Storia greca: linee di sviluppo dall'età micenea all'età romana [3 ed.] 8842075140, 9788842075141

In una grande sintesi, l'intera parabola del mondo greco: dal tempo dei palazzi micenei alla nascita della polis, f

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Storia greca: linee di sviluppo dall'età micenea all'età romana [3 ed.]
 8842075140, 9788842075141

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© 1989, 1990, 2006, Gius, Laterza & Figli

Nella «Collezione Storica>1 Prima edizione 1989 Seconda edizione riveduta 1990 Nei toil '/,8vouç, in 15 volumi (il III in 2 tomi), sulla storia greca dalla preistoria e protostoria fino all'età contemporanea (1941), Athenai 1970-1978 (i primi volumi tradotti anche in inglese); il periodo antico è trattato nei volumi I-IV, l'ellenismo bizantino nei voli. VII-IX; interessante l'uso non-droyseniano della categoria diHellenism6s, che vale per 'cultura greca' in assoluto; quel che noi chiamiamo Ellenismo viene perciò distinto con Hellenistikoì Chr6noi = età ellenistica); 'AQXULEç 'EHnvL>tèç J'tOÀELç, Ancient Greek Cities, a cura del Centro di Ecistica di Atene (apparsi finora 24 fascicoli, quasi tutti opera di studiosi greci, su questioni di metodo, siti del Peloponneso, della Megaride, dell'Attica, delle isole Taso, Creta, Lesbo, Samotracia, Tera, dell)area macedone e trace), 1971-1978; Ed. Will, C. Mossé, P. Goukowski, Le monde grec et l'Orient, I. Le V• siècle; II. Le IV• siècle et l' époque hellenistique, Paris 1972-1975; Storia e civiltà dei Greci, dir. R. Bianchi Bandinelli, 10 tomi, Milano 1977-1979; O. Murray, Early Greece, London-Glasgow 1980; J.K. Davies, Democracy and Classica/ Greece, ibid. 1978; F.W. Walbank, The Hellenistic Warld, ibid. 1981 (traduzioni italiane in 3 voi!., Bologna 1983); AA.VV.,I Greci. Storia cultura arte società, a cura di S. Settis, I sgg., Torino 1996 sgg.; D. Musti, Introduzione alla storia greca, Roma-Bari 2003 (20055); C. Bearzot, Manuale di storia greca, Bologna 2005; L. Braccesi, Guida allo studio della storia greca, in col!. con F. Raviola, Roma-Bari 2005. Opere di consultazione generale: Paulys Realencyclopiidie der c/assischenAltertumswissenschaft, hrsg. v. G. Wissowa-W. Kroll-K. Mittelhaus-

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K. Ziegler, Stuttgart 1893 sgg.; Der kleine Pauly.Lextkon derAnttke. Au/

der Grundlagevan Pauly's Realencyc/opddie der c/assischenAltertumswissenscha/t,5 voli., hrsg. v. K. Ziegler-W. Sontheimer, Stuttgart 1964-1975 [Miinchen 1979]; ev. oraDerneuePauly.EnzyklopddiederAntike (DNP), hrsg. v. H. Cancik-H. Schneider, volt hgg., Stuttgart-Weimar 1996 sgg. Una sintesi. introduttiva: M. Crawford-E. Gabba-F. Millar-A. Snodgrass, Le basidocumentariedellastoriaantica,trad. it., Bologna 1984. Un aggiornato repertorio bibliografico è ora disponibile nella Guidaallastoria grecadi A. Magnelli, Roma 2002. Molto utileJ. Poucet-J.M. Hannick, Introductionaux études c/assiques.GuideBibliographique,Ciaco éditeur, Louvain-La-Neuve 1988; v. anche P. Treves, Un secolodi storiedellastoriagreca,in Studidi storiaanticain mem. di L. Ferrero,Torino 1971, pp. 124; H. Heinen (hrsg. v.), Die GeschichtedesAltertums im SpiegeldersowjetischenForschung,Darmstadt 1980; M.A. Levi, Storiagreca.Nuoviproblemi e nuovimetodi,in «C&S» 19, 1980, n. 75, pp. 90 sgg.; M.I. Finley (ed.), The Legacyo/Greece.A NewAppraisal,Oxford 1981; B. Funck, Probleme der Hellenismus/orschung im Lichte neuererLiteratur,in «Klio» 64, 1982, pp. 239 sgg.;J. Alsina, Comprendrela Grèciaclàssica,Barcelona 1983.

'

b) Font( e scienze in più stretto rapportocon la storia 1. Storiografia antica: F. Leo, Die griechische Biographie,Leipzig 1901; G. Misch, Geschichteder AutobiographieI, 1907 (= A History o/ Autobiographyin Antiquity, London 1950); K. Triidinger, Studien zur Geschichte der griechisch-romischen Ethnographie,Diss. Basel 1918; A. Dihle, Studien zur griechischenBiographie,Gi:ittingen 1956; E. Schwartz, Griechische Geschichtschreiber (voci della Realencyc/opddiedi Pauly-Wissowa, ristampate), Leipzig 1957; F. Jacoby, Abhandlungenzur griechischenGeschichtsschreibung, Leiden 1956; G. De Sanctis, Studi di storiadella storiografiagreca,Firenze 1951; AA.VV., Histoire et historiensdans l' antiquité, «Entretiens sur l' antiquité classique», Vandoeuvres-Genève, 5, 1956 [1958]; K. von Fritz, Die griechischeGeschichtsschreibung I (un volume di testo e uno diAnmerkungen, «note»), Berlin 1967. A parte vanno menzionate (e in qualche modo associate), per la vastità

del campotematico,che si identificadi fatto con l'interastoriadel mondo antico, in particolare greco e romano, e della storiografia antica e moderna relativa, eperil ruolo assolto nella storia degli studi classici italiani e stranieri, le due seguenti opere: A. Momigliano, Contributiallastoriadeglistudi classiciI-II, e Contributiallastoriadeglistudi classicie del mondoantico III-VIII (III, V, VI ciascuno in2 tomi), Roma 1955-1987, riedizione di stu-

di e recensioni, organizzati tematicamente (di particolare interesse per la storia greca i voli. III, V, VI, ma anche gli altri contengono scritti relativi

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ad essa); S. Mazzarino, Il pensierostoricoclassicoI-II (il II voi. in 2 tomi), Bari 1966 (una summa dell'esperienza storiografica antica dalle origini al tardo impero e delle vicende storiche che ne sono alla base). Altri studi di carattere generale sulla storiografia: R. van Compernolle, Études de chronologieet d'historiographiesici/iotes,Bruxelles-Rame 1960; A. Momigliano, The Development of Greek Biography,Harvard Univ. Press 1971 (trad. it., con altro studio, Lo sviluppodellabiografiagreca,Torino 1974); R. Drews, The GreekAccountsofEastern Hzstory,Cambridge, Mass. 1973; T.S. Brown, The Greek Historians,Lexington-Toronto-London 1973; B. Gentili-G. Cerri, Le teoriedel discorsostoriconel pensierogrecoe la storiografiaromanaarcaica,Roma 1975 (cfr. ora Id., Storiae biografianel pensiero antico, Roma-Bari 1983); T.P. Wiseman, Clio's Cosmetics.Three Studies in Graeco-RomanLiterature, Leicester 1979; D. Musti, Societàantica.Antologia di storicigreci,Roma-Bari 1973; La storiografiagreca. Guida storica e critica, a cura di D. Musti, Roma-Bari 1979; P. Veyne, Les Grecsont-ils cruà leurs mythes?,Paris 1983 (trad. it. I grecihanno credutoal loromiti?, Bologna 1984); H. Strasburger, Umin Historioblickim Triimmerfeldder griechischenGeschichtsschreibung, . graphiaantiqua. Comment. Lovanienses W. Peremans oblatae,Leuven 1977, pp. 3 sgg.; M.H. Crawford-D. Whitehead, Archaic and Classica/ Greece.A Selection of Ancient Sourcesin Translation,Cambridge 1983; Ch.W. Fornara, The Nature of History in Ancient Greece and Rame, Berkeley-Los Angeles-London 1983; AA.VV., The Craft of the Ancient Historian.Essays in han. of Ch.G. Starr, Lanham-New York-London 1985;AA.VV., The GreekHistorians.Literatureand History.Paperspres. toA.E. Raubitschek,Saratoga 1985; Storiografialocalee storiografiauniversale.Forme di acquisizionedel sapere storico nella cultura antica, .Atti del congresso (Bologna 1999), a c. di D. Ambaglio-C. Bearzot-R. Vattuone, Como 2001; D. Musti, Storiografiageneralee storicilocalisul Peloponneso,in Storiografia locale e storiografia universale, cit. sopra, pp. 513-527; M. Pani, Le ragionidella storiografiain Greciae a Roma, Bari 2001. Sultema del 'miracologreco', criticoe propositivoinsieme, L. Gernet, Les Grecssansmiracle,Paris 1983 (trad. it. I Grecisenzamiracolo,Roma 1986, a c. di R. di Donato, del quale, in particolare, si vedano le pagine 403-420 dell'edizione francese, e 107-115 del]' edizione italiana). Per i singoli storici greci, di cui si siano conservate opere per intero, si rinviaalle bibliografie di edizioni, commenti, studi, presenti nelle storieletterariegreche. Per un ampio numero di storici, conservatiintegralmenteo frammentariamente,e particolarmentepresenti nell'esposizione, si rinviacomunque ai profili inseriti qui di seguito, nelle Note integrative e relative Bibliografie,poste alla fine di ciascun capitolo (in corrispondenza, di massima, col periodo di vita dell'autore stesso). Per i frammentidegli storici greci si ricorderannole due sistematiche

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raccolte di: C. e O. Miiller (e V. Langlois), FragmentaHistoricorum Graecorum (FHG), 5 voll., Parisiis 1861-1883; e F. Jacoby, Fragmente der griechischenHistoriker (FGrHist), in 3 parri (complessivamente 15 tomi, tra testi greci e note di commento, che ripubblicano in larga parte i FHG dei Mtiller, dando ad essi una diversa sistemazione) interpretazione, ordina~

mento), Leiden 1923 sgg. Si è recentemente avviata una serie di volumi di Frammenti degli storicigreci, a cura di E. Lanzillotta, Tivoli 2002, con testo, trad. it. e commento (usciti i voll. Crateroe Lybzkà). Converrà ricordare in questo contesto anche la raccolta dei Geographi GraeciMinores, a cura di C. Miiller, 2 voll., Parisiis 1855-1861, sempre di grande interesse storico. 2. Epigrafia. Manuali e studi introduttivi: W. Larfeld, Griechische Epigraphik, Miinchen 1914; G. Klaffenbach, Griechische Epzgraphik, Got· tingen 1966 (trad. it., Firenze 1978); M. Guarducci, Epigrafia greca, 4 voll., Roma 1969-1978; Ead., Epigrafiagrecadà/le origini al tardo impero, Roma 1987 (sintesi e aggiornamento della precedente opera). Uno studio introduttivo assai utile, fino ai suoi tempi: J.J.E. Hondius, Saxa loquuntur, Leiden 193 8, con ampia bibliografia. Per l'aggiornamento: il Bulletin épigraphiquedella «REG» (un prezioso strumento d'informazione, passato nel 1938, efino al 1984, alle cure di]. e L. Robert; nuova formula, di gruppo, dal 1987); Supplementum EpzgraphicumGraecum (SEG), Leiden 1923 sgg. Per l'epigrafia arcaica, particolarmente importante L.H. Jeffery, The Locai Scripts o/ Archaic Greece (LSAG), Oxford 1961. Altri studi di carattere generale: Ph. Gauthier, Épigraphie et institutions grecques,in «AEHE», IV Sect., 108, 1975-1976, pp. 337 sgg.; 109, 1976-1977, pp. 307 sgg.; 110, 1977-1978, pp. 373 sgg.; B. Boyaval, Épigraphie antique et démographie. Problèmes de méthode, in «Rev. du Nord» 59, 1977, pp. 163 sgg.; Das Studium der griechischenEpigraphik. Bine Ein/iihrung (a cura di G. Pfhol), Darmstadt 1977; A.S. Henry, The Prescriptso/ Athenian Decrees,Leiden 1977; Id., The Dating o/Fi/th-Century Attic Inscriptions,in «CSCA» 11, 1978, pp. 75 sgg.; W.E. Thompson, Linguistic and Stylistic Criteria/or Dating Attic Inscriptions, in «C&M» 32, 1971-1980, pp. 75 sgg.; K.J.Dover, The Language o/ Classica/Attic Documentary Inscriptions, in «TPhS» 1981, pp. 1 sgg.; A.G. Woodhead, The Study o/ Greek Inscriptions, 2nd ed., Cambridge 1981; A.S. Henry, 0

Honours and Privileges in Athenian Decrees. The Principal Formulae o/ Athenian Decrees,Hildesheim-Ziirich-New York 1983; I. Calabi Limeh· tani, Modalità della comunicazioneufficialein Atene. I decreti onorari, in «QUCC» n.s. 16, 1984, pp. 85 sgg. Le Inscriptiones Graecae(IG): IG r, = Inscriptiones Atticae Euclidis anno anteriores (prima del 403/2); II-III' = Inscriptiones Euclidis anno po-

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rteriorer(dopo il 403/2); N = Argolide; N' 1 = Epidauro; V= Laconia, Messenia, Arcadia; VII= Megaride, Beozia; IX 1' =Focide, Locride, Etolia, Acarnania, Isole del mar Ionio; IX 2 = Tessaglia; X 2,1 = Macedonia; XI= Delo (solo XI2 e XI 4); XII (fascicoli relativi ad alcune isole del mar Egeo); XN =Italia, Sicilia, Gallia, Spagna, Britannia, Germania. I volumi omessi nell'elenco qui dato, e mai pubblicati, avrebbero dovuto riguardare l'Elide e l'Acaia (VI), Delfi (VIII), Creta (XIII), Cipro (XV), ecc.; fuori di quel quadro, gli studiosi di altri paesi hanno prodotto loro edizioni di epigrafi, raccolte secondo un criterio regionale: i Fran-

cesi, ad es., le iscrizioni di Delfi e di Delo (v. rispettivamente Fouillesde DelpherIII. Epigraphie,a cura di E. Bourguet, G. Coline a., dal 1909; nel 1971 ha avuto inizio un Corpusdes inscriptionrde Delpher,con G. Rougemont, Lois sacrées et reglements religieux, Athènes-Paris 1977; e In-

rcriptionrde Délor, a cura di A. Plassart, F. Diirrbach e a., 1926 sgg.); gli Italiani hanno pubblicato le iscrizioni di Creta (M. Guarducci, InscriptionerCreticae,4 voll., Roma 1935-1950), ecc. Nella stessa produzione tedesca, Die Inschrzftenvan Olympia, a cura di W. Dittenberger-K. Purgold, Berlin 1896, sostituiscono in parte il val. VI delle IG; si hanno inoltre pubblicazioni di iscrizioni di regioni e città del!'Asia minore, della Siria, dell'Egitto, della Tracia. Per le iscrizioni sillabiche cipriote, v. O. Masson, Les inrcriptionschypriotessy//abiques,Paris 1983'. Per una completa bibliografia, v. M. Guarducci, L'epigrafiagrecadalleorigznia/tardo impero,Roma 1987, pp. 451 sgg. Alcune raccolte epigrafiche di particolare interesse tematico: H. Col-

litz0E. Bechtel, Sammlung der griechischenDialekt-Inschriften(SGDI), 4 voll., Gottingen 1884-1915; W. Dittenberger, Sy/logeInscriptionumGraecarum(SIC, o Sy/1.'),4 voll., Leipzig 1915-1924' (postuma; l' ed., 1883); Id., OrientisGraeciInrcriptionesselectae,2 voli., ibid. 1903-1905 (cfr. W. Gawantka, AktualisierendeKonkordanzenzu... OGIS und... Syll.', Hildesheim 1977); M.N. Tod,A Selectionof Greek HistoricalInscriptions.I. To the End of the Fifth Century,Oxford 1946; II. From 403 to 322 B.C., ibid. 1948. Il I val. è sostituito ora da: R. Meiggs-D. Lewis, ASelectz'onof Greek Historica!Inscriptionsto the End of the Fifth CenturyB.C., Oxford 1989'; H. VanEffenterre-F. Ruzé, Nomima.Récueild'Inscriptionspolitiquesetjuridiquesdel' archaismegrec,École Française de Rom e 1994. Per l'età ellein HellenisticPeriod,New Hanistica: C.B. Welles, Roya/ Correspondence ven 1934; L. Moretti, Iscrizionistoricheellenistiche(ISE),2 voli., Firenze 1967-1975 (I.Attica, Peloponneso,Beozia;II. Greciaorientalee settentrionale).Per le leggi sacre di diverse epoche: F. Sokolowski, Lois sacréesde l'Asie mineure,Paris 1955; Id., Lois sacréesdes citésgrecques,ibid. 1969. Fondamentali sono le epigrafi per valutare i fenomeni dell'ellenizzazione (e perciò anche in larga misura dell'urbanizzazione) delr Asiaminore in età romana; in particolare si veda ora la collanainschrz/tengriechischer

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Stiidte aus Kleinasien (Osterreich. Akad. - Rhein.-Westphal. Akad. der Wiss.), di cui sono finora usciti 67 voli., Bonn 1973-2006. 3. Papirologia. Per introduzione: E.G. Turner, Greek Papyri.An Introduction,Oxford 1968 (traci. it., Firenze 1984), sui papiriletterari più che su quelli documentari. Collezioni papirologiche. Alcune sono indicate col nome del luogo dove i papiri sono stati rinvenuti: papiri di Ossirinco, Tebtunis, del Fayfim, di Gurob, di Dura Europa. V.: The OxyrhynchusPapyri(spesso indicati come POxy), collezione iniziata da B.P. Grenfell-A.S. Hunt nel 1898; il voi. LIII è del 1986; The Tebtunis Papyri,ed. B.P. Grenfell-A.S. Hunt e a., 5 voli., London 1902-1976; Fayoum Towns and their Papyri, ed. B.P. Grenfell-A.S. Hunt e a., London 1900; Greek Papyrifrom Gu... Pirob, ed. J.G. Smyly, D·ublin 1921; The Excavationsat Dura-Europos na/ Report V Part I. The Parchmentsand Papyri,ed. C.B. Welles-R.O. Fink e a., New Haven 1959; PSI:Papirigrecie latini (Pubblicazionidella SocietàItalianaper la ricercadeipapirigrecie latini in Egitto), 14 voli., Firenze 1912-1957. Altre sono indicate col nome del luogo dove sono conservate: Columbia University, New York (P.Col.); Cornell University, Ithaca, N.Y. (P. Cornell);Università di Halle (P.Hal.); J. Rylands Library, Manchester (P.Ryl.),ecc. Raccolte di tipi particolari di papiri: BGV: AegyptischeUrkundenaus den StaatlichenMuseen zu Ber/in:GriechischeUrkunden, 14 voli., Berlin 1895-1980; C.Ord.Ptol.: Corpus des Ordonnances des Ptolémées, ed. M.Th. Lenger, Bruxelles 1964; CPJ: Corpus PapyrorumJudaicarum,3 voli., ed. V.A. Tcherikover-A. Fuks, Cambridge, Mass. 1957-1964; SE: SammelbuchgriechischerUrkundenausAegypten (a cura di F. PreisigkeF. Bilabel-E. Kiessling), Wiesbaden-Berlin 1915 sgg.; UPZ:Urkundender Ptolemiierzeit(AltereFunde),ed. U. Wilcken, 2 voli., Berlin 1927-1957. 4. Metrologia e numismatica. Alcuni manuali, studi d'insieme, grandi rac~

colte: F. Hultsch, Griechischeund romischeMetrologie,Berlin 1882; A. Segre, Metrologiae circolazionemonetariadegliantichi,Bologna 1928;A Catalogueof the Greek Coins in the British Museum, 30 voli., London 1873 sgg. (risi. Bologna 1963-1964); F. Lenormant, La Monna_iedans l'Antiquité, Paris 1878-1879; G.F. Hill, Handbook o/Greek and Roman Coins,London 1899; E. Babelon, Traité des monna/esgrecqueset romaines, 9 voli., Paris 1901-1932; B.V. Head, Historia Numorum, Oxford 1911'; E. Babelon, Les monnaiesgrecques,Paris 192l;J.G. Milne, Greek Coinage,Oxford 1931; C.T. Seltman, Greek Coins,London 1954; L. Breglia, Numismaticaantica.Storiae metodologia,Milano 1964; S.N. Conso-

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lo Langher, Contributoallastoriadellamonetazionedel bronzoin Sicilia, Milano 1964; C.M. Kraay, Archaic and Classica/Greek Coins, London 1976; M.H. Crawford, La monetain Greciae a Roma, Bari 1982. 5. Per l'archeologia, fondamentale compagna della storia, la bibliografia

specialisticaè così ampia)che non avrebbesenso qui neanche un tentativo di scelta. Nelle Note integrativee nelle relative Bibliografiesi sono però

tracciatirapidiprofili)che rinvianoa studi d'insieme, corredatidi un più specifico apparato bibliografico. Per siti o monumenti direttamente pertinentiall1esposizione si fanno comunque,nelle note in calce al testo o in quelle integrative e nelle rispettive bibliografie, più specifici rinvii a studi archeologici. 6. Cronologia: L. Ideler, Handbuchder mathematischenund technischen Chronologie,2 voll., Berlin 1825-1826; H.F. Clinton, Fasti Hellenici, Oxford 1834-1851; F.K. Ginzel, Handbuchder mathematischenund technischenChronologie,2 voll., Leipzig 1906-1911 (in part. il II vol.: Zezt-

rechnungder Juden, der Naturvolker,der Romer und Griechen);W.K. Pritchett-0. Neugebauer, The Calendarso/ Athens, Cambridge, Mass. 1947; E. Manni, Fasti ellenisticie romani (323-31 a.C.), Palermo 1961; B.D. Meritt, The Athenian year, Berkeley 1961; E.J. Bickerman, La cronologianel mondo antico,Firenze 1963; A.E. Samuel, Greekand Roman Chronology.Calendarsand Yearsin Class.Antiquity, Miinchen 1972. Prosopografia (notizie biografiche sui personaggi noti). Alcune opere classiche: J. Kirchner, Prosopographia Attica, 2 voll., rist. 1966 (v. ancheJ. Sundwall, Nachtriigezur ProsopographiaAttica, Chicago 1981);J,K. Davies, Athenian PropertiedFamilies600-300 B. C., Oxford 1971; P. Poder Lakedaimonierbis auf die Zeit Alexanders des ralla, Prosopographie Grossen,Breslau 1913; H. Berve, DasAlexanderreichauf prosopographischerGrundlage,2 voll., Miinchen 1926; J. Hofstetter, Die Griechenin

Persien.Prosopographie der Griechenim persischenReich vor Alexander, Berlin 1978; A.S. Bradford,A Prosopography o/Lacedaemonians/romthe Death o/Alexander the Great,323 B.C., to the Sack o/Spartaby A/arie, A.D. 396, Miinchen 1977. 7. Geografia e cartografia: K. Bursian, Geographievan Griechenland,2 voll., Leipzig 1862-1872; H. Berger, Geschichteder wissenschaftlichen Erdkundeder Griechen,Leipzig 1903; A. Philippson-E. Kirsten, Die griechischenLandscha/ten,4 voll., Frankfurt a. M. 1950-1959. V. anche Note integrativee Bibliografiaal cap. XII, su Strabone e Pausania. Cartografia: H. e R. Kiepert, Formaeorbisantiqui,Berolini 1894 sgg.

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8. Alcune opere sulla letteratura, sull'arte, e sulla cultura greca: W. Schmidt-O. Stiihlin, Geschichteder griechischenLiteratur,2 voli. (7 tomi), Miinchen 1920-1948; Enciclopediadell'Arte Antica, Classicae Orientale, 7 voll., Roma 1958-1966 (I Suppi. 1970 [1 voi.], Roma 1973; II Suppl. [5 voli.], Roma 1994-1997); A. Lesky, Geschichteder griechischenLiteratur, Bern-Miinchen 1971' (trad. it., Milano 1973•); C. Schneider, Kulturgeschichtedes Hellenzjmus I-II, Mi.inchen 1967-1969; G.J,D. Aaldets, Politica/ Thought in Hellenistic Times, Amsterdam 1975; L. Canfora, Storia della letteraturagreca,Roma-Bari 1986; AA.VV., Lo spazioletterariodella Greciaantica,a cura di G. Cambiano-L. Canfora-D. Lanza, Roma 1992 sgg.; L.E. Rossi, Letteratura greca, con la collaborazione di R. NicolaiL.M. Segoloni-E. Tagliaferro-C. Tartaglini, Firenze 1995; AA.VV., Synaulia. Cultura musicale in Grecia e contatti mediterranei, a c. di A.C. Cassio-D. Musti-L.E. Rossi, Napoli 2000; AA.VV., La civiltà dei Greci.Forme) luoghz;contesti, a c. di M. Vetta, Roma 2001.

9. Manuali e tematiche generali di storia delle religioni e istituzioni culturali: P. Stengel, Die griechischenKultusaltertiimer,Miinchen 1920'; M.P. Nilsson, The MycenaeanOrigino/Greek Mythology, Berkeley 1932; W.F. Otto, Die Gotter Griechenlands,Bonn 1929; U. von Wilamowitz-Moellendorff, Der GlaubederHellenen, 2 voll., Berlin 1932; O. Kern, Die Religion der Griechen,2 voll., Berlin 1938; M.P. Nilsson, Geschichteder grie. chischenReligion,2 voll., Miinchen.1950-1955 (1967'-1961'); U. Bianchi, La religionegreca,Torino 1975; Id., La religionegreca ed ellenistica,in AA.VV., Storia delle relzgioniIII6 , Torino 1976, pp. 83-394; W. Burkert, GriechischeReligion der archaischenund klassischen Zeit, Stuttgart ecc. 1977 (trad. it., I Greci, 2 voll., Milano 1984); S.R.F. Price, Rituals and Power, Cambridge 1984; Les grandes/igures religieuses.Fonctionnement pratique et symboliquedans l'Antiquité, «Actes colloque Besançon 1984», Paris 1986; W. Burkert, Originand structureo/ myth and ritual,Univ. California 1979 (trad. it.,Mito e ritualein Grecia,Roma-Bari 1987);R.Parker, Athenian Relzgion.A History, Oxford 1996; AA.VV., Stranierie non cittadini nei santuarigreci,a c. di A. Naso, Grassina (Firenze) 2006. Sulla religiosità di area magnogreca: AA.VV.,.Forme di religiosità e tradizioni sapienziali in Magna Grecia,a c. diA.C. Cassio-P. Poccetti, Napoli 1995. Più specificamente sulr orfismo: O. Kern, Orphicorum Fragmenta,Be~ rolini 1922; W.K.C. Guthrie, Orpheusand Greek Religion, London 1952; G. Zuntz, Persephone,Oxford 1971.

10. Sulla filosofia: Ed. Zeller, Die Philosophieder Griechenin ihrerhistorischenEntwicklung, 3 voli., 2' ed., Tiibingen 1852-1865; 5" ed., in 3 parti, iniziata dall'autore nel 1892 (Leipzig), tradotta in ital. e aggiornata a

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cura di R. Mandolfo, Firenze 1932 sgg.; sono stati tradotti e aggiornati vari volumi della l' parte (I presocratici),della 2' (Da Socratead Aristotele), della 3' (Lafilosofiapost-aristotelica),a cura di R. Mandolfo e di altri studiosi (G. Reale, A. Capizzi, M. Isnardi Parente, A. Plebe, R. Del Re, G. Mattano). Altri studi: W. Jaeger, PaideiaI-III, Berlin-Leipzig 19331947 (trad. it., 3 voli., Firenze 1936-1959); M. Pohlenz, Der hellenische Mensch, Giittingen 1947 (trad. it., L'uomo greco,Firenze 1962); Id., Die griechischeTragodie,Leipzig-Berlin 1930 (trad. it., La tragediagreca,Brescia 1961); W.K.C. Guthrie, A History o/ Greek PhilosophyI-V, Cambridge 1962-1978 (fino a Platone e all'Accademia). Sulla storia dell'educazione: H.I. Marrou, Histoiredel' éducationdans l'antiquité,Paris 1948, 1965• (trad. it., Roma 1950, 19713 ); M.P. Nilsson, Die hellenistischeSchule,Miinchen 1955. 11. Alcuni studi sul diritto greco: R.J. Bonner-G. Smith, The Administration o/Justice/rom Homer to Aristotle, Chicago 1930; E. Wolf, GriechischesRechtsdenken,3 voli., Frankfurt a. M. 1950; H. J. Wolff, Beitrà' ge zur RechtsgeschichteAligriechenlandsund des hellenistisch-romischen Agypten, Weimar 1961; A.R.W. Harrison, The Law o/ Athens. The Family and Property,Oxford 1968; Id., The Law o/ Athens. The Procedure, ibid. 1968; W. Hartel, Studien uber attisches Staatsrecht und Urkundenwesen, Leipzig 1970; D. Behrend, Attische Pachturkunden.Ein Beitrag zur Beschreibungder µ[cr8wCJLç nach den griechischenInschri/ten,

Miinchen 1970.

c) Istituzioni economia, società, vita pubblica e privata 1. Istituzioni della città: G. Glotz, La citégrecque,Paris 1928, 1953' (trad. it., La città greca,Torino 1948, 1974•); V. Ehrenberg, Der Staat der Griechen,2 voli., Ziirich-Stuttgart 1966 (trad. it., Lo stato dei Greci,l voi., Firenze 1967). Sulle oligarchie e sulle città in età arcaica: L. Whibley, Greek Oligarchies,London 1896; L.H.Jeffery, Archaic Greece.The City-States c. 700-500 B.C., London & Tonbridge 1976. Forme di governo: J.A.O. Larsen, RepresentativeGovernmentin Greek and Roman History,Berkeley 1955. Opinione pubblica: AA.VV., Aspetti dell'opinionepubblicanel mondn antico («CISA» 5), a cura di M. Sordi, Milano 1978; P. Friilich,

Les cités grecqueset le contròledes magistrats(IV•-I" siècleavant J.-C.), Genève 2004.

2. Rapporti interstatali e forme federative: I. Calabi, Ricerchesui rapporti fra le poleis,Firenze 1953; L. Moretti, Ricerchesulle leghegreche(peloponnesiaca,beotica,licia),Roma 1962; J.A.O. Larsen, Greek FederaiSta-

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tes, Their Institutionsand History, Oxford 1968 (sulle espressioni politiche delle confederazioni di Tessaglia, Beozia, Focide, Locride, Calcidica, Etoha, la Lega achea, quella acarnana,italiotaed euboica, licia epirotica, ed altre forme federali, prima e dopo la pace del re [o di Antalcida] e in epoca ellenistico-romana); W. Gawantka, Isopolitie,Miinchen 1975; O. Picard, Chalciset la confédérationeubéenne,IV.I siècle av. J.-Chr., Athènes-Paris 1979 (il cemento della Lega euboica è ricercato, più che in un fattore etnico, nel ruolo dell'Euripoper gli scambi,le comunicazioni, il commercio in Grecia). · Rapporto città-territorio: F. Hampl, Poleis ohne Territorium, in «Klio» 14, 1939, pp. 1 sgg.; F. Gschnitzer, Abhiingige Orte im griechz' schenAltertum, Miinchen 1959; M. Moggi, I sinecismiinterstataligreci. I: Dalle originial 338 a.C., Pisa 1976; G. Bodei Ciglioni, Comunitàe so· litudine. Tensionisocialinei rapportifra città e campagnanell'Atene del quinto e del quartosecoloa.C., in «SCO» 32, 1982, pp. 59 sgg. 1

3. Guerra, pace, diplomazia, confini. La guerra: H. Delbriick, Geschich-

te der Kriegskunstim Rahmen derpolitischenGeschichteI, DasAltertum, J. Kromayer-G. Veith, Heerwesen und Krieg/uhrung der Griechenund Romer, Miinchen 1928; Id., Antike Schlachtfelder,4 voli., Berlin 1903-1931; AA.VV.,Problémesde la guerreen Grèceantique,s.ous la dir. de].-P. Vernant, Paris 1968; P. Ducrey, Le traitement desprisonniers de guerre en Grece antique des origines à la c9nqu§te romaine, Paris 1968; Id., Guerreet guerriersdans la Greceantique,Fribourg 1985; W.K. Pritchett, The GreekState at WarI-III, Berkeley-Los Angeles 1974-1979 (il I vol. uscito già nel 1971 col titolo diAncient GreekMilitary Practices, Berlin 1920;

«Univ. of California Pub!. in Class. St.» 1) (l'opera studia disparati aspe!· ti della guerra nel mondo greco: prevalentemente quello economico nel I vol.; quello strategico, e il rapporto generali-politica, generali-soldati nel II; il rapporto con la religione nel III); Y. Garlan, La guerredans l'antt' quité, Paris 1972 (traci. it., Guerra e societànel mondo antico, Bologna 1985); Id., Guerreet économieen Grèceancienne,Paris 1989. Un pano• rama degli studi in La Guerreen Grèce.Quinzeannéesde recherche:19681983 (con an1pi commenti) è dato in «REG» 98, 1985, pp. 321 sgg., da R. Lonis, autore anche di una monografiaGuerre et Religion en Grèce à

l'époqueclassique.Recherchessur /es rites, /es dieux, l'idéo/ogiede la vie• toire, Paris1979;Id.,La_valeur du serment dans !esaccordsinter'nationaux en Grèceclassique,in «DHA» 6, 1980, pp. 267 sgg. Guerra civile: A. Lintott, Violence,Civi/ Strifie and Revolution in the Classica/City 750-330 B.C.,London-Canberra 1982. La pace, la diplomazia, gli accordi internazionali: V. Martin, La vie internationaledansla Grécedes cités,Paris 1940; Die StaatsvertriigedesAl-

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tertumsII: H. Bengtson, Die Vertriigeder griechisch-rdmischen Welt van 700 bis 338 v. Chr., Miinchen 1962; III: H.H. Schmitt, Die Vertriigeder griechisch-rdmischen Weltvon 338 bis 200 v. Chr., ibid. 1969 (manca ancora il I voi., sui trattati dell'Oriente antico); 1. Piccirilli, Gli arbitratiinlerstataligreci,Pisa 1973; F.A. Adcock-D.J. Mosley, DiplomacyinAncient Greece,London 1975; D.J. Mosley, Envoys and Diplomacyin Ancient Greece,in «Historia>>Einz. 22, Wiesbaden 1975; F.J. Fernandez Nietb, Los acuerdosbélicos en Zaantt'guaGrecia)época arctiicay cltisica,Santiago 1975;AA.VV.,Antike Diplomatz'e,a cura di E. Olshausen-H. Biller, Darm- · stadt 1979; AA.VV., La pacenel mondo antico,a cura di M. Sordi, in «CISA» 11, Milano 1985; AA.VV., L'equilibriointernazionaledagliantichiai moderni,a c. di C. Bearzot, F. Landucci, G. Zecchini, Milano 2005. Sulla terminologia nelle iscrizioni anteriori al 3 87/6 a. C., L. Santi Amantini, ivi, pp. 45 sgg.; Id., sulla terminologia degli accordi di pace sino alle guerre persianeincluse,inSertaHistoricaAntiquaXV,Roma 1986, pp. 99 sgg. Un aspetto particolare degli accordi internazionali è trattato da Ph. Gauthier, Symbola.Les étrangerset lajustice dans/es citésgrecques,N ancy 1972. Il confine. Sulle sue diverse funzioni sotto l'aspetto politico, economico, militare (non del tutto coincidenti fra loro) e sul progressivo affin~rsi del concetto nella letteratura antic~, cfr. G. Daverio Rocchi, Frontierae confini nella Greciaantica,Roma 1988; StuttgarterKolloquiumz. hist. GeographiedesAltertums, IV 1990, Amsterdam 1994: Una raccolta di studi su una serie di casi particolari (Eleutere, Oropa tra Attica e Beozia; i confini dell'impero di Alessandro; i confini della Celesiria, ecc.), oltre a un saggio di carattere generale della stessa Daverio Rocchi, sono compresi nel volume Il confine nel mondo classico(in «CISA» 13), a cura di M. Sordi, Milano 1987. Una tematica affine, da un punto di vista geografico-culturale oltre che politico, è trattata da AA.VV., L'Europanel mondoantico(in «CISA» 12), a cura di M. Sordi, Milano 1986. 4. Economia e società. Opere apparse tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento: P. Guiraud, La propriétéfoncière en Grècejusqu'à la conqueteromaine,Paris 1893; Id., La main d'oeuvreindustrie/le dansl'ancienneGrèce,Paris 1900; H. Francotte, L'industriedans la Grèceancienne,2 voli., Bruxelles 1900-1901; A. Zimmern, The GreekCommonwealth,Oxford 1911, 1931' (trad. it., Il Commonwealthgreco,Milano 1967); G. Glotz, Le travaildans la Grèceancienne,Paris 1920; R. von Poehlmann, Geschichteder sozialenFrageund des Sozialismusin der antiken Welt, 2 voli., Miincben 1925 (a cura, e con importante appendice, di Fr. Oertel, sulla storia delle interpretazioni dell'economia del mondo antico). Sul rapporto commercio-pirateria: E. Ziebartb, Beitrdgezur Ge-

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schichte des Seeraubs und Seehandels im alten Griechenland, Hamburg 1929; Id., in «Klio» 26, 1933, pp. 231 sgg. Altri studi. Il lavoro: A. Aymard, L'idée de travail dans la Grèce archai'que, in

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Tav. 2 -Valori dei segni sillabici micenei (da M. Ventris-J. Chadwick, Do, cuments in Mycenaean Greek 2 , p. 385).

Quei centri politici ed economici, che sono i palazzi di età micenea, non vivono isolati.dal resto del mondo greco, né da più lontane regioni dell'Oriente mediterraneo. Non mancano produzioni atte allo scambio di merci, anche se si tratta di scambio tra merce e merce, e non esistono ancora forme di economia monetaria (ma, semmai, espressioni di un'economia premonetale, come i famosi lingotti di rame, genericamente definibili 'di tipo egeo', che sembrano assolvere una fondamentale funzione di tesaurizzazione e, al tempo stesso, costituire una qualche misura di valore).

I. Preistoriae protostoriagreca.Civiltà micenea.Alto arcaismo

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È stato osservato che gli oggetti d'oro, d'argento, d'avorio provenienti da Cnosso come da Micene, da Tebe come da Tirinto, oltre ad attestare l'alto livello dell'artigianato miceneo, dimostrano l'esistenza di scambi commerciali tra quel mondo ed altre civiltà mediterranee, se non altro perché i Micenei dovevano in qualche modo procurarsi presso altri popoli quei materiali di èui essi non disponevano o disponevano solo in scarsa misura (Godart). I: archeologia documenta, d'altra parte, sempre più ampiamente (e solo in parte per un'epoca posteriore a quella delle tavolette) l'espansione (anche, e significativamente, nelle regioni del Mediterraneo occidentale, dall'Italia, alla Sicilia, alla Spagna) di ceramica micenean. Certo, non è facile definire il preciso rapporto tra questo innegabile e cospicuo dato della ricerca archeologica el'insieme delle strutture economiche e sociali che trovano la loro più visibile espressione nei palazzi di età micenea. Il fenomeno del commercio è comunque ampiamente documentato; esso fornisce il naturale orizzonte dei dati delle tavolette in LineareB, dati che accennano: all'esistenza di forme di scambio; all'acquisto di prodotti dall'àmbito di forme e strutture economiche extrapalaziali, o marginali rispetto al palazzo, e alla loro introduzione nell'àmbito del!' economia palaziale; alla ricerca, forse in primo luogo, di metalli, di cui s'avverte l'esigenza e insieme la scarsità. Sarebbe, d'altra parte, ingenuo credere che tutto ciò che attiene al commercio e agli scambi si svolga entro l'àmbito miceneo, o sia solo attivamente mediato dai Micenei stessi. Altri fattori di scambio sussistono; basti pensare alla funzione di mediazione che può avere avuto la Creta minoica (Creta cioè prima dell'assoggettamento da parte degli Achei, circa il 1450 a.C.) 12 , come autentico ponte tra la Grecia e le regioni del Vicino Oriente, dall'Egitto alla Siria; ai contatti che i Micenei si procurano a Oriente, in Asia Minore, come in Siria, o in Oc11 F.H. Stubbings, MycenaeanPottery /t'om the Levant, Cambridge 1951; W. Taylour, MycenaeanPottery in Italy andAdjacent Areas, Cambridge 1958; Id,, I Micenei, Milano 1966; Magna Grecia e mondo miceneo. Nuovi documenH (a c. di L. Vagnetti), Taranto 1982; e altre indicazioni in Bibliografia, 12 A Cnosso si verifica una continuità di impronta micenea, dal 1450 al 1.370 circa (cioè sino alla fine del Tardo. Minoico III A 2); in questo periodo Cnosso sembra dominare sull'intera isola; alla caduta della Cnosso micenea pare sopravvivere per qualche tempo un regno autonomo di Chanià. Cfr, L. Godart, op. cit.,pp, 176 sgg.; in generale, C. Milani, I palazzi di Creta,Milano 1981. Per le iscrizioni cretesi in Lineare A, cfr, L. Godart-J,P. Olivier, Recueil des Inscriptions en LinéaireA, 5 voli., Paris 1976-1985 (Gorila).

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Storiagreca

cidente; e non va dimenticato quel fattore presente, si può dire, negli interstizi del mondo antico, che sono i popoli mercanti, quali soprattutto i Fenici, che, almeno dalle fasi più tarde dell'età micenea, operano (e nella tradizione greca sono sentiti come attivi e presenti) nelle regioni dell'Egeo e della Grecia stessa, e i Ciprioti, così spesso evidenti nella documentazione archeologica: nello stesso Mediterraneo occidentale (senza affrontare spinose e irrisolvibili questioni di priorità) le loro rotte si intrecciano e fondono con quelle micenee. Con eccessiva disinvoltura ci siamo ormai abituati, per l'autorevole suggestione di Karl O. Miiller, di KarlJulius Beloch, o di Martin P. Nilsson, a mettere nell'ombra tutto quello chela tradizione greca ci dice sui Fenici nelle isole dell'Egeo (Rodi, Samotracia, Tera) o nel continente greco (basti pensare alla saga di Cadmo a Tebe). È proprio durante e dopo il dominio miceneo a Cnosso, forse finito circa il 1370, che si colloca, fr1 base ai dati dell'archeologia, cioè essenzialmente in base ai trovamenti di ceramica del Miceneo IIIA e B, il periodo di massima espansione micenea. Se i dati cronologici sopra indicati sono attendibili, ciò ha una conseguenza storica di interesse sia per la storia dei Micenei a Creta, sia per il problema più generale dell'espansione micenea. Le fonti egiziane non sembrano registrare i Micenei di Creta dopo il 1370; riferimenti a località micenee di Creta stessa come del continente ricorrono nella tavoletta egiziana di Kom el-Heitan, che si data appunto alia prima metà del XIV secolo 13 • Ma la massima diffusione di ceramica, in Egitto, in Siria-Palestina (in moltissimi centri palestinesi, ma soprattutto a Ugarit-Ras Shamra, in Siria), a Cipro (in particolare a Enkomi), sulle coste dell'Asia minore (dalla Cilicia alla Ionia), e naturalmente nelle isole (a Rodi, a Lesbo), si verifica proprio nel Miceneo III A e B, cioè nel secolo e mezzo contemporaneo è posteriore alla crisi. Sembra dunque verificarsi, quanto meno, un rafforzamento dei processi d'espansione commerciale dopo la crisi del potere politico a Creta; ed è aliora legittimo chiedersi quale sia (o quale sia divenuto nel corso del tempo) il rapporto tra l'artigianato e il commercio, da un lato, e il potere centrale (o piuttosto i diversi poteri centrali collegati con i palazzi) dali' altro. 1J Per la possibileidentificazione,nel testo egizianodi Kom el-Heitan dell'inizio del XIV secolo a.C., di centri micenei (Messene, Micene, Nauplia, Citera, Tegea, Pisa, Helos), cfr. B. Sergent,in «Minos» 16, 1977, pp. 126 sgg,; E. Edel, Die Ortsnamenlistenaus dem TotentempelAmenophlsIII, Bonn 1966. Ci sono anche nomi di località cretesi e/orse di Ilio.

I. Preistoriae protostoriagreca.Civiltà micenea.Alto ~rcaismo

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È evidente, almeno per l'orizzonte cretese del problema, che il dominio miceneo non si presenta come una talassocrazia: innanzitutto,

l'espansione commerciale per i Greci non è di per sé una talassocrazia, e quindi da sola la ceramica non dimostra un dominio sul mare, e poi, nei fatti, sembra esserci un certo scompenso tra il momento della potenza politica e quello della diffusione della ceramica micenea. Il problema diventa ancora più urgente, se si considera la diffusione di ceramica, o persino di forme architettoniche micenee, in Occidente. Punti di addensamento sono le isole Eolie (Lipari), la Sicilia orientale (Tapso), l'Italia ionia (dallo Scoglio del Tonno a Taranto, a Termitilo tra Metaponto ed Eraclea), in definitiva l'Italia del mar Ionio e del basso Tirreno: la presenza di ceramica micenea in punti più settentrionali è sporadica, e in parte può corrispondere a fatti di irradiazione e diffusione indiretta, mediata da altri vettori. Già le quantità di trovamenti micenei in Occidente, persino nei luoghi di maggiore addensamento, non sono comparabili con quelle dei siti del Mediterraneo orientale che documentano presenze, attività commerciali e artigianali, persino insediamentimicenei14 • E poi, se la tradizione letteraria può suggerire qualcosa in proposito, si tratta di indicazioni che singolarmente concordano con la situazione di décalagetra il momento e il ruolo del potere politico e quello del commercio miceneo, per altra via evidenziato. La tradizione infatti, quando evoca mitici fondatori di epoca micenea per località occidentali, li riferisce, o li immagina, come esuli, fuggiaschi, o reduci sbandati della guerra di Troia. Siamo, in termini archeologici, ai periodi Miceneo III Be III C, o addirittura a ceramica submicenea

15 .

Se così stanno le cose, è ragionevole, per i problemi dell'espansione di questa prima fase della storia greca che è l'epoca micenea, delineare uno sviluppo di questo tipo. 1) Dopo l'invasione del continente e l'assestamento, che si svolge nei secoli del Medio Elladico, si raggiungono assetti e nuove forme di organizzazione sociale, economica e politica, che corrispondono alla fioritura dei palazzi nel Tardo Elladico o Miceneo, 2) A metà del X'v secolo questo assestamento, politico, economico·e anche demografico, ha portato all'espansione anche nell'Egeo, a cui corrisponde l'insediamento di un principato miceneo a Cnosso (durato forse meno di un secolo) e for14

Cfr.W. Taylour,opp. citt. in n. 11. La diffusione della ceramicain Occidente è soprattuttodel periodo Tardo Elladico (Miceneo) III Be C (1300-1075 circa). 15

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Storia greca

se anche a Rodi (se gliAhhzja-wa- dei testi ittiti fossero da identificare con dominatori Achaiof dell'isola). 3) In parte in coincidenza con questo momento di sviluppo politico, ma (se valgono le cronologie sopra indicate per la storia di Cnosso) anche indipendentemente e successivamente, si verifica un poderoso fenomeno d'espansione commerciale, che segue vie proprie. È un fenomeno determinato da una crescita di popolazione greca che continua, anzi perfeziona, la grecizzazione della penisola, fino a delineare i contorni di quella immensa diaspora greca, che noi chiamiamo 'mondo greco', 'grecità', e che è un vivaio d'espressioni analoghe e diverse fra loro. Sono le vie suggerite dallo scompenso tra le risorse e i bisogni; vi si mette in luce la capacità dei Greci di portare proprie conoscenze tecniche ed espressioni artistiche, di contrarre relazioni di ogni tipo, da quelle di amicizia e di ospitalità a quelle proprie di più stabili scambi (legami matrimoniali, intese commerciali, ecc.); e, in generale, va tenuto presente il ruolo del commercio ambulante. Vi si esprime la grande mobilità greca, cioè la straordinaria capacità di spostarsi, adattarsi a situazioni nuove, inserirsi in quadri sociali ed economici diversi. Se si guarda insomma al fenomeno dell'espansione micenea nel suo complesso, la sua matrice ci appare il bisogno, più che la potenza; la potenza era stata invece la matrice dell'espansione minoica. Proprio per questa ragione, quest'ultima è più circoscrittae più definita nel tempo, cioè è una vera talassocrazia; l'espansione micenea è invece solo una realtà diffusa, che poi, alla periferia della vasta area che investe, è soltanto soffusa. La controprova di questo aspetto di risposta a un bisogno che i poteri politici micenei non sono in grado di soddisfare, è proprio nella diversa entità e qualità dell'espansione greca, rispettivamente in età micenea e in età arcaica, nonché in Oriente e in Occidente. Si può dire che nel II millennio (che è anche quello dell'esistenza dei principati micenei) i Greci cerchino soprattutto interlocutori validi, società in grado di accoglierli e di fare uso dei prodotti o delle tecniche o dei servizi e delle funzioni di cui essi sono portatori; essi si appoggiano a società evolute insediate sulle coste del Mediterraneo. Ecco perché l' espansione micenea in Oriente ha valori così cospicui. In Occidente i Greci cercano qualcosa di analogo, e lo trovano, certo, ma necessariamente di meno. r_;espansione di epoca arcaica (che sembra in gran parte riassorbita nell'orizzonte cittadino, cioè nella capacità delle p6leis di programmare una propria espausione, in un momento di nuovo sviluppo demografico del mondo greco), anche per il suo caratte-

I. Preistoria e protostoria greca. Civiltà micenea.Alto arcaismo

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re più sistematico, e la sua finalità di creazione di vere e proprie nuove p6leis, cerca spazi vuoti: non vuole tanto inserirsi in società organizzate preesistenti, quanto contrastarle e sostituirle; cerca spazi vuo-

ti per sé, non spazi occupati, regolati, civilizzati dagli altri. La certezza dell'espansione commerciale micenea nel Mediterraneo non rende dunque superflua la ricerca di altri vettori delle merci che segnalano, con la loro presenza, scambi all'interno di quel mondo. Si potrebbe, per economia di ipotesi, immaginare che gli oggetti siriani, anatolici, egiziani, ciprioti, fenici(?), che si trovano sul continente o a Creta o in altre isole in età micenea siano stati portati dai Micenei nei loro viaggi di ritorno; e molte volte sarà stato anche così. Eppure questa tesi è economica solo nel senso del risparmio di ipotesi che permette; ma è un dato di fatto che, nella storia del commercio, almeno quando questa diventa per noi evidente, i vettori delle merci di esportazione e d'importazione di una determinata regione non sono sempre gli stessi; un commercio di andata e ritorno che si incarichi di svolgere tutte le operazioni relative non è mai verificabile, quando si disponga di un minimo di documentazione; ci potrà essere prevalenza di una delle due correnti, ma esse non si riducono mai ad una sola, che si svolga in due movimenti contrari 16 . È in questo quadro che va collocato il problema delle tradizioni greche sui Fenici (Phafnikes,alla lettera «i rossi», con probabile riferimento al colore bruno della pelle). I recenti studi sul mondo fenicio hanno ormai mostrato come non si possa parlare di wrn realtà etnica e politica fenicia organizzata e individuata prima del XII/XI secolo a.C. I testi greci tuttavia ne presuppongono la presenza, nell'Egeo o nella stessa Grecia, anche per epoca anteriore, quando appunto descrivono condizioni (o presunte condizioni) di precedenti secoli del II millennio a.C. Ora è bene tener fermo il fatto che con Phofnikes i Greci intendevano riferirsi a popolazioni non greche; probabilmente anche rispetto a situazioni di XIII secolo a.C., essi intendevano, forse anacronisticamente, designare proprio quei Fenici che con maggior diritto consideravano attivi nel I millennio a.C. Il lettore moderno non può trasformare quei Phofnikes in un pallido ricordo di Achei-Micenei dispersi nelle isole dell'Egeo; il lettore moderno può solo scegliere tra la tesi di una indebita proiezione in un passato remoto, da parte di scrittori greci tardi (ma con evidenti pre16

Cfr. G.R. Bass,A BronzeAge Shipwreckat UluBurun (Ka1):1984 Campaign,

in «AJA» 90, 1986, pp. 269 sgg. (ruolo mediatore·di Cipro).

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Storiagreca

messe in Omero) di una definizione e di una immagine valida per il I millennio a.C., e una tesi appena un poco più complessa, ma ragionevole. È possibile insomma che, parlando di Phoinikesper il II millennio, i Greci operassero una qualche anticipazione; ma, se si vuol vedere in queste notizie un pallido ricordo di fatti reali, è possibile che i fatti siano quelli di una corrente commerciale che, dal complesso delle regioni del Vicino Oriente, movesse verso il mondo miceneo, in concomitanza e in risposta alle correnti commerciali micenee; e che però col nome di Fenici i Greci riassumessero nella loro memoria l'insieme delle presenze commerciali dal Vitino Oriente (cipriote, siriache, ecc.), tra cui nel II millennio l'entità di veri Fenici saràstataminoritariao minima)quantoinvece saràdeterminante nel I millennio. Questa spiegazione sèmbra ragionevole, se Phoinikes indica genericamente aspetti somatici, un colore brunastro della pelle, che avrà avuto diffusione ben al di là degli storici Pho{nikes della regione di Sidone, Biblo, Ascalona, Tiro 17 . ·

4. La fine dellaciviltàmicenea e la tradizionesulle migrazionidoriche È dalla fine del XIII secolo, fino alla metà circa del secolo successivo, che il mondo miceneo (quello che è preferibile considerare l'insieme dei regni micenei piuttosto che un impero unitario) conosce innegabili segni di declino. I fatti archeologicamente più evidenti sono le distruzioni dei palazzi di Micene, di Tiriuto, di Pilo alla fine del Miceneo III B (forse di qualche decennio più tarda è la distruzione del palazzo di Iolco, in Tessaglia). Già il fatto che esista un periodo miceneoIII C significa comunque che a queste distruzioni non si accompagna una scomparsa repentina della civiltà (e perciò verosimilmente della popolazione) micenea: la ceramica, e il livello di vita del III C, si rivelano certo inferiori, ma non vanno riportati necessariamente o esclusivamente ad un cambiamento di popolazione. Le distruzioni dei palazzi, prese per sé, possono avere le cause più diverse. Cause naturali (terremoti disastrosi, accompagnaÌi da in17 Nelle tavolette in Uneare B compare il termine po-nt'-kt"-jo, che può riferirsi alcolore o già averefunzione di etnico. Un caso, recentemente messo in luce da L. Godart nel II CongressoInternazionale di Studi Fenici e Punici (Roma,novembre

1987), di attribuzionedell'epiteto a una donna, sembra avere valore di etnico (resta naturalmenteda verificare se con la stessa pertinenza dell'etnico Phofnix).

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cendi) sono da chiamare in causa certamente per Tirinto e forse anche per Pilo o Micene. Ma in quest'ultimo caso gli incendi potrebbero essere anche opera umana, cioè di invasori o/e distruttori. Distruzioni conseguenti a ribellioni interne non sono da escludere, benché questo presupponga una vasta diffusione del moto di ribellione, una sua lata sincronicità, una sua radicale efficacia nel produrre rivolgimenti sociopolitici, che non è facile ammettere nelle condizioni del mondo antico, e che difficilmente avrebbe mancato di lasciare una qualche traccia nella stessa iradizione greca. La tradizione epica e storica greca ha invece un nome preciso per i conquistatori dei grandi centri micenei: sono i Dori nel Peloponneso, sono i Tessali in Tessaglia, e fra questi popoli sono anche talora ammessi stretti rapporti 18 • E tuttavia è facile osservare come, nella stessa tradizione antica, i Dori figurino più come conquistatori che come distruttori, e che in varie regioni (in Argolide, in Messenia e nella stessa Laconia) diano vita a forme di convivenza o di vera e propria fusione coi popoli precedenti. A questa tradizione gli storici in prima istanza e poi, sulla loro scorta, gli archeologi, hanno contrapposto la difficoltà di dare l'attributo di 'dorico' a specifici oggetti o monumenti, appartenenti all'epoca in cui l'invasione dorica del Peloponneso dovrebbe aver avuto luogo (nella tradizione cronografica ell.enistica, il 1104 a.C., ottanta anni dopo la fine della guerra di Troia) 19 • Non è lecito liquidare la tradizione sulle migrazioni doriche con l'argomento di una sua assoluta incongruenza con i dati archeologici. La verità è che la stessa tradizione greca stenta a ricollegare determinatè distruzioni del II millennio con il nome dei Dori: fatta la tara delle azioni violente inevitabilmente legate ai processi della conquista, si può dire che i Dori non appaiano (e ben a ragione) nella tradizione antica né come grandi distruttori né come grandi costruttori (le mura antichissime di città doriche vengono attribuite ai Cidopi, non ai Dori!). La penetrazione appare come una conquista ora più ora meno veloce, ma nel suo insielne graduale, accompagnata da 18 Per la tradizionesulla provenienza dei Tessali dallaT esprozia1 cfr, Erodoto, VII 176;M. Sordi,La legatessala/ino adAlessandroMagno,Roma 1958,pp. 1-3;per i collegamenticon le Sporadimeridionalie in part. con Cos, v. Omero, IHadeII 676 sgg.,e autoriellenistici(Apollodoro,Filita,Teocrito,Dosiade, Diodoro); cfr.M. Sordi, op. cit, pp, 3 sgg, Sulproblema,v. D. MustineLe originidei Grecicit,, pp, 57 -59. 19 Cfr., per la cronologia della guerra di Troia e del 'ritorno degli Eraclidi\ Apollodoro, FGrHist244 Ff 61-62, e tav. 3, in generale. 1

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Storia greca

fatti di penetrazione e di appropriazione di un patrimonio culturale precedente (il mito del ritorno degli Eraclidi nel Peloponneso è un · segno del voler accompagnare la memoria di una penetrazione di popolazioni dai distretti montuosi della Grecia centrale nel Peloponneso col mito della riacquisizione da parte dei discendenti di Eracle, gli Eraclidi, di una regione che apparteneva al loro trisavolo). Ma non soltanto i Dori non appaiono nella tradizione come autori di spietate e radicali distruzioni e di stermini indiscriminati; c'è anche, positivamente, traccia di un malessere che ha investito la rigogliosa civiltà micenea già alcune generazioni prima dell'arrivo dei Dori nell' Argolide. Del palazzo di Pilo sarebbe stato distruttore Eracle, trisavolo dei mitici capi della conquista dorica (Temeno, Cresfonte e i figli del loro fratello Aristodemo, cioè Euristene e Prode). Nella generazione successiva ad Eracle avrebbe luogo la guerra di Troia (1194-1184 per Eratostene e per Apollodoro: ma la tradizione conosce date più alte, fino al 1340 circa di Duride e Timeo, un miilennio prima della nuova spedizione 'greca' contro l'Asia, quella di Alessandro Magno contro i Persiani; altri autori assumono date intermedie). Della spedizione contro Troia l'esito apparente, o quanto meno immediato, è la vittoria degli Achei, ma una vittoria che non porta a una stabile conquista della Troade, a un florido insediamento greco sulle rovine della civiltà vinta; è una spedizione punitiva, e riuscita come fatto punitivo, ma pagata a caro prezzo da tutti, nelle

case dei prìncipi achei reduci da Troia. Sarà forse la proiezione di un'umanissima nozione, tutta greca, della guerra (un male naturale,

sì, ma pur sempre un male per i Greci, che non hanno mai avuto una cinica nozione della guerra come un semplice fatto naturale e necessario, un dato di semplice routine dell'esistenza); sta di fatto che quella dei Greci sui Troiani è una strana vittoria, e l' épos che la celehra, e il complesso dei riecheggiamenti letterari, non hanno nulla di una trionfalistica celebrazione. Al racconto epico della guerra di Troia si accompagna tutta una memoria di fatti di contorno, che parla di n6stoi, di ritorni degli eroi, accompagnati da lutti, seguiti da dissidi, da esìli, da profonde convulsioni del mondo dei regni micenei, di cui è primo e validissimo interprete proprio lo storico Tucidide (I 10 sgg.): e tutto questo è di circa tre generazioni anteriore all'epoca della presunta invasione dorica del Peloponneso. Una teoria dei due tempi (o di più tempi) nel declino del mondo miceneo si impone dall'interno stesso della tradizione greca, ed è naturale che vi siano oggi storici ed archeologi che, più o meno consapevol-

I. Preistoriae protostoriagreca.CiVi'ltàmicenea.Alto arca!Smo

A) B) C)

D)

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1344-1334 (Duride Samio, 76 Jacoby fr. 41; Timeo, 566 J. fr. 80, 146 b; e forse Clitarco). 1300-1290 (Erete, 242 J. fr. 1). 1280-1270 (Pseudo-Erodoto, Vita d'Omero XXXVIII, e secondo alcuni Erodoto, II 145; secondo J. Bérard, anche Tucidide). [1272-1262, Erodoto, II 145, secondo E. Rohde. 1260-1250, Erodoto, II 145, secondo Ed. Meyer]. 1222-1212 (Dicearco fr. 7 M, FHG Il p. 235; Filocoro e Giulio Africano secondo G. De Sanctis).

E)

1218-1208 (Ellanico, 4 J. fr. 152; Eforo, 70 J. fr. 223; Marmor Parium XXIII-XXIV, 1. 38-40). 1210-1200 (Ecateo e Tucidide, secondo H.T. Wade-Gery). 1208-1198 (Manetone, Giulio Africano e altri secondo G. Busolt). 1202-1192 (Timeo, 566 J. fr. 125). 1200-1190 (Velleio Patercolo, I 8). 1194-1184 (Eratostene, 241 J. fr. 1; Apollodoro, 244 J. fr. 61, in Diodoro Siculo, I 5, l; cfr. Diod. XIV 2,4; Castore, 250 J. fr. 3; Dionigi di Alicarnasso, II 2; Eusebio, p. 89 K.;

F)

Paolo Orosio, I 17,1). 1192-1182 (Girolamo, p. 60 H. l. 24). 1182-1172 (Sosibio, 595 J. fr. 1). 1160-1150 (Artemone, 443 J. fr. 2; Democrito in Diogene Laerzio, IX 41).

Tav. 3 - Date della tradizione per la guerra di Troia (da F. Cassola, La Ionia nel mondo miceneo, pp. 24 sg.). mente, riproducono questo plausibile modello di svolgimento degli eventi. A una prima crisi interna al mondo miceneo succede una progressiva trasformazione, in alcune aree vitali del mondo greco (Peloponneso, Tessaglia, Creta, Sporadi meridionali e altre isole), delle condizioni del popolamento. Vi si accompagna anche un rapporto diverso col territorio, che, prima oggetto del dominio di signori dell'epoca micenea, di una società a vertice palaziale, diventa proprietà di tribù di invasori, organizzate in una forma molto meno gerarchica e verticisticà. Le fertili pianure, un tempo dominate dai palazzi, diventano ora l'oggetto della spartizione delle nuove tribù. I nuovi centri politici sono più immediatamente correlati aiterritori coltivabili (ciò vale per Argo in Argolide, per Steniclaro e vari centri nella Messenia orientale, per

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Storia greca

Eracle I

Illo

I

Cleodeo

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Anstomaco AristJdamo Euristene I

Agide

Procle

I

Euriponte

Tav. 4 - Genealogia dei re di Sparta (fino agli eponimi delle due case reali). Gortina rispetto a Festo, a Creta, per Larissa e altre città rispetto a Iolco in Tessaglia, ecc.). È solo un'ipotesi, che le nuove popolazioni praticassero un'economia di tipo pastorale, e che avessero un atteggiamento negativo nei confronti dell'agricoltura, che si manifesterebbe proprio nell'adozione di forme di proprietà collettiva o comunque nel rifiuto dell'esercizio dell'agricoltura, affidato al lavoro di popolazioni asservite 20 . Forse l'atteggiamento di fondo dei Dori verso l'agricoltura è più positivo di quel che questo schema consente di ammettere, e proprio il declino demografico delle ultime età micenee può aver atti rato nuovi coltivatori; certamente i rapporti di proprietà della terra sono ben diversi da quelli di epoca palaziale, perché altri (cioè molti di più e in forma diversa) sono ormai i titolari della proprietà. r.;adozione del modulo della servitù rurale èforse soltanto un adattamento delle possibilità di «dipendenza» che la vecchia, obliterata struttura socioeconomica in se stessa portava (non tanto il frutto di una originaria avversione per l'esercizio dell'agricoltura come attività produttiva). Ma come è da immaginare il primo tempo del declino miceneo? Le stesse cause interne di conflitti sociali tra strati diversi della popolazione, o tra il sovrano e un'embrionale aristocrazia, potrebbero essere state accompagnate dall'irrompere di fattori distruttivi esterni, che non sarebbero però ancora i Dori, benché quei fattori possa-

°Cfr.E. Kirsten, GebirgshirtentumundSessha/tigkeit,Die Bedeutungder Dark Ages /Ur die griechischeStaatenwelt: Doris und Sparta,in Griechenland,die ÀgiùS und die Levante wàhrend der Dark Ages (Symporion Zwettl 1980), Wien 1983, pp. 355 sgg., per la concezione qui esposta, 2

L Prez'storiae protostoriagreca.Civt'ltàmicenea.Alto arcaismo

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no aver preparato, anche dal punto di vista della creazione di zone di richiamo per movimenti di popoli, l'invasione dorica dei regni micenei. In generale gli storici fanno allora riferimento ai Popoli del Mare, di cui testi egiziani dalla metà del XIII agli inizi del XII secolo a.C. attestano la presenza, i movimenti, l'attività turbolenta, che appoggia tentativi d'invasione da parte libica, ma poi sconvolge soprattutto l'Oriente anatolico e siropalestinese, per arrestarsi contro il muro della resistenza dei faraoni egiziani (Ramses II, Merneptah, Ramses III). Vero è che i Popoli del Mare, secondo alcuni, comprendono gli stessi Micenei, e quindi le egittocentriche e trionfalistiche rappresentazioni egiziane potrebbero significare movimenti più complessi di quelli dovuti a una semplice attività distruttiva, Ma dal XIII secolo le regioni del Mediterraneo orientale conoscono modificazioni, nelle condizioni del popolamento e nella distribuzione e organizzazione del potere, che potrebbero essere in rapporto con le stesse trasformazioni interne al mondo miceneo, trasformazioni che abbiamo visto essere riflesso di crescita del mondo miceneo da un lato, ma anche espressione di inquietudini interne, di bisogni cui non corrispondono le risorse, dall'altro: un singolare intreccio di aspetti positivi e di fattori negativi e di declino. Particolarmente suggestiva, in questo senso, la coincidenza tra le tradizioni e i dati archeologici relativi alla miceneizzazione di Cipro. Frequentazioni di mercanti e artigiani risaliranno già al XIV secolo, ma è solo dall'ultimo trentennio del XIII secolo, quando cioè sta già passando il momento della fioritura dei palazzi e dei regni micenei, che a Cipro si comincia a registrare una presenza stabile e si potrà parlare di insediamenti micenei (a Enkomi, a Kition, e così via di seguito). Ne risulterà una civiltà micenea molto mescolata di elementi propri delle culture del Vicino Oriente, ma prima di quella data questi ultimi sono del tutto dominanti. Ebbene, la tradizione concepisce la migrazione degli Achei a Cipro, con la conseguente fondazione di Salamina sulla costa orientale dell'isola (non lontano da Enkomi), come un fenomeno tardivo del]' espansione achea, un contraccolpo di fatti luttuosi che accompagnano il rientro dei due figli di Telamone, Aiace e Teucro, dalla guerra di Troia, e come opera dell'esule Teucro, r; epoca che la tradizione letteraria connette con l'arrivo dei Dori nel Peloponneso e nelle isole dell'Egeo è dunque obiettivamente contrassegnata da trasformazioni notevoli, archeologicamente documentate, Tuttavia sarebbe indimostrabile e forse anche improbabile considerare queste novità culturali come il portato di un nuovo po-

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polo. Ad una connessione così rigida e meccanica si potrebbero muovere molte obiezioni. Ci sono trasformazioni che investono non solo l'area dorica, ma anche, e prima che quella dorica, altre aree che, pur se toccate dal movimento dei Dori, non ne furono il principale teatro né la destinazione definitiva (ciò vale, ad esempio, per la ceramica proto geometrica che ha la sua prima diffusione in Attica, anche se investe regioni doriche come l' Argolide e altre ancora; ciò vale anche per il rituale funerario dell'incinerazione). L'uso delle tombe a cista non appare così innovativo, come un tempo si è sostenuto, rispetto

al-

i' epoca micenea. I fatti di continuità tra miceneo, submiceneo e geometrico sono verificabili sia in Argolide sia a Creta. Viceversa la fine dei palazzi riguarda, oltre le aree poi do rizzate, anche la stessa Attica. C'è un grande mutamento nell)area mediterranea, a cominciare dalle sue regioni orientali, che riguarda l'uso dei metalli, di particolare, ma non esclusiva, destinazione militare: il cambiamento segna anche, nella terminologia archeologica, il passaggio da un'età ad . un'altra, dall'età del Bronzo a quella del Ferro. Ciò presuppone da un lato, e produce dall'altro, cambiamenti di ordine economico e di civiltà in genere, e cambiamenti di ordine sociopolitico; vi sono collegate innovazioni nelle linee di comunicazione, di scan1bio, di traffico. Entrano così in gioco, in un più stretto rapporto col mondo greco, quelle regioni dell'Anatolia.orientale e dell'entroterra siro-anatolico, ove si estrae e da cui si importa

il ferro,

Ma la maggiore disponibilità naturale di tale metallo significa anche un ruolo diverso, nella società, dei possessori e degli artigiani di quel metallo: la scarsità stessa del rame aveva assegnato ai suoi possessori e artigiani una posizione particolare nelle società palaziali, che ci sono note attraverso le tavolette che ne registrano la contabilità. Inoltre, la stessa possibilità di un uso più ampiamente diffuso di armi nel nuovo metallo si acco1npagna a una nuova organizzazione milita-

re. Furono i Dori portatori della cultura che fa uso del nuovo metallo, o di nuovi tipi di armi? Questa sembra una connessione troppo schematica, rispondente ad una positivistica equazione tra popoli e armi o oggetti, insomma tra soggetti ed oggetti storici. Certamente, nella storia dei secoli oscuri delle città che in piena luce di storia figureranno come doriche saranno da ammettere novità di ordine sociale e politico, connesse con le istituzioni che i Dori portarono, o si diedero, nella conquista; a queste novità sociopolitiche si adattano innovazioni che sono della tecnica metallurgica, della organizzazione e tattica militare, del rituale funerario, delle espressioni artistiche, di cui i

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I. Preistoriae protostoriagreca.Civi'ltàmicenea.Alto arcaismo

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Tav. 5 - La situazione nel Tardo Elladico III (da N.G.L. Hammond, Migrations and invasions in Greece and adjacent areas, p. 142).

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Storia greca

Dori non furono necessariamente né gli inventori né i soli fruitori, In comune, sul piano sociopolitico, c'è una diffusione di valori collettivi, di espressioni di massa, di tendenze ugualitarie, tutte cose da intendere non come momento di democrazia, che sarebbe gravissimo anacronismo, ma come riflesso di un crollo di precedenti forme di potere, più accentrato, di tipo monarchico e palaziale,

5. Le originidelle «poleis» Chi oggi ritiene si debba negare ogni valore alla tradizione sulle migrazioni doriche va incontro a non poche aporie logiche. Sarebbe ben strano che mostrino di rivelare qualcosa di vero anche le sfilacciate e tardive tradizioni sull'espansione micenea, e che invece tradizioni più alte nel tempo, più ferme e coerenti nello sviluppo dei secoli, e relative a fatti più tardi dell'epoca micenea, siano totalmente false. Soprattutto appare inaccettabile, sul piano propriamente storico, stabilire tra l'epoca micenea e l'epoca greca arcaica una continuità assoluta, Questa continuità infatti non può mascherare due fatti storicamente ineludibili: la fine dei palazzi micenei e delle società e culture palaziali, e la nascita di qualcosa di fondamentalmente nuovo nei secoli bui, la polis,cioè la realtà sociale e istituzionale intorno a cui ruota tutta la storia della Grecia classica (qualunque siano gli eventuali antecedenti di tipo urbano, minoico-micenei o orientali). Non ci si può adagiare in concezioni partenogenetiche, come quella per cui la civiltà micenea produrrebbe dal suo stesso seno la polis,e la produrrebbe nel momento del suo massimò declino, della sua più profonda spossatezza storica. La polisè una realtà troppo vitale e troppo caratterizzata, e in questo senso troppo nuova, per essere solo il frutto di un impercettibile illanguidimento della vecchia società micenea 21 . Chi fa a meno dell'apporto dorico, si priva in realtà di un apporto fondamentale nella storia greca per la nascita di quel nuovo organismo che essa conosce, e che è la polis.Qui confluiscono il vecchio, de21 I Greci parlanoinvero dip6leis anche per l'epoca eroica, cioè micenea (cfr. ad es. Tucidide, I), e l'esistenza di struttureurbane e cittadineè stataaffermataautorevolmente da studiosi moderni, come H. van Effenterre,Le palais de Mallt'aet la cité minoenn(!I-II, Roma 1980;Id., La cité grecque, Paris 1985. Benché insediamenti di tipo urbano siano innegabili anche per il II millennio, continueremmoa porre le origini dellap6lis {o, più precisamente,dellep6leis)'nelperiodo in cui il rapporto tra le varie componenti umane e sociali si configuragià nel senso di quella is6tes che anima largamente,benché in forma diversa,i diversi stadi dello sviluppo cittadino.

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clinante miceneo e il nuovo, che, al solito, non è da intendere come solo dorico, ma è l'espressione di una nuova epoca, di cui un elemento portante in aree vitali è quello dorico. Lapolù è veramente da considerare come il punto di intersezione storica tra la società e la cultura palaziale e le società e culture di tipo tribale (quanto a organizzazione) e territoriale (quanto a dimensione e forma dell'insediamento). La società micenea trasmette e consegna al futuro dell'esperienza politica greca il ruolo centrale di un'acropoli, anzi l'idea stessa di un centro che è centro del potere: ma se, nella società monarchica palaziale, l'acropoli è il centro del potere del sovrano (wdnax),nell'età greca arcaica e nella struttura cittadina essa sarà il centro latamente simbolico del potere, il centro sacrale e politico, ma di un potere che non si incarnà in una persona e nella sua famiglia, che non è confinato ali' acropoli, ma è latamente diffuso fra i molteplici suoi detentori. Topograficamente, attorno all'acropoli si colloca l' dsty,o città (ma città bassa), e, intorno a questa, la chora,o campagna (territorio). Quest'ulrima è la proprietà dei detentori del potere. La polis greca vive dello scambio e dell'equilibrio tra dstye chora,tra città e territorio: equilibrio che non è solo ambientale e umano, ma sociale, economico, politico. Il rapporto tra di essi è geometricamente definito nel XVIII libro dell'Iliade,con la decorazione dello scudo di Achille: al centro la città (in pace) o le città in guerra, intorno le fasce concentriche della chora,dai campi coltivati a frumento e vite, ai pascoli, al fiume Oceano che segna l'ultima periferia. Ma nel libro VI dell'Odisseail centro residenziale è così vicino ai campi lavorati che vi può arrivare ed essere sentita la voce di uno che grida nei campi (questo, almeno per i campi di proprietà del re Alcinoo). La struttura interna ed esterna della polis è dunque di tipo circolare, organizzata secondo fasce concentriche. È interessante il fatto che l'omerizzante Nerone costruisse la sua Domus Aurea con le stesse caratteristiche di centralità, corrispondenti a quelle dei vv. 499-589 e 607-608 dell'IliadeXVIII (Suetonio, ½'tadi Nerone,cap. 31: «[vi aprì] uno stagno simile a un mare, circondato di edifici a mo' di città; vi aggiunse campi, variamente composti di terreni coltivati [a grano], di vigneti e di selve, con una moltitudine di animali e di bestie di ogni genere»; cfr. Tacito,Annali XV 42, ma anche 37, ecc.). La stretta interrelazione, la forte omologia tra struttura politica e possesso e gestione del territorio, con le relative forme di proprietà, è caratteristica delle nuove realtà verificabili dopo la fine dei palazzi micenei. Già per le motivazioni, le forme, le dimensioni della con-

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quista che portò alla nascita delle città storiche, in esse tale rapporfu fortissimo. Tuttavia queste nuove realtà si costituirono talora sulle rovine (o piuttosto intorno alle rovine) dei vecchi palazzi, talora si dettero centri significativamente distanti dai precedenti; il dominio territoriale, che una volta era accentrato in misura rilevante nelle mani del signore del palazzo, è ora trasferito all'insieme dei nuovi dominatori. Dall'intersezione tra queste due realtà, dalla griglia storica con la presenza e la combinazione delle due coordinate (quella micenea, e quella che si manifesta significativamente, e forse in forma culturalmente trainante, anche se non esclusivamente, nelle città doriche), nasce la polis nella gamma delle sue espressioni. Non possiamo pensare che la struttura fortemente centralizzata della società palaziale si sia semplicemente travasata nelle forme basiliche cittadine, né che semplicemente si sia fatta da parte per cedere il passo a strutture già tutte implicite nello Stato. Non basta una decapitazione, per far nascere un nuovo corpo. Si è pensato che, fatto da parte il potere del wdnax, emergesse quello delle kòmai o villaggi (magari da identificare con i dàmoi). Ma è un fatto che, proprio dove più forte fu la struttura palaziale (a Micene, ad Argo, in Messenia, in Laconia), dopo il suo crollo si verifica di meno l'emergere delle singole realtà locali, come anche quel fenomeno più tardo, che investe proprio le regioni in cui la realtà dei villaggi era più resistente, cioè il sinecismo (nel senso lato di conurbamento) a base regionale 22 . D'altra parte, la proprietà del territorio è ormai trasferita in altre mani e sotto altre forme: Accentramento del dominio territoriale e distribuzione del potere politico saranno caratteristiche delle p6leis doriche; ma, in senso lato e con varietà di forme, delle p6leisin genere. Esistono, storicamente, anche i fenomeni culturali e politici di riflesso; esistono anche le grandi analogie storiche. Dove non c'erano stati palazzi, o dove la forma palaziale non era stata così accentratrice, le realtà locali hanno vissuto più a lungo in autonomia: finché anche qui, per effetto di analogia storica, o come portato di una situazione complessivamente mutata, si instaureranno fenomeni di accentramento, intorno a più modeste strutture palaziali una volta esistite, o a centri sacrali o di altro tipo. Quiilmovimento sarà centripeto, da una periferia che ha tarto

22 Sui sinecismi in aree doriche, cfr. D. Musti ne Le originidei Greci cit., pp, 54 sg.; e i contributi del medesimo e di M. Moggi negli Atti del convegno internazionale La transizionedal miceneo ali'alto arcaùmo.Dal palazzo alla città (Roma, marzo 1988), CNR, Roma 1991.

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dato a organizzarsi. Ma gli inizi si perdono anch'essi nei secoli bui o lungo la linea cliconfine tra epoca micenea ed alto arcaismo, o tra mito e storia: la tradizione ricorda perciò il sinecismodell'Attica dovuto a Teseo (in realtà compiutosi in tutto l'arco dell'alto arcaismo, fino all'VIII secolo avanzato) o quello dell'Elide dovuto ad Oxylos (mitico contemporaneo dell'invasione dorica del Peloponneso). Altrove, le realtà tribali produrranno dal loro interno prima un centro sacrale-giuridicopolitico, poi una pluralità clicentri analoghi e distinti. Le tre tribù delle città doriche (Illei, Dimani, Panfili) non hanno i caratteri di strutture sotterranee, emerse al di sotto della corteccia, ormai eliminata, del dominio palaziale. Le tribù ioniche, assai meno generalizzate, hanno comunque origini più oscure. Ma niente, nella funzione dei basilefsmicenei, fa pensare che essi siano il prototipo dei phylobasilefsdi età greca arcaica. Le tribù appaiono, per quanto documentabile, come un'organizzazione strettamente legata alla polis, che esse possono aver preceduto ma solo per prepararne l'avvento. Un quadro quale quello qui fornito ha il merito di ricondurre in Grecia le origini della polis, pur con quella duttilità che l'argomento richiede. Una prospettiva del tutto diversa è quella cbe attribuisce l'invenzione della polis alla grecità d'Asia Minore. Non si vede perché i Greci avessero bisogno di fare l'esperimento di un territorio limitato e frazionato fuori della penisola greca, per concepire l'idea di una organizzazione autonoma di un territorio limitato. Il frazionamento territoriale è un fatto collegato così con l'esistenza clipiù palazzi, per ciò che riguarda l'epoca micenea, come con le articolazioni della conquista, per ciò che riguarda l'avvento dei Dori. E soprattutto si immiserisce il problema-stesso delle origini della polis, enfatizzando al di là del dovuto il valore determinante del dato geografico. Quest'ultimo è condizionante, ma non è determinante: e una realtà socialmente così caratterizzata e complessa come la p6lis nasce da una dinamica storica complessa, in cui entrano senz' altro almeno anchele componenti sopra indicate. Eppure l'idea che la polis sia un'esperienza della grecità d'Asia Minore, espressa da Beloch e condivisa dai suoi allievi italiani, è largamente diffusa23 • Chi guarda alle sue origini, si accorge quanto stretta23 Sostiene l'originalità della Ionia nel formarsi di vere unità cittadine con propria vita economica, politica, religiosa, in un processo che si riverbera sulla madrepatria, G. De Sanctis, Storiadei Greci,Firenze 1939, I, p. 177; altrettanto per quanto riguarda il venir meno della monarchia e l'emergere delle aristocrazie, ibid., pp. 274 sg.

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900/899 Rodi 877/6 Frigia 852/1 Cipro Fenicia 774/3 Egitto 724/3 Mileto 706/5 Caria 645/4 Lesbo 577/6 Focei ( 533/2 Samo 518/7 Sparta Nassa 516/5 506/5 Ere.tria 491/0 Egina

anni

Tracia d'Asia Tracia]

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Cipro Fenicia Egitto Mileto

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Eretria Egina

6 51 24 27 28 54 34 28 51 ? 93 44 15 2 10 15 10

) )

Tav. 6 - Talassocrazie in Diodoro (a sinistra)e in Eusebio-Girolamo (a destra)(da M. Miller, The Tha/assocracies, pp. 72 e 73). mente essa sia collegata con la tesi belochiana, secondo cui la distinzione in Eoli, Ioni e Dori sarebbe emersa storicamente per la prima volta fra i Greci d'Asia Minore, per poi rimbalzare attraverso l'Egeo - ma con una direzione di senso del tutto opposto a quello ammesso dalla tradizione antica - nella Grecia propria. E non è chi non veda come questa tesi sia il naturale complemento della negazione della storicità della conquista dorica del Peloponneso. Ma così a tutto il movimento della storia greca veniva impressa una direzione singolarissima. Sopravvalutazione positivistica del dato geografico, e anche sopravvalutazione dell'influsso orientale, proprio su quel terreno - la creazione della polis- che è il più peculiare dell'esperienza storica greca, cospiravano con uno spirito ipercritico, che riteneva di poter modificare tutti i dati tradizionali, anche quelli attinenti ai fenomeni più vasti, ai dati d'insieme, quelli che si dovrebbe poter ammettere con più fiducia come autentici. Le influenze del Vicino e Medio Oriente vanno certamente ricercate ed ammesse, e in primo luogo proprio quelle che gli

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stessi Greci, e particolarmente Erodoto, volentieri ammettono. Ma non si possono ridurre a zero le precedenti esperienze storiche greche. Più che di originedellapolis, bisognerà parlare di originidellepoleis, che si formano nei secoli immediatamente posteriori all'età micenea (XI-IX secolo) da diverse situazioni, con diversi precedenti e differenti caratteristiche. Quel che nasce nell'VIII secolo non è dunque la polis, ma soltanto !a forma comune delle p6leis;è allora che i diversi rivoli di esperienze cittadine, formatisi e presenti nei secc. XI/X e fino all'inizio dell'VIII, confluiscono in un fiume che è la polis tipica, cioè essenzialmente la città aristocratica. Le diversità permangono certo, e cosl le diverse individualità cittadine, ma ormai all'interno di un quadro di riferimento comune, che è appunto quello dell'aristocrazia fondamentalmente oplitico-contadina. Successivamente, col periodo delle tirannidi prima, e poi con gli sviluppi del tardo arcaismo, cioè del VI secolo, si vanno rideterminando differenze e ricostituendo nuovi rivoli dall'alveo comune, fino a sboccare nel V secolo in quella tendenziale dicotomia che si identifica rispettivamente nella forma oligarchica e in quella democratica (complessivamente dunque un grandioso sviluppo a forbice). La polis nasce dunque come risultato di un lungo e variegato processo, come sviluppo di una forma comune di polis,tra le diverse evoluzioni da ammettere delle più diverse e spontanee comunità nate dalla crisi e dopo la crisi dei palazzi micenei. Le origini della polis sono perciò molto semplici, in perfetta corrispondenza con il carattere modesto, nient' affatto pretenzioso del significato della parola, che, sericollegabile, come credo di poter mostrare altrove, alla radice del verbo pélomai («esserci»), indica niente di più che un «sito»: un sito, beninteso, che meriti di essere notato, designato, segnalato come tale; un sito significativo, per lo spazio che occupa e per il numero di persone che vi sono insediate.Dall'atomismo delle singole poleissi passa quindi alla koiné della civiltà della polis come seconda fase. Ma, come terzafase - che in parte riprende e sviluppa distinzioni etniche e tribali originarie, in parte comporta una rigorosa organizzazione dei rispettivi territori, quindi la nascita di realtà regionali- si ha una regionalizzazione, che investì il VII e soprattutto il VI secolo, trovando riscontri concreti nella nascita delle anfizionie e di leghe tra popoli e città circonvicini, ma anche nelle guerre interregionali, che via via (tra VI e V secolo) si colorano di tinte politiche diverse e di connesse alleanze con le due città egemoni, Sparta e Atene. Questo spiega le antitesi tra Eubeesi e Ateniesi, tra Laconia e Argolide, come tra Beoti e Tessali, eco-

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sì via di seguito; si crea un'unità culturale e politica nell'ambito ionico intorno ad Atene, nell'ambito dorico intorno a Sparta. Restano in piedi le obiezioni mosse, ormai soprattutto dagli archeologi, all'idea di una migrazione dorica. In questo, come in altri casi di movimenti di popoli attestati nella tradizione antica, si verifica ormai puntualmente questo conflitto: l'archeologia non conferma il mutamento etnico; si può anzi dire che, più essa progredisce, più affina i propri metodi e si mette in grado di riempire le lacune della ricerca passata, più accumula tangibili prove di continuità. Eppure il dubbio è suscitato dai risultati della ricerca archeologica anche per casi di conquista che sono assolutamente indubitabili. È probabile che si debba riconoscere che l'archeologia è in grado di cogliere movimenti e mutamenti diversi da quelli che coglie la tradizione storica. La storia coglie il movimento dei soggetti storici; questi movimenti si compiono attraverso eventi che riguardano individui, popoli, Stati, che la memoria storica è in grado di cogliere, fermare nelle sue maglie, trasferire ai posteri. L'archeologia coglie trasformazioni interne, movimenti che hanno una vischiosità che non permette di vedere cesure e passaggi netti, quali sono segnati dagli eventi; coglie l'incessante trasformazione degli oggetti e degli stili, che è insieme e nello stesso punto conservazione e trasformazione. Raramente il tasso di trasformazione contenuto in uno di questi momenti studiati dall'archeologia è talmente alto da corrispondere alla cesura rappresentata da un evento. Apparentemente, essa documenta solo la persistenza degli insediamenti, la continuità dei siti: ma è chiaro che già la posizione geografica, la favorevole collocazione.rispetto al territorio e alle vie di comunicazione destina un sito ad un'occupazione ininterrotta, ad una sua qualche forma di continuità, all'interno della quale restano tutte contenute le trasformazioni. Archeologia e storia parlano perciò spesso di movimenti e mutamenti diversi: di un movimento oggettuale (o oggettivo) la prima, di soggetti la seconda. La prima coglie la lunga durata; la seconda la scansione in eventi. Il movimento dei soggetti storici per lo più non è tale da poter essere fermato e fissato dalle maglie dell'archeologia, troppo larghe per afferrare i mutamenti dei soggetti medesimi.

6. Colonizzazionedell'AsiaMinore. Le città ioniche ed eoliche

È solo dopo la fine dei regni micenei e l'invasione dorica del Peloponneso che si colloca, per la tradizione antica, il fenomeno impo-

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nente della colonizzazione delle coste occidentali dell'Asia Minore, la cosiddetta colonizzazione ionica (a cui se ne accompagna una eolica e una dorica). Oggi, per l'enfasi posta in alcuni settori degli studi sugli aspetti dell'espansione micenea, si tende a datare non solo le presenze, ma gli stessi insediamenti coloniali greci di Eolide, Ionia e Doride d'Asia in piena epoca micenea. A questo proposito, e ad evitare di porre male il problema sin dall'inizio, occorre muovere da alcune considerazioni preliminari. 1) È innegabile la presenza di resti micenei, almeno nelle regioni centrali e meridionali di quella che, storicamente, sarà la zona grecizzata dell'Asia Minore occidentale. 2) In parte queste presenze possono riflettere la naturale circolazione di uomini, prodotti merci, che nell'Egeo c'è sempre stata, e che nella seconda metà del II millennio a.C. conosce, oltre alla direzione est-ovest del movimento, anche quella di senso inverso: è un fatto di civiltà e di economia collegato con la geografia dell'Egeo (un fatto, potremmo dire in termini braudeliani, di lunga durata): come si conoscono presenze micenee, così non mancano neanche quelle minoiche. 3) Al 1044 a.C. la tradizione eratostenica riconduce la migrazione ionica. È la serie delle fondazioni cittadine ioniche che viene datata dopo la migrazione dorica, e perciò anche dopo la fine dei regni micenei: e questa è (anche nel senso sopra detto) una cesura storica importante. Parlare o no di insediamenti micenei a Colofone o sul sito di altre città della Ionia non è né un problema squisitamente archeologico né una delle risposte possibili al problema della credibilità o meno delle tradizioni sull'espansione micenea. Il problema è di molto maggiori dimensioni ed è strettamente connesso con quello delle origini della polis, del quale costituisce anzi una faccia significativa. È concepibile che dalle società micenee in fermento e in declino, in virtù di iniziative per lo più non guidate dal centro, ma pur sempre come espressione di quel fermento e di quella crisi, si distacchino individui o gruppi, sollecitati dalle motivazioni sopra indicate per.l'espansione micenea. Ma la fondazione di vere e proprie città presupponel'esistenza del . modello cittadino, e questo potrà sembrare un circolo, ma non lo è. Il fatto ha rilevanza storica se si ammette che la colonizzazione ionica e quelle contigue nascano già dalle nuove situazioni politiche, come espressione della decisione di un corpo civico, volta a dare sfogo e sbocco a bisogni urgenti per le nuove realtà delle p6leis. Questo è del resto il quadro antico. Dunque, alle precedenti e sporadiche (che non vuole dire scarse) frequentazioni micenee, del tutto ammissibi1

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li, succede l'impianto di vere e proprie p6leis, espressione di una precisa collocazione delle comunità di partenza rispetto ai problemi del bisogno e dell'opportunità di una migrazione. Lungi dal diventare oggetto di una querellepriva di senso, la colonizzazioneionica, sia in considerazione della sua collocazione cronologica (per così dire 'strategicamente' situata tra le frequentazioni micenee e la coloniz~ zazione 'politica' di età arcaica), sia in considerazione delle caratteristiche che la tradizione le assegna, può diventare invece così l' esempio dello sviluppo, in nuove condizioni, dei movimenti e delle migrazioni di epoca micenea, come anche una prefigurazione di motivazioni e processi coloniali di epoca arcaica. Negli ultimi secoli del II millennio, ma prima della fondazione delle p6leis ioniche, eoliche, doriche, saranno state ali'opera quelle motivazioni e quelle scelte 'strategiche', che abbiamo già evocato per l'espansione greca d'età micenea: appoggiarsi a realtà politiche ed economiche esistenti, esterne al mondo greco. Ma con la fine del II millennio si determinano crolli di Stati e vuoti di potere anche in Asia Minore; luoghi per i Greci d'età micenea già conosciuti e invitanti, lo diventano anche di più·nelle nuove condizioni, mentre in patria si crea una nuova consapevolezza o responsabilità delle comunità verso i problemi dell'emigrazione e dello scambio. Contro questo quadro, ci può essere solo la teoria, che non ha nessun appoggio nella tradizione antica, che la polis sia nata in Asia Minore, e che le città della penisola greca ne siano solo il riverbero. Per la nascita delle città eoliche, le Sporadi settentrionali hanno rappresentato un corridoio naturale, in grado di collegare la Tessaglia meridionale con Lesbo e la costa antistante. Naturale l'affinità dialettale: al gruppo dei dialetti eolici appartiene così il lesbico, come il tessalico e il beotico. Da Lesbo vengono colonizzate Tenedo e la costa asiatica dal promontorio Kane fino a Smirne. Sulla costa si costituisce una dodecapoli eolica, fra cui emergono Cuma e Smirne (quest'ultima è però poi conquistata e colonizzata dalla ionica Colofone). Dalle Cicladi, dall'Eubea, dall'Attica (a non voler tener conto di provenienze da aree non ioniche), muovono i coloni delle città della dodeca poli ionica, la più famosa (Mileto, Miunte, Priene, Samo, Efeso, Colofone, Lebedo, Teo, Eritre, Chio, Clazomene e, enclavein territorio eolico, Focea). A Mileto, a Samo, a Efeso e a Teo si trovano tracce di tribù attiche. Chio ed Eritre mostrano affinità linguistiche con l'Eubea. . È per Mileto che la tradizione fornisce una data alta di fondazione, che oscilla tra il 1077/5 del Marmor Parium (FGrHist239 A 27)

I. Preistoriae protostoriagreca.Civiltàmicenea.Alto arcaismo

1076 a.e. (1045 a.e.: fondazione

di Efeso) 1044 a.e.

1036 a.e. ante 1032 a.e.

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(Marmor Parium XXVII, 1. 42-44); (Hieronymus p. 69 H., 1. Ì3);

(Eratosth. 241 J. fr. 1; Apollod. 244 J. fr. 63; Euseb. ehron. pp. 84-85, 89 K., cfr. Praep. Evang. X 11; G. Syncellus 125 a); (Hieronymus p. 69 H., 1. 24); (Philochoros 328 J. fr. 211).,

Tav. 7 - Date proposte dagli storici antichi per la migrazione ionica (da F. Cassala, La Ionia nel mondo miceneo,p. 24). e il 1044 cliEratostene; a parte restano le date altissime (1288, 1302) di Eus.ebio nelle versioni latine e armena. Il processo è da concepirsi attuato nell'arco di un secolo e forse anche più. È per fenomeni di fine XI e X secolo che possiamo ammettere quegli antecedenti cli esperienze cittadine di madrepatria che abbiamo assegnato alla colonizzazione ionica. Dodici è il numero canonico delle città della lega, che ha il suo centro nel santuario di Posidone Eliconio al promontorio di Micale: notizie isolate su una triscaidecapoli (che avrebbe compreso una Melia, poi oggetto di una guerra comune) sembrano voler giustificare l'assorbimento cliSmirne24 • La esapoli dorica (comprendente le tre città di Rodi, Ialiso, Camiro e Lindo, e inoltre l'isola di Cos e, sul continente, Cnido e Alicarnasso), con centro sacrale nel santuario di Apollo al Capo Triopio presso Cnido, mostra chiaramente di essere nata e vissuta soprattutto come espressione della volontà di dominio di Rodi e del suo tentativo cligarantirsi una testa cliponte sul continente (tuttavia Alicarnasso fu presto ionizzata). I: elemento più attivo e meglio organizzato è quello ionico. La struttura di dodici città rifletterebbe, secondo la tradizione, quella realizzata dagli Ioni in Acaia. Tutto riconduce alperiodo dell'esistenza delle città, cioè a fenomeni di sviluppo post-miceneo. La volontà di organizzazione secondo ripartizioni geometriche o aritmetiche precise è espressione della nuova realtà istituzionale greca, la polis. 24 Sulla dodekdpolisionica, cfr. P. Carlier, op. cit., pp. 431-456. Su una triskaidekdpolisionica, la guerra meliaca e il fondamentale passo di Vitruvio, 4, 1, 3-6 v.

ora G. Ragone in «RFIC» 114, 1986, pp. 173 sgg.

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Aspetti analoghi, ma solo fino ad un certo punto, presenta la colonizzazione greca a Cipro. Salamina, Soli, Marion sono città la cui origine deve molto ali'arrivo di Greci, nelle condizioni di disfacimento del mondo miceneo di cui s'è detto; ma aPafo, o adAmatunte, restano forti tracce di preesistenti culture locali25 ; a Cizio si impiantano presto i Fenici. Occorre precisare tuttavia che la stessa lentezza e incompiutezza nel processo di formazione di p6leis a Cipro è dovuta alle diversità dei tempi e delle condizioni rispetto alla Ionia. r; arrivo dei Greci a Cipro è infatti più direttamente collegato al disfacimento dei regni micenei', e in una prima fase, che non manca di lasciare tracce anche per il futuro, non registra ancora la presenza di un modello cittadino nelle zone di provenienza, rappresenta dunque una fase un po' più arcaica rispetto a quella della colonizzazione ionica. Le comunità greche che nasceranno nell'isola saranno perciò città con caratteri fortemente arcaici dal punto di vista politico (forte persistenza della forma monarchica) e culturale (si pensi solo alla lunga permanenza, fino a piena età classica, della scrittura sillahica). È una grecità che si confronta e si mescola con altre culture. r; espansione greca nel Mediterraneo si presenta dunque, fin dall'inizio, çome un fenomeno complesso, non solo per la sua estensione in uno spazio geografico molto ampio, ma anche, e soprattutto, per la sua gradualità e il suo scandirsi in fasi diverse, collocabili lungo quasi tut · ta la parahola della storia greca. Tra il periodo miceneo e quello ellenistico, si può dire infatti che si succedano almeno quattro fasi espaniionistiche particolarmente rilevanti, fasi a cui corrispondono altrettanti periodi di attivismo e di creatività, che lasciano traccia nell'arte, nell'edilizia, nelle forme religiose e cultuali, nelle forme di insediamento, nelle forme di organizzazione delle comunità, nella letteratura, nella psicologia. Un primo periodo è, come si è detto, quello delle frequentazioni micenee in aree diverse dalla penisola greca (nel II millennio a.C.), a cui fanno seguito significativi fenomeni di migrazione, come esito del dissolvimento della civiltà palaziale (alla fine del II millennio a.C.; un secondoperiodo è quello della colonizzazione di epoca arcaica, tra VIII e VII/VI secolo a.C., con la fondazione di vere e proprie città-figlie in tutto il Mediterraneo, in particolare in quello occidentale; un terzo periodo è quello dell'espansione greca di carattere egemonico (o imperialistico), particolarmente visibile nel IV secolo; un quarto,e ultimo, periodo è quello dell'espansione e colonizzazione . 25

Cfr. n. 5; e, più avanti,Bibliografi'a.

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greca nell'Oriente persiano, a seguito della conquista di Alessandro Magno. In queste fasi si accompagnano all'espansione momenti creativi di ottimismo, che iocidono sul tradizionale pessimismo greco. 7. Le regalitàòmeriche Dopo la decifrazione della Lineare B, parlare di 'monarchia omerica' equivale a fare uso di un'espressione quanto mai ambigua. Finché non si era accertata l'esistenza di una autorità centrale (il wdnax), di una strutturafortemente gerarchizzata e di una società palaziale per l'epoca micenea, si poteva continuare a fare uso di una categoria storica, a·cui si pensava di poter attribuire una fisionomia unitaria, pur se non statica, dall'epoca descritta nei poemi omerici (circa il XII secolo a.C.)

a quella della definitiva composizione di questi ultimi (circa ]'VIII). Ora invece il contrasto tra i poteri del wdnax (certo, quelli verificabili all'interno del regno, anzi del palazzo) e quelli del basileusdescritto da Omero o, ancor più, del basileu.sipotizzabile per !'VIII secolo, o il con· trasto tra la funzione dei basileisricordati nelle tavolette (capi,in sen · so lato e modesto, e forse nella fattispecie semplici capi-officina) e quella dei basileiscelebrati da Omero, appaiono fortissimi. I poemi omerici in realtà non possono non proiettare sull'epoca della guerra troiana gran parte cieli'esperienza storica cieli'alto arcaismo greco. La proiezione si ricongiunge però in parte idealmente con le condizioni reali della monarchia di età micenea. Ed è bene che del problema della monarchia omerica si mettano subito io luce due versanti: quello della rappresentazione poetica, quello della realtà della monarchia dell'alto arcaismo. È opportuno a questo punto far presente che, nel corso di questo manuale, si propone implicitamente una accezione di alto arcaismo, che non corrisponde a quella prevalente negli studi. In generale, per 'alto arcaismo' si intende il periodo corrispondente, nella sto• ria della ceramica, ali' orientalizzante (antico, circa 730-630; e recente, circa 630-580, con varianti); 'tardo arcaismo' è quello che va dal 580 circa alle guerre persiane. Per ragioni di/atto (le realtà politiche greche dell'VIII-VII secolo sembrano a noi avere lunghe radici nei secoli post-micenei, i e.cl. 'secoli bui', fioe XI-metà VIII secolo, nell'accezione più estesa dei Dark Ages: ve ne sono di più ristrette, e limitate al sec. X e a parte del IX) e per ragioni di coerenzalessicale (perché si dovrebbe adottare per tali secoli intermedi la definizione 'ceramica' di Proto geometrico e Geometrico - rispettivamente) cir-

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ca X secolo e circa 900-730 a.C. - e per le età successive una cronologica?), ciò non soddisfa. Anche la definizione di secolibui sembra insoddisfacente perché un po' impressionistica, e destinata poi fatalmente a variare da un autore al!'altro, secondo le personali convinzioni e in omaggio alle nuove scoperte, che via via illuminano quel buio; e quella di Medio Evo può indurre ad anacronistiche assimilazioni con altre epoche della storia umana, o potrebbe (magari ingiustamente) suggerire l'immagine di un periodo di semplice regresso, per un'epoca che invece si rivela alla fine costruttiva, e preparatoria del periodo arcaico nella sua più piena espressione. Noi proporremmo perciò una definizione di 'alto arcaismo' per il periodo che va dalla fine dell'XI secolo al 730 circa; di 'medio arcaismo' per quel periodo (730-580 circa), che è oggi convenzionalmente indicato come 'alto arcaismo'; e

di 'tardo arcaismo',

comunque, nell'accezione

corrente (fondamentalmente, il VI e gli inizi del V). Poiché però non si può pretendere (e forse non è neanche opportuno farlo, dal punto di vista bibliografico) di cambiare cli colpo le terminologie (che rispecchiano d'altra parte delle convinzioni, quelle, in particolare, di coloro che considerano fondamentalmente i secc. X-fino a metà dell'VIII come una sorta di deserto storico), renderemo di volta in volta chiaro, nel corso dell'esposizione, che cosa intendiamo per 'alto arcaismo'; e, quando ci riferiremo all'uso convenzionale, lo dichiareremo esplicitamente, o faremo ricorso alla definizione di 'cosiddetto'. L'autore non è comunque isolato nel!' accezione ampia di 'arcaismo', che qui difende (con la tipica tripartizione, fatta in omaggio alle consuete periodizzazioni archeologiche e storiche). Nell'Iliade il re figura come detentore del comando in guerra, presiede le assemblee, fa da arbitro nelle controversie. Mà che tipo di esercito egli ha al suo comando? Se il modello è Agamennone, egli appare a capo di una coalizione cli contingenti di diversi popoli e città. L'esperienza cittadina greca è già presente in questa rappresentazione; è l'idea di un'egemonia compatibile con le tante autonomie che qui è già al!'opera. Se questo è il profilo dei rapporti esterni, quello dei rapporti interni non è dissimile. L'Iliadeattesta l'esistenza di un'assemblea dell'esercito, dove vige un'apparente libertà di parola, ma in cui la migliore virtù, e perciò la prassi di fondo, appare quella dell'ascoltare e dell'ubbidire. In essa hanno certo un ruolo i capi dei contingenti al seguito di Agamennone, che obbediscono alla sua autorità suprema, ma che dividono conluile·qualità di basileus,cioè cli capo. È una

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società di capi, che ha bisogno di un popolo in armi, ma soprattutto della sua ubbidienza. Nell'Odissea lo schema dei rapporti interni non è dissimile: il rapporto fra Alcinoo e i dodici re di Scheria è, co• me si suol dire, quello di un primus inter pares;solo che si va definendo (o dobbiamo dire che il contesto di una sola città consente di intravedere meglio) l'esistenza di una vera e propria aristocrazia. Non è una coalizione di capi sotto il capo supremo; è un gruppo sociale omogeneo. Preme di più la realtà cittadina contemporanea nel quadro cieli'Odissea:e ciò si vede anche nell'importanza dei numeri costitutivi della geometria cittadina (qui i 12 basilefsa cui, tredicesimo, si aggiunge Alcinoo, nel libro VIII 390 sg.). Su questo modello, sulle esplicite attestazioni di autori antichi circa il passaggio storico dalla monarchia all'aristocrazia, sulla constata· zione delle persistenze, presso alcune città e popoli greci, della basi/eia, sulle teorizzazioni di epoca classica si è costituito di norma un modello di sviluppo storico delle forme politiche della città greca: dalla monarchia all'aristocrazia alla tirannide, fino alla democrazia, ove questa abbia spazio per affermarsi. Recentemente si è rimesso in discussione questo schema, e si è arrivati a sostenere che nel periodo geometrico non ci siano stati singoli basilefs;le notizie di tradizione letteraria che li riguardano sarebbero solo fittizie o proietterebbero nell'alto arcaismo una realtà di età micenea; ci sarebbero invece città governate da collegi di basileìs,con poteri uguali fra loro. In questi termini la tesi è estrema, ma è chiaro che anche il semplicistico schema di sviluppo sopra indicato va ormai rivisto. Tre premesse sono da fa. re. 1) La filologia micenea più avveduta ha ormai mostrato chiaramente la modestia e la genericità del termine basileus(qa-si-re-u),che vuol dire 'capo'; è naturale perciò che non si possa ridurre ad unum la problematica della basi/eiagreca: identità di titolo non significa identità di ruolo e di forma. 2) Occorre ben distinguere tra carica del basileusnella forma ereditaria o almeno vitalizia, e carica annuale (o detenuta per un periodo limitato); nel secondo caso, il basileusnonidentifica un regime monarchico, ma aristocratico-repubblicano. 3) Occorre distinguere tra basilefsin contesti etnici e basilefscittadini. 8. Regalitàdi città grechearcaiche

In età classica troviamo basileìaicittadine vitalizie ed ereditarie a Sparta (nella forma della diarchia, sino alla fine del III secolo a.C.), ad Argo (fino al tempo delle guerre persiane), in Messenia (al tem-

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po della seconda guerra messenica, nel VII secolo a.C.), a Cirene (ancora nel V secolo). È un primo gruppo di situazioni fra loro affini: sono infatti le città doriche del Peloponneso o una città di Libia (Cirene) che attraverso la madrepatria Tera è imparentata con Sparta. Subito appaiono poco confrontabili le monarchie ereditarie di tipo etnico-dinastico degli Eacidi, fra i Molossi dell'Epiro, o degli Argeadi, in Macedonia (benché questi ultimi facciano risalire le loro origini ad Argo nel Peloponneso). A Cipro la persistenza della forma basilica si accompagna con certa arcaicità o incompiutezza dello sviluppo cittadino. Ma in una parte cospicua del mondo delle p6leis · l'istituto basilico appare ben radicato; nessuno sforzo ipercritico riuscirà a eliminare la memoria di una monarchia vitalizia ed ereditaria tenuta dai Bacchiadi a Corinto, cioè dal ghénos aristocratico, che vanta origini da Eracle, prima che essa desse luogo (secondo la tradizione, dal 747 al 657 a.C.) alla rotazione annua dei prìtani. Il nesso con la storia della polis è in tutti questi casi ben visibile. È pur possibile che anche la forma centralizzata di potere d'epoca micenea abbia esercitato il suo influsso; certo, il basileusnei contesti dorici appare ben inserito in una struttura aristocratica 1 con al suo interno forti connotazioni ugualitarie. Si può discutere se questi capi delle città doriche siano in qualche modo in rapporto con l'esistenza di tre tribù; la menzione, nei testi antichi, dei capi-tribù (phylobasileis),o la presenza ad Argo di una triarchia, potrebbero far pensare ad uno sviluppo del genere. Così la caratteristica diarchia spartana è stata vista come il risultato di una riduzione a due di un'originaria triade, o invece come l'esito di un conflitto concluso con un compromesso, o di un'integrazione del potere dell'unico originario basileus con un secondo. dallo stesso titolo, all'origine dotato di altre funzioni. In verità, non appare affatto impossibile che la diarchia spartana sia tale sin dalle origini della basi/eiaa Sparta o almeno dal periodo (IX-VIII secolo) in cui Sparta raggiunge il suo definitivo assetto costituzionale. I moderni vedono i processi antichi con occhi moderni; non possono concepire i poteri arcaici se non cmne assoluti, e i poteri assoluti se non concentrati nelle mani di uno solo; le altre situazioni appaiono transitorie o come un assurdo logico. Ma il vero problema è quello di chiarire la natura della comunità politica greca, come emersa nell'alto arcaismo: essa è fondamentalmente aristocratica, Nelle posizioni recenti, in principio richiamate, c'è di giusto il disagio ad ammettere un periodo monarchico nettamente separato dal periodo aristocratico; la p6lis nasce invece già aristocratica, benché al-

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l'origine si tratti di un'aristocrazia organizzata intorno a una leadership, che si fa valere per vantate origini divine, e che ottiene prerogative (ghéra)riconosciute, in fatto di proprietà terriera, dell'esercizio di funzioni sacrali o anche militari, di rappresentatività della comunità politica, in un quadro sociale ed economico di forte omogeneità. Progressivamente l'aristocrazia si lihera anche da questo bisogno di leadership,e ciò avviene proprio nel momento in cui la società nel suo insieme è più stratificata e l'intero strato aristocratico vuole esercitare il potere politico. Ora, è del tutto plausibile che a Sparta la diarchia corrisponda esattamente alla funzione che la tradizione le attribuisce: garantire un equilibrio di leadership,tenere in scacco eventuali propensioni ad un eccessivo accentramento di potere, realizzare anche nella regalità la 'parità' deglih6moioi.Non sarebbe l'unica peculiarità della costituzione spartana, così accortamente costruita 26 . Come il medesimo termine basileusvale (e non potrebbe non valere) per indicare situazioni diverse, sarebbe assurdo ricondurre ai soli Dori il modello basilico, tanto più che esso si è giovato in qualche modo, ma in diversissimo contesto, del modello miceneo. Tutt'al più va notata la persistenza coerente della regalità, fino al VII secolo, in tutto il Peloponneso dorico, e fino al V nella parte indipendente di esso. Ciò è pienamente coerente con i caratteri tradizionali di. queste costituzioni: come i Dori hanno decisamente contribuito alla nascita della nuova forma istituzionale greca, la polis, essi hanno anche a lungo conservato quelle forme politiche che all'origine erano un apporto nuovo, originale, carico di una sua storica vitalità, ma che col tempo diventano èonservazione. Ad Atene la basilefaereditaria e vitalizia è seguita, secondo la tradizione storica, dall'arcontato (prima forse arcontato a Vita, ma non più carica ereditaria, poi arcontato decennale, quindi magistratura annuale) 27 . Anche qui modelli micenei e insieme nuove realtà co26

H6moios (simile, pari) è concetto più pertinente a un'aristocrazia ristretta, isos (uguale, equo) si adatta· di più a un regime ugualitario di tipo democratico; e tuttavia della is6tes potevano darsi, e storicamente si diedero, le più diverse versioni. Basti pensare alla distinzione tra uguaglianza aritmetica (numerica, democratica) e geometrica (o secondo il merito), che percorre tanta parte del pensiero moderato (almeno dalN sec, a.C., ma certo con precedenti): cfr, F.D. Harvey, TwoKindsoJEquality, in «C&M» 26, 1965, pp. 101 sgg., su Aristotele, PoliticaIV 1301b-1302a; Plutarco, Solone 14, 4; Moralia484b ecc. (cfr. ,b,d. 27, 1966, pp. 99 sgg.). 27 Due momenti importanti di riflessione sulla storicità della tradizione attidografica (particolare oggetto delle opere di G. De Sanctis, Atthis: storia della repubblica ateniese, Torino 19122 , e F, Jacoby, Atthis: the loca! chronicles o/ Ancient

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munitarie (si pensi solo all'organizzazione delle quattro phylaf [= tribù] e ai rispettivi phylobasilefs)possono aver favorito il formarsi di un'aristocrazia a guida basilica, e il suo perdurare per circa quattro secoli. Le basilefaietniche, o nazionali, di Macedonia o d'Epiro sono simili per l'aspetto monarchico, ma diverse perché assai meno imbrigliate in un contesto aristocratico; qui l'aristocrazia è più di tipo iliadico(piccoli capi attorno al grande capo) che non odissiaco (l'aristocrazia come gruppo sociale, ma anche come consesso che esprime, circonda, controlla costantemente ilprimus interpares). Elementi di confusione possono sorgere da una affrettata considerazione delle basilefaidelle città ioniche. Molto poco dimostra invero l'esistenza epigrafica di un basileusdegli Ioni in età romana: già la connessione del titolo con il nome di un éthnos,in un contesto che invece è di città, è di per sé sospetta; si tratta di una funzione sacrale e semmai di una finzione storica28 , La stessa complessità della migrazione ionica scoraggia dal pensare a un re degli Ioni che abbia ereditato la posizione del ghénosche si era richiamato a un mitico conquistatore. Diverso è il discorso per le singole città ioniche: a Mileto la tradizione ricorda una famiglia di re discendenti da Neleo, i Nelidi; ad Efeso la più nobile famiglia si chiama dei Basilidi, ed è un nome parlante; nel VII secolo a Focea regnavano dei Codridi; ed epigraficamente (ma le funzioni possono essere le più diverse) basileissono at1

Athens, Oxford 1949), in C. Hignett,A History o/ the Athenian Constitution to the end of the Fzfth Century B.C., Oxford 1952, pp. 38-46 (contro la storicità dell'arcontato decennale e dello stesso arcontato a vita, per l'anteriorità dell'arcontato rispetto alla polemarchia, e per l'istituzione dell'arcontato annuale già nella seconda metà dell'VIII sec. a.C.); P. Carlier, op. cit., pp. 359-372 (per la distribuzione del vecchio potere regale, già a metà dell'VIII sec., tra arconte, polemarco e re, e per l'ulteriore definizione dei poteri con la creazione dell'arconte annuale nel 683/2 della tradizione: posizione accettabile, a patto c.omunque di non concentrare tutti i fatti evolutivi intorno alla metà dell'VIII secolo·, che è solo il punto di arrivo di un lungo processo, caratterizzato da un'integrazione di vecchia data della somma magistratura - basileiao arcontato che sia- all'aristocrazia cittadina). Dell'op. cit. di De Sanctis si veda anche la nuova ed., Firenze 1975 (a cura di S. Accame). 28 Sul BaOLÀE'Ùç tOOv'Icbvmv,cfr. A Momigliano, Il re degliIoni nella provincia romanadi Asia, in Atti' del III CongressoNazionaledi Studi Romani (1934), pp. 429 sgg. (==Quinto contributoalla storia degli studi classicie del mondo antico I, Roma 1975, pp, 205 sgg,); v. però anche P. Carlier, op. cit., pp. 433 e 440-443, 450-455, . per una notevole antichità della regalità panionica, ma contro la datazione, proposta da Momigliano, all'epoca stessa della migrazione ionica, anteriormente alla nascita delle singole regalità ioniche. Sulla reg'alità panionica i testi sono: Strabone, VIII C. 384 e iscrizioni di epoca romana (cfr. P. Carlier, op. cit., pp. 451 sg.).

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testati a Mileto, ad Efeso, a Teo, ad Eritree altrove, tra l'epoca classica e l'epoca ellenistica e romana 29 . Nnlla pèrò autorizza a dare un rilievo particolare alla monarchia in àmbito ionico: né l'idea di una monarchia panionica, né queste tradizioni; soprattutto nulla fa pensare che un re qui avesse più potere che altrove; al contrario, l' assenza di forti precedenti micenei, di rilevanti premesse palaziali in situ, può solo aver favorito, se ve n'era bisogno, la costituzione delle p6leis su basi aristocratiche.Il- fatto poi che di Nelidi e Basilidi regnanti si perdano presto le tracce può solo confortare l'idea di una artificiosità delle tradizioni su mitici re: si tratta, almeno in parte, di finzioni atte a stabilire una più ferma connessione con il mondo di tradizioni, di miti, di cultura delle città greche della madrepatria, come è del tutto plausibile in àmbito coloniale, in questo primo sistematico esperimento di colonizzazione movente da àmbiti cittadini, che la storia greca conosca 30 • Quindi vi saranno stati basileìscome in tutte le altre aristocrazie greche, ma probabilmente non in tutti i casi che la tradizione ammette.

9. «Ghéne»,/ràtrie, tribù Abbiamo evocato lo stretto nesso tra tribù e polis. Si pone per questa via il problema del rapporto tra la comunità politica e quelle che, nell'insieme delle città greche, figurano come sue ripartizioni o articolazioni fondamentali: le tribù appunto, o phylai, le fràtrie, i ghéne. Come giustamente osservava De Sanctis, ci sono al fondo due modi diversi di concepire il rapporto dinamico tra le fràtrie, i ghéne e le tribù da un lato, e lo Stato dall'altro: o una specie di moto ascensionale dalle entità più piccole (mettiamo, le fràtrie) verso la più grande, attraverso una progressiva aggregazione, o invece un processo di articolazioneche si svolga all'interno dello Stato e per l'azione promotrice di esso. De Sanctis optava per la seconda via. Vanno fatte però almeno due osservazioni sulla sua impostazione. Da un lato essa si fondava su un dominio dell'idea di Stato, che è categoria da usare solo in 29 Per le notizie sui re di singole città ioniche {Mileto, Efeso, Teo, Eritre, Focea, Colofone, Miunte, Chio, Smirne, Samo), cfr. R. Drews, Basileus. The Evidencefor Kingship in GeometrieGreece,New Haven-London 198.3,pp. 10-29; P. Carlier, op. cit.,pp. 4.31-456(fra le varie fonti, importante l'excursus sulla storia della Ionia nel libro VII, capp. 1-5, di Pausania, dedicato all'Acaia). 30 SuEttore di Chio, Pausania, VII 4, 9 sg. e, inpart.,R Drews, op. cit.,pp. 20-26.

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Tav. 8 - Siti della Grecia arcaica (da A. Snodgrass, Archaic Greece.The

Age o/Experiment, pp. 16-17). un senso molto lato per il periodo miceneo e per il periodo arcaico della storia greca. Come si vedrà, la nascita dello Stato, in un senso certo molto stretto ed esigente, si può collocare io Grecia solo nel V secolo a.C. Di Stato si può a rigore parlare dal momento in cui è emerso io piena autonomia il valoredelpubblico, come sistema di istituzioni e di norme ben distinte dalprivato; e questo appartiene a una fase avanzata della storia della stessa democrazia. Prima, è molto difficile opera-

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re un taglio netto tra ciò che è sociale, cioè espressione dei gruppi dominanti e del loro modo di impostare e garantire i concreti rapporti sociali, ciò che insomma è privato (anche se un privato-familiare o gentilizio), e ciò che è pubblico, il quadro cioè entro cui il cittadino e l'individuo figurano e contano nella loro generalità, nella loro astrazione. Ma anche a voler ammettere una nozione più ampia di Stato, quali sarebbero i poteri dello Stato alla cui ombra, secondo la teoria desanctisiana, si formerebbero progressivamente i gruppi minori, esercitando le funzioni che lo Stato non saprehbe esercitare, fino a diventarne un giorno le ripartizioni? Partire dall'idea di Stato, e vedere in questa il quadro che ha permesso e favorito l'articolarsi di funzioni sociali di vario tipo, sembra perciò alquanto difficile. E un'altra osservazione è che l'impostazione del problema, come sopra presentata, si copre in realtà ampiamente con la teoria del 'moto àscensionale' e ne contiene i difetti. Sembra infatti artificiosa la concezione che pone alla base di tutto il processo un'entità come la fràtria, che non può figurare se non come una ripartizione di un'entità più vasta e che può aver avuto - giusta la definizione omerica (Iliade,II 3 62, dove sembra difficile non riconoscere nei phyla le phylai)- funzione militare: ma accanto alla tribù, cioè come sua ripartizione. Ad Atene, d'altro canto, la fràtria assolve piuttosto le funzioni del moderno registro civile; altrove (come a Locri) è certo suddivisione fondamentale della polis e svolge funzioni amministrative e finanziarie di rilievo. Cellula vitale di un tessuto più vasto, la fràtria tuttavia non si lascia agevolmente concepire come una entità autonoma: l'idea di fratellanza (artificiale) Che essa contiene serve appunto a creare nessi più stretti fra i suoi membri, come articolazione di un corpo più vasto. Eventualmente, solo la tribù potrebbe essere chiamata in causa come entità che abbia avuto una sua vita autonoma prima della nascita della polis.Sta di fatto che noi tocchiamo qui un terreno nel quale non si conseguono risultati attraverso argomentazioni di carattere filologico. È vero invece che le tribù come noi le conosciamo all'interno del mondo greco, cioè i sistemi di organizzazione tribale, di cui i tipi fondamentali sono quello dorico (le tre tribù di lliei, Dimani e Pànfili) e quello attico o ionico (Opleti, Argadei, Egicorei, Geleonti), sembrano appartenere ad epoca post-micenea 31 , Le tribù diventano parte in31 Tra l'altro, come ha mostrato G. Neumann nel convegno La transizione dal miceneo all'alto arcaismocit. a n. 22, le tavolette in Lineare B non contengono nomi composti con la radice di phylé.

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tegrante ed essenziale del]' organizzazione cittadina: è lo sviluppo della polis che potenzia le tribù, come suddivisione della comunità; esse mancano sia presso le stirpi eoliche, settentrionali o meridionali, sia presso le stirpi parlanti dialetti nord-occidentali; nello stesso àmbito ionico non sono attestate in Eubea e nelle Cicladi, tranne che a Delo, ove sono probabilmente importazione dall' Atrica; sono documenta' te invece in Ionia, con l'aggiunta almeno di Bo rei e Oinopi al quartetto attico; mancano in Beozia, tranne che ad Orcomeno. Per questi motivi De Sanctis concludeva, giustamente, che non possiamo considerare la tribù come istituzione protogreca o preetnica, e comune a tutti i Greci in tutti gli stadi delloro sviluppo. Essa potrebbe quindi aver avuto origine «in una parte circoscritta della penisola». Effettivamente, la tribù mostra in determinate città e regioni del mondo greco una vitalità e una chiarezza e specificità di funzioni che non ha altrove: e si tratta, ancora una volta, delle zone doriche. Che l'organizzazione nelle tre tribù di Illei, Dimani e Pànfili possa aver rapporto con il modo (e perciò col periodo) della conquista (ed eventualmente con la conseguente gestione del territorio) è suggerito dalla funzione militare che Tirteo attesta per Sparta; i membri delle singole tribù avanzano separatamente brandendo le loro lance. Certamente meno chiara la funzione delle tribù ad Atene: non è una soluzione quella della tradizione antica, che vi vedeva i discendenti di altrettanti eponimi, Oplete, Argade, Egicore e Geleonte (o Teleonte?); ma non è neanche facile accedere alla tesi che vi riconosce altrettante caste (guerrieri, artigiani, pastori e agrkoltori o sacerdoti)32, Ma se le funzioni delle tribù ioniche non sono chiare, una differenza è invece chiarissima, tra tribù genetiche doriche e ioniche: le prime sono ricordate con molta frequenza nei testi, le seconde (in Attica del resto soppiantate con la riforma di Clistene, nel 508/507, dalle dieci tribù territoriali) hanno un ruolo molto minore. Se a tutte queste considerazioni si aggiunge il fatto che in àmbito indoeuropeo la tribù rappresenta in generale la frazione di un terzo e che in àmbito dorico solo per effetto di sviluppi politici (ampliamento del corpo civico e inclusione nel sistema tribale di elementi nuovi e forse raccogliticci) si ha l'introduzione di una 'quarta' o anche talora un'ulteriore tribù (gli Irnàtii ad Argo, gli Egialei a Sidone, gli Sche32 Sul tema D. Roussel, Tribu et cité. Études sur les groupessociauxdans !es citfs grecquesaux époques archai'queet classique,Paris 1976, pp. 193 sgg. Polluce, VIII 109, ha suggerito a taluni un carattere distrettuale.

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liadi a Trezene, gli Etalei o gli Ecanorei a Creta) 33 , si può forse affermare che il rapporto tribù-città doriche è più stretto che altrove, e forse è proprio qui originario, ed altrove è un lato riflesso, in quel processo di riorganizzazione della vita politica greca, che segue alla crisi dei regni micenei, e in cui l'apporto dei Dori è vitale. Natural- . mente, ci riferiamo al sistema dell'organizzazione tribale, come ripartizione aritmeticamente definita della comunità, non all'idea stessa di tribù, che come tale precede qualunque forma di organizzazione cittadina, e costituisce il nucleo stesso dell'idea di popolo. C'è evidentemente un certo tasso di ipotesi nel quadro qui delineato, ma anche una maggiore plausibilità e coerenza che in altre teorie. Chi non accetta di riconoscere al sistema dorico delle tribù questa funzione produttiva e propulsiva, potrà ripiegare sull'originarietà delle tribù attiche e ioniche a carattere gentilizio, ma dovrà pur adattarsi a riconoscere che essé costituiscono a tutt'oggi un enigma storico. Le fràtrie si possono ben concepire come originaria ripartizione delle phylai,in àmbito dorico (ei poemi omerici, per quel tanto diana'. cronistico che consente loro di trasferire nel passato miceneo esperienze e istituzioni dell'alto arcaismo, ne sono conferma). Non sorprende che in àmbito attico, ove altra (e magari non originaria, ma impostata con varianti numeriche intenzionali) è la funzione delle tribù, diversa sia anche la funzione della fràtria. Come ripartizione del corpo civico, costituito su base aristocratica, è naturale che la fràtria, per struttura, carattere, culti, appaia come una cellula vitale del tessuto delle società e della cultura aristocratica. E tuttavia ben poco chiari sono i rapporti con le eterie (è stato sostenuto che queste rappresentino il nucleo di future fràtrie, ma senza sicuri argomenti) come con gli stessi ghéne,le grandi famiglie o consorterie nobiliari. Si deve concordare con De Sanctis circa il carattere artificioso e secondario dei ghéne.In quanto attribuivano a se stessi capostipiti eroici comuni e vantavano un patrimonio di memorie che li distingueva dalla geote qualunque e fra loro stessi, i ghéneappaiono propriamente comel' esito storico della stratificazione sociale presto impiantatasi all'interno dellep6leis,mache in parte avrà riprodotto e sviluppato premesse ancora tenui di età micenea. Il richiamo ad antenati mitici può anzi proprio stare a significare lo sforzo di appropriarsi il passato miceoeo, già prestoricoperi Greci di età arcaica,facendone una miticapremessa,un 33

D. Roussel, op.cit., pp. 247 sgg,

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titolo di nobiltà. Gli elementi di una società aristocratica, che nella società palaziale erano ancora presenti e compressi in forma larvale, trovano il loro sviluppo nelle nuove condizioni, integrandosi certo con altri elementi. Il carattere artificioso dei richiami consentiva inoltre una ampia diffusione della struttura delghénos;il mondo miceneo era lì come un arsenale di miti, a disposizione di chi volesse servirsene. Non c'è ragione di credere che lo sviluppo deighéne sia uniforme in tuttala Grecia. Soprattutto appare diverso il rapporto con le tribù. Dove la tribù è più vitale e determinante, è probabile che le tradizioni gentilizie si svi· luppassero all'interno di quelle filetiche: in altri termini, che i ghénefossero parti (parti eminenti) delle tribù. Dove le tribù sembrano avere un carattere più artificiale, e comunque una minore vitalità, la realtà dei ghéne sembra invece attraversare quasi con indifferenza quella delle tribù, e svolgere un ruolo maggiore dell'altra struttura (che è stato tuttavia di recente rimesso seriamente in discussione) 34 • 10. Altre realtà regionalidell'alto e medio arcaismo Abbiamo già indicato la presenza di palazzi e di costruzioni d'età micenea in Beozia (Tebe, Orcomeno, Gla) e in Tessaglia (Iolco). Nell'età arcaica avanzata, cioè nel VII e nel VI secolo, Tessaglia e Beozia (soprattutto la prima) sono regioni vitali e potenti. In Tessaglia,dopo la fine del palazzo di Iolco, sono i centri più interni a crescere d'importanza. In termini archeologici, sono le regioni delle basse magule dell'interno a prendere il sopravvento. La tradizione letteraria assegna del resto un preciso profilo etnico alle varia34 Sul ruolo del ghénos, che ridimensiona però drasticamente, v. lo studio di F. Bourriot, Recherchessur la nature du génos. Étude d'histoiresodale athénienne- périodesarchafqueet classique,2 voli., Paris-Lille 1976. Il ghénos non sembra avere il ruolo attribuitogli negli studi moderni, né in Omero né in Esiodo né in Solone, e nemmeno nella legislazione di Draconte; Clistene stesso(?) non vi avrebbe modificato nulla. Il ghénosnon sarebbe da concepire come famiglia nobile, o come clan, o come signoria; a seguito di un'attenta disamina dei testi, esso rivelerà due possibili significati fondamentali: quello di una noziope generazionale, un 'blocco' di generazioni (4 di norma), e quello, assai più rilevante, di famiglia sacerdotale. L'analisi del Bourriot è estremamente suggestiva; va osservato comunque che la rarità di menzioni del ghénos che facciano pensare .a famiglie aristocratiche può avere una sua spiegazione nel fatto che, dopo tutto, le famiglie aristocratiche, proprio perché tali, erano rare; e che la capacità di ricordare e ricostruire l'albero genealogico è una caratteristica prevalentemente aristocratica. Nel testo ho presente essenziahnente l'opinione corrente sul ghénos come struttura portante dell'aristocrazia greca.

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zioni verificabili in Tessaglia: la parte sud-occidentale (Tessaliotide), con centro in Kierion (Arne), un tempo occupata dai Beoti, è abbandonata da questi, che si trasferiscono più a sud, nella futura Beozia, e cade sotto il controllo dei Tessali, un popolo quanto meno imparentato coi Dori. Storicamente la Tessaglia appare divisa in quattro grandi regioni: a ovest l'Istieotide (con i centri di Tricca e Gomphoi, più a nord, lungo il corso superiore delPeneo), ela Tessaliotide, un po' più a sud; a est si trova la Pelasgiotide, che è l'area della maggiore densità e continuità degli insediamenti, anche per la forte prevalenza di pianure e la particolare fertilità del suolo (con i centri di Larissa, Crannone e Fere); a sud la Ftiotide (con Farsàlo). In età arcaica avanzata Larissa figura come sede della aristocratica gente degli Alevadi (al mitico Aleva il Rosso, ho Pyrrh6s, è attribuita dalla tradizione l'organizzazione della Tessagliain quattro tetrarchie o tetradi); Crannone è dominio degli Scopadi, Farsàlo degli Echecratidi; Fere sarà in età classica sede di una intraprendente tirannide, che tornerà a dare ali'area gravitante sul golfo Pagaseo un ruolo-guida nella regione". Nei secoli dell'alto arcaismo deve porsi un processo di organizzazione del territorio che comporta lo sviluppo di una grande proprietà terriera, e perciò la formazione di saldissimi poteri aristocratici e, corrispondentemente, di un cospicuo strato di servitù rurale, quello dei cosiddetti penesti. I signori della terra sono anche signori della guerra; la loro arma, in piena aderenza alle caratteristiche naturali e alle potenzialità economiche della regione, è la cavalleria, che è però anche un'espressione della forma politica dominante. Tutt'intorno alle quattro aree tessaliche si dispongono i perieci (= quelli che abitano intorno), qui (come in Laconia) non servi, ma soggetti atributo e a obblighi militari (i Magneti nella zona montagnosa dell'Os35 Sullo sviluppo tardivo (verificabile solo dal V secolo a.C.) della vita cittadina in Tessaglia dal punto di vista urbanistico, cfr. M. Sordi, La legatessalafino adAles~ sandroMagno,Roma 1958, pp. 313-343. Larissaha dato pochi resti per l'epoca preistorica, ma ceramica neolitica e micénea garantiscono un insediamento precoce. Resti a carattere monumentale di impronta (anche se non forse di epoca) micenea sono però finora reperibili, nella zona, solo a Marmariani ai piedi dell'Ossa, dominante la piana di Larissa (sei tombe a th6los):cfr. N ,G.L. Hammond-G. T, Griffith, A History o/Macedonia I, Oxford 1972, pp. 401-403 (si suggerisce una cronologia dalsubmiceneo al VI secolo, per la durata in vita del gruppo di tombe). Dunque, anche nella Tessaglia centrale si verifica una dislocazione da Marmariani allapiena pianura, nel corso dell'età arcaica: nell'VIII secolo il processo è già compiuto, Larissa si avvia a diventare un centro, comparabile con quelli dorici succeduti ai siti micenei, in un rapporto completamente rinnovato con la pianura coltivabile.

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sa e del Pelio, a est; i Perrebi, a nord, alle pendici meridionali dei monti Cambuni e dell'Olimpo; i Dolopi nella zona del Timfresto; gli Achei Ftioti in quella dell'Othrys; Eniani e Malii nella zona del monte Eta). Le fonti nominano talora un basileus dei Tessali, forse da identificare con la funzione di comandante generale in guerra, più tardi (V-IV secolo) collegata col nome del tag6s (o anche drchon): una funzione che in un certo periodo potrà essere stata vitalizia, ma non è necessariamente ereditaria fin dall'inizio della sua storia 36 • I;assetto di età arcaica, dal punto di vista politico, economico, territoriale, richiama, pur con qualche differenza, la Laconia. Le diffe. renze sono nell'assenza di un centro cittadino rigorosamente egemo-

ne (Larissa sembra aver avuto, forse dopo prodromi da attribuire alla Tessaliotide, una funzione certo di guida, ma non equiparabile a quella di Sparta), e nella lentezza dello sviluppo urbano; la posizione dei perieci,già per la conformazione del territorio e la relativa libertà che conferisce loro la struttura montuosa dei distretti che abitano, è di maggiore autonomia complessiva, e di conservazione di una propria identità etnica. Inoltre è da considerare che i Tessali, se davvero erano Dori, non riuscirono però a imporre il loro dialetto, che in età storica, in Tessaglia, è l'eolico; segno, se ci fu immigrazione, del fatto che la popolazione preesistente rimase sul luogo in quantità cospicua37 . Assai poco vale un argomento che in genere si cita, per definire la cronologia dei processi di unificazione della Tessaglia, quello cioè che il Catalogodelle navi del II libro dell'Ilù,denon conoscà Tessali né Tessaglia. Questa è solo un'altra prova, se ce ne fosse bisogno, del voluto anacronismodel Catalogodelle navi che, redatto forse intorno al 600 a.C., deve illustrare una situazione greca di epoca micenea che non conosce i Dori. Il fatto che il Catalogociti l'eroe Tessalo, e non i Tessali o la Tessaglia, è prova sicura dell'intenzionalità del silenzio 38 : perché nessuno vorrà credere che Tessalo sia altro che un eponimo dei Tessali e perciò una loro ipostasi, che del popolo, e della regione da esso denominata, presuppone l'esistenza. Del tutto analogo il caso di Tlepolemo e delle tre tribù di Rodi, notizie che presuppongono tutte!' organizzazione dorica dell'isola, senza che i Dori siano menzionati. 36 Sul basileUse il tag6s(arch6s,drchon,heghem6necc,) in Tessaglia,cfr,M. Sordi, op. cit., pp. 334-340 (primadel 457 ricorreil nome del basileUs,benchésolo in fonti letterarie);P. Carlier,op. cit., pp. 412-417. 37 Cfr. n. 18. 38 Nel II libro dell'Iliadel'associazioneLarissa-Pelasgiè confinata, in maniera

elusiva,in Asia mino~e (vv. 840.sg.).

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Come la Tessaglia non conosce grandi sviluppi urbani prima del V secolo, così non conosce quelle forme di vita e organizzazione collettiva che sono proprie di Sparta: il privato delle grandi famiglie aristocratiche (almeno nei riflessi della poesia di V1 e di V secolo, da Si· monide a Pindaro) qui appare assolutamente dominante"; la comunità politica appare poco più che l'espressione della stessa società aristocratica (un livello comparabile con quello dell'oligarchia dei Bacchiadi quale sussiste a Corinto fino a metà dell'V1II e, con alcune varianti, fino a metà del VII secolo a.C.). Notevole dovette esservi il ruolo militare e sociale della cavalleria. Rispetto al territorio occupato dai Tessali e dai loro perieci rivela una considerevole .centralità la zona di Antela, una vasta area pianeggiante (intorno alla piccola altura) poco oltre le Termopile, presso il golfo Maliaco. In età arcaica avanzata e in età classica qui conosciamo l'esistenza di un santuario di Demetra, detta Anfizionide, perché Antela è allora uno dei centri (probabilmente il centro originario in assoluto) dell' Anfizionia delfica. Molto spesso negli studi si attribuisce il nome di anfizionia a qualunque lega sacra: occorre fare più conto sul significato letterale del termine (amphiktyonessono i «circonvicini») e sul suo uso nelle fonti, per un numero piuttosto limitato di casi (Delfi, le isole di Del o e Calauria, la beotica Onchesto). Alla situazione tessalica e peritessalica il nome si attaglia benissimo e descrive il gravitare di diversi distretti e popoli intorno a un unico centro. La storia della Beozia, di quella che in età arcaica avanzata è ormai una nozione latamente unitaria (benché pur sempre attraversata da antinomie di fondo), dovrà concepirsi alquanto diversificata nei secoli dell'alto arcaismo. Un certo declino dovette conoscere Tebe, sede di un palazzo di cui sono stari trovati cospicui resti, al centro della regione 40 • Questo vale anche per Orcomeno, la sua storica rivale, sede dei mitici Minii, della cui grandezza in epoca micenea stette a testimoniare in tutti i tempi, certo ai tempi di Pausania, la grandiosa tholos,che Pausania definisce «tesoro», e che si confronta agevolmente con il miceneo «tesoro di Atreo» 41 . Come la fase del 39 Su questotipo cliproblemi,e il rapportocliSimonidee cli Pindarocon i valorie gli interessidei personaggidell'aristocrazia, e però anche dellacomunitàaristocratica, v. ad es. B. Gentili,Poesiae pubblt'conellaGreciaantica,Roma-Bari1984, pp. 83-99. 4 °Cfr., sul tema degli edifici ditipo palaziale a Tebe (e sulle differenze,allo stato dei trovamenti,da un'evidenzaarcheologicacome quella di Pilo o Micene o Tirinto), V. Aravantinos,ne Le origini dei Greci cit., pp. 349-357. 41 Pausania,IX 36, 4-5 {sul thesaur6sdi Orcomeno).

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trapasso dall'età micenea all'alto arcaismo potesse portare distruzione e definitivi declini, lo mostra d'altra parte la fine del palazzo di Gla, a nord di Tebe. Fatti naturali, come l'elevazione del livello delle acque del lago Copaide, poterono provocare la fine di Gla, e il declino di Orcomeno, quest'ultima però destinata a riassumere un ruolo significativo in età arcaica, all'interno della lega beotica. La storia di Tebe nel periodo del!' alto arcaismo è tuttavia anche quella della ricostituzione del suo ruolo egemone nella regione. I trovamenti archeologici d'epoca protogeometrica e geometrica, di grande significato nella zona di Tebe, di Acrefie (o Acrefnio), di Tanagra, dimostrano la vitalità del!' area e descrivono anche un vasto distretto che già si va coordinando intorno a Tebe 42 • Nella Beozia sud-occidentale (Platea e Tespie) permangono peraltro spinte autonomiste o separatiste, motivate sia da rapporti con aree geografiche e culturali esterne alla Beozia, come l'Attica, sia dalla configurazione e dal ruolo particolare del territorio stesso, su cui insiste un determinato centro (si pensi all'importanza, nella storia di Tespie, dell'Elicona e del-culto delle Muse che vi fiorisce). Già nell'alto arcaismo si configura perciò in Beozia tutta la dinamica della sua storia, nelle sue rivalità e nei suoi antagonismi, nelle tensioni unitarie che la percorrono, nella maggiore capacità di Tebe di assicurarsi una posizione egemone, negli esiti di compromesso che le forme dell' organizzazione federale (a noi ben note per il periodo 447-386 a.C.) do.po tutto rispecchiano (pur nel quadro di un predominio tebano). A Calcide d'Eubea in età arcaica si conosce una forma di società aristocratica a caratterizzazione equestre (hippob6tai,«allevatori di cavalli»), che si ispira anche nei comportamenti militari a regole 'cavalleresche', disdegnando l'uso delle armi da getto e preferendo il rischio diretto della spada (Archiloco, fr. 3 Diehl). L'Eubea si rivela come un ambiente di grande interesse storico, per la lunga persistenza di forme politiche di tipo arcaico (le strutture equestri ci sembrano però identificare, nella storia politica greca, più un tipo di regime che non una fase assolutamente distinta, come mostra anche la loro lunga sopravvivenza). L'interesse è determinato anche dalle sco42 Sul tema, cfr. i vari scritti di A Andreiomenou, in «ASAA»59, 1981, pp. 251 sgg.; in «Arch. Ephemeris» 1985, pp. 57 sgg.; in Praktikd del II Synhédrion KorinthiakOnErevnéin,Loutraki 1984, Athenai 1986, pp. 93 sgg.; sulla ceramica di Calcide negli stessi periodi (protogeometrico e geometrico), in «BCH» 108, 1984, pp. 37 sgg.; in Phfli'a épe,«Bibl. Arch. Hetaireias» 103, pp. 71 sgg., e altrove.

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Tav. 96 - Calcolo dell'aumento della popolazione di: (I) Atene, (II) Argolide e (III) campagna attica, ca. 950-700 a.C. (punti come nella fig, precedente, ma date e durate dei periodi diversi ad Argo; cronologia argiva secondo F. Courbin,LaCéramique géométriquedel'Argolide, 1966) (ibidem). Abbreviazioni: G = Geometrico; PG Geometrico Antico 1 Medio! Tardo.

= Protogeometrico;

GA, GM, GT

=

100

Storiagreca

perte archeologiche nel sito di Lefkandi (presso Eretria), che si esaurisce circa alla fine del IX secolo, quando emerge la polis di Eretria; ed è accentuato dal ruolo avuto da Calcide, e per un certo tempo anche da Eretria, nella colonizzazione di età arcaica (v. cap. II) 43 . Nelle regioni del mondo greco, per le quali non è documentabile né letterariamente né archeologicamente una forma di potere palaziale, o per cui la tradizione non ammette movimenti di popoli o trasformazioni delle condizioni e delle forme del potere, cioè nelle regioni per le quali non è possibile segnare un taglio netto tra età micenea ed alto arcaismo, non è né facile né possibile descrivere, anche solo per ipotesi, le condizioni dei secoli oscuri. Scarseggiano le stesse testimonianze letterarie: e proprio questo dovrebbe mettere in guardia contro quelle concezioni che rappresentano il passaggio dalepoca micenea ali' epoca arcaica come un fenomeno tutto endoge~ no, di un lento estinguersi e rinascere a nuova vita, Qualcosa di più sappiamo, o crediamo di sapere, a proposito di regioni coinvolte nei processi di riassetto del popolamento e dell'insediamento, come, in primo luogo, è delle regioni non doriche del Peloponneso. I:Elide deve aver conosciuto forme di organizzazione territoriale, che non vanno al di là di una rudimentale sintassi: non si può parlare di nascita di veri centri urbani; esistono forme di dispersione e perciò di autonomia dei centri della campagna; questa stessa immaturità del processo di formazione della città lascia in compenso spazio per lo sviluppo di aree sacre di largo (e presto panellenico) richiamo, come quella di Olimpia 44 . In Arcadiasi conserva a lungo, fino almeno all'VIII secolo, la forma basilica: anche qui, come per la Tessaglia, è da chiedersi se la funzione del basileusnon sia espressione di una struttura latamente federativa, una funzione che diventa attiva soprattutto in caso di guerra 45 •

r

43 Le Muse di Esiodo sono al tempo stesso dell'Elicona (Teogonia, vv. 1, 7), dell'Olimpo (25, 37, 51 sg.) e della Pieria (53; cfr, Opere, v. 1 ecc.): segno chiaro di quella profondà osmosi e koiné cultuale e culturale che assai per tempo si determina tra le regioni-centro-orientali dell'Ellade, lungo quel fianco orientale, che già in epoca.micenea è caratterizzato da una terta circolazione di materiale ceramico (su cui cfr. N.G.L. Hammond-G.T. Griffith, op. cit., I, pp. 123-211; 277-370). 44 Sul sinecismo dell'Elide,cfr.M. Moggi,I sinecismiinterstatali, Pisa 1976,pp. 157 sgg. 45 Sulla lista dei basileisarcadi data da Pausania, VIII 5, da Pelasgo ad Aipytos e daCipselo adAristocrate, cfr.R Drews, op.cit.,pp. 71-74;P, Carlier, op,dt.,pp. 405407 (in favore della storicità di una basi/eianazionale arcadica nei secc. VIII-VII).

L Preùtorid e protostoriagreca.Civiltà micenea.Alto arcaismo

101

NOTE INTEGRATIVEE BIBLIOGRAFIA

a) Alcuni nessi cronologici tra Oriente e mondo egeo La cronologia egiziana fu assunta da A.]. Evans come base per la definizione della cronologia cretese, dati i rapporti tra le due regioni, documentati arcbeologicamente, e definibili (non senza problemi ed incertezze) sul versante egiziano. Vasi di pietra egiziani della III dinastia trovati a Creta, datano (secondo la cronologia di F. Matz) l'Antico Minoico dal 2600 al 2000; vasi minoici dello 'stile di Kamares' ritrovati in Egitto, e databili stratigraficamente alla XII dinastia, daterebbero a loro volta lo stile di Kamares, e il Medio Minoico II cui esso appartiene, circa il 1800 a.C.; gli Hyksos, che dominano l'Egitto tra il 1675 e il 1590 circa, lasciano una traccia nelle rovine del più antico palazzo di Cnosso, e perciò ne datano la fine circa al XVII secolo. Ma un cilindro babilonese del regno di Hammurabi (ora datato circa il 1728-1686 e non più nel XX sec. a.C.) o di poco anteriore, ritrovato in una tomba cretese (Platanos) dell'inizio del Medio Minoico I, insieme con scarabei egiziani non anteriori alla XII dinastia, sembrano suggerire (a D. Levi e altri) un abbassamento dell'inizio del Medio Minoico I (tra il 1991 e il 1778 = XII dinastia: ca. 1850), e via via, attraverso vari passaggi, quello dell'inizio del Minoico Antico (prepalaziale) al 2000 (Evans lo faceva di durata lunghissima: 3400-2100). Rapporti sono ancora ricavabili da pitture egiziane (tomba di Relmmireh) del XV secolo, che rappresentano i Kephthiu,abitanti di Creta, menzionati per un secolo; vengono meno dopo il 1370, quando una cronologia o.J;maiaccreditata pone la fine dei secondi palazzi cretesi. Nello stesso periodo, e fino al XIII secolo, accanto a Creta i testi egiziani menzionano gli abitanti delle 16, 4-6; la eikosté (vicesima,5%), in Tucidide, Vl54, 5; cfr. P.J. Rhodes, op.cit., p. 215,

241

III. Sviluppipolitici del VI secolo

Cipselo (tiranno di Corinto)

I

figlia sp, Agamestore

I

Cipselo

X

sp.

I

figlia

Milziade il Vecchio

sp.

Stesagora

Cimane Caalema

Stesagara

Milziade II sp. Egesippe sp. Àteniese

Metioco

Elpinice

I

Cimane

Tav. 32 -IFilaidi (secondoH. Berve,Die Tyrannisbei den Griechen,p. 759). guardo alle isole dell'Egeo centro-meridionale non si può dire che egli pratichi una vera politica espansionistica: il consolidamento dell'influenza ateniese a Delo e i bnoni rapporti stretti col tiranno di Samo, Policrate, corrispondono piuttosto a una ricerca di prestigio, di influenza, di solidarietà. Diverso è il discorso per l'Egeo nord-orientale e l'area degli Stretti tra Asia minore ed Europa. Nel Chersoneso tracico si insediò Milziade (I), figlio di un Cipselo, della famiglia dei Filaidi. Inoltre, nella Troade, Pisistrato riconquistò (questo è il senso inequivocabile della tradizione) la posizione di Sigeo, strappandola definitivamente ai Mitilenesi, a cui già precedentemente gli Ateniesi l'avevano sottratta, ottenendone il titolo di proprietà una prima volta per l'arbitrato di Periandro, tra la fine del VII e l'inizio del VI secolo: ed è qui che Pisistrato impianterà un dominio personale e familiare 15 . Dice i rapporti propri alla società ateniese del tempo, il fatto che nello stesso Chersoneso tracico si impiantasse un dominio personale e familiare di Milziade (I): a lui successero i nipoti, figli del fratello Cimane, cioè Stesagora e Milziade (II, il futuro vincitore di Maratona). Milziade perdette per qualche tempo il controllo del sno dominio per effetto di incursioni scitiche avvenute al tempo della spedizione di Dario in quelle regioni. 15

Erodoto, V 94-95, sulla guerradel Sigeo.

Storia greca

242

A Milziade II spetta d'altra parte il merito della colonizzazione, avvenuta dopo la spedizionescitica di Dario (513 a.C.), delle isole diLemno e di Imbro, che divennero poi sede di cleruchi ateniesi (la terza isola destinata a diventare cleruchia, e che completa il corridoio tra Tessaglia meridionale, o Grecia centrale in genere, e l'Ellesponto è Sciro, che sarà acquisita da Cimane circa il 475 a.C.). Il Chersoneso, Lemno e Imbro andarono perduti temporaneamente per Atene dopo l'insurrezione ionica; dopo le guerre persiane, Atene riacquisterà questi possedimenti che, a questo punto, ein modo conforme al clima politico del V secolo, saranno veri domìni della polis,non possedimenti personali 16,Ma nella loro storia si scorge un pezzo di storia di una famiglia. La tirannide arcaica non corrisponde dunque del tutto alla definizione che ne diede Burckhardt, come 'malattia mortale' dell'aristocrazia17: malattia fu certo, perché regime nato da crisi e conflitti, e destinato a creare traumi, ma dopo tutto e nonostante tutto, malattia 'vitale', perché ne nacquero comunità politiche diverse da quelle dell'epoca pretirannica, e vitali, sia di tipo democratico, sia di stampo aristocratico ma più temperato che per l'epoca antecedente. Naturalmente non si può prescindere dallo sviluppo artigianale e commerciale che l'archeologia dimostra per l'epoca di Pisistrato, e lo sviluppo monetario conferma, e che trova espressione anche nella politica di acquisizione di teste di ponte per i rifornimenti e i traffici di Atene in Troade (Sigeo) e, in un rapporto non del tutto chiaro con la volontà politica dei tiranni, anche nel Chersoneso tracico e a Lemno (mi riferisco ai possedimenti dei Filaidi), Come, dal punto di vista economico, lo sviluppo artigianale e mercantile di Atene non esclude una chiaramente documentata politica per uno sviluppo della piccola proprietà terriera, così sarebbe, per converso, impossibile ridurre la politica di Pisistrato (come anche di altri tiranni dell' epoca) a un'affermazione pura e semplice dei diritti della popolazione della campagna contro quelli della popolazione urbana. La creazione dei 'giudici itineranti' per i demo i dice l'attenzione di Pisistrato alla campagna (né in Attita alcun potere avrebbe avuto altrimenti una qualche possibilità di successo), ma la creazione delle grandi Dionisie cittadine significa che Pisistrato mirava in generale a un coagulo degli interessi della campagna e dell'dsty, a.un rafforzamento dei momenti di unificazione della città nella sua interezza. Che 1

16

Cfr. Erodoto, VI 34-41 e 136-140. V. anche Bibli'ograf,:a.

17

Storia della civiltà greca (trad. it.) I, Firenze 1974, p. 213.

243

IIL Sviluj;pipolitici del VI secolo km' Sicione Fliunte Corinto Argo con Cleone Epidauro Trezene con Calauria

360 180 880 1.405 545 340

km' Ermione cori Halieis Egina Megalopoli Mantinea Tegea Orcomeno

375 100 1.520 275 370 190

Tav. 33 - Stima della superficie del territorio di alcune città del Peloponneso (da Beloch, La popolazione del mondo greco-romano,p. 152). quindi il culto di Dioniso abbia radici nella campagna è innegabile, ma proprio l'istituzione delle feste Dionisie cittadine significa l'intento di Pisistrato di cementare l'unità della polis,pur su una base di religiosità e cultura agraria 18 . Nel VI secolo assistiamo anche al definirsi di un ruolo egemonico diSpartanelPeloponneso. Stando ai dati della tradizione, che non v'è ragione di alterare nelle loro linee essenziali, a parte dati sporadici i conflitti con i Messenii precedono il confronto con le altre realtà etniche e politiche della penisola. E come le guerre spartano-messeniche costituiscono il naturale seguito espansionistico dell' assestamento del dominio spartano in Laconia, così i conflitti successivi mettono Sparta a confronto con la composita realtà cantonale della montuosa regione dell'Arcadia, oltre che con un dominio di Argo, che è del tutto probabile (anche qui, secondo uno sviluppo naturale) abbia raggiunto dimensioni ragguardevoli lungo tutto il fianco orientale del Peloponneso. Per Erodoto (156, 2) all'epoca di Creso di Lidia (560-546) si è già costituito quel bipolarismo egemonico Atene-Sparta, che poi non farà che accentuarsi. Ma il ruolo egemone Sparta se l'è guadagnato all'interno del Peloponneso con varie guerre (Erodoto, I 65, 1), di cui quella in più fasi contro l'arcadica Tegea è anche la guerra raccontata con più dovizia di particolari (I 65-68). È ben possibile che, già all'inizio del VII secolo a.C., il dominio di Argo avesse l'estensione che gli attribuisce Beloch 19 : le località 18 Sull'insufficienza di Ùna concezione plebea ed esclusivamente rurale del culto di Dioniso, cfr. A. Privitera, Dioniso in Omero e nella poesidgrecaarcaica,Roma 1970; D. Musti, Le lamine orfichee la religiositàd'area locrese,in «QUCC» n.s. 16, 1984, pp. 61 sgg., in part. 76-78. "GG' I 1, pp. 204 sg.

Storia greca

244

della piana argolica, e in genere l' Argolide in senso stretto e la più orientale Akte, inoltre i piccoli centri montani al confine arcadico (Ornee, Lircea, Isie, dove gli Spartani subivano una dura sconfitta da parte degli Argivi nel 669/668, secondo la tradizione, giusto alla fine della II guerra messenica), poi, sulla costa occidentale del golfo Argolico (lungo il fianco orientale del Peloponneso), Zarax, Prasie (alle cui spalle, e sul versante orientale del Parnone, che delimita ad est la Laconia, si estende la Cinuria), forse Tirea e la sua regione (Tireatide), a ridosso del confine meridionale dell' Argolide. Il conflitto di Sparta con Argo sembra essere stato di lunga durata, se si pensa a due termini alquanto evidenti che ne delimitano lo svolgimento tra il periodo delle guerre messeniche e l'età delle guerre persiane: la battaglia di Isie, nel 669/668, e la vittoria di Sparta (sotto Cleomene I), nel 494 circa a Sepeia (presso Tirinto), non priva di episodi di ferocia da parte spartana (Argivi bruciati in un bosco sacro) ed eroici da parte argiva (difesa della città, sguarnita di uomini, ad opera di donne e servi, forse con abbellimenti della tradizione storica tarda). Intermedio fra le due date uno scontro fra corpi scelti (di 300 uomini) spartani e argivi, risoltosi poi, secondo la leggenda, in un eroico duello, in cui emergerebbe la figura dello spartano Otriada; dalla disputa sulla pertinenza della vittoria seguirebbe un'altra battaglia e la sconfitta (presso Parparo) degli Argivi, che allora perderebbero la stessa Tireatide, già alle porte dell' Argolide. La data di questa guerra spartano-argiva di VI secolo non è facile da determinare; v'è chi la colloca in un intervallo tra due fasi di conflitto tra Sparta e Tegea, chi solo più tardi (circa 550 o 540-535 rispettivamente) 20 . Certo è che tra VII e VI secolo, cioè tra Isie e Parparo, la pressione di Sparta su Argo si fa sentire sempre più forte e da vicino. Il contrasto con gli Arcadi aveva già avuto una manifestazione nella II guerra messenica, quando i Messenii avevano avuto l'aiuto, poi rivelatosi infido, del re arcadico di Orcomeno, Aristocrate. La crisi della regalltà arcadica di Orcomeno, che sembra cosa fatta nella prima metà del VI secolo, potrebbe aver avuto come conseguenza (non dimostrabile con le fonti) l'accodarsi di Orcomeno, Mantinea e della maggior parte delle città d'Arcadia a Sparta21 • Forse però il resto dell'Arcadia, con i suoi distretti montuosi, era una preda poco appetibile o, se ap2

°Cfr. L. Moretti, Ricerchesulle leghegrechecit. pp. 27 sgg, 1

Così Beloch, GG2 I 1, p. 385; v. anche, sul tema, in part. G.L. Huxley, cit. al cap. II n: 13. 21

III. Sviluppipoliticidel VI secolo

245

petita, difficile: più desiderabile per gli Spartani la piana di Tegea, più pericoloso il dominio di questa sulla Sciritide, che poteva costituire una minaccia sull'alta valle dell'Eurota. La guerra di VI secolo contro Tegea passa per almeno due fasi, stando ad Erodoto (I 65-68): una, al tempo del re spartano Leone, l'altra al tempo del suo successore Anassandrida 22 . Questo rapido profilo della storia spartana del VI secolo (nel quale va collocata anche la guerra condotta in aiuto degli Elei contro i Pisati per il controllo della Pisatide, e perciò del santuario di Olimpia, che si volse storicamente a vantaggio di Sparta, di cui gli Elei diventavano i fidi alleati, mentre conquistavano per sé la montuosa Acrorea al confine con l'Arcadia, e la Trifilia tra Pisatide e Messenia) ha il fine di delineare il contesto per la formazione della Lega peloponnesiaca («gli Spartani e i loro alleati [symmachoz]»). Di essa, la prima attestazione sicura (riunione del sinedrio della Lega) è del 506 a.C. (Erodoto, V 91-93, cfr. 74-76?); ma si ritiene ragionevolmente che il 524 (anno dell'intervento di Sparta a fianco dei Corinzi contro Policrate tiranno di Samo) rappresenti un terminus ante quem 23 • Più difficile individuare il terminus post quem o a quo: si è pensato al 560 circa (Wade-Gery) o al 535-524 (Moretti). La Lega presenta un rapporto egemonico lasso; qui vige il principio dell'autonomia: niente tributi, o tributi fissi, niente guarnigioni spartane nelle città alleate; rappresentanza dei membri nel sinedrio federale; decisioni a maggioranza. Proprio per questo la ricerca dei suoi precisi inizi è difficile e forse poco opportuna, poiché in definitiva la Lega è da considerarsi nata sul terreno delle intese di fatto e gradualmente crescenti. La ricerca di una data precisa per la nascita di un organismo che ai suoi inizi si pone come un coordinamento di /atto,. in graduale sviluppo, tra città che conservano, pur intorno alla guida spartana, un ruolo notevole, sembra rispondere a un formalismo· eccessivo, sempre difficile da soddisfare nell'àmbito della storia greca, e in modo particolarissimo in un contesto in cui i rapporti non sono di puro dominio. Insomma, quello della nascita della Lega non è un problema distinto da quello degli effettivi risultati, diretti e però_.. anche indiretti, delle guerre spartane di VI secolo; e in senso lato la 22 Cronologie di questi re spartani: per Erodoto, Leone 600-560 e Anassandrida 560-520 a.C.; cfr. però Moretti, op. cit., pp. 20 sg., 570-545 e 545-520 rispetti-

vamente, con cronologia ribassista. 23 Cfr. G. De Sanctis, Storiadei Greci I, p. 574;

L. Moretti, op. cit., pp, 77 sgg.

246

Storiagreca

metà del secolo è un contesto cronologico adeguato. Si saranno accostate a Sparta non solo le città dell'Arcadia o del Peloponneso sud' orientale, ma anche quelle dell' Akte argolica, come Ermione, Epidauro, insofferenti del predominio argolico, inoltre Egina, Corinto, ecc.24 • Qui Sparta sperimentava imo strumento di difesa, hen diverso dal dominio ferreo esercitato in Messenia; per questo, l'invasione dell'Attica, dovuta a iniziativa spartana, poteva avvenire anche in presenza di un organismo federale già esistente, che per l'occasione niente però imponeva o raccomandava di convocare e utilizzare. Si profila dunque una forma particolare della politica estera greca, in questa politica spartana.

J. La tirannide dei Pisistratidi.La politica estera di Sparta Nel 528/527 a Pisistrato succedono i figli, che Aristotele (Cosi. degli Aten. 17, 3-4) conosce in numero di quattro: Ippia e Ipparco, nati dalla moglie legittima, e-Iofonte ed Egesistrato (detto Tessalo), dalla coniuge argiva, Timonassa figlia di Gorgilo, già moglie di un Cipselide (Archino di Ambracia). Il contesto di parentele è appunto quello che ci si aspetta per un tiranno, ma è da sottolineare lo stretto rapporto con Argo, che sarà non ultima fra le cause del!'ostilità di Sparta verso la discendenza di Pisistrato al potere ad Atene (Aristotele, Cosi. degliAten. 19, 4). Il potere formale è nelle mani.del maggiore dei figli, Ippia, politico migliore degli altri. Ipparco è l'intellettuale della famiglia, che pratica un mecenatismo verso i poeti (Anacreonte, Simonide ed altri ancora), che dà luogo al fenomeno di una poesia

di corte, o più semplicemente al fenomeno della corte,

che, nel!' arco della storia delle singole tirannidi greche, si manifesta appunto nelle fasi più avanzate (si pensi anche al rapporto tra Ariane e Pertandro, a Corinto, o meglio ancora, per coincidenza crono-

logica, alla corte di Policrate a Samo). L'accentuarsi di una pratica personale del potere e dei connessi abusi determina la crisi della tirannide dei Pisistratidi, che comunque, si badi bene, esplode solo quattordici anni dopo la morte di Pisistrato, cioè nel 514/513. A creare il caso è, secondo le diverse tradizioni, l'irregolare e il violento .della famiglia, cioè Tessalo, o lo stesso Ipparco: invaghitosi del giovane Armadio, ma da lui respinto, egli 24

Id,, op. cit. 1 pp. 37-45.

III. Sviluppipolitici del VI secolo

247

passa a comportamenti persecutorii, infamandolo per i suoi costumi

e negando alla sorella il diritto di fare da canèfora («portacanestre») alle feste Panatenee, in quanto parente di un corrotto. Armadio era invero amico di Aristogitone: da un fatto personale nasce così la prima grave crisi della tirannide e una congiura che dovrebbe eliminare Ippia e Ipparco durante la processione delle Panatenee. L'impressione di essere stati scoperti sconsiglia però i congiurati dal dar seguito all'attentato contro Ippia, cbe accoglieva la processione sul1'acropoli, e li induce però ad uccidere almeno Ipparco, che presiedeva alla partenza della processione medesima, presso il Leocorio, nel quartiere del Ceramico. I due congiurati furono trucidati: Armadio subito, e solo successivamente, nel corso di una tumultuosa inchiesta sull'accaduto, il più anziano Aristogitone. Così finivano i tirannicidi, che nella convinzione corrente del popolo ateniese erano destinati a figurare come i restauratori della libertà e i fondatori della democrazia, e che certamente occuparono nell'affetto del popolo un posto, che la propaganda degli Alcmeonidi ancora in età periclea cercherà di contestare, non senza una buona parte di ragione, per dare spazio a meriti più squisitamente politico-militari guadagnati dal ghénos nell'instaurazione della democrazia 25 • L'avvento della tirannide ad Atene dunque non aveva cancellato l'opposizione, anzi l'aveva col tempo rafforzata. Gli Alcmeonidi, esuli probabilmente a seguito del terzo avvento di Pisistrato, si erano creati una base a Delfi, dove assunsero l'appalto della ricostruzione del santuario, devastato da un incendio nel 548 a.C. (non c'è nessuna necessità di stabilire un rapporto cronologico immediato tra la catastrofe di Delfi e l'assunzione da parte degli Alcmeonidi del compito di gestirne la ricostruzione: ché queste sono cose che vanno per le lunghe) 2 6. Che la famiglia degli Alcmeonidi e il gruppo politico con essa collegato facessero opposizione e tentassero il rientro in Atene è l'abbattimentQ della tirannide, è naturale che accadesse, ed accadde. Nemica delle tirannidi, nel VI secolo, è Sparta: e di fatto, tramite la Pizia, e in forza dei radicati rapporti tra Sparta e Delfi, gli Alcmeonidi riuscirono ad averne l'aiuto. Ma ciò sarà solo nel 511/510 e do25

Erodoto, V 55-65.

26

Id., V 62, 2-63, 4; Aristotele, Cast. degNAten., 3-4. Un Clistene è comunque arconte nel525/4 (SEGX 352), e probabihnente si tratta del riformatore (cfr. J.K.

Davies, Athenzan PropertiedFami/ies600-300B.C., Oxford 1971, pp. 375 sg,).

Storia greca

248

po reiterati tentativi: un primo tentativo gli Alcmeonidi lo compirono da soli (circa il 513 a.C.), ma subirono una dura sconfitta a Lipsidrio, nella Diacria; un triste episodio che canti dei simposii aristocratici continuarono a lungo a ricordare. Nel 511/510 intervengono gli Spartani: la prima volta è il fallimento del tentativo di una piccola schiera di opliti sbarcati al Falera con Anchimolo, la seconda volta interviene con un esercito il re, Cleomene I, che assedia Ippia arroccatosi sull'Acropoli e in pochi giorni ne ottiene la resa. Ma c'era anche l'opposizione interna: di questa; anche se motivata da fatti di natura personale, è espressione la congiura del514/513; eia presenza di un'opposizione interna alla tirannide, diversa da quella degli Alcmeonidi, si dimostra puntualmente dagli eventi che seguono alla cacciata del tiranno Ippia nel 510, quando ad Atene si apre un aspro scontro politico tra l' alcmeonide Clistene, fautore di un profondo rinnovamento politico-costituzionale (che fu poi la democrazia), e Isagora, che voleva invece un'oligarchia, un esito gradito an-. che a Sparta. Se Isagora passa poi per amico dei tiranni, ciò si deve sia al fatto che la sua posizione politica era realmente dalla tirannide meno lontana della democrazia clistenica, sia alla propaganda alcmeonide. Su tutti questi fatti, oltre alla tradizione attidografica, nostra fonte principale è Erodoto, che rispecchia, o quanto meno attentamente registra, il punto di vista degli Alcmèonidi (la famiglia a cui appartiene Pericle, per parte di madre) 27 • Poiché, come si è visto, l'abbattimento della tirannide dei Pisistratidi avvenne in due tempi (514/513 e 511/510), è del tutto comprensibile che, nell'opinione corrente degli Ateniesi, si esprimessero diverse valutazioni circa la maggiore importanza dell'uno o dell'altro dei due momenti: nel cuore della gente comune era fermo il sentimento di gratitudine e ammirazione per i due tirannicidi, Armadio e Aristogitone, a cui fu del resto presto dedicato un gruppo statuario; opera di Antenore, portato via da Serse nel 480 e appena qualche anno più tardi sostituito da quello di Crizio e Nesiote. Non si può comunque negare che, dal punto di vista politico, infinitamente più creativa fu l'azione degli Alcmeonidi. Non c'è da sorprendersi che l'ambiente pericleo produca una propaganda e una letteràtura volta a ridimensionare, se non anche in parte a denigrare, l'impresa dei due amici tirannicidi. Va sottolineato che, durante il primo intervento di Sparta, dalla parte di Ippia combatterono dei cavalieri tessali. Con le aristocrazie 27

Su Isagora1

cfr.cap, N n. 8.

III. Sviluppipolitici del VI secolo

249

tessaliche i Pisistratidi avevano del resto tenuto costantemente buoni rapporti; e a Ippia, deluso, circa il 506, nell'attesa di veder restaurata la sua tirannide ad Atene ad opera di quegli stessi Spartani che l'avevano abbattuta, i Tessali provarono ad offrire, come dominio sostitutivo, Iolco, e i Macedoni Antemunte2 8 . La costante linea protessalica dei Pisistratidi era naturalmente maturata in un atteggiamento antibeotico, o più specificamente antitebano; infatti da teqipo i Beoti avevano contrastato vittoriosamente l'egemonia tessalica nella Grecia centrale 29 . Quando Platea chiese ad Ippia sostegno e protezione contro Tebe, Ippia gliela concesse, marciando anche contro i Tebani, sui quali conseguì una vittoria (519?). Si apriva così un.capitolo di rapporti strettissùni tra Platea e Atene, di segno antitebano, che praticamente durerà o farà sentire i suoi effetti in tutto l'arco della storia greca 30 •

4. Policratetiranno di Samo La tirannide di Policrate a Samo appartiene a quel tipo di tirannidi difase arcaicaavanzata,che più rapidamente sboccano in un conflitto con l'aristocrazia locale, e che giungono, per vie traverse, a porre le premesse per l'instaurazione della democrazia. Non è un caso che qui, dopo la morte di Policrate, il suo ex-segretario Meandrio potesse instaurare un regime isonomico, che, se avesse avuto stabilità e durata, sarebbe stato un antecedente per fastessa democrazia di Atene. Tuttavia, anche nel caso di Policrate il clichédella genesi delle tirannidi arcaiche è ampiamente rappresentato. 1) Egli è di origine aristocratica, figlio del nobile Eace, ed è uno di tre fratelli (gli altri sono Pantagnoto e Silosonte), che sin dall'inizio si considerano destinati a detenere il potere a Samo e che con lui lo dividono per qualche anno. 2) Che egli sia venuto in conflitto con l'aristocrazia cittadina è fuori di dubbio: lo dice la durezza dell'opposizione che gli si 28

Erodoto, V 94, 1.

29

M, Sordi, La legatessala/ino adAlessandroMagno, Roma 19581 pp. 85-92 (in

favore di una datazione della disfatta tessala tra il 491 e il 486/5, il che comporta una correzione della data di Plutarco, Camilla 19, 4; più di '100' - non '200' - anni prima della battaglia di Leuttra, cfr. p. 85 n. 2). 30 L. Moretti, Ricerchesulle leghe grechecit., pp. 105-108, in favore della data 519 e non 509 della deditio dei Plateesi agli Ateniesi, fatta per sottrarsi all'egemonia di Tebe e avvenuta dietro consiglio degli Spartani (cfr. Erodoto, VI 108; Tucidide, !II55-68).

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Storia greca

solleva contro, opposizione che finirà col provocare nel 524 l'intervento di Sparta; lo dice la figura e l'orientamento del suo più celebre antagonista, Pitagora, e lo stesso nome della colonia fondata in Italia dagli esuli samii (Dicearchia, «dominio del giusto» [Pozzuoli]). Ma è con 15 oplitiche, come attesta Erodoto (III 120), egli conquista il potere: gli inizi 'oplitici' sono dunque attestati anche per lui. Egli sembra d'altronde, come Pisistrato, aver disarmato, cioè di fatto 'disoplitizzato', i concittadini (se è attendibile Polieno, I 23, 2), e governa perciò con l'aiuto di mercenari. 3) È possibile che fra i suoi avversari ci fosse anche il proletariato dei pescatori di Samo (i mythiètai di cui parla Anacreonte). Non è invero chiaro il peso di questo strato sociale nell'opposizione a Policrate, la quale aveva probabilmente altra struttura; Policrate non appare, in ogni caso, come il capo di un'alleanza tra ceti medi e proletariato 31 . Viceversa la tirannide samia si segnala per caratteristiche che sono dell'ambiente e dell'epoca: essa si lega con ambizioni talassocratiche, che si esplicano, in particolare, in una temibile attività piratesca; è connotata dall'esistenza di una corte e di poeti di corte (Anacreonte, presente a Samo come poi anche ad Atene; Ibico); scatena, come si è detto, una dura reazione negli ambienti cittadini, che è accompagnata dal favore dell'opinione greca (come non risulta essere accaduto per tutte le opposizioni alle tirannidi), tanto che nel 524 ha luogo una spedizione di Spartani e Corinzi contro Samo, che però, dopo quaranta giorni d'assedio, si conclude con un nulla di fatto. D'altra parte, la tirannide samia appartiene inizialmente a quel tipo di tirannidi, proprie della Ionia, che costituiscono altrettanti regimi fiduciari della Persia: il tiranno è in questi casi l'agente del gran re32 . Ai Samii le liste canoniche della talassocrazia assegnano 15 anni. Le circostanze e la data della morte di Policrate sono ben note. La sua politica era troppo autonoma nei confronti del re di Persia e dei suoi satrapi, per non suscitare il sospetto e la gelosia; per conseguenza, il satrapo di Lidia, Orete, lo attirò con l'inganno a Magnesia sul Meandro, lo fece giustiziare come traditore del sovrano e ne crocifisse il cadavere, poco prima della morte di Cambise, perciò nel 522. Con riferimento ai 15 anni di talassocrazia samia, si fissa l'inizio della ti31 Per l'interpretazione dei mythietai come proletariato rivoluzionario di pescatori, cfr. S. Mazzarino,Il pensiero storico classicoI, Bari 1965, pp. 99, 155 sg., 220 (sul fr. 21 Gentili di Anacreonte). 32 S, Mazzarino,Fra Oriente e Occidente cit., pp. 233-252.

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III. Sviluppi'polt'ticidel VI secolo

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rannide di Policrate ca. il 53 7, ma questo presuppone un'immediata coincidenza di tirannide e talassocrazia che, pur se probabile, non è del tutto sicura (un inizio della tirannide tra il 546 e il 540 non è insomma da escludere)". Sul piano economico, nella tirannide di Policrate coesistono diversi aspetti che segnano altrettanti momenti di sviluppo: intensi rapporti internazionali (per esempio con il re d'Egitto Amasi, finché in Egitto non si sovrapporrà il dominio persiano); sviluppo dell'industria della lana (con importazione di capre da Nassa e di pecore da Mileto); grandi opere portuali, costruzione di gallerie, acquedotti, nuovo tempio di Era: è la stessa situazione insulare a determinare qui il tipo di sviluppo economico.

NOTE INTEGRATIVEE BIBLIOGRAFIA

a) Sul ruolo storico della Ionia

Quando neghiamo la priorità della Ionia nello sviluppo politico-costituzionale greco, non intendiamo certo negarle un ruolo di avanguardia o

una funzione propulsiva per fondamentali aspetti della storia della cultura letteraria, dell'arte, delle tecniche, del pensiero. Si potrebbe anzi dire che le società ioniche abbiano precorso le altre società presenti nel mon~

do greco proprio in tutte quelle espressioni culturali che, pur dovendo passare (come di fatto passarono) attraverso il filtro della società e del1'esperienza cittadina, non attengono tuttavia alle funzioni fondamentali della p6lts, rappresehtando, almeno a cominciare dal tardo arcaismo, riflessioni e atteggiamenti critici verso le concezioni tradizionali, riflettendo posizioni individualistiche, sviluppando funzioni non immediatamente connesse con la cultura della comunità cittadina. Non è dunque vero che la p6lis nacque irt Ionia; e negarlo ha senso e interesse, ·solo se comporta la constatazione c;lellacomplessità del contributo delle diverse esperienze storiche greche alla nascita delle p6leis•primae di un modello comune dip6/is dopo, non se prepara un'affermazione, che fa derivare direttamente e prevalentemente la città dalla società micenea, in una sorta ·33 Cfr._M.Miller, The Thalassocracies. Studies in ChronographyII, Albany 1968, pp. 5-37; 72-76, passim.

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Storiagreca

di partenogenesi. Sembra invece assai più accettabile l1affermazione se~ condo cui in Ionia nacque moltissimo di quel che, pur sorgendo nel quadro della polis, si distacca dalla cultura corrente della comunità. Certo, il giudizio andrebbe corretto, se per mondo ionico si intendesse una realtà ionico-egea, comprendente - come è nella tradizione antica- anche l1Attica: è evidente che 1 in questo senso, la Ionia si rivelerebbe come l'area decisamente propulsiva della storia sia culturale s1apolitica dei Greci, se non altro dal tardo arcaismo. Nei secoli dell'arcaismo alto e medio 1 la cultura ionica aveva prodotto l'épos, l'elegia, sul piano letterario; prime esperienze di architettura templare (lo Heraion di Samo forse già a fine IX-inizi dell'VIII secolo, l' Artemision di Efeso nel VII), modelli urbanistici (Mileto, Smirne), ecosi via di seguito: altrettante espressioni di vitalità di quelle p6/eis,in un periodo di grande e generalizzata crescita delle città greche. Al VI secolo appartengono quelli che vengono spesso considerati come gli albori del pensiero greco, gli inizi della riflessione filosofica. Oggi si è più cauti nell'attribuzione dell'impegnativa qualifica di 'filosofo' a pensatori che appaiono piuttosto come i fondatori di un metodo sperimentale, attraverso il quale si ricerca il principio generale delle cose, l'origine dei processi attraversò i quali si realizza la struttura delr esistente, dunque il principio stesso della physis (natura), I naturalisti milesii sono quindi degli osservatori della natura, dotati di un>esperienza e di interessi di tipo tecnico, e impegnati in attività politiche (il che non trasforma in un dato di immediato interesse per la città, :inquanto tale, l'oggetto delle loro ricerche). Talete è capace di speculazioni di carattere tecnico, come propriamente finanziario, sui torchi per le olive; è informato della geometria egiziana e sembra non aver ancora scritto nulla, pur se formula teorie generali, come quella che fa dell'acqua il principio di tutte le cose. A un più alto livello teorico, cui corrisponde tra l'altro l'uso della scrittura, si colloca la riflessione di Anassimandro, la cui concezione della natura ruota intorno al concetto di dpeiron(indefinito), definisce la realtà come un gigantesco processo di trasformazione e compensazione nel tempo, ed è autore di un pinax (tavola) geografica del mondo conosciuto. Anàssimene mette fondamentalmente in gioco la nozione d{ tLµa: IG XII, 9, 1273 and 1274 and the Early Coinageo/Eretria, in «ZPE» 54, 1984, pp. 145 sgg.;J.-M. Servet, Nomismata. Étatetorigines de la mannaie, Lyon 1984; Th.R. Martin, Sovereigntyand Coinagein Classica/Grece, Princeton 1985. 2. Sulla tirannide di Pisistrato (oltre alla bibliografia citata al cap. II par. 6): J. Holladay, The Followersof Peisistratos,in «G&R» 24, 1977, pp. 40 sgg.; F. Frost, Toward a History of PeisistratidAthens, in The Cra/t o/ the Ancient Historian. Essays in hon. o/ Ch.G. Starr, Lanham 1985, pp. 47 sgg.; J.H. Schreiner, The Exile and Return o/ Peisistratos,in «SO» 56, 1981, pp. 13 sgg.; M. Arnush, The Careero/ PeisistratosSon of Hippias, in «Hesperia» 64, 1995, pp. 135-162; AA.VV., Peisistratosand the Tyranny. A Reappraisalo/ the Evidence, a c. di H. Sancisi-Weerdenburg, Amsterdam 2000. Su Pisistrato e, più in generale, sugli ostracismi: D. Musti, La chronologiedu chapitre22 de l'Athenaion Politeia sur l'ostracisme, in AA.VV., Aristate et Athènes. Aristate/es and Athens, Séminaire d'histoire ancienne de l'Université de Fribourg (23-25 mai 1991), a c. di M. Piérart, Paris 1993, pp. 251-260. Sviluppi politici e militari di età arcaica: R. Sealey, Regionalismin ArchaicAthens, in «Historia» 9, 1960, pp. 165 sgg.; F. Ghinatti,I gruppipolitici ateniesi/ino alleguerrepersiane,Roma 1970; S. Alessandrì,Solonea Cipro, in «AFLL» 8-10, 1977-80, pp. 169 sgg.; P. Léveque, Formesde contradictions et voies de développementà Athènes de So/on à Clisthène,in «Hi~ 'YmQO.ltQLOL storia» 27, 1978, pp. 522 sgg.; A.I. Antoniou, o\ LlLO.ltQLOL bti LOÀ.rovoç,mt IIewLcrtQ6.wu, in MeM1:eç y6ero àrcò 1:~v àexata lo1:oela, Ioannina 1980, pp. 5 sgg.; Tb.J. Figueira, The ten UQ)(OVtEço/ 579/8 at Athens, in «Hesperia» 53, 1984, pp. 447 sgg. (rappresenterebbe-

ro un tentativodi accantonarele divisionicensitariedi Solone e farposto a una divisione tripartita della società); K.H. Kinzl, Athens. Between Tyranny and Democracy,in Festschr.F. Schachermeyr,Berlin 1977, pp. 199 sgg.; E. Lévy, Notes sur la chronologieathinienne au VI• siècle.I. Cylon,in «Historia» 27, 1978, pp. 513 sgg. (cronologia bassa: vittoria olimpica al 598/7, e colpo distato al597 /6); R.T. Ridley, The Hoplites asCitizens.AthenzanMilitaryInstitutions in theirSocia/Context, in «AC» 58, 1979, pp. 508 sgg.; P. Cartledge, SpartaandSamos.A SpecialRelationship?,in «CQ» 32, 1982, pp. 243 sgg.; A.J. Holladay, Hoplites and Heresies,.in «JHS» 102, 1982, pp. 84 sgg. (in favore della teoria tradizionale di una tattica colletti-

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Storia greca

va, non individuale); J.K. Anderson, Hoplites and Heresies:a Note, in «JHS» 104, 1984, p. 152; V.M. Strogeckij, SomeFeaturesof the Internatio-

nal Politica/Strugglein Spartaat the End o/ the 6th-Begin.o/ the 5th Ceni. B.C.:Cleomenesand Demaratus,in «VDI» 1982, n. 161, pp. 38 sgg.; G.A. Lehmann, ThessaliensHegemonie iiber Mittelgriechenlandim 6. Jhr. v. Chr., in «Boreas» 6, 1983, pp. 35 sgg.; F.J. Frost, The Athenian Military be/oreCleisthenes,in «Historia» 33, 1984, pp. 283 sgg.; K. Ashead, Politics o/ the ArchaicPeloponnese.The Transit/on/rom Archaicto Classica/Politics, Aldershot-Avebury-Vermont 1986; M. Gagarin, The Thesmothetai and the EarliestAthenianTyrannyLaw,in «TAPhA» 111, 1981,pp. 71 sgg. Sulla politica estera nell'età di Pisistrato: S. Mazzarino, in «RIL» 17, 1939, pp. 285 sgg.; B.L. Bailey, The Export of Attic Black-FigureWare, in «JHS» 60, 1940, pp. 60 sgg.; M. Manfredini, La guerraper il Sigeo nella tradizione storiograficaantica, in Scritti in ricordo di G. Buratti1 Pisa 1981) pp. 249 sgg.; E. Lanzillotta, Milziadenel Chersonesoe la conquistadi Lemno, in «MGR» 5, Roma 1977, pp. 65 sgg.; D. Viviers, in «RFIC» 115, 1987, pp. 288 sgg.

3-4. Sulla tirannide dei Pisistratidi: J.G.F. Hind, The tyrannisand the exile of Pisistratus,«CQ» 24, 1974, pp. 1 sgg. (alcune indicazioni per gli anni ridotte a indicazioni di mesi); F. Kolb, Die Bau-, Religions-und Kulturpolitik der Peisistratiden,in «JDAI» 92, 1977, pp. 99 sgg.; B. Lavelle, Hipparchos.Studiesin PeisistratidHistory,528-524B.C., Diss. Vancouver 1983; M. Berti, Fra tirannidee democrazia.Ipparcofiglio di Carmoe il destino dei Pisistratidiad Atene, Alessandria 2004. Alcmeonidi e Pisistratidi: C.W.Th. Eliot, Where did the Alkmaionidai live?,in «Historia» 16, 1957, pp. 279 sgg. (nel distretto diAnavissos, probabilmente ad Aigilia); A.J. Podlecki, The Politica/Signi/icanceo/ the Athenian «Tyrannicide»Cult, in «Historia» 15, 1966, pp. 129 sgg.; su aspetti della tradizione, tesi innovatrici in Ch.W. Fornara, ibid. 17, 1968, pp. 400 sgg., e in «Philologus» 94, 1970, pp. 155 sgg. Su Policrate e la Persia, V. La Bua, in «MGR» 4, Roma 1975, pp. 1 sgg. e pp. 41 sgg.; 6, ivi, 1978, pp. 1 sgg. In generale su Samo, v. Samo.Storia,letteratura,scienza, Atti delle giornate di studio, Ravenna, 14-16 novembre 2002, a c. di E. Cavallini, Pisa-Roma 2004; per un raffronto tra la tirannide di Pisistrato e quella di Policrate, D. Musti, Policrate e Pisistrato: un confronto, ibid., pp. 97-115. (a-e)Alcune indicazioni bibliografiche sui temi trattati nelle Note integrative:a) F. Adorno, in Storiae civiltàdei Greci2, Milano 1978, pp. 560 sgg.; Giamblico, La vitapitagorica,a c. di M. Giangiulio, Milano 1991; Senofaneed Elea,a c. diM. Bugno, Napoli2005; B. Centrane, Introduzione a I Pitagorici,Roma-Bari 1996; b) M. Torelli, ibid., pp. 645 sgg.; e) H.

III. Sviluppipolitici del VI secolo

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Bengtson, StoriagrecaI cit., pp. 123 sgg.; 205 sgg.; sull'origine orientale di alcune pratiche di banchetto: D. Musti, Il simposio nel suo sviluppo storico,Roma-Bari2001; a) D. Musti, L'economùiin Greciacit., pp. 70 sgg.; M. Crawford, La moneta in Greciae a Roma, Roma-Bari 1982; M. Caccamo Caltabiano-P. Radici Colace, Dallapremoneta alla moneta. Lessicomonetale grecotra semanticae ideologia,Pisa 1992; sulle lamine orfiche: G. Pugliese Carratelli, Le lamine d'oro orfiche,Milano 1993; D. Musti, Le lamine orfiche e la religiositàd'area locrese,in «QUCC» n.s. 16, 1984, pp. 61 sgg.; e ora Id., Magna Grecia.Il quadrostorico,Roma-Bari 2005, p. 400.

Capitolo quarto

La fine dell'arcaismo. l; avvento della democrazia,

le guerre persiane

1. Clistenee lafondazionedella democrazia Un mutamento di regime verso forme che non somigliassero a quelle dell'aristocrazia vigente ad Atene prima di Pisistrato e dominante nel mondo greco, un mutamento insomma verso forme radicalmente nuove, non era certo gradito a Sparta. Ma gliAlcmeonidi, rientrati con il suo aiuto, posero presto mano a una radicale e grandiosa riforma delle istituzioni politiche. Clistene escogita tutta una nuova geografia e geometria dei rapporti politici. Al posto delle quattro tribù personali (o genetiche o gentilizie) egli introdusse le dieci tribù territoriali: l'appartenenza alla tribù non dipendeva più dal rapporto personale e familiare, ma dalla residenza. Sul territorio dell'Attica era disperso un gran numero di centri diversi 1 • Sono i demi, cioè le piccole comunità, i villaggi che come tali preesistono naturalmente alla riforma clistenica, innovatrice per il fatto di trasformarli nelle cellule vitali della nuova struttura politica. Veder menzionati i demi in relazione a personaggi di epoca anteriore non costituisce un argomento in favore della tesi anticipatrice di Beloch, che trasferiva all'epoca di Pisistrato non solo l'esistenza dei demi, ma addirittura la creazione delle dieci tribù. I Greci furono nel corso di tutta la loro storia i grandi inventori e plasmatori delle comunità politiche. Spesso vediamo all'opera, in 1 Erodoto, V 66, 2 (indicazioni puntuali su Geleonte, Egicore, Argade e Oplete, e generiche sugli eponimi locali delle tribù clisteniche, cui fa eccezione Aiace), cfr. 6~,l; Pausania, I 5 (con la menzione, invece, degli eponimi delle tribù clisteniche), E da notare come Beloch, GG2 I, pp. 396 sg., attribuisca a Clistene la riforma delle tribù; ma ibid. I 2, p, 328, ammette che ne possa essere stato autore già Pisistrato, così come (la seconda parte del discorso è accettabile) che i demi preesistano a Clistene.

IV. La/ine del/iarcaismo.L'avvento dellademocrazia,le guerrepersiane

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questa loro arte, che è anche la loro passione (in senso nobile, il loro ininterrotto gioco), i princìpi di un'aritmetica e di una geometria politica, poiché le comunità si creano e si fondano su determinati numeri costitutivi, su una calcolata struttura di rapporti; ma nella riforma di Clistene ciò si verifica più che altrove e nelle condizioni migliori, perché si tratta di un meccanismo politico davvero realizzato, e per giunta nella città più importante. e meglio nota della storia greca. La base naturale, di una naturalità storica, è dunque costituita dai demi, fra 100 e 200 2 , con ben poco artificio creativo. Ma subito dopo comincia la costruzione. Il numero dieci opera nella creazione delle dieci tribù territoriali (Eretteide, Egeide, Pandionide, Leontide, Acamantide, Oineide, Cecropide, Ippotoontide, Aiantide, Antiochide: nomi sorteggiati dalla Pizia fra cento, una mescolanza di invenzione ateniese e alcmeonide e di apporto delfico). Della vecchia struttura filetica tuttavia permane l'articolazione in tre sezioni, di un terzo ciascuna (trittyes), solo che le trittyes ora diventano trenta, e ciò riduce a un dato ·meramente formale questo tratto di conservazione'. I processi di astrazione e di livellamento che in questa operazione politica si esprimono, vanno naturalrnente a cozzare contro le vecchie articolazioni, basate su rapporti familiari e interessi di consorterie locali. Così, dei tre vecchi gruppi politici (pediaci,paraliie diacrii),resta una traccia, ma non più come basi di distinti gruppi di pressione, con interessi economici definiti: quella tripartizione diventa, con lieve modifica, il quadro geografico per la costituzione del territorio di ciascuna tribù, che consterà di una trittys dell' dsty (città), di una della mes6gaia(interno), di una della paralfa(costa). Di nuovo, in qualche misura c'è l' dsty (che comunque sorge nel pedfon): la mes6gaiasi copre 2

Strabone, IX C. 396, ne conta 174. I calcoli dei moderni (Traili,Whitehead)

portano a un numero di 139-140. 3 Sul rapporto phylai-tritfyes(1:3), cfr. Aristotele, Cast.degli'Aten.fr. 5 Oppermann. Nella vecchia organizzazione tribale attica si avevano dunque 12 trittie = fratriei così come nella organizzazione degli stati dorici o affini, si hanno ugualmente 12 ripartizioni sub tribali, main quanto quarte parti di ciascuna delle 3 phylai.Ad un terzo, più basso livello, si hanno i ghéne.Sullo schema di organizzazione in 12 parti (si pensi ai 12 re che affiancavanoAlcinoo nell'isola deiFeaci, Omero, Od.VIII390 sg.), cfr. D. Musti, ProblemidellastoriadiLocriEpi'zefiriicit., pp. 28 sg. Letrittie del vecchio (se autentico) e del nuovo ordinamento attico hanno in comune la dispersione e la non regolare reciproca contiguità nel territorio: ma nel vecchio ordinamento ciò è dovuto alloro carattere di associazioni a carattere personale, nell'ordinamento territoriale ciò risulta dalla combinazione (prevalente), in una stessa tribù, di trittie appartenenti a zone geografiche diverse (dsty,mes6gaia,paralia).

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Storia greca

in larga parte col territorio della diakrfa, e la para/fa continua ad essere la fasda costiera. Al vecchio frazionamento politico-territoriale si sostituisce dunque una rappresentazione (ed un'efficacia) del territorio secondo fasce che, in astratto, possono essere considerate concentriche, estendendosi dal centro urbano all'interno e alla costa. Naturalmente, come è sempre nel mondo greco, la costruzione, pur così carica di valori di astrazione, non è totalmente astratta, ma conosce adattamenti alle condizioni reali del territorio e delle sue singole parti. Infatti, vale in generale il principio della discontinuità tra le varie trittyes di una medesima tribù, ma in almeno quattro casi, tutti appartenenti alla costa orientale del!'Attica, le due trittyes extraurbane sono contigue fra loro, certo per le caratteristiche del territorio e della sua viabilità. Il principio è quello di immettere nella nuova base della struttura comunitaria, fondendole nella medesima tribù, frazioni che un tempo facevano blocco, ciascuna, con altre località confinanti, e costituivano la base della divisione del!'Attica in gruppi politici regionali fra loro contrapposti, il che di fatto equivaleva alla contrapposizione fra le consorterie locali capeggiate dalle grandi famiglie (ghéne). Ora ogni tribù contiene di tutto: e gli organi magistratuali rispettano proporzionalmente, e secondo una rotazione, la struttura di raccordo che è la tribù. La parola d'ordine della riforma di Clistene è «mescolare», rendere impossibile o inutile la ricerca delle origini familiari, classificare ciascuno secondo il demo, che è la cellula vivente dello «Stato», che, attraverso lo strumento intermedio della tribù (costruita col massimo di astrazione possibile da vincoli familiari e rapporti di interesse), costituisce il quadro organizzativo fondamentale della nuova polis. È istituito perciò un consiglio (baule) dei Cinquecento, sorteggiati in numero di cinquanta per ciascuna delle dieci tribù: viene ora ad avere larghissima applicazione il titolo, altrimenti grandemente selettivo, di prytanis (alla lettera «primo, principe»). Quello che altrove è il titolo di un alto magistrato cittadino, ad Atene è il nome di ciascun membro del nuovo consiglio popolare: e la prytanefa (pritanla) è al tempo stesso una frazione di 1/10 della boulé (buleuti appartenenti alla stessa tribù) e quella frazione di 1/10 del!' anno (35/36 giorni, nel]' anno di 12 mesi, o 38/39 nell'anno con mese intercalare) 4 , durante 4 L'anno attico va dal 1° Ecatombeone al30 Sciroforione;comincia col primo novilunio dopo il solstizio d'estate. Cfr. E.J. Bickerman,La cronologia nel mondo antico (trad. it.), Firenze 1963, p. 30.

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IV. La fine delFarcaismo.L'avvento della democrazia,le guerrepersiane

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la quale la preparazione dell'ordine del giorno (programma) e talora di fatto le stesse funzioni consiliari (probuleutiche) sono curate da quella parte che sta per il tutto: la tribù (già ampiamente idonea a mescolare interessi e persone) può per un tempo determinato rappresentare la città. Al calendario naturale, astronomico e, se si vuole, religioso (nel senso di una religiosità tradizionale), si affianca un calendario politico, scandito secondo il numero 10: e in ogni pritania ci sono un'assemblea principale, o ordinaria (kyrfa) e tre straordinarie'. La residenza diventa dunque la base dell'assetto costituzionale; e questo è tipico di una forma politica come quella ateniese, in cui, accanto al centro urbano, sempre più sviluppantesi, con funzioni politiche, sociali ed economiche totalmente nuove e innovatrici nel V secolo, altra componente essenziale è la campagna, il territorio con la sua autonomia locale (si pensi all'importanza dei demarchi, gli antenati dei moderni sindaci, e dei registri demarchici, a fini demografici e politici); accanto ai demi, comunque, sussistono le fràtrie, con funzioni di stato civile, e le vecchie naucràrie, cioè le vecchie strutture dello Stato aristocratico, con funzioni modificate e ridotte. Non sono abolite nella costituzione clistenica, né saranno mai abolite (e fino all'età periclea, più precisamente fino al 457 a.C., continueranno ad avere efficacia reale), le· distinzioni censitarie presenti nella costituzione di Solone e in parte certo anche prima. I.:opera di unificazione, redistribuzione, astrazione compiuta da Clistene era diretta contro le spinte corporative d'interessi locali, espressi o difesi dall'aristocrazia regionale, non contro il principio dell'efficacia politica della condizione economica e del censo, come parametri generali. Permane dunque la distinzione in pentacosiomedimni, cavalieri, zeugiti, teti; e come le massime cariche, quale l'arcontato, sono ancora eleggibili e non sorteggiabili (e tali resteranno fino al 487 a.C.) 6 , il 5 Aristotele, Cast. degliAten. 20-21 (Clistene); 43-46 (consiglio dei 500; in part. 43, 3-6 sul numero e sulle competenze delle ekklesfai = assemblee). Sul tema, v. Bi-

bliografia. 6 Per quanto ·riguarda il modo di designazione degli arconti ad Atene, esso dovrebbe essere: 1) originariamente per elezione; 2) sotto Solone, per sorteggio fra 40 eletti dalle 4 tribù; 3) per elezione, da Pisistrato al 487; 4) dal 487 (anno di grandi riforme) fin oltre il 457 ,.per sorteggio fra 500 candidati eletti dai demi; 5) all'epoca di Aristotele, Cast. degli Aten. 8, 1, cfr. 55, 1 e 22, 5, per sorteggio fra 100 candidati, sorteggiati essi stessi 10 per tribù. Cfr. P. Carlier, La royauté en Grèceavant Alexandre, Strasbourg 1984, pp. 325 sg. È evidente che.l'elezione di una base di 500, nel sistema degli anni 487 e sgg., dà al sorteggio successivo un carattere di 'casualità democratica' molto maggiore del sorteggio su base 40, attribuito a Solone (e

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Storiagreca

peso del censo si fa certo sentire nelle scelte operate dai cittadini. Ma la democrazia clistenica è da iscrivere fondamentalmente in una nozione dicotomica del campo delle possibilità politiche, benché, per le strutture che propone, costituisca la strada verso sviluppi futuri: il nemico da battere è la tirannide, la quale significa in sostanza l'emergere di un uomo forte dall'interno stesso delle aristocrazie locali e della carriera (e della stessa struttura) oplitica. Combattendo la tirannide, la dethocrazia clistenica combatteva dunque àltempo stesso le ambizioni e le tentazioni di prevaricazione dei gruppi nobiliari; ma non si può negare chela preoccupazione politica fondamentale fosse qui l'uguaglianza dei diritti politici e perciò la guerra dichiarata a forme di potere personale, centralizzato, autoritario. Si capisce quindi come Clistene escogitasse un sistema preventivo contro il pericolo della tirannide, istituendo l'ostracismo, cioè la procedura, molto semplice e democratica, attraverso cui si denunciava, in due tempi (nelle assemblee principali della 6' e dell'8' pritania), il timore che qualcuno (dapprima, dunque, solo in termini generali) e poi semmai un determinato personaggio politico (questa volta il nome veniva scritto su un coccio qualunque, di un vaso rotto e ormai inutile) costituisse un pericolo di tirannide per la democrazia. La procedura fu applicata per la prima volta circa il 487, contro Ipparco di Carmo, della famiglia dei Pisistratidi: ma non v'è ragione di negarne la paternità a Clistene, allo spirito della cui riforma comunque esso ben corrisponde 7 • Alla luce di quanto s'è detto, appare comprensibile che la nasci, ta della democrazia trovasse subito oppositori, e che essa presenti una gestazione assai laboriosa (di cui non è facile definire tutti gli aspetti cronologici, soprattutto quando ci si allontani dalle fonti). Clistene doveva aver già elaborato gran parte della sua riformà costituzionale, quando gli si oppose Isagora, spalleggiato da Cleomene I, re di Sparta. Il primo scontro fu vinto da Isagora: la potenza delle armi spartane foce sì che questi ottenesse l'arcontato (per il 508/507); settecento case di partigiani della democrazia furono banstoricamente non impossibile 1 .dato il rapporto numerico molto basso tra eletti e sorteggiandi). Sulle naucrarie, v. Bibliografi'a, 7 Contro la paternità clistenica delrostracismo, Beloch, GG 2 I 2, pp. 332 sgg. (sullà scorta di Androzione, FGrHfrt 324 F 6, contro Aristotele, Cast. degliAten., 22, 4, se il v6µou t6tE :rtQWtov'tE8évtoç di Arpocrazione, che, s.v. vlmt:OQXDS,ci~ ta Androzione, significa e rende davvero una precisione ad annum).

IV La/,:ne del/iarcaismo.L'avvento della democrazia,le guerrepersiane

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dite, fra di esse naturalmente la famiglia degli Alcmeonidi. Ma ecco la risposta popolare, guidata da una boulé, che potrebbe essere quella dei Cinquecento, se già insediata: Isagora e Cleomene, assediati sull'Acropoli, si arrendono, a patto di potersene andare incolumi; nello stesso anno Clistene rientra e si può ritenere che abbia allora completato e reso definitiva la sua opera di rinnovamento 8 • Dal 506 gravi minacce si addensano sul capo della neonata democrazia ateniese. Vecchi rivali si coahzzano·contro Atene: Beoti e Calcidesi invadono l'Attica, ma sono respinti e si vedono poi sottoposti a un vigoroso contrattacco ateniese, che culmina in una clamorosa sconfitta di Beoti ed Euboid. Poco dopo, gli Spartani premono sulla Lega peloponnesiaca per un intervento contro il nuovo regime politico di Atene e per la restaurazione della tirannide di Ippia; ma i Corinzi si oppongono, invitando gli Spartani a una riflessione storica sui mali della tirannide. I: opera di dissuasione ha successo: la democrazia ateniese respira e gnadagna ormai il tempo per consolidarsi. La restante Grecia accetta, un po' rassegnata, che una forma politica del tutto nuova abbia diritto di cittadinanza e libero corso storico: in pratica, rinuncia ad interferire e si acconcia ·alla nuova situazione creatasi; turbata da forti diffidenze e timori, per il momento decide di stare a guardare 9 • 2. La politica espansionisticadell'imperopersiano

(duranteil regnodi Dario) Con le conquiste di Cfro il Grande e del figlio Cambise l'impero persiano aveva raggiunto dimensioni vastissime: tre milioni di chilometri quadrati, dalle coste occidentali dell'Asia Minore al Caucaso, al 8 Su Isagora, Erodoto, V 66, 1; 70-76; Aristotele, Cast. degli Aten. 20, 1; Marmar Parium,FGrHist 239 A46 (nome corrotto); scolio ad Aristofane, Lisistrata273. Non c'è forse radicale contrasto tra l'essere Isagora cli casata illustre (Erodoto) e

nemico della tirannide, da un lato, ed essere però, come dice Aristotele, 'amico dei tiranni', il che può valere sul piano personale e insieme caratterizzarlo come esponente della parte più conservatrice dei ribelli. Erodoto (66, 1) ne dice oscure e lontane 1\;!origini, salvo per il fatto che i parenti sacrificano a Zeus cario (cioè a una versione micrasiatica di Zeus?), La propaganda alcmeonide può comunque, in entrambe le tradizioni, aver portato il suo contributo di denigrazione. 9 Erodoto, V 74-96. Cfr. IG F 394; Diodoro, X 24; Pausania, I 28, 2; Antho/. PalatinaVI 343 (l'iscrizione fu restaurata dopo i fatti del 446). Forse solo un doppione l'intervento per Isago~a tiranno (Erodoto, V 74-76),

Storia greca

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confine con l'India, all'Egitto. L'avvento di Dario certamente introdusse nuove forme organizzative nella struttura dell'impero e un nuovo dinamismo nella sua politica verso l'esterno. Al sovrano la tradizione (Erodoto, III 89 sgg.) attribuisce un'organizzazione amministrativa e fiscale dell'impero in venti satrapie, che consente introiti annui di 14.560 talenti d'argento euboici. Alla luce di questo sforzo organizzativo, e dei caratteri nuovi della politica di Dario, va anche giudicata la sua spedizione contro gli Sciti, svoltasi intorno al · 513, a circa otto anni dall'insediamento del re, e la sua stessa politica verso i Greci, i cui eventi più significativi si addensano nella parte finale del suo regno, dal 500 al 490 circa. Sembra difficile negare che questi importanti momenti della politica di Dario segnino un atteggiamento in qualche misura nuovo, in tema di confini come di conquista, perciò della politica greca del re. Tuttavia sarebbe anche erroneo istituire una netta contrapposizione tra la politica dei regni . anteriori e quella di Dario: le più grandi conquiste furono infatti realizzate sotto i primi e, ove si considerila politica estera sotto l'aspetto dell'espansione realizzata, il regno di Dario potrebbe, a conti fatti, rappresentare persino una battuta d'arresto. È comunque chiaro che, a giudicare dell'orientamento di fondo di una politica estera, servono anche disegni, progetti, minacce. La spedizione contro i Traci, i Geti e gli Sciti, che per Erodoto ha il fine di punire l'invasione scitica della Media, avvenuta cent'anni prima, chiaramente non mira a una conquista del territorio scitico, ma a un consolidamento dei confini, che, come è nella tradizione di larga parte degli Stati territoriali antichi e, in particolare, di quello achemenide, coincidono con i grandi confini naturali e in particolare con i fiumi, dall'Istro (Danubio) ad occidente, al Fasi (nel Caucaso) ad oriente. Al di fuori di quei confini resta appunto il mondo scitico. Varcato il Danubio, l'esercito persiano si impegna in un inseguimento senza frutto degli Sciti, che si ritirano nelle loro steppe. Persino il rientro diventa pericoloso per i Persiani: i marinai della flotta greca, di presidio al ponte sul Danubio, stavano per distruggere il ponte e defezionare, ma ne furono distolti da Istieo, tiranno di Mileto. Il risultato, commisurato alle intenzioni, non è però da considerare disastroso: ché i Persiani poterono assoggettare la costa tracica fino al fiume Strimone 10 . 10

Erodoto, N 1; 83-143; Ctesia,FGrHist 668 F 13 (20-21),

IV. La fine dell'arcaismo.L'avvento della democrazia,le guerrepersiane

anni

Ciro

9

Carnbise

8

Dario I

36

Serse I

oltre

durata del regno

538-529 come re di Babilonia

529-521

279

fonti

canone astronomico in Tolemeo

521-485

20

01.

.. ,-78,4

... -465/4

40

01.

78,4-88,4

465/4-425/4

XI 69, 6; XII 64, 1

Serse II

1

01.

88,4-89,1

425/4-424/3

XIJ 64, 1; 71, 1

Dario II

19

01.

89,1-93,4

424/3-405/4

XII 71, I;

Artaserse II

43

01.

93,4-104,3

405/4-362/1

Xlll 108, I; XV 93, I

Artaserse III Oco

23

01. 104,3-(110,2]

362/1-(339/8]

xv

Artaserse I

Arogo (Arsete)

2

337-335

Dario III

5

335-330

Diodoro, XI 69, 6

XIII108,

I

93, 1

canone astr. in Tolemeo

Tav. 36 - I re di Persia (da Beloch, GG2III 2, pp. 128-9). Niente lascia pensare che in questa fase i Persiani abbiano progettato un attacco alla Grecia continentale. È giusto invece osservare, con Beloch, che, per una serie di felici circostanze storiche, i Greci hanno goduto sempre di un libero dominio sia della penisola sia delle isole dell'Egeo, Riconoscimentiformali (come l'offerta in dono di terra e di acqua) non vanno comunque al di là dell'accettazione di una sovranità formale, che poteva diventare concreta solo attraverso il versamento di un tributo, che non fu richiesto ai Greci del continente.

3. Dall'insurrezioneionica alla battagliadi Maratona Le origini del conflitto greco-persiano vanno ricercate nelle condizioni dei Greci della Ionia, nei loro rapporti con i dominatori persiani, nei loro malumori ·in certe iniziative in p·arte infelici, come lucidamente vide e descrisse Erodoto, forte anche dell'esperienza di risultati ben diversi di conflitti greco-persiani di anni più recenti. 1

Storia greca

280

La rivolta degli Ioni d'Asia ha una premessa nell'episodio di Nassa (500 a.C.): Aristagora, il nuovo tiranno di Mileto, nipote e successore dell'Istieo, che il re aveva chiamato a corte a Susa, anche al fine di tenerlo sotto controllo, propone al satrapo di Sardi, Artaferne, una spedizione contro l'isola di Nassa, fiorentissima tra le Cicladi, col pretesto di lotte civili e l'intento di ricondurvi gli aristocratici scacciati. La spedizione, dopo quattro mesi di assedio, fallisce. Aristagora teme allora le conseguenze del fallimento di una spedizione da lui suggerita e, per meglio garantirsi, dà inizio alla rivolta. Il contesto di fatti illumina tutti gli sviluppi successivi: l'estensione del dominio alle Cicladi nasce su suggerimento di un greco; il consiglio è così nuovo rispetto alla politica persiana nella zona, che delle sue conseguenze è (e si sente) responsabile l'autore di esso; d'altra parte in patria doveva esserci sotterraneo fermento contro i Persiani se, a parare il colpo, Aristagora pensa subito a dar vita a una rivolta, deponendo la tirannide, cioè la funzione di rappresentanza della Persia. Il modello ateniese si rivela immediatamente suggestivo nell'area: da Nassa erano stati banditi gli aristocratici; in Ionia, la deposizione della tirannide è un fattore decisivo11 • Si è discusso a lungo se la rivolta degli Ioni d'Asia contro la Persia sia motivata da insofferenza per lo sfruttamento economico, risultante dal]' esazione deJ tributo da parte persiana, o da un desiderio di libertà: sembra chiaro che per i Greci le due motivazioni siano strettamente intrecciate fra di loro, e che il desiderio di libertà comporti anche libertà dal tributo, in cui si materializza la sopraffazione. Non è poi da sottovalutare il fatto che si vadano creando coesioni, collegamenti, linee d'influenza e d'intesa. Ciò non va confuso

con un indeterminato sentimento nazionale, quasi fosse possibile parlare già di una coscienza nazionale unitaria, politicamente operante: ancora la spedizione di Serse metterà in luce le articolazioni e divaricazioni profonde del mondo greco. Aristagora si rivolge dapprima a Sparta per aiuto, ma ha da Cleomene un fermo diniego, quando quello gli prospetta le dimensioni dell'impero persiano e di una eventuale guerra da avviare contro di esso. Migliore accoglienza egli riceve poi da Atene, segno che cominciano ad operare richiami di natura ideologica (suggestione del modello di regime antitira11nicoe popolare) e si rafforzano legami cultu11

Erodoto, V 28-34.

IV. La /ine dell'arcat'smo.V avvento della democrazia,le guerrepersiane

281

ra1i,come quello di una origine ionica comune (e di quest'ultimo tipo è anche l'intervento della città euboica di Eretria, che con Mileto aveva avuto, almeno dalla guerra lelantina, rapporti particolarmente stretti). Atene invia venti navi, Eretria cinque, I tiranni sono abbattuti in tutte le città ioniche, eloni, Ateniesi ed Eretriesi attaccano e danno alle fiamme alcuni quartieri periferici di Sardi: ora anche Caria, Licia e Cipro si uniscono alla ribellione (498). Che le vicende politiche interne ad Atene (come l'avvento all'arcontato di Ipparco, figlio di Carmo, della famiglia dei Pisistratidi) abbiano veramente influenzato la decisione di abbandonare il campo, sembra difficile da dimostrare12. La brevità dell'impegno ateniese ed eretriese fu dovuta alle condizioni e alle finalità della rivolta: wrn volta ottenuto il fine della liberazione dalla Persia, di più non si voleva né doveva fare; a consolidare il risultato dovevano provvedere gli Ioni stessi. A Cipro l'adesione alla causa greca era stata solo parziale: Amatunte e Cizio erano rimaste fedeli al te; i ribelli furono battuti presso Salamina da un esercito persiano sbarcato nella primavera del 497; Salamina e poi Soli rientrano nei ranghi. È difficile valutare le conseguenze del fallimento della rivolta di Cipro; certamente esso fu uno dei fattori della fine della rivolta ionica; ma solo uno dei tanti, visto che la rivolta proseguì fino al 494 e oltre, e Cipro era già dal 496 riacquisita al controllo persiano. Aristagora abbandona il campo e cerca di impiantare un suo dominio alla foce dello Strimone in Tracia, ma muore a Mircino in uno scontro con i barbari Edoni. Si apre invece un nuovo, e spesso sottovalutato, capitolo della rivolta ionica, con la defezione di Istieo che, inviato dal re in Ionia per sedare la rivolta, cerca invece rifugio a Chio, e successivrunente a Lesbo e a Taso; è un chiaro tentativo (non incoerente come quello, ora richiamato, di Aristagora) di spostare il centro della rivolta in un'area più settentrionale, meno a portata dei Persiani. Fu una flotta fenicia, tra l'altro con contingenti ciprioti, ad attaccare Mileto nel 494. All'apparire della flotta fenicia, le città dell'isola di Rodi, e inoltre Cnido e Alicarnasso, cioè i Greci della costa meridionale del!' Asia Minore occidentale, fanno pace col re; gli Ioni so12 Per il Beloch, GG2 II 1, pp. 11 e 13, la precoce fine èlell'intervento ateniese sarebbe dovuta all'avvento al.potere del partito dei tiranni, cioè di Ipparco figlio di Carmo del demo di Collito, e al crollo degli Alcmeonidi: ma tutto è basato sulla menzione di un arconte Ipparco per il496/495 (Dionisio,Ant. Rom. VI 1 [e V 77]; cfr. Beloch, GG' II 2, pp. 133 sgg.). .

Storia greca

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lidarizzano con Mileto ma, nello scontro navale che si svolge nell'estate del 494 presso l'isoletta di Lade prospiciente la città, sono sconfitti; Mileto, assediata per mare e per terra, è conquistata, una parte degli abitanti è deportata in Babilonia, il tempio di Apollo a Didima è dato alle fiamme 13 • Nel giugno del 493 lstieo tentava di trasferire la guerra sul continente; nel territorio di Atarneo egli si scontrò con un esercito persiano comandato da Arpago; battuto, fu fatto prigioniero, tradotto a Sardi e giustiziato. Ora la flotta fenicia tornava in possesso di Chio, di Lesbo, dell'Ellesponto; Milziade II, tiranno del Chersonesotracico, trovava scampo ad Atene. L'anno successivo (492) il re Dario inviò il genero Mardonio con un esercito e una flotta in Tracia. La spedizione fu descritta da Erodoto e sentita dai Greci come una prima spedizione contro la Grecia: certamente essa fu la logica continuazione della reazione alla rivolta ionica, che aveva trasferito, come abbiamo detto, il suo centro di gravità verso l'area egea settentrionale e tracica. I risultati furono positivi (assoggettamento anche di Taso e di tutte le città greche; riconoscimento dell'autorità formale della Persia da parte della Macedonia), e possono anche in senso lato configurare una spedizione contro la grecità (anche se volta più a ristabilire il vecchio rapporto, che non a estendere il dominio persiano su di essa); ma, da parte dei Traci Erigi, i Persiani subirono un attacco e gravi perdite (lo stesso Mardonio fu ferito), e gran parte della flotta fece naufragio nella circumnavigazione dell' Athos (autunno 492) 14 . Anno di preparativi per la spedizione punitiva contro Ateniesi ed Eretriesi fu il 491; quindi, nella primavera del 490, conducevano una flotta, dapprima verso le Cicladi, poi verso l'Eubea e l'Attica, Artaferne, nipote del re, e il meda Dati. Nassa fu, questa volta, piegata e distrutta, le Cicladi si sottomisero; a Delo lo stesso Dati celebrò un solenne sacrificio. Poi fu la volta di Eretria, presto conquistata e data alle fiamme, mentre i cittadini venivano trapiantati ad Ardericca, presso Susa. Da Eretria il passaggio in Attica è rapido e facile, nella parte nord-orientale della regione, quella in cui, tra l'altro, aveva avuto le sue basi politiche principali Pisistrato (il padre di Ippia, che, dal suo possedimento nel Sigeo, aveva seguito i Persiani e ne aveva guidato i movimenti). A Maratona sbarcò un esercito di circa 20.000 Persian Erodoto, V 49-54; 99-126; VI 1-21. 14

Erodoto, VI 43-45; sulle guarnigioni persiane cfr. VII 105-107.

IV. Lafi'ne dell'arcaismo.L'avvento della democrazia,le guerrepersiane

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ni; ad Atene si decise di uscire dalla cerchia delle mura (deinexiénai, secondo il dettato del cosiddetto «decreto di Milziade») e di affrontare il nemico a Maratona. Fu l'affermazione, celebrata anche in una precisa prospettiva ideologica, della tattica oplitica: 6000-7000 opliti ateniesi, al comando del polemarco Callimaco e dei dieci strateghi, fra cui Milziade. I due eserciti si fronteggiarono per alcuni giorni: furono poi gli Ateniesi, secondo Erodoto, ad attaccare, percorrendo tra l'altro di corsa, nonostante le pesanti armature, l'ultimo tratto che li separava dai Persiani. Di questi restarono sul campo 6400 uomini; dei Greci, solo 192, che furono sepolti nel celebre sor6s (tumulo): fra di essi il polemarco Callimaco15. Questo è il racconto erodoteo: e non c'è ragione di preferirgli la costruzione di Beloch, fondata su una rapida osservazione di Cornelio Nepote, Milziade 5, secondo cui furono i Persiani a prendere l'iniziativa dell'attacco, perché timorosi dell'imminente arrivo degli Spartani 16. I Persiani aggirarono subito con la flotta il capo Sunio; si aspettava l'esito di intese con una parte ateniese connivente, probabilmente con gente amica dei Pisistratidi, benché l'accusa colpisse (ingiustamente, per Erodoto) gli Alcmeonidi. I.:esercito ateniese era però già schierato sotto le mura; e i Persiani non poterono che prendere la via del ritorno 17 .

4. Dopo Maratona: nuove guerre e riforme politiche ateniesi Per Atene si trattava ora di rintuzzare tutto quel che, nella politica persiana, aveva rappresentato qualcosa di nuovo verso la Grecia pro15 Sul decreto di Milziade, di andare contro i nemici e non limitarsi a una tattica difensiva (òEtv èSLÉvm= «che si debba uscire», cioè «attaccare»), cfr. Cefisodoto ap. Aristotele, Retorica III 1141 a; Demostene, Sullafalsa ambasceria303; Plutarco, Questioni convivialiI 10,328; in Erodoto (VI 109) la decisione sull'attacco è riservata al consiglio degli strateghi. 16 Cfr. Beloch, GG 2 II 1, p. 22 n. 2. Sull'assenza degli Spartani, arrivati solo a battaglia avvenuta, circolavano altre versioni nell'antichità, come una ribellione messenica (un'altra 'guerra messenica', oltre le tre più note, quindi la 'vera' III messenica, se autentica, di cui parla Platone, Leggi III 698 D-E, e a cui sembra accennare Strabone, VIII C. 362). Forse però Platone trasformava in una vera e propria guerra uno stato piuttosto cronico di tensione e di operazioni di guerriglia (sul problema, L. Pearson, in «Historia» 11, 1962, pp. 396-426, in part, 401,419 sgg.). 17 Erodoto, VI 115-118; sulla storia dello scudo con cui sarebbero stati fatti segnali da Ateniesi conniventi, 121-124.

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pria, continentale e insulare, rispetto ai tempi di Ciro e di Cambise, La vera novità, profilatasi già con l'episodio di Nassa del 500/499 a.C., era l'intrusione persiana nelle Cicladi. Su di esse si concentrò nel 489 l'azione di Milziade II, che riuscì nelle Cicladi occidentali, ma andò ad urtare contro la resistenza di Paro, rimasta fedele ai Persiani. Quando ebbe però desistito dall'assedio, Milziade fu accusato di corruzione da Santippo, il padre di Pericle; condannato a una multa di 50 talenti, Milziade morì qualche tempo dopo di cancrena, per effetto di una ferita a una coscia procuratasi durante l' assedio 18 . Vanno successivo (488) si apre invece per Atene un altro conflitto, quello con Egina, preceduto da una guerra, combattuta forse dalla neonata democrazia circa il 506 a.C., e dimostrazione palmare di quel tharrefn (prender coraggio), che Aristotele lucidamente attribuisce al demos,dopo la vittoria di Maratona 19 . È chiaro che Atene va maturando una coscienza diversa del proprio ruolo all'interno del mondo greco, coscienza che non è puramente e semplicemente di contrapposizione nazionalistica al barbaro, ma anche di costruzione di una propria potenza e di un proprio ruolo, in perfetto parallelismo con il formarsi e lo svilupparsi di un nuovo regime, di un nuovo clima e di una nuova coscienza politica all'interno della città. La politica segue ormai ad Atene nuovi binari; quanto meno, appaiono indimostrabili quelle collusioni degli ultimi Pisistratidi con la Persia, che spesso si danno per scontate, sempre e solo sulla base di un nome, quello di Ipparco figlio di Carmo, che fu anche il primo degli ostracizzati nella storia di Atene. Non si può considerare come segno di un orientamento filopersiano della politica di Atene la guerra contro Egina ed ammettere al tempo stesso un significato antipersiano della contemporanea espulsione di Ipparco (ca. il 487)20 : il fatto è che ormai nella politica ateniese si era impiantata una logica nuova. Id., VI 132-136; Eforo, FGrHùt 70 F 63; Cornelio Nepote, Milziade7-8. Aristotele, Cast. degli'Aten. 22, 3: due anni pieni dopo la vittoria di Maratona, 8aQQOiivwç~on wii o~µou .., V. n. 21. 20 Sulla guerra contro Egina, Erodoto, V 89 (tra questa guerra e quella del 458/7 passano 30 anni), VI 87-93; narrata prima di Maratona, ma da intendere come svoltasi dopo di essa, e prima della legge cliTemistocle sulla flotta, che del resto sembra diretta in prima istanza contro E gin a (Plutarco, Temt'stocle23). Una guerra precedente, di cronologia indeterminata, è quella descritta da Erodoto, V 82-87. Egina (VI 49 sg., 85 sg.) nel 491 ·avrebbe fatto atto di sottomissione a Dario (offrendo terra ed acqua), insieme con gli altri isolani. 18 19

IV. La fine dell,arcaismo. L'avvento della democrazia, le guerre persiane

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La spedizione contro Egina si risolse in un disastro: le truppe ateniesi, sbarcate nell'isola, dovettero rapidamente riprendere il mare, e quattro navi caddero nelle mani degli Egineti, di nuovo padroni del golfo Saronico. Con gli inizi della guerra contro Egina coincide una serie di innovazioni importanti nella politica interna: prima applicazione (o secondo alcuni studiosi- ma contro la tradizione-prima istituzione) dell'ostracismo, contro Ipparco, nell'anno 488/487 (seguirà l'espulsione di Megacle nel 487/486, e di un altro non nominato amico dei tiranni nel 486/485; nel 485/484 l'ostracismo colpirà invece Santippo, il padre di Pericle); adozione della procedura del sorteggio(in luogo dell'elezioneper designazione) degli arconti (487/486) 21 , Emerge politicamente, da una specie di gioco al massacro tra i gruppi filo- e antitirannici, un nuovo personaggio, Temistocle, che sembra essere già stato arconte nel 493, ma che comunque solo dopo il 484 assurge a un ruolo politico decisivo, e di tipo diverso, rispetto ai capi politici di un passato anche recente: la diversità consiste in una articolazione diversa della lotta politica ad Atene, che si muove sempre di meno lungo i binari della contrapposizione tra amici e nemici dei tiranni, e sempre clipiù lungo quelli di un diverso modo di concepire l'uso della nuova forma politica, la demòcrazia, all'interno come verso l'esterno.

5. La politica navale di Temistocle Non è ancora l'opposizione netta fra due schieramenti politici, conservatori e radicali, all'interno della democrazia ateniese (come sarà verso la fine degli anni Sessanta e dei decenni successivi del V secolo), ma ne è già l'embrionale prefigurazione, ancora incerta però quanto a consapevolezza e motivazione politica. Perciò, quando, ca. il 482, si scoprono nuovi filoni argentiferi a Maronea (nel Laurio), a una proposta di stampo democratico, sì, ma tradizionale, clidistribuire cento talenti di surplusfra i cittadini, Temistocle ne oppone una diversa, che è di spirito imprenditoriale e di finalità difensiva e imperialistica: una proposta che conta su un nuovo tipo di solidarietà dei cittadini, presi nel loro insieme, verso le strutture della p6lis22 • I cento cittadini più ricchi dovevano ricevere in prestito un talento ciascuno, con esso al21

Per altra cronologia degli ostracismi elencati da Aristotele, Cast. degli'Aten.

22 (Ipparco 487/6; Megacle 486/5; sconosciuto 485/4; Santippo 484/3; Aristide 482/1), cfr. la discussione nelle Note i'ntegrative. 22 A Sifno, dei proventi delle miniere d'oro e d'argento la decima parte veniva

286

Storia greca

lestire una trireme, e restituire il denaro solo se la città fosse stata insoddisfatta dellavoro compiuto con quel prestito.Nasceva cosila prima rispettabile flotta militare di Atene, esigenza giustificata dai vari fallimenti nella guerra contro Egina, ma anche, come il tempo dimostrerà, dai pericoli di una nuova invasione persiana. Fra le vittime politiche dell'ascesa di Temistocle è Aristide, ostracizzato ca. il 482. Si suole affermare che la ragione del conflitto fra i due non è solo nella politica navale di Temistocle (cosa non attestata, benché non impensabile), ma anche nella consapevolezza che Aristide fin d'ora avrebbe delle conseguenze. di ordine politico e sociale della costruzione di una flotta. Non è però facile aderire a questa, pur così diffusa, rappresentazione'", perché non è affatto sicuro che intorno all'anno 482, e prima della battaglia di Salamina, ci fosse, nei politici di stampo conservatore, una consapevolezza dei rischi, tale da confinare con la chiaroveggenza. Aristide fu in realtà uno dei principali costruttori della potenza navale di Atene, favorendo la creazione della Lega navale nel 478/477, definendo gli aspetti della sua organizzazione tributaria e perfino, secondo il quadro fornito da Aristotele e dalla tradizione peripatetica (che non è facile rigettare per intero), contribuendo alla creazione in Atene del sistema sociale delle indennità (misthozìe all'inurbamento della gente di campagna, perciò allo sviluppo urbano complessivo di Atene. Se, insomma, i motivi della contrapposizione a Temistocle non sono di natura così esclusivamente personale (una rivalità amorosa), come un testimone peripatetico riferisce, e se l'ostracismo di Aristide reclama una spiegazione di più alto profilo politico, non è però né dimostrabile né probabile che ca. il 482 siano già in gioco contrapposizioni globalidi concezione politica e sociale della democrazia ateniese, quali possono sussistere tra una democrazia oplitica (o oplitico-contadina) e una democrazianautica24.È più probabile che i termini del dissenso siano quelli chela tradizione presenta, e che sarebbe imprudente considerare come problemi di minor conto, cioè: che uso fare di un'eccedenza di entrate? · destinata (all'epoca della spedizione spartana e samia contro il tiranno di Samo, Policrate, nel 524) alla costruzione di un thesaur6s ·a Delfi, mentre 9/10 se li distribuivano fra loro i cittadini dell'isola (Erodoto, III 57). 23 Discutibile la convinzione {presente già in Beloch, GG2 II 1, pp. 33 sg.) che l'ostracismo di Aristide sia da collegare con una radicale opposizione all'idea stessa di creare una grande flotta. 24 Cfr. D. Musti, L'urbanesimo e la situazione delle campagnenella Greciaclassica in AA.VV,, Storia e civiltà dei Greci cit., 6, pp. 525-527.

IV. La fine dell'arcaismo. L'avvento della democrazia, le guerre persiane

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Adottare, nelle nuove dimensioni della polis democratica, la vecchia pratica clientelare delle liberalità aristocratiche, in forme blande, non richiedenti sacrifici da nessuno? O introdurre una nuova logica solidaristica e faticosamente dinamica, dove la capacità di realizzazione dei ricchi concorre con la volontà, propria della massa democratica, di darsi uno strumento di potenza? Quanto a Temistocle, è vero che con la sua proposta comincia a prender corpo la politica imperialistica della democrazia ateniese, di cui Egina era stata solo un'infelice avvisaglia. Aristide in questa fase è, con ogni verosimiglianza, contro la politica imperialistica in quan to politica di 'sacrifici'. A modificarne l'atteggiamento sarà la guerra contro i Persiani, con la sua forza di fatto ineludibile, e la conseguente relativa facilità per Atene di darsi uno strumento efficace di potenza navale con il sacrificio, o almeno il contributo, deglialleati. Non è dimostrabile insomma che, anche nella sua primissima fase, la politica di Aristide sia antinavale in assoluto; è ben più probabile che in gioco fosse una concezion_edel sistema di rapporti, e degli obblighi e diritti dei cittadini, all'interno della polis, cioè una maggiore attenzione al privato di tipo tradizionale, attenzione che in questo caso giocava anche contro la legge navale di Temistocle, che era invece assai più orientata verso un'idea di preminenza di quello che per Temistocle era l'interesse pubblico.

6. La spedizionedi Sersee Mardoniocontrola Grecia Nel 485 Dario era stato colto dalla morte nel corso dei preparativi per una nuova spedizione punitiva, che doveva essere ormai rivolta contro la Grecia interna, e fare tesoro delle deficienze messe in luce dalla spedizione. del 490. Serse ne ereditava il disegno: si trattava in primo luogo di far valere la specifica qualità militare di una grande potenza territoriale come l'impero persiano, doveva perciò essere una grande spedizione di terra, affiancata e sostenuta dalla flotta. Nell'autunno del 481 le truppe di terra sono raccolte in Asia Minore, e vi tengono i quartieri d'inverno; nel giugno del 480 Serse fa loro varcare l'Ellesponto su due ponti di barche e; procedendo lungo la costa, raggiunge Terme in Macedonia. Da parte greca) nello stesso lasso di tempo) si era tenuto un congresso all'Istmo degli Stati greci decisi a resistere ai Persiani. Si proclamò una pace generale fra i Greci; si richiamarono in patria gli esuli politici (così, tra l'altro, Aristide rientrò ad Atene): gli inviati di Serse,

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Storiagreca

che chiedevano sottomissione ai Greci, riservando la punizione agli Ateniesi e agli stessi Spartani, furono rimandati indietro (e a Sparta addirittura messi a morte). Tuttavia nel Peloponneso il re poteva contare sulla solidarietà della nemica di Sparta, Argo; Corcira promise un aiuto navale, che inviò solo con ritardo; Gelone di Siracusa rifiutò di associarsi alla resistenza greca, senza il conferimento di una posizione di comando almeno parziale, che i Greci tuttavia gli negarono 25 • La storia della spedizione di Serse, dal versante greco, è innanzitutto nella sequenza delle diverse linee di difesa successivamente adottate. Prima ancora del passaggio dell'Ellesponto da parte persiana, Peloponnesiaci, Ateniesi e Beoti sperimentarono lo sbarramento dei passi dell'Olimpo alla valle di Tempe, ma verificarono l'impossibilità della difesa e l' aggirabilità dell'Olimpo. La rinuncia a quel primo sbarramento comportava!' arretramento alla prossima strozzatura della strada verso la Grecia centro-meridionale, ma perciò anche l'abbandono della Tessaglia; ai Tessali, fra cui primeggiavano i signori di Larissa (i nobili Alevadi), non restò che sottomettersi al re persiano, con cui resero definitive le intese già per tempo avviate segretamente. Le Termopile costituivano uno stretto varco tra il mare (che certo doveva essere presidiato da una flotta greca) e le pendici dell'Eia, i cui passaggi potevano permettere un aggiramento della posizione sulla sinistra, solo se mal sorvegliati. A difendere il passo furono inviati 4000 opliti peloponnesiaci al comando di Leonida, cui si congiunsero le forze dei popoli della Grecia centrale, Focesi, Locresi e Beoti; la flotta greca si attestò presso il tempio di Artemide sulla costa settentrionale dell'Eubea. Intanto la flotta persiana, mentre Serse giungeva (fine luglio del 480) alle Termopile, moveva da Terme, per raggiungere dal mare la medesima posizione: al capo Sepia un'improvvisa e violenta tempesta provocò l'affondamento di molte navi. Qualche giorno dopo le navi persiane potevano ancorarsi ad Afete, proprio di fronte ali'Artemisia; in due scontri, un discreto nu25 Erodoto, VII 1 sgg,; sull'episodio della richiesta di aiuto a Gelone, 153-171 (e per la sua interpretazione, per il rapporto Sicilia-Sparta, v, quanto scrivo in

«Kokalos» 30-31, 1984-85, pp. 343-345). Sulle forze persiane d'invasione, cfr. VII 184 sgg., 228, e anche 60, 87 (ca, 2,640.000 armati e altrettanti inservienti, secon-

do i calcoli erodotei, largamentecongetturalie da ridurredrasticamente).

Tav. 37 - Le Termopile e il passo (o sentiero) Anopaia (Anopea) (daP .W. Wallace, in «AJA» 84, 1980, p. 18).

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Storia greca

mero di navi nemiche finirono nelle mani dei Greci; l'attacco successivo, da parte persiana,· si scontrò con una durissima resistenza e

si concluse con gravi perdite. Molto più fortunata fu invece l'avanzata dei barbari per via di terra; essi tentarono ]'_aggiramento del passo sulla sinistra e vi riuscirono grazie alla negligente difesa da parte focese di un sentiero, una via (la famigerata Anopea), la cui presenza era stata del resto segnalata ai barbari da un disertore greco. Fra i Greci che erano a difesa del passo si diffuse il panico; la fuga fu generale: i 3 00 opliti Spartani, lì presenti al comando del re Leonida, sacrificarono la loro vita «per obbedire agli ordini della città»; con loro si sacrificarono 700 Tespiesi, ma in totale perirono circa 4000 Greci. Ormai per la flotta la posizione dell'Artemisia diventava indifendibile, e ne seguiva l' abbandono dell'Eubea e il rientro dei diversi contingenti navali greci. Allo sfondamento della posizione delle Termopile faceva seguito il dileguarsi dei Focesi, e la resa dei Beoti e dei Locresi Opunzi; è incerto se Delfi, che prima dell'arrivo persiano aveva tenuto un atteggiamento di prudenza e di sostanziale cedimento nei confronti delle richieste del re, sia stata saccheggiata 26 , È certo invece, e illuminante ai fini dell'intero problema della qualitàdella coscienza nazionale greca, che la spedizione persiana mette in luce diversità di comportamenti nell' àmbito del mondo greco e il formarsi di una solidarietà forte piuttosto fra i Greci delle regioni meridionalidella penisola, che sono anche quelle in cui la forma cittadina ha avuto un maggiore sviluppo. È insomma vero che si forma una solidarietà nazionale greca, ma è an ~ che vero (ed è un dato fermo nel tempo) che questa solidarietà nazionale è assai lontana dall'identificarsi con l'intera area della grecità culturale e politica, ha invece l'asse portante in Atene e, per il momento, in Sparta: una situazione, questa, che prelude ali' altra, in cui Atene diventerà la punta avanzata di tale coscienza, senza che vi si accompa-

gnino reali progetti di unificazione politica della Grecia intera 27 . Ad Atene viene presa la decisione di abbandonare la città, di trasferire donne, bambini e suppellettili o animali a Salamina, ad Egina e soprattutto a Trezene, nel Peloponneso, una decisione di cui ci 26 Sulla spedizione di Serse, dalla 6LC(Bamç dell'Ellespontofino alle Termopile, Erodoto, VII 54-239. 27 In favore dell'jdeà del formarsi di una coscienza nazionale greca nel corso e

per effetto delle guerre persiane, alquanto sfumato pp. 65 e 75 sg.

il giudizio di Beloch, GG 2 II 1,

IV. La fine dell'arcaismo.L'avvento della democrazia,le guerrepersiane

291

conserva una formulazione, rielaborata in età più tarda, una recente scoperta epigrafica (1959), il 'decreto di Temistocle', rinvenuto appunto a Trezene. Torna utile a Temistocle un oracolo che consiglia di affidarsi alla difesa di uno xylinon teìchos, un «muro di legno», che egli interpreta come metaforica allusione alle navi' 8 • Atene è abbandonata (circa agosto 480) alle devastazioni dei Persiani. La flotta greca si concentra a Salamina, al comando dello spartano Euribiade; quella nemica, dalle acque dell'Eubea, raggiunge il Falera. Ateniesi, Egineti e Megaresi ottengono che i Greci affrontino i Persiani nel canale tra Salamina e l'Attica, e non ali'altezza dell'Istmo, che avrebbe garantito la sicurezza del solo Peloponneso. Una sera di settembre del 480 la flotta persiana, che contava contingenti fenici e ionici, forza il canale, mentre truppe persiane sbarcano a terra, nell'Attica, e nell'isoletta diPsittalia (H. Gheorghios? o Lipsokoutala?), sita nel canale. Lo scontro avvenne al mattino, sotto gli occhi del re, che aveva fatto installare il suo trono sulla costa ateniese: agilità, capacità di manovra, esperienza dei luoghi giocarono in favore della flotta greca, che riuscì a sospingere quella persiana verso la costa attica, producendo in essa gravissime perdite; un corpo di opliti ateniesi, che si trovava a Salamina, sbarcava ora a Psittalia, facendo strage della guarnigione persiana. La tradizione ateniese presenta la battaglia di Salamina come una vittoria decisiva; non tutti gli storici moderni sono dello stesso parere. Per Beloch, la perdita di qualche centinaio di navi, ali'Artemisia prima e a Salamina poi, poco avrebbe tolto per sé ai grandiosi successi ottenuti da Serse con la sua spedizione 29 . Questa considerazione è vera solo in parte: nella guerra di mare, certamente, la sconfitta subita a Salamina era di rilevantissime dimensioni e l'umiliazione per i Persiani cocente. Ma è anche vero che l'impero persiano era una 28 Sul 'decreto di Temistocle' da Trezene, cfr. W.H. Jameson, in «Hesperia» 29, 1960, pp. 198-223; Id., ibid., 32, 1963, pp. 385 sgg.; L. Moretti, in «RFIC» 92, 1964, pp. 117-124; L. Braccesi, Il problemadel decretodi Temistocle,Bologna 1968; M. Sordi e altri autori, in «RSA» 1, 1971, pp. 197-217, La flotta greca conta 310 navi per Eschilo, 378 per Erodoto. 29 Dalla battaglia dell'Artemisia fino alla battaglia di Salàmina e alla ritirata di Serse, Erodoto, VIII 1-120 (sull'Artemisia già VII 175-177; 183; 192-196); Eschilo, Persiani290-510. Beloch,. GG2 II 1, p. 51, considera di poco conto le perdite persiane, solo perché le navi erano fornite «da sudditi»: ma proprio in esse risiedeva la forza di attacco per mare dell'impero achemenide! Per Erodoto, VII 89-99, le triremi persiane erano 1207, le altre navi dei barbari 3000.

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Tav. 38 - La battaglia di.Salamina (da N.G.L. Hammond, in «JHS» 76, 1956, p, 33). potenza territoriale, la sua forza militare nazionale quella di terra e, non avendo subìto per terra una qualunque sconfitta da parte greca, Serse poteva pensare di avere da giocare ancora la sua migliore carta e di dover ancora sperimentare la fortuna delle armi sul terreno più favorevole e congeniale ai Persiani. Prova ne è il fatto che la flotta rientra in Asia pochi giorni dopo la battaglia, mentre l'esercito è ricondotto dal re negli accampamenti invernali in Tessaglia, quindi affidato al comando di Mardonio, in previsione di un nuovo attacco, questa volta per via di terra, contro i Greci: Serse stesso si trasferisce a Sardi, in attesa degli eventi. I Greci, dal canto loro, recu-

IV. Laf,:nedell'arcaismo.L'avvento della democrazia,le guerrepersiane

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perano posizioni nelle Cicladi e in Tracia; ma solo all'anno successivo (479) è riservata la ripresa dello scontro militare diretto. Mardonio, dopo aver invano sollecitato gli Ateniesi alla resa, anche servendosi degli equivoci uffici del re di Macedonia (Alessandro I), invade la Beozia e poi devasta nuovamente Atene (giugno 479), mentre la città è evacuata per la seconda volta. Le forze peloponnesiache si riuniscono intanto all'Istmo, al co1

mando dei reggenti Eurianatte e Pausania; un avanguardia riesce a

mettere Megara in salvo dalla minaccia dei Persiani che, passando per Decelea, si ritirano in Beozia, sulla sinistra (cioè a nord) del fiume Asopo, poco oltre le pendici settentrionali del monte Citerone; alle sue pendici vengono invece ad attestarsi i circa50.000 Greci raccolti ormai a Megara, e procedenti verso la Beozia (12.000 opliti dal Peloponneso, 8000 da Atene, Megara e Platea e, per il resto, truppe leggere), contro un nemico di forze doppie. La dinamica della battaglia di Platea presenta due fasi ben distinte. Dapprima le forze si fronteggiano; più in alto sono i Greci, i quali poi, senza rinunciare alla posizione dominante, eseguono una manovra di accostamento al nemico, trasferendosi sui colli che delimitano verso sud la valle del!'Asopo, e occupando così lo spazio che va da Platea fino ad una altura che si erge al di sopra della fonte Gargafia. In una seconda fase, Pausania fa arretrare il suo centro e trasferisce l'ala destra allo sbocco di un passo del Citerone (Dryoskephalai), lasciando gli Ateniesi all'altezza di Platea; nel corso di questa manovra si sviluppa l' attacco persiano contro uno schieramento ormai disarticolato. Pausania riesce però a tener fronte all'attacco, fino alla ricostituzione di un solido fronte, costituito col sopraggiungere di Corinzi e di altri, e nel contrattacco travolge i Persiani, soprattutto dopo che lo stesso Mardonio è caduto sul campo. Nelle mani dei Greci finisce ora l'accampamento persiano, ma il luogotenente di Mardonio, Artabazo, riesce a portare in salvo circa 40.000 soldati sopravvissuti allo scontro'°.

7. Dopo Platea Sul campo di battaglia fu eretto un altare a Zeus Eleutherios («della libertà»), presso il quale annualmente si celebrava un sacrificio, ed 30 Erodoto, VIII 121-144; IX 1-85, dall'indomani di Salamina fino alla battaglia di Platea. Sotto Mardoniocombattono anche (varicordato)Beoti, Locresi,Tessali1Macedoni e Pacesi medizzanti.

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Storia greca

ogni quattro anni avevano luogo agoni panellenici, che continuarono a restare in vita fino ad epoca romana; la decima dell'ingente bottino fu dedicata a Delfi, ad Olimpia e al santuario di Posidone sull'Istmo. Si provvide anche alla punizione di Tebe, costretta alla resa dopo un assedio di 20 giorni;il capo dei filopersiani, Attagino, riuscì a fuggire, altri furono giustiziati all'Istmo; la lega beotica fu sciolta 31 • Da Delo la flotta greca, al comando (nel 479) del re spartano Leotichida, raggiungeva Chio e Samo per sollecitazione degli stessi Ioni; i resti della flotta persiana, in sosta presso Samo, abbandonavano l'isola per raggiungere il continente; le navi venivano tratte in secco, non lungi dal promontorio di Micale. Nei fatti, quella di Micale (agosto 479) non fu tanto una vittoria navaledei Greci, quanto una battaglia navale mancata: l'azione militare e la vittoria greca consistettero piuttosto nell'assalto delle fortificazioni persiane e nella loro distruzione; le navi persiane furono così date alle fiamme (dai Greci, naturalmente, e non dai Persiani, come riteneva di poter affermare Beloch, contro la testimonianza di Erodoto) 32 . Gli eventi che seguono sono storicamente dei più significativi. Da un lato si verifica la ribellione di tutti gli Ioni, l'abbattimento delle tirannidi filopersiane e l'inserimento delle isole di Samo, Lesbo e Chio nella Lega greca: in definitiva, nel 479 si realizzano i fini della rivolta di Aristagora del 499. Ma, insieme, un importante passaggio verso l'esito imminente ed epocale del 478/477 (cioè verso la fondazione della Lega navale delio-attica) è costituito dall'andamento delle operazioni, e dai diversi tipi di comportamento fra i Greci, nei mesi successivi alla battaglia di Micale. Come, sull'Ellesponto, Abido e Sesto erano ancora nelle mani dei Persiani, la flotta greca si dirige verso la zona degli Stretti, ottenendo subito la defezione di Abido; ma con l'arrivo dell'autunno i Peloponnesiaci se ne tornano a casa, lasciando il campo agli Ateniesi, che assediano e poi prendono per fame Sesto (primavera 478), con la cooperazione degli Ioni, che già in questa campagna risuscitano quel rapporto privilegiato con Atene che avevano avuto agli inizi della rivolta del 499. 31

Id., IX 86-89. Sulleoffertevotive dei Greci a Delfi, a Olimpiae all'Istmo,dr.

IX 81, e in part. l'iscrizione sulla colonna serpentina di Delfi, SIG 31, con l'elenco di 31 nomi di città greche (in testa gli Spartani, gli Ateniesi e i Corinzi), che «combatterono la guerra». Sull'altare di Zeus Eleutherios (liberatore) eretto sul campo di Platea e oggetto di culto e feste quadriennali, Plutarco, Aristide 21; Strabone, IX C. 412; Pausania, IX2, 5; l'iscrizione dell'altare, Simonide, fr. 140 Bergk.

"Fino a Micale (479): Erodoto, IX 90-105. E v. Beloch, GG2 II!, p. 59 n. 2.

IV. La /ine dell'arcaz'smo. L'avvento della democrazia,le guerrepersiane

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Nella primavera del 478, comunque, una forza navale peloponnesiàca al comando di Pausania torna ad operare, insieme con Ateniesi e Ioni, sulla costa caria, a Cipro (di cui una parte è sottratta ai Persiani) e nell'area degli Stretti, dove finalmente è conquistata anche Bisanzio, dopo un lungo assedio. Il rapporto degli Ioni con gli Spartani, già in qualche modo attenuatosi per le vicende prima dette, si deteriora ormai per il comportamento duro, quasi tirannico, tenuto nei loro confronti da Pausania, che, sospetto anche di filomedismo, è richiamato in patria dalle autorità cittadine (477), mentre al converso si rafforza, anche in virtù dei vantati vincoli di sangue, il rapporto degli stessi Ioni con Atene. Il sostituto di Pausania, Dorci, non trova migliore accoglienza; sicché non gli resta che tornarsene a casa, privato di fatto di ogni autorità sulla Lega ellenica, che ormai ha rapidamente cambiato la composizione e il vertice 33 . Più congeniale a Sparta il compito di 'gendarme' dei doveri nazionali greci, che essa si assume .con la spedizione punitiva guidata (forse nello stesso 477) dal re Leotichida in Tessaglia; contro gli Alevadi di Larissa il re spartano non poté però cogliere significativi successi, che conseguì invece nella regione di Fere, dove riuscì a impadronirsi di Pagase; e così, più tardi, Leotichida, accusato a Sparta d'essere stato corrotto dagli Alevadi, fu condannato e dové andare in esilio a Tegea. In definitiva, dopo gli anni (481-477) in cui aveva esercitato un ruolo fondamentale nella storia nazionale greca, Sparta, pur forte di grande prestigio fra i Greci, rientra in una dimensione politica quasi regionale (che però è nella storia greca il dato più costante e caratteristico); Atene invece procedeva, in una lega di cui deteneva l'egemonia, per libero e autonomo consenso degli alleati Ioni, ad un'organizzazione sistematica dei rapporti che si erano andati rapidamente annodando intorno alla città, in un processo che sembra presentare i caratteri di un fenoméno spontaneo e improvviso, ma che affonda invece le sue radici in tradizioni più remote nel tempo e nella stessa comunanza di vicende, saltuaria ma non casuale, tra Atene e il mondo ionico durante la rivolta dell'inizio del V secolo, con tutte le conseguenze che ne erano derivate alla città e alla Grecia intera. 33 Erodoto, IX 106, 114-121; Tucidide, I 89 sgg. e in part. 94 sg.; Diodoro, XI 3 7, sui fatti successivi alla battaglia di Micale, che conducono allafondazione della Lega navale attica.

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8. Le città di Magna Greciae Sicilia

fino alla tirannidedei Dinomenidi a Siracusa Il V1 secolo rappresenta il periodo di massima fioritura della Magna Grecia: al che corrispondono spinte espansionistiche, volte a modificare le delimitazioni areali originarie. Se la nozione di Mega/eHelldsha avuto realmente corso in epoca arcaica, il periodo a cui questa denominazione più si attaglia è certamente quello in cui le città achee si impegnarono a costituire un'area unitaria e a canc.ellareogni traccia di intrusione. Magna Grecia è nozione che fa pensare a una comparazione con la Grecia propria. Tuttavia questa non è l'unica spiegazione possibile, e forse neanche la più probabile: l' espressione può stare a significare il dilatarsiverso occidentedella grecitàin quantotale e, solo secondariamente, un'area coloniale specifica. La 'grandezza' è al tempo stesso culturale e politica, secondo una concezione arcaica che certamente non conosce ancora l'opposizione di valutazioni materialistiche e spiritualistiche. Se ebbe davvero corso prima di Pitagora, l'espressione tuttavia non poté non avere una rinnovata diffusione proprio in epoca pitagorica, quando alla fama delle città dell'Italia meridionale, e in particolare di Crotone e di Metaponto, tanto contribuì la presenza, la dottrina, l'opera, l'influenza culturale e politica del Maestro e dei suoi discepoli; molto improbabile invece che l'espressione sia nata alla fine del V secolo, quando le città achee conoscono un'ultima fase di riorganizzazione, ma si avviano già al declino. Quando comparirà nei testi (Timeo?, Polibio), la definizione sarà solo un'espressione di nostalgia di una perduta e forse anche mitizzata grandezza. Megdle Hellds diventa dunque, presso gli autori del II e del I secolo a.C., una denominazione che evoca il passato, e che al passato appartiene; è la celebrazione nostalgica di una grandezza che è stata e che or non è più. Così si conclude la storia di una regione che all'origine (nel VI-V secolo a.C.) era stata un 'oggetto del desiderio', e che alla fine (nel II secolo a.C.), soprattutto a seguito dell'invasione dell'Italia da parte di Annibale, e per le connesse distruzioni e rovine, era quasi completamente deleta, pur avendo ospitato una civiltà capace di grandezza,dal punto di vista culturale, materiale e anche politico 34 • La guerra combattuta e vinta dagli Achei contro Siri, e quella combattuta e perduta dai Crotoniati contro i Locresi, con la batta34

Sull'idea diMegdle Hellds,v. sopra, cap, II n. 52.

IV. La/ine dell'arcaismo.L'avventodellademocrazia,le guerrepersiane

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glia della Sagra (575 e 550 circa, rispettivamente?), hanno ancora l' aspetto di comuni conflitti territoriali; lo scontro tra Crotone e Sibari, che culmina nella presa e distruzione di Sibari e nell'acquisizione del territorio, si arricchisce, rispetto a quei più arcaici conflitti, di un motivo ideologico, A Sibari l'aristocrazia è oppressa dalla tirannide di Telys; 500 suoi rappresentanti chiedono e ottengono asilo a Crotone; ma Telys ne chiede _asua volta l'estradizione: da parte di Crotone, concederla significa acquiescenza, negarla significa la guerra. E Pitagora, che è ormai da anni il gran consigliere dell'aristocrazia crotoniate, che ha promosso il riarmo morale e materiale della città (impartisce lezioni a uomini, donne, giovani; ha forn1ato un'associa-

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zione di trecento giovani eletti), spinge e convince alla guerra. La tirannide di Telys rappresenta uno dei non frequenti casi di tirannidi arcaiche di Magna Grecia. La struttura del territorio sibaritico, il rapporto particolare con gli indigeni, il forte coinvolgimento (quasi di tipo siceliota) dell'elemento locale nelle strutture sociali della città, i problemi sociali e militari che ne derivano, dànno sufficientemente conto delle peculiarità del processo politico a Sibari. Altrettanto motivata ideologicamenteè la reazione di Pitagora e del suo gruppo, un gruppo evidentemente aristocratico (il che però non equivale ad una assoluta uniformità di vedute con l'aristocrazia proprietaria, reale, di Crotone). Quella pitagorica è una aristocrazia ideologica, che mira a un regime di proprietà comunitaria (koinà tà tòn philon: «sono in comune i beni degli amici»), che in sopraggiunta risente molto del modello spartano. Sibari viene assediata, e distrutta dopo un assedio di 70 giorni. La città, con una popolazione (o addirittura con un esercito) di 300.000 unità, è vinta dalla più piccola, ma moralmente e materialmente più sana, Crotone. Il grande successo e incremento territoriale ottenuto con la vittoria si ripercuote negativamente su Pitagora e i suoi: alla tesi degli estremisti (di tendenza oligarchica o di tendenza popolare) della necessità di distribuirele terre strappate ai Sibariti, si contrappone la tesi pitagorica di una gestione comunitariadella terra (teoria della 'terra indivisa'), Apparentemente Pitagora ha dalla sua la città: ma il sostegno non dev'essere né convinto né, soprattutto, efficace, se la sede di Pitagora e dei suoi (il synhédrion)viene data alle fiamme, e Pitagora è costretto a peregrinazioni; forse, in varie città d'Italia, e alla fuga a Metaponto, dove morrà (subito, secondo Dicearco, o dopo un soggiorno di venti anni, secondo altra tradizione, che forse vuole esaltare il ruolo di Metaponto nel primo periodo pitagorico). Formalmente, il moti-

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Storia greca

vo dei disordini antipitagorici va ricercato nel sospetto che Pitagora e i suoi 300 affiliati mirassero a instaurare un regime tirannico (che ormai in questo periodo, in Grecia, equivale a un aspro conflitto con l' aristocrazia): segno dei tempi, e degli umori che li percorrono 35 • La tirannide sembra comunque una formula politica (o, a rigore, antzpolitica)particolarmente adatta a determinati sviluppi territoriali; il principio opposto è quello della autonomia dellap6lis,il che equivale ad accettare il frazionamento territoriale, quel policentrismo che è caratteristico della mentalità cittadina dei Greci. Non c'è perciò da meravigliarsi che Tucidide (I 17) attribuisca, da un lato, ai tiranni greci una politica di breve respiro, volta ad assicurare potere a sé e alla propria famiglia, e a costituire una posizione di forza della propria città solo nei confronti dei vicini (perfoikoi),ma che affermi anche come a questa regola si sottraggano i tiranni di Sicilia, che epz'pleiston ech6resan dynameos, cioè «si spinsero al massimo della potenza». Valorizzando l'affermazione tucididea, proprio quanto al rapporto fra i due termini in questione (tirannide e dominio territoriale), potremmo dire che proprio le tirannidi di Sicilia si rivelano come la formula di governo più adatta alle prospettive di un incremento territoriale di alcune città in epoca post-arcaica (o tardo-arcaica). Così, Cleandro governa tirannicamente Gela per 7 anni (circa 505/498) e poi per altri 7 anni gli succede il fratello Ippocrate (498/491), che cerca di costituire, a danno di Greci e di Siculi, quel dominio territoriale di cui abbiamo già detto (p. 191). La sua politica, con sensibili varianti, è proseguita da Gelone, capo della cavalleria, della stirpe dei Dinomenidi (un aristocratico, dunque, con esperienza e potere militare)' 6 . Che nelle tirannidi siceliote di V secolo i progetti espansionistici, le prospettive di ordine territoriale e militare prevalgano su eventuali scelte sociali antiaristocratiche, è evidente dagli sviluppi successivi, e dal rapporto tutto positivo di Gelone 35

Per l'atteggiamento dei Pitagorici sul problema della proprietà, D. Musti,

Strabone e la Magna Greciacit., pp. 47 sgg. Sul dominio di Sibari, Strabone, VI C. 263 (forse da Timeo). 36 Erodoto, VII 154-156: Ippocrate punta su Callipoli, Nassa, Zancle, Leontini, Siracusa e il territorio dei barbari, e muore combattendo contro la sicula Ibla; Gelone contiene la sua politica di espansione territoriale essenzialmente in àmbito greco (Casmene, Siracusa, Camarina, Megara Iblea e i misteriosi Eubeesi di Sicilia, che sembrano rinviare a una città di nome Eubea - cfr. Strabone, VI C. 272 e X C. 449, però senza aggiunta di dati specifici-, se non si tratta semplicemente dei Calcidesi di Sicilia),

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IV. La fine dell'arcaismo.L1avventodella democrazia,le guerrepersiane

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con i proprietari terrieri. Quando il modello espansionistico viene assunto anche dall'agrigentino Terone, in un'area molto vicina a quella del dominio cartaginese, si capisce la reazione di Cartagine. Questa volta (non certo. in risposta ai fragili tentativi di Pentatlo [v. p. 193] e dello spartano Dorieo, che circa il 510 tentò invano di affermarsi ad Eri ce, contro 'Fenici' e Segestani) l'attivismo cartaginese in Sicilia appare già in larga misura come una risposta all'atteggiamento ormaiveramente nuovo dei Greci verso il territorio 37 . La nuova politica trovava espressione anche in alleanze che, senza fondare una diversa unità statale, tuttavia costituivano nuove forme di coesione territoriale, che rappresentavano di per sé un coagulo di potenza e una possibile minaccia per tutti gli altri occupanti la Sicilia. Così, Terone diede in moglie a Gelone la figlia Damarete (che dopo la morte di Gelone sarebbe divenuta la moglie di Polizalo), mentre sposava la figlia di Polizalo, il più giovane fratello di Gelone. Come giustamente osserva Beloch, «il movimento unitario dei Greci di Sicilia» (pur da intendere entro i limiti indicati) «non poteva lasciare indifferente Cartagine». Quando perciò Terillo, tiranno di Imera, cacciato da Terone, si rivolse per aiuto ai Punici, questi intervennero con un esercito di cittadìni cartaginesi, di sudditi libici e di mercenari al comando di Amilcare, trovando come alleato Anassila di Reggio, genero di Terillo, e la stessa città di Selinunte. Va dunque tenuta ìn conto la sollecitazione che proviene da parte greca. Da Panormo, dove era sbarcato, l'esercito punico mosse all'assedio di Imera, controllata ormai da Terone; l'intervento di Gelone sotto le mura della città significò lo scontro, e produsse l'annientamento dei Cartaginesi, avvenuto, secondo una tradizione siceliota raccolta già da Erodoto (VII 166), nello stesso giorno della battaglia di Salamina (estate del480); probabilmente già prima dello scontro, alcuni ca37 È nuovo l'atteggiamento verso il territorio, nei tiranni sicelioti degli inizi del V secolo. Lo stesso Falaride, nel secolo precedente, pur espandendo il dominio di Agrigento sulla costa e in direzione dell'interno, in area sicana, e pur puntando verso Imera, non riesce a impadronirsi di quest'ultima, anzi, Ove si tenga conto anche dei più spinti avamposti che gli si possono attribuire, ne resta di fatto distante decine di chilometri. Quanto poi alla politica cartaginese di interventi armati, non va dimenticato come la stessa grande spedizione del 480, comandata dall'Amilcare scomparso ad Imera (forse suicida, forse ucciso da cavalieri del siracusano Gelone), fosse provocata da conflitti interni al mondo greco: da un lato, sono Terone di Agrigento e il genero Gelone di Siracusa, dall'altro T erillo di Imera e Anassila di Reggio, che reagivano alla politica territoriale di Agrigento e di Siracusa. Su Dorieo, Erodoto, V 43-48; Diodoro, IV 23; Pausania, III 16.

300

Storiagreca

val.ieri siracusani avevano ucciso lo stesso comandante nemico, Amilcare, mentre stava compiendo un sacrificio 38 • Gli eventi che seguirono danno la misura della gradualità che Gelone, pur interessato a un'espansione territoriale, impose alprocesso, secondo un caratteristico limite storico dell'espansionismo territoriale greco; ai Cartaginesi (sembra anche in virtù dei buoni uffici di Damarete) fu con cessala pace, contro il pagamento di 2000 talenti; Anassila di Reggio e Selinunte dovettero obbligarsi a seguire Gelone in guerra. Se Diodoro (XI 26, 4 sgg.) afferma che la ragione della fretta di concludere fu il desiderio di Gelone di intervenire in Grecia contro i Persiani, deluso dall'avvenuta vittoria di Salamina, si tratta di un abbellimento che fa torto alla comprensione dei limiti dell'impulso imperialistico greco, persino in coloro che fra i Greci lo rappresentano. A Gelone,morto (478) un paio d'anni dopo il trionfo diimera,non poteva succedere il figlio impubere; gli successe il fratello Ierone, che, nonostante il titolo attribuitogli da Pindaro e l'uso linguistico di Diodoro, non dové portare il titolo di basileus,che del resto non risulta essere stato assunto da alcuno dei Dinomenidi. Cori Ierone si accentuano comunque gli aspetti personali del potere; intorno a lui si costituisce una vera corte, a cui partecipano i più grandi poeti greci come Simonide, Pindaro, Bacchilide, Eschilo, Senofane ed Epicarmo. La spinta espansionistica che era stata di Gelorie viene ripresa da Ierone: anche in questo caso con la caratteristica gradualità ed eterogeneità delle soluzioni, a seconda dèi territori in questione e della loro distanza da Siracusa. In rapporto ai diversi territori vale un diverso modulo di espansione e di dominio. Come già Gelone, Ierone osteggia le città calcidesi: assoggetta Catania, ne trasferisce i vecchi abitan ti a Leontini, mentre ne sostituisce la popolazione con nuovi cittadini (in parte siracusani, in parte mercenari peloponnesiaci), ridenominandola Etna; ma, dopo la morte di Ierone (467 /466), gli antichi abitanti tornarono a Catania (circa il 461), mentre gli Etnei dovettero migrare, all'interno, a Inessa (S. Maria di Licodia?), che veniva ribattezzata Etna. È chiaro l'intento di Ierone di concentrare l'elemento calcidese (i Catanesi come del resto anche i Nassii) a Leontini, più vici"Erodoto, VII 165-167; Diodoro, XI 1 e20-25; Polieno, I 27, 2-28. La battaglia fu combattuta, secondo Erodoto (166) nello stesso giorno di Salamina, per Diodoro (24) già in quello delle Termopile. La tradizione, in particolare diodorea, enfatizza i meriti di Gelone rispetto a quelli dello stesso Terone, Per il giudizio citato di Beloch, cfr. GG2 II 1, p. 71.

IV. La fine dell'arcaismo.L'avvento della democrait'a,le guerrepersiane

301

Dinomene

Gelone sp. Damarete

I

Polizalo Trasibulo figlia sp. X sp. Damarete sp. Cromia

I

figlio

figlia sP. Aristonoo

figlia sp. Terone lerone

sp, f. di Nicocle

sp. f. di Anassilao

sp. f. di Senocrate

I

Dinomene

Cleandro di Gela Ippocrate di Gela Gelone come signore di Gela Gelone•a Siracusa e Ierone a Gela Ierone a Siracusa Trasibulo

505-498 498-491 491-485 485-478 478-466 466-465

Tav. 39 a e b - I Dinomenidi (in alto) (da H. Berve, Die Tyrannisbei den Griechen,p, 760), I tiranni di Gela e Siracusa (in basso)(da Bèloch GG2 II 2, p. 167). na a Siracusa e perciò più facilmente controllabile (oltre che, probabilmente, destinata a diventare il grande serbatoio alimentare di Siracusa stessa) 1 mentre fo Catania egli creava una sua roccaforte 1 concepita d'altra parte come regno del figlio Dinomene, in principio sotto la tutela dei cognati di Ierone, Cromia e Aristonoo. Negli anni di Ierone, Messana è ancora strettamente collegata a Reggio; ma, al di là dello Stretto e delle due città sorelle, non manca occasione a Ierone di far sentire la sua voce, appunto in difesa dei Locresi contro Anassila di Reggio (fu forse questo l'intervento che risparmiò ai Lo cresi l'assolvimento del voto di prostituzione delle sue fanciulle, pronunciato di fronte alla minaccia incombente da Reggio) e in difesa dei Sibariti (rifugiatisi probabilmente a Lao e Sci-dro), contro Crotone, nel 476 a,C, 39 , Ma, via via che si allontana dal39 Pindaro, PiticaII 35, con i relativi scoli (intervento in favore di Locri); Diodoro, XI 48 (intenzione di Ierone di intervenire con un esercito a difesa dei Sibariti - forse, all'epoca, quelli delle sottocolonie tirreniche di Scidro e Lao - contro Crotone); 49 (sui fatti di Catania e Nassa).

302

Storiagreca Telemaco Emmenida [Berve = Calciopeo]

Xenodico

I

I

Aìnesidamo

X

Terone [Berve: Gorgo]

Trasideo

I

altro figlio

Xenocrate Filocrate

Darnarete Trasibulo sp, Gelone sp. Polizalo

Ippocrate

Capi

figlia sp. Ierone

Tav. 40 - Gli Emmenidi (da Beloch, GG' II 2, p. 175, collazionato con H. Berve, Die Tyrannisbei den Griechen,p. 759). l'area etnea, la politica espansionistica di Ierone si presenta in definitiva solo come intervento occasionale, impegno militare circoscritto, manifestazione di presenza e ricerca di posizione egemonica, non annessione territoriale. Nel 474, intervenendo in favore di Cuma, egli sconfisse duramente la flotta etrusca in una battaglia che ebbe conseguenze storiche decisive per Greci ed Etruschi. di Campania. Nulla più che un episodio fu l'installazione a Pitecussa (Ischia) di un presidio siracusano, presto rimosso a causa degli incessanti fenomeni tellurici; a Pitecussa sopraggiunse il dominio di Neapolis; meno dimostrabile la tesi che la Neapolis (città nuova), fondata sul sito dell'antica Partenope (ora divenuta Palaipolis, città vecchia), debba la sua fondazione all'impulso del tiranno siracusano. Il fenomeno storico della tirannide di Sicilia non si caratterizza solo per le spinte (pur di limitato respiro) all'espansione territoriale e per i trasferimenti di popolazione, ma anche per l'insediamento in Sicilia di mercenari di varia origine, che costituiscono una caratteristica della tirannide dei Dinomenidi, e un problema dopo l'abbattimento e la cacciata dell'ultimo di essi, Trasibulo (nel 465 a.C.). Gelone aveva insediato a Siracusa più di 10.000 mercenari; alla fine della tirannide ne restavano più di 7000 (Diodoro, XI 72). Sotto Ierone, Siracusa appariva come una caserma, come osserva Beloch in base alla descrizione di Pindaro, Pitica II 1 («Siracusa, santuario del bellicoso Ares, divina sede di uomini e cavalli che gioiscono del ferro»): mercenari in città, una flotta da guerra nell'arsenale; per di più, con Ierone si instaura a Siracusa un regime poliziesco. La tirannide perde in popolarità anche per effetto dei contrasti nella famiglia dei

I

IV. La fine dell'arcaismo.L'avvento della democrazia,le guerrepersiane

303

tiranni, riprova dell'accentuarsi dei caratteri personalistici del regi~ me. Si susseguono: il conflitto tra Ierone e Polizalo, che, cacciato da Gela, si rifugia presso Terone di Agrigento, il rientro di Polizalo, quand'era ancora vivo Terone, e, dopo la morte di quest'ultimo (472), la guerra scoppiata tra il figlio e successore di Terone, Trasideo (inviso al popolo di Agrigento come a quello di Imera) e Ierone, che conseguì su di lui una vittoria a costo di forti perdite. Le due città del dominio di Trasideo (Agrigento e Imera) si liberarono del tiranno, esiliandolo 40 . Dopo la morte di Ierone, nuove discordie minarono la tirannide siracusana: a Trasibulo, succeduto al fratello, si opponeva un partito di seguaci del figlio ormai adulto di Gelone. Siracusa insorse contro il tiranno che, dopo soli 11 mesi di governo, battuto per mare e per terra dagli insorti, dové lasciare la città, per trasferirsi a Locri (in buoni rapporti con Siracusa tradizionalmente e, in particolare, nel periodo dei Dinomenidi) 41 •

NOTE INTEGRATIVEE BIBLIOGRAFIA

a) Ostracismo:problemi di procedura e di cronologia Molti aspetti dell'ostracismo restano incerti. 1) La data di istituzione della procedura, che appare applicata per la prima volta nel 487 ed è magari attribuita, senza valide ragioni, all'iniziativa di Temistocle; la tradizione considera avvenuta l'istituzione già al tempo di Clistene (ma per la tesi della tarda istituzione sono studiosi dell'autorità di un Beloch, De Sanc-

tis, Raubitschek, Bengtson). 2) Il significato dei 6.000 voti connessi con l'attivazione della procedura: è dubbio se si tratti del quorum di voti da 40 Sul rischio di conflitto tra Trasideo (figlio di Terone e governatore di Imera) e Ierone, determinato dall'appello degli Imeresi a Ierone stesso, e sulla cinica decisione del tiral).no siracusano di denunciare presso Terone gli Imeresi, al fine di ristabilire con il tiranno agrigentino i buoni rapporti di un tempo, che erano stati turbati dalla fuga ad Agrigento del fratello di Ierone Polizalo, cfr. Diodoro, XI 48, 38; Timeo, FGrHist 566 F 93. Dopo la morte di Terone (472), lo scontro tra Ierone e Trasideo torna a farsi inevitabile: ne segue una battaglia in cui Ierone ha la meglio sulle imponenti forze (20,000 uomini) dell'avversario. Le popola_zioni di Agrigento ed Imera nel 471 si ribellano a Trasideo, che va in esilio (Diodoro, XI 53; 68, 1; 76, 4; Pindaro, OlimpicaXII); Agrigento torna a libertà repubblicana, dapprima di stampo oligarchico: cfr. Diogene Laerzio, VIII 66, 41 Diodoro, XI 67 sg.; Aristotele, PoliticaV 1312 b.

304

Storiagreca

concentrare (negativamente) su un nome (come vuole Filocoro, FGrHist 328 F 30), o se (come i più ritengono sulla scorta di Plutarco, Arist. 7, 6) del quorum di presenti richiesto per la validità del!' assemblea; la proposta dell'apertura della procedura era fatta nella 6' pritania, la votaziòne nell'8Q (recentemente si è posto i in base a una tarda testimonianza, il problema se, prima di diventare - come lo conosciamo storicamente - materia di decisione del!' ekkles(a, l'ostracismo sia stato competenza della boulé,e quanto a lungo). 3) Il grado di alfabetismo comportato dalla pratica deff ostracismo: pare certo che i voti fossero già predisposti, essendo i vari nomi dei 29, 1980, pp. 106 sgg.; G.A. Lehmann, Der Ostrakismos.EntscheidinAthen; van KleistheneszurAra des Themistokles,in «ZPE» 41, 19~1, pp. 85 sgg. 5. Temistocle, in generale: M.A. Levi, Plutarcoe il V secolo,Milano 1955; J. Labarbe, La lai navalede Thémistocle,Paris 1957; H. Bengtson, Thasos und Themistocles,in «Historia» 2, 1953-54, pp. 485 sgg.; R.J. Lenardon, The archonshipo/Themistocles,in «Historia» 5, 1956, pp. 401 sgg. (in favore della data tradizionale 493/2); Id., The Chronologyo/ Themi-· stokles' OstracismandExile, ibid.8, 1959, pp. 23 sgg.; P.J. Rhodes, Thucydides on Pausaniasand Themistocles,ibid. 79, 1970, pp. 387 sgg.; Ch.W. Fornara, Themistoclesarchonship,ibid. 20, 1971, pp. 534 sgg.; A.J. Podlecki, The Li/e o/ Themistocles.A Critica/Survey o/ the Literaryand ArchaeologicalEvtdence,Montreal-London 1975; J. Rouge, La marinedans l'antiquité,Paris 1975;}. Barret,A/cmaeon, the Enemy o/Themistocles,in «AncW» 1, 1978, pp. 67 sgg.; J.W. Cole, AlexanderPhilhellenand Themistocles,in «AC» 47, 1978, pp. 37 sgg.; R.J. Lenardon, The Sagao/Themistocles,London 1978; I. Papastavru, Themistokles.Die Geschichteeines Titanen und seiner Zeit, Darmstadt 1978; F.D. Harvey, Neokles, Fathero/Themistokles, in «Historia» 29, 1980, pp. 110 sg.; A.N. Oikonomides, Attic ChoregicInscriptions,in «AncW» 3, 1980, pp. 17 sgg.; L. Piccirilli, Themistoclea,in «MH» 30, 1982, pp. 157 sgg.; D.M. Lewis, Themistocles'Mother,in «Historia» 32, 1983, p. 245; H. Bengtson, Grie-

Storiagreca

318

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deion:D. Musti, Tradizionisuil'Odeion di Atene: Ermogene e Temistocle, in «Ktèma» 27, 2002 (Hommageà Edmond Lévy), pp. 325-329. 1

Le miniere del Lauri o e quelle di Tracia. L età positivistica mostrava un

fecondo interesse per la definizione precisa 1 quantitativamente e territorialmente, delle risorse: classica l'opera di E. Ardaillon, Les mines du Laurion dans t antiquité, Paris 1897, a cui seguirà una indagine sulle miniere, che procede tuttora: v. p. es. S. Lauffer,Die BergwerkssklavenvonLaureion, Wiesbaden 1955-1957 (1979 2 ); J.K.Trikkalinos, Der Beitragder si/bermeta//haltigenLagervoliLaurionzurRettung derStadtAthen und ihrerKultur, in «PAA» 50, 1975, pp. 321 sgg.; E. Schoenert-Geiss, Zur GeschichteMaroneiasvon denAn/iingen bis zum 4. ]h. v.u.Z., in «Klio» 61, 1979, pp. 437 sgg.; G. Heinrich, DasHerzgebirgevonLaureionundseineSilberbergwerke, in Studien zur Alten GeschichteSieg/ried Lauf/er... dargebracht ..., Roma 1986, II, pp. 397 sgg. (si è cominciato a estrarre minerale già all'inizio del III millennio a.C., e in epoca micenea, prima delr età classica).

6-7. La spedizione di Serse e Mardonio: H. Delbriick, Die Perserkriege und die Burgunderkriege,Berlin 1887; G. Giannelli, La spedizionedi Serse da Terme a Salamina, Milano 1924; C. Hignett, Xerxes' Invasion o/ Greece,Oxford 1963; T. Cuyler Young, 480-479B.C. A PersianPerspective, in «IA» 15, 1980, pp. 123 sgg. Sugli schieramenti greci (pro e contro la Persia): J. W olski, in «Historia» 22, 1973, pp. 3 sg. (sul significato di medism6s):J. Holladay, Medism in Athens, 508-480B.C., in «G&R» 25, 1978, pp. 174 sgg.; D. Gillis, Collaborationwith the Persians,Wiesbaden 1979; D.E. Graf,Medism: the Origin and Signzficanceo/ the Term, in «JHS» 104, 1984, pp. 15 sgg. (sulla continuità del nome Medi dai primi Achemenidi fino a Dario, quando si va affermando l'idea del dominio e il nome dei Persiani). Temi collegati: Ph. Gauthier, Le parallèleHimère-Salamineau et au IV' siècleav.]. Chr., in «REA» 1966, pp. 5 sgg.; K.Meister, Das persischkarthagischeBiindnis von 481 v. Chr.,in «Historia» 19, 1970, pp. 607 sgg. (contro la storicità dei tentativi di alleanza persiano-cartaginese> affermati da Eforo, Diodoro, Giustino). Termopile, Artemisia, Salamina: Y. Béquignon, La vallée du Sper-

v,

IV. Laf-inedell'arcaismo_L'avvento della democrazia,le guerrepersiane

319

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320

Storia greca

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I

1987 (neanche gli aneddoti sono privi di connessione col tema centrale delle Storie). Da segnalare l'edizione italiana de Le Storie di Erodoto (curr. D. Asheri, V. Antelami, A. Fraschetti, A.B. Lloyd, S.M. Medaglia; G. Nenci, M. Lombardo, A. Corcella, P. Vannicelli, A.Masaracchia), Milano 1988 sgg. Sulle forme storiografiche: L. Porciani, La/orma proemiale. Storiografiae pubblico nel mondo antico, Pisa 1997; Id., Primeforme dellastoriografiagreca,Stuttgart 2001. Su Ellanico: A. Momigliano, Ellanicoe gli storicidellaguerradel Peloponneso,1966, ora in Quarto contributo,pp. 507 sgg.; D. Ambaglio, L'operastoriograficadi Ellanicodi Lesbo, in Ricerchedi storiografiaantica II, Pisa 1980, pp. 1-192.

Capitoloquinto

Il cinquantenniodall'etàdi Temistocle ali'età di Pericle

1. Tucidide e la storia della pentecontaetfa

Per pentecontaetia i moderni intendono il periodo di circa 50 anni che intercorre tra la fine delle guerre persiane (con la conseguente fondazione della Lega navale delio-attica) e l'inizio della guerra del Peloponneso. I.:espressione non è cosi antica, come può far ritenere il suo aspetto, né di uso così frequente ed univoco nelle fonti antiche come può far credere la sua diffusione nei testi moderni. r.;astratto pentecontaetia («cinquantennio») è anzi di uso rarissimo; nella storiografia di Diodoro Siculo appare l'equivalente concreto «periodo di cinquanta anni»; mal' idea di considerare unitariamente quegli anni ricchi di eventi diversi e complicati, che investono teatri storici disparati, configurabili in fasi realmente distinte fra loro, è di Tucidide, perciò nel fondo antica e in parte, anche se solo in parte, giustificata. Per Tucidide il periodo è un'ampia premessa alla narrazione della guerra del Peloponneso, la lunga gestazione dello scontro tra Atene e Sparta. Al di là di aspetti particolari, e diversità d' opinioni possibili solo in questioni specifiche, il modo in cui Tucidide (nel I libro delle Storie) rappresenta le vicende e le responsabilità storiche del cinquantennio di preparazione alla guerra del Peloponneso è alquanto chiaro. In esso si mescolano (e sarebbe insensato tentare di distinguerle, contrapporle, privilegiare una sull'altra) due nozioni fondamentali. I.:una è quella secondo cui gli Stati tendono a crescere (auxdnesthai) come esseri organici; se perciò in un determinato spazio storico, geografico, politico coesistono e concrescono due realtà di questo tipo, è anche una sorta di dato naturale, fisiologico, che esse si scontrino; ed è appunto quel che è inevitabile accada fra Sparta e il mondo peloponnesiaco da un lato, e Atene e il suo impe-

V. Il cinquantenniodal!'età di Temistocleall'età di Pericle

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ro dall'altro. Con questa concezione naturalistica di fondo (di radicale e fatalistico pessimismo} si intreccia una concezione, più critica, delle responsabilitàdi ciascuna di queste realtà: Sparta è la città che psicologicamente si configura come il mondo della conservazione, dell'avversione al nuovo, del timore di ciò che è diverso, distante, in movimento; Atene è la città del coraggio, dell'audacia, dell'iniziativa, dell'intraprendenzache sconfina nel gusto del rischio, dell' avventura, del nuovo e del grande, spesso del troppo grande. 1 . Avendo concepito il «cinquantennio» sotto l'aspetto eminente del conflitto interstatale, e avendo conferito a tale rappresentazione un profilo unitario, Tucidide ha anche dato il senso fondamentale dello svolgersidegli eventi di politica interstatale greca, ma da un lato non ha segnato cesure nette che favoriscano una periodizzazione (come quella che amano invece adottare i manuali moderni), pur se non ha mancato di segnare certi cambiamenti (almeno quelli del tono generale) del rapporto tra Atene e gli alleati; dall'altro, egli non ci ha dato una rappresentazione parallela degli svolgimenti politici interni ad Atene, per i quali siamo affidati piuttosto alle tradizioni attidografiche o a tradizioni biografiche più tarde, di complessa genesi e difficile valutazione. Certo, sulla responsabilità di fondo e primaria di Atene, e della sua crescita imperialistica, nello scoppio della guerra del Peloponneso egli non ha dubbi; ma questo vale appunto per le cause e responsabilità profonde e remote dell'insorgere di quel terribile conflitto che devastò la Grecia per quasi un trentennio; così come egli, operando una distinzione del tutto coerente con le sue chiare impostazioni metodologiche, attribuisce invece la responsabilità immediata, dell'apertura cioè della guerra, ai Peloponnesiaci: la guerra 'del Peloponneso' è definibile così perché l'aprirono (nel senso dell'avvio delle ostilità) i Peloponnesiaci, e perché così furonò essi a «portare guerra» contro Atene e i suoi alleati2, D'altra parte, il fatto che nella rappresentazione tucididea abbia un posto così spiccato il fattore psicologico, non significa di certo, come talora si rischia di intendere, che nella storia siano per lui de1 Tucidide, I 89-117, in part. 97 e 118, 2; Diodoro, XI 41 sgg.;XII 1-34. Sul tema del coraggio(o audacia)ateniese e della paura spartana, cfr. Tucidide, I 95, 7; 102,3-4, 2 Tucidide, I 118, 2: non c'è dubbio che per lui sono gli Spartani a iniziare materialmente la guerra. Sul significato dell'aggettivo Peloponnesiak6so Peloponnésios denotante ilp6lemos, dr. Pausania, N 6, 1.

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Storiagreca

terminanti e fondamentali le cause psicologiche, con pregiudizio di quelle politiche, sociali, economiche e cosl via di seguito', La psicologia in Tucidide è un segno, la rappresentazione psicologica quindi un linguaggiostoriografico:l'opposizione 'paura-coraggio', che riassume l'opposizione Sparta-Atene, è appunto una rappresentazione simbolica, che tutte le altre contiene e riassume, senza che quelle di altro tipo siano negate o perfino manchino talora di emergere in proprio. Dovendo dare un segno complessivo a quegli eventi e a quei comportamenti, Tucidide ricorre a rappresentazioni e motivazioni psicologiche, che sono da prendere per quel che sono, cioè per grandi metafore storiche, che facilitano al lettore il primo approccio alla lettura e comprensione complessiva degli eventi, senza esimerlo affatto dal pensare attraverso di esse e oltre di esse. Il periodo è certo tutto all'insegna di una crescita (auxesis) della potenza di Atene. La ricostruzione delle mura cittadine è realizzata da Temistocle a dispetto delle diffidenze di Sparta e dei suoi interessati tentativi di dissuasione. Ma Atene rivendica ormai piena• mente a sé la consapevolezza, e perciò la tutela, dei suoi interessi, e cosl avvia anche la fortificazione del Pireo, Agli anni di Pericle è riservata invece la costruzione delle Lunghe Mura, dalla città al Pireo e al Falero 4 , 2. Fondazione della Lega de/io-attica (477 a.C)

Ma il momento decisivo nella presa di coscienza, da parte di Atene, del nuovo ruolo della città all'interno del mondo greco, è nell'assunzione dell'egemonia della Lega ellenica. Vi contribuiscono al principio fondamentalmente gli Ioni, ma non tutti a condizioni identiche. I più pagheranno un tributo in denaro (ph6ros), çhe in totale ammonta a 460 talenti annui; con navi contribuiscono città insulari (Samo, Chio, Lesbo), che hanno la funzione di sentinelle sul fianco orientale dell'impero egeo che sta nascendo. Sede del tesoro e delle riunioni del sinedrio federale sarà Delo, l'isola tradizionalmente tea· 3

A. Momigliano,Some Observations on Causes of War in Ancient Historiography (1958), orain Secondocontributo alla stort'adegli'studi classici,Roma 1960, pp. 13-27, 4 Tucidide, I 93 (sullaricostruzionedelle muradella città e sul completamento diquelledelPireo, sottol'impulsodi Temistocle);107 (sull'iniziodelleLungheMura, verso il Falero e verso il Pireo, circa il periodo della nuova guerracontro Egina),

V. Il cinquantenniodal!'età di Temistoclealt'etd di Pericle

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tra delle grandi panegyreis('assemblee') ioniche; una località abbastanza distinta da Atene, perché la scelta non sia sentita come una mortificazione della dignità degli altri Ioni, ma abbastanza vicina e tradizionalmente in stretto rapporto con la città egemone, perché resti soddisfatta l'esigenza di Atene di esplicare il sùo ruolo di cittàguida". La finalità dichiarata, e di fatto a lungo perseguita, sotto la spinta di Cimane, è quella della continuazione della difesa dai Persiani, e di un regolamento dei rapporti nell'Egeo soddisfacente per i Greci, cioè per la loro sicurezza e i loro interessi. La cerimonia solenne del giuramento, con il contemporaneo affondamento in mare di barre di ferro (mydroi),sancisce l'impegno di questi Greci di avere sempre «gli stessi amici e gli stessi nemici»: solo uno spezzone di unità nazionale, il quale è anche l'unico fine, in queste condizioni storiche, perseguibile, ed anche l'unico concepito 6 • Su questo programma non si vedono ad Atene vere e proprie contrapposizioni di partiti o gruppi politici: le voci discordi sembrano poche e isolate. Ne conosciamo certamente una, quella di Temistocle, ormai assai meno interessato a un conflitto con la Persia e ben più sensibile al maturare di un conflitto con Sparta; ma egli fu ostracizzato, forse nel 471 a.C., in un momento che appare fermamente incluso in un periodo di predominio politico di uomini come Cimane (sul piano strategico) e come Aristide (sul piano politico e diplomatico), nonché di generale prestigio dell'Areopago, il vecchio consiglio aristocratico formato da ex-arconti, cioè da notabili inclini a una politica di conservazione. Ma in questi anni politica di conservazione non significa ostilità all'impero navale: sulla linea dell'impero la classe politica ateniese sembra fondamentalmente d'ac-. cardo, anche se la direzione eminentemente antipersiana può non essere da tutti ugualmente condivisa.

3. Temistoclee Pausaniail reggente L'ostracismo porterà Temistocle dapprima nel Peloponneso, naturahnente in città ostili a Sparta, e poi in Epiro, in Macedonia e finalmente (dopo il 465, anno della morte di Serse) presso il re persiano 5

Inno omerico III (Ad Apollo), vv. 146 sgg. Cfr. D. Musti, in M.VV., De/o e

l'Italia,Inst. Romanum Finlandiae 1982, pp. 15 sg. 6

Tucidide,I 95~97;Aristotele1 Cast. degli Aten. 23, 5; Plutarco,Aristide 25, 1

(mydroi).

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Artaserse, che gli assegnerà il possesso di Magnesia, Lampsaco e Miunte, nell'Asia Minore occidentale, dove l'eroe di Salamina morrà, forse suicida, poco dopo. Non è facile comunque, neanche per Temistocle (in un'epoca in cui le tradizioni biografiche ancora non sono consolidate in forme mature, atte a rendere conto di tutte le vicende e di tutti gli aspetti personali pertinenti a un uomo politico democratico), stabilire le circostanze e i motivi dell'ostracismo, e il tipo di contrapposizione politica che isola quel personaggio dagli altri e che ne fa un perdente. Nella tradizione domina, più accreditato degli altri, il motivo del medismo 7 ; un sospetto e un'accusa che gravano anche sull'altro grande protagonista delle guerre persiane, il reggente spartano Pausania. Rientrato, come sembra, con iniziativa personale a Bisanzio, Pausania ne fu sloggiato da Cimone; occupata Colone nella Troade, non potendo consolidare il suo dominio nella regione, finl col rientrare a Sparta, dove (circa gli anni 471-469) fu inquisito, e accusato di tentare con gli iloti una sovversione contro lo stato spartano e in particolaré contro l'eforato, Pausania si rifugia allora nel tempio d'Atena Calcieco («dal tempio [con strutture] in bronzo»: porte, tetto, ecc.), dove viene tenuto chiuso, e da dove è fatto uscire solo all'avvicinarsi della morte, sopravvenuta per inedia. Molte sono invero le incertezze sui particolari delle ultime vicende di Pausania, soprattutto sui suoi soggiorni a Bisanzio (per i quali sussistono difficoltà a distinguerne nettamente due, e permangono persino sospetti di duplicazioni), sul senso del suo medismo (un medismo 'comportamentale', nel senso di attitudini eterodosse, tiranniche, o vere e proprie collusioni con il re?), sui suoi progetti (se veramente ne ebbe) di cambiamenti politici e sociali8.

7 Sulla data dell'ostracismo(verosimilmente471, per alcuni già 474) e dell'eisanghelia,e sulla data di morte (459 o 440), cfr, R.J.Lenardon, in «Historia» 8, 1959, pp, 23-48; PJ Rhodes, ibid, 19, 1970, pp, 387-400: L. Piccirilli, Temistocle, Aristide1 Cimane,Tucididedi Melesia, Genova 1987, pp. 31-49. Il passaggio di Temistocleal largo di Nassao di TasoassediatadagliAteniesinel viaggiodallaMacedoniaali'Asia- dipendeanchedallacronologiadelle due imprese ateniesi (per Taso, Plutarco, Temistocle,25, 2, tradizioneS; per Nassa, Tucidide, I 137, 2, e Plutarco, l,c,, tradizione r). La cronologia da noi proposta favorisce Taso. V. anche la Bibliografi,'a ai capp, Ne V. 8 Tucidide,I 128 sgg,; Diodoro, XI 44 sgg.; Giustino, IX 1, 3; Cornelio Nepote, Pausania2-3, Cfr. Beloch, GG2 II 2, pp. 154-159.

V. Il cinquantenniodal!'età di Temistocleali'età di Pericle

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4. Democrazianel Peloponneso Non meno incerti sono i fondamenti delle affermazioni, che frequentemente si ritrovano negli studi moderni, riguardo all'impegno esplicato da Temistocle nell'alimentate, diffondere e sostenere il cosiddetto 'moto democratico' nel Peloponneso, cioè le trasformazioni politiche che nella prima metà del V secolo si possono o, secondo i casi, debbono ammettere in città del Peloponneso diverse da Sparta e magari ad essa ostili: ad Argo, in Elide, inArcadia. Appare invero molto difficile parlare di una pura e semplice esportazione del regime democratico da Atene in altri Stati. N elio stesso àmbito della lega navale il processo non sembra essere stato né cosl .precoce né così automatico (come insegnano i casidi Mileto o di Samo). In alcuni casi poi, come quello dell'Arcadia, che tante volte si cita ad esemplificare un processo di democratizzazione avvenuto sotto l'influsso di Atene e magari in correlazione con la presenza di Temistocle nel Peloponneso, non siamo neanche in grado di affermare che nel V secolo qui vi fosse una forma politica democratica generalizzata (Mantinea sembra rappresentare un esempio di democrazia, comunque moderata, nel 421 a.C.). Per quanto poi riguardai due casi più evidenti, Argo ed Elide, non è facile darela preminenza all'importazione di un modello, rispetto allo sviluppo, in larga misura autonomo, di condizioni. interne9. Ad Argo, dopo la sconfitta subita a Sepeia nel 494 ad opera degli Spartani, guidati da Cleomene I, si instaura provvisoriamente un governo di servi; è probabile che l'ammissione di perieci («abitanti intorno») nella cittadinanza, attestata da Aristotele (PoliticaV 1303 a), sia in qualche relazione di fatto con quel traumatico; anche se transitorio, episodio, ed è anche possibile, in assoluto, che nei perieci trasformati in cittadini debbano riconoscersi servi rurali ammessi nella cittadinanza. Si ha quindi ad Argo, dove la monarchia sopravvive fino al V secolo, un'evoluzione della città verso forme democratiche, che si realizza attraverso un assorbimento nelle strutture politiche di quella popolazione rurale, che invece a Sparta- città dorica dallo sviluppo bloccato- permane stabile nella forma e condizione dell'ilotia. L'introduzione ad Argo di una quarta tribù, quella degli Hyrnathioi, accanto alle tre tribù doriche tradizionali (lliei, Dimani, Pànfili), sem9

Così Beloch, GG2Il 1, pp. 122 sgg., e G. De Sanctis, Storiadei GreciII, pp.

51 sgg.; L. Moretti, Problemidi storia tarantina,in Atti X ConvegnoTaranto1970, Napoli 1971, pp. 40 sg., con qualche riserva sul rapporto Atene-Taranto.

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bra appunto segnare questo particolare sviluppo (la tribù ha certo una sua sottolineata peculiarità: prende nome da una donna, la mitica figlia del mitico eraclide Temeno, collegata nella tradizione con l'entroterra rurale di Argo, o con Epidauro). Le recenti scoperte epigrafiche ad Argo consentono di conoscere anche i nomi della maggior parte di ulteriori suddivisioni di ciascuna delle quattro tribù, suddivisioni equivalenti a 1/12 di ogni phyld (forse fràtrie, che in totale dovevano essere quindi 48, distribuite su quattro tribù). Naturalmente a questi sviluppi democratici di Argo si accompagna l'attenzione, la benevolenza e la simpatia di Atene (che sboccherà nel trattato di alleanza del 462 circa); e la stessa letteratura ateniese sembra registrare puntualmente l'evoluzione politica argiva 1°. Nelle Supplicidi Eschilo (463-461?), che contengono una precoce attestazione della parola demokratfa, anche se in forma di perifrasi, è rappresentata un'assemblea di cittadini ad Argo, presieduta dal re Pelasgo, che decide, all'unanimità, e con alzata di mano (della «dominante mano del popolo», la démou kratousa chefr), di concedere asilo alle Danaidi in fuga. Il poeta evita certo l'anacronismo di usare il termine formale di demokratfa per epoca mitica, ma indugia con commozione nella rappresentazione della cheirotonfa democratica, una procedura così caratteristica per la sua evidente quantz/icabilità e la valorizzazione del volere dell'uomo comune (una mano vale l'altra). E mentre fa spazio a una procedura tipica della sua città, Eschilo allude anche accortamente, e senza anacronismi troppo marcati, al regime al suo tempo vigente ad Argo (forma democratica, con un vertice monarchico privo di particolari poteri) 11 • In Elide, poi, gli sviluppi verso la forma democratica, che si compiono nel V secolo, sono il risultato storico, certo anch'esso probabilmente favorito dall'affermazione della democrazia ad Atene, della condizione e organizzazione del territorio: una campagna libera, popolata cioè da centri dotati di forte autonomia, che tutti insieme producono e promuovono un centro urbano, sede delle decisioni rn RA. Tomlinson, Argosand the Argo/id,London 1972, pp. 189 sgg.; D. Musti ne Le origini dei Greci cit., pp. 45 sg. e390 sg.; Id., in Pausania.Guida della Grecia Il, Milano 1986 (in collab, con M. Torelli), comm. cap. 28, pp. 306 sg.; Ch.B. Kritzas, Kan:Uoyoç nea6vrcvv àn6 1:ò"AQyoç,in .l:1:f/Ar,, Athenai 1980, pp. 497 sgg.; M. Piérart, Le origini dei Greci cit,, pp. 277 sgg. 11 Cfr. l'intero passo didleSupp!ici600-624; dr. anche nel coro, a v, 699, tò 66.µLovtO m:6ÀLV -xgat'IJVEL; il gioco di parole continua; interessante l'insistenza sull'unanimitàdel voto dato dagliArgiviin favoredelle donnesupplici (aivv. 605 e 607).

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politiche (Elide): in questo particolare rapporto, vigente all'interno del territorio, che corrisponde certo alla locale storia dei rapporti di proprietà, è una delle premesse dello sviluppo della forma democratica nella stessa Atene, e non è da meravigliarsi che la storia politica abbia avuto un tale sbocco in Elide, anche se qui ha prodotto una forma solo moderata di democrazia 12. Il destino politico e umano di Temistocle e di Pausania conserva dunque parecchi aspetti oscuri; forse l'unico dato veramente evidente è l'isolamento di ciascuno dei due personaggi nelle (e dalle) rispettive poleis:una città di democrazia areopagitica, quale è tra il 47 8 e il 461 Atene, rifiuta l'innovatore Temistocle, che non si adatta ai vincoli che la polis costituisce e impone come comunità (e comunità con una sua prevalente unità di intenti, in questa fase); e altrettanto vale, e si verifica in una forma necessariamente più marcata e traumatica,

per una città quale Sparta, ormai sotto il forte controllo degli efori, di una magistratura cioè che, dal!' eforato di Chilone e poi dal regno di Cleomene I, ha rafforzato il suo potere sia verso i re sia verso la stessa apéllae il corpo civico spartano in generale. Custode delle leggi l'Areopago ad Atene, custodi della costituzione a Sparta gli efori: è contro questo più marcato spirito della polis che si vanno a scontrare le impazienze e le imprudenze dei vincitori di Salamina e di Platea.

5. Cimane o il lealismodei conservatori Ad Atene è invece il momento dell'ascesa di Cimane, il figlio di Milziade. È lui il generale delle prime operazioni della Lega navale, o almeno di quelle, fra esse, che Tucidide espressamente gli attribuisce. L'azione militare della Lega comincia in quell'area egea settentrionale, che, per essere meno direttamente a tiro della potenza persiana e del governatore persiano di Sardi, è poi quella in cui tradizionalmente si concentrano gli ultimi tentativi di resistenza alla Persia, o da cui può, con ragionevole speranza di successo, partire il moto di liberazione. Cimane libera perciò dalla residua presenza persiana Eione, alla foce dello Strimone (476), poi assoggetta Sciro (475). Non è certo se a lui vada attribuita la guerra contro Caristo in Eubea, che si conclude comunque con un accordo; e ancora meno certo è che egli sia il generale che asservìl'alleata Nassa contro tutte le regole vigenti (Tu12·V, St.

e civ. dei Greci 6, Milano 1979, pp. 55-9sg.

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Storiagreca

cidide, I 98), circa il 471 a,C, L'asservimento di Nasso è una delle poche cesure marcate da Tucidide all'interno della sua storia e rappresentazione della pentecontaetfa: fu un salto di qualità, in senso deteriore, nelrapportofragliAteniesiegli alleati, sempre più in balìa, questi ultimi, degli umori della città egemone, a sua volta sempre più addestrata e potente sul piano militare. Mal' acme della carriera di Cimane è senza dubbio nella battaglia dell'Eurimedonte: una duplice battaglia, navale e terrestre, che, a seconda dei casi, le fonti collocano alla foce del fiume della Panfilia, per entrambi i suoi momenti, o invece distinguono in uno scontro navale, svoltosi al largo di Cipro, ed uno terrestre, svoltosi presso la foce dell'Eurimedonte 13• Diodoro data la battaglia al 470/469, Recenti tentativi di abbassarne la data al 466/ 465 appaiono poco giustificati, e comunque non più giustificati di quelli che fanno conto su una assoluta contiguità tra la vittoria all'Eurimedonte e l'acclamazione degli strateghi, incluso Cimane, a giudici del concorso tragico delle Dionisie del 468 (il concorso che diede la vittoria a Sofocle contro il vecchio Eschilo). Se l'episodio è vero, esso non impone affatto che il trionfo di Cimane fosse del 469: infatti, alla designazione degli strateghi come giudici, si arrivò solo a seguito di una non prevista rissa fra spettatori nel teatro. L'acclamazione a giudice attesta certo l'alto prestigio di Cimane; ma poiché non si tratta di un'acclamazione pacifica, non è da concepire necessariamentecome la prima celebrazione del reduce o di un trionfatore di recentissima data 14 , Se c'è incertezza sulla paternità cimoniana dell'ingloriosa spedizione contro Nassa (del 471 circa), è invece ben noto il ruolo di Cimane nella spedizione ateniese contro Taso, l'isola prospiciente le coste della Tracia e l'area mineraria del Pangea: qui Taso possedeva e sfruttava miniere d'oro (a Skaptè Hyle), non meno redditizie di quelle di cui disponeva nell'isola stessa (e che sono state messe in luce), e aveva allestito degli emporii, Nel465 Taso defeziona, e da quel13

Tucidide, I 98-100.

14

Diodoro, XI 60-62 (sotto

il 470/69

tutto, con tipico accentramento biografi-

co, dallapresa di Eione fino allabattagliadell'Eurimedonte).Si può accettareo respingere il racconto diDiodoro, ma è chiaro che esso corrisponde a una scelta precisa e coerente>nei fatti,nei nomi deigeneralipersiani,Titraustee Ferendate,nella dihamica,tutti improntatiall'ideadi separazionedei luoghi dellabattaglianavale e di quella terrestre, Cfr., per l'episodio dell'acclamazionedegli strateghicome giurati,Plutarco, Cimane 8, 7-9. Date più basse per tutti gli eventi, da Nassa a Taso, in R. Meiggs, TheAthenian Empire, Oxford 1972.

V. Il cinquantenniodall'etàdi Temistoclealfietà di Pericle

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l'anno al 463 si svolge il lungo assedio dell'isola, di cui con fatica si doma la ribellione, La miniera di Skaptè Hyle e i possessi del continente passano nelle mani degli Ateniesi, che nel frattempo_ (465) avevano anche tentato di colonizzare Ennéa Hodoi (Nove strade), sul sito della futura Anfipoli (che sarà fondata nel 437/6 da Agnone, il padre di Teramene), sul corso dello Strimone, poco più a monte di Eione. Addentratisi nella regione, avevano però subito ad opera dei Traci Edoni la dura sconfitta di Drabesco, che doveva ritardare di decenni il progetto di impianto coloniario. La guerra di Taso rappresenta, in maniera e coi:idimensioni ancor più evidenti dell'episodio di Nassa, un salto di qualità nella politica ateniese verso gli alleati: è chiaro, almeno a giudicare dalle conseguenze della guerra, che ormai Atene interferisce nello stesso assetto economico delle città alleate. Può sembrare strano che a guidare l'impresa sia stato proprio Cimane, che, più di tutti gli altri politici ateniesi, sembra voler conferire alla lega la funzione di uno strumento per la guerra contro i barbari e attenersi a principi di equità verso gli alleati, Si può pensare, in effetti, che ormai egli si adatti a fare una politica non sua, ad essere, in un certo senso, il braccio esecutore di una politica 'democratica', che va assumendo aspetti imperialistici sempre più marcati, con una potenzialità di sviluppi interni, che gli anni prossimi metteranno pienamente in luce, . È probabile che si debba riconoscere un errore politico nell' assunzione di questa responsabilità da parte di Cimane. Va tenuta comunque presente, a integrazione di queste riflessioni, una serie di fatti: l'intervento ateniese a Taso faceva seguito a una rivolta, e comunque questa dell'Egeo settentrionale è un'area in cui l'interesse di Cimane è in qualche modo sostenuto da una tradizione familiare di presenze nel Chersoneso Tracio e a Lemno e forse nella stessa area del Pangea (dove del resto sappiamo che lo storico Tucidide, paren · te di Cimane, aveva possedimenti familiari). Il processo che, a vittoria conseguita, i gruppi democratici radicali ormai emergenti ed attivi intentarono a Cimane, benché rimasto senza seguito di condanna, era inteso a colpire un uomo che ormai aveva imboccato la curva discendente della sua parabola politica. Lontano dai fulgori dell'Eurimedonte, esecutore di una polirica solo parzialmente sua, Cimane poté essere denunciato per il sospetto che fosse stato corrotto da Alessandro I il Macedone, al fine di evitare una spedizione ateniese, che avrebbe dovuto punire Alessandro per aver aizzato i Tasii

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alla ribellione e mostrato un troppo vivo interesse a quell'area mineraria del Pangea a cui ora rivolgeva le sue mire Atene. Ma Cimane doveva ancora commettere il suo maggiore errore politico. Ciò accadde nel 462, quando egli impegnò Atene in una misura imprudentemente eccessiva al fianco degli Spartani, che avevano richiesto!' aiuto di Atene e di altre città nella guerra che conducevano contro Messenii e iloti ribelli, laIII guerra messenica, detta anche «del terremoto» (464-455 circa). Il terremoto che distrusse Sparta, e produsse molte vittime fra gli Spartiati, avvenne durante la guerra di Taso. Infatti gli abitanti dell'isola avevano preso contatto con gli Spartani durante l'assedio, ottenendone promessa d'aiuto, quando sopraggiunse la catastrofe, durante la quale furono divelte alcune cime del Taigeto. E dovette trattarsi di una lunga sequenza di eventi sismici, che fu lì per mettere in ginocchio Sparta: ne approfittarono, per ribellarsi, dapprima gli iloti della Laconia e soprattutto della Messenia (i Messenii asserviti) e un paio di comunità perieciche cieli'area del Taigeto (Turia e Aithaia). Presto ne nacque una guerra di rivolta e di resistenza (per così dire, nazionale) dei Messenii, arroccatisi sull'Itome, nella parte orientale della Messenia (circa 800 m.). L'intervento ateniese, voluto da Cimane, non risultò efficace come sperato; viceversa, esso alimentò negli Spartani il timore di collusioni con gli insorti derivanti da una qualche solidarietà ideologica antiaristocratica. Di qui la brusca decisione di rinvio a casa del contingente ateniese; lo smacco, oltre che una svolta in senso apertamente antispartano della politica estera ateniese (alleanze con Argo, con i Tessali, e anche con Megara, in funzione anticorinzia, perciò antipeloponnesiaca in genere), segnò anche un crollo del prestigio e della credibilità politica di Cimone, che dell'intervento era stato fervido fautore 15 • Ne seguì]' ostracismo dell'uomo politico (circa 461 a.C.), che certamente dovette essere motivato con l'aver fatto Cimone pericolosamente prevalere una sua convinzione personale sull'interesse dello Stato; mal' arma

veniva ormai chiaramente usata non con un fine corrispondente al senso originario dell'istituto, bensì allo scopo di regolare i conti col partito avverso, nel clima di frontale contrapposizione politica che si va ormai determinando all'interno della democrazia ateniese 16 , 15 Cfr.Tucidide,I lOù-103;Diodoro,XI 63 sg.;Plutarco,Cimane 14-17;sul numerodi4000 oplitiateniesi,Aristofane,Lisistrata1143;Beloch,GG2 II 1, pp. 151-154. 16 Plutarco, Pericle 11, 3: il çonflitto tra Pericle e Tucidide di Melesia (ostracizzato nel 443) aprì nella città una {3a8ui;éttT] wµ~ (un taglio profondissimo), in luogo della precedente nascosta venatura (6LJtÀ6l] 'Unovì,,oç:8LJtA6ri Ruhnken).

V Il cinquantenniodall'età di Temistoclealt'età di Pericle

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6. Le riforme di Efialte e la conclusionedella III guerramessenica Liquidato Cimane, dovette essere ormai facile condurre in porto le riforme costituzionali di Efialte e di Pericle: abolizione dei poteri politici dell'Areopago (la nomophylakia, cioè la sorveglianza sulla costituzione e forse anche la custodia dei testi delle leggi) e riduzione dei poteri di quel consiglio alla sfera giurisdizionale dei delitti di sangue (omicidi volontari). È questo anche il clima in cui, probabilmente, maturano i progetti di creazione di una sorta di stato assistenziale, che si doveva realizzare attraverso la remunerazione dei magistrati, dei buleuti e soprattutto degli eliasti, cioè dei giudici delle giurie popolari. Non dovevano servire allo scopo molto più di 100 talenti annui, se il misth6s era ancora di 2 oboli, e se nel 422 a.C., con una indennità portata a 3 oboli, bastavano 150 talenti 17 ; ed è facile immaginare che le nuove entrate, connesse con l'acquisizione dei possedimenti continentali di Taso in Tracia (peraia),potessero al tempo stesso fornire i mezzi e l'idea in quel torno di tempo. La ribellione messenica era destinata a durare circa dieci anni, periodo del tutto concepibile, se si pensa che dopo i primi tempi, e prima degli ultimi assalti, la guerra si sarà diluita in una serie di scaramucce e di piccoli scontri senza effetto. Non c'è dunque affatto da dubitare del testo tucidideo (I 103, 1) sulla durata decennale, confermata da Diodoro, XI 64, 4. Alla fine un buon numero di Messenii lasciò il Peloponneso, a patto di non più tornarvi, e fu aiutato dagli Ateniesi a raggiungere e colonizzare Naupatia, sul golfo di Corinto, al confine· della Locride Ozolia verso l'Etolia. Nessuna difficoltà fa la struttura del testo tucidideo (I 102-103) ad ammettere che la guerra del terremoto sia durata dal 464 al 455 o 454. In un inciso (I 103, 1-3), Tucidide dà, in una specie di parentesi, uno sguardo ad eventi avanzati nel tempo. Né c'è bisogno di far rimontare il terremoto al 469; Diodoro, che lo pone sotto quella da-. ta, è infatti lo stesso autore che assegna alla rivolta una durata decennale e che data il trasferimento a Naupatto al 456/455 (XI 63 e 84). Non c'è neanche bisogno di pensare a un primo terremoto del Cfr. Aristofane, Vespe, vv. 655 sgg., che calcola 2,000 talenti di entrate annue, di cui solo 150 destinati al pagamento dei 3 oboli (= 1/ 2 dracma) 300 giorni all'anno(= 150 dracme) x 6.000 giurati(= 150 talenti, essendo 1 talento= 6,000 dracme), 17

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Storiagreca

469, distinto da un secondo nel 464; i terremoti, di cui parla la tradizione, sono una sequenza di eventi sismici coerenti. Proprio Dio~ doro avrebbe tutto l'interesse, con la sua cronologia, a distinguere fra due terremoti, e non lo fa, Ma egli ha una cronologia erronea del regno di Archidamo II (il re che, subito dopo il terremoto, diede l'allerta agli Spartani contro le minacce degli iloti); tale cronologia risulta infatti anticipata di 4-5 anni, per quanto riguarda la sua data di morte: Diodoro lo fa infatti morire nel 432, prima dell'inizio stesso della guerra archidamica (XII 35, 4), mentre Archidamo muore nella realtà nel 427, Probabilmente, datando l'inizio della guerra del terremoto sotto il 469, invece che sotto il 464, Diodoro teneva conto del dato (di tradizione spartana), che il terremoto fosse avvenuto nel quarto anno di Archidamo (così, Plutarco, Cimane 16, 4), ma faceva slittare di alcuni anni verso l'alto l'episodio, come l'intero arco del regno di Archidamo 18 , 7, Pericleuomo di Stato

Secondo il giudizio di Beloch, Pericle aveva più qualità di 'parlamentare' che di 'uomo di Stato' 19 , Appare evidente il significato che qui viene ad assumere la figura dell'uomo di Stato: essa è misurata nei termini della politica di potenza, In Beloch operava anche una nozione negativa del parlamentarismo e dell'uomo politico in genere; per questo gli sfuggiva quello che è invece l'apporto specifico e più creativo di Pericle, Si può dare a 'Stato' una nozione assai vasta, come comunità fornita di un suo autonomo potere, dotata di un suo territorio, di sue risorse, suoi mezzi di difesa o anche di offesa, Ma si può proporre una nozione più restrittiva ed esigente, in cui la statualità è direttamente proporzionale alla definizione e al consolidamento di un sistema di funzioni e valori pubblici, che si forma, di fat, to, proprio attraverso una decantazione del pubblico (che è, evidentemente, al tempo stesso una decantazione del privato), Il separarsi delle due sfere e il consolidarsi di quella pubblica sono da considerare, all'interno della storia politica greca, come il processo e il mo18 Diversamente M. Buonocore in Ottava Miscellanea greca e romana, Roma 1982, pp, 57 sgg,, 73 sgg,, 97 sgg, (cfr, D, Musti, in «RFIC» 114, 1986, p, 295, n, 1), Nello stesso Diodoro, XII 42 e 47, Archidamo è vivo tra il 431 e il 429. 19 Beloch, GG2 II 1, pp. 154 sg. (Periclenon ebbe qualitàmilitari,e si può dubitare che possa considerarsi uomo di stato),

V Il cinquantenniodal!'età di'Temistoclealt'età di Pericle

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mento di formazione dello Stato, nel senso più rigoroso del termine. Di questo processo certamente, nella storia greca, massimo fautore fu Pericle, come vedremo attraverso l'esame delle decisioni e innovazioni politiche più significative. . Dal punto di vista della politica estera, Pericle appare come un personaggio di più discutibile profilo, perché il suo periodo di governo ingloba il momento della maggiore espansione della Lega deHo-attica, ma anche momenti di grave crisi interna, connessi con le ribellioni (451-440) di Mileto, dell'Eubea (Calcide ed Eretria), di Samo, e con l'avvio di un conflitto, la guerra del Peloponneso, che doveva produrre la scomparsa dell'impero medesimo. La strategia di Pericle, di contenimento e logoramento dell'avversario, ebbe pochissimo tempo per esplicarsi, dato il rapido sopravvenire della morte dell'uomo politico (nel 429), nel corso della peste scoppiata ad Atene nel 430. Poté cosi restare, consegnato alle parole di Tucidide e alle pagine di altri scrittori, il dubbio circa gli esiti che avrebbeavuto la guerra tra Atene e Sparta, se nel corso degli anni fosse stato dato semplicemente seguito alla strategia di Pericle. Ma né oggi né ieri la storia, cioè la ricostruzione storica, si è potuta fare con i se; e nella storia resta più la responsabilità di Pericle, di aver voluto o aver fatalisticamente accettato lo scontro globale con Sparta, che non il merito di una conclusione politicamente buona. La grandezza di Pericle è proprio nella sua politica interna e nell'ideologia che la sorregge. Egli è senz'altro il campione della demo-. crazia. Nella parola democrazia, carne in quella di segno opposto, aristocrazia, v'è certo il segno di una forte percezione del ruolo del potere e del dominio, insita nell'uso del verbo kratein, a cui si accompagna una dicotomia più netta all'interno della cittadinanza, tra ricchi e popolo, in ordine a scelte politiche di fondo 20 . Ma in questo quadro non v'è dubbio da che parte fosse Pericle. Certamente, il quadro che Tucidide ci fornisce di lui nel II libro (cap. 65), al punto 20 -Se la prima attestazione percepibile della parola demokratia,attraverso il velo delle accorte allusioni, è nelle Supplicidi Eschilo, perciò ad Atene, non va dimenticato che la sostanza etimologica della nuova parola (pur senza quella terminazione astratta in -fa, che fa una prima vistosa differenza) è proprio-con solo apparente paradosso - nel 66.µ(pXQ,,,,---,_

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Tav. 69 - Macedonia e aree adiacenti (da N.G.L. Harnmond-G.T. Griffith, A History o/Macedonia II, pp. 728 sgg.).

. IX. La Macedoni·adalle originial regno di FilippoII

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pretendente al trono rivale dì Filippo) furono l'occasione dello scontro46. Ma questa fu anche l'occasione storica per la precisazione del ruolo politico di Demostene, quale antagonista di Filippo II. Durante la guerra di Olinto si verificano· ben ne interventi ateniesi, guidati rispettivamente da Carete, da Caridemo e di nuovo da Carete, e con un sempre maggiore impegno di Atene sul terreno dell'utilizzazione di forze oplitiche cittadine, da schierare contro il nemico accanto ai mercenari. Tuttavia di questi interventi furono inefficaci i primi due e addirittura tardivo il terzo: quando l'ultima spedizione giunse, la città era già caduta. Filippo ne volle la distruzione; e fu definitiva nella storia, tant'è che noi conserviamo in Olinto, in virtù degli scavi americani del sito - effettuati tra il 1929 e il 1938, sotto la direzione di D.M. Robinson -, un interessante caso di edilizia abitativa, essendo rimaste le fondazioni degli abitati, organizzati secondo un preciso criterio urbanistico, il quale dà la misura del benessere economico di questa città, che certamente doveva svolgere funzioni commerciali per conto della stessa Macedonia 47 • Nel 347, logorati dal confronto con i Focesi, i Beoti chiedono l' aiuto di Filippo. Questi invia pochi soldati: secondo le fonti - e sembra una spiegazione plausibile-per non favorire troppo iBeoti 48 • Cene sarebbe anche un'altra, del tipo che sopra abbiamo proposto per il mancato passaggio delle Termopile nel 352: Filippo non voleva ancoraun coinvolgimento diretto nelle questioni che si ponevano per il mondo greco a sud del passo. Finalmente, nel346 iFocesiincominciano ad ac· cusare una notevole stanchezza e Filippo riuscirà in quell'anno a domarli, smilitarizzando poi le città e cons.entendo la partenza delle forze mercenarie, comandate dall'ultimo capo focese, Faleco 49. Ma la resa focese si ebbe soltanto dopo che in Grecia si fu rag• giunto un accordo tra i Macedoni, gli Ateniesi e gli altri Greci, con la cosiddetta pace di Filocrate. Gli Ateniesi inviarono due ambascerie, l'una a trattare, l'altra a scambiare giuramenti con Filippo II, e 46 Fonti principali: Diodoro, XVI (fino al cap. 55); Demostene, OlintiacheI-III; Id,, Ft'Hppica I (con i problemi relativi alla cronologia dell'orazione, forse concepita nel 352/1 e rielaborata nel 349/8); ControArùtocrate 107 sgg.; Filippica!Il 56. 47 Excavationsat Olynthus I-XIV, Baltimore 1929-1952. 48 Diodoro, XVI58, 3. 49 Per le ultime fasi della resistenza focese, Diodoro, XVI 56-60. Faleco appare ora come figlio di Onomarco (Diodoro, XVI 38, 6), ora invece come suo nipote, figlio del fratello di Onomarco, Faille (cosl Pausania, X 2, 7).

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ricevettero, nell'intervallo fra le due, la controambasceria macedone, incaricata di ottenere il giuramento degli Ateniesi, a convalida di un testo di pace il quale escludevaespressamente sia i Focesi sia la ftiorica Alo. Dalla seconda ambasceria ateniese, quella incaricata di ricevere il giuramento di Filippo II, fu .invece portata e fatta valere l'esigenza di rinunciare almeno alla formale esclusione dei Focesi: questa formale concessione Filippo la diede, senza però impegnarsi a una rinuncia all'intervento in Focide. Tale inte1vento seguì più tardi e fu del tipo che abbiamo detto: un intervento poco cruento, ma politicamente assai duro. D'altra parte, conseguenza dell'intervento di Filippo II fu la piena legittimazione del re nel quadro di quello che era, all'epoca, lo strumento panellenico per eccellenza, il sinedrio anfizionico, nel quale i due voti dei Focesi passavano ormai a Filippo II (mentre forse dalla Anfizionia era esclusa Sparta) 50 . Così Filippo aveva realizzato il disegno di intervenire nel mondo delle città greche nellaposizione e forma più legittimapossibile, e addirittura prefigurava, rispetto all'Anfizionia delfica, quella posizione di càpo militare (heghem6n),che egli perfezionerà, dopo la battaglia di Cheronea, con la creazione della Lega di Corinto. A Filippo fu anche attribuita la molto onorifica presidenza (agonothesfa)dei giochi pitici. Il rapporto tra Filippo II e Atene si conferma di notevole complessità: c'è una vocazione reciproca all'intesa tra Filippo II, da un lato, e alcuni circoli ateniesi, dall'altro. E non si tratta soltanto del!'ambiente dell'oratore Es chine; tra la pace di Filocrate e la resa dei Focesi si colloca, nel corso del 346, il Filippo,l'importante pamphlet di Isocrate, che vagheggia per Filippo il triplice ruolo di benefattore dei Greci, re dei Macedoni e signore dei barbari. D'altra parte, Filippo II, ancora dopo l'insediamento nel consiglio anfizionico e il rifiuto da parte ateniese di partecipare ai giochi pitici (una protesta contro la concessione della agonothesfaal re macedone), rifiuta di accogliere una richiesta dell'isola di.Delo per una completa autonomia da Atene, e impone dunque all'isola delle Cidadi di continuare ad appartenere al dominio di Atene (condizione da cui Delo sarà libera tra il 314 e il 166).

50 Sulla 'pace di Filocrate' i testi principali sono le due orazioni Perì parapresbeias (Sullafalsa, o mala ambasceria)rispettivamente di Eschine e di Demostene, e l'orazione di Egesippo Su Alonneso; per gli altritesti, H. Bengtson, Staatsvertriige

II cit., pp. 312-318. Per quanto riguarda la posizione di Sparta, cfr. il diverso pare-

re di G. Daux, in «BCH» 81, 1957, pp. 95 sgg.

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8. La strategiapolitica di FilippoII versoAtene e Tebe

(346-336) Gli anni successivi mostrano quanto siano diversi il modulo della politica di Filippo II verso Atene e verso la stessa Tebe, nella Grecia centrale e meridionale, da un lato, e quello valido per altre regioni. E sono appunto regioni più settentrionali che vengono in questione nei primi anni successivi a quelli già illustrati: nel 344 Filippo riorganizza la Tessaglia in quattro tetrarchie, e potrebbe anche aver posto a capo di esse un gruppo di dieci uomini (una decadarchia,se questo è il significato della contestata parola) 51 • Al tempo stesso Filippo si interessa alla Persia: nel 343 egli aveva stipulato un patto d'accordo con l'impero persiano, e successivamente rivolgerà la sua attenzione alla Tracia orientale (sottoposta al re Cersoblepte) e alla stessa area degli Stretti. D'altra parte,tramite Ermia signore di Atarneo, padre adottivo della moglie del filosofo Aristotele, e certamente con i buoni uffici di Aristotele stesso, egli lavora a crearsi punti d'appoggio in Anatolia per una successiva campagna contro la Persia. Nell'area delle p6leis, in Eubea e nel Peloponneso, Filippo dispiega un'attività, che è di tipo più squisitamente politico. In Eubea favorisce tirannidi; nel Peloponneso ricalca la vecchia politica tebana di intesa con gli stati avversi a Sparta, r.;atteggiamento panellenico di Filippo II trovava, nel Peloponneso, storici ostacoli: qui egli non poteva non scegliere fra le diverse città e i diversi éthne, e la scelta era naturalmente nella direzione dello scontro con Sparta. Ancora gli eventi del 341 mostrano come le azioni militari Filippo le concentrasse in aree ben diverse da quelle della Grecia centrale o dell'Attica, dell'Eubea o del Peloponneso. Verso Atene egli sembra aver costantemente adottato una politica di 'guerra limitata', limitata appunto alle aree di diretta frizione tra Macedonia e Atene, lontane dall'Attica, che il re sentiva come appartenenti alla sfera di interesse macedone, e macedoni di diritto. Questo spiega il tentativo di espugnare sia Perinto sia (dopo che quest'ultima città aveva opposto resi51 Deroostene, Sulla corona 134; Iperide, fr. 76 Blass. Sulla sistemazione della Tessaglia: Diodoro, XVI 69, 8; Demostene, FilippicaII22 (o,xaoagxla); III26; 33; Teopompo, FGrHist115 F 208 (tesgagxla); M, Sordi, op. cit.,pp. 275-293 (in fa-

vore di una sola riforma costituzionale, consistente nell'istituzione delle tetrarchie

nel344/343).

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Storiagreca

stenza, forte dell'appoggio di Bisanzio e del satrapo persiano dell'Ellesponto, Arsite) la stessa Bisanzio: tutto si svolge nella zona del Mar di Marmara e del Bosforo. Il re giunse addirittura a catturare nel Bosforo una flotta ateniese per il trasporto del grano: Demostene a questo punto (autunno 340) considerò rotto il trattato della pace di Filocrate, ma è chiaro che la condizione di guerra tra Filippo e Atene è affermata da Demostene, ma non realmente riconosciuta da Filippo II .. Questi mostra invece di continuare a sentirsi in guerra con Atene sol~ tanto in regioni molto lontane dalla Grecia centrale e da Atene stessa: dalle sue prospettive politiche niente di più lontano di una guerra globale con la città principale della Grecia. A sud delle Termopile il vero problema, per un Filippo che voleva tutta la Grecia dietro di sé (a parte Sparta, un caso di ostilità insanabile), era quello di una scelta tra Tebe e Atene, proprio in considerazione dei conflitti che da sempre dividevano le due città. Si può affermare con buone ragioni che Filippo perseguisse di preferenza un disegno panellenico, volto a non sceglieretra gli interessi opposti di queste città: ma, realista come era, naturalmente conosceva l'ostilità ateniese verso Tebe e, quando avesse dovuto rischiare una contrapposizione e fare una scelta, certamente egli l'avrebbe fatta in favore di Atene stessa. Per chi volesse attraversare i disegni politici di Filippo II, le regole del gioco e i termini della questione erano dati in maniera chiara. Per Demostene perciò contrastare Filippo significava da un lato operare in modo che Filippo non scegliesse in favore di Tebe, dal!' altro avere Tebe al fianco di Atene nel!' opposizione comune a Filippo. Se per Filippo l'opzione ottimale era dunque quella di vedere allineate al suo fianco sia Atene, in comprensibile posizione dominante, sia Tebe, altri politici, favorevoli alla causa macedone come Eschine, perseguivano (e in un certo senso potevano permetterselo, dal loro più ristretto punto di vista) una politica di più stretta intesa tra Atene e Filippo II, oltre che di scontro con Tebe e di eliminazione di questa dal gioco politico. Un'accorta analisi della nuova guerra anfizionica (a rigore una quarta guerrasacra) che si accese in Grecia tra il 339 e il 338, e che condusse alla battaglia di Cheronea tra Macedoni da un lato, e la lega delle leghe costituita da Demostene, dall'altro, mostra come Filippo fino all'ultimo perseguisse il disegno politico di avere Atene legata al suo carro politico, alla sua posizione egemonica, già garantita dal suo ingresso nell' Anfizionia delfica, senza arrivare a uno scon-

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tro cruento. In un certo senso la politica di Filippo II non avevabisogno della battagliadi Cheronea.Se nel gioco diplomatico, nella schermaglia che precede la guerra sacra, entrano in gioco i Locresi di Anfissa, essi sono in qualche modo le vittime designate, sulla cui testa dovrebbe passare il progetto politico di Filippo II e anche quello di Eschine, che in parte, ma solo in parte (v. sopra), coincide con quello del re macedone, solo apparendo di respiro più limitato 52 • Infatti i Locresi di Anfissa muovono ad Atene (nonostante dubbi esposti nella stessa antichità, la cosa appare del tutto plausibile) la prima accusa, ed è quella di aver offerto scudi votivi nel santuario delfico, non ancora riconsacrato, dopo le violazioni focesi della terza guerra sacra. Pronta è la replica di Atene, che avviene per bocca di Eschine: i Locresi di Anfissa (una volta tanto la guerra sacra scoppia senza l'apporto diretto dei Focesi, che dal 346 sono fuori gioco) sono accusati di aver coltivato terra sacra: di qui la necessità della guerra anfizionica. L'accusa di Es chine dovrebbe servire al disegno di Filippo: quello di avere Atene dalla sua in una guerra sacra contro i Locresi di Anfissa. Quale sarebbe stato però l'atteggiamento di Tebe? Certo i rapporti tra Beoti e Locresi erano molto stretti, e quindi l'azione anfizionica contro i Locresi non doveva trovare il consenso di Tebe: ma era quello che invece Filippo sperava, e che avrebbe nei suoi intenti determinato appunto l'auspicata costellazione politica, quella cioè di un'Atene alleata di un Filippo riconosciuto egemone, che si trascinasse però dietro anche nella guerra sacra, obtorto collo,la riluttante Tebe. In ipotesi subordinata, Filippo sperava di avere con sé almeno Atene, e Tebe contro. Il gioco era difficile e complesso, e il rischio di non riuscirvi era notevole. Il capolavoro politico di Demostene fu quello di rovesciare k aspettative di Filippo, allineando su una identica posizione ostile Tebe e Atene. Il compito di Demostene non era facile verso la stessa cittadinanza ateniese, perché qui i risentimenti verso i Beoti erano molto forti. Ma poiché la propaganda filomacedone di tipo eschineo riferiva, anzi enfatizzava, l'ostilità di Filippo per Tebe, Demostene (il quale pur aveva bisogno in futuro dell'aiuto beotico) doveva per52 Per i fatti dal 343 al 341, testi fondamentali sono sempre Diodoro, XVI 74 sgg,;le orazioni di Demostene cit. in n. 51; Eschine, Contro Ctesifonte,ecc. In particolare,sulla IV guerrasacra:Eschine, Contro Ctesi/onte 113 sgg.;Demostene, Sulla corona143 sgg.;J.R. Ellis, op. cit., pp. 186 sgg., 290 sg.

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correre il corridoio sottile che gli restava fra le varie possibilità politiche: da un lato, premere sul pedale del!' ostilità popolare contro Tebe, mettendo sotto accusa il re macedone proprio per non essere tanto antitebano quanto andava dichiarando; dall'altro, augurarsi e fare in modo che Filippo non desse mai seguito del tutto ai conclamati propositi antitebani su sollecitazione ateniese, perché, in prospettiva, Tebe appariva un'alleata necessaria, e non soltanto per ragioni di ordine strategico. I; associazione di Tebe alla politica e al!'azione ateniese contro la Macedonia nel!' autunno del 33 9 fu però solò il coronamento dellungo e intensissimo sforzo prodotto da Demostene nel!' organizzare un coerente campo di resistenza greca all'azione, spesso blanda e di. plomatica, ma talora più aggressiva e d'intervento, dispiegata da Filippo II. I; alleanza con Tebe fu il capolavoro politico di Demostene (cui però non seguì il successo militare); e ad esso l'oratore arrivò per gradi, che si possono perseguire sin dai primi anni che seguono alla pace di Filocrate, Già nel 343 la politica di Filippo e quella di Demostene si.fronteggiano nel Peloponneso: il macedone riesce a sfruttare le ambiguità della politica ateniese tra Sparta, da un lato, e la Messenia e Megalopoli, dall'altro, per guadagnare a sé la simpatia di città minacciate da un ritorno di ambizioni egemoniche di Sparta. E sempre sul terreno politico-diplomatico si collocano, da un lato, i duri interventi di Demostene contro l'offerta di una revisione della pace del 346, portata ad Atene dal rappresentante di Filippo, Pitone di Bisanzio, tra il 344 e il 343, e dall'altro il sostegno dato da Filippo al]' oligarchia di Elide 53 . Ma in Eubea si ba ora un confronto militare: ad Eretria truppe macedoni rovesciano il governo democratico, per sostituirlo con un regime oligarchico sotto la guida di Clitarco, che già nel 349 aveva partecipato alla rivolta dell'isola contro Atene, e contribuito all'abbattimento, sempre in quel!' anno, del tiranno Plutarco. Analogamente s'installava ad Oreo, con l'aiuto macedone, la tirannide di Filistide. Nel 349 Atene non era riuscita a venire a capo della rivolta: solo Caristo, nella parte meridionale dell'isola, le era rimasta fedele, e a nulla era valso l'invio di un esercito al comando di Focione. È difficile giudicare l'esatto grado di coinvolgimento di Filippo nei fatti 53

J.R.Ellis, op. cit., pp.

143 sgg., 152 sg.

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d'Eubea del 349/348, quando egli era impegnato soprattutto nella guerra contro Olinto. Ma allora dovette trattarsi essenzialmente di un intervento politico, in linea con il principio, con coerenza da lui perseguito già nel 352 e negli anni successivi, di non fare avventato ricorso all'uso della forza e ad azioni militari nella Grecia 'all'inter• nO' (cioè a sud) delle Termopile54 • Se nel 343 la politica di Filippo appare per questo aspetto cam• biata, lo è in realtà in una regione, quale l'Eubea, dove da molto tempo la crisi dei regimi democratici e la propensione al ricorso a regimi tirannici avevano costituito fin troppo naturalmente un campo di richiamo per interventi di forza dall'esterno: creare perciò nuove tirannidi, in quelle città, non era violare tradizioni politiche di tale solidità, che l'intervento potesse diventare esecrabile agli occhi dei Greci. Certo è che non sembra abbiano fondamento, per gli anni precedenti, le accuse mosse da Demostene al re macedone, di voler• si servire dell'Eubea come di una base di attacco militare contro Atene55. Nel 343 la situazione sembra leggermente mutata: Filippo vo· leva certo servirsi dell'Eubea come base di pressionepoliticasull' Attica, e potrebbe anche aver considerato l'eventualità, a lui certamente sgradita, di svolgere da lì un'azione militare diretta contro Atene. A Megara poi un tentativo di intervento di Filippo II veniva bloccato dall'ateniese Focione56 • Nel 343/342 Demostene tentava anche di regolare alcuni conti politici. Filocrate, accusato di alto tradimento da Iperide, andò in esilio e fu condannato a morte in contumacia. Eschine si rivelò un osso più duro: l'orazione Sulla falsa ambasceria,composta da De· mostene in contrasto con quella di analogo tema, composta da Eschine, è il tentativo, mal riuscito, di dimostrare la corruzione dell'avversario politico ad opera di Filippo. Sempre di più si accende nelle orazioni demosteniche quella passione che potremmo anacro• nisticamente definire 'giacobina', che traduce la questione politica 54 Id,, op. cit., pp. 95 sgg., 162 sgg,, per i fatti di Eubea del 349 e del343/2, rispettivamente. Per l'espressione 'dentro (entòs o eiso)le P)'lai (Porte)', cioè le Termo pile, cfr. ad es. Demostene, Sulla corona32 e 35; per il suo contrario, 304. Del valore di soglia decisiva che compete a quelle Porte sono piene le quattro Filippiche della tradizione demostenica. 55 L'idea appare solo in qualche misura più giustificata alla data (341) dell'orazione Sugli a/fari del Chersoneso66 (l'Eubea è epiteichisma,cioè base fortificata di attacco, contro Atene). 56 Beloch, GG' III 1, p. 542.

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in una questione morale, e trasforma gli avversari politici in altrettanti squallidi e corrotti traditori (prod6tai)57 • Negli ultimi anni prima di Cheronea lo scontro fra Atene e la Macedonia assume quindi sempre più i contorni di un conflitto personale di dimensioni titaniche, In realtà, al di là della passioneper il potere (più che per il puro e semplice, brutale dominio), che muove Filippo, non si può fare a meno di notare che sono ali' opera due intelligenzepolitiche diprima grandezza,che raccolgono, riassumono, interpretano eredità storiche, condizioni, istanze che vanno assai oltre le loro personali passioni, e che soprattutto appaiono impegnate nella costruzione di sistemi di alleanze contrapposte, intese a raccogliere dall'una o dall'altra parte il massimo di 'grecità' possibile, con il massimo di coerenza territoriale. Al principio del 340 D~mostene era riuscito a stringere intorno ad Atene l'Eubea (con espulsione graduale di Filistide e di Clitarco tra il 341 e il 340), inoltre Megara, Corinto con le colonie di Leucade e di Ambracia sul mar Ionio, Corcira e, fra le regioni che s'affacciano sul golfo di Patte e di Corinto, l'Acaia e l'Acarnania. Filippo II aveva so' stituito Aribba sul trono di Epiro, nel 342, col proprio cognato Alessandro il Molosso, suo fedelissimo 58 , ed era riuscito anche a fronteggiare le crociate diplomatiche di Demostene nel Peloponneso, dello stesso anno o dell'anno successivo (341), che avevano fruttato ad Atene alleanze con Argo, Megalopoli e Messene destinate però a rimanere infruttuose al momento della resa dei conti con Filippo, perché bilanciate da precedenti e, a quanto sembra, mai annullate alleanze delle medesime città col re macedone, E soprattutto Filippo aveva da giocare la carta dalla sua stabile e autorevole presenza nell' Anfizionia, a cui si accompagnavano il controllo di fatto di Tessaglia e dintorni, e una vasta possibilità di azione politica da esercitare verso le regioni della Grecia centrale: la debellata Focide, le due Locridi e soprattutto la Beozia, ormai così violentemente e contraddittoriamente contesa fra i due grandi rivali, E anche, a nord dell'Egeo, la capacità di avan57 Cfr. la «messe di traditori» (phortL.prodotOn) di cui l'oratore parla nel discorso Sulla corona 61 (riecheggiatain Diodoro, XVI 54, 2), e l'esemplificazione e denuncia, con nomi, di traditoridi Tessaglia, Arcadia,Argo, Elide, Messenia, Sidone, Corinto, Megara, Tebe, Eubea: un elenco interminabile,ibid, 295 sg. (v, anche la replica di Polibio, XVIII 14). 58 Cfr. Giustino, VIII 6 (e la premessain Demostene, Oli'ntiacaI 13); v. anche il decreto ateniese in onore e a tutela di Aribba, IG IVIII2226 (M.N. Tod, Greek HistoricalInscriptionscit., II, pp. 214 sgg.).

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t. posizione z.posizione

I

~ ~ Greci · ~ Macedoni c::ioo armati alla leggera

a Ateniesi; b Beoti; c Alleati; A Alessandro; M centro macedone; P Filippo; 1 Monumento dei leoni; 2 Tomba collettiva.

Tav. 70 - La battaglia di Cheronea (da E. Kirsten-W. Kraiker, GriechenlandkundeI, p. 244).

zata di Filippo, provata fino all'Ebro, stentava a confermarsi per la regione a est di quel fiume e per il Chersoneso tracico, dalle cui basi l' ateniese Diopite del Sunio si poteva persino permettere di muovere attacchi contro Cardia, la città alleata di Filippo, sull'istmo del Chersoneso, e contro i possedimenti macedoni in Tracia (341), suscitando inutili proteste da parte del macedone. Per Filippo, nel 340, dopo i fallimenti delle campagne di Perinto e di Bisanzio, si era ormai creata una sorta di stallo: difficile avanzare nella zona degli Stretti; difficile consolidare alléanze e possedimenti nel Peloponneso, nell'area del golfo Corinzio, in Eubea; lo strumento che ora egli poteva attivare era l' Anfizionia e il ruolo da lui detenuto in quel sinedrio: e così fece, con quel gioco politico sottile e penetrante che egli spinse fino alla dichiarazione della guerra sacracontro i Locresidi Anfissa (339/338), di cui abbiamo sopra descritto l'intera dinamica. ·

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Una prima spedizione, condotta da un esercito anfizionico, non ottenne nel 339 il pagamento della multa da parte degli Anfissei. Nell'autunno, appena rientrato dalla campagna contro gli Sciti (durante la quale aveva sposato Meda, figlia del re dei Geti, Cotela), Filippo intervenne con la rapidità del fulmine: da Eraclea Trachinia raggiunse la Doride e quindi Elatea nella Focide, sita sulla strada che dalle Termopile porta alla valle del Cefiso. La notizia suscitò sgomento in Atene, che si riteneva in stato di guerra con Filippo, e che visse una notte di febbrile agitazione. Correre ai ripari significava per gli Ateniesi in primo luogo frapporre tra sé e Filippo la resistenza di una Beozia alleata. Filippo cercava però un'intesa politica con Tebe, facendo balenare concessioni, in cambio dell'alleanza militare contro Atene o del permesso d'attraversare il territorio (almeno secondo la rappresentazione demo stenica dei piani di Filippo). Ma le pressioni dell'ambasceria ateniese ebbero la meglio: a Tebe, Atene dovette cedere il comando generale delle operazioni di terra e metà del comando per mare, mentre la città beotica avrebbe provveduto solo per un terzo alle spese di guerra. il carattere eccezionale delle concessioni che Atene dové fare è sicura indicazione del fatto che, una volta che fosse stato vinto Filippo, l'nnità della 'lega delle leghe' avrebbe nuovamente fatto posto al tradizionale contenzioso intragreco e cbe perciò essa non rappresentava, nella consapevolezza dei suoi stessi creatori) quell'inizio di unificazione nazionale in cui si è talvolta voluto identificare la sua funzione storici' 9 . Mentre l'esercito ateniese si spostava in Beozia e poi, con i Tebani, in Focide, un esercito mercenario al comando di Carete infliggeva due sconfitte al Macedone presso il Cefiso, non lontano da Anfissa. Nella primavera del 338 Filippo si prese la rivincita, sconfiggendo duramente Carete (e il tebano Prosseno), attaccò quindi (secondo la cronologia di Beloch) Anfissa, che si arrese e dovette ab59 Fonti principali: Diodoro, XVI, 76-77, .3;Demostene, Sugli affari del Chersoneso, FilippicaIII, Sulla corona. Per la IV guerra sacra, v. n. 52, Per la marda .di Filippo su Elatea, Demostene, Sulla corona 169-179; Diodoro, XVI 84; N.G.L.

Hammond-G.T. Griffith, op. cit., pp. 584-595. Sulla lega panellenica, o 'lega delle leghe', di Demostene, cfr. S. Accame, La legaateniese del sec.IV a.C, Roma 1941, pp. 212 sgg.; Demostene, le. 2.37. Di una spinta demostenica all'unificazione nazionale parla W. Jaeger, Demostene (trad. it.), Torino 1942, pp. 181 sgg., in part. 204 sg., nonostante le teoriche distinzioni operate, a p. 204, fra movimenti nazionali moderni e panellenismo, in particolare quello di stampo isocrateo. Per la cronologia degli eventi, Beloch, GG' III 1, pp. 566 sgg.

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battere le mura e mandare in esilio i responsabili. Ora, assolti i suoi doveri anfizionici, Filippo occupava Delfi, e successivamente Naupatto sulla costa; quindi ritornava in Focide, aggirando il passo di Parapotamioi e costringendo i confederati nemici a ritirarsi in Beozia, a Cheronea. Qui, il 7 Metagheitnione (2 agosto? 1° settembre?) del 338, ebbe luogo l'epocale battaglia: tra le alture di Cheronea e il Cefiso si disponevano gli alleati (a destra i Beoti, al centro i Corinzi, gli Achei ed altri, a sinistra gli Ateniesi al comando di Carete, Lisicle, Stratocle). I Macedoni attaccarono da sinistra la destra nemica: una decisione che, da un lato, riprendeva la 'tattica obliqua' della battaglia di Leuttra, dal!' altro aveva forse anche il fine di togliere alla battaglia il significato di uno scontro frontale con Atene. Sulla sinistra, infatti, il figlio di Filippo, Alessandro, attacca e sfonda, travolgendo il 'battaglione sacro' tebano; sulla destra, il re dapprima fronteggia gli Ateniesi e poi si ritira su 'terreni più alti' presso il Cefiso, fino al momento che il centro dei nemici confederati si allarga e scompone: a questo punto il contrattacco macedone produce l'accerchiamento degli Ateniesi. Della vittoria Filippo (a parte intemperanze momentanee dovute all'ebbrezza del trionfo e alle concomitanti bevute) fece un accortissimo uso politico. La guerra era davvero per Filippo la 'politica continuata con altri mezzf: mezzi prontamente messi da parte) non

appena gli si profilasse la possibilità di riprendere il filo di un disegno politico tenacemente perseguito. Tebe dovette accogliere una guarnigione macedone sulla Cadmea, consentire la rinascita di Platea e di Orcomeno, richiamare gli esuli e condannare invece gli avversari di Filippo. Ad Atene ci si disponeva a un'ultima difesa da un attacco militare (che Filippo però mostrò proprio in quella circostanza di non aver mai realmente progettato): furono così chiamati alle armi i cittadini di età fino a 60 anni, fu promessa la libertà agli schiavi e la cittadinanza agli stranieri che combattessero per Atene, fu previsto il ritorno degli esuli, su proposta di lperide6°. Ma rapidamente il partito pacifista, con alla testa Focione ed Eschine, riprese in mano la situazione; vi si aggiunsero anche i buoni uffici dell'oratore Demade, uno dei 2000 Ateniesi finiti prigionieri dei Macedoni a Cheronea, Presto si arrivò all'accordo: Atene doveva cedere alla Macedonia il 60 Diodoro, XVI 85-86; Polieno, Stratagemmi' IV 2; Iperide, ControArùtogz'tone, frr. 27-29 Blass; N.G.L. Hammond-G.T, Griffith, op. cit., pp, 596-603.

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Chersoneso tracico, ma otteneva in compenso la Oropa sempre contesa ai Tebani; essa scioglieva la Lega navale e aderiva alla Lega panellenica, che Filippo si accingeva a fondare; riotteneva i prigionieri di Cheronea senza pagamento di riscatto: in cambio, Filippo s'impegnava a non varcare con l'esercito i confini dell'Attica. Le fonti sono incerte nell'assegnare a Filippo II o ad Alessandro il merito dell'attribuzione di Oropa all'Attica. Non è possibile risolvere il problema, 'in favore' di Alessandro, sulla base dell'attribuzione della presa di Tebe: la presa con distruzionefu certamente opera di Alessandro (335 a.C.), ma l'assoggettamento della città, in quanto messa sotto controllo, è attribuibile effettivamente già a Filippo II (non si può e non si deve, perciò, risolvere con certezza la questione in favore della data sotto Alessandro). Nel momento della vittoria si confermano, così luminosamente come più non si potrebbe, tutti i caratterifondamentali dellapolitica esteradi FilippoII e in particolare della stessa politica segulta verso Atene, quali fin qui da noi enunciati: intransigente costruzione di un coerente dominio territoriale nel nord (in Macedonia e Tracia); buo. na disposizione verso Atene (che equivale a una rigorosa valutazione del suo insostituibile ruolo politico e culturale), anche, e in particolare, nel confronto con Tebe (a cuiinvece si assestano più volentieri colpi duri, anche non ancora mortali); tenace volontà di non distruggere Atene, ma di aggregarla al proprio disegno panellenico: di inserirla nel gioco politico macedone, non di farne la vittima designata. Al re fu eretta una statua nell' agorddi Atene, al figlio Alessandro, che riportava in città i resti dei caduti ateniesi di Cheronea, fu concessa la cittadinanza; ad altri generali furono tributati onori minori 61 • · E cominciava subito, ad appena otto anni dalla pace di Filocrate, la stagione delle grandi aperture di Filippo al mondo greco, certo nel segno dell'egemonia macedone. Di quest'ultima erano espressione le guarnigioni installate nei punti-chiave per il controllo della Grecia (Calcide, Acrocorinto, Ambracia); e nell'autunno del 33 8 Filippo in persona entrava con un esercito nel Peloponneso, invadeva e devastavalaLaconia lungo tutto il corso dell'Eurota e fino a Gizio, pur senza entrare in Sparta. Argivi, Arcadi, Messenii si schieravano ormai decisamente dalla parte macedone (e in Arcadia Mantinea si riuniva alla lega con ca-

se

61 Plutarco,Pacione 16; Diodoro, XVI 87; Giustino,IX 4, 4 sg.; Polibio, V 10; Eschine, Contro Ctesifonte 57, 159; Demostene, Sulla corona 285; Suida, s.v. Ll~µ6.b~ç.

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pitale Megalopoli); i confini della Laconia venivano ritoccati a vantaggio di Argo (per quanto riguardala Cinuria e la costa fino a Zarax), della Messenia (per la Denteliatide), dell'Arcadia (per la Sciritide) 62 . Seguì il congresso di tutti 'i Greci a sud delle Termopile' (la grande cesura, geografica e storica, del mondo greco), cui rimase estranea Sparta. Fu dapprima proclamata una pace generale (koinè eiréne)63, e l'autonomia di tutti gli stati greci: non vi dovevano essere mutamenti violenti né nei regimi né nei rapporti di proprietà. Si creò un consiglio comune di tutti i Greci (koinòn synhédrion), con sede a Corinto, con voto 'ponderato' attribuit6 ai partecipanti; in caso di guerra, il comando generale (heghemonfa, una funzione militare, in questo caso) per terra e per mare sarebbe spettato a Filippo: il greco che prestasse servizio militare presso una potenza straniera (si intendeva evidentemente la Persia) era considerato traditore (337)64 . Tutto era ormai pronto sul versante greco (politicamente, socialmente, militarmente) per la grande impresa contro la Persia. Poco dopo Filippo II sposava Cleopatra (Euridice), una giovane della più alta nobiltà macedone (nipote di Attalo), che presto gli avrebbe dato un figlio, o forse due. Fu la grande passione della vita di Filippo II 65 ; Olimpiade si sentì ripudiata e abbandonò la capitale macedone per l'Epiro; Alessandro si chiuse in un sordo rancore. «La più grande dynastefa (potentato, potenza) d'Europa» è definizione che Diodoro (XVI 1 e 5) riserva sia al dominio lasciato da Dionisio I (morendo nel 367 a.C.) a Dionisio II, sia al dominio di Filippo II. Anche lasciando al superlativo meghfste dynamis il senso di superlativo relativo, non c'è contraddizione insanabile fra i due passi di Diodoro, perché la tirannide di Dionisio I va dal 404 al 367 a.C., e ha quindi la sua aritmetica akmé circa il 383, mentre il regno di Filippo va dal382 al 336 a.C., e quindi ha la sua akmé circa il 359 a.C.: potrebbero appartenere addirittura a due generazioni successive. "Polibio, IX 28, 6; 33, 8 sgg.; XVIII 14, 7; Pausania, II 20, 1; III 24, 6; Strabone, VIII C. 361 e 365; Beloch, GG' III 1, pp. 573-575, e 2, pp. 175-177. 63 Fra le fonti: Giustino, IX 5; Diodoro, XVI 89. 64 IG 11/JIF 236 (M.N. Tod, op. cit., Il, pp. 224 sgg.: giuramento e lista dei Greci partecipantialla pace con Filippo). 65 Cfr. Satiro, ap. Ateneo, XIII 557 d (ÈQa00ELç, «innamorato»).Ciò naturalmentenon esclude calcolipolitici,o il desideriodi tenere cosl sottomaggiorcontrollo Alessandro e creargli,in prospettiva,un'alternativa:ma una scelta direttae piena controAlessandrosembraimprobabile.Sulproblema,equilibrateconsiderazionidi J.R Ellis, op. cit., pp. 211 sgg. Sugli altrimatrimonidi Filippo II, Ateneo, l.c.

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A Filippo fu dato di inviare soltanto un'avanguardia sul territorio asiatico come premessa della guerra contro la Persia;

rassassinio

del re, per mano del suo ex-favorito, Pausania, nel teatro di Ege66 , avvenuto durante le cerimonie per le nozze di Alessandro il Molosso e della figlia di Filippo e di Olimpiade (un'altra Cleopatra), doveva porre quasi uno storico schermo tra l'opera del padre, il politico che alla fine era riuscito a legare la Grecia al suo carro, pur lasciando in vita tanta parte delle condizioni preesistenti, e quella del figlio, il conquistatore di un immenso impero. Pur senza immaginare diversità assolute, che non hanno posto nella storia, e comunque non l'hanno nel confronto fra i due grandi sovrani macedoni, possiamo tentare di dare dell'uno e dell'altro una caratteristica di massima. Del primo era stata l'azione instancabile, che alternava e fondeva l'iniziativa militare con l'abile tessitura politica, così opportunamente e duttilmente calibrata sulla diversità delle singole situazioni storiche proprie del mondo greco; cieli'altro fu la conquista fulminea di spazi immensi, l'impresa straordinaria che sembrava forzare le strettoie della storia, per sconfinare nella favola, ma che in realtà creava soltanto una nuova storia, e condizioni profondamente diverse che per il passato, al mondo greco e tutt'intorno ad esso.

NOTE INTEGRATIVEE BIBLIOGRAFIA

a) Tra Senofonte ed Aristotele: la riflessione economica e storiografica Il rapporto Senofonte-Aristotele merita di essere messo in maggiore evidenza di quanto s'è fatto finora, Esso si coglie agevohnente in tema di teoria economica: FEconomico di Senofonte rappresenta un'elaborazione del concetfo di oikonomia (di crematisticaeconomica,in termini aristotelici), indirizzata alla sussistenza e a un contenuto incremento delle proprie sostanze, entro il quale l'investimento delle ricchezze in acquisto di terre fa 66 L'identificazione di Ege con Palatitsa-Verghina (e non con Edessa, come in Giustino, VII!, 7-10; 2, 24), suggerita da N.G.L. Hammond (cfr. N.G.L. Hammond-G.T. Griffith, A History o/Macedonia I, cit., pp. 156-158), è stata rafforzata dalle scoperte archeologiche di M. Andronikos a Verghina, in particolare da quella della tomba ritenuta di Filippo II (cfr. M. Andronikos, Verglna. The Royal T ombs and the Ancient City, Athenai 1984).

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già una decisa apparizione. Ma questo è appunto uno dei temi del I libro della Politicadi Aristotele: l'analisi dell'ofkos, e l'uso dei chrémataper la sua conservazione e il suo incremento. I P6roi (Le entrate) di Senofonte, d'altra parte, sviluppano molto di più un aspetto particolare della crematistica, Fincremento del capitale con gli interessi, la capitalizzazione dunque degli interessi, secondo una mentalità affaristica e 'bancaria', applicata a una ricchezza di tipo molto particolare, quella rappresentata da uno stock sempre crescente di schiavi pubblici da utilizzare (come capitale accresciuto da una sua rivendita) nel lavoro delle miniere. Nello stesso libro I della Politicadi Aristotele, il filosofo esamina, accanto alla crematistica 'economica', anche quella 'metabletic.a', che si realizza cioè attraverso lo scambio, e che si svolge come attività affaristica e speculativa, mirante al1'accrescimento illimitato del capitale (l'accrescimento del' capitale' umano in Senofonte è inteso come non illimitato, ma perseguito fino a consentire che una massa di 60.000 schiavi produca tanto damantenere20.000 cittadini ateniesi: tuttavia i tassi di 'interesse', cioè d'incremento, sono di tipo affaristico). Quelle che in Aristotele sono due (o anche più) facce e fasi della crematistica,concettnalmente collegate in una teoria, confortata a sua volta dalla più avanzata esperienza storica del filosofo di Stagira (la Politicanasce infatti negli anni intorno al3 35 a.C.; le opere economiche di Senofonte ora ricordate sono, rispettivamente,iP6roi del354 a.C. circa, e l'Economico probabilmente ancora degli anni '60, sono cioè, in media, di circa due decenni più antiche dell'opera di Aristotele). Senofonte appare ancora così direttamente e immediatamente coinvolto nei processi che animano l'economia ateniese (e greca, in generale), da rifletterli con una immediatezza, che conferisce ai suoi scritti valore documentario, ma anche con una frammentazione che corrisponde alla sua minore qualità teoretica, come alla sua più breve esperienza storica di quei fenomeni, su cui Aristotele ha avuto modo di riflettere come su una realtà già consolidata e sedimentata. Quelli che sono /rammenti (per cospicui che siano) di uno specchio in Senofonte, diventano in Aristotele unità e organicità di una teoria. Analoga la forma del rapporto fra i due, anche per quanto riguarda la storiografia della crisi della p6lis classica. L'intuizione più geniale di Aristotele, come espressa nella Costituzione degli Ateniesi, riguardo ai fatti e ai processi di ordine politico che seguono al crollo della città nel 404, consiste nell'individuazione di tre aree politiche, in sostituzione della netta dicotomia del periodo pericleo e immediatamente post-pericleo: tra i democratici radicali e gli oligarchi estremi sorge una grande area di centro che è quella che persegue, almeno a parole, la pdtriospolite{a,e che poi dà vita alla democrazia (nonostante tutto) più moderata del IV secolo, in Atene e fuori, al significato genericamente 'repubblicano' di demokrat{a,alla stessa teoria dei mésoi in Aristotele. Senofonte è ancora troppo immediatamente coinvolto nei fatti politici per vedere così chiaro: la sua termino-

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logia delle parti politiche è ancora quella della opposizione radicale dei due partiti. Eppure egli è il testimone di quelle novità che camhiano la politica e il volto delle due grandi antagoniste, nonché dell'emergere o piuttosto riemergere di un'altra Grecia, apparentemente minore e in qualche misura diversa, del frantumarsi· delle egemonie (e delle crisi, potremmo dire, delle ideologie che, stante la situazione greca, erano, nella loro netta dicotomia, ancorate albipolarismo Atene-Sparta, il quale va progressivamente declinando, nell'arco di tempo considerato da Senofonte nelle Elleniche,cioè, se non dal 411, almeno dal404 fino alla battaglia diMantinea del 362). Se Aristotele magistralmente intuisce e interpreta la fine del bipolarismo politico e partitico interno ad Atene, Senofonte viVee registra la crisi del bipolarismo intragreco di Atene e Sparta. La frase finale delle Elleniche («dopo la battaglia di Mantinea vifu più confusione e scompiglio che prima nei rapporti fra i Greci») dice perfettamente un disorientamento vissuto, che non è ancora divenuto teoria di un profondo riassetto politico e anche ideologico nel mondo greco. Ancora una volta, è questione di diversi tempi vissuti, oltre che di qualità teoretiche diverse.

b) Sulla personalità nella storiografiadel IV secolo La storiografia e in generale la letteratura del N secolo registrano puntualmente, col mutare delle condizioni politiche, e col riemergere di forme di potere monarchico all'orizzonte comune dei Greci, un atteggiamento nuovo verso la grande personalità. Sono Filippo II ed Alessandro, i due grandi Al'geadi, a divenire centro (e, in pal'te, titolo) di tanta letteratura del N secolo (o che da quella del IV secolo più o meno direttamente dipende). Scrivono Philippikd(~ Storie su Filippo)Teopompo di Chio (in 58 libri), Anassimene di Lampsaco; la Storiauniversaledi Eforo, in omaggio al principio di scrivere katà ghénos (in questo caso, secondo una tendepza monografica), trattava del regno di Filippo fino al340 a.C.; il resto di quel regno era descritto dal figlio Demofilo (e intorno a Filippo II intende ruotare il XVI libro di Diodoro Siculo, come intorno ad Alessandro Magno il XVII). Dudde dedicava 7 libri della sua opera storica a Filippo II (e forte, come ho mostrato altrove [v. Bibliografia],fu l'influsso di questo scrittore peripatetico nello sviluppo così della biografia vera e propria1 come, e soprattutto, dell'attenzionebiograficain opere storiografiche). A Filippo II si intitolano, alla fine del I sec. a.C., le HistoriaePhilippicaedi Pompeo Trago (epitomate da Giustino intorno al II sec. d.C.). A Filippointitola un suo fondamentale opuscolo, concepito nel 346, e ispirato a una rigorosa concezione panellenica, il retore Isocrate; a Filippo dedica un suo EncomioTeopompo di Chio. Sugli storici di Alessandro, v. Note integrativeal cap, X.

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e) Sull'esNrienza politica di Aristotele Ad Atene Aristotele (n. a Stagira nella Calcidica nel 384, m. 322) è uno straniero, che proviene da una regione la cui storia è collegata con quella della Macedonia (il padre Nicomaco era stato medico personale del re Aminta III). Tra il 343 e il 341 Aristotele fu a Mieza maestro di Alessandro, figlio di Filippo IL Prima di questi anni si colloca l'esperienza ateniese di Aristotele, come scolaro di Platone, L'estraneità alla polù ateniese e l1appartenenza a un mondo come quello macedone, in rapida e straordinaria ascesa, gli dà una completa disinibizione nel giudizio storico, la capacità di apprezzare le grandi realizzazioni storiche della polis democratica, pur se si tiene lontano da posizioni radicali ed iuspica, nella Politica(ca. 335 a.C.), unapoliteia basata sul ceto medio, formato essenzialmente da gente dedita ali'agricoltura. Il rapporto con la polis è dunque meno complesso, meno ambiguo, forse proprio perché sin dall'origine meno sofferto, di quello di Platone: in definitiva, è un rapporto solidamente storico. E historiain senso lato, cioè ricerca scientifica nelle più diverse branche del sapere (perciò sapere specializzato), è quel che si praticherà nella scuola di Aristotele, nel Pèr{patos,la «passeggiata», sita nella sede della scuola, che si appoggia al ginnasio Liceo (come quella pla. tonica al ginnasio di Academo), forse nella zona del Licabetto: fu Teofrasto ad acquistare un terreno confinante col parco del ginnasio. Anche qui ci si trova di fronte a un'iniziativa privata (come è normale per una utenza dell'età dei suoi frequentatori, sui vent'anni o ancor più), che è però in un rapport~ di coabitazione con un'istituzione cittadina, come il ginnasio. Lo spirito di fervida e obiettiva ricerca induce in Aristotele e nella sua scuola un atteggiamento di interesse e rispetto per le forme tradizionali della polis, un tradizionalismo che in un certo senso appare espressione di una stagione politica e culturale più arcaica, rispetto all'aristocratismo progettatore di Platone, il quale si pone, nel fondo, in una posizione di rifiuto della polis tradizionale. L'impressione di più forte individualismo e di minore creatività si disperde naturalmente, appena si distolga lo sguardo dalla storia del pensiero e lo si rivolga a quella delle comunità cittadine che - pur nel difficile confronto con gli stati territoriali cieli'ellenismo e poi con Roma - avranno ancora molto da dire nella storia della cultura e delle istitl.lzioni greche. Aristotele e la sua scuola dedicano perciò le loro cure alla descrizione delle Politeìai (costituzioni) greche, ben 158 (di cui è conservata quasi per intero la preziosa Costituzione degliAteniesi):in questa dimensione panoramica si riflette quel che abbiamo chiamato il nuovo policentrismogrecodel IV secolo, da un lato, lo spirito di erudizione del Peripato dal!' altro. Aristotele ebbe in sorte di vivere di persona, per la prima volta nella storia greca, il difficile rapporto tra la nuova monarchia greca del IV secolo, quella di Macedonia, e le

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vecchie p6leis. Storicamente egli si facevacarico, proprio in virtù dell'at~ titudine scientifica che lo caratterizzava, di tutto il bagaglio culturale e politico della tradizione greca. Ad Alessandro egli trasmise il patrimonio di tradizioni omeriche, la convinzione della indiscussa superiorità dei Greci sui barbari, l'importanza dei valori istituzionali delle libere p6/eis e un quadro della esperienza costituzionale greca, in cui la basileiaera solo una delle forme costituzionali possibili, e non la costituzione migliore fra quelle possibili. La distanza crescente di Alessandro da molte di queste posizioni conobbe anche la forma del conflitto aperto, nell'opposizione e nella condanna del nipote di Aristotele, lo storico Callistene di Olinto, nel 327 a.C. Aristotele continuava comunque ad avere, sul piano della politica quotidiana, uno stretto rapporto con i governanti di Macedonia, nella fattispecie con Antipatro: proprio le collusioni che gli si imputavano con il reggente di Macedonia, nel clima di rancore e di rivolta che caratterizza il periodo della guerra lamiaca, lo indussero a lasciare prudentemente Atene per l'Eubea, dove morì però nel 322 ad Eretria. La scuola fu poi protetta dal peripatetico Demetrio del Falera, tra il 317 e il 3 07, ma fu in seguito esposta agli attacchi di personaggi dell'ala democratica antimacedone, quali un certo· Sofocle, promotore di un dei:reto che vietava esercitazioni filosofiche non autorizzate, e Democare, nipote di Demostene, La collusione del Peripato con la Macedonia, sul piano della politica contingente e di una crescente propensione della scuola verso un moderatismo di stampo oligarchico, poco toglie al fatto che, delle grandi novità culturali e politiche connesse con la conquista di Alessandro, i celebratori e i riecheggiatoti non furono i Peripatetici, bensì i rappresentanti di indirizzi di pensiero molto più sensibili alle istanze cosmopolitiche, cui la conquista macedone diede l'indispensabile supporto della creazione di nuovi stati e nuove città.

d) Sulla scultura del N secolo La grande stagione della scultura attica occupa ancora gran parte del IV secolo, esibendo le caratteristiche culturali della nuova epoça, che presenta e prepara l1ellenismo. Alla ricérca della simmetria nella rappresentazione della figura, nei grandi scultori del V secolo (l'ateniese Fidia, Mirone di Eleutere e soprattutto l'argivo Policleto), succede, in Prassitele, un'altra concezione della figura: la rappresentazione della figura appoggiata permette un rilassato e morbido disporsi del corpo, che dà spazio a un altro 'linguaggio' della fisicità, quello della grazia: sono figure maschili, Apollo Saurokt6nos (uccisore di lucertole), Ermes con Dioniso fanciullo (per lo Heraion di Olimpia) o il Satiro versante, ma anche nudi femminili, come l'Afrodite di Cnido, destinata a esercitare una grande in-

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fluenza, e significativa di un'attenzione diversa per la donna, che si estende cioè anche al piano formale. Un pdthos violento caratterizza invece le sculture di un monumento che può considerarsi come uno dei capolavori del secolo, il Mausoleo di Alicarnasso, il monumento funerario al dinasta Mau(s)so(l)lo di Caria, iniziato in vita di questo, e completato dalla sorella e moglie Artemisia intorno al 350. Pathosnella decorazione scultorea e gigantismo nelle dimensioni della statua di Mausolo ne sono caratteristiche significative, non meno del fatto che sul monumento funebre si organizza la struttura stessa della città; e che tale ruolo competa a un edificio sepolcrale a carattere monumentale esprime il dispotismo asiatico quasi più di quanto lo farebbe una residenza da vivo (penso al ruolo di organizzazione del térritorio che toccherà,.nella Commagene del I sec. a.C., ai hierothési'a[tombe-santuario] dei locali dinasti): altre sono le dimensioni e il ruolo degli herOadegli ktfstaz'in diverse città greche, quand'anche collocati in agora{ o altre strutture pubbliche, che, includendole, li dimensionano ad elemento della tradizione cittadina. Alla decorazione scultorea collabora, con Timoteo, Briassi, Leocare, anche Scopa di Paro, massimo rappresentante di quel pdthos espressivo, di quella tensione dinamica nella fi. gurazione, che ricorre in particolare nelle sculture del tempio di Atena Alea a Tegea, in Arcadia, ricostruito a cura della neonata o recente Lega arcadica, poco dopo il 3 70 o il 350/340. Al policentrismo politico - nuovamente rigoglioso nel IV secolo a.C. - fa riscontro una diversificazione e originalità del gusto espressivo, che batte strade diverse dal!' éthos del classicismo maturo, strade nuove anche se talora discutibili. La scultura attica conta ancora le importanti realizzazioni di un Leocare (ritratti di Filippo II di Macedonia e dei membri della sua famiglia per il Philippeion di Olimpia; gran numero di statue per Atene e l'Attica), ma già cede definitivamente il passo alla scultura argiva e sicionia, i cui rappresentanti operano in un. rapporto stretto con le monarchie emergenti, prima quella macedone degli Argeadi e poi le nuove dinastie ellenistiche.

e) Sulla nazionalità dei Macedoni Il problema della nazionalità dei Macedoni è stato discusso non solo in riferimento ai dati etnografici della tradizione antica e alle indicazioni dei reperti archeologici, ma anche in rapporto ai dati linguistici in nostro possesso. Essi sono tutto sommato scarsi; della lingua macedone noi conosciamo un certo numero di parole rare (o glosse), conservateci nel Lesst'co di Esichio, un certo numero di nomi propri macedoni noti dalla storiografia e da altra letteratura, infine alcuni termini del greco comune, che però hanno attinenza a istituzioni o cariche storicamente connesse, in maniera

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Storiagreca

particolare, col mondo e con la storia macedone. Cosl ampio è lo spettro di materiale linguistico considerato dal Kalléris nella sua opera su Les anciensMacédoniens(1954-1976) per dimostrare la assoluta grecità dei Macedoni sin dalle origini. Ali' interno di questo materiale va certo distinto rigorosamente - fin dove è possibile farlo -tra quel che è grecocomune (e che potrebbe in via d'ipotesi essere penetrato nel corsodel tempo nel vocabolario macedone) e quel che è specificamentemacedone.Solo su quest'ultimo tipo di materiale si può veriflcare il rapporto della lingua macedone col greco comune; e in molti di questi casi si deve registrare una pe-

culiarità e diversità sia lessicalesia fonetica. L'una e l'altra non vanno, a nostro avviso, rimosse, per far posto a una totale omogeneità ~el macedone col greco comune, che ridondi a prova di una grecità compatta, totale e statica dei Macedoni in quanto popolo. È da riconoscere comunque che-pur se individuato come peculiare - il nucleo lessicale macedone resta per vari aspetti collegato al greco comune, e che il risultato generale dell'analisi linguistica conferma il quadro fornito nel testo per il rapporto tra i Greci e i Macedoni. Questi ultimi (già in virtù della loro designazione generica ed ambientale) non sembrano costituire/in dal!'inizioun unico popolo; ma vi è innegabile la presenza di un nucleo molto forte di Greci, che, essendo periferici rispetto al grosso dei Greci, presentano peculiarità linguistiche, e costituiscorio tuttavia l' elemen_to storicamenteunificante,in un progressivo diffondersi e consolidarsi della culturaellenica:uq. processo, questo, che conosce due o perfino tre fasi distinguibili fra loro. Le diverse fasi sono: 1) quella connessa con l'avvento della dinastia argeade, alla fine dell'VIII secolo a.C.; 2) quella di Alessandro Filelleno e dei suoi successori, dall'inizio del V all'inizio del IV secolo; 3) infine, l'epoca di Filippo II e di. Alessandro Magno, che perfeziona il processo di assimilazione, ma anche suscita, sul terreno dello scontro tra p6leis classiche e stato territoriale emergente a potenza mondiale, nuove ed esagitate polemiche riguardo al problema stesso della nàzionalità macedone.

fJEforo Poco sappiamo delle vicende di questo storico, nativo dell>eolica Curna, in Asia minore, e vissuto all'incirca tra il 405 e il 330 a.C. Nella tradizione egli appare come discepolo del retore Isocrate e condiscepolo di Teopompo: secondo un aneddoto variamente raccontato dagli antichi, Isocrate avrebbe detto che dei suoi discepoli l'uno, Eforo, aveva bisogno del pungolo, l'altro, Teopompo, del freno (FGrHzst70 T 28). Ed. Schwartz negò (RE VI 1, 1907, coli. 1 sgg.). il rapporto dei due con Isocrate, con ragioni però meno valide di quelle che possono farsi valere contro la tradizione di un Senofonte scolaro di Isocrate.

IX. La Macedoniadalleoriginial regnodi FilippoII

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Scrisse un'opera storica 'universale) i che trattava cioè eventi sia della storia del Mediterraneo orientale sia di quella delle regioni occidentali; ma restavano esclusi i popoli che erano stati Storicamente meno a contatto coi Greci, La sua storia (redatta circa 350-330 a.C.?), in 30 libri (del XXX era autore, probabilmente, il figlio Demofilo), escludeva il remoto passato 'mitico' e si limitava a quello 'storico', prendendo in considerazione il periodo dal «ritorno degli Eraclidi» (invasione dorica del Peloponneso) fino all'anno 340 a.C. La narrazione, nell'àmbito di ciascun libro, si svolgeva 'rmià yé:voç (Diodoro, V 1, 4), aveva cioè forse un contenuto omogeneo per teatro.d'azione (Grecia, Occidente, Oriente, Macedonia), o per altri aspetti) restando subordinato a questo criterio il criterio cronologico. Difficile individuare con chiarezza le idee politiche di Eforo, anche se fammirazione per le buone costituzioni del tempo antico fa capire la tendenza generale. È fonte, almeno precipua, dei libri XIXVI di Diodoro Siculo (che riguardano gli anni480-336 a.C.) (per i frammenti, v. FGrHzst70).

g) Teopompo Della vita di Teopompo sappiamo poco più che della biografia di Eforo. Nacque a Cbio, forse nel 378/7 o 377/6 a.C.; nella sua vita, un episodio drammatico: l'esilio, cui fu costretto il padre (Damasistrato), con la famiglia) dal partito democratico della sua città, per sospetta simpatia nei riguardi di Sparta. Nel332 Alessandro Magno, che pur restaurava a Chio, come in altre città vicine) la democrazia, procurò probabilmente a Teopompo il rientro in patria. Conserviamo solo frammenti delle stie opere storiche: le Elleniche,in 12 libri, che continuavano Tucidide fino alla battaglia di Cnido (dal411 al394 a.C.), e le Storiefilippiche,in58 libri, che erano incentrate sulla figura di Filippo II di Macedonia. La forte tinta moralistica, che era ben chiara agli antichi (Dionisio d'Alic.,A Pompeo6), non deve far dimenticare le trasparenti propensioni politiche di Teopompo: fra le due cose non c'è incompatibilità. Fu autore anche di un' epiton;te di Erodoto in -2libri: e l'interesse etnografico, quello per il meraviglioso e per le curiosità, in parte anche quello biografico, presenti in lui (cfr. Dionisio, I.e.), ci richiamano variamente il tnodello èrodoteo, ma anticipano anche aspetti della storiografia ellenistica più tarda (per i frammenti, v. FGrHist115).

h) Attido grafi Gli attidografi (o autori di una Atthis, cioè di una cronaca dell'Attica) rappresentano un momento importante della storia della cultura e del1'erudizione greca. Apre la serie, già nel V secolo, un non attico, Ellanico

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Storia greca

di Mitilene; ma i nomi più significativi, fra gli attidografi di origini ateniesi, sono Clidemo (un esegetadi tradizioni sacrali), probabilmente della prima metà del IV sec. a.C.; Androzione, personaggio politico di rilievo, della cerchia di Eubulo, di tendenze democratico-moderate, che influenzò Aristotele; Fanodemo, il padre dello storico della III guerra sacra, Diillo; Filocoro, che, poco dopo la guerra cremonidea, veniva fatto uccidere da Antigono Gonata, per il suo orientamento filotolemaico (cfr. nell'insieme, per i frammenti di questi storici, FGrHist 323-328). Interessati al mito, alle istituzioni, ai culti, oltre che agli avvenimenti storici, questi scrittori che - fatta_eccezione per Ellanico - si scaglionano tra la metà del IV e la prima metà del III sec. a.C., rappresentano bene gli sviluppi culturali greci, e specificamente ateniesi, dell'epoca: erudizione; raccolta sistematica di dati; progresso nella definizione cronologica. Se ancora Ellanico era considerato da Tucidide (I 97, 2) poco preciso nella cronologia della Pentecontaetia, gli altri attidografi - e in forma particolarmente matura Filocoro - mostrano di avere messo a punto un sistema di esposizione annalistica, reso loro possibile dall'esistenza e dalla ricostruzione di liste di arconti annuali, a cui essi attingono come a tradizio~ ni locali, orali o scritte, alla grande storiografia, ecc. In essi si compie quel processo di 'razionalizzazione' della rappresentazione del tempo storico, che passa per la cronologia di tipo 'generazionale' di Erodoto, poi larigorosa distinzione tra estati e inverni (ancora quindi legata all' esposizione di eventi militari) in Tucidide, quindi le ricadute di Senofonte (quando non è continuatore o editore di Tucidide) in una cronologia fluida, infine i progressi che, in fatto di sistemazione cronologica, è legittimo, anche se solo congetturale, attribuire ad Eforo. L'arco di vita dello storico siciliano Timeo di Tauromenio (circa350-250 a.C.) si copre, non a caso, con il tempo dello svolgimento complessivo della letteratura attidografica: e, sul terreno della cronologia, a Timeo va il merito di aver adottato (come si addiceva, si direbbe, a una storia di dimensione più che cittadina) la cornice cronologica dell'olimpiade per la narrazione degli eventi.

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5. Sullo stato territoriale e le p6/eis nell'età di Filippo II: G. Cawkwell, Phi/ip oJMacedon,London 1978; R.M. Errington, The Nature of the MacedonianState Under the Monarchy,in «Chiron» 8, 1978, pp. 77 sgg.; E . .Lévy, La mànarchie macédonienne et le mythe d)une royauté démocratique, in «Ktèma» 3, 1978, pp. 201 sgg.; L.J. Bliquez, Philip II and Abdera, in «Eranos» 79, 1981, pp. 65 sgg.; M.B. Hatzopoulos-L.D. Loukopoulos, Philip o/Macedon, London 1981; A. Tronson, Satyrusthe Peripateticand

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Storiagreca

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Aspetti di storia delle finanze e delle indennità ad Atene: E. Ruscbenbuscb, Die athenischenSymmorien des 4. Jh. v.Chr., in «ZPE» 31, 1978, pp. 275 sgg.; Id., Die Ein/uhrung des Theorikon, ibid. 36, 1979, pp. 303 sgg. (istituito da Eubulo, non da Pericle né da Agirrio); C. Mossé, Les symmoriesathéniennes,inPoints de vue sur lafiscalité antique,Paris 1979, pp. 31 sgg.; G.L. Cawkwell, Notes on the Failureo/ the SecondAthenian Con/ederacy,in > 30.000 » Anassimene >> 43 .000 » Callistene » 40.000 »

militi di cavalleria 3000 4000 Plutarco, SuUafortuna di Alessan5500 dro l, 3, p. 327 4500 (Polibio, Xli 19, 1)

Tav. 72 • Da Beloch, La popolazione del mondo greco-romano,p. 227.

di Alessandro in terra asiatica vi furono la visita di Troia e gli onori resi alla tomba di Achille. Il sogno di Isocrate, di una impresa che unificasse il mondo greco in una spedizione punitiva contro l'Asia, la rivale di sempre dalla guerra di Troia ai conflitti con i Persiani, sembrava dunque avere una prima realizzazione. Da parte di Alessandro tutto ciò equivaleva a conferire un tratto personale in più a quel riaffiorare di livelli culturali 'omerici' nella storia delmondo greco, che aveva connotato l'ascesa di uno stato come la Macedonia. Era il risultato dell'intreccio tra obiettive caratteristiche arcaiche della società macedone, decifrabili al di sotto degli innegabili elementi di sviluppo storico, e le scelte soggettive, culturali, di Alessandro (l'Alessandro 'giovane'), a cui non era estranea l'influenza di Aristotele, di Callistene e della stessa tradizione di pensiero isocratea. I satrapi di Lidia (Spitridate), Frigia maggiore ed ellespontica (Atizie, Arsite) e Cappadocia (Mitrobuzane), raccolte in un concitato sforzo le truppe disponibili, affrontarono Alessandro presso il fiume Granico, che scorre dall'Ida alla Propontide (Mar di Marmara). Lo scontro fu deciso· dal valore delle cavallerie macedone e tessalica; molti i morti persiani, fra di essi gli stessi Spitridate e Mitrobuzane; poche le perdite macedoni (maggio-giugno 334). Secondo la distinzione già sopra proposta tra le diverse aree, quanto a volontà e capacità di resistenza persiana all'invasore, si constata una facile avanzata di Alessandro da Dascileo a Sardi ad Efeso, ad altre città della Ionia e dell'Eolide: solo Mileto oppose una qualche resistenza; più

X. Àlessandroil Grandee le originidell'Elleni'smo

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Alessandro si spingeva a sud, più doveva piegare la resistenza dei Persiani e del loro comandante rodio 7 • 3. Alessandro, i Greci l'Asia fino alla battaglia di Isso (333)

Una scelta politica obbligata, per quanto riguarda i regimi interni, fu quella di restaurare la democrazia a Efeso e altrove, visto che le oligarchie locali erano quelle tradizionalmente più legate al Persiano, che del resto, ancora dopo il Granico, era presente e capace di resistenza nella parte occidentale del!'Anatolia. Alessandro prendeva quindi, nell'autunno del 334, la decisione di rinviare a casa la più gran parte della già modesta flotta, decisione nient' affatto sorprendente per chi capisce il senso della conquista mac_edone dell'Asia (vittoria di uno stato continentale su uno stato continentale). Egli doveva affrontare, nell'avanzata verso il sud, un altro punto di resistenza in Alicarnasso, che cinse d'assedio e di cui riuscì a conquistare la città bassa, dopo qualche tentativo andato a vuoto e il ritiro nottetempo del rodio Memnone, che trasferì le sue forze nel!' antistante isola di Cos. La satrapia di Caria, dove continuava la resistenza di Mindo e di Cauno (oltre che della stessa cittadella di Alicarnasso), fu affidata ad Ada, una sorella di Maussollo e di Pixodaro, in sostituzione di Orontobate, un persiano che praticava una politica filopersiana. Il re avanzò in Licia e Panfilia e poi ancora nel cuore della Frigia fino a Gordio, dove con la spada tagliò di netto il nodo che legava un giogo a un carro, e il cui scioglimento, realizzato dal macedone con drastica decisione, doveva, in virtù di un'antica profezia, assicurargli il dominio dell'Asia. Dunque già ora, circa l'inizio del 333, Alessandro comincia a mandare segnali e cercare conferme del suo disegno di conquista dell'Asia, sia nel senso di una conquista in assoluto, sia nel senso dell'acquisizione di un'eredità storica (ed è già ora qualcosa di diverso dall'idea iniziale, quella del 'vendicatore della grecità' sul!'Asia). È probabile che la stessa presenza e resistenza di numerosi mercenari greci nelle file persiane, oltre alla freddezza mostrata da alcuni degli alleati greci (a cominciare da Atene) nella partecipazione all'impresa comune, abbia determinato un mutamento di prospettiva assai precocemente, cioè poco dopo la vittoria del Granico. 7

Arriano, I 11-19; Diodoro, XVJI 17-22; Plutarco, Alessandro16 sg.

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Storiagreca

Mau[s]so[l]lo Artemisia

Idrieo Ada Pixodaro

[377/6]-353/2 353/2-351/0 351/0-344/3 344/3-341/0 341/0-(335/4]

(Diodoro, XVI 36, 2) (Id., XVI 36, 2; 45, 7) (Id., XVI 45, 7; 69, 2) (Id., XVI 69, 2; 74, 2) (Id., XVI 74, 2)

Tav. 73 - Dinasti di Caria (da Beloch, GG2 III, p. 143 ).

Del resto Memnone, dopo lo scacco subìto ad Alicarnasso, aveva dispiegato un'intensa e proficua attività nell'area egea nel suo complesso, guadagnando Chio e le città di Lesbo (esclusa Mitilene) e suscitando simpatia e adesioni fra le città delle Cicladi, e da parte della stessa Atene. Tuttavia una malattia lo uccise durante l'assedio di Mitilene. I persiani Farnabazo (nipote di Memnone) e Autofradate cercarono di continuarne l'opera, e di fatto ottennero la resa di Mitilene e riconquistarono al sud Mileto e la città bassa di Alicarnasso; più modesti furono i successi al nord (presa di Tenedo, dislocazione di una piccola flotta presso gli Stretti); ma la ricostituzione e attivazione di una flotta greca ebbe come conseguenza un paio di sconfitte per le flotte persiane a Sifno (Cidadi) e nell'Ellesponto, e un rapido riallineamento di gran parte del mondo greco su posizioni di lealtà verso il macedone, ad eccezione di Sparta, sempre ostile, sotto la guida del re Agide III 8 • A consolidare il recupero dei Greci da parte di Alessandro non poco dovette contribuire la sua vittoria ad Isso nella Siria settentrionale, nel!' autunno del 333. Dal!' Anatolia centrale Alessandro aveva raggiunto, attraverso i passi del Tauro, la Cilicia, dove era stato colto da una grave infermità, ma aveva poi ripreso la sua attività con la sottomissione di Soli e di Mallo; intanto da Babilonia Dario si spostava nella Siria settentrionale, cioè in direzione delle basi avversarie. La battaglia di Isso si articola in due fasi: dapprima Alessandro, attraversati i passi tra Cilicia e Siria, prende posizione presso Miriand(r)o, in faccia al re persiano, che nel frattempo era giunto nella piana di Sochoi. Alla fase dell'irresoluto fronteggiamento segue il tentativo di aggiramento del macedone da parte di Dario: risalito 8

Arriano, I 20-II 6; Diodoro, XVII 22, 27, 29, 31; Plutarco, Aless. 17 sg.; Cur-

zio Rufo, III 1, ecc.

X. Alessandroil Grandee le origini'del/!Ellenismo

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lungo il fianco orientale del monte Amano, e attraversati i passi montuosi, il persiano punta a chiudere alle spalle l'esercito nemico, attestandosi a nord di esso, nella piana di Isso, e restando così difeso dall'interposta vallata del fiume Pinaro. Qnesta volta ad Alessandro, che rischiava di cadere in una trappola senza scampo, non restava che prendere l'iniziativa dell'attacco: nella piccola piana di Isso l'ala destra dello schieramento macedone (cavalleria e fanteria, personalmente guidate dal re) travolse l'ala sinistra e il centro dello schieramento persiano, risolvendo al tempo stesso a proprio vantaggio la situazione di difficoltà in cui era venuta a trovarsi, sulla sua sinistra, la cavalleria tessalica e peloponnesiaca al comando di Parmenione. A questo punto tutto lo schieramento persiano crollò. Dario fuggiva con parte dei suoi uomini verso l'interno e oltre l'Eufrate; una parte si salvò in Fenicia e quindi a Cipro; nelle mani del vincitore restavano l'accampamento del re, con la madre Sisigambi, la moglie Statira e i figli. La notizia dell'inattesa vittoria di Alessandro placò momentaneamente i fermenti ostili dell'opinione pubblica greca: alle feste Istmie del 332 i rappresentanti della Lega di Corinto decretarono per il re una corona d'oro. Nell'Egeo intanto (332) i Persiani perdevano una posizione dopo l'altra; gli equipaggi fenici e ciprioti disertavano la flotta per raggiungere le regioni di provenienza; navi macedoni, al comando di Egeloco e di Anfotero, liberavano, a cominciare dal nord, Tenedo, Chio, Lesbo, la Caria, mentre Rodi era già passata spontaneamente dalla parte di Alessandro. Gli oligarchi di Chio e i tiranni di Lesbo saranno puniti, rispettivamente, con la deportazione ad Elefantina, in Egitto, e con esecuzioni capitali 9 .

4. Alessandroin Feniciae in Egitto; la battagliadi Gaugamela(332/331) Alessandro procedeva intanto dalla Siria in Fenicia, dove conquistava in successione le principali città, da Arado a Sidone, Quando era ancora a Marato, tra Arado e Biblo, egli ricevette richieste di pace da Dario, con l'offerta dell'Asia 'di qna dall'Eufrate' (o, secondo Diodoro, XVII 39, solo 'di qua dalHalys') di un risarcimento di 10.000 9 Ardano, II 7-20; III 2; Diodoro, XVII 30-32; 48i Plutarco, Aless. 18-20; Curzio Rufo, III 2-7; IV 5, 11-22.

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j Soldato con lancia a livello per attacco

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Soldato (da sopra)

5 di lancia lancia lunga 5 m?

/, Soldato che tiene la lancia diritta

Tav. 74 - La falange macedone in azione (N.G.L. Hammond-F.W. Walbank, A History o/Macedonia III, p. 45).

X. Alessandro il Grande e le originidell'Ellenismo

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talenti, e della mano di una delle figlie del re sconfitto. Non è affatto inverosimile che Alessandro abbia sin dall'iniziorespinto un compromesso, che avrebbe dimezzati e resi precari gli effetti di una vittoria, che egli, con le azioni svolte dopo Isso, mostrava in tutti i modi di considerare, o voler rendere, piena e definitiva. A questo programma si ispira la strategia di conquista preliminare di tutte le regioni costiere, seguita da Alessandro dopo la vittoria in Siria: si trattava di tagliare la Persia fuori del Mediterraneo·, per trasformare definitivamente il conflitto in una guerra di conquista continentale, a cui il macedone si sentiva adeguato. Alessandro rinunciò quindi ad inseguire Dario, che intanto si era ritirato nel cuore della pianura assira, e s'impegnò nella conquista della Fenicia e dell'Egitto. In Fenicia s'imbatté in una fortissima resistenza da parte di Tiro, protetta dalla sua posizione insulare. Alessandro dovette far costruire un argine, per tagliare il braccio di mare che separava Tiro dalla costa, e dové servirsi anche dei contingenti fenici e soprattutto ciprioti della flotta persiana. Solo dal mare egli poté aprire una breccia nelle fortificazioni della città. A rivalsa delle crudeltà che i Tirii avevano commesso verso i prigionieri greci, ma anche per effetto del desiderio di vendetta di Alessandro per aver dovuto spendere per la conquista di una sola città ben sette mesi sui due anni che era costata la conquista di una cospicua parte dell'impero persiano, la resa della città fu seguita da una strage di 8000 dei suoi abitanti, mentre altri 30.000 ne venivano venduti in schiavitù (agosto 332) 10 . Sulla via dell'Egitto Alessandro non ebbe altri ostacoli oltre Gaza, che, occupata da una guarnigione persiana, resisté per due mesi. La campagna di Alessandro in Egitto (inverno 332/331) era favorita dal fatto che l'elemento indigeno aveva fresco il ricordo del periodo dell'indipendenza dai Persiani, conservata dal 404 al 343 a.C., cioè fino ad appena dodici anni prima. E naturale che qui il macedone fosse accolto come un liberatore, e trovasse anche il modo di visitare l'oasi di Siwah, ove sorgeva il santuario oracolare di Zeus Ammone; i sacerdoti proclamarono Alessandro figlio di Ammone, in quanrn Arriano, ll 14; 25; Diodoro, XVII 39; 54; Curzio Rufo, IV 1; 5; 11 (sulle offerte di pace di Dario); Arriano, II 11-24; Diodoro, XVII 40-48; Plutarco, Aless. 24 sg.; Curzio Rufo, IV 2-6 (avanzata di Alessandro e conquista di Tiro). Cfr., sulla partecipazione greca alla spedizione (7.000 fanti, 600 cavalieri e 160 triremi), H. Berve, Das AlexanderreichaufprosopographischerGrundlageI, Miinchen 1926, pp. 139 sgg., 159 sgg.

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to signore dell'Egitto; ma dal canto suo egli poteva trovarvi la conferma dì quel che la stessa madre Olimpiade aveva detto di lui: che fosse figlio di Zeus, e non di Filippo II. E qui, entrato ormai per la prima volta a tutti gli effetti nel ruolo di signore riconosciuto di un paese straniero, Alessandro poteva dare vita a una fondazione cittadina, sorta col suo nome, presso il ramo Canopico del delta del Nilo, sul sito del villaggio indigeno Rhakotis. Intanto, manovre di disturbo dei Persiani nelle retrovie anatoliche (in Frigia) fallivano per il valore di Antigono (il futuro diadoco). L'organizzazione del Museo di Alessandriasi deve all'ispirazione del peripatetico Demetrio Falereo. Il Museo, ambiente consacrato alle Muse, in quanto riservato a un ristretto gruppo di dotti al servizio del sovrano (e spesso incaricati dell'istruzione dei giovani principi), è da porre, sulla base di Strabone, nella parte intima e residenziale (la parte 1privata,, potremmo dire, riservata al re e alla sua famiglia- e al più stretto entourage, anche intellettuale-, dove sono anche le tombe regali, da quella di Alessandro a quelle dei Tolemei) dell'estesissima reggia alessandrina, mentre la Biblioteca, proprio in quanto pubblica, doveva trovarsi nella parte più esterna ed accessibile della reggia medesima, e non sembra da concepire come una sorta di grandiosa scaffalatura all'interno del Museo. In un contesto simile (reggia e però anche zona accessibile al pubblico) si trovava del resto il santuario dove si svolgono i riti in onore di Adone, descritti nelle Siracusanedi Teocrito. Il Museo sopravviveva ancora all'epoca di Strabone, ma le due strutture erano in effetti distinte e indipendenti, e l'incendio del 47 a.C. poté distruggere la Biblioteca, senza interessare il Museo. La Biblioteca stessa è indicata nelle fonti come «Grande Biblioteca», e da essa si distingueva la «Biblioteca figlia», quella del Serapeo, con soli 70.000 volumi. Possiamo comunque continuare a parlare di )) la dicono lunga sull'orientamento politico radicale di Timofane, e, e contrario, sul senso della briµoXQatLamoderata di Plutarco, '1ì'm.5, 2, a cui non sanno adattarsi i seguaci di Timofane (e che inve·ce costituisce, fin dai suoi inizi, l'ideale politico di Timoleonte).

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sarà un esaltatore del generale corinzio): perciò, unico fra i tiranni di Sicilia, Andromaca avrà la benevolenza di Timoleonte. Iceta, che aveva invocato l'intervento corinzio e occupato la terraferma siracusana, contendendola a Dionisio (ormai assediato ad Ortigia), preferisce cambiar fronte e passare dalla parte dei Cartaginesi (cominciando un'altalena che alla fine gli riuscirà fatale), mentre Dionisio si consegna a Timoleonte e ottiene di potersi trasferire a Corinto, dove vivrà vari anni facendo apprezzati racconti e confidenze sulla sua amara esperienza politica 31 . Timoleonte ha quindi sotto controllo Ortigia e poi, tramite un suo ufficiale (Neone), anche Acradina; con l'aiuto di nuovi rinforzi corinzi egli riesce a tenere in scacco i Cartaginesi, e a riguadagnare l'ubbidienza dei volubili tiranni e di varie città dell'interno. D massiccio reclutamento di forze da parte di Cartagine porta alla battaglia campale del fiume Crimiso, presso Segesta (341?), in cui i Cartaginesi sono battuti con gravi perdite, anche di forze cittadine. Iceta di Leontini e Mamerco di Catania, che avevano ancora una volta cambiato fronte a favore dei Cartaginesi; sono poi rispettivamente vinti al fiume Damyrias e presso Catania. l; alleanza punico-calcidese, che più volte nel corso della storia siceliota si era presentata come una possibilità di opposizione a Siracusa, è ormai battuta. I;Alico torna ad essere, per l'ennesima volta, l'ovvio confine (naturale e storico, insieme) tra le zone d'influenza e di predominio, rispettivamente, punica e siracusana. Iceta sarà giustiziato dalla sua stessa gente; nell'area greco-sicula dell'Etna sono espulsi i tiranni Nicodemo di Centuripe e Apolloniada di Agirio; Catania e Messina cadono sotto il controllo di Timoleonte, che fa giustiziare gli infidi Ippone di Messina e Mamerco càtanese32 . In Sicilia comincia quindi il ripopolamento delle città ad opera di Timoleonte, con coloni provenienti da tutte le parti del mondo greco. Non va perduto comunque per intero, nell'azione di Timoleonte, quello che era stato un filo conduttore della politica siracusana sin dal]' epoca dei Dinomenidi, cioè il potenziamento demografico della 31 Plutarco, Timoleonte 7-21; Diodoro, XVI 65-70; Cornelio Nepote, Tz'moleonte 2, 2; Giustino, XXI5; Cicerone, TusculaneIII 12, 27, ecc. Dionisio avrebbe fatto il maestro di scuola a Corinto. 32 Plutarco, Ti'moleonte22-34; Diodoro, XVI 70-82. Il Crimisoè da identificare col Fiumefreddo-S,Bartolomeoo col Belice sinistro.Sulla dedica di Timoleon-

te, su cui Plutarco, 29, 2-3, cfr. D. Musti, in «PP» 17, 1962, pp. 450 sgg.

X. Alessandroil Grande e le origini delFEllent'smo

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città, con facilitazioni nella concessione della cittadinanza agli immigrati, in particolare a quelli di Leontini (troppo spesso considerata da Siracusa come il suo 'granaio'). Per il resto però, la prassi timoleontea è del più puro stile cittadino: le risorte (o rinnovate) città debbono fondersi in una lega, di cui Siracusa è città egemone, ed entro cui vige il principio dell'autonomia (secondo il tradizionale e realistico binomio egemonia-autonomia). A Siracusa stessa Timoleonte instaura, in armonia con le premesse di tutta la sua vita, un regime di oligarchia moderata, con un sinedrio di 600 consiglieri, scelti fra i benestanti, e con un capo di tipo sacerdotale, un amphipolosdi Zeus Olimpio, sorteggiato su tre candidati eletti dal popolo; contro i barbari, Siracusa siimpegna a chiedere all'occorrenza un capo militare a Corinto, da af. fiancare agli strateghi cittadini. Nel 33 7, conclusa la sua opera, Timoleonte, divenuto nel frattempo cieco, depone la carica di strategòsautokrator, da lui detenuta per quasi otto anni; resterà però a Siracusa, dove morirà e, secondo una tradizione frequente nelle città doriche, riceverà l'onore di una tomba nell' agord33 • 12. Il ruolo di Tarantofra mondo grecoed entroterraitalico

In parte, cioè sul puro piano militare, l'intervento corinzio è da considerare come uno sviluppo della III guerra sacra, perché mercenari focesi, sloggiati da Delfi e dalla Focide con la pace del 346, furono utilizzati nella spedizione di Timoleonte, così come poi in quella del re spartano Archidamo III, figlio di Agesilao; questi intervenne in aiuto di Taranto, che aveva richiesto il sostegno della madrepatria contro Iapigi e Lucani, e portò con sé anche mercenari focesi. Ma Archidamo, sotto le mura della messapica Manduria, fu sconfitto e ucciso (338). Ormai, e già dal secondo quarto del IV secolo a.C., Taranto è la città egemone della Lega italiota, dell'Italia greca in generale: ma la sua è un'egemonia su una grecità che, malgrado non trascurabili manifestazioni di vitalità, è entrata 33 Diodoro,XVI70,5-6; 82,5-7;Plutarco, Tt'moleonte23,31,35 ecc. Cfr.anche, peri riscontridi età post-timoleontea,Diodoro, XIX 4, 3; 5, 6; 6, 4, sul sinedrio 'dei 600', M. Sordi, giusta la posizione espressa nel Timoleonte eit. a n. 29, vede nell'operacostituzionaledel Corinziouna parabolaevolutiva,da una fase democratica(alla Eraclide)ad una paternalistica(allaDiane), cfr. ne La Siciliaanticaeit,, p, 281 (alquantodiversamenteRJ,A Talbert,op.cit.), Se parabolavi fu,essa non sembra (in ogni caso) significareuna conversione di Timoleonte, quanto un suçicommisurare alle diversecircostanzele sue peraltrocostanti propensioni politiche.

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in crisi (sicché, e contrario, anche di più spicca la potenza e la ricchezza della città egemone), Dopo Archidamo, il successivo condottiero, da cui Taranto e la grecità d'Italia otterranno aiuto contro gli ormai attivissimi Lucani, è Alessandro il Molosso (334331/330 a.C.): Sparta, impegnata contro la Macedonia, non avrebbe avuto infatti forze da dirottare verso Taranto, e forse quest'ultima considerava realisticamente i vantaggi che potevano derivarle dal collegarsi con il re epirota, zio di Alessandro il Grande, nel momento in cui la Macedonia era ormai diventata la prima potenza del Mediterraneo. Alessandro affronterà uno dopo l'altro i popoli barbari dell'Italia meridionale (Messapii, Peucezi, Lucani); libererà Siponto ed Eraclea, e da Paestum (forse non ancora sotto il dominio politico lucano) farà una sortita per affrontare e sconfiggere in battaglia Sanniti e Lucani. Egli stringe anche un patto con i Romani34 • Presto però si incrinano i rapporti con Taranto, e questo ha motivazioni sia contingenti sia di più vasta portata: da un lato l'istinto di autodifesa della città dall'autorità del sovrano, dall'altro però l'ampliarsi troppo rapido dell'orizzonte delle ambizioni del Molosso, che investono l'intera Italia meridionale, in una prospettiva che scavalca lo stesso orizzonte politico di Taranto; infine, a Taranto prende sempre più piede una linea politica che è di competitività, certo, ma anche di possibile intesa, sul lungo periodo, con le popolazioni italiche, in virtù di un riassestamento delle alleanze della città greca verso gli

r

stessi vicini Lucani, dopo la guerra romano-sannitica. Taranto sem-

bra interpretare sempre di più il suo ruolo come quello di una città egemone dell'intera Italia, greca e indigena, decisa semmai a contrastare l'avanzata di un altro, più distante e più temibile, popolo 'barbaro', il romano. Il Molosso, e con lui le città greche che non a caso gli sono e restano devote (come Turii e Metaponto, in tradizionale posizione di antagonismo o almeno di guardinga difesa nei confronti di Taranto), sono invece più legati alla tradizionale politica di opposizione all'elemento barbarico lucano-brettio, che è al momento il più attivo e geograficamente il più vicino (i Lucani premono sullo Ionio centrale, i Brettii occupano Sibari sul Traente, Terina, Ipponio, Turii [?]). Alessandro cerca anche di sfruttare a suo vantaggio i con34 Diodoro, XVI 62 sg.; 88; Strabone, VI C. 280; Plutarco,Agide 3, Camilla19; Pausania, III 10, 5 (Archidamo); Livio, Vill 17; 24; Giustino, XII2; Arriano, AnabasiIII 6, 7 (Alessandro il Molosso).

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flitti interni al rnondo lucano, che in quest'epoca è in fase al ternpo stesso di espansione e di fermento; ma sarà ucciso a tradimento a Pandosia proprio da un esule lucano 35• Poco dopo la morte del Molosso, intorno al 330 a.C., sembra doversi fissare la data della presa di Posidonia (poi Paestum) da parte dei Lucani, piuttosto che intorno al 400 a.C., come i più ritengono. La condizione dei Greci in Italia nel settantennio tra le due date in esame (400 e 330 a.C. circa) può descriversi come uno 'stato di sofferenza', esattamente come la rappresenta per Siracusa e la Sicilia greca, negli-anni 353-351 a.C., l'autore della VII e dell'VIII lettera platonica (che sia Platone o altro autore, comunque di tutto rispetto): condizione di tryphé, di opulenza e benessere economico, ma anche di crisi morale, avvertita nel rischio di perdita dell'identità 'nazionale', linguistica e politica, pur in un periodo in cui si conserva ancora l'indipendenza politico-militare, tuttavia minacciata, in senso lato, dal punto di vista culturale.

13. Vicendedel regnobosporano

(l'ellenizzazionenel Mar Nero)

r.;acquisizione alle forme della cultura greca di regioni adiacenti alle p6leis, l'ellenizzazione, è un fenomeno che nel IV secolo a.C. raggiunge livelli di solido assestamento non solo in Occidente, ma anche in Oriente. Paradigmatico, e perciò degno di particolare menzione, il caso della costituzione, a partire dal 438/437, del regno bosporano, nella zona delBosporo Cimrnerio (stretto di Kertsch, tra Mar d'Azov e Mar Nero [Palude Meotide e Ponto Eussino], ad est della penisola di Crimea [allora Chersoneso Taurico]). Le città di fondazione milesia, come Panticapeo (Kertsch) e Teodosia, vengono invero assoggettate a una dinastia di origine tracia, quella degli Spartocidi (che prende nome da Spartaco I [438-432]): essa regnerà fino alla fine del II sec. a.C., quando l'area, su cui premono gli Sciti, sarà assorbita nel regno di Mitridate VI Eupatore del Ponto. Le figure più illustri, anche e soprattutto per il loro rapporto con il mondo greco-egeo, e in particolare con Atene, sono Leucone I (389-348) e Pairisade I (349-310). I.:ellenizzazione consiste nel fatto che le città greche costituiscono il nucleo del regno, anche se esso ha una dinastia di origine tracia, che 3'

Eschine, Contro Ctesi/onte 242; Giustino1 XII 1, 4-31 1.

X. Alessandroil Grandee le origini dell'Ellenismo

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si sostituisce alla stirpe milesia degli Archeanattidi, e risulta composito di popolazioni locali, quali gli Sciti e i Maiti. La forma politica del regno rivela un carattere composito, ma appunto anche una decisa presenza di forme greche: il dinasta spartocide si chiama perciò drchonBosp6roukat'Theodosiase in questo tende a presentarsi come un magistrato cittadino e al tempo stesso come un re delle popolazioni ricordate, Nella sostanza si tratta di una monarchia militare, che regna su di uno stato territoriale, dove esistono tradizioni cittadine, benché la funzione della polis sul piano politico sia molto ridotta: non a caso è stato evocato il parallelo delle monarchie-tirannidi siciliane. L'ellenizzazione è rilevante, ma resta pur sempre (come del resto è implicito nel termine stesso) un fenomeno di acculturazione, un capitolo suggestivo della storia della grecità di frontiera, con tutta la sua complessità storica, L'area ha scambi significativi col mondo grecoegeo e più in particolare con Atene, che ne importa grano, pesce salato, schiavi ecc, e vi esporta olio, e prodotti artigianali varii; nel regno bosporano però fiorisce anche un artigianato notevole (ceramica, toreutica ecc,), A una certa distanza, restano indipendenti e latamente collegate alla vicenda storica, le città greche di Chersonaso (presso Sebastopoli), di origine megarese, in Crimea, e Olbia (di fondazione milesia), alla foce del fiume Ipani (Bug)36 ,

NOTE INTEGRATIVEE BIBLIOGRAFIA

a) Il termine «Ellenismo» Ellenismo è parola fondamentalmente già presente nel greco antico, sviluppo del verbo hellenizein,che significa «parlare alla maniera dei Greci» (e forse anch~i più in generale) comportarsi alla loro maniera), secondo un processo di formazione del tutto familiare ai Greci (verbi in -izo hanno ad es, da sempre in greco il senso di parteggiare politicamente per qualcuno: philipp{zoe il derivato philippista{,ecc.), In un papiro tolemaico (P. Col, Univ. Zenon 66) il puro senso linguistico è del tutto evidente: oùx mtcrtetµm ÉÀÀ~vl~ELV significa: «non so il greco». Gli hellenizontes sono dunque coloro che, non essendo di origine greca (in questo caso si 36

Fonti: Diodoro, XII31, 1; 36, l; XIV 93, 1; XVI 31, 6; 52, 10; XX 22, 1-26,

· 2; 100, 7;'V. LatySev, Inscr. Orae Sept. Ponti Euxini, 1885 sgg., passim;IG WIIP 212, ecc.; v. più avanti Bigliogra/ia.

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tratta di un Egizio), dall'esternosi adeguano all'espressione linguistica greca. Un qualche passaggio è ancora verificabile tra hellenfzontese hellenista{)che, rispetto al primo termine, identifica già un gruppo con caratteristiche o atteggiamenti culturali stabili. Il termine ricorre) come è noto, in un passo degli Atti degliApostoli, 6, 1, in cui si ricorda la tensione tra hellenistafe Hebrafoinel periodo della formazione della comunità cristiana di Gerusalemme, quando Paolo (cfr. 9, 29) discuteva con degli infidi Hellenistaf.G.A. Droysen pose a fondamento della sua Geschichte des Hellenismus (1836-1843; 2" ed. in3 voli., 1877-78 includente anche la GeschichteAlexanders des Grossénvan Makedonien, che era apparsa nel 1833) un concetto di Ellenismo come 'mescolanza1 tra orientali e occidentali. Recentemente sono stati ripercorsi gli antecedenti della definizione riservata da Droysen alretà aperta da Alessandro Magno, ma riconosciuta in Philipp Karl Buttmann (R. Pfeiffer) o in Gottfried Bernhardy e nello stesso B.G. Niebuhr (L. Canfora). La monografia di quest'ultimo (Ellenismo, Roma-Bari 1987) costituisce un sensibile chiarimento, riguardo al fatto che Droysen non propose la sua idea di Ellenismo sulla base del passo degli Atti degliApostoli, né legò il concetto di hellenistaf a una nozione di soli 'Giudei grecizzanti'; egli aveva infatti una concezione più vasta della mescolanza culturale che caratterizza l1età, concezione che, sul piano dell'analisi lessicale, era. emersa sin dal XVII secolo (Salmasius): hellenistéscome un qualunque parlante greco, che non fosse però di origine greca. L'attribuzione a Droysen di un'interpretazione restrittiva e di un conseguente fraintendimento del passo degli Atti (interpretazione per cui la lingua della mescolanza sarebbe la lingua del Nuovo Testamento e gli hellenistafsarebbero solo gli Ebrei che parlano greco) sembra risalire alla celebre conferenza (1925) diRichard Laqueur, Hellenismus, che a sua volta optava comunque per una definizione dello hellenism6s come 'greco-comune', non come 'greco ebraico'. (Non si può . negare, d'altra parte, che Hellenism6s ha una sua radicale ambiguità: si collega a hellen{za,ma anche inevitabilmente a Héllen; solo un improbabile hellen(ist)ism6savrebbe chiarito l'equivoco). Laqueur invocava una nozione più greca di hellenism6s (che sarebbe il 'greco comunè' in opposizione ai dialetti greci e alle lingue non greche), sia rispetto alla tesi restrittiva (lingua ellenistica come greco-ebraica) che egli attribuiva a Droysen e che Droysen come tale non formulò mai, sia però anche rispetto alla tesi più comprensiva che si riesce ad attribuire a Droysen (lingua parlata in generale da elementi non greci). Quella del Laqueur appare quindi come una forzatura del pensiero di Dtoysen, cioè una riduzione della base documentaria e teoretica di quest'ultimo entro i confini molto ristretti del passo degli Atti, che era stato oggetto di discussione in antico, presso Giovanni Crisostomo, come nei tempi moderni (in Erasmo, Salmasius, Heinsius ed altri ancora). Comunque, in de-

X Alessandro il Grande e le origini'dell'Ellenismo

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finitiva, Droysen non avrebbe limitato agli Ebrei grecizzanti il nome di hellenistai,ma non glielo avrebbe neanche negato, stante la concezione dei non-Greci che parlano greco. A Droysen resta il merito, rispetto ai predecessori, di avere definito un'intera era (che egli prolungava fino all'epoca bizantina) con il nome Ellenismo, e di averne fatto un quadro politico-culturale amplissimo e tuttavia cronologicamente definibile, in cui, in ultima istanza, l'idea della origine estranea (rispetto al tessuto g!eco classico) è proprio contenuta in quel suffisso -fzein, che produce non il grecocomune soltanto (la koiné, cioè l'attico, più altri apporti dialettici extra-.attici), ma un greco comune parlato da stranz'eri.Era dunque nei fatti culturali complessivi, non nel verbo hellenfzein,e probabilmente neanche nell'impianto della lingua 'ellenistica', quel riferimento a un nuovo tipo di uomo e di cultura (uomini dell'Oriente che si sono assimilati o acculturati ai Greci) e quell'idea di 'mescolanza', che costituiscono il sale della visione storica di Droysen. Non è un caso che il senso della conferenza tenuta da Laqueur nel 1925, rispetto al criticato modello di Droysen, fosse appunto quello di antidpare, rispetto all'età di Alessandro Magno, l'inizio dei fenomeni che esplodono nell'Ellenismo (crisi della polis, affermazione dell'individu'alismo e dell'universalismo), cioè di ricondurre a matrici più propriamente e autonomamente greche, a un processo più decisamente endogenetico, gli sviluppi dell'Ellenismo che Droysen collegava alla conquista dell'Oriente da parte dei Macedoni. Laqueur presentava in forma esasperata una tesi endogenetica, che ha solo un qualche fondamento di verità; non cercava qualcosa che fosse stato già detto per intero da Droysen (in favore della posizione di Laqueur, cfr. R. Bichler, Hellenismus. Geschichteund ProblematikeinesEpochenbegrzf/s, Darmstadt 1983, che insiste utilmente sui precedenti di G.A. Droysen).

b) Aspetti dell'arte dell'età di Alessandro e del primo ellenismo Nell'arco di vita e di attività dello scultore Lisippo e del pittore Apelle si può misurare il progressivo trasformarsi della committenza politica nelle arti figurative greche. Essi esemplificano ad altissimo livello la diaspora degli artisti sicionii, con l'impressionante riemergere della grande tradizione artistica peloponnesiaca e, più specificamente, di quella città; il loro itinerario è simbolico del rapido succedersi - nel corso del IV secolo - del nuovo policentrismo greco e del predominio politico della monarchia macedone, prima, e delle nuove monarchie territoriali della storia greca, poi, che fungono da poli di attrazione e centri di committenza, che creano le condizioni per la rinascita, in larga misura, della figura delr ar-

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tista di corte, Dall'esperienza cittadina, si potrebbe dunque dire, all'esperienza di corte: senonché resta pur sempre una mobilità dell'artista fra centro e centro, che è caratteristica della nuova epoca, e garantisce una qualche duttilità del rapporto con i nuovi signori. Cosi Lisippo di Sidone, che fu bronzista e plasticatore, scolpì la statua onoraria del tebano Pelopida, da erigere a Delfi, ma, chiamato alla corte di Macedonia, fu l1autore di numerosi'e celebri ritratti di Alessandro Magno, come anche delle statue dei 25 hetairoi caduti alla battaglia del Granico; l'ultimo suo omaggio ad Alessandro è la statua (eretta ad Olimpia) del Kair6s,il simbolo dell'«occasione propizia» (che tanta parte ebbe nella concezione attivistica e nei successi già di Filippo II, come attestano i suoi stessi avversari: si veda per es,, e in particolare, la I Olintiaca di Demostene), Ma Lisippo ricevette e assolse commissioni da parte di varie città, come Rodi (quadriga di bronzo dorato dedicata a Delfi), o Taranto (colosso di Eracle), e di altri sovrani macedoni (gruppi in bronzo, all'epoca di Cassandra, per la dttà acarnana di Alizia, con le imprese di Eracle, una figura che 11ellascultura lisippea, come in genere nell'epoca alessandrina e immediatamente successiva, gode di rinnovata fortuna, per l'assimilazione corrente tra le imprese di Alessandro e le fatiche dell'eroe), Un analogo itinerario percorre il pittore Apelle, nativo di Colofone, poi passato a Sidone, quindi chiamato alla corte di Pella, dove entrò in grande dimestichezza con Alessandro Magno, Fu autore di una notevole serie di ritratti di sovrani, cortigiani ed artisti, ed anche di un autoritratto (il primo nella storia della pittura antica), Sul piano strettamente artistico, la sua importanza è altrove, in un qualche superamento del verismo naturalistico, che era stata riconosciuta qualità di uno Zeusi o di un Parrasio: l'allegoria ne fu uno degli strumenti. La pittura antica è andata per lo più perduta: tuttavia, le notizie di Plinio il Vecchio nel XXXIV libro della Storia naturale,i riecheggiamenti in mosaici pompeiani e le pitture tombali macedoni, note da fortunati scavi antichi e recenti, permettono di conoscere alcuni tratti fondamentali di una produzione artistica che fu molto stimolata dalle vicende del primo Ellenismo (Aetion dipinse le nozze di Alessandro e di Rossane, Filosseno di Eretria la battaglia di Alessandro contro Dario a Isso, probabilmente riprodotta dal celebre mosaico della Casa del Fauno di Pompei), Nicia, Nicomaco, Filosseno rappresentano nomi significativi di una nuova esperienza pittorica che sembra far posto a tratti impressio11istici, E questi sono solo alcuni degli aspetti di una fioritura artistica che investe il N secolo e gli inizi del III, e in cni si collocano anche preziose opere di toreutica e di oreficeria (fra le quali l'area trace-macedone, come quella italiota e specificamente tarentina, sono splendidamente rappresentate), Sul binomio ergonlponosnella definizione del lavoro artistico (qui, una pittura), fondamentale Plutarco, Demetrio 22, 5,

X. Alessandroil Grandee le origini·dell'Ellenismo

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e) Storici di Alessandro Callistene. Nato ad Olinto circa il 370 a.C., nipote o pronipote di Aristotele, accompagnò Alessandro nell'impresa d'Asia; contribuì molto a inculcare in Alessandro l'idea di rappresentare il nuovo Achille della storia dei Greci, o a rappresentarlo come tale, sentendo sé come il nuovo Omero. Probabile che egli confluisse nella congiura dei paggi del 327. Oltre alle opere minori, scrisse Hellenikd in 10 libri (dal 386 al 356); AlexdndrouPrdxeis,forse sino alla battaglia di Gaugamela (331 a.-C.). Grave la perdita dell'opera di questo storico, che univa erudizione, curiosità, e anche gusto del sensazionale, quindi l'esperienza e dottrina del peripatetico e aspetti tipici della cultura ellenistica (FGrHist124).

Nearco. Il cretese Nearco (ca. 360-300) appartiene al filone 'serio' della tradiziòne su Alessandro Magno, che annovera anche Tolemeo e Aristobulo; fu scelto a principale fonte .della Indiké da Arriano di Nicomedia (II sec. d.C.). La sua attendibilità dipende, oltre che dalla contemporaneità con Alessandro Magno, anche dalla sua presenza nell'esercito del re macedone (fu uno degli hetatroidel sovrano). Egli comandò (come navarco) la flotta che nel 325/24 effettuò l'esplorazione delle coste dell'Oceano Indiano, e del Golfo Persico, dalla foce dell'Irido sino a quella dell'Eufrate. Lasciò una relazione (forse dal titolo Pardp/oustesIndzkes),che riproduce, superandoli, moduli degli antichi 'peripli'. Scrisse le sue memorie probabilmente intorno agli anni 320-310. Vi si esprimono forme erodotee; egli sembra aver fatto uso del dialetto ionico di tipo erodoteo, non della koiné (FGrHist133).

Clitarco.Figlio dello storico Dinone, che fu autore di Persikd(cioè di una StoriadellaPersia),è generalmente collocato nel filone 'fantasioso' della storiografia su Alessandro e talora ne è ritenuto l'iniziatore. Di solito lo si considerava fonte del XVII libro di Diodoro, nonché delle Historiae AlexandriMagni di Curzio Rufo: oggi si ammette la possibilità che questi testi non derivino esclusivamente o direttamente da Clitarco. Il problema canonico, per quanto riguarda Clitarco, è quello della sua cronologia, sia quella 'assoluta' (lo si data tra la fine del IV e gli inizi del I sec, a.C.: quest'ultima datazione è però molto mal fondata), sia quella 'relativa' all'opera degli autori della storiografia (seria' su Alessandro, cioè Aristabulo e Tolemeo (se si data Clitarco non più tardi della metà del III sec. a.C.). L'interesse alla Persia espresso nell'opera di Dinone farebbe datare i Persikdanteriormente alla conquista di quell'impero da parte di Alessandro; il modo in cui si presenta una notizia di Clitarco su un' ambasceria dei Romani ad Alessandro Magno (Plinio, StoriaNat. III 57) sembra

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indicare (Badian) che Clitarco era in grado di vantarsi d'essere stato con il re macedone in quel torno di tempo (cioè nell'anno 323) (FGrHist 137).

Tolemeo. Figlio di Lago (nato circail367 /6 a.C.), fu educato alla corte macedone, ed era fra i paggi di quella corte durante l'infanzia di Alessandro. Quando questi divenne re, Tolemeo fu al suo servizio come guardia del corpo (somatophjlax) e prese parte alle campagne contro la Persia. Alla morte di Alessandro (323 a.C.) egli divenne satrapo dell'Egitto; più tardi consolidòformalmentela sua posizione, assumendo il titolo di re circal' anno 305. Morì verso il 283/2 a.C. La sua opera storica poté essere scritta negli ultimi anni di vita, come generalmente si ammette: ma ciò non è dimostrato, Il problema non è di futile cronologia: si tratta di stabilire il rapporto, oltre che con Clitarco, con uno storico rappresentante della tradizione 'seria' su Alessandro, il greco Aristobulo di Cassandrea, uomo che ebbe funzioni tecniche al seguito di Alessandro e della cui opera paiono caratteristici gli interessi per aspetti etnografici e curiosità naturali. Nel]' opera di Tolemeo sembrano prevalere interessi militari, ma qualche studioso ritiene che si tratti solo di un'impressione ricavata dal fatto che Arriano lo cita appunto per episodi di guerra (FGrHist 138).

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2-3. Aspetti generali della conquista. Il confronto con la Persia fino alla battaglia del Granico: J.F.C. Fuller, The Generalshipo/ Alexander the Great, London 1958; J. Seibèrt, Die Eroberungdes Perserreichesdurch Alexander den Grossenau/ kartographischer Grundlage,Wiesbaden 1985; N.G.L. Hammond, The Battle o/ the GranicusRiver, in «JHS» 100, 1980, pp. 73 sgg.; A.M, Devine, The Location o/ the Battlefield o/ Issus, in «LCM» 5, 1980, pp. 3 sgg. Alessandro, i Greci e l'Asia: V. Ehrenberg, Alexander and the Greeks, Oxford 1938 (per il rapido esaurirsi dell'influenza di Aristotele su Alessandro). Per i rapporti di Alessandro con Chio, Rodi, e città dell'Asia Minore: Th. Lenschau, Alexander der Grosseund Chios,in «Klio» 33, 1940, pp. 201 sgg.; G. Pugliese Carratelli, Alessandroe la costituzionerodia,in «PP» 4, 1949, pp. 154 sgg.; G. Tibiletti, Alessandroe la liberazionedelle città dell'AsiaMinore, in «Athenaeum» n.s, 32, 1954, pp. 3 sgg.; W. Will,

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12. Taranto: P. Wuilleumier, Tarente. Des originesà la conquete romaine, Paris 1939; L. Moretti, Problemi di storia tarantina, in Atti X Convegno Taranto 1970, Napoli 1971, pp. 21-65; AA.VV., Gli ori di Taranto, a c. di E.M. de Juliis, Milano 1984; G. Urso, Taranto e gli «xenzkot'stratego{», Roma 1998; AA.VV., Tarantoe i/Mediterraneo, in Atti XLI Convegno Taranto 2001, Taranto 2002; E.M. de Juliis, Greci e Italici in Magna Grecia. Un rapportodifficile, Roma-Bari 2004. Sulla spedizione del Molosso: AA.VV., Alessandro i/Molosso e i «con-

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Storiagreca

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gie,Histoire,Philosophiede l'Histoire.Étude surJ.G.Droysenhistoriende l'Antiquité, Wroclaw 1968. b) R. Martin, P. Moreno, R. Bianchi Bandinelli, F. Coarelli, M. Torelli, in St. e civ. dei Grecicit., 7, Milano 1977, pp. 377-555; P. Moreno, Pitturagreca.Da Po/ignotoadApelle, Milano 1987. c) T.S. Brown, Clitarchus,in «AJPh» 71, 1950, pp. 134 sgg.; A. Gitti, L'età di Clitarco,in «RAL» s. 8, 8, 1953 (abbassato a!I sec. a.C.); M.J. Fontana, Il problemadellefonti per il XVII l. di DiodoroSiculo,in «Kokalos»

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ali'adulazio-

ne, e il rifiuto (espressione di una cultura politica insopprimibile) dellaproscinesi, cfr.L. Prandi,Callistene) uno storico tra Aristotele e i re macedoni, Milano 1985; N .G.L. Hammond, ThreeHistoriansofAlexanderthe Great. The So-Ca/ledVulgateAuthors, Diodorus,Justin and Curtius,Cambridge 1983; J. Roisman, Ptolemy and bis Rivals in his History of Alexander,in «CQ»n.s. 34, 1984, pp. 373 sgg.; P. Faure,Alexandre,Paris 1985 (trad. it., Roma 1989). Sul diario di Alessandro: L. Pearson, The Diary and the Letters of

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Alexander the Great,in «Historia» 3, 1954-1955, pp. 429 sgg.; A.E. Samuel, AlexandersRoyalJourna/,in «Historia» 14, 1965, pp. 1 sgg. V. anche sotto par. 10, SùgliA!essandrografi v. ora lo studio d'insieme diP. Pédech, Historienscompagnonsd'Alexandre. Ca//isthène,Onésicrite,Néarque}Ptolémée,Arlstobule,Paris 1984; personalità diverse, che assumono, e diffondono nella tradizione che da esse dipende (Arriano, Plutarco, la vulgata), versioni e giudizi differenti fra loro; Callistene scrive un)opera laudativa, in cui abbondano le reminiscenze omeriche (un motiVo che ha legato Aristotele ad Alessandro); Aristobulo celebra i grandi érgadel re; Onesicrito e Nearco, con spirito diverso, dedicano attenzione al meraviglioso che Alessandro aveva scoperto; Tolemeo disegna una più quadrata immagine di re, generale, politico di prim'ordine e d'infaticabile attività. V. anche AB. Bosworth, Historica/Commentaryon Arrian's History o/ AlexanderI-III, Oxford 1980;Arrian.Historyo/A/exanderandIndicaI-II, trad. e note, con ampie appendici di P.A Brunt, Loeb Class. Library 1983.

Capitolo undicesimo

L'AltoEllenismo

1. Concezioni statali a confronto nelle lotte dei Diadochi

L'ampia portata delle conquiste di Alessandro, la preesistente organizzazione di quei vastissimi territori, l'assenza di un erede che fosse ali'altezza del sovrano scomparso o nell'età giusta per succedergli, condizionarono fortemente gli eventi successivi alla sua morte, che vanno sotto il nome di guerre dei Diadochi (successori) e degli Epigoni (la seconda generazione di successori), ed occupano complessivamente un quarantennio (dal323 fino alla hattagliadi Curupedio,281 a.C.). Il primo 'ventennio' (323-301) è il periodo di maggiore tensione, quando tutto è rimesso in discussione, il potere centrale nelle regioni conquistate, come la stessa egemonia macedone in Grecia. Con la battaglia di Ipso (301), cioè con la sconfitta e morte di Antigono Monoftalmo, l' assetto complessivo, che comporta una netta distinzione tra Egitto, Asia ed Europa macedone, può dirsi ormai consolidato. Nel 323 si era posto innanzi tutto il problema della forma del potere centrale, che aveva ricevuto una soluzione complessa: a Cratero (assente da Babilonia, perché in marcia con i veterani verso la Macedonia) si era affidato il ruolo di prostdtes (o epimeletès) tés basilefas (cioè del regno) di Arideo: la monarchia era sottoposta a una sorta di procuratela (se non di tutela vera e propria). E al trono erano destinati (v. già sopra, cap. X) Filippo Arideo, fratellastro di Alessandro il Grande, e il nascituro figlio di quest'ultimo e di Rossane, se clisesso maschile 1 . L'intera problematica del rapporto fra le diverse funzioni dei successori di Alessandro può ricevere notevole chiarimento da paralleli antichi (persino micenei) e moderni, di duplicità cliposizioni dominanti: quella 1

Cfr. cap, X n. 28 e Bibliografiaal par, 10; Note integrativeal cap, XL

XL L'Alto Ellenismo

683

del capo dello Stato, colui che incarna la sovranità, e quella del primo ministro: quindi quella di chi «regna» e quella di chi «governa», di chi cioè detiene il potere operativo. Il governare poi, in entità statali arcaiche,

coincide spesso di fatto con l1esercizio del potere operativomilitare:nel~ lo Stato miceneo, il wdnax (signore)e il lawaghétas(il capo dei lawoi,degli armati), in quello macedone il basileus(o chilo rappresenta, comeprostd.fes)e il chiliarchos,che è il capo dei «mille», una nozione che sembra qui valere specialmente per gli armati. I due livelli del sommo potere si ritrovanoin Stati di diversissimeepoche.

A un gradino teoricamente più basso del basileus o del prostdtes si collocava (e già qui entrava in gioco l'influenza amministrativa persiana) il chiliarchos ('gran visir' o 'primo ministro') Perdicca, che però aveva così sotto di sé i territori asiatici. E infatti già ora si profila la dicotomia nettissima tra parte originaria (europea) e parte acquisita (asiatica e libica) dell'impero macedone, visto che ad Antipatro resta affidata la funzione di stratego d'Europa. Senza l'esistenza formale ed effettiva della regalità macedone, era del resto poco giustificato l'esercizio di un dominio unitario di tutti i territori conquistati. Il dramma della successione ad Alessandro è tutto qui.· Già quando il conquistatore era in vita, si era posto per lui il problema di affidare l'amministrazione dei singoli territori a governatori, forse già allora indicati come satrapi. Per lo più si era trattato di Macedoni o di Greci; ma non erano mancati casi di utilizzazione di Persiani (o d'altri orientali) collaborazionisti. Con la morte di Alessandro il principio della ripartizione territoriale si estende, ma si applica anche in maniera complicata, che va molto al di là delle stesse ripartizioni tradizionali, rese plausibili dalla geografia come dalla storia: salvo per l'Egitto, di cui Tolemeo ebbe l'acume politico di garantirsi il controllo, che mai più (caso unico fra tutti i Diadochi) perderà. Per il resto, è la nascita di una geografia politica bizzarra e velleitaria: ad Eumene, un greco di Cardia, capo della cancelleria regia (archigrammateus = segretario generale), vanno i territori, da conquistare, di Paflagonia e Cappadocia; ad Antigono, Panfilia, Licia e Frigia maggiore, nell'Asia minore meridionale e occidentale; a Leonnato la Frigia ellespontica; a Lisimaco la Tracia, formalmente sotto l' autorità dello stratego d'Europa, Antipatro 2 • 2

V. ancheDiodoro, XVIII 3; Giustino,XIII.

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Storia greca

La confusa serie di eventi può essere ricostruita secondo la logica degli sviluppi necessariamente conseguenti a queste premesse, e raccordata intorno a periodi distinguibilialmeno in parte fra loro. Negli anni 323-321 le personalità dominanti e più attive nei due grandi tronconi dell'impero macedone sono Antipatro in Europa e Perdicca in Asia. Come è chiaro, quest'ultimo aveva un nemico alle spalle, verso Occidente, in Antigono (che fuggì in Europa), ed uno al di là del territorio asiatico da lui controllato, in Egitto. In un'astratta logica territoriale, è verso l'Egitto che egli doveva rivolgere (e di fatto rivolse) il suo sforzo di conquista, tanto più che in Asia minore continuava a sostenerlo Ewnene. I:inimicizia di gran parte della dirigenza macedone era tuttavia 'assicurata' a Perdicca dai suoi progetti di sposare Cleopatra, la sorella di Alessandro Magno (già vedova di Alessandro il Molosso, morto circa il 331 in Italia), e di porsi perciò come erede legittimo della dinastia degli Argeadi (con la naturale conseguenza dell'ostilità di Antipatro). Perdicca cadde vittima di un attentato, nel321 a.C., alle porte dell'Egitto, a Pelusio 3 •

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2. I Grecie la morte di Alessandro:la guerralamiaca

Intanto la vocazioneeuropeadi Antipatro (che appare solo superficialmente smentita dal suo intervento nella guerra d'Asia contro Eumene, insieme con Cratero, e dagli accordi di Triparadiso del 321) è quasi paradossalmente confermata dallo scoppio in Grecia della 'guerra lamia ca', detta cosl dal nome della roccaforte tessalica presso il golfo Maliaco (Làmia), dove Antipatro fu per qualche tempo, dal tardo 323, bloccato dai Greci ribelli. Protagonisti della ribellione furono gli Ateniesi, in particolare l'oratore Iperi de e lo stratego Leostene; quest'ultimo arruolò un esercito di mercenari raccolti in quella che ormai era diventata una piazza di particolare importanza di questo genere di manodopera, Tenaro, promontorio e città della Laconia4. La Lega ellenica d{ Corinto si sciolse; alla rivolta presero parte anche gli Etoli; fu allora che Demostene, in esilio a seguito dell'affare 'Diodoro, XVIII 16; 22 sg.; 25;29, 33-36; Ardano, Diadochi1 (FGrHùt 156 F 11); Giustino, XIII 6 e 8; Plutarco,Eumene 8. 4 Diodoro, XVII 111, 1-3; XVIII 8-18; 24 sg.; Ardano, I.e.;Iperide, Epita/io; Giustino, XIII 5; Plutarco, Pacione 23 sgg.; Demostene 27 sgg.; Pausania I 25, 5. Sulle fonti di Diodoro, in part. E. Lepore, Leostene e le origini della guerra lamiaca,in «PP» 10, 1955, pp. 161 sgg.

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di Arpalo, poté rientrare in patria. La battaglia navale di Amorgo (Sporadi), nell'estate del 322, segnò la vittoria del macedone Clito sulla flotta ateniese; poco dopo, Antipatro, raggiunto dai soccorsi di Cratero, sconfiggeva per terra gli Ateniesi a Crannone (Tessaglia). Gravissime le conseguenze interne per Atene: nel 322, per la terza volta nella sua storia, dopo gli eventi del 411 e del 404, la democrazia ateniese subiva il contraccolpo di un radicale cambiamento di regime, che diveniva di tipo timocratico, cioè basato sul censo, che era definito nella misura minima di una proprietà di 20 mine. Ne seguì la condanna a morte e l'esecuzione di Iperide, mentre Demostene, rifugiatosi nel santuario di Posi don e nell'isola di Cala uria (sita di fronte alla città peloponnesiaca di Trezene, che era stata sempre in uno stretto rapporto con Atene), si tolse la vita, quando era ormai braccato da zelanti emissari di Antipatro (322)5. L'anno successivo raccorda momentaneamente fra loro le vicende d'Europa e d'Asia: Antigono era sbarcato già nel 322 ad Efeso, recuperando quel suolo asiatico che, per la parte occidentale, era passato piuttosto sotto il controllo di Eumene; nella primavera del 321 Cratere e Antipatro varcano l'Ellesponto e, mentre Antipatro avanza verso la Cilicia, Cratero si fa incontro ad Eumene (in una località asiatica di non facile ·determinazione), ma è sconfitto, soprattutto per merito della soverchiante cavalleria del nemico, e trova la morte sul campo 6 •

3. Antigono protagonista La scomparsa dei due grandi rappresentanti del potere regale (Cratero e Perdicca) impone un riassetto dell'impero, che è attuato nel convegno di Triparadiso (in Siria, forse nel 321): questa volta epimeletés 'dei re' (non 'del regno' di Arideo) è nominato Antipatro, che si ritira in Europa con Filippo Arideo, Euridice e Alessandro N, figlio di Alessandro il Grande e di Rossane; contro Eumene, il vecchio fautore di Perdicca (e dell'idea di un impero unitario centrato sui dominii del1'Asia) i fu emessa una sentenza di morte,

dicui doveva essere esecuto~

re Antigono, che ormai si poneva come l'erede del progetto di impero asiatico di Perdicca (senza però ancora avere formalmente rinunciato 5 Plutarco, Demetrio 10-11; Sullafortuna di Alessandro 338; Pacione26 sg.; Camilla 19; Demostene 27 sgg.; Diodoro, XVIII 15, 9; 16-18. 6 Ardano, I.e.;Diodoro, XVIII 29-32;Plutarco,Eumene 5-8; Giustino,XIII 8,

ecc,

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ad un ancor più ambizioso disegno unitario). Già Triparadiso prefigura la grande tripartizione ellenistica (Europa macedone, Asia, Egitto), pur includendo, per la parte più vasta e complessa, cioè l'Asia, tutte le incognite possibili degli sviluppi delle posizioni individuali. Gli accordi del 321 provvidero in effetti a una nuova ripartizione delle satrapie, in generale, e già con essa minarono ulteriormente il principio dell'unità dell'impero. D'altra parte, e questo ne rappresenta l'aspetto più significativo, essi mettono in luce una notevole chiaroveggenza in Antipatro, in quanto riflettono il suo tentativo di scongiurare un conflitto che poi si rivelerà, per un ventennio, come

centrale, anzi come il filo conduttore della dinamica dei conflitti fra i Diadochi: quello che opporrà il figlio Cassandra, da un lato, e Antigono e Demetrio, dall'altro, un contrasto di personalità, ma anche di principi politici e di concezioni statali. A scopo di conciliazione, Antipatro metteva Cassandra accanto, e subordinato, ad Antigono (stratego dell'Asia), come comandante della cavalleria; ma presto dovrà richiamarlo in Macedonia, per l'impossibilità di accordo fra i due; d'altro canto Antipatro tentava di rinsaldare i rapporti con il matrimonio tra la figlia Fila, vedova di Cratero, e Demetrio (figlio di Antigono), assai più giovane della consorte. All'interno (e anche entro i limiti) della prospettiva storica aperta dai Macedoni, Antipatro rappresenta un caso di saggezza politica, volta a conservare, se non un'unità formale dell'impero, che diveniva ogni giorno più teorica, almeno l'armonia fra le diverse parti in causa. I fatti successivi non assecondarono le intenzioni del vecchio macedone, che nondimeno vanno ben considerate. Le decisioni prese da Antipatro prima della morte (319) sono delle soluzioni interlocutorie, in cui alla preminente intenzione legittimistica si mescola il riconoscimento di fatto della ricostituita dicotomia tra Europa ed Asia: il vecchio generale, morendo, non lasciava al figlio Cassandra le sue stesse posizioni di potere, ma nominava 'reggente del regno' il veterano Poliperconte, conferendogli però allo stesso tempo la carica su cui egli stesso aveva per anni fondato il suo effettivo potere, quella di 'stratego d'Europa'; Cassandra era solo chiliarco 7 • Gli accordi di Triparadiso avevano anche messo in gioco personalità destinate a un grande futuro, come Seleuco, che ottenne la sa7 Fondamentali, per il periodo, Diodoro, XVIII 37-50; Arriano, I.e.;Plutarco, Eumene 8-11.

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trapia di Babilonia; altri invece, come Arideo, satrapo della Frigia ellespontica, o Clito, satrapo di Lidia, appaiono come personaggi di rilievo solo per qualche anno. Dopo la morte di Antipatro si crea contro Poliperconte una naturale coalizione tra i quattro personaggi più importanti del momento: Antigono (stratego dell'Asia dal321); Tolemeo, rimasto saggiamente satrapo dell'Egitto, rifiutando offerte maggiori, nei territori extraeuropei conquistati; Cassandra (rientrato già nel 321 in Macedonia col padre); e ora, o forse solo qualche tempo più tardi, Lisimaco, saldamente insediatosi in Tracia. Antigono in Asia è il più attivo: sconfigge in Pisidia il fratello di Perdicca, Alceta, che viene assassinato dai suoi (primavera del 319), e costringe Eumene a rinchiudersi nella fortezza di.Nora, ai confini tra Cappadocia e Licaonia. In Europa, morto Antipatro e tenuto a freno Cassandra, è dominante la figura di Poliperconte, che già aveva partecipato alle campagne d'Asia di Alessandro, come capo di una parte della falange. In Asia, Antigono, accantonata per il momento la resa dei conti con Eumene, procede ad eliminare gli ostacoli minori, attaccando la Frigia ellespontica di Arideo e la Lidia di Clito; così egli s'impadronisce di Efeso e di una cospicua somma di denaro (600 talenti) destinata al tesoro macedone e proveniente dalla Cilicia; ormai la rottura fra i due principali protagonisti (Poliperconte e Antigono) è consumata; Cassandra abbandona la Macedonia e raggiunge Antigono 8 •

4. La politica dei generali macedoni in Europa Ormai Poliperconte entra sempre di più nel suo ruolo di 'governatore dell'Europa', anche se per conto della dinastia argeade; solo, capovolge le linee della politica verso i Greci, mettendo in luce una delle due anime che caratterizzano l'atteggiamento macedone verso i regimi politici interni alle città greche. Egli emette cosi nel 318 un celebre decreto, con cui si restaurano i regimi già vigenti sotto Filippo, si richiamano gli esuli si ritirano le guarnigioni macedoni, si restituisce Samo ad Atene: un programma: dunque di libertà e di autonomia, che di fatto significa per Atene democrazia. Unvio in Attica del figlio Alessandro completa l'iniziativa di Poliperconte verso la democrazia e verso Atene, dove, nell'aprile del 318, è rovesciato il 1

8

Diodoro, XVIII 51-54.

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governo oligarchico, e giustiziato il gruppo di uomini politici che lo rappresentano, Focione in testa 9 .

Ma nello stesso 318 cominciano i rovesci per Poliperconte e per questa tiepida primavera democratica, Clito, che si appoggia al reggente, è sconfittò da Antigono nell'autunno, in una battaglia navale sul Bosforo; ad Atene Cassandro, installatosi al Pireo, impone il governo di Demetrio del F alero, un peripatetico allievo di Téofrasto e collaboratore di Focione, che aveva però fatto in tempo a mettersi in salvo, rifugiandosi presso Cassandra. Fu restaurata ancora una volta la costituzione timocratica, tuttavia con abbassamento del censo minimo a 10 mine; primo stratego fu nominato Demetrio, che governò come epimeletès tes p6leos (curatore della città) per dieci anni; una 10 guarnigione macedone rimase a Munichia (primavera del 317) , Ora Cassandropuò rientrareinforzeinMacedonia e affrontare Poliperconte, a cui non resta che abbandonare il campo portandosi dietro Alessandro IV e Rossane, a causa delle numerose defezioni in favore del figlio di Antipatro; soprattutto, è adesso che nasce l'alleanza for. male tra Cassandra ed Euridice; la donna sostituisce di fatto il marito, Filippo Arideo, debole di mente, nel!' esercizio del potere politico. In Grecia si schierano per Cassandro le regioni centro-orientali, dalla Tessaglia alla Locride alla Beozia e all'Eubea; gli Etoli e la maggior parte dei Peloponnesiaci tengono invece per Poliperconte. E mentre Cassandro è impegnato nell'assedio di Tegea in Arcadia, avviene il rientro di Olimpiade dall'Epiro in Macedonia, dietro sollecitazione di Poliperconte: Euridice la affronta al confine fra le due regioni, ma le truppe macedoni l'abbandonano per passare dalla parte della prestigiosa madre di Alessandro Magno, che prende allora tutte le sue vendette, facendo uccidere Filippo III ed Euridice, il fratello di Cassandro Nicanore, e un altro centinaio di nemici (estate-autunno del 317), Alla notizia di questi avvenimenti Cassandro lascia l'assedio di Tegea per la Macedonia; Olimpiade si chiude in Pidna, con Alessandro IV e Rossane, ma nella primavera del 316 (?) è costretta a capitolare, anche a seguito delle numerose defezioni, Le condizioni della resa le garantivano salva la vita, ma non fu possibile per Cassandra resistere alla richiesta dei parenti delle vittime dell'ira san9 Id,, XVIII55-67; Plutarco,Padane 31-38; CornelioNepote, Pacione2-4. Evidente l'importanzadel tema ateniese nelle fonti di Diodoro. 10 Fonti principali,Diodoro, XVIII 74; XX 45; Plutarco,Pacione35, 38; IG II/III' 1201; Demetrio, IleQl èQµ~velaç 289.

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guinaria di Olimpiade, di sottoporla a un processo di fronte al tribunale del popolo macedone; ne segui la condanna a morte. L'orgogliosa regina non accettò di fuggire ad Atene su una nave che Cassandra sembra averle offerto; Alessandro N fu comunque trasferito ad Anfipoli sotto la custodia di Cassandro 11 • Questi, dal canto suo, fondava nel 316 una città da lui denominata (Cassandrea) sul sito di Potidea (distrutta da Filippo II nel 356), e, forse nello stesso anno, presso l'antica Terme, Tessalonice (dal nome della figlia di Nikesipolis di Fere e di Filippo II); certamente nel 316 richiamava in vita Tebe, tra il giubilo di tanti Greci: una politica dunque, verso i Greci, cauta sul piano dei regimi politici interni, ma aperta e sensibile sul terreno dell'insopprimibile esigenza greca di tenere in vita o rivitalizzare, a seconda dei casi, le p6leis e le loro tradizioni 12. In Asia continuava intanto il confronto tra Antigono e i suoi nemici (e concorrenti) vecchi e nuovi. Eumene, che Poliperconte aveva nominato 'stratego d'Asia' (in opposizione ad Antigono), rotto ormai il blocco·di Nora, aveva raggiunto la Fenicia e poi la Siria. In Mesopotamia si era formata un'alleanza tra Seleuco, satrapo di Babilonia, e Pitone (Peithon), già satrapo di Media, divenuto governatore delle «satrapie superiori». Quando Eumene raggiunge la Mesopotamia, chiede invano a Seleuco e a Pitone il riconoscimento della sua autorità sull'Asia; ottiene però di poter varcare il Tigri, mentre già Antigono è impegnato nell'inseguimento, che si estende dalla Mesopotamia alla Susiana alla Paretacene (dove avvengono vari scontri fra i due eserciti) e fino alla Gabiene, dove Eumene subisce l'ultima sconfitta, a cui seguono (al solito) la defezione delle truppe, che passano tutte al vincitore, e la condanna a morte per alto tradimento, e l' esecuzione, del vinto e dei suoi più stretti collaboratori (316). Ma neanche agli uomini che non avevano collaborato con Eumene andò troppo bene: Antigono represse un tentativo di ribellione di Pitone, che fu giustiziato, depose Peucesta dalla carica di satrapo di Persia (in cui l'aveva posto già Alessandro Magno, in luogo di un persiano) e mosse verso Babilonia per chiedere a Seleuco i rendiconti della sua amministrazione come satrapo della regione; quest'intenzione provocò la fuga di Seleuco, che presto raggiunse Tolemeo in Egitto 13 • 11

Giustino, XIV 5, 5-8; 6, 1; Diodoro, XIX 11; 35; Pausania,I 11, 3~4;VIII 7, 7. Giustino, XIV 6; Diodoro, XIX 35 sg., 49-55; Pausania, V 23, 3; IX 7; SIG3 337 (sulla ricostruzione di Tebe). 13 Diodoro, XIX 14-56;Plutarco, Eumene 13; Appiano, Libro siriaco53, le fonti principali per queste vicende, in cui spicca quella di Seleuco, 12

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Il secondoperiododelle lotte dei Diadochi(321-316) è dunque caratterizzato da una progressiva assunzione del ruolo di erededi Alessandro in Europada parte di Cassandre, e di erede in Asia da parte di Antigono; restano sullo sfondo residui progetti legittimistici, di cui sono protagonisti Eumene, Poliperconte, Olimpiade. Il realismo della politica di spartizioneè già presente nell'azione politica di diversi personaggi, ma non riesce a conseguire subito tutti i suoi risultati, Contro le ambizioni imperiali di Antigono si determina, come già un tempo contro le posizioni legittimistiche di Poliperconte, una coalizione di quei sostenitori del principio particolaristico che ormai, dopo i drammatici eventi del 316, escono pienamente allo scoperto: Tolemeo, Lisimaco e lo stesso Cassandre. Padrone dell'Asiadi là dal Tauro,Antigono rivolge ora il suo sforzo di conquista, nella stessa esaltata logica territoriale e politica diPerdicca, verso i dominii di Tolemeo. La sua marcia contro l'Egitto comporta l'invasione di Siria, Fenicia e Palestina: egli conquista loppe e Gaza, pone l'assedio a Tiro (315), cerca di sottrarre a Tolemeo il possesso dell'isola di Cipro e.a tutta prima vi riesce per la maggior parte delle città dell'isola (fa eccezione Salamina, soggetta a Nicocreonte); subito però Tolemeo riprende il controllo della situazione 14 .

5. La politicagrecadi Antigono e di Tolemeo(315-313) Antigono cerca di guadagnare a sé la Grecia: il primo passo è un'alleanza con Poliperconte, che diventa 'stratego del Peloponneso' in nome del re Alessandro IV; a Tiro è convocata un'assemblea dell'esercito macedone, che proclama Antigono reggente del regno, dichiarando anche Cassandre nemico, salvo che non consegni Alessandro IV e la madre Rossane e lasci i Greci autonomi e liberi da guarnigioni e tributi. È così ripetuto nel 315 il proclama di Poliperconte sulla libertà dei Greci, un tema che non entra certo solo allora nella storia dell'azione e propaganda politica macedone, essendo già fra le pieghe della politica di Filippo II e di Alessandro Magno. Non si trattava di un semplice espediente retorico e propagandistico, ma di un grande tema politico, che tanti protagonisti della storia 'ellenistica dovranno negli anni successivi tener presente, così come 14

Diodoro,XIX 56-62.

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era stato ben presente alla generazione di uomini politici che aveva creato il nuovo assetto delle regioni del-Mediterraneo orientale 15. Puramente verbale doveva certo rimanere il controproclama di libertà greca emesso da Tolemeo; e a tutta prima lo stesso Antigono ottiene in Grecia solo il favore degli Etoli, mentre l'intervento di Cassandro nel Peloponneso impedisce alla parte avversa di registrare particolari successi; anzi ne segue la defezione, da Antigono a Cassandro, di Poliperconte e del figlio di questo, Alessandro; costui diveniva stratego per conto di Cassandro nella regione, ma fu presto ucciso dai democratici di Sidone, nel momento stesso in cui tentava di bloccare un attacco antigonide in Acaia (la vedova Cratesipoli represse nel sangue la rivolta di Sidone). Nel 314, con una flotta composta di navi rodie, cilicie e fenicie, Antigono può conseguire alcuni grandi risultati: conclusione del!'assedio di Tiro; attacchi alle posizioni di Atene (allora sotto Demetrio del Falero) nell'Egeo, e acquisizione di Lemno e di Imbro; liberazione di Delo; creazione di un koin6n dei Nesioti («insulari»). Tra la fine del 314 e la primavera del 313 egli estende il suo dominio anche in Asia minore, nella parte cistaurica della penisola, eliminando per gradi Asandro, satrapo di Caria, e acquisendo alla sua parte Mileto; nella lista degli stefanefori, magistrati eponimi della città, sotto l'anno 313/312 è ricordato che essa divenne libera e autonoma per volere di Antigono e che nella stessa data fu restituita la democrazia: un'applicazione coerente del programma di Alessandro Magno e dello stesso Poliperconte in tema sia ·di rapporti con le vecchie città greche sia di assetti politici interni. Non altrettanto fortunato l'intervento di Antigono in Tracia, comunque sempre a sostegno di p6leis greche, recalcitranti al dominio di Lisimaco (da Bisanzio a Callati a O_dessoe Istro), e alleate anche con gli Sciti e i Traci in questo sforzo di conservare l'indipendenza; ma Lisimaco batté sia i barbari sia le truppe di Antigono Monoftalmo (monòcolo). Il 313 portava però significativi successi in Grecia per Antigono, che raccoglieva evidentemente i frutti della sua politica filoautonomistica e filodemocratica: il Peloponneso, la Beozia, l'Eubea passa15

Id,, XIX 60-64; 66 sg., un'importante sezione del racconto diodoreo sul'problema greco' (che significa problema dei rapporti politici), quale si pone per Antigono e Tolemeo, Sul ruolo ideologico della Grecia, in part. XIX 62, 2 (su cui un curioso confronto di Beloch, GG 2 IV 1, p. 119 n. 3, tra il possesso della Grecia e quello dell'Italianel XVI secolo).

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vano dalla sua parte o resistevano agli attacchi di Cassandro, al quale presto restarono solo il Pireo, Megara, Opunte nella Locride, e alcune città focesi; vacillava anche il dominio di Cassandro nelle regioni che si affacciano sul mar Ionio e Adriatico, dall' Acarnania all'Illiria. Oltre a Cassandro (e in parte Lisimaco), il bersaglio principale di Antigono, in questa lunga terza guerradei Diadochi (315-311), era evidentemente Tolemeo, come s'è detto già prima. Questi andava d'altronde consolidando il suo domioio nel Mediterraneo orientale, dominio che, pur avendo il suo fulcro nell'Egitto, aveva come necessarie aree di appoggio e diespansione Cipro, la Cilicia, la Siria. A Cipro un iotervento personale di Tolemeo doma una rivolta dei re delle diverse città: il fedele Nicocreonte di Salamina è fatto stratego dell'isola; io Cilicia Tolemeo prende temporaneamente Mallo16 .

6. Versoun assestamento:da Gaza(312)allapace del 311 Ma lo scontro principale con la parte antigonide doveva awenire in Celesiria, dove il figlio del Monoftalmo, Demetrio, subiva (a Gaza, nella parte meridionale della regione) una dura sconfitta nella primavera del 312 a.C., nonostante la superiorità che gli avrebbero dovuto garantire i 40 elefanti che poté mettere in campo. Demetrio dovette per il momento ritirarsi fin oltre Sidone; ma la conseguenza più decisiva della sconfitta di Gaza fu il rientro in Babilonia dell'ex-satrapo Seleuco, rifugiatosi qualche anno prima presso Tolemeo. Selenco fu accolto trionfalmente dalla popolazione locale, e mostrò subito intraprendenza e fermezza nel consolidare ciò che aveva riconquistato, nell'estendere i suoi dominii e nel venire a capo di ripetuti tentativi di Antigono di ribaltare la situazione: tolse al satrapo Nicanore la Susiana e la Media, ottenne da parte degli altri satrapi il riconoscimento della sua sovranità fino alla Battriana e all'India, tornò in possesso di Babilonia (che Demetrio aveva, durante la spedizione di Seleuco in Media, temporaneamente riconquistata, salvo una acropoli, lasciandovi poi un presidio al comando di Archelao) 17 . Anche l'offensiva antigonide io Grecia subiva una decisiva battuta d'arresto, dopo la sconfitta di Gaza; le posizioni di Cassandro si rafforzavano un po' dovunque (Atene, Epiro). Antigono reputò op16 Diodoro,XIX 61, 65, 68 sgg,, sino allafine del libro, e Plutarco,Demetrio 57, sono fondamentaliper.il periodo. 17 Sul rientro di Seleuco, Diodoro, XIX 90-92; Appiano, Libro siriaco54.

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portuno stipulare un accordodipace con Cassandra e Lisimaco, a cui presto si aggiunse Tolemeo; Seleuco non sembra (nonostante autorevoli pareri contrari) avervi preso parte. Ad Antigono veniva di fatto riconosciuto il controllo di tutta l'Asia, e i Greci dovevano essere autonomi: alla completezza della sovranità di Antigono sul!'Asia era d'ostacolo la costituzione del vastissimo dominio di Seleuco, che evidentemente Antigono non intendeva •riconoscere come definitivo. L'autonomia dei Greci era un principio a cui annetteva un partico~

lare valore certamente lo stesso Monoftalmo, che informava delle trattative di pace gli abitanti della città greca di Scepsi in Troade, con chiara sottolineatura (anche propagandistica, naturalmente) del tema del!' autonomia ellenica. Più definite, e anche più sicure, le acquisizioni di Tolemeo in Egitto e nelle regioni confinanti di Libia (Cirene?) e di Arabia, e quelle di Lisimaco in Tracia; Cassandra doveva restare 'stratego d'Europa' fino alla matura età di Alessandro IV: la clausola fu però solo premessa al!' assassinio di questo e della madre Rossane nel 310/309 ad opera di Cassandra; in essa tuttavia si rispecchia la volontà di Antigono di non rinunciare ancora del tutto alle potenzialità di vasta, anche se non universale, unificazione connesse con la presenza di rappresentanti della dinastia degli Argeadi. Con la pace del311 nasceva forse, come spesso si è affermato, il sistema dei cinque stati ellenistici, ma più come ripartizione di fatto che non come stato di cose definitivamente accettato dal maggiore protagonista, Antigono: la crudele ingenuità della clausola sul!'assunzione dei pieni diritti da parte di Alessandro IV sta a dimostrare, se non altro, la persistenza in Antigono di illusioni ambiziose, ma anche generose. Fra tutti i Diadochi, egli è quello che più agita idee, sbandiera principi, nutre sogni e illusioni 18 . 7. Trala pace del 311 e la nascitadelle nuove «basileiai>>

Gli anni immediatamente successivi alla pace furono anche quelli della fondazione di grandi capitali, che rafforzavano l'irreversibile processo in atto, verso la costituzione di regni indipendenti: Lisimachia sull'istmo del Chersoneso tracico, Antigonea sull'Orante (che diventa la capitale di Antigono, in luogo di Celene in Frigia, e sorge sul sito dove più tardi Seleuco I fonderà Antiochia), Seleucia sul Ti18

Diodoro, XIX 105; Dittenberger, OGIS 5.

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Filippo III Arrideo Olimpiade (per il giovane Alessandro) Cassandra

Filippo IV Antipatro e Alessandro Demetrio Poliorcete

Lisimacoe Pirro Lisimaco (da solo) Arsinoe (per il figlio Tolemeo) Tolemeo Cerauno

Meleagro Antipatro anarchia Antigono Gonata

Demetrio II Antigono Dosane

Filippo V Perseo

323 (14 giugno)-317 (sett./ott.) 317 (sett./ott.)-316 (primavera) 316 (primavera)-298/7 (inverno) 297 (ca. febbr.-maggio) 297 (maggio)-294 (tarda estate) 294 (tarda estate)-288 (fine) 288 (fine)-284 (estate) 284 (estate)-281 (luglio/ agosto) 281 (luglio/agosto)-280 (primavera) 280 (primavera)-279 (maggio) 279 (maggio-luglio) 279 (luglio-agosto) 279-277/6 277/6-240/39 (inverno) 240/39 (inverno)-230/29 (inverno) 230/29 (inverno)-221 (estate) 221 (estate)-179 (mezza estate) 179 (mezza estate)-168 (ca. agosto)

Tav. 78 - I re di Macedonia dopo Alessandro Magno (secondo Beloch, GG2IV 2, p. 120; a posizioni diverse si fa riferimento nel cap. XI). gri, tutte città che prendono nome dal fondatore e signore vivente, mettendo in luce il ruolo della personalità politica nelle vicende del!'epoca, che è quella di personaggi che dispongono di un rilevante potere militare. I.:aver esteso il proprio dominio su regioni diverse dall'Egitto comporta per Tolemeo il rischio di contraccolpi, consistenti in ribellioni (di Ofella, resosi presto autonomo a Cirene, di Nicocreonte a Cipro), di cui però tra il 310 e il 308 Tolemeo in modi diversi veniva a capo 19 . I.:assassinio di Alessandro IV e di Rossane ad opera di Cassandra (310/309) mise in moto reazioni a catena sul territorio greco; protagonisti ne furono, in successione, il vecchio e sempre attivo Poliperconte, il nipote di Antigono, Polemeo (installatosi da tempo a Calcide dell'Eubea), Tolemeo stesso e infine nuovamente, e con gli esiti più rilevanti, Antigono e il figlio Demetrio. Poliperconte tentò nel 19 Su Seleucia: Strabone, XVI C. 738; Tacito, Annali VI 42; Appiano, Libro siriaco58, ecc.Su Ofelia:Suida,s.v. llnflY]tQlOç(daDexippo);Diodoro,XX40 sgg.;

Giustino, XXII 7, 4 sgg. Su Nicocreonte, Diodoro, XIX 79; XX 21 (sotto il nome

di Nicocle di Pafo).

Filippo

Periandro

Antigono I Monoftalmo sp. Stratonice

I

Marsia Demetrio Poliorcete sp. Fila I sp. Euridice (figlia di Antipatro) I Corrago

r

I Demetrio II sp. Stratonice Il

I Apame sp.

Prusia I

I

Dioscoride Telesforo Tolemeo

Filippo sp.

Deidamia

sp.

I

Alessandro

j

Antigono Il sp. Fila II sp. (Etera Demo)

altri fratelli

Tolemaide

I

sp.

.

Lanassa

I

Demetrio Demetrio il Bello il Sottile sp. Olimpiade sp. Berenice

l Stratonice sp. Seleuco sp. Antioco

I

Antigono III Dosone sp. Criseide

EChecrate

I

Alcioneo sp.

Nicea

Antigono sp. Ftia

''

sp.

sp.

Criseide

'

Filippo V' Policratea sp. X

I

Perseo Demetrio sp. X sp. Laodice

Filippo

Alessandro

figlia sp. Prusia Il

figlia Teres di Tracia

sp.

figlia

Tav. 79 -Albero genealogico degli Antigonicli (secondo Beloch, GG2 IV 2, p. 143, collazionato con Bengtson, Storia

grecaII, p. 427).

Storiagreca

696

309 il rientro in Macedonia, facendosi tra l'altro scudo del figlio illegittimo di Alessandro Magno, Eracle di Barsine, allora nel!' età del!' adolescenza; ma Cassandra parò la minaccia riconoscendo a Poliperconte la strategia del Peloponneso; il patto ebbe come prezzo, troppo facilmente pagato da Poliperconte, l'assassinio di Eracle. La vicenda del nipote di Antigono, Polemeo, si fonde strettamente con l'esplicarsi delle ambizioni di Tolemeo verso l'Asia minore e la stessa Grecia. In Asia minore, del resto, Polemeo controllava la Frigia ellespontica, affidatagli dallo zio Antigono; egli cominciò a tramare con Tolemeo, che era divenuto in questo periodo particolarmente attivo, e che nel 309 metteva piede in Licia (Faselide, Xanto), in Caria (Cauno) e nell'isola di Cos; la sua aspirazione a giocare un ruolo anche maggiore, candidandosi alle nozze con Cleopatra (la superstite figlia di Filippo II, residente allora a Sardi), fu frustrata dal!' assassinio di questa ad opera di Antigono. D'altra parte, l'indebolimento del prestigio di Poliperconte, dopo l'uccisione di Eracle di Barsine, indusse Tolemeo a dirigere i suoi piani verso la Grecia; un accordo con Antigono, siglato con l'assassinio di Polemeo avvenuto per ordine di Tolemeo, apriva al Sotère la strada della Grecia, dove egli (309) liberava Andro dalla guarnigione di Polemeo, ma poi si insediava a Corinto e Sidone e, temporaneamente, a Megara. Un tentativo di ricostituire la lega di Corinto fondata da Filippo II fu avviato, ma presto fatto cadere, da Tolemeo, che preferl accordarsi con Cassandra e ritornarenei binari;provvisoriamenteabbandonati;di unapoliticarealistica,e prudentemente fondata sull'idea di centralità dell'Egitto, con i suoi annessi geografici e storici; e intorno a quel tempo Tolemeo veniva definitivamente a capo della rivolta di Cirene (v.p. 756) 20 . Di maggior respiro, perché dotata di più profonde radici, la politica 'greca' anticassandrea, praticata da Antigono dal 307 in poi. Fino al 309/308 egli aveva tentato invano di contrastare il radicarsi di Seleuco in Babilonia. Nel 307 la flotta di Demetrio Antigonide occupava di forza il Pireo, e portava direttamente la sua minaccia su Atene, governata ormai da dieci anni da Demetrio del Falera, in nome di Cassandra; il decennio sembra essere stato per Atene dei più prosperi, dal punto di vista economico; ma era pur sempre una pro. sperità pagata con l'instaurazione di un potere personale, di una tirannide illuminata sì, ma investita comunque dal riverbero del!' am20

Diodoro, XX 19; 27-28; 37; 40 sgg.

XI. L'Alto Ellenismo

697

biguo fulgore di una tryphé, in cui viveva anche il Falereo, con eccesso di ostentazione e con la sollecitazione di un vero culto della personalità 21 ; ed era soprattutto una prosperità pagata con la tutela delle armi della guarnigione macedone, di stanza a Munichia, oltre che con le limitazioni nell'attribuzione dei diritti politici. Pronta fu dunque la sollevazione della parte popolare in Atene, in favore del Poliorcete; il Falereo lasciò subito la città, seguito da·una sentenza di morte non eseguita, per rifugiarsi a Tebe e poi in Macedonia (successivamente passerà in Egitto). Ad Atene il Poliorcete manteneva i suoi impegni, in tema di libertà e autonomia: abbattute le fortificazioni di Munichia, fu restaurata la piena democrazia, con a capo Stratocle di Diomea (un vecchio partigiano di Iperide), il nipote di Demostene Democare di Leuconoe, il figlio di Licurgo, Abrone: anche fisicamente doveva trattarsi di una restaurazione della democrazia (non radicale, invero, anch'essa ormai nei contenuti sociali mo-

derata) di venti o trent'anni prima. Ad Antigono e Demetrio furono dedicate statue d'oro sull'agord,accanto a quelle dei tirannicidi Armadio e Aristogitone e fu, in forma spontanea, tributato il titolo di basilefs;due tribù, da loro denominate, furono aggiunte alle dieci . tribù clisteniche. Atene, dal canto suo, recuperava Lemno e Imbro. La formula di Filippo II, di una 'guerra limitata' con Atene, nel rispetto di alcune tradizioni ed esigenze vitali di questa città, si mostrava ancora efficacè2 2 .

A bloccare eventuali tentativi di recupero di Tolemeo in Grecia (di cui in realtà non ci sono le prove che sospettava Beloch)23 , nel 306 si svolge la grande offensiva di Demetrio Poliorcete contro Cipro e la sua principale base tolemaica, Salamina: nella città fu costretto a rinchiudersi lo stratego dell'isola, il fratello di Tolemeo, Menelao; e la guerra di terra, come è norma per le vicende belliche di quest'isola, si completa con un poderoso scontro navale, in cui si affrontano le flotte di Demetrio Poliorcete e dello stesso Tolemeo, che di cirèa 200 navi portò in salvo a Cizio soltanto 8 (primavera 306); ma l'isola cadeva ormai nelle mani di Demetrio, e a Tolemeo non restava che rifugiarsi in Egitto, anche per provvedere alla difesa di un territorio non più al riparo da gravissimi rischi. 21 Ateneo, XII 542 c-f (da Duride e da Caristio);XIII 593 f (da Diillo); Diogene Laerzio, V 75-85;Polibio, XII 13 sg, sull'avversariodel Falereo, Democare. 22 Plutarco, Demetrio 8-12; Diodoro, XX 45 sg. 23 Diodoro, XX 46-48; Plutarco, Demetrio 16; Beloch, GG2 N 1, pp. 152 sg.

Lago sp. Arsinoe Menelao

Tolemeo I Sotere sp., Euridice sp. Berenice

sp. Taide Lago

Leontisco Teossene

Arsinoe II Filotera sp._ Lisimaco sp. Tolemeo Cerauno sp. Tolemeo II Filadelfo Meleagro

Tolemeo Cerauno

sp. Agatocle

sp. Arsinoe

di Siracusa

figlia di

figlio

I Tolemeo V Epifane

figlio di Lisimaco

Berenice

Lisimaco

Tolemeo III Evergete I sp. Berenice

r

Filadelfo

Tolemaide sp. Demetrio Poliorcete

Argeo? Lisandra sp. Alessandro sp. Agatocle

figlio di Cassandra

Tolemeo IV Filopatore

sp. Arsinoe

Lisimaco

anonimo

l

Eirene

I Tolemeo II

I

I

sp. Antioco II Teo

[Tolemeo di Telmesso?]

I Arsinoe III sp. Tolemeo Filopatore

I Berenice

I figlio

I

Alessandro

anonimo

Tav. 80 -Albero genealogico dei Tolemei fino all'Epifane (da Beloch, GG' IV 2, p. 186).

I Maga

XI. L'Alto Ellenzsmo Tolemeo I Sotere Tolemeo II Filadelfo Tolemeo III Evergete I Tolemeo IV Fìlopatore Tolemeo V Epifane Tolemeo VI Filometore con Tolemeo VIII Evergete II e Cleopatra II con Cleopatra II Tolemeo VIII Evergete II (di nuovo) Cleopatra III e Tolemeo IX Sotere II (Lathyrus) Cleopatra III e Tolemeo X Alessandro I Tolemeo X Alessandro I e Cleopatra Berenice Tolemeo IX Sotere II (di nuovo) Cleopatra Berenice e Tolemeo XI Alessandro II Tolemeo XII Neo Dioniso (Aulete) Berenice IV (prima con Cleopatra Tryphaena) Berenice IV e Archelao Tolemeo XII Neo Dioniso (di nuovo) Cleopatra VII Filopatore

699 305-283 283-246 246-221 221-204 204-180 180-145 170°164 163-145 145-116 116-107 107-101 101-88 88-81 80 80-58 58-56 56-55 55-51 51-30

Tav. 81 - Cronologia dei Tolemei (da The CambridgeAncient History2 VII 1, p. 482) La vittoria di Salamina cipria dà l'avvio alla nascita formale dei regni ellenistici, con l'assunzione del titolo di basileus, per sé e per il figlio, decisa dal Monoftalmo. Egli intendeva naturalmente con ciò il regno come unitario, il suo regn0 come il regno per eccellenza; e le sue rinnovat.e pretese di dominio unitario ebbero subito un concreto seguito di manifestazione nel!' attacco in forze rivolte contro l'Egitto, con 80.000 cavalieri, 83 elefanti e una flotta di 150 navi. Egli giunse con l'esercito fino al ramo Pelusico, il più orientale del delta del Nilo, che però non riuscì a penetrare con la flotta; il sopraggiungere dell'autunno (305) gli iinpose il rientro in Siria. Fu allora (se non già subito dopo la battaglia di Salamina) che Tolemeo assunse ufficialmente a sua volta il titolo di basileus, presto imitato da Cassandra, Lisimaco e Seleuco (3 05/304). Quest'ultimo aveva preso il titolo di 're di Babilonia' dal 309/308 a.C., probabilmente dopo il fallimento delle ultime minacce di Antigono: successivamente l'era seleucidica ebbe come data di partenza l'ottobre del312 a.C., nella cronologia ufficiale macedone, e il 1" Nisan (aprile) del 311, secondo il computo del ca-. lendario babilonese, il cui anno si iniziava e terminava in primavera 24 • 24 Diodoro, XX 53, 2-4; Plutarco, Demetrio 17-18; Appiano, Libro siriaco54; Giustino, XV 2, 10 sgg.; sul tema, sintesi bibliografica in Ed. Will, Histoire politique du monde hellénistique F, Nancy 1979, pp. 74-77.

700

Storiagreca

In sintesi, possiamo dire che, come i regni ellenistici condizionavano la vita e la libertà politica delle città greche, così, in qualche misura, erano a loro volta condizionati dalla dialettica interna alle città, in quanto in essa coinvolti. La partita in Grecia si giocava ormai tra Demetrio e Cassandra, che rappresentavano anche le due scelte politiche di fondo: entrambe filelleniche, ma 1'una di stampo autonomistico-democratico, l'altra di carattere più conservatore in politica interna e ispirata al principio di un controllodiretto, anche militare,nel rapporto tra regno di Macedonia e p6leis, 8. La Greciatra Cassandrae Demetrio Poliorcetedopo il 307

Nella guerra dei 'quattro anni' (307-304), Cassandra registrava alcuni successi, nel Peloponneso (Corinto), in Beozia, in Attica, dove prese File, Panatto el'isola di Salamina: egli pose l'assedio alla stessa Atene.L'avanzata di Cassandra era stata favorita dall'assedio posto a Rodi senza frutto da Demetrio, nonostante l'uso di macchine di straordinaria imponenza e qualità (tra le altre, una torre altissima, dotata di catapulta, detta helépolis= conquistacittà), assedio durato circa un anno (305/3 04). Ma lo stesso Cassandra fu fermato dall'intervento in aiuto di Atene attuato da Demetrio, liberatosi dalla guerra contro Rodi mediante un trattato che riconosceva l'indipendenza dell'isola e che a questa concedeva un'alleanza generosa: il trattato infatti non le imponeva neanche di partecipare a guerre contro il sovrano di una regione, l'Egitto, a cui Rodi, per ragioni di navigazione e di commercio, era stata sempre strettamente collegata. Nello stesso 305 Demetrio (che ormai si profila come quello degli Antigonidi che s'interessa specificamente alla Greciae che tenta di aggregare l'Europa alla parte asiatica del regno paterno) è in grado di liberare da Cassandra l'Eubea, Atene, la Beozia e la Focide, e di ottenere l'alleanza degli Etoli. Nel 303 è la volta della maggior parte del Peloponneso (Sidone, Corinto, Argo, l'Acaia, l'Elide, gran parte dell'Arcadia) di passare sotto il controllo del Poliorcete; solo la Messenia, Mantinea e qualche altra località restano nelle mani di Poliperconte (dal 309 ridotto ormai alla condizione di rappresentante di Cassandra). E alle feste Istmie, celebrate presso Corinto nella primavera del 302, Demetrio può ricostituire la Lega ellenica: i Greci (quelli a sud delle Termopile, cioè quella parte della Grecia che era stata da sempre il vivaio delle libere p6leis) giuravano di non farsi guerra fra loro

XI. L'Alto Ellenismo

701

e di restar fedeli alla casa di Antigono; fra i loro rappresentarìti veni-• va sorteggiato annualmente un comitato di presidenza di5 membri 25 •

9. La grandecoalizionecontroAntigono, fino alla battagliadi Ipso (301) Contemporaneamente si avvia la reazione della coalizione avversa ad Antigono e Demetrio, una gigantesca .nianovra a tenaglia, che tutta-

via, per arrivare a un conclusivo esito positivo, impiega più di un anno. A muoversi per primo è Lisimaco, che attraversa l'Ellesponto per attaccare l'impero di Antigono sul fianco occidentale, nel!' Asia minore ad ovest del Tauro, nella stessa primavera del 302, sostenuto da truppe di Cassandra guidate da Prepelao. Le defezioni degli strateghi di Antigono in Frigia (Docimo) e a Sardi (Fenice), in una zona dell'impero particolarmente vulnerabile per la sua perifericità come per la sua complessa struttura, e che includeva anche l'irrequieto niondo delle città greche, favoriscono l'avanzata di Lisimaco e di Prepelao. Il re di Tracia sposava per giuntaAmastri, vedova di Dionisio tiranno di Eraclea Pontica, una città che ormai diventa una base di operazioni per Lisimaco. In una prima fase questi, raggiunto da Antigono in Frigia, cercò di sottrarsi allo scontro frontale, dando cosi l'impressione ai suoi stessi soldati di non saper affrontare il temibile nemico. I successi nel frattempo conseguiti da Demetrio Poliorcete anche in Tessaglia si rivelarono effimeri: egli dovette persino adattarsi a un accordo con Cassandra, per avere le mani libere per un intervento in Asia minore in aiuto del padre; Cassandra però inviava soccorsi a Lisimaco, al comando di suo fratello Plistarco. La manovra a tenaglia sul regno asiatico di Antigono si compiva comunque solo con l'intervento di Seleuco e di Tolemeo. Decisivo fu quello di Seleuco, che aveva consumato alcuni anni (ma la cronologia è qui particolarmente incerta) nella guerra con il re Maurya Chandragupta (il Sandrokottos delle fonti greche), guerra portata a conclusione (forse nel 306) con un accordo, che consegnava a Seleuco 500 elefanti (il cui uso si rivelerà decisivo nella battaglia campale con. Antigono). Vaccordo comportava la rinuncia al confine dell'Indo, un confine in teoria 'naturale', ma di fatto assai 'innaturale', in quanto strategica-

mente poco difendibile, scelto per il suo impero da Alessandro Ma25

Diodoro, XX, fino al cap, 103, e soprattutto Plutarco, Demetrio 18-25.

Seleuco I Nicatore sp. Apame

sp. Stratonice

.

I

Acheo

Antioco I Sotere sp. Stratonice Seleuco

Antioco II Theos sp. Berenice

sp. Laodice

I

Fila. sp. Antigono Gonata Apame sp. Maga

Stratonice sp. Demetrio

figlio

Jke

Seleuco II Callinico

,p

Antioco Ierace sp. figlia di Ziaela

Laodice? sp. Mitridate

I

Laodice sp. Acheo T

Seleuco III Sotere

Stratonice sp. Ariarate

Antioco III il Grande

1

Antiochide sp. Serse

Tav. 82 -Albero genealogico dei primi Seleucidi (secondo Belocb, GG2 IV 2, p. 204) .

1:i\~-,,',,~'\, .Y,t~)~-~~~~'f.~~~~~:11~-"~• :,,.J1 ,_,.\1r:-·t,:,T~::f.~.-~,11;_!ft!:,1~,1_1;,,~-~•"l1•w?,t,r1~~1Mit~i~;~lll!t:~,\~fj\•~t~•t~-~j;1c'•~••MlillW•~f.t,;,

703

XI. L'Alto Ellenismo

Seleuco I Nicator~ Antioco I Sotere Antioco II Theos Seleuco II Callinico Seleuco III Sotere Antioco III Il Grande Seleuco IV Filopatore Antioco IV Epifane Antioco V Eupatore Demetrio I Sotere Alessandro Bala Demetrio II Nicatore Antioco VI Epifane Antioco VII (Sidete) Demetrio II Nicatore (di nuovo) Cleopatra Thea Antioco VIII Grypos Seleuco V Antioco IX Filopatore Ciziceno Seleuco VI Antioco X Eusebe Filopatore Demetrio III Filopatore Sotere

305-281 281-261 261-246 246-226/5 226/5-223' 223-187 187-175 175-164 164-162 162-150 150-145 145-140 145-142/1 o 139/8 138-129 129-126/5 126/5-123 126/5-96 126/5 114/3-95 95 95 (a Damasco)95-88

gemelli: Antioco XI Epifane Filadelfo Filippo I Filadelfo Antioco XII Dioniso Filippo II Antioco XIII Asiatico Filippo Il (di nuovo)

(in Cilicia) 95 (in Cilicia) 95-84/3 (a Damasco) 87 84/3 69/4 65/4

Tra 1'83 e il 69 la Siria fece parte del regno di Tigrane I di Armenia

Tav. 83 . Cronologia dei Seleucidi (da The CambridgeAncient History' VII 1, pp. 482 sg.). gno, con scarsa considerazione dell'impossibilità di rafforzarlo sul versante occidentale col supporto di territori iranici orientali strate~ 1

gicamente utili: si trattava infatti di regioni impervie o desertiche, . difficili da ragginngere, come anche da difendere partendo dalle altre .regioni iraniche. Nella primavera del 3011' offensiva contro Antigono si scatena su tutti i fronti: in Grecia, Cassandro avanza fino ad Elatea; in Fenicia Tolemeo si porta fino ali' altezza di Sidone, che stringe con un asse-

704

Stol'iagreca

dio destinato a concludersi al sopraggiungere d'una falsa notizia, che dava Antigono vincitore in Anatolia su Lisimaco e Seleuco. Era accaduto il contrario: a Ipso (presso Sinnada, in Frigia) avevano vinto i collegati contro Antigono, soprattutto per l'impatto degli elefanti di Seleuco soverchianti per numero (480 contro 75), ma anche per l'imprudenza di Demetrio, abbandonatosi a uno sconsiderato inseguimento della cavalleria avversaria: Antigono, che invano aveva sperato nel ritorno del figlio, trovava una gloriosa morte sul campo (estate del 301). Ne seguì la spartizione dei dominii. asiatici di Antigono: a Seleuco andarono la Siria e (progressivamente) i restanti possessi fino al Tauro; l'Asia minore occidentale passava nelle mani del re di Tracia, Lisimaco, che creava così uno stato europeo-asiatico, tanto complesso quanto fragile. Ipso segna in effetti il superamento di massima (e non senza significative eccezioni) di quelle soluzioni 'composite', che erano state agitate per qualche anno dopo la motte di Alessandro, e che erano state soprattutto la caratteristica della politica di Antigono, almeno nella sua forma più pura di aspirazione all'impero unitario quale persistita fino al 311. E non è un caso che tale complessità inerisca, ancora dopo Ipso, al dominio del figlio Demetrio Poliorcete, che anche allora aveva sotto il suo controllo città costiere di Ionia, Caria, Fenicia, Cipro e, in Grecia, le istmiche Megara e Corinto: ormai un variegato dominio costiero e insulare, egeo (o piuttosto periegeo), tanto invitante alle avventure, quanto in sé vulnerabile e fragile26 • La lega del 302 si sfaldava subito dopo Ipso (e questo fallimento del sogno politico, riguardo al mondo greco, di Antigono e dello stesso Demetrio, non sarà senza effetto nell'involuzione della linea politica del Poliorcete negli anni successivi alla sconfitta e morte del padre). Anche Cassandra rimetteva piede in qualche modo in Asia, con l'affidamento al.fratello Plistarco di parte della costa meridionale del!' Anatolia (in Caria o in Cilicia). Per Seleuco e il suo regno si trattò di una svolta decisiva, che, sommandosi alla rinuncia alle estreme satrapie orientali, accentuava la occidentalizzazionedel regno, che ormai veniva ad avere il suo polo principale in Siria e, progressivamente, in Asia minore, perciò nel Mediterraneo orientale. Si prepara quel tentativo di recuperodella matrice europea,che sarà fru26

Diodoro, XX 112 sg., e Plutarco, Demetrio 28 sg., per il contesto più imme-

diato della battaglia.

XI. L'Alto Ellenismo

705

strato dall'assassinio di Seleuco I ad opera di Tolemeo Cerauno, a pochi mesi di distanza dalla vittoria conseguita nel 281 a Curupedio su Lisimaco, che sembrò per un momento la premessa per la realizzazione del disegno eurasiatico del re di Siria. Alla battaglia di Ipso non aveva invece preso parte, per un eccesso dì prudenza, il re d'Egitto, Tolemeo. Tuttavia la sua campagna del 302 non doveva nelle sue intenzioni, e nei comportamenti seguiti alla battaglia di Ipso, restare senza effetto: ché egli non volle cedere a Seleuco la Siria meridionale e quella interna (Celesiria), che per sé reclamava la parte seleucide; si apriva cosl un contenzioso inesauribile tra le due monarchie, contenzioso che doveva portare, nel corso di un secolo e mezzo, a ben sei guerre dette «di Siria» o «di Celesiria», combattute per spostare verso nord (a vantaggio dei Tolemei) o verso sud (a vantaggio dei Seleucidi) il labile confine fra le rispettive zone di dominio.

10: Il recuperodi Demetrio dopo Ipso (301-291) Dopo Ipso cominciano per Demetrio Poliorcete anni· difficili, che egli seppe affrontare con duttile realismo, in attesa di una ripresa che non tardò a venire e alla quale egli diede i contorni di una politica ben diversa da quella perseguita mentre era in vita il padre (un sensibile politico, quest'ultimo, nonostante il giudizio negativo di Beloch)27 , Fu Atene a dare il segnale della rivolta: l'influenza del partigiano di Demetrio, Stratocle di Diomea, crollò, mentre crescevano uomini come Democare di Leuconoe, il nipote di Demostene, e il comico Filippide di Cefisia. Il distacco di Atene da Demetrio avvenne comunque all'insegna del fair play: la moglie Deidamla fu accompagnata a Megara; a Demetrio, su sua richiesta, furono consegnate le navi da guerra in sosta al Pireo; l'alleanza con il Poliorcete era però lasciata cadere, e in sua vece subentravano buoni rapporti con Lisimaco, che inviava 10.000 medimmi di grano, e con Cassandra. Ma anche Beozia, Focide, Argo defezionavano da Demetrio, che ormai controllava solo Corinto e Megara, e parte dell'Argolide, dell'Acaia e dell'Arcadia 28 . Negli anni immediatamente successivi si definiscono nuovi schieIl giudizio di Beloch in GG 2 N 1, pp. 168 sg. Plutarco, Demetrio 30 sgg. (e anche 12, 24, 26), sui politici ateniesi implicati (il servile Stratocle, gli oppositori Democare, nipote di Demostene, e Filippide comico); cfr. IG II/III2657 (decreto in onore di Filippide). 21 28

706 Taripa Alceta Neottolemo e Aribba Aribba (da solo) Alessandro, figlio di Neottolemo Olimpiade e Aribba Olimpiade e Eacide Neottolemo, figlio di Alessandro

Alceta e Neottolemo Pirro Neottolemo, figlio di Alessandro Neottolemo e Pirro

Pirro (da solo) Alessandro, figlio di Pirro Pirro, figlio di Alessandro Tolemeo Deidamìa

Storia greca

ca. ca. ca. ca.

430-390 390-370 370-360 360-343 343-331 331-317 331-317 317-312 312-307 306-302 302-297 297-296 297-272 272-255 ca. 255-230 ca. 255-230 ca. 255-230

Tav. 84 - I re dell'Epiro (da Beloch, GG2 IV 2, p. 153). ramenti, determinati da alleanze matrimoniali. Lisimaco sposa Arsinoe (II), figlia di Tolemeo I (e la figlia di Lisimaco, Arsinoé I, sposerà nel 285 Tolemeo II Filadelfo, prima che questi si unisca, nel 278, con la propria sorellastra Arsinoe che, nella successione delle regine tolemaiche, è la seconda di questo nome). D'altra parte, Seleuco celebrava a Roso, in Siria, le nozze conia figlia del Poliorcete, Stratonice (che successivamente egli ripudierà, concedendone la mano _alfiglio, Antioco I). Ma, dopo un'irruzione di Demetrio nei domini siriaci di Tolemeo, anche fra questi due sovrani si stabilisce un'intesa: Demetrio si fidanza con Tolemaide, figlia di Tolemeo, e il cognato Pirro (fratello della defunta Deidamìa) viene inviato come ostaggio in Egitto. La figura e ]' opera di Pirro, re d'Epiro, si iscrive pienamente nel contrasto che oppone Antigono e Demetrio, da un lato, e Cassandro dall'altro. Il rapporto di ostilità con Cassandra segna i primi vent'anni della vita di Pirro (n. circa il 318 a.C.), ed è addirittura un dato ereditario, Il padre Eacide, parente di Olimpiade, viene infatti eliminato nel 317 a.C. da Cassandra, che espande la sua autorità sull'Epiro, attraverso uomini di fiducia e l'imposizione di Alceta. Pirro, ancora in tenerissima infanzia, viene messo in salvo presso il re illirico Glaucia; vi resta fino al 3 06, quando, nel clima di successi di Demetrio Poliorcete

XI. L'Alto Ellenismo

707

e di forte ripiegamento di Cassandre, in Epiro Alceta è abbattuto, e Pirro messo sul trono. Nel 302 il ragazzo è di nuovo cacciato dal trono; ad Ipso combatte al fianco di Demetrio (che nel frattempo ne aveva sposato la sorella Deidamìa). Nel 298, una tregua tra Demetrio e i suoi nemici, fra i quali anche Tolemeo Sotere, include la condizione che Pirro resti come ostaggio presso il Lagide, del quale sposa la figlia Antigone; pochi mesi dopo gli stessi Epiroti, Tolemeo consenziente, richiamano Pirro sul trono. Per qualche tempo egli divide il trono con Neottolemo, che regnava in Epiro dal 302, poilo elimina, assumendo da solo il potere regale (che si presenta come quello di un basileusdei Molossi e heghem6n dei symmachoiton Apeirotàn:potere regio e forma federativa si affiancano e fondono, come in una forma mista, in cui l'istanza federativo-repubblicana rappresenta, oltre che un portato della complessità tribale della regione, un'espressione politica più propriamente greca). Nel maggio 297 (?) muore Cassandre; e Pirro fronteggerà ormai (v. avanti) i diversi personaggi che aspirano a un dominio sulla Macedonia, ai danni dei figli di Cassandra: da Demetrio stesso (da cui lo allontana anche il matrimonio con Lanassa, la figlia di Agatocle) a Lisimaco. Il personaggio Pirro è caratterizzato da un attivismo inquieto, che si dispiega su tutti i fronti. Già parecchio prima dell'intervento in favore di Taranto nel 280, egli è, fra i diadochi ed epigoni di Alessandro, quello più attento alle possibilità d'intervento in Occidente: ve lo indirizzano la posizione geografica dell'Epiro e la tradi.zione dei re di quella regione, in particolare!' esperienza di Alessandro il Molosso. All'impegno dispiegato su larga scala non corrisponderà mai un reale e stabile successo. La prima parte della sua vita è quindi condizionata da altri fattori, quelle lotte dei Diadochi che sembrano più grandi di lui; le vicende dei successivi 25 anni sono tanto brillanti, quanto improduttive. In esse egli portava però la genialità e il valore del grande generale, rafforzato poi dal mitistorico richiamo ad Achille e al figlio Pirro Neottolemo, come propri antenati. Questa coscienza Pirro porterà durante la spedizione in Italia, dove egli combatterà come un re panellenico, quasi un nuovo Achille contro i Romani discendenti dei Troiani, e come un nuovo Alessandro Magno contro i barbari. Quest'interna attitudine non trasforma naturalmente il disegno occidentale di Pirro in un piano eminentemente distruttivo verso Roma né Roma nel suo principale bersaglio: ché il suo scopo è di vendetta e di difesa, ma anche di lata unificazione della grecità occidentale, per la quale si erano culturalmente create, tra V e soprattutto IV secolo, ampie.premesse.

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Storia greca

La morte di Cassandra, nel 298/297, mette in moto un processo vorticoso di scontri, in cui tutto sembra rimesso ancora una volta in gioco nel Mediterraneo orientale: anche se, a conti fatti, l'area dove si verifica il .maggiore sconvolgimento è ormai quella greco-macedone, Ad Atene un democratico radicale, Lacare, che esercita il potere in forma tirannica, suscita contro di sé la reazione di amici di Demetrio, che provocano l'intervento di quest'ultimo, Dopo ·uno sfortunato assedio di Messene, Demetrio conquista Salamina, Eleusi e Ramnunte e assedia Atene, da cui Lacare dovette cercare scampo in Beozia (inizio del 294), dopo aver opposto una dura resistenza e aver fatto ricorso, per alimentarla, anche alla veste d'oro della statua criselefantina di Atena, collocata nel Partenone 29 . Demetrio restaurò ad Atene la democrazia, ma pose guarnigioni sulla collina del Museo (su cui sorge ora il monumento di Filopappo) in città e, presso la costa, sulla collina di Munichia; anche altri possessi (Eleusi, Lemno, Imbro) andarono temporaneamente perduti per Atene. La presenza attiva e i successi in Grecia costarono al Poliorcete perdite nel settore orientale (Efeso e Mileto, Cilicia, gran parte di Cipro) in favore di Lisimaco, di Seleuco, di Tolemeo, rispettivamente; ma le novità maggiori dovevano, come si è detto, riguardare in quegli anni tumultuosi il teatro greco-macedone. A Cassandra era succeduto sul trono di Macedonia, ma per soli quattro mesi, il figlio Filippo; morto quest'ultimo (298/297), il regno era passato ai più giovani fratelli Antipatro e Alessandro, sotto la tutela della madre Tessalonice, che favoriva Alessandro, al quale fu infatti riservato il nucleo stesso della Macedonia, quella Macedonia ad ovest dell' Axios che comprendeva le capitali storiche del regno (Edessa, Ege, Pella, Berea); con la Macedonia 'storica' Alessandro aveva sotto il suo controllo la Tessaglia. Ad Antipatro era riservata la parte orientale (precedenti di spartizione territoriale la Macedonia li aveva già conosciuti nella successione ad Alessandro I Filelleno, tra Perdicca II e il fratello Filippo). Antipatro uccise la madre, e si rivolse contro il fratello, il quale chiamò successivamente in suo aiuto Pirro e Demetrio (quest'ultimo, imparentatosi coi re di Macedonia attraverso la moglie Fila, sorella di Cassandra). Quando però Demetrio fu arrivato, attraverso la Tessaglia, fino a Dian di Macedonia, Alessandro gli si fece incontro per licenziarlo; lo accompagnò anzi 29

Diodoro, XXI 1, 4; Plutarco, l.c.; Pausania, I 25, 6-7; 26, 1-3; Anonimo,

FGrHist257 a, Ff 1-2,

XI. L'Alto Ellenismo ·

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nella marcia di ritorno fino a Larissa, dove Demetrio durante un pranzo lo uccise a tradimento. Solo a Lisimaco, suocero del giovane Antipatro, sarebbe ormai stato possibile impedire l'accesso di Demetrio al trono di Macedonia; ma, preso da una guerra contro il re dei Geti Dromichaite, Lisimaco si acconciò a un compromesso e a uno scambio: a Demetrio

Macedonia e Tessaglia, a se stesso i possedimenti d'Asia di recente acquisizione. Puntualmente, la storia politica delle due regioni tende a scindersidi nuovo anche a dispetto di qualche apparenza contraria, poiché il regnoeurasiaticodi Lisimacorivelerà, in meno di un quindicennio, tutta la sua instabilitàe improbabilità30 • Nel 294 Demetrio controllava ormai quasi l'intera Grecia, ad esclusione di Sparta (dall'effettuare una spedizione contro di questa era stato dissuaso dal sppraggiungere delle notizie dalla Macedonia, che avevano provocato il suo intervento), e ancora ad eccezione della libera Etolia e dell'Epiro, nel quale si era ormai consolidato il potere di Pirro, il personaggio destinato ad animare coi suoi disegni avventuristici il prossimo ventennio di storia greca. Demetrio fondava una sua capitale, Demetriade, al centro della Grecia, a Pagase sul golfo di Volo, a metà strada tra la Macedonia e la 'Grecia delle città' che si estendeva a sud delle Termopile. Per un paio d'anni si susseguono in Beozia ribellioni al Poliorcete, ogni volta domate; a Tebe, conquistata (291) dopo un difficile assedio, il re riservò un trattamento mite. Ma sul piano politico fu fortemente limitata l' autonomia della regione, già dopo una prima ribellione (292) e poi nuovamente dopo la seconda, con l'insediamento di un funzionario (che fu comunque un politico 'intellettuale', Ieronimo di Cardia) alle dipendenze del re, per il controllo della Beozia, e con la nomina di magistrati cittadini e l'installazione di guarnigioni nelle singole città da parte del sovrano. Anche per questo aspetto, la politica di Demetrio dopo Ipso conosce dunque una significativa innovazione (e involuzione). Un'innovazione si verifica anche sul terreno della politica interna. ateniese, con il richiamo degli esuli oligarchici e l'esilio di Demo care (291), seguiti all'intervento del Poliorcete.

· 30 Plutarco, Demetrio 36 sg.; Pirro 6, 2-7, 1; Diodoro, XXI7; Giustino, XVI 1; Pausania, IX 7, 3.

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Storia greca

11. Demetrio contro tutti

Un po' alla volta si vanno riannodando i fili tra i diversi sovrani ostili a Demetrio. In un'età caratterizzata dal predominio di forme di potere personale, è del tutto comprensibile che il filo dei grandi conflitti politici e ideologici si alterni e intrecci con quello delle politiche personali e dinastiche. Un primo assaggio dell'ineludibile con• trasto con la personalità emergente nella penisola greca, il re d'Epiro Pirro, Demetrio lo ha fra il 290 e il 289, quando tenta invano interventi in Etolia e in Epiro, ma poi riesce a bloccare una controf. fensiva di Pirro, giunto in Macedonia fino alle porte di Edessa. La pace stipulata tra Pirro e Demetrio nell'autunno del 289 consentiva a quest'ultimo di riprendere i suoi piani verso est. Ma se Lisimaco era stato finora inerte di fronte al rafforzamento cl.iDemetrio, lo si doveva solo alle disavventure in cui era incorso nella guerra contro il geta Dromichaite, dal quale era stato fatto prigionieto. La notizia aveva richiamato in Macedonia Demetrio, che pensava di invadere e conquistare la Tracia; ma il rilascio di Lisimaco e una nuova rivolta della Beozia vanificavano quel disegno ..Tra il 289 e il 288 si forma però una nuova coalizione tra Lisimaco, Seleuco e Tolemeo, a cui presto aderisce Pirro. Demetrio, stretto fra due fuochi - Lisimaco che avanza in Macedonia da est, Pirro che la invade da ovest -, sceglie di affrontare il nemico che crede meno potente e meno popolare, il re epirota; ma, al momento del contatto tra i due eserciti nemici, presso Berea, quello di Demetrio defeziona e il re è costretto ad abbandonare il campo in umiliante fuga; alla vergogna non resse la moglie Fila, che si tolse la vita avvelenandosi. Fra Pirro e Lisimaco avvenne una spartizione della Macedonia, forse negli stessi termini della divisione che era stata attuata fra i due figli di Cassandra, Alessandro e Antipatro. Atene intanto si ribellava a Demetrio, sotto la guida di Olimpiodoro, che liberava il Museo dalla guarnigione macedone (estate 288 o 287) 31 • Un tentativo di rientro in Atene compiuto dal Poliorcete fu vanificato da un intervento di Pirro, forse nell'estate del 287; restarono tuttavia nelle mani del Poliorcete Eleusi,. il Pireo, Panatto e File, in territorio attico, nonché Salamina, e le cleruchie di Sciro, Lemno e Imbro. I:ultima avventura Demetrio la tenterà in Asia, sbarcandovi nell'autunno del 287 e acquisendo Mileto, Sardi e il sostegno della 31

Plutarco, Demetrio 39-41; Pirro 7; 10-12; Pausania, I 26; 29, 13.

711

XI. L'Alto Ellenismo Taripa

I

Alceta Aribba

Neottolemo

sp. Troade

Olimpiade

Alessandro Troade sp. Cleopatra sp. Aribba

I

Eacide

sp. Ftia

Teucro Alessandro Eioneo Niso

Cadmea

Neottolemo

Alceta

sp. Filippo

Troade

Deidamia

sp. Demetrio

Poliorcete sp. Antigone

Tolemeo

Pirro sp. Lanassa

Olimpiade

sp. Bircenna

I

sp. figlia di Audoleonte

Elena

sp. Alessandro Alessandro

sp. Olimpiade

Tav. 85 -Albero genealogicodei re dell'Epiro (daBelocb, GG' IV2, p. 153). Cappadocia, in vista di un'invasione del!' Armenia e della Media e una conquista delle satrapie superiori ai danni di Seleuco. Gli inizi dell'impresa sembravano resi facili dalla scarsa popolarità di cui, per il suo autoritarismo e rigido fiscalismo, soffriva Lisimaco nella parte dell'Anatolia soggetta al suo dominio, che si identificava con larga parte del!' Asia minore cista urica. Difficoltà nell'attraversamento del fiume Lico (probabilmente quello di Cappadocia) indussero però Demetrio a rinunciare alla marcia in Armenia e nelle regioni orientali, e a ripiegare su Tarso in Cilicia. Ma Seleuco non volle accettarne la presenza in Cilicia e gli offrì in cambio la vicina e più interna Cataonia; Demetriò rifiutò l'accordo, e ne seguì la guerra fra i due. Al Poliorcete riuscì persino di occupare i passi dell'Amano che con-

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ducevano in Siria: ma un fallito assalto alle posizioni di Seleuco indusse alla defezione l'esercito del Poliorcete, che poté ormai soltanto darsi alla fuga, nel tentativo di raggiungere il mare. Seleuco glielo impedì e ne ottenne poco dopo la resa (inverno 286/285), cui seguì una onorevole prigionia riservata da Seleuco al nemico e consuocero, in una residenza reale presso Apamea dell'Orante, dove nel 283 Demetrio si spense, a 54 anni, per malattia 32 • 12. Lisimaco,Seleuco,Antigono Gonata

Durante l'assenza di Demetrio dal suolo europeo, ne rappresentava gli interessi il figlio Antigono Gonata. Questi riusci a conservare fa. ticosamente il Pireo, ma non poté impedire che Eleusi fosse recuperata dagli Ateniesi, al coinando di Democare. Un accordo stipulato tra il Gonata e Pirro, ormai in conflitto con Lisimaco, consentì al re epirota di affrontare presso Edessa l'avversario re di Tracia: ma un ammutinamento dei Macedoni del!' esercito di Pirro, in favore del vecchio e prestigioso compagno di Alessandro, indusse Pirro a rientrare in Epiro, lasciando così Lisimaco, riel 284, in possesso dell'in• tera Macedonia. Le posizioni .di Lisimaco in Grecia si rafforzavano rapidamente, come rapidamente si deterioravano quelle del Gonata, a cui, in breve volgere di tempo, rimasero solo alcuni capisaldi (il Pireo e Megara a sud, la Beozia e Demetriade al centro). E un rafforzamento non piccolo ebbe Lisimaco in Asia minore, col recupero delle città già toltegli dal Poliorcete, e, sul piano politico generale, col matrimonio di sua figlia Arsinoe con l'erede di Tolemeo I, poi divenuto il Filadelfo, associato dal padre al trono già nel 285, e succedutogli nel 283 33 • Fu una tragedia familiare e dinastica a mettere in moto il meccanismo, che fece precipitare Lisimaco dalla posizione di particolarissimo rilievo che si era conquistata nel mondo ellenistico. La giovane moglie di Lisimaco, Arsinoe, figlia di Tolemeo I, mise in cattiva luce il figliastro Agatocle (nato dal matrimonio di Lisimaco con Nicea fi. glia di Antipatro il reggente), ottenendo dal re la sua condanna a morte: e la vedova di Agatocle, Lisandra, insieme con i fratelli e un 32 Plutarco, Demetrio 43-50; Pirro 10; Diodoro, XXI 20, Le ceneri di Demetrio furono trasportatea Demetriade,da lui fondata (Strabone,IX C. 436; Plutarco, 5253; Polieno, StratagemmiIV 7, 12). 33 Pausania, I 10; Plutarco,Pirro 12; Giustino, XVI 3. ·

XI. L'Alto Ellenismo

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altro figlio di Lisimaco, cercò scampo presso Seleuco; alla rivolta si unì anche Filetero, tesoriere di Lisimaco, di stanza a Pergamo (da lui trae origine la dinastia pergamena degli Attalidi). Seleuco superò allora il monte Tauro e invase la parte dell'Asia minore che era in possesso di Lisimaco; ovunque egli fu accolto trionfalmente, o senza che gli s'opponesse seria resistenza (da Cotieo in Frigia alla Bitinia e fino a Sardi, la cui guarnigione si arrese in breve tempo). Poco a nord di Magnesia del Sipilo, a Curupedio (campo «del Kouros» o «di Ciro»), nell'estate del 281 si svolse lo scontro decisivo con Lisimaco, che era sopravvenuto dall'Europa e trovò la morte sul campo. Subito passavano dalla parte di Seleuco altre città, come Efeso; qualche resistenza, più che altro di principio, egli incontrò fra le città del nord, quali Eraclea Politica, Bisanzio e Calcedone, decise a difendere la libertà contro di lui come già contro Lisimaco34 , Il trionfatore non si curò di regolare i rapporti con queste città, né poté imporre il suo dominio sulla Cappadocia di Mitridate, che sconfisse un suo 1

esercito (sì che la regione resterà sempre come una 'lacuna' nell e-

spansione anatolica del regno di Siria). Seleuco mirava ora a cogliere tutti i frutti della sua vittoria, ricostituendo a suo vantaggio, e con dimensioni maggiori, quello stato eurasiatico, di cui aveva da poco privato Lisimaco: egli voleva infatti finire i suoi giorni come re di Macedonia (benché anche a lui, che tante prove aveva dato di realismo politico, dovesse apparire ben chiara l'impossibilità di una struttura 'unitaria' di un impero esteso sui due continenti, se progettò una spartizione di fatto col figlio, Antioco I, a cui sarebbe toccato di governare le province asiatiche), Ma a questi disegni pose una brusca fine quel Tolemeo, che presto sarà detto Cerauno (fulmine), il fratello della vedova di Agatocle, che era rimasto deluso nelle sue attese di restituzione sul trono d'Egitto (ormai saldamente assicurato al Filadelfo), e perciò scelse di eliminare Seleuco a tradimento. Questi solo da poco aveva messo piede sul suolo europeo, presso Lisimachia, nel Chersoneso tracico, e si accingeva a conquistare sia la Tra34 Gìustino, XVII 1 sg.; Pausania, l.c.;Memnone, FGrHist434, 5-6; Appiano1 Libro siriaco62, 64 ecc. La grande dispersione delle citazioniche q'uidiamo dimostra come la tradizione sulla prima metà del III secolo sia ridotta a un cumulo di detriti:la perdita di Filarco, l'assenza di consistenti fil9ni di tradizionebiografica, gli stessi ambienti di cultura in cui operano alcuni dei protagonisti dell'epoca spiegano lo stato·della tradizione.Lisimaco ha, semmai, subìto la forte avversionee il giudizio negativo di Ieronimo di Cardia,la cui opera storica è stata determinante nella formazionedella tradizione sul periodo dei Diadochi.

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Storia greca

Agatocle

I

sp. Nicea

Filippo

Autodico sp. Adeia

Lisimaco sp. Amastri

da concubina odrisia

I

Alessandro I

Tolemeo

Agatocle sp. Lisandra

I Lisimaco

Euridice

sp. ·Alessandro

I

Filippo Arsinoe

sp. Tolemeo II

[Bengtson: Antipatro figlio di Cassandra] Tav. 86 - La casa di Lisimaco (secondo Beloch, GG 2 IV 2, p. 132). eia sia la Macedonia, che ora invece il Cerauno poté rivendicare e acquisire per sé (inizio del 280). Una paradossale alleanza, di prospettiva matrimoniale, con Arsinoe (II), la persecutrice di Agatocle fuggita dinanzi a Seleuco dall'Asia minore e rifugiatasi a Cassandrea, nonché gli impegni diversi di Pirro (in procinto di raggiungere Taranto, per soccorrerla contro Roma) e dello stesso Antioco I (attivo a quel tempo nelle satrapie 'superiori', cioè interne, del suo impero), facilitarono decisamente il compito a Tolemeo Cerauno. I.:unico che provò a sbarrargli il passo fu Antigono Gonata, che per terra e per mare cercò di recuperare i dominii paterni di Macedonia e Tessaglia: ma una durissima sconfitta navale, inflittagli nello stesso 280 dal Cerauno, non solo assicurò a quest'ultimo il dominio in Macedonia, ma fu anche l'occasione per una rivolta generalizzata di quelle parti della Grecia che erano a quel tempo sotto il controllo di Antigono (tra l'altro Atene recuperò allora il Pireo)' 5 • I.:accordo con Arsinoe, pur dopo l'effettiva celebrazione delle nozze, naufragò rapidamente: altre uccisioni (questa volta dei due figli giovanetti di Arsinoe e di LiMemnone, FGrHist 434, 11-15; Appianci, op. cù., 62; Giustino, XVII 2; XXIV 1 sg. 35

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simaco) e la fuga della regina a Samotracia, nel santuario dei Cabiri, ne segnano il fallimento. La pace stipulata da Tolemeo Cerauno con Antioco I sembrava comunque garantirgli un lungo regno: ma, appena un anno dopo questi tumultuosi eventi, Tolemeo cadeva combattendo contro i Celti (Galati) invasori della Grecia (279)36 . La Macedonia doveva trovare, dopo qualche altro anno. di sussulti, un suo stabile assetto, per più di un secolo, proprio ad opera di quel!' Antigono Gonata che nel280 sembrava quasi destinato a scomparire dalla grande scena politica del mondo ellenistico. La caduta del regno eurasiatico di Lisimaco, determinata dalla vittoria di Seleuco a Curupedio, pone fine ad una realtà composita, che poco era durata, e la cui scomparsa non poté cefto di per sé produrre quelle conseguenze negative che taluno le aftr1buisce' 7 • Non è la struttura composita che ne costituisce la funzione, ma, semmai, l'arte di go~ verno di Lisimaco, la sua qualità di costruttore di città. Il comportamento di Seleuco dopo la vittoria ele vicende di cui fu protagonista Tolemeo Cerauno sono al contrario nel segno di una rinnovata separazione dell'area europea da quella asiatica; le diversità culturali cominciavano del resto già sul versante europeo, tra Macedonia e Tracia. Un elemento di turbamento e di crisi fu invece rappresentato, poco dopo Curupedio, dall'invasione dei Celti: occorre tuttavia riconoscere che la capacità di reazione degli stati ellenistici fu al!'altezza della situazione; rapidamente i Celti furono per la maggior parte - e con la significativa eccezione del regno di Tylis, costituitosi sul territorio del regno tracico di Lisimaco - allontanati dall'Europa, e non solo da questa, ma anche dalle regioni costiere, più fortemente grecizzate, del!' Asia minore. L'uno e l'altro risultato si dovettero alla decisa reazione ellenica; e i modi di questa hanno la virtù di mettere alla prova, e di evidenziare storicamente, le nuove realtà politiche emerse nel mondo greco di età ellenistica. Tutta la nuova grecità (fatta eccezione per l'Egitto) si misurò sulla questione celtica. Il re di Macedonia, Tolemeo Cerauno, cadde invero nel 279 combattendo contro i barbari. Quando questi, attraverso la Tessaglia, ebbero raggiunto le Termopile, a fronteggiarli trovarono le popolazioni della Grecia centrale: Beoti, Focesi e, soprattutto, un popolo che solo ora emerge, nel contesto greco, gli Etoli. Benché questi Greci non riu36 37

V, avanti a n, 38. H. Bengtson, StarlagrecaII cit., p, 179, giudica negative le conseguenze della caduta del regno ellespontico diLisimaco.

716

Storiagreca

LAGRECIA NEL228a.C.: Scala 50di 1:8000000 100 lSO

O

Chilometri

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Lega Achea

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Eto/ica

Tav. 87 - Territoriodella LegaAchea e dellaLegaEtolica (circail230 a,C.). scissero a impedire lo sfondamento della linea di difesa delle Termopile (non diversamente da quanto era accaduto nel 480 a.C., di fronte all'invasione persiana), tuttavia sembra che il santuario delfico venisse risparmiato: a onorare il dio Apollo, salvatore del proprio santuario, furono istituite le feste Soterie («della salvezza»), nel 278, per essere poi riorganizzate, da annuali che furono all'inizio, in feste che ogni quattro anni conoscevano una celebrazione maggiore (sotto l'arcontato di Polieucto ad Atene, uno dei cardini - e però anche uno dei punti più discussi - della cronologia ellenistica) 38 , Dalla re38 Giustino,-XXIV 4-8; XXv 1-2; Diodoro, XXII 3-4; 9; Pausania, X 19, 5-23, e già I 4; 16, 2. Sui Sotéria delfid (le nuove feste organizzate come ringraziamento

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sistenza, almeno in parte feconda, e· dall'istituzione e celebrazione dei Sotéria, deriva e data la supremazia degli Etoli a Delfi, che equivale a un notevole mutamento rispetto al tradizionale assetto del!'Anfizionia e del governo del santuario 39 • Passate nel 278 in Asia, su sollecitazione di Nicomede di Bitinia e Mitridate del Ponto, le tribù galliche dei Trocmi, Tectosagi e Tolistoagii (o Tolistobogii) furono indotte a stabilirsi nella Frigia interna (che da loro prese il nome di Galazia, la regione ove sorge Ancyra), a seguito della sconfitta loro inferta dal re di Siria, Antioco I, nella battaglia «degli elefanti» (avvenuta circa il 275/274): essa mise in luce il ruolo di campioni del!' ellenismo d'Asia minore che i Seleucidi ora si assumono e che eserciteranno più tardi i pergameni Attalidi. Negli stessi anni, e come conseguenza più o meno immediata degli stessi eventi, si assiste all'insediamento di uno stabile potere monarchico in Macedonia, con l'ascesa al trono (riel 277 o 276) di Antigono Gonata. Dalla morte del Cerauno si succedono rapidamente sul trono macedone il fratello dello stesso (Meleagro) e Antipatro detto Etesia (il re 'di una breve stagione', quella dei venti etesii), nipote di Cassandra: deposto Antipatro, l'assemblea del!' esercito macedone nominò al suo posto, ma col rango di supremo stratego, un Sostene, morto già nel 278 o 277. Nella battaglia di Lisimachia nel Chersoneso tracico (277) il Gonata sconfiggeva le retroguardie dei Celti, che avevano ormai per la maggior parte già varcato l'Ellesponto, e la vittoria conseguita più ad occidente sull'Etesia consegnò nelle sue mani il regno di Macedonia. Questo conobbe una rinascita e una fioritura, che furono il naturale (e tutt'altro che sorprendente) sviluppo delle premesse poste da Filippo II e Alessandro e dagli stessi Antipatro e Cassandra, uno sviluppo che era stato solo ostacolato e ritardato dalle lotte incessanti in cui la Macedonia era venuta a traper la salvezza ottenuta), e sui problemi cronologici connessi con la data dell'arconte ateniese Polyeuktos, menzionato in SIG3 408 (decreto di adesione di Atene), cfr. G. Nachtergael, Les Galates en Grèceet !esSòtériade Delphes, Bruxelles 1977, pp. 223-241 (che data Polyeuktos al 246/5; sulle cronologie precedenti, perfino di 30 anni più alte, cfr. G. Klaffenbach, in RE XXI 2, 1952, coli. 1623 sgg.). 39 Dalla primavera del 277 si trovano due ieromnemoni etoli nell'Anfizionia delfica;rapidamente gli Etoli scacciano i Tessali dalla rappresentanzaanfizionica, che nel periodo del predominio degli Etoli è costituita da loro amici: sul tema, v. la fondamentale opera di R. Flacelière,Les Az'toliensà Delphes,Paris 1937.

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varsi coinvolta. Ritornate alcune essenziali condizioni di stabilità, la felice stagione della Macedonia non poteva mancare. Lo stesso sviluppo culturale, che assumeva connotati particolari dal!' educazione filosofica del sovrano, un seguace del fondatore della Stoa, Zenone di Cizio, era il naturale seguito della rilevante apertura culturale che aveva caratterizzato, con sempre maggiore incisività, la Macedonia del V e IV secolo: solo che ora interlocutore, invece della sola Atene, era il mondo ellenistico nelle sue più ampie dimensioni, e con le caratteristiche cosmopolitiche che a queste nuove dimensioni e strutture corrispondevano. Con Pirro si protrasse lo scontro, soprattutto nel Peloponneso, fino al 272, anno della morte di quell'irrequieto sovrano: ma alla fine degli anni Settanta Antigono aveva sotto il suo controllo anche la Tessaglia, e ampie zone della restante Grecia; aveva del resto suoi uomini di fiducia (tiranni) nel Peloponneso, e guarnigioni opportunamente dislocate nei tre punti strategici dell'Ellade (Demetriade sul golfo di Volo, Calcide euboica sull'Euripo, Corinto sull'istmo): i tre 'ceppi dell'Ellade', nella rappresentazione polibiana del dominio del Gonata 40 . 13. Il consolidamentoe i suoi limiti

nei decenni centralidel III secoloa.C. Un pieno consolidamento del dominio seleucidico in Asia minore fu ostacolato da alcuni fattori e condizioni, che in determinati periodi operarono congiuntamente, procurando i più gravi momenti di crisi al regno di Siria. In primo luogo, va tenuto conto del fatto che la conquista seleucidica del!'Anatolia ad ovest del Tauro era stata fin dall'inizio limitata al controllo della grande arteria di collegamento con la costa egea del!' Asia minore, e della costa medesima, cioè del]' area delle vecchie e nuove città greche, sì che permanevano, e rien. travano spesso attivamente nel gioco politico, stati che mai i Seleucidi avevano assoggettato o assoggetteranno, come il Ponto, la maggior parte della Cappadocia, la Bitinia. Per conseguenza anche regioni un tempo soggette, come quella di Pergamo, si rendono auto40 Sugli inizi del regno di Antigono Gonata, Plutarco, Pirro 26 sgg.; Diodoro, XXII 11 sg.; Pausania, I 13; Giustino, XXV 3 sgg. Il giudizio negativo di Polibio è in II 41, 1.3-15. Sulla figura intellettuale del Gonata, Diogene Laerzio, II 141 sgg. (rapporti con Menedemo di Eretria), VII 6-9, 13-15 (con Zenone e Perseo di Cizio,

Filonide di Tebe).

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nome, sollecitando l'ulteriore sfaldamento del dominhseleucidico, che fu contrastato solo temporaneamente da governatori seleucidici resisi indipendenti dal potere centrale impiantato ad Antiochia, e dallo stesso re, Antioco III, in un tentativo - rivelatosi alla fine di breve respiro - di ricomporre la vecchia unità del regno. Il terzo fattore, che costituirà la causa di maggior durata delle condizioni di relativa insicurezza, in cui cronicamente versa il regno di Siria, è la vicinanza di un Egitto, assillante nella sua pretesa di controllo dell'area siriaca, quanto meno di quella meridionale: un controllo inteso a ricostituire a proprio vantaggio, dopo la scomparsa dell'impero achemenide, una coerenza territoriale delle regioni del Mediterraneo orientale, da Cipro e Cilicia, alle coste e regioni siro-fenicio-palestinesi, fino all'Egitto medesimo. Le diverse guerre di Siria (o di Celesiria), che si succedono tra Siria ed Egitto tra il 280 e il 168, seguono quasi sempre lo stesso copione: raramente gli esiti sono tali da stravolgere il rapporto e i tormentati e labili confini fra i due regni; per lo più i risultati, a vantaggio ora dell'uno ora dell'altro contendente, quindi di volta in volta di segno diverso, non sono tali da coinvolgere la sicurezza delle parti centrali dei due regni in conflitto, Anche la storia delle guerre siriache, come già quella della penetrazione celtica, è rivelatrice delle difficoltà in cui si dibattono i recenti regni ellenistici, del modo in cui ciascuno di essi risponde a quelle difficoltà, delle costellazioni politiche che si vanno determinando e degli assetti che ne risultano. Che, fra i vari sovrani, Antioco I si trovasse di fronte a un carico particolare di problemi, dopo l'assassinio del padre e .di fronte all'attivismo ormai dispiegato dall'Egitto, sotto il nuovo sovrano, è evidente sin dalle prime battute del confronto tra Seleucidi e Tolemei (280/279), confronto che provoca il formarsi contro Antioco di una vasta coalizione, che comprende, oltre a città e popoli cieli'Asia in vena di indipendenza dal potente regno di Siria, anche l'Egitto e la Macedonia. La prima guerra siriaca in senso stretto è però da datare agli anni 274-270: i Seleucidi riuscirono a strappare Marato in Fenicia; ma decisiva fu la sobillazione esercitata da Antioco I nei confronti del genero Maga, fratellastro di Tolemeo II, perché si ribellasse al sovrano d'Egitto, nel cui nome Maga reggeva la Cirenaica 41 . Nonostante l'esito insoddisfacente, la 41 Una tavolettababilonese,pubblicatain S. Smith,BabylonianHistoricalTexts, 1924, pp. 150 sgg., una stele geroglifica di Pithom, Polieno, IV 15, sono le fonti principali.

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fine della guerra fu celebrata ad Alessandria con una grande festa, di cui parte essenziale fu la grandiosa processione (pompe/ in onore di Dioniso, minuziosamente descritta da Callisseno (Kallixeinos) di Rodi, in un resoconto conservato da Ateneo (V 196 sgg.)42 . La politica tolemaica già nella prima guerra siriaca smette di iscriversi in un disegno di coalizione con la Macedonia. Lo scontro con la Siria è scontro diretto, e corrisponde a un tratto aggressivo, ampiamente dovuto all'influenza esercitata su Tolemeo II da Arsinoe (II), la sorella uterina che egli aveva sposato (circa il 278), dopo aver ripudiato la moglie dallo stesso nome, Arsinoe I, figlia di Lisimaco. Il matrimonio tra fratelli (che ebbe sul piano cultuale il riscontro dell'istituzione del culto dei theot'adelphof, cioè gli «dèi fratelli») non poteva non suscitare negli ambienti greci uno scandalo, cui diede l' espressione di uno sferzante dileggio il poeta Sotade di Maronea. Il raffreddamento dell'Egitto tolemaico con la Macedonia del Gonata si esasperò in aperto conflitto con la cosiddetta 'guerra cremonidea', che prende nome dal politico ateniese Cremonide, il quale propose il relativo decreto all'assemblea nel 267 (SIGJ 434-5): di fatto, fu una coalizione tra Areo, re di Sparta, Atene e lo stesso Tolemeo II contro il re macedone. L'ammiraglio di Tolemeo, Patroclo, operò nelle acque dell'Attica, e Tolemeo fortificò anche diversi pun, ti del territorio; ma prima Sparta, con la sconfitta e morte di Areo presso Corinto, poi Atene, dovettero chinare il capo di fronte al Gonata: guarnigioni macedoni al Pireo e sulla collina del Museo, un governatore macedone della città (epistdtes),la nomina perfino di alcuni magistrati cittadini da parte del re macedone, furono le imposizioni che Atene dovette subire nonostante alcuni alleggerimenti successivi, fino alla liberazione e restaurazione democratica favorita sia da Arato di Sidone sia dal re d'Egitto, Tolemeo III, nel 229-228 43 . Lo scontro tra l'Egitto, da un lato, e la Macedonia e la Siria, dal1'altro, ebbe la sua acme _nellaII guerra siriaca (260-253), quando la Macedonia sviluppò il suo massimo sforzo per realizzare una politica navale, volta soprattutto al dominio delle isole dell'Egeo (come ne42

Cfr.M.P. Nilsson, Geschichteder griechischenReligion IF, Miinchen 1961,

pp. 159 sg.; FGrHist 627 F 2 e Bibliografia. 43 SIC?434 sg.; Diogene Laerzio,VII 17;F. Sartori,Cremonide:un disst'dio/ra politicaef-iloso/ia,in Miscellaneadi studi alessandriniin memoriadi A Rostagni,Torino 1963, pp. 117 sgg.; per il versante spartano, G. Marasco, Spartaagli'inizi del/' età ellenistica:il regnodi Areo I (309/8-265/4a.C.),Firenze 1980. La guerra dura fino al262 circa.

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cessaria integrazione del dominio esercitato snlla Grecia), mentre la Siria di Antioco II si prendeva affermazioni e rivincite nei settori occidentale e meridionale del!' Asia minore, dove il contatto con le vec- . chie città greche tra l'altro orientava sempre di più la politica seleucidica verso la valorizzazione, almeno in linea di principio, dei regimi di libertà e democrazia, legando durevolmente a questi programmi politici l'immaginedella politica dei re di Siria verso le p6leis. Tra Egitto e Macedonia, dunque, l'oggetto principale del contendere era la Lega dei Nesioti (isolani), cioè delle isole Cicladi; e un duro colpo alla supremazia tolemaica fn assestato dalla flotta macedone con la vittoria di Cos (circa 255 a.C.?); in Asia Tolemeo II dovette registrare notevoli perdite in Ionia, Panfilia e Cilicia. Due paci separate con la Macedonia e con la Siria (255 e 253, rispettivamente) posero fine al conflitto, a cui fece seguito addirittura un'alleanza tra Siria ed Egitto suggellata dal matrimonio tra Antiòco II e Berenice, figlia di Tolemeo II, che comportava il ripudio della precedente consorte di Antioco, Laodice 44 . Sembrava la fine delle alterne tensioni fra i tre grandi regni ellenistici, ma proprio dal matrimonio tra Antioco e Berenice doveva nascere il nuovo conflitto. Antioco aveva scelto la via di un compromesso, poi rivelatosi infelice, nel nominare a suo successore il figlio di La o dice, Seleuco II, mentre intendeva le nozz, con Berenice come ragione d'intesa con i Tolemei. Alla morte di Antioco II (246) scoppiò la guerra tra Tolemeo III, che interveniva nell'interesse della sorella Berenice e del figlioletto di questa, e Seleuco IL :[;avanzata travolgente di Tolemeo III nel cuore stesso del regno nemico fu forse di dimensioni minori di quel che suggerisce la propaganda ufficiale tolemaica; e certo Tolemeo non riuscì a raggiungere gli scopi che si era prefissi, poiché Berenice e il figlio forano trucidati dai nemici ad Antiochia; tuttavia la propaganda tolemaica deve almeno in parte considerarsi fondata, se dalla guerra di Laodice (246-241) in poi (fino ali' età di Antioco III) il dominio tolemaico ìn Siria era così avanzato in direzione nord da includere la stessa Seleucia diPieria, una delle quattro città fondamentali della Siria Seleucide (con Antiochia, Apamea e Laodicea), considerata come la culla (o il focolare) della dinastia se44

Trago, Prologhi 26 sg.; Frontino, Stratagemmi III 2, 11; 9, 10; alcuni papiri

(Pap.Haun. I 6; Flt'ndersPetrie Pap. II 45, p. 415; Pap. Cairo Zenone 67); ecc. Per le guerre siriacheI~III,cfr.Ed. Will, Histoirepolitique cit., I2, pp,125 sgg.;208 sgg.; 221 sgg.

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Storia greca

leucidica. Al tempo della III guerra siriaca (circa il 245 a.C.), alcuni datano una nuova vittoria navale dei Macedoni sui Tolemei, presso Andro; ma non tutti accettano il collegamento delle battaglie di Cos e di Andro con la II o la III guerra di Siria. Il regno di Siria continuò anche in seguito ad essere scosso da lotte di successione dinastica (lotte che negli altri regni avevano ormai ceduto il passo a successioni ereditarie regolari): tra il 240 e il 237 arse la cosiddetta 'guerra dei fratelli' tra Seleuco II e Antioco Ierace («l'avvoltoio»), che fino al 228 amministrò.in maniera indipendente i possedimenti seleucidici dell'Asia minore occidentale, dalla Troade alla Ionia e alla Caria. È sempre intorno al primo decennio della seconda metà del III secolo a.C. che si verifica la perdita, da parte dei Seleucidi, del controllo della Partia, dell'Ircania e della Battriana, cioè delle regioni a sud-est ed est del Mar Caspio, tappe avanzate dell'ellenismo in oriente, all'interno di quel confine 'artificioso' e difficilmente difendibile che fu per Alessandro Magno l'Indo (e che Seleuco I per tempo aveva rinunciato a difendere), Le possibilità di sopravvivenza del!'ellenismo seleucidico in Partia e Battriana erano, da un punto di vista territoriale, migliori: tuttavia già durante il regno e per effetto della politica 'occidentale' di Antioco II (come io ritengo sulla scorta di alcuni dati della tradizione, rimessi in discussione con argomenti deboli rispetto allo scopo che si prefiggono) oppure, come altri ritiene, solo dopo il 246, cioè solo dopo la morte di Antioco II, si avviò un processo di distacco della Partia (a quel che sembra, prima della più orientale Battriana) e poi della Battriana stessa (odierno Afghanistan)45.Ma, anche in queste vicende delle regioni nord-orientali dell'impero seleucidico, si colgono gli elementi di debolezza intrinsecà che si accompagnano all'innegabile prova di vitalità che per altro verso fornisce il complesso dell'espansione greco-macedone in Asia. Furono certamente i fatti della storia politica seleucidica (forse già la politica micrasiatica di Antioco II, comunque certo anche la 'guerra di Laodice' e quella 'dei fratelli') a creare le premesse per l'invasione degli iranici Parni in Partia, da un lato, e l'isolamento, quindi, della Battriana: quest'ultima ne approfittava per rendersi autonoma, col satrapo Diodato; e nel restante III, e ancora in gran parte del II secolo a.C., si assisterà al fenomeno dell'ambigua fioritura di sempre più frantumati regni greco-battriani (nomi illustri del II secolo sa45

Cfr. quanto osservo in CAH 2 VII 1, Oxford 1984, pp. 219 sg.

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ranno quelli dei re Eutidemo, Demetrio, Menandro), ponte della cultura greca verso le regioni indiane 46 .

Un certo ridimensionamento toccava in quegli anni anche al dominio macedone, comunque non così drastièo come quello toccato

al regno seleucidico dal 246 in poi. In Grecia si andavano rafforzando le posizioni di quelle popolazioni delle regioni occidentali, che finora avevano svolto un ruolo minore: gli Etoli e gli Achei, raccolti in due rispettive leghe (koind). È vero tuttavia che l'elemento dinamico nella storia della Lega achea fu rappresentato da una città non achea, Sidone: questa fu liberata dal regime di cronici tirannelli, nel 251 a.C., ad opera di Arato, e si inserl in quelle manifestazioni di irrequietezza che turbavano ormai il dominio macedone a Corinto. Qui, nel 253 o 252, si era ribellato al Gonata Alessandro, figlio di Cratero, che governava la Grecia.in nome del re, suo zio; nel 243 Arato liberava infine la rocca dell' Acrocorinto; e intanto gli Acbei trovavano del tutto naturale rivolgersi ali' altra delle due potenze ellenistiche più gravitanti sull'Egeo, all'Egitto di Tolemeo III, che entrava in alleanza con gli Achei, e che era in grado di inalberare il vessillo della libertà e, se del caso, della democrazia, visto che la Macedonia di Antigono Gonata aveva invece ùnboccato la strada del predominio militare, del controllo politico e dell'insediamento al potere, nelle diverse città, di propri uomini di fiducia, che la tradizione greca considera tiranni.

Sono comunque, questi decenni centrali del III secolo a.C., anche quelli della massima fioritura politica e culturale dell'ellenismo, gli anni più propriamente definibili di 'alto ellenismo', dando all'espressione un senso valutativo (in senso meramente cronologico la definizione abbraccia anche i decenni da Alessandro Magno in poi). Benché sia difficile trovare dopo il 260 anni di pace, e di uguale solidità dei tre regni, tuttavia, nei decenni centrali del secolo, alla sostanziale stabilità interna dell'Egitto e della Macedonia corrisponde una tenuta del regno seleucidico. I:ellenismo, in senso politico e culturale, conosce insomma la sua acme tra il 280 e il 220 circa.

Dopo la morte di Antigono Gonata (239), il confronto fra la Macedonia e le libere città di Grecia passa attraverso fasi diverse: nella prùna (239-229), corrispondente al regno di Demetrio II (figlio del 46

Cfr. A.K. Narain, The Indo-Greeks, Oxford 1957. Cfr. anche cap. XII n. 34.

Storiagreca

724 Archidamo III

Agesilao

Eudamida I

Agide III

Eudamida

Archidamo IV I

sp. Archidamea

Eudamida II sp. Agesistrata

Agide Agide IV sp. Agiatide

I

Eudamida III

Agesilao

Agesistrata sp. Eudamida I

Archidamo V sp. figlia di Ippomedonte

I

2 figli

Ippomedonte

I

figlia sp. Archidamo V Tav. 88 - Dinastia degli Euripontidi re di Sparta da Archidamo III (da Beloch, GG2 IV 2, p. 163). Gonata), lo scontro della Macedonia con le nuove realtà federali, che ormai rappresentavano la roccaforte (meno prestigiosa, ma all'epoca più efficiente, delle vecchie grandi città) dell'autonomia greca, è incautamente frontale, perché investe entrambe le Leghe: quella etolica, estesa su gran parte della Grecia centrale di qua e di là dalle Termopile e forte anche del controllo del santuario delfico, e quella achea, che raggruppava gran parte del Peloponneso e affilava le armi contro Sparta. La guerra demetriaca non è risolutiva per la Macedonia, che dal 229, con l'avvento di Antigono Dosane, tutore e reggente per il futuro Filippo V (figlio di Demetrio II), entra in un periodo di raccoglimento (229-224), durante il quale si verifica un significativo attivismo dei Tolemei in Grecia, e la restituzione, a pagamento, delle fortezze attiche da parte macedone, che porta alla restaurazione della democrazia ad Atene 47 . 47 Sulle due confederazioni,cfr. R. Flacelière,op. cit.; H. Benecke,Die Seepolitik der Aitoler, Hamburg 1934; A. Aymard, Les assemblées de la confédération achaienne,Paris 1938; F.W, Walbank, Philip V o/Macedon, Cambridge 1940. Alcune mie ossetvazioni sulle assemblee achee in Au/stieg und Niedergangder rOmischen Welt I 2, Berlin-New York 1972, pp, 1152-1156.

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Tav. 89 - La battaglia di Sellasia(da N.G.L. Hammond-F.W. Walbank, A History o/MacedoniaIII, p. 358).

726

Storiagreca

Sono anche gli anni del risveglio politico di Sparta. Qui già negli anni 243-241 il re Agide IV aveva avviato un processo di riforma, basato sulla restaurazione dei valori dell'antica agoghé spartana, e mirante ali' ampliamento del corpo civico, ormai ridotto a 700 membri, di cui 100 soltanto cittadini di vero e pieno diritto. Il tentativo si concluse tragicamente per Agide IV, e ad esso successe un consistente periodo di reazione, guidata dal re Leonida II, che era stato collega di Agide, poi era dovuto andare in esilio e quindi era rientrato con l'appoggio degli efori, ottenendo la condanna a morte del re riformatore. Per l'ironia della sorte, fu proprio il figlio di Leonida, Cleomene III, che il padre aveva fatto sposare alla vedova di Agide, Agiatide (personaggio decisivo nel processo di trasmissione delle idee di riforma), a condurre in porto le riforme solo accennate da Agide: lo fece con metodi violenti, facendo uccidere gli efori nel 227, e portando a 4000 membri il corpo civico. Ne seguì il conflitto con la Lega achea, che si colora ormai delle tinte del conflitto ideologico. Proprio Arato di Sidone, che aveva a suo tempo dato una decisiva scossa al dominio della Macedonia sulla Grecia, chiamava nel Peloponneso Antigono Dosone, offrendogli la restituzione della base di Corinto (224), che vent'anni prima era riuscito a liberare. È una svolta decisiva nella politica achea, che legherà decisamente le politiche degli Achei e della Macedonia per un buon venticinquennio, attraversando ben quattro conflitti: la guerra con Cleomene, che si sta svolgendo; la guerra sociale (symmachikòs p6lemos) tra le due potenti federazioni, l'achea e l'etolica, che si svolgerà tra il 220 e il 217; la I guerra romano-macedonica, combattuta tra il 215 e il 205; i primi due anni della II guerra romano-macedonica (200-198 a.C.). La Lega achea si avvia così verso quella politica collaborazionista, che continuerà poi per alcuni decenni nei confronti di Roma (di contro a una Lega etolica capace di viva resistenza nazionale). Cleomene III fu sconfitto da parte della nuova alleanza nella battaglia combattuta nel 222 (o 223) nella località che domina l'ingresso della valle dell'Eurota, Sellasia48 , Fuggì quindi in Egitto, dove trovò la morte.ad Alessandria nel corso di una rivolta (219) contro Tolemeo IV Filopatore, che gli negava gli aiuti per rientrare nel Peloponneso, aiuti che egli riteneva di doversi attendere da quella po48

Fonti principali sono le Vite plutarchee diAgide, Cleomene, Arato, e i libri II (37 sgg.), IV e V di Polibio. Sulla battaglia di Sellasia, in part., v. Polibio, II 6569; Plutarco, Cleomene26 sg., Filopemene 6; Giustino, XXVIII 4.

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tenza ellenistica che per tradizione contestava la politica autoritaria degli Antigonidi in Grecia. Qualche mese dopo Sellasia il Dosane moriva (222/221) combattendo contro gli lliirii, e gli succedeva sul trono di Macedonia Filippo V Questi continuò la politica filoachea (anche se la tradizione gli attribuisce di aver procurato nel 213 la morte di Arato, avvelenandolo). Tra il 220 e il 217 Filippo si impegna comunque in una guerra tanto dura quanto irrisolutiva a fianco degli Achei contro gli Etoli: ma ad incitarlo al conflitto è soprattutto l'incombente presenza di una potenza, come quella etolica, che estende i suoi dominii lungo tutta la fascia centrale del territorio greco, perciò in regioni tradizionalmente sotto il controllo, o comunque nell'interessata attenzione, della Macedonia. La pace di Naupatto (217) - l'ultimo accordo, come è stato osservato, stipulato fra soli Greci 49 - chiudeva un conflitto su cui già allungavano la loro ombra le nubi che provenivanoda Occidente(secondo la celebre immagine del pacifista Agelao di Naupatto, che con ciò faceva esplicito riferimento ai possibili esiti dello scontro epocale che si svolgeva in Occidente tra Romani e Cartaginesi, scontro i cui vincitori avrebbero poi rivolto la loro attenzione alla Grecia). Sullo scorcio degli anni '20 del III secolo si pone l'inizio del regno di un sovrano, Antioco III di Siria (il Grande), che, se rappresenta un'epoca di significativa ripresa del regno seleucidico, e di ricostituzione dell'unità dell'impero, approda poi, in una sorta di grande appuntamento storico, al confronto con Roma nella guerra degli anni 192 e seguenti, conclusa dalla pace di Apamea (del 188), che è anche l'avvio del declino del regno di Siria. Un'intera parabola dunque, quella del regno di Antioco il Grande, che passa per la repressione della rivolta di Molane e Alessandro nelle satrapie superiori (222-220), la scortfitta subìta a Rafia nella IV guerra di Siria (217), ma anche la repressione della rivolta del cugino Acheo in Asia minore (220-213), la grande spedizione per il recupero delle satrapie orientali, fino all'Indo e ritorno (una nuova, e per giunta fortunata anabasi:212-205/204), il patto con Filippo V (203/202) per la spartizione dei possedimenti egiziani, e la vittoria sugli Egiziani a Paneion nella V guerra di Siria (200 a.C.), l'espansione in Asia minore 49 Cfr. H. Bengtson, Storiagrecacit., II, p, 204, sul carattere della-pace di Naupatto;il discorso di Agelao in Polibio, V 104 (in pàrt. 10, sulle nubi da Occidente).

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e in Tracia, con la ricostruzione di Lisimachia nel Chersoneso (196 a.C.): imbocca infine la curva discendente nel conflitto con Roma 50 .

14. I regniellenistici:il territorio,la popolazione,le àttà Dei nuovi stati a dirigenza macedone e greca, sorti in seguito alle conquiste di Alessandro Magno e al successivo smembramento del suo impero, l'aspetto più caratteristico è l'estensione territoriale: un dato fondamentale, cui conseguono direttamente vari altri, di ordine demografico, amministrativo, socio-economico, politico, Alla grande estensione territoriale sono collegati, come conseguenze immediate, il numero cospicuo degli abitanti, e in molti casi il carattere composito della popolazione dal punto di vista etnico, nonché l' eterogeneità dei caratteri geografici ed economici del territorio. Manca un centro urbano unico, intorno a cui la ch6rasi disponga e si distenda, quasi in fasce circolari, come è nel caso della polis;né vi si riscontra una pluralità di centri equivalenti in diritto, o politicamente collegati con un centro egemone, come è in una lega o in uno stato federale' 1 . Lo stato monarchico territoriale comporta l'esistenza di una capitale, cui si affianca una ch6ra,in cui sorgono altre p6leis (questo, tutto sommato, è il caso di Alessandria, nel suo rapporto con l'Egitto), o di una capitale primaria, accanto a cui sussistono alcune secondarie (come è il caso di Antiochia sull'Orante, Seleucia sul Tigri, Sardi nel periodo di maggiore fulgore del regno seleucidico), e di un territorio che presenta una notevole complessità di strutture geografiche, etniche, economiche, politiche. La vastità della ch6radisponibile in generale è la causa immediata dell'estensione del territorio appartenente allo Stato, o al re in quanto incarna lo Stato, della ch6rabasiliké,accanto alla quale sus• 50 Su AntiocoIII, H.H. Schmitt, Untersuchungenzur GeschiChte Antt'ochos'des Grossenund sei'nerZeit, Wiesbaden 1964; D. Musti, Antioco il Grande,ne I ProtagonistiII, Milano 1968,pp. 393 sgg.;Id., Lo stato dei Seleucidi,in «SCO» 15, 1966, pp. 138 sgg,, in part. 160 sgg. Le fonti su Antioco III sono soprattutto i libri IV e, V, X-XI, XX-XXII cli Polibio, i libri di Livio dal XXXV al XXXVIII; il Libro siriacodi Appiano; Giustino; Flavio Giuseppe, Antichità giudaicheXII 138 sgg, 51 Sul rapporto ch6raldsty,P. Léveque-P. Vidal-Naquet, Clisthène l'Athénien, Paris 1964, pp. 77 e 128; E. Kirsten, Die griechtschePolt'sals h{storischgeographischesProblemdesMùtelmeerraumes,Bonn 1956 (ColloquiumGeographicum5),pp. 27 sgg.; F. Gschnitzer, Abhiingige Orte im griechischenAltertum, Mi.inchen 1958, pp. 155sgg.

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sistono (anche se di volta in volta occorre chiarire l'autentico rapporto giuridico) proprietà private e templari, che possono assumere dimensioni, o collocarsi in un rapporto col centro del potere, diversi che nell'ambito di una polis. Il territorio dei regni ellenistici per la sua estensione si presta inoltre ad una suddivisione che risponde ad esigenze di carattere amministrativo, fiscale, giudiziario, mentre la prima conseguenza sul piano dell'organizzazione militare è la dislocazione delle forze in più punti, cui si accompagna la creazione di più centri di comando, ovvia occasione di conflitti. Dal punto di vista delle forme politiche espresse, il territorio di un regno ellenistico presenta una varietà, detenninata dalla presenza, nel tessuto com-

patto della ch6radel regno, di entità politiche autonome, come le p6leis,organizzate di norma secondo gli istituti della demokratfae fornite di un più o meno alto grado di autonomia e di eleutherfa. Queste sono le prime conseguenze che si avvistano (e che si rivelano come fattori dinamici dieventi storico-politici) del dato dell'estensione territoriale: l'impero di Alessandrosi estendeva per circa 5 milioni di chilometri quadrati; quello dei Seleucidine raggiunse, nel momento della massima espansione, 3 milioni e mezzo, e si mantene-

va soprai300.000 al tempo della pace diApamea (188 a.C.). Il regno tolemaicoraggiungeva, nel suo nucleo egiziano (esclusi i deserti), una superficie di 150.000 km2 ; quello macedonico non superò i 100.000, compresi i territori esterni (il nucleo centrale aveva una superficie di soli 30.000 km 2 ); laddove l'Attica, con Salamina ed Oropo, contava circa 2600 km2 , e il territorio di un grande stato federale ellenistico, come la Lega achea, meno di20.000 52 . Di contro alla chiarezza di questi dati, molto meno facile appa.re il calcolo della popolazione. Certo che di fronte alle due o tre centinaia di migliaia di abitanti di staticome Atene. (nell'epoca di Pericle), si pongono come un elemento del tutto nuovo cifre quali quelle ipotizzate per lo stato dei Seleucidi (forse 3 Omilioni di abitanti, al momento della sua massima espansione), o dei Tolemei, per il cui regno può essere indicativo il dato fornito da Giuseppe Flavio (GuerragiudaicaII 16,385) di 7 milioni e mezzo per l'Egitto romano, esclusaAlessandria;a questa Diodoro (XVII 52, 6) attribuisce più di300.000 abitanti liberi (cifra che si può elevare fino 52 V. Ehrenberg,Lo stato dei Greci (trad. it.), Firenze 1967, pp. 203-205 e 43 i sullapopolazione, pp. 210-224;J. Beloch, Die BevOlkerungder griechisch-rDmischen We/t,Leipzig 1886: per l'Attica, pp. 55-108;per il mondo ellenistico, pp. 223 sgg. (trad. it., pp. 101 sgg. e 233 sgg.).

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a un milione circa, se si tien conto di tutti i maschi liberi, adulti e mi-

nori, cittadini e non cittadini); mentre con la cifra di Giuseppe appare conciliabile l'affermazione di Diodoro, quale sembra potersi ricavare dal testo (corretto) di 131, 8: «dicono che in antico il numero totale degli abitanti si aggirasse sui sette milioni; e nei nostri tempi non sono meno [di tre milioni]» 53 • Le strutture fondamentali dei regni ellenistici non rappresentano una novità sostanziale nella storia di quegli spazi geografici e politici. Il regno seleucidico eredita la maggior parte dei territori e delle relative strutture dell'impero persiano; l'Egitto recupera strutture di epoca faraonica, al di là dei periodi (527-404; 343-331), in cui (con lunghi intervalli di indipendenza) aveva costituito una provincia dell'impero achemenide. La novità consiste nel sopravvenire di un elemento etnico estraneo alla regione, nettamente minoritario, e differente da qualsivoglia fra gli elementi etnici prevalenti in epoca precedente. Se nell'impero persiano l'elemento iranico (dalle regioni propriamente iraniche a quelle anatoliche) non sarà stato di molto inferiore alla metà degli abitanti del territorio (escluso l'Egitto), nell'impero seleucidico i Macedoni non dovettero mai superare il 1O%, e in Egitto rappresentavano una percentuale ancora più bassa. La presenza greca era assicurata da un lato da una forte immigrazione, che avveniva così al livello di soldati, di uomini di cultura o persone professionalmente qualificate, come anche di piccoli e grandi commercianti, dal!' altro dalla sopravvivenza di vecchie città greche, numerose soprattutto sulle coste dell'Egeo. Per tutti questi elementi rappresentava una novità la creazione di stati a dirigenza greco-macedone, rispetto agli stati che li avevano preceduti e in cui gli elementi greci avevano costituito un corpo estraneo e in qualche modo

sottomesso. Ma tutto sembra mostrare che i Greci non arrivassero mai ad elaborare una teoria politica dello stato ellenistico, inteso come fusione di elementi etnici diversi e distribuzione di responsabilità politiche fra queste stesse componenti. In Egitto lo sforzo di urbanizzazione dei Tolemei si limita alla creazione di Tolemaide, che sorge nel sud del paese, e che nella stessa sua collocazione rivela forse la sua originaria destinazione militare. Per questo aspetto i Tolemei non fanno che consolidare una fondazione di Alessandro come Alessandria, o lasciano sopravvivere il 53

P.M. Fraser, Ptolemaic Alexandria II, Oxford 1972, p. 171 n . .358.

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vecchio emporio greco di Naucrati. Qui gli elementi di tensione immessi nella ch6ra con l'assegnazione di kléroi ai soldati di quella immensa armata di riserva che è l'esercito tolemaico, sono riassorbiti nelle vecchie strutture di villaggio, in cui i cleruchi s'inseriscono, e quelle strutture permangono perciò sostanzialmente indisturbate. Nel regno seleucidico, nel quale si produce un'intensa colonizzazione e uri forte sviluppo della forma cittadina, le strutture territoriali cittadine sono troppo numerose rispetto all'insieme del territorio, per non costituirvi un fattore di tensione, troppo poco estese però per identificarsi con la struttura generale del regno. In Egitto, Alessandria si contrappone, in una tipica bipolarità, al resto del paese, ed è questa residua e prevalente ch6ra che finisce col conferire, proprio perché nettamente prevalente, un carattere unitario all'assetto eco-

nomico e organizzativo del paese. La struttura politica, territoriale ed etnica della Macedonia non comporta gravi problemi di fusione di forme di vita politica ed economica, che non siano quelli dell' armonizzazione fra le più animate forme politiche delle città della costa e quelle più tradizionali delle regioni dell'interno; d'altronde la macedonizzazione appare assai forte nelle città alla cui fondazione i Macedoni abbiano dato un qualche contributo (come è il caso di Cassandrea). Il caso più riuscito cli regno ellenistico, sotto l'aspetto della generalizzazione delle strutture politiche cittadine, sembra quello di Pergamo. Predominante è infatti, nel periodo anteriore alla pace diApamea (del 188), la città stessa di Pergamo, i cui rapporti con le p6leis dell'angolo nord-occidentale dell'Asia minore sarà difficile concepire (come pure talora si è fatto) nei termini di una pura e semplice symmachfa egemonica. Dopo la pace cliApamea, che segna l'assorbimento di territori già appartenenti allo stato seleucidico (Frigia e Lidia, Licaonia, Pisidia, Panfilia, Cibiratide, Chersoneso tracico, che s'aggiungono alla Misia, che già del regno faceva parte: dominii che si estendono per più di 170.000 km2 , con una popolazione di circa 5.500.000 abitanti), il regno di Pergamo risulta costituito dal vecchio nucleo, fortemente accentrato intorno alla città, e da un'ampia area annessa, che presenta quella mistione di strutture cittadine e clivillaggio (spesso clicolonie militari) e quei problemi dunque cli carattere politico e sociale, che erano stati propri del regno dei Seleucidi54 • La peculiarità storica dei due più grandi stati el54

Cfr. G. Cardinali, Il regno di Pergamo,Roma 1906, pp. 173 sgg.

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); e altripiù enigmatici gruppi. Le strutture e gli aspetti tecnici fondamentali dell' eserdto macedone dell'epoca di Filippo II e di Alessandro Magno erano rappresentati da: 1) compresenza di fanteria, cavalleria, peltasti-mercenari; 2) organizzazione falangitica della fanteria; 3) presenza di una guardia di opliti e cavalieri indicata talora col vecchio nome di dghema; 4) carattere territoriale e regionale del reclutamento, Buona parte di queste caratteristiche permangono negli eserciti dei regni ellenistici. La possibilità di un collegamento del soldato alla terra, attraverso l'assegnazione di un kleros individuale, o la fondazione di colonie militari, è nota all'antico regno macedone, ma diventa una connotazione anche più caratteristica delle armate ellenistiche. Nella sua struttura composita l'esercito tolemaico riproduce in larga misura il tipo di organizzazione militare macedone. Concorrono a costituirlo: 1) i Maked6nes, come forza regolare: un nome che non ha più un preciso valore etnico a cominciare dal III secolo (ma è difficile anche dire se il suo valore si limiti a quello di un equipaggiamento «di tipo» macedone); 2) i mercenari; 3) gli indigeni. È la grande e progressiva incidenza di questi due ultimi elementi che caratterizza etnicamente e sociologicamente le armate di età ellenistica. Come ausiliari compaiono, già sotto il primo Tolemeo, i mdchimoi, indigeni che servono in corpi speciali, e rappresentano un residuo di epoca faraonica. Ma dopo Rafia gli indigeni entrano in massa nelle forze regolari. Seguono poi: 4) la guardia del re, che non ha nome speciale, e 5) le forze di polizia. Riguardo al problema dell'organizzazione interna dell'esercito vi è un margine notevole d'incertezza. Depositario del comando supremo è il re, che però delega talora (e, forse, normalmente in periodo di pace) i suoi poteri ad uno o più ministri. Gli strateghi, e le autorità subordinate o sovraordinate (ipostratego, epistratego, ecc.), uniscono funzioni militari e cariche amministrative.

I: esercito seleucidico presenta aspetti e problemi strettamente collegati: 1) con la complessa struttura etnica dell'impero; 2) con la

XI. L'Alto Ellenismo

753

presenza di numerose katotkfai (colonie) militari; 3) con il maggiore impegno militare del!' esercito seleucidico. La fondamentale opera di.M. Launey sulle armate ellenistiche approda al risultato di una notevole penetrazione degli elementi non greco-macedoni nelle armate ellenistiche, determinata innanzi tutto dall'incapacità demografica dei Greci e dei Macedoni di far fronte alle esigenze militari dei vari stati, monarchici o cittadini che fossero. A fornire uomini alle armate provvedono, nel primo ellenismo, la penisola balcanica (soprattutto la Tracia), e l'Asia minore (soprat'. tutto Misia, Caria, Licia, Panfilia e Cilicia); a partire dal II secolo a.C. subentrano Iranici, Semiti (soprattutto Giudei e Idumei), ed Egiziani. Sarà opportuno riferire alcuni calcoli statistici del Launey, relativi alla progressiva penetrazione di elementi orientali, e comunque non greco-macedoni, nelle armate ellenistiche, a cominciare dal periodo dei Diadochi 66 . A Rafia (217) l'esercito seleucidico già contiene un 70-80% di orientali; fra i 56.900 soldati attestati da Livio (XXXVII 40) per l'esercito di Antioco III a Magnesia del Sipilo (189 a.C.), accanto a una falange di 16.000 uomini (pari al 28% circa), figura un mélange di Cretesi, N eocretesi, Tralli e Asiatici dell'Asia minore e dell'Iran, che raggiungono tutti insieme circa il 70%. I dati relativi alla parata di Dafne del 166 (?) a.C. (Polibio, XXX25, 3 sg.), sono un po' meno favorevoli alla presenza di orientali, ma forse ciò è dovuto al fatto che le indicazioni etniche riguardano più l'armamento che la provenienza degli uomini. Per i dati relativi ali' armata egiziana a Rafia, tenuto conto della difficoltà di decidere della estensione dello schieramento falangitico (accanto ai 20.000 Egiziani ci sono solo 5000 o ben 25.000 Macedoni), bisogna rinunciare a vere statistiche, ma è evidente sia la consistenza dell'elemento greco, sia la massiccia presenza di Egiziani. Più che gli aspetti organizzativi e tecnici, per i quali basterà una sommaria esemplificazione di tjtoli, gerarchie, funzioni, ci interessano gli aspetti sociali della storia dell'esercito, come fenomeno di massa: aspetti verificabili, per presenza di documentazione, soprattutto per il regno tolemaico. Questo tipo d'indagine assume un significato particolarissimo per l'epoca ellenistica, che è giustamente definita «un'epoca militare». Quello dell'esercito è un terreno sul 66 Cfr. sul tema M. Launey, Recherchessur les armées hetlénistiquesI, Paris 1949, inpart. pp. 94-101; II, ibid,, 1950, per es, pp, 1088 sg.; V. Ehrenberg, op. cii., pp, 310-315.

754

Storiagreca

quale si può valutare il rapporto dell'elemento militare col potere centrale e la classe dirigente, da un lato, e l'integrazione tra stranieri e indigeni, dall'altro: e ciò in Egitto, come s'è detto, molto meglio che in altri regni ellenistici. r; esercito è un terreno di confronto tra gli stranieri, affluiti dalla Grecia, Asia minore, Palestina, fin verso la fine del III secolo a.C., gli indigeni e il popolo dominatore. La convivenza di indigeni e stranieri nelle strutture militari dell'Egitto comincia già durante il Nuovo Regno, con Ramses III (XII secolo a.C.); e gli stranieri sono dapprima gli Etiopi e Libii, poi, in epoca saitica, anche i Greci; in epoca tolemaica tuttavia la novità è che gli alti gradi siano in mano dei Greco-Macedoni. Una svolta si ha forse con l'inizio del II secolo a. C, ma gli elementi indigeni sono Egiziani più o meno ellenizzati. Non sembra comunque potersi parlare di vera integrazione: le unità restavano separate, la lingua-differente, anche se non manca qualche scambio nell'àmbito di koind cultuali. Una certa funzione di livellamento e aggregazione sociale dovette essere esercitata sia dalla presenza ·fisica dei cleruchi nella ch6ra, sia dal!' attribuzione, dopo Rafia, di klèroi (benché di più piccola estensione) agli indigeni. Proprio ora però cominciano delle sommosse nella ch6ra.Col tempo si ha anche un certo incremento del fenomeno dei matrimoni misti, ma intanto si seminano occasioni di

nuovi conflitti. Contemporaneamente con la trasformazione in cleruchi dei mdchimoi indigeni (che comincia sotto il regno del Filopatore, e si intensifica ed estende sotto il regno dell'Epifane) si verifica, per significativo èontrasto, la diffusione del termine kdtoikos, con cui il soldato greco o grecizzato cerca di distinguersi dai nuovi cleruchi. Tipico elemento dinamico della storia delle cleruchie è la trasformazione delle residenze dei cleruchi e dei loro possessi in possessi o proprietà privati. r; alienabilità e l'ereditarietà sono il metro con cui si misura questa trasformazione.

16. La Sicilia,Cartaginee l'Italia

nella politicadi Agatocle di Siracusa r:assetto dato da Timoleonte alla Sicilia greca durò all'incirca un ventennio. Ma furono proprio le caratteristiche del regime da lui instaurato a Siracusa a dare il via a una crisi dei rapporti politici interni, poi a una piena ripresa dell'ostilità punica, sempre latente, ma per sua natura tarda a tradursi in azioni aggressive di ampio respiro, e inoltre fi-

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755

no ad allora tenuta a freno dal dato rassicurante dell'assenza di un forte potere militare nella Sicilia orientale. All'interno di Siracusa il governo oligarchico, capeggiato da Eraclida e Sosistrato, viene rovesciato dai democratici, e a stento riesce a riaffermarsi per l'intervento di Corinto (che invia Acestorida) e col sostegno della stessa Cartagine. Fra gli esuli democratici di questa volta c'è Agatocle, un ufficiale, figlio di Carcino di Reggio, già esule a Terme. I primi anni dell'attività politica di Agatocle sono caratterizzati da un susseguirsi di esilii, e anche però dall'acquisizione di posizioni di forza in città vicine a Siracusa (Morgantina, Leontini). Ne derivò un compromesso con Sosistrato, al quale fu lasciato il potere all'interno della città, mentre i presidii extra-siracusani erano affidati ad Agatocle (319/318) 67 • Presto però questi riuscì ad espellere da Siracusa gli avversari, e a ottenere la carica di stratego unico, rispettando in un primo momento la costituzione timoleontea, ma adottando misure popolari, quali l'abolizione dei debiti e una ridistribuzione delle terre (316). Fuori del dominio di Agatocle restavano Agrigento e Gela, sulla costa occidentale, e Messina, a nord. Con la mediazione di Taranto, interveniva contro Agatocle il principe spartano Acrotato, della famiglia degli Agiadi; recatosi ad Agrigento, dove si era rifugiato Sosistrato con altri esuli, Acrotato venne ben presto in conflitto conl' oligarca elo fece uccidere, perdendo però con ciò stesso la fiducia degli altri esuli; sì che subito dové rientrare a Sparta. La posizione di Agatocle si rafforzava .così anche nei confronti dei Cartaginesi, che riconoscevano l'egemonia di Siracusa (cioè di Agatocle) sulle altre città della Sicilia orientale. Ma un' egemonia di Agatocle era cosa ben diversa da quella di un governo timoleonteo: Messina si oppose, alla fine però dovette bandire gli esuli siracusani e accettare l'intesa con Agatocle (313)68 . · La politica di Cartagine era stata fino ad allora, nonostante tutto, di tolleranza e talora persino di sostanziale connivenza con Agate67

Per la storia di Agatocle,le fonti principalisono i libri XIX e XX di Diodo-

ro (conservati) e i frammenti

delXXI, oltre a Giustino, XXII e XXIII, e menzioni

sporadiche.Negli ultimi annila ricercasulle fonti relativead Agatocle si è indirizzata sopr_attuttoal compito di distinguerel'apporto di Timeo e di Duride, fonti entrambe ostili (anche se Timeo lo è in misura maggiore) alpersonaggio. Sui problemi relativi,S.N. Consolo Langher,in La Siciliaanticacit., II 1, pp. 291-342; D. Musti, in «Kokalos» 26-27, 1980-1981, pp. 256 sgg. In part. sui rapporti con Sosistrato, Diodoro, XIX 5; Giustino, XXII 2; Polieno, Stratagemmi'V 3 7 ecc. 68 Diodoro, XIX 6-9; 65; 70 sg.; 102; Polibio, IX 23, 2; Marmor Parium

(FGrHist239) B 12 (anno319/8).

Storia greca

756

de, e di questo a Cartagine si dava la responsabilità ad Amilcare. Era chiaro ad Agatocle, soprattutto dopo la morte di Amilcare, che la situazione era di nuovo in movimento e che conveniva prendere l'ini-

ziativa antipunica, come fece appunto nel 311, con un attacco ad Agrigento. I Cartaginesi intervenivano in difesa della città e s'installavano al promontorio Ecnomo, nel territorio di Gela, dove tra l'altro assestavano un duro colpo ad Agatocle, che li assediava presso Phalarion, alla foce del fiume Imera (giugno 310). Ne seguì la defezione delle solite città greche recalcitranti al dominio siracusano, da quelle della costa occidentale (Camarina) ai centri dell'area etnea (Leontini, ·Catania, Tauromenio), a Messina. Con una decisione imprevista e geniale (almeno ai fini dell'alleggerimento del progressivo accerchiamento), Agatocle trasferì allora la guerra in Africa, sbarcando 14.000 uomini al Capo Ermeo. Distrusse l'incustodibile flotta che li aveva trasportati (60 navi), prese Megalepoli e Tunisi e s'accampò davanti a Cartagine; l'esercito punico accettò la sfida, ma dovette ripiegare sotto i colpi dell'armata di Agatocle, che ormai controllava il territorio, occupava NeapoHs, Adrumeto e Tapso e sconfiggeva nuovamente presso Tuuisi i Cartaginesi. Parte delle truppe puniche avevano dovuto nel frattempo lasciare la Sicilia, per correre in difesa del territorio metropolitano; il resto subì una nuova sconfitta ad opera dei Siracusani nella valle dell'Anapo 69 , In Sicilia i Cartaginesi perdevano intanto il sostegno degli Agrigentini, che s'illusero per qualche tempo di potersi assicurare una posizione di indipendenza tra le due parti in lotta. In Africa Agatocle, per dare un carattere più sistematico alla sua guerra contro Cartagine, s'intendeva con il signore di Cirene, Ofellà, col quale stringeva un patto di spartizione dei dominii cartaginesi, che avrebbero dovuto essere attribuiti per la parte siciliana ad Agatocle e per la parte libica ad Ofella. Quest'ultimo (autunno 309) raggiungeva Agatocle sotto Cartagine, ma qui fra i due scoppiavano dissensi culminati in uno scontro armato, in cui Ofella perdé la vita, mentre il suo esercito passava sotto le insegne del siracusano 7°.Una dopo l'altra cadevano ormai nelle mani di questo le città suddite di Cartagine, da Utica a Hippou Akra (Bisetta?). Cartagine restava però in piedi; Agatocle perciò, dopo la costruzione di una nuova flotta, lasciava gran parte del!' esercito in AfriDiodoro, XIX 72; 102-110; XX 3-18; 29-32; Giustino, XXII3. Diodoro, XX 41 sg.; Giustino, XXII 7; Marmor Parium cit,, B 19 (anno 309/8). 69

70

XI. L'Alto Ellenismo

757

ca al comando del figlio Arcagato, e faceva rientro in Sicilia (primavera del 307), per fare il punto della situazione e riprenderne il pieno controllo, Eraclea Minoa, Segesta, Terme passavano ora sotto di lui; minor fortuna egli ebbe con l'esercito degli oppositori, capeggiato da Dinocrate: di fronte alla sua imponenza dovette ripiegare. In Africa intanto i Cartaginesi, destati alla riscossa non da ultimo dal)' assenza dell'audace e fortunato generale siracusano, riuscivano ariconquistare la maggior parte delle posizioni perdute e a chiudere Arcagato in Tunisi, in una morsa che Agatocle non riuscì ad allentare neanche con una reiterata incursione in Africa. Fu la fine dell'audace spedizione: le truppe al servizio dei Siracusani si ribellarono agli sconfitti e trucidarono Arcagato e un altro figlio di Agatocle 71 • Il fallimento finale della spedizione africana ridiede respiro al partito degli emigrati, sempre guidato dall'esule siracusano Dinocrate, che a un'offerta di compromesso avanzata da Agatocle rispose con la condizione che Agatocle lasciasse la Sicilia, o si tenesse pure Terme e Cefaledio, consegnando i figli come ostaggi. Agatocle non accettò queste condizioni; puntò piuttosto a un accordo con Cartagine, in cui, alle cessioni territoriali in Sicilia in favore di quest'ultima, fece da contrappeso il versamento di un forte risarcimento da parte cartaginese ad Agatocle (150 talenti e 200.000 medimni di frumento) nell'anno 306. Con le mani libere, Agatocle poté affrontare in battaglia l'esercito degli emigrati ed assestargli il colpo decisivo. Ora Dinocrate accettò di riconoscere l'autorità di Agatocle, ottenendone in cambio un alto comando militare; Agatocle era finalmente legittimato all'interno come all'esterno, e poté assumere il titolo di basileus,nella scia dei Diadochi di Alessandro Magno, e sposare anche una figlia di Tolemeo I, Teossena72 • Agatocle si rivela personaggio capace di concepire piani di ampio respiro, che comportano la centralità di Siracusa, l'unificazione tendenziale della Sicilia, un orizzonte strategico cosi vasto da includere un attacco diretto ai territori africani di Cartagine, un orizzonte poli71

Diodoro, XX 43-44; 54-69; Giustino, XXII 8; Polibio, VII2, 4.

72

Diodoro, XX 54, 1; 71 sg.; 77-80; 89 sg.; Giustino, XXIII 2, 6 (matrimonio con la figlia di Tolemeo I, Teossena), L'assunzione dei titolo basileUs,che compare sulle monete d'oro e di bronzo di Agatocle, se fatta ad imitazione dei Diadochi, non può risalire al 307, dove comunque la colloca la notizia diodorea, XX 54, 1. Può darsi che la posteriorità del gesto di Agatocle valga solo rispetto ad Antigono e Demetrio: allora bisogna scendere almenoal306/305. Sulla bast'leiain generale,

S.N. Consolo Langher, op. cit., pp. 311 sg., 338 sg.

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XL L'Alto Ellenismo

759

tico e diplomatico che coinvolge, sempre in prospettiva anticartaginese, lo stesso Egitto tolemaico. Non sorprende che egli, finita l' avventura africana, riprenda i piani di Dionisio I per la costituzione dì un dominio in Italia e la creazione di stabili punti d'appoggio siracusani nell'Adriatico, recuperando anche quell'orizzonte di interessi corinzi, che, mai in fondo venuto meno, era stato reso però nuovamente attuale proprio dall'intervento di Timoleonte e dai suoi seguiti storici.L'eredità di Dionisio I, in tema di politica territoriale ed egemonica, viene dunque per intero assorbita da Agatocle e persino trasferita a un livello di maggiore completezza ed organicità. Tutto questo sembra innalzarlo, anche tenuto conto dei termini di confronto possibili nella sua epoca, a un significato storico che va ben oltre il riconoscimento di Scipione l'Africano, il quale associava Agatocle a Dionisio per fattività e audacia (Polibio, XV 35, 6); è l'intero giudizio di Polibio (35, 3-6) che va tenuto presente: in esso si riconosce ad entrambi non solo la capacità di fare carriera, partendo da umili origini (Agatocle avrebbe cominciato lavorando al tornio e alla fornace, come ceramista), ma anche di diventare, oltre che tiranni di Siracusa, «basileìsdi tutta la Sicilia e signori di alcune parti d'Italia». In Italia, dopo la conclusione (304) della seconda guerra romano-sannita, Taranto vede lucidamente da che parte proviene il pericolo indigeno: da Roma, con cui essa stipula, circa il 303/302, il cosiddetto trattato del capo Lacinia, che cerca di conservare, al mar Ionio esteso a nord del promontorio crotoniate, i caratteri di un mare tarentino, vieta:r:idone l'attraversamento a una flotta r9mana da guerra. Molto più ambigua la condizione dei centri costieri, e altrettanto si dica dei vincoli posti ai movimenti romani per terra, anche se ovviamente Taranto li intende in tutto analoghi ai vincoli validi per i movimenti per mare 73 • Taranto dunque, alla fine del IV secolo, prevede lo scontro con Roma, ma combatte ancora gli ultimi conflitti con i Luèani, che ora si schierano con Roma. La città greca chiede ancora aiuto alla madrepatria Sparta, sì che nel 303 giunge un esercito di mercenari al comando dì Cleonimo, fratello di Acrotato, che agisce con i modi spregiudicati del condottiero e dell'avventuriero, usando i Lucani contro gli stessi greci di Metaponto, pressati comunque da Taranto (che del resto verso quegli indigeni aveva da tempo adottato una politica di spregiudicate intese). Cleonimo s'impadronì poi di Corcira; di qui spadroneggiò per qualche tempo in 73

Cfr. Appiano, Libro sannitico 7.

760

Storiagreca

Adriatico, spingendosi fino alla laguna veneta dove, durante un tentativo di sbarco, subì una sconfitta da parte di quelli di Padova 74 . A questo punto, contro gli Italici i Tarentini non possono che ritornare a chiedere aiuto a Siracusa, cioè ad Agatocle. Come già al tempo dei Dionisii, si ricostituisce quindi quell'unità d'azione tra Siceliati e Italioti che, quando si era manifestata, molto aveva dovuto al ruolo propulsivo della grande città siceliota. Agatocle conseguì alcuni primi successi contro gli Italici, con l'aiuto dei Brettii; spostando via via più a nord e ad oriente la sua attenzione, egli rivolse le sue mire a Corcira, su cui ora voleva mettere le mani il macedone Cassandra; ma Corcira era troppo legata alla storia corinzia, perché la corinzia Siracusa potesse disinteressarsi della sorte della città consorella. L'isola, circa il 298, venne in possesso di Agatocle, che la diede in dote alla figlia Lanassa, quando questa - sempre in una prospettiva politica di scala mediterranea - fu data in sposa dal padre al re d'Epiro, Pirro (295 a.C.). Sulla via del ritorno da Corcira, Agatocle dovette fronteggiare la ribellione dei Brettii; occupò Crotone (il che dimostra che, pur essendo navali le sue spedizioni, egli potesse aspirare a crearsi delle basi sulla terraferma); forse ebbe sotto controllo Locri (il silenzio delle fonti, peraltro frammentarie, si spiega anche col fatto che l'intesa Locri-Siracusa apparteneva alle costanti - solo di rado rimesse in discussione - della storia delle due città, sin dalle loro origini)75 . In Iapigia egli stipulò un trattato con i Peucezi, diretto verosimilmente contro Roma (secondo una prospettiva che Diodoro, XX 104 sg.; Livio, X2; Trago, Prologhi15. L'attività e il predominio di Agatocle nell'Italia meridionale e oltre, fino a Corcira, sono ben attestati nelle fonti (Diodoro, XXI 2-4; 8; 15 sg.; cfr. XX 71, 5; Strabone, VI C. 256 e280; Giustino, XXIII 1-2). Non sono convincenti le obiezioni mosse da R van Compernolle (Studia Varia Bruxellenst'a,Leuwen 1987, pp. 103 sgg.) all'ipotesi da me prospettata, in via prudenziale, come possibilità alternativa alla identificazione del basileUsdelle tavolette locresi con Pirro. 1) Locri non è certo ricordata nelle scarne fonti come città sotto il controllo(ché di questo solo si tratterebbe) di Agatocle, ma questi domina su Ipponio e, comunque, circa il 291, come giustamente giudica ad es. il Beloch, G