ traddire (negando ed affermando, alludendo ed essendo reticenti). Il fatto cruciale, nella socializzazione dominante, è che «i bambini vengono esposti a questo tipo di messaggi, ma viene loro negato l 'ac­ cesso a qualunque cosa che potrebbe permettere loro di dargli un sen­ so» [Jackson 1 982: 52]. La comunicazione rende "speciale" il rappor­ to tra infanzia e sessualità, creando un'area particolare di sapere, sepa­ rata dalle altre, con proprie regole di sviluppo. Della sessualità non si parla come delle altre cose. La segretezza che la circonda, il gioco dei rimandi, l ' allusione, la finalizzazione (il sesso serve per la riproduzio­ ne) fanno della comunicazione sulla sessualità un'area che crea un particolare clima di devianza e disagio. Anche le esperienze protoses­ suali vengono realizzate in un contesto che comunica, direttamente ed indirettamente, disagio, associato a particolari attività del co1po. Si tratta di una comunicazione paradossale: il bambino viene trat­ tato come un individuo che non può ancora sapere perché si teme che sappia già tutto. Non si parla perché il bambino non è in grado di sapere e perché si ha paura che, parlando, sviluppi una sessualità inadatta all 'età (e, dunque, perversa). Questa forma della comunica­ zione, tra detto finalizzato e allusivo, non detto e contraddetto, crea la differenza tra normalità e devianza, riferita all ' età e al genere. Es­ sa non reprime la sessualità, poiché non esiste alcuna sessualità ori­ ginaria: impedisce, invece, al bambino di diventare sessuale, dilazio­ na lo sviluppo del desiderio sessuale e dei comportamenti sessuali. Crea "latenza" tra la protosessualità e la sessualità. Le forme attuali della comunicazione sul sesso ritardano la costruzione psichica dei significati sessuali, ovvero la trasformazione psichica del corpo in sesso. Il dispositivo di sessualità protegge, in questo modo, l 'operare della forma amore/sesso, creando tempo per la loro unione "matura". Con l ' adolescenza, l 'insieme di queste perturbazioni diventa si­ gnificativo nella strutturazione di una personalità autonoma, di un sé capace di riflessione sulla propria identità e sulla propria differenza rispetto al mondo esterno [Baraldi 1 992a]. L'adolescenza è la fase in cui, nella nostra società, si forma la psicologia della sessualità [Jack­ son 1 982; Moore e Rosenthal 1 993; Zani 1 993]: è in questa fase, in­ fatti, che si compie il percorso dell' identità e che, quindi, i significa­ ti dell 'amore, del genere, della protosessualità, della differenza tra normalità e devianza giungono ad una sintesi in quella che viene de­ finita identità sessuale [May 1 980] . Su queste basi, inizia l ' esperien­ za propriamente sessuale. Non si tratta di un fatto biologico, associato alla pubertà. L'enfasi sulla rilevanza della pubertà [Speltini 1 993] ignora che l 'individuo in 1 09

quanto tale non è sessuale: l'adolescenza è sessuale se e quando av­ viene una sintesi della costruzione dei significati sessuali nell'identità personale. La pubertà non avrebbe alcun significato sessuale senza la complessa e lunga socializzazione che la precede. Che la pubertà non sia un punto di partenza necessario è dimostrato dai contributi che in­ sistono sul "mito della latenza" e sulla possibilità di sessualizzare an­ che la vita dei bambini [Costantine e Martinson 1 98 1 ] . L'importanza del l 'identità personale adolescenziale deriva dal suo essere il punto di arrivo di una storia ed, insieme, il punto di parten­ za di un'altra. In essa si condensano le aspettative del passato e quelle per il futuro. L'identità personale include anche un'identità sessuale. Il senso di mascolinità e/o femminilità, il senso della rela­ zione affettiva con l 'altro e il senso di normalità e/o devianza con­ vergono in un'identità che presenta due aspetti: a) una particolare distribuzione di caratteristiche femminili e/o maschili; b) un orienta­ mento sessuale preferenziale. Insieme, distribuzione ed orientamento definiscono il pensarsi e manifestarsi "sessuale" del l ' adolescente. L'identità sessuale può essere sia conforme alle aspettative dominan­ ti nella società, sia deviante. Questa identità sessuale si coniuga con l 'identità personale: insieme, esse definiscono l ' identità individuale. A partire all ' adolescenza, anche il dispositivo di sessualità (codi­ ficato dali 'amore) diventa una perturbazione fondamentale per il si­ stema psichico. La socializzazione alla sessualità diventa primaria­ mente il risultato della costruzione di significati e motivazioni indi­ viduali a partire dalla comprensione, nella comunicazione, di questa struttura, che dà un particolare significato sociale al corpo. Questo dispositivo, poi, continua a combinarsi, in vari e contraddittori modi, a codificazioni semantiche del tipo Noi/Loro (maschile/femminile, omosessuale/eterosessuale, ecc.) e del tipo agonistico: anche tutto questo perturba il sistema psichico individuale. Intorno a questa co­ stellazione, si strutturano orientamenti giuridici, politici, educativi, terapeutici, religiosi, morali, scientifici (per i più colti) che contri­ buiscono ulteriormente a perturbare la costruzione individuale di si­ gnificati, diffusi e deformati dal sistema dei mass media. A partire dall'adolescenza, si realizza anche una socializzazione alla sessualità tra pari, alla quale si attribuisce molta importanza [More e Ro­ senthal 1 993; Zani 1 993], ma il cui impatto dipende da quanto l 'adolescente ha già costruito nel passato. L'età adulta comporta l 'opportunità di realizzare, attraverso la co­ municazione, nuove esperienze di comunicazione e pratica sessuale e, quindi, anche di modificare o trasformare la propria identità sesJJO

suale. Le esperienze dei molteplici incontri, le nuove osservazioni di scripts sociali, i mutamenti culturali possono portare a nuove forme dell'identità, rendendo contingenti i risultati della socializzazione precedente. Possono cambiare le preferenze sessuali, persino la con­ cezione del proprio essere mascolino o femminile. Tuttavia, la socia­ lizzazione primaria non può essere cancellata con un colpo di spu­ gna. Solo il percorso complessivo di um vita sessuale personale può determinare, nel suo continuo abbinamento tra strutture psichiche e strutture sociali, il significato della trasformazione del corpo in sesso. Tutto ciò accade in una società specifica, con proprie strutture ed una propria storia. In altre società, la sessualità può essere costruita diversamente: sono possibili, ad esempio, forme di esperienza ses­ suale antecedenti l 'adolescenza, che pongono prematuramente fine alla protosessualità. Il rapporto tra corpo e sessualità varia a seconda di come avviene la socializzazione. La nostra società produce in gran quantità paura e mistero. Ciò è evidente nelle forme della comunicazione familiare, nel modo in cui si esercita il gioco del detto, non detto e contraddetto, nella "specifi­ cità" del bambino e dell 'apprendimento sessuale, protetti dal segreto e dal pudore, nella finalizzazione del discorso sul sesso ad altro (alla procreazione, all 'amore), nel paradosso di un bambino che non sa, ma che può pericolosamente fare. Questo modo di manifestarsi del dispositivo di sessualità riproduce anche strutture gerarchiche, di­ stinzioni, normalità e devianze obsolete e parassitarie. Esso, così, può rendere difficile la riproduzione della forma amore/sesso, che poi si esige dal l 'adolescenza in poi. Le socializzazioni alla devianza e al disagio sessuali hanno origine in questo contesto problematico di comunicazione: dai silenzi, dalle testimonianze, dalla non-educazione, dalla richiesta di confessioni, tra gli estremi della negazione e dell 'incesto, dalla contaminazione con la socializzazione al genere, dalla riproduzione implicita dell'idea di de­ vianza e normalità. Il disagio sessuale deriva dal malfunzionamento della costruzione psichica del significato della sessualità e dal manife­ starsi di problemi di identità sessuale, attraverso il sintomo della man­ canza di controllo psichico delle sensazioni del corpo, le quali fini­ scono per contraddire, oppure per fuorviare la sessualità. Riassumendo, la socializzazione alla sessualità avviene attraverso forme di comunicazione sul sesso (confessioni, testimonianze ed educazione), che mescolano ciò che viene detto, ciò che non viene detto o viene alluso e ciò che viene contraddetto. La comprensione di tali forme di comunicazione avvia la trasformazione delle espe/ Il

rienze "protosessuali" in sessuali. In questa trasformazione, le espe­ rienze vengono sottoposte al monitoraggio della distinzione maschi­ le/femminile. Esse vengono anche combinate ai sentimenti di attac­ camento che si formano a partire dalle perturbazioni della struttura sociale dell 'amore genitoriale. Si creano, così, il senso della norma­ lità e della devianza sessuali. In seguito, le perturbazioni dei sistemi sociali che forniscono prestazioni o capacità di riflessione alla forma amore/sesso (medicina/psicologia, sistema giuridico, politica, reli­ giose, educazione scolastica, scienza), le comunicazioni coi pari ed il sistema dei mass media contribuiscono allo stabilizzarsi degli aspetti "sessuali" del l ' identità personale. In conclusione, alla domanda su quanto della sessualità è socializ­ zato, la risposta è: tutto. La costruzione psichica della sessualità è, infatti, trasformazione delle sensazioni del corpo in pensieri simboli­ ci, consci o inconsci, attraverso la perturbazione di forme di comuni­ cazione. La psicologia della sessualità che così si forma è l ' insieme condensato di aspettative psichiche, relative ad una coordinamento di corpi di individui in relazione, nel quale giocano una parte rilevante gli aspetti di mascolinità e femminilità, di normalità e devianza, di sentimento e orientamento sessuale. La psicologia della sessualità è il risultato dell'abbinamento al dispositivo sociale di sessualità, codi­ ficato dall'amore e combinato ad altre strutture sociali. Essa può es­ sere conforme o deviante, agiata o disagiata. In ogni caso, si tratta di un risultato della socializzazione. Il corpo non ha nulla a che fare con tutto ciò, se non come "valore d ' uso" o "sintomo".

7. Il corpo e la sessualità Il sesso è considerato, nella nostra società, «il senso generale ed inquietante che attraversa nostro malgrado i nostri comportamenti e le nostre esistenze; il punto di fragilità attraverso il quale ci vengono le minacce del male; il frammento di notte che ciascuno di noi porta in sé. Significato generale, segreto uni versate, causa onnipotente, paura che non cessa mai» [Foucault 1 978: 64]. Per questo motivo, si è prodotta l 'esigenza di conoscenza, la "volontà di sapere». D. Mil­ ligan [ 1 993] replica a questa volontà che la vita sessuale- (sex-life) sfugge ad ogni teorizzazione. Essa è e rimarrà sempre un mistero: si tratta del mistero del corpo che diventa sessualità. In c,uesto saggio, abbiamo cercato di dissolvere il mistero del mistero, ovvero di de­ scrivere i motivi per i quali il mistero si crea e riproduce. ll2

L'analisi di Foucault sottopone alla nostra attenzione la crescente rilevanza del corpo umano nella società. Questa rilevanza è nota an­ che ai sociologi [Melucci 1 99 1 ; Piazzi 1 989 e 1 995]. Il corpo è stato per molti secoli trattato solo in connessione al problema della morte: nella società moderna, la sua rilevanza è connessa alla vita, compresa la vita sessuale. Il corpo è, oggi, uno dei temi più inclusi nella comu­ nicazione. Questa attenzione per il corpo può essere interpretata co­ me il risultato di una pressione della vita individuale, specifica ed unica, sul pensiero e sulla comunicazione [Piazzi 1 995] . L'emergenza del corpo produce la necessità di un trattamento sociale e psichico. La sessualità individuale è il risultato di una costruzione (affettiva e cognitiva) di significati che si produce solo a condizione che esi­ stano perturbazioni sociali adeguate, oggi condensate nel dispositivo di sessualità codificato dall'amore. In assenza di comunicazioni così strutturate, che permettano il formarsi ed il combinarsi del sentimen­ to affettivo, dell ' orientamento di genere e del significato delle espe­ rienze corporali, non si forma alcuna sessualità individuale. Dall'analisi di S . Jackson [ 1 982], emergono tre aspetti degni di at­ tenzione, relativamente a questo processo di sessualizzazione: l ) ogni caratteristica del corpo diventa sessuale soltanto se le viene at­ tribuito un preciso significato; 2) il corpo può essere modellato in forme diverse, non, dunque, necessariamente in una forma sessuale; 3) le distinzioni naturale/innaturale o naturale/culturale, relative alla sessualità, non hanno nulla a che fare con il corpo, poiché tutto ciò che ne sappiamo è una costruzione. In conclusione: «È sicuramente più logico ( . . . ) osservare il sesso come una forma di piacere piutto­ sto che tutto il piacere come sessuale» [Jackson 1 982: 73]. Senza la perturbazione del dispositivo di sessualità, esistono solo i piaceri del corpo [Foucault 1 978]. Il corpo non produce sessualità, bensì sensazioni e piaceri: queste produzioni vengono trasformate in-" pensieri sessuali soltanto se la società, a sua volta, produce comunica­ zioni che usano simbolicamente il corpo. Il corpo diventa sessuale se viene socializzato. La società non determina come e con quali conte­ nuti esso diventi sessuale: vincola soltanto il corpo alla compatibilità con le proprie strutture. Così, le sensazioni e i piaceri diventano an­ che psicologia della sessualità, una psicologia che ha una doppia di­ mensione: una profonda, affettiva, ed una superficiale, cognitiva. La psicologia della s�ssualità e il dispositivo di sessualità rendono il corpo un medium, una base di potenzialità e vincoli. Il corpo, però, è qualcosa di più e di diverso: produce proprie realtà, che sono le sensazioni ed i piaceri. La trasformazione e l 'uso psichico e so­ ciale di queste produzioni non ha nulla a che vedere con la realtà del 1 13

corpo. Foucault ha colto che il cmpo è un sistema che produce se stesso e le proprie attività, sensazioni e piaceri, senza che questo ' abbia nulla a che fare con ciò che definiamo sessualità. Anzi, la sessualità nasce socialmente proprio per eliminare l ' ingombro del '; corpo dalla comunicazione. Il problema del sesso si pone in un sistema psichico individuale irritato dalla perturbazione del corpo e dalla perturbazione di una comunicazione che usa simbolicamente il corpo per eliminarne l 'irritazione. Ciò non significa, naturalmente, che possa esistere un corpo uma­ no legato soltanto agli ormoni e all'anatomia. Il corpo umano che si attiva viene necessariamente osservato dal sistema psichico al quale è connesso e perturba necessariamente la comunicazione alla quale tale sistema psichico partecipa. Il problema è come questa attività viene trattata nel sistema psichico e nella comunicazione. Il disposi­ tivo di sessualità e la forma amore/sesso sono strutture sociali stori­ cizzate, non la base necessaria del i ' interpretazione sociale delle sen­ sazioni e dei piaceri del corpo. Dunque, anche la psicologia della sessualità è solo una possibilità tra le altre di trattare psichicamente le sensazioni ed i piaceri del corpo. In letteratura, si sottolineano i numerosi limiti del dispositivo di sessualità. Si critica la sua sottomissione alle logiche del dominio, di genere e di classe. Si critica il suo legame con la distinzione tra femminilità e mascolinità, tra normalità e devianza. Si mettono in evidenza le tendenze al sesso "libero" da vincoli affettivi forti. Si sottolinea l 'espandersi di violenza, sfruttamento e disagio legati ulla sessualità. Si evidenzia la minaccia del rischio sessuale, drammati­ camente alimentata dali' Aids. Ci si interroga sul significato della di­ versità sessuale. Come interpretare questo aumento di segnali di cri­ si della sessualità? Certamente, esso va di pari passo con l 'espandersi del dominio della forma amore/sesso: più essa è rilevante, più aumentano le sue esigenze ed anche i suoi effetti perversi. Non ci possono essere dub­ bi sul fatto che la disarticolazione della sessualità rispetto alle distin­ zioni di valore del tipo Noi/Loro (maschile/femminile, normale/de­ viante) e alla logica competitiva del fascino seduttivo c della presta­ zione agonistica è un'esigenza espressa nel nome della codificazione intima del sesso e del sostegno sessuale ali 'intimità. Ma è sufficiente soddisfare quest'esigenza per eliminare o ridurre drasticamente i problemi del sesso? La tendenza ad una liberazione progressiva della sessualità da vin­ coli esterni nasconde, in realtà, un problema di fondo: le difficoltà, talvolta persino il silenzio, della forma amore/sesso. L'ipotesi libera·

1 14

toria poteva illudersi di eliminare i problemi del sesso insieme alla repressione della sessualità. Oggi, sappiamo che non esiste alcuna repressione della sessualità, bensì un tentativo di rallentame lo svi­ luppo negli individui. C'è la nuova tentazione di attribuire a questo tentativo l 'origine dei problemi della sessualità, nonché di considera­ re l 'educazione alla sessualità come una risorsa decisiva [Calderone 1 989; Currier 1 98 1 ; Martinson 1 98 1 b]. Si può anche sperare che la forma "pura" amore/sesso, una volta svincolata da tutto il resto, una volta resa testimonianza unica della sessualità, una volta reso l ' amo­ re contingente ed il sesso efficiente, porti alla felicità sessuale. Il silenzio di questa forma, però, non è più solo il risultato di de­ vianze (sfruttamenti, abusi, doppi standard, eccJ. La romanticizza­ zione del sesso e la sessualizzazione della comunicazione intima so­ no sempre più problematici in se stessi: la "relazione pura» di cui parla Giddens oscilla, in realtà, tra desiderio ed impossibilità, dipen­ denza e fuga. Più la sessualità viene "liberata", più queste difficoltà emergono. Favorendo la forma amore/sesso, la società continua a sviluppare e trasformare il dispositivo di sessualità: ma è proprio questa trasformazione che oggi sembra in difficoltà. L'ondeggiare de li' opinione pubblica tra paura del sesso (repressione) e voglia di sesso (liberazione), tipica de(i a nostra epoca, rischia di distogliere l 'attenzione dal fatto che, per usare i concetti di Pearce [ 1 993], il coordinamento sessuale sfugge sempre più alla coerenza e manifesta sempre più il mistero della rilevanza del corpo. I problemi del sesso sono il sintomo di una contraddizione crescente tra sensazioni e sim­ holizzazioni del corpo. Il fatto più inquietante è che le sensazioni del corpo non contraddicono simbolizzazioni premodeme, ormai guar­ date con sospetto, ma simbolizzazioni moderne, sempre più apprez­ zate: non il doppio standard, lo stigma, lo sfruttamento, la vittimiz­ zazione, ma l 'intimità e l 'affetto, l 'esprimersi della diversità. Come affrontare questi problemi? Può la società smantellare il di­ spositivo di sessualità, liberando il corpo ed i suoi piaceri? Può trar­ re vantaggio dali ' idea che le sensazioni del corpo non sono necessa­ riamente e primariamente sessuali? Può ridurre o annullare la paura per le sensazioni del corpo? Può capire che cosa sarebbe un corpo senza sesso, senza genere e senza devianza? Che cosa ne sarebbe, in questo caso, della psicologia della sessualità? Che cosa ne sarebbe della diversità? Queste domande restano oggi _senza risposta. Non possiamo far altro che lasciare ancora intatta una parte del mistero del mistero: il rapporto misterioso tra il coordinamento corpo-a-cuore ed il coordi­ namento corpo-a-corpo. 1 15

La sessualità secondo una strategia euristica transdisciplinare di Elena Lolli

l. La comprensione della sessualità umana nell'epistemologia

sessuale

Il complesso fenomeno della sessualità umana, inteso nella sua totalità, non può essere esaurientemente trattato in uno scritto che abbia scopi descrittivi. L' intento è dunque quello di mostrame - nello spirito di una pre­ sentazione della problematica in discussione e in una prospettiva centrata sull ' individuo sociale - alcuni aspetti e connessioni; rima­ nendo inteso che il concetto di "sessualità" viene adoperato in un 'accezione ampia, per nulla limitata alla sfera genitale-sessuale. Ogni tentativo di conseguire una migliore comprensione della ses­ sualità umana deve partire dal fatto che, anche per quanto riguarda la sua sessualità, l 'uomo è portatore de li ' intera eredità dell'evoluzione. Indagare la sua sessualità significa quindi delimitare' la sua "ere­ dità animale" di fronte a ciò che è "tipicamente umano". La sessualità umana si presenta dunque, già nella sfera biologica della funzione e del comportamento sessuali, come plurideterminata e pluristratificata. Essa esemplifica bene la necessità di un punto di vista il più pos­ sibile globale per l ' indagine dei fenomeni umani nel loro indissolu­ bile intreccio - nella filogenesi e ontogenesi di ciascuno - di aspetti biologico-somatici, psicologico-spirituali e socio-culturali. È con acuta moderazione che si cerca di scoprire il senso trafu­ gando nell 'enorme mole di informazioni, dati più o meno acquisiti sulla sessualità umana proprio recentemente. Questo argomento è stato fortemente dibattuto, iper trattato e stu­ diato rimanendo però molto spesso circondato da ignoranza, confu]]6

sione e, sembra incredibile ammetterlo, anche disinformazione o meglio informazione scorretta. Comunque sia, ciò che è stato detto, in bene, o in male dell'argo­ mento riguardante il comportamento sessuale umano, ogni divulga­ zione non ha potuto non considerare la sessualità come ingrediente fondamentale e determinante per il benessere affettivo ed emotivo del!'esperienza umana. Il sesso è sempre stato circondato da un alone di mistero quando invece, visto nella sua immediata consistenza, non è che una funzio­ ne biologica naturale. Quindi, la sessualità nella sua realtà antologica non ha niente in comune con qualcosa di perverso o peccaminoso: questi sono il pro­ dotto di labeling sociali creati dali ' uomo per gestirsi in un aspetto della sua realtà umana, la quale per troppo tempo si considerava so­ lo nelle interpretazioni che mai come in questo aspetto sessuale sono state propriamente meccaniciste. Sembra strano dirlo ora quando ormai abbiamo metabolizzato il pensiero della sessualità come componente umana "normale", ma invece, contrariamente a quanto si pensi è di recente produzione: la sessualità è una funzione umana, frutto di un prodotto o meglio di un lungo proce�so epigenetico di sviluppo che inizia e si conclude con la nostra stessa vita acquistando peculiarità antologiche oggi sempre più riconosciute e chiarite. La necessità di delucidazioni sul comportamento ed atteggiamen­ to sessuale è più di carattere antologico (informazione sul! "'essere" della propria identità sessuale) che sull 'aspetto deontologico (l'edu­ cazione mostra invece il "dovere" comportamentale più adeguato). Diventa, quindi, sempre più urgente fare un uso responsabile e costruttivo della conoscenza. Infatti, le incredibili mescolanze teore­ tiche riguardanti la problematica sessuale, hanno mostrato sì la sua complessità, ma hanno creato anche tanta confusione. Si è caduti poi, alla fine, in una semplicità senza precedenti poi­ ché si continua a rifiutare ancora troppo spesso chi sostiene "dogmi" od opinioni differenti. C 'è bisogno, dunque, di condividere un "senso (significato) co­ mune" di Lebenswelt (esperienza di vita) ed una Welthanschaung (visione del mondo) che permetta di conservare un consenso. Purtroppo è proprio questa paura di convivere con la complessità fenomenica che mina la strada alla "epifania" di un approccio epi­ stemologico integrato e transdisciplinare. 117

L'amplificazione ermeneutica del vissuto sessuale nel! ' uomo va ormai oltre i tradizionali confini delle discipline mediche, della psi­ chiatria, della psicologia stessa, per attingere ad una nuova fonte di osservabilità. E la si può trovare sicuramente nella sociologia o me­ glio in un'epistemologia sociale che si basa su un paradigma cono­ scitivo nuovo rispetto a quello classico della meccanica perché fon­ dato su un rapporto diverso tra osservatore e realtà osservata. Sulla connotazione spazio-temporale estrinseca, dell 'oggetto, pre­ valgono caratteri espressivi, ermeneutici, poietici, conosciuti per partecipazione. . La spiegazione sociologica, in questo contesto maggiormente ac­ creditata, pone l'accento sulla vita sociale come fattore che permette l 'accrescimento gnoseologico secondo una strategia euristica forte­ mente inter (tra) - disciplinare e trans (attraverso) --' disciplinare, la quale permette di evitare ogni determinismo o riduzionismo; quindi il processo gnoseologico è essenzialmente collettivo. Esso permette, inoltre, una continua circolarità epistemologica la quale non accetta la produzione di senso assoluta o enciclopedica, ma è piuttosto di tipo integrato visto che tende alla convergenza transdisciplinare. Per quanto riguarda la sessualità si può riscontrare una sottile connessione tra una produzione di senso, che non è altro che un in­ sieme di atti di conoscenza e la dimensione sessuale, poiché l ' atto del conoscere è intrinsecamente un atto "erotico" I ed inoltre implica le stesse disposizioni che si adottano indifferentemente sia per quan­ to richiede la conoscenza sia per quanto necessita alla sessualità: cu­ riosità, eccitamento e scoperta. Il meccanismo di "curiosità" che fa scattare la scintilla nella· dina­ mica conoscitiva è lo stesso meccanismo che accade nella relazione l . Secondo la visione di D. Napolitani (da lui illustrata nel corso delle lezioni te­ nute presso il Corso di Perfezionamento in Sociologia "Sessualità e relazione so­ ciale" , Università di Panna, anno accademico 1 993/ 1 994) conoscenza e sessualità sono due domini interrelati. sono modi attraverso i quali l'uomo nella sua specifi­ cità si relaziona con il mondo e lo interpreta. Infatti, così come i "concetti" sono fi­ gli di una concezione, i "figli" sono i prodotti di un concepimento . Ecco perché sia l 'esperienza conoscitiva che quella sessuale sono entrambe atti­ vità eroticamente umane; dove il concetto di "mente" interpretato da un punto di vi­ sta filologico ed etimologico non coincide con i l cervello (organo), quanto piuttosto viene utilizzato per esplicitare delle modalità relazionali, la qualità della relazione e non il centro di produzione conoscitiva. Quindi "eroticamente" sia da un punto di vista gnoseologico che sessuale indica le modalità per capire come ci si può mettere in relazione con gli altri, cioè tramite la curiosità, l'eccitamento e la scoperta.

1 18

sessuale dove l 'eccitante non è dato dalla anatomia presente, ma piuttosto dali' occhio interessato (curioso) deli ' osservante che "sco­ pre" cose "nuove" già note anticamente. Ecco, si può ipostatizzare un 'epistemologia sessuale, cioè un mo­ do nuovo di conoscenza della sessualità come fenomeno complesso dove maschile e femminile arrivano ad una consensualità di com­ portamento e di costruzione di senso che permettono di considerare la complessità del fenomeno sessuale come condizione che caratte­ rizza la relazione dell'uomo con il mondo. Per un'epistemologia sessuale si deve assistere all'introduzione di nuove discipline che comportano una debasculazione degli equilibri omeostatici acquisiti dalle discipline classiche come quelle mediche, antropologiche, fisiologiche, biologiche, storiche e letterarie. L'apparizione di discipline nuove all' interno della tematica ses­ suale quali geografia, pedagogia, psicologia e sociologia, ha correla­ tivamente contribuito ad una ridefinizione progressiva delle conce­ zioni e delle rappresentazione simbolico-sociali. Purtroppo però per molto tempo e forse ancora oggi nel rapporto tra le scienze umane e sociali perseverano divisioni: la psicologia si rifiuta di costruire un centro di sintesi esplicativa e si moltiplica nel­ le sue specializzazioni senza integrarle, la sociologia si riserva per lo studio dei fatti sociali, la linguistica si proibisce la formulazione di una semantica nuova ed in continua evoluzione, ecc. Si propone, quindi, la necessità di sostenere un "nuovo" indirizzo di ricerca e analisi epistemologica della sessualità come parte di una scienza dell 'uomo, costituita da un principio generale e flessibile di tipo integrazionista fra le varie discipline. Solo seguendo una dinamica interpretativa di tipo transdiscipli­ nare è possibile render giustizia del significato pieno della sessua­ lità stessa. Occuparsi in modo significativo ed efficace della sessualità uma­ na implica, infatti, uno sforzo per conseguire una impostazione glo­ bale di tipo "psico-somatica" o "psico-socio-somatica". Se, invece, si focalizza l 'attenzione solo sugli aspetti di volta in volta somatici, psichici e sociali, si rischia fortemente di tralasciare ciò che è propriamente umano. Si pone così automaticamente il problema dei modelli o dei prin­ cipi guida epistemologici che ripropongono di nuovo il problema del "senso" o "significato". La situazione critica odierna, che vede un continuo mutamento verso l 'apparente dctabuizzazione e libertà sessuale, pone il proble­ ma del significato come aspetto ineludibile. 119

Filosofie e religioni, le più disparate, che sono state per secoli le addette ·alla produzione di significato, avevano formulato una arcai­ ca equiparazione tra sessualità e riproduzione. Questo "significato" prevalente ci ha accompagnato fino a pochi decenni fa. Purtroppo questo imperativo comportamentale non ha permesso di sottolineare la tipicità sessuale de li ' uomo, che a differenza deli ' animale, dispone di un interesse sessuale sempre attivo il quale non ha un periodo "preciso" o automaticamente regolato per l ' ac­ coppiamento. Non dobbiamo mai tralasciare il fatto che nella ricerca della nostra ipotesi transdisciplinare e non solo interdisciplinare ciò che è tipica­ mente umano costituisce h premessa per la scoperta del "significl)to". Sebbene molte differenze sembrino essere solo di grado, indub­ biamente la caratteristica comportamentale sessuale umana della prevalente posizione "faccia a faccia" permette lo sviluppo della funzione comunicativa della sessualità umana stessa, una comunica­ zione gestuale, corporale, ma anche e soprattutto verbale e simbolica (ciò che non riusciamo a trovare nel l ' animale la cui sessualità è strettamente istintuale e periodica). Nel mondo umano sussiste un continuo mutamento di "significa­ �o" e di "funzione" delle realtà circostanziali per cui le vecchie e univoche modalità comportamentali si investono di significati nuovi, per lo più sociali, senza per questo perdere completamente i vecchi significati e diventando così ambigue e spesso equivoche. Elemento decisivo di distinzione tra la sessualità umana e quella animale consiste nel fatto che la sessualità, nell 'uomo, acquista, du­ rante il suo sviluppo, una funzione sociale e comunicativa La sessualità de li 'uomo acquista inoltre significato di fecondità che non è intesa solo biologicamente, ma anche come responsabil­ mente umana. Di conseguenza la funzione sessuale non riceve il suo significato o la sua fondazione epistemologica ed etica principalmente dalla fa­ coltà in essa implicita della riproduzione, facoltà che anzi, presa in se stessa, senza il suo sfondo comunicativo e come fonte di produ­ zione di senso, sarebbe da considerare piuttosto come non umana [Watzlawick et Al. 1 97 1 ] . Ogni tipo di studio che s i è interessato della trattazione e quindi definizione della sessualità umana, indipendentemente dal paradig­ ma epistemologico adottato, ha riscontrato in ogni essere umano una "tendenza sessuale" considerata un bisogno primario (biologico-fisi. •

120

co) oppure valutata come una necessità sì fisica, ma anche allo stes­ so tempo psichica, quindi non più prettamente vista nel suo aspetto più visibile, cioè genitale. Forse, la sessualità palesa ancora meccanismi definitori che sem­ brano mostrame più il suo mistero che la sua oggettività. Ciò non toglie che gli studi forse più attenti alla complessità del mondo sessuale prendano in considerazione vari fattori che permet­ tono di ricercare il significato più profondo, evitando i continui gaps interpretativi, che la sessualità assume per l 'uomo. I fattori che potrebbero, direttamente o indirettamente, influenzare la specificità sessuale umana sono: fattori biologici, fattori fisici, fat­ tori culturali, fattori sociali, fattori psichici, fattori causali o casuali. Quanti vero? Eppure la sistemica complessità dell'universo umano in genere si rispecchia comunque in ogni sua peculiarità la quale, seppure analizzata autonomamente per necessità metodologica, non pu? non essere considerata interdipendente con tutte le caratteristi­ che del genere umano. Tanto meno si può considerare la sessualità come una realtà circo­ scrivibile e definibile unitariamente da ogni disciplina teorica o em­ pirica che si è interessata di questo argomento. 2. Verso una riformulazione del concetto di sessualità umana se­

condo una dinamica transdisciplinare

In un incessante avvicendarsi di ostile pruderie e di libera apertu­ ra nei confronti del piacere sessuale, il nostro secolo ha sperimenta­ to mutamenti radicali negli atteggiamenti e nei comportamenti in materia di sessualità umana, mutamenti che, orientati (con un apice negli anni '60- '70) verso la detabuizzazione e la liberazione sessua­ le, hanno prodotto - e si sono anzi già lasciati alle spalle - una "ri­ voluzione sessuale", una "nuova morale" e una nuova "pansessua­ lità". In questo clima libero, o comunque in una situazione che pro­ muove un clima più libero, la sessualità umana ha potuto diventare, più di quanto sia mai stata in passato, oggetto d' interesse scientifico da parte delle discipline più disparate. Il campo della medicina offre, già esso soltanto, un ampio arco, che dalla Psychopathia sexualis di Krafft Ebing [ 1 886] e dall'opera di pionieri come I. Bloch, M. Hirschfeld, A. Forel, H. Havelock El­ lis et Al. [Hoenig 1 978] alle fondamentali Drei Abhandlungen sur Sexualtheorie [ 1 905] di Freud; dalle ricerche promosse dalla psico121

logia analitica ai più recenti e fondamentali lavori di diversi autori sul terreno del l ' etnologia e dell 'etologia comparata, tra cui Foris e Beach, Mead; dalle grandi ricerche sui comportamenti sessuali con­ creti (per esempio quelle di Kinsey, Pomeroy e Martin [ 1 950]) alle ricerche sperimentali fisiologiche, da cui sono derivate nuove cono­ scenze biologiche [Masters e Johnson 1 975; Haeberle 1 980]. II campo della medicina abbraccia inoltre un ambito che va dagli studi pionieristici sul l 'identità e sul ruolo sessuale [Money 1 978] ai tentativi terapeutici in chiave psicologica del profondo, di teorie del­ la comunicazione o dell'apprendimento [Mandel et Al. 1 97 1 ] , non­ ché alle terapie sessuali con basi biologiche [Masters e Johnson 1 975; Singer Kaplan 1 964] . Ma, nonostante questi sviluppi, la scienza della sessualità umana è ancora ai suoi esordi. Nel l ' ambito - più o meno largamente inteso - di questa "rivolu­ zione sessuale" troviamo nuove feconde conoscenze in materia di evoluzione sessuale e, correlativamente, di storia dello sviluppo cul­ turale umano; conoscenze dello sviltippo psicosessuale come anche sul fenomeno moderno dell'accelerazione. Troviamo, inoltre, nuovi dati sulla reazione sessuale e sui suoi di­ sturbi nell'uomo e nella donna e insomma, in generale, la considera­ zione della sessualità come una funzione naturale [Masters e John­ son 1 975] insieme con un rovesciamento quasi completo delle vedu­ te sulla masturbazione, con un atteggiamento di spregiudicata accet­ tazione nei confronti delle fantasie e di svariate pratiche sessuali co­ me anche nei confronti di rappresentazione esplicitamente sessuali (pornografia) e nuovi, più appropriati, e quindi più promettenti, ap­ procci in materia sessuale (sessualità infantile, sessualità g iovanile, sessualità senile, sessualità degli handicappati). Sempre nell ' ambito di tale rivoluzione sessuale sono presenti la seria considerazione del problema "sessualità e malattia", un atteg­ giamento più comprensivo e tollerante verso i transessuali e gli omosessuali e, infine, anche il tentativo diffuso, che ha radici ideo­ logiche e socio-politiche, di offuscare, o cancellare interamente, il confine tra comportamento sessuale normale e quello morboso. Questo mutamento di mentalità si rispecchia nella sostituzione del termine "perversioni" con quello di "parafil ie". B isognerebbe anche menzionare la ricerca di forme alternative di matrimonio o di altri tipi di vita in comune, la tolleranza sociale per la convivenza senza matrimonio, come anche la facilitazione - e l ' accettazione - del divorzio [Aiberoni 1 993]. 122

Sostanzialmente la ragione più consistente sull'emergere di certe "si­ tuazioni" coincide con momenti di rivoluzione culturale e ideologica. Questo vale anche per la cultura sessuale la quale trova riflesso nelle gerarchie sociali con istituzionalizzazioni del l ' amore (esempio matrimonio) [Alberoni 1 979; Alberoni 1 992]. Ogni situazione umana come può essere quella sessuale diventa, palesemente o no, una problematica del e nel sociale e scatena l ' in­ tervento di "tecnici" 2 che trasmettono il loro fondamento su radici epistemologiche non certo asettiche e tanto meno asessuate. Sembra persistere in ogni produzione di senso una continua ri­ cerca del gusto di un ordine, di un 'armonia, di un ordine anche nel disordine. L'emergenza tardiva di costruire un reticolo di connessioni inter­ disciplinari comporta due problematiche. La prima è di ordine epistemologico poiché concerne la definizio­ ne e ricerca di "scientificità" di un discorso riguardante ogni feno­ meno studiato. Il problema della scientificità suppone una riflessione sulla nozio­ ne stessa di scienza e di obiettività ad essa connessa che troppo a lungo è rimasta cristallizzata nell'aspetto della verificabilità per stra­ tegia induttiva o deduttiva J permette di leggere la realtà come «CO­ produzione di soggetto e oggetto» [Piaget 1 983: 246] in cui la pro­ spettiva metodologica implica una circolarità tra teoria e prassi sen­ za un punto di vista assoluto in cui la logica interpretativa potrebbe essere di natura empatica 4 o costruttiva s. Comunque sia il lavoro epistemologico deve essere connotato dalla interdisciplinarietà della ricerca e delle analisi conclusive dell'argomento trattato per quanto la scelta di una impostazione co2. L ' accezione di "tecnici" viene qui adotatta per indicare degli studiosi quali possono essere i medici, gli psicologi, i sociologi, ecc. 3. La strategia induttiva implica un procedimento euristico che va dalla dimen­ sione empirica alla dimensione teorica; la strategia deduttiva procede invece da considerazioni teoriche per poi accedere all 'empirico. 4. Delucidazioni riguardanti la conoscenza empatica sono chiaramente esplicate in un testo in particolare di C. Cipolla intitolato Oltre il soggetto per il soggetto edito da Angeli, Milano [Cipolla 1 990b] ; concetto che ritroviamo anche in un altro suo testo dal titolo Il posto della sociologia edito dalla Morcelliana [Cipolla 1 990a]. La strategia euristica adottata da Cipolla si basa su un correlativismo criti­ co-empatico. 5. La conoscenza di tipo costruttivo la ritroviamo in molti testi di J. Piaget la cui epistqmologia genetica si presta a belle riflessioni che vantano di poggiare su un im­ pianto esplicativo che miscela bene realismo e costruttivismo [ Piaget 1 99 1 , 1 983]. 123

struttiva implica un processo gnoseologico di un soggetto attivo che si adatta alla realtà mediante un processo di assimilazione di input esterni ed in accomodamento di input interni, mentre la lettura em­ patica comporta una comprensione della realtà mediante Erlehnis. Solo che, se nell 'ipotesi costruttivista il meccanismo è interno al soggetto (geneticamente l 'individuo ha ereditato un modus operandi che gli permette di relazionarsi con la realtà), nell 'ipotesi empatica il meccanismo è imer-individuale, implica cioè necessariamente la relazione. In entrambi, però, la realtà esterna nutre la conoscenza e l 'ogget­ tività è realizzabile solo nel contesto sociale. Sicuramente la scssualità ha una funzione sostanziale nella vita umana [De Beauvoir 1 969] che non può prescindere né dalla indivi­ dualità né dalla socialità dell 'uomo: ogni relazione con l 'altro è co­ munque sessuata, quindi la sessualità può trovarsi impiegata in mo­ do latente o palesemente (esempio relazioni di amicizia, padre-fi­ glio, innamoramento). Sono tanti i possibili approcci al problema della sessualità uma­ na, ma tra i trend interpretativi dominanti se ne possono indiv iduare forse tre da ritenere fondamentali e costitutivi di ogni approccio metodologico. L'importante è considerare la loro reciproca interdipendenza e la possibilità di costruire, partendo da essi, una dinamica interpretativa transdisciplinare, nella quale la relazione interdisciplinare sia multi­ pla, reciproca e com-presente. Questi tre approcci determinanti sono individuabili: a) nel nuovo orizzonte scientifico delle determinanti neuroendocrinologiche pre­ natali. del comportamento sessuale; b) nella v isione evoluzionista che basa i propri argomenti sull 'importanza della sessualità infantile per la comprensione continuativa della complessità della ses s'ualità adulta; c) nell 'approccio psico-sociale che sottolinea le funzione co­ municativa della sessualità. Per quanto riguarda il primo approccio si ritiene che sia necessa­ ria una analisi biologica per la comprensione della sessualità umana e che questa a sua volta necessita della conoscenza delle tappe es­ senziali nell 'evoluzione dei comportamenti e delle funzioni sessuali le quali, proprio grazie ad esperimenti mirati, si sono dimostrate co­ me parallele allo sviluppo neuroendocrinologo e del cervello. Il cervello è divenuto il più importante organo sessuale dell ' uo­ mo; infatti, l ' ipotalamo basale medio è responsabile del comporta124

mento sessuale: «one of the most important organs in the body to become sexually differentiated>> 6, Per evitare però, ogni determinismo e quindi malinteso di una prospettiva unilateralmente biologistica è necessario riportare l ' at­ tenzione esplicitamente sulla stretta concatenazione di "momenti" biologici, psicologici e sociali nella dinamica evoluzionista; essa guida e permette lo sviluppo sessuale il quale è un "fatto" che impli­ · ca un 'inestricabile interazione di predisposizione (studi sullo svilup­ po prenatale sono ancora lacunosi e non dimostrano chiaramente le influenze sul comportamento sessuale futuro) e ambiente (dinamiche psico-sociali), ma mette anche in luce l ' incomparabile "camaleonti­ smo" della sessualità umana che è fondamentalmente processo di comunicazione. Per quanto riguarda la dimensione sessuale, percepita e considera­ ta sempre più nella sua complessità, si è cercato di costruire una nuova disciplina (la sessuologia) che aspira a trattare la sessualità nella sua multidimensionalità. Cercare di sapere se il reticolo delle connessioni contribuisce a costituire una disciplina comporta il porsi delle domande. Una è di ordine epistemologico: essa concerne la scientificità di un discorso e tenta di circondare ciò che può fare rivendicare il nome della "scien­ za". Una tale questione suppone allora una riflessione sulla nozione stessa di scienza (questione che non si ritiene utile esaminare in que­ sto contesto). L'altra è di ordine istituzionale e consiste nel domandarsi se la convergenza teorica - convergenza a volte conflittuale, come si può spesso vedere - sia sufficiente a raccogliere e riunire autori di origi­ ni diverse, come sono gli autori che lavorano in un reticolo attorno a qualcosa che può diventare una disciplina costituita. Oppure nessuna istituzione ufficializza i riscontri teorici che si possono constatare. Gli autori che lavorano in un reticolo appartengono a campi disci­ plinari differenti. Per esistere, per farsi conoscere e svilupparsi come sapere, una questione di interesse o un soggetto di ricerca deve poter diventare una disciplina. La nozione stessa di disciplina implica la comprensione indubbia­ mente di un coacervo di discipline. 6. La traduzione del brano citato di R.V. Short [ 1 979: 1 2 1 - 1 27] si riferisce ad una funzione del cervello (l' ipotalamo) ed è la seguente: «uno dei più importanti organi nel corpo che fa' diventare sessualmente differenziati>>.

1 25

Essa suppone un'organizzazione del sapere che rinuncia al sogno hegeliano totalizzante e all 'intuizione ol istica del l ' unità sistematica e ora come ora insostenibile del sapere. Essa si riconosce piuttosto come locale e parziale. Attorno all 'apologia della disciplinarietà gioca un ruolo sicura­ mente essenziale lo spiegamento del sapere postmodemo 7 . Questo elogio della disciplinarietà ci permette di riflettere e ana­ lizzare criticamente l 'aspetto interessante della interdisciplinarietà ed inoltre della transdisciplinarietà ad essa connessa. Si intende respingere con questa posizione il gap tra varie specia­ lizzazioni che sono troppo separate tra di loro. Ciò che la interdisciplinarità si augura è abolire una perversione del sapere costituito e di permettere una collaborazione comunicati­ va e costruttiva tramite la visione transdisciplinare. Essa stabilisce l ' adesione, la partecipazione ad una stessa orbita di senso, la spartizione collettiva delle evidenze e delle anticipazioni gnoseologiche che permettono di riconoscere la dimensione propria­ mente euristica della connivenza intellettuale elargita. Indubbiamente una tesi metodologica emerge da queste consid'e­ razioni a sostegno della consapevolezza che la scelta esplicativa tra diversi e molteplici punti di vista consegue infine verso la conver­ genza polimorfa di una sorta di primato essenziale; ciò dimostra co­ me possa sempre più essere ritenuta attendibile la posizione inter­ pretativa integrazionista e transdisciplinare per cui la conoscenza è un concetto dinamico, è un continuo processo. Il peregrinare da una disciplina all 'altra per una migliore com­ prensione sull'argomento oggetto di studio non sottintende un' infla­ zionistica od erudita tendenza eclettica degli studiosi, ma si basa piuttosto sull'unità fra le diverse scienze mediante interdipl(ndenza. Tutta questa impalcatura esplicativa implica una circolarità episte­ mologica post-modema che supera la concettualizzazione di ogni evento nella sua totalità quanto piuttosto nella visione relativista che sottintende una considerazione nuova cioè quella della razionalità umana limitata e "critica" che ritiene il processo conoscitivo, in ogni ambito, come adattamento per cui la conoscenza non è mai assoluta. Questo tipo di "circolarità delle scienze" permette di superare i determinismi delle tendenze idealiste (matematica o psicologia) o 7. Ardigò A. [ 1 989] esemplifica la situazione del sapere contemporaneo con un termine sintetico e pronto per essere superato e cioè il "conoscere post-modemo" che si basa sulla razionalità limitata dell 'uomo e l ' impossihilità di concepire la so­ cietà come una totalità antologica.

126

realiste (fisica e biologia) per approdare ad un ideale regolativo-pa­ radigmatico che si basa su un criterio integrazionista. La comprensione della sessualità nell'individuo può essere con­ cepita come produzione di un'unità (singolo individuo) da una mol­ teplicità (IO-TU), di ordine strutturale e funzionale da promesse eterogenee. Le varie analisi come quella biomedica, psicologica, antropologi­ ca, sociologica hanno mostrato, appunto, che la sessualità del sog­ getto umano è sintesi di relazioni molteplici, varie. Il problema dell ' individuo sessuato comincia a porsi nell' anato­ mia e fisiologia comparate, fino ad acquistare tutto il suo peso nelle scienze umane che assumono un paradigma conoscitivo nuovo ri­ spetto a quello, classico, della meccanica, perché fondato su un rap­ porto diverso tra osservatore e realtà osservata (prevalgono caratteri espressivi, ermeneutici, poietici). L'approccio delle scienze umane (psicologia, antropologia, socio­ logia) nella sessualità permettono di superare i verbalismi (esempio eros) senza più farne un epifenomeno della sessualità genitale; infat­ ti l ' attenzione alla sessualità nella sua più intrinseca complessità re­ sta un programma multidisciplinare che permette di sottolineare il fatto che la sessualità appartiene ormai alla propria Lebenswelt per cui il soggetto vuole sempre più averne esperienza, coscienza e re­ sponsabilità in un progetto creativo e secondo valori condivisi o ne­ gati socialmente. L'aspetto più comprovato è la definizione della sessualità come un momento della vita più ampio e vario della sua stessa struttura cromosomica; non solo essa è anche un momento della evoluzione, filo ed ontogenetica, strutturale e diacronica nella complessità siste­ mica in cui l ' individuo è necessariamente inserito. L' insicurezza del l ' edificio concettuale con le sue ambivalenze, ambiguità, i suoi verbalismi, le avventurose inferenze è messa oggi in luce soprattutto da un approccio epistemologico il quale si reputa connotato da una interdisciplinarietà metodologica: essa permette di raggiungere un'oggettività intersoggettiva che non è mai copia del reale, ma nasce nel sociale come forza sinergica di "ricostruzione" del reale per mezzo di una dinamica dialettica tra soggetto e oggetto (ambiente).

127

3. La sessualità: intrinseca socialità In conclusione, la sessualità umana avrà le maggiori opportunità di scoprire il proprio senso e di raggiungere il totale dispiegamento là dove può essere vissuta come elemento costitutivo integrato della personalità e come espressione adeguata di un rapporto, il che pre­ suppone maturità personale - anzitutto capacità di relazione e di contatto - autonomia, capacità e disponibilità ad assumersi respon­ sabilità. Al contrario, una sessualità intesa come isolata fonte di piacere, fatta servire in primo luogo alla bramosia di novità, ali ' autoconfer­ ma e al prestigio sociale, o esercitata come uno sport eccitante, o considerata come un venale articolo di consumo che non impegna a nulla, non potrà offrire che un soddisfacimento parziale. Ciò vale anche quando la sessualità è posta sotto l 'onere impersonale dell'ef­ ficienza, quando viene adoperata come arma nella lotta dei sessi o come vendetta nei confronti dell'altro sesso o quando orientata uni­ camente su se stessa, non trova la via del l 'altro. Si può allora dire che contrariamente alla separazione tra sessua­ lità e riproduzione perfettamente ragionevole e nel solco di un'evo­ luzione umana - qual è oggi resa possibile dalle tecniche anticonce­ zionali e dalle politiche demagogiche del controllo demografico -, una separazione tra sessualità e relazione intima, o tra sessualità e i contenuti espressi dal linguaggio sessuale del corpo, non rende giu­ stizia al senso della sessualità umana che è fortemente complesso poiché la dinamica sessuale, nel suo aspetto personale dominante, acquista significato e importanza soprattutto nella dinamica relazio­ nale (coppia) e quindi sociale. L'approccio transdisciplinare tenta di sottoporre ad una nuova ri­ flessione e di rendere conscio ciò che oggi appare anche come trop­ po scontato, e per questa via contribuire a superare le forti dicoto­ mie epistemiche tra sessualità e amore, tra sessualità e pudore e per­ sino tra sessualità e religione. Non si pretende che questo approccio metodologico inter, transdi­ sciplinare ed integrato possa spiegare ogni cosa, né che sia l 'unico valido ai fini della comprensione della sessualità umana: la realtà ri­ mane necessariamente ed incessantemente più ampia e più sfaccetta­ ta di tutti gli sforzi che si possano fare per afferrarla. Infatti, molti concetti, teorie, metodi e conoscenze sono sostenuti da studiosi che si riconoscono mutuamente come soggetti competen­ ti, anche se le divergenze tra loro restano spesso profonde. 128

Molte sono le discipline che si sono impegnate per "illuminare" sulla consistenza della sessualità, ma tra queste le scienze umane o sociali (senza che la distinzione tra questi due termini sia chiara e ri­ conosciuta definitivamente) - ultime nate -, non hanno ancora fatto la loro coupure épistémologique s, non hanno forse ancora superato lo stadio pre-paradigmatico. Tutto porta a credere, in effetti, che nella flessibilità di legami in­ terdisciplinari tra le varie scienze risieda il segreto della riuscita in­ tellettuale di studi condotti secondo una metodologia transdisciplina­ re di un nuovo paradigma decisamente meno dogmatico. Essendo la conoscenza una ricostruzione della realtà [Bringuier 1 978] l 'esperienza multi disciplinare interattiva è essenziale per la sua interpretazione e comprensione seguendo una strategia euristica adduttiva [Cipolla l 990a: 1 29] che permette di arrivare a considera­ re la conoscenza obiettiva della realtà, ad esempio sessuale, non uno stato, ma un processo. Bisogna perciò sempre tenere presente che l 'oggetto di una cono­ scenza «non è mai completamente indipendente dalle attività del soggetto . . )) 9 [Ardigò 1 989] per cui la conoscenza non è altro che una forma di adattamento del pensiero alla realtà dimostrando così una inestricabile interazione fra il soggetto e gli oggetti. Una certa insistenza sulle correlazioni entro la scienza teorica e le sue istituzioni presenta inoltre l ' interesse di evidenziare delle prospetti­ ve nuove per la storia istituzionale sulla quale può fare perno una sto­ ria tout court che tende a superare la separazione classica tra la storia intemalista e la storia estemalista delle scienze; tale separazione risulta alquanto artificiale e artificiosa proprio grazie alla denuncia fatta dalla insistenza di correlazioni possibili e necessarie tra le varie discipline. Lo sviluppo delle discipline scientifiche è spesso rappresentato come un processo regolare interrotto di tanto in tanto da rivoluzioni. .

8. Metodi e concetti conoscitivi, soprattutto la conoscenza sociologica, hanno avuto forti ripercussioni metodologiche e riflessive in seguito ad una grande coupu­ re epistemologica avvenuta negli anni Trenta. cioè una svolta procedurale per cui ogni produzione di verità è "observer dependent" e conduce dunque alla policentra­ lità del sapere: non è più ammissibile il sapere enciclopedico o assoluto e tanto me­ no è possibile un sapere definitivo ineludibile. Gli autori più autorevoli al riguardo sono stati: a) K. Goedel con il suo teorema dell'i ncompletezza; b) il principio di indeterminazione di W. Heisemberg; c) il teo­ rema di A. Tarski . Chiarimenti al riguardo sono possibili consultando il testo di A . Ardigò [ 1 989]. 9. Questa è una definizione di Maturana che è presente nel testo di A . Ardigò [ 1 989].

129

Lo sviluppo è quindi di tipo cumulativo, ma una tale struttura concettuale è fortemente messa in discussione da studiosi che condi­ vidono l 'idea introdotta da Kuhn della «incommensurabilità dei pa­ radigmi» I O [Cipolla C. 1 990a: 68]. Anche se l 'aspetto approssimativamente "Gumulativo può essere addebitato alle scienze della natura ciò non è assolutamente possibi­ le per le scienze umane. La sessualità è stata fino a metà di questo secolo un argomento decisamente di carattere scientifico il cui interesse dominante era so­ lo la risoluzione dei suoi aspetti patologici che sembravano stretta­ mente individuali benché Freud avesse ampiamente contribuito a fa­ re luce su molte dinamiche sì individuali, ma di origine sociale. Per una riflessione più aperta e tollerante sulla vita sessuale dovre­ mo aspettare l'opera di Kinsey, Pomeroy e Martin [ 1 950; 1 955]; seb­ bene oggi sia superata da tanti punti di vista, essa rimane comunque un'opera importante dal punto di vista della scelta di non usare la paro­ la "normale" o "anormale" per nessun aspetto della sessualità umana. In effetti la scelta di nominazioni quali normalità o devianza, sano e patologico non sono altro che parole cioè sono il prodotto della costruzione storica, sono prodotto (poiesis) sociale; le parole non so­ no altro che un dito che indica la luna. Anche senza supporto scientifico il senso comune ci permette di qualificare la normalità e la anormalità sul senso condiviso (visione pregiudiziale). Il superamento della produzione di senso scientifico (scienze spe­ rimentali) e di senso comune (etica) permette di giungere ad una produzione di senso inteso come significato (epistemologia genetica sociale) e mette in crisi il concetto di veridicità sia dei sensi percetti­ vi sia del senso comune. Dunque il senso di un fenomeno come quello della sessualità assu­ me significato cioè una sua specificità a secondo dell 'osservatore I I l O. Con questa spiegazione Kuhn ritiene che coloro che saranno troppo fonda­ mentalmente eterogenei troveranno difficoltà affinché si possa compararli o comun­ que pretendere in maniera precisa che un nuovo paradigma integri le acquisizioni del precedente; la scienza più forte diventa, infine, il modello, il paradigma intcr­ pretativo più valido. I l . L' interpretazione della realtà è legata alla specificità di colui che la osserva. Queste considerazioni non erano accettabili fino a pochi decenni fa quando negli anni Trenta prese piede la visione di Heisemberg con il suo Principio di indetermi­ natezza. Esso ha permesso una costruttiva svolta epistemologica in molte discipline comprese quelle umane. Il principio di indeterminatezza implica che non si può più ipotizzare l 'esistenza di un osservatore indipendente che sia cioè in grado di analiz­ zare acriticamente la realtà stessa poiché ogn i . realtà è alterata dalla sua stessa atti­ vità osservatrice: la realtà è "ohserver dependent".

130

senza per questo incorrere in dicotomiche interpretazioni di senso, ma piuttosto dialettiche, integrate. Proprio grazie alla specificità umana del prodotto di senso/signifi­ cato si sottintende che l ' uomo stesso è animato collettivamente in un continuo Erlebnis (nostro vissuto) ed Erfharung (vissuto degli altri). Qumdi, ogni fenomeno, come può essere appunto la sessualità aspetto fondamentale dell'esperienza umana -, implica una produ­ zione !di senso-significato che è legata ad una matrice necessaria­ mente culturale e sociale. Infatti, il senso non implica solo un modo di conoscere, ma modifica anche il campo della relazione e della consapevolezza di se stessi. Per quanto riguarda la sessualità, ultimamente più che di cultura si potrebbe parlare di invasione civilizzatrice dove i giovani ( civiliz­ zatori) usano gli oggetti a secondo della loro funzione, liberandoli del senso: sarebbe il frutto della evoluzione della sessualità come fe­ nomeno che alternativamente diventa pubblico o privato. Infatti, nella relazione sessuale prende corpo l 'autoimmagine e l 'eteroimmagine. Questa relazione è unica poiché viene posto al centro la soggettività dell'individuo nella relazione; è un incontro tra soggettività ed intenzionalità. Essa, in effetti, produce fenomeni di negoziazione relazionale, di emancipazione, di alternative di comportamento. La sessualità è dunque una situazione femminile-maschile dove si arriva ad una consensualità di comportamento e di costruzione di senso. La relazione sessuale è frutto di un istinto umano, necessaria quindi e fondata biologicamente, ma è anche di tipo culturale. Per quanto riguarda la sessualità, troppo spesso gli studi qualitativi ri­ manevano incatenati sotto un' aura moralistica e giudizievole, mentre gli studi di laboratorio analizzavano secondo una metodologia con­ trollata e scientifica, infatti tutto il sapere scientifico, del resto, si sta trasformando in un' unità indiscindibile di sperimentazione e rifles­ sione metasperimentale. Comunque ogni definizione della sessualità non riesce ad assume­ re una prospettiva panottica. Ciò non toglie che la sessualità non è una cosa, ma una pseudo­ cosa; per cui aveva ragione Durkheim quando poneva l ' accento sul fatto che le "rappresentazioni collettive" finiscono con l 'essere spe­ rimentate come se fossero cose, esterne ad ognuno. Esse, invece, assumono il carattere di realtà in parte autonome per il modo stesso in cui ricevono l 'esistenza: una norma sociale ad 131

esempio di carattere sessuale può imporre obblighi opprimenti per alcuni oppure dogmi condivisi e validi per altri. I processi di rappresentazione non sono individuali, cognitivi e coscienti, ma sociali, simbolici e largamente inconsapevoli. Essi so­ no sociali sia consensualmente che interattivamente tenendo a preci­ sare che la consensualità non significa armoniosità. Alla base di tutto ciò si trova una mossa epistemologica che mette le carte in tavola per ciò che riguarda la distinzione tra individuale e sociale: la emergente priorità della relazione non come risultato di vita tra individui, ma piuttosto come premessa alla intrinseca e reci­ proca con-ri-definizione. E questo riguarda anche il nostro assunto vissuto sessuale per cui noi facciamo quello che facciamo non come individui soggio­ gati al senso comune, ma invece come com-partecipanti a dinami­ che relazionali. La sessualità è comunque vita, è un processo del bisogno indivi­ duale dei l ' alterità per la vita. Per cui la sessualità non può fare a meno di un 'analisi socio logica che permetta di leggerla nel sistema sociale e non come un'esperien­ za di singole persone avulse da esso. L'esperienza sessuale è allo stesso tempo esistenziale e sociale; come fa la sociologia a non trattare la sessualità che è condizione di relazione e di ordine sociale che viene rappresentato e oggettivato nel sociale. La problematica sessuale è uno degli aspetti più importanti della dimensione umana e sociale, poiché essa è alla base della relaziona­ lità stessa la quale costituisce la fondamentale peculiarità proprio de il' essere umano. Il concetto di sessualità è quindi storicizzabile sia nella cultura sociale che in quella personale. In effetti, parlare di sessualità, fuori dal contesto in cui avviene, trasforma la sessualità in un oggetto (ciò è accaduto molto spesso, negli ultimi anni), oggetto di comunicazione sterile che aliena però le emozioni e le complesse dinamiche individuali ed interindividuali che la sessualità stessa implica. Diventa sempre più urgente allora occuparsi della sessualità che insieme a tutti i suoi aspetti fisiologici, biologici, antropologici, eti­ ci, psicologici è comunque e necessariamente una dimensione della socialità così come la socialità è una dimensione della sessualità. La socialità stessa è un fatto fondamentalmente individuale; la so­ cietà nasce dal rapporto IO-TU (rapporto duale) [Simmel 1 985a] e mai come nel rapporto sessuale questo aspetto si esemplifica. 132

I l capitale affettivo, relazionale, comunicativo della relazione pri­ maria (madre-figlio) si reinvestirà nella fase della presenza sociale del terzo (padre) e si allarga però sempre di più per poi riviverla nel­ la dimensione dell 'innamoramento (proiezione nell 'altro) e in segui­ to pell'amore (introiezione dell'altro). Per la sessualità così come per tanti altri "fatti" sociali si tende a derubricare le relazioni di senso ad essa connesse, si tende a coglier­ ne la funzionalità a dispetto del valore: è a questo punto che diventa palese il contributo degli studi sociologici che si sforzano di dimo­ strare come la sessualità sia uno degli aspetti più importanti della di­ mensione umana e sociale. La sessualità è stata lasciata per troppo tempo allo studio di spe­ cialisti fisiologici (Ellis), psicologici (Freud; Reich), antropologici (Malinowskj; Lévy-Strauss) che perciò mancano di dare rilevanza alla sessualità come realtà sociologica. 1La sessualità è sicuramente necessaria alla umanità (riproduzione) e fondata biologicamente (funzioni neuroendocrine, ipotalamo ), ma ciò genera equivoci poiché si trascurano in questo modo le cristalliz­ zazioni concettuali della istintualità intesa solo in ambito naturale, mentre la relazione sessuale è anche di tipo simbolico-culturale. L'analisi sociologica sottolinea la dimensione sessuale come fatto strutturalmente intimo per eccellenza, ma che è ali ' origine della so­ cialità e obbliga all 'alterità; la relazione sessuale diventa, quindi, il luogo connotato da produzione di vita dove si esemplifica il massi­ mo dell 'intimità e della socialità (nella sua genesi) poiché si basa sulla co-produzione di volontà, orientata nella stessa direzione, di due alterità; è cioè con-senso (''con" cioè insieme; "senso" cioè pro­ duzione di significato) che è alla base della socialità stessa. La sessualità, quindi, permette un percorso di socializzazione in­ crociata (obbliga cioè a cercare l 'alterità). Infatti, le dinamiche di relazione uomo-donna si basano sulla lo­ gir.a della diversità. Quindi , il rapporto tra i due sessi non è di differenza poiché essa inerisce all"'uno" (al singolo individuo), ma è piuttosto un rapporto basato sulla diversità che implica i "molti" cioè esemplifica la con­ dizione prioritaria dell 'essere umano che è la relazione con l ' altra parte di sé per chiarire la relazione con l ' altra persona. Si scopre, allora, che assume sempre più importanza un principio epistemologico-conoscitivo di tolleranza, di ambivalenza per cui la frammentazione dei saperi possa trovare una sua interpretazione eu­ ristica nell 'integrazione gnoseologica. 133

La comunicazione sessuale di Giancarlo Corsi ed Elena Esposito

l.

Comunicazione e riferimento al corpo

Se ci si interroga sulle caratteristiche della comunicazione sessua­ le, la prima che viene in mente è evidentemente la presenza (impli­ cita o esplicita) di un riferimento al corpo: che si tratti di corteggia­ mento, di tentativi di approccio, o anche semplicemente di discorsi a sfondo sessuale, in ogni caso abbiamo a che fare con un tipo di co­ municazione che non può (e non vuole) prescindere dal fatto che i partner hanno un corpo, ne sono consapevoli, e sono reciprocamen­ te consapevoli della consapevolezza dell'altro. II corpo, però, è per la comunicazione una presenza estremamente ingombrante, che comporta una serie infinita di complicazioni I . Nell'amore, per esempio: anche se la comunicazione sessuale non coincide ovviamente con quella amorosa (nel senso che l ' interesse sessuale non implica necessariamente l'amore) 2 , oggi è difficile se non impossibile concepire l ' amore senza alcun riferimento al sesso. Proprio questo coinvolgimento del corpo nella comunicazione è ciò che contraddistingue l ' amore dall'amicizia, e a questo si legano le pretese di esclusività nei confronti del partner (mentre normalmente non si è gelosi degli amici), il bisogno di interazione (non ci si può amare soltanto per lettera o per telefono: ogni tanto bisogna vedersi), e molte altre delle questioni che rendono i rapporti d'amore, aldilà di ogni ulteriore considerazione, particolarmente impegnativi. l . Questo non solo nel caso della sessualità; si pensi alla violenza fisica o alla percezione. 2. E per questo nelle pagine seguenti, pur trattando della comunicazione sessua­ le, non tratteremo se non a titolo di esempio della comunicazione amorosa. 134

Ma perché il riferimento al corpo è così ingombrante per la co­ municazione? Il motivo sembra essere che per arrivare al corpo bi­ sogna allontanarsi di due passi dal puro terreno della comunicazio­ ne: bisogna superare due soglie di intrasparenza. La prima intraspa­ renza è quella tra la comunicazione e i pensieri dei partecipanti: co­ me testimonia la semplice possibilità di mentire, ciò che viene detto non coincide necessariamente con quello che hanno in testa coloro che comunicano e anche quando non si mente, i pensieri sono sem­ pre molto più ricchi di ciò che viene espresso; mentre si parla ci si preoccupa del l 'effetto prodotto sull' interlocutore, si è emozionati o annoiati, si ha fretta o si ha sonno. La comunicazione, quindi, quan­ do deve far riferimento ai pensieri, si addentra in un ambito che non può controllare. La stessa indeterminatezza vale per i rapporti tra la coscienza e il corpo. Proprio nelle questioni sessuali è particolar­ mente evidente che il corpo ha una sua autonomia rispetto ai pensie­ ri di ciascun individuo - autonomia che non vuoi dire indifferenza: è ovvio che i pensieri possono avere degli effetti fisici, dall' eccitazio­ ne al suo spegnimento, ma è altrettanto ovvio che questi effetti non possono essere del tutto controllati dalla coscienza. Il corpo reagisce a modo suo (ad esempio si arrossisce). La ricerca di stampo cibernetico e costruttivistico parla a questo proposito di chiusura operativa e di abbinamenti strutturali. Con il primo termine si intende il fatto che organismi, coscienze e sistemi sociali possono contare solamente sulle proprie operazioni: ogni struttura, ogni forma di organizzazione, così anche come ogni possi­ bilità di adattamento a condizioni esterne dipendono in primo luogo dalla connessione chiusa delle operazioni. In termini più concreti, ciò significa che ciascuno può pensare solo ali ' interno della propria coscienza, senza poter importare od esportare pensieri; la comunica­ zione conosce a sua volta una chiusura analoga, poiché il destino di c.iò che viene comunicato dipende esclusivamente dalle condizioni sÒèiali e non, ad esempio, da quelle psichiche dei partecipanti alla comunicazione. Lo stesso vale per il corpo: come un organismo può reagire in certa situazione o se ciò che percepisce è frutto di un ' illu­ sione o allucinazione non è determinabile a partire da condizioni ex­ tracorporee, psichiche, sociali o altro. Il termine "abbinamento strut­ turale" indica invece l 'altro lato della chiusura operativa: per quanto chiusa, nessuna coscienza può fare a meno di un corpo che le con­ senta di percepire o di un sistema sociale che la socializzi, così co­ me nessun sistema sociale può prescindere dall'esistenza delle co­ scienze. Gli abbinamenti strutturali sono cioè condizioni particolari 135

di relazioni tra sistemi distinti che rendono particolarmente elevata la sensibilità nei confronti di certi stimoli - laddove però il destino dello stimolo viene deciso esclusivamente dalle strutture interne del sistema stimolato; per quanto si cerchi di dare un indirizzo alla so­ cializzazione di un bambino, nessuno può prevedere che tipo di per­ sona egli sarà da adulto; ugualmente, si può cercare di canalizzare la reattività del proprio corpo secondo i propri desideri, ma non si può prevedere se effettivamente il corpo ubbidirà, e in materia di sesso questo è indubbiamente un dato di notevole rilevanza 3. La comunicazione, quindi, quando fa riferimento al corpo, deve prima passare per la coscienza, che la elabora in forme proprie, per arrivare poi al corpo, che a sua volta reagisce autonomamente. E vi­ ceversa: per comunicare uno stato fisico come il desiderio bisogna innanzitutto rendersene conto, e poi trovare il modo per tradurlo in parole (o in gesti comunicativi). E tutti questi passaggi hanno dci costi: si ha ogni volta qualche distorsione, ed è ben difficile alla fine ottenere un coordinamento. I discorsi sul sesso, come è noto, sono raramente disinvolti, e mai neutrali. Ciononostante, il passaggio per la comunicazione sembra essere essenziale, anche e proprio nell 'ambito del sesso: si tratta in fondo di ciò che distingue la sessualità di coppia dali 'autoerotismo. Un ti­ po di comunicazione che, secondo Foucault, con la modernità diven­ ta sempre più diffusa e più pervasiva [Foucault 1 978], nello stesso periodo in cui diventa così difficile e rischiosa. Si può pensare che la comunicazione sessuale come noi la conosciamo sia un fenomeno della modernità? E da cosa dipendono, socialmente, la sua nascita e il suo sviluppo? 2. Forme antiche e moderne di comunicazione sessuale

Forse proprio per la sua caratteristica commistione di riferimenti corporali e biologici, psichici e personali, sociali e morali, la sessua­ lità è oggetto di valutazioni e di prese di posizione estremamente di­ vergenti, tanto nella sua pratica, quanto nel modo di parlarne. Basti solo pensare alla difficoltà tipica dei nostri tempi a tenere distinti di­ ritto e morale in materia di sesso oppure ai costumi così diversi che regnano in aree geografiche molto vicine tra loro. 3. Si veda il classico [Maturana c Yarela 1 985] e le voci "autopoiesi" e "accop­ piamento strutturale" in [Baraldi, Corsi ed Esposito 1 995].

136

Le radici di tale varietà e di tale confusione risalgono certamente molto indietro nel tempo e portano con sé modi di pensare e di co­ municare generati da società decisamente diverse da quella moder­ na. Le ricerche storiche in materia offrono un quadro che può essere istruttivo anche per la sociologia, nella supposizione, inevitabile per un sociologo, che la comunicazione sessuale in quanto comunicazio­ ne 4 dipende dalle strutture che la società mette a disposizione in un determinato periodo storico. Se pensiamo alle strutture societarie precedenti la modernità, una prima differenza decisiva è data dal ruolo e dalla funzione della fa­ miglia, sia nei confronti dei singoli individui che nei confronti della società nel suo complesso. Prescindendo dalle società più antiche, basate su una differenziazione orizzontale, segmentaria e "meccani­ ca" S, le società precedenti quella moderna erano caratterizzate da forme diverse di asimmetria e da una visione dell 'ordine delle cose unitaria e generalizzata; pensiamo ad esempio alle civiltà cittadine dell'Egeo prima e greche e romane poi, oppure alla stratificazione del tardo medioevo europeo. Nel primo caso era la città o il "palaz­ zo" che fungeva da centro del mondo; è lì che aveva luogo la comu­ nicazione più sofisticata e più ricca di conseguenze per la società, vale a dire la comunicazione che poteva essere ritenuta "civile" a differenza di quella "barbara". Nella città si creavano delle differen­ ze che in campagna, strutturata ancora per segmenti, non potevano attecchire; è nella vita cittadina che sono nate le prime differenze di tipo strettamente gerarchico tra le famiglie, contribuendo alla diffu­ sione nell 'intera società di una stratificazione ordinata per rango. Questo era il caso tipico della società europea dell'alto medioevo, dove tra nobiltà c contadini esisteva una vera e propria differenza di "dignità morale", che rendeva i nobili qualcosa di completamente diverso dagli altri. Il vertice della società concentrava in sé le risorse disponibili, tanto in termini di beni e di servizi, quanto in termini r.pmunicativi veri e propri (esercizio del potere, accesso alla cultura sofisticata, possibilità di essere educati, ecc.). In base a questi pochi accenni sulle caratteristiche delle società premoderne possiamo sottolineare il punto che interessa in questa sede: tanto nel caso delle società "cittadine", quanto in quello delle , 4. Il che significa: non necessariamente anche in quanto pratica. 5. Su queste società e sul ruolo giocato dalla differenza di genere si veda tra molti altri [Moscovici 1 972]. La rilevanza della sessualità come pratica sociale (nell' iniziazione dei giovani ad esempio) nelle società segmentarie è comunque ben nota. 137

società "nobiliari", la rilevanza della famiglia era primaria; essa era il canale mediante il quale i singoli individui ottenevano la loro identità sociale, tanto che si poteva essere accettati come interlocu­ tori soltanto in base al fatto che si apparteneva ad una qualche fami­ glia e quindi ad un lato o l ' altro dell 'asimmetria sociale: cittadini o paesani, nobili o mercanti, schiavi o servitori, tutte figure che richie­ devano la specificazione dell 'appartenenza familiare. Ciò che qui in­ teressa è comunque il rapporto che in questa società intercorreva tra famiglia, matrimonio, amore e sessualità. B isogna innanzitutto tenere presente che la formazione delle fa­ miglie non aveva assolutamente come presupposto l ' amore tra i co­ niugi, così come viene inteso oggi. Proprio perché la famiglia era una struttura di base e rappresentava il segmento interno alla città o allo strato che forniva le fondamenta del l 'ordine sociale complessi­ vo, il matrimonio era innanzitutto un dovere del cittadino, oppure, detto in maniera più radicale, rappresentava il senso stesso dell'esse­ re cittadini 6. La sessualità, in un contesto del genere, non aveva ancora nessu­ na connotazione morale particolarmente forte. Con gradi anche mol­ to diversi di tolleranza o di limitazione a seconda del periodo storico e della localizzazione geografica, le pratiche sessuali erano piuttosto disinvolte: la pretesa di esclusività non era la preoccupazione prima­ ria, tanto che divorziare e risposarsi era del tutto normale. Non solo: come l 'esempio greco sembra mostrare, non vi erano particolari li­ mitazioni nemmeno all ' ampiezza di tali pratiche, che potevano in­ cludere tranquillamente l'omosessualità, la pedofilia o l'adulterio 7. Il punto centrale non stava in una supposta "naturalità" di certi co­ stumi e nella condanna delle devianze, ma soltanto ed esclusivamen­ te nella capacità di controllo delle proprie pulsioni. Come Foucault fa notare con chiarezza, il libertinaggio degli antichi greci era del tutto diverso da come la vulgata lo immagina. La sessualità, tanto o. Nella Roma antica, ad esempio, la formazione di una famiglia è cosa "norma­ le" e anche se il matrimonio è una faccenda privata che non abbisogna di particola­ re ufficialità, è sufficiente trattare una donna come propria moglie perché si dia per scontato che lo sia e tale scontatezza può diventare persino argomento giuridico in caso di controversie. 7. Foucault riporta come esempio il testo di Artemidoro, del Il sec. d.C., mo­ strando come il ventaglio di ciò che viene definito "conforme alla legge" è estrema­ mente ampio: vi sono compresi tanto gli atti coniugali e i rapporti con un'amante, quanto il rapporto, attivo e passivo, con un altro uomo, e finanche la masturbazione [Foucault 1 985: 26] .

138

quanto tutto ciò che poteva provocare piacere s, era cosa che poteva essere praticata come si voleva, ma doveva essere tenuta sotto con­ tro,lo. La condanna non veniva rivolta a certi comportamenti immo­ rali in sé, ma al fatto che ci si lasciava prendere dalla passione e che non si riusciva a temperare l 'intensità del piacere. Il dominio di sé era un segno della capacità di dominio in generale e l ' infiacchimen­ to nel privato era una minaccia per il comportamento pubblico. Restando ali ' esempio greco, è interessante notare come gli "aphro­ disia", cioè quegli atti, gesti o contatti che potevano procurare una qualche forma di piacere, non avevano nessuna connotazione negati­ va; era l 'uso che se ne faceva che tracciava la differenza tra positivo e negativo, tra accettabile e pericoloso. «Quanto alla follia divina, l 'abbiamo divisa in quattro parti, riferite a quattro dei: l 'ispirazione divinatoria l 'abbiamo attribuita ad Apollo, quella iniziatica a Dioni­ so, quella poetica poi alle Muse, e la quarta ad Afrodite e a Eros» [Platone 1 974b, Fedro: 265], scriveva Platone. Si trattava tuttavia di una follia che, in quanto di origine divina, poteva essere positiva, a patto che colui che amava lo facesse contemplando la bellezza delle forme. Se invece l ' amante non seguiva l 'ispirazione di Eros verso la reminiscenza e rimaneva posseduto dal corpo, la follia erotica di­ ventava negativa. Queste strutture culturali possono essere ulteriormente chiarite fa­ cendo notare una particolarità semantica legata al termine "amor" [Ariès e Duby 1 987: 363 ss.]. Ancora nell'alto medioevo, presso al­ cuni autori tale termine aveva una connotazione esclusivamente ne­ gativa e non si riferiva alla sfera familiare e matrimoniale, ma pro­ prio solo ai rapporti sessuali in quanto tali. Il sentimento che legava i coniugi veniva indicato in alcune fonti con il termine "caritas co­ niugalis" oppure con quello di "dilectio"; l 'amore era dunque il con­ trario della carità! Si intendeva così descrivere la tipica situazione ma�rimoniale premodema, basata (nel migliore dei casi) sul rispetto del l 'altro/a e sulla capacità reciproca di comprensione e di sopporta­ zione, accompagnata da un esercizio della sessualità (interno od esterno al matrimonio) moderato e privo di eccessi. Non a caso il rapporto sessuale positivo tra i coniugi veniva chiamato "honesta copulatio", laddove "honesta" significava priva di sfrenatezze. An­ che un autore come Seneca, torniamo dunque molto indietro nel 8. Foucault rileva come per i Greci il piacere sessuale sia sullo stesso piano del mangiare, del bere, del farsi massaggiare, ecc.; questo riferimento al corpo è però anche ciò che rende il piacere qualcosa di poco elenivo, che in fondo accomuna gli uomini agli animali.

139

tempo, distingueva tra due forme di piacere: da un lato il "gaudium" la "laetitia", che nasceva negli individui stessi e non conosceva gradualità, poiché lo si possedeva una volta per tutte; dali' altro lato la "voluptas", che originando dali 'esterno era piacere precario, che richiedeva la presenza dell'oggetto desiderato [Foucault 1 985 : 69]. Si tratta soltanto di un caso, che non può essere generalizzato più di tanto; naturalmente i termini aoquistano un loro senso soltanto nel contesto nel quale vengono utilizzati, il che significa soprattutto che devono essere inseriti ali ' interno delle distinzioni utilizzate dagli au­ tori 9. Questo vale per il termine "amor" come per molti altri. In un autore come Agostino troviamo ad esempio una concatenazione di distinzioni, legate in qualche modo alla sessualità, che può risultare sorprendente. Concludendo un capitolo delle Confessioni egli scrive­ va: «Ex hoc autem evidentius discernitur, quid voluptatis, quid cu­ riositatis agatur per sensus, quod voluptas pulchra, canora, suavia, sapida, lenia sectatur, curiositas autem his contraria temptandi causa non ad subeundam molestiam, sed experiendi noscendique libidi­ ne>> to. In un altro capitolo egli scriveva ancora: «Et quid erat, quod me delectabat, nisi amarte et amari? Sed non tenebatur modus ab animo usque ad animum, quatenus est luminosus limes amicitiae, sed exhalabantur nebulae de limosa concupiscientia carnis et scate·� bra pubertatis et obnubilabant atque obfusca ant cor meum, ut non discerneretur serenitas dilectionis a caligine libidinis» I t . Si può notare innanzitutto come nella prima citazione Agostino distinguesse tra "voluptas" e "curiositas", laddove la prima era posi­ tiva, la seconda negativa. Non solo: alla "curiositas" veniva associa­ ta la "libido", che ritroviamo nella seconda citazione, in un contesto però piuttosto diverso. Qui è l'amore il centro dell'attenzione: Agoo

9. Questa è una decisione teorica di estrema rilevanza, sul significato della quale non possiamo dilungarci in questa sede. Si veda come introduzione generale al pro­ blema da un punto di vista logico e sociologico [Esposito 1 992]; inoltre la voce "operazione/osservazione" in [Baraldi, Corsi ed Esposito 1 995]. I O. > [Goody 1 979: 26]. Ora, se il matrimonio della donna deve essere controllato, è im­ portante che vengano posti dei limiti ai rapporti tra i giovani, in par­ ticolare ai rapporti sessuali prematrimoniali. I dati raccolti consento­ no a Goody di verificare la correlazione tra l 'eredità e la proibizione dei rapporti sessuali prematrimoniali. Dalla tabella l si può evincere facilmente come i comportamenti sessuali siano articolati secondo la presenza o assenza di particolari istituzioni sociali; del resto Goody costruisce un modello causale in base all ' analisi vettoriale, condotta sulle informazioni raccolte nello Ethnografic Atlas, che indica chiaramente la direzione dei vari fatto­ ri considerati a cui, a partire dall'organizzazione del!' economia agri­ cola, dalla stratificazione sociale e del tipo di eredità considerato, sono correlati i comportamenti sessuali. L'analisi consente, perciò, a Goody di concludere che la proibizione dei comportamenti sessuali prematrimoniali sono in stretta relazione causale con il tipo di eredi­ ta e con il modello agricolo dominante nella società. Questa conclu­ sione, nell'articolare ad istituzioni sociali la presenza o l ' assenza di divieti, più o meno rigidi, circa i rapporti sessuali prematrimoniali, non nega il ruolo centrale della sessualità quale istanza costitutiva del sociale, ma mette in luce come la presenza o l 'assenza di proibi­ zioni sociali relative a determinati comportamenti sessuali siano strettamente dipendenti dalla struttura sociale.

177

6. Sui rapporti sessuali prematrimoniali

Presso i Lugbara, società di agricoltori dell 'Uganda, « l ' ambito dei matrimoni permessi non coincide con quello dei rapporti sessuali permessi» [Middleton 1 975: 1 23]. I giovani frequentano le giovani in una capanna speciale costruita appositamente per esse, di cui ha cura una vecchia vedova. Una volta i rapporti sessuali erano proibiti, tra i giovani, oggi, inizio anni cinquanta, invece, nota Middleton, so­ no diventati normali; se una ragazza dovesse rimanere incinta, il giovane dovrà pagare una "multa" che consiste in un toro. Verso i ' quattordici anni la giovane sceglie il giovane con cui vuole sposarsi; tra i due gruppi familiari nasce una contrattazione: «Il termine per "sposare" è je, che significa "comprare", "scambiare", "barattare". In questo contesto non si traduce con "comprare", termine che si ri­ ferisce soltanto all'attuale attività economica di compera con denaro, che non è tradizionale, ma con "scambio": il potere di procreare e i diritti sessuali che il padre e il lignaggio minimo [sezione minima di un lignaggio] hanno sulla donna vengono trasferiti in cambio di certi beni al lignaggio del marito» [ibidem: 1 24]. Tra i vari oggetti, che formano il compenso o scambio, figura un toro, detto "il toro della seduzione" giacché è naturale per i Lugbara che il marito seduca sua moglie; il toro rappresenta il diritto sessuale sulla donna. Oltre il toro, come compenso figurano sette capi di be­ stiame, capre, che rappresentano il potere procreativo della donna. Anche presso i Luo del Kenya il corteggiamento e il matrimonio sono preceduti da rapporti sessuali che si svolgono di nonna nella capanna dormitorio degli scapoli, simba 4• Tuttavia i giovani non de­ vono avere tra loro un rapporto completo, la ragazza deve rimanere vergine. Le ragazze possono avere più amanti, anche durante il lun­ go periodo del matrimonio fino alla cerimonia finale di nozze, il ri­ so [Evans-Pritchard 1 973]. I Masai del Kenya [Balandier 1 985] godono di una libertà sessua­ le non comune per le ragazze. La ragazza che non è ancora stata ini­ ziata, ossia che non ha ancora subito il rito deli ' escissione, ha dei rapporti sessuali completi con dei coetanei non ancora circoncisi. Più tardi ella potrà invitare "a bere del latte" dei giovani della classe dei guerrieri che diventeranno suoi amanti. Ali ' età di quattordici o quindici anni, una volta iniziata, si mariterà; dovrà risiedere da suo marito e limitare la sua libertà. Tuttavia, potrà avere degli amanti sebbene in determinate circostanze, ma con l 'esclusione dei guerrie­ ri, con i quali ha formato e socializzato la sua sessualità. 4. Costume questo, assai diffuso presso le società primitive'>

1 78

In genere i rapporti sessuali prematrimoniali nelle società primiti­ ve, ove sono consentiti, devono essere di breve durata, il formarsi di una coppia sessuale fissa viene ostacolato e deplorato. Famose sono le descrizioni che Malinowski e la Mead hanno offerto della "felice" libertà sessuale rispettivamente dei giovani trobriandesi e samoani [Malinowski 1 973; Mead 1 954] . Libertà, come sottolinea Malinow­ ski, che non può essere qualificata di "immoralità": «L'immoralità, nel senso di assenza di qualsiasi restrizione, regola e valore, non può esistere in nessuna cultura, per degradata e perversa che sia ( . . . ) In effetti, i trobriandesi hanno altrettante regole di decenza e di decoro di quanto abbiano libertà e soddisfazione dei propri desideri)) [Mali­ nowski 1 973: 39 1 ] . Ciò che quindi può sembrare "libertà sessuale" e "immoralità", se viene giudicato secondo le categorie morali della nostra cultura di appartenenza, non è tale se visto nel contesto della cultura indigena; similmente, ciò che può sembrare ai nostri occhi di occidentali stra­ vagante o esotico, come, ad esempio, i comportamenti diffusi presso le tribù Muria che proibiscono a una donna nubile di passare più di tre notti con lo stesso partner, oppure i comportamenti di quelle ma­ dri micronesiane che praticano la magia per assicurare alle loro fi­ glie degli amanti, invece indica, come precisa anche Devereux [ 1 984] "una promiscuità forzata accuratamente regolata". 7 . Su mito e sessualità

Balandier [ 1 974] nota come la mitologia africana assegni un po­ sto centrale al rapporto uomo/donna. Tale rapporto è presente: nei miti della creazione, come legame generazionale; nei modelli di in­ terpretazione come spiegazione dell'ordine del mondo, della costitu­ zione della "persona" e delle prime opere di civilizzazione dell ' uo­ mo; nelle concezioni problematiche della fonnazione sociale come, insieme e contraddittoriamente, costitutivo dell'ordine, della fecon­ dità, del disordine e della morte. Così, presso i Dogon del Mali, il rapporto uomo/donna costituisce il modello generale di spiegazione dei loro sistemi di rappresenta­ zione: «L'opposizione dci sessi, la relazione ambigua che li unisce, ha attirato in modo particolare la nostra attenzione, scrivono Calarne e Griaule. A qualsiasi livello si consideri la cultura dogon, si ritrova in effetti questa opposizione complementare che determina una con­ cezione dualista del mondo)) [Balandier 1 974: 1 5- 1 6] . 1 79

Un mito dei Bambara racconta che la coppia primordiale, formata da una figura maschile, "che porta" i semi e la conoscenza, e da una figura femminile, "depositaria" dei beni e della conoscenza, fallì il suo compito. Spezzata l'unione, la figura femminile vagò neFI'uni­ verso provocandovi disordine, introducendovi "il male, la disgrazia e la morte". Toccò allora ad una terza figura, androgina, Farò, che univa in sé i principi maschile e femminile, portare a compimento la creazione. Faro pose termine al caos dell'universo, generò gli uomi­ ni e donò ad essi gli strumenti della civilizzazione. Egli «esprime, secondo il sistema di rappresentazione e di interpretazione dei Bam­ bara, la legge fondamentale della creazione: l 'associazione intima degli elementi maschili e femminili, la dualità nel l ' unità, la concor­ dia discorde delle forze complementari e antitetiche» [Balandi�.. 1 974: 1 7]. L'uomo è concepito come l ' unione della dualità, egli porta in sé due anime gemelle è "insieme maschio e femmina nel suo corpo e nei suoi principi vitali". Nel rito della circoncisione i due sessi ven­ gono separati annullando la dimensione femminile nell 'uomo, men­ tre nella escissione la donna viene de-mascolizzata; i riti rendono così i giovani pronti al matrimonio, che ricongiungerà, nella dua­ lità, l ' unità. Il racconto mitico bambara riprende una concezione molto estesa nelle culture africane centrata sull'ambiguità del principio femmini­ le; infatti, secondo tale concezione, ogni azione creatrice positiva ri­ chiede il concorso dei due elementi che appartengono ai due sessi : quello femminile, tuttavia, da solo, genera caos, evoca la terra impu­ ra, la notte, la stregoneria, con le parole di Dieterlen, è "l' immagine della ribellione e del disordine". Un mito dei Dogon, della medesima area culturale del l ' antico Mali a cui appartengono, come abbiamo visto, i Bambara, racconta che all'origine gli umani nascevano a coppie di gemelli misti, finché una colpa originale pose fine a questo stato di cose. Da allora fu isti­ tuita una nuova regola: la cugina incrociata fu indicata quale sposa preferenziale in sostituzione della gemella assente. Questa ricompo­ sizione della coppia primordiale di gemelli bisessuali costituisce, dunque, il modello del matrimonio. Tuttavia, anche in questo caso, ad un ragazzo e ad una ragazza non è consentito unirsi se prima non siano stati iniziati, ovvero se non hanno assunto il loro sesso defini­ tivo. Infatti, secondo il pensiero Dogon, un bam � viene al mondo con due anime: una maschile ed una femminile; per quanto venga ri­ conosciuto il suo sesso, in lui, tuttavia, è presente "I'androginità spi180

rituale", cosicché, finché conserva i l prepuzio, se è maschio, o la cli­ toride, se è femmina, che sono i "supporti del sesso contrario a quel­ lo apparente", egli permane nella "instabilità della persona": «Se questa indecisione in cui si trova quanto al suo sesso dovesse pro­ trarsi, l 'essere non avrebbe mai alcuna inclinazione alla procreazio­ ne» [Griaule 1 968: 1 85]. Prima del l ' ablazione del prepuzio, supporto della femminilità nell'uomo, e della clitoride, supporto della mascolinità nella donna, l 'unione sessuale è resa, dunque, impossibile. Durante i riti della cir­ concisione e dell 'escissione grazie al sangue che cade dalle ferite e che bagna la terra, i ragazzi vengono liberati da una forza nefasta e impura. Seguiamo il racconto di Ogotemmeli così come lo ha rac­ colto Griaule: «Ma la dualità dell ' indivi�uo non è la sola causa della sua instabilità: poiché Dio l ' ha plasmato con la gleba, l 'uomo ha contratto verso la terra un debito che deve pagare col suo sangue. Deve sacrificare se stesso su colei da cui è nato. Lo spargimento del sangue della circoncisione, disse il cieco, si può paragonare all 'of­ ferta di una vittima sugli altari. Ed è la terra che viene a bere il san­ gue. Finché questo conto non è stato regolato, l ' anima non può esse­ re stabile, e l 'individuo non ne è proprietario. Fin dalla nascita, il bambino è come allacciato alla terra da un vincolo detto "filo di Dio", che parte dal prepuzio e dalla clitoride e penetra nel suolo. Questo legame si fissa nel momento in cui il neonato tocca la terra, ed è fatto di sangue. Si sposta e penetra sempre nel suolo ai piedi di chi lo porta. Esso viene reciso con la circoncisione. ( . . . ) Sembra an­ che che all ' idea di debito vada congiunta l ' idea di una forza nefasta che la persona riceve insieme alla sua condizione terrena. Di qui la necessità di sbarazzarsi, alla fine dell 'infanzia, di questo elemento che viene restituito al suo luogo di origine. Alla base della circonci­ sione e dell'escissione vi sono dunque varie ragioni: necessità di li­ berare il bambino da una forza nefasta, necessità di pagare un debito di sangue e di assumere un sesso definitivo. A ciò bisogna aggiun­ gere che l ' uomo deve, per solidarietà, soffrire nel suo sesso come la donna» [ibidem: 1 85- 1 86]. A sua volta, Smith [ 1 973] fa notare che anche presso i B ambara, durante il rito della circoncisione, i ragazzi vengono liberati da una forza nefast� , il wanzo. Questa forza sarebbe responsabile di impo­ tenza e di sterilità. I riti in oggetto significano che un individuo per potersi sposare ed avere dei figli, che è considerato l ' atto indispen­ sabile perché si possa realizzare come un essere sociale a pieno tito­ lo, deve rinunciare ad una parte di se stesso, di quella parte cioè che 1 81

rappresenta l 'altro sesso con cui deve entrare in rapporto e congiun­ gersi. Come dice il cieco Ogotemmeli "il prepuzio e la clitoriqe so­ stengono l 'anima che deve allontanarsi", queste parti degli organi sessuali simbolizzano il sesso di cui occorre sbarazzarsi perché:pos­ sa realizzarsi pienamente la sessualità. Al fine di incontrare l 'altro sesso, per congiungersi sessualmente con esso, occorre eliminare l'ambiguità: «11 doppio, questa specie di negativo di sé che si po­ trebbe esser tentati di sviluppare, deve essere eliminato nettamente per far posto al partner. La complementarità implica in quest,o caso 1 una rinuncia reciproca» [Smith 1 973 : 469]. Smith nota come questo schema concettuale sia diffuso in tutta l 'area considerata e come sia applicato ad altri tipi di relazione. Presso i Bedik del Senegal orientale, i lignaggi si dividono in due metà, i Keita e i Kamara. Tuttavia il capo del villaggio e i capi delle classi di età che hanno la responsabilità dei riti preposti alla vita del villaggio e ai lavori dei campi appartengono sempre alla metà dei Katia, mentre i Kamara sopraintendono alla caccia, alla costruzione delle maschere, ali ' iniziazione, cioè su tutto ciò che è legato alla sa­ vana. Il mito dell'origine di questa istituzione narra che «Ali' origine i Kamara abitavano da soli sull 'altopiano in cui si trovano ancora i villaggi bedik. Un giorno i Keita arrivarono ai piedi della montagna e si stabilirono nella savana; non avevano un villaggio. I Kamara proposero loro di andare a vivere nel loro villaggio, ma i Keita esi­ tarono. Per convincerli, i Kamara gli offrirono di comandate sul vil­ laggio, a loro volta, i Keita in cambio lasciarono a quelli il comando sulla savana. I Keita grazie alla loro lunga conoscenza degli animali e dei vegetali della savana poterono, installatesi nel villaggio, istitui­ re l'allevamento e l 'agricoltura, invece i Kamara che, grazie alla lo­ ro vita al villaggio avevano potuto scoprire le tecniche, dominarono tutte le attività della savana (caccia, iniziazione, fabbricazione delle maschere). Così ciascuno rinunciando al proprio dominio a vantag­ gio dell'altro, poté realizzare le sue attitudini per il bene di tutti» [iv i]. Lo stesso Smith offre un' interpretazione del pensiero dei Dogon, illustrato da Griaule, nel quadro più generale dell'area culturale di appartenenza. Griaule aveva interpretato i rapporti che hanno tra loro gli agricoltori Dogon con i pescatori Bozo secondo i principi spiri­ tuali che informano la loro cultura. Così i rapporti tra parenti affini, i mangu, caratterizzati dalla relazione di scherzo, (relazione tra affini che per costume sono tenuti a prendersi gioco gli uni degli altri) si regolano sulla credenza che ciascuno ha elementi della personalità 182

dell 'altro. All'origine, quando erano ancora gemelli, i Dogon e i Bo­ zo si fecero il giuramento di riconoscersi complementari di modo che ciascuno avesse una parte della personalità dell'altro. Così, le in­ giurie, che si scambiano per scherzo, sono indirizzate alla parte della propria persona che si trova in quella dell 'altro, al fine di riprendersi una parte dei semi o dei pesci che sono nella persona dell'altro. La persona dei Dogon, infatti, è formata da otto semi disposti nelle loro clavicole, che simbolizzano la loro principale attività di agricoltori, mentre quella dei Bozo di otto pesci, disposti nelle loro clavicole, che caratterizzano la loro principale attività di pescatori. Presso i Do­ gon la clavicola è assimilata alla struttura del granaio che contiene i semi, ma anche alla zappa con cui si lavorano i campi. «Queste im­ magini sono un'allusione al lavoro dell'uomo sulla Terra, all'agricol­ tura - tecnica di base - e alla vita - mantenuta per mezzo del nutri­ mento di base - le piante coltivate. La presenza dei simboli nelle clavicole reca ali ' individuo la forza vitale, nàna, delle piante alimen­ tari che consuma>> [Dieterlen (a cura di) 1 973 : 209]. Ora, secondo Smith, questo tipo di relazione può essere rapporta­ to, da un lato, al modello della relazione di complementarità funzio­ nale e, dall'altro, alla concezione dogon dell 'affinità, fondata sul modello della coppia dei gemelli bisessuali. Infatti, divenire l ' inver­ so dell'altro marca nello stesso tempo la gemellarità primordiale e la complementarità; quest'ultima articola un doppio movimento che comporta che si rinunci a ciò che fa dell 'altro un altro, e che si attui ciò che non è l 'altro [Smith 1 973]. La complementarità dei sessi elargisce il modello naturale dei due esseri dissimili che formano una coppia di gemelli, su tale modello s 'innesta l 'elaborazione sim­ bolica della cultura per cui l ' attuazione piena della persona indivi­ duale richiede la rinuncia di una parte dell'originaria e ambigua bi­ sessualità. Nella circoncisione il ragazzo rinuncia al suo doppio femminile per essere compiutamente uomo, nell'escissione la ragaz­ za al suo doppio maschile per essere compiutamente donna. 7 Nella mitologia africana, sintetizza Balandier, predominano tre modelli: l ' androgeno, la coppia dei gemelli di sesso opposto, la cop­ pia mitid che instaura la prima relazione tra l 'uomo e la donna: «In quest'ultimo caso, l 'opposizione e la complementarità si trovano in un rapporto molto instabile, il disordine può irrompere ad ogni istante. Questi tre modelli, di fusione { l ) , di complementarità (2), di alleanza delle differenze (3), corrispondono alle "soluzioni" ideali ( l ), immaginarie (2) e pratiche (3) che sono date di concerto ai pro­ blemi della costituzione di un ordine, del suo mantenimento e del 1 83

suo inserimento nel movimento perché tutta la vita è dinamismo. Qui (nel racconto mitico) il fatto importante è la definizione prodot­ ta a partire dal rapporto maschile/femminile, considerato come pri­ mordiale ed esemplare» [Balandier 1 974: 2 1 -22] . In numerose società africane, come a�biamo visto, la gemellarità costituisce un ideale, essa, infatti, ricorda il tempo mitico in cui «la coppia dei gemelli dei due sessi esprime una verità inerente alla condizione umana: la sua bisessualità principale, virtuale e latente>> [Augé 1 982a: 1 93]. Questo ideale è esemplificato ,dal concetto di persona dei Dogon. La persona presso i Dogon è costituita dagli ot­ to principi del i ' anima scanditi secondo la gemellarità: «L'uomo e la donna grazie ad essi possiedono una bisessualità permanente, che da un lato gli conferisce la compiutezza voluta alle origini dal Creatore che formò il primo essere vivente androgino . . . -dall 'altro la fecondità sia sul piano fisico che intellettuale e psichico» [Die­ terlen (a cura di) 1 973: 207] . I n altre società, invece, la gemellarità è aborrita, è segno d i di­ sgrazia, così presso i Luba i gemelli sono detti "bambini disgrazie", presso i Tonga del Mozambico avere gemelli è la peggiore delle im­ purità. La madre deve sottostare ad un rito complesso e non potrà ri­ prendere la sua vita sessuale con suo marito prima di aver avuto un figlio da un amante. I Tonga pensano che la nascita dei gemelli an­ nulli la distanza che separa il cielo dalla terra, i gemelli sono chia­ mati "figli del cielo". I Luba, a loro volta, considerano i gemelli fi­ gli della luna; i genitori dei gemelli sono i mediatori tra due poli an­ tinomici e complementari: il cielo e la terra, essi perciò sono impuri e devono sottostare a riti di purificazione. I gemelli, infatti, minac­ ciano l'ordine culturale nell 'annullare la distanza tra cielo e terra [Heusch 1 97 3]. Pochi esempi sono sufficienti a mostrare lo stretto rapporto che incorre tra l ' attività sessuale e le credenze cosmogoniche. Presso gli hawaiani la vita sessuale sembra reggersi su li' erotismo, l 'amore - come dice Sahlins parafrasando Godelier - ne è ''l ' infra­ struttura" [Sahlins 1 986]. Tuttavia, ogni unione sessuale ricapitola l 'incontro originario tra il cielo maschile e la te:rr.:1 femminile; come recita un ' iscrizione "Il cielo piange, la terra vive". Sahlins pone in risalto l 'apparente paradosso di una società che si tiene nel suo ordi­ ne culturale attraverso la contingenza dell'attrazione sessuale: «Dal punto di vista del soggetto libidinoso la sessualità è uri interesse di­ vorante, non soltanto di per se stesso, ma anche per i numerosi van­ taggi pratici che comporta», eppure «queste finalità soggettive» sono 184

gli strumenti con i quali viene costruito un ordine economico, politi­ co, culturale, cosicché «sebbene le scelte individuali siano libere, o quanto meno poco condizionate, sul piano culturale, il risultato glo­ bale è tutt'altro che aleatorio, in quanto costituisce una valida espres­ sione delle distinzioni e dei rapporti consuetudinari tra gli uomini e le donne, tra i capi e il popolo, tra gli dei e i mortali: in poche paro­ le, l 'ordine cosmico tradizionale delle cose» [ibidem: 22]. Il pensiero maori interpreta gli eventi «come manifestazione ri­ corrente delle medesime esperienze: se il presente riproduce il pas­ sato, è perché chi abita questo mondo è istanziazione degli esseri del medesimo tipo che furono prima di lui» [ ibidem: 47-48] . Per i Maori la discendenza unisce ogni essere umano al suo antenato, dimodo­ ché "l ' intero universo è una parentela onnicomprensiva dalle ascen­ denze comuni". Il pensiero maori vede una continuità, tramite la di­ scendenza, tra gli esseri umani, naturali e soprannaturali: «Per i Maori, I 'ontogenia "ricapitola" la cosmogonia. L'atto sessuale uma­ no ricrea l 'unione originaria del Cielo maschile (Rangi) con la Terra femminile (Papa). In particolare, gli incantesimi usati nei riti della concezione sono gli stessi che consentirono al primo genitore, Tane, di produrre figli umani con la "donna tratta dalla Terra", plasmata nella sostanza di Papa» [ibidem: 48]. Va sottolineato che, coerentemente, anche le attività sessuali proi­ bite trovano una giustificazione mitica. Un mito sull'origine del sole e della luna, diffuso nel continente americano, ne li' Asia settentrio­ nale, nella Russia settentrionale, nella Malesia e nella Guayana, po­ ne un'equivalenza fra l 'eclisse e l 'incesto; Lévi-Strauss ne offre una versione eskimo: «In un villaggio della costa vivevano una volta un uomo e sua moglie. Essi avevano due figli, un ragazzo e una ragaz­ za. Quando furono cresciuti, il ragazzo s 'innamorò della sorella. Siccome egli continuava ad insidiarla, quest'ultima finì per rifugiar­ si in cielo, dove divenne la luna. Da allora il ragazzo non ha cessato di correrle dietro, sotto le sembianze del sole. Talvolta egli l a rag­ giunge e riesce a stringerla, causando così un'eclisse di luna>> [Lévi­ Strauss 1 966a: 392] . 8. Corpo e sessualità

Mauss in Le tecniche del corpo (edizione originale del 1 934) af­ fermava che non esiste un comportamento corporale propriamente naturale nell 'uomo: l 'uomo fa un uso sociale del proprio corpo. 1 85

Douglas, a sua volta, nel ripercorrere la strada aperta da Mauss, ha modo di precisare che «il corpo umano è sempre sentito come un' immagine della società, e che non esistono modi "naturali" di considerare il corpo che prescindano dalla dimensione sociale». [Douglas 1 979: 1 06]. Se l'uomo «ha saputo fare del proprio corpo un prodotto delle sue tecniche e delle sue rappresentazioni» [Lévi­ Strauss 1 966a: 1 9] , è perché il corpo è la materia prima del simboli­ co. Il corpo, infatti, è vissuto dagli indigeni come parte di un ordine culturale e cosmico in cui s'iscrivono e si significano le sue varie parti, le sue differenze sessuali, i suoi comportamenti e le sue mani­ festazioni. Può accadere, in certe società, che il sesso del l ' individuo non sia un fatto che dipenda tanto dali' ordine naturale quanto da quello socioculturale, ovvero dal modo in cui le rappresentazioni collettive colgono il corpo e le differenze sessuali. I Sambia della Nuova Guinea, studiati da Herdt, hanno elaborato la convinzione che il sesso biologico debba essere ricostruito social­ mente. Presso questa popolazione i ragazzi non hanno la capacità di conseguire la virilità. Si crede che l 'organo genitale maschile alla nascita sia vuoto del seme e che debba essere riempito in quanto il seme non può autoriprodursi: «Gli uomini vivono dunque con la co­ stante preoccupazione di perdere il seme: i rapporti sessuali lo esau­ riscono e prosciugano anche la loro vita» [Héritier-Augé 1 993 : 1 36]. A partire dal settimo anno il bambino riceve regolarmente il seme tramite la fellatio, nella casa degli uomini. Quando si sposano, i ma­ schi devono passare a un'eterosessualità esclusiva, eccetto nelle oc­ casioni in cui, a loro volta, devono dare il seme ai figli dei fratelli delle loro mogli. La mascolinità non è considerata completa contra­ riamente alla femminilità: «Un maschio è completo solo quando è riempito, dotato della sua riserva. B isogna essere riempiti per poter, a propria volta, riempire» [ibidem: 1 37]. La virilità è, dunque, co­ struita tramite rapporti omosessuali. Il seme dell'uomo del resto è anche indispensabile per attivare il sangue femminile al fine della procreazione e per formare il nascituro, una volta che la donna sia incinta, con assidui rapporti sessuali. Gli Inuit, noti col nome di Eschimesi, ci offrono un altro esempio. Il sesso con cui nasce il bambino è considerato "apparente" perché non è ritenuto necessariamente il suo sesso reale. Il suo sesso reale è stabilito "dali ' identità, dali 'anima nome": il sesso del bambino è il sesso dell 'antenato la cui "anima nome" si è stabilita in una donna per rinascere di nuovo. Questa identità viene rivelata dallo sciamano al momento della nascita del bambino. Così può accadere che una 186

bimba sia la reincarnazione del padre di sua madre, essa nasce con un sesso solo apparentemente femminile. Essa viene allevata come se appartenesse ali 'altro sesso, ma al momento della pubertà tutto muta, deve adattare il suo comportamento al suo sesso "apparente", «tuttavia l 'identità forn�ta dall 'anima-nome non cambia per tutto il corso della sua vita» [ibidem: 1 38]. In altre società si trova che non sia tanto misconosciuta la diffe­ renza anatomica dei sessi quanto le funzioni sessuali che distinguo­ no un sesso da un altro. Cosl, come sottolinea Devereux [ 1 984] , la pratica sociale della couvade, l 'imitazione dei travestiti del compor­ tamento dell 'altro sesso, ecc. , riflettono in parte un tentativo di "em­ patizzare con le funzioni sessuali" del l ' altro sesso. La cerimonia na­ ven, descritta da Bateson [ 1 988] praticata da una popolazione della Nuova Guinea, gli Iatmul, è una spettacolare messa in scena dell ' in­ versione sociale delle funzioni sessuali. Naven è un rito di travesti­ mento, in cui gli uomini si travestono da donna e le donne da uomo, che celebra le prime azioni culturalmente rilevanti di un bambino o di una bambina, oppure di un adolescente, il laua, il figlio della so­ rella, per iniziativa del suo wau, lo zio materno. L'insieme dei mo­ menti che formano il complesso rituale, si sviluppano intorno alle relazioni parentali e sociali dello zio materno e di suo nipote come una rappresentazione in cui i legami parentali e le identità sessuali dei diversi attori coinvolti vengono infrante e in parte scambiate, tramite travestimenti, e messe in scena secondo i loro aspetti più ri­ levanti e caricaturali. Presso i Mohave, riferisce Devereux, i maschi imitano perfino il parto; essi, che pretendono di essere incinti, bevono una pozione co­ stipante e chiamano il duro segmento fecale che espellono un "bam­ bino nato morto". È ancora Mauss a ricordarci che gli atti sessuali hanno le proprie tecniche e che "niente è più tecnico delle posizioni sessuali". Gli atti sessuali, infatti, si conformano alle abitudini e alle condotte, essendo modellati "alla morale dominante" della società, si radicano nell 'in­ dividuo come un habitus. I modi con cui gli individui si concedono gli uni agli altri, riflettono apertamente le credenze condivise e rive­ � ano come il corpo e le sue parti, in specie di quello femminile, sia­ no strettamente soggette alle tabuizioni sociali [Magli 1 974]. Presso gli Aloresi, riporta Kardiner, «La posizione del coito è ventre a ventre con la donna che sta sotto, o entrambi gli amanti giacciono su un fianco (posizione quest'ultima molto diffusa presso le popolazioni primitive). Qualsiasi altra posizione viene considerata 187

"cattiva"» [Kardiner 1 954: 2 1 6]. Esigere una posizione diversa nel rapporto può costituire motivo sufficiente di divorzio. I primitivi non si baciano; racconta Devereux che una Polinesiana al suo aman­ te bianco, che doveva ritornare in Europa, raccomandò di far l ' amo­ re con le donne che voleva, ma di non baciarne nessuna! I Baruya della Nuova Guinea non si baciano. Marito e moglie non possono toccarsi in pubblico. Essi apprezzano i seni grossi delle donne e il fatto che una donna se li lasci sfiorare o toccare è interpretato come un invito sessuale. Nell'atto sessuale è proibito alla donna porsi so­ pra il suo partner, perché le sue secrezioni vaginali potrebbero con­ taminare l ' uomo. I Baruya, come la maggior parte dei primitivi, na­ scondono con cura le loro parti sessuali, la loro esposizione o vista crea un forte senso di vergogna e di imbarazzo. Abbiamo già accennato al modo con cui la società detennina le modalità di percepire il corpo. L'esperienza della differenza anato­ mica dei corpi sessuati, che è condizionata dalle categorie culturali che la rendono possibile e l 'orientano, esprime la visione sociale dei corpi, della loro differenza e delle loro funzioni . Al taglio del cordo­ ne ombelicale, che separa definitivamente il bambino appena nato dalla madre, s 'innesta una serie di comportamenti ritualizzati che simboleggiano il posto del neonato nella società di appartenenza. In molte società il taglio del cordone avviene tramite gli attrezzi che caratterizzano l 'attività propria di ciascun sesso. «Nel Punjab, ricor­ da Belmont, se il bambino è maschio si taglia il cordone con un col­ tello, se femmina con un fuso. Presso gli Indiani Oraibi deli' Arizo­ na, lo si taglia su una freccia per un maschio, su un bastone per pi­ giare i chicchi negli orci per una femmina» [Belmont 1980: 702]. Queste pratiche simboleggiano il ruolo futuro del neonato, Io im­ mettono, quasi predisponendolo, alle future funzioni, ai diversi im­ pegni, attività e lavori che secondo il sesso è chiamato a dover svol­ gere. Ma può anche accadere, come abbiamo accennato prima, che presso gli Inuit una bambina, che è la reincarnazione del padre di sua madre, durante la sua vita intrauterina, che si svolge come all 'interno di un piccolo igloo dove sono posti su due sgabelli ai suoi lati i simboli del lavoro maschile e di quello femminile, al mo­ mento della nascita afferri gli oggetti maschili e venga, così, consi. derata un maschio nonostante il suo sesso [Héritier-Augé 1 993]. Bettelheim, a sua volta, riporta un rito della pubertà degli indiani Omaha il cui elemento più importante è offerto dal l 'interpretazione del sogno di un adolescente: «Se, nel suo sogno, egli vede la cin­ ghia . . . emblema della vita della donna, egli non dovrà più tener 188

conto della sua realtà di ragazzo, ma vivere come una donna, parlare come lei, e portame gli abiti. La fanciulla che, a sua volta, sogni che le vengano offerte frecce deve, da quel momento in poi, comportarsi come un uomm> [Bettelheim 1 973: 1 6 1 - 1 62). Sebbene questi riti operino un'inversione delle funzioni sessuali, la divisione del lavoro nelle società primitive si modella sulla distinzione dei sessi. Nei loro rispettivi lavori gli uomini e le donne si servono di attrezzi che spes­ so ne caratterizzano in modo esclusivo l 'attività. Tanto che un at­ trezzo o uno strumento di lavoro, più o meno elaborato tecnicamen­ te, simboleggia l ' uno o l 'altro sesso e può essere di conseguenza og­ getto di rigidi tabù. In Ruanda, le armi sono simbolo di mascolinità, i recipienti di femminilità. L'arco che si tende e scocca la freccia evoca, più delle altre armi, il ruolo fecondatore dell ' uomo. La zan­ gola, grande zucca panciuta e dotata di un collo, che viene scossa per trasformare il latte in burro, evoca la maternità, la cui funzione è concepita come quella di un recipiente. Un uomo non può burrifica­ re, una donna non può portare le armi. Rompere l ' arco o la zangola comporta dei divieti; se si rompe una zangola, gli sposi non possono avere dei rapporti sessuali se non dopo aver preso certe contromisu­ re e aver avuto rapporti con un terzo, altrimenti l 'idropisia gonfia il ventre secondo l 'immagine della zangola e il latte non si trasforma in burro [Smith 1 979]. Presso gli indiani Guayaki, studiati da Cla­ stres, vige una rigida divisione sessuale del lavoro. Questi Indiani vivono fondamentalmente di caccia e di raccolta: gli uomini sono cacciatori e le donne raccoglitrici; tale divisone si esprime nel loro pensiero tramite l'opposizione dell ' arco e del cesto. Ciascuno di questi due attrezzi è il mezzo, il segno di due "stili" di esistenza, nello stesso tempo, opposti e accuratamente separati. I Guayaki ap­ prendono questa opposizione attraverso un sistema di divieti: è proi­ bito alle donne toccare l'arco dei cacciatori, agli uomini di manipo­ lare il cesto. Se a una donna dovesse capitare di toccare un arco ciò attirerebbe sul suo proprietario la sfortuna nella caccia, pané, il che sarebbe disastroso per l 'economia. Quando l 'uomo è vittima di que­ sta maledizione, che gli impedisce di compiere la sua funzione di cacciatore, egli viene a perdere la sua natura, è costretto ad abban­ donare il suo arco e a rinunciare alla sua mascolinità, a prendere, in­ fine, un cesto. «Gli uomini non sono che cacciatori ed essi manten­ gono la certezza del loro essere nel preservare il loro arco dal con­ tatto delle donne)) [Clastres 1 974: 93].

189

9. Conclusione

In questo saggio sono stati impostati solo alcuni aspetti del domi­ nio sociale della sessualità. Si è preferito, inoltre, porre l 'attenzione su alcune tematiche interpretative, !asciandone in ombra altre come, ad esempio, quella analitica. La teoria del la sessualità di Freud ha avuto un impatto immediato con la ricerca antropologica. Del resto, lo stesso Freud si è servito delle analisi antropologiche sia per con­ ferire una portata universale alla sua teoria sia per verificare l ' atten­ dibilità delle sue ipotesi. Su questo terreno la teoria fu confutata da Malinowski. Malinowski, tuttavia, concentrò la sua attenzione criti­ ca sul complesso di Edipo piuttosto che sulla teoria della sessualità. Egli ritenne che presso gli abitanti delle isole Trobriand non fosse possibile rintracciare la presenza del complesso perché l ' istituzione familiare era diversa da quella europea e, pertanto, la rete delle rela­ zioni tra i diversi "personaggi" familiari, figlio, genitori, zio mater­ no, non riproduceva quella della famiglia occidentale di cui Freud aveva esperienza analitica. Nelle Trobriand, infatti, è lo zio materno a svolgere la funzione del padre assumendone il ruolo istituzionale, mentre il padre genetico, il marito della madre, ha un rapporto im­ prontato all'aperta confidenza e amicizia con il figlio. Secondo gli psicoanalitici, invece, l 'errore di Malinowski fu quello di ritenere che il complesso di Edipo potesse essere investigato a partire dai comportamenti osservati piuttosto che dall 'elaborazione fantasmati­ ca dei medesimi. Per Ortigues M.C. e E., Malinowski interpreta il complesso come una specie di "sistema degli atteggiamenti": « in questa concezione il complesso di Edipo non designa più un sistema di trasformazioni fantasmatiche effettuate nella parola di un indivi­ duo, ma designa un sistema di atteggiamenti, qualche cosa come una disposizione affettiva, un'attrattiva che un bambino prova per un ge­ nitore di sesso opposto, accompagnato da rivalità per il genitore del­ lo stesso sesso» [Ortigues e Ortigues 1 973: 345-346]. La documentazione proposta ha portato ad evidenziare due modi di considerare la sessualità: l . la sessualità come impulso connatura­ to all ' animalità dell'uomo; 2. la sessualità come l 'istinto che richie­ de per la sua piena soddisfazione la risposta di un individuo del l 'al­ tro sesso. La regolamentazione sociale della sessualità assume così valori differenziati, nel primo caso, il divieto, le proibizioni, sono te­ se a regolamentare le pulsioni istintuali dei singoli individui; nel se­ condo caso, invece, sono volte a regolamentare le relazioni tra gli individui e il desiderio si regola sul desiderio del l 'altro, piuttosto 1 90

che essere volto semplicemente all'oggetto [Girard: 1 980]. Tuttavia, Freud, nel distinguere nella sessualità il sensuale dal genitale, che caratterizza la sessualità dalla pubertà, mentre il sensuale fin dall'inizio dell'età evolutiva, ha ampliato il concetto di sessualità. La sua teoria ha così contribuito ad aprire nuovi campi di investiga­ zione, infatti la libido sessuale con la sua pluralità di fissazioni si presta a spiegare le differenze accanto all ' identico e a inserirle in un processo di formazione insieme individuale e sociale. Per quanto la sessualità sia espressione di un impulso connaturato ali ' animalità dell 'uomo (come pensano la maggior parte degli antropologi citati), per Freud la sessualità è l 'istinto che richiede per la sua piena soddi­ sfazione la corrispondenza di un individuo dell'altro sesso, la con­ giunzione di un individuo con un altro individuo. AI legame libidi­ co, del resto, è riferito apertamente il legame sociale, cosicché, se, da un lato, nell 'uomo la soddisfazione del bisogno sessuale, contra­ riamente a quanto avviene nell 'animale, non può trovare un libero e immediato sfogo, dall'altro lato, la rinuncia della soddisfazione im­ mediata predispone gli individui dei due sessi all'incontro. I rapporti sessuali non sono, dunque, regolamentati semplicemente per disci­ plinare l 'impulso sessuale, ma anche per consentire tramite l 'incon­ tro dei sessi le relazioni sociali tra gli individui. Prospettiva questa, ripresa da Lévi-Strauss, che, come esemplifica B ataille, ci ha fatto comprendere quale sia l 'essenza del dono delle donne: «il dono è la rinuncia, il divieto del godimento animale, del godimento immediato e senza riserve. In effetti, il matrimonio riguarda soprattutto il "do­ natore" della donna, l 'uomo (padre, fratello) che avrebbe potuto go­ dere liberamente di lei, e che invece la dona)) [Bataille 1 99 1 : 205].

191

Il segreto nello scrigno. Problemi della ricerca empirica in sociologia della sessualità di Roberta Furlotti

Con la sessualità umana, la sociologia affronta una dimensione essenziale della socialità, che infonna le modalità con cui un sog­ getto costruisce la propria identità nella interazione con il proprio ambiente, si rapporta ad esso, vi occupa una posizione istituendo relazioni e ne organizza i significati. Affronta, nel contempo, una categoria costitutiva dell'organizzazione sociale che, agendo come sistema semantico e normativa di riferimento a livello sia micro, che macro-contestuale, risulta indispensabile per comprenderne le fonne. La rilevanza teorica ed empirica del tema va dunque colta nella pluralità dei registri concettuali a cui esso rimanda e nei vari livelli di referenza implicati, pena incertezze nella stessa identificazione dell'oggetto di studio che emergono con particolare evidenza da un lato quando se ne approfondiscano le specifiche implicanze; dall 'al­ tro quando si consideri la distinzione fondamentale tra sessuato e sessuale e la si applichi alla relazione interpersonale umana consta­ tando le profonde connessioni che nel suo ambito si stabiliscono tra i due tennini. A tale compito e con i limiti che i nostri obiettivi ci impongono ci dedichiamo nella prima parte del lavoro, ricomponen­ do un oggetto plurifattoriale per evidenziare, su più piani, alcuni dei principali problemi che la ricerca empirica è chiamata ad affrontare in questo ambito di studio. Il costituirsi della sessualità umana insieme come luogo fondativo del sociale e come luogo di espressione per eccellenza della sfera più intima de li 'individuo è senza dubbio lo snodo più rilevante con cui qualsiasi tentativo di ricomposizione e di analisi, sia empirica che teorica, devono confrontarsi. In quanto modo della produzione 1 92

di vita e per ciò stesso obbligo alla ricerca dell 'alterità 1 ed alla co­ municazione del sé, la sessualità è necessità della dimensione pub­ blica, suo atto costitutivo, sua condizione, suo correlato ineludibile; in quanto modo della ricerca del piacere e concreta messa in gioco della dimensione corporea, dei suoi limiti e dei suoi legami con la rappresentazione e con l 'identità sociale del singolo, in qualche mo­ do "estrema verità", luogo definitivo di svelamento per il soggetto, la sessualità è necessità di privatezza, di protezione, di segreto: è af­ fidamento reciproco e contemporaneo di Ego ad Alter e di Alter ad Ego che esige, per realizzarsi, reciproca fiducia e richiede la stipula implicita o esplicita di un patto di segretezza. A partire da questo motivo conduttore, che riprenderemo in vari luoghi e su vari versanti, le nostre argomentazioni saranno dunque soprattutto volte a ricostruire le ambivalenze di un oggetto che, sul piano delle determinanti intrapsichiche, è il risultato di un processo di elaborazione individuale il cui senso per molti aspetti sfugge alla consapevolezza dello stesso soggetto; sul piano socio-culturale è normato, sia nelle espressioni individuali, che nelle espressioni so­ ciali; sul piano della relazione è legato ad un patto di intimità fonda­ to sul doppio registro della segretezza verso l 'esterno, della con­ nivenza e della complicità verso l ' interno. Tale ricostruzione è consapevole di come, collocandosi al confine tra pubblico e privato, tra relazione e comportamento, tra determi­ nanti strutturali ed intenzione del soggetto, tra visibilità ed invisibi­ lità, tra parola e silenzio, tra enfasi e negazione, tra trasparenza ed opacità, la sessualità umana sfugga costantemente, più che alla definizione, alla comprensione piena. Proprio perché il segreto e la dissimulazione vi sono connaturati, proprio perché esso si nega sem­ pre, almeno in parte, sia allo sguardo che alla parola sia dell 'attore che deli' osservatore, la ricerca empirica si trova in difficoltà ed è costretta a rivedere i propri presupposti, oltre che i propri metodi. Questo non significa, tuttavia, che la ricerca debba gettare la spu­ gna di fronte ad uno scrigno il cui segreto non può essere forzato, ma che è chiamata, come cercheremo di mostrare percorrendo nel corso di questo lavoro più piste analitiche, a reperire forme attra­ verso le quali confrontarsi con i propri stessi limiti. Non si tratta, in­ fatti, di svelare attraverso sotterfugi e strategie un oggetto che oppo­ ne la propria opacità come resistenza, ma di assumere l 'opacità del soggetto come dimensione fondativa di una relazione dinamica che l . Cfr. in questo stesso volume il saggio di Cipolla, Lolli e Suzzi.

1 93

giunge per approssimazioni alla conoscenza, eleggendo pluralità, apertura e confronto come criteri fondativi. l. Sessuato e sessuale: un nodo concettuale da sciogliere

Quando ci riferiamo alla sessualità nell'accezione di comporta­ mento sessuato assumiamo come riferimento l 'appartenenza di sesso o di genere (gender) dell 'attore sociale. La distinzione tra sesso e genere, sulla quale non intendiamo insi­ stere in questa sede ma che riteniamo fondamentale assumere, ri­ manda al dibattito, mai definitivamente concluso in ambito femmini­ sta e sicuramente centrale nelle scienze sociali, che ha opposto teorie essenzialiste a teorie costruzioniste 2 a procedere dali' ormai lontano lavoro di Rubin [ 1 976]. Con sex si intende infatti un'appartenenza sessuale di tipo bio-psichico 3 inscritta nella natura più intima degli esseri umani e fondativa di una differenza che, benché socialmente espressa, si rivela essenziale e irriducibile: una diversa "qualità" che rimanda sul piano ideale a strutture d ' interazione simmetriche 4 estremamente fragili, costantemente esposte alla tentazione di risol­ versi a favore del l ' uno o del l ' altro elemento s . Inoltre, riferirsi alla 2. Per una rassegna del dibattito sul concetto di genere relativa alla produzione più recente cfr. Braidotti [ 1 99 1 e 1 993). Una discussione circa la rilevanza teorica, metodologica ed operativa della variabile di genere in sociologia che distingue criti­ camente tra tali contributi è disponibile in Furlotti [ 1 995a). 3. Non sempre il fondamento bio-psichico del l 'essenza è chiaramente espresso o chiaramente ricostruibile, specie nel lavori che si muovono su un terreno filosofico, dove la fondazione della differenza assume i connotati di un postulato metafisica che consente una ridefinizione del piano antologico a partire dalla duplicità dell 'es­ sere. Rilevante, in questa direzione, il lavoro di L. Irigaray, la cui omogeneità per questo aspetto è evidente confrontando due esempi cronologicamente distanziati [ 1 989a e 1 993], ma che non manca di enunciare con chiarezza, sebbene di sfuggita, il fondamento "morfologico"delle identità di genere [Irigaray 1 994b ] . 4. Usiamo i l termine come nell ' analisi pragmatica della comunicazione [Watz­ lawick et Al. 1 97 1 ) e, dunque, come contrapposto a complementare. Posizioni sim­ metriche rimandano ad un modello di i nterazione competitivo o egualitario, in cui le posizioni dei soggetti sono sostanzialmente equivalenti e smentiscono, dunque, almeno sul piano della tensione ideale, le asimmetrie che storicamente e socialmen­ te si registrano al contrario nella relazione tra i sessi. 5. Le autrici che si muovono in questa prospettiva non sono immuni dalla tenta­ zione di invertire la gerarchia dei valori e dei poteri tra maschio e femmina, anziché destituirla di fondamento e di significato. In più luoghi, si colgono suggerimenti, più o meno espliciti, circa una pretesa superiorità del femminile sul maschile che smentisce la fondamentale incomparabilità dei due sessi, altrove affermata. Circa la difficoltà di coniugare uguaglianza e differenza e circa le evoluzioni del pensiero femminista su questo tema cfr. Johnson [ 1 995] .

1 94

differenza sessuale equivale ad affermare, con l 'incomparabilità dei due termini, la loro compiutezza e la conseguente impossibilità di in­ serirli in una comunicazione che si costituisca a processo di progres­ siva condivisione (o co-costruzione) del senso. La comunicazione di­ verrà allora pienamente praticabile e proficua solo tra soggetti che appartengano alla stessa categoria e condividano dunque per ascri­ zione codice espressivo e forma psichica. In condizioni ideali, la re­ lazione tra i due sessi si darà come reciproco riconoscimento di un limite impenetrabile, di un'alterità e di un'estraneità a cui si ricono­ sce per definizione autonomia ed autoreferenza. Con gender si intende l ' auto - e l 'etero-attribuzione di un indivi­ duo ad un gruppo sessuale, definito in base a determinanti socio-cul­ turali e normative socialmente costruite. Ciò implica una riconside­ razione critica del rapporto tra configurazione bio-fisica dell 'indivi­ duo ed attribuzione di caratteri psichici specifici ai due generi [Mead 1 962 e 1 967], pratica da cui in ultima istanza consegue la normazione segregata, oltre che differenziata, dei comportamenti e delle pratiche sociali nelle società occidentali, ma che può generare, presso altre culture, strutture di relazione differenti. L'assumere tale rapporto come arbitrario nella sostanza e come necessitato dalla struttura sociale di riferimento, ne legittima la decostruzione, cen­ trando l 'attenzione da un lato sulla relazione tra queste ed altre de­ terminanti (la razza, la religione, lo status, la classe, eccetera) nel processo sociale attraverso cui identità e personalità del l 'attore assu­ mono consistenza, dall'altro sui vincoli che la definizione sociale e storica del maschile e del femminile frappongono alle scelte di vita, ai percorsi ed alle pratiche quotidiane degli individui. La relazione tra i due sessi diviene bensì funzione di rappresentazioni, di norme e di valori consolidati in strutture di senso, in modelli di comporta­ mento ed in sistemi di opportunità sociali tendenzialmente persisten­ ti, capaci di autoriproduzione e profondamente differenziati per gli uomini e per le donne. Tale differenza non inibisce, tuttavia, la co­ municazione ed ammette, dunque, dinamismi e mutamenti 6. 6. È importante rilevare, dati gli orientamenti che il dibattito sulla condizione femminile ha assunto negli ultimi tempi, che né l ' una né l 'altra posizione implica­ no necessariamente un riferimento al piano valoriale. Il "valore" del femminile a cui è stata attribuita tanta rilevanza (sul piano sia teorico, che politico) da far di­ scendere da tale riconoscimento il passaggio dal primo femminismo (caratterizzato dal cosiddetto paradigma della debolezza) al secondo (caratterizzato, appunto, dal paradigma del valore) [Di Nicola 1 994] non è connesso al carattere essenziale dei suoi attributi o, al contrario, alla loro origine storico-culturale, ma ad una diversa

1 95

Al di là di questa contrapposizione e delle conseguenze politiche che essa produce rimandando a modelli emancipativi o di liberazio­ ne distinti [Cipolla e Furlotti 1 994] , dalla appartenenza dei soggetti ad un sesso (e quindi bio-fisica) o ad un genere (e quindi sociale) procede i l concetto di comportamento sessuato, ossia di un compor­ tamento (comunicativo, relazionale o sociale) che rimanda, secondo criteri di coerenza (naturale o socialmente normata), di contrapposi­ zione o di semplice influenza, alla differenza (essenziale o costruita) tra maschile e femminile. Nel primo caso, la comprensione dell'agi­ re sociale si esaurisce in questo postulato indiscutibile e nelle conse­ guenze analitiche e politiche della scotomizzazione culturale di uno dei due poli implicati, nel secondo è il sociale stesso ad acquisire l 'appellativo di gendered, ossia a palesare strutture di genere a cui il soggetto si rapporta dinamicamente. Genere e sesso si costituiscono, in altri termini, a categorie euri­ stiche irrinunciabili. e, dunque, a variabili fondamentali , benché non esclusive o esaustive, specie nella seconda accezione, sia per la de­ scrizione che per l ' interpretazione della socialità e delle strutture so­ cietarie 7. Questo e le applicazioni della categoria di genere allo stu­ dio dei temi più consolidati della sociologia, sia a livello micro che a livello macro s, mostrano la fondatezza e la fecondità dell 'approcconcezione della relazione di potere e di rilevanza sociale tra i due sessi (o tra i due generi) e tra le semantiche di cui femminile e maschile sono portatori . Le posizioni essenzialiste e quelle costruzioniste si trovano fondamentalmente d 'accordo, alla fin fine, nel sostenere che il femminile è valore da sempre operante nella società, ben­ ché tacitato da un pensiero "fallo-logo-cratico" o misconosciuto delle esigenze della riproduzione sociale. Le due posizioni divergono, invece, nelle modalità con cui es­ so viene rappresentato: come intrinseco correlato dell 'appartenenza sessuale, nel primo caso, come dimensione semantica, generalmente connessa attraverso gli stru­ menti della socializzazione primaria e secondaria alla appartenenza sessuale, nel se­ condo. In altri termini, se per gli essenzialisti primo compito delle donne é ricono­ scere il proprio sesso negato ed il suo valore, nel secondo è affermare nella società quei caratteri rimossi di cui la storia ha reso le donne depositarie, caratteri che, in quanto "valori" hanno significato e risultano produttivi in assoluto, sia che ad esser­ ne portatore sia un soggetto di sesso maschile o un soggetto di sesso femminile. 7. Di passaggio, segnaliamo una contraddizione non trascurabile. L' impossibilità della comunicazione tra i sessi a cui, come abbiamo visto, conduce una interpreta­ zione radicale della incomparabilità tra maschile e femminile, impoverisce (e per molti aspetti snatura) l 'essenza della socialità che è contemporaneamente azione e comunicazione. Espellendone una componente essenziale, la nozione non consente di accedere alla dimensione del sociale e risulta, pertanto, strumento totalmente ina­ deguato alla sua analisi. 8 . In Italia, si veda in particolare Bonazzi, Saraceno e Beccalli [(a cura di) 1 99 1 ] per una applicazione del genere alla organizzazione del lavoro che mostra con chia­ rezza l 'inesaustività euristica di teorie che pretendano di darsi come neutrali.

1 96

cio, per quanto esso non abbia ottenuto piena legittimazione in una pratica scientifica diffusa e generalizzata, ma si sia andato piuttosto costituendo come dimensione autonoma di ricerca, specie sul ver­ sante degli women studies e, più recentemente, dei mens studies so­ prattutto diffusi nei paesi anglosassoni. Nel percorrere la letteratura sociologica è immediato constatare la lentezza con cui, realizzando un programma ambizioso che Saraceno enunciava già nel 1 987, il genere afferma il proprio statuto e la ri­ cerca empirica supera un uso puramente statistico della nozione per assumerla piuttosto come presupposto epistemologico, come punto di vista a cui riferire ogni scelta di metodo 9. L'esigenza di leggere in termini di omogeneità e di differenze le relazioni tra identità, per­ corsi di vita, sistemi di opportunità, ruoli e funzioni sociali di indivi­ dui ed istituzioni comporta, infatti, un'attenzione - di natura tecnica, oltre che metodologica - per la costruzione dei presupposti prima, per l ' applicazione sistematica poi, di procedure comparative puntua­ li tra gli indicatori individuali distinti sulla base della variabile di genere. Rimanda, in altri termini, alla soluzione di problemi specifi­ ci sia nella fase di costruzione degli strumenti di rilevazione, che in quella di campionamento della popolazione e, più oltre, di elabo­ razione ed interpretazione dell ' informazione. Passando ali' esame della seconda nozione proposta, l 'orizzonte in cui ci collochiamo si rivela sicuramente molto più limitato. Riferirsi alla sessualità nell'accezione di comportamento sessuale rimanda, infatti, all 'insieme delle pratiche individuali e sociali (relazionali o comunicative) che costituiscono la premessa o il correlato della pul­ sione erotica e/o della sua realizzazione sociale. Queste possono o meno strutturarsi in relazioni interpersonali intime tra due o più in­ dividui di sessi diversi o dello stesso sesso, più o meno stabili e più o meno istituzionalizzate. Rimandano, comunque, agli universi se9. Pochi gli esempi italiani in questa direzione. Segnaliamo, ad aprire la via, la ricerca nazionale sulle bancarie di Ardigò e Cipolla [ 1 985] e, tra i più recenti, l ' in­ teressante lavoro di B imbi [ 1 993]. Alcuni altri lavori, tra i quali ci limitiamo a cita­ re Ventimiglia [ 1 99 1 ] e Bonini e Zani [ 1 99 1 ] , andrebbero ricordati, pur non tema­ tizzando con altrettanta forza la rilevanza metodologica della variabile di genere. Questa costituisce, al contrario, la dimensione portante e peculiare di almeno due lavori a cui chi scrive attualmente collabora, uno finalizzato alla individuazione di differenziali di genere nelle concezioni di qualità della vita familiare e nelle prati­ che sociali relative, il secondo ad approfondire le dinamiche di relazione tra i sessi in ambiente di lavoro. Va anche precisato che su questo versante la sociologia em­ pirica italiana segna decisamente il passo di fronte a quella straniera, più diffusa­ mente e più ampiamente impegnata su questo versante.

197

mantici entro cui esse vengono culturalmente definite (anche nelle connessioni tra le nozioni di sessualità e di erotismo ed altre nozioni quali amore, passione, affetto, amicizia, ecc.); alla considerazione della loro relazione reciproca e della loro mganizzazione in sequen­ ze più o meno ritualizzatc (per esempio quelle che nella relazione sessuale procedono dalla conoscenza alla comunicazione del deside­ rio, attraverso il corteggiamento o la seduzione, fino alla relazione sessuale vera e propria) o in strutture (per esempio quelle che gover­ nano le relazioni di coppia etero- o omo-sessuali); agli artefatti nor­ mativi che ne regolano formalmente il grado di legittimità; ai conte­ nuti del processo di socializzazione che ne governa la plausibilità e la valutazione soggettiva; alle conseguenze socio-relazionali che si possono determinare sulla base della loro attuazione; agli eventi di cui si possono costituire a premessa (per esempio la genitorialità). L'irrinunciabilità della categoria di genere in questa prospettiva è facilmente intuibile [Furlotti 1 995a]. Utilizzando una formula sem­ plificatrice, potremmo sostenere che, se non tutti i comportamenti sessuati sono identificabili come sessuali, qualsiasi comportamento sessuale è inevitabilmente sessuato. Anche come tale esso va, dun­ que, indagato e interpretato. Più propriamente, da un lato il genere è presupposto del com­ portamento e della relazione sessuale, luogo concettuale che riman­ da non solo al bagaglio identitaria ed esperienziale, quindi socializ­ zativo e latamente culturale, di ogni soggetto in relazione, ma alle strutture sociali di genere ali' interno delle quali l 'incontro tra Ego ed Alter ha luogo: prime tra tutte la famiglia e le strutture asimme­ triche dei ruoli e della distribuzione del potere a cui essa ancora ri­ manda [Johnson 1 995] nonostante gli importanti mutamenti registra­ ti su questo fronte negli ultimi anni e la rilevanza che vi ha assunto la richiesta femminile di una relazione intima, aperta allo scambio ed in sé problematica [Giddens 1 995]. In questo senso, sessuato è sfondo sul quale si innesta e dal quale procede il sessuale. Dali 'altro, una relazione che, per quanto essenzialmente sociale ed in quanto tale afferente alla dimensione pubblica, si qualifica per altri aspetti come intima, afferente alla dimensione privata ed in quanto tale sottratta alla visibilità (e dunque parzialmente al control­ lo) sociale consente al soggetto di giocare la propria identità di ge­ nere attraverso codici liberati, se non dalla conformità alle norme del gruppo di appartenenza o di riferimento, da rischi di sanzione e da conseguenti obblighi ostensivi. Il sessuale viene dunque ad esse­ re, in questo senso, l 'espressione più piena, originale ed autentica 1 98

del sessuato, documentando l 'evoluzione del genere e la pregnanza dei suoi mutamenti. In questa accezione ancor più che non in quella precedente, la sessualità è tuttavia in larga parte disattesa dalla ricerca sociale. No­ nostante alcune analisi teoriche di ampia risonanza IO ne mostrino, su vari versanti, il rilievo disciplinare, constatiamo il ritardo, anche più evidente che non nel caso precedente, con cui l ' attenzione per il comportamento e per la relazione sessuale si traduce in una pratica di ricerca empirica consolidata dopo alcuni autorevoli tentativi "di confine", spendibili sociologicamente I l , ed altri di minore portata e accuratezza metodologica 12: un ritardo chè ancora una volta riguar­ da l 'Italia in maggior misura. Gli esempi più significativi e più noti, per altro, non sembrano generalmente discostarsi da intenti mera­ mente descrittivi, limitandosi ad enumerare, più o meno at­ tendibilmente, forme e modalità del comportamento sessuale (in particolare etero-sessuale) in determinate popolazioni, a partire da un punto di vista fortemente sbilanciato verso la dimensione bio-fi­ sica e palesando, almeno in alcuni casi [Master e Johnson 1 975 e 1 970], interessi di natura prettamente clinica. Manca, invece, una in­ tegrazione fondativa tra modelli teorici di natura sociologica o psi­ co-sociale e pratica empirica, mentre in ogni caso l ' elaborazione re­ lativa al tema continua a rivestire un carattere marginale nel l ' ambito deli ' universo di discorso di queste discipline. Diversi i motivi che possono avere influenzato tale trascuratezza, tra i quali risulta di sicuro rilievo il rapporto di competizione con al­ tre prospettive disciplinari, di più consolidata tradizione in questo ambito tematico, che la sociologia si trova a gestire assumendo co­ me oggetto di studio la sessualità umana. Nel contempo, il prevalere di paradigmi teorici di tipo sistemico ha orientato gli interessi degli studiosi ad orizzonti di analisi macrostrutturali, sacrificando quegli 1 0. Tra gli altri, citiamo Luhmann [ 1 987]; Foucault [ 1 978, 1 984 e 1 985]; Albe­ roni [ 1 979 e 1 986] ; Giddens [ 1 995]. Per una più puntuale elaborazione di questi ed altri contributi si veda, in questo stesso testo. il lavoro di C. Baraldi. I l . S i pensi al laborioso rapporto Kinsey nei due volumi dedicati al comporta­ mento sessuale maschile [ 1 950] e femminile [ 1 955], che costituisce nel prosieguo di questo lavoro uno dei principali riferimenti analitici. L'istituto Kinsey elaborò negli anni '90 un ulteriore rapporto ad opera di Reinisch e Beasley. 1 2. Si contano, in questa direzione esempi in Francia [S imon 1 972], negli USA [Sorensen 1 973; Master e Johnson 1 975 e 1 970; Hite 1 977; Rubin 1 990] ed in Italia [Caletti et Al. 1 976; Fabris e Davis 1 978]. Ovviamente, le citazioni non esauriscono le ricerche disponibili, tuttavia in molti casi di tipo giornalistico o comunque poco attente alla dimensione metodologica. 1 99

scenari del quotidiano e delle micro-relazioni la cui rilevanza è stata solo recentemente rivalutata [Furloui 1 994 e 1 995a] n. Nello studio della sessualità, sono tuttavia identificabili anche non poche diffi­ coltà di ordine metodologico alle quali può essere attribuito un effet­ to inibitorio, o comunque di scoraggiamento, per una ricerca che si avventuri in questa direzione: dalla maggiore legittimazione di me­ todiche di costruzione ed elaborazione del dato di tipo quantitativo, il cui codice di comunicazione numerico pare poco adatto a svisce­ rare la complessità del problema, fino alla maggiore rilevanza che in questo ambito vanno ad assumere le normali garanzie di segretezza circa l ' informazione resa in situazione di intervista ed il legame di fiducia e di reciproca "messa in gioco" delle rispettive soggettività che si viene inevitabilmente a creare tra intervistato ed intervistato­ re. Pudore, esibizionismo, desiderabilità sociale, meccanismi di ridu­ zione della dissonanza cognitiva, ambivalenza strutturale della paro­ la all 'interno della comunicazione sessuale costituiscono, qui più che altrove, altrettanti problemi da affrontare metodologicamente, la cui incidenza sul grado di attendibilità e di adeguatezza del processo di co-costruzione della informazione di base va posto in piena luce. Da questo punto di vista, per altro, lo studio della sessualità (dei comportamenti e delle relazioni sessuali) assume valore emblemati­ co, esplicitando questioni di metodo altrimenti sottaciute. Si pensi, a titolo di esempio e di anticipazione, al peso che l 'appartenenza di genere di intervistato (intervistata) ed intervistatore (intervistatrice) può assumere nella loro relazione e a come la configurazione di questa variabile possa incidere sulla qualità e sui contenuti del­ l' informazione resa: problema generalmente ignorato nella letteratu­ ra empirica che raramente lo tematizza e ne controlla metodologica­ mente gli effetti, ma la cui mancata considerazione diviene colpevo­ le quando la comunicazione attivata in sede di intervista riguardi i comportamenti o le relazioni sessuali del rispondente. Sono queste ultime le questioni che, riferendoci ad una ricerca che assuma il comportamento sessuale umano come proprio oggetto di studio, intendiamo sistematicamente affrontare nel prosieguo di questo lavoro, anche attraverso un confronto con alcune "classiche" esperienze disponibili in letteratura. 1 3 . Non per questo deve essere ritenuto vero il contrario, ossia che l ' attenzione alle micro-relazioni ed alla vita quotidiana abbia coinciso con quella per la sessua­ lità, almeno quando si assuma il termine nella accezione qui descritta. Indicativo, in questo senso, l ' appunto di aver ignorato le relazioni sessuali che M. Barbagli [ 1 99 1 ] rivolge a Saraceno recensendo, per altro positivamente, il suo Sociologia della famiJ?Iia [Saraceno 1 988].

200

Il comportamento sessuale umano viene qui assunto come azione sociale complessa in cui più livelli di significato si integrano emble­ maticamente. Per quanto ognuno di questi livelli ponga alla ricerca empirica problemi metodologici peculiari, sono il carattere essen­ zialmente relazionale del comportamento in oggetto, il suo inerire alla sfera più intima delle relazioni inter-individuali ed il suo coin­ volgere necessariamente il piano della differenza sessuale o di gene­ re a costituirne i tratti più peculiari e metodologicamente rilevanti per la ricerca scientifica in ambito sociologico, tratti da affrontare attraverso specifiche scelte e l 'allestimento di metodiche adeguate. Le nostre argomentazioni si sviluppano lungo un percorso che comprende due momenti. Il primo indaga schematicamente i quattro livelli di definizione reciprocamente integrati che è possibile appli­ care al comportamento sessuale, mirando a specificare il tipo di pro­ blemi metodologici che ciascuno di essi pone alla \ricerca empirica. Il secondo entra tecnicamente nel merito di tali problemi, indivi­ duando precedenti nella letteratura disponibile, ed elaborando, oltre ad ipotesi operative, possibili direzioni di approfondimento e di spe­ rimentazione. 2. Linee di sviluppo per una definizione operativa integrata del

comportamento sessuale umano

Come noto, la ricerca empirica è sottoposta a condizionamenti di natura tematica [Cipolla 1 99 1 ] . È infatti solo a partire dalle peculia­ rità del fenomeno oggetto d'indagine (ivi inclusi l ' elaborazione teo­ rica da cui è interessato e che ne definisce lo statuto disciplinare, ol­ tre al grado di solidità e di condivisione raggiunto da tali elaborazio­ ni anche attraverso convalide empiriche) che è possibile al ricercato­ re compiere le scelte operative proprie e necessarie ad un ciclo me­ todologico del l 'infonnazione capace di reggere al confronto con la realtà fattuale da un lato, con gli oneri di rendicontazione interna propri alla ricerca scientifica dall 'altro. Questo non esclude, eviden­ temente, ampi gradi di libertà nella sua azione (il metodo è pur sem­ pre una sequenza di scelte rispetto alle quali occorre assumere, con l'onere della prova, una precisa responsabilità), ma pone in evidenza la natura integrata e dinamica della relazione che qualsiasi ricerca implica tra specifiche condizioni di realtà, costruzione teorica del fe­ nomeno, vincoli interni al metodo e al codice comunicativo in que­ sto ambito privilegiato ed interpretazione individuale (e responsabi­ le) dell ' infonnazione raccolta ed elaborata.

201

Il primo problema che l ' analisi empirica sulla sessualità umana si trova ad affrontare è, dunque, quello della relazione tra costrutto teorico di riferimento e pratica osservativa, ovvero del perfeziona­ mento di una nozione operazionalizzabile (rappresetntabile attraverso definite dimensioni e/o relazioni tra dimensioni) che, a sua volta, consenta l ' identificazione di informatori e di indicatori adeguati e, con questo, l 'organizzazione del l ' informazione disponibile e la con­ valida o la verifica dei costrutti assunti come ipotesi. A questo scopo, affrontiamo il nostro oggetto specificandone le dimensioni ed affrontandole come livelli di molarità (bio-fisico, psi­ cologico, socio-relazionale e socio- culturale) gerarchicamente orga­ nizzati. Assumiamo come ovvia (ma certo non sufficientemente in­ dagata, per lo meno allo stato attuale) la loro inscindibile interconnessione nella realtà e nella esperienza sessuale individuale. Le selezioni e le forzature con cui ne isoliamo le peculiarità rispon­ dono, dunque, a scopi puramente analitici, consentendoci di affron­ tare con un maggior grado di accuratezza i problemi di metodo che lo studio del comportamento sessuale impone ad una ricerca empiri­ ca sociologicamente orientata. Per ciascuno dei livelli di definizione considerati, avremo cura di precisare la dimensione di Auto che risulta privilegiata nel l ' analisi, le modalità con cui si configura in quell 'ambito il rapporto tra Auto ed Etero e le prospettive disciplinari con cui sembra più proficuo af­ frontarne le specificità, insistendo sulla necessità che la sociologia, assumendo come oggetto il comportamento sessuale, accolga la sfida che le perviene da altre discipline impegnate sullo stesso oggetto e si ponga in un'ottica non solo interdisciplinare (di confluenza tra più punti di vista), ma transdisciplinare (di integrazione tra gli stessi). 2. 1 . Le determinanti bio-fisiche: gli automatismi Il comportamento sessuale risponde ad un bisogno biologicamen­ te fondato di riproduzione della specie (procreazione) e non secon­ dariamente, almeno nell 'uomo, alla ricerca di un particolare piacere di tipo fisico (orgasmo 1 4). Procreazione ed orgasmo vanno dunque 1 4 . Sull 'orgasmo, sui suoi caratteri bio-fisici e sulle influenze che gli pervengo­ no dall 'organizzazione psichica e socio-culturale molto si è detto. Cfr., emblemati­ camente, la critica di H i te [ 1 977] a M aster e Johnson [ 1 975 e 1 970], sulla natura dell'orgasmo femminile. In questa sede, assumiamo il termine per denotare, il senso lato, il piacere sessuale, comunque esso si presenti sul piano bio-fisico e neuronale.

202

riconosciuti come elementi caratterizzanti la sessualità umana, suffi­ cienti e necessari a definire sul piano bio-fisico un comportamento come comportamento sessuale. L'affermazione, per certi aspetti radicale, va accompagnata da due precisazioni. In primo luogo, per sottolineare come, attribuendo a procreazione ed orgasmo tale centralità sul piano definitorio, non si intenda ov­ viamente sostenere che nello specifico di un'azione interindividuale sia possibile riconosceme il carattere sessuale solo quando, fattual­ mente, entrambi questi elementi sussistano. In particolare, le tecni­ che anticoncezionali 15 o abortive 16 e, sul versante opposto, quelle fecondative 17 hanno ampiamente svincolato l 'esercizio della sessua­ lità dalla procreazione (che è possibile evitare volontariamente o vo­ lontariamente indurre in assenza di relazione fisica con un/una part­ ner), mentre l 'esperienza soprattutto femminile ci insegna come pra­ tiche sessuali anche intense e prolungate possano coinvolgere un in­ dividuo senza che si realizzi orgasmo. Ci si riferisce, invece, alla ne­ cessità di assumere entrambi i termini come sfondo strutturale entro cui il comportamento sessuale viene agito. Detto altrimenti, qualsia­ si comportamento sessuale richiede ed impone al soggetto un con­ fronto più o meno consapevole con la procreazione (sia che essa ne costituisca l 'effetto concreto, sia che tale connessione sia spezzata da eventi organici spontanei o indotti) e con l 'orgasmo (sia che que­ sto si verifichi nel corso del rapporto fisico con il/la partner, sia che esso non si verifichi per i più svariati motivi di ordine fisio- o psico­ patogeno, ma anche di ordine culturale). 1 5 . Particolarmente indagata, l ' utilizzazione di massa delle tecniche anticonce­ zionali (meccaniche o chimiche) ha avuto un ruolo essenziale nell'emancipare le donne dalla procreazione, un "destino biologico" che ne ha vincolato per secoli la posizione sociale. Oltre a vari riferimenti , reperibili nella letteratura femminile, cfr. Giacobazzi et Al. [ 1 989], per un punto della situazione relativo all'area emilia­ no-romagnola con particolare riguardo alle fasce giovanili della popolazione. Cfr. anche Giddens [ 1 995] che riconosce nella diffusione delle tecniche anticoncezionali e nella conseguente distinzione tra esercizio della sessualità e funzioni procreative l ' origine di una rivoluzione capace di indurre rilevanti mutamenti nella organizza­ zione dei rapporti sociali , anche trascendendo la sfera dell 'intimità dove oggi se ne costatano gli effetti più rilevanti. 1 6 . Una riflessione articolata sull'impiego delle tecniche abortive che congiunge all'analisi del l 'andamento del fenomeno in un'area territorialmente definita il tenta­ tivo di elaborare modelli teorici con cui anal izzare il comportamento delle donne e delle coppie nei confronti di tale pratica e l ' influenza delle politiche sociali su tali comportamenti può essere reperito in Quintavalla e Raimortd i [(a cura di) 1 989) . 1 7 . Cfr. Ventimiglia [ 1 989d]. 203

In secondo luogo, la scelta di procreazione ed orgasmo come di­ mensioni distintive della sessualità sul piano bio-fisico rimanda ali 'unità materiale corpo/cervello isolandola dalla mente, intesa co­ me capacità di operare connessioni significative tra eventi, interni o esterni ali 'individuo, �e dalla coscienza, intesa come capacità autori­ flessiva. Si espone, quindi, ad accuse di riduzionismo. Non avrem­ mo nessuna difficoltà a riconoscere la validità di simili riserve. Una prospettiva meramente organicista nello studio della sessualità risul­ terebbe tanto inopportuna, quanto improduttiva squalificandone la rilevanza sociale e psicologica e non tenendo conto di come il vissu­ to ad essa relativo sia fortemente determinato sul piano storico e culturale. Certamente, nessun uomo e nessuna donna si sono rappor­ tati ali' orgasmo ed alla procreazione a prescindere dalle forme ca­ tegoriali di lettura e di comunicazione, nonché dai modelli compor­ tamentali anche di tipo normativa, disponibili nei loro universi se­ mantici. La psicologia, inoltre, ha evidenziato con sufficiente chia­ rezza 18 la possibilità di un'origine sessuale di comportamenti che non trovano alcuna connessione concreta con pratiche di tipo ses­ suale, così come da noi definite a livello biofisico. Si pensi alle teo­ rie psicanalitiche sulla sublimazione della sessualità come origine della civiltà umana e, a seconda degli orientamenti ideologici, del progresso civile 1 9 o della mortificazione dei bisogni essenziali dell'umanità in vista della riproduzione della forza lavoro 2o. D 'altra parte, l ' impossibilità di una riduzione dei comportamenti (non solo sessuali) al piano bio-fisico è confermata anche sul versante degli studi neuroendocrinologici, dove sono note le influenze de il 'ambien­ te fisico e sociale sulla produzione individuale di ormoni. Queste constatazioni, tuttavia, non possono sottrarre il comporta­ mento sessuale alla fattualità del loro fondamento biologico ed alle conseguenze che da tale fondazione derivano, prima tra tutte la "ne­ cessità" della loro elaborazione sociale. Procreazione ed orgasmo, proprio in quanto inscindibilmente legati alla fisiologia della sessua­ lità umana, costituiscono luoghi di un confronto culturale obbligato; "fatti" che ciascuna società è necessitata a pensare, ad interpretare ed a collocare all ' interno dei sistemi istituzionali e delle "normali" relazioni tra uomini e donne, costruendo modelli con cui questi pos­ sano gestirne l 'esperienza o giustificarne l 'assenza. In altri termini, essi si costituiscono a "resistenze" materiali nella relazione tra i ses1 8. Cfr. al punto successivo. 19. Come in Freud [ 1 97 l a]. 20. Come, sopratlutlo, in Marcuse [ 1 974] ed in Reich [ 1 969 e 1 97 1 ].

204

si che è necessario affrontare culturalmente. La nostra postzwne, dunque, ben !ungi dal proporsi come brutalmente riduttiva e sempli­ ficante, avvalora la necessità di un punto di vista integrato, capace di identificare il peso del sociale sul biologico da un lato ed il peso del biologico sul sociale dal i ' altro, relativizzando gli imperativi del senso comune e documentando l ' impossibilità di un punto di vista (qualunque esso sia) unilaterale. In questa prospettiva, i problemi che si pongono per l ' analisi empi­ rica sono utilmente sintetizzabili come individuazione del peso degli automatismi in una determinata situazione, dove con automatismo ci si riferisce a quelle premesse, condizioni di realizzazione e conse­ guenze del comportamento che, afferendo per un verso alla memoria genetica del soggetto, per un altro alla sua specificità bio-neuronale, agiscono oltre la sua consapevolezza e la sua intenzionalità 2 1 • Ampia la gamma delle variabili in gioco: dagli equilibri ormonali, cmmessi alla fecondità degli apparati riproduttivi, maschili e femminili, alle soglie neuronali di eccitazione ed alla loro variabilità individuale; dal­ la sensibilità erotica a diversi tipi di stimolazione, in particolari parti del corpo o in particolari periodi, fino allo stato biochimico successi­ vo alla stimolazione ed al suo grado di permanenza nel tempo: questi ultimi presumibilmente sottoposti a variazioni sostanziali in rapporto alla appartenenza sessuale (maschile o femminile) del soggetto. Inoltre, dal momento che la procreazione implica generalmente la relazione fisica tra un individuo di sesso maschile ed uno di sesso femminile e, quindi, la necessità di comunicare lo stato di eccitazio­ ne, dovremo presumere già a questo livello la presenza di variazioni del soma percepibili da un osservatore �sterno e quindi interpretabili come segni. Entro i confini bio-fisici de1Ia definizione, questi vanno riconosciuti in automatismi di tipo bio-chimico (mutamento dell'odore del corpo, per esempio, certamente più evidente e più stu­ diato in altre specie 22) che riconosciamo anche alla radice della 2 1 . Questo non significa, come anticipato a proposito della ricerca endocrinolo­ gica, che la loro attivazione non sia influenzata dalle relazioni tra soggetto ed am­ biente e, in senso generale, dalla sua esperienza quotidiana. La natura di questa connessione non sembra, tuttavia, adeguatamente sondata se non negli studi relativi allo stress. dove si sono compiuti notevoli passi avanti in questa direzione e nel cui ambito le correlazioni tra qualità delle relazioni tra soggetto e ambiente socio-rela­ zionale e "automatismi" sessuali sono emerse con particolare evidenza. Cfr., per un approfondimento in merito Seyle [ l 957 e 1 976]. 22. Nella finzione letteraria, Italo Calvino sintetizza nella esperienza già solitaria e inconsapevole di un'ostrica abbarbicata su uno scoglio, la matrice di ogni comu­ nicazione di tipo sessuale: > [Reich 1 977: 1 7- 1 8] . Ormai u n indirizzo d i studi sulla società sessualmente repressi-la può dirsi consolidato e nei due decenni successivi i sociologi potran­ no introdurre, in testi divenuti classici 6, i temi che, dalla metà degli anni Sessanta, saranno propri della cosiddetta "rivoluzione sessuale". Con la liberalizzazione dei comportamenti sessuali lo schema al quale ho fatto più sopra riferimento appare nel suo anacronismo. Pochi cenni sono sufficienti per evidenziare come sia profonda­ mente modificato il nostro modo di rapportarci alla sessualità. L"'identità sessuale" e l 'uniformità dell'individuo al modello cul­ turale della propria sessualità dominante non sono perseguite con · ostinazione, o, quantomeno, tutto ciò non sembra avvenire oggi in modo univoco 7. Dalla metà degli anni ottanta, le ricerche introdotte da Luce Iriga­ ray sulla "differenza sessuale", procedendo oltre il "femminismo storico", hanno aperto nuovi orizzonti di riflessione. L' intuizione per cui uomini e donne non sono assimilabili in un indistinto genere neutro e asessuato che consenta agli uomini di parlare per l ' umanità mentre tutelano il loro esclusivo interesse, è presto divenuta una tesi epistemologica a cui riferire studi che, muovendo dalle più diverse 6. Mi limito a ricordare Herbert Marcuse [ 1 974 e 1 967], Erich Fromm [ 1 979b]. 7. Una rassegna di posizioni e di aspirazioni su questo argomento è in "Alfaze­ ta" [Aa.Vv. 1 994].

316

direzioni, mirano a riconsiderare nel suo insieme la nostra cultura come seriamente ipotecata dal pregiudizio di una visione parziale della realtà s . La riconsiderazione dell 'identità sessuale ha inoltre consentito di accedere a un'ampia riflessione sulla violenza sessuale [Ventimiglia 1 987], sulla sessualità maschile [Magli 1 989] e sulla paternità [Ven­ timiglia 1 994] . Da ultimo Mario Pemiola [ 1 994] riflette sulla "ses­ sualità neutra", da non confondere con l "'indistinto sessuale" che la cultura del nostro secolo ha variamente accarezzato attraverso la te­ matica del "desiderio pansessuale" [Bosi 1 984] . Seri ve Perni o la «( . . . ) L'alleanza tra i sensi e le cose consente l ' accesso a una ses­ sualità neutra, che implica una sospensione del sentire: questa non è l'annullamento della sensibilità, che implicherebbe la caduta di ogni tensione, ma l ' ingresso in un'esperienza spostata, decentrata, libera­ ta dali 'intento di raggiungere lo scopo. Sentirsi come una cosa che sente vuoi dire innanzitutto emanciparsi da una concezione strumen­ tale de li' eccitazione sessuale che la considera naturalmente indiriz­ zata verso il raggiungimento dell'orgasmo>> [Perniola 1 994: 4]. Su­ peramento quindi della relazione maschile-femminile, ma con ciò anche abbandono dell'esperienza orgasmica e quindi, assegnando a quest'ultima il ruolo che le affidò Reich, della sessualità tout court? O piuttosto tentativo di guadagnare alla sessualità una dimensione non riconducibile alla genitalità e con ciò ai territori definiti dalla psicanalisi? Già nel 1 980 Pemiola ci aveva messi sull'avviso. Occorre partire, aveva sostenuto, dal l 'approfondimento del concetto nietzscheano di "dionisiaco" (che segna una tappa importante nel l 'affermazione di un "piacere connesso con la scomparsa dell 'identità soggettiva . . . ") per giungere a un serrato confronto fra la nozioni di "sentimento" e di "passione". Freud, nell'opporre Eros a Thanatos ha segnato "il definitivo tramonto di ogni umanesimo edonistico" limitando il pia­ cere alla razionalità del soggetto. Occorre compiere il cammino op­ posto, concepire cioè una sessualità che !ungi dall'avere nel sogget­ to il suo depositario, muova dalla dissoluzione del l 'identità persona­ le avendo come unico obiettivo quello di trasgredire ogni confine. Solo attraverso questo cammino è possibile recuperare la dimensio8. È qui impossibile riferire dei molti studi compiuti sul l 'argomento. Mi limito a segnalare due ricerche che contengono repertori bibliografici su distinti aspetti del problema: [Basi (a cura di) 1 99 1 ]; [Cipolla (a cura di) 1 994].

317

ne del piacere che è «portatore di una razionalità maggiore di quella di cui è portatore il soggetto» [Pemiola 1 983: 1 65 ] 9. Quanto al nesso "relazione eterosessuale-riproduzione", se è senz'altro vero che rimane per molti vincolante e ancora costituisce un imperativo inderogabile nella nostra tradizione religiosa, tuttavia anch'esso non può essere considerato un modello culturale esclusi­ vo. L'autonomia della vita sessuale dalla riproduzione si è costante­ mente accentuata nei nostri anni come dimostra sia l 'esperienza e la problematica della riproduzione artificiale [Ventimiglia (a cura di) 1 988; Antonio Autiero 1 990] , sia la diffusa tendenza a liberare la relazione sessuale da vincoli morali d ' ogni tipo. Condotto alle estreme conseguenze, questo modo di vivere la sessualità può pre­ scindere affatto dai sentimenti e da ciò che eravamo abituati a chia­ mare "amore". Nel 1 983, Alexander Lowen [Lowen 1 986] ha messo a confronto i severi costumi sessuali dell'epoca vittoriana col liberalismo del no­ stro tempo. La cultura della pruderie, del ritegno e del conformismo era caratterizzata dall "'amore senza sesso" e provocava il diffonder­ si dei casi d'isteria che già avevano attratto l 'interesse di Freud sulla sessualità. Ai nostri tempi, il liberalismo nei confronti del partner, l 'esibizionismo, la pornografia, la mancanza, di uno «standard accet­ tabile di moralità sessuale [fanno sì che si vada affermando come modello culturale] il sesso senza amore)) [Lowen 1 986: 17- 1 8] . I sentimenti vengono in questo modo dissimulati, mentre ogni interes­ se è rivolto alla prestazione sessuale. Di qui nasce i l soggetto narci­ sista che nella sua estraneità ai sentimenti e alle passioni impersona secondo Lowen la nevrosi tipica del nostro tempo. 9. A un esito per certi aspetti analogo era giunto Jean Baudrillard nel 1 976, al quale del resto Perni ola [ 1 983] fa spesso riferimento: «Maschile e femminile ritro­ vano anch 'essi, una volta perduta la loro singolarità, la possibilità d' una seconda esistenza illimitata. Solo nella nostra cultura la sessualità impregna così tutte le si­ gnificazioni, ed è perché i segni, da parte loro, hanno investito tutta la sfera sessua­ le» [Baudrillard 1 992: l i 0]. Questo filone ha illustri precedenti in autori che hanno intrecciato la tradizionale critica filosofica del soggetto moderno col tema del l ' iden­ tità sessuale fino a esprimere una critica spesso serrata nei confronti della psicanali­ si freudiana. Mentre Gustav Jung [ 1 983], Herbert Marcuse [ 1 974] e George Battail­ le [ 1 99 1 ] mettono in discussione l ' opposizione freudiana pulsione di vita-pulsione di morte, reclamando, seppure con diverse preoccupazioni una più ampia dimensio­ ne espressiva della soggettività, Jaques Lacan, che pure rientra anche in questo elenco [ 1 974] , svolge soprattutto una radicale rivisitazione del cogito cartesiano [ 1 978]. Da ultimo, Gilles Deleuze e Félix Guattari [ 1 975] vedono nel complesso edipico una riduzione della soggettività operata comprimendo il desiderio così da contenere le pulsioni all'interno della dimensione familiare.

318

La liberalizzazione nei confronti dei comportamenti sessuali ha come effetto anche un diverso modo di segnalare il divieto e il tabù. La discriminazione nei confronti del ! ' omosessuale non è virulenta come in passato e sembra ormai sopravvivere come residuo di con­ cezioni arcaiche. In ogni caso l'omosessualità non è più perseguita penalmente e non limita in alcun modo i diritti di chi la pratica. La battaglia che gli omosessuali devono ancora ingaggiare per conqui­ starsi un'esistenza materiale non discriminata, non sembra debba es­ sere condotta sul piano dei principi, ma nelle concrete condizioni di vita quotidiana. Quanto all' incesto, Lévi-Strauss, come si è visto più sopra, ha aperto la strada a nuove interpretazioni che l 'antropologia approfon­ disce abbandonando l 'idea, a lungo sostenuta, che il divieto nei suoi confronti fosse universale. Nella nostra società, l ' incesto sembra co­ stituire un vero problema solo quando è connesso a situazioni sociali degradate e alla violenza sessuale. Quando viceversa sia praticato in ambienti sociali elevati, può addirittura essere ostentato come espressione di libertà sessuale. Del resto, avevamo visto come l 'in­ terpretazione del senso comune sia tenacemente fondata sull ' idea che l 'incesto debba essere vietato in quanto, attraverso la riprodu­ zione, provoca il degrado della razza. Decaduto il carattere assoluto del vincolo sessualità-riproduzione, affermatasi l 'opportunità di sta­ bilire, attraverso gli anticoncezionali, rapporti sessuali dai quali sia esclusa la possibilità della riproduzione, viene meno uno degli argo­ menti sui quali basava il tabù del l 'incesto. Nell 'analizzare l ' incesto ai nostri giorni è inoltre opportuno tener conto di altri due aspetti: il modificarsi della relazione genitori-figli e il diverso ruolo assunto dalla donna nella relazione sessuale. Nel primo caso, va sottolineato come, ai nostri tempi, venga pro­ gressivamente meno il "carisma del padre". La successione genera­ zionale non avviene più nel "nome del padre" [Bosi 1 994a] come è accaduto per millenni, sia per ragioni culturali, sia per l 'affermarsi di nuovi concetti giuridici che tutelano i diritti dei figli e della figlia in particolare conferendole una fisionomia culturale autonoma. Con ciò l 'aura che circondava i l padre, la sua fascinazione e la possibilità di esercitare un potere pressoché assoluto, non costituiscono più re­ quisiti che entrano nella relazione. Inoltre la donna, non più subordinata al potere maschile, fornisce della sessualità una sua interpretazione e introduce nelle relazioni un agito che in passato era represso e occultato. Questo accade anche nell' incesto. Merita di essere approfondito non solo il ruolo che la 319

donna ha nel favorire la relazione incestuosa (col figlio, col fratello), ma anche se all' incesto la donna conferisca significati del tutto par­ ticolari. Provocata dal padre, la relazione incestuosa richiama il po­ tere del sovrano e la brutale supremazia esercitata con la forza. Nella relazione favorita dalla madre e dalla sorella Alberto Bevi­ lacqua ha colto, in pagine ricche di lirismo [ 1 99 1 ; 1 993; 1 994] 10, la relazione come servizio, puro atto d'amore reso per consentire la vi­ ta 1 1 _ Trasferito nel "segno della madre", l ' incesto sembra attuare una trasmutazione di tutti i valori e dischiudere alla sessualità la strada di nuovi significati. 4. Conclusioni

Il liberalismo ostentato nei confronti dei comportamenti sessuali sembra affermare che la società non esercita alcun controllo in ma­ teria di sessualità, soprattutto non interviene sulla condotta né per approvarla, né per riprovarla. In realtà continuiamo a pensare la sessualità ali ' interno dello schema oppositivo su esposto. Il liberalismo nei confronti dei "com­ portamenti" lo ha bensì svuotato dei suoi contenuti, ma non ne ha compromesso l 'aspetto formale. Lo schema "disgiuntivo" della conoscenza, che Lévi-Strauss [ 1964] rinveniva nel pensiero selvaggio, è per così dire mediato dal dualismo della filosofia moderna che lo reinterpreta sul metro della ragione come criterio esclusivo dell 'umano. Nel pensiero primitivo il tabù è il luogo del sacro e dell'orribile che interdetto convive con la tribù nella forma del mito, del racconto. Narciso e Edipo nel personificare il tabù dell'omosessualità e dell'in­ cesto dicono di un'umanità raccolta intorno alla propria tragedia. È consuetudine affermare che nell ' antichità l 'omosessualità fosse tollerata. In realtà è il concetto stesso di tolleranza che è estraneo all 'antichità. Il mito che crea l 'ippogrifo e il minotauro, la sfinge e la medusa ha una dimestichezza con l ' ineffabile che la ragione moderna di­ sperde. Quella cultura sapeva cogliere l 'ordinario e lo straordinario come sortiti da un 'unica fonte. La modernità istituzionalizza la pena perché esista il luogo ove relegare "l 'altro dali ' umano". I O. Cfr. anche Bosi [ 1 99Sb]. I l . È del resto ciò che accade in Genesi quando le figlie di Lot si giacciono col padre per consentire la sopravvivenza della specie [Bosi 1 988].

320

In Edipo leggiamo un'umanità dolente che esterrefatta guarda se stessa cogliendo bensì l ' insospettabile, lo straordinario, l ' irriferibile, ma come tratti dell'umano. In Orfeo e in Narciso vediamo l ' alterità di Prometeo civilizzatore evocata dal sogno e dalla poesia [Marcuse 1 974]. Narciso è "tradito" dallo specchio, di cui non conosce la natura, che gli mostra ciò da cui non sa più staccarsi. La rovina di Narciso deriva da un deficit di conoscenza. Al contrario, l 'uomo moderno tradisce lo specchio per un surplus di conoscenza. Egli sa che lo specchio rimanda la sua stessa immagine, ma quan­ do questa è così arri bile da non corrispondere ali ' idea che si è co­ struito di umanità, cerca gli espedienti per non identificarsi in essa. Quella sua stessa ragione che gli ha permesso di liquidare le chime­ re evocate dal mito, ora gli serve per "nominare" ciò che vede nello specchio come altro da sé, come "mostro" e dunque come essere "antiumano". In questo modo esorcizza e distanzia da sé ciò che da se stesso procede. Istituita la distanza, pastosi al riparo da un'alterità inquietante e vergognosa, l 'uomo moderno può infine dedicarsi all 'esercizio illu­ ministico della tolleranza. Scrive Mannheim nella già citata opera del 1 935: «Tanto più la moderna società di massa è funzionalmente razionalizzata quanto più essa tende a neutralizzare la moralità so­ stanziale o a deviarla nella sfera "privata". Nella vita pubblica essa cerca di limitarsi a standards universali che hanno un valore pura­ mente funzionale. Il concetto di tolleranza non è altro che la formu­ lazione filosofica della tendenza ad escludere tutte le convinzioni settarie o soggettive del dibattito pubblico, cioè di farla finita con la irrazionalità sostanziale, conservando solo quelle abitudini che age­ volano il funzionamento regolare delle relazioni sociali» [Mannheim 1972: 7 1 1 . Più tardi, nel 1 965 , Marcuse sottolineava come la tolle­ ranza sia assunta non in quanto fine in sé, bensì come mezzo per ga­ rantire la conservazione dell'esistente [Marcuse 1 968]. È eccessivo affermare che, rispetto alla sessualità, la tolleranza è del tutto funzionale all 'obiettivo di alimentare condizioni di soffe­ renza e di degrado sulle quali fiorisce un'economia, ma con essa una scienza medica, una faraonica operazione educativa e una pom­ posa messinscena massmediologica? Nella sua forma anacronistica, l 'opposizione "approvazione/ripro­ vazione della condotta sessuale" intende spostare la nostra attenzio­ ne (attraverso un effetto di straniamento) dal linguaggio corrente e dalla sua forma più evoluta, che è il linguaggio scientifico. 321

Non si tratta evidentemente (ma è il caso di affermarlo?) di di­ chiarare una sfiducia nei confronti della ricerca scientifica. Semmai, se di sfiducia si deve parlare, questa va espressa nei confronti della ragione tout court della difficoltà che essa mostra nel nostro tempo di elaborare un suo proprio linguaggio bensì arricchito e tuttavia au­ tonomo rispetto a quello della scienza. Marcuse [ 1 967] ci mostrò come l 'unidimensionalità del pensiero rappresenti comunque una sconfitta della ragione anche quando ciò avvenga sotto l 'egida della più avanzata ricerca scientifica. Gli stu­ diosi della scuola di Francoforte a ciò lavorarono assiduamente a partire dagli anni Trenta quando videro profilarsi il rischio di una cultura ridotta a puro schema procedurale. Le dieci profetiche racco­ mandazioni di Max Horkheimer nel suo scritto del 1 932 sulla scien­ za [ 1 974a], variamente riprese in diverse occasioni 1 2, misero capo nel 1 937 1 3 all 'impegno programmatico di quella scuola, l 'elabora­ zione della "teoria critica" che, nell'opera del 1 94 7 [Horkheimer e Adorno 1 966a], appariva ormai chiaramente come il tentativo più radicale del nostro secolo di opporsi al formalizzarsi della ragione scientifica (la "ratio" alla quale si riferirono a più riprese) responsa­ bile di aver ridotto la realtà sociale alla forma stessa della sua teoria, e cioè a un «Sistema di segni puramente matematico» [Horkheimer 1 974d: 1 37] 14• Quelle acquisizioni rimangono istruttive e indicano come la so­ ciologia non possa essere ancella della scienza medica, non possa li­ mitarsi a fornire sussidi statistici o puntualizzazioni concettuali re­ stando ali ' interno di apparati categoriali elaborati altrove. Abbiamo ormai guadagnato la consapevolezza che i problemi del­ la sessualità hanno una dimensione di gran lunga superiore a quella individuale, ma anche a quella della relazione interpersonale. Ormai sappiamo che attraverso la sessualità non solo si esprime, e in modo sempre più sottolineato, la nostra cultura, ma anche che con essa si alimentano giganteschi interessi economici e da ultimo que­ stioni essenziali rispetto alla nostra sopravvivenza collettiva. Tutto ciò era vero anche in passato e probabilmente così è stato sempre in ogni società. Ma non sfugge che i problemi abbiano oggi assunto una dimensione impensabile solo pochi decenni or sono. Se fino alla 1 2. Cfr. Horkheimer [ 1 974b; 1 974c e 1 974d]. 1 3. Cfr. Horkheimer [ 1 974e]. 14. Oltre trent'anni dopo, nel 1 968, Jurgen Habermas confermerà il giudizio del maestro parlando del mondo sociale come di un [Habermas 1 970: 288].

322

metà del nostro secolo il problema sessuale poteva ancora costituire l ' implicito, il non detto, il dissimulato dei rapporti e delle relazioni sociali, oggi esso tiene il luogo di momento essenziale del nostro modo di interagire. L'asettica opposizione "norma/perversione" non può riassumere e identificare col proprio apparato categoriale il nostro sentire sociale così da occultame l 'autonoma originalità. A misura che il linguaggio corrente fa propria l 'opposizione nor­ ma/perversione, lo stupore e la commozione, l 'orrore e lo sdegno di­ venute categorie rozze e primitive a fronte di una supponenza intel­ lettualistica che tutto misura, cataloga e archivia, non sono più con­ template. Con ciò le categorie della scienza non diventano propria­ mente patrimonio culturale, ciò che sarebbe auspicabile, ma riduco­ no e impoveriscono la semantica del discorso 1 s .

1 5 . Cfr. Bosi [ 1995bj.

323

Potere e sessualità: un paradigma della modernità di Emmanuele Morandi

l. Premessa

L'onnipervasività della sessualità e la concomitante natura sotter­ ranea e rapsodica dei suoi movimenti, continuano ad opporre, nono­ stante il proliferare di discorso e di scrittura su di essa, una sorda re­ sistenza ad ogni tentata irruzione ed aggettivazione che ne voglia trattare apertis verbis. Consapevoli di questa difficoltà nel nostro in­ tervento cercheremo di mostrare come l ' avido sguardo della cono­ scenza, nel tentativo di oggettivare le condotte sessuali e le fantasie che le sorreggono, non abbia voluto "adeguarsi" a ciò che era inda­ gato ma abbia imposto ad esso ciò che voleva vedervi. Una "vo­ lontà" che, anticipando l 'oggettività, la pone e continuamente la su­ pera. È questo un tratto specifico della modernità, ma anche la con­ traddizione che ne promuove la fine. Nella sessualità, e nei signifi­ cati congelati in essa, cercheremo di cogliere una delle tante, ma senz'altro tra le più paradigmatiche, "avventure" della volontà. Non tutte le avventure però finiscono a lieto fine, ma solo quelle che fan­ no attenzione ai pericoli e alle insidie dei luoghi esplorati. Questo è il secondo aspetto che la nostra breve indagine cercherà di eviden­ ziare. Si negherà, insieme a Foucault, ogni presunto "progresso" co­ noscitivo della modernità nei confronti della domanda che si chiede: oggi conosciamo più adeguatamente e più profondamente cos 'è la sessualità? No di certo! Oggi conosciamo meglio l 'uso e l 'abuso che la volontà di potenza ne ha fatto. Un'avventura dunque che stringe al suo termine solo un pugno di sabbia? Eppure anche l 'inganno de­ ve uscire alla luce per poter dirsi e affermarsi e in questo modo tra­ disce la sua realtà. Così anche il sogno cesserà d'essere pensato nel modo in cui lo pensiamo oggi, quando saremo in grado di tematiz324

zarlo come costruzione della volontà e non come realtà fenomenica sottostante alla vita psichica. La realtà, quella dura e concreta che non a caso chiamiamo quotidiana, non ha bisogno di alcuna volontà per dirsi e rivelarsi perché essa è sempre data, è, in altre parole, lì. Il termine fenomeno allora detto della realtà e del sogno cambia il suo significato esattamente come muta il conoscere dal volere. Riportare queste distinzioni all 'interno del discorso sociologico, oltre che nel dibattito filosofico, è ciò che il nostro breve percorso si auspica ' · 2. Uno sguardo d 'insieme

Rimane indubbiamente incomprensibile l ' insistenza di un approc­ cio metodologico, proprio della cultura freudo-marxista, che eluden­ do la dinamica di sottrazione e nascondimento della condotta ses­ suale da ogni sua pubblicizzazione e massificazione, discorsiva e non discorsiva, mistifica il problema appiattendolo sulla falsariga del l ' istanza repressiva sessuoeconomica o sessuobiologica. Con pre­ tese oggi più che mai epistemologicamente inconsistenti, si perpe­ tua, anche se in spazi sempre più esigui, un paradigma ermeneutico sospeso alla dogmatica assunzione che la sessualità esprima in modo emblematico la condizione di disagio e coercizione propria di una l . Il percorso che proponiamo è chiaramente di natura teorica. Porsi il problema della coincidenza o meno tra l ' indagine teorica e le trasformazioni o i mutamenti di sensibilità e di costume diffusi nella società implica l 'assunzione di un ben preciso criterio metodologico. In altre parole chiedersi quanto l ' analisi teorica corrisponda all ' interpretazione che un' intera società dà ai fenomeni che la riguardano è già pre­ supporre che la teoria abiti al di fuori di questo mondo. Ma se così non fosse, anzi, se il rapporto tra teoria ed empiria più che chiamare in causa una loro reciproca ve­ rificabilità si ponesse come studio genetico del loro reciproco generarsi e determi­ narsi, cadrebbe indiscutibilmente la permaneme diffidenza tra l ' elaborazione teore­ tica e la ricerca empirica. Si vuole dire che tra la riflessione intellettuale e i diffusi paradigmi interpretativi della società non esiste una reale differenza anche quando l 'intellettuale sia predisposto a reggere tale finzione. Si tratta di diverse consapevo­ lezze, solo rare volte di diversi gradi di consapevolezza, esercitate sugli stessi feno­ meni. È chiaro che la consapevolezza messa in campo - sia che proceda in prima istanza dalla riflessione teorica degli intellettuali, sia, invece, che trovi la sua prima generazione nei mutamenti di costume e di mentalità della società è incidente so­ ciologicamente e filosoficamente solo quando è in grado di mutare i paradigmi au­ tointerpretativi ui un intero contesto sociale. Per tale ragione il nostro intervento, pur rimanendo incompleto per lo scarso rilievo dato ai dati empirico-quantitativi, non si reputa parziale rispetto all'intero problema. Cfr. Voegelin E., La Nuova scienza politica, Boria, Torino 1 968: 47-80, con l 'assai diversa impostazione meto­ dologica di Cipolla C., Teoria della mewdo/ogia socio/ogica, Angeli, M i lano 1 99 1 . -

325

condizione terrena gravemente malata, se non addirittura irreparabi \e al di fuori di un radicale rivolgimento storico-sociologico. La reton­ ca delle conquistate liberazioni ed emancipazioni soffoca una più problematica fenomenologia della sessualità che avvicini il tema conservando i modi delle sue apparizioni che sempre si mostrano nell ' implicito, negli interstizi di una dispersa frammentarietà del quotidiano, e comunque e in ogni caso nel velamento proprio del sottinteso. Fatica ad imporsi una diversa valutazione, perché altre sembrano essere le preoccupazioni, che affronti la natura implicita della sessualità - si può certamente dire pudica - senza piegarla alle manipolazioni dei maestri della liberazione, o senza strumentalizzar­ la all 'incremento di un sempre più intensa fruizione erotica. In en­ trambi i casi si applicano tecnologie di senso estrinseche alla sessua­ lità, indifferenti alla violenza che esse esercitano traducendo nel re­ gistro dell 'esplicito, della trasparenza chiara e distinta, ciò che resi­ ste ad un discorso che non sia capace di farsi muto nel momento in cui tocca la soglia, che pur appartiene marginalmente a quell 'ambi­ to, dell ' interiorità. Questa violenza, che poggia nella voluta negazio­ ne di quel orizzonte d'interiorità (non coincidente assolutamente con la privatezza), con cui invece il discorso scientifico deve fare i conti se non vuole tradire i contenuti del suo oggetto, continua a proporsi, pur con tonalità più tenui - congelata fortunatamente anch'essa nel crescente deserto del "disincanto" - nella sua incapacità a una radi­ cale messa in discussione. Vittime del proprio rappresentazionismo, certi percorsi psicoanalitici non rinunciano a forzare lo scrigno gelo­ samente custodito nel profondo - di una profondità che non appartie­ ne unicamente alla vita psichica, cioè all' io psicologico - il quale può essere fatto oggetto di discorso solo rinunciando ad una scienza con un proprio autonomo statuto scientifico, desunto in gran parte dalla scienza medica, così chiaramente inadeguata a cogliere quella profondità che tutte le scienze dell'uomo, e non certo da Freud in poi, da sempre interrogano. La sessualità stessa, corpo parlante di confini impraticabili ad un univoco parametro della scienza, sollecita la ricerca di categorie interpretative con campi strategici e applicativi molto ampi e pervasivi come la ricerca foucaultiana ha intuito fin dal l 'inizio proponendo il binomio potere/sessualità. Ma non solo la ricerca foucaultiana, ma anche, pur in un antitetica differenza, la tan­ to deprezzata concezione "procreazionistica" della sessualità, a causa delle drammatiche banalizzazioni degli ideologi progressisti come di quelle, altrettanto ottuse, degli pseudomoralisti (entrambi accomunati da una prospettiva fondante anziché fondata della morale; la qual co326

sa caratterizza ogni forma di moralismo, compreso quello libertario), non sempre è stata colta nella sua portata ermeneutica che inscrive la sessualità su un registro estremamente fecondo e aperto, forse più di qualsiasi altro registro, su spazi interdisciplinari in cui si gioca la po­ limorfa semanticità delle condotte sessuali 2 . Purtroppo anche solo i tre espliciti riferimenti sopra richiamati l'ipotesi repressiva, l ' istanza foucaultiana del bio-potere e l'antolo­ gia procreativa cristiana - implicano un'ampiezza argomentativa che trascende di gran lunga lo spazio a nostra disposizione. È dunque necessaria una delimitazione storica e teorica dell'impostazione di questo intervento. Innanzitutto, per evitare la gratuità delle cesure che ci siamo im­ posti, è bene precisarne la portata metodologica. Infatti la preoccupazione dominante è quella di evidenziare le ca­ tegorie dentro cui il problema della sessualità è stato assunto dalla nostra contemporaneità. Rimarremmo perciò su un terreno ancora troppo vasto, perciò la sua delimitazione è stata ritagliata attraverso un concetto cardine: "il potere". La flessibilità e opacità definitoria di cui esso è capace ha fornito un contorno particolarmente idoneo ad una rivendicazione libertaria della sessualità che fosse, allo stesso tempo, perseguimento di obiettivi molto più vasti, ricompresi all ' in­ terno di un istanza sovversiva del i ' intero assetto antropologico-so­ ciale. Ne Il Disagio della civiltà 3 veniva offerta una chiave interpre­ tati va della sessualità che infrangeva i dettati psicoanalitici che Freud aveva fino ad allora elaborati; e non solo li infrangeva ma metteva involontariamente a nudo le implicazioni socio-antropologi­ che e filosofico-politiche della giovane scienza psicoanalitica, che deposte le austere vesti della neutralità medico-scientifica si schiera­ va, o perlomeno si prestava facilmente a tale sussunzione, in direzio­ ne di un ' utilizzazione socio-politica rivoluzionaria. Portando sul fra­ noso terreno dell'ancora giovane disciplina l 'indomabile dialettica di 2. Una guida bibliografica ragionata, anche se invecchiata, è: A. Valsecchi e T. Faglia, Cosa leggere di sessuologia, Ed. Bibliografica, Milano 1 978; per un acco­ stamento storico-antropologico: W.G. Cole, Il sesso nel cristianesimo e nella psica­ nalisi, Astrolabio, Roma 1 968; D.S. Marshall e R.C. Suggs, Il comportamento ses­ suale umano analizzato in sei diverse culture, Feltrinelli, Milano 1 975; Sessuologia, a cura di J. Money e H. Musaph, vol. 3, Boria, Roma 1 978; vedi inoltre: A. Cresci­ ni (a cura di), Freud, Adler e Jung. Psicanalisi e filosofia. Antologia, Ed. La Scuo- . la, Brescia 1 976; G. Dacquino, Educazione Psicoaffettiva, Boria, Torino, 1 972; P. Daco, Che cos ' è la psicanalisi, Sansoni , Firenze 1 97 1 ; A. Pie, Freud e la morale, Città Nuova Ed., Roma 1 970. 3. S. Freud, Il Disagio della civiltà, Boringhieri, Torino 1 97 1 a.

327

civiltà/istintualità, Freud introduceva categorie che oltrepassavano di gran lunga la capacità esplicativa della psicoanalisi. Quel dualismo che si conserva a monte della modernità (res cogitans/res extensa, empirico/trascendentale) con tutte le implicazione filosofiche, politi­ che e sociologiche, si insinuava prepotentemente tra le pieghe della nuova scienza, proiettandola sui sentieri segnati da quelle che Fou­ cault chiamerebbe le strategiche tecnologie del potere. Nel nostro intervento cercheremo, attraverso alcuni autori, di te­ matizzare quell 'area di recezione della problematica sessuale conno­ tata in termini strettamente politico-sociologici. In particolare si può affermare che, nella linea che va da Reich a Marcuse, la sessualità si dice e si esaurisce, fino ad identificarsi, sul registro della liberazione da una condizione oppressiva e repressiva (del principio di piacere), che ognuno può sperimentare in interiore al di là di connotazioni classiste, e quindi con effetti persuasivi assai più probatori, che non quelli riconducibili ad argomentazioni economico-sociologiche. La rivoluzione sessuale, attraverso una pratica di coinvolgimento indivi­ duale, riuscì ad estendere a tutti i ceti o classi sociali una percezione eminentemente conflittuale della realtà, in specie tra potere (polo ne­ gativo) e società (polo positivo), utilizzando il registro psicoanalitico freudiano civiltà/istintualità. La sessualità trasbordò linguisticamente nella liberazione sociale, di contro all 'ombrosa coercizione dell 'as­ setto autoritario del potere, assunto in un'accezione la più ampia e indefinita possibile. Il paradigma dialettico-conflittuale marxiano de­ clinò la tematica sessuale dentro uno statuto epistemico rigorosa­ mente rivoluzionario: il potere si radicalizzò nella semantica repres­ siva e autoritaria, mentre la sessualità divenne il leitmotiv attraverso cui sperimentare la dialettica rivoluzionaria sul piano individuale 4. Dal l 'ideologica ristrettezza prospettica del l 'ipotesi repressiva, che ebbe perciò un incredibile efficacia socio-politica, si libera indubbia­ mente il discorso foucaultiano la cui importanza, almeno per chi scri­ ve, non è tanto sui risultati a cui giunge, peraltro estremamente pre­ cari e provvisori, ma piuttosto per lo sfondamento demolitorio di 4. A. Del Noce ( 1 970), L' erotismo alla conquista della società, in Aa.Vv., Via libera alla pornografia ? , Vallecchi, Firenze; considerazioni interessanti sul surrea­

lismo che solo apparentemente è tangenziale al nostro tema: H. Sedmayer ( 1 970), La morte della luce. Rusconi, Milano; A. Del Noce ( 1 965a), Interpretazione jiloso­

jica del surrea/ismo, "Rivista di Estetica", n. l : 45 ss.; Aa.Vv. ( 1 965), Surrealismo e Simbolismo, in "Archivio di Filosofia", n. 3; C. Colruyt

( 1 972),

Le surréalisme:

son comment et son pourquoi, "Permanences", n. 90: 4 1 -56; A. Rongieras ( 1 972), Le surréalisme, "Permanences", n. 9 1 : 5 7 -72; M. lntrovigne ( 1 977), Strutturalismo e Rivoluzione, "Cristianità", n. 2 3 : 4-7.

328

quei limiti che, attraverso un 'indefessa problematizzazione del pote­ re, rilancia, su registri inesplorati dalla modernità, possibilità di lettu­ re e di pratiche che furono quelle perdenti agli albori della nostra epoca. Ci sembra di poter dire che con Foucault viene operata una decostruzione di quell'edificio categoriale che promuoveva la coniu­ gazione della sessualità con i paradigmi rivoluzionari della conflit­ tualità. È un operazione che ci piace chiamare di "azzeramento", da cui forse sarà possibile una comprensione più prossima del problema. Le motivazioni dell 'affermarsi di tali paradigmi metodologici è argomento che non può rientrare negli spazi di questo studio, ma che è senz'altro il suo obiettivo più proprio e ciò a cui rimanda co­ me futura prospettiva di ricerca. A noi basta segnalare che il nesso metodologico potere-sessualità non è semplicemente una tra le altre coppie esplicative della sessualità, ma quella che ha dominato la sua recezione nel contesto sociologico contemporaneo. Per quanto riguarda l 'antologia procreativa della sessualità e le vi­ cissitudini della sua emarginazione è tema che non sarà neppur tan­ genzialmente toccato. Ciò non tanto per perpetuare il velo di silenzio che la cultura dominante ha steso su di essa, che anzi, chi scrive, la reputa l ' unica vera alternativa al tema della sessualità rispetto alle secche in cui è giunta, soprattutto dopo l 'avida consumazione degli ideologi della rivoluzione sessuale contemporanea. Perciò essa apre un discorso, tanto nuovo quanto antico, che ha un lunghissimo per­ corso da affrontare; un percorso che sia capace di aprire non solo uno spazio da occupare, ma un ben più difficile terreno che lo accol­ ga. L' indigenza della nostra epoca, per parafrasare Heidegger, è una regione desertica assai più ampia e sconsolante di quanto possiamo immaginare. L'indigente perciò non è più solo tale quando riesce a fissare lo sguardo sulla propria condizione di mancanza. A questo lucido sguardo vorrebbero contribuire le seguenti considerazioni s.

3. L'uomo duplice Ricostruire gli antecedenti storici, sia teoretici che sociologici, che si consumeranno nella lucida consapevolezza de li' opera di W. Reich, è impresa che esula dagli spazi di questo lavoro. Nondimeno risulta necessario un passo indietro che ci ponga innanzi agli inizi della 5. M. Heidegger, Holzwege, Klostennann, Frankfun am Main 1 950 [Heidegger 1 984]; Id., Wegmarken, Klostennann, Frankfurt am Main 1 976 [Heidegger 1 987]; ld., Nietzsche, 2 voli., Neske, Pfullingen, 1 96 1 [Heidegger 1 994].

329

"grande lacerazione" del l 'uomo moderno, che, attraverso i tortuosi sentieri dello sdoppiamento antropologico, esperimenta la possibilità di coincidere semanticamente con ciò che vuole e desidera essere. Cartesio infatti, con un abile lavoro d'intarsio, riesce ad incidere non solo nella trattatistica filosofica, ma sull'intera sensibilità de li "'ho­ mo europensis", il sigillo del Giano bifronte attraverso cui verrà perpe­ tuata la cancellazione dell'"homo simplex", greco e medievale. L'antinomia cartesiana tra "res cogitans e res extensa" traccia l 'inconciliabile dualismo tra anima e corpo (empirico-trascendentale, nella versione kantiana) che getta tutto l 'Occidente moderno in una schizofrenica dissociazione tra spiritualismo e materialismo assoluti, sociologicamente tradotto nelle inquietanti torsioni delle teorie con­ flittuali della società. II "cogito" cartesiano, nel i ' attingere in se stesso le ragioni del suo esserci, segna non solamente l 'atto di nascita del razionalismo occi­ dentale, che rappresenta solo una delle sue possibilità interpretative, quella illuministica, ma si apre anche sul versante del nichilismo moderno che, come ha rigorosamente sottolineato Derrida, è rintrac­ ciabile nella stessa scrittura cartesiana. N eli ' angoscioso dibattersi del "cogito" con la sua origine prediscorsiva e onirica, che costante­ mente minaccia la sua trasparenza, assistiamo all 'emersione di un'altra sua possibilità, non certo rassicurante: «L'audacia iperbolica del Cogito cartesiano - scrive Derrida - la sua audacia folle consiste dunque nel tornare verso un punto originario che non appartiene più alla coppia di una ragione e di una insensatezza determinate, alla lo­ ro posizione e alla loro alternativa. Che io sia folle o no, Cogito sum. In tutti i sensi dell 'espressione, la follia non è dunque che un caso del pensiero (nel pensiero) . . . Perché non v 'è dubbio che per Descartes è solo Dio che mi protegge contro una follia nei confronti della quale il Cogito, nella sua propria istanza, non avrebbe altra possibilità se non di aprirsi nel modo più ospitale . . . In ogni caso, i l Cogito diventa opera nel momento i n cui si rassicura nel suo dire. Ma è follia prima dell 'opera» [Derrida 1 978: 70, 74] . Una falda che vediamo incunearsi nelle profondità più recondite dell 'esperienza moderna. Il riduzionismo ingenerato da questo duali­ smo è proprio quello di riportare monisticamente la dualità, o in­ frangerla caoticamente, ad un suo unico significato, anche meramen­ te dispersivo o frammentario 6. 6. M. De Corte ( 1 949), Incarnazione dell' uomo, Morcelliana, Brescia; A. Del Noce ( I 965b). Riforma caflolica e filosofia mode rna 1: Cartesio Il Mulino, Bolo­ gna; C. Fabro ( 1969a), L' introduzione all'ateismo moderno, voli. 2, Studium, Roma. .

330

,

La spaccatura nel mezzo di quella realtà che è l 'uomo trova così modo di perseguire quegli itinerari che caratterizzano in blocco sia il materialismo illuministico e post-illuministico, che l 'idealismo im­ manentistico nelle sue diverse forme. La posterità lacerata dall'iper­ bole cartesiana si esprime o nella concezione dell'uomo come pura "res extensa" - basti pensare ali ' immagine dell'uomo-macchina 7 ri­ salente al meccanicismo biologico dello stesso Cartesio - oppure co­ me mero brandello di "res cogitans". L'"homo duplex" cerca di ri­ trovare una sua unità manipolando uno degli estremi e forzandolo al segno del suo opposto. Le resistenze dell'empirica dualità antropo­ logica (non dualistica) a tale riduzionismo, che ha a monte l ' incon­ ciliabile dualismo cartesiano, è stata variamente interpretata come frutto di condizionamenti storico-sociali, o di strutture psico-biologi­ che determinanti il pensiero e le sue rappresentazioni, nonché il suo agire. In altre parole il rifiuto di quel plesso inscindibile che è l ' uo­ mo, composto di corpo e spirito (metafisicamente di materia/forma, essenza/essere), a trovare un univoco senso alle sue esigenze, che ri­ mangono sia materiali che spirituali, è stato mistificatoriamente in­ terpretato come "condizionamento" più o meno rimovibile. Nella versione sociologistica, che pensa attuabile la rimozione del condi­ zionante, si è tentato, attraverso l'elaborazione di tecniche sovversi­ ve e liberatori e, di cancellare tutto ciò che si contrappone ali 'anar­ chico dispiegarsi del sé autentico. Per fare questo è stato necessario proporre un paradigma culturale essenzialmente dialettico-conflit­ tuale che promuovesse, in qualche modo, una decostruzione forzata di ogni resistenza. Qui viene intessuta la trama del sospetto di cui il tema repressivo ne è una delle più efficaci articolazioni. Dall'altra parte, in una versione che per semplicità chiamiamo individualistica e biologistica, sempre ali ' interno di un modulo conflittuale si sostie­ ne la "destinalità" di una dimensione negativo-coercitiva che afflig­ ge l ' individuo, sia in quanto tale che in rapporto ai suoi simili, e a cui l ' unica risposta è l ' elaborazione di un modu vivendi pattuito nel­ la logica del minor male possibile. In questo senso vengono proposti i sistemi contrattualistici , riformistici e !iberisti continuamente rifor­ mulati nel corso del pensiero europeo s. 7. J. Offray de la Mettrie ( 1 92 1 ), L' Homme Machine, a cura di M . Solovine, Bossard, Paris. 8. JJ . Chevallier ( 1 98 1 ) Storia del pensiero politico, voli. 3, Il Mulino, Bolo­ gna; E.A. Albertoni ( 1 990), Storia delle dottrine politiche in Italia, voli. 2, Ed. Co­ munità, M ilano; D. Fisichella ( l 990b). Lineamenti di scienza politica, La Nuova Italia Scientifica, Roma; Id ( 1 978), A nalisi del Totalitarismo, D'Anna, Messina-Fi,

331

All 'interno di questo contesto, nonostante i rischi dell'eccessiva semplificazione, le categorie storiografiche che ricadono "sub voce" razionalismo/nichilismo, spiritualismo/ materialismo, pur nella loro legittimità, non riescono a dire e neppure a rapportarsi a quella fes­ surazione che l 'autointerpretazione del l ' uomo moderno - l ' uomo duplice - ha aperto su se stesso. Quel male oscuro, che si è creduto di poter rimuovere imputandolo ad un estetismo borghese, continua in realtà a crescere e non può più reggersi nella metafora del "nau­ fragio" o della propria "perdita", topos letterari indecenti al capezza­ le del morente. Sarà forse necessario, nell'impossibilità dell "'altri­ menti", iniziare da una radicale messa in discussione del pensiero rappresentativo/dualistico che ha accompagnato la nascita delle scienze de li ' uomo, costringendo il loro sviluppo dentro gli argini de li ' uomo duplice, l ' uomo nato e inventato dalla rappresentazione antropologica che egli ha voluto dare di se stesso. Comunque e in ogni caso con Freud viene guadagnata una posi­ zione epigonale dell "'homo duplex" e del sempre parallelo monismo che l 'accompagna. Non è irrilevante, proprio perché non è un rilievo meramente biografico, che il "padre della psicoanalisi", nonostante una formazione essenzialmente medico-scientifica, non cessò mai di coltivare gli studi filosofici, letterari e artistici (compresa la cono­ scenza della tradizione ebraica, nonostante l 'ateismo apertamente professato): «Quando ero giovane - scrive Freud all ' amico W. Fliess nel 1 896 non ero animato da altro desiderio che non fosse quello della conoscenza filosofica, e ora, nel mio passaggio dalla medicina alla psicologia, quel desiderio si sta avverando» 9 Anche Thomas Mann vedrà nella psicanalisi la traduzione psicologica della metafi­ sica schopenhaueriana. In altre parole la strumentazione medico-scientifica su cui è sorta la psicanalisi non dovrebbe mai oscurare il terreno socio-filosofico da cui trae le sue categorie interpretative, che sono ben !ungi dal possedere l 'austera neutralità della scienza. Già nello scritto giovanile del 1 895 Studien iiber Hysterie t o i l -

renze; Id. ( 1 992), Totalitarismo. U n regime del nostro tempo, La N uova Italia Scientifica. Roma; Id. ( 1 990a), Il denaro e la democrazia. Dalla Antica Grecia alle Multinazionali, La Nuova Italia Scientifica, Roma; A. Passeri n d'Entréves ( 1 980), La dottrina del diritto naturale, Ed. Comunità, Milano; A . Pancbianco (a cura di) ( 1 989), L" analisi della Politica, Il Mulino, Bologna; Pasquino G. (a cura di) ( 1 986), Manuale di scienza della politica, I l Mulino, Bologna. 9. S. Freud ( 1 960) Lettere, Boringhieri, Torino. I O. S. Freud ( 1 967), Eziologia del/" isteria, in Opere di Sif!,mund Freud, vol. 2, Boringhieri, Torino. 332

sintomo isterico viene sostanzialmente presentato da Freud come fe­ nomeno sostitutivo di un atto psichico omesso, il cui motivo causan­ te perciò rimarrebbe inscritto nella reminiscenza del paziente (la te­ matica della memoria assai cara alla tradizione ebraica). La guari­ gione viene predisposta attraverso la liberazione dell'atto psichico omesso. È evidente che, unitamente alla presenza di categorie positi­ vistiche che declinano la psiche a sistema fisico di energia, Freud già allora scorge nel blocco isterico la contrapposizione di due forze inconciliabili. Pur non avendo ancora elaborato un modello interpre­ tativo rigorosamente conflittuale, egli ha già proposto il paradigma in cui esso emergerà: un ' istanza espressiva che irrompe dalla profondità psicobiologica, di contro ad una forza contrastante quell 'espressività, ma incapace di dissolverla e cancellarla. Tale dia­ lettica ha ad oggetto le pulsioni (Triehe) che vanno rigorosamente distinte sia dagli istinti (comportamenti animali ereditari) che dagli stimoli esteri. Le pulsioni sono forze al limite dello psichico e del somatico, provenienti «da fonti stimolatrici poste ali' interno deli' or­ ganismo>> [Freud 1 947: 1 5 ] . I desideri derivanti dali' energia istintua­ le, per lo più di natura aggressiva e sessuale, sono allontanati dalla vita coscienziale tramite un azione di "rimozione". Da qui nasce un'esigenza topica del discorso psicoanalitico freudiano che, pur nei continui aggiornamenti, riveste una funzione localizzatrice delle due ampie regioni in cui è contesa e lacerata la realtà dell'uomo. Il con­ scio e l 'inconscio vengono elevati a "struttura" rappresentativa di una conflittualità che ha operato un mutamento di luogo della con­ trapposizione tra exterior ed interior. La scissione hobbesiana tra in­ dividuo e società sembra aver eroso il terreno su cui poggiava per portarsi nel mezzo dell ' individuum moderno. Perdendo in tal modo la sua indivisibilità il soggetto guadagna una "rappresentazione" di se stesso non più duale ma dualistica, in virtù dell'elemento che l 'ha generato, che è per l'appunto conflittuale. L'inconscio, fiore di loto nel cuore dell 'esistenza, si riveste del fascino dell'autentico che, in­ torpidito e celato dalla corazza dell 'Io, deve essere squarciato per dare voce alla parola non detta. Il fluire del discorso profondo di­ venta la ragione della violenza psicoanalitica. Freud assume fin dall'inizio il punto di vista dell'inconscio, si schiera, per così dire, dalla sua parte, essendo esso rappresentativo dell'orizzonte pre-comprensivo del fenomeno psichico, il suo mo­ mento originario e autentico. Una serie di tecniche sperimentali, dal­ le associazioni libere al transfert, fino alla analisi associata delle psicopatologie dell'esperienza quotidiana, sono messe in gioco per entrare nel tempio della vita profonda. 333

Ma Freud si preoccupa molto presto di smarcare le prime e fon­ damentali acquisizioni psicoanalitiche dalla loro origine patologica che ne adombrava il cammino, facendolo confluire nelle vicende dell 'isteria. Bisognava elaborare un modello interpretativo dei feno­ meni psichici general izzabile e, per sostenere l ' istanza medico­ scientifica con cui si mascherava la rivoluzione culturale in atto, era necessaria la localizzazione di una sintomatologia che oltrepassasse il piano patologico e fosse ampiamente estendibile. Sappiamo che Freud prima del 1 900 aveva già colto, sia grazie alla attività tera­ peutica che alle osservazioni di Charcot, i l ruolo fondamentale della sessualità nella genesi del l ' isteria e delle nevrosi. Ma la tesi del trauma sessuale, secondo cui la causa della patologia nevrotica sa­ rebbe imputabile a episodi di seduzione subiti nei primi anni dell ' in­ fanzia, non era realisticamente sostenibile nella maggior parte dei casi. È allora che Freud opera quella svolta, epistemologicamente arbitraria e infondata ma che mostrerà tutta la sua ambigua fecondità dal punto di vista degli orizzonti psicoanalitici: non è la seduzione reale il fenomeno da generalizzare ma la "fantasia" di seduzione: «Piacerebbe anche a me - scriveva Freud ancora nel 1 9 1 8 a proposi­ to del noto caso dell "'uomo dei lupi" - sapere se nel caso del mio paziente la scena originaria sia stata fantasia o esperienza reale, ma, tenendo conto di altri casi simili, bisogna dire che in effetti non è molto importante decidere la questione. Le scene di osservazione dell'amplesso parentale, di seduzione dell'età infantile, di minaccia di castrazione costituiscono indubbiamente un patrimonio ereditario, un'eredità filogenetica . . » [Freud 1 988: 263]. La recisione tra psichico e realtà non poteva essere più radicale. Il trauma sessuale anche se non è realmente avvenuto rivendica ugual­ mente una sua realtà nel mondo dell ' immaginario da cui è prodotto per via ereditaria e filogenetica. Lo psichico guadagna così una sua totale autonomia ed emancipazione dalla realtà fattuale; in quanto luogo di esperienze puramente mentali lo psichico non è per questo meno reale dei fenomeni oggettivi, è "vissuto" quanto essi. Si opera un vero e proprio spostamento di piani in cui una dimensione psichi­ ca prima emergente come componente, cioè parte della natura uma­ na, ora si impone come totalità autoproduttiva dei fenomeni che in essa accadono, e che solo in seconda battuta interagiscono, generan­ do strutturali episodi conflittuali, con la dimensione rappresentata dalla coscienza. È da notare che l 'autoproduttività del profondo di­ venta esplicita solo nella presa metodologica della seduta psicoanali­ tica e rimane indistinguibile il suo accadere passato da quello che si .

334

fa presente sul lettino psicoanalitico 1 1 • Per realizzare questo radicale passaggio era perciò indispensabile preparare il teatro su cui realizzare lo psicodramma della v ita profonda. Era una necessità di natura gnoseologico-epistemica, per­ ché non v'era in gioco un problema meramente terapeutico ed ezio­ logico, ma piuttosto una vera e propria antropologia che abbisogna­ va di un mondo fenomenico che gli corrispondesse. Un mondo por­ tato in scena da una struttura del profondo che ne fosse anche la ma­ trice produttiva. Un teatro insomma e fenomeni con proprietà così particolari da essere in grado di sostenere la nuova rappresentazione antropologica e, allo stesso tempo così generalizzabili, da coprire la stessa area nozionale dell'uomo in generale. Fu proprio nella dimensione onirica che Freud trovò la regione che cercava. Un dualismo non più solamente tra "res extensa" e "res cogitans" ma all 'interno della res cogitans tra fenomeni psichici di natura onirica/immaginifica e fenomeni psichici di natura reale. Nel sogno Freud ha trovato quella zona d'ombra che gli ha permesso di oltrepassare, senza abbandonare, un approccio alla psicoanalisi sola­ mente patologico, e formulare in tal modo asserti universali e co­ stanti sulla struttura della psiche umana in generale 12. La pubblica­ zione del 1 900 L' interpretazione dei sogni 1 3 segna l ' atto di nascita, da un punto di vista teorico, della psicoanalisi che da metodo psico­ terapeutico si pone come psicologia del profondo. Durante il sonno l 'apparato psichico funziona in modo quasi indipendente dalle conI I . Per una comprensione adeguata della portata rivoluzionaria e gnostica della dimensione onirica nel pensiero moderno: E. Voegelin ( 1 968), La Nuova Scienza politica, Boria, Torino; Id. ( 1 990), /1 mito del mondo nuovo, Rusconi, Milano 1 990; Id. ( 1 979), T!·ascendenza e gnosticismo in E. Voegelin, Astra, Roma (si tratta della traduzione dei saggi: "L'esperienza classica della ragione"; "Configurazioni della storia"; "Politica Gnostica"); Id. ( 1 980), Caratteri gnostici della moderna politica economica e sociale. Quattro saggi di E. Voege/in, Astra, Roma ( i saggi sono: "Apocalisse e Rivoluzione"; "La formazione dell 'idea marxiana di Rivoluzione"; "L'uomo nella società e nella storia''; "Democrazia e società industriale"); Id. ( 1 978), Eric Voegelin: un interprete del totalitarismo, Astra, Roma (si tratta della trad. it. della recensione a H. Arendt, The Origins of Totalitarism , nonché di Una replica di H. Arendt e delle Conclusioni di Voegelin). I 2. A . Beguin (I 967), L ' anima romantica e il sogno, II Saggiatore, M ilano 1 967; M. Praz ( 1 99 1 ), La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, San soni, Firenze; H. Rommen ( 1 965), L' eterno ritorno del diritto naturale, Stu­ dium, Roma; G.L. Mosse ( 1 967), La nazionalizzazione delle masse, Il Mulino, Bo­ logna; J. Piper ( 1 974), Sull' amore, Morcelliana, Brescia. 1 3. S . Freud, Die Traumdeutung, F. Deuticke, Leipzig-Wien 1 900, tr. it., L ' in­ terpretazione dei sogni, Newton Compton Ed., Roma I 979a.

335

dizioni di realtà in cui è nella veglia. Conseguentemente ha luogo un affievolirsi delle cesure dell 'Io, di modo che i desi6eri istintual i , pulsionali nella ridotta vigilanza dello stato d i sonno, emergono con più forte intensità, producendo tensioni incompatibili con la situa­ zione di riposo fisico-biologica del dormiente. A questo punto su­ bentra il sogno che, realizzando in modo allucinatorio, l ' irruzione dei desideri inconsci, raggiunge la scarica delle tensioni. Anche nel sogno perciò incorrono le cesure della coscienza, sebbene indebolite e flebili, che ne provocano la distorsione e la deformazione. Il sogno non manifesta nella sua purezza l 'inconscio ma è il teatro di una grande rappresentazione barocca della vita inconscia che è possibile interpretare nei suoi innumerevoli e deformati sottintesi solo grazie a categorie e strutture particolari, che aprono al senso profondo le più esoteriche bizzarrie. Ciò che prima era rivolto al patologico, ora diviene la vita psichica di tutti; una lacerazione insondabile giocata tra l 'appagamento e il controllo è la condizione psichica dell'uma­ nità. La deviazione nevrotica diviene così un caso di disfunzione nella universale rimozione delle tendenze istintuali. Disegnata in tal modo una prima geografica delimitazione dell ' in­ conscio, era necessario precisare il principio che ne costituiva i con­ fini, le forze da cui attingeva la sua realtà e la sua organizzazione. Questo secondo passo Freud lo compie nel 1 905 col libro Tre saggi sulla teoria sessuale 1 4 . La "libido" infatti - così Freud chiama l 'energia sessuale - è la forza costitutiva della regione inconscia, emergente fin dalla nascita e determinante i comportamenti non solo adulti ma anche infantili. Freud partendo dal fenomeno dell ' amnesia dei primi cinque/sei anni e attraverso l 'introduzione della categoria di rimozione, pensa di poter ricostruire il centro di gravità e propul­ sività della vita del profondo. Con continue migrazioni da una parte ali 'altra del corpo - orale, anale e fallica - la libido, in concomitan­ za a processi biologicamente determinati, fa fiorire, come per incan­ to, la realtà del suo mondo, quello inconscio; ad ogni localizzazione corporea vengono associate fantasie erotiche che sono perciò sempre accompagnate da profondi timori. In questo inquietante esodo della libido, nella sua natura nomade e anarchica, diviene per noi partico­ larmente importante, più che la sessualizzazione della vita istintuale infantile, cogliere l 'ermeneutica che Freud propone nel momento in cui nel processo di crescita si opera il passaggio alla cosiddetta fase fallica, cioè quella fase in cui la l ibido, conquistata la zona fallica, si 14. S. Freud 1 970b. 336

trova invischiata nel l 'inevitabile conflittualità edipica. Mentre nella fase orale e anale la libido del l 'individuo è concentrata sul Sé, è cioè autoerotica, nella fase fallica essa si apre al di fuori dell 'indivi­ duo stesso cercando neli' altro sesso un oggetto di amore, che identi­ fica nella persona affettivamente più incidente, c ioè la madre. All' amore per la madre fa riscontro l 'odio per il padre, vissuto e su­ bito come un rivale. È infine la longa manu della paura, pedagoga arcigna ma necessaria, a risolvere la conflittualità edipica: il bambi­ no, temendo di essere sopraffatto dal padre, e punito con la castra­ zione, si identifica con l 'aggressore, cioè la figura patema. La con­ clusione, se così si può dire, del conflitto edipico si riscontra nel momento in cui viene accettata la proibizione di desideri sessuali in­ cestuosi e aggressivi, che vengono investiti e orientati nei processi di socializzazione e culturizzazione del bambino. La difficoltà edipica emerge, non a caso, quando la vita pulsiona­ le del bambino si relaziona ad altri soggetti psichici. È l 'intersogget­ tività il grande evento traumatico della vita psichica, e non solo di essa. Se ci riportiamo al pensiero politico hobbesiano e al giusnatu­ ralismo moderno, vediamo imporsi quel paradigma socio-antropolo­ gico che la psicanalisi traduce con fedeltà impressionante "in inte­ riore homine" 1s . L'alterità sociale è vissuta come minaccia distruttiva della costitu­ tiva natura anarchica, istintuale, passionale ed egoistica dell ' indivi­ duum. Nella distinzione giusnaturalistica tra stato di natura e stato (o società) civile c'è un rapporto contrappositivo irriducibile. Lo sta­ to di natura hobbesiano è per definizione non-politico e sociologica­ mente irrelazionale, come del resto, la società civile è altrettanto de­ finitoriamente non-naturale, e sorge per eliminare gli effetti distrutti­ vi della naturale passionalità ed istintualità del l 'individuo. 1 5 . N. Bobbio, Da Hohhes a Marx. Saggi di storia della filosofia, Morano, Na­ poli 1 965; Id., Il Giusnaturalismo, in Storia delle idee politiche, economiche e so­ ciali, vol. 4/I, Utet, Torino 1 972, pp. 49 1 -55 1 ; N. Bobbio-M. Bovero, Società e stato nella filosofia politica moderna, Il Saggiatore, Milano 1 979 (il saggio di Bob­ bio è una riproduzione di quello pubblicato ne l i ' Utet); G. Fassò, La filosofia del di­ ritto dell' Ottocento e del Novecento, Il Mulino, Bologna 1 992; M. Barberis, Intro­ duzione alla filosofia del diritto, Il Mulino, Bologna 1 989; N. Luhmann ( 1 990b), Sistema giuridico e dogmatica giuridica, in La differenziazione del diritto. Il Muli no, Bologna. Diversa lettura è quella di A.L. Strauss, Che cos'è la filosofia politi­ ca ? Scritti su Hohhes e altri saggi, Argalia, Urbino 1 977; Id., Diritto naturale e storia, Il Melangolo, Genova 1 990; Id., Pensieri su Machiavelli, Giuffré, M ilano 1 970; Id., Liheralismo antico e moderno, G iuffré, Milano 1 973; Id., La Tirannide, Giuffré, M ilano 1 968. ­

337

L'individuo dello stato di natura è una singolarità non associata, anzi tragicamente isolata, che agisce seguendo nòn la ragione ma le passioni, gli istinti e gli interessi. Lo stato politico al contrario è l 'unione di tali individui dispersi e lesivi l ' un dell'altro, attraverso l 'attuazione di un patto sociale ("pactum societatis/pactum subiec­ tionis") regolato per ottenere una vita secondo ragione. Il dualismo definitorio dei due status e la loro antiteticità rende impossibile il passaggio dall'uno all'altro se non mediante una o più convenzioni, cioè atti deliberativi interessati ad uscire dallo stato naturale. La società e la sua organizzazione politica emergono sull 'espe­ rienza traumatica, metastorica e atemporale, dell "'homo homini lu­ pus". L'individuum si autorappresenta essenzialmente egocentrico, e in tale rappresentazione rimane immediabile ogni rapporto all 'alte­ rità sociale che appare, per sua stessa natura, minacciosa e competi­ tiva. La società è un "artificio" ottenuto con il "consenso" di indivi­ dui che nello stato naturale si sentono minacciati. La vita ordinata secondo ragione, fondamento non solo della società ma soprattutto del potere statale, è esterna ed estrinseca ali 'individuo, che infatti la realizza non in nome di una bella idealità, ma per la sua stessa so­ pravvivenza. Il "potere", in tale prospettiva, è già da sempre una realtà connotata unicamente in funzione della forza e della capacità coercitiva che ha sul! 'anarchico egoismo degli individui. Ogni altra finalità del potere è subordinata a questa funzione che lo caratterizza intrinsecamente. Allo stesso modo Freud nella triangolazione edipica, riflettente la struttura della parentela, propone una rappresentazione della forza li­ bidica come quello status naturale che non appena entra in rapporto con l 'alterità parentale, esperisce le dinamiche del conflitto, della paura e della minaccia. Ma non v'è solo questa immediata, benché fondamentale, appartenenza ad un unico paradigma interpretativo. Ancor più fondamentale è constatare che la maglia interpretativa hobbesiana, come già evidenziava Bobbio 1 6, non ha alcun fonda­ mento storico, poiché non s'è mai dato un processo di formazione della società civile come quello indicato dal giusnaturalismo: lo Sta­ to come prodotto della volontà razionale è una pura rappresentazio­ ne intellettuale. L' incredibile perciò non è tanto l'assenza di senso storico, quanto piuttosto la capacità di tale finzione intellettuale di porsi come reale. L'irrealtà di una rappresentazione che dipinge un'immagine dell ' umana società risultante da una convenzione tra 1 6. N. Bobbio [ 1 972: 507-8]. 33R

uomini, altrimenti chiusi e vittime della loro passionalità (solo que­ sto è un elemento che può tuttalpiù rivendicare un fondamento rea­ le), sembra acquistare realtà per l 'efficacia rappresentativa/esplicati­ va che essa può esercitare. Allo stesso modo Freud nel momento in cui rilevava l ' impossibilità di risalire ad una causa reale e realmente accaduta del trauma sessuale del nevrotico, lo pone come accadi­ mento psichico, filogeneticamente determinato, la cui realtà tacita e opaca riceve la sua voce e la sua trasparenza dall'analista. In tale epifania della cultura rappresentativa-soggettivistica, nella quale è sufficiente essere ritratto nello sguardo del soggetto-spettato­ re per ricevere consistenza reale, è proprio l 'esistenza, o generica­ mente la realtà, ciò che rimane impregiudicato ed estrinseco al sog­ getto "rappresentante" 1 7. L'impossibilità di cogliere la diversa intensità tra rappresentazione e realtà, implica una loro inconciliabile conflittualità, resa emblemati­ camente trasparente nei principi freudiani di piacere e realtà. Il sog­ getto si sente, e non può non sentirsi, sempre al di qua della realtà, che in virtù di un mondo fenomenico autoconsistente, quello onirico/psichico/immaginifico, governato da un principio identifican­ tesi con la vita profonda del soggetto (il piacere), costruisce un rap­ porto allucinatorio, perfettamente autoreferenziale, con la propria e in­ contaminata soggettività (potenzialmente emancipata dal mondo delle "cose"). Il soggetto è essenzialmente desiderio, ma il desiderare sem­ bra non avere più alcun rapporto costitutivo con i desiderata, che ap­ partengono sempre e in ogni caso al mondo reale, e che divengono pretesti per l 'esercizio del "desiderare" autoproducentesi nella vita profonda del soggetto. Tutto ciò che "il soggetto" freudiano non riesce a soggettivizzare nel suo desiderare ne delimita in qualche modo il confine, comprimendone l 'impulso vitale e profondo. La soggettività di un tale soggetto, vagante nella regione da lui costituita "rappresen1 7. Tra i "moderni" la critica più pregnante, dal punto di vista teoretico, al rap­ presentazionismo e al soggettivismo della modernità è quella di M. Heidegger, per la quale vd. nota 5; dal punto di vista della tradizione metafisica, in specie di ambi­ to tomista, l 'autore più importante rimane C. Fabro di cui si veda: C. Fabro, Parte­ cipazione e causalità secondo S. Tommaso d'Aquino, SEI, Torino 1 958; Id., Tomi­ smo e pensiero moderno, Lib. Ed. Pont. Univ. Lateranense, Roma l 969b; Id., Tra Kierkegaard e Marx, Ed. Logos, Roma 1 978; Id., Dall' essere all' esistente, Morcel­ liana, Brescia 1 957. Si veda inoltre, con un taglio spiccatamente epistemologico: G. Basti-A. Perrone, Le radici forti del pensiero debole: nichilismo e fondamenti della matematica, "Con-tratto: rivista di filosofia tomista e contemporanea", I, ( 1 992), pp. 1 3-82; G. Basti, // rapporto mente-corpo nella filosofia e nella scienza, Ed. Stu­ dio Domenicano, Bologna 1 99 1 .

339

tativamente", non può non apparire una ampia e spaziosa prigione, le cui mura si connotano semanticamente come la realtà del potere o, il che è lo stesso, come il potere della realtà. Il "potere", nella sua lar­ ghissima accezione, nasce già figlio della forza coercitiva e repressi­ va, fermo perciò sulla soglia invalicabile del "profondo" di cui vuole essere il morbido involucro. Perde così ogni centralità, considerata la più profonda condivisione del paradigma dualistico-conflittuale, la scansione tra conservatorismo psicanalitico, secondo cui la repressio­ ne è un male necessario per un bene più grande, quello della civiltà, e radicalismo psicanalitico che si vede impegnato nell'elaborazione di strategie liberatorie, "la fantasia al potere", con cui sbarazzarsi di ogni coercizione/potere - che è sempre un ordine di realtà che si impone al soggetto e alla libera autointerpretazione di se stesso. Non è casuale, considerando la seconda topica freudiana, quella della maturità (anche se non definitiva), che l 'Es - il quale dice l 'istanza posta ali 'origine della personalità, cioè la regione energetica della psiche, vero e proprio raccordo tra l 'organico e lo psichico - si identifichi, esattamente come lo stato di natura hobbesiano, col prin­ cipio di piacere, essendo il principio di realtà, pur nella sua concomi­ tanza al piacere, già in parte forzante la spontaneità del soggetto. L'Es, analogamente all 'inconscio di cui ne è la traduzione dinamica, esprime non solo la realtà più profonda della psiche, ma la esprime in "modo" tale da implicare necessariamente il paradigma conflittuale. Il piacere fine a se stesso, ateleologico proprio come la rappresen­ tazione del potere nella modernità, si lascia descrivere solo in termi­ ni quantitativi, cioè come accrescimento (o diminuzione) di piacere; la sua autoreferenzialità costitutiva comporta l ' impossibilità di diffe­ renziarsi e declinarsi in base agli scopi che realizza t s. Il piacere, nel 1 8. L'ampio e fondamentale dibattito su questi problemi concernenti non solo il pensiero politico ma filosofico e sociologico, ha avuto avvio in Germania sotto il nome di ''rinascita della filosofia pratica". La discussione tuttora in atto penso sia imprescindibile ed ineludibile per ogni tentativo che si interroghi , da qualsiasi pun­ to di vista, sulla nostra contemporaneità: F. Pacchiani (a cura di), Filosofia pratica e scienza politica, Francisci, Abano (Padova), 1 980; G. Duso (a cura di). Filosofia politica e pratica del pensiero. E. Voegelin, L. Strauss, H. Arendt, Angeli, Milano 1 988; E. Berti (a cura di), Tradizione e attualità della filosofia pratica, Marietti, Genova 1 988; L. Cartella, A ristotele e la razionalità della prassi. Un analisi del di­ hattiro sulla filosofia pratica aristotelica in Germania, Jouvence, Roma 1 987; A. Da Re, L' etica tra felicità e dol'ere. L' attuale dihattito sulla filosofia pratica, Dehoniane, Bologna 1 986; C. Galli, Modernità. Categorie e profili critici, Il Muli­ no, Bologna 1 988; M. Ride!, Lineamenti di etica comunicativa. Elementi di una teoria del discorso morale, Liviana, Padova 1 980; J. Ritter, Metafisica e Politica. Studi su Aristotele e Hegel, Marietti, Casale Monferrato 1 983.

340

suo freddo autoprodursi, esperisce "rappresentativamente" ogni realtà non riconducibile ad un suo accrescimento, come repressione e coercizione. La realtà, nel presentificare un ordine irriducibile ali 'Es, è l 'ombrosa apparenza di "cose" non sempre disponibili all 'autenticità del profondo. D ' ora in poi ogni delimitazione di cam­ po tra piacere e realtà si gioca sulla scacchiera ùell 'abilità e del sot­ terfugio, in un perpetuo conflitto per guadagnare gli spazi di confine non ancora occupati. Infatti all ' Es, forza primaria identica ai suoi impulsi e alla sua attività fantastica, fa fronte la realtà dell'Io, che retto dal principio di realtà, ha la funzione di mediare - compito che nel giusnaturalismo moderno è svolta dal contratto sociale - le esi­ genze istintuali con le condizioni ambientali. Già l 'Io freudiano, ben prima del Super-Io, esercita una coercizione sulla realtà autentica del l ' Esempio. Ali ' interno di questo quadro interpretativ o è la coerci­ zione a connotare semanticamente il potere e non il potere a conno­ tarsi per un ipotetico uso coercitivo che se ne può fare. Il potere, co­ sì come emerge nella concezione dei moderni, non possiede nessuna "qualità", ateleologico nella sua genesi e nel suo sviluppo, esso do­ mina un regno che è quello della pura "quantità", dell' accrescimento di se stesso. Non esiste un problema della legittimazione del potere, ma solo strategie liberali o rivoluzionarie per esorcizzarne, o pro­ muoverne, l 'invadenza di campo. "Chi" deve governare risulta l ' uni­ co problema della scienza politica, mentre i "fini", gli scopi, che ne legittimino l 'esistenza sono cancellati e condannati nella loro radica­ le metafisicità. Allo stesso modo la ateleologicità del principio di piacere chiude l 'individuo in una volontà di se stesso infrangibile, dove nulla può fare la "sublimazione", dolce palliativo per chi si ac­ contenta dei profumi di una "civiltà" che si erge a spese dell 'uomo e non per esprimerlo. Freud indubbiamente ha colto l 'aspetto deva­ stante della sua rappresentazione antropologica (materialistico/rap­ presentativa), ma con un inconfessato colpo di mano l ' ha oggettiva­ ta in Thanathos, compagno indesiderato di Eros. In realtà Thanathos è la verità di Eros, non il suo antagonista. Il piacere, freudianamente inteso, non può sopportare la sua delimitazione, anche a costo di sa­ crificarne il soggetto. Il principio di piacere è una rappresentazione della soggettività che eccede le angustie del soggetto; è destinato dunque a travolgerlo in ogni sua compiuta realizzazione. Questa ere­ dità, imbarazzante e scottante, cercherà di compiersi in W. Reich e nella sua Rivoluzione.

34 1

4. La psicanalisi come prassi rivoluzionaria: Wilhelm Reich

Dell'ampia opera di Wilhelm Reich 19, ai fini della nostra ricerca interessano solo alcune tesi appartenenti al cosiddetto primo periodo reichiano, quello freudo-marxista, in cui vengono consumati alcuni presupposti del discorso freudiano. Del secondo periodo, quello ca­ ratterizzato dalle ricerche orgonomiche, pur nella centralità e forse preminenza ermeneutica rispetto al primo, non diremo pressoché nulla: consapevoli per dichiarazione dello stesso Reich, che la svolta gnostico-cosmologica della fase orgonomica del suo pensiero, sia la chiave di lettura privilegiata dell'intero percorso reichiano, nondi­ meno, sia il tema della nostra ricerca che l ' intento non monografico dell 'intero lavoro, ci consentono questa cesura. Infatti l'importanza del periodo freudo-marxista di Reich, è pro­ prio il tentativo di metamorfizzare la psicanalisi, c il suo statuto scientifico, in uno strumento di prassi rivoluzionaria. Dalla rappre­ sentazione alla riplasmazione, secondo i paradigmi psicanalitici freudiani, dell'uomo nuovo; è questo il significato più propriamente marxiano dell'intera opera di Reich, significato che, a prescindere dalle svolte successivamente intervenute, non cesserà di accompa­ gnarlo per il resto della sua opera 2o. È noto che il punto di disaccordo più profondo con Fre1,1d, verteva sull'ipotesi, sopraggiunta e delineatesi in Al di là del principio di piacere, secondo cui l ' istinto di Morte, e la distruttività/aggressività che esso comporta, si radica nel sostrato biologico dell'essere uma­ no. Reich rifiuterà fin dagli inizi questa "svolta" del pensiero freu­ diano distanziandosene con sempre maggior determinazione, anche in concomitanza al suo progressivo avvicinamento a temi sociologi­ ci e politici marxisti. In Materialismo dialettico e psicanalisi 2 1 Reich difenderà il pun­ to di vista rigorosamente materialistico della nozione di libido del 1 9. Per informazioni bibliografiche sull ' opera di Reich vd.: I . Ollendorff Reich, Bihliography on OrRonomy, Orgone Institute Press, Rangeley, 1 95 3 ; D. Boadella, Bihliography on Orgonomy, R itter Press, Notingham, 1 960; C. Sinelnikoff,

L' oeu­

vre de W. Reich, 2 voli., Maspero, Paris 1 970.

20. Accurate monografie di reichiani "ortodossi" sono quelle di: L. De Marchi, Wilhelm Reich. Biografia di un ' idea, Sugarco, M ilano 1 970; O. Raknes. Wilhelm

/' orgonomia, Astrolabio, Roma 1 972; R. Dadoun, Cento fiori per W. Reich, Marsilio, Padova 1 976; la terza moglie di Reich è l 'autrice di I. Ollendorff Reich, W. Reieh , hiofvafia da vicino, La Salamandra, Milano 1 978. 2 1 . W. Reich, Materialismo dialettico e ps ica n a lis i . in Scritti Giovanili, vol. 2, Sugarco, Milano ! 978b.

Reich e

342

primo Freud, e in generale di tutta la teoria freudiana degli istinti, ri­ fiutando l ' ipotesi dualistica di Eros e Thanatos, che il fondatore del­ la psicanalisi aveva proposto in età avanzata. Mentre la base fisiolo­ gica dell 'istinto sessuale e di nutrizione è evidente, manca completa­ mente all 'istinto di Morte un fondamento materiale altrettanto chia­ ro: «Secondo lo stesso Freud - scrive Reich - l 'istinto di Morte è un'ipotesi extraclinica, ma non è un caso che ci si balocchi così fa­ cilmente con esso e che esso abbia aperto, in psicanalisi, la porta a speculazioni inutili . A nostro parere l ' istinto di distruzione è una formazione secondaria e tardi va del l 'organismo, determinata dalle condizioni in cui l 'istinto di nutrizione o la sessualità sono soddi­ sfatti>> [Reich 1 978b: 54]. Ma non è né il materialismo né l 'econo­ micismo, contrariamente a quanto spesso si scrive, il punto di sutura più forte di Reich con Marx, tanto più che molte convinzioni marxi­ ste del giovane Reich saranno ridimensionate, se non addirittura ra­ dicalmente ritrattate, nella maturità. L'istanza marxiana invece che rimarrà in Reich, traccia indelebile e inconfondibile, è quella rivolu­ zionaria/prassica che avrà la sua traduzione psicanalitica più lucida e compiuta nella analisi della struttura caratteriale 22. Una prima e fondamentale acquisizione, che ci permette anche di dar conto della spassionata adesione di Reich al partito comunista in termini non banalmente biografici, è l 'abbandono di un approccio metodologico di natura fenomenico/positivistico, che si fa esplicito verso il 1 924 con i primi studi caratterologici, in nome di una ricer­ ca psicoanalitica critico-dialettica. Freud infatti aveva interpretato in termini chiaramente positivi l ' itinerario che dal l ' Es si apre, non senza conflitti, nella radura dell ' Io socializzato, in quanto vedeva in tale dispiegamento l ' instau­ rarsi di quelle condizioni imprescindibili per una corretta socializza­ zione e culturalizzazione dell'individuo. Il tentativo freudiano, dal punto di vista di un Reich ormai marxista, non poteva per le sue stesse radici ideologiche risolvere il conflitto tra piacere e realtà se non in una prospettiva repressiva, che riappacificava mistificatoria­ mente i conflitti ali ' interno del processo di sublimazione. Un desti­ no, quello del conflitto e della contraddizione psichica, la cui positi­ vità si mostrava nel garantire il progresso della civiltà. Magra con. .

22. > [Mali­ nowski 1 974: 1 90] . Non solo, ma, ciò che è essenziale, la tesi freu­ diana non regge alla prova della ricerca storica e antropologica: «Preso come fatto storico effettivo, cioè come un fatto che dev 'es­ sere situato nello spazio e nel tempo in circostanze concrete, come dev 'essere immaginato il parricidio primitivo?. Dobbiamo ritenere che una sola volta, in una sola super-orda, in un sol punto sia stato commesso un solo delitto? Che questo delitto, poi, abbia creato la cultura, e che questa cultura si sia irradiata poi in tutto il mondo per diffusione primeva, mutando le scimmie in uomini ovunque essa giungesse? Quest' ipotesi crolla nel momento stesso in cui viene for­ mulata» [ibidem: 1 94]. A Malinowski interessa verificare la regole interne ai costumi sessuali delle società etnologiche: esse sottostanno alla cultura, la quale presiede ai rapporti che si stabiliscono tra marito e moglie, modellando e organizzando « le loro emozioni personali e [plasman­ do] i loro atteggiamenti» [ibidem: 225]. In ogni caso il fattore di ba­ se su cui regge la stabilità della famiglia è rappresentato dal tabù dell 'incesto, la più importante tra le nonne che fissano le relazioni tra i sessi. Esso condiziona la stabilità della famiglia e consente ai suoi membri di adempiere ciascuno alle proprie funzioni senza inter­ ferenze o tensioni disgregatrici. L'uomo infatti inquadra le proprie tendenze sessuali entro regole che variano da una società ali 'altra, ma senza superare, in linea di principio, la soglia fissata dal tabù dell'incesto, conditio sine qua non della stabilità e continuità del nu­ cleo famigliare e dunque della società nel suo complesso. In ultima 387

analisi, ogni società si dà, in forme storicamente e geograficamente variabili, delle norme relative ali 'uso della sessualità in cui si me­ scolano, in modo coerente, liceità e repressione: «La formazione dei sentimenti, i conflitti e i cattivi adattamenti che questa costruzione implica - scrive Malinowski a conclusione di Sesso e repressione dipendono largamente dal meccanismo sociologico che opera in una data società. I principali aspetti di questo meccanismo sono il rego­ lamento della sessualità infantile, i tabù degli incesti, l 'esogamia, l 'attribuzione del l ' autorità e il tipo di organizzazione familiare)) Libi­ dem: 283]. Nello studio delle società etnologiche si può dunque os­ servare come l ' analisi dei loro quadri normativi conduca lo studioso polacco-inglese ad osservare con maggiore attenzione le dinamiche socio logiche, mentre risulta meno esplicitata l 'eventuale influenza delle idee religiose sui comportamenti sessuali. 3. Sacro e sessualità nelle civiltà antiche

Sovente, facendo riferimento a determinate pratiche o immagm1 diffuse presso le civiltà antiche e collocate sotto segno religioso - ti­ pico è il caso della cosiddetta prostituzione sacra o delle raffigura­ zioni che ornano i templi indiani - si fa ricorso ali ' aggetti vo osceno, carico per lo più di valenze negative. Poiché l 'oscenità è presente in molteplici linguaggi del mondo antico, occorrerà precisame il con­ cetto (almeno in ambito storico-religioso), nella misura in cui questo tema compare, e non certo di sfuggita o sotto il segno della riprova­ zione morale, in diversi contesti culturali 3. Nella nostra civiltà osce­ no sta ad indicare comportamenti, immagini, linguaggi considerati offensivi per il comune senso morale. In diversi scenari storico-reli­ giosi esiste un osceno: l ) in cui prevale il gusto dell'esibizione a fini rituali; 2) come infrazione orgiastica delle regole correnti; 3) come utilizzazione rituale dell 'attività sessuale. Ad esempio, lo scopri­ mento e l 'esibizione degli organi sessuali, azione considerata vergo­ gnosa in varie culture, ha sovente il fine di provocare una reazione di pudore a scopi rituali . Viceversa, l 'osceno può essere presente nel mito - con conseguenti comportamenti rituali - in funzione dell ' ite­ razione annuale dei cicli agricoli (il rapporto sessuale consumato sui solchi appena tracciati in funzione propiziatoria della fecondità della 3. Siamo debitori, in questa messa a punto del concetto di osceno nelle religioni, del lemma omonimo che A . Di Nola ha redatto per l ' Enciclopedia delle religioni, Vallecchi, Firenze 1 970-76. vol. IV, 1 972, coli. 1 3 1 0- 1 2.

388

terra). R. Pettazzoni, in un saggio sulla religione giapponese 4, narra della dca solare Amaterasu che, in seguito ad una grave offesa rice­ vu ta dal dio infernale Susanowo, si ritirò in una grotta gettando la te rra e l ' universo in uno stato di permanente oscurità. Per farla usci­ re, e quindi far risplendere di nuovo il sole, le altre divinità ebbero l ' idea di far ballare freneticamente la dea Uzane inducendola a esi­ birs i in uno spogliarello integrale. La scena scatenò tali risa nel gruppo degli dei che Amaterasu incuriosita fece capolino dalla grot­ ta permettendo in tal modo il ritorno della luce e il ripristino della normale alternanza del dì con la notte. Come si avrà occasione di di­ re più oltre, nell 'induismo le pratiche sessuali sono spesso osservate in funzione salvifica. Viene quindi a mancare - come si può notare in molti altorilievi dalle figurazioni esplicite che costellano le mura dei templi indù - quella condanna del l 'oscenità che percorre tutta la storia del costume cristiano. L'osceno non appare quindi sottoposto ad un criterio universale di valutazione, ma è piuttosto una costru­ zione sociale di cui occorre studiare le ragioni sia della persistenza, sia della repressione socialmente condivisa, vale a dire i significati concretamente assunti presso le diverse civiltà del pianeta. Un tema mitologico diffuso, seppure insieme ad altre componenti, è la rappresentazione della Terra come Madre personificata o Gene­ ratrice non personificata. In esso si incontrano due esperienze: la fe­ condità ciclica del suolo e la funzione generatrice della donna. Nel Paleolitico il culto è ampiamente attestato, in collegamento al sorge­ re dell'agricoltura, dal reperimento di statuette femminili, le veneri preistoriche, dai caratteri sessuali assai evidenziati. Nel l ' età del bronzo in Mesopotamia la divinità generatrice viene associata ad una divinità maschile. Nelle Isole Egee sono molteplici i reperti di figurine femminili, risalenti alla seconda metà del III millennio a.C., con accentuati caratteri materni (seni, zona vulvare). In realtà la pre­ senza di queste figurine è stata accertata in un'area che dai Pirenei si estende alla Siberia. Uno studioso di scuola junghiana, Erich Neu­ mann, ha creduto di cogliere ali ' origine di questa statuaria diffusa in un territorio così ampio, l 'archetipo della Grande Dea Madre: «> [Vat­ syayana 1 992: 53 e 55]. Persino la cortigiana deve saper scegliere con gusto e raffinatezza. I suoi clienti devono essere «uomini nobili, colti che conoscono il mondo, che compiono le azioni giuste nel · momento opportuno; poeti, raffinati narratori di storie, eloquenti, energici, uomini costanti, di fede incrollabile, uomini non irascibili, generosi, affezionati ai loro parenti, amanti dei ricevimenti sociali, abili nel terminare versi iniziati dagli altri e in altri giochi, uomini sani, uomini dal corpo perfetto e forte, non amanti del bere, uomini di grande prestanza nel fare l'amore, socievoli, uomini che manife­ stano amore per le donne che conquistano ed alle quali non sono mai interamente fedeli; economicamente indipendenti, non invidiosi e per ultimo, non sospettosi» [ibidem: 75] . In ogni caso i rapporti tra uomo e donna devono essere improntati ad una superiore saggezza nella quale la sessualità svolge un ruolo non secondario. Così, am­ monisce l 'autore del Kamasutra al termine del suo trattato, «non è nelle mie intenzioni che quest'opera venga usata solo come stru­ mento pe:\appagare i nostri desideri. Una persona che conosca i veri principi di questa scienza e che rispetti i suoi Dharma, Artha e Ka393

ma e che abbia sempre presenti le usanze del popolo, avrà sicura­ mente il pieno control lo dei suoi istinti. In breve, una persona intel­ ligente e saggia, che pratichi il Dharma, l ' Artha e il Kama senza di­ venire schiavo delle passioni, raggiunge il successo in ogni sua im­ presa» [ibidem: 96]. Il Tantrismo è un movimento diffuso nelle varie correnti dell ' in­ duismo e nel buddismo; i suoi inizi risalgono al VII-V sec. a. C. Esso afferma l 'esaurimento della Rivelazione e della Tradizione, con la conseguente decadenza della civiltà. A ciò si oppone una nuova rive­ lazione, quella dei Tantra (come un V Veda) che propone un'espe­ rienza integrale basata sul risveglio delle energie latenti nell'uomo: il sesso e il sentimento. L'atto sessuale nel tantrismo, come e ancor più che nelle altre religioni indiane, è posto ali ' origine del mondo e per­ ciò ha pure un'efficacia magica e fecondatrice. Nel mito compare la dea Kundali, forza creatrice e attiva, la satki distaccata dali' elemento divino maschile, Siva. L'opera tantrica deve condurre la Kundali a congiungersi con la sua metà maschile. Questa operazione viene condotta facendo ricorso a pratiche sessuali di cui è protagonista lo yogin, il cui compito sarà quello di controllare, durante il rapporto sessuale con una fanciulla, l'emissione del seme, riassorbendolo af­ finché salga al cervello tramite la spina dorsale e gli comunichi la sua energia. Questa Weltanschauung spiega sia la diffusione di im­ magini erotiche e di coppie mentre compiono l ' atto sessuale nella statuaria di molti templi, sia la diffusione di culti fallici in India. Nei riti sessuali del Tantra tutto è mirato a risvegliare il desiderio, a creare situazioni di intenso erotismo allo scopo di raggiungere la felicità e, al limite, l 'estasi mediante l 'unione sessuale concreta resa sacra e avente un carattere rituale. Per i Tantra ogni godimento puro è di ordine spirituale. L'unione sessuale ne è il segno più concreto e più simbolico, in quanto rappresenta il più alto grado di felicità rag­ giungibile da un corpo umano. Le scritture tantriche si soffermano a lungo sul simbolismo del lingam (l'organo sessuale maschile). Ecco­ ne un esempio: «La natura manifestata, l'energia cosmica universale è simboleggiata dalla yoni, l 'organo femminile che avvolge il lin­ gam. La yoni rappresenta l 'energia che genera il mondo, la matrice di tutto ciò che è manifestato» s. Ne consegue che l 'universo provie­ ne dalla relazioni di una yoni con un lingam, cosicché tutto porta la firma del lingam e della yoni. È la divinità che, sotto forma di falli individuali, penetra in ciascuna matrice e procrea così tutti gli esse5. Karapatri, Lingopapasana rahasya, Siddharra. vol. Il, p. 1 54.

394

ri» 6. Nella concezione tantrica, dunque, è il controllo e la ritualizza­ zionc del sesso, e non la sua repressione, che permettono l 'acquisi­ zione di potenza fisica e mentale. Gli organi deputati alla funzione

se ssu ale sono l 'espressione visibile del potere creatore e ne costrui­ �cono il simbolo più concreto. Quando gli indù venerano il lingam, non divin izzano un organo fisico, ma riconoscono in esso una forma ete rna e divina manifestata nel microcosmo degli esseri creati. s. La sessualità nelle tradizioni religiose della Cina

Le religioni popolari cinesi - ci si riferisce qui soprattutto alla si­ tuazione della Cina prima della rivoluzione maoista - sono dominate dal culto degli antenati e da molteplici rituali a sfondo magico. Nel­ la storia millenaria della Cina si sono affermati tre filoni religiosi: il taoismo, il confucianesimo e il buddismo (Mahayana). Sorte con un contenuto più propriamente etico e filosofico, esse divennero nel tempo delle correnti religiose di cui il taoismo è la più antica. Fon­ dato da Lao Tzu (Vecchio Maestro) - autore del Tao-te-ching (Libro della via e della virtù) intorno al VI sec. a.C., l 'ideale filosofico del Taoismo è il non agire inteso come astensione dal l 'influenzare la realtà o adeguamento alle cose naturali e al moto cosmico da cui tut­ to trae origine (il Tao). Il Tao non è soltanto il principio di tutto ciò che esiste, ma è anche l ' unità fondamentale in cui si risolvono tutte le contraddizioni. L'uomo si deve abbandonare al corso naturale del Tao per raggiungere la perfezione. Il non agire in campo etico signi­ fica modestia, altruismo, umiltà, tolleranza, amore per la tranquillità. Scrive F. Brezzi, in un breve, ma acuto profilo delle religioni del Li­ bro, che «il Tao può essere considerato la madre del mondo: esso non solo genera tutti gli esseri, ma li nutre, li plasma e li completa. Inoltre il Tao è anche inteso come unità fondamentale nella quale si risolvono le differenze particolari tra gli esseri e le contraddizioni; di qui il risvolto pratico di questa dottrina, secondo la quale gli uo­ mini devono regolare la propria vita al Tao, partecipare ad esso me­ diante il wu-wei (letteralmente: non agire), che non sta a significare un'assenza di azione, ma un'azione non artificiale, una sorta di asse­ condamento del flusso naturale delle cose e dell 'originario ordine cosmico, senza turbarlo o modificarlo» [Brezzi 1 994: 46]. II Taoi­ smo, fondamentalmente individualista, si diffuse collegato a elemen-

395

ti buddisti e alla religione popolare tradizionale. Uno dei suoi scopi primari era il prolungamento della vita facendo ricorso a diete, prati­ che ginniche, meditative, alchemiche e sessuali. I trattati cinesi del sesso, infatti, - se ne parlerà più avanti - sono di ispirazione taoista. Nel taoismo le energie primarie e complementari dell 'universo sono rappresentate dallo Yin e dallo Yang. Lo Yin è il principio femminile, l'oscurità, l 'umido, il freddo, il riposo. Lo Yang è il principio ma­ schile, la luce, il positivo, il calore, il secco, l'espansione, l ' attività. Ciascuno dei due termini è caricato di un ricco simbolismo. Tutte le sostanze, gli oggetti, i ritmi del! 'universo sono dominati dal l 'alter­ nanza polare dello Yin e dello Yang. La storia del mondo obbedisce ad una logica ciclica in cui tutto cambia nel suo opposto nel mo­ mento in cui ha raggiunto la sua completa espressione. Nato nel 55 1 a.C., Confucio (nome latinizzato di Kong-fuzi) è il fondatore di un movimento nato come un umanesimo etico e che andò assumendo modalità di tipo religioso (in particolare rituale). Il confucianesimo parte dalla riforma della famiglia e dell' individuo: la virtù è una ricchezza interiore che ognuno può conquistare. Il li­ vello etico più alto è il Li: armonia con l'ordine generale del mondo mediante l 'osservanza dei riti, il rispetto, il decoro, l 'autocontrollo, il culto degli antenati. Il Li è la forza cosmica che dà ordine e forma allo Stato e alla famiglia. Tra le virtù fondamentali del confuciano si colloca l ' umanità, cioè la benevolenza verso i propri simili secondo una precisa gerarchia di legami politici e famigliari. La concezione confuciana del mondo non è contemplativa, ma essenzialmente vita­ listica, in quanto considera l 'armonia non come un punto d'arrivo, e quindi un oggetto di contemplazione, ma come un punto di partenza verso la creazione e la vita: «Sia i riti religiosi che la vita sociale scrive D. Leslie - vengono regolati nello spirito di una gerarchia feudale molto rigida, con i suoi diritti e i suoi doveri. ( . . . ) Le pre­ scrizioni religiose dipendevano dalla realtà sociale. La divinità o lo spirito venerati dalla comunità erano grandi nella misura in cui era grande la comunità. I riti dei sacrifici venivano celebrati in pubblico, ed è difficile dire se fosse sottinteso un legame tra tutti gli individui facenti parte della collettività da una parte e la divinità dal l 'altra» [Leslie 1 973: 62] . Nei Dialoghi di Confucio si legge un breve brano (XX, 3) che ne riassume efficacemente il pensiero: «Il Saggio disse: Colui che non riconosce e non discerne l'ordine del Cielo non può essere un uomo nobile. Chi non conosce le usanze (di rito) non sa dove appoggiarsi. Colui che non intende il significato esatto delle parole non può capire le persone». 396

I manuali cinesi del sesso, diffusi sino al XIII sec. (quando co­ minciò a farsi sentire il puritanesimo confuciano), mostrano come sino all ' epoca del nostro medioevo il sesso in Cina non venisse con­ siderato un argomento tabù, ma fosse oggetto di conversazioni, di scritti e di rappresentazioni figurative senza che tutto ciò destasse sorpresa o reazioni di tipo repressivo. Alcuni esempi, tra i molti, potranno offrire un' idea sulle concezioni della sessualità diffuse nell 'epoca in cui il taoismo ebbe una forte influenza sulla società ci­ nese, allora a carattere poligamico [Von Gulik 1 987]. Trascurando un filone letterario d'argomento erotico già fiorente in epoche pre­ cedenti la nostra era, nei secoli successivi (in particolare dal VI sec. a.C. in poi) compaiono manuali in cui è presente Su-nu, la Fanciulla semplice, esperta in didattica sessuale: «lo sono Su-nu del Fiume Bianco - si lègge in uno di questi testi -, il Celeste Imperatore mi ha inviato affinché mi prendessi cura di te» [ibidem: 1 07]. Chi leg­ ge il Su-nu-chimg (il Manuale del sesso della Fanciulla semplice) apprende l 'arte dell'immortalità. In una raccolta di biografie di Im­ mortali risalente al III sec. d. C., si narra di una donna che ebbe la ventura di aprire il Su-nu-ching: «Scoprì che trattava dell'arte di nu­ trire la natura e di avere rapporti sessuali. Segretamente ne trascris­ se le parti importanti, poi preparò una speciale camera da letto [nel­ la sua bottega] . Dopo di che invitò lì dei bei giovani a bere vino, consentendo loro di intrattenersi con lei la notte, così da poter prati­ care con lei l 'arte descritta nel libro. Dopo trent'anni che così si esercitava, sembrava ancor più giovane, come se avesse avuto sol­ tanto vent'anni» [ivi] . Il periodo della dinastia Tang (VII sec. d.C.) è ancora caratteriz­ zato da un forte influenza taoista e dunque da un clima culturale e politico che permetteva di trattare le questioni sessuali in tutta li­ bertà. Tuttavia, più che dei trattati erotici, in questo periodo sono pubblicati dei testi in cui l'attività sessuale viene collocata entro un sistema d'equilibrio tipico della tradizione taoista, per cui il piacere deve essere regolato secondo principi di autocontrollo finalizzati ad un ickale di superiore unità che non poteva essere se non elitario dal momento che la sua applicazione generalizzata avrebbe significato il blocco delle nascite. Un trattato di Ricette inestimabili, il cui autore è un medico taoista celebre in Cina, contiene un capitolo dal titolo Una sana vita sessuale, dove l'esercizio della sessualità viene ri­ mandato ad un principio che collega il piacere al controllo dell 'es­ senza vitale, cioè ad un ideale di superiore saggezza che tutto deve saper armonizzare e mantenere nel giusto equilibrio fisico e spiritua397

le. Scrive l'autore, Sun Szu-mo, che «Un uomo non deve intrattenere rapporti sessuali soltanto per soddisfare la sua libidine. Egli deve sforzarsi di controllare il desiderio sessuale così da poter alimentare la sua essenza vitale. Non deve costringere il suo corpo a eccessi sessuali al fine di godere il piacere carnale, dando libero sfogo alla sua passione. Al contrario, l 'uomo deve pensare al modo in cui l'at­ to potrà recare benefici alla sua salute e mantenerlo così libero dalle malattie. È questo il sottile segreto della camera da letto. ( . . . ) Se si riesce ad unirsi con dodici donne senza emettere una sola volta il se­ me, si rimarrà giovani e belli per sempre. Se un uomo riesce a unirsi con 93 donne e nondimeno a controllarsi, egli raggiungerà l ' immor­ talità. ( . . . ) Ogni volta che l 'uomo sente che sta per emettere il seme durante l 'atto sessuale, deve chiudere la bocca e spalancare gli oc­ chi, trattenere il fiato e fare ogni sforzo per controllarsi. Deve muo­ vere ambedue le mani su e giù, e trattenere il fiato nel naso, compri­ mendo la parte inferiore del corpo così da respirare con l ' addome. Raddrizzando la spina dorsale deve premere rapidamente il punto P'ing-i [nella zona alta a destra del torace] con l ' indice e il medio della mano sinistra, rilasciando poi il fiato e digrignando contempo­ raneamente i denti mille volte. In questo modo il seme salirà e re­ cherà beneficio al cervello, allungando così la durata della vita. Se il seme è emesso liberamente, danneggerà lo spirito» [ibidem: 245-6] . In epoche successive, quando l 'affermarsi di un ceto di burocrati confuciani portò all 'appesantimento della censura, i manuali del ses­ so venivano pubblicati sotto le vesti di testi alchemici ed astrologici che permettevano il ricorso a linguaggi cifrati o, quanto meno, alle­ gorici. Un classico dell'alchimia cinese, lo Ts' an-t' ung-ch' i, risalente al III sec. d.C. , venne ripubblicato nel XII sec. con un ampio com­ mento, coerente con il mutato clima culturale. Eccone uno stralcio: «Se Io yin e lo yang sono in equilibrio, l 'anima hun e l 'anima p ' o trovano un luogo [ove fondersi] . Lo spirito yang è l 'anima hun del sole, lo spirito yin è l 'anima p ' o della luna. Se lo hun e il p ' o si uni­ scono cooperando l ' uno con l 'altro, essi costituiranno la casa [cioè la situazione adatta al concepimento] . La natura dell'uomo è regola­ ta dall 'interno, essa si sviluppa in una forma definitiva. La passione dell'uomo è regolata da fattori esterni, essa crea i muri della casa [cioè il desiderio carnale crea la situazione adatta a !l' unione sessua­ le] . Se questi muri sono stati costruiti, i due [letteralmente: le perso­ ne] possono procedere senza pericolo. Allora la passione compie l 'unione del ch' ien [il primo trigramma: cielo e uomo e del k' un [il secondo trigramma: terra e donna]. Ch' ien [l 'uomo] si muove ed è 398

forte, il suo ch' i [essenza vitale] si diffonde e il suo seme è stimola­ to. K' un [la donnal rimane ferma e armoniosa, essa costituisce [con il suo grembo] un asilo per il Tao [cioè il processo della procreazio­ ne]. Quando il duro ha sparso [il suo seme], il morbido si scioglie in umidità. Se le cose mancano di yin o di yang, esse vanno in senso contrario al Cielo e volgono le spalle alle loro stesse origini. Se una gallina depone un uovo da sola, nessun pulcino prenderà forma al suo interno. Perché è così? Perché se non vi è accoppiamento, la tri­ plice armonia e i Cinque Elementi non saranno mescolati. Duro e morbido [gli organi riproduttivi maschile e femminile] rimangono separati. Lo spargimento del seme [del Cielo e dell'uomo] e il dar forma a quel seme [da parte della Terra e della donna] è la via natu­ rale del Cielo e della Terra, naturale come il fuoco che quando è ac­ ceso divampa verso l ' alto e come l ' acqua corrente che fluisce verso il basso» [ibidem: 4 1 5- 1 6] . Il nucleo fondamentale della disciplina taoista intorno all ' attività sessuale, polarizzata sul principio della risalita del seme, è stato so­ vente rappresentato sotto la forma di un sole rosso e di una luna gialla fatti risalire lungo la colonna vertebrale sino ad un punto defi­ nito del cervello dove si fondono trasformandosi nel! 'Elisir della vi­ ta. Le analogie con il tantrismo indiano - che vede nel! 'unione ses­ suale e nella meditazione il mezzo per raggiungere l 'identità assolu­ ta di spirito e materia - sono molteplici e Von Gulick le pone in evi­ · denza: «Fintanto che questo dualismo permane nel! 'uomo, egli rimane prigioniero del samsara, la catena delle rinascite, e separato dalla divinità. Al fine di superare questo dualismo, il praticante, uni­ to in un amplesso immaginario o reale con una partner femminile, si concentra sulla mente-budhi (bodhicitta) che risiede in forma ger­ minale nel nirmana-cakra, il centro nervoso interno ali ' ombelico. L'energia femminile che l ' uomo trae dalla donna stimola il bodhicit­ ta dell'uomo e si mescola con il suo seme attivato, ma non versato per formare un'essenza nuova e potente che ora riceve il nome di hindu, goccia, e che per noi è il seme trasformato. Il bindu è costi­ tuito cJall 'essenza dei cinque elementi (terra, acqua, fuoco, aria ed etere) � [ibidem: 4 1 8] . Ora, i l misticismo sessuale cinese, che con i l suo fondamento taoista aveva stimolato in India il sorgere delle dottrine tantriche, conferendo loro un carattere anti-autoritario e di implicita protesta politica, non resse all'avvento della dinastia Manciù all'inizio del XVIII sec. Il dominio manciù portò sia all 'introduzione della censu­ ra sulle pubblicazioni erotiche, sia ad una più netta separazione tra 399

pubblico e privato, cosicché la sessualità rimase sempre più confina­ ta nella sfera famigliare. Caduta la dinastia Manciù nel 1 9 1 2, la ri­ voluzione nazionalista e, soprattutto, quella maoista ribadirono ulte­ riormente i tabù e i divieti verso qualunque divulgazione di cose at­ tinenti la sessualità che già si erano consolidati in Cina nel corso de­ gli ultimi due secoli. 6. La sessualità nel cristianesimo

Com'è noto, una delle accuse più dure rivolte da Nietzsche al cri­ stianesimo fu quella di aver imposto una morale repressiva che poi l'Occidente avrebbe fatto propria anche dopo la fine dell'egemonia delle Chiese sulle coscienze. La tesi secondo cui quella cristiana sa­ rebbe una morale sessuofobica è tra le più diffuse, soprattutto se la si mette a confronto non solo con le tradizioni religiose su cui ci si è prima soffermati, ma con la stessa tradizione culturale d'Israele do­ ve, per quanto riguarda sia l ' uso che l 'immagine della sessualità - si pensi al Cantico dei Cantici il quadro che ne risulta appare ben lontano da una polarizzazione in negativo della sfera sessuale. Scrive il De Vaux, storico delle istituzioni dell'ebraismo antico che in Israe­ le, sotto i Giudici e sotto la monarchia, le restrizioni antiche cadono. Gedeone aveva molte donne e almeno una concubina [Giud. 8: 303 1 ] . La bigamia è riconosciuta come un fatto legale da Deut. 2 1 , 1 51 7 , e i re avevano un harem talvolta numeroso [De Vaux 1 972: 35]. D 'altra parte, come ricordano concordemente molti esegeti di diver­ so orientamento confessionale, la metafora che i profeti propongono come rappresentazione del rapporto tra Israele e Yahweh è quella della sposa unica scelta dal Dio unico degli ebrei. È dunque il matri­ monio monogamico l ' istituzione che appare preferibile secondo l 'ideale d'Israele per la sua esemplarità ideai-tipica. La stessa lettera­ tura talmudica e quella rabbinica scelgono una via media nella valu­ tazione della sessualità: non concedono una totale approvazione ali 'uso indiscriminato della sessualità, né esaltano in modo eccessivo la castità: chi non ha moglie, dicono i testi (che mirano alla perpe­ tuità storica del popolo ebreo), non è un essere umano. Nel Nuovo Testamento l 'esercizio della sessualità assume rilevan­ za e legittimazione soltanto all ' interno del matrimonio. Secondo la tradizione sinottica, Gesù viene a toccare il sesto comandamento nel Discorso della Montagna: nel regno di Dio che si sta manifestando, l 'adulterio rappresenta un peccato che rivela come il cuore sia anca-

400

ra attaccato ali ' uomo invece che a Dio. Lo sguardo e il pensiero pie­ ni di concupiscenza equivalgono, davanti a Dio, al fatto compiuto. La pericope dell'adultera [Giov. 8: l segg.] mostra Gesù giudice e sal vatore ad un tempo, pronto a perdonare anche questo peccato. Quanto a Paolo, in l Cor. 5-7 si legge come, in seguito ad alcun comportamento irregolare verificatosi nella comunità di Corinto, egli sia stato costretto a prendere posizione su alcuni problemi che roccavano il matrimonio. Oltre che impartire ammonizioni generiche contro qualsiasi offesa al pudore, egli entra espressamente in merito alla questione del matrimonio. Richiamandosi alla parola di Gesù ! Mc. I O: 9 segg.], anche Paolo respinge in linea di principio l 'ipotesi del divorzio [l Cor. 7: I O] . Rispetto alla fede, il matrimonio gli ap­ pare peraltro secondario; anzi, in vista della fine imminente, arriva a raccomandare, neli ' attesa, il celibato, cioè l 'astensione dali ' esercizio della sessualità. Tuttavia, attento com 'è a possibili degenerazioni nel campo sessuale, Paolo mostra di non amare neppure le tendenze dualistiche di quanti respingevano il matrimonio come se fosse il luogo del peccato: «Ora lo Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni apostateranno dalla fede, per aderire a spiriti ingan­ natori e a dottrine diaboliche, sedotti dall'ipocrisia di impostori dalla coscienza cauterizzata, e si proscriveranno il matrimonio e l ' uso di certi alimenti, alimenti creati da Dio per essere presi con rendimento di grazie dai fedeli e da quanti hanno chiaramente conosciuta la ve­ rità. Ora, ogni cosa creata da Dio è buona e niente è da rigettarsi quando se ne usa con azioni di grazie» [l Cor. 4: 1 -4]. D 'altra parte, il fatto del l 'Incarnazione e il dogma della Resurrezione della carne offrono un ' immagine essenzialmente positiva del corpo nel Nuovo Testamento, per il quale esso non è qualcosa di posticcio, come se venisse aggiunto alla persona (o meglio, all ' anima). Quando S. Pao­ lo parla dell' uomo carnale, schiavo del peccato [Rom. 7: 1 4 segg.] intende riferirsi alla frattura dell'esistenza umana: l 'uomo nella sua esistenza terrena, espressa nel corpo, si vede in balia delle potenze ( i l peccato, la carne) che per lui possono significare tanto la distru­ zione, quanto la vita. La corporeità del l 'uomo non significa quindi, in S . Paolo, qualcosa di buono o di cattivo (nel senso che uno dei due termini esclude l 'altro), bensì la concreta esistenza dove valore e disvalore convivono e nella quale si realizza il rapporto con Dio. Sarà invece nella gnosi che la concezione del corpo occuperà un posto centrale. L'io del l ' uomo deve essere liberato dal mondo carna­ le e materiale e dunque dal corpo. Questo accadrà quando si udrà il grido di risveglio del Salvatore. Questa concezione dell ' uomo viene 401

usata in senso allegorico per il corpo: in essa troviamo l 'immagine del corpo liberatore de li ' uomo primordiale che, nel sistema gnosti­ co, sta ad indicare il corpo di Cristo. A causa delle penetrazione di idee gnostiche e platoniche, già in epoca paleocristiana la materia venne svalutata nei confronti dello spirito e il corpo nei confronti del l ' anima immortale. Qui è probabilmente da ricercarsi l ' origine dell 'ostilità diffusa nel cristianesimo sino ai giorni nostri nei con­ fronti del corpo e della sessualità. In realtà, come sostiene P. Brown, il rapporto della gnosi con questo problema è assai più complesso: «L'impulso sessuale rappresentava con particolare evidenza - scrive lo storico inglese - sia la caratteristica propria dell ' irredento sia l 'energia smodata dell 'universo opposta alla fresca serenità dello spirito immobile. Quanti si abbandonavano alla passione del sesso dimostravano di essere a favore del mondo. Nulla più della procrea­ zione fisica era l ' antitesi degli eterei legami che univano spirito a spirito: i l sesso era l 'impuro contatto imposto dal terribile fuoco che divampava nella carne» [Brown 1 992: 1 08]. Sarà Tertulliano, per così dire, a formalizzare - seguito, come si vedrà, da Agostino l 'esigenza dell'astinenza sessuale considerata come il metodo più ef­ ficace per la purificazione dell'anima e, in ultima analisi, per rag­ giungere la salvezza: «Guardiamo il nostro mondo interiore. Pensia­ mo a come si sente un uomo quando non ha contatti con donne. La mente gli si riempie di pensieri spirituali. Se prega il Signore, si tro­ va subito in paradiso; se legge le Scritture, vi si immerge con totale presenza; se canta un salmo, l 'intero suo essere si riempie di beatitu­ dine; se esorcizza un demone, lo fa ben sicuro della propria forza» [De exortatione castitatis, 1 0: 1 ] . S . Agostino, a sua volta, reduce da una caduta giovanile nel disor­ dine sessuale e dal successivo contatto con le correnti manichee cir­ colanti nel suo tempo, arriverà ad affermare che la tentazione di Adamo fu dell 'ordine della concupiscenza e che l ' atto sessuale, in quanto obnubila la razionalità, era da considerarsi lecito al più nel matrimonio (da lui ammesso come remedium concupiscentiae). Per Agostino la caduta dei progenitori era stata un atto dal quale erano discesi esiti globalmente negativi, quali l 'avvento della schiavitù e la nascita dello Stato come agente di coercizione sulle comunità umane. Essa aveva pure snaturato l 'esercizio della sessualità, ora sottoposta ad un umiliante stato di degrado morale. Con il peccato di Adamo - probabilmente anch'esso, come si è prima accennato, un atto di concupiscenza - si era verificata una perdita irreparabile di equilibrio interno: l 'atto sessuale era stato ridotto al rango di ne402

cessità inevitabile finalizzata ali' esigenza di continuare la specie. Ora, scrive P. Brown, «la qualità non era più quella. ( . . . ) Per Agosti­ no l'atto sessuale in se stesso era una morte in miniatura. Il crescen­ do e l 'acme del piacere, come la morte, erano indipendenti dalla vo­ l ontà, e i loro moti convulsi tradivano un'antica dissociazione, tradi­ vano cioè il discordiosum malum, principio di ogni discordia, celato nel le profondità dell 'uomo caduto» [Brown 1 992: 370] . Non sembra che l 'etica cristiana relativa alla sessualità abbia com­ piuto, almeno sino al Concilio Vaticano II, sostanziali progressi ri­ spetto alle tesi agostiniane. I documenti conciliari offriranno final­ mente una visione in positivo del matrimonio e della sessualità, per quanto la seconda sia ritenuta lecita soltanto nel quadro del primo. Così nella Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo si legge (50-5 1 ) che «il matrimonio non è stato istituito soltanto per la procreazione; ma il carattere stesso di patto indissolubile tra persone e il bene dei figli esigono che anche il mutuo amore abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità. ( . . . ) Perciò quando si t ratta di compone l 'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va deter­ minato da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella dignità stessa della persona umana e dei suoi atti e sono destinati a mantene­ re in un contesto di vero amore l 'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non ven­ ga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale». I problemi più rilevanti per l 'etica cattolica relativa al matrimonio e alla sessualità sono emersi con la diffusione dei metodi anticonce­ zionali e la legalizzazione, in molti paesi, del divorzio e de li' aborto. Dopo l'enciclica Humanae vitae promulgata nel 1 968 da Paolo VI, in un periodo di grande sviluppo della genetica umana, il problema è stato ripreso dal Giovanni Paolo II che vi ha dedicato numerosi documenti, tra i quali spicca, per la sua sistematicità, l 'enciclica Ve­ ritatis splendor, del 1 993, sulla quale conviene fissare l 'attenzione trattandosi di un documento che mira a fare il punto su una questio­ ne di notevole delicatezza teorica. Lo sforzo di elaborazione teologi­ ca che ne regge la trama e che costituisce, anche in termini quantita­ tivi, il retroterra teorico, è di tutto rispetto. Non a caso all'inizio del cap. 1 1 5 si afferma che «è la prima volta che il Magistero della Chiesa espone con una certa ampiezza gli elementi fondamentali di tale dottrina e presenta le ragioni del discernimento pastorale neces­ sario in situazioni pratiche e culturali complesse e talvolta critiche». 403

Non v'è dubbio che l ' enciclica è uscita in un frangente storico in cui, a partire da alcuni rilevanti temi dell'etica (tali da costituire per sé il nucleo della cosiddetta bioetica), si stanno ponendo in discus­ sione sia lo statuto del l 'etica qua talis, sia i rapporti tra un 'etica lai­ ca condenda e l 'etica cattolica. L'enciclica vuole dunque rappresen­ tare una lettura allo specchio del pensiero cattolico sulla questione della sessualità a partire dal seguente modello teorico: la libertà di pensiero (in questo caso nell'ambito etico) non ha alcun senso se non è posta "al servizio della Verità" (cap. 34); la Chiesa cattolica, in quanto custode della Tradizione (cap. 27), possiede "l' intero de­ posito della Rivelazione" (cap. 45) sotto l 'assistenza dello Spirito Santo. Si precisa, a scanso di equivoci, che la Chiesa è la comunità retta dai «Pastori - che stanno - in comunione col successore di Pie­ tro» (cap. 3). Ciò premesso, è il concetto di "legge naturale" ad es­ sere affrontato, com'era da attendersi: ad esso sono dedicati capitoli centrali dell'enciclica (cap. 49-53), dove la legge naturale viene rife­ rita alla natura propria e originale dell ' uomo e come tale implica l 'universalità e dunque la costruzione di una nommliva che non co­ nosce luoghi e tempi in cui sia lecito sottrarvisi. Mentre varie cor­ renti teologiche, ali 'interno della Chiesa, facendo ricorso ali' apporto delle scienze umane, biologiche e sociali, tendono a spostare sul soggetto e sulle sue opzioni fondamentali il criterio di valutazione degli atti pratici, l'enciclica sottolinea a più riprese e in modo ine­ quivocabile: l ) che l 'oggetto (cioè l'atto concreto) è fonte della mo­ ralità: si tratta di "precetti negativi" i quali sono universalmente va­ lidi: essi obbligano tutti e ciascuno sempre e "in ogni circostanza" (cap. 52). Ciò significa che nessuna concezione dell'etica può ri­ muovere la qualifica di intrinsecamente cattivi a quegli atti che, tra­ sgredendo la legge naturale. sono contrari alla destinazione stessa della persona umana. Tra questi vanno enumerati: l 'eutanasia, l'aborto, la contraccezione, l 'omicidio, la tortura e tutti gli atti lesivi della fondamentale dignità della persona. La riflessione teologica deve partire, prosegue il documento pontificio, dal dato certo che «i precetti morali negativi, cioè quelli che proibiscono alcuni atti o comportamenti concreti sono intrinsecamente cattivi, non ammetto­ no alcuna legittima eccezione; essi non lasciano alcun spazio moral­ mente accettabile per la creatività di una qualche determinazione contraria)) (cap. 67). Da questo principio discende la radicale incapacità delle scienze umane a offrire indicazioni di tipo normativa. Anzi, «mentre le scienze umane, come tutte le scienze sperimentali, sviluppano un 404

concetto empirico e statistico di normalità, la fede insegna che una simile normalità porta con sé le tracce di una caduta dell 'uomo dalla sua situazione originaria, ossia è intaccata dal peccato» (cap. 1 1 2). Ciò potrebbe significare, ad esempio, che la diffusione generalizzata dei contraccettivi, empiricamente accertata, porta in sé, per la sua normalità statistica le tracce del peccato originale. Il documento, che, fra l'altro, mett�.Jn guardia i teologi moralisti dal discostarsi dalle linee ivi tracciate, termina con un invito rivolto a tutti i creden­ ti affinché si impegnino a fronteggiare e combattere con tutte le loro forze ogni forma di modemismo etico, «essendo compito dei cristia­ ni la riaffermazione de li 'universalità e de li 'immutabilità dei coman­ damenti morali, e in particolare di quelli che proibiscono sempre e senza eccezioni gli atti intrinsecamente cattivi» (cap. 1 1 5). La posta in gioco è evidentemente alta. La questione della legge naturale - della sua eventuale storicità (decisamente negata dai do­ cumenti ufficiali) - è un problema sul quale la Chiesa cattolica sente incombere la minaccia di dover rivedere teorie sulle quali pesa una tradizione risalente quanto meno a S. Agostino. Il dibattito interno è acceso anche se non palese; soltanto il futuro e gli ulteriori sviluppi del rapporto scienza-teologia - in una fase di decisa proiezione della Chiesa cattolica verso le società extraeuropee gravate dali ' esubero della natalità - potranno dirci a quali esiti approderà un nodo teorico tuttora irrisolto.

405

Sessualità e politiche sociali di Elena Spetto/i

l. Premessa 1

Trattare un argomento tanto disorganico e complesso qual è quel­ lo delle politiche sociali nel campo della sessualità, in modo quasi pionieristico per la sociologia, data la sua scarsa dimestichezza con le tematiche sessuali e l ' ampiezza del concetto di "politica sociale", richiede necessariamente di adottare un'ottica selettiva, un approfon­ dimento di alcune tematiche, ovvero solo di quelle di cui si possiede una conoscenza quasi certa ed esaustiva. Vogliamo inoltre recupera­ re alcuni spunti interessanti (non analizzati nel dettaglio bensì in modo tendenzialmente "aforistico"), in modo tale da non lasciare in­ completa la trattazione del l 'argomento. Il saggio non è il frutto di una ricerca empirica, ma muove dall'esigenza di ricercare i presupposti fondativi delle politiche so­ ciali per la sessualità. Non vuole neppur essere una trattazione sulle sole politiche socia­ li realizzate in Emilia-Romagna, anche se la letteratura rinvenuta sull'argomento proviene principalmente da tale ambito territoriale per la carenza di contributi significativi in realtà che non hanno qua­ si mai formalizzato le iniziative né regolamentato la materia. Questo saggio presenta dunque una trattazione piuttosto ricca in tema di po­ litiche sociali sulla sessualità in Emilia-Romagna, con vari riferi­ menti integrativi alla realtà nazionale globale, ad altre regioni e al quadro internazionale più ampio. l . Ci sembra corretto anticipare il fatto che, nel presente contributo, si assume che le politiche sociali in materia di sessualità non debbano svolgere, come tradi­ zionalmente e storicamente è invece accaduto, una funzione di controllo, governo e gestione dei comportamenti sessuali individuali, ma altresì limitino il loro operato ad attività di informazione e di sostegno. 406

Seguendo questo metodo abbiamo potuto delineare il rapporto esi sten te fra esigenze e caratteristiche dell 'utenza e i servizi preposti a farvi fronte (senza tuttavia voler attuare una valutazione d'effica­ cia) , fornendo inoltre una sintetica ma incisiva chiarificazione dello st ato degli interventi sulla sessualità nei servizi. Abbiamo invece trascurato di analizzare dettagliatamente i dati raccolti dai sistemi infonnativi dei servizi consultoriali relativi alle prestazioni sessuolo­ giche [Arisi 1 985] in quanto ci premeva sottolineare lo stato qualita­ tivo delle politiche sociali piuttosto che operare un accurato esame delle singole unità organizzative, che richiederebbe monitoraggi ap­ profonditi e distribuiti nel tempo. 2. I significati e le componenti della sessualità: un inquadramen­

to concettuale

Per parlare di un argomento sostanzialmente nuovo per la sociolo­ gia è necessario possedere una chiara nozione del concetto di fondo che si tratta, nel nostro caso la sessualità (dato che le politiche so­ ciali sono il pane quotidiano dei sociologi). La nostra fonte concet­ tuale vuole pertanto essere sociologica, anche se in realtà è il pro­ dotto dell'incontro interdisciplinare di più concettualizzazioni. Per questo ci riferiamo ad un saggio sociologico che si occupa di ses­ sualità [Furlotti 1 994 ], al fiqe di delineare i confini del nostro argo­ mento. In tale contributo si fa riferimento alla complessità e alla molteplicità dei livelli di riferimento della sessualità, solitamente differenziati e reciprocamente escludentisi, ma in realtà coesistenti nel vissuto soggettivo. La sessualità è concepita da alcuni autori come «sexlgender sy­ stem, ossia come sistema di nonne mediante le quali l 'istinto biolo­ gico del sesso e della procreazione è organizzato e soddisfatto, dive­ nendo prodotto dell'attività umana» [Furlotti 1994: 1 40] ; da altri è definita come «luogo relazionale in cui si concerta l 'immagine ( . . . ) che ciascuno dei soggetti interagenti ha di sé, dell 'altro e della reci­ proca differenza, in quanto esseri ( . . . ) sessuati, delineandosi come riconoscimento intersoggettivo e come luogo di costruzione del l ' identità soggettiva» [i vi] ; da altri ancora è descritta come �>, tappa necessaria nel cammino di autoresponsabilizzazio­ ne dell 'utente e di comprensione da parte dell 'operatore [ibidem] . «Basterebbe questo per individuare u n ruolo ben definito alla ses­ suologia in consultorio» [ibidem: l ], senza che sia necessariamente presente nell'équipe del servizio un terapeuta sessuale, in quanto questa funzione specifica «non rientra tra quelle del consultorio» 1 i l'Il Su questo punto, pur prendendo atto della effettiva lacuna della normativa sui consultori, non siamo completamente d 'accordo, in quanto è pur vero che la sessuologia deve essere considerala una scienza interdisciplinare rispetto a tutte quelle proprie del consulto­ rio e in generale fra quelle relative alla costruzione dell 'identità adulta, ma è anche vero che la sessualità richiede una preparazione specifica, riferendosi ad una disciplina specifica (la sessuologia), per cui la figura del sessuologo deve essere contemplata almeno in un servizio socio-sanitario, a maggior ragione nel consultorio, date le funzioni a cui questo assolve. Tanto più che le competenze svolte > [Gravina et Al. 1 993a: 520]. Sempre per le particolari esigenze dcii 'utenza giovani­ le, gli operatori devono essere fortemente motivati a trattare con i giovani e devono possedere particolari doti di ascolto e di comuni­ cazione, oltre alla competenza e all'esperienza di conduzione dei gruppi [ibidem] . Conviene considerare separatamente due livelli di incidenza dell ' utenza in relazione alla determinazione delle linee organizzati ve del servizio e di quelle di indirizzo delle politiche sociali : l ' inciden­ za sulla creazione dell'apposito servizio consultoriale (o di uno spa­ zio ricavato e separato dal Consultorio familiare) e l ' incidenza sulla successiva programmazione del servizio, a livello di formazione e di prestazioni offerte dagli operatori. Riprendendo quanto visto tratteggiando le linee di politica sociale relative alla sessualità e alle problematiche identitarie degli adole­ scenti, abbiamo evidenziato che già dagli anni '80 chi lavora con i giovani ha preso consapevolezza della crescente precocità del l ' inizio della vita sessuale degli adolescenti e del fatto che, di conseguenza, anche tutte le problematiche connesse (gravidanze indesiderate, Ivg, contraccezione) si presentano prima nel percorso di crescita dell'adolescente [Cerchiarini 1 989]; al contempo il livello di infor­ mazione sulle strategie da adottare per fronteggiare tali problemi ri­ sulta comunque inferiore rispetto alle reali necessità di fronteggia­ mento delle responsabilità, correlate ad una vita sessuale già attiva e, dunque, ad elevati livelli di rischio [ibidem]. Dalle ricerche emer­ ge il fatto che le principali agenzie informative in tema sessuale e contraccettivo non sono costituite dalla famiglia e dalla scuola, ben­ sì dagli amici e dai mass-media, entrambe scarsamente attendibili ri­ spetto alle informazioni capillari e specializzate offerte dai servizi preposti [Asper (a cura di) 1 988; Nizzoli 1 989: 1 1 7; Zani, Altieri e Signani 1 992] . I giovani, dal canto loro, presentano u n atteggiamento contraddit­ torio: da un lato chiedono in maniera chiara e crescente le informa­ zioni necessarie per iniziare e per svolgere una vita sessuale sicura e serena [Cerchiarini 1 989], dall'altro, come emerge da diverse ricer­ che, presentano una scarsa conoscenza dei consultori familiari e il ricorso ad essi risulta ancora più basso [ibidem; Zani, Altieri e Si­ gnani 1 992]. In tal senso la precocità delle esperienze sessuali , l ' inadeguatezza dell'informazione sulla tematica, specie in ambito preventivo, e del­ le strategie di fronteggiamento del rischio si sommano alle specifi438

cità della condizione giovanile, con tutto quello che ciò significa in termini di tempestività e flessibilità degli interventi , nonché di em­ patia e di captatio di fiducia, incidendo pesantemente sulla creazione del servizio atto a informare e formare la popolazione giovanile se­ condo modalità adeguate in tema di sessualità, procreazione, identità e relazionalità. Anche il consultorio (o spazio) per adolescenti istituito dali ' Unio­ ne Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali [Ucipem (a cura di) 1 985a, 1 985b] ritrova la sua ragion d 'essere nelle caratteri­ stiche e nelle particolari esigenze della popolazione adolescente. In­ fatti il consultorio ha inteso soddisfare l 'esigenza dei giovani di tro­ vare un luogo "tutto per sé", in cui parlare dei propri problemi e in cui potersi proteggere dalle ingerenze della famiglia e degli altri adulti, di cui si temono i giudizi [Ucipem 1 985b] . In secondo luogo ha impostato la sua organizzazione sulla predominanza della consu­ lenza, piuttosto che sul lavoro ambulatoriale, per dar maggior spazio alla dimensione relazionale; ha predisposto che il ginecologo debba essere una donna, affinché l 'utenza, quasi esclusivamente femmini­ le, possa sentirsi al massimo a proprio agio; ha impiegato personale altamente motivato a lavorare con gli adolescenti e in possesso di particolari doti comunicative e relazionali, capace di creare un ' atmo­ sfera rassicurante e comprensiva; è stato stabilito che gli incontri si effettuano sia per appuntamento che senza di esso. Sono inoltre ga­ rantiti i servizi di emergenza, quali i test di gravidanza, per le neces­ sità di tempestività di intervento [ibidem]. Inoltre il potenziamento della fase di primo approccio, fondamen­ tale per ottenere la fiducia dell 'utenza, ha adottato fra le proprie mo­ dalità quella della consulenza telefonica, che fornisce una prima se­ rie di indicazioni generali e di invii ai servizi, integrata da una parti­ colare attenzione al dato relazionale. Sempre per questa esigenza di trattenere l 'utenza fin dal primo contatto, chi si rivolge al consulto­ rio non ha l ' obbligo di una v isita ginecologica, da molti adolescenti ritenuta traumatica [ibidem]. Sempre in tema di rapporto operatore-giovane utente, va sottoli­ neato il fatto che intervenire su problematiche adolescenziali signifi­ ca intervenire su problematiche "totali", a volte viste in modo estre­ mistico e coinvolgenti completamente la personalità del giovane. Per questo l 'operatore deve aver preventivamente chiari da un lato la propria identità sessuale, dall'altra gli assunti etici che accompagna­ no la sessualità (ad esempio i rapporti prematrimoniali, la sessualità al di fuori della coppia, la verginità, ecc.) [ibidem] . Deve saper "reg439

gere le tensioni" della relazione con loro, ma non deve viverla con spirito assistenziale bensì responsabilizzante, cercando pertanto di ·• instaurare quel fragile equilibrio fra formazione-informazione e auto­ nomia decisionale dell ' utente, ovvero fra aiuto e distacco. Per questo motivo anche i servizi privati de li 'Uicemp hanno svol­ to un programma di formazione dettagliato per gli operatori in tema di sessualità, sulla base degli stessi assunti che caratterizzano la for­ mazione degli operatori pubblici. Le caratteristiche del! 'utenza afferente ai Consultori/Giovani, sia­ no essi pubblici che privati, inglobano il nocciolo dei problemi che quotidianamente bersagliano gli operatori, mentre nel caso dei con­ sultori familiari, prevalentemente frequentati da adulti, i problemi provengono dall'esterno o comunque dal lato dell'offerta (in quanto dirigenti e amministratori non hanno quasi mai legittimato le proble­ matiche sessuali come bisogni di base). Innanzitutto, sul lato del l ' informazione e della conoscenza degli elementi di base in relazione alla funzionalità fisiologica, alla con­ traccezione e alla prevenzione in generale, i giovani sono ancora molto sprovveduti. Lo dimostra la ricerca condotta a Ferrara, in cui emerge che il coito interrotto viene ancora considerato da una quota considerevole di giovani come un metodo contraccettivo sicuro, e ciò è legato alla credenza che senza orgasmo maschile non sussiste rischio di gravidanza [Zani, Altieri e Signani 1 992] . Inoltre un' anali­ si dettagliata della conoscenza dei singoli metodi contraccettivi ha rivelato una diffusa disinformazione [ibidem]. La ricerca Asper conferma il quadro di disinformazione (si pensi solo al fatto che circa il 70% dei giovani non saprebbe definire con esattezza la propria anatomia e fisiologia sessuale) [Asper (a cura di) 1 988] e di relativa solitudine degli adolescenti nell 'affrontare le tematiche e le problematiche sessuali, dato che scuola e genitori rap­ presentano agenzie di socializzazione carenti di informazioni; lo stesso discorso si può fare per i servizi consultoriali, di cui la ricerca sottolinea l ' insufficiente opera informativa e formativa [ibidem]. In entrambe le ricerche (quella su Ferrara e quella Asper, di livel­ lo nazionale) emergono le rispettive colpe di agenzie socializzative e servizi e, dunque, la necessità di potenziare gli interventi, le profes­ sionalità e la collaborazione responsabile, al di sopra di antichi tabù e di una marginalizzazione delle problematic�e. Sul lato dei comportamenti sessuali, la ricerca Asper sottolinea un consistente abbassamento deli' età media del primo rapporto sessuale (intorno ai 1 3 anni), un 'alta percentuale di rapporti occasionali sen440

'

\

za alcuna precà.JJzione, il fallimento totale del consultorio pubblico e

priv ato, un limitatissimo uso di contraccettivi (preservativo incluso), mentre sullo sfondo restano pressoché inalterate la piaga dell 'aborto (legale e clandestino) e il notevole rischio di malattie a trasmissione sessuale (Aids compreso) [ibidem] . Nello specifico, il giovane degli anni '80 è segnato da forti contraddizioni, in quanto crede nel!' amo­ re e ricerca le manifestazioni affettivo-relazionali del sesso, mentre ha rapporti sessuali precoci, spesso occasionati e privi di copertura contraccettiva e preventiva. I giovani vivono la sessualità in parte come esperienza positiva e fondamentale in se stessa, in parte come fanna di provocazione, in parte come bisogno di affennazione di au­ tonomia e maturità [Nizzoli 1 989]. Sul versante dei consultori privati [Ucipem 1 985a] si rilevano gli stessi tipi di comportamenti, ad eccezione di un innalzamento dell'età media del primo rapporto (intorno ai 1 6 anni). A fronte dei risultati nazionali dell' Asper, una ricerca svolta in Emilia-Romagna [Giacobazzi et Al. 1 989] mostra più o meno lo stesso quadro, pur se riferito alla sola componente femminile: i rapporti sessuali sono precoci , assai frammentate e a volte precarie le conoscenze del ciclo-biologico riproduttivo, inesi stenti quelle re­ lative alle modalità di risposta soggettiva, inadeguate quelle riferite ai metodi contraccettivi. Inoltre le prime esperienze avvengono per la maggior parte con coetanei (o quasi coetanei), che raramente so­ no in grado di porsi come fonte di conoscenza ed esperienza. Alcune variabili incidono sul livello di precocità dei primi rappor­ ti: innanzi tutto il fatto di appartenere ali ' età puberale; in secondo luogo il grado di i struzione medio-basso, fattore da cui dipende an­ che il basso livello di informazione contraccettiva e preventiva, per la scarsa varietà di canali e di riferimenti culturali disponibili alle ra­ gazze meno istruite. Per tale motivo la fascia meno scolarizzata, più inesperta e più precoce, necessità di maggiore attenzione da parte dei servizi. In ogni caso dalla ricerca emerge che più della metà del campione (il 60,3%) "la prima volta" non è ricorsa ad alcun metodo contrac­ cettivo [ibidem] . Nel complesso il grado di informazione cresce a l crescere dell'età del primo rapporto, del grado di istruzione e della stabilità del rap­ porto di coppia (identificando come rapporti maggiormente a rischio quelli occasionali), anch'esso correlato al crescere dell'età [ibidem]. Tuttavia esiste uno scarto, una contraddizione fra conoscenza e uso 44 1

dei metodi contraccettivi, poiché il coito interrotto resta il metodo a più alta preferenza. Scendendo ancor più a livello locale, considerando lo specifico caso bolognese dell 'Usi 29, la richiesta di informazioni (sessuali e contraccettive) avviene per circa 1 '80% solo a rapporti iniziati. Per­ tanto, per potenziare la prevenzione, il servizio si è organizzato sulla base di corsi di educazione sessuale nelle scuole. Questa serie di in­ terventi, iniziata n eli' 87, ha ottenuto una serie crescente di richieste, al punto da non poter far fronte a tutte. L'utenza di tale servizio si presenta v ariamente connotata dal pun­ to di vista dell'età e del tipo (oltre che del grado) di istruzione. In­ fatti quelli della scuola professionale presentano una diversa matu­ rità rispetto a quelli che frequentano il liceo: i primi sono già proiet­ tati in una fase adulta (professionale), alla ricerca della "ragazza fis­ sa" ed eventualmente del matrimonio; i secondi hanno una proget­ tualità più ricca e a lungo termine, prevedono, specie per le ragazze, una carriera e un'autonomizzazione emancipativa. Inoltre, accanto ad una forte domanda ginecologico-ostetrica (per controllo e contraccezione), vi è una consistente richiesta di inter­ venti psicologici, atti ad affrontare problemi relazionali, di identità sessuale, a fronte di un'incertezza di valori e comportamenti, per giunta caratterizzata dalla difficoltà di richiedere personalmente l ' appuntamento (si chiede agli amici di telefonare), in quanto nell'immaginario collettivo rivolgersi allo psicologo significa am­ mettere di avere un disturbo, una patologia mentale. Emerge anche in questo caso specifico di servizio la compresenza del bisogno informativo e della complessità della condizione giova­ nile, con le sue paure e le sue contraddizioni, fra l ' affermazione dell ' autonomia e il bisogno del sostegno psicologico. Gli operatori devono dunque affrontare un compito assai respon­ sabilizzante e oneroso: quello di trattare la sessualità con gli adole­ scenti nelle sue implicazioni relazionali, estendibili a tutta la vita di relazione, al rispetto dell'altro, alla comunicazione carica di signifi­ cati, alla responsabilità verso le proprie azioni; essi devono fornire un bagaglio di valori, oltre che di informazioni, in cui il giovane possa scegliere liberamente per impostare la propria identità; devono individuare nella sessualità una delle forme più compiute di espres­ sione della personalità e abbattere false credenze, radicale nella tra­ dizione; devono ottenere la fiducia e fugare atteggiamenti sospettosi o di sfida; devono infine leggere dietro le righe della domanda il bi­ sogno inespresso, complesso e psico-relazionale. 442

Per far tutto· ciò, che si tratti di operatori del consultorio o di inse­ gnanti o di altri agenti di socializzazione, è necessario che la loro personalità non riservi delle sorprese difficili da gestire autonoma­ mente, incertezze di fondo a livello relazionale, valoriale, psicologi­ co, per evitare di essere messi in crisi da giovani provocatori e per risollevare dalla crisi questi stessi. La formazione non è sufficiente, l 'esperienza di rapporto con i giovani è fondamentale, doti relazio­ nali innate e motivazione sono indispensabili. Anche i consultori privati Ucipem non mancano di concentrarsi sugli aspetti relazionali del rapporto operatore-utenza. Per tale moti­ vo il momento di prima accoglienza è un fondamentale momento comunicativo di aspettative, ma anche di messaggi sottesi , da una parte e di rassicurazioni e comprensione dali' altra. La visita gineco­ logica, sempre comunque su richiesta dell 'utente, è strutturata in modo tale da dare largo spazio alla descrizione di quello che acca­ drà, all'informazione sessuale e contraccettiva, in modo tale che la ragazza non sia un soggetto passivo e inconsapevole, oltre al fatto di non introdurla traumaticamente alla visita vera e propria. Bisogna far capire da subito, e mostrarlo in continuazione, che c'è comunque sempre qualcuno disposto ad ascoltarli e ad aiutarli, l ' ambiente deve essere favorevole e sereno (anche fra gli operatori), mentre va ga­ rantita l'assoluto anonimato e il più totale segreto nei confronti della famiglia. Per ottenere tali scopi le tecniche adottate sono molte e contestua­ lizzate: accanto alla già accennata consulenza telefonica, troviamo la consulenza di gruppo sulle tematiche sessuali e contraccettive, sulle singole esperienze, per attuare una "detabuizzazione" di questi argo­ menti davanti a persone che non si conoscono, ma che possono comprendere ed apprendere [Morganti 1 989] . Problema comune a questi consultori e a quelli pubblici è la man­ canza di una rete di collaborazione con le famiglie, che in tal modo lasciano tutto l 'onere e la responsabilità della giusta informazione e formazione sessuale agli operatori, con il rischio di entrare in con­ trasto con un'educazione diversa, meno rigida e priva di tabù. Per concludere la panoramica dei servizi consultoriali, vogliamo accennare alle politiche sociali per la sessualità dei giovani in altri Paesi, per dare un'idea più vasta e ricca della problematica. Nel sistema socio-sanitario americano, dove quasi tutto è privato e a pagamento, pochissime sono le iniziative nel settore della ses­ sualità e della pianificazione familiare che forniscono un servizio gratuito (o quasi) per tutti. È questo il caso degli ambulatori privati 443

non a scopo di lucro della Planned Parenthood, finanziati dal gover­ no, oppure di altri ambulatori finanziati da fondazioni private o da associazioni. Per lo specifico adolescenziale troviamo un 'unica e re­ cente iniziativa, che conta ancora pochi ambulatori ma che ha ri­ scosso molto consenso e successo: si tratta degli ambulatori organiz­ zati nelle scuole che offrono, accanto ad altre prestazioni socio-assi­ stenziali, informazioni e consulenza di pianificazione familiare per i giovani con libero accesso in qualunque ora. In questo intreccio di servizi offerti risiede il successo del! ' ambulatorio, in quanto «se in essi si facesse solo pianificazione familiare, gli adolescenti non ver­ rebbero�� [Chestman 1 989: 78] . Infatti l 'impronta del servizio sulla medicina sportiva, che attrae molta utenza, specie maschile, permet­ te ai giovani, una volta venuti in contatto con il servizio, di apprez­ zarne l ' utilità anche a livello di educazione sessuale e pianificazione familiare [ibidem] . U n altro fattore d i successo del servizio dipende dalla sua collo­ cazione, in quanto nelle scuole, in cui i giovani passano la maggior parte della giornata, l ' ambulatorio e comodo, facilmente accessibile in orario scolastico e post-scolastico, è gratuito e si frequentano in­ sieme agli amici di tutti i giorni, oltre ad essere assicurata la massi­ ma riservatezza [ibidem] . Con questo servizio s i è voluto migliorare il livello d i educazione sessuale e il livello di conoscenza della prevenzione e della contrac­ cezione, per fronteggiare la larga diffusione di malattie sessualmente trasmesse, a partire dal i ' Aids, e un preoccupante tasso di gravidanze indesiderate. Inoltre, accanto alla riduzione del rischio, le modalità educative e di approccio sono finalizzate a stimolare la capacità di decisione degli adolescenti, soprattutto in materia di sessualità. Fra i servizi offerti si presenta anche l 'educazione sessuale nelle classi, accanto alla consulenza individuale, come accade nei nostri consultori italiani. Per concludere la breve analisi di questo servizio, va sottolineato il fatto che esso si colloca in un panorama socio-assistenziale che «non ha programmi specifici per gli adolescenti ( . . . ), cosa ancor più grave per le famiglie povere» [ibidem: 77]. In Francia, nel 1 956, è stato istituito il Movimento Francese per il Planning Familiare (Mfpf), affinché i francesi potessero accedere al­ la contraccezione. «Quest'attività era a quel tempo totalmente illega­ le poiché in Francia la legge che autorizza la contraccezione è stata votata solo nel 1 967�� [Trucco 1 989: 84]. Infatti tra gli scopi di tale movimento spiccava per importanza il tentativo di rimuovere i di444

�adizionale faceva pesare sulla sessualità e, al 1� m po stesso, la lotta per l 'abrogazione di tale legge. Tale associazione si è impegnata fin dal 1 965 ad effettuare corsi di educazione sessuale nelle scuole, su richiesta di genitori ed inse­ !!nanti. Tali iniziative da corsi-lezione sono divenuti corsi improntati �ul dialogo reciproco con gli studenti e sulla loro bisogno di espres­ s i one . Dopo l 'abrogazione della legge contro la contraccezione le domande si sono moltiplicate, ma i finanziamenti non sono stati su fficienti per soddisfarle tutte, per cui molte sono rimaste inevase [ ihidem]. Successivamente il Movimento ha deciso di non intervenire più nelle scuole e di rispondere alle domande dei giovani nei propri cen­ tri, ricavando e attivando un apposito spazio "tutto per loro", in pre­ c i s i giorni della settimana, come servizio di informazione sessuale, contraccettiva e preventiva. In tali giorni c'è la possibilità di effet­ \Uare visite mediche senza appuntamento, mentre l 'intera organizza­ zione è stata improntata sulla flessibilità e sul ricorso a interventi ri­ paratori d 'emergenza (come la pillola del giorno dopo). Le fasi di intervento sono costituite dali ' accoglienza di gruppo, attuata da un 'équipe interdisciplinare, che prevede successivamente la possibilità di un incontro preliminare. Anche in questo caso, come in Italia, tale fase iniziale risulta fondamentale per acquisire la fidu­ cia e l 'apertura de li' utente, al punto che in occasione del primo in­ contro con l ' utenza non si effettua quasi mai una visita ginecologica c si invita invece la ragazza a familiarizzare con gli strumenti usati per la visita e l 'ambulatorio. Si cerca di rendere l ' ambiente rassicu­ rante anche non vestendo il camice, si distribuiscono opuscoli e si chiacchiera facendo informazione sessuale, in modo tale che «non si crei un legame psicologico del tipo: atto sessuale uguale atto medico ( . . . ) oppure medico/pillola/atto sessuale. La visita medica deve esse­ re piuttosto l 'occasione per le ragazze di conoscere il proprio corpo» [ihidem: 88], sottolineando anche in questo caso la volontà di re­ sponsabilizzare il/la giovane. Anche questi centri hanno ottenuto un grande successo, con un'affluenza elevatissima già nel 1 983 [ihidem]. L'esperienza tedesca si incentra sul PRO FAMILIA, un'organiz­ zazione privata e senza scopi di lucro che gestisce un Centro per la pianificazione familiare e la consulenza sessuale. Tutto prese inizio nel 1 977, quando alcuni giovani sessuologi dell 'organizzazione ebbero l 'idea di recarsi nei luoghi in cui i ragaz­ zi si incontrano. Da quel momento il PRO FAMILIA ha sviluppato v i e ti che la morale

445

particolari servizi di educazione sessuale (che include la pianifica­ zione familiare), a scopi anzitutto preventivi (rispetto ad una gravi­ danza indesiderata e a malattie sessuali) [Fricke 1 989] . Attualmente il servizio per i giovani si articola in tre settori: grup­ pi di educazione sessuale per i giovani nei centri giovanili, un servi­ zio di educazione sessuale per i giovani all ' interno del consultorio e un addestramento avanzato, in materia di educazione sessuale, per gli assistenti sociali che lavorano ed insegnano nei centri giovanili [ibidem] . Lo scopo d i fondo di questo servizio è quello di aiutare i giovani a scoprire ciò di cui hanno bisogno nel loro processo di maturazio­ ne, per la ricerca della loro identità sessuale, della gestione della lo­ ro vita sessuale e degli affetti. In tal modo, accanto alla prevenzione, troviamo la trasmissione di valori relazionali e umani, la decodifica de lla domanda per far emergere i bisogni più reconditi [ibidem]. Anche in questo caso, come in quello francese, si dà modo ali 'utente di familiarizzare con il luogo, le persone, gli strumenti, spiegandone I 'uso. Tutto è finalizzato a de-medicalizzare il servizio e il rapporto con gli operatori, principi fondamentali che vengono trasmessi anche agli assistenti sociali nei corsi di addestramento [ibidem] . Infatti «per raggiungere i giovani, specie sul! 'argomento de lla sessualità, bisogna dimenticare tutti i metodi che si usano con gl i adulti ( . . . ) modi particolari di approccio, metodi di lavoro di gruppo, particolari obiettivi da dare ali' educazione sessuale e, in più, molta pazienza e fantasia}} [ibidem: 1 02]. Una prospettiva riassuntiva delle esperienze ci porta a sottolineare la mancanza di politiche sociali per la sessualità dei giovani in ognuno dei Paesi considerati, mentre ogni impegno su quel versante è affidato alla buona volontà di organizzazioni private o di singoli operatori. In tale ottica l 'esperienza di programmazione pubblica dell'Emi­ lia-Romagna si presenta al contempo come un fiore ali ' occhiello per l ' Italia e come la denuncia delle carenze nel resto del nostro Paese. 7 . L'educazione sessuale

La complessità dell 'educazione alla sessualità ci induce ad un ap­ p rofondimento della problematica. Infatti essa rientra fra quelle di c ompetenza dei consultori rivolti ai giovani e rappresenta inollre la modalità più diffusa di parlare di sessualità nelle scuole; coinvolge 446

aspetti strettamente sessuologici allo stesso modo di quelli legati alla c ontraccezione e alla prevenzione. L'educazione sessuale nelle scuole merita un'attenzione particola­ re specialmente in relazione alle implicazioni pedagogiche che pre­ senta, nell ' ambito della rete di agenzie socializzative che si rivolgo­ no agl i adolescenti. Con la presentazione del testo unificato di legge su "Informazione ed educazione sessuale nelle scuole", approvato dalla VII Commis­ sione Camera in sede referente, sono immediatamente sorte resisten­ ze e questioni problematiche. Ogni agenzia di socializzazione ha ri­ badito le grosse difficoltà e i rifiuti, da sempre esistenti, in ordine all'educazione sessuale: i genitori hanno adottato un atteggiamento di negazione oppure di impronta terroristica, o anche di delega in bianco alle istituzioni; negli insegnanti si riscontrano reazioni di fu­ ga, motivate dai limiti specialistici della disciplina di loro competen­ za o dalle chiare carenze della propria professionalità in riferimento alla sessuologia, atteggiamenti che inducono a loro volta una delega oppure una generalizzazione aspecifica nel trattare gli argomenti [Brunialti 1 993b; Francescato 1 992]. Si tratta di comportamenti det­ tati dall'ansia e dal senso di inadeguatezza che l 'adulto prova sia di fronte alle più ampie difficoltà di "educare oggi" [Asper (a cura di) 1988; Francescato 1 992; Zani, Altieri e S ignani: 1 992], sia per le notevoli implicazioni valoriali , psicologiche e identitarie che la trat­ tazione della scssualità comporta. Bonuglia, parlando delle agenzie socializzative che accompagna­ no la crescita del bambino, sottolinea il fatto che la «pedagogia del silenzio ( . . . ) dipende principalmente da due fattori: un errore educa­ tivo (l'omissione di responsabilità) e un'incompetenza pedagogica e culturale» [Asper (a cura di) 1 988: 1 42], pur non mancando nelle scuole casi di esperienze ben condotte, ad opera di insegnanti profondamente consapevoli del l 'importanza di questo aspetto de­ Il' educazione. Questo significa che la sessualità, prima di essere un problema per i giovani, può esserlo per gli adulti. In tal senso è necessario che gli adulti si interroghino sulla loro condizione rispetto ad alcune pre­ messe fondamentali relative alla psicologia, alla sessualità adulta e alla pedagogia, sia come genitori che come insegnanti. Solo per Lale via possono successivamente prepararsi a trattare di psicologia dell 'età evolutiva e di sessualità adolescenziale. D ' altro canto va sottolineato il fatto che il ragazzo percepisce dinamiche e messaggi sessuali, relative ai propri rapporti e a quelli degli altri, già a partire 447

dalla prima infanzia, in seno alla famiglia di origine e alla scuoro Già in quella età e nelle sfere quotidiane apparentemente estran alla sessualità, genitori e insegnanti svolgono un compito educativ fondamentale, che non va sottovalutato o negato, per cui risulta n cessaria una maggior consapevolezza da parte degli stessi. In tal senso chi si occupa di educazione sessuale nelle scuole d ' ve coinvolgere in prima istanza gli adulti, stimolando la presa di CO"! scienza dei propri reali limiti e, al contempo, delle proprie responsa bilità educative, senza che i corsi di educazione sessuale si esauri4 scano nel rapporto operatore di consultorio-alunno, nel momento in! cui termina il sostegno del servizio alla scuola. Risulta pertanto au�' spicabile che i corsi attuati dai consultori siano indirizzati maggior-� mente agli insegnanti e ai genitori, in un'ottica di autonomizzazione· rispetto al servizio socio-sanitario e di coerenza fra le impostazioni educative di genitori ed insegnanti. Aprendo un breve inciso a proposito degli operatori dei consultori che fanno educazione sessuale nelle scuole, Francescato sottolinea i l fatto che negli anni '90 la numerosità dei corsi tenuti dal servizio nelle scuole sono nettamente diminuiti rispetto a quanto accadeva negli anni '80 (dal 24% al 1 9%) [ 1 992], sia per gli ostacoli (o, per­ lomeno, la mancanza di valorizzazione) posti dai dirigenti (comitati di gestione di Usi, provveditori agli studi), sia per la consapevolezza degli operatori di non essere abbastanza preparati per affrontare una così complessa tematica. Alla fine il risultato è stato una concentra­ zione di interventi educativi sulla sessualità a livello consultoriale e individuale, in quanto «fare prevenzione viene considerato un lavoro di serie B perché meno pagante in termini economici e di prestigio» [ibidem] . Tornando all'educazione sessuale d i competenza degli insegnanti, Brunialti [ibidem], Asper [(a cura di) 1 988] e Campedelli E.M. [ 1 993] sottolineano inoltre la necessità di adeguare la trattazione della ses­ sualità al tipo e all 'ordine di scuola, nel senso di inserirla nei pro­ grammi preesistenti dettati dalla normativa, rispettando inoltre le di­ verse esigenze dei ragazzi sulla base della loro età e delle loro pecu­ liarità psico-sociali, in modo tale che anche la sessuologia possa rientrare a pieno titolo nella programmazione scolastica. A tal proposito Gelli [(a cura di) 1 992] e Campedelli E.M. [ 1993] sottolineano il fatto che finora, pur nell'incertezza delle competenze professionali necessarie, sono stati gli adulti a sentirsi legittimati ad impartire un 'educazione sessuale, come del resto accade in ogni al­ tro settore educativo, quando in realtà il bisogno maggiore di espres-



448

proprio dalla componente giovanile: le nozioni, i valori,

..;i o n e viene i pri n cipi , i co_mpor:a�enti su��e�iti _ �avrebbe _in realtà risultar� ade­ ·e nt i ai loro btsogm, ai loro dmtti dt mformazwne e anche al nspet­

: o dell a "diversità" rispetto alla dimensione adulta. Gelli ha tentato

d i te ner conto di ciò redigendo, assieme agli altri componenti della

co mmis sione parlamentare, il testo riassuntivo di legge sull'educa­ ; i one sessuale nelle scuole, mentre gli operatori dei servizi consulto­ rial i che fanno formazione nelle scuole se lo sono posto come obiet­ t i vo metodologico e contenutistico (come vedremo più oltre). Al di là di quello che i giovani richiedono esplicitamente, va te­ nut o conto del fatto che il continuo bombardamento di informazioni rela tive alla sessualità, contenute nei messaggi dei mass-media in fo rma più o meno velata e subliminale, rappresenta la prevalente forma educativa alla sessualità e, al contempo, il danno maggiore al­ la comprensione della stessa. Infatti il giovane di oggi si costruisce un sistema di conoscenze deformato, carico di stereotipi ed inesat­ tczze, di esagerazioni esibizionistiche e di sottovalutazioni relazio­ nali-affettive. Con tale immagine della sessualità il ragazzo si ritrova solo di fronte alla scoperta del proprio concreto vissuto sessuale ed affettivo, differente da come gli viene propinato dai media, che in­ fatti spesso ne demoliscono gli aspetti più sentimentali a favore di una sessualità consumistica. Il contrasto di vissuti e di immagini in­ duce allora spesso il giovane a «bruciare e consumare prematura­ mente», nonché senza le dovute precauzioni, un 'esperienza fonda­ mentale nella costruzione del l 'identità sessuale e delle modalità rela­ zionali con l 'altro sesso [Pinto Minerva 1 992: 26] . Per evitare tale degenerazione risulta indispensabile non solo rea­ lizzare una formazione esatta alla sessualità, tramite figure compe­ tenti riferite alle varie agenzie socializzative, o comunque orientate ad un' utenza giovane (servizi sociali e sanitari, associazionismo, non ultimo proprio il sistema mass-mediologico ), ma anche predi­ sporre quel sistema organico, organizzato e collaborativo, di socia­ lizzazione alle tematiche sessuali, in modo tale da fornire un quadro omogeneo e dunque effettivamente positivo per la costruzione della personalità adulta. La formazione deve dunque partire da basi co­ struite interistituzionalmente e interdisciplinariamente. Sempre per tali motivi il docente, come l'operatore del servizio consultoriale che fa educazione sessuale, devono essere apposita­ mente formati. Si richiede infatti un 'adeguata preparazione e sensi­ bilità alla diversa natura della formazione, in parte di tipo prescritti449

vo-valoriale, in parte descrittivo-scientifica (in questo secondo caso priva di connotazioni etiche, ma con un'impronta informativa) [ibi­ dem]. Si tratta infatti di saper coniugare le due facce dell 'educazione alla sessualità, in modo consapevolmente e reciprocamente integrato e flessibile nei modi e nei contenuti della socializzazione. Applicando tale prospettiva risulta possibile arginare i rischi di eccessivo "tecnicismo" dei docenti e quello, opposto, di totale affi­ damento alla intuizione personale, alle proprie percezioni ed espe­ rienze, «colorando emotivamente le risposte alle richieste dei ragaz­ zi» [ibidem: 28] . Nel complesso la formazione del docente deve risultare come un sistema integrato di conoscenze specialistiche, capaci di fornire l 'informazione, e di conoscenze aspecifiche in tema di sessua1ità ma specifiche del ruolo di docente, quali le basilari conoscenze psico-pe­ dagogiche, socio-antropologiche (relative al condizionamento dei fat­ tori ambientali e culturali), didattiche (capacità di organizzare e gesti­ re la progettazione e la programmazione educativa), relative alle tec­ niche di conduzione dei gruppi e alla comunicazione [ibidem] . U n altro elemento fondamentale nella formazione del docente che intende occuparsi di educazione sessuale inerisce la dimensione eti­ co-valoriale, prefigurandosi come la necessità di sgombrare il campo da ogni personale imposizione ideologica. Francescato sottolinea in­ fatti che, nella sua esperienza di formatrice di docenti e adulti ali 'educazione sessuale, ciò che emerge più di frequente è la volontà degli stessi di «preservare gli adolescenti dalla contaminazione di una visione della sessualità diversa dalla propria» [Francescato 1 992: 681. Così i più conservatori temono che l 'educazione sessuale minacci il "mistero" del sesso e della vita, mentre alcuni laici di si­ nistra, ritenendolo principalmente un "istinto naturale" del l 'uomo, scarsamente permeato di cultura, sostengono che non necessiti (anzi, che non debba essere contaminato) di spiegazioni. Ma nessuno di loro si rende conto del fatto che essi stessi, assieme alle altre agen­ zie di trasmissione culturale, inviano quotidianamente ai ragazzi messaggi in ordine alla sessualità, contrastando con il loro proposito di non-intervento. La questione della «paura della diversità» dei punti di vista può essere trasformata nel rispetto della diversità, «in un punto di forza su cui impostare dei programmi di educazione sessuale» [ibidem: 72], in quanto la nostra società esprime molteplici culture e valori, anche in tema di sessualità. Come visto più volte, il percorso più ef­ ficace per operare questo ribaltamento di vedute risiede in corsi per 450

adulti in cui, grazie all 'ausilio della psicologia di comunità, venga promossa la consapevolezza dei propri pensieri e delle proprie emo­ zioni, l 'accettazione delle possibilità dei limiti individuali e del pro­ prio «lato possibilist� e pluralista» [ibidem: 78], mentre si trasmette una formazione integrata in ordine agli aspetti socio-affettivi e ses­ suali. II metodo proposto da Francescato si fonda sulla gradualità degli interventi informativi e formativi, in modo tale da tener conto dei bisogni reali sia degli allievi che degli insegnanti [ibidem] , cer­ cando di porre l 'educazione sessuale in un più vasto ambito di edu­ cazione al benessere e alla promozione dei rapporti umani. L'aspetto attualmente più ricco di esperienze ed iniziative nel campo dell'educazione sessuale è quello riferito ai corsi per studenti tenuti dagli operatori dei Consultori/Giovani dell 'Emilia-Romagna, di alcuni Consultori familiari, quali quelli del Veneto e dai Centri di Sessuologia, come quello di Parma, che effettua corsi di educazione sessuale a docenti, alunni e genitori. Per quanto riguarda i consultori dei i ' Usl 29 di Bologna, di Mode­ na [Businco 1 993], di Pisa [Gravina et Al. 1 993b] e di Padova [An­ tonioli 1 993] , gli operatori hanno impostato i corsi ai ragazzi ini­ zialmente sul modello della lezione classica prestrutturata e rigida, rendendosi poi conto dell 'inutilità di tale metodo e passando così al­ la libera espressione delle perplessità, delle curiosità e delle espe­ rienze da parte degli studenti. Prendendo poi spunto dalle domande emerse, gli operatori si allacciano alle problematiche educative e approfondiscono le varie tematiche, in modo tale da conciliare le esigenze conoscitive dei ragazzi con l 'informazione e la formazione necessarie. Lavorare in classe significa conoscere ed applicare le tecniche di conduzione dei piccoli gruppi (in cui la classe viene suddivisa), che vanno ad aggiungersi al metodo flessibile di insegnamento appena visto, in modo tale da prefigurare delle situazioni interattive e didat­ tiche che richiedono agli operatori molto impegno e buone capacità di gestione. Infatti «gli adolescenti fanno domande difficili ( . . . ), spesso provocatorie>> [ibidem: 1 46] , che richiedono di andare oltre alle conoscenze tipiche de li' educazione sessuale in senso stretto. II metodo si arricchisce di role-playing, di situazioni spesso comi­ che, atte a scaricare le tensioni proprie di quando ci si espone a par­ lare di sessualità. Francescato [ 1 992: 75] ricorre al «tempo del cer­ chio», una tecnica di gruppo in cui si parte dalle tematiche scelte da­ gli alunni, affinché queste vengano gestite autonomamente all 'inter­ no dei piccoli gruppi. In tal modo, applicandolo anche ai casi in cui 451

è il docente a fare educazione sessuale, si evita di metterlo a disagio se questi non si sente in grado di parlare di alcuni aspetti della ses­ sualità (come l'omosessualità e la pornografia). Queste deviazioni dal metodo classico di fare lezione provocano spesso reazioni negative negli insegnanti, che vedono messo in di­ scussione il metodo didattico tradizionale, il loro metodo, a favore di situazioni piuttosto caotiche [ibidem] . Francescato, nei corsi per adulti, a l fine di migliorare il rapporto docente-classe, trasmette al docente gli elementi necessari affinché egli cessi di comportarsi «solo da esperto (che trasmette solo infor­ mazioni), per potenziarne le capacità di consulente (cioè le capacità di comprensione e decodifica delle domande, di chiarimento e di mobilitazione delle risorse del l ' allievo, affinché questi sia in grado di trovare una soluzione da solo)» [Francescato 1 992: 7 5]. Si inse­ gnano allora non solo le tecniche di problem-solving, ma anche di brainstorming, per risolvere gli inevitabili conflitti e divergenze fra alunni (specie fra ragazzi e ragazze). A Modena si tende a privile­ giare il «metodo esperienziale, ( . . . ), che si pone come obiettivo la presa di coscienza dei propri atteggiamenti e comportamenti per un successivo intervento migliorativo» [Businco 1 993: 144] . Un altro tipo possibile di consulenza è quello del supporto orga­ nizzativo a corsi tenuti nelle scuole dagli insegnanti, come nel caso di Pisa [Gravina et Al. l 993b]. In tali casi la consulenza del consul­ torio si riferisce alla progettazione dell' intervento, evitando di con­ cepire gli incontri educativi in modo sporadico e disorganico e coin­ volgendo in essa anche gli organi collegiali e i consigli di classe; quindi il consultorio collabora alla realizzazione in classe, accanto ai docenti, e infine alla verifica degli incontri. In ambito modenese [Businco 1 993], oltre a rivolgersi alle scuole, il Consultorio/Giovani ha indirizzato i programmi di educazione ses­ suale (inseriti in un più vasto programma di educazione alla salute) anche alle aggregazioni giovanili. Un'efficace metodologia sperimentale di educazione sessuale, realizzata in numerosi casi, si lega agevolmente alla recente modifi­ ca al programma di educazione fisica, che prevede la contempora­ nea partecipazione di maschi e femmine alle lezioni. Infatti le tecni­ che di approccio corporeo utilizzate dalla teoria sessuologica posso­ no essere ben inserite fra gli esercizi di educazione fisica, contri­ buendo a risolvere il difficile rapporto dell'adolescente con il pro­ prio corpo nella fase della pubertà. In tal modo è possibile facilitare il raggiungimento della maturità sessuale da parte dell'adolescente e 452

p revenire i disturbi sessuali derivanti dalla difficile accettazione del proprio corpo [Batdaro Verde e Tode Ila 1 993]. Infatti «solo l 'integrazione fra immagine interna del Sé e corpo reale , fra ciò che si vorrebbe essere e ciò che si è, permette rapporti soddisfacenti con le persone dell'altro sesso ( . . . ) dunque anche un equilibrato sviluppo della personalità» [ibidem: 1 52]. In un normale corso di educazione fisica, a maggior ragione in quelli misti, il linguaggio corporeo, da cui si diparte la maggior par­ te dei messaggi sessuali, è l 'unico linguaggio permesso e può risul­ tare meno imbarazzante e più esplicito di quello verbale in tema ses­ suale. In tal senso un programma di educazione fisica che voglia es­ sere pienamente formativo deve saper insegnare a gestire ogni espressione corporea, rendendo consapevoli i ragazzi delle potenzia­ l ità comunicative del linguaggio non verbale. Da tutti le esperienze riportate sull'argomento [Asper (a cura di) 1 988; Zani, Altieri e S ignani 1 992; Gravina et Al. 1 993a; Businco 1 993], è emerso il bisogno degli alunni di apprendere gli elementi fondamentali per "come comportarsi" in situazione, "come rappor­ tarsi ali ' altro". Altrettanto pressante si presenta la richiesta di con­ ferme e rassicurazioni sul "funzionamento", su cosa è normale e co­ sa è patologico, tutte dimensioni legate alla sfera del piacere. È dun­ que forte la richiesta di modelli di comportamento chiari e univoci, di elementi fondanti l 'identità sessuale, a fronte di un diffuso atteg­ giamento adolescenziale di presunzione e irresponsabilità. Sono molti i "sentito dire" errati, mentre la confusione informativa regna sovrana, ma per fortuna è altrettanto diffusa la consapevolezza di ta­ li lacune e il bisogno di chiarimenti. È altrettanto frequente la paura della patologia sessuale, ossia d eli ' impotenza e della sterilità; rispetto al timore deli' Aids o delle malattie sessualmente trasmissibili (di cui preoccupa la presunzione d i sapere quasi tutto), è maggiormente diffuso quello del dolore, particolarmente di quello mestruale. Viene ribadita la scarsissima informazione proveniente dai genito­ ri, pur a fronte di richieste più o meno esplicite, che denotano un bi­ sogno urgente. Dalla scuola, a prescindere dalla proposta di legge, sono venute au mentando le richieste di educazione sessuale ai giovani in conco­ mitanza con il crescere dell 'allarmismo legato all 'Aids [Antonioli 1 99 3 ; Gelli (a cura di) 1 992] , «che ha fatto assumere ali 'educazione ses suale significati diversi anche negli ambienti più tradizionali» [ Antonioli 1 993 : 1 46]. 453

In tali contesti, specialmente dove manca una tradizione all'edu cazione sessuale nelle scuole (come accade invece i n Emilia-Roma , gna), gli interventi attuati dal personale dei consultori sono stati rea­ lizzati in maniera disorganica e occasionale e con personale scarsa� mente preparato [ibidem]. Questo fatto ha inciso profondamente a Jj., vello di contenuti e di metodo, sulla base della convinzione che pe '. educare sia necessario informare. l Attualmente in Veneto proprio l 'emergenza Aids ha indotto un� riflessione sulla condizione dell'educazione sessuale e la costituzio.d ne di un gruppo di lavoro (composto da insegnanti, operatori regio;;] nali, delle Ussll, di strutture private) che si è impegnato a produrre j un documento programmatorio sulle "Linee guida regionali" in ma- ) teria, il quale, grazie alle modalità di lavoro di équipe, rispecchia) ,i un 'interdisciplinarietà professionale e di intenti [ibidem] .

1

8. Gli aspetti consapevoli della sessualità: la prevenzione e Ja,

contraccezione

Mantenendo il collegamento con quanto appena visto a proposito dell 'educazione sessuale e, al contempo, creando un ponte fra questa; prevalentemente rivolta ai giovani, e gli aspetti "razionali", consape� voli e responsabili della sessualità (validi per tutte le fasce di età), vogliamo focalizzare l 'attenzione da una parte sulla prevenzione del­ le malattie sessualmente trasmissibili, dall'altra sulla contraccezione, entrambi aspetti di una maturità identitaria, affettiva e relazionale. Un argomento fondamentale trattato dali 'educazione sessuale è appunto rappresentato dalla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. Il fatto che fra queste sia presente l 'Aids ha imposto a tutti la necessità di trattare tale argomento in maniera urgente e al di sopra delle parti (conservatori e non, scuole e famiglie, associazioni e istituzioni), coinvolgendo in tale frenetica corsa l 'intera educazio� ne sessuale. Forse non è giusto che quest'ultima assurga a tale im­ portanza soltanto in relazione ali ' emergenza Aids, ma tale nuova tendenza rappresenta comunque già un passo verso una maggiore apertura culturale e un'occasione per valorizzare l 'educazione ses­ suale in tutti i suoi aspetti. L'urgenza della questione si pone anche nei termini di un'infor­ mazione corretta in quanto, come nel caso della sessualità, le fonti informative principali sono solitamente individuabili nei mass-me­ dia, specie in quelli che fanno informazione sensazionalistica, in cui 454

all ' oggettività del messaggio si sostituiscono l 'elemento spettacola­ re , che incide a livello emotivo piuttosto che a livello conoscitivo, e ,da colpevolizzazione di malati» [Bruni e Vialetto 1 994: l ] . Da ciò deriva la grande confusione che esiste fra le malattie ses­ sua l mente trasmissibili (Mst) e l 'Aids, spesso considerate come equivalenti, al punto che, vedendo nell 'Aids la morte, sillogistica­ mente ed erroneamente la si vede anche nelle Mst. Un terzo grave errore informativo, dovuto alla mancanza di un in­ te rvento da parte delle agenzie competenti, risiede nella diffusa ide ntificazione della persona affetta da Mst e Aids nelle categorie stigmatizzate della prostituta, del tossicodipendente e dell'omoses­ suale. Ali 'interno di questo ragionamento, secondo il quale non si appartiene e non si hanno contatti con tali categorie di persone, soli­ tamente si circoscrive il problema, ci si sente protetti e non ci si pre­ cauziona, mentre in realtà queste malattie hanno oggigiorno assunto u n carattere epidemico, per cui un atteggiamento di rimozione del problema risulta altamente a rischio [ibidem] . Diviene allora necessario impostare una serie di programmi di in­ tervento informativo da diffondersi fra tutte le agenzie di socializza­ zione, che permettano di affrontare il problema con «modi diversi di parlare per aiutare le persone a gestire, elaborare e rendere produtti­ ve le ansie e le paure profonde che questi argomenti mettono neces­ sariamente in moto» [ibidem: 2] . In tale ottica di coinvolgimento delle emozioni e delle risorse psichiche, di valori e di risorse socio­ culturali, si rende vano ogni intervento tutto improntato sull ' infor­ mazione piuttosto che sull' intreccio fra formazione ali ' autoresponsa­ bilizzazione, fra gestione delle emozioni e informazione scientifica oggettiva. Solo in tal modo è infatti possibile fare vera prevenzione, ovvero incidere effettivamente sui comportamenti e sugli atteggia­ menti dei giovani, creando in tal modo le basi per una sessualità si­ cura e responsabile. In tal modo è possibile arginare due problemi tipici del! 'adole­ scenza, ossia «il senso di onnipotenza», che caratterizza anche l ' am­ bito contraccettivo, e il fascino della morte, della sfida, del rischio lihidem] , ridimensionando sia il valore attraente che la reale portata dei rischi. Inoltre anche il problema dell'emarginazione dell 'altro considerato a rischio (paura che dunque si pone in contraddizione con l 'atteggiamento spavaldo di sfida), ovvero l' «individuazione e p unizione dei responsabili» [ibidem: 3], viene riportata alla suo giu­ sto valore, tramite un'informazione corretta e la trasmissione del principio del rispetto dell'altro. 455

Anche per questi argomenti risultano estremamente utili le tecni­ che di conduzione dei piccoli gruppi, in cui i ragazzi sono stimolati a confrontarsi e ad esprimere opinioni e, più o meno direttamente, esperienze personali, a tirar fuori paure e insicurezze, frammenti di pensieri ed emozioni, a parlare liberamente (tramite brainstorming) e a far scoprire a ciascuno ciò che effettivamente pensa, compresi i propri pregiudizi e stereotipi. Ancora una volta gli operatori, a parti­ re da questi elementi, introducono i concetti di base, sia informativi che formativi, dandovi un ordine organico e funzionale. In tal modo è possibile far concepire la sessualità ai giovani an­ che come "qualcosa di pensato", di originale perché creativamente e anche responsabilmente prodotto dal soggetto; si riesce a scoprire "l'arte del farsi desiderare", anch'essa capace di rappresentare una sfida affascinante. In tal modo si diventa «sempre più soggetti e sempre meno oggetti passivi della sessualità» [ibidem: 5 ] , non più ridotta alla sola dimensione genitale ma arricchita di seduzione e di sentimenti. Un secondo ordine di atteggiamenti e comportamenti responsabili e consapevoli legati alla sessualità è individuabile in relazione alla contraccezione. Questa tematica si ricollega in modo stretto e orga­ nico alla sfera sessuale così come a quella delle scelte procreative, dell ' aborto e della maternità, nonché sempre e in ogni caso ai valori del rispetto del l 'Alter significativo, dell 'auto-responsabilizzazione e della libertà di scelta. Per tale motivo la problematica contraccettiva dovrebbe rientrare in una serie di politiche sociali che si occupano di tutti questi aspetti in maniera globale e interdipendente, specie per il fatto che nel loro insieme prefigurano problematiche di tipo esistenziale [Masellis 1 993] . Tuttavia non sempre le politiche sociali hanno rispettato que­ sto principio di globalità coordinata e integrata fra procreazione­ contraccezione e sessualità, nonostante che la contraccezione rappre­ senti un aspetto di quest'ultima. Come già visto, di sessualità non si . parla sempre in consultorio familiare (specie nei suoi aspetti psico­ logici e relazionali, sociali e culturali), mentre la contraccezione ri­ sulta un argomento più affrontato, in un'ottica di educazione alla prevenzione. Così spesso il servizio spacca la sessualità in due, scin- . dendo l 'aspetto consapevole da quello emotivo e affettivo, il bi so-· gno espresso da quello inespresso. Inoltre, altro fatto di notevole peso, nei servizi spesso ci si occupa · di contraccezione trattando separatamente dei suoi aspetti. Ad esem­ pio, c'è il servizio che predilige l ' aspetto medico-sanitario (ostetri456

co-ginecologico), trascurando le implicazioni psicologiche e relazio­ nali , così come esiste il servizio che va nella direzione opposta. Questa impostazione organizzativa e professionale, che abbiamo vi­ sto frequente anche a livello di sessualità in senso globale, risulta assai fuorviante e negativa nella costruzione del vissuto sessuale e, di conseguenza, di quello identitaria. Le politiche sociali sulla contraccezione si rifanno alla legge na­ zionale istitutiva dei consultori e alle varie leggi attuative regionali. Per l 'Emilia-Romagna il raccordo fra i due aspetti della sessualità (quella consapevole e quella emotiva) è dichiarato e si rafforza negli anni, per cui ricordiamo la !.r. 22/76, l ' atto di indirizzo del 1 986 e i piani sanitari regionali 1 5/85 e 1 0/87, mentre sul versante giovanile abbiamo l 'istituzione dei Consultori/Spazi Giovani. Questi provvedi­ menti si sono occupati tutti allo stesso modo di procreazione, nello specifico di contraccezione, intesa sul versante informativo-formati­ vo come consulenza, somministrazione contraccettiva e relativi con­ trolli, su quello psicologico come assistenza psicologica in presenza di problematiche contraccettive. I motivi di tanta attenzione al problema, almeno in sede legislati­ va regionale, possono essere individuati in primo luogo nella neces­ sità di arginare le situazioni di emergenza, quali il crescere delle gravidanze indesiderate e i rimedi drastici, come le interruzioni vo­ lontarie della gravidanza [Masellis 1 993]. Accanto a queste motiva­ zioni, tanto cogenti quanto semplificate, c'è la necessità di fornire alla donna e all 'uomo gli strumenti per scegliere il metodo contrac­ cettivo più appropriato ai propri bisogni, siano essi di tipo psicologi­ co e relazionale, fisiologici e biologici (specialmente in relazione all 'età), sociali e culturali (ad esempio legati allo status socio-econo­ mico, al titolo di studio, al background culturale e valoriale del sin­ golo individuo) [ibidem] . Individuare il metodo contraccettivo più adatto ai propri bisogni significa incidere positivamente sul vissuto sessuale-affettivo in ter­ mini di serenità e di libertà, ma anche di rispetto delle esigenze del partner. Seguendo tale ragionamento, data l 'incidenza del vissuto sessuale sulla costruzione dell' identità adulta, possiamo agevolmen­ te sostenere che la contraccezione interiorizzata positivamente a li­ vello individuale incide, seppur indirettamente, sul processo di ma­ turazione della personalità, specie a livello di percezione del Sé cor­ poreo e del Sé sessuato (uomo/donna). Ricollegandoci al discorso sulla contraccezione lasciato in sospe­ so a livello di educazione sessuale dei giovani, vogliamo sottolinea457

re quanto la contraccezione sia problematica per tale fascia di età. Pertanto gli sforzi maggiori dei servizi consultoriali rivolti ai giova­ ni vengono concentrati sullo studio delle motivazioni alle resistenze e agli insuccessi contraccettivi propri dell'età adolescenziale, sui piani medico, psicologico e socio-culturale [ibidem] . Tuttavia è proprio in relazione alla contraccezione che la sessua­ lità sta assumendo un 'impronta quasi esclusivamente sanitarizzata, nel senso che la quasi totalità degli interventi dei servizi socio-sani­ tari e delle agenzie di socializzazione è mossa dall' emergenza-pre­ venzione del contagio delle malattie sessualmente trasmissibili, in particolare dell 'Hiv, e dall'emergenza-Ivg [ibidem] . Il collegamento contraccezione-lvg è rafforzato dalla correlazione fra ripetitività dell 'Ivg e contraccezione poco sicura o inesistente [Ucipem 1 987]. Sulla base di queste emergenze medico-ginecologiche la contracce­ zione viene dunque depauperata della sua valenza educativo-identita­ ria, viene strumentalizzata a sventare la patologia sessuale e quella abortiva. In tali casi l 'educazione sessuale diviene informazione sen­ za supporti formativi, senza la possibilità di fornire, «accanto alle "regole per l ' uso", la "formazione critica personale" per operare all 'interno di una gamma di scelte» [Masellis 1 993: 1 72]. Risulta pertanto indispensabile operare a monte dei comportamen­ ti, portando l 'attenzione alle persone, alle singole motivazioni cultu­ rali, psicologiche, valoriali e relazionali. In tal senso risulta fonda­ mentale adottare con l 'adolescenza un 'ottica pedagogica [ibidem] , in quanto è a livello di costruzione della personalità, piuttosto che a li­ vello di timore della patologia biologica e fisiologica, che si produ­ cono le resistenze psicologiche ad una contraccezione corretta. Il problema maggiore è quello di incidere in favore di una maturazione psicologica a fronte di una repentina e disorientante maturazione biologica [Guida 1 993 ]. Accanto alla problematica scissione fra gli aspetti informativi e quelli formativi, fra quelli sanitari e quelli psicologico-relazionali, il consultorio soffre di un altro grave difetto organizzativo: la pre­ dominante carenza di un sistema informativo [Arisi 1 985] che dia il "polso" dei bisogni dell 'utenza e permetta una valutazione degli interventi in termini di efficacia e di soddisfazione espressa dal­ l ' utenza nei confronti della prestazione fruita. Solo in tal modo è possibile programmare un servizio in modo aderente agli effettivi bisogni dell 'utenza (anche di quelli inespressi), dunque ad una per­ sonalizzazione de li ' intervento e alla globalizzazione della tematica sessuale. 458

Se risultano chiari la direzione e il ruolo che il servizio consulto­ riale e le altre agenzie socializzative devono adottare nei confronti di un ' utenza in cerca di una maturità psico-relazionale quale è quel­ la dell 'adolescente, non risulta però semplice delineare le caratteri­ stiche dell 'utenza in relazione alla problematica contraccettiva. Ri­ sulta infatti assai variegato il panorama delle variabili che incidono sui comportamenti e sulle richieste contraccettive, anche ali ' interno di una popolazione adulta. Innanzitutto l ' età dell ' utente: in relazione alle fascia di età esisto­ no problemi e condizioni di vita profondamente diversificate che portano a delinear� sommariamente tre diversi orientamenti (ali 'in­ terno dei quali molti sono i tipi di comportamenti) contraccettivi, a seconda che si tratti di adolescenti, adulti o anziani. Anche l ' età del primo rapporto incide sui successivi comporta­ menti contraccettivi e sul loro successo, nel senso che la precocità è solitamente correlata ad un livello informativo inferiore e una mag­ giore irresponsabilità, nonché ad un livello di istruzione inferiore. Il l ivello di istruzione è a sua volta direttamente correlato al grado di informazione e all'adozione di metodi contraccettivi più sicuri, pre­ figurando pertanto due grosse categorie di utenti: quelle più svantag­ giatc e, al contempo, più a rischio di gravidanze indesiderate, e quelle socialmente avvantaggiate e responsabili. La stabilità del rapporto affettivo (correlata ali ' età), le dinamiche di coppia basate sulla parità e una cultura familiare non patriarcale sono altre variabili positivamente correlate ad un comportamento contraccettivo responsabile. II sistema valoriale del singolo, compresi i valori religiosi, che può oscillare fra un maggior peso attribuito al fattore naturale o al fattore culturale-artificiale, fra il fattore emotivo e quello razionale, fra il senso di dipendenza e l ' afflato emancipativo, sono alcuni ele­ menti che hanno un potere discriminante nella scelta del metodo contraccettivo. Un peso altrettanto cogente hanno le dinamiche psicologiche, più o meno ansiogene, anche in relazione alla percezione dell ' interferen­ za che la contraccezione può avere con la fertilità e la maternità, cop la sessualità e l 'identità sessuata. In molti casi hanno un peso deter­ minante precedenti fallimenti ed esperienze di gravidanza, la presen­ za o meno di figli, la propria sequenza biografica. Più semplicemen­ te, spesso è determinante la sicurezza di un metodo, altre volte la fa­ cilità e la praticità del suo utilizzo, altre ancora il senso di libertà che questo fornisce [Giacobazzi et Al. 1 989]. 459

Un' indagine effettuata su un campione di donne emiliane [ibi dem] ci mostra che, premesso il peso della giovane età nel l ' accen­ tuare il problema della disinformazione e del rischio di gravidanze indesiderate, esiste ancora una profonda discrepanza fra conoscenza e applicazione dei metodi contraccettivi più sicuri in tutte le fasce di età (seppure in modo decrescente). La scelta si concentra infatti prevalentemente fra i metodi tradizionali (preservativo e coito inter­ rotto), ovvero fra quelli meno sicuri, per praticità e faci lità d 'uso, ma anche fra associazioni di più metodi (difficile che se ne usi uno solo in un certo lasso di tempo). La preferenza per il meno sicuro dipende anche, in seconda istanza, dalle preferenze espresse per i metodi naturali, che lasciano più l ibertà e spontaneità di espressio­ ne, anche se al crescere del titolo di studio aumentano le preferenze per la sicurezza. La preferenza va nel senso di mantenere intatta la fertilità, dunque per i metodi non drastici come la sterilizzazione [ibidem] . La gravità d i tale tendenza comportamentale si accentua i n dipen­ denza del fatto che l 'Emilia-Romagna ha una tradizione assai radi­ cata e avanguardista di informazione contraccettiva e di emancipa­ zione sessuale tramite una contraccezione sicura. In linea con ciò va sottolineato anche il fatto che esiste una notevo­ le discrepanza fra conoscenza e uso del consultorio, massimo veicola­ tore di informazioni ma anche di strumenti e pratiche contraccettive corretti e sicuri. Anche in questo caso, tuttavia, vanno operati i dovuti distinguo in relazione al peso della variabile età. Infatti i trent'anni fungono da spartiacque fra un uso continuo e regolare del consultorio e un uso occasionale o del tutto mancante [ibidem] . D i fronte a questo panorama d i comportamenti e d atteggiamenti (livello informativo e background cultural-valoriale) contraccettivi, i l ruolo del servizio deve risultare ancor più potenziato i n relazione alla diffusione dell' informazione ma soprattutto in relazione alla persona­ lizzazione della strategia contraccettiva, tenendo conto delle varie configurazioni che possono assumere tutte le variabili coinvolte nelle scelte contraccettive. In tale ottica può risultare estremamente utile fornire delle soluzioni, da scegliersi liberamente da parte dell 'utente, in l inea con le sue convinzioni religiose a proposito della sessualità e della contraccezione, quali sono i metodi del natura! family planning [Guida 1 993]. Infatti questo sistema risulta caratterizzato da una tota­ le sicurezza e scientificità e da notevoli altri vantaggi, quali la parte­ cipazione attiva e consapevole dell 'utente alla propria fisiologia ses­ suale, la possibilità di un vissuto sessuale completo anche sul piano ­

460

coitale senza il ricorso a metodi artificiali e una forte valenza relazio­ nale-affettiva del rapporto sessuale [ibidem] . I vantaggi d i questi metodi s i presentano anche con u n 'utenza giovane, anche se i metodi naturali sono sconsigliati per tale fascia di età in quanto richiedono la regolarità del ciclo mestruale e una to­ tale consapevolezza e controllo del proprio corpo. Infatti il natura! family planning risulta assai utile più a scopi educativi e fonnativi, a livello di conoscenza della fisiologia sessuale, della prevenzione delle gravidanze, della consapevolezza della sessualità e dell 'apprez­ zamento degli aspetti relazionali-affettivi della sessualità, al di là di quelli prettamente genitali [ibidem]. Una,..tal visione complessa degli aspetti e delle dinamiche che in­ fluenzano l 'efficacia delle politiche sociali in tema di contraccezione così come di sessualità, le carenze organizzative dei servizi, la va­ stità della casistica fra I 'utenza e la difficile opera di personalizza­ zione che il servizio deve attuare, mostrano quanto si sia oggi anco­ ra lontani da un disegno organico che sappia integrare tutti gli ele­ menti solo apparentemente separabili che caratterizzano la sfera del­ la sessualità. 9. Politiche sociali per la sessualità e connotazioni di genere

Un elemento fondativo delle politiche sociali, anche nello specifi­ co della programmazione e dell'organizzazione dei servizi consulto­ riali, è rappresentato dal diverso peso quantitativo e qualitativo dell'utenza a seconda del sesso. Infatti la caratteristica peculiare dei servizi che si occupano di sessualità è quella di essere utilizzati per la maggior parte da donne, siano esse ragazze, adulte o appartenenti alle fasce anziane della popolazione. Questo aspetto dipende dal fat­ to che da sempre le donne si sono fatte carico delle problematiche "private", ovvero proprie della sfera riproduttiva, familiare e di cop­ pia, cosicché i servizi che si occupano di sessualità e contraccezione sono stati tarati sull 'utenza femminile, sulle sue esigenze e le sue peculiarità. Tale processo di adattamento non è stato definito a priori rispetto alla progettazione e ali ' istituzione dei servizi consultoriali, ma si è reso necessario nel corso degli anni successivi a tale istitu­ zione, con la presa di coscienza da parte di operatori e di ammini­ stratori della schiacciante prevalenza femminile, portatrice anche di problcmatiche sessuali maschili emerse all ' interno della coppia ma comunque mediate dall'angolo di visuale femminile. 461

Questo dato fondativo risulta trasversale a tutte le analisi finora svolte all ' interno di questo contributo, per cui riteniamo necessario trattarlo a parte, attribuendogli il valore necessario e fin troppo dato per scontato. La programmazione regionale dei servizi consultoriali in Emilia­ Romagna è stata modellata sulla base della domanda femminile in quanto nettamente prevalente all ' interno del consultorio, anche nel senso che le linee di indirizzo hanno tenuto conto in maniera priori­ taria degli aspetti relazionali (non solo nel rapporto operatore-utente, ma anche nei contenuti degli interventi) e del benessere globale del­ la persona. La prevalenza femminile è dovuta al fatto che le donne hanno sempre avuto il carico della responsabilità della gestione della procreazione e della sessualità, nel senso di essere oggetto di piacere e solo di recente soggetti portatori di un diritto al piacere. Tale quadro di impronta sessuata emetie anche nel Centro di Ses­ suologia e Ginecologia Psicosomatica di Parma: l ' utenza femminile recentemente è stata affiancata da una consistente affluenza maschi­ le, in costante crescita non solo a livello di coppia, ma anche di sin­ golo. Si è pertanto reso necessario (ed è stato concretamente perse­ guito) un adeguamento della preparazione degli operatori del Centro a tale nuova connotazione bisessuata (e anche pluri-sessuata, in rife­ rimento ali 'utenza omosessuale) delle problematiche, non tanto e non solo in relazione alle problematiche trattate, quanto piuttosto al­ le modalità relazionali, al substrato culturale e alle dinamiche identi­ tarie differenziate da uomo a donna. Una netta differenza di genere si riscontra anche fra l 'utenza nei Consultori/Giovani dell'Emilia-Romagna così come negli altri spazi consultoriali o negli interventi in altra sede rivolti ai giovani in Italia e all 'estero. Ad esempio, si può affermare che presso lo Spazio/Giovani dello Smiee dell'Usi 29 (Bologna), circa ogni cento ragazze si presenta un ragazzo. Tale connotazione mono-sessuata caratterizza sia le richie­ ste ostetrico-ginecologiche (contraccezione e controlli) sia quelle re­ lative alla sfera psicologica, anche se in questo secondo settore di intervento sono maggiormente presenti le coppie (dunque anche un' utenza maschile). In ogni caso tutta la sessualità è femminile a livello di domanda nei servizi consultoriali, dato che questa si concentra sulle proble­ matiche legate alla gravidanza, alle mestruazioni, alla contraccezio­ ne. Quest'ultima risulta infatti di appannaggio quasi esclusivamente femminile, anche se il metodo scelto implica un necessario impegno maschile (come nel caso, diffusissimo, del ricorso al preservativo). 462

Tuttavia, anche se il problema viene portato sempre e comunque dalla ragazza, è necessario che il servizio si specializzi anche su te­ matiche comuni ai due sessi e su tematiche proprie dell ' utenza ma­ schile, in modo tale da incentivare l ' affluenza di utenza maschile, oltre al fatto di saper trattare con quella già presente. Anche presso il Consultorio/Giovani dell ' Usi 3 1 (Ferrara) l ' af­ fluenza risulta tipicamente femminile, ma ciò che colpisce di più è i l basso grado di responsabilizzazione maschile in termini di effettivi comportamenti contraccettivi [Zani, Altieri e Signani 1 992] e di as­ sunzione di responsabilità nei confronti di gravidanze indesiderate [ibidem] . Lo stesso quadro sbilanciato sul versante femminile, sia i n rela­ zione agli atteggiamenti (grado di informazione contraccettiva, opi­ nioni sulla responsabilità individuale) che ai comportamenti (af­ fluenza al servizio e utilizzo di metodi contraccettivi) si ritrova pres­ so i consultori privati dell'Ucipem [Morganti 1 989]. Un'analoga si­ tuazione si riscontra in Francia [Trucco 1 989] e in Germania [Fricke 1 989] . In altre situazioni estere, come in quella nord-americana [Chest­ man 1 989] , specie negli ultimi anni l ' affluenza maschile negli am­ bulatori scolastici che porta una domanda in tema contraccettivo­ sessuale si aggira fra il 30% e il 50% (anche se mai superiore rispet­ to a quella femminile). Tale domanda risulta "filtrata" da quella rela­ tiva alla medicina sportiva, in quanto gli uomini sono molto più re­ stii ad esprimere esplicitamente un bisogno legato alla sessualità. L'organizzazione del singolo servizio, per adeguarsi a tale confi­ gurazione del! ' utenza, ha tendenzialmente incluso figure professio­ nali femminili, in modo tale da offrire alle ragazze un ambiente ras­ sicurante e "solidale", finalizzato alla massima fiducia nel servizio e alla massima espressione dei bisogni individuali (per la maggior parte portatori di un bisogno di coppia); ha improntato l 'approccio sulla comunicazione interpersonale (fra operatore e utente-utenti di gruppo), sulle valenze relazionali della sessualità e della contracce­ zione, anche quando la domanda si presenta come prettamente me­ dico-ginecologica; ha cercato di adottare un'ottica di decodifica del bisogno globale di coppia "leggendo attraverso" il corpo e il biso­ gno espresso della donna. Fare educazione sessuale nelle scuole implica un diverso ordine di interventi e di metodi, in quanto l ' utenza si presenta mista. In tali casi la gestione della differenza di genere si presenta più ardua per gli operatori, dato che i due sessi sono a confronto diretto, le istanze 463

de li 'uno vengono esposte di fronte e spesso contro le istanze de li' al­ tro, creando spesso dei conflitti che emergono nelle discussioni di classe. Infatti lo scontro avviene fra identità che si stanno costruen­ do e affermando secondo strade e modelli diversi, spesso in maniera concorrenziale e antagonista, dato che la ragazza rivendica in ma­ niera sofferta il proprio bisogno di emancipazione e la legittimazio­ ne maschile di ciò, mentre il ragazzo soffre di un senso di inadegua­ tezza e di inferiorità rispetto ali ' autorealizzazione femminile. Pertan­ to gli operatori che attuano degli interventi di educazione sessuale nelle scuole devono possedere entrambe le ottiche, i metodi di ap­ proccio, i contenuti da trattare e devono inoltre essere in grado di mediare le istanze contrapposte. Infatti il discorso della sessualità implica un discorso identitaria e relazionale con forti radici nella cultura e nel substrato valoriale degli alunni [Gaiotti De Biase 1 992], di cui prima di tutti deve essere consapevole l 'adulto che fa educazione sessuale, a partire dalla propria esperienza personale. Lo stretto legame fra la sessualità, intesa come forma comunicati­ va e relazionale, e l 'identità sessuata, intesa come costruzione della personalità tramite la relazione, i valori, la cultura in cui ci si è for­ mati come uomini e come donne (compresi i suoi aspetti materiali), · lancia un ultimo messaggio di auspicio sul ruolo fondamentale della scuola e di ogni altra agenzia di socializzazione nell'intervenire su entrambi i versanti, ossia su una corretta educazione sessuale e sul suo forte e strutturale legame con ogni intervento che contribuisce alla costruzione di un'identità di genere.

464

Fuoco e Acqua. lncontri e scontri fra sessualità e salute di Marco Ingrosso

l . Percorsi culturali della sessualità e della salute

Questo saggio è dedicato ad un'analisi degli intrecci fra le idee di sessualità e quelle di salute così come si sono venute definendo ed evolvendo nella cultura occidentale. In questo contesto si analizzerà il ruolo delle scienze sociali, e in particolare della sociologia, nello studio di questi due campi. Questo tipo di confronto presenta una particolare difficoltà in quanto non ha dei precedenti espliciti a cui rifarsi. Si tratta di due grandi temi, interessi, aspirazioni dell'uomo di ogni tempo che però, nella maggior parte dei casi, hanno avuto percorsi indipendenti. Al più la salute, ancora oggi, viene chiamata in causa in negativo per le patologie contratte nel corso dell'attività sessuale o per le disfunzio­ ni che non permettono una soddisfacente pratica dell ' atto sessuale o generativo. Per contro la sessualità, con le sue irrequietezze emozio­ nali e fisiche, non sembra prestarsi ad essere inquadrata in qualche regime di regole sanitarie che la ordini al benessere individuale e so­ ciale, anche se, come si vedrà, questi tentativi si sono succeduti in ogni epoca. Il panorama di convergenze relative fra queste due esi­ genze e ordini di problemi si svolge quindi in uno scenario di paral­ lelismi, ma spesso anche di conflitti di priorità che mutano nei due sessi e nelle età della vita. Nella gioventù la salute sembra data, mentre il problema da risolvere è l ' incontro amoroso o autogratifi­ cante; nelle età più mature o tarde si ironizza sulla "pace dei sensi" e si assume come data la stabilizzazione della vita sessuale ponendo attenzione ai rischi e alle debolezze della salute. Nella donna le cor­ rispondenze fra benessere emozionale e salute in generale sono più evidenti: nel corso di un rapporto amoroso i suoi occhi, rilevano i poeti ma anche i medici olisti, si fanno più luminosi, il suo corpo è 465

energetico; persino in gravidanza, nonostante l 'enorme sforzo del corpo, si assiste ad una sorprendente aura di benessere visibile nel volto. Ma anche l 'inverso, secondo psicanalisti e psicosomatisti, è più evidente nella donna: molte manifestazioni di disagio possono essere fatte risalire o sono intrecciate con l 'insoddisfazione amorosa, di cui la frigidità costituisce un'esplicitazione. Per contro nel l 'uomo le piacevoli fatiche del sesso vengono rappresentate come svuota­ mento, caduta di forze che devono essere al più presto reintegrate; più in generale l ' incontro amoroso comporta una sfida di adegua­ mento e un rischio di inadeguatezza che è percepito dall'uomo come squilibrio temporaneo da colmare. Parlare di sessualità e salute comporta anche una dissonanza fra parti della mente implicate: la prima viene collocata nella parte de­ stra e si esprime attraverso le emozioni e le immagini dell ' incon­ scio; la seconda attinge ad aspetti percettivi profondi del corpo, ma soprattutto si oggettivizza nel riflesso esterno della diagnosi e diven­ ta così "maneggiabile" per via razionale attraverso la cura, la pre­ venzione, l ' applicazione delle norme alimentari e di condotta. Il lin­ guaggio della salute si esplica nella misurazione e visualizzazione che fa da contrappunto e antitesi al silenzio del corpo alternato dal lamento e dall' urlo del dolore [Galimberti 1 983; Nato li 1 987] , mentre quello della sessualità utilizza i canali e il registro dei sensi, del piacere, del desiderio, della comunicazione metaforica. Anche la sfera religiosa è tradizionalmente chiamata in causa: l 'Amore e la Salvezza (salute spirituale) costituiscono i due caposal­ di del pensiero religioso occidentale, ma a questa rappresentazione dei principi o beni ultimi non corrisponde, se non in tempi recenti, una continuità con la dimensione corporale, psicologica e sociale della sessualità non meno che della salute. In questo senso l ' inter­ detto del corpo mantiene le due dimensioni dalla stessa parte della barricata. Ciò non ha impedito tuttavia alla religiosità popolare di manifestare e alla pratica religiosa di prendersi cura dei disagi emer­ genti nelle due sfere: il santuario, il miracolo, la guarigione, l 'ex-vo­ to evidenziano i rischi della vita e l ' intervento risolutore divino me­ diato da un protettore. Se la malattia o l 'incidente sono gli eventi maggiormente rappresentati, le pene d 'amore non sono meno evoca­ te e simbolicamente rappresentate dalle frequenti immagini del cuo­ re. Ma questa pedagogia pastorale in negativo, in cui la crisi della sessualità e del rapporto amoroso è certamente meno esplicitata di quella della malattia e dell 'incidente mortale, si rovescia nella pro­ posizione positiva: nel comandamento del l ' amore la cura di sé è da­ ta per scontata, se non costituisce un impedimento allorché si -

466

confonde con l'egoismo, mentre l ' amore de !l'altro costituisce l 'altra fac cia o la via dell'amore di Dio. L'ascesi, comportante una mortifi­ cazi one del corpo, è stata spesso vista come cammino di liberazione necessario per una più ampia comprensione del mistero divino. L'estasi mistica, specie da parte delle mistiche medioevali [Buber ! 987], si esprime nelle forme poetiche del rapporto sessuale e amo­ roso con Gesù o con Dio, ma è anche in grado di generare un benes­ se re ineffabile che supera ogni dolore o patimento del corpo. Se quindi il pensiero mistico arriva ad una sintesi fra amore di sé e ... amore dell' Altro, la mentalità ecclesiastica e la religiosità diffusa si focalizzano su un disciplinamento quotidiano della sessualità, men­ t re minori sono le norme, ad esempio igieniche, assunte nella ritua­ lità religiosa a salvaguardia della salute. Nella tradizione ebraico-cristiana l 'Amore viene simbolicamente rappresentato col Fuoco che può ardere, riscaldare e fare innalzare lo spirito verso il cielo, sottraendolo alla materialità della terra. Il fuoco sta però anche a rappresentare una minaccia e un potenziale distruttivo. Il fuoco della veglia pasquale e le fiammelle della Pente­ coste sono segno dello Spirito Santo, ma la pioggia di fuoco su So­ doma e Gomorra è il segno del castigo [Masson 1 988]. Da parte sua la Salute può essere rappresentata dali' Acqua che disseta e purifica. Il Battesimo e le purificazioni rituali ebraiche ruo­ tano intorno alla simbologia de li ' acqua. Anch'essa può però essere segno di distruzione, come nel diluvio. Acqua e Fuoco sono quindi posti in continuità, anche se la prima è più un segno penitenziale e preparatorio e il secondo indica al contempo la via e la mèta. Se quindi sul piano dell'espressione rituale vi è continuità e comple­ mentarietà fra i due simboli, nondimeno essi rimangono reciproca­ mente opposti: mentre l ' acqua è in grado di spegnere il fuoco, que­ sti, specie nella forma del sole, è in grado di fare evaporare e svanire l'acqua. È quindi una difficile ricerca di equilibrio quella che attende l 'uomo che vuole portare acqua e fuoco a coesistere e cooperare. 2. Corpo e sessualità nella modernità

Il discorso sulla sessualità - ossia la riflessione scientifica, etica, p olitica, estetica sulla relazione sessuale - è un'acquisizione relativa­ mente tarda della modernità. Nel Seicento si ha, secondo Foucault [ 1 978], una sorta di rottura in negativo, caratterizzata da drastiche proibizioni, «valorizzazione della sola sessualità adulta e matrimonia­ le, imperativi di decenza, elusione del corpo, silenzi e pudori espres467

sivi». In questo secolo si parla poco di sessualità, anche perché, come afferma Mora via [ 1 988], mancano le categorie necessarie per parlar­ ne. L'uomo di Cartesio abitato da passioni generate per via meccani­ ca può, al più, essere visto come anticipatore degli studi bio-medici sulla fisiologia e patologia dell'eccitazione e della genitalità. Come la sessualità, anche la salute subisce un oscuramento. Infat­ ti lo studio del corpo nella sua fisicità da parte del medico-scienziato pone al centro la comprensione della meccanica e della patologia. L'interesse per la vita sana e la concezione della salute come tutto passano in secondo piano. Con Leibniz si ha una prima "rivoluzione antropologica" rispetto alla concezione del corpo: esso viene pensato come entità energetica percorsa da forze. Inoltre, al pari di tutte le creature, l'essere umano è caratterizzato dai modi nei quali percepisce la realtà e "appetisce" l ' ideale di perfezione o il loro Creatore. Il discorso del filosofo tede­ sco ha tuttavia un impatto più culturale che scientifico. La scienza del Settecento, in particolare quella medica, assume un approccio empirico-sperimentale mantenendo la netta distinzione dualistica fra natura fisica e natura spirituale. È solo sul finire del secolo che filosofi attenti all'evoluzione medi­ ca, come Diderot, o medici con talento filosofico, come Cabanis, inter­ pretano a livello antropologico e teorico le scoperte mediche arrivando ad una concezione del corpo come "organismo" autosufficiente dotato di complesse proprietà dinamiche. Il concetto di sensibilità assume per P.J.G. Cabanis, nell'opera Rapporti tra il fisico e il morale dell' uomo [ 1 802] un rilievo centrale: «La sensibilità è il fatto più generale della natura vivente» [Cabanis 1 956: 1 98]. Un'affermazione che verrà ripre­ sa anche dal naturalista Bichat, nei primi anni dell'Ottocento, che tro­ va nella facoltà di sentire una connessione fra vita e psiche. Anche la sessualità, intesa come piacere e funzione procreativa, rientra in questa rivalutazione della sensibilità: essa fa parte della natura umana e in quanto tale va indagata come dimensione costitu­ tiva della vita e dell'azione dell 'essere umano. L'indagine di Caba­ nis si propone tuttavia di non allontanarsi «dalla più fredda osserva­ zione delle operazioni della natura» [ibidem: 273]; una natura che, se da una parte viene estesa rispetto alla concezione cartesiana, dali ' altra viene ridotta monisticamente agli aspetti fisico-organici, ri­ tenuti capaci di spiegare anche le dimensioni mentali e relazionali dell 'uomo. La perspicace intuizione della sensibilità come possibile raccordo fra corpo e mente sembra essere frenata dalla rigidità epi­ stemologica empirista che non sa trarre vantaggio dalle teorie per­ cettiviste e autoriflessive di un Berkeley [Urmson 1 992] . 46R

Mentre la biologia della riproduzione corre per la sua strada, si fa avanti un discorso sulle pratiche sessuali, condotto spesso da medici, dominato da imperativi igienisti e miti evoluzionistici, ma in realtà subalterno, secondo Foucault [ 1 978] alla morale convenzionale: «II sesso, per tutto il XIX secolo, sembra iscriversi su due registri di sa­ pere ben distinti: una biologia della riproduzione, che si è sviluppata in modo continuo secondo una normatività scientifica generale ed una medicina del sesso che obbediva a tutt'altre regole di formazio­ ne. Fra l ' una e l ' altra; nessun scambio reale, nessuna strutturazione reciproca; la prima non ha praticamente svolto, rispetto ali ' altra, che il ruolo di una lontana garanzia, e ben fittizia» [ibidem: 50-5 1 ] . Un altro importante filone del "discorso sulla sessualità" è quello evoluzionistico. La riproduzione sessuata è un' importante gradino evolutivo e il luogo in cui possono inserirsi mutazioni nelle specie vi­ venti. È in particolare E. H. Haeckel [ 1 899J a cui si deve, fra l ' altro, la proposizione del concetto di ecologia - che traccia un bilancio del­ le scoperte avvenute nel corso dell 'Ottocento sulla morfofisiologia dei processi fecondativi, i quali si inseriscono in continuità, secondo l 'Autore, con i processi di "evoluzione eterna della sostanza" che ca­ ratterizzano l 'Universo. È ancora all 'insegna di un monismo materia­ lista e positivista che la sessualità-riproduzione fa il suo ingresso nel panorama scientifico e culturale moderno. Non a caso Haeckel viene tradotto in Italia, pochi anni dopo l'edizione originale, con una intro­ duzione di Enrico Morselli titolata Introduzione sulla filosofia moni­ stica in Italia [ 1 904]. La definizione della genetica come scienza dell'ereditarietà a opera di William Bateson è insieme punto d'arrivo di questo cammino e apertura alla successiva sintesi neo-darwiniana 1 • -

3. Libido e salute mentale

Alle porte del Novecento, se è aperto un discorso sulla sessualità esso rimane ancorato da una parte alla fisiologia organismica riguar­ dante l'eccitazione (maschile), la genitalità, la generazione e, dall 'all . Anche in campo evoluzionistico, mentre si affenna un paradigma di stampo strettamente materialistico-positivista anche in conseguenza della sconfitta di La­ mark e della sua ipotesi dell 'ereditarietà dei caratteri acquisiti, persistono anche al­ tre voci che mantengono l 'interesse per modelli non l i neari e capaci di non espelle­ re gli aspetti "mentali" dell 'evoluzione. Fra questi Wallace, che, pur ideando una teoria dell a selezione naturale secondo un modello cibernetico in anticipo rispetto a Darwin, non fu riconosciuto come portatore di un' ipotesi originale [Bateson 1 984] . Per un accostamento fra evoluzionismo (classico) e sesso si veda Ruffié [ 1 989]. 469

tra, al significato evolutivo della riproduzione sessuata e dell'eredi­ tarietà. Si fa tuttavia strada anche un approccio psicobiologico alla sessualità, di ispirazione latamente evoluzionistica, sviluppato da noti medici e naturalisti come A. Forel e I. Bloch [Cappelletti 1 983]. La riproduzione della specie come fine immanente di ogni attività sessuale viene assunta per impostare programmi di educazione ses­ suale, controllo delle nascite, riforma sociale. Negli stessi anni, com 'è noto, Freud [ 1 970b ed. originale del 1 905] imprime una svolta nella lettura della sessualità ponendola al centro della sua psicologia e associandola al concetto di libido e di "principio del piacere" [lmbasciati 1 985]. Il piacere viene letto co­ me fenomeno biologico avente rappresentazione psichica: l ' accumu­ lo di tensioni provocate dalla presenza di pulsioni interne e da sti­ moli esterni trova una via di sfogo e di soddisfacimento, immediata o mediata, che funziona da regolatore ed è percepita dal soggetto come acme e successivo benessere. A differenza della prospettiva esternista della nascente medicina sociale, Freud è interessato agli esiti patologici del blocco o della repressione, ossia della mancata assunzione a livello cosciente, dell'energia sessuale o libido. In una prima fase del suo pensiero, Freud contrappone l 'energia li­ bidica alle pulsioni dell'Io, ossia alle forze che spingono verso l 'auto­ riproduzione individuale; successivamente, include la libido nelle pul­ sioni di vita, o Eros, contrapponendole alle pulsioni di Morte, o Tha­ natos. In ogni caso viene mantenuta costante e rivendicata una conce­ zione dualistica tanto nella definizione della patologia (ad esempio nella distinzione fra paralisi isterica e paralisi organica) che della ses­ sualità. Come scrive nel 1 920, riformulando la concezione del sesso in termini di pulsioni di vita: «La nostra concezione è stata dualistica fin dall'inizio, e oggi - dacché i termini opposti non sono più chiama­ ti pulsioni dell'Io e pulsioni sessuali, ma pulsioni di vita e pulsioni di morte - lo è più decisamente che mai. Al contrario la teoria della libi­ do di Jung è monistica» [Freud cit. in Cappelletti 1 983: 2- 1 0]. Il passaggio fra le due distinzioni dualistiche freudiane riguardo al­ la sessualità si presta ad alcune riflessioni riguardo al tema sessualità e salute. Nella prima fase del suo pensiero Freud sembra far riferi­ mento ad una distinzione presente in ambito biologico-evoluzionisti­ co fra istinto di conservazione e istinto di riproduzione. Le due forze sono in competizione, in ultima istanza, come dimostra la lotta per la vita che premia la vis generativa di un soggetto dominante a scapito dei concorrenti, ma che soprattutto si esprime con uno spreco, un ec­ cesso generativo che mette in conto la perdita di un gran numero di 4 70

individui. Anche la conservazione degli individui sopravvissuti e del­ le popolazioni è quindi orientata dali ' imperativo riproduttivo. Anche nell'essere umano la pulsione autoconservativa ha una fun­ zione difensiva, mentre quella sessuale si presenta come espansiva. Si potrebbe allora dire che la salute organica, intesa come risultato effi­ cace di un apparato difensivo orientato a neutralizzare le offese poten­ ziali provenienti dali' esterno, è la faccia nascosta del!' aggressività che Freud vede come principale espressione psichica della pulsionc auto­ conservativa, ma che può presentarsi anche in campo sessuale, in par­ ticolare nelle perversioni 2. È forse anche per questa somiglianza di manifestazioni espansive e attive sul mondo che Freud pone Vita e Eros, nella famosa opera del '20 [Freud 1 977], in parallelo, contrap­ poste alle pulsioni di morte. Mentre nella prima formulazione l 'ener­ gia libidica, sottoposta al principio del piacere, sembra portare una co­ stante minaccia ali ' autoconservazione, compreso l'equilibrio psichico, nella seconda Eros è visto come una forza ambivalente che tende al legame e alla costituzione di unità vitali, senza perdere tuttavia la fun­ zione di trasformazione che passa anche per passaggi dissolutivi. Vi è quindi una analogia e un orientamento di fondo comuni fra sessualità e salute, anche se la prima rimane dominante e decisiva, in particolare per la strutturazione dei processi psichici inconsci. 4. Il ritorno di Eros

Come si è visto, Freud, sviluppando la sua teoria della libido, in particolare sul tema del narcisismo, nota che tale energia o pulsione può essere rivolta verso oggetti esterni, come anche sul proprio Io. Di qui poi il concetto di sessualità allargata «coincidente con l'Eros del divino Platone» [ 1 970b: 450] che innerva tutte le pulsioni di vita. Si è lungamente discusso il significato di questo rimando al Sim­ posio di Platone e alle letture che sono possibili di questa antropo­ morfizzazione di forze immanenti che si impongono per la loro sa­ cralità e ineludibilità. Secondo Galimberti [ 1 989] il problema di Pla­ tone è quello della conoscenza e della dicibilità: dove questa manca si apre la sfera dell'indicibile, dell'enigma. La sessualità appartiene 2. La pulsione aggressiva è vista in un primo tempo da Freud come attinente alla sessualità (ad es. nel sadismo), ma successivamente viene assegnata alle pulsioni non libidiche dell ' lo. Dopo la svolta degli anni '20 pulsioni sessuali e aggressive vengono a far parte delle pulsioni di vita. 471

a tale sfera, alla sfera bella e terribile del caos, del divino. La ses­ sualità esprime l 'eccesso rispetto all 'ordine razionale, al Logos, e s ' inserisce come mediatore fra mondo umano e mondo divino. Quando l ' anima è posseduta da Amore, essa è trasportata in una so­ spensione delle usuali categorie spazio-temporali. Eros quindi porta fuori di sé, verso un punto di perdita. Esprime la nostalgia per la metà di sé che è stata tagliata da Zeus, secondo i l mito platonico, e più ampiamente per la Totalità originaria che oltrepassa l 'individua­ l ità. Ma Eros è anche il guaritore, il medico del l ' antica ferita, invia­ to da Zeus per "cercare di fare uno ciò che è due". Il discorso di Platone, come è stato rilevato, si inserisce in un am­ pio quadro riguardante la natura umana, la conoscenza, e la presenza di un "oltre" sacro-divino che è insieme minaccioso, gravido di vio­ lenza e desiderato. La relazione a due si inserisce in questo flusso, ne è simbolo e sigillo. L'ampiezza dello scenario mitico in cui la re­ lazione Io-Tu è posta nel contesto della relazione umano-oltreumano danno ragione delle diverse letture, critiche, estensioni a cui è stato sottoposto 3. Ai nostri fini è utile porre l'accento da una parte sul ca­ rattere incompleto e desiderante dell 'uomo secondo Platone, dali ' al­ tro sulla medicamentosità di Amore. Mentre il primo aspetto è stato ampiamente ripreso per esaltarlo o criticarlo, ben pochi harmo sotto­ lineato il mandato di Eros come "medico, amico degli uomini". Eros si esprime tanto nella cura dell'altro quanto nella cura di sé. Un Eros quindi non espressione delle potenze titaniche al cui capriccio è sottoposta la vita umana, o paniche (dal dio Pan) che solo con l ' in­ distinzione e la violenza possono dare accesso al mondo originario del divino, ma piuttosto portatore di un messaggio che passa attra­ verso la relazione, inscritto nella relazione (sexus, nota Galimberti [ 1 989], rinvia a nexus, legame, connessione). Una distinzione/con­ nessione che ha una faccia interna e una faccia sociale, che si riman­ dano reciprocamente nella dimensione culturale. È in questa relazio­ ne sempre incompiuta e sempre da compiere che eros si coniuga con vita e che sessualità può convenire con salute. È secondo quest'ottica circolare e cormettiva che si situano i discor­ si eretici e differenziati, ma progressivamente sempre più influenti, di autori come Jung [ 1 976], Groddeck [ 1 966], Assagioli [ 1 973], Reich 3. Mentre per molti autori vi è una sorta di inconciliabilità orginaria fra Eros e mondo, eros e civiltà [Bataille 1 99 1 ; Marcuse 1 974; Deleuze e Guattari 1 975], altri mettono l'accento sul l 'insegnamento insito in Eros, l'ambivalenza contrapposta alla ruolizzazione sociale, la compresenza del maschile e del femminile nell 'individuo, la genesi relazionale [Mead 1 962, l %7; Alberoni 1 986; Giddens 1 992].

4 72

[ 1 977]. L'elemento comune fra questi autonomi cammini partenti dal­ la radice psicanalitica sembra quello di stabilire ponti e connessioni fra parti della mente, fra mente e corpo, fra salute e malattia. La me­ diazione è essenzialmente costituita dalle varie forme e trasformazioni de li' energia libidica che assume la configurazione di principio vitale, analogo al Ch' i della medicina orientale. Secondo le concezioni emer­ genti da questi filoni, essenzialmente olistici, la sessualità si presenta come una manifestazione specifica di un più ampio flusso vitale che percorre il corpo e si estende anche agli scambi affettivi e simbolici con l 'ambiente, tanto sociale quanto naturale. Dunque salute, intesa come adeguata circolazione dei flussi vitali, e sessualità, vista come autonoma manifestazione degli stessi, si situano tendenzialmente sulla stessa linea d 'onda, e concorrono a porre in comunicazione l ' indivi­ duo con la vita collettiva attraverso processi di osmosi mentale. La sa­ lute assume una connotazione psico-sociale costitutiva dell'identità in­ dividuale, mentre la sessualità diventa costitutivamente relazionalità: è infatti nella risonanza fra i giochi di differenza maschile/femminile in­ temi e quelli più propriamente sociali che si situa il doppio processo della costruzione del Sé e del rapporto con l 'Altro. 5. Due contro uno

La convergenza fra sessualità e salute è dunque un esito possibile per i filoni tendenzialmente olisti che attraversano il pensiero mo­ derno in posizione minoritaria e acentrica, ma tale incontro resta in­ certo e passeggero, esposto alla passione, al piacere, al desiderio, per gran parte della cultura del Novecento che si ritrova nel senso comune contemporaneo. Fra i due termini vi è più un conflitto la­ tente o manifesto che una affinità. Tuttavia il conflitto moderno ha certamente dei caratteri differenziali rispetto a quello del mondo classico. Quest' ultimo infatti ipotizzava legami forti soggetti al gio­ co del destino, mentre la modernità ipotizza legami deboli legati al­ la scelta individuale. È forse l 'eroe romantico che produce la me­ diazione fra classicità e individualismo, dato che, proprio perché tutto è instabile e passeggero, vale la pena esprimere totalmente la propria unicità nella passione amorosa. Questa fa struggere, deperi­ re gli amanti, li rende incuranti del loro benessere, fino a portarli, talvolta, ai punti limite del sacrificio di sé, alla morte. Non per nien­ te, come nota la Sontag [ 1 979], la tubercolosi diventa la malattia­ simbolo deli' eroe romantico. 4 73

Quindi, nonostante i fortissimi mutamenti, si ritrova un filo di continuità fra classicità e tarda modernità: lo conferma anche la con­ trapposizione e gerarchizzazione iscritta nella struttura linguistica e nel mito. Infatti, mentre i l sesso trova la sua radice in sectus, ossia separato, tagliato, la salus latina indica la salvezza, la condizione di colui che si è salvato. La radice sanscrita rimanda tuttavia al signifi­ cato di intero, intatto, tutto. Anche nella denominazione anglosasso­ ne (health) si avrebbe un rinvio alla nozione di tutto (holos), vergi­ nità, stato originario. Presi nella loro staticità o strutturalità il sesso rinvierebbe alla duplicità e dualità, mentre la salute richiama l 'unità, la riunificazione [Ingrosso 1 994b]. Nella mitologia greca non vi è nessuna figura che impersoni la Salute e che possa stare sullo stesso piano di Eros. Questi è sì nato da Poros (Espediente) e da Penia (Povertà) e porta in sé natura uma­ na e natura divina, ma il suo "successo" lo promuove, nell'età elle­ nistica, alla piena deità: le sue origini vengono allora ricercate in Afrodite e Ermes, il messaggero degli dei. Egli esprime quindi un messaggio di bellezza degli dei agli uomini. Da parte sua Salute può essere identificata con due dee minori ge­ nerate da Asclepio, un uomo-medico così capace di interpretare le leggi degli dei da assurgere alla loro altezza. In particolare Igea e Panacea esprimono, rispettivamente, la saggezza necessaria alla con­ servazione del benessere e la ricerca della cura di tutti i mali (pana­ cea) attraverso la conoscenza dei rimedi e delle pozioni. Un sapere capace di tramutare il veleno del serpente in linfa di vita: di qui il famoso simbolo del caduceo (la verga avvolta da due serpenti) che contrassegnerà l 'arte medica. Se dunque Eros esprime un movimento degli dei verso gli uomi­ ni, una nascita, Asclepio e le sue figlie rimandano piuttosto ad un cammino dell'uomo, incerto e misterioso, verso gli dei: una rinasci­ ta, un ritorno alla vita dopo un periodo oscuro. Come nella tradizione ebraico-cristiana, a cui si è fatto cenno ali ' inizio, anche in quella greco-romana non è esclusa la sequenzia­ lità o combinabilità, come si ricava dai regimen o regole di vita sana e virtuosa. In particolare, secondo Foucault [ 1 984 ], l "'uso dei piace­ ri" (chresis aphodision) nella cultura greca del IV secolo riguarda la condotta capace di gustare il piacere della sessualità conservando l 'equilibrio che contraddistingue la persona virtuosa. La temperanza, la saggezza, la padronanza di sé devono essere coltivati per ben uti­ lizzare la smisurata energia della sessualità senza farsene travolgere. La struttura del regimen greco-romano evidenzia le categorie mentali sottostanti, che non solo costituiscono il senso comune del 474

mondo classico, ma sono state traghettate fino a noi, in particolare grazie alla mediazione romantica e alla riapparizione tardo-moderna di Eros (la sessualità-erotismo ), a cui fa da contrappunto la preva­ lenza di Panacea su Igea nelle scienze della salute occidentali. Nel modo di pensare medio occidentale, che trova riscontro in buona parte della scienza medica e della psicologia, ripreso altresì in molta filosofia della sessualità, vi è un ' implicita o esplicita collocazione dei due campi in aree opposte e confliggenti come nelle coppie di­ spersione/accumulazione, follia/igiene mentale, eccesso/equilibrio, piacere/morigerazione, trasgressione/norma e altre simili. Non im­ porta se si propenda a sostenere le ragioni del primo termine a sca­ pito del secondo o viceversa: ciò che si conferma è la forma mentis dualistica che accomuna conservatori e innovatori, ordinatori e tra­ sgressori. Come si è accennato nella ricostruzione storica del con­ cetto di sessualità i tentativi di uscire da queste forbici o gabbie mentali sono pur tuttavia stati presenti, in particolare in certe fasi, e forniscono contributi rilevanti in termini culturali e operativi, senza tuttavia riuscire a mutare gli orientamenti prevalenti. La cultura con­ temporanea post-moderna, che pur vede, tanto a livello scientifico quanto espressivo, la ricomparsa di rilevanti aspirazioni ed elabora­ zioni post-dualiste, si ritrova nella stessa latente o esplicita necessità di scelta fra dualismo oppositivo e monismo relazionale. 6. Costruttivismo sociale e analisi sociologica

Prima di procedere ulteriormente nel discorso iniziato mi sembra utile esplicitare alcuni riferimenti epistemologici e metodologici che guidano il mio ragionamento. Le analisi in termini di mito, di erme­ neutica, di storia delle idee, di mentalità collettive, di senso comune fanno parte di un approccio definibile di costruttivismo sociale. Com'è noto, secondo questa teoria della conoscenza, la vita sociale è insieme luogo espressivo e ambito formativo dei costrutti mentali, tanto individuali che collettivi, che permettono di "pensare" il mon­ do. Gli aspetti archetipici, mitici, simbolici, linguistici, istituzionali, storico-conoscitivi costituiscono il repertorio delle forme mentali as­ sunte per lo più in modo implicito nel senso comune. Le espressioni culturali, politiche e scientifiche sono strettamente connesse con que­ sto background di forme mentali di cui costituiscono elaborazioni, estensioni, applicazioni. Ogni cultura è pensabile non come un insie­ me chiuso e coerente di costrutti, ma piuttosto come un'ecologia del4 75

i le ·

idee, ossia come un insieme plurale e dinamico di coreografie di forme mentali. Questo è particolarmente evidente nelle società mo­ derne, tendenzialmente aperte, cosmopolite e frammentate, ma è pre­ sente anche nelle società tradizionali : il pluralismo di base delle pre­ messe è coglibile in particolare a livello religioso e artistico, ma spesso anche in negativo come repressione del dissenso. È questa pluralità e circolazione delle idee che rende possibile l ' innovazione culturale e il mutamento delle forme sociali nel presente. Ogni pre­ sente storico è insieme decostruzione/riproposizione di forme mentali e costruzione di specifici pattern comunicativo-relazionali: l 'ecologia sociale che agisce in ogni con-temporaneità costituisce lo specifico contesto di lettura tanto della memoria quanto dell'innovazione. Una buona parte del movimento costruttivista, in particolare di matrice fenomenologica, non è andata esente da un rivendicato o la­ tente dualismo: l ' analisi di ciò che appare alla superficie sociale in termini di azione e comunicazione o lo studio delle mentalità collet­ tive o ancora delle psicologie individuali o delle interazioni comuni­ cative di piccolo o grande gruppo è assunto come aspetto soggetti­ vo, riflessivo, culturale di una realtà materiale oggettiva, a sua volta indagabile con altri strumenti e metodologie. Anche a livello episte­ mologico si ritrova spesso una mancata applicazione autoriflessiva del concetto a carico dell 'osservatore scientifico. La questione è naturalmente particolarmente spinosa per campi come la sessualità e la salute che includono una rilevante dimensio­ ne corporale. La sociologia della salute e quella della sessualità ai loro esordi hanno assunto come data la concezione del corpo prove­ niente dagli studi biomedici cercando di cogliere i riflessi sociali della malattia e della sessualità. Successivamente hanno esaminato le dimensioni soggettivo-esperienziali o collettivo-culturali dei fatti biologici, evidenziando aspetti sommersi ma imprescindibili del l ' in­ fermità e del rapporto amoroso. Una terza matrice teorica, emergen­ te in tempi recenti, si caratterizza per I ' assunzione di una concezio­ ne della corporeità omologa a quella assunta a livello di analisi so­ ciale. Nella sua accezione più ampia questa concezione può essere definita eco-socio-psico-somatica ed è basata sul concetto di diffe­ renza o scambio informativo/connettivo fra due parti o sistemi. Le scienze sociali della salute e della sessualità hanno così potuto con­ nettersi con omologhc scienze del vivente capaci di assumere aspetti "mentali", comunicativi, gestaltici all 'interno delle proprie episte­ mologie e modelli di analisi [Ingrosso 1 994b]. Secondo questa concezione, il corpo può essere v isto come un'ecologia organismica basata su specifiche comunicazioni, struttu4 76

re e pattern dinamici: i vari canali, tipi e livelli di linguaggio sono traducibili gli uni negli altri e costituiscono dei circuiti di controllo multipli e intersecati. I circuiti comunicativi interni al corpo e quelli esterni non sono separati: sono piuttosto diversi, ma conrressi, sep­ pur non in modo meccanico e causale. Specifici assetti e messaggi reg olativi dei circuiti comunicativi costituiscono dei "modi di pensa­ re" del corpo. Le forme di linguaggio somatico, fantasmatico, emo­ zionale che si attivano nell'incontro sessuale non sono qualitativa­ rnente diverse da quelle che concernono la salute, intesa come sinte­ si riflessiva dinamica di tutti i circuiti di controllo e comunicazione entro cui un essere vivente è collocato. Per quanto riguarda più direttamente le scienze social i, tutta la co­ struzione più propriamente sociale di ciò che in altra sede [ l 994a] ho definito "la salute-che-pensiamo", a cui può aggiungersi qui "la sessualità-che-pensiamo", si pone, ad un tempo, come traduzione dei circuiti interni e microrelazionali a livello sociale, mentre questi, a loro volta, fungono da contestualizzatori e abduttori degli stati in­ temi e dei pattern relazionali. Una tale concezione è tendenzialmen­ te monistica, ma non nel senso classico della riduzione di ogni di­ mensione del reale e di ogni punto di vista ad uno, piuttosto, come ha sostenuto G. Bateson [ 1 976, 1 984], come supposizione di un "pattern che connette" i vari livelli/circuiti/linguaggi/punti di vista. Un olismo quindi non centripeto dove il tutto prevale sulle parti, ma piuttosto ecologico-relazionale, dove il tutto è costituito da equilibri dinamici ed "estetici", çioè formali, fra le parti. In campo scientifico il prevalente approccio dualistico, ad esem­ pio nel campo della medicina, non inficia la legittimità e il valore euristico della conoscenza acquisita, ma istituisce una formidabile barriera tanto pratica quanto mentale ad una significativa dialettica delle differenze. Di qui l'interesse per l 'apertura di spazi post-duali­ stici capaci di immaginare un mondo al di là delle classiche contrap­ posizioni e gabbie mentali. Anche secondo questo spirito è possibile leggere criticamente le contrapposizioni ontologiche e analitiche fra sessualità e salute, ponendosi magari alla ricerca di una moderna sa­ lutare "estetica esistenziale" [Foucault 1 984] capace di andare al di là della superficiale erotizzazione contemporanea. Gli orientamenti post-dualistici portano ad un passaggio partico­ larmente rilevante nel campo della sessualità: tutta la concezione dell'erotismo fino a Freud (e a buona parte delle filosofia recente ispirata dalla psicanalisi) si è basata su un latente biologismo secon­ do cui la sessualità è interpretabile in termini di forze, energie, biso477

gni naturali, appetiti, piaceri che si soddisfano attraverso un rilassa­ mento delle tensioni. II modello è esplicitamente quello dcii' orga­ smo maschile, della genitalità, della generazione. La concezione co­ municativo-relazionale invece pone al centro la questione delle dif­ ferenze fra i sessi (in particolare l 'identità sessuata) e della loro rela­ zionalità, che coinvolge il rapporto di coppia, ma informa di sé tutta l 'organizzazione sociale e i rapporti di genere. La generazione viene qui letta come istituzione di un rapporto triadico [Guénon 1 980] , più complesso, e non semplicemente come sequenza lineare delle gene­ razioni. Non è un caso se questa concezione relazionale dell 'identità sessuata (anticipata da G. Simmel all'inizio del secolo, come si ve­ drà più avanti) abbia favorito l 'emergere di un punto di vista femmi­ nile sulla differenza di genere e come, reciprocamente, la nuova consapevolezza e pratica dei movimenti femministi abbia consentito un certo spazio di diffusione a questa concezione della sessualità. In conclusione, il due non è necessariamente contro l ' uno: esso può essere letto, come in Morin [ 1 987], come unidualità, cioè come logica una in due, e/o come simbolizzazione e fondamento del­ l ' identità [Belmont e Valabrega 1 98 1 ]. La differenziazione duale della sessualità costituisce la base di una lettura dinamica, in diveni­ re, della salute 4, mentre la tensione autogenerativa della salute costi­ tuisce al contempo il punto di attrazione e di proiezione della ses­ sualità. È in questa chiave che esamineremo nella parte successiva il problema di un'estetica de li ' esistenza, a partire dal contributo di Simmel ad una lettura della differenza sessuale. 7. L'estetica della femminilità in Simmel

Un confronto esteso e puntuale fra analisi della sessualità e quelle della salute nel campo della sociologia e, più in generale, delle scienze sociali è eccedente rispetto all'economia di questo saggio e può essere rinviato tanto all 'insieme del volume a cui questo contri­ buto concorre, quanto a specifiche ricostruzioni dei rispettivi percor­ si storico-teorici (ad esempio Belmont e Valabrega 1 98 1 ; Ventimi­ glia 1 989d; White (a cura di) 1 99 1 ; Ingrosso 1 994b). Vorrei invece qui concentrare l 'attenzione sul contributo di un autore come G. Simmel ad una sociologia delle relazioni di genere centrata sui modi 4. Sulla concezione dinamica della salute si veda Dalla salute a rischio al ri· della salute in Ingrosso [ 1 994a]. Per una lettura del rapporto paradossale fra sessualità e salute in situazioni di disagio si veda Abraham e Peregrini [ 1 989].

schio

4 78

di pensare. L'associazione operata da questo autore fra sessualità, quotidianità ed estetica ci introdurrà sull 'ultimo tema: il posto della ses sualità nei "regimi di salute" contemporanei. Per quanto riguarda S immel, pensatore e sociologo berlinese ope­ rante a cavallo del nostro secolo, ci rifaremo ad alcuni saggi pubbli­ cati fra il 1 905 e il 1 9 1 1 apparsi nel volume Philosophie der Mode [Simmel 1 985a]. Nello scritto Il relativo e l'assoluto nel problema dei sessi Simmel rileva che, come in altre coppie di termini che so­ no generati nel rapporto pratico-conoscitivo fra interiorità e mondo, anche nella 1 relazione fra maschile e femminile compare un tipico assolutizzarsi di un termine rispetto all'altro: «Se attribuiamo a que­ ste idee che si presentano come assolute, il nome di Oggettivo per eccellenza, allora nella vita storica della nostra specie vale l ' egua­ glianza: oggettivo=maschile. ( . . . ) Il sesso maschile non si limita ad una superiorità nei confronti di quello femminile, ma diviene l 'uni­ versale umano che detta le sue norme alle manifestazioni del singolo maschio e della singola femmina . . >> [ibidem: 55]. Questa assolutiz­ zazione trova poi legittimazione nel diritto e nel senso comune. In forza di questo doppio registro le attività pratiche e teoriche delle donne sono sottoposte ad una duplice misurazione: « . . . la prima as­ soluta, effettuata secondo i criteri valevoli per gli uomini; la seconda relativa, affiancata o contrapposta alla prima» [ibidem: 57]. Questa contradditorietà dei criteri di valutazione, pur ambedue fondati sulle prerogative maschili, produce una sorta di doppio vincolo, come lo avrebbe chiamato B ateson l 1 976J : «Infatti, non appena esse vengo­ no tenute in considerazione sulla base di uno dei due criteri, ecco in­ sorgere l ' altro secondo cui meritano disistima in egual misura» [Simmel 1 985a: 57]. La sessualità gioca un ruolo diverso nelle rispettive identità di ge­ nere: «Per l 'uomo, la sessualità è per così dire un Fare, per la donna un Essere» [ibidem: 58], vale a dire che essa assume una dinamica centripeta nella femminilità, mentre l ' uomo vive più sulla periferia, sulla produttività esterna, e rischia di smarrire il centro: «Persino nelle manifestazioni di nature così erotiche come Michelangelo, Goethe, Richard Wagner, si trovano non pochi imponderabili accen­ ni al rango subordinato dell 'esperienza erotica nell 'ambito della loro vita interiore» [ibidem: 60] . Questo passaggio è indicativo dell 'acco­ stamento che Simmel fa fra sensibilità erotica ed esperienza estetica. Il vissuto femminile ha per Simmel molti caratteri del l 'esperienza estetica e della comunicazione simbolica: «La cosa notevole è che proprio nella chiusura e compiutezza di un 'esistenza sia contenuta la .

4 79

più forte allusione simbolica e metafisica alla totalità del mondo, di cui l 'esistenza stessa è un elemento. Analogamente, così come l'opera d'arte, all ' interno dei limiti infrangibili del proprio contesto, si separa dalla multiforme dispersione delle cose e proprio per que­ sto si trasforma in un simbolo dell 'esistenza, in generale allo stesso modo la donna rappresenta un ' unità di fronte all 'uomo che è invece coinvolto nella molteplicità dispersa della vita» [ibidem: 80]. È impossibile dar conto compiutamente in questa sede della ric­ chezza di spunti storico-culturali, linguistici ed etici che Simmel ri­ cava dalla sua analisi. Merita tuttavia sottolineare che egli vede nell'ideai-tipo femminile un carattere intrinsecamente centripeto ed esteticamente connotato, mentre il dualismo fine/mezzo o sogget­ to/oggetto espresso dal tipo maschile tende a farsi "universale" nella forma dell'astrazione e dell'oggettivazione. Ciò ha effetti tanto sui modi di vita quanto sui modi di conoscere: la prevalenza del ma­ schile si riverbera non solo nel rapporto fra i sessi, ma anche nell 'organizzazione della conoscenza e della vita quotidiana. In seguito alla riduzione del predominio maschile, ci si può aspet­ tare - si chiede S immel - che si faccia strada un contributo sociale specificatamente femminile che colmi i vuoti lasciati dalla operazio­ ni maschili? Ad esempio, nel campo della medicina, senza mettere in discussione il valore delle donne medico che si comportano allo stesso modo dei loro colleghi maschi, è possibile attendersi che: « . . . i metodi oggettivi della ricerca clinica [vengano integrati] da un sa­ pere soggettivo, immediato e istintivo o acquisito con l ' osservazio­ ne, intorno allo stato e ai sentimenti del malato))? [ibidem] . L a giustapposizione fra i due saperi non è però il punto finale: la teoria della conoscenza che emerge dal confronto fra cultura ma­ schile e cultura femminile va, per l 'autore, al di là sia del realismo rappresentazionista sia del soggettivismo empatico: «La stessa im­ magine esterna può produrre in anime diverse immagini interne di­ verse, tutte egualmente legittime)) [ibidem] . Non si tratta solo di ipo­ tesi diverse, di cui una può essere quella giusta, ma, come nei ritratti della stessa persona prodotti da pittori egualmente qualificati, si avrà che nessuno è quello "giusto": «Ogni ritratto è una totalità chiusa che si giustifica in se stessa e nel suo particolare rapporto con l 'og­ getto: dello stesso modello in questione ognuno esprime qualcosa che l 'altro non esprime, senza tuttavia smentirsi a vicenda>> [ibidem: 227-228] . L e donne, sulla base della loro corporeità e interpretazione del! 'esistenza, hanno la possibilità non solo di vedere cose diverse 480

dagl i uomini, ma anche di vedere le stesse cose in maniera diversa. Simmel, su questa base, compie un 'acuta analisi dei modi femmini­ li, e per differenza degli stili maschili, di praticare le attività artisti­ che e quelle scientifiche e di esprimersi nella quotidianità (ad esem­ pio nella casa e nel relazionarsi ali 'altro sesso). Nella danza e nel teatro, in cui vi è unità fra il farsi della performance e il risultato, la donna sembra esprimersi più compiutamente e saper originare il fe­ nomeno specifico della "grazia". Il bello, ossia l 'essere "in se stesso felice", è per lei una forma d'esistenza e non semplicemente un va­ lore o un apparire. In conclusione, per Simmel i modi di pensare la sessualità sono stati pesantemente segnati dai punti di vista maschili: ricordiamo, a tal proposito, che egli scrive negli stessi anni della prima teoria freu­ diana sulla sessualità [Freud 1 970b] e che il suo contributo ad una teoria della differenza è stato solo recentemente ripreso all 'interno della riflessione al femminile. Ai nostri fini vi è però un ulteriore contributo di Simmel che val la pena di segnalare: quello di una let­ tura della quotidianità e del l 'esistenza in termini estetici 5. In parti­ colare egli segnala la presenza sociale di uno stile femminile capace di essere apprezzato e vissuto anche dal sesso maschile: è infatti nel­ la "riconciliazione fra individualità differenziata e unità indistinta", come hanno fatto alcune grandi personalità tanto femminili quanto maschili, che, per questo autore, si arriva ad una piena maturità e ad un ' indistinzione fra sessualità e vita. 8. Saggezza e regimi sanitari

Il tema dell 'arte di vivere e della stilizzazione dell'esistenza è sta­ to ripreso da Miche! Foucault e posto al centro della sua storia della sessualità, in particolare del libro secondo e terzo dedicati alla cultu­ ra greca del IV sec. a.C. e a quella romana del II sec. d.C. [ 1 984 e 1 985]. Chiedendosi, nell 'introduzione del secondo volume, le ragio­ ni per cui l 'attività sessuale abbia avuto in alcuni periodi storici una forte "problematizzazione" morale, egli osserva: «Ponendo questo interrogativo alquanto generale, e ponendolo alla cultura greca e greco-latina, mi è sembrato che tale problematizzazione fosse legata 5. Per una trattazione delle differenze di genere di fronte alla salute e della stiliz­ zazione sociale della sofferenza ( femminile) e dell'aggressività (maschile) cfr. Bim­ bi [ 1 994] e anche Busi [ 1 99 1 ] e Rifelli e Bosi [ 1 993], inoltre, l 'originale lettura estetica della sessualità proposta da Alessandra Greppi [ 1 992].

481

a un insieme di pratiche che hanno avuto indubbiamente un 'impor­ tanza notevole nelle nostre società: quelle che potremmo chiamare le "arti dell 'esistenza", intendendo con questo delle pratiche ragio­ nate e volontarie attraverso le quali gli uomini non solo si fissano dei canoni di comportamento, ma cercano essi stessi di trasformarsi, di modificarsi nella loro essenza singola, di fare della loro vita un'opera che esprima certi valori estetici e risponda a determinati criteri di stile. Queste "arti esistenziali", queste "tecniche di sé" han­ no indubbiamente perso una certa parte della loro importanza e della loro autonomia quando sono state integrate, con il cristianesimo, nell 'esercizio di un potere pastorale e, più tardi, in pratiche di tipo educativo, medico o psicologico. Ciò non di meno, occorrerebbe senz ' al tro fare o riprendere la lunga storia d i queste estetiche dell'esistenza e di queste tecnologie di sé» [Foucault 1 984: 1 5- 1 6] . Foucault rileva che l a paura che l ' attività sessuale (maschile) sia poco proficua per la salute è molto antica: egli cita, ad esempio, i me­ dici greci Areteo e Soranus (l sec. d.C.) che vedono nelle "perdite di seme" pericoli personali e sociali. Pensatori e saggi come Plinio e So­ crate sostengono il rapporto fra astinenza sessuale e pratica della "vita devota" che dà accesso alla verità. Non sono questi tuttavia i modi di pensare e di agire prevalenti nel mondo greco-romano: l'attività ses­ suale (dei maschi, adulti, liberi) è dominata piuttosto da una sorta di "principio del piacere". In questo ambito storico-culturale non si parla di sessualità, ma di ta aphrodisia (venerea in latino), ossia "opere di Afrodite" e quindi ''cose" o "piaceri d'amore": «I quattro principali ti­ pi di stilizzazione del comportamento sessuale ( . . . ) sono stati svilup­ pati nella Dietetica per quanto riguarda il corpo, nell'Economica per quanto riguarda il Matrimonio, neII 'Erotica per quanto riguarda i ra­ gazzi, e nella Filosofia per quanto riguarda la verità . . . » [ibidem: 42] . Secondo Platone [Timeo ] , la lussuria deve essere spiegata come una malattia del corpo, una patologia dell'eccesso. Anche per Aristo­ tele nel campo dei desideri naturali le colpe sono nell 'ordine della quantità, della dismisura. Per questo è necessario assumere uno stile, nell "'uso dei piaceri" (chresis aphrodision), che li moduli secondo il bisogno, il momento, lo status. La Dietetica, amministrata dai medi­ ci, viene a far parte di questo insieme di ammaestramenti. Secondo Ippocrate, a cui è attribuito il trattato sull Antica medicina, la preoc� cupazione primaria del medico è quella di stabilire un regime dieteti­ co, in particolare nel corso delle malattie. Più in generale il regime è un'arte di vivere che comprende esercizi, alimenti, bevande, sonno, rapporti sessuali: tutte cose che devono essere "misurate". '

482

Vi è anche chi, come Socrate, mette in guardia contro l "'eccesso valetudinario", ossia il pensare ossessivamente alla propria salute: quest'attività va inserita in una ricerca del l ' armonia dell ' anima, os­ sia in un'estetica dell'esistenza. Nel secondo trattato sul Regime salubre Ippocrate inaugura uno stile di trattazione che rimarrà un modello fino alle soglie dell'epoca moderna. Egl i presenta una sorta di calendario della salute in cui, per ogni stagione, si danno dei consigli nei vari campi. Gli aphodi­ sia vengono regolati «tenendo conto degli effetti che essi possono produrre sul gioco del caldo e del freddo, del secco e dell ' umido)) [Foucault 1 984: 1 1 6] . Per questa ragione i rapporti sessuali sono più adatti ali ' inverno che all 'estate. Il Regime di Diocle, medico del IV sec., è molto dettagliato nel prevedere l 'impiego sano del tempo giornaliero: esso consiglia agli anziani e ai giovani di non disperdere energia, conservando il pro­ prio vigore per la salute e per la crescita. Secondo altre prescrizioni del tempo, sono gli atleti che devono praticare l 'astinenza sessuale se vogliono essere vittoriosi: un' indicazione questa arrivata fino ai nostri giorni, come ci ricordano i famosi "ritiri" dei calciatori. Secondo lppocrate, fra piacere maschile e femminile vi è isomor­ fismo, anche se la meccanica differenzia l 'intensità c la durata. È singolare che il celebre medico, per spiegare l ' influenza del piacere maschile su quello femminile, ricorra alla metafora del l ' acqua e del fuoco. Il liquore maschile svolge prima una funzione di riscalda­ mento e poi di raffreddamento; anche l 'elemento caldo femminile può accendere in alcune fasi oppure funzionare da liquido estintore in altre. In ogni caso, l 'antitesi fiamma-acqua porta benessere alla donna e garantisce la salute dei suoi organi sessuali. Questo gioco dei dissimili porta Foucault ad avanzare qualche os­ servazione comparativa fra tradizione ippocratica e antica medicina cinese. Anche quest'ultima condivide alcune paure e preoccupazioni circa gli effetti nocivi del l ' atto sessuale. Vi è tuttavia una differenza fondamentale: «Il confronto con l 'altro sesso è visto come un modo di entrare in contatto con il principio vitale che quello detiene, c, as­ sorbendolo, di interiorizzarlo per paterne beneficiare; così che un'at­ tività sessuale ben praticata, non solo esclude ogni danno, ma può sortire l 'effetto di un rafforzamento della vitalità e dar luogo a una vera e propria opera di ringiovanimento)) [Foucault 1 984: 1 4 1 ]. Il partire quindi da un principio di differenza (il ben noto Yin-Yang) porta la cultura orientale a considerazioni significativamente diverse rispetto alla sessualità e al suo rapporto col benessere, pur in un contesto storico di altrettanto forte predominio maschile. 483

L'economia di questo saggio non ci consente di seguire oltre l ' au­ tore se non segnalando gli sviluppi del terzo libro della Storia della sessualità che ha per tema La cura di sé. Secondo Foucault [ 1 985], nel mondo greco-latino del II secolo d.C. emerge la necessità di una saggezza che si esprime ne li ' autorit1essività e nell 'attenzione da pre­ stare a se stessi. Per Plutarco sanità e filosofia costituiscono un uni­ co campo contraddistinto dal pathos. Per Galeno vi è una connessio­ ne fra malattie del i ' anima e quelle del corpo: di q ui un trattato sulla conoscenza e cura delle infermità dell' animo, che comprendono le relazioni con gli altri. Secondo questo celebre medico, vi è una sag­ gezza del "principio demiurgico" (ossia creativo) nell 'associazione fra piacere e atto generativo: «Con la loro vivacità, gli aphrodisia sono al servizio di una ragione che non ha neppur bisogno di essere conosciuta da coloro che la praticano» [Foucault 1985: I O l ] 6. An­ ch 'egli tuttavia sviluppa l 'osservazione, che era già stata di Demo­ crito e di Ippocrate, circa l ' analogia fra orgasmo ed epilessia, evi­ denziando una rischiosità intrinseca de li' atto. Può essere di qualche interesse per il nostro tema, seguendo l ' in­ dicazione di Foucault, verificare in che modo i "piaceri di Afrodite" entrino anche nella celebre Regola Sanitaria Salernitana elaborata nel corso del medioevo. Salerno è definita da antichi documenti "hippocratica civitas" in quanto, già molto prima di un codice dell ' 846 giunto a noi, possedeva una famosa scuola di medicina. Se­ condo la leggenda, la scuola era stata fondata da un Latino, un Gre­ co, un Arabo, un Ebreo: sintetizzava cioè le conoscenze del mondo antico. Il periodo aureo della scuola è ritenuto quello dal i ' XI al XIII secolo. È in questo periodo che viene redatto un poema popolare che verrà diffuso in tutto il mondo conosciuto sotto varie denomina­ zioni. Il testo latino viene tradotto in tutte le lingue: in particolare sono celebri le edizioni veneziane del 1 549 e 1 566. Una tarda tradu­ zione erudita fu curata nel 1 733 da Fulvio Gherli, Protomedico di Guastalla. È a questa edizione, ristampata nel 1 954 e che riporta an­ che il testo latino, cui ci rifaremo 7 • In primo luogo è bene notare i discreti riferimenti contenuti nel testo ai medici antichi: Asclepio, Ippocrate, Galeno. In particolare 6. Sembra quasi di ritrovare in Galeno un'intuizione simile a quella di Pasca!: "Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce". 7. Per una ricostruzione delle origini e delle varie versioni della Regola Salerni­ tana si vedano Musitelli [ 1 967], Lafaille e Hiemstra [ 1 990] e l ' introduzione all 'edi­ zione del 1 954 citata [Gerli 1 954]. 484

si nota la ripresa del tema ippocratico, ricordato anche da Foucault, che «La dieta poi del medicar è mèta, l E chi lei non apprezza, an­ corché sano, l Mal regge, e infermo poi non ben cura» [af. LVII] . La regola inizia con indicazioni riguardo alle attività igieniche, ma anche mentali quotidiane: consiglia, ad esempio, di rivolgere lo sguardo al mattino verso i monti e la sera alle fonti. Seguono poi in dicazioni specifiche circa i modi di assumere i cibi, i valori nutri­ zionali, gli effetti di bevande, sapori, erbe, carni, alimenti vari. In questo ambito si ritrovano indicazioni circa la sintonia e il contra­ sto fra certe sostanze e Venere. Per esempio: "Ruta viris coitum mi­ nuit, mulieribus auget" [af. LXIII], ossia la ruta raffredda l ' uomo, m a accende la donna. I bagni, il vino, il vento, alcuni ortaggi sono accostati al coito e a Venere come rischi per il benessere degli oc­ chi [af. LXXX] . Nella parte dedicata ai consigli d a seguire nei cambi d i stagione s i riprende l a tradizionale indicazione sulla necessaria moderazione dei rapporti sessuali nei periodi estivi più caldi e nei passaggi fra inver­ no e primavera [af. LXXXVII]. Segue poi una trattazione degli umori: sanguis, cholera, phlegma, melancholia. L'uomo che ha un carattere sanguigno viene descritto come: «Faceto, allegro, . . . /Cui piace assai Venere, . . . /Amante, liberale e rubicondo, /Benigno, au­ dace, e di bè canti amico>> [af. XC]. L'ultima parte del regime è de­ dicata alla pratica medica più utilizzata al tempo, ossia il cavar san­ gue (phlebotomia). Fra le molte indicazioni si osserva: «Della flebo­ tomia sono gli effetti, Rallegrar l ' Uom sdegnato, e l 'Uomo triste, l Placar l ' amante, acciò non perda il senno>> [af. CIII] . Nel complesso si può notare che gran parte delle indicazioni ruo­ tano intorno al cibo, al carattere, ai luoghi e alle stagioni; scarse at­ tenzioni sono invece dedicate ali 'esercizio fisico. L'attività sessuale compare solo incidentalmente, quasi sempre riferita ali 'uomo, e sembra trattata come un ' attività naturale e scontata che presenta però qualche rischio per chi ne abusa o ne usa male (follia, male agl i occhi). Naturalmente, come affermano Lafaille e Hiemstra [ 1 990], un'ap­ profondita valutazione del Regimen va collocata nel contesto della te oria umorale a cui gli autori si rifanno (che, ad esempio, fa deriva­ re lo sperma dal phegma) e nel quadro di complesse corrispondenze simboliche e cosmiche implicite (ad esempio fra segno astrologico del Leone, elemento fuoco, principio maschile e cholera, da una par­ te, Acquario, elemento acqua, principio femminile e phegma, dall 'altro). Nel testo è privilegiata una specifica immagine di uomo 485

(attivo, gioioso, "sanguigno", ma non aggressivo) e un'idea di salute (come equilibrio fra i vari "umori" costitutivi). L'olismo naturalista che ispira la Regola Salernitana si coniuga però con un implicito orientamento dualista, direttamente ricavato dal pensiero classico greco. In esso, infatti, non si fanno riferimenti alla dimensione spirituale o religiosa e nemmeno a quella coscien­ ziale. Il modello logico sottostante è quello di un controllo dal basso delle emozioni e del temperamento, in particolare attraverso la rego­ lazione della phlebotomia che incorpora un rituale della durata di al­ cuni giorni. La posizione della sessualità in questo quadro paradigmatico e culturale è ambivalente: da una parte essa pare rientrare nella natu­ ralità e partecipare dell'equilibrio degli umori. È solo in termini di quantità eccessiva che essa può tradursi in squilibrio e quindi pro­ durre effetti patologici (esempio malattia mentale, disturbi della v i­ sta ecc.). Per contro il dualismo implicito colloca la sessualità (e i l principio femminile) nel solo ordine naturale, mentre pone la co­ scienza, lo spirito (e ' il principio maschile) nell'ordine del Logos e della cultura. Per quanto il Regime sembri far propria una valutazio­ ne positiva della sessualità, esso lascia aperto un conflitto latente fra ordine morale e ordine naturale. Come sottolineano ancora Lafaille e Hiemstra [ 1 990] , da una parte esso sembra costituire un sorpren­ dente spazio di laicità ali 'interno del panorama culturale medioeva­ le, ma, al contempo, esso evidenzia aspetti ideologici impliciti, alcu­ ni dei quali ancora attuali, inclusi nei programmi di vita sana. Se­ condo gli autori questi non possono essere evitati, ma vanno esplici­ tati e vanno discussi all 'interno delle teorie e dei programmi di vita sana intorno ai quali si sta accendendo un nuovo interesse in questo momento storico. 9. Stili di vita nella società post-moderna: rischi e opportunità

Da alcuni secoli la medicina si è lasciata alle spalle l'impegno di; preparare dei regimi di vita sana. Essa ha naturalmente continuato ad elargire consigli in termini di educazione sanitaria, prevenzione,: igiene, medicina sociale, ma non ha più ritenuto compito proprio, quello di elaborare una filosofia e tecnica di vita che segua l 'uomO; non malato nella quotidianità. Da parte sua la società non ha più n..: volto questa domanda alla scienza medica, ma si è affidata piuttostq: ad un più generale progresso tecnico e politico. 486

Solo in tempi recenti la questione dei modi di vita è ritornata a suscitare una certa attenzione, in particolare in sede di Organizzazio­ ne Mondiale della Sanità. Anche la prospettiva della prevenzione n el corso degli anni '60 e '70, sostenuta dalla ricerca epidemiologi­ ca, aveva comportato riflessioni sulle condizioni di vita, ma esse erano più poste a carico delle situazioni lavorative, abitative e di reddito che delle scelte personali. Nel corso degli anni ' 80 si assume i nvece che la combinazione dei fattori di rischio non sia legata solo a fattori estrinseci, ma bensì agli stili di vita metropolitani, che han­ no però delle importanti variazioni a livello locale, di gruppo e per­ sonale. I movimenti della saffite della fine degli anni '70 e degli an­ ni ' 80 non esprimono solo una critica alla rischiosità della vita so­ ciale moderna e ali 'inadeguatezza della medicina ad affrontarla, essi manifestano anche una nuova aspirazione alla qualità della vita e al­ la vita sana, che non necessariamente assume l 'aspetto del lusso e dei più alti consumi, ma può essere coniugata con un migliore rap­ porto con tutto ciò che è "naturale" e con un uso più oculato delle risorse e delle tecniche. Si manifesta anche l 'aspirazione a stili di vi­ ta più "femminili" e "olistici", ossia più centrati sulla conoscenza di sé, su relazioni "dolci" col partner e coi figli, sulla cura del com­ plesso corpo-mente 8 . Accanto a queste tendenze "ecologiche", la società dell 'immagine propone e poi impone un modello di corpo-abito capace di assolvere alle esigenze di presentazione sociale, in adeguamento alle richieste della moda, al variare delle "identità", agli stilemi di appartenenza o al desiderio di accesso a determinati ambienti sociali, in generale alle richieste veicolate dalla comunicazione di massa. In questo contesto la salute-virtuale o esibita assume un forte contenuto prescrittivo ed è coniugata con un'accentuata connotazione erotica. La creazione del desiderio e l 'ideologia del piacere, di cui la sessualità è la massima espressione e simbolo, costituiscono l'asse centrale della comunica­ zione pubblicitaria. Salute, bellezza e appetibilità sessuale si congiun­ gono nei "miti" della star, della top mode!, del protagonista della soap upera e costituiscono le chiavi di accesso alla ricchezza e al successo. Di fianco a questo benessere-di-moda diffuso sorge uno specifico settore comunicativo legato alla divulgazione degli "stili di vita sa­ ni''. Esso è costituito principalmente da riviste mensili e trasmissioni televisive, notevolmente espansesi in Italia nel corso degli anni '80. 8. Per un approfondimento della nuova cultura del corpo cfr. Galimberti [ 1 983], Le Breton [(a cura di) 1 99 1 ], Bosi e Cundo [ 1 995] .

487

Pubblicazioni manualistiche generali e specializzate sono conse­ guentemente apparse, affiancandosi a quelle di carattere medico-di­ vulgativo dedicate al "curarsi da soli" e alla formazione del pazien­ te-informato. A partire dagli anni '90 si generalizza la presenza di rubriche e inserti-salute in quasi tutti i quotidiani, tanto nazionali quanto locali, e nei settimanali, estendendo una tipologia in passato presente solo nelle riviste dedicate al pubblico femminile. Queste pubblicazioni sembrano seguire tre filoni principali: in primo luogo quello della forma fisica e della cosmetica. Le pubbli­ cazioni dedicate prevalentemente a questo tema sembrano rivolgersi ad un pubblico femminile di livello culturale medio-basso e ricalca­ no il modello delle tradizionali riviste per donne dedicate alla moda e alla casa. Un secondo filone è quello della prevenzione, dell 'infor­ mazione medica, delle tecnologie a disposizione del ben-apparire e del ben-mantenere: questo gruppo si rivolge ad un pubblico di me­ dia-alta cultura con una notevole p� senza maschile; un terzo filone è caratterizzato dali ' interesse per il benessere psicologico, talvolta ad impianto psicosomatico. Tuttavia, salvo alcuni casi di riviste spe­ cializzate con questo taglio, è più frequente l ' inclusione di questa chiave in riviste onnicomprensive. Queste dedicano molto spazio all 'illustrazione delle opportunità presenti nei sistemi di salute locali e nazionali, comprendendo tecniche e informazioni medico-sanita­ rie, indicazioni psicologiche, problemi etici e di costume, pratiche alternative e tecniche del corpo. La combinazione dei vari temi ga­ rantisce a queste riviste, oltre che una larga diffusione, una pluralità di pubblici e un certo equilibrio fra i sessi dei lettori. La sessualità, nella forma del consiglio tecnico-anatomico o psico­ logico-relazionale è spesso presente, seppur forse meno diffusamente che nelle prime riviste dedicate allo "star bene" durante gli anni '70. Essa diventa comunque una parte del benessere personale e del "co­ noscersi", mentre le tematiche si evolvono a seconda dei temi che man mano vengono portati ali 'attenzione del pubblico. Così, ad esempio, una recente Guida per Conoscersi, ampiamente pubbliciz­ zata, "fissa alcuni punti fermi per vivere, o recuperare, una sessualità felice", essa tratta di "tutti i modi per star bene insieme"; i segreti per avere un rapporto sempre più appagante; i sentimenti da coltiva­ re per farlo esplodere; le modalità per avere un rapporto sicuro e "protetto"; le "soluzioni" ai problemi sessuali maschili e femminili. Il vivere bene insieme al partner fa quindi parte del benessere perso­ nale, ma vi è sempre un di più da raggiungere e i sentimenti possono essere coltivati per creare la miscela adeguata. Nel caso di difficoltà vi sono soluzioni tecniche o terapeutiche ad hoc disponibili. 488

La cultura dell'efficienza e del problem solving applicata alla "'sessualità sana" apre tuttavia altrettanti problemi di quanti non ne affronti. Come ha scritto Melucci: «La cultura della prestazione, spogliando il sesso dalla sua carica erotica, lo riduce a una ginnasti­ ca per orgasmi. La divulgazione medica e scientifica sulla sessualità alimenta modelli di efficienza e istituisce standard di comportamen­ to che accreditano criteri e requisiti per una "vita sessuale soddisfa­ cente". Nei modelli culturali diffusi dai media e dal mercato il corpo diventa una macchina per esibizioni sessuali . Ci troviamo esposti a un eccesso di stimoli (soprattutto visivi) di natura sessuale, ma la sovrabbondanza dei messaggi priva il sesso della sua carica erotica e lo riduce alla dimensione genitale. Una sessualità esibita ma de-ero­ tizzata favorisce la neutralizzazione del desiderio» [ 1 99 1 : 1 25]. La quasi totale scissione fra sessualità e riproduzione, sostenuta dalla diffusione della contraccezione e dal l 'introduzione della fecon­ dazione assistita, accompagnata dalla forte soggettivizzazione e in­ stabilità dell'incontro amoroso, introdotte dalla modernizzazione, hanno fatto uscire la relazione di coppia dagli angusti ma rassicuran­ ti binari della morale tradizionale di impianto naturalistico-religioso, aprendo ad un nuovo panorama di scelte e possibilità. L'aumento di difficoltà sessuali, sterilità, disfunzioni, insicurezze manifesta tutta­ via i l difficile adattamento dei partner alla nuova situazione e la pro­ blematica compatibilità con le estetiche dell 'esistenza post-moderne. L'allargamento dei confini e delle possibilità a livello di comuni­ cazione viene frenato e orientato dai vincoli delle risorse sociali, personali, culturali. Tuttavia anche quando le alternative sono poche o inesistenti secondo Beck [ 1 992] " . . . non possiamo non decidere". Nella società dei rischi i soggetti dispongono di un set di materiali da costruzione che devono assemblare: ne risulta una biografia "fai­ da-te" in cui molti elementi essenziali dell ' identità sono conseguen­ za delle scelte, spesso implicite, che vengono via via compiute. An­ che per Giddens [ 1 99 1 , 1 992] gli uomini nella tarda-modernità si connotano per la loro autoriflessività: essi si trovano a scegliere fra diverse opzioni quali stili di vita adottare. Si realizza potenzialmente una sorta di democrazia della vita quotidiana, basata su li 'autonomia personale, che richiede però un ambito pubblico di dibattito in cui temi come la sessualità, l ' amore, le emozioni e le relazioni vengono affrontati per non essere abbandonati alla pura occasionalità e al sentire momentaneo 9. 9. Circa l 'emergere di nuovi orientamenti "biopolitici" rispetto alla salute, al sesso, all'ambiente, alla razza cfr. la riflessione iniziata da Fehér e Heller [ 1 994].

489

La necessità di superare il presunto spontaneismo si fa strada di­ minuendo le distanze fra salute e sessualità: «Senza prevedibilità e senza continuità l 'amore non potrebbe vivere e abbiamo bisogno di un patto, magari negoziato e reversibile. Ma se i l fondamento dell 'amore diventa unicamente la scelta, ogni difficoltà, ogni espe­ rienza di distanza dall' altro, ci rimanda alla scelta e rimette in que­ stione il patto. Sembra dunque che l ' amore non possa che oltrepas­ sare il patto e cercare ancora altrove il suo fondamento. La gratuità ci apre a una dimensione spirituale e ci porta verso quella parte di noi stessi che molte tradizioni del passato hanno identificato come la forza creativa dell'eros. Essa va oltre i nostri rapporti immediati e ci mette in relazione col cosmo. Un eros svincolato dagli obblighi ri­ produttivi può aiutarci a trovare nuovi linguaggi per nominare l ' amore e per riformulare con parole terrene il nostro bisogno di su­ perare l ' alterità e di rispettarne il limite» [Melucci 1 99 1 : 1 26- 1 27]. 10. Verso u n a relazionalità estetica fra salute e sessualità

In conclusione dell 'accidentato percorso che ci ha portato a con­ frontare sessualità e salute, ritrovando spesso al loro interno i segni simbolici del fuoco e del l ' acqua, del rosso e del blu, ci chiediamo quale tipo di accostamento si sta sviluppando nell 'astratto scenario post-moderno. Le analisi dei "testimoni privilegiati" e degli avveni­ menti politico-sociali evidenziano la necessità di un superamento dei paradossi e dei limiti materialistico-dualistici del moderno [Compa­ gnon 1 993]. Per intravedere l'evoluzione in corso ci può soccorrere l ' analogia con la logica espressiva della pittura. Ipotizzando il supe­ ramento tanto del realismo oggettivi sta che del l ' impressionismo soggettivista, Kandinsky, nella sua riflessione sullo Spirituale nell' arte [ 1 989] , preconizzava l ' avvento dell 'astratto, come combi­ nazione di forme pure e colori capace di esprimere le dinamiche del­ la vita spirituale. Per quanto riguarda il colore, Kandinsky rilevava l ' importanza, ma anche il limite delle teorie psicologiche del colore, per cui ad un determinato colore corrisponde una sensazione: «Ad esempio il rosso, essendo il colore della fiamma, potrebbe provocare un'emozione mentale simile alla fiamma. Il rosso fiamma ha un ef­ fetto eccitante che può persino provocare sofferenza, forse perché assomiglia al sangue» [ 1 989: 44] . Le teorie associative non bastano in quanto, da una parte, i «fatti dimostrano che il colore ha una for­ za, poco studiata ma immensa, che può influenzare il corpo umano, 490

come organismo fisico» [iv i], dali ' altra, che è il rapporto estetico fra artista e sensibilità deli' osservatore, e non un automatismo psichico, che produce quella sorta di comunicazione efficace, trasformativa di cui è capace l ' arte: «Il colore è il tasto. L'occhio il martelletto. L'anima è un pianoforte con molte corde. L'artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l 'anima» [ibidem: 46]. Da parte sua la forma corrisponde ad un determinato suono o pro­ fumo: «Ogni triangolo (sia acuto, rettangolo o equilatero) ha un suo profumo spirituale. Paragonato ad altre forme questo profumo si dif­ ferenzia, acquista delle sfumature, ma rimane fondamentalmente im­ mutabile, come il profumo della rosa, che non si può confondere con quello della mammola» [ibidem: 48]. La combinazione fra colo­ re e forma corrisponde allora a quella fra «sostanza soggettiva e in­ volucro oggettivo», per cui: «è facile notare che certi colori sono potenziati da certe forme e indeboliti da altre. In ogni caso i colori squillanti si intensificano se sono posti entro forme acute (per esem­ pio il giallo in un triangolo); i colori che amano la profondità sono rafforzati da forme tonde (l 'azzurro, per esempio, da un cerchio). È chiaro però che, se una forma è inadatta a un colore, non siamo di fronte ad una "disarmonia", ma a una nuova possibilità, cioè ad una nuova armonia» [ibidem: 49] . Questo "modello" di analisi pittorica, singolarmente consonante con quello delle forme sociali di Simmel, ci può forse aiutare a co­ gliere l ' attuale dialettica fra i pattern entro cui si sono configurate la sessualità e la salute nel! ' epoca moderna e i loro debordamenti nella fase post-moderna. L'Esprit de geometrie, che ha segnato in modo prevalente la scienza e la razionalità moderna, ha delimitato la ses­ sualità e la salute ali ' interno di forme mentali e sociali parzialmente sovrapposte, ma interiormente confliggenti, oome quelle del triango­ lo e del cerchio. La coloritura che queste forme hanno assunto nell'evoluzione storica, in particolare nei vissuti e nei movimenti collettivi, è stata cangiante: per la sessualità si è passati dai colori naturalistici e puri della classicità, a quelli tenui e controllati sette­ centeschi, a quelli più torbidi e coprenti del! 'Ottocento, fino alle va­ rie tonalità di rosso del Novecento. Nella salute si è passati dal l 'as­ solutizzazione dei colori antitetici bianco/nero, conseguenti ali 'affer­ mazione del paradigma biomedico, al fluire di rivoli azzurri, verdi e blu conseguenti alla comparsa di correnti psico-somatiste, socio-pre­ ventive, ambientaliste, ecologico-relazionali. Le forme del soggettivismo privatistico, per quanto riguarda l 'eros, e dell 'universalismo naturalisti co e tecnologico, per quanto 491

riguarda la salute, hanno manifestato in vari modi la loro inadegua­ tezza, specie nell'ultimo quarto di questo secolo, ma non si è ancora imposto un efficace superamento. Le diverse eresie innovatrici del "paradigma normale" non hanno finora trovato un ascolto decisivo. La sfida della complessità nell'ambito sociale e delle idee [Morin I 994; Bateson e Bateson 1 989] e nell 'ambito scientifico [Bacchi c Ceruti (a cura di) 1 985] è partita, ma il suo esito è incerto. Nel frat­ tempo si succedono e si articolano le coloriture e le sfumature dei due campi, che vanno dall 'estremo di un forte distanziamento oppo­ sitivo di piacere e rigore, contenuto nella forma dell' individualismo narcisistico, fino all 'opposto avvicinamento compositivo generato da un'estetica delle differenze di amore e benessere. Gli scenari post­ modemi prodotti da questa morfogenesi non sono esattamente pre­ vedibili: si può ipotizzare tuttavia che essi conterranno, in equilibrio instabile, gli sviluppi delle premesse che si vanno ponendo in questa fase segnata da frantumazioni, paure, conflitti, ma anche da una rin­ novata ricerca interiore ed esteriore. Da parte nostra possiamo auspi­ care, con Kandinsky, che i processi di schismogenesi in corso [Bate­ son 1 976] possano trovare sbocchi creativi, come nella composizio­ ne fra colori caldi e centrifughi del giallo-rosso e colori freddi e cen­ tripeti del blu-azzurro, che, com'è noto, genera varie sfumature di verde: «Da un punto di vista musicale l 'azzurro assomiglia ad un flauto, il blu ad un violoncello o, quando diventa molto scuro al suo­ no meraviglioso del contrabbasso; nella sua dimensione più scura e solenne ha il suono profondo di un organo. Il giallo diventa facil­ mente acuto e non è mai molto profondo. ( . . . ) Mescolando questi due colori diametralmente opposti in un equilibrio ideale si forma il verde. ( . . . ) Nasce la quiete . . . [ma] il verde fa annoiare (effetto passivo). ( . . . ) Quando il verde assoluto perde il suo equilibrio, si alza verso il giallo e diventa vivo, giovane, gioioso. ( . . . ) Se invece si oscura per un eccesso di blu ha un suono completamente diverso: diventa serio e per così dire pensieroso. Anche in questo caso inter­ viene un elemento attivo, ma tutt'altro che caldo>> [Kandinsky 1 989: 63-66]. In attesa degli sviluppi di questa ecologia sociale e delle idee che coinvolgerà le generazioni future, resta a noi contemporanei la ne­ cessità di affrontare il rischio dell'uscita dalle forme codificate della salute e della sessualità e l 'avventura della ricerca di una estetica dell 'esistenza coerente con la percezione d 'essere parte di un "pat­ tern che connette" [Bateson 1 984].

492

. III. Temi di sociologia della sessualità

Recita a soggetto. Sessualità e scelte procreative di Francesca Cremonini

A mia madre e a mio padre l. Premessa

Nel presente contributo intendo analizzare la sessualità sul ver­ sante delle scelte procreative, nel tentativo di comprendere se questi due aspetti, da sempre biologicamente e intrinsecamente congiunti, possano ancora essere considerati "inscindibili" alla luce dei com­ portamenti sessuali odierni, non solo nell'ottica di una pratica ses­ suale che inibisce il proprio potenziale procreativo, ma anche nel senso di spinte alla riproduzione non più vissute come evento princi­ palmente "naturale", bensì come fatto soprattutto psicologico, socia­ le e culturale o, in altre parole, come "scelta consapevole". La tesi qui proposta consiste nel considerare la sessualità, nelle sue espressioni del l 'agire quotidiano e nei significati di valore ad es­ sa collegati, come aspetto dell' identità individuale che pur essendo attinente alla sfera privata è in realtà fortemente condizionato dai paradigmi culturali e sociali di riferimento per i soggetti coinvolti. Tale assunto di partenza permette di rintracciare una trasformazione storica della sessualità, nelle interpretazioni etiche e morali che ne sono state date, nel suo aspetto di fattore coinvolto nella costruzione dell'identità sociale e personale, negli stessi comportamenti agiti, che hanno portato da una concezione della sessualità, principalmen­ te, come strumento di riproduzione e conservazione della specie ad un'emancipazione della stessa che assurge ad ambito privilegiato di ricerca del piacere e di comunicazione tra soggetti. Tale trasforma­ zione è collegata alle varie concezioni dell'amore che sono state ela­ borate nel tempo e alle forme della relazione ideale uomo-donna prodotte dalle successive culture, ma, a mio avviso, l 'elemento che più di ogni altro ha prodotto i cambiamenti attuali in tali ambiti è 495

I ' evoluzione del ruolo sociale e dell' identità di genere delle donne. Sono soprattutto la crescente rilevanza della partecipazione femmi­ nile alla sessualità e le diverse interpretazioni date all 'esperienza della maternità che hanno contribuito a scardinare la rigida equazio­ ne da sempre vigente tra sessualità e procreazione e che hanno in­ dotto differenti strategie, sia individuali che di coppia, rispetto a questo classico binomio. Della chiave di lettura proposta tenterò di dar conto nelle pagine che seguono.

2. Mutamenti nel binomio sessualità-procreazione: verso una di­ varicazione

La presente riflessione prende l'avvio dali 'analisi delle varie let­ ture morali circa la sessualità, e il suo collegamento con la procrea­ zione, date nei secoli da alcune tra le principali correnti di pensiero filosofico o religioso, al fine di rintracciare le radici delle dottrine da cui poi si sono sviluppati i cambiamenti di prospettiva in atto nel mondo occidentale; per questo motivo sono stati volutamente esclusi riferimenti alle interpretazioni e ai vissuti della sessualità dati da al­ tre culture, che avrebbero comportato un allargamento di campo inu­ tile ai fini del presente lavoro e aleatorio per la chiara comprensione dei fenomeni in oggetto. I filosofi greci «attribuivano all'inclinazione al piacere un grande significato nella scala dei valori della vita umana)) [Ranke-Heine­ mann 1 990: 1 3] , ma già nell 'antichità classica si manifestano cor­ renti di pensiero che, sebbene in vario modo, condannano la ricerca del piacere sessuale: la scuola degli Stoici (300 a.C. circa) nei primi due secoli dopo Cristo ha assunto una prospettiva che rifiuta l 'incli­ nazione al piacere e propone i valç>ri fondamentali, rispetto alla ses­ sualità, che saranno poi presenti anche nel Cristianesimo: esaltazio­ ne della verginità, pratica sessuale circoscritta ali 'interno del matri­ monio, scopo procreativo del l 'accoppiamento e, di conseguenza, condanna de !l'omosessualità. Sempre nello stesso periodo, la Gnosi, un movimento proveniente dali 'Oriente - probabilmente dalla Persia - apporta un'ulteriore chiusura nel senso della mortificazione ses­ suale: poiché il vero essere dell'uomo è l 'anima, prigioniera del cor­ po e impedita dalle gioie del mondo nel suo cammino verso il Dio della luce, la Gnosi è il primo movimento che demonizza ogni realtà corporea e materiale e predica l 'astensione dal soddisfacimento de­ gli istinti. Da questo quadro si distacca, in parte, l 'Ebraismo, che 496

non mortifica tutto quanto è corporeo, ma che comunque individua come scopo primo del matrimonio la procreazione, come emerge dal pensiero del filosofo ebreo-greco Filone di Alessandria, il quale «ri­ tiene che il rapporto sessuale nel matrimonio debba avvenire solo in vista della procreazione, non del piacere sessuale» [ibidem: 20] e per questo motivo, ad esempio, proibisce l'accoppiamento nel perio­ do delle mestruazioni in quanto non adatto al concepimento. Per quanto riguarda il Cristianesimo, «Nei Vangeli non appare alcuna dichiarazione del Cristo sul peccato originale. Clemente d' Alessan­ dria (circa 1 50-2 1 5 ) è il primo ad aver accostato il peccato originale ali ' atto sessuale. ( . . . ) Ma è sant'Agostino che lega definitivamente, attraverso la concupiscenza, peccato originale e sessualità» [Le Goff 1 986: 147]. Infatti, nei primi secoli dopo Cristo, la Patristica è la corrente di pensiero che per prima ha approfondito e reso sistematici i vari aspetti della dottrina e, tra i padri della chiesa, Sant'Agostino è stato sicuramente il pensatore più importante per quanto riguarda la morale sessuale. Nei suoi dettami è molto chiaro che i coniugi de­ vono congiungersi al solo scopo di generare figli e che se, perse­ guendo questo fine, "cedono al piacere" compiono un peccato mor­ tale [Ranke-Heinemann 1 990]. Quindi è soprattutto questa fase del Cristianesimo che riesce ad operare un cambiamento a livello di comportamenti collettivi, sebbene anche altri sistemi di pensiero procedessero con le loro dottrine in tal senso. Questa almeno è l'opinione di Le Goff, secondo il quale il Cristianesimo ha «trasfor­ mato una tendenza minoritaria in comportamento "normale" della maggioranza, in ogni caso delle classi dominanti, aristocratiche e/o urbane, e fornito ( . . . ) un controllo sociale e ideologico rigoroso, esercitato dalla Chiesa e dal potere laico al suo servizio» [ 1 986: 1 42]. L'etica cattolica, durante il Medioevo, ha realizzato un pro­ gressivo restringimento rispetto alla sessualità, ricercando nella Bib­ bia le basi per divieti sessuali sempre più pressanti, soprattutto nei riguardi dei coniugi, giacché anche se il matrimonio era considerato il male minore consentiva un congiungimento carnale mai scevro dalla concupiscenza e, perciò, dal peccato; si pensi che secondo le prescrizioni del calendario ecclesiastico nell' VIII secolo, una volta esclusi i periodi "interdetti", le unioni coniugali erano consentite so­ lo in 9 1 -93 giorni dell'anno, dai quali occorreva decurtare anche i periodi nei quali la donna veniva considerata "impura" (mestruazio­ ni, gravidanza, periodo post partum) [ibidem]. Proseguendo nei secoli, le varie fasi culturali che si sono succedo­ te, pur proponendo idealizzazioni differenti del rapporto fra i sessi, 497

non hanno mai sovvertito la gerarchia fra amore e sessualità, conti- ' nuando a considerare la seconda come "lato oscuro" del primo. M a • possiamo ritenere che sia ancora così nella società odierna? Interes­ sante appare il concetto espresso con molta chiarezza da un contem­ poraneo docente di morale: «Sicuramente una delle funzioni più im­ portanti del sesso è quella della procreazione. ( . . . ) La verità è che sono proprio gli animali quelli che usano il sesso solo per procreare, così come usano il cibo solo per nutrirsi e l 'esercizio fisico solo per mantenersi in salute; noi esseri umani, invece, abbiamo inventato l 'erotismo, la gastronomia e lo sport ( . . . ) Più si separa il sesso dalla semplice procreazione più diventa umano e meno animale» [Savater 1 994: 86-87]. Tale, apparentemente semplice, osservazione in realtà riflette il pensiero dei tempi e determina una rottura rispetto al pas­ sato: nel sentire comune, al di là di ciò che ancor oggi propongono i grandi riferimenti religiosi istituzionali, è stata interiorizzata l ' idea che la procreazione non sia lo scopo unico e primo della sessualità; inoltre la ricerca del piacere, che certamente è sempre stata praticata almeno da una componente minoritaria della società, solo adesso è universalmente accettpta come tale; infine, si sottolinea l 'importanza del dato culturale (nel senso di opposto a naturale) nella costruzione della sessualità. Occorre interrogarsi, quindi, su quale sia il signifi­ cato attualmente attribuito ad essa. Per Giddens, la sessualità «È diventata qualcosa che ciascuno di noi "ha" o coltiva, piuttosto che una condizione naturale che l 'indi­ viduo accetta come un dato di fatto. ( . . . ) funziona come un tratto malleabile dell'essere, un nesso primario fra il corpo, l 'identità di sé e le regole sociali» [ 1 995: 23]. Siamo di fronte, quindi, a una tra­ sformazione radicale del senso attribuito alla sessualità che, da un punto di v ista sociologico, coinvolge più livelli, come ben messo in luce da Roberta Furlotti: uno culturale, come complesso delle norme che regolano «l 'istinto biologico del sesso e della procreazione»; uno relazionale, nell ' immagine «che ciascuno dei soggetti interagen­ ti ha di sé, dell ' altro e della reciproca differenza, in quanto esseri culturalmente e biologicamente sessuali»; uno biologico, «connesso alla ricerca del piacere come principio vitale costitutivo, che regola il comportamento di ogni essere vivente e veicola la riproduzione della specie»; uno sociale, «in cui la specificità biologica e sessuata del comportamento di relazione appare irriducibile, e per ciò stesso più evidente>> [ 1 994: 1 40- 1 4 1 ] . In altre parole, la componente ripro­ duttiva della sessualità diventa solo una tra le altre, mentre acquista­ no sempre maggiore importanza la funzione di costruzione del­ l 'identità e la funzione comunicativa. 498

Stabilita storicamente la trasformazione concettuale avvenuta nel rapporto tra sessualità e riproduzione, è necessario esaminare in mo­ do più approfondito il percorso avvenuto in tali ambiti. 3. Uomini e donne

a confronto

Valutare i cambiamenti di prospettiva nel rapporto tra sessualità e scelte procreative comporta una necessaria distinzione tra il modo maschile e il modo femminile di rapportarsi ad esso. Infatti, queste componenti fondamentali della vita acquistano, al di là del tempo storico e della cultura di riferimento, coloriture diverse in base al genere di appartenenza. Si può affermare in modo abbastanza sicuro che sul versante ma­ schile, generalmente, sessualità e potenziale procreativo siano sem­ pre stati distinti, e che la ricerca del piacere venga esperita senza un diretto, inevitabile e costante rimando ali ' eventualità di diventare padre. Per una donna l ' atto sessuale é stato, prima nei fatti, ora so­ prattutto psicologicamente, sempre un potenziale atto generativo, nel senso che, fino ali ' introduzione di metodi contraccettivi sicuri e a controllo diretto, per lungo tempo la donna «ha dovuto stabilire una strettissima connessione, quasi un'identità, tra attività sessuale e gra­ vidanza» [Codispoti B attacchi e De Aloydio 1 98 1 : 1 1 ]. Oltre a que­ sto aspetto, di prima evidenza, è opportuno ricordare che l ' identità in generale di un soggetto, e in essa l 'identità sessuale, viene co­ struita anche a partire dall 'essere biologicamente uomo o donna. In­ tendo dire che accanto ai condizionamenti sociali e culturali che vei­ colano il "femminile" e il "maschile" sulla base di ruoli sociali, abi­ tudini e stereotipi, l 'identità di genere è costituita anche da fattori psicologici, a loro volta influenzati dalla base biologica: poiché «il fondamento della nostra identità personale sta nel vissuto del nostro corpo» è evidente che le differenze corporee tra i sessi conducono anche a differenze psicologiche [ibidem: 1 4] . E chiaro, quindi, che la consapevolezza e l 'atteggiamento di un soggetto nel vivere la pro­ pria sessualità e nel prevedeme i possibili risvolti generativi vengo­ no influenzati dalla prospettiva di genere, in uno stretto intreccio di differenze biologiche, sociali e culturali tra maschile e femminile 1 • Analizziamo distintamente i due aspetti di tale rapporto. l . Gli studiosi intendono, solitamente, riferirsi con "sex" alle differenze sociali e culturali tra maschile e femminile e con "gender" alle differenze biologiche tra uo­ mo e donna; la prospettiva di chi scrive è che comunque entrambi i versanti concor­ rano a strutturare i diversi aspetti dei singoli vissuti. A proposito del Sex/Gender sy­ stem si veda, ad esempio, Rubin G. ( 1 976), Lo scambio delle donne. Una rilettura di Mm�r. Engels. Lévi-Strauss e Freud, "Nuova dwf', n. l : 23-65. 499

3 . 1 . Comportamenti sessuali maschili e femminili Tra le tante trasformazioni che segnano il passaggio dalle società premoderne e moderne a quella contemporanea possiamo assomma­ re anche i mutamenti nelle interpretazioni e nei collegamenti tra re­ lazione amorosa ed espressione della sessualità, con gli aspetti an­ nessi del significato delle unioni matrimoniali e delle conseguenze procreative. Per rintracciare tali metamorfosi, può essere utile pren­ dere le mosse dal cambiamento di interpretazione morale della figu­ ra femminile avvenuta in Inghilterra attorno al 1 700, perché appare come la radice di partenza di una divaricazione che ha poi condizio­ nato e strutturato il differente modo di concepire e vivere la sessua­ lità a seconda del genere di appartenenza. A partire dalla fine del 1 400 fino a tutto il 1 600, si erano realizza­ te, in quattro momenti successivi, quelle che gli storici definiscono "dispute delle donne", ovvero scambi di trattati, poemi e libelli tra pensatori che si schieravano in difesa o contro le donne. Tuttavia, non si deve immaginare che il livello della discussione riguardasse opzioni di parità o riconoscimento pubblico e politico dei soggetti in causa, come è avvenuto con i primi movimenti femministi; il campo del contendere era fermo, piuttosto, a stabilire se le donne possedes­ sero o meno alcune virtù, soprattutto di carattere estetico e morale, o solamente difetti e vizi [Lever 1 986]. Nelle analisi proposte da Lei­ ters, a partire dal 1 700 la convinzione precedente, per cui le donne sarebbero più inclini alla lussuria rispetto agli uomini, si ribalta, sul­ la base dalle concezioni dei puritani del 1 600 e dell 'umanesimo cri­ stiano del XV e XVI secolo, e si afferma una lettura della donna co­ me «pura in virtù della forza con cui la sua stessa coscienza interio­ re si impone ai suoi pensieri e ai suoi sentimenti; tale coscienza esercita su di lei un predominio così massiccio da impedire perfino il riconoscimento dei propri bisogni sessuali)) [Leiters 1 988: 1 65]. Stando a quanto affermato dall'autore, nella prospettiva che inizia a circolare nel XVIII secolo la donna possederebbe una purezza, un . rigore morale superiore a quello dell'uomo e talmente forte da per­ metterle di controllare i propri impulsi carnali, cosicché la sessualità femminile sarebbe più "debole" rispetto a quella maschile. Ciò che è importante, ai fini della nostra analisi, è la modificazione culturale e sociale che questo cambiamento di prospettiva ha causato: «Questa evoluzione intellettuale potrebbe essere insieme una causa e una conseguenza del cambiamento reale della portata relativa della re­ pressione nei due sessi)) [ibidem: 1 49]. In altre parole, proporre que500

sto modello femminile avrebbe portato l 'educazione a inibire mag­ giormente gli impulsi sessuali nelle donne e a tollerarli negli uomi­ ni, ottenendo dalle donne una forte identificazione nel l ' ideale di ruolo a loro proposto che le ha portate a inibire la propria sessualità, non riconoscendola come un'espressione propria della loro persona­ lità, e a "tollerare" il rapporto sessuale, in quanto mezzo per la pro­ creazione, spogliandolo completamente dagli aspetti connessi alla ri­ cerca del piacere. Accanto agli idealtipi veicolati dalla cultura di riferimento è op­ portuno tentare di rintracciare il concreto vissuto dei singoli. Rife­ rendosi all'epoca vittoriana, Foucault dà una descrizione molto netta d eli ' inversione di tendenza che si compie, soprattutto ali ' interno della borghesia, rispetto ai secoli precedenti: «La sessualità viene al­ lora accuratamente racchiusa. Mette casa. La famiglia coniugale la confisca e l 'assorbe tutta nella serietà della funzione riproduttiva. Intorno al sesso si fa silenzio. La coppia, legittima e procreatrice, detta legge; s;impone come modello» [ 1 978: 9] z_ In un clima gene­ rale di restringimento della morale sessuale e di ripiegamento di questa sulla famiglia, molti studiosi sottolineano la scarsa intimità, intesa come espressioni di affettività e di vicinanza emotiva, che vi­ geva tra le coppie sposate: «È stato affermato che fra i contadini francesi e tedeschi del Settecento, i baci, le carezze ed altre forme di affetto fisico legati al sesso erano assai rari fra le coppie sposate>> [Giddens 1 995 : 48]. Pur su questa base, tuttavia, l 'espressione della sessualità maschile è sempre stata più libera rispetto a quella femmi­ nile, così come la ricerca del piacere si è sempre coniugata con le istanze maschili più che con il soddisfacimento del desiderio di en­ trambi i partner; come ricorda Giddens «gli uomini avevano spesso numerose occasioni d ' intrattenere legami fuori dal matrimonio>) [ivi]. La radice della differenza è proprio questa: mentre la sessualità delle donne è circoscritta al matrimonio, e perciò strettamente legata ali' affettività e ·alla procreazione, gli uomini scindono i loro vissuti e, accanto alla sessualità espressa con la propria moglie, ricercano il piacere sessuale, la "passione" al di fuori del legame coniugale, creando, il più delle volte, una frattura fra sessualità e affettività. 2. È opportuno ricordare, per evitare interpretazioni distorte del pensiero di Fou­ cault, che questi rifiuta la lettura della storia della sessualità come "cronaca di una repressione crescente" e che non avalla la visione secondo la quale la sessualità, li­ bera per secoli, sia stata poi improvvisamente imbrigliata e censurata dall 'epoca vit­ toriana, anche se questo è stato un periodo storico nel quale, sicuramente, la "visi­ bilità" della componente sessuale si è resa più oscura.

501

Accanto a questo comportamento della maggioranza, sono sempre esistite anche donne in grado di vivere liberamente la propria ses­ sualità ricavandone piacere, ma subendo la contropartita della stig­ matizzazione sociale, dell 'emarginazione dalla rispettabilità: «Sol­ tanto nei gruppi aristocratici le donne considerate "rispettabili" go­ devano apertamente di libertà sessuale. La libertà sessuale si accom­ pagna al potere e ne costituisce una forma di espressione» [ibidem: 49] . Qui l 'autore pone l 'accento su un aspetto molto importante del­ la sessualità, il fatto che comunque essa è esercizio di un potere, un potere di libertà, autonomia, "autodeterminazione" se si vuole usare un termine caratterizzante in termini rivendicativi, un potere che per molti secoli è stato appannaggio degli uomini e che ha relegato la maggior parte delle donne, almeno quelle socialmente approvate, al ruolo di passive comparse del l 'espressività sessuale. Shorter, attra­ verso l 'analisi di resoconti e diari di medici e levatrici, statistiche ospedaliere, tradizioni folcloristiche e studi storico-sociali o antropo­ logici degli ultimi cinque secoli, arriva a definire l 'attività sessuale delle donne nel 1 700 come «indipendente dalla loro volontà}}, in una situazione nella quale «i "diritti coniugali" tradizionali esercitati dal marito significavano, in pratica, che la donna sposata non poteva sottrarsi al rapporto sessuale» [Shorter 1 984: 1 5 ] ricavandone un dubbio soddisfacimento. Sul finire del Settecento la cultura inizia a veicolare l 'ideale del l ' amore romantico, dando vita a rapporti in cui « l 'elemento dell'amore sublime tende a prevalere su quello dell 'ardore sessuale» [Giddens 1 995 : 50] 3 . Il grande cambiamento riguarda soprattutto la natura della relazione o, per dirla in altri termini, la natura del "con­ tratto" coniugale: «Nelle società tradizionali l 'amore è percepito co­ me potenzialmente pericoloso e distruttivo delle strategie familiari e della stessa stabilità matrimoniale ( . . . ) ; perciò i matrimoni non ven­ gono lasciati alla decisione dei singoli e allo stesso sentimento amo­ roso viene negato valore rispetto al rapporto coniugale (a favore del rispetto, o della deferenza, o dell'interesse)}} [Saraceno 1 988: 97] . Con l a comparsa del paradigma del l ' amore romantico i parametri nella scelta del coniuge iniziano a trasferirsi da ragioni di natura economica o di opportunità a ragioni emotive di dialogo e comuni­ cazione tra gli sposi, con tutto un correlato di idealizzazione della 3. A proposito della distinzione tra amour passion e amore romantico si veda Luhmann N. ( 1 987) Amore come passione, Laterza, Bari [ed. orig.: 1 982, Liebe als Passion, Verlag, Frankfurt], il cui pensiero, in alcuni aspetti, si discosta da quello di Giddens.

502

persona amata, sempre più identificata con caratteristiche di purezza e nobiltà d'animo. Tuttavia, anche con l ' avvento di questo idealtipo amoroso continua a vigere un doppio binario per uomini e donne nei confronti della sessualità: «Per gli uomini le tensioni fra l ' amore ro­ mantico e l' amour passion venivano risolte attraverso la separazione tra la tranquillità dell 'ambiente domestico e la sessualità dell'amante o della prostituta» [Giddens 1 995: 53]. Sempre Shorter riporta i risultati di alcune ricerche a sfondo so­ ciologico, compiute tra le· donne operaie e contadine prima del XX secolo, da cui emergono informazioni convergenti circa la sottomis­ sione delle donne al proprio marito, il senso di dovere e l'assenza di piacere coi i quali sottostavano alle espressioni della sessualità del coniuge; perciò l 'autore conclude che «Le donne del passato erano tutte represse sessualmente, ed emotivamente brutalizzate dagli uo­ mini» e solo dopo aver risolto i problemi collegati ali 'aborto, alla contraccezione e alla sicurezza del parto sono potute giungere ad «affrontare serenamente la sessualità coniugale» [Shorter 1 984: 3 1 ] . Il modello d i amore romantico h a dominato tutto l 'Ottocento e s i è sempre più rafforzato e prolungato anche nel nostro secolo; i l suo predominio ha iniziato a declinare solo in tempi molto recenti. Fi­ no ad alcuni decenni fa, infatti, prima che le idee femministe di­ ventassero movimento d'opinione, non sembra che si siano prodot­ te sostanziali differenze nei modelli di amore e di sessualità rispet­ to a quelli vigenti nel secolo scorso. A questo proposito può essere utilizzato, a livello di testimonianza, un testo redatto dali 'Udì quasi vent'anni fa sulla base di trentamila storie di donne italiane interro­ gate sui temi della sessualità, della maternità e del! ' aborto [Cecchi­ ni et Al. (a cura di) 1 977]. Precisando che non si tratta di una vera e propria indagine sociologica perché la metodologia seguita non è scientificamente rigorosa, e che la selezione operata sul materiale può essere · strumentale all 'obbiettivo politico che era del l ' Udì in quel momento storico (si trattava di depenalizzare le norme che pu­ nivano l 'aborto volontario, ali' epoca non ancora regolamentato per legge, e che vietavano la diffusione dei metodi contraccettivi) le storie raccolte hanno il pregio di aprire uno squarcio sulla sessua­ lità delle italiane negli anni '70, fornendone un quadro che, anche se non generalizzabile alla maggioranza delle donne, è comunque piuttosto inquietante. Infatti, dalle testimonianze di spose dai venti ai settant' anni, con una prevalenza di operaie, braccianti, casalin­ ghe, ovvero di appartenenti a strati sociali bassi, dotate di scarsa autonomia economica, esce un percorso di sessualità subita anziché 503

agita, di rapporti sessuali sbrigativi e rozzi, vissuti nel l 'ansia di una nuova gravidanza, spesso sfuggiti, per quel che è possibile, con mille pretesti, ma soprattutto di. una sostanziale distanza degli uo­ mini dalle loro mogli o compagne, espressa nel l ' assenza di condi­ visione e compartecipazione dei problemi relativi alla sessualità e alla procreazione. Nella società attuale il panorama è sicuramente cambiato, a livel­ lo sia di idealtipo di relazione amorosa che di espressioni della ses­ sualità. Giddens definisce "amore convergente" il modello corrente che, in opposizione al modello di amore romantico, è contingente e non pensato o vissuto come se dovesse durare in eterno o dovesse inglobare ed esaurire tutto in sé; è un tipo di amore che, contem­ plando la precarietà delle relazioni umane, pone l 'attenzione sulle qualità del rapporto stesso più che sulle qualità della persona amata, quindi la scelta non riguarda il soggetto amato come "il migliore possibile", ma la relazione come "la più soddisfacente", naturalmen­ te finché ciò sarà vero. Questo cambiamento di prospettiva coinvol­ ge, ovviamente, anche la sessualità. «L'amore convergente mette per la prima volta l ' ars erotica al centro del rapporto coniugale e consi­ dera il raggiungimento del piacere sessuale reciproco un elemento chiave per la continuità o l ' interruzione di un relazione)) [Giddens 1 995 : 73]; l 'amore convergente diventa l ' idealtipo in una società nella quale la sessualità non viene "data per scontata", ma appresa e affinata come altri tratti della personalità, e nella quale cade la stig­ matizzazione negativa nei confronti delle donne che assumono at­ teggiamenti sessuali meno convenzionali [ibidem] . Una buona intesa sessuale con il partner, quindi, nelle relazioni odierne diventa un pa­ rametro importante per valutare le affinità e la soddisfazione nella coppia, realizzando, rispetto al passato, un doppio cambiamento: per gli uomini che riconducono ad unità affettività e sessualità, non ri­ cercando più quest 'ultima principalmente all'esterno del legame sta­ bile e tradizionale; per le donne che acquisiscono un ruolo attivo e partecipante nella sessualità, nel senso di non "subire" più rapporti coniugali senza piacere e soddisfazione, come accadeva in passato, o di pagare il prezzo della disapprovazione sociale nel tentativo di uscire da questo schema. Ma è soprattutto quest'ultimo aspetto che può dar conto del capovolgimento avvenuto: la comparsa della «ses­ sualità duttile)), ovvero di «una sessualità eccentrica, libera dai vin­ coli della riproduzione)) [ibidem: 8] è strettamente collegata alla ri­ vendicazione femminile del piacere sessuale e all 'emancipazione contenuta dai nuovi modelli di relazione affettiva tra i sessi. Anche 504

altri autori ricollegano chiaramente il modo di concepire sia il rap­ porto amoroso che quello sessuale ai «mutamenti intervenuti, in en­ trambi i sessi ma soprattutto nelle donne, a livello della costruzione dell'identità>> [Furlotti 1 994: 1 43]; nelle donne che hanno meno di quarant'anni è chiaramente percepibile una rottura profonda rispetto alle generazioni precedenti negli atteggiamenti sessuali, anche se il cambiamento non va in un'unica direzione e non delinea «"forti" modelli innovativi» [ibidem: 1 84]. Rimane il fatto che la maggiore indipendenza femminile nella società attuale ha accresciuto nelle donne «il livello di consapevolezza circa i propri bisogni e la legitti­ mità del loro soddisfacimento» [ibidem: 1 86]. Sul piano della ricerca empirica purtroppo non esistono studi re­ centi e dettagliati che analizzino i modi di vivere la sessualità in ter­ mini di "senso" ad essa attribuito e di qualità della relazione com­ plessiva; nonostante questo, importanti conferme rispetto al quadro delineato in via teorica possono venire da un 'indagine condotta nel 1 989 da Lillian Rubin negli Stati Uniti, che sulla base della storia sessuale di un migliaio di individui è riuscita a delineare diversi ri­ baltamenti di prospettiva rispetto al passato [Rubin 1 990]. Innanzi­ tutto, che la maggior parte delle persone, indipendentemente dal ses­ so di appartenenza, ha la possibilità di vivere esperienze sessuali si­ gnificative prima del matrimonio, al quale arriva con un bagaglio di conoscenze maggiori, e che anche le aspettative rispetto alla sessua­ lità nella relazione coniugale s'innalzano in modo corrispondente, risultando molto superiori rispetto a quelle delle generazioni prece­ denti. Nel nostro paese, all 'inizio degli anni '90, nell 'area mantova­ na, è stata condotta, su un campione di circa 1 200 casalinghe, una ricerca tramite questionario che contemplava anche domande relati­ ve alla valutazione dei comportamenti inerenti alla vita di coppia, dalle quali emerge che il 96,5% delle intervistate considera "Molto" o "Abbastanza" positivo l 'essere affiatati sessualmente, percentuale solo leggen'nente più bassa rispetto a chi considera "Molto" o "Ab­ bastanza" positivo volersi bene (99,3% ). Tali risposte confermano l'accresciuta centralità che la sintonia sessuale ha acquisito all 'inter­ no della coppia coniugale, e testimoniano «la funzione rilevante del­ la sessualità verosimilmente intesa come mezzo di trasmissione del sentimento nella comunicazione amorosa» [Belletti 1 993: 1 67]. Un 'altra ricerca condotta in Italia nel corso degli anni ' 80 attraverso interviste a quasi 400 donne che vivono sole, rispetto al tema della sessualità evidenzia come «il carattere monolitico a lungo attribuito alla categoria "donna" si frantuma in un universo composito» [Fur505

lotti 1 995a: 238], divaricandosi, in parti colar modo, verso due con­ cezioni di fondo della sessualità. La prima è intesa come «"autono­ mia individuale", con conseguente sottovalutazione della componen­ te relazionale», ed appartiene alle donne che seguono vie più tradi­ zionali di emancipazione femminile, siano quelle che rivendicano il principio di uguaglianza tra i sessi, assumendo modalità maschili di relazione, oppure quelle che si riconoscono nel principio della diffe­ renza, e che quindi avocano una specificità dei propri comportamen­ ti rispetto a quelli dell'uomo. La seconda concezione interpreta la sessualità come «relazionalità forte ed a connotazione empatica», ovvero fortemente collegata all'affettività che mantiene un prima\o su di essa, ed appartiene a quelle donne, più vicine alla seconda fase del femminismo, che sognano una «inversione potenziale e pratica di tutti i ruoli sociali tra i sessi» [ibidem: 247 -248]. Fino ad ora abbiamo esaminato i cambiamenti nella concezione dell'amore e della sessualità all 'interno della tradizionale coppia co­ niugale, ma la società odierna segna un altro cambiamento epocale che è quello dell'amore fisico tra adolescenti e del sesso fuori dal matrimonio. Non che ciò non accadesse anche in passato, natural­ mente, il cambiamento sostanziale sta nel l 'allargamento di questo comportamento e nella sua accettazione a livello personale e sociale. «Ci troviamo infatti di fronte alla prima generazione di giovani, e di giovani donne, che esercita la sessualità come diritto individuale, in­ dipendentemente dalla definizione sociale di età adulta o dallo stato civile» [Bimbi 1 989: 1 32J. Chiara Saraceno mette in evidenza que­ sto aspetto analizzando congiuntamente due trend contrapposti in at­ to nel nostro paese; da un lato una contrazione dei matrimoni cele­ brati e un innalzamento dell 'età dei nubendi, che per le donne si sta­ bilizza in modo abbastanza omogeneo attorno ai 23-24 anni, e dali' altro l 'abbassamento a 1 5 - 1 7 anni dell'età in cui hanno luogo i primi rapporti sessuali, «sancendo così non solo la separazione tra sessualità e procreazione, ma anche tra sessualità e matrimonio, ed ancora tra sessualità e status adulto, che erano stati tipici del model­ lo europeo di matrimonio» [ 1 988: 1 04]. Questo è un altro aspetto che rafforza e sottolinea l ' importanza che la sessualità ha assunto nella formazione dell'identità, della sessualità come ricerca, per co­ noscere se stessi e l 'altro e per comunicare sentimenti ed emozioni al partner anche attraverso il canale fisico. Anche Giddens riporta i risultati di una ricerca empirica condotta alla fine degli anni ottanta negli Stati Uniti su un gruppo di 1 50 adolescenti, nella quale attra­ verso interviste in profondità sono stati vagliati gli atteggiamenti, i 506

valori e il comportamento sessuale di ragazzi e ragazze [Thompson 1 989]. I risultati sottolineano una profonda distanza tra la generazio­ ne attuale e quelle passate circa questi temi : «la ricerca di amore ro­ mantico non vuole più dire procrastinare l ' attività sessuale fino alla comparsa del soggetto desiderato. Fare l 'amore con un nuovo part­ ner può essere l 'inizio della fatidica relazione a lungo ricercata, ma molto spesso non lo è» [Giddens 1 995 : 60] . Così come per gli adul­ ti, nell 'ultima generazione il cambiamento è avvenuto soprattutto per le ragazze, per le quali il matrimonio perde il carattere di centra­ lità che aveva in passato e non è più il luogo privilegiato o esclusivo nel quale strutturare la propria affettività o la propria sessualità, tan­ to che Sharon Thompson, l 'autrice della ricerca, considera la libertà sessuale una condizione già acquisita per le intervistate, che però si scontrano ancora con «atteggiamenti maschili nei quali è ancora for­ te l 'eco del passato. In questo campo le ragazze emergono quindi come delle vere sperimentatrici sociali» [ibidem: 6 1 ] . Dai punti nodali messi in luce finora si delinea che, storicamente, scopo primo della sessualità è sempre stata la procreazione, mentre la ricerca del piacere sessuale è stata a quasi esclusivo appannaggio maschile, in un quadro di abitudini che vede la sessualità delle don­ ne perlopiù circoscritta al matrimonio e quella degli uomini scissa tra la "tranquillità" dell'amore domestico e la "passione" ricercata al di fuori della coppia coniugale. Nella società attuale la funzione pro­ creativa perde progressivamente di centralità e si evidenziano mag­ giormente i tratti della sessualità attinenti alla formazione dell ' iden­ tità e alla comunicazione intima tra individui, come è dimostrato dalla centralità che il piacere sessuale acquisisce nel mantenimento o nella rottura della coppia coniugale e anche da un allargamento della sessualità di coppia agita al di fuori del matrimonio e in giova­ ne età. Con questo non si deve immaginare un passaggio lineare da una concezione monolitica ad un'altra, poiché impostazioni ed at­ teggiamenti diversi hanno sempre convissuto in ogni epoca, a cam­ biare è piuttosto la rilevanza e la visibilità di un comportamento per la struttura della società. Questo cambiamento è stato prodotto in particolar modo da un diverso accesso delle donne alla sessualità, che acquisiscono lo strumento della contraccezione e il "potere so­ ciale" per vivere serenamente la sessualità come ricerca, anche al di fuori di relazioni convenzionali e tradizionali. Il cambiamento epo­ cale già messo in luce, tuttavia, si accompagna a una parallela tra­ sformazione delle scelte procreative e soprattutto del concetto di maternità. 507

3 .2. Paternità e maternità: due responsabilità diverse Sempre più spesso si parla di maternità e di paternità "responsabi­ le" e "consapevole", termini che coinvolgono e rimandano a una molteplicità di prospettive sociali, familiari e personali, che entrano in gioco nella decisione di concepire un figlio [Saraceno 1 987] e che significano, innanzitutto e ancora una volta, che l' input generativo è sempre meno lasciato al caso e sempre più frutto di una scelta com­ piuta a partire dai desideri ma anche dai vincoli alla "possibilità di", in un delicato equilibrio di continua mediazione reciproca. La deci­ sione di procreare diventa, almeno nelle aspettative, un «atteggia­ mento di responsabilità rispetto allo scopo. Ed è questo supposto at­ teggiamento di valutazione attenta dei costi e benefici, delle risorse materiali, psicologiche, affettive disponibili ad apparire come nuovo e specifico della maternità-paternità contemporanea» [ibidem: 76] . La novità non riguarda in senso stretto l 'esistenza di elementi di ra­ zionalità o responsabilità collegati alla procreazione, infatti in ogni epoca sono esistite strategie rispetto alla fecondità - che in parte ri­ flettevano anche modelli culturali familiari - quanto il cambiamento di scopo dell 'agire strumentale, che è diventato il bambino stesso, il bambino come "valore in sé", al quale dedicare tutta la cura e le at­ tenzioni disponibili [ibidem]. Accanto a questo spostamento di scenario, è opportuno riflettere in specifico su quanto incida la prospettiva di genere nel mutare i confini del quadro stesso. «"Mettere al mondo una vita" è per l ' uo­ mo un'esperienza che, fatto salvo il momento del rapporto sessuale, non ha altre iscrizioni corporee. È un'esperienza che si autosospen­ de nell 'immaginario e che per essere quotidianamente annodata ed elaborata necessita sempre della mediazione fisica e mentale della donna» [Ventimiglia 1 994: 94] . Probabilmente è proprio questo dif­ ferente intreccio tra «tempo biografico e tempo biologico» maschile e femminile che porta a diversi sistemi simbolici e di significato nel­ lo strutturarsi delle esperienze di maternità e paternità f ibidem] . In altri termini, la "genitorialità" è il campo nel quale si manifesta in modo insovvertibile la differenza biologica fra i sessi, con la donna come "contenitore di vita" e l 'uomo come "donatore delegante" che deve necessariamente attendere il momento della nascita per iniziare ad esercitare il proprio ruolo e le proprie funzioni di padre. Questa prima differenza è anche lo spartiacque sul quale si modellano buo­ na parte dei ruoli sociali e si formano le identità psicologiche e cul­ turali maschili e femminili. È vero, tuttavia, che l 'esperienza della 508

procreazione ha sempre avuto maggiori implicazioni per la donna, specie in passato, quando il compito riproduttivo spesso rappresen­ tava «l'unico fondamento della sua identità» [Cavazza 1995 : 323] e, soprattutto, le garantiva un preciso riconoscimento sociale, di ade­ renza ed espletamento di un ruolo approvato e socialmente condivi­ so. La profonda differenza tra i due generi risiede nel tipo di rifles­ sione circa il diventare genitori e il grado di rispecchiamento nella propria funzione riproduttiva, c si esplica nella divaricazione per cui le donne si confrontano comunque con questa dimensione nel loro percorso di costruzione dell 'identità, mentre gli uomini riflettono maggiormente sulle forme, i modi, i significati del "fare" il padre e non sulla possibilità di "essere", o meno, padre. I l punto focale, quindi, sta nel comprendere se è ancora rintracciabile e universale il doppio intreccio tra identità femminile e funzione materna o se, piuttosto, le donne non abbiano moltiplicato e diversificato i luoghi di costruzione della propria identità, individuale e di genere. La stes­ sa Cavazza, ripercorrendo le due espressioni del movimento femmi­ nista che, dagli anni ' 60, hanno interpretato la maternità come "esperienza alienante" o come "potere sull'uomo", ipotizza «la na­ scita di un concetto nuovo di maternità, quello di "produzione della vita", il quale esce dalle logiche rivendicative nei confronti del ma­ schio e allo stesso tempo non costituisce il destino inevitabile della donna, ma una scelta di valore» [ibidem: 327]. Anche in questo caso è un ' analisi storica che viene in nostro aiuto, per rintracciare il di­ verso andamento che nel tempo ha assunto l 'atteggiamento femmi­ nile verso la maternità; Elisabeth B adinter mostra chiaramente che nel Seicento e nel Settecento l ' usanza della maggior parte delle don­ ne di diverse classi sociali era di mandare i figli a balia, spesso in campagna, ovvero in una città diversa da quella di residenza e, quin­ di, per i primi anni di vita del bambino sostanzialmente il rapporto con la madre non esisteva, per svilupparsi poi in un regime di soffu­ sa indifferenza [Badinter 1 982]. Nell 'Ottocento la consuetudine nel rapporto madre-bambino è ini­ ziata a cambiare radicalmente, si è aperta una fase di assunzione di responsabilità che si è poi rafforzata durante tutto il secolo seguente, in un cambiamento di prospettiva incoraggiato in parte dalle teorie freudiane e poi dalle diverse scuole psicologiche e pedagogiche che hanno sempre più attribuito alla presenza e all ' amore della madre stimoli fondamentali per una corretta crescita cognitiva ed emotiva del bambino. Ma proprio questa trasformazione storica è testimone del carattere culturale e contingente, non certo innato o «inciso 509

profondamente nella natura femminile» dell 'amore materno [ibidem: 9]. Sono le stesse parole del l ' autrice a chiarire tale aspetto: «Nel percorrere la storia dei comportamenti materni nasce la certezza che l 'istinto materno sia un mito. Non abbiamo incontrato nessun com­ portamento che potesse dirsi universale e necessario a ogni madre. Al contrario, abbiamo constatato l 'estrema variabilità dei sentimenti secondo la cultura, le ambizioni e le frustrazioni» [ibidem: 275] . Determinante, quindi, è tentare d i stabilire quale sia attualmente l'atteggiamento delle donne verso la propria funzione procreativa. Innanzitutto, negli ultimi decenni si è profondamente modificato il ciclo fecondo delle donne, ovvero il periodo temporale nel quale es­ se concentrano le gravidanze e l 'allevamento dei figli, che non copre più la maggior parte della vita adulta ma solo un arco di 1 5 -20 anni; tale riduzione significa che il ruolo materno non è più centrale e on­ nicomprensivo della vita delle donne, ma soprattutto introduce «la possibilità o necessità di nuovi equilibri complessivi, nel corso della vita, ma anche entro le diverse fasi della vita stessa ed anche la pos­ sibilità di sviluppare modelli di percorsi biografici diversi» [Sarace­ no 1 987 : 83]. In altre parole, non solo la maternità diventa un pro­ getto di vita fra gli altri, seppur ancora cruciale per molte donne, ma non esiste più un modello femminile unico per risolvere gli equilibri tra i diversi progetti o per distribuirli nelle varie fasi della vita del soggetto; la risposta diventa essenzialmente personale e contingente. Tentiamo ora di rintracciare una riprova empirica a quanto esposto. All'inizio degli anni '90 il gruppo Nazionale Udi "Differenza, Mater­ nità" ha promosso una ricerca condotta in 1 2 città italiane attraverso interviste a 1 .000 donne su tredici aree tematiche fondamentali, che vanno dalla maternità alla paternità, dalla famiglia ai figli e dalla con­ traccezione all 'aborto [Di Cristofaro Longo 1 992]. Dallo studio si de­ linea un orientamento positivo delle intervistate nei confronti della maternità (87,2%), che quindi si riconferma come aspetto importante nella vita di una donna, ma analizzando le principali scelte di risposta emerge che solo per il 40,6% del campione la positività è riconosciu­ ta in modo generico, quando per un altro 1 0,6% è positiva solo quan­ do è scelta, o per l ' 8,4% solo se responsabile, denotando l 'emergere di visioni che problematizzano questa funzione fino a poco tempo fa assunta come "naturale" e spesso data per scontata. Sotto il profilo qualitativo la maternità viene descritta dalle intervistate come «Una scelta d'amore, un'esperienza bella e stupenda, il completamento del­ la persona, un pezzo dell' identità della donna, rimanda al concetto di vita, di dono, è una scelta, è uno strumento di realizzazione ( . . . ) È 510

proprio la scelta, condizione che ritroviamo affermata esplicitamente ed implicitamente, il perno, il focus della nuova concezione culturale della maternità, scelt,a vista come essenziale per tutelare i diritti pro­ pri e dei figli chiamati in causa dalla maternità» [ibidem: 36]. Gli ele­ menti di novità che possiamo rintracciare nel quadro presentato atten­ gono soprattutto alla parzialità dell'esperienza procreativa - poiché è "completamento" e non totale realizzazione, ed è "un pezzo dell'iden­ tità della donna" non la sua globalità - e al carattere di scelta conna­ turato ad essa. Nella già citata ricerca condotta all' inizio degli anni '90 nell'area mantovana, su un campione di casalinghe, ovvero di donne che, forse, più di altre rimangono legate a un percorso femmi­ nile classico, l'atteggiamento espresso circa la maternità è più tradi­ zionale e rimarca la differenza originaria nella relazione uomo/donna, «che nel 67% delle nostre intervistate assume un connotato decisa­ mente esteso attraverso la tradizionale identificazione donna madre che non concepisce alternative alla procreazione» [Belletti l ?93: 1 7 1 ] Nonostante questa identificazione si muova sul piano ideale più che su quello fattuale, ovvero nelle concrete esperienze di vita, l' au­ trice considera rintracciabile, proprio nel valore maternità, «la volontà di preservare il significato forse più profondo e intimo della coscien­ za femminile>> [ibidem: 1 8 1 ] . Dalla ricerca tramite interviste in profondità a donne che vivono sole, di cui abbiamo già parlato, emer­ ge una realtà «quanto mai multiforme e difficilmente schematizzabile ( . . . ) gli atteggiamenti emersi dalle donne incontrate sono in qualche modo originali per ognuna di loro, ma possono essere accomunati in "tipi", in base ad alcune caratteristiche» [Cavazza 1 995: 329]. Lo sce­ nario delineato dallo studio accosta concezioni tradizionali della ma­ ternità, vista come apice di un progetto di coppia in senso classico, o vissuta in modo ambivalente rispetto al desiderio e alla paura di avere un figlio, a concezioni maggiormente innovative, nelle quali un figlio acquista valore per sé e non per la funzione che può svolgere rispello all'equilibrio emotivo o all 'identità della madre. I risultati empirici riportati testimoniano la pluralità di concezioni ed esperienze della maternità, la caduta di un modello unico che si era proposta in via teorica, e il generale venir meno di un appiatti­ mento totale del l 'identità della donna sulla propria funzione procrea­ riva, che pure rimane uno snodo di fondamentale importanza nell'esperienza femminile. Il "diventare madre", quindi, perde il ca­ rattere della funzione naturale e spontanea, dell 'adesione forte a un ruolo universalmente riconosciuto, per acquisire quello della scelta di vita di volta in volta diversa. =

.

511

I cambiamenti di cui abbiamo seguito lo sviluppo, rispetto alla sessualità femminile e alla maternità, pur coinvolgendo in modo profondo livelli culturali, morali, sociali e personali, per modificare il classico binomio sessualità-procreazione hanno avuto bisogno di uno strumento concreto. Nelle pagine che seguono prenderò in esa­ me l ' evoluzione avvenuta nel campo della contraccezione. 4. Contraccezione, ovvero un cambiamento di prospettiva

Le prime notizie giunte fino a noi di pratiche anticoncezionali ri­ salgono a papiri egizi databili dal 1 900 al 1 100 a.C. e descrivono tamponi vaginali in grado di bloccare lo sperma o di privarlo degli elementi vitali, mentre già Ippocrate, nel V secolo a.C., aveva indi­ viduato il periodo mestruale e i giorni immediatamente precedenti ad esso come non favorevoli al concepimento. Dalle opere di Ari­ stotele, di Plinio e del medico Sorano di Efeso, apprendiamo che gli scienziati greco-romani avevano messo a punto alcune pozioni per prevenire il concepimento (a base di piante, cera, mirra e miele) e diverse tecniche per impedire allo sperma di raggiungere il collo dell'utero, attraverso unguenti e tamponi di lana o pessari di gomma di cedro che dovevano utilizzare le donne, oppure pomate da spal­ mare sul pene per uccidere lo sperma o impedirne la dispersione [Ranke-Heinemann 1 990] . L'esistenza di pratiche anticoncezionali già nelle civiltà antiche dimostra che il tentativo, da parte degli indi­ vidui, di inibire il proprio potenziale procreativo si è rivelato come esigenza nel momento stesso in cui sono state socialmente sancite delle "responsabilità" verso la progenie che, per questo motivo, non può essere illimitata, a significare, inoltre, che sono sempre esistiti soggetti in grado di interpretare la propria sessualità come ambito non necessariamente collegato alla funzione generativa. Focus del problema, tuttavia, è di stabilire quanto fossero diffuse le conoscen­ ze contraccettive, ovvero se la prevalenza degli individui, indipen­ dentemente dal ceto di appartenenza e dal livello di istruzione, ma anche dal tipo di relazioni affettivo-sessuali vissute, avesse le infor­ mazioni e le possibilità di applicare una qualsiasi strategia anticon­ cezionale. Naturalmente, così non è stato per molto tempo: nell 'opi­ nione di Shorter [ 1 984] , ad esempio, la condizione della maggioran­ za delle donne, soprattutto nei ceti bassi, ancora nel 1 700 non era delle più aggiornate, e gli aspetti congiunti di assenza di nozioni contraccettive elementari e di impossibilità, per la donna, di sottrarsi · 512

ai propri doveri coniugali, rendevano le possibilità di fecondazione presente in ogni rapporto sessuale. In realtà, solo nel c [Furlot­ ti 1 994: 1 43- 1 44]. Gli uomini, quindi, dovrebbero avere il coraggio e la volontà di impegnarsi contro le logiche unilaterali e dominanti, contro l 'asim­ metria delle relazioni tra i due sessi che loro stessi hanno creato. Af­ finché questa trasformazione possa realizzarsi, è necessario che l 'uo­ mo "tradisca" la categoria degli uomini ed insorga contro la violen­ za ed i privilegi del suo stesso sesso. D'altra parte, anche le donne devono prendere coscienza del proprio ruolo di potenziali vittime per cercare di modificarlo. In questa direzione, dovrebbe aumentare la solidarietà femminile, le donne dovrebbero unirsi e combattere la violenza maschile soprattutto attraverso un supporto di tipo politico; la presa di coscienza della violazione del proprio corpo e di ricono­ scerla come violenza deve portare la donna a "dire", ad esplicitare attraverso la denuncia la propria capacità di porsi come soggetto at­ tivo di cultura, che si autodetermina proprio perché accetta la "ve­ rità" della propria esperienza. Troppo spesso, infatti, si tende a scen­ dere a compromesso e ad accettare lo status quo e la pacificazione, forse perché si ha timore di affermarsi e di riconoscersi come sog­ getto o perché è ancora fortemente radicato ed interiorizzato nelle donne quell'i.rleale di "femminilità" che stabilisce i confini del loro agire, che le limita nelle libertà di espressione e di movimento, fa­ cendole rimanere al loro posto. Comunque, gli sforzi di cambiamento degli uomini e i tentativi di liberazione delle donne, per non rimanere eventi isolati, dovrebbero essere letti e compresi all'interno di un contesto sociale che non ri­ manga a guardare impassibilmente ma che contribuisca ad aprire una breccia per nuovi e migliori rapporti tra i due sessi. In questo senso, la società dovrebbe assumersi il compito di minimizzare i vantaggi che gli uomini traggono nel l 'esercitare la violenza, mini­ mizzare le loro possibilità di successo ed aumentare le punizioni; .

549

.

inoltre, dovrebbe prendere attivamente posizione a favore di coloro che sono vittime di abusi sessuali. Quando un sistema sociale limita, attraverso la minaccia e l' in­ combenza della violenza sessuale, la libertà d'azione e di movimen­ to delle donne, significa che il maschile non vuole riconoscere il po­ lo femminile come soggetto; mantenendo la sua egemonia che vale come universale, considera la donna come. un'alterità da ricondurre a sé [Ventimiglia 1 987]. Al contrario, se una società vuole garantire ed assicurare i diritti per tutti, deve necessariamente risolvere il pro­ blema della limitazione di partec �azione delle donne, attraverso prese di posizione a livello pol �ico, che attribuiscano potere decisio­ nale ad entrambi i sessi, i quah devono riconoscersi come differenze e non come assoluti. Per concludere, è necessario ribadire che lo stupro, inteso come comportamento sessualmente violento, rappresenta un problema so­ ciale complesso, caratterizzato da mille sfumature e sfaccettature; indagare le cause di un fenomeno come la violenza sessuale signifi­ ca necessariamente non prestare il fianco a soluzioni di tipo eziolo­ gico o deterministico; non esiste cioè la "causa" in senso assoluto a cui corrisponde un effetto. Un'interpretazione così radicale risulte­ rebbe certamente riduttiva, faziosa e parziale, soprattutto rispetto ad un fenomeno così ambivalente come lo stupro, che incorpora due categorie, come la violenza e la sessualità che, per la loro stessa na­ tura, hanno origini e manifestazioni ancora oscure e difficili da veri­ ficare e per le quali è altrettanto impossibile riscontrare un comun denominatore. Indagare le cause dello stupro, infatti, significa dar conto dell ' intenzionalità maschile, dell 'intenzionalità femminile, se si produce e del contesto in cui si verifica, fattori, questi, intesi co­ me interagenti e reciprocamente influenzantesi e non come sequenza lineare di eventi. In questa sede si è cercato di render conto, a livello teorico, della figura dell'aggressore nella dinamica della violenza, considerandolo come variabile facente parte di una più ampia interazione. Conside­ rando che in Italia mancano studi teorico-empirici sull 'uomo che stupra, in particolare sul piano delle possibilità applicative perché esistono delle difficoltà nel formulare delle ipotesi di lavoro verifi• cabil i con metodologia controllata, si ritiene che, al fine di ap­ profondire le ragioni e le motivazioni che portano un uomo a com­ mettere atti sessualmente violenti, diventa necessario ed imprescin­ dibile tentare di analizzare lo specifico maschile, studiare l 'uomo, il suo comportamento, l 'educazione, la storia sessuale, i convincimenti e gli atteggiamenti nei confronti delle donne. 550

È altresì evidente che il solo comportamento maschile non è suffi­ ciente per spiegare la complessità della violenza; sarà importante, quindi, sviluppare dei modelli in grado di definire i legami causali tra le diverse variabili, oltre che a stabilire l ' influenza che ciascuna di esse ha rispetto al verificarsi del l ' aggressione. Per affrontare in maniera più obiettiva il tema della violenza sessuale è necessario muoversi in una prospettiva di genere o, meglio, ali 'interno della differenza di genere, al fine di comprendere i veri significati del ma­ schile e del femminile nella nostra cultura, i quali dovranno cercare di cambiare per essere in grado di scardinare una certa fedeltà e con­ nivenza con gli stereotipi sessisti, costrutti e miti la cui divulgazione diventa un rituale collettivo di asimmetrie relazionali, che implica, in certe circostanze, il non-essere della donna, la sua impossibilità ad autodeterminarsi e di vivere in maniera circoscritta la propria ses­ sualità; contemporaneamente, quegl i stessi stereotipi forniscono ali 'uomo le esatte coordinate della sua presenza, del suo dominio e del suo potere decisionale. In quest'ottica, è proprio ali ' interno della differenza di genere che si dovranno cercare gli spunti per nuove strategie emancipative che riguardino entrambi i sessi.

551

Pubblicità : sostantivo femminile. Differenze di genere, o�etti e comunicazione di consumo di Domenico Secondulfo

l. Introduzione

Nella formazione e conservazione del! 'identità individuale, il ruolo degli oggetti con cui interagiamo è di fondamentale importan­ za; non solo dal punto di vista della immagine che vogliamo dare agli altri nel corso delle varie interazioni sociali, ma anche dal pun­ to di vista del mantenimento della nostra auto-immagine. Così come larga importanza, in questi meccanismi, va ascritta alle interazioni con alcune "persone importanti" [Berger e Luckmann 1 993], la cui opinione e la cui reazione ai nostri messaggi è strategica per ricon­ fermarci nella nostra auto-immagine, anche il ripercorrere la pano­ plia di oggetti di cui abitualmente ci circondiamo assume un crucia­ le ruolo di auto-riconoscimento, offrendo ancoraggio e stabilità alla nostra identità. Possiamo affermare che da questo punto di vista il nostro rapporto con gli oggetti si sviluppa in due momenti: in primo luogo nella ap­ propriazione di oggetti che rivestano per noi un significato legato al nostro progetto di auto-identità, ed in secondo luogo nella riappro· priazione di questo significato, questa volta in chiave confermatoria. attraverso l 'uso ed il consumo di tali oggetti [Secondulfo 1 995] . L'identità umana è infatti u n prodotto essenzialmente sociale e d i: ruolo deli' ambiente circostante nella sua formazione e sostegno è cruciale; sinora con il termine "ambiente" ci si è sempre riferiti so· prattutto ali 'ambiente delle interazioni umane, tralasciando quell 'uni· verso di significati che, emanati dai beni e dagli oggetti che ci cir condano, formano la "cultura materiale", cioè quella parte visibilt della nostra cultura, animata ed incarnata negli oggetti e nei beni cht produciamo e di cui ci circondiamo. 552

Beni ed oggetti, infatti, svolgono nella nostra vita un ruolo che va ben oltre la loro utilità materiale [Douglas e Isherwood 1 984; Secondulfo 1 990, 1 995], inglobando e trasportando incessantemen­ te significati e messaggi socialmente condivisi e costruiti. I beni, intesi come cultura materiale, cioè parte visibile del patrimonio di significati, segni e simboli prodotto ed utilizzato da una società umana, si pongono come area oggettivata di mediazione simbolica [Crespi 1 982] , funzionando da medium comunicativo al pari del linguaggio. Loro funzione sociale è quella di incarnare e veicolare significati ali 'interno delle varie interazioni sociali, contribuendo in misura determinante ali 'esistenza ed al funzionamento dell ' inte­ razione stessa. È questo il loro contributo alla comunicazione so­ ciale, di cui rappresentano una importantissima area di azione e funzionamento. Nel caso dell'identità, possiamo individuare nei beni, e nei beni di consumo, uno dei principali serbatoi di significato cui attingere nella costruzione ed espressione simbolica delle singole individualità. E questo processo avviene sia a livello individuale che sociale, attra­ verso la caratterizzazione simbolica dei vari beni, in armonia con i modelli sociali che convergono sui vari ruoli e sulle diverse identità che compongono l 'individuo sociale. Ciascun tipo di aspetto del l 'identità, aspetti che potremmo chia­ mare "identità parziali", si collega ad una serie di elementi simbo­ lici che ne permettono l 'estrinsecazione sociale, la comunicazione e l 'uso interattivo, in una parola, l 'esistenza oggettiva. Buona parte di questi elementi simbolici, sono rappresentati da significati so­ cialmente incorporati in oggetti e beni d ' uso, il cui uso, appunto, comuniea e "sostiene" l 'aspetto di identità in gioco in quel momen­ to. Possiamo quindi supporre che esista una gerarchia tra questi elementi simbolici, gerarchia sociale ed individuale, che riflelle la gerarchia, sociale ed individuale, dei vari aspetti dell 'identità cui questi sono legati. Non esiste infatti una gerarchia intrinseca a que­ sti insiemi simbolici, la loro stratificazione interna non fa che ri­ flett-ere quella presente nella società che ne usa la mediazione co­ municativa. In una società fondata sulla guerra, saranno gli oggetti che incor­ porano significati legati al valore, al sacrificio, al coraggio ed alla morte a giocare un ruolo di primo piano, ad essere "importanti" sia per la società che per l 'individuo (spade, scudi, monumenti sepol­ crali, cicatrici ecc.); in una società fondata sullo scambio e sul! 'ac553

cumulazione, saranno gli oggetti legaÙ alla ricchezza, alla comuni­ cazione ed all'astuzia a rivestire un ruolo centrale (telefoni, gioielli ecc.). Qu�ti oggetti, marcati simbolicamente dalla società, entrano prepotentemente a far parte del materiale simbolico con cui l ' indi- · viduo costruisce e comunica se stesso, sia qualora voglia comunica­ re l'adesione o la speranza di adesione ai valori dominanti, sia qua­ lora ne voglia comunicare la critica ed il rifiuto [Alberoni 1 964; Bourdieu 1 983], un bricolage semantico che interagisce e va a co­ struire anche l ' identità del soggetto. Potrebbero manager, guerrieri, freak, punk, intellettuali ecc. , esistere socialmente ed individual­ mente se privati della panoplia di oggetti con cui comunicano a sé ed agli altri ciò che essi sono? Potrebbero continuare ad auto-iden­ tificarsi senza il mondo di oggetti da essi stessi costruito, che ri­ manda loro, come in un ritratto, quell ' immagine cui desiderano as­ somigliare? Il gioco è ricorsivo, gli oggetti funzionano da coro nel rimandare e sostenere l ' identità, così come funzionano da coro le persone che ci circondano ed alle quali riconosciamo l 'importanza di giudicarci, con una importante differenza: gli oggetti non cambiano idea. Nella proiezione e nuova introiezione della auto-rappresentazio­ ne che l 'individuo ha di sé, gli oggetti, la cultura materiale di cui l ' individuo si avvolge, come in un mantello di significati, ha senz'altro una maggiore stabilità di ogni altra relazione cui venga affidata la stessa funzione, non prevedendo, ali ' altro capo della re­ lazione, un soggetto passibile di contingenza, ma una serie di signi­ ficati fissati in oggetti, uno specchio che ci restituisce sempre la stessa immagine; e questo, per il mantenimento goffmaniano della coerenza, non è di poca importanza [Secondulfo 1 995] . Una volta cristallizzati i significati in oggetti, e selezionati gli og�tti che "più ci piacciono", cioè che meglio interpretano e riflettono' il mix di identità che abbiamo e che vorremmo avere, l ' intonatura del coro è assicurata, l 'unico problema sarà quello di aggiornare di tanto in tanto i l coro con nuovi elementi, prodotti, per lo stesso scopo, dal sistema delle merci. Entrando nel mondo delle merci apriamo l 'orizzonte del problema creato dalla relazione tra identità, oggetti e sistema produttivo. Attraverso il meccanismo della moda, il nostro sistema produtti­ vo, a differenza di altri, produce incessantemente nuovi oggetti rim­ piazzando, spesso nelle stesse funzioni simboliche, quelli esistenti, 554

che di vengono socialmente obsoleti: l ' abbigliamento ne è forse l 'esempio maggiore. A questo punto, a seconda di quanto l ' individuo, nella costruzio­ ne e nel mantenimento della propria identità, risulta tributario ai processi di significazione esterni, prodotti dal mercato e dai mass­ media, a seconda di quanto, in altre parole, si affida ai significati trasportati dagli oggetti per riverberame il valore su di sé, tanto più egli sarà dipendente dai cicli e dalle mode del sistema delle merci. L'insicurezza, sociale o individuale, legata ad alcuni aspetti della sua identità, lo spingerà ad affidarsi, magicamente, al sostegno dei nuovi beni, abbandonando quelli divenuti simbolicamente obsoleti. Le campagne pubblicitarie dei detersivi spesso si fondano proprio su questo meccanismo: attraverso l ' imbarazzo sociale provocato dal fallimento di una "prova di identità" (lo "strap" o le macchie del bu­ cato lavato male dalla casalinga, fatto rilevare da un'altra persona), si orienta il bisogno di rassicurazione e riequilibrio verso un nuovo bene, che promette un sostegno maggiore (il "nuovo" detersivo o candeggiante). Oggetti ed identità si fondono quindi profondamente, oggetti inte­ si sia come comunicatori sociali de Il ' identità (l ' abbigliamento ad esempio), sia come appoggio e specchio de li 'identità individuale, suo sostegno e manifestazione concreta. La fusione sarà tanto più stretta e cruciale laddove si manifestano gli aspetti più strategici dell'identità individuale: il ruolo professionale e le differenze di ge­ nere sono senz'altro due di questi aspetti. Possiamo supporre che gli oggetti che interagiscano con le diffe­ renze di genere, con l ' auto e l 'etero riconoscimento in questo cam­ po, formino una sfera particolarmente delicata e sensibile del l ' uni­ verso della cultura materiale, non solo nella nostra società ma in tutte quelle conosciute. Possiamo supporre che tra tutte le azioni simboliche possibili per rendere interessante un oggetto o una mer­ ce, quella di agganciarla in qualche modo a questa area del l ' iden­ tità e del comportamento sia tra le più efficaci e remunerative. Se­ condo la psicologia, le differenze di genere sono le caratteristiche simboliche cui gli esseri umani sono più sensibili, e pare che tutti gli oggetti allungati vengano interpretati come maschili, siano essi ombrelli, campanili, stuzzicadenti o altro, e tutti gli oggetti concavi come femminili, siano essi cassetti, valige, poltrone ecc. Aggiunge­ rei l 'ipotesi che questa accesa sensibilità possa essere estesa anche alle differenze di potere e forza, ma possiamo prendere questa opi ­ nione della psicoanalisi, come ulteriore forte sottolineatura della 555

"

efficacia e del l 'importanza dei canali simbolici rappresentati dagli oggetti, e della centralità degli aspetti legati al genere in questa co­ murricazione. 2. Oggetti e identità sessuale

Particolare importanza, dicevamo, assume il ruolo degli oggetti nella costruzione e nel mantenimento delle identità di genere. Possiamo pensare al ruolo giocato dall 'abbigliamento, vero com­ plemento sessuale di un corpo "incompiuto", che necessita di un ap­ parato simbolico di definizione, di un sistema di "coordinate sociali" preciso e discriminante, sottoposto ad una ferrea disciplina sociale (si pensi al fenomeno del travestitismo). Non a caso, il progressivo abbandono da parte delle donne del ruolo loro tradizionalmenttr ascritto, il loro progressivo ingresso nel mondo del lavoro e, ancora di più, lo loro progressiva assunzione di modelli di tipo maschile, si è accompagnato ad una profonda modificazione del loro abbiglia­ mento, modificazione che non si è avuta per l ' abbigliamento ma­ schile. Si pensi soltanto alla foggia dei pantaloni "femminili" degli anni '50 ed alla rivoluzione degli anni '70, in cui la chiusura si è spostata dal retro o dal fianco al davanti, mutuando completamente il model­ lo maschile, al punto che la differenza di genere si è dovuta rifugiare nei particolari e nei dettagl i di un capo (i pantaloni) sostanzialmente uguale per ambo i sessi (l ' importanza simbolica di questo capo è enorme nelle nostre società: "chi porta i pantaloni in casa?"). In ogni cultura esistono quindi precise regole di identificazione sessuale attraverso l 'abbigliamento, ed esistono anche precise rego­ le che controllano l 'abbigliamento a seconda delle relaz.i.oni che do­ vranno svolgersi; per cui esiste un abbigliamento della seduzione, un abbigliamento del silenzio del corpo, un abbigliamento dell 'ami ­ cizia ecc. S i tratta d i oggetti che d i solito vengono pesantemente fe­ ticistizzati ed investiti narcisisticamente, sino ad entrare a far parte dello stesso schema corporeo individuale, parte integrante della propria auto-immagine, protesi simbolica capace di agevolare, sino a renderle possibili, tutta una classe di relazioni significative con l 'altro. Un esempio luminoso di questa fase è l 'adolescenza, in cui le in­ certezze della transizione verso l 'età adulta, altrove risolte dai riti 556

di passaggio, vengono affidate a protesi simboliche di vario tipo, tra cui l ' abbigliamento, i cosmetici o i mezzi di locomozione (auto e moto). È proprio in questa delicata fase evolutiva, che questo tipo di rap­ porto con gli oggetti mostra con maggiore chiarezza i rischi di di­ pendenza dal portato simbolico, che la comunicazione sociale e di massa attribuiscono ali ' oggetto stesso; il rischio di "essere parlati" dagli og getti piuttosto che di parlare per loro tramite [Frontori 1 992]. «E come se l ' innamoramento quasi esclusivo della merce inanimata e il sentimento di sicurezza e identità che l'adolescente ri­ cava dalla relazione con l 'oggetto di consumo esprimessero, con modalità quasi oniriche, la difficoltà ad accettare più significative separazioni e ben più complessi processi di identificazione» [Char­ met, in Frontori, 1 992]. Questo tipo di relazione, che l ' adulto dovrebbe superare, è co­ munque il modello-base su cui si fonda la dipendenza della propria identità dalle definizioni simboliche ritrovate o sperate negli oggetti di consumo. Affidarsi al potere "magicamente" simbolico di uno o più oggetti per completare, rinforzare, costruire la propria identità o aspetti importanti di questa - come quelli legati al genere - significa entrare in un rapporto di dipendenza, rispetto alle strutture comuni­ cative che queste auree simboliche costruiscono, vale a dire, nella nostra società, il sistema dei mass-media e della pubblicità: entrare in una sorta di "sub cultura massmediale" in cui si cerca di assorbi­ re, magicamente, l'alone simbolico degli oggetti, ammantandone la propria, debole, identità. Usare una pelliccia, un'automobile, una moto, un paio di calze o un vestito per rinforzare, in una particolare occasione, un aspetto della nostra identità, è una sorta di "effetto speciale" da tutti usato nel teatro dell ' interazione sociale; ma scambiare gli oggetti per noi stessi, ed affidarsi al loro potere simbolico per colmare i vuoti della nostra auto-immagine ci pone, fatalmente, sotto il loro dominio, fe­ ticci in cui speriamo di rifletterei in un gioco di prestigio di cui noi stessi, fatalmente, conosciamo per primi il trucco. Infatti, la pubblicità aggiunge alla merce un valore simbolico tal­ mente elevato, che raramente riesce ad essere contenuto nelle carat­ teristiche reali dell 'oggetto pubblicizzato; l 'aspetto frustrante conte­ nuto in questo meccanismo costituisce sovente una delle spinte ai successivi acquisti, nonché alla rapida obsolescenza simbolica che questo tipo di relazione porta con sé. 557

Tutto quanto ruota attorno ali ' identità sessuale ed alle relazioni

_>he servono a costruirla e sostenerla, per la sua importanza e per la sua componente comunicativa e relazionale, costituisce un florido terreno di azione dei meccanismi sin qui descritti, ed un terreno in cui la pubblicità, quale volano simbolico del mondo delle merci, agisce potentemente. 3. Pubblicità, oggetti e relazioni di genere

Non sono comunque soltanto gli aspetti direttamente erotici o ses­ suali, quelli che la pubblicità modula e traduce in attributi simbolici delle merci, ma anche quelli più direttamente legati alla propria au­ to-definizione in termini di genere, auto-definizione che si associa comunque sempre ad un aspetto relazionale, così come relazionale è la costruzione e la conferma delle identità. Non è quindi soltanto l 'alone seduttivo, ma anche quello rassicurante dei ruoli parentali , con l e loro stereotipate differenze di genere, affidate solitamente ai rituali che ruotano attorno al cibo, oppure la comunità di spirito del gruppo monosessuale, affidata ad un qualche l iquore o prodotto per la pulizia, anche queste sono funzioni simboliche incorporate in merci e che hanno la differenza di genere come arena di azione. Sotto questo aspetto possiamo distinguere essenzialmente due classi di merci: quelle che assumono il significato relazionale del­ l' affermare la propria identità di genere attraverso il successo rela­ zionale e la conquista di persone di genere diverso; e quel�e che as­ sumono il significato, maggiormente auto referenziale, di accrescere magicamente il potenziale della propria auto-immagine, in una chia­ ve più chiaramente narcisistica, in cui la relazione con l ' altro è pre­ sente soltanto in potenza e sullo sfondo. Nel primo caso il possesso del l 'oggetto prende il pos.to del pos­ sesso dell'altro, ed accrescendo in questo modo la potenza del sog­ getto ne fortifica l 'identità; nel secondo caso il possesso del l 'oggetto accresce, come una protesi simbolica, la potenza dell 'auto-immagine e del corpo del soggetto, rendendo più probabile il successo relazio­ nale, ma in chiave eminentemente narcisistica, fermandosi ali ' accre­ scimento del potenziale del soggetto senza tradursi in azione. Esempio classico di questo secondo aspetto è il ruolo giocato dalla biancheria personale, per definizione non destinata ad essere esibita socialmente, ma che accresce segretamente il potenziale , quindi la sicurezza, del soggetto, pur non implicando la prova di 558

questa potenza nella relazione; il forte aspetto narcisistico permette a questo tipo di oggetti di permanere anche in caso di insuccesso relazionale, perché sono destinati ad accrescere magicamente l ' au­ to-immagine potenziale del soggetto, e restano quindi chiusi ali 'in­ temo del suo mondo simbolico, correndo scarsi rischi di confronti frustranti con la realtà. Si spiega in questo modo perché le calze da donna, ad esempio, pur essendo destinate ad un pubblico femminile siano pubblicizzate con immagini femminili. Nel primo caso (quello in cui il possesso del bene prende il posto del possesso dell 'altro) - forse quello che più maggiormente balza agli occhi guardando la pubblicità - il trasferimento del significato simbolico legato al genere opposto su di una merce, stimola l 'impul­ so a possederla, come metafora del successo relazionale nel concre­ to rapporto di seduzione. L'impulso relazionale orientato verso il ge­ nere opposto, viene deviato su di un oggetto caricato, simbolicamen­ te, di valenze che lo assimilano alle caratteristiche del sesso oppo­ sto, per cui l ' acquisto diviene una metafora del possesso. Molte au­ tomobili sono presentate sotto questa luce, il tratto distintivo di que­ sto tipo di "produzione simbolica della merce" è l ' uso di immagini appartenenti al sesso opposto rispetto al target cui si dirige il mes­ saggio. In questo caso l ' aspetto aggressivo e relazionale è centrale, anche se l'oggetto ricade in una relazione di tipo narcisistico, in cui il possesso e l 'uso riverberano significati di sicurezza e potenza, an­ che se in modo maggiormente indiretto di quanto accade nel caso precedente. L'esempio delle automobili è molto interessante, infatti possono essere individuate automobili riconducibili, come apparato simboli­ co, ad ambedue i tipi sin qui indicati: auto-preda, associate ad im­ magini per lo più femminili, dalle linee arrotondate e dalle forme aperte; ed auto-protesi , associate ad immagini anche maschili, dalle linee diritte e spigolose, e dalle forme chiuse, impenetrabili. I tratti-base delle due immagini si appoggiano sia manifesta­ mente che in forma più sottile ai simboli socialmente accettati di caratterizzazione dei due sessi, stimolando il possesso o l ' identifi­ cazione a seconda della funzione simbolica ali ' interno della quale si vuole inserire la merce, che si vuole creare come "valore segni­ co aggiunto". Possiamo dire che le relazioni di genere intervengono nel mecca­ ni!'mo pubblicitario di costruzione simbolica della merce, sia per quanto concerne l ' aspetto relazionale, sia per quanto concerne 559

l 'aspetto auto-riferito, legato cioè alla costruzione e conferma delle 1 990, 1 995]. � Naturalmente i due aspetti sono spesso collegati: infatti, come nell;aspetto relazionale, emerge una funzione identificatoria nella misura in cui vengono dati, per opposizione, anche i modelli relativi ai diversi sessi coinvolti nella relazione; così nell'aspetto auto-riferi­ to, la relazione è sullo sfondo, ed il potenziamento della propria au­ to-immagine aumenta anche il potenziale di successo relazionale. Ma vediamo ora, brevemente, come funziona, dal punto di vista semantico, il meccanismo di trasferimento di significato sulla merce. Infatti, affinché i meccanismi sin qui descritti possano funzionare, è necessario che si ponga in essere un processo comunicativo in cui i significati relativi al possesso o ali ' accrescimento delle proprie ca­ pacità, vengano trasferiti sulla merce, su di un oggetto che si presen­ ta totalmente privo, in sé, di tali significati e che li può assumere soltanto all ' interno di una meccanismo di trasferimento semantico, alla fine del quale significati socialmente condivisi ed attribuiti ad una certa immagine vengono trasferiti ali ' immagine dell 'oggetto che si vuole "produrre" simbolicamente; è uno dei processi-base attra­ verso cui opera la pubblicità, nel nostro caso esso si applica ai signi­ ficati legati alle differenze di genere ed alla identità sessuale. Nella pubblicità, infatti, il tentativo è quello di trasformare signi­ ficanti (oggetti) con scarso significato in segni (oggetti + significati) dotati di senso per i consumatori, di un senso che li spinga ali ' acqui­ sto; successo relazionale e potenza del proprio ruolo sessuale sono ' senz'altro due motivazioni di forte spinta. Attraverso la g justapposi­ zione analogica di un segno a forte emanazione simbolica, meglio ancora se di un simbolo del significato che vogliamo riverberare sul nostro oggetto (un attore, un paesaggio, una persona sessualmente ricettiva) si suggerisce ali' osservatore il trasferimento di significato (donna affascinante + profumo = profumo che dona fasc �o). Il tra­ sferimento è suggerito dalla giustapposizione analogica, non da testi o spiegazioni, che farebbero intervenire l 'aspetto razionale della de­ codifica, rendendo impossibile il trasferimento stesso, che avviene in una condizione che potremmo definire, per intenderei, onirica o magica. Il trasferimento è comunque solo suggerito, magari con forza, ma è l 'osservatore a compiere la "magica" connessione; in nessun punto dell'annuncio viene detto che A è B, il che sarebbe evidentemente illogico e irrazionale, ma ovunque è suggerito, sinché chi osserva

ldentità individuali [Secondulfo

560

non lo decide: è la partecipazione al processo che genera, per l ' os­ servatore, la pregnanza del significato proiettato e stabilizza la proiezione, in una sorta di "complicità irrazionale" con il suggeri­ mento contenuto nell 'annuncio. Lo spostamento di significato non è "ricevuto" attraverso l ' annuncio, ma creato partecipandovi. Natural­ mente l 'oggetto di partenza deve avere un forte potere comunicativo e simbolico per l'audience cui è diretto il messaggio: non si può tra­ sferire quello che non c 'è. Essenziale a questo scopo è l 'utilizzo del registro visivo e iconico della comunicazione: non sarebbe possibile, con ogni probabilità, operare la stessa alchimia semantica attraverso testi unicamente scritti; gli aspetti analogici ed emotivi propri del linguaggio visuale ap(laiono essere essenziali per il successo di queste strategie. E l 'aspetto erotico-seduttivo quello che viene per primo in mente, ma, lo ripetiamo, i l serbatoio di ruoli incardinati sulle differenze di genere cui la pubblicità può attingere è molto più ampio di quelli unicamente legati all 'aspetto erotico della sessualità. Possiamo citare a questo proposito i risultati di una indagine condotta nel 1 989 su di un set di annunci pubblicitari apparsi in Canada tra il 1 9 1 O e il 1 980, con la tecnica dell'analisi del contenuto [Leiss 1 990] . Secon­ do questo studio, gli annunci di questi ultimi decenni hanno utilizza­ to soprattutto gli aspetti emotivi della relazione proposta con i pro­ dotti, presentandoli essenzialmente come capaci di generare processi di auto-trasformazione nel consumatore. Bandito quindi il tema del­ la qualità intrinseca, utilitaristica, cara alla pubblicità dei primi del '900, bandito anche il richiamo al progresso, forte leva di caratteriz­ zazione simbolica degli anni '40 e '50, si afferma il tema del piace­ re: bellezza, qualità e salute, come vettori di trasformazione perso­ nale attraverso l ' uso delle merci pubblicizzate. Una tendenza che si muove di pari passo con l 'uso di leve più espressamente affidate all'aspetto erotico e sensuale della relazione e dell 'auto-identità di genere, una volta declinate quelle fondate sui ruoli famigliari, figlie di una società meno segmentata e differenzia­ ta, in cui gli stili di vita individuali erano maggiormente conchiusi entro Je sfere normative dei gruppi primari. 4. Le tigri di carta: il genere nella pubblicità

Le differenze di genere non intervengono comunque soltanto co­ me stimolo all'acquisto o alla caratterizzazione semantica degli og561

getti, l a pubblicità nel suo collegare s ignificati ed oggetti, e · ne !l ' uso che fa della differenza di genere come leva per tale colle­ gamento, propone, nei fatti, immagini identificatorie, stereotipi, dei vari generi. La necessità di colpire larghe fasce di popolazione impone un uso molto accorto della costruzione simbolica delle immagini identifica­ torie usate negli annunci; un errore, infatti, potrebbe precludere una fetta del mercato sperato. La pubblicità presenta quindi dei propri ritratti dei vari generi, che possono venire assunti come modelli al di là ed in senso maggiormente complessivo di quanto non accada attraverso l ' utilizzo di singole merci caricate di significati legati al genere. Ogni immagine che rappresenta persone appartenenti ai vari ge­ neri ne offre una rappresentazione che comunica, al di là delle carat- . teristiche intenzionalmente legate al target pubblicitario dell 'annun­ cio; si tratta necessariamente di stereotipi, ma si tratta anche di mo­ delli, che possono offrire elementi di identificazione generale al di là della relazione immagine-merce proposta dali' annuncio stesso. Facendo riferimento ad alcuni dei molti studi sul!' argomento, possiamo individuarne alcuni, suggerendo al lettore di ricercame traccia negli annunci di cui siamo quotidianamente bombardati. Una prima famiglia di caratteristiche si fonda sulla diff�renziazio­ ne lungo la dimensione alto-basso dell'immagine; si tratta di una · classica dimensione di potere e autorità, ben nota agli studiosi di co­ municazione non verbale. Quando, ad esempio, nell 'annuncio com- . pare una figura distesa, molto facilmente si tratta di una donna, congiungendo l 'aspetto del potere a quello relazionale nel! ' \mmagine, a forte impatto emotivo, della "preda" sessuale. La dimensione relativa del maschio, che nella nostra cultura è individuato, stereotipata­ mente, come dominante nella relazione di genere, è spesso relativa- . mente maggiore di quella della femmina, segnatamente lungo la coordinata verticale, quella più nettamente legata al potere; una rap­ presentazione che sottolinea, come spesso fa per i s uai obiettivi massificati, la pubblicità, una situazione "naturale", garantita in un largo numero di coppie reali dalla selettività dei rituali di scelta del' partner. L'immagine pubblicitaria sottolinea un aspetto fenomenico della realtà, frutto di scelte e soggetto a larghe eccezioni, restituen­ dolo come unico e normativa, contribuendo alla stereotipia dei mo­ delli di identificazione e relazione. Nelle rare eccezioni in cui è i l maschio ad essere più piccolo, la caratterizzazione d i subordinazio­ ne, sociale o professionale, è chiarissima, in modo da segnalare che ·

·

562

siamo davanti ad un 'eccezione (si vedano le pubblicità in cui sono coinvolti autisti, camerieri ccc.). La regola viene proposta come uni­ versale, e non si applica soltanto alle persone: le mani maschili sa­ ranno tendenzialmente sopra quelle femminili, gli oggetti maschili e fallici saranno più alti di quelli femminili. Una seconda famiglia è relativa al rapporto con gli oggetti, che nel caso della donna è maggiormente leggero e contemplativo, men­ tre nel caso maschile è maggiormente saldo e utilitaristico; così co­ me in caso di azioni congiunte, l ' uomo è più spesso colui che agisce e decide e la donna più spesso colei che osserva o aiuta, a meno che non si tratti di compiti espressamente femminili. In questo caso, però solo recentemente, comincia ad apparire anche il maschio in veste di osservatore-aiutante: anche l 'emancipazione femminile è di­ venuta un valore sufficientemente diffuso da poter essere inserito nel circuito della costruzione simbolica della merce. Da questo punto di vista compaiono sempre più frequentemente annunci con maschi rappresentati in azioni e compiti tradizionalmente femminili (il la­ vaggio dei piatti, ad esempio), ma in queste rappresentazioni l 'azio­ ne maschile è sempre in una cornice di eccezionalità (visita di amici ecc.), e ne viene marcata la componente Iudica, infantile, mentre le omologhe situazioni, se rappresentate al femminile, sottolineano la routine e sono eseguite in solitudine, spesso con l 'unica compagnia degli oggetti "magicamente" animati (si vedano le pubblicità televi­ sive di scope, prodotti per la pulizia, elettrodomestici). Di nuovo sotto l 'aspetto attivo-passivo, si consideri poi che la donna, infinitamente più dell'uomo, è usata in pubblicità come mero espositore di oggetti (abbigliamento, accessori ecc.), l ' uso di "mo­ delli" maschili, recentemente in via di diffusione, è decisamente an­ cora minoritario rispetto ali 'uso di "modelle". Da ultimo, sempre per restare nel campo della comunicazione non verbale, lo spazio: usualmente i maschi rappresentati utilizzano ed occupano più spazio delle femmine, sia attivamente, muovendosi maggiormente o occupando una porzione maggiore di immagine, sia simbolicamente, presidiando con lo sguardo o con atteggiamenti av­ volgenti una porzione maggiore o strategicamente importante dell 'i rrt magine, se non direttamente la stessa partner. Quindi , attraverso la pubblicità, cd in particolare attraverso il re­ gistro visuale e la comunicazione iconica, i rapporti di genere ven­ gono abbondantemente coinvolti, non soltanto come leva ad alto im­ patto simbolico, ma anche come repertorio di modelli di identifica­ zione e di ruolo, sia generali che particolari (riferiti a particolari si563

tuazioni) del genere contribuendo, tra l 'altro, ad una loro pesante fissazione e stereotipizzazione sociale. Mai come nel campo delle differenze di genere la pubblicità svela la sua duplice funzione di specchio e di ritratto, di riflesso e di rassi­ curante proposta, al di là dei processi di semantizzazione della mer­ ce di cui abbiamo parlato in precedenza. 5. Conclusioni

In conclusione, abbiamo visto come gli oggetti siano un impor� tante supporto alla costruzione ed al mantenimento delle identità in­ dividuali e come siano i significati ad essi socialmente attribuiti la chiave di tale processo. Una delle agenzie sociali di "costruzione simbolica degli oggetti" è senz'altro la pubblicità ed è al suo interno che buona parte del si­ stema delle merci viene "creato" come sistema di segni, tale da po­ ter essere utilizzato nella comunicazione sociale e, tra l 'altro, nella costruzione e conferma dell'identità individuale. Tra i vari aspetti che concorrono a formare l 'identità personale, le differenze di genere costituiscono senz'altro uno dei campi maggior­ mente strategici ed essenziali; sia come fondamento de1l'identità, sia come sua estrinsecazione relazionale. È appunto agli aspetti simboli­ ci che convergono sul genere e sulla sua differenziazione che la pubblicità fa particolarmente leva nei suoi processi di costruzione simbolica della merce. Come abbiamo detto, non si tratta soltanto degli aspetti legati alla parte erotica o sessuale 'della ,differenza di genere, ma anche agli aspetti della differenza legati ai diversi ruoli ricoperti nelle principali istituzioni sociali, come, ad esempio, ali 'in­ temo della famiglia. In questo processo, la pubblicità non solo produce beni che sim­ bolicamente possono contribuire, anche sostanzialmente, alla auto­ costruzione ed alla conferma di tali identità, ma fornisce anche mo­ delli di identificazione, sia oggettivi che relazionali, su cui forgiare la propria identità, sempre con il sostanziale contributo degli oggetti, ma non solo, offrendo anche modelli di relazioni tra i sessi fondati, ad esempio, sulla dicotomia attività-passività, sulla dicotomia domi­ nante-dominato. In questo processo, la pubblicità contribuisce forte­ mente alla stereotipizzazione dei comportamenti. Dal punto di vista più specifico della relazione con l 'oggetto, ab­ biamo differenziato due tipi principali di relazione: quella di posses564

so e quella di identificazione, distinguendo i beni-preda da quelli protesi, il tutto reso possibile dalla centralità della comunicazione iconica e della logica analogica che la sostiene. In definitiva, da queste poche riflessioni possiamo dire che, anche per quanto riguarda le differenze di genere, la puhhlicità funziona da volano simbolico, utilizzandole come leva per le proprie alchimie semantiche e costruendo modelli di identificazione: specchio e mo­ dello allo stesso tempo.

565

Sessualità e relazione educativa di Marilena Russo

l. La proposta di legge sull'educazione/informazione sessuale a

scuola

Il testo di legge sulla "educazione/informazione sessuale a scuo­ la" 1 segna il punto di arrivo di un'elaborazione in ambito istituzio­ nale che offre spunti interessanti di riflessione. lnnanzitutto la sessualità viene recepita in un'accezione più ampia di quella limitata al sesso; inoltre l'educazione/informazione a riguar­ do postula tre principi fondamentali [Gelli (a cura di) 1 99 1 : 249] : la scuola quale promotrice della capacità di darsi norme - l'etica della responsabilità la collaborazione scuola-genitori Credo sia immediatamente percepibile in termini culturali l 'inno­ vazione contenuta nel testo di legge, anche se altrettarko immediata risulta la percezione delle difficoltà connesse alla necessità di far convergere sul progetto una pluralità di soggetti e di universi di rife­ rimento attraversati a loro volta da crisi e incertezze. 1 . 1 . La sessualità A una definizione della sessualità ridotta a genitalità e quindi a ri­ produzione si è andata via affiancando nel dibattito una concezione l . Si tratta del Testo unificato delle proposte di legge n. 280, 1 00 l , 1 705, 1 736, 420 l , 4642 approvato in sede referente dalla V I I Commissione cultura della Came­ ra nella X legislatura, ma non ancora legge dello Stato. Si veda [Geli i (a cura di) 1 99 1 : 243-246].

566

che ne fa una dimensione costitutiva de li' esistenza: «L'esistente è un corpo sessuato, perciò nel rapporto con gli altri esistenti che sono anche corpi sessuati, la sessualità è sempre impegnata» 2. Inquadrare la sessualità non più nell'orizzonte della riproduzione ma in quello dell'esistenza rinvia ai caratteri dell'esperienza più che a quelli dell'essenza, intesa quale legittimazione a priori delle moda­ lità del suo manifestarsi. L'essenzialismo ha segnato profondamente nella cultura occiden­ tale i modelli del l 'identità di genere (maschile e femminile), attri­ buendo a un dato anatomico-funzionale significati che appartengono invece all'elaborazione culturale. Tale approccio ha costruito sulla funzione riproduttiva dei due sessi il significato sociale dell 'identità sessuale: a un primato del maschile corrispondeva un femminile la cui definizione avveniva per via residuale, come mancanza di rispetto all 'identità dell'essere e a suoi attributi [lrigarey 1 989a]. Il rinvio ali ' esperienza muta invece radicalmente il rapporto fra identità sessuale e identità di genere: assume rilevanza anche la di­ mensione intersoggettiva, dove le soggettività sessuate in relazione attuano un processo dinamico di concostruzione della propria speci­ ficità in cui l 'altro può essere accolto nella sua incommensurabilità a sé e quindi come soggetto in una condizione di reciprocità del rico­ noscimento e non di simmetria speculare. Tradotta in termini educativi questa prospettiva richiede da parte di operatori scolastici e non, la capacità di creare situazioni e di in­ dividuare metodologie e modalità di interazione orientate all'ascolto e al confronto esperienziale piuttosto che ipotizzare progetti educati­ vi dove l 'esperto di turno parla a una platea nella maggioranza dei cast passtva. I ruoli si modificano e la conoscenza avviene lungo percorsi scelti dagli studenti in risposta ai loro bisogni e alle loro curiosità 3. In altri termini ciò implica il passaggio da un'educazione della sessualità a un 'educazione alla sessualità; da una cultura del dover essere secondo modelli predefiniti a una cultura tesa a fornire stru­ menti I9er la realizzazione di sé [Rifelli e Ziglio 1 99 1 ]. 2 . S. D e Beauvoir alla voce "sessualità", in Demarchi F. , Ellena A. e Cattarinus­ si B. ( 1 987), Nuovo dizionario di sociologia, Paoline, Cinisello Balsamo (Mi). 3. Il riferimento è alle metodiche utilizzate per i programmi di educazione ses­ suale nelle scuole dal Servizio di sessuologia clinica dell ' Ussl 46 di Mantova e dal Cis di Bologna.

567

1 .2. Il significato dell' educazione Il primo dei principi postulato nel testo di legge sposta l ' asse del processo educativo da un ' accezione dell 'educazione intesa come da­ re forma, plasmare, secondo modelli predefiniti, a un'accezione che privilegia l 'emergere della forma propria de li' educando. Il compito degli educatori diventa quello di fornire gli strumenti adeguati 4. Definire in questi termini la relazione educativa costituisce un' in­ novazione a livello istituzionale di non poco conto. L'educazione scolastica, quale processo di socializzaiione, è stata per lo più intesa . come adattamento alle nonne esistenti, come trasmissione di conte­ nuti specifici già dati, tesa a contenere e controllare il cambiamento. La relazione educativa ipotizzata, invece, si muove in direzione diversa. Essa assume al suo interno la categoria del mutamento, spo- : gliandola di connotazioni negative aprioristiche e mira a fornire con- : dizioni che garantiscano non l 'adattamento, ma piuttosto la possibi- : lità di un 'elaborazione critica del sapere e delle nonne. La posizione di E. Agazzi [ 1 993] sull'introduzione dell'educazio­ ne sessuale nella scuola desta quindi non poche perplessità. Egli di­ stingue fra valori che riguardano la sfera collettiva e valori più diret­ tamente riferiti alla sfera personale, optando per la pertinenza della sessualità a questi ultimi; inoltre esclude la possibilità che su questo tema la scuola possa avere una funzione educntiva oltre che infor- ' mativa. La differenza fra i due ruoli risiederebbe nel fatto che l ' informazione non implica un orientamento valori aie, indispensabi­ le invece perché si possa parlare di educazione. Il discorso di Agazzi, che per altri versi pone problemi condivisi­ bili sull'attuazione del progetto, si basa su due dicotomie analitiche, difficilmente sostenibili sul piano pratico, fra informazione/educazio­ ne e valori relativi a sfera pubblica/sfera privata. Ogni informazione, compresa l ' informazione scientifica, cui sembra riferirsi l 'autore, . quale prototipo di informazione priva di contenuti valoriali, trasmette modelli. Per citarne alcuni: quello igienico-preventivo, quello fisiolo­ gico o quello ormai dilagante della medicalizzazione della vita. Questo perché la rilevanza delle informazioni dipende dalla pro­ spettiva adottata per selezionare e organizzare in modo significativo ·

4. «La scuola contribuisce a far acquisire la conoscenza e la consapevolezza de­ gli aspetti e dei significati della sessuali là ( . . . ) I contenuti delle tematiche inerenti alla sessualità attengono a l l ' informazione scientifica ed agli aspetti psicologici, af­ fettivi, etici, sociali, antropologici, storici, culturali e giuridici della sessualità» (artt . 1 -2 del testo di legge, per cui si rimanda nota l del presente contributo).

568

qualsiasi discorso. Esemplificando: se di sessualità si parla solo in termini di fisiologia della riproduzione, non è che si offra un contri­ buto conoscitivo neutrale; casomai esso è neutralizzante le valenze non riproduttive della sessualità. Anche parlare di sessualità nei suoi soli aspetti fattuali (credo che con questo termine Agazzi si riferisca ai comportamenti sessuali) facendo corretta informazione, implica un orientamento valoriale: è il paradigma di riferimento ad offrire i criteri della correttezza. Viene inoltre da chiedersi se è accettabile limitare la sessualità al­ la funzione erotica e riproduttiva, che «non tiene conto delle funzio­ ni non sessuali del sesso ( . . . ) che possono essere riassunte nelle fun­ zioni terapeutiche e relazionali particolarmente importanti nell'ado­ lescente>> [Pasini in Gelli (a cura di) 1 99 1 : 1 0] . Anche l a distinzione fra valori che riguardano l a sfera collettiva e/o la sfera privata lascia perplessi. I comportamenti sessuali, purché fondati sul consenso, sono senz'altro sottratti alla sfera pubblica; ma quando si parla di sessualità si parla anche di significato e organiz­ zazione sociale della differenza sessuale. La scuola ha sempre fatto educazione della sessualità in modo informale: il grembiule imposto alle bambine fino a pochi anni fa; le classi, quando non gli ingressi scolastici, separati per maschi e fem­ mine; la femminilizzazione del corpo docente; sono solo alcune ma­ nifestazioni eclatanti di questa educazione. Ma il problema non si ferma a questi aspetti: La sessualità, quale dimensione onnipervasi­ va del l 'esistenza S , entra nella relazione didattica e la segna, proprio perché non consapevole e non problematizzata 6, concorrendo in tal modo al consolidamento di stereotipi. II silenzio, a volte, trasmette più valori di quanto si creda 7. È inoltre difficile convenire sulla non rilevanza, anche per i fini istituzionali della scuola, delle tematiche legate alla sessualità: il sa­ pere, la cui trasmissione rientra fra tali fini, ha una connotazione sessuale ineludibile: «La non neutralità del soggetto della scienza parla in diverse maniere. La si può interpretare attraverso ciò che si 5. E. Gius e A. Salvini ( 1 987) alla voce Sessualità, in Demarchi F., Ellena A. e Cattarinussi 8 . , op. cit. 6. Lisa A. Serbin e K. Daniel O 'Leary ( 1 978}, Come tappare la bocca alle bam­ bine fin dalla scuola materna, "Psicologia contemporanea", n. 28: 1 9-24. Myra Sadker e David Sadker ( 1 986), Sessismo a scuola nef?li anni ottanta, "Psicologia contemporanea", n. 73: 8 - 1 1 . 7 . Sul ruolo del silenzio nella comunicazione con gli adolescenti s i veda Baraldi C. ( 1 994), Suoni nel silenzio, Angeli, Milano, in particolare cap. 2.

569

scopre in un certo momento della storia o in ciò che la scienza mette o non mette in gioco nelle sue ricerche [ . ] . Uno dei luoghi più su­ scettibili di provocare una ridiscussione dell'orizzonte scientifico è l 'interrogarsi sul soggetto della scienza e sulla sua implicazione psi­ chica e sessuata nel discorso, nelle scoperte e nella loro formulazio­ ne» [lrigaray 1 99 1 : 3 1 1 -3 14]. La scuola potrebbe iniziare da qui, offrendo strumenti per una let­ tura che porti in luce come l ' universale del sapere, sia esso filosofi­ co, giuridico, matematico o biologico, è in realtà il frutto della spe­ culazione di un soggetto per sua natura non neutro. . .

1 .3 . L'etica della sessualità Al significato di educazione adottato dal testo di legge si accom­ pagna il riferimento ali' etica della responsabilità. Essa è un orizzon­ te in cui l 'azione è mediata nel suo definirsi e ,realizzarsi dalla rela­ zione e quindi dalla rilevanza che le ricadute del proprio agire pos­ sono avere sui soggetti coinvolti. Fa riferimento a un'assunzione di responsabilità sul piano personale, che taglia nettamente con qual­ siasi tendenza alla passività e all 'attribuzione delle conseguenze dell'agire esclusivamente al piano comunitario e/o sistemico. Richiede, perciò, per potersi realizzare, la cop,sapevolezza di sé e dell'altro come altro da sé: ciò significa che l 'altro deve essere avvi­ cinato non forzandolo in schemi di rappresentazione sociale che, se sono necessari per porre le premesse dell' interazione, devono essere di converso sufficientemente flessibili per impedire l'emergere di quanto non riducibile ad essi. L'etica della responsabilità oggi sta diventando riferimento im­ prescindibile non solo per l 'educazione, ma anche per qualsiasi ten­ tativo di pensare un'uscita dalla crisi che attraversa le cosiddette so­ cietà complesse. Società che hanno sempre più difficoltà a definirsi, che colgono la situazione liminare in cui si trovano, senza aver chiaro verso dove si stanno muovendo, come ben sottoìinea quel POST utilizzato nelle definizioni correnti (società postindustriale, postmoderna, ecc.). Una crisi che «mette in discussione non solo un modello di svi­ luppo, ma la stessa relazione uomo natura e richiede una nuova ra­ zionalità e una nuova etica per prefigurare un nuovo modello di re­ lazione, superando posizioni catastrofiche ( . . . ) o le risposte neocon­ servatrici di stampo luhmaniano, che ritengono che una società com570

plessa può essere solo gestita non orientata e non può essere gover­ nata con un consenso democratico, ma da una funzionalità di istitu­ zioni autoreferenti» [De Vita 1 993: 1 3- 1 4]. Il problema della relazione uomo-natura non riguarda perciò il so­ lo rapporto con l 'ambiente in cui l ' essere umano si trova a vivere, ma anche il rapporto che egli ha con la sua natura, col suo essere coscienza e mente-e-corpo [Ardigò 1 989: 29-56]. «La coscienza di sé come categoria esistenziale ( . . . ) comporta in­ fatti il passaggio da una situazione di immediatezza, nella quale l ' in­ dividuo coincide totalmente con la sua realtà psicofisica, con il suo corpo, con le sue sensazioni e le sue immagini, a una situazione ri­ flessa o di mediazione, nella quale l ' individuo si trova a porre una distanza tra sé e il suo corpo, le sue sensazioni e le sue immagini. ( . . . ) Nella capacità di distanziarsi dalle proprie aggettivazioni che è propria dell 'essere cosciente sembra aprirsi un vuoto nel quale l 'io comincia a porsi delle domande. ( . . . ) Questa esperienza comporta subito anche una dimensione temporale» [Crespi 1 985: 20]. L'esperienza del vuoto, così come viene definita da Crespi, sembra essere sempre più scansata e produrre un sorta di coscienza che cerca di evitare l 'esperienza esistenziale della morte. Credo non sia un caso se in questi anni l 'Aids si sia imposto neli' immaginario collettivo quale catalizzatore di paure che hanno trovato in questa malattia il loro contenitore ideale. Vale la pena di ricordare che il primo nome di questa sindrome è stato Grid (Gay Related Immuno Deficency). Il collegamento tra sessualità-devianza-malattia-morte, al di là dei fatti, può essere visto come segno di un disagio collettivo che tenta di arginare, separandola e attribuendola ad altro, la contraddizione di una struttura sociale costituitasi anche grazie a una sorta di congela­ mento della dimensione temporale. «Conservare la temporalità vuoi dire stabilire linee di continuità, riconoscimenti, dei da dove possibi li. E oggi è molto difficile perché i mezzi di comunicazione di massa hanno la caratteristica di provo­ care una contemporaneità immediata ogni giorno. ( . . . ) Oggi tutto viene consumato in una rappresentazione. Quindi la temporalità stessa è spezzata nel suo processo costitutivo anche di senso>> s. Il consumo di rappresentazioni, secondo Papi, è la modalità di si­ gnificazione prevalente nella nostra società: ma cosa si consuma nella rappresentazione dell 'Aids, quale esclusione viene confinata nella malattia originata da una sessualità deviante? 8. Intervista a F. Papi, "L'unità", giovedì 28 luglio 1 994.

571

Credo non sia improponibile vedervi l 'esclusione del tempo e quindi del movimento, del divenire concettualizzati quali origine e causa di distruzione, disordine e mone; il tentativo di fronteggiare i l limite d i un'ideologia sociale che, con una felice espressione d i A. Ardigò, si è proposta come quel "trionfo di una volontà riflessa che sempre deve prevenire l 'evento" 9. La sessualità, condizione inaliena­ bile e presociale deli' esistente umano, significante primo che il socia­ le è chiamato a mediare, può ben diventare luogo in cui collocare il thàuma (meraviglia e terrore) del divenire, proprio per l 'impossibilità di ridurla al dicibile (anche se i tentativi al riguardo non sono rari). Non a caso è la consapevolezza deli 'identità sessuata a costituire, nel mito della cacciata dal giardino dell 'Eden, il fondamento della conoscenza e della dimensione temporale 1 0. Senza tempo, manca una struttura essenziale per uscire d� un pensiero rigidamente co­ struito sulla relazione dentro/fuori o, se si vuole, sistema/ambiente. Il limite acquista qui il senso di una barriera difensiva, dove ciò che è fuori (ambiente) è minaccia per l 'ordine interno (sistemico). Man­ ca lo spazio in cui situare la distanza ed elaborarla e con essa viene a mancare la percezione del limite inteso non come condizione di sopravvivenza, ma come orientamento per nuove possibilità de li 'esi­ stenza: la complessità viene affrontata con le semplificazioni dei modelli di guerra in una prospettiva di controllo e dominio. La ra­ zionalità si riduce a logica e sul piano pratico a problem solving, tecnologia sulla base di equivalenze funzionali ' ' che non conoscono 9. A. Ardigò [ 1 989]. L 'autore utilizza questa espressione in riferimento alla teo­ ria di N. Luhmann, che considera [Donati 1 99 1 a: 7 5]. Questo il dato di fatto, l ' ovvietà che è sotto gli occhi di tutti. Del resto, la famiglia non fa che rispecchiare le tendenze della più va­ sta organizzazione sociale; ma ne mostra, forse in misura più espli­ cita, anche i limiti e le debolezze, per il carattere di relazione di scambio simbolico che, al di là di ombre e difficoltà, rimane il suo aspetto costitutivo. Se è vero, come sostiene Baudrillard, che «non c ' è più scambio simbolico al livello delle formazioni sociali moderne; non più come forma organizzatrice» [Baudrillard 1 992: 1 1 ] , potrebbe risiedere qui una delle cause della contraddittorietà della realtà familiare, in parti­ colare del ruolo genitoriale, nel rapporto con le istituzioni educative esterne alla famiglia. Nella relazione di scambio simbolico, lè dimensioni utilitaristiche e funzionali, pur se presenti, non costituiscono il fondamento princi­ pale de li ' agire, che rinvia invece allo scambio e ali' elaborazione di senso, quel senso definito da Luhmann come determinato da inde­ terminatezza, forma irrecusabile di elaborazione del l 'esperire [Luh­ mann 1 985: 1 22- 1 24] . La famiglia, quindi, si trova ad essere contemporaneamente un'istituzione e una relazione di mondo vitale, ma soprattutto una forma di mediazione che, pur attraverso morfogenesi a� che notevoli, rinvia comunque a quanto non ha nel sociale la sua genesi, ma solo il suo luogo di elaborazione. Limitiamo qui il discorso alla famiglia caratterizzata dal legame di filiazione. Negli ultimi decenni i cambiamenti nel rapporto genitori­ figli hanno visto via sostituirsi a un certo autoritarismo modalità per­ missive di relazione [Donati 199 1a: 58-59] : ambedue le caratterizza­ zioni, però, sono sintomo di un ruolo genitoriale che ha notevoli dif­ ficoltà a trovare un equilibrio nella sua funzione educativa e di orientamento delle nuove generazioni. A ben guardare, esse rinviano a una triangolazione (genitori-sistema culturale-figli) più formale che reale: autoritarismo e permissivismo esplicitano in realtà il tipo di appartenenza che i genitori hanno stabilito rispetto alla cultura di ri­ ferimento, nei termini dell'imporre ciò che essa prescrive e/o del 5 74

permettere ciò che essa vieta. La socializzazione viene colta nel suo aspetto di controllo e adattamento rispetto al sistema di significati condivisi a livello sociale, mentre il momento interpretativo e di ela­ borazione, che si situa nella famiglia, quale convergenza sovrafun­ zionale di più dimensioni (biologica, culturale, economica, sociale, ecc.) resta in ombra. L'organizzazione sociale, basata sulla differen­ ziazione funzionale, assegna alla famiglia il compito di realizzare l ' inclusione degli essere umani in quanto persone, cioè quanto viene escluso a livello generale della società. Il paradosso per la famiglia è di vedersi delegata la responsabilità etico-normativa 1 3 nello stesso momento in cui non le viene riconosciuta rilevanza e ruolo pubblico. Ipotizzare una collaborazione scuola-famiglia per l ' introduzione dell'informazione/educazione sessuale nella scuola, implica attribui­ re rilevanza pubblica a quanto al suo interno viene mediato e muo­ versi in un'ottica di orientamento della società attraverso quel con­ senso democratico cui faceva riferimento De Vita [ 1 993: 1 3- 14] ; si­ gnifica, inoltre, non guardare più alla famiglia «come controparte privata di un sistema organizzato di servizi che, quale che sia la sua natura giuridica, fa riferimento agli standard professionali di un ap­ parato regolato da norme proprie, su cui la famiglia - in linea di principio - non ha specifica competenza e che può al massimo in­ fluenzare col suo consenso-dissenso» [Donati 1 992: 44] . U n salto qualitativo non indifferente che all 'interazione utente-ser­ vizio sostituisce una prospettiva dove la differenziazione per compe­ tenze lascia il posto alla partecipazione di soggetti educativi con pari dignità per la definizione di progetti concreti di educazione sessuale. Ma in tema di sessualità, la sensazione è che la famiglia abbia molte reticenze a confrontarsi con le istituzioni educative a Ici ester­ ne. Al di là del l ' ovvia difficoltà che può nascere dal cimentarsi in un ruolo del tutto nuovo in rapporto alla scuola, c 'è però un altro li­ vello che si presenta ben più problematico: anche se la cornice in cui si concretizza l ' azione famigliare è quella del l ' educazione ali ' autonomia ciò non è poi così scontato per la sessualità. L'auto­ nomia implica la possibilità di scegliere fra più opzioni, ma «sem­ bra che in questo campo i figli non possano scegliere. Infatti, men­ tre ( . . . ) contrattazione e negoziazione appaiono gli strumenti comu­ nicativi più frequenti nei vari ambiti del quotidiano, la sessualità è disancorata dalla mediazione: non se ne parla e ci si aspetta che i fi1 3. Nell'accezione di P. Donati: [Zani et Al. 1 993]. Per i figli, perciò, le cose non stanno così e cercano altrove le ri­ sposte che non trovano in famiglia: «Parlare con i genitori di pro­ blematiche sessuali sarebbe molto d'csiderabile, ma risulta per i gio­ vanissimi quasi impossibile: padri e madri sono intrappolati nel processo di separazione che ostacola quell'argomentare fluido e sincero possibile con altri adulti, meno implicati nel rapporto emo­ tivo» [ibidem: 5 1 ] . Il progetto educativo si arena qui: come ben sottolinea Donati [ 1 99 1 a: 59] i rapporti genitori-figli sono poco basati su un'autorità promozionale autentica e più improntati alla compensazione affettiva o emozionale. Ma il puero-centrismo che caratterizza la coppia ita­ liana odierna con figli, a mio avviso, non è privo di riflessi sui cre­ sc�ti problemi soggettivi (oltreché oggettivi) collegati al crollo del­ la natalità, come sembra invece sostenere l 'autore: non a caso, più che di diventare genitori, si parla di avere un figli9, attuando uno spostamento dalla progettualità verso il futuro a una ricerca di com­ pensazioni per bisogni propri degli adulti [ibidem, parte I, cap. Il]. «Spesso si avverte fra uomini e donne della nostra società ( . . . ) una sorta di anoressia amorosa, di inappetenza a voler creare insie­ me un essere che avrà vita autonoma, che non sarà più prolunga­ mento (controllabile) di se stessi .. Non c 'entra l 'egoismo, come af­ fermano certi moralisti. L'anoressico non è egoista. Semmai intrap­ polato. Ecco, forse dietro alle statistiche si cela una molla inceppata nella nostra gioia di vivere più profonda [ . . ]» 14• Il comune denominatore sembra essere questo: adulti che in modo più o meno radicale non riescono ad elaborare sul piano simbolico la separazione dai figli reali o solo immaginati. Riconoscere la ses� sualità dei nostri figli implica avere coscienza del loro diritto a pre­ pararsi a gestire il loro corpo, le loro relazioni affettive in piena au­ tonomia, senza che i genitori abbiano alcun titolo per intervenire nelle loro scelte. Passaggio duro se il puerocentrismo si riduce a centralità del bambino: l ' infanzia ha i suoi diritti, ma non può indebitamente OC"' cupare le altre fasi della vita. Essere genitori non è facile, ma non bisogna mai perdere di vista l'obiettivo di questo ruolo che è quello di insegnare ai nostri figli a camminare con le loro gambe e magari nel frattempo imparare noi a camminare con le nostre. .

1 4 . M. Politi. "La Repubblica", 3 1 luglio 1 994. 5 76

2.2. Per una formulazione della domanda educativa Una sorta di veti incrociati, per lo più impliciti, sembra vanificare i tentativi di introdurre l 'educazione sessuale nella scuola. Le resistenze del corpo docente, lo scollegamento fra istituzioni scolastiche e servizi socio-sanitari, le paure e le resistenze dei geni­ tori producono un silenzio su queste tematiche che, pur rassicurando il mondo degli adulti, di fatto lascia soli gli adolescenti nella ricerca di significati per questa dimensione costitutiva dell 'esistenza. Silenzio tanto più colpevole quanto più complessa e ardua è la ri­ cerca di un ' identità in una società caratterizzata dalla pluralizzazio­ ne dei mondi della vita [Berger, Berger e Kellner 1 983]" Realtà spesso incongruenti, indifferenti le une alle altre, a iniziare dalla dicotomia tra sfera pubblica e privata. Sorge il dubbio che il privato diventi garante dell 'esistenza del pubblico in quanto ambito in cui relegare aspetti, bisogni e quant'altro si configuri come resi­ duo non funzionale per l 'organizzazione sociale. Il fatto che la famiglia si veda attribuita la responsabilità etico­ normativa senza che le venga riconosciuta rilevanza e ruolo pubbli­ co, può voler dire che la razionalità sottesa all 'organizzazione socia­ le non contempla il riferimento ali 'etica. Quest'ultima non va certo intesa in senso dogmatico, ma piuttosto come problematizzazione delle risposte date a livello istituzionale (nelle politiche economiche, sociali, educative, sanitarie, ecc.), capace di porre un limite allo svi­ luppo delle logiche interne dei sistemi parziali di una società: non è pensabile che essi traggano legittimazione esclusivamente dal pro­ prio autocostituirsi come risposta tecnico-metodologica a una caren­ za, senza che ci si interroghi sul perché di tale carenza e sulle conse­ guenze della sua eliminazione: si pensi, ad esempio, al tema della sterilità e della riproduzione artificiale della vita. Bisogna tentare di uscire da questa impasse: per la famiglia una strada può essere quella di rifiutare il confinamento nel privato (privo di rilevanza pubblica) e di portare, nella relazione che stabilisce con le istituzioni, il suo essere soggetto politico a pieno titolo. È necessario perciò che anche le istituzioni le riconoscano questa soggettività: per la scuola ciò significa aprire la programmazione (spazio autonomo di elaborazione dei programmi ministeriali) degli ambiti meta-curriculari (Edupsssiae) ts alla collaborazione con pari dignità dei genitori. 1 5 . Acronimo coniato da Corradini. Si ri ferisce all'educazione ai diritti umani, al progresso, alla salute, alla sessualità, allo sviluppo, alla prospettiva interculturale, ali ''ambiente, ali 'Europa. 577

Ma fintanto che direttori e presidi, davanti a un' indicazione del Ministero della Pubblica Istruzione per l 'educazione alla salute, si limiteranno a inviare una circolare a maestri e professori, questo ri­ conoscimento non sarà certo possitJile. A questa insensibilità istitu­ zionale si· somma la difficoltà dei genitori a trovare momenti di dia­ logo e confronto fuori dalle solite lamentele per le inadeguatezze strutturali delle scuole e per i problemi organizzativi in rapporto a orari e trasporti. Eppure il bisogno c 'è, come dimostra la risposta a iniziative portate avanti in alcune scuole: momenti in cui i genitori sono stati messi nella condizione di confrontarsi sui problemi educa­ tivi e di trovare nella condivisione con altri genitori solidarietà e aiuto. A riguardo della sessualità spetta alla famiglia farsi promotri­ ce di momenti di riflessione e confronto, partendo dalle proprie difjicoltà, dai propri disagi, ma soprattutto dalla responsabilità nei con­ fronti di bambini e adolescenti. Un punto di partenza potrebbe essere dato dalla constatazione che poco o nulla si sa dei servizi socio-sanitari operanti sul territorio. Questi ultimi sono spesso distanti, impersonali, con nomi talvolta in­ decifrabili (Not, Spdc, ecc.) e chiamati a intervenire nell 'emergenza piuttosto che a fornire strumenti di conoscenza e riflessione. Un primo obiettivo può essere quello di realizzare una mappa dei servizi (da allargare successivamente a quelli culturali, sportivi, ri­ creativi, ecc.) e di rendere la scuola centro di una rete di relazioni tra le molteplici iniziative provenienti dal settore pubblico e da quel­ lo privato; luogo in cui i genitori, non più solo utenti, possono pen­ sare di intervenire indicando protocolli, chiedendo la verifica di de­ terminati standard qualitativi 16 e operando per trovare soluzioni che rendano più accessibili, in termini di dislocazione e costi, servizi privati che rivestono interesse collettivo: questo perché la dinamica di mercato non si traduca in svantaggio e venga perseguito il princi­ pio delle pari opponunità. Gli operatori dei servizi potrebbero poi essere invitati a mettere a disposizione di famiglie, docenti e studenti la professionalità e l 'esperienza maturata nel loro lavoro. Si percepisce, a volte, nelle rappresentazioni degli avvenimenti, una sorta di buco nero fra situazione precedente di normalità e quel­ la che fa di un bambino, di un adolescente o di un adulto, un sogget­ to seguito dai servizi sociali e/o sanitari. Un buco nero che riguarda 1 6. Si p ensi ad esem p io alla proliferazione di scuole p rivate di danza, sp ort vari, musica, lingue, ecc.

5 78

il processo che porta alla definizione di un disagio o ali ' emargina­ zione: è su questo passaggio che bisogna focalizzare l 'attenzione. Sempre più spesso il buon rendimento scolastico, l 'assenza di con­ flittualità manifeste in famiglia non sono garanzia sufficiente di una situazione di sviluppo armonico neli' adolescente: la cronaca è piena di fatti dove questi parametri spiegano poco o nulla. Ciò vuoi dire che l ' adolescenza, quale percorso di nascita sociale, non è processualità spiegabile solo con le dinamiche relazionali e comunicative interne alla famiglia. Nascita sociale significa anche, per l 'adolescente, confrontarsi con i ruoli e con il sistema di motiva­ zioni e aspettative diffuse nel tessuto sociale 1 7 . La pluralità dei sistemi di riferimento e dei codici valoriali richie­ de un'educazione che non può ridursi all 'adattamento o peggio al si­ lenzio su questa realtà, col risultato di dare per scontata un'omoge­ neità che non trova riscontro nel reale. Poiché la scuola ha come am­ bito non solo la trasmissione, ma anche l 'elaborazione della cultura, essa deve aprirsi a un confronto con le dinamiche e i comportamenti sociali, per farli divenire oggetto di riflessione nelle aule scolastiche. Il tema dei mass media, della pubblicità, del tipo di immaginario sollecitato dalla televisione e dalle pubblicazioni indirizzate a bam­ bini e adolescenti, non può essere lasciato alla reprimenda moralisti­ ca di questa o quella organizzazione. Siamo tutti d'accordo che vio­ lenza, aggressività e sessualità raggiungono telespettatori e lettori in forme distorte, ma non è la regolamentazione legislativa che può ri­ solvere il problema, né tantomemo lo spegnere il televisore o il vie­ tare l ' acquisto di certe pubblicazioni. Le i�uzionj educative, in particolare famiglia e scuola, sono chia­ mate oggi a rispondere a crescenti bisogni cognitivi, ma questa cre­ scita è stata percepita quasi esclusivamente in senso quantitativo r s , 1 7 . > [ibidem: VX] 20. Se una peculiarità può essere individuata per la scuola, essa è data dalla distanza che l ' istituzione pone rispetto alla quotidianità. Tale distanza non deve perciò tradursi in chiusura, ma rappresentare la specificità dell'ottica scolastica capace di garantire spazi di elabora­ zione e riflessione, nei quali trovino posto anche le ragioni degli al­ tri e non solo quelle del! 'ethos collettivo [Agazzi 1 993] dominante a livello istituzionale o sociale: l 'orientamento e lo sviluppo della competenza etica è possibile solo in presenza di alternative. Il sistema formativo integrato [Ventura 1 99 1 ] rappresenta una possibilità per rendere la scuola luogo della continuità fra società, nuove generazioni e famiglia, in un processo che deve però superare le chiusure istituzionali in rapporto a competenze considerate esclu­ sive e indiscutibili e ai modi dell'interazione 2 1 , affinché la parteci1 9. Ciò vale anche per i valori che a livello istituzionale guidano la scelta delle materie curriculari nelle scuole di ogni ordine e grado. 20. Per l 'educazione si veda anche nello stesso volume il saggio di G. Giorello, Fa/lihlismo e tolleranza, in particolare i paragrafi 7-8. 2 1 . Il ri ferimento è alle riunioni coi genitori indette in orario lavorativo, prassi usuale anche per l 'elezione dei rappresentanti dei genitori negli organi collegiali, nonché nella scuola materna per le feste sempre in orario lavorativo cui sono invita· ti i genitori. Nel primo caso le esigenze privilegiate sono quelle dell'organizzazione interna della scuola; nel secondo a queste si somma spesso la motivazione della centralità dei ritmi del bambino. In ambedue i casi la separazione fra ritmi della vi· ta quotidiana delle famiglie e istituzione scolastica si risolve a favore della seconda Ma questa priorità non mette in discussione il nodo centrale dell ' uso del tempo nel· la nostra società, né tantomemo apre spazi di mediazione fra istituzioni.

580

pazione si realizzi sui problemi 22 e non si riduca ali ' ascolto di un rendiconto contabile sull'avanzamento dei programmi e sulle meto­ dologie didattiche, notoriamente non passibili di intervento da parte dei genitori 23. Partecipare richiede tempo, disponibilità al confronto e può com­ portare il rischio di veder messe in crisi le proprie certezze; ma è l ' unica condizione per tentare di ridare senso e valore alla quotidia­ nità, perché essa non si riduca a routine e sottomissione agli impera­ tivi provenienti dai media, dalla realtà economica e dall'organizza­ zione sociale in senso lato, ma divenga punto di partenza per pensa­ re, progettare e concretizzare una diversa qualità della vita. La vio­ lenza primaria del nostro tempo è la negazione della centralità dell 'essere umano, dei suoi bisogni, che assumono valore e rilevan­ za solo a patto di essere riassorbiti in una logica consumistica: di fatto essere umano e bisogni finiscono per diventare paravento di in­ teressi che poco hanno a che spartire con l 'interrogarsi sul senso e sulle finalità dell 'esistenza. Non a caso la sessualità è terreno ostico per le istituzioni, a meno che non venga sezionata e attribuita alle più diverse competenze scien­ tifiche: il tutto in una prospettiva che la ricollega alla devianza rispetto a quanto stabilito quale ordine clinico, scientifico, sociale, mentre la valenza positiva resta in ombra, se non implicitamente negata. Marcuse coglieva probabilmente nel segno, quando distingueva tra repressione fondamentale (necessaria per il perpetuarsi della raz­ za umana nella civiltà) e repressione addizionale (restrizioni rese ne­ cessarie dal potere o dominio sociale) degli istinti e vedeva quest' ul­ tima collegata ad uno specifico principio di realtà, storicamente rap­ presenfato dal principio di prestazione [Marcuse 1 974] 24. La 1azionalità strumentale di Weber, il need for achievement di Berger e Luckmann, la teoria funzionai-strutturalista di Luhmann in­ dividu'ano lo stesso principio di realtà, mentre la crisi della raziona­ lità rispecchia il limite di una ragione che organizza tale principio: 22. Il riferimento è in particolare agli ambiti meta-curriculari. 23. J consigli di interclasse per le elementari e i consigli di classe per la scuola media inferiore molto spesso si riducono a questo. 24. H. Marcuse ( 1 974 ), Eros e civiltà, Einaudi, Torino, in particolare parte J, capp. Il e III. [ 1 974: 86-87] .

581

«la razionalità del progresso aumenta l 'irrazionalità della sua orga­ nizzazione e del suo orientamento» [ibidem: 1 34]. La sessualità, nel suo significato più autentico, è la negazione del principio di prestazione: quest'ultimo garantisce dal rischio di inti­ mità con se stessi e con l 'altro e fonda un'interazione sociale utilita­ ristica costruita sulla frammentazione dell'identità psico-sociale e in · rapporto a un valore di scambio di volta in volta definito dallo spe­ cifico tipo di prestazione che è in gioco: tale interazione dispiega il suo significato in rapporto a causalità e finalità che nella prestazione non hanno genesi né compimento, ma solo il loro strumento. Pensare un'educazione sessuale non rapportandola a un modello prescrittivo di nonnalità, ma riflettendo sul suo essere strettamente connaturata anche alla ricerca del piacere e della soddisfazione, può spostare la prospettiva dal tema riduttivo dei comportamenti sessuali · e ampliarla al tema del principio di realtà sotteso alla nostra realtà sociale. Concretamente ciò vuoi dire guardare ali ' organizzazione del tempo, dello spazio, del lavoro, dell 'interazione sociale non in rapporto alle esigenze produttive, ma di adeguatezza della risposta data · ai bisogni delle persone che, al di là di tanti sofisrrii, non coincidono certo con quelli del ciclo produttivo. Recentemente Sabino Acquaviva ha scritto: «[ . . . ] Le società libe­ rai-capitalistiche favoriscono, forse più di quelle socialiste, l 'emargi­ nazione grave. Si tratta di una specie di loro stato di necessità. Infat­ ti, se da un lato la competizione stimola lo sviluppo, l 'espansione economica, il soddisfacimento di una serie di bisogni, dali ' altro crea un esercito di sconfitti: economicamente parlando perché non rie­ scono a competere; dal punto di vista puramente psicologico, perché questa società non si pone il problema del soddisfacimento globale dei bisogni. ( . . . ) Questa società rende infelici, crea solitudine, ca­ renze affettive e mancanza d'amore, ma anche implacabile selezione e suicidi a scuola, solitudine dei bambini lontani da genitori che la­ vorano altrove, isolamento degli anziani, competitività quasi feroce, aggressività oltre il necessario. In questo quadro, per molti la vita è priva di senso: anche di qui la paura di vivere e di procreare. ( . . . ) Abbiamo bisogno di una società nuova nella quale chiunque, pur anonimo, possa dare un forte significato alla vita. ( . . . ) Pensavamo di essere felici proclamando che la vita non ha senso? Che dobbiamo vivere perseguendo solo il benessere economico? ( . . . ) Costruire la felicità significa anche offrire a tutti l 'opportunità di attribuire un si­ gnificato ali ' esistenza, di avere corretti rapporti affettivi, di arric­ chirsi interionnente, di evitare la solitudine, di attribuire un senso ·

582

compiuto ali ' amore, alla procreazione, alla vita, alla morte» [Acqua­ viva 1 994: 53-57]. Emarginazione, solitudine, mancanza d'amore, implacabile sele­ zione, suicidi, isolamento, violenza. . . Paradossalmente la società produce quanto vorrebbe scongiurare. Ma l 'irrazionalità organizzativa non è solo conseguenza ininten­ zionale de il 'agire economico e politico; essa è insita negli stessi re­ ferenti (logica del profitto e logica del dominio) prevalentemente adottati per questi tipi di agire. Referenti che non esauriscono però le possibilità di orientamento della produzione di beni (non solo ma­ teriali) e del reperimento/allocazione delle risorse. I paradigmi utilitaristici e funzionali, dominanti nel sistema di motivazioni e aspettative sociali, producono i risultati evidenziati da Acquaviva: non bastano, quindi, a costruire un senso pieno e globale della vita umana, anche se in parte possono soddisfare i bisogni di controllare l 'incertezza. Il confronto con questa realtà sociale non è certo indolore per le istituzioni educative, dato che l 'odierna personalità modale 25 è la ri­ sultante dei processi di socializzazione intervenuti nella sua forma­ zione. Essi sono stati e sono guidati più da un malinteso senso di uguaglianza e da una logica di tipo compensatorio-adattivo rispetto a quanto viene percepito quale attesa sociale che non da un principio di libertà. Ciò comporta il rischio per l'educazione di scivolare nell' in­ dottrinamento e per la socializzazione di ridursi a integrazione e con­ trollo o, quando la certezza su certi argomenti viene meno, a silenzio. Il problema non è quindi solo in termini di innovazione per le metodologie didattiche o in uno spazio maggiore da riservare all'espressività piuttosto che alla normatività, ma anche nell'andare oltre, verso un nuovo equilibrio che tenga presente che «un buon matJ,tro non solo farà accettare agli altri una forma di vita, ma for­ nirà loro anche i mezzi perché possano vederla in prospettiva e forse persino rifiutarla. ( . . . ) L'educazione non dovrebbe trasformare una persona capace di scegliere tra Dio e il maligno in un computer che fa sempre la cosa giusta» [Feyerabend 1 989: 42] . Per educare alla scssualità ciò che conta non è quindi tanto deter­ minare l ' ethos collettivo dominante o inseguire pretese di neutralità scientifica, quanto disporre di buoni maestri che, all 'insegnamento di decaloghi preconfezionati, preferiscano la ricerca, mai conclusa, di consapevolezza e competenza etica. 25.