Studi su Euforione 8871402243, 9788871402246


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Studi su Euforione
 8871402243, 9788871402246

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SEMINARI

ROMANI

DI

QUADERNI

CULTURA - 4

Enrico Magnelli STUDI SU EUFORIONE

Edizioni Quasar

GRECA

QUADERNI DEI SEMINARI ROMANI

DI CULTURA GRECA

Collana diretta da

Maria Grazia Bonanno, Roberto Pretagostini, Luigi Enrico Rossi

1. R. Pretagostini (cur.), La letteratura ellenistica. Problemi e prospettive di ricerca,

pp. 224, anno 2000 2. E. Dettori, Filita grammatico. Testimonianze e frammenti, pp. 244, anno 2000 3. L. Sbardella, Filita. Testimonianze e frammenti poetici, pp. 224, anno 2000 4. E. Magnelli, Studi su Euforione, pp. 212, anno 2002

SEMINARI ROMANI DI CULTURA GRECA QUADERNI

Enrico Magnelli

STUDI SU EUFORIONE

Edizioni Quasar Roma 2002

Questo volume ? pubblicato con il contributo dell'Università degli Studi di Firenze, Progetto "Giovani Ricercatori": Dipartimento di Scienze dell'Anti-

chità "G. Pasquali"

© Roma 2002, Edizioni Quasar di Severino Tognon srl, via Ajaccio 43,

1-00198 Roma, tel. (39)0684241993, fax (39)0685833591 ISBN 88-7140-224-3

SOMMARIO

Premessa

Avvertenze

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie 1. Euforione omerico? 2. I modelli alessandrini 3. Altri debiti (non molti)

4. Innovazioni da filologo 5. Lo stile 6. Conclusione: i nuovi classici

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante 1. Premessa 2. Dattili e spondei (‘outer metric") 3. Problemi relativi alla fine di parola (‘inner metric")

4. Fenomeni prosodici e aspetti stilistici 5. Un profilo complesso III. Poetica euforionea 103

IV. La fortuna di Euforione nel mondo greco

127 127 132 148

V. Per una nuova edizione critica 1. Per un canone dei dubia

159

Bibliografia

191

Addenda

193 198 200 202

Indice dei passi discussi

2. Euforione negli Etymologica 3. Quaeque notando

Indice delle parole greche Indice delle cose notevoli Indice dei manoscritti collazionati

ai miei genitori

PREMESSA

Questo lavoro non si prefigge di dire tutto quello che c'è da dire su Euforione, né di servire da companion per la lettura del poeta di Calcide. Si tratta di alcune ricerche filologiche e storico-letterarie — tutte inedite, e concepite fin dall'inizio secondo un progetto unitario — in ambiti che per la poesia euforionea si presentavano particolarmente bisognosi di un'analisi approfondita e sistematica, e che, ove chiaramente focalizzati, permettono

una piü esatta comprensione di Euforione come poeta ellenistico e della sua importanza nell'evoluzione storica della poetica 'alessandrina' e del gusto

'callimacheo'. Questo consentirà tra l'altro di accingersi con basi piü solide alla realizzazione di una nuova edizione critica (se i frammenti scoperti dopo il 1925 sono editi impeccabilmente nel Supplementum Hellenisticum, per gli altri & giocoforza ricorrere agli ormai superati Scheidweiler e Powell, per

tacer di edizioni piü recenti ma piü manchevoli) e di un commento scientifico di ampio respiro (quello di van Groningen e spesso inaffidabile, e comunque insufficiente): a tale progetto sto già lavorando, e spererei, permettendolo i casi della vita, di poterlo portare a compimento in un arco di tempo non troppo lungo. Molti sono, come è inevitabile, i debiti verso i predecessori. Segnalarli tutti, anche per l'indicazione di un singolo parallelo secondario, avrebbe significato costellare ogni pagina di «come nota Meineke» e «come osserva

van Groningen»; ho comunque cercato di dare a ciascuno quello che gli spetta, e spero che, almeno per quanto riguarda le idee di un qualche rilievo, il lettore non avrà difficoltà a distinguere quanto appartiene ad altri studiosi e quanto è farina del mio sacco.

Molti sono anche i debiti verso i contemporanei, studiosi ed amici (spesso entrambe le cose). L'opera intera hanno accettato di leggere Gianfranco Agosti, Paolo Carrara, Antonio Carlini, Claudio De Stefani, Richard Hunter,

nonché Franco Ferrari, Gianpiero Rosati e Amneris Roselli, ai quali fu a suo tempo sottoposta come tesi di dottorato; parti di essa hanno esaminato Da-

ria Gigli Piccardi, Fabrizio Gonnelli, Augusto Guida, Burkhard Scherer, Renzo Tosi; di vari altri suggerimenti e aiuti sono debitore a Guido Bastianini,

2

Studi su Euforione

Maria Broggiato, Giovan Battista D’Alessio, John Lundon, Maria Jagoda Luzzatto, Camillo Neri, Maria Noussia, Ian Rutherford, Francesca Schironi,

Niccold Zorzi. A tutti un ringraziamento sincero per come hanno contribuito al miglioramento di queste pagine (gli errori rimasti, come & d’uso precisare, spettano tutti a me). A Maria Grazia Bonanno, Roberto Pretagostini e Luigi Enrico Rossi sono grato per aver accolto il volume nella collana da loro diretta; di Emanuele Dettori e, ancora, di Roberto Pretagostini mi & stata preziosa l'assistenza in fase redazionale. La pubblicazione di quest'opera e stata possibile grazie ad un finanziamento del Progetto "Giovani Ricercatori" dell'Università di Firenze, ma anche alla disponibilità di Angelo Casanova e

Mario Labate, che mi hanno guidato in porto attraverso una lunga navigazione tra uffici, domande e regolamenti. Il ricordo del mio primo maestro,

Fritz Bornmann, mi ha sempre accompagnato nel procedere di questo lavoro che iniziai anni fa sotto la sua guida e su cui lui avrebbe avuto ancora

molto da dire e da dare. Difficile mi è esprimere sinceramente la mia gratitudine verso Marco Fantuzzi senza scivolare in espressioni che lui per primo non gradirebbe; ma chi lo conosce come studioso capirà facilmente quanto le mie pagine gli debbano, e chi conosce me sa bene quanto io gli debba anche sul piano piü propriamente personale.

Infine, devo un ringraziamento ai miei genitori, per l'appoggio che non mi hanno

mai fatto mancare; e ad Elisabetta, compagna

spesso difficili ma sempre rischiarati dalla sua presenza.

affettuosa di anni

AVVERTENZE

I frammenti poetici di Euforione sono citati secondo la numerazione dell'unica raccolta completa e attendibile, ossia la combinazione delle edizioni complementari di Powell (Collectanea Alexandrina, 1-°177) e di Lloyd-Jones e

Parsons (Supplementum Hellenisticum, 413-°454); per i frammenti delle opere in prosa e per le testimonianze si fa riferimento, sempre esplicitamente indi-

cato, all'edizione di van Groningen.

|

Per le opere di Euforione si usano le seguenti abbreviazioni: Chil. Chiliades Dion. Dionysos Hes. Hesiodus Hyac. Hyacinthus Mops. | Mopsopia Segni convenzionali impiegati: ° fragmentum dubium fragmentum spurium oo

(indipendentemente dalle eventuali altre sigle — */**, dub., inc. auct., etc. — di volta in volta impiegate dai vari editori)

« > * /s.s.

derivazione da influsso su vocabolo nella stessa sede metrica

Gli editori di Euforione sono indicati col solo cognome ("Scheidweiler",

non "Scheidweiler 1908"). Alle pp. 159-168 ho ritenuto utile presentare una bibliografia euforionea relativamente completa, che raccogliesse quantome-

no tutte le pubblicazioni specificamente dedicate ad Euforione (ho peró omesso quelle recensioni che non presentassero alcun apporto critico) o con-

tenenti contributi di qualche rilievo sui suoi frammenti, comprese quelle — in verità non molte — non citate nel presente volume.

EUFORIONE POETA: LINGUA, STILE, SCELTE LETTERARIE

1. Euforione omerico? Tra le non molte testimonianze antiche su Euforione, la piü esplicita ri-

guardo alle sue idee in fatto di poesia è anche quella che pone il maggior numero di interrogativi. Si tratta del ben noto epigramma di un ignoto Cratete, che su un'esposizione dei gusti letterari del poeta costruisce una satira piuttosto pungente delle sue abitudini sessuali: Χοιρίλος ᾿Αντιμάχου πολὺ λείπεται ἀλλ᾽ ἐπὶ πᾶσιν Χοιρίλον Εὐφορίων εἴχε διὰ στόματος, καὶ καταγλωσσ᾽ ἐπόει τὰ ποήματα, καὶ τὰ Φιλίτα ἀτρεκέως ἤδει: καὶ γὰρ Ὁμηρικὸς ἦν.

Se le allusioni oscene sono tutte piuttosto chiare (basti rimandare al commento di Gow-Page), maggiori perplessitä suscita sul piano letterale, e letterario, l'affermazione conclusiva secondo cui Euforione sarebbe stato 'Ounpixöc. È ben vero che lui stesso definì Omero niente meno che ἀπροτίμαστος

(118); ma in quello che rimane della sua produzione poetica, la dizione omerica sembra avere in realtà una presenza non molto massiccia — e, quel che

più conta, un tipo di presenza decisamente diverso da quello che ci si aspetterebbe in un poeta ‘omerico’. Anzitutto, l'interesse per varianti testuali, glosse rare e peculiarità di ogni tipo, ovvero un approccio eminentemente eru dito al testo omerico. In questo il comportamento di Euforione è perfettamente congruente con

1 A. P. 11. 218 = HE I 1371 ss. (Euph. test. 8 van Groningen). Seguo Gow-Page e vari altri editori nell'accogliere al v. 3 Φιλητά di Dobree (φίλιτρα P, deest PI), ma col ritocco morfologico suggerito da C. W. Müller 1990, pp. 36-37 = 507-508: il φίλητρα che compariva nelle edd. più antiche, ammesso anche che non sia solo una innovazione del greco bizantino (la sua esistenza non pare attestata al di fuori di Suid. e 3991 Adler giàntpa e di Et. M. 795. 17-18 ἀπὸ τοῦ φιλῶ περισπω-

μένου φίλητρον, καὶ συγκοπῇ φίλτρον), risulterebbe, pace van Groningen, estraneo al doppio senso letterario /erotico sotteso a tutto l'epigramma. Sulla questione dell'attribuzione al celebre Cratete di Mallo o piuttosto all'oscuro epigrammatista menzionato da Diog. Laert. 4. 23 (vd. HE II p. 222, van Groningen p. 9, e soprattutto Pfeiffer 1973, pp. 373-374) e sul significato complessivo dell'epigramma torneremo piü diffusamente infra, pp. 54 ss.

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Studi su Euforione

quello dei poetae docti di ambiente alessandrino. La III pers. sing. φλεγεθοίατο di 160 riflette probabilmente la v. I. νεκρός attestata da alcuni codici in Il. 23. 197 φλεγεθοίατο vexpoi?, anche se l'uso di terminazioni siffatte al singolare era

già consolidato nel primo Ellenismo sulla scorta di altre varianti omeriche*;

da più parti si è rilevato come l'hapax πολυσχεράδος in 25 mostri che Euforione conosceva (non necessariamente approvava*) sia la v. I. σχεράδος in Il. 21. 319 κὰδ δέ μιν αὐτόν / εἰλύσω ψαμάθοισιν ἅλις χέραδος περιχεύας / μυρίον, sia l'interpretazione di XEPAAOZ in quel medesimo passo non come χέραδος, -εος ma come il genitivo di un presunto χεράς, -ados — una costruzione ov-

viamente erronea’, ma presupposta dall'accentazione xepaóoc di molti codd. omerici e considerata quantomeno non assurda da Aristarco (e forse già da Apollonio Rodio)f. Rari hapax omerici sono 51. 4 ἀφλοισμῷ, da Il. 15. 607 (il

? Come osserva Erbse nella nota a schol. T ad Il. loc. cit. (V p. 400; lo scolio è appunto il testimone del fr. euforioneo); per le lezioni dei codd. in questione vd. gli apparati di Allen (ed. maior, 1931) e West.

3 Cf. la v. l. xeyapoiat' ἰδοῦσα in Od. 3. 438, l'imottata. propugnato da Zenodoto per Il. 16. 243

(ove vd. Janko) o il νόμος βεβλήαται ori; di Hymn. Hom. Ap. 20 (che tuttavia molti emendano, vd. Cassola ad loc.: vonoi Barnes, βέβληται ἀοιδῆς Ludwich). Può darsi che nel corpus omerico si

tratti solo di varianti da scartare (anche se il giudizio degli studiosi non è unanime, cf. p. es. Janko cit.), ma quel che e certo & che i poeti del III secolo non mancarono di servirsene: Arat. 817 ῥηγνύατο (ove vd. Kidd), Call. frr. 497 Pf. παρείατο (ove vd. Pfeiffer) e 87 Pf. δειδέχαται (in

Aet. fr. 186. 12 Pf. = 97. 12 Massimilla dipende dall'integrazione di un soggetto singolare o plurale al v. precedente; non necessario μεμψαίατ᾽ di Meineke in Asclep. A. P. 5. 164. 4 = HE XIII

869); vd. in generale anche Rengakos 1993, p. 79 n. 1. Non si puó quindi escludere che Euforione, senza conoscere la v. Î. νεκρός, semplicemente variasse su Omero introducendo un preziosismo grammaticale ad imitazione degli Alessandrini. * É appena il caso di ricordare come in un'opera poetica antica, specie se di poesia colta, l'allusione a determinate opinioni della γραμματική coeva non ne comporti automaticamente

la

condivisione (cf. p. es. Maltby 1993, p. 259 e le osservazioni, parzialmente divergenti ma entrambe metodologicamente utili, di Hunter 1996, p. 7, e di Rengakos 2001, p. 196; comunque si tratta ormai di una nozione generalmente acquisita). 5 Guc*gen. non è omerico (vd. Leaf ad loc.), e soprattutto ὅτι δὲ οὐδέτερόν ἐστιν, ἐπιφερόμενον τὸ “uupiov” «δηλοῦ (Et. Gen. B ap. Erbse 1969-88, V p. 198, - gl. 169 Calame); cf. Leumann 1950, p. 162. $ Per l'accento nei codd. vd. gli apparati di Ludwich, Allen (ed. maior) e West; su Aristarco schol. 'D', p. 539 van Thiel - Et. Gen. B, Et. M. 808. 44 ᾿Αρίσταρχός φησι xepábac καλεῖσθαι τοὺς ποταμοὺς Kal τοὺς ἐν αὐτοὶς λίθους, cf. anche il pressoché coevo Dem. Sceps. fr. 70 Gaede = schol. ad Ap. Rh. 1. 1123, p. 100. 1-5 Wendel χεράδες λέγονται οἱ σωροὶ τῶν μικρῶν λίθων (le altre testimonianze dell'erudizione antica sono raccolte da Wendel ad loc. e da Erbse 1969-88, V pp. 198-199).

Sulla questione vd. Latte 1925, p. 155 2 648, Chantraine, DELG p. 1254 e soprattutto la lucidissima sintesi di Leumann 1950, pp. 161-162. Se in Sapph. fr. 145 Voigt μὴ xivn xépabog [schol. L ad Ap. Rh. loc. cit.: -á5oc schol. P, -ἀδας Etym.] e probabilmente anche in Pind. Pyth. 6. 13 παμφόρῳ xepader [χεράδι codd., cf. schol. ad loc., p. 196. 2 Drachmann χερὰς δὲ ὁ μετὰ ἰλύος καὶ λίθων συρφετός: corr. Beck, cf. fr. 327 Maehler] le attestazioni del discusso yepag si riducono a lectiones deteriores, maggior considerazione merita Ap. Rh. 1. 1123 βωμὸν 8’ αὖ XEPAAOZ παρενήνεον: pres-

soché tutti gli edd. principali almeno a partire da Merkel accentano χέραδος considerandolo predicativo (schol. p. 100. 6-7 W. ὁ τῶν λίθων σωρός), ma potrebbe aver ragione Leumann a vedervi, come già Wellauer e F. S. Lehrs, un genitivo χεράδος, «ein Altar von Geróll» — e in tal caso il

preziosismo di Euforione troverebbe anche qui un immediato antecedente alessandrino.

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

7

cui fascino sui filologi antichi & confermato dalle discussioni etimologiche conservateci negli scolii?),

e 118 ἀπροτίμαστος, da Il. 19. 263 e non attestato

altrove. Altre volte si tratta di peculiarità grammaticali o sintattiche: omerici sono probabilmente l'uso di ἄκρον avverbiale in 44. 2 (- Il. 20. 229 ἄκρον ἐπὶ ῥηγμῖνοςϑ, ma su questo torneremo più avanti) e la costruzione di ὄφρα κε con l'ottativo in 96. 1 (- IL 12. 26, vd. van Groningen p. 168); omerico è -tov per

-tnv alla III pers. duale in 51. 7 notpanteroy, se la restituzione di Schubart è nel giusto come sembra?; la singolare costruzione di apèw+gen. in 66 oi δ᾽ οὔπω Σιμόεντος ᾿Αχαιίδας ἄρσαμεν ἵππους si rifà chiaramente a Hymn. Hom. 9. 3 n θ᾽ ἵππους ἄρσασα βαθυσχοίνοιο Μέλητος, come notano i commentatori dell'uno e dell'altro testo; dall'uso omerico deriva verosimilmente la variatio sintattica di 44. 2-4 KALOL πήχεες ἄκρον ὑπερφαίνοντο ταθέντες aypel ἀσπαίροντος ἅλις Δολοπιονίδαο δυστήνου,

che traduce in atto il genitivo assoluto ancora latente in casi come Il. 16. 531 ὅττι οἱ ὦκ᾽ ἤκουσε μέγας θεὸς

ed

Eau évorol?, Insomma, una fruizione di

? Il vocabolo era riconnesso ora con áépóc, ἀφρισμός, ora con φλέανφλύω, forse anche con φλοῖ-

σβος (M. Schmidt, LfgrE 5. v.; Tyrannion fr. 39 Haas con la nota dell’ed.). La sola altra attestazio-

ne letteraria a noi nota è [Orph.] Lith. 481, palmare emendazione di Hermann. 8 Caso isolato in Omero (vd. Edwards ad loc., con bibl.; ἔπι Leaf, ῥηγμῖνα Ahrens), e forse

anche nella letteratura successiva; solo qualche esempio con axpa in ThGL I col. 1337C. Plat. Amat. 135b 8-c 1 si legge nei codd. e nell'Aldina τέκτονα μὲν ἂν πρίαιο πέντε ἢ ἕξ μνῶν ἄκρον ("al massimo"? diversamente Ast, "perfectum"), ἀρχιτέκτονα δὲ οὐδ᾽ ἂν μυρίων δραχμῶν, ma il seguente ὀλίγοι ye μὴν κἄν ἐν πᾶσι τοῖς Ἕλλησι γίγνοιντο mostra chiaramente che era nel giusto Schanz a

interpungere μνῶν, ἄκρον ἀρχιτέκτονα (probb. Burnet, Souilhé, Carlini; sé in terza posizione è normale in Platone, vd. Denniston, GP pp. 188-189). ? Cf. Il. 10. 364 διώκετον, 13. 346 ἐτεύχετον (ove vd. Janko), 18. 583 λαφύσσετον, con Chantraine,

GH I p. 474 (van Groningen, p. 123). Tra i contemporanei di Euforione, si pronunció a favore di quest'uso Eratostene (fr. 35 Strecker = schol. ad Il. 10. 364b); di diverso avviso sarebbe stato

Aristarco (vd. da ultimo Matthaios 1999, pp. 334 e 378-379). 10 Chantraine, GH II pp. 322-323; «the usage anticipates the gen. absolute» (Janko ad Il. 14. 25). Fondamentale Wackernagel 1926-28, II p. 77. Non sarà dunque necessario in Euforione pensare che oi sia un articolo (che violerebbe la norma di Giseke: vd. infra, p. 75 n. 65). Tra gli esempi post-omerici di questa costruzione si cita in genere Aesch. Pers. 633 ss. αἰεί por paxapitag ἰσοδαίμων βασιλεύς ..

LEVTOG

... βάγματα, ove tuttavia molti editori preferiscono la v. I. μου.

Varie attestazioni di età ellenistica (Teocrito, Apollonio, Arato, Nicandro: Euforione non fu il primo a riportare in auge questo omerismo stilistico) sono raccolte da O. Schneider 1856, p. 296, e da Gow ad Theocr. 7. 25 (per Apollonio vd. anche Campbell ad 3. 371); aggiungerei Phanocl. fr. 1. 5-6 Powell ἀλλ᾽ αἰεί μιν ἄγρυπνοι ὑπὸ ψυχῇ μελεδῶναι / Erpuxov, θαλερὸν δερκομένου Κάλαιν (ove δερκόμενον dei codd. "Trincavelliani' dello Stobeo è chiaramente una trivializzazio-

ne). Numerosi i casi in poesia imperiale, come in Oppian. Hal. 2. 66-67 ἀλλά oi ἀλκὴ / ἧκα μαραινομένοιο παρίεται ἄφρονι νάρκῃ, Visio Dorothei (PBodmer 29) 90 void por ἐν στήθεσσιν ἐφαίνετο δερκομένοιο, [Orph.] Lith. 171 ὄφρα tor εὐχομένοιο κλύοι θεός (se τοιè

pronome e non particella: l'usus del poeta non ci aiuta), Nonn. D. 1. 74 καί ἐλελίξζετο μυδαλέη χείρ, 11. 375-376 ἀπὸ βλεφάρων 5€ οἱ

αἰεὶ" κάλλος

οἱ

ἀειρομένης

óÓótLateUvovtog

ἑκηβόλος

ἔρρεεν αἴγλη (forse anche 5. 156 se non si accetta ἑλισσομένη αἱ Graefe) e spesso in Quinto

8

Studi su Euforione

Omero quale e lecito aspettarsi da un poeta-filologo. In molti casi, del resto,

e proprio nella docta poesis del primo III secolo che si rinviene l'immediato antecedente — per non dire il tramite — del riuso euforioneo di rarità ome-

riche. L'hapax omerico αἰπήεσσαν di 418. 15 (« Il. 21. 87) riappariva già in Ap. Rh. 2. 761 e 1267", il dis legomenon Navikavınv o λίευϊκανίην di 415. ii. 24 (« Il. 22. 325, 24. 642) in Ap. Rh. 2. 192 e 4. 1812; ána8oc di 40. 2, raro allotropo di

ψάμαθος attestato prima del III sec. solo in Il. 5. 587 e Hymn. Hom. Ap. 439,

era recuperato in Ap. Rh. 4. 1239 e 1464 e in Posidipp. PMil. Vogl. 309. iv. 2 (e forse già oggetto di discussione erudita, se Apollonio precorreva la distinzione aristarchea tra ψάμαθος "rena" e ἄμαθος “polvere”, "sabbia dell'entroterra"13); ἀλοιάω di 9. 8, hapax omerico (Il. 9. 568) ma forse non più avvertito come

tale, sembra

comunque

risentire dell’annAoinoe

parimenti

riferito a

Teseo in Call. Hec. fr. 69. 1 Hollis'*. In 98. 3-4 ἀκριτα δηρινθέντες / povvat aAλίστοιο πύλας ἔβαν Αἰδωνῆος il rarissimo povvat è pure un dis legomenon ome-

Smirneo (9. 404-405 εἰ μή οἱ στονόεντα χόλον διέχευεν ᾿Αθήνη) ἀνέρας εἰσορόωντος ὀμήθεας, 13. 398-399 ὑπεκλάσθη δὲ οἱ ἀλκή) δερκομένον παράκοιτιν, 404-405 νόος δὲ οἱ ἀλλ᾽ ἐνὶ

θυμῷ / ὡρμᾶτ᾽ ἐσσυμένοι

ο, al: vd. Koechly 1850, p. Lxiv e già Hermann 1805, pp. 800-801).

Diverso e l'uso 'genitivale' di oi in Euph. 428. i. 2 e probabilmente 9. 14 (infra, n. 179). ll E forse (ma metaforicamente, vd. Gow-Page ad loc.) in Leon. A. P. 7. 273. 1 = HE LXII

2345"; la precisa collocazione cronologica di Leonida all'interno del III sec. è notoriamente incerta, cf. HE II pp. 308 e 311-312 (e già Gow 1958, pp. 113-117) e, contra, Gigante 1971, pp. 3742 e Gutzwiller 1998, pp. 88-89. Successivamente solo Quint. Smyrn. 1. 304, 8. 97, 11. 333, Greg.

Naz. A. P. 8. 160.3, carm. 1. 2. 2. 651, 2. 2. 4. 93. 12 La presenza di vv. Il. kavx-/Aevx- sia nei due casi omerici, sia nel secondo dei passi apolloniani citati, impedisce di dire quale delle due forme si debba integrare in Euforione. La stessa

oscillazione si ritrova in quasi tutte le non molte attestazioni successive della parola, Nic. Alex. 131 (λαυκ- IIGv?lC, λευκ- cett., integrando l'appar. di Schneider e Gow-Scholfield con Jacques 1955, pp. 7 e 9), Oppian. Hal. 1. 755 (vd. Fajen 1995, p. 147), Quint. Smyrn. 14. 314, Agath. A. P.

11. 382. 2 = 96. 2 Viansino (fanno eccezione [Orph.] Lith. 554 e Agath. A. P. 9. 642. 6 = 45. 6 V; in

[Apollin.] Met. Ps. i codici hanno Acvx- in 118. 191, Xavx- in 5. 18, 113. 32, 134. 40, 149. 11; per [Io. Geom.] Parad. 7. 2 il testo in PG 106, col. 869 C esibisce Xavx-, ma è impossibile pronunciarsi

in mancanza di una edizione adeguata). 13 Vd. Rengakos 1994, pp. 45-46, cui si rimanda per la documentazione; difficile dire quale fosse la posizione di Euforione, dato che la sepoltura di Aiace si trovava vicino alla costa (vd. van Groningen, p. 108: forse una voluta ambiguità?). ἄμαθος ricomparirà solo in Nic. Ther. 155 e 262 e in Androm.

GDRK

LXII 26; il primo dei due passi nicandrei, πολέες δ᾽ ἀμάθοισι μιγέντες /

σπείρῃ [-nv Page] λεπρύνονται ἀλινδόμενοι ψαμάθοισι, sembra rivelare che Nicandro ignorava o non curava la distinzione, anche se la ripetizione è piuttosto curiosa e non esente, a mio avviso,

dal sospetto di corruttela (forse ψαμάθοισι è una glossa intrusiva di ἀμάθοισι sostituitasi a qualcosa come, p. es., κονίῃσι) Cf. Et. Gen. AB a 577 Lasserre-Livadaras - Et. Sym. a 719, Et. M. a

994 L.-L. duaBog: ... παρὰ τὸ ψάμαθος, e per l'eventuale correzione Il. 5. 587-588 δηθὰ μάλ᾽ ἑστήκει, τύχε γάρ ῥ᾽ ἀμάθοιο βαθείης, / ὄφρ᾽ ἵππω πλήξαντε χαμαὶ βάλον ἐν κονίῃσιν, 9. 385 ψάμαθός te κόνις τε, Hymn. Hom. Merc. 350-352, Nonn. D. 37. 29 πολυψαμάθοιο κονίης).

14 Acuta osservazione di Hollis 1990, p. 211. ἀλο(ιλάω era sufficientemente diffuso, in poesia e

in prosa (DGE s. v.), perché si possa ragionevolmente dubitare che fosse sentito come un elemento dal sapore omerico; essenzialmente post-classica la fortuna di ἀπαλοιάω (Hollis 1976, p. 142) e συναλοιάω (Sens ad Theocr. 22. 128).

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

9

rico (Od. 8. 371* μ. ὀρχήσασθαι, 11. 417* y. κτεινομένων), ma anche se la reci-

proca uccisione di Mopso e Anfiloco può richiamare il ‘duello’ del secondo dei passi omerici citati (cf. Ael. fr. 120 Hercher τὴν μουνὰξ μάχην), mi pare

che abbia ragione van Groningen a osservare che questo «n'importe pas beaucoup» e che è più opportuno collegare l'avverbio con ἔβαν, come allusione alle tombe separate dei due nemici'*: il significato — almeno quello primario, senza escludere una eventuale voluta ambiguità di Euforione — sarà quindi non "l'uno contro l'altro", come in Omero, ma "ciascuno per conto suo", slittamento semantico

invero molto lieve ma

già esperito da

Arat. 119* e 194 (cf. Doroth. Sid. p. 399. 22 Pingree, [Maneth.] 6. 157*)!6. Nello stesso passo, l'anomalo δηρινθέντες ha alle spalle Il. 16. 756* X£ov8' ὡς önpıv-

θήτην ma anche Ap. Rh. 2. 16* καταυτόθι δηρινθῆναι, ove pure si tratta di un combattimento a due. Hapax omerici mediati dalla poesia alessandrina sono anche νεόσμηκτος di 132 (Il. 13. 342 θωρήκων te veoounetwov!? - Call. fr. 676. 2 Pf. πέντε νεοσμήκτους ἀστριας) e [alno0covoc di 413. 15 (Od. 17. 296* - Call.

Lycophr.), anche se in entrambi i casi Euforione sembra ricercare una maggiore aderenza semantica o contestuale al passo omerico rispetto ai suoi immediati predecessori??. La v. I. εἰαροπῶτις di Il. 19. 87 era verosimilmente

nota al nostro poeta, ma eiap "sangue" in 40. 3 è soprattutto un vistoso callimachismo (vd. infra, p. 23). E ovvio che dopo l'esperienza di Callimaco e di Teocrito, di Apollonio e di Arato molte rarità omeriche non potevano piü

15 van Groningen, p. 173; cosi intendeva anche il testimone del frammento, schol. (ss?, Tzetz.) ad Lycophr. 440, p. 162. 16-19 Scheer οὖς θάψαντες οἱ ἐνοικοῦντες πύργον μεταξὺ τῶν τάφων κατεσκεύασαν, ὅπως μηδὲ μετὰ θάνατον ἀλλήλων κοινωνήσωσιν, ὡς kat ὁ Εὐφορίων" “Πύραμον κτλ. (se

l'ultima frase avesse dovuto riferirsi alla vicenda nel suo insieme, avremmo trovato piuttosto ἡ δὲ ἱστορία παρὰ Εὐφορίωνι 0 qualcosa del genere). Il particolare del mito, appena accennato nel uovvaE di Euforione, era ben esplicito in Lycophr. 443-446 αἰπὺς δ᾽ ἀλιβρὼς ὄχμος Ev μεταιχμίῳ / Mdyapoos dy và ἠρίων σταθήσεται, / ὡς μὴ βλέπωσι, μηδὲ νερτέρων ἕδρας / δύντες (^ Euph. πύλας ἔβαν

Αἰδωνῆος), φόνῳ λουσθέντας ἀλλήλων τάφους. 16 Ottima analisi in Ronconi 1937, p. 173 = 51-52 (di cui tuttavia non seguo l’attribuzione ad

Euforione del significato omerico). Improbabile il μουνὰξ congetturato da Bernays in Aristot. fr.

eleg. 673. 7 W.2=3. 7 Plezia.

7 Dal passo di Omero che era "il piü bello nei suoi poemi", almeno secondo l'autore del Certamen Homeri et Hesiodi (12, p. 40. 19 ss. Wilamowitz — 40. 176 ss. Colonna?; Alcid. fr. 5, p. 46 Avezzü).

18 Su ἀπόθεστος giustamente Hollis ad Call. Hec. fr. 131 rileva come Euforione riprenda il significato omerico "disprezzato", da à + ποθεῖν (cf. Plut. mor. 159f ἀκλεὴς καὶ ἀπόθεστος), mentre gli altri autori ellenistici sembrano intendere piuttosto deprecandum, ἀπό + θέσσασθαι (Call. loc. cit. δύην ἀπόθεστον ἀλάλκοι, Lycophr. 540 δεινὰ κἀπόθεστα πείσεσθαι, anon. SH fr. 1066 ἀ-πόθεστος

Ἐρινύς suppl. Lloyd-Jones et Parsons; cf. Hopkinson ad Call. Hymn. Cer. 47 πολύθεστε, con bibl.). Il veóounktoc che Callimaco, forse con intento ironico, aveva trasferito ai ludici astragali è riportato dall'euforioneo αὐτῷ σὺν τελαμῶνι νεοσμήκτῳ te μαχαίρῃ all'àmbito guerresco che gli pertene-

va in Omero — e che gli perterrà anche nelle pochissime attestazioni successive, cf. Plut. Aem. 32. 5, Polyaen. 2. 3. 8, Nonn. D. 27. 17; in Crin. A. P. 6. 227. 2 = GP III 1782 si tratta di un innocuo κάλαμον, però non a caso δουρατίην, "spear-like" (se il testo è sano, vd. Gow-Page ad loc.).

10

Studi su Euforione

essere terreno vergine; ma quello che qui interessava era mostrare come Euforione fosse partecipe di determinate tendenze letterarie e di un determinato modo di leggere Omero. Se si escludono elementi come questi, la presenza omerica in Euforione non pud dirsi piü marcata che in Callimaco o in Teocrito. Di forme espressive dell'epos riutilizzate meccanicamente, senza un preciso obiettivo formale o concettuale, ce ne sono poche e poco vistose. Le iuncturae omeriche non abbondano, e se 44. 1 λιλαιόμενον βιότοιο (- Od. 12. 328, 24. 536) e 416. 8 μετὰ πρυλέεσσιν (- Il. 21. 90) compaiono nella stessa sede metrica che

hanno in Omero, piü spesso Euforione ha cura di cambiare almeno la collocazione nel verso: è il caso di 3 ποτὶ σπιλάδεσσι (^ Od. 3. 298, 5. 401), 104 πελώριον Ὠρίωνα (- Od. 11. 572 'Npiwva πελώριον; il nostro autore non si

lascia sfuggire l'occasione della clausola spondiaca!?), 110 γείνατο κοῦρον (Hymn. Hom. 32. 15 y. κούρην), 415. i. 8 μνήσαιο θύγατρα (- Od. 18. 276-7 θύγα1pa / μνηστεύειν, anche se il verbo non è identico e il nesso di per sé è bana-

le), 415. i. 14 κατ᾽ [alıyiAunog ... πέτρίης (- Il. 9. 15 = 16. 4 κατ᾽ αἰγίλιπος πέτρης, 13. 63 an’ a. π.: ma qui il referente primario è probabilmente Eschilo, vd.

infra, p. 41), 415. i. 17 ἰχθύσίι] xvplua, se l'integrazione di Latte è giusta (- Od. 15. 480 i. x. γενέσθαι, ma in Euforione la ripresa ha probabilmente una motivazione precisa?), 418. 42 öh ... τέκεν ᾿Ακρισιώνη (- Il. 14. 319-320 Δανάης

καλλισφύρου ᾿Ακρισιώνης, / n τέκε Tlepona). Anche il ricorrere di singole parole nella stessa sede metrica di Omero — prescindendo ovviamente da quelle per cui il nostro autore trovava precedenti non solo nell'epos arcaico ma anche nei poeti del primo Ellenismo — non può dirsi molto abbondante, e soprattutto non è molto vistoso: 133 πτῶώκες ἀειχλώροισιν

La

uU cO Kov

μολοθούροις può richiamare il contesto affine di Od. 9. 183-184 ἔνθα de πολλὰ / μῆλ᾽, ὄιες τε καὶ alyes, La Uca xk o v, e 84. 1-2 κλαίοντες δέ ve κοῦρον En’ ἀγχιά-λοις πιτύεσσι) κάτθεσαν, ὀκκότε δὴ στεφάνωμ᾽ ἄθλοις φορέοντο ha in comune con Il. 23. 138-139 οἱ δ᾽, ὅτε χῶρον ἵκανον ὅθι σφισι πέφραδ᾽ ᾿Αχιλλεῦύς, / κάτθεσαν, αἶψα δέ οἱ μενοεικέα νήεον ὕλην sia l’interpunzione dopo κάτθεσαν, sia il riferimento alla pira funebre; ma negli altri casi non si individua

in genere un particolare legame, ossia una funzione evocativa/allusiva, col

1? Vd. infra, p. 65 n. 31. 20 Da più di mezzo secolo si discute se nella versione euforionea Apriate divenga o no cibo dei pesci, se i delfini intervengano o meno, se la trasportino viva o morta: per le varie ipotesi vd. in particolare Latte 1935, pp. 142-143 = 573-574; Barigazzi 1947, pp. 66-68; Bartoletti 1948, pp. 30-32 = 291-293; Lloyd-Jones e Parsons ad loc.; Livrea 1985, p. 595 = 294. Comunque, tanto l'esser mangiati dai pesci quanto l'esser salvati dai delfini erano situazioni ormai topiche, e ad entrambe si adatterebbe l’außız ἵν᾿ ἀείσωμεν del primo emistichio, "affinché ancora una volta si

potesse cantare ...". Ancora un ἰχθύσι κύρμα, vuoi effettivo vuoi scongiurato (alulóp&uov L. x., "cibo sottratto ai pesci", Bartoletti), come gu tante volte nella poesia precedente: il nesso tradizionale, quasi una citazione, é indice e specchio della topicità del tema.

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

passo omerico di volta in volta rintracciabile?!. Non a caso, per una parola es

sì marcatamente e vistosamente epica come ἶφι in 90. 2 (ove peraltro era richi sta dalla digressione erudita sull'etimologia di Ἰφιγένεια), Euforione ha cura scegliere una collocazione incipitaria mai attestata in Omero e in generale, p:

quel che ne sappiamo, nell'epos arcaico2. Si tratta insomma più di un 'rumoi di fondo' che di un elemento portante della lingua poetica dell'autore; tassel espressivi abbastanza minuti, spesso neanche qualificabili come ‘omerici’ comunque non tali da creare un effetto di dizione propriamente ‘omerica’.

Ben più frequenti sono i casi di rielaborazione imitatio

variata,

presqu'

Homérique

dotta

—tutti quei proce

dimenti che gli studiosi moderni, come probabilmente anche Euforione nelle metà del III secolo a. C., associano subito alla poesia di Callimaco e dei suoi

colleghi alessandrini. Gli esempi sono numerosi e significativi. 14. 2 βλαψί-φρονα φάρμακα xevev varia Od. 2. 329 θυμοφθόρα φάρμακ᾽ ἐνείκῃ mediante il raro e non omerico βλαψίφρωνϑ"; similmente, 9. 7 ἀεικέα μήδετο χύτλα modifi-

ca ἀεικέα μήδετο ἔργα di Il. 22. 395 e 23. 24 con l'inserzione di χύτλον che pro-

21 Cf. (senza tener conto delle differenze di desinenza) 9. 3 κάππεσε - Il. 15. 280, 23. 251, 731; 9. 9 πύματος - Il. 4. 254, 10. 475, 11. 759, Od. 2. 20; 9. 12 μετάσποι - II. 17. 190, Od. 14. 33; 9. 14 χωσαμένη = xwopev- Il. 2. 689, 13. 662, 16. 553, 21. 413, 457, 519, Od. 2. 80, Hymn. Hom. Cer. 330, Hes. Theog. 533, 561; 84. 1 κλαίοντες - Il. 23. 252, Od. 10. 49, 209; 90. 2 βιησαμένῳ - Hymn. Hom.

Cer. 68; 95b (quasi sicuramente euforioneo: vd. infra, pp. 128 e 141) ἠδ᾽ ἐπαπειλήσας - Il. 13. 582 βῆ δ᾽ ἐπαπειλήσας; 96. 2 δαμασσαμένῳ - Il. 15. 476, Od. 9. 454, Hes. Theog. 865; 415. i. 16 ἐγκονέε-σκον - Il. 24. 648, Od. 7. 340, 23. 291; 415. ii. 7 σκυζομένη - Il. 4. 23 = 8. 460, 8. 483; 415. ii. 24 xduuopi- = Od. 11. 216, 20. 33. Anche 34. 1 φωνηθείσης può risentire di Il. 2. 182, 10. 512, Od. 24. 535 φωνησάσης e Il. 20. 380 φωνήσαντος, dato che forme quadrisillabiche del verbo appaiono in clausola dopo Omero solo in Euforione e in Colluth. 385 φωνήσασα (diffuso è invece anche dopo Omero il tradizionale φώνησέν te: vd. Ludwich 1866, pp. 134-135). Non fanno testo 108 ᾿ατρυτώνη

-5xIl.,2x Od., Hes. Theog. 925, dato che una parola siffatta è praticamente condannata alla clausola (e infatti non appare mai in altra sede in tutta la poesia esametrica greca: raccolta dei passi in Ludwich 1866, p. 67, aggiungendo SGO 1. 20. 3. 11 (Mileto, III d. C.?] e anon. GDRK XXII 1v 18) e 414. 11 natpokaoıyvnit-, viceversa costretto alla posizione incipitaria se si vuole evitare l'assenza di cesura centrale o — a meno che non ci sia una appositiva a precedere — la violazione della norma di Bulloch (- Il. 21. 469, Od. 6. 330, 13. 342, Hymn. Hom. Cer. 31, IG? IV 1,

483. 1 [Epidauro, età imperiale], SGO 2. 6. 6. 2 [Stratonicea, età imp.?], Quint. Smyrn. 3. 428, 10.

58, Arg. Orph. 834, Procl. Hymn. 7. 24, Nonn. D. 7. 209, 356, 19. 252, 36. 123; l'unica eccezione e Hes. Theog. 501, ove appunto manca la cesura centrale). 22 Diffuso in Omero e in Esiodo, ἶφι risulta assai raro in seguito: Arat. 588, Simm. A. P. 15. 27.

6 = fr. 26. 6 Powell se si accoglie la congettura di Haeberlin, Batr. 264 (questo proprio non sorprende!), [Oppian.] Cyn. 3. 377, orac. SGO 2. 2. 1. 7 = 471. 7 Parke-Wormell (III d. C.), anon. GDRK

XVIII r 16, Procl. Hymn.

1. 17 (in un passo molto omerizzante), Nonn. 3 x D., molto piü

tardi in Max. Plan. Dist. Cat. 4. 34. 2 e spesso, ma ormai ridotto a un generico rafforzativo, nei carmi di Teodoro Metochita (vd. infra, p. 124 nn. 108-109). L'unico parallelo per la collocazione scelta da Euforione potrebbe essere Call. fr. 64. 5 Pf. integrando (€ xlat' oov con Barber (vd.

Pfeiffer 1949-53, II p. 113). 25 Per l'accezione euforionea i soli precedenti noti sembrano essere CEG 656. 2 (Sicione, IV a. C.?), a proposito della βλαψίφρων pavia delle Pretidi, e CEG 103. 3 (Attica, ca. 400 a. C.?) eEavieAv-

ge nólvov / BXayulpóvov con le integrazioni di Peek; poi [Orph.] Hymn. 77. 3, Triph. 411, Euseb.

12

Studi su Euforione

babilmente rimanda a Call. Hec. fr. 60. 2 Hollis (vd. infra, p. 24). 58. 1 πλομένῳ evi ὥρῳ innova le formule tradizionali con ἐπιπέλομαι e περιπέλομαι2 median-

te l'uso del verbo semplice e la sostituzione di ἐνιαυτός col prosastico wpoc® (sperimentazioni analoghe, ma meno drastiche, erano quelle di Arato con 451 παρερχομένων ἐνιαυτῶν e 464 κατανομένων ἐνιαυτῶν: vd. Ronconi 1937, p. 192 = 72, p. 189 = 68). 415. i. 16 xnyoio δι᾿ ὕδατος modifica l'omerico κύματι

πηγῷ (Od. 5. 388, 23. 235; ripreso di peso in Antip. Thess. A. P. 9. 143. 1 = GP XCIII 597), sulla scia dell'interesse già callimacheo e licofroneo per il raro e discusso πηγός. 80. 2 καλὸν 'Iniov varia, come ha visto van Groningen, il xaλὸν Παιήονα di Il. 1. 473 (forse in base a Call. Aet. fr. 18. 6 Pf. = 20. 6 Massimil-

la, che, osservava Pfeiffer, parrebbe essere la prima attestazione di Ἰήϊος come nome proprio del dio), e in 64 θαλάσσιος si sostituisce all'omerico ἅλιος (Od. 4. 349, al.) come attributo di Proteo7. 415. ii. 5 ev δ᾽ ἀγορῆι στήϊσϊᾳιτο Θέμιν, τιμωρὸν £aov è evidente variazione sull'omerico e esiodeo δωτῆρες ἑάων

(Od. 8. 325, Hes. Theog. 46, [111], 633). 98. 4 πύλας ἔβαν Αἰδωνῆος allude chiaramente all'omerico e gnomico πύλας 'Aióao περῆσαι, ma sensibilmente modificato (un poeta più ‘omerico’, p. es. Antimaco, ben avrebbe potuto limitarsi a una minima alterazione quale πύλας 'Aidao κατῆλθον). 415. ii. 11 ἢ oi Eei-

Hist. Eccl. 5. 16. 8 e 13. L'unica altra attestazione preellenistica era Aesch. Sept. 725 Οἰδιπόδα βλαψίφρονος, ove però il significato è φρενοβλαβοῦς (schol. bc, pp. 315. 36-316. 1 Smith; non riap-

pare più in testi letterari ma era piuttosto caro a lessicografi e commentatori, cf. Hesych. a 28 Latte - [Cyr.] Lex. n ἀασίφρονι- βλαψίφρονι, φρενοβλαβεῖ, Procl. ad Hes. Op. 315-316, p. 106. 15

Pertusi, schol. ad Il. 23. 603b!, V p. 458. 44 Erbse, Eust. Il. 772. 44, 1039. 50).

24 Cf. ἐπιπλόμενον ἔτος ἦλθε Od. 7. 261, 14. 287, ἐπιπλομένων ἐνιαυτῶν Hes. Theog. 493 (v. I. —ov

-ou), [Hes.] Sc. 87; περιπλομένους ἐνιαυτούς Il. 23. 833, -ov -oo Od. 11. 248, Hes. Op. 386, -uv -ὧν Od. 1. 16, Hymn. Hom. Cer. 265, Hes. Theog. 184 (vv. Il. -ov -οὔ, τῳ -9), Arat., SH fr. 84. 3 (e congettura di Bentley in ‘Linus’ fr. 7. 2 W. ἐπιτελλομένοις ἐνιαυτοῖς, vd. l'appar. di Stáhlin-Früchtel a

Clem. Alex. Strom. 5. 14. 107. 4). L'insolita v. I. al dativo in Hes. Theog. 184 (vd. West ad loc.) è attestata solo nell'Et. Gud., e niente obbliga a pensare che Euforione la conoscesse. 25 Estraneo alla poesia, eccettuato forse Hippon. fr. 49 W.? = 67 Degani (a parte l'omerico ivviwpoc). Era un arcaismo secondo Plut. mor. 677d τοὺς μὲν ἐνιαυτοὺς ἀρχαικῶς ὥρους λέγεσθαι, non

necessariamente all'epoca di Euforione, in cui il plurale nel senso di "annali" era spesso attestato come titolo di opere storiche (p. es. Duris, FGrHist 76 F 22-26, Neanth., FGrHist 84 F 5, etc.); qui la sua peculiarità risiede essenzialmente nel suo carattere unpoetisch. 26 Vd. Rengakos 1992, pp. 24-25; Massimilla ad Call. Aet. fr. 3. 13; Dettori 1997a, con raccolta dei passi e delle testimonianze antiche. L'analogia, di per sé banale, acquista maggiore rilievo osservando l'assenza di qualsiasi epiteto affine del dio marino in quello che ci resta della letteratura greca (vd. Bruchmann 1893, s. v.; in latino solo Verg. Georg. 4. 388 caeruleus Proteus). Ovviamente, data la notevole fortuna di

cui il mito di Proteo godette in età ellenistica (vd. Magnelli ad Alex. Aet. fr. 1 — e proprio Alessandro Etolo era uno dei prediletti di Euforione, cf. infra, p. 35), non si puó affatto escludere che uno o più anelli di congiunzione siano andati perduti. ?8 Forse con influsso anche di Arat. 113 Aixn, δώτειρα δικαίων, data la Wortstellung assai affine (e cf. in Euforione σὺν δὲ Δίκην al v. seguente). 29 πύλας 'Aibao περήσειν Il. 5. 646 - περήσω 23. 71; περῆσαι nella celebre γνώμη di Cert. Hom.

Hes. 7 (p. 37. 8 Wilamowitz = 36. 78 Colonna; Alcid. fr. 5, p. 40 Avezzü) - [Theogn.] 427 (adesp. gnom. 15 in West 1978b, p. 44). La variazione euforionea appare tanto piü significativa in quanto

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

1.

via δόρπα Διός t' ἀἁλίτωσι τραπέζας modifica doppiamente Od. 14. 158 = 17. 158

ἴστω νῦν Ζεὺς πρῶτα θεῶν ξενίη τε τράπεζα e [Hom.] epigr. 6. 8 Markwald ὠδύσαto Ζῆνα ξένιον ξενίην τε τραπέζην, sostituendo δόρπον (vocabolo non privo di interesse erudito, dato che il suo esatto significato in Omero era oggetto di

discussione tra gli esegeti antichi: vd. Rengakos 1994, p. 71) a τράπεζα e recuperando quest’ultimo in una diversa e inedita iunctura; la menzione di Zeus chiarisce peraltro il debito verso i due passi ‘omerici’, nonostante Eevin tpaneta fosse un nesso ormai consolidato”. A due diversi modelli rimandano 415. ii. 12 ἀνέμων ἄλληκτον ἀέγίτων, che fonde Od. 5. 478 - 19. 440 ἀνέμων ... ἀέντων

con 12. 325 ἄλληκτος dn νότος (mutando l'aggettivo in avverbio: non e testimoniata alcuna v. I. ἄλληκτον nel passo omerico), e 415. ii. 3 αὖτις δὲ Kpuoevrog

ἐρωήσας πολέμοιο, combinazione della clausola ἐρωῆσαι πολέμοιο (Il. 13. 776, 19. 170) con Il. 9. 64 πολέμου ... ἐπυιδημίου ὀκρυόεντος variando la forma dell'aggettivo?l, Svariati tasselli omerici sono riconoscibili in 132 αὐτῷ σὺν τελαμῶνι veoσμήκτῳ te μαχαίρῃ, che abbina all'hapax vesaunktog di Il. 13. 342, discusso

supra, l'eco di Il. 7. 304 = 23. 825 σὺν κολεῷ TE φέρων καὶ ξυτμήτῳ τελαμῶνι (notare che l'oggetto è uno ξίφος o un φάσγανον, cf. qui μαχαίρῃ) e dell'incipit ἀσπὶς σὺν τελαμώνι di Il. 16. 803. Per altri casi si può parlare a tutti gli effetti di pre-

squ' Homérique. La clausola εὐδείελος aia di 50. 1 sembra modellata sul $voiCooc ata di Il. 3. 243 e Od. 11. 301, filtrato attraverso Pind. Pyth. 4. 76-77 ἐς eùδείελον 7 χθόνα μόλῃ κλειτᾶς Ἰαολκοῦ e arricchito di un chiarimento sul signifi-

cato del discusso εὐδείελος, che qui non potrà significare che “soleggiato”;

la iunctura πύλαι "Audov era nel III sec. già ampiamente consolidata in quella forma precisa: Il. 9. 312 = Od. 14. 156 ἐχθρός ... ὁμῶς ᾿Αἰδαο πύλῃσι, Aesch. Ag. 1291 "Aubov πύλας, Eur. Hipp. 56-7 πύλας /

"Audov, Alc. 126 "Ada te πύλας, etc. (riprova della diffusione del nesso è del resto il suo frequente

impiego nel greco biblico: cf. NT Mt. 16. 18 πύλαι δου e i vari esempi dai Lxx addotti ad loc. da W. C. Allen 1912, p. 176). 99 Pind. Isthm. 2. 39-40 Eeviav ... ἀμφὶ τράπεζαν, Aesch. Ag. 401 ἤσχυνε ξενίαν τράπεζαν (più tardi Arg. Orph. 549, 720).

1 Nel testo di Omero giunto fino a noi sono attestati sia κρυόεις sia ὀκρυόεις: probabilmente il secondo deriva da una errata divisione di parole (vd. Kirk ad Il. 6. 344; in 9. 64 ἐπιδημίοο xpudev-

vo; Payne Knight, prob. West), ma può darsi che tale più recenti dell'Iliade (Leumann 1950, pp. 49-50), e realtà ai tempi di Euforione (cf. Ap. Rh. 2. 607, LSJ s. il nostro poeta leggesse in Il. 9. 64 una v. I. xpuoevtog sforzarsi di leggere è' oxp- nel papiro.

fenomeno si fosse verificato già nelle parti sicuramente ὀκρυόεις era una consolidata v.). Non c'è quindi motivo di supporre che di cui non ci resta traccia, né tantomeno di

32 Cf. schol. ad Od. 2. 167 τὴν εὖ πρὸς δείλην κειμένην" ἢ εὔσημον, εὐπεριόριστον, e gli altri testi-

moni della dottrina antica addotti da Braswell ad Pind. loc. cit., aggiungendo Et. Gen. B p. 132 Miller = Et. M. 389. 40. L'aggettivo appare 7 x Od., poi Hymn. Hom. Ap. 438, Alc. fr. 129. 2 Voigt

(se εὔδειλον è allotropo di εὐδείελον: vd. Burzacchini in Degani-Burzacchini 1977, p. 202, e L. Robert 1960, pp. 301-308 = 817-824), Pind. Ol. 1. 111, Pyth. loc. cit., Simon. fr. 519. 4. 4 Page, orac. ap. Euseb. Praep. Ev. 6. 7. 8 (Oenom. fr. 16 Hammerstaedt) - 230. 2 Parke-Wormell*, Nonn. D. 26. 170 (esempi in prosa in LS] Rev. Suppl. s. v.); solo in Euforione si può essere sicuri su quale significato attribuirgli, e può aver ragione Braswell (q. v., con bibliografia anteriore) a vedervi

14

Studi su Euforione

413. 8 πΙροδομόνδε διὲκ θαλάμοιο ricorda Il. 9. 473 ἑνὶ προδόμῳ πρόσθεν θαλα-

μοιο θυράων (van Groningen); che 141. 5 ἡ κεινὴ χθών intenda riprodurre il ritmo del tradizionale εὐρεῖα χθών omerico è ipotesi non inverosimile di Stadtmüller?; 58. 3 πελώριος ἔκτανεν vópoc può riecheggiare Od. 2. 19 τὸν δ᾽ ἄγριος ἔκτανε Κύκλωψ", e 92. 3 φοβερὰς δ᾽ ὠδῖνας avéxAmv risente forse di Il. 11. 261 πικρὰς ὠδῖνας ἔχουσαι. Altre volte, invece, la variazione avviene

soprattutto sul piano semantico: in 41 πλευρά te καὶ θώρηκα διήρικεν richiama Il. 11. 436-437 καὶ διὰ θώρηκος πολυδαιδάλου npnperoto, / πάντα δ᾽ ἀπὸ

πλευρῶν χρόα ἔργαθεν, ma in Euforione, se si tratta come sembra del suicidio di Aiace, θώρηξ sarà non la “corazza”, come regolarmente in Omero, bensì il "busto"35; il raro ἐπιστεφέες di 94. 3 riprende la sede metrica omerica, Il. 8. 232 e Od. 2. 431 κρητῆρας ἐπιστεφέας οἴνοιο ("pieni", vd. S. West ad Od. 1. 148; cf. adesp. lyr. fr. 19. 1-2 Powell = 917b. 1-2 Page xparnilpl'

ἐπισπεϊφέα), trasferita però al significato post-omerico “incoronato” attestato in Archil. fr. 21. 2 W2 ὕλης ἀγρίης ἐπιστεφής (e forse Aesch. fr. ?204b. 20+°204d. 5 ΚΕ. ἐπιστείφεϊς φύλλοις con la giunzione dei due frammenti molto dubitosamente tentata da Lobel, vd. la nota di Radt). Più marginale,

ma non privo di interesse, il caso di 107. 4 vuugidiov oneiporo, ove il tipicamente omerico σπεῖρον assume l'inedito significato di "velo" in abbinamento al non omerico νυμφίδιος5. L'epicissimo 415. i. 13 Τραμβήλοιο λέχίος!

Τελαμίωνιάδαίο, costruito sull'omerico Αἴαντος ... Τελαμωνιάδαο (Il. 8. 224 =

«possibly a deliberate variation of the Pindaric phrase here with an implied interpretation that

the adjective should mean "sunny" in both places».

33 Stadtmüller 1899, p. 447. xeven di Reiske è un'emendazione plausibile: ma il testo tràdito non può dirsi «metrically improbable» con Gow-Page ove si confronti βουφόντης Aic di 418. 17

(vd. infra, p. 69), né in poesia dattilica è lecito affermare che κενεός sia «la forme moins usuelle» (van Groningen, p. 19).

% Del debito potrebbe essere indizio/ conferma per il lettore — ma qui siamo a rischio di

sovrainterpretazione — il fatto che in Omero πέλυρνπέλωρος qualifica appunto il Ciclope; un'analoga allusione erudita, ma molto piü facilmente identificabile, in Call. Hymn. Dian. 84 (vd. Bornmann ad loc.). Comunque per i serpenti, specie se fuori dal comune, era ormai tradizionale l'impiego di πέλωρος (II. 12. 202 e 220, Hes. Theog. 299; πέλωρον sostantivato Ap. Rh. 4. 143), πελώριος (Eur. IT 1248, Ap. Rh. 2. 706) e πέλωρ (Il. 2. 321, Hymn. Hom. Ap. 374, Theocr. 24. 13 e 59),

che combinano «the notions of monstrous size and sinister power» (Williams ad Call. Hymn. Ap. 100; cf. il diavolo αἰνοπέλωρον ὄφιν in Eudoc. Cypr. 1. 66 e πελώριον αἰνοδράκοντα in 2. 282). 5

LSJ s. v, II; frequente in letteratura medica e scientifica, ma attestato anche in Eur. HF 1095

(incerto Ion 993) e abbastanza comune perché ci potesse costruire un gioco di parole Aristoph. Vesp. 1194 s. 36 σπεῖρον al di fuori di Omero non pare attestato prima di Euforione (anche se esisteva σπειpiov); in seguito solo Nic. Alex. 460 σπεῖρα, nuovamente con un’accezione omerica (ἤγουν ῥάκη

schol. p. 162 Geymonat). νυμφίδιος parrebbe nascere col dramma attico, Eur. Alc. 249, 885, Andr. 858, Hipp. 770, 1140, Med. 999, Aristoph. Av. 1729 (in un contesto solenne), adesp. trag. 644. 24

Sn.-K.; in questa età è usato da Ap. Rh. 1. 1031, 4. 809*, 1160*, Leon. A. P. 9. 322. 8 = HE XXV 2120, Diosc. A. P. 7. 407. 6 = HE XVIII 1570, GVI 1254. 4 (Cirene, III/Il a. C.), SGO 3. 2. 62. 1 (Efeso, II a. C.?), e riapparirà piü volte anche in poesia tardoellenistica ed imperiale.

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

15

11. 7, 8. 267, 11. 542, 15. 289, 17. 235, 18. 193, Od. 11. 543), si distacca tuttavia dal modello nel riferire ad un altro — e assai meno celebre — figlio di Telamone il patronimico che sia in Omero, sia nella tradizione successiva, era appannaggio pressoché esclusivo di Aiace”. Analogo ma ancor più significativo il caso di 40. 2 δεδουπότος Αἰακίδαο, ove l'innovazione si spinge quasi al γρῖφος: se formalmente l'emistichio deriva, come gli editori non

mancano di osservare, da Il. 23. 679 δεδουπότος Οἰδιπόδαο (e Ap. Rh. 4. 557 è. ᾿Αψύρτοιο) + Αἰακίδαο s. s. 15 x II. e 2 x Od., Euforione lascia alla cultura del

lettore il compito di capire che il non meglio precisato "Eacide" non e Achille, come sempre in Omero e normalmente anche dopo, bensi suo cugi-

no Aiace (la cosa probabilmente diventava chiara solo piü avanti, se i frr. 4142 appartengono al Hyac. come sembra). Ma l'aspetto in assoluto piü interessante del rapporto di Euforione col testo omerico è a mio parere un altro, finora completamente trascurato dalla critica. A volte la tecnica allusiva del poeta non si limita alla variazione formale o semantica, ma coinvolge il significato stesso del modello omerico in

un processo di alterazione che assume spesso i tratti del rovesciament o. Mettiamo pure da parte 94 δασπλῆτες ... Evuevidec, ove il capovolgimento ossimorico, giustamente notato da van Groningen, dell'omerico daσπλῆτις Ἐρινύς (Od. 15. 234, inoltre 'Hes.' fr. 280. 9 M.-W. = Minyas fr. ?7. 9 Bernabé; vd. anche infra, p. 23) e circoscritto alla iunctura; nella maggior parte dei casi e tutto il contesto ad essere chiamato in causa. Il fr. 51, con l'episodio di Eracle che emerge dall'Ade menando prigioniero Cerbero, & ben esemplificativo di questo procedimento. Ai vv. 3-7 é descritto il cane infernale: καί ot δειμαίνοντι ταρφέες ἀφλοισμῷ di | οἱ δ᾽ ὄπιθεν λασίῃ ὑπὸ γαστέρι πεπίτηώτες!] οὐραῖοι λιχμῶντο περὶ πλευρῇσι δρᾳίκοντες, ἐν καί οἱ βλεφάροις κυάνῳ ἠστράπτετον (ὄσσε!

Qui si individua piuttosto agevolmente la compresenza di due modelli omerici, ovvero la descrizione di Ettore in Il. 15. 607-608, 8$ Xovop og δὲ περὶ στόμα γίγνετο, τὼ dé οἱ ὄσσε ἡ λαμπέσθην βλοσυρῆῇσιν ὑπ᾽ ὀφρύσιν

(come ben sottolinea van Groningen; spia della ripresa è il rarissimo ἀφλοι-σμός, di cui si è detto supra), e, a mio avviso, quella del leone inferocito in Il.

20. 168-172 περί τ᾽ ἀφρὸς ὀδόντας / γίγνεται, £v dé τέ οἱ κραδίῃ στένει ἄλκιμον "top,/

οὐρῇ

δὲ πλευρᾶς

τε καὶ ἰσχία ἀμφοτέρωθεν / μαστίεται, ££ δ᾽

37 Dopo Omero, Pind. Isthm. 6. 26, adesp. trag. 683a. 2 Sn.-K., Quint. Smyrn. 1. 534, 3. 273", 4. 99a, 5. 363", 663; l'unica eccezione è Pind. Nem. 4. 47, non Aiace ma Teucro (suo fratello e com-

pagno d'armi già in Omero, e certo piü noto di Trambelo).

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Studi su Euforione

αὐτὸν ἐποτρύνει μαχέσασθαι, / γλαυκιόων δ᾽ ἰθὺς φέρεται μένει, κτλ.35, La situazione, tuttavia, ὃ l'esatto contrario che nei due passi suddetti: mentre tanto

Ettore quanto il leone si apprestano a dare libero sfogo in combattimento alla loro furia, quella di Cerbero & la rabbia impotente e repressa di un animale ormai vinto; se la coda del leone ne sferza concitata i fianchi, i pur

temibili serpenti con cui termina il corpo del mostro infero se ne stanno tri-

stemente acquattati (πεπίτηῶτες, presumibilmente da aınoow”) sotto il suo ventre, a mostrare che di fronte alla forza di Eracle anche il custode dell' Ade

si riduce a un cagnaccio δειμαίνων con l'usuale "coda fra le gambe"*. Chi ricordasse i due passi omerici — e un lettore dotto sicuramente li avrà ricordati — doveva trovare una certa ironia nell'umiliazione del povero Cerbero descritta con immagini ed espressioni proprie di episodi 'eroici' dall'esito diametralmente opposto. Non molto diverso & quello che accade poco dopo ai vv. 14-15, καὶ μιν Evi τριόδοισι πολυκρίθοιο Μιδείης ταρβαλέαι σὺν παισὶν ἐθηήσαντο γυναῖκες.

Se i principali modelli sono ovviamente Ap. Rh. 1. 128 e Call. Hec. fr. 69 Hollis (vd. infra, p. 34), giustamente van Groningen segnala per il v. 15 Od. 19. 235 ἡ μὲν πολλαί γ᾽ αὐτὸν ἐθηήσαντο γυναῖκες. Ma quello che vale la pena di rilevare è che li si tratta di Odisseo bello e ben vestito, guardato con ammirazione; qui, al contrario, un mostro tricefalo trascinato da un Eracle immane e fuligginoso, lungi dall'ammaliare le donne, non può che renderle ταρβαλέαι".

38 Non interessano qui le affinità formali con Arat. 369 e Theocr. 24. 14 (discusse infra, p. 35). ?? In poesia ellenistica e tarda si conserva la bivalenza omerica di πεπτηώς, usato come part. perf. ora di πίπτω, ora di πτήσσω (ottima nota in merito di Campbell ad Ap. Rh. 3. 321, anche se in 4. 1454 si tratta secondo me di πτήσσω). Ammesso anche che Arato lo riconducesse a πίτνω = πετάννυμι ("étendu": così Martin 1956 ad Arat. 324 - Martin 1998 ad 167, contra D. Kidd ad 167), non concorderei con Campbell loc. cit. nel ritenere che Euforione seguisse il presunto uso ara-

teo: contestualmente, "rannicchiati" si adatta molto meglio che "stesi" ad esprimere l'avvilimento della belva soggiogata.

10 ἢ motivo risale quantomeno alla Phaedra di Sofocle, fr. 687 R. ἔσαινεν οὐρᾷ μ' ὦτα κυλλαίνων

κάτω (incerto nell’esatto ordine delle parole, per cui vd. l'apparato di Radt, ma non nel senso): il fr. 687a γλώσσης ἀπαυστὶ otate μυξώδης ἀφρός, recentemente acquisito alla Phaedra grazie a Phot. a 2288 Theodoridis, accresce le probabilità che in 687 si tratti di Cerbero (e non di un cane da cac-

cia, come ipotizzò Welcker) e rende a mio avviso assai verosimile una dipendenza di Euforione da questo passo. È peraltro interessante notare come il nostro poeta da un lato accentui la ‘drammaticità' dell'episodio (il mostro qui non è ammansito, come nelle scene affini citate da NisbetHubbard ad Hor. carm. 2. 19. 30 e come anche in Sofocle suggerisce il σαίνειν, bensì sopraffatto: la coda ripiegata è segnale ben diverso dallo scodinzolare), dall'altro lo faccia mediante forme

espressive che mirano in realtà più all’allusione erudita che al pathos. Non solo di Sofocle, come è ormai opinione comune, ma forse anche di Euforione (opportunamente addotto, seppur con la debita cautela, da Billerbeck ad loc.) risentirà Seneca, Herc. f. 810-812 componit aures timidus et

patiens trahi | erumque fassus, ore summisso obsequens, / utrumque cauda pulsat anguifera latus. 41 Così θηέομαι, pur conservando il significato omerico di "guardare con stupore" (dopo Omero varrà anche genericamente “guardare”, con uno scarto di cui gli antichi erano perfetta-

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

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Questo rapporto di allusione/stravolgimento nei confronti del contesto omerico si ritrova in vari altri casi. Nel fr. 23,

τὸν μὲν ap’ ἐκ φλοίσβου ᾿Ασβώτιοι ὦκα φέροντες ὑστάτιον ῥύσαντοξ κονισαλέῃσιν ἐθείραις ἵπποι καλὰ νάουσαν ἐπορνύμενοι Φυσάδειαν,

la situazione di fuga e la rarità di φλοῖσβος come "tumulto della battaglia”* rendono assai verosimile una reminiscenza di Il. 5. 321-322 ἀλλ᾽ ὃ γε τοὺς μὲν

ἑοὺς ἠρύκακε μώνυχας ἵππους / νόσφιν ano φλοίσβου (già segnalato da van Groningen; cf. comunque anche 5. 469 ἐκ φλοίσβοιο σαώσομεν ἐσθλὸν ἑταῖρον), con la differenza che qui sono i cavalli a salvare il combattente e

non viceversa; ma questa volta il capovolgimento della situazione non pare mirato a nessun effetto particolare. Diversa e la situazione in 44 τὸν δ᾽ ἐκάλυψε θάλασσα λιλαιόμενον βιότοιο, καί οἱ πήχεες ἄκρον ὑπερφαίνοντο ταθέντες ἀχρεῖ᾽ ἀσπαίροντος ἅλις Δολοπιονίδαο δυστήνου, KTÀ.,

ove si segnalano elementi omerici (a parte la clausola del v. 1, già discussa supra) in ἐκάλυψε θάλασσα - Od. 5. 435 ss. τὸν δὲ μέγα κῦμ᾽ ἐκάλυψεν. EvBa ke è) δύστηνος ὑπὲρ μόρον wAer' Ὀδυσσεύς, / εἰ μή κτλ. e nel già citato ἄκρον avverbiale attestato in Il. 20. 228-229 ἀλλ᾽ ὅτε δὴ σκιρτῷεν En’ εὑρέα vota θαλάσσης, / ἄκρον ἐπὶ ῥηγμῖνος ἁλὸς xo olio θέεσκον, notando tuttavia che nel primo caso Odisseo si salva, a differenza del meno fortunato prota-

gonista dei versi euforionei, e che nel secondo alla soprannaturale leggerezza delle cavalle Boreadi, capaci di correre sul pelo dell'acqua, fa da dramma-

mente coscienti, cf. schol. ad Ap. Rh. 1. 436 τὸ θηεῖσθαι Ὅμηρος ἐπὶ τοῦ θαυμάζειν τίθησιν ... ὁ δὲ

᾿Απολλώνιος ἐπὶ τοῦ βλέπειν: ha richiamato la mia attenzione su questo Marco Fantuzzi), passa qui dall'ammirazione all'inquietudine, sfumatura anch'essa attestata in Omero ma meno frequentemente (vd. ΚΕ. Führer, LfgrE s. v.). Non c'è accordo tra gli studiosi riguardo al problema se sia Eracle o Cerbero il referente di ἵκετο del v. 12 e quindi di μιν del v. 14, ma in favore di Cerbero parlano sia il citato Ap. Rh. 1. 128 τὸν μὲν ἐνὶ πρώτησι Μυκηναίων ἀγορήσι (il cinghiale

dell’Erimanto, parimenti soggiogato), sia δυώδεκα λοῖσθος ἀέθλων del v. 13, che sarebbe faticoso riferire ad Eracle (per un tentativo in tal senso vd. van Groningen ad loc., i cui paralleli però non convincono del tutto).

42 Difficile pronunciarsi sulla liceità o meno del tràdito ῥώσαντο: la correzione di Pflugk potrebbe forse trovare appoggio nell’25eoawoe di 'Pancrat.' GDRK XV 2. 2, che sembra imitare il passo euforioneo (vd. infra, p. 112). 43 Dopo Omero (Il. 5. 322, 469, 10. 416, 20. 377, sempre s. s.) solo Mnasalc. A. P. 6. 125. 6 = HE

IV 2616, Oppian. Hal. 4. 681, 5. 247, Nonn. D. 18. 173, 30. 103, 36. 79 (inoltre πολυφλοίσβου noAtμοιο Triph. 560, πολυφλοίσβοιο κυδοιμοῦ orac. ap. Porph. Plot. 22, v. 13 = 473. 13 Parke-Wormell,

Nonn. D. 24. 103, 29. 93 - 23. 196, ἐριφλοίσβου te x. 39. 295: cf. Gigli Piccardi 1985, p. 37). Più spesso designa invece, sulla scia dell'omerico πολυφλοίσβοιο θαλάσσης, il rumore del mare

(‘Aesch.' Prom. 792, Soph. fr. 479. 3 R., Lycophr. 379, Hymn. Is. Andr. 166, Oppian. Hal. 1. 777, [Orph.] Lith. 522, Heliod. 9. 3. 5, Nonn. D. 40. 334, forse anon. SH fr. 901A. a. 2; difficile pronunciarsi su Alc. fr. 181. 5 Voigt e sull’alrò φλοίοίβ-- restituito in Hymn. Hom. Bacch. da PGenav. 432, fr. A 18 nella nuova ed. di West 2001). La scelta di Euforione è quindi decisamente ‘omerica’.

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Studi su Euforione

tico contraltare il realistico e umanissimo sprofondare del naufrago (sarebbe eccessivo definirlo un caso di humour nero?). Nel fr. 98, πόλιν δ᾽ ἐκτίσσατο MaAADv,

ἧς πέρι δῆριν ἔθεντο κακοφραδὲς ἀλλήλοισι Μόψος τ᾽ ᾿Αμφίλοχος τε, καὶ ἄκριτα δηρινθέντες κτλ.

la iunctura δῆριν ἔθεντο del v. 2 ha il suo modello in Il. 17. 156-158 μένος noAvθαρσές ... / ἄτρομον, οἷόν τ᾽ ἄνδρας ἐσέρχεται οἱ περὶ πάτρης / ἀνδράσι δυσμενέεσσι πόνον καὶ δῆριν ἔθεντοῦ: ma la difesa della patria è la

dimostrazione piü alta di virtü guerresca, mentre Mopso e Anfiloco, che si scontrano non a tutela della città bensi per egoistiche ambizioni di supremazia, combattono "stoltamente" (xaxogpadéc) e "senza giudizio" (ἄκριτα). In 415. ii. 12-13 old) κεν ὁ κουφότατος ἀνέμων ἄλληκτον ἀένίτων / pelia φ)ύγοι,

λαιψηρὰ Δίκης ὅτε γούνατ᾽ ὄρηται, il v. 13 (del v. 12 si ὃ già detto supra) e costruito su vari tasselli omerici: le clausole λαιψηρά te γοῦνα (Il. 20. 93, 22.

204) e γούνατ᾽ ὀρώρῃ (Il. 9. 610, 10. 90, 11. 477, 22. 388, Od. 18. 133), e soprattutto Il. 10. 358 λαιψηρὰ δὲ γούνατ᾽ ἐνώμα / φευγέμεναι (- 22. 144 λαιψηρὰ δὲ

γούνατ᾽ £vopa)9. Senza dubbio un bel patchwork iliadico, ma vale la pena di notare che i due passi maggiormente vicini al nostro, ossia 10. 358 e 22. 144, hanno come soggetto l'uno Dolone, l'altro Ettore spaventato all'avanzare di

Achille. Il modulo espressivo che in Omero denotava personaggi inseguiti è trasferito da Euforione a una figura di inseguitore; in entrambi i casi la fuga è del tutto vana, e i λαιψηρὰ γούνατα che a Dolone e ad Ettore non giovavano

affatto diventano ora efficace e infallibile strumento dell'operato di Dike. Alla luce degli esempi su citati, anche qui il rovesciamento non parrebbe casuale*.

4 Il nesso omerico era riecheggiato, con diversa sintassi ma identico contesto, in epigr. ap. Demosth. 18. 289 = anon. FGE CXXVI 1576 ss. οἷδε πάτρας ἕνεκα σφετέρας εἰς δῆριν ἔθεντο / ὅπλα καὶ ἀντιπάλων ὕβριν ἀπεσκέδασαν; cf. poi anon. SH fr. 928. 6 lepav μάλα Briplv ἔθεντο (probabilmente

non Cherilo di Samo, vd. Lloyd-Jones e Parsons ad loc.; fr. *14a. 6 Radici Colace = ?13a. 6 Bernabé), 560 6. 2. 18. 3 μύθων πέρι δῆριν EBevdo (Pergamo, età ellenistica?), PLit. Palau Rib. 21. 4 lov περὶ δῆριν d (I d. C.; πέρι ed ἔθεντο mi paiono assai probabili).

4 Cf. ancora λαιψηρὰ πόδας καὶ γούνατ᾽ ἐνώμα in Il. 15. 269 e 22. 24, anche se in questi casi λαιψηρά è avverbiale. *6 Difficile dire se si possa interpretare su questa linea anche 135 Ζεφύρου μέγα ποιφύξαντος, evidente variazione, come rileva van Groningen, di Il. 4. 423" Ζεφύρου ὕπο κινήσαντος. In quasi tutte le sue poche attestazioni, il raro ποιφύσσω e i suoi derivati denotano uno "sbuffare" violen-

to o sinistro, comunque non esattamente positivo: se cid non vale per il simpatico delfino di Anyt. A. P. 7. 215. 4 = HE XII 711, vale però per Lycophr. 198 "Aióov τε παφλάζοντος ἐκ βυθῶν φλογὶ / κρατῆρος, ὃν μέλαινα ποιφύξει φθιτῶν / σάρκας λεβητίξουσα (nella descrizione dei sacrifici umani in Tauride) e già per Aesch. Sept. 280 ἐν ματαίοις κἀγρίοις ποιφύγμασιν ("vanterie"), nonché per il ti-

tolo del mimo sofroneo παιδικὰ ποιφυξεῖς nel senso di “spaventare” (p. 215 K.-A.); dopo Euforione, Nic. Ther. 180 ἄκριτα ποιφύσσοντος (> Max. 101 à. ποιφύσσουσα), 371 ποιφύγδην (ἐκφοβῶν schol.

a, ὀργίλως schol. b, p. 158 Crugnola), Dionys. Bassar. fr. 20v 7 Livrea ποιφύγμίασι, in una scena di σπαραγμός (per la f. I. di Oppian. Hal. 2. 288 vd. Fajen 1995, pp. 205-206). In Omero Zefiro dà

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

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In tutti questi casi la rielaborazione del modello omerico ha carattere di ironia o di mero divertissement erudito, e in ogni caso rimane fine a se stessa;

ma altre volte & possibile rintracciarvi una precisa funzionalità nel contesto dell'opera euforionea. In 413. 15 (dal Thrax, in una elencazione di sciagure

mitiche di cui si auspica l'equivalente per un ignoto nemico del poeta) si narra che Climeno [ἀϊπόθεστος ἑῷ Bavev ἀμφὶ σιδήρῳ: la clausola pare attestata prima di Euforione solo in Il. 23. 30 πολλοὶ μὲν βόες ἀργοὶ ὀρέχθεον ἀμφὶ σιδή--

pw”, e il lettore che ricordasse il passo omerico non poteva fare a meno di assimilare la morte del personaggio a quella dei buoi. Considerando che l'uccisione del passivo bue sacrificale era ormai topica come immagine di una fine indegna e miserevole*, sarà eccessivo pensare che mediante l'eco omerica Euforione voglia qui augurare al bersaglio delle sue maledizioni "possa tu esser sgozzato come una bestia"? Un augurio piü esplicito é, piü oltre nella stessa opera, 415. i. 9 καὶ δέ σ᾽ ἐράσμιοίν!] ἄνδρα Σεμείραμις ἀγκάσσαιτο, ove il rarissimo verbo ha

i soli precedenti a noi noti in Il. 17. 722

νεκρὸν ano χθονὸς ἀγκάζοντο e nell’iv' ἀπὸ χθονὸς ἀγκαξζέσθην che Zenodoto

voleva a 14. 349 per ὃς ἀπὸ χθονὸς ὑψόσ᾽ tepye (oltre che nell'hapax ἀπαγκάζομαι di Call. Hec. fr. 10. 1 Hollis ano μὲν γυαλὸν λίθον ἀγκάσσασθαι"). La leg-

genda di Semiramide e della sua abitudine di uccidere i propri amanti ebbe grande diffusione nel mondo ellenizzato: se il dotto lettore riconosceva nel passo euforioneo la traccia di Il. 17. 722, probabilmente coglieva anche l'allusione macabra che identifica fin dal primo accenno l'épaopog ἀνήρ con un

νεκρός. Pochi versi dopo si passa ad una nuova maledizione con 415. i. 12 rj νύ Hol ᾿Απριάτης [xeoEo γάμον dx ]..αἱ ]..ς. Il nesso γάμον τεύχειν è di per sé ba-

nale, e tuttavia pare circoscritto (almeno a quanto ho potuto appurare) a Od.

1. 277 = 2. 196 o δὲ γάμον τεύξουσι. Ma li si tratta dei genitori della sposa, che avranno ogni cura di approntare &cóva / πολλὰ μαλ᾽, ὅσσα ἔοικε φίλης ἐπὶ

παιδὸς ἕπεσθαι: qui invece ai genitori si sostituisce il poeta (o, per meglio dire, la persona poetica), con sentimenti diametralmente opposti e risultati del tutto differenti — e se il suo nemico (cosi come il lettore) non conosce il

mito di Trambelo e Apriate, certo non famoso come la leggenda di Semira-

prova giunta che di 1516 -

di un certo vigore, agitando i marosi che cozzano contro la riva, ma qui ποιφύσσω, per rafforzato da μέγα, sembra suggerire una violenza degna piuttosto del selvaggio Borea un vento tradizionalmente mite (ἀνέμων πρηύτατε Zepupe, Diosc. A. P. 12. 171. 2 = HE XI Philod. 6. 349. 4 = GP XIX 3277). Comunque l'occasionale associazione di Zefiro a feno-

meni di tempesta era già in Teofrasto (Vent. 38-45, III pp. 107-109 Wimmer; cf. Sider ad Philod. loc. cit. = epigr. 34. 4), ein mancanza di qualsiasi traccia di contesto per il frammento euforioneo sarebbe arrischiato vedervi un ulteriore esempio di differenziazione concettuale. 47 E dopo solo in Nonn. D. 28. 107 φοινήεντι πεπαρμένος ἀμφὶ σιδήρῳ.

48 Cf. Od. 4. 535 = 11. 411, Aesch. Ag. 1125 ss. (probabilmente dal passo odissiaco: vd. Fraenkel ad loc., p. 511), Ap. Rh. 4. 468-470. 49 Il passo di Euforione è debitamente segnalato da Hollis ad loc.

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Studi su Euforione

mide, Euforione provvede immediatamente ad illustrargliene tutti i risvolti

funesti nella sezione narrativa dei vv. 13 ss. Forse non & un caso che questi esempi provengano da dpai: la dotta allusione omerica da un lato serve a caricare il contesto di ulteriore significato e quindi di toni più intensamente lugubri, dall'altro crea un effetto di compiaciuta ironia che sdrammatizza la maledizione vera e propria e ne rivela la natura essenzialmente letteraria (almeno a mio modo

di vedere: comunque

torneremo piü diffusamente nel cap. III).

sul valore dell'ironia euforionea

E sicuramente ironico, ove se ne

colgano tutte le sfumature, è il fr. 8, dalle ‘Apai ἡ Ποτηριοκλέπτης: ὅστις μευ κελέβην ᾿Αλυβηΐϊδα μοῦνος ἀπηύρα.

Anche qui c'è un elemento omerico, o per meglio dire presqu'Homérique: la clausola, esemplata su Ap. Rh. 3. 175 νόστου τόνδε στόλον οἷος ἀπούρας ma anche su quello che di Apollonio era l'evidente modello, l'omerico eAwv yap ἔχει γέρας, αὐτὸς ἀπούρας (II. 1. 356 = 507 = 2. 240, cf. anche 19. 89 αὐτὸς ἀπηύρων; in Euforione il significato è proprio come in Omero, “sottrarre” materialmente,

“portar via”, non il metaforico

“impedire”

apolloniano).

Quella che nell’Iliade era una vicenda altamente drammatica e ricca di pathos, ossia l'episodio di Briseide ingiustamente sottratta ad Achille da Agamennone (cui si riferiscono tutti e quattro i passi citati), diventa in Euforione nient'altro che un furtarello, e la donna amata dal Pelide si trasforma in un

vaso°!. In compenso, questo vaso cerca di rendersi degno di sì alto paragone sia col suo nome ricercato (κελέβη, rara glossa di ascendenza anacreontea

dottamente recuperata da Antimaco e dagli Alessandrini”), sia con il prestigio del suo materiale: non semplicemente apyvpén, che già ne farebbe un oggetto di valore, ma addirittura 'AXvfnic, ossia proveniente da quella Alybe

di omerica memoria che nel Catalogo dei Troiani era ricordata come la scaturigine stessa dell'argento (Il. 2. 857 τηλόθεν ἐξ ᾿Αλύβης, ὅθεν ἀργύρου ἐστὶ yeve-

BAn)®. Se dunque il banale furto del ποτήριον assurge a una dimensione epi-

ca, anche in μοῦνος si può forse individuare una maggior ricchezza di significato: il reo ha osato compiere "da solo" un misfatto di tale enormità, men-

50 Vd. Campbell ad Ap. Rh. loc. cit. (che non manca di citare il passo euforioneo). 51 Non troppo dissimilmente Alessandro Tassoni, nel proemio del suo poema eroicomico, si richiamerä alla saga troiana avvertendo con scoperta ironia «vedrai, s'al cantar mio porgi l'orecchia / Elena trasformarsi in una secchia» (La secchia rapita, 1. 2. 7-8). 2 Anacr. frr. 356a. 2, 383. 2, 409 Page = 33. 2, 110. 2, 24 Gentili; poi in Call. Hec. fr. 34 Hollis, Theocr. 2. 2, Nic. Ther. 913, fr. 138 Schneider (dalle γΓλώσσαι, non a caso), col tramite di κελέβειον in Antimaco (frr. 20. 2, 22. 2, 23. 5 Matthews, q. v. pp. 117-118); in Euforione di nuovo a 131, su

cui vd. infra, p. 25. Athen. 11. 475c-f pud dare un'idea del dibattito antico sull'esatto significato della parola. 593 L'associazione κατ᾽ ἐξοχήν di questa oscura località microasiatica, per noi difficilmente identificabile (vd. Kirk ad Il. loc. cit.), con l'argento avrà lunga vita nella tradizione letteraria: cf. ‘Besant.’ A. P. 15. 25. 8 = p. 184 Gow βωμόν ... μήτ' ᾿Αλύβης παγέντα βώλοις e i numerosi accenni

sparsi nelle Dionisiache di Nonno (Chuvin 1991, pp. 154-160).

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

21

tre perfino Agamennone riteneva necessario munirsi di folta scorta (Il. 1. 324-325 εἰ δέ xe μὴ δώῃσιν, ἐγὼ δέ κεν αὐτὸς ἕλωμαι / ἐλθὼν σὺν πλεόνεσσι)"}

Certo e che l'ira di Euforione, benché di natura molto probabilmente letteraria, poteva a buon diritto porsi accanto all'ira di Achille, se il ratto del vaso dava la stura a un intero carme tutto costituito di maledizioni... Traendo le fila: a volte Euforione si diverte ad alludere a un passo di Omero capovolgendone però il contesto, a volte invece è l'agnizione del modello omerico a modificare il significato di un passo euforioneo, rivelandone sfumature altrimenti nascoste. Nell'uno e nell'altro caso l'effetto & spesso velatamente ironico. In alcuni degli esempi citati, presi singolarmente, l'ironia potrebbe

anche parere il risultato di una overinterpretation, ma tutti insieme formano un quadro troppo coerente per essere casuale. Di parodia non sarebbe il caso di

parlare, dato che Euforione non si comporta certo come quel Beoto di Siracusa che abbassava la ‘Ounpeinv ἀγλαΐην ἐπέων alla rappresentazione di πισσύγγους ἢ φῶρας ἀναιδέας n τινα χλούνην / φλύοντ᾽ ἀνθηρῇ σὺν kakodcuuovim®: si tratta piut-

tosto di un divertissement bonario, erudito, non troppo appariscente, fruibile solo da parte di un lettore ἐπέων εἰδὼς κόσμον kai πολλὰ μογήσας / μύθων xavτοίων cipov Exiotiuevoc*. Questo non è ovviamente appannaggio esclusivo di

Euforione: Callimaco attua spesso procedimenti affini”, e del resto tutta la docta poesis del III secolo si distingue per un tipo di ‘arte allusiva' particolarmente

disinvolto e raffinato; ma quello che qui premeva dimostrare è che questo è appunto l'atteggiamento tipico di un Alessandrino, non — con buona pace dell'epigrammista Cratete — di un poeta ‘omerico’. Semplicisticamente, si po-

trebbe dire che Euforione ha imparato bene la lezione di Callimaco. Ma esaminare in dettaglio quanto abbia imparato dal predecessore, sarà compito del $ 2.

% Su questa linea si muoveva forse già Scheidweiler, come sembra suggerire la sua integrazione €. g. ἢ καὶ ἅμα πλεόνεσσιν (p. 26, «Buechelero monente»). Ovviamente, in un contesto così scarno è

impossibile dire se sia da preferirsi tale esegesi di μοῦνος o quella, parimenti lecita, “lui e nessun altro” (cf. LS] s. v., HI 2), avanzata da van Groningen (che trova un valido parallelo in 9. 15) e da Garriga 1989, p. 24 (seguito da Clüa): proprio Garriga ha avuto il merito di richiamare l'attenzione su Ov. Ib. 7-8

unus

— et hoc ipsum est iniuria magna — perennem | candoris titulum non sinit esse

mei, anche se lì la natura molto più generica della colpa denunciata da Ovidio meglio giustifica un "solo lui lo ha fatto”. Giustamente ignorata dagli editori moderni l'insulsa e probabilmente sgrammaticata v. I. μοῦνον, un tempo favorita dal Toup (1772, p. 6: quod mihi unicum erat; ma κελέβη è sempre femminile, e d’altro canto l'ordo verborum impedisce di intendere μοῦνον avverbiale).

55 Alex. Aet. fr. 5. 6-8 Powell = Magnelli. Per un preciso inquadramento del concetto di

‘parodia’ nell'antichità basti qui rimandare a Póhlmann 1972 e a Degani 1982, nonché al recentissimo Olson-Sens 1999, pp. 5-12. 56 Per dirla col celeberrimo Philit. fr. 12. 3-4 Sbardella = 25. 3-4 Spanoudakis.

9 Cf. p. es. gli svariati riecheggiamenti omerici e l'improvviso abbassamento di tono finale

in Hymn. Dian. 48-50 (con le osservazioni di Bornmann ad loc.), o il μέγα θηρίον di Od. 10. 171 =

180 trasformato negli umili topolini, θηρία μικκά, in Hymn. Cer. 110 (ove vd. Hopkinson), oppure Hec. 74. 22 che trasferisce la descrizione del sonno di Odisseo ed Eumeo in Od. 15. 494-495 nientemeno che a due cornacchie. Uno studio sistematico del riuso umoristico di Omero nella poesia callimachea rimane ancora da fare, e credo che il risultato ripagherebbe della fatica.

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Studi su Euforione

2. I modelli alessandrini

Se in Euforione gli elementi omerici sono, come si e visto, non particolarmente abbondanti (e comunque per lo piü filtrati attraverso vari tipi di rielaborazione), il debito verso la generazione immediatamente precedente,

ossia i poeti della prima metà del III secolo, è enormemente superiore sia nella quantità sia nell'evidenza. Un nuovo spoglio del materiale e un riesame complessivo della questione, oltre ad aggiungere svariati nuovi esempi alla casistica finora disponibile, permettono di portare in luce alcuni aspetti non adeguatamente valorizzati (p. es. il cospicuo debito di Euforione verso

Apollonio Rodio) e soprattutto di apprezzare in pieno il diverso approccio dell'autore ad Omero e agli Alessandrini. La parte del leone spetta, prevedibilmente,

a

Callim ἃ c o: Euforione

e abitualmente definito un 'callimacheo', e difatti le riprese dal poeta di Cirene sono legione. In molti casi si tratta di elementi lessicali (era praticamente inevitabile che il preziosismo linguistico della poesia callimachea esercitasse un fortissimo ascendente su autori come Euforione). Primum dicta callimachei ripresi dal nostro autore sono θιβρός in 81 θιβρήν te Σεμίραμιν — Call. fr. 654 Pf. θιβρῆς Κύπριδος ἁρμονίης [vel appovinv, 'A-], con analogo contesto erotico; ἀφαρής 87 - Call. Aet. fr. 114. 6 Pf. = 64. 6 Massimilla, in entrambi i casi detto di una divinità; ἀλλιξ 144 - Call. Hec. fr. 42. 5 Hollis®; γρήϊος 415. ii. 6 - Call. Hec.(?) fr. 173 Hollis, forse anche qui con un'affinità

contestuale se il yprjiov εἶδος ἔχουσα callimacheo si riferiva ad una dèa”;

ὀλόπτω 415. ii. 16 - Call. Hymn. Dian. 77 (ove vd. Bornmann), fr. 573" Pf.&; νέβρειος 418. 37 - Call. Hymn. Dian. 244*4; forse anche 'Imios come nome pro-

prio di Apollo in 80. 2 - Call. Aet. fr. 18. 6 Pf. = 20. 6 Massimilla (supra, p. 12); inoltre ἐμπελάτειρα 9. 11 - Call. fr. 527 Pf., anche se qui Euforione piega la rarissima parola a un nuovo significato®. Altre volte un vocabolo insolito,

58. Che probabilmente non è un conio callimacheo, bensì una rarità erudita (secondo i testimoni del frammento dell'Hecale si tratterebbe di una glossa tessalica): ma in letteratura sembra apparire per la prima volta con Callimaco, ed & certo da lui, come sottolinea Hollis ad loc., che la trae Euforione.

59 Come ritiene Hollis ad loc., la cui ipotesi può essere avvalorata non solo dai paralleli nonniani

da lui addotti, ma anche dall'analogia con Euforione (in cui si tratta del yprjiov ἴχνος di Dike). Per

due proposte alternative vd. Livrea 1993, pp. 155-156 = 50-52, e Magnelli 1999b, p. 237. 6 [n un contesto che non pare immemore di un altro passo callimacheo: ἐκ ἰδὲ τρίχα χρυσέην xöpong ὦλοψε Κομίαιθὼ / xaltplog ἑοῦ - Call. Hec. fr. 90 Hollis Σκύλλα γυνὴ κατακάσα καὶ ov ψύθος οὔνομ᾽ ἔχουσα / πορφυρέην ἥμησε xpexa (vd. Hollis 1990, p. 29).

61 Assai dubbio il caso di ἀμαλλοφόρος in 103, per cui ho — molto ipoteticamente — avanzato l'ipotesi di un precedente callimacheo in Aet.(?) fr. 186. 8 Pf. = 97. 8 Massimilla (Magnelli 1995a, pp. 106-107). 62 Sostanzialmente equivalente a éuxeAatovoo, il vocabolo vale in Callimaco “prostituta”, almeno stando alla fonte del frammento (ἀπὸ τοῦ ἐμπελάζειν xàov: vd. Pfeiffer ad loc.), in Euforio-

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

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pur non essendo innovazione callimachea, sembra comunque avere in

Callimaco il precedente più rilevante: cosi 40. 3 eiap "sangue", impiegato in Call. fr. 523 Pf. e Hec. fr. 62. 2 Hollis sulla scorta della v. !. εἰαροπῶτις in Il. 19.

87 (supra, p. 9; per la probabilmente voluta ambiguità dell’eiapos euforioneo vd. p. 50)8; 94. 1 δασπλῆτες - Call. Aet. fr. 30 Pf. = 32 Massimilla** (prima solo in Simon. fr. 522. 1 Page); 127 πολυτρόφα - Call. Hymn. Cer. 2, 1198; 414. 14

ἀδμωληί - Call., SH fr. 298. 6 ἀδμωλή ut vid., Aet. SH fr. 250. 8 = 19. 8 Massimilla ἀδμωλέω, fr. 717 Pf. aduwrta®; 428. i. 12 πολύλλιτε - Call. Hymn. Ap. 80", Hymn. Del. 316*; forse anche 415. ii. 2 ἐπίχειρα, proprio della lirica, del teatro e della prosa (LSJ + Rev. Suppl.) ma acquisito alla poesia esametrica da Call. Hec. fr. 74. 18 Hollis. Una rarità callimachea può servire da spunto per costruire un neologismo: e il caso di 132 κυνηλατέω, dall'hapax kuvnλασίη di Call. Hymn. Dian. 217, e forse anche di 108 κεβλήγονος, dato che il

ne un più generico "che si accosta”, λοχίῃσι γυναικῶν ἐμπελάτειρα / "Aprepis ὠδίνεσσιν (forse con

sfumatura di minaccia, vd. van Groningen, p. 34). La rarità di ἐμπελάτειρα dovette contribuire a renderne incerto, e quindi oscillante, l'esatto significato: nell'unica altra attestazione nota, SGO 1. 12. 2. 2 Κύπρι, μυροπνεύστων ἐμπελάτειρα nd&ov (Alicarnasso, II/I a. C.: ampio commento in Lloyd-Jones

1999 e in D'Alessio 2002), si dovrà intendere

"che fai avvicinare",

"che dirigi

verso" qualcuno — probabilmente, come non manca di rilevare Lloyd-Jones, sulla base dell'uso transitivo di ἐμπελάζω attestato in [Hes.] Sc. 109.

63 In Callimaco forse anche nella Chioma di Berenice, fr. 110. 91 Pf. sanguinis (ipotesi di Pfeiffer: vd. Marinone 1997, pp. 215-218); poi Nic. Alex. 314 (in Ther. 701 & congettura di J. G. Schneider, non necessaria ma stilisticamente elegante e forse appoggiata in certa misura da Eutecn. paraphr. p. 58. 15 Gualandri - 40. 3 Papathomopoulos), Oppian. Hal. 2. 168, cf. anche Aglaias, SH fr. 18. 19 εἰαριήτης e schol. ad loc. In Nic. Alex. 87 cap ἐλαίης non vale semplicemente "succo" (LS] s. v. gap (B). 2), benché sia chiara la dipendenza da Call., SH fr. 259. 22, ma sottintende una ambiguità "succo" / "sangue" già intravista dallo scolio, pp. 58-59 Geymonat, e dagli altri testi-

moni del frammento callimacheo. Sulla questione vd. soprattutto Pfeiffer ad Call. fr. 177. 22; Nannini 1973-74, p. 246; Rengakos 1993, pp. 147-148.

64 Se lì non si trattava piuttosto di δασπλήτης: per il discusso problema vd. Massimilla ad loc.,

con bibliografia. $5 πολύτροφος “grosso” pare circoscritto alla prosa; πολυτρόφος vale “nutriente” nella letteratura medica (LSJ s. v., II 2), mentre col significato "che nutre molti" appare per la prima volta in Matrone, SH fr. 534. 1 = fr. 1. 1 Olson-Sens (ove questi ultimi giustamente restituiscono xoAvtpó-

4a contro il πολύτροφα delle edd. precedenti), poi in Callimaco e successivamente in Herodor. SGO 12. 3. 1. 8 [yaiav dè πολυτρόφον (suppl. Vollgraff; Susa, età ellenistica, cf. F. Cumont ap.

Nilsson 1933, p. 164 = 492, n. 102) e in Or. Sib. 14. 139. In Euforione quest'ultimo significato pare sicuro, sia che πολυτρόφα δάκρυα Buvng indichi il mare (così van Groningen, p. 193), sia che si riferisca, come afferma il testimone del frammento, al sale (che pure è un importante "nutritore

di molti": cf. p. es. Aristoph. Ach. 760-835, Call. epigr. 47 P£., NT Mt. 5. 13 - Mc. 9. 50, Lc. 14. 34). 6 L'unico precedente, e piuttosto incerto, è Men. fr. °905 K.-A. (se nel PAnt. 60, lo stesso che

conserva Call., SH fr. 298, l'integrazione Mdvávópo di Lloyd-Jones coglie nel segno).

67 Ad anticipare Callimaco nell'innovazione può essere stato Simmia, fr. 4* Powell (ove però

πολύλλιτος è v. 1.), se il poeta appartiene alla prima età ellenistica: vd. Maas 1927 e Gow-Page, HE II p. 511. Per le successive attestazioni del vocabolo vd. Williams ad Call. Hymn. Ap. loc. cit., aggiungendo orac. SEG 41, 1991, 1411. 9 (Syedra, I a. C.), PBodmer 35. 29 e 40, 36. 60, Nonn. Par. Jo. 3. 148, Eudoc. Cypr. 2. 462 e [Apollin.] Met. Ps. 12. 12, 24. 8, 39. 2, 67. 22, 71. 20, 101. 41, 109. 72, 114. 7, 117. 38, 118. 235, 145. 2 (tutti s. s.; nello ps.-Apollinare spesso con valore attivo, vd. Gonnelli 1988, p. 103).

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Studi su Euforione

peregrino xéf. non sembra avere altre attestazioni letterarie oltre a Call. fr. 657. 1 P£.&. Due tasselli callimachei distinti ma affini si combinano in 9. 7-9 [Σκεϊίρων ἔνθα πόδεσσιν daeeaundero χύτλα [oho ἐπὶ 6vjv- Αἰθρηςγὰρ ἀλοιηθεὶ ς ὑπὸ παιδί tvmtepngt χέλυος πύματος ἐλιπήνατο λαιμόν, in cui si riconoscono Call. Hec. fr. 60 Hollis φράσον δε μοι, εἰς 0 τι τεῦχος / χεύωμαι ποσὶ χύτλα καὶ önnößev (Teseo che si rivolge sardonicamente a

Scirone, secondo la felice interpretazione di Hollis) e fr. 69. 1 H. οἰόκερως" EtEpov yàp à x 14oímos κορύγῃ (Teseo ha spezzato un corno al toro maratonio): allusione assai marcata nel primo caso, impreziosita peró con un richiamo lessicale a un altro episodio della stessa opera avente come protago-

nista lo stesso personaggio*. Ben tre parole rare di origine callimachea sono raccolte in 51. 8-9 "Hzxov θερμάστραις μαρμαρυγαί, αἴρῃσιν

nnov MeAıyouvvidı toia ὅτε ῥήσσοιτο σίδηρος, KTA.:

il raro θερμάστρα, pur non essendo invenzione di Callimaco, appare in letteratura solo in Del. 144 θερμάστραι te βρέμουσιν ὑφ᾽ Ἡφαίστοιο πυράγρης e nel

passo euforioneo”; il ricercato MeAıyovvig, antico nome di Lipari, richiamerà piuttosto Call. Hymn.

Dian. 47-48 νήσῳ ἐνὶ Λιπάρῃ - Λιπάρη νέον, ἀλλὰ τότ᾽

ἔσκεν / οὔνομά ot Μελιγουνίς - ἐπ᾿ ἄκμοσιν Ἡφαίστοιοῦ! che Philit. ap. Parth. 2. 1 (fr. 1 Sbardella = 1 Spanoudakis), ove di fucine non si parla?; αἷρα ha la sua unica altra attestazione in Call. Aet. fr. 115. 12 Pf. = 65. 12 Massimilla παρ᾿ ‘Hp Lg vovo καμίνοις / ἔτραφεν alpawv .epy.a διδαισικόμεινοι (superflua la con-

68 Doveva trattarsi di una voce macedone per κεφαλή: vd. le testimonianze raccolte da Pfeiffer ad loc. e Degani 1984b, p. 21. La sua antichità è comunque provata dall'attestazione già nel V sec. a. C. del nome di uccello xefArixvpic, "testarossa" (Aristoph. Av. 303, poi Call. fr. 422

Pf., su cui vd. Zumbo 1997, p. 130, forse anche Hermipp. lamb. fr. 6 W.?: ampia documentazione in Dunbar ad Aristoph. loc. cit.).

9 Per entrambi i passi la ripresa euforionea è debitamente valorizzata da Hollis 1990, pp. 2829 e 210-211 (per ἀλοιάω vd. anche supra, p. 8). Pfeiffer ad Hec. fr. 296 (= 59 Hollis) aggiungeva che l'euforioneo ἐλιπήνατο λαιμόν «Callimachum sapit», il che è ben possibile. 70 Cf. Hesych. 6 358 Latte Gepudorpar: κάμινοι e — forse da una fonte poetica? — 355 L. θερμαo1pni&ev: ἐκ καμίνων. Forse la parola era un po’ meno rara di quanto a noi sembra, vista la diffusione di θερμαστρίς; che non si tratti di un conio callimacheo è dimostrato dal θερμαύστρα di

un'epigrafe delia del tardo IV sec. a. C., IG XI 2, 144 B 19 (la stessa grafia è attestata anche nei manoscritti callimachei, ma sconsigliata, come notava Pfeiffer, proprio dall'imitazione di Euforione; per le due forme vd. Schulze 1918, p. 769 = 189, ed E. Fernández-Galiano 1976-80, II p. 301). 71 Come nota Bornmann ad loc.; vd. ora anche Leurini 1992, che analizza in dettaglio il rapporto tra i due passi (valorizzando anche, non a torto, Euph. v. 10 βοᾷ δ᾽ εὐήλατος ἄκμων — Call. Hymn. Dian. 55 ἄκμονος ἠχήσαντος: andrebbe aggiunto che lì Euforione combina il probabile rie-

cheggiamento callimacheo con una rarità lessicale tratta da Antimaco, vd. infra, p. 45).

Anzi, Euforione mostra di condividere la posizione di Callimaco, che in probabile ‘polemica’ dotta con Filita presentava Lipari/ Meligunis come sede non di Eolo bensì di Efesto: vd. da ultimo Sbardella 2000, pp. 105-106.

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

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gettura aipwv di Wilamowitz in Dian. 56). I paralleli erano addotti già da Wilamowitz nell'ed. pr. del papiro euforioneo, ma quello che qui e interessante sottolineare e la loro stretta affinità contestuale: Euforione, con vero

compiacimento da poeta doctus, sembra divertirsi a riunire nel giro di due soli versi ben tre allusioni a tre diverse opere callimachee, tutte però accomunate tra loro dal medesimo riferimento alle fucine di Efesto. Altri 'calli-

machismi' si rivelano sul piano non del lessico ma del fraseggio. 10 δαῖμον, ὃς ᾿Αμφιλύσοιο ῥόον «λάχες "Acompivow? - Call. Hec.(?) fr. 176 Hollis δαίμων [datuov Bentley!], τῇ κόλποισιν ἐνιπτύουσι γυναῖκες, 80. 3 Λυκωρέος toixiat Φοίβου - Call. Hymn. Ap. 19 Λυκωρέος ἔντεα Φοίβου, 96. 1 ὄφρα κε μαν--

τεύοιτο μεθ' υἱάσι Βοιωτοῖο - Call. Hymn. Lav. Pall. 125-126 πολλὰ δὲ Βοιωτοῖσι θεοπρόπα, πολλὰ δὲ Κάδμῳ / χρησεῖ, καὶ μεγάλοις ὕστερα Λαβδακίδαις (van

Groningen, ipotizzando che anche in Euforione si tratti di Tiresia)”%, 131 ἠὲ πόθεν; - ποταμῶν κελέβῃ ἀποήφυσας ὕδωρ; - Call. Hec. fr. 34 Hollis ex δ᾽ &yeev κελέβην, μετὰ δ᾽ αὖ κερὰς ἠφύσατ᾽ ἀλλο (arricchito col più ricercato ἀπαφύσσω,

hapax assoluto), 416. 1-2 ὕμγοίν ... ἐντυίν-- ^ Call. Hymn. Ap. 8 μολπήν τε καὶ ἐς χορὸν tvruvaoBe?; probabilmente anche 9. 4 κατὰ Γλαυκώπιον "Epon — Call. Hec. fr. 17. 11 Hollis uva Γλαυκώπιον ἵξειι, 82 κακώτερε Καλλικόωντος - Call. fr. 607 Pf. μὴ σύ ye, Θειόγενες, κόψας χέρα Καλλικόωντος;76, 415. i. 23 αἰθύσσωνται - Call. Hec. fr. 30* Hollis αἰθύξασα, 427. 3 ηὐδάξαντο - Suid. ἡ 641 Adler, forse anch'esso una citazione dall'Hecale (Hollis 1990, p. 360)7; 418. 25-26 ἀλλὰ

73 Con l'integrazione di Scheidweiler, che, se forse non sicura ad verbum (vipeio ῥόον sì be individuare il modello di Euforione solo se fosse possibile leggere al v. 2 il πρίοφῆϊις ... «ἐκ

δόμων (itio che Meineke (in appar. a St. Byz. pp. 247-248, testimone anche di Euforione, di Callimaco e di Simmia) proponeva molto dubbiosamente, cf. Euph. îxto μὲν ἐς Δωδῶνα Διὸς φηγοῖο προφῆτιν.

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

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Soph. OC 1559 (vd. infra, p. 155), ma questo non significa granché!*. Da Euripide

sembrano derivare gli infrequenti 14. 1 ταυρόκερως - Eur.

Bacch. 100151 e 141. 4 xpoxaAn (cf. 418. 36 πολυκρόκαλος) - Eur. IA 2101%; euri-

pideo è AUAv in 60 (- Eur. IA 14, 121, 350, IT 358, 818, Εἰ. 1022) al posto dell’ Αὐλίδα consueto in poesia dattilica!5; espressioni di probabile ascendenza euripidea possono considerarsi 38 περὶ δείρεα χρυσοφορεῦντες — Eur. Hec. 152 £x xpvoo$ópov δειρῆς, 95a Φοίβου πέδον - Eur. IT 972 ayvov ... Φοίβου

πέδον, Andr. 1085 τὸ κλεινόν ... Φ. x. (cf. comunque già Aesch. Choeph. 1036 Λοξίου x.), 415. i. 11 παρθενίῳ ... ποδί — Eur. IT 130 πόδα παρθένιον, 415. ii. 6 γρήϊον ἴχνος - Eur. Phoen. 1718 γεραιὸν ἴχνος (e vari nessi simili con πούς, cf. Mastronarde ad loc.; Euforione impreziosisce con il raro aggettivo callima-

cheo, vd. supra, p. 22). 96. 3-4, Βοιωτὸν δ᾽ ὀνόμηνε᾽ τὸ yàp καλέσαντο νομῆες [v. I. βοτῆρες], ὅττι pa πατρῴῃσι βοῶν ἀπεθήκατο κόπροις,

è una vera e propria espansione, conforme al gusto euforioneo e generalmente ellenistico per l'eziologia, di Eur. fr. 489 N.? τὸν δ᾽ ἀμφὶ βοῦς ῥιφέντα

Βοιωτὸν καλεῖς (citato infatti subito dopo dal testimone; anche qui il poeta si

compiace di inserire tasselli callimachei e licofronei, vd. supra, pp. 26 e 29). Una suggestione euripidea potrebbe riconoscersi anche in 21, τῷ καὶ μέτρια μὲν τις ἐπὶ φθιμένῳ ἀκάχοιτο, μέτρια καὶ κλαύσειεν᾽ ἐπεὶ καὶ πάμπαν ἄδακρυν Μοῖραι ἐσημήναντο,

se si intende ἄδακρυν con valore passivo, "non pianto”!%: la sola attestazione precedente in tal senso è Eur. Med. 861 ἄδακρυν μοῖραν (ove vd. Page), di cui il passo di Euforione — senza bisogno di scrivere μοῖραν ... «θεοῦ riesumando la pur plausibile congettura di Gaisford — potrebbe configurarsi

150 Estremamente dubbio il caso di μελλόγαμος (Euph. 7 ut vid. - Soph. Ant. 628, Theocr. 22. 140): vd. supra, p. 36 e n. 122. 151 Altrove solo in Agatharch. ap. Phot. Bibi. 443a. 25 = GGM I p. 114. 36-37, orac. 431. 1 ParkeWormell (posteriore alla morte di Attalo II), [Orph.] Hymn. 9. 2, 52. 2, Procl. in Remp. II p. 181. 3 Kroll. 152 Non attestato altrove prima dell'età di Euforione: nel II] secolo compare anche in Theodorid. A. P. 7. 479. 3 - HE XVI 3572 (infra, p. 104) e avrà una certa diffusione in poesia tardoellenistica e imperiale, specie nell'epigramma. 153 Il. 2. 303, 496, Call, Aet., SH fr. 276. 12 = fr. 110. 12 Massimilla, Ap. Rh. 4. 1779, Quint.

Smyrn. 8. 304, Nonn. D. 13. 105; due volte anche in Euripide, IA 88, IT 26 (il sicuro Αὐλίδα del primo caso scoraggia eventuali tentazioni di ‘normalizzare’ Αὐλίδ᾽ in AVA v nel secondo), e maggioritario anche in prosa. 1*4 Per la difesa della lezione tràdita al v. 3 (ἐσικχήναντο Meineke, alii alia) vd. i sensati argo-

menti di van Groningen, p. 64. Non so tuttavia se sia giustificata la sicurezza con cui lo studioso intende ἄδακρυν attivo: dopo il κλαύσειεν immediatamente precedente, la precisazione «perché le Moire l'han caratterizzato come uno che non c'é motivo di piangere» risulterebbe a mio avviso altrettanto appropriata che «perché le Moire l'han caratterizzato come uno che in vita sua non ha mai pianto» (il concetto & praticamente lo stesso).

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Studi su Euforione

come una voluta variazione sintattica. Ma su questo, in mancanza di un con-

testo più ampio, è impossibile dire l'ultima parola. La poesia euforionea, seria o ironica, mantiene comunque sempre un registro lessicale e stilistico abbastanza 'alto': non stupisce quindi che i vocaboli prosastici risultino piuttosto rari. Qualcuno tuttavia ne compare, e non senza motivo. Difficile dire se si debba considerare prosastico ἄρρατος di

24, altrove solo in Plat. Resp. 7. 535c, Crat. 407d e [Plat.] Ax. 365a ma testimoniato da schol. ad Il. 14. 56a come v. I. (di origine ed età imprecisata) in quel passo omerico!*; difficile anche valutare 133 ἀείχλωρος (altrove solo in Dsc. 2. 173. 1) e 138 ὑποκυδής (solo in Ctes., FGrHist 688 F 62 e Dinarch. fr. 18. 7 Cono-

mis), dato che parole cosi rare sfuggono a una caratterizzazione precisa. Marcatamente prosastici sono però ἐλλιπής di 151755 (forse dallo stesso contesto numerologico di 417, come opportunamente ipotizza Westerink 1960) e λίβες di 415. i. 23!”, in sostanza due 'tecnicismi'; e ancor più significativi risultano 94. 2 θυγατριδέαι, decisamente estraneo tanto alla solennità del contesto (le Eumeni-

di coronate di narcisi, che guidano un uomo incontro al suo destino) quanto al suo registro linguistico (δασπλῆτες, οἶμον, ἐπιστεφέες, πλοκαμῖδας), e 58. 1 xAoμένῳ evi ὥρῳ, in cui l'unpoetisch ρος suggella la radicale trasformazione di formule ormai logore come περιπλομένου ἐνιαυτοῦ (per una più ampia discussione

vd. supra, p. 12). Se Euforione attinge alla prosa, non lo fa a caso. Come ogni poeta doctus ellenistico che si rispetti, anche Euforione non manca di riprendere alcune rarità lessicali da A ntim ac o. Primum dicta antimachei sembrano essere 23. 2 κονισάλεος - Antim. fr. 36 Matthews (ove pure si parla di carri e cavalli!) e 59 Αἰγιαλῆες - Antim. fr. 10* M. (in contesto parimenti iliadico), nonché SH fr. 1044 (forse euforioneo: vd. Hollis 1993 e infra, p. 130) τευμήσατο - Antim. fr. 3. 2 M.; di Antim. fr. 137 M. risente

forse 145 ἀμπέλινος, se era proprio quello l'aggettivo usato da Euforione!”;

155 Piü tardi Orac. Chald. fr. 36. 1 Des Places, palmare congettura di Crónert. 15 Ricomparirà in ia, a quanto mi risulta, solo con Max. 312, Geo. Pis. Exp. Pers. 3. 399 e molto piü tardi Niceph. Greg. carm. 1. 32 Mercati (vd. infra, p. 124 n. 110).

157 [n poesia prima di Euforione solo carm. pop. 3. 1 Diehl? = adesp. eleg. 7. 1 W.2;

più tardi

Theodorid. A. P. 7. 738. 2 = HE XIII 3555, Pancrat. A. P. 7. 653. 2 = HE III 2856, [Theocr.] 9. 11; di età imprecisata Hesych. x 4669 Κυρηναῖοι λίβες, su cui vd. Hollis 1998, p. 68 (in altro senso [Maneth.] 1. 176, 6. 642).

158 Nello stesso Euph. 23 un altro debito antimacheo può essere ᾿Ασβώτιοι ... ἵπποι, se in

Antim.

fr. 35 M.

κατεπόθη δὲ

᾿Αμφιάραος

... τοὺς δὲ ἵππους αὐτοῦ

φησιν

᾿Αντίμαχος

εἶναι

taovoratoust si deve accogliere ᾿Ασβωτίους di Unger (per le varie possibilità vd. Matthews ad loc.).

159 In poesia anche Pind. fr. 124ab. 11 Maehler, poi forse Theolyt. fr. 1 Powell in base alla

parafrasi di Athen. 7. 296a; più tardi Marc. Arg. A. P. 7. 384. 2 = GP XXXI 1470, anon. A. P. 9. 375. 2 = Tib. Ill.(?) FGE VII 2083. È comunque prevalentemente prosastico, e quindi non pare prudente presentarlo, con Powell, come una precisa citazione del testo euforioneo (il testimone dice solo che Evgopiwy ... τὸ Eóavov τῆς μητρὸς τῶν θεῶν φησιν ἀμπέλινον εἶναι): il poeta poteva aver impiegato un sinonimo, p. es. ἀμπελόεις — che normalmente vale “ricco di viti", ma è usato

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

45

l' ἔργα, τέων τ᾽ ἐπιέρκτοίρες ἀϊνδρείς integrato dubitanter da Lloyd-Jones e Parsons in 415. ii. 7 avrebbe come solo antecedente noto Antim. fr. 87 M. οἷον [ὅσσοι

Valckenaer] τῶν μεγάλων &£pktopéc εἰσι κακῶν. 418. 36 fy πολυκροκάλοιο παρ᾽ ἀνδήροισι Νεμείης non pare immemore di Antim. fr. 93 M. Πακτωλοῦ χρυσέοισιν En’ ἀνδήροισι Baacoov!®. Per εὐήλατος ἄκμων di 51. 10 la nuova accezione "ben forgiato” è modellata, oltre che sui tradizionali χαλκήλατος, χρυσήλατος,

ἀργυρήλατος e σφυρήλατος, su εὐήλατον ἄλφι ("ben macinato”) di Antim. fr. 145 M.; infine, Antim. fr. 65 M. Xiec μέν te λίεσσι potrebbe essere il modello da cui Euforione si sentiva autorizzato per la scansione breve della ı di Aic in 35, ma

sul testo grava il sospetto di corruttela!é!, Non è poco, considerando quel che ci rimane della poesia antimachea: si tratta tuttavia sempre di elementi piuttosto circoscritti, non tali da suggerire che Antimaco svolgesse un ruolo *modellizzante’ nella costituzione della lingua poetica euforionea. Prescindendo

dalla quantità, & nella qualità che si vede la differenza rispetto alle riprese da Callimaco o da Licofrone. L'epigramma di ‘Cratete’ citato all'inizio del capito-

lo sembrerebbe affermare che Euforione preferiva Cherilo ad Antimaco: questo non significa necessariamente che il nostro poeta, come Callimaco nel famoso fr. 398 Pf., formulasse in qualche sua opera un esplicito giudizio sfavo-

revole ad Antimaco (l'ignoto Cratete pud voler dire solo «Euforione andava matto per Cherilo benché ci fossero altri poeti epici, come Antimaco, di valore assai maggiore»), ma certo é indizio del fatto che un letterato di età ellenistica, che poteva leggere poesia euforionea in quantità, non vi trovava un vistosissimo ζῆλος ᾿Αντιμάχειος. Se Euforione condividesse le posizioni anti-antimachee

del suo prediletto Callimaco, non & dato sapere: piü semplicemente, si pud af-

fermare con buona verosimiglianza che di Antimaco non aveva troppo bisogno. Quella stimolante ricchezza di glosse e quel carattere di poeta doctus che attiravano su Antimaco l'interesse degli Alessandrini (anche di Callimaco)!9,

come "di vite" p. es. dagli euforioneggianti Nicandro (Alex. 142 ἀμπελόεντα ... kavA£a) e Nonno (D. 14. 102 ἀμπελόεντι ... βάκτρῳ).

160 Generalmente attribuito ad Antimaco (fr. "191 W.? = °25 Gentili-Prato = SH fr. 79; Pfeiffer lo pubblicò come Call. fr. °814, ma fu proprio lui a sostenerne la paternità antimachea): vd. Matthews ad loc., con bibliografia. 161 iiec μὲν (xe) λίεσσι φίλου Wyss: status quaestionis in Matthews ad loc. Un modello alternativo potrebbe essere Posidippo, se in PMil. Vogl. 309. ii. 31 cogliesse nel segno l'integrazione γίλυπτὸς

Mis ὁ Πέρσης degli editori. Altri esempi certi di « breve non sono noti, a parte il tardo Greg. Naz. carm. 2. 1. 16. 71 οὐδὲ λὶς ἠὐγένειος (da Il. 17. 109 e 18. 318, ma con diversa prosodia: variazione

dotta o semplice svista?): ai μέν pa λίεσσι attribuito a Callimaco in schol. ad Il. 11. 480d è general-

mente considerato nient'altro che una corruttela del frammento antimacheo citato (i dati in Matthews); estremamente ipotetica la proposta di M. Schmidt 1863, p. 355 di correggere Hesych. n 171 L. Τἠελέεσσιντ' ἀντὶ τοῦ ἐλέουσιν (c»mAécoaw: à. x. «οὐκ» è. Latte) in ἠὲ Mieoow ἀντὶ

τοῦ λέουσιν da considerarsi «der Ausgang eines Verses des Kallimachos oder Euphorion».

162 Cf. Serrao 1979, da integrare adesso con Matthews 1996, pp. 51-57. Sui vari aspetti dell'at-

teggiamento callimacheo verso Antimaco basti qui rimandare alla discussione di Krevans 1993.

46

Studi su Euforione

Euforione, ad una generazione di distanza, li trovava ormai negli Alessandrini stessi.

4. Innovazioni da filologo

Euforione è considerato non solo un appassionato di glosse e di ricercatezze lessicali, ma anche uno sperimentatore: e la sua fama è del tutto meritata, visto che nei circa 140 frammenti di testo poetico (brani di varia esten-

sione o glosse isolate, escludendo le mere parafrasi) si trova una quarantina di novità tra hapax, primum dicta e risemantizzazioni — e ovvio che la perdi-

ta di tanta parte della letteratura greca fa si che analisi di questo genere conservino sempre un forte margine di provvisorietà, ma quando le innovazioni appaiono particolarmente numerose ? possibile almeno individuare con sicurezza una tendenza. Vale comunque la pena di sottolineare che si tratta

di innovazioni molto 'regolari', che anche quando veicolano qualche voluta eccentricità sul piano del senso si mantengono tuttavia nell'alveo della tradizione dal punto di vista formale. 44. 5 ὑπερπλάζω, 52 βουπληθής, 54. 2

ἀβοηθί (la congettura di Lobeck può dirsi sicura) e περιδέμω, 78 ὑποφρίσσω, 80. 2 ἀντιβοάω, 88 νεκυηδόν, 90 ὑπογείνομαι, 121 ἐπιξέφυρος55, 131 ἀπαφύσσω,

146 ἀμύξ, 414. 15 θηγαλέος, 415. ii. 1 κακόδωρος, 415. ii. 18 ληΐδιος, 418. 17 βουφόντης, 418. 36 πολυκρόκαλος sono hapax e primum dicta del tutto normali,

presumibilmente motivati non da altro che dal desiderio di impreziosire il dettato poetico!.

Il fenomeno si fa più complesso quando si costruisce un hapax su un hapax (0 comunque su una voce rara): il riconoscimento del modello da parte

del lettore colto, da un lato conferisce alla neoformazione euforionea piena legittimità, dall'altro ne sottolinea ulteriormente la ricercatezza e l'origine erudita. Già si è visto come Euforione crei hapax sulla base di rarità omeriche

(25 noAvoxepas, dal discusso Il. 21. 319: supra, p. 6) o alessandrine (supra, pp. 23 ss.: da Callimaco prende spunto per κυνηλατέω e forse per keßAryovog, da Licofrone per atapuurxtov, ῥαιβηδόν e forse anche ἀγάστριος, da Apollonio per evpupónc). Un procedimento sostanzialmente analogo si ritrova in molte

163 Anche se l'antico nome di Locri Ἐπιζεφύριοι (Herodot. 6. 23, al.) può far dubitare che imξέψυρος sia uno hapax euforioneo.

164 Dubbia l'inclusione tra i primum dicta di 418. 25 ‘Axamivwp. Non siamo purtroppo in grado di decidere se si tratti di un'epiclesi di Dioniso effettivamente esistita (benché a noi altrimenti ignota) o di una variazione etimologizzante compiuta da Euforione sul consueto ᾿Απατούριος; né è possibile dire se l'obiezione ᾿Απατήνωρ οὐχ ὁ Διόνυσος ἀλλ᾽ ὁ Ζεὺς λέγεται del testimone rifletta una qualche tradizione antica o sia una mera confusione con Ζεὺς ᾿Απατούριος (così van

Groningen, p. 53). Per SGO 1. 20. 23. 2 vd. infra, p. 107.

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

47

altre novità euforionee. Su una rara glossa dialettale, il Baupı-/Bupı- già in-

trodotto in letteratura da Cleon. Sic., SH fr. 340. 2 Baupıößev e considerato

messapico dagli Etymologica (vd. infra, p. 139), è costruito εὐβύριος di 12816 (forse Euforione, scegliendo la forma in fivpi-, intendeva correggere Cleo-

ne?); lo stesso potrebbe valere per 112 εὐρυκόωσα, se il poeta concordava con la tradizione secondo cui κόον λέγουσι τὸ μέγα οἱ Adkovec!66 (la ricerca moder-

na pensa invece a un'etimologia da xotw!?). Anche quando il modello non à una rarità lessicale, serve comunque a

sancire il carattere 'letterario' dell'in-

novazione. Al codice epico rinviano 415. i. 7 δαϊθρασής, esemplato sull'omerico δαΐφρων, e 415. ii. 9 ἀγηνορέω, dal frequente uso negativo /spregiativo di ἀγήνωρ e ἀγηνορία (cf. il θυμὸς ἀγήνωρ che spinge a νεικείειν perfino uno come Tersite in Il. 2. 276); il conio di 47 φιλοπλόκαμος, variazione sul tradizio-

nale ἐὐπλόκαμος (s. s. 5 x Il., 10 x Od., Hymn. Hom. 31. 6), è probabilmente condotto sulla falsariga dell'alternarsi di formule omeriche semanticamente quasi indifferenziate come ἐὐφρονέων / φίλα φρονέων ed ἐὺς maic / φίλος πάϊς; in

415. ii. 4 πολύβοια aggettivo risente senz'altro, come notano Lloyd-Jones e

Parsons, del caso inverso di aA$eoißora (che nasce come aggettivo in Il. 18. 593 ma diventa nome proprio già nelle Ἠοῖαι esiodee, fr. 139 M.-W.: cf. Knaack 1894). Anche l'eccentrico ἀτρέα di 125, accusativo non di ᾿Ατρεύς bensì di un fantomatico atpeng!®, si fa riconoscere dai lettori dotti come rivisitazione di un calembour risalente almeno ad Eur. IA 321 τρέσας ... ᾿Ατρέως γεγώς

e Soph. fr. 887 R. Ζεὺς νόστον ἄγοι τὸν νικόμαχον / kat nauoaviav καὶ ἀτρεί-6avl9,

Una tendenza analoga si riscontra nelle sperimentazioni morfologiche. Il dativo plurale di πίτυς era πίτυσσι in Od. 9. 186 (e πίτυσι in Xen. An. 4. 7. 6,

16 Cf. Hesych. 8 1318 Latte fiópwov- οἴκημα; probabilmente dalla stessa radice di Bäpız, attestato dai Lxx in poi (DGE s. v.; Posidipp., SH fr. °707 = fr. °45 Fernández-Galiano & generalmente attribuito a un autore piü tardo, vd. le note degli editori). Vd. in generale Chantraine, DELG p. 165 s. v. βᾶρις; Frisk, GEW I p. 277 s. v. βύριον.

166 Così gli Etymologica, testimoni del frammento (infra, p. 140); cf. Hesych. e 7135 Latte εὐ-

puxóoca: εὑρυνόμος. ἢ πολυάστερος νύξ («ex epico poeta ductum est», Meineke? p. 121). ἢ μεγάλη. ἢ πολλὰ κοιλώματα ἔχουσα’ κώους γὰρ οἱ ἀρχαῖοι τὰ κοιλώματα ἔλεγον, che, oltre a mostrare quanto

imbarazzo creasse un vocabolo cosi peregrino, parrebbe testimoniare l'esistenza di qualche altra attestazione dello stesso. Altrove solo PAnt. 56B(a). r. 6 .ovpavov cvpuxoovra (III d. C., ma il carme potrebbe essere anche ellenistico) ed Εὐρυκόων nome proprio in Quint. Smyrn. 13. 210.

167 Frisk, GEW I p. 890 e Chantraine, DELG p. 551, s. v. κοέω. Lo stesso vale per i nomi propri

in -xóov, -κόωσα (richiamati per il ns. passo da Meineke?, p. 121): cf. Bechtel 1917, p. 272. 168 L'unica attestazione del vocabolo sembra essere Marc. Sid. IGUR 1155. 77 ἐπεὶ οὐ μοιρέων Grpeieg ἀνάγκαι / ὅς κε θεῶν tito ἁλιτροσύνην ἀναθήη, con peculiare licenza morfologica (vd. Wilamowitz 1928b, p. 18 = 212) e con valore passivo, non "impavido" ma “da non temersi".

16? I] gioco di parole divenne addirittura proverbiale, cf. Plat. Crat. 395b, Zen. vulg. 2. 34 (su-

perflue in Sofocle le congetture di Bentley, Hermann e altri miranti a restituire il patronimico, vd. la nota di Radt). Cf. anche Euph. °126 χεῖρ’ ἱπποδάμειαν e le osservazioni di van Groningen, p. 192.

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Studi su Euforione

unica attestazione in prosa preellenistica!”): Euforione si concede in 84. 1 l'i-

per-epicismo πιτύεσσι, sulla base dei tanti dat. pl. epici in -εσσι e in particolare forse dell’alternanza omerica νεκύεσσωνέκυσσι!"7:. nA per ἥλιος in 153 e affiancato già dai testimoni del frammento a una ricca serie di forme poetiche

abbreviate — o considerate tali dai grammatici antichi — che va dagli omerici δῶ e xpi all'esiodeo Bpi (fr. 329 M.-W.), ad &Xs (Hymn. Hom. Cer. 208, Antim. fr.

145 Matthews), Xi (Epich. fr. 113. 132 K.-A.) ed ép: (Philit. fr. 20 Sbardella = 17 Spanoudakis). Per quanto assai curiosa — in greco A non è mai in fine di parola —, la scelta di Euforione poteva rifarsi ad una tradizione ben solida. Anche 149 Borpva acc. sing. non è un caso isolato: uscite del genere per i nomi in -ὖς

si verificano σπανίως, per dirla con Choerob. in Theod. I p. 332. 4-5 Hilgard = Herodian. II p. 763. 8-9 Lentz, e purtuttavia si possono citare almeno ix@va Theocr.(?) 21. 45 e Bianor A. P. 9. 227. 2 = GP VIII 1684, ὀσφύα Strat. A. P. 12. 213. 1 = 54. 1 González Rincón, ὀφρύα id. 12. 186. 1 = 27. 1 G. R, al. (LSJ s. v.),

vnöva Quint. Smyrn. 1. 616, δρύα id. 3. 280 (vd. Schwyzer, GG I p. 571; per Euforione c'era oltretutto il precedente di βότρυας [Hes.] Sc. 294, anche se

all'acc. pl. il fenomeno è più diffuso, cf. Kühner-Blass I p. 439 Anm. 3-5). Il carattere dotto della Musa euforionea si ritrova anche nel caso dei vocaboli già noti piegati a un nuovo significato. In 80. 1 ὁπλοτέρου τ᾽ ᾿Αχιλῆος ἀκούομεν Εὐρυλόχοιο l'abbinamento di ὁπλότερος a un nome proprio col senso "il nuovo x”, non

attestato prima di Euforione, sottintende a mio avviso un gioco erudito: l'aggettivo era interpretato nell'antichità come ὅπλα φέρειν δυνάμενος (cf. Epim. Hom. o 68 Dyck e i paralleli addotti dall'editore: la teoria risale quantomeno

ad Aristarco, vd. Apoll. Soph. p. 159. 14-15 Bekker, ma ci scherzava sopra già Aristoph. Pax 1271), e forse non e un caso trovarlo qui associato ad un personaggio distintosi per un'impresa guerresca!72. L'irriverente trasferimento di

ἐνοσίχθων da epiteto di Posidone ad attributo dell'aratro in 152 ha un immediato precedente, come già da più parti è stato notato, nell'affine ῥηξίχθων impiegato come γρῖφος per il bue dal colto cuoco omerizzante di Strato Com. fr. 1. 19 K.-A.!? (fine IV sec. a. C.); altrettanto ludico ma anche altrettanto eru-

170 Nonché nel difficilmente databile epigramma ap. [D. Chr.) 37. 15 = Favorin. p. 305 Barigazzi (edito come AppAnth. I 1 Cougny, epigr. 69 Preger, [Orph.] fr. 290 Kern), v. 2 πίτυσιν.

171

Cf, Chantraine, GH I pp. 204-207. Inutili le congetture miranti a restituire πίτυσσι in

Euforione (Stephanus, Bernardakis, Teodorsson: vd. Magnelli 1999a, p. 106); superfluo anche pensare che il poeta leggesse in Od. loc. cit. una v. I. πιτύεσσιν di cui non rimane traccia. 172 La prima Guerra Sacra, che, se non fu un evento all'altezza del mito troiano, ebbe comun-

que una certa importanza nella Grecia del VI secolo a. C., cf. Davies 1994. Anche la linguistica moderna ammette per l'aggettivo una connessione con ὅπλα, benché forse non in senso bellico (Del Freo 1994). 173 ῥηξίχθον᾽ PCair. 65445 (III a. C.), &pvot- Athen.; che si tratti del bue e non, come altri pensa-

vano, del porco ha ribadito Livrea 1980b.

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

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dito il γλαυκῶπις riferito all’ ἐλαία in 150, che varia scherzosamente Pind. Ol. 3. 13 (supra, p. 39). Ovviamente si tratta di una tendenza, non di una regola

ferrea: nessun modello si conosce per l'uso euforioneo di xnxovpóc come κῆxov φρουρῶν e di vavayóc come ναῦν ἄγων (154 e 158), presumibilmente miranti non a un'allusione erudita ma solo a un effetto di sorpresa!” — e casomai di ironia, riferiti l'uno al mostruoso serpente che custodiva i pomi delle

Esperidi (non esattamente un umile giardiniere!) e l'altro a Giasone (che di naufragi, con la nave costruita da Atena, non ebbe alcuna esperienza). La lingua di Euforione si conferma, anche nei suoi tratti più personali, come lingua di un poeta doctus: le sue innovazioni sono in massima parte innovazioni da filologo, che mirano a distinguersi non per la loro novità tout court, ma per il modo e la misura in cui innovano un modello o una tradizio-

ne letteraria. Siamo lontani sia dalla sbrigliata creatività linguistica della commedia e del ditirambo, con il loro lussureggiare di composti immaginifi-

ci (una tendenza di cui risentirono anche autori del III secolo come Cercida e Timone di Fliunte), sia dall'altrettanto libera cervelloticità di sperimentatori

folli come quell' Alessarco che giusto agli albori dell'età ellenistica si inventò una lingua tutta sua in cui chiamava il barbiere βροτοκέρτης e il vitto giornaliero nuepotpogig!?5. È una dizione assai ricercata ma non propriamente

astrusa, che probabilmente risultava oscura a molti lettori ma ben ‘decrittabile’, anche nelle sue innovazioni, a quelli che condividessero col poeta una sicura padronanza del patrimonio letterario tradizionale: il più compiuto paradigma di un atteggiamento del genere poteva essere, ancora una volta, il suo prediletto Callimaco.

5. Lo stile

Nel 1910 Giorgio Pasquali, in una densa prolusione romana dedicata all’aition callimacheo di Aconzio e Cidippe, osservava che nel lungo brano

restituito dal POxy. 1011 (fr. 75 Pf.) «se spesso la parola è rara, la sintassi non

174 Effetto che sicuramente ebbero, e non in positivo, sul testimone dei due frammenti: Hellad. ap. Phot. Bibl. 279, 532b 18 ss. παρὰ Εὐφορίωνι ... κακοξήλους ἔστιν εὑρεῖν λέξεις. L'affermazione

di van Groningen, p. 219, secondo cui «la langue d’Euphorion est nettement ionisante; il n'a donc pas dà employer ναυᾶγός, mais νανηγός ... Il a donc scandé vavetyóc, et la "cacozélie" qu'on

lui reproche s'en trouve diminuée d'autant», é confutata con buoni argomenti da Dettori 1997b,

p. 283 n. 13.

175 Athen. 3. 98e = Heraclid. Lemb. fr. 5, FHG III p. 169 (tutto il passo di Ateneo, 98c-99d, e una raccolta di arditezze di varia natura, dalle innocue metafore come τὸ τεῖχος ἐσθὴς τῆς πόλεως alle stravaganze di cattivo gusto quali μένανδρος ἡ παρθένος ὅτι μένει τὸν ἀνδρα); il significato sto-

rico, nella temperie culturale del primo Ellenismo, di quello che parrebbe solo il passatempo di uno squilibrato è stato acutamente focalizzato da Fantuzzi 1993, p. 73.

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Studi su Euforione

è mai preziosa: uno degli effetti di quest'arte a ogni modo complicata è il

contrasto tra la frase piana e i vocaboli difficili»"*. È una formulazione che vale per gran parte della produzione di Callimaco (la Vittoria di Sosibio è for-

se l'eccezione più vistosa) e che si adatterebbe bene a molti dei poeti del III secolo: parrebbe adattarsi anche ad Euforione, almeno per quanto è possibi-

le giudicare dai pochi frammenti superstiti non circoscritti a un verso o due. La paratassi domina nettamente sull’ipotassi, senza però che questo si traduca in monotonia!7; l'enjambement ha un impiego piuttosto limitato (i casi

più rilevanti in 4, 44. 3-4, 51. 8-9, 54, 84. 1-2, 92. 2-4, 415. ii. 12-1377). Π discorso scorre regolare: l'unica traiectio di una certa ampiezza è 23. 1-3 ᾿Ασβώτιοι ...

ἵπποι, certo non tale da pregiudicare la comprensione immediata della frase; altrettanto facile a intendersi è la brachilogia di 9. 6 ἢ ὅσσον ὁδοιπόροι ἐρρήσcovto, ove il lettore supplisce spontaneamente il sottinteso τόσσον ῥήσσοιτο; in 2. 1 ἵκτο μὲν ἐς Δωδῶνα Διὸς φηγοῖο προφῆτιν la perifrasi "Dodona, profetes-

sa della quercia di Zeus” è involuta nel senso ma non nella sintassi. L'unico caso di effettiva incertezza sintattica é in 40, πορφυρέη ὑάκινθε, σὲ μὲν μία φῆμις ἀοιδῶν Ῥοιτείῃς ἀμάθοισι δεδουπότος Αἰακίδαο εἴαρος ἀντέλλειν γεγραμμένα κωκύουσαν,

ove van Groningen ha ragione ad osservare che εἴαρος potrebbe anche essere inteso non "dal sangue" ma “in primavera”, con δεδουπότος Αἰακίδαο gen.

assol.: ma & a mio avviso nel giusto Hollis (ad Call. Hec. fr. 62. 2) a considerarlo «a deliberate ambiguity», ideata dal poeta doctus come degno corona-

mento del già ricercato callimachismo etap "sangue" (vd. supra, p. 23). Questa impostazione si riflette anche nella scelta delle figure retoriche e degli artifici formali — che infatti sono assai pochi. L'anastrofe e piuttosto limitata (9. 7 e 15, 14. 3, 80. 2, 89, 414. 15, 415. i. 17, 415. ii. 9 e 13); un'anafora in 21. 1-2, uno σχῆμα καθ᾽ ὅλον καὶ μέρος in 43 Koxvtoc«

» μοῦνος ἀφ᾽ ἕλκεα

νίψεν "Adwvıv!?; la giustapposizione di varianti morfologiche di una stessa

176 Pasquali 1911, p. 172 = 144.

177 Opportunamente van Groningen (p. 261) nota come negli elenchi di maledizioni di 9 e 415 «le poete s'efforce de varier la construction de phrases dont la portée est, au fond, identiue».

178 Inoltre 114 dividendo βουκολέων Τρηχινίδα Τυμφρηστοῖο / αἰπῆς con van Groningen (infra, p.

108 n. 27). Non condivido l'ulteriore considerazione dello studioso secondo cui «vu qu'il n'y a pas de motif apparent pour mettre αἰπῆς en enjambement et qu'Euphorion n'affectionne point ce procédé, il vaut peut-étre mieux lire αἰπῆς βουκολέων κτλ.»: moderazione nell'uso dell’enjam-

bement non significa avversione, e non giustifica quindi il ricorso a una soluzione testuale meno economica.

179 Così van Groningen interpreta anche 9. 14 τόν oi χωσαμένη yviow Emripape Ano, che però non è esattamente sullo stesso piano: in oi sarà piuttosto da vedere un caso di uso 'genitivale' come in 428. i. 2-3 πολλάκι ot κλισίῃσι Πιυλοιγενέεσσί te γιηυσὶν / ἐννύχιοι πίλναντο, νόσων LÄLREP

ἰητῆρος (vd. Schwyzer, GG II p. 189).

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

51

parola (14. 3 ö00’/ö0a, inoltre 2. 1-2 ἱκτολίκετο se il v. 2 è di Euforione; cf. anche 415. i. 17-18 αὐθις αὖθι) è un fenomeno normale, specie in poesia elle-

nistica!9), La variatio sinonimica in 34 ᾿Ακτῆς de napoitepa $ o vn0cilomc οἱ μὲν δὴ ἐνέπουσι καὶ ᾿Ασίδα κικλήσκεσθαι, οἱ δὲ Ποσειδάωνος ἐπώνυμον αὐδηθῆναι

sara motivata soprattutto dalla fortissima passione del poeta per gli esametri spondiaci (vd. infra, pp. 64 ss.). L'unico procedimento che ricorre con una certa frequenza è l'allitterazione: da segnalare almeno 2. 1 ἵκτο μὲν ἐς Δωδῶνα Διὸς φηγοῖο προφῆτιν, 24 ἀχρεῖ᾽ ἀσπαίροντος ἅλις ψαφαρῇ ἰνδάλλετο τέφρη, ἠέρ᾽ ἀναθρῴσκουσι, 57. 2 pe Καλλικόωντος, 84. 1-2

ἀνέρος dpparoro φόωσδ᾽ ava Κέρβερον ἄξων, 44. 3-4 Δολοπιονίδαο / δυστήνου81, 50. 3 ὡς πυρὶ καρφόμενα 51. 9-10 μαρμαρυγαί, αἴρῃσιν ὅτε ῥήσσοιτο σίδηρος, / τούνεκα Μυρμιδόνες μιν ᾿Αάχιλέα φημίξαντο, 82 κακώτε-κλαίοντες δέ τε κοῦρον ἐπ᾽ ἀγχιάλοις πιτύεσσι / κατθε--

σαν, ὁκκότε κτλ., 92. 1 τέκνον, μὴ σύ γε μητρὸς ἀπ᾽ ἀνθερεῶνας ἀμήσῃς, 112 ὅσσους εὐρυκόωσα Τυφάονι κύσατο Κητώ, 134 nnedavan πέμφιγες ἐπιτρύζουσι

θανόντα, 415. ii. 12 ἀνέμων ἄλληκτον ἀέγίτων (qui anche a motivo della combi-

nazione di due espressioni omeriche: vd. supra, p. 13)!%. Sono inoltre largamente impiegati i versi tetracoli e la collocazione di aggettivo e sostantivo in

Sperrung, procedimenti questi che stanno a cavallo tra stile e metrica (infra, pp. 85 ss.). Ma sia l'allitterazione, sia questi ultimi, non concernono l'aspetto sintattico-elocutivo bensi essenzialmente quello eufonico. L'esametro euforioneo é tanto piano nella forma quanto complesso nel lessico e nel contenuto: & un esametro che nella sua abbondanza di spondei e di parole lunghe non puó dirsi propriamente 'leggero', e tuttavia mantiene sempre, nell'articolazione sintattica come in quella metrica (per una piü ampia discussione

di questo punto vd. infra, pp. 89 ss.), una facies scorrevole e priva di asperitä. Credo che non sarebbe troppo azzardato vedere in Euforione una deliberata ricerca di fluidità e, per cosi dire, di 'semplicità' nella costruzione del verso,

in un 'contrasto' (per richiamarsi alla formulazione pasqualiana su citata) con i vocaboli ricercati e con l'oscurità dell'erudizione finalizzato forse non

tanto al gusto dell'opposizione in sé quanto a far meglio risaltare proprio queste ultime caratteristiche. Sulla natura erudita della poesia euforionea si è insistito a più riprese nei $$ 1-4, analizzandone in dettaglio la lingua: varie altre manifestazioni

180 Cf. Call. Hymn. Jov. 2 aeVaitv, Hymn. Lav. Pall. 72-73 λῶντω λώοντο, Ap. Rh. 1. 93-94 vácoa1o/ vais, etc. (affine il caso delle varianti prosodiche, per cui vd. McLennan ad Call. Hymn. Jov. 55, con ricca bibliografia, e soprattutto Hopkinson 1982). 181 Soprattutto leggendo ἀσπαίροντος e non oxaw- (supra, n. 106).

182 Altri esempi meno vistosi in van Groningen 1953, pp. 31-32.

52

Studi su Euforione

dello stesso atteggiamento afferiscono alla valutazione dello stile. Erudito nella sua finalità è l'artificio del nome spezzato in 5 δωρος «

καί tic ᾿Απολλό> ἐφ᾽ υἱέα Λειοφόωντος,

che non ὃ una semplice scappatoia per collocare nel verso una parola incompatibile col metro dattilico, bensi si richiama intenzionalmente al celebre "Apuoto / γείτων di ‘Simon.’ FGE I 684 s. = (ΕΟ 430. 1-2!&. Il dialettale αἴκλον e impiegato, con precisione da filologo, proprio in 413. 12: «glossa Dorica in

fabula Argiva» (Lloyd-Jones e Parsons)!*^. Abbondano i nomi peregrini, impiegati ben al di là di ogni necessità narrativa per puro gusto della ricercatezza: a volte si tratta di sinonimi rari al posto delle forme usuali, come 38 Γαιζῆται per FaXdta 0 59 Αἰγιαλήων per ᾿Αχαιῶν (questo sulla scorta di

Antimaco, vd. supra, p. 44); spesso sono denominazioni di località secondarie sostituite per metonimia a nomi geografici più importanti, p. es. 18 ‘QpvXiovow per 'Avuxoic, 23. 3 Φυσάδειαν per "Apyoc, 51. 14 Mideing per Τίρυνθος

(vari altri esempi in van Groningen, p. 260). Αἰακίδαο in 40. 2, a designare non Achille ma Aiace, si avvia sulla strada del ypi$oc (supra, p. 15). Ben tre autentici ypipoı si addensano nel quasi licofroneo 84. 3-4 οὐ γάρ πω τρηχεῖα λαβὴ καταμήσατο χειρῶν Μήνης παῖδα χάρωνα παρ᾽ ᾿Ασωποῦ γενετείρῃ:

che “la dura stretta delle mani” designi Eracle comincia a diventar chiaro solo al verso seguente, né l'ardita metafora di καταμάω (supra, p. 42) favorisce la comprensione; Μήνης παῖδα χάρωνα senza ulteriore specificazione pre-

suppone la conoscenza di una glossa rara, e preferibilmente di Lycophr. 455 e di Call. Hec. fr. 101 Hollis (supra, p. 30); παρ᾽ ᾿Ασωποῦ yeveteipn sembra aver

sfidato con successo l'ingegno di generazioni di studiosi costretti ad ammettere per yevéteipa l'inedito significato di "figlia" (ovvero Nemea), finché

185 Anche in SEG 19, 1959, 497. 11-12 στῆσαι τοῦτ᾽ ἐδόκησεν ᾿Αθηναίοισιν ᾿Ἄριστο! / γείτονος αἰχμητοῦ σῆμα καὶ ‘Apuosiovi (Chio, III/II a. C.; suppl. Lloyd-Jones ap. Trypanis 1960, pp. 69-71;

la forma originaria dell'epigramma risale forse già al V sec. a. C., cf. Lebedev 1996). ᾿Απολλό / δωρος anche in Nicomach. ap. Hephaest. p. 15. 7 Consbruch (forse ellenistico? vd. Diehl 1936 e Keydell 1979), mentre alla perifrasi δῶρον ᾿Απόλλωνος preferì ricorrere l'anonimo di IGUR 129. 6 (370 d. C.); Nuco / unns in IGUR 102a. 5-6 (II d. C.?); è nota la riflessione di Ov. Pont. 4. 12. 7-8

nam pudet in geminos ita nomen scindere versus, | desinat ut prior hoc incipiatque minor. Euforione avrà avuto ben presenti anche i casi affini di divisione alla dieresi del pentametro in Callimaco, fr. 384a Pf. (4. v.) Διοσ : κουρίδεω, e forse già in Antimaco, se a lui (fr. °202 Matthews) è da asse-

gnare SH fr. 1132 = adesp. eleg. 20 W.? Ἕλλης πόντον; cf. più tardi Meleag. A. P. 4. 1. 44 = HE 1 3969

Ἑρμοῦ δῶρον. Vd. in generale Schulze 1892, pp. 1-3; Kassel 1975; West 1982a, pp. 44-45; Mondin ad Auson. epist. 17. 36-38 (= 15. 36-38 Green); cf. anche Lightfoot ad Parth. fr. 6.

184 Attestato in letteratura solo in Alcm. fr. 95b Davies = 92 Calame (- 95a D. = 131 C.

συναικλίαις), Epich. fr. 34. 2 K.-A. (e congettura di Kaibel in fr. 122. 4 K.-A.); cf. la discussione di

Polem. fr. 86 Preller = FHG Ill p. 142. Per l'ipotesi di un affine gioco erudito su xoAxida, da integrare probabilmente al v. 14, vd. Aloni-Lehnus 1970-71.

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

53

Lloyd-Jones non ha suggerito una convincente alternativa notando che «the

mother of Asopus by Poseidon was Kelousa, the mountain just west of Nemea (see Pausanias 2. 12. 4 and Strabo 382); by supposing that Euphorion meant her and not Nemea, we credit him with better grammar and a more recherché mythological allusion»!5. Frequenti le etimologizzazioni dei nomi, eziologicamente esplicite (cf. 57, 90, 96, 101, 169, 172, 418. 44), ma anche i

più velati giochi di parole come 87 Ὀρχομενόν ... ὀρχηθέντα, 415. ii. 1 Tlavölopn kaxó&oploc e forse 415. ii. 17 τάφος ,Τάφος (van Groningen, p. 83). Un gioco

verbale si può forse individuare anche in 16 "Axtıog Αἰγεύς. L'aggettivo "Axvvoc come allotropo di ᾿Ακταῖος “attico” (Call. Hec. fr. 1 Hollis, 4. v. per le attestazioni successive aggiungendo Androm. GDRK LXII 168) pare novità euforionea, ma era già noto come epiteto di divinità, in particolare di Apollo e di Pan proprio nei poeti alessandrini della generazione precedente a Euforione, col significato "costiero"!56: sarebbe azzardato ipotizzare un’allusione condita di humour nero nel riferimento a Egeo, che giusto da una ἀκ--

ın! si gettò nel mare destinato a prender nome da lui (che Euforione si diverta a giocare sugli epiteti degli dèi è cosa nota, cf. supra, pp. 48 s. a proposito di γλαυκῶπις e di ἐνοσίχθων) A volte questo lusus euforioneo raggiunge punte estreme, come nel caso del già citato ἀτρέα δῆμον di 125 o di χεῖρ᾽

ἱπποδάμειαν in ?126 (se anche questo appartiene al nostro poeta, vd. van Groningen p. 192): i lettori moderni, e probabilmente molti di quelli antichi, non possono non sottoscrivere il giudizio di Hermog. p. 130 Rabe secondo cui ὅλως TE πολὺς ὁ κίνδυνος £v ταῖς τοιαύταις δριμύτησιν ἐμπεσεῖν EIG ψυχρότητα. Ma il nostro poeta trovava un avallo in testimonianze letterarie

precedenti!5, e questo gli bastava. Il III secolo era un'età di stretta compenetrazione tra poeti e γραμματικοί, e certo i parametri del bibliotecario Euforio-

ne erano assai diversi da quelli del retore Ermogene.

185 Lloyd-Jones 1979, p. 17 = 156-157, con cui concordo pienamente. Da notare che in Call. loc. cit. (Κλεοναίοιο χάρωνος) il leone era identificato per mezzo di Kleonai, villaggio vicino a Nemea; similmente, come nota Hollis ad loc., Paniassi lo aveva chiamato Βεμβινήτης (frr. 1-2

Matthews = 4-5 Bernabé) dal nome ferimento a Kelousa identificato da mente) questa prassi. 186 Apollo in Call. ap. Hyg. Astr. tro materiale in Pape-Benseler I p. un preciso titolo cultuale, vd. Gow

di un altro villaggio della zona; nel nostro frammento, il riLloyd-Jones mostra che Euforione perpetuava (certo voluta2. 37 (ad fr. 18. 12 Pf. = 20. 12 Massimilla), Ap. Rh. 1. 404, al50; Pan in Theocr. 5. 14 (ove & da vedersi se si tratti o no di ad loc. e Lehnus 1979, pp. 180-187). Per altre attestazioni vd.

Lehnus 1979, p. 181 n. 6, LSJ Rev. Suppl. s. v. 187 Comunemente la parola indica appunto una costa alta e scoscesa (basti qui rimandare ancora a Lehnus 1979, p. 181 n. 6). Del resto la connessione 'Axtn / ἀκτή era esplicitamente teorizzata, poco dopo Euforione, da Apollod., FGrHist 244 F 185: διὰ τὸ πολὺ μέρος αὐτῆς καθικνεῖ-σθαι εἰς θάλασσαν.

188 Sui precedenti (in particolare tragici) di 125 vd. supra, p. 47; altri esempi preellenistici di

giochi verbali di questo tipo sono addotti da van Groningen, p. 192.

54

Studi su Euforione

6. Conclusione: i nuovi classici

È tempo di tornare al punto di partenza, ossia all'epigramma di ‘Cratete’ (A. P. 11. 218) citato all'inizio del S 1. Che i carmi euforionei siano effettivamente κατάγλωσσα, "pieni di parole rare", lo si è visto con abbondanza di esempi; e certo non stupisce l'affermazione secondo cui il nostro poeta amava ἀτρεκέως gli scritti di Filita, vuoi che con questo si intendano le sue

poesie (di cui qualche riecheggiamento si individua: vd. supra, p. 35), vuoi che, ribadendo il concetto del primo emistichio del v. 3, si faccia riferimento alla sua raccolta di glosse. Piü inattesa la presentazione di un imprecisato

‘Cherilo’!$ come prediletto di Euforione: la poesia di Cherilo di Samo era caratterizzata da una presenza piuttosto marcata della dizione epica tradi-

zionale, ed & probabile che il piü recente Cherilo di Iaso, autore di epos storico-encomiastico e aspirante a proporsi come nuovo Omero, non fosse da questo punto di vista troppo diverso — insomma, nessuno dei due sembra avere le credenziali per conquistare un ammiratore di Callimaco!*. O questo

Cherilo era gradito a Euforione per qualche caratteristica particolare (di lingua, di stile, di soggetto da lui trattato in qualche sua opera!?!), oppure si

deve pensare che 'Cratete', «interested only in the name ... as a synonym of xoipoc» (Gow-Page), si sia lasciato andare ad un'esagerazione. Ma quello che esagerato lo sembra proprio è la qualifica finale di Euforione come ‘Ounpiκός. È ben vero che l'aggettivo poteva essere usato con una certa generosità,

non limitatamente a chi scrivesse poesia epica di stampo arcaizzante alla

159 Impossibile dire a quale dei due poeti di tal nome si faccia riferimento. Eccessiva la sicurezza con cui van Groningen, p. 9, si pronuncia per Cherilo di Iaso, anche se certo la fama parti-

colarmente negativa di costui si adatterebbe bene ai fini polemici di ‘Cratete’; altri, tra cui Barigazzi 1950, pp. 23-24 e Gow-Page, opportunamente ricordano il noto confronto tra Cherilo di Samo e Antimaco attribuito a Platone (Heraclid. Pont. fr. 6 Wehrli = SH fr. 328). La scarsità di

dati su entrambi i Cherili non permette di ricavare dai frammenti euforionei alcun indizio che aiuti a dirimere la questione.

190 Questo anche senza voler difendere la teoria di un riferimento a Cherilo di Samo nel pro-

logo degli Aitia, avanzata da Barigazzi 1956b ma tutto sommato poco probabile (vd. le discussioni sul controverso passo callimacheo di Pretagostini 1984, pp. 119-136, di A. Allen 1993, pp. 146-156, e di Massimilla 1996, pp. 206-212, cui basti qui rinviare per uno status della questione). Sul curioso abbinamento di Callimaco e di Cherilo come poeti di τέχνη in Herm. in Phaedr. 112 vd. ora Hollis 2000.

191 Secondo Huxley 1969, p. 27, si tratterebbe dell'originalità linguistica e della novità tema-

tica di Cherilo di Samo. Ma aveva ragione Häussler 1976, p. 77 n. 171, ad obiettare che per tali caratteristiche il modello poteva essere piuttosto Callimaco; del resto l'epigramma è incentrato

— pace Scheidweiler p. 14, «ad genus dicendi haec spectare non possunt» — non sul contenuto della poesia euforionea ma sulla sua forma (i carmi κατάγλωσσα, la menzione di Filita), e i pochi frammenti del Samio non mi paiono in realtà esibire una veste linguistica particolarmente innovativa. Dell'epos di Cherilo di Iaso non resta assolutamente nulla (se si deve credere alle testimonianze dei lettori antichi, ora comodamente raccolte in SH fr. 333, non è una gran perdita).

I. Euforione poeta: lingua, stile, scelte letterarie

55

maniera dei kxvux)uxoU*: purtuttavia per un autore come Euforione esso sembra veramente fuori posto, soprattutto in un clima culturale in cui, con le

polemiche letterarie callimachee e teocritee ancora ben fresche nella mente di ogni lettore normalmente colto, era quasi spontaneo intendere Ὁμηρικός

come “imitatore (pedissequo) di Omero”. Se si può applicare la qualifica di ‘omerico’ a un poeta che del materiale epico fa un uso non solo piuttosto controllato, ma anche frequentemente variato e in piü di un caso ironicamente antifrastico, allora niente impedirebbe di applicarla allo stesso Callimaco!%. Già si è osservato da più parti che il pungente epigramma ha senso solo se scritto durante la vita di Euforione, o al massimo poco dopo, e che quindi il suo autore difficilmente sarà identificabile con Cratete di Mallo (attivo nel II sec. a. C.)!*. L'improprietà della definizione Ὁμηρικός è un ulte-

riore indizio in tal senso. Probabilmente si tratta di nient'altro che un'espressione approssimativa (nata sulla scia della menzione di Cherilo!% e concepi-

ta solo come pretesto per il gioco di parole su unpoi), che non è certo il caso di attribuire proprio al dotto e preciso filologo di Pergamo!%*. Per ogni poeta greco, specie se poeta esametrico, Omero era un punto di riferimento ineludibile, ed Euforione non fa eccezione. Ma un punto di riferimento non significa necessariamente il modello primario. Il testo omerico è sempre tenuto presente, spesso variato, più volte utilizzato per un'allusione erudita o per un effetto ironico: è un testo di cui Euforione ama servirsi in molti modi e con notevole libertà, ma senza farne l'elemento portante del suo codice espressivo. Nel definire Omero “ineguagliato” (ἀπροτίμαστος Ὅμηρος, 118), il poeta fa al contempo capire che non è sua intenzione prova-

re ad eguagliarlo: l'omaggio al padre della poesia greca & anche un prenderne le distanze, proprio come in Call. epigr. 6. 3-4 Pf. γράμμα:

‘Ounpetov δὲ καλεῦμαι KpeodvVA o, Ζεῦ φίλε, τοῦτο μέγα

192 Quasi superfluo ricordare il celebre passo di [Longin.] de subl. 13. 3 μόνος Ἡρόδοτος Ὁμηρικώτατος ἐγένετο; Στησίχορος ἔτι πρότερον, 6 TE ᾿Αρχίλοχος, πάντων δὲ τούτων μάλιστα ὁ Πλάτων, ἀπὸ τοῦ Ὁμηρικοῦ κείνου νάματος εἰς αὑτὸν μυρίας ὅσας παρατραπὰς ἀποχετευσάμενος.

133 La prospettiva non cambia di molto nell'ipotesi, peraltro a mio avviso assai incerta, che l'autore dell'epigramma usasse Ὁμηρικός come «simplement "épique" ou "digne, solennel"» (van Groningen, p. 10).

14 Vd. già Gabathuler 1937, p. 94 n. 172 (che però pensa addirittura all'età imperiale, come

da ultimo Dettori 2000, p. 11), e Gow-Page, HE II p. 222, ma soprattutto i decisi rilievi di Pfeiffer 1973, pp. 373-374; cf. ora anche Sbardella 2000, p. 4 n. 9, e Broggiato 2002, pp. Lxvi-Lxvir. 15 «An admirer of Choerilus might naturally be so called» (Gow-Page, loc. cit.).

196 In alternativa, mi sono chiesto se non fosse possibile vedervi una voluta (e infondata) stoccata polemica scritta per irritare Euforione quando era ancora in vita, dato che egli difficilmente avrebbe gradito che la sua poesia dotta e ricercata fosse assimilata a quella dei tanti 'Ounpixoi da strapazzo avversati dai suoi modelli alessandrini. Ma questa è forse un'ipotesi troppo azzardata.

56

Studi su Euforione

la posizione enfatica di Κρεοφύλῳ sottolineava sia l'eccellenza di Omero

rispetto ai suoi continuatori, sia il fatto che solo per questi ultimi l'assomigliare in tutto a Omero può risultare desiderabile! Ovviamente, non c'è bisogno di precisare che questo non era una novità di Euforione: tutti sanno che l'indipendenza e la disinvoltura nel rapportarsi alla lingua epica erano un principio costitutivo della poetica callimachea, in cui le riprese da Omero «non servono a dichiarare il modello, ma sono sem-

plici allusioni ad un grande testo del passato, ed istituiscono un gioco emulativo-provocatorio in cui il confronto con il precedente & inteso a destare nel lettore il senso dell'innovazione più che quello della continuità»!**. Quello che peró rende il caso di Euforione particolarmente interessante sul piano storico-letterario, é la profonda differenza tra il suo approccio all'epos omerico e quello ai suoi immediati predecessori. L'allusione a Omero puó assumere i tratti della differenziazione, dell'ironia, del rovesciamento, della oppo-

sitio in imitando: le allusioni a Callimaco, ad Apollonio, a Licofrone hanno un carattere molto piü 'serio' e 'fedele', alieno da toni ludici e da voluti distan-

ziamenti. Se Callimaco evitava di prendere Omero a modello, Euforione gli sostituisce un modello diverso (ma altrettanto importante e fondante) nella

persona di Licofrone, di Apollonio, dello stesso Callimaco. La poesia euforionea é la miglior dimostrazione di come, a distanza di appena una genera-

zione (o anche meno, nel caso di Apollonio), i poetae docti del primo Ellenismo fossero già divenuti dei classici.

197 Oltre che ad una filologica presa di posizione sulla paternità della Οἰχαλίας ἅλωσις, l'epigramma pare tendere non a ironizzare sui presunti demeriti di Creofilo (Wilamowitz 1924b, II pp. 124-125), bensì a enfatizzarne le qualità, evidentemente ben superiori a quelle dei famigerati poeti 'ciclici' (cf. Burkert 1972, pp. 76-77, e ora Pretagostini 2000, pp. 15-16). Questo peraltro non impedisce alla chiusa di racchiudere una pur velata dichiarazione di poetica, come osservd già Gabathuler 1937, p. 61, e successivamente ribadirono — benché forse accentuandone troppo il tono polemico: vd. le riserve di Pretagostini 2000, p. 15 — Clausen 1964, p. 184, e Barigazzi 1973, pp. 193-194: esser confusi con Omero è certamente un vanto per altri, non però per chi

vuol battere κελεύθους ἀτρίπτους. Poco convincenti le obiezioni di Cameron 1995, pp. 400-401, tese essenzialmente a negare ancora una volta l'avversione di Callimaco per l'epica (una delle tesi centrali, com'è noto, di tutto il volume): ma qui il poeta sembra prendere le distanze da

Creofilo non già per il genere letterario da lui praticato, bensi per quelle caratteristiche di imitazione sistematica e di mancanza di originalità che Cameron stesso riconosce come il bersaglio

precipuo delle polemiche letterarie callimachee. 198 Riprendo la felice formulazione da Fantuzzi 1988, pp. 19-20.

II LA METRICA: ORTODOSSIA ED ETERODOSSIA DI UN CALLIMACHEO PRATICANTE

1. Premessa

Poco più di 150 esametri integri e circa altri 90 variamente mutili: abbastanza per farsi un'idea della pratica metrica di Euforione, ma non abbastanza da poter raggiungere in molti casi conclusioni sicure. Quindi i risultati

delle analisi metriche che seguono si dovranno ritenere, quando piü quando meno, abbastanza provvisori (e non abbandoniamo la speranza che qualche nuovo papiro spunti ad accrescere le nostre conoscenze). Gli esametri sono

stati analizzati tutti assieme, compresi i cinque degli epigrammi (140-141), troppo pochi per alterare il quadro complessivo!: non si puó escludere che qualche altro esametro appartenente non a una serie stichica ma a un distico elegiaco si nasconda tra i numerosi frammenti di tradizione indiretta ridotti a un solo verso o moncone di verso, ma si tratterebbe comunque di una minoranza assai esigua, dato che Euforione ebbe fama essenzialmente — anzi, quasi esclusivamente — come ἐποποιός. L'analisi della inner metric è condotta nell'ottica di un'adesione sostanzialmente pragmatica (prescindendo cioe dalle interpretazioni su motivazio-

ni eufoniche ed 'effetti artistici', che mantengono un inevitabile margine di soggettivitä?) alla teoria fränkeliana della tendenza alla quadripartizione?, che proprio per l'esametro ellenistico si dimostra piü fruttuosa; di Fránkel si

1 Che l'esametro stichico e quello elegiaco non siano completamente omologabili è cosa nota (cf. Brioso Sánchez 1978 e van Raalte 1988, e da ultimo Barnes 1995); ove possibile, come nel

caso di Callimaco, le due produzioni sono state tenute distinte.

? Cf. in Fránkel 1968 osservazioni come quelle di p. 130 n. 4 = 214 n. 70 su Call. Hymn. Del.

311 (con le obiezioni di Mineur 1984, p. 40) o di pp. 132-133 = 216-217 su vari altri passi degli Inni.

3 Tendenza, non regola (come gli studi successivi hanno opportunamente ribadito); preferisco parlare di ‘quadripartizione’ piuttosto che di 'tetracolia' (come, seguendo per praticità la terminologia di Fränkel, faccio infra alla n. 61) per evitare confusioni terminologiche relative alla definizione di colon, cf. van Raalte 1986, pp. 70-71. La migliore valutazione complessiva su limiti e frutti dell'approccio fránkeliano ? Michelazzo 1995, con conclusioni che condivido pienamente.

58

Studi su Euforione

adotta anche la terminologia relativa alle incisioni (cosi B, = cesura maschile, B; = cesura femminile, C, = eftemimere, C; = dieresi bucolica), pur con occa-

sionali concessioni alle definizioni 'tradizionali'*. Per l'individuazione delle 'parole metriche', o Wortbild, i criteri sono quelli recentemente stabiliti da

Mario Cantilena e già applicati in alcuni studi recenti: a) considero appositivi articoli, preposizioni, congiunzioni, pronomi relativi e indefiniti, clitiche (comprese le forme enclitiche del pronome personale), negazioni, preverbi in tmesi; b) non considero appositivi interrogativi, possessivi, dimostrativi, pronomi personali non enclitici, avverbi; c) non considero continuative δή, μήν, θην, τοι, note/noka, τις (pronome) indefinito, forme enclitiche del pronome personale, di εἰμί e di φημί, τι avverbiale®. Per le parole di per sé appositive ma dal peso morico elevato (Cantilena fissava il limite a tre more), ho

preferito segnalare di volta in volta il problema. Il punto di riferimento primario di questa analisi è ovviamente Callimaco, non solo in quanto «peak of refinement» dell'esametro ellenistico’, ma so-

prattutto alla luce del vistoso callimachismo di Euforione; per motivi analoghi sarà citato più volte un ‘minore’ come Alessandro Etolo, per cui il poeta di Calcide dovette avere un particolare interesse (supra, p. 35)’. Tuttavia un

inquadramento storico efficace richiede che si analizzi la prassi metrica euforionea in rapporto non solo a Callimaco, ma quantomeno ai poeti esametrici piü importanti della prima metà del III secolo. Ció ha reso necessario compiere spogli di prima mano per alcuni autori (specie Apollonio e Arato) e/o fenomeni metrici (le serie di esametri spondiaci, il monosillabo finale, la norma di Tiedke, etc.) su cui non esisteva documentazione adeguata: non avrei accumu-

lato ingenti masse di dati e di percentuali se questi fossero stati disponibili altrove, e spero comunque che il materiale possa essere di qualche utilità

anche in futuro per ulteriori studi — miei o altrui — sull'esametro ellenistico.

4 Concordo con West 1982b, p. 292 sull'improprietà della definizione 'dieresi bucolica', che mantengo solo per chiarezza (cf. Diggle 1984, p. 67).

5 Vd. Cantilena 1995, pp. 20-28; alcune precisazioni in Fantuzzi 1995, pp. 228-229 n. 7, e in Magnelli 1995b, pp. 140-141; per i preverbi in tmesi Bulloch 1970, pp. 260-261. Su μάλα e μέγα si rimane incerti, ma credo che sia opportuno differenziare i casi di elisione, come μάλ᾽ εἰδότα (cf.

Bulloch 1970, pp. 259-260; Cantilena 1995, p. 26), da quelli di maggiore autonomia fonetica e semantica, come p. es. ὅθεν μέγα χώσατο μύρτῳ (in Euforione μάλα non c'è, dato che in 415. i. 5 il μαλωμετά di Norsa-Vitelli è risolto da Bartoletti a favore della seconda possibilità; per μέγα due

casi, 135 e 428. i. 4, ma mai con elisione). Per il problema dei pronomi personali non enclitici cf. le opposte considerazioni di Bulloch 1970, p. 262 e di Cantilena 1995, p. 27 (la questione andrebbe probabilmente riesaminata: non sarebbe comunque impossibile che il loro status variasse da un autore a un altro).

$ Definizione ormai celebre di West 1982a, p. 153.

7 Il lettore dovrà comunque tener presente che i dati su Alessandro Etolo sono difficilmente valutabili per due motivi: perché derivano da esametri parte stichici parte elegiaci, dunque in certa misura eterogenei, e perché su soli 37 versi qualsiasi conclusione ? da ritenersi fortemente incerta.

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

59

2. Dattili e spondei (‘outer metric")

Anzitutto, gli schemi

dell'esametro. Nei 151 esametri valu-

tabili* di Euforione sono attestate 20 tipologie sulle 32 omeriche, pressappoco le stesse impiegate da Callimaco (tranne sssds, dato che Callimaco evita versi con quattro spondei; in Euforione è il fr. 130)”. Questo sembra indizio

di una versificazione piuttosto sorvegliata: ma la varietà poteva essere in realtà ben maggiore, dato che 151 esametri sono un campione sufficientemente ristretto da poter escludere più di una tipologia!°. Tabella I: schemi dell’esametro (d = dattilo, s = spondeo) dsddd

25

% 16,56

ssdsd

2

% 1,32

ddddd sdddd

19 19

12,58 12,58

ddsdd sdsdd

2 2

1,32 1,32

dddsd

16

10,60

sssdd

2

1,32

dsdsd ssddd sddsd dddds dsdds sddds

15 13 10 8 6 5

9,93 8,61 6,62 5,30 3,97 3,31

dssds dssdd ddssd ssdds sdsds sssds

2 1 1 1 1 1

1,32 0,66 0,66 0,66 0,66 0,66

Non molti i versi consecutivi con uguale struttura, comunque mai più di due (44. 3-4 ssddd, 51. 9-10 dsdsd, 80. 1-2 ddddd, 415. i. 13-14 e 17-18 dsddd"!); il

8 Considero ovviamente solo gli esametri completi e testualmente non incerti e quelli ove una integrazione possa dirsi praticamente sicura. Escludo pertanto, in quanto testualmente malsicuri, i frr. 13, 38, 43, 44. 5, 50. 1, 83, 94. 2-3, 114, 121, 141. 1, 415. i. 6 e 12, 415. ii. 2, 417; inoltre 415. ii. 16, ove è impossibile dire se xpvotnv sia un anapesto o uno spondeo con sinizesi (cf. Hollis 1990, p. 19 n. 29). Includo invece 54. 2 e 415. ii. 7 (ove almeno la struttura metrica pare certa), 80. 3 (l'integrazione si direbbe inevitabile) e 110 (palmare la correzione di Keydell). Sono

esclusi i dubia, di cui faccio saltuariamente menzione solo in nota: per il canone seguito vd. infra, pp. 127-131 (e p. 141 per l'inclusione di 95b tra i frammenti pressoché sicuri).

? Un utile prospetto in van Groningen 1953, p. 34. 10 Ne è una riprova il caso di Apollonio Rodio, in cui la tipologia dddss è attestata una sola

volta, sddss due volte, ssssd tre volte, dsssd, sdssd e sssds quattro volte ciascuna (dati di Brioso

Sánchez 1974, p. 14, su un totale di 5832 esametri valutabili); il che significa che nelle Argonautiche esistono svariate sequenze di ben piü di 152 versi in cui non compare nessuna di queste tipologie minoritarie (nell'ipotesi puramente teorica che gli esametri di tal fatta fossero scaglionati a uguale distanza attraverso tutto il poema, avremmo tra ogni paio di essi un intervallo di 5832 : 18 = 324 vv.). Se di Apollonio la sorte ci avesse conservato un numero di versi pari a quello che ci resta di Euforione, molto probabilmente conosceremmo anche per lui una ventina di tipologie esametriche invece delle 26 effettivamente impiegate.

1 Dubbio il caso di 2. 1-2, ove non si ha la certezza che i due versi fossero consecutivi (né che

il secondo sia euforioneo: vd. infra, p. 129). Sequenze non brevissime senza nessun abbinamento di strutture uguali: 9. 7-15, 415. ii. 3-19 (altre se ne potrebbero individuare tra gli esametri mutili).

60

Studi su Euforione

confronto con il ricorrere di clusters piü ampi in vari campioni di poesia esametrica latina (p. es. le sei terne di esametri uguali in Verg. Aen. 11, i blocchi di quattro versi in Ov. Met. 1. 391-394 e 615-618 o di cinque in Verg. Georg. 1.

46-5012) o con le serie di cinque o sei trimetri giambici uguali attestate in tragedia attica? può suggerire l'ipotesi che Euforione mirasse deliberatamente ad una certa varietà di ritmo (almeno dove non entrassero in gioco altre esi-

genze stilistico-espressive: vd. infra, sui versi spondiaci). Ma è opportuno ribadire che il campione di cui disponiamo è troppo limitato per permettere qualsiasi conclusione. Il rapporto totale dattili /spondei è 551 : 204, rispettivamente 73% e 27%: ne risulta una media di 3,65 dattili per verso, quasi uguale a quella di Esiodo (3,63) e di Arato (3,67) e affine a quelle del corpus omerico (3,72 Il., 3,68

Od., 3,73 Hymn.), superiore a quella di Alessandro Etolo (3,4), inferiore rispetto alla pratica di Apollonio (3,85) e di Callimaco (3,9 negli Inni, 4,1 negli

Aitia e negli epigrammi)'*. Questa la distribuzione: Tabella IIa: dattili e spondei in Euforione

I dattili spondei

95 56

(7)

I

(%)

m

(7)

IV

(7)

(62,9) (37,1)

83 68

(547) (45,3)

140 11

(92,7) (73)

107 44

(709) (29,1)

V 127 24

(76) (841) (15,9

Il significato dei dati risulta chiaro nel confronto con altri autori riguardo alle percentuali delle realizzazioni spondiache per ogni singolo piede!5:

12 Attingo ai repertori di Ott 1974, Ott 1978 e Ott 1985. Relativamente ai primi quattro piedi (l'esametro spondiaco & molto piü raro in latino) cf. il classico Duckworth 1969, specie pp. 12-24 (nonché tav. III per alcuni autori greci), e piü recentemente Vella 1987.

13 Descroix 1931, pp. 66-67.

14 Per l'esametro stichico le medie sono offerte da van Raalte 1986, p. 32 (in base ai dati di La Roche 1898a, p. 5; La Roche 1898b, p. 71; La Roche 1899, pp. 162-163): rettifico quella di Esiodo

da 3,64 a 3,63 (escludendo lo Scutum, che La Roche includeva nel computo totale) e quella degli Inni omerici da 3,69 a 3,73 (escludendo i versi mutili, che la van Raalte include, e l'intrusivo Hymn. 8, su cui vd. West 1970, Cassola 1975, pp. 297-301, e Gelzer 1987). Per l'esametro elegiaco

mi baso su van Raalte 1988, p. 162 tav. I A; per Alessandro Etolo su Magnelli 1999c, p. 39. La differenza tra Euforione (o Esiodo) e Callimaco pud a prima vista parere poco significativa, ma se ne apprezzerä l'esatto valore ove si osservi che per il dattilicissimo Nonno, scarsamente incli-

ne agli esametri con due spondei e del tutto tetragono a quelli con piü di due, la media risulta essere ‘solo’ 4,25 (van Raalte 1986, p. 32, dai dati di La Roche 1900b, p. 195 relativi ai primi 5 libri delle Dion.; 4,21 nella Par. Jo., vd. Agosti 1995, p. 311; 4,23 in Museo, dai dati di Nardelli

1985, p. 154; 4,14 e 4,13 nelle due sezioni di Paul. Sil. S. Soph., dai dati di Caiazzo 1982, p. 335, che rettificano quelli di Ludwich 1885, p. 304).

5 Ovvero le percentuali della realizzazione spondiaca sul totale delle realizzazioni di ogni singolo piede (come nella tabella precedente: vale a dire che in Omero 37,976 nel primo piede significa che il primo piede è uno spondeo nel 37,9% dei casi, un dattilo nel 62,1%), non della distribuzione del totale degli spondei tra i vari piedi (come nelle tabelle di van Raalte 1986, p.

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

61

Tabella IIb: percentuali delle realizzazioni spondiache nei singoli piedi I 39,1 37,9 40,9 35,9 51,3

II 39,8 42,4 43,2 39,1 54,0

III 14,9 16,2 17,3 18,1 21,6

Arat.

37,9

41,0

Ap.Rh. Theocr.!6 buc. epic. Call.’ Hymn. 14,6 Lav. Pall. Aitia

30,2 46,7 40,5 26,0 27,1 29,9

43,4 52,6 41,5 48,5 51,4 41,7

epigr.

26,6

37,1

Il. Od. Hes. (Theog., Op.) Hymn. Hom. Alex. Aet.

Euph.

IV 29,0 30,2 28,3 26,5 21,6

V 5,1 4,7 6,5 7,6 -

tot. 25,6 26,3 27,2 25,4 29,7

20,4

19,2

14,3

26,6

15,5 19,7 8,5 8,4 22,8 2,8

17,3 12,4 27,1 19,3 11,4 9,7

8,7 1,3 6,1 6,9 2,8

23,0 26,5 24,7 21,8 22,6 17,4

46,9

5,5

7,8

-

17,3

45,3

7,3

29,1

15,9

26,9

La tendenza ad una maggiore concentrazione di spondei nei primi due piedi è un fenomeno costante in più o meno tutta la tradizione esametrica greca, ed Euforione non fa eccezione. I] divario tra il primo e il secondo piede & però piuttosto ridotto, appena superiore a quello dell'epos arcaico (e dei poeti che vi si conformano,

come Alessandro Etolo, Arato e il Teocrito epico):

40 e van Raalte 1988, p. 163 tav. II A). Per Omero, Arato, Apollonio e gli Inni di Callimaco le

percentuali sono quelle di Brioso Sánchez 1974, p. 19 (cf. Brioso Sánchez 1976-77, p. 57), ricavate dal materiale di La Roche 1898a, 1898b e 1899 (sostanzialmente analoghe quelle di Mineur 1984,

P. 36, elaborate sui dati di O'Neill 1942, p. 159: ma per Omero O'Neill, a differenza di La Roche, si basava su un campione molto parziale); per gli Inni omerici ho ricalcolato le percentuali dal materiale di La Roche 1898b, p. 71, escludendo Hymn. 8 (supra, n. 14), senza peraltro che questo apportasse variazioni di rilievo; per Esiodo ricavo le percentuali dallo spoglio del materiale di La Roche 1898b, escludendo lo Scutum (che in Brioso Sánchez 1974 era incluso); per Alessandro

Etolo da Magnelli 1999c, p. 38; per Teocrito e per il Callimaco elegiaco vd. infra, nn. 16-17. Per il quinto piede le mie percentuali differiscono in alcuni casi dai dati di La Roche / Brioso Sánchez: ne rendo conto infra nelle note alla tabella IV. Materiale su alcuni poeti ellenistici ‘minori’ (Filita, Riano, Eratostene etc.) in Cunningham 1977, p. 96.

16 Legenda: ‘buc.’ = i carmi bucolici ‘seri’ (escludendo quindi il parodico Ciclope), ossia 1, 3, 4, 5, 6 e 7; ‘epic.’ = i carmi epico-narrativi, ovvero 13, 16, 17, 22, 24, 26 (per il criterio di ripartizione basti rimandare a Fantuzzi 1995, pp. 235-236). Le percentuali sono ricavate dai dati di Brioso Sánchez 1976-77, p. 39, integrati con il mio personale spoglio del carme 26; è comunque opportuno tener presente che il comporfamento del Teocrito bucolico varia sensibilmente da idillio a idillio (vd. Fantuzzi 1995, p. 252).

17 Per gli esametri stichici, ossia Hymn. 1-4 e 6, le percentuali sono quelle di Brioso Sánchez

1974, p. 19, con una leggera correzione per quel che riguarda il quinto piede (infra, note alla tabella IV); per Hymn. Lav. Pall. e per gli epigrammi, quelle di Brioso Sánchez 1978, p. 72 (a risultati analoghi conduce il prospetto di van Raalte 1988, p. 162 tav. 1 A); per gli Aitia, quelle da me ricavate elaborando i dati di van Raalte 1988, p. 162 tav. I A e p. 163 tav. II A.

62

Studi su Euforione

niente a che vedere con le vistosissime differenze che si riscontrano in Apollonio e ancor piü in Callimaco, dove ad una dattilicità generalmente piü alta si contrappone, come è noto, un sensibile incremento degli spondei nel solo

secondo piede!?. La rarità di un terzo piede spondiaco pare l'unico significativo punto di contatto tra Euforione e Callimaco, e ben si comprende alla luce del predominio — forte in entrambi gli autori, ma in Euforione ancor piü accentuato — della cesura femminile?. Ne consegue che il numero di esametri con tre spondei di fila (nei primi cinque piedi, non contando il sesto) risulterà inevitabilmente ridotto: questo non impedisce tuttavia ad Eufo-

rione di conferire tale struttura a uno su quattro degli esametri con terzo biceps monosillabico, il che significa un 1,99% ben distante dalla prassi cal-

limachea (0,42% negli Inni esametrici, mai in Lav. Pall. e negli epigrammi?). Nel quarto piede le percentuali di Euforione tornano ad essere quelle dell’epos arcaico, contrariamente alla tendenza ellenistica ad un quarto biceps

bisillabico che investiva in certa misura anche i ‘conservatori’ come Arato e Alessandro Etolo?!. Tra i motivi di tale tendenza c'era verosimilmente il desiderio di evitare fine di parola dopo un quarto piede spondiaco (la c. d. ‘norma di Naeke‘), rischio accresciutosi con l'incremento della dieresi buco-

18 «Callimachus and Apollonius have less contraction of bicipitia than Homer, except in the second foot» (West 1982a, p. 154); cf. gli utili prospetti di Brioso Sänchez

1976-77, p. 58 (sullo

scarto tra primo e secondo piede) e p. 65 (sul rapporto tra poeti arcaici ed ellenistici). In Nonno, pur nell’ambito di una frequenza di spondei sempre e comunque assai bassa, la percentuale del primo piede scenderà a meno della metà di quella del secondo, ossia 15,3 contro 32,2 (dai dati di La Roche 1900b, p. 195, cf. Agosti 1995, p. 313); 19 contro 40,3 in Colluto (dai dati di Nardelli

1982, p. 324); addirittura 10,2 contro 47,8 in Paolo Silenziario (dai dati di Caiazzo 1982, p. 335: il 37 riportato per il secondo piede da West 1982a, p. 178 è un errore di stampa, come si può verificare in Ludwich 1885, p. 329 che ne costituisce la fonte).

1? Anche se forse non esclusivamente per questo: vd., su Call. Hymn. Del., le interessanti con-

siderazioni di Mineur 1984, p. 36. In Hymn. Lav. Pall. l'insolitamente alta percentuale di spondei al terzo piede parrà un po’ meno strana ove si consideri l'incidenza dei nomi propri: da un lato nove occorrenze di 'A8avaia che fanno salire il totale delle cesure maschili (cf. Magnelli 1995c,

p. 115 n. 9), dall'altro i casi di 1 τᾶς Παλλάδος, 15 τᾷ Παλλάδι, 53 τὰν Παλλάδα e 109 ᾿Ακταίονα, che

come tutte le strutture -—UU tendono a collocarsi dopo il terzo longum (O'Neill 1942, p. 145; Callimaco negli Inni esametrici non a caso preferisce inserirle dopo il quarto longum, ma ciò esclude la dieresi bucolica, e per la dieresi bucolica Callimaco mostra nei carmi elegiaci — vd. van Raalte 1988, p. 165 tav. IV — una propensione particolarmente forte). E anche il dialetto

dorico poteva favorire una spondaicità complessivamente maggiore (come ha ben messo in luce Fantuzzi 1995, pp. 252-255). 20 In Euforione i versi con due soli dattili sono in generale piü frequenti che nel Callimaco esametrico, ma senza che tra le rispettive percentuali vi sia un divario cosi forte (5,396 contro

3,5%: vd. infra, tabella III): segno evidente che a Callimaco il ritmo pesante prodotto da tre spondei consecutivi risultava decisamente meno gradito. L'epos arcaico esibiva un 3,18% di versi siffatti, l'elegia arcaica il 3,56%; Arato ha il 2,16%, Apollonio solo lo 0,94% nonostante il

suo discreto numero di terzi piedi spondiaci, Posidippo il 4,6% e Leonida addirittura piü dell’8%, mentre il dattilico e callimacheggiante Nicandro appena lo 0,18% (tutti i dati in Brioso Sánchez 1976-77, p. 48 e Brioso Sánchez 1978, pp. 54 e 66). 21 West 1982a, p. 154; Brioso Sánchez 1976-77, p. 65.

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

63

lica nel III secolo; Euforione viola di rado la norma di Naeke, e comunque in

misura non dissimile da Apollonio o da Arato (vd. infra), ma la sua scarsa propensione per la dieresi bucolica (appena il 47,5%, contro il 57% di Apol-

lonio e il 63% degli Inni di Callimaco) spiega come tanti spondei al quarto piede non costituissero un problema. Sul quinto piede, ossia sull’abbondanza di esametri spondiaci (la cui percentuale sale ulteriormente se consideria-

mo anche i versi incompleti: vd. infra), torneremo piü diffusamente tra poco. Le percentuali medie nell’ultima colonna della tabella non fanno che confer-

mare quanto & via via emerso dall’analisi dei singoli piedi, ossia che il gusto di Euforione risulta assai piü vicino all'esametro arcaico (o arcaizzante) che al ‘nuovo’ esametro, più accentuatamente dattilico, sviluppatosi in ambiente alessandrino.

A risultati analoghi si arriva analizzando la frequenza complessiva dei versi con maggiore o minore 'dattilicità'2?: Tabella III: frequenza delle tipologie esametriche Euph.

ep.arc.

Alex.

Arat. Ap.Rh.

n.



(ca)

— Aet.

4d+1s

70

46,36

40/426

513

40,3

3d42s

53

3510

285/32

243

331

5d 2d+3s 1d+4s

19 8 1

1258 5,30 06

173/20 8/92 05/09

81 162 -

180 81 05

Theocr.

Call.

buc.

epic. Hymn. Pall.

epigr.

45,6

447

44,6

50,0

514

484

277

310

310

241

286

180

220 45 01

157 83 03

188 51 04

223 35 -

186 14 -

328 08 -

La cospicua percentuale di esametri con due spondei e la relativa scarsitä di esametri olodattilici differiscono sensibilmente dai parametri degli Alessandrini: se in Apollonio e nel Callimaco degli Inni2 le due tipologie risultano

quasi paritarie, in Euforione la seconda & poco piü di un terzo della prima (un terzo esatto in Alessandro Etolo). Un effetto delle tendenze dattiliche

alessandrine si puó ravvisare nella non elevata frequenza di esametri con tre

spondei (Euforione non voleva avere la mano troppo pesante? cf. tuttavia quanto detto supra sui tre spondei di fila), che invece in Arato uguagliano l'epos arcaico e in Alessandro Etolo lo superano di molto; ma nell'insieme

2 Dati in La Roche 18982, pp. 3-4; La Roche 1898b, p. 70; La Roche 1899, p. 162 (da cui le percentuali di Mineur 1984, p. 35, e van Raalte 1986, p. 36), tranne che per Alessandro Etolo, per cui vd. Magnelli 1999c, p. 39, per Teocrito, per cui ricavo le percentuali elaborando i dati di Brioso Sánchez 1976-77, p. 39 (con l'aggiunta dell'Id. 26: vd. supra, n. 16), e per il Callimaco elegiaco, per cui mi fondo su Brioso Sánchez 1978, p. 61. Molto altro materiale in Ludwich 1885, pp. 308-312; sui poeti ellenistici ‘minori’ Cunningham 1977, pp. 96-97. 2 In Lav. Pall. qualche spondeo in più è dovuto alla frequenza del nome 'A6avaia, nonché forse al dialetto (cf. supra, n. 19).

64

Studi su Euforione

l'impostazione è ben lontana da quello che è stato opportunamente definito il «göut du dactyle»^ della nuova poesia. Alla luce di questo non ci si stupirà chegli esametri spondiaci, come

si é già avuto

modo

di notare, siano particolarmente numerosi.

Esaminando non piü solo i versi interi, ma tutti i 239 di cui si conserva il quinto biceps, il fenomeno si verifica in ben 40 casi = 16,7%, una percentuale di gran lunga superiore a quelle sia dell'epos arcaico sia della maggior parte della poesia del III secolo: i soli a reggere il confronto sono Arato (14,3%), il poeta della

Megara (14,476) e — a quanto sembra da quel che ci rimane — Callimaco nell'Hecale (13%) ed Eratostene (più del 20%). La passione dei neoterici canto-

res Euphorionis per il verso spondiaco” dovette avere nel nostro poeta uno dei

principali punti di riferimento (cf. Hollis 1990, p. 18), anche se verosimilmente non l'unico. Impossibile dire se il modello primario di Euforione fossero Arato e/o Callimaco oppure direttamente Antimaco (20,2% nei frammenti supersti-

ti), alla cui ben nota influenza sui poeti ellenistici lo σπονδειάξων deve verosi-

milmente il suo momento di gloria in quest'epoca’; comunque sia, una moda siffatta doveva accordarsi alla perfezione coi gusti euforionei. Senza escludere

24 Vian 1961, p. 28. 25 Frr. 9. 6; 17; 34. 1, 2, 3; 40. 3; 46; 51. 5, 12; 57. 2; 85; 87; 94. 2; 95b; 96. 1; 98. 2, 3; 104. 2; 108; 110; 111; 123; 130; 141. 5 (se non si accoglie l'emendazione di Reiske); 413. 7, 9, 10, 14; 415. i. 9, 20, 23; 415. ii. 4, 14; 416. 2; 418. 16, 17, 19; 427. 3; 428. i. 3, 4. Forse da aggiungere: 10, se si aveva

'Aacopivov in clausola; 98. 4 leggendo Αἰδωνῆος (vd. infra, p. 155); 113 e 135, probabilmente cor-

rispondenti alla seconda metà dell'esametro (specie 113, che altrimenti violerebbe la norma di Naeke); 114, con la felice soluzione di van Groningen (vd. infra, p. 108 n. 27); 121, ove l'emendazione di Meineke pare assai verosimile; 415. i. 22, se 'Alpikulvols di Lloyd-Jones e Parsons coglie nel segno (cf. Hollis 1991, n. 8); 415. ii. 23 con l'integrazione di Maas; 428. i. 9 con φιημίξιαντο di Lobel. Contandoli tutti arriveremmo al 19,7%. Nei dubia si hanno esametri spondiaci a °176. 2; °177. 3; ^429. 9, 11, 16, 23 e probabilmente 18; ?438. 7; "440. 8 (e forse 5, se era da leggere Πηλείω-

voc e non Πηλεΐωνος: sul problema vd. West 1998, pp. xxin-xxv); ?442. 2-3, 8; ?443. 6, 10-11; °449. 3; *453; SH fr. 1044 (su cui vd. Hollis 1993); probabilmente PLugd.Bat. 25. 1, vv. 4 e 13. 76 Per Callimaco vd. Hollis 1990, p. 18. Nella Megara si sale al 15,276 considerando spondiaco

109 πάπταινεν μὴ δή μιν ἐπιφλέξῃ δήιον πῦρ (così Breitenstein 1966, p. 93 e Vaughn 1976, pp. 80-81), ma nei modelli omerici della clausola (Il. 9. 347, 674, 16. 301, 18. 13: Breitenstein 1966, p. 84) δήιον

presupponeva probabilmente non sinizesi bensì abbreviamento interno: vd. Chantraine, GH I p. 107 e DELG p. 271, Hainsworth ad Il. 9. 674. In Eratostene, sommando gli esarnetri stichici (dove la tendenza sembra particolarmente forte: vd. infra, n. 35) e quelli elegiaci, si ha il 20,776; si salirebbe al 23,8% escludendoi frr. 35-36, editi da Powell come dubia, ma per entrambi gli argomenti contro l'autenticità paiono piuttosto deboli (su 35 bibliografia aggiornata in Agosti 1997, p. 118 n. 3; per 36 vd. Rosokoki 1995, pp. 88-89). Probabile, ma non certa, clausola spondiaca an

fr. 32

Powell (= Erig. *1 Rosokoki). Da notare come il fenomeno sia considerevolmente piü raro nell'esametro elegiaco, tanto in età arcaica quanto nell'Ellenismo (van Raalte 1988, p. 151).

27 Vd. Lyne 1978, p. 15. È ormai consuetudine citare Cic. Att. 7. 2. 1 'flavit ab Epiro lenissimus

Onchesmites' (hunc σπονδειάζοντα si cui voles τῶν νεωτέρων pro tuo vendito) (per van Groningen 1953, p. 37 «la deuxiéme moitié du vers ... est trés euphorionienne»; cf. le lucide considerazioni di Lightfoot 1999, p. 56). 28 Come

notava Wyss 1936, p. xxxv (lo scetticismo di Matthews

1996, p. 59 n. 179, secondo

cui «there is little justification for Wyss' contention», mi pare esso sì ingiustificato). Sembra

Il. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

65

che a volte la scelta dello spondeo al quinto piede risponda ad esigenze stilistico-espressive?? — l'idea di ‘solidità’ in 123 ἀστέμβακτον (come ἐστήρικται et

sim., cf. Williams ad Call. Hymn. Ap. 23), il dispiegarsi della voce (40. 3 κωκύουcav, 416. 2 evrulv-, 427. 3 ηὐδάξαντο, cf. Norden 1927, pp. 442-443%) o del movi-

mento (415. i. 20 dexprpxowv e 23 αἰθύσσωνται), l'immane figura del gigante in 104. 2 πελώριον Ὠρίωνα" ----, nella maggior parte dei casi non se ne vede altro

motivo se non la già rilevata predilezione di Euforione per un verso 'pesante' a forte presenza spondiaca. Come si può vedere dall'elenco appena fornito, su 39 versi spondiaci sicu-

ramente o verosimilmente appartenenti ad opere in esametri stichici (omettiamo 141. 5, da un epigramma in distici) Euforione in quattro casi ne colloca due

di seguito, e una volta (fr. 34) ben tre: in altre parole, il 28,2% degli σπονδειάζον-tes è addensato in gruppi di due o più, e la percentuale potrebbe salire non

poco dato che, a causa della brevità di molti frammenti, solo per 11 dei rimanenti 28 esametri spondiaci si puó avere la sicurezza che non fossero preceduti né seguiti da un altro esametro del genere?. Due esametri spondiaci in succes-

invece difficile, alla luce dei dati esposti infra nella tabella IV, condividere l'opinione di Wilamo-

witz 1924b, II p. 183 che vedeva un antesignano di tale tendenza in Empedocle (diversamente giudicava già Jaeckel 1902, p. 43). Per Antimaco in Euforione vd. supra, pp. 44 s.; Crates A. P. 11. 218 = HE 11371 ss. (Euph. test. 8 van Groningen), discusso supra alle pp. 54 s., attesta solo che Euforione preferiva Cherilo (di Iaso o di Samo?) ad Antimaco, il che — indipendentemente dal doppio senso osceno del v. 2 — può significare tanto “non apprezzava Antimaco" quanto "apprezzava Cherilo ancor piü di Antimaco".

2 Come documenta sia per il greco sia per il latino la fondamentale analisi di Norden 1927,

pp. 442-446 (p. 443 su Euph. 135 ποιφύξαντος: supra, n. 25), che pure non mancava di notare come la predisposizione alessandrina per il verso spondiaco non sia riconducibile solo a finalità espressive; una posizione di equilibrio senz'altro preferibile sia allo scetticismo pur non assoluto di Ludwich 1866, pp. 163-168, sia ad eccessi come quello di Fortassier 1995 (che si sforza strenuamente di individuare una funzione espressiva in

tutti

gli spondiaci omerici — in una pro-

spettiva, tra l'altro, assolutamente 'unitaria' che prescinde dai problemi legati alla formularità). 9? Si osserverà che in nessuno dei tre casi mancavano i precedenti: ἐντύνω in clausola già in Callimaco e in Apollonio (Call. Hymn. Ap. 8, Ap. Rh. 1. 1189, 3. 293, 510, 4. 1191: vd. supra, p. 25), αὐδάξομαι risentiva dell'uso omerico di αὐδάω in quella sede (Il. 10. 47, 16. 76, 17. 420, Od. 3. 337, 4. 505, Hymn. Hom. Cer. 299) e aveva forse anch'esso un modello callimacheo (supra, p. 25), per κωκύω [Hom.] epigr. 13. 12 Markwald = [Hes.] fr. 302. 12 M.-W. κεραμέων μέγα κωκυσάντων (notando come

in poesia ellenistica anche altri verba eiulandi quali aito, ὀδύρομαι e ὠρύομαι vadano sempre più ‘specializzandosi’ come clausole spondiache: cf. Ludwich 1866, pp. 164-165). Ma l'aderenza ad una tradizione non precludeva, specie in poesia colta, la coscienza delle potenzialità espressive di essa. 31 Forme tetrasillabiche di Ὡρίων in quella sede erano tradizionali (II. 18. 486, Od. 11. 310,

Hes. Op. 598, 615, 619, Archestr., SH fr. 167. 1 = fr. 37. 1 Olson-Sens, Ap. Rh. 1. 1202, 3. 745, Arat. 232, 518, 636, 677, 754, 755; esempi seriori in Ludwich 1866, p. 76, aggiungendo Orac. Sib. 5. 524); ma nessuno impediva ad Euforione di adottare 'Rapiwv, che benché conservatosi solo nella lirica era stato recuperato alla poesia esametrica già da Callimaco, Hymn. Dian. 265 (e presumibilmente fr. 110 Pf., sulla base di Catull. 66. 94) e proprio in clausola sarà reimpiegato da Nicandro, poco amante dello σπονδειάξων, in Ther. 15 (vd. Bornmann ad Call. loc. cit., West ad Hes. Op. 598; impreciso E. Fernández-Galiano 1976-80, IV p. 679).

€ Leggendo Αἰδωνῆος in 98. 4 e Alpiulvok in 415. i. 22 (supra, n. 25), avremmo ancora un raggruppamento di due e uno di tre: col che la percentuale degli σπονδειάζοντες addensati salirebbe al 35%.

66

Studi su Euforione

sione compaiono spesso in poesia greca®, tre sono infrequenti ma non poi rarissimi*, e in virtù di un precedente omerico Eratostene e lo ps.-Oppiano si

spingono addirittura a quattro*; è tuttavia interessante osservare come la frequenza di tali 'addensamenti' tenda a crescere considerevolmente proprio in

poesia ellenistica. Dato che il fenomeno, benché già noto*, non è stato mai adeguatamente analizzato, converrà raccogliere i dati in un quadro d'insieme”. Tabella IV: esametri spondiaci S = σπονδειάζοντες (% sul totale dei versi)

R = σπονδειάξοντες raggruppati (% sul totale degli spondiaci) S

R

ll.

>51

9,4

Od.

247 65 76

Hes. (Theog., Op.) Hymn. Hom.

5

R

[Hes.] Sc.

94

4,4

115

Parm.

4,9

-

217 18,4

Empedocl. Antim.

60 202

213,8 233,3

3 Amplissimo regesto in Ludwich 1866, pp. 20-22; per Euforione lo notava Watson 1982, p. 101 e n. 2. Cf. casi di particolare densità come Call. Hymn. Dian. 170-182, con 2 spondiaci consecutivi * 3 singoli in soli tredici versi (opportunamente messo in rilievo da Korzeniewski 1968, p. 30). % Si possono citare Il. 11. 49-51 (e 2. 717-719 per chi in 718 legga εὖ invece di iv); Call. Hymn. Dian. 222-224; Theocr. 13. 42-44, 25. 29-31; Arat. 419-421, 953-955; Ap. Rh. 4. 1191-1193; Nic. fr. 74. 64-66 Gow-Scholfield; Dion. Per. 453-455 (cf. 450-451: «five in six lines», come rileva West

1982a, p. 178 n. 46), 908-910; Oppian. Hal. 3. 371-373; 405; Quint. Smyrn. 3. 673-675, 694-696, 4. 298-300, 5. 548, fr. 247. 20-22 Kern; SGO 3. 2. 15. 2-4 (Efeso, IV/V Catullo alessandrineggiante di 64. 78-80 (quasi tutto

[Oppian.] Cyn. 1. 76-78, 201-203, 3. 403131-133; Max. 393-395; [Orph.] Lith. 546d. C.); in latino pare essere un unicum il il materiale era già raccolto da Ludwich

1866, p. 22; cf. Gow ad Theocr. 13. 42, McLennan ad Call. Hymn. Jov. 35). Inoltre Ap. Rh. 3. 12921265-1266, se si accogliesse la trasposizione di 1265-1267 proposta da Fránkel, che tuttavia non sembra necessaria (vd. Hunter ad loc., sulla scia di Campbell 1974,

pp. 148-150).

35 Il. 2. 658-661; Eratosth. fr. 16. 14-17 Powell (un frammento de. esibisce nientemeno che 8 spondiaci su 17 versi valutabili); [Oppian.] Cyr. 1. 50-53 (con ben tre clausole somigliantissime tra loro, ἀπομηρύσασθαι - εἰρύσασθαι - δηρίσασθαι: quest'ultimo artificio ricorre altrove nello ps.-

Oppiano, indipendentemente dalla natura spondiaca o meno del verso, cf. 1. 72-75 o 2. 105-107). «Hellenistic affectation» (Hopkinson 1984, p. 55); «a favoured Hellenistic mannerism» (Hunter 1989, p. 42).

7 Le percentuali degli esametri spondiaci sono per l'epica arcaica, Apollonio, Arato, Teocrito e BA.

quelle già presentate nella tabella IIb (vd. supra, n. 15), qui corredate di alcune necessa-

rie precisazioni; per Nicandro mi baso su Brioso Sánchez 1974, p. 19: per lo Scutum, Parmenide,

Empedocle, Antimaco, Matrone, Mosco, Bione e lo pseudo-Focilide su Quinto Smirneo su Vian 1959, p. 246; per gli altri poeti di età imperiale 14 (cf. Ludwich 1885, p. 329; inutilizzabile La Roche 1900a, che analizza spondei). Per gli spondiaci raggruppati ricavo le percentuali dai miei suddetti, altrimenti dal materiale raccolto da Ludwich

miei calcoli personali; per su Ludwich 1866, pp. 12solo gli esametri con 3 o 4 calcoli personali nei casi

1866, pp. 20-22 (da me ricontrollato sulle

edizioni aggiornate; in Quint. Smyrn. 3. 735 conservo con Vian il testo tràdito, vd. Ludwich 1866, p. 22 n. 27). Un solo esametro spondiaco nei circa 60 versi superstiti di Paniassi (fr. 18. 3 Matthews = 23. 3 Bernabé) e nei 319 di Archestrato (SH fr. 167. 1 = fr. 37. 1 Olson-Sens).

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante Matro

8,4

Ap. Rh. Arat. Theocr. buc.

-

67

Dion. Per.

10,2

28,1

87

151

143

24,2

[Oppian.] Cyr.

111

25,5

-

Quint. Smyrn.

6,7

14,8

[Maneth.]

41 5,1

8,6 11,4

Max. x. xatapy.

11,5

18,6

[Orph.] Hymn. Lith. Arg.

2,9 94 7,3

17,8 99

1,3

epic.

61

295

Call. (Hymn. 1-4, 6) Euph.

6,9 167

26,1 2282

Nic. (Ther., Alex.)

2,5

5,0

Mosch. (Eur.) Bion (Adon., frr.) [Phocyl.]

11,4 2,8 2,6

31,6 -

Oppian. Hal.

79

Triph.

49

B-y-c ὃ

199

176

NOTE ALLA TABELLA IV

Omero. É probabile che i valori di S in Il. e Od. debbano considerarsi un po’ piü alti, visto che i dati di La Roche risentono della sua nota tendenza a interpretare come bisillabi gran parte dei dittonghi al quinto biceps (Jones-Gray 1972, p. 189 e n. 10, con ulteriore bibliografia); da un testo omerico di tendenza diversa come quello

di Wolf, i dati di Ludwich 1866, pp. 8-10 fanno salire le percentuali a 5,8% in Il. e 5,3% in Od. Il fatto che piü della metà dei casi nell'epos arcaico si sia sviluppata da una non originaria contrazione (Korzeniewski 1968, p. 30 e West 1982a, p. 37 n. 13: cf. già Ludwich 1885, p. 315) é qui ovviamente ininfluente.

Esiod o. La contraddittorietà dei dati disponibili ha reso necessario un riesame personale, condotto sul testo di West. In Theog. rilevo 65 spondiaci su 1022 vv. (non 67 come in Ludwich 1866, p. 10, o 66 come in Ludwich 1885, p. 328 — da cui ancora dipendeva West 1966b, p. 93 — e in La Roche 1898b, cf. Dráger 1997, p. 152 n. 21; solo 63 in Dráger 1997, pp. 131-134, che si fonda sul testo di Solmsen omettendo quindi 264, ove vd. West, e 313), ossia il 6,4%; in Op. trovo 55 in 830 vv. (consideran-

do sicura l'integrazione in 173d), ovvero il 6,6% — il che permette di fare definitivamente giustizia sia del 6,8% ricavabile da Ludwich 1866, p. 10 - Ludwich 1885, p. 328 (e ancora presente in West 1966b, p. 93: Ludwich non conosceva ancora 173b-c-d,

ma includeva lo spurio 93 e leggeva, con Göttling, ἔς t' ἔννεφιν in 410), sia del 6,3% risultante dai dati di La Roche 1898b (che parimenti ignorava 173b-c-d e includeva 410, escludendo però oltre a 93 anche 68, 77 e 84 in virtù di una scansione ’Apyeidov-

της) e del 6,16% di Dräger 1997, p. 152 (che, con Solmsen, scandisce ᾿Αργεϊφόντης nei

tre vv. suddetti, include 93, esclude 1734 e 574 leggendo ἠόα). O'Neill 1942, p. 107 preferiva escludere la Teogonia a causa della particolare abbondanza di nomi propri: non pare tuttavia che questi influiscano molto sulla frequenza degli esametri spondiaci (vd. West 1966b, pp. 93-94).

Hymni

Homerici.S: dai dati di La Roche 1898b / Brioso Sánchez 1974,

leggermente modificati escludendo Hymn. 8 (supra, n. 14) e includendo Hymn. Cer. 400, 401, 404 (integrazioni sicure) e 462-470 (mutili solo all'inizio). R sale al 19,5% se

in Hymn. 29 si segue Martin nel trasporre 9 dopo 11 (vd. Cassola ad loc.). Scutum.

S comprende i vv. 3, 16, 35 e 86, interpretando la clausola 'HAex-

tpuov- come spondiaca (con sinizesi per Russo 1965, p. 215 e Dräger 1997, p. 141 n. 13, con consonantizzazione di v per West 1982a, p. 14); la percentuale scende a 8,5

68

Studi su Euforione

non computando la sezione del Catalogus (1-56 = fr. 195 M.-W.), e varia di poco escludendo anche i versi interpolati (8,3 in base al testo di Russo, con 39 espunzioni tra cui 4 spondiaci; 8,2 secondo Solmsen,

con 44 espunzioni tra cui 5 spondiaci). R si

riduce a una sola coppia, 262-263 (oltretutto interpolati).

Parmenide.Non siamo sicuri che 28 B 11. 3 e 12. 1 D.-K. non appartenessero ad una serie. Empedocle. Escludo il dubbio 31 B 64 D.-K.; includo i nuovi versi del PStrasb. inv. 1665-66 (Martin-Primavesi 1999), limitatamente a quelli sicuri o di inte-

grazione estremamente probabile (non conto quindi i possibili spondiaci di a. ii. 14 e c. 1). Seguo almeno per il momento gli editori nell'interpretare il papiro non come un florilegio ma come un testo originariamente completo: quindi i versi come a. i. 8-ii. 3, che la tradizione indiretta conservava in diverso contesto, non dovranno considerar-

si un'interpolazione ma una ripetizione 'formulare' del tipo già noto in Empedocle (cf. Martin-Primavesi 1999, pp. 163-164 e 185-186), e pertanto non li si escluderà dal conteggio. Si tenga presente che solo per 13 versi su 25 si ha la sicurezza che non appartenessero ad una serie.

Antimaco. Stessa precentuale di S in Matthews 1996, p. 58; ma si può arrivare fino a 22,7 (cf. West 1982a, p. 154) se si includono i casi dubbi (frr. 4, 60 e 79 Matthews). R potrebbe salire anche di molto, dato che solo per 3 dei 16 esametri

spondiaci non susseguentisi si ha la sicurezza che fossero davvero isolati. Matrone. In SH fr. 534 = fr. 1 Olson-Sens

i vv. 23, 25 e 122, contigui

a lacune,

potevano appartenere ad una serie. Arato. S - 14,476 se si considera anche il v. 966, sospetto di corruttela (vd. Kidd ad loc.); non 17% (West 1982a, p. 154, verosimilmente una svista) o 13,8% (D. Kidd 1997, p. 35, contando 159 casi invece degli effettivi 165).

Callimaco.S: non 6,83 come in Brioso Sánchez 1974, p. 19: i versi valutabili sono in realtà 938 (escludendo Hymn. Del. 177ab e 200-201, ma includendo Hymn. Cer. 23 e 118 che La Roche ovviamente non considerava), e gli spondiaci 65 (con la lezione di POxy. 2226 in Hymn. Cer. 80, ove vd. Hopkinson), ossia il 6,93%. Gli onovδειάζοντες dell’Hecale, benché apparentemente numerosi (vd. supra), compaiono quasi sempre in frammenti così brevi che risulta impossibile determinare la frequenza del loro raggruppamento: se da un lato non se ne registrano sequenze di due o più (tranne forse il caso del fr. 113. 1-2, qualora si accogliesse la peraltro assai dubbia emendazione di Hecker: vd. Hollis ad loc. e Livrea 1993, p. 150 = 43), dall'altro solo

per 3 casi su 29 si ha la sicurezza che Nicandro. Assai diversa la delle Georgiche (74 Gow-Scholfield), 66, 3x!, e 25-26) = 62,5%; se poi Gow

non appartenessero ad una sequenza. situazione nei 72 versi del frammento piü lungo con ben 8 spondiaci = 11,1%, di cui 5 riuniti (64ha ragione a porre lacuna dopo lo spondiaco 54,

non si può escludere che anch'esso facesse parte di un gruppo di due o più. Mosco.

Tener presente l'incidenza del nome Evporera (8 volte in clausola).

Nemmeno uno spondiaco nei 58 esametri di Amor fugitivus e frammenti.

Anche qui, nonostante la percentuale non trascurabile di Esiodo, sembra che il vero precursore della moda ellenistica sia stato Antimaco. A parte Apollonio ed alcuni autori tendenzialmente refrattari allo spondeo nel quinto piede (Teocrito bucolico, Nicandro, il dattilicissimo Bione), quasi tutti i poeti

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

69

ellenistici hanno sentito il fascino di questo manierismo, ed Euforione sembra esserne uno dei maggiori appassionati — benché forse il 28% in un cultore dello σπονδειάξων come lui significhi meno del 26/2946 in poeti meno inclini all'esametro spondiaco come Callimaco o il Teocrito epico?. E non è un caso che in età imperiale, pur nel generale affievolirsi di questa tendenza

(lo oxovóriatov sarà bandito dalla scuola nonniana), la percentuale più alta si trovi proprio nell'alessandrineggiante Dionisio Periegeta, mentre le piü basse caratterizzano la versificazione meno raffinata (pseudo-Focilide, Ma-

nethoniana, Argonautiche orfiche). Tutti gli esametri spondiaci, a parte 46 e 418. 19 ove le lacune impedisco-

no di pronunciarsi, hanno il quarto biceps bisillabico: in questo Euforione è accomunato a Callimaco (rispettoso della norma di Naeke), Eratostene e Nicandro da un rigore assente sia in Antimaco sia in vari poeti ellenistici”. Come in Callimaco e negli altri contemporanei, la maggior parte degli oxovδειάζοντες presenta dieresi bucolica. La clausola che segue è costituita in genere da una parola tetrasillabica (32 casi), assai spesso un verbo (20 casi);

due volte compare una struttura | - - - | - (141. 5 ἡ κεινὴ χθών, 418. 17 Bovφόντης Aic: vd. infra, p. 79). Tra le clausole tetrasillabiche, quelle inizianti per

vocale sono leggermente più numerose di quelle inizianti per consonante (rispettivamente 18 e 14 casi), secondo una tendenza che Soubiran ha mo-

strato operante tanto nell'esametro greco quanto in quello latino“. Clausola esasillabica in 428. i. 3 ἅπερ ἰητῆρος; trisillabica in 130, 413. 14 (sostantivi), 94. 2 e 413. 10 (nomi propri); su 418. 19 è impossibile pronunciarsi. Solo sei tra gli σπονδειάζοντες di cui sia valutabile la cesura centrale presentano B, (40. 3; 51. 5; 95b; 130; 141. 5; 416. 2%): B, registra dunque una pre-

senza dell’82,3%, ma la percentuale non & granché distante dal 77,2% globa-

le di Euforione, e quindi parrebbe azzardato parlare di una preferenza per questa cesura negli esametri spondiaci. Comunque, la prassi di Euforione

diverge notevolmente da quella del Callimaco degli Inni, in cui «an hexameter with spondaic fifth foot is significantly more likely to have a masculine

35 Non che i due fenomeni debbano necessariamente essere proporzionali (si possono in teoria comporre pochissimi esametri spondiaci ma quei pochissimi compiacersi di raggrupparli

quasi tutti): però sarebbe logico aspettarsi che chi prediligeva l'effetto fonico-ritmico particolare ottenibile col verso spondiaco fosse anche portato a enfatizzare ulteriormente tale effetto con la sua ripetizione.

9 Brioso Sánchez 1976-77, p. 43 e p. 47 n. 65; Brioso Sánchez 1978, pp. 64-66; West 1982a, p.

154 e n. 47; Hollis 1990, p. 18. 40 Soubiran 1969, in particolare pp. 330-331 e 336 per le tabelle dei dati e pp. 348-349 per un'ipotesi interpretativa. Si tenga comunque presente che i dati su Euforione sono troppo ridotti per permettere conclusioni sicure. *1 West 1982a, p. 154 e n. 48; Hollis 1990, p. 18. Tra i casi incerti, 113 e 121; tra i dubia, °176. 2 (supr , n. 25). Per ὄρνισιν in 413. 14 c'era il precedente di Arat. 942 ὄρνιθες. Forse anche 108 (cf. infra, p. 81 n. 88).

70

Studi su Euforione

caesura» (Hollis 1990, p. 18, con una percentuale di B, del 53% contro il 26%

globale; non troppo dissimile Apollonio, 47,7% contro un complessivo 33%): si puó piuttosto ricordare Arato, in cui la frequenza di B, negli esametri

spondiaci (47,3%) & pressoché uguale a quella complessiva*. Arato ed Euforione, a differenza di Callimaco, non parrebbero essersi posti il problema di una interrelazione tra la cesura centrale e la natura del quinto piede.

3. Problemi relativi alla fine di parola (‘inner metric") La tendenza ellenistica a privilegiare la cesura

femminile

è

in Euforione particolarmente accentuata: 173 casi di B, contro 51 di B,, ossia

il 77,2%, ancora superiore alle già cospicue percentuali degli Inni di Callimaco (74% complessivo) e dei carmi epici di Teocrito (73%) e inferiore, nell'ambito dell'esametro stichico, solo all’80% dell’Epit. Adon. di Bione e

all’84,5% di Call. Hymn. Del.“. Il fatto che i versi con B, si presentino spesso in serie di due o più (21 versi contro 11 sicuramente singoli, ossia il 65,6%) può a prima vista parere interessante, salvo poi rilevare che lo stesso accade in misura più o meno analoga tanto in Callimaco quanto in Omero (il fenomeno doveva essere casuale, o quantomeno banale)*. Nessun caso di scavalcamento della cesura centrale (accantonando la cattiva congettura di

43 In Antimaco i dati sono troppo scarsi per essere significativi (12 casi di cesura maschile su 22 valutabili); lo stesso si può dire per Callimaco nell’Hecale (Hollis 1990, p. 18) e negli Aitia (i

passi in Massimilla 1996, p. 40 8 III.1.A.a), che parrebbero mostrare una predilezione per la cesura femminile. Per Apollonio (che mostra qualche lieve oscillazione: 43,3% di cesura maschi-

le nel I libro, 45,5% nel II, 52% nel III e 49,7% nel IV) e Arato mi fondo su miei calcoli personali. 4 Apollonio ha il 67%, Teocrito bucolico il 56%, Alessandro Etolo appena il 39,5%, Bione nei frr. il 66,4%, Nicandro il 63% (West 1982a, p. 153; per Teocrito Fantuzzi 1995, p. 242; per Bione Reed 1997, p. 38; per Alessandro Etolo Magnelli 1999c, p. 40; per Call. Hymn. Del. Mineur 1984, p. 38, cf. Fränkel 1968, p. 128 n. 2 = 211 n. 63); in Arato Hollis 1990, p. 19 n. 27, ricava il 52%, van

Raalte 1986, p. 79 (dai vecchi dati di Jaeckel 1902, tab. XII) il 51,5%, un mio personale controllo

dà il 50,3% (in ogni caso non si può parlare di cesura «predominantly masculine» con D. Kidd 1997, p. 33). Le percentuali di Callimaco salgono anche nei frr. dell’Hecale (78%: Hollis 1990, p. 19) e nell'esametro elegiaco (tra il 78% e 1’87%: van Raalte 1988, p. 164 tav. III; per Hymn. Lav. Pall. vd. supra, p. 62 n. 19). 45 Due di fila in 50. 2-3; 51. 7-8; 107. 1-2; 413. 16-17; 415. i. 2-3, 5-6; 415. ii. 16-17; 418. 25-26, 4344; tre in 92. 3-5. 46 Per il primo libro dell'Iliade i miei calcoli danno

il 59,9%

(con numerosi accorpamenti

ampi: otto di fila in 148-155, sette in 37-43, sei in 450-455, cinque in 65-69 e 230-234, quattro in 114-117, 198-201, 287-290, 336-339, 496-499). Negli Inni di Callimaco rilevo il 59,6% (pure con

varie sequenze lunghe: sei in Hymn. Dian. 41-46, cinque in Hymn. Jov. 54-58, Hymn. Dian. 262266, Hymn.

Cer. 4-8, 11-15, e numerose

serie di quattro); le vistose differenze tra i vari inni

(Hymn. Jov. 82,7%, Hymn. Dian. 70,1%, ma Hymn. Del. solo 18,4%) rafforzano l'ipotesi della casualità. Arato esibisce otto B, consecutive in 183-190 (e altrettante B, in 255-262), nove in 307315, addirittura tredici in 517-529.

Il. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

71

Boeckh in 54. 2 e la lettura ἐργατέων di Norsa-Vitelli in 415. ii. 7, molto dubi-

tosamente difesa da Barigazzi 1947, pp. 81-82), come in Callimaco — ma l'estrema rarità del fenomeno in quasi tutti i poeti ellenistici (tranne Arato) impedisce sia di affermare che Euforione sicuramente lo evitava, sia di indi-

viduare in ciò un preciso indizio di ‘callimachismo’”. Come in Callimaco, in qualche raro caso a B, non segue alcuna incisione C (130 τῆς οὐδ᾽ αἴθυιαι οὐδὲ xpuepoi καύηκες, un verso volutamente ‘pesante’, e 50. 2)*. Diversamente da Callimaco, Euforione non mostra una forte ten-

denza ad abbinare a B, la dieresi bucolica: se in Callimaco i casi di B, + C, costituiscono più del 90% del totale dei versi con B, (e non è un caso isolato: 94,5% nel Teocrito bucolico ‘serio’, 88% in Bione), solo il 51,2% si ricava dai

frammenti euforionei*. È pur véro che Euforione mostra un disinteresse assoluto per la dieresi bucolica di per sé: solo il 47,5%", una per-

47 Cf. West 1982a, p. 153; per Arato D. Kidd 1997, p. 33, per i poeti ‘minori’ Cunningham 1977, p. 98. Il discorso si fa più complesso considerando i casi in cui la cesura verrebbe a trovarsi tra un'ortotonica e un'appositiva, ossia all'interno di una parola metrica. Nessun caso in Euforione (per 414. 15 vd. infra, p. 82 n. 94); in Callimaco solo Hymn. Lav. Pall. 103, che probabilmente si spiega come allusione ad Ap. Rh. 2. 444 (vd. Bulloch ad loc. e Cameron 1995, p. 247), e Hymn. Dian. 172

(su Hymn. Jov. 52 vd. Bühler 1960, p. 225; un po’ diverso il caso di fr. 504 Pf. ai δὲ πάγον eopéovow ἐπ᾽ [ἐπ᾿ Pfeiffer 1949-53, II p. 126] "Apeoc); in Arato rilevo 237, 770, 935, 981, 1135, forse 236; per Teocrito vd. Fantuzzi 1995, p. 230, aggiungendo 14. 48 con West loc. cit.; esempi da Apollonio in Bulloch e West locc. citt. e in Bühler 1960, pp. 221-228, ma probabilmente ve ne sono altri. Finché non si dispone di un regesto completo e difficile valutare il fenomeno in tutte le sue implicazioni e cercar di appurare se la cesura fosse avvertita o no (vd. anche West 1982b, p. 296 n. 49, nonché Drexler 1967, pp. 106-108, e Soubiran 1978, con bibl. anteriore; una plausibile interpretazione in

Devine-Stephens 1984, p. 136, cf. Magnelli 1995b, p. 163 n. 122): in ogni caso, gli esempi raccolti in Apollonio da Bühler, Bulloch e West assornmano a non piü di 12, ossia uno ogni 486 versi (uno

ogni 243 quand'anche il totale dovesse addirittura raddoppiare), e questo basta a mostrare quanto precarie siano le conclusioni ricavabili dai 225 versi valutabili di Euforione. 55 Nonostante l'estensione di 4 more, credo che tanto ὅτεῳ in 50. 2 quanto οὐδέ in 130 debbano considerarsi appositivi (notare anche che altrimenti 130 violerebbe la norma di TiedkeMeyer); diversamente pare regolarsi Cunningham

1977, p. 98. Per Callimaco vd. Maas 1979, $

93 e Maas 1956, p. 24 = 93, nonché Bulloch ad Hymn. Lav. Pall. 61 (analogo il comportamento del

Teocrito bucolico: Fantuzzi 1995, p. 238). La cosiddetta ‘Ill norma di Meyer’, ossia il divieto di abbinare B, a una incisione C ritardata a dopo il quinto longum (Meyer 1884, pp. 980-986), non e in realtà se non un caso specifico della più generale tendenza a non lasciare B, senza C; / C;.

49 Su Callimaco Hollis 1990, p. 19 (cf. Maas 1956, e già Kaibel 1877, p. 327); su Bione Reed

1997, p. 38; mio personale calcolo per Teocrito (1’86% di West 1982a, p. 154 n. 46, deriva dalla vecchia classificazione di Kunst 1887, pp. 3-4, che includeva tra gli idilli bucolici anche il parodico 11, il mimico 10 e gli spuri 8-9). . 5% 21 esametri sui 41 valutabili: 15 casi di sola C» (8; 14. 2; 23. 1; 38; 40. 3; 51. 5; 52; 95b; 107. 1;

138; 141. 5; 415. ii. 24; 416. 2; 418. 25, 44), 6 di C, + ( (42; 95a; 107. 2; 415. i. 6, 12; 415. ii. 17; nel primo e nel quinto caso C; & marcatamente piü forte). 5! 115 versi su ca. 242 valutabili; includo 416. 10 (ove μέτα deve corrispondere al quarto biceps, altrimenti sarebbe violato il ponte di Hermann) escludendo invece i casi incerti di 10, 135, 153, 413. 16. Sette volte la dieresi bucolica & scavalcata da parola metrica (21. 2; 24; 92. 4;

415. i. 5; 415. ii. 13, 26; 428. i. 3). Per il rapporto con la norma di Naeke vd. piü oltre, a proposito di quest'ultima.

72

Studi su Euforione

centuale analoga a quella di Omero e simile al 49% del Teocrito epico e al 50% di Arato, che stride notevolmente con il generale favore di cui C, gode

in età ellenistica (57% Apollonio, 63% Callimaco, 65,8% Alessandro Etolo, 65,3% Mosco, 63,8% Bione nei frammenti e 71,4% nell'Epit. Adon., 74% Teocrito bucolico, 79% Epit. Bionis*?). Questo tuttavia spiega solo in parte il fenomeno di cui sopra, dato che la pur non altissima frequenza di C, sarebbe stata comunque piü che sufficiente a coprire l'assai ridotto numero di esametri con B,. Se in Callimaco la differenza tra le percentuali di C; individua una tendenza ben precisa (come si è visto, 63% del totale ma più del 90% nei

versi con Bj), in Euforione la loro sostanziale equivalenza (rispettivamente, come si è detto, 47,5% e 51,2%) rivela che tale tendenza o non era avvertita,

o comunque non interessava. E non & un caso che altrettanto insensibile Euforione si mostri nei con-

fronti di una ulteriore restrizione callimachea, quella che prevede che un verso dieresi

con

terzo

bucolicaX.Le

biceps

monosillabico

presenti

eccezioni sono sette (9. 14; 44. 5; 51. 8; 92. 4-5

— due di fila! —; 130; 415. ii. 16%), ovvero il 2,8% sul totale di ca. 252 versi

valutabili: ma il fenomeno appare in tutta la sua evidenza ricordando che la

fortissima preponderanza di B; in Euforione limitava molto la possibilità di un III piede spondiaco, e ancor piü osservando che nei frammenti euforionei cid accade in soli 19 casi. Sette su diciannove non e senza significato (36,8%;

nei primi quattro Inni di Callimaco uno su 62, cioe 1,6%); comunque in Arato (e, a quel che pare da un campione molto ristretto, in Alessandro

Etolo) le 'infrazioni' sono ancora piü abbondanti, e tra tutti i maggiori poeti del III secolo il solo a mostrare una certa sensibilità per questa esigenza rit-

mica è il Teocrito bucolico — cioè chi più di ogni altro amava impiegare l'incisione che dalla sua poesia avrebbe preso il nome. Dalla tabella che segue è possibile farsi un'idea chiara della situazione”.

32 West 1982a, p. 154; per Arato D. Kidd 1997, p. 33, per Teocrito epico Fantuzzi 1995, p. 242, per Alessandro Etolo Magnelli 1999c, p. 40; miei calcoli personali per Mosco e Bione. Sul comportamento di Euforione può incidere in qualche misura il fatto che l’abbinamento di B; e C; poneva qualche limitazione nella scelta delle parole da collocare tra le due incisioni (o U- | UU, se si impiegava anche C,, oppure in pratica quasi soltanto U-UU, come nota Fantuzzi 1995, p. 242 a proposito della ridotta presenza di B, in Teocrito bucolico: ovviamente la restrizione è

meno pesante di quel che sembra considerando le varie possibilità come ἐς avpuov, ἔην ποτέ, πάρεστι δέ etc. realizzabili con parole metriche); ma certo questo non basta a spiegare un disinteresse così forte, specie notando come Callimaco, che ha B, in misura pressoché pari ad Euforione, impieghi C, molto più spesso. 53 Maas 1979, 8 93 (cf. West 1982a, p. 155 e n. 55; Massimilla 1996, p. 41 8 IIL1.A.c.v). 5 Aggiungere 430. 23 con l'integrazione [Aevxà Aeifoviro γάλακτι di Lloyd-Jones e Parsons; ma sarebbero altrettanto possibili p. es. yAvxepx o, per non eccedere i limiti di spazio, «apo.

55 Per Teocrito ricavo il numero degli spondei al III piede dai dati di Brioso Sánchez 1976-77,

p. 39 (vd. supra, p. 61 n. 16), per Callimaco, Apollonio e Arato da Brioso Sánchez 1974, p. 19; per

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

73

Tabella V: terzo piede spondiaco + C, T M tot. versi III biceps mon. Call. Hymn. 14 800 62 Hymn. 6 137 17 Ap. Rh. 5832 904 Theocr. buc. 604 119 epic. 719 61 Arat. 1153 235 Alex. Aet. 37 8

Euph.

252

19

E Pt Pm ‘eccezioni’ % di Esu T % di E suM 1 0,12 1,6 5 3,6 29,4 166 2,8 18,4 3 0,5 2,5 17 2,4 27,9 126 10,9 53,6 5 13,5 62,5

7

2,8

36,8

Del resto, in Euforione all'evidente disinteresse per la funzione ritmica* di

C» fa riscontro una più generale tendenza allo spostamento delle incisioni del quarto piede: sul totale dei versi senza C; integri almeno nel secondo

emistichio, solo il 40,5% presenta C,, mentre nel restante 59,5% l'incisione è posticipata al quinto piede (29,7% dopo il quinto longum, 26,1% dopo il ‘quinto trocheo', 3,6% dopo il quinto biceps). In altri termini, una ‘parola pesante', grammaticale o metrica, posticipa l'incisione C in circa tre versi euforionei su dieci (ossia con frequenza pressoché doppia rispetto all'esametro di Callimaco”). Euforione dovette avere un particolare gusto per le parole lunghe, come notava già van Groningen rilevando una media di parole per verso inferiore sia all'epos arcaico sia ai contemporanei®; senza entrare

nel problema di come le 'parole pesanti' fossero avvertite sul piano del ritmo, si puó ritenere che questa predilezione muovesse quantomeno da istanze stilistico-formali (per un'ipotesi interpretativa vd. infra, 8 5).

Per quello che riguarda le altre restrizioni che l’esametro ellenistico tendeva a porre alla fine di parola, il comportamento di Euforione è complessivamente piuttosto corretto. L'osservanza delle norme del secondo piede —

Alessandro Etolo da Magnelli 1999c, p. 38; le 'infrazioni' teocritee sono desunte da Fantuzzi 1995, p. 230 88 2b e 2c, quelle degli altri autori dal mio personale riesame. Callimaco deroga dalla norma solo in Hymn. Dian. 262, Hymn. Cer. 5, 47, 72, 91, 109 (sempre con anafora, come già notava Kaibel 1877, p. 328), mai nell'esametro elegiaco (in Hymn. Lav. Pall. 61 si doveva avere in

realtà cesura femminile: vd. Bulloch ad loc. e per una plausibile integrazione Livrea 1987, cf. anche D' Alessio 1996, I p. 182 n. 20). 56 Funzione 'armonizzante', se si condivide anche su questo punto l'interpretazione di Fränkel (1968, pp. 105-106 = 180-181).

57 Nei primi tre Inni callimachei riscontro una percentuale di versi senza C, né C, intorno al

15,7%; 17% in tutto il corpus secondo Fránkel 1968, p. 128 = 211 (con casistica a p. 133 = 217). 58 van Groningen 1953, p. 36, anche se su campioni assai parziali (vd. anche infra, pp. 85-87, a proposito dei versi tetracoli). Cf. nel nostro caso esempi come 23. 2 κονισαλέῃσιν, 47 φιλοπλοκάμοισι, 107. 3 ὁπωπήσεσθαι, etc.

74

Studi su Euforione

norma di Giseke, di Hilberg, I e II di Meyer — risulta complessivamente piü

stretta che in Arato o in Apollonio, pur senza eguagliare il rigore callimacheo”. Euforione viola la I norma di Meyer (sievita che parola iniziante nel primo piede termini col ‘secondo trocheo’) con parola grammaticale in 44. 1, con parola metrica in 64 e probabilmente in 141. 19, per un

complessivo 1,48% che anche se superiore ai valori di Callimaco (0,96% negli Inni in esametri, sette volte su nove con parola metrica; 0,90% nelle elegie, sempre con parola metrica) si tiene ben al di sotto del 2,53% di Apollonio, del 3,03% di Arato, del 5,7% e 6,12% di Teocrito nei carmi rispet-

tivamente epici e bucolici. La

I norma

di

Meyer

(evitata parola

giambica davanti a B,)*! è violata nel pentametro in 140. 4, mai negli esametri62, il che del resto non stupisce in un autore con cosi forte preponderanza

?? Considero un totale di ca. 203 versi valutabili (la cifra di 227 in Magnelli 1995b, p. 151 era dovuta ad una meno severa esclusione dei dubia). Per le percentuali degli altri autori ellenistici mi baso sui dati forniti in Magnelli 1995b, con alcune precisazioni ove necessario; al medesimo studio, specie pp. 162-164, rinvio per il problema delle infrazioni causate da parole metriche (generalmente più tollerate, ma evitate anch'esse nella versificazione più rigorosa). 60 Emendando con Meineke o con Graefe. Su 98. 2 vd. Magnelli 1995b, p. 151 n. 70; in 4. 1 la congettura di Scheidweiler ποικιλόνους δέ rimuoverebbe una negazione che le considerazioni di van Groningen sulla natura propizia dell’ ὀρχίλος (prob. Lloyd-Jones 1979, p. 15 = 155) mostrano necessaria. Tra i dubia, °175. 1 (infra, n. 62).

61 L'affermazione di Fränkel 1968, $ 28b, p. 135 = 220-221, secondo cui la II norma di Meyer

sarebbe «eine wesenlose Vorschrift» in quanto semplice conseguenza della I (ossia della Einwortregel per il secondo colon), deriva dalla sua elezione a sistema della tendenza dell’esametro alla ‘tetracolia’ (quello che la critica recente ha individuato come uno dei punti deboli dell'interpretazione fränkeliana: cf. da ultimo Michelazzo 1995, con bibl. anteriore). La II norma di

Meyer entra in gioco indipendentemente dalla I in ogni primo emistichio articolato -UU | -U | U-, il che, se si rinuncia alla petitio principii di volervi per forza riconoscere due soli cola, non è

affatto così infrequente in poesia ellenistica come Frànkel (p. 136 = 221) osserva per il solo Callimaco: tali sono p. es. quasi tutti i casi di infrazione alla II norma in Meleagro, un autore che per converso viola la I molto meno spesso (i dati in Magnelli 1995b, p. 154). Anzi, è proprio nei poeti metricamente più severi che le due norme tendono per così dire a ‘separarsi’, in quanto un'articolazione che violi entrambe è evitata con tanto maggiore impegno (come credo di aver dimostrato in Magnelli 1995b, pp. 157-158: il che in termini ‘negativi’ significa rifuggire da una doppia disarmonia, in termini frinkelianamente ‘positivi’ non affiancare un secondo colon troppo breve ad un primo troppo lungo). Quindi, pur concordando che

all'origine

di

entrambe le norme vi sia la tendenza alla divisione in due cola non troppo diseguali, come ha scoperto Fränkel, nell'analisi della pratica versificatoria avrà ancora senso parlare di due principi distinti e solo parzialmente sovrapponibili.

62 Scartando in 42 l'integrazione «ἀργυρόηλον dop di van Groningen e in 417 la sistemazione testuale di E. Hussey (ap. Lightfoot 1998, p. 187) σφοῖσι μέλεσσιν ἴσοι, τῷ καὶ τέλεοι καλέονται. La

contemporanea violazione della 1 e della II norma di Meyer è evitata dai poeti più attenti (supra, n. 61; tra i dubia di Euforione accade in °175. 1, la cui ipotetica paternità euforionea non poggia tuttavia su alcun indizio: vd. infra, p. 131), e nel secondo caso avremmo per giunta anche un

terzo biceps monosillabico senza dieresi bucolica; quest'ultimo non-callimachismo è ammesso da Euforione (supra, tabella V), e l'abbinamento di tutti e tre i fenomeni ha un parallelo illustre in Call. Hymn. Cer. 91 (che non pare il caso di espungere, pace Maas: vd. Hopkinson ad loc.), ma non sembra prudente introdurre un verso cosi irregolare per congettura.

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

75

di B;: Callimaco, pure assai incline a B,, ha tre infrazioni nei 937 versi degli Inni esametrici = 0,32%, una sola nei poco piü di 550 esametri elegiaci =

0,189769, ed è possibile che eventuali deroghe euforionee si aggirassero su percentuali analoghe. L'abbondanza di B; potrebbe invece favorire un maggior numero di violazioni alle norme concernenti fine di parola prima del

terzo longum (cioè quelle di Hilberg e di Giseke)**, ma anche qui Euforione non si abbandona ad eccessive libertà. Le infrazioni sicure alla

norma

di Giseke (si evita che parola iniziante nel primo piede termini col secondo biceps) sono quattro (415. i. 9 con parola grammaticale, 84. 1, 415. ii. 11 e 25 con parola metrica; nell'ultimo caso é violata contemporaneamente anche la norma di Hilberg, vd. infra®), ossia 1’1,97%, ben più che in Callimaco (0,9% nelle elegie, 0,2176 negli Inni esametrici®, sempre con parola

metrica tranne che in epigr. 34. 1 Pf. su cui infra n. 70: vd. Magnelli 1995b, pp. 144 e 162) ma comparabile con 1'1,8176 del Teocrito epico e con 1'1,8076 di

Apollonio”. Insomma, l'atteggiamento del nostro poeta verso le tre norme su esaminate — le due di Meyer e quella di Giseke — si direbbe rivelare una certa sensibilità per una 'colizzazione' (in termini fránkeliani) di impronta

callimachea nel primo emistichio®. Un rispetto particolare Euforione sem-

brerebbe poi avere perla norma

di

Hilberg (fine di parola evita-

ta dopo secondo biceps monosillabico): la sola violazione sicura è il citato

415. ii. 259, vale a dire uno 0,49% pressoché uguale allo 0,43% del Callimaco degli Inni e ben inferiore alla percentuali degli altri poeti, compreso il Callimaco elegiaco (1,62%; 2,52% Apollonio, 1,13% Arato, Teocrito 0,99% nei carmi bucolici e 1,53% in quelli epici) — anche se Callimaco generalmente

63 Un solo caso nei ca. 180 vv. dell' Hecale (fr. 70. 9 Hollis), uno nei frr. inc. sed. (618 Pf. = 131 Massimilla); le altre eccezioni segnalate da Wifstrand 1933, p. 65 sono in realtà dovute ad appo-

sitive. Arato (insolitamente ‘corretto’, nonostante la sua propensione Apollonio 11,47%, Teocrito il 3,14% nei carmi bucolici e il 2,09% in quelli 64 Basti confrontare gli opposti comportamenti del Teocrito bucolico, suo uso piuttosto ampio di B, totalizza un buon numero di infrazioni

per B) esibisce 11,3%, epici. che in conseguenza del alla II norma di Meyer

ma pochissime a quelle di Hilberg e Giseke, e di un patito di B; come il Callimaco elegiaco, che

non viola praticamente mai la II norma sempre molto poche) nei confronti delle Così forse anche in 43, ove tuttavia sicura (vd. infra, p. 150; non meritano

di Meyer ma presenta qualche libertà in più (anche se altre due. l'integrazione dello Scaligero è probabilissima ma non invece attenzione le infelici congetture di Sitzler e di

Scheidweiler in 50. 1). Su 415. ii. 11 cf. Magnelli 1995b, p. 151 n. 71; per 98. 2 ibid. n. 70; in 44. 2 οἱ è verosimilmente un pronome (vd. supra, p. 7 n. 10). Tra i dubia, °176. 2 se non si considera autonomo obvtkev.

66 0,35% aggiungendo il caso dubbio di Hymn. Cer. 113 (su cui vd. Fränkel 1968, p. 132 n. 2 =

216 n. 75).

67 1,49% Teocrito bucolico, 1,47% Arato (che non a caso hanno più Bj). 68 Cf. Magnelli 1995b, pp. 158-161. 69 Di 43 si è detto supra, n. 65; per 13 vd. infra, pp. 149-150.

76

Studi su Euforione

mitiga lo stacco per mezzo di un'incisione precedente o di un’elisione””, il

che nel passo euforioneo non accade. Nonè attestata alcuna infrazione al ponte di Hermann? nei ca. 238 versi valutabili (così come nella maggior parte della poesia esametrica ‘seria’ del III secolo, con l'eccezione di Arato?). La

norma

di

Naeke (fine di parola evitata dopo quarto biceps monosillabico) è violata in 9. 11, in 59 e in 432 (con un quarto biceps sempre lungo per natura??), il che su 240 versi valutabili significa l’ 1,25%. Callimaco ha un rispetto assoluto per questa norma nell’esametro elegiaco, quasi assoluto in quello stichico (la sola violazione eclatante si avrebbe conservando il testo tràdito in Del. 226,

forse il passo callimacheo testualmente più incerto e più discusso”; più lieve

?0 Fattori verosimilmente utili a ridurre la disarmonia dell'infrazione possono essere l'incisione A, (Aet. fr. 115. 13 Pf. = 65. 13 Massimilla), meglio se con interpunzione (Hymn. Lav. Pall. 119, Aet. fr. 90 Pf.); l'interpunzione in A3 (Hymn. Del. 113, su cui vd. le opposte considerazioni di

Maas 1979, 8 137, e Mineur 1984, p. 38); l'elisione dopo il secondo biceps (epigr. 34. 1 Pf., l'unico caso non dubbio — accantonando la pessima congettura di Desrousseaux in epigr. 45. 1 Pf., riapparsa in Aubreton 1994: vd. le giuste censure di Hopkinson 1995, p. 243 e di Slings 1999, p. 224 — di infrazione simultanea alle norme di Hilberg e di Giseke, cf. Magnelli 1995b, p. 144 n. 43); ancor meglio, l'abbinamento di A, piü o meno forte ed elisione (Hymn. Jov. 94, Hymn. Dian. 131, Hymn. Del. 194, epigr. 15. 1 Pf., Aet. frr. 24. 3 Pf. = 26. 3 Massimilla, 31b Pf. = 35 Mass., 75. 12 Pf., inoltre fr. °735 Pf. = *140 Mass. sempreché non lo si emendi come proponevo in Magnelli 1997, p. 448), oppure incisioni À piü un legame sintattico tra il secondo biceps e quanto segue (epigr. 14. 1 Pf. δαίμονα τίς δ᾽ εὖ οἷδε κτλ.). L'affermazione che Callimaco «occasionally ... allows a monosyllable in this position» (Hollis 1990, p. 20; un utilissimo riesame del fenomeno in molti

altri poeti ellenistici offre ora D'Alessio 2002) significa in effetti che l'incisione precedente il monosillabo attutisce l'effetto di quella seguente. Non a caso, le uniche due eccezioni alle tipologie suddette sono entrambe assai dubbie: Hec. fr. 113. 1 Hollis, testualmente malsicuro (supra, note alla tabella IV), ed Aet. fr. 178. 33 Pf. = 89. 33 Mass., ove l'anastrofe rende incerta la posizio-

ne di & (cf. Magnelli 1995b, p. 142). La raccolta di passi in Magnelli 1995b, p. 144 é viziata da due sviste: detrarre Aet. fr. 63. 9 Pf. (ἐστιν enclitico, vd. Pfeiffer ad loc.) e forse Hymn. Del. 185 (se τέων è relativo e non dimostrativo; vd. la nota di Mineur).

71 La possibile eccezione del ].ı κίχοιο che si leggeva in 415. i. 25 (Maas 1935, p. 104; Cunningham 1977, p. 98) viene a cadere ora che Lloyd-Jones e Parsons rettificano la lettura in ].yixo1o. Per le sviste di van Groningen cf. Lloyd-Jones 1979, p. 16 = 156.

72 Nemmeno una deroga in tutta la produzione di Callimaco, in Apollonio e nel Teocrito bu-

colico; una sola infrazione, ossia lo 0,13%, nel Teocrito epico (Fantuzzi 1995, pp. 232 e 237; si tratta di 24. 102, modellato sull'uso omerico, cf. Il. 2. 246 e gli altri 8 casi raccolti da van Leeuwen 1890, p. 271 e rettamente valutati da Cantilena 1995, p. 23). In Arato rilevo 8 violazioni = 0,69%, ossia 174, 186, 572, 585, 634 (senza l'emendazione di Voss), 784, 903, 1023, senza conta-

re i dubbi e comunque poco rilevanti 827 e 990 (D. Kidd 1997, p. 34, parla di ben 72 casi non tenendo conto delle appositive). 73 La rarità, fin da Omero e ancor più nel III secolo, dell'allungamento per posizione al quarto biceps è ciò che va sotto il nomedi^norma

di

Wernicke' (Maas

1979, 8 125; West

1982a, p. 37 e n. 15; per la poesia ellenistica West 1982a, p. 155 n. 50); per una interpretazione del fenomeno vd. in particolare Devine-Stephens 1976, con bibl. anteriore. Motivo in piü per non seguire van Groningen nel dividere δὲ κτίσσατο in 98. 1. Su 113 vd. supra, n. 25; infelice la sistemazione testuale di Sitzler in 114 (infra, p. 108 n. 27). Tra i dubia, solo PLugd.Bat. 25. 1 v. 2.

74 Vd. Maas 1972, pp. 38-40; G. Morelli 1964; Mineur 1984, pp. 195-197; Magnelli 1999b, p.

232.

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

77

il caso di Dian. 7 ἵνα μή por Φοῖβος ἐρίξῃ, e probabilmente solo apparente

quello di Jov. 78 Aupng εὖ εἰδότας oinovg”; anche contandoli tutti e tre avrem-

mo comunque nei 937 versi valutabili degli Inni esametrici lo 0,3275), e percentuali bassissime di infrazione si hanno anche nel Teocrito bucolico 'serio'

(0,33%), in Nicandro (un solo caso sui 1586 versi di Ther. ed Alex. = 0,06%; contando anche i frammenti, due su ca. 1780 versi = 0,11%) e nella maggior

parte degli epigrammisti tra il III sec. a. C. e la primissima età imperiale. Euforione non mostra altrettanto rigore, e si avvicina piuttosto all' 1,16% di Apollonio: tuttavia il 2,5% del Teocrito 'epico' e il 2,61% di Arato mostrano

come il suo comportamento non fosse poi dei più disinvolti"*. Ma l'attenzione per questa norma si apprezza pienamente valutando i due fattori necessari per violarla, ossia un quarto biceps monosillabico e un'incisione C;: è ovvio che quanto più alta è la frequenza di ciascuno dei due, tanto maggiore è in teoria la probabilità che essi vengano a coincidere nello stesso verso (e

quindi l'impegno necessario al poeta per evitare che ciò accada). La tabella che segue permette alcune osservazioni interessanti. Tabella VI: fattori che favoriscono le infrazioni alla norma di Naeke (%)

Call. Hymn.

Ap. Rh.

IV piede spondiaco

19,3

73

C; totale

63 82,3

57 74,3

Theocr.

Arat.

Euph.

271

192

29,

49 76,1

50 69,2

47,5 76,6

buc.

epic.

74 864

124

Certo non si tratta di fattori determinanti: il totale delle frequenze di entrambi lascia sempre scoperto almeno un 10%, il che significa che nessuno degli autori esaminati li impiega cosi spesso da rendere inevitabile la loro sovrapposizione (cioè un'infrazione). Questo mostra che la norma di Naeke

75 Nel primo caso, credere che «la forza prepositiva di un si estende su μοι» (Maas 1979, 8

137, cf. Bulloch 1970, p. 262 n. 5; ma vd. le riserve di Cantilena 1995, p. 22) comporta l'ammissione di altre disarmonie, ossia una parola metrica lunghissima e l'assenza della cesura secon-

daria dopo pentemimere (cf. supra, n. 48); difficile dire quale delle due alternative si presenti più probabile. In Jov. 78 sembra invece verosimile che il legame tra εὖ ed εἰδότας, anche sulla scia dei precedenti omerici (McLennan ad loc., cf. già Wifstrand 1933, p. 57 — che pensava in alternativa a &u), fosse sufficientemente forte da non far avvertire lo stacco, anche grazie alla marcata C, precedente (Fränkel 1968, p. 130 n. 2 = 214 n. 68; cf. Bulloch 1970, pp. 266-267 per ev in altri poeti ellenistici e pp. 259-260 su μαλ᾽ e μέγ᾽ in frr. 75. 50 Pf. e 177. 33 = SH fr. 259. 33). 76 Percentuali per Apollonio e Arato dai dati di West 1982a, p. 154; per Teocrito da Fantuzzi 1995, p. 237 (cf. pp. 239-240); su Nicandro Hollis 1990, p. 21 e n. 40; per l'epigramma Gow-Page, GP I p. xLIV, e van Raalte 1988, pp. 155 e 165 tav. IV.

78

Studi su Euforione

e l'impiego di C; sono in buona misura indipendenti, e che pertanto, anche in un patito del quarto piede spondiaco come Euforione, il rispetto per tale norma non basta a spiegare la parsimonia nella dieresi bucolica (o vicever-

sa). Se tuttavia passiamo dal piano della necessità a quello della probabilità, allora forse non è del tutto privo di significato il fatto che proprio i poeti in cui questi fattori diciamo di ‘predisposizione’ piü abbon-

dano, ossia Callimaco e Teocrito bucolico, siano anche di gran lunga i piü severi nell'evitare le infrazioni, mentre Arato si concede notevoli libertà pur essendovi molto meno 'predisposto'. Da questo punto di vista, la differenza tra un Callimaco e un Arato pud essere maggiore di quanto appaia dalle

nude percentuali delle deroghe. La scarsa propensione per la dieresi bucolica poteva invece favorire le infrazioni alla

norma

di

Tiedke-Meyer

(evitata la collocazio-

ne di parole di struttura UU- o -- dopo Cj): e tuttavia anche qui Euforione si limita allo 0,8% (58. 1 e 84. 2)7, superiore allo 0,53% di Apollonio e ancor

piü allo 0,21% del Callimaco degli Inni e allo 0,16% del Teocrito bucolico, ma enormemente inferiore al 3,73% di Arato e al 3,89% del Teocrito epico”. Non si registra nessun esametro 'bipartito', ossia con dieresi mediana, su un tota-

77 Su circa 249 esametri valutabili. In 84. 2 non pare necessario correggere ἄθλοις $opéovro in ἄθλοισι φέροντο con Sitzler solo per eliminare l'infrazione (contro il principio dell'utrum in alterum: è piuttosto gopéw a poter essere banalizzato in φέρω). Per 130 vd. supra, n. 48. Tra i dubia, “177. 1 σεῦ γὰρ διὰ «— (integrando Sia «(θεάων con Powell — il cui «δια θεάων» è certo un errore di stampa — si avrebbe invece violazione della norma di Naeke) e forse “429. 4 leggendo μνηστή. 78 Vd. Maas 1979, $ 97 e West 1982a, p. 155 (che chiarisce come si tratti dei casi di incisione

solo dopo il quarto e il quinto longum, senza intermedia C;: cf. l'analoga precisazione di Fantuzzi 1995, p. 231 n. 40). Per Teocrito mi baso su Fantuzzi 1995, p. 237; per Callimaco, Arato e Apollonio sul mio personale riesame (i già parziali dati di Meyer 1884, pp. 989-990 non tengono sufficiente conto delle appositive) In Callimaco rilevo solo Hymn. Jov. 94 e Hymn. Del. 311 (Hymn. Jov. 36 μετά ye Στύγα te Φιλύρην ve lo considererei piuttosto — pace Mineur 1984,

p. 40 — un caso di assenza dell'incisione C: se un'irregolarità deve comunque verificarsi, non vedrei perché ye non possa essere continuativo come ci si attenderebbe); nessuna infrazione nella produzione elegiaca, tranne forse il mutilo fr. inc. sed. 477 Pf. ove tuttavia sarebbe anche possibile scrivere ὧδε μόγησαν (non seguirei McLennan 1974, p. 65 nell'aggiungere Aet. fr. 11. 5 Pf. = 13. 5 Massimilla). Apollonio viola la norma in 1. 52, 261, 263, 360, 643, 811, 1300, 2. 1, 241, 257, 273, 297, 325, 366, 390, 420, 694, 1132, 1189, 3. 114, 174, 584, 748, 1332, 1355, 4. 146, 159, 213, 543, 917, 1475 (aggiungerei 2. 526, ove ἔτι vov è quasi un'unità, e forse 768 con ὅπως in anastrofe, cf. Magnelli 1995b, p. 141; non includerei 2. 389 e 540, ove φίλα $povtwv/-ova' è pressoché equivalente all’ &vépovéov di 437; dubbi i casi di 1. 670, 2. 323 — cf. 567 ed Arg. Orph. 689 —, 3. 95 — πέρι Vian 1980, contra Campbell ad loc. e già Campbell 1982, p. 15 —, 516, 1210, in cui è

arduo dire se si abbia a che fare con avverbi o con preverbi in tmesi). Le deroghe di

Arato

sono ai vv. 31 (scartando la v. I. esiodizzante μεγάλοιο ἕκητι), 41, 86, 123, 132, 133, 160, 164, 192, 304, 331, 364, 402, 445, 448, 476, 481, 519, 545, 549, 554, 577, 629, 665, 667, 672, 676, 680, 721, 804, 810, 833 (ove la congettura di Buttmann pare superflua, vd. Kidd ad loc.), 872, 892, 915, 930 (scartando per motivi sintattici τότε è' αὖ di ID, cf. ΒΚΤ V 1, p. 54), 938, 953, 984, 1060, 1140, 1150, più in alternativa 706 o 869 a seconda che si ritenga appositivo o no ὁπότε (inoltre 381, se ha ragione Kidd a scrivere ὀνομάστ᾽ ἐγένοντο, e il discusso 966, anche se l'intervento di Diggle ap. Kidd mi pare assai attraente).

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

79

le di 262 versi valutabili (nella maggior parte dei poeti ellenistici il fenome-

no si aggira tra il 3% e il 4,5%): non si pone quindi il problema dell’osservanza o meno della norma di Bulloch?. È noto come in poesia ellenistica il monosillabo finale goda

di una certa fortuna, e come la chiusa «most often has the rhythm UU | UU- | -»®, Nei tre esempi sicuri di Euforione si hanno sempre dieresi buco-

lica e quarto biceps bisillabico (effetto della norma di Naeke), ma mentre 4. 2 riproduce del tutto la struttura citata, in 141. 5 (se non vi si accoglie la congettura di Reiske) e 418. 17 si ha UU | - - - | -81; un ancor meno ‘canonico’ (x)-U | U- | - potrebbe aversi in 422. 4 Ἰοιο λίπον floov£. È pur vero che il ‘canone’ suddetto è osservato costantemente solo da Callimaco (Hymn. Jov.

55, Hymn. Ap. 83, 100, Hymn. Del. 259, epigr. 13. 3, 52. 3, 57. 1 Pf., Hec. frr. 18. 1, 69. 12 Hollis; solo in Aet. fr. 75. 26 Pf. ὁππότε on παῖς si può essere in dub-

bio sullo status appositivo o meno della congiunzione) e, anche se il materiale disponibile è piuttosto ridotto, da alcuni epigrammisti (Asclep. HE XI 856,

XIV 874, XV 876, XX 902, Posidipp. XIV 3126, XVIII 3150, XIX 3154, Diosc. XXXI 1665, Antip. Sid. LXIV 614 e forse LIV 534%)%, mentre la maggior parte

79 Bulloch 1970, con le percentuali di ‘esametri bipartiti' nella tabella a p. 264. In Euforione non considero i corrotti 114 e 417 e l'incerto 135; due casi di dieresi mediana tra i dubia, °175. 3 (ove si pud essere incerti sullo status appositivo o meno del pronome, cf. supra, p. 58) e °443. 5 (ove la norma di Bulloch é sicuramente violata). 80 West 1982a, p. 156; cf. Maas 1979, 88 96 e 138, con le rettifiche di Mineur 1984, p. 45 e Fan-

tuzzi 1995, p. 232 n. 44. È opportuno precisare, specie in relazione al $ 138 di Maas, che nell'analisi che segue ho considerato solo i monosillabi indipendenti, cioé non facenti parte di una parola metrica (sono quindi esclusi tutti i casi come καλός te μέγας xe, ei ἐτεόν περ, etc.). 81 Un ritmo infrequente in i età ellenistica (West 1982a, p. 154 n. 48; cf. infra, n. 85), ma modellato sui precedenti omerici, Il. 7. 238 νωμῆσαι fa,

19. 117 ἑστήκει μείς, 16. 384 βέβριθε χθών e

ovviamente il frequente e notissimo εὐρεῖα χθών (cf. Ludwich 1866, p. 33; Dräger 1997, p. 155 e n. 30): cf. supra,p. 14e n. 33. 92 Un caso più incerto di monosillabo finale in 153, se il δαιμόνιος 7j. di Eustazio era una clau-

sola euforionea; tra i dubia, °122 (di struttura 'canonica') e PLugd.Bat. 25. 1 v. 6 (con (x)U | U- | -, come in 422. 4). Nel citato 422. 4 un ipotetico λίπον ῥίόον -UU-x sarebbe tanto più attraente in quanto riecheggiante Od. 12. 1 ποταμοῖο λίπεν ῥόον Ὠκεανοῖο e Call. Hec. fr. 98 Hollis λιπὼν ῥόον ᾿Αστερίωνος; ma si deve riconoscere, con Lloyd-Jones e Parsons, che il verso risulterebbe anormalmente lungo. Sarà comunque meglio evitare di aggiungere per congettura un’altra struttura

irregolare integrando con Scheidweiler ἤστραπτε toplöv πὺρ in 51. 7. Se a congetture del tipo εἰς UU εἰς πῦρ (Canter, Reiske, Stadtmüller: vd. l'appar. di quest'ultimo) si preferiscono soluzioni di diversa struttura come εἰς oxovóev πῦρ (Hecker) o εἰς σπόδιον x.

(Kaibel: penserei anche a εἰς xeveov n.).

% Inoltre Timo, SH fr. 800. 2 = fr. 26. 2 Di Marco, Hermesian. fr. 1 Powell, Moero fr. 1. 7 P,

Eratosth. fr. 35. 15 P. (fr. 29. 1 ὀπταλέα κρέα potrebbe essere una clausola -UU- | - con sinizesi, ma vi si può altrettanto bene integrare κρέα «θηρῶν vel sim. con Meineke: cf. Dionys. Bassar. fr. 19v 34 Livrea ὠμάδια κρέα θηρὸς ἀπὸ twoio); Timone offre quel solo esempio di monosillabo fina-

le, degli altri rimane un numero molto limitato di esametri. Nulla in Leonida, Anite, Mnasalca, Teodorida, Alceo di Messene o nel Teocrito bucolico 'serio'. Solo un caso assai dubbio, que mutilo, in Antimaco (fr. 79 Matthews).

e comun-

80

Studi su Euforione

dei poeti tra III e I sec. presenta una varietà assai maggiore. Apollonio (che del monosillabo finale fa uso assai parco), Mosco e Bione mostrano una certa rego-

larità, affiancando al canonico UU | -UU- | - (Ap. Rh. 1. 477, 1098; 2. 200, 258; 3. 102, 115; 4. 177, 210, 925, Mosch. 2. 49, 60, 153, fr. 1. 2-3 Gow) solo l'affine UU | -

U | U- | - (Ap. Rh. 3. 492, Mosch. 2. 54, Bion fr. 2. 7 Gow), ma in Arato, Teocrito (nei carmi epici, mimici e parodici), Simia, Meleagro e nel poeta della Megara si incontra un campionario di strutture che va da un ancora non stravagante - | UU- | - (che compromette solo il ponte di Naeke) ai più eccentrici - -U | U- | oU|U-U[U- | - o UU | -UU | - | -#; anche il callimacheo Nicandro, generalmente ligio alla tendenza canonica (Ther. 57, 147, 279, 328, 357, 721, 811, 820; Alex. 23, 215, 249, 382, 387; fr. 70. 16 Gow-Scholfield), si permette un paio di pur

non gravi licenze con UU-UU- | - (Ther. 716) e - - | UU- | - (Ther. 719)%. Quindi il comportamento di Euforione, pur non rigidamente callimacheo, non può dirsi né insolito né particolarmente libero. Tabella VII: irregolarità nella 'inner metric' (prospetto riassuntivo) Call. I norma di Meyer Il norma di Meyer

Ap. Rh.

hymn.

eleg.

0,96 0,32

0,90 0,18

2,53 1,47

Theocr. buc.

epic.

6,12 3,14

5,70 2,09

Arat. Euph. 303 130

1,48 -

85 I dati. Arato: UU | -UU- | - 470, 591, 695; UU | --- | - 408; UU | -U | U- | - 434, 860, 995; UU-U | U- | - 907 (sempreché negli ultimi quattro casi non si debba considerare appositivo

μάλα come in Omero, cf. Cantilena 1995, p. 26); - | -UU- | - 999; - -UU- | - 679 (quindi in totale 10 casi, non 26 come afferma D. Kidd 1997, p. 36, includendo anche tutti quelli in cui il monosil-

labo & in realtà parte di una

la metrica.

Teocrito:

UU

| -UU-

| - 11. 28, 51; 13. 22, 57,

62; 22. 171 (e inoltre (Theocr.] 23. 13, 32, 39; 25. 138); UU | -U | U- | - 11. 74; UU | -UU | - | - 13. 67 (ma lo stacco tra i due monosillabi è mitigato dall'elisione); U | U-U | U- | - 14. 21; UU- | UU| - 15. 29, 36; - -U |U| - 24. 18. Simia: UU | -UU| - fr. 11. 2 Powell; UU- | UU- | - fr. 1.10 P; -- [|UU- | - f 4 P. Megara: --U | U- | - 51; UU | ---| - 104; -- | UU- | - 109. Meleagro:UU | -UU- | - HE III 3996, XXXVI 4186, LIX 4296, CXIX 4644; UU- | UU- | - IV 4004; UU-U | U- | - LI 4254; UU-UU- | - CXVI 4626. E ancora, UU- | UU- | - Alex. Eph., SH fr. 21. 21, -- | UU- | - Dion. lamb., SH fr. 389, --U | U- | - Noss. HE XI 2833 con la correzione di Brunck (molto ipotetico il κεφαλὴν ἴσχουσα κάτω στύξ ricostruito in 'Boios' ap. Ant. Lib. 21. 5 da

Sakolowski in Sakolowski-Martini 1896, p. 98). Ce n'è veramente per tutti i gusti.

86 A.P. 11.7.3 = fr. 107. 3 G.-S., quand'anche l'epigramma sia di Nicandro, è certo corrotto. Nel

difficile Ther. 715 ss. ἔργα δέ τοι atvvao περιφράζριο φάλαγγος / σήματά τ᾽ £v fpuxuoiorv: ἐπεὶ ῥ᾽ ὁ μὲν albaλόεις Pu / κέκληται πισσῆεν xtÀ., una volta acclarato che φάλαγγος è maschile (Gow 1951, p. 108: cf. anche Eutecn. p. 59. 8-9 Gualandri = 40. 24 Papathomopoulos ὁ φάλαγξ) si può accantonare definiti-

vamente la faticosa esegesi di O. Schneider 1856, p. 259, che voleva ὃ «pro τὸ» nonché «αἰθαλόεις ... pro αἰθαλόεσσα» (fenomeno quest'ultimo frequente in Nicandro, cf. Gow 1951, p. 97 e Livrea ad Coll. 82-83, ma qui sconsigliato dalla sintassi) da concordare con ῥώξ: quindi ὁ uev forma inevitabil-

mente un'unica parola metrica con αἰθαλόεις («the one which is the colour of pitchy smoke is named the GRAPE» Gow-Scholfield), comunque si interpreti il problematico πισσῆεν (avverbiale per Gow-Scholfield ad loc., apposizione per White 1987, pp. 49-50, «a pitchy thing»; solo con molti dubbi congetturerei πισσῆες, anche se Nicandro poteva trovare il preziosismo di -ec per -ei; nel suo

amato Callimaco, fr. 485 Pf. Μαλόες, cosi come da Callimaco, benché non necessariamente, potrebbe derivargli il caso opposto di -eıv per -ev su cui vd. Massimilla ad Call. Aet. fr. 97. 20).

Il. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

81

norma di Giseke norma di Hilberg

0,21 0,43

090 162

180 252

149 0,99

1,81 1,53

147 113

1,97 049

III biceps mon. senza C;

0,64

-

2,80

0,50

240

1090

2,80

0,21 «0,32

-

053 116

016 (033

013 3,89 250

069 3,73 261

0,80 125

-

-

1x

-

1x 2x

2x 5x

2x

ponte di Hermann norma di Tiedke-Meyer norma di Naeke monosillabo finale: - non preceduto da C; - non prec. da -UU-

Pause di senso rilevanti, ossia in pratica interpunzion i, non abbondano all'interno del verso. Le sedi in cui tendono a collocarsi sono piü

o meno quelle ‘canoniche’ dell'esametro callimacheo”, in particolare dopo il II longum e alla cesura centrale; l'unica deroga alla c. d. ‘norma di Gerhard’ (interpunzione rara dopo il V longum, evitata più oltre: Maas 1979, $ 88) è 428. i. 12 Ἰπολύλλιτε, σεῦ dé τις, οἴω, ove comunque la pausa dopo il quinto piede è mitigata dalla precedente C,. 4. Fenomeni prosodici e aspetti stilistici Muta+liquida all'interno di parola? allungano una vocale breve precedente nella grande maggioranza dei casi (65 contro 7); non cosi in

sandhi, ove 'fanno posizione' solo in un caso su tre (5 contro 11) e comunque mai quando la vocale in questione è in tesi®. a. interno *pos. 65=74,71%

4. 1; 9. 4; 14. 2; 17; 21. 1, 2 (bis); 30; 34. 2; 40. 3; A1; 44. 2, 3; 50. 2, 3; 51. 6, 10, 13, 14 (bis); 54. 2 (preverbo in tmesi); 58. 3 (ter); 73; 77 (bis); 78; 79 (bis, accogliendo l'emendazione di Kaibel); 84. 5; 89; 92. 3; 94. 1; 96. 1, 4

(bis); 98. 3; 107. 1, 4; 108; 125; 127; 130; 134; 141. 4; 413. 6, 9, 11; 414. 5, 10; 415. i. 8, 10, 14, 20, 21, 24; 415. ii. 17, 20; 416. 1, 8; 418. 20, 37; 428. i. 1; 432. 4%.

87 Maas 1979, 8 98; West 1982a, p. 153. Una pur non grave irregolarità a 415. ii. 5 (interpunzione dopo il IV longum non accompagnata da una dopo il Il, vd. Maas loc. cit.; su 50. 1 vd.

supra, n. 65). 88 Può valer la pena di precisare che anche qui conduco l'analisi in base alle ‘parole metriche' (quindi un caso come 9. 4 κατὰ Γλαυκώπιον lo considero allungamento interno, non in sandhi: vd. Mojena 1992, e cf. Slings 1993, p. 31). Invalutabili per l'incompletezza della citazione i casi

di 108 κεβλ-- (anche se fà è tendenzialmente portato a fare posizione, vd. West 1982a, pp. 16-17) e 81; per ἀφλοισμός di 51. 4 è arduo appurare la quantità originaria di a. 9? La sola eccezione e tra i dubia, °453 ἔνθα Tpwiov dAua.

% Non ho incluso nel computo i vocaboli di struttura tale che l'allungamento della vocale

precedente m.+l. è in tutte le loro forme obbligatorio per adattarli al metro dattilico: 47 φιλοπλοκά-

82

Studi su Euforione - pos.

7 = 8,04%

b. in sandhi + pos. | 5257596

6491; 107. 3; 141. 2; 413. 5; 415. i. 13%; 415. ii. 6, 16%.

58. 1 (a meno che non si debba pensare a téxev); 107.

2; 415. i. 11; 415. ii. 3, 16; forse da aggiungere 83 (se si accoglie l'emendazione di Rabe) e 414. 15%. - pos.

10 = 11,5%

2. 1; 38; 51. 6; 88; 92. 2, 4; 415. i. 18; 415. ii. 11; 418. 42; 427. 3.

Euforione è quindi ben lontano dall'imperversare della correptio Attica nell'esametro del V/IV secolo (non solo quello elegiaco di Eveno e Crizia, ma

anche quello stichico di Archestrato e di Cratete) o nei volutamente ‘sciatti’ carmi umoristico-parodici di Teocrito, e tuttavia non condivide il rigore di Apollonio e di Arato nell'evitarla praticamente sempre. Si potrebbe affermare che il nostro poeta pratica la correptio un po’ piü di Callimaco (e di Antimaco) e appena un po' meno della media del Teocrito 'serio'; in pratica, il suo comportamento rientra nella tendenza generale dell'esametro stichico

ellenistico, sostanzialmente incline a una prosodia di tipo omerico purché non assolutizzata”.

uou, 80. 1 ὁπλοτέρου, 94. 2 θυγατριδέαι, 98. 2 xaxogpadec, 118 ἀπροτίμαστος, 127 πολυτρόφα, 414. 11 πατροκασιγνηίτ, 415. i. 7 Ἰφικλείδαο e δαιθρασέος, 415. i. 12 ᾿Απριάτης, 418. 16 Ἡράκλειος, 418. 26

Κεκροπίδαις, 418. 36 πολυκροκάλοιο; lo stesso vale per 418. 42 ᾿Ακρισιώνη, qualunque potesse essere in origine la quantità di a. Ho invece incluso, anche se con qualche dubbio, 413. 11 axpenöνεσίσι, che al nom. sing., anche se soltanto in quel caso, richiederebbe una scansione anapestica (una possibilità mai esperita in quanto conosciamo di poesia dattilica, ma garantita da Eur. Cycl. 455); 58. 3 ἀγρώσσονθ᾽, ove a è teoricamente breve benché tutta la tradizione esametrica da Omero a Nonno (e inoltre Lycophr. 499 e 598) lo collochi regolarmente in arsi; 108 ‘Atputuvn, per cui, nonostante la scansione altrettanto 'fissa' (vd. supra, p. 11 n. 21), le teorie etimologiche degli antichi (da ἄτρυτος o da ἄτρωτος 0 equivalente di ἀξευκτος: vd. Y. Gerhard, LfgrE s. v.) dovevano presupporre un a- privativo. Casi dubbi: 35b se era una clausola (altrimenti sarebbe violato il ponte di Hermann); 44. 5 se si accoglie ἔκλυσσεν di Sitzler; 50. 2 mantenendo ἐχρίμψατο dei codd.; il disputatissimo 141. 1 se si legge ὁ τρηχύς.

?1 Sono portato a considerare l'adonio finale come un'unica parola metrica, nonostante il

forte peso morico di re.

9 Leggendo ἣγ ὅτε con Maas e la maggior parte degli editori.

% Non includo 415. ii. 15 (in poesia dattilica lo ı di ᾿Αμφιτρύων deve rimanere in ogni caso breve).

% ρῃγαλέῃ ai δὲ δρεπί: la struttura sintattica dipende ovviamente dall'eventuale integrazione

(assai plausibile δρεπίάνῃ di Norsa-Vitelli: vd. anche infra, p. 118 n. 73), ma supporre che ai δέ facesse parte di parola metrica pià ampia comporterebbe lo scavalcamento della cesura centrale (cf. supra, n. 47).

9 Molti dati in Slings 1993, pp. 36-37 (le cui percentuali per Euforione differiscono leggermente dalle mie, presumo per una diversa valutazione dei confini di parola metrica), da integrare per Teocrito con Fantuzzi 1995, pp. 249-250; per una discussione del fenomeno vd. soprattutto Fantuzzi 1988, pp. 155-163. Mantengo la definizione di correptio Attica solo per motivi di utilità, senza che questo implichi valutazioni storiche (cf. Pulgram 1981, e, contra, van Raalte 1986, p. 410 n. 66).

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

83

«Hiatus ... is especially frequent in Euphorion» (West*). Nulla di più vero: ben 45 casi”, circa uno ogni cinque versi, ossia una frequenza molto superiore anche a quella, generalmente indicata come alta, di Arato (circa uno

ogni 14)%. Sicuramente troppi perché si possa pensare a finalità stilisticoespressive?. Come in piü o meno tutta la poesia ellenistica, la collocazione largamente maggioritaria è quella dopo un longum (34 casi), ma Euforione,

amante dello spondeo, non segue la prassi di Callimaco in cui il biceps seguente & quasi sempre bisillabico: solo 18 casi rispondono a tale requisito (9.

10; 14. 3; 21. 1; 34. 2; 40. 1; 51. 5; 52; 58. 1; 80. 2; 90. 2 [bis]; 131; 413. 16; 415. i. 4; 415. ii. 2, 26; 418. 25; 432; forse anche 413. 5), mentre altri 16 presentano un

biceps monosillabico (23. 1; 50. 1-2-3 [notare la serie]; 51. 3, 7, 9, 11; 58. 1; 110;

130; 413. 10; 414. 15; 415. i. 7; 415. ii. 11, 17). Né mancano iati tra un biceps e il longum seguente (9. 6; 51. 7; 58. 1; 88; 140. 3; 415. ii. 7, 9; 428. i. 2) o tra le due sillabe di un biceps (58. 2; 414. 7) — tipologie già sensibilmente infrequenti in Apollonio, Arato e Teocrito!9, e ancor di più in Callimaco. Non sembra esserci nessuna categoria di parole particolarmente proclivi allo iato, anche

qui diversamente dall'uso callimacheo tendente a circoscrivere il fenomeno ad ἤ (cinque soli casi in Euforione) e alle preposizioni in anastrofe (qui solo 80. 2). Due iati nello stesso verso in 51. 7 e 90. 2, addirittura tre in 58. 1 (come in Arat. 962; ma in Euforione uno dei tre é attenuato dal digamma, in Arato nessuno).

Dall'abbreviamento in iato, o correptio epica, non si ricava granché. La tipologia di gran lunga piü comune, come del resto in quasi tutta la poesia esametrica greca, è l'abbreviamento di καί dopo B, (2. 2; 33; 34. 2;

58. 2; 59; 85; 98. 3; 118; 120; 141. 3; 413. 7, 9; 415. ii. 15; 430; 432). Nei rimanenti casi, si può notare che la frequenza pare essere maggiore nella seconda sillaba del biceps (-aı 83; 413. 17; -& 413. 11, 16; -oı 9. 6; 23. 1; 65; 129; 415. i. 10, 12; -ov 4. 2; 41; 108; -ῳ 51. 12, 95b) che nella prima (-a 21. 3 e 118 al I piede, 413. 12 e 415. ii. 26 al IV, 107. 3 al V; -ov 94. 3 a B, se si accoglie la sistemazio-

% West 1982a, p. 156; cf. Maas 1979, 6 141, e ora la ricca documentazione di Campbell 1995 su tutti i principali autori ellenistici. Per Callimaco anche Mineur 1984, p. 45 (altra bibl. in Hopkinson 1984, p. 54 n. 1). Inoltre 107. 3 conservando 1) γαμετῇ con Wilamowitz 1889 (cf. Lloyd-Jones 1979, p. 17 =

157).

% Dai dati di D. Kidd 1997, p. 34. Uno su 12 in Crinagora (24 iati in 288 esametri e pentame-

tri: cf. Gow-Page, GP I pp. xL-XLI), caso quasi unico nell'epigrammistica ellenistica e protoimperiale: ma nella sua produzione non si ravvisano influssi euforionei di alcun tipo, e quindi la spiegazione non risiederà in altro che nella sua nota trascuratezza metrica.

99 Sul problema cf. Norden 1927, pp. 422-423 (che opportunamente richiama Dion. Hal.

comp. verb. 20. 12-13), e recentemente Fortassier 1989, che però esagera davvero (vd. le recensioni, giustamente critiche, di Wyatt 1992 e di Ruijgh 1993). IN Specie quando, come qui in 9. 6, 58. 1 e 415. ii. 9, non c'e la ‘scusante’ del digamma originario (la differenza tra le due categorie & ben evidenziata dai dati di Campbell 1995, passim).

84

Studi su Euforione

ne di Hermann), come del resto in Callimaco e in Apollonio!?!, Due volte nello stesso verso in 118!9 (come anche in Callimaco, cf. p. es. Hymn. Del. 15, 18, 40, 52). Lelisione delle parole semanticamente più rilevanti! è piuttosto contenuta: 51. 10 ἠέρ᾽, 415. ii. 13 yovvox' (dubbia la congettura di Bernardakis in 84. 2), 418. 44 Tlepon’, 14. 3 ὅσσ᾽, 58. 3 ἀγρώσσονθ᾽, 78 καλεοίαθ᾽; inoltre l'avverbio aypei', meno banale dei classici μέγ᾽ e μάλ᾽, in 44. 3 (se è cosi che si vr

[]

deve leggere: vd. supra, p. 31 e n. 106)!*. Sette casi su circa 150 versi integri e molti altri mutili non sono l'uno su 100 del III inno di Callimaco, ma si avvi-

cinano maggiormente ai 4 su 100 di Arato o dei Dioscuri di Teocrito che ai 19 su 100 dell'Iliade o ai 10 su 38 di Alessandro Etolo!®. Elisione alla cesura centrale in 78, 415. ii. 17, 418. 441% (evitata da Callimaco, ma non tassativamen6107). due elisioni in un verso in 415. ii. 25 (ma entrambe con δέ) e 51. 10 (un δέ e un sostantivo).

101 Maas 1979, $ 129, e Hollis 1990, pp. 22-23, con bibl. (per il predominio di xai, dati in

Clapp 1906, pp. 241-242); su Callimaco da ultimo anche Massimilla 1996, p. 43 $ IIL2.B.a, su Apollonio esaustivo Campbell 1973, pp. 83-90. Non mi risulta che il fenomeno sia mai stato studiato distinguendo gli abbreviamenti in fine di parola vera e propria da quelli interni a ‘parola metrica’. In Euforione i secondi, a parte i suddetti casi di καί dopo B», risultano molto meno

numerosi dei primi; questo da un lato si comprende osservando in parallelo quello che accade con le parole grammaticali, ovela correptio è di per sé meno frequente all'interno che in

fine (anche perché all'interno puó intervenire la caduta di ı intervocalico: cf. West 1982a, p. 11-

12); dall'altro spiega almeno in parte la rarità del fenomeno nella prima sillaba del biceps, ove fine di parola ortotonica era spesso inibita (norme di Meyer, di Hermann, in parte anche di Gerhard).

102 Non consigliabili in 51. 11 le congetture di Sitzler 1909 e Klinger 1936, che introdurrebbero nello stesso verso due correptiones e uno iato integrale (cf. Magnelli 1999a, p. 108). 108 Con preposizioni, particelle etc. il fenomeno è assolutamente libero anche nei poeti più severi. Pronomi: a' 92. 5; 415. i. 9; ae' 60. Preposizioni: 5. 2; 44. 4; 73; 74; 84. 1, 4; 96. 1; 128; 413.

10; 415. i. 14, 16; 415. ii. 4, 19; 418. 36. Preverbi in tmesi: 43; 92. 1; 141. 1. Suffissi: φόωσδ᾽ 24. Congiunzioni: τ᾿ 33; 54. 1; 80. 1; 98. 3; 113; 138; 415. ii. 6, 7, 8, 11; ἠδ' 83; 95b (se è così che si deve

leggere: vd. infra, p. 141); ἀλλ΄ 107. 1; οὐδ᾽ 130; ὀππότ᾽ 140. 1; ἵν' 415. i. 17. Il tradizionale δ᾽: 4. 2; 9. 13; 44. 1, 5; 51. 5, 10; 66; 79; 92. 3, 4; 96. 3; 98. 1; 141. 5; 415. ii. 5, 25 (bis). Altre particelle: dp’ 23. 1; ῥ᾽ 415. ii. 17; γ᾽ 415. i. 6. In 415. i. 4 ὅτ᾽ 0 6 v; impossibile pronunciarsi su 415. i. 20 (vd. Lloyd-

Jones e Parsons ad loc.) e 428. i. 4. 104 Nei dubia 5443. 6 γούνατ', 12 μνησαίμεθ᾽, SH fr. 1044 τευμήσατ' (poco attraente la congettura δινῆντ᾽ di Powell in ?175. 3). _

105 Dati di West 1982a, p. 156 (da notare oltretutto che Callimaco ha una frequenza maggiore

negli epigrammi, 5% secondo Page 1978, p. 34); per Alessandro Etolo (un autore particolarmente proclive alle elisioni, anche ‘pesanti’) Magnelli 1999c, pp. 41-42. La pratica di Callimaco,

Apollonio e Arato è analizzata in dettaglio — anche se con una ricca messe di ‘normalizzazioni’ fortemente perverse — da Beneke 1883-84; su Callimaco anche Mineur 1984, pp. 44-45.

106 In due su tre (415. ii. 17 e 418. 44) con By; si sarebbe tentati di pensare che in un appassio-

nato di B? come Euforione ciò non sia casuale, se si accoglie l'interpretazione di casi del genere come cesure ‘quasi-femminili’ conseguente alla teoria di Rossi 1969, pp. 438-439. 107 Vd. Hopkinson 1984, pp. 53-54 e Mineur 1984, p. 44. Molto più libera la pratica di Teocrito (Fantuzzi 1995, pp. 232-233 e n. 46).

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

85

Fenomeni di allungamento inarsi!® si verificano piuttosto spesso, oserei dire insolitamente spesso per un poeta doctus: (

vocale breve + v, p, c davanti a vocale iniziale: 9. 9 πύματος ἐλιπήνατο, 84. 2 στέφανον ἄθλοις (se non si accoglie la congettura di Bernardakis), 119

ἀμευσάμενος ᾿Αθύραο, 415. i. 7 δαϊθρασέος Ἰολάου, 415. i. 18 μόρον ᾿Αχιλῆι, 415. ii. 12 κουφότατος ἀνέμων, 418. 43 ἔτυμον £.; forse anche 416. 9 ]xoóagc ἐπάλυνε (vd. Lloyd-Jones e Parsons ad loc.), 431. 22 -pov ἕδος (che alla luce di tutti questi paralleli non dovrebbe piü fare difficoltà come affermano Lloyd-Jones e Parsons) e 153 se vi era una sequenza δαιμόνιος $110. (m)

vocale breve davanti aA, y, v, p, o iniziali: 51. 9 ὅτε ῥήσσοιτο, 415. i. 23 ὅτε

Außes, 415. ii. 8 παρὰ ῥήτρας, 428. i. 4 ὅτε μέγα.

In totale 11 casi, ossia una frequenza pressoché doppia rispetto a quella di Callimaco, che ne totalizza 23 nei più di 900 versi degli Inni esametrici!!?; se in Callimaco le due categorie si equivalgono, Euforione sembrerebbe favorire la prima (Call. (1) 11 volte, (u) 12; Euph. (1) 7 volte, (m) 4). Si può notare

come la sede di gran lunga preferita sia il quarto longum (in Callimaco il secondo e il quarto; non so se questo abbia un significato particolare). I versi tetracoli sono particolarmente abbondanti!!, come era lecito attendersi in base a quanto osservato supra (p. 73) sull'inclinazione di Euforione per le parole lunghe. Su 213 esametri valutabili si riscontrano ben 20 casi sicuri (9. 11; 14. 1; 23. 2; 40. 2-3; 44. 3; 78; 87; 91; 94. 2 0 3, a seconda che si accolga o no la trasposizione di Hermann; 95b; 104. 2; 107. 4; 111; 119;

133; 134; 415. i. 7; 416. 2; 427. 3)112, ossia un 9,4% che si distanzia enormemente dal 4,1% di Nicandro, dal 3,7% di Arato e dal 3,4% di Apollonio (per

non parlare dell’1,6% di Callimaco e del Teocrito epico, sostanzialmente equivalente alla percentuale di Omero; in Esiodo si aveva 11,990}: solo nel-

l'innografia tarda, in virtü della sua fortissima tendenza all'accumulo di epiteti, si riesce a trovare percentuali affini (12,2% gli Inni orfici, 9,1% gli Inni di

108 West 1982a, p. 156; ancora fondamentali le dettagliate analisi di Rzach 1880 e 1882. 109 Tra i dubia °11. 2 πορφύρεον ἐλαχείῃ (se non si accoglie πορφυρόειν di Meineke), °442. 4 xóXuv ἁλιτειχέα, PLugd.Bat. 25. 1, v. 10]. σιν ἅμα πάντες (e forse 12). UO (ἡ: Hymn. Ap. 2, 19, 20 (ove vd. Williams), Hymn. Del. 83, 193, 194, 229, 238, 263, Hymn. Cer. 15, 21 (su Hymn.

Del. 154 vd. Mineur

1984, p. 42 e ad loc.); (i): Hymn.

Jov. 16 (ove vd.

McLennan), Hymn. Dian. 47, 55, 59, 61, 150 (ove vd. Bornmann), 200, 243, Hymn. Del. 25, 159, 206, 292. Il fenomeno è molto più raro nelle elegie (un solo esempio negli epigrammi, 43. 3 Pf., e in Hymn. Lav. Pall., 77).

I! Lo notava già van Groningen 1953, pp. 36-37 (cf. Watson 1982, pp. 101-102, che opportu-

namente ne sottolinea l'uso da parte dell'euforioneo Cinna, fr. 1. 2 Courtney = 1. 2 Blánsdorf).

112 Probabilmente anche 47 e 416. 1, accogliendo le integrazioni più plausibili. Tra i dubia, °11

e SH fr. 1044.

86

Studi su Euforione

Proclo)!?, Trattandosi di frammenti molto brevi, spesso anche di un unico

verso, è impossibile analizzarli secondo le categorie enucleate da Bassett: si può comunque notare a) che un buon numero di essi &, come era lecito attendersi, spondiaco (7 versi, 8 se si include 94. 2)!4, e

b) che, benché i nomi propri siano com'e ovvio piuttosto comuni, la tipologia comprendente nome proprio + specificazione di etnia o parentela (ossia quella più squisitamente ‘epica’: κούρη Ἰκαρίοιο περίφρων Πηνελόπεια,

Εὐρυσθεὺς Σθενέλοιο πάϊς Περσηϊάδαο) è, come negli altri poeti ellenistici!!5, assai ridotta: l'unico esempio calzante è 415. i. 7 ἢ Ἰφικλείδαο δαϊθρασέος

Ἰολάου, ove il tono molto epicizzante (in termini di Wortbild, sarebbero solo

tre parole!) ha probabilmente un fine ironico!!®. Una sequenza di due tetracoli in 40. 2-3 (probabilmente una sezione proemiale), a meno che al v. 3 non si accolga τεὰ γράμματα di Hermann (vd. Lehnus 1995); forse anche in 416. 1-2, con l'integrazione di Bartoletti al v. 1, e

94. 2-3 se si accogliesse la sistemazione testuale di Meineke e Geel. Rimane il problema dei tetracoli composti da quattro parole non grammaticali ma

metriche:

una categoria piuttosto eterogenea, dato che in 80. 1

ὁπλοτέρου t' ᾿Αχιλῆος ἀκούομεν Εὐρυλόχοιο il quasi evanescente τ᾽ non intacca

praticamente per nulla quell'effetto di solennità che invece in 9. 8 (olóx ἐπὶ δήν᾽ Αἴθρης yàp ἀλοιηθεὶς ὑπὸ παιδί (o, tra i dubia, in °2. 2 ἵκετο δ᾽ ἐς Πυθῶνα καὶ

ἐς γλχαυκῶπα Προνοίην) l'abbondanza di appositive non può non compromettere. Il problema meriterebbe uno studio a parte, anche perché non disponiamo di statistiche di nessun tipo!". Per Euforione si può intanto notare che i 'tetracoli' comprendenti una sola appositiva sono circa 23 (sicuri almeno 9. 5, 6, 15; 25; 34. 3; 51. 6, 9, 11, 12, 15; 52; 57. 2; 80. 1; 83; 92. 2; 118; 120;

113 Dai dati di Bassett 1919, pp. 230-231 (molto più parziali quelli di van Groningen 1953, p. 36, ove anche la percentuale relativa ad Euforione è ricavata da un numero minore di versi), integrabili ora per la poesia tardoantica con Agosti 1995, pp. 322-324 e Gonnelli 1995, pp. 381382; per il latino vd. Courtney 1993, pp. 214-215 e Dewar ad Claud. VI Cons. 177. Nelle Dionisiache di Nonno la percentuale & 6,6 (e tutta la scuola nonniana mostra caratteristiche simi-

li), la più alta, eccettuato appunto Euforione, in poesia esametrica non innodica: forse non è un caso che proprio un tetracolo sia il verso euforioneo che Nonno riprende di peso (Euph. 91 = Nonn. D. 13. 186 ἀγχίαλον Βραυρῶνα, xevripiov Ἰφιγενείης).

114 Bassett 1919, p. 219, che opportunamente riconduce il fenomeno alla tendenza degli axov-

δειάζοντες alla clausola quadri- o esasillabica (cf. supra, p. 69).

115 Bassett 1919, pp. 225-226 e 231 (cf. Magnelli ad Alex. Aet. fr. 3. 1).

116 Così come l'esiodizzante dallelpnv μνήσαιο θύγατρα del v. 8: della storia non sappiamo niente, ma il contesto fa capire chiaramente che si trattava di un matrimonio funesto, presumi-

bilmente cruento, a dispetto — o, per meglio dire, in voluta contrapposizione: cf. l'analoga ironia dei vv. 9-11, e vd. supra, p. 38 n. 129 — della "fiorente" fanciulla e dei suoi nobili natali.

117 Bassett 1919 considerava solo le parole grammaticali. Interessanti osservazioni in Agosti

1995, p. 323 n. 123, che rileva come Nonno consideri versi di quattro parole grammaticali * un te equivalenti (o quantomeno, preciserei, assai affini) ai tetracoli stricto sensu.

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

87

121; 415. i. 16; 415. ii. 3, 4; 418. 36; 428. i. 3, senza contare alcuni casi incerti), cui se ne aggiungerebbero un’altra ventina con due appositive e ancora una decina con tre: il che da un lato sconsiglia di estendere troppo la definizione di ‘tetracolo’ (si arriverebbe quasi alla metä dei versi euforionei rimastici

integri!!!8), dall'altro può tuttavia essere un ulteriore indizio, almeno per quanto riguarda i casi con una sola appositiva (specie se minuscola, come

nel citato 80. 1), della particolare predisposizione di Euforione a un tipo di esametro ‘pesante’ e solenne!!9, In soli 152 versi integri è particolarmente arduo giungere a qualche conclusione sulle valenze stilistiche dell ordine delle parole;sarà quindi prudente limitarsi ai fenomeni più significativi. Tra le molte tipologie di Sperrung in senso ampio, ossia ‘distanziamento’ tra un sostantivo e il suo aggettivo (o participio; in pratica, non altro che una categoria di iperbato), quella più vistosa e stilisticamente più rilevante è la collocazione di uno dei

118 [| che non deve stupire, ove si pensi alla tendenza (supra, p. 57) alla quadripartizione che le ricerche di Fránkel hanno permesso di considerare un dato di fatto almeno per l'esametro ellenistico. Si è d'altronde visto in tempi recenti come il Wortbild ortotonica + appositiva/e, pur

costituendo sostanzialmente un'unità, fosse quantomeno in determinati casi avvertito dagli antichi come meno compatto di un'unica parola grammaticale (cf. per l'esametro ellenistico Magnelli 1995b, per il trimetro giambico gli studi di A. M. Devine e L. D. Stephens, in particolare Devine-Stephens 1983): dunque non solo sul piano semantico, ma anche su quello fonologico un 'tetracolo' come 34. 2 οἱ μὲν δὴ événovat καὶ ᾿Ασίδα κικλήσκεσθαι non poteva produrre lo stesso identico effetto di 87 Ὀρχομενὸν Χαρίτεσσιν ἀφαρέσιν ὀρχηθέντα.

119 Significativo da questo punto di vista il fr. 51. 5-15, ove in assenza di tetracoli veri e pro-

pri se ne hanno ben cinque (vv. 6, 9, 11, 12, 15) con un'appositiva: all’ascesa-di Cerbero dall'Ade una certa solennità era quasi dovuta. Da considerare anche versi come il citato 415. i. 7 (o come

38 se l'integrazione iniziale è giusta), in cui le ‘parole metriche’ risultano addirittura solo tre. Ben potrebbe essere solo un caso che tra gli esametri euforionei superstiti non se ne trovi nessu-

no di tre parole grammaticali, come Hes. Op. 383 Πληιάδων ᾿Ατλαγενέων ἐπιτελλομενάων: cf. del resto 414. 11 ratpoxaoıyvnit-, che potrebbe supportare una struttura del genere come in Hymn. Hom. Cer. 31 e Quint. Smyrn. 10. 58 (e più spesso con avtokaoiyvmtoc/ -n). Sugli esametri di tre

parole vd. Richardson ad Hymn. Hom. Cer. 31 e Fraenkel 1957, p. 76; raccolta dei passi in Bassett 1917, aggiungendo Od. 12. 133a con West ad Hes. loc. cit. e ancora Hes. fr. 25. 23 M.-W. con l'integrazione di Lobel, Cratin. fr. 162 K.-A. (forse anche fr. 223 K.-A. ed Eub. fr. 106. 10 K.-A., con

le emendazioni piü plausibili), Timo, SH fr. 825. 2 = fr. 51. 2 Di Marco, Leon. A. P. 7.295.3 = HE XX 2076, anon. SH fr. 1168. 4 = adesp. epic. 7 Davies, orac. ap. Heraclid. Pont. fr. 130 Wehrli = Clem. Alex. Strom. 1. 21. 108. 2, v. 3 (su cui vd. Parke 1986), SGO 3. 7. 9. 2 (Eritre, I/II d. C.),

'Pancrat.' GDRK XV 2.9, hymn. mag. GDRK LIX 8. 3, 12. 33, PGM 23. 8, Homeroc. 3. 349 (< Od. 10. 137 + Il. 18. 173 modificato, vd. Schembra 1996, p. 317; interessante notare come il centonatore alteri l'emistichio iliadico così da ottenere un verso di tre parole come in Od. 10. 137), forse PBodmer 35. 65 ἐμπαλαιωθήσονται: ἐπαλλάξειας (U-x (cf. Magnelli 2000, pp. 155-156), e più tardi Leo Philos. Job 226, Io. Geom. Hymn. 5. 3 Sajdak = PG 106, col. 865 D, Theod. Prodr. carm. hist. 2.

95, 6. 5 Hörandner, Max. Plan. Id. 33, Theod. Metoch. carm. 4. 31, 16. 47 (vd. infra, pp. 123-124 nn. 99-109). Un esametro di tre parole voleva forse comporre anche l'approssimativo autore di SGO 16. 31. 15. 13 (Frigia, età tardoantica), se il verso non e da integrare con Gallavotti 1980, pp. 282-283. Un caso isolato i virtuosistici esametri e pentametri di sole due parole in anon. FGE CLV (III/II sec. a. C.; Lucillio si spingerà su questa strada ma solo in un pentametro, A. P. 11. 134. 4, cf. Bernhard 1928, pp. 13-14).

88

Studi su Euforione

due a fine verso e dell’altro prima della cesura principale (o della dieresi mediana nel caso del pentametro)!®: il fenomeno si verifica nel 12,5% dei versi euforionei, cio® con frequenza ben superiore al 4/5% di Callimaco e di Apollonio"! e non troppo inferiore al 18/2075 dell'esametro latino di stampo neoterico!2, cosi da confortare la discussa ipotesi di Patzer secondo cui l'influsso di Euforione sui poetae novi si sarebbe manifestato anche in questo campo!2, Tre casi di versi con aggettivo in incipit e sostantivo in clausola

120 Vd. soprattutto per l'esametro stichico Conrad 1965, pp. 207-214 (che nota, p. 209, come «in the Alexandrian hexameter, the pattern appears much more frequently and the normal order is adjective-noun, as in the Latin hexameter»), per l'esametro elegiaco Van Sickle 1968, pp- 490-491, per il pentametro Slings 1993, pp. 33-34 e tav. II (da cui pure risulta chiaramente un sensibile incremento del fenomeno in età ellenistica), con le osservazioni di A. M. Morelli 2000,

p. 314 e n. 214. Date le implicazioni stilistiche del fenomeno, credo che sarebbe opportuno di-

stinguere i casi come Call. Hymn. Del. 45 ἔδραμες Εὐρίποιο πόρον καναχηδὰ ῥέοντος o Prop. 1. 1. 3

tum mihi constantis deiecit lumina fastus, con semplice 'parallel word-end', da quelli come Call. Hymn. Del. 66 ἡ δ' ἐπὶ νησάων ἑτέρη σκοπὸς αἰπειάων o Prop. 1. 1. 1 Cynthia prima suis miserum me

cepit ocellis, ove la ‘rima’ esatta o approssimativa tra le due parole contribuisce a enfatizzarne la simmetria (dissento in questo da Slings 1993, p. 33).

121 In Euforione i casi di rima interna sono 23. 3, 111, 415. i. 10 (e forse 11 leggendo μέτωπα con

Lloyd-Jones e Parsons, che a mio parere si raccomanderebbe come ripresa sarcastica di moduli epitalamici del tipo di σοὶ χάριεν μὲν εἶδος in Sapph. fr. 112. 3 Voigt; χαρίεντα sarebbe invece avverbiale

con μέλίαθρα di Livrea 1985, p. 595 = 293), cui si aggiungono nei versi incompleti o testualmente malsicuri 34. 1 (anche se con interposizione di & prima della cesura), 74, 83, 413. 14; i casi senza rima 9. 10 e 14, 44. 3 e 4 (con δέ), 90. 2, 96. 4, 98. 4, 112, 119, 133, 415. i. 7 e 13, 415. ii. 3 e 18, 418. 36, aggiungendo tra i frammenti malsicuri 38 e 89 (inoltre 10 se è caduto in lacuna ᾿Ασσωρίνου, 415. i. 18 con δαμέντος di Maas e 416. 1 se è da integrare un epiteto al genitivo); per lo più è il sostantivo a trovarsi in fine di verso. Nei pentametri 140. 2 e forse 141. 2 (testualmente incerto), ma è inutile dire

che un totale di cinque versi non permette alcuna statistica. Negli Inni esametrici di Callimaco rilevo 16 casi di rima interna (Hymn. Jov. 24, Hymn. Ap. 38, 63, Hymn. Dian. 160, 214, Hymn. Del. 14, 66, 100, 161, 187, 235, aggiungendo Hymn. Jov. 23 e Hymn. Dian. 27 con & prima della cesura, Hymn. Del. 101 con τε, 171 con τις, Hymn. Cer. 104 con γάρ) e altri 33 senza rima, per un 5,23% complessivo

(una particolare frequenza in Hymn. Del., 8,05% con tre versi consecutivi in 100-102; percentuali enormemente superiori Callimaco esibisce nel pentametro, cf. Slings 1993, tav. II); ovviamente non ho considerato casi come Hymn. Cer. 109 καὶ vov ἀεθλοφόρον καὶ τὸν πολεμήιον mov, ove non si può

parlare di iperbato. Per Apollonio Conrad 1965, p. 256 n. 32 conta 104 casi nei primi due libri, il che significa il 3,93%. Ovviamente uno studio sistematico del fenomeno comporterebbe la valutazione di eventuali fattori correlati, quali l'enjambement e le pause sintattiche interne al verso — entrambi assai frequenti, ad esempio, nel primo Inno callimacheo.

12 Dai dati di Conrad 1965, p. 208 tav. I, si ricava un 18,38% nel carme 64 di Catullo e un

11,76% nell'ottavo libro dell' Eneide (di contro all'8,06% degli Aratea di Cicerone e al 2,65% del III

libro di Lucrezio); i miei calcoli danno il 18,6% per la sesta Ecloga virgiliana e il 20,5% per Catullo 65-68, mentre per Properzio Shackleton Bailey 1967, p. 57 n. 1, rileva addirittura un 44% nel I libro e un 30% nel IV. Preciso che non ho considerato, a differenza di Conrad e di Van

Sickle, i casi di sostantivo-* genitivo (che porterebbero p. es. la percentuale di Verg. Ecl. 6 al 21%,

cf. Van Sickle 1968, p. 506 n. 43). 12 Patzer 1955, specie pp. 86-87 a proposito di Euforione e di Ermesianatte. Impossibile dire se il gusto neoterico per questo tipo di Sperrung derivi maggiormente dalla precedente tradizione esametrica (come ritiene Conrad 1965, passim) o dal pentametro elegiaco (come argomenta Van Sickle 1968, pp. 490-493); comunque, anche se il 12,5% dell'esametro euforioneo non è il 58,3% del pentametro di Ermesianatte (Slings 1993, p. 37), credo che in base ai dati su esposti

escludere a priori l'influsso di Euforione sarebbe quantomeno arrischiato.

Il. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

89

(Chalcidicaque levis tandem super adstitit arce), anch'essa una struttura piutto-

sto rara in poesia ellenistica e amata invece a Roma in età tardorepubblicana e augustea'^, Per quanto riguarda altre ricercatezze, né il ‘versus aureus' abxAB o abxBA (due epiteti separati dai rispettivi sostantivi per mezzo del verbo: grandia per multos tenuantur flumina rivos), né il più raro aAxbB /

aAxBb (florentem cytisum sequitur lasciva capella), entrambi cari ai neoterici"5, sono attestati in quel che ci rimane di Euforione. 5. Un profilo complesso Una tecnica metrica, dunque, difficilmente inquadrabile, che riunisce

aspetti e tendenze notevolmente eterogenei. La maggior parte delle caratte-

ristiche della outer metric non ha nulla a che vedere con gli Alessandrini propriamente detti: la forte spondaicità complessiva e la relativa frequenza di versi con quattro spondei o con tre spondei di fila separano nettamente Euforione non solo da Callimaco, ma anche da Apollonio e dal Teocrito bucolico, avvicinandolo piuttosto, oltre che all'epos arcaico, ad autori in certa misura 'arcaizzanti' (almeno in quanto amanti dello spondeo) come Arato e Alessandro Etolo. Nessuna traccia, quindi, del 'goüt du dactyle' che si andava affermando nel III secolo. Non credo peró che questo comportamento sia da interpretare come puro e semplice arcaismo: già osservando quello che

accade al quinto piede, il quadro si fa pilı complesso. La grandissima abbondanza di esametri spondiaci esula dai canoni dell'età arcaica, e deriverà

piuttosto dall'influsso di Antimaco e/o di Arato, comunque da una tendenza più ‘moderna’ (tra i cui fautori, è interessante notarlo, pare esserci stato

anche quel Licofrone che ad Euforione dovette piacere molto!2); il frequente accorpamento degli σπονδειάξοντες sembra parimenti iniziare con Antimaco, e ad ogni modo si configura come tipicamente ellenistico — e anche piü fre-

124 In Euforione 51. 6, 51. 15, 415. ii. 9 (superflue le congetture di Meineke in 87). La diffusio-

ne nella poesia greca & analizzata da Wifstrand 1933, pp. 133-139, che espressamente individua

in Euforione l'iniziatore di questa tendenza (opinione condivisa da Whitby 1994, p. 134 n. 65),

cf. anche McLennan ad Call. Hymn. Jov. 60; per il latino vd. Norden 1927, pp. 391-392, e Conrad 1965, pp. 224-229. 125 Sul primo vd. da ultimo Baiios Bafios 1992, con bibl. anteriore (cf. Hopkinson ad Call. Hymn. Cer. 9; per la variante chiastica abxBA, agrestem tenui meditabor harundine musam, fu proposta la definizione 'versus argenteus' da Wilkinson 1963, p. 216); sul secondo Tandoi 1981, pp. 249-250 = 211-212. 126 Porph. fr. 409. 35 ss. Smith (Euseb. Praep. Ev. 10. 3. 20-22) ὁ δ᾽ ᾿Αντίμαχος và Ὁμήρου κλέπτων παραδιορθοῖ. 'ομήρου yàp εἰπόντος" ""Ióec θ᾽ óc κάρτιστος ἐπιχθονίων γένετ᾽ ἀνδρῶν“ (Il. 9. 558), ᾿Αντίμαχος λέγει ““Ἰδεώ θ᾽ ὃς κάρτιστος ἐπιχθονίων ἦν ἀνδρῶν“ (fr. 88 Matthews), καὶ Λυκόφρων (fr. 12 Strecker) ἐπαινεῖ τὴν μετάθεσιν, ὡς 6. αὐτῆς ἐστιηριγμένου τοῦ στίχον. Dei debiti di Euforione verso

Licofrone si & discusso alle pp. 27-30.

90

Studi su Euforione

quente in Callimaco e in Teocrito che nel pur spondaicissimo Arato. Sembra quindi che ad Euforione non interessasse tanto l'uso arcaico di per sé, quanto lo spondeo: evidentemente c'era da parte sua una forte propensione per un verso ‘pesante’ ad alto tasso spondiaco, la cui realizzazione comportava

scelte diverse che equivalevano a porsi di volta in volta nella scia di Esiodo o di Antimaco o dei contemporanei. Se poi sullo sviluppo di questo gusto

sia stato prevalente l'influsso di Antimaco o di Alessandro Etolo (che comunque ha ancora più spondei di Euforione) o magari di Arato, è impossibile dirlo. Comunque, non si trattava di una versificazione approssimativa. Si è visto come negli esametri spondiaci Euforione rientri tra i pochi poeti ellenistici che avevano cura di lasciare sempre bisillabico il quarto biceps,

anche quando l'assenza di C; escludeva che uno spondeo al quarto piede violasse il ponte di Naeke (un'accuratezza caratteristica di Callimaco, ma non di Antimaco né di Arato); si è parimenti notato come le norme di Naeke

e di Hilberg, che in siffatto rigoglio di spondei sarebbe piü facile violare, siano invece rispettate piü che in altri autori del III secolo (e molto piü che in

Arato). Né la passione per il biceps monosillabico & tale da impedire ad Euforione di condividere la predilezione tipicamente ellenistica per B; (assente invece sia in Alessandro Etolo che in Arato). In altre parole: spondei in ab-

bondanza, ma badando bene che non vadano a scapito di altre esigenze. Ossia le esigenze della inner metric, quelle in cui Callimaco maggiormente si distingue dai contemporanei. Qui il comportamento di Euforione è

tutto meno che arcaizzante. Solo la scarsa frequenza delle incisioni C, e in particolare di C, non è tipicamente ellenistica; è questo l'unico aspetto che

accomuna Euforione ad Arato (non peró ad Alessandro Etolo), e comunque la spiegazione sarà piü probabilmente il gusto per le ‘parole pesanti' che un

generico tradizionalismo. In tutto il resto — predilezione per B, rifiuto dello scavalcamento di B, trattamento dei monosillabi finali, osservanza delle

norme di Meyer, Hilberg, Giseke, Naeke, Tiedke, per non parlare del ponte di Hermann — Euforione si stacca vistosamente dai parametri di Arato e di

Teocrito epico per condividere quelli più ‘moderni’ di Apollonio e del Teocrito bucolico, e a volte si avvicina ancor più di loro al rigore di Callimaco. Insomma, da questo punto di vista la sua metrica può dirsi a

buon diritto ‘callimachea’. Le novità dell'ambiente alessandrino, in circolazione ormai da qualche decennio, sono state studiate ed assimilate. L'esametro euforioneo è il prodotto di un'arte estremamente vigile e consapevole, attentissima agli aspetti formali!?: non è un caso che vi si trovi

127 Il concetto di ‘poésie verbale’ (van Groningen 1953) può conservare in questo senso una certa validità, purché inteso non in chiave astrattamente estetica bensì alla luce dei nuovi parametri affermatisi nel Ill secolo. Sulla teoria di van Groningen torneremo infra, pp. 101-102.

II. La metrica: ortodossia ed eterodossia di un callimacheo praticante

9]

una frequenza di Sperrung quasi tripla rispetto agli altri poeti del III secolo e non superata, per quanto ci risulta, fino ai neoterici latini. Anche la propensione allo spondeo e la ricerca delle parole lunghe muovevano verosimilmente da finalità del genere, e anzi potrebbero essere due facce della stessa medaglia. Che con una forte spondaicità si possa ottenere gravitas, lo affer-

mavano già gli antichi!?8; delle ‘parole pesanti’ è discusso l'aspetto ritmico, ma sul piano stilistico l'ipotesi che fosse loro attribuito un effetto particolare sembra ricevere conferma da quello che sia i metricologi tardoimperiali sia la ricerca moderna giudicano sull'impiego dei casi più vistosi, ossia i versi

tetracoli (che infatti in Euforione abbondano come non mai)!?. Dietro la pesantezza degli spondei e la ricercatezza delle parole lunghe si intravede un unico atteggiamento, l'interesse non tanto per la leggerezza del verso quan-

to per la sua impressività. In questo Euforione è diverso da Callimaco. Ciò nonostante, sembra che egli abbia voluto imitare quello che del verso di Callimaco dovette esser avvertito come il carattere piü nuovo e il segno piü distintivo, ossia la regolarizzazione dell'articolazione (la inner metric); essere

‘callimacheo’ in ciò che maggiormente permetteva di esserlo!9, in ciò che consentiva anche di comporre esametri piü pesanti evitando peró le durezze e le disarmonie di un ‘passatista’ come Arato. Del resto, la fattura dell'esa-

metro non aveva impedito ad Arato di conseguire la celebre lode di Call. epigr. 27 Pf.!31, e ai suoi versi, pur così distanti dalla sensibilità della nuova

poesia, di essere qualificati come λεπταὶ ῥήσιες. Se Callimaco aveva apprezzato Arato, allora anche Euforione poteva ben sentirsi la coscienza a posto.

128 D'obbligo il rimando a Norden 1927, pp. 419-425. 129 Bassett 1919, passim (e già Bassett 1917); per Euforione van Groningen 1953, pp. 36-37 e

supra, pp. 85-87. Quanto al ritmo, in Omero una recitazione delle 'parole pesanti' non solenne, bensì veloce, è stata ampiamente argomentata da Rossi 1965 (cf. Michelazzo 1995, pp. 168-170);

in poesia scritta la situazione poteva essere diversa, ma forse non poi troppo se si ricorda che la lettura degli antichi era a voce alta. Del resto è interessante notare come anche Nonno, col suo esametro dattilicissimo e 'saltellante', posticipi spesso l'incisione C con una parola lunga (Fránkel 1968, p. 127 n. 1 = 209 n. 60). Ovviamente, anche nella valutazione stilistica non si pud

generalizzare: Rossi ha mostrato adeguatamente come molto spesso in Omero le 'parole pesanti non siano caricate di alcuna particolare espressività, e lo stesso vale per Euforione. Ma e anche vero che in Euforione le parole lunghe sono assai piü frequenti, e questo difficilmente sarà casuale. 130 Meno callimachea è la prosodia, troppo libera negli iati e negli allungamenti (anche se la moderazione nell'elisione rivela che si ha a che fare con un autore ellenistico, o quantomeno con un autore attento a conservare un registro 'alto' e ad evitare fenomeni di tipo in certo modo colloquiale): difficile dire se per questo si debba cercare una spiegazione particolare o se fosse solo disinteresse, dato che in quell'àmbito le innovazioni ellenistiche in generale, e callimachee in particolare, ebbero tutto sommato minor portata.

31 Per l'interpretazione dell'epigramma basti rimandare alla convincente analisi di Cameron

1995, pp. 374-379.

IN POETICA EUFORIONEA

I frammenti euforionei sinora noti assommano a circa duecento, e tuttavia

solo sette di essi conservano piü di quattro versi integri consecutivi. Questo permette di apprendere molto sulla lingua del poeta, sulla sua tecnica versifi-

catoria (come si & visto nei cap. I e II), in certa misura anche sugli argomenti da lui trattati, ma ben poco sugli altri aspetti che concorrono a formare un quadro completo della sua 'poetica': in altre parole, «it remains very hard to imagine

what a complete poem by Euphorion might have been like»!. Pud comunque valer la pena di riesaminare i non molti dati a nostra disposizione alla luce delle attuali conoscenze sulla cultura letteraria ellenistica, nella speranza alme-

no di individuare nei primi qualche ulteriore traccia della seconda. In primo luogo, il genere letterario. Se Euforione abbia mai scritto elegie, & una vexatissima quaestio destinata a rimanere per sempre priva di una risposta sicura?; qualcosa rimane dei suoi epigrammi (140-141; non saranno stati i soli,

se Meleagro A. P. 4. 1. 23 = HE 13948 lo ricorda tra gli autori della sua Corona) e, conformemente all'ormai consolidato modello del ποιητὴς ἅμα καὶ κριτικός, delle sue opere erudite in prosa (Περὶ ᾿Αλευαδών, Περὶ Ἰσθμίων, Περὶ μελοποιῶν, Ἱστορικὰ ὑπομνήματα, Λέξις Ἱπποκράτους, e forse altro: frr. 172-187 van

Groningen); ma la stragrande maggioranza dei frammenti o proviene manifestamente da opere esametriche, o comunque non conserva traccia di metri diversi dall'esametro. Dunque Euforione fu essenzialmente ἐποποιός. Quanto

all'argomento, sembra di poter individuare alcune ripartizioni di massima:

1 Hollis 1990, p. 24.

? Le conclusioni degli studiosi variano a seconda di quanta fiducia si

disposti ad accordare

ai grammatici latini di età tarda che menzionano o sembrano sottintendere l'esistenza di elegie euforionee, e di quali si ritengono gli eventuali motivi di un loro fraintendimento (le piü ampie discussioni del problema in Barigazzi 1950; Alfonsi 1963; Alfonsi, Barigazzi e Della Corte in Alfonsi & al. 1965; van Groningen, pp. 251-253; da ultimo Clua 1991a). > [n vari casi (p. es. ᾿Αλέξανδρος, 'Avriypaéai πρὸς Θεοδωρίδαν, Δημοσθένης, etc.) rimane solo qualche esametro isolato, o addirittura nient'altro che il titolo. Sarebbe quindi possibile, in teoria, che qualcuna di tali opere fosse in metro elegiaco: tuttavia, alla luce sia dell'assoluta man-

canza di frammenti di pentametro, sia dell'incertezza stessa sul fatto che Euforione di elegie ne

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Studi su Euforione opere a carattere mitologico/antiquario: "Avıos (2. 1), ᾿Απολλόδωρος (4-7), Διόνυσος (13-18, 418), Διόνυσος Κεχηνώς (19-20), Moyonía (34-36, 417), Ξένιος (37), Ὑάκινθος (40-43), Φιλοκτήτης (44), forse anche l’enigmatico Toxía 7 Ἴναχος (32); opere a carattere più propriamente erudito: ‘Avrıypapai πρὸς 8coóopióav

(3), Ἡσίοδος (22); -

maledizioni: 'Apai ἡ Ποτηριοκλέπτης (8, probabilmente 9: vd. infra), Θρᾷξ (23-29, 413-415), Χιλιάδες (46-49, 427); encomi o epicedi: Ἐπικήδειον εἰς Πρωταγόραν (Diog. Laert. 9. 8. 9, forse Euph. 21), Ἱππομέδων (30-31), Ἱππομέδων Meitwv (416); opere di argomento incerto o ignoto: ᾿Αλέξανδρος (1), ᾿Αρτεμίδωρος (10), Δημοσθένης (12), KArtwp(?) (33), HoAvxapng (38-39).

Prescindiamo qui dai numerosi tentativi di far collimare questo rigoglio di titoli con le sole tre opere menzionate nella ben piü succinta (e a mio parere sicuramente incompleta, vuoi per guasti della tradizione, vuoi per difetto

della fonte del lessicografo) lista di Suid. e 3801 Adler = test. 1 van Groningen βιβλία δὲ αὐτοῦ ἐπικὰ ταῦτα᾽ Ἡσίοδος Μοψοπία n "Arakco ἔχει γὰρ συμμιγεῖς ἱστορίας, Μοψοπία δέ, ὅτι ἡ ᾿Αττικὴ τὸ πρὶν Μοψοπία ἐκαλεῖτο ἀπὸ τῆς Ὠκεανοῦ θυγατρὸς Μοψοπίας, καὶ ὁ λόγος τοῦ ποιήματος ἀποτείνεται εἰς τὴν ᾿Αττικήν [xov ᾿Αντίοχον Ruhnken]: Χιλι ἀ deg ἔχει δὲ ὑπόθεσιν εἰς τοὺς ἀποστερήσαντας αὐτὸν χρήματα ἃ παρέθετο, ὡς δίκην δοῖεν κἀν εἰς μακράν, κτλ.",

abbia mai scritte (supra, n. 2), parleremo da ora in poi delle opere euforionee dando per scontata non la sicurezza ma almeno la forte probabilità che avessero natura esametrica. 4 Il testo tràdito suona ἐν τῇ Ἱστίᾳ καὶ τῷ Ἰνάχῳ, il che indica necessariamente due opere diverse (interessante l'ipotesi di van Groningen, p. 98, secondo cui «l'une était en prose et racontait irt extenso l'histoire de Caranos ... l'autre était un poéme dans lequel il faisait selon son habitude allusion en passant à un détail ou deux de cette histoire»); a due diversi titoli della stessa opera pensava Bergk 1846, p. 218, accogliendo Tomaia di Meineke (che vi vedeva una dedica dell'opera alla filologa alessandrina menzionata da Strab. 13. 1. 36, C 599: per una diversa ipotesi cf. Barigazzi 1956a, p. 373) e correggendo il seguito in ἣ Ivaxw. Si potrebbe pensare anche a una breve caduta di testo: ταῦτα Εὐφορίων ἱστορεῖ £v τῇ Ἱστίᾳ xal< . . . &v τῷ Tvaxw, due opere di due diversi autori (anche

se in tal caso sarebbe stato più logico attendersi ἱστορεῖ Εὐφορίων κτλ.: è pur vero che gli scolî a Clemente Alessandrino presentano stratificazioni, cf. Wilamowitz, BKT V 1, p. 60 n. 1). Comunque, tutto quello che si può dire è che l'argomento era almeno in parte storico-antiquario. 5 Si è pensato ad esempio che Chil. e Mops. fossero titoli collettivi, indicanti raccolte di vari poemetti più brevi; che gli Atakta fossero addirittura un titolo globale degli opera omnia euforionei, Chil. e Mops. comprese; addirittura, che i “cinque libri” di cui parla la Suda (vd. infra, n. 19) non fossero le Chil. ma gli opera omnia suddetti (e cinque volumina potrebbero contenere una ventina di titoli? O si vorrà pensare che la notizia rifletta una nuova sistemazione editoriale delle opere euforionee compiuta nell'era del codice?): per uno status quaestionis non recentissimo ma ancora rappresentativo dei vari indirizzi della critica vd. Barigazzi 1948, passim (cf. però il sano scetticismo di Bartoletti, PSI XIV p. 47 n. 2). In realtà il passo di Suda sembra corrotto già di per sé, e non mi pare economico tentare di difenderne l'attendibilità a costo di forzare i numerosi dati di fatto che emergono da tutto il resto della tradizione euforionea; né e corretto sottoporre a questi sforzi di unificazione opere dal titolo diverso per il semplice motivo che entrambe parlano di Eracle o di Cerbero (è noto che il variare su se stessi è pratica non sgradita ai poeti ellenistici, a Callimaco in particolare).

III. Poetica euforionea

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e consideriamo quello che da essi & possibile dedurre riguardo al contenuto.

Tra le opere mitologico-antiquarie, una notevole estensione deve aver avuto la Moyozía, presumibilmente una carrellata sulle antiquitates Atticae, e

piuttosto estesi potevano essere il Διόνυσος e il Φιλοκτήτης, dato che tanto le gesta del dios quanto la saga troiana ben si prestavano ad una lunga narra-

zione; lo Ξένιος sfugge a ogni identificazione (poteva anche trattarsi del nome «du protecteur auquel il était dédié», come ipotizza van Groningen, p. 106); gli altri titoli sembrano peró suggerire un argomento non troppo vasto. Giacinto & noto solo per la sua triste fine e per il fiore che da lui prende no-

me, Anio per essere stato il padre delle Οἰνοτρόποι e per la morte cruenta di suo figlio Taso; il Διόνυσος Kexnvws era probabilmente un'eziologia del

curioso culto di Samo; chi fosse Apollodoro non e dato sapere (qualche ipotesi in van Groningen, pp. 29-30), ma resta il fatto che non si conosce nessu-

no di tal nome associato a qualche mito di rilievo, e peraltro il fr. 5 — anche se della sua appartenenza a tale opera non si puó essere completamente sicuri — lo presenta come un personaggio della narrazione” e rende quindi poco probabile che si trattasse di un dedicatario contemporaneo del poeta. In nessuno di questi casi si è incoraggiati a pensare a un lungo epos in molte migliaia di versi. Piü verosimilmente si sarà trattato di poemi dall'estensione piuttosto contenuta e incentrati su argomenti di respiro non troppo vasto; se erano in esametri (e questo è sicuro almeno per ᾿Απολλόδωρος e Ὑάκινθος),

rientravano a tutti gli effetti in quella categoria di Kleinepos assai in voga nel III secolo che si definisce convenzionalmente e pilli 05. Che Euforione sia stato autore di ‘epilli’ è del resto opinione concorde della critica’, e quindi è inutile dilungarsi oltre; vale però la pena di notare come tre su quattro dei carmi euforionei probabilmente classificabili come ‘epilli’ esibiscano argomenti che erano già stati toccati giustappunto dai poeti a Euforione più cari, ossia Callimaco, Apollonio e Licofrone (Anio e le Enotropi erano in Call. Aet.

fr. 188 Pf. = 112 Massimilla e in Lycophr. 570-583, Anio e Taso in Call. fr. 664 Pf. = 133 Mass.; la morte di Cizico, narrata da Euforione nell’ ᾿Απολλόδωρος,

in Ap. Rh. 1. 961-1077; al Dioniso Bocca-aperta accennava scherzosamente

6 Cf. Barigazzi 1963 e Clüa 1991b per alcune ipotesi sulla struttura dell’opera. 7 E per di più καί τις ᾿Απολλόδωρος, "un tale”, che può essere adatto a un eroe del mito che fa il suo ingresso in un ambiente a lui estraneo (cf. Eracle in Ap. Rh. 4. 1436 s.: ἤλυθε γὰρ χθιζός τις

ἀνὴρ ὀλοώτατος ὕβριν / καὶ δέμας) ma non parrebbe appropriato alla celebrazione delle gesta di un potente protettore; né si vede il bisogno di correggere in ᾿Απολλόδωρον con Sitzler 1909, col. 680 (seguito da Barigazzi 1956a, p. 376). 8 Mi servo del discusso termine come qualifica di una tendenza, non di un genere letterario codificato: vd. Gutzwiller 1981, pp. 2-9, nonché Perutelli 1979, pp. 13-29, Hollis 1990, pp. 23-26, e ora Hunter in Fantuzzi-Hunter 2002, pp. 263-269.

? Cf. in particolare Crump 1931 (ma il concetto si ritrova un po’ dappertutto).

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Studi su Euforione

Call. epigr. 48 Pf.). Sarebbe eccessivo vedere in questo, oltre che l’ennesima manifestazione di alessandrinismo, una volontà di applicare ai testi degli Alessandrini lo stesso metodo di recupero e dilatazione dei particolari se-

condari da loro applicato alla tradizione letteraria precedente? Se I’ 'AzroAAoöwpog poteva trattare di Cizico solo marginalmente, |’ "Avıos sembrerebbe

davvero — posto che veramente fosse incentrato sul mito di Anio: non si ve-

dono d'altronde possibili alternative — espandere in un poemetto autonomo quello che Callimaco condensava in uno o due episodi degli Aitia, allo stesso modo in cui Callimaco stesso aveva innalzato la vecchia Ecale da fugace comparsa nelle fonti preellenistiche a protagonista di un 'epillio' di almeno un migliaio di versi!". Anche le opere celebrative come l’ Ἱππομέδων Meitav! (altre potrebbero

celarsi tra i numerosi nomi propri che abbiamo raggruppato sotto la dicitura ‘argomento tae docti del alla Cherilo la poesia di

incerto o ignoto’!?) non sono affatto estranee alla prassi dei poeIII secolo, specie se si trattava non di epica storico-encomiastica di Iaso bensi di carmi eulogistici abbastanza brevi sulla scia delcorte di Callimaco e dello Ierone o dell’Encomio di Tolemeo di Teo-

crito?: questo sembra essere anche il caso di Euforione, dato che il carme per Ippomedonte si presenta immediatamente come ὕμνος (cf. Theocr. 16. 2 ou-

νεῖν ἀγαθών κλέα ἀνδρῶν, 17. 8 ὑμνήσαιμ᾽; del resto, comporre un lungo poema sulle gesta di signorotti di provincia come il governatore della Tracia o quello dell'Eubea avrebbe richiesto davvero molta fantasia). La lode di un

potente protettore non era affatto in contrasto con la stretta machea di cui Euforione amava ammantarsi. Perfettamente poi la poesia su argomenti eruditi quali dovettero essere le sorta di epistola poetica?) e la biografia di Esiodo (vengono

osservanza calli'alessandrina' e 'Avuypa$aí (una in mente il Tpa-

φεῖον di Callimaco, fr. 380 Pf., e le Μοῦσαι di Alessandro Etolo, frr. 4-5 Powell

- Magnelli, anche se puó darsi che Euforione si dedicasse in particolare ad aspetti ‘romanzeschi’ quali la morte violenta del poeta o la sua gara con

10 E forse anche il doppio: vd. Hollis 1990, pp. 337-340. !! Il dedicatario era probabilmente il governatore tolemaico della Tracia, come propose Wilamowitz (BKT V 1, p. 64 n. 1; cf. Treves 1955, pp. 48-54). 12 Per I’ ᾿Αλέξανδρος si è pensato, non a torto, al reuccio euboico la cui vedova Nicea protesse il nostro poeta (Skutsch 1907, col. 1180, seguito da Treves 1955, p. 30; ad Alessandro Etolo pensò Meineke, ad Alessandro Magno Scheidweiler, ad Alessandro/ Paride van Groningen).

13 Dopo l'ormai classico Griffiths 1979 vd. ora Cameron 1995, pp. 263-295, che fa bene il

punto sulla sostanziale differenza tra i due generi di poesia encomiastica. Uno dei maggiori meriti di Cameron & stato appunto il mostrare come non nell'epos estensivo teorizzato da

Ziegler, bensi nella poesia per celebrazioni pubbliche, debba individuarsi il filone dominante della produzione encomiastica di questa età (teoria che rimane valida anche senza lo sforzo, francamente eccessivo, di negare in toto l'esistenza di un Grossepos ellenistico: vd. il lucidissimo bilancio della questione in Lehnus 1999).

III. Poetica euforionea

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Omero!^. E ben integrate nel panorama letterario dell'epoca sono ancora le maledizioni, per cui Euforione aveva i precedenti dell'Ibis di Callimaco, delle ᾿Αραί di Moero!5 (fr. 4 Powell) e probabilmente dell'anonima ‘Tattoo Ele-

gy di PBrux. 221%. Sulla poesia di apai non c'è molto da aggiungere dopo l'eccellente studio di Watson, che ben ne analizza le origini, i caratteri costi-

tutivi, la natura essenzialmente letteraria ed erudita e il significato storico al-

l'interno della cultura ellenistica". Solo due osservazioni particolari su Euforione. In primo luogo, vale la pena di chiedersi se la sua evidente e comunemente riconosciuta predilezione per questo tipo di poesia (almeno tre carmi sicuramente costituiti da maledizioni:

'Apaí, Θρᾷξ, Χιλιάδες) possa riflettere

non solo il gusto del macabro che gli è generalmente attribuito — e comunque su questo torneremo poco oltre — bensi un preciso atteggiamento letterario: la volontà, cioè, di sistematizzare ed elevare a ‘genere’ vero e proprio quello che almeno per Callimaco (su Moero è impossibile pronunciarsi)

sembra essere stato un divertissement isolato. In secondo luogo, merita attenzione il trattamento narrativo della materia mitica, ovvero delle vicende funeste di cui il poeta auspica il ripetersi ai danni del suo nemico. Il fr. 8 delle

Apaí non rivela nulla in questo senso, e il fr. 9, che probabilmente apparteneva alla stessa opera!®, presenta solo exempla brevissimi; maggiore varietà mostrano però gli ampi frammenti 413-415 del Thrax, che a rapide ed allusive menzioni (il distico su Leipephile, 415. i. 7-8) alternano sezioni succin-

te ma esplicite che costituiscono una piccola narrazione a tutti gli effetti (gli almeno dodici versi dedicati ad Arpalice, 413. 5-16); carattere narrativo do-

vette avere anche l'episodio di Anfiarao, a giudicare dal frammento descrittivo e nient’affatto essenziale che ne rimane (23). Delle Chiliades abbiamo resti molto miseri, ma la già citata voce della Suda informa che si trattava di ben cinque libri (estensione sorprendente per una raccolta di ἀραί: Euforione

14 Vd. supra, p. 38 e n. 130. Del γραφεῖον rimane un solo distico su Archiloco (per le svariate

ipotesi sul carattere dell'opera vd. Pfeiffer ad loc. e O. Schneider 1873, pp. 43 e 167); le Μοῦσαι dovettero essere un vero e proprio catalogo elegiaco di poeti, con cenni biografici e valutazioni sulle loro opere (Magnelli 1999c, pp. 21-23).

15 Madre del poeta Omero di Bisanzio, contemporaneo di Sositeo e di Timone di Fliunte

(TrGF 98 T 1, 3, 8), e quindi presumibilmente attiva tra il finire del IV secolo e gli inizi del III: vd. Geffcken 1932 e Gow-Page, HE II pp. 413-414.

16 PSorb. inv. 2254 (= SH fr. 970) + PBrux. inv. E 8934, ed. Huys 1991. Validi argomenti per

una datazione all'inizio del III sec. a. C. in Lloyd-Jones 1994; che si tratti proprio delle ‘Apai di Moero ipotizza Cameron 1995, p. 386 (il PBrux. non permette ormai di condividere la riproposizione che fa Giangrande 1998, e ancora Giangrande 1999 pp. 34-36, della sua precedente idea secondo cui non si tratterebbe di una serie di maledizioni bensi di un brano mitico-narrativo). 17 Watson 1991, passim, in particolare pp. 167-193 (The Hellenistic apai in their Literary Context); per Euforione cf. anche Clüa 1988a, 1988b e 1988c. 18 La miglior discussione in Watson 1991, pp. 217-218, con conclusioni che condivido; l'ipotesi acquista probabilità ancora maggiore ove ci si risolva ad emendare il problematico νωιτέρης del v. 9 (vd. infra, pp. 148-149).

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Studi su Euforione

le concepi forse deliberatamente come il proprio opus maximum in quel campo?), e quindi sarà stato piuttosto difficile che contenessero solo accenni di un verso o due alla maniera dell'Ibis di Ovidio; e i χρησμοὶ διὰ χιλίων ἐτῶν

ἀποτελεσθέντες, che sempre secondo la Suda vi erano raccolti!?, dovevano pur richiedere un minimo di esposizione narrativa. Purtroppo, da questo punto di vista non sappiamo assolutamente nulla delle Apai di Moero e dell'Ibis di

Callimaco?, e non è quindi possibile dire se tale estensione dei carmi di apaı e in particolare del loro aspetto narrativo fosse una novità euforionea. Se ve-

ramente lo era, niente impedirebbe di leggere anch'essa come un tentativo di conferire un piü solido status letterario a una produzione fino ad allora marginale, spingendo in certo senso le ἀραί in direzione dell'epillio (più che di Kreuzung der Gattungen si tratterebbe a mio avviso di sviluppo e di espansione del modello callimacheo). Ma ovviamente questa rimane un'ipotesi; e

si deve comunque osservare che già il PBrux. 22 mostra una tendenza affine nella digressione narrativo-catalogica sui partecipanti alla caccia calidonia (ii. 15-24).

Euforione non rispecchia né la polimetria né la polimatia di autori come Callimaco o Alessandro Etolo. Non sembra aver scritto giambi, carmi lirici,

cinedologie, tragedie, drammi satireschi, forse neanche elegie; della poesia esametrica scelse alcuni filoni ben precisi, astenendosi per quanto ne sappia-

mo da altri pur assai in voga nel III secolo (p. es. l'epica didattica?!). Nella scelta del genere letterario, i non molti dati a nostra disposizione concorrono a presentarlo non come uno sperimentatore, bensi come un continuatore e sistematizzatore — almeno nelle intenzioni — delle novità introdotte dai

poeti della generazione precedente. Del resto, si & già visto (supra, pp. 54-56) come proprio questi ultimi fossero i suoi modelli primari. Le dpai euforionee sono interessanti anche da un altro punto di vista. Che in opere come l'Ibis di Ovidio il risentimento vero e proprio passi in se-

19 Il problematico passo, sopra citato solo parzialmente, suona Χιλιάδες" ἔχει δὲ ὑπόθεσιν εἰς τοὺς ἀποστερήσαντας αὐτὸν χρήματα ἃ παρέθετο, ὡς δίκην δοῖεν κἂν εἰς μακράν: εἶτα συνάγει διὰ χιλίων ἐτῶν χρησμοὺς ἀποτελεσθέντας᾽ εἰσὶ δὲ βιβλία ε΄, ἐπιγράφεται δὲ ἡ πέμπτη χιλιάς (un seguente e poco

utile περὶ χρησμῶν, ὡς διὰ χιλίων ἐτῶν ἀποτελοῦνται ὃ omesso da alcuni codici e conservato dagli

altri in margine o prima della glossa).

20 Niente & lecito inferire in questo senso dall’Ibis ovidiana, che volutamente «pushed the

principle of brevity to its limit» (Watson 1991, p. 98). Sappiamo comunque almeno che il poemetto callimacheo era un exiguus libellus, come & esplicitamente dichiarato in Ib. 449. 21 ['Euforione citato tra gli autori che hanno trattato argomenti relativi al'agricoltura in Varro rust. 1. 1. 9, p. 10 Heurgon = 90 Flach (> Colum. 1. 1. 7) non è il nostro poeta, dato che

Varrone, in un'età in cui la poesia euforionea godeva di intensa fortuna, lo inserisce tra quelli quorum quae fuerit patria non accepi (come giustamente fa notare Powell); comunque l'erudito

precisa che tali autori scrissero soluta oratione, e quindi cade l'ipotesi di un poema come i Γεωργικά di Nicandro avanzata da Meineke?, p. 24.

III. Poetica euforionea

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condo piano rispetto al gusto dello sfoggio erudito, é cosa di per sé evidente; che vi sia una certa comica sproporzione fra l'atrocità delle maledizioni e la colpa che esse intendono punire, è pure stato osservato da tempo”; né si è mancato di valorizzare tutta una tradizione di maledizioni con risvolti umoristici, risalente quantomeno all'età degli epigrammi 'omerici'?. Tutto questo valeva molto probabilmente anche per le 'Apai rj Ποτηριοκλέπτης di Eufo-

rione, specie se è giusto quello che si è detto supra riguardo all'effetto di ironica solennità che sortisce il linguaggio omerizzante del fr. 8 dots uev κελέ-βην ᾿Αλυβηίδα μοῦνος ἀπηύραϑ'΄. Più serio sembrerebbe invece l'argomento del

Thrax, a giudicare dalla chiusa del poema (415. ii. 23-26): ovvekla] τὸν μὲν ἔολπα κακώτερα γη ὃς ceo λίαυϊκανίην ἡμάξατο καμμορί σοὶ δ᾽ ὀλίγη μεν γαῖα, πολὺς δ᾽ ἐπικείσείτ xalılpolusl, EL ξτεόν τι πέλει καὶ ἐν "Aidı χίαρμα. La critica ha sempre creduto alla drammaticità del fatto menzionato al v. 24,

finché una nuova prospettiva non è stata aperta da Lloyd-Jones: «(the Thrax) shows several touches of humour, but not all critics have perceived the

lightness of the poet's touch. If the murdered person spoke of at the end was human, his sad fate is spoken of in a way that seems curiously perfunctory. But if he was, as I suspect, a pet animal or bird, no difficulty arises»; «then

the poem will belong to a known genre of mock-heroic laments, the best known of which is Catullus' poem about Lesbia's sparrow»?. È una linea interpretativa estremamente attraente, tanto piü dopo che Hollis ne ha individuata una possibile conferma nella menzione del cane degli Ippocoontidi al fr. 2926, Ovviamente non abbiamo elementi che possano provare o smenti-

re tale ipotesi, e quindi è inevitabile mantenere una certa cautela; si deve tuttavia riconoscere che se l'idea di Lloyd-Jones cogliesse nel segno, avremmo nel Thrax una dimostrazione ancor piü consistente di quell'ironia di cui si é detto per il Poteriokleptes. Ironico risulterebbe Aav-/Acvxavin, mai usato per esseri non umani prima di Oppian. Hal. 1. 7557; il canonico lamento sull'esi-

guità del sepolcro si troverebbe piegato a un effetto umoristico, dato che la

2 Cf. da ultimo Watson 1991, pp. 133-139, con bibliografia anteriore. 2 Vd. ancora Watson 1991, pp. 139-149. ?* Vd. pp. 20-21. Piacerebbe sapere se il verso era collocato nel proemio del carme, secondo la canonica necessità di denunciare subito e chiaramente il colpevole, o viceversa nella chiusa, rivelando solo alla fine che il misfatto non era poi cosi tremendo.

25 La prima citazione da Lloyd-Jones 1979, p. 17 = 157; la seconda da Lloyd-Jones 1984, p. 71

= 249. 26 Hollis 1991. 7 Appropriato anche qui quello che su A. P. 7. 201 osservava Kaibel 1877, p. 331: «neque inficete videntur ad describendam pusillae bestiolae necem magnifica admodum et gravissimo facinore digna vocabula electa esse».

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Studi su Euforione

tomba di un cane o di un uccello non può esser che ὀλίγη; l'altrettanto topico dubbio si superest aliquis post funera sensus? troverebbe subito risposta se applicato ad una creatura che vita oltremondana non poteva certo averne —

come è il caso del passero di Lesbia, che con improbabile solennità nunc it per iter tenebricosum | illud, unde negant redire quemquam (Catull. 3. 11-12)%. Non solo dunque apaı letterarie, da non prendersi troppo sul serio, ma forse

anche dpai scopertamente e programmaticamente autoironiche, esercizio di λεπτότης letteraria non meno che di erudizione.

Questo spinge a una riflessione più generale sullo spirito della poesia eu-

forionea. È opinione comune che Euforione amasse le storie fosche e cruente: in effetti i frammenti sono pieni di gente che finisce male?!, un po’ troppa per pensare che ogni volta che spunta un morto siamo di fronte a un pezzo di dpai. Ma quanti di quei frammenti provengono da episodi veramente drammatici? La

maggior parte di essi ha dimensioni così ridotte da precludere ogni ipotesi sul tono del contesto, e d’altronde la «lightness of touch» sottolineata da LloydJones non sarà stata operante solo nei carmi di maledizioni. Ad esempio, il fr. 93 φοιταλέος διὰ πᾶσαν ἄδην ἐπάτησε κοθόρνῳ

fa intuire una scena ricca di pathos, probabilmente l'errare frenetico di una donna, come suggeriscono il coturno e le imitazioni di Mosch. 2. 46 φοιταλέη δὲ πόδεσσιν ἐφ᾽ ἁλμυρὰ βαῖνε κέλευθα e di Nonn. D. 5. 405-407 φοιταλέοις δὲ

28 Il motivo tradizionale è illustrato con abbondanza di esempi, sia letterari sia epigrafici, in Lattimore 1942, pp. 228-229. Un riuso analogo a quello ipotizzato per Euforione, ma questa volta assolutamente sicuro, è in Leon. A. P. 7. 198. 1-5 = HE XXI 2084 ss.: εἰ καὶ μικρὸς ἰδεῖν καὶ Er’ οὔδεος, ὦ παροδῖτα, λᾶας ὁ τυμβίτης ἄμμιν ἐπικρέμαται, αἰνοίης, ὥνθρωπε, Φιλαινίδα“ τὴν γὰρ ἀοιδόν

ἀκρίδα, τὴν εὖσαν τὸ πρὶν ἀκανθοβάτιν, διπλοῦς ἐς λυκάβαντας ἐφίλατο, κτλ.

Solo col secondo distico il lettore scopre che il defunto, che ai vv. 1-2 ricalca fedelmente il linguaggio noto da tante stele funerarie, altri non è che un grillo! Divertente notare come l'incipit leonideo, a conferma della sua perfetta ‘canonicitä’ formale, sia stato più tardi ripreso per una sepoltura umana in piena regola nel serissimo epitaffio del campione Marone di Seleucia, SEG 41, 1991, 1407 B 1-2 (Seleucia sul Kalykadnos, II d. C.) εἰ καὶ favos ἰδεῖν, φήσεις μέγαν où τινα 160σον / πάντα δαεὶς μεγάλης ἔργα παλαισμοσύνης, κτλ. (un epigramma di buon livello, in cui non stu-

pisce la ripresa leonidea del v. 1; piü ipotetico pensare che la variazione nell'aggettivo risenta di anon. A. P. 7. 2b. 1 = FGE XXX 1162 εἰ καὶ Bauös ὁ τύμβος, óbouxópe, μή pe παρέλθης).

29 Vd. Lattimore 1942, p. 56 (per il greco) e pp. 59-61 (per il latino); Dover 1983, pp. 404-405;

Galasso ad Ov. Pont. 2. 2. 98, con ulteriore bibliografia. 30 Una vena di bonaria ironia che sussiste comunque, senza bisogno di vedere nel passero altro che un passero (su quest'ultimo punto basti rimandare a Jocelyn 1980). Sulla tradizione del compianto per animali, già attestata prima di Euforione p. es. in Anyt. A. P. 7. 202 - HE ΧΙ o in Simm. A. P. 7. 203 - HE I, vd. Herrlinger 1930. ?! Escludendo le maledizioni, in cui le vicende funeste sono necessarie, rimangono comun-

que almeno Cizico (4), Giacinto e Aiace (40-43), Ifimaco (44), Munippo e Cilla (55), Munito (58), Laocoonte (70), i Greci al ritorno da Troia (73), Melicerte (84), Clitemnestra (92), Calcante (97), Mopso e Anfiloco (98), Niobe (102), forse Arginno (428).

III. Poetica euforionea

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πόδεσσι διερχομένη ῥάχιν ὕλης / τρηχαλέης ἐπάτησε δυσέμβατα νῶτα κολώνης /

λυσιχίτων ἀπέδιλος (discusse infra, pp. 107 e 117): ma & topico che in tali situazioni la protagonista sia rappresentata scalza?, per meglio enfatizzarne lo sconvolgimento emotivo, mentre qui i domesticissimi coturni creano un effet-

to paradossale e quasi umoristico (come se noi dicessimo che qualcuno «ha valicato le Alpi con le sue pantofole»). Se Euforione a bella posta scegliesse

soggetti drammatici per il gusto di sdrammatizzarli (il che nella sua ottica si sarebbe probabilmente identificato con un'ennesima prova di callimachismo), non possiamo dirlo; può però darsi che la componente ironica avesse nella sua poesia un peso maggiore di quello che a noi & dato di vedere. Negli anni Cinquanta van Groningen, in un noto e discusso studio, avanzò

la sua interpretazione di Euforione come esponente di punta della ‘poésie verbale', ossia di una poesia poco interessata ai contenuti e mirante essenzialmen-

te alla suggestività della forma e alla musicalità del verso®. Le idee di van Groningen sulla «poésie pure» e sulla ricercatezza lessicale «comme musique, comme instrument de suggestion imprécise» non hanno riscosso molto successo, e non c'è motivo di diffondersi qui a contestarne i fondamenti teorici*: ma

il concetto che ne costituiva il motivo di fondo, cioè il presunto disinteresse per il contenuto a tutto vantaggio della forma, ha avuto vita più lunga? e merita qualche parola di discussione. Se un giudizio del genere potrà essere meglio

accetto a chi sia convinto che Euforione «est toujours sérieux» (van Groningen 1953, p. 45), le considerazioni svolte fin qui sul carattere ironico della poesia

euforionea portano a una visione sensibilmente diversa. Già l'analisi delle riprese omeriche (supra, cap. I 1) mostrava come una netta scissione tra forma e

contenuto non sia rispecchiata dai fatti: le allusioni più elaborate e ‘alessandrine’ sono quelle che presuppongono un rovesciamento del modello, con una finalità ironica alla cui realizzazione concorre il contesto non meno che la forma espressiva. Quanto poi all'ironia delle dpai, essa risiede nella scarsa

solennità dei loro antefatti, ancor prima che nella solennità impropria della loro formulazione. Ho focalizzato l’attenzione sull’ironia perché costituisce un ade-

guato esempio di procedimento letterario che unisce la forma alla sostanza: ma anche la stessa natura erudita della poesia di Euforione è frutto di una scelta consapevole e di interessi ben precisi, e si tratta di una erudizione che il poeta

32 Vd. Fantuzzi ad Bion 1. 21; Livrea ad Ap. Rh. 4. 43; Chrétien 1985, p. 122. Altri paralleli concernenti situazioni di generica fretta o allarme sono raccolti da West ad Hes. Op. 345.

® van Groningen 1953; su Euforione in particolare pp. 23-50 (lo studioso ribadiva ancora questa

interpretazione nel 1977, come capitolo conclusivo della sua edizione: L'art du poete, pp. 267-271).

% Lo ha già fatto a suo tempo, con molto equilibrio, Herter 1955.

3 Cf. recentemente Chia, p. 15: «a Euforió no li interessa potser tant el que expressa, ans com ho expressa; la seva preocupació principal no és la temática, sinó la manera de presentar la temätica» (non è un caso che segua immediatamente una citazione da van Groningen 1953, p. 31).

102

Studi su Euforione

si compiace di esibire tanto nella ricercatezza dell'espressione quanto nella pre-

ziosità del contenuto (miti rari e poco noti, minuti dettagli geografici, etc.). L'argomento, lungi dall'essere indifferente, serve anch'esso a un certo tipo di

poetica. E chiaro che si tratta di un uso dei contenuti eminentemente strumentale, spesso ludico, tipico di una letteratura disimpegnata e libresca: ma questo

vale altrettanto per la forma, che — come si è visto ad abundantiam nei cap. I e II — trova la sua primaria ragion d'essere non nella ricerca della «poésie absolue» bensì nella pratica di principî letterari storicamente ben definiti (quelli di Callimaco, per la precisione). Cura minuziosa della forma e scelta sapiente e

disinvolta dell'argomento sono due facce della stessa medaglia, cioè dell'ales-

sandrinismo euforioneo. Insomma, oltre che nella lingua e nella metrica, Euforione fu tipicamente ‘ellenistico’ anche in tutto il resto: nei generi letterari da lui coltivati, nella scelta dei soggetti, nel carattere erudito e a volte oscuro (ma senza eccessi: è l'oscurità sapientemente dosata di Callimaco, non l'oscurità eletta a norma

di Licofrone*), nell'approccio distaccato alla materia poetica. Non so tuttavia se si possa dire, con un grande studioso di letteratura greca, che egli

«portava all'estremo i principî poetici ellenistici»”. Più che di estremizzazione, direi che si tratta di sistematizzazione:

il poeta assimila un

determinato elemento dai suoi modelli del primo Ellenismo — il frequente riuso ironico di Omero, le maledizioni, gli epilli — e da pratica occasionale lo eleva a sistema. La sua è una poetica non solo alessandrina, ma filo-alessandrina nella direzione dello ζῆλος. Del resto, si è visto come per lui gli

Alessandrini fossero dei veri e propri classici: ed egli pratica su di essi quella stessa operazione di recupero e valorizzazione di possibilità secondarie che essi effettuavano sui loro classici, ossia sui grandi esponenti della tradizione letteraria preellenistica®. Sicuramente non sarebbe errato parlare di manierismo. Come si vedrà in dettaglio nel prossimo capitolo, la fortuna della poesia euforionea fu piuttosto passeggera: questo forse non solo perché non era

al livello di quella di Callimaco (se è lecito avanzare un giudizio di valore), ma perché rappresentava una ‘maniera’ callimachea che non aggiungeva molto all'originale e forse non aveva neanche molta ragion d'essere al di

fuori del periodo cui l'originale apparteneva. Ma di quel periodo, Euforione fu altamente rappresentativo.

36 Questo lo sottolineava giustamente già van Groningen 1953, p. 31; a conclusioni analoghe riguardo a Euph. 413-415 giungeva Bartoletti (PSI XIV, p. 47, e successivamente in Alfonsi & al. 1965, pp. 165-168 = 306-309).

37 Lesky 1962, III p. 937.

38. Un procedimento che solo in tempi recenti la critica ha iniziato a riconoscere come costitutivo di molte delle ‘novità’ alessandrine, per merito soprattutto dell'analisi di Fantuzzi 1993 (in particolare pp. 51-62, Innovazioni tradizionalistiche; vd. ora anche Fantuzzi-Hunter 2002, pp. 29-40).

IV LA FORTUNA DI EUFORIONE

NEL MONDO

GRECO

Se molto si & scritto sulla fortuna di Euforione nella letteratura latina, in particolare ovviamente sui neoterici cantores Euphorionis!, manca una visione

d'insieme sulla sua ricezione in àmbito greco. E una ricerca che vale la pena di fare, soprattutto perché le modalità della sopravvivenza della poesia euforionea aiutano a comprenderne meglio, in senso propriamente storico,

l'intrinseca natura. La dottrina e la ricercatezza del nostro autore furono sufficienti a far si che anche su di lui, come su vari altri poetae docti del III secolo, si concentrasse l'attenzione degli scrittori di opere grammaticali, geogra-

fiche, mitografiche che ne tramandarono il nome fino alle ultime propaggini della grecità; ma a livello letterario si noterà come la fortuna della poesia euforionea si consumi essenzialmente in età ellenistica, e proprio il fatto che una circolazione di Euforione in età imperiale & ben documentata dai papiri rende significativo il modesto interesse a lui rivolto dai poeti di quei secoli. La sua produzione era veramente 'ellenistica', da tutti i punti di vista (inuti-

le qui ripetere quanto già detto al cap. III), ed era inevitabile che fuori dal clima culturale che l'aveva prodotta perdesse piü d'una delle sue attrattive. Non a caso, nel mondo greco Euforione i suoi maggiori cantores li ha avuti in

! La bibliografia sul neoterismo è vastissima, ed è logico che almeno qualche cenno su Euforione non manchi mai: specificamente per l’euforionismo — che non è detto caratterizzasse tutti quanti i neoterici — basti qui rinviare a Clausen 1964, pp. 191-192, a Crowther 1970, con necessaria distinzione terminologica tra νεώτεροι, poetae novi e cantores Euphorionis (su questa scia Tuplin 1976, la cui interpretazione di cantores come “ripetitori”, successivamente precisata

in Tuplin 1979 e ora appoggiata anche da Lomanto 1998, si può accettare a patto che non assuma un valore riduttivo: indipendentemente dall'esatta natura della metafora rappresentata da cantores, il significato di fondo resta a mio avviso quello di “esaltatori”, già teorizzato p. es. da Meinekel, p. 36 = Meineke?, p. 25, cf. Burzacchini

forse il miglior Euforione nella Lightfoot 1999, Barigazzi 1949b,

1978), e soprattutto

a Watson

1982, passim,

contributo sul problema. Una più generale riflessione sull'importanza di letteratura latina è quella di Alfonsi & al. 1965. Per singoli autori cf. anche pp. 57-65 (Catullo, Gallo, Virgilio), Barigazzi 1950 e Keefe 1982 (Gallo), Barigazzi 1985 e Hollis 1992c (Virgilio; limitatamente alla III ecloga Wormell

1960, Brown 1978, Hoffmann 1985), Alfonsi 1960 (l'enigmatico 'Codro' di Verg. Ecl. 7. 21-23: per

le varie ipotesi di identificazione cf. anche Alfonsi 1984), Schultze 1888, pp. 26-41, Cazzaniga

1958 e Hollis 1996 (Ovidio), Livrea 2002 (Properzio), Scaffai 1998 (Valerio Flacco).

'104

Studi su Euforione

periodi diversi: Nicandro, Partenio, molto piü tardi Nonno, tutti e tre dottis-

simi e tenaci cultori dell’alessandrinismo: era una poesia per pochi, e la storia ne ha dato conferma.

I primi influssi della poesia euforionea potrebbero apparire già nel III secolo. Eratostene fu praticamente coetaneo del nostro poeta?, cosi che è difficile dire quale rapporto intercorra tra 418. 26 ἱερῆς δείκηλα σισύρνης ed Eratosth., SH fr. 397A. 3* ing [West: στῆς cod., tonc dub. Lloyd-Jones et Parsons] δείκηλα χορείης (l'analogia è rilevata dagli edd.). Lo stesso vale probabilmente per

Ria n οὐ, che ci interessa per fr. 55 Powell πάρ te τρηχὺν

EAAION ὑπὲρ δρυμόν te Λύκοιο ^ Euph. 141. 1 οὐχ ὁ τρηχὺς EAAIOZ En’ ὀστέα κεῖνα καλύπτει e per fr. 1. 20-21 P. ('Atn) ὁπλοτέρῃσι ypmös ἐφίσταται ἀμπλακίῃσι / Ζηνὶ θεῶν xpeiovi Δίκῃ τ᾽ ἐπίηρα φέρουσα — Euph. 415. ii. 6 Δίκην,

ft’ ὦκα τὸ γρήιον ἴχνος ἀεί[ρ]ειδ. Un altro contemporaneo, forse un po’ più giovane, fu

Teodorid

af, cui erano forse rivolte le ἀντιγραφαί euforionee (se

in 3 πρὸς Θεωρίδαν si deve leggere Θεςοδωρίδαν col Meursius?) e che per Eufo-

rione scrisse il controverso epitimbio A. P. 7. 406 = HE XIV®: quali che fossero i loro rapporti, li troviamo accomunati da κροκάλη (Euph. 141. 4, Theodo-

? Vd. soprattutto Pfeiffer 1973, pp. 250-252. 3 La sua cronologia è notoriamente incerta, ma gli studi più recenti propendono per la metà del secolo: vd. Castelli 1994, Grimaldi 1994 e Cameron 1995, pp. 297-300, con bibl. 4 L'analogia è ben nota, ma in nessuno dei due casi si può dire con sicurezza se debba intendersi ἔλαιος 0 un toponimo Ἐλαιός: per Riano vd. da ultimo Castelli 1998, p. 12; per Euforione, ove tra l'altro il testo è frutto di un'emendazione di Meineke (oeAı 6aiog P: οὐ Τρηχίς σε λιθεῖος

Graefe, haud male), la miglior discussione è quella di Gow-Page.

5 Come ha visto Hollis 1969, p. 700.

6 Probabilmente attivo nella seconda metà del secolo: vd. Gow-Page, HE II p. 537.

? Clem. Alex. Strom. 5. 8. 47. 2, p. 357. 25 Stählin-Früchtel. Per una corruttela analoga cf.

Bewpida nel lemma di Theodorid. A. P. 6. 222 = HE IV (vd. comunque infra, n. 8). 8 Test. 7 van Groningen. È generalmente considerato un epigramma scoptico a double enten-

dre sessuale, secondo un'esegesi proposta da Susemihl 1891-92, II pp. 541-542 n. 110, accolta da Maas 1938, p. 80 = 98 e da vari altri studiosi (ricca bibliografia in Seelbach 1964, p. 83) e guarda-

ta con favore anche da Seelbach e da Gow-Page. Fanno difficoltà al v. 2 τοῖσδε, che «suitable to the epitaph, is less so to the lampoon» (Gow-Page), e al v. 3 ῥοιήν, che non sembra prestarsi ad allusioni oscene. Alla teoria di Susemihl non sono comunque mancate le obiezioni (Knaack 1891, pp. 773-774; Skutsch 1907, col. 1180; Gabathuler 1937, pp. 92-94; van Groningen, p. 9;

Gigante 1988, pp. 129-130), ed & recente merito di Dickie 1998, pp. 54-58 l'aver fornito un'ampia documentazione e un valido background storico-culturale per un'interpretazione non scoptica e non oscena dell'epigramma, che si limiterebbe a ricordare l'abilità poetica di Euforione e il suo interesse per i culti misterici. L'unico ostacolo — menzionato solo cursoriamente da Dickie, ma tenuto in debito conto p. es. da Susemihl e da Gow-Page — all'ipotesi che Teodorida scrivesse un epitaffio benevolo per il nostro poeta sarebbero le citate 'Avnypa$aí, uno scritto verosimil-

mente polemico: in titoli del genere πρός vale di norma "contro" (vd. Pfeiffer ad Call. fr. 460 e Pfeiffer 1973, pp. 168 e 225-226), e ἀντιγραφαί rafforza quest'impressione. Ovviamente, la correzione del Meursius non può dirsi assolutamente certa: il nome Θεωρίδης è attestato in Iambl. vit.

Pyth. 266, p. 143. 9 Deubner (van Groningen, p. 24).

IV. La fortuna di Euforione nel mondo greco

105

rid. A. P. 7. 479. 3 = HE XVI 3572: precedentemente solo in Euripide, vd. supra, p. 43) e dall'uso di πέκειν riferito ad esseri umani (Euph. 140. 1, Theodorid. A. P. 6. 155. 2 = HE I 3507, in un contesto del tutto analogo’), e questo,

per due poeti che si conobbero o quantomeno conobbero ciascuno l'opera dell'altro, difficilmente sarà casuale. Al III secolo & generalmente datata la

Megara

dello ps.-Mosco, v. 87 κακὰς ὠδῖνας ἀνέτλην ^ Euph. 92. 3 φοβε-

pas δ᾽ ὠδῖνας avev mv: impossibile precisare la relazione tra i due testi, ma la presenza di una clausola simile nel coevo, e forse anteriore, SGO

4. 2. 9. 3

δισσὰς ὠδῖνας ἀνέτλην (Sardi, IV/III a. C.) induce a chiedersi se a monte di

tutto non ci fosse un modello di età arcaica o classica!?. Passando al Fortleben vero e proprio, è noto come Euforione abbia esercitato un forte ascendente su un altro autore difficile, ricercato e 'callimacheo',

ossia Nicandro!. Nel caso dei già citati etap, θιβρός, γρήϊος ed ὁλόπτω e difficile dire se il modello sia Euforione o Callimaco"; si può tralasciare an-

che μολόθουρος, che appare solo in Euph. 133 e in Nic. Alex. 147 ma nel secondo caso si giustifica semplicemente come tecnicismo botanico. Sicura-

? Come i commentatori (Seelbach, Gow-Page) non mancano di rilevare; se l'imitatore & Teodorida, il suo ἀπὸ ... / πέξατο contamina significato e contesto euforionei con una reminiscenza formale callimachea, Lav. Pall. 31-32 (notata da Bulloch ad loc.).

10 La somiglianza tra i tre passi era rilevata già da Breitenstein 1966, p. 54 e n. 110, che tutta-

via tende ad escludere un rapporto tra la Megara ed Euforione. Per la datazione della Megara fondamentale ancora Breitenstein 1966, passim, in particolare pp. 86-104 (seguito da Vaughn 1976, pp. 79-80). 1 Una panoramica (anche se incompleta) dei debiti nicandrei verso Euforione era offerta da Schultze 1888, pp. 46-49. Sulla complessa e probabilmente insolubile questione della datazione

del corpus nicandreo vd. il classico Pasquali 1913 e ora Cameron 1995, pp. 194-202 e Massimilla

2000; quello che sembra comunque abbastanza sicuro e che il poeta dei Theriaca e degli Alexipharmaca operò nel II sec. a. C., anche se e difficile dire se all'inizio del secolo (cioè quando Euforione era appena uscito di scena) o nella seconda metà di esso. La proposta di Cameron 1995, pp. 202-207 di assegnare i due poemi al c. d. ‘Nicandro il Vecchio”, prima della metà del III secoloequindi prima di Euforione (favorevole Hollis 1996, p. 70), privilegia i dati della tradizione biografica antica forzando, a mio avviso, l'evidenza storico-letteraria. Ritenere che Euforione sia l'imitatore e non l'imitato mi pare da escludere almeno nel caso di Euph. 108 κεβληγό-

νου ᾿Ατρυτώνης ^ Nic. Alex. 433 μήκωνος κεβληγόνου, discussi infra; troppo vistoso mi sembra del

resto il debito di Nicandro verso i poeti alessandrini (riconosciuto anche da Cameron 1995, p. 204; cf. Gow-Scholfield 1953, p. 7 n. 1) per suggerire non già lo zelo dell'epigono ma il semplice interesse del contemporaneo di provincia. Anche nella metrica, che Cameron non considera, la versificazione nicandrea esibisce vari caratteri marcatamente 'callimachei' (West 1982a, pp. 154156; Magnelli 1995b, pp. 158-161) che meglio si spiegano in un'età in cui anche fuori da Alessandria si guardava ormai a Callimaco come ad un classico.

12 cap Alex. 87, 314 « Call. fr. 523 Pf., Hec. fr. 62. 2 Hollis, Euph. 40. 3; &Bpóg Ther. 35, Alex. 555 « Call. fr. 654 Pf., Euph. 81 (cf. Crugnola 1961, p. 129); γρήϊος fr. 62. 4 Gow-Scholfield < Call. Hec.(?) fr. 173 Hollis, Euph. 415. ii. 6; ὀλόπτω Ther. 595 « Call. Hymn. Dian. 77, fr. 573 Pf., Euph.

415. ii. 16 (per maggiori dettagli vd. supra, pp. 22 ss.). Difficile dire se un influsso di Euph. 110 si debba vedere nell'uso nicandreo di ἡλέκτωρ (fr. 63 Schneider), dato che il pur ricercato vocabolo

aveva varie altre attestazioni precedenti (Il. 6. 513, 19. 398, Hymn. Hom. Ap. 369, Hes. fr. 10a. 67 M.-W.?, Empedocl. 31 B 22. 2 D.-K., Aesch. fr. 73 R., Philox. fr. 834 Page).

106

Studi su Euforione

mente euforionei sembrano però essere ἀμύξ, non attestato all'infuori di

Euph. 146 e Nic. Ther. 13115; ἀτάρμυκτος, Euph. 124 > Nic. Alex. 161" (altrove forse solo nello ps.-Oppiano, vd. infra); κυνηλατέω, Euph. 132 > Nic. Ther. 20, non attestato altrove; κεβλήγονος, Euph. 108 > Nic. Alex. 433, in cui Nicandro, con umorismo quasi archestrateo, varia spiritosamente il κεβληγόνου

᾿Ατρυτώνης euforioneo trasformando l'aggettivo da epiteto di Atena "nata

dalla testa" ad attributo del papavero “che ha i semi nella testa" (μήκωνος keßAnyovov). Dall'hapax euforioneo περιδέμω di 54. 2 risente probabilmente l'altro hapax περιδωμάω in Nic., SH fr. 5562. 1, che parimenti si riferisce ai miti della fondazione di Troia e dell'inganno di Laomedonte ai danni di Apollo e Poseidone'*. Che si tratti essenzialmente di glosse rare non deve stupire: proprio quelle erano la passione di Nicandro, e d'altronde la possibilità di allusioni piü estese era limitata, nei Theriaca e negli Alexipharmaca, dal carat-

tere tecnico della materia (puó darsi che nelle Metamorfosi le cose andassero

ben diversamente)"; comunque alcuni argomenti comuni tra i due poeti esistono (Orione, Nic. Ther. 13-20, scarse vestigia in Euph. 104; Giacinto, Euph. 40-43, nulla più che il titolo in Nic. fr. 66 Schneider!®; l'origine dell'aconito, Nic. Alex. 12-15 e solo una menzione del testimone per Euph. 3717), e proba-

bilmente se avessimo di piü dell'uno e dell'altro potremmo apprezzare meglio l'importanza del modello euforioneo per il poeta di Colofone.

Varie altre tracce, anche se piü episodiche, documentano la circolazione della poesia euforionea nel cuore dell'età ellenistica. 141. 2 γράμμα λαβοῦσα

πέτρη è riecheggiato — quand’anche non vi si legga λαχοῦσα con Hecker — tra la fine del III secolo e l'inizio delllda Alceo di Messene, A.P. 7. 429. 2 = HE XVI 97 γράμμα λέλογχε λίθος (da lui più che da Euforione di-

penderà più tardi Marco

Argentario, A. P.7. 395. 6 = GP XX 1406

κωφὸν δὲ στήλη γράμμα λέλογχε τόδε), e successivamente dagli anonimi di GVI

13 ἀμύξ II, schol."-, Tzetz. ad Lycophr. 1114**: ὁδάξ cett., schol., Galen., Tzetz.* (chiaramente un'antica glossa intrusiva); ἀντὶ τοῦ ἀμυκτικῶς, ἦτοι καταξεστικῶς schol. p. 81. 13-14 Crugnola. Non é detto che Nicandro abbia variato il significato rispetto a Euforione: in quest'ultimo l'in-

terpretamentum μόλις offerto dal testimone (Phot. a 1273 Theodoridis, senza paralleli) potrebbe riflettere una metafora euforionea, oppure essere il risultato di un fraintendimento.

4. Sul frammento e sulla plausibilità dell'attribuzione a Nicandro vd. le note di Lloyd-Jones

e Parsons, nonché Magnelli 1999c, pp. 48-49.

15 Qualche rarità comune ad Euforione e a Nicandro potrebbe anche risalire direttamente ad

Antimaco: ἔστι δὲ kai ὁ Νίκανδρος Crus

᾿Αντιμάχου, διόπερ πολλαῖς αὐτοῦ λέξεσι κέχρηται (schol.

ad Ther. 3; cf. Crugnola 1961, pp. 133-134). Per la portata delle eredità antimachee in Euforione vd. supra, pp. 44-45. 16 Schol. ad Nic. Ther. 585a οὗ μνημονεύει Νίκανδρος iv τῷ ἐπιγραφομένῳ Ὑακίνθῳ: poco convin-

centi a mio avviso gli argomenti addotti da Cazzaniga 1976, pp. 317-319 (e già Cazzaniga 1958, pp. 163-165), per l'emendazione di Νίκανδρος in ᾿Ανδρέας, accolta dalla Crugnola nella sua edizione.

17 In Alex. 604-606 Nicandro sembra invece proporre una versione del mito sull'origine dei

giochi istmici sensibilmente diversa da quella di Euph. 84 (vd. Hollis 1996, p. 70).

IV. La fortuna di Euforione nel mondo greco

107

1121. 8 σῶμα λαχοῦσα πέτρη (Samo, II/I a. C.?)!5 e 1729. 4 ἀείμνηστον γράμμα λαλεῦσα πέτρη (Cos, II/I a. C.). Altre riprese da Euforione nella poesia

epigrafica

sirinvengono in SGO 8. 1. 53. 2 οἶμον ὀφειλομέναν (Cizico,

II a. C.) < Euph. 94. 1 (ὀφείλομαι in questo senso è banale?, ma la iunctura

non pare attestata altrove prima dell'età imperiale: vd. infra, p. 114), e forse in SGO 1. 20. 23. 1-2 (Mileto, II a. C.) πικρή por λυκάβαντος ἐπήλυθε μοῖρα δυσαίων οὐλόμενός τε χρόνου μὴν ᾿Απατηνορίων,

che per il gioco di parole su ᾿Απατουριών / ἀπάτη aveva un precedente nel

già citato ᾿Απατήνωρ di Euph. 418. 25, ammesso che si trattasse di novità euforionea (vd. supra, p. 46 n. 164). Casuale sarà invece la ricomparsa in SGO 1. 12. 2. 7-8 veoyvov / παῖδα (Alicarnasso, II/I

a. C.) dell'identico enjambement

di Euph. 104 veoyvoi / παῖδες, dato che si tratta di una iunctura assai banale?!, Nell’Europa di

Mosco

il v. 46 φοιταλέη δὲ πόδεσσιν ἐφ᾽ ἁλμυρὰ βαῖνε κέλευ-

θα sembra dipendere da Euph. 93 φοιταλέος διὰ πᾶσαν ἄδην ἐπάτησε κοθόρ-v@2. Il Μήδη congetturato al di là di ogni ragionevole dubbio in Euph. 14. 3 da Meineke ricompare nell'anonima e difficilmente databile elegia? di SH fr. 964. 15 ὥϊλεσεν "Ayuprov Μήδη ἰκάσ]ιν (e successivamente in Andromac o, GDRK LXII 9 καὶ ὠκύμορον πόμα Μήδης2). Di età imprecisata anche l'epi-

18 Tutti e tre gli epigrammi erano citati già da Hecker 1843, p. 280 = 1852, p. 315 a sostegno

della sua emendazione, di per sé non indispensabile (la accolgono solo Powell, De Cuenca, Cláa e, tra gli editori dell’ Anthologia, Dübner e Gow-Page) ma certo attraente alla luce di questi paralleli. Il modello euforioneo non autorizza comunque a scegliere in Alceo πέτρος, attestato dal solo P, contro λίθος garantito dal consenso di C (il Corrector) e di PI: la preferenza accordata

a πέτρος da tutti gli editori tranne Gow-Page si spiega probabilmente con la convinzione che P

post corr. debba identificarsi con l'antigrafo di Planude, convinzione che la ricerca recente ha mostrato infondata (vd. Gow-Page, HE I pp. xxxvin-xLi e GP I pp. LI-LM, e ora soprattutto Cameron 1993, passim).

19 Abbondanti paralleli in Gow-Page ad Call. HE 1218 e in Seelbach ad Theodorid. 14. 2 (= A.

P. 7.732. 2). 20 νὰ. W. Bühler ap. Herrmann 1987, p. 180 n. 27 (che opportunamente rileva come la connessione etimologica di ᾿Απατούρια con ἀπάτη fosse opinione ben attestata nell'antichità: cf., oltre al testimone del frammento euforioneo, Et. Gen. A a 963 Lasserre-Livadaras - Et. Sym. a 1188 L.-L., Et. Gud. p. 160. 20 ss. De Stefani e già Ephor., FGrHist 70 F 22). 21 Cf. Hymn. Hom. Cer. 141 παῖδα veoyvév, Eur. fr. 316. 7 N.? παίδων νεογνῶν, adesp. trag. 383. 2

Sn.-K. παῖς ... veoyvóc, Herodot. 2. 2. 2 παιδία δύο veoyva, etc. Poco significa la presenza al v. 2 della stessa epigrafe dell'euforioneo, ma già callimacheo, ἐμπελάτειρα (vd. supra, p. 23 n. 62). 22 Come segnala anche Bühler ad loc. (non a caso entrambi i passi sono stati tentati congetturalmente nella stessa direzione: in Mosco φοιταλέοις Ahrens, in Euforione φοιταλέῳ vel φοιταλέοις

ὦ κοθόρνοις Meineke). Cf. anche supra, pp. 100-101. 23 Discussa da Butrica 1996, in particolare pp. 301-305 (che nota come, in teoria, potrebbe pure trattarsi di un autore anteriore ad Euforione); cf. ora anche Luppe 2000.

24 Più incerta la possibilità di ravvisarne le tracce, in ambito latino, nel tmedet di Enn. scaen.

244 Jocelyn spesso citato per Euforione (scettico Jocelyn ad loc.; favorevole da ultimo Nosarti

1999, pp. 76-78, che appoggia anche la restituzione della stessa forma ad opera di Ribbeck in

Acc. trag. 417 Ribbeck" = 495 Dangel). Che Geo. Pis. in S. Cruc. 23 φαρμάκοις ... Μηδικοῖς presup-

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Studi su Euforione

grammatista Panfilo?, che sembra riprendere Euph. 414. 13 κιος Tnpevg di A. P. 9. 57. 4 - HE II 2846* (come poi Ov. Met. 6. 424" da Cazzaniga 1951, p. 62), anche se il nesso e di per sé banale. gro incluse epigrammi euforionei nella sua Corona (A. P. 4. 1. 3948 λυχνίδα τ᾽ Εὐφορίωνος), e in A. P. 12. 128. 3 = HE LXXXVIII

con 6pnisegnalato Melea23 = HEI 4472 λύρη

Φοίβοιο προφῆτι sembra proprio aver presente anche l'Euforione esametrico

di 2. 1 Δωδῶνα Διὸς φηγοῖο προφῆτιν; più difficile dire se A. P. 5. 147. 3-4 = HE XLVI 4238-9 ὑάκινθον / πορφυρέην dipenda da Euph. 40. 1 o direttamente da

Sapph. fr. 105b Voigt (supra, p. 38 e n. 131). In età tardoellenistica il piü significativo rappresentante dell'interesse

per la poesia euforioneafu Partenio

di

Nice

a, che non solo usò

Euforione per il suo manualetto di ’Epwrıxa παθήματαϑο, ma ne senti l'influs-

so anche nella propria poesia: ἐρρήξαντο in SH fr. 646. 6 = fr. 33. 6 Lightfoot può risentire dell'affine clausola ἐρρήσσοντο di Euph. 9. 6 (il verbo è diverso

ma il significato è lo stesso), e SH fr. 652 = fr. 40 L. Τυφρήστιον αἶπος deriverà sicuramente da Euph. 114 BovxoAéov Τρηχινίδα Τυμφρηστοῖο / aurficZ; sarebbe strano che SH fr. 620 = fr. 10 L. Γρύνειος ᾿Απόλλων non rivelasse un legame

ponga proprio la forma Μήδη (come riteneva Sternbach 1891, p. 31) mi pare possibile ma non sicuro, dato che la forma 'breve' dell'aggettivo si spiega principalmente col gioco di parole Medea /Müjöos opportunamente rilevato da Pertusi ad loc.

2 Tutto quello che si può dire di lui è che sembra posteriore a Nicia e a Mnasalca (Susemihl 1891-92, II p. 543; Gow-Page, HE II p. 443).

26 [n 13, 26 e 28 (= Euph. 26, 27, 7) il lemmatista annota esplicitamente ἱστορεῖ Εὐφορίων, e la

non autenticità dei lemmi, già sostenuta da vari studiosi e dimostrata in modo difficilmente controvertibile da Bartoletti 1948, pp. 33-36 = 294-297 (cf. Knox 1993, pp. 63-65; Lightfoot 1999, pp. 247-253; poco convincenti gli argomenti di Cameron 1995, pp. 124-125) non implica di per sé che essi siano inattendibili. Per la vicenda di Apriate (26 = Euph. 27) Partenio non ebbe molto da ricavare dagli scarni cenni di Euph. 415. i. 12-19, come ha mostrato Bartoletti loc. cit., e anche per quella di Clite (28 = Euph. 7) erano disponibili varie altre fonti (anche qui la narrazione euforionea poteva essere assai breve, come ipotizza van Groningen, p. 28): é peró probabile che il lemmatista colga nel segno a individuare in Euforione la fonte, o almeno una delle fonti primarie, del capitolo su Arpalice (13 = Euph. 26), mito poco noto e trattato questa volta un po’ meno brevemente in Euph. 413. Nel capitolo 16 su Laodice e Munito, ove il lemmatista non cita Euforione bensì Egesippo (FGrHist 391 F 4), il conclusivo καὶ αὐτὸν θηρεύοντα ἐν Ὀλύνθῳ τῆς Θράκης ὄφις ἀνεῖλεν richiama Euph. 58: Jacoby ad loc. vi vedeva un indizio della dipendenza di Euforione da Egesippo, ma il fatto che qui il modello formale del nostro poeta sembri invece

essere Licofrone (vd. supra, p. 30) induce piuttosto a credere, con Lightfoot 1999, pp. 250 e 478, a un influsso di Euforione su Partenio, anche se sul piano puramente mitografico Egesippo può ben esser stato la fonte di tutti quanti. Può darsi, come riteneva già Sakolowski, che il testo di Partenio sia stato vittima di una pur limitata epitomazione (e chissà se questo non ci ha privato di qualche citazione euforionea), ma non seguirei Musso 1976 nel ritenere tutta l'operetta uno pseudepigrafo redatto nell'età di Costantino Porfirogenito.

27 Con la sistemazione testuale di van Groningen, tacitamente approvata da Lloyd-Jones e

Parsons ad SH cit.; decisamente più costosi βουκολέων Τρηχινίδ᾽ ὅπου Τυμφρήστιον airos di Meineke (che farebbe del frammento di Partenio una ripresa letterale) e B. Τρηχῖν᾽ ἰδὲ Τυμφρηστοῦ «κλέ--

τας αἰπῆς di Scheidweiler, per non parlare dell'infrazione al ponte di Naeke introdotta da Sitzler 1909, col. 682 col suo f. Τρηχῖνα καὶ αἰπῆς Τυμφρηστοῖο.

IV. La fortuna di Euforione nel mondo greco

109

con la trattazione che del bosco Grineo fece Euforione (97: cf. van Gronin-

gen, pp. 169-170, e da ultimo Ragone 1990, pp. 94-112); pud darsi che anche la menzione di Briareo e delle colonne d’Ercole in SH fr. 648 = fr. 34 L. risen-

ta del nostro poeta (166; a monte di entrambi c'era comunque già Aristotele, fr. °678 Rose = 790 Gigon)#. Da Euforione e/o da Licofrone può dipendere anche Σιθονίῳ in SH fr. 646. 3 = fr. 33. 3 L. (supra, p. 30 n. 97). L'abbinamento di Euforione e di Partenio in Lucian. Hist. conscr. 57 (test. 9 van Groningen) e

già nei gusti letterari dell'imperatore Tiberio (Suet. Tib. 70 = test. 16 van Gr., cit. infra) non è certo casuale, né un forte interesse per la poesia euforionea deve stupire in un callimacheo — callimacheo oltranzista, se dobbiamo cre-

dere alla pur esagerata testimonianza di Eryc. A. P. 7. 377 = GP XIII? — come il poeta di Nicea. 98. 4 ἀλλίστοιο πύλας ἔβαν Αἰδωνῆος è imitato da

Crinagora, A. P. 7. 643. 3 = GP XIX 1875 ὦ ἄλλιστ᾽ 'Aión, e successivamente dall'anonimo di IGUR 1290. 2 (ἀϊλλίστου ταχέως ἀντιάσαντ᾽ 'Atóeo (I d. C.). Pressoché coevo di Cicerone che lo menziona

in Att. 2. 20. 6 e 2. 22. 7

(SH fr. 24) è generalmente considerato Alessandro Efesio?,chein SH fr. 38 χαλκείῳ δὲ λέβητι μέγαν διενήξατο πόντον potrebbe risentire di Euph. 52 χαλκείῃ ἀκάτῳ βουπληθέος ἐξ Ἐρυθείης (tramandato infatti dallo stesso

testimone). Ma in questa età la maggiore fortuna di Euforione si stava concretizzando nella letteratura latina, e proprio Partenio puó aver avuto un

ruolo importante nella sua diffusione presso i νεώτεροι. Nel frattempo, intorno al testo euforioneo si davano da fare i grammati-

ci di professione. Già nel II secolo Euforione fu oggetto delle attenzioni di Apollodoro,

che non si limitó a citarlo per determinati problemi geo-

grafici o mitografici (questo pare sicuro almeno per Euph. 74 in Apollod.,

22 Poco significativo invece — pace Cazzaniga 1961, p. 48 — l'accordo di Euph. 12 e Parth., SH fr. 618 = fr. 8 L. su ἵλαος con a lungo. Benché isolata in Omero (Il. 1. 583), tale scansione ricorre piü volte nei secoli successivi e diventa particolarmente frequente in poesia ellenistica:

cf. Hes. Op. 340, Hymn. Hom. Cer. 204 (ove vd. Richardson), CEG 367. 2 (Olimpia, V a. C.),

Aesch. Eum. 1040, Pae. Erythr. 934. 19 Page, Theocr. 5. 18, Posidipp. A. P. 12. 131. 3 = HE VIII 3084, Leon. A. P. 6. 334. 5 - HE III 1970, Rhian. A. P. 6. 278. 3 - HE VIII 3244, anon. SGO 1. 19. 2. 3 (Didima, II a. C.?), Meleag. A. P. 12. 57. 7 = HE CXI 4586, Philod. A. P. 6. 349. 5 = GP XIX 3278 (Choerob.

in Theod. 1 p. 252. 24-25 Hilgard, testimone dei due frammenti

di Euforione e di

Partenio, si spinge addirittura ad affermare che τὸ ἵλαος μᾶλλον ἐκτείνει τὸ a, σπάνιον γὰρ τὸ ἐν συστολῇ ἔστιν εὑρισκόμενον).

29 Vd. Gow-Page ad loc.; più recentemente Seth-Smith 1981 e Bornmann 1993, con bibliogra-

fia, e ora Lightfoot 1999, pp. 76-80. 39 Susemihl 1891-92, I p. 308; Burkert 1961, pp. 32-43 (una prova sicura sarebbe il Bellum Marsicum attribuitogli in [Aur. Vict.] Orig. 9. 1 = SH fr. °°39, ma l'autenticità della notizia è assai

discussa: vd. da ultimo D'Anna 1992, p. 86). Ancora utile Meineke?, pp. 371-377.

31 Affermare che «it was Parthenius ... who introduced his friends and pupils to Euphorion» (Clausen 1964, p. 192; cf. anche Barigazzi in Alfonsi & al. 1965, p. 162 = 303, e le equilibrate rettifiche di Lightfoot 1999, pp. 57-58) & forse eccessivo, ma certo il suo peso nell'affermarsi della moda euforionea non dovette essere scarso.

110

Studi su Euforione

FGrHist 244 F 170; più incerta l'ipotesi che il grammatico si servisse di cita-

zioni euforionee nei casi di Euph. 109 - Apollod. F 136a, ove vd. la nota di Jacoby, e di Euph. °11 - Apollod. F 159%), ma intervenne anche a criticarne le scelte linguistiche: sul fr. 25 τύμβος ὑπὸ κνημοῖσι πολυσχεράδος Μυκόνοιο siamo informati che ᾿Απολλόδωρος (F 281) δέ φησι περισσὸν τὸ o παρ᾽ αὐτῷ εἶναι, ὡς παρ᾽ Ὁμήρῳ “γαῖα φερέσβιος"΄. Consonanze con Euforione sono assegnate

dai testimoni a Panezio (fr. 130 van Straaten = 149 Alesse = Euph. fr. 187 van Groningen) ea Callistrato (FGrHist 348 F 4 - Euph. 78), ma in nessuno dei due casi & possibile dire se costoro citassero o discutessero gli scritti del nostro poeta; una eventuale presenza euforionea in Polemon e? é totalmente indimostrabile. Sul finire dell'era ellenistica, l'uso di Euforione da parte di Didimo ὃ attestato quantomeno da Euph. 6 e, se l'at-

tribuzione e giusta (infra, p. 128), °453; piü difficile dire se in schol. ad Pind. Ol. 8. 41a = Euph. 54 derivi da Didimo anche la citazione del nostro poeta*. A

Seleuco,

attivo nell'età di Tiberio”, sembrano risalire la citazione

negli Etymologica di Euph. 90 e forse anche quella di 92. 1 av8epeov: ... ot δὲ παρὰ τὴν ἄνθησιν τῶν τριχῶν. διὸ καὶ κατηγοροῦσι (Seleuco? O altri sostenitori della medesima etimologia?) τοῦ Εὐφορίωνος εἰπόντος “τέκνον, μὴ σύ γε μητρὸς an’ ἀνθερεῶνας ἀμήσῃς"35. Qualche decennio prima operò

Teone,

noto

3 Molti altri frammenti euforionei che sarebbe in teoria possibile ricondurre ad Apollodoro sono raccolti da Scheidweiler, pp. 90-91. Tutta la breve sintesi sulla Memoria Euphorionis, condensata da Scheidweiler nelle pp. 90-92, si mostra figlia di un'epoca in cui il connubio di una splen-

dida dottrina con un certo positivistico ottimismo fece si che la ricostruzione delle opere perdute di storici, eruditi e grammatici procedesse spesso con fiducia eccessiva (basti pensare al geniale e spericolato Erodiano di A. Lentz; per Apollodoro questa via era stata battuta, peraltro con risultati spesso eccellenti, da R. Münzel). In alcuni dei casi suddetti & bensi plausibile che l'attribuzio-

ne ad Apollodoro colga nel segno (p. es. Euph. 36 = Philod. piet. 247 Ill 1-13, p. 81 Schober), ma questo richiederebbe una discussione troppo estesa per le finalità del presente studio e adatta piuttosto ad un commento: per l'analisi complessiva di entità e carattere della fortuna euforionea preferisco limitarmi alle testimonianze sicure o quantomeno assai probabili. Su Apollodoro in generale e sul carattere dei suoi studi vd. soprattutto Pfeiffer 1973, pp. 385-403. 8 Scheidweiler p. 91, con un «fort.» quantomai necessario. Nel caso di Euph. 117 il fraseggio del testimone non favorisce affatto un'ipotesi del genere: Clem. Alex. Protr. 2. 39. 7-9, p. 62 Marcovich Πολέμων δε ... vovopei ... (fr. 31 Preller). Ἡρακλείδης δέ ... φησίν ... (fr. 153 Wehrli). οὐδὲ μὴν Σαμίων ἐκλήσομαι - πρόβατον, ὡς φησιν Βὐφορίων, σέβουσι Σάμιοι -, οὐδέ γε τῶν τὴν Φοινίκην Σύρων

κατοικούντων, ὧν οἱ MEY... κτλ.

% Varie altre attribuzioni fortemente ipotetiche in Scheidweiler, p. 91.

35 Vd. B. A. Müller 1921. Se costui ? da identificare col personaggio menzionato in Suet. Tib. 56 item cum soleret ex lectione cotidiana quaestiones super cenam proponere et comperisset Seleucum grammaticum a ministris suis perquirere, quos quoque tempore tractaret auctores, atque ita praeparatum

venire, primum a contubernio removit, deinde etiam ad mortem compulit (bibliografia in B. A. Müller 1921, col. 1252. 12-22), l'ipotesi di un suo interesse per Euforione acquista probabilità: cf. Suet. Tib. 70, cit. infra, sulle manie euforionee dell'imperatore. 36 Nel secondo caso l'ipotesi è di Scheidweiler, p. 91 e n. 13, in base alla presenza della medesima etimologia nell'epitome dodecasillabica redatta nell'XI secolo da Giovanni Mauropode, che conserva talvolta tracce di una dottrina verosimilmente risalente a Seleuco (Reitzenstein

1897, pp. 173-189; Reitzenstein 1901, pp. 3-30, con edizione definitiva del testo e varie rettifiche

IV. La fortuna di Euforione nel mondo greco

111

principalmente per essere stato il primo commentatore sistematico di vari poeti ellenistici (Callimaco, Apollonio, Teocrito, Licofrone, Nicandro)?.

Molto materiale dei suoi commenti dovette confluire nei corpora scoliastici a

tali autori, ed è quindi verosimile che le numerose citazioni euforionee conservate da questi scoli risalgano a lui**; è del resto inevitabile che chi commentava Callimaco, Nicandro e Licofrone dovesse fare spesso i conti con

Euforione — né si puó escludere che al nostro poeta Teone abbia dedicato un ὑπόμνημα autonomo, come ipotizzò E. Scheer ap. Scheidweiler, p. 92. Co-

munque commenti ad Euforione non mancarono. La piü antica testimonianza in proposito ci riporta al periodo del già citato Seleuco: Suet. Tib.

70 (test. 16 van Groningen) attesta che Tiberio fecit et Graeca poemata imitatus Euphorionem et Rhianum et Parthenium, quibus poetis admodum delectatus scripta omnium et imagines publicis bibliothecis inter veteres et praecipuos auctores dedicavit, et ob hoc plerique eruditorum certatim ad eum multa de his ediderunt. Et. Gen. AB a 1308 Lasserre-Livadaras (Euph. 123) οὕτως ἐν ὑπομνήματι ἀνεπιγράφῳ εἰς τὸν Κεχηνότα Διόνυσον

Εὐφορίωνος non fornisce indicazioni cronologiche, né sappiamo chi fossero i τινές che cercarono di ‘regolarizzare’ Euph. 136 secondo Apoll. Soph. p. 133. 2022 Bekker ὁ γοῦν Εὐφορίων φησὶν “Ev δὲ πόποις Eooavıo”. τινὲς de τούτῳ βοηθοῦντές

φασι συναλιφὴν εἶναι ἐν δ᾽ ἐπόποις ἀντὶ τοῦ ἐπόπταις; due brani di commentari ad

Euforione sono conservati nel II secolo d. C. in POxy. 2085 (Euph. 430-431) e 2528 (Euph. 432: alle r. 11-12 l'autore rinvia a un altro suo commento euforioneo, quello a Chil.”), e alla stessa epoca sembra appartenere POxy. 2527 (Euph. ?454) con un ulteriore possibile frammento di esegesi al nostro poeta. Copiosi scolî, oggi purtroppo pressoché illeggibili, affollavano i margini e gli interco-

lumni del coevo PSI 1390 (Euph. 413-416). Ai primi due secoli dell'impero risalgono del resto quasi tutti i papiri euforionei*, il che non stupisce (è noto

nell'interpretazione generale: cf. Dyck 1993, in particolare pp. 119-120). Per il primo, l’assegnazione

al grammatico

Baroccianus 50, che esplicito riferimento 7 Wendel 1934; Bongelli 2000. Molti

è suggerita

dalla citazione

nelle ἐκλογαὶ διαφόρων λέξεων

del cod.

hanno in Seleuco la loro fonte primaria (Reitzenstein 1897, pp. 166-167, con alla nostra glossa; Cellerini 1988, pp. 39-41; i testi infra, p. 142). Guhl 1969, con ulteriore bibliografia; nuove proposte di attribuzione in passi in questa direzione erano comunque già stati compiuti, benché pro-

babilmente con minore sistematicità: quello che oggi sappiamo sulla filologia tra il III e il I sec.

a. C. permette di ritenere «più verisimile che l'abbondanza dei commentari a poeti ellenistici scritti da Teone ... sia non un punto di partenza bensì un punto di arrivo» (Montanari 1995, p. 62; cf. in particolare pp. 48-52). 38 Questo sembra estremamente probabile per Euph. 37 (= Theon fr. °45 Guhl) e 76 (= fr. *146 G.). ?? La brachilogia ev ταῖς Χιλιάσιν διαλεξόμεθα non deve far pensare che l'autore del commentario fosse Euforione stesso: vd. E. Fraenkel ap. Lobel, The Oxyrhynchus Papyri XXX, p. 89. 4 Alla fine del I sec. a. C. o all'inizio dell'era cristiana è assegnato PBerol. 13873 (Euph. °429, vd. infra, p. 128), all'inizio del I d. C. POxy. 2526 (Euph. ?433-?452); al I d. C. appartiene ancora POxy. 2219-2220 (Euph. 418-427), mentre al Il d. C. si datano PSI 1390 (Euph. 413-416) e POxy. 2525 (Euph. 428).

112

Studi su Euforione

che proprio nel II sec. d. C. la produzione libraria del mondo greco-egizio toccò il suo massimo storico) ma ci interessa comunque come ulteriore con-

ferma del fatto che in questa età non si era ancora smesso di leggere, copiare e studiare Euforione. Nonostante questo, la fortuna del poeta di Calcide in àmbito propriamente letterario sembra ormai in declino. Euforione continua ad es-

sere citato da grammatici, compilatori ed eruditi di ogni sorta, ma i suoi influssi sulle nuove generazioni di poeti cominciano a rarefarsi. Tra il I e il IV secolo, gli unici ad esibire qualche debito di rilievo verso Euforione sono lo

ps.-Oppiano (su cui torneremo tra poco) e l'anonimo autore di POxy. 1085 = GDRK XV 2 (solitamente identificato con

Pancrate!!):i vv. 1-2

tou] δ᾽ "Aspiniotoro θοώτερον, ὅς ποτ᾽ ἄνακτα ῥηϊδίως φεύγοντα κατὰ κλόνογ ἐξεσάωσε

sembrano risentire di Euph. 23 τὸν μὲν áp' ἐκ φλοίσβου ᾿Ασβώτιοι ὦκα φέροντες / ὑστάτιον ῥύσαντο κονισαλέῃσιν ἐθείραις / ἵπποι κτλ., e forse anche la descri-

zione del leone ai vv. 15-19 (cito con le integrazioni pressoché palmari di

Hunt e di Wilamowitz) μάστιε δ᾽ οὐρίῇ ἰσχία xlat πλευρὰς σφετερῇ μάστιγι κείλαινῇ ees loc: ὄσσε δὲ δεινὸν ὑπ᾽ ὀφρύσι πῦρ φλεγέθεσκον,

ἐκ δ᾽ αὖ λΙᾳβροβόρίωϊν στομάτων πολὺν ἀφρὸν ὀδόντων ἐξανίει] συναρασσομένων ἔντοσθεν ἐς ἰαΐαν

potrebbe dover qualcosa, oltre che ἃ] locus classicus di Il. 20. 168-171 περί τ' ἀφρὸς ὀδόντας / γίγνεται, £v δέ TE οἱ κραδίῃ στένει ἄλκιμον ἥτορ, / οὐρῇ δὲ πλευράς τε καὶ ἰσχία ἀμφοτέρωθεν / μαστίεται, ai versi euforionei su Cerbero (che da

Omero derivano, come si è visto supra a p. 15) in 51. 4-7

ταρφέες ἀφλοισμῷ de | οἱ δ᾽ ὄπιθεν λασίῃ ὑπὸ γαστέρι πεπίτηῶτες!] οὐραῖοι λιχμῶντο περὶ πλευρῇσι δραίκοντες, £v καί οἱ βλεφάροις κυάνῳ ἠστράπτετον [600£]9.

41 La pubblicazione del POxy. 4352, che riprende il tema della caccia di Adriano e Antinoo in

età dioclezianea (per un’ipotesi di attribuzione vd. Livrea 1999), ha salutarmente ricordato che

«one lesson we should learn ... is not to label 1085, P. Lit. Lond. 36, or any other set of hexame-

ters on this subject, as 'Pancrates', unless we can show that they contain the four verses cited by Athenaeus XV 677F as coming from the work for which this poet was rewarded by Hadrian» (Rea 1996, p. 3). 12 Soltanto a titolo di lusus, nel passo di 'Pancrate' sull'uccisione della belva in 28-29 ῥῆξεν μὲν στομάχοιο θεἰμείλιά τ' bie dévovrac

αὐχενίους καὶ πάγτα δι si potrebbe proporre, viste le letture euforionee di questo poeta, di integrare non διέσχισε di Schmidt bensì un ricercato ölnpıxe da Euph. 41 (ma in realtà il secondo emistichio di 29 è tanto

prevedibile nella sostanza quanto irrecuperabile nella sua forma esatta).

IV. La fortuna di Euforione nel mondo greco

113

Per il resto il panorama ? desolante, e comunque limitato a poche reminiscenze puramente formali (poche soprattutto in rapporto alla mole dei testi presi in esame) e molto circoscritte. Nessuna traccia sicura di Euforione si

rinviene nel callimacheggiante

Dionisio

Periegeta: niente ci dice

che la clausola φημίξαντο in Euph. 57. 2 sia riecheggiata nel gnuitovor di

Dion. Per. 850* (ove del resto la piü recente editrice, I. Tsavari, preferisce la v. I. κικλήσκουσιν)", e l'altra clausola spondiaca ηὐδάξαντο in Dion. Per. 22 e 94

(e anche in Oppian. Hal. 1. 127) potrebbe dipendere non da Euph. 427. 3 bensi da un comune modello callimacheo di cui rimangono forse le vestigia

in Suid. n 641 Adler = Call. Hec.(?) p. 360 Hollis (supra, p. 25); i versi 788-792 sull'origine dell'aconito dalla bile di Cerbero possono derivare da Euph. 37 ma anche da un'altra fonte, p. es. Erodoro*. Ancor più incerta la derivazione

da Euph. 125 dell'aggettivo àvpegin

Marcello

Sideta, IGUR 1155.

77 (supra, p. 47 n. 168). E verosimile che il Dionysos di Euforione fosse uno dei modelli dei Baooapıxa del non meglio noto Dionisio (ormai non

piü identificabile con il Periegeta, cf. Livrea 1973b, pp. 9-10), ma i pochi frammenti superstiti non rivelano alcunché in tal senso*. Nulla di euforioneo sembra emergere dagli Halieutica di O p pia n οὐ. Più interessante il caso dello ps.-Oppiano dei Cynegetica: se la ricomparsa in Cyn. 2. 4 del μεγακλεής precedentemente attestato solo in Euph. 416. 1 e l'affinità fonica di Cyn. 4. 238 uatòv ὀρεξαμένη con Euph. 92. 5 μαστὸν ἐπισχομένη (s. s.)

possono essere casuali*, più significative paiono l'analogia tra Euph. 17 öx-

4 Come clausola tetrasillabica il verbo compare altrove solo in anon. SH fr. 907. 17 e in Tzetz. Hom. 212, φημίξαντο in entrambi i casi, ma cf. Arat. 442 ἐπεφημίξαντο (v. I. διεφημίξαντο > Dion. Per. 26, 50), forse modello di Euforione, e Rhian. fr. 25. 5 Powell μετεφημίξαντο (supra, p. 34 e n. 118). #

FGrHist 31 F 31, citato dallo stesso testimone del frammento euforioneo: attestazioni piü

tarde in Jacoby ad loc. (cf. anche Borin 1995, p. 147). Assai dubbia a mio parere l'idea di Maass 1892, p. 206, su una dipendenza di Dion. Per. 3-4 Ὠκεανοῖο fa6vppóov: ἐν yàp ἐκείνῳ / πᾶσα χθὼν ἅτε νῆσος ἀπείριτος ἐστεφάνωται da Euph. °122 'Qxeavóc, τῷ πᾶσα περίρρυτος ἐνδέδεται χθών (la paternità

del verso è comunque molto incerta: vd. almeno van Groningen, pp. 236-237, e infra, p. 127); un'imitazione più vistosa la ravviserei invece nel sinora trascurato ' Apollonid.' SGO 8. 1. 34. 5-6 λαῶν θ᾽ ὅσσοι ἔασιν ἐπὶ χθονός, ἣν περὶ πᾶσαν] / Ὠκεανὸς κόλποις ἐνδέδεται ῥοθίοιϊς! (Cizico, I-II d. C.).

45 In St. Byz. p. 581. 12-18 Meineke si trovano abbinati Euph. 1 e Dionys. fr. 13 Livrea a proposito della città di Soli (vd. Livrea 1973b, p. 25), ma il fatto che Dionisio adottasse la forma Zo-

λεια non incoraggia a pensare che egli riprendesse da Euforione l'etimologizzazione ἀπὸ Σόλωvoc. Il preziosismo ἡλέκτωρ di Dionys. fr. 19v 40 L. era in Euph. 110 ma anche in vari altri poeti (vd. supra, p. 105 n. 12).

4 Non mi paiono significativi i casi di Euph. 413. 11 oizieipéxet ἀκρεμόνεσίσι - Oppian. Hal. 4. 295" περιρρέει ἀκρεμόνεσσιν (ἀκρεμών è diffusissimo in poesia della prima età imperiale, e per la

clausola c'era comunque il precedente di Apollonio: supra, p. 31 n. 102) e di Euph. 415. i. 16 ἐγκονέεσκον - Oppian. Hal. 4. 103 ἐγκονέουσιν (alla base di tutto c'è ἐγκονέσυσαι di Il. 24. 648, Od. 7. 340, 23. 291: supra, p. 11 n. 21). Di Hal. 1. 127 ηὐδάξαντο si è detto poc'anzi.

47 Μεγακλῆς nome proprio fa pensare che l'aggettivo abbia avuto una diffusione maggiore di quel che a noi sembra (cf. supra, p. 39); μαστὸν ἐπισχομένη pare una novità come incipit di esametro, ma il nesso era tradizionale (fin dal celeberrimo Il. 22. 83 εἰ ποτέ τοι λαθικηδέα μαζὸν ἐπέσχον:

114

Studi su Euforione

λάσσαιντο e Cyn. 4. 444" ὀκλάζουσιν e la ricomparsa della clausola ἐξ Ἐρυθείης di Euph. 52 in Cyn. 2. 110%; Ζηνὸς χρυσείοιο di Cyn. 2. 9 deriva probabilmente

da Euph. 418. 42 Au) χρυσίείῳδ; una sicura imitazione da Euforione si avrebbe accogliendo l'attraentissimo ἀταρμύκτοισιν di Bentley in Cyr. 1. 208 e 4.

134 ἀσκαρδαμύκτοισιν orwraic; valide ragioni ha addotto Hollis 1994a per ritenere che il mito sulle origini di Apamea in Cyr. 2. 100-158 avesse un precedente euforioneo. Non ci sarebbe da stupirsi che lo ps.-Oppiano, che aspira fin dal proemio del libro I a darsi un tono 'callimacheo'*!, nutrisse interesse particolare per uno dei primi e piü decisi esponenti del callimachismo. Il già citato 94 προπρὸ δέ μιν δασπλῆτες ὀφειλομένην
ἐβάλοντο

43 Κώκυτός «του μοῦνος ἀφ᾽ ἕλκεα νίψεν "Adwvıv: l'integrazione dello Scaligero

ha goduto di incontrastata fortuna, e difatti sul piano paleografico essa, con

la quasi perfetta aplografia che presuppone, & quanto di meglio si possa desiderare. Non così sul piano metrico: il Wortbild Κώκυτός vov viola contemporaneamente le norme di Giseke e di Hilberg, cio® produce una pesante anomalia metrico-ritmica fortemente sgradita ai poeti ellenistici piü severi e

in particolare a Callimaco e ad Euforione (supra, pp. 75 s.). È vero che in Euforione c'è un'infrazione analoga in 415. ii. 25, ma non a caso è una sola, e non autorizza ad introdurne altre a cuor leggero. Un'alternativa, piü che l'ardito «ὡς μοῦνος Κώκυτος di Barigazzi 1962 (che non muoveva da considerazioni metriche ma da un’ipotesi sul contesto), potrebbe essere τότε (che

non e appositivo e quindi non crea 'parola metrica'): per una quasi-aplografia, TOCTOTE con un E tondeggiante non è molto più dispendioso di TOCTOI. Ovviamente, in mancanza di un contesto, si tratta solo di ipotesi, che limite-

rei all'apparato lasciando nel testo l'indicazione di lacuna.

44 A] v. 4 ζωὴν δὲ μεθ᾽ ὕδατος ἔκβαλε πᾶσαν non sembra aver insospettito alcun

editore, ma il significato di μετά merita qualche riflessione. Ci si aspetterebbe “nell'acqua”, ma in tal senso μετά + gen. richiede il plurale (LSJ s. v. μετά A I):

sarebbe allora necessario congetturare μεθ᾽ ὕδασιν (l'errore sarebbe in tal caso una mera svista, non una confusione grafica: x e o si scambiano facilmente in minuscola, ma le abbreviazioni di og e ıv sono molto diverse), cf. Od. 3. 90-91 ei θ᾽ ὃ γ᾽ En’ ἠπείρου δάμη ἀνδράσι δυσμενέεσσιν / EL TE καὶ Ev πελάγει μετὰ κύμασιν ᾿Αμφιτρίτης, Hes. Op. 687 δεινὸν δ᾽ ἐστὶ θανεῖν μετὰ κύμασιν. Piü economicamen-

V. Per una nuova edizione critica

151

te, si puó intendere "insieme con l'acqua": «vomit6 con un chorro de agua el ültimo resto de su vida» (De Cuenca), «va vomitar tot l'hàlit vital ensems amb

l'aigua» (Cláa). A questo si potrebbe obiettare che l'espressione è piuttosto faticosa, e che ἅλμη δ᾽ ἐκάλυψεν [ἐπέρησεν Elter, ἔκλυσσεν Sitzler] ὀδόντας al v. 5 dice

esattamente l'opposto. Ma l'obiezione viene a cadere se si accetta l'idea di van Groningen, che per altri ma non irrilevanti motivi ipotizza una lacuna tra i vv.

4 e 5 (favorevole Lloyd-Jones 1979, p. 15 = 155): li poteva esserci una precisazione che rendesse l'immagine piü perspicua, ξωὴν δὲ μεθ᾽ ὕδατος ἔκβαλε πᾶσαν

«πόντον ἀποπτύων Vel sim. (cf. Theod. Prodr. Rhod. Dos. 6. 67-68 ἅλμην πιόντες ἐξαπῆλθον τοῦ βίου / ψυχὰς συνεξεμοῦντες οἷς πεπώκεσαν), col che anche ὀδόντας del v. 5 risulterebbe finalizzato, più che a una

«expression osée» (van Groningen,

p. 114; θανόντα

Geel 1825, p. 46), a sottolineare l'insuccesso dei disperati tentativi di Ifimaco

di rigettare l'acqua che lo soffocava. 76 Il corrottissimo schol. K ad Theocr. 13. 7-9a, p. 259. 9-14 Wendel, recita: τὸν Ὕλαν Σωκράτης (FGrHist 310 F 10) viov 'HpakA£ovug φησίν, ᾿Απολλώνιος δὲ ὁ Ῥόδιος (1. 1213, 1355) Θειοδάμαντος [Hemsterhuys, Θεοῦ-- iam ed. Brubach.: Φιλοδάμου K], «Νυκανιδρος δὲ» [xai K, corr. et suppl. Hemsterhuys] (ad fr. 48, p. 57 n. 2 Schneider) Κήυκος, Εὐφορίων [-pisng K, corr. Callierges] δὲ Εὐφήμου τοῦ Ποσειδῶνος ἐρώμενον [Πολυφήμου x. II. £. Hemsterhuys: Εὐφήμου τ. I. té.) Jacoby] (kai ἄλλοι ἄλλων!) [del. Ahrens].

A quanto riporta Wendel, ἐρώμενον sarebbe correzione del Brubach per épo-

μένου di K. Non direi. Un controllo autoptico del codice, Ambrosianus Gr.

886 = C 222 inf. (f. 352r: l'aiuto di Maria Jagoda Luzzatto mi è stato prezioso), rivela che esso ha gpu, cioè -uevov: in tutti gli altri casi in cui negli scolii teocritei si ha ἐρωμένου, il copista scrive ἐρωμένου (p. 124. 22 W. = 344"; p.

250. 5, 8, 15 W. = 351v; p. 256. 10 W. = 352"), o al massimo τοῦ tpw* (p. 270. 5 W. = 353"), ove la presenza chiarificatrice dell'articolo e la diversa posizione e dimensione dell'accento fanno la differenza rispetto al nostro caso. Che poi il passo sia da correggere & ben possibile, vuoi con la soluzione di Hemsterhuys (basata su schol. ad Ap. Rh. 1. 1207 Σωκράτης δὲ ἐν τῷ πρὸς Εἰδόθεόν φησι τὸν Ὕλαν ἐρώμενον Πολυφήμου kat ovx Ἡρακλέους γενέσθαι e sull'accordo tra

Euforione e Socrate in schol. ad Ap. Rh. 1. 40 τὸν δὲ Πολύφημον Ἐλάτου παῖδα εἶπεν ᾿Απολλώνιος, Σωκράτης δὲ kat Εὐφορίων Ποσειδῶνος: ma non è detto che i due autori concordassero su tutto), vuoi con quella di Jacoby (che avrebbe il

pregio di conferire allo scolio una maggiore omogeneità; poco rilevanti a

mio avviso le obiezioni di van Groningen, p. 146). Per lo meno, l'acquisizio-

152

Studi su Euforione

ne di ἐρώμενον come lezione tràdita renderebbe la sistemazione testuale di

Hemsterhuys meno dispendiosa di quanto finora pareva: una sola correzione invece di due.

83 Il testo tràdito è ἠδ᾽ ὅσα προτέροισιν ἀείδεται Εὐρυβάτοισιν: 000a è corre-

zione di Rabe (ottima, ancorché avanzata dubitanter dallo studioso). In apparato proporrei un'alternativa, appena un po’ meno economica ma forse stilisticamente più adatta, ὅσα «xov: la caduta non sorprenderebbe in una sequenza in maiuscola IIOYTIPO, e la nozione di indeterminatezza sarebbe appropriata all'espressione "tutti gli Euribati che ci sono stati in passato”

(cioè tutti i delinquenti, categoria notoriamente difficile a circoscriversi; sull’uso proverbiale di “Euribate” vd. van Groningen ad loc., pp. 152-153).

84

Il testimone principale, anzi pressoché unico, di questi cinque versi è Plut. Quaest. conv. 5. 3, 677a; che nessuno degli editori di Euforione vi aggiungesse il generico τὸν παῖδ᾽ ἐπέθηκαν πίτυος θαλλοῖς, ὡς Εὐφορίων μαρτυρεῖ di schol. ad

A. P. 9. 357 (schol. Bern. p. 318 Stadtmüller = schol. Ambr. p. 228 Calderini, cf. anche le redazioni consimili di pp. 230, 235, 236 C.; il passo non era invece

sfuggito alla brillante dottrina di Pfeiffer ad Call. fr. 59. 5), non era tutto sommato un danno grave. Maggiore interesse riveste invece la redazione amplior del codice Paris. suppl. Gr. 316 (edita da Lolos 1981, p. 380. 76; non sembra

esserne a conoscenza Clüa, pp. 99-100), che riporta il testo euforioneo fino a

κάτθεσαν del v. 2. Si tratta di scolii estremamente tardi (vd. Calderini 1912, in part. pp. 237-242, e Hutton 1935, pp. 155-158) e in genere poco significativi, e nel nostro caso attingono sicuramente a Plutarco; finché tuttavia esiste la possibilità che essi leggessero un testo plutarcheonon esattamente uguale al

nostro, il nuovo editore dovrà tenerne conto, soprattutto per la corruttela del v. 1 (ἐπ᾽ αιλισι πιτύεσσι Plut.: ἐπὶ οὐ An πιτύεσθι schol.: ἀγχιάλοις Meineke, optime: αὐαλέαις Magnelli 1999a, 4. v. per lo stato della questione).

Al v. 2, nella parte tramandata dal solo Plutarco, gli editori più recenti conservano il testo tràdito con ὀκκότε δὴ στέφανον [van Groningen: -vov codd.

Plu., -vop' Bernardakis fort. recte, cf. Pind. Pyth. 12. 5, Isthm. 2. 15-16] ἀθλοις φορέονται, che van Groningen intende “nel periodo dell'anno in cui si tengono

i giochi": ma una precisazione del genere sarebbe piuttosto inutile (i lettori ben sapevano che proprio dal fatto qui narrato i giochi istmici trassero origine), e soprattutto non se ne vedrebbe il legame con où γάρ πω del verso

V. Per una nuova edizione critica

153

seguente; lo stesso dicasi per ὁκκόθι, "dove", ipotizzato dallo stesso van Groningen. È proprio ov γάρ πω a chiarire il senso generale del v. 2: deve trat-

tarsi di qualcosa relativo al tempo in cui la corona dei giochi istmici era fatta di pino e "non ancora” di apio, e quindi pare necessario correggere in $opéov1o (comunemente attribuito a Scheidweiler, ma in realtà proposto già da Koechly 1851). Scheidweiler e Powell, come piü recentemente Clack, accoglievano anche öxxöße di Reiske (cf. Geel 1825, p. 50: «unde (i. e. e pinu) eo tempore victores in certaminibus coronabantur»); ma se la forma in -xx-, benché inso-

lita, sarebbe comprensibile come sviluppata 'letterariamente' dal normale ionico ὁκόθεν per analogia di Onößev/önnößev, maggiori perplessità suscita la terminazione: «never --θε, for ὁππόθ᾽ Od. 3. 89 is for ὁππόθι» (LSJ s. v. ὁπόθεν). Si

dovrebbe allora ipotizzare che Euforione fraintendesse quello stesso passo omerico, où γάρ τις δύναται σάφα εἰπέμεν ὁπποθ᾽ ὄλωλεν, 0 che ammettesse

ὁκκόθε analogicamente alle numerose oscillazioni -0£/-0ev attestate per altri

avverbi già in Omero (cf. Chantraine, GH I pp. 241-244); restituire ókxó6ev per congettura non sembra peraltro possibile (OKKOGEN > OKKOBE A, pensando ovviamente a una successiva banalizzazione in ὀκκότε, sarebbe facilissimo in

maiuscola: ma cosa fare di H?), né convince del tutto àv τότε di Koechly 1851 (poi riproposto indipendentemente da Sitzler 1909, col. 682). Ritengo piuttosto che ὀκκότε si possa agevolmente conservare intendendolo "all'epoca in cui”. L'espressione pud sembrare impropria (ci aspetteremmo non "all'epoca in cui li usavano", bensi "all'epoca in cui iniziarono ad usarli”), ma forse non impos-

sibile, in poesia, come designazione generica dell'età precedente ad Eracle e

all'introduzione dell'apio. E comunque è anche possibile che Euforione conoscesse la tradizione attestata da schol. ad Ap. Rh. 3. 1240 Ἴσθμια τὰ ἐν Ἰσθμῷ τελούμενα τῆς Κορίνθου πρότερον μὲν τῷ Ποσειδῶνι, ὕστερον δὲ Μελικέρτῃ: va da

se che si tratta di una tradizione marginale, nata probabilmente per spiegare

la coesistenza dei due personaggi come dedicatari dei giochi (cf. Will 1955, pp. 169-180 e 191-192, e Gebhard 1993, pp. 170-172 con bibl. anteriore), ma l'autore di un Περὶ Ἰσθμίων (frr. 180-181 van Groningen) poteva ben esserne al corrente. Analogo pare del resto il caso del poeta Museo di Efeso, di poco poste-

riore ad Euforione e probabilmente da identificarsi col Museo menzionato nell'ultima parte di quello stesso scolio: Μουσαῖος δὲ ἐν τῷ Περὶ Ἰσθμίων δύο φησὶ γίνεσθαι ἀγῶνας ἐν Ἰσθμῷ, καὶ τὸν μὲν Ποσειδῶνος εἶναι, τὸν δὲ Μελικέρτου

(vd. Wilamowitz 1924b, II p. 234 π. 1, «Euphorion, den Musaios berichtigt haben wird»; Jacoby, FGrHist ΠΠῸ Komm,, p. 304). 98 Il testimone del frammento, schol. (s, Tzetz.) ad Lycophr. 440, presenta nella clausola del v. 4 'Aiöwvijog (precisamente così in s, Marc. Gr. 476, f. 38°,

154

Studi su Euforione

controllato da me sull’originale: il che tuttavia non significa molto, dato che .

ved ü erano impiegati per vari altri usi oltre che come indicazione di dieresi,

cf. Reil 1910, pp. 489-492). Spohn 1816, p. 208, sostenne che «forma ᾿Αἰδονῆος, quae haud raro reperitur, ex editionibus vett. revocari debet», e questo,

con l'avallo di Meineke, è divenuto il testo ‘vulgato’ di tutte le edizioni di Euforione. Ma la questione merita un riesame. AIAQNEYZ non ha una diffusione molto vasta, e a parte due apparizioni in tragedia risulta limitato alla poesia dattilica: in quest'ultima è quasi sempre impiegato con w in arsi (Il. 5. 190, 20. 61, Hymn. Hom. Cer. 2, 84, 357, 376, Hes. Theog. 913, Empedocl. 31 B

6. 2 D.-K., Antim. fr. 41a. 5 Matthews, Leon. A. P. 7. 480. 7 = HE LXXIV 2433, Nic. Alex. 194, IGUR 1336c. 9 [ca. 95 d. C.], 1269. 1 [II/III d. C.], epigr. in

Lajtar 2000, nr. 121. 9 [data incerta], epigr. ap. Paus. 10. 12. 3 = App. Anth. III 123. 4 Cougny, Oppian. Hal. 3. 488, 495, Or. Sib. 1. 377, Pall. A. P. 11. 281. 1, in età bizantina Cometas A. P. 15. 40. 43, Theod. Prodr. carm. hist. 2. 21

Hórandner; inoltre AIAQNAIA in hymn. mag. GDRK LIX 10. 47, 12. 36, congettura di Dilthey in 13. 9), il che da un lato rende impossibile dire se a: iniziale sia dittongo o bisillabo (anche se per motivi di eufonia gli editori scelgono normalmente la seconda possibilità), dall'altro garantisce e per cosi dire 'istituzionalizza' la quantità del suono -o-. Una collocazione di quest'ultimo in tesi appare, oltre che in Euforione (e nell'integrazione àyeudoc Αἰδωνῆος di Wilamowitz in anon. GDRK XXX 79), nei seguenti casi:

-

-

[Mosch.] 4. 86 Αἰδωνῆος / [᾿Αηδονῆος Laur. Conv. Soppr. 15 e Paris. Gr. 2832, ovvero uno dei due rami della tradizione, a quanto riporta Galla-

votti; poco chiaro l'apparato di Vaughn]; Antip. Thess. A. P. 9. 792. 3 = GP LXXXV 545 / δώματα δ᾽ Αἰδωνῆος [così Gow-Page; «didwv. Cod.» Dübner; ᾿Αἰδονῆος Meineke?, p. 91]; orac. ap. Phleg. Mir. 10. 2, FGrHist 257 F 36 = p. 204 Giannini, v. 37 / Aldwvei [αιδωνῆ cod.; 'Aióovet dub.-Meineke? loc. cit.; ἐνδοῦναι Lumb 1920, p. 145, pessime; per la datazione dell'oracolo vd. Diels 1890 e ora

-

Breglia Pulci Doria 1983, che propende, come già Mommsen, per l'età sillana]; IG X2. 1, 447. 10 / σύνθρονον» Edwvnin)eı [per Alöwvei, come rileva l'editore; Macedonia, II/ III d. C.];

-

Quint. Smyrn. 3. 15 ᾿Αἰδονῆος / [codd.; "Aióog εἴσω Zimmermann, col «fort. recte» di Vian]; id. 6. 490 = 12. 179 / μέχρις En’ ᾿Αἰδονῆος ὑπερθύμοιο βέρεθρον [nel primo

-

passo è concordemente tràdito ᾿Αἰδονῆος; nel secondo ’Aidovijos hanno LPEAld.Lasc.2, ossia fonti recenziori, Αἰδωνῆος i codd. primari]; Greg. Naz.(?) carm. 1. 1. 33. 8 πύλας λίπες ᾿Αἰδονῆος / [il carme è conserva-

to in due soli codici, segnalati da Werhahn 1966, pp. 342-343: ho controllato su fotografia il Vindob. theol. Gr. 43, f. 86", e sull'originale il Vat. Borg. Gr. 22, f. 155‘, ed entrambi hanno chiaramente dido-];

V. Per una nuova edizione critica

-

155

Nonn. D. 30. 172 αἴθε καὶ ᾿Αἰδονῆα δυνήσομαι ἠπεροπεύειν [Graefe, edd.; ἀδωνῆα L; «fortasse Αἰδωνῆα scribere sufficit» Meineke

18565, p. 449,

come già Casaubon]. In definitiva, la forma 'Aióo- pare sicura solo per Quinto Smirneo e per Gregorio, e complessivamente si presenta come minoritaria. Del resto, se per

l'a« iniziale la possibilità di una scansione bisillabica — non però trocaica, bensi pirrichia — era garantita da necessità di responsione in Aesch. Pers.

649-650, motivi analoghi legittimavano quella monosillabica in Soph. OC 1559 Αἰδωνεῦ Αἰδωνεῦ (due molossi: vd. Kamerbeek ad loc. e Dale 1983, p. 42).

Perché negare un'opzione del genere proprio a un fervente cultore dello σπονδειάζων come Euforione? I tre esametri spondiaci consecutivi che avremmo qui leggendo Ai&ovfjoc hanno altresì un perfetto parallelo in Euph. 34 (cf. supra, p. 65), ove parimenti sembrano marcare con la loro impressività la fine di un periodo.

110

Solo una precisazione: l'assolutamente palmare ἴδεν ἠλέκτωρα — che ritocca appena l’ εἶδεν ἠλέκτορα del testimone e permette di evitare lo iato presupposto da ἠλέκτορα εἶδεν di Sylburg, purtroppo ancora preferito da Cláa — non è dovuto a Wilamowitz, come l'improprio «corr. ap. Wilam.»

dell'apparato di Powell ha suggerito a tutti gli editori successivi (nonché a Koniaris 1978, p. 508). La paternità dell'intervento spetta in realtà a Keydell 1911, mentre Wilamowitz 1924a si limitava a rafforzare la congettura dell'allievo, da lui regolarmente citato, aggiungendo il parallelo di ἡλέκτωρι nel papiro dei Bassarica di Dionisio (ora fr. 19v 40 in Livrea 1973b, q. v. p. 59).

133

Si è già detto a p. 26 che Euph. 418. 25-26 ἀλλὰ Διωνύσου ᾿Απατήνορος, óc pa Μελαινὰς / ὦπασε Κεκροπίδαις, ἱερῆς δείκηλα σισύρνης non sembra immemore di Call. Hec. fr. 85 Hollis οὐδὲ Auwvulow Μελαναίγ]ιδι, τόν [xolt' [Ελευθήρ /

εἴσατο, ιΛιμναίῳ δὲ χιοροστάδας ἦγον ἑιορτάς (Hollis ad loc. non manca di citare il passo euforioneo). Sempre nell'Hecale, e probabilmente nella stessa sezione da cui proviene il fr. 85, si legge al fr. 84 πολυπτῶκές te Μελαιναί, e Stat. Theb. 12. 619 scrive viridesque Melaenae («sine dubio ex Hecala», Pfeiffer

al suo fr. 266). Verdeggiante e piena di lepri: pur cosciente dei rischi di una tecnica troppo combinatoria, credo che sia lecito domandarsi se Euph. 133 πτῶκες ἀειχλώροισιν ἰαύεσκον μολοθούροις non tratti proprio della località di

Melainai e non appartenga anch'esso, come 418, al Διόνυσος.

156

Studi su Euforione 134 ἠπεδαναὶ πέμφιγες ἐπιτρύξουσι θανόντα. Che qui πέμφιγες significhi "spet-

tri” è una vecchia idea di Schultze 1888, p. 7 (ancora oggi perpetuata da molti), fondata sul parallelo di Lycophr. 686 e 1106: in realtà non c'è alcuna

prova che Euforione traesse la pur rara parola proprio da Licofrone, anche se 686-687 ἀκούσει κεῖθι πεμφίγων [v. 1. πεμφίδων) ὅπα / λεπτήν sarebbe un adeguato modello per il mormorio dell’ ἐπιτρύζουσι euforioneo. Probante è inve-

ce la testimonianza di Galeno, che cita il frammento di Euforione in un passo in cui parla delle πέμφιγες come “brezze” — come ha mostrato la versione

araba, utilizzata da Wenkebach nella traduzione tedesca di Pfaff, che integra qui una lacuna del testo greco — e gli abbina un verso di Callimaco in cui il

significato è appunto quello (Aet. fr. 43. 41 Pf. = 50. 41 Massimilla, q. v.): è quindi pressoché sicuro che anche qui si tratti di brezze, come intende infatti il traduttore arabo ("sanfte Hauche umsáuseln den Toten") e come sulla

base di ciò ribadisce Lloyd-Jones 1979, p. 17 = 157. C'è però il problema di ἐπιτρύξουσι con l’accus. semplice,

che col senso “mormorano

intorno a” è

inattestato e poco convincente (ci si aspetterebbe ἀμφί, vel sim.), e certo non

ha nulla a che vedere con casi come Soph. Ph. 395 σέ ... ἐπηυδώμαν infelicemente addotto da van Groningen. Si sarebbe tentati di riesumare l’elegante ἐπικλύζουσι di Bentley. Ma più semplicemente, perché non pensare che la citazione sia mutila? La caduta di una brevissima porzione di testo, p. es. _ ἠπεδαναὶ πέμφιγες ἐπιτρύζουσι θανόντα,

renderebbe conto di tutto (il testo di Galeno qualche perdita l'ha in effetti registrata, come rivela la citata versione araba).

°175

Per finire, una breve osservazione anche su un frammento la cui paternità euforionea è assolutamente ipotetica. Il personaggio è un certo Eutelida, che con l'ammirare troppo la propria bellezza si attira una cattiva sorte (poco importa qui se ció significhi un amore lacerante per la propria immagine, come il più famoso Narciso, o una meno drammatica calvizie, come ipotizza argutamente van Groningen, p. 238): καλαὶ μέν not’ ἔσαν, καλαί, φόβαι Εὐτελίδαο᾽ ἀλλ᾽ αὑτὸν βάσκαινεν ἰδὼν ὁλοφώιος ἀνήρ δίνῃ ἑνὶ ποταμοῦ" τὸν δ᾽ αὐτίκα νοῦσος ἀεικής ...

Mi chiedo se la drammaticità di ὀλοφώιος sia appropriata ad un comportamento del genere (potrebbe casomai esserlo come ironica esagerazione, nel

caso che l'idea di van Groningen cogliesse nel segno e che l'episodio avesse

V. Per una nuova edizione critica

157

un tono umoristico: ma questo è impossibile appurarlo). Chi passa il tempo nell'autoadorazione — e, secondo la mentalità degli antichi, non si preoccupa di scongiurare l' ὄμμα βασκανίης --- si potrebbe piuttosto definire à x o φώλιος, "stolto", “vano” (cf. Cozzoli 1998, nonché Sbardella ad Philit. fr.

12. 1), proprio come Narciso che in Ov. Met. 3. 425 secupit

inprudens.

BIBLIOGRAFIA

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A. Meineke, Analecta Alexandrina, Berolini 1843, pp. 1-168 (= Meineke?) C. Müller, FHG III pp. 71-73 [solo i frr. in prosa] Meleager, and the Other Poets of Jacobs' Anthology; from Plato to Leon. Alex. together with the Fr. of Hermesianax and a Selection from the Adespota, ed. by

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[solo gli

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[solo i frr. 40, 44, 50, 84, 92, 94, 98, 140, 141, senza apparato e

con brevi note divulgative] Supplementum Hellenisticum, edd. H. Lloyd-Jones et P. Parsons, Berolini et Novi Eboraci 1983, pp. 196-233 Eufori6 de Calcis, Poemes i fragments, text revisat i trad. de J. A. Cla, Barcelona 1992

160

Studi su Euforione

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ADDENDA

p. 8 n. 13: su Nic. Ther. 155 s. vd. ora J.-M. Jacques, Nicandre. Oeuvres,II: Les

Thériaques, Paris 2002, che conserva ψαμάθοισι proponendo invece di emendare ἀλινδόμενοι in ἐισκόμενοι. . p. 22 n. 62: Giovan Battista D'Alessio mi fa notare che, alla luce di 560 1. 12.

2. 2, l'accezione "che fa avvicinare" si potrebbe proporre anche per l'euforioneo λοχίῃσι γυναικῶν ἐμπελάτειρα ... ὠδίνεσσιν: "che porta le donne

alle doglie del parto". Mi sembra un'ipotesi ben possibile; forse l'inter-

pretazione tradizionale si armonizza meglio con μετάσποι del v. seguente, ma questo non e decisivo.

p. 23 n. 63: la congettura di J. G. Schneider in Nic. Ther. 701 é ora accolta da Jacques 2002 (cit. supra; vd. la sua nota a p. 193). P. 23 n. 67: πολύλλιτος anche in SGO 20. 21. 1. 1 (Teodoriade, età tardoantica).

P. 36 n. 124: gli scolii a Licofrone in questione sono ora riediti da P. L. M. Leone, Scholia vetera et paraphrases in Lycophronis Alexandram, Galatina 2002,

pp. 88-89 (che nel fr. euforioneo mette a testo Κυχρῆος di s [= A secondo i suoi sigla], ma in apparato riconosce a Κυχρεῖος un debito «fort. recte»). p. 47 n. 165: il frammento 'posidippeo' è ora il fr. 5149 in C. Austin - G. Bastianini, Posidippi Pellaei quae supersunt omnia, Milano 2002, p. 188. p. 80 n. 86: per Nic. Ther. 716 s. l'interpretazione di Gow-Scholfield e ora condivisa da Jacques 2002 (cit. supra), p. 56: «L'une, appelée grain de raisin, est d'un noir de poux».

p. 100 n. 28: l'epitaffio di Marone è ora riedito come SGO 19. 5. 1. p. 105: per nexeıv riferito ad esseri umani, Euforione e Teodorida potevano avere in certo modo

un precedente in Erinna, SH fr. 401. 13 aulvida ne-

Eals, se in quel passo l'agnella tosata era prefigurazione della giovane Baucide morta prematuramente, come propone con ottimi argomenti C. Neri, L'agnella e il rasoio (Erinna: SH 401,13), in M. J. García Soler (ed.), Τιμῆς χάριν. Homenaje al Profesor P. A. Gainzarain, Vitoria-Gasteiz 2002,

pp. 61-68. P. 115 e n. 53: ἠχήεις riferito a un fiume anche in SGO 19. 8. 1. 3 ἠχήεις ὅθ᾽ 'Ados ἀφεγγέσι ῥεύμασι φεύγει (Corico, età imperiale).

192

Studi su Euforione

p. 116 e n. 59: μεγακλεής anche in Eudoc. Cypr. 1.77" μεγακλέος Ὀπτάτοιο (ed. C. Bevegni, Eudociae Augustae Martyrium Sancti Cypriani I, 1-99, «Prometheus» 8, 1982, pp. 249-262).

p. 121 n. 82: su Eracle e Cerbero come allegoria della vittoria di Cristo sulla morte vd. anche H. Hunger, On the Imitation (μίμησις) of Antiquity in Byzantine Literature, «DOP» 23-24, 1969-1970, p. 23. pp. 131 s.: tra i testi ipoteticamente attribuiti ad Euforione senza un plausibile motivo si può annoverare anche l'elegia anonima di SH fr. 960, su cui vd. già le giuste obiezioni di Barigazzi 1950, p. 25 n. 1. Per un riesame dettagliato del frammento (ma senza attribuzioni euforionee) vd. ora S.

Barbantani, "Aspetides": un antenato di Pirro d'Epiro? Analisi di SH fr. 960, «SemRom»

4, 2001,

PP.

51-78.

pp. 153 s.: nuova edizione dello scolio s in Leone 2002 (cit. supra), pp. 85-86, la cui collazione risulta esattissima. p. 154: ᾿Αιδωνεύς con ὦ in arsi fu anche congetturato, seppur dubitanter, da Stadtmiiller in Asclep. A. P. 7. 11.3 = HE XXVIII 944, ove tuttavia il tradito 'Aióac μοι dà un senso anche migliore (vd. Gow-Page ad loc. e soprattutto C. Neri, Studi sulle testimonianze di Erinna, Bologna 1996, pp. 209211).

Indice dei passi discussi

193

INDICE DEI PASSI DISCUSSI

(L'asterisco * segnala i passi interessati da nuove proposte testuali)

I. EUFORIONE (ESAUSTIVO)

1: 113 n. 45 2. 1: 37, 42, 50, 51, 108, 129-130 92. 2: 40, 51, 129-130 3 : 10, 36, 104 4 : 25 n. 77, 50, 74 n. 60 5 :52, 95 6: 27 n. 83, 110 7: 36, 43 n. 150, 108 n. 26, 119 n. 76 8: 20-21, 31 n. 103, 99 9: 8, ll e n. 21, 22, 24, 25, 28, 30, 33, 36, 39 n. 136, 50 e n. 179, 97, 108, 120, 122 e n. 92, 148-149, 191 10: 25 °11: 110, 127 12: 109 n. 28 13: 149-150* 14: 11, 36, 43, 50, 51, 107, 120, 147 16: 30, 53 17: 113-114 18: 52

20: 28, 146-147 21: 35, 43-44, 50 22b: 38 n. 130 23: 17, 33, 44, 50, 52, 97, 112, 117 24: 44, 51, 134 25: 6, 110 26: 108 n. 26

27: 29: 30: 32: 33:

108 n. 26 99, 123 n. 95 36, 191 94 n. 4*, 123 n. 95 34-35

34: 11 n. 21, 25 n. 77, 32, 51, 65

35a-b: 45, 82 n. 90 °35c: 128 36: 110 n. 32 37: 106, 111 n. 38, 113, 133 38: 43, 52, 136-137 39: 38-39 40: 8, 9, 15, 23, 31 n. 103, 37, 38, 50, 52, 65, 86, 105 n. 12, 106, 108, 114, 119120 41: 14, 33, 35, 106, 112 n. 42 42: 29, 74 n. 62, 106, 137-138 43: 50, 106, 150* 44: 7, 10, 17-18, 31, 46, 50, 51, 123 n. 96, 150-151 °°45: 131 n. 12 47: 47

50: 13, 39, 51, 71, 75 n. 65 51: 6, 7, 15-16, 24-25, 32, 34, 35, 36, 39, 45, 50, 51, 52, 79 n. 82, 84 n. 102, 87 n. 119, 112, 121, 122 n. 92 52: 46, 109, 114, 115 °53: 130 54: 39-40, 46, 50, 70-71, 106, 110 57: 34, 51, 53, 113, 134 58: 12, 14, 29-30, 44, 108 n. 26, 115 59: 44, 52 60: 43

61:31 n. 102, 42 64: 12 66:7 68: 128 n. 3

73: 40-41 74: 109-110

194

Studi su Euforione

°75: 33-34, 35, 39, 115, 127-128, 134 76: 111 n. 38, 151-152 78: 39, 46, 110, 116 79: 39, 138-139* 80: 12, 22, 25 e n. 77, 46, 48, 50, 59 n. 8, 119 n. 76 81: 22, 105 n. 12 82: 25, 51 83: 119 n. 77, 152* 84: 10, 11 n. 21, 30, 39 n. 136, 42, 47-48, 50, 51, 52-53, 78 n. 77, 106 n. 17, 152-153 85: 117 87: 22, 31 n. 102, 38 n. 130, 53, 89 n. 124, 117 88: 31 n. 102, 38 n. 130, 46, 117 89: 38 n. 130, 50 90: 11 e n. 21, 46, 53, 110, 142-143 91: 27, 86 n. 113, 119 92: 14, 27-28, 33, 50, 51, 105, 110, 113, 117, 134 93: 29, 100-101, 107, 117-118 94: 14, 15, 23, 31, 35, 41, 44, 86, 107, 114, 118, 119 n. 76 95a: 43, 141 °95b: 11 n. 21, 128, 141 96: 7, 11 n. 21, 25, 26, 29, 43, 53, 121, 134 97: 108-109 98: 8-9, 12, 18, 31 n. 103, 32, 34, 42-43, 65 n. 32, 76 n. 73, 109, 115, 118, 153-155 101: 53, 121 103: 22 n. 61 104: 10, 65, 106, 107 107: 14, 119 n. 76 108: 11 n. 21, 23-24, 105 n. 11, 106 109: 110 110: 10, 37, 59 n. 8, 105 n. 12, 113 n. 45, 155 112: 47, 51, 115, 140 113: 33 n. 113, 64 n. 25, 118 114: 34 n. 116, 50 n. 178, 76 n. 73, 108 115: 121

117: 110 n. 33 118: 7, 55

119: 33, 39 n. 136 120: 27, 137 121: 46, 64 n. 25 ?122: 113 e n. 44, 127 123: 27, 65, 111, 134 124: 28, 106, 114, 134 125: 47, 53, 113, 123 ?126: 47 n. 169, 53, 128 127: 23, 30, 134 128: 47, 139-140 129: 140-141 130: 26, 59, 71, 128-129, 143 131: 20 n. 52, 25, 46 132: 9, 13, 23, 106, 118 133: 10, 44, 105, 155 134: 25 n. 77, 30, 51, 156* 135: 18 n. 46, 64 n. 25, 65 n. 29 136: 28, 111 138: 44 139: 33, 115 140: 35, 105, 191 141: 14, 32, 37, 43, 79, 104-105, 106 142: 133 144: 22 145: 39 n. 136, 44 146: 46, 106 148: 40, 134 149: 48 150: 39, 49, 118, 130 151: 44 152: 48, 118 153: 25 n. 77, 48 154: 49 155: 143-144 156: 141-142 158: 49 160: 6 166: 109, 130 169: 53 172: 53, 148 9175: 84 n. 104, 131, 156-157* °176: 130, 145-146 9177: 78 n. 77, 116, 123 n. 96, 130-131, 133 413: 9, 14, 19, 28-29, 31-32 e n. 102, 34, 36, 42, 52, 69 n. 41, 97, 108 n. 26, 113 n. 46, 118, 121

Indice dei passi discussi 414: 11 n. 21, 23, 46, 50, 82 n. 94, 108, 118 415. i: 10, 11 n. 21, 12, 14-15, 19-20, 25, 35, 37-38, 39, 41, 43, 44, 47, 50, 51, 58 n. 5, 64 n. 25, 65, 76 n. 71, 86, 88 n. 121, 97, 108 n. 26, 113 n. 46, 119 e n. 76 415. ii: 8, 11 n. 21, 12-13, 18, 22, 23, 25 n. 77, 27 n. 81, 31 n. 103, 33, 34, 35, 36, 43, 44-45, 46, 47, 50, 51, 53, 59 n. 8, 71, 99-100, 104, 105 n. 12, 114, 116, 118, 119 n. 76, 131 416: 10, 25, 28, 39, 40, 42, 65, 71 n. 51, 86, 113, 116 417: 44, 74 n. 62

418: 8, 10, 22, 25-26 e n. 77, 27, 28, 30, 31 n. 103, 34, 35, 36 n. 124, 45, 46 e n. 164, 53, 79, 104, 107, 114, 116, 119, 130, 134, 144-145, 146, 155 422: 34 n. 119*, 79 427: 25, 65, 113 428: 23, 34 n. 118, 50 n. 179, 81 °429: 26, 32 n. 109, 119 n. 76, 122, 128129, 130, 143 430: 35 n. 120, 72 n. 54*, 111, 121 431: 111 432: 111 °433-°452: 129 9439: 27 n. 83 ?440: 64 n. 25 ?442: 115 n. 54, 119 n. 76, 121 ?443: 119 n. 76, 121 9453: 110, 128 ?454: 111, 129

frr. 180-181 van Groningen: 153 fr. 187 van Groningen: 110 fr. 147 Meineke: 131 n. 12

fr. 166 Meineke: 128 PLugd.Bat. 25. 1: 129 POxy. 2442 fr. 29: 129 schol. ad Pind. Nem. 3. 23: 130 SH fr. 1044: 44, 119 n. 76, 130

II. ALTRI AUTORI (SELETTIVO) Alc. Mess. A. P. 7. 429. 106-107 e n. 18

2 - HE XVI 97:

195

Alex. Aet. fr. 16 Magnelli: 35 n. 120 anon. PLit. Palau Rib. 21. 4: 18 n. 44* SEG 41, 1991, 1407 B: 100 n. 28 SGO 1. 20. 23. 1-2: 107 SGO 4. 2. 9. 3: 105 SH frr. 912-912C: 131 e n. 13 SH fr. 951: 131-132 e n. 15

Antim. fr. 41a. 3 Matthews: 30 n. 100* frr. °198-198c M.: 131 e n. 13 Antip. Sid. A. P. 7. 467. 3 - HE LIV 534: 79 n. 83* Ap. Rh. 1. 1123: 6 n. 6 3. 162: 145 4. 925: 145 Arat. 457: 145 495: 145 Call. Aet. fr. 75. 26 Pf.: 79

epigr. 6. 3-4 Pf.: 55-56 Hec.(?) fr. 173 Hollis: 22 e n. 59

Hymn. Jov. 36: 78 n. 78 Hymn. Jov. 78: 77 e n. 75 Hymn. Dian. 7: 77 e n. 75 fr. inc. sed. 477 P£.: fr. °745 Pf.: 131 "Crates' A. P. 11. 218 45, 54-55 Crin. A. P. 6. 227. 2 18 Eclogae, An. Ox. II 450.

78 n. 78* HE I 1371 ss.: 5, GP III 1782: 9 n. 29-32: 142-143

Epim. Alph., An. Ox. II 377. 30-378. 2: 141-142

Eratosth. fr. 29. 1 Powell: 79 n. 84 Et. Gen. a 862 Lasserre-Livadaras: 29 a 1229 L.-L.: 134 S. Ὁ. γαιζῆται: 136-137 S. Ὁ. Fepavera: 137 5. Ὁ. δάνειον: 137-138

5. 5. 5. 5. S. S. S. S. S.

Ὁ. Ὁ. U. Ὁ. v. U. v. Ὁ. Ὁ,

Evapyos: 138-139 εὐβύριον: 139-140 εὐρυκόωσα: 140 εὔωροι: 140-141 Ζωστήρ: 141 καύηξ: 143 xpeiov: 143-144 κρόκαλα: 144-145 Περσεύς: 145-146

Et. Gud. 145. 18-19 De Stefani: 29 334. 14-17 De St.: 137-138 285. 45-49 Sturz: 142-143 344. 11-18 S.: 143-144 348. 21-24 S.: 144-145 489. 27-28 S.: 147 5. Ὁ. toc: 142 5. Ὁ. καύηξ: 143 Et. M. a 1403 Lasserre-Livadaras: 29 a 2009 L.-L.: 134 223. 12-16: 136-137 228. 20-25: 137 247. 51-248. 1: 137-138 388. 43-48: 138-139 389. 24-30: 139-140 396. 27-30: 140 401. 37-42: 140-141 414. 19-22: 141 472. 42-48: 142 480. 17-19: 142-143 493. 48-50: 143 536. 54-537. 6: 143-144 539. 57-540. 1: 144 665. 45-46: 145-146 687. 26-36: 146 701. 9-12: 146-147 703. 10: 147 708. 51-55: 148 Et. Parv. ı 19 Pintaudi: 142-143

Et. Sym. a 1041 Lasserre-Livadaras:

n

n

%

OU

134 a 1510 L.-L.: 134 5. Ὁ. γαιξζῆται: 136-137 S. U. Γεράνεια: 137 . Ὁ. δάνειον: 138 . d, εὐάρχου: 138-139 . Ὁ. evßupıov: 139-140 . U. εὐρυκόωσα: 140 S. v. evopor: 141 S. Ὁ. Ζωστήρ: 141 5. Ὁ, καύηξ: 143 5. Ὁ. κρεῖον: 144

©

. Ὁ. χιβδοῦμεν: 134



. U. πρηνίξαι: 146 . Ὁ. ῥαιβός: 146-147 . U. Ῥειώνην: 147 . Ὁ. Σαρωνίς: 148 Eur. IT 26: 43 n. 153 Geo. Pis. in S. Cruc. 23: 107-108 n. 24 ὦ

5. Ὁ. Σαρωνίς: 148

. U. κρόκαλα: 144

fi

5. Ὁ. πρηνίξαι: 146 8. v. ῥαιβός: 146-147 5. Ὁ. Ῥειώνην: 147

co

Studi su Euforione

ῷ᾿ο

196

Greg. Naz. carm. 1. 1. 33. 8: 154 Hes. Theog. 798: 37 n. 125

Hesych. 5 227 Latte: 138 8 355 L.: 24 n. 70 x 194 Schmidt: 28 Hom. Od. 17. 525: 31 n. 104 Homeroc. 3. 349: 87 n. 119 Leon. A. P. 7. 198 = HE XXI 2084 ss.: 100 n. 28

Lycophr. 452: 29 [Mosch.] Megara 87: 105 109: 64 n. 26 Nic. Ther. 131: 106 e n. 13 155 s.: 8 n. 13*, 191 701: 23 n. 63 715 ss.: 80 n. 86*, 191

Alex. 87: 23 n. 63 433: 106

fr. 66 Schneider: 106 n. 16 Nonn. D. 3. 134-135: 121 en. 81 12. 292-294: 119-120 14. 171-174: 120 22. 337-341: 121 45. 173-181: 120 Par. Jo. 2. 105: 121 n. 82

[Oppian.] Cyn. 1. 208: 114 e n. 50 4. 134: 114 e n. 50 ‘Pancrat.’ GDRK XV 2: 112 e n. 42"

Parth. fr. °54 Lightfoot: 131-132 e n. 15 Plat. Amat. 135b 8-c 1: 7 n. 8

Posidipp. PMil. Vogl. 309. iii. 41: 42 n. 148 Rhian. fr. 55 Powell: 104 schol. ad Ap. Rh. 3. 1240: 153 Sen. Herc. f. 810-812: 16 n. 40

Soph. Ant. 601-602: 42 fr. 460 R.: 42 n. 149 Suid. e 3801 Adler: 94 e n. 5, 98 n. 19

Indice dei passi discussi Theodorid. A. P. 6. 155.

2 = HE I 3507:

105 e n. 9, 191

A. P. 7. 406 = HE XIV 3558 ss.: 104 en.8

Triph. 322: 115 e n. 54 'Zonar.' 336: 134 417: 136-137 429: 137

470: 138 905: 141 1148: 143 1255: 144 1585: 146 1603: 147 1608: 147 1629: 148

197

INDICE DELLE PAROLE GRECHE

ἀγάστριος: 28-29 ayaotwp: 29 ἀγκάζομαι: 19 àbaxpuc: 43 Αἰακίδης: 15

αἰγίλιψ: 41 Aibovevg/'Aibovevs: 154-155, 192 αἶκλον: 52 αἰπήεις: 8 ἄκρον: 7 "Axtıoc: 30, 53 ἀλλιξ: 22

ἁλοιάω: 8 ᾿Αλυβηίς: 20

ἐλλιπής: 44 ἐμπελάτειρα: 22 ἐντύνω: 25 emotegng: 14 εὐδείελος: 13

εὐήλατος: 45, 121 n. 81 eupukoooa: 47 nptov: 27 n. 84 ἠχήεις: 115, 191 ἧχι ἧχι: 145 θερμάστρα: 24 θηγαλέος: 118 π. 73 θηέομαι: 16-17 n. 41

ἅμαθος: 8 ἀμπέλινος: 44

ἀμυξ: 106 ἀπαμάω: 33 ᾿Απατήνωρ: 46 n. 164, 107

καύηξ: 26

ἀπόθεστος: 9 ἀπροτίμαστος: 7

κεβλήγονος: 23-24, 106 κελέβη: 20

ἄρδω: 7 ἄρρατος: 44 avpenc: 47, 113 ᾿Ατρυτώνη: 82 n. 90 ἀφλοισμός: 6-7, 15 pavpi-/Bupi-: 47 βλαψίφρων: 11

κνήμη: 29 n. 96 κρυόεις: 13 xvoa- / xvaca-: 140 dav-/Aevxavin: 8, 99 Λ(ελιβηθρ-: 28

Aic/ Me: 45 λίψ: 44

βούστροφος: 27 n. 83

pappapuyn: 32

γλαυκώψ: 129-130 δάνος: 29, 138 δήιος: 64 n. 26 δηρινθ-: 9 evap: 9, 23, 50

peyaxàeng: 39, 113, 116, 192 μελλόγαμος: 36, 119 n. 76 Μήδη: 107 uovvaE: 8-9, 34 νεόσμηκτος: 9, 118

Indice delle parole greche oxpvoeus: 13 óxx-: 30

onaipw: 31

πηγός: 12

σπεῖρον: 14 σφωΐτερος: 149 ταυρόκερως: 43 Τελαμωνιάδης: 14-15 τόμουρος: 28 ὑποβλῆτις: 142-143 φάλαγξ: 80 n. 86

πλοκαμίς: 35

φερεκλεής: 39, 139

ποιφύσσω: 18 n. 46

φίλητρον: 5 n. 1 φιλοπλόκαμος: 47

Ὁμηρικός: 5, 54-55

ὁπλότερος: 48, 119 n. 76 πέμφιξ: 30, 156 πενθέριος: 34 πεπτηώς: 16

πολύλλιτος: 23, 191

πολυσχεράς: 6 πολυτρόφος: 23 πόποι: 28, 111

φλεγεθοίατο: 6

φλοῖσβος: 17 xapwv: 30

πρηνίζω: 27 πκροπρό: 31 πύλαι "Avóov: 12 po«p-: 28

xepadoc: 6 xepas: 6

Xidov-: 30, 109

ὧρος: 12, 44

yu: 27-28 Ὠρίων: 65 n. 31

199

INDICE DELLE COSE NOTEVOLI

Aristarco: 6, 8, 28 n. 87, 33 n. 114

- Φιλοκτήτης: 95

cantores Euphorionis: 103 n. 1 epillio: 26, 95, 98 Esiodo, tradizione biografica: 38 Euforione: aspetti letterari:

- Χιλιάδες: 94 n. 5, 97-98 rapporti letterari e intertestuali:

alessandrinismo: 5-10, 21, 22-37, 44-46, 55-56, 89-91, 96, 98, 102 antifrasi: 15-20, 26, 38 enigmaticità: 15, 32, 50, 52-53, 102 ironia:

16, 20-21, 38, 86, 88 n.

121, 99-101, 156-157 maledizioni: 19-21, 97-100

miti cruenti: 100-101

rapporto forma/ contenuto: 101102

opere:

- Alceo di Messene: 106

-

Alessandro Efesio: 109 Alessandro Etolo: 35 Antimaco: 44-46, 89 ps.-Apollinare: 116 Apollonio Rodio: 31-34

- Arato: 34-35, 89-91

-

Bacchilide: 39 Callimaco: 22-26, 30 commedia: 40 Corinna: 39 Crinagora: 109 Cristodoro di Copto: 123 n. 96

- Dionisio (autore dei Baooapıxa):

᾿Αλέξανδρος: 96 n. 12

113 - Dionisio Periegeta: 113

"Avıoc: 95-96

- Eratostene: 104

᾿Αντιγραφαὶ πρὸς Θεοδωρίδαν: 96 ᾿Απολλόδωρος: 95-96 ᾿Αραὶ n Ποτηριοκλέπτης: 20-21, 97,99 Διόνυσος: 95, 155 Διόνυσος Κεχηνώς: 95

-

- Licofrone: 27-30, 128 n. 4

elegie: 93

- Manethoniana: 116

Ἡσίοδος: 38, 96-97 Θρᾷξ: 97, 99-100

- Marcello Sideta: 113

Ἱππομέδων Μείξων: 40, 96

xav): 116 - Meleagro: 108

Taxía/ Ἴναχος: 94 n. 4 Μοψοπία: 94 n. 5, 95 Ξένιος: 95

Ὑάκινθος: 95, 131 nn. 11 e 14

Eschilo: 40-41 Esiodo: 37-38 Euripide: 43-44 Filita: 26 n. 80, 34, 35, 54 Gregorio di Nazianzo: 115-116

- Massimo (autore del Περὶ xatap-

- Mosco: 100-101, 107

- ps.-Mosco, Megara: 105 - Nicandro: 105-106

Indice delle cose notevoli

201

- Nonno: 117-122, 129 - Omero: 5-21, 54-56

correptio Attica: 81-82 correptio epica: 83-84

- Oppiano: 113 - ps.-Oppiano, Cynegetica: 113-114 - Pamprepio di Panopoli: 123

dieresi bucolica: 58 n. 4, 71-72

- 'Pancrate": 112

iato: 83

- Panfilo epigrammatista: 108 - Paolo Silenziario: 123 n. 96

interpunzioni: 81 irregolarità nella inner metric: 8081 monosillabo finale: 79-80 norma di Bulloch: 79

- Partenio di Nicea: 108-109

- Pindaro: 39-40, 129-130 - poesia epigrafica: 105, 106-107, 109, 113 n. 44, 114, 116

elisione: 84 esametri spondiaci: 64-70

norma di Gerhard: 81

- Saffo: 38 - Sofocle: 41-43 - Teocrito: 35-36 - Teodorida: 104-105 - Trifiodoro: 115 trasmissione testuale ed esegesi

norma di Giseke: 75 norma di Hilberg: 75-76 I norma di Meyer: 74 II norma di Meyer: 74-75 III norma di Meyer: 71 n. 48 norma di Naeke: 76-78 norma di Tiedke-Meyer: 78 norma di Wernicke: 76 n. 73 ordine delle parole nel verso: 87-89

antica:

parole metriche: 58, 71 n. 47, 77 n.

- Apollodoro: 109-110

75 parole pesanti: 73, 85, 91 ponte di Hermann: 76 quadripartizione dell'esametro

- Proclo: 116

- Quinto Smirneo: 114-115 - Riano: 104

- Callistrato: 110 - commentatori anonimi: 111

-

Didimo: 110 etimologici bizantini: 132-148 Panezio: 110 papiri e codici antichi: 111-112, 122 - Seleuco: 110 - Stefano di Bisanzio: 122-123 - Teone: 110-111

Licofrone, sua cronologia: 27 n. 81 lingua: ellissi: 29 genitivi in -eiog: 36

secondo Fränkel: 57-58, 74 n.

61 rapporto dattili/spondei: 60-64, 89-90

schemi dell'esametro: 59-60 terzo biceps monosillabico + dieresi bucolica: 72-73 versi di due/tre parole: 87 n. 119 versi tetracoli: 85-87 Nicandro, sua cronologia: 105 n. 11 stile:

innovazioni lessicali: 46-47

allitterazione: 51

innovazioni morfologiche: 47-48 peculiarità sintattiche: 7

enjambement: 50 etimologizzazioni: 53, 130

slittamenti semantici: 48-49

figure retoriche: 50

vocaboli prosastici: 44

ricercatezze varie: 50, 52

metrica:

allungamento in arsi: 85 cesura centrale: 70-71

variatio: 50-51

varianti omeriche: 6, 9, 13 n. 31, 23, 31 n. 104, 33 n. 114

INDICE DEI MANOSCRITTI COLLAZIONATI

BRUXELLES, Bibliotheque Royale 11288: 133-147

32.16: 145 57.3: 133-147

CITTÀ DEL VATICANO,

57.11: 133-147

Biblioteca Apo-

stolica Vaticana Gr. 9: 133-148 Gr. 10: 133-148 Gr. 11: 133-148 Gr. 872: 133-148 Gr. 873: 133-148 Gr. 1708: 133-147 Gr. 1818: 133-148 Barberin. Gr. 70: 133-145

59.38: 29 n. 92 S. Marci 303: 133-148 . S. Marci 304: 133-148 LEIDEN, Universiteitsbibliotheek Vossianus Gr. Q 20: 133-148 MILANO, Biblioteca Ambrosiana Gr. 886 = C 222 inf.: 151 PARMA, Biblioteca Palatina 2139: 133-148

Borg. Gr. 22: 154

VENEZIA, Biblioteca Marciana

Pal. Gr. 244: 133-147

Regin. Gr. Pii II 15: 133-147 FIRENZE, Biblioteca Medicea Laurenzia-

Gr. 476: 36 n. 124, 145, 153-154

Gr. 530: 133-148 WIEN, Österreichische Nationalbiblio-

na

thek

5.7: 133-148 9.27: 133-148 32.9: 145

phil. Gr. 131: 133-148 theol. Gr. 43: 154

Finito di stampare nel mese di febbraio 2003 presso la Litografia Principe di Antonio Principe via E. Scarfoglio, 28 - Roma