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Italian Pages 1171 Year 1993
Storia di Roma Progetto di Arnaldo Momigliano e Aldo Schiavone Direzione di Aldo Schiavone
I
Roma in Italia D
L'impero mediterraneo 1. La repubblica imperiale 2. I principi e il mondo 3· La cultura e l'impero m L'età tardoantica 1. Crisi e trasformazioni 2. I luoghi e le culture IV
Caratteri e morfologie
Questo volume~ stato curato da Andrea Carandini, Lellia Cracco Ruggini e Andrea Giardina Hanno collaborato al progetto: Carmine Ampolo, Andrea Carandini, Guido Clemente, Filippo Coarelli, Lellia Cracco Ruggini, Emilio Gabba, Andrea Giardina, Domenico Musti, Mario Torelli.
Storia di Roma Volume terzo L'età tardoantica I
Crisi e trasformazioni
•
.
.
l
Giulio Einaudi editore
Coordinamtmto: W alter Barberis. Retla:tione e n:ali:tlll:tione tecnica: Mario Bassotti, Gloriano Bosio, Enrico Buzzano, Giancarlo Demorra, Annapia di Aichelburg, Gianfranco Foko, Enrica Melossi, Paolo Stefenelli, Antonella T arpino, Libera Trigiani. Indici: Piero Arlorio e Valerio Marotta. aduzioni di Elena Giannarelli, pp. 6IJ·42; Rita Lizzi, pp.I92-222, }69-423, 487-549, 99I·IOI6; ola Rivolta, pp. 8)-IH, 28)-)22, 697•721, nz-8], 84,•76; Silvia Ronchey, pp. 877·94· 975-89.
© 1993 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino www .einaudi.it ISBN
978-88-o6·II744·3
Indice
LELLIA CRACCO RUGGINI
p.
XXXIII
n Tardoantico: per una tipologia dei punti critici Parte prima Dalla crisi alla ristrutturaxione TULLIO SPAGNUOLO VIGORITA
Cittadini e sudditi tra II e m secolo '
1.
8
2.
12
3· 4·
I.5 2I
'.
28 33 39 43
6. 7. 8. 9·
,I
Tutti cittadini La costituzione di Caracalla e il papiro di Giessen 40 I Cittadinanza e forme cittadine romane Nuovi cittadini e provinciali Cittadinanza romana e comunità locali Lex civitatis Diritti locali e modello romano Cittadinanza, immunità, honestiores Dopo Caracalla
ANDREA GIARDINA
La formazione dell'Italia provinciale FRANCESCO.GRELLE
La forma dell'Impero 69 74 77
Potere imperiale e ordinamento giuridico Dalla duplicità all'unità 3. L'organizzazione amministrativa I.
2.
JEAN·MICHEL CARRIÉ
Eserciti e strategie 83 84
I. Dai Severi ad Aureliano: problemi generali ·2. Le realizzazioni severiane
Indice
VIII
p. 92 100 107 II 3 125 137 146 1'1
3· 4· 5· 6. 7· 8. 9· Io.
L'emergenza difensiva a metà del m secolo Riforme e politiche militari nella seconda metà del III secolo L'Impero del III secolo e il suo esercito . Il consolidamento della situazione militare da Probo a Diocleziano Le grandi riforme militari Il nuovo volto dell'esercito Nuovi armamenti, nuove tattiche La prova del nuovo sistema militare sotto Costantino e i suoi successori
MARINA SILVESTRINI
li potere imperiale da Severo Alessandro ad Aureliano I55 159 I63 17I I87
1. Massimino 2. La crisi del238: l'anno dei sei imperatori 3· Gordiano m e Timesiteo, Giulio Filippo e Giulio Prisco: dalla reazione senatoria al potere dei prefetti orientali 4· Da Decio a Valeriano e Gallieno: la crisi incrina l'Impero, nuove soluzioni prendono forma ,. Claudio n e Aureliano: la ricostituzione dell'integrità dell'Imp~ro e l'alba del dominato ANDRÉ CHASTAGNOL
L'accentrarsi del sistema: la tetrarchia e Costantino 193 I96 201 207 209 li3 2I7
I. 2. 3· 4· '. 6. 7.
l predecessori di Diocleziano Diocleziano: i primi dieci anni di regno La tetrarchia Il problema dell'abdicazione Le difficoltà degli anni 3o6- u Il ritorno al sistema dinastico Il regno di Costantino
ARNALDO MARCONE
La politica religiosa: dall'ultima persecuzione alla tolleranza 22 3 228 230 23I 234 236 240 242 244
I. 2. 3· 4· ,. 6. 7· 8. 9·
I perché della persecuzione
Il culto imperiale L'ideologia della persecuzione Chi scatenò la persecuzione? Gli editti persecutori Oriente e Occidente L'editto di Galerio Costantino Il cosiddetto editto di Milano
Indice ELIO LO CASCIO
Dinamiche economiche e politiche fiscali fra i Severi e Aureliano p. 247 2'2 2'9 278
I. Crisi finanziaria dello Stato o crisi produttiva?
Spese ed entrate 3· Svalutazione monetaria e inflazione: da Caracalla ad Aureliano 4· Politica finanziaria e dinamiche economiche 2.
JEAN-MICHEL CARR:ffi 283
Le riforme economiche da Aureliano a Costantino
284 292
I. L'eredità del m secolo 2. Le riforme di Diocleziano 3. Le riforme costantiniane
3o6 3I7 320
4· La «produzione di Stato» ,. Conclusione GUGLIELMO CAVALLO
323
e ANDREA GIARDINA
L'iconografia delle campagne nel libro antico
Parte seconda Società a confronto: Roma e gli altri LELLIA CRACCO RUGGINI
Culture in dialogo: la preistoria dell'idea di Europa "I
3'2
"7 363
Crisi tardoimperiale e gestazione di una coscienza «europea» L'ibernazione dell'idea cl~ica di Europa nell'alto impero 3· Senso della diversità e senso dell'omogeneità tra sussulti religiosi e politici (m-IV secolo) 4· D ruolo della cristianizzazione nello scontro/incontro fra etnie e culture diverse I.
2.
C. R •. WHITIAKER
Le frontiere imperiali 369 I. 376 · 2. 377 3· 382 4· 389
391 400 4II 422
Percezione e realtà Le frontiere da Diocleziano alla fine del IV secolo Le frontiere orientali
L'Egitto e l'Africa del Nord
,. La Britannia 6. La &ontiera del Reno 7· La frontiera del Danubio 8. La fine delle frontiere
9· Conclusioni
IX
x
Indice JERZY KOLENDO
I barbari dd Nord p. 42-' 432 43'
I. La situazione prima del m secolo Lo sfondamento dei confini 3· Barbari e Romani entro i confini dell'Impero 2.
LELLIA CRACCO RUGGINI
Conoscenze e utopie: i popoli dell'Africa e dell'Oriente 443 449 469 48o
L'«universo» romano e le metamorfosi dell'alterità Gli «Etiopi,.. 3· La Cina 4· L'India I.
2.
JEAN-PIERRE CALLU
I 'commerci oltre i confini dell'Impero 487 493 ,ai
'n
Premessa Dal Reno al Don 3· La filiera persiana 4· La via dei mari I.
2.
Parte terza Dall'Impero unitario alla disgregazione G. W. BOWERSOCK
I percorsi della politica -'27 '30 '32 H4 '36 '38
'40 -'42 -'44 H6 547
I. 2. 3· 4· ,. 6. 7. 8. 9·
I successori di Costantino
n revisionismo di Giuliano
BUiocrazia e finanza La fine di Giuliano e le sue conseguenze potere politico della Chiesa Da Nicea a Milano La lotta per l'altare della Vittoria Ambrogio e il potere secolare Gli intellettuali pagani IO. Neoplatonismo e cristianesimo n. L'importanza militare dei barbari
n
-VALERIO MAROTTA
ll potere imperiale dalla morte di Giuliano al crollo dell'Impero d'Occidente "I
I.
'63
2.
Dalla morte di Giuliano alla battaglia di Adrianopoli Graziano e Teodosio I
Indice p. '73 ,58,5 6oi
3· La reggenza di Stilicone e il sacco di Roma 4· La dinastia teodosiana ,. D crollo dell'Impero d'Occidente RAM6N TEJA
n cerimoniale imperiale 613 619
I. 2.
6~
3·
629
4·
633 639
,. 6.
Imperatore divino, imperatore cristiano Invisibilità e sacramento La visibilità come epifania n potere dell'iconografia I simboli: dalla porpora agli eunuchi L'altra immagine: cerimoniale e popolarità
SERGIO RODA
Nobiltà burocratica, aristocrazia senatoria, nobiltà provinciali 643 6,50
6n 6.5 .5 66o
666 670 672
I. 2.
3· 4· 5· 6. 7· 8.
Rutilio e l'ideologia senatoria La nuova burocrazia e la crisi dd cursus La rinascita della tradizione La rifondazione ideologica I giochi e le magistrature: la concorrenzialità evergetica Fra Simmaco e Rutilio: il «governo» dd Senato L' ordo nel v secolo: l'orgoglio della sopravvivenza L'ultima illusione
AUGUSTO FRASCHETTI
Spazi del sacro e spazi della politica 6n 684
691
I.
n Campidoglio in epoca tardoantica
La zona della curia 3· «l re vengono a Roma... » 2.
CHARLES PIETRI 697
La Roma cristiana
699 70'
I. La Chiesa di Roma all'epoca di Costantino (3I2-66): da Milziade a Liberio 2. n periodo della conversione aristocratica, da Damaso a papa Sisto: 366-440 3· La città cristiana dd v secolo
712
SALVATORE CALDERONE
Costantinopoli: la «seconda Roma» 723 727
733 737 740
I. Idee antiche su Roma e il Tempo: eternità, morte, ritorno ciclico 2. L'avvio della «città di Costantino»: scelta del sito, inauguratio-limitatio 3· L'idea di «rinascita dell'Impero>>. L'addio alla Roma del Tevere. L'idea di una ~muova Roma» 4· Discussione della tesi di F. ]. DOlger 5. Una distinzione: «nome» e «qualifica» della nuova città
XI
Indice
XII .P· 74Z 7# 747 748
6. Significato costantiniano di «seconda, nuova, Roma»: fonti in controluce sul tema 7· Giovanni Lido e gli scritti di Costantino; il «nuovo cielo» di Roma 8. I seminummi bronzei del332: i cittadini di Costantinopoli populus Romanus 9· Ambiente geografico e messaggio costantiniano JEAN-MICHEL CARRI~
L'economia e le finanze I. Dal disordine monetario alla stabilizzazione della fine del IV secolo e alla ripresa delle attività bancarie 2. Gli sviluppi e gli ulteriori ritocchi della fiscalità diocleziano-costantiniana 3· I grandi settori della produzione e degli scambi 4· Usus monetae. La moneta, lo Stato, il mercato ,. Conclusione FRANCESCO DE MARTINO
n colonato fra economia e diritto 789 79I 792 794 795
796 798 801 803 8o4 8o5 8o6
8o8 810 8u 814 819 820 820
I. 2.
3· 4· 5· 6.
Nuove ricerche sul colonato Riesame delle fonti Vendita dei figli. La lettera di Agostino Limiti al diritto di proprietà Condizione dei coloni Termini vari. L' origo
7. Adscripticii 8. Coloni adscripticii, liberi, homologi 9· IO. u. u. I3. I4. 15. I6. 17. 18. 19.
Colonato e locazione Pretese divisioni in lotti La testimonianza di Palladio Schiavi in agricoltura li possedimento di Melania La nuova realtà e i modi di gestione Redditività del fittavolo libero Redditività del colono vincolato
Servus quasi colonus La natura fiscale e quella economica Una conclusione?
ARNALDO MARCONE
n lavoro nelle campagne 823 825
I. Uno Stato coercitivo z. Le conseguenze delle riforme fiscali sulla popolazione agricola
Indice p. 828 833 834 836
839 841 8.p
Le realtà regionali: l'Mrica La Siria L'Italia L'organizzazione della proprietà fondiaria 7. n fittavolo
3· 4· ,. 6.
8. n dominus 9· Una societi schiavistica?
CHARLES PIETRI
La cristianizzazione dell'Impero 84' 849 8'1 8, 86o 86' 867 873
1.
2. 3·
4· ,. 6. 7. 8.
Una nuova geografia L'inquadramento del popolo aistiano Una conquista dello spazio e del tempo n periodo d'oro della patristica dai IV ai V secolo L'eresia occidentale all'inizio dd v secolo La deposizione di Giovanni Crisostomo e il cesaropapismo Le Chiese e le invasioni barbariche n monachesimo latino
PETER BROWN
877 878 882 886 890
n filosofo e il monaco: due scelte tardoantiche I.
nfilosofo
2. n monaco 3· I vescovi 4· Immagini e realtà dd potere: come si «Costruisce» un imperatore RITA UZZI
e FRANCA ELA CONSOLINO
Le religioni nell'Impero tardoantico: persistenze e mutamenti 89,
I.
I culti ufficiali
914 92' 934 944
.a. l culti non ufficiali 3· Religioni misteriche 4· n giudaismo ,. n cristianesimo ÉVELYNE PATLAGEAN
Lingue e confessioni religiose fra Oriente e Occidente 9n 981 98'
La mappa delle lingue Le dispute cristologiche 3· Fra Oriente e Occidetite I.
2.
xm
Indice
XIV
AVERIL CAMERON
Le società romano-barbariche e le società dell'Oriente bizantino: continuità e rotture P·99I
1.
994
2.
997
3·
1000
+
1003
IOo6
,. 6.
1010
7.
1013
8.
I «Romani» e i «Bizantini» Costantinopoli e l'Occidente Le società orientali La cultura greca Le condizioni economiche Cristiani e pagani Imperi ed eserciti La «caduta» dell'Occidente
ANSELMO BARONI 1017
Cronologia della storia romana dal235 al476
Indici 1049 1o64
1082 1098
Personaggi e altri nomi antichi Luoghi e popoli Autori moderni e altri nomi non antichi Fonti
Elenco delle illustrazioni nel testo
pp. 325·48: I. Igino Gromatico.
n cosiddetto «Codex Arcerianus A», VI secolo.
Wolfenbiittd, Henog-August-Bibliolhck. 2.
Martirologio,
IX-X
secolo.
Città dd Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticaoa.
3· Calendario,
XI
secolo.
Ibidem.
4"5·
n cosiddetto «Salterio di Stoccarda», IX secolo. Stoccarda, Wiirnembergiscbe Landcsbibliothek.
6. TI cosiddetto «Rabano Mauro Cassinese», XI secolo. Monteassino, Arclùvio dd!'Abbazia.
7· Salterio,
XII
secolo.
Firenze, Biblioteca M..Ucea Lawmzilma.
8.
n cosiddetto «Pentateuco Ashburnham», vn secolo. Parigi, Bibliothèquc: Natiorude.
9· Codice delle Institutiones divinarum et saecularium litterarum di Cassiodoro, fine VIII secolo. Bamberga, Staablbibliod.do:.
Io. TI cosiddetto «Salterio di Stoccarda», IX secolo. Stoccarda, Wiirnembergische Landcsbibliothek.
n. Il cosiddetto 4 Cfr. C. LEPELLEY, Les cités cit., pp. I6I sgg., 216 sgg.; M. KASER, Zivilprozmrecht cit., pp. 436 sgg., 527 sgg.; v. MANNINO, Ricerche sul «de/ensor 'civitatis », Milano 1984; M. R. CIMMA, L'episcopalis audientill nelle costituzioni imperiali da Costantino a Giustiniano, Torino 1989. "' T. HONOU, Ulpilln cit., pp. 26 sgg., zx,; la perplessità sugli scopi non smentisce la cronologia del lavoro ulpianeo proposta dallo studioso inglese, né che esso fosse rivolto a facilitare la comprensione dell'ordinamento romano che da tempo era modello di riferimento '!flChe per i provinciali (dr. sopra, nota 177); sulle tendenze semplificanti dei giuristi provinciali, attenti soprattutto alle costituzioni imperiali, cfr. D. LIEBS, Romische Provin:r.ialjurispruden:r., in ANRW, n, I' (1976), pp. 288 sgg. >)6 I magistrati municipali, per esempio, svolgevano un ruolo fondamentale nell'amministrazione della giustizia spicciola, alla quale non avrebbe potuto far &onte la giurisdizione romana che, in provincia, si esauriva, .in pratica, nella pienissima iurisdictio del governatore (e suoi delegati), e in quella fiscale dei procuratori, come attesta lo stesso ULPIANO, in Digesto, u6.7.2-9.1 (per i magistrati municipali, cfr. sopra, nota 231); ma per gran parte degli abitanti dell'Impero le difficoltà linguistiche nello studio del diritto romano sarebbero state enormi, come testimonia, per esempio, Gregorio Taumaturgo: cfr. J. MÉLÈZE MODIIZEJEWSKI, Gregoire le Thaumaturge cit.; e non va dimenticato il giudizio un po' sprezzante di Ulpiano su Palmyra (dr. sopra, nota 49). · "' Per i testi e per l'atteggiamento dei giuristi verso gli ordinamenti municipali dr. sopra, note
134, 13,5, 231.
,,. Cfr. sopra, nota 136: il brano ivi ricordato è tratto dal venticinquesimo libro ad edictum, che fu scritto cenamente dopo la constitutio Antoniniana, menzionata nel libro ventiduesimo (dr. sopra, nota 9).
48
Parte prima Dalla crisi alla ristrurturazione
romane si integrano, secondo V aleriano, in materia di apertura e pubblicazione del testamento; Diocleziano prescrive che le previsioni della !ex civitatis sulle conseguenze della rovina di edifici siano fatte rispettare dal governatore; il quale, secondo le Opini'ones ulpianee o pseudoulpianee, non può col suo consenso sanare l'elezione di un duovir non conforme alla legge locale m. La situazione non sembra mutata rispetto all'epoca anteriore a Caracalla. Se prima del212 norme egizie e greche erano applicate in Egitto 240 , una lettera di T olemeo II Filadelfo con istruzioni circa i militari si ritrova in un papiro della metà del III secolo"'. All'incirca allo stesso periodo risale il frammento di una legge successoria di età ellenistica trovato a Dura-Europos..,. Le manomissioni tramite dedica a una divinità continuano a essere eseguite, secondo un uso giuridico greco-orientale, e comunque certamente non romano, soprattutto in Macedonia e Frigia, in forme e con effetti immutati anche dopo il212, con la sola novità di attribuire allo schiavo liberato la cittadinanza romana del manomissore ao. Estranea al diritto romano è anche la regolamentazione, di impronta greco-egizia, che nel 137 d. C. il prefetto d'Egitto Gaio Avidio Eliodoro applicò aila vendita di quote di un immobile comune (probabilmente in parte diviso, in parte indiviso): essa doveva valere ancora in pieno III secolo, quando l'editto prefettizio fu ricopiato insieme con documenti ufficiali e privati ad esso collegati 244 • Nel475 d. C. l'imperatore d'Oriente Basilisco dichiara illegittimo l'uso egizio che, considerando non avvenute le nozze non consumate, consentiva il matrimonio con la moglie vergine del fratello morto: un uso che l'imperatore fa risalire a« certi legum conditores », forse un re egizio pretolemaico, della cui legge, tuttora osservata nella provincia, egli sembra avere precisa conoscenza 2". Nell'annosa disputa circa l'esclusiva applicazione del diritto romano in provincia dopo la constitutio Antoniniana, la pubblicazione delle vt SEVERO ALESSANDRO, in Codice giustinianeo, 8.I.I + 8.I0.3 + 8.,2.I (224 d. C.); GORDIANO, ibid., 7·9·1 (s.d.); VALERIANO, ibid., 6.32.2 (2,6 d. C.); DIOCLEZIANO, tbid., n.30.4 (s.d.); ULPIANO (?), in Digesto, 49.I.I2.
>«>
Cfr. sopra, nota r69.
2•• PVindob. tandem, r.
242 PDura, 12; lo statuto di Dura è incerto: probabilmente ricevette il titolo di colonia, ma non si sa da chi: cfr. F. MILLAR, Roman Coloniae cit., p.,. ,., D. NORR, Bemerleungen zur saleralen Freilassung in der spiiten Prinziptztszeit, in Studi in onore di E. Volte"a, Il, Milano 197I, pp. 6I9 sgg. 244 J. HERRMANN, Zum Edikt des Prà/eleten Gaius Avidius He/iodorus, in K/eine Schn/ten zur Rechtsgeschichte, Miinchen 1990, pp. 249 sgg. (su POxy., 29Hl· "" BASILISCO (non Zenone), in Codice giustinianeo, ,.,.8, data a Costantinopoli il~ settembre 475; cfr. E. SEIDL, Rechtsgeschichte cit., pp. 213 sg.; altri esempi di sopravvivenza di norme e consuetudini locali dopo il212, tbid., pp. 213, 223, 219; inoltre, J, MÉLÈZE MODRZEJEWSKI, LA règle cit., pp. 36'
sgg.
Spagnuolo Vigorita Cittadini e sudditi tra II e m secolo
49
iscrizioni di Aphrodisias ha certamente rafforzato l'opinione di chi la nega, affermando invece la persistenza dei diritti locali, e forse non solo in virtu di una loro trasformazione in norme consuetudinarie (romane) spazialmente limitate, né, ancor meno, di un atteggiamento di inerzia o tolleranza delle autorità imperiali, destinato a mutare con Diocleziano. Ricordo brevemente i tre documenti piu significativi. Nel principato di Alessandro un proconsole esprime il timore che la sua presenza ad Aphrodisias possa contrastare con qualche «legge della vostra città», ovvero con decisioni del Senato o del principe, collocando significativamente le norme locali sullo stessopiano di quelle romane. Con riferimento a un decreto del koinon dell'Asia, Gordiano afferma che per gli Aphrodisienses sola legge è la loro volontà, poiché nessuno può dare ordini a chi goda di un grado cosi alto di libertà. Nel rescritto ad Aurelius Epaphras lo stesso principe rende omaggio all'autonomia di Aphrodisias («la tua patria») rispetto a Roma («la mia patria»), e conferma che i suoi cittadini sono liberi di usare le proprie leggi e i propri tribunali 246 • Gli esempi ricordati poco sopra inducono a escludere che la sopravvivenza 4el pluralismo giuridico riguardasse solo le città libere. Certo, il nuovo status dei provinciali non è senza conseguenze sul piano del diritto. Per esempio, le nozze tra fratelli, frequenti in età romana nei ceti privilegiati greco-egizi, non sono ammissibili per i cittadini romani e sopravvivono solo come costume illecito, contro il quale nel 295 Diocleziano riaffermerà con fermezza la cogenza della «disciplina legesque Romanae », pur dimostrando una qualche indulgenza nel punire coloro che, prima del suo editto, avevano ceduto a questa «execranda libido» w. Ma già ben prima del212 i governanti romani non avevano esitato a negare, anche tra peregrini, l'applicazione di tal une norme e consuetudini locali che ai loro occhi contrastavano in maniera troppo stridente con concezioni romane: per esempio, la trasmissibilità ereditaria in linea materna delle cariche sacerdotali""; la capacità- del figlio a disporre per testamento in vita del padre; la facoltà del padre di obbligare la figlia a lasciare il marito,.,. E anche altri fenomeni certamente collegati con la constitutio Antoniniana, come il diffondersi, dopo il 220 d. C., della clausola stipulatoria""' in una prassi negoziale che in tutti gli altri aspetti conservò i suoi caratteri greco-egizi, non devono necessariamen,.. J. REYNOLDS, Aphrodisi4s cit;, pp. 174 sg., n. 48; pp. 133 sg., n. :u; p. 136, n. 22 (cfr. sopra, note 164, 163, 233). 247 Collatio, 6.4.1-8; cfr. o. MONTEVECCHI, Endogamia e cittadinan1:11 romana in Egitto, in «Aegyptus», LIX (1979), pp. 137 sgg., e, piu in generale, ID., Note sull'applica:l.ionecit., pp. 24 sgg.; su questo e SU altri esempi di «COStumi illeciti» cfr. J. MÉLÈZE MODRZEJEWSKI, La règ/e cit., pp. 363 sgg. 248 Apokrimata, 7 (• OLIVER, p. 4H· n. 232); cfr. E. SEIDL, Rechtsgeschichte cit., p. 35· ,., J. MÉLÈZE MODRZEJEWSKI, «La loi des Egyptiens » cit., pp. 389 sgg. "" Cfr. sopra, nota 184.
50
Pane prima Dalla crisi alla ristrutturazione
te essere intesi come la conseguenza di un'imposizione dall'alto (costituzione imperiale o creazione di un precedente nel tribunale del prefetto); forse, essi riflettono solo un atteggiamento non nuovo, la fiducia che l'adozione piu o meno appropriata di certe forme o certe clausole del diritto romano accrescesse la forza di un atto, specie in sede giurisdizionale. Una convinzione riconoscibile già nei documenti dell'archivio di Babatha e nelle tavolette transilvaniche 211 , e che la generale concessione della cittadinanza dovette certamente rafforzare nei provinciali: come cives Romani, questi avevano ormai accesso all'intero ordinamento giuridico romano, pur non essendo obbligati ad abbandonare il proprio se non nei rari casi di norme che del primo violassero taluni principi considerati irrinunciabili. E di questa facoltà i neocittadini facevano uso per profittare di norme o istituti piu favorevoli: un papiro recentemente pubblicato, per esempio, ci ha fatto conoscere la petizione con cui, nel 245 d. C., alcuni abitanti di un villaggio imperiale situato in Siria, nel distretto di Appadana, non lontano da Dura-Europos, chiesero al prefetto di Mesopotamia Giulio Prisco, investito interinalmente anche del governo della Siria, di delegare a Claudio Aristone, procuratore in Appadana, la concessione di un interdetto possessorio, dimostrando una corretta informazione circa quei provvedimenti riservati al governatore, ma delega bili, che i giuristi severiani avevano ricompreso nella categoria degli • atti « magis imperli quam iurisdictionis » 212 • Come quello giurisdizionale, il pluralismo normativo fu appena sfiorato dalla costituzione di Caracalla, e continuò nel suo declino, al quale l'attrazione dei provinciali verso il modello romano contribui non meno delle accentuate tendenze assolutistiche e unificatrici del governo imperiale. Solo nel tardo Impero queste prevalsero, riducendo le residue manifestazioni di autonomia locale in spazi poco significativi e comunque interni a un organismo accentrato e tendenzialmente omogeneo, che aveva nell'imperatore la sua unica mente ordinatrice. La cittadinanza romana ormai coincide con l'appartenenza all'Impero, e ha rilievo solo nel distinguerne gli abitanti dagli esterni, dai «barbari» 21'. zn Cfr. sopra, note 179, 18.5-87. 212 Ed. D. Feissel e]. Gascou, in CRAI (1989), p . .:147; un caso analogo potrebbe essere in un altro documento ivi riassunto, pp . .:147 sg.; sul nuovo papiro, cfr. P. NASTI, Un nuovo documento dalla Siria sulle competenze di governatori e procuraton'provinciali, in« Index», XXI (1993), in corso di stampa; a quanto pare,la concessione di interdetti era possibile nel processo provinciale tra peregrini prima della constitutio Antoniniana: dr. E. SEIDL, Rechtgeschichte cit., pp. 38 sg., 162 (su Apokn'mata, 4 = ouVER, p. 453, n. 429); ma la petizione dei coloni siriaci fornisce la prova che anche gli interdicta erano ricompresi negli atti>; e la consapevolezza dei richiedenti è uno dei tratti notevoli del documento. "' Cfr. T. GIARO, Fremde in der Rechtsgeschichte Roms cit., pp . .52 sgg.; s. RAGULLIS, Die Barbaren in den spiitromischen Gesetzen. Eine Untersuchung des Terminus 'barbarus', Frankfun am Main 1992.
ANDREA GIARDINA
La formazione dell'Italia provinciale
Per uno dei tanti apparenti paradossi della documentazione antica, le piu grandi trasformazioni amministrative verificatesi dopo l'età di Augusto - la constitutio di Caracalla, la provincializzazione dioclezianea dell'Italia- sono registrate dalle fonti letterarie quasi di sfuggita e privilegiando la notazione etica rispetto all'informazione. . Quello che Agostino avrebbe giudicato come un provvedimento «quanto mai umano» '-la concessione della cittadinanza a tutti i sudditi dell'Impero, «esclusi i dediticii »'-fu ignorato da Erodiano, che pubblicò la sua opera sotto Filippo l'Arabo', menzionato di sfuggita nella vita di Settimio Severo nella Storia augusta', ricordato con qualche parola in piu da un solo storico antico, Cassio Dione, ma in termini inesatti e faziosi; se infatti l'imperatore Caracalla insisteva, come motivazioni dell'editto, sulla necessità di condurre i nuovi cittadini «al culto degli dèi immortali» e di rendere gloria alla maestà del popolo romano ', il senatore Cassio Dione portava decisamente l'accento sui vantaggi di carattere materiale, con insistenza sulle imposte percepite sulle eredità: «Caracalla dichiarò cittadini romani tutti gli abitanti dell'Impero, in apparenza 1 AGOSTINO, La città di Dio, '.17: « Praesenim si mox fieret, quod postea gratissime atque humanissime factum est, ut omnes ad Romanum imperium pertinente& societatem acciperent civitatis et Romani cives essent, ac sic esset omnium, quod erat ante paucorum». ' Per un recente inquadramento dei principali problemi storiografici posti dalla constitutio di Caracalla, con utili segnalazioni nell'immensa letteratura sull'argomento, cfr. F. JACQUES e]. SCHEID, Rome et l'intégration de l'empire (44 av. ]-C. -160 ap. ].-C.), l. Les structures de l'Empire romain, Paris 1990, pp. 281 sgg.; per i riflessi nella cultura moderna, importante P. DESIDERI, La romanizzazione dell'Impero, in questa Stona di Roma, Ilh, pp. F7 sgg.; sugli editti imperiali cfr. ora T. SPAGNUOLO VIGORITA (con v. MAROTIA), ÙJ legislazione imperiale. Forme e orientamenti, ibid., Il/3, pp. I14 sgg., e ID., Cittadini e sudditi tra 11 e 111 secolo d. C., in questo volume, pp. ' sgg. ' Cfr. F. Cassola, in ERODIANO, Storia dell'impero romano dopo Marco Aurelio, Firenze 1967, pp. IX sg. 4 Scrittori della Stona augusta, Vita di Settimio Severo, u-2: «lnterfecto Didio Iuliano Severus Africa oriundus imperium optinuit. Cui civitas Lepti, pater Geta, maiores equites Romani ante civitatem omnibus data m». ' Per queste motivazioni, cfr. soprattutto A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citiz.enship, Oxford 1973 2, pp. 280 sgg.
Parte prima Dalla crisi alla ristrutturazione
per onorarli, in realtà perché anche in tal modo si accrescessero le sue entrate; infatti, i peregrini erano esenti da queste imposte»'. Colpisce il silenzio, la concisione, l'inesattezza di questi storici, e soprattutto il mancato riferimento all'esclusione delle masse non toccate dalla romanizzazione, che rimasero nella condizione di dediticii'. Per altro, se non avessimo papiri, «diplomi militari» 8 e iscrizioni di altro genere attestanti la diffusione del gentilizio Aurelius, non intuiremmo nemmeno la reale ampiezia del provvedimento •. Queste caratteristiche della documentazione sono spiegabili unicamente in riferimento alla particolare prospettiva degli storici antichi: «Si poté formare una tradizione, che dimenticò l'esclusione dei dediticii, solo perché la cultura di quest'epoca, fondata sulle borghesie cittadine, non considerava la presenza di anonime masse o comunità dediticie» 10 • Lo stesso può dirsi per l'eco di quel provvedimento nelle fonti giuridiche: tutto si riduce alle poche parole di Ulpiano: «Coloro che sono nell' orbe romano sono stati fatti cittadini romani per la costituzione dell'imperatore Antonino» n: si è acutamente osservato che «il passo di Ulpiano è tratto da un contesto in cui, comunque, la constitutio Antoniniana doveva essere ricordata del tutto marginalmente, neppure in connessione con qualche argomento per il quale la considerazione degli status, e quindi della civitas, potesse venire in primo piano» 12 ; per altro verso, il fatto che i compilatori giustinianei siano stati costretti a utilizzare un passo cosi sintetico e poco significativo mo6 DIONE CASSIO, 77(78).9.,.
' Seguo l'interpretazione di S. Mazzarino, sinteticamente fonnulata in La fine del mondo antico, Milano 19882, p. 30, nota n; piu ampiamente in L'impero romano (191)22), rist. Bari 1986, pp. 6o9-13.ln generale, per il problema dei Jediticit~ c&. per esempio A.N. SHEKWIN-WHITE, T.he Roman Citir.enship cit., pp. 284 sgg., 380 sgg. 8 Cfr. ora, per la documentazione, M. M. KOXAN, Roman Military Diplomas, I954-I977. London 1978, e ID., Roman Military Diplomas 1978 to 1984, London 198'; per la problematica w. ECK e H. WOLFF (a cura
di), Heer und Integrationspolitik. Die romischen Militiirdiplome als historische Quelle,
Ki:iln-Wien 1986. • Dati sulla diffusione della cittadinanza negli anni immediatamente seguenti l'editto ora in F. JACQUES e J. SCHEID, Rome et l'intégration de l'empire cit., pp. 282 sgg.; per i risvolti di carattere religioso sono assai significative situazioni come quelle messe in luce dall'iscrizione di Goharia: c&. s. MAZZAKINO, La democratiZZ~JZione della cultura nel 'basso impero' (191)o), ora in Antico, tardoantico ed èra costantiniana, l, Bari I974, pp. 84 sg.- L'importante testimonianza di Menandro di Laodicea relativa alle conseguenze della constitutio Antoniniana sugli ordinamenti costituzionali e privatistici delle poleis è stata ampiamente valorizzata da M. TALAMANCA, Su alcuni passi di MeNJndro di Laodicea relativi agli effetti della constitutio Antoniniana, in Studi in onore di Edoardo Volterra, V, Milano 1971, pp. 433·,6o. 10 s. MAZZAKINO, Il pensiero storico classico, Dh, Bari r91)6, p. 20,. u ULPIANO, 22 ed. in Digesto, I. ,.q: «in orbe Romano qui sunt, ex constitutione imperatoris Antonini, cives Romani effecti sunt». Per il ruolo di Ulpiano nelle ttasfonnazioni politiche degli anni di Caracalla, c&. ora T. HONOKÉ, Ulpian, Oxford 1981, soprattutto pp. 26-29. 12 M. TALAMANCA, Gli ordinamenti provinciali nella prospettiva dei giuristi tardoclassici, in Istitul:ioni giuridiche e realtà politiche nel tardo impero (Ju-v sec. d. C.) (Firenze 1974), Milano 1976, p. 197-
Giardina La formazione dell'Italia provinciale
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stra il loro interesse per l'editto sulla cittadinanza e conferma al tempo stesso una «certa insensibilità» dei giuristi dell'età di Caracalla (non il solo Ulpiano) per i problemi delle realtà provinciali 0 • Il processo che portò, in età dioclezianea, alla provincializzazione dell'Italia fu lento ma progressivo. punteggiato da piccoli mutamenti e da improvvise accelerazioni. Esso emerge nell'apparizione di varie funzioni- trà le quali spiccano quelle dei iuridici e dei co"edores- che presentano aspetti innovativi. Ricostruirne la storia è impresa ardua: per il carattere della documentazione. per la sua scarsità, per la natura stessa del 'modo romano' di governare la penisola. Uno storico dei nostri giorni ha sintetizzato il problema in termini limpidamente 'drammatici': «L'Italia durante l'Impero non ha storia. S'intende, storia narrata» 14• Torneremo in seguito su questa affermazione. A partire dagli anni 16.5-66 d. C.,. in cui è attestato un « iuridicus per Italiam regionis Transpadanae primus» 0 , fecero la loro apparizione, in Italia, dei funzionari denominati iuridici. in sostituzione dei quattro magistrati che il redattore della Storia augusta chiamò, probabilmente in u w., Gli ordinamenti provinciali cit., pp. 197 sg. " F. MILJ.AR, ltaly and the Roman Empire: Augustus to Constantine, in «Phoenix», XL (1986), p. 295; cfr. sotto, p. '7· ~ Si tratta di Gaius Anius Antoninus: CIL, V, 1874 • ll.S, m8 (in CIL, VIII, 7030 • ll.S, m9, il personaggio è detto semplicemente «iuridicus regionis Transpadanae»); PIR2, l, n. 1088; c&. anche 11.. THOMSEN, The ltalic Regions /rom Augustus to the Lombard lnvasions, Copenhagen 1947, soprattutto p. 161; F. GROSSO, La lotta politica al tempo di Commodo, Torino 1964, pp. 2'9 sg., '39-43; w. SIMSHAUSER, luridici und Munizipalgen'chtsbarkeit in ltalien, Miinchen 1973, pp. 237 sg.; M. COIIBIEit, L'aerarium Satumi et l'aerarium militare. Administration el prosopographie sénatoriale, Roma 1974, pp. 253·68; 11.. SYME, Transpadana Italia (I985), ora in Roman Papers, V, Oxford 1988, p. 432; F. JACQUES, Les curateurs des cités dans I'Occident romain de Trajan à Gallien. Etudes prosopographiques, Paris 1983, pp. 37 sgg. (in particolare, la fdice formulazione di p. 39: «Antoninus était certainement un des techniciens !es plus capables de la géneration qui arriva aux postes de responsabilité avec Mare Aurèle, puisqu'illui revint l'honneur toujours délicat d'inaugurer deux nouvelles institutions, la prérure tutélaire et le juridicat italien »); w. ECK, Die s/aatliche Organisation ltaliens in der hohen Kaiserzeit, Milnchen I979, pp. :z49 sg.- Per la datazione da me accolta al 165-66 d. C., cfr. M. CORBIEit, Les circonscriptionsjudiciaires de I'Italie de Marc-Aurèle à Aurélien, in MEFRA, LXXXV (1973), pp. 6I8 sg., e, piu di recente, M. BONELLO LAI, Sulla cronologia di alcuni giuridici alla luce dei piu recenti rinvem·menti epigrafici, in AFLC, n. s., n (1978-79), p. 6I, nota I,.- Per la collocazione del giuridicato nelle carriere senatorie, M. CHitiSTOL, Essai sur l' évolution des carrières sénatoriales dans la seconde moitié du 11f siècle ap. f.-C., Paris I986, soprattutto p. 21, nota 42, e pp. 68-81, 297, 308; per le carriere dei iuridici che furono anche curatores di città, cfr. anche F. JACQUES, Les curateurs cit., ptlSsim; ID., Le privilè-
ge de ltberté. Politique impériale et autonomie municipale dans les cités de l'Occident romain (161-244), Roma I984, pp. 76 sgg.- All'elenco dei iuridici noti (cfr. M. CORBIEit, Circonscriptions judiciaires ci t., pp. 635 sgg.) va ora aggiunto [A]elius Rugianus, attestato da un nuovo testo epigrafico risalente forse alla prima metà del m secolo: M. Conticello de' Spagnolis, in BCAR, XCII (I987-88), pp. 372-76 ~ AnnEpigr, 1989, 65 (trascrivo [A]elius e non [Ae]lius perché la E risulta dalla fotografia chiaramente legata con la L; [Aur]elius, non escluso dall'editrice, è di gran lunga meno probabile, forse da escludersi, perché presuppone un'eccessiva asimmetria della l. I rispetto alla l. 2).
Pane prima Dalla crisi alla ristrutturazione
modo anacronistico, consulares ", creati da Adriano per dare una migliore amministrazione della giustizia alla penisola 17 • Nelle loro funzioni, che non duravano normalmente oltre un biennio'", i iuridici avevano competenze soprattutto giurisdizionali, che potevano tuttavia estendersi, in circostanze particolari, ad altri settori": per esempio l'approvvigionamento in caso di carestia 20,l'applicazione di un senatoconsulto 21 o altre varie forme d'intervento nella vita delle città 22 • Le competenze dei iuridici si espletavano in ambiti territoriali assai mutevoli, che non consentono d'inviduare la successione di ben precisi 'sistemi"". 16 Si trattava con grande probabilit~ di legati Augusti pro praetore: cfr. w. ECK, Die italischen legati Augusti pro praetore unter Hadrian und Antoninus Pius, in G. BONAMENTE e N. DUVAL (a cura di), Historiae Augustae Colloquium, nova series, I, Colloquium Parisinum, Macerata 1991, pp. 183-9.5· 17 Scrittori della Storia augusta, Vita di Adriano, u.13: «Quattuor consulares per omnem Italiam iudices constituit »; cfr. ibid., Vita di Antonino Pio, l.ll, e APPIANO, Gue"e civili, I. 38 (1]2): ap")(OV'tE~ civ6UnCII~OI; la continuità tra l'istituto dei « consulares » e quello dei iuriditi è affennata in Scrittori della Storia augusta, Vita di Marco Aurelio, 11.6: «Datis iuridicis ltaliae consuluit ad id exemplum, quo Hadrianus consulares viros reddere iura praeceperat », ma non vanno sottovalutate le differenze tra i due istituti: w. ECK, Die italischen legati Augusti pro praetore cit., p. I9.:S· Per un'analisi complessiva degli interventi adrianei nell'urbanesimo italico, dr. ora M. T. BOATVI'RIGHT, Hadrian and Ita/ian Cities, in «Chiron», XIX (1989), pp. l3,·7I· 18 F. JACQUES, Le privilège de /iberté cit., pp. l04 sgg. " Sulle competenze dei iuriditi cfr., a titolo esemplificativo, in una bibliografia vastissima: c. Jt.JL· UAN, Les trans/ormations politiques de /'Ita/ie sous /es empereurs romains, Paris 1884, PP·I47·78; A. ROSENBERG, «>". Decisiva fu certamente, sotto Settimo Severo, l'introduzione dell' annona militare, che ridusse il privilegio fiscale della penisola. Ad anni non lontani risale l'epigramma cretese in cui si attesta un"E07te:ptl)ç mia-t)ç "t..fJovÒç t6un~p, espressione corrispondente al latino Italiae totius corrector". Un altro corrector con prerogative formalmente estese quasi certamente all'Italia intera fu quel Pomponius Bassus che ricopri il consolato nel 271 e che un'epigrafe romana attesta come È7tcxvop6(w't'~ç) 7ttl.a[l)ç 'h(cxÀtcxç)] 37 • La qualifica di questo personaggio sembra anticipare quella dei futuri correctores del III secolo piuttosto che ripetere quella che fu attribuita a C. Octavius Appius Suetrius Sabinus ". La funzione di Pomponius Bassus, talmente formalizzata da poter essere per l'appunto resa con un'inequivocabile forma greca, rimanda infatti molto piu alla denominazione sintetica, perché entrata nell'uso comune, di corrector, che alla perifrasi che si rendeva prima necessaria per qualificare i compiti di chi era stato electus ad corrigendum. E infatti, in riferimento a una situazione di pochissimi anni dopo, emerge da una testimonianza letteraria discussa, ma- comunque la si intenda - assai significativa, un'altra figura di corrector dell'Italia tutta o comunque competente su una regione italica. Secondo« plures et meliores scriptores», come li defini Mommsen ",l'imperatore Aureliano aveva attribuito a Esuvio T etrico (già detentore dell'imperium Galliarum) la " DIONE CASSIO, .:12.22. Per altri aspetti dd documento, c&. per esempio E. GABBA, Progetti di riforme economiche e fiscali in uno storico dell'età dei Severi (1962), ora in Del buon uso della riccht:;WJ, Milano 1988, pp. 189-212; piu in generale, ultimamente, u. ESPINOSA RUIZ, Debate Agrippa-Mecenas en Dion Cassio. Respuesta senatorialala crisis de/Imperio Romano en ipoca severiana, Madrid 1982, so-
prattutto pp. 321 sgg. ,. l. Cr., IV, 323: c&. s. MAZZARINO, L'impero romano cit., p. '72; questo anonimo va aggiunto all'denco dei primi correctores italici noti, stilato da ultimo da M. CHRISTOL, Essai cit., pp . .:s.:s-.:~8. ' 7 CIL, VI, 3836+31747 =IG, XIV, roJ6 = IGR, l, 137 =IGUR, 11/2, 904· Per gli argomenti a favore dell'identificazione con il console dd 271 piuttosto che con il console ordinario dd 2n, c&. M. CHR1STOL, Essai eit., p. 222; altra bibliografia in A. GIARDINA, Le due Italie eit., p. 626, nota 82.- Per l'equivalen23 tnavop6wt~~co"ector, c&. G. GOETZ, Corpus Glossariorum Latinorum cit., II, p. 30.:1, .:14· " L'opinione opposta in M. CHRISTOL, Essai cit., p. 223. " TH. MOMMSEN, Gesammelte Schri/ten cit., VIII, p. 242; la constatazione dd maggior pregio, in astratto, di questi scriptores non impedi tuttavia al Mommsen di mostrare prefere02a per altra tradizione: c&. sotto, p. 62.
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carica di corrector Lucaniae "'; secondo la testimonianza isolata dei Tyranni triginta nella Storia augusta, Tetrico avrebbe invece ricevuto la carica di corrector totius Italiae". La discordanza tra queste testimonianze non è di poco conto: se Aureliano avesse istituito la correttura di Lucania sarebbe stato infatti un anticipatore di Diocleziano, introducendo, almeno in quella regione, ordinamenti di tipo provinciale '2; se l'imperatore si fosse invece limitato ad attribuire a Tetrico una correttura d'Italia avrebbe soltanto proseguito nella direzione indicata da Caracalla: «una via verso la provincializzazione» che «non era tuttavia la provincializzazione» ". problema, estremamente difficile, ha suscitato un vasto dibattito". Disponendo unicamente di indizi, possiamo solo dire che la correttura dell'Italia intera sembra piu probabile: ha un« certo sapore» di III secolo", tanto è vero che il redattore dei Trenta tiranni nella Storia augusta senti in qualche modo il bisogno di « spiegarla » ai suoi lettori, specificando che essa riguardava tanto l'ambito delle province urbicarie quanto l'ambito di quelle annonarie; egli voleva in qualche modo evitare, mi sembra, che il lettore incorresse nell'errore di ritenere che l'estensione territoriale della correctura totius Italiae assegnata a Tetrico fosse analoga, per esempio, a quella del vicariato d'Italia di IV e v secolo. Possiamo quindi immaginare che T etrico sia stato nominato corrector totius Italiae, ma che le sue funzioni si siano espletate prevalentemente in un ambito lucano, proprio in un momento iii cui l'imperatore Aureliano riorganizzava il sistema delle distribuzioni alla plebe romana, introdu-
n
3,.,:
"' AUIIELIO VITI'ORE, I Cesari, «in triumphum ductus [scii. Tetricus] Lucaniae cortectusam filioque veniam atque honorem senatorum cooptavit»; Epitome sui Cesari, 3,.7; Scrittori della Storia augusta, Vita di Aureliano, 39.1: cTetricum triumphatum correctorem Lucaniae fecit, filio eius in senatu manente»; EUTROPIO, 9.13; per i rapporti tra il redattore della Storia augusta, Aurelio Vittore ed Eutropio, cfr.J. SCHWARTZ, Sur le mode de composition de la vita Aureliani, in BHAC, 1968/69, Bonn 1970, pp. 239·46· " Scrittori della Storia augusta, I trenta tiranni, 24.,: «pudore tamen victus vir nimium severus eum, quem triumphaverat, conrectorem totius ltaliae fecit, id est Campaniae, Samni, Lucaniae Brittiorum, Apuliae Calabriae, Etruriae atque Umbriae, Piceni et Flaminiae omnisque annonariae regionis, ac Tetricum non solum vivere, sed etiam in summa dignitate manere passus est, cum illum saepe collegam, nonnumquam commilitonem, aliquando etiam imperatorem appellaret»; per la formula id est nel quadro degli usi stilistici della Storia augusta, cfr.J. BERANGER, Des g/oses introduites par id !hoc) est dans I'Histoire Auguste, in BHAC, 19821'83, Bonn 198,, specialmente pp. 18-19. .., Fu già questa l'opinione di B. BORGHESI, Iscrizione onoraria di Concordia, in CEuvres complètes, V, Paris 1869; per la valuta2ione borghesiana dei correttorati, cfr. A. CHASTAGNOL, L'épigraphie du bas-empire dans l'rzuvre de Borghesi (1982), ora in L'Italie el I'A/rique au Bar-Empire. Etudes admtnistratives et prosopographiques. Scripta varia, Lille 1987, pp. 33·H· " Secondo la felice formulazione di s. MAZZARINO, L'impero romano cit., p. ~2. " Per l'inquadramento del problema, A. CHASTAGNOL, Notes chrono/ogiques sur l'Histoire Auguste et le Laterculus de Polemius Silvius, in «Historia», IV (19'5), pp. 173 sg., con bibliografia ; cfr. anche ID., L'administration du diocèse italien au bar-empire (1963), ora in L'Ita/ie et I'A/rique cit.,
PP-144 sgg. " s.
MAZZARINO,
L'impero romano cit., p. '71·
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cendovi la carne porcina .. , di cui la Lucania era tradizionalmente una grande produttrice". Accanto al Foro suario, mercato specializzato per la vendita della caro porcina, Aureliano fece costruire la nuova caserma delle coorti urbane, i castra urbana, situata dai cataloghi regionari al Campus Agrippae. Si tratterebbe dunque di una rottura fondamentale con quanto era esistito in passato e questo punto di vista, che contrappone in termini assoluti le concezioni strategiche di Diocleziano e di Costantino, ha goduto di molto seguito negli ultimi quarant'anni, nonostante le numerose riserve suscitate fm dalla pubblicazione dd lavoro. Ancora di recente è stato considerato da Luttwak nel suo saggio come base salda e indiscussa m. A mio parere, pecca soprattutto nella definizione che dà dei limita nei e dei comitatenses e nell'affermazione secondo cui i limitanei sarebbero già esistiti sotto Diocleziano. Invece, non condivido affatto la tendenza, attualmente assai diffusa, che rimprovera a Van Berchem di aver contrapposto in forma cosf netta l' esercito di Costantino a quello di Diocleziano "'. Certamente, la teoria di Van Berchem ha seguito troppo alla lettera il testo di Zosimo citato in precedenza, nel quale la presentazione antitetica delle politiche militari di questi due imperatori sposta le basi reali della loro differenza; Zosimo si richiama nondimeno alla consapevolezza, condivisa dai suoi contemporanei, di una trasformazione radicale che Costantino aveva imposto all'istituzione militare e che noi (grazie alla distanza cronologica) non dovremmo piu esitare a definire come la nascita dell'esercito romano tarm Codice teodosiano, 7.20.3 (del32,, secondo A. Chastagnol, inArmées et/iscalité cit., p. 288). u> D. VAN BERCHEM, L'armée de Dioclétien cit., p. 87 e, piu in generale, p. 7'; diverso è il punto di vista di w. SESTON, Du comitatus de Dioclétien aux comitatenses de Constantin, in ccHistoria», IV (19,, Festschrift W. Ensslin), pp. 284-96. u> E. N. LUTTWAK, The Grand Strategy o/ the Roman Empire /rom the First Century A.D. to the Third, Baltimore-London 1976 (trad. it. Milano 1980). u• Cosi, le riflessioni conclusive di M. P. SPEIDEL, The Later Roman Field Army and the Guardo/ the High Empire, in ccLatomus», XLVI (1987). pp. 371-79.
Carrié Eserciti e strategie
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doantico. Ma questa innovazione, a mio avviso, non è unicamente, né forse neppure essenzialmente, strategica. Si tratta di una differente riorganizzazione dell'impiego delle risorse umane e materiali di cui dispone la difesa dell'Impero ed è in quest'ottica che proporrei a questo punto di far fare un passo avanti a un dibattito di lunga data. Oggi non possiamo piu dubitare che Diocleziano e i suoi colleghi avessero già a loro disposizione un esercito d'intervento, che li accompagnava nel· susseguirsi delle loro campagne: le truppe di passaggio in Egitto, a Ossirinco nel 29.5 o a Panopoli nel 298-300, parteciparono qualche anno prima alla riorganizzazione delle difese siriache 0 ' e furono parimenti impiegate, in seguito, su altre zone d'operazione. Due cursus epigrafici ci permettono di captare, a livelli differenti della gerarchia, la realtà di questo comitatus. Si tratta in primo luogo di un ufficiale, Traianus Mucianus, i cui numerosi incarichi costellano tutte le campagne tetrarchiche in Oriente e in Tracia fra il283 e il3o3 110• Viene poi Aurelius Gaius, un legionario, promosso al rango di eques e quindi di sottufficiale, la cui attività riassume da sola la storia militare del periodo: dal28.5 al 302, verosimilmente, ha combattuto senza soluzione di continuità nei corpi di spedizione della tetrarchia, dapprima contro i Sarmati sul Danubio, poi contro i Ma uri nell' Mrica del Nord, i Goti, i Carpi e i Sarmati nei Balcani, i Parti in Mesopotamia, l'insurrezione di Domizio Domiziano in Egitto e di nuovo i barbari germani sul Danubio 07 • ll comitatus a quel tempo era composto, oltre che dalla fanteria pretoriana e dalla cavalleria degli equites singulares decorati con il titolo di comites (compagni) degli imperatori 01 , da vessillazioni di fanteria e da cavalieri (equites), come risulta in un'iscrizione di Grenoble relativa all'esercito di Claudio II il Gotico"'. Come si è potuto rilevare in precedenza, questa prassi era già ben sperimentata da lungo tempo e certi corpi operativi sotto Diocleziano sono già attestati durante le campagne di Galliena, quando non o' POxy., I, 4311, Pap. Panopolis Beatty, I e 2; M. CHRISTOL e T. DRE'IlV·BEAR, Un castellum romain près d'Apamée de Phrygie, Osterreichische Akad. der Wiss., Phil.-Hist. Kl., Deukschr., 189. Bd, Wien 1987. Ll6
IGBùlg, li, 1.1'70. La mia datazione sulla sua carriera si differenzia da quella proposta da M. La camere de Traianus Mucianus et l'origine des protectores, in «Chiron», VII (1977), pp.
CHR!STOL,
393·408. UJ AnnEpigr, I98I,
m - SEG, XXXI (I98I), m6; T. DRE'IlV·BEAR, Les voyages d'Aurelius Gaius, soldat de Dioclétien, in La géographie administrative et politique d'Alexandre à Mahomet, Strasbouzg 1981, pp. •n·I4I· uo Tuttavia il caso di Auzelius Gaius, optio comitum nella legione I Iovia Scythica, suggerisce una diffusione del titolo di comes piu ampia di quella individuata dai commentatori (o. HOFFMANN, Das spiitr6mische Bewegungsheer cit., l, pp. 243 sgg.; M. P. SPEIDEL, The Later Roman FieldArmy cit.) erimette in causa l'ipotesi del passaggio di una parte degli equites singulares (che oltre tutto furono sciolti nel 312) nel comitatus costantiniano. u• CIL, XII, Zl28.
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risalgono fino a Marco Aurelio stesso. Massimiano e Costanzo Cloro in particolare hanno esteso il loro comitatus reclutando lungo la frontiera germanica delle formazioni che hanno poi costituito il nucleo piu antico dell'esercito comitatensis di Costantino: ad esempio i Batavi che, menzionati in un'iscrizione di Brigetio datata al303, si ritrovano poi negli auxilia palatini tanto in Oriente quanto in Occidente 100 • La riforma di Costantino affondava dunque le sue radici nel periodo tetrarchico, causando, però, sconvolgimenti senza precedenti. D'altro canto, l'opposizione che si è voluta individuare fra una politica dioclezianea di difesa delle frontiere e una strategia costantiniana di difesa in profondità si basa su una visione semplificata del comitatus: come se le truppe dette comitatenses avessero costituito un esercito mobile di scorta alla persona dell'imperatore, risalendo all'effettiva origine del termine comitatus. Da questo punto di vista, il vero comitatus costantiniano sarebbe piuttosto costituito dalle scholae palatine create in sostituzione dei pretoriani e degli equites singulares, licenziati da Costantino subito dopo la sua vittoria su Massenzio .... Non è affatto il gusto del paradosso, ma l'evidenza dei fatti che mi induce a capovolgere la teoria a tutt'oggi piu seguita: i comitatenses di Costantino non corrispondono al comitatus di Diocleziano, né a quello dello stesso Costantino prima del 312 142 • In considerazione del loro stesso numero essi escludono ogni possibilità di concentrazione duratura in uno stesso luogo. Se si contrappongono ai limitanei, non è certo per la loro appartenenza a un «esercito centrale d'intervento», come sono stati generalmente definiti, ma per il loro stanziamento nei principali centri politico-amministrativi ed economici, e ancor piu per il loro statuto all'interno dell'esercito. La controprova di questa affermazione consiste nel fatto che durante tutto il IV secolo gli eserciti temporaneamente riuniti per affrontare campagne di vasta portata (contro gli Alamanni come contro i Persiani) hanno continuato ad affiancare truppe comitatenses e limitaneae ..,. Perciò non ci dobbiamo stupire, man mano che cresce la nostra documentazione, nel constatare lo stanziamento durevole di unità comitatenses in città "" c. zucKEKMAN, Les «Barbares» romains: au sujet de l'origine des auxilia tétrarchiques, in F.
(a cura di), L'armée romaine et /es barbares du ut au VIf s., Colloque de SaintGennain-en-Laye (24-28 febbraio 1990), in stampa, che insiste sul loro reclutamento all'interno dell'Impero, e non fra le tribu «libere ... ua R.I. FRANK, Scho/ae pa/atinae. The pa/ace guards o/the Later Roman Empire, Rome 1969; M. P. SPEIDEL, Maxentius cit., pp. 2.13·59• 142 Ad esempio, l'esercito con cui Costantino si affiancò a suo padre per combattere i Pitti, nel 305-3o6, era un esercito d'intervento del tipo comitatus. 10 G. CRUMP, Ammianus an d the Late Roman Army, in «Historia», XXII (1973), pp. 9I-I03; J.·M. CARRIÉ, L'esercito cit., pp. 459·6o. VALLET e M. KAZANSKI
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che la Notitia Dignitatum, che pure dà piena ufficialità alla regionalizzazione dei comitatenses, non ci segnala affatto come presidi. E per di piu si tratta spesso di città che sorgono nelle zone di frontiera, e non di città dell'interno, come si sosteneva generalmente. Per porre fine a queste confusioni terminologiche, mi sembra dunque che dovremmo bandire oltre il 312 l'uso del termine comitatus ogni volta che vogliamo di fatto designare i milites comitatenses. Inoltre, il breve studio che A. Alfoldi ha dedicato alla battaglia del Ponte Milvio, prendendo spunto, in particolare, dalle scene rappresentate sull'Arco di Costantino, ci conferma nella necessità di ricollegare la riforma costantiniana alle circostanze che l'hanno vista nascere ,... A partire dal II secolo, come ho ricordato in precedenza"', gli imperatori si sono circondati di un'élite militare per condurre le loro campagne offensive e difensive. Man mano che le operazioni belliche si sono moltiplicate, tanto da diventare pressoché continue, questo corpo di scorta mobile è giunto a costituire un esercito nell'esercito, senza tuttavia ottenere un riconoscimento ufficiale della sua posizione particolare, e senza neppure realizzare una vera e propria permanenza. In effetti, l'instabilità politica che caratterizzava nel III secolo la monarchia imperiale fece emergere dei pretendenti che, ottenuta la corona, mantenevano come comitatus le truppe sulle quali avevano fondato la loro propria fortuna, nell'ambito di una determinata zona geografica: gli equites Illyridani per Gallieno, le vessillazioni legionarie del basso Danubio per Diocleziano, i barbari germanici per Costantino. Ma mentre Diocleziano, accettato da tutto quanto l'esercito, aveva potuto limitare il suo comitatus a una sorta di «guardia imperiale» allargata- un modello che si è trovato moltiplicato, sotto la tetrarchia, di altrettanti comitatus quanti erano gli imperatori Costantino dovette radunare progressivamente truppe in grado di misurarsi con quelle di Licinio. Di conseguenza, se Diocleziano aveva a disposizione un comitatus secondo il senso proprio acquisito da questo termine durante il m secolo, i comitatenses di Costantino si presentavano piuttosto, all'inizio, come un esercito clientelare ricompensato, dopo la vittoria, con promozioni collettive in condizioni che possono in qualche modo ricordare le guerre civili della fine della Repubblica. Non è mia intenzione negare che la riforma costantiniana abbia ugualmente preso in considerazione le attitudini tecniche delle diverse truppe e cercato di fissare principi generali sui quali fondare una nuova gerarchia 144 A. ALFOLDI, Cornuti: a Teutonic Contingent in the Service o/Constantine the Great and its Decisive Role in the Battle at the Milvian Bridge, in DOP, XIll (19'9), pp. r69-79·
'" Cfr. sopra, pp. 89 e ro2-3.
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delle unità, nella prospettiva generale di una riorganizzazione tattica che prendesse atto dell'impossibilità di ammassare un numero sufficiente di uomini lungo la frontiera stessa. Se tuttavia pare opportuno insistere sugli aspetti circostanziali della riforma, è perché, a differenza delle motivazioni strategiche, questi sono stati finora presi in considerazione assai poco. Ora, le circostanze nelle quali Costantino s'impose su tutto l'Impero spiegano il fatto che gli effettivi promossi alla nuova categoria dei comitatenses superassero di gran lunga sia l'ordine di grandezza di un comitatus imperiale nel senso stretto del termine, sia le concrete possibilità di realizzazione di un qualsiasi esercito centrale d'intervento. ll che non ha affatto impedito agli storici moderni, tratti in inganno dall' etimologia, di vedere nell'esercito comitatensis l'allargamento del comitatus imperiale. Le circostanze spiegano parimenti la posizione privilegiata accordata agli dementi germanici nell'« esercito di prima classe», quello dei comitatenses, posizione che essi conserveranno durevolmente a vantaggio della continuità dinastica ma a disp,regio delle tradizioni romane e delle reazioni scandalizzate dell'opinione pubblica. La ridefinizione dei vari corpi dell'esercito ad opera di Costantino probabilmente rispondeva anche a una necessità di fondo. La tetrarchia aveva creato nuove categorie di truppe (scutarii, equites promott) ... , il cui personale proveniva spesso, a quanto sembra, da unità già esistenti. Tutto considerato, la costituzione empirica di un esercito di spedizione aveva portato a una grave confusione statutaria: le antiche denominazioni e la classificazione gerarchica delle unità dell'alto Impero non corrispondevano piu alloro valore operativo, né alloro contributo effettivo alle operazioni. Ad esempio, vi erano formazioni di cavalleria di ogni tipo. Parimenti, i legionari che si spostavano con le loro vessillazioni da un angolo all'altro dell'Impero potevano forse ancora dirsi soddisfatti di prerogative di cui godevano allo stesso modo i loro camerati stabili, mentre alcuni reggimenti barbari d'élite erano collocati solo allivello gerarchico di ali e coorti tradizionali? Questa confusione aveva già portato a una generalizzazione dell'impiego del termine numerus, il meno compromettente fra tutti, perché il solo in grado di designare una tale varietà di truppe e di statuti. Nella Notitia si trovano ancora menzionati indistintamente equites pro moti, scutarii, o dei lancearii tanto nell'esercito comitatensis quanto &a i limitanei, chiaro segno dello scarso significato che si attribuiva a queste nuove distinzioni fino dall'epoca di Costantino. Pari,.. Invece, un'iscrizione di Apainea scopena di recente (J.-Ch. Balty, inJRS, LXXVIII (1988), p. ror) fa risalire a Caracalla la prima attestazione dei lanciarii, formazioni armate di lancia la cui creazione veniva attribuita a Diocleziano (D. HOFFMANN, Das spiitr6mische Bewegungsheer cit., pp. 2.19 sgg.).
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menti, i distaccamenti legionari accolti a far parte del comitatus cambiavano nome per non correre il rischio di restare legati alla condizione, assai inferiore, propria dell'unità d'origine"'. La comparsa di una nuova terminologia (cunei, auxilia) accompagna proprio la riorganizzazione costantiniana rivelando, a mio awiso, la necessità di distinguere le truppe effettivamente mobili da quelle che non lo erano o non lo sarebbero piu state. Mi domando, in particolare, se il termine cuneus - a quanto pare, entrato in uso contemporaneamente a quello di comitatensis, a designare precisamente formazioni non comitatenses nella riorganizzazione generale delle truppe fra esercito «mobile» ed esercito «di frontiera»- non sia stato impiegato, nel periodo di transizione, per distinguere, fra le truppe ormai classificate come limitaneae, quelle che in precedenza erano state mobili. Effettivamente si può constatare, a partire dalla metà del IV secolo, l'eguaglianza di statuto fra legioni limitaneae e cunei. In altri termini, mi sembra che i cunei, ribattezzati da Costantino, non siano altro che le unità di equites della seconda metà del m secolo, declassate in seguito alla creazione dei comitatenses, ma poste in un primo tempo, con il nome di ripenses, in una posizione intermedia fra questi e gli alares et cohortales. A questo proposito, ci si scorda troppo spesso che il termine di limitanei non è attestato prima del 363 (Codice teodosiano, 12.I.56), dopo che si era ancora ridotto lo scarto fra le unità ausiliarie e i ripenses definitivamente declassati. La portata amministrativa e finanziaria della nuova divisione in due eserciti, destinata a durare a lungo, appare in chiara evidenza in due lettere di Sinesio dei primi anni del v secolo. Nella lettera 78, il retore esorta l'imperatore a non ridurre al rango di limitanei i Cavalieri Unnigardi che si trovavano fra le unità comitatenses della guarnigione provinciale. Ecco le sue argomentazioni: Non renderanno né a loro stessi né a noi alcun servizio se verranno privati delle gratificazioni imperiali [doreaz], se non avranno piu la rimonta dei loro cavalli, né le forniture d'armi, né denaro sufficiente per il loro ruolo di combattenti. Non permet· tere che i tuoi compagni d'armi siano ridotti a un rango piu basso [eis atimoteran ta· xin]; fa che mantengano in piena sicurezza la loro precedente dignità [axia] e non siano privati delle loro prerogative "".
In termini militari, questa differenza si esprime attraverso la subordinazione dei comitatenses all'autorità dei magistri militum diocesani, "' Cosi, Primani, Undecimani, Divitenses e Tungrecani. "' Citato in base alla traduzione di D. ROQUES, Synésios de Cyrène et la Cyrénaique du BasEmpire, Paris 1987, p. 237. Secondo me, il termine diirea ha un significato giuridico: indica i vantaggi accordati dagli editti imperiali, specialmente al momento della liberazione: è l'equivalente greco del termine indulgentill in Codice teodosiano, 7.2o.I (318) e 7.20.2 (326): cfr. oltre, p. 146, nota 184.
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mentre i limitaneivengono a dipendere dall'autorità del dux. Tale articolazione si può leggere direttamente nella disposizione dei capitoli della Notitia Dignitatum. La lettera 130 di Sinesio ricorda appunto che i duces potevano disporre a loro piacimento del soldo dei limitanei, mentre non avevano le stesse possibilità di traffici sul soldo dei comitatenses. Parimenti, i papiri di Abinnaeus (negli anni 340-50) testimoniano dell'autorità del dux sulle unità limitaneae riguardo alle nomine e al reclutamento. Questi esempi illustrano le implicazioni concrete della differenza di rango e di statuto giuridico fra quelli che Sinesio chiama significativamente« soldati stranieri» (xenot), cioè i comitatenses, e i limitanei, che egli definisce« soldati locali» (enchoriot), con un termine che concorre a sostenere ulteriormente l'interpretazione di limes nel senso di giurisdizione territoriale. n titolo di dux, venuto in uso nel III secolo per designare i generali posti alla guida degli eserciti in campagna, è ormai attribuito ai comandanti regionali a capo dell'« esercito territoriale», e il termine limes passa normalmente a designare quello che piu tardi si chiamerà «ducato». radicale rinnovamento dell'alto comando operato da Costantino risulta non meno importante della ridefinizione delle truppe. Al posto dei prefetti del pretorio, ormai relegati a compiti esclusivamente civili (ivi compreso il vettovagliamento dell'esercito, legato alle loro competenze finanziarie e fiscali), Costantino pone al comando dell'esercito due capi di stato maggiore, uno per ogni arma: il magister equitum e il magister peditum, che si moltiplicheranno in seguito, in funzione della regionalizzazione dell'esercito mobile. Per quanto riguarda l'esercito territoriale, a ogni suddivisione amministrativa corrisponde un comando militare distinto dalle autorità civili: a livello di diocesi l'organigramma prevede un comes, cui sono sottoposti a loro volta i duces della sua giurisdizione. Nessuna meraviglia che i magistri militum siano divenuti in breve tempo personaggi importanti, persino ingombranti. Bisogna dunque credere a Zosimo quando imputa a Costantino un indebolimento della protezione sulle frontiere? Si ricorderà innanzitutto come si tratti di un giudizio polemico, mirato a presentare il primo imperatore cristiano come un rivoluzionario dissennato, in antitesi con l'ultimo grande sovrano pagano, cui egli attribuisce un atteggiamento saggiamente conservatore. Si tratta, d'altra parte, di un giudizio retrospettivo, riguardante non l'azione immediata di Costantino - il quale, come si è potuto constatare, ha portato avanti su molte frontiere la politica tetrarchica di grandi lavori militari - ma quelli che egli considera, due secoli piu tardi, gli effetti a lungo termine della creazione di un eser-
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cito «a due marce». Ora, se è vero che all'inizio del VI secolo l'esercito limitaneo si trova in un avanzato stato di decomposizione che ne causerà poco dopo la qissoluzione ufficiale, è illegittimo anticipare al IV secolo tale evoluzione, i cui primi segnali risultano percepibili solamente nell'ultimissima parte del secolo. Tuttavia Zosimo ha persuaso i modenù dell'esistenza di una netta separazione fra le due branche dell'esercito costantiniano, la cui portata è stata da questi ulteriormente esasperata. Geograficamente questa opposizione non esiste (dal momento che numerose unità comitatenses erano stanziate alle frontiere e alcune unità limitaneae stavano nell'interno) piu di quanto non esiste funzionalmente, come ha dimostrato la composizione dei corpi di spedizione. L'esercito cosiddetto d'intervento non è dunque né cosi centrale né cosi mobile come si è sostenuto, e il concetto di «difesa in profondità» è un anacronismo sul quale non ha piu senso basare un'opposizione fra la concezione strategica di Costantino e quella di Diocleziano o, piu in generale, fra alto Impero e IV secolo'". Inoltre è necessario, come ha dimostrato Benjamin lsaac, trattare i problemi difensivi dell'Impero in modo differenziato, a seconda dei settori geografici presi in considerazione. La frontiera renano-danubiana è l'unico settore in cui il dispositivo di difesa assume l'aspetto di una linea di arroccamento continua. Al contrario, in Oriente, alcuni territori di frontiera come la Mesopotamia vengono praticamente abbandonati alla loro sorte e la dislocazione delle truppe su posizioni molto arretrate non deriota alcuna mira strategica; inoltre, nello stesso ambito orientale bisogna distinguere numerosi settori geografici che versavano in condizioni assai differenti, quali la Mesopotamia, la Siria, la Palestina e l'Arabia 130 • Resta il fatto che, là dove i piu gravi rischi d'invasione richiedevano di ammassare molti uomini, è piu difficile trattenersi dal concludere che gli assalti barbarici della seconda metà del m secolo abbiano particolarmente decimato il dispositivo ausiliario schierato agli avamposti dell'Impero. Ritengo ne sia prova la creazione massiccia di ali e coorti nel corso di tutto questo periodo, resa necessaria dalle perdite subite e possibile in un primo tempo solo grazie al reclutamento barbaro: Quadi, Vandali, Sarmati, Franchi, ma anche Tzani caucasici e Arabi esterni all'Impero. Nel caso delle unità germaniche, vi è uria corrispondenza esatta con le popolazioni vinte da Aureliano e Probo negli anni 270-80 e obbligate con un trattato (joedu.s) a fornire contingenti militari"'. Lo sforzo di una coscrizione «nazionale», temporaneamente imL'esercito cit., pp. 4'9-6o. B. ISAAC, The Limits o/ Empire cit., particolarmente pp. 372·418. "' Per l'Oriente, all'epoca della Notitia, si contavano ancora 8 ali e 7 coorti originariamente reclutate fra queste popolazioni (anche se non se ne è necessariamente conservato il reclutamento barbarico). '" J.-M. CARRffi,
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posta da Diocleziano, attesta la medesima crisi. Ora, nonostante la continua creazione di nuove unità, l'Impero non era in grado di tornare al contingente ausiliario su cui poteva contare alla fine del II secolo e ancor meno a quello dell'epoca severiana. Questa difficoltà nel colmare i vuoti proseguirà da Diocleziano a Costantino, che cercheranno di farvi fronte seguendo due concezioni differenti piu sul piano tattico che su quello strategico. In Oriente, ove abbiamo modo di cogliere con maggior chiarezza la politica militare tetrarchica, Diocleziano rafforzò il controllo territoriale - evidentemente una delle sue preoccupazioni principali trasferendo unità preesistenti e sottratte ad altri settori, il che ci offre tutte le ragioni di mettere in dubbio la veridicità delle accuse rivoltegli da Lattanzio, secondo il quale egli avrebbe raddoppiato il numero degli effettivi. Si ha piuttosto l'impressione di assistere a un tentativo di stabilizzazione di un dispositivo militare che era stato improvvisato di volta in volta a partire da Marco Aurelio passando per Settimio Severo e che cercava di individuare nuove possibilità di mobilità temporanea all'interno del quadro difensivo periferico preesistente e conservato nelle sue linee essenziali. In un primo tempo questa politica ebbe successo, ma a prezzo di una mobilitazione di sforzi che difficilmente poteva essere protratta indefinitamente e che probabilmente avrà portato l'esercito non lungi dal punto di rottura. Con Costantino la soluzione di queste aporie venne perseguita attraverso una riorganizzazione strutturale dell'esercito, assai piu che attraverso un capovolgimento dei piani strategici, supposto che l'Impero romano ne abbia mai concepiti. Possediamo scarse informazioni riguardo alle prime soluzioni fornite da Massimiano e Costanzo Cloro per far fronte alla difficile situazione in Occidente, rispetto alla quale Costantino ebbe modo di precisare le proprie concezioni. Constatando i gravissimi danni subiti dall'economia nelle zone periferiche, possiamo almeno immaginare le difficoltà logistiche con cui avrebbe dovuto fare i conti l'eventuale ricostituzione di uno schieramento concentrato esclusivamente in quei luoghi. In queste condizioni, ci si può domandare se, non dico la creazione di un esercito centrale d'intervento (ciò che non sono, lo ripeto, i comi'tatenses), ma un'estensione territoriale delle zone di acquartieramento non abbia tratto le conseguenze dell'impossibilità di fatto in cui si trovava l'Impero di mantenere solamente lungo le frontiere un dispositivo difensivo e logistico sufficiente; e se la difficoltà di reperire il personale necessario non abbia stimolato l'individuazione di soluzioni strategiche mirate a sfruttare meglio risorse umane non piu estensibili. T orniamo, a questo punto, al problema degli effettivi. I moderni per lungo tempo hanno preso per oro colato le affermazio-
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nidi Lattanzio summenzionate, che li inducevano ad accreditare l'esercito imperiale di un numero di effettivi compresi fra 6oo ooo e un milione di uomini, dopo il preteso raddoppiamento degli effettivi ad opera di Diocleziano. La prima cifra, proposta daJones, si basa sui dati della Notitia Dignitatum, supponendo che tutte le unità fossero al completo dei loro effettivi. Anche stando cosi le cose, non si sarebbe potuto verificare un raddoppiamento rispetto all'effettivo della fine del II secolo, che i recenti calcoli effettuati da A. R Birley hanno valutato fra i 41.5 ooo e i 445 ooo uomini (ivi compresa la flotta, ma senza tener conto dei numen), e ha cosi cominciato a farsi strada il dubbio che non vi sia nemmeno stato un incremento significativo sotto Diocleziano. Alcuni studiosi sono andati anche oltre, estendendo a tutte le unità la diminuzione di effettivi che in precedenza veniva riferita solamente alla legione. In altri termini, l'esercito tardoantico non avrebbe piu comportato unità superiori a un effettivo teorico di 1000 uomini, mentre la maggior parte dei reparti non ne avrebbe avuti piu di .500, il piu delle volte ridotti a 200 o a 300 nella pratica. L'argomentazione sulla quale si basa questa revisione minimalista "' non risulta certo convincente senza riserve, specialmente per l'epoca diocleziano-costantiniana. Vedremo piu avanti le deduzioni che si sono volute trarre dalla riduzione delle superfici delle costruzioni militari di epoca tarda. La frode dei comandanti di unità, che contraffacevano permessi di lunga durata e dichiaravano un numero di effettivi assai superiore alla realtà, mi pare sia stata piu che altro una conseguenza ne~ fasta dell'istituzione ducale, che ha assunto un'importanza notevole solamente a partire dalla seconda metà del secolo. Quanto poi al confronto fra loro dei dati numerici contenuti nei papiri di Panopoli, temo che non si sia sufficientemente tenuto conto del loro carattere parziale ed eterogeneo. Inoltre, in tale prospettiva la politica di Diocleziano riguardo alle frontiere sarebbe tutt'al piu sfociata in un'eccessiva dispersione della presenza militare, di cui era facile prevedere la totale mancanza di efficacia in caso di minaccia esterna: una tale mancanza di realismo da parte di un imperatore« militare» sarebbe decisamente sorprendente. Giovanni Lido"' ci riporta, per l'esercito di Diocleziano, un effettivo totale di 435 266 uomini, ivi compresi 45 562 marinai. I calcoli condotti daJones sulla base della Notitia Dignitatum, anche considerando il raggiungimento dell'effettivo teorico e attribuendo un effettivo di 3000 uomini alle legioni limitaneae, portano a una cifra di 6oo ooo uomini per la fine del
p.
"' R. DUNCAN·JONES, Pay and Numbers cit. "' GIOVANNI LIDO, De mensibus, 1.27. Secondo A. H. M. JONES, 2U, nota q6, questa cifra non terrebbe conto dei limitanei.
The Later Roman Empire cit., ni,
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secolo (104000 comitatenses e 135 ooo limitanei in Occidente, n3 ooo comitatenses e 248ooo limitanei in Oriente)''\ piu vicina a quella che Agazia indica per un periodo precedente al suo, probabilmente il IV secolo; ma quest'ultima indicazione non è affatto piu affidabile di quella di Giovanni Lido. Tutto sommato credo che si possa sostenere l'ipotesi di un incremento non eccessivo degli effettivi globali fra i Severi e Diocleziano, cui sarebbe seguita una fase di relativa stabilità fra Diocleziano e la Notitia Dignitatum, con un «picco» temporaneo, però, al tempo di Costantino. L'Impero probabilmente non disponeva di mezzi demografici né finanziari tali da consentire un aumento sensibile degli effettivi sotto le armi. Già la tetrarchia, per creare nuove unità, aveva dovuto imporre ai sudditti una riforma del sistema di reclutamento e una mobilitazione massiccia delle risorse dell'economia imperiale. Al termine di un'ultima corsa agli armamenti, Costantino non fu piu in grado di accrescere l'esercito se non facendo ricorso a un forte contingente barbaro, che fu poi necessario estendere ulteriormente, fino a raggiungere proporzioni drammatiche dopo il 378, per ovviare all'insufficienza del reclutamento nazionale. Tuttavia l'accrescimento numerico richiesto dalla creazione di molteplici unità di nuovo tipo (peraltro parzialmente realizzata attraverso la promozione di unità già esistenti) fu limitato grazie alla modicità del numero di effettivi richiesti da ciascuna e alla riduzione numerica delle unità piu antiche, che a mio awiso si deve attribuire alle riforme costantiniane. L'abbandono definitivo della struttura legionaria tradizionale indusse questo imperatore a rendere durevole il frazionamento, già attuato da Diocleziano, di alcune legioni in vessillazioni e a estendere questo procedimento ad altre, approfittando dei ritiri per anzianità allo scopo di ridurre il numero dei distaccamenti ancora conservati"'. In altri termini, il numero globale degli effettivi, gonfiato fra il310 e il325 a causa dell'affiancarsi del nuovo esercito comitatensis all' esercito preesistente, ha poi ritrovato gradualmente un equilibrio piu adatto alle risorse dell'Impero. È tuttavia incontestabile che il carico fiscale ne subf un aumento sensibile rispetto ai secoli precedenti, in primo luogo rimettendo in gioco i privilegi delle classi piu agiate e rafforzando ulteriormente in queste l'antimilitarismo e l'insensibilità agli imperativi morali della difesa del territorio imperiale. La crescente barbarizzazione del IV
,. Ibid., pp. 379-So.
.
"' È lo scenario che si potrebbe immaginare, ad esempio, per le tre legioni Iuliae Alpinae, di cui si
è parlato in precedenza: creazione, sotto Diocleziano, come legione unica, completa ma suddivisa in piu guarnigioni, poi ulteriore dissociazione di questi distaccamenti, venuti a costituire ciascuno una «legione», dotata però di un nome che ne ricordava l'origine comune.
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personale militare, che in parte è conseguenza di questa disaffezione, a sua volta non ha potuto far altro che accrescere il malcontento della società civile.
8. Il nuovo volto dell'eserdto. Non intendo trattare in questa sede delle modalità di retribuzione dell'esercito, che, riguardando soprattutto problemi fiscali e monetari, saranno affrontate in quell'ambito"'. Ma poiché si ritiene generalmente che Settimio Severo abbia creato una nuova imposta, l'annona militare, che in seguito Diocleziano avrebbe semplicemente ritoccato nella sua iugatio-capitatio, e che quest'annona in natura avrebbe preso il posto del soldo al fine di proteggere i soldati dall' «inflazione» monetaria, devo almeno accennare qui al fatto che i soldati, nel m secolo, non sono affatto passati da un soldo in denaro a una retribuzione versata esclusivamente in natura: nel3oo essi percepivano ancora lo stipendium, un soldo quadrimestrale in denaro (anche se l'inflazione l'aveva ormai reso irrisorio), e, nel secolo seguente, la parziale conversione in oro delle razioni annonarie reintrodusse in qualche modo un soldo in denaro, senza tuttavia far cessare la pratica dei donativa. La condizione materiale dei soldati, indebolita dai disordini finanziari e monetari precedenti, costitui sempre una preoccupazione essenziale per Diocleziano. I suoi successori ne ristabilirono progressivamente il potere d'acquisto e garantirono il risparmio militare al termine di un consolidamento finanziario e monetario che risultò effettivo a partire dalla metà del IV secolo ed ebbe nei soldati i principali beneficiari. Il rinnovamento degli effettivi era basato, oltre che sull'ereditarietà del servizio (imposta per legge alle famiglie dei soldati fin dall'inizio del rv secolo, ma semplicemente a sostenere una tendenza già spontanea nel ceto), sull'arruolamento di sempre piu numerosi contingenti di barbari -un fenomeno che verrà esaminato piu avanti- e su un nuovo sistema di coscrizione istituito da Diocleziano, che assimilava il rifornimento di reclute a un versamento fiscale, la cui ricostruzione è però molto complessa. Alcuni, come Mommsen, hanno ritardato fino al375 il« sistema di rifornimento patrimoniale delle reclute»"', mentre Rostovtzeff propone"' Cfr. J.·M. CARRffi, Le riforme economiche cit., e m., L'economia e le finanze, in questo volume rispettivamente alle pp. 287 sgg. e 761 sgg. "' Questa teoria è stata respinta fin dal 1899 da o. SEECK, «Capitulum», in RE, m, e poi in Gerchichte des Untergangs der antiken We/t,lll 2, Berlin 1921, pp. 47 e 493· L'esegesi di Seeck è stata in linea di massima ripresa da A. H. M. JONES, The Later Roman Empire cit., Il, pp. 614-17·
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va di farne risalire le origini ai Severi, invocando una continuità termino. logica che tuttavia non deve far perdere di vista una profonda trasforma. zio ne del sistema. Gli Atti di Massimiliano forniscono una ragione valida per riferire a Diocleziano un'istituzione che peraltro risulta in armonia con il quadro generale della riforma fiscale attuata da questo imperatore. Per protostasia si deve intendere la responsabilità personale di un proprietario che, a titolo strettamente personale o in nome di un capitulum (un raggruppamento di proprietari associati per raggiungere l'unità minima d'imposta fondiaria), doveva fornire alle autorità una recluta atta al servizio militare'". Verosimilmente, era stato previsto che le reclute sarebbero state soprattutto coloni ascritti "•, per i quali i domini avrebbero ricevuto un indennizzo; ma si creò anche, inevitabilmente, un mercato di volontari che snaturò lo spirito che stava alla base della riforma e generò innumerevoli abusi nei prezzi lievitati oltre ogni ragione. La legge prevedeva anche- fin dall'inizio, o solo in un secondo tempo?- che il capitulum potesse limitarsi a versare un'imposta sostitutiva, l' aurum tironucum, anch'essa incorporata nell' «imposta militare combinata», che a partire da Costantino fu percepita in oro: ed è secondo questa modalità, chiamata comparatia tironum, che associava i due principi fiscali dell' imposta e della requisizione dietro rimborso, che il sistema per lo piu funzionò nel corso del IV secolo. Tuttavia la documentazione papirologica attesta la coesistenza delle due forme di prestazione, segno che, o ai proprietari era stata mantenuta la possibilità di scegliere fra le due soluzioni, oppure, nei periodi in cui vi era grande necessità di tirones (reclute), l'autorità si riservava di imporre temporaneamente la coscrizione effettiva, senza che le due spiegazioni si escludano a vicenda. Tutto sommato sembra che il progetto di ricreare un esercito a reclutamento nazionale sulla base di un reclutamento rurale, supponendo che Diocleziano l'abbia mai concepito, il che è di per sé assai poco sicuro, in breve tempo si rivelò irrealizzabile. Al di là delle incertezze che riguardano il funzionamento del sistema e le fasi della sua applicazione, è dunque importante innanzitutto comprendere che la riforma, contrariamente alle conclusioni che piu comu111 La differenza &a protosttJSia e prototypia, negata da s. MAZZARINO, Aspetti sociali cit., p. 2.80 (e suDa praebitio tironum, in generale, pp. 2j'I·JIJ), ha dato vita a diverse spiegazioni. Non si può, invece, dubitare deU'identità fraprotostasia e/unctio del temonarius, un termine popolare che indicava il capi· tularius, né del fatto che questa lirurgia non si occupasse solamente deUa praebitio tironum: cfr. J,·M. CARRit, L'Eta/ à la recherche de nouveaux modes de/inancement des armées (w-vut siède), in "States, Resources andArmies·. Late Antiquity and Early Islam, Third Workshop (King's CoUege, LoncLra, ot· tobre 1992), in stampa. "' POxy., XLV, 3261, del324, testimonia ruttavia che il medesimo obbligo, contrariamente a quanto generalmente affermato, gravava anche sulle corporazioni urbane.
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nemente se ne sono tratte, non era tale da portare a una limitazione dell'origine sociale del reclutamento al mondo contadino. Abbiamo visto che i proprietari non fornivano necessariamente uomini alle loro dirette dipendenze, dal momento che potevano acquistare una recluta al di fuori del loro fondo o assolvere all'obbligo attraverso un versamento in moneta. Bisogna pure tener conto dell'arruolamento ereditario, probabilmente insufficiente ma tuttavia tanto numeroso da limitare a ben poca cosa il prelievo di manodopera sul mercato; e considerare che ogni anno c'era bisogno di una leva di 30·40000 uomini (ivi compresi i comitatenses, sempre piu barbarizzati) in un Impero che contava circa 75 milioni di abitanti. La riforma tetrarchica dell'arruolamento non concorre dunque in alcun modo a confermare l'ipotesi, peraltro priva di fondamento, di Rostovtzeff, secondo cui, a partire dai Severi, l'esercito sarebbe stato reclutato principalmente dai ranghi piu bassi del contadiname, né risulta di alcun sostegno alla teoria di Mommsen, poi ripresa da Grosse, di una trasformazione del ramo limitaneo dell'esercito in una milizia rurale di contadini-soldati fin dal IV secolo. In tempi piu recenti l'idea è stata ripresa da Denis Van Berchem, che vi ha affiancato la sua teoria dell'annona militart"s. Dopo i primi attacchi sferrati da Mazzarino"", poi seguito da Jones, questa teoria incontra oggi sempre meno favore. Eppure, l'influenza che ha esercitato per lungo tempo sulla lettura della documentazione lascia tuttora profonde tracce. Tale situazione si verifica per l'interpretazione degli archivi di Abinnaeus, il comandante dell'ala di cavalleria di Dionisiade, in Egitto Del resto i commentatori sembrano aver dimenticato che si trattava dei documenti privati di un ufficiale ritira tosi nelle sue proprietà, confondendo in questo modo due tappe ben distinte dell'esistenza di questo personaggio. Reinquadrato in una giusta prospettiva, questo dossier papirologico ci fornisce nondimeno informazioni d'inestimabile valore. Ci rivela, in primo luogo, le varie tappe di una carriera. Dopo 33 anni di servizio in una vexillatio comitatensis dell'Alto Egitto, questo ufficale subalterno fu nominato protector da Costantino e poi, in seguito ad alcune missioni speciali, ottenne da Costanzo il comando dell'Ala V Praelectorum di stazione nel Fayyiim 162 • Le difficoltà che Abinnaeus dovette affrontare per 161
•
160 s. MAZZARINO, Aspetti sociali cit., pp. 330-44; R. REBUI'FAT, Une zone militaire et sa vie économique: le limes de Tripolitaine, in Armées et /iscalité cit., pp. 39.5-419, particolarmente pp. 410-13. 161 H. 1. BELLe altri, The Abinnaeus Archive, Oxford 1962; R. RÉMONDON, Militaires et civils dans une campagne égyptienne au temps de Constance II, in JS (196.5), pp. 132-43. '"' T. D. BARNES, The Career o/ Abinnaeus, in «Phoenix>>, XXXIX (198.5), pp. 368-74, e la mia Prosopographie de l'armée romaine tardive d'Egyple (in stampa). Sul campo di Dionisiade, cfr. J.-M. CARRU~;, Egitto cit.
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prendere servizio, pur essendo in grado di produrre un atto di nomina emanato direttamente dalla cancelleria imperiale '6J, ci illustrano con chiarezza la caccia ai posti a colpi di raccomandazioni concorrenziali e gli scontri che in tali occasioni si dovevano verificare fra le diverse istanze di potere. Forse, riflettono anche gli sbalzi verificatisi nella cristianizzazione dell'esercito, se è vero che la nomina da parte di Costanzo di Abinnaeus, un ufficiale cristiano, sarebbe stata contrastata dal dux anticristiano V alacius. In effetti sappiamo che questi, dopo essersi vanamente opposto, per molti anni, alla presa di servizio da parte di Abinnaeus, che divenne effettiva al piu tardi nel342, a partire dal344 colse al volo la prima occasione per pretenderne le dimissioni senza ulteriori complicazioni"'. La morte di V alacius, nel345, sembra sia stata piu proficua ai fini della reintegrazione di Abinnaeus che non la nuova azione legale che egli si apprestava a presentare direttamente dinanzi agli imperatori per far valere i propri diritti"', un fatto che getta senza dubbio un'ombra inquietante sulla reale autorità con la quale un imperatore era in grado d'imporsi sui suoi rappresentanti militari locali. Occorre notare, d'altra parte, come questo ex protector di origine orientale, ma sposato con una cittadina di Alessandria, fosse diventato proprietario terriero nel Fayyiim, nelle immediate vicinanze della sua guarnigione. Ne ricaviamo una tra le prime testimonianze di un generalizzato fenomeno di accesso alla proprietà terriera da parte dei militari, ufficiali e graduati in particolare, che non cessò di ampliarsi fra il340 e il 380. Trent'anni dopo, Libanio, nel suo discorso Sul patronato, denuncia in modo indiretto questo arricchimento, presentandolo in termini di concorrenza sleale esercitata a spese della proprietà curiale e a dispregio della legislazione emanata contro il patrocinio, di cui i militari non erano tuttavia gli unici trasgressori'". Da solo il fenomeno costituisce la prova di un miglioramento della condizione militare, prima beneficiaria della politica di ripristino di una moneta forte: un ulteriore motivo di amarezza e di rancore per i curiali nei confronti dei militari, che portò alla diffusione di un vero e proprio antimilitarismo in tutto questo settore dell'opinione pubblica, un sentimento cui l'aristocrazia senatoria non fu affatto insensibile, come mostra, nell' Historia Augusta, la strana utopia pacifista attribuita a Probo- pur trattandosi di un imperatore fra i piu milita..., Pap. Abinn., J. ,.. Pap. Abinn., 2. "' Pap. Abinn., 58. 166 J.-M. CARRII~, Patronage et propriété militaires au W siècle: objet rhétorique et objet réel du discours « sur les patronages » de Ltbanius, in BCH, C, Etudes I (1975), pp. 159-79.
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risti 167 • Questo antimilitarismo «cittadino» non impediva affatto ad Abinnaeus e ai suoi pari d'integrarsi nella società civile circostante, senza necessariamente diluire al suo contatto l'originalità della sua condizione, e di intrecciare con essa una fitta rete di relazioni sociali. In ogni caso, siamo ben lontani dal capo di milizia contadina che ci presentano alcuni commentatori. Quanto poi agli uomini della truppa, se anche investivano in terreni i guadagni del loro servizio, non significa affatto che li coltivassero di persona. La differenza essenziale, da un punto di vista sociologico, fra proprietario fondiario e contadino è stata troppo spesso ignorata nel caso dell'esercito del tardo Impero, il cui comportamento a questo riguardo non differiva sensibilmente rispetto a quanto fosse stato nei secoli precedenti 168 • Un'altra fonte di reclutamento, e fattore assai piu determinante per la modificazione dell'aspetto dell'esercito del IV secolo, la barbarizzazione, si compi in vari modi. In primo luogo, numerosi gruppi barbari furono insediati in blocco su terre abbandonate, in cambio del loro impegno a fornire contingenti militari e ad assicurare la continuità del loro reclutamento. Le formazioni di laeti presenti in Gallia e nell'Italia settentrionale, la cui interpretazione fu a lungo falsata dalla teoria che vedeva i limitanei come contadini soldati, sono ormai riconosciute come unità reclutate all'interno di una comunità contadina barbara stabilitasi con il titolo di genti/es all'interno del territorio romano. In questo modo risultava concretizzato il principio proprio di tutto il tardo Impero, che individuava un rapporto diretto fra la terra e il rifornimento di soldati, senza pertanto che la funzione militare e l'attività agricola si confondessero: all'interno dei gruppi !etici non sono gli stessi individui a esercitare entrambe, un po' come avveniva nel sistema ellenistico della cleruchia, e assai spesso queste formazioni militari dovettero prestare servizio lontano dal territorio in cui la loro comunità si era vista concedere una parte del suolo pubblico. Se queste terre !etiche talvolta sono state definite limitaneae, non mi sembra si possa spiegare con il fatto che i loro occupanti abbiano prestato servizio nelle truppe limitaneae, né perché siano ((terre di frontiera» (in Gallia, infatti, se ne trovano in Aquitania o nella Lugdunense, cosi come nella Belgica Seconda), ma piuttosto perché erano inserite in un quadro di riferimento provinciale (ed è in effetti in quest' epoca che il termine limitaneus aggiunge alla sua già vasta gamma di significati quello di provincialis). Un'altra fonte di barbarizzazione è il ri.
Clt.,
167
Scrittori della Storia augusta, Vita di Probo, :zo e :ZJ, e il mio commento in merito in L'esercito
p. 486. 168
J.-M. CARIUt,
Il soldato cit., particolarmente pp. m-u.
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sultato degli effetti combinati di due disposizioni indipendenti: la praebitio tironum, o fornitura di reclute ad opera dei proprietari terrieri, e l'attribuzione, a questi proprietari, di singoli barbari deportati con la condizione giuridica di deditici e legati alla terra a titolo di coloni inquilini. Come sottolinea il panegirista del 297, il nuovo colono franco «è sollecito ad accorrere alla leva, se viene convocato, ben felice di prestare servizio come soldato» "•. L'ambiguità deriva dal fatto che i soldati barbari appartenenti a entrambe queste categorie furono talvolta qualificati con il nome di laeti"". Cronologicamente, i primi insediamenti di laeti in Gallia risalgono al tempo della tetrarchia, ma è escluso che si sia trattato di Franchi, Batavi e Svevi, sottomessi con il rango di deditici solo da Costanzo Cloro in seguito alle sue vittorie su Carausio. Nel334, è con il titolo di laeti che vennero suddivisi fra Tracia, Scizia, Macedonia e Italia settentrionale 300 ooo Sarmati liberi organizzati in «prefetture» 171 • Al contrario, l'ipotesi di una presenza di laetiin Britannia, per quanto sostenuta da alcuni archeologi in considerazione di certe sepolture militari del v secolo, deve essere respinta 112 • Infine, alcuni barbari venivano ammessi in blocco a far parte dell'esercito romano a titolo di /oederati. L'importanza numerica di questi contingenti è stata talvolta oggetto di valutazioni fantasiose. Cosf Giordane m, esagerando la portata degli aiuti militari forniti dai Goti in base al trattato del332, parla di 40000 federati, una cifra che è stata generalmente accettata dai moderni, ma che andrébbe ridotta alla luce di un piu attento esame; inoltre questo autore ha conferito anacronisticamente ai Goti fin dal332lo statuto difoederati che essi detenevano alla sua epoca, ma che il primo trattato stipulato, assai ingiusto e per questo rimesso in discussione trent'anni piu tardi, sotto Valente, non poteva in alcun modo aver già accordato loro. Di fatto, l'esercito romano si popolò di federati goti non prima del v secolo'". La barbarizzazione è anche un fenomeno che si verificò a diversi livelli: nelle province, disseminata ai livelli 169
Panegirici latini, ,(8).9.
110
Ambiguità segnalata da E. DEMOUGEOT, A propos des lètes gaulois du IV' siède, in Festschri/t F. Altheim, Il, Berlin 1970, pp. IOI-12, ora anche in L'Empire romain et les barbares d'Occident (111-VIf sièdes), Paris 1988, pp. 61-73. Per il resto, prendo le distanze da questo autore su parecchi punti. 171 Si troverà un chiarimento salutare sulla questione dei laeti in L. cucco RUGGINI, I barbari in Italia nei secoli dell'lmpero, inMagistra barbaritas. I barbari in Italia, Milano 1984, pp. 3-,1, particolar· mente pp. 24-38. 112
M. WELCH,
The Archaeological Evidence /or Federated Settlement in Britain in the Fi/th Centu·
ry, in L'armée romaine et les barbares cit., ritiene che le sepolture in questione appartenessero piuttosto a /oederati. "' GIORDANE,
Origine e stori4 dei Geti,
21.
'" Cfr. ora P. J. HEATHER, Goths and Romans, 332·489, Oxford 1991, pp. 108-9.
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piu locali; a livello regionale, con le unità d'élite che potevano venir chiamate a far parte di corpi di spedizione; ai vertici della gerarchia, infine, con i reparti cui era affidata la protezione rawicinata della persona dell'imperatore. Lo sbocco logico di questa evoluzione fu, fin da Costanzo ,II, l'accesso dei barbari ai piu alti ranghi dello stato maggiore (con alcuni magistri equitum franchi). Alla fine del IV secolo gli alti comandi erano ampiamente barbarizzati, il che non mancò di suscitare brutali reazioni dettate dal nazionalismo romano. Durante il periodo tetrarchico si succedono, a pochi anni di distanza, l'esclusione dei cristiani dall'esercito imperiale e la grande persecuzione anticristiana'". n primo awenimento è da collocare nd 298 sulla base sia di Eusebio sia di Lattanzio, mentre quest'ultimo è il solo ad attribuirne la responsabilità a Galerio "'. Alcuni hanno visto in questa epurazione dell'esercito la prima tappa di una strategia articolata e mirata a porre fuori legge i cristiani, ma può darsi, al contrario, che la persecuzione, nd 303, si sia estesa a partire da problemi incontrati all'interno dell'esercito. Da una parte, la volontà imperiale di escludere i cristiani dall'esercito testimonia una preoccupazione per la coesione morale di cui la lotta al manicheismo (legge dd 298?) avrebbe costituito una prima manifestazione 177 • Ma già fin dai primi anni del regno di Diocleziano si moltiplicarono gli atti di obiezione di coscienza da parte dei soldati cristiani: quale fu l'ampiezza di questo fenomeno? e in quale misura fu responsabile di una reazione anticristiana da parte del governo imperiale? Ci troviamo a questo punto dinanzi al problema delle Passioni di santi soldati, documenti di autenticità ineguale e difficilmente controllabile. Poiché il soldato è divenuto un tipo privilegiato di santo protettore, alla cui evoluzione la metafora della militia Christi non è estranea, e anche in considerazione della politica anticristiana della tetrarchia, questo periodo è giunto a costituire un quadro di riferimento obbligato per tutte le leggende agiografiche di origine tarda, ad esempio quella della legione tebana che avrebbe rifiutato di continuare a seguire Massimiano in occasione della sua spedizione in Gallia contro i Bagaudi: la credibilità dell'episodio, che pure conta ancora alcuni accaniti difensori, sopravvive difficilmente allo studio in cui Denis Van Berchem ha ricostruito la m E. GABBA, I Cristiani nell'esercito romano del quarto secolo d.
C., mPer la storia dell'esercito ro-
mano cit., pp.
n-109. '" EUSEBIO DI CESAREA, Storia ecclesiastica, 8.4.1, e apuli GIJtOLAMO, Cronaca, ad annum 2317 (p. 227 Helm); LATIANZIO, La morte dei persecutori, 10.4; c&. P. KOLB, L'ideologia tetrarcbica e 14 politica religiosa di Diocleziano, in G. BONAMENTE e A. NESTORI (a cura di), I Cristiani e l'Impero nel N secolo,
Convegno di Macerata (1]·18 dicembre 1987), Macerata 1988, pp. 1]·44· 177 Senza per questo supporre, come W. Seston, l'esistenza di un rapporto &a manicheismo e obiezione di coscienza cristiana: c&. E. GABBA, Per 14 storia dell'esercito romano cit., pp. 88-92.
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storia e le motivazioni di una pia finzione"'. Limitandosi alle Passioni «autentiche», si possono in realtà distinguere due tipi di narrazione: quelle in cui si parla di obiezione di coscienza in senso proprio e quelle in cui il soldato rifiuta di compiere un gesto di riconoscimento nei contronti di un altro dio, come implicava il culto imperiale, inevitabilmente associato alla vita militare fin dal giuramento. Nel secondo caso, solo una differenza di grado e non di natura distingue i soldati renitenti dai cristiani civili che opponevano il medesimo rifiuto, senza che vi fosse la contestazione del mestiere delle armi. Un'iscrizione di Pisidia testimonia di un soldato dell' o/ficium presidiale che fu perseguitato dal governatore durante il periodo delle misure anticristiane promosse da Massimino Daia e piu tardi divenne vescovo. Ebbene, la ragione che egli addusse per il suo congedo dall'esercito ottenuto a viva forza, fu unicamente il rifiuto di compiere sacrifici"'. Èanche possibile che l'impopolarità del nuovo sistema di coscrizione avviato da Diocleziano abbia, se non assegnato al cristianesimo un ruolo di rifugio morale e materiale per i recalcitranti, almeno fornito larga eco alle posizioni dottrinali che affermavano l'incompatibilità del servizio militare con la militia Christi. È del tutto comprensibile che le Passioni, nella loro sobria efficacia apologetica, non abbiano cercato di distinguere con maggior precisione i diversi stimoli dei loro protagonisti, mostrando invece spesso un'esitazione fra le varie motivazioni. La massiccia rappresentanza dell' Mrica nell'agiografia degli obiettori di coscienza (Massimiliano, Tipasio, Marcello, ecc.) è stata collegata con la tradizione montanista, che aveva preso una netta posizione in questo ·senso fin dal n secolo, in particolare con Tertulliano. Nel secolo seguente, però, un Ippolito, un Origene non erano meno categorici degli Africani nell'esortare i fedeli a rifiutare il servizio nell'esercito e ugualmente sotto i tetrarchi alcuni soldati hanno scelto la via del martirio nelle regioni piu diverse: in Mesia, in Gallia, in Spagna, in Asia Minore o in Egitto (Mena). Inoltre l'accesso al trono di imperatori cristiani, a partire da Licinio e Costantino, non comportò un'immediata modifica dell'atteggiamento dottrinale della Chiesa sull'uso delle armi. Questa evoluzione sembra aver avuto luogo solamente a partire dalla seconda metà del secolo e a costo, probabilmente, di vive contraddizioni, di cui forse troviamo eco nel dramma allegorico della Visione di Doroteo, un testo databile fra la fine del IV e gli inizi del v secolo, la cui elaborazione, 171 D. VAN BERCHEM, Le martyre de la légion thébaine. Essai sur la /ormation d'une légende, Baie I9,6. "' MAMA, I, 170, di Laodicea Catacecaumene; anche la persecuzione generale del3o3 non sem-
bra dunque averlo allontanato piu precocemente dal servizio militare.
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però, potrebbe aver preso l'awio a partire dall'epoca tetrarchica .... Un altro problema è costituito dall'atteggiamento dei soldati. All'apparenza molti, cristiani fin dal momento dell'arruolamento o divenuti tali durante il servizio, non si posero alcun problema (cosf Aurelio Gaio, che sarebbe stato congedato, ma non da renitente, o Abinnaeus, verosimilmente arruolato nd 303, proprio l'anno della grande persecuzione): pur glorificando coloro che, al contrario, avevano scelto la renitenza e il martirio, la Chiesa non poteva far altro che prendere atto di una tale situazione. Sia il numero dei cristiani che a quel tempo prestavano servizio nell'esercito, assai diseguale a seconda delle regioni, sia gli effetti delle misure di esclusione dall'esercito, non sono facili da valutare. Si può semplicemente supporre che, al pari dei cristiani civili, i soldati abbiano contato un rilevante numero di lapsi (recidivi). Inoltre pare ovvio che nel prosieguo del secolo, nonostante i decisivi progressi che compi la cristianizzazione, ma anche grazie a essa, l'obiezione di coscienza non abbia piu costituito un problema per il reclutamento dell'esercito imperiale. C'è ogni motivo di pensare che alla fine del IV secolo l'esercito fosse ormai, a larga maggioranza, cristiano e non potesse rifiutare, a imperatori cristiani, quelle manifestazioni di culto che essi pretendevano ancora per la loro persona nei signa di ogni campo. Cosa non si è detto, ancora recentemente, sul crollo della disciplina e dell'efficienza militare nell'esercito romano del IV secolo! .... Fonte di facili effetti oratori, la denuncia, da parte dei contemporanei, del tragico venir meno della disciplina e dei valori militari sembra proprio abbia costituito l'accompagnamento scontato di ogni protesta civile contro l'aggravio delle spese militari: a questo titolo, piu che testimonianza di un fenomeno, è evidente spia di una polemica. I rilievi, spesso severi, di Ammiano Marcellino, fanno piu impressione: riguardano però l'esercito inattivo, ossessione dei capi militari di tutti i tempi, e ritrovano allora, non senza qualche civetteria letteraria, gli accenti di Tacito quando descrive l'esercito romano nd periodo che pur si ritiene di maggior splendorew .. Inoltre lo stesso Ammiano, in altre circostanze, si compiace di mostrarci come l'esercito del suo tempo sapesse rendersi degno delle piu gloriose tradizioni. A ciò si aggiunga che nell'espletamento dei loro compiti non strettamente militari, legati all'amministrazione, all'ordine 1 "' D. VAN BERCHEM, Des so/Jats chrétiens dans la garde impériale. Obs""ations sur le texte de la Vision de Dorotheos (Papyrus Bodmer XXIX), in StudCias, XXIV (1986), pp. I.H-63. 181 R. MACMULLEN, Corruption and the Decline o/ Rome, Y aie University Press, 1988, p. I7' e pasrim. A questo proposito, valide le osservazioni di R. s. o. TOMLIN, The Army o/the Later Roman Empire, in J. WACHER (a cura di), The Roman Wor/J, London 1987, l, pp. n6-I7. 182 J.-M. CAIUUÉ, Il soldato cit., pp. 1o6-7; m., L'esercito cit., p. 479·
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pubblico e al controllo dei movimenti di uomini e merci sulle frontiere, i soldati limitanei del IV secolo non sembrano essersi rivelati per nulla inferiori ai loro predecessori dell'alto Impero. Lo spirito bellico non era certo condiviso in egual misura in ogni luogo dell'Impero, né in ogni ambiente sociale. Come già nell'epoca immediatamente precedente, le frontiere danubiane fornivano agli eserciti il personale migliore, «queste province in cui - per riprendere le parole del panegirista di Massimiano -la vita intera è servizio» w; province alle quali l'opinione pubblica giunse a riconoscere il monopolio per la presentazione delle candidature imperiali, dal momento in cui gli unici meriti riconosciuti ai fini dell'esercizio del potere supremo venivano a essere di ordine militare e le virtu del sovrano ideale erano ricalcate su quelle del guerriero che egli era di fatto. La solidarietà che legava fin dalle origini l'imperatore e i suoi soldati si rafforzò a questo punto con nuovi legami geografici, sociologici e culturali, che tuttavia cominciarono ad attenuarsi con la dinastia costantiniana e che, sotto Costantino stesso, non escludevano la rivendicazione aperta. Dopo aver fatto il suo ingresso nei principia ed essere stato salutato da prefetti, tribuni e personaggi di ah o rango, venne acclamato. Radunati, poi, i veterani gridarono: Costantino, nostro imperatore, a che pro averci liberati dal servizio, se non abbiamo il nostro editto di liberazione? L'imperatore Costantino disse: ora piu che mai è mio dovere accrescere anziché diminuire il benessere dei miei soldati e compagni d'armi. Il veterano Vittorino disse: è inammissibile che noi siamo sempre soggetti a tutti gli obblighi e aili oneri. L'imperatore Costantino disse: precisa quali siano essenzialmente gli obblighi che gravano ripetutamente su di voi. Ad una voce i veterani risposero: senza dubbio puoi rendertene conto da te. L'imperatore Costantino rispose: in questo stesso momento io voglio che sia chiaro che in conformità con la mia autorità legislativa è stato accordato a tutti i veterani di ... [segue l'enunciazione delle misure emanate cosi «a caldo»] 114 •
Questo racconto preso dal vero illustra con chiarezza la comunicazione privilegiata di cui l'esercito godeva nei confronti dell'imperatore e le pressioni cui era in grado di sottoporlo.
9· Nuovi armamenti, nuove tattiche. Nel quadro di un'integrazione sempre piu diretta delle necessità militari all'organizzazione generale dello Stato imperiale, riplasmata secondo gli schemi di un'economia di guerra, l'equipaggiamento delle truppe diventò in parte appannaggio delle fabbriche statali create da w 114
Ponegirici 14tini, J(n). 3-9· Codice teodosillno, 7..20..2 (datata da Seeck al3.26), e il mio commento in Le don de /oi, in stam·
pa nei MEFRA.
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Diocleziano. Gli storici in genere ritenevano che l'esercito dell'alto Impero si rifornisse di armi presso artigiani e commercianti privati, poi nazionalizzati in epoca tetrarchica. Tuttavia, questa opinione è stata rimessa in discussione dalla scoperta di nuova documentazione che ha confermato, concordemente con Vegezio "",l'autosufficienza della legione tradizionale in materia di armamenti. Vi è una perfetta concordanza fra il Digesto, gli archivi militari e gli esiti degli scavi difabricae d'armi all'interno degli accampamenti .... Le fabbriche di armi che furono istituite a partire da Diocleziano, e il cui numero crebbe ancora fino a raggiungere le 35 testimoniate nella Notitia Dignitatum, pur costituendo un'importante innovazione, inquadrata nel programma di ricostruzione militare e finanziaria della tetrarchia, non possono quindi piu essere presentate quale prova del rafforzamento dell'economia di Stato a scapito della produzione privata"". La tendenza al frazionamento delle unità di combattimento e alla specializzazione delle loro diverse componenti risulterebbe incomprensibile senza una trasformazione delle tattiche di combattimento. Nella fanteria, innanzitutto: contro il parere espresso da Mommsen (ma già criticato da Grosse) e che supponeva un'interpolazione anacronistica del testo, di recente si è tornati a dare credito al passaggio nel quale Vegezio parla di un'organizzazione su tre linee di combattimento (acies triplex), suggerendo che l'antiqua legio cui'viene collegato tale ordinamento sia stata quella di Diocleziano •. Quest'interpretazione ha recentemente trovato un ulteriore supporto nell'iscrizione, già menzionata, di Aurelio Gaio, il cui primo grado in quanto aspirante ufficiale fu precisamente quello di optio (centurionis) triarii. Ma, sulla scia dell'epoca precedente, l'elemento principale dell'evoluzione tattica restò piuttosto il crescente impiego della cavalleria, sempre piu numerosa, che contribuiva ad aggravare il carico finanziario dell'esercito. Nonostante questi sforzi, sembra però che il genio militare romano non si sia mai sentito a 18' M. c. BISHOP, The Military Fabrica and the Production of Arms in the Early Pn'ncipate, in The Production an d Distn'bution o/Roman Military Equipment (BAR Int. Ser., 275), Oxford 198,, pp. 1·42, che prende in contropiede, in particolare, R. MACMULLEN, lnscriptions on Armour and the Supply o/ Arms rn the Roma n Empire, in AJA, LXIV (196o), pp. 23-40, e H. R. ROBINsON, The Armourofthe Imperia! Rome, London 1975, p. 8. 186 Digesto, ,o.6o.7; Chl..A, X, 409; Tabula Vindolanda, 1 e 3; scavi di Haltem, Inchtuthil, Vindo-
landa, Wiesbaden, Xanten, Newstead, ecc. 181 Si dispone ora dell'eccellente studio di s. JAMES, The fabricae: State Arms Factories of the Later Roma n Empire, in J. c. COULSTON (a cura di), Military Equipment and the ldentity of Roman Soldiers (BAR lnt. Ser., 394), Oxford 1988, pp. 1'7-331; cfr. J.-M. CARRia, Le riforme economiche ci t., in questo volume, p. 319. 188 E. L. WHEELER, The Legion as Phalanx, in «Chiron», IX (1979), pp. 3I,-f7, che commenta VEGEZIO, I.:zo, 2.8, 3·14• e AMMIANO MARCELLINO, 24.6.9.
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proprio agio «in sella». Nella descrizione della battaglia di Torino, Nazario mostra come la cavalleria di Costantino faccia cadere in trappola la cavalleria clibanaria (corazzata) di Massenzio, malgrado il suo aspetto terrificante ... _Adrianopoli, nel 378, un'irreparabile disfatta subita dalla cavalleria romana ad opera dei Goti, getta un'ombra inquietante sulle capacità di un esercito largamente riconvertito all'impiego della cavalleria, ma ancora eccessivamente legato a schemi strategici e tattici elaborati sulla base della secolare esperienza della fanteria legionaria. Eppure, in termini generali, gli alti comandi romani hanno dato prova di pragmatismo facendo propri le tecniche di guerra e gli armamenti in uso presso i nemici o i popoli confinanti e giudicati efficaci. In quest' ottica hanno arruolato cavalieri arabi che terrorizzavano la cavalleria dei Goti '10 • Parimenti, Ammiano Marcellino testimonia dell'adozione di tattiche di guerriglia nell'esercito di Giuliano"'. Si noterà, a questo proposito, che la scelta strategica di questo imperatore, che attaccò la Persia a sorpresa, nel363, sembra coincidere perfettamente con il riassunto ad opera di Giovanni Lido di uno scritto di Costantino, Ta syngrammata, che trattava, tra l'altro, del modo di combattere i Persiani, come si apprestava a fare nel3371f2· Questo testo, generalmente ignorato, proverebbe l'influenza esercitata su Giuliano dalle concezioni strategiche di Costantino, basate su astuzia e manovre diversive, di cui aveva fornito un esempio dd tutto reale nella campagna renana del313 "'. Quanto poi ad Ammiano, risultano interessanti le sue persistenti riserve nei confronti della guerra d'imboscata, giudicata disonorevole, immorale e ingiustificata, se non contro i latrones, sassoni nel caso specifico"'. TI settore in cui si manifestarono i cambiamenti piu profondi resta tuttavia quello dell'architettura militare. Le trasformazioni che vi si verificarono nella transizione dal III al IV secolo "' riflettono quelle che interessarono nel contempo la strategia imperiale, la tattica e le condizioni di vita dei soldati. La strategia, innanzitutto: il frazionamento delle unità e ., Panegirici latini, ro(4).22-24.
"" wsiMo, 4.22 sgg.; 1. SHAHm, Byuntium and the Arabs in the Fourth Century, cit., PP-17,·83 e 239·68.
"' N. J. E. AUSTIN, Ammianus on War/are. An Investigation into Ammianus' Mi/itary Know/edge («Coli. Latomus», 16,), Bruxelles 1979, p. 44· '"' w. E. KAEGI jr, Constantine's and ]u/ian's Strategies o/Strategie Surprise against Persians, inArmy, Society and Religion in Byuntium («Variorum Reprints», 162), London 1982. "' Panegiriti latini, 9.(u).2q-z:z (pronunciato nell'autunno 313). '" AMMIANO MARCELLINO, 28.,.1-7: un testo da aggiungere a G. TRAINA, Aspettando i barbari. Le origini tardoantiche della guerriglia di frontiera, in RomBarb, IX (1986-87 ), pp. 247-80, che ha studiato la rimozione progressiva, fra II e x secolo, dei « tabu » ideologici che gravavano sulla guerra d' imboscata. "' H. voN PETRIKOVITS, Forti/ications cit.;J. LANDER, Roman Stone Fortification cit., p.p. 181-208.
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la moltiplicazione delle postazioni militari nella zona di frontiera comportavano una riduzione delle dimensioni sia delle opere secondarie, sia dei campi di base. Quindi la tattica: prima della diffusione stessa, nella seconda metà del IV secolo, della nuova artiglieria pesante, che necessitava di torri possenti sulla cui sommità vi fossero piattaforme di tiro adeguate, la semplice difesa delle porte, degli angoli e della cinta nel suo insieme, per mezzo delle classiche armi da getto o da lancio, impose la tipologia delle torri sporgenti a U o a ventaglio (negli angoli), a partire dalla metà del m secolo ..., oppure quadrate, a partire dall'epoca tetrarchica. Inf4te, le condizioni di vita dei soldati: per molti di loro il campo cessa di essere il luogo di residenza e di sottomissione esclusiva e permanente alla disciplina militaris, per dare spazio a funzioni di fortezza rese indispensabili nel frattempo dalla pressione barbarica. Un fatto senza precedenti nella tradizione romana si verifica quando vengono istituite alcune unità senza un campo specifico- è il caso delle numerose truppe comitatenses-'- protette dai bastioni della città in cui si stanziano e in cui gli uomini vengono ospitati nelle abitazioni civili, cosa che non migliora certo i sentimenti della popolazione nei confronti dell'esercito e alimenta la diatriba anticostantiniana di Zosimo. In certi casi è un quartiere della città a specializzarsi nella funzione di campo trincerato, senza che però diminuisca la promiscuità con la popolazione civile (cosi avvenne a Palmira, a Dibsi Faraj, ecc.). TI fenomeno non interessa solamente le grandi città: lo si può riscontrare allo stesso modo in località minori, agli avamposti dell'Impero. Cosi a Dionisiade, l'ultimo luogo di guarnigione di Abinnaeus (ai margini dell'oasi del Fayyfun), ben prima di Costantino l'insediamento di un'ala di cavalleria ha portato non solo alla costruzione di un forte di dimensioni ridotte (83 metri per 70), ma anche allo sviluppo di quartieri abitativi« in città». Con ogni evidenza, il campo militare di grandi dimensioni dell'alto Impero, legionario o ausiliario che fosse, sviluppatosi a sua volta a partire dal campo saltuario dell' esercito civico repubblicano e successivamente reinterpretato, da Augusto in poi, come la trascrizione geometrica di una forza militare tranquilla e sicura di sé, non rispondeva piu alle esigenze della nuova situazione. Fra le città fortificate e i fortini-casematte esso non aveva piu motivo d'esistere e si riconverti in una fortezza di medie dimensioni. La dimensione di queste fortezze, che non aveva piu nulla a che fare con quelle dei campi dell'alto Impero (am~he un campo legionario, come quello già citato di Lejjiìn, non superava i 4,6 ettari; Kaiseraugst, a est di "' D. GABLER (a cura di), Tbe Roman Fort at 'Acs-Vaspuszta (Hungary) on the Danubian Limes, 2 voli. (BAR lnt. Ser., .BI), Oxford 1989, p. 646.
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Basilea, era di 3,6), non autorizza però a proporre, per l'esercito del1v secolo, stime numeriche esageratamente basse In effetti, non si possono considerare alla stessa stregua i campi dell'epoca precedente e le fortezze di epoca tarda, che svolgevano tutt'altre funzioni. n moltiplicarsi di questo tipo di opere imponeva il ricorso a formule architettoniche a basso costo, secondo una tipologia suggerita anche da considerazioni di efficacia tattica: la massima capienza entro l'opera muraria piu ristretta possibile sia da costruire che da difendere. Si raggiunge questo scopo, in particolare, addossando gli accasermamenti alle mura di cinta, talvolta su due piani una soluzione architettonica che era già prevalsa in precedenza, per la sua razionalità, nelle opere di dimensioni ridotte: i quadriburgia e i pyrgoi. tutto andava a scapito del comfort dei soldati, ma del resto l'alloggiamento non costituiva piu la funzione prioritaria di questo nuovo tipo di edificio, sia in considerazione del gran numero di uomini distaccati temporaneamente dal campo principale, sia per l'autorizzazione, accordata ai soldati a partire dai Severi, di mantenere una famiglia in prossimità del luogo di guarnigione. Occorre inserire questa trasformazione del campo in fortezza, che riflette, piu in generale, quella dei compiti affidati all'esercito, in un quadro geopolitico generale, come ha fatto Luttwack, malgrado le numerose perplessità suscitate dalle sue conclusioni. Si trattava ormai di guerre territoriali, cioè di guerre mirate a controllare, proteggere o recuperare lo stesso territorio imperiale, contro popoli esterni, sollevazioni provinciali o eventuali usurpa tori. Per queste stesse ragioni le città, in quanto centri nevralgici delle regioni e luoghi di accumulo della ricchezza, tesero in parte a trasformarsi in fortezze per resistere a nuovi nemici esperti in poliorcetica "'. Esse divennero la posta essenziale nei giochi strategici: bersagli temporanei delle scorrerie barbare o obiettivi a lungo termine del rivale persiano; luoghi di sosta e approvvigionamento per gli eserciti in campagna militare, ma anche, grazie alle mura con le quali si erano protette, postazioni tattiche, punti d'appoggio o luoghi di ripiegamento. Spezzando una lunga tradizione di separazione netta fra città e accam191
•
191
,
n
"' R. DUNCAN-JONES,PayandNumberrcit.; R. MACMULLEN, HowBig Was the RomanA,., i', in «Klio», LXII (198o), pp. 4'1-6o, e le mie osservazioni in L'esercito cit., pp. 4,7.,8 e note 49-,3, 46o e nota 70· La legio N Martia a Khirbet el-Fityan aveva un campo secondario, che distava solamente 2,5 km dal campo principale di Lejjfin, senza contare altre posizioni distaccate a noi ignote. "" Cosi a Deit el-Kahf (nell'attuale Giordania), forse identificabile con la posizione di Speluncae della Notitia. D tipo quadriburgium (un fortino con quattro torri angolari), diffuso soprattutto a partire dalla fine del IIl secolo, è tuttavia già attestato in età severiana, ad esempio a Ravna, nella Mesia Su· periore. "' A. LEWIN, Studi sulla città imperiale romana nell'Oriente tardoantico («Biblioteca di Athe· naeum», q), Como 1991.
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pamenti, che Elio Aristide celebrava come il piu grande successo dell'Impero romano 200 , la presenza, permanente o episodica, dei soldati nelle città con il tempo divenne sempre piu inevitabile. Fin dalla metà del III secolo, nei Balcani sotto Decio, o in Siria e in Mesopotamia sotto Gallieno, di fronte a nemici cosi differenti, quali potevano essere i Goti e i Persiani, la guerra era diventata una guerra d'assedio"", non solo perché il controllo del territorio passava attraverso quello delle sue città principali, ma anche perché ormai assediare una città significava sempre assediare una parte delle truppe nemiche. In questo preludio al medioevo, la guerra ha raggiunto la città, che non lascerà piu per molti secoli.
10.
La prova del nuovo sistema militare sotto Costantino e i suoi successori.
TI confronto fra Costantino e Licinio ebbe due grandi momenti di svolta: il primo nel316l02, il secondo nel324, dopo cinque anni di preparativi che contribuirono assai alla trasformazione della struttura dell'esercito tardoantico. I prelievi di truppe dalla frontiera danubiana per rinforzare l'esercito di spedizione preparato contro Licinio hanno incoraggiato, ben due volte, i Goti a penetrare all'interno del territorio imperiale, costringendo Costantino a rimandare la guerra civile per ricacciarli indietro, una prima volta nel 314 o nel 315 e la seconda nel32 3 li». Dopo essersi liberato del rivale, Costantino nel 328 fu in grado di occupare nuovamente una fascia di territorio lungo la riva nord del Danubio (01tenia), mentre promuoveva importanti opere di difesa sulla riva destra fino a monte delle Porte di Ferro (Novae, Diana, Boljetin) *.Sul fronte orientale Costantino calcolò di tenere a freno la minaccia persiana soprattutto per vie diplomatiche. La posizione romana, rafforzatasi con la conversione al cristianesimo dei sovrani armeni ed etiopi, trovò un altro aiuto inatteso presso gli stessi Persiani: infatti, la campagna di Shahpiir
n,
J.-M. CARRlt, L'esercito cit., p. 487, e m., Il soldato cit., pp. e 138-40. C&., sulla base di documentazioni archeologiche conservate in modo eccezionale, P. LERICHE, Techniques de gue"e sassanides et romaines au mi/ieu du IIf siècle: le siège de Doura-Europos, in L'armée romaine et /es barbares cit., e s. MITCHELL, The Siege o/Cremna, in P. FREEMAN e D. KENNEDY (a 200
201
cura di), The Defence cit., pp. 3n-z8. 202 . Per la data dd 316 c&. R. ANDREOTII, Recenti contributi alla cronokJgia costantiniana, in «Lalomus», XXI:n (1964), pp. '37-''' e T. D. BARNES, The New Empire cit., p. 73· 20' E. A. THOMPSON, Constantine, Constanh'us II and the Lower Danube Frontier, in «Hennes», LXXXIV (19,6), pp. 378 sgg. "" M. VA&It e v. KONDié, Le /imes romain et paléobyuntin des Portes de Fer, in Studien zu den Mi· litiirgren:r.en Roms III. Vortriige des rJ. intemationalen Limeskongresses (Aalen 1983), Stuttgait 1986, pp. 542-60.
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contro gli Arabi della penisola, nel326, fece sf che cercasse un'alleanza con Roma Imru' al-Qays, il fondatore di una dinastia che concentrava sotto il suo potere le tribu arabe settentrionali. Ormai questo settore, in precedenza controllato con difficoltà dall'esercito romano, fu difeso da unità arabe,. Riaccese nel336, sempre per il controllo dell'Armenia, le ostilità con i Persiani, sotto Costanzo ll, assunsero forma di guerra d' assedio e di posizione, con un numero limitato di grandi scontri frontali, dal 343 al 346, dal 348 al 3.50 e quindi nel 358, alla vigilia della mone dell'imperatore. La gloriosa spedizione di Giuliano, seguita dalla rovinosa ritirata in cui egli perse la vita (363), si concluse con un trattato vergognoso con il quale Graziano, in cambio di una pace trentennale, concesse l'abbandono di tutti i territori di recente acquisizione. L'esercito, dopo aver svolto un ruolo non ben definito nella tormentata successione di Costantino, s'impegnò in Occidente in nuovi episodi di guerra civile, nel340 e poi, soprattutto, nel350-,53, quando sostenne l'usurpatore Magnenzio costringendo Costanzo II a passare in Occidente. I due antagonisti, in vista del confronto diretto, sguarnirono le frontiere, che subirono allora il piu grave assalto che l'Impero ricordasse da tanto tempo: gli Alamanni contro la Gallia nord-orientale a partire dal 352, i Franchi nel3,55, i Quadi e i Sarmati lungo il Danubio nel3.57 e gli Alamanni, di nuovo, lungo il Reno e il Danubio superiore dal352 al357. Le vittorie riportate da Giuliano e Costanzo II ristabilirono momentaneamente la situazione, senza però garantire alcuna sicurezza a lungo termine, ed ebbero come risultato un'accentuata barbarizzazione dell'esercito. Ci possiamo fidare della Notitia Dignitatum per conoscere la situazione delle forze romane un secolo dopo le iniziative di Diocleziano e Costantino? È stata avanzata da piu commentatori l'ipotesi che questo documento, pur composto, al piu tardi, nel395, con un aggiornamento d'insieme fino al41o e poi fino al429 solamente per la parte occidentale206, riprodurrebbe, pur senza chiari motivi, le liste dell'esercito limitaneo di epoca tetrarchica "''. È tuttavia possibile citare un numero sempre maggiore di postazioni la cui occupazione, risalendo all'alto Impero o anche solo alla fase tetrarchica, di ceno si prolungò fino agli inizi del v secolo, ivi compresi anche siti che non figurano nella Notitia "".Al con,., I. SHAHID, By%antium and the Arabs cit., pp. 31-73. 206 G. CLEMENTE, La Notitia Dignitatum, Cagliari 1968, Conelusione,passim_ Sulle varie opinioni in materia, cfr. J.-M. CARRI!, L'esercito cit., p. 451 e note 6-u. "'' D. VAN BERCHEM, L'armée de Dioclétien cit.; per l'Egitto, R. M. Price, in Aspects o/the Notitia Dignitatum (BAR Suppl. Series, 15), Oxford 1976, PP·I43-54· seguito daR- DUNCAN-JONES, Structure and Scale in the Roman Economy, Cambridge 1990, p. 107, nota 4200 D. GABLER (a cura di), The Roman Fort cit., p. 649.
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1.53
trario, essa riporta alcuni cambiamenti sopravvenuti nel frattempo: ricordiamo, in particolare, la moltiplicazione degli equites sagittarzi indigenae in Oriente, cui corrispose quella dei laeti in Occidente"". Queste formazioni presero probabilmente il posto di alcune unità romane di frontiera, che perciò non compaiono piu nella Notitia o vi risultano in forma assai ridotta'"'. Si è anche voluto ritenere anacronistica la menzione cosi tardiva di fortezze che si immaginava fossero state abbandonate già da qualche tempo. È particolarmente il caso del Vallo d'Adriano, che si riteneva fosse stato abbandonato nel367, 383 o 407, o almeno non fosse sopravvissuto alla rottura dei rapporti con il continente nel41o m: questo argomento ha avuto un gran peso contro l'affidabilità del documento. Tuttavia, per alcuni siti, seppur ancora poco numerosi, si è affermata di recente l'evidenza archeologica di un protrarsi della presenza militare romana sul Vallo, che inviterebbe a riconsiderare il presupposto anacronismo della Notitia"•. L'esercito romano, nel nuovo assetto organizzativo che gli abbiamo visto imporre da Costantino, è quindi rimasto sostanzialmente immutato attraverso tutto il IV secolo. Per quanto riguarda l'esercito comitatensis, il ritocco principale è consistito nella sua divisione fra truppe dette seniores e iuniores, una terminologia che sembrerebbe da attribuire a una spartizione geografica fra Oriente (seniores) e Occidente (iuniores). La questione, alcuni anni orsono, è stata oggetto di un voluminoso studio, i cui risultati sono però già stati abbondantemente rimessi in discussione. Vi si proponeva di attribuire tale divisione a Valentiniano e V alente nel 364, trascurando il fatto che Ammiano Marcellino parla già di seniores prima di questa data"'. Piu di recente, è stata la scoperta a Nacolea (in Frigia) di un'iscrizione che attestava l'esistenza di truppe seniores, e dunque l'avvenuta divisione di alcune unità comitatensi prima del356, a costringere gli studiosi a cercare altre soluzioni. Ultimamente sono stati proposti due momenti possibili: il34o, alla morte di Costantino ll, o il "" Perciò la definizione come/oederati, da parte di 1. SHAHID, Byzantium and the Arabs cit., di alcuni contingenti arabi sulla frontiera orientale, che ci sia stato o meno un/oedus, non mi sembra correna. 210 La riduzione, dopo i1363, degli effettivi alloggiati a Lejjiìn, che sarebbero passati da 2000 a rooo uomini, secondo l'ipotesi di s. T. PARKEil, Retrospedive cit., pp. 816-q, potrebbe esemplificare questo processo (come pure un'eventuale riduzione del numero dei distaccamenti secondari di questa unità). '" E. A. THOMPSON, Zosimus on the End o/Roman Britain, in «Antiquity», XXX (19'6), pp. 163167, che commenta zosiMO, 6.,.3; m., Britain,A.D. 406-4Io, in «Britannia», VIII (1977), pp. 303-18. '" P, J. CASEY, The End o/Fori Garrisons on Hadrian's Wall, in L'armée roma;ne et /es barbares cit.; s. JOHNSON, Làter Roman Britain, London 1980. 20 D. HOFFMANN, Das spiitriimische Bewegungsheer cit.
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35I, all'indomani della sanguinosa battaglia di Mursa che vide la vittoria di Costanzo sull'usurpatore Magnenzio "'. Per quanto riguarda poi ciò che ormai non si dovrebbe piu chiamare limes, si sa che da Diocleziano a Valentiniano I esso non cessò mai di rivestire un ruolo di rilievo tanto nel controllo dei territori esterni e nella preparazione di azioni offensive oltre i confini, quanto nella difesa delle posizioni di prima linea. D'altra parte i dispositivi locali della difesa hanno mantenuto, a seconda dei diversi settori geografici, caratteri morfologici differenti, legati in particolare alle possibilità di circolazione e organizzazione dei trasporti, un cordone lineare ovunque un fiume costituisse la sola agevole via di collegamento per le guarnigioni fra loro e con l'entroterra; una fascia territoriale piu in profondità quando una rete stradale articolata potesse suddividere a scacchiera la periferia provinciale. Il passaggio all'esercito comitatensis di soldati limita nei, in forma ora individuale, ora collettiva, non provocò necessariamente un indebolimento delle frontiere, dato che numerose unità comitatenses vi erano stabilite in forma permanente. Al contrario, l'accresciuta differenza di prestigio e di vantaggi economici fra le varie truppe, che mi pare un aspetto di gran rilievo della riforma costantiniana, fece gradualmente sentire i propri effetti durante il Iv secolo. La disfatta di Adrianopoli, che nessuna profonda crisi della struttura militare imperiale poteva annunciare in termini di fatalità, funse invece da rivelatore di una cesura morale e materiale all'interno dell'esercito tardo, che da qud momento non cessò piu di aggravarsi, specie nell'esercito orientale. L'Occidente di Valentiniano aveva contenuto le invasioni renane e danubiane dal365 al375, giustifiçando in apparenza la politica di rafforzamento dd dispo· sitivo di difesa sulle frontiere renano-danubiane che Ammiano Marcelli · no segnala a proposito di Valentiniano I «dall'estremità della Rezia fino alla Manica» e che l'archeologia conferma abbondantemente"'. Nono· stante l'attività dei barbari e i disordini civili, la situazione occidentale rimase sotto controllo fino al395, o anche al401-402. A qud punto la seconda migrazione gotica, mossa dalla pressione degli Unni, determinò verso l'Occidente uno spostamento in massa dei Germani orientali che gli sarebbe stato fatale. m T. DREW·BEAR, A Fourth Century Latin Soldier's Epitaph at Nako/ea, in HSPh, LXXXI (1977), pp. 257-74; R. SCHARF, Seniores-iuniores und die Heeresteilung des ]ahres 364, in ZPE, LXXXIX (1991), pp. 265-72. La gravità delle perdite riportate a Mursa (H ooo uomini) è tuttavia testimoniata solamente da Zonara, fonte tarda e ben poco sicura. 21' AMMIANO MARCELLINO, 28.2.1, 30.7.6; cfr. H. VON PETRJKOVITS, forti/ications cit., pp. 184 sgg. e 215 sgg.; E. DEMOUGEOT, La/ormation de /'Europe cit., 11/1, pp. n6-18 (e pp. DJ-14 per quanto riguar· da la frontiera danubiana).
MARINA SILVESTRINI
Il potere imperiale da Severo Alessandro ad Aureliano
r. Massimino. «La superiore prerogativa della nascita, sanzionata dal tempo e dall' opinione, è la piu semplice e la meno odiosa di tutte le distinzioni tra gli uomini». Cosi Gibbon nella pagina che introduce l'elevazione all'impero di Massimino il Trace, evento che segna la fine dei Severi e dà nello stesso tempo avvio alla lunga eclissi delle dinastie, che caratterizzerà i successivi tormentati decenni del III secolo '. Massimino, ufficiale di rango equestre, addetto all'addestramento delle reclute (praefectus tironibus), di grande valore ed esperienza, ancorché di umile origine, fu acclamato imperatore dai suoi soldati nei pressi di Magonza in un giorno della fine di febbraio o dell'inizio di marzo del235. Li si concentrava l'esercito di Severo Alessandro in preparazione di una spedizione contro i Germani, risposta ineludibile alle recenti, massicce incursioni nel territorio romano, descritte da Erodiano con toni allarmati: villaggi, ma anche città e accampamenti disposti sul Reno e Danubio erano stati attaccati, l'Illirico si sentiva minacciato. Nondimeno i preparativi erano condotti con fiacchezza e l'ipotesi che si volesse mercanteggiare la pace non era esclusa, elementi che acuivano l'insoddisfazione militare che già la recente sconfitta nella guerra persiana aveva determinato •. L'appellativo «il Trace» che Massimino porta nella storiografia moderna e che riverbera sulla sua figura in qualche misura un carattere barbarico gli è attribuito un'unica volta da una fonte di IV secolo '. Erodiano lo dice nato nella parte piu interna della Tracia da famiglia commista di elementi barbari, aggiungendo in sovrappiu che si diceva da fanciullo 1
p.
E. GIBBON, Storia della decaden:a e caduta dell'Impero romano (London rn6), l, Torino 1T, Die Zeit Constantins des Grossen, Miinchen 1982, p. nJ. ' EUSEBIO DI CESAREA, Storia ecclesiastica, 6.)9.1 e 7.10.4. 4 LATTANZio,lA morte dei persecutori, 4.1 e ,.I. Per il De mortibus persecutorum di Lattanzio l'edizione standard è quella curata da J. Moreau per le Sources Chrétiennes (n. 39 in due tomi), Paris 1954, cui si può ora affiancare quella di]. L. Creed per la serie Oxford Early Christians Texts, Oxford 1984. ' LA TTANZIO, LA morte dei persecutori, 10.1 e n.7. Per l'attestazione epigrafica cfr. A. REHM, Kaiser Diokletian und das Heiligtum von Didyma, in ccPhilologus», XCill (1938), pp. 74-84.
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Parte prima Dalla crisi alla ristrutturazione
Quale che sia il giudizio da darsi su queste motivazioni occasionali, resta da spiegare perché Diocleziano abbia atteso il diciannovesimo an. no di regno per scatenare la persecuzione. Comunque si vogliano giudicare le riforme dioclezianee, risulta evidente in esse un forte elemento di tradizionalismo'. Per limitarci al campo che qui ci interessa si devono citare due esempi famosi di decisioni legislative ispirate da una marcata ideologia conservatrice'. n primo è quello dell'editto matrimoniale, indirizzato nd 297 al proconsole d'Mrica Giuliano •. Diocleziano si pronuncia in termini assai severi contro il matrimonio tra consanguinei, da lui giudicato un'autentica scelleratezza degna di barbari. nrispetto della severa tradizione romana, la quale comporta che i matrimoni siano contratti «religiosamente e legittimamente secondo la disciplina dell'antico diritto», è l'unica garanzia per mantenere il favore degli dèi, grazie al quale «la maestà romana pervenne a tanta grandezza per aver vincolato tutte le sue leggi con religione sapiente e rispetto dd pudore» •. n secondo esempio è fornito dall'editto contro i manichei, anch'esso conservatoci da qudla singolare raccolta di leggi che va sotto il nome di Collatio legum Mosaicarum et Romanarum 10• La motivazione del provvedimento contro i manichei potrebbe valere anche per uno analogo nei confronti dei cristiani: l'innovazione in materia religiosa è un delitto e una insensatezza che va punita di per sé (« sommo delitto è, infatti, rifiutare quanto un tempo è stato sancito e stabilito dagli antichi e che ha e possiede un suo stato e un suo corso»). Si tratta di un postulato che appartiene al bagaglio tradizionale della polemica pagana nei confronti dei cristiani, cui è rimproverato di essere «apostati» nei confronti della loro stessa religione madre, cioè il giudaismo 11 • Allo spirito di questi due editti può accostarsi quanto sancito da un terzo di cui abbiamo notizia dal T almud palestinese, Aboda Zara, V, 4: «Quando l'imperatore Diocleziano venne • Alle riforme politiche dioclezianee, che sarebbero state concepite sin dall'inizio secondo un piano coerente e sistematico, è dedicato il recente libro di F. KOLB, Diocletian und die erste Tetrarchie. Improvisation oder Expen"ment in der Organisation monarchischer Herrscha/t, Berlin- New York 1987. ' Cfr. soprattutto K. STADE, Der politileer· Dioleletian und die letzte grosse Christenver/olgung, Wiesbaden 1926. 8 Collazione delle leggi mosaiche e romane, 6.4. T. D. Bames ritiene che l'editto sia da attribuirsi a Galerio anziché a Diocleziano: T. D. BARNES, The New Empire o/Diocletian and Constantine, Cam· bridge Mass. 1982, pp. 62-63; m., Constantine and Eusebius, Cambridge Mass. 1981, pp. 19-20. • Cfr. K. STADE, Der politiker Dioletetian cit., pp. 76-83. 10 Colla:ione delle leggi mosaiche e romane, 6.4. T. D. Bames data questa legge al302, immediata· mente a ridosso dello scoppio della Grande Persecuzione (cfr. oltre, p. 235), anziché al298, immedia· tamente prima della pace con la Persia: cfr. T. D. BARNES, Sossianus Hierocles and the Antecedents o/ the Great Persecution, in HSPh, LXXX (1976), pp. 239-52. 11 Cfr. G. AI.FùLDY, Die Krise des Imperium Romanum und die Religion Roms, inDie Krise des romischen Reiches, Stuttgart 1989, pp. 349-87 (specialmente pp. 362-63).
Marcone
La politica religiosa
22'
qui [in Palestina], decretò che sacrifici fossero offerti da tutti i popoli eccetto che dai Giudei»". Il conservatorismo religioso di Diocleziano, dunque, che lo induceva a rifarsi all'esempio di Marco Aurelio, il« pater noster religiosissimus » '', può giustificare, in linea di principio, un atteggiamento anticristiano. Considerazioni analoghe si possono fare in relazione al sistema politico da lui creato e all'ideologia che lo ispira. La tetrarchia, cioè il regno contemporaneo di quattro distinti monarchi, aveva come fine, secondo la definizione che Lattanzio attribuisce a Galerio, che nello Stato ci fossero due imperatori detentori del governo con due collaboratori su di un piano inferiore: «affinché, nello Stato, due siano i detentori del potere supremo e ce ne siano pure altri due di aiuto»". Un tale sistema, che esprime un rigoroso principio gerarchico e regole di successione altrettanto rigide (i Cesari subentravano agli Augusti dopo dieci anni di regno), voleva far fronte alla instabilità che il governo imperiale aveva conosciuto nella parte centrale del III secolo. ll presupposto ideologico alla base della tetrarchia è indiscutibilmente teocratico ". Diocleziano, come sottolinea Lattanzio, fu il primo imperatore ad adottare il cognomen di Iovius. I quattro sovrani si consid~rava no come i membri di una famiglia divina, quella dei Giovii e degli Erculii: «magnifica illa et clara per gentes Ioviorum et Herculiorum cagnomina»". Libanio ricorda come Diocleziano comprese, t:neglio di qualsiasi altro imperatore, come fare governare il mondo dagli dèi 17 : i cognomina Iovius e Herculius sembrano implicare qualcosa di piu di un regno per grazia divina, una partecipazione all'essenza del dio e, in particolare, alle sue virtutes. I monarchi possederebbero cosi i numina, le qualità intrinseche di Giove e di Ercole, e addirittura già dalla nascita, non dal momento dell'accessione al trono 11 • Una conferma ci viene dai panegirici di fine III secolo, il documento decisivo per illustrare e chiarire la teologia politica della tetrarchia, cui si possono affiancare, ma con diversa rilevanza, le emissioni monetali ".I 12 Cfr. c. A. WEWERS, Aboda Zara: Gotzendienst (Obersetzung des Talmud Yerushalmi, Bd. IV/7), Tiibingen 198o, p. 16o. Sulla storicità di questo editto, di incerta datazione (cfr. T. D. BARNES, The New Empire cit., p. _50, nota 2_5) cfr. L. 1. LEVINE, Caesarea under Roman Ru/e, Leiden 197.5, p. m. " Codice giustinianeo, 4-17-.5-
" LATIANZIO, La morte dei persecutori, 111._5. SESTON, Dioclétien et la Tétrarchie, l, Paris 1946, pp. zn-30. 16 LATIANZIO, La morte dei persecutori, _52.3. 17 LIBANIO, Orazioni, 4.61. _5. 18 Su tutto questo ora ampiamente F. KOLB, Di~cletian cit., pp. 88-II4 (cap. _5:
" Cfr. w.
. Iovius und Herculzus: die Funktion der sakralen Cognomina im tetrarchischen System). " Buona introduzione in s. MAC CORMACK, LaJin Prose Panegyrics, in T. A. DOREY (a cura di), EmPire and A/termath, London 197.5, pp. 143-20_5.
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Parte prima Dalla crisi alla ristrutturazione
panegirici presuppongono e mettono in evidenza lo stretto rapporto intercorrente tra governo celeste e governo terreno, tra lo Iovius e l'Herculius e i loro rispettivi archetipi divini, Giove ed Ercole. Come Giove, il signore dei cieli, si è servito di Ercole per pacificare la terra, cosi Massimiano ha aiutato Diocleziano a sconfiggere i barbari: a loro congiuntamente gli uomini devono i propri benefici. Questo permetteva che nel 290, in occasione del loro adventus in Italia settentrionale, gli Augusti fossero designati rispettivamente come «conspicuus et praesensJuppiter» e come «irnperator Hercules»"'. significato di un tale fondamento teocratico del governo imperiale è evidente. Ci troviamo di fronte alla tappa finale di una evoluzione: fin dall'età della dinastia giulio-claudia la casa imperiale era circondata da un'aura di sacralità che, nel corso del tempo, aveva dato origine a una concezione del potere imperiale per il quale imprescindibile era la volontà divina 2'. Non c'è dubbio, peraltro, che, per usare la terminologia enssliniana 22 , Diocleziano non si senti e non si presentò mai come «Gottkaiser» (imperatore-dio), ma come «Kaiser von Gottesgnade» (imperatore per grazia divina). In tale prospettiva, la sanzione celeste riduceva la possibilità di interferenza di poteri esterni al collegio imperiale, soprattutto quello dell'esercito, che, per vari decenni, era stato un decisivo elemento di destabilizzazione. Nello stesso tempo si escludeva chiunque non appartenesse alla sacra famiglia degli Iovii e degli Herculii da ogni possibilità di aspirare al regno. La teologia imperiale della tetrarchia, una «costruzione sacrale con conseguenze di diritto pubblico» ", è certamente senza paralleli nella storia di Roma, anche se Giove ed Ercole sono sempre stati presenti nella religione romana. Tuttavia definirla «assolutamente non romana», facendola derivare dalle teorie ellenistiche della regalità, pare eccessivo 24 • Ad esse si può meglio riferire la visione eusebiana della monarchia di Costantino"'. I quattro sovrani formano una famiglia divina con padri, figli, fratelli, zii e nipoti che si intreccia curiosamente con quella di sangue. Ma vediamo ora in che rapporto si ponga l'ideologia tetrarchica rispetto alle persecuzioni. Del significato marcatamente conservatore de-
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lD
Panegirici ltJtini, n(J).ro.,. Cfr. w. LIEBESCHUETZ, Religion in the Panegyrici Latini, in f. (a cura di), Oberlie/erungsgeschichtliche Untersuchungen, Berlin 1981, pp. 389-98. Cfr., in generale, w. UEBESCHOETZ, Continuity and Change in Roman Religion, Oxford 1979· n riferimento è al noto saggio di w. ENSSUN, Gottkaiser und Kaiser von Gottesgnaden, in
PASCHKE 21 22
SBAW, VI (1943). "' Cfr. P. KOLB, Diocletian cit., p. 93· 24 Cfr. W. LIEBESCHUETZ, Continuity cit., p. 243· "' Cfr. E. PETERSON, Der Monotheismus als politisches Problem. Ein Beitrag zurGeschichte der po· litischen Theologie im lmperium Romanum, Leipllig 193'; R. FARINA, L'Impero cristi4no in Eusebio di Cesarea: 14 prima teologia politica del cristianesimo, Zurigo r966.
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gli editti contro i manichei e sul matrimonio si è già detto. Se l'ideologia cetrarchica aveva come finalità quella di rafforzare il potere imperiale, la conseguenza immediata avrebbe dovuto essere la persecuzione di quanti ad essa erano estranei, se non ostili 26 • È altresi giusto ricordare come Diocleziano avrebbe potuto rivendicare sostegno divino senza dare vita a una teologia della tetrarchia. I panegirici sono per l'appunto l'espressione del tentativo di spiegare ai sudditi dell'Impero un sistema di governo estremamente complesso. Eusebio, da parte sua, nel tracciare il parallelismo tra regno celeste e regno terreno fu favorito dalla scelta costantiniana della monarchia. Già Ausonio, ad esempio, solo qualche decennio dopo, si trovò in maggiori difficoltà". È tuttavia fuori luogo trarre conseguenze troppo rigide dai presupposti ideologici della tetrarchia con riferimento alle persecuzioni: sostenere cosi che «i figli di dio» tetrarchici non potevano tollerare la pretesa di monopolio del dio cristiano è forse dar troppo credito al linguaggio dei panegiristi. In questo caso è indispensabile chiamare in causa Lattanzio. Lo scrittore cristiano prende direttamente di mira, alla fine del De mortz'bus, i cognomina imperiali per sbeffegiame i titolari: «Dove sono ora quei soprannomi, fino a poco tempo fa cosi magnifici e famosi, dei Giovii e degli Erculii, che per primi furono assunti da Diocle e da Massimiano e poi trasferiti ai loro successori e da questi tenuti in vigore? » ". È stato di recente sottolineato come Lattanzio se la prenda in particolare con Giove quale rappresentante supremo del pantheon pagano e come gli attribuisca le caratteristiche tipiche del cattivo monarca. Per questo vede in lui il vero promotore della persecuzione contro i cristiani. Ed è una conseguenza fin troppo ovvia di questa premessa che Lattanzio si scagli, attraverso il padre degli dèi, contro la sua progenie terrena. Solo Cristo, il figlio del vero Dio, può portare sulla terra l' «aureum seculum ».,. Gli espedienti associativi della polemica cristiana, tuttavia, non valgono come prova per stabilire un nesso di rigida consequenzialità tra l'ideologia tetrarchica e le persecuzioni. Le premesse bibliche di tale polemica non vanno misconosciute 30• Questo non significa, ovviamente, ne" Cfr. F. KOLB, Dioc/etilln cit., pp. n3 sgg. 27 AUSONIO, Versi pasquali, 24 sgg.; dr. A. PABST, Divisio Regni. Der Zer/all des Imperium Roma· num in der Sicht der Zeitgenossen, Bonn 1986, pp. 90-93. 18 LATTANZIO, La morte dei persecutori, ,2.3; ID., Istituzioni divine, ,.7.1 sgg. 19 Cfr. v. BUCHHEIT, Der Zeitbezug in der Weltalterlehre des Laktan:r; (lnst. V, 5-6), in «Historia», XXVIII (1979), pp. 472-86. '° Cfr. R. HERZOG, Die Bibelepik der lateinischen Spiitantike, I, Miinchen19n, pp. 168 sgg.; P. MONAT, Lactance et la Bible, Paris 1982; E. HECK, Lactan:r; und die Klassiker. Zur Theorie'und Praxis der Verwendung heidnischer Literatur in christlicher"Apologetik bei Lactanz, in «Philologus», CXXXII lr98M), pp. 160-79.
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gare valore di testimonianza alla polemica in quanto tale. Non è casuale che le divinità pagane piu frequentemente attaccate e sbeffeggiate da Lattanzio siano Giove ed Ercole, ovvero proprio le divinità tutelari degli imperatori. W. Seston, per citare un'opinione autorevole, considera la persecuzione del 303-304 non come un aspetto dell'opera complessiva di rinnovamento di Diocleziano e della tetrarchia, una misura autoritaria di riforma come quella monetaria e l'editto sui prezzi, ma, pur tuttavia, la conseguenza logica del compimento del sistema tetrarchico: la necessità della persecuzione avrebbe incalzato Diocleziano come un dovere doloroso ma inevitabile''. La difficoltà di questo argomento risiede, come in parte si è già accennato, nel ritardo con cui fu presa la decisione di intraprendere la persecuzione. Ma il ritardo si potrebbe forse spiegare proprio nella prospettiva dello «sviluppo inevitabile». Le fonti suggeriscono, tuttavia, altre considerazioni. Se c'è in esse un elemento di concordanza, pur tra tanti particolari divergenti, questo riguarda proprio lo scoppio improvviso, inaspettato, della persecuzioneJ2. I vari pretesti, o cause occasionali, che vengono addotti testimoniano dell'impreparazione che regnava tra i cristiani, che non sembravano percepire una speciale ragione di pericolo nell'ideologia tetrarchica in quanto tale. Le Divinae institutiones di Lattanzio sono assai istruttive del modo in cui, da parte cristiana, si reagi alle persecuzioni. Quest'opera, destinata ad essere una sorta di enciclopedia per i cristiani, una summa di quello che essi dovevano sapere in un momento di grave difficoltà, testimonia della sintesi a posteriori di un intellettuale chiamato a offrire la penna in difesa della propria causa". Le Divinae institutiones documentano, quindi, una reazione in cui la polemica si situa a livelli differenti rispetto al De mortibus, ma gioca ugualmente un ruolo decisivo'". 2.
Il culto imperiale.
Passiamo ora a prendere in considerazione un argomento che merita approfondimento, quello del culto imperiale. Ebbene, non vi è niente
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Si veda la voce «Diocletianus» in RAC, (19,7), col. 10,1. Insiste su questo soprattutto T. D. BARNES, Constantine cit., pp. 146-47. Si deve tuttavia osser· vare che le fonti cristiane sono interessate a sottolineare l'imprevedibilità della persecU2ione proprio allo scopo di dimostrare quanto assurda e dannosa fosse per l'Impero. " E. HECK, Die dualistische Zusiitze und die K.aiseranreden bei l..Actantius, Heidelberg 1972, pp 143-,0, giunge alla conclusione che la prima edizione delle Istituzioni divine risalga al 3n, quando dunque la pace religiosa non era ancora stata ristabilita; secondo T. D. Bames (Constantine cit., P· 291) esse sarebbero state scritte in Africa tra il 3o6 e il 3n. "' Cfr. l. OPELT, Die Polemik in derchristlicben Literaturvon Tertullian bis Augustin, Heidelberg 1980, pp. 103-14· '1
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che lasci pensare che la pratica dell'adorazione sia mai entrata in gioco nel corso della persecuzione dioclezianea: certamente i polemisti cristiani non si sarebbero lasciati sfuggire uno spunto come questo ". Come è noto, nel corso di un Entretien della Fondation Hardt, il culto imperiale romano è stato giudicato una invenzione della ricerca moderna, in quanto nell'Impero non è attestato un culto unitario e universale del sovrano'•. Non è ovviamente questa la sede in cui ci si possa addentrare nella discussione di una problematica cosi complessa. Basterà ricordare che, almeno secondo l'opinione che trova il maggior consenso tra gli studiosi, l'onore reso all'imperatore- nelle province, ma anche in Italia- come se fosse un dio va inteso come una manifestazione di gratitudine dei sudditi nei confronti del sovrano, secondo una prassi tipica dell'Oriente ellenistico n. n culto imperiale, ferma restando la differenza tra i riti celebrati per il monarca vivente e quelli resi al defunto, non risulta altro che una forma per veicolare la lealtà dei sudditi nei confronti del loro signore, non quindi vera adorazione ma omaggio in forma di onori divini"'. È stato fatto notare come con i Flavi, ad esempio, il culto dei singoli imperatori ceda il posto a quello dell'imperatore in senso collettivo e impersonale, cosi che è l'istituto imperiale che compare in primo piano nella sua numinosa grandezza e come oggetto di culto". Altri imperatori e altre dinastie hanno evidentemente seguito strade in parte diverse. Ma quello che a noi preme è che gli scrittori cristiani confermino indirettamente la posizione secolare dei tetrarchi. L'uso di un linguaggio religioso enfatico per descrivere l'imperatore e tutto quello che è legato alla sua persona, benché non sia esclusivo dell'età tetrarchica, ha tuttavia nei panegirici, come si è visto, un preciso significato di legittimazione politica"'. Ma altro è dare un fondamento ideologico a un regime, altro è subordinare un regime alla religione. G. Bowersock ha sottolineato di recente come il culto imperiale fosse a un tempo fiorente istituzione e un tema raramente affrontato: esso veniva dato per scontato non perché fosse insignificante, ma perché era intimamente integrato nella vita dell'Impero". Malgrado l'indubbia resi" Cfr. F. MILLAR, The Imperia/ Cult and the Persecution, in Le eu/te des souverains dtJns l'Empire romain («Entretiens de la Fondation Hardt», XIX), Genève 1973, pp. 16l-6,. " Cfr. E. BICKERMAN, Consecratio, ibid., pp. 1-37. " Cfr. w. LIEBESCHUETZ, Continuity cit., pp. 64-79. " Cfr. o. FISHWICK, The Development o/Provincia/ Ruler Worship in the Western Roman Empire, in ANR W, II, r612 (1978), pp. 1201·,3· " Cfr. A. WLOSOK (a cura di), Romischer K4iserkult, Darmstadt 1978, pp. 48-49. 40 Cfr. J. STRAUB, Vom Herrscherideal in der Spiitantike, Darmstadt 1964, pp. 46-6o. 41 . G. BOWERSOCK, From Emperor to Bishop: tbe selfconscious Transformation o/ Politica/ Power 111 the Fourth CenturyA.D., in CPh, LXXXI (1986), pp. 298-307, da leggersi con A. MOMIGLIANO, The Dzsadvantages o/Monotheismus /or a universal State, ibùJ., pp. 28'·97 (= Ottavo contributo alla storia
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stenza che al culto imperiale opponevano ebrei e cristiani- esso rappre. senta il presupposto per numerose storie di martiri~, la prudenza degli apologisti in proposito indica come fosse una istituzione che poteva essere tollerata anche da un cristiano. ll problema che si porrà a Costantino e ai suoi successori sarà precisamente quello di non disperdere un cosi importante veicolo di lealtà e di sostegno popolare. A proposito della Grande Persecuzione noi possiamo disporre di una grande quantità di testimonianze circostanziate. Se non le si vuole respingere in blocco, sembra giusto considerare come suo fine prevalente la preservazione del culto pagano, con tutte le sue implicazioni, in quanto tale 42 • Certamente le nostre fonti tendono a dare rilievo alla causa occasionale dello scatenamento delle persecuzioni. Non fa eccezione neppure Costantino, che, in una lettera ai provinciali del324 conservataci da Eu: sebio, racconta come Apollo avesse attribuito l'impossibilità di rendere i suoi vaticini all'esistenza dei «giusti sulla terra». Da ragazzo avrebbe udito Diocleziano interrogare le sue guardie del corpo in merito a questi «giusti sulla terra»: appreso da un aruspice che erano cristiani, ordinò la persecuzione".
3· L'ideologia della persecuzione. Se vogliamo passare dal piano delle motivazioni occasionali a quello delle cause piu profonde, troviamo una documentazione significativa proprio nell'editto di Galerio che, il3o aprile 3rr, segnò la fine delle persecuzioni. N ella motivazione del provvedimento che dava la libertà di culto ai cristiani è contenuto un esplicito riferimento alle finalità con cui ci si era mossi contro di loro. Secondo le antiche leggi e la pubblica disciplina romana (« iuxta leges veteres et publicam disciplinam romanarn ») gli imperatori avevano voluto che i cristiani, che si erano allontanati dalla stirpe dei loro padri, ritornassero a un retto giudizio («ut etiam Christiani, qui parentum suorum reliquerant sectam ad bonas mentes redirent »): il loro fine era che essi, abbandonando la stoltezza di volersi dare da sé leggi e costumi, che trasmettevano anche ad altri popoli, ritornassero agli antichi istituti: «tale era l'insensatezza che si era impadronita degli studi classici e del mondo antico, Romu987, pp. 313-18); cfr. anche G. BOWERSOCK, The Imperia/ Cu/t. Perception and Persistance in "Jewish and Christian Se/1-De/inition", lli, Londonr981, pp. J7I·8z. ' 2 Cfr. J. VOGT, Zur Religiositiit der Christenver/olger im Romischen Reich, in SHAW (191)2l. " EUSEBIO DI CESAREA, Vita di Costantino, 1. 50.]. Moreau, nell'edizione del De mortibus perse· cutorum di Lattanzio citata alla nota 4 (vol. 2, p. 271), osserva che questa reminiscenza costantinian3 sembra un'amplificazione di LATTANZIO, La morte dei persecutori, 11.7.
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dei cristiani, che essi non osservavano quegli istituti degli antichi, che forse in principio erano stati creati dai loro padri [abbandonavano, cioè, la legge mosaica], ma a proprio arbitrio, cosi come loro aggradava, si davano da sé medesimi le leggi da osservare e riunivano vari popoli nei luoghi piu disparati» ... Anche nel rescritto di Massimino Daia agli abitanti di Tiro, del 3r2, sono svolte considerazioni analoghe". ll linguaggio usato per motivare la persecuzione, in questa «omelia pagana», è sorprendentemente simile a quello impiegato, nei suoi scritti filosofici e religiosi, dall'ultimo imperatore pagano, Giuliano, un segno questo della vitalità della tradizione culturale della «reazione pagana» ... Del cristianesimo si parla come di una« accecante nebbia dell'errore», di una« fatale oscurità dell'ignoranza»: solo uno stolto o un insensato, infatti, avrebbe potuto disconoscere che, se la terra produceva frutti o se i pastori potevano pascolare, se la guerra non regnava sul mondo, questo lo si doveva alla benevola sollecitudine degli dèi; la mancanza di pietà nei loro confronti avrebbe potuto far ripiombare l'universo nel caos. È appena il caso di osservare quanto siamo vicini, nello spirito e nella lettera, alla motivazione dell'editto contro i manichei, che osavano contrapporre nuove credenze alle antiche negando quanto è stato concesso dalla divinità: «è perciò nostra massima preoccupazione punire l'ostinazione di una mente depravata: costoro, infatti, oppongono alle religioni antiche sette nuove e inaudite cosi da escludere, a loro arbitrio, quanto ci è stato concesso in antico dalla divinità» 47 •
4· Chi scatenò la persecuzione? Chiarito, per quanto possibile, il contesto generale e i presupposti della Grande Persecuzione, passiamo a prendere in considerazione il problema dell'attribuzione della responsabilità ultima del suo scatenamento. Lattanzio la attribuisce alle macchinazioni di Galerio, a sua volta influenzato dalla madre, una versione dei fatti che suscitava l'irritazione di Burckhardt in quanto finisce per rendere determinante il capriccio di .. lbid., 34; versione greca in EUSEBIO DI CESAREA, Storia ecclesiastia, 8.Jj. " lbid., 9·7·3-14· " Cfr., in generale, P. DE LABRIOLLE, La réaction paienne, Paris 1934. 47 Collazione delle leggi mosaiche e romane, 1_5. 3· Lattanzio (Istituzioni divine, _5.19. 3) ironizza sul· la condotta dei persecutori che si appellano ai giudizi degli antenati in nome dei loro dèi (dr. Moreau, ed. ci t., p. 389): «si rifugiano nei giudizi degli antichi perché pensano che siano stati sapienti, abbiano sancito, abbiano conosciuto quel che era il meglio e si privano, affidandosi agli altrui errori, dei propri sensi e del proprio intelletto».
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una donna fanatica". È verosimile che, nel racconto lattanziano, ci sia una deliberata alterazione della realtà storica che va in qualche modo messa in conto anche accettando che l'operetta sia stata scritta in Oriente, al di fuori della corte costantiniana, attorno al314 ". Data l'evidente finalità del De mortibus di documentare come Dio abbia punito i persecutori e premiato i suoi difensori, sembra abbastanza logico sospettare che il ruolo determinante attribuito a Galerio sia giustificato dalla sua morte raccapricciante avvenuta dopo vari anni di ostilità verso i cristiani"'. Diocleziano, viceversa, dopo l'abdicazione trascorse i suoi ultimi anni nella pace del suo palazzo di Spalato. D'altra parte è lo stesso Lattanzio che chiama ancora in causa Galerio per spiegare l'abdicazione di Diocleziano che avrebbe ceduto ai suoi ricatti". T aie versione non trova conforto in altre testimonianze, neppure di autori cristiani: Costantino, ad esempio, spiega il volontario abbandono del potere da parte di Diocleziano con il fallimento delle persecuzioni n. Né quanto sappiamo della sua psicologia rende plausibile un simile comportamento: Aurelio Vittore fa esplicita menzione della volontà inflessibile di Diocleziano, cui bastava un cenno del capo per ordinare ogni cosa («cuius nutu omnia regebantur») ". Senza esagerare nello scetticismo si può comunque supporre che, all'interno della corte, circa la linea da tenere nei confronti dei cristiani si contrapponessero due partiti e che Galerio capeggiasse l'ala pagana estremista". La consultazione dell'oracolo di Apollo milesio può considerarsi un fatto storico ed essere uno degli stratagemmi cui dovette ricorrere la fazione oltranzista per ottenere la persecuzione. Secondo Lattanzio, Diocleziano acconsenti a dare il via alla persecuzione dietro ga" J. BURCKHARDT, Die Zeit cit., p. 2n. Cfr. LATTANZIO, La morte dei persecutori, n.r: «erat mater eius deorum montium cultrix ». · 49 Cfr. F. KOLB, Diocletian cit., pp. IJI·J9· T. D. BARNES, Lactantius an d Constantine, in]RS, LXID (1973), pp. 29-46, fissando la data eli redazione del De mortibus persecutorum al314 in Oriente, come pure A. s. CHRISTENSEN, I..actantius the Historian. An Ana/ysis o/ the De Mortibus Persecutorum, Co· penhagen 198o, che data l'opera aiJIJ·r6 in Bitinia ed E. HECK, MH 9EOMAXEIN oder: die Bestra· /ung des Gottesveriichters. Untersuchungen zur Bekamp/ung und Aneignung romischer Religion bei Tertullian, Cyprian und l.Actanz, Frankfurt-Bernr987, pp. 212-r,, che la data al3r3 o subito dopo, han· no liberato Lattanzio dalla ipoteca costantiniana, molto forte accettando la datazione 3r8-r9 in Gallia presso la corte imperiale (cfr. Moreau, ed. cit., p. 319). "' L'attribuzione della responsabilità dello scatenamento della Grande Persecuzione a Galerio è spiegata come dovuta a unùorta eli tipologia letteraria da P. s. DAVIES, The Origin and Purpose ofthe Persecution o/ A.D. JOJ, inJThS, XL (r989), pp. 66-94. " LATTANZIO, LA morte dei persecutori, r8.r-7. " Oraxione all'assemblea dei santi, 2,.1.2. EUSEBIO DI CESAREA, Vita di Costantino, r.r8.r, dice di ignorare le cause dell'abdicazione. " AURELIO VITTORE, I Cesari, 39.36. " Come risulta dalla stessa versione lattanziana (I..a morte dei persecutori, II.7): cfr. P. s. DAVIES, The Origin cit.
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ranzia che fosse incruenta («sinesanguine transigi»), quando invece Galerio avrebbe preteso che fossero addirittura bruciati vivi quelli che rifiutavano di sacrificare". Ci è stato tramandato che la madre e la moglie di Diocleziano erano cristiane": a prescindere dalla dubbia attendibilità di questa testimonianza, non si potrà spiegare il suo atteggiamento con motivazioni di carattere familiare. T aie prudenza deve piuttosto . spiegarsi con motivazioni di carattere politico". Valutare l'effettiva diffusione del cristianesimo all'inizio del ìv secolo è estremamente difficile. Vi è oggi una diffusa tendenza, soprattutto nella storiografia anglosassone, a collocare il decisivo rafforzamento delle strutture ecclesiastiche nella seconda metà del III secolo: fu questa prospettiva, la Grande Persecuzione non sarebbe lo scontro finale tra due religioni ma l'ultimo tentativo dei pagani irriducibili di rovesciare il corso della storia". Le strutture della Chiesa cristiana si erano sensibilmente irrobustite dopo la fine delle persecuzioni di Decio e di V aleriano e, soprattutto in certe regioni, quali l'Asia Minore e l'Africa settentrionale, la sua forza doveva· essere considerevole. È verosimile che in Oriente fosse latente una situazione di conflittualità religiosa che una politica radicale avrebbe finito per esasperare, con gravi conseguenze per la pace sociale. I governatori provinciali dovevano essere consapevoli dell'esistenza, tra i cristiani, di uomini e donne pronti al martirio, il che rendeva sconsigliabile un atteggiamento troppo rigoroso che avrebbe finito per provocare disordini. Né si deve sottovalutare la tenacia con cui, in Oriente, le borghesie cittadine restavano legate all'antico culto, dimostrandosi disposte anche a esporsi direttamente nella lotta contro i cristiani: al di là della componente piu strettamente religiosa entravano in gioco fattori diversi che avevano a che vedere con le manifestazioni di accompagnamento, di natura profana, che nel paganesimo avevano una parte cospicua. In Oriente, come vedremo, il centro del culto pagano ha nelle città una forte ragione di esistenza". " LATTANZIO, La morte dei persecutori, 11.8. " Cosi almeno ci fa credere la prudente insinuazione di Lattanzio (ibid., 15.2), che è la nostra unica fonte. In proposito sembra comunque ben giustificato lo scetticismo di J. Moreau (ed. cit., pp.
2Mol-85).
" Come ci fa intendere lo stesso LATTANZIO, La morte dei persecutori, II. 3: «a lungo il vecchio si oppose al fanatismo dell'altro, mettendo in evidenza quanto pericoloso fosse mettere il mondo sottosopra>>. ' · " Essa è formulata nei termini piu recisi da T. D. BARNES, Constantine cit., p. 191, e, piu recentemente, ID., Christians and Pagans in the Reign o/Constantius («Entretiens de la Fondation Hardt», XXXIV), Genève 1989, p. 307. Non mancano, ovviamente, le voci contrarie: cfr. R. MAC MULLEN, Christianizing the Roman Empire (A.D. I00·4oo), New Haven 1984, e R. LANE FOX, Pagans and Christians, Harmondswonh 1986. " Su questo aspetto insiste soprattutto H. CASTRinus, Studien zu Maximinus Daia, Kallmiinz 196Q.
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Una controprova di quanto delicata dovesse essere la situazione in queste regioni ci è fornita da un documento costantiniano, la lettera inviata ai provinciali nel324, dopo la definitiva vittoria su Licinio, con cui è concessa la libertà di culto ai pagani 60 • Nella forma sorprendente di una preghiera a Dio l'imperatore auspica la pace per la sua Chiesa e la garantisce anche a quanti sono nell'errore: è fatto divieto di ricorrere alla forza per riportarli sulla retta via. L'esperienza delle persecuzioni gioca qui certamente un suo ruolo: esse sono condannate come «guerre civili» sanguinose e distruttive che devono essere messe al bando ••. Una questione a sé, che dovette entrare in gioco tra gli antefatti della persecuzione, è rappresentata dalla disciplina militare. Eusebio e Lattanzio concordano nell'affermare che essa aveva già colpito« i confratelli che servono nell'esercito» 62 • Sempre Eusebio pone attorno al 301 le prime misure persecutorie: «cominciando a poco a poco, fin da quel tempo, la persecuzione contro di noi» ... In realtà non abbiamo prove a sostegno di questa versione che sembra scaturire da una tendenziosa interpretazione di episodi isolati alla luce degli sviluppi successivi. Proprio i casi di Massimiliano e Marcello, tramandatici dagli Atti dei martiri, la smentiscono ... Per Marcello, in particolare, disponiamo di un'ottima documentazione, alla cui base ci devono essere stati gli atti ufficiali. Non c'è niente che consenta di presupporre, alla base del provvedimento contro di lui, come per quello nei confronti di Massimiliano, misure di persecuzione o di epurazione generalizzate nei riguardi dei cristiani". L'atto di accusa non interessa infatti la religione dell'imputato ma la violazione della disciplina militare. Gli addebiti sono circoscritti all'atteggiamento verso l'autorità e non scaturiscono da disposizioni anticristiane.
,. Gli editti persecutori. Le misure persecutorie furono sancite solo con i quattro editti del 303 e del304 ... Per chiarezza espositiva esse possono venire sintetizzate 60 EUSEBIO DI CESAREA, Vita di Costantino, 1.48-6o. 61 Cfr. H. DOERRIES, Das Selbst:t.eugnis Kaiser Konstantins, GOttingen 62 EUSEBIO DI CESAREA, Stona ecclesiastica, 8.1.7. " ID., Cronaca, anno 301. 64 Cfr. R. KNOPF e G. KROGER, Ausgewiihlte Martyrerakten, Tiibingen
19'4' pp. 'l· H·
196'\ pp. 86-87 (Massimiliano), pp. 87-89 (Marcello). Cfr. G. LANAT A, Gli Atti dei Martin· come documento processuale, Milano 1973, specialmente pp. 194·108 . ., C&. ID., Gli atti del processo contro il centurione Marcello, in «Byzantion», XLTI (1972), pp. ,09·12. 66 La migliore esposizione è quella di G. E. M. DESTE. caorx, Aspects o/ the "Great Persecution», in HThR, XLVII (r9,4), pp. 7'-n3.
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in questo modo. n primo editto, che fu emanato a Nicomedia il23 febbraio e affisso il giorno successivo, prevedeva: a) la distruzione delle chiese cristìane; b) la consegna dei libri sacri (traditio), che dovevano venire bruciati, e la confisca delle proprietà della Chiesa; c) il divieto di riunione per i cristiani; d) l'impossibilità per i cristiani di intentare azioni giuridiche; e) la perdita di ogni privilegio per i recidivi;/) la riduzione in schiavitu dei cosiddetti oi en oiketais, forse liberti impiegati civili nel servizio·imperiale 67 • n secondo editto, risalente alla primavera o all'estate del303, fu provocato da disordini in Siria e in Armenia di cui furono incolpati i cristiani: esso sanciva l'arresto del clero ... terzo editto fu causato dalle difficoltà di attuazione del precedente in ragione delle carenze del sistema carcerario: esso prevedeva l'amnistia in occasione dei vicennalia di Diocleziano del novembre 303 per i membri del clero che avessero accettato di sacrificare". L'ultimo editto, dell'inizio del 304, ordinava a tutta la popolazione dell'Impero di offrire sacrifici agli dèi 70 • Sulla radicalità delle misure sancite con il primo editto non vi sono dubbi, a prescindere dall'intenzione di evitare spargimento di sangue. n suo fine sembra quello· di colpire la capacità organizzativa della Chiesa impedendone le assemblee liturgiche, mentre un ruolo secondario gioca la fede del singolo individuo. Noi siamo informati in modo lacunoso sulle modalità di applicazione dei singoli editti all'interno dell'Impero: è comunque evidente come le differenze sostanziali vadano ricondotte alle convinzioni dei singoli tetrarchi. Tra i cristiani ci furono indubbiamente numerose apostasie che suscitarono apprensioni. Esse dovettero interessare soprattutto gli appartenenti alle classi superiori che piu avevano da perdere e che non dovettero esitare a fare pubblica abiura. D'altra parte, proprio la persecuzione incrementò il caratteristico fenomeno dei «martiri volontari», di quanti cioè cercavano senza necessità la morte con un comportamento provocatorio''. . Il secondo e terzo editto sono evidentemente in stretto rapporto reciproco e, legati a situazioni contingenti di ordine locale, non dovettero interessare l'Occidente. A quanto sembra, onde poter applicare l'amnistia e vuotare le carceri, le autorità locali ricorsero alla forza per ottenere
n
67 EUSEBIO DI CESAIIEA, Storia ecc/esiastiCil, 8.2.4, e ID., Martiri di Palestina, pref.1, cui si aggiunga LATTANZIO, La morte dei persecutori, n. 68 EUSEBIO DI CESAIIEA, Storia ecclesiastica, 8.6.8-9. " Ibtd., 8.6.10. 70 ID., Martiri di Palestina, 3.1.
" Come è noto, gli Atti dei martiri sono una fonte storica assai problematica. Cfr. il classico stu-
dio di
H. DELEHAYE,
Les passions Jes martyrs et /es genres litéraires (1921), Bruxelles 1!)66.
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un atto formale di sacrificio da parte dei membri del clero riottosi ".Anche il primo editto, peraltro, era stato applicato in modo molto limitato da Costanzo Cloro nelle regioni sottoposte al suo governo, la Gallia e la Britannia, dove si accontentò di abbattere le pareti di qualche chiesa minore". È probabile che l'Occidente non abbia conosciuto neppure il quarto editto. L'argomento piu forte in tal senso è che, in Oriente, la forma caratteristica di apostasia è considerata la sacrifica/io o turificatio: in Occidente, viceversa, è la consegna degli arredi sacri e delle scritture (traditio) che viene imputata agli apostati (traditores) come colpa specifica. Non vi è attestazione, inoltre, come invece era avvenuto all'epoca della persecuzione di Decio ";di casi di acquisto di esenzione dal sacrificio. Anche in Mrica le menzioni di sacrificatio o di turi/icatio nelle fonti coeve o immediatamente successive sono cosf scarse che è improbabile che il quarto editto, salvo casi isolati, sia mai stato applicato ". Le vicissitudini conosciute dall'Impero romano, dopo l'abdicazione di Diocleziano e durante gli anni tumultuosi della seconda tetrarchia, accentuarono le differenze regionali nello sviluppo del fatto persecutorio. Se è consentito usare una formula, che ha tutt'altra origine storica ma che dà bene l'idea della situazione: « cuius regio, eius religio Ogni territorio fa storia a sé a· seconda del tetrarca che lo governa. Proprio per questo motivo ci conceqtreremo sugli sviluppi interni alle singole aree dell'Impero. ·
»:
6. Oriente e Occidente. Come si è già visto, in Occidente le persecuzioni ebbero breve durata e furono comunque di portata limitata. Compiute senza spargimento di sangue nel territorio sottoposto a Costanzo Cloro, furono attuate con piu rigore da Massimiano, ma dovettero essere silenziosamente sospese già prima dell'abdicazione di Diocleziano. La prematura morte di Costanzo Cloro a Y ork, nel 306, segnò la fine della sistemazione che si era data all'Impero con la seconda tetrarchia. l due figli degli Augusti, che da essa erano rimasti esclusi, Costantino e Massenzio, si presero con la forza i territori che, in precedenza, erano governati dai loro rispettivi ge· nitori: con vari aggiustamenti il primo regnò sulla Gallia e sulla Britan72 Come sembra potersi dedurre da EUSEBIO DI CESAREA, Martiri di Palestina, 1.3·4. " LAT'l'ANZIO, La morte dei persecutori, 15.7: «nam Constantius, ne dissentire a maioribus prae-
ceptis videretur, conventicula, id est parietes, qui restitui poterat, dirui passus est>>. " Cfr. P. KERESZTSES, The Decian Libelli and contemporary Literature, in « Latomus », XXXI\' (19nl. pp. 761-81. " Cfr. G. E. M. DESTE. CROIX, Aspects cit., pp. 84-96.
Marcone La politica religiosa
237
nia e il secondo, malgrado i tentativi di Galerio di ristabilire l'ordine, sull'Italia, la Spagna e l' Mrica fmo al312 74 • Su Massenzio e sulla sua politica religiosa vale la pena di soffermarsi. Si concorda ormai sempre piu verso una rivalutazione di questo sfortunato imperatore, che, sovrastato dalla figura del suo antagonista, sembra condannato dalla storia a recare il nome infamante di tyrannus 71 • Anche se non è necessario, nella pur opportuna reazione alla tendenziosità delle fonti cristiane, arrivare a fare della sua politica verso i cristiani un modello per quella di Costantino 11, si può riconoscere che, nel suo periodo di regno, esercitò una estesa tolleranza e che, in parte, anticipò le scelte del suo avversario. Anche se delle convinzioni personali di Massenzio non sappiamo nulla, tutto, dalla sua titolatura, alla monetazione e agli atti di culto, indica la volontà di manifestare un preciso attaccamento e una adesione alla tradizione romana". Questo non gli impedf di disporre l'immediata revoca delle misure persecutorie contro i cristiani nei territori sottoposti alla sua giurisdizione: poco importa se Eusebio attribuisca la decisione a brama di popolarità e all'intenzione di gettare il discredito su Galerio.,. La favorevole disposizione di Massenzio nei confronti dei cristiani è ancor piu chiaramente verificabile nell'atteggiamento da lui tenuto verso le controversie che laceravano l'episcopato romano. La fortWla ha voluto che il suo regno coincidesse con un periodo particolarmente tormentato per la vita interna della Chiesa ••. ll vescovo Marcellino si era macchiato di traditio, un gesto disonorante per tutto il clero di Roma. Massenzio si fece carico della situazione e consenti l'elezione di Wl nuovo vescovo nella persona di Marcello, forse subito dopo la sua presa di potere. Ma la persecuzione aveva lasciato segni che non si potevano cancellare cosi facilmente. Come in casi analoghi, la contrapposizione tra rigoristi e moderati nei confronti dei colpevoli di apostasia era acutissima. La posizione di estrema severità di Marcello verso i traditores provocò tali disordini da costringere Massenzio a deporlo. La stessa situazione si ripeté nel3o8 con l'elezione di Eusebio, a sua volta espo76 L'Africa fu tuttavia nelle mani dell'usurpatore Domizio Alessandro negli aruii 308-309· Per una sintesi aggiornata degli avvenimenti cfr. T. D. BARNES, Constantine cit., pp. 33-37. " Cfr., ad esempio, F. Coarelli, in A. GIARDINA (a cura di), Società romana e impero tardoantico, Il, Roma 1986, p. I. 78 Come fa D. DE DECKER, La po/itique re/igieuse de Maxence, in «Byzantion», XXXVIll (r9()8), pp. 472·568. 79 Cfr. E. GROAG, «Maxenftus», in RE, XIV, 2 (1930), coll. 24r.7-84; H. VON SCHOENEBECK, Beitrlige ;:ur Religionspolitik des Maxentius und Constantin, Leipzig 1939 (~ Aalen r967). 80 EUSEBIO DI CESAREA, Storia ecclesiastica, 8.14.1. • 81 Per questi avvenimenti cfr. T. D. BARNES, Constantine cit., pp. 38-39.
Parte prima Dalla crisi alla ristrutturazi9ne
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nente dell'ala moderata: gli scontri che ebbero luogo con la fazione o}. tranzista costrinsero Massenzio a esiliare sia Eusebio sia il suo antagonista Eraclio. La conseguenza fu che la sede di Roma rimase vacante per altri tre anni, fino all'elezione di Milziade nel3n, con il quale, finalmente, ritornò la pace. Ancora verso la fine del3n, infine, Massenzio dispose in forma solenne la restituzione dei beni della Chiesa confiscati durante le persecuzioni"'. Si trattò, probabilmente, di una misura presa contro voglia (era, tra l'altro, bollato come «spoliator templorum») ": alla sua morte, in Africa, la restituzione dei beni ecclesiastici non era ancora avvenuta. Anche se questo sviluppo in senso filocristiano della sua politica non sorti a Massenzio i vantaggi che sperava di conseguirne, sembra essere confermata la verità dell'asciutta affermazione di Ottato di Milevi: «concedendo Massenzio una amnistia, per ordine di Dio, ai cristiani fu restituita la libertà» .,. . L'Oriente conosceva, in quegli stessi anni, vicende assai diverse. Dopo la scomparsa di Costanzo Cloro nel3o6 e la morte ingloriosa di Severo nel307, quello che restava dell'organizzazione tetrarchica fu regolato a Carnuntum in una sorta di congresso imperiale e solennemente sancito alla presenza di Diocleziano.,. Galerio avrebbe regnato sull'Illirico e sull' Asia Minore, il Cesare Massimino D aia sulla Siria Palestina e sull'Egit. to, il neo Augusto Licinio sulla sola Pannonia. Tuttavia, se in Oriente le persecuzioni ripresero vigore seguendo in parte nuove vie, questo lo si deve all'«iniziativa personale» di Massimino Daia. All'inizio del 306, «per la prima volta» .., per sua volontà, anche se il decreto dovette essere emanato congiuntamente con Galerio, fu proclamato un editto con cui si faceva obbligo ai magistrati municipali di ottenere un sacrificio universale da parte di uomini, donne e bambini. Si tratta, evidentemente, di una estrema estensione del quarto editto. Eusebio, nella cosiddetta lunga recensione dei Martiri di Palestina, ci ha lasciato da testimone oculare un quadro molto vivace della minuziosità con cui il decreto fu applicato, con i magistrati che, sulla base di registri, appositamente compilati, chiamavano a uno a uno per nome i cittadini riuniti davanti ai templi e li costringevano a sacrificare 17 • Un secondo editto, formulato in termini an12
Cfr. E. GROAG, «Maxentius,. cit., col. :1.463. " Panegirici latini, 12-4·4· t4 OTrATO DI MILEVI,
., Cfr.
I.I8 .
H. CHANTilAINE,
Die Erhebung des Ucinius z.um Augustus, in «Hermes ..,
ex (I98l),
PP-4n-87.
86 EUSEBIO DI CESAREA, Marliri di Palestina, 4.8. 17 Cfr. M. H. FRITZEN, Methoden der diok/etianischen
sebius iiber die Miirtyrer in Paliistina, Miinchen 196.1.
Christenverfo/gung nach der Schrift des Eu·
Marcone La politica religiosa
239
cor piu radicali, fu emanato nel309. È dunque probabile che ci sia stato un rallentamento nella persecuzione. A che cosa esso fosse dovuto non sappiamo: se tuttavia teniamo conto di come fosse complessa l'organizzazione che si presupponeva, è verosimile che non poche difficoltà siano venute anche dalla scarsa collaborazione, se non vera e propria resistenza P.assiva, dei magistrati locali ... È stato sottolineato con buona ragione come nell'area sottoposta al governo di Massimino molto forte fosse il ruolo delle città e dei loro territori anche rispetto a quelle controllate dai suoi colleghi". La stessa posizione dell'imperatore sarebbe stata condizionata dal benessere delle comunità cittadine. Questa interpretazione sembra aver avuto una importante conferma da un'iscrizione appena pubblicata proveniente dalla città pisidica di Colbasa, da cui risulta come concessioni di natura fiscale fossero il premio garantito dall'imperatore agli abitanti della regione per il loro impegno anticristiano"'. Alla base della politica religiosa di Massimino si devono quindi ricercare precise motivazioni di ordine regionale: sostenere il culto pagano significava, in concreto, tutelare i pellegrinaggi ai templi e le visite agli oracoli e promuovere quelle feste che richiamavano nella città folle cospicue. Tutto questo naturahnente siripercuoteva su una serie di piccole attività artigianali e di commerci minuti che, nel loro complesso, avevano una rilevanza economica. Se, da una parte, è giusto tener conto del ruolo delle borghesie cittadine nella persecuzione di Massimino, dall'altra non va dimenticato il particolare impegno ideologico da lui profuso nel combattere i cristiani. L'idea di organizzare una Chiesa e un clero pagano sul modello cristiano, ad esempio, troverà un seguace consapevole e ancor piu motivato, circa cinquant'anni piu tardi, nell'imperatore Giuliano". Quante vittime abbia provocato la Grande Persecuzione è impossibile dire 92 • La nostra informazione potrebbe considerarsi completa solo per la Siria Palestina, se si parte dal presupposto che Eusebio, nei Martiri, ci abbia trasmesso dati precisi. Le vittime, in totale, sarebbero state 91, di cui 14 prima dell'abdicazione di Diocleziano e 44 in un massacro di Cfr. G. E. M. DESTE. CROIX, AspedS cit., pp. 98-100. Cfr. H. CASTRITIUS, Studien cit., pp. 48-61. "' Cfr. s. MITCHELL, Maximinus and the Christians in A.D. JU: a New La.tin Inscription, in]RS, LXXVIII (1988), pp. xo,-:z4. Per l'interpretazione di Mitchell è decisivo datare la costituzione Codice teodosiano, IJ.Io.:z, indirizzata al governatore di Licia e Pamfilia, al)t:z. L'iscrizione di Colbasa arricchisce la scarsa documentazione diretta sulla Grande Persecuzione: va sottolineato il fatto che essa proviene dalla stessa provincia di quella di Arykanda. " Cfr. H. CASTRinus, Studien cit., pp. 43-47. " Si vedano le conclusioni di G. E. M. DESTE. CROIX, Aspects ci t., pp. xoo-,, e una chiara presentazione dei dati disponibili in P. s. DAVIES, The Ongin cit., pp. 68-69. 88
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Parte prima
Dalla crisi alla ristrutturazione '
massa avvenuto verso la fine delle persecuzioni. Se queste cifre potessero essere considerate indicative per tutto l'Oriente- ma in Egitto le esecuzioni sembrano essere state molto piu numerose- sembrerebbe giusto insistere, a proposito della Grande Persecuzione, piu sulle sue conseguenze morali che non su quelle materiali. Essa fu certamente sanguinosa e non dovettero mancare episodi di barbarie e di sadismo. Ma se ci furono governatori che, come ci attesta Lattanzio, si vantavano di non aver versato sangue", ci furono certamente anche molti cristiani che cercarono di proposito il martirio. Piu gravi dovettero essere invece le conseguenze per l'organizzazione della Chiesa: l'atteggiamento da tenersi nei confronti dei traditores fu un motivo di grave lacerazione, che si protrasse negli anni, a Roma, come si è visto, e soprattutto in Mrica, dove fu all'origine dello scisma donatista. 7· L'editto di Galerio.
L'atto formale che pose fine alle persecuzioni è dovuto a un editto che Galerio, prossimo a morire, emanò da Serdica il3o aprile del3n ... Esso fu promulgato anche a nome degli altri imperatori legittimi, dunque di Costantino e di Licinio ma non di Massenzio. Non vi sono dubbi che comparisse anche il nome di Massimino Daia: il fatto che esso non figuri nella versione greca di Eusebio si spiega con la damnatio memoriae che lo colpi dopo la sconfitta del313 ". L'importanza di questo testo può difficilmente essere sottovalutata. Galerio non si limita a ordinare la fme delle persecuzioni: con tono solenne e consapevole ne motiva, come si è visto, lo scopo e ne riconosce il fallimento. Esse infatti avevano provocato il risultato paradossale che i cristiani né tributavano agli dèi l'onore dovuto, né pregavano piu il loro dio. Proprio per questo motivo viene loro concesso di esistere e la possibilità, a condizione che non violino l'ordine pubblico, di ricostituire i luoghi di culto («ut denuo sint Christiani et conventicula sua componant, ita ut ne quid contra disciplinam agant»). La conclusione è sorprendente ma non priva di una sua logica: ora i cristiani sono invitati a pregare il loro dio per il bene dell'imperatore e dell'Impero oltre che per se stessi (« unde iuxta hanc indulgentiam nostram debebunt suum deum orare pro salute et reipublicae ac sua»). Non è il caso, per spiegare la " LATIANZJO, Istituzioni divine, "' Cfr. sopra, nota 44· " C&. Moreau, ed. cit., p. 388.
,.D.I).
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241
svolta di Galerio, di presupporre che abbia agito sotto la costrizione di Costantino o di Licinio. Nelle sue considerazioni sullo svolgimento delle persecuzioni si riconosce il pagano che, convinto politeista, ha sperimentato l'esistenza e la potenza del dio dei cristiani". Nell'editto di Galerio è presente una verità ideologica e psicologica che si apprezza meglio se si tiene presente come, negli anni cruciali a cavallo tra la fine del m e l'inizio del IV secolo d. C., è riscontrabile un accentuarsi della polemica intellettuale nei confronti dei cristiani 97 , L'impegnativa opera di Porfirio, il filosofo neoplatonico allievo di Platino, è il monumento piu importante di questo particolare clima culturale". I quindici libri del suo trattato Contro i cristiani vogliono essere una denuncia del cristianesimo come barbarie incompatibile con la civiltà. Anche se resta problematico stabilire un rapporto diretto tra quest'opera e le persecuzioni, la coincidenza è allarmante. Ma Porfirio scrisse probabilmente in Sicilia. È ancora piu plausibile porre in relazione immediata con le persecuzioni il libello anticristiano pubblicato da Sossianus Hierodes, un personaggio che ebbe importanti incarichi di governo, essendo stato vicarius della diocesi di Oriente e governatore della Bitinia ... Nella sua opera, il Filalethes, il cui contenuto ci è noto dalla confutazione fattane da Eusebio, tracciava un parallelismo tra Apolllo di Tiana e Cristo. lerode era evidentemente un acerrimo nemico dei cristiani che si sarà impegnato, nella sua qualità di magistrato, a che si attuasse una politica repressiva. Le premesse profonde della persecuzione vanno ricercate in questo clima di aspra contrapposizione culturale. Si deve tuttavia riconoscere che Galerio, su cui si suole far ricadere l'onta di essere stato il piu convinto sostenitore della necessità di perseguitare i cristiani, sembra quanto piu lontano si possa immaginare da una personalità influenzabile da raffinatezze culturali"". Su di lui avranno avuto presa argomenti piu im" C&. J. VOGT, Constantin der Grosse und sein ]ahrhundert, Miinchen ~~. pp.xp-.n; H. u. INSTINSKY, Die antike Kirche und das Hei/ des Staates, Miinchen ~~" LATTANZIO, Istituzioni divine, ,.n.x, riferisce di due scritti polemici contro i pagani pubblicati in coincidenza con lo scoppio delle persecuzioni. Cfr. w. FREND, Pre/ude lo the Greal Persecution: the
Propaganda War, in]EH, XXXVIII (1987), pp. r-r8. " Cfr. T. o. BARNES, Porphyry "Againstthe Christians". Date an d Allribution o/the Fragments, in fThS, XXIV (1973), pp. 424-42; A. MEREDITH, Porphyry and ]u/ian againstthe Chn'stians, in ANRW, II, 231l (198o), pp. m9-49, specialmente p. m6 .
., r. o. BARNES, Sossianus Hierocles and the Antecedents o/ the Great Pmecution, in HSPh, LXXX (1976), pp. 239-,2.
Almeno a credere a Lattanzio (soprattutto La morte dei persecutori, 9.1-4): cfr_ tuttavia EUTROe AURELIO VITTORE, I Cesari, 40. Diverso è il discorso che si deve fare per Massimino Daia che, come si è visto, tra i persecutori è il sovrano piu consapevolmente impegnato sul piano della polemica culturale. 100
PIO, 10.2,
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mediatamente attinenti alla prassi religiosa, quali un sacrificio negativo o un responso degli oracoli. Non pare comunque che le nostre fonti consentano di inferire che l'impulso decisivo alla persecuzione sia venuto dall'esercito ..'. ll fatto che i piu fieri oppositori del cristianesimo, Galerio e Massimino Daia, fossero dei soldati non ha di per sé grande valore perché si potrebbe dire la stessa cosa anche degli altri tetrarchi. Né il sentimento religioso della massa dei militari sembra aver mai giocato un ruolo decisivo nel IV secolo,... La storia della Grande Persecuzione- ferma restando l'importanza delle situazioni regionali cui si è accennatosembra dunque confermarsi come una vicenda in cui una componente > si devono probabilmente vedere solo misure applicative e integrative dell' editto di Galerio che erano contenute nella lettera con cui Costantino m EUSEBIO DI CESAREA, Storia ecc/esiastiC4, Io.6.I-,. Ibtd., I0.5.I5·17· m Ibtd., I0.7.1-2. Questi tre documenti sono ampiamente analizzati e discussi da H. KRAFT, Kaisers Konstantins cit., pp. z6o-66, e da H. DOERRJES, Das Se/bstzeugnis cit., pp. I6·I9. 114 Cfr. J. VOGT, Constantin cit., pp. z66-67 e 177· ,., La dimostrazione della non esistenza dell'editto di Milano risale a o. SEECK, Das sogenanntf Edtkt von Mailand, in« Zeitschrift fiir Kischengeschichte», XII (r891), pp. 381-86. Non mancano wr· 112
tavia tentativi, anche recenti, di dimostrare l'esistenza di un «editto» emanato a Milano: cfr., da ulrimo, T. CHRISTENSEN, The So-Called Edict o/ Milan, in C&M, XXXV (1984), pp. I29·n. 116 Cfr. T. o. BARNES, Constantine cit., pp. ,7.,8.
Marcone La politica religiosa
24.5
annunciava la sua vittoria a Massimino: in tale lettera, inviata formal01ente anche a nome di Licinio, si faceva una pressante richiesta a quest'ultimo di desistere dalle persecuzioni U7. Contro l'esistenza di un editto di Milano sembra aver valore rilevante Ufatto che in Mrica, ancora nel314, era l'editto di Galerio a costituire il presupposto per la politica di tolleranza verso i cristiani. La conseguenza di quelli che possiamo dunque, con maggiore precisione, definire semplicemente gli «accordi» di Milano fu la legge emanata da Licinio il 13 giugno del313 dopo la vittoria su Massimino per i territori fino ad allora controllati da quest'ultimo, e in cui l'editto di Galerio era stato applicato in misura molto limitata ... Con la battaglia di Campus Ergenus del3o aprile del313 si può dire che si chiuda a un tempo l'era tormentata della seconda tetrarchia e, definitivamente, quella delle persecuzioni. Massimino, infatti, aveva approfittato della morte di Galerio per impadronirsi dell'Asia Minore. Nei confronti dei cristiani si era limitato a disporre una temporanea sospensione delle persecuzioni senza pubblicare formalmente l'editto di tolleranza. Nel novembre del 3n, in seguito a una serie di petizioni di città (tra cui una doppia richiesta di Nicomedia) e di rescritti imperiali, le persecuzioni erano riprese, proseguendo fino alla fine dell'anno successivo, quando furono sospese con un'apposita lettera inviata al prefetto del pretorio Sabino 1". Solo dopo la sconfitta subita ad opera di Licinio anche l'irriducibile Massimino emanò un editto di tolleranza Ovunque nell'Impero i cristiani erano ormai liberi di praticare il loro culto. Anche se la «svolta» costantiniana fu definitivamente sancita solo dopo la sua vittoria a Crisopoli nel324 su Licinio, dopo che anche a quest'ultimo, che probabilmente non fu altro che un opportunista in materia religiosa .,, , fu attribuita una tardiva forma di persecuzione 122 , la posizione privilegiata della Chiesa risultò subito evidente e irreversibile. 120
•
117 EUSEBIO DI CESAREA, Storia ecclesiastica, 9·9·12: cfr.]. MOREAU, Les Litterae Licinii, in «AnnaJes Universiratis Saraviensis», II (19_53), pp. 100-5 (= Scripta Minora, Heidelberg 1964, pp. 99-105). ::s Cfr. H. CASTRITIUS, Studien cit., pp. 77-83. . 11 ' LATI ANZIO, LiJ morte dei persecutori, 48.2-12; EUSEBIO DI CESAREA, Stona ecclesiastica, I0.4·4· "" Su tutti questi avvenimenti cfr. H. CASTRITIUS, Studien cit., pp. 63-76. 111 Cfr. J. VOGT, Constantin cit., p. 152. "' Cfr. T. D. BARNES, Constantine cit., pp. 70-7Z-
ELIO LO CASCIO
Dinamiche economiche e politiche /iscaU fra i Severi e Aureliano
1.
Crisi finanziaria dello Stato o crisi produttiva?
Alla metà del III secolo il vescovo di Cartagine Cipriano, riprenden-
do il tema lucreziano della senescenza del mondo, ritorceva contro i pagani l'accusa rivolta dal pagano Demetriano ai cristiani di avere provocato l'ira divina, quell'ira che aveva fatto si che l'Impero romano fosse squassato da tanti mali, la fame, la sterilità, la pestilenza, le guerre esterne e intestine: Devi sapere che è invecchiato già questo mondo. Non ha piule forze che prima lo reggevano; non piu il vigore e la forza per cui prima si sostenne. Anche se noi cristiani non parliamo e non esponiamo gli ammonimenti delle Sacre Scritture e delle profezie divine, lo stesso mondo già parla di sé e coi fatti stessi documenta il suo tramonto ed il crollo. D'inverno non c'è pili abbondanza di piogge per le sementi, d'estate non piu il solito calore per maturarle, né la primavera è lieta del suo clima, né è fecondo di prodotti l'autunno. Diminuita,· nelle miniere esauste, la produzione di argento e oro, e diminuita l'estrazione dei manni; impoverite, le vene danno di giorno in giorno sempre meno. Viene a mancare l'agricoltore nei campi, sui mari il marinaio, nelle caserme il soldato, nel Foro l'onestà, nd tribunale la giustizia, la solidarietà nelle amicizie, la perizia nelle arti, nei costumi la disciplina ... Quanto alla frequenza maggiore delle guerre, all'aggravarsi delle preoccupazioni pd sopravvenire di carestie e sterilità, all'infierire di malattie che rovinano la salute, alla devastazione che la peste opera in mezzo agli uomini- anche ciò, sappilo, fu predetto: che negli ultimi tempi i mali si moltiplicano, e le avversità assumono varii aspetti, e per l'avvicinarsi al di dd giudizio, la condanna di Dio sdegnato si muove a rovina degli uomini'.
Negli stessi anni Cipriano scriveva un'altra opera, il De mortalitate, sollecitato dall'abbattersi sull' Mrica della rovinosa pestilenza della metà del secolo e dal terrore che il diffondersi del contagio e l'altissimo nume1 CIPRIANO, A Demetriano, 3 (trad. S. Mazzarino). Questo luogo famoso di Cipriano è assai spesso citato come quello che sembra esprimere .nella maniera piu icastica la percezione da parte dei contemporanei della «crisi»: cfr. ad esempio s. MAZZARINO, LA fine del mondo antico, rist. Milano 1988, pp. 43 sg.; R. s. LOPEZ, LA nascita dell'Europa, Torino 1966, pp. 31 sgg.; R. RÉMONDON, LA crise de l'Empire romain de Mare Aurèle à Anastase, Paris 1970, p. 109; P. 0RSTED, Roman Imperia/ Economy and Romanization, Copenhagen 198' (che lo cita come conclusione del suo libro, p. 373); c&. in particolare c. ALFOLDY, Der heilige Cyprian und die Krise des riimischen Reiches, in« Historia», xxn (1973), pp. 479 sgg. (ora in ID., Die Krise des romischen Reiches. Geschichte, Geschichtsschreibung und Geschichtsbetrachtung, Stuttgan 1989, pp. 29' sgg.).
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Parte prima
Dalla crisi alla ristrutturazione
ro di morti avevano suscitato nella stessa comunità cristiana '. E una testimonianza parimenti drammatica degli effetti della pestilenza la si rinviene nella lettera, di qualche anno successiva, inviata da Dionisio vescovo di Alessandria a Hierace vescovo degli Egizi, che è riportata da Eusebio nella Storia ecclesiastica: Si meravigliano e si domandano, donde vengano le pesti continue, le gravi malattie, le morti d'ogni genere, donde il vario ed enorme spopolamento ';si chiedono perché la città [di Alessandria] abbia in tutto- compresi piccolissimi e vecchissimi- un numero di abitanti appena uguale a quello dei soli vecchioni di altri tempi. Gli è che gli uomini tra i quaranta e i settant'anni erano allora tanto piu numerosi da superare il numero di quelli che ora sono inscritti alle pubbliche distribuzioni, tra i quattordici e gli ottanta anni; i giovanissimi, oggi, sono i compagni dei vecchissimi •.
Indicazioni egualmente drammatiche sulla situazione dell'area siriana parrebbero fornirle le «profezie» del Tredicesimo oracolo sibillino: i testi che lo compongono riflettono la maniera nella quale la «crisi», in quanto portato del conflitto romano-persiano, ma anche in quanto portato delle carestie e delle pestilenze, dellimos come delloimos, viene vissuta nelle province orientali dell'Impero'. Le sia pur scarne attestazioni contemporanee convergono, dunque, nel presentare un quadro degli anni centrali del III secolo - quegli anni che assistono al fatto inaudito della cattura dell'imperatore dei Romani e della sua morte in prigionia, quegli anni nei quali la stessa unità della compagine imperiale viene meno e l'Impero si riduce a un «torso» •- a tinte fosche'. Quest'immagine ha costituito la base per il costruirsi di 2 CIPRIANO, Sulla mortalità, 14, per la descrizione della malattia; cfr. PONZIO, Vt~a di Cipriano, 9 sg. Le testimonianze letterarie sulla diffusione del contagio e sulla durata dell'epidemia sono esaminate e discusse da o. WEITZ, Fantine and Plague as Factors in the Collapse o/ the Roman Empire in the Third Century, Diss. Fordham University, Ann Arbor 1972, pp. ro, sgg.; cfr. pure, per la documentazione egiziana, G. CASANOVA, Epidemie e fame nella documentazione greca d'Egitto, in «Aegyptus», LXIV (1984), pp. 174 sg.; m., Le epigrafi di Terenouthis e la peste, in YCIS, XXVIII (198,), 14' sgg. ' "à.v6pw,.wv oÀeOpoc; ». . • EUSEBIO DI CESAREA, Storia ecclesiastica, 7.21.9 (trad. S. Mazzarino). Pur nel suo evidente carattere di iperbole, la testimonianza sembrerebbe basarsi su dati ufficiali degli archivi alessandrini: cfr. s. 2 MAZZARINO, L'impero romano, Roma-Bari 1973 , p."'' anche a proposito della testimonianza offerta da PLond., lnv. 2'6' (T. c. SKEAT e 1!. P. WEGENER,A Trial Be/ore the Prefect ofEgypt Appius Sabinus, c. 250A.D., inJEA, XXI (193,), pp. 224 sgg.), attestante, ad awiso del Mazzarino, una situazione demografica difficile nell'Egitto degli anni di Decio; il luogo eusebiano è la piu antica attestazione dell'esistenza, ad Alessandria, di un programma di distribuzioni gratuite di beni alimentari: cfr. in particolare J.-M. CARRffi, Les distributions alimentaires dans /es cités de l'empire romain tardi/, in MEFRA. LXXXVll b9nl. pp. 1078 sgg. ' Si veda ora l'edizione commentata di D. s. PO'ITER, Prophecy and History in the Crisis o/the Roman Empire. A Historical Commentary on the Thirteenth Sibylline Oracie, Oxford 1990. ' s. MAZZARINO, L'impero romano cit., pp. 534, H3· 7 Fonti raccolte e commentate da G. ALFOIDY, The Crisis ofthe Third Century as Seen by Contemporaries, in GRBS, XV (1974), pp. 89 sgg. (ora in m., Die Krise cit., pp. 319 sgg.), che per l'appunto mette in rilievo come si possa parlare di una « consciousness of crisis (Krisenbewusstsein) in the third
Lo Cascio Dinamiche economiche e politiche fiscali
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un'interpretazione vulgata del m secolo come dell'età di crisi per eccellenza del mopdo romano: una crisi che è politica, economica e sociale a un tempo e dalla quale sono destinati a emergere un nuovo stato e una nuova società •. La realtà della crisi e, se si vuole, la legittimità stessa del ricorso al concetto e al termine di« crisi» per il m secolo sono oggi, con una caratteristica inversione di tendenza, rimesse in discussione, soprattutto in base a un'attenta e puntuale considerazione di quanto la documentazione materiale è stata in grado di rivelare area per area. Si insiste, cosi, sulla diversità dei casi regionali: sulla continuata prosperità che il documento archeologico e quello epigrafico sarebbero in grado di provare, per molte delle regioni dell'Impero. ncaso piu eclatante di tale continuata prosperità sarebbe rappresentato dall'Africa, per la quale le difficoltà degli anni centrali del secolo sarebbero un fatto episodico e destinato a non lasciare traèce durature'. Sicché la rivalutazione di un del IV secolo". Infine, le analisi delle monete, moltiplicate per tutto l' arco del secolo", hanno fornito una misura precisa della svalutazione. ll primo prowedimento attribuito a Diocleziano- il ripristino di una moneta d'oro stabile da J/6o di libbra-è stato abusivamente presentato
n
u Afrodisiade: AnnEpigr, 1973, 526b; Ezani (testo riveduto): M. Crawford,J. Reynolds e altri, in ZPE, XXVI (1977), pp. 125·51, e XXXIV (1979), pp. t63-210; M. GIACCHERO, Il valore delle monete dio· clezianee dopo la riforma del JOI..., in RIN, XXII (1974), PP·I45-54i M. CRAWFORD, Finance, Coinage and Money /rom the Severans to Constantine, in ANRW, Il, 2 (1975), pp. 577-86; J.·P. CALLU, Denier el nummus, in Les «dévaluations » à Rome cit., l, pp.107·21. Nel1973, il testo di Ezani ha eliminato definitivamente qualsiasi tentazione di leggere 90 ooo denari (o di supporne 120 ooo) invece di 50 ooo co· me prezzo della libbra d'oro nell'Editto suipreui, e del pari le argomentazioni fondate su quelle ipotesi. Ultimamente, nuovi frammenti dell' Edictum de pretiis sono stati trovati ad A&odisiade, sui quali cfr. E. LO CASCIO, Aspetti della politica monetaria tra IV e v secolo, in Atti dell'Accademia Romanisti'll Costantiniana, X Convegno internazionale (Spello-Perugia-Gubbio 1991), Perugia 1993· " ]. R. REA, PSl IV JIO and lmpen'al Bullion Purchases, in CE, XLIX (1974), pp. 163-74; R. s. BA· GNALL, Bullion Purchases and LJndholding in the Fourth Century, ibid., Lll (1977), pp. 322-26. ,. ID., Cu"ency and Inflation in Fourth Century Egypt (BASP Suppl. 5), New York 1985. In seguito l'autore ha attenuato la rigidezza di certi ragionamenti: ID., Fourth Century Prices: New Evidence and Further Thoughts, in ZPE, LXXVI b989), pp. 6>''? Non è per caso la circolazione simultanea di monete cosi disomogenee che fa scattare !'«inflazione», per un gioco costante di azione e reazio· ne? Di fronte a questi interrogativi, si ammetterà al massimo che l'oro preannuncia l'awenire, mentre il biglione argentato è un'ingombrante eredità del passato. Permane nondimeno un'innegabile coincidenza fra le date delle principali riforme della monetazione imperiale e i periodi in cui la documentazione egiziana registra dei cambiamenti radicali nel· l'ordine di grandezza dei prezzi nominali, confermando cosi che questa
n
" R. s. BAGNALL,
,. IbùJ., p.,...
Cu"ency cit., p. '3·
J.·M. CARRit, Observations cit. n record al tempo in cui Bagnali scriveva, Vl92 digramma in SB. m, 7034, è stato in seguito superato: rltH6 di solidus nel PLaur., IV, 172, che indirettamente cesti m" '17
Dia i! livello raggiunto allora dal follis. 98
J.·P. CALLU,
Analyses métalliques cit., p.
233.
Carrié Le riforme economiche da Aureliano a Costantino
317
monetazione era costantemente aspirata dall'alto a causa della rivalutazione nominale del suo contenuto metallico. Le indicazioni tratte dal movimento dei prezzi allo scopo di rintracciare l'evoluzione monetaria conservano dunque tutto il loro valore. Quando ristabilisce il sistema monetario su un apparente ritorno al plurimetallismo dell'alto Impero, la tetrarchia, di fatto, dissocia la sua politica dell'oro da quella del biglione. Cosi Diocleziano, pur conti~ nuando ad attribuire valori nominali arbitrari alla monetazione di biglione argentato, che egli tratta dunque come moneta fiduciaria, riconosce invece all'oro e all'argento in moneta un valore commerciale, dal momento che i contrassegni apposti sui suoi aurei («6o») e i suoi argentei («96 ») sono indicazioni ponderali che definiscono il valore nominale in base a quello del metallo prezioso. Ma questo valore commerciale viene arbitrariamente sottovalutato in rapporto al biglione argentato e all'insieme degli altri prezzi. In tali condizioni, inevitabilmente, l'autorità emittente è costretta ad assumere atteggiamenti contraddittori: l'Editto sui prezzi attribuisce all'oro monetizzato lo stesso prezzo dell'oro in lingotti («in regulis sive in solidis»), ma quando si tratta di requisire l'oro, è accordato un premio a coloro che forniscono solidi piuttosto che metallo a peso, ristabilendo cosi il principio del valore aggiunto al contenuto di fino dallo stesso conio". A seconda dei casi, lo Stato applica il principio che piu gli conviene, senza preoccuparsi della coerenza dell'insieme e senza neppure evitare, quando capita, di intrappolarsi nella sua stessa regolamentazione: cosf, la sua tariffa per il rimborso delle requisizioni, sempre in ritardo sul movimento dei prezzi di mercato, se da un lato gli permette di rifornirsi a buon mercato, dall'altro si ritorce a suo danno e a vantaggio del contribuente, quando alcune imposte in natura sono convertite in denaro (adaeratio). 4· La «produzione di Stato».
Lo sviluppo della produzione di Stato ha potuto rappresentare, a fianco della riforma fiscale e delle manipolazioni monetarie, un mezzo per migliorare le finanze pubbliche; non lo si deve però sovrastimare. La res privata"", che ormai ha assorbito il fisco, il patrimonio fondiario dello Stato imperiale e i beni personali degli imperatori, costituisce un vasto "' POxy., XlV, 1653. '"" R. HIS, Die Domiinen der r6mischen Welt, Leipzig 1986; F. MILLAR, The Privata/rom Diocletian to Theodosius: Documentary Evidence, in c. E. KING (a cura di), Imperia! Revenue cit., pp. 125·40; R. I>ELMAIRE, Largesses sacrées cit., pp. 595-701.
Parte prima Dalla crisi alla ristrutturazione
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settore agricolo di proprietà statale. La sua gestione, all'inizio del IV secolo, illustra ugualmente il carattere pragmatico delle riforme noncht l'adozione di soluzioni diverse a seconda delle province. Cosi vediarn 0 che nello stesso periodo la proprietà dello Stato rafforza il suo controllo in Africa, mentre mette in vendita ciò che resta della > in Egitto e cerca di trovare acquirenti per la maggior parte delle terre devolute al fisco attraverso ripetute confische, o di riprivatizzare le terre incolte o senza proprietari. ll caso egiziano contraddice i piu diffusi luoghi comuni sul tardo Impero, poiché qui si vede una politica che favorisce la proprietà privata del suolo e che pone fine al sistema tolemaico dell'epibole, o obbligo di coltivare le terre reali, che gravava sui villaggi. Per l'Africa, D. Vera ha dimostrato in modo assai convincente come la sostituzione, per le terre demaniali, dei contratti di locatio conducti quinquennali con concessioni enfiteutiche (da situare, secondo lui, fin dalla seconda metà del III secolo e non solo a partire da Costantino) avesse permesso alla res privata di migliorare notevolmente i propri introiti, sia grazie alla continuità di gestione, sia grazie al passaggio a colture arbustive piu redditizie, in cui potevano investire soltanto conductores permanenti, sicuri che sarebbero stati loro a realizzare i guadagni dell' operazione 101 : in effetti, sotto regime enfiteutico, come nella concessione in ius perpetuum, il locatario è considerato dominus e non colonus. Se si pensa che nel422 nella Proconsolare e nella Bizacena il patrimonio imperiale rappresentava un sesto delle superfici coltivate, si avrà un'idea di quanto fossero aumentate le entrate delle finanze pubbliche. Talvolta è stata avanzata l'idea che l'estensione del patrimonio imperiale avrebbe avuto l'effetto di restringere la sfera degli scambi commerciali e, di conseguenza, la circolazione monetaria. Si è ipotizzato allora che il canone (che comprende una parte di rendita fondiaria e una parte di imposta) fosse versato esclusivamente in natura. Eppure non funziona cosi: le proprietà imperiali pagano anche imposte in denaro e, nella seconda metà del IV secolo, tendono a pagare in oro tutta la rendita, o almeno parte di essa. Non si può dubitare che il dominio imperiale abbia apportato un contributo importante sia alle necessità dell'annona civile e militare, sia a quelle della tesoreria pubblica. A partire da Costantino, la res publica si è accollata le terre delle fondazioni municipali (eccetto le terre di acquisizione): questo provvedimento fu ulteriormente modificato da Costanzo Il, abolito da Giuliano, e poi ristabilito. Gli effetti della contrazione del commercio privato sembrerebbero piu netti nel caso delle manifatture pubbliche, nelle quali si è riconosciu· 1011
D. VERA, Enfiteusi eit., pp. 267-93.
Carrié Le riforme economiche da Aureliano a Costantino
319
to un tratto caratteristico della riorganizzazione economica del IV secolo. Ci si è interrogati sulle ragioni di una creazione cosi sistematica, nel giro di qualche anno, di officine pubbliche di filatura (gynaecea, linyphia), di tintura (baphia) e di fabbricazione di armi (jabricae). Per queste ultime, gli storici ammettevano l'esistenza, nei secoli precedenti, di Wla produzione di officine private, che sarebbero state nazionalizzate all'epoca della tetrarchia. Questa interpretazione è stata rimessa in discussione dagli studi archeologici e dalle recenti pubblicazioni papirologiche, che hanno reso credibile, a condizione di limitarla all'alto Impero, la descrizione ad opera di Vegezio di una legione autosufficiente per il proprio equipaggiamento 102 • Questo sistema, però, non ha potuto sopravvivere allo smembramento della legione classica alla fine del m secolo, nel momento stesso in cui gli effetti della crisi monetaria compromettevano l'eventuale produzione complementare di officine private. Di fatto, è in quest'epoca che sono state istituite le fabbriche di Stato, trentacinque in tutto, distribuite attraverso l'Impero '"', dotate di un personale a statuto militare, che poteva facilmente contare da 7000 a 15 ooo persone. Si è conservato, solo per l'Occidente, l'elenco degli stabilimenti tessili che provvedevano all'abbigliamento dei militari e dei funzionari dell'amministrazione, nonché alle elargizioni imperiali di vesti. Le fonti ci segnalano l'importanza dei loro effettivi. In realtà gli storici liberali del XIX secolo hanno esagerato l'importanza delle fabbriche statali del tardo Impero nelle quali, anacronisticamente, si compiacevano di riconoscere un dirigismo di cattivo augurio. Del resto, probabilmente non furono tutte create nello stesso periodo: alcuni laboratori tessili e le oreficerie di corte esistevano già da prima·~. Soprattutto, lo Stato ha investito interessi piu finanziari che economici in questo genere di attività che, in ogni modo, non soddisfacevano l'insieme dei suoi bisogni nei campi interessati''" e che non andavano al di là di alcuni articoli specifici direttamente legati al proprio consumo (equipaggiamento dell'esercito, costruzioni pubbliche, evergetismo imperiale). In effetti sono rari i settori che com'02 M. c. BISHOP, The Military Fabrica and the Production o/Arms in the Early Principale, jn The ProJuction an d Distrihution o/Roman Military Equipment (BARint. Ser., 2n), Oxford 1985, pp. 1·42, che in particolare conclude in modo opposto rispetto sia a R. MACMULLEN, Inscriptions on Armourand the Supply o/ Arms in the Roman Empire, in AJA, LXIV (15)6o), pp. 23·40, sia a H. R. ROIIINSON, The Armour o/ the Imperia! Rome, London 19n, p. 8. "' s. JAMES, The Fahricae: State Arms Factories o/ the Later Roman Empire, in L. c. COULSTON (a cura di), Military Equipmenl and the Identity o/Roman Soldiers (BARint. Ser., 394), Oxford 1988, pp.
2'7·HI. ''~ Cfr. R. DELMAIRE, Largesses sacrées cit., pp. 421-528. '" Anche se Codice teodosiano, 7.6. 5 (del42 3), diversamente da A. H. M. JONES, The Later Roman Empire cit., II, p. 837, non consente di limitare la produzione delle manifatture di Stato a J/6 delle necessità totali in vestes dell'esercito.
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Parte prima Dalla crisi alla ristrutturazione
portavano la rivendita al pubblico: possiamo citare i prodotti sottoposti a un monopolio (sale, allume, seta, papiro), certi materiali estratti da ca. ve e miniere imperiali e, soprattutto, quei prodotti annonari non distribuiti gratuitamente. Ma queste «vendite» non realizzano un guadagno netto, dal momento che bisognerebbe dedurre sia il loro costo di produ. zione per lo Stato, sia il mancato profitto fiscale, di cui esse sono la com. pensazione. A parte i monopoli, non esiste alcun settore economico in cui lo Stato abbia determinato la scomparsa delle attività private.
5. Conclusione. Riassumendo, come valutare i margini di scelta del governo imperiale e la sua capacità di controllo della realtà economica? Secondo Jones, «non sembra che esso abbia condotto una deliberata politica di inflazione del denario; l'inflazione era qualcosa che si verificava contro i suoi auspici e sfuggiva al suo controllo»"". Si sarebbe tentati di riformulare questo giudizio in modo un po' diverso: la situazione finanziaria dell'Impero, la penuria di metalli preziosi e l'obbligo di mantenere un alto livello di spese pubbliche non hanno lasciato ai governanti la possibilità di scegliere la loro politica monetaria; ma, costretti all'inflazione, si sono adattati, hanno cercato di «pilotarla» e difficilmente si potrebbe sostenere che essi l'abbiano usata in modo ingenuo o per mancanza di chiaroveggenza. Cosi, mi sembra, possiamo articolare due idee di per sé antagoniste: la moneta come fenomeno secondario in rapporto all'economia "", e l'indiscutibile esistenza di una politica monetaria degli imperatori, politica che operava delle scelte, anche se entro margini di manovra ridotti e fortemente obbligati. L'economico non incideva direttamente né automaticamente sul monetario; ma la moneta stessa non rappresentava che uno degli elementi della politica finanziaria dell1mpero, a fianco della fiscalità e del controllo dei prezzi. La fatalità, in un certo senso, tecnica dell'inflazione in questo periodo è facilmente comprensibile: una volta entrata nel ciclo inflazionistico, l'autorità emittente era condannata a continuare sulla stessa strada. A partire dal momento in cui la massa metallica circolante era costituita dal biglione svalutato, non si poteva che rifonderla, salvo rinunciare a tale giacenza; sporadici tentativi di emettere tipi di lega migliore, utilizzando metallo fino o rifondendo monete piu ricche, non permettevano di risalire la china, e la tentazione di svilire ancora di piu il biglione, o la ""Ibid., I, p. 441· "" Principio chiaramente richiamato da M. CORBIER, Fiscalité cit., pp. j23-28.
Carrié Le riforme economiche da Aureliano a Costantino
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necessità di farlo per mancanza di metallo fino, era troppo forte. L'argento amalgamato al rame non smetteva perciò di calare in rapporto al suo valore intrinseco, il che equivaleva a un'ulteriore riduzione della massa d'argento a disposizione. Le requisizioni di metalli preziosi sono particolarmente istruttive sulla dualità di questa fase: si collocano nel punto di articolazione fra l'economia naturale, dalla quale prendono in prestito la procedura, e l'economia monetaria, che si prefiggono di ristabilire a lungo termine ,... Da un lato, la demonetizzazione delle finanze statali raggiunge allora il suo massimo grado. Per l'uso che fa delle sue risorse in materie prime (metalli preziosi, ferro e rame, fibre tessili), in derrate alimentari, in prodotti di trasformazione (abiti), in manodopera (schiavi in seguito a giudizio, provinciali requisiti per corvées o liturgie), l'organizzazione statale tende a strutturarsi come un grande dominio autarchico. Ma il paragone si ferma qui, poiché l'economia naturale non risolve tutto. Inoltre lo Stato deve procurarsi il denaro contante necessario per alcune spese pubbliche insopprimibili. La discreta abbondanza delle sue finanze in natura esclude l'ipotesi che le difficoltà derivino da una recessione economica dell'Impero, essendo d'altronde sufficientemente documentato il ritorno alla prosperità. Questa è proprio la prova che il problema consiste nella scarsità di liquido, e il potere imperiale non avanza una diagnosi diversa, quando reagisce con la requisizione dei metalli preziosi. Tutti i suoi sforzi, a partire da quel momento, tendono a ricostituire una massa monetaria, e il passaggio dall'argento all'oro gliene offrirà la possibilità. Questa politica, però, potrà dare i suoi frutti solo a partire dal momento in cui la quantità di moneta forte che permane nel circuito di scambio avrà la meglio su quella che si disperde (attraverso la tesaurizzazione o l'uscita dal territorio imperiale). L'opera di riorganizzazione dell'Impero condotta dalla tetrarchia, che ha fondato istituzioni talvolta destinate a durare nei secoli, non dovrebbe quindi farci dimenticare ciò che alcuni altri suoi aspetti, e non secondari, hanno dovuto all'adeguamento alle condizioni transitorie del periodo. Con l'evolversi della situazione, questa politica si è rivelata ulteriormente reversibile, al pari di certi caratteri generali della vita economica, come lo.studio dei decenni successivi ci illustrerà Già sotto Costantino certi aspetti « parafiscali » delle finanze tetrarchiche -le requisì109
•
"" Un passo di LA'ITANZIO, La morte dei persecutori, 31._s, ci obbliga a pensare che le requisizioni di metalli preziosi operate dai tetrarchi non fossero limitate all'Egitto, ma regolarmente praticate nell'insieme dell'Impero. '"' Per un periodo ulteriore cfr., ad esempio, G. TATE, Mutabilité des économies antiques: l'exempk de la Syrie du Nord (IV'- vt siècles), in Géographie historique du Proche-Orient, Paris 1988, pp. 49·56.
Parte prima Dalla crisi alla ristrutturazione
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zioni rimborsate in oro e in argento, le corvées gratuite al servizio dello Stato, ecc. -tesero ad assumere una forma fiscale dichiarata: per quanto riguarda la nuova fiscalità, essa si prestava altrettanto bene al prelevamento in contanti che alla percezione di derrate in natura, offrendo cosi uno strumento efficace per il momento in cui il prodotto fiscale dovrà compensare la perdita dei benefici derivati dalla svalutazione 110 • Senza voler negare la specificità di una struttura generale che avrebbe regolato la vita economica del tardo Impero, vorrei semplicemente suggerire una diversità che si è finito con l'ammettere sul piano geografico (anche se in seguito non sempre se ne tiene conto!), ma che si tende a ignorare completamente sul piano del tempo breve, delle trasformazioni rapide, su scala generazionale. Persino la storia economica delle società preindustriali si muove piu rapidamente di quanto si creda. 110
Cfr. J.·M.
CARRr:~,
L'economia e le finanze cit.
GUGLIELMO CAVALLO
e ANDREA
GIARDINA
L'iconografia delle campagne nel libro antico
Parlare degli uomini delle campagne tardoantiche è possibile solo al plurale: i contadini. Anche se si tratta di spunti quasi 'impressionistici', suggeriti dalle miniature dei codici tardoantichi e medievali \ la regola non va smarrita. La società rurale 'esplode' nella documentazione di quest'epoca, e numerose sono le figure di contadino che la rappresentano. È difficile dire se un ritratto sia piu autentico di un altro: spesso ritratti diversi esprimono aspetti e comportamenti dei contadini di un medesimo contesto geografico e storico. Nella letteratura dell'epoca, i contadini appaiono spesso come ignoranti e sprovveduti, o come vittime inconsapevoli della virtu dei santi. Ma possono anche entrare in azione, quando sono pagani, come protagonisti di un antagonismo radicale: i lettori (o gli ascoltatori) della Vita di san Martino li vedevano impegnati in uno scontro frontale, segnato da un' atmosfera di cruda violenza. Gruppi infuriati di contadini pagani aggrediscono piu volte il santo, anche se le loro spade e i loro pugnali, come in una onirica inanità, non raggiungono mai l'esito. Martino, dal canto suo, evangelizza con stile guerriero: fa a pezzi i templi pagani, li brucia, profana i santuari locali. Altri santi, in scenari diversi da quello gallico, seguivano metodi piu delicati di evangelizzazione, ottenendo 'risposte' differenti. Contadini tardoantichi erano anche quei coloni e quegli schiavi (due figure che tendono a sovrapporsi) che vediamo spesso serrati intorno ai loro domini potenti: cercavano protezione, in un mondo reso insicuro non solo dai barbari, dai predoni, dai trafficanti di schiavi, ma anche dai rappresentanti esosi, e non di rado corrotti, dell'amministrazione imperiale. Non è dunque un caso se l'unico trattato di agricoltura che la tarda antichità ci ha lasciato, quello di Palladio, si pone per la prima volta in modo non retorico il problema della divulgazione della sapienza agronomica: «La saggezza piu elementare- scrive l'autore- richiede che ci si faccia un'idea giusta della per~ona che s'intende istruire: chi vuole f6r' Un saggio da leggere e 'vedere' in parallelo a questo: G. CAVALLO, Il segno delle mura. L'iconografia della czttà ne/libro antico, in questa Storia di Roma, 4, Torino I989, pp. 267-300.
324
Pane prima
Dalla crisi alla ristrutturazione autoritaria
mare un· agricoltore non deve certo gareggiare con lo stile e con l' elo. quenza di un professore di retorica, come ha fatto la maggior parte degli agronomi, i quali, parlando in modo ampolloso ai contadini, hanno reso il loro discorso incomprensibile anche ai letterati». Questa sensibilità per i problemi della divulgazione (che nella prospettiva dell'autore non doveva necessariamente verificarsi tramite la lettura) si esprime compiu. tamente nella struttura del trattato: essa consiste infatti (escluso il primo libro) in una sorta di calendario agricolo di facile consultazione. Una scelta che assicurò all'opera, nel Medioevo, quella che è stata definita una «splendida popolarità». Le trasformazioni sociali della tarda antichità, il crollo dell'impero d'Occidente, l'insediamento dei popoli germanici, provocarono mutamenti nella gerarchia delle colture, cambiamenti delle abitudini alimentari, un maggior peso, nella sussistenza dei contadini, delle risorse animali e vegetali tipiche degli spazi aperti. n fenomeno prepara il futuro grande successo di alcuni prodotti nell'alimentazione medievale. Molte miniature lo esprimono con un accentuato interesse per le scene di caccia e di raccolta, o per quelle dove compare l'allevamento brado dei maiali: raffigu· razioni intense e animate, che rinviano a esperienze vissute. Altre miniature riescono ancora a esprimere le antiche fantasie bucoliche e l'ideale di un'agricoltura 'paradisiaca', dove piante e animali rispettano l'estetica della geometria o imitano l'ordine di un esercito ben schierato. In con· trap posizioni come questa si rappresentano la fine del sistema agronomico che era stato tipico dei Romani e l'affermazione di una nuova economia'. 2 Bibliografia utilizzata. Contadini nella letteratura rardoantica: v. FUMAGALLI e G. ROSSE'!TI (a cura di), Medioevo rurale. Sulle tracce della civiltà contadina, Bologna 1980; J. LE GOFF, I contadini e il mondo rurale nella letteratura dell'alto Medioevo (secoli v e vr), in Tempo della Chiesa e tempo del mer· cante, Torino 1977; A. GIARDINA, Pal/adio, illatt/ondo italico e l'occultamento della società rurale, Ap· pendice a Le due ltalie nella forma tarda dell'impero, in ID. (a cura di), Società romana e impero trJr· doantico, I, Roma·Bari 1986, pp. 31-36; J.·M. SALAMITO, Aut villa aut negotiatio. Agriculture et commer·
ce dans /es représentations collectives et la théologie des chrétiens d'Occident (IIf·vt siècles) Thbede Doctorat, Université de Paris-Sorbonne (Paris IV), 1992. U trattato di Palladio: R. MARTIN, Pal/aJiUJ. Traité d'agriculture, l, Paris 1976. Rapporti sociali nelle campagne rardoantiche: s. MAZZARINO, Asptt· ti sociali del quarto secolo, Roma 1951. Gruppi di schiavi che rifiutano la libertà: A. GIARDINA, Lavoro e storia sociale. Antagonismi e alleanze dall'ellenismo al tardoantico, in «Opus», I (1982) pp. n5-46. Gli aspetti della rendita: D. VERA, Forme e funzioni della rendita fondiaria nella tarda antichità, in A. GIAII· DINA (a cura di), Società romana e impero tardoantico cit., pp. 367-447. Fiere, nundinae, ecc.: E. GABBA• Mercati e fiere nell'Italia romana, ora in ID., Del buon uso della ricchezza. Saggi di storia economica e sociale del mondo antico, Milano 1988, pp. 143-61. Ambiente vegetale, fauna: L'uomo difronte al mondo animale nell'alto Medioevo («Settimane di studio del CISAM >>,XXXI), Spoleto 1985; L'ambientevege· tale nell'alto Medioevo («Settimane di studio del CISAM »,XXXVII), Spoleto 1990. Sistemi agronomi· ci: E. SERENI, Agricoltura e mondo rurale, in Storia d'ItalùJ Einaudi, I. l caratteri originali, Torino1973, pp. 133 sgg. Alimentazione: soprattutto R. GRAND e R. DELATOUCHE, Storia agraria del Medioevo, rrad. it., Milano 1968; cfr. anche M. MONTANARI, L'alimentazionecontadina nell'alto Medioevo, Napolii979·
Cavallo e Giardina
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L'iconografia delle campagne
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2.
Manirologio, IX-x secolo. Città dd Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 438, f. 15v.
Le villae pili importanti arrivarono a riproporre, in piena campagna, un microcosmo di tipo urbano: si dotavano di alcuni elementi fondamentali della civilitas intesa alla romana; le dimore rurali dei ricchi, afferma lo storico Olimpiodoro, avevano « tutto quanto può conu:nere una piccola città: un ippo· dromo e dei fori e dei templi, e fontane e varie terme».ln questo universo rustico, che si voleva armonico e intriso di solidarietà, non mancava una costante preoccupazione per il profdo religioso. I meriti di un dominus cristiano si misuravano anche sulla fede dei contadini Agostino, per esempio, ricopri di elogi l'ex proconsole Pammachio per aver sottratto i suoi coloni alla contaminazione dell'eresia donatista. Successi come questo presupponevano un rappono diretto del dominus con i coloni, e che egli dispiegasse tutta la sua autorità, il suo prestigio, la sua capacità d i persuasione a favore della vera fede. Naturalmente l'esempio del grande proprietario cattolico che contrastava la diffusio ne dell'eresia era speculare a quello del grande proprietario >dallo schiavo. A pani re da una famosa legge costami· niana, il colono, teoricamente libero, divenne in realtà servus te"ae, vincolato alla terra. Lo schiaro,
Cavallo e Giardina L'iconografia delle campagne
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d'altra pane, veniva sempre piu utilizzato secondo un'organizzazione del lavoro che differiva poco, sono il profilo economico, dal colonato. La possessio siciliana di santa Melania era anicolata su sessanta poderi coltivati da quattrocento schiavi: alla villa schiavistica e ai suoi ergastoli si erano ormai sostituiti questi grandi, talvolta giganteschi, complessi composti da una molteplicità di nuclei di schiavi casati e di coloni.
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Parte prima Dalla crisi alla ristrutturazione
6. Il cosiddetto« Rabano Mauro Cassinese», XI secolo. Montecassino, Archivio dell'Abbazia, Casio. 132, p. 451 (pane inferiore). Per lo schiavo tardoantico,la liberazione non era piu un mito: poteva anzi rappresentare uno svantag· gio, una prospettiva carica d'incognite. Quando Melania e Piniano, in procinto di panire per la Terra· santa, decisero di donare la libenà alle migliaia di schiavi che possedevano nel suburbio romano, si trovarono di fronte a una reazione sorprendente: gli schiavi « tumultuarono » e rifiutarono la libenà. «Se gli schiavi del suburbio, che stanno alle nostre dirette dipendenze- disse Melania al marito- hanno osato opporsi a noi, che cosa faranno quelli che abbiamo in paesi lontani, in Spagna, in Campania. in Sicilia, in Africa, in Mauretania, in Britannia e lontano, nelle altre regioni?>> Gli schiavi radicati con le loro famiglie nelle villae dei potenti avevano molti motivi per temere la filantropia dei loro entusiasti padroni.
Cavallo e Giardina
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L'iconografia delle campagne
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7· Salterio, xn secolo. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Acq. e Doni x8x, f. 5'· Se lo schiavo« radicato» trovava nel rapporto col dominus, soprattutto quando si trattava di un personaggio importante, un motivo di sicurezza, una tutela dai pericoli dello sradicamento e dai rischi di un'autonomia carica d'incognite, il colono «libero» cercava nel padrone una protezione dal fiscalismo imperiale e dalla coscrizione militare. L' impiego delle due categorie tendeva a offrire, nella prospettiva dei domini, un insieme equilibrato di vantaggi e svantaggi: i coloni erano economicamente piu interessati alla produttività dei campi e offrivano forse una maggiore collaborazione, ma erano soggetti alla leva, che ne allontanava dai campi un certo numero per piu di vent'anni: gli schiavi, generalmente esclusi dal servizio militare, offrivano invece una manodopera stabile, che nessuna circostanza poteva sottrarre.
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Pane prima Dalla crisi alla ristrutturazione
8. Il cosiddetto« Pentateuco Ashburnham >>,VII secolo. Parigi, Bibliothèque Nationale, Paris. nou1·.
acq. lat. 2334, f. 6r. La miniatura mostra nella zona mediana scene di vita campestre. In età tardoantica era p ili facile ac· quisire terra che manodopera: una costituzione imperiale indirizzata nel382 al prefetto di Roma ordinò di verificare le condizioni fisiche dei mendicanti e di assegnarli« in eterno>> al lavoro dei campi, co· me coloni. Quando, non appena giunti in Africa, Melania e Pini ano cominciarono a disperdere i loro beni e la manodopera, destinando il ricavato a offerte per i santi e per i poveri, e al riscatto dei prigio· nieri, tra i vescovi africani si diffuse il panico: «Quello che donate ai monasteri- dissero- in poco tempo si consuma. Se volete guadagnarvi un merito eterno, donate sia le case che le rendite>>. NeUa società tardoantica, terra e lavoro erano un binomio non sempre ricomponibile e per questo i benefi· ciari della donazione preferivano ottenere in blocco le proprietà economicamente funzionanti piutro· sto che somme di denaro che si dissolvevano rapidamente.
Cavallo e Giardina
L'iconografia delle campagne
333
9· Codice delle Institutiones divinarum et saecularium litterarum di Cassiodoro, fine VIII secolo.
Bamberga, Staatsbibliothek, Mise. Patr. 61, f. 29v. Vivarium in una raffigurazione ripresa da un esemplare del VI secolo. Si nota l'acquario con i pescielemento frequente anche nelle grandi villae tardoantiche- qui all'origine dd toponimo.
334
Parte prima Dalla crisi alla ristrutturazione
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19. Il cosiddetto «Virgilio Romano>>, VI secolo. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3867, f. 6r.
L'allevamento degli ovini era brado, come quello dei suini. A differenza della carne di maiale, quella di pecora era tuttavia poco apprezzata. La pecora era soprattutto un animale utile per la lana e per il latte (da cui si ricavavano burro e formaggio). Dalla macellazione, che avveniva tardi, tra il terzo e il guano anno di vita, si ricavavano anche prodotti importanti come le pelli (utilizzate per l'abbigliamento e per la fabbricazione delle pergamene) e il sego. L'allevamento veniva praticato in t uni gli spazi aperti: pascoli naturali, brughiere, foreste. Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente s'imer· ruppero, in Italia, i movimenti della grande transumanza, che si era fortemente sviluppata subito dopo la guerra annibalica ed era rimasta attiva fino all'età tardoantica. Le devastazioni della guerra gotica, la disgregazione del complesso sistema che ruotava intorno al commercio della lana,)'occupazione longobarda,la creazione dei ducati di Spoleto e di Benevento determinarono una secolare &anura tra i pascoli del T avoliere e quelli dell'Italia centrale. Per la ripresa della grande transumanza bisognerà attendere, nella penisola, la costituzione del Regno normanno.
344
Parte prima
Dalla crisi alla ristrutturazione
Il cosiddetto« Virgili() Vaticano», Iv-v secolo. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vatica· na, Vat. lat. 3225, f. 4v.
20.
Il movimento dei pastori e delle loro greggi pose particolari problemi agli amministratori tardoantichi. Una costituzione emessa dall'imperatore Onorio nel4o9 d. C. proibi di affidare i neonati ai pastori perché li nutrissero e precisò che i contravventori sarebbero stati considerati complici dei latroner. Questa immediata e meccanica assimilazione tra pastori e Banditi non può non sorprendere: essa segna, nella prospettiva del potere imperiale, l'avvenuto distacco tra forme d'insediamento inserite in contesti propriamente agricoli, e quindi relativamente controllabili, e forme non controllabili perché tipiche di percorsi e di ambienti sui quali il potere aveva una debolissima presa. L'ambiguità del pa· store non si risolveva in precisazioni e in sfumature, in definizioni di comportamenti o classificazioni di contesti, ma nella non meno vaga limpidezza della condanna: pastore uguale bandito. In una socie· tà in cui le figure sociali, soprattutto nelle campagne, tendevano a cristallizzarsi e a bloccarsi nello spa· zio, gli individui dotati della possibilità di spostarsi nei territori aperti sembravano denotare una pre· costituita inclinazione all'irregolarità, se non alla criminalità.
Cavallo e Giardina L'iconografia delle campagne
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rs
21-24. Il cosiddetto «Calendario di Filocalo», anno 354, copia del secolo xvn. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Barb. lat. 2154, ff. 19r, 21r, 22r.
Raffigurazione del mese di agosto.
346
Parte prima Dalla crisi alla ristrutturazione
...·
22.
Raffigurazione del mese di settembre.
Cavallo e Giardina
L'iconografia delle campagne
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1.1
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,
23. Raffigurazione del mese di ottobre.
348
Parte prima Dalla crisi alla ristrutturazione
24· Raffigurazione dd mese di novembre.
Parte seconda Società a confronto: Roma e [!.li altri
LELLIA CRACCO RUGGINI
Culture in dialogo: la preistoria dell'idea di Europa
r.
Crisi tardoimperiale e gestazione di una cosdenza «europea».
La valutazione dd tardo impero in quanto periodo-cerniera tende oggi a guadagnare attenzione crescente grazie al riconoscimento e all'apprezzamento positivo della sua specificità: il classicismo ha ceduto il passo al rdativismo culturale proposto dalle sci~nze umane ed è stato quindi esorcizzato lo spettrq della «grande decadenza>> e della catastrofe. La storiografia antichistica si accosta oggi con interesse nuovo anche alle civiltà periferiche e alle tradizioni (folkloriche e non, sia esterne sia interne all'impero) disomogenee rispetto a qudle ddla cultura ufficiale greco-romana. Ma dalla giustapposizione spesso ancora indisciplinata di modellizzazioni che tendono a frantumarsi in molteplici prospettive territoriali e secondo una pluralità di livelli culturali', emerge pur sempre il problema della continuità della storia europea. Ed è appunto in questa chiave che il discorso verrà qui portato avanti, domandandoci quale sia stato l'apporto della cultura tardoantica (fino a qual punto determinante? a partire da quando, da dove, per dove? sotto quali spinte e con quali mutazioni nel tempo?) nella lunga gestazione dell'idea di Europa: Europa in quanto concetto spaziale (geo' Cfr. L. CRACCO llUGGINI, La storia locale nella storia dell'impero romano, in c. VIOLANTE (a cura di), La storia locale, Bologna 1982, pp. 51-70; ID., L'insegnamento della Storia Antica, in s. ALBEilTI e A. Wt.ARETTO (a cura di), Quale storia insegnare?, Roma 1987, pp. 18-26. Fra le piu ampie rassegne della storiografia moderna sul problema della decadenza di Roma - con ulteriori rimandi bibliografici cfr. s. n'ELIA, Il basso impero nella cultura moderna dal Quattrocento a oggi, Napoli 1967 (con la recen~ sionc Ji A. Momigliano, in RSI, LXXX (1968), pp. 684-86); E. PATLAGEAN, Dans le miroir, à travers le
llltrrur: un siècle de déclin du monde antique, in Les études classiques au XIx' et xX siècles: leur piace dam /'hiJtoire des idées, EAC, XXVI (198o), pp. 209-35; A. DEMANDT, Der Fa/l Roms. Die Auf/Osung des rO'mischen Reiches im Urteil der Nachwelt, Miinchen 1984 (con utile recensione di E. Demougeot, ~REA, XC (1988), pp. 423-35); L. cRAcco RUGGINI, La fine dell'impero e le trasmigrazionidei popoli, 111 N. TRANFAGLIA e M. FIRPO (a cura di), La Storia, ll.ll Medioevo. Popoli e strutture politiche, Torino 198M,
pp. 1-52.
Parte seconda Società a confronto
352
grafico), ma soprattutto in quanto consapevolezza di appartenere a un'individualità storica e morale ben definita, dotata di certi lineamenti socio-politici, culturali, religiosi che la diversificano rispetto ad altre en. tità storiche sia contermini sia lontane. Come si è formata e sviluppata, insomma, l'idea di Europa in rapporto ai mondi che le erano esterni? con quali osmosi, con quali chiusure?'. In questo senso, fra il m e il v secolo, ci si trovò di fronte a svolte determinanti. Certe concezioni d'Europa- di matrice talora antichissimariemersero in questo tempo con interpretazioni mutate, riflettendo rapporti che si andavano facendo diversi fra i Romani e gli altri popoli. 2.
Vibernaz.ione dell'idea classica di Europa nell'alto impero.
D primo utilizzo a noi noto del termine «Europa» con significato geografico si colloca per lo meno allo scorcio del VI secolo a. C., e designa il continente greco in opposizione al Peloponneso e alle isole (cosf nell'Inno ad Apollo Pitico e nella Periegesi di Ecateo di Mileto)'. Ma in Erodoto- polemico rispetto alla visione« ecumenica» e« continentale» dell'Europa formulata dalla Scuola Ionica, cui Ecateo si era ispirato l'attenzione, assieme a piu precise conoscenze, si era andata concentrando, secondo l'angolo visuale delle presenze commerciali greche, soprattutto sulla cosiddetta «Europa anteriore» .(e emprosthe Europe), ossia sul mondo della Grecia, Macedonia e Tracia fra l'Adriatico e il Mar Nero da una parte, e le steppe eurasiatiche abitate dagli Sciti- con tutte le loro alterità climatiche e culturali- dall'altra •. L'asse di questa Europa appariva dunque fortemente spostato verso oriente e imperniato sull'E· geo piuttosto che sul Mediterraneo, anch€ se a grandi linee e con note· vole indeterminatezza il continente europeo come tale arrivava a includere gli stessi Celti «atlantici» e gli iberici Cineti, menzionati da Erodo2 Cfr.l'inquadramento teorico generale, sempre valido, di F. CHABOD, Storia dell'idea d'Europa, a cura di E. Sesta n e A. Saitta, Bari r96r (da corsi universitari 1943·44, 1947·48, 1958-,59); e inoltre J. fl· SCHER, Oriens-Occidens-Europa. Begnff und Gedanke «Europa» in der spiiten Antike und im frùhen Mittela/ter, Wiesbaden 19.57; c. CURCIO, Europa. Storia di un'idea, I, Firenze 1958; s. MAZZARINO, Il no· me e l'idea di Europa (r96> già ben delineato, quello romano- avrebbe dissentito vivacemente dal cliché di un'Europa «balcanica», ancora al tempo suo propagandato dai re macedòni: egli osservò come quest'Europa fra l'Adriatico e l'lstro (Danubio), su cui essi pretendevano di dominare, coprisse soltanto una ben piccola parte del continente europeo 14 • Nell'impero «universale» romano" il concetto geografico ampio di Europa- di gloriosa matrice erodotea- tendeva di fatto a coincidere ormai, fatalmente, con quello politico. Ma nella cultura ellenica, e in quella latina da essa piu direttamente influenzata, la visione di un'Europa imperniata sulle aree illiriche- con forte preminenza etica e in prospettiva soprattutto militare - avrebbe conosciuto, nonostante tutto, un'ancor lunga vita. La ritroviamo al tempo di Augusto nel grecofono Diodoro di Agyrion (in Sicilia), nei libri XVIII-XX della sua Biblioteca (eco forse di fonti coeve ai successori di Alessandro), nonché nelle Antichità romane di Dionisio di Alicarnasso circa nella medesima epoca 16 • L'accezione ri· compare durante l'età severiana nello storico Dione Cassio, a proposito dell'assedio di Hatra nel r98 d.C. da parte di Settimio Severo, là ove si contrappongono gli imbelli soldati siriaci ai cinquecentocinquanta «Eu· ropei », che sono con ogni verisimiglianza da identificare con le truppe danubiane che avevano sostenuto la candidatura al trono di Settimio Severo nel I93 (e sembra che Dione si rifaccia qui all'Autobiografia dello stesso imperatore, che era stato comandante di questi soldati danubia· ni cosi fieri della propria identità) 17 • N el III secolo d. C. la valenza Euro-
° Cfr. ARISTOTELE, Politica, 128_5a.20 e 1327h.24; G. VANOTTI, Aristotele: dall'affermazione Reo· grafica alla dissoluzione politica dell'idea di Europa, in M. SORDI (a cura di), L'Europa cit., pp. IOJ·Il· 14 Cfr. POLIBIO, 1.2.4·6; G. ZECCHINI, Polibio, la storiografia ellenistica e l'Europa, in M. SORDI (a cura di), L'Europa cit., pp. 124·34· " Sul compaginarsi politico e geografico dell'impero «ecumenico,. di Roma- il primo di tal fatta che seppe durare per molti secoli, rimescolando civiltà e popoli nel segno di un'autorità riconosciut;l dal Reno all'Eufrate, dal Danubio alle Sini- cfr. c. NICOLET, L'inventario del mondo. Geografia epolttia~ alle origini dell'impero romano, Bari 1989. 16 Cfr. DIONISIO DI ALICARNASSO, 1.47·6, 1.61.3, 4.2_5.4, 6.80.1, J4.I.I·2; per Diodoro, cfr. F. LAN· DUCCI GATTINONI, L'Europa nei libri XVIII-XX di Diodoro, in M. SORDI (a cura di), L'Europa cit .. pp II3·34· 17
Cfr.
DIONE CASSIO, 76.12; G. ZECCHINI,
L'idea di Europa cit., pp. 16o-62.
Cracco Ruggini Culture in dialogo
355
pa= Tracia o Macedonia s'intrawede ancora nei Colledanea di C. Giulio Salino e in Giustino (che aveva alle spalle lo storico gallico Pompeo Trogo di età augustea, a sua volta probabilmente ispirato allo storico macedone Teagene autore di Makedonika patria intorno al 150 a. C.) ... Come endiadi («per Thraciam Europamque omnem ») l'Europa balcanica ricompare nella Historia Augusta, probabilmente elaborata verso la fine del IV secolo pur prodamandosi di età dioclezianeo-costantiniana ... Quale proiezione storica di una realtà amministrativa, l'antico cliché di un'Europa tracica arriva addirittura a calarsi nella istituzione di una nuova provincia Europa al tempo del riassetto tetrarchico: ne incontriamo la prima testimonianza nel Laterculus Veronensis fra i1297 e il312f 314 d. C."': La crescita politica di Costantinopoli e di un impero romanobizantino a un certo punto svincolato dalle sorti dell'Occidente non avrebbe poi potuto che irrobustire questa idea di Europa raggrumata a sud del Danubio: da Zosimo fra il498 e i1518, al Chronicon di Marcellino Comes nel 519, a Procopio nel De aedt/iciis al tempo di Giustiniano, ad Agazia di Myrina sotto Giustino II (565-78), a Evagrio Scolastico nella sua Storia ecclesiastica di fine VI secolo, al Chronicon Paschale nel628, e via enumerando 21 • In quanto concezione esclusivamente politica, essa sopravvisse nel mondo bizantino finché fiorf dell'entità statuale che ne aveva preservata, pressoché mummificata, l'arcaica accezione greca. Non mancarono tuttavia prospettive differenti sin da epoca remota, con motivazioni di volta in volta diverse. Ad esempio lo storico siracusano Filisto (cui sembra attingesse Diodoro per i suoi capitoli «siciliani» 22 attraverso Eforo e Duride, nell'età di Augusto) al principio del IV secolo " Cfr. SOLINO, 10.1; GIUSTINO, 7.1.6; G. ZECCHINI, L'idea di Europa cit., pp. mJ-6.J. " Cfr. Scrittori della Storia augusta, Vita di Probo, 13.4; ibid., Vita di Aureliano, 17.2-5, JI.J e 32 .t· 2; sulla tuttora aperta questione circa la data di composizione della Historia-Augusta e la sterminar~ bibliografia relativa, mi limito a rimandare a L. cRAcco RUGGINI, Elagabalo, Costantino e i culti •wriaci »nella« Historia-Augusta», in Historia-Augusta-Colloquium Sir Rona/dSymedicatum (Colloque lmernational, Chantilly, 2-4 giugno 1990), Macerata 1992, pp. 123-46 e specialmente nota D, con rimandi essenziali e aggiornati "' Cfr. A. H. M. JONES, The Date and Value o/the Verona list, inJRS, Lll (1954), pp. 21-29 (la provincia Europa è ancora assente dall'Itinerarium Antoninii, nd 111 secolo d. C.). " Cfr. ZOSIM0,1.27.1, ed. Paschoud cit., l, pp. 27 (testo) e148-49, nota 53 (commento), con riferimento al regno di Gallo ed Emiliano (251-53 d. C. circa); MARCELLINO «COMES», Chronicrm ad a. 447, H ad a. 454,1, inMGH, AA, XI (Chron. Min. ll), p. 82; PROCOPIO, Degli edifici, 4.1.10-14 (l'Europa simile a un'isola- VlJIra· m'eri e di barbari nelle monete della repubblica romana, in M. SORDI (a cura di), Conoscenze etnùhe e rapporti di convivenza nell'antichità (CISAUC, 6), Milano 1979, pp.1o1-18; L. ROSSI, Rotocalchi di pie· tra: segni e disegni dei tempi sui monumenti trionfali dell'impero romano, Milano 1981; L. CRACCO RUG· GINI, I barbari in Italia cit. 11 Cfr. Panegirico a Costantino, 7(6).10.1 e 4 (310 d. C.); o. LASSANDRO, La rappresentazione del mondo barbarico nell'oratoria encomiastica del w secolo d. C., in dnvigil.ata lucenùs», ll (198ol. pp. 191-105,. Cfr. L. CRACCO RUGGINI, Sulla cristianizzazione della cultura pagana: il mito greco e tino dt Alessandro da//'età antonina al Medioevo, in «Athenaewn», n. s., XLIII (1965), pp. 3-8o (sui pO
'" P. BRENNAN, Combined legionary detachments as artillery units in late Roman Danubian hrrJ· gehead dispositions, in «Chirom>, X (1980), pp. :~.n-67; A. M6csY, Pannonia and Upper Moestd, Lon· don 1974, p. 267. Esempi sono Transmarisca/Daphne sul basso Danubio o le due fortificazioni ;ulb riva sinistra di fronte ad Aquincum (Budapest) e Bonnonia sul Danubio centrale; s. SOPRONI, Contr.; Acinco et Bononi4. Bemerkungen :r.u den Fasti des Hydatius, in Limeskongress X, pp. 393·97· "" CIL, VIII, 26,82.
Whittaker Le frontiere imperiali
403
ne da oriente, sebbene ci fossero delle difficoltà con gli Alamanni a 00 rd-oves~. Ma nel IV secolo, la Pannonia I contrasta straordinariàmente, per la scarsa entità delle installazioni militari; con la Valeria, provincia adiacente alla Pannonia che si estendeva verso sud dalla grande ansa del Danubio"'. · La Valeria e la Bassa Pannonia (Il) sul medio Danubio sono le ultime provi~c~ dell'Im~er~ romano d'ç>c~idente a ess~re elen~ate nell~_Noti tia Dzgmtatum.' L adiacente provmc1a della Mesta Super1or era g1a nell'Impero romano d'Oriente e la sua capitale, Singidunum (l'odierna Belgrado), si trovava alla fine della piu meridionale rotta transillirica che collegava l'Italia con il Danubio. Nell'epoca dell'alto Impero, nonostante la linea fosse costellata di accampamenti costruiti in pietra, di piccoli forti e di torri di guardia da Vindobona (Vienna) a Singidunum lungo la riva destra del Danubio, il fiume fu piu una frontiera amministrativa che non politica o militare, e sicuramente non fu mai una frontiera difensiva'". In breve, le piccole fortificazioni, le unità militari dislocate in diversi punti e i controlli oltre il fiume presenti nel IV secolo erano già tutti al loro posto anche nel III. Poiché molti imperatori del tardo m e del IV secolo provenivano da questa regione dell'illyricum, questo doveva probabilmente essere il genere di organizzazione di frontiera con il quale essi avevano maggiore confidenza. La prima impresa che Diocleziano intraprese alla fine del III secolo dalla base di Sirmium fu di continuare il lavoro iniziato dai suoi predecessori e, cioè, di contrastare i Sarmati che, da nord, erano stati sospinti dai Vandali a sud-est di Budapest. ll primo riferimento a fortificazioni sulla riva sinistra del Danubio ,., , alcune delle quali si trovavano nella pianura ungherese tra il Danubio e il Tibisco, risale al 294 138• La pili spettacolare e al contempo piu misteriosa costruzione dislocata oltre il Danubio è il «Fossato del diavolo»: si tratta di 700 chilometri di fossati, ordinati talvolta su tre linee, che costituivano una sorta di recinzione esterna della pianura dei Sarmati da Aquincwn (Budapest) a '" o. GAlii..El\, Untersuehungen am oberptmnonischen Donau I..imes, in Umeskongress X, pp. 297·)12. "' Ad esempio, Marco Aurelio era pronto ad annettere i tetritori dei Quadi e dei Marcomanni (la Slo,·acchia); il suo successore Commodo costruf un elaborato sistema di burgi e praesidia come posti di guardia sul Danubio contro gli incursori; A. M6csv, Pannonia eit., p. 196. L'archeologia sta mettendo in evidenza, in questo periodo, l'estensione degli insediamenti romani entro gli stanziamenti gerlllanici a nord del Danubio; alcuni di essi erano militari, mentre altri erano commerciali: funzione, quest'ultima, tipica dei burgi (CIL, m, 3654); cfr. T. KOLNIK, Vi//ae rustiCIJe eit. '" MGH, AA, IX (Chron. Min. 1), p. 230. '" Ad esempio aL, m, 1o6o5; dr. A. M6csve o. GABLER, Alte und neue Probleme am Umes von Pannrmien, in Limeskongress XIII, pp. 369·76. Probabilmente in questo periodo vennero costruiti sul Danubio centrale una serie di punti di passaggio e posti di sbarco; A. M6CSY, Ein spiitantiken Festi· gungstyp am linken Donau, in Umeskongress VIII, pp. 191-96.
404
Parte seconda Società a confronto
Viminacium in Mesia. Anche se le opinion:i sono divergenti sull'esatta data di costruzione di questo cosiddetto limes Sarmaticus, che può aver a~to origine nel I _se_clo, le sue linee vennero sicura?lente rinforzate alla fme del III o all'mtzio del IV secolo"'. Esse, tuttavia, non vennero mai presidiate dai Romani come una frontiera militare, sebbene una o due fortificazioni tardoromane sembrino essere in relazione con i fossati "'. In sostanza, essi non erano una fortificazione ma piuttosto un confine politico visibile, forse un segno del controllo romano per distinguere i Sarmati, considerati «clientes permanenti dei Romani»'", dai Vandali, dai Gepidi, dai Taifali e dai Goti a nord e a est,.,_ Le guerre condotte da Costantino tra il322 e il334 contro i Sarmati ebbero sicuramente origine dalle pressioni esercitate su di loro dai Goti e dai Gepidi dal Banato e dalla Transilvania, come è dimostrato dal fatto che l'imperatore concesse una receptio nel territorio romano ad alcuni Sarmati e intervenne nelle loro faide intestine '63 • Queste guerre andarono di pari passo con la costruzione di un considerevole numero di fortificazioni e strade sul lato sarmatico del Danubio e con il rafforzamento di tutto il settore delle frontiere attraverso torri di guardia e forti, da Aquincum verso sud; la città stessa sembra avesse acquistato un ruolo di maggiore importanza. È comunque difficile valutare se tutte queste azioni rientrassero in una strategia difensiva o se Costantino avesse abbandonato lo stile di difesa perimetrale instaurato da Diocleziano "". Costanzo II segui la stessa politica intervenendo senza esitazione nel 358-59 e insediando i Sarmati nella valle del Tibisco, di fronte alla Bassa Pannonia e alla Mesia Superiore, dopo essere penetrato fmo alle montagne della Transilvania e aver richiesto fedeltà ai Quadi nella Slovacchia meridionale. Valentiniano, come anche in altre parti dell'Impero, fu molto attivo sul fronte della Pannonia, e in particolare intorno all'ansa del Danubio, dove i Quadi confinavano con le province romane. Questo era un segnale della crescente intraprendenza politica dei Quadi nel rv secolo"' e un'indicazione del fatto che essi venivano sospinti da popola"' K. HOREDT, Die siebengebiirgiscbe Umesstreclee Dakiens, in Umeskongress X, pp. 3JI·}8; s. SOPRONI, Contra Acinco cit., plausibilmente pensa che la data sia costantiniana. 100 T. NAGY, Drei Jahre Umes/orschungen in Ungarn, in Umeskongress IX, pp. 27·37· 161 AMMIANO MARCELLINO, 1].12.1,. w A. M6csv, Pannonia cit., p. 271. 161 I conflitti tra gli Argaraganti e i Limiganti a loro assoggettati, ad esempio, portarono alla seconda invasione di Costantino nel334 e infine al radicale reinsediamento di entrambi i gruppi etnici. 164 Entrambe le tesi sono sostenute dagli storici: ad esempio, ibid., p. 28'; contro, T. KOLNIK. Romer undBarharen im nordlichen Mitteldonaugebiet, in Umeskongress XV, pp. 432-34. Come abbiamo jpà notato, E. N. LUTI'WAK, The Grand strategy cit., sez. 3, elabora l'ipotesi di una strategia costann ni''· na che si sviluppò in profondità, rispetto a queUa di Diocleziano basata su una difesa perimetrale SIl>da PLUTARCO, Sulla malignità di Erodoto, 12, 8'7 A), prima che si facesse sentire sulla cultura greca il contraccolpo emotivo della prolungata e durissima sfida persiana: cfr. B. LAMOT, Idéaux grecs et barbarie chez Hérodote, in «Ktèma», VI (1981), pp. J9·,6; F. HARTOG, Le miroir d'Hérodote: essai sur la représentation de l'autre, Paris 198o (con discussione di Ch.-0. Carbonell in «Storia della Storiografia», VII (198,), pp. 164-67); M. M. SASSI, l barbari, in M. VEGETI'I (a cura di), Il S4pere degli antichi, Torino 198,, pp. 262-78. Eratostene (piu o meno contemporaneo alle guerre puniche e riferito- non senza riserve- da STRABONE, 1.4.9 (C 66), in età augustea; cfr. inoltre PLUTARCO, Su/14 fortuna o la virtti di Alessandro Magno, 1.6.329 b, che concorda invece con Eratostene) ebbe a criticate Aristotele per il consiglio dato ad Alessandro, ma da questi non seguito, di «trattare i Greci come loro egemone e i barbari come loro padrone, occupandosi dei primi come di amici e suoi simili, degli altri come di ani· mali o di piante,.. Ma benché convinto che la &ontiera fra àpE-rij e xaxia (ossia tra vittu e perversità) non coincideva necessariamente con quella dell'etnia anche se la contrapposizione si fondava sulla natura, e pur riconoscendo la superiorità morale degli Indi e degli abitanti della Ariana (fra Parrhia e Bactriana) rispetto a molti fra i Greci oppure l'eccellenza delle COstituzioni politiche dei Cartaginesi e dei Romani, egli allineò tali É~VTJ in un'unica categoria, quella dei «barbari»: cfr. specialmente E. c. VAN DER VLIET, L'ethnographie de Strabon: idéologie ou tradition?, in F. PRONTERA (a cura di), Stralnr ne. Contributi allo studio de/14 personalità e dell'opera, Perugia 1984, pp. 27·86; P. DESIDERI, Eforo e Strabone cit. (incline a rivalutate certi aspetti della vecchia tesi diR Laqueur b9n] su Eforo come anticipatore della cultura ellenistica, con aperture acculturative nei confronti dei« popoli misti» frutto di mescolanze sia elleno-batbariche, sia forse anche fra etnie esclusivamente indigene). u Cfr. specialmente GIUSTINO, 43·4·1·2, che nd 11om secolo riassunse le Historiae Philippicae di Pompeo T rogo, autore gallico di età augustea largamente ispiratosi a scritti recenti di Timagene, un Greco di Alessandria acceso sostenitore dd nazionalismo ellenico (costui collocò Romani, Celti e Liguri fra gli aborigeni che erano usciti dalla bSibarie e «disumanità» grazie ai contatti e all'influenza dei coloni greci, sin da età molto antica); L. SANTI AMANTINI, Fonti e valore storico di Pompeo Tmgo (lustin. XXXV e XXXVI), Genova 1972; M. SORDI, Ellenocentrismo e/ilobarbarismo nell'«excurms » gallico di Timagene, in ANRW, II, 13/r (1982), pp. 7n-97; E. MALASPINA, Uno stoneo /ilobarbaro: Pompeo Trogo, in RomBarb, I (1976), pp. 135-,8.
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(rv-v secolo), e cosi via ... In ambiente romano le discussioni piu accese sui parametri di giudizio dei Greci si ebbero proprio fra l'età di Cesare e quella di Augusto, mentre l'Impero si consolidava e assestava. Nel De Republica Cicerone, alla domanda di Scipione se Romolo fosse stato il re di un popolo barbaro, poteva tranquillamente far rispondere a Lelio di si, qualora si adottasse il punto di vista ellenico («si, ut Graeci dicunt, omnes aut Graecos esse aut barbaros »); e tuttavia proclamare la parità assoluta fra i Romani e i Greci se si fossero invece messi a confronto le lingue e i costumi". E gli altri popoli? I Romani non conobbero pregiudizi «razziali» in senso proprio, cioè fondati su di una discriminazione etnica in termini d'inferiorità biologica a giustificazione dell'assoggettamento o della segregazione (come nelle ideologie colonialiste del mondo moderno)". 14 Cfr. LUCIANO, Dialoghi dei morti, 25(12). 381 e 384-8' (ove il canaginese Annibale si autodefinisce« barbaro», pur vantando la propria conoscenza della lingua greca); IRENEO, Contro le eresie, pref. 3 (ed. A. Rousseau e L. Doutreleau, SC 264, Paris 1979, p. 24), ove il vescovo di Lione- rivolgendosi a chi viveva nell'Oriente greco, sua patria- si riferisce al latino come a« dialetto barbaro»; dr. il commento di L. CRACCO RUGGINI, Les structures de la société et de l'écanomie lyonnaises au If siècle, pmapport ò la politique locale et impériale, in Les martyrs de Lyon (177) (Lione, 20-23 settembre 1977), Paris 1978, pp. 6'-92 e specialmente 8o con nota 1 (ove ho esposto le ragioni per le quali non concordo con chi- come S. Mazzarino, R McMullen, M. Mazza- ritiene trattarsi invece di un'allusione all'uso dd celtico nell'attività pastorale a Lione: ché- a parte altri esempi di analogo impiego del termine in riferimento al latino- nel n secolo d. C.l'evangelizzazione delle campagne era ancora di là da venire, e la sparuta comunità cristiana locale aveva appena incominciato a radicarsi nella città, ove si parlava il larino). Cfr. inoltre FILOSTRATO, Vita di Apollonia, 1.7, 1.32, 2.40; APOLLONIO DI TIANA, Epistole, 7I led di Filostrato a cura di F. C. Conybeare, Il, London ·Cambridge Mass. 19l)o, pp. 468-70); GREGO· RIO DI NISSA, Epistole, 14.6, al sofista pagano di Antiochia Libanio nel380/38I (ed. a cura di G. Pasquali, Berlin I925, p. 45); GIOVANNI CRISOSTOMO, Contro gli avversari della vita monastica, 3·5 (PG, XLVII, col. 557); L. CRAcco RUGGINI, So/t'sti greci nell'impero romano, in «Athenaeum »,n. s., XLIX l 1971), pp. 402-25 e specialmente 407·9; ID., Simboli di battaglia ideologica nel tardo ellenismo (Roma, Atene, Costantinopoli; Numa, Empedocle, Cristo), in Studi Storici in onore di O. Bertolini, I, Pisa 1972, pp. 177·300 e specialmente 203. " Cfr. CICERONE, Della Repubblica, 1.58; J. IRMSCHER, Das riimische A/rika als Barbaria und Romania, in A. MASTINO (a cura di), L'Africa Romana, Atti del VII Convegno di studio (Sassari, 15-17 dicembre 1989), Sassari 1990, l, pp. 295-98. Cfr. pure FESTO, p. 36L (s. v. « barbarus »),là ove ribadisce: «barbari dicebantur antiquitus omnes gentes exceptis Graecis, unde Plautus Naevium poetam Lati· num barbarum dixit» (Pesto riassunse nel tardo II secolo d. C. il De signi/icatu verborum di Verrio Fiacco, composto nell'età di Augusto); cfr. inoltre PLAUTO, Poenulus, 598; ID., Captivi, 492 e 884-85; ID., Curculio, 150; ID., Mi/es gloriosus, 2n, ove i termini «barbarus», «barbaria», «barbarieS» stanno ancora a significare- in bocca a personaggi greci e in commedie imitate da modelli greci-« Latino», «Romano» e «Italia». '• Cfr. A. N. SHERWIN·WHITE, &eia/ Prejudice in Imperia/ Rome, London 1967; L. CRACCO RUGGI· NI, Pregiudizi ra:aialt; ostilità politica e culturale, intolleranu religiosa nell'impero romano, in «Athenaeum», n. s., XLVI (r968), pp. I39-42; ID., Intolerance: Equa/ and Less Equa/ in the Roma n Wor/d, in CPh, LXXXTI (1987), pp. 187-205 e specialmente 190·98. I Romani preferirono abbracciare teoriegià peraltro circolanti nel mondo greco- secondo le quali la diversità dei climi determinava le diversiti! fisiche e di temperamento fra i vari popoli: cfr. specialmente VITRUVIO, 6.1.3-n (non per caso nell'e· tà fra Cesare e Augusto), il quale non mancò di mettere in evidenza come proprio la felice collocazione geografica dell'Italia al centro del mondo (mediterraneo) avesse finito col far convergere nelle sue gemi il coraggio indomito dei popoli nordici e la prontezza di quelli meridionali, assicurandone il so-
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Ma non per questo si può affermare che essi non abbiano nutrito preconcetti nei confronti degli elementi estranei alla romanità, sia all'interno sia all'esterno dell'Impero. Sul versante interno, basti pensare alle resistenze che ne ostacolarono a lungo- se pure con graduazioni diverse a seconda delle etnie -l'assimilazione nella cittadinanza e nel ceto di governo"; ovvero richiamarsi al diffuso pregiudizio nei confronti degli Ebrei, riguardati come popolo sedizioso e scomodo, che anteponeva la propria Legge a quella di Roma e costituiva quindi l'unica stirpe «barbara» preservatasi nel cuore dell'Impero (cosi si espressero Seneca, Giovenale, Quintiliano, Tacito, Plutarco, Filostrato) 13• Non dobbiamo però dimenticare che barriere ben piu alte rendevano in quel tempo reciprocamente inaccessibili anche livelli economico-sociali collocati agli antipodi entro una medesima comunità, talora arrivando a far coincidere il concetto di qualità sociale con quello di qualità morale ... Allo stesso modo i Romani nutrirono diffidenze, chiusure e vere e proprie «rimozioni» nei confronti dei popoli esterni: le possiamo riconoscere anche nella passiva ripetitività con cui, a livello conoscitivo o mitico-affabulatorio, accettarono su di essi certi luoghi comuni della tradizione etnageografica greca vecchi ormai di secoli, senza metterli a confronto con piu concrete e recenti informazioni che pure circolavano e influenzavano la preferenza accordata ora a un tipo di cliché letterario e ora a un al: tro. Ma attraverso questo schermo (selettivo e dunque deliberato, non già semplice manifestazione di dipendenza culturale) è possibile ridelineare una dinamica incessante di conflittualità e incontri, d'intolleranze e coesistenze, che mutarono di riferimenti, soglie e confini spaziali con il mutare delle frequentazioni e delle conoscenze reciproche, insomma delle circostanze storiche. Ciò che qui importa è sottolineare la costanza con cui per secoli, nel pravvento: cfr. pure L. CRACCO RUGGINI, Culture in dialogo: la preistoria dell'idea di Europa, in questo volume,§ l. 17 Basti rammentare il celebre discorso di Claudio in Senato sull'ammissione fra i patres dei notabili della Gallia Cornata, riferito da TACITO, Annali, II.21-24, e confermato dalla tavola di Lione ill.S. lil); L. CRACCO RUGGINI, Gli antichi e il diverso, in c. BORI (a cura di), L'intolleranza: uguali e diuersi nella storia, Atti del Convegno internazionale (Bologna, 12-14 dicembre 198,), Bologna 1986, pp.13-48 e specialmente l4·l5. . 11 Cfr. fonti, bibliografia e approfondimenti in L. CRACCO RUGGINI, Pagani, ebrei e cristiani: odio sociologico e odio teologico nel mondo antico, in Gli Ebrei nell'Alto Medioevo, XXVI Settimana di Studio del Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo (Spoleto, 30 marzo · ' aprile 1978), Spoleto 1980. I. pp. I'·II7· 19 Cfr. fonti latine in ID., Gli antichi e il diverso ci t., specialmente pp. I3·I4; H. AHRWEILER, L 'ima· ge de l'autre et /es mécanismes de l'altérité, in Rapports. XVI' Congrès Int. des Sciences Histor~,« privo di passaggio>>, e quello di« povero». «privo di entrate>>.
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mondo romano, la componente politica costitui l'elemento determinante nella ricerca, o accettazione, o rifiuto, o mitizzazione utopica dell'« altro». Soltanto il diffondersi e poi l'affermarsi del cristianesimo sostitui parametri religiosi a quelli politici sinallora applicati: allargando certi orizzonti, creando nuove fratellanze, ma anche tracciando nuove frontiere, sollevando nuove barriere 111• Il discorso- diacronico- si articolerà qui in riferimento a due grandi aree: gli «Etiopi» e i popoli del lontano Oriente, ossia i Cinesi e gli «;tNKO (a cura di), Pseudépigraphes de l'ancien Testament et manuscrits de la Mer Morte, l, Paris 1967, Pp. 27-43; B. MCNEIL, The Na"ation o/Zosimus, inJSJ, IX (1978), pp. 68-82 (che suggerisce piuttosto un'origine terapeuta); c. MOIÈ, Le tensioni dell'utopia cit., p. 728, con ulteriore bibliografia a nota Ilo; l'autrice dedica particolare attenzione alla Expositio e all'assemblaggio in essa- a suo avviso deliberato e coerente, secondo una precisa ideologia- della geografia fantastica nella prima parte (1-16, dalle terre dei Camarini presso il Paradiso all'India) e della geografia reale nella seconda sezione (r;· 68, dal regno di Aksum alle varie province dell'Impero romano). 88
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di Alessandro, è evidente- e poi ellenistico-romane, fornendo elementi utili per tracciare quella etnografia economica focalizzata sui prodotti, gli itinerari, i tramiti, che numerosi studi moderni hanno via via messo a punto utilizzando, a titolo di completamento o di controllo incrociato, anche riscontri archeologici, epigrafici, papirologici, oltre alle vicende storiche - oggi conosciute - che interessarono i paesi dell'Estremo Oriente cronologicamente in parallelo con l'Impero di Roma"'. Ciò che tuttavia colpisce- al di là di un quadro di Realien ricostruibile attraverso delicate alchimie combinatorie (dato qui per scontato)- è la pressoché totale immobilità degli atteggiamenti mentali e delle conoscenze sul settore nel filone della scienza antica. L'Occidente latino, per i riferimenti ai popoli e ai paesi dell'Est in particolare, si limitò a farsi eco - a lacerti - di scritti greci piu o meno rettamente intesi: la mediazione per le notizie, non meno che per le merci, era considerata scontata. Ma anche nelle aree greco-orientali del Mediterraneo che furono allora iterminali di una trasmissione ininterrotta di mercanzie e di racconti di viaggio piu o meno trasfigurati dall' oralità, nella produzione letteraria si continuò per molti secoli a preferire e a riprendere i «classici>> del passato da Ctesia a Megastene, sia pure con interpretazioni diverse a seconda dei momenti storici: quasi che un'impermeabilità sociale e quindi culturale di fondo impedisse di assumere nelle opere scientifico-erudite o scolastiche esperienze realizzate in una società «non letterata» di mercanti e di viaggiatori, talora neppure grecofoni bensf parlanti l'aramaico, o il siriaco, o il copto. Qualcosa, certo, filtrava: la Geografia di Claudio Tolemeo dà il punto delle piu definite conoscenze storico-geografiche del tempo (seconda metà del II secolo d. C.) sui territori lungo la rotta indiana. Ma rari sono i testi anteriori al IV secolo d. C. che si possono considerare esempi di una letteratura a uso pratico, frutto di esperienze concrete, rimasta nella maggior parte sommersa: tale fu senza dubbio il Periplus Maris Erythraei, di datazione controversa (1 l inizi m secolo d. C.)". Ancora piu ra10 Cfr. in generale E. H. BUNBUitY e W. H. STAHL, A History ofAncient Geography cit.; H. F. TOZER e M. CAitY, A History ofAncient Geography, New York 11}642; M. CARY e E. H. WARMINGTON, The An· cient Exp/orers, London 11}632; F. PltONTERA (a cura di), Geografia e geografi cit. (e specialmente A. DIHLE, Etnografia ellenistica cit., ibid., pp. 173 sgg.); per le fonti letterarie latine, specialmente J. AN· Dltt e J. FILLIOZAT, L'lnde vue de Rome cit.; da ultimo J.-P. CALLU, l commerci cit. 91 Per una datazione dd Periplus all'avanzato I secolo d. C. si sono pronunciati ad esempio E. H. BUNBUI\Y, A History ofAncient Geography cit., e A. DIHLE, Das Datum des Periplus des Roten Mems. in m., Umstrittene Daten cit., pp. 9-35; ID., Etnografia ellenistica cit., p. m; per la fine del n secolo o gli inizi dd m- awalendosi di un confronto con la cronologia dei re di Saba e di J:limyar (sembrando possibile la identificazione di Charibael, re degli Homeritae e dei Sabei a Saphar in Periplo del ,\[Jr Rosso, 23 (GGM, l, ed. a cura di C. Miiller, Paris 1851, p. 274, con Karib'il, che regnò a Zafar con il titolo di «re di Saha e del Raydan [=l;limyar] ») -si è dichiarata invece J. PIRENNE, L'inscnption « Rwk· mans 535 »et la chronologie sud-arabe, in «Mashriq» (Beyrouth), maggio-giugno 1959, pp. 378-93;
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re furono le opere dotte e nel contempo aperte a precise curiosità d'iniormazione sui costumi e sulle tradizioni dei popoli esterni all'« univer;o» greco-romano, come il mirabile Dialogo delle leggi e dei paesi di BarJesane di Edessa. Fu, costui, un pensatore cristiano (gnostico), che dedicò la sua opera a un imperatore forse identificabile con Caracalla (il fi~lio di Settimio Severo e della siriaca Giulia Domna, il quale sognò forse ~li emulare Alessandro sposando la figlia del re dei Parti Artabano V, in rista d'una fusione di stirpi e di commerci fra i due Imperi). Bardesane dialogò con Mani, «dottore della legge» (herbed) nel regno partico ed eccezionale figura di profeta; ed è considerato oggi «il fondatore della letteratura nazionale siriaca », nonché l'antesignano robusto e convinto di un apprezzamento di tutte le culture e di tutti i popoli (Cinesi, Brahmani, Persiani, Geli, Cuscianiti, Recamiti, Edesseni e Arabi quanto Romani, Greci, Germani, Celti), nel segno dell'individualità nazionale e di· una paritetica libertà di autodefinizione che finiva col ridurre la stessa volontà egemonica di Roma a mero «costume» di un popolo. Egli già puntava verso un'idea piu alta di sovrannazionalità e di libertà: quella che univa fra loro tutti i cristiani n. Cogliamo appunto qui i primi segni di una svolta culturale che s'imporrà in seguito assieme con il cristianesimo, con la« democratizzazione della cultura» (favorita dalle nuove concezioni religiose non meno che m., Sociétés et compagnies de commerce en Orient et d4ns l'Océan Indien, in M. MOLLAT (a cura di), Ac"'' du VIli' Colloque lntemational d'Histoire Maritime ... , Paris 1970, pp. m-19; H. DE COTENSON, Les pr('miers rois d'Axoum d'après /es découvertes récentes, inJA, CCXLvm {I9(io), pp. n-9j; A. J. DREWF.S, lnscriptions de l'Ethiopie antique, Leiden 1962, pp. 101 sgg.; J. RICKMANS, Petits ruyaumes sudarahes, in «Muséon», LXX b957), pp. .57"96; M. M. RODINSON, Ethiopien et Sud4rabiìfue eit. " Su Bardesane (FrGrHist, m C, 7J9, pp. 648-.:s6) cfr. specialmente s. MAZZARINO, La fine del mondo antico, Milano 19.59, pp. 174~77 [ = rist. Milano 1988, pp. 16.5-68]; ID., Il pensiero storiro cianico,
I 1/2, Bari r966, pp. 18.5 e 39.5-96 con nota .508. L'ipotesi mazzariniana della dedica di Bardesane a Caracalla non regge qualora si accetti l'opinione- da vari studiosi condivisa - che Bardesane avrebbe raccolto informazioni sui popoli dell'Oriente da membri dell'ambasceria che nel218 si recò dall'India presso Elagabalo, a detta di Porfìrio (cfr. oltre, nota 98). Del progettato matrimonio di Caracalla con la fi~lia di Artabano parlano Erodiano e Cassio Dione, considerandola una manovra per abbattere i Parti (la Hiftoria Augufta, invece, ne tace): ma mentre Mazzarino dà la notizia per certa, essa è stata giudicata una pura favola- inconcepibile nella tradizione dd ius civile romano dopo Augusto e resa ancora piu improbabile dalle vicende del regno di Artabano, nd 21.5-16 già sorto la minaccia sasanideda n. TIMPE, Ein Heiratsplan Kmsers CaraGJllas, in «Hermes »,XCV (1967), pp. 470-9.5. Mani- fondatore del movimento che da lui prese il nome di manicheismo e che conobbe una fortuna straordinaria sia in Oriente sia in Occidente- appartenne a una famiglia principesca stabilitasi a Babilonia; scrisse per lo piu in aramaico; non guardò alla cultura nazionalista neopersiana allora nascente (in seguito sarebbe stato pertanto processato e alla fine scorticato vivo sotto Vahram ll, salito al trono nel 276), bensi al cristianesimo gnostico deli'Osroene, ed ebbe contarti sia con Bardesane sia con Marcione; è curioso che nel242, proprio mentre il Hlosofo neoplatonico Plotino accompagnava la spedizione par- · Uca di Gordiano spinto da curiosità per la saggezza dell'Oriente (Persiani e Indiani), Mani si unisse al seguito di Shahpiir I contro Gordiano m, mosso da un interesse eguale e contrario per le filosofie greco-siriache dell'Occidente: cfr. P. DAFFINA, India e mondo e/assiro: nuovi risultati e prospettive, in AFLM, X (t9n), pp. 9·33-
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dalla ristrutturazione burocratica dell'Impero dopo Diocleziano e Co. stantino), con il moltiplicarsi di baricentri di vita intellettuale in città provinciali- Antiochia, Alessandria, Edessa, Nisibi, ecc. - che si collo. cavano come alternative rispetto alle roccaforti tradizionali del potere politico e culturale (Roma, Atene, Costantinopoli stessa) ". Le connotazioni di questa accettazione dell'« altro» in termini di parità, che partiva dalla periferia piu orientale del mondo greco-asiatico (da secoli crogiuolo d'influenze e di suggestioni molteplici), appaiono squisitamente culturali piuttosto che politiche: e dunque in una chiave affatto diversa da quella con cui si decifrano gli atteggiamenti coevi nei confronti del mondo «barbaro» del Nord o di quello a sud della prima cateratta del Nilo e del Sahara. L'ottica politica condizionò infatti costantemente la rimozione nel silenzio o il favoleggiare ora ripulsivo ora idealizzante a proposito dei Celti, dei Germani, degli Sciti, degli Etiopi. L'aspetto culturale fini quindi per plasmarsi, nei confronti di tali popoli, secondo le prospettive politiche dei poteri di vertice, prima imperiali e piu tardi ecclesiastici. Volontà di conoscenza e di scoperta seguirono pertanto tale falsariga, accettandone i limiti e mirando all' omologazione secondo i modelli sanciti dalle leggi, dal costume, dalla mentalità, dalla religiosità di Roma. Un atteggiamento analogo s'impose anche nell'Oriente greco nei confronti delle stirpi« etiopi» durante l'età imperiale, soppiantando rappresentazioni piu antiche o, quanto meno, piegandole alle esigenze della nuova ideologia. Una prospettiva assai diversa prevalse invece in riferimento ai popoli dell'Estremo Oriente. Anche nell'età romana, in essa mancò quasi del tutto l'identificazione con gli interessi politico· militari o politico-commerciali di Roma; le sue radici piu profonde con· tinuavano ad affondare in una tradizione greca da tempo immemorabile intrecciata e fusa con tradizioni allotrie (semitiche, orientali). L'Oriente delle merci e dei commerci approdò alla cultura «alta» con brandelli di notizie che affioravano saltuariamente dal brulicante mondo sommerso dei negotiatores e dei viaggiatori. Soltanto il potere politico di Roma tributò loro qualche attenzione, allorché entrarono in gioco interessi di consumo o di prestigio che coinvolgevano il ceto diri· gente e la corte stessa. L'Oriente politico (diplomatico e militare)- al d! là dell'Armenia e della Parthia, o dell'Impero iranico-sasanide piu tardt -diede segno di sé piu che altro come sfondo rutilante ed esotico alla re· torica del potere, del principe come pacator orbis: tale funzione ebbe l'e· numerazione di popoli la cui sottomissione od omaggio Augusto volle " Cfr. specialmente s. MAZZARINO,l.A democratiuazione della cultura nel« basso impero» {196ol · in m., Antico, tardoantico ed èra costantiniana, I, Bari 1974, pp. 74·98; L. CRAcco RUGGINI, «Pelò: /cm· porum reparatio » cit.
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ricordare nelle Res Gestae "; e cosi pure elenchi analoghi (spesso mere creazioni d'ispirazione letterario-erudita) in occasione dei grandi trionfi imperiali, come per esempio quello di Aureliano nel .i74 ".Ma non è sempre agevole sceverare il topos dal typos, ossia il vuoto cliché letterario dal riferimento concreto, sia pur celato negli stilemi dd linguaggio retorico. In molti casi sono documentate ambascerie episodiche ma effetti\'e, inviate presso gli imperatori romani da popoli lontanissimi dell'Oriente. Augusto si compiacque per esempio di sottolineare la frequenza mai riscontrata prima d'allora con la quale gli si presentarono legationes mandate dai re dell'India, dai popoli delle steppe oltre il T anais (Don)- Bastarni, Sciti, Sarmati, Alani-, dai Parti (Medi), dagli Iberi (stanziati fra il Mar Nero e il Mar Caspio); e ciò trova conferma in Nicolao di Damasco che- asserisce Strabone- ricordava tre ambasciatori indiani da lui stesso visti ad Antiochia nel 21 a. C., mentre recavano una lettera di amicizia dd regulo Poro e di altri seicento re ad Augusto, che si trovava allora ad Atene (come si inferisce da Plutarco) ". Sotto il regno di Claudio- secondo la testimonianza di Plinio il Vecchio- una delegazione giunse da Ceylon a Roma, rivelando che il proprio paese commerciava con i Seres '~~. Nel 218 un'ambasceria indiana presso Elagabalo - ca" Cfr. Le imprese del divino Augusto, 26 (cfr. pure sopra, note u e 33) e 31: «Meo iussu et auspi· cio ducti sunt duo exercitus eodem fere tempore in Aethiopiam et in Arabiam, quae appellatur Eu· daemon, maximaeque hostium gentis utriusque copiae caesae sunt in ade et complura oppida capta. In Aethiopiam usque ad oppidum Nabata perventum est, cui proxima est Meroe: in Arabiam usque in fin es Sabaeorum processi t exercitus ad oppidum Mariba ... » (26); «Ad me ex India regum legatio· nes saepe missae sunt non visae ante id tempus apud quemquam Romanorum ducem. Nostram amici· tiam appetiverunt per legatos Bastarnae Scythaeque et Sarmatarum, qui sunt citra flumen Tanaim et ulrro, reges, Albanorum [ .. AJamannorum] rex et Hiberorum rex et Hiberorum et Medorum» (31). '' Cfr. Scn1tori della Storia augusta, Vita di Aureliano, 33·4·5: «praecesserunt elephanti viginti, ferae mansuetae Libycae, Palaestinae diversae ducentae ... tigrides quattuor, camelopardali, alces, ce· tm talia per ordinem ducta, gladiatorum paria octingenta- praeter captivos gentium barbararwn Blemmyes, Exomitae, Arabes Eudaemones, Indi, Bactriani, Hiberi, Saraceni, Persae cum suis quisque muneribus, Gotbi, Alani, Roxolani, Sarmatae, Franci, Suevi, Vandali, Germani, religatis manibus, captivi utpote. Praecesserunt inter hos etiam Palmyreni, qui superfuerant, principes civitatis et Aegyptii ob rebellionem». Cfr. specialmente J. STRAUB, Aurelian und die Axumiten cit. "" Cfr. Le imprese del divino Augusto, 31 (per çui dr. sopra, nota 94); STRABONE, 15.1.73 (C 686 e 7Zo) (sembra che «Poro»- cosi come «Candace» tra i sovrani di Meroe o «Brenno» tra i Celti- sia stato il fraintendimento, come preteso nome proprio, di una titolatura reale piu generica: ciò spieghertbbe il ripetersi di tali appellativi in circostanze e tempi assai diversi); SVETONIO, Augusto, 21; H. G. RAWUNSON, lntercourse Between India and Western W or/d, Cambridge 1916, pp. Ioxsgg. (che parla di ben quattro ambascerie indiane a Roma al tempo di Augusto); J. F. MATTHEWS, Hostages cit. Questa ambasceria di Poro ad Augusto nel21 a. C. fece grande impressione perché un membro della delegazione, il brahmano Zarmanochegas, ad Atene si diede volontariamente la morte sul rogo, secondo un costume del suo paese: cfr. DIONE CASSIO, 54·9; ORAZIO, Carme secolare,'' sg.; PLUTARCO, Vita di 11/mandro, 69. " Cfr. PLINIO, Storia naturale, 6.88 (cfr. pure sopra, nota 41), con le riserve critiche diJ.-M. POIN· SOTTE, Les Romains et/a Chine: Réalités et mythes, in MEFRA, XCI (1979), pp. 431-79 e specialmente 445·46, nota '7· Di Indiani che sporadicamente si vedevano ad Alessandria, oltre a Etiopi e Arabi, parla anche DIONE CRISOSTOMO, Ora·zioni, 32.40.
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peggiata da un certo Dandamis (nome tipicamente indiano)- è ricordata da Porfirio'". Nel IV secolo, al tempo di Costantino, Teofilo Indo giunse nell'Impero da Diva (lnsulindia?) al seguito di una delegazione, come si è già detto; e lustri piu tardi il medesimo personaggio venne destinato a far parte di un'ambasceria mandata presso gli Homeritae da Costanzo II". Ammiano Marcellino parla a sua volta di legationes di popoli dell'India, Insulindia (Diva?) e Ceylon (Serendiva = Taprobane), che gareggiavano nel recare doni a Giuliano Sembra invece in funzione di mero status symbol imperiale, e forse inventata, la menzione d'una tigre ammaestrata inviata in dono a T eodosio II dalla provincia India, o quella di un elefante e di due giraffe come munera regalia destinati ad Anastasio nella Chronica di Marcellino comes (scritta nel .519 d. C.)'"'. La fama di Roma sollecitava dunque curiosità e interesse anche presso i popoli dell'Estremo Oriente. Nel97 d. C., mentre a Roma regnava Domiziano, una personalità staordinaria quale fu il funzionario-letterato e generale cinese Pan Ch' ao - all'apice della sua carriera nel grande Impero degli Han posteriori, di cui animò le spinte colonialiste sino all' Asia centrale - giunse fino all'Arai, il punto piu occidentale che un esercito cinese avesse mai raggiunto; e ciò awenne pochi anni dopo che una guarnigione romana- in direzione eguale e contraria- si era spinta a nord-est fino a Tiflis per collaborare con i Parti nella difesa del Caucaso contro gli Alani (come prova un'iscrizione greca del n d. C. trovata colà) 102 • Dall'Arai Pan Ch'ao inviò l'ufficiale Kan-Ying verso occidente, fino al regno dei Parti- chiamati nelle fonti cinesi «An-hsi» probabilmente da Arsace, eponimo della dinastia allora ivi regnante - e al «Grande Mare», ossia con ogni probabilità il Golfo Persico. Ma i navigatori del luogo- che monopolizzavano i lucrosi commerci con l'Occidente- a scopo chiaramente dissuasivo esagerarono la durata e le difficoltà del viaggio sino all'Impero di Roma (tre mesi se i venti erano favoJJJ).
• Cfr.
PORFIRJO,
L'astinenza dalle carni, 4·17· Questo Dandamis- secondo alcuni studiosi: ma
cfr. pure qui, nota 92- sarebbe stato l'informatore di Bardesane, cui rimanda Porfirio: cfr. H. G. RAW·
LINSON, Intercourse Between India and Western World cit., p. 142; É. LAMO'ITE, Les premières re/d· tions entre I'Inde et /'Occident, in «Nouvelle Clio», V (I9.5J) (MéitJnges A. Carnoy), pp. 83-u8 e spe· cialmente Ioo. 99 Cfr. sopra, testo corrispondente alle note 7I sgg. IliO Cfr. AMMIANO MARCELLINO, 22.7.10 . ... Cfr. MARCELLINO «COMES», Cronaca (MGH, AA, XI [Chron. Min. pp. 83.4f.S.I e 94-496.21. w Cfr. CIL, ill, ad 6o52, p. 974 = OGIS, 379 =SEG, XX, n2 (in Georgia, nell'antica Harmozica capitale degli Hiberes), che ricorda la fonificazione delle musa decisa da Vespasiano con i suoi t1~li Tito e Domiziano. Cfr. inoltre l'iscrizione latina di AnnEpigr, 1951, n. 263, p. 75 -la piu orientale fr,, k epigrafi latine a noi note, a 70 km da Baku sul colle di Bejuk-Dasch nel regno degli Albani-, la 4u,de ricorda la presenza quivi di un centurione deUa XII Legione Fulminata (di stama allora in CappaJ,,. eia), Iulius Maximus, sotto il regno di Domiziano (84/'96 d. C.).
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revoli, ma anche due o tre anni, durante i quali molti si ammalavano e morivano). Sicché Kan-Ying- questo Marco Polo cinese, ma piu pusillanime- perse coraggio e decise di tornare, abbandonando l'unico tentativo da parte della Cina di avere una conoscenza diretta dell'Europa. Qualche contatto indiretto invero ci fu, ma isolato e ben poco incisivo: come quando, nel 120 d. C. circa, un'ambasciata del regno Shan (in Birmania) offri alla corte di Loh Y ang danzatori e giullari dell'Impero romano. Sembra che da lerapoli sull'Eufrate, attraverso il Pamir, la Batrriana e il bacino del T arim, arrivassero allora a Sera/Kattigara, nel cuore del regno cinese, agenti al servizio di Maes Tiziano (un Macedone, mercante come già il padre); le loro informazioni, attraverso l'opera del geografo e cartografo contemporaneo Marino di Tiro, in parte filtrarono nelle fonti successive, da T olemeo a Solino (Collectanea rerum memorabilium, poco dopo il2oo d. C.), travasandosi pressoché immutate ancora in Ammiano Marcellino alla fine del IV secolo (per esempio a proposito del« baratto muto» di prodotti da parte dei Seres con i popoli confinanti, secondo un uso ormai abbandonato da secoli) •o•. Del potente Impero di Roma che si stendeva nell'estremo Occidente -chiamato nelle Cronache cinesi T a-ch'in o« Grande Cina»- si conservò pertanto un'immagine sfocata e fantastica, percepita con simpatia come speculare al proprio immenso Impero, impregnata di vecchie mitologie cinesi e idealizzata non meno di quella che, in parallelo, si ebbe dell'Estremo Oriente nel mondo romano. Ta-ch'in- si legge in Hou Han-shu- giace a occidente del mare ed è conosciuto come il Paese-a-ovest-del- mare. Si estende per varie migliaia di li 104, ha piu di quat· trocento città e decine di principi vassalli. Le mura delle città sono di pietra. Vi è una rete di stazioni postali, tutte imbiancate alla calce. Ci sono cedri e ogni sorta di alberi e di piante. La popolazione è agricola. Coltivano vari prodotti e piantano alberi di gelso. Tagliano i capelli corti e portano vesti ricamate. D re viaggia su di un carro che 101 Generalmente si intende che il «grande mare» fosse il Golfo Persico: dr. L. PETECH, Profilo Sloricodellacivi/tàcinese(I9'7),Torinor97I'.pp.8osgg.;].O.THOMSON,Historyo/AncientGeography l '948), New York 196,, p. 312; M. P. CHARLESWORTH, Trade Routes and Commerce ofthe Roman Empi· '"· Hildesheim 1961 (rist. an.), pp. 1o8-9; J. THORLEY, The Si/k Trade Between China and the Roman Empire at lts Height, cirCII A.D. 90·IJO, in G&R, serie 2, XVIII (1971), pp. 7J·8o. Altri hanno invece pensato che il« grande mare» fosse il Mediterraneo, e ritenuto quindi che Kan-Ying e l'ambasceria da lui guidata arrivassero ad Antiochia: cfr. A. P1GANIOL, Histoirede Rome (1939), Paris 1962, p. 280. Non rni pare si possa accettare l'identificazione del «grande mare» con il Caspio suggerita da J.·M. POIN· SOTTE, Les Romainsetla Chine cit., p. 440, nota 3,, dal momento che nel testo cinese si insiste sulla vastità del mare e l'eccezionale durata della navigazione. Per l'episodio del uo d. C. cfr. J. GERNET, I/ ""mdo cinese dalle prime civiltà alla Repubblica popolare, Torino 1978 (dall'ed. Paris 1972), p. 671. Per Maes Titianus e i suoi agenti cfr. TOLOMEO, Geografia, 1.n.6; A. HERRMANN, Das Land der Seide und Tih>. La Vita Apollonii -la cui composizione venne affidata a Filostrato da Giulia Domna, anche se l'opera fu poi pubblicata dopo la morte di costei nel217- si colloca proprio nei medesimi anni in cui Wl' ambasceria indiana si recò da Elagabalo, come si è detto. E ciò poté anche influire sul rinnovato interesse per i vagabondaggi di circa centocinquant'anni prima del mago-filosofo neopitagorico Apollonia presso i gimnosofisti («filosofi nudi») ai confini meridionali dell'Egitto e poi presso i Brahmani dell'India oltre il Gange, attraversando il regno p artico e i potentati dell'India settentrionale alla ricerca di mirabili e sempre piu sublimi modelli di saggezza. Ma nonostante l'autore pretenda di essersi avvalso 12' Cfr. PLINIO, Storia naturale, 12.18.84; L. CRACCO RUGGINI, Esperienze economiche e sociali nel "'ondo romano, in Nuove questioni di storia antica, Milano 1968, pp. 68_5-813 e specialmente 751; per bibliografia recente e un'impostazione piu aggiornata dei problemi specialmente P. G. TURNER, Rowan Coins /rom India, London 1989 (con cartina dei ritrovamentO; M. CRAWFORD, Economia imperiale e commercio estero, in Tecnologia, economia e società nel mondo romano, Atri del Convegno di Corno !27-29 settembre 1979), Como 1980, pp. 207·17, ove l'autore fa perno sul rinvenimento eli denarii di
Augusto e Tiberio nell'estremo Sud della penisola indiana, escludendo l'intermediario del commeregiziano in quanto il denanus non circolò in Egitto.
Cio
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del memoriale di Damide - fedele compagno di Apollonio - affidatogli dall'Augusta stessa 129 , personaggi come il leggendario re indiano Gange, o il re di T axila Phraotes generoso ospite di Apollonio, o gli stessi Brahmani appaiono le incarnazioni astratte, su misura, di posizioni dibattute al tempo dei Severi sul filosofo perfetto, sul-sovrano ideale, sul pacifismo, l'antimilitarismo, i rapporti con i barbari confinanti, i guasti morali della civiltà, e via discorrendo 00 • È forse individuabile soltanto, nell'andamento complessivo di questa parte del racconto filostrateo, una critica filosofica (sottintesa) antietiope, antiegizia e filoindiana, che poteva risentire non soltanto delle beghe campanilistiche tra i sofisti del tempo -appartenenti a varie città e scuole dell'Oriente greco-, ma anche di rivalità commerciali tra la via di terra siriaco-persiana verso l'India e la rotta alternativa attraverso l'Egitto e il Mar Rosso sino alle foci dell'Indo 01 • Qualcosa di diverso si riscontra soltanto nel Commonitorium Palladii .,,, un trattatello cristiano originariamente composto in greco e poi tradotto anche in latino, da attribuire con ogni probabilità al Palladio vissuto &a i1364 e i1431 circa, discepolo di Evagrio Pontico e monaco in Egitto e Palestina, fatto poi vescovo di Elenopoli in Bitinia da Giovanni Crisostomo verso i14oo, e autore nel419"420 della notissima Historia Lausiaca, preziosa raccolta di testimonianze autobiografiche e autoptiche sul monachesimo nel mondo greco-orientale dell'avanzato IV secolo U). Si tratta di uno scritto composito, articolato in due sezioni fra loro 129 Su Filostrato cfr. specialmente F. GROSSO, La« Vita di Apollonia di Tiana» come fonte storica, in «Acme», VII (1954), pp. 331-530; G. R. s. MEAD, Apollonius o/Tyana, the Philosopher·Reformero/ the First Century A.D., New York 1966; G. w. BOWERSOCK, Greek Sophists in the Roma n Empire, Ox· ford 1969, pp. 4 sgg. e 101 sgg.; E. L. BOWIE, Apollonius o/Tyana: Tradition and Reality, in ANRW, Il, 16/2 (1978), pp. 1652-99 (scettico sulla storicità di Damide, contrariamente a F. Grosso); cfr. pure H. TALBERT, Biographies o/Philosophers and Rulers tJS Instruments o/Religious PropagtJndtJ in Mediterra· netJn Antiquity, ibid., pp. 1619-,1. 00 Cfr. L. CRACCO RUGGINI, L'imperatore, il Serapeo e ifilosofi, in M. SORDI (a cura di), Religione e politica nel mondo antico (CISAUC, 7), Milano 1981, pp. 183-212 e specialmente 191-94. con nota q; L. CRACCO RUGGINI, Culture in dialogo cit. m Cfr. ID., LeggendtJ e realtà degli Etiopi cit., pp. 151-6o; piu in generale A. DIHLE, Die enldeckungsgeschichtlichen Voraussetzungen des lndienhandels der romischen K4iser:teit, in ANRW, Il, •, XLill-XLV (1961), pp. 31I-8o; J. DESANGES, D'Axoum ii Assam, aux por/es de la Chine: Le·wyage du «scholasticus de Tbèbes» (entre J6o et 100 après ].-Cbr.), in «Historia »,XVIII (1969), pp. 627-39 (che ritiene possibile datare il viaggio anche pio tardi, dubitando dell'identificazione dell'autore con Palladio di Elenopoli; e per meglio spiegare le notizie apprese dal Tebeo sui Brahmani preferisce collocare il soggiorno dello «Scolastico» nell'Assam, provincia bagnata dal Brahmaputra, ove pure si coltivava il pepe, piuttosto che nel Kerala/Malabar; fra l'ampia bibliografia citata l'autore non dà mostra di conoscere il contributo ddla sottoscritta, con le argomentazioni e i riferimenti ivi addotti). U< Su Lauso, c&. PLRE, n. 2 (1980), s.v. «Lausus» I, p. 66o; c&. inoltre P. Il. COLEMAN NOilTON, The Autborship o/the Epistola de Indicis gentibus et de Bragmanibus, in CPh, XXI (1926), pp. IH-6o e specialmente 118 con nota 6; L. CllACCO RUGGINI, Sulla cristianiuaz.ione cit., pp. 22-24. "' Cfr. ed. Derren cit., I.I-I, (= PSEUDO-CALLISTENE, 3·7·10).
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traverso molte peripezie, non conoscendo la lingua del paese: fatto prigioniero, era stato liberato solo sei anni dopo a seguito di una lotta fra satrapi locali, per intervento del re di Ceylon che onorava e temeva l'Impero romano. Qui ci troviamo senza dubbio di fronte a un motivo novellistico affine a quelli sulle avventure indiane di Iambulo, di Annio Plocamo e di Sopatro, rispettivamente riferite da Diodoro, Plinio il Vecchio e Cosma lndicopleuste; ma ciò non esclude affatto che nei clichés del racconto palladiano si calassero esperienze di viaggio reali 06 • Tutto il racconto dello «scolastico», se analizzato collazionandolo con i vari scritti geografici sull'India da Ctesia a Cosma u', consente pertanto di concludere quanto segue: ciò che è riferito dall'autore come esperienza diretta del suo informatore non deriva da fonti letterarie (alcune concordanze con il Periplus Maris Erythraei e con l'opera di Tolemeo si spiegano con il sostrato veritiero di tutti e tre i racconti, per esempio nella caratterizzazione somatica degli indigeni del Malabar interno) 08 • Le notizie raccolte soltanto per sentito dire sui Brahmani e il paese da essi abita· to oltre il Gange trovano alcuni paralleli nelle fonti letterarie precedenti -soprattutto Ctesia e Tolemeo- a proposito di piante e animali insoliti, oppure sul particolare assetto geografico del territorio u•. Ma anche quando il racconto appare fantasioso, sembra dimostrabile un suo fondamento in tradizioni e leggende locali (ad esempio a proposito di un mostruoso serpente del Gange chiamato Odontoturannos, designazione che par risalire al sanscrito *dantara.Ja o dante!vara; oppure sull'uso dei Brahmani di tornare in famiglia in luglio e agosto dopo assenze di mesi, ossia nel periodo delle grandi piogge). Pure quanto viene detto sul sovrano di Ceylon che domina le isole minori attorno all'India trova un riscontro inatteso nella cronaca di viaggio del pellegrino cinese Fa-yen, che raggiunse Ceylon (attuale Sri Lanka) proprio al tempo della dinastia Papçlya, fra il40I e il4IO d. c. 1~. nCommonitorium di Palladio è dunque 06 Cfr. DIODORO SICULO, 1.,·6o; PLINIO, Storia naturale, 6.22(24).84-85; COSMA, Topografia cristiana, J7·I9 (cd. W. Wolska-Conus cit., m, pp. 349-,I sgg.); R. E. M. WHEELER, Roma oltre i confini dell'impero cit. 07 Per cui cfr. L. CRACCO RUGGINI, Sulla cristianizzazione cit. 08 Cfr. riferimenti e bibliografia ibid., pp. 27·28 con nota H· 09 Cfr. ibid., pp. 29·30 con nota 6o. 1 ~ Per l"Ooov-tMupotwo~ cfr. R. GOOSSENS, L'Ò8ov-tonlpavvoç, anima l de l'Inde, in «Byzantion », IV (1927·28), pp. 29-52; L. CRACCO RUGGINI, Su/la cristianiuazionecit., pp. JO·JI, nota 6o; di un «\'erme» mostruoso (definito axWÀlJ~ o draco), collocato ora nell'Indo, ora nel Gange, ora nell'Ifasi (Panjab), favoleggiarono anche altri autori: cfr. CTESIA, fr. 4' r. (So) (FGrHist, ill C I, 688, pp. 507-8), rilerito da ELIANO, Della natura degli animali, 5.3; PLINIO, Storia naturale, 9-I5(I7l-46, che cita Statius Sebosus; FILOSTRATO, Vita di Apollonia, 3.1; SOZOMENO, Storia ecclesiastica, 7.26 (GCS, p. 341). Per la descrizione di Ceylon da pane di Fa-yen (che parla di un centinaio di isolene a est e a ovest della gn10· de isola, tutte soggette al suo re, esattamente come nel Commonitorium), e sul viaggio di costui, che partito dalla valle dello Ho-ang-ho nel4oo rientrò a Nankino sullo Yangtse-Kiang nel414, cfr. K. A. t> I-
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una testimonianza nel complesso onesta e di un certo valore per aspetti del folklore indiano nel IV secolo d. C., anche se esso è stato per lo piu liquidato dagli studiosi con distratta frettolosità'". Nel concludere il proprio réportage, Palladio dichiara di far seguire un'opera su Alessandro e i Brahmani scritta da Arriano, discepolo di quell'Epitteto che era vissuto al tempo degli apostoli Pietro e Paolo. Abbiamo qui a che fare con uno dei vari trattatelli pseudoepigrafi di matrice cinico-stòica che, a partire dalla metà del II secolo circa, incominciarono a circolare nel mondo pagano prendendo spunto esclusivamente da fonti letterarie ellenistiche (Aristobulo, Nearco, Onesicrito, Megasrene e loro derivati) per giocare sulla contrapposizione fra il sovranoconquistatore e tiranno - e il teosofo continente e astinente, rispettoso della natura e nemico delle sofisticazioni della civiltà: ciò che importava, all'interno della cornice esotica, era la polemica filosofica, retoricamente paludata, contro la cupidigia, il lusso, la lussuria, gli spettacoli, l'educazione sofistica, i sacrifici di animali agli dèi, e cosf via. All'origine redatte in greco, tali operette trovarono poi traduttori e lettori latini fra IV e v secolo, subendo una facile cristianizzazione attraverso pochi ritocchi (pensiamo anche alla Collatt'o Alexandri et Dindimt) '42 • L'Oriente e l'India come metafora o come utopia di un mondo alternativo ideale continuavano dunque il loro cammino, che avrebbe attraversato parecchi secoli ancora. Tuttavia- e proprio questo si vuole qui sottolineare- all'eredità della tradizione classica la cultura cristiana seppe affiancare prospettive nuove e codici linguistici diversi, che trovano riscontro anche nella coeva storiografia ecclesiastica,.,: essi facilitarono grandemente l'assunzione a dignità letteraria - in testi che circolarono a lungo e furono molto letti- di testimonianze di viaggio dirette, trasmesse per via orale da viaggiatori spesso socialmente e culturalmente modesti (vuoi mercanti, vuoi sacerdoti che si aggregavano ai primi nelle loro LANTA SASTRI, Foreign Notices o/ South India /rom Megasthenes to Ma Huan («Madras Un. Hist. Se r.», 14), Madras 1939, pp. 66-76 e specialmente 68 sgg.; questo riscontro- a mio avviso importanteè ignorato sia da]. DESANGES, D'Axoum à Assam cit., sia da]. ANDRÉ e]. FILLIOZAT, L'Inde vue de Rome cit., Introduction e pp. 412·17, note 'I7·3o. "' Si veda per tutti ibid., pp·. 412·17. '" Cfr. ed. di F. PFISTER (a cura di), Kleine Texte cit., pp. 10-20 (Co/latio Tl, ree. di Bamberg); per approfondimenti e bibliografia in merito cfr. L. cRAcco RUGGINI, Sulla m'stianizzazione cit., specialmente pp. 44-48 sulla Collatio e 41-42 sul carattere non cristiano di vari scritti diatribici sui Brahmani e Alessandro, confermato dalla scoperta di un papiro greco di Ginevra databile al massimo alla metà delu secolo d. C. (per cui cfr. v. MARTIN, Un recueil de diatribes cyniques, in MH, XVI (1959), pp. 77· U5l; CHR. HANSEN, Alexander und die Brahmanen cit., pp. 351-8o; E. MALASPINA, Mitizzazione edemi· tzl.zazione cit., specialmente pp. 22' sgg. '" Cfr. specialmente La storiogra/ia ecclesiastica cit.,passim; e inoltre A. DIHLE, The Conception o/ India in Hellenistic and Roman Literature, in PCPhS, X (r~4), pp. l'·lJ.
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spedizioni) .... La venerazione tributata dai cristiani alle memorie- dirette o recepite oralmente - dei Vangeli canonici aveva infatti mostrato nuove strade per il sapere e per il conoscere; e la fraternità di tutte le stirpi nella fede in Cristo aveva instaurato un sentimento di eguaglianza mai prima conosciuto: pensiamo a Girolamo quando, scrivendo dalla Palestina verso il 400, si esaltava nell'enumerare Galli, Britanni, Armeni, Persiani, Indiani, Etiopi, Egiziani, Siriaci, gente del Ponto, della Cappadocia, della Mesopotamia, che convergevano tutti a visitare i Luoghi Santi"'. n cerchio esclusivo e chiuso della cultura greco-latina mediterranea era ormai spezzato per sempre. ... È ad esempio curioso come, ~el Medioevo, proprio i capitoli iniziali del Commonitorium- per nulla 6losofici e specchi invece di esperienze pio «vere>>, per quanto trasfigurate- siano stati quelli piu letti e anche indipendentemente copiati in Occidente, oltre che contaminati con altri testi o interpolati in essi: cfr. L. CRACCO RUGGINI, Su/fa crislianiuazione cit., pp. 64-69. "" Cfr. GIROLAMO, Epistole, 46.10 (CSEL, LIV, p. 340).
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I commerci oltre i confini dell'Impero
1.
Premessa.
Nell'autunno del4o8 il goto Alarico chiese che la città di Roma, cinta d'assedio, fosse riscattata non solo con l'oro e con l'argento: fu necessario aggiungere, per la prima volta, oltre tremila pelli tinte di scarlatto, quattromila tuniche di seta e tremila libbre di pepe'. L'innovazione era sintomatica: essa mostrava che una parte della ricchezza dell'Impero era costituita da merci di origine straniera. Divenuti ormai valori di riferimento, questi prodotti d'importazione ricordavano, per il loro prezzo e il loro prestigio, che in economia orbi's humanus non coincideva piu con orbis Romanus. Mentre rinunciava all'ecumenismo politico', la romanità abbandonava anche ufficialmente l' autal"chia: riconoscendo l'esistenza di altre potenze, oltre alla propria, se ne confessava loro tributaria per un superfluo divenuto improvvisamente capitale di riserva. Di conseguenza, lo studio del commercio estero nel Basso Impero non è affatto scontato che conduca lungo una via secondaria. Al contrario, a ben vedere, si avrà ben presto la misura di cosa potesse significare il rivelarsi di vaste periferie che, avvertite secondo echi decrescenti, ampliavano allora l'universo in direzione di fonti quasi strategiche. In tal senso, la situazione non differisce molto da quella attuale. Nel mondo moderno, la bilancia delle esportazioni deve essere tale da permettere l'acquisizione delle materie prime dell'industria. Nella tarda antichità non accadeva diversamente. Mancava, certo, la complicazione valutaria, perché il solidus faceva aggio sulle monete concorrenti'. Era necessario, tuttavia, reperire quanto necessario per un tipo di manufatti la cui clientela si andava progressivamente allargando. A prescindere dai traffici di minor importanza o condotti su piccola scala, Wheeler' denca cinque merci particolarmente privilegiate in età impeZOSIMO, , ..p:.6; dono di pepe indiano agli Sciti: PRISCIANO, 8.84 (448). u. ASCHE, Roms We/themchaftsidee und Aussenpolitik in der Spatantike im Spiegel der Panegyrzd Latini, Bonn 1983. ' COSMA, Topografia cristiana, 2.77 e n.17 (c. 510); cfr. oltre, nota 164. • M. WHEELER, La dviltà romana oltre i confini de/l'impero, Torino 1963. Fra le importazioni di 1
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secondaria importanza si porranno le pellicce e gli schiavi.
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riale: ambra, avorio, incenso, pepe e seta. La prima, citata soltanto da Eliodoro, un romanziere del m secolo, o da Oribasio, un medico del IV secolo, aveva forse perso l'importanza attribuitale dalla Germania diTacito'; delle altre, tuttavia, e soprattutto di quelle piu lavorate, si allargò il consumo. A sfogliare il De re coquinaria di Apicio, compilato verso la fine del IV secolo e forse letto dalle generazioni successive, ci si stupisce nel constatare che il pepe è usato per ogni tipo di cibi, compresi i dolci': del resto, a parte l'odore sgradevole, esso assicurava disinfezione e conservazione. L'incenso diminui probabilmente di valore allorché l'inumazione si sostitui alla cremazione; continuò a essere usato, tuttavia, per scopi cultuali e nelle cerimonie cristiane mantenne il posto avuto nei sacrifici pagani: in ricordo dei Re Magi, il turibolo fu introdotto, dopo Costantino, nella liturgia orientale'. Cofanetti, pissidi, dittici, libri elephantini e tavole a volte molto grandi suggeriscono lo sviluppo della lavorazione dell'avorio, dagli artisti di Ravenna o Costantinopoli all'artigianato di serie in Egitto'. Sulla seta, soprattutto, si dovrebbe però insistere, perché in base a vari indizi testuali proprio l'uso di questo prodotto sembra aver subito una vera rivoluzione. li cambiamento è duplice: qualitativamente, l' holosericum si sostituisce ai prodotti di misto-seta; il mutamento, collocabile verosimilmente nel regno di Elagabalo, è attestato, in ogni caso, nell'Editto dei prezzi'; quantitativamente, poi, l'impiego del tessuto si estese per due motivi: in primo luogo, nonostante le proteste di successivi imperatori, da Severo Alessandro, Aureliano, Valente, a Giustiniano, anche agli uomini fu lecito indossare stoffe un tempo riservate esclusivamente alle donne; in seguito, perso il ruolo di status symbol, la seta venne usata, dice Ammiano Marcellino, persino dalle classi ' TACITO, Germoni4, 4.5·4·8; ELIODORO, Etiopiche, 2.3 (orecchino); ORIBASIO, .5-J3I e 5.872 Da· remberg (panacea); l'ambra è piu rara dell'oro e dell'argento: Scrittori della Storia tJUgusta, Vita di Elagobolo, 31.8 e 21.3; per una sua ricomparsa nell'Italia ostrogota cfr. oltre, nota 36. 6 APICIO, De re coquinaria, a cura di}. André, Paris 1974, pp. Xtn, XVI, XXVII-XXIX e124•21o; GRE· GOIUO DI NISSA, De orotione dominica, 4-II7D; SIDONIO APOLLINARE, Cormi, 9· 320. 7 «L'Histoire,., XX (I98o), pp. 56-66; K. WEITZMANN (a cura di), Age o/Spirituolity, New York 1979, p. 62,; PRUDENZIO CLEMENTE, Apoteosi, 631. • w. F. VOLBACH, Avori di scuola rovennote nel v e VI sero/o, Ravenna 19n; R. H. RANDALL jr, Masterpieces o/ lvory /rom the Wolters Art Gallery, New York 1985, pp. 8o-m; Scrittori della Storia augusta, Vita di Tacito, 8.1; TEMISTIO, Oraxioni, 18.224b. 9 Scrittori della Storia augusto, Vito di Elagaba/o, 26.1 (cfr. ERODIANO, 5·.5·4); ibid., Vito di Alessandro, 40.1 (cfr. 33-3); ibid., Vita di Aureliano, 45·4; ibid., Vito di Tacito, 10.4; Editto, 20.2.7.10 e 20.2.7.0; SIMMACO, Epistole, 5.20 (393); Codice teodosiano, 15.9·1 (384); RA (1937), pp. 201-2' Oa sul>serica è un tipo di seta grezza oppure composta còn una fibra diversa). Broccati e paragaudes (il termine è persiano) lavorati con fili d'oro: Scrittori della Storia augusto, Vita di Coro, 20.5; Codice teoJos/11no, 10.21.1 (3~) = Codice giustinianeo, 0.9.1; PROCOPIO, Degli edifici, p.22. Seta sigillata: CLAUDIANO, Contro Eutropio, 1.357; THEODORETO, Della provvidenu, 4·.541·
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sociali inferiori ... Ne consegui una reale moltiplicazione delle aziende, la maggior parte delle quali impiantate in Siria-Fenicia: esse erano già molto numerose e a un buon livello di perfezione tecnica se Shahpiir TI, con le sue deportazioni in Persia, riusd a dare vita a un'industria concorrenziale11. Quanto al secondo indice dell'aumento della domanda, sembra che la serici albi libra, venduta a peso d'oro sotto Aureliano, nel301 sia stata riportata d'autorità a un prezzo sei volte inferiore. In seguito, tale tendenza non si modificò e, se si crede a uno storico del VI secolo, i Romani continuarono a essere in tutto il mondo i piu grandi amatori di seterie u. In tale prospettiva, come non considerare prioritario il fatto che l'Impero- in un ambito in cui un lusso ormai avvertito come necessario animava, a livello di confezione e di trasporto u, molteplici traffici interni -si trovava in situazione di dipendenza via via piu grande di fronte a certe regioni esterne? Agli occhi dell'economista, dunque, una delle caratteristiche.fondamentali dell'Impero, dal III al VI secolo, è quella di aver tentato di rispondere, con maggiore o minore successo, a tale consolidata vocazione di paese importatore. Roma, infatti, organizza in tale direzione la sua azione diplomatica, militare e religiosa,., e il suo interventismo subordina costantemente gli interessi di categoria a quello, piu generale, della res publica: tranne qualche rara eccezione, le importazioni sono soggette a dazi penalizzanti che probabilmente colpiscono sia il venditore che il compratore"; un numero ristretto di punti di transito, inoltre, regolarizza il Busso di merci provenienti da regioni limitrofe: impiantati in territorio straniero, o anche sulla stessa frontiera, questi commercia-la Tabula Peutingeriana conferma l'accezione con cui il termine è usato da R. Delmaire"- provocano 10 Vedi oltre, nota 1,9; SOLINO, ,0.3; AMMIANO MARCELLINO, 23.6.67; GlltOLAMO, Epistole, 79.10; Scrittori della Storia augusta, Vita di Aureliano, 1,.4 (nel343?); GIOVANNI CitiSOSTOMO, In Cap. Ili Gens. Homil., I8.u,o; «Act. Cl. Vn. S.e. Debrec. »,IV (I968), pp. 79-84; H.ItOTH, Seidenstoffedes 4 biS 9 ]h. in Westeuropa, in G. G. KOENIG (a cura di), Geld aus China, Bonn 1982, pp. no-x,. Altra innovazione: Gq,leno si serve di fibre di seta per legare le arterie: Metodo nella medicina, IJ.22. 11 N. PIG~EVSKAJA, Les villes de l'état iranien aux époques parthe et sassanide, Paris 1963, pp.I6I· r69; M. LOMBARD, Les textiles dans le monde musulman, Vlf·Xlf s., Paris I978, pp. 82 e 90; Scrittori del· la Storia au&usta, Vita di Aureliano, 29. u lbid., 4,.,; ZPE, XXXIV (1979), pp. 167-68 (x libbra di seta • I' di pepe); MENANDitO,I8.u6 (568). ' 11 Tàriffe di Anarbazo (IV·V secolo, G. DAGRON e D. PEISSEL, [nscriptions de Cilicie, Paris1987, pp. 170-85) l! çli Cagliari (vi secolo, DOP, XXXVI (I982), pp. I-14). 14 1. ENGELHARDT, Mission und Politik in Byxam:, Miinchen 1974. " Digesto, 39·4.16.7; Codice teodosiano, 4.I3.6 (366) e 4.13.8 (38I); Codice giustinianeo, 4·42·2 (459); MENANDRO, n.212 (,62). Le dogane interne sono meno gravose. 16 R. DELMAIRE, Largesses sacrées et« Res privata», Coll. Ecole fr. de Rome, 121 (I989), pp. 283-86 e 307·9: CIL, m, 1209 e 36'3 (371). Tabula Peutingerialia: Persepolis commercium Persarum,fines exercilus Syriaticae et commercium Barbarorum; CISA, n. s., XVll (1947), pp. 443·7o; RIDA, serie 3, XVI (1969), pp. 215·17· Per i porti e le loro dogane, cfr. oltre, nota 146 e 148. Si può osservare una regressione in rapporto al senso originario di limes, «passaggio» tanto quanto «frontiera».
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Parte seconda · SOcietà a confronto
obbligatoriamente un trasbordo: per paura dello spionaggio, nessuno, se non membro di ambascerie, è autorizzato a svolgere attività commerciali in terra romana al di fuori di una striscia ristretta di territorio11. Naturalmente tali pratiche difensive valgono anche per l'esportazione, a cui, peraltro, non è accordato alcun sostegno da un'amministrazione che si limita a decretare misure negative. Preoccupato di garantirsi certi rifornimenti- che, del resto, sono sorvegliate attentamente-, lo Stato, allorché si preoccupa delle uscite, lo fa soltanto per proibirle. Aprire nuovi mercati per gli agricoltori o gli artigiani non solo non gli interessa- ritenendo sufficiente, non senza ragione, il mercato·internoma appare pericoloso, a tal punto si disconosceva e temeva il Barbaricum. Da cui le decisioni di embargo sul ferro, lavorato e non, i prodotti alimentari, infine l'oro ... Alcuni di tali divieti potevano essere temporanei o soltanto locali,., i piu però erano duraturi e riducevano le possibili vendite a pochi settori: la ceramica, il vetro, i prodotti tessili, gli oggetti di abbigliamento. Conclusione logica: l'Impero non cerca di fissare una bilancia degli scambi. Da tale constatazione non consegue però af11 Balcani: I) Valeria: presso Gran, in un'ansa dd fiume, nel371 (CIL, m, 36H); 2) Mesia: in due punti indeterminati nel 369 (TEMISTIO, Oraxioni, I0.13_5c), di fronte a Margum nel w (PRISCJANO, 2.72: cfr. 36.107, nel446), a Naissus nel448, durante il passaggio di Attila (ibid., 7); 3) Scizia: piombi usati come sigilli presso Pirjoaia (v. MIHAILESCU-BIRLIBA, La mannaie romaine che:r.les Daces OriO
l2 ZOSIMO, I. 34·
Aden 2 Adulis 3 Akbay 4 Aksu 5 Aksum 6 Alessandria 7 Allahabad 8 Amida 9 Amul 10 Anua~ba n AndiZan 12 Antiochia 13 Apamea 1
14 15 16 17 18 '9 20 2I
Apologos Aquileia Attaxata Bactra Balrrein Bamanghati Biim.iyiin
27 28 29 30 31 32 33
Ba~baricon
34
22
Baryg820 Batnae Belgrado Berenice Bilaspur
35 36 37 38 39
23 24 25 26
Bombay Bostra Buchara Calcutta Callinico Camunrum Cemjakov Chenhsi Cherron Chitral Chunai Clysma Colombo
40 Copto 41 Costantinopoli 42 Ctesifonte 43 Cyrrhus 44 Damasco 45 o... 46 Dongola 47 Doubios/Dvin 48 Dura-Europos 49 Dusanbe 50 Ecatompilo 51 Ecbatana 52 Edessa
53 Elath 54 Emesa 55 Eran 56 Fa1as 57 Farasiin 58 Filadelfia 59 File!Elefantina 6o Frunze 6I Galle 62 Gerosa 63 Ghazni 64 Gilgit 65 Gondai 66 Gran 67 Gumal 68 Hadda ~Hamì
70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 8o
Hatra Hegra Herat Hierapolis Hiera Sykaminos al-I;rtra IsliimabadJTaxila Jalalpur al-Jawf Jotabe d-Kab s, Kabul 82 Kandy 83 KapìsVBegram 84 Karaboulak 85 Kara Shahr 86 Karatepe 87 Kashgai 88 Katta-Kurgan 89 Kecel 90 el-Khiirga
9I 92 93 94 95
96 97
98 99
Ioo IDI 102 103 104 w5 106 107 ro8 109 no III
n2 IIJ
n4 II5 n6 II]
n8 II9 12o 121 122 123 124 125 126 127 128
Khargalik Khotan Khunjerab Kilwa Kisiwani Kokand Kucha Kuldja Laatzen Leh Leuke Kome Lop Nor Madras Madura
I29 Petra I 30 P etra in Lazica IJI Przeworsk 132 Qana 133 Qanda!Iiir I 34 Q3$r Ibrim '35 al-Qa!U!Gerrha
q6 Qundiiz '37 Qusrul 138 Riyad 139 Samarcanda 140 San'i'
141
Sa~ipur
Ma~gunr
142 Sennir
Marib Mataia Mecca Medina Meroe Merv Mirzapur Moca MU2iris Myoshormos Naissus Najriin Nisibi Nogradveroce Novae el-'Obeid Olbia
143 144 45 r46 147 148 '49 150
os
Palmira Panticapeo Passau Pendiikent Persepoli Peshawar
IJI
152 rn '54 155 156 '57 158 '59 r6o r61 162 163 164
Sholapur Sialkot
Skvirski Srinagar Tabiik Tash Qurghan Telmis Termez Tiro Trebisonda Tmava Trondheim Tun Huang Tiirlan Ujjain Vinu Konda Waghoola Wuwei Yarkand Yeleswaram Za!ar Zenobia
ll commercio estero dai Severi a Giustiniano: toponimi di riferimento.
Pane seconda
496
Società a confronto
bantur». A leggere troppo in fretta queste parole di Ammiano Marcellino, si potrebbe pensare a veri e propri scambi commerciali aventi come contropartita delle importazioni. Tale, tuttavia, non era la realtà precedente: dal332, i Goti federati dell'Impero ricevevano «l'oro, l'argento, le vesti e i viveri trasportati presso di loro dai convogli fluviali». Transazioni private furono avviate solo dopo la stipulazione della pace e la formale soppressione dei sussidi; ma allora Valente, fedele alla politica di prudenza inaugurata da Marco Aurelio verso i Marcomanni e gli Iazigi, impose forti restrizioni a tale scambio di generi di prima necessità: il fiume poteva essere attraversato solo in due punti". La Historia Augusta, con il suo modo anacronistico, retrodata questi contatti, parlandone per il regno di Macrino '•. Esteso dal Caspio alla Slovenia, il gruppo di popoli guidato da Attila chiuse come in una morsa la Pars Orientis nella prima metà del v secolo. A complemento dei tributi e dei doni delle ambascerie sarebbe stato impossibile non stringere rapporti commerciali con simile vicino, cosi aridosso dell'Europa del Nord e dell'Est: è quanto, infatti, accade nel435 ". La mancanza di una vera connessione fra i gruppi riportò ben presto gli Unni verso Oriente. Quando si parla nuovamente di loro come agenti intermediari, essi sono stati respinti alla foce del Don e le merci dell'Asia, sbarcate nella penisola di Crimea dall'«avidus mercator», sono barattate a Panticapeo con pelli portate dal lago d'Arai e dal Caspio «per innumeras gentes». Un altro esempio di tali trasferimenti di merci su lunga distanza, che rinascono con la stabilizzazione del VI secolo, è costituito dall'ambra, che raggiunge nuovamente l'Italia nel .523, allorché Teodorico ringrazia gli Esti per aver istituito dei «portitores», presenti « inter tot gentes » ... La sintesi archeologica di H. ]. Eggers non si spinge molto oltre il 300. Di conseguenza è difficile stabilire la vitalità delle attività commerciali della Germania libera". Vari oggetti continuano a giungere dall'1mIl
Cfr. sopra, nota 17; AMMIANO MARCELLINO, 27.,.7; DIONE CASSIO, 71.1,.1 e 71·19.1; TEMISTIO,
Orazioni, xo.x35a-d. 14 Scritton· della StoriQ QugustQ, VitQ di MtJSsimino, -4-4: «in Thracia ... cum Gothis commercia exercuit ». 11 Cfr. sopra, nota 17, e PRISCIANO, 1.72: «fiere che si svolgevano su un piede di parità e a riparo dai pericoli>>; E. A. THOMPSON, A History of Atti/4 Qnd the Huns, Oxford 1948. 16 Cr. sopra, nota 17; GIORDANE, Origine e storia dei Geti, 3.21 (« Suethans ... famosi pellium de· cora nigritudine») e 5·37 «Hunugari ... noti quia ab ipsis pellium murinarum venit commercium>>l; pelli ricamate d 'oro: Scritton· del/4 Stori4 augusta, Vita di Aureliano, -46.1; ibid., Vita di Tacito, n.6. CASSIODORO,
Varie,
,.2.
" Non si trova mai, riferito ai Germani, un vocabolo corrispondente ai concetti di mercatorl negotiator; H. ] . EGGEilS, Zur absoluten Chrono/ogie der romischen &iser;,eit im /reien Germanien, in ANRW, il, ,II (1976), pp. 3-64 (aggiornamento di Der romischen Import imfreien Germanien, Ham·
Callu I commerci oltre i confini dell'Impero
497
pero, soprattuto dalla Renania: vetro, ceramica, soprattutto recipienti di serie in bronzo: i grossi caldai che alla fine del 111 secolo si accumulano nelle valli del Weser e dell'Elba, nella Danimarca continentale e insulare, si. ritrovano forse nel corso del v secolo lungo la costa norvegese'"; una piccola quantità, rimessa di nuovo in circolazione dall'interno verso Carnuntum, è penetrata nelle regioni limitrofe del Barbaricum, nella Slovacchia occidentale". Prevale tuttavia l'impressione che la corrente di esportazione diminuisca per due motivi, di cui quello militare è ovvio. Come scrive K. F. Werner, «i popoli del Mare del Nord e del Reno mutano il loro atteggiamento verso il250» e i rapporti commerciali si interrompono per via di terra e di mare a vantaggio del bottino ... L'altro motivo è stato recentemente illustrato da studiosi tedeschi, rumeni e sovietici. A parte i manufatti di lusso, come quelli in argento .., i prodotti locali si sostituiscono progressivamente a quelli d'importazione. Tale tendenza è verificabile in una serie di oggetti: le fibule sono quasi totalmente d'influenza germanica •a, cosf la metallurgia del ferro, la terracotta prodotta nell'ambito della cultura di Przeworsk ", le coppe sfaccettate nella regione della cultura di Cernjakov; quest'ultima- interessando, a oriente della precedente, i due popoli goti provenienti dal Baltico, i GetoDaci del Dnestr e dei Carpazi, gli Slavi della Volinia e del medio Dneprraggiunge, nella sua componente scito-sarmata, le città costiere del Mar Nero, da Olbia a Panticapeo. Unendo l'abilità di un artigianato romaburg 1951, con i contributi di F. Fremersdorf per il vetro e diR Nierhaus per la terra sigillata; ma le controversie su problemi di cronologia restano). Ricerche in corso di K. Hauck, W. Hiibener, L. He· Jeager. · " M. WHEELER,Les influencescit.,pp. 9'·99; K. BOEHNI!Realtri(acuradi),A l'aubedelaFrance, · la Caule de Constantin à Childéric, Paris 1981, nn. r88·9I; «Priihistorische Zeitschrift», LV b98o), pp. J~-109 (rulla Danimarca orientale prima del v secolo). " L. KRASKOVSKA, Roman Bronze Vesselsfrom Slovakia, in BAR, Int. Ser. Suppl., XLIV (1978), nn. 18-23, fra cui, nel distretto di Trnava, a Straze, le due tombe dell'inizio dd IV sxecolo, ricche di mobil[a e di ornamenti preziosi, cosi come di ogni tipo di vasellame sia dozzinale che raffinato. ., ,K._ F. WERNER, Histoire cit., pp. :ZI6·I7; si considerino anche le imponazioni dovute agli «ingentia auxilia Germanorum» impiegati dagli imperatori galli: cfr. ANRW, II, u/3 (198,5), p. :z67. " Una pianta della distribuzione dei piatti bizantini dopo il v secolo in Moldavia, Ucraina e, molto piu a nord, sui percorsi dei cacciatori di pellicce (fra le altre zone, il bacino del fiume Kama) in MBAH, ll, 2 (198 3), p. 6o. TI materiale impanato sul Don inferiore, invece, non si sa in quale contesto, è d~tato all'Alto Impero: B. A. Raev, in BAR, Int. Ser., CCLXXVIII (1986). " M. SCHULTZE, Mitteleuropiiische Fundprovinzen germanischer Fibeln der jungeren 1Vliser7.eit, in «Zeitschrift fiir Ostforschung», XXIV (197,5), pp. 410-32; R. KOCH, Die Tracht der Alamannen in der Spiitantike, in ANRW, II, 1:z/3 (198,5), pp. 4.56-.54.5· " G. MILDENBERG, Probleme der germanischen Friihgeschichte ;, ostlichen Mitteleuropa, in «Zeitschrift fiir Ostforschung», XXIV (197,5), pp. 486-,501_ (canografia di E. Demougeot della diffusione di manufatti attribuiti alle culture di Przeworsk e di Cernjakov in E. PRÉZOULS (a cura di), Crise ~~ redrersement dans /es provinces européennes de l'Empire (milieu du In'· milieu du IV' siècle ap. ].-C.), Strasbourg 1983, p. 98).
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Parte seconda Società a confronto
nizzato alle riserve di legno della Transilvania, tale produzione promuo. ve un'industria del vetro che, per la concorrenza che sviluppa, mostra gli inizi di una certa indipendenza economica ... Nella lista degli acquisti romani, non potendo enumerare le pelli e i prodotti agricoli ovviamente scomparsi, l'archeologia può classificare solo pochi grani di ambra, raccolti in parecchie tombe della Francia, dell'Europa centrale e dell'Ucraina ".È nondimeno soddisfacente avere la prova che attraverso il commercium di Gran è transitato tale prezioso materiale, veicolato attraverso la pianura polacca da canali che la pazienza diJ. Wielowiejski ha ricostruito"'. Lo studioso, completando le informazioni offerte dalla cultura materiale con il contributo della numismatica, ha proposto per essa uno schema antitetico basato sul testo di T acito. Bisognerebbe a quanto pare distinguere quattro zone via via che ci si allontana dal /imes: fino a 50 chilometri di profondità agisce l'osmosi di frontiera; sulla corta distanza, da 50 a Ilo chilometri, continua ancora la diffusione di moneta divisionale frutto delle importazioni. Procedendo oltre, la funzione della moneta si attenua, sia che per 8o chilometri si avanzi lungo una strada principale, sia che si oltrepassi il limite di 2 50 chilometri: in entrambi i casi, la presenza romana si traduce solo in vasi di bronzo e d'argento, terra sigillata e fibule". Grosso modo, tale prospettiva non è da rigettare, poiché aiùta a porre una serie di interrogativi: I) con quale intensità le nuove monete lasciano il territorio romano? 2) quali sono le componenti della massa circolante, qualora nello spazio barbaro vi sia circolazione? 3) aurei e solidi vanno analizzati insieme o separatamente dai pezzi di metallo bianco? Di queste tre domande, la prima è la meno imbarazzante, nella misura in cui i dati sono piuttosto negativi. Se si prescinde dalle concentrazio.. H. G. RAU, Spiitantike Glas/unde im &rpatenraum, ibid., pp. 433-8,, e oltre, nor.a 51; K. BOEH· NERe altri (a cura di), A l'auhe de la France cit., pp. u6-27, n. 186. " Ibid., pp. 167·68, n. 277 e p. 181, n. JOJ (cfr. inoltre P. PERIN, La dotation des tombes mérovingiennes, Paris 1980, p. 230; « Numizmatika i Epigrafika>>, VI (1966), pp. 74·102, n. ,12, nella regione Ji Skvirski, con una moneta di Costanzo II montata in un gioiello. Per gli acquisti di schiavi nel Barbaricum, c&. Expositio totius mundi et gentium, 57; Codice giustinianeo, 63.4.2. (374); SIMMACO, Epi· stole, 2.78.2 (394); TEMISTIO, 0riJ1.ioni, IO.IJ6b; AMMIANO MARCELLINO, 3I·4·9·II (378) . .. J. WIELOWIEJSKI, Bemsteinstrasse und Bemsteinweg wiihrend der romischen Kaiserze# im Lieh· te der neueren Forschung, in MBAH, III, 2 (1984), pp. 69-87: ritrovamento di Nogradveri:ice fra il Danubio e la catena dei Beschidi che sbarra il corso della Vistola; un secondo flusso venuto dal Bahiro sfociava nelMar Nero, piu a est (cfr. sopra, nota 45); un terzo raggiungeva a ovest il Mare del NorJ: F. Braemer, in Colloque In t. sur les ressources minérales, Grenoble 1983 ( • Comité Trav. Hist. et Se., Paris 1986, pp. J61·8I). 47 ]. Wielowiejski, inActes du Congrès Int. desSe. Préhist. et Protohist., Prague 1966 (= 1971, II. p. 929); TACITO, Germanill, ': « proximi ... fonnasque quasdam nostrae pecuniae agnoscunt ... interior~s ... pecuniam probant veterem ». · .
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nidi monete causate dalle operazioni di guerra", la documentazione di cui disponiamo mostra che, in generale, il flusso è cessato dopo Settimio Severo. Fra le eccezioni si porrà la Slovacchia occidentale, cosa che conferma i dati dell'archeologia ... Ciò detto, la quasi totalità delle monete, a parte quelle auree, è dunque rappresentata da denarii dell'Alto Impero e restano logicamente due ipotesi fra le quali scegliere: o, in un contesto di crisi, predomina ormai l'economia naturale, o le serie degli Antonini aillmano tuttora i circuiti degli scambi interni. Esempi certi dalla Germania, dalla Polonia e dalla Russia spingono verso la seconda soluzione"'. Bisogna ancora definire con chiarezza la successione delle tappe, che, secondo noi, è la seguente: verso la metà del III secolo, le specie monetali di buona lega non solo sono ancora in circolazione, ma la loro utilità è provata anche dalla continuazione dei fenomeni imitativi che gli specialisti sono d'accordo nel localizzare principalmente presso i Sarmati del Tibisco. Nel corso di piu di un secolo, tali copie sono utilizzate e disperse, mescolate agli originali. Dopo l'apparizione della siliqua sotto Costanzo Il, questa nuova moneta, di eccellente qualità intrinseca, penetra dai Balcani nella riserva precedente dei barbari e vi provoca subito delle riproduzioni attribuibili, senza dubbio, ad artigiani installati un po' piu a est della Pannonia, ossia i Goti della cultura di Cernjakov". A loro volta, esse seguono i processi di commistione provocati dalle migrazioni. Nel primo quarto del v secolo, infine, il fenomeno sembra cessare: denarii e siliquae vengono perforati e trasformati mminuscoli lingotti, il cui ruolo come monete resta solo virtuale ". L'oro ha conosciuto un'evoluzione simile. Sessant'anni fa, la ricerca 48 Per esempio nel Banato sotto Costantino e Costanzo II; E. Demougeot, cartografia cit. alla nota 43, p. 100; c&. anche il tesoro moldavo che contiene 127 siliquae, &a cui un'imitazione: v. v. KRO· POTKIN, Hoards o/ Roman Coin on the Tem'tory o/ the URSS, Moscow 1961, n. 1355. " J. Widowiejsk.i e A. Maruszewski, in M. R. ALFÙLDI (a cura di), Studien zu Fundmiinzen der Antike, I, Berlin 1979, pp. 265-80: sulla differenza con la Slesia e la Piccola Polonia ma analoga permeabiliradel/imes della Boemia c&. ibiJ., PP·l43·,, e «Num. Sborn.», XIII (1973), pp. 45-56. E. Demougeot, cartografia cit., nota un aumento dd contante in Oltenia durante il periodo in cui Teodosio consetvò l'intesa con i Visigoti.
"' v. ZEDELIUS, Spiitkaiser.t.eitlich-Viilkerwanderungszeitliche Keramik und Riimische Miinzen von Laatzen, Ldkr. Hannover, Hildesheim 1974; P. BASTIEN e c. METZGER, Le trésor de Beaurains (dlt d'!lrras), Wetteren 1977; A. Kunisz, in Proceedings o/ the Int. Num. Symposium, Budapest 1980, pp. 23-29; v. v. KROPOTKIN, Hoards cit., p. x6: prototipi antonini per le serie della costa nordest del Mar
Nero all'arrivo delle tribu germaniche. " v. MIHAILESCU·BIRLmA, La monnaie cit., pp. 218-50, che considera questa regione come un centro monetario dd III secolo. " V. Zedelius, in Proceedings o/ the Int. Num. Symposium cit., pp. "-6r, (e inoltre K. Biro-Sey, p.nl.
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di S. Bolin ",estesa a parecchi secoli di storia germanica, aveva dato particolare importanza alle considerevoli concentrazioni di solidi in Danimarca e in Svezia. In seguito, i ritrovamenti hanno riportato l'attenzione su zone meno eccentriche: se è vero che nel v secolo la Germania occidentale fornisce lungo il Reno depositi monetali dovuti ai saccheggi, l'ampiezza di tali bottini appare oggi molto ridimensionata rispetto a quella dei tesori scoperti o riscoperti in questi ultimi anni in Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Romania o ex Urss ". L'impero di Attila si mostra dunque in tutta la sua realtà, attraverso gli enormi tributi che esigeva da Teodosio II: in questa fase, la moneta non è testimonianza di scambi commerciali. La discussione si potrebbe allargare maggiormente nelle fasi successive: nei territori degli Unni, che tipo di ridistribuzione è stata effettuata? J. Fagerlie credeva che, associati agli Unni, gli Ostrogoti avessero rinviato una parte di questa massa aurea verso Qsantuario originario della Scania, dove fino al 476 circa il centro di Oland avrebbe funzionato come una sorta di pompa di assorbimento e ridistribuzione. Gotland, all'inizio in posizione marginale, si sarebbe poi sostituita all'altro centro, finché gli arrivi cessarono sotto Giustiniano. Assicurando cosi una cronologia, la differenza, da un'isola all'altra, nell'usura dei pezzi non è che un primo argomento. ,Che il solidus abbia realmente circolato nell'area scandinava non è meno provato dal fatto che le monete perforate siano state di nuovo tappate". A lungo accettata, la tesi di J. F agerlie è ora indebolita dai lavori della giovane scuola svedese, per la quale le terre del Nord non sono state che· il ricettacolo di complessi monetari costituitisi nel continente. Secondo questi studiosi, non sarebbe esistito localmente un mercato che potesse dar luogo a degli scambi "'. Siamo dunque riportati verso un anello di congiunzione mediano, le ter-
" s. BOUN, Fynden av romerskll mynt i det foia Gemranien, Lund 1926! su 464 esemplari, H della Germania occidentale, 88 delle regioni piu centrali (Sassonia, Brunswick, Slesia, Posnania, Boemia· Moravia) e 321 della Danimarca e della Svezia, di cui 221 dd v secolo. La rappresentatività dei regni è acquisita a partire dagli anni 250 e, dopo l'abbandono dei Campi Decumati, si sono ritrovati sparsi al suolo circa trenta pezzi. " Studien zu Fundmunzen der Antike, ll, Berlin 1984, pp. i-51; «Nwn. Sbom», X (I9i)8), pp. s· 50; NK, LXXIV-LXXV (1975-76), pp. 7-19 (1439 ex.); A. KUNISZ, Katalog skllrbow monet nytmkuh odkrytych na ziemitJch polskich, Warszawa 1973; v. v. KROPOTKIN, Hoards cit., n. 813; J.ILUK, The h· port cit., p. 98, nota 68; su circuo ooosolidi catalogati nei tesoretti europei, quasi un terzo è stato rin· venuto fuori dellimes: può sembrare molto, ma tale presenza è scarsamente dovuta al commerci, cm (198o), pp.IZ9-43 (testimonianze concordanti di Epifanio di Salamina e di Olimpiodoro Ji Tebe); monete di Costantino Il, di Valente e di Teodosio I a Qa~ lbrim (M. G. RASCHKE, New Studies cit., p. 869, nota 900). 120 J. Ledant, in Histoire générale de l'AfrVJue, II cit., pp. :z95-314; K. Michalowski, ibid., pp. 347362; J. DESANGES, Recherches cit., pp. 341-4Z e 351-5:z (il ricordo di Meroe si mantiene ancora nelle Etiopiche di Eliodoro); monete di Valente a Qustul, di Diocleziano a el-'Obeid, di Costanzo II a Old Sennar (M. G. RASCHKE, New Studies cit., e J. DESANGES, Recherches cit., p. 358). "' Ibid., p. 345; C. Robin, in CRAI (1981), pp. 315-39 (un'altra ipotesi vorrebbe, invece, che la nuova dinastia aksumita di origine araba abbia conquistato l'Etiopia e provocato la sua rinascita: cfr. nota seguente). 122 E. GODET, Nouvelles conclusions en numismatique axoumite, in RN, VI, :z8 (1986), pp. 174-209 !recensione dei lavori di S. Munro-Hay e W. Hahn). Prima del 1989, nessuna scoperta di aurei o di solidi è stata segnalata, ma la rifusione ha solo parzialmente contribuito alle emissioni: l'oro locale
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Parte seconda Società a confronto
intorno al330 circa, si stabiliscono con il mondo romano delle relazioni che, alla fine del regno di Costanzo II, mantenevano una certa regolarità w. Si comprendono meglio, in tal modo, i motivi politici e religiosi che, dopo decenni di oscurità o anche di momentaneo declino 12\ intorno al 525 circa spinsero Aksum in Arabia meridionale. Da quel momento questa regione, che Cosma Indicopleuste aveva appena scoperto, fece apertamente il gioco di Bisanzio m logorando nelle campagne militari un potere che, né per la sua flotta, né per la sua moneta, corrispondeva all'entità delle proprie ambizioni: il negus Kaleb, all'inizio vittorioso, non riusci ad aiutare Giustiniano nel contrastare il monopolio della Persia sulla seta e i suoi successori vedranno arrivare nel575 i Sasanidi fino alle rive dello Y emen 126 • Dall'altra parte del mare, l'Arabia, regione vasta tanto quanto l'Iran o l'India, aveva avuto un processo evolutivo analogo. Nella parte settentrionale della penisola, la crisi del m secolo aveva provocato arretramenti definitivi. Secondo una linea che andava da Palmira a Bostra, città da cui pure partivano delle spedizioni di carovane, la tribu saracena degli Awidh, in seguito all'abbandono degli avamposti, era riuscita a progredire malgrado alcuni leoni fossero stati rilasciati lungo la frontiera. Successivamente Zenobia, detentrice de facto dell'Impero, aveva dovuto anch' essa tener conto di altri Arabi che, giunti da al-Qatif-Gerrha, sul Golfo Persico, erano risaliti a al-I:Hra (l'attuale an-N agiaf), in Iraq, per porsi al servizio di Shahpiir II. Ne risultò ben presto ~ grande regno lakhmida che, prosperando fino al328, divenne padrone del deserto settenera sufficiente (ricerca di]. N. Barrandon). Se, come è probabile, il baratto non è generalizzato, leva· rie specie sono svanite senza lasciare tracce tangibili (cfr. anche oltre, nota 159). D'altronde, E. Godet ritiene cbe la riforma monetaria di Aksum può aver coinciso con la fine delle emissioni dei regni del· l'Arabia del Sud, per quanto le condizioni di tale mutamento economico siano poco chiare. Anche il piccolo numerano imperiale manca quasi dd tutto: un V aleriano di Sagalassus presso Adulis, un Co· stantino vicino a Matara: cfr. «Azania», XVll (1982), pp. m; I6 biglioni di Alessandria da Gordiano a Domi2io Domi2iano e 4 bronzi fino ad Arcadio, non localizzati (M. G. RASCHKE, New Studiel cit.' p. 799, nota 674). w L. CRACCO RUGGINI, Leggenda e realtà degli Etiopi nella cultura tardo-imperiale, in Atti del IV Congresso Internazionale di Studi Etiopici (Roma, 10-15 aprile 1972), I, Romu974. pp.J41-93: ambasce· ria ad gentem Axumitarum nd 3.:;6,lettera imperiale ai« tiranni di Aksum » nel357/358: cfr. oltre, no· te 128, 135 e IH; altra ambasceria nel496 (MARCELUNO «COMES», Cronaca, 496.2). 124 N d Commonitorium Pal/adii, 1.4, redatto &a il4oo e il420, il sovrano regnante ad Aksum è de· signato come «il piccolo regolo degli Indiani»; le monete d'oro etiopi trovate in Arabia farebbe w parte di tesoretti nascosti durante gli awenimenti del vr secolo e non sono prova di una sovranità su questo paese. IZl Cosma ad Aksum verso i152o: cfr. L. P. KIRWAN, The Christian Topography o/Cosmas and the Kingdom o/Aksum, in «GeographicalJoumal», CXXXVlli (1982), pp. 267-n; Nonnoso (FHG, IV. pp. 179·8o) riferisce con precisione la sua missione etiopica del.:;33. 126 PROCOPIO, La guerra persiana, 1.20.9-13; N. PIGULEWSKAJA, Byzanz cit., pp. 244, 251-54 e 268.
m
Callu
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trionale fino ad al-I;Iigiaz. Forte di questa indipendenza, esso poté allearsi contemporaneamente con Romani e Persiani, procedendo all'attacco verso sud dei vicini I;Iimyariti. Questa volta, però, fu un insuccesso: un lungo ripiegamento sulla Mesopotamia, al riparo della protezione sasanide, lascia il campo libero ai rivali Salihiti, che non tardarono a sostituirsi alle piccole filarchie cristianizzate allineate lungo illimes assicurando una disponibilità molto incostante 127 • Questi I;Iimyariti godevano ormai, al tempo di Diocleziano e di Costantino, di una supremazia secolare nella parte inferiore del paese: gli Etiopi erano stati espulsi, ma potenzialmente si poteva sempre ricorrere a loro; le monarchie mercantili di Saba, Qataba e I;Iaçlramut erano pienamente integrate; nei confronti dei Persiani, malgrado un tentativo di profittare della giovinezza di Shahpur Il, tutto era rientrato nella normalità 128 ; con i Romani, poi, i rapporti sono cosi amichevoli, dopo il324, che a Teofilo, inviato di Costanzo II, viene accordato il diritto di erigere delle chiese a Zafar, Aden e nella punta dell"Oman 129 • Dopo il490, la storia appare piu complessa anche perché meglio nota. Un primo teatro di operazioni è aperto nella regione settentrionale e centrale. Sotto l'urto dei Kinditi continentali, il gruppo di Salih ripiega di fronte ai Ghassanidi che si stabiliscono intorno a Damasco. Per evitare che penetrino nei territori dell'Impero, Roma cerca un accordo, nel 503, con questi nuovi gruppi di nqitladi: al capo di Kinda è affidato il filarcato di Palestina, a quello di Ghassan un incarico analogo in Arabia. Le cronache riprendono verso il.528. I Ghassanidi hanno continuato la loro ascesa eliminando almeno provvisoriamente 110 i Kinditi; in nome dei Bizantini, essi portano avanti per piu di venticinque anni un lungo conflitto contro i maggiori rappresentanti dei Sasanidi, i Giudei di Medina, ma principalmente i Lakhmidi, il cui re al-Mundhir riorganizzò nel.531 127 M. SARTIIE, Trois études sur l'Arabie romaine et byzantine, in «Latomus» YARSHATER, The Se/eucid-Parthian and Sasanian Periods cit., p. ,!)6.
(J9112), pp.132-,3; E.
12' C. Robin, in CRAI cit.;J. Doresse, in «Kush», V (19'7), pp. 49-60;]. Desanges, in «Annales J'Ethiopie», VTI (1967), pp.J4I·,; H. VON WISSMANN, Die Geschichte des Sabiie"eichs und der Fe/dwg des Ae/ius Ga//us, inANRW, TI, ')/1 (1976), pp. 437 e 476-78. L'Expositio totius mundi et gentium, IJ, verso il ,9, si comprende in questo contesto, poiché l'India minor indica l:fim}'lll: cfr. oltre, nota 120 La rottUia della pace nel31' è seguita da una riconciliazione: FILOSTORGIO, Storia ecclesiastiC4, 3-4 (c. 340); i Persiani, che hanno delle relazioni diplomatiche con Saba nel 111 secolo, avevano, nel secolo successivo, una testa di ponte sul Golfo in cui era situato un commercium persicum; le registrazioni del Codice teodosiano, 12.12.2, del "6 (cfr. sopra, nota 123), valgono tanto per J:limyar che per
I,.
Aksum. uo Nel '33la missione di Nonnoso tenta in parte di risollevarli probabilmente in vista di un nuovo equilibrio. ll padre e il nonno di Nonnoso erano già stati ambasciatori, l'uno presso i Lakhmidi, l'altro presso i Ghassanidi.
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un insieme territoriale collegando l'isola di Bahrein e l"Oman del Nord alla regione della Mecca 111 • Nel secondo conflitto del VI secolo- abbiamo già intravisto questa simbiosi armata dal lato etiopico -l'Arabia Pelice subi pesantemente le conseguenze della persecuzione antimonofisita scatenata nel518 a Najran da Dhii Nuwas, un re ebraizzato incoraggiato dai Lakhmidi pagani o dai nestoriani. Sostenuto da Giustino l, lo sbarco a.ksumita riusci; il protetto messo sul trono dai membri della spedizione, tuttavia, fu ucciso dopo il531 IJl e Abraha, ex schiavo di un negoziante romano di Adulis, e poi suo figlio Masruq tennero le redini dello stato finché non si produsse una reazione nazionalista verso il570; malgrado un poco duraturo dominio degli Etiopi, si tornò alla sovranità della Persia. Il regno liberatore di Abraha, reso noto dalle ambascerie accorse da ogni parte, aveva manifestato una volontà di equilibrio pacifico IJ> che, diversamente dai connazionali dell'interno, gli I:limyariti, obbedendo alle necessità del loro difficile insediamento, consideravano indispensabile per il fiorire degli scambi monetari u4 • Abbozzato ora lo sfondo, è tempo in effetti di tornare alla geopolitica e al commercio. Blemi, Nubiani, Aksumiti, Saraceni, I:limyariti, per quanto numerose fossero le loro differenze, formavano agli occhi degli antichi una globalità, l'India citerior ~.~,ricca, con i suoi annessi di Socotra e Somalia di mercanzie esportabili: smeraldi del Dodecascheno, avorio degli elefanti della N ubia e dell'Etiopia m, cannella di ogni tipo sulla 1}6,
Llt Cfr. sopra, nota 127; M. SARTRE, Trois études cit., pp. 155-77. LI> N. PIC:.ULEWSKAJA, Byzanz cit., pp. 225-50 (per la composizione
della flotta d'invasione cfr.
oltre). Lll lbid., pp. 251-71 (non prima del 539 Abraha riceve degli inviati del negus, dell'imperatore, del· lo shih, dei Lakhmidi e dei filarchi ghassanidi di Palestina e di Arabia, ma ciò avviene dopo le due am· bascerie bizantine del '3I e del 533; nel547, lo stesso Abraha limita il suo contributo alla coalizione progettata da Giustiniano e si accontenta di battere i Maddei, amici del re ftlopersiano di al-I:Jira, sulla strada della Mecca). 1.14 Le informazioni sulla numismatica degli l:funyariti mostrano una mescolanza di influenze ro· mane e sasanidi: la moneta d'argento si chiama darico e quella d'oro corrisponde al peso di un mezzo solidus (ibid., pp. 221, 231 e 277, attraverso, è vero, il filtro del testo siriaco). Non è stata invece trovata nessuna moneta corrente romana. Cfr. anche sopra, nota ru. LI' lt.. DIHLE, The Conception o/India in He/lenistic and Roman Literature, in PCPhS, CXC (19()4 l, pp. r'-23: il confronto di Rufino, Sozomeno, Filostorgio, Malala e Giovanni d'Efeso permette di di· stinguere l'India citerior (le due rive del Mar Eritreo) dall'India ulterior (la vera India). L'Expositio to· tius mundi et gentium individua Aksum in rapporto all'India minor- un altro sistema di opposizioni-, ma riconosce che il popolo degli Indiani comincia alla frontiera della Tebaide (17 e 35) . .,. D promontorio somaJo si deve identificare in FILOSTORGIO, Storia ecclesiastica, 3.6, dove il punto di vista è quello del marinaio che entra dall'Oceano nel Mar Rosso; i Dibeni di Soc:orra sono ri· tenuti Indiani da EPIFit.NIO, Sulle dodici gemme, 243· .,, lt.. DIHLE, The Conception cit., pp. :zo-21; Expositio totius mundi et gentium, 18; FHG, IV, pp. 179-80 (Nonnoso); COSMA INDICOPLEUSTE, n.22-23 (spedizione di zanne di elefante per nave verso l'India, la Persia, l:funyar e la Romania).
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costa degli aromi, incenso di questa stessa Berberia, oro e schiavi del Sasu abissino us, tartaruga dell'antica Dioscoride, sete e broccati dei depositi Q.imyariti e lakhmidi u•. Tutti questi prodotti di provenienza locale o anche lontana sono a disposizione di commercianti non solo persiani, abissini'"', arabi"' o giudei "2 : anche l'Impero romano invia i suoi cittadini, che frequentano i percorsi da Adulis ad Aksum o attraversano i territori di I:Iimyar ,.., . Per loro, tuttavia, il viaggio fino a quelle terre era lungo, qualunque fosse l'itinerario scelto. Tre vie di accesso ipotizzabili sulla base della geografia sono confermate dalle nostre fonti. La prima è sicuramente la meno frequentata. Oltrepassava le sei cateratte e deviava in seguito verso il N ilo Azzurro. Certo, due monete fra il284 e il361 non dimostrano gran che e i testi, tutti del VI secolo, non convincono completamente, a parte l'ultimo, piu tardo: Procopio concorda con Cosma nel calcolare viaggi di una sessantina di giorni a partire da Alessandria. T ali calcoli, però, sono forse solo teorici: Giustino I promette all'Etiopia soccorsi che avrebbero tagliato attraverso la Nubia, ma, in realtà, l'operazione fu solo marittima, senza ri-. congiungimento in territorio africano. Rimangono, dunque, i missionari che nel5 8o sono stati scortati dai cammellieri blemi a monte della quinta cateratta. In questa fine di secolo, essendo tali popoli diventati sedentari e ormai cristiani, il passaggio potrebbe esser divenuto meno ipotetico ,... La via principale, dunque, sarebbe stata quella del Mar Rosso, dove i naucleri e mercanti egiziani s'imbarcavano in luglio, spinti dal vento di nordovest verso la stretta imboccatura che si apriva sull'Oceano India'" FILOSTORG!O, Storia ecclesiastica, 3.6; Expositio totius mundi et gentium, PLEUSTE, 2.49 (esportazione per mare verso Adulis), 2.,1 e 2.64. 1" N. PIGULEWSKAJA, Byzanz cit., pp. 76 e 214; M. SARTRE, Trois études cit.,
3'; COSMA INDICO·
p. 167. Convoglio organizzato ogni due anni dal governatore di Agau in direzione di Sasu. 141 Gli Arabi, da Moca allo Yemen, si specializzano nella navigazione sulla costa dell'Africa australe; i Romani non oltrepassano il Nord della Somalia (da segnalare tuttavia a Kilwa Kisiwani, in Tanzania, una moneta di Caro da Antiochia e una di Costante da Alessandria: cfr. «Azania »,I (I\)66), pp. 156·57, e M. G. RASCHKE, NewStudies cit., p. 1023, nota 1536). Per l'interno della penisola, vedi l'esempio di Hannan, il mercante di Najrin che si reca ad al-l;lira, la capitale famosa anche per la fiera annuale (DOP, XXXIII, p. 29). 1 " Teofilatto Simocatta scrive che gli Ebrei di Persia inviavano navi mercantili nel Mar Rosso. Per Jotabe cfr. oltre, nota 146. . 14 ' Negotiatores Romani ad Aksum intorno al31': RUFINO, Storia ecclesiastica, 1.9; COSMA INDICO· PJ.EUSTE, 2.54; FILOSTORGIO, Storia ecclesiastica, 3.4; MALALA, 433 (i Romani sono inclusi nei massacri del 518; Abraha era stato schiavo di un commerciante romano di Adulis). Esportuioni da Roma: vetri e anfore di vino ad Aksum, lampade in Nubia, grano in Azania: cfr. «A2Bnia», IX (1974), p. 198; 1. EN· GEJ.HARDT, Mission cit., p. '7; ]. Desanges, in «Annales d'Ethiopie» cit.; L. CASSON, Rome's Trade with the East: the Sea Voyage to A/n'ca and India, in TAPhA, CX (198o), pp. 21-36. 144 Cfr. sopra, nota 12o; PROCOPIO, La gue"a persiana, 1.19.27-37; trenta giorni da Elefantina senza carico; cosMA IND!COPLEUSTE, 2.48: sessanta da Alessandria; Acta Sanctorum, IO ottobre, 743.27; 1.. P. KIRWAN, The Christian Topography cit.; MGH, AA, Xl/2, p. 212. 140
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no"'. La flotta, che, in definitiva, è lo strumento principale della spedizione del5 2 5, ci offre con la sua composizione un elenco dei porti eritrei: su 6o navi dispo~bili, 20 appartengono a Clysma, 15 a Elath, 9 agli Aksumiti, 7 aJotabe, 7 all'isola di Farasan di fronte a Adulis, 2 a Berenice. Già Epifania non cita piu che tre di questi porti, Berenice, Elath e Clysma, dimenticando di specificare la base avanzata di Elath nell'isoletta di Jotabe, all'ingresso del golfo di 'Aqabah ,... , Berenice, le cifre parlano da sole, ha visto rarefarsi progressivamente il suo traffico sotto la minaccia permanente dei Blemì. Elath, viceversa, riesce a prosperare favorita da due fattori: una strada per Filadelfia e Gerasa la collega al complesso di Antiochia-Seleucia ed Eusebio, tradotto da Girolamo, ci fa sapere che una sezione distaccata della X Fretensis doveva garantirne la sicurezza. Tuttavia, una nave immatricolata a Elath cade nelle mani dei Blemi, i quali, sempre in movimento sulla costa, se ne servono per saccheggiare il Sinai "7 • Nel secolo successivo, l'avamporto diJotabe è perduto in maniera definitiva: vero posto di blocco doganale sia per le flotte sia per le carovane provenienti dall'Arabia, l'isola cade in mano a un filarca nokalieno dal473 al498 e la sua clientela diviene esclusivamente ebraica. Chiusa questa parentesi, però, la nuova attività svolta da Elath sarà attestata da Cosma e, nel 570, dall'Itinerario dell'Anonimo piacentino"". La città di Clysma, sul luogo dell'attuale Suez, non subi mai simili traversie. Piazzaforte fortificata contro le incursioni saracene, essa è considerata nel 383 il solo ingresso autorizzato per le numerose flotte che solcano il Mar Rosso. Inoltre vi risiede un logoteta, che ogni anno invia in Etiopia un convoglio di Stato: erano infatti necessari sei mesi per l'andata e dunque dodici con il ritorno. La difficoltà della navigazione spiega il carattere annuale del viaggio, come notato da Gregorio di N issa'". In questo modo la durata è realmente piu lunga che seguendo il percorso africano. Ma questa considerazione non valeva perché, a sud, o Adulis non era che un primo scalo verso l'India ulterior, oppure forniva il carico a quanti risalivano verso l'Egitto~ · Adulis si rivelava effettivamente uno scalo di maggiore importanza. 141 J. SCHWARTZ, L'Empire romain, l'Egyple elle commerce orientai, in «Annales (ESC) » (x~). pp. I8'44· M. G. llASCHKE, New Studies cit., p. 892, nota 96o. 146 N. PIGULEWSKAJA, Byzanz cit., p. 244; per Cosma, Leuke Kome è divenuta possesso dei Blemì . (Jotabe la sostituisce, come probabilmente Clysma dà il cambio a Myoshorm,~); EPIFANIO, Panarion adversus omnes haereses, 66.618 (per il m secolo cfr .. M. G. llASCHKE, New Studies cit., p. 965, nota
u,).
PL, XXITI, col. 862; J. DESANGES, Recherches cit., p. 361. F. M. Abel, in RB, XLVll (1938), pp. 510-38; COSMA INDICOPLEUSTE, 2.54; AntoniniPlacenti· ni Itinerarium, 40. 149 Cfr. sopra, nota 6; Ilineraire d'Egérie (SC, n. 296), Paris 1982, pp. 32 e 107 (riportato da Paolo Diacono); GIROLAMO, Epistole, 125·3· "7
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A differenza delle sue controparti d'Arabia- Farasiin, da cui Nonnoso levava l'ancora per Socotra, e Moca (forse la Bulika di Procopio?) "", specializzata nel cabotaggio somalo -, la città etiopica, dotata di un telonium, presso Gabaza, svolge un duplice ruolo: da una parte essa riceve, un po' per il suo retroterra, molto come transito che vi converge, le merci romane ed esotiche, dall'altra i suoi vascelli di legno riescono a contendere l'Oceano alle flotte della Persia, sicuramente piu temibili della concorrenza indiana o dell'Impero. Fra i passeggeri si possono ricordare lo scholasticus di Tebe, il vescovo Mosè, Palladio, Sopatro e Cosma 01 • Esisteva, però, una variante a questo tragitto rettilineo, di punta in punta nel Mar Rosso. Alcuni per raggiungere Aksum preferivano fare un giro attraverso l'Arabia: cosi fecero T eofilo e Nonnoso, cosi anche quei commercianti la cui morte per mano di Dhii Nuwiis fu deplorata dal negus come una perdita per quanto atteneva alla sua dogana. Malala nello stesso passo 0 ' dichiara d'altronde molto chiaramente: «gli Aksumiti vivono piu lontano dall'Egitto che non i popoli di I:Iimyar». Due vie si offrivano a quanti desideravano viaggiare attraverso l'Arabia: una avanzava dal Nord I:Iigiiiz allo Yemen senza allontanarsi dalla costa orientale del Mar d'Eritrea; l'alternativa era piu complicata. Si sommavano due diagonali, dapprima daiSa"aceni diJotabe al regno di al-I:IIra, poi da queste sparse vie d'accesso della Bassa Mesopotamia verso l'Arabia Felice"'. Questo itinerario, tuttavia, non era necessariamente percorso tutto a dorso di cammello. ll mare, con un possibile scalo a Socotra, si prestava a un periplo, pur molto lungo, che circumnavigando la penisola clell"Omiin penetrava fino all'estremità del Golfo Persico. Taie ricostruzione ci sembra autorizzata dalla successione dell'Odozporùz, testo gemello dell' Expositio totius mundi et gentium "". "" NoMoso incontra gli Ittiofagi, associati ai Dibeni da Epifanie: cfr. sopra, nota 136; PROCOPIO,
La gue"a persiana, 1.19.2.1. "' Procopio (ibid., 1.19.2 3·24) protesta contro la leggenda del magnetismo del ferro accolta anche da Palladio: cfr. L. CRACCO RUGGINI, Sulla cristianizzazione della cultura pagana: il mito greco e latino di Alessandro dall'età antonina al Medioevo, in «Athenaeum», n. s., XLill (196,), pp. 72-79; COSMA INDICOPLEUSTE, 2.S4, n.17, e l'illustrazione topografica della regione akswnita. ~ 2 Cfr. sopra, note 125, 129, 130 e 143· '" M. SARTRE, Trois études cit., carta 1; A. SPIJKERMAN, The Coins o/ the Decapolis and Provincia 1\rabia, Jerusalem 1978, tav. 81: una via trasversale da Hegra ad al-Jawf raccordava le parallele che giungevano rispettivamente da Elath e da Bostra; da al-Jawf si raggi~geva a nord la foce dell'Eufrate t al-l:{ira; a sud, invece, Gerrha, di fronte a Bal;uein. Il mercante HaMan (cfr. sopra, nota I4Il dovette seguire l'itinerario Miirib-Gerrha-Hira. '-" G. F. HOURANI, ArabSeafaring in the In dian Ocean in Ancient and Early Medieval Times, Princeton 1951, p. 3: un poeta di al-l:fua, nel VI secolo, confronta la sella di una donna a un vascello da AduIJs. Per l'Odoiporia, cfr. l'edizione di]. Rougé dell'&positio totius mundi et gentium (SC, n. 124), Patis 1966, pp. 3'1·5': lndia-Aksum per mare; Aksum ·Arabia Felice per mare; Arabia Felice- Perside l"' Golfo Persico) per mare; Golfo Persico . riva opposta a }otabe per terra; Jotabe-Elath per mare.
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Gli Aksumiti che giungevano allargo di Apologos erano accusati di pirateria dai Sasanidi. La rivalità commerciale continuava dunque nelle acque di questo emporion che, un tempo apprezzato dai Palmireni, portava tuttavia il nome significativo di« Confine delle Indie». Lasciamoci allora trasportare- e sarà questo il nostro ultimo viaggio - dal monsone estivo lungo questa immensa catena il cui primo anello coincide con l'uscita dall'India minor"'. Tre scali sono, in grado diverso, probabili: la foce dell'lndo;1a costa del Malabar, Ceylon; e dopo, ci sarà l'incerto. Nel Periplo del Mar Eritreo, che non dovrebbe essere posteriore a Traiano, Barbaricon era il porto naturale della valle dell'lodo e del Turkestan. Nel Basso Impero, mantenne l'importanza del passato? Parecchi indizi convergono nel far credere almeno a una sopravvivenza: Epifanio, che nel375-76 cita i Libeni indiani in contatto con la Battriana, racconta la storia di Scythianus, un giramondo, piu prossimo a Firmo, il filopalmireno, che non a Meropio, il mentore di Frumenzio. Ora il suo nome (è questa un'ipotesi diJ. Schwartz) suggerirebbe che il personaggio allevato presso i Saraceni fosse sbarcato in Scizia, cioè sulle rive del Sind '". Stoffe, a quanto pare, di fattura copta sono arrivate nel bacino delTarim, cosi come in senso inverso centocinque aurei ku~al)ll sono finiti, dopo il 220, nel monastero etiopico di Debra Dammò. Sempre sul piano numismatico, gli aurei di Settimio Severo trovati nelle vicinanze di Bilaspur, i solidi di Costantino, T eodosio Il, Marciano e Leone a Gumal e a Radda vi sono giunti piuttosto per via mare 117 • Procopio descrive un mercato della seta in cui i Persiani, grazie alla vicinanza con gli importatori indiani, riescono senz' altro a prevalere sui rivali aksumiti. Infine, pur ammettendo che la lista dei prodotti imbarcati è a volte ispirata al Periplo, Cosma deve essere creduto quando dice che gli smeraldi degli Eftaliti sono di origine blemia "'. Da Barbaricon alla punta del subcontinente, la costa occidentale disegnata nella Tabula Peutingeriana non è certo una terra incognita, dal F. HIRTH, China and the Roman Orient, Leipzig rss,, p . ..6. seguendo ·~-Tabarl; FILOSTOR· Storia ecclesiastica, 3.6. 116 J. SCHWARTZ, L'Empire cit., pp. 3-4'3'; e cfr. sopra, nota 136. "' Cfr. sopra, note 104 e 123; L. BOULNOIS, La route cit., pp. 134-3,; M. G. RASCHKE, NewStudies cit., p. 990, nota 1377; V. Zedelius, in G. G. KOENIG (a cura di), Geld cit., p. n: imitazione di un biglio· ne costantiniano nel Pakistan. "' PROCOPIO, La guerra persiana, r.:zo.r:z (non deve essere confuso con Persepoli il commerr:ium della Perside: cfr. sopra, note 16 e 1'4). La Persia trabocca di seta grezza o lavorata, COSMA INDICO· PLEUSTE, 2.46; ibid., n.r,: dal Sind esportazioni di muschio (dal Tibet?) di costo e di nardo; questi .tre prodotti sono nella lista di Barbaricon (Periplo, 49): si tratta di una normale continuità di commerci, che non deve indurre a ipotizzare un'imitazione letteraria tra le fonti (nello stesso passo del Periplo.Ia menzione della seta giustifica la correzione« sericum » al posto di « triticum >> in Expositio totius mun· di et gentium, 16). COSMA INDICOPLEUSTE, n.21 (intermediari aksumiti). 11'
GIO,
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momento che nel Malabar si raccoglieva il pepe, la piu stimata fra le merci indiane"'. Ciò non impedisce che Palladio collochi la pianta del pepe presso i Bisadi, la cui localizzazione è problematica, e che Cosma contenga piu particolari degli itineraria forse solo perché attinge a fonti analoghe al Periplo 100 • D dossier numismatico, pur su una quantità di pezzi in diminuzione, indica una loro concentrazione nella regione peperifera di Madura, mentre la zona di Barygaza s'impoverisce dopo i Severi. Le serie d'oro e di rame rientrano nel campo di una circolazione tipica del v secolo, con qualche imitazione l61. Quest'ultimo fenomeno avvicina l'India meridionale a Ceylon, laTaprobane o Serendiva degli antichi, ed è una delle prove del focalizzarsi su quest'isola, scarsa produttrice ma importante punto commerciale, dei transiti da tre punti cardinali su quattro. Si registra in passivo, naturalmente, il fatto che Palladio dipenda direttamente dallo scholasticus e Cosma probabilmente da Sopatro; Fa Hien, da parte sua, allorché provenendo dall'India si è imbarcato per Giava, nel 414 non incontrò che mercanti sabei 162 • Tuttavia, le informazioni che vengono dalla numismatica sono in favore di Roma. Meritano attenzione le scoperte in base alle quali si possono credere volti in senso opposto i precedenti rapporti con il continente .... Non che i solidi, quantunque in numero sicuramente superiore alle dracme sasanidi "', siano frequenti: quanti non furono rimessi in circolazione dagli Aksiimiti dovettero essere rifusi dai Singalesi '". In compenso, una ventina di tesoretti ricavati da migliaia di monetine sono stati interrati fra il395 e il450 e, presentando una struttura frequente nell'Egitto di quesf epoca, dimostrano che una ventina di navi ~>• COSMA INDICOPLEUSTE, rr.x,: a Kalliana, nel golfo di Bombay, rame, tessuti e legno (per l'eba· no, cfr. SOLINO, '2); a Male, il pepe (queste due città sembra avessero nel VI secolo delle colonie cri· stiane). Altri prodotti ritenuti indiani in Digesto, 39·4.16.7 (lunga lista di dogane sotto Elagabalo: cfr. oltre, nota :rn) e in Scrittori della Storia augusta, Vita di Elagabalo, 31.4. Per Muziris, in evidenza nella Tabula Peutingeriana e recuperata dall'edizione Sistina del Commonitorium di Palladio, cfr. sopra, nota 151, e oltre, nota 166. "'' J. DESANGES, D'Axoum à l'Assam, aux portes de la Chine. Le voyage du Scholasticus de Thèbes (entre )60 et jOO apr. ].·C.), in «Historia», XVlll (1969), p. 63,, e L. CRACCO RUGGINI, Leggenda cit., p. 191, nota 180; Pen'pfo, ,6, e COSMA INDICOPLEUSTE, 3.6, e II.IO. "' Aurei severiani vicino a Sholapur e Bombay, in numero maggiore solidi di Costanzo Il, Teodo· sio II, Marciano, Leone, Zenone (di cui uno forato), Anastasio e Giustino nella regione di Madura e Travancore (e inoltre bronzi de!IV·V secolo, ufficiali o imitati): R. Sewell, in «Journal of the Royal Asiatic Society» (1904), pp. 591-637 (con riferimento a «Madras Jou:rnal of Liter. and Se.», VIII (r887), p. 161). 162 COSMA INDICOPLEUSTE, II.I3 e rr.15; EPIFANIO, Sul/e dodici gemme, 243; AMMIANO MARCELLI· No, 22.7.10; G. F. HOURANI, Arab Sea/an·ng cit., p. 38; cfr. oltre, nota 167. 16' J. I. MILLER, The Spice T rade cit., pp. 238-40: prima di Diocleziano I a 15; dopo, 20 a 3· 164 Cfr. sopra, nota 3· Benché l'aneddoto non sembri coniato a imitazione di PLINIO, Storia naturale, 6.22.85, piacerebbe poter verificare il testo con una documentazione numismatica. 16' M. G. RASCHKE, New Studies cit., p. 1038, nota 1591.
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romane approdarono allora nell'isola di Ceylon nelle vicinanze di Co. lombo e a est di Galle"'. Sono state recuperate le casse dell'equipaggio, distinguendole da eventuali riserve d'oro complementari al baratto, e le imitazioni cui i pezzi sono andati soggetti nel corso di una lunga circolazione"' testimoniano le necessità alimentate dagli scambi con un Occidente a sua volta sbalordito da quattro ambascerie inviate dall'India sotto i regni di Elagabalo, Giuliano e Giustiniano .... Lasciato indietro lo scalo singalese, una soglia definitiva era superata. Nel Golfo del Bengala, eccetto parecchi esemplari che si riferiscono all'area precedente"', il Nord-Est indiano non conserva il ricordo che di rari transiti: un tesoro di tetradracme alessandrine si è disperso nella media valle del Gange, mitico per la maggior parte degli autori; un altro, contenente molte qualità d'oro fino a Costantino, sarebbe stato scoperto in un tratto a valle, mentre il museo di Calcutta conserva un denario di Massimo e due solidi di Arcadia. In breve, non c'è piu niente dopo il4o8 "•, mentre, alla fine dell'immenso giro, Ie sette scoperte cinesi non troppo lontane dalla regione marittima sono tutte databili posteriormente: cinque del V-VI secolo in Mongolia e nell'Hebei, due del VI-VII nello Shan Hsi 111 • Questo affioramento, in sincronia con la Topografia cristiana, colma in ritardo il vuoto seguito alle due spedizioni del224 e del286"'. "' ]. Still, in «J oumal of the Ceylon Branch of the Royal Asiatic Society », XIX, '7 (19o6), pp. 161168: quattro ripostigli iniziano con esemplari di Costantino, due con quelli di Costanzo ll, ma tutti si fermano con delle serie del4o2-408; le zecche piu rappresentate sono quelle di Antiochia, Cizico, Costantinopoli, Treviri, Alessandria e Nicomedia (da completare poi con l'esauriente ricerca di R. WAL· BURG, Antike Miinzen aus Ceylan, Miinster Diss., 19Bo). A Mmiris (cfr. sopra, nota 1'9), durante l'epoca antonina, un prestito accordato sul posto a un navigatore di Alessandria, con ogni verosimiglianza, dispensava quest'ultimo dal ponare con sé, per i suoi acquisti di merci, monete d'oro; si potrebbe spiegare cosi, con questa tecnica di compenso, la minore presenza di aurei romani a panire dal n secolo (H. IIARRAUER e P. J. SIJPESTEIJN, Ein neues Dokument VI Roms lndienhande/, P. Vindob. G 40821, in AAWW, CXXII (198,), pp. 124-11). 167 Circa trecento imitazioni a Naimana, i cui prototipi vanno dal33' a dopo i1402. Nell'impero questi nummi sono ancora usati all'inizio del VI secolo. Un esemplare vandalo mostra che ve ne sono stati di simili a Ceylon. 168 «Journal of the Royal Asiatic Society», XIX (!862), pp. 274-98, e XX (I86J), pp. 269-312: la notizia relativa all'arrivo di ambasciatori indiani durante il regno di Aureliano non è cena (cfr. sopra, nota 30), quellidei337Venivano forse dall'India minor(cfr. sopra, nota129); inoltre, nel448, MARCEL· LINO «COMES», Cronaca, 448.!); per quanto riguarda l'ambasceria storicamente piu impanante (quella che, fermandosi a I:Jaçlramiit, poi a Emesa, contribui a rilanciare la moda della seta sotto Eiagabalo), cfr. C. Robin, in CRAI cit., p. 336. 169 Cfr. sopra note 114 e 161; M. G. RASCHKE, NewStudies cit., p. 991, notaiJ8I: due aurei severiani a Y eleswaram e Vinu Konda, bronzi del v secolo sulla costa di Coromandel. "" lbid., p. 799, nota 674 (di Carino e Diocleziano presso Allahabad, Mirzapur, Chunar), p. 1037· n. 1'87 (di Gordiano ill e Costantino presso Bamanghati); R Sewell, in «Journal of the Royal Asi ati c Society» cit., pp. 620-22. 171 Cfr. sopra, note IO, 67 e 1o6. m Cosma s'informa sulla Cina prescindendo dagli scrittori che l'hanno preceduto; nel225, un mercante romano è arrivato attraverso il Tonchino; nel 284, un altro è tornato attraverso l'Annam. Ambasceria ufficiale nel643: L. BOULNOIS, La route cit., pp. 1'2 e 18,..
Callu I commerci oltre i confini dell'Impero
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Esso, peraltro, rende anche piu evidente la differenza con l'attività dei Sasanidi, le cui dracme si sono accumulate in Cina a partire dal 380m. La via del mare era dunque meno preclusa di quella terrestre. I Romani, tuttavia, avevano ben poche possibilità di introdursi in mezzo a tlotte già in concorrenza con quelle del Sud-Est asiatico. In definitiva, i mercanti dell'Impero romano, e principalmente quelli dei convogli annuali inviati dallo Stato, si arrestavano generalmente a Adulis e lasciavano il campo libero ai marinai dell'India minor, che, in quaranta giorni, raggiungevàno la maior; nel v secolo, alcuni mantenevano i contatti con UDeccan e Ceylon, secondo centro effettivo di trasbordo; un numero esiguo arrivava alla fine del periplo a ingrossare, ma di poco, il capitale d'oro e d'argento della Cina'". Si ha cosi un'idea del peso avuto dall'azione mediatrice akswno-.bimyarita. È per questo che Bisanzio, sentendo declinare la sua influenza nello Yemen come all'estremità nord del limes con la Persia, ricorse alle prestazioni dei Sogdiani, gli altri grandi specialisti in relazioni internazionali. In conclusione, s'impongono due o tre riflessioni: una ricerca papirologica permetterebbe sicuramente di ampliare questo saggio di geografia commerciale. Si potrebbe allora conoscere, forse, quanto giungeva, e a quale prezzo, alle porte dell'Egitto"'. Già da ora, tuttavia, gli acquisti alla fonte o da mediatori pagati in buona moneta, le spese di trasporto calcolate in relazione agli spazi e ai tempi, i vari pedaggi prelevati per ogni trasferimento di carico, le dogane persiane, la tariffa romana e, in modo secondario, lo squilibrio tra un'offerta limitata dalle condizioni di acquisto e una domanda in perenne accrescimento, in breve tutto lascia credere che le merci esotiche, la cui necessità peraltro derivava da bisogni artificiali, assorbivano una parte maggiore della ricchezza nazionale: esiste una sorta di rapporto dialettico fra la moneta e la seta'"". E le mentalità? Sono anch'esse influenzate quanto i patrimoni? Abbiamo due mezzi per controllarlo: i Romani conoscevano meglio i paesi stranieri? Avevano una migliore opinione dei loro mercanti? Rispondere I7J ll flusSO aumenta fino al VII secolo: cfr. sopra, nota 'CJI (i tesorerri sasanidi provenivano allora da zecche della Persia meridionale). '" Teofilano Simocana è formale suJI'origine commerciale: cfr. sopra, nota 61; «nautai lndias» nel 359: PLond., inv. 2574 (ma quale India?) 17 ' Cfr. M. G. RASCHKE, NewStudies cit., p. 1012, nota 1489; documento doganale (cfr. sopra, nola t66): merci dalle Indie, dall'Arabia e dalla Persia: ventitte varietà di spezie, droghe e profumi, undici di pietre preziose, pelli, tessuti di lana, lino, cotone e seta, porpora, avorio, animali feroci, eunuchi e prodotti di bellezza; «rassegna» delle spezie indiane nel resoconto di A. K. Singh, alla Second lnternational Conferenceon lndian Ocean Studies, Penh (Australia), 5-12 dicembre1984;]. ANDRE, L'lnde cit., pp. 200, 222, 250, 252, 270, 272, 274, 314 (farmacopea), p. 242 (stoffe dipinte). 176 Bisogna forse aggiungere, nella liSia della nota precedente, l'oppiomania causala dall'« ho pia Indica vel adserta» [sic].
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Parte seconda
Società a confronto
a queste domande è questio.ne di sfumature. Resta l'ignoranza se non si è del mestiere. Per un Bardesane che s'interessa dei costumi dei Ku~aoa di Bactra, quanti Procopi indifferenti, decisi a lasciar dire a chicchessia qualunque cosa sull'India m! Viceversa, l'immagine del negotiator si modifica un po'. Le intelligenze pratiche, come quella, per esempio, dell'Anonimo del De rebus bellicis, valutano alla stregua dell'Editto dei prezzi l'importanza dei trasporti nell'economia: esse ammettono dunque alloro conspectus sociale una professione in principio disprezzata, dopo Cicerone. In parallelo, i Padri lanciavano sempre i loro strali contro l'avidilas di quanti percorrevano il mondo per vantaggio personale 178 • Ma che fc:.·e quando il «trafficante» coopera a diffondere l'ortodossia? I viaggiatori del Basso Impero, non diversamente dai loro predecessori, non disdegnano arricchirsi. Divenuti esploratori, diplomatici, missionari"', non ottenevano comunque uno status capace di valorizzarli? Prendeva il via, dunque, una lenta evoluzione con una morale piu aperta al diverso, in un mondo ingrandito a spese del Paradiso 180 • 177 FGH, III, C, pp. 648-56; PROCOPIO, La guerra persiana, 1.19; la letteratura degli Itinerari è riservata a mercanti e pellegrini. 178 De rebus bellicis, prefazione: la società comprende i soldati, i proprietari, i contadini e imercanti; GIROLAMO, In Ezech., 8.27.16: «brama di guadagno»; lo stesso Cosma parla di «miserabile commerciO>> (2.45). '" Cfr. sopra, nota 14180 Un fattore essenziale era stato il riaccentramento dell'Impero su Costantinopoli.
Parte terza
Dall'Impero unitario alla disgregazione
G. W. BOWERSOCK
I percorsi della politica
r. I successori di Costantino. Le speranze e l'ottimismo diffusi da Costantino in quell'Impero cristiano, che egli stesso aveva cosi abilmente creato, vennero meno improvvisamente e brutalmente alla sua morte, avvenuta il22 maggio 337· Le disposizioni da lui dettate negli ultimi anni sulla divisione dell'autorità imperiale avevano costituito un segnale di riconciliazione tra i suoi tre figli con il fratellastro e i nipoti, assegnando a ognuno dei sei una parte di potere. Sebbene tale assetto possa essere paragonato a quello realizzato nel periodo successivo all'abdicazione di Diocleziano, quando sei uomini guidarono per breve tempo l'Impero, ci furono quelli che disapprovarono simile soluzione - ricordando probabilmente gli errori del precedente esperimento e forse riflettendo sul fatto che un potere, troppo generosamente diviso, non è in sostanza vero potere. L'esercito dichiarò che avrebbe accettato come imperatori congiunti solamente i tre figli di Costantino 1 e non sorprende molto che questi avessero prontamente accettato. È anzi possibile che fossero stati proprio loro a spingere l'esercito ad assumere tale posizione. L'estate del337 fu indubbiamente dominata da considerevole confusione e instabilità. I nuovi Augusti furono proclamati soltanto il9 settembre: si trattava dei soli tre figli di Costantino. Si disse che dalle mani di Costantino morente fosse stato sottratto uno strano documento, da cui sarebbe risultato un mutamento di opinione riguardo al fratellastro Giulio Costanzo e ai suoi nipoti (tra questi il futuro imperatore Giuliano), e ciò fu usato per giustificare la loro esclusione dalla lista degli Augusti. Al di là della veridicità di questa storia, le sorti della famiglia di Giuliano mutarono presto. Prima o immediatamente dopo il9 settembre, suo padre e otto dei suoi parenti furono uccisi. Solo Giuliano stesso e il suo fratellastro Gallo vennero risparmiati: fu probabilmente la loro giovane età a salvarli. massacro rappresentò un duro colpo: in una sola volta furono eliminati i principali rivali dei
n
1
EUSEBIO DI CESAREA,
Vita di Costantino, 68.
'z8
Parte terza Dall'Impero unitario alla disgregazione
figli di Costantino'. Dei tre nuovi Augusti, Costanzo II fu quello che rimase piu a lungo, sopravvivendo sia al fratello maggiore che a quello minore. Nel settembre del3 37l'Impero che Costantino aveva unificato venne nuovamente diviso. Costanzo assunse il controllo della parte orientale con l'aggiunta della Tracia, mente Costante divenne il responsabile dell' Mrica, dell'Italia e dei Balcani a ovest della T rada. giovane Costantino, primogenito dell'imperatore, ebbe il comando sulla Britannia, sulla Gallia e sulla Spagna. Questa divisione, però, non durò a lungo; tre anni piu tardi Costantino invase l'Italia, minacciando deliberatamente l'autorità di Costante, e venne ucciso ad Aquileia. n piu giovane dei tre figli, quindi, assunse il controllo sull'intero Impero d'Occidente. Per i dieci anni seguenti Costante governò con grande difficoltà sulla Britannia e sull'Mrica; nonostante un carattere molto debole, riusd a sopravvivere. Suo fratello,, invece, fu impegnato in una serie di grandi offensive provenienti dall'Est; il re della Persia assediò la città di Nisibi in almeno tre occasioni'. Nell'anno dell'ultimo assedio persiano (3.50), Costante fu sopraffatto da una cospirazione sorta all'interno della sua stessa corte e un soldato germanico, Magnenzio, usurpò il titolo di Augusto. Un altro usurpatore venne acclamato dalle truppe nell'Illirico. Poco dopo, un terzo usurpa· tore fu proclamato a Roma. Da questo pericoloso confronto, Magnenzio usci presto vittorioso e il suo dominio sull'Occidente costituf una grave minaccia per l'autorità di Costanzo in Oriente. Fu solo nel353 che Co· stanzo riusd a sconfiggere Magnenzio; in tal modo egli fu in grado di ri· pristinare l'unità dell'Impero sul modello di quanto Costantino aveva fatto prima di lui. Costanzo era, come i suoi fratelli, un fervente cristia· no, e l'unica speranza che i pagani potevano nutrire nel nuovo ordina· mento era che continuassero i continui contrasti tra le diverse sette cri· stiane. Costanzo stesso era incline a seguire le credenze ariane e per que· sto si era macchiato della ignominiosa espulsione del celebre vescovo or· todosso Atanasio di Alessandria nel339 •. ll ritorno di Atanasio ad Ales· sandria, nel346, fu una delle tante occasioni nelle quali l'illustre perso· naggio trionfò su quanti avevano brigato perché fosse esiliato'.
n
' Per questi eventi c&. T. D. BARNES, Constantine and Eusebius, Cambridge Mass. 1981, pp. :z6.x-6:z.
' Cfr. A. H. M. JONES, The Later Roman Empire, Oxford rl)64, l, pp. IIH3. Per gli assedi di Nisibi del338, 346 e c&. EFREM SIRO, Carmina Nisibena, in. Corpus Scriptorum Chrisliiznorum OrientJ· lium, vol. :1.18. • Sul regno di Costanzo, CH. VOGLER, Consl4nce II et /'administration impbiale, Strasburg 1979· ' Cfr. J. MATTHEWS, The Roman Empireo/Ammianus, Londonr989, pp. 44!·43· Su Atanasio me· rita ancora di essere letta l'osservazione memorabile di E. GIBBON, The Decline and Fa// of the Rom un
,o
Bowersock I percorsi della politica
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Quello che rimane della grande storia di Ammiano Marcellino ha inizio con gli avvenimenti del 353· A partire da questa data, la nostra conoscenza della storia del periodo diviene perciò molto piu precisa di quanto non sia per gli anni relativi alle lotte di successione fra i figli di Costantino. Ammiano è particolarmente importante per capire le modalità dell'ascesa dell'imperatore Giuliano alla fine del decennio. Il resoconto di Libanio e quanto resta degli scritti di Giuliano stesso si combinano con le testimonianze di Ammiano, fornendo un'idea particolarmente chiara del regno e del carattere di questo controverso monarca. Dalle reazioni di Giuliano e dalla revisione da lui operata della·politica del suo predecessore, inoltre, possiamo conoscere meglio anche l'opera dell'imperatore Costanzo nei due decenni e oltre seguiti alla morte di Costantino. Il regno di Giuliano è quindi una sorta di specchio, anche se deformante, del regno di Costanzo. Studiando Giuliano e la sua politica, dunque, si possono tentare delle valutazioni non solo degli anni del suo regno, ma anche del contesto che lo rese possibile. Giuliano considerò Costanzo, in quanto suo immediato predecessore, personalmente responsabile dei problemi ereditati e, soprattutto, dello sterminio della sua famiglia. Mentre Costanzo negò di aver ordinato quella strage, è difficile per gli storici moderni, proprio come lo fu anche per Giuliano, non nutrire sospetti su di lui. La ferocia di quello che accadde, per giunta in una corte cristiana, dovette avere un effetto terribile su un ragazzo di appena sei anni: ventiquattro anni piu tardi, accingendosi ad affrontare Costanzo in guerra, egli presentò il conto delle vittime nella sua lettera agli Ateniensi e Libanio, da parte sua, considerò quell'assassinio come il maggiore evento dell'infanzia di Giuliano. Orfano di madre sin dalla nascita, Giuliano rimase ben presto orfano anche di padre. Venne mandato via da Costantinopoli e crebbe sotto le cure della nonna materna in Bitinia, dove studiò gli insegnamenti dei politeisti e rifletté sulle colpe di Costantino - preparandosi per il momento in cui avrebbe potuto ripudiare la fede cristiana, che pure continuava a professare pubblicamente •. Empire, London rn6 sgg., ll, cap. n, pp. 290·91 (trad. it. Torino r9f>7, I, p. 708): «Cinque volte Atanasio fu espulso dalla sua cattedra; trascorse venti anni da esule e profugo, e quasi ogni provincia ddl'impero romano rese in vari tempi testimonianza al suo merito ... e sebbene il suo spirito non fosse immune dal contagio dd fanatismo, Atanasio dimostrò una superiorità di carattere e di doti, che l'avrebbe qualificato molto piu dei degeneri figli di Costantino al governo d'una grande monarchia». ' G. w. BOWERSOCK, ]ulian the Apostate, London 1978, cap. 3·
Pane terza Dall'Impero unitario alla disgregazione
530
2.
Il revisionismo di Giuliano.
Giuliano immaginò un Impero pagano, in cui i pagani potessero non soltanto praticare liberamente la loro religione, ma nel quale il paganesimo fosse la religione di Stato. Questo fatto incontrovertibile significa che l'amnistia generale da lui proclamata non deve essere considerata semplicemente come un gesto di generosità e di benevolenza, ma piuttosto come uno sforzo deliberato di neutralizzare l'assetto gerarchico ariano stabilito da Costanzo, riammettendo nelle loro sedi gli antichi e piu forti avversari degli ariani, come il vescovo Atanasio. Non è naturalmente necessario accogliere in pieno il cinico giudizio di Ammiano, che attribuisce al provvedimento di Giuliano l'aspettativa che i cristiani, essendo piu litigiosi di animali selvaggi, si distruggessero tra di loro 7• Bastò, di fatto, eliminare nel tardo 361 il monopolio degli ariani e, forse anche per un breve periodo, aggiudicarsi le simpatie degli ortodossi riammessi, con molti dei quali Giuliano ebbe amichevoli contatti. Gli ortodossi co· munque attesero invano ulteriori aiuti da parte di Giuliano. Come spiegò chiaramente nel caso di Atanasio, egli aveva acconsentito al suo ritorno dall'esilio, ma non a un suo reinsediamento in un seggio episcopale'. L'amnistia era stata proclamata perché il potere dei cristiani di Costanzo fosse indebolito. ll paganesimo, cosi, avrebbe potuto fiorire di nuovo. Dopo il suo arrivo a Costantinopoli, Giuliano rivolse la sua attenzione alla complessa organizzazione della corte ereditata da Costanzo; le riforme attuate si spiegano considerando la sua personalità e le sue predilezioni. Gregorio di Nazianzo, ~uttavia, sbagliava asserendo che l'obiet· tivo finale delle riforme a corte fosse l'eliminazione dei cristiani che ave· vano servito sotto Costanzo'. Gregorio non tenne in giusta considera· zione l'intolleranza di Giuliano verso il lusso, la burocrazia e il cerimo· niale. Costanzo aveva coltivato una folla brulicante di schiavi ed enuchi, piccoli funzionari e adulatori, dagli incarichi insignificanti e grottescamente sproporzionati alla loro magnificenza personale. Mentre alcuni vedevano in questa ostentazione un appropriato riflesso della maestà imperiale, un uomo austero come Giuliano, dal temperamento ascetico, trovò tutto ciò indubbiamente disgustoso. I cortigiani cristiani di Co· stanzo non vennero rimossi per fare posto ai pagani, furono semplice· mente eliminati come male erbe. La descrizione di Libanio della situa· zione che Giuliano trovò a corte è esagerata ma, come un'evocazione im· 7 AMMIANO MARCELLINO, 22•5•4• · 8 GIULIANO L'APOSTATA, Epistole, IIO, 398D (Bidez). 9 GREGORIO DI NAZIANZO, Orazioni, 4.64 (PG, XXXV,
col. 586).
Bowersock I percorsi della politica
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pressionistica, fondamentalment~ veritiera: «C'erano mille cuochi, alrrett~nti barbieri, e ancora piu maggiordomi. C'erano stuoli di camerieri, piu enuchi che mosche intorno al bestiame in primavera, e una grande quantità di scrocconi di ogni genere e tipo» 10 • Quando un giorno Giuliano chiamò un barbiere, apparve un uomo vestito sontuosamente, che assomigliava piuttosto a un alto ufficiale dd tesoro 11 • Tutto ciò sembrava profondamente offensivo a un monarca che preferiva dormire sulla paglia, odìava il teatro e i giochi e non era dedito al sesso. Egli spazzò via, quindi, simile infestazione dalla corte. Insieme a cuochi, barbieri e maggiordomi, Giuliano eliminò anche altre escrescenze piu velenose; ed era sicuramente consapevole' che, rimuovendo orde di spie imperiali, note come agentes in rebus, e segretari altamente influenti, i notarii'\ non solo avrebbe posto fine a un abuso diffusissimo nell'Impero, ma avrebbe contemporaneamente reso molto piu aperti i canali di comunicazione tra sé e i suoi sudditi. La scaltrezza delle spie e dei notarii è talmente ben documentata da Libanio, da far supporre che egli ne avesse avuta diretta esperienza. I loro intrighi e i loro ricatti avevano danneggiato l'Impero cristiano, e Giuliano si meritò a pieno la gratitudine dei provinciali per averli soppressi. Giuliano, oltre a epurare la corte di Costanzo, s'impegnò anche a restituire al Senato di Costantinopoli, che aveva trovato in condizioni di oppressione e di impotenza, la propria dignità. Non v'è quasi dubbio che Giuliano sperò di assicurarsi una base di potere nel Senato, del quale egli stesso insisteva di voler essere membro, ma questo interesse rifletteva altresi la sincera convinzione che le città dovessero essere in grado di badare ai propri affari, attraverso il servizio illuminato e onorevole dei consiglieri locali. ll Senato di Costantinopoli non differiva molto dai consigli di molte altre città greche, se lo si considera in relazione al basso profilo dei suoi membri. Era sicuramente di moda e certamente piu vantaggioso sottrarsi agli incarichi pubblici locali, con i loro pesanti oneri finanziari, anziché accettarli. Giuliano, con la sua buona conoscenza della storia del primo Impero e dell'importanza dei consigli cittadini (per non menzionare il Senato di Roma) nei secoli precedenti, s'impegnò in questo caso, come in altri piu noti, a riportare indietro l'orologio del tempo. Egli non riusci a prevedere l'opposizione di quei gruppi di interesse che avevano prosperato proprio in quel sistema che egli voleva modificare, né poteva immaginare che egli stesso sarebbe morto nel giro di un anno. 10 LIBANIO, Orazioni, I8.130, con il quale cfr. AMMIANO MARCELLINO, 22.4. IO Jbz'J., 22-4•9• 12 Su questi personaggi dell'amministrazione imperiale cfr. CH. VOGLER, Constance 192·97 (notaril), 197-209 (agentes in rebus, includendo gli ispettori del cursus publicus).
Il cit., pp.
Parte terza Dall'Impero unitario alla disgregazione
'32
I suoi editti soprawissero solamente come indirizzo di una riforma globale, che non fu in grado di portare a termine. Egli enunciò esplicitamente il diritto di ogni senatore di essere considerato innocente e libero finché non venisse giudicato colpevole. L'ed ittodi Giuliano del febbraio 362 apre con le seguenti incisive parole: «Il diritto dei senatori e l'autorità di questa classe, alla quale io stesso appartengo, devono essere difesi da ogni ingiustizia»". Un editto emesso nei mesi seguenti avocò dai senatori i pesanti servizi dell'esazione dei tributi, giudicandoli un compito indegno del loro alto ufficio ••. Giuliano stesso si recava alle riunioni del Senato, anziché convocare i senatori a palazzo quando necessario, come era solito fare Costanzo. Per rafforzare i consigli delle città greche nelle province, Giuliano ne ampliò il numero dei membri, in alcuni casi permettendone l'ingresso a chiunque fosse qualificato a entrarvi". Ridusse inoltre le possibilità di esonero e ammise molti che un tempo non ne avrebbero avuto i titoli: ad esempio, chi aveva una famiglia appropriata solo da parte materna o chi era cittadino di una città e risiedeva in un'altra. Nell'ambito degli sforzi miranti a ripristinare nelle città greche gli aspetti peculiari delle poleis dell'epoca antica, con i loro consigli autorevoli e prestigiosi, deve essere considerata anche la revoca da parte di Giuliano dell'esonero del clero cristiano. Il 13 marzo 362 Giuliano proclamò che non era permesso d'ora in av3;nti chiedere l'esonero dal servizio come decurion (consigliere) con la moti· vazione di essere cristiano 16 • Dal momento che l'esonero era stato riser· vato soltanto al clero cristiano, ad esso questo editto era ovviamente diretto. Non si trattava però di una misura anticristiana, quanto piuttosto del tentativo di invogliare i cittadini benestanti e intelligenti a ritornare nei consigli locali, che avevano estremo bisogno sia della loro intelligen· za che dei loro soldi. Fu comunque un modo molto astuto per convogliare i profitti ecclesiastici verso la rinascita delle città greche.
3· Burocrazia e finanza. Dagli editti di Giuliano conservati nel Codice di T eodosio risulta che, nei primi mesi in cui assunse da solo la guida dello Stato, egli s'impegnò u « Ius senatorum et auctoritatem eius ordinis; in quo nos quoque ipsos esse numeramus, necesse est ab omni iniuria defendere» (Codice teodosiano, 9-Z.I). 14
Jbid.,
II.2 J.2.
Misopogone, 367D, con LIBANIO, Orazioni, 18.148, e ID., Epistole, 696. Per una esauriente valutazione della politica di Giuliano riguardo alle città greche cfr. E. PACK, StJdte und Steuern in der Politik ]ulians, Bruxelles 1986, in particolare capp. z e 416 Codice teodosiano, u.l.,o. " GIULIANO L'APOSTATA,
Bowersock I percorsi della politica
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si.l diversi fronti, di maggiore o minore importanza, per semplificare la burocrazia dell'Impero e per facilitare contemporaneamente un ritorno all'ellenismo tradizionale. La rettifica dei considerevoli abusi nell'organizzazione fmanziaria delle province non fu dettata presumibilmente solo dalla volontà di ottenere il consenso con lo stimolare l'economia facendo affluire maggiori ricchezze nelle casse cittadine. L'indifferenza di Giuliano per il lusso e il benessere lo rese incorruttibile in materia di denaro, e nel suo breve regno egli tentò coraggiosamente di far pervenire le risorse disponibili là dove maggiormente servivano. La restituzione alle città delle proprietà che erano state impropriamente prese e occupate venne molto lodata; sebbene diversi scrittori cristiani considerassero questa misura un progetto per privare la Chiesa di parte della sua terra, è evidente che il principale scopo di Giuliano era quello di fornire alle città risorse aggiuntive di entrata, mediante l'affitto delle terre restituite. Questo scopo è espressamente dichiarato nel suo editto del 15 marzo 362, nel quale ordina la restituzione delle possessiones publicae alle città di modo che esse possano affittarle a prezzi adeguati« per rendere possibile una ripresa di tutte le città»". Sempre nell'intento di rafforzare le città, Giuliano eliminò la spesa gravosa dell'aurum coronarium. Era diventato tradizionale per le città dell'Impero competere annualmente fra di loro con l'inviare corone dorate all'imperatore. Questa sorta di gara, che consisteva nel riuscire a offrire la maggiore quantità d'oro, aveva condotto a spese eccessive e Giuliano ritenne ragionevole che le città ne fossero esentate. Con l'editto del29 aprile 362, l'aurum coronarium fu reso rigidamente volontario". È possibile che Giuliano abbia evitato di vietare del tutto tali doni, dato il loro carattere tradizionale e il significato che essi avevano nelle relazioni, spesso cosi gelose, tra le città. Alcune di esse certamente continuarono a mandare corone dorate e Giuliano si mostrò indulgente con loro. Un altro degli oneri finanziari locali, che Giuliano sperava di alleviare, era il costo di mantenimento del sistema dei corrieri imperiali (cursus publicus), che forniva animali ed equipaggiamento alle persone autorizzate a viaggiare attraverso l'Impero. L'abuso di questo cursus publicus non era cosa nuova e gli imperatori da Tiberio in poi avevano fatto del loro meglio per ridurlo ".Nel IV secolo gli agentes in rebus erano notoriamente duri con gli animali, che, secondo Libanio "', alla fine della giornata spesso cadevano a terra morti. Erano le città a sostenere i costi di man«qua cunctarum possit civitatium reparatio procurarb• (ibitJ., IO.J.I). " Ibtd.' I2.IJ.I. " s. MITCHELL, Requisitioned Transport in the Roman Empire, in JRS, LXVI (1976), pp. '" LIBANIO, Orazioni, r8.143· 11
III·U.
.H4
Pane terza
Dall'Impero unitario alla disgregazione
tenirnento di tale sistema. Oltre a eliminare le spie, che avevano abusa. to ampiamente del cursus publicus, Giuliano introdusse anche delle regole molto severe, stabilendo i viaggi nei quali potessero essere utilizzati animali pubblici. Egli controllò il numero dei permessi (evectiones) e li restrinse a pochi alti ufficiali oltre che a se stesso L'uso che Giuliano fece del cursus publicus dopo la morte di Costanzo si deduce da alcune sue lettere di invito a insigni intellettuali che desiderava avere con sé. A Ezio ed Eustazio offri la comodità del trasporto govemativo 22 • Lariforma di Giuliano del cursus publicus sembrò avere successo, almeno sul momento. Libanio fa una colorita descrizione della salute dei cavalli e dei muli. Gli esattori delle tasse della tesoreria imperiale ricevettero formale comunicazione che ogni cinque anni di servizio avrebbero dovuto lasciare la carica per un anno, in modo da poter essere perseguiti da chiunque avesse da rivolgere delle accuse contro 'di loro v. I colpevoli di frode erano soggetti a torture, fatto disonorevole oltre che poco piacevole. In alcuni casi, Giuliano ridusse l'imposta delle tasse delle città o diminui l'ammontare degli arretrati da pagare. Nel marzo del362 annunciò che non si potevano imporre nuove tasse provinciali né condonarne di vecchie senza che egli ne fosse personalmente informato... T ale diretto coinvolgimento dell'imperatore negli affari finanziari fu il risultato inevitabile e indubbiamente voluto della riduzione della burocrazia di Costanzo. 21
•
4· Li fine di Giuliano e le sue conseguenze. Al fine di esercitare un controllo ancora piu capillare sull'Impero, l'imperatore emanò delle costituzioni molto restrittive a supporto delle SUe COnvinzioni religiose. fl 17luglio 362 promulgò un famoso editto SUgli insegnanti, editto che persino Ammiano, suo ammirato sostenitore, giudicò degno di eterno silenzio. I cristiani erano effettivamente ostacolati dal loro credo nell'insegnamento dei classici pagani. Per Giuliano nessun cristiano poteva essere qualificato a insegnare in quanto, per definizione, era carente nei mores (costumi) "'. Una legge del 17 gennaio 21
Codiée teodosiano, a.,.u; LIBANIO, Orazioni, I8.J4,. C&. w. Ensslin, in «Kiio», xvm (19Zll,
pp. IJ' sgg.
22 GIUUANO L'APOSTATA,
Epistole, 34-3, e 46 (Bidez). v Codice teodosiano, 8.1.6-7. 24 Ibid. , n .16.1o. "' Jbid., 13-3·'; AMMIANO MARCELUNO, 22.10.7 e 2,.4.20. C&. GIULIANO 61, 423A (Bidez). C&. ora E. PACK, Stiidte cit., cap. 3·
L'APOSTATA,
Epistole.
Bowersock I percorsi della politica
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~63, scoperta di recente, indicherebbe che Giuliano stesse anche tentando di eliminare i cristiani dalla professione legale a Roma, restringendo il loro numero a trenta e specificando che essi dovevano essere scelti in base alloro animus («spirito») e alla loro facundia («eloquenza») ... È impossibile sottrarsi all'idea che il termine animus corrisponda al termine mores della costituzione sugli insegnanti e che quello fosse un criterio per mezzo del quale i cristiani sarebbero stati esclusi. Un mese dopo, il 12 febbraio, Giuliano proclamò illegali tutti i funerali che si svolgessero di giomo 27 • La dottrina neoplatonica, cosi come si ritrova in Giamblico, condannava la vista dei cadaveri durante il giorno perché contaminante: J defunto, infatti, apparteneva alle divinità infernali della notte. Ma Giuliano non si era sentito imbarazzato quando, nel tardo 361, aveva seguito le esequie di Costanzo. Il fanatismo si nutre di se stesso, e dovremmo supporre che l'autore delle lettere ad Alessandria, Bostra e Edessa fosse diventato anche piu rigoroso verso quelle osservanze religiose, alle quali egli si aspettava che tutti si adeguassero. Era ossessionato dai riti di purificazione. Aveva fatto rimuovere i corpi seppelliti vicino alla sorgente Castalia a Delfi, fece bruciare i corpi dei martiri nei pressi del tempio di Didima, elogiò la gente di Emesa per aver incendiato le tombe cristiane e a Dafne, vicino ad Antiochia, fece rimuovere i resti del martire Babila per far rivivere l'oracolo di Apollo >li. Tutto il processo di trasformazione messo in moto da Giuliano venne improvvisamente fermato dalla sua morte. Egli aveva intrapreso una disastrosa campagna militare contro i Persiani, nel tentativo di risolvere la tensione che a lungo aveva preoccupato Costanzo. Nel suo entusiasmo di voler modificare il mondo, Giuliano non era riuscito assolutamente a comprendere i problemi militari. Tentò di dare nuova forma a qualsiasi cosa secondo la sua visione personale e questa visione scomparve insieme a lui. Nemmeno i suoi consiglieri piu screditati, Massimo e Prisco, ebbero a subire ritorsioni nell'immediato, ma solo quando si volsero a nuovi intrighi sotto gli imperatori successivi. Non è ricordata alcuna epurazione dopo la morte di Giuliano; non vi furono processi a Calcedonia. Nella retorica del tardo w secolo, Libanio fu pressoché l'unico a lodare Giuliano. Sia E unapio che Ammiano, con tutta l'ammirazione e D. NORR, Eine unbekannte Konstitution Kaiser Julians, in SBAW, n. s., L Vlll (cfr. nota preceucme) non è chiara. "' B. BISCOPP
lt963). La relazione tra questo testo e il piu generale divieto ai cristiani di insegnare
" Codice teodosiano, 9·17·5· "' AMMIANO MARCELLINO, 22.12.6
(Delfi); SOZOMENO, 5.20.7 (Didima); GIULIANO L'APOSTATA,
M1wpogone, 357C (Emesa). Sull'episodio di Babila cfr. cap.
1), pp. 275 sgg.; M. MACCARONE, La concezione di Roma città di Pietro e di Paolo da Damaso a Leone l, in Roma Costantinopoli MosC4. Atti de/l Seminario lnterna:ztOnale di studi« Da Roma alla terza Roma», Napoli 1983, pp. 63 sgg. (ora in M. MACCARONE, «Romana Ecc/esia C41hedra Petri», I, Roma 1991, PP-175 sgg.).
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vergine, grazie anche al devotissimo rispetto dimostrato da Alarico per i sacra ministeria dell'apostolo Pietro, grazie soprattutto al trasporto dei vasa che sono distribuiti tra tutti i cristiani come a personale protezione e per garantirne l'immunità, nel41o secondo Orosio la città avrebbe trovato scampo muovendo alla basilica dell'apostolo: «quanto piu in abbondanza si aggregavano» alla pia processione «i Romani in cerca di scampo, con tanto maggior zelo t barbari si stringevano attorno a loro difesa» (quanto copiosius adgregantur Romani con/ugientes, tanto avidius circumfunduntur barbari defensores). L'intera vicenda del sacco alariciano si sarebbe risolta, sempre secondo Orosio, nel passaggio del popolo di Roma come attraverso un «grande setaccio» (tamquam magnum cribum /uisse arbitrar), poiché solo i pagani piu pervicaci, quelli che non si aggiunsero alla processione, furono abbandonati «allo sterminio e all'incendio». Dopo aver messo in rilievo le componenti «strutturali» di questo racconto di salvezza, ne prenderemo in esame un altro: il racconto della salvezza di Roma da parte delle Vestali nel390 a. C. Si diceva infatti-e lo narrava naturalmente anche la tradizione confluita in Tito Livio- che, prima che i Galli occupassero Roma, altre virgines (questa volta, appunto, le Vestali) avevano messo in salvo recipienti che contenevano anch' essi sacra: i misteriosissimi sacra conservati nel tempio di Vesta e identificati dai Romani con i pignora imperii. Anche allora, nel390 a. C., gr~zie al ruolo determinante svolto da virgines, grazie al trasporto dei sacra affidati alle virgines e da loro messi in salvo, nonostante il lungo saccheggio dei Galli, la città era stata salva. Infatti non solo nelle tradizioni storiche ma anche piu in genere nel patrimonio del sapere dei Romani, la città si era potuta salvare poiché, come dichiarava l'elogio di Lucio Albinio nel Foro di Augusto, né i sacra erano andati perduti né i ritus sollemnes (quei riti che dovevano garantire la sopravvivenza di Roma) erano stati interrotti". Riepiloghiamo alcune circostanze. Abbiamo già sottolineato, ed è del resto ben noto, il ruolo centrale del sacco alariciano nella genesi di un'opera come le Storie contro i pagani, Storie appunto rivolte contro quei pagani che imputavano i mali presenti, compreso naturalmente il sacco di Roma da parte dei Goti, all'abbandono degli antichi dèi. Sono " ILS, ,r; tutta la documentazione sull'episodio è raccolta da L. Piccirilli nel suo commento a PLUTARCO, Le vite di Temistocle e di Camillo, Milano 1983, pp. 328·29; dr. inoltre M. SORDI, I rapporti romano-cerili e l'origine della civitfli sine suffragio, Roma 196o, p. '2; s. MAZZAJUNO, Il pensiero storico classico, 11/1, Bari 1967, p. 29,. Sui misteriosissimi sacra e pignora conservati nel tempio di Vesta G. GIANNELLI, Il sacerdo:cio delle Vesta/i romane, Firenze 1913, pp. 67 sgg.; m., Il «penus Vestae» e i« pi· gnora imperii »,in A&R, coli. 2'2 sgg. S. Weinstock, in RE, XIX, I, 1937, coli. 444 sgg.; ora A. DUBOUR· DIEU, Les origines et le développement du eu/te des Pénates à Rome, Rome 1989, pp. 4'4 sgg.
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altrettanto notori i ripetuti confronti stabiliti dallo stesso Orosio tra il sacco del390 a. C. e quello del41o, per dimostrare evidentemente la gravità assolutamente minore del secondo rispetto al primo e che quindi numerose e inaudite sventure si erano già abbattute su Roma ben prima dei Christiana tempora. Nonostante ogni problema di piu preciso dettaglio, nei libri II-VI delle Storie deve comunque ritenersi sicura, quando tratta di vicende romane, la sostanziale dipendenza di Orosio dalla tradizione liviana, talvolta forse non da un epitomatore, ma dallo stesso Tito Livio; a questo proposito non sarà inutile ricordare come non solo Tito Livio ma anche il suo epitomatore Floro riportassero l'episodio delle Vestali che misero in salvo i sacra e allo stesso tempo salvarono Roma". Se ci si fonda sul complesso di circostanze che abbiamo elencato, le analogie «strutturali» tra i due racconti appaiono evidentissime: secondo Tito Livo, nel390 a. C. Roma sarebbe stata salva perché virgines misero in salvo i sacra che ne garantivano la perennità e che erano essi stessi i pignora imperii; secondo Orosio, nel41o, a pane sacche di irriducibili pagani, la città avrebbe trovato scampo grazie a una virgo e ai sacra ministeria di Pietro ricondotti nella sua basilica, là dove riposavano le reliquie dell'apostolo, dive!lute ormaipignora della salvezza di Roma". Natura!16 Cfr. LMO, 5-40-9·10, e FLORO, 1.7-12. Sulla dipendenza di OrOsio dalla tradizione liviana, per esempio, A. Lippold nella introduzione a OROSIO, Le Storie cit., I, pp. XXXVI sgg. Si osservi un punto caratteristico: mentre non solo evidentemente Livio, ma anche tutta la tradizione liviana (per esempio, FLORO, 1.7.15; EUTROPIO, 1.20.2-3; Perioche, po-n) insistevano orgogliosamente sul fatto che nd 390 il Campidoglio aveva resistito ai Galli, Orosio implicitamente lascerebbe intravedere una realtà ben diversa e assai poco« consolatoria» quando descrive i giovani Romani superstiti asserragliati sulla rocca, sfiniti e sottomessi cosi da permettere ai Galli di far mercato della loro libertà (OROSIO, 2.19.8: « Universam reliquam iuventutem, quam constat vix mille hominum tunc fuisse, in arce Capitolini montis latentem obsidione condudunt, ibique infelices reliquias fame peste desperatione formidine terunt subigunt vendunt»). Che, quanto alla resistema del Campidoglio nel390, non si tratti di una « sottovalutuione» casuale mi sembra dimostrato anche da AMBROGIO, Epistole, 18.5 e 18.7 (a proposito dell'altare e della statua della Vittoria nella curia: « Nam de Senonis quid loquar, quos Capitolii secreta penetrantes Romanae reliquiae non tulissent, nisi eos pavido anser strepitu prodidisset? En quales tempia Romana praesules habent. Ubi tunc erat Iupiter An in ansere loquebatur? ... Militabat Camillus, qui ~ublata Capitolio signa, caesis Tarpeiae rupis triumphatoribus, reponavit: stravit virtus, quos religio non removit»), in risposta evidentemente all'accenno SIMMACO, Rela:àoni, 3·9 («hic cultus in leges mcas orbem redegit, haec sacra Hannibalem a moenibus, a Capitolio Senonas reppulerunt»). 17 Non va naturalmente dimenticata in un simile contesto la contrapposizione, che in ogni caso implicava necessariamente anche confronto, tra vergini cristiane consacrate a Dio e vergini Vestali. Cfr., per esempio, AMBROGIO, Epistole, 17 ·14 («Privilegia tua sacratae Deo virgines non habent, et vindicant virgines Vestae?») o anche 18.n («Habeant, inquit, Vestales virgines im.munitatem suam. Dicant hoc, qui nesciunt credere quod possit esse gratuita virginitas; provocent lucris, qui diffidunt virtutibus »). Cfr. in genere R. SCHILLING, Vesta/es et vierges chrétiennes dans la Rome antique, in Rites, cultes, dieux de Rome, Paris 1979, pp. 167 sgg. Sul traspono del Palladio di Roma a Costantinopoli A. ALFÒLDI, On the Foundation o/Constantinople. A Few Notes, in]RS, XXXVII (1947), pp. n; G. DAGRaN, Naissance d'une capitale. Constantinopleet ses institutions de JJO à 4JI, Paris 1974, pp. 30 e 39; ID., Constantinople imaginaire. Etudes sur le recueil des «Patria», Paris 1984, p. 131; L. CRACCO RUGGINI, Costantino e il Palladio, in Roma Costantinopoli Mosca cit., pp. 241 sgg.
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mente nel racconto salvifico di Orosio è mutato tutto quanto era necessario che mutasse per inserire gli elementi dell'antica leggenda romana da un lato nei Christiana tempora, d'altro lato in un paesaggio urbano che ormai per la plebs Dei deve far perno sulla basilica di Pietro. Le ver. gini Vestali sono state trasformate in una «vergine consacrata a Dio», in una «vergine di Cristo»; gli antichi sacra dei pagani nei Petri apostoli sacra ministeria; mentre i sacra, che le Vestali mettono in salvo, erano essi stessi i pignora imperii, ormai i pignora di Roma sono costituiti dalle sante reliquie su cui sorge la basilica dove i Romani trovano scampo.. 2.
La zona della curia..
Le polarità e le tensioni che si determinano nel paesaggio urbano di Roma, negli anni 408-10, tra il Campidoglio e la basilica di San Pietro sono tanto evidenti quanto insanabili; in proporzione diretta - aggiungeremmo - alla potentia che pagani e cristiani attribuiscono entrambi, in senso evidentemente diversissimo, a questi due loci. Ci sposteremo dunque altrove, anche se in uno spazio non solo contiguo al Campidoglio ma ancora incontaminato, per tutto il v secolo, da chiese e da basiliche cristiane: ci sposteremo nel Foro e, piu in particolare, nella zona della curia. Tuttavia, prima di abbandonare il Campidoglio ed entrare nel Foro, debbono essere proposte due osservazioni comparative: tra Roma da un lato e d'altro lato, come le ha definite Richard Krautheimer, due altre «capitali cristiane» come Milano e Costantinopoli. Sappiamo notoriamente pochissimo del Kapitolion di Costantinopoli: sarebbe stato costruito da Costantino e a Costantinopoli sorgeva nell'ottava regione, esattamente come a Roma; come il Campidoglio romano, anch'esso era dorato e ricoperto con tegole di bronzo dorato. Tuttavia, a differenza del Campidoglio di Roma che a partire da Costantino era stato rigidamente escluso da ogni vita cerimoniale urbana (a partire dall'ingresso «trionfale» dell'imperatore in città, mentre in precedenza a Roma ogni adventus o vero e proprio triumphus culminava in Campidoglio), sembra molto probabile che il Kapitolion di Costantinopoli potesse essere almeno lambito dalle grandi processioni trionfali che in avanzata epoca bizantina attraversano la città per giungere nella cattedrale di Santa Sofia 11 • Anche Milano :- come evidentemente Costantinopoli, prima con Il Sul Kapitiilion di Costantinopoli e le processioni trionfali c. MANGO, Le développement urbain de Constantinopole (W-VII sièc/es), Paris 198,, p. JO, nota 44; M. MCCORMICK, Eternai Victory. Tn·umphal Rulership in Ldte Antiquity, Byzantium and the Early Medieval W est, Cambridge-Paris 1986, pp. 214·1,. Com'è noto, la localizzazione esatta del Kapitiilion è comunque discussa: contro l'ipotesi di R. NAUMANN, Der antike Rundbau beim Myre/aion und der Palast Romanos I. Lekapenos, in «lstanbuler
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Santa Irene e quindi con Santa Sofia- ebbe una nuova cattedrale, edificata forse prima del3.5.5, che si ergeva in pieno centro urbano, diversamente in entrambi i casi della posizione estremamente periferica, a Roma, della cattedrale di San Giovanni in Laterano. La marginalità topografica della basilica lateranense è stata illustrata in base a ragioni di or~ dine eminentemente politico: dotando il vescovo di Roma di una sua sede e di una sua cattedrale, Costantino tuttavia non avrebbe voluto offendere i sentimenti pagani della città di Roma e, in primo luogo, della sua aristocrazia con l'invadere un centro urbano occupato dai « templi degli dèi che per un migliaio d'anni avevano protetto» la città. Se questo è vero e documentabile anche a proposito di altre fondazioni costantiniane a Roma, limitiamoci solo a osservare che analogo rispetto fu dimostrato anche dai successori di Costantino. Poiché, in effetti, mentre a Costantinopoli la basilica di Santa Irene fu ben presto affiancata nelle sue funzioni da quella di Santa Sofia, mentre a Milano l'antica cattedrale già verso la metà del IV secolo era stata sostituita dalla nuova, a Roma non solo la cattedrale rimase sempre la periferica basilica di San Giovanni in Laterana (tanto piu periferica quanto più il centro urbano tendeva a restringersi), ma bisognò addirittura attendere papa Felice IV (.526-30) perché fosse eretta nel Foro una chiesa cristiana: la basilica dei Santi Cosma e Damiano••. La stessa permanenza della catte;drale, nei secoli successivi, in San Giovanni in Laterano può essere stata determinata dalla carica molto forte di tradizionalismo tipica di Roma ancora nel passaggio dalla tarda antichità all'alto medioevo (ed è un aspetto che all'evenienza andrebbe approfondito). Qui però tenteremo di chiarire questa carica di grande tradizionalismo in rapporto alla zona della curia. Com'è ben noto, nella seconda metà del IV secolo, la sede del Senato era stata al centro di celebri e ripetute polemiche sull'altare e sulla statua della Vittoria: polemiche che avevano coinvolto, a Roma, uno spazio per eccellenza della politica e allo stesso tempo del sacro. Poiché- e si tratta di una circostanza fondamentale anche se spesso dimenticata -la sede del Senato romano Mitteilungen ,., XVI (x#), pp. 199 sgg., c&.le riserve di c. L. STJUKER, The Myrelaion (Bodrum Comi)
in Istanbul, Princeton 1981, pp. 14·1,. 19 Sulla posizione marginale della basilica lateranense già H. VON scHONEBECK, Beitrage zur Reli· gionspolitik des Maxentius und Constantin, Wiesbaden 1939, pp. 87 sgg.; A. ALFOLDI, The Conversion of Constantin and Pagan Rome, Oxford 1948, pp. ,o sgg.; R. KRAUTHEIMER, Tre capitali cit., pp. 19
sgg., dove si rinvia naturalmente anche alle pp. n8 sgg. a proposito della nuova e dell'antica cattedrale di Milano e alle pp. 71 sgg. a proposito di Santa lrene e di Santa Sofia a Costantinopoli, su cui cfr. an· che naturalmente G. DAGRON, Naissance cit., p. 393· La tendenza a tenere lontane fondazioni ecclesiastiche dalla zona del Foro era già stata messa in rilievo da H. GRISAR, Roma alla /ine del mondo antico, I, Roma 1908, pp. 169 sgg.
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(non un semplice consiglio municipale, ma nel IV secolo organo di nuovo importantissimo, come dimostrò Santo Mazzarino) per i pagani, soprattutto evidentemente per i senatori pagani, non era un semplice edificio, ma un templum ritualmente inaugurato 10 , Qui, nella zona della curia, dove si erano fronteggiate intorno alla statua e all'ara della Vittoria lungo tutta la seconda metà del IV secolo la minoranza cristiana del Senato e la maggioranza pagana, con i famosi interventi di Simmaco, di Ambrogio e di Prudenzio, con estrema naturalezza un prefetto urbano, Anicius Acilius Aginatius Faustus, dichiarava di aver provveduto al restauro di un simulacro di Minerva (simulacrum Minerbae). La statua non si era miracolosamente salvata come si erano salvate durante l'incendio del4o4le statue di Atena e di Zeus poste all'ingresso del Senato di Costantinopoli, ma era stata seriamente danneggiata a causa della caduta del tetto che la sovrastava nel corso di un incendio provocato da un «tumulto civile». Poiché Anicius Acilius Aginatius Faustus raggiunse il consolato nel483, il «tumulto civile», al quale egli faceva cenno nell'iscrizione del restauro, deve essere identificatoin quanto appunto tecnicamente« tumulto civile», e non semplice devastazione provocata dai barbari- nello scontro avvenuto a Roma, nel472, tra Procopio Antemio e Olibrio o piuttosto Procopio Antemio e Ricirnero. Se ne deduce pertanto che la prefettura urbana di Anicius Acilius Aginatius Faustus e dunque anche il restauro della statua di Minerva debbono essere datati al472f473 È evidentemente molto difficile che ancora in questo periodo, intorno al47V473, Anicius Acilius Aginatius Faustus potesse essere un paga21
•
·
"' Quest'ultimo punto fu sottolineato soprattutto da s. MAZZARINO, Antico eit., l, pp. 339 sgg. Nella discussione successiva si è continuato prevalentemente a sostenere che la rimozione, e dunque la richiesta di restituzione, avesse riguardato solo l'ara, non la statua della Vittoria: cfr., per esempio, D. VERA, Commento storico alle« Relationes» di Quinto Aurelio Simmaco, Pisa 1981, p. 31; J.-P. CALLU, Date et genèse du premier livre de Prudence contre Symmaque, in REL, LIX b98I), pp. 69 sgg.; A. BAL· DINI, Il« contra Symmachum » cit., pp. sgg. Non escludendo la possibilità di vicende anche molto alterne, su cui già richiamò l'attenzione J.-R. PALANQUE, Saìnt Ambroise et l'empire romain, Paris 1934, p. 307, a proposito di CLAUDIANO, Il consolato di Stilicone, 3.203 sgg., e ID., Il sesto consolato di Onorio, '97 sgg., mi chiedo tuttavia come spiegare, se nd 384 non ci fosse stato reale pe~icolo anche per la statua stessa della Vittoria, l'affermazione di SIMMACO, Relazioni, 3·-': «omnia quidem deo piena sunt nec ullus perfidis tutus est locus, sed plurimum valet ad metum delinquendi etiam presentia numinis urgueri,.. 21 Per il restauro dd simulacrum Minerbae cfr. CIL, VI, -'26 e 1664. Sulle statue di Atena e di Zeus salvatesi «miracolosamente,. nell'incendio dd Senato di Costantinopoli ZOSJMO, -'·24·7 (si tratta, naturalmente, del Senato dell'Augousteion: G. DAGRON, Naissance eit., pp. 138-39). Sulla differenza tra tumultus civilis e barbarici motus o barbarici incursus s. MAZZARINO, Il padre di Ambrogio, in «Helikon,., Xlll-XIV (1973-74). pp. m sgg,; quindi m.,Storiasociale del vescovo Ambrogio, Roma 1989, pp. n sgg. Sulla datazione della prefettura urbana di Anicius Acilius Aginatius Faustus (PLRE, II, p. 45rl A. FRASCHETII, L'«atrium Minerwe» in epoca tardoantica, in «0puscula lnstituti Romani Finlandiu, I (1981), pp. 32 sgg.
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no o comunque un « criptopagano ». Del resto, uno dei nomina di cui è portatore, Anicius, potrebbe anch'esso essere prova che il prefetto urbano discendeva da una famiglia ormai da lungo tempo cristianissima. Come si è cercato di dimostrare altrove anche in base al luogo dove l' epigrafe fu rinvenuta, la statua restaurata dal magistrato deve essere identificata con la statua di Minerva che si ergeva nell' atrium Minervae, il portico d'ingresso della curia verso il comizio, in direzione del Foro Romano 22 • Si osservi un punto a prima vista quasi paradossale. Mentre per tutta la seconda metà del IV secolo senatori pagani e senatori cristiani si dànno battaglia reciprocamente per la statua della Vittoria all'interno della curia, nella seconda metà del v secolo, qualche anno prima di quella che si.è soliti definire la «fine dell'Impero romano d'Occidente», un prefetto urbano cristiano, nell'ambito delle attribuzioni che sono tradizionalmente di sua competenza, restaura una statua di divinità pagananel caso specifico di Minerva, da cui prendeva nome lo stesso portico d'ingresso della curia in direzione del comizio. Da questa circostanza, che è solo in apparenza paradossale, vanno dedotte due constatazioni. La prima constatazione è il sopravvento, inteso ormai come naturale e definitivo nella seconda metà del v secolo, di quella che potrebbe essere definita, in materia di statue di divinità pagane, la linea che Prudenzio nel suo poema Contro Simmaco attribuiva al piissimo T eodosio e che implicitamente già era stata di Costantino: «Lavate, senatori, i marmi insudiciati dallo spruzzo infetto. Sia lecito che le statue si innalzino pure, opere di grandi artisti; che divengano bellissimi ornamenti alla nostra patria». Appunto questa era stata la linea che aveva guidato Costantino non solo nell'adornare la sua Costantinopoli di statue antiche e preziose, provenienti da cdebri e vetusti santuari (statue evidentemente di divinità pagane), ma anche nel porre di fronte alle porte dd nuovo Senato, se fu sempre Costantino a disporlo, i simulacri di Zeus e di Atena: forse, in quest'ultimo caso, non senza un implicito riferimento alla statua di Minerva che si ergeva all'ingresso del Senato di Roma v. La seconda constatazione, parallela alla prima, deve essere fatta consistere, anche per quanto riguarda le statue di divinità pagane, nei diversi livelli di desacralizzazione possibile: livelli diversi che possono misu22 Per tutta questa problematica mi sia lecito il rinvio ad A. PRASCHETn, L'« atrium Minervae »cit., pp. 25 sgg., con letteratura ivi citata. " Cfr. PRUDENZIO, Contro Simmaco, 1.501·5, con le osservazioni di s. MAZZARINO, Antico cit., l, pp. 357 sgg.; inoltre, per esempio, R. CACITn, «Subdita Christo seroit Roma Deo»: osservazioni sul/4 teologia politica di Prudenzio, in «Aevum», XLVI (1972), pp. 4D·I2; A. BALDINI, Il «contra Symma· chum » cit., p. II7, nota 6. Sulle statue di divinità pagane con le quali Costantino adornò la sua nuova città G. DAGRON, Naissance cit., pp. 36-37.
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rarsi, si noti bene, solo in rapporto agli spazi che accolgono quelle statue. All'interno della stessa curia i senatori cristiani - come sosteneva Ambrogio- non volevano e non potevano essere contaminati dai sacrifici celebrati dai senatori pagani di fronte alla statua e all'ara della dea Vittoria. Questi sacrifici, come sosteneva Simmaco, per i senatori pagani erano tanto necessari quanto inevitabili dal momento che, appunto sacrificando, i senatori pagani prestavano giuramento nelle leges e nei verba degli Augusti (Ubi in leges vestras et verba iurabimus?). Sempre secondo Simmaco, ormai privo dell'ara e della statua della Vittoria, il templum della curia sarebbe divenuto sedes profana (Patebit ergo sedes profana periuriis). Per i pagani di Roma, ma- dobbiamo aggiungere- anche per i cristiani, a partire da Costanzo il che per primo aveva voluto quella rimozione, si era desacralizzato in tal modo lo stesso spazio dell'aula del Senato"'. Al contrario, immediatamente a ridosso della curia ma al suo esterno, e soprattutto non in rapporto a forme di culto istituzionali come invece era in strettissimo rapporto con forme di culto istituzionali la statua della Vittoria, nel portico della curia verso il comizio, nell' atrium Mineroae, la statua della dea Minerva permetteva quella formulazione «neutra» attribuita da Prudenzio a T eodosio: a tal punto che la statualo abbiamo visto -ebbe restauri ancora nel472f473, come del resto allo stesso ingresso del Senato di Costantinopoli si ergevano le due statue di Zeus e di Atena. Dopo il sacco di Alarico e i restauri della curia che allora si resero necessari, sempre in rapporto a questa stessa zona acquisisce grande importanza, e ne avrà sempre di piu fino all'età di Teodorico e dei suoi successori, un altro atrium: l' atrium Libertatis. Qui non sarà preso in esame un problema ricco e complesso, ormai dibattuto da piu di un secolo, come quello dell'impianto e dell'organizzazione piu generale della curia, con i suoi annessi, in epoca tardoantica. Con la riserva che il problema dovrà sicuramente essere affrontato di nuovo anche in base a recenti acquisizioni, limitiamoci a notare che l' atrium Libertatis doveva trovarsi con certezza sul retro della curia e che, come l' atrium Mineroae ne era il portico d'ingresso in direzione del comizio e del Foro Romano, cosf l'atrium Libertatis ne era il portico d'ingresso dalla parte del Foro di Cesa"' C&. rispettivamente AMBROGIO, Epistole, 1'7·9 («cogeret christianos, ut sacrificantibus interes· sent, ut oppleret anhelitus et ora fidelium cinis ex ara, favilla de sacrilegio, fumus ex busto, et in ea eu· ria sententiam cliceret, ubi iurati ad aram simulacri in sententiam cogerentur »), e SIMMACO, Relazioni, J.J («illa ara concordiam tenet omnium, illa ara fidem convenit singulorum, neque alius magis auc· toritatem fecit sententiis nostris, quam quod omnia quasi iuratus ordo decernit. Patebit ergo sedes profana periuriis »).
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re, anch'esso ampiamente restaurato dopo il sacco alariciano. Nella documentazione piu tarda in nostro possesso (mi riferisco soprattutto alle Varie di Cassiodoro) diverse espressioni connesse alla Libertas appaiono cosi frequentemente in rapporto alla curia (definita essa stessa di volta in volta aula Libertatis, penetralia Libertatis, gremium Libertatis, curia Libertatis) che si è pensato di poter identificare, almeno per l'età di T eoderico, l' atrium Libertati's con la sala dove si tenevano le adunanze del Senato 2J. Mentre una simile ipotesi deve essere sicuramente esclusa in presenza di altre e positive attestazioni che documentano la continuità d'uso della curia anche dopo la sua trasformazione in chiesa di Sant'Adriano ad opera di papa Onorio I (62.5-38), bisogna invece insistere sul nuovo ruolo assunto a Roma, dopo il 410, dall'ideologia della libertas: libertas intesa allora in senso decisamente e assolutamente antibarbarico. Lo dimostra, per esempio, anche l'iscrizione sulla base della statua di Aezio posta, non inavvertitamente, in atrio Libertatis, nell' atrium che prendeva nome da quella libertas di cui lo stesso Aezio - in quanto vincitore dei Goti e sterminatore dei Burgundi- era definito «vindice»
(vindex)»; Evidentemente, dopo i restauri che seguirono il sacco di Alarico, ri2J
Sulle varie definizioni della curia
CASSIODORO,
Varie, ,.21.3, 6.1,.3, 8.11.4 (aula Libertatis),
3-33-3 (penetralia Libertatis), 3.6.1 e II-3 (gremium Libertatis), 6.17.3• 9.1,.3 (curia Libertatis). Sull'a-
trium Libertatis di epoca tardoantica come luogo di riunione del Senato TH. MOMMSEN, Das «atrium Libertatis », in« Hermes »,XXIII (1888), pp. 631-33; quindi m., Gesammelte Schri/ten, V, Berlin 1908, pp. 6o-61 (piu decisamente poi inMGH, AA, XII, p. '07); P. DE Fl\ANCISCI, Per la storia del senato romano e della curia nei secoli v e VI, in RPAA, XXII (1946-47), pp. 31,-r6; inoltre cfr. soprattutto P. CASTAGNO LI, «Atrium Libertatis», in RAL, serie 8, I (1946), p.190, che pensava invece ad atrium Libertatis come a un appellativo in epoca tarda della stessa curia. Cfr. in senso diverso A. DEGl\ASSI, L'iscrizione in onore di Aezio e l'«atrium Libertatis», in BCAR, LXXII (1946-48), pp. 33 sgg.; quindi Il)., Scritti vari di antichità, I, Roma r96:z, pp. 199 sgg. Deduco la presenza di un portico sul retro della curia dai frammenti di epistilio pubblicati da A. BAl\TOU, Lavori nella sede del senato romano al tempo di Teodorico, in BCAR, LXXIII (1949-,o), pp. 81-8:z; quindi m., Curiasenatus. Lo scavo e il restauro, Roma 1963, pp. 63 sgg. (ad essi si aggiungono nuovi frammenti che saranno pubblicati da S. Panciera). Individuo l'atrium Libertatis sull'immediato retro della curia in base non solo al luogo di rinvenimendell'epigrafe in onore di Aezio (cfr. sotto, nota :z6), ma anche di tre frammenti di epoca teodoriciana pubblicati da A. BARTOU, Lavori cit., pp. 78-79, con ID., Curia senatus cit., p. 7:z. Benché sul problema conti di tornare piu diffusamente, per la localizzazione dell'atrium Libertatis sull'immediato retro della curia cfr. del resto fin da ora N. LAMBOGLIA, Uno scavo didattico dietro la «curia senatus » e la topografia del Foro di Cesare, in RPAA, XXXVll (1964-6,), p. r:z6. 26 AnnEpigr, 19,0, n. 30. La prima edizione fu curata da A. BAilTOLI, Il senato romano in onore Ji Aezio, in RPAA, XXII (1946-47); cfr. poi A. DEGl\ASSI, L'iscrizione cit., pp. 33 sgg. =Scritti vari cit., l, pp. 299 sgg.; G. LUGU, «Atrium Libertatis» e «Libertas» nella Roma del tardo impero, in Synteleia Arangzo-Ruix, Napoli 1964. pp. 807 sgg.; quindi s. MAZZARINO, Aezio,la «Notitia dignitatum» e i Burgundi di Worms, in Antico cit., n, Bari 1980, pp. 13' sgg., con m., Tra due anniversari: :J76-476, in La fine dell'impero romano d'Occidente, Roma 1978, p. 174· Sulla campagna di Aezio contro i Burgundi cfr. R. SOl\ACI, Roma e i Burgundi, in Passaggio dal mondo antico al medioevo. Da Teodosio a san Gregorio Magno, in ACL, Roma 1980, p. 497-99. Sulla continuità di funzioni della curia cfr. sotto, p. 691 con to
n.
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Parte terza Dall'Impero unitario alla disgregazione
spetto al vetusto atrium Minervae (ancora registrato nei cataloghi regionari, ma poi quasi assente nella documentazione piu tarda) fu privilegiato come ingresso della curia il nuovo atrium Libertatis (non registrato nei cataloghi regionari poiché, almeno come atrium Libertatis, ad essi successivo), e venne privilegiato al punto che la stessa sede del Senato, lo abbiamo visto, poteva essere designata da Cassiodoro con gli appellativi di aula Libertatis, penetralia Libertatis, gremium Libertatis, curia Libertatis. Sotto il segno di una personificazione come la Libertas (a Roma antica, ma carica ora di nuove e urgenti valenze), personificazione molto probabilmente anch'essa rappresentata da una statua che si ergeva nell'atrium, dopo il sacco di Alarico le due componenti del Senato (la pagana e la cristiana) potevano finalmente, entrando nella curia, ritrovare concordia v. TI restauro di un: simulacrum Minerbae ancora nel472f473 testimonia l'enorme carica di tradizionalismo che, a Roma, in quello stesso periodo continuava a insistere nella zona della euria. Tuttavia, la curia - ormai divenuta, come aveva detto Simmaco, sedes profana e in quanto tale spazio desacralizzato- all'interno del paesaggio urbano di Roma costituiva un polo di tradizionalismo che, negli ultimi decenni del v secolo e nella prima metà del VI, poté addirittura essere affiancato in alcune sue funzioni dalla basilica di Pietro. Erano funzioni, si noti, di carattere eminentemente amministrativo e istituzionale. In città, ancora verso la fme del IV, nell' atrium Minervae si esponevano costituzioni degli Augusti; l'esposizione delle costituzioni in quel luogo (come parallelamente anche in altri luoghi, soprattutto il Foro di T raiano) ne rappresentava a tutti gli effetti l'atto di pubblicazione. In modo analogo, sotto Atalarico, lo stesso Atalarico dette ordine che tanto i suoi definita quando i senatoconsulta fossero incisi su tavole di marmo e poi «collocati ... davanti all'atrio del beato Pietro apostolo» (ante atrium beati Petri apostoli ... collocari). Inoltre, si sono tenute riunioni del Senato nella stessa basilica: per esem· pio, nel483, quando il Senato si convocò appunto in mausoleo quod est apud beatum Petrum apostolum. Emblematicamente, come sulla scia di una lunga tradizione di epoca repubblicana e imperiale che voleva il Se· nato riunito alle volte in luoghi connessi_ con gli argomenti all'ordine del v La mancanza di continuità a livello di edifici tra atrium Libertatis di età republicana e atrium Libertatis di epoca tardoantica fu dimostrata da F. CASTAGNOLI, «Atrium Libertatis » cit., pp. 276 sgg Per la possibile presenza di una statua della Libertas nell'atrium Libertatis di epoca tardoantica cfr., per esempio, CASSIODORO, Varie, r.4 («Optamus quidem, patres conscripti, coronam vestram diver· sorum fascium flore depingi; optamus ut Libertatis genius gratam videat turbam senatus») e («patres conscripti, assurgat primaevis introeuntibus cana Libertas»).
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Fraschetti
Spazi dd sacro e spazi della politica
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giorno e le decisioni da prendere, nel483 si trattò di famosa seduta dove si presero disposizioni sull'elezione del vescovo di Roma e sui beni attinenti alla Chiesa, dunque sull'elezione del successore di Pietro e sul pa• trimonio dell'apostolo. In questo intreccio di continuità e di mutamenti nell'uso dello spazio cittadino e dei suoi luoghi del sacro e della politica, è assolutamente caratteristico il destino della curia. Infatti, pur conservando intatte le proprie funzioni, la curia- che Simmaco aveva lamentato fosse divenuta sedes profana dopo la rimozione dell'altare e della statua della Vittoria- molto piu tardi tornerà di nuovo spazio sacralizzato, benché naturalmente dei cristiani: quando, intorno al625-38, Onorio I non si limitò a far restaurare i banchi dei senatori, ma grazie all'aggiunta di un altare e di un'abside la trasformò in chiesa: /ecit ecclesiam beati Ha-
driani martiris in Tribus Fatis
23 •
3· «1 re vengono a Roma... » Come avevo cominciato a dire, i re vengono a Roma. Là ci sono i templi degli imperatori che con la loro superbia hanno preteso per sé onori divini da parte degli uomini e poiché lo potevano - infatti erano re e dominatori -li estorsero piuttosto che meritarli. n pescatore a chi ha potuto estorcere qualcosa di simile? Là c'è il sepolcro del pescatore, là c'è il tempio dell'imperatore. Là c'è Pietro in un sepolcro, là c'è Adriano in un tempio. ntempio di Adriano,la tomba di Pietro. L'imperatore giunse. Vediamo dove sarà accorso, dove volle figgere le ginocchia: nel tempio dell'imperatore o alla tomba del pescatore? Deposto il diadema, si batte il petto dove c'è il corpo del pescatore, di cui pensa ai meriti, alla cui corona crede, attraverso il quale desidera giungere a Dio, dalle cui preghiere sente e scopre di essere aiutato ...
zs Sull'affissione di leggi nell'atrium Minervae c&. Co/latio /egum Mosaicarum et Romanarum, n-(= FIRA, Il, p. '57): «prop(osita) pr. Id. Maias Romae in atrio MineiVae»; la stessa costituzione del390. indirizzata da Valentiniano, Teodosio e Arcadia «ad Orientium vicarium urbis Romae», in Codice teodositJno, 9·7·6, reca come subscriptio: « p(ro)p(osita) in foro Traiani>•; c&. del resto già Codice giustinianeo, z.,z.6: « p(ro)p(osita) Romae ad senarum» (la stessa costituzione del317, di Costanti• no al prefeno urbano Giuliano, è presente anche in Codice teodosiano, 1.7.2, ma senza l'indicazione del luogo dove essa dovesse intendersi proposito). Sul Foro di T raiano come luogo di affissione di leggi cfr., per esempio, P. DE FRANCISCI, Per la storia cit., pp. 283-84. Per la collocazione dei definita di Atalarico e dei senatoconsulti davanti all'atrio della basilica di Pietro c&. CASSIODORO, Varie, 9.I6.3 («Salventio v.i. praefecto urbis Athalaricus rex»): «verum ut principale beneficium et praesentibus haereat saeculis et fururis, tam definita nostra quam senatus consulta tabulis marmoreis praecipimus decenter incidi et ante atrium beati Petri apostoli in testimonium publicum conlocari. Per la riunione del Senato «in mausoleo quod est apud beatum Petruro apostolum» cfr. Acta synhodorum habitarum Romae, in MGH, AA, Xll, p. 64.5, con riferimento alla scrittura fatta leggere da papa Simmaco nel sinodo romano del6 novembre '03 e quindi revocata da quello stesso sinodo; al riguardo, per esempio, CH. PIETRI, Le sénat, le peuple chrétien et /es partir du cirque à Rome sous le pape Symmaque (492-514), in MEFR, LXXVIII (x9()6), pp. 137-38. Sulla trasformazione della curia in chiesa di Sant'Adriano A. BARTOLI, Curia senatus cit., p. 73· Sulla localizzazione in Tribus Fatis cfr., per esempio, s. B. PLATNER e TH. ASHBY, A Topographica/ Dictionary àj Ancient Rome, Oxford I929, p. '39·
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Parte terza
Dall'Impero unitario alla disgregazione
Questa descrizione dell'arrivo degli imperatori a Roma è dovuta ad Agostino in un suo sermone, scoperto solo ora da François Dolbeau nella Stadtbibliothek di Mainz; il sermone reca come titolo Quando entrano i pagani (Cum pagani ingrederentur) ,., A parte altri elementi di notevolissimo interesse, da individuarsi soprattutto nel fatto che la predica erarivolta a pagani e a cristiani radunati insieme nella stessa chiesa, dal nostro punto di vista va sottolineata sia la contrapposizione, che Agostino stabilisce, tra le emergenze monumentali e simboliche costituite al di là del Tevere dal Mausoleo di Adriano e dalla tomba di Pietro, sia dalla notizia che, quando gli imperatori giungono a Roma, essi si recano in visita e in pio pellegrinaggio alla basilica dell'apostolo. Benché possa essere confrontata con accenni analoghi forniti dallo stesso Agostino, quest'ultima notizia deve comunque ritenersi estremamente preziosa in quanto dichiara come fulcro di un arrivo in città un momento della visita degli Augusti in genere non ricordato: non ricordato almeno fino alla visita del rex barbarico T eoderico. Passeremo dunque in rassegna i luoghi toccati dalle visite degli Augusti, con la naturale avvertenza che sono arrivi (adventus) ormai largamente eccezionali e che essi si iscrivono pertanto allivello piu alto nel contesto di una vita cerimoniale urbana rigidamente strutturata: vita cerimoniale urbana che Costantino per la prima volta aveva sconvolto nel 312 in occasione del suo adventus a Roma nel giorno successivo alla battaglia di Ponte Milvio e alla vittoria su Massenzio. Quel giorno infatti Costantino si rifiutò di ascendere al Campidoglio e di entrare nel tempio di Giove Ottimo Massimo, come avevano fatto prima di lui tutti gli altri Augusti di ritorno in città sia per celebrare un trionfo vero e proprio sia invece per concludere con quell'atto il loro adventus. In seguito, a partire da quel giorno, il Campidoglio scomparve per sempre dalle cerimonie degli adventus di cui Hno ad-allora aveva costituito il fulcro, per il semplice motivo che l'ascesa dell'imperatore fino al Campidoglio distingueva ritualmente il suo adventus a Roma da altri suoi eventuali adventus, in altri siti o in altre città'". l'l AGOSTINO, Quando entrano i pagani, 26, edito da F. DOLBEAU, Nouveaux sermons de saint Au· gustin pour la conversion des paiens et des donatistes, in REAug, XXXVll (1991), pp. 37 sgg., dove a p. .56 sono riportati altri cenni, sempre di Agostino, a imperatori che giungono a Roma e pregano sulla tomba dell'apostolo. Almeno per quanto riguarda Quando entrano i pagani l'editore pensa a una suggestione diretta esercitata su Agostino dalla notizia dell'adventus di Onorio a Roma nel4o3. Al com· plesso delle testimonianze addotte si può aggiungere, per esempio, già GIOVANNI CRISOSTOMO, Ome· lia sulla seconda epistola ai Connzi, 26, in PG, LXI, col. .582. ,. Al riguardo mi sia lecito rinviare ad A. FRASCHETI'I, Costantino cit., pp . .59 sgg. {con letteratu· ra ivi citata); inoltre M. MCCORMICK, Eternai Victory cit., pp. 101-2. Resta comunque fondamentale J. STRAUB, Konstantins Vt!l'licht au/den Gang z;um Kapitol, in «Historia »,IV (1955), pp. 297 sgg.; quindi
Fraschetti Spazi dd sacro e spazi della politica
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In un saggio, per molti aspetti importantissimo, sull'adventus tardoantico, Sabine MacCormak ha sostenuto che questa tipica forma di cerimoniale sarebbe scomparsa nell'Occidente cristiano nel corso del v secolo". È una formulazione che almeno per l'anno 500 va sensibilmente rettificata; anzi, dalla cui rettifica possono essere tratti elementi ulteriori a proposito dei luoghi che la cerimonia, ancora alla fine del v secolo, toccava e coinvolgeva in un paesaggio urbano eminentemente tradizionalista come quello di Roma. Prenderemo quindi in esame l'adventus di Teoderico a Roma appunto nel5oo, come ci viene descritto negli Estratti Valesiani. ll re Teoderico si recò a Roma (ambulavit rex Theodericus Roman) e accorse alla basilica del beato Pietro (occurrit beato Pietro); fuori dalla città gli vennero incontro (extra urbem occurrentes), pieni di gioia (cum omni gaudio), papa Simmaco, tutto il Senato e il popolo romano. Entrato in città (ingressus urbem), Teoderico si recò nella curia (venit ad senatum), parlò al popolo nella zona degli antichi rostri (et ad Palmam populo adlocutus); quindi, dopo la visita nella curia e la tradizionale adlocutio al popolo, finalmente entrò nel Palazzo e offri ai Romani, che ne erano sempre avidissimi, spettacoli nel circo. In occasione di questa stessa visita riorganizzò l'annona per il popolo e per i poveri (populo
Romano et pauperibus) ». T eoderico in una simile circostanza, nel festeggiamento romano dei suoi tricennalia (l'anniversario del suo trentesimo anno di regno), per il solo fatto di voler festeggiare questi tricennalia a Roma, non solo si sarebbe comportato da princeps Romanus, ma avrebbe anche promesso di conservare inviolabiliter «tutto quanto in precedenza i principi romani avevano stabilito» (omnia ... quod retro principes Romani ordinaverunt). Dunque, alla luce di un simile desiderio di continuità manifestato dallo stesso rex, se si esamina l' adventus di Teoderico nei suoi aspetti di ordine piu propriamente cerimoniale, è facile mettere in rilievo come, dal moID., Regeneratio imperii, Darmstadt 1972, pp. 100 sgg. Cfr. anche s. G. MACCORMACK, Art an d Ceremony ù1 Late Antiquity, Berkeley - Los Angeles - London 1981, pp. 33 sgg. " ID., Change and Continuity in Late Antiquity, the Ceremony o/ Adventus, in «Historia», XXI (1972), pp. 742-43, con ID., Art and Ceremony cit., pp. 6l sgg. " Estratti Valesiani, 2.65-67; cfr. Vita beati Fulgentii ponti/icis, 9, pp. 55-56 ed. Lapeyre. Sui provvedimenti r.elativi all'annona, per esempio, G. DELLA VALLE, Teodorico e Roma, in RAAN, XXXIV (19'9), pp. 157·58 (per il Palatium); o. BERTOLINI, Roma difronte a Bisanzio e ai Longobardi, Bologna 194-1, p. 52; P. BROWN, Dalla «plebs Romana» cit., p. 143, nota 73· Si osservi che grazie a simili donazioni Teoderico, ben diversamente da Costanzo Il, non solo alleggeriva i costi sociali del suo adventus, ma rendeva questo stesso adventus occasione di «evergetismo» nei confronti del popolo romano e dei pauperes. Sui problemi economici posti a Roma dall' adventus di Costanzo II cfr. s. MAZZA· 1\INO, Antico cit., l, pp. 197 sgg.; A. GIARDINA, Aspetti della burocrazia nel basso impero, Roma 19n, pp. 89 sgg.
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mento dell'ingresso in città, questo adventus trovi puntuali riscontri negli adventus imperiali di epoca tardoantica a noi noti, da quello di Costantino nel 312 a quello di Onorio nel 403. Confronteremo pertanto l'ingresso del rex Teoderico a Roma con un altro adventus famoso: quello di Costanzo II nel357, nei termini in cui esso è descritto da Ammiano Marcellino. In entrambi i casi c'è naturalmente publica laetitia, come sempre la publica laetitia scoppia e deve scoppiare a Roma quando giungono gli Augusti: se T eoderico viene accolto «con ogni gioia» (cum amni gaudio), a sua volta Costanzo II «si godeva la gioia desiderata» (laetitia /ruebatur optata). A Costanzo II si erano fatti incontro fuori dalle mura (cumque urbi propinquaret) il senatus e la plebs, cosi come a T eoderico si sarebbero fatti incontro tutto il Senato e il popolo capeggiati da papa Simmaco. Nel357l'Augusto aveva parlato alla nobilitas nella curia: in quella curia- si noti bene- che lo stesso Costanzo si sarebbe affrettato a trasformare, diceva Simmaco, da templum in sedes profana, ordinando subito la rimozione dell'ara e della statua della Vittòria poiché la sola vista dei sacrifici, li compiuti dai senatori pagani, al cristiano Costanzo doveva riuscire assolutamente intollerabile. Nel Foro dal tribuna! aveva pronunciato la tradizionale adlocutio al popolo. Poi si era diretto al Palazzo e in occasione della sua venuta aveva offerto ai Romani equestres
... ludos". Una volta abbandonato il Campidoglio, come per primo aveva fatto Costantino, a Roma, nell'ambito di una vita cerimoniale rigidamente strutturata, nel IV e nel v secolo, almeno fino al5oo, i luoghi e i momenti dell' adventus corrispondono dunque a spazi prestabiliti e a ritmi rigidamente predeterminati: la visita alla curia, l'adlocutio al popolo nel Foro, l'ingresso nel Palazzo, l'edizione di spettacoli nel circo. Tuttavia, a proposito dell' adventus di Costanzo II, già André Piganiol si era chiesto se l'imperatore in quella circostanza non si fosse recato in visita alla basilica di Pietro, una visita passata implicitamente sotto silenzio dal pagano Ammiano Marcellino. Se l'accenno agli Augusti che giungono a Roma nel nuovo sermone di Agostino Quando entrano i pagani va riferito aln SuJl'aJventus di Costanzo ll cfr. AMMIANO MARCELLINO, 16.10. Al riguardo S. G. MACCO!tMACK, Change and Continuity cit., pp. 735-36; ID., Art and Ceremony cit., pp. 39 sgg.; T. D. BA!tNES, Constans and Gratian in Rome, in HSPh, LXXIX (197_5), pp. 325 sgg.; R. OWEN EDBROOKE jr, The Visii ofConstantius II to Rome in J57 and Its Effects on the Pagan Roman Senatorial Aristocracy, in AJPh. xcvn b976). PP- 40 sgg.; Il.. KLEIN, Der Rombesuch des Kaisers Constantius II im ]ah re 357. in ~> b971), pp . .1J·39·
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daci iniziative. Non solo, essi ritenevano che Costantino ricoprisse Ro. ma di doni per asservire maggiormente il papa e la Chiesa. Dante per primo deplora questa «dote» donata dal principe al «primo ricco patre», Silvestro di Roma. I contemporanei pensavano soprattutto che, dopo la crudele aggressione della grande persecuzione, dopo un editto di tolleranza concesso di malanimo dall'imperatore Galerio, uno dei protagonisti della violenza, Costantino inaugurava un periodo di pace, caratterizzata da una benevola protezione della libertà ecclesiastica'. Per un mezzo secolo, durante cinque pontificati successivi, quelli di Milziade (3n-14), diSilvestro (314-35), di Marco (366), di Giulio (337-52) e di Liberio (352-66), la dinastia organizza uno stile di relazioni fra l'Impero e la Chiesa che serve a caratterizzare uno dei primi tempi di Roma cristiana. Certamente non c'erano solo vantaggi nella politica sperimentata da Costantino e proseguita dai suoi successori (con l'eccezione.del periodo della reazione pagana promossa da Giuliano). ll primo imperatore cristiano fu indotto a convocare dei concili (quei Reichskon:r.ilien ai quali il papa rifiutò ostinatamente di partecipare se non attraverso dei legati), a difendere con braccio secolare piuttosto rude, contro gli eretici, una ortodossia definita da sinodi la cui procedura, anzi le cui definizioni dogmatiche non si peritava sempre di ispirare. Costanzo II arriva fino all'attentato cesaropapista, facendo portar via da Roma e deportare in Tracia papa Liberio (3.57) che, malgrado gli ordini del principe, rifiutava di condannare Atanasio'. La testimonianza del Liber Ponti/icalis ', che raccoglie le carte delle donazioni principesche alla Chiesa romana, illustra l'ambivalenza del sistema costantiniano. La cronaca permette di delineare una nuova geografia monumentale, sorta nel IV secolo dal suolo romano, di valutare le donazioni nella loro importanza economica e infine di misurare la «dote» arrecata dai principi all'opera pastorale dei vescovi romani. In questa breve rievocazione si distinguerà il territorio della città dal suburbium con le sue necropoli •. Fin dal3I3 Cqstantino si preoccupava di trovare per il papa un luogo di riunione adatto al tribunale sinodale, la cui presidenza era stata affidata a Milziade, al fine di arbitrare le controver· ' Le testimonianze contemporanee piu significative sono quelle di Eusebio di Cesarea (Storia ec· clesiastica, a cura di F. Ma spero e M. Ceva, Milano 1979; Sulla vita di Costantino, a cura di L. Tanaglia, Napoli 1984) e di Lattanzio (Lo morte dei persecutori, a cura di G. Mazzoni, Siena 1930). 6 eH. PIETRI, Lo politique de Constance II: un. premier césaropapisme ou l'imitatio Constantini («Entretiens sur I'Antiquité classique de la Fondation Hardt»), Genève 1989, pp. 87-135. 7 L. DUCHESNE (a cura di), Le Liber Ponti/icalis, I, Paris 19,. 1 CH. PIETRI, Romachristiana cit., I, pp. 3-76; per i santuari romani cfr., in generale, R. KRAUTHEI· MER, Corpus basilicarum christianarum Romae, 5 voli., Roma 1937·70.
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sie dei donatisti con i cattolici di Cartagine: era la domus Faustae, dimora dell'Augusta, situata a sud-est dell'Urbe. Li vicino Costantino scelse il rerreno per insediarvi la cattedrale, la Basilica Constantiniana, come la chiamano i primi testi, che ricordano senza esitazioni il ruolo del fondacore. Costantino concesse l'area di una caserma di cavalleria (che aveva occupato l'antica dimora dei Lateranz), nonché una domus per installare l'abside. Senza dubbio il principe finanziò i lavori, che si concludevano rapidamente prima della conquista dell'Oriente (nel324). Del resto i beni fondiari assegnati alla basilica appartengono tutti all'Occidente. Questo cantiere realizzò un edificio grandioso dopo i considerevoli lavori di livellamento. Milziade ottenne anche di far costruire un edificio, distinto dalla basilica, destinato al battesimo: il primo battistero, la cui data di consacrazione, 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo, è ricordata nel
Martirologio geronimiano. Dopo un tale sforzo, Costantino non apri altri cantieri urbani; Elena, imperatrice madre, sistemava in una residenza palatina un oratorio privato che in seguito passò al dominio imperiale, prima di essere usato, tardivamente, per la comunità (Santa Croce). Alcune chiese costruite all'epoca di Costantino sono finanziate dal vescovo: è il caso del titolo di Silvestro sull'Esquilino (San Martino ai Monti), per il quale il papa riceve il sostegno del sacerdote Equizio; cosi vicino al Foro, il titolo di Marco e quello di Giulio, non lontano dal Foro di T raiano. Lo stesso pontefice segue un altro cantiere a Trastevere (Santa Maria), mentre il suo successore intraprende un'analoga iniziativa sull'Esquilino (nell'area di Santa Maria Maggiore). Le titolature consentono di misurare l'ampiezza del cantiere episcopale. Fa eccezione una chiesa sul Campo di Marte, la denominazione della quale, in Lucinis, ricorda forse una donatrice, con un volgarismo ricalcato sul greco, sempre che si debba intendere l'espressione come «nel (titolo) di Lucina». Questa nuova geografia manifesta la presenza cristiana, anche se le maglie di questa rete monumentale sembrano ancora molto rade, dal momento che lasciano liberi la zona centrale dei Fori, l'Aventino e il Celio. · Costantino apportò un notevole contributo nel suburbium, donando piu edifici per il servizio dei morti che per la preghiera dei vivi. Quasi tutte le costruzioni di martyria risalgono alla sua iniziativa: il primo, vicino alla Labicana, è terminato nel326 (o nel327), prima della morte di Elena, che riposa infine in un mausoleo associato a una basilica. In Vaticano, nel 319, si apre il cantiere di San Pietro per la costruzione di una basilica ad corpus. Ma il cantiere non si chiuse se non durante il regno di Costanzo. In compenso, dopo il325, l'imperatore fece costruire un oratorio a mo' di scrigno destinato alla sepoltura dell'apostolo dei gentili e
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una grande basilica, su modello della Labicana, in onore di san Lorenzo, che riposava qualche decina di metri piu in là, in una catacomba della Tiburtina. A partire dal340, la famiglia imperiale finanziò, vicino alla via Appia, una Basilica Apostolorum, sopra una conca che aveva anticamente ospitato il culto funerario dei due apostoli (San Sebastiano); Costantina, la vedova del Cesare Gallo, univa il suo mausoleo a una basilica attaccata, come l'edificio della Tiburtina, alla tomba di sant'Agnese, vicino alla Nomentana. In questo programma i principi e le principesse si impegnano in parte per se stessi e per collocare il loro estremo riposo sotto la protezione, di un vicinato santo (Labicana, Nomentana); gli altri martyria accolgono le sepolture dei fedeli, che si accumulano a San Sebastiano o a San Lorenzo, costituendo delle necropoli coperte (coemeterium sub teglatum). Ma quasi tutte queste evergesie monumentali rispecchiano in pari misura il prestigio dei grandi martiri (Pietro, Paolo, Lorenzo, i due apostoli), di cui la Chiesa ebbe subito il controllo, mentre le basiliche vicine alle sepolture imperiali restarono a lungo sotto il dominio imperiale. D vescovo disponeva di mezzi limitati per sistemare le tombe sante, dal momento che tutto lo sforzo si concentrava sulla pastorale urbana; comunque, con l'aiuto del clero, egli operò nei pressi della Salaria (Priscilla), dell'Aurelia o dell'Appia. Si trattava di interventi modesti nei cubicoli delle catacombe, vicino alle tombe sante, per permettere delle piccole riunioni liturgiche e il pellegrinaggio dei fedeli. n quadro precedente, per quanto rapido, basta a ripartire le responsabilità fra l'imperatore e il vescovo; rivela l'intelligenza pastorale di quest'ultimo e, al contempo, precisa ciò che la Chiesa romana deve alla generosità, talvolta interessata, del principe. Ma ai cantieri del principe si aggiungono le offerte di vasi preziosi e di oggetti destinati alla liturgia, cosi come lo stanziamento di tutto un patrimonio fondiario per l'illuminazione e il mantenimento dell'edificio'. La Basilica constantiniana riceve delle balaustre, sette tavole per le offerte alle quali sono associati sette grandi e preziosi calici (scyphz), un altare con un calice ancor piu prezioso. Per l'illuminazione dell'edificio l'evergesia imperiale aveva previsto dei/ara, dei candelabri e delle enormi metrete che contenevano l'olio delle lampade. I redditi dei domini, spesso grandi coltivazioni disseminate in Sicilia (per i due terzi) e in Campania, ammontano ogni anno a circa 4400 soldi d'oro. n battistero è meglio fornito con i suoi Io 2 34 so· lidi, una metà dei quali viene dalla zona dell'Appia e dalla Sabina, men· tre l'altra arriva dai /un di africani. La fondazione della Labicana riceve 7700 soldi, quella di San Paolo 3500, San Pietro 3708; San Lorenzo, me· ' CH. PETRI,
Roma christiana cit., l, pp. 77·97·
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no fornito, ottiene un migliaio di soldi e Sant'Agnese 700. Si può istituire un confronto con la modestia delle donazioni vescovili; la chiesa di Silvestro dispone di 255 soldi all'anno, quella di Marco di14.5. I gesti di munificenza di Costantino abbozzano già la geografia del dominio apostolico che nel VI secolo si ripartisce in grandi patrimoni regionali. Ma non si tratta ancora che di un abbozzo. Sicuramente, dopo il321, la legge erige il concilium catholicae a persona morale, suscettibile di ricevere donazioni di cui è titolare il vescovo. n papa dispone di una rendita annuale di circa 30 ooo solidi, nonché di una imponente massa di metallo prezioso sotto forma di vasellame liturgico (circa mezza tonnellata d'oro). Inoltre le entrate dei domini sono protette da immunità fiscale. Ma questa somma discreta non regge quasi il confronto con le ricchezze contemporanee: uno storico greco ricorda che i senatori romani meno ricchi capitalizzavano ogni anno da 70 ooo a 100 ooo soldi a titolo di rendite, soprattutto fondiarie. Non se ne deve dedurre che la ricchezza del vescovo romano rappresenti, in rendite, la metà dei guadagni per un senatore di modesto livello. Le rendite dei domini, infatti, secondo la norma delle carte di fondazione, restano destinate a un servizio preciso. Non possono esserne distolte. n papa dispone liberamente dei fondi ricavati dalla colletta tra i fedeli; per il resto, è titolare di fondazioni che consentono la manutenzione delle chiese titolari e probabilmente il mantenimento del clero che vi presta servizio. La sistemazione materiale offre alla pastorale del popolo nuove facilitazioni. nvescovo di Roma non aveva mai avuto a disposizione una sala abbastanza vasta per riunire la comunità dei fedeli. I servizi resi da Costantino alla Chiesa locale non consistono tanto nell'averla liberata dal suo predecessore Massenzio, che aveva già abrogato i prowedimenti di persecuzione, quanto nell'aver dotato il vescovo di una cornice grandiosa per la sua liturgia"'. La celebrazione della sinassi ogni domenica realizza concretamente l'unità della Ecclesia a Roma. Del resto, a partire dal 321, la legge imperiale privilegia un nuovo ritmo della vita quotidiana, vietando nel dies solis (come si continua a dire) tutte le attività pubbliche e anche quelle festive che potevano distogliere i fedeli dal dovere domenicale. La struttura della celebrazione resta praticamente immutata, ma lo spazio basilicale accentua lo stile comunitario, permettendo molto concretamente i dispiegamenti di una partecipazione collettiva. Alcuni indizi piuttosto sicuri (in particolare la distribuzione dell'illuminazione e degli altari) permettono di stabilire l'utilizzazione delle cinque navate e della galleria trasversale. Sembra che le zone esterne piu in ombra fosseIO
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ro riservate ai catecumeni, che venivano congedati quando terminava la liturgia di istruzione, mentre la corsia centrale serviva alle grandi processioni. I fedeli recano a ciascuna delle sette tavole d'offerta, sorrette dai diaconi, il pane deposto su una delle sette p atene donate da Costantino e il vino destinato a uno dei sette calici, nonché gli altri prodotti della colletta. Vicinissimo alla basilica, il battistero offre un ambiente comunitario all'impegno cristiano. rituale non è modificato e nemmeno l'organizzazione della preparazione dei catecumeni. Ma nel corso finale di questa preparazione, l'esame dei candidati (in tre scrutini successivi, come vuole la pratica del IV secolo) si svolge alla presenza del popolo riuni. to nella basilica, nel corso di riunioni tenute alla vigilia del battesimo pasquale, durante le tre settimane di quaresima. Forse non si valuta abbastanza l'effetto pastorale o perfino apologetico che questa socializzazione del rituale implica. Agostino, nelle Confessioni, ricorda l'emozione suscitata a Roma dal battesimo pubblico di Mario Vittorino. Poiché il personaggio brillava eli un prestigio intellettuale e sociale eccezionale, il clero, comprendendo il suo ritegno, gli aveva proposto una cerimonia riservata. Alla fine il filosofo preferf proclamare pubblicamente il suo impegno. Una cerimonia di tipo altrettanto pubblico e comunitario regola, il giovedi santo, la riconsacrazione dei penitenti. Questa volta a testimoniare è Girolamo, che ricorda l'arrivo di una grande patrizia, Fabiola, venuta in chiesa con la testa coperta di cenere e il corpo avvolto in un'umile tela di sacco. N on c'era che un incorweniente nell'insediamento del Laterano, la posizione decentrata della basilica. n vescovo cercò, per quanto fu in suo potere, di correggere i difetti della geografia, occupando, a ovest della città, per qualche cerimonia, la basilica di San Pietro, non appena essa fu finita; fin dalla metà del IV secolo Liberia vi celebrava la festa di N atale. In tal modo si abbozzava una prima liturgia stazionale che rafforzava la presenza ancor sporadica di alcune chiese urbane per l'evangelizzazione dei quartieri. Nei primi decenni del secolo (nel336), la Chiesa romana pubblicava il ca,lendario delle feste religiose distribuite nel corso dell'anno; questo feriale, la Depositio martyrum ",localizzava le tombe sante e nel contem· po rn.vitava i fedeli al pellegrinaggio di preghiera, talvolta a una celebra· zione liturgica nell'oratorio o nella basilica vicina alla tomba. Le inten· zioni teologiche appaiono chiaramente in un testo che colloca la nascita di Gesti a Betlemme, cioè il Natale, all'inizio del santorale. Le feste dei
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11 La Depositio martyrum venne pubblicata nel314 insieme a un'altra lista, la Depositio episcoporum, a una cronaca e a un feriale delle solennità civili e pagane. ll documento è pubblicato da L. Du· chesne in Le Liber Pontificalir cit., pp. n e I2.
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due apostoli fondatori della Chiesa romana occupano il posto d'onore: il 29 giugno, uno stesso anniversario li associa nell'unità del martirio. Una festa particolare, il22 febbraio (natale Petri de cathedra), celebra la tradizione apostolica, l'insegnamento di Pietro, il patronus della grande famiglia romana. Da molto tempo si è notato che questo giorno corrisponde alla celebrazione tradizionale dei morti, la festa dei Caristia. In effetti il confronto fra il feriale cristiano e il calendario delle festività pagane ren· de bene la volontà pastorale di cristianizzare il ciclo annuale, conquistare il tempo. Non si pensi di recuperare le tesi dei folcloristi che, all'inizio del secolo, sostenevano che la Chiesa aveva sostituito gli antichi dèi con dei santi un po' somiglianti alle figure decadute. calendario è stato concepito, attingendo al ricco patrimonio di martiri romani, per organizzare delle celebrazioni nella corona suburbana delle catacombe nei giorni che con maggiore efficacia distoglievano i fedeli dal circo· o dall'anfiteatro. Ai ludi apollinares corrispondono, in luglio e poi in agosto, gli anniversari di numerosi martiri sepolti da nord a sud dell'Urbe. Del resto questa organizzazione sembra attentamente bilanciata, dal momento che non prevede alcuna celebrazione martiriale per tutto il tempo dell'aratura, da febbraio ad aprile (tranne la festa del 22 febbraio), nel periodo in cui si collocano la quaresima, la festa di Pasqua e le celebrazioni postpasquali. Durante tutto questo periodo il vescovo chiama i fedeli a riunirsi particolarmente in Laterano. Per questa pastorale del tempo il vescovo di Roma dispone di un clero il cui reclutamento tradizionale e la cui composizione appaiono immutati: qualche centinaio di ministri diversi, dal presbyterium all' accolitato, che operano all'interno di una popolazione urbana da quattro a cinquemila volte piu numerosa. Almeno sono protetti meglio dal sistema di immunità fiscali che Costantino aveva esteso ai beni personali degli ecclesiastici e anche da qualche immunità giuridica (tuttavia non è ancora stato creato il sistema del foro, che sottrae i chierici ai tribunali pubblici in materia civile). La conversione di una città considerevole resta affidata a una élite.
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Il periodo della conversione aristocratica} da Damaso a papa Sisto: )66·440.
Il pontificato di Damaso inaugura dei tempi nuovi per la conversione della capitale 12 • La pace dell'Impero cristiano sembra solidamente stabi12
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lita e le nuove generazioni giunte all'età adulta non hanno conosciuto la persecuzione. Ormai la composizione sociale della comunità appare sensibilmente modificata. n Vangelo toccava da vicino qualche grande gens nella prima metà dd IV secolo, un gruppo di famiglie piu folto al tempo di Damaso e a partire dagli ultimi decenni dd IV secolo. L' aristocrazia convertita apporta al popolo cristiano il sostegno di una cultura, di una influenza politica e di una potenza economica. Qualche decennio (meno di un secolo) basta per delineare i tratti di una geografia cristiana nella città e nel suburbium: infatti sembra che questo periodo sia decisivo per l'insediamento materiale della Chiesa. Una breve cronologia dà la misura dd ritmo delle costruzioni. Damaso, in una ventina d'anni, guida cinque cantieri e porta a termine tre chiese: l'edificio che porta il suo nome (San Lorenzo in Damaso), costruito sull' area di una casa che apparteneva al papa, a sud dd Campo di Marte. Sant'Anastasia occupa l'area di un' insula nella parte meridionale del P alatino, mentre, a sud-est della città, vicino alle T erme di Caracalla, il titolo di Fasciola sembra terminato dal377. Al tempo di Siricio, successore di Damaso, in una valle fra Viminale ed Esquilino due sacerdoti portano a termine la sistemazione di una chiesa utilizzando delle terme (Santa Pudenziana). San Clemente appartiene alla stessa epoca. In due decenni il pontificato di papa Innocenzo (402-18) apporta sette nuove chiese titolari; le costruzioni sono organizzate a seconda delle donazioni. n Liber Pontificalis presenta (con una testimonianza eccezionale e suggestiva) la procedura utilizzata per il cantiere del titulus Vestinae (San Vitale), vicino al Vicus longus. D papa riceve una donazione, affida la realizzazione di una chiesa a due sacerdoti e un diacono; poi fa raccogliere in una carta di fondazione i beni legati dalla nobile dama e non utilizzati per la costruzione. Sul Celio, Pammachio unisce i suoi sforzi con un oscuro Byzas per far sorgere un nuovo titolo (San Giovanni e Paolo), il primo sulla collina. Dei due fondatori, quello citato per primo, un senatore romano che appartiene ai cenacoli dell'aristocrazia romana, appare come l' evergete modello: costruisce un ricovero a Portus, dona parte delle sue ricchezze a San Pietro, nelle agapi funerarie che organizza al posto del tradizionale banchetto funebre in occasione della morte di sua moglie Paolina. Sempre al tempo di Innocenza si apre un altro cantiere, non lontano dalla prefettura della città, in una zona occupata da una ricca domus. Ma la chiesa che infine ricevette il suo nome dalle reliquie delle catene usate per la prima carcerazione di Pietro (San Pietro in Vincoli) è definitivamente terminata sotto la guida di un sacerdote, Filippo, legato pontificio al concilio di Efeso (431), grazie ai sussidi della cassa imperiale (piu esattamente quella dell'Augusta, Eudossia).
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In qualche caso la cronologia delle costruzioni non può essere determinata in maniera cosi esatta; ma si tratta di chiese anteriori alla metà del secolo: è il caso del titolo di Marcello, vicino alla via Lata, della chiesa delle Quattro Incoronate (il titulus Aemilianae) sul Celio e infine del titulus Gai (attualmente Santa Susanna), non lontano dalle Terme di Diocleziano. Questo multiforme cantiere finisce sotto papa Sisto: il sacerdote Pietro di Illiria dirige il cantiere a Santa Sabina, che instaura la presenza cristiana sull'Aventino. ll vescovo di Roma consacra al servizio della plebis Dei, il popolo di Dio, una basilica stupefacente per la decorazione dei mosaici e le linee classiche della sua struttura interna. Santa Maria Maggiore non appartiene alla serie dei quindici titoli recentemente costruiti alla vigilia del pontificato di Leone: consacrato alla Theotokos per sostituire la Basilica Liberii, distrutta in una sommossa, il nuovo edificio è destinato alla liturgia episcopale. Si è già notato: la geografia di questi cantieri non riflette il programma meditato di un'occupazione sistematica dello spazio urbano. Non importa: con questa ventina di chiese tutti i fedeli trovano, a qualche centinaio di metri dalla loro casa, il titulus dove possono unirsi alla preghiera comunitaria. La sistemazione degli oratori presso le tombe sante rivela un programma decisamente meno improvvisato. T eodosio il Grande e poi Galla Placidia finanziano la costruzione di una grande basilica per sostituire il piccolo martyrium di Costantino, costruito sulla tomba di Paolo. Ma, ad eccezione di questa evergesia imperiale, le responsabilità decisive competono ai vescovi romani, che utilizzano gli interventi del clero e le donazioni dei fedeli. Papa Damaso fa collocare in tutte le grandi necropoli romane le iscrizioni- spesso poesie- incise sul marmo dal calligrafo Furio Filocalo. Quest'opera di poesia epigrafica costella, come in una corona santa attorno a Roma, il culto dei martiri. Durante la prima metà del IV secolo la generosità dei principi aveva contribuito a una prima organizzazione materiale della Chiesa. La famiglia imperiale interviene ancora a San Paolo fuori le Mura, finanziata da Teodosio il Grande e da Galla Placidia, a San Pietro in Vincoli con Eudossia. Ma la: conquista dello spazio urbano, l'installazione di una corona santa di oratori intorno alla città dipende ormai dall'evergetismo aristocratico, nonché dagli interventi della comunità, mobilitata dalla colletta 0 • Le grandi famiglie convertite dànno il cambio al principe. J. P. Kirsch" ha fatto rilevare l'evoluzione della nomenclatura delle chiese tilbid., pp. u8-74· J. P. KIRSCH, Die r6mischen Titelkirchen im Altertum, Paderbom 1918; CH. PIEni, Donations et pieux établissements d'après le légendier romain, in Hagiographie, culture et sociétés, Paris 1981, pp. .
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tolari: il titulus Sabinae (è il nome dato in un documento ufficiale della fine del v secolo) diventa, un secolo piu tardi, in un testo proveniente dalla cancelleria pontificia, il titulus Sanctae Sabinae. Tutta una elaborazione agiografica accompagna questa evoluzione. Sabina, la fondatrice, riceve come ricompensa la santità, illustrata da una leggenda sulla fondazione che aggiunge a un concreto atto di generosità il gesto di un martire. Lo svolgimento di tale racconto induce l'agiografo a immaginare una cronologia molto alta per il radicarsi della presenza cristiana: la piccola comunità dei fedeli si sarebbe stabilita nella casa del fondatore o della fondatrice a partire dal m secolo. L'analisi archeologica ha eliminato questa ipotesi, che resta comunque una preziosa testimonianza sul ruolo decisivo dell'evergetismo aristocratico nel IV o v secolo. Si è già notato che nel caso del titulus Vestinae il Liber Ponti/icalis ricorda molto chiaramente le procedure della costruzione. Un documento, conservato sempre nella cronaca pontificia, permette di calcolare il patrimonio lasciato alla chiesa, dopo il pagamento delle spese di costruzione: si tratta di un'entrata assai modesta che rende al titolo un migliaio di soldi all'anno e di un tesoro liturgico costituito da vasellame e lumi, il cui peso è valutato in un centinaio di chilogrammi d'argento. N el caso di San Vitale, per cui il Liber Ponti/icalis rivela la generosità di una matrona, Vestina, illustris /emina, appartenente ai migliori circoli dell'aristocrazia senatoria, la cronaca rileva pure il ruolo dei membri del clero in veste di impresari: nel IV e v secolo le dediche documentano spesso questo tipo di intervento. D sacerdote Leopardus si sposta dalle chiese ai cimiteri, da Santa Pudenziana al martyrium della Tiburtina. Le leggende di fondazione insistono sovente sull'opera dei sacerdoti o dei diaconi, come se gli agiografi si preoccupassero di sottolineare energicamente l'intervento dei chierici e minimizzare il contributo dei donatori laici. Ma i sacerdoti o i diaconi, anche se apportano il loro contributo, utilizzano soprattutto i fondi ricavati dalla colletta presso tutta la comunità. Evidentemente mancano le testimonianze per valutare l'importanza· delle risorse accumulate in tal modo; in ogni caso la Chiesa presta un'attenzione particolare a questa generosità collettiva. Ne colloca le dimostrazioni al centro della liturgia con la processione delle offerte e anche in una preghiera che commemora i donatori viventi. In qualche caso sembra che i risultati siano stati impressionanti: forse il titolo di Fasciola (Santi Nereo e Achilleo) deriva da questo finanziamento comunitario, dal momento che il nome della chiesa non fa riferimento a un donatore; si riferisce a un quartiere, quello dove Pietro, fuggendo da Roma, avrebbe perduto, secondo la leggenda, una mollettiera (fasciola). Papa Sisto
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utilizza il patrimonio derivato dalla generosità collettiva per pagare il cantiere di Santa Maria Maggiore. nvescovo dispone si di qualche risorsa, ma è l'unico capitale rimasto a sua libera disposizione. Le nuove donazioni procurano 10-15 ooo soldi, a complemento del capitale già costituitosi a metà del IV secolo. L'impiego di questa ricchezza è soggetto alle stesse regole: le rendite sono destinate a fini precisi, per la manutenzione di ciascuna chiesa. La legge che, dall'epoca di Costantino, autorizza la Chiesa a ricevere delle donazioni, nella seconda metà del IV secolo, regolamenta con maggior rigore il diritto delle successioni e delle fondazioni. L'imperatore Valentiniano si preoccupa di impedire che le pie matrone o i laici generosi spoglino i loro eredi, affidando i loro beni alla Chiesa attraverso il fidecommisso o il testamento. In una parola, il vescovo deve impegnarsi a dimostrare la legittimità delle sue proprietà secondo il diritto. La volontà dei donatori, desiderosi di far rispettare le intenzioni della loro evergesia e, dall'altra parte, la sospettosa sorveglianza dello Stato hanno determinato la costituzione del titulus. La parola, utilizzata dalla cancelleria pontificia nel IV e ancora nel VI secolo, è presa a prestito dal vocabolario giuridico per designare una fondazione con tutto ciò che questa comprende: l'edificio religioso nella città, i beni che garantiscono il mantenimento della sua fabrica e del suo clero. Questa originale soluzione (anche se altrove esistono dei sistemi analoghi senza il nome) limita il potere episcopale con rigorose servitu. Intanto i titoli assicurano il mantenimento di un clero permanente e il progresso di un siffatto sistema trasforma efficacemente le condizioni dell'evangelizzazione locale. Infatti, mentre il vescovo completa l'organizzazione della liturgia comune a tutto il popolo dei fedeli (prolungamento della quaresima, sviluppo del santorale), l'epoca è caratterizzata dai progressi di Un inquadramento regionale e locale. In effetti la funzione dei diaconi è determinata in modo piu rigoroso nell'ambito di una regione ecclesiastica". Si sa che molto presto il vescovo romano aveva assegnato ai membri di questo piccolo collegio (sette diaconi e sette suddiaconi) l'incarico di procedere alla colletta e di ridistribuirne una parte per l'assistenza alle vedove e ai poveri. La vita romana rendeva l'intervento ecclesiastico (come le iniziative private) piu che mai indispensabile. Nella seconda metà del IV secolo, nel382, nel397, nel409-10, a Roma le difficoltà di approvvigionamento, legate talvolta alle condizioni meteorologiche, spesso al contesto politico, provocano le carestie, classiche nei " ID., Régions ecclésiastiques et paroisses romaines, in Actes du Xl' congrès d'archéologie chrétien· ne (Lione r986), Rome r989, Il, pp. I035-67.
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tempi moderni, delle crisi di sussistenza. Nel41o si aggiungono il sacco di Roma e il contraccolpo delle invasioni barbariche. In ogni caso, la processione della domenica in Laterano, che induce il popolo a distribuire le sue offerte &a le sette tavole dei sette diaconi, abbozza le abitudini di una regionalizzazione. Risale alla fine del IV secolo un primo testo che segnala l'esistenza di un diacono regionale, cioè di un diacono assegnato in permanepza al servizio di una determinata zona. Le sette regioni della Chiesa raggruppano in insiemi piu vasti i quattordici distretti istituiti da Augusto, i quali, evidentemente, conservano tutto il loro valore di riferimento politico e amministrativo. Questa stabilizzazione delle diverse giurisdizioni diaconali per l'assistenza sovrappone a tutte le organizzazioni dello spazio urbano un nuovo segno della presenza cristiana. Innovazione ancor pìu decisiva: i tituli delineano il sistema delle parrocchie urbane. La cronaca pontificia chiarisce che equivalgono quasi diocesis, propter baptismum et paenitentiam. Un altro testimone, contemporaneo di questo nuovo sviluppo della pastorale, l'Ambrosiastro, nota che in ogni titolo si stabiliscono almeno due sacerdoti e un documento del419 attesta che questo numero è stato portato a tre. La novità consiste nel fatto che il legato associato a ciascuna delle sue chiese permette il mantenimento del clero locale; assicura l'organizzazione di un ricambio per la liturgia della domenica. All'inizio del v secolo, papa Innocenzo, in una lettera diventata famosa nella storia della liturgia, spiega come i sacerdoti ricevano per la· consacrazione un fermentum, i frammenti delle sacre specie consacrate dal vescovo. Questa pratica garantisce l'unità mistica. e concreta dell'unità. Nello stesso tempo realizza una pastorale efficace nei quartieri della città. I titoli, come è indicato dalle carte di fondazione, ricevono spesso l'assegnazione di materiale liturgico necessario per il battesimo; in qualche caso, a Santa Pudenziana, a San Lorenzo in Damaso, a Santa Sabina, l'agiografia o l'archeologia attestano la sistemazione dei fonti, destinati ai battesimi d'urgenza; questa organizzazione contribuirà in modo pos~ente allo sviluppo del battesimo dei bambini. Nel IV secolo i titoli accolgono i catecumeni, almeno per il lungo periodo di formazione che precede le ultime fasi di un insegnamento impartito nella basilica vescovile durante la quaresima. Nel v secolo la Chiesa comincia ad accogliere i fidanzati, che prendono l'abitudine di scambiarsi la promessa matrimoniale davanti ad un sacerdote, alla presenza della comunità. Come per il battesimo, questa evoluzione permette una «socializzazione» del sacramento e, nello stesso tempo, conferisce un carattere solenne al matrimonio cristiano. Infine, le chiese titolarisono usate anche per il servizio della colletta e dell'assistenza:
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non è esatto che dei diaconi abbiano autorità sui sacerdoti titolari. A metà del v secolo, il vescovo, nell'emanare le procedure della colletta, fa utilizzare le chiese per raccogliere le offerte e per distribuire le elemosine. All'epoca si tratta di una comodità; ma questa abitudine diviene in seguito la norma e, alla fine del v secolo, determina l'assegnazione di tre o quattro titoli ad ogni regione ecclesiastica. Tutti questi servizi affidati alla direzione dei sacerdoti implicano l'intervento di inservienti di grado inferiore: gli accoliti, incaricati di portare il/ermentum dal Laterano fino al titolo; i lettori, che hanno il compito di animare la celebrazione liturgica, nonché di aiutare nella catechesi. Gli inservienti dell'altare e della pastorale formano un piccolo gruppo di una dozzina di persone legate a una chiesa di cui recano la titolatura: lector de Fasdola,.presbyter tituli Sabinae, ecc. Al titulus, per essere una parrocchia, mancano la definizione rigorosa di una giurisdizione geografica (nel v secolo è meglio parlare di zone d'influenza) e il legame obbligatorio dei fedeli. In ogni caso, Roma delinea un modello di pastorale urbana. L'eccezionale iniziativa missionaria che completa la conversione di Roma dal IV al v secolo, combinando l'azione del vescovo con quella del clero titolare, imponeva tanto il .rafforzamento dell'amministrazione vescovile, quanto una nuova costituzione del clero 16• Le esigenze delle relazioni ecclesiastiche, le necessità dell'amministrazione fondiaria, diventata piu complessa con lo sviluppo del patrimonio, le nuove competenze del vescovo - incaricato, a Roma come altrove, di arbitrare le contese cristiane in una audentia episcopalis - tutte queste ragioni si aggiungono agli incarichi di una pastorale nell'imporre la creazione di una prima curia. Questa si appoggia sul collegio dei diac0ni e sui sette suddiaconi; utilizza un piccolo gruppo di sacerdoti liberi da funzioni titolari, qualche chierico minore. Tutti si occupano, a seconda delle circostanze, delle relazioni con le altre Chiese (anche se il papa, fin dall'epoca di Liberia, ha cominciato a utilizzare dei vescovi italiani per le missioni importanti presso l'imperatore o per la rappresentanza pontificia ai concili). I vescovi rqmani specializzano i loro rappresentanti: il sacerdote Filippo, l'impresario di San Pietro in Vincoli, è incaricato delle missioni orientali. Tutte le questioni di normale amministrazione, la redazione dei rescritti o delle decretali sono di competenza di una cancelleria notarile, improntata al modello imperiale. Non si trascurerà questo elemento di sociologia politica, che introduce nella vita amministrativa della Chiesa romana un gruppo di uomini rotti a tutti i meccanismi della giurisprudenza, a un linguaggio giuridico, a una tecnica dell'argomentazione ha-
" m., Rom'a christiana cit., I, pp; 667-724.
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sata sui grandi autori di una tradizione giuridica, a una diplomatica che regola l'organizzazione dei testi. La modesta opera della schola notarile contribuisce a conferire forza espressiva e continuità ai grandi temi dell'ecclesiologia pontificia. I defensores della Chiesa romana, incaricati di presentarsi in giudizio, di rappresentare la comunità e il suo pastore presso i tribunali o gli organi civili e politici, contribuiscono nella stessa misura a questa acculturazione giuridica. Tutti questi progressi dell'istituzione servono agli interventi del primato e al contempo rispecchiano l'accresciuta varietà di tali interventi. Con la nascita di un diritto religioso, reso possibile dal lavoro di questi modesti ministri, il papato appartiene alla storia .della cultura. Aggiunti a tutto il clero titolare, questi chierici e i laici della curia formano un gruppo decisamente minoritario nella grande città: qualche centinaio di uomini (due o tre volte di piu che all'inizio del IV secolo), immersi in un popolo cristiano piu numeroso e molto piu variegato. Innocenzo, nella testimonianza di una lettera, sottolinea i reali pericoli di insipidezza spirituale che derivano da una conversione di massa. A partire dalla metà del IV secolo, la legislazione pontificia incomincia a tentare di ridurre il pericolo, promulgando delle norme piu rigide sul reclutamento del clero. Fin dal tempo di Damaso, le decretali ricordano l'obbligo di un cursus per la milizia spirituale, secondo una procedura analoga a quella che regola la militia imperiale. In pratica, questi piccoli manuali di disciplina ecclesiastica delineano due carriere in tre stadi successivi: dopo il primo degli ordini minori, generalmente il lettorato, il chierico può passare all'accolitato e diventare sacerdote seguendo un cursus presbiterale, oppure esercitare il suddiaconato prima di essere diacono, seguendo un cursus diaconale. Per gli ordini maggiori (ben presto anche per i suddiaconi), le decretali esigono un impegno di continenza, solidamente giustificato dalla Scrittura (Levitico e Lettere pastorali). Questa normativa delinea un ideale, non modifica in modo sostanziale la società ecclesiastica nella Roma cristiana; in questo gruppo tradizionale, che sovente attinge in seno a .famiglie cristiane da antica data, emerge una piccola élite, che unisce al collegio diaconale un ristretto gruppo di sacerdoti. Essa non appaniene all'aristocrazia, ma condivide con questa la stessa cultura.
3· La città cristiana del v secolo. Nel v e ancor piu nel VI secolo il sistema pastorale, che aveva varato la conversione di una grande capitale, serve per una città impoverita eri-
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dotta, dopo il sacco di Alarico, la razzia dei Vandali e l'ancor piu drammatico intervento di Vitige e di T otil~r nel VI secolo. Ma fin dall'epoca di papa Leone (440-61) la città è cristiana ' Certamente si devono apportare dei ritocchi a un quadro schematico, citando la tenace opposizione delle sette (i manichei, che l'episcopato perseguita per tutta la seconda metà del v secolo), l'oscura resistenza di un paganesimo popolare, attestata da qualche raro indizio, la soprawivenza di qualche pratica religiosa pagana, come la corsa dei Lupercali, alla quale i senatori cristiani fanno partecipare i loro schiavi, per un sovrappiu di precauzione, senza compromettere se stessi. Ma queste sfumature non tolgono quasi nulla all'essenziale: nella vita quotidiana, regolata secondo il ritmo delle feste cristiane, il cristianesimo domina, dal momento che, a Roma, è l' espressione privilegiata di una vita intellettuale creativa (anche quando i cristiani collaborano in modo decisivo alla conservazione della grande tradizione classica). A Roma le controversie non mettono piu di &onte la Chiesa e una resistenza pagana, ma delle fazioni cristiane. Alla fine del secolo, la successione di Gelasio e poi quella di Atanasio contrappongono dei partiti che mescolano i problemi di carattere teologico con quelli politici'": un gruppo, con l'arcidiacono Lorenzo, sostenuto dalla maggior parte dell'aristocrazia,· aspira a ristabilire dei rapporti con un principe, che è monofisita, ma che rappresenta l'antica tradizione imperiale; papa Simmaco (498) e i suoi seguaci si accontentano di un re goto e ariano per mantenere una netta opposizione alla teologia di Costantinopoli. Queste vicende non indeboliscono la coesione della Chiesa urbana. Nel giro di un secolo la pastorale ha diminuito le minoranze che minacciavano l'unità della Chiesa: i novaziani e i donatisti. Si deve fare eccezione per un piccolo gruppo ariano che, alla fine del v secolo, gode della protezione dei Goti. Ma i pagani hanno perduto i loro templi, chiusi dalla legislazione imperiale, e i loro sacerdozi, proibiti e privati di titolari. Papa Leone promuove una grande operazione contro i manichei: dopo aver identificato i sospetti, mobilita i magistrati, che hanno il compito di espellere tutti quelli che sono segnalati dall'autorità ecclesiastica. Il papa estende tale procedura a tutte le province vicine. L'intervento è sufficiente a mostrare quale posto occupi ormai nella propria città il vescovo di Roma. Nuove chiese hanno arricchito il patrimonio monumentale della cit7
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17 E. CASPAR,
Geschichte des Papsttums von den An/iingen bis zur Hoh e der Welthemcha/t, Tiibin· JALLAND, The Li/e and Time o/ St. Leo the Great, London 194.1· 18 J. GAUDEMET, Les élections dans l'Eglise latine, des origines au xvt s., Paris 1970; L. PIETRI (con Y. Duval e Ch. Pietri), Peup/e ou plebs.·le r6/e des lai"cs dans /es élections ecclésiastiques en Occident, in Mélanges A. Chastagnol (Colloque de Paris, 1990), Roma 1992.
gen 1930·33; su Leone il Grande, T.
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tà. Esse completano l'occupazione dell'Esquilino, con Santa Prassede, Sant'Eusebio e il titolo di Ciriaco; per Trastevere, Santa Cecilia e San Crisogono; per il Celio, il titulus Balbinae; infine, per l'Aventino, Santa Prisca, costruita su un mitreo. Papa Simplicio (468-83) insedia sul Celio un edificio destinato alla liturgia del vescovo, Santo Stefano Rotondo. Quest'ultimo edificio, il piu recente, non appartiene alla rete dei tituli. Ugualmente vi sfuggono i monasteri"; gli insediamenti delle piccole comunità monastiche sono spesso contigui, nei primi tempi, a una basilica martiriale: è il caso, nel v secolo, di un monasterium Sancti Sebastiani ad catacumbas, la cui fondazione è attribuita a papa Sisto (432-40). Leone segue l'esempio del suo predecessore per un monastero dei Santi Giovanni e Paolo apud sanctum Petrum; Dario (461-68) interviene vicino a San Lorenzo della Tiburtina, dove fa costruire delle terme per i pellegrini. È anche il primo papa che abbia fatto costruire un impianto indipendente, provvedendolo di un oratorio particolare. Un altro gruppo di monaci si stanzia sull'Aurelia, presso un martyrium fondato da papa Simmaco (498-.514) in onore di San Pancrazio (Monasterium s. Victoris). Nella città, grazie agli atti di generosità dei patrizi, si moltiplicano leiniziative per la fondazione delle chiese titolari, ma intervengono sempre di piu la Chiesa e il vescovo stesso: cosi le comunità monastiche si servono spesso di beni dei chierici finiti nel patrimonio ecclesiastico. In pratica l'organizzazione monumentale della Roma cristiana termina nel VI secolo; ma con una quarantina di chiese, di cui sei servono alla liturgia del vescovo, mentre le altre valgono per la pastorale dei sacerdoti, l'organizzazione cristiana è un fatto compiuto, a parte qualche costruzione nel VI secolo e, soprattutto nel secolo successivo, le diaconie. Questo spostamento della geografia cristiana crea dei nuovi quartieri presso i martyria (a San Pietro, a San Paolo, a San Lorenzo). Vaiutare la ricchezza del patrimonio ecclesiastico è meno facile; in seguito alla sparizione dell'Impero, il suo accrescimento dipende dai doni dell'aristocrazia, che cerca sempre di piu il patronato spirituale, anzi, la protezione politica di Pietro. Allorquando le grandi fortune dell' antica aristocrazia si disgregano, il papa dispone ormai di un potere economico riconosciuto e ardentemente desiderato. Ciò è dimostrato, alla fine del v e all'inizio del VI secolo, dalle reazioni dell'aristocrazia romana, che nel483, all'epoca di una difficile successione pontificia, tenta una specie di colpo di mano. TI prefetto del pretorio, Basilio, emana un regolamento che salvaguarda totalmente il diritto dei fondatori sulle loro donazio19
. Miscell. in onore di E. Manni, Il, Roma1979, p. 6o5), che può includere parte del primo anno ddl'imperium cesareo di Costanzo n. Della Cracco Ruggini (ibid.) non accetterei, però, la datazione al 324, in base a Temistio, di una «decisione ufficiale» di Costantino «di rifondare nel proprio nome» Bisanzio: non abbiamo alcuna notizia di siffatta «decisione ufficiale», che, se veramente «ufficiale», doveva pur rimanerne, oltre che nell'accenno temistiano, qualche traccia nei testi cronografici o patrio grafici della nascita di Costantinopoli. Vale piuttosto la pena di chiedersi, perché mai Temistio avrebbe detto -rr!J xUxÀI!l, anziché usare un altro qualsiasi termine per designare le mura, se a queste avesse voluto alludere, come si ritiene comunemente. KU>tÀoc;, bisogna riconoscerlo, è termine piii consono all'operazione della delimitazione del perimetro urbano (nel rito della inauguratio: vedi oltre, note 30, 36) che alla costruzione delle mura. Tanto piu che, con precisione di gran lunga piu esplicita, dati cronografici (Chron. Pasch.) e considerazioni critiche ben fondate (TH. PREGER, Das Griindungsdatum cit., pp. 337 sgg.) autorizzano a ritenere che solo nd 328 ebbero inizio il rifacimento del vecchio -rtixoc; di Bisanzio e il cospicuo ampliamento delle mura.
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La scelta definitiva, caduta su Bisanzio (ma suggerita in sogno da Dio in persona, stando alla versione, ch'io ritengo fatta circolare già agli inizi; non dunque leggenda tardiva), segui ben presto; e dovette essere operante già nel corso del primo semestre del325 ". In quei mesi l'imperatore guardava insieme, e intensamente, a Bisanzio e a Nicea. A Bisanzio, con il rituale della inauguratio (il rito del «gradimento da parte della divinità») 10, nasceva la sua città visibile. A Nicea, dal piccolo seggio (kathisma) d'oro" al centro dell'aula conciliare, suggeriva ai vescovi le vie «consubstanziali» della hom6noia, della concordia religiosa, della «centralizzazione» ecclesiastica, su cui doveva fondarsi il suo stato unitario, la sua città ideale. Grande Costantino voleva la città visibile, e cosf già la chiamava nel Discorso alla conferenza dei santi (!J.e:yci.ÀYJ m)Àt>. Quanto a me, preciso che io ho esplicitamente respinto la tesi sul carattere «giuridico,. del colonato del m secolo. 21 L'essenziale è in P. BONFANTE, Corso di diritto romano, l. La famiglia, Roma I926, pp. 82 sg., che però richiede una piu netta distinzione &a la vendita dei neonati e quella degli adulti. Per una piu recente bibliografia sull'argomento vedi l'esame critico in D. NARDI, Ancora sul ius vendendi del pater {amtlias nella legislazione di Costantino, in Sodalitas. Scritti per Antonio Guarino, V, Napoli 1984, pp. 2287 sgg.; M. BIANCHI FOSSATI VAN:Z:ETII, Vendita ed esposi:.ione degli in/anti da Costantino a Giustiniano, in som, XLIX (1983). pp. 179 sgg.; R. LAMBERTINI, Due rescritti in tema di venditiones /iliorum, in «Labeo», XXXIII (1987), pp. I86 sgg.; R. MARTIN!, Sulla vendita dei neonati nel/4legislazione costantiniana, in «Atti dell'Accademia Costantiniana», VII (I988), pp. 423 sgg.; M. HUMBERT, En/ants à louer cit., pp. I89 sgg., nega che Costantino abbia ammesso la riduzione in servitu. 22 Vat. Fragm., 33 (a. 31,). " lbid., 34 (a. 3I3). Erronea la data in FIRA. Nello stesso senso Codice teodosiano, ,.IO.I (Costantino, 329), ripreso con significative interpolazioni in Codice giustinianeo, 4·43·2· 24 Codice teodosiano, 3· 3.I. " Costitu:.ioni Sirmondiane, ,. Per il riferimento al colonato anche M. BIANCHI FOSSATI VANZET· TI, Vendita cit., pp. 209 sg. Le parole «duplici pecunia» sono intese generalmente come doppio del prezzo, ma «duplici>> potrebbe anche alludere al doppio titolo del prezzo e delle spese. 26 Novelle di Valentiniano, n (a. 4SI); Codice giustinianeo, 4·43·:Z· e CASSIODORO, Van'e, 8.33+ IO
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4· Limiti al diritto di proprietà. Oltre le norme finora esaminate, vi erano le limitazioni al diritto di proprietà del colono, il quale poteva avere beni immobili, ma non poteva alienarli senza il consenso del proprietario del fondo cui apparteneva v. In una costituzione di Anastasio, nella quale si distingue tra coloni e adscripticii .. , si afferma addirittura che i beni di questi ultimi erano di proprietà del padrone. Si è affermato che la limitazione alla libera disponibilità dei propri beni in sostanza non introduceva nulla di nuovo, ma er~~: solo. un rafforzamento della norma tradizionale, in virtu della quale il locatore poteva rivalersi sul « peculio » del colono come «base materiale della sua responsabilità» B. In realtà, la diversità è molto grande, perché il diritto del locatore poteva nascere in conseguenza di un inadempimento del fittuario e doveva essere fatto valere in giudizio e solo dopo una condanna, mediante l'esercizio dell'azione esecutiva e dei suoi complicati meccanismi, pervenire alla vendita dei beni. Vi furono innovazioni nel diritto piu tardo, forse derivanti dalle difficoltà economiche ... Comunque sia, il divieto di vendere beni immobili senza il consenso del proprietario era qualitativamente altra cosa dalla responsabilità del debitore. Che esso sia, come sostiene il Saumagne", una tappa importante nello sviluppo del colonato verso una forma di dipendenza personale, si può accogliere nel senso che si accentuava con tale misura il vincolo del colono al fondo cui apparteneva, mentre certo esso non convalida la tesi che la base del rapporto era semplicemente un contratto di locazione, come al tempo del libero fittuario. Per considerazioni analoghe non è accettabile la tesi del Fuste! de Coulanges, fatta propria dal Finley '\ che il colono anche nell'età antica era di fatto legato alla terra essendo esposto al pericolo dell'esecuzione personale e quindi della prigionia presso il creditore nel caso di insolvenza. Quest'idea non trova una valida base nei meccanismi dell'azione esecutiva classica, ma principalmente nelle testimonianze di Plinio il Giovane, il quale preferiva sostituire i coloni, anziché costringerli a restare sul fondo sotto la minaccia di un processo.
tum
n Codice teodosiano, ,.I9.I (Valentiniano e Valente, 36,); cfr. il significativo «saepissime decre· est» di Codice giustinianeo, n.,o.2. 21 Codice giustinianeo, II.48.19 =Basilici, ,.,.rs, sulla quale cfr. pp. 798-99. B o. EIBACH, Untersuchungen cit., p. 10 M. KASER, Das r6mische Zivilprozessrecht, Miinchen r966, p. 'I' e ivi cit. "CH. SAUMAGNE, Durate de l'«ongp» et du «census» dans 14/ormation du colonat romain, in
2,.
«Byzantion», XII (1937), pp. ,os sg., 546 sg. " M. I. FINLEY,
Studies in Roman Property (trad. it. La proprietà a Roma, Bari r98o, pp. 139 sg.).
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5· Condizione dei coloni.
Le norme sullo stato dei figli e discendenti di un colono, sulla prescrizione, anche nella inasprita versione di Giustiniano, sulla vendita dei figli e sulla loro applicazione pratica, nonché quelle sulla proprietà, pongono in evidenza che non si trattava solo di un limite alla libertà di movimento della persona del colono, ma che il colonato era una condizione o stato personale, variamente disciplinato nel corso del tempo allo scopo di fronteggiare situazioni emergenti e soprattutto le reazioni dirette da parte dei sottoposti ad aggirare i divieti della migratio e del trasferimento ad altre attività professionali, e da parte dei proprietari a impiegare contro di loro misure illegali o trattarli come schiavi. È forse eccessivo sostenere che le leggi erano praticamente ignorate'' o sconosciute", ma non si può negare che vi era una realtà in movimento diversa da quella cristallizzata che ci presentano i codici. Nell'impiego de~ mezzi coercitivi che le leggi accordano ai proprietari, il rischio di assimilarli agli schiavi era grande. Lo avverte già Costantino, allorché nell'autorizzare il padrone a porre in catene il colono, che sta per compiere un tentativo di fuga ", dichiarando che questa era una condizione servile ammonisce che il lavoro da esigere era quello dei liberi. Le leggi affermano l'ingenuitas dei coloni, mentre li dichiarano servi della terra". Alla luce di quanto precede si può spiegare la terminologia delle fonti, che risentono dell'ambigua peculiarità del colono, e non sono in grado di offrire una definizione sistematica del colonato. n proprietario del fondo si chiama ora patronus, ora dominus ", il matrimonio è qualificato come contubernium" e piu di una volta il colono è assimilato allo schia'' R. MACMULLEN, Socio/ Mobility and the Theodosian Code, in]RS, LIV (r964l, pp. 49 sgg., con una accentuazione di A. H. M. JONES, The socio/ Background of the Struggle between Paganism and Christianity, in A. MOMIGLIANO, Paganism and Christianity in the Fourth Century, London 19()3, pp. 34 sg. (trad. it. Torino r!j68), da leggersi assieme a Il tardo impero romano, Milano r964, m, pp. uz6 sgg.; The Decline of the Ancient World, London 1966, p. Z93· " Cosi P. PANITSCHEK, Der spiitanttke Kolonat cit., p. 15z. " Cosi, con una giusta rettifica dell'interpretazione comune («premeditano•), A. SANTILU, Sul· l'origine del cotonato, in «Studi Senesi•, LXXXVll (1973), p. 145· " Codice giustinianeo, n.5Z.I.I. Distinzione tra ingenui e servi: ibid., n.68.4 (367), 1.12.6.9 (466), 8.51-3 (5z9l, n.48.u pr.·I (Arcadio e Onorio); «servus vel colonus»: Pauli Sententiae, 3.6.48, forse interpolato; Codice giustinianeo, n.r2.6; ibid.,u.19.12 (Anastasio); Novelle di Severo, 2 (465); Codice giustinianeo, 2.4.43 (500). L'espressione è ricorrente nelle fonti romano-barbariche: Editto di Tedorico, 21, 84, 97, 98, I04, 109, 121,148; Legge. romana dei Burgundi, 6.2, 12.2,14·4• 37.6, 46.2. Nella patristica il piu radicale è SALVIANO, Del governo di Dio, 5.44: «Vertuntur in servos ».In due testi vi è quasi una gerarchia: vedi oltre, p. 797, nota 49· 17 Codice teodosiano, 5·17.1. " Codice giustinianeo, n.68.1 (Zenone).
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vo. A proposito degli obblighi fiscali si dice «è quasi come se apparissero dati ad una qualche servitu » '', usando il termine dediti, che era proprio della resa dei soggiogati al potere romano. Per stabilire il vincolo alla terra si dispone « inserviant terris » 40 o « iure colonario serviturus » ". Contenute in norme imperative, non si possono considerare come espressioni puramente metaforiche"; esse rivelano quale fosse la concezione del legislatore sul colonato, un vincolo di asservimento alla terra di una persona e quindi al proprietario del fondo, diverso dallo schiavo. Significativo è il testo della costituzione relativa all'insediamento degli Sciri ", dei quali si dispone che potevano essere attribuiti ai proprietari, ma soltanto « iure colonatus », né ridotti in servitu o addetti a servizi urbani. Valeva per loro il divieto di portarli via con frode o di accoglierli se fuggitivi, come era stabilito per gli ascritti al censo o per i coloni di altri. Era solo permesso di tenerli per due anni in province transmarine, poi dovevano essere fissati nelle loro sedi perpetue. Oltre che in questa costituzione ius colonatus ricorre in altre fonti ...
6. Termini vari. L'«origo». Nelle fonti ricorrono vari termini per designare i coloni vincolati alla terra: censibus adscripti, poi adscriptiet'i, originarii e origina/es, tributarii, inquilini e anche casati. Era inevitabile che gli storici andassero alla ricerca delle peculiarità di ciascuno e degli eventuali mutamenti storici. I vari studi dedicati a questo tema e. in ultimo quello di Eibach, che reca molti utili contributi, non sono giunti a conclusioni concordi. Non rientra tra i fini di questo scritto ripercorrere un cammino tante volte battu" Ibid., n.,o.2 pr. 40 Ibid., n.n.r. 41 Novelle di Valentiniano, 31(30).1. 42 Cosi inveceJ.·M. Carrié, in «Opus » (1983), p. 207; vedi anche D. EIBACH, Untersuchungen ci t. " Codice teodosiano, 5.6. 3 (Onorio e Teodosio ad Antemio P.P. 409). Si tratta di un testo pubblicato nel 1824 e quindi non ancora noto al Savigny al tempo del suo primo saggio. Esso fu scoperto Ja Peyron nel r823, inserito nell'edizione di Wenck dei primi cinque libri del Codice teodosiano e poi nel-
le successive, accuratamente collazionato da P. Kriiger; presenta delle lacune, quasi tutte restituite dal Peyron. Kriiger dichiara irrimediabilrnente corrotta la frase «a c ... acent >> che il Wenck restituisce « ac nulli subacta perequationi ve! censui subiaceant ». Mommsen rifiuta tale restituzione, perché non è consentita dal codice Torinese e contrasta con la sostanza della legge; si attenderebbe una frase co· me « nullus subtrahat eos acta peraequatione ve! censui faciat ne vacent >>, anch'essa però paleograficamente impossibile. Sulla storia di questi ritrovamenti cfr. il saggio di Laura Moscati con la recen· sione di E. Volterra, in BIDR, LXXXIV (1981), p. 308, nonché G. Scherillo, in SDHI, IV (1940), pp. 408 sgg. "' Codice teodosiano, 12.1.33 (342); Novella di Giustiniano, Appendice IX; VITTORIO DI VI· TA, 3.20.
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to ".Tuttavia su di un punto è necessario fermarsi, data la sua importanza nella storia del colonato, e cioè sul rapporto tra l'origo e l'iscrizione nel censo, nonché sul significato del termine adscripticius, che dalla metà del v secolo in poi appare nella terminologia. Sul valore dell'origo è indubbio che nel tardo Impero il termine si usava, a differenza che per il passato .., per le persone in vario modo vincolate a un servizio pubblico e per i coloni. Le fonti, come si è visto, in casi di abolizione di un'imposta dichiarano che il colono rimane legato al fondo che coltivava in forza della sua origine. Molto importante è l'uso del.termine originarius in documenti ufficiali rivelatoci dalla versione latina del discorso dell'imperatore Marciano al concilio di Calcedonia (451 d. C.), corrispondente a enapographos del testo greco•7 • Non si può dubitare della contemporaneità dei due testi, e anzi secondo la testimonianza di Rusticus l'allocuzione sarebbe stata pronunciata prima in latino, poi in greco ... I codici pervenuti ci, anche se redatti tempo dopo, attingevano a documenti ufficiali e quindi si deve ritenere che a metà del v secolo enapographos non era ancora l'adscripticius, come tutti ritengono. Si preferiva originarius per una evidente ragione sostanziale, in quanto esso comprendeva sia i coloni iscritti nel censo sia quelli che non lo erano. Se mai ci si può chiedere perché l'estensore del testo greco usi il termine enapographos, se non si vuoi pensare a un diverso regime esistente in Oriente e Occidente, tesi di carattere storico generale elaborata com'è noto dal Fallasse. Alla luce di tali considerazioni non si può non accogliere l'intuizione del Saumagne, che ha dedicato appunto all'origo un'indagine fondamentale.,_ In essa peraltro vi sono idee sofisticate, non utili per dare una base solida alla funzione dell'origo, e che costituiscono una, sia pure raffinata, manifestazione del nominalismo giuridico. Fra di esse è da annoverarsi la configurazione del vincolo, come un rapporto nel quale la terra è il soggetto, il colono l'oggetto, donde la qualificazione giuridica fittizia di schiavo soggetto alla potestà della terra, come a una potestas dominica. Interessa" Vedi l'ampio esame critico in R. CLATJSING, The Roman Colona/e cit., e D. EIBACH, Untersuchu'tlgen cit. 46 Riferimenti nella mia Storia della costituzione romana, m, Napoli 197l, p. 290, nota 16 e principalmente D. Néirr, in PW.Suppl., X, pp. 433 sgg. " ACO, II, 2, 109 lat.; II, 1, 3'1 gr. (Schwartz). 48 ACO, ill, 2, 409· Anche nella versio latina del codice Vaticano si attesta che l'imperatore parlò in latino e greco: ACO, II, 2, 107. Nei luoghi corrispondenti del testo greco non vi è accenno al latino. Non nascondo l'estrema difficoltà di trarre dai vari volumi degli Atti del concilio di Calcedonia una chiara ricostruzione della storia degli Atti, per il modo disordinato con il quale il benemerito editore ha trattato del tema. " Può darsi che Saumagne ecceda nell'interpretazione delle fonti che adduce a sostegno della sua teoria della gerarchia degli stati personali, ma non si può negare che negli elenchi di Codice teodosiano, 9.21.2.4 (321) e 2.31.1 (422), il colono è menzionato un po' al disopra del servo.
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no invece gli elementi sostanziali di questo rapporto, che dal lato giuridi. co è un ibrido in quanto il colono è una persona libera, soggetta però a tali limiti e oneri da awicinarlo allo schiavo. Interessa ancora di piu stabilire se l' origo sia stata applicata dapprima nei fondi patrimoniali dell'imperatore e poi estesa altrove o se invece essa sia fin dall'inizio coesistente con il censo. Piu attendibile è la seconda ipotesi, in quanto l'origo preesisteva al censimento dioclezianeo e fu necessariamente valutata ai fini della determinazione dei soggetti dell'imposta Uones). Ma da quel tempo in poi l'o rigo si trasformò nella sua sostanza reale e divenne la fonte di un vincolo con la terra in modo indipendente dalla responsabilità fiscale. Essa obbediva a un'esigenza di assicurare la coltivazione dei fondi in un'epoca nella quale per fattori vari vi era il ricorrente rischio di mancanza o insufficienza delle forze di lavoro. I disastri che colpirono l'Impero, le grandi epidemie, le incursioni dei barbari, le guerre che richiedevano arruolamenti di giovani e comunque la formazione di grandi eserciti permanenti e cosi via hanno certo, almeno in parte, influito su questa esigenza. D'altro lato il trasferimento dei contadini ad altre terre, considerate piu redditizie, owero ad attività diverse dall'agricoltura, e lo sfruttamento cui erano soggetti da parte dei proprietari o dei loro intendenti, avrà influito nella creazione di un vincolo permanente per mezzo di norme coattive imposte dal potere imperiale. Questo valeva anche se non vi era dipendenza fiscale. È perciò comprensibile che quando si aboliva l'imposta, come awenne per la capitazione nella T rada, il governo ebbe subito a portata di mano il principio dell'origo. 7· «Adscripticii».
Un'altra e diversa questione riguarda gli adscripticii, che hanno una disciplina organica soltanto con Giustiniano. Prima di allora, sebbene essi siano talvolta menzionati in alcune leggi, alcune delle quali sono ritenute interpolate'", manca una chiara definizione del loro stato. Anche in quelle del v secolo di Leone, Zenone e Anastasio n non si trova nulla che permetta di comprendere in che cosa essi siano diversi da altri coloni. Solo in una di esse, la legge di Anastasio in C. rr.48.r9, vi è una chiara distinzione &a categorie di coloni. Questa legge però in modo inconsue-
ns.
,. Per me è certa l'interpolazione di Codice giustinianeo, s.,u (225), possibile quella di n (325) per il confronto con Codice teodosiano, 2.25.1; non convincenti le ragioni per Codice giustiania· neo, D.48.6 (366) di Valentiniano. " Codice giustinianeo, 1.12.6 (Leone, 466), 1.3.36 (Zenone, 484), n.69.I (Zenone), 2.4.43 (Anasta· sio, 500), 12.19.U (Anastasio), D.48.19 (Anastasio).
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to riproduce un testo dei Basilici e quindi si può perfino dubitare della sua autenticità", non della sua esistenza, perché Giustiniano la cita espiicitamente e la conferma nella parte che riguarda lo stato dei figli". In tale legge si parla di enapographoi e di misthotai, contadini che sono stati sul fondo per oltre trent'anni. I primi non hanno la capacità di possedere beni immobili, la cui appartenenza, non semplice disponibilità, è del proprietario. Gli altri conservano lo stato di liberi e la capacità di possedere beni immobili, ma sono vincolati al fondo. Da tale diversità sembra che si debba desumere che vi erano anche contadini liberi, i quali potevano lasciare il fondo prima del decorso di trent'anni. Si dovrebbe altresi dedurre che essi non erano nemmeno iscritti al censo, se questo è il senso del termine enapographoi. Ma una qualche cautela nel trarre illazioni sicure da un testo, che dopo tutto è una versione dei Basilici dell'originale, è di obbligo. Giustiniano riprende e precisa la legge di Anastasio e ne dichiara l'applicabilità ai figli dei coloni, sebbene essi non siano rimasti trent' anni sul fondo"'. Egli aggiunge che costoro non debbano essere gravati da una condizione deteriore, e quindi vieta ai proprietari di imporre loro una qualsiasi innovazione e di fare violenza. Nel caso che ciò sia avvenuto in seguito alla pronuncia di un giudice, il capo della provincia dovrà fare risarcire la lesione subita e osservare la consuetudine antica nella prestazione del reddito. Nemmeno in questa ipotesi il colono ha la facoltà di abbandonare il fondo. In un'altra costituzione" si dettano norme rigorose per la validità del contratto con il quale una persona libera si vincola con un'altra come adscripticius. Si richiede non solo la presentazione di un atto scritto a un pubblico archivio, ma anche che esso sia suffragato da una iscrizione fiscale. T ali norme sono giudicate necessarie data la gravità dell'atto, che crea per l' adscriptus una deterior fortuna rispetto a un libero. Una volta nato il vincolo non può essere estinto nemmeno con la prescrizione. Esso colpisce anche il figlio dell'ascritto, sebbene sia stato assente dal fondo per trenta o quarant'anni e perfino se non abbia mai esercitato l'agricoltura. La motivazione pseudofilosofica è che in qualche modo «una parte del corpo rimaneva nel fondo per via della parentela». Non si può negare che queste leggi distinguono nettamente due gruppi di coloni, gli adscripticii con i loro discendenti e i coloni vincolati alla terra per il decorso della prescrizione. Per costoro si do"Ibid., II-48.19 =Basilici, 5·55-18. Apocrifa la definisceJ.·M. Carrié, in «Opus» (1983), p. 222. " Codice giustinianeo, n,48.23.1. " Ibid., II.48.2J.I-2. " Ibid., II.48.22 (531). Nel§ 2 vi è una sicura glossa.
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vevano mantenere le condizioni preesistenti anche per le prestazioni del reddito ed era possibile la prescrizione del vincolo. L'esistenza di due diversi gruppi di dipendenti è attestata da altre costituzioni e novelle, che riguardano tutte i matrimoni misti e lo stato dei figli nati da essi, in particolare se uno dei coniugi sia un adscriptus ". liripetersi di tali provvedimenti dimostra che nella pratica le piu comuni controversie riguardavano tali casi, che sono espressioni di una spinta sociale diretta a far riconoscere al figlio la condizione migliore e di una opposta, dei proprietari, rivolta a mantenere immutato il vincolo di dipendenza del genitore anche nel figlio. Non vi sono invece leggi relative a controversie sulla proprietà, ma va posto in evidenza che in una novella si prevede il possesso di beni immobili da parte degli adscripticii, in contrasto con la legge di Anastasio, nella quale può darsi che l' approssimativa versione bizantina abbia trasformato il divieto di alienazione senza il consenso del padrone in incapacità di possedere,.,. La distinzione tra i due gruppi è di sostanza, non è puramente terminologica, dovuta a un'esigenza logica di precisione'". Detto questo varilevato che nemmeno nella legislazione giustinianea si pone in chiaro chi siano gli adscripticii e chi i coloni chiamati liberi. Per i primi è diffusa l'opinione che essi siano iscritti nel censo a proprio nome, i quali pagano direttamente l'imposta al fisco e non mediante il proprietario del fondo". Un indizio in questo senso si potrebbe trarre dalla novella 127, ma è troppo debole prova per un tema di cosi grande entità. Purtroppo, dobbiamo confessare che non vi sono elementi adeguati per una conoscenza piena della categoria, né ci sembra che la distinzione sull'obbligo dell'imposta possa spiegare le altre norme che senza dubbio creano una condizione peggiore di quella di altri coloni. Se mai la razionalità del sistema dovrebbe indurre a conclusioni opposte. Non si può dunque che avventurare l'ipotesi di un'evoluzione storica, che ha reso realmente perpetuo lo stato del colono, dal momento che non si riconosceva loro nemmeno la possibilità di modificare il proprio stato con la prescrizione ,. Ibid., II.48.21, n.48.24, 7.24.1; Noilella 22.17, H pr.-1, 156, 1,7, 162; Novelle di Giustino II, 6; Novelle di Tiberio II, 13. Si possono anche ricordare le norme sull'abolizione del SC. Claudiano: Codice giustinianeo, 7·24.1, cfr. II-45·24· ,., Novella 128.14.Inoltre Novella 127 (54,), facoltà di regolare questioni fiscali in un rapporto pri· vato; Novella 22.17, nullità della dote e donazione per nozze in caso di matrimonio vietato, il che im· plica la validità se il matrimonio è permesso. '" Cosi invece D. EIBACH, Untersuchungen cit., pp. 202 sgg.: un «Kunstwort». " Vedi ad esempio P. COLLINET, Le ro/onat dllns l'Empire romain, in Le Servage («Recueil de la SociétéJean Bodim•), Bruxelles 19562, pp. 96 e II2, con le aggiunte di Pallasse, p. 125 (diversità tra l'e· napographos dei papiri egiziani e quello della costituzione di Anastasio); M. DE DOMINicrs, I coloni adscripticii nella legislazione di Giustiniano, in Studi Betti, m. Milano 1962, p. Bn; G. GILIBERTI, Servus quasi ro/onus, Napoli r98r, p. 14 e nota 13.
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del diritto dd proprietario. Ma per questo occorreva una volontaria e solenne decisione del soggetto spinto da ragioni, che non è facile individuare, ad assumere per sé e la propria discendenza uno stato giuridico permanente di colono di un fondo determinato. Si trattava dunque di nuovi coloni, che forse dall'età di Anastasio sceglievano il loro stato e cosi si assicuravano almeno la certezza di un lavoro stabile. A sostegno di tale ipotesi si potrebbe anche addurre il senso del termine, che fin dall'età antica indicava una persona che si era aggiunta, come i «novos et adscripticios cives» di Cicerone~. 8. Coloni «adscripticii», «liberi», «homologi». In quest'ordine di idee si potrebbe anche comprendere chi fossero i coloni chiamati liberi, ma ugualmente vincolati alla terra. Essi erano tutti i coltivatori, che non potevano lasciare il fondo per virtu dell'origo o dell'iscrizione nel censo, ma potevano sperare di liberarsi dal loro stato mediante la prescrizione. In un altro ordine di idee va tenuto conto dell'ipotesi che essifossero appartenenti a villaggi, sui quali gravava l'onere di esigere le imposte dai contadini". Ma la condizione dei coloni in Egitto, per i quali si può disporre di una migliore documentazione, è incerta, almeno per quanto riguarda gli homologi. L'idea che essi siano gli originart'i, esistenti già dopo la riforma di Diocleziano, e piu tardi siano stati chiamati enapographoi 62 non è sicura. Principalmente, a mio parere, vi si oppone la costituzione di Teodosio del41.5 '',nella quale, se si accetta il testo come è nella tradizione manoscritta, gli homologi sono una categoria distinta dai coloni legati a una determinata proprietà. Essi sono chiamati cosf «more gentilicio», parole che possono far pensare a una discendenza ereditaria. La congettura che si possa trattare di contadini legati a un signore da un vincolo contrattuale non è inverosimile. A parte 60 CICERONE,
Del/a natura degli dèi, j.J,(j9). J.·M. Carrié, in «Opus» (1983), pp. 223 sg. " Id., in Atti del XIII Congresso Internazionale di Papirologia, p. 943· 6' Codice teodosiano, n.24.6, nella quale si stabiliscono le misure da osservare in Egitto sulla base di una relazione di tre personaggi elevati, che avevano compiuto un'ispezione sul luogo. Gli editori del Codice propongono di modificare la lezione del testo e leggere alle linee 13-I4 «qui homologi more gentilicio nuncupantur et vicis quibus adscripti sunt derelictis ad alios seu vicos seu dominos transierunt ». Se si accetta questa lezione gli homo/ogi sono gli ascritti ai vici, ma tale mutamento dovrebbe essere giustificato da altre prove, di cui non si dispone. A. H. M. JONES, The Roman Colona/e, in ID., The Roman Economy, Oxford 1974, p. 303, considera gli homologi, prima del41,, come coloni legati al proprietario; in Il tardo impero romano cit., III, p. 1.204, forse fittavoli di terre separate dai villaggi e date a proprietari estranei, che però restavano iscritti nel villaggio; per A. PIGANIOL, L'Empire chrétien, Paris 1947, p. 313, nota 4, abitanti dei vici senza proprietari; piu ampie citazioni inJ.-M. Carrié, in Atti del XIII Congresso Internazionale di Papiro/ogia, p. 941· 61
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questo, il fatto che intorno al46o si trova per la prima_volta nei papiri la terminologia enapographos non prova che essa sia relativa agli antichi homologi, né che dall'Egitto si sia diffusa in Oriente. Quanto all' estensione in Egitto della capitatio-iugatio, a me pare che vi siano prove chiare per la tesi che essa fu introdotta intorno alla metà dd IV secolo; l'unità imponibile era fino ad allora l' arura, che i documenti menzionano fino al 349· Dieci anni dopo troviamo un'unità fiscale chiamata kephale, caput ... Comunque sia a me pare che una sorta di imposta mista, comprendente capitatio e iugatio, non sia esistita. Torniamo agli adscripticii di Giustiniano. È difficile contestare che essi siano espressione ultima di una tendenza a irrigidire il vincolo con la terra e la dipendenza dal proprietario, fino a porre a confronto la condizione servile e quella adscripticia "'. Si tratta però di un confronto con il fine di escludere l'equiparazione. Pallasse ha notato che Giustiniano non ha osato di sovvertire interamente le norme romane e ha nascosto sotto un'altra veste la realtà dei rapporti. Aggiungo semplicemente che la sua morale si trova espressa nella motivazione con la quale si sancisce l'imprescrittibilità del vincolo per l'adscripticius: «è abbastanza inumano che la terra la quale aveva i suoi adscripticii dall'inizio sia defraudata dalle sue membra». Non era inumano che l'uomo fosse trattato come una parte inseparabile dalla terra. In questa fùosofia vi è anche la chiave per la giusta comprensione della natura del colonato. In fondo la disputa interminabile tra fautori e avversari dell'idea che, alla fme, i coloni furono uguagliati ai servi può avere una conclusione storicamente piu valida. Il colonato non è equiparato al servo", perché esso è un'istituzione nuova, che si pone tra libertà e servitu, e consiste in un vincolo con la terra e quindi in una forma di assoggettamento al proprietario della terra, ben diversa da quella dello schiavo. Se Irnerio ha usato per primo, come ritiene il }3loch fil, il termine servus glebae, già le fonti romane parlavano di gleba e di servitu della terra'". Questo non vuoi dire affatto che la cosiddetta servitu della gleba medievale sia la continuazione del colonato, ma " Prove in F. DE MARTINO, Storia economica di Roma antica, Firenze 1980, n, p. 436, nota :li, e P· 437, nota 29. DCartié mi attribuisce (« Opus,. (198 3), p. 248, nota 56) una tesi neounitaria, consistente nell'imposta di capitazione incorporata in quella fondiaria, mentre io mi sono riferito ai criteri per individuare l'oggetto dell'imposizione, cioè un'imposta calcolata secondo l'estensione o secondo i capi. " Codice giustinianeo, 48.11.1. 66 Riconosco che la tesi da me sostenuta in passato sull'avvicinamento trta schiavi e coloni per modifiche intervenute in entrambi è approssimativa, anche se coglie innegabili aspetti dello sviluppo storico. 67 M. BLOCH, La se"'itu nelltz società medievale, trad. it. Firenze 1975, pp. 265 sgg., 286 sgg. 61 Codice giustinianeo, II.48.15; Codice teodosiano, u.1.u; Codice giustinianeo, II.48. 3, sostituisce «tertae» a «slebae».
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sol? constatare come le leggi del tardo Impero concepivano questa istituziOne.
9· Cotonato e locazione. Vari studiosi considerano il colonato niente di diverso dall'antica locazione dei· fondi rustici, che si era diffusa già alla fine del 1 secolo dell'Impero. La fonte degli obblighi del colono nell'età tarda sarebbe pur sempre un contratto privato, cui si sovrapposero, se mai, norme di carattere pubblico per scopi fiscali. In realtà nelle leggi vi è un ibrido intreccio tra pubblico e privato e questo favorisce l'insorgere di interpretazioni divergenti. ll Weber ha rilevato che i giuristi non trattano del colonato perché questo aveva il suo fondamento in norme amministrative ... In realtà i giuristi non potevano trattare di un istituto che non esisteva nell'età classica. Nel Codice di Giustiniano poche leggi nella rubrica della locazione si occupano dei fondi rustici, mentre in quelle dedicate al colonato vi sono leggi che ammettono un diritto di azione del colono contro il proprietario. Cosi nel caso delle esazioni eccedenti il giusto 70, che può riferirsi a illegittime maggiorazioni dei canoni, senza escludere che invece siano esazioni fiscali 11 • La tesi weberiana spiega ben poco e del resto lo stesso autore ne era consapevole, tanto è vero che egli aggiungeva che lo stato giuridico era oscillante in modo vario. In senso diverso nelle sue penetranti ricerche sul diritto volgare il Levy ha rilevato che nelle fonti giuridiche la locazione conduzione è scomparsa in Occidente e già nel Codice teodosiano, nel quale manca la rubrica corrispondente 72 • Si potrebbe supporre che essa fosse nella parte perduta prima del libro VI", ma l'ipotesi è improbabile, perché vi sono le altre rubriche, che nell'ordine tradizionale dell'Editto precedono e seguono quelle della locazione. Inoltre nello stesso Teodosiano vi sono testi con conductores in rapporti di diritto pubblico, ma anche riferiti a contratti privati" in genere considerati in basso nella scala sociale. Senonché i conductores per lo piu non sono piccoli contadini, " M. WEBER, Die f'Omische Agrargeschichte, Stuttgan 1891, p. 259. '" Codice giustinianeo, II.,o.I (325). 71 CosiJ.-M. Carrié, in «0pus» (1983), p. 225. Altri casi di azioni del colono contro il proprieta-
rio in
D. EIBACH, Untersuchungen cit., pp. 23 sgg. E. LEVY, Vom réimischen Precarium zur germanische
LAndleihe, in ZSS, LVI (1948), pp. 1 sgg., particolarmente pp. 17 sgg.; m., Westromische Vulgarrecht, Weimar 1956, pp. 251 sgg. " Piu di un terzo, secondo la dimostrazione di TH. MOMMSEN, Prolegomena in Theodosianum, 72
xxxvm. 74
Fonti in E. LEVY, Vom f'Omischen Precarium cit., pp.
20-22;
sui conductores cfr. oltre, p. 8n.
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ma grandi imprenditori, i quali somigliavano piu ai proprietari che a veri fittavoli. Nelle fonti occidentali fanno la loro apparizione altri tipi di rapporti, come l'enfiteusi e il precario, il che dimostra l'incessante ricerca che durava da sempre di nuove forme di rapporti per rendere la gestione piu produttiva, indizio, sia pure indiretto, che il colonato non era bastato a superare una crisi strutturale. Le fonti giuridiche ci aiutano a intravedere una realtà economica, ma non di definirne le dimensioni. Per una conoscenza di questa dobbiamo riprendere la ricerca sulle forze di lavoro e sulle forme di gestione.
IO.
Pretese divisioni in lotti.
A suo tempo abbiamo contestato la teoria risalente al Rodbertus e molto diffusa con l'appoggio di grandi autorità, come Weber, sulle trasformazioni del regime agrario, la fine della grande tenuta e lo spezzettamento in lotti, dati in affitto a servi divenuti coloni". Purtroppo, anche se in termini diversi e piu suggestivi, questa stessa tesi riappare in studiosi che hanno avvertito l'esigenza di una revisione critica della storiografia, come il Vera e lo stesso Carrié, allorché asswne come schema generalizzante il regime agrario dell'Egitto, mettendo assieme ai documenti del IV e v secolo anche quelli posteriori. Ancora piu importante è la tendenza a dividere proprietà e gestione e nella forma piu elaborata e suggestiva la rendita dalla produzione 76 • La teoria del Rodbertus si inquadrava in una schematizzazione del processo storico che fa subentrare all'economia schiavistica quella del colonato quasi con un taglio. Le teorie attuali mirano a una revisione e approfondimento delle idee sulla funzione economica del colono e piu ampiamente fra modo di produzione e rendita, quindi tra proprietà e forze di lavoro. In sé positive perché affrontano problemi reali, non esauriscono un tema complesso e arduo, dato lo stato delle fonti. Se si leggono le pagine della piu completa e minuziasa raccolta di fonti nell'opera monumentale delJones, si ha un'idea dell'estrema frammentarietà e insufficienza della documentazione, che è molto al disotto di quella preservata nelle fonti giuridiche. Sono quindi ben comprensibili le difficoltà di una ricostruzione attendibile. Oggi si afferma che «di grandi tenute schiavistiche gestite unitariamente nella ., Per la critica cfr. F. DE MARTINO, Schil.lvi e coloni cit., pp. 72 sgg., a nota 48 citazioni dei princi-
pali autori. 76 E. FRÉZOULS, La vie rurale au Ba.r Empire d'après l'a:uvre de Palladius, in «Ktèma», V (r98ol, pp. 193 sgg.; D. VERA, Strutture agrarie e strutture patrimoniali nella tarda antichità, in «Opus », II, l (I98J), pp. 489 sgg.; ID., Forme e funzione della rendita fondiaria cit.
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77
tarda antichità non si hanno riscontri» Si rimane dubbiosi di fronte a una cosi decisa affermazione. Allorché Simmaco descrive il lavoro durante il raccolto di una delle sue tenute, è chiaro che si tratta di una gestione unitaria; il proprietario è presente, gli impianti sono comuni e nulla nel testo autorizza a pensare che il fondo fosse diviso in lotti dati in fitto a liberi coloni. termine adoperato per i lavoratori è generico, agricolae, e non si specifica se essi fossero coloni, braccianti estranei assunti per l'occasione o servi,.. I grandi possedimenti di Melania erano coltivati da schiavi almeno in Italia e Spagna, ma non si può escludere nemmeno quello immenso donato alla Chiesa di T agaste in Africa, che aveva il carattere di un vero e proprio dominio fornito di tutto,._ n riferimento agli schiavi di possedimenti lontani da Roma in altre province a proposito delle proteste contro le manumissioni., prova senza possibilità di dubbio che anche altrove vi erano tenute con impiego di schiavi. •
n
II.
La testimonianza di Palladio.
Il solo agronomo di età tarda pervenutoci, Palladio, tace della gestione economica, ma fornisce utili dati sulla natura della tenuta. Da tutto il contesto si trae che essa era di grandi dimensioni, con una gestione unitaria. Buona parte del libro primo è dedicata alla costruzione della villa del padrone, una casa ampia e comoda, con appartamenti invernali ed estivi. Una inconsueta trattazione riguarda l'impianto di bagni con acqua calda, che non sono certo lussuosi come quelli descritti da Sidonio Apollinare per la sua villa, ma non sono i piu propri di un modesto podere". Sono previste anche condutture grandi di piombo per l'acqua 82 • Vi sono impianti per la lavorazione del vino e dell'olio e per la loro conservazione, nonché un ampio granaio o piu granai ••. Vi è un mulino ad acqua ... La vicinanza dell'aia all'abitazione del padrone o del procuratore., è una reminiscenza di agronomi antichi, ma anche un indizio dell' ampiezza della tenuta e della gestione diretta, perché solo in tal caso il proprietario poteva temere le frodi, a meno che non si pensi al pagamento di 77
Ibid., p. 407. Epistole, J.ZJ. Vita di Melania (lat.), ZI. Ibid., IO (gr. m). PALLADIO, I.J9, e il commento di Manin, p. qz. Ibid., 9.I2. Ibid., u8-zo: per i granai singolare nel titolo, plurale nel testo . Ibid., I.4I, estremamente sintetico, come tutte le notizie tecniche. fbiJ., I. 36.
11 SIMMACO,
" 80
"
" " .. "
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quote dei prodotti. Stalle per gli animali, ricchi aviari, anche di selvatici, come fagiani, apicultura particolarmente curata possono essere altri indizi ... È difficile credere alla dichiarazione dell'autore nel preambolo, che egli, a differenza dei predecessori, intendeva rivolgersi alla gente semplice delle campagne"'. Per quanto riguarda le forze di lavoro e gli schiavi è vero che nel manuale non vi è accenno agli alloggi per gli schiavi, ma in due passi si prescrive una sorveglianza continua sui lavoratori e anzi un apposito custode 88 , come era nel regime schiavistico. D'altra parte non si parla nemmeno dell'abitazione di coloni o di altro personale. Infine alla testa della tenuta va preposto un praesul, da non scegliersi tra gli schiavi teneramente amati .. , e inoltre un amministratore, procura/or. Non si parla di conduttori. n disinteresse per le forze di lavoro, secondo il F rézouls "', dipenderebbe dal fatto che ormai proprietà e gestione erano interamente separate, mentre il presule e il procuratore riguarderebbero quella parte della tenuta che il proprietario si era riservata, il che non risulta dal testo, né da altre fonti dell'epoca ... 12.
Schiavi in agricoltura.
L'esistenza di un numero elevato di schiavi nel tardo Impero è indubbia, almeno per l'Italia, la Gallia, la Spagna. n Frézouls esclude la schiavitu rurale, ma non ha altro argomento che l'estrazione del presule di Palladio dagli schiavi urbani, troppo poco per non dire nulla a sostegno di una tesi tanto radicale". La documentazione sulla schiavitu rurale anche nel tardo Impero è ben nota. È utile a questo riguardo fermarsi su di un episodio della vita di Melania, che induce a utili considerazioni. Le Ibid., 1.23 sgg.; fagiani, 1.39; api, I.J7·J8. " Sull'opera di Palladio e il suo carattere cfr. A. GIARDINA, Palladio, il latifondo italico e l'occulta· mento della sodetà rurale, appendice a Le due Italie, in ID. (a cura di), Società romana cit., l, pp. 31 sgg. Non sono tanto convinto che il trattato di Palladio sia «l'attestazione fondamentale dell'emergere prepotente della società contadina nella cultura dell'epoca», date le varie considerazioni sui veri de· stinatari dell'opera e anche sullo stile dell'autore. Né la spiegazione ideologica di Le Goff sull'occulta· mento dei contadini nella società dell'epoca ci aiuta a conoscere la realtà. 88 PALLADIO, 2.10.4; dr. 2.J.2. 19 Ibid., r.6.r8. 90 E. FRtzouLs, vie rurale cit., p. 204. Egli finisce però con l'ammettere un certo grado di di· pendenza. 91 Anche D. VERA, Strutture agrarie cit., p. '04 e passim; in senso contrario ID., Forme e funzione della rendita fondiaria cit., p. 408. 92 E. F'lffiZOULS, La vie rurale cit., p. 204. Questa tesi è sostenuta dal Verlinden per l'alto medioevo, insieme alla trasformazione dei coloni in servi casati; su questo dr. F. DE MARTINO, Uomini e terre cit., p. 129. Piu prudentemente L. cRAcco RUGGINI, La Sicilia tra Roma e Bisan%10, in Storia della Sici· lia, rn, Napoli I98o, p. r,, parla di marginalizzazione del lavoro servile. 16
u
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fonti ci narrano della manumissione e vendita di un altissimo numero di schiavi, 8ooo, di una grande tenuta suburbana e della protesta dei rimanenti, i quali rifiutavano di essere liberati e venduti ad altri e al piu accettavano di essere venduti al fratello di Piniano. Purtroppo le fonti non sono concordi. La Storia Lausiaca •• narra l'episodio come lo abbiamo riferito. La Vita di Me lama" parla solo di vendita e non di manumissione, mentre. per la parte restante conferma che gli schiavi si erano ribellati, accettando al piu di essere venduti al fratello. ll racconto della Vita è piu organico perché l'intento agiografico è di esaltare Melania e il marito, che resistevano alle lusinghe e insidie del demonio e continuavano a disfarsi dei loro beni per donarli o dare l'oro ricavato dalla vendita a istituzioni religiose. Ma questo non può indurci a negare l'attendibilità della notizia sulla manumissione, come ritiene anche Giardina, il quale interpreta la ribellione degli schiavi come rivelatrice di una nuova concezione del rapporto schiavi-padroni, derivante dalla nuova realtà delle strutture agrarie, nelle quali lo schiavo si era «radicato» in una sfera economica rassicurante, un oikos autosufficiente". Per verità il timore di essere manomesso e abbandonato a se stesso senza mezzi di vita è tradizionale" e proprio del regime schiavistico. Quanto a rapporti piu umani con gli schiavi, anche rustici, già nell'alto Impero vi erano proprietari che andavano oltre i consigli degli agronomi e non solo praticavano la /acilitas manumittendi, ma anche consideravano validi atti di disposizione, come se fossero compiuti da liberi". Tuttavia l'idea che lo schiavo era ormai integrato in una sfera economica· autosufficiente è giusta, ma questo non implica che egli non fosse addetto a ville gestite direttamente per mezzo di rappresentanti del signore. Questa anzi l'ipotesi piu probabile per non togliere al racconto il suo valore. · Il numero di 8ooo piu quello rimanente non noto è enorme, se riferito a una sola tenuta. Qualcuno ci costruisce sopra un complesso di r330 poderi, piu quelli coltivati dagli schiavi non manomessi e quelli del suburbio romano, lasciando intendere che si trattava di schiavi posseduti in varie province'". Cosi non è, perché Melania, dopo la ribellione, dice al marito: che cosa faranno gli schiavi lontani, se quelli che sono vicini a noi si sono ribellati?.,. Perciò o si ammette che in una sola tenuta subur-
e
" PALLADIO, Storia Lausiaca, 6I. 5· " Vita di Melama (lat.), Io (gr. 10). " A. GIARDINA, Alleanze sociali, in «Opus», I (I982), pp. 128 sgg. " PLAUTO, Casina, 293; m., Epidicus, 725 sgg. 97 PUNIO, Epistole, 8.I6.I sgg., in contrasto con altri suoi stessi giudizi. '" D. VERA, Strutture agrarie cit., p. 508 . ., Vita di Melania (lat.), IO (gr. Io); fu tale timore a indurla ad accettare l'invito a visitarla dell'im-
peratrice Serena.
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bana Melania aveva oltre ro ooo schiavi o si pone in dubbio l'attendibilità del numero e del racconto. A parer mio l'impiego di un tale numero di schiavi in un solo possedimento nelle vicinanze di Roma è inverosimile, come è l'altro numero di 24 ooo che nella lezione letterale del testo ci viene fornito per un latifondo forse siciliano. Questo secondo dato ci introduce nel tema della gestione. I3. Il possedimento di Melania.
Si tratta di un enorme possedimento di Melania, per il quale nascono problemi di interpretazione. testo latino della Vita 100 dice che intorno a uno splendido possesso, dove vi era anche una piscina, dalla quale si poteva vedere il mare da un lato e dall'altro i boschi con le fiere, si trovavano 6o ville: «villas circa se habentes quadringentenos servos agricultores». La versione greca ha invece epoikia, senza specificare il numero degli abitanti, ma afferma che dal possedimento si traeva un reddito enorme (indescrivibile, aphaton) "'.Preso alla lettera il testo latino dice che intorno a ciascun borgo vi erano 400 coltivatori, quindi in totale 24ooo. Vera, con ragione, contesta questa cifra e propone di dividere 400 per 6o, il che dà 6,5 per podere 102 • Questa proposta è in contrasto con il termine del testo, quadringentenos, che sebbene scorretto è 400 per ciascuno, e inoltre non è in armonia con il contesto; che vuoi porre in evidenza l'entità smisurata dei beni di cui la pia signora si disfaceva. È chiaro che l'autore della Vita ingigantisce i dati e noi non siamo in grado di trarne notizie per un preciso calcolo. In tali condizioni qualunque emendamento del testo è arbitrario. Se proprio si vuoi correggere, meglio sarebbe pensare a una svista dell'amanuense, che ha male trascritto un quadragenos originario 'OJ. Questo darebbe un totale di 2400, elevato, ma non smisurato per un vastissimo possedimento. Risulta evidente da quel che precede l'inutilizzabilità di tali numeri per un'ipotesi valida sulla quantità di schiavi occupati nelle tenute di
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100 lbid., 18, secondo la lezione del codice Escurialense accolta da Ram polla del Tindaro, Roma 1905, p. 13. Il Cod. Lat. di Chartres ha «villulas», lezione preferita negli Analecta Bollandiana 1885
(Molinier-Kohler); la virgola è posta dopo « villulas >>, e invece di « omnes », « immanem ». Questa lezione è assunta da M. T. ARNHEIM, TheSenatorialAristocracy in the Later Roman Empire, Oxford 1972, P·l45· 101 Vita di Melania (gr.), 18 (ed. Gorge). 102 D. VERA, Strutture agrarie ci t., p. 528, nota 85. Oltre le(, salutari» riserve delJones, mi permet· todi ricordare anche le mie in Stona della costituzione romana ci t., V, p. 152, ma ammetto senz'altro di non avere espresso una critica adeguata. Anche L. cucco RUGGINI, La Sicilt'a cit., p. 76, nota 81, assume 400 come totale. '" Il Cod. Lat. 2178 Parisinus ha « quadragintenos ».
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Melania. Del resto le cifre fornite dalle fonti antiche sono in genere dubbie e non basta dire, con il Finley, che esse erano ritenute possibili. Salvo casi nei quali vi siano conferme per dati precisi, possiamo solo assumerle come indicative e questo vale anche per le notizie sugli schiavi di Melania. Esse provano comunque che nel tardo Impero una grande quantità di schiavi era occupata in agricoltura. Anche se non possiamo dirlo con certezza si deve ritenere piu probabile che essi in grandi possedimenti, come quelli di Melania, fossero occupati nei modi tradizionali, che erano la gestione diretta o come parte dell'instrumentum del fondo alle dipendenze di fittavoli-coloni. E merito di Capogrossi Colognesi di aver posto in evidenza che le forze di lavoro non si identificano rigidamente con le forme di gestione 104 • Possono esservi schiavi in fondi dati in fitto a coloni e personale libero in ville tipiche con gestione diretta. manuale di Catone e le lettere di Plinio ci dànno prove in questo senso e le fonti giuridiche confermano"'. Quel che invece appare meno probabile è la trasformazione degli schiavi in schiavi quasi coloni. Le fonti sui beni di Melania, ma anche per altri casi analoghi, non autorizzano affatto questa conclusione, anzi inducono a ipotesi che la escludono. A suo sostegno vi è solo un argomento pregiudiziale, cioè l'impossibilità o comunque la scarsa convenienza per l'aristocrazia terriera, ormai, data la dimensione dei suoi possedimenti, interessata solo alla rendita e non alla produzione. L'affitto della terra a conduttori assicurava la rendita, nonostante gli inconvenienti che le fonti lamentano sui rischi insiti nella locazione e un minore reddito rispetto alla gestione diretta 106• Questa sarebbe stata dunque la forma predominante, anche se non esclusiva.,_ A me l'idea di separare la gestione dalla produzione non pare convincente, perché l'una è inseparabile dall'altra. Essa è una versione dell'assenteismo dei proprietari, che vi è stato in tutti i tempi e contro del quale conosciamo le dure rampogne degli agronomi. D'altra parte anche nell'età tarda vi sono proprietari che non si disinteressavano della terra e dello stato della sua coltivazione: Simmaco è un chiaro esempio e il suo allarme sulla fertilità decrescente della terra -la terra oggi deve essere nutrita- ha un valore analogo a quello delle molte esortazioni degli agronomi e del vecchio Plinio sulla buona coltivazione.
n
104 L. CAPOGROSSI COLOGNESI, Grandi proprietari, contadini e coloni ne//'lta/itJ romana (I-III secolo GIARDINA (a cura di), Società romana cit., l, pp. 326 sgg. '"' PLINIO, Epistole, 3.19, rileva la necessità di dotarè il fondo in fitto di schiavi laboriosi. Secondo
d. C.), in A.
Capogrossi egli pensava di lasciare i vecchi coloni, il che mi appare improbabile in quanto essi erano andati in rovina. 106 o. VERA, Strutture agrarie ci t. e Forme e funzione della rendita fondiaria cit., nei quali la rendita disgiunta della produzione è la caratteristica dell'economia agraria del IV·VI secolo: 107 Sulla varietà di ordinamenti è d'accordo anche Vera; altre citazioni qui, nota seguente.
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14· La nuova realtà e i modi di gestione.
Stabilita,la varietà delle forme di gestione 11111 diretta o indiretta, nelle quali, come si è visto, le forze di lavoro non corrispondono rigidamente al modello tipico"", va subito detto che la realtà sociale ed economica del tardo Impero era profondamente modificata e si erano formati immensi possedimenti •w, perfino con castelli fortificati m. In essi vi erano schiavi e coloni astretti alla terra, contadini liberi. La presenza di tali forze di lavoro non era uguale dovunque e variava da regione a regione. In un grande possesso occorreva comunque un'amministrazione o con rappresentanti dd proprietario, quasi sempre lontano, o con grandi condyttori, i quali dovevano sovraintendere alla gestione del possesso. L'organizzazione interna della massa poteva essere o di ville con gestione diretta con alla testa vilici o actores, o di gestione indiretta mediante rapporti analoghi alla locazione, ma non identici data la condizione giuridica ed economica del colono. I conduttori, di solito, non erano i piccoli fittavoli, ma grandi imprenditori, che assumevano le funzioni e i poteri dd proprietario. Sono figure già note nell'età classica e fin da allora nei grandi possedimenti, come i saltus africani, opprimevano i contadini 112 • Se per ipotesi venivano scelti con gare analoghe a quelle dei pubblicani, la spinta a ricercare il massimo possibile di profitto sarà stata ancora piu grande. Comunque ,il ricorso ai soprusi e alla violenza era nella natura delle cose. Nell'età tarda le cose erano verosimilmente peggiorate e i conduttori non avevano buona fama. Già il concilio di Ippona, dd 393, vieta agli ecclesiastici di assumere un tale incarico. In quello di Calcedonia, alla presenza dell'imperatore Marciano, oltre alla condanna dell'eresia di Nestorio, Eutiche e Dioscoro, si dettano norme sull'organizzazione della Chiesa e fra queste si sancisce il rigido divieto per i membri del clero di assumere le funzioni di conduttori di possedimenti altrui, «propter lu.. A. H. M. JONES, I/tarJo impero romano cit., ID, pp. UI7 sgg.; oltre il classico L. CllACCO JIUGGI· NI, Economia e società nell'Italia annonaria, m., Esperienze economiche e sociali nel mondo romano, in Questioni di storia antica, Milano 1969, pp. 78o sgg.; ID., La Sicilia cit., pp. IO sgg.; «Kokalos», XXVIII-XXIX (1982·83), p. 490; s. MAZZARINO, La fine del mondo antico, Milano 1959, pp. 153 sgg. Per la villa con schiavi s. CALDERONE, La villa romana del Casale di Pùw.a Armerina («1st. Arch. Univ. Catania», 24). A. H. M. JONES, The Roman Cotonate cit., p. 296, afferma che non siamo in grado di sta·
bilire se nelle grandi tenute gli schiavi operassero come coloni. ., L. CAPOGIIOSSI COLOGNESI, Grandi proprietari cit. uo Traipiusignificativi il possedimentodiMelaniaa Tagaste (cfr. sopra, p. 8o_s), unoikos grande come una città, e FllONTINO, Agrimensori, 53·9 sgg. w Esempi nella mia Storia economica cit., p . .sr.s; J. PERCIVAL, Seigneurial Aspects o/the Late Ro· man Estates Management, in EHR, LXXXIV (1969), pp. 449 sgg.; sul Castello di Nador, A. CAitANDINI e altri, Il Castellum del NaJor. Storia di una/attoria tra Tipasa e Caesarea (I· VI secolo d. C.), Romu989. 112
A. Schulten in vari scritti e E. Beadouin in NRH, XXII (1898), pp. 208 sgg.
De Manino TI colonato fra economia e diritto
8n
era turpia »w. La motivazione è p ili importante dello stesso divieto. n conduttore è come l'usuraio. Evidentemente i vescovi erano mossi anche dalle proteste dei contadini contro i loro sfruttatori. Nelle proposte si menzionavano anche i procuratori, ma poi di essi non si parla nei canoni. Non sempre, peraltro, gli affari dei conduttori andavano bene, come è accaduto a quelli di Lauricius, i quali non avevano pagato i canoni alloro concedente ed erano debitori di ingenti somme "., ma non siamo in grado di dire perché questo sia accaduto. È certo comunque che l' autorità dei conduttori era grandissima. Allorché insorse la ribellione dei contadini del territorio del Castello di Fussala contro la presenza dello scapestrato giovane vescovo Antonino, con il quale Agostino ebbe una lunga vertenza, fu un conduttore a invitare i vescovi a recarsi sul luogo e trattò con loro senza risultati. In un'assemblea successiva dei coloni i conduttori non erano presenti, forse per il timore delle pressioni che essi potevano esercitare sui contadini'". Non avevano uguale autorità i procuratori e gli attori, che invece parteciparono all'assemblea. È importante rilevare che i coloni minacciavano di abbandonare la terra, il che non vuoi dire affatto che essi non fossero legati alla terra e liberi di andare dove volevano. Ij.
Redditività del fittavolo libero.
nfatto che nella gestione di grandi possedimenti vi fossero conduttori non significa che i rapporti con i contadini fossero uguali a quelli sorgenti dall'affitto tradizionale. Abbiamo già detto ll6 che nelle fonti giuridiche dell'epoca, almeno per l'Occidente, la locazione è scomparsa, il che si spiega con la diffusione del colonato. Dal lato giuridico il rapporto tra proprietario e colono è un ibrido di norme private e pubbliche equesto non è senza importanza sulla condizione economica del colono. n grado di subordinazione già esistente nell'età precedente, ora si era accentuato. Noi conosciamo abbastanza quale era in genere la convenienza della locazione dell'età classica, ma non sarà inutile soffermarci su quello che ci apprendono le lettere di Plinio il Giovane, sebbene lo stato generale dell'agricoltura sia molto diverso. Esse sono oggetto di continuo interesse anche in tempi recenti m. Emerge la figura di un uomo con Concilio d'lppona, can. 15; Calcedonia, can. m: ACO, ll, .z, pp. 33, 54, 99· ,.. Pap. !t. 1 (Tjader). "' AGOSTINO, Epistole, .zo* .19.1 e 20.1. Sull'episodio vedi s. LANCEL, L'a/faire d'Antonine Je Pussala, in ColkJque sur /es lettres de Saint Augustin cit., pp. 267 sg. n• Cfr. sopra, p. 803. "' D. KE.HOE, Allocation o/Risk and Investment on the Estateso/Pliny the Younger, in «Chiron», XVIn (r~8), pp. I:J sgg.; P. w. DENEEVE,A Roman Landownerandhis Estates: Plinythe Younger, in , 133·3,), Paris 1967-69. " z. G. vtLLADA, Historia ecclesùistica de Bspafla, Madrid 1926-36. ,. J. GAUDEMET, L'Eg/ise d4ns l'Empire romain (N'·V' s.), Paris 19,8.
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privilegi, esso impone una definizione precisa dei beneficiari. Gli ordi-
nes (sacerdozio, diaconato, ecc.) ricevono in questo modo una qualificazione giuridica che rafforza la distinzione fra clero e popolazione. Ceno, l'organizzazione dei diversi ministeri è già un dato di fatto a partire dal III secolo; ma ora non è piu riservata alle grandi città, per le quali si delineano già le comunità di quartiere (a Roma, attorno alle chiese titolari). Le piccole chiese rurali sono affidate a preti affiancati; per l'assistenza, da diaconi e lettori. Questa distribuzione d'incarichi permette l' organiz. zazione di un cursus, di una carriera che bisogna percorrere obbligatoriamente rivestendo ciascun ministero per un tempo piu o meno lungo. Dalla fine del IV secolo, e piu ancora nel secolo seguente, i testi ecclesiastici si occupano di tutto ciò che può portare a una conversione di massa. Redigendo i piccoli manuali di diritto religioso che costituiscono i decretali", indirizzati alla G2;llia, alla Spagna, all'Illirico e parimenti all' Africa, i papi prescrivono, per la costituzione di una élite, la legge della continenza imposta ai vescovi, ai preti e ai diaconi. Essi elaborano un' argomentazione completa tratta dalle Scritture (la legge di Mosè e le lettere di Paolo), per dimostrare che il servizio all'altare implica la purezza. La regola vale per il reclutamento della milizia spirituale (poiché i testi cristiani adottano, per definire il clero, il vocabolario impiegato per l'amministrazione dell'Impero); la pastorale romana esige che i candidati agli ordini maggiori (dal diaconato all'episcopato) siano vergini o, se sposati, che siano stati sposi di una vergine e che pratichino, dal loro accesso all'altare, una rigorosa continenza. Ben inteso, questi testi professano un ideale costantemente violato dalla realtà. La disciplina esclude con maggior efficacia dalla militia Christi tutti coloro che si sono dovuti compromettere nel servizio secolare (esercitando il diritto del gladio e finanziando dei giochi). Queste limitazioni tengono inizialmente lontano dall'episcopato gli aristocratici che hanno prestato servizio nella milizia del principe: l'imperatore impone un altro divieto (al quale si rassegna la Chiesa), volendo impedire l'evasione dei curiali verso il clero. In una parola, queste regole rinforzano la distinzione tra il destino riservato al ser· vizio degli altri e la massa dei fedeli, proprio nei momenti in cui un' organizzazione piu rigidamente controllata del servizio liturgico accentua il monopolio del clero. Ben inteso, non si possono sopravvalutare i risultati delle raccomandazioni fornite dai decretali romani. Nelle regioni in cui il cristianesimo s'era già solidamente radicato, il reclutamento del clero non incontrava particolari difficoltà. Papa Felice (483-92), il primo clarissimo ad avere " m., Les sources du droit de I'Eglise en Occident (II'-VIJ' s.), Paris I985.
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acc~sso al seggio apostolico, appartiene a una branca clericalizzata di una grande famiglia aristocratica e nella stessa situazione si trova nel VI secolo papa Ormisda. Ma gli scambi che si stabiliscono fra il dero e l'aristocrazia si fanno meno frequenti nei paesi in cui l'affievolirsi del potere imperiale non offre piu sbocchi alle ambizioni dell'élite senatoriale (ad esempio la Gallia, con i Siagrii, i Ruricii, Sidonio Apollinare) In questo modo arriva sui seggi episcopali, distribuiti in tutto l'Impero, una nuova generazionè di prelati che dà lustro al dinamismo conquistatore della Chiesa: tutto ciò attira lo zelo spirituale e l'ambizione di una élite tradizionale e nel contempo crea un movimento di enormi proporzioni sociali. In Oriente, come in Occidente, l'Impero cristiano ha istituito una nuova geografia sociale. I vescovi palatini ottengono una certa autorità per i loro seggi, grazie all'influenza che esercitano sul principe; si spiega in questo modo il prestigio crescente di Ravenna, che prende il posto della Milano di Ambrogio. Costantinopoli mostra una certa evoluzione, malgrado i clamorosi insuccessi di Giovanni Crisostomo e di Nestorio, soprattutto ad opera di Acacio, patriarca dal 471 al 489, la cui abilità sfugge a tutte le mutazioni della politica imperiale. ll).
3· Una conquista dello spazio e del tempo. Questa trasformazione che ha istituito dall'estremo Occidente fmo alla Mesopotamia, all'inizio del v secolo, alcune migliaia di vescovi, per lo piu nelle città, e ha consolidato la definizione di un clero e arricchito il suo reclutamento non è che un aspetto visibilt di una trasformazione piu discreta, di portata molto piu vasta: l'apparizione nella vita delle città, e ben presto nei vici e in ogni sorta di comunità rurale, di uno spazio e di un tempo cristiani. Agli edifici dedicati alla vita pubblica se ne affianca uno nuovo. La maggior parte delle città ha ricevuto, almeno a partire dal v secolo, il monumento mirato e permanente del culto cristiano, chiamato chiesa per antonomasia n termine fa riferimento all'assemblea del popolo, riunita per il servizio liturgico. Questa nuova istituzione non è affatto la residenza del dio, come lo era il tempio nella tradizione antica. La novità non sta per nulla nell'installazione di un edificio cultuale cristianO nella città: l'immaginario romantico individuava le prime riunioni cristiane nel cimitero, vicino a Roma, nelle catacombe, rannicchiate, co21
•
20 K. F. 'sTROHEKER,
Der senatorische Ade/ im spitantiken Ga/lien, Tiibingen 1948; M. HEINZELBischofsherrschaft in Ga//ien («Beihefte der Francia»,,), Miinchen 1976. 21 Cfr. gli studi raccolti in Actes du XI' Congrès international d'archéologie chrétienne («Coli. de I'Ecole française de Rome», u3), Rome 1989. MANN,
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me si diceVa, nella città dei morti e pronte a conquistare la città per mostrarsi alla luce del giorno dopo la fine della persecuzione. In realtà, fin dai primi tempi i cristiani celebravano l'eucarestia nella città; vi trovavano l'accoglienza di un «cenacolo», l'accoglienza discreta di una casa privata. li cambiamento è notevole poiché offre ovunque al vescovo la possibilità di riunire la sua comunità e di realizzarne materialmente l'unità, dal momento che permette le trasformazioni del rituale liturgico aprendo le lunghe gallerie delle navate per l'ingresso del vescovo, salutato con i toni dell' adventus imperiale, per le grandi processioni dell' offertorio. Nel giro di alcuni decenni la chiesa diviene un luogo privilegiato dell'« associazionismo» urbano e occupa lo stesso ruolo nelle comunità rurali 22 : vi si svolgono gli atti della vita cristiana, l'istruzione della catechesi, l'arruolamento dei neofiti, «socializzato», pronunciato dinanzi all'assemblea dei fedeli, la promessa degli sposi - da quando, a partire dal v secolo, il matrimonio ha luogo, con sempre maggior frequenza, in chiesa -l'ordinazione dei chierici, l'elezione dei vescovi. L'edificio religioso accoglie normalmente la colletta, le offerte dei fedeli, ma, allo stesso modo, la distribuzione ai poveri. Ha funzioni di asilo, come i templi degli antichi idoli, ma sovente funge anche da rifugio, la notte, per i pellegrini, i viaggiatori o i vagabondi, e di giorno per le piu diverse riunioni nell'interesse della città, del quartiere urbano o del vicus. La moltiplicazione delle chiese permette una vera conquista del tempo: con la celebrazione della domenica, alla quale i fedeli devono assistere obbligatoriamente, si stabilisce il ritmo ebdomadario che regola ancora la nostra vita quotidiana. potere rende obbligatorio, per il dies solis· (o, come si dice con sempre maggior frequenza, dies dominica, il giorno del Signore), la sospensione delle procedure giudiziarie; proibisce i giochi e tutte le cerimonie che potrebbero distogliere i fedeli dal loro dovere. Le grandi feste scandiscono l'anno liturgico»: la Pasqua, preceduta da un lungo periodo di quaresima, quaranta giorni di digiuno (quanto meno l'astinenza durante il giorno), durante i quali i fedeli si associano alla preparazione finale dei catecumeni. n calendario stabilisce allo stesso modo un altro periodo privilegiato, che termina con la Pentecoste, preceduta da un periodo di digiuno. L'Epifania, la manifestazione carnale del Signore, è fissata al25 dicembre in Occidente e, in Oriente, al6 gennaio: le Chiese coordinano le due celebrazioni dedicandole in forma mirata, la prima alla nascita di Gesu e la seconda alla sua apparizione alle
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CH. PIETRI,
Chiesa e comunità locali nell'Occidente cristiano: l'esempio della Gallia, in A. GIAR-
m.
(a cura di), Società romana e impero tardoantico, Roma-Bari 1986, pp. ?61-986. » L. DUCHESNE, Les origines du culte chrétien, Paris 1920; M. RIGHETTI, Storia liturgica, 4 voll.,
DINA
Milano 1!!64'.
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8.B
Nazioni; l'Avvento, il tempo della preparazione spirituale, si aggiunge alle altre due che precedono la Pasqua e la Pentecoste. In questo modo si stabiliscono tre periodi di formazione per i quali la Chiesa richiama al digiuno e alla carità. La pastorale cristiana utilizza un movimento profondo che eleva la spiritualità dei fedeli e che li porta a venerare i testimoni della fede, i martiri 24 • Questo sentimento, che la devozione concedeva al ricordo delle morti eroiche e alle loro reliquie, prende piede nel II secolo. Trova una energia nuova nel momento in cui la predicazione si sforza di combattere l'arianesimo proclamando la trascendenza del Figlio di Dio. n santo, prestigioso per la gloria della sua testimonianza, associato al regno dal momento della sua morte, nella sua fragilità umana riveste il ruolo d'intercessore privilegiato. La disposizione delle tombe dei santi nelle necropoli, la costruzione dei martyria permettono di organizzare un quadro per la preghiera dei pellegrini, mentre il calendario ecclesiastico fissa i giorni per una celebrazione piu splendida, nell'anniversario di una morte gloriosa (vedi l'esempio romano). Ma ad eccezione di alcuni santi particolarmente prestigiosi le cui reliquie reali o piuttosto simboliche circolano e introducono in tutta la cristianità la celebrazione degli apostoli, di Stefano, di Lorenzo, il santorale varia da una comunità all'altra, dal momento che ogni comunità di un certo rilievo mantiene il suo patrimonio di feste. Non bisogna però tenere in poco conto il considerevole potere d'unificazione sociale che implica, attraverso tutto l' oikoumene, la celebrazione domenicale e le grandi feste del ciclo liturgico comune. Alla fine del v secolo questo ritmo s'impone e crea un tempo cristiano che regola la vita quotidiana e riduce a un ruolo di secondo piano gli antichi calendari pagani. Tutti gli elementi richiamati, il progredire della conversione, attestato dal rinforzarsi del tessuto episcopale, l'istituzione ufficiale di una nuova gerarchia sociale, l'impronta cristiana sullo spazio urbano e sul tempo sociale sono indizi di un profondo sconvolgimento delle strutture mentali; sicuramente l'osmosi dell'Antike e del Christentum (come dicono i discepoli di Dolger) crea equilibri variabili a seconda dei tempi, dei gruppi sociali e degli stessi individui. n cristianesimo, religione del libro e religione colta, impone a tutti un'istruzione, sia pure elementare: la catechesi dei futuri battezzati e quella permanente della liturgia richiedono la memorizzazione di una confessione di fede e di una storia di 24 H. DELEHAYE, Sanctus, essai sur le eu/te des saints dans l'Antiquité, Bruxelles 1927; ID., Les origines du eu/te des martyrs, Bruxelles 1933; La/onction des saints dans le monde occidental, Actes du colloque de l'Ecole française de Rome (ottobre 1988), Rome 1991.
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salvezza. In questo modo s'impone, a interessare anche le espressioni piu superficiali della cristianizzazione, una base comune di riferimenti che strutturano talvolta i comportamenti e, in ogni caso, l'universo mentale"'. Di certo, lo storico non dispone, per la sua analisi, che delle testimonianze elaborate dalla letteratura, che utilizza con mire pedagogiche il sermo rusticus, destinato a un pubblico popolare; anche se egli può fare ugualmente riferimento alle espressioni offerte in termini piu diretti dall'epigrafia (specie quella tombale) e dalle immagini. Ma l'imperfezione delle nostre conoscenze non ci autorizza a ipotizzare, apponendola a una cultura clericale presumibilmente colta, una cultura popolare che costituisca il ricettacolo di un materiale eterogeneo di tradizioni antiche - che semplificando si potrebbe definire folklore - o che rechi su di sé i tratti di un'antropologia tanto generale e astratta da risultare antistorica. Una. conoscenza elementare della Bibbia", presentata nei commentari dotti, ma ugualmente nelle umili immagini dell'iconografia cristiana e nell'epigrafia, sostituisce alle narrazioni mitologiche una storia dell'umanità, una storia di salvezza ridotta ad alcuni esempi paradigmatici (Adamo ed Eva, Abramo, Giona, Mosè, Daniele, per limitarsi all'Antico Testamento): questi illustrano un mondo creato, visibile e invisibile, nel quale tutto reca un segno dell'intervento provvidenziale, e in particolare le rotture dell'ordine apparentemente naturale, interpretate non come prodigi ma come miracoli, testimoniano della pedagogia divina. In questa immagine del mondo i cristiani leggono confusamente l'opera annipresente del Dio trascendente la cui concezione, tratta dalla Bibbia, impregna tutta la religiosità dell'antichità tarda e determina nuove forme di relazione con il sacro: non solamente il ricorso al Verbo mediatore e trascendente che è al centro della spiritualità vissuta dai cristiani, ma anche l'appello agli intercessori, i santi che restano vicini ai piu umili nella loro fragilità umana. Rappresentazione dei corpi, opera buona della creazione votata alla resurrezione, anche se, in quanto carne, esposta al peccato e strumento della concupiscenza sessuale; rappresentazione della morte, sulla quale i cristiani diffondono un nuovo discorso; immagine della società, che ha in sé nuovi personaggi, gli uomini di Dio, gli esponenti del clero e anche i poveri, divenuti protagonisti della storia umana, e per i quali si organizzano i servizi di un'assistenza comunitaria: la cristianizzazione del mondo antico arricchisce di nuovi elementi di riferimento l'universo mentale degli uomini. "' J. DANIÉLOU e H.-I. MARROU, Histoire de l'Eglise, l. Des origin es à saint Grégoire le Grand, Paris 1963 (trad. it. Torino 1980); CH. PIETRI, Christiana Tempora, une nouvelle image de l'homme, in «Cri· stianesimo nella storia», VI (1985), pp. 221-43. " Le monde 14tin antique et 14 Bible, in Bible de tous /es temps, II, Paris 1985.
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4· Il periodo d'oro della patristica dal IV al v secolo. Dal IV al v secolo la letteratura patristica illustra in forma colta i fondamenti comuni dell'unità cristiana. Non si lascia peraltro imprigionare nella periodizzazione troppo rigida dei secoli. Dopo una generazione costantiniana le cui opere basilari ispirano ancora, nel v secolo, i teologi e gli storici, ha inizio un periodo d'oro che prende il via a metà del IV secolo e si prolunga fino alla metà del secolo seguente. L'affermarsi di generi letterari nuovi, il livello qualitativo delle opere greche o latine, la varietà dei talenti e delle vocazioni dimostrano che ormai i cristiani utilizzano senza reticenze gli strumenti della cultura classica, e che intendono servire Gerusalemme, come dice Girolamo, utilizzando la lingua d'Atene e quella di Roma -n. Ormai (a partire dalla seconda metà del IV secolo), gli autori cristiani, malgrado i successi ottenuti dalla retorica classica attraverso Libanio e Simmaco, malgrado le opere filosofiche di Giuliano e malgrado la storia di Ammiano, occupano un posto di maggior rilievo nella cultura antica. Ne sono testimonianza i tratti comuni ai diversi autori: ad eccezione di Agostino, che proviene da una modesta famiglia di curiali, quasi tutti appartengono all'élite sociale; tutti hanno ricevuto la formazione della paideia classica, molto spesso in seno a famiglie cristiane: Basilio di Cesarea e Gregorio di Nazianzo hanno studiato ad Atene, Girolamo a Roma, al seguito del grammatico Donato. Giovanni Crisostomo è allievo di Libanio, per la retorica. Agostino stesso ha esercitato il mestiere di professore e lascia Cartagine per Roma con l'intenzione di fare una grande carriera. Tutti s'impegnano nella letteratura per servire la Chiesa e, se pure rivelano spesso un gusto per lo stile, la raffinata ricerca dei termini e·ogni procedimento-espressivo (Agostino ne fa chiara mostra e del pari Ambrogio di Milano), considerano la loro opera impegnata e assolutamente mirata a difendere o insegnare la fede. Molti rivestono una carica episcopale: Girolamo ha cercato invano di ottenere la nomina a vescovo di Roma; ma si dedica di buon grado a un magistero e interviene con focosa autorità contro gli eretici. li fiorire della patristica greca a fra il IV e il V secolo, con l'opera dei Cappadoci e parimenti con l' antiocheno Giovanni Crisostomo, ha fissato i generi letterari e ha tracciato una geografia intellettuale; Cirillo, che Christianity and Classica! Culture, New York 1957. m (a cura di A. Berardino), Roma 1978.
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CH. N. COCHRANTE,
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J. QUASTEN, Patrologia, II, Roma 1980, e
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risiede ad Alessandria per circa cinquant'anni (fino al444), si fa continuatore dell'operato di Atanasio contro Aria, impegnandosi al pari del suo predecessore, come esegeta e teologo, nella confutazione di Nestorio. A Gerusalemme l'opera del vescovo Esichio, commentatore del Levitico, d'Isaia e dei Salmi, attesta la ripresa dell'antica sede episcopale, che Cesarea di Palestina aveva da lungo tempo oscurato. Ma la tradizione di Antiochia risplende con uno dei piu grandi scrittori greci del v secolo: T eodoreto di Ciro, che dal42 3 fino alla morte, verso il466, detiene un vescovato vicino alla metropoli. Della sua considerevole produzione (circa trentacinque opere) sono giunti fino a noi i commentari alle Scrit. ture (i Salmi, il Cantico dei Cantici, i Profeti), un'apologetica contro i pagani (Terapia dei morbipagam), contro gli ebrei, alcuni trattati teologici (I'Eranistes, contro i monofisiti). La qualità della cultura, classica e cristiana, l'eleganza dello stile, cosi come la creatività impegnata in generi assai diversi, donano a T eodoreto una posizione di rilievo che forse non gli è riconosciuta a sufficienza. vescovo è anche continuatore dello storico Eusebio, allorché scrive una Storia ecclesiastica prolungando l'opera composta dal vescovo di Cesarea, come aveva già fatto l'ariano Filostorgio con dodici libri di una Storia (conservata in forma molto frammentaria) proseguita fino al42.5, o Socrate, un avvocato, che parte dal30.5 per arrivare fino al4 39, e infine Sozomeno, la cui opera copre un periodo che va dal324 al42.5. Ma Teodoreto riprende ugualmente l'esempio di Palladio (autore nel419/420 di una Storia Lausiaca, dal nome del dedicatario, Lauso), che studia i monaci e non le istituzioni della Chiesa mondana. n vescovo di Tiro scrive una Storia dei monaci di Siria verso la metà del secolo per tracciare un profilo della santità traendo esempio dalle biografie monastiche. La nuova generazione introduce anche tecniche nuove di ricerca intellettuale: queste derivano spesso dalla tradizione greca e nella situazione specifica assumono un'importanza particolare la traduzione e l'adattamento delle tecniche elleniche, di cui aveva fornito un esempio il neoplatonico Mario Vittorino, uno dei grandi filosofi del IV secolo, finché un oratore anonimo, l'Ambrosiastro (seguendo il soprannome che gli attribuiscono gli eruditi), introduce nella riflessione cristiana la tecnica e la filosofia del diritto romano. E ancora, Girolamo di Sidone e il suo avversario Rufina d'Aquileia (che mori nel 410) diffondono in Occidente un corpus di opere tradotte. secondo fa conoscere il trattato Dei principi di Origene, il suo commentario sui Cantici, sulla lettera ai Romani; divulga inoltre la Storia di Eusebio, alla quale aggiunge due libri, le Recognitiones Clementinae, alcune opere di Basilio e alcune omelie di Grego-
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rio di Nazianzo. Girolamo", che nasce ai margini dell'Impero, compie i suoi studi a Roma (360-67) e infine si ritira nel deserto, abbandonandolo temporaneamente per ritornarvi nel386, e si stabilisce a Betlemme fino alla morte, avvenuta nel419. L'erudito è del pari un polemista collerico e impetuoso, che colpisce sovente il bersaglio e non si astiene affatto dagli eccessi contro i detrattori della disciplina o contro i partigiani di Pelagio. Si accanisce in una disputa con Rufino, al quale rimprovera di farsi portavoce degli errori di Origene traducendone le opere. Ma, di fatto, il contrasto riguarda le traduzioni. Filologo, orientalista, scrupoloso nel definire i principi della sua ermeneutica, Girolamo appartiene alla cultura occidentale, alla quale fornisce una traduzione della Bibbia, la Vulgata, che si sostituisce progressivamente alle traduzioni anteriori, le vecchie traduzioni latine. Questa versione dei Vangeli si basa su un originale greco d'origine antiochena; per la traduzione del Salterio, Girolamo si serve dell'Esapla di Origene e dimostra di conoscere un po' l'ebraico allorché fa opera di revisione dei libri dell'Antico Testamento, con il supporto delle traduzioni greche d'Aquila e di Simmaco. Girolamo fornisce questo «monumento poetico» (come lo definisce Paul Claudel) di commentari, su Paolo, sull'Ecclesiaste, sui Profeti, su Matteo, che sovente chiariscono la traduzione latina. Egli vi affianca le traduzioni dei commentari di Origene, sui Profeti, sul Cantico, su Luca; pubblica pure un apparato di dati utili, fornendo liste di toponimi e di nomi ebraici (onomastica), oltre a un'interpretazione latina della cronaca di Eusebio. L'opera di Girolamo fornisce all'Occidente il testo base della cristianità. Agostino d'lppona "',che muore una dozzina d'anni dopo Girolamo, nel430, diviene vescovo nel395, alla fine del secolo, e per piu di trent'anni svolge l'attività di teologo, contemporaneamente a quella pastorale di vescovo. In questo modo si fa garante del collegamento fra i due secoli; ma nello stesso tempo capitalizza tutta la tradizione patristica e l'organizza in una sintesi che influenza in modo decisivo il pensiero cristiano. Il suo iter, la sua conversione assumono un valore esemplare, anche se è difficile ridurre a una tipologia l'itinerario di una personalità eccezionale. Aurelio Agostino (che porta un cognomen assai raro nel suo riferimento al titolo imperiale in quanto «piccolo Augusto») nasce in Numidia, a Tagaste (Suq Ahras, in Algeria) da una famiglia che appartiene a 29 F. CAVALLERA, Saint Jér6me, sa vie et son Cl!uvre, :z voli., Louvain-Paris 19:z:z; J. N. 'KELLY, Jér6me, bis Li/e, Writings and Controversies, London 19n. 4 "' H.-r. MARROU, Saint Augustin et la/in de la cultureantique, Paris 1958 (trad. it. Milano 1987); A. MANDOUZE, L'aventure de la raison et de la grace, Paris 1968; P. BROWN, Agostino d'Ippona, Torino 1971; H. CHADWICK, Agostino, Torino 1989. Cfr., per un bilancio degli studi recenti, Atti del Congresso interna1.ionale su sant'Agostino (1986), 3 voll., Roma 1987.
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una modesta aristocrazia municipale: suo padre è curiale e pàgano. Monica, sua madre, una matrona, si dedica con discreta decisione a impanire un'educazione cristiana ai figli; la sua fede non si tira indietro dinanzi a pratiche tradizionali, pio o meno disapprovate dal clero, quali il digiuno domenicale e il pasto consumato sulle tombe dei morti. T ali dimostrazioni non possono affatto toccare un adolescente sensibile, attratto dai dibattiti intellettuali e già professore a vent'anni. La lettura della Bibbia lo delude: egli si aspettava un'opera letteraria ben curata. Sceglie pertanto di diventare uditore presso i manichei. A ventinove anni lascia l'Mrica, disgustato dagli studenti cartaginesi e ben deciso a far carriera nella capitale (nel383), o nella città palatina, a Milano (384). Agostino dice che a quel tempo era in attesa delle lezioni di un maestro: intende parlare del vescovo Ambrogio, che gli fa comprendere, commentando le parole della Genesi sulla creazione dell'uomo a immagine di Dio, che la polemica manichea non toccava affatto la fede cattolica ma «i fantasmi creati dalle fantasie carnali». Insieme egli apprese la lettura delle Leggi, dei Profeti e delle Scritture. Nel settimo libro delle Confessioni il giovane professore evoca la lettura di alcuni libri platonici: «Ho trovato in questi scritti, sotto diverse forme e in espressioni varie, che dal momento che i Figli sono nella medesima condizione del Padre, non bisogna ritenere che sia un'usurpazione essere uguali a Dio». D libro seguente, l'ottavo, evoca l' otium di vita cristiana nel quale, convertito alla filosofia, Agostino si ritirò vicino alle Alpi, a Cassiciacum. Nel cammino intellettuale di questa propedeutica spirituale Agostino inserisce l'episodio che cristallizza la sua conversione. Antonio gli ha fornito un modello: egli aveva accolto come un monito folgorante il consiglio dato da Gesu al giovane ricco (secondo Matteo, 19.21): «Va', vendi ciò che hai ... » Egli sente da una casa vicina una voce di bambino che canticchia: «tolle, lege, prendi e leggi»; un ordine divino gli ingiunge di leggere a caso un passo del libro dell'apostolo: «rivestitevi di Nostro Signore Gesu Cristo». Agostino riceve il battesimo nella notte dal24 al25 aprile 387 a Milano: «colui che è debole nella propria fede, - aggiunge Paolo, -la riceva». D neofita si reca a Roma con la madre Monica e poi a Ostia, per imbarcarsi alla volta dell'Africa. Le Confessioni rievocano con pudore l'esperienza mistica, l'estasi che suggella a Ostia la vita della madre e che inaugura il ministero del figlio: «Noi disponiamo le nostre anime per raggiungere quella regione d'inesauribile abbondanza ove Voi saziate eternamente Israele del cibo della Verità ... » (9.10.24). Questa conversione è, secondo la fortunata espressione di André Mandouze, l'avventura della ragione e della grazia. Ordinato sacerdote nel391, a Ippona, dove si è recato per fondare un monastero, Agostino è chiamato dal
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vescovo Valerio al ministero della fede: gli succede nel396, per trentaquattro anni. L'opera pastorale di Agostino supera i limiti della comunità locale: celebre predicatore, chiamato a Cartagine, missionario fino in Mauretania, sempre disposto a organizzare con i manichei o con i donatisti dei confronti in contraddittorio, egli occupa un posto di rilievo nei concili africani, a lppona e a Cartagine. Una tale autorità gli deriva dall'impegno pastorale, ma soprattutto dall'opera immensa di teologo e di scrittore. In questa veste egli lascia libri esemplari che appartengono al patrimonio comune della letteratura. Alle lettere, ai sermoni, a tutta una letteratura apologetica (De vera religione, composto nel390), all'abbondante produzione di commentari sulle Scritture (la Genesi, l'Eptateuco) si aggiungono i trattati contro i manichei (De moribus ecclesiae, nel388; Contra Secundinum , nel399), contro i donatisti (dopo il Salmo contro la fazione di Donato nel 394, l'opera rivolta contro il vescovo scismatico Gaudenzio dopo il418). Agostino dedica il suo talento alla confutazione del pelagianesimo; inizia nel412 (De peccatorum meritis) e opera fino alla fine della sua vita, lasciando incompiuta una grande confutazione di Giuliano d'Belane (Opus imperfectum). Nel418 si preoccupa per gli ariani, come si era già occupato dei priscillanisti. Nel periodo che segue al sacco di Roma, il teologo iniZia a dedicarsi a una polemica contro Pelagio, si occupa ancora di Donato e colpisce Ario e Priscilliano. Contemporaneamente scrive la grande apologetica contro le proteste pagane riguardo alla caduta dell'Urbe: lavora alla Città di Dio dal413 al426. Questo grande trattato in ventiquattro libri offre alla cristianità antica, e pure alla Chiesa del Medioevo, una teologia della storia che libera il pensiero cristiano dall'ottica ottimista professata da Eusebio di Cesarea. Non si concepisce piu che l'Impero cristiano anticipi la Gerusalemme celeste: l'Impero minacciato e ormai in procinto di crollare in Occidente non è che uno degli innumerevoli elementi che segnano la peregrinazione del popolo di Dio. TI trattato sulla Trinità, portato a termine nel42o, pur riprendendo la tradizione patristica, risulta fortemente innovativo, con l'esposizione di una teologia fondamentale conciliata dall'alto (De Deo uno) con un'analisi dell'economia della salvezza rivelata agli uomini, nell'azione delle Persone della Trinità. Agostino aveva già scritto, nel 400, un libro summa della sua esperienza spirituale: con le Confessioni egli imprime in un nuovo genere letterario la forza e la qualità di un'esperienza spirituale che ormai lo infiamma e lo induce a concludere con una preghiera alla Verità. L'opera di Agostino pone le basi di una tradizione intellettuale che ispira il Medioevo latino; per primo un ecclesiastico spagnolo, Paolo
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Orosio, fa riferimento ai grandi temi teologici della Città di Dio avventurandosi nella stesura di una storia universale. Ma dopo il vescovo d'Ippona il contributo dell' Mrica, travolta dall'invasione, viene meno. I nuovi centri di produzione intellettuale si stabiliscono nella Gallia meridionale. Cassiano, un monaco della Scizia Minore stabilitosi a Marsiglia, presenta all'Occidente, in due trattati (Delle istituzioni monastiche e le Conferenze), l'ideale orientale della perfezione monastica. La medesima ispirazione vivifica l'opera dei monaci di Lérins, Dario vescovo di Arles, Eucherio di Lione e Vincenzo, un ecclesiastico rimasto nell'« Isola dei Santi», che compone un trattato destinato a riprendere i criteri della tradizione in chiave antieretica (Commonitorium, nel434); Fausto, dapprima abate di Lérins e poi vescovo di Riez, scrive un trattato sulla grazia (De gratia Dei, verso il473-74), al quale l'ecclesiastico Claudiano Mameno, fratello del vescovo di Vienne, risponde coli un trattato in cui dimostra di possedere una buona conoscenza della filosofia profana; alla fine del secolo, Gennadio di Marsiglia s'impegna nella compilazione di raccolte erudite, per far conoscere in Occidente gli autori greci. Per l'Italia, nel v secolo, si può pensare alle opere della predicazione pastorale: quelle di Massimo a T orino, e a Ravenna quelle del vescovo Pietro Criso· logo, il cui soprannome ne evidenzia la reputazione di retore colto. Ven· gono poi da Roma due grandi teologi: Leone Magno, di cui si sono conservate 173lettere e un centinaio di sermoni, e, alla fine del secolo, Gelasia, che lascia parimenti una corrispondenza e alcuni trattati. Queste opere sono legate in gran parte alle necessità del dibattito teologico, agli obblighi dell'amministrazione ecclesiastica e ai doveri pastorali. Ma Leone, da parte sua, persegue l'esposizione di una cristologia e di una ecclesiologia, illustrando la presenza di Cristo nella Chiesa, communio sacramentorum. In questo modo, nei suoi nuovi tratti la letteratura latina commenta, a fine secolo, lo sviluppo del monachesimo in Occidente e l'affermazione dell'autorità romana.
,. V eresia occide~tale all'inizio del v secolo. La controversia pelagiana •• costituisce per l'Occidente, all'inizio del v secolo, un primo segno di questi tempi in cui cominciano a delinearsi due cristianità. Mentre le Chiese della pars Orientis si dilaniano in nome di Giovanni Crisostomo su un problema di politica ecclesiastica, «la '1
G. PLINVAL,
Pélage, ses écrits et sa ré/orme, Lausanne 1943; o.
gius, Stuttgart I97l·
WERMELINGER,
Rom und Pela·
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nuova eresia», come dice Agostino, stimola l'intervento dei teologi latini. Essa rappresenta la grande tentazione di un cristianesimo elitario, animato da un'aristocrazia spirituale di santi (che però di fatto si confonde talvolta con l'aristocrazia sociale, almeno fra i discepoli di Pelagio). Ma c'è un elemento di maggior gravità: in questo appello a un volontarismo eroico, il direttore spirituale ha un ruolo maggiore rispetto al clero abituale della pastorale. Per affrontare una questione che riguarda la vita morale e che rende finalmente esplicito il dramma dell'esistenza cristiana, divisa tra la libertà di scelta e l'accoglienza della grazia divina 12 , gli Occidentali utilizzano un linguaggio e delle categorie di pensiero cui mal si adattano il vocabolario e la spiritualità dei Greci. TI dibattito resta essenzialmente in mano ai latini, al pari della risposta che esso suscita, delineando una nuova antropologia cristiana. I dati biografici del protagonista sfuggono quasi completamente prima del suo arrivo a Roma: nato nel354, come Agostino, il bretone Pelagio, una sorta di gigante, è un autodidatta; si fa una cultura e decide di esercitare il magistero di teologo ed esegeta. Nel suo commentario alle epistole di Paolo, pubblicato alIa fine del IV secolo, Pelagio delinea una morale dell'eroismo e della libertà; i cristiani, se non vogliono bruciare all'inferno con i peccatori, devono impegnarsi a obbedire ai comandamenti della Legge e a rispettare la giustizia. moralista traccia anche il programma di uno sforzo ascetico che ispira nell'élite l'orgoglio della virtu. Dio non è affatto ingiusto e ha dato all'uomo la capacità di esercitare il libero arbitrio per raggiungere, con i propri meriti, la santità. Questa fiducia nella forza della libertà umana Pelagio la ricava dall'insegnamento di un sacerdote siriano, Rufina, che gli ha fatto conoscere i temi di un'antropologia antiochena, illustrata da Teodoro di Mopsuestia. Una tale esaltazione della libertà non lascia alcuno spazio al peccato trasmesso all'uomo in seguito alla colpa di Adamo. Essa non fa affatto appello alla grazia quotidiana, che accompagna gli sforzi dell'uomo, e nemmeno alla «grazia costituita dall'incarnazione del Figlio di Dio, che riscatta un'umanità pervertita con la sofferenza della croce». Certo, Pelagio non trae una conclusione cosi esplicitamente netta; ma la sua predicazione, distribuita in commentari delle Sacre Scritture, nei trattati (De libero arbitrio) e nelle lettere di direzione spirituale, delinea per brevi cenni una filosofia morale del libero arbitrio che implica una teologia della salvezza: il monaco bretone si rivolge a coloro che devono costituire nella Chiesa un piccolo gruppo di santi. Ma, ciò che piu conta, i riferimenti insistiti alla Legge e ai suoi comandamenti richiamano l'atmosfera dell'Antico Testamento.
n
" A. SCHINDLER,
«Gnade», in RAC, Xl, coli.
382-446.
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Pelagio, dopo il noviziato, riesce a riunire intorno a sé, in pochi decenni di predicazione, un piccolo cenacolo con alcuni discepoli, fra cui Celestio, che si esprime con molta durezza e finisce per compromettere il suo maestro''; Pelagio ha pure la possibilità di attirare la simpatia di uno dei piu grandi spiriti del tempo, Giuliano, figlio e genero di prelati, vescovo egli stesso di una piccola città del Sannio, Eclane 14 • Questo giovane molto brillante aveva anche conquistato, un tempo, Agostino, che lo giudicò degno di essere confutato in un grande trattato. Le idee di Pelagio superano i confini dell'Urbe e si diffondono in Italia, in Sicilia, forse anche in Mrica; conquistano i grandi signori proponendo loro l'ideale di un nuovo eroismo. La discesa di Alarico verso Roma costringe Pelagio e Celestio all'esilio: il secondo si attarda a Cartagine, dove sostiene nelle sue prediche che gli infanti si trovano, alla nascita, nella condizione in cui viveva Adamo prima del peccato. Egli chiede per sé la carica di presbitero, ma questi discorsi provocano scandalo: è sottoposto a giudizio e dopo il rifiuto della sua candidatura viene cacciato. Pelagio, da parte sua, si reca a Gerusalemme, dove riunisce di nuovo un piccolo cenacolo e suscita dapprima i sospetti e poi la polemica furiosa di Girolamo, che mal sopporta tanto l'eresia quanto il successo di Pelagio. li latino riceve sostegno da un giovane spagnolo, Paolo Orosio, cacciato dai V andali e trasferitosi per uri certo periodo a lppona, dove cerca di diventare discepolo di Agostino. Giunto in Palestina, sollecita un atteggiamento vigile da parte del vescovo Giovanni e ottiene una prima riunione d'inchiesta sul Bretone (28luglio 415). La controversia si trasferisce a Lidda, in un concilio presieduto dal metropolitano di Cesarea (20 dicembre 415). Pelagio si salva senza troppi problemi dall'interrogatorio; dichiara di condannare tutto ciò che è contrario alla dottrina cattolica. Orosio presenta un lungo rapporto a Cartagine dopo il suo ritorno in Africa. Ispirato dall'ostilità assolutamente determinata di Aurelio di Cartagine e di Agostino, adirati per gli indugi di Giovanni a Gerusalemme e per l'indifferenza dimostrata da Roma, l'episcopato transmarino si organizza in gruppi di pressione, per ottenere la condanna da parte di papa Innocenza. A quest'ultimo due concili, tenuti a Cartagine e a Milevi, rivolgono una richiesta pressante, levando un atto d'accusa in piena regola: Pelagio, dicono gli Mricani, ignora la grazia, esalta senza misura il libero arbitrio, nega gli effetti della preghiera; egli condanna, con la sua teologia del battesimo, , Per gli scritti di Celestio e di Pelagio cfr. nota 31. • ,. F. ftEF0ULÉ, Julien d'Ecltme,
Lll (1964), pp. .p-84 e 233-47·
théologie_n et philosophe, in ccRecherches de sciences religieuses »,
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gli infanti alla morte eterna e, soprattutto, disconosce gli effetti del peccato originale. Innocenza dà loro ragione (27 gennaio 417), sottolineando con forza tutti gli elementi delle tesi e della pratica pelagiana che si oppongono all'inquadramento pastorale dei fedeli; l'elemento di maggior inquietudine è costituito dalle iniziative del direttore spirituale. Gli Mricani credono (o mostrano di credere) che la sentenza romana si accordi con la loro e pongono fine alla controversia. Ma Celestio, incoraggiato dal vescovo di Gerusalemme, presenta un appello a Roma: un nuovo papa, Zosirno, l'accoglie e fa esaminare la questione, mostrando di essere pregiudizievolmente favorevole a un ricordo cosf sollecito; egli afferma che occorre ridiscutere la questione. Gli Mricani concludono che l'atteggiamento romano equivale a un voltafaccia e negoziano, con trattative discrete, l'intervento della corte di Ravenna: l'imperatore può impedire al papa di non tenere conto di ciò che ha accettato il suo predecessore; Onorio, passato a sostenere la causa africana, invia a Roma un editto che previene le resistenze di Zosimo (30 aprile 418): i pelagiani vengono espulsi da Roma. È la prima volta che il principe fa cacciare dei cristiani che non siano stati condannati dall'autorità ecclesiastica locale. Il Romano coglie l'occasione per condannare il discepolo di Pelagio in contumacia: invia subito una circolare (tractoria) all'episcopato, con la quale scaglia una scomunica solenne contro Pelagio e le sue idee. Nello stesso tempo, un concilio a Cartagine pronuncia una condanna piu argomentata e ugualmente definitiva. Zosimo aveva minacciato di scomunicare coloro che non avessero accettato di firmare la tractoria. Giuliano di Eclane e, con lui, una ventina di prelati si rifiutano. Essi reclamano un'altra procedura e organizzano la polemica contro coloro che essi chiamano i «manichei». Giuliano possiede una mente teologica e sottolinea tutte le conseguenze delle predicazioni morali di Pelagio: anzi, per scartare con maggior eviden~a la tesi del peccato originale, egli sostiene che la morte appartiene all'ordine naturale e non è affatto conseguenza di una colpa primitiva. Se gli uomini sono, fin dalla nascita, contagiati dal peccato originale, ogni espressione della sessualità è colpevole: Agostino, afferma il suo awersario, è tuttora un manicheo che condanna il matrimonio cristiano. Giuliano aggiunge che gli Mricani abbandonano alla dannazione tutti gli infanti sorpresi dalla morte prima del battesimo. TI successore di papa Zosirno, Bonifacio, sollecita l'intervento di Agostino", per avere la meglio sulla propaganda e la dialettica di Giuliano e del pari sulle polemiche e sui moti " I testi della polemica agostiniana contro Pdagio e Celestio sono pubblicati in « Bibliothèque Augustinienne», serie 3, XXJ.XXJV, La Grtice.
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scismatici. A piu riprese il principe deve intervenire. Infine, Giuliano viene cacciato dall'Italia su intervento del diacono Leone, il futuro papa. La controversia con Giuliano porta a un irrigidimento della polemica agostiniana. ll vescovo di Ippona sostiene ormai che la volontà dell'uomo non può essere libera se non è vivificata dalla grazia. La predestinazione dei santi, spiega, consiste nella prescienza e nella predisposizione dei benefici di Dio, mirati a liberare tutti coloro che non sono inclusi nella massa della perdizione, coloro che sono stati scelti. Alla difesa intransigente del libero arbitrio, visto come l'intervento di una libertà che può scegliere indifferentemente fra il bene e il male, Agostino contrappone un'analisi della grazia. La perseveranza, dalla quale il cristiano attende la salvezza, è anch'essa un dono esclusivo di Dio. L'Africano si accanisce nella confutazione di Giuliano: quando la morte lo sorprende a Ippona, assediata dai Vandali, egli sta scrivendo un ultimo trattato Contra Iulianum. Papa Innocenza aveva accusato Pelagio di trascurare la pastorale dei peccatori; ormai il suo avversario è sotto processo. Gli asceti stessi trovano che l'intransigenza di Agostino può scoraggiare i deboli, attribuendo tutti i poteri alla grazia; perché resistere se non si è ricevuto il dono della perseveranza? Da Adrumeto si levano le prime critiche, riprese nella Gallia meridionale, in forma piu meditata, da Giovanni Cassiano, stabilitosi a Marsiglia dopo aver ricevuto la sua formazione spirituale presso i monaci orientali. Egli nota che nelle sue deduzioni estreme la dottrina agostiniana può vanificare ogni sforzo della volontà. Intende quindi salvare la fase iniziale legata alla decisione umana. Malgrado la replica di un laico, Prospero d'Aquitania, che cerca di trascinare la sede romana in una difesa intransigente dell'agostinismo, il dibattito avviato poco prima della morte di Agostino prosegue fmo all'inizio del VI secolo. I monaci di Lérins, Vincenzo, Onorato, vescovo di Arles, Fausto, vescovo di Riez e già abàte di quella comunità (433-62), tutti riconoscono la necessità della grazia e la realtà del peccato originale. Ma affermano che bisogna distinguere nella conversione la parte riservata all'uomo e quella in cui interviene invece il dono divino. Questi padri spirituali rifiutano il pessimismo radicale dell'agostinismo. Creando l'uomo a sua immagine Dio gli ha donato il libero arbitrio e, del pari, un'inclinazione al bene, «i germi di una volontà buona» che non si sono totalmente inariditi per la colpa di Adamo. Certo, l'uomo non può attribuire a suoi propri meriti l'origine della sua salvezza, ma è Dio, creatore e redentore, che dona come una prima grazia la capacità d'iniziativa. Fausto, anch'egli bretone, con· futando uno di questi sacerdoti, Lucido, un discepolo radicale ed estre· mista dell'agostinismo, cerca una via mediana: ottiene senza troppa fati-
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ca la sanzione di un concilio, tenutosi nella città di Arles nel473 (o nel 47 4). Oggi gli eruditi lo considerano con meno indulgenza, definendo in termini dispregiativi gli asceti di Gallia come semipelagiani. Ma da Pelagio a Giuliano, da Agostino a Fausto, l'Occidente latino definisce i termini dell'avventura umana in una dialettica fra la grazia e la libertà ". Il dibattito pone in rilievo, pur senza fornirgli un fondamento teologico, il ruolo della pastorale in una Chiesa enormemente accresciuta in seguito alla conversione di massa. 6. La deposizione di Giovanni Crisostomo e il cesaropapismo. Per la pars Orientis il v secolo si apre con una triste questione che allontana fra loro le due cristianità. A suo modo Pelagio pone un problema che riguarda ogni cristiano. La deposizione del vescovo Giovanni a Costantinopoli coinvolge piuttosto le relazioni tra l'istituzione ecclesiastica e il potere, tanto quanto la posizione dei vescovi nell'insieme della popolazione". Questa vicenda dolorosa porta alle estreme conseguenze un sistema già sperimentato nel IV secolo. Dal momento che protegge i cristiani e riserva loro il monopolio del sacro, il principe si arroga, come un diritto legittimo, il potere di controllare la libertà della Chiesa. Dopo Costantino, gli imperatori controllano attivamente la nuova capitale: Costanzo II non ha risparmiato il vescovo Paolo, e T eodosio I fa deporre l'ariano Demofilo. Nel caso di Crisostomo il conflitto congiunge, apparentemente contro un prelato, le controversie degli ecclesiastici con un odio di corte. La teologia di Giovanni non suscita alcun sospetto: ma il vescovo della capitale coalizza contro di sé alcuni vescovi asiatici (era infatti intervenuto energicamente nelle province vicine alla capitale per ristabilire una disciplina piu rigorosa); egli esaspera ugualmente il vescovo di Alessandria Teofilo, un personaggio imperioso, che non sopporta affatto il prestigio della s~conda Roma. Inoltre, egli dà rifugio ad alcuni monaci origenisti che si lamentano dell'Egiziano. Quest'ultimo parte alla volta di Costantinopoli raccogliendo attorno a sé una coorte di avversari. Giunto nella capitale, Teofilo riunisce nei pressi della città (alla villa della Quercia) un conciliabolo che condanna Giovanni. Non gli si rimprovera affatto un'eresia formale, ma le abitudini della sua . . vita priva16 c. TIBILE'ITI, Libero arbitrio e gr~ia in Fausto di Riez, in «Augustinianum», XIX (1978), pp. 252-85; ibid., XXI (1981), pp. 567-87. 17 c. BAUR, Der hei/ige Chrysostomos und seine Zeit, 2 voli., Miinchen 1929-30; Jean Chrysostome et Augustin, Actes du colloque de Chantilly (1974), Paris 1975.
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ta (in base a miserabili maldicenze) e la sua attività episcopale al di fuori dei confini della sua diocesi. Teofilo intende abbattere l'uomo e sminuirne la posizione. L'imperatore e soprattutto l'Augusta Eudossiache Giovanni avvicina a Gezabele - desiderano eliminare un vescovo troppo indipendente, il cui rigore di monaco non lo rende per nulla disposto ad accettare la vita di corte. E ancora, Giovanni appare come una minaccia, poiché è stato capace di mobilitare il popolo contro un potente magister militum, Gaina, e di volgere la vittoria a vantaggio del partito antibarbarico, sostenuto dall'imperatrice. Giovanni è stato dunque un alleato, ma la sua influenza ne fa un rivale. Arcadia ordina l'esilio del vescovo, accusato di un crimine di lesa maestà (nel settembre 403). Ma non è che un primo allontanamento, seguito da un ritorno trionfale, che inquieta ancor piu i nemici del vescovo. Sempre condannato, egli resiste per molti mesi, fino al momento in cui, con un grande dispiegamento di forze, l'imperatore fa eseguire la sentenza (nel giugno 404). Giovanni aveva sollecitato l'intervento del papa romano, presso il quale si succedevano i suoi legati, sempre piu pressanti con l'aggravarsi del pericolo,.. Innocenza non esita nemmeno un istante a levarsi contro il complotto egiziano e contro l'arbitrio imperiale; ma il papa non è assolutamente in grado di piegare l'imperatore Arcadia; egli ha convinto il principe occidentale Onorio a sostenere l'invio di una delegazione di prelati per reclamare il reinserimento di Giovanni. Alloro arrivo i legati occidentali vengono chiusi in un castellum sulla costa tracia e reimbarcati per l'Occidente (405). Quanto a Giovanni, egli è stato condotto aNicea fm dal mese di giugno (404); quindi, in un piccolo centro in Isauria, a Cucuso, dove le milizie avevano già relegato un secolo prima Paolo di Costantinopoli. Nella solitudine e nelle privazioni, l'esule si sforza di mantenere dei legami di amicizia, conservando la vaga speranza di veder ristabilire il suo diritto. Di fatto, dall'allontanamento di Giovanni l'imperatore ha insediato un nuovo vescovo e liberato la città da tutti i giovanniti, come si chiamano i suoi fedeli. Infine, per togliergli ogni speranza, Arcadia decide di mandarlo ancora piulontano, fino ai confmi dell'Impero, ai piedi del Caucaso, a Pitiunte. Per tre mesi i soldati trattengono il vecchio, che muore il14 settembre 407. Per Roma, però, la questione non è chiusa. Innocenza ha interrotto i rapporti con T eofilo di Alessandria e rifiuta di riconoscere il successore di Giovanni e di entrare in relazioni con la sede antiochena che ha permesso il crimine. L ungi dal diminuire il suo prestigio, l'eco delle sue azioni del4o5 libera del tutto Innocenza dal sospetto di essersi compromesso politicamente: egli com18 PALLADIUS, Diologues sur la vie de Jean Chrysostome, a cura di A.-M. Malingrey e Ph. Leclercq («Sources chrétiennes», 34I-42), Paris 1988.
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batte da solo come campione della libertà ecclesiale. Nel415 Antiochia negozia la sua sottomissione: poco tempo dopo (prima del417) il vescovo Attico di Costantinopoli accetta di far iscrivere il nome di Giovanni sui dittici della sua Chiesa: questo gesto significa che egli riconosce la legittimità del suo predecessore. Cirillo di Alessandria, il nipote di T eofilo divenuto vescovo a sua volta, disconosce l'operato di suo zio. In questo modo l'esule diviene il simbolo della resistenza all'arbitrio di un principe cristiano; Ma in fin dei conti, l'imperatore si è imposto e ha provato l'efficacia del suo potere nell'ambito della Chiesa orientale. 7·
Le Chiese e le invasioni barbariche.
L'eresia di Pelagio o la deposizione di Giovanni Crisostomo acquistano valore di simboli. Le invasioni creano per lungo tempo uno sconvolgimento della geografia cristiana": alla frattura progressiva dell'unità politica si aggiunge l'isolamento delle Chiese, sottomesse, dalla Gallia all'Africa, alle pressioni e alle molestie dei differenti popoli barbari. Quindi la Chiesa, e in.particolare quella di Roma, si sforza di elaborare delle procedure mirate al superamento dei dissidi interni per mantenere l'unità politica. I Vandali e i Goti sono stati raggiunti dall'apostolato cristiano: l'iniziatore, Ulfila, che traduce in lingua gotica la Bibbia, al pari delle preghiere liturgiche, professa una teologia apertamente subordinazionista '"; inoltre, l'imperatore Valente ha inviato, su richiesta del capo goto Fritigerno, dei catechisti ariani. La teologia omeista, condannata e vinta a Costantinopoli nel381, riprende forza grazie al supporto dei barbari. Va tuttavia rilevato che alcuni popoli, come gli Svevi e i Franchi, sono rimasti pagani. La discesa di Alarico in Italia e la presa di Roma mostrano, a partire dall'inizio del secolo, gli effetti dell'invasione: le vittorie dei Goti risvegliano l'antico terrore del tumultus e, nel contempo, dànno nuovo prestigio ai vecchi idoli: si pretende che la città di Narni, vicino a Roma, sia stata protetta grazie agli antichi riti. I cristiani rispondono che, al momento della presa di Roma, i saccheggi barbari hanno risparmiato i tesori liturgici degli apostoli. Ma ad ogni buon conto si tratta solo di rassicurazioni: la presa di Roma, seguita all'assedio e ai suoi orrori, comporta molte sofferenze per i suoi abitanti, senza distinzione di credo religioso. Pammachio e Marcella, esponenti di rilievo dell'aristocrazia romana " P. COURCELLE, Histoire littéraire des grandes invasions germaniques, GEOT, La /ormation de l'Europe et /es invasions barbares, II/r-2, Paris I979· "' E. A. THOMPSON, The Visigoths in the Time of Ulfila, Oxford r9().
Paris r9643;
E. DEMOU·
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convertita, spariscono al momento dell'assedio; le gran dame della gens Anicia fuggono in Mrica. I barbari sottraggono il ciborium donato da Costantino alla basilica episcopale (il Laterano) e distruggono una chiesa in Trastevere. Alla notizia che Roma eterna è caduta si leva una domanda: se Roma è colpita da tutte queste disgrazie, a che servono le tombe degli apostoli? Agostino s'impegna a rispondere alle obiezioni pagane e alle inquietudini cristiane: «Tutti i domini terreni hanno fine. È dunque la fine? - si domanda Agostino. -Forse non ancora, e per una sorta di debolezza o di devozione noi ci auguriamo che non sia ancora la fine». Nell'angoscia dei tempi nuovi il vescovo d'Ippona delinea, pubblicando La città di Dio, una teologia della storia". L'Impero cristiano non è affatto la proiezione terrena della Gerusalemme celeste. Ma a partire dal417 i Romani ritrovano la speranza. Nel45 5 i Vandali sbarcano a Porto e procedono a un saccheggio sistematico della città. In fin dei conti, dopo queste enormi sventure, alla fine del secolo, l'Italia assiste all'istituzione di una monarchia barbarica e ariana. Nella penisola iberica gli Svevi, installatisi in Galizia e in Lusitania, vengono infine raggiunti dall'arianesimo grazie all'apostolato del sacerdote Aiace, mentre i Visigoti pongono le basi per un grande reame dall'Aquitania alla penisola. La Gallia, a sud della Loira, si adatta alla meno peggio allo stanziamento di confederati. Salviano, un sacerdote di Treviri rifugiatosi a Marsiglia, traccia, a metà del IV secolo, nel Governo di Dio, un quadro scottante della Gallia occupata 42 • L'Impero agonizza, ma è stato vinto a causa delle colpe dei Romani, in preda ai vizi, alla corruzione e all'avidità. L'ingiustizia aggressiva dei ricchi e quella, pari, del fisco inducono i poveri a passare dalla parte dei barbari, «per vivere liberi sbtto un'apparenza di schiavitu, piuttosto che schiavi sotto un' apparenza di libertà». Rimane un qualche spazio per la speranza: gli invasori, meno dissoluti e corrotti dei vinti, hanno il pretesto di una superiorità morale molto relativa. I crimini cessano nelle città passate sotto il controllo dei barbari. Queste visioni ottimistiche mostrano che l'opinione cattolica si sta rassegnando all'autorità del sovrano ariano; ma Eurico (462-84), attraverso le sue conquiste, istituisce una Gothia, di cui Tolosa è la capitale. Secondo Sidonio, vescovo di Clermont, egli dà l'impressione di essere il capo di una setta, piu che del suo popolo: per questo aristocratico che aveva servito l'Impero rivestendo le piu alte magistrature prima di di~· F. PASCHOUD,
Roma aeterna. Etude sur le patriotisme romain à l'époque des grandes invasions,
Rome 1967. 0 SALVIEN, Du gouvernement de Dieu,
ris 1975.
a cura di G. Lagarrigue (> che è un cosi urbano tratto dell'atteggiamento di Plotino verso il corpo". Come ha ben dimostrato Michel Foucault, la manutenzione del corpo e dei suoi bisogni faceva parte di una relazione «politica» con il sé: l'anima amministrava quella straniera estensione di materia che era stata assegnata alla sua cura con la vigilanza intransigente ancorché perspicace di un colto governatore. Sottoposto a una strigliatura costante, il corpo non aveva bisogno di essere vittima di punizioni crudeli e inconsuete'2. Per Antonio, al contrario, l'automortificazione era facilmente concepibile. Perché la puntata, sul corpo, era piu alta. Un corpo castigato dalla lunga fatica nel deserto, luogo di afflizione segregato dal verde e dai conforti della terra abitata, poteva già arrivare a «ricevere una porzione di quel corpo spintua/e che dovrà assum~re alla resurrezione dei morti>> u. Esso si congiungerà all'anima nella gloria della fine del tempo. E la tranquillità magnetica di Antonio mostrava che una goccia di quella glor_ia poteva anche scendergli addosso in questa vita,.. E facile, con il senno di poi, attribuire questa particolare sensibilità ascetica alle dottrine centrali della fede cristiana, e darla quindi per scontata. Ma cosi facendo corriamo il rischio di perdere il senso di sorpresa che provarono gli scrittori cristiani tardoantichi, uomini sofisticati almeno quanto i filosofi pagani, allorché lentamente realizzarono di essere entrati in un nuovo paesaggio. I «componenti fissi» della filosofia antica", con la sua enfasi austera sulla fatica della mente, non servivano piu. In un mondo in cui il corpo avrebbe potuto trasformarsi insieme con l'anima, i ritmi dell'una e dell'altro misteriosamente si mescolavano, per dar luogo a sconcertanti armonie. La fascinazione di Evagrio e di Giovanni Cassiano per i flussi e riflussi della spinta sessuale rivelava un interesse senza precedenti per quell'oscura e cruciale terra di confine, in cui anima e corpo si incontrano. Nel19 c. P. JONES, A Fami/y o/ Pisidian Antioch, in «Phoenix», XXXVI (1982), pp. 264 e 268. 10 P. HADOT, Exercises spin'tue/s et philosophie antique, Paris 1981, pp. 25-70. 11 A. H. ARMSTRONG, in The Cambrùige History o/ Later Greek and Early Medieva/ Philosophy, Cambridge University Press, 1~7, p. 229. 12 M. FOUCAULT, Le Souci de Soi, Paris 1984, pp. 72-73 (trad. it. Milano 1985). Cfr. PLUTARCO, De sanitate tuenda, 17.13rB. · 11 ANTONIO, EpiJto/e, I.
,. Vita di Antonio, 14· " A. o. NOCK, Sallustius: Concerning the Gods and the Universe, Cambridge University Press, 1926, p. XXXIX.
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l'aggiornare i progressi della battaglia per il cuore combattuta nei piu profondi recessi dell'anima venivano registrate le immagini mutevoli e le sensazioni fisiche di tale buia frontiera". La varietà e tenacia del senti. mento sessuale divenne un enigma da decifrare, per uomini che non potevano piu «mettere il corpo tra parentesi» 17• Come poteva essere ad esempio, si chiedeva Filosseno di Mabbugh, che il crescente amore di Dio prendesse la forma di sentimenti «simili alla passione della fornicazione?»: «Oh, com'è difficile da capire ciò! In questo è messa alla prova la sapienza· dello studioso» ,. . n corpo si profilava quale maestro discreto dell'anima. In un modo che non cessò mai di sconcertare Doroteo di Gaza, «umiliare» il corpo con la fatica fisica recava effettivamente umiltà all'anima". Possiamo leggere ciò quanto mai chiaramente in Basilio di Cesarea. I suoi scritti ascetici sono contrassegnati da una nuova attenzione ai problemi fisici. Essi scavano in profondità nel corpo. A questa preoccupazione per il fisico venne ad associarsi un crescente interesse per l'esperienza materiale della povertà, che andò ben oltre la tradizionale compassione cristiana per i poveri e la tradizionale esortazione pagana al filosofo a «distaccarsi» dalla ricchezza. La povertà economica affascinò Basilio in quanto stile di vita. Egli deviò il corso della sua carriera per creare comunità ascetiche in cui la collaborazione di tutti i membri era resa inevitabile dalla struttura economica della «fratellanza». La capacità dei monaci di amarsi e dipendere l'uno dall'altro era indotta a crescere da un'organizzazione sociale attentamente predisposta"'. detto di Marx ed Engels secondo cui «la vita non è determinata dalla coscienza, ma la coscienza dalla vita»" sarebbe parso a Basilio ovvio. Tutto ciò era «veramente stupefacente», come avrebbe detto Giovanni Climaco: «stupefacente è il fatto che lo spirito immortale possa venire purificato e raffinato dalla creta umana» 42 • Nel IV secolo, molto di questo raffinamento del pensiero stil corpo è ancora di là da venire. Ma i monaci hanno già cominciato a ritoccare l'immagine corrente della società con nuove e piu scure ombre. I monaci
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,. P. REPOULE, Rives et vie spiritue//e d'après Evagre le Pontique, in «La Vie Spirituelle», suppL 4 (r96r), pp. 470·.571, e M. POUCAULT, Le com ba t de la chasteté, in« Communication», XXXV (r982l,
pp. 1.5·2.5. " G. LARDREAU, Discours phi/osophique et science spirituelle: autour de la philosophie spirituelle de Philoxène de Mabboug, Paris 198.5, p. 39· ,. FILOSSENO DI MABBUGH, Lettera a un amico, 13. 19 DOROTEO DI GAZA, Istruzioni, 2.39. "' Cfr. ad esempio BASILIO, Regola maggiore, 7.36 e 7·4I· 41 K. MARX e F. ENGELS, L'ideologia tedesca, Roma 1967. 42 GIOVANNI CLIMACO, Scala de/ Paradiso, 4·
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venivano considerati gli eredi dei martiri e gli imitatori di Cristo. Ciò significava che essi rappresentavano il corpo umano al culmine della sua afflizione e, insieme, della sua esaltazione. I cristiani si affollavano per trarre profitto spirituale dalla vista di Simeone Stilita accovacciato sulla sua colonna. n suo gesto di perpetua preghiera, le braccia protese, lo identificava con il Crocifisso 41 : un corpo umiliato, e tuttavia glorioso. Ma c'è di piu. Con l'equiparare il loro proprio stato a quello di una specifica categoria sociale- i poveri- i monaci innalzavano il linguaggio del corpo afflitto: «Che l'oppresso non provi vergogna; che il povero e il bisognoso lodino il nome del Signore» ... monaco si poneva dinanzi alla soverchiante maestà di Dio come dinanzi ai potenti della terra si ponevano i poveri, creature piegate e dipendenti dalla sua clemenza: «Perché è con la mancanza di ogni potere che l'uomo ha accesso al potere di Dio»". Nell'immaginazione cristiana, perciò, i monaci «toccarono un nervo di esasperata sensibilità». Per dirla con il pagano Zosimo, essi erano coloro che« con la pretesa di dividere ogni cosa con i poveri hanno ridotto ognuno alla povertà»". I monaci giunsero in un momento cruciale della presa di coscienza della società romana orientale. Come ha spiegato Evelyne Patlagean, su questa società si erano lentamente imposti il modello ebraico e cristiano. Essa era giunta a considerare se stessa non piu come divisa tra cittadini e non-cittadini, ma, piu crudamente, tra ricchi e poveri". Avere percepito i poveri in questa maniera- come una classe continua, comune alla città e alla campagna, non piu segmentata da nozioni di stato sociale e politico- era un exploit immaginativo non indifferente. La sensibilità ascetica agi come una soluzione chimica, facendo emergere un'immagine fortemente contrastata là dove, sino ad allora, appariva un'immagine sbiadita di miseria diffusa. Usando cosi insistentemente l'immagine della povertà per parlare della posizione del buon cristiano di fronte alla misericordia divina, gli asceti portarono i cristiani a volgersi ai poveri per vedere adombrata in essi l'immagine della loro propria afflizione. Fu una rivoluzione immaginativa fondamentale. Il supporto letterario di questo nuovo modello di società fu la Bibbia. La pietà dei monaci era basata su una vera e propria sacralizzazione del
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" H. J. w. DRIJVERS, Spiitantike Paraltelen zuraltchristlichen Heiligenverehrung, in F. VON LILIENFELD (a cura di), Aspekte der Heiligenverehrung («Oikonomia», 6), Erlangen 1977, pp. 14-76. 44 Salmi, 73.21, citato in CASSIANO, Conferenze, IO.II. '' s. AVERINCEV, Notion de l'homme et tradition littéraire à Byzance, in StudMed, serie 3, XVITI (1977),
p.
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. lt.
ZOSIMO, 5.23. " E. PATLAGEAN,
Pauvreté économique et pauvreté sociale à Byzance, Paris 1977, pp. 45-66 (trad. Povertà ed emarginazione a Bisanzio (IV-VII secolo), Roma-Bari 1986). ·
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flusso di pensiero: si fondava sulla memorizzazione di ampi brani delle scritture, in particolare dei salmi e dei profeti. Nel monastero di Scenute di Atripe il profeta Geremia poteva addirittura esser visto camminare tra i monaci nelle ore notturne. Egli «visitò un fratello che stava coricato con la testa nel cappuccio a recitare le parole del profeta. ll santo Geremia stette in piedi dietro a quel fratello che era coricato a recitare, e pianse, finché le sue lacrime inondarono il fratello che stava lf coricato»". Le strutture sociali dell'antico Medio Oriente, da cui era assente la città greca, costituivano il modello piu profondo e intimo della relazione del monaco con il suo Dio e i suoi compagni. Lo stato palpabile di afflizione e indigenza del monaco insediato ai margini di città e villaggi parlava, principalmente, del suo atteggiamento contrito dinanzi a Dio e della speranza della misericordia che sarebbe discesa su di lui e sui suoi seguaci. Ma questa visione di un corpo spodestato e afflitto si tingeva anche di una luce nuova e rifratta: lo smorto e mormorante deserto umano dei poveri. Ciò contribui a porre in primo piano i poveri quale categoria concreta della società tardoantica, facendo di loro le fondamenta simboliche su cui edificare una nuova immagine cristiana di comunità. Istruiti dalla presenza dei monaci, i cristiani dovevano avere cura dei poveri perché Dio avesse cura di loro. Questo doppio messaggio - che la misericordia verso i poveri reca con sé la misericordia di Dio - condusse ben presto il monaco alle porte della città e lo pose in diretto conflitto con il filosofo. 3· I vescovi. Furono tuttavia i vescovi ad aprire le porte della città. Essi rappresentavano la comunità cristiana, e si autoelessero perciò patroni dei poveri: «ll vescovo che ama il povero è ricco, e la città con il suo circondario lo onorerà»". Le istituzioni monastiche di Basilio erano strettamente finalizzate al soccorso dei poveri. Esse giocarono un ruolo vitale nell' affermazione della sua autorità quale vescovo metropolitano di Cesarea"'. Fin dagli inizi, i patriarchi di Alessandria avevano avuto l'accortezza di procurarsi l'appoggio di grandi masse di monaci quale loro seguito simbolico". Nel416, con piu di cinquecento «servi degli ammalati» al suo 41 BESA, Vita di Scenute, 94 (trad. ingl. di D. N. Beli [«Cistercian Studies», 73], Kalamazoo Mi eh. 1983, p. 70). 49 PSEUDO-ATANASIO, Canoni, 16. "' H. FELLECHNER, Askese und Caritas bei den drei Kappadokiem, Diss. Heiddberg 1979· " TEODORETO, Storia ecclesiastica, 4.19; F. NAU, Histoires des solitaires d'Egypte, in «Revue de l'Orient Chrétien», XIll (1908), 162, p. 13; Palladio, in Antologia greca, 9·384.
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seguito, il patriarca Cirillo era riuscito a seminare il terrore nelle riunioni del consiglio cittadino". Anche i monaci, ora, si misuravano con il potere imperiale. Flaviano di Antiochia portò in città i monaci di Siria, capeggiati da Macedonia, per intercedere presso i commissari imperiali dopo la rivolta delle statue nel387. Macedonia sapeva il greco cosf poco che Flaviano era riuscito a ordinario prete senza che egli capisse una parola della cerimonia. Quando glielo dissero, corse dietro al vescovo per dargli addosso col suo bastone". I cristiani colti erano ghiotti di simili aneddoti. Mentre il clero urbano era stato costretto a baciare i piedi e abbracciare i· ginocchi dei commissari imperiali, per ottenere solo la liberazione di poche persone", Macedonia li aveva audacemente affrontati con una fermezza cosf in usuale, che sembrava portar con sé la fonnidabile forza dello Spirito Santo. Quando ciò che aveva proferito venne tradotto, i suoi interlocutori «furono scossi da un brivido»: poiché «il giusto ha la sicurezza di un leone»". nvento della parresia soffiava, ora, da un altro quadrante. Ansioso di chiudere i templi in Oriente, Teodosio scelse di dare ascolto al vescovo di Antiochia e alle suppliche di quegli «stranieri vagabondi»: «Dove sono adesso coloro che vestono abiti cenciosi e ostentano una lunga barba e recano bastoni nella mano destra, i filosofi di questo mondo? Tutti costoro hanno abbandonato la città ... gli abitanti della città sono sfollati sulle montagne ... ma i cittadini del deserto sono accorsi nella città» ". I giorni dei filosofi erano contati. Dopo la battaglia di Adrianopoli e le tensioni della guerra civile, la pace nelle città era una preoccupazione dominante della corte di Costantinopoli. Sia l'imperatore, sia le città avevano bisogno di un nuovo linguaggio con cui temperare il piu duro impatto con« il potere invadente e schiacciante». Gli interventi del filosofo erano stati esemplari. Ma essi ancora poggiavano sull'assunto che l'imperatore si prestasse all'amabile violenza di un codice di comportamento corretto da lui condiviso. A partire dal regno di Teodosio I i problemi di governo furono troppo gravi e i rimedi troppo drastici perché bastasse una manovra cosf discreta. All'inizio del 390 settemila abitanti di Tessalonica vennero trucidati per ordine dell'imperatore a causa di una rivolta contro un comandante goto: essa minacciava di mettere a repentaglio l'intera politica di Teodosio, che impiegava i Goti a difesa dei " Codice teodosiano, I6.2 ..p. ll TEODORETO, Historia religiosa, 9·4·5 (trad. ingl. di R. M. PRICE, A History o/the Mon/es o/Syria [«Cistercian Studies», 88], Kalamazoo Mich. 1985, p. 102). " GIOVANNI CRISOSTOMO, Omelie sulle statue, J7.8. " TEODORETO, Historia religiosa, 9·7·8, che cita Proverbi, 28.1. 56 GIOVANNI CRISOSTOMO, Omelie sulle statue, 17·5·
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Balcani". Era una buona occasione per mostrare come la collera imperiale andasse placata con mezzi piu solenni e piu pubblici. L'occasione, come sappiamo, fu colta da Ambrogio. Ma dobbiamo evitare di introdurre nel suo rapporto con T eodosio idee appartenenti a un'età piu tarda. Fu al contrario proprio la considerazione in cui Ambrogio teneva gli elementi piu antiquati della sua autorità a fare di quest'occasione un cosi grande successo diplomatico. È facile lasciarsi sfuggire questi elementi in Ambrogio. Ma la sua prima reazione, quando fu acclamato vescovo di Milano, era stata di minacciare di ritirarsi a una vita «nella filosofia»,.. La sua incisività si dovette in larga misura al fatto che egli seppe misurare il proprio passo su un'impronta antica e ben nota. La sua opposizione iniziale agli imperatori fu tutt'altro che dura: non aveva un vincolo di garanzia sulla loro coscienza ••. Fu il coraggio del filosofo, e non la perentoria autorità del vescovo, che egli brandi con piu successo. Quando le truppe di corte circondarono la sua basilica nel 386, i notevoli sermoni Su !sacco e la vita beata mostrano un uomo che poteva fondere in sé l'immobile e intrepida sapienza di Platino con la teatrale resistenza fisica dei «filosofici» Maccabei '". Era cosi che Ambrogio vedeva se stesso, in quei momenti di tensione. Dopo il massacro di Tessalonica, non fu un prelato con la mitra in capo a bloccare Teodosio nel portico della cattedrale, come alle età seguenti piacque immaginare. L'imperatore ricevette invece una lettera personale, accompagnata a quanto sembra dall'Apologia di David, una dissertazione sul quinto salmo penitenziale ''. Ambrogio affrontò deliberatamente da filosofo la collera imperiale. Essa era una malattia dell'anima, un segno di debolezza cui tutti gli uomini sono soggetti dalla nascita. Poteva essere curata con la penitenza". Nessun filosofo, tuttavia, aveva mai posseduto una basilica che potesse contenere un pubblico di tremila persone''. T eodosio sapeva che, se effettivamente doveva tenere la propria corte a Milano, i nuovi cerimoniali di una città imperiale avrebbero richiesto una processione dal palazzo alla chiesa e l'assunzione dell'eucaristia. Una messa solenne valeva bene una penitenza. Paragonata alla F. MA'I"I'HEWS, Western Aristocr!Jcies !Jnd Imperi41 Court, Oxford r9n. pp. 234-37. ,. PAOLINO, Vit!J di Ambrogio, 7· " P. NAUTIN, Les premières relations d'Ambroiseavecl'empereurGratien, in G. MADEC (a cura di). Ambroise de Milan, Paris 1974, pp. 229-44. 60 G. NAUROY, LiJ méthode de composition et la structure du «De !sue et beata vita», ibid., PP· II5·53· 61 AMBROGIO, Epistole, 51, e Apologia di David: cfr. P. HADOT, Ambroise de Milan: Apologie de D!Jvid («Sources Chrétiennes», 239), Paris 1977, pp. 38-43. 62 AMBROGIO, Epistole, 51-4·5" R. KRAUTHEIMER, Three Christi!Jn Capitals: Topography and Politics, Berkeley Ca!. 1983, p. 76-
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facilità con cui Costantino dominava i suoi vescovi, la penitenza di T eodosio fu« uno spettacolo formidabile» ... Ma Teodosio aveva già in mente l'avvicinarsi di una piu lieta occasione. Una volta riappacificato, rinviò di proposito l'assunzione dell'eucaristia fino al momento solenne dell'adventus dei suoi «figli»: il suo vero figlio Onorio e il suo protetto Valentiniano TI". Lo shock di vedere un imperatore privo dei regalia per qualche domenica dovette ben essere cancellato dallo splendore di una celebrazione veramente imperiale della concordia della dinastia. Un rilievo di marmo dd Museo di Budapest, risalente a questo periodo, mostra Davide in veste d'imperatore con tutti i suoi regalia mentre s'inchina dinanzi al profeta Nathan, il quale è vestito, appropriatamente, come un filosofo, con una lunga barba, un mantello e l'immancabile bastone". Quest'immagine classica, piu che il teatrale bassorilievo dell'età della Controriforma che Gibbon osservò con tanta avversione quando visitò la cattedrale di Milano, rappresentava il tenore dei rapporti di Ambrogio con T eodosio. Rapporti che dovevano apparire ancor piu chiari a un uomo del IV secolo. Ad Alessandria, la ftne del ruolo pubblico del filosofo giunse in maniera violenta. Ed è una riprova della fissità del ruolo il fatto che una donna potesse entrarvi. Ipazia, che era la figlia di un filosofo, esercitava l'insegnamento ad Alessandria. Era acclamata quale «astro immacolato della disciplina della saggezza»''. Ed era tutto ciò che un filosofo doveva essere: «di mente accorta nello svolgimento dei pubblici doveri che riguardavano la sua città, dalla cultura le derivavano l'autocontrollo e la franchezza nel parlare»'". Quando la città fu sconvolta dai moti del41,, il prefetto augustale, Oreste, chiese il suo parere. ll patriarca, Cirillo, era andato da Oreste porgendogli i vangeli, «nella convinzione che il rispetto per la religione lo avrebbe indotto a mettere da parte la sua ira»". Ma Oreste era persuaso che Cirillo fosse responsabile dei torbidi. Ipazia, e non il patriarca, sembrava essere la sola figura intorno alla quale costruire un consenso. Ma la vista di tante carrozze davanti alla porta di lei riusci insopportabile al patriarca 70 : il vescovo cristiano doveva avere il ma64 G. w. BOWERSOCK, From Emperor to Bishop: the Sei/-Conscious Trans/ormation o/Politica/ Power in the Fourth Century A.D., in CPh, LXXXI (1986), p. 299· " AMBROGIO, De obitu Theodosti·, 34· 66 z. KADAR, Un rilievo frammentario del museo di Budapest, in «Rivista di Archeologia Cristiana», XXXVIII (1962), PP·l49·,o; G. A. BONNARD (a cura di), Gibbon's ]ourney /rom Geneva to Rome, London 1961, p. 47· 67 Pallada, in Antologia greca, 9·40068 sacRATE, Storia ecclesiastica, 7.1, . .. lbid., 7-1370 DAMASCIO, Vita di Jsidoro, fr. 102.
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nopolio della parresia! Ipazia fu trascinata giu dal suo cocchio e lapidata a morte nel cortile antistante una delle maggiori chiese cristiane ". Come ogni atto di inattesa brutalità commesso contro un membro disciplinato e rispettabile della classe elevata, non ebbe bisogno di essere ripetuto. 4· Immagini e realtà del potere: come si «costruisce» un imperatore.
Sappiamo tutto questo perché molto se ne scrisse, durante la prima metà del v secolo. Come ha detto Alan Cameron: «La preoccupazione letteraria dominante, allora, fu costituita dalla storia ecclesiastica e dall'agiografia» 72 • Quest'improvvisa ondata di scritti è di per sé un fatto politico, da cui possiamo vedere come «si costruisse» un imperatore" nell'immaginario di un cristianesimo ormai sicuro di sé. potere imperiale è ora reso intellegibile in termini di miracoli. Esso è inequivocabilmente benedetto da favori divini, e spesso lo si rappresenta influenzato, in modo egualmente miracoloso, dagli interventi dei «veri» filosofi, i santi vescovi e i monaci 7'. Per una classe dirigente che aveva da tempo mostrato tanta abilità e pertinacia nei tentativi di «creare un rapporto diretto con il centro» 7' , tale cambiamento fu decisivo. Esso decretò la fine del paganesimo ben piu efficacemente di quanto abbia fatto qualunque legge imperiale sulla chiusura di qualsiasi tempio. Furono giorni duri per molti pagani. Eunapio di Sardi andò convincendosi che solo un santo potesse essere un buon imperatore, e che dopo Giuliano ciò fosse impossibile. Del male insito nel potere imperiale egli trasmise a Zosimo l'analisi p ili fosca mai consegnata alla scrittura. Si diede, come ha ora mostrato Kenneth Sacks, all'agiografia. Le sue vite dei filosofi sono «un corredo di sopravvivenza per i pagani»". Gli eroi di Eunapio sono tanto immuni dal contagio del potere quanto le loro anime lievemente incarnate erano immuni da quello della materia. Ma i suoi contemporanei cristiani offrivano ora una dottrina piu robusta: l'imperatore non aveva bisogno di essere un santo, aveva invece bisogno
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71 SOCRATE, Storia ecclesiastica, 7.15. A. CAMEitON, The Empress and tbe poet:
paganism and politics at tbe rourt o/Theodosius II, in YOS, XXVII (1982), p. 279. 11 s. Il. F. PltlCE, Rituals and Power cit., p. 242. " L. CRACCO ltUGGINI, Imperatori romani e uomini divini, in «Passatopresente», fl (1982). pp. 9-91· " s. Il. F. PltiCE, Rituals and Power cit., p. 2o6. 16 EUNAPIO, fr. 58, e ZOSIMO, 1.5; K. s. SACKS, Tbe Meaning ofEunapius' History, in H~T, XXV (1986), p. 66. 12
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di ascoltare i sar~.ti, e cioè i monaci che Eunapio cosf cordialmente detestava e temeva. E questa, con le parole di Lellia Crac co Ruggini, «la voce della Speranza», mentre quella di Eunapio è «la voce della Paura»". All'inizio del v secolo si viene praticamente sommersi dalla gran copia di testimonianze di quanti dànno ora per scontato che i vescovi e i monaci cristiani presidino saldamente le linee della comunicazione dirette ai centri del potere. I filosofi divennero vescovi. Sinesio di Cirene era stato allievo di Ipazia. Morf prima del suo assassinio. Divenuto vescovo di Tolemaide, trovò vasto campo d'applicazione alla sua pa"esia misurandosi con il governatore della Pentapoli e provocando i militari che difendevano la Cirenaica dai nomadi 78 • Si è portati a pensare al formidabile Scenute di Atripe come se vivesse su un diverso pianeta. Ma non è cosf. Scenute poteva andarsene in giro di notte col profeta Geremia, ma quando emergeva dal Monastero Bianco le sue lettere e i suoi discorsi mostrano un uomo con i medesimi, terreni interessi. Anch'egli disperava degli incompetenti militari stranieri che difendevano l'Alto Egitto contro le terribili tribu del Sud, e dava la sua benedizione a quanti facevano il loro lavoro come si conveniva.,.,. Nelle sue prediche al cospetto dei governatori e del loro seguito, l'antico encomio greco di giustizia e umanità - moneta consunta dell'élite locale, che sperava contro ogni speranza in un governo «morbido»- traspare sotto la vernice copta"'. È in effetti credibile che la corte imperiale lo abbia citato col titolo onorifico di tekpa"esia : «Sua pa"esia » ... Egli riusd, naturalmente, nei suoi intenti. Un chicco di grano da lui raccolto sul pavimento del palazzo imperiale mantenne in funzione la pietra del mulino del convento per giorni, durante una carestia 82 • Se è vero che una parte dei vantaggi del culto imperiale consisteva, per- usare le parole di Glen Bowersock, nel fatto che «esso riusd a far sentire moltitudini di cittadini di regioni remote p rossi~ me al potere che le controllava».,, questo tipo di leggende ebbe, nel v secolo, un ruolo simile. Al di là del Delta del N ilo, a Pelusio, un prete di tendenz~ ascetiche, n L. CRACCO RUGGINI, The Ecclesiastica/ Histories and the Pagan Historiography: Provùlence and Mùacles, in «Athenaeum», n. s., LV (1977}, p. u8. 18 SINESIO, Epistole, 57 e 58, ma anche 104, 107, 108, I:Z2, 12:J, 130, 132 e 133. 79 SCENUTE, Epistole, 21; BESA, Vita Ji Scenute, 107-8; P. DU BOURGUET, Entretien Je Chenoute sur ler problèmes de discipline ecclésiastique, in « Bulletin de l'lnstitut Français d'Archéologie Orientale du Caire», LVTI (1958}, pp. D4 e 121. 10 ID., Entretien de Chenoute sur /es devoirs desjuges, ibid., LV (1956}, pp. 87 e 91· 81 BESA, Vita di Scenute, 54 (in una variante dd manoscritto}. 82 Ibid., q. " G. w. BOWERSOCK, The Imperia/ Cult: Perceptions and Persistance, in R. P. MEYER e E. P. SAN· DERS (a cura di}, ]ewish and Christian Self-De/inition, London 1982, m, p. 182. .
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lsidoro, era egualmente indaffarato. Quel che ci è rimasto delle sue lettere riempie ottocento colonne della Patrologia graeca. lsidoro scriveva per porgere il benvenuto e insieme le sue istruzioni ai governatori. Redarguiva il suo proprio vescovo e i suoi 'intimi. Ammaestrava gli intellettuali su ogni e qualsiasi argomento, dalla virtu della povertà alla condotta delle donne, ai miracoli di Apollonia di Tiana -la cui vita asseriva di aver letto attentamente-, al fatto che Noè avesse mangiato insalata nell'Arca. Le sue lettere inseguirono un errante governatore cappadoce lungo tutto il percorso fino a Costantinopoli. E fu lui a mettere al suo posto il dux Gelasio, comunicandogli che, se l'orgoglio era un peccato, Gelasio non correva il rischio di peccare, «essendo malato dalla nascita e povero, non intelligente, non istruito, nonché intrattabile»"'. lsidoro viveva con un piede nel deserto e l'altro fermamente piantato nella sua città. Con un uomo di penna cosi aguzza, che aveva un'opinione su ogni cosa e ognuno, non vi era gran bisogno di rivolgersi a un filosofo pagano. Fu l'onda lunga di questa sicurezza di sé che permise ai monaci e al clero di toccare ciascuna delle delicate leve del potere che fecero lentamente virare «l'indocile languidezza delle antiche comunità mediterranee»" nella direzione del cristianesimo. È una delle gioie della storia tardoromana che gran parte dei suoi cambiamenti rimanga intellegibile in termini di strutture di potere, in quanto esse cambiarono poco dai giorni della diffusione del culto imperiale sotto Augusto. Tuttavia, non ogni mutamento fu cosi lento. Può registrarsi in questa generazione un netto salto di temperatura: lo stesso linguaggio del potere assunse un tono nuovo per il fatto di essere parlato, ora, dai cristiani. Quando Scenute una volta mandò in collera un governatore con la sua franchezza, protestò: «io non ho detto nient'altro se non ciò che è nelle Scritture, o, anzi, nei Salmi» •. Concludiamo, molto brevemente, considerando quel che tale linguaggio comportava. Esso implicava, anzitutto e soprattutto, un modello di società che accettasse asimmetrie schiaccianti. n pathos del cristianesimo tardoantico sta nell'idea che un Dio di soverchiante maestà si sia fatto povero. potere eccelso si era chinato fino alla terra per venire insultato e messo a morte. Scenute lesse la storia della Passione con le lacrime che gli inondavano il viso. Scrisse ai potenti che anch'essi avrebbero dovuto imparare a chinarsi, mostrando clemenza verso i poveri, i que-
n
84 ISIDORO DI PELUSIO, Epistole, 1.99 (PG, LXXVIIT, col. 249D). " R. VAN DAM, From Paganism lo Christianity in Late Antique GIWl,
p. 3·
16 P. DU BOURGUET,
in «Viator», XVI (198,),
Entretien de Chenoute sur /es devoirs Jes juges cit., pp. 90 e 94·
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stuanti, i loro stessi servi". Ma dobbiamo ricordare che Dio rimaneva l'Imperatore del Cielo, e l'imperatore rimaneva molto simile a Dio sulla terra. Il suo chinarsi era tanto piu sbalorditivo, in quanto avveniva cosi raramente. Il suo era un potere esercitato adesso con synkatabasis, in modo condiscendente". La funzione imperiale che la synkatabasis assunse si trovava nel lato scosceso della maestà. Non aveva le linee morbide di un discreto e sommesso appello a un codice di comportamento comune e a una cultura comune alla classe àlta. L'imperatore non cedeva piu al filosofo perché ne condivideva le remare. Cedeva per ricordare che anche Cristo aveva ceduto, per diventare un uomo come quelli che Egli governava. Fasciato della sua maestà, l'imperatore doveva mostrare non già di condividere una cultura con i suoi pari, ma che, malgrado ogni apparenza del contrario, condivideva con i suoi sudditi una comune e afflitta umanità. A livello locale, il discorso della povertà operava nello stesso senso. Anche un grande centro della cristianità come Alessandria era divenuto una città cristiana molto lentamente: solo con il patriarcato di Teofilo comparve una rete di chiese importanti ... Nel divenire piu manifestamente cristiana, la città fu incoraggiata a dimenticare le antiche differenze di condizione sociale e politica e a perdere interesse per i luoghi d' assemblea tradizionali. I cristiani si radunavano nelle grandi chiese. Era in chiesa che gli editti imperiali venivano letti e che si denunciavano in acclamazioni salmodianti i pagani superstiti"'. Il sentimento comunitario che il clero voleva instillare faceva appello a un senso di comune afflizione. Tutti condividevano la caduta di Adamo. Tutti erano incessantemente rosi dalle medesime insidie del desiderio sessuale, tutti erano sottoposti al pudore sessuale: la nudità in pubblico e la libertà delle terme divennero argomenti esplosivi. I poveri condividevano questa comune afflizione nel ~rado piu drammatico. Erano il nadir, il punto piu basso della carne umana, rosa dalla fame e dalla malattia. Quando si radunavano in grandi moltitudini nei cortili delle chiese, non erano considerati un problema sociale da risolvere. Erano un'immagine condensata di tutti i cristiani. Tutti erano egualmente poveri poiché equidistanti dalla misericordia di Dio. Nel dare ai poveri, i potenti mostravano di considerare anche se stessi umani: di portare sotto i loro abiti di seta la stessa carne • 7 SCENUTE,
fpi.flole, H e 31.
.. il concetto è ben caratterizzato in .r. GROSD!Il!F.R DF. MATONS, Romaftos le Mélode. 28~. A. MARTIN,
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REAul(, XXX !r984), pp. W·>5· "' 7.ACCARIA IL RETORE.
Vt/11 dt SetJero, in Patrolot.ÙJ on·entaliJ.
2.l,
p. 32·
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Parte terza
Dall'Impero unitario alla
dis~re~azione
insidiosa". È una società dall'alto profilo, dove i pochi e ossessivi racconti della compassione dei privilegiati verso i poveri non devono ingannarci sugli abissi sociali che i piu avevano accettato. Era questa società che «costrui» il suo imperatore nelle leggende copte. In una bizzarra rielaborazione della storia del massacro di T essaIonica, apprendiamo che T eodosio I intendeva una volta bruciare dalle fondamenta la città di Siut a causa di una sollevazione nell'ippodromo. Puntualmente, Giovanni di Licopoli arrivò a Costantinopoli per intercedere a favore della città. Arrivò navigando su una nuvola di luce, che si fermò sospesa sopra il silention imperiale. La sua mano ne emerse, nell'atto di benedire e di porgere una supplica. Solo quando la supplica fu debitamente firmata la mano si ritirò e la nuvola riprese la via dell'Egitto. Ciò che l'imperatore deliberò fu quanto di meglio si potesse sperare: erano l'ippodromo e tutti i luoghi di svago pagani a dover essere distrutti, non la città cristiana". Si realizzava cosi il sogno di individui per i quali «un rapporto positivo con il centro» era ancora materia di vivo interesse, ma nel cui cuore la città antica era morta. " GIROLAMO, ., P. PF.F.TF.RS.
p. 161l. e w. TILL,
Roma 1935, p. 147.
Epirtole. 77.6 . U11er•iempredeS. Jea11de Lvcopnli.r, in AB. LIV Cr936l. pp. ~'9-lldillnoj!o citato a K.nptiJche Heiligen- und Martyrerlef!.ende («Orienralia Christiana Analecta.>. ro>l.
RITA LIZZI
e
FRANCA ELA CONSOLINO
Le religioni nell'Impero tardoantico: persistenze e mutamenti*
I.
I culti ufficiali.
Un discorso iconografico sulle religioni tardoantiche non può prescindere dalle premesse nell'alta età imperiale. Ciò vale in particolare ,Jer i culti ufficiali, per i quali la rielaborazione augustea rappresentò la struttura entro cui ebbe luogo l'evoluzione. Molti di essi, che troviamo ancora operanti nel v secolo, si mantennero costantemente nel corso Jell'lmpero in quanto tessuto connettivo della stessa ideologia imperiale; altri, che durante il III secolo erano caduti in disuso, furono invece deliberatamente rivivificati nel processo di restaurazione culturale mes.;o in atto dall'aristocrazia senatoria nella metà del IV secolo. Anche la natura e il significato di molte religioni non ufficiali - dal giudaismo al :-ristianesimo, dai culti orientali a quelli occidentali, radicati all'inizio solo localmente e poi diffusi seguendo il ritmo accelerato di una civiltà in espansione, entro un Impero ormai definito geograficamente- si chiari;cono meglio alla luce di quanto in loro rimase di originario e di quanto mutò per l'adattamento ad ambienti diversi o per un diverso senso del sacro. Ciò che proponiamo, perciò, è un itinerario frammentato di inno:azioni presentate come restaurazione e di persistenze che, viceversa, trasformarono lentamente la /acies culturale del mondo antico. All'interno dell'ampio progetto di restaurazione del patrimonio relisioso messo in atto in età augustea, ad esempio, rinascita e ricostruzione coprirono anche profondi mutamenti. Uno di questi, la cui importanza >i comprende soprattutto alla luce di ciò che significò nel tardo Impero, iu la riunificazione in una sola persona di autorità politica e autorità religiosa. A capo dello Stato, Augusto volle anche essere membro dei quatro «collegi sacerdotali supremi» (Res Gestae, 7), rivestendo dal 12 a. C. 1l pontificato massimo. Benché nella gerarchia sacerdotale tradizionale ( FESTO, p. 185) il ponti/ex maximus fosse solo al quinto posto, da sempre l controllo effettivo della religione era nelle sue mani, in quanto incaricato di conservare, elaborare e formulare il diritto sacro. L'assunzione * R. Lizzi è autrice dei paragrafi 1-2 e 4, e, oltre alle schede relative, di quelle nn. 85-93; F. E. Consolino dei paragrafi 3 e 5-
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Dall'Impero unitario alla disgregazione
del pontificato da parte di Augusto fu dunque un momento decisivo (e come tale ricordato nei Fasti), poiché faceva del principe il supremo garante della religione dello Stato. Dopo di lui, infatti, il pontificato massimo fu definitivamente associato alla dignità imperiale. Per quanto teoricamente indivisibile, esso fu in seguito ricoperto contemporaneamente anche dalle coppie imperiali, almeno a partire da Pupieno e Balbina (DIONE CASSIO, 53-17), e imperatori di proclamata fede cristiana continuarono a rivestirlo senza sentire contraddizione con i principi della nuova fede. Il rifiuto di assumere il pontificato si colloca solo nell'ultimo ventennio del IV secolo, in una data incerta fra il376 e il382: non è un caso, comunque, che il gesto fosse concomitante, anche se non necessariamente consequenziale in senso cronologico, con il taglio dei finanziamenti pubblici al culto e ai sacerdozi dei principali collegi pagani, che ratificava l'abbandono ufficiale del paganesimo come religione di Stato. Non venne meno, però, l'idea resa implicita dal gesto di Augusto, che l'imperatore fosse anche il capo della religione, tenuto a convocare concili, a reprimere le eresie come fossero «rivolte» contro l'autorità e a imporre ai sudditi l'unità di fede. D'altra parte, proprio nel momento della massima integrazione fra sfera statale ed ecclesiastica, per la prima volta alla fine del IV secolo, cominciò anche ad essere sollevato il problema della loro autonomia reciproca, questione destinata a rimanere irrisolta fino a età moderna.
Lizzi e Consolino Le religioni nell'Impero tardoantico
r_
2.
Denario di C. Antistio Regina, 12 a. C. Milano, Civico Medagliere. Porta degli Argentari, 204 d. C. Roma, pressi del Foro Boario.
:\Tel denario di Antistio Regine i quattro« collegi sacerdotali supremi>> sono simboleggiati dalle relati· ve suppellettili cultuali, disposte in modo da riflettere la gerarchia esistente fra i relativi collegi: il vaso c.la libagione dei ponti/ices, la verga degli augures, il tripode con paiolo dei XVviri sacris /aciundis, la patera dei septemviri epulones. Nella Porta degli Argentari, Settimio Severo in abito pontificale ha al suo fianco Giulia Domna: la rappresentazione iconografica- estranea alla tradizione romana, ove alle donne era permesso partecipare solo al culto di divinità femminili- è mediata dal mondo orientale a cui apparteneva l'imperatrice, discendente di un'antica famiglia sacerdotale di Emesa.
Parte terza Dall'Impero unitario alla disgregazione
3· Moneta in bronzo coniata sotto Tiberio, con il tempio di Vesta sul Palatino. Roma, Museo Nazionale. 4· Lastra marmorea in rilievo, probabilmente di età flavia. Palermo, Museo Nazionale. Anche il collegio delle Ves tali fu tra i sacerdozi colpiti dalle sanzioni di Graziano nel382. Rivitalizzato da Augusto, che nel r2 a. C. aveva consacrato sul Pala tino accanto alla propria dimora un nuovo tem· pio a Vesta, nella seconda metà del1v secolo esso fu oggetto di attenzione e causa di polemiche. La parte del Senato interessata al ripristino di culti vetusti, legati alla piu autentica tradizione romana, tentò di accrescere la sacralità di quel corpo di giovani vergini rendendone piu rigida la disciplina. Anche ciò rientrava in quella sorta di metadialogo che, fin dall'inizio, aveva sorretto il confronto fra cristiani e pagani: mentre la Chiesa si awiava a istituzionalizzare la vocazione alla verginità consacrata, da parte pagana si volle rivalutare un collegio che vantava grande antichità. L'importanza che la teologia politica tradizionale tornò ad assegnare al sacerdozio di Vesta si comprende, peraltro, dall'accanimento con cui Ambrogio attaccò le sacerdotesse della dea nei suoi scritti sulla verginità, perché risultasse chiara la superiore moralità e la dedizione delle vergini cristiane. Il culto delle Vestali era davvero uno dei piu antichi. Centrale nella vita cittadina fin da età arcaica, quando la sua sede era connessa con il complesso della Regia, da Augusto era diventato parte della casa del princeps; da sempre, comunque, il rito del fuoco sacro era collegato con l'idea stessa della prosperità di Roma, donde anche l'appellativo di sacra fa talia alle cerimonie espletate dalle Vest ali. In tal senso, è significativo che, fra i vari sacerdozi romani colpiti dalle sanzioni di Graziano, Simmaco menzioni esplicitamente quello di Vesta, lamentando ripetutamente che proprio l'offesa subita dalle sue sacerdotesse sarebbe ricaduta infaustamente sull'Impero (SIMMACO, Relationes, J.Da) .
5· Ara dei
Lares Augusti, 2 d. C. Roma, Museo Nuovo Capitolino.
.'Jell'Impero del tardo IV secolo, che aveva rinunciato ai propri culti secolari fiducioso della piu efficace protezione garantita dalla nuova divinità dei cristiani, non venne meno l'idea della sacralità dell'imperatore, né cessarono i tributi di onore ad essa connessi. U culto imperiale, del resto, già al momento della sua prima definizione in forme ufficiali, al tempo di Augusto, si era rivelato estremamente polimorfico, tale da anicolarsi in moduli differenti a Roma e nelle province. L'iconografia può seguirne, nel mutare delle forme, la persistenza di alcune espressioni. Nonostante le spinte provenienti dalle province ellenizzate, fu difficile far coincidere la natura del princeps con il ruolo di un dio: a Roma, l'imperatore vivente non fu mai considerato divino. Fin da Augusto, tuttavia,la centralità politica del nuovo reggitore dello Stato e l'esaltazione delle sue eccezionali qualità si espressero in una serie di manifestazioni di culto mediate. Nel 7 a. C ., quando Augusto fece una nuova divisione della città in regioni e quanieri, prescrisse che in ogni tabernacolo dei Lares Compita/es si collocasse &a i due Lari il Genius Augusti. Quale padre del popolo, futuro pater patriae, egli prendeva il posto che il genio del padre di famiglia aveva nel culto domestico. L'esempio di Roma fu imitato in molte città d'Italia, dove associazioni formate da libeni presero a celebrare riti in onore del Genio di Augusto.
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Parte terza
DaU'Impero unitario aUa disgregazione
6. Dittico d'avorio, v secolo. Vienna, Kunsthistorisches Museum. Alle province desiderose di manifestare la loro lealtà al princeps, istituendo cerimonie in suo onore, l'imperatore dette il consenso a condizione che il suo culto personale fosse vincolato a quello di Roma (la città deificata, a cui i Greci avevano dedicato templi sin dalle guerre puniche). Già prima della morte di Augusto, tuttavia, alcuni templi erano stati dedicati solo a lui, lasciando che il culto della dea Roma si sviluppasse anche autonomamente. Ancora nel v secolo, Roma era rappresentata nei suoi re· galia accanto alla «Nuova Roma» Costantinopoli e i suoi attributi furono recuperati nell'iconografia delle imperatrici orientali.
Lizzi e Consolino
7· Dittico imperiale, c.
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Le religioni nell'Impero tardoantico
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d. C. Firenze, Bargello.
Nel dittico dd Bargello, un'imperatrice bizantina mostra i simboli di trionfo e maestà derivati dalla Roma imperiale: le aquile sostengono una ghirlanda d'alloro e l'edicola allude all'ingresso del palazzo imperiale. Le insignia sono già tutte bizantine: il diadema, la clamide bordata di perle, lo scettro e la croce che domina il globo.
8. Statuetta in bronzo della Vittoria, 70/Bo d. C. Brescia, Museo Civico. Oltre al numen dell'imperatore, la religione ufficiale previde la venerazione di un gran numero di attributi imperiali astratti, come pax, concordia, victoria. Quest'ultima, in particolare, ebbe rilevanza superiore alle altre, tantoché il problema del mantenimento ufficiale del suo culto catalizzò alcuni dei momenti piu aspri della polemica tardoantica &a pagani e cristiani. Parte integrante della ideologia carismatica connessa con i grandi generali della tarda Repubblica- direttamente sussunta dal mondo ellenistico, ove il concetto di una Vittoria garantita divinamente era stato impiegato per creare un mi· todi legittimazione soprannaturale-, essa ebbe ovviamente un posto chiave anche nell'ideologia im· periale augustea. Per Augusto, anzi, rappresentò una diretta eredità di Cesare, la cui statua era stata portata in processione subito dietro a quella della Vittoria nella celebrazione dei Ludi Victoriae Caesa· ris nel45 .
Lizzi e Consolino Le religioni nell'Impero tardoantico
9· Sesterzio di Augusto con altare di Roma et Augustus, 12 a. C. -14 d. C. Londra, British Museum. Io. Tremisse aureo coniato a Costantinopoli, 383-88 d . C. Glasgow, Hunterian Museum.
Dai primi anni del nuovo secolo, il culto della Victoria Augusta si diffuse rapidamente soprattutto nelle province occidentali, dove templi o altari costruiti in onore di Roma e Augusto accolsero statue det.licate alla Vittoria o a Vittorie gemelle. Nel sesterzio augusteo, da una serie monetale coniata a Lugdunum fino all'età di Nerone, è rappresentato l'altare dedicato neh2 a. C. in questa città che, sede traJizionale di riunioni tribali, fu d'allora deputata ad accogliere la nuova assemblea delle tre province galliche sotto l'egida del culto imperiale: l'altare, decorato con le insignia imperiali, era fiancheggiato Ja due Vittorie poste su colonne. In onore della Vittoria, già nel29 a. C., Augusto aveva fatto collocare una statua dietro l'ara Victoriae nella Curia lulia appena terminata: accanto a quella era stato posto anche lo scudo aureo esaltante virtus, clementia, iustitia e pietas del nuovo princeps, che il Senato gli aveva decretato nel27 a. C. insieme al titolo di Augustus. Furono questi i simulacri intorno a cui si accese, alla fine del1v secolo, la nota polemica fra cristiani e pagani (SIMMACO, Relationes, 3; AMBROGIO, Epistole, 17-18). In quanto espressioni di un culto ufficiale pagano, esse furono sacrificate all'intransigenza di un cristianesimo ormai istituzionalizzato. L'ideologia della Vittoria, però, non cessò con tale rimozione e furono proprio i cristiani, a pochi anni dall'allontanamento dell'ara dalla curia, in seguito alla vittoria di Teodosio su Massimo (388) e soprattutto dopo il Frigido (39.5), a darle nuova formulazione e nuovo vigore. Secondo Ambrogio, dei trionfi terreni dell'imperatore vera artefice era la grazia accordata da Dio. Come la Nike era servita a giustificare l'Impero di Alessandro Magno e dei diadochi, le cui vittorie erano prove di sanzione divina, la vittoria del sovrano cristiano divenne sinonimo d. invincibilità e dominio universale, un nucleo importante della teologia politica cristiana. carattere prowidenziale e miracoloso insieme della Vittoria del principe cristiano, conseguita in vim1 della sua pietas, si espresse anche nella monetazione contemporanea, dove l'immagine della Vittoria gradiente si presentava con la tradizionale corona e il globo niceforo, sormontato ora dalla croce.
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12.
Dall'Impero unitario alla disgregazione
Moneta in bronzo con il tempio di Venere Genitrice, 104-n d. C . Roma, Museo Nazionale. n Vaso Portland, fine del I secolo a. C. (forse da Roma) . Londra, British Museum.
Come rutti i grandi generali vittoriosi della Repubblica, da Scip ione Mricano a Mario, da Silla Felix a Cesare, anche Augusto aveva fatto di un nume il principale ispiratore della sua vittoria contro Antonio-Dioniso. Apollo, che insieme a Venere era una divinità da cui la gens lulia si dichiarava discendere, assunse grande rilievo nel pantheon imperiale: a Venere Genitrice fu dedicato un tempio; in onore di Apollo furono celebrati i ludi secolari del 17 a. C.; il Carme secolare di Orazio rappresentò Diana e Apollo come divinità intermediarie fra il popolo romano e Giove. L'interpretazione oggi prevalente del Vaso Portland, oggetto di largo dibattito fra gli studiosi, vede nella scena del lato qui riprodotto l'unione di Azia, madre di Augusto, con Apollo Veiovis, che l'aveva visitata sotto forma di serpente mentre la donna dormiva nel suo tempio. Mentre, dunque, la figura dell'imperatore e della sua famiglia acquisivano una centralità cultuale inconsueta (una serie di cerimonie pubbliche, fra cui le riunioni del Senato prima di dichiarare una guerra o decretare un trionfo, erano state trasferite dal tempio di Giove sul Campidoglio nel nuovo tempio di Marte Vendicatore adibito, peraltro, anche a una serie di riti privati della gens lu/ia) , mutava lentamente anche il valore semantico del sacro. L'anniversario della dedica dei santuari che Augusto aveva restaurato era riorganizzato in funzione del calendario delle gesta del principe e il dio per il quale egli e la sua gens provavano una speciale venerazione assurgeva a garante di .tutto lo Stato.
Lizzi e Consolino Le religioni nell'Impero tardoantico
13. Rilievo con rappresentazione del dio Elahagabal (dai dintorni di Emesa). Damasco, Museo. 14- Fronte dell'altare del dio palmireno Malakbel, m secolo d. C. Roma, Musei Capitolini.
Le premesse augustee ebbero peculiari sviluppi nel corso dell'Impero, che vide l'introduzione nel pantheon romano di divinità anche straniere, cui però i singoli imperatori si dichiaravano particolar· mente legati. La cosa suscitò particolare scalpore con l'adozione da parte di Elagabalo del dio solare di E mesa, mentre minore fu la reazione di fronte all'assunzione del Sole Invitto palmi reno per volontà di Aureliano. Nel rilievo del Museo di Damasco, Elahagabal in forma di aquila protegge sotto le sue ali gli dèi Azizos e Monimos. Nel tempio dei Palmireni a Roma, da cui proviene l'altare rappresentato, era venerata la triade ufficiale di Bel, Aglibol e Malakbel, divinità solari, anch'esse costantemente as· sociate all'aquila.
Parte terza Dall'Impero unitario alla disgregazione
I~. Medaglione aureo con il ritratto di Diocleziano. Londra, British Museum. 16. Medaglione aureo con ritratto stilizzato di Galerio sul dritto e la figura di Giove Conservatore sul rovescio. Londra, British Museum. q . Medaglione bronzeo con Massimiano Erculio. Berlino, Staatliche Museen.
Il procedimento inagurato da Augusto con Apollo favori indirettamente, dunque, l'introduzione di molti culti nuovi, di cui alcuni totalmente estranei alla tradizione piu autenticamente romana. Nessu· na di queste divinità presumeva però di soppiantare Giove o gli altri dèi ufficiali, ranroché proprio al supremo dio capitolino ricorsero sovrani la cui autorità sembrava vacillare, come Domiziano, o stre· nui restauratori delle sorti imperiali, quali Diocleziano e i tetrarchi.
t8. Moneta di Ottaviano con l'Ara di Giulio Cesare, fine 1 secolo a. C. Londra, British Museum. 19. Epitaffio di Iulius Honorius («lulius Honorius, flamen perpetuus, in pace bixit annis LXII»), v secolo. Uppenna (Henchir Chigamia). :Vtolti fattori potenziavano il significato religioso della figura imperiale in sé e per quanto l'imperatore non potesse essere divinizzato in vita, perché un dio vivente era ancora estraneo alla mentalità romana, poteva però essere divinizzato dopo la morte. ll primo passo in tale direzione era stato compiuto nel 42 a. C., quando Ottaviano aveva fatto consacrare il padre adottivo Giulio Cesare divenendo cosi ~gli stesso divifilius. Nel29 a. C. a Cesare fu dedicato un tempio nel Foro: ebbe un flamine e una festa propria, iscritta fra i giorni festivi pubblici. L'esempio fu poi seguito dopo la morte di Augusto, e in modo regolare dalla fine del secolo, cosicché dopo Nerva la consecratio dell'imperatore defunto divenne una parte regolare delle cerimonie funebri. Oltre ai sovrani, già al tempo di Augusto, anche altri membri della famiglia imperiale cominciarono a essere iscritti nel novero degli dèi: le consorti, in particolare, ebbero proprie sacerdotesse e un culto pubblico officiato nei templi dedicati ai mariti. Durante l'Impero, i concili provinciali e municipali eleggevano fra i propri membri unflamen perpetuus che si occupava del culto dell'imperatore attuale e dei suoi predecessori che avevano ricevuto onori divini. Tale culto ebbe una grande forza unificante nelle province. I delegati municipali s'incontravano annualmente nella capitale della provincia per rendere omaggio all'imperatore e trasmettere decreti o ambascerie·a corte. Nonostante il ripudio della religione pagana, di cui il culto imperiale era un aspetto, flamini cristiani sono attestati in Africa ancora nel v secolo. Oltre alle iscrizioni funebri di due «Asti i flamines perpetui» e di un terzo «Astius sacerdotalis provinciae Mricae», datate agli inizi del VI secolo, provenienti dalla Basilica IV -la cosiddetta « cappella vandalica»- di Ammaedara, numerosi altri documenti testimoniano la sopravvivenza della carica con funzioni religiose identiche a quelle avute in età altoimperiale. Al v secolo è pure datato l'epitaffio di Iulius Honorius, iscritto su un pannello musivo usato come lastra tombale, trovato nel livello inferiore della chiesa di Uppenna, nell' antica Byzacena.
Parte terza
Dall'Impero unitario alla disgregazione
20. Moneta bronzea con Costantino sollevato in cielo sul carro del Sole, dopo i1337. Washington D.C., Dumbarton Oaks. 21. Sarcofago cristiano con il profeta Elia che sale in cielo su un carro. Roma, Musei Vaticani.
Dali al v secolo d. C., la consecratio dell'imperatore defunto rimase una delle aree in cui preferibilmente si espresse l'idea della divinità imperiale. Il nuovo divus saliva al cielo fra gli dèi e la sua ascesa era rappresentata per lo piu sul carro del Sole, o guidata dalla Nike (apoteosi di Sabina), dall'Aion (apoteosi di Antonino e Faustina), dai Venti divinizzati (dittico dei Simmachi). In quanto fattore cruciale nello stabilimento di una successione legittima, il motivo fu mantenuto alla morte di Costantino, dopo la divisione dell'Impero fra Costante, Costantino e Costanzo II, come mostra una serie monetale coniata a Costantinopoli, Eraclea, Antiochia e Alessandria, la cui iconografia tentò un trasferimen· to dell'ideologia pagana della consecratio in termini compatibili con il cristianesimo: la testa velata di Costantino, sul dritto, indicava con un idioma familiare (quello dell'imperatore pontefice massimo) il particolare status dell'imperatore scomparso; sul rovescio, l'ascesa al cielo sul tradizionale carro del Sole (come T raiano sull'altare di Efeso) era però guidata dalla mano di Dio. Il passaggio dalla concezione pagana del culto imperiale alla teologia politica cristiana, o anche l'ingresso di motivi imperiali nell'arte cristiana, evidente ad esempio nel carro d ' Elia sollevato sul Giordano, fu processo non privo di tensioni.
22.
Il dittico dei Simmachi, 388-89 d. C. Londra, British Museum.
Adattamento o commistione fra elementi pagani e cristiani significarono anche una progressiva dispersione delle associazioni pagane dei motivi tradizionali. Ne è prova il dittico del British Museum, uhimo documento figurato pagano di una relatio ad sidera dopoché, da circa un secolo, immagini simili erano scomparse dall'iconografia. L'attenzione a inserire nell'opera tutti gli elementi costitutivi della consecratio (la statua del divus barbato, con lungo scettro trionfale, assisa in un'aedicu/a- forse Teodosio Seniore, dopo la sua consecratio inter prisco nomina nel384 - , la quadriga di elefanti, la p ira da cui fuggono le aquile, la figura nuda che guida il carro in ascesa) e la necessità di duplicare la rappresentazione di un singolo processo (nella sezione superiore del dittico, sono i Venti divinizzati ad accompagnare il divus togato verso il cielo, dove due delle cinque divinità gli tendono la mano; inoltre, nell'angolo destro, sopra una sezione raffigurante lo zodiaco, si staglia la figura del Sole psicopompo) mostrano quanto problematica potesse essere una simile ripresa, una volta che il discorso cristiano era divenuto dominante.
23. Alessandro Keraunophoros, pittura della casa dei Vettii. Pompei. 24. Ritratto dell'imperatore Gallieno. Roma, Museo Nazionale.
25. Costantino col monogramma cristiano, 315 d. C. Monaco, Staadiche Munzsammlung.
Nonostante le cautele con cui si tentò di mediare fra innovazione e conservazione, progredi lemamen· te nel corso dell'Impero l'idea di un'essenza divina del principe, manifestantesi non solo dopo la mor· te con l'apoteosi, ma già presente nella sua personalità terrena. Anche rozzi imperatori militari pote· rono, cosi, essere ritratti con espressioni di grandezza inavvicinabile. L'immagine del condouiero ispirato, fissata nella moneta argentea coniata a Pavia, dove sull'elmo di Costantino appare per la pri· ma volta il monogramma cristiano, era già implicita nel ritrauo di Gallieno; quello, a sua volta, era sta· to fortemente influenzato dalla tipologia di alcuni ritratti di Alessandro Magno, raffigurato con gli oc· chi rivolti all'empireo in un muto colloquio con la divinità, da cui derivava al sovrano forza, autorità e legittimità.
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26. Lastra di calcare con divinità solare sostenuta da due aquile, da Baalbek. Berlino, Staadiche Mu· seen, Preussischer Kulturbesirz. 27. Fo/lis di Costantino, Londra, prima del318 d. C. Londra, British Museum. 28. Solido di Costantino, Pavia, 320·21 d. C. Vienna, Kunsthistorisches Museum. 29. Solido di Costantino, Antiochia, 32' d . C. Glasgow, Hunterian Museum. La scelta di Apollo da pane di Augusto era destinata a grande avvenire anche sotto imperatori cristia· ni. Nonostante la grande gamma di divinità anche stravaganti adottate da altri generali vittoriosi aspi· ranti al governo dell'Impero, fu proprio Apollo ad apparire a Costantino nel tempio di Autun prima dell'attacco contro i Franchi (Jo8) e ad assicurargli, con il suo oracolo, il predominio sul mondo intero (Panegirici latini, 7.21). E tuttavia, il dio cui si era rivolto Costantino, pochissimi anni prima di far ap·
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Le religioni nell'Impero tardoantico
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porre sullo scudo dei suoi soldati il monogramma di Cristo, solo nominalmente era lo stesso che aveva assicurato ad Augusto la vittoria contro Antonio e Cleopatra. Fra varie divinità, il Sole era assurto nel -~orso del m secolo a elemento catalizzatore e unificatore. In quanto nume sincretico, in esso erano wnfluiti diversi culti, cosi da divenire uno dei simboli principali del paganesimo romano, tale da offrire punti di congiunzione anche con il cristianesimo per l'aspetto solare attribuito a Cristo. L'Apollo venerato da Costantino ad Autun, dunque, rappresentava probabilmente una personificazione del Sole sotto l'aspetto di Mitra, come sembrerebbe di potersi desumere dal rovescio di numerose monete emanate da Costantino prima del318 e poi, piu sporadicamente, fino al325, ancora al tempo del I concilio di Nicea. L'inizio di tale monetazione, con il dio Sole che presenta la Vittoria su globo all'imperato re in abito militare, rappresenta il primo segno di una voluta rottura con la tradizione tetrarchica, implicando con le sue valenze monoteistiche un palese richiamo a quella supremazia sul mondo intero che il vaticinio dell'Apollo di Autun aveva assicurato.
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2.
Dall'Impero unitario alla disgregazione
I culti non ufficiali.
La rivitalizzazione del patrimonio religioso veterorepubblicano come segno d'identità nazionale rispetto alla grande varietà provinciale e insieme l'elaborazione del culto del sovrano, fondato su un modello ellenistico-romano, furono elementi portanti di una religione ufficiale che voleva proporsi come universale e cosmopolita. Come tale essa si sovrappose, senza eliminarli, a credenze e riti indigeni. In ogni parte dell'Impero, accanto ai culti della religione politica ufficiale, continuarono a essere venerate divinità locali, spesso reinterpretate in relazione al pantheon romano, ma tali da mantenere attributi e funzioni di un precedente sostrato. Nella Narbonese centro-orientale e nella zona piemontese di Alba, Piasco, Demonte e Bastia, ad esempio, il culto della Vittoria si presenta a carattere prevalentemente deufficializzato, rivolto a una divinità che unificava le funzioni di Cathubodua e Cantismerta, le dee celtiche della guerra e della sovranità celeste. Ancora nella Gallia romana, Mercurio e M arte si trovano integrati in una stessa figura in seguito a una sorta di sincretismo che aveva provocato l'equivalenza delle loro funzioni, sussunte in quella prevalente di carattere funerario. Come Marte-Mercurio, molte altre divinità del pantheon ufficiale furono venerate in Gallia e nei distretti alpini per funzioni iatriche. Cosi Minerva, salutata nei numerosi ex voto come Minerva Medica o Memor; o Ercole e Apollo, per i quali tale dimensione si dilatò a esprimere un valore soteriologico (per i moduli d'investimento carismatico ricevuti a livello ufficiale, essi si trasformarono anche in modelli d'invincibilità). Nella zona alpina il culto di Diana si fissò, invece, negli aspetti piu strettamente legati al rituale propiziatorio della fertilità della terra e, cometale, lo vedeva ancora celebrato agli inizi del v secolo il vescovo Massimo nelle campagne torinesi. Anche nella regione veneta, verso le aree montane di nord-ovest e di nord-est, il culto di Diana sembra aver avuto una certa preminenza, forse come trasposizione latina del culto indigeno di Reitia, divinità venetica della fecondità naturale, delle foreste, degli animali, delle acque. Mostrò grande vitalità, per tutta l'età imperiale, pure il culto di Saturno, favorito dal fatto che, essendo la sua morfologia molto varia, poteva adattarsi a vari processi sincretici. Dio della fertilità agricola, e dunque della ricchezza (sotto il suo tempio nel Foro Romano si custodiva l' aerarium, il tesoro di Stato), era al centro del mito dell' aetas aurea come tempo di una felicità preattuale, ma sempre riproponibile in una concezione ciclica della storia. In età imperiale Saturno assunse poteri e fun-
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zioni di divinità solari nell'equazione con il Bel assiro o El siro-fenicio, con il dio monoteistico dei giudei (TACITO, Storie, 5-4) o, come nella provincia d'Africa, con l'antico Baal Hammon. In tale veste, egli fu rappresentato come un dio supremo dal potere cosmico, venerato dai membri di un'élite locale per la quale tale culto funzionò come strumento sia di autonomia che di integrazione nella Romanitas: esso è attestato in ben q8 santuari di Numidia, Mauretania e Tingitana, alcune fra le zone piu ricche dell'Africa proconsolare. Quello di Saturno è il culto meglio documentato anche di una vasta zona dell'Italia settentrionale, da Ferrara alla Valle del Sarca alla zona altoatesina, con un nucleo di forte conservazione nell'Anaunia (dove è stato rinvenuto un vasto complesso monumentale comprendente un'ara votiva, varie lapidi e una testa di marmo raffigurante un personaggio barbato con capo coperto). Dinanzi a una statua di Saturno, infatti, sarebbero stati uccisi, durante una lustratio campestre per gliAmbarvalia del397, i tre leviti inviati nella zona dal vescovo di Trento Vigilio.
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30. Marte-Mercurio con caduceo e lancia, cammeo da Puy. 31. Bronzetto di Eros-Marte-Hypnos da Straubing (Baviera).
Una delle rappresentazioni piu singolari di Marte-Mercurio con funzione di dio polivalente è quella del cammeo proveniente da Puy, luogo in cui il culto per tale divinità era cosf radicato da essere sostituito, molto tardi, con quello equipollente di san Michele. U dio dai calzari alati, nudo e fortemente sbilanciato nella posa, si appoggia su una lancia tenendo nella mano sinistra un caduceo alato che sembra contemplare. La valenza apotropaica di tale rappresentazione pare confermata dalla sua pro· venienza: il cammeo faceva parte dell'addobbo della statuetta miracolosa di Notre Dame du Puy incendiata 1'8 giugno 1794. Statuette di Hypnos corrente con i tratti di Eros che reca in mano il rhyton e lo stelo dd papaver sommfer, come quella da Straubing,lo rappresentano con elmo e corazza alla maniera di Marte giovinetto, oppure interamente nudo con il petaso alato di Mercurio.
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32. Antefissa in terracotta. Vicenza, Pinacoteca.
La terracotta, decorata con l'immagine della dea alata in atto di stringere fra le mani la criniera di due leoni, è una delle due antefisse provenienti dal tempietto di Broton, a ovest di Vicenza, dedicato a una Potnia Theron (Reitia, Anemide-Diana cacciatrice).
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13· Stele di Saturno. Timgad, Musée de Timgad.
Nella stele riprodotta, è rappresentata la facciata di un tempio, presumibilmente quello dedicato a Saturno nella colonia di Timgad, scavato nel 1921. Nel timpano, inquadrati da due palme stilizzate, figurano tre busti: al centro, piu grande degli altri, Saturno velato, a sinistra il Sole, a destra la Luna con il \'iso che si staglia fra due corni. La parte mediana, che rappresenta l'ingresso al tempio, è scavata come una nicchia retta da due pilastri scanalati, sormontati da capitelli floreali che sostengono il frontone. Al suo centro, il dedicante in toga ha la mano sinistra ripiegata sul petto, mentre con la destra versa il contenuto di una patera sull'altare. Sulla destra, una capsa piena di volumina indica che si tratta di un decurione; nella parte piu bassa, infine, un ariete volto a destra è in atto di mangiare in un paniere.
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34· Il dio cacciatore, da Touget. Saint-Germain-en-Laye, Museo.
35 · Il dio delle foreste, da Mont-Saint-Jean. Saint-Germain-en-Laye, Museo. 36. Il dio Cernunnos fra Apollo e Mercurio. Reims, Musée Historique et Lapida ire. Dall'Aquitania provengono le immagini piu interessanti di quelle divinità minori che, per tutto l'I.~· pero, continuarono ad essere venerate anche senza avere precisi riscontri nel pantheon classico: dtvl· nità della caccia o delle foreste rappresentate con archi e roncole, o divinità maschili come il dio Cer-
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1unnos raffigurato con il capo ornato di coma di cervo, secondo un modulo iconografico molto co111une nelle Gallie, seduto accanto ad Apollo e Mercurio nella classica posa a gambe intrecciate di tradizionale matrice celtica. Accanto a queste divinità ben caratterizzate nelle loro funzioni, si diffuse nel ·empo il culto per una potenza multivalente, il Genius, espressione individualizzata di forza vitale. Si :enerarono i Genii tutelari dei boschi, dei fiumi, delle sorgenti, delle città, delle legioni, delle associazioni artigianali, e spesso il culto del Genius loci ricopri quello per una divinità indigena piu antica.
37· Matronae Au/aniae. Bonn, Rheinisches Landesmuseum. Di origine prettamente celtica erano anche le Matronae Aufaniae, divinità locali di non chiarita natu· ra, per le quali sono conservati vari monumenti, databili alcuni fra ilr38 e ilr6r, dedicati da alti ufficia· li, centurioni, soldati della guarnigione romana e dalle loro mogli. Il culto, senz'altro uno dei piu dif· fusi nelle province celtiche e germaniche, continua ad essere testimoniato nelle epigrafi almeno fino a metà del m secolo. Usualmente rappresentate in trio e sedute, hanno spesso frutta o piccoli bambini avvolti in fasce nel loro grembo, mentre in mano tengono una patera o una cornucopia. Chiamate Ma· tres in Britannia, sono Matronae o Iunones, o Matronae Iunones, nella Gallia Narbonese e Cisalpina. Per quanto la natura di queste divinità non sia ben chiara (spesso sono identificate con le Fatae, marispetto a loro sembrano piuttosto kourotrophoi che non divinità tutelatrici delle nascite), doveva trat· tarsi comunque di un culto locale di antica tradizione. Fu molto diverso, dunque, da quello di luppiter Poeninus, giuntoci attraverso una cospicua serie di epigrafi corredate anche da corrispondenze ar: cheologiche. Per quanto la devozione a tale dio sembrerebbe potersi inserire nella fenomenologia det culti della montagna o dei luoghi alti che, come quello delle sorgenti, delle grotte o degli abissi, risalivano a uno stadio molto antico di religiosità ctonia, essa fu di fatto attivata con precisi intenti politici in età augustea, come pane dell'ampio piano di recupero delle Alpi progettato da Augusto.
18. Consultazione della fattucchiera, mosaico da Pompei, I stile. Napoli, Museo Archeologico.
:·f.:cniche astrologiche e astronomiche di derivazione filosofico-religiosa acquisirono nella vita pubblica dell'Impero una rilevanza mai avuta in precedenza, anche per influsso della cultura ellenistica, in cui tali scienze avevano raggiunto notevole sviluppo. Insieme ad esse si diffuse anche la magia, di cui 'a Jivinazione fu considerata parte. Se l'astrologia, come e piu della d ivinazione, poteva essere utile >er sondare il futuro, e per tale prerogativa anche ogni imperatore ebbe il proprio astrologo, le funzioni della magia potevano trovare pure piu ampia applicazione: essa era usata per guarire i malati o t'ar soffrire i nemici personali, per creare o distruggere rapponi affettivi, ma anche per decidere la vit· ·· lria nelle corse dei carri, stabilire rapponi mistici con una divinità, conoscere il nome del prossimo mperarore e facilitare una congiura di palazzo. Papiri magici sfuggiti alla distruzione sistematica ordinata da Diocleziano in Egitto (quasi tutti datati fra n e IV secolo d. C.), formule di maledizione su ta· 1·olette provenienti da ogni pane dell'Impero provano che, nonostante una legislazione sempre piu · igida al riguardo, e periodi di persecuzione sistematica di maghi, astrologi e della loro varia clientela, ,imili pratiche continuarono ad essere diffuse in tutte le classi sociali, senza distinzione di livelli culturali.
39· Lamina d'oro da Comiso, inizi del m secolo. Siracusa, Museo Archeologico.
L'elemento giudaico entrò molto presto nella composizione dei libri magici, sia per l'antica reputazio· ne che gli Ebrei avevano di maghi depositari di antichissime tradizioni apotropaiche, sia per le peculiarità del loro linguaggio spesso riprodotto senza che se ne capisse il significato. Il papiro di Parigi, ad esempio, conserva un lungo esorcismo per una comunità di« uomini puri~ di matrice giudaico-orfica o assimilabile a quella dei Terapeuti. La Tavoletta di Adrumeto è un'altra testimonianza importante di questa magia giudaica. Analoga è la natura della lamina rinvenuta nella necropoli di Comiso, su cui è iscritto da destra a sinistra un testo di quattordici linee in lettere ebraico-quadrate. Come le tabulae de/ixionum, questo phylakterion fu composto a scopi magici, per invocare su una certa Ammia la pro· tezione di Yahweh e dei «Gemelli». Oltre a documenti prettamente giudaici, ve ne sono altri in cui formule giudaiche sono mescolate a rituali di diversa provenienza. La Bibbia tradotta in greco e inter· pretata da Ermete Trismegisto in egiziano forni infatti gran parte della mitologia magica. ll Dio degli Ebrei tenne sempre un posto importante negli incantesimi, e lo stesso accadde per il Dio dei cristiani. Nello stesso papiro di Parigi, l'esorcismo nel nome di Gesu apre il lungo passo giudeo, seguito da quello copto. Insieme a Y ahweh-Yah, altre potenze celesti vi sono spesso invocate, come i Gemelli della tavoletta di Comiso, una sorta di divinità gemellari protettrici dalle insidie di stregoni, streghe e fattucchiere, molto diffuse nel mondo antico, sia nella forma ellenizzante di Dioscuri, o in quella di Salvatori della religione del Veda, o in quella di angeli o arcangeli della tradizione giudaica e cristiana.
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3· Religioni misteriche.
Fra le iscrizioni funerarie che esprimono certezza di una vita oltre la morte, vorrei ricordarne in particolare una, che ci illumina sugli aspetti di interiorizzazione e trascendenza che caratterizzarono in certi ambienti la religiosità del tardo paganesimo: si tratta dell'epigrafe incisa sul cippo funerario di Vettio Agorio Pretestato e della moglie Fabia Aconia Paolina. Protagonista dei Saturnalia di Macrobio, Pretestato, morto nel 384 d. C., era stato il personaggio piu rappresentativo di quella parte dell'élite senatoriale che si era mantenuta fedele alla religione dei padri. ri suo epitaffio, in senari giambici, è costituito da una lunga allocuzione della moglie allo scomparso coniuge, e da una risposta del defunto a lei. Rivolgendosi allo sposo, Paolina rievoca il comune itinerario spirituale di cui egli l'ha voluta partecipe; in nome di questa fede, pur soffrendo per essere lei la sopravvissuta, Paolina trova conforto nella sicurezza di un legame destinato a protrarsi oltre la morte (CLE, m, 39-41: «felix, maritum si superstitem mihi l divi dedissent, sed tamen felix, tua l quia sum fuique postque mortem mox ero»). Questa affermazione, che avrebbe potuto essere sottoscritta da una moglie cristiana, nasce però da presupposti decisamente diversi. Oltre che augure e ponti/ex Vestae, Pretestato era infatti pontt/ex Solis, e consacrato a Libero; la moglie Paolina era consacrata a sua volta a Ecate e Cerere; entrambi i coniugi avevano partecipato al taurobolium e ai misteri eleusini. All'esclusività di un'adesione totale, qual è quella richiesta dal cristianesimo, la religiosità del tardo paganesimo romano contrappone una molteplicità di pratiche che non si escludono fra loro e non risultano in conflitto con l'aderenza alla tradizione cultuale dei maiores. Piu che lo svolgimento di un discorso organico (cui oltretutto hanno già provveduto nel testo le trattazioni di Liebeschiitz e di Meeks [in questa Storia di Roma, ll/3]), con le illustrazioni qui riprodotte si vorrebbe tentare l'evocazione- necessariamente frammentaria- di un mondo che nei secoli m-IV sempre piu affida la ricerca di risposte trascendenti a forme di adesione religiosa che, indipendentemente dal loro grado di profondità e complessità, hanno però in comune con il cristianesimo un impegno individuale di partecipazione al divino. Caratteristica, questa, che risulta tanto piu significativa se si considera che spesso tale atteggiamento si esplica anche nei confronti di divinità da tempo introdotte nel pantheon romano. Impossibile stabilire precise date per l'affermarsi di questa nuova sensibilità religiosa. Possiamo solo dire che essa dovette svilupparsi contemporaneamente e concorrenzialmente al progressivo dif-
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fondersi del cristianesimo, se è vero che i riti misterici suscitarono abbastanza presto un desiderio di puntualizzazione da parte degli autori cristiani, che, ridicolizzandoli, si sforzarono di minimizzarne la portata. Già T ertulliano attribuiva la responsabilità di queste pratiche al diavolo, «il cui ruolo è quello di rovesciare la verità, lui che con i misteri idolatri imita perfino gli stessi sacramenti divini. Anch'egli battezza alcuni, in quanto credenti e suoi fedeli; promette la purificazione dai peccati che viene dallavacro; e, se ancora ricordo bene, Mitra segna sulla fronte i suoi soldati; celebra anche l'offerta del pane e presenta un'immagine della resurrezione, e sotto la spada cinge una corona. E che dire dell'aver egli stabilito che il suo pontefice contragga un solo matrimonio? Ha anche delle vergini e anche uomini che praticano la continenza» (De praescriptione haereticorum, 40). Attaccando la piu sofisticata delle religioni misteriche, che richiedeva agli adepti l'impegno di una scelta personale, Tertulliano mostra di temere che il background culturale comune a pagani e cristiani (entrambi influenzati da platonismo e neoplatonismo) possa far passare inosservate le novità e le specificità del cristianesimo; ma ci attesta anche l'esistenza di una sensibilità religiosa che sul piano dei comportamenti spesso veniva a tradursi in precetti non dissimili da quelli proposti ai cristiani del tempo.
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Patera di Parabiago, fine
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secolo. Milano, Civico Museo Archeologico.
Il culto di Cibele, che era stato introdotto a Roma con una solenne cerimonia nel2o,-204 a. C., in età tarda aveva assunto nuove valenze religiose, che davano speciale rilievo ad Attis, il giovane compagno della dea castratosi (e forse morto) in presa all'estasi orgiastica: in quest'epoca si dà valore simbolico al sacrificio di Attis, dio solare la cui mone significa il ritorno dell'anima alla sua sede celeste. Le celelHazioni misteriche furono panicolarmente diffuse nel tardo IV secolo, quando ad esse si collegarono prospettive di salvezza individuale. La cerimonia prevedeva che l'adepto venisse inondato del sangue Ji un toro (taurobolium) o di un ariete (criobolium) che venivano sgozzati su di lui; essa includeva inoltre un pasto rituale, l'uso di un bacile, il kernos (destinato a contenere i testicoli del toro), e probabilmente la discesa in una caverna, il pastos, dove venivano compiuti alcuni riti. Questo piatto, forse opera di maestranze romane, fu ritrovato nel1907 a Parabiago, nei pressi di Milano, in un cimitero romano, ed è una significativa testimonianza delle valenze cosmiche assunte dal mito di Cibele e Attis all'interno del sincretismo religioso di fine IV secolo. Raffigurati sulla fascia centrale del piatto, la dea e il suo paredros sono circondati da figure che si riferiscono ai cicli del tempo e delle stagioni, e alla vicenJa del cosmo in genere.
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.p. Statua di Giuliano l'Apostata. Parigi, Musée des Thermes de l'Hotel de Cluny.
Particolare attenzione al culto di Attis e Cibele era stata rivolta, nell'ambito del suo programma di restaurazione del paganesimo, da Giuliano l'Apostata, che nel suo scritto Alla madre degli dèi dava della vicenda mitica e del rituale m isterico una interpretazione influenzata da orfismo e neoplatonismo: Attis rappresenterebbe l'anima, volata dal cielo e caduta sulla terra ; la sua castrazione, arrestandone la corsa verso il disordine e l'infinito, gli consentirebbe di risalire verso il delimitato e l'uniforme e, in ul· tima istanza, verso l'Uno.
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.p.
Mitra tauroctono, seconda metà delu secolo. Marino, mitreo.
Di origine indoiranica, questo dio della luce e della verità era associato nello zoroastrismo al dio del hene Ahura Mazdi, e nella tradizione dell'Avesta aveva i titoli di Signore della luce, Vittorioso, Guerriero, Donatore di beatitudine, Salvatore dalla morte. Dalla seconda metà del! secolo il mitraismo si diffonde nell'Impero romano: molto attestato è in particolare a Roma e nell'Italia centrale e settentrionale, nel Nordafrica, nella Gallia orientale; specialmente diffuso è nelle zone di occupazione mitirare del Reno, del Danubio e del Vallo di Adriano, ma anche nelle grandi città portuali come Ostia, Pozzuoli, Aquileia, ecc. Al culto di Mitra, che ebbe nel mondo romano caratteri suoi propri, non attestati in Oriente, potevano partecipare solo gli uomini: le ristrette dimensioni dei mitrei fanno pensare a comunità poco numerose, e la piu larga partecipazione si riscontra fra commercianti agiati e ufficiali dell'esercito romano. L'iniziazione, che era prevista per tutti, si compiva in sette gradi; gli adepti avevano anche un sorta di battesimo, celebravano un pasto rituale e dovevano superare delle prove. Luoghi della celebrazione erano caverne artificiali, spesso sotterranee, in cui Mitra prendeva e sgozzava il mistico toro, al cui sacrificio era associata un'idea di riscatto. Nella scena qui rappresentata, in alto a sinistra, nimbato, è il sole, che è normalmente collegato a Mitra, il quale in varie dediche viene definito sol invictus Mithras. L'interpretazione neoplatonica di Dio come luce favorirà l'identificazione del Natale cristiano con l'antica festa del natalis Solis invicti.
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43· lside che allatta il figlioletto Oro, fregio copto del m secolo. Il mito di Iside,la divinità egiziana che dopo l'uccisione dello sposo Osi ride aveva affannosamente ricercato e messo insieme i pezzi del suo cadavere e ne aveva poi ottenuto la resurrezione come d io degli inferi, ebbe amplissima diffusione nell'area mediterranea, dove spesso la dea assunse sincreticamente i tratti caratterizzanti di Demetra e/o Afrodite. I riti isiaci, che in età imperiale prevedevano cerimonie di iniziazione e mettevano a contatto con il mistero della morte e della resurrezione, ebbero grande presa nel mondo romano, dove registrarono una forte partecipazione femminile. Suggestive nel loro svolgimento, tali cerimonie- stando almeno alla testimonianza di Apuleio- fornivano rassicurazioni sul destino ultraterreno dell'anima senza però coinvolgere gli adepti in un cammino interiore di ricerca della verità (è questa una delle piu forti differenze rispetto all'adesione di fede richiesta dal cristianesimo). Il tipo iconografico della dea che allatta il figlio Oro, da lei concepito senza un vero e proprio rapporto con Osiride, ha influenzato la rappresentazione della Vergine nel chiostro di Apollonia a BiiwT~ e nel chiostro di Geremia a Saqqiira.
44· Pan e Dioniso, tessuto copto. Boston, Museum of Fine Arts.
4'· Sarcofago con iniziazione bacchica. Roma, Villa Medici. Uno spazio particolare ebbe nell'Impero il culto di Dioniso, dio tracio legato alla fertilità, che con il nome di Liber era stato insieme a Cerere il primo dio straniero introdotto a Roma. La fronte di sarcofago qui riprodotta fa parte di un ciclo di età severiana, in cui l'episodio di Arianna viene letto come
parabola della salvezza dell'anima. Grazie all'interpretazione datane dall'orfismo, il complesso milO di Dioniso aveva acquistato nel tempo una specifica valenza mistica, poiché esso implicava una uccisione del dio e la sua resurrezione. «l misteri di Dioniso, poi, sono totalmente disumani. Quand'era ancora bambino, mentre era circondato dai Cureti che ballavano intorno a lui una danza guerresca, di nascosto gli si avvicinarono i Titani, lo ingannarono con giocattoli infantili, e poi lo fecero a pezzetti. Eppure era ancora un infante, come ci dice il tracio Orfeo, poeta dell'iniziazione». I Titani mangiano le carni del giovane dio, ma per la loro empietà vengono ridotti in cenere dal fulmine di Zeus. Dalle loro ceneri nascerà una generazione di uomini che porta in sé la scintilla divina di Dioniso e il peccato originale dei Titani. Le implicazioni trascendenti di tale mito sono chiare: bisogna lottare per la liberazione dell'anima divina dalla colpevolezza della carne, onde ottenere una salvezza che va meritata. Proprio queste implicazioni soteriologiche, per quel tanto di concorrenziale che potevano avere nei confronti del cristianesimo, si attiravano la pesante ironia con cui un Padre della Chiesa, Clemente Alessandrino (a lui appartiene lo stralcio di ProtreJtico, 2.17, sopra citato), rievoca parte delle vicende celebrate nei misteri del dio. Venute meno le sue implicazioni mistiche, il mito di Dioniso continua a ricorrere con scopo puramente ornamentale, come mostra fra altri questo tessuto, eseguito in Egitto fra v e vn secolo. In esso il dio è ritratto con la tradizionale pelle di leopardo legata sulla spalla sinistra, mentre l'immagine di Pan, per alcuni tratti iconografici (barba aguzza, piede caprino, corna), prelude a quella che sarà una ricorrente raffigurazione del demonio (basterà pensare al Trionfo delia Morte nel Camposanto di Pisa).
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46. Demetra di Cnido. Londra, British Museum. L'origine del culto di Demetra e Kore dovrebbe riportarsi a una triade agricola di cui faceva parte an· che uno Zeus cronio poi regredito nell'ombra e soppiantato da Dioniso prima, da lacchos poi, e infine da un Plouton che non è il re degli Inferi, ma il dio della fertilità e della ricchezza. Già l'inno omerìco a Demetra descrive i parimenti e le peregrinazioni della dea in cerca della figlia Kore, rapita da Ades, il dio dei morti: un episodio di questa odissea è rappresentato dall'introduzione della coltura delle mes· sì, dono di Demetra a Trìttolemo. La rievocazione delle vicende dì Demetra e Kore doveva costituire il fulcro dei misteri eleusinì (i piu importanti fra quelli dedicati a Demetra e Kore), celebrati dai dì· scendenti di Trittolemo fino al396 d. C., quando con l'invasione dì Alarico i monaci al suo seguito ot· tennero la distruzione del tempio dì Eleusi. Dal poco che sappiamo sulle modalità del culto misterìco, nel quale un ruolo significativo doveva spettare a Dioniso-Iacchos, sposo dì Kore, risulta che al rito potevano partecipare uomini e donne, e che gli iniziati celebravano un sorta di sacramento bevendo il cyceon. L'incompiuto De raptu Proserpinae di Claudiano (indipendentemente da una presunta e non provata inizìazìone del poeta ai misteri eleusinì) testimonia come questo tema fosse d'attualità nei cir· coli colti e paganeggiantì di fine IV • inizi v secolo.
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47· Sarcofago di Eracle che riconduce Alcesti, m secolo. Città del Vaticano, Museo Chiaramonti.
Accanto ai culti veri e propri, esistevano nella mitologia greca una serie di personaggi e di episodi che nel tardo Impero si arricchirono di valenze simboliche. Il mito raffigurato su questo sarcofago offre una buona esemplificazione di tale tendenza. Moglie del re di Fere Admeto, Alcesti si era offena di morire al posto del marito, e Persefone stessa, ammirata di questo gesto, l'avrebbe ricompensata facendola tornare in vita. Piu diffusa è tuttavia l'altra variante del mito (che è poi quella accolta da Euripide nella sua Alcestt), secondo la quale sarebbe stato Eracle a ricondurla fra i viventi dopo averla strappata con una dura lotta a Thanatos, il dio della mone. La « resurrezione~~ di Alcesti ne spiega la presenza su sarcofaghi pagani e cristiani per simboleggiare - con il suo ritorno da mone a vita - la nuova esistenza che inizia dopo il trapasso. Una prova del fatto che nel IV secolo il mito di Alcesti si prestava a esprimere una sentita fede di immonalità ci viene dalla presenza di questo tema figurativo in un arcosolio della catacomba sco pena nel 1955 sulla via Latina, nella quale le sepolture cristiane si alternano a quelle pagane, e dove il riscatto di Alcesti costituisce il corrispettivo pagano della resurrezione di Lazzaro affrescata nell'altra stanza. Non meno significativo il personaggio di Eracle, il semid io che aveva guadagnato l'immonalirà affrontando e superando difficili prove. La sua figura (a pane le implicazioni con il culto imperiale) era stata già interpretata in chiave etica dalla filosofia platonica e stoica, e forniva una ulteriore rassicurazione di fronte alla mone, poiché l'eroe aveva varcato, tornandone vivo, le porre dell'inferno.
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4· Il giudaismo.
Nell'Impero pacificato da Roma un'intensificata mobilità degli scambi permise il diffondersi anche nei paesi occidentali di credenze, riti, culti provenienti da ambienti diversi anche molto lontani. Fra le religioni orientali che si diffusero allora nei grandi centri mediterranei il giudaismo ebbe un posto importante, destinato ad avere sempre piu rilevanza col procedere delle tendenze sincretistiche e monoteistiche all'interno del politeismo. Nonostante la tendenza degli Ebrei a mantenere un rigido rispetto formale della Legge mosaica con le sue minute prescrizioni rituali (circoncisione, tabu alimentari, riposo sabbatico) per tutelare e consolidare, pur nella diaspora, una specifica identità etniconazionale, anche la loro religione subf molteplici commistioni. A partire dalle conquiste asiatiche di Alessandro Magno, e poi soprattutto con la conquista della Palestina da parte dei Romani, la cultura ellenisticoromana influenzò il pensiero e il rituale religioso ebraico, come mostrano molti mosaici pavimentali.
48. Arredo del tempio, particolare (c. 518 d. C.). Sinagoga di Beth-Alpha, Israele. 49· Carro del Sole e zodiaco, particolare. Sinagoga di Beth-Alpha, Israele. I pavimenti musivi della sinagoga di Beth-Alpha rappresentano alcuni dei piu tardi monumenti di arte popolare palestinese, in un periodo in cui erano contemporaneamente presenti espressioni di arte ellenizzante anche molto colta. Nel pannello superiore, vicino all'abside, l'Arca dell'alleanza, i candela· bri, gli strumenti e gli oggetti del tempio sono raggruppati in composizione simmetrica. Al centro, il carro del Sole con la luna e le stelle, lo zodiaco e le stagioni sono chiari prestiti pagani. Nella parte piu bassa, è rappresentato il Sacrificio di Abramo e la mano di Dio è posta nel punto centrale, al di sopra dell'albero e dell'ariete, in modo che ciò che si riferiva all'ultima parte della storia si trovi in posizione dominante. I tre pannelli riuniscono, dunque, in un insieme tipicamente ebraico, i tre elementi fondamentali di quella religione: il tabernacolo, l'ordine e la regola celeste dell'universo, l'intervento di Dio per salvare i suoi eletti.
50 . Sacrificio d'Isacco, particolare. Sinagoga di Beth-Alpha, Israele.
Se a Beth-Alpha non vi fossero iscrizioni e se mancasse il pannello dell'Arca dell'Alleanza, comunque questo pavimento musivo rivelerebbe la sua matrice giudaica anche solo per la cura con la quale l'artista ha reso gli zoccoli biforcuti degli animali puri (Levitico, u) e per il modo in cui nello zodiaco e nel sacrificio d'Isacco l'ariete è rappresentato con un solo corno, simbolo del corno sacerdotale. Quanto alla presenza di figure umane, nel vr secolo questa non era piu una novità nell'arte ebraica. Sostanzialmente assenti nei mosaici piu antichi (come quelli di epoca augustea scoperti nel palazzo erodiano di Massada, in Israele), dominati da motivi geometrici in bianco e nero, personaggi e figure vennero rapidamente ad affollare pitture e mosaici a partire dal nr secolo, allorché le autorità rabbiniche dettero interpretazioni piu liberali dell'interdetto biblico (Esodo, 20-4) . Anche a Beth-Alpha sono dunque presenti molti personaggi, ma tali da riflettere la tendenza tipica dell'arte giudaica a preferire una visione mentale della realtà. Ne è frutto la rappresentazione frontale degli oggetti e delle figure, che contrasta sensibilmente con quella di profilo delle gambe e persino delle ruote del carro del Sole, che sono viste di lato.
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5L La consacrazione del tabernacolo, c. 245 d. C. Sinagoga di Dura-Europos.
Come nei confronti della cultura pagana, anche verso la religione giudaica il cristianesimo sviluppò una retorica della distinzione e della separazione che copriva, però, un'osmosi e una dipendenza mol. to piu ampie di quanto si sia generalmente creduto. Il campo delle influenze si estese presto anche all'iconografia. La scoperta negli anni '30 delle pitture ebraiche della sinagoga di Dura-Europos, pie· cola città presso l'Eufrate nella Siria orientale, ha dato nuove direzioni all'indagine sullo sviluppo dell'iconografia cristiana. Non si tratta, infatti, di mosaici tardi come quelli di Beth-Alpha, ma di pitture parietali sicuramente anteriori al256, quando i Persiani conquistarono e distrussero la città. Le meglio conservate sono quelle provenienti dalla sala di riunione della sinagoga. Il primo esemplare riprodotto rappresenta la consacrazione del tabernacolo e dei sacerdoti, momento di grande importanza religiosa, dal quale ebbe inizio la riconciliazione di Dio con gli uomini. Esso, peraltro, era anche un rito ricorrente, ma il cui significato giaceva in un tempo fuori della storia. La necessità di dare forma visibile a tali concetti astratti fa si che i vari particolari- animali, esseri umani, edifici, oggetti di cultosiano tutti chiaramente rappresentati, ma senza palesare il rapporto che li collega. Non c'è né azione, né storia, ma solo un insieme di forme e di figure a cui solo lo spettatore darà un significato.
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52. Mosè divide le acque del Mar Rosso, c. 245 d. C. Sinagoga di Dura-Europos. 53· Il pozzo di Miriam, c. 245 d. C. Sinagoga di Dura-Europos.
Con la scoperta di Dura-Europos non solo si è rivelata infondata l'idea che praticamente non esistesse un'arte figurativa ebraica indipendente da quella cristiana; si è tentato anche d'individuare fra di loro delle convergenze, in quanto entrambe sono sembrate dipendere in larga misura da particolari ex· trabiblici dovuti all'interpretazione rabbinica. Nella scena di Dura-Europos del passaggio del Mar Rosso si vede Mosè con la sua verga in mezzo a dodici uomini che rappresentano le dodici stirpi; die· tro Mosè c'è una serie di linee ondulate orizzontalmente. È la illustrazione di una leggenda molto dif· fusa, secondo cui nel mare si erano formate dodici strade, una per ogni stirpe. Anche nella scena del· l'accampamento degli Ebrei nel deserto si vedono i rappresentanti delle dodici stirpi fuori delle loro tende e il tabernacolo con gli oggetti di culto. Al centro Mosè tocca con la sua verga l'acqua di un poz· zo, da cui scaturiscono dodici correnti che scorrono fino aUe tende, secondo la combinazione di piu midriishi'm, che parlano del pozzo di Miriam, laddove la Bibbia parla del pozzo di Beer.
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54· Il passaggio del Mar Rosso, 350-70 d. C. Roma, catacomba della via Latina, cubiculo O, nicchia destra.
Alla naturale commistione di elementi giudaico-cristiani si sostitui, nel IV secolo, una cosciente appropriazione da pane cristiana di quelle tradizioni giudaiche che per la loro antichità e autorevolezza provocavano larga ammirazione anche negli strati colti dell'élite pagana. Molti personaggi del Vecchio Testamento furono interpretati figuralmente come anticipazioni dei piu recenti eroi della storia cristiana. Mosè era stato metafora di legislatore e condottiero, padre sapiente di tutte le filosofie, già nella prima apologetica. Nell'aspetto di giovane condottiero, che segue la colonna di fuoco guidando il popolo verso la Terra Promessa, compare negli affreschi della catacomba giudaico-cristiana e pagana della via Latina.
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) 5· Mosè trae acqua dalla rupe (Esodo, 17.5·6). Roma, catacomba della via Latina, cubiculo C, arco-
d'ingresso, parete di destra. ;()_ Pietro nuovo Mosè. Roma , catacomba della via Latina, cubiculo C, arcone d'ingresso, parete di ,inistra.
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Lusebio fece di Mosè, che aveva affrancato il popolo ebraico dalla schiavitu del faraone, la proiezione ·,rowidenziale di Costantino, che aveva liberato la Chiesa dalle persecuzioni. L'episodio del faraone 'ommerso compare infatti, oltreché nella catacomba giudeo-cristiana, pure in ventuno sarcofagi di ~tà costantiniana. Nello stesso periodo si costrui anche la figura di Pietro come nuovo Mosè, a sostegno della cathedra Petri in via di definizione. Nella catacomba della via Latina, le due figure vengono :nesentate come simmetriche ad alludere al tema della /raditio Legis dal primo al secondo Mosè: il ;(iovane in tunica e pallio tiene con la destra un rotolo appoggiato all'anca. Sotto questa scena, come sotto quella di Mosè, è dipinta una fontana da cui l'acqua sprizza verso l'alto.
57· Busto muliebre di offerente, 308-19 d. C. Aquileia, pavimento musivo dell'aula sud della basilica teodoriana. Il confronto fra cristianesimo e giudaismo, che sorresse nel corso di quattro secoli il processo di diffe· renziazione e di crescita del cristianesimo, si trasformò in competizione serrata fra il gruppo cristiano ed ebreo all'interno di città come quelle dell'Italia settentrionale, o in quelle orientali come Antiochia, ove la presenza degli Ebrei coincideva con ampie comunità fortemente strutturate. La costruzione di luoghi di culto che in ampiezza e splendore potessero reggere il confronto con quelli pagani o con le locali sinagoghe fu parte centrale del programma di espansione della nuova religione. Per lungo tem· po, però, i vescovi potevano rivendicare per le proprie costruzioni solo una maggiore santità, di fronte alla indiscutibile superiorità architettonica ed estetica di sinagoghe e campidogli (ZENO , 2.6.2, p. r68, 6-9). Di fatto, in una cinquantina d'anni dalle misure di tolleranza costantiniane (313), il coinvolgi· mento di strati sempre piu ampi di popolazione fece crescere in bellezza e in quantità i luoghi di culto cristiani, spesso frutto, come in Aquileia, dello sforzo collettivo di piccoli donatori. Nel ricco pavi· mento musivo dell'aula meridionale della basilica teodoriana di Aquileia, tre campate sono occupate da busti virili e muliebri ben caratterizzati fisionomicamente, iscritti in medaglioni: quattro soltanto portano l' encolpion con bulla pendente sul petto e la tunica listata di porpora. L'ipotesi piu attendibile è che essi non siano martiri, né membri della famiglia imperiale, ma quei membri dell'élite m unici· pale di Aquileia che parteciparono alla costruzione della chiesa. La presenza di tali ritratti rimanda a un contesto evergetico che sembra condiviso con la pratica, pure ebraica, di partecipare alla costru· zione delle proprie sinagoghe donando colonne, gradini e altre parti della costruzione, come è eviden· te in iscrizioni provenienti dalla Palestina o dall'edificio cultuale di Monastero, vicino ad Aquileia. Per la sua affinità all'architettura sinagogale, ad esempio, di Kefar Nahum (II·IIl secolo), di Beth· Searim (m-Iv secolo) e di Beth-Alpha (VI secolo), in Galilea, nonché di quella di Sardi, anche tale edificio è stato interpretato come una sinagoga: nella sua pavimentazione furono rinvenute iscrizioni musive d'interi gruppi familiari.
;8. Pannello musivo, metà v secolo. Grado, basilica di Sant'Eufemia. :--.Jonostante le molteplici influenze reciproche, il giudaismo rimase fondamentalmente chiuso alla predicazione cristiana e conversioni di ebrei al cristianesimo furono fatti dawero isolati. Di difficile Jatazione, l'iscrizione musiva di Pietro Paparione, giudeo convenito al cristianesimo, fu trovata inca>trata sul fianco di uno dei muri perimetrali della chiesa di Sant'Eufemia a Grado. Essa («Hic requie>cit l Petrus qui Papalrio filius Olimpii iuldaei, solusque l ex gente sua ad Christi meruit l gratiam pervenilre et in hanc sanctam l aulam digne sepulltus est sub die pridie idus lulias indictione quart a») potrebbe tuttavia risalire alla prima metà del v secolo, prima cioè che una rigorosa legislazione ami ebraica estendesse la limitazione dei diritti civili, politici e religiosi degli Ebrei, provocando forme d'intolleranza sfociate, a volte, in conversioni coatte di cospicui gruppi ebraici.
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5· Il cristianesimo.
Rinunciando a qualsiasi pretesa di completezza, la scelta delle immagini si è proposta di documentare i tratti costitutivi della nuova religione, vista anche nel suo organizzarsi in Chiesa all'interno dell'Impero romano. Mi sono perciò soffermata sia sul modo in cui furono intesi la venuta di Cristo e il suo sacrificio di redenzione, sia su quelli che mi parevano dati qualificanti del cristianesimo in quanto religione sempre piu esclusiva nell'ambito dell'Impero: il rapporto con il mondo ebraico e la riappropriazione cristiana del Vecchio Testamento; l'importanza che per i cristiani ebbero la trasmissione e la diffusione (affidata non solo alla parola, ma anche allo scritto e alle raffigurazioni) del messaggio; il successivo affermarsi di modelli diversi di santità; il posto speciale attribuito alla Theotokos, la Vergine Madre; l'affermarsi e l'intensificarsi dei pellegrinaggi; il culto delle reliquie. Il tutto nella consapevolezza che quello tardoantico fu un mondo composito, nel quale gli incontri e gli scambi culturali fra cristiani e pagani furono assai piu sfumati e numerosi di quanto non si fosse pronti ad ammettere fino a qualche decennio fa, e in cui cristiani e pagani condivisero spesso gusti artistici e letterari: e se questo spiega da un lato il successo della poesia profana di Claudiano alla cristianissima corte di Onorio, dall'altra è premessa a una continuità di temi e modelli grazie alla quale, due secoli dopo, soggetti mitologici e soggetti sacri si affiancheranno nella produzione delle argenterie che portano il sigillo dell'imperatore Eraclio.
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59· Soffitto della cripta del Buon Pastore, prima metà del m secolo. Roma, Cimitero Maggiore.
La maggior pane delle rappresentazioni bibliche di età precostantiniana è tratta dal Vecchio Testamento, e in particolare dai libri della Genesi, dell'Esodo, di Giona e di Daniele, i cui personaggi meglio si prestavano a una lettura che stabilisse uno stretto collegamento fra i fatti del Vecchio Testamento e la salvezza operata da Cristo. Nell'affresco, che si organizza intorno alla figura centrale del Buon Pastore, troviamo a sinistra una raffigurazione del peccato originale, mentre sulla destra la rap· presentazione di Giona che riposa sotto le foglie della zucca offre un paradigma della salvezza e del ri· poso eterno garantiti al fedele. Al battesimo allude l'episodio di Mosè che fa sgorgare acqua dalla roe· eia, mentre in basso la figura dell'arante indica insieme esigenza e richiesta dell'intercessione divina.
6o. Sarcofago con Giona, orante, Buon Pastore, c. 260 d . C. Roma, Santa Maria Antiqua. Un analogo simbolismo figurativo può rilevarsi nel sarcofago di Santa Maria Antiqua. Sulla sinistra Giona (che si ispira al tipo iconografico di Endimione) riposa sotto le foglie di zucca, simbolo di eter· na felicità; sull'estrema destra il battesimo di Gesu; una figura di fùosofo sta fra l'arante da un lato e il Buon Pastore dall'altro. L'immagine di Cristo Buon Pastore, oltre che nell'iconografia, fa presto la sua comparsa nei testi letterari, ermetici e non. Fra le attestazioni piu antiche, una visione della Passio Perpeluae el Felicilalis, 4.8-ro (203 d. C.): «E vidi l'immensa distesa di un giardino, e al centro era se· duro un uomo dai capelli candidi, vestito da pastore, imponente, che mungeva le pecore: intorno a lui, molte migliaia di persone biancovestite. E sollevò il capo, e mi vide, e mi disse: "Benvenuta, figlia mia". E mi chiamò, e mi diede un boccone del cacio che mungeva; ed io lo presi a mani giunte e lo mangiai; e tutti i presenti dissero: "Amen". E al suono di quella voce mi svegliai che masticavo ancora un non so che di dolce».
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61. Orfeo come Buon Pastore, m secolo. Roma, Catacombe di Domitilla. Le raffigurazioni di Orfeo nelle catacombe sono rare, e si limitano alla ripresa del tipo iconografico del cantore con la lira che attrae a sé le bestie, rendendole mansuete. L'utilizzazione di questa immagine con riferimento a Cristo ben si spiega sia per il contesto bucolico, sia per sottolineare l'irresistibile attrazione provocata in tutti dalla parola divina. Nella scultura non sono rari i riusi cristiani di statuette di Orfeo (a identificarlo come tale è il berretto frigio) nell'attitudine del Buon Pastore, e ciò mostra come nei primi secoli le raffigurazioni di Gesu non si preoccupano di renderne i connotati fisici, ma piuttosto di evidenziare il significato profondo del suo messaggio.
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62. Sarcofago della Salaria, terzo quarto del m secolo. Roma, Museo Pio Cristiano.
Il sarcofago, di stile orientale e a forma di vasca, ha al centro una figura stante vestita da pastore, che ha un agnello sulle spalle e altri due ai suoi piedi ed è volta verso un'arante. A sinistra un personaggio seduto, in attitudine di filosofo, discute con altri due in piedi ai due lati. Dalla parte opposta una figu· ra femminile seduta, con un rotolo in mano, è inquadrata fra una donna in piedi e l'orante. È possibile che i due personaggi seduti siano il defunto e la moglie; resta in ogni caso significativa la presenza del filosofo sul lato opposto a quello dell'arante, quasi a significare una modalità di salvezza affidata alla meditazione non meno che alla preghiera.
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63. Miracoli di Cristo, JOO-IO d. C. Roma, Museo Nazionale Romano.
Oltre che a Dura-Europos, le piu antiche rappresentazioni di Gesu si trovano nei sarcofaghi e nelle catacombe romane e sono in genere contestuali a pochi episodi dei Vangeli, come la Samaritana al pozzo, la resurrezione di Lazzaro, la tempesta sul mare, le donne al sepolcro. Questo rilievo marmo· reo, che risale al primo decennio del Iv secolo, è un esempio della tendenza a raffigurare Cristo attra· verso i suoi miracoli, che qui sono la guarigione del paralitico (Marco, 2.12), e la moltiplicazione dei pani (Matteo, I4.I3-21), mentre di difficile identificazione resta l'ultimo episodio sulla sinistra (l'ipote· si che sia la resurrezione del figlio della vedova di Naim è resa improbabile dal fatto che c'è un letto e non un feretro). Significativo l'abbigliamento di Cristo, che tiene in mano un rotolo e indossa un pallio, che era la tunica dei filosofi cinici itineranti.
64. Cristo come Sole, mosaico nella cappella M della cosiddetta tomba dei Giuli, primo terzo del IV secolo. Roma, Grotte Vaticane. Questo mosaico, solo parzialmente conservato sulla volta di un piccolo mausoleo, è anteriore al 330 d.
C. circa, quando al di sopra della tomba furono iniziati i lavori per la basilica costantiniana di San Pietro, e mostra come, almeno in una prima fase, per l'immagine di Cristo vennero utilizzati tipi iconografici preesistenti. Cristo, nimbato, ha qui i tratti del Sol invictus (a contesto cristiano rinviano però i tralci di vite) e sta su un carro tirato da quattro cavalli bianchi (due dei quali distrutti). L'utilizzazione di questa immagine si spiega bene in un ambiente sincretistico, dove fra la fine del 111 e gli inizi del IV secolo il culto del Sole era molto sentito, spesso in collegamento con il mitraismo, e dove la cultura neoplatonica e il Vangelo di Giovanni convergevano nel proporre un'immagine di Dio-luce.
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'•5· Sarcofago di Giunio Basso , metà IV secolo. Roma, Grotte Vaticane.
Come si apprende dall'iscrizione («lun. Bassus V. C. qui vixit annis XLII men. II in ipsa praefectura mbi neofitus iit ad deum VIII kal. sept. Eusebio et Ypatio coss. »),questo sarcofago, trovato a fine Cinquecento sotto la Confessione di San Pietro, appartenne al prefetto dell'urbe Giunio Basso, morto 1 .p anni nel359 d. C. La decorazione è disposta su due registri, ciascuno dei quali ripartito in cinque nicchie, delimitate da colonne. Nel registro piu alto, a sinistra abbiamo l'arresto di Pietro e il sacrificio di I sacco; nella nicchia centrale Cristo, affiancato da due angeli e con un rotolo in mano, siede su un · rono che poggia sopra il manto del cielo, personificato; a destra Cristo fra due soldati è condotto da IJi)aro, che siede sulla sella curule. Nel registro inferiore, a sinistra si trovano Giobbe seduto su una pila di pietre e il peccato originale; al centro l'ingresso di Cristo a Gerusalemme; a destra Daniele fra i leoni e San Paolo portato al martirio. Lo schema iconografico svolge dunque un discorso che - nel ri~ondurre tutti gli avvenimenti raffigurati al ruolo centrale di Cristo- da una parte seleziona alcuni si>(nificativi episodi del Vecchio Testamento, dall'altra dà specifico rilievo ai due apostoli «romani>> Pietro e Paolo, la cui presenza non dovrebbe essere casuale sul sarcofago di un prae/ectus urbi. Note,·ole per eleganza di esecuzione, il sarcofago testimonia il gusto classicheggiante con cui l'aristocrazia .enatoria cristiana rilegge la storia della redenzione. In ambito letterario, un analogo atteggiamento può cogliersi nel centone composto in questi stessi anni dalla poetessa e senatrice romana Faltonia Betitia Proba, che per narrare tale storia a un pubblico colto sceglieva di utilizzare i versi di Virgilio.
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66. Pantokrator, cappella VI del convento di Sant'Apollonia a Biiwl!, vr-vn secolo. Il Cairo, Museo Copto. I tratti di assimilazione fra dignità divina e dignità imperiale, che cominciano ad affacciarsi con Costantino, trovano pieno sviluppo a partire dall'età teodosiana, quando anche la liturgia della Chiesa bizantina adotta formule proprie del cerimoniale di eone. Alla concezione« regale» di Cristo si ricollega la sua raffigurazione come Pantokrator, Onnipotente, che avrà enorme fonuna nell'ane bizantina. Nel nostro affresco, Cristo, barbato, siede sul trono, e benedice con la mano destra mentre tiene con la sinistra un libro su cui è ripetuta per tre volte la parola agios («santo»). Intorno all'ovale sono disposti i simboli dei quattro evangelisti. In basso gli apostoli, al centro dei quali troneggia con il Bambino in braccio la Vergine Madre di Dio (Theotokos) .
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r,7. Dittico di Probo, 407 d. C. Aosta, cattedrale. Avanzata da Eusebio di Cesarea per il suo Costantino, l'idea di una protezione divina accordata all'imperatore pio che si batte per la fede viene applicata alla vittoria del Frigido (394 d . C.) ottenuta da feodosio contro l'usurpatore filopagano Eugenio. I testi che commentano l'avvenimento teorizzano infatti una sorta di necessaria connessione fra/ides e victoria, per cui D io non può permettere la sconfitta di chi crede in Lui e ne difende la causa. La scritta che si legge nel dittico di Probo, >, XXIII), Genève 1977, pp. 1-3o), questo resta il periodo critico della cristianizzazione dell'aristocrazia, un processo in cui l'identità, la ricchezza e l'influenza delle famiglie furono messe pesantemente in gioco: P. BROWN, Aspects of the Christianization of the Roman Aristocracy, in]RS, LI (1961), pp. 1-rr, resta fondamentale. '' Cfr. sopra, nota 6. 17 Su questi argomenti, P. BROWN, The Body an d the Society. Men, Women and Sexual Renunciation in Early Christianity, New York 1988; E. A. CLARK, The Li/e o/Melania the Younger, New York 1984; J. HARRIES, Treasure in Heaven: Property and Inheritance among the Senators of Laté Rome, in E. CRAIK (a cura di), Mamage and Property, Aberdeen 1984, pp . .:14-7o; F. E. CONSOLINO, Modelli di comportamento e modi di santificazione per l'aristocrazia femminile dell'Occidente, in A. GIARDINA (a cura di), Società romana cit., l, pp. 273-3o6, 684-99; R. uzzr, Una società esortata all'ascetismo: misure legislative e motivazioni economiche nel N·V secolo d. C., in StudStor, XXX, 1 (1989), pp. U9-H·
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3· Le società orientali.
Non fu certo lo stesso in Oriente. Sebbene le discussioni intorno ai vari stili di vita ascetica, in relazione sia alla ricchezza sia al comportamento sessuale, fossero portate avanti con eguale intensità, furono diverse le condizioni entro le quali si sviluppò il discorso. La cristianizzazione delle famiglie appartenenti alla classe alta orientale era progredita senza troppi contrasti e non provocò problemi cosf gravi come nel caso dei grandi aristocratici dell'Occidente. L'esempio spesso citato della vasta famiglia cui Gregorio di N issa e Basilio appartenevano è davvero tipico 11 : ben radicata nei propri possedimenti di campagna in Cappadocia, la famiglia fece educare i figli ad Atene, con la radicata speranza che essi entrassero nella Chiesa; non fu dunque affatto frenata dalla tradizionale lealtà di classe e da quei pregiudizi economici che trattenevano invece le famiglie occidentali dello stesso gruppo sociale dall'adottare il cristianesimo. D caso di Agostino, che perseguendo una carriera come insegnante di retorica awertiva con profonda angoscia di dover scegliere fra tutto ciò che significava tradizione, cultura e impegni di patronato, e le esigenze della fede cristiana, è, all'opposto, rappresentativo della situazione occidentale". Cosf, mentre Giovanni Crisostomo può soffermarsi a soppesare l'eventuale tepidezza di fede del suo uditorio cristiano e la propensione piu o meno forte dei suoi fedeli a regredire verso modi di vita pagani, la questione in Occidente era piuttosto la trasformazione di una tradizione di classe straordinariamente persistente e conservatrice, che proprio allora si manifestava in una forma anche piu nettamente definita. Queste importanti differenze nella fisionomia della classe senatoria in Oriente e in Occidente, emergenti chiaramente alla fine del IV secolo, fecero sf che anche il problema barbarico si ponesse con un' enfaIl Sul quale cfr. A. MOMIGLIANO, Tbe Li/e o/St. Mamna by Gregory o/ Nyssa, in J. w. EADIE e J. OBER, Tbe Cra/t o/tbe Ancient Historian, Lanham Md. 198,, pp. 443·j8 = Ottavo contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma 1987, pp. 333-47. Per il modo in cui il Cristianesimo si pose in rapporto con i problemi dell'educazione, della tetorica e della comunicazione sociale, cfr. A. CAMERON, Cbristianity and tbe Rbetoric o/ Empire, Berkeley - Los Angeles 1991, specialmente i capp....,. 19 D tema pervade non solo La cittiJ di Dio, ma anche molte altre opera di Agostino, soprattutto La dottrina cristiana, e il Del Maestro; nel De catecbizandis rudibus e in molti dei suoi sermoni Agostino mostra un intenso interesse per i problemi ddla comunicazione, cosi come per l'argomento piu filosofico della compatibilità della fede cristiana con le esigenze della retorica, comune anche a scrittori orientali come Gregorio di N issa. La tarda conversione del famoso retore pagano Mario Vittorino (sul quale cfr. P. HADOT, Marius Victorinus. Recberches sur sa vie el ses !Zuvres, Paris 1971) ebbe, come si può immaginare, un effetto molto profondo su di lui.
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si tutt'affatto differente agli inizi del v secolo, sollecitando risposte molto diverse nelle due metà dell'Impero. E, fatto anche piu importante, gli esiti stessi sarebbero stati molto lontani. All'interno della stessa Costantinopoli, Giovanni Crisostomo aveva a che fare non solo con il comportamento fiacco del suo gregge cristiano, ma anche con la questione posta dall'arianesimo. Come in Occidente, dove agli inizi del v secolo i sospetti verso il vandalo Stilicone crebbero fino a provocarne la caduta, anche a Costantinopoli, nello stesso periodo, venne in primo piano il problema di un'indebita influenza barbarica, insieme germanica e ariana. Uno degli effetti della pericolosa posizione di potete raggiunta da Gaina e dai suoi Goti era, infatti, il considerevole aumento di ariani fra la popolazione cittadina; la questione che al momento si poneva era se ciò dovesse essere fermato e come. Le due opere in cui Sinesio di Cirene, inviato dalla sua città come ambasciatore a Costantinopoli, allude in velati termini allegorici a tale situazione e ai rischi corsi dal governo sono una delle fonti d'informazione principali, per quanto difficili da interpretare, sulla vicenda"'; Gaina e i suoi uomini furono alla fine espulsi con successo dalla città e fu assicurata l'indipendenza di Costantinopoli e del governo imperiale. ll fatto che il governo orientale fosse in grado di contare su sufficienti risorse per liquidare vari capi gotici fu altrettanto importante per assicurare la sua incolumità a lungo termine, anche se ciò accadde a spese dello sfortunato Occidente". La prima decade del v secolo, perciò, rappresenta un punto di svolta anche piu importante per la continuità del governo romano contro le invasioni barbariche, e fu tale che solo l'Est poté soprawivere; l' espulsione di Gaina e dei Goti nel4oo allontanò la minaccia immediata dalla cit. tà e dalle sue strutture di governo, anche se non dall'Impero orientale nel suo insieme. Ciò evitò all'Oriente di cadere irrimediabilmente nel modello occidentale, ~egnato da imperatori debo~ e influenti capi mili20 · Del regno e Della provvidenu. I numerosi studi su Sinesio si sono sviluppati da una generale in· terpretazione delle sue idee attraverso l'analisi di questi due testi e piu recentemente verso una rico· struzione dell'ambiente socio-economico in cui visse illoro autore; cfr. H. MAJtllOU, Sinesio di Cirene e il neoplatonismoalessandrino, in A. MOMIGLIANO (a cura di), Il conflitto tra paganesimo e cristianesimo nel secolo w, Torino 19n. pp. 139-64; J. BJtEGMAN, Synesius ofCyrene, Berkeley· Los Angeles 1982; R. LIZZI, Significato filosofico e politico dell'antibarbarismo sinesiano. Il De Regno e il De Providentia, in RAAN, LVI (1981), pp. 49·82; T. D. BAilNES, Synesius in Constantinople, in GRBS, xxvn (1986), PP· 93-n2; ID., When did Synesius become bishop ofPtolemais?, ibid., pp. 32,-29; J. H. w. G. LIEBESC0TZ. Synesius and Municipal Politics, in «Byzantion•, LV (198,), pp. 145-64; ID., Barbarians and Bishops Army, Church and State in the Age ofArcadius and Chrysostom, Oxford 1990; D. JtOQUES, Synésios de
Cyrène et la Cyrénaique du Bas-Empire, Paris 1987. 21 In generale, E. DEMOUGEOT, De l'unité à la division de l'Empire romain, J9 5·4IO, Paris 1951; J. B. BUJtY, History of the Later Roman Empire /rom the Death of Theodosius I to the Death of ]ustinùm. London 19582, l, pp. 126 sgg.; A. CAMEJtON, Claudian, Oxford 1970.
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tari barbari, rendendo cosi possibile lo sviluppo di un governo civile notevolmente stabile, capace di durare fin quando lo consentirono fattori di ordine economico e militare, di fatto fino all'indebolimento delle città orientali e alle invasioni arabe". L'Oriente bloccò in tal modo un processo che nell'Impero occidentale fu inarrestabile e affrettò inesorabilmente la riduzione della rimanente influenza del governo di Roma; dalla metà del v secolo, infatti, troviamo saldamente stabiliti in Costantinopoli una corte e tin' amministrazione civili, capaci di agire come centro di patronato intellettuale ed economico in una misura che sarebbe stata allora impensabile in Occidente. contrasto è chiaramente visibile durante il regno di T eodosio TI (4o8-.5o), quando Costantinopoli fu governata da una dinastia rinomata per la sua pietà e il suo coinvolgimento sia nella Chiesa sia nella cultura contemporanea 2J. n periodo vide la compilazione del Codice teodosiano, una raccolta di costituzioni imperiali emesse da Costantino in poi, che costitui un corpo definito di legislazione pubblica romana senza precedenti ... Vi fu anche la composizione di una serie di storie ecclesiastiche, scritte da awocati che lavoravano nella capitale orientale, come continuazione fino ai loro giorni della storia ecclesiastica di Eusebio, tali da fornire una storia cristiana del nuovo e fiducioso Impero costantiniano". Contemporaneamente, i membri della famiglia imperiale assicurarono un ampio patronato a poeti e letterati, partecipando attivamente alle dispute religiose del periodo. Fu anche allora che il patriarca Proda di Costantinopoli trattò in modo esplicito nelle proprie omelie i grandi temi dibattuti al concilio di Efeso del4 31, in cui la Vergine ricevette il titolo ufficiale di Madre di Dio ".
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22 Per le invasioni barbariche che rappresentano il contesto di questi sviluppi cfr. sopra, p. 993; per una buona sintesi, w. GOFFART, Barbarians and Romans AD 418-564, Pricenton 1980, cap. I. Sull'atteggiamento romano: P. COURCELLE, Histoire littéraire des grandes invasions germaniques, Paris 1964'; F. PASCHOUD, Roma Aeterna. Etudes sur le patriotisme romain dans l'Occident latin à l'époque des grandes invasions, Ncuchatel 1967; M. SIMONEITI, L'intellettuale cristiano di fronte alle invasioni barbariche, in Il comportamento dell'intellettuale nella società antica, Settime giornate ftlologiche genovesi (22-23 febbraio 1979), Genovar98o, pp. 93-1r7; L. CRACCO RUGGINI, La/ine dell'impero e le trasmigrazioni dei popoli, in La Stona, II, Torino 1986, pp. r-,2. 2J Cfr. in particolare K. J. HOLUM, TheotkJsian Empresses. Women and Imperia! Dominion in Lite Antiquity, Berkeley - Los Angeles 1982. 2< Cfr. sotto, p. roo,; recentemente, A. M. HONORÉ, Tbe Making oftbe Tbeodosian Code, in ZSS, CIII (I986), pp. 133-222. " Si tratta di Socrate e Sozomcno, sui quali cfr. G. CHESNUT, The First Christian Histories, Paris 1977. In rca2ione a questo tipo di storiografia, Zosimo ribatté con una versione pagana della storia che, tuttavia, mostra di per sé l'influenza degli scrittori cristiani: L. cRAcco RUGGINI, The Ecclesiastica! Histories and the Pagan Historiography: Providence and Miracles, in «Athenaeum», n. s., LV (1977), pp. 107·26. • PG, LXV, coli., 68o sgg.
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Nella prima metà del v secolo, dunque, Costantinopoli, con la sua popolazione in espansione, era il centro di una vigorosa cultura cristiana nei confronti della quale la corte imperiale assunse un ruolo attivo di guida. Le cerimonie pubbliche erano frequenti: la famiglia imperiale si univa al patriarca nel celebrare le maggiori festività cristiane, gettando le basi di un programma ben definito, che ricevette la sua piena formalizzazione nel Libro delle cerimonie del x secolo. Come effetto immediato del395 e della lotta contro Gaina che segui di li a poco, perciò, gli strati alti della società e dell'amministrazione e la stessa corte imperiale avviarono in Oriente un nuovo processo di autodefinizione. Non sorprende, allora, che fra la corte e la Chiesa, in quanto epicentri del potere sociale, tale processo potesse provocare degli attriti; furono infatti intraprese aspre battaglie, patriarchi come Giovanni Crisostomo furono mandati in esilio, un'imperatrice si ritirò a vivere in Terrasanta 11 • In modo simile, in questa fase di creazione di nuovi equilibri, con la sua conseguente mobilità sociale, si spiega meglio il ruolo assunto da donne della dinastia imperiale come patrone cristiane e forti figure politiche; evento, comunque, non destinato a divenire norma e che dovrebbe essere visto come lm epifenomeno di fluidità sociale, il risultato di una situazione contingente provocata dalla presenza di un imperatore giovane e facilmente dominabile. La storia che Eudossia fosse la figlia di un filosofo pagano di Atene e che venisse scelta come sposa imperiale in una sorta di concorso di bellezza 28 calza perfettamente con il carattere effimero di questa fase nello sviluppo dell'Impero orientale. 4· La cultura greca. Non sorprende che fosse allora la cultura greca la piu vitale e innovativa. Alla fine del IV secolo essa aveva fatto qualche progresso fra l' aristocrazia romana, principalmente, tuttavia, nella forma di letteratura ascetica, letta normalmente in traduzione latina"'. Un ardente desiderio di nutrimento spirituale e la consapevolezza dell'importanza delle opere greche contribuirono a promuovere la traduzione e lo studio di tale tipo di testi. Nondimeno, e nonostante il suo debito verso Platone, la cultura 71 ]. B. BURY, History cit., l, pp. 138 sgg., U5 sgg.; A. CAMERON, The Empress cit.; ]. H. W. G. LIEBE· SCHiiTz, Barbarians cit. 28 MALALA, pp. 353-54, Bonn. "' Sulle letture delle donne cristiane votate all'ascetismo cfr. per esempio F. E. CONSOLINO, Modelli cit., pp. 292 sgg. In tale processo Girolamo fu di grande importanza come interprete di Orige· ne per l'Occidente latino e come intermediario per le opere ascetiche greche, in particolare la Vita di
Antonio.
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di un Occidentale quale Agostino rimaneva fermamente romana 30 ; anche alcuni scrittori di lingua greca, come Ammiano Marcellino, entrarono nella scena letteraria romana e adottarono sia le tecniche sia lo stile della letteratura latina"_ Anche la cultura di Macrobio, come testimoniato dai Saturnali del primo v secolo, è sulla stessa linea, e quando Grosio compilò la sua risposta per coloro che, da parte pagana, criticavano il cristianesimo come responsabile del sacco di -Roma del41o, trovò materiale in Livio e nella storia della Repubblica romana, cosi come Agostino si volse a Sallustio e a Cicerone allorché nella Città di Dio intese dimostrare le false aspirazioni del passato romano. n governo orientale, tuttavia, era solo in modo discontinuo interessato a intervenire in Occidente; il prezzo, anzi, della florida cultura dell'Oriente greco nel v secolo era l'abbandono dell'Occidente alla sua sorte: vale a dire, per considerare le cose in senso inverso, la crescente debolezza dell'élite occidentale apri la via a una vera esplosione di cultura letteraria greca nella parte orientale dell'Impero. È questo l'ambiente in cui si colloca la straordinaria fioritura di iscrizioni epigrammatiche greche studiate in modo magistrale da Louis Robert3'. Non solo, ancora una volta, un gran numero di iscrizioni mostrano di provenire dalle città greco-orientali; esse sono anche in massima parte in versi, spesso molto ricercati. Governatori, consiglieri cittadini, benefattori locali sono commemorati in epigrammi formulari, ricchi di ornamenti retorici e spesso altamente ambiziosi; cariche e interventi evergetici sono espressi con un repertorio topico di vocaboli poetici, che indica insieme abilità tecnica e gusto per tali indicazioni di statusn. È sorprendente che tali versi, nonostante i progressi compiuti dal cristianesimo in questo periodo, siano sostanzialmente su soggetti profani. In ambito piu alto, o meno pratico, vi era anche la possibilità di commissio-
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lungo dibattito sulle presunte limitazioni di Agostino nella sua conoscenza del greco (cfr. per la bibliografia G. BONNER, St. Augustine o/Hippo. Lz/e and Controversies, Norwich 19862, pp. 394-9') tende a trascurare la piu interessante questione dei suoi debiti intellettuali. " Gli stadi esatti della formazione di Ammiano, e soprattutto l'interazione di influenze latine e greche, rimangono largamente misteriosi, ma (nonostante J, MATTHEWS, Ammianus' Historical Evolution, in B. CROKE e A. EMMETI (a cura di), History and Historians in Late Antiquity, Sydney 1983, pp. 30-41, e ID., The Roman Empire of Ammianus Marcellinus, London 1989) è chiaro che la sua opera è profondamente permeata di reminiscenze dagli storici di Roma repubblicana e della prima età imperiale; cfr. anche R. SEAGER, Ammianus Marcellinus. Seven Studies in bis Language an d Thought, Manchester 1986. poeta alessandrino Claudiano aveva assorbito in modo anche piu evidente stile e tecnica dell'epica latina. Sull'ambiente dei Saturnali di Macrobio, A. CAMERON, The Date and Identity of Macrobius, in]RS, LVI (r966), pp. :z'-38. l 2 Cfr. specialmente L. ROBERT, Epigrammes du Bas-Empire («Hellenica», IV), Paris 1948. l> I. ~EVCENKO, A Late Epigram an d the So-Ca/led E/der Magistrale /rom Aphrodisias, in « Synthronon» (r~8), pp. 29-41; CH. ROUECHÉ, Aphrodisias in late Antiquity, London 1988, pp. H sgg., 6x sgg. 30
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nare una rinnovata poesia epica su temi mitologici; il livello linguistico di tali composizioni è cosi elevato che spesso, in mancanza di prove esterne, è davvero impossibile assegnare loro, come a molti degli epigrammi scolpiti, una data piu precisa di quella offerta dalla generica definizione di « tardoantico ». · Una cultura letteraria sostenuta da tanta abilità tecnica si può spiegare in questo periodo, come già si era fatto per la produzione della Seconda Sofisticà nel n secolo d. C., solo presumendo nelle città fiorenti infrastrutture in grado di assicurare l'educazione necessaria e, contemporaneamente, il mantenimento di un corpo civico capace di esercitare il dovuto patronato". Con sufficiente certezza, le città dell'Impero romano nel v secolo sembrano ancora una volta rifiorire; la cultura urbana dell' antichità classica, minacciata dalle precarie condizioni del III secolo e ripristinata con qualche difficoltà nel IV, nella metà orientale dell'area mediterranea godette di una vera e propria rinascita nel corso del v secolo; i prodotti di tale cultura sono tali da richiamare alla mente il precedente periodo di grande prosperità cittadina sotto gli Antonini ". I letterati sono di nuovo oggetto di lodi; i bravi scrittori possono viaggiare e divenire famosi; è nuovamente motivo di prestigio farsi patrono di belle lettere. Gli stili impiegati sono di volta in volta differenti, cosi come lo sono le persone implicate e i fini a cui le varie composizioni rispondono (ad esempio, un epigramma in versi anziché un'orazione), ma la posizione sociale del soggetto celebrato è sempre chiaramente riferita. Come si può prevedere, le stesse condizioni provocarono un notevole aumento anche dell'attività filosofica; scuole fiorenti soprattutto in Atene e in Alessandria costituirono un motivo di attrazione per un largo numero di studenti dall'Oriente greco e, sebbene fossero tendenzialmente centri di paganesimo in un Impero sempre piu cristiano, il loro fiorente sviluppo in questo periodo fu piu favorito dalle condizioni sociali ed economiche della contemporanea vita urbana di quanto non fosse ostacolato dall'avversione cristiana verso i pagani,.. T ale ostilità, molto elevata intorno al 390, al tempo delle misure di T eodosio I contro il paganesimo, allorché fra l'altro portò all'assassinio di lpazia in Alessandria, sembra essersi in " Per la crescente prosperità delle città orientali nel v secolo cfr. E. PATLAGEAN, Pauvreté économique et pauvreté sociale ii Byzance, IV'- VII' siècles, Paris 1977, pp. 59-61, 2 33 sgg.; ciò è particolarmente evidente nel caso di Afrodisia, da cui abbiamo una insolitamente completa testimonianza epigrafica (c&, CH. ROUECHÉ, Aphrodisias cit., pp. 86, 124, 229. " Cfr. specialmente ibid., pp. 6o sgg., e, in generale, G. w. BOWERSOCK, Hellenism in Late Antiquity, Cambridge 1990. •• Per i circoli filosofici in Atene e Alessandria cfr. G. FOWDEN, The Paga n Holy Ma n in Late Antique Society, inJHS, CII (1982), pp. 33-59, e oltre, nota 65. F. CHUVIN, Chronique des derniers paiens, Paris 1990, dà un quadro interessante della vita accademica e intellettuale in questo periodo.
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seguito un po' attenuata. All'inizio del VI secolo due opere, la pagana Vita di lsidoro di Damascio e la cristiana Vita di Severo di Zaccaria di Mitilene, aprono uno squarcio sulla ~ivace vita degli studenti del periodo. L'impressione che se ne riceve è di un'intensa atmosfera intellettuale, in cui pagani e cristiani possono essere amici, ma anche scontrarsi in modo molto violento nelle strade, in vere e proprie sommosse studentesche ". Oltre agli studi letterari e di filosofia, quelli di giurisprudenza costituivano una terza opportunità per un giovane bravo e ambizioso; un numero notevole di scrittori greci del v e VI secolo, infatti, aveva una preparazione di diritto o di fatto praticava ambienti giuridici. maggiore centro di studi di giurisprudenza, la cui importanza fu ratificata dalla legislazione emanata da Giustiniano per riorganizzare l'insegnamento di tali materie nel VI secolo, era quello di Berito (Beirut) ";istituito, sembra, nel III secolo, giunse al massimo dello splendore nel v e nel VI secolo, quando costitui una fonte di reclutamento per la burocrazia imperiale. Anche altre città, tuttavia, fornivano opportunità di studio cosi come davano occasione di esercitare le proprie abilità intellettuali a quanti si erano istruiti altrove; le iscrizioni di Mrodisia rivelano l'esistenza di famiglie in grado di far educare i loro figli in altre città, per poi trovare loro conveniente occupazione in patria Come rivela l'evidenza epigrafica, furono la solidità e la prosperità delle città dell'Oriente greco nel v e nei primi del VI secolo a creare il supporto e a poter spiegare questo tipo di cultura letteraria e intellettuale, piuttosto che la semplice esistenza di scuole famose in pochi centri piu grandi.
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,. Le condizioni economiche. Nasce perciò il problema di capire su cosa si fondasse tale apparente prosperità. Come nel II secolo, si deve subito ricordare che essa interessò principalmente le classi alte; ci sono infatti buone ragioni per supporre che i poveri delle città aumentarono di numero, e non c'è alcun motivo di ipotizzare un miglioramento delle loro condizioni materiali, a parte quello che poté essere determinato dalla pratica della carità cristiana (talvolta una vera forza con cui si dovette fare i conti) 40 • Né è lecito im" Vedi CH. ROUECHt, Aphrodisias cit., pp. 85 sgg. " P. COLLINET, Etudes historiques sur le droit de ]ustinien,II. Histoire de l'école de droit de Beyrouth, Paris 1925. " CH. ROUECHt, Aphrodisias cit., pp. 89 sgg. 40 E. PATLAGEAN, Pauvreté cit.
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maginare qualche decisivo cambiamento sul piano della macroeconomia; benché si abbia ora una visione alquanto piu positiva dell'economia del tardo Impero romano, molto resta ancora oscuro e vari fattori indicano l'esistenza di operazioni su scala maggiormente ridotta di quanto accadessè in precedenza". La recente ricerca dà un peso maggiore di quanto si fosse soliti fare in precedenza al volume totale dei commerci del periodo 42 ; in realtà, dobbiamo essere cauti nella considerazione delle passate teorie, procedendo a una loro revisione piuttosto che a un loro capovolgimento, in quanto la quantità dei commerci sembra essere stata in totale inferiore a quanto lo fosse nel primo Impero. Lo sviluppo dei monasteri come piccole unità produttive oppure, per esempio, l'introduzione della coltura delle olive nella Siria settentrionale contribuirono a un cambiamento delle condizioni economiche locali, ma non mutarono sostanzialmente la bilancia dell'economia generale. E ugualmente, la prosperità delle piccole comunità siriane ancora nel VII secolo, come testimoniato dalla larga quantità d'argento nelle chiese locali", non dovrebbe spingerei a credere che fosse nel suo insieme mutata la fisionomia economica dell'Impero orientale, quanto piuttosto a pensare in termini di una migliore realizzazione delle varie possibilità locali. D'altra parte, studi recenti sul commercio del vino e sulla distribuzione delle anfore nel periodo mostrano che le vecchie idee di «declino» erano di gran lunga troppo semplicistiche ... Solo dopo ricerche archeologiche particolareggiate potremo giungere a una migliore comprensione dell'economia dal v al vn secolo, e quando pensiamo che tale indagine, per quanto via via piu diffusa, è ancora agli inizi, se vista nel contesto della storia degli studi del periodo, risulta chiaro quanto sia difficile al momento avere una visione generale della situazione. Almeno 41
Per· una visione generale che insiste molto sulla continuità cfr. M. HENDY, Studies in the Byuzn-
tine Monetary Economy c. JOO to I4JO, Cambridge 198.5. 42 Cfr. i saggi raccolti in P. GARNSEY, K. HOPKINS e C. R. WHITI'AKER (a cura di), Trade in the Ancient Economy, London 198}, e quelli in A. GIARDINA (a cura di), Società romana cit., m. Le merci, g/i insediamenti, soprattutto c. PANELLA, Le merci: produzioni, itinerari e destini, pp. 431-.59, 843-45. È ora disponibile anche un'altra raccolta: Hommes et richesses d4ns l'Empire byuzntin, w'-Vll' siècle,
Paris 1989. "' G. TCHALENKO,
Les Villages de ltJ Syrie du Nord, I-m, Paris 19H-.58, resta fondamentale;
cfr. anche Hommes et richesses cit., pp.
63-77; per l'argento conservato nelle chiese siriache cfr. M. M. MANGO, Silve.r /rom Early Byuzntium. The Kaper Koraon and ReltJtes Treasures, Baltimore 1986,
pp. 3 sgg. 44 I recenti scavi di Cartagine, in particolare, sono stati fondamentali nel dare nuove possibilità di datazione e tracciare la distribuzione della ceramica africana: cfr. specialmente c. PANELLA, Le anfore di Cartagine: nuovi elementi per ltJ ricostruzione dei flussi commerciali del Mediterraneo in età imperiale romana, in «0pus »,Il (1983), pp. H·7J; ID., Le an/ore tardoantiche: centri di produzione e mercati preferenziali, in A. GIARDINA (a cura di), Società romana cit., m, pp. 2.51-72, 823-2.5 (con le appendici di A. Carignani e F. Pacetti).
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due affermazioni, comunque, sembrano incontestabili: in primo luogo, che deve ormai essere rigettata la vecchia, semplicistica idea del declino, e in secondo luogo, che il rinnovamento della vita urbana, con i suoi riflessi culturali, fu dovuta non tanto a una crescita economica in termini assoluti, quanto piuttosto all'esistenza di condizioni relativamente stabili, e queste raggiunte a spese dell'Occidente. La vecchia opinione, secondo cui il tardo Impero veniva a configurarsi come u:na realtà in declino inesorabile, non da ultimo a causa della riduzione dei contadini liberi a coloni quasi servi.,, è risultata non vera, almeno nel caso dell'Oriente nel v secolo. TI fulcro di tale opinione era la condizione dei coloni, tecnicamente liberi, ma di fatto legati alla terra da una complessa serie di restrizioni e spesso considerati come i successori degli schiavi agricoli del primo Impero. La ricerca attuale si sta muovendo in una direzione fondamentalmente diversa per quanto riguarda le condizioni del lavoro nella tarda antichità; il colonato stesso, visto in precedenza come un rigido sistema di casta secondo la stereotipa visione che ne dànno le costituzioni del Codice teodosiano con le loro severe limitazioni di ordine pratico e giuridico sulla popolazione dei liberi affittuari, viene oggi a configurarsi molto meno come una realtà fissa e uniforme che come una condizione relativa a una situazione concreta, nei fatti estremamente complessa e spesso incredibilmente confusa". È chiaro, ad ogni modo, che le ripetute costituzioni volte a definire lo status e a restringere la mobilità dei coloni, cosi come sono conservate nel Codice teodosiano, non riuscirono a perseguire il loro fine almeno per quanto riguarda l'Impero orientale; esse in pratica non riuscirono a imporre alla struttura sociale una configurazione statica e dai contorni tanto netti da rendere piu agevole la tassazione; le città, infatti, crebbero, la mobilità sociale non cessò e, in alcune aree almeno, la ricchezza aumentò. «colonato», allora, non deve essere concepito come uno strumento di repressione, che portò a un rapido declino economico, bensl come indicatore, nei testi legali, di un cambiamento sociale ed economico già in atto. Piuttosto che cercare di elaborare una teoria generale del colonato come istituzione, è piu utile considerare le concrete condizioni del lavoro nelle due metà dell'Impero al fine di comprenderne la relativa prosperità e debolezza. L'opinione «forte» sul colonato procedette di pari passo con la sup-
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., Recentemente G. E.
M. DE STE.CROIX,
The Class Struggle in the Ancient Greek World, London
1981; cfr. A. H. M. JONES, The Roman Cotonate, in P&P, XIII (1958), pp. 1-13.
" Cfr.
J.-M. CARRIÉ,
Le «colona/ du Bas-Empire»: un Mythe historiographique?, in «Opus», I
(1982), pp. 351-70; ID., Un roman des origins: les généalogies du «Colona/ du Bas-Empire», ibid., II (1983). pp. 205·JI.
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posizione di un drastico declino della schiavitu e con la tendenza a vedere entrambi i fenomeni come parte del mutamento che avrebbe condotto al tipo di servitu medievale". Di nuovo, tuttavia, sembra chiaro che, anche se non nella dura forma della schiavitu di piantagione o della gleba, il lavoro servile rimase molto piu importante nel tardo Impero di quanto tale opinione lascerebbe credere'". Inoltre, quali che siano le relazioni tra il colonato del tardo Impero e la situazione del lavoro servile nei regni barbarici, l'ipotesi di tale presunto mutamento verso il tipo di servitu medievale non funziona per l'Impero orientale di questo periodo. Al contrario, dalle fonti, soprattutto quelle agiografiche, si desume piuttosto la prevalenza di piccoli contadini e proprietari agricoli che spesso mostrano una decisa capacità di reazione di fronte alle difficoltà". Le fonti siriache, che acquistano ora un'importanza decisiva nel contesto orientale, mostrano un mondo davvero prospero, vulnerabile naturalmente, in quanto queste erano zone di confine tra Impero bizantino e Persia, un mondo tuttavia niente affatto popolato da grandi pro· prietari terrieri e contadini asserviti.
6. Cristiani e pagani.
È questo, di fatto, il mondo del villaggio e del santo di campagna, dipinto con immediatezza in una grande quantità di letteratura agiografica del periodo, tale da dare una visione ravvicinata della cristianizzazione, a volte un po' esotica, ma comunque piena di vita e vigore"'. La letteratura ascetica, in particolare gli Apophthegmata Patrum, la Historia Lausiaca di Palladio, la Historia monachorum di T eodoreto, ci permette di entrare nel piccolo mondo di contadini e monaci, dove il cristianesimo penetra nel cuore della famiglia e del villaggio". E mentre molti elementi di questa letteratura sono irreali, e molti hanno solo la funzione edificante, essa tuttavia non è cosi lontana dalla vita reale da non rivelarci l'impatto che ebbe il cristianesimo, e anche l'insegnamento ascetico, sulla gente qualunque. Altra grande fonte per la nostra conoscenza- egualmente di difficile impiego - è data dalla massa di omelie greche da Giovanni Criso., Si tratta dell'opinione di
M. 1. FINLEY,
The Ancient Eamomy, Berkeley- Los Angeles
1973
(2" ed. Harmondsworth 1985). 48 Cfr. c. R. WHITIAKER, Circe's Pigs cit. " Cfr. un'abbondante documentazione in E. PATLAGEAN, Pauvreté cit., pp. 236 sgg. "' Cfr. il classico articolo di P. BllOWN, The Rise and Function o/ the Holy Man in Late Antiquity, in}RS, LXI (I97I), pp. 81-IOI. " Cfr. ancora ID., Antiquité tardive, in P. ARIÈS e G. DUBY, Histoire de la vie privée, a cura di P. Veyne, Paris 1985, pp. 225-99, in particolare pp. 267 sgg.
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storno in poi, molte delle quali erroneamente attribuite e di incerta datazione"; la coscienza del cristiano, in una città o in un villaggio, era costantemente sottoposta a esortazioni e ammonimenti, cosicché, sebbene spesso non riuscisse a seguire tali indicazioni, difficilmente la sua vita privata poteva rimanere indifferente alle pressioni". Quanto nei fatti la gente qualunque seguisse i precetti della Chiesa, specialmente quelli relativi alla continenza sessuale, è di per sé impossibile da ricavare dalle fonti disponibili", ma sembra certo che la realtà quotidiana di molte famiglie sia stata profondamente modificata dalla cristianizzazione. Oltre all'insistenza sulla continenza o addirittura la rinuncia sessuale, una notevole attenzione fu rivolta dalla Chiesa al problema della ricchezza: avrebbero dovuto i cristiani rinunciare ai propri beni o, in caso contrario, come disporre delle loro risorse? Spinto a intervenire direttamente, il cristianesimo di questo periodo pretese di guidare fin nei minimi particolari la vita privata dei fedeli. La sua incidenza fu rinforzata dall'apparato istituzionale della Chiesa. L'importanza e l'autorità locale dei vescovi cdntinuarono a svilupparsi secondo le linee fissate nel IV secolo" e ogni concilio ecclesiastico si occupò di minuti problemi di disciplina ecclesiastica. Questo, però, fu anche il grande periodo delle dispute cristologiche, e il v secolo fu segnato dai due grandi concili tenuti in Oriente- a Efeso nel4 31 e a Calcedonia nel 451 -, che rappresentano le prime fasi della divisione nella Chiesa orientale fra quanti sostenevano la duplice natura di Cristo (da allora in poi « calcedoniani »), nestoriani seguaci di Nestorio, e i cosiddetti monofisiti". Poco importa che il concilio di Calcedonia asserisse di aver appianato la disputa col proclamare le due nature; la frattura non fu ricomposta cosi facilmente e successivi tentativi di sanarla nel corso del VI e VII secolo provocarono solo maggiori discordie". La questione è •z Si tratta di fonti ancora scarsamente studiate, ma cfr. c. DATEMA e P. ALLEN, Leontii Presbyteri
Constantinopolitani Homiliae (CC :q), Turnhout 1987, introduzione. •J L'influenza ddla Chiesa non fu solo esercitata moralmente e spiritualmente attraverso la pre· dicazione e l'insegnamento, ma anche attraverso un intervento sempre piu diretto nella vita dei fedeli, come appare chiaramente negli Atti di molti concili ecclesiastici dal IV secolo in poi. " ll problema è discusso in relazione all'andamento demografico da E. PATLAGEAN, Pauvreté cit., pp. n3-.55; il punto importante, comunque, è la valutazione di come i cristiani vissero le loro vite all'interno di tale controllo morale. · " Cfr. R. uzzr, Il potere episcopale nell'Oriente romano. Rappresentazione ideologica e realtà politica (N· V secolo d. C), Roma 1987. " L'importanza dei grandi concili, dal primo di Nicea (325) al secondo di Nicea (787), non solo nello stabilire le basi dell'ortodossia, ma anche nel secondare la graduale separazione fra Est e Ovest, è ben rilevata da J. HERRIN, The Formation of Christendom, Oxford 1987. ,., Cfr. ibid., pp. n9 sgg.; A. CAMERON, Eustratius' Li/e o/ the Patriarch Eutychius and the Fz/th Ecumenica! Council, in J. CHRYSOSTOMIDES (a cura di), Kathegetria. Essays presented to ]oan Hussey on Her 8oth Birthday, London 1988, pp. 22.5-47.
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senz' altro paradossale, perché, da una parte, la persistenza e la gravità di queste profonde divergenze - che subentrarono all'arianesimo come principale motivo di disunione e che dovevano a lungo termine rivelarsi il principale fattore sia della separazione fra Bisanzio e l'Occidente, sia della disaffezione delle province orientali alla vigilia delle invasioni arabe- possono essere messe strettamente in relazione col crescente vigore e la capacità d'influenza del cristianesimo di lingua siriaca durante questo periodo; dall'altra, comunque, proprio l'impeto del cristianesimo siriace è la vera radice di quella sorgiva vitalità del cristianesimo orientale che tali contrasti cooperò ad alimentare. Dopo Efrem Siro, vescovo di Nisibi nel IV secolo e primo grande scrittore siriaco, la letteratura cristiana in lingua siriaca giunse al massidello splendore'". D'allora fino a dopo le invasioni arabe la cultura orientale di Siria e Mesopotamia produsse una grande quàntità di opere: teologiche, omiletich~ cronache, specialmente a Edessa, nella Mesopotamia settentrionale. .h questa un'indubbia manifestazione dell'importanza dell'intera regione come zona di influenze culturali incrociate fra Bisanzio e la Persia. La chiusura della famosa scuola nestoriana di Nisibi, caduta allora sotto il controllo persiano, e il suo trasferimento a Edessa ebbero come conseguenza l'incremento della vita intellettuale in un'area un po' piu occidentale, e in territorio imperiale, ma ancora molto aperta all'influenza orientale; dal racconto delle invasioni persiane nella regione possiamo verificare quanto solida fosse lf, ancora nel VI secolo, la vita urbana". contributo di queste regioni orientali allo sviluppo della teologia fu grande; Antiochia, naturalmente, era stata tradizionalmente sede di una delle grandi scuole d'interpretazione biblica'", ma la penetrazione del cristianesimo piu a Oriente, la maggiore importanza data all'Oriente rispetto all'Occidente dopo il395, e l'interesse militare, culturale ed economico verso queste aree, nel contesto di una perdurante tensione con la Persia sasanide, favorirono la crescita di vigorose chiese locali. È significativo che proprio fra IV e v secolo Edessa abbia cercato di legittimare le sue credenziali cristiane con l'elaborazione di storie di origine apostolica e facendo mostra di reliquie che si asserivano risalenti al tempo di Cristo•'. In tale ambito, la forza delle chiese locali dette
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,. Come introduzione all'argomento c&. H. J. w. DRIJVERS, East o/ Antioch, London 1984; s. BROCK e S. ASHBROOK HARVEY, Ho/y Women of the Christian Orient, Berkeley · Los Angeles 1987. " PROCOPIO, La gue"a persiana, 2; c&. anche la Cronaca, di poco anteriore, dello pseudo-Giosuè Stilita. Testimonianza, da una parte, delle difficoltà sperimentate dalle comunità locali, queste e altre fonti mostrano allo stesso tempo la loro persistenza e sopravvivenza. 10 Cfr. D. s. WALLACE·HADRILL, Christian Antioch. A Study o/Early Christian Thought in the East, Cambridge 1982. 61 H. J. w. DRIJVERS, «Edessa»; in IRE, IX, 1·2 (1987), pp. 2n·88, specialmente pp. 284 sgg.
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sviluppo al cristianesimo della parte piu ellenizzata dell'Oriente e causò serie difficoltà per la sua intransigenza verso soluzioni dottrinali divergenti. I contrasti fra i cristiani non erano l'unico fattore problematico, perché questa fu anche l'arena e il periodo di un attivo proselitismo manicheo, un'eresia molto diffusa attraverso le province orientali e tale da attrarre molti, come Agostino in Occidente, ancora indecisi su cosa scegliere in quella pletora di possibili opzioni religiose"'. Sebbene, inoltre, nel secondo decennio del v secolo il patriarcato giudeo scomparisse, molti ebrei della diaspora rimasero sparsi nelle regioni orientali e costituirono motivo ulteriore di complicazione religiosa e a volte di conflitti, tanto da indurre scrittori cristiani come Giovanni Crisostomo e gli autori di varie omelie del periodo, d'incerta attribuzione, a farne oggetto di seri attacchi antigiudei.,. L'importanza data al processo di cristianizzazione non dovrebbe far dimenticare che anche il paganesimo continuò, per quanto sia spesso difficile capire in che misura a causa delle esagerazioni polemiche delle fonti, cosi come risulta arduo afferrare che cosa s'intendesse, ad esempio, per conversione quando si affermava, con Giovanni di Efeso a metà VI secolo, di aver convertito molte migliaia di pagani". La linea di confine fra cristiani e pagani era spesso meno chiara di quanto si potrebbe immaginare e molte pratiche pagane continuarono in veste cristiana. Le omelie di Giovanni Crisostomo, di nuovo, mostrano una notevole preoccupazione per la persistenza di usanze pagane anche fra gente supposta cristiana, proprio come in Occidente vescovi quali Cesario di Arles, ancora nel VI secolo, continuavano a lottare per imporre definitivamente la disciplina cristiana alloro gregge. Nello stesso tempo, per la Chiesa fu spesso conveniente classificare come pagana tutta una serie di comportamenti da essa disapprovati e tale uso di etichette rende difficile per noi farci un'idea esatta della situazione reale. Un caso a parte è rappresentato dalla scuola fùosofica di Atene, che, sotto la guida dei piu tardi neoplatonici, specialmente Prodo e dopo di lui Damascio, rimase un centro di cosciente continuità pagana al piu alto livello intellettuale". Per il resto, comunque, sembra chiaro che sia in Oriente sia in Occiden62 Cfr. s. c. LIEU, Manichaeism in the Later Roman Empire, Manchester 198,. " Per un orientamento cfr., recentemente, A. M. RABELLO, Giustiniano. Ebrei e Samaritani, Milano 1987, pp. 13 sgg.; L. cucco RUGGINI, Tolleranza e intolleranza nella società tardoantica: il caso degli Ebrei, in RSSR, XXIII (I983), pp. 29-44; R. L. WILKEN, fohn Chrysostom and the ]ews Rhetoric and Reality in the L4te 4th Century, Berkdey - Los Angdes 1983. " E. STEIN, Histoire du Bas-Empire, ll, Paris 1949, pp. 371-72 sgg. ·" Per l'importanza del neoplatonismo e per la ffiosofia in generale di questo periodo, R. SORABJI, Time, Creation imd Continuum: Theories in Antiquity and the Early Middle Ages, London 1983; ID. (a cura di), Phtloponus and the Rejection ofAristotelian Science, London 1987; R. MORTLEY, From Word to Silence, I -Il, Bonn 1986. ·-
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te vescovi e clero riuscirono a imporsi maggiormente nelle città, sebbene anche li non sempre con successo, mentre la popolazione rurale di alcune aree rimase relativamente indisturbata in termini di coercizione religiosa. ll fatto che i vescovi gallici del V e del VI secolo fossero tanto preoccupati dal problema della conversione indica, probabilmente, che anche altrove molte persone delle campa_gne erano cristiane solo di nome, e anche ciò, talvolta, in misura insufficiente 66 • 7. Imperi ed eserciti.
Diversamente dall'Occidente nel v secolo, l'Oriente rimase fortemente centralizzato, specialmente per quanto riguarda l'aspetto politico e militare, e questo valse in larga misura almeno fino al tardo VI secolo, nonostante la presenza di divisioni persino all'interno della gerarchia ecclesiastica. Sul fronte militare, l'Oriente riusd a domare serie rivolte contro gli imperatori Zenone ~4z4-91) e Anastasio (491-,518), e a impedire, sebbene solo con grande difficoltà, la penetrazione di generali barbari ai piu alti livelli dell'esercito. Ebbe minor successo nel tentare di allestire spedizioni navali contro i V andali che avevano preso il controllo del Nordafrica nel430: una grande campagna intrapresa sotto l'imperatore Leone l, nel468, falli in modo vergognoso. Anche cosi, l'economia orientale sembrò non aver subito danni permanenti e si deve probabilmente a questa piu sicura base economica e alla maggiore centralizzazione, piuttosto che a una superiore organizzazione militare, la sopravvivenza dell'Oriente. Nel frattempo Roma e l'Italia erano state minacciate altre due volte dopo il sacco di Alarico nel41o: la prima volta nel 4.52, quando Attila e gli Unni presero Aquileia e Milano, e di nuovo nel 4.5.5, quando Roma fu spogliata di gran parte dei suoi tesori dal vandalo Genserico; in Oriente, invece, il_ governo di Anastasio, cui segui Zenone nel491, riusd ad assicurarsi quella posizione finanziaria e militare su cui Giustiniano poté piu tardi basare il suo tentativo di riconquista dell'Occidente''. Molti storici moderni hanno supposto che la caduta dell'Impero romano d'Occidente sia in un certo senso attribuibile al declino dell'esercito ... Ogni spiegazione del genere, comunque (e tale declino è anche 66 Ad esempio Cesario di Arles: w. KLINGSHIRN, Charity and Power: Caesarius o/ Arles and the Ransoming o/ Captives in sub-Roman Gaul, in JRS, LXXV (1985), pp. 183-::1.03. 61 Anastasio: E. STEIN, Histoire du Bas-Empire cit., Il, pp. 157·2.17. 61 C&. recentemente, A. FERRILL, The Fallo/Rome. The Military Explanation, London 1987; contro l'idea che i limitanei erano necessariamente inferiori, B. ISAAC, The Meaning of the Terms Limes and Limitanei, inJRS, LXXVIll (1988), pp. 125-47· Come al solito, si trana di confrontare la retorica antica e moderna sull'argomento: in generale, cfr.l'imponante discussione di J.-M. CARRIÉ, L'esercito:
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mn
nel migliore dei casi difficile da quantificare), deve confrontarsi con il fatto che gli stessi fattori dovrebbero essere individuabili nell'esercito orientale e nell'Impero orientale, che invece non «cadde». In pratica le nostre fonti sono tali che è dawero arduo tracciare un quadro equilibrato delle forze militari nel tardo Impero. L'esercito del IV e v secolo è certamente altra cosa da ciò che era stato in precedenza; di gran lunga piu vario per composizione ed equipaggiamento, suddiviso in piu piccole unità, acquàrtierato frequentemente nelle città, reclutato con minore frequenza proprio fra le popolazioni barbare con cui era impegnato a lottare, potrebbe sembrare a priori inferiore, specialmente se si presta fede alla retorica dei critici contemporanei, soprattutto pagani, che attribuirono i disastri del tempo all'errata direzione dell'esercito da Costantino in poi"- Ma furono probabilmente la mancanza di risorse e un inadeguato controllo politico a spingere il governo occidentale a ritirare le proprie truppe dalla Britannia agli inizi del v secolo e a lasciare che la ricca provincia d'Africa cadesse cosi facilmente sotto i Vandali, piuttosto che un'inferiore capacità di combattimento delle truppe. Ad ogni modo, gli eserciti dei tem~i di Giustiniano, per quanto apparissero molto diversi dalla fanteria dell'Impero romano nei suoi giorni d'oro, e sebbene fossero di solito meno numerosi, furono nondimeno capaci di contrapporsi e spesso di sconfiggere la parte awersaria 10• Non fu tanto, perciò, l'inferiorità delle armate romane/bizantine a favorire il collasso dell'Impero occidentale, quanto la natura prolungata e continua delle necessità militari; certamente, almeno per quanto riguarda l'Oriente, l'Impero dovette spesso ricorrere a mezzi non militari per mantenere un rapporto equilibrato con i Sasanidi, ma anche ciò dà meno la misura della modesta qualità delle forze romane che non piuttosto della grandezza e persistenza del problema (che durò dallo stabilimento dell'Impero sasanide del III secolo fino alla sua caduta agli inizi del vn). L'abilità dell'Oriente nel ricorrere al pagamento in metalli preziosi per allontanare la minaccia germanica e sasanide, per quanto temporaneo, fu comunque un fattore importante per il diverso destino di Oriente e Occidente dopo i1395, ma di per sé non significa necessariamente che causa ne fosse l'incompetenza militare. Sebbene i contemporanei potessero non averne coscienza, le due metà dell'Impero che Teodosio lasciò in eredità ai suoi due figli nel395 trasformazioni funziona/i ed economie locali, in A. GIARDINA (a cura di), Società romana cit.,~ pp. 449· 488, 76o•71. 69 In pani colare, ANONIMO, De rebus bellicis, 2; ZOSIMO, 2. 34· 7() Sull'esercito di Giustiniano, soprattutto in Italia, c&. E. A. barùzns: the Decline of the Western Empire, Madison 1982.
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Romans and Bar-
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stavano per avere storie molto differenti. In Occidehte, l'Italia, centro di quella fiorente vita religiosa e culturale che fu propria della classe senatoria del IV secolo, fu presto invasa e Roma stessa saccheggiata, eventi di per sé dirompenti e destinati a ripetersi dopo una sola generazione. Dalla città, ancora capitale culturale dell'Impero occidentale, flui via non solo la sicurezza, ma anche quasi tutta la ricchezza. Fuori d'Italia, la Britannia fu abbandonata alla sua sorte quasi nello stesso momento dell'invasione dell'Italia da parte di Alarico il Nordafrica, che i V andali raggiunsero nd 430, poté opporre scarsa resistenza nonostante gli invasori fossero pochi di numero, e fu perso fino alla «restaurazione» bizantina nel534 n. Sebbene l'idea tradizionale di un'Africa vandalica come una regione totalmente isolata dai contatti commerciali con l'Impero venga ora scalzata dai risultati delle recenti scoperte archeologiche n, resta il fatto che il governo occidentale fu in tal modo privato di larga parte dei precedenti domini, una realtà la cui importanza è sottolineata dall'influente ruolo esercitato dai re vandali nella politica imperiale del v secolo. Durante il secolo di governo vandalo, comunque, i Romani d'Africa furono in grado di sviluppare, a proprio modo e in isolamento dal resto dell'Impero, una situazione i cui effetti si possono vedere nella storia religiosa del Nordafrica dopo la riconquista bizantina. Come per la Gallia, quello offerto dal v secolo è un quadro di crescente varietà e frammentazione, poiché le rimanenti aristocrazie gallo-romane cercarono di adattarsi alla presenza di differenti gruppi di barbari e lottarono fieramente per mantenere la loro posizione o per ottenere terre dal governo imperiale 74 • Nel primo stadio di questo processo, furono cruciali le alleanze politiche con la corte occidentale; Ataulfo, il Visigoto successore di Alarico, portò via dall'Italia, dopo il sacco di Roma del 410, la principessa Galla Placidia, ma volle il consenso dell'imperatore Onorio prima di sposarla; la celebrazione del matrimonio nd 413, ancora senza il beneplacito di Onorio, fu un fatto puramente politico e un grande spettacolo 71
;
71 La fine del governo romano in Britannia lasciò una situazione confusa che gli storici moderni trovano di molto difficile interpretazione: cfr., ad esempio, m., Britain, AD 406-4ro, in« Britannia », VIII (1977), pp. JOJ·18; P. BARTHOLOMEW, Fifth-Century Facts, ibid., XIII (1982), pp. 261-70; 1. WOOD, The End o/Roman Britain: Continental Evidence and Parallels, in D. N. DUMVILLE e M. LAPIDGE (a cu· ra di), Gildas: New Approaches, Woodbridge 1984, pp. 1-2j. . 72 L'opera fondamentale resta c. COURTOIS, Les Vandoies et l'Afrique, Paris 19jj, da leggere però con la piii grande opera di c. LEPELLEY, Les Cités de l'A/rique romaine au Bas~Empire, 2 voll., Paris 1979-81. L'impatto della riconquista bizantina fu alla fine ambiguo: cfr. A. CAMERON, Proropius cit., pp. I]I-8]. 71 A. CARANDrNI, Pottery and the A/rican Economy, in P. GARNSEY, K. HOPKINS e C. R. WHITTAKER (a cura di), Trade cit., pp. I4j·62. 74 Cfr. R. VAN DAM, Leadership and Community in Fi/th-Century Gaul, Berkeley - Los Ange· les 198j.
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di pompa barbarica e romana. Le sorti di Galla Placidia cambiarono però con quelle di suo marito e alla fine fu riportata in Italia e data in sposa da Onorio al generale Costanzo, che poco dopo, nel42r, divenne imperatore; in seguito, madre del giovane Valentiniano III, Galla Placidia fuggf a Costantinopoli". In tali circostanze, il potere reale era nelle mani di potenti capi militari, come Bonifacio, comandante romano in Mrica, ed Ezio, che tentò pericolosamente di trovare una via di mediazione fra barbari e Romani. Diversamente da quanto riuscf a fare Costantinopoli, il governo occidentale fu alla fine incapace di imporsi su tali uomini, i quali, come il vandalo Stilicone sotto Teodosio I, furono sempre sospettati, a volte giustamente, di sfruttare gli interessi romani e barbari a propri fini personali. La politica della corte imperiale di Ravenna coinvolse uno dopo l'altro personaggi simili, tra i quali il vandalo Genserico; dalla metà del secolo la situazione era tale che, con l'assassinio sia di Ezio sia di V alentiniano III, nessltn imperatore poté governare se non tutelato da un barbaro, come dimostrò l'esecuzione dell'imperatore Maggioriano per mano di Ricimero, magistermilitum visigoto nel46r. Sebbene nel corso di tale periodo la legittimità fosse ancora sentita risiedere nella ratifica dell'imperatore orientale di Costantinopoli, e a Maggioriano sia seguito un imperatore di nomina orientale, il potere reale era ormai nelle mani di uomini come Ricimero. Negli ultimi anni prima della« caduta» dell'Impero occidentale questa situazione fu semplicemente ratificata, perché, dopo una serie di nullità, l'ultimo imperatore nominato da Costantinopoli fu deposto e in breve rimpiazzato dal figlio del capo unno Oreste, chiamato bizzarramente, ma in un certo senso anche in modo appropriato, Romolo Augustolo; finché, nel476, l'erula Odoacre divenne de facto il capo dell'Italia. l
8. La «caduta» dellJOccidente. Solo in modo simbolico quest'ultimo evento segna la caduta dell'Impero, perché il controllo politico reale era già da lungo tempo unicamente illusorio. Anche dopo il476, non fu chiaro cosa significasse in termini costituzionali il governo di Odoacre, e Teodorico, che lo rovesciò nel 488 stabilendo in Italia un comando ostrogoto, agf sotto gli auspici dell'imperatore orientale Zenone e, come i re merovingi in Gallia, assunse verso Costantinopoli un atteggiamento in apparenza deferente. Fu forse " PLRE, Il, pp. 888-89.
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conveniente lasciare in certo modo in sospeso la questione se l'Impero occidentale fosse, o no, realmente perso. Lasciando da parte le lotte per il potere in Italia intraprese da singoli individui, ciò che piu conta fu la progressiva installazione di gruppi di barbari sul territorio dell'Impero occidentale nel corso del v secolo, specialmente in Gallia. Alla fine del secolo, si giunse all'insediamento di regni barbarici che avrebbero assunto il controllo politico dell'Occidente all'inizio del Medioevo". Dai primi del VI secolo, gli Ostrogoti si erano stabiliti in Italia, i Vandali erano ancora nel Nordafrica, i Franchi in Gallia (Clodoveo reclamava il proprio riconoscimento da parte dell'imperatore d'Oriente Anastasio) e i Visigoti, sconfitti da Clodoveo a Vouillé nel 507, si stanziarono in Spagna. Prima di questa spartizione, però, per buona parte del secolo, rimase una situazione molto fluida, confusa e spesso pericolosa, in cui la Chiesa attraverso i suoi vescovi fu l'unica istituzione in grado di assicurare continuità e guida. Le condizioni politiche e militari offrivano loro, di fatto, un'incredibile opportunità; emerse tutta una serie di influenti e potenti figure, che in misura diversa inaugurarono un nuovo stile di direzione religiosa e secolare: uomini come Avito di Vienne, Ennodio di Pavia, Sidonio Apollinare, e soprattutto Cesario di Arles, rappresentanti delle classi alte romane, ma in grado ora di usufruire di un nuovo stile cristiano di comando 77 • Ognuno di loro si trovò ad affrontare una situazione locale differente e dovette adattare a quella il proprio ruolo; in tal modo, i compiti dei vari capi della Chiesa occidentali furono molto piu diversificati e funzionali alle singole particolarità locali di quanto accadde in Oriente, dove prevaleva ancora la centralizzazione delle strutture ecclesiastiche e statali. Il v secolo vide, per esempio, lo sviluppo di una forma specificamente gallica di monachesimo relativamente alle regioni di Marsiglia, Arles e all'isola di Lérins, che costituf il luogo di formazione per molti futuri vescovi, per esempio Fausto di Riez ".D'altra parte, per un caso fortuito dei processi di conversione, le tribu barbare erano tutte ariane, tranne Clodoveo e i Franchi dopo la battaglia di Tolbiaco; il fatto, che doveva rivelarsi poi di vitale importanza durante il VI secolo, già nel v rese anche piu confuse le relazioni fra la Chiesa gallo-romana, la 76 w. GOFFART, Barbarians cit. · 77 F. E. CONSOLINO, Ascesi e mondanità nella Gallia tardoantica. Studi sulla figura del vescovo nei secoli N-VI, Napoli r979; M. HEINZELMANN, Bischo/sherrscha/t in Gallien. Zur Kontinuitiit romischer
Fiihrungsschichten vom 4· bis :r_um 7· Jahrhundert. So:r_iale, prosopographische und bildungsgeschichtliche Aspekte, Miinchen r976. . 78 F. PRINZ, Friihes Monchtum im Frankenreich (4. bis 8. Jahrhundert), Miinchen r965; P. ROUSSEAU, Ascetics, Authority and the Church in the Age o/ Jerome and Cassian, Oxford r978.
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popolazione locale e i vari gruppi di invasori germanici; nonostante le difficoltà derivatene, esso in sostanza si aggiunse ai fattori che permisero ai vescovi gallo-romani di sviluppare un loro proprio stile di potere e autodefinizione; processo, questo, grandemente favorito dal crescente monopolio del sapere da parte della Chiesa nella Gallia romana: una ulteriore caratteristica di differenziazione fra l'Est e l'Ovest del periodo".
In conclusione, perciò, sebbene i contemporanei possano non averlo awertito, la spartizione dell'Impero fra i due figli di Teodosio I, nel395, fu un segnale indicativo della separazione fra Oriente e Occidente in via di attuazione nel v secolo, una divisione che, nonostante la continuità teorica dei legami politici, si fondava su reali differenze nella società, nell'economia e nella cultura. In Oriente, il problema barbarico fu affrontato e di volta in volta risolto in modo fortunato e, insieme con la continuità di un governo stabile, si mantennero inalterati quei segni di forza economica nelle città e nelle campagne che cominciarono a essere evidenti nel tardo IV secolo. Durante lo stesso periodo, in Occidente, la debolezza del governo e la sua vulnerabilità di fronte all'influenza barbarica, avendo come risultato una crescente frammentazione e instabilità delle province occidentali e l'insediamento di gruppi barbarici, impedirono un parallelo sviluppo economico e portarono a un'ulteriore e poi irrevocabile frammentazione. Culturalmente le due parti dell'Impero mostrano differenze facilmente intuibili, corrispondenti alle diverse situazioni economiche e politiche. La Chiesa assunse in entrambe, in misura crescente, un ruolo di veicolo culturale, ma mentre in Occidente ciò coincise significativamente con l'emergere di potenti figure di vescovi, spesso anche rappresentanti della tradizione monastica, e la cui indipendenza dalle autorità secolari fu parte cospicua della loro autorità, la situazione dell'Oriente fu insieme piu integrata e varia. Non si trova facilmente un parallelo occidentale al santo delle campagne orientali, mentre i Padri del deserto rappresentano uno stile di vita monastica molto diverso da quello gallico. La funzione dei vescovi in Oriente, per quanto influente in materia secolare cosf come in ambito ecclesiastico, fu piu circoscritta di quella dei loro colleghi occidentali a causa della persistenza di un'amministrazione civile relativamente stabile. Quanto poi alla situazione delle città orientali, se può essere apparsa difficile in termini economici e di relazione con il governo centrale, non dovette però mai affrontare problemi come assedi, invasioni, occupazione da parte barbarica. In tali circostanze, e "Cfr.
P. RICHÉ,
Les Ecoles et l'enseignement dans l'Occident chrétien, Paris 1979.
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dal momento che la popolazione non aveva grosse oscillazioni, le possibilità di intervenire nella spiritualità individuale furono forse piu ampie in Oriente, o almeno sono meglio documentate nelle fonti. Infine, l'influenza delle chiese orientali, localmente molto forti e a volte ipersensibili su questioni di dogma, fu avvertita in modo crescente dalla maggioranza della popolazione di lingua greca. Per tutte queste ragioni, perciò, la vita religiosa della parte orientale e di quella occidentale dell'Impero nel v secolo stava già mostrando i segni di una differenza fondamentale, che assumerà in seguito forma piu definita. In aggiunta, comunque, e proprio a causa della relativa stabilità dell'Est, la cultura secolare vide un notevole grado di sviluppo e persino un revival. L'educazione tradizionale non solo continuò ad essere impartita, ma in certi centri godette di nuova vita e vigore; gli uomini di lettere trovarono facilmente patrocinio; l'interesse dotto verso la giurisprudenza si espresse nella codificazione giustinianea; le città stimolarono di nuovo donazioni e produssero testimonianze epigrafiche. Sarebbe errato, naturalmente, esagerare il fenomeno; l'Oriente avrebbe sofferto la propria crisi due secoli dopo. Ma nel v secolo, fra Est e Ovest c'era una sostanziale differenza in termini di sicurezza e speranze. Gli scrittori occidentali erano in gran parte ecclesiastici e, se pure s'interessavano della storia, lo facevano per dimostrare la propria tesi o spiegare un declino. L'Occidente non avrebbe prodotto una storia secolare confrontabile a quella degli scrittori greci del v secolo ò di Procopio nel VI, e se Boezio e Cassiodoro devono essere presi come esempi della cultura occidentale del VI secolo, essi sono molto spesso descritti piuttosto come rappresentativi della incipiente letteratura medievale. TI futuro dell'Occidente sarebbe stato nei regni barbarici, per i quali Giordane costituisce una guida migliore, e i grandi autori ecclesiastici della Gallia del v secolo dovranno alla fine adattarsi alla realtà del governo barbarico. Venanzio Fortunato e Gregorio di Tours, due degli ultimi rappresentanti di questa tradizione, non avranno facilmente dei paralleli nell'Oriente del tardo VI secolo.
ANSELMO BARONI
Cronologia della storia romana dal235 al476
23.5
Le truppe si sollevano contro Severo Alessandro, che sta trattando la pace con i Germani, e acclamano imperatore il prefetto delle reclute (praefectus tironibus in limite Rhenano) Massimino, di origine tracia e contadina. Severo Alessandro e sua madre Mamaea vengono uccisi nei pressi di Mogontiacum (Magonza) (febbraio/marzo).
23.5·38 MASSIMINO IL TRACE (GAIO GIULIO VERO MASSIMINO).
Massimino è riconosciuto dal Senato e cooptato nei collegi sacerdotali romani (25 marzo). Campagna militare contro i Germani nei loro territori. Massimino passa l'inverno 23.5-36 a Sirmium (Sremska Mitrovica), sulla Sava, nella preparazione di una spedizione al di là del Danubio. n figlio Massimo (Gaio Giulio Vero Massimo), avuto dalla moglie Cecilia Paolina, viene associato al potere come Cesare. Spedizione contro Sarmati e Daci. '237
Nuova spedizione contro Sarmati e Daci.
In Africa, proprietari fondiari della zona di Thysdrus (ei-Giam, Tunisia) uccidono il procuratore (fiscale) di Massimino e proclamano imperatore il vecchio proconsole d'Africa Semproniano Gordiano (Gordiano I), che accetta, a patto di avere come collega il figlio omonimo (Gordiano II). Vengono armati coloni e servi. nSenato fa sopprimere il prefetto del pretorio Vitaliano, fedele a Massimino, e ratifica la nomina dei due Gordiani. 238 GORDIANO I (MARCO ANTONIO GORDIANO SEMPRONIANO). 238 GORDIANO II (MARCO ANTONIO GORDIANO SEMPRONIANO).
Massimino e Massimo sono dichiarati nemici pubblici dal Senato, che istituisce una commissione di venti consolari rei publicae curandae («con l'incarico di salvare lo Stato»). In Africa la legione III Augusta al comando dellegato di N umidia, Capelliano, ha la meglio sui rivoltosi: in una battaglia presso Cartagine (intorno al 20 gennaio) i Gordiani vengono sconfitti (Gordiano II muore sul campo, Gordiano I si uccide). Massimino marcia verso l'Italia. n Senato romano nomina Augusti due dei vigintiviri: Marco Clodio Pupieno e Decimo Celio Calvino Balbino. I pretoriani impongono che venga nominato Cesare il nipote tredicenne di Gordiano I (figlio della figlia Meda Faustina) e Gordiano TI: Marco Antonio Gordiano (III).
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PUPIENO (MARCO CWDIO PUPIENO MASSIMO). BALBINO (DECIMO CELIO CALVINO BALBINO).
Massimino giunge in Italia; gli muove incontro Pupieno, mentre Balbino si tro. va in difficoltà con la plebe romana e con i pretoriani fedeli a Massimino. Aquileia, difesa da Tullio Menoftlo e Rutilio Pudente Cristino (due dei vigintiviri consolari), non capitola. I soldati della legione II Partica si ammutinano e uccidono Massimino insieme al figlio (aprile). L'esercito si consegna a Pupieno, sopraggiunto da Ravenna. Pupieno rientra a Roma. I pretoriani vendicano Massimino uccidendo Balbino e Pupieno (maggio), e proclamano Augusto Gordiano m. GORDIANO m (MARCO ANTONIO GORDIANO). Viene sciolta la legione III Augusta. Assalti dei Goti contro la città di Histria, sul Mar Nero (Romania) e razzie dei Carpi in Mesia. Primo consolato di Gordiano III. Ampia attività edilizia, legislativa e di politica monetaria di Gordiano, che affida a Crispino la T arraconense, a Menoftlo la Mesia Inferiore e a Rufiniano la prefettura urbana. I Goti assalgono di nuovo Histria, e i Carpi, contro i quali opera Menofilo, compiono razzie in Mesia. Usurpazione in Africa di Sabiniano, repressa dal governatore (procuratore) di Mauretania. Gordiano sposa Furia Sabinia Tranquillina, il cui padre, Gaio Furio Sabinio Aquila Timesiteo, è nominato prefetto del pretorio. Timesiteo ha in mano l'Impero. Gordiano e Timesiteo si muovono verso l'Oriente contro il nuovo re dei Parti, Shahpiir (Sapore) I, succeduto nel 241 ad Ardashir l, che aveva occupato la Mesopotamia e parte della Siria. Nella loro marcia di avvicinamento, Gordiano e Timesiteo respingono Carpi, Goti e Sarmati. A questa spedizione prende parte il ftlosofo Plotino. Vittoria di Rhesaenae (tra Carre e Nisibi, nell'odierna Turchia meridionale): la Mesopotamia è di nuovo occupata. Muore Timesiteo. Viene nominato suo successore un Arabo originario della Traconitide, Giulio Filippo, che fomenta il malcontento contro Gordiano. L'imperatore assume Filippo come coreggente. A Zaita, località sull'Eufrate tra Circesium (el-Buseirah, Siria) e Dura-Europos, Gordiano m viene linciato dai soldati. Filippo è acclamato imperatore. FILIPPO L'ARABO (MARCO GIULIO FILIPPO).
Filippo fa costruire un cenotafio a Gordiano, di cui invia le ceneri a Roma, dove il Senato ne decreta l'apoteosi. La moglie di Filippo, Marcia Otacilia Severa, è nominata Augusta, e il figlio, Marco Giulio Severo Filippo, Cesare. Filippo compra la pace con Shahpiir (riesce a conservare la Mesopotamia), affida l'Oriente al fratello Giulio Prisco, che è nominato rector Orientis, e, lasciata la zo· na danubiana nelle mani del cognato Severiano, si reca a Roma (luglio). Gli Alamanni in Alsazia incendiano Saletio (Selz~. 245 Guerre sul Danubio contro Germani e Carpi (fino al247). 247 Filippo fa ritorno a Roma, dove celebra il trionfo e si associa al trono come Au· gusto il figlio omonimo. Rivolta delle legioni danubiane, che acclamano impe· ratore il senatore Tiberio Claudio Marino Pacaziano.
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Cronologia della storia romana dal 23.5 al 476
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248 Cdebrazione dd primo millenario di Roma (ludi saeculares: 21-23 aprile). Ter-
mina l'usurpazione di Pacaziano, ucciso dagli stessi soldati che lo avevano acclamato. Incursioni di Goti, Carpi, T aifali e V andali in Mesia e in Tracia fmo a Marcianopoli (Reka Devnja, Bulgaria), che resiste. In Oriente usurpazioni di lopatiano (in Cappadocia) e di Uranio Antonino (a Emesa). Filippo, che vorrebbe abdicare, affida la difesa dell'Impero al prefetto urbano, il senatore di origine pannonica Messio Quinto Decio. Vittorie contro i Goti di Decio, che viene acclamato imperatore (fme 248). Cipriano diventa vescovo di Cartagine. 249 Decio, non creduto nella sua intenzione di deporre il potere imperiale al ritorno a Roma, deve marciare contro Filippo, e lo sconfigge presso Verona (settembre/ottobre): Filippo muore in battaglia e il figlio è soppresso a Roma dai pretoriani. 249·,1 DECIO (GAIO MESSIO QUINTO DECIO VALERIANO).
Viene diminato l'usurpatore lotapiano. La tribunicia potestas e il cesarato vengono conferiti prima al figlio maggiore Quinto Erennio Etrusco Decio, e poi al secondo, Gaio Valente Ostiliano Messio Quinto. La peste si diffonde nell'Impero. Decio richiede a tutti i cittadini dell'Impero un attestato di aver reso omaggio agli dèi dd culto romano e all'imperatore: ne scaturisce la prima persecuzione generale contro i cristiani. Guidati dal loro capo Cniva, i Goti giungono fino a Beroe, a sud dei Balcani centrali (Augusta Traiana [Stara-Zagora]), dove sconfiggono un esercito romano, e occupano Filippopoli (Plovdiv), ceduta dal proconsole di Macedonia Giulio Prisco. Cessa la persecuzione contro i cristiani. Spedizione di Decio ed Erennio contro i Goti. Comportamento ambiguo del legato delle Mesie Treboniano Gallo, che non sostiene a sufficienza l'imperatore. Erennio sconfigge i Goti a Nicopoli sull'Istro, ma resta sul campo. ll sopraggiungente Decio è sconfitto e ucciso nella battaglia di Abritto (Razgrad). I resti dell'esercito sconfitto acclamano imperatore Treboniano Gallo. 2_5I·53 TREBONIANO GALLO (GAIO VIBIO TREBONIANO GALLO).
Treboniano (senatore italico, forse di Pérugia) compra la pace con i Goti e si af. fretta a raggiungere Roma, dove si assoda Ostiliano e nomina il proprio figlio Volusiano prima Cesare e poi Augusto. Ostiliano muore di peste (novembre). In Oriente Shahpiir I occupa Nisibi (Nusaybin) e toglie dal trono di Armenia l'arsacide Cosroe, alleato dei Romani. Scisma di Novaziano. Riprende la persecuzione contro i cristiani. Shahpiir I dimina il successore di Cosroe, Tiridate. Riprendono gli attacchi dei Goti in vari punti dell'Impero. Vengono sconfitti sul Danubio dal governatore (legato) di Mesia, il mauro M. Emilio Emiliano, che è acclamato imperatore dall'esercito vittorioso. In Rezia viene acclamato imperatore il princeps senatus Publio Licinio Valeriano. EMILIANO (MARCO EMIUO EMILIANO).
Emiliano scende in Italia, sconfigge Treboniano e Volusiano a Interamna (Terni, maggio) ed è riconosciuto dal Senato. Al sopraggiungere di Valeriano, Emiliano è ucciso a Spoleto dai propri soldati (agosto). DSenato riconosce Valeriano, che si associa come Augusto il figlio Gallieno (ottobre).
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253·60 VALERIANO (PUBLIO LICINIO VALERIANO). 253-68 GALLIENO (PUBLIO LICINIO EGNAZIO GALLIENO).
n figlio maggiore di Gallieno, Valeriano Iuniore, è fatto Cesare. Valeriano riserva a sé l'Oriente e affida a Gallieno l'Occidente. Invasioni barbariche su tutti i fronti. Shahpiir I avanza verso occidente, non riesce a occupare Emesa (l;lom~), ma sconfigge i Romani a Barbalissus (Maskanah, sull'Eufrate). Poi, dopo aver occupato Antiochia e compiuto razzie fino al mare e al T auro, si ritira. Nell'inverno giunge in Oriente Valeriano: la Siria viene liberata. Popolazioni germaniche e scitiche (Borani) attaccano Pitiunte (Pityus, oggi Picunda, in Georgia), nella Colchide, difesa da Successiano.ln Occidente Galliena è impegnato fmo al257h58 sul fronte renano (collaboratori Postumo e Aureliano), mentre sul Danubio prowede il governatore della Pannonia Ingenuo.
255 I Borani prendono Pitiunte e Trapezunte (Trebisonda [Trabzon]). Gallieno in questi anni insedia gruppi di Marcomanni negli Agri Decumates. 256 L'Asia Minore è sottoposta a intense devastazioni. I Goti sono respinti in Bitinia da Valeriano. Alla fme dell'estate l'imperatore fa ritorno a Roma. 257 Editto di Valeriano e Gallieno: riprende la persecuzione contro i cristiani. Alla fine dell'anno V aleriano è di nuovo in Oriente: il quartier generale è posto a Samosata (Samsat, Turchia meridionale), sulla sponda destra dell'Eufrate. Galliena si sposta dal Reno al Danubio (258?). Gruppi di Franchi entrano in Gallia, passano prìma in Spagna e poi in Mauretania. Nuovo editto di Valeriano e Galliena (a conferma e inasprimento del precedente). Martirio del vescovo di Roma, Sisto Il, e del vescovo di Cartagine, Cipriano. Gallieno sconfigge gli Alamanni, che erano calati in Italia, presso Milano (259?). Muore nell'Illirico il Cesare Valeriano luniore, il cui posto è preso dal fratello minore Salonino. V aleriano attacca Shahpiir, che ha posto l'assedio a Edessa (U rfa), ma è sconfitto e catturato dal re parto. Si moltiplicano gli usurpatori. Ristrutturazione orga· nizzativa e tattica dell'esercito. Editto di tolleranza: cessa la persecuzione con· tro i cristiani. In Gallia si ribella il generale indigeno Postumo, che sconfigge e uccide il Cesare Salonino. Acclamato imperatore dai suoi soldati, organizza una secessione delle province occidentali, il cosiddetto imperium Galliarum (oltre alla Gallia, abbraccerà la Spagna e la Britannia). IMPERO GALLICO.
Sollevazione sul Danubio di Ingenuo, sconfitto da Galliena a Mursa (Osijek). Anche il successore di Ingenuo, Regaliano, pure lui proclamato imperatore dall'esercito, è sconfitto da Aureolo. In Oriente, Fulvio Macriano riorganizza le truppe e respinge Shahpiir, ma fa proclamare imperatori i figli Macriano e Quieto, riconosciuti dalle province orientali. I due Macriani, che muovono verso l'Occidente, sono sconfitti e uccisi nell'Illi· rico da Aureolo. L'altro figlio di Macriano è attaccato in Oriente da Odenato, re arabo della città di Palmira. n prefetto dell'Egitto, Mussio Emiliano, si pr9· dama imperatore. Caduta di Mussio Emiliano: l'Egitto entra nell'orbita di Odenato, al quale è ri· conosciuto il rango di dux Romanorum e di co"ector totius Orientis.
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262-70 REGNO PALMIRENO. Odenato difende l'Oriente contro i Persiani e co.ntro i Goti (per due volte giungerà fino a Ctesifonte). 266 Odenato viene assassinato, insieme a un figlio, in Cappadocia. Gallieno cerca . di recuperare il controllo dell'Oriente, ma il corpo di spedizione del prefetto del pretorio Eracliano, inviato contro la vedova di Odenato, Zenobia, e il figlio Vaballato, è respinto dai Palmireni. 267 Irruzioni barbariche, per terra e per mare, di Eruli e Goti (ad Atene sono sconfitti da un piccolo esercito organizzato dallo storico Dexippo). Gallieno riesce a sconfiggerli sul Nestus, nella regione balcanica. Gallieno è costretto ad accettare la collaborazione di Zenobia e Vaballato, e deve accorrere in-Italia: usurpazione di Aureolo nella Cisalpina. Aureolo è sconfitto sull'Adda e si chiude in
Milano.
·
268 Complotto nell'esercito di Gallieno capeggiato da Eracliano, Oaudio e Aureliano (gli ultimi due, futuri imperatori). Gallieno viene ucciso dai congiurati (agosto). Viene designato a succedergli Claudio, generale di famiglia barbara originario della Dardania. 268-70 CLAUDIO IL GOTICO (MARCO AURELIO CLAUDIO). A Roma rappresaglie contro la famiglia di Gallieno: vengono uccisi il fratello Valeriano e il figlio Mariniano. Eliminazione di Aureolo. In Gallia sollevazione di tale Lolliano, che viene però sconfitto da Postumo. Altro usurpatore: Aure· lio Mario. 269 L'attività di Claudio si concentra contro i Goti, che imperversano in Europa orientale, Macedonia e Grecia. Vengono fermati da Aureliano e poi annientati da Claudio (battaglia di Naissus [Ni.S]). In Gallia muore Postumo, ucciso dai soldati. Scontro tra il nuovo Augusto; Piavonio Vittorino, e Aurelio Mario: quest'ultimo viene eliininato. Le truppe di Vittorino saccheggiano Augustodunum (Autun). Minacce dei Vandali in Pannonia e invasione degli Alamanni in Rezia. 270 All'inizio dell'anno Claudio muore di peste a Sirmium. Breve regno, s~stenuto dal Senato, del fratello di Claudio, Quintillo, che si trovava ad Aquileia a difesa dell'Italia. Muore in Campania, dove si era ritirato, Plotino (era nato intorno al 205 in Egitto). 270 QUINTILLO (MARCO AURELIO CLAUDIO QUINTILLO). Gli eserciti inizialmente accettano Quintillo, ma poi acclamano il comandante della cavalleria, Aureliano, un Pannonico di umili origini (Sirmium, aprile). 270-75 AURELIANO (LUCIO DOMIZIO AURELIANO). Aureliano sconfigge sul Danubio Alamanni, Marcomanni e Iutungi. Breve visita dell'imperatore a Roma. Campagna vittoriosa in Pannonia controVandali e lazigi. In Gallia, Vittorino è assassinato a Colonia; gli succede il senatore Pio Esuvio T etrico, che riunisce la Spagna all'Impero gallico. Gli lutungi invadono l'Italia, Aureliano non riesce a fermarli nella battaglia di Piacenza. Nell'inverno 270- 71 vengono però sconfitti a Fano e Ticinum (Pavia). Tre tentativi di usurpazione: Settimio in Dalmazia, Urbano in Mesia e Domiziano in Gallia. ARoma Aureliano soffoca la rivolta degli addetti alla zecca, che era stata chiusa per irregolarità.
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A Roma inizia la costruzione delle mura «aureliane». In Oriente Vaballato si proclama Augusto e Zenobia Augusta. Nella marcia verso oriente Aureliano sconfigge Goti e Alani nell'Illirico e in Tracia, ma decide di abbandonare definitivamente la Dacia transdanubiana: viene creata una nuova Dacia sulla destra del Danubio (con territori sottratti alle Mesie e alla Tracia) e i cittadini romani vengono trapiantati intorno alle città di Ratiaria (Arear) e Serdica (Sofia). ll prefetto Probo rioccupa l'Egitto (perduto nel 269). Aureliano rioccupa Antiochia ed Emesa; dopo una rischiosa marcia nel deserto espugna Palmira. Zenobia e Vaballato sono catturati. In autunno Aureliano è nei Balcani, dove sconfigge i Carpi. Rivolte a Palmira e in Egitto, represse da Aureliano, che occupa e distrugge Palmira e ad Alessandria ha ragione di Firmo. 273 In Gallia Aureliano sconfigge ai Campi Catalaunici (presso Chilons-sur-Marne) l'esercito dell'Impero gallico, che cosi termina. Trionfo di Aureliano, il cui carro trionfale è seguito da Zenobia, Vaballato e Tetrico. La moglie di Aureliano, Ulpia Severina, riceve i titoli di Augusta e di mater castrorum. Dedica del tempio a Sol Invictus. Riforme dell'annona, delle finanze e della monetazione. In Rezia per respingere un attacco di lutungi e Alamanni. Inizia la preparazione di una spedizione contro Shihpiir. Aureliano è ucciso a Caenophrurium (sugli Stretti, tra Perinto e Bisanzio) da un segretario (settembre). L'esercito si sarebbe affidato al Senato per la designazione del successore. Viene nominato ilprinceps senatus Claudio Tacito. TACITO (MARCO CLAUDIO TACITO).
Tacito nomina prefetto del pretorio il fratellastro Marco Annio Floriano. 276 Bande di Goti, Alani e Sciti invadono l'Asia Minore, giungendo fmo alla Ciiieia, ma sono sconfitti da Tacito e Floriano. Mentre il secondo li insegue, l'imperatore pane per l'Italia, ma muore (maggio/giugno) a Tiana (nei pressi dell'o· dierna Kemerhisar, in Cappadocia). Vengono acclamati imperatori il dux totius Orientis Probo e Floriano.
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FLOJÙANO (MARCO ANNIO FLORIANO).
276-82 PROBO (MARCO AURELIO PROBO).
I due contendenti si scontrano a T arso (Tarsus) (tarda estate): Floriano è ucciso dai suoi stessi soldati. Probo è impegnato in Pannonia contro i Goti. Probo riesce a ricacciare dalla Gallia gli Alamanni, che l'avevano messa a ferro e fuoco insieme ai Franchi fin dal276. Viene fortificata la linea di difesa dell'altoReno. Probo sconfigge anche i Franchi e sistema il basso Reno. 279 In Rezia Probo sconfigge, sul fiume Lech, Vandali e Burgundi, che vengono ricacciati oltre il Danubio. Campagne in Pannonia, Mesia e Tracia contro Sarmati e Geti. 28o I generali di Probo pongono fme al brigantaggio in Isauria (eretta a provincia autonoma e colonizzata con veterani) e in Panfilia, e respingono in Egitto gli at· tacchi dei Blemi. 281 Probo è a Roma, dove celebra il trionfo.
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Di nuovo in Pannònia a preparare una spedizione contro i Parti, che subisce dei ritardi. Campagna del prefetto del pretorio Caro in Rezia e Norico, e di Probo contro i Sarmati. Ma i soldati si rivoltano contro l'eccessiva disciplina dell'imperatore e lo uccidono a Sirmium (estate). Poco prima, in Rezia, era stato acclamato imperatore Caro, originario di Narbona.
282-83 CARO (MARCO AURELIO CARO).
Caro non chiede al Senato la ratifica dell'acclamazione e associa al potere come Cesari i figli Carino e Numeriano. Viene respinta un'invasione di Quadi sul Danubio. 283
Campagna orientale di Caro e Numeriano: viene occupata tutta la Mesopotamia e conquistata Ctesifonte. Caro è ucciso sul Tigri. Assumono il titolo di Augusto il figlio Numeriano in Oriente e l'altro figlio, Carino, in Occidente.
283-84 NUMERIANO (MARCO AURELIO NUMERIANO). 283-85 CARINO (MARCO AURELIO CARINO).
Numeriano interrompe la spedizione persiana, e torna lentamente verso occidente. .284
Numeriano è ucciso a Perinto dal prefetto del pretorio, il suocero Arrio Apro, contro il quale, a Calcedonia, un consiglio di comandanti pronuncia sentenza di morte. La esegue l'illirico Gaio Aurelio Valerio Diocleziano, che viene acclamato imperatore ed entra solennemente in Nicomedia (17 novembre).
284-305 DIOCLEZIANO (GAIO AURELIO VALERIO DIOCLEZIANO).
All'inizio dell'anno Carino sconfigge l'usurpatore Marco Aurelio Giuliano Sabino (era stato salutato imperatore in Pannonia alla notizia della morte di Numeriano). Carino muove contro Diocleziano, e lo sconfigge in Mesia, alla confluenza del Margus (Morava) nel Danubio (estate); viene però ucciso dai suoi soldati. L'Impero è di nuovo unificato sotto il potere di Diocleziano, che è riconosciuto dal Senato. Diocleziano dà incarico al gallo Carausio di sorvegliare le coste fra la Schelda e la Loira e di difendere la Britannia. L'imperatore passa l'inverno a Nicomedia. Inizio della costruzione del sistema «tetrarchico». Alla fine dell'anno Diocleziano adotta e nomina Cesare un ufficiale pannonico di umili origini e suo vecchio commilitone, Massimiano, che già in quell'anno era stato impegnato in Gallia contro i Bagaudi. 286-310 MASSIMIANO (MARCO AURELIO VALERIO MASSIMIANO). RIORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA DIOCLEZIANEA DELL'IMPERO (12 diocesi
e 104 province). Territori di Diocleziano, Augusto Giovio: diocesi I, il, III; sede dd tetrarca: Nicomedia. I diocesi: Oriens (sede del vicario [del prefetto del pretorio], Antiochia [Antakya]): Syria (Antiochia); Augusta Euphratensis; lsauria; Osrhoene; Mesopotamia; Cilicia l; Cilicia Il; Phoenice; Augusta Libanensis; Cyprus; Palaestina (in seguito: Palaestina l; Palaestina Il; Palaestina III); Arabia; Aegyptus Iovia; Aegyptus Herculia; Thebais; Libya Inferior; Liby!l Superior. II diocesi: Pontus (sede del vicario: Nicomedia [Izmit]): Bithynia (Nicomedia); Paphlagonia; Galatia; Cappadocia (in seguito: Cappadocia l; Cappadocia Il); Annenia (in seguito: Annenia l; Armenia Il); Diospontus; Pontus Polemoniacus.
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III diocesi: Astiz (sede dd vicario: Ephesus [nei pressi di Sdçuk]): Asia (Ephesus); Hellespontus; Phrygia (in seguito: Phrygia l; Phrygia il); Lydia; Insulae; Caria; Lycia; Pamphylia; Pisidia. Territori di Galerio, Cesare Giovio: diocesi IV, V, VI; sede dd tetrarca: Sir-
mium. N diocesi: Thraciae (sede dd vicario: Heraclea/Perinthus [Mannaraereglisi]): Europa (Heraclea/Perinthus); Scythia; Haemimontus; Moesia Inferior (II); Thracia; Rhodope. V diocesi: Moesiae (sede dd vicario: Thessalonica [Salonicco]): Macedonia (Thessalonica); Creta; Achaia; Thessalia; Epirus Vetus; Ep~s Nova; Praevalitana; Dardania; Moesia Superior (I); Dacia Ripuaria; Dacia Mediterranea. VI diocesi: Pannoniae (sede del vicario: Sirmium): Dalmatia; Savensis; Pannonia Superior (l); Valeria; Pannonia Inferior (II) (Sirmium); Noricum Rip[ari]ense; Noricum Mediterraneum. Territori di Massimiano, Augusto Erculio: diqcesi VII e Vlll; sede del tetrarca: Mediolanum (Milano). VII diocesi: Italtiz o Italiciana (divisa in 12 regioni-province): A. Italia annonaria (vicarius Italiae: Mediolanum): 1. Raetia (praeses ad Augusta Vi.ndelicum [Augsburg]); 2. Venetia et Histria (corrector[poi consularis] ad Aquileia); 3· Aemilia et Liguria (consularis a Mediolanum); 4· Alpes Cottiae (praeses a Segusio [Susa]); 5· Flaminia et Picenum (praeses [poi consularis] a Ravenna). B. Italia urbicaria (vicarius in urbe Roma): 5· Flaminia et Picenum (praeses [poi consularis] a Ravenna); 6. Tuscia et Umbria (corree/or [poi consularis] a Florentia [Firenze]); 7· Campania et Samnium (corrector [poi consularis] a Capua [Santa Maria Capua Vetere]);. 8. Apulia et Calabria (corrector a Canusium [Canosa]); 9· Lucania et Bruttii (corrector a Salemum [Salerno]); IO. Sicilia (correetar [poi consularis] a Syracusae [Siracusa]); n. Sardinia (praeses a Caralis [Cagliari]); 12. Corsica (praeses ad Alalia [Aleria]). VIII diocesi: Africa (sede dd vicario: Carthago [Cartagine]): Proconsularis Zeugitana (Carthago); Byzacena; Tripolitana; Numidia Militiana; Numidia Cirtensis; Sitifensis; Mauretania Caesariensis. Territori di Costanzo Cloro, Cesare Erculio: diocesi IX, X, Xl, XII; sede del tetrarca: Treviri. IX diocesi: Britanniae (sede dd vicario: Eburacum [York]): Maxima Caesariensis (Eburacum); Flavia Caesariensis; Btitanniai; Britannia II. X diocesi: Galliae (sede dd vicario: Treviri [Trier]): Belgica (Treviri) (in seguito: Bdgica l; Bdgica II); Lugdunensis I; Lugdunensis II (in seguito: Lugdunensis il; Lugdunensis ill); Alpes Graiae et Poeninae; Sequania (Maxima Sequanorum); Germania I; Germania il. XI diocesi: Viennesis (sede dd vicario: Vienna [Vienne]): Viennensis (Vienna); Aquitania (in seguito: Aquitania I; Aquitania II); Novempopulana; Narbonensis I; Narbonensis il; Alpes Maritimae. XII diocesi: Hispantize (sede dd vicario: Tarraco [Tarragona]): Tarraconen· sis (Tarraco); Gallaecia; Lusitania; Carthaginiensis; Baetica; Mauretania Tingitana. 286 Diocleziano nomina Massimiano Augusto per l'Occidente. Campagne di Mas· simiano contro i Germani (si protrarranno fino al288). Alla fine dell'anno, sol-
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levazione in Britannia del comandante della flotta Carausio, che si autonomina Augusto e si annette anche parte della Gallia (la zona intorno a Gesoriacwn [Boulogne]). 286-97
REGNO BRITANNICO.
287 Campagne vittoriose di Massimiano contro i Germani. Diocleziano assume il titolo di lovius e Massimiano quello di Herculius. Tra il286 e il288, attività di Diocleziano in Oriente: riconquista della Mesopotamia e del protettorato sull'Armenia, dove viene posto sul trono l'arsacide Tiridate ill. 288
n 1° gennaio Massi.miano festeggia a Treviri l'inizio del suo secondo consolato. Campagna contro gli Alamanni. Campagna di Diocleziano contro i Germani, che sono cacciati dalla Rezia. Primo incontro di Diocleziano e Massimiano Augusti, a Mogontiacwn: viene deciso l'intervento contro Carausio. I preparativi sono affidati a Costanzo (che aveva sposato la figliastra di Massimiano, T eodora). Nell'inverno 288-89 viene allestita la flotta per muovere contro Carausio.
289 Campagna di Diocleziano contro i Sarmati. La flotta di Massimiano, non ben costruita, viene distrutta da una tempesta. 290 Nell'inverno 290-91, a Milano, secondo incontro di Diocleziano e Massimiano: di nuovo ci si accorda per combattere Carausio. 292 Campagna di Massimiano contro gli Alamanni. 293 Prima tetrarchia: l'illirico Costanzo (l) viene nominato Cesare per l'Occidente (Caesar Herculius, Milano, I 0 marzo) e il romano di Dacia Galerio, Cesare per l'Oriente (Caesar Iovius, Nicomedia, 21 maggio). Vengono creati vincoli dinastici: ogni Augusto adotta il suo Cesare. Costanzo (Cloro) deve lasciare la moglie Elena (la madre di Costantino il Grande) e sposare la figliastra di Massimiano, T eodora, mentre Galerio deve lasciare la sua per sposare la figlia di Diocleziano, Valeria. Attività di Costanzo contro Carausio in Gallia. rationalis summarum rationum di Carausio, Alletto, uccide l'usurpatore e ne prende il posto.
n
293-305
PRIMA TETRARCHIA: DIOCLEZIANO E MASSIMIANO, AUGUSTI; COSTANZO E GALERIO MASSIMIANO, CESARI.
293-306
COSTANZO I (GAIO
293·3II
GALERIO (GAIO GALERIO VALERIO MASSIMIANO).
[?]
FLAVIO VALERIO COSTANZO).
294 Nuova spedizione di Diocleziano contro i Sarmati. Celebrazione della Festa del Decennale a Nicomedia (2o novembre). Viene allestita in Gallia una nuova flotta. 296
n re persiano Narsete, che era salito al trono nel293, occupa l'Armenia. Costanzo, mentre Massimiliano gli protegge le spalle sul Reno, sbarca in Britannia, sconfigge Alletto e pone il suo quartier generale a Eburacum. Massimiano passa dalla Spagna in Africa. Diocleziano è in Egitto per sedare una rivolta, forse sostenuta da Narsete, capeggiata da Achilleo e da Lucio Domizio Domiziano, che si proclama imperatore. La Tebaide viene pacificata. Persecuzione contro i manichei in Egitto (296-97).
297 Riprende la ribellione in Egitto; viaggio di Diocleziano attraverso la regione. Cade Alessandria, la rivolta egiziana è domata. Campagna di Massimiano in Africa contro i Mauri. Narsete invade il territorio romano e sconfigge il Cesare
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Galerio presso Carre (Haran), ma in seguito è sconfitto in Armenia da Galerio stesso. Diocleziano rioccupa la Mesopotamia, conquista Nisibi e giunge fino a Ctesifonte. Diocleziano conclude la pace con i Persiani: Narsete cede la Mesopotamia e cinque piccole province al di là del Tigri (tra cui l' Adiabene), e riconosce il protettorato romano sull'Armenia e sull'Iberia (Georgia). Per facilitare il controllo doganale si decide che tutto il traffico tra l'Impero romano e il regno dei Parti debba passare da Nisibi. Poco dopo questa pace il re di Armenia Tiridate si converte al cristianesimo. Soggiorno di Massimiano a Cartagine. Spedizione contro la Tripolitania. Campagna di Costanzo contro gli Alamanni.
299 Soggiorno di Diocleziano in Siria. Ritorno di Massimiano a Roma. Inizio della costruzione delle Terme di Diocleziano. 301 Riforma monetaria e editto sui prezzi. 302 (?) Editto contro i manichei. 303 Primo editto di Nicomedia (23 febbraio): inizio della grande persecuzione contro i cristiani. Secondo editto: incarcerazione di tutto il clero cristiano. Terzo editto (fine 303): amnistia in occasione dei Vicennalia, purché i cristiani partecipino ai sacrifici. Celebrazione del secondo decennale (Vicennalia, 20 novembre): trionfo di Diocleziano e Massimiano a Roma. 304 Quarto editto (la persecuzione si protrarrà in Occidente fino al3o6, in Oriente fino al313). 305
n 1° maggio, per volere di Diocleziano, i due Augusti abdicano e ad essi subentrano i due Cesari, Costanzo e Galerio, ai quali si associano come Cesari, nominati da Diocleziano, Severo e Massimino Daia. Vengono messi da parte, contro le loro aspettative, il figlio di Costanzo, Costantino, e il figlio di Massimiano, Massenzio. Competenze: Britannia, Gallia e Spagna a Costanzo; Italia, Africa e Pannonia a Severo; Illirico e Oriente fino al Tauro a Galerio; il rimanente a Massimino. Diocleziano si ritira in un palazzo (la futura Spalato [Split]) nei pressi di Salonae (Saline).
30.~-3o6
SECONDA TETRARCHIA: COSTANZO l E GALERIO MASSIMIANO, AUGUSTI; SEVERO E MASSIMINO DAlA, CESARI.
305'311 MASSIMINO DAlA (GAIO GALERIO VALERIO MASSIMINO), 305-3o7 SEVERO n (FLAVIO VALERIO SEVERO).
3o6 Costanzo muore a Eburacum (25 luglio). I soldati acclamano (Augusto? Cesare?) Costantino. Galerio nomina Augusto Severo, ai territori del quale aggiunge la Spagna, ma riconosce a Costantino il titolo di Cesare: è cosi formata la terza tetrarchia, l'ultima «re~olare». Massimiano è di nuovo attivo politicamente a Roma su richiesta del figlio Massenzio, che nell'ottobre si proclama imperatore. Costantino sconfigge i Franchi sul Reno. 306
'307 TERZA TETRARCHIA: GALERIO MASSIMIANO E SEVERO, AUGUSTI; MASSIMINO DAlA E COSTANTINO I, CESARI. [USURPATORI: MASSENZJO E MASSIMIANO ERCULIO]. 306 ·12 [MASSENZIO (MARCO AURELIO VALERIO MASSENZIO)].
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COSTANTINO I [IL GRANDE] (FLAVIO VALERIO COSTANTINO).
307 Severo interviene contro Massenzio, ma le truppe (erano state di Massimiano) Io abbandonano. Massenzio, contro il volere del padre, si proclama Augusto. Galerio muove contro Massenzio e Massimiano. Massimiano cerca il sostegno di Costantino, al quale dà in sposa la figlia Fausta. Massimiano e Costantino si proclamano Augusti: si hanno quattro Augusti e un Cesare. 3o8 Massimiano si rifugia in Gallia presso Costantino. Massenzio resta padrone dell'Italia e, solo temporaneamente, della Spagna. La Rezia è nelle mani diGalerio. In Africa, usurpazione di Lucio Domizio Alessandro (si protrarrà fmo al 3u). Convegno di Camuntum (Petronell), al quale partecipa Diocleziano (novembre). Si decide di ricostruire la tetrarchia. nposto di Severo, ucciso nel frattempo, viene assegnato, come Augusto d'Occidente, a un amico di Galerio, Licinio. Massenzio resta nemico pubblico; Cesare per l'Oriente è Massimino; Costantino è retrocesso a Cesare d'Occidente. 308-u QUARTA TETRARCHIA: GALERIO MASSIMIANO E UCINIO, AUGUSTI; MASSIMINO DAlA E COSTANTINO I, CESARI E FIGU DEGU AUGUSTI. [USURPATORI: MASSENZIO, LUCIO DOMIZIO ALESSANDRO, MASSIMIANO].
308-24
LICINIO (GAIO VALERIO LICINIANO LICINIO).
Costantino male accetta la degradazione e Massimino Daia mal sopporta la rapidissima carriera di Licinio. I due Cesari hanno anche il titolo dijilii Augusto-
rum. 310 Muore in circostanze misteriose Massimiano (che aveva guidato, in assenza del genero Costantino, una spedizione contro Franchi e Alamanni). Massenzio accoglie l'eredità erculia del padre e si proclama Augusto. Costantino riesce a sottrarre la Spagna a Massenzio. JU Massenzio pone fine all'usurpazione africana. A Serdica muore Galerio (aprile/maggio), dopo aver emanato un editto con il quale revocava la persecuzione contro i cristiani. Massimino Daia si considera primo dei quattro Augusti rimasti e occupa l'Asia Minore, che era di competenza di Licinio. Abbiamo una tetrarchia di soli Augusti. · COSTANTINO I, LICINIO E MASSIMINO DAlA, AUGUSTI. [MASSENZIO, USURPATORE].
312. Alleanza di Costantino e Licinio. In primavera Costantino piomba in Italia at-
traverso il Monginevro. Sconfigge piu volte gli eserciti di Massenzio nella Valle Padana (Torino, Verona ecc.; Massenzio però era rimasto sempre a Roma). Battaglia di Ponte Milvio (Saxa Rubra): Costantino riporta una vittoria decisiva contro Massenzio e s'impadronisce di Roma (28 ottobre). nSenato conferisce la dignità di primo Augusto a Costantino, che si associa come console per il 313 Massimino. Costantino e Licinio si incontrano a Milano: proclamazione congiunta dell'uguaglianza di diritti di tutte le religioni e restituzione delle chiese e dei loro beni. Costantino dà in moglie a Licinio la sorella Costanza. Massimino Daia accetta di essere retrocesso a secondo Augusto. Costantino fa ritorno in Gallia per combattere contro i Franchi. Licinio entra in urto con Massimino Daia, che viene sconfitto presso Adrianopoli, nella valle dell'Erginus, in Tracia (30 aprile), e si ritira al di là del Tauro. Massimino emette un editto di tolleranza, ma a fine estate muore a Tarso: l'Oriente è tutto quanto sotto il potere di Licinio.
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Vengono massacrati tutti i familiari di Massimino, Galerio, Severo e Diocleziano. Diocleziano propone di ricostruixe la tetrarchia. Morte di Diocleziano (dicembre?). Poco prima dd 313 muore il filosofo Porfirio. COSTANTINO I E LICINIO, AUGUSTI. Concilio di Arles (condanna dei donatisti). Guerra tra Costantino e Licinio, che viene sconfitto a Cibalae (Vinkovci), nell'Illirico (ottobre). Licinio perde tutti i territori europei ad eccezione della diocesi di Tracia. (317?) Nasce ad Areiate (Arles) il figlio di Costantino, Costantino Iuniore (Il), che viene nominato Cesare insieme al fratello maggiore Crispo. Licinio vorrebbe la stessa cosa per il proprio figlio, Licinio luniore, ma Costantino si oppone. Licinio si associa come Augusto Aurelio Valeria Valente, dux della Mesia Inferiore. Scontro, di esito incerto, tra Costantino, Licinio e Valente al Campus Ardiensis, in Tracia (novembre?). Si giunge a un accordo: i Cesari, proclamati il 1° marzo, sono Crispo, Licinio luniore e Costantino Iuniore. Resta sacrificato Valente. COSTANTINO I E LICINIO, AUGUSTI; CRISPO, COSTANTINO II E LICINIO II, CESARI. Lattanzio è nominato precettore dd figlio di Costantino, il Cesare Crispo (Treviri).
318 Da questo momento Costantino risiede sempre pid spesso nella zona dei Balcani (Sirmium, Serdica, Tessalonica). TI vescovo di Alessandria, Alessandro, scomunica Ario. 320 Matura lo scontro tra Costantino e Licinio, che da questo anno perseguita i cristiani. 322 Costantino respinge in Pannonia un'incursione di Sarmati. 32 3 Guerra contro i Goti, sconfitti da Costantino in territorio di competenza di Licinio. Inizia il grande scontro tra i due Augusti. 324 TI 3 luglio Costantino riporta ad Adrianopoli (Edirne) una vittoria decisiva contro Licinio. Crispo, con la flotta costantiniana, distrugge nell'Ellesponto ~-flotta liciniana. Licinio è di nuovo sconfitto da. Costantino a Chrysopolis (Uskiidar [Scutari]} (r8 settembre), e si arrende. 324-37 COSTANTINO I, AUGUSTO; CRISPO (fmo al326), COSTANTINO II, COSTANZO II, COSTANTE (fino al333)E DELMAZIO (dal33.5), CESARI. 32.5 Concilio ecumenico di Nicea (Ìznik) (2o maggio - 19 giugno): condanna di Ario, formula di professione di fede («simbolo niceno»), gerarchia delle sedi episcopali. Licinio è giustiziato. Costanzo (Il), il secondogenito di Fausta, so· stituisce Licinio Iuniore come Cesare. Celebrazione dei Vicennalia a Nicomedia. 326 Costantino fa sopprimere il figlio Crispo e la moglie Fausta. Celebrazione dei Vicennalia a Roma, dove vengono fondate le basiliche del Vaticano e del Lacerano. Inizia il pellegrinaggio della madre di Costantino, Elena Augusta, in Palestina. 327 Per interessamento di Costanza, la vedova di Licinio, e di Eusebio, vescovo di Nicomedia, Ario è reintegrato nel clero alessandrino.
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328 Vittoria di Costantino contro gli Alamanni sul Reno. Atanasio, eletto vescovo di Alessandria, si oppone alle tendenze ariane della corte di Costantino. 330 Viene inaugurata (n maggio) la nuova capitale, Costantinopoli (Byzantium), con un proprio Senato ed esclusa dal normale regime provinciale. 33I Inizia un periodo di tensioni con la Persia. Divenuto adulto, Shàhpiir n (era nato nel310 e morirà nel379), intorno a questa data, occupa la cristiana Armenia. 332 Vittoria sui Goti di Costantino Iuniore. ' 333 Viene ricostruito il collegio dei tre Cesari (Costantino n, Costanzo n e Costante, il terzogenito di Fausta). Anche la matrigna Teodora è fatta Augusta ericevono onori i fratellastri di Costantino, Dalmazio, Annibaliano e Giulio Costanzo. 334 Vittoria sui Sarmati, che vengono cacciati clal Banato. 33' Costantino aggiunge agli altri Cesari Dalmazio (n), il figlio maggiore di uno dei suoi fratellastri (Dalmazio). Ad Annibaliano (n), il figlio minore, viene data in moglie la figlia di Costantino, Costanza, e viene affidato il comando della base di Caesarea (Kayseri) in Cappadocia, dove si stava allestendo la spedizione contro i Persiani, con il titolo di «re dei re e delle genti pontiche ». Ogni Cesare viene assegnato a una prefettura: Costantino n alle Gallie, Costante all'Italia e Mrica, Dalmazio all'lllirico, Costanzo n all'Oriente. D comando di Annibaliano rappresentava una potenziale quinta prefettura. Costantino invia in esilio a Treviri, su istigazione dei seguaci di Eusebiq di Nicomedia (simpatizzanti moderati diArio), il vescovo di Alessandria ~tanasio. 336 Costantino fa eliminare Licinio luniore. 337 Costantino muore ad Ankyron (Hereke), presso Nicomedia (22 maggio). Divengono Augusti (9 settembre) Costantino n, Costanzo n e Costante: quest'ultimo è riconosciuto come primo Augusto. In un convegno tenuto a Viminacium (Kostolac) vengono assegnate le zone di competenza: a Costantino n l'Occidente, a Costanzo n l'Oriente e a Costante l'Dlirico. L'Impero fino al396 sarà diviso in tre prefetture. 337·40 COSTANTINO n, COSTANTE I E COSTANZO D, AUGUSTI. 337-40 COSTANTINO II (FLAVIO CLAUDIO COSTANTINO). 337·,0 COSTANTE l (FLAVIO GIUUO COSTANTE). 337·61 COSTANZO II (FLAVIO GIULIO COSTANZO). Shàhpiir assale Nisibi, ma è respinto dalla popolazione,_ guidata dal vescovo locale. Vengono uccisi a Costantinopoli tutti i maschi della famiglia di Costantino: Dalmazio l, Dalmazio n, Giulio Costanzo, Annibaliano ecc. Sono risparIniati soltanto i figli di Giulio Costanzo, l'undicenne Gallo e il seienne Giuliano. Costantino n permette ad Atanasio di tornare ad Alessandria, senza che Costanzo n si opponga. Giunge in Oriente Costanzo, che si accorda con Shàhpiir: gli Arsacidi sono ricollocati sul trono di Armenia. Iniziano le guerre orientali di Costanzo. 339 Eusebio di Nicomedia è trasferito dalla cattedra di Alessandria a quella di Co· stantinopoll. Atanasio è cacciato per la seconda volta da Alessandria ed è sostituito dall'ariano Gregorio di Cap,padocia.
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340 Costante reclama maggiore autonomia rispetto a Costantino, che marcia contro di lui, ma è sconfitto e ucciso ad Aquileia dalle avanguardie dell'esercito di Costante. 340·_50 COSTANTE I E COSTANZO II, AUGUSTI. A Costante è assegnato l'Occidente e a Costanzo.l'Oriente. Muore Eusebio, vescovo di Cesarea di Palestina (dove era nato intorno al26o): al suo posto sarà eletto Acacio. 34I L'arianesimo si diffonde presso i Goti: Ulfùa è consacrato vescovo. 342 Costante riorganizza illimes di Adriano in Britannia e combatte sul Reno contro Franchi e Alamanni. 343 Costanzo occupa l'Adiabene. 346 Libanio viene allontanato da Costantinopoli, dove farà ritorno nel3.51. Shahpiir cerca invano di prendere Nisibi. 348 Persecuzione degli ariani. Ulfila lascia il territorio dei Goti e trova asilo da parte di Costanzo. Battaglia di Singara, in Mesopotamia, contro i Persiani: i soldati romani prendono l'iniziativa contro la volontà di Costanzo e vengono massacrati in gran numero. In Africa, sommosse e repressione di donatisti e circumcelliones. Concilio di Cartagine. 350 Rivolta militare in Gallia: Costante si uccide e al suo posto, ad Augustodunum (Autun), viene acclamato imperatore l'usurpatore Magnenzio (gennaio), che nel giugno a Roma soffoca l'usurpazione di Giulio Nepoziano. Costanza, la vedova di Annibaliano, fa acclamare a Mursa (I 0 marzo) il magister peditum Vetranione, che all'arrivo di Costanzo a Naissus depone la porpora. 3.50-6I COSTANZO II, AUGUSTO. 35I Costanzo nomina Cesare (I 5 marzo) il cugino Gallo e gli dà in moglie Costanza. 351-_54 COSTANZO II, AUGUSTO; GALLO, CESARE. Gallo è inviato come governatore in Oriente. Magnenzio nomina Cesare il fratello Decenzio. Magnenzio è sconfitto da Costanzo a Mursa, sulla Drava. 3.52 Magnenzio si difende in Italia, ma avendo perso Africa e Spagna deve ritirarsi in Gallia. Costanzo sposa Eusebia. 353 Magnenzio è di nuovo sconfitto, questa volta in Gallia, da Costanzo (ro agosto), e si uccide insieme con Decenzio: l'Impero è di nuovo unificato;
354 Costanzo fa uccidere il cugino Gallo, colpevole di malgoverno ed eccessiva crudeltà nella repressione delle rivolte scoppiate in Palestina e ad Antiochia.
355 Campagne di Costanzo contro Franchi, Alamanni e Sassoni, con la collaborazione del cugino Giuliano, che viene nominato Cesare. 355·6o COSTANZO II, AUGUSTO; GIULIANO, CESARE.
356 Campagne di Giuliano in Gallia (flno al36I): sottomissione dei barbari, pacificazione del paese c stabilizzazione della frontiera renana. 359 Shahpiir II fa irruzione in Mesopotamia. Costanzo chiede a Giuliano le truppe migliori per la campagna orientale (fine 359-60).
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360-63 GIULIANO (FLAVIO CLAUDIO GIULIANO). Le truppe si rifiutano di lasciare la Gallia e a Parigi proclamano Augusto Giuliano (febbraio). Campagna di Giuliano lungo il Reno da Xanten a Basilea; viene respinta l'incursione dell'alamanno Vadomaro, istigato da Costanzo (inverno 36o-61). Irruzione di Shahpur II in Mesopotamia. Sinodo di Costantinopoli (formula omeista, che diverrà il ((credo» dell'arianesimo barbarico). Inaugurazione di Santa Sofia. Nell'inverno 36o-61 Costanzo sposa ad Antiochia, in terze nozze, Faustina. Costanzo varca l'Eufrate, ma poi fa ritorno ad Antiochia, da dove in autunno muove contro Giuliano, che a sua volta gli va incontro, fermandosi a Naissus. Non si arriva allo scontro militare perché Costanzo muore il3 novembre aMopsukrenai, nei pressi di T arso (Cilicia), dopo aver ricevuto il battesimo. Giuliano resta unico Augusto (designato come erede dallo stesso Costanzo), fa il suo ingresso a Costantinopoli ed emette il primo editto di tolleranza (u dicembre). Dvescovo ariano Giorgio, che nel novembre aveva fatto ritorno ad Alessandria ignaro della morte di Costanzo, viene linciato dalla folla. Rescritto sulla restituzione dei beni confiscati ai templi pagani. Atanasio torna ad Alessandria (febbraio). Rescritto di esclusione dei cristiani dall'insegnamento superiore (giugno). Ingresso ad Antiochia (giugno/luglio). Incendio del tempio di Apollo a Dafne (nei pressi di Antiochia); rappresaglia di Giuliano contro i cristiani. Per ordine dell'imperatore, Atanasio per la quarta volta è espulso da Alessandria (ottobre). n fronte orientale resta tranquillo. Giuliano non riceve gli ambasciatori persiani. Nel marzo parte da Antiochia per una grande spedizione contro Shahpiir II. Vareato l'Eufrate, a Carre Giuliano divide l'esercito: una parte (sotto la guida di Procopio e di Sebastiano) punta all' Adiabene, mentre il grosso (con Giuliano) scende lungo il fiume verso la Babilonia. Giuliano occupa Seleucia e Ctesifonte (giugno), ma l'esercito di Procopio e Sebastiano, contrariamente ai piani, si trattiene nell'alta Mesopotamia. Giuliano punta a nord seguendo il corso del Tigri (terra bruciata di Shahpiir). Frequenti attacchi dei Persiani, durante uno dei quali resta ferito lo stesso imperatore, che muore nella notte tra il 26 e il 27 giugno, a Maranga. GIOVIANO (FLAVIO GIOVIANO).
L'esercito acclama imperatore Gioviano, che si affretta· a concludere· la pace (estate), cedendo le cinque satrapie d'oltre Tigri annesse da Diocleziano, e abbandonando le posizioni in Armenia e Mesopotamia (Singara e Nisibi). Gioviano si ritira verso occidente. 364 Gioviano muore (I7 febbraio) a Dadastana, alla frontiera tra Galazia e Bitinia. Contrasto tra Gallici e Orientali: viene scelto dall'esercito (compromesso) un pannonico cristiano, Valentiniano, che è salutato imperatore a Nicea il26 febbraio. Valentiniano si associa al trono come Augusto il fratello Valente (Costantinopoli, 28 marzo). 364-n VALENTINIANO I (FLAVIO VALENTINIANO). 364-78 VALENTE (FLAVIO VALENTE). I due imperatori si dividono l'Impero (Naissus, giugno): l'Occidente a Valentiniano (magistri militum due uomini di Giuliano: Giovino e Dagalaifo), l'Oriente a Valente (magistri militum due uomini di Costanzo II: Vittore e Arinteo).
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Nell'agosto i due fratelli si separano definitivamente a Sirmium. Incursioni in Tracia dei Visigoti. Legislazione di Valentiniano I (ripresa in Oriente dal fratello Valente). Gli Alamanni varcano il Reno e invadono la Gallia. A Treviri, Ausonio è incaricato dell'istruzione del futuro imperatore Graziano. 365 Rivolta di Procopio, salutato imperatore a Costantinopoli (28 settembre). Procopio occupa la Tracia ma non l'Illirico, protetto da Equizio. Occupa invece la Bitinia e il porto di Cizico. Atanasio si reca per la quinta volta in esilio, ma dopo pochi mesi torna definitivamente ad Alessandria. Valentiniano si trasferisce da Milano a Parigi e a Reims per dirigere le guerre contro i barbari. Inizia la guerra alamannica. ·. 366 Valente penetra in Lidia e in Frigia. Procopio, tradito dai suoi generali, viene ucciso (27 maggio). Un parente di Procopio, Marcellino, si fa proclamare imperatore a Calcedonia, ma Equizio lo fa catturare e uccidere. Viene preparata la guerra gotica. Campagne vittoriose del magister equitum Giovino. Viene eletto papa il diacono Damaso (I). 367 Guerra di Valente contro i Goti (367-69). n quartier generale è posto aMarcianopoli. Valente attraversa il Danubio a Dafne e saccheggia il territorio barbaro. Campagne sul basso Reno (Franchi e Sassoni). Valentiniano nomina Augusto il figlio Graziano (Amiens, 24 agosto) e fissa la sua residenza a Treviri. 367·83 GRAZIANO (FLAVIO GRAZIANO). Muore nario di Poitiers (PictaviiLimonum) (era nato intorno al315). 368 Campagna del comes T eodosio (il Vecchio) in Brit~ia, che torna sotto il controllo romano fino al Vallo di Adriano (368-69). Gli Alamanni saccheggiano Magonza. I due Augusti varcano il Reno e sconfiggono i barbari a Solicinium (forse Sulchen, nei pressi di Rottenburg/Neckar) (seconda guerra alamannica). 369 Valente varca di nuovo il Danubio a Noviodunum, in Dobrugia, e i suoi generali si spingono molto all'interno del territorio dei Goti. Carestia tra i Goti. Viene conclusa la pace (negoziata da Arinteo e Vittore) tra Atanarico e Valente (autunno). L'imperatore si trattiene in Dobrugia a rafforzare e costruire i forti (inverno 369-70). Nel frattempo Shahpiir II aveva occupato tnilitarmente l'Armenia e l'Iberia (Georgia), dove aveva fatto uccidere il re filoromano Sauromace. Costruzione di un grande sistema di fortificazioni lungo il Reno, dal Mare del Nord alla Rezia: Rottura tra V alentiniano e l'aristocrazia senatoria. 37o Valente si trasferisce ad Antiochia (vi si tratterrà fino al378). L'imperatore fa ricondurre in Armenia Papa, il figlio di Arsace ill, e in Iberia Sauromace. Valentiniano respinge Burgundi, Franchi e Sassoni. Campagna di Teodosio il Vecchio contro gli Alamanni sul Danubio superiore (Rezia). Ambrogio è a Mi-
lano, consularis Liguriae et Aemiliae. 371 (372?) Guerra vittoriosa del generale romano T raiano e del re alamanno Varomara contro Shahpiir. n re Papa si avvicina ai Persiani ed entra in conflitto con la Chiesa armena. Persecuzione dei filosofi. Guerre contro gli Alamanni del re Macriano (fino al374). Valentiniano parifica le carriere civili e militari. 37.Z Campagna di Valente in Armenia. Rivolta in Africa del principe vassallo mauro Firmo. 373 Muore ad Alessandria il vescovo Atanasio. T eodosio il Vecchio passa in Africa per reprimere la rivolta di Firmo.
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374 Conclusione di un/oedus tra l'Impero e l'« Alamannia ». Valentiniano continua nella sua opera di raffonamento del confine renano e altodanubiano. Quadi e Sarmati invadono la Pannonia e la devastano: resiste solo il dux della Mesia l, T eodosio il Giovane. Valentiniano dà in moglie al figlio Graziano la figlia postuma di Costanzo n, Costanza. Ambrogio è eletto vescovo di Milano. 375 Valente fa uccidere il re Papa che cercava di fuggire da T arso, dove l'imperatore lo aveva relegato. Al suo posto pone sul trono di Armenia Warasdat. Shahpiir propone a Valente la spartizione dell'Armenia. Grandi movimenti di popoli·(Unni), con conseguente ingresso «autorizzato» di molte migliaia di Visigoti e «non autorizzato» degli Ostrogoti all'interno dell'Impero. Teodosio il Vecchio pacifica l'Mrica, ma viene fatto uccidere a Cartagine da Graziano (fine 375 o inizio 376). Valentiniano trasferisce la corte a Sirmium (lasciando a Treviri Graziano) con la moglie Giustina e i figli Valentiniano, Giusta, Grata e Galla. Valentiniano, con il magister militum Merobaude e il comes Sebastiano, avanza al di là del Danubio e devasta il territorio dei Quadi. n I ] novembre muore a Brigetio (Szony) durante le trattative di pace. Giustina fa proclamare Augusto il figlio omonimo, nato nel371, di Valentiniano (Aquincum [Pest], 22 novembre), sotto la reggenza del fratellastro Graziano. 375·92 VALENTINIANO Il (FLAVIO VALENTINIANO).
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V alentiniano n ha competenza per Italia, lllirico e Africa (discusso). Giustina (ariana) pone la corte a Sirmium. I Goti invadono e devastano la Tracia. Numerosi contingenti militari romani vengono spostati dal confine orientale verso queste zone. W arasdat abbandona l'Armenia, ed è sostituito dal filo persiano Manuel. I Persiani occupano l'lberia. Graziano si riavvicina al Senato. Massimino, prefetto del pretorio per la Gallia, fautore della politica antisenatoria, è destituito e giustiziato. Esercita grande influenza su Graziano il magister e quaestor sacripalatii Ausonio. Graziano visita Roma. Contrasto tra Giustina e Ambrogio per la nomina del vescovo di Sirmium. Gli imperiali (truppe inviate dall'Oriente agli ordini di Traiano e contingenti inviati dall'Occidente) riescono a ricacciare i Goti verso la Dobrugia. I Goti, insieme agli Unni, dilagano tra Danubio e Balcani (inverno 377·78).ln primavera sono a sud dei Balcani. D magister peditum Sebastiano riesce a frenarli. Valente non attende l'arrivo dell'esercito d'Occidente guidato da Graziano. L'esercito goto, comandato da Fritigemo, annienta l'esercito romano ad Adrianopoli; restano sul campo anche Valente, Traiano e Sebastiano (9 agosto). Rescritto di tolleranza (Sirmium), con l'esclusione degli eretici manichei, fotiniani ed eunomiani. Per il pericolo goto la corte di Valentiniano n si trasferisce a Milano: ancora contrasti tra Giustina e il vescovo Ambrogio. La marcia di Graziano in aiuto di Valente è ritardata da due attacchi di Alamanni (battaglia di Argentaria, presso Colmar, e spedizione nella Foresta Nera, ultima di un imperatore romano al di là del Reno). Graziano richiama in attività Teodosio (il Giovane), che si era ritirato nei suoi possedimenti spagnoli dopo la caduta del padre, nominandolo magister militum. Teodosio sconfigge in Pannonia i Sarmati. Consolato di Paolino di Nola e prefettura del pretorio di Ausonio. TI 19 gennaio, a Sirmium, Graziano nomina Augusto, successore di Valente, lo spagnolo Teodosio (era nato nel346 o 347 a Cauca [Coca]), affidandogli l'Oriente (compresa Tracia e Mesia), le diocesi illiriche, la Macedonia e la Dacia.
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Muore a Cesarea di Cappadocia il vescovo della città Basilio (il Grande), che era nato, forse nella stessa Cesarea, intorno al330. TEODOSIO I [IL GRANDE] (FLAVIO TEODOSIO).
Inizia la guerra contro i Goti, ma Graziano deve accorrere in Gallia (incursioni di Alamanni e Franchi). Teodosio ricostruisce a Tessalonica l'esercito, incorporandovi Goti e barbari. In Persia Ardashir II succede a Shahpur Il. Graziano depone il pontificato massimo e ritira l'editto di tolleranza (Milano, 3 agosto). Consolato di Ausonio. Editto religioso di Teodosio (27 febbraio): la cattolica unica religione di Stato. Teodosio, ammalato, riceve il battesimo e si trasferisce a Costantinopoli, da allora la sua capitale. I Visigoti di Fritigemo devastano la Macedonia, gli Ostragoti di Alateo e Safrace la Pannonia. Graziano viene in aiuto di Teodosio, con il quale si incontra a Sirrnium (settembre): le diocesi di Macedonia e di Dacia fanno ritorno all'Occidente; viene ricostruita la prefettura di Italia, Africa e Illirico (autorità nominale di Valentiniano il, che risiede stabilmente a Milano). Graziano installa in Pannonia come foederati Vandali e Goti. Concilio di Cost~tinopoli.
Foedus con i Goti: Teodosio accetta che si installino, come stato gennanico all'interno dell'Impero; tra il Danubio e i Balcani. Graziano fa togliere dalla Curia l'ara della Vittoria (ha inizio una lunga controversia). Papa Damaso affida a Girolamo l'incarico di tradurre in latino la Bibbia. Teodosio proclama Augusto il figlio Arcadie (16 gennaio). 383-9, ARCADIO (FLAVIO ARCADIO). Teodosio si schiera dalla parte di V alentiniano il (Giustina) contro le pretese di Magno Massimo. Shahptir m succede ad Ardashir Il. Prefettura del pretorio di Pretestato. Ausonio si ritira a vita privata. Prefettura urbana di Sirnrnaco (fino al38,). ' 383-88 MAGNO MASSIMO (MAGNO MASSIMO), USURPATORE. Guerra di Graziano contro gli Alarnanni in Rezia. Usurpazione dello spagnolo Magno Massimo in Britannia. Graziano, abbandonato dall'esercito, è catturato e ucciso a Lione da Andragazio, magister militum di Magno Massimo (2' agosto). Teodosio incontra in Alta Italia Valentiniano il: viene riconosciuto Magno Massimo limitatamente alla Gallia, alla Britannia e alla Spagna. Teodosio e Shiihpiir m si spartiscono l'Armenia. Il Senato chiede che vengano revocati i provvedimenti di Graziano, ma Ambrogio si oppone accanitamente. Magno Massimo nomina Augusto il figlio Vittore. Bautone sconfigge i Sarmati sul Danubio. Muore papa Darnaso. 384-88 FLAVIO VITTORE (FLAVIO VITTORE MASSIMO), USURPATORE. (384?) Serena, nipote di Teodosio, sposa Stilicone. Magno Massimo fa giustiziare l'eretico Priscilliano. Contrasti tra Valentiniano II (Giustina) e Ambrogio sulla basilica da riservare a Milano agli ariani: la spunta Ambrogio. Priscilliano viene giustiziato a Treviri come eretico. 386 Premuti dagli Unni, gli Ostrogoti entrano nell'Impero, sono sconfitti dal magt~ ster militum Promoto, ma vengono sistemati in Frigia. Muoiono Pulcheria ed
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Elia Priscilla. Editto di tolleranza (23 gennaio) di Valentiniano II in favore degli ariani: conflitto con Ambrogio. Sommossa antifiscale ad Antiochia. Teodosio muove verso l'Occidente, lasciando a Costantinopoli l'Augusto Arcadio nelle (buone) mani dd prefetto del pretorio Taziano. I Sarmati assalgono l'Impero. La corte di Milano chiede aiuto a Magno Massimo, che occupa l'Italia e l'Africa. Valentiniano II fugge con la madre a Tessalonica (estate/autunno) e chiede aiuto a Teodosio. Giustina e Valentiniano abiurano l'arianesimo. Teodosio sposa la sorella minore di Valentiniano, Galla, e decide di aiutare il cognato. In Mrica potere personale di Gildone, fratello di Finno, che appoggia Magno Massimo. Magno Massimo avanza nell'Illirico. Valentiniano, sbarcato con ima flotta a Ostia, recupera l'Italia. T eodosio muove contro Massimo e lo sconfigge a Siscia (Sisak) e Poetovio (Ptuj). Massimo viene ucciso ad Aquileia (28 agosto). Ar· bogaste uccide in Gallia Vittore; Gildone si arrende. Divieto di riunione per gli eretici. Muore Giustina, Valentiniano II è affidato ad Arbcigaste e inviato a Treviri. Contrasto tra Teodosio e Ambrogio sulla persecuzione degli ebrei a Callinicum (Nicephorium [Raqqa], in Mesopotamia). Vittoria di Arbogaste su Franchi e Sassoni. Teodosio si stabilisce a Milano. Nell'estate Teodosio celebra a Roma il trionfo. 390 Massacro di Tessalonica (ordinato da T eodosio per punire la popolazione della città, che aveva linciato il magister militum Buterico). Urto tra Ambrogio e Teodosio, al quale il vescovo di Milano rimprovera l'eccidio di Tessalonica. Teodosio nomina prefetto al pretorio d'Italia il pagano Nicomaco Flaviano e designa consoli per il391 due pagani, Simmaco e T aziano, ma alla fme cede e fa penitenza. 391 Viene fatto chiudere il Serapeo di Alessandria. Nel luglio T eodosio fa ritorno a Costantinopoli. Teodosio rinnova la legislazione antipagana e antieretica (24 febbraio). La prefettura centrale torna formalmente a Valentiniano, che però resta in Gallia. Consolato di Simmaco. Editto sul culto degli dèi (8 novembre). Continua la guerra contro i Goti, ini392 ziata l'anno precedente da T eodosio. Intervento decisivo di Stilicone. Contrasti tra Arbogaste e Valentiniano il, che muore tragicamente (1.5 maggio) a Vienne. Arbogaste nomina Augusto il magister scrinii Eugenio. 392·94 EUGENIO (FLAVIO EUGENIO), USURPATOIIE. 393 T eodosio risponde nominando Augusto il figlio Onorio e destinandolo all'Occidente. ONORIO I (FLAVIO ONORIO).
Muore (393/394) Decimo Magno Ausonio (era nato intorno al310 a Burdigala [Bordeaux]). Durante l'usurpazione di Eugenio, pubblica la sua opera storica (Rerum gestarum libri XXXI) Ammiano Marcellino, che morirà intorno al39.5 (era nato ad Antiochia intorno al330). T 394 eodosio lascia l'Oriente ad Arcadio, sotto la tutela di Rufino, e marcia contro Eugenio. Muore Galla (aprile). Battaglia dd fiume Frigido (oggi Vipacco/ Vipava, Alpi Giulie): Teodosio sconfigge Eugenio, che cade sul campo; Arbogaste e Nicomaco Flaviano (uno dei consoli dell'anno) si uccidono. Teodosio fa venire a Milano Onorio e Galla Placidia (la figlia avuta da Galla). Morte di Teodosio a Milano (17 gennaio). 39.5
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Baroni Cronologia della storia romana dal235 al476 ARCADIO. ONORIO I.
Agostino è eletto vescovo di Ippona (Hippo Regius). D poeta Claudiano si trasferisce da Roma a Milano, alla corte di Onorio. ORGANIZZAZIONE POLITICO-AMMINISTRATIVA DELL'IMPERO ROMANO ALL'INIZIO DEL V SECOLO.
L'Impero rimase diviso in 3 prefetture dal337 al396, con la quarta prefettura costantiniana dell'Illirico unita a quella di Italia-Africa. Prefetture (4), diocesi (13) e province (uo) all'inizio del v secolo secondo la Notitia Dignitatum. PREFETIURA DELLE GALLIE (3 diocesi): I diocesi: Hispania (7 province)(= XII Hispaniae [Tarraco]): Mauretania Tingitana; Baetica; Lusitania; Carthaginiensis; Gallaecia; Tarraconensis; Insulae Balearum. II diocesi: Septem provinciae (q province) (=XI Viennesis [Vienna] e X Galliarum [Treviri]): Narbonensis l; Novempopulana; Aquitania I; Aquitania Il; Viennesis; Narbonensis Il; Alpes Maritimae; Lugdunensis l; Lugdunensis Senonia; Lugdunensis Il; Lugdunensis III; Maxima Sequanorum; Belgica l; Belgica Il; Germania l; Germania II; Alpes Poeninae et Graiae. III diocesi: Britanniae (5 province) (=IX Britanniae [Eburacum]): Britannia l; Britannia Il; Valeria; Flavia Caesariensis; Maxima Caesariensis. PREFETTURA DELL'ITALIA (3 diocesi): IV diocesi: Urbs Roma [Italia suburbicaria] (Io province)(= Italia urbicaria della VII Italiciana [Mediolanum], con eccezioni): Tuscia Suburbicaria (parte meridionale di Tuscia et Umbria); Picenum Suburbicarium (Ausculum); Valeria (Reate); Samnium (Bovianum); Campania (Capua); Apulia et Calabria (Canusium); Bruttii et Lucania (Salernum); Sicilia (Syracusae); Sardinia (Caralis); Corsica (Aleria). V diocesi: Italia (15 province)(= Italia annonaria della VII ltaliciana [Mediolanum], con eccezioni, e VI Pannoniae [Sirmium]): Alpes Cottiae (Segusio); · Raetia I (Curia Rhaetorum); Raetia II (Augusta Vindelicum); Venetia et Histria (Aquileia); Flaminia et Picenum Annonarium (Ravenna); Aemilia (Placentia); Liguria (Mediolanum); Tuscia Annonaria (parte settentrionale di Tuscia et Umbria [Florentia]); Noricum Ripense; Noricum Mediterraneum; Pannonia l; Valeria; Pannonia Il; Savia; Dalmatia. VI diocesi: Africa (6 province)(= VIII Africa [Carthago]): Africa; Byzacium; Tripolitania; Numidia; Mauretania Caesariensis; Mauretania Sitifensis. PREFETIURA DELL'ILLIRICO (2 diocesi): VII diocesi: Dada (5 province) ( = parte settentrionale della V Moesiae [Thessalonica]): Praevalitana; Dardania; Moesia l; Dacia Ripensis; Dacia Mediterranea. VIII diocesi: Macedonia (6 province) ( = parte meridionale della V Moesiae [Thessalonica]): Macedonia; Epirus Nova; Epirus Vetus; Thessalia; Achaia; Creta. PREFETIURA DELL'ORIENTE (5 diocesi): IX diocesi: Oriens (15 province) ( = parte orientale della I Oriens [Antiochia]): Isauria; Cilicia; Cilicia Il; Syria; Syria Salutaris; Euphratensis; Osrhoene; Mesopotamia; Phoenice; Phoenice Libanensis; Arabia; Palaestina l; Palaestina Il; Palaestina Salutaris; Cyprus.
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X diocesi: Aegyptus (6 province) (= parte occidentale della I Oriens [Antiochia]): Aegyptus; Augustamnica; Arcadia; Thebais; Libya lnferior; Lybia Superior. XI diocesi: Asiana (n province)(= ill Asiana [Ephesus]): Asia; Hellespontus; lnsulae; Lydia; Caria; Phrygia Pacatiana; Phrygia Salutaris; Pamphylia; Lycia; Pisidia; Lycaonia. XII diocesi: Pontica (n province) (=n Pontica [Nicomedia]): Bithynia; Paphlagonia; Honorias; Galatia; Galatia Salutaris; Helenopontus; Pontus Polemoniacus; Cappadocia I; Cappadocia n; Armenia I; Armenia n. XIII diocesi: Thracia (6 province)(= IVThraciae [Heradea/Perinthus]): Moesia n; Scythia; Thracia; Rhodope; Haemimontus; Europa. LA DINASTIA TEODOSIANA IN OCCIDENTE.
Su Onorio, che ha solo undici anni, vigila il magister utriusque militiae Stilicone, che aveva sposato Serena, nipote e figlia adottiva di Teodosio. Contrasti col prefetto del pretorio di Arcadio, Rufmo, soprattutto per l'assegnazione all'Oriente delle due diocesi di Macedonia e di Dacia. Invasioni di Unni in Tracia e in Asia Minore, e di Marcomanni in Pannonia. D re goto Alarico, alleato di Teodosio nella battaglia del Frigido, devasta la Tracia e si attenda sotto Costantinopoli. Stilicone caccia dalla Pannonia e dalla Dalmazia gli invasori e muove contro Alarico. Arcadio intima a Stilicone di restituire l'esercito. Stilicone ubbidisce. Le truppe orientali, alloro arrivo a Costantinopoli (27 novembre), eliminano Rufino, l'ispiratore della politica arcadiana. La politica di Costantinopoli passa adesso in mano a Eutropio. Consolato comune di Arcadio e Onorio. Onorio rinuncia alle due diocesi illiriche di Dacia e di Macedonia. Intervento, non gradito dalla corte di Costantinopoli, di Stilicone contro i Visigoti di Alari co in territori di competenza di Arcaclio (Elide). Eutropio fa proclamare Stilicone hostis publicus e fa nominare Alarico magister militum per I'Dlirico. 397 Gildone, che nonostante tutto è ancora magister militum dell'Africa, su istigazione di Eutropio taglia i rifornimenti di grano africano a Roma e all'Italia, trasferendo la diocesi d'Africa sotto il potere di Arcadio. Nell'inverno 397-98 Stilicone invia un corpo di spedizione in Africa al comando del fratello di Gildone, Mascezel. La supremazia di Ono rio sull'Africa è ristabilita. Muore il vescovo di Milano, Ambrogio. Onorio sposa la figlia di Stilicone e Serena, Maria. Stilieone riorganizza gli eserciti, riducendo il potere dei comandanti militari, e i sistemi di difesa. Politica tollerante e di collaborazione con le grandi famiglie aristocratiche. Eutropio riporta delle vittorie contro gli Unni. Arcadio lo eleva al rango di patrizio e lo designa al consolato per il 399· 399 Eutropio perde il favore di Eudossia (figlia del franco Bautone e moglie di Arcadio). Tribigildo, capo dei Goti stanziati in Frigia, si ribella e sconfigge l'esercito imperiale, a capo del quale Eutropio non aveva posto il migliore generale a disposizione, il goto Gaina. Quest'ultimo occupa Costantinopoli e si fa nominare da Arcaclio magister utn'usque militiae. Eutropio viene destituito. Consolato di Stilicone. A Costantinopoli il partito antibarbarico, guidato dal prefetto del pretorio Aureliano, prende di nuovo il soprawento. Eudossia di
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viene Augusta. n generale Fravitta sconfigge i Goti di Gaina che cercano di varcare l'Ellesponto. Nell'inverno 400-401 Gaina, che è fuggito verso le zone danubiane, resta ucciso in uno scontro con bande di Unni. 401 n figlio di Arcadio e Eudossia, Teodosio (ll), nato da pochi mesi, viene fatto Augusto. Alarico, privato da Aureliano del tributo pattuito, muove verso l'Italia, dove entra nel novembre. Aquileia viene conquistata. La corte. sta per lasciare Milano per Areiate (la nuova sede della prefettura gallica), ma ne è dissuasa da Stilicone, che raccoglie forze militari di vario genere e di varia provenienza in Rezia. Contrasti alla corte costantinopolitana tra il vescovo GiovaMi Crisostomo e l'imperatrice Eudossia. Nel febbraio Stilicone libera Milano dall'assedio dei Visigoti e il6 aprile (giorno di Pasqua) li sconfigge a Pollenzo. Una parte dei Visigoti passa al servizio dei Romani, l'altra, guidata ancora da Alarico, si ferma a Verona, dove sono nuovamente sconfitti da Stilicone (estate). La corte viene trasferita da Milano a Ravenna, che diviene cosi la nuova capitale della parte occidentale dell'Impero. Muore Quinto Aurelio Simmaco (era nato intorno al345). Soggiorno a Roma di Onorio e Stilicone (fino al404). Sinodo «della quercia»: Cirillo contro Giovanni Crisostomo. Giovanni Crisostomo è cacciato da Costantinopoli. Nei disordini viene incendiata la chiesa di Santa Sofia. Nell'ottobre muore Eudossia. n nuovo prefetto del pretorio, Antemio, che è a capo del partito antibarbarico, perseguita i giovanniti. Stilicone vuole affermare la superiorità politica della parte occidentale su quella orientale dell'Impero mirando a recuperare le diocesi dell'lllirico. papa di Roma ha pretese simili (primato apostolico sull'lllirico in quanto il vescovo di Tessalonica dipendeva da Roma). Muore intorno a questa data Claudio Claudiano (era nato ad Alessandria d'Egitto intorno al370). vescovo di Roma invia a Costantinopoli un'ambasceria (sostenuta da una lettera di Onorio) per chiedere un concilio sul problema di Giovanni Crisostomo. L'ambasceria pontificia è maltrattata e le richieste sono respinte. Nuove invasioni in Occidente: il capo ostrogoto Radagaiso, alla guida di un'orda composta da Ostrogoti, Alani, Vandali e Alamanni, devasta la Rezia e il Norico, e successivamente penetra in Italia (inverno 40,·406). Stilicone ferma a Pavia l'avanzata dei barbari verso occidente. I contingenti barbarici che, al comando di Radagaiso, puntano verso Roma sono annientati da Stilicone a Fiesole. Stilicone reclama apertamente le diocesi illiriche e si prepara a portare guerra contro l'Oriente. Usurpatori in Britannia: Marco, Graziano e Costantino (Costantino m [Flavio Claudio Costantino], usurpatore: 'f.06/407 • 4II) • . Viene sempre piu malvista la politica filobarbarica di Stilicone, che nomina Alarico magister militum per l'lllirico. Nuova orda barbarica (anche questa spinta dagli Unni) varca il Reno (31 dicembre 4o6) e invade la Gallia. L'Augusto Costantino (usurpatore) dalla Britannia passa in Gallia e fa deviare i barbari verso l'Aquitania. Viene sospesa la guerra contro l'Oriente. Muore in esilio Giovanni Crisostomo. Leggi antipagane di Stilicone. Alla fine dell'anno Co· stantino (ill) s'insedia ad Areiate come Augusto e nomina Cesare il figlio Co· stante. Onorio sposa la seconda figlia di Stilicone e Serena, Termanzia. Costantino (lll) occupa anche la Spagna. Alarico, che si è trattenuto nel Norico, minaccia di invadere di nuovo l'Italia. Arcadio muore (I 0 maggio), Onorio diviene primo
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Augusto e tutore di Teodosio TI (Flavio Teodosio, imperatore d'Oriente dal 408 al450). Per gli intrighi di Olimpio, un consigliere greco di Onorio, scoppia a Pavia un ammutinamento dei reparti «romani» esclusi dai ranghi dagli ausiliari barbari. Onorio abbandona Stilicone: i suoi collaboratori sono massacrati; egli stesso è ucciso a Ravenna, per ordine di Onorio (22 agosto). La reazione antibarbarica (guidata dal prefetto del pretorio Teodoro e dal magister officiorum Olimpio) infierisce crudelmente contro i familiari di Stilicone e contro i suoi reparti. Alarico chiede il rinnovo dell'alleanza, ma Olimpio non glielo concede. Alarico invade l'Italia e alla fine dell'anno pone l'assedio a Roma. Trattative tra Alarico, che si ritira in Etruria, e il Senato: la corte di Ravenna respinge le proposte del capo visigoto. Olimpjo, che non è riuscito a impedire che alle forze di Alarico si unissero quelle del cognato Ataulfo, fugge in Dalmazia. Ha termine la politica antibarbarica. La direzione degli affari dello Stato è affidata a Giovio, un protetto di Stilicone nominato prefetto del pretorio, mentre il comando dell'esercito è dato al barbaro Allobich. Riprendono le trattative con Alarico, ma senza esito. Alarico assedia di nuovo Roma. li Senato proclama imperatore l'usurpatore imposto da Alarico, il prefetto della città Attalo (senatore di origine greca e pagano). Alari co toglie ancora una volta l'assedio da Roma. nuovo imperatore è battezzato da un vescovo goto e ariano; l'esercito goto diviene esercito romano (Alarico magister utriusque militiae, Ataulfo comes domesticorum). Onorio riconosce Attalo (Prisco Attalo), ma Attalo cerca di sbarazzarsene, aiutato dal tradimento di Giovio e di Allobich, assediandolo a Ravenna. L'Oriente e Costantino (III) promettono aiuti. Usurpazione di Massimo a T arragona. Costantino non può andare in aiuto di Onorio. Attalo in difficoltà: non giunge a Roma il grano africano, intercettato per conto di Onorio dal comes Eracliano. Arrivano a Onorio rinforzi dall'Oriente. Viene tolto l'assedio di Ravenna. Attalo torna a Roma affamata. Razzie di Alarico in Valle Padana. Arrivo dalla Spagna di Costantino (ID) (metà anno), il quale però torna in Gallia dopo poco. Alarico destituisce Attalo e intavola trattative con Onorio. Attacco a tradimento dei reparti goti di Onorio comandati da Saro. Per la terza volta Alarico assedia Roma, che capitola per fame il 24 agosto. La città è saccheggiata per tre giorni. La fame spinge Alarico verso l'Italia meridionale, dove compie razzie in Campania, Apulia e Bruzio, e da dove intenderebbe passare in Africa: ma muore, a Cosenza. Nasce Frodo, scolarca dell'Accademia di Atene (morirà nel 48,). nnuovo magister utriusque militiae è Flavio Costanzo. L'usurpatore Massimo e il suo generale Geronzio sconfiggono in Gallia (Vienna) Costante II e assediano in Arles Costantino (ID). Sopraggiunge però Costanzo (ID). Geronzio si uccide, Massimo si rifugia tra i barbari insediatisi in Spagna. Costanzo elimina Costantino ID. Usurpazione a Magonza di Giovino, sostenuto dai barbari federati. Costanzo per il momento non lo attacca. Cirillo è nominato vescovo di Alessandria, da dove vengono cacciati gli ebrei. Vengono prese d'assalto le sinagoghe: si oppone il prefetto di Egitto, Oreste. Ataulfo giunge in Gallia alla guida dei Visigoti di Alarico, portando con sé, come ostaggio, Galla Placidia, sorella di Onorio. Ataulfo elimina l'usurpatore Giovino, ottenendo in cambio terre in Aquitania e un tributo di grano africano. Rivolta in Africa di Eracliano (sostenuto dai donatisti), che nega il grano ad Ataulfo. Eracliano porta la guerra in Italia, ma è
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Baroni Cronologia della storia romana dal235 al476 sconfitto a Otricoli, sulla via di Ravenna (estate). Ataulfo occupa Narbona. Nella sua sede vescovile di Hippo Regius (Annaba), nella provincia di Africa Proconsularis, Agostino inizia a scrivere il De civitate Dei. Ataulfo sposa, a Narbona, Galla Placidia, che diviene regina dei Visigoti. Delusione di Flavio Costanzo, che attacca Ataulfo. Nell'inverno 414-15 i Visigoti ripiegano in Spagna. Prefettura urbana di Rutilio Namaziano. Ad Alessandria la filosofa neoplatonica Ipazia viene massacrata dalla folla aizzata dal vescovo della città. Muoiono il figlio nato da poco di Ataulfo e Placidia, Teodosio, e lo stesso Ataulfo (agosto, a Barcellona). Energica azione di Flavio Costanzo contro i barbari. Per i successi riportati, Costanzo è nominato patrizio. Flavio Costanzo conclude un foedus con Vallia, nuovo re dei Visigoti. Galla Placidia può tornare dal padre. Onorio celebra a Roma il trionfo per la pace recuperata. Flavio Costanzo sposa Galla Placidia (1° gennaio). Vallia combatte in Spagna, come federato, contro Alani e Vandali Silingi, ripottando grandi vittorie (416418).ln Gallia viene di nuovo sottomessa l'Armorica. I Visigoti di Vallia tornano in Gallia e si insediano definitivamente in Aquitania. Lotte in Spagna tra Suebi, ora federati dei Romani, e Vandali. T eodorico I succede a Vallia.
I Suebi, sconfitti in Spagna, sono salvati dal comes Asterio, che sconfigge il re dei Vandali, Gonderico, e Massimo (l'usurpatore del409- n). I Vandali si insediano nella Betica e i Suebi nella Galizia. Nasce Valentiniano (ill), secondo figlio di Flavio Costanzo e di Galla Placidia (in precedenza era nata Giusta Grata Onoria). A Bedemme muore Girolamo (era nato a Stridone, in Dalmazia, intomo al 347). 421 COSTANZO m (FLAVIO COSTANZO). 421 Flavio Costanzo diviene Augusto (8 febbraio) e quindi coreggente dello stesso Ono rio; Galla Placidia diviene Augusta e Valentiniano (ill) riceve il titolo di nobilissimus. Rottura delle relazioni con l'Oriente. Morte di Flavio Costanzo (2 settembre). Inizia un periodo di «anarchia» alla corte di Ravenna.
nmagister militum Castino, non sostenuto dal comes d'Africa Bonifacio e tradito dai Visigoti, forse per istigazione di Placidia, è sconfitto in Spagna dai Vandali,· che avanzano verso il Sud della penisola iberica. Lotte a Ravenna tra i partigiani di Onorio e quelli di Placidia. 423 Galla Placidia è confinata a Roma, ma dopo poco riesce a fuggire, con i figli, a Costantinopoli. Muore Onorio. L'imperatore d'Oriente, Teodosio ll, decide di riportare Placidia e i figli a Ravenna. Viene proclamato Augusto a Roma (dicembre) il primicerius notariorum di Onorio, Giovanni (usurpatore dal 42 3 al 425), sostenuto anche dal magister militum Castino, mentre il comes d'Africa Bonifacio sostiene le ragioni di Placidia. 424 Ezio, un giovane funzionario di corte, romano originario della Mesia, viene inviato a reclutare mercenari unni (presso gli Unni era vissuto come ostaggio). 425 Giovanni viene sconfitto a Ravenna da un esercito inviato da Teodosio II (pri· ma dell'arrivo dell'esercito di Ezio). Fatto prigioniero, è condotto a Ravenna, dove viene fatto uccidere da Placidia. Viene acclamato Augusto il seienne Va-
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lentiniano (ill), che è incoronato a Roma con le insegne imperiali inviate dal cugino Teodosio ll (23 ottobre). Reggenza di Galla Placidia.
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VALENTINIANO lli (FLAVIO PLACIDO VALENTINIANO).
TI nuovo magister utriusque militiae è Flavio Felice, che viene preferito da Piacidia a Bonifacio, che aveva sposato un'ariana. Ezio, magister militum alla prefettura della Gallia, sconfigge i Visigoti che cercavano di uscire dai territori loro assegnati. Flavio Felice caccia gli Unni dalle terre loro concesse in Pannonia da Ezio eriporta il confine dell'Impero al Danubio. In Africa, Bonifacio si crea un potere personale appoggiandosi ai suoi soldati privati e ai donatisti. Un esercito inviatogli contro da Placidia e Felice viene sconfitto. Altre forze, al comando dd comes Sigisvulto, vengono inviate in Africa contro Bonifacio, che a sua volta chiama in Africa i Vandali. Vittoria di Ezio sui Franchi Ripuari: riceve anche lui il titolo di magister utriusque militiae, e di magister equitum praesentalis. Sotto la guida di Genserico i Vandali passano dalla Spagna all'Africa, occupando la Mauretania e la Numidia. Felice è nominato patrizio. I Vandali assediano lppòna (Hippb Regius): durante l'assedio muore il vescovo della città, Agostino (28 agosto; era nato nd 3H a Tagaste [Souq Ahras], nella provincia di Numidia). In Africa la situazione si capovolge: i Vandali sono accolti come liberatori dai donatisti e dai coloni. Anche Bonifacio, che si è riconciliato con la corte di Ravenna, è assediato a Ippona (primavera 430 -estate 431). All'Italia viene a mancare il grano della Proconsolare e della Bizacena. Flavio Felice è fatto uccidere a Ravenna da Ezio (maggio). In Africa opera un esercito inviato da Costantinopoli al comando di Aspar, che riesce a liberare Ippona. Concilio ecumenico di Efeso. Ezio, trattenuto in Europa da rivolte barbariche, sconfigge in Gallia i Françhi. In Africa, Aspar è sconfitto in una battaglia campale: tutta l'Africa è perduta, tranne Cartagine e Cina. Placidia attribuisce il comando militare a Bonifacio, che viene nominato patrizio. Ezio rientra in Italia ed è sconfitto a Rimini da Bonifacio, che però muore poco dopo per una ferita riportata nella battaglia. Ezio cerca rifugio tra gli Unni, ai quali concede di nuovo le terre in Pannonia. Piacidia nomina Sebastiano al posto di Bonifacio. Ezio scende di nuovo in Italia, caccia Sebastiano, viene nominato di nuovo comandante supremo (magister utriusque militiae) e patrizio: inizia a esercitare una supremazia incontrastata sull'Occidente. I Burgundi di Gunther, gli Alani e i Franchi Ripuari si sollevano e occupano la Belgica l. Ripresa dd ribellissimo dei Bagaudi nelle campagne in Spagna e in Gallia. Ezio raggiunge un accordo con Genserico, al quale è concesso di occupare, come federato, la Numidia con parte della Mauretania e della Proconsolare. I Burgundi sono sconfitti dagli Unni di Attila (muore in battaglia il re Gunther). Valentiniano m sposa a Costantinopoli Licinia Eudossia, figlia di Teodosio II e di Eudocia. I Bagaudi sono sconfitti ed è repressa una rivolta in Armorica con essi collegata. .
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Pubblicazione del Codex Theodosianus (febbraio; entrata in vigore I 0 gennaio 439). Tra il438 e il441 i Suebi occupano la Betica e la Lusitania. Nasce Eudocia, prima figlia di Valentiniano ill e Licinia Eudossia, che è fatta Augusta. Genserico occupa Cartagine e la Proconsolare. n magister militum Galliarum, Litorio, è sconfitto a Tolosa dai Visigoti. Ezio riconosce ai Visigoti i territori da loro acquisiti in Aquitania come regno indipendente, nell'ambito dell'Impero romano, con capitale Tolosa. Genserico compie uno sbarco in Sicilia, ma non riesce a passare in Calabria; fa perciò ritorno in Africa. Ezio installa, come federati, gruppi di Alani in Gallia, nella Viennense. Viene eletto papa Leone I (Magno). Arriva in Sicilia l'esercito inviato da Costantinopoli, ma non passa in Africa. Accordo con Genserico, che s'impegna a restituire la Numidia e la Mauretania in cambio di un riconoscimento pieno della Proconsolare e della Bizacena. Politica an ti romana e anticattolica di Genserico. La Britannia è occupata da Angli e Sassoni: i Romani evacuano completamente l'isola. Gruppi di Alani sono insediati nella valle della Loira, intorno ad Aureliani (Orléans). Molti Britanni, premuti dai Sassoni, lasciano la Britannia e occupano l' Armorica (odierna Bretagna). Ai Burgundi sopravvissuti al disastro del4 36 Ezio assegna la Sabaudia (Savoia). Vittoria del magister militum Merobaude su Bagaudi di Spagna. Intorno a questa data Ezio sconfigge in battaglia i Franchi Ripuari e i Franchi Salii. Iniziano a raffreddarsi dopo decenni i rapporti tra Ezio e Attila, che esigeva di sposare la sorella di Valentiniano m, Giusta Grata Onoria, che gli si era promessa. I Suebi, sotto la guida del nuovo re Rechiar, devastano la Tarraconense. Muore l'imperatore d'Oriente, Teodosio n, favorevole al matrimonio tra Attila e Onoria. TI nuovo imperatore, Marciano (Flavio Marciano, imperatore d'Oriente dal450 al457), in accordo con Ezio, si oppone. Muore anche Galla Piacidia, a Roma. Carestia in Italia (inverno 450-51). Attila dilaga in Gallia e assedia Orléans. I Visigoti si uniscono a Ezio contro gli Unni. Orléans è salva, ed Ezio sconfigge Attila nella battaglia dei Campi Cata· launici (in essa muore re Teodorico 1). Concilio ecumenico di Calcedonia. Attila scende di nuovo in Italia, distrugge Aquileia e saccheggia la Valle Pada· na. Valentiniano m invia da Roma un'ambasceria capeggiata da papa Leone I, che incontra Attila sul Mincio e lo convince a tornare al di là delle Alpi. n DUO· vo re dei Visigoti, Torrismondo, cerca di estendere il proprio dominio ai danni degli Alani di Orléans. Attila, dopo aver sposato la germanica lldico, muore: il suo Impero si sfascia. Re Torrismondo è sostituito dal filoromano Teodorico n, che stringe un/oedus regolare con l'imperatore. Quarto consolato di Ezio. Teodorico n combatte in Spagna per l'Impero: sconfigge i Bagaudi e ottiene la restituzione della provincia Cartaginese (Valen· eia e Murcia) da parte del re dei Suebi Rechiar. Ezio è ucciso a Roma, nel palaz· zo imperiale sul Palatino (settembre). valentiniano m, con il quale si estingue la linea maschile dei discendenti di
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T eodosio, è ucciso da due ufficiali barbari fedeli a Ezio (x6 marzo). Viene acclamato imperatore il ricco senatore Petronio Massimo, capo dell'opposizione a Valentiniano perché non nominato patrizio al posto di Ezio.
455-76 LA FINE DELL'IMPERO D'OCCIDENTE.
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PETRONIO MASSIMO.
I V andali di Genserico sbarcano a Ostia (maggio). Petronio Massimo è lapidato dalla folla romana mentre fugge. Genserico entra in Roma (% giugno). n saccheggio dura quindici giorni. Al termine Genserico torna in Mrica, portando con sé ricchezze, opere d'arte e prigionieri, tra i quali l'imperatrice Eudossia e le sue figlie (Eudocia e Placidia). Ad Arles viene salutato imperatore un nobile arverno, l'ex prefetto dd pretorio per la Gallia Avito (9luglio). n Senato lo riconosce.
4,·56 AVITO (FLAVIO EPARCHIO AVITO). Avito, intenzionato a combattere i V andali, scende in Italia e fa il suo ingresso a Roma. Richiesta di aiuti all'imperatore Marciano in ~sta della spedizione in Mrica. Marciano glieli nega e stanzia come federati in Pannonia, dove Avito vorrebbe intromettersi, consistenti gruppi di Ostrogoti. L'esercito di Avito è affidato a Ricimero, figlio di un Suebo e della figlia del re visigoto Vallia, che sconfigge i Vandali di Genserico in Sicilia (Agrigento) e in una battaglia navale allargo della Corsica. Ricimero organizza l'opposizione ad Avito, il cui magister militum Remisto è sconfitto a Ravenna. Anche Avito, sceso in Italia dalla Gallia, è vinto da Ricimero a Piacenza, città della quale è fatto vescovo (estate). In Gallia Teodorico II «autorizza» l'allargamento dei territori occupati dai Burgundi fino a Besançon e Lione. In Dalmazia acquista una posizione di preminenza il comes Marcdlino.ln Italia l'esercito acclama imperatore il magister militum Maggioriano, che però non accetta: il potere passa all'imperatore d'Oriente, Marciano.
457 Morte di Marciano. Gli succede Leone I (Flavio Novo, Leone, imperatore d'Oriente dal457 al474). Leone nomina Ricimero patrizio e Maggioriano magister militum, ma non invia aiuti per la guerra contro i Vandali. Maggioriano torna sulle sue decisioni, considera valida l'acclamazione imperiale e, con l'appoggio del Senato, si proclama imperatore d'Occidente. 457-61 MAGGIORIANO (GIULIO VALERlO MAGGIORIANO). 46o Maggioriano si reca in Spagna per guidare la flotta, raccolta a Cartagena, contro i V andali in Mrica. La flotta è sorpresa e affondata dai Vandali: Maggioriano riconosce a Genserico il possesso di Africa, Sicilia, Sardegna, Corsica e Baleari. Al suo ritorno in Italia, Maggioriano è catturato nei pressi di Tortona e fatto assassinare vicino a Voghera da Ricimero (agosto), che, forte del grande numero dei suoi buccellarii, nomina l'imperatore fantoccio Libio Severo. Muore papa Leone Magno. 461-65 LIBIO SEVERO. Contro Severo si sollevano Marcellino, che si trovava ancora in Sicilia, ed Egidio. Marcellino lascia la Sicilia, che viene saccheggiata da Genserico, e fa ritorno in Dalmazia. 462 Razzie di Genserico sulle coste dell'Italia.
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463 Egidio, con i suoi Franchi Salii, sconfigge a Orléans i Visigoti, amici di Ricimero. 464 Morte di Egidio. Ricimero sconfigge presso Bergamo gli Alani. Libio Severo viene fatto avvdenare da Ricimero. Finisce a Costantinopoli l'influenza di Aspar. Muore Teodorico Il, al quale succede Eurico, meno ben disposto verso Ricimero e l'Impero. Leone I invia in Occidente Antemio come Cesare e Marcellino, adesso magister utriusque militiae e patrizio, a capo di una grande flotta per la guerra contro i Vandali. Antemio è salutato Augusto nei pressi di Roma (12 aprile). Ricimero sposa Alipia, figlia di Antemio ed Eufemia (figlia dell'imperatore Marciano). 467-72 ANTEMIO (PROCOPIO ANTEMIO). Antemio è riconosciuto in Gallia. Alleanza tra l'Armorica e l'Impero. Marcellino riconquista la Sardegna. Un esercito inviato via terra da Costantinopoli rioccupa la Tripolitania. D grosso dell'esercito sbarca a Capo Bon e va incontro a un disastro per l'inettitudine di Basilisco, cognato dell'imperatore Leone, che lo comandava. Marcellino assume in Sicilia il comando dei superstiti, ma viene ucciso per istigazione di Ricimero (agosto). I Vandali rioccupano quanto possedevano e la Sicilia. I Visigoti passano alla guerra aperta con l'Impero. Eurico sconfigge gli Armoricani, alleati dei Romani, ma è battuto dai Franchi Salii di Paolo, il successore di Egidio. Paolo muore nella difesa di Angers contro i Sassoni. Eurico si espande verso la Provenza. 471 Eurico sconfigge sul Rodano un esercito inviato dall'Italia a difesa della prefettura gallica: nella battaglia cade il figlio dell'imperatore, Antemiolo. L'espansione dei Visigoti è fermata dai Burgundi, che costringono Eurico a ritirarsi dalla valle dd Rodano.lni2ia la resistenza di Arvemia (Clermont), sotto la guida di Sidonio Apollinare, divenuto vescovo della città, e di Ecdicio. 472 Antemio, sostenuto dagli Ostrogoti di Pannonia, e contro il quale si sono mossi i Burgundi, a sostegno di Ricimero, è assediato in Roma. Ricimero gli oppone Olibrio, marito di Placidia e candidato di Genserico, inviato da Leone L Dopo due mesi di assedio, Roma è presa e saccheggiata dalle forze di Olibrio e di Ricimero (giugno). Antemio viene ucciso. 472
OLIBRIO (ANICIO OLIBRIO).
N d giro di pochi mesi muoiono Ricimero (19 agosto) e Olibrio (2 novembre), che aveva nominato patrizio, al posto di Ricimero, il nipote Gundebado, figlio dd re burgundo Gundioco. Vacanza dd trono nell'inverno 472-73. 473 In Spagna il dominio visigotico si estende a tutta la penisola iberica, ad eccezione ddla Galleria e di parte ddla Lusitania, occupate dai Suebi. A Ravenna Gundebado fa proclamare imperatore il comes domesticorum Glicerio (marzo).
473-74
GLICEJQO.
Glicerio induce Vidimero a condurre i suoi Ostrogoti in Gallia, dove si fonderanno coi Visigoti.
Baroni Cronologia della storia romana dal23' al476
104'
474 A Costantinopoli l'isaurico Zenone (Flavio Zenone l'Isaurico, imperatore d'Oriente dal474 al491) succede a Leone l La corte orientale non riconosce Gli cerio e nomina imperatore Giulio Nepote, nipote di Marcellino e magister militum della Dalmazia. Giulio Nepote giunge in Italia ed è incoronato imperatore a Roma da un inviato di Zenone (giugno). 474-7.5
GIULIO NEPOTE.
Glicerio si ritira (sarà vescovo di Salona, in Dalmazia). Zenone sottoscrive la pace con i Vandali. Genserico morirà nel477; Eudocia, che aveva sposato il figlio di Genserico, Unerico, riuscirà a fuggire a Costantinopoli nel478 (successivamente si ritirerà a Gerusalemme). L'autorità effettiva di Giulio Nepote si limita all'Italia (senza le isole), alla Dalmazia e a piccole parti della Provenza e della Rezia. 47.5
npatrizio Oreste, romano di Pannonia, si rivolta contro GiUlio Nepote, che è
costretto a imbarcarsi a Ravenna per Salona. Oreste fa proclamare Augusto il figlio tredicenne Romolo (che ebbe poi il nomignolo di Augustolo, «piccolo Augusto»), conservando per sé il titolo di patrizio. 475-76 ROMOLO [AUGUSTOLO) (RONOLO ÀUGUSTO). Oreste conclude uri trattato con Genserico. 476 Le truppe mercenarie accampate tra Milano e Pavia (Eruli, Rugi, Sciri e Turcilingi) reclamano terre in Italia, a titolo di hospitalitas. Oreste rifiuta. Rivolta dei mercenari, con a capo lo sciro Odoacre, proclamato loro re (23 agosto). Oreste si chiude in Pavia, che viene espugnata, saccheggiata e messa a fuoco. Oreste viene catturato e ucciso a Piacenza. Anche il fratello Paolo viene preso e ucciso a Ravenna. npiccolo Romolo viene deposto e relegato, con una rendita di 6ooo solidi d'oro, in una villa, un tempo di Lucullo, sul golfo di Baia. Le insegne tolte all'Augusto deposto sono inviate a Costantinopoli.
Indici
Personaggi e altri nomi antichi
Ababa, madre di Massimino Trace, 156. Abinnaeus, comandante di cavalleria, 132, 139141, 145, 149, 513. Abraha, re dell'Arabia Felice, 516 e n, 517 n. Abratoeis, viceré etiope, 45a. Abundanzio, magister militum, 572 n, 576. Acacie, patriarca di Costantinopoli, 982. Acacie, vescovo di Cesarea di Palestina, a51, 1030. Achille, 361 e n, 676. Acilii Glabriones, famiglia, 164. Acilio Aviola, Manie, 164. Adriano, imperatore, 7, u e n, 13-15, 17 e n, 23, za-34o41•43o54o6a,7a,9I,209o359o370,437o 725 n. Afrodite, 930. Agab, sovrano etiope, 457 n. Agatarchide, 445· Agazia di Myrina (o Agazia Scolastico), 136, 355· Agilone, generale germanico, 553· Agorio Pretestato, proconsole di Acaia, 560. Agostino Aurelio, santo, 51, 326, 364, 414 n, 452, 462, 492 n, 595, 620, 621, 63a, 679, 692 e n, 694,695o704,7I8,793,8II,8I6,830,831,835, a,, 857-65, 868, 871, 873, 874, 956, 965, 967, 987 n, 993, 997 e n, IOOI e n, 1009, 1036-38, 1040. Agrippa, Marco Vipsanio, 353 e n, 445 e n. Aignan, vescovo di Orléans, 869. Aksumiti, dinastia, 457, 492. Alarico, re dei Visigoti, 363, 377, 401, 4o6 e n, 418, 435, 487, 572, 574-86, 6o9, 669, 675-79, 682,688·90o7I3,862,867,932,953,993o1010, IOI2, 1037·40. Alateo, capo degli Ostrogoti, 1034. Alavivo, capo dei Visigoti, 561, 562. Alessandro, monaco, fondatore del convento degli Akoimetoi, 98o. Alessandro, vescovo di Alessandria, 1028, 1029. Alessandro, vescovo di Bisanzio, 734 n. Alessandro Magno, re di Macedonia, 6, IO e n, n, 354, 356, 358, 362, 374> 444 e n, 446 n, 454 n, 4,, 469, 470, 476, 479, 493, 903, 910. ·
m
Alessio, santo, 988. Alipia, figlia di Antemio e Eufemia, moglie di Ricimero, 1044. Alletto, usurpatore in Britannia, n4, u 5, 203, 1025. Allobico, comes domesticorum, 583, 584, 1039. Amazio, vescovo, 406 n. Ambrogio, santo, 335, 364, 407, 434, 482 n, 53843, 546, 568, 677 n, 686, 688, 718, 816, 834, 839,848,851,855,858,874.888,889,898,9o3, 961, 965, 967, 974, 1032-35, 1037• Ammiano Marcellino, u9, 145, 148, 153, 167, 296, 340, 353, 357, 369, 370, 375, 380, 389, 390, 392, 395, 398-402, 405, 4o6, 410, 4II e n, 441, 474, 475• 477 n, 478 e n, 488, 496, 509, 529,530r534,535o552,559o570,571,593o614, 615 n, 623, 626, 627, 635, 640-42, 694, 782, a,, 1001 n, 1035· Ammonio Sacca, 544· Anassimandro di Mileto, 443· Anastasio I, imperatore d'Oriente, 421, 474,513, 794,798,799• 801,9a2, 1010,1014. Andragazio, magister equitum di Magno Massimo, 1034. Anfilochio di !conio, 9a5. Anicia, gens, "'' 6o1, 868, 967Anicius Acilius Aginatius Faustus, 6a6, 6a7. Annibaliano, fratellastro di Costantino I, IOl9Annibiliano II, «re dei re delle genti pontiche», 1029. Annio Floriano, Marco, prefetto del pretorio, vedi Floriano, imperatore. Annone di Cartagine, 449· Antemio, reggente e tutore di Teodosio II, 591, 1038. Antemio Procopio, imperatore d'Occidente, 365, 6o8, 6Q9, 686, 1044. Antemiolò, figlio del precedente, 6o8, 1044. Antioco, re di Palmira, 190. Antistio Labeone, Marco, 42 n. Antonini, dinastia, 72 n, n. 76, 87, 89, 92, no, 499. 1002. Antonino, vescovo di Fussala, Su.
xo,o
Personaggi e altri nomi antichi
Antonino Pio, imperatore, 7, 14 e n, 20, li n, 24, 30 n, 32 n, 36, 4I, 52, I.'J9, 209, 476 e n, 908. Antonio, anacoreta, santo, H7o 85S, 877, 882, . 883. Antonio, Marco, 3I, 356, 72S, 913. Antonio, Semproniano Gordiano Marco, vedi Gordiano l, imperatore. Anullino, proconsole d'Africa, 244· Apicio, Marco Gavio, 4S8. Apione, vescovo di Sine ed Elefantina, 46o n. Apollinare di Laodicea, 7I7. Apollo, 214, 223, 230, 232, 904, 1)06, 912-14. 921. Apollonia, figlio di Apollonia, 14. Apollonia di Afrodisia, 731 n. Apollonia di Tiana, 241, 361 e n, 463, 481, 482, 892Appiano, 68 e n. Appio Suetrio Sabino, Gaio Ottavio, Apro, Arrio, prefetto del pretorio, 195. 1023. Apuleio, di Madaura, 930. Aquila, 857, 97S. Aradio Rufino, prefetto dell'Urbe, 843. Aradio Valerio Proculo, Lucio, governatore della Sicilia, S4o n. Arbogaste il Franco, magister militum, usurpatore, 396, 4IS n, 549, 569-72, 1035. Arcadio, imperatore d'Oriente, 363, 522, H6, 573, 5n·7S, 5SI, 621,627, 62S, 63I, 633, 69I n, 7I7,791, 793, S66, S67, I034, 1035·3S. Arcadio Carisio, Aurelio, 46, 74·7S, So, SI. Ardashir l, re dei Parti, 163, Ioi8. Ardashir Il, re dei Parti, 1034, Io,. Argaito, capo dei Goti, 170. Ariarco, re dei Goti, 409· Arinteo, magister militum, 549, 1031, I032. Ario, eresiarca, 220, S56, 859, ro28, 1029. Aristio Optato, 30S n, 310, 768 n. Aristobulo, Aurelio, prefetto del pretorio, 196. Aristobulo di Cassandria, 445, 485. Aristotele, 354, 446 e n, 479· Arriano, Flavio, di Nicomed.ia, 454 n, 457 n, 485Arrio Antonino, Gaio, .'13 n, 54 n, 61. Arsace m, re di Armenia, 1032Arsaddi, dinastia, 177, 456 n, 505, 1029. Artabano V, re dei Parti, 362,471 n. Artaxares, vedi Ardashir. Artemidoro di Efeso, 444, 449· Arvando, prefetto del pretorio, 6o8. Aspar, comandante della cavalleria, 592, 593, 59.'J, 598, 6o2, Io.JI, 1043• Assurbanipal, re assiro, 453· Asterio, comes, 1040. Atalarico, re degli Ostrogoti, 690. Atanarico, re dei Visigoti, 363 n, 409, 410, 553, .'J61, 564, 10)2.
,s.
Atanasio, vescovo di Alessandria, santo, 462, 463,46.'J,466,.'J28,.'JJO,.'J47o700,713,7I6,739o 744• 856, 962, 975, I029, IOJI. Ataulfo, re dei Visigoti, 377, 5S3, 5S6-S8, IOil, I039o I040. Atena, 676. Atenaide, moglie di Teodosio Il, vedi Elia Eudossia. Ateneo di Naucrati, 362. Attalidi, dinastia, 3I. Attalo, comes sacrarum largitionum, vedi Attalo Prisco, imperatore. Attalo l, re di Pergamo, 36o. Attalo Prisco, imperatore, .'183-89, 669, 1039· Attico, vescovo di Costantinopoli, 867. Attila, re degli Unni, 416, 4I9-22, 436, 496, 500, 507, 59S-6oo, 6o2,6o9, S69, IOIO, 1041-43· Attis, 927, 928. Augusto, Gaio Giulio Cesare Ottaviano, imperatore, II, Il, 15 e n, r6, li n, 22, 24-26, 30-33, 42 n, 51, ,s, 72 n, 76, ro8, II2, 149, 200, 209, 283o340o353•57o374o43Io435o444o445o447o 453·55, 466, 471·7), 476, 477, 481, 6I3, 636, 7I0,726,892,895.S96,S9S•904.C)06.907.9Il, 922Aureliano, imperatore, 5S-62, S3, S4, S9, 93-95, 9S, 102, 103, 105, Io6, IoS, III, II4, IIS, IlO, 133, rS4-86, rSS-91, 193, 194, r96, 198, 213, 2I4, 253 e n, 262 e n, 268·70, 274, 276-79, 283, 28S,290·92,303,304,314,378,397o401,407, 433, 458, 461 e n, 467 n, 473, 488, 489, 522 n, 622,626,635o751,75S,786, 1021,1022. Aureliano, prefetto del pretorio, 577, 583, 591, 1038, 1039· Aurelio, vescovo di Cartagine e primate d'Africa, 71S, 862. Aurelio, Gaio, legionario, 127 e n, 145, 147. Aurelio Caro, Marco, vedi Caro, imperatore. Aurelio Claudio, Marco, vedi Claudio Il, detto il Gotico, imperatore. Aurelio Claudio Quintillo, Marco, vedi Quintillo, imperatore. Aurelio Epafras, 46, 49· Aurelio Giuliano, Marco, usurpatore, 196. Aurelio Mario, Marco, usurpatore in Gallia, 187, 1021. Aurelio Sabino Giuliano, Marco, usurpatore in Pannonia, 63, 1023. Aurelio Teodoto, prefetto d'Egitto, 183. Aurelio Vittore, Sesto, 7, 59 n, 6r n, 75, 78, ro4, ro9 n, 175, r85, 195, 200, 232, 614, 825. Aurelius Masaisilen, M., 3S7 n. Aureolo, usurpatore in Gallia, 102, 104, ISI n, 1S2, IS6, I87, Io::to, IOlr. Ausonio, Decimo Magno, 227, ;65, 563, 664 n, 839. I032•35· Avidio Eliodoro, Gaio, prefetto d'Egitto, 48 .
Personaggi e altri nomi antichi Avito, imperatore d'Occidente, 003-7, 1043. Avito, vescovo di Vienne, 869, 1014. Baal Hammon, 915. Babatha, 37, 38, 50. Babila, santo, martire, 535· Bacurio, re degli Iberi del Caucaso e comes domesticorum, 572. Bahran n, re di Persia, 471 n, 5o6. Bahran V, re di Persia, 503 n, 5o6 e n. Balbina, Decimo Celio Calvino, iniperatore, 93, 161-6}, 262 n, 265, 896, 1017, 1018. Ballista, vedi Callisto, generale. Bappo, prefetto dell'Urbe, 556. Bardesane di Edessa, 471 n, 474 n, 524· Bar Kokhba (Simone), 37· Bartolomeo, evangelizzatore in India, 463, 464. Basilio, prefetto del pretorio, 714. Basilio, vescovo di Cesarea, detto il Grande, santo, 333, 717, 816, 832 e n, 885, 874, 884, 886, 997. 1034· Basilio, vescovo di Seleucia, 984. Basilisco, cognato di Leone I e usurpatore a Costantinopoli, 48, 002, 603, 6n n, 983. Basso, Gaio Cesonio Ovinio Rufiano, 194. Batanario, generale, fratellastro di Stilicone, 577. Bautone, magister militum, 568, 576, 1034, 1035, 1037· Bel, divinità assira, 905, 915. Belisario, 414 n. Benedetto da Norcia, santo, 963· Bhatikiibhaya, re di Ceylon, 455 n. Boezio, Anicio Manlio Torquato Severino, 6o1, 1016. Bonifacio, comes A/riale, 413, 414 n, 588, 591-95, 101 }, 1040, 1041. Bonifacio I, papa (418-22), santo, 863. Bonifacio IV, papa (6o8-1,5), santo, 366. Bonoso, usurpatore in Gallia, 194· Buterico, magister militum, 5~9. 10J,. Caecina Decius Acinatius Albinus, prefetto ddl'Urbt:, 648 n. Caligola, Gaio, imperatore, 451, 728. Callisto (Ballista), generale, prefetto dd pretorio, I8o-8J. Callistrato, giureconsulto, 40· Camillo, Marco Furio, 726, 746. Candace, regina di Meroe, 454, 457 n. Cantismerta, dea celtica della guerra, 914. Capeliano, governatore della Numjdia, 16o e n, 163, 164 n, 1017. Caracalla (Marco Aurelio Antonino), imperatore, ,5-12, 30, 34, 35 n, 39, 44-55, 58, 59, 85, 86, 91, 92, 107 e n, 130 n, 191, 252 e n, 253, 255, 2'9-68, 287, 290, 358, 362, 471 n, 491 e n, 782
n.
I0,5I
Carausio, usurpatore in Britannia, u4, u9, 142, 198,199. 201,20}, 1023,102,5. Carino, Marco Aurelio, iniperatore, 62 n, 63, 106, ll4, 19.5· 19,6, 102). Carlomagno, re dei Franchi e dei Longobardi, iniperatore del Sacro Romano Impero, 367. Caro, Marco Aurelio, imperatore, 62 n, n. Io6, n4, 185, 19.5, 196, 269 n, I02J. Cassiano, Giovanni, monaco della Scizia Minore, 86o. Cassiano Latinio Postumo, Marco, vedi Postumo, usurpatore. Cassiodoro, Flavio Magno Aurelio, senatore, 3.56 n, 365, 578, 689, 1016. Castino, magister militum, 591-93, 1040. Cathubodua, dea celtica della guerra, 914. Catone il Censore, Marco Porcia, 809. Ceciliano, prefetto del pretorio, '83. Ceciliano, vescovo di Cartagine, 244. Ceionio Rufio Volusiano, Gaio, co"ector Italiae, 63. Ceionio Rufio Volusiano Lampadio, Gaio, prefetto dell'Urbe, 664 n. Celestino l, papa (422·32), santo, 698, 717, 718. Celestio, discepolo di Pelagio, 862, 863 e n. Cerere, 92.5, 931. Cesare, Gaio Giulio, 16, 23, 357, 36o n, 447, 634, 6}6,72,5,728,729,902,9Q4,907· Cesario, prefetto del pretorio, 577. Cesario, vescovo di Arles, 87.5, 1009, 1014. . Charibael, re degli Omeriti e dei Sabei, 470 n. Charietto, comes delle Gennanie, 395· Childerico, re dei Franchi, 417, 869. Chilperico, re dei Burgundi, 6o9. Chin, dinastia, 479, 502. Chitone, 361 n. Cibele, 927,928. Cicerone, Marco Tullio, 361 n, 447, 451, 524, 724, 8o1, 1001 n. Cipriano, vescovo di Cartagine, santo, martire, 247,251,8}1, 1019,1020. Cirillo, vescovo di Alessandria, santo, 717, 855, 856,867,ss7,889,890,97B, 979 , 9s1, 9s2, 9s4. 98,., 10)8·40Claudiano, Claudio, 576, 932, 944, 967, 1002 n, 10)6, 1038. Claudiano Mamerto, 661 n, 695, 86o. Claudio, imperatore, n, 13, 20, 24, 25 n, 28, 30 n, 36 e n, 41 n, 67, 448 n, 4.52, 455 n, 478, 481, Soo n. Claudio n, detto il Gotico, imperatore, 94· IO}, 106, 108, 127, 171, 185-89,19,6, 214, 243,267 n, 268, 274· 1021. Claudio Aristone, procuratore di Appadana, 50. Claudio Crisippo, cittadino ateniese, 31. Claudio Postumo Dardano, prefetto delle Gallie, 587.
10'2
Personaggi e altri nomi antichi
Claudio Tacito, Marco, vedi Tacito, imperatore. Clodio Ceionio Albino, Decimo, 85, 255, 256. Clodio Celsino Adelfia, 64 n. Clodoveo, re dei Franchi, 377• 417,418 e n, 869, 870, 1014aotilde, moglie di Qodoveo, 869Cniva, capo dei Goti, 93, 172·74, 432, 1019. Colombano, santo, 366. Colwnella, Lucio Giunio Moderato, 813,817, 8r8. Commodo, Marco Aurelio, imperatore, 14, 17, 26, 32, 33, 42, 43, 90• 92, roo, 107, 275, 403 n, 435· 437· Corbulone, GneoDomizio, proconsoled'Asia, 24Cornelio Felice Italo, Gaio, H n, 6r. Cornelio Gallo, Gaio, prefetto d'Egitto, 453 e n. Cornelio Nepote, 449· Cornelio Proculo, governatore di Myra, 32 n. Cerotico, re di Strathclyde, 364, 416 n. Cosma Indicopleuste, 458 n, 467 n, 468, 484, 5II n, 514 e n, 517-22. Cosroe Il, re di Persia, 177, 504, 5o6 n, 1019. Costante l, imperatore, 219, 388, 528-30, 716, 735, 9QS, 1029-31. Costante Il, usurpatore, 583, 586, ro}8, 1039. Costantina, figlia di Costantino I e moglie di Gallo Costanw, 702. Costantino l, detto il Grande, imperatore, 65 n, 70, 74, 78, 79, 8r, 84, 89, roo, 103, ro6, 113, 115·18, 120, 124•39· 144, 146, 148, 149· 151•53. 168, 193, 210-22, 226, 230, 232 e n, 234, 236, 23],240·45,283,301,J03,Jo6,308,309•311· 13, 318, 355, 356, 358, 36o, 373-n. 378, 382, 388,393-99,402, 404e n, 4o8-ro, 434,440,461 n, 463, 464, 472, 474, 488, 490 n, 499 n, 510 n, 515, 520, 522, 527-30, 536-45, 548, 549, ,1, 558, 563, 590, 617, 619, 623 n, 626-32, 635-37, 640 n, 650, 661 n, 664 n, 677, 684, 685, 687, 691•93· 699·701, 703, 705, 709. ]16, 723, 72749· 754, ns. 76o, 764, 78r, 783 n, 785, 786, 791, 793, 795, 8r6, 826, 829 n, 840 n, 845, 846, 865,868,8]0,888,889,908,9I0,912,9IJ,952, 953.965.992,993·999· 1011, 1026·29Costantino Il, imperatore, 153, 216, 217, 219, 221, 510 n, 513 n, 527·}0, 734 e n, 747 n, 1028, 1029Cosrantino (Flavio Claudio Costantino), usurpatore in Britannia, Gallia e Spagna, 415, 58o,,81,58J,,85,586, ro38,1o39· Cosrantino Xl, Paleologo, imperatore d'Oriente, 749 n. Costanza, figlia di Costantino I e moglie di Aruùbaliano Il, 1029, 1030. Costanza, figlia di Costanw II e moglie di Graziano, I033· Costanza, sorella di Costantino I e moglie di Licinio, 212, 215, 216, 244, 1027. Costanw I, Flavio Valeria, detto Cloro, impera-
m
tote,II4,II5,119,124,128,134•1J9•140,142, 202,20J,205·Il,213,236,238,242,394>395, 436, 437, 626, 640 e n, 642, 699, 734, 1024-27. Costanro II, imperatore, 143, 152, 154, 217, 219, 318, 375, 38o, 388, 399, 400, 404, 409· 4II n, 422,463-68,474,492 n, 498 n, 499 e n, 513-15, 527·35.539.540,,46.548.549·551,557.623· 627, 636, 641, 688, 693 n, 694, 700, 701, 716, 729 n, 735, 739, 740, 744, 753-59, 763, 784, 864, 881 n, 908, 962, 972, 1028·}I. Costanzo m, imperatore d'Occidente, 586-90, 593-95, 669, 670, 1013, 1039•41. Crispino, vescovo di Calama, 830 n, 831. Crispo, Flavio Giulio, n,, 216·19, 734 n, 735, 1028, 1029Croco, capo degli Alamanni, 398. Ctesia di Coido, 470, 484Dagalaifo, magister militum, 549, 1031. Dalmazio, fratellastro di Costantino, prefetto dell'illirico, 1029. Dalmazio II, figlio dd precedente, 219, 1029. Damascio, filosofo neoplatonico, 1003 n, 1009. Damaso l, papa (366-84), santo, 56o, 699, 7o6, ]O], ]16·191 955, 961, 965, 967, 985, 1032, IOJ4.
Damide, 482. Dandamis, ambasciatore indiano, 362 n, 474· Daniele, stilita, 982. Dardano, prefetto delle Gallie, vedi Claudio Postumo Dardano. Decebalo, re dei Daci, 361 n. Decenzio, fratello di Magnenzio, usurpatore in Gallia, 744, 1030. Decio, imperatore, 33 n, 93, ro6, 109, III, 151, 163, 170·74. 179, x8o, 223, 232, 236, 248 n, 362 n, 432, 510 n, 1019. Decio Valeriano, governatore della Spagna Tarraconese, vedi Decio, imperatore. Demetra, 932. Demetriano, vescovo di Antiochia, 247. Democrito, 340, 443· Demofilo, vescovo di Costantinopoli, 865. Deogratias, vescovo di Cartagine, 872. Dexippo, storico, 165, r86, 1021. Dhu Nuwas, re degli Aksumiti, 467 n, 516, 519. Diana, 904, 914, 918. Dicearco di Messina, 443· Diocle, Gaio Valeria, vedi Diocleziano, imperatore. Diocleziano, Marco Aurelio Gaio Valerio, impe· ratore, 30 n, 44· 45· 48, 49. n. 54 n, 59· 62-64. 67, 68, 72, 74, ]7-8o, 83, 89, 99-103, IO], Il3, 114, 116·29, 133·38, 143. 144, 147· 152, 154· 191, 193, 195-213, 215, 216, 218, 221, :U3·29, 232, 233, 23,, 236, 238-40, 243, 268, 287·99• 3o8,309,313,J17,355>372,375·83,386,388,
Personaggi e altri nomi antichi 390, 396, 402-4, 408, 412, 459-61, 466 n, 472, 476, 512, 513 n, 515, 527, 544, 613-19, 634-36, 650, 726, 751, 753· ns. 761, 762, 768 n, 779· 783 n, 786, 8oi, 825, 826, 906, 913, 961, 10231025, 1031. Diodoro di Agyrion, 354· Diodoro Siculo, 3,, 450, 46o n, 484. Dione Cassio Cocceiano, 6 n, II, u, 51, ,s, s,, 86, 88, IOI, 252, 2,, 26o, 262 D, 264 e n, 266, 3'4· 471 n. Dione Crisostomo, 545, 622. Dionigi Periegeta, 46o n. Dionisio, vescovo di Alessandria, 248. Dionisio I, tiranno di Siracusa, 356. Dionisio di Alicamasso, 354, 444 n, 731 n. Dioniso, 904, 931, 932. Dioscoro,' vescovo di Alessandria, eresiarca, 8xo, 983. Dioscuri, 924. Domiziano, Tito Flavio, imperatore, I' n, 17,ll, 107, 361 n, 474 e n, 906. Domizio Alessandro, Lucio, usurpatore in Africa, 212, 237 n. Domizio Aureliano, Lucio, vedi Aureliano, imperatore. Domizio Corbulone, Gneo, 32. Domizio Domiziano, uswpatore in Gallia, n6, 1021. Domizio Domiziano, Lucio, usurpatore in Egitto, 117, 203, 204, 'Il, 1025, 1027. Donato, eresiarca, 8'9· Donato, grammatico, 8,. Doroteo di Gaza, 884. Duride di Samo, 3"· Ecate, 925. Ecateo di Mileto, 352. Ecdicio, figlio di Eparchia Avito, generale, 6o7, 1044. Edeco, re degli Sciri, 6xo. Edesio, evangelizzatore in Etiopia, 463. Edinio Giuliano, Marco, prefetto dd pretorio, 164. Eforo, storico, 3,, 356, 443, 444 n. Efrem Siro, vescovo di Nisibi, xoo8. Egidio, capo dei Franchi Salii e magister ml11~um Galliarum, 418, 6o6, 1044. Egnazii, famiglia, 175. Egnazio Vittore Lolliano, prefetto dell'Urbe,
xn.
El, divinità siro-fenicia, 915. Elagabal, dio del Sole di Emesa, 190, 191 n, 905· Elagabalo, Marco Aurelio Antonino, imperatore, 14, 44 n, 85, 159, 261, 265, 361 e n, 362, 471 n, 473, 481, 488, n, p2, 905· Elena, moglie di Giuliano e figlia di Costantino
'21
I, 551.
10'3
Elena Augusta, moglie di Costanzo Cloro e madre di Costantino I, 210, 701, 966, Io2,. Elia Eudossia, moglie di Teodosio ll, '91, xooo. Elia Priscilla, 1035. Eliano, Claudio, 362, 46o n. Elio Aristide, 8, II, 26, 1,1, x68 n, 169,362 n, 747 n. Elio Boras, figlio di T. Elio Boras, 14. Elio Crispo, Publio, 14. Elio Elvio Dionisio, Lucio, corrector utriusque Italiae, 6' n. Eliodoro di Emesa, 458 n, 46x, 478, 488, 50I n, '13 n. Elione, magister officiorum, 592, 593· Ella Azbeha Kii.leb, re degli Aksumiti, 467 e n. Emiliano, imperatore, I74· rn. 1019, 1020. Emilio Emiliano, Marco, governatore della Mesia, vedi Emiliano, imperatore. Enea dì Gaza, 978. Ennodìo, Magno Felice, vescovo di Pavia, I014. Epifania, vescovo dì Pavia, 6o8. Epifania, vescovo dì Salamina, 4,9, '13 n, 518, 519 n, ,zo, 986. Equìzìo, candidato alla successione di Gioviano, ,2, 1032. Equìzìo, sacerdote romano, 701. Eradiano, comes A/ricae, usurpatore, 186, '84, 585,587,669,1021,1039, I04Q. Eraclio, imperatore d'Oriente, 968. Eradio, primicerius sacri cubiculi, 6oo, 6ox. Eraclio, vescovo di Roma, 238 n. Erasto, Lucio, cittadino di Efeso, 33· Eratostene dì Cirene, 3,3, 443, 444, 446 e n, 449· Ercole,I99,200,2Q9,2I3,225·28,243.914,933, 972. Erennia Cupressenia Etruscilla, moglie dell'imperatore Decio, 171. Erennio Etrusco Decio, Quinto, figlio dell'imperatore Decio, 172, 173, I019. Ermanrico, re degli Ostrogoti, 561. Ermete Trìsmegisto, 924· Erode Attico, 26 n, 1,9. Erodiano, figlio di Odenato, 184. Erodiano, storico, 6, 51, 86-88, xo,, x,-,8, 162, 163, 358, 361 n, 471 n. Erodoto, 352, 353, 446 n, 450, 723. Eros, segretario dell'imperatore Aureliano, 191. Eschilo, 3,3. Esichìo, vescovo di Gerusalemme, s,6. Esimiphaios, re degli Omeriti, 467. Esperia, figlio di Decimo Magno Ausonio, prefetto del pretorio, 563. Esuperanzio, generale, 589. Esuvio Tetrico, Pio, usurpatore in Gallia e Spagna, 58, 59, 6x, 106, 190, 191, xou, 1022. Eubolos, cittadino di Cnido, 26.
1054
Personaggi e altri nomi antichi
Eucherio, figlio di Stilicone, '81, '82. Eucherio di Lione, 86o, 875. Eudocia, vedi Eudossia. Eudossia, figlia del magister militum Bautone e moglie di Arcadia, 576, 866, 1037, 1038. Eudossia, figlia di Valentiniano III e Licinia Eudossi&, 1042, I043· Eudossia, moglie di Teodosio Il, vedi Elia Eudossia. Eudossia Licinia, vedi Licinia Eudossia, figlia di Teodosio II e moglie di Valentiniano III. Eufemia, figlia di Marciano e moglie di Antemio, 607, 1044· Eugenio, usurpatore, 4o6, '71, 572, 574, 599, ~53· 996. 1035· Eugippo, 420. Eumenio, retore, II9. Eunapio di Sardi, 4II, 535, 545, 877, 878, 890. Eurico, re dei Visigoti, 6o7, 6o9, 868, I044. Eusebia, moglie di Costanzo Il, 623 n, 627 n, IOJO.
Eusebio, papa (JQ9·IO), santo, 237, 238. Eusebio, vescovo di Nicomedia, 221, 464, 1028, !029. Eusebio, vescovo di Vercelli, santo, 848, 87 4· Eusebio di Cesarea, 143, 158, 169 e n, 206, 210, 213, 219•21, 223, 227, 234, 237·41, 243, 244, 248, 364,518,538-40,545,617,619,636 n, 637, 700 n, 730 n, 743, 856, 859, 941, 9,3, 986, 999, 1030. Eustachio di Apamea, 491 n, '07 n. Eustazio di Sebaste, 980. Eutiche, archimandrita di Costantinopoli, eresiarca, 717, BIO, 982, 986. Eutimia il Grande, santo, 873. Eutropio, praepositus sacri cubiculi, 576, I037· Eutropio, storico, 59 n, r88, 207, 63'. Etruscilla, vedi Erennia Cupressenia Etruscilla. Evagrio lo Scolastico, 355, 883. Evagrio Pontico, 482, 986, 989. Evervulfo, scudiero e assassino di Ataulfo, '88: Evodio, prefetto del pretorio, 568. Exuperantius, prefetto del pretorio delle Gallie, 648 n. Ezana, re degli Aksumiti, 457,458 e n, 467 n, 513, ,14·. Ezio, magister utriusque militiae, 400 n, 416, 417 e n, 419, 436, 592-6o1, 605, 610, 689 e n, 1013, 1040•43· Fabia, gens, 66 n. Fabia Aconia Paolina, 925. Fabiola, patrizia romana, 704. Fa Hien, 508, 509, 521. Faltonia Betinia Pro ba, poetessa e senatrice, 951. Faltonio Restituziano, governatore della Mauretania Cesariense, 164.
Fausta, figlia di Massimiano e moglie di Costantino I, 2II, 213, u6, 218 e n, 219, 636 n, 1027, I029. Faustina, moglie di Antonino Pio, 908. Faustina, terza moglie di Costanzo Il, 1031. Fausto, vescovo di Riez, 86o, 864, 865, 875, 1014. Felice III, papa (483-92), santo, 698, 716, 850, 85I. Felice IV, papa (526-30), santo, 685. Felicissimo, rationalis, capo della ribellione dei monetari romani, 189. Filippo, legato pontificio, 7o6, 7II. Filippo, detto l'Arabo, imperatore, 51, 93·95, ro6, r6r, 167-73, 175, 223, 362 e n, 726, 1018, I019. Filippo Giulio Severo, Marco, figlio di Filippo, detto l'Arabo, imperatore, 161, 169, 171, 726, I019. Filippo II, re di Macedonia, 354· Filisto di Siracusa, 355, 356. Filocalo, Furio Dionisio, 62,, 636, 707. Filone di Alessandria, 451. Filosseno, vescovo di Mabbiigh, 884, 983. Filostorgio di Borissos, 358, 464, 465, 516 n, 732, 736, s,6. Filostrato, Flavio, I ,9, 361, 446-48, 450, 481. Firmo, principe mauro, 388, 458, 554, 560, 576, 587' !022, 1035· Flaccilla Elia, moglie di Teodosio l, 626, 627, 636. Flaviano, patriarca di Costantinopoli, 982, 987· Flaviano, vescovo di Antiochia, 887. Flaviano, Nicomaco, prefetto del pretorio, IOJ'· Flavii, dinastia, 13, 229, 449· Flavio Appio Eraclide, Tito, 14. Flavio Appio Sopatro, Tito, 14. Flavio Ardaburio, generale, 592. Flavio Costanzo Felice, magister utriusque militiae, vedi Costanzo III, imperatore. Flavio Eparchia Avito, vedi Avito, imperatore. Flavio Eugenio, magister scrinii, vedi Eugenio, usurpatore. Flavio Felice, magister utriusque militiae, ro4r. Flavio Nube!, capo dei Mauri, 387, 388, 414. Flavius Olbius Auxentius Draucus, prefetto dell'Urbe, 671. Florenzio, prefetto delle Gallie, 824 n. Floriano, imperatore, 194, 726, 1022. Floro, Lucio Anneo, 683. Fozio, patriarca di Costantinopoli, 464, 465, 730
n. Fravitta, generale, 577, 1038. Fritigerno, capo dei Goti, '61, 562, '64, 867, I033o 1034· Fritigilda, regina dei Marcomanni, 407. Frumenzio, vescovo di Etiopia, santo, 463, 464, 466 n, '13, 514, 520.
Personaggi e altri nomi antichi Fulgenzio, vescovo di Ruspe, 697, 872, 874. Fulvio Giunio Macriano, Tito, 180-82, 1020. Furia Sabinia Tranquillina, moglie di Gordiano III e figlia di Timesiteo, 164, 165, 1018. Furio Filo, Lucio, 724. Furio Sabinio Aquila Timesiteo, Gaio, prefetto dd pretorio, 94, 164-67, 1018. Gabinio Barbaro Pompeiana, prefetto dell'Urbe, 675 e n, 676. Gaina, magister utriusque mi/itiae, 576, 577, 866, 998,1000, IO)], 10_38. Gaio, giureconsulto, 72 n. Galeno di Pergamo, 545· Galerio Massimiano (Gaio Galerio Valerio Massimiano), imperatore, n_5-17, 124,143.202-6, 208·1), 22), 225, 2_30-_33, 237, 2_38, 241·45, ,,_, 614, 61_5, 700, 1024-27Galla, moglie di Teodosio I e sorella di Valentiniano II, 569, 1033, IOJ5Galla Placidia, figlia di Galla e di T eodosio I, 585-95.669.695.707,1012, 101), 1035· 1039• 1041. Galliena, imperatore, 75, 82, 89, 93, 95, 96, 100, 102·6, 108 n, 109, 127, 129, 1_51, 161, 17_5-78, 180-87, 223, 261, 267, '-77·79• 438, 459 n, 6z6, 910, 1019, 1020. Gallione, generale, .594· Gallo, Gaio Vibio Treboniano, imperatore, 93, 95, Io6, 109, III, 1]2·]5, 432, 4_58, 1019. Gallo Costanzo, figlio di Giulio Costanzo e fratellastro di Giuliano l'Apostata, 527, 626, 641, 702, 1029, 10_30. Gange, leggendario re indiano, 361, 362, 482. Gassanidi, dinastia, vedi Ghassanidi. Gaudenzio, figlio di Ezio, 6o1. Gaudenzio, vescovo di Brescia, santo, 83.5, 839, 974Gaudenzio, vescovo donatista, 8_59. Gelasio I, papa (492-96), santo, 699, 713, 715, 845· 86o, 988. Gelasio di Cesarea, 462. Gelasio di Cizico, 727. Gellio, Aulo, 17, 19. Generido, comes dell'Illirico, 419· Gennadio Avieno, 6oo. Gennadio di Marsiglia, 86o, 987. Genserico, re dei Vandali, 413, 414, 435, 594, 595o597,_599,6oo·7,6Q9,871,872,IOI0,1013, 1042, 1043· 1045· Geremia, profeta, 886, 891. Germanico, Giulio Cesare, 32. Germano, vescovo di Auxerre, 871. Geronzio, generale, 586, I039Gervasio, santo, manire, 568. Geta, Lucio Settimio, imperatore, 6, 25 n, 358. Ghassanidi, dinastia, 412., 515.
xo,
Giacomo, vescovo di Sariig, 983. Giamblico di Calcide, 535· Gildone, principe mauro, comes A/riCile, 388, 576,577,587,843, IOJ5, 10_37. Giordane, 142, 170, 356 n, 365 n, 430 n, 578, 599· Giorgio, patriarca di Alessandria, 466 n, 1031. Giovanni, imperatore d'Occidente, 592, .593· 1040Giovanni, vescovo di Antiochia, 171, 981. Giovanni, vescovo di Gerusalemme, 862, 986. Giovanni Cassiano, 462, 864, 874,883, 963, 985, 986.989. Giovanni Climaco, 884Giovanni Crisostomo, 7, 446, 482, 577, 717, 743, 8I6,8)2,85I,855,86o,865-6],980,986,992e n,997,998,IOOO,Ioo6,I007,IOQ9,I0)8. Giovanni di Efeso, .516 n, 1009. Giovanni di Licopoli, 894. Giovanni di Salisbury, 469. Giovanni I'Esicaste, 873. Giovanni Lido, IZ.5, 13.5, 136, 148, 6oz, 731 e n, 744· 746. 993· Giovanni Malala, vedi Malala, Giovanni. Giovanni Moschos, 462. Giovanni Troglita, generale bizantino, 414 n. Giove, 198-200, 207, 209, 22_5-28, 540, 682, 724, 904, 9o6, 972; vedi anche Zeus. Giovenale, vescovo di Gerusalemme, 983. Giovenale, Decimo Giunio, 448. Gioviano, imperatore, 375, 38o, 381, .536, .540. .552, 560, 759· 1031. Gioviniano, monaco, 875. Giovino, magister mi/itum, usurpatore a Magonza, 416 n, 586, 587, 10_31, 1039. 1040. Giovio, prefetto dd pretorio, 584, 585, 1039Girolamo, santo, 364, 413, 486, 518, 677, 68o, 704, 834 n, 8_5_5•57. 862, 874· 955. 963. 985. 986, 992 e n, 1000 n, 1034• 1040. Giuba II, re di Mauretania, 4.52. Giulia, gens, 904Giulia Crispina, 37· Giulia Domna, moglie di Settimio Severo, 3.58, 481, 482, 897Giuliano, proconsole d'Africa, 224. Giuliano, vescovo di Eclano, 8.59, 862-65, 987. Giuliano, Salvia, giureconsulto, 36. Giuliano l'Apostata, imperatore, 148, I 52, 167, 231, 239, 249 n, 296, 318, 356, 361 n, 372, 374, 375.377.)80,)93·96.399·400·409,410,464, 474• 507 n, 522, 527-44, 548, 549, 5.51-53, 5.5856o.566,_572,626,629,636,638·4I,700,73.5. 739, 740 n, 754, 759, 764, 768 e n, 824 n, 8.55, 87], 8]8, 881, 89Q, 928, 99.5· 1029·_31. Giulio I, papa (337-.52), santo, 700,716,739,744Giulio Agrippa, Lucio, 14Giulio Aurelio Sulpicio Uranio Antonino, Lucio, usurpatore a Emesa, 178.
10'6
Personaggi e altri nomi antichi
Giulio Costanzo, fratellastro di Costantino l, ~27.
Giulio Filippo, Marco, prefetto della Mesopotamia, vedi Filippo, detto l'Arabo, imperatore. Giulio Marino, 167. Giulio Nepote, imperatore d'Occidente, 609, 610, 1044. Giulio Onorato, 373· Giulio Paride, attore, 14, 15. Giulio Prisco, Gaio, prefetto della Mesopotamia e rector Orientis, 50, r67-7o, 173, rn, ror8, 1019Giulio Severo, Gaio, console, 14. Giulio Severo Filippo, Marco, figlio di Filippo, detto l'Arabo, vedi Filippo Giulio Severo, Marco. Giulio Valente Liciniano, usurpatore a Roma, 173. 174· Giulio Valerio Maggiorano, vedi Maggiorano, imperatore. Giulio Vepo, Gaio, 22. Giulio Vero Massimino, Gaio, vedi Massimino Trace, imperatore. Giulio Vero Massimo, Gaio, figlio di Massimino Trace e Cecilia Paolina, 157, 16o, 161, IOI7Giunio Basso, prefetto dell'Urbe, 951. Giunone, 971.. Giusta Grata Onoria, figlia di Flavio Costanzo e Galla Placidia, 590, 599, 1040. Giustina, moglie di Valentiniano I e madre di Valentiniano Il, 555, 568, 569, 1033, 1035. Giustiniano l, imperatore d'Oriente, 7, 10, 74, 8o, 120, 178, 3,, 376, 414 n, 421, 422, 459, 46o, 462, 466, 468, 477, 488, 491 n, 492, 500, 5u, 513, 514, 516 n, ,22, 781 n, 789, 795, 798, 799, 802, 814, 828, 9n, 993, 995, 1003, 1010, IO II.
Giustino, Marco Giuniano (o Giustino Frontino, Marco), 353, 355· Giustino l, imperatore, 46o, 513, 516, 517, 717. Giustino II, imperatore, 355, 492, 504. Glicerio, imperatore d'Occidente, 6o9, 610, 1044,104-'· Goar, re degli Alani, ,86, 587. Gomoario, generale germanico, 5H· Gondahar, re dei Burgundi, 586, -'87. Gondamondo, re dei Vandali, 873Gondebaudo, vedi Gundobado. Gonderico, re dei Vandali, 1040. Gordiano l, imperatore, 93, 157 e n, 159-61, 163, 781, 1017. Gordiano Il, imperatore, 93, 157 e n, 159-61, 163, 1017. Gordiano imperatore, 33 n, 46. 47. 49· 93·
m.
94,97,105,161,163-69,17J,177,26I,265,267, 268, 358, 361 n, 471 n, JIO n, 1017, 1018. Grata, figlia di Valentiniano I e Giustina, 1033. Graziano, imperatore, 1,2, '38-42, 555, '61.-64, ,66, 898. 1032, 1033· Graziano, usurpatore in Britannia, 1038. Gregorio l, papa (590-6o4), detto Magno, santo, 366,695.696,715, 819,956,963· Gregorio di Cappadocia, vescovo di Alessandria, 1029. Gregorio di Nazianzo, '3o, 546, 855-57, 88o, 985.
Gregorio di Nissa, 446, 518, 626, 627, 997 e n. Gregorio di Tours, 417, 418, 673, 870, 1016. Gregorio Taumaturgo, 8 n, 47 n. Gundioco, re dei Burgundi, 1044, 104,. Gundobado (Gundebado), re dei Burgundi, 693,116,I33,I52,I69,I97,203,359•377> 403,40j,4o6,j55, 1023,10JJ. ~ingenziani, n6, 387. ~ndiiz, 505. ~stul, 513 n. Rabat, 388. Raqqa, 203, 490 n, 543, 569, IOJ5· Ratiaria, vedi Aréar. Ravenglass, 390, 415 n. Ravenna, 93, 413, 488, 581, 583, 587, 592, 595, 597,599, 6oo, 6o9-II, 718, 8I5 e n, 8jl, 1013, 1018, I0}8-40, 1043, 1045: basiliche: - di San Giovanni, 592. - Ursiana, 595· Ravna, 150 n. Razgrad, 21 n, 432, 1019, Recamiti, 471. Redesieh, 454· Reims, 869. Reka Devnja, 170, 363 n, 562, 1019, 1032. Renania, 4I7, 497· Reno, fiume, 96-98, II5, II9, IlO, I23, I52, I54, 155, 176, I77, I93,.I97, I98, 20I, 256, 354 n, 366,370,372,373.376,377.39I-400,402,407, 4I6,4I7,420,425.426,430·431.434-37·49I, 497. 500, ,4. 578, ,so, 594· 596. 869. 929, 1010, I022, 1025, 1026, I029, I031,· 1032. Resaina, vedi Resillayn. Resillayn, no, 167, IOI8. Rezia, 64, 92, 93, n4, 119, I 54, I74, I7_1, I88, I95, 112, 372, 39I, 397, 399, 400 n, 4I9, 493, 578, 579, 595, I019, I022, 1023, 1025, 1027, I031, I038, I045· Rezia Seconda, 119. Rheinheim, UI, 399 n. Rhesaenae, vedi Resillayn. Rhosos, I5. Rimini, I04I. Rion, fiume, 353· Risingham, 390· Robur, 399 n. Rodano,fiurne,392,399.I044· Rodez, 869. Rodi, isola, 26 n, 3I, 33 n, I86. Rodiopoli, 32 n. Rodopi, monti, I 56. Roma: anfiteatri, vedi teatri, anfiteatri. archi: - di Costantino, 1:z9, 116, 625.
basiliche, chiese, 678, 684: - Aposto/orum, 702. - Constantiniana, 70I, 702. - dei Santi Cosma e Damiano, 685. - dei Santi Nereo e Achilleo, 708. -' delle Quattro Incoronate, 707 · - di San Clemente, 7o6. - di San Crisogono, 7I4. - di San Giovanni in Laterano, 685, 695, 704, 7o6,868, 1018. -di San Lorenzo in Damaso, 702, 703, 7o6. 710, 714. - di San Marco, 701, 703. - di San Martino ai Monti, 701. - di San Paolo fuori le Mura, 585,701, 7o6, 707, 714- di San Pietro, 585, 678-82,684,690, 691 e n, 693, 695•701,702,704,7o6,714, 950. - di San Pietro in Vincoli, 707, 7II· - di San Sebastiano, 702. - di San Silvestro, 701, 703. - di Santa Cecilia, 714. - di Sant'Adriano, 691 n. - di Sant'Agnese, 703. -di Sant'Anastasia, 7o6. - di Santa Maria in Trastevere, 70I. -di Santa Maria Maggiore, 70I, 707,709, 720,958. - di Santa Prassede, 7I4. - di Santa Prisca, 7I4. - di Santa Pudenziana, 7o6, 7o8, 7I0. -di Santa Sabina, 707, 7o8, 7IO. -di Santa Susanna, 707. - di Sant'Eusebio, 7I4. - di Santo Stefano Rotondo, 7I4- di San Vitale, 7o6, 708. - Labicana, 70I, 702. - Liberii, 707· Campo Marzio, 6oi, 70I, 7o6. castra urbana, 6o. : colli, monti: -Aventino, 70I, 707, 7I4. - Campidoglio, 207, 675-78, 68I, 683 n, 684,692,693.695. 733· -Celio, 70I, 7o6, 707,714. - Esquilino, 70I, 7o6, 7I4- Gianicolo, 6o8. - Palatino, I98, 2I5, 6oi, 678, 7o6, 898. - Viminale, 7o6. Curia, 684-91, 693: atrium /ibertatis, 688-90: statua di Ezio, 689. atrium Minervae, 687, 688, 690, 691 n: altare e statua della Vittoria, I 57, 539·43• 566, 568, 57I, 572, 574, 677 n, 685-88, 69I, 693. I034·
Luoghi e popoli domus: - Faustae, 701.
1077
Rusguniae, 388. Russia, 499·
Fori, 678, 701: Saar, fiume, 392. - di Augusto, 682. Saba, 515• -di Cesare, 688, 689. Sabaudia, regione, vedi Savoia. - di Traiano, 671, 690, 691 n, 701. Sabei, 4H n, 481. - Romano, 684-88, 693, 701, 907: Sabina, 702. base detta dei Decennalia di DiocleziaSaci, 503. no, 2o6, 207. ' Sagalassos, 514 n. - suario, 6o. Sahara, 452, 472. mausolei, martyria, tombe, 701, 702, 704, 708, Sahara settentrionale, 90· 714: Saint-Malo, 119. - di Adriano, 689, 691, 692. Sala, vedi Rabat. - di Costantino, 707. Salaria, via, 702. - di sant'Agnese, 702. Saletio, vedi Selz. - di Paolo, 707. Salihiti, 515. - di san Pancrazio, 714. Salona, vedi Soline. ponti: Salpensa, 18, 34 n. Salpensani, 28. - di Adriano, 6o8, 009Samarcanda, 503,504,507, 509 n. - ~vi0,1I7,129,214,215,243o692,1027• Samaria, 846. teatri, anfiteatri: Samarra, 551. -Flavio: Samii, 41, 42. iscrizioni dei gradini, 671. Samo, isola, 454, 455· templi, santuari: Samosata, vedi Samsat. - del Sole Invitto nel C4mpus Agrippae, 6o Samsat, 107, 179, 181, 1020. e n, 191. San Giorgio di Nogaro, 636. - di Giano, 166. Saona, fiume, 392. - di Giove Ottimo Massimo sul CampidoSaqqiira, 930. glio, 161, 677, 692, 904· Saraceni, n6, 378-So, 412, 413, 423, 516, 520; ve- di Marte, 904· di anche Arabi. - di Satumo nel Foro Romano, 914. Sarca, fiume, 915. - di Vesta, 681, 682 e n. Sardegna, 64, 65, 212, 451, 8r5 n, 848, 872, 1043. terme, 714: Sardi, 451, 942· - di Caracalla, 7o6. Saripur, 510 n. -di Diocleziano, 707, 1026. Sarmati, 99, 105, n6, 127,133, 142, 1:;2, 200,221, Romani, 5, II, 19-21, 24, 28, 33, 35, 36, 38, 39, 43, 359. 377. 403·9, 421, 426, 427, 434· 436, 473· 50, 70, 105, 167, 177, 179, 221, 248, 352, 357, 499, 555, 568, 1017, 1018, 1023, 1025, 1028, 1029, 1033, 1034· 358, 362, 363 n, 365, 370, 371, 374-76, 379-82, Sarmati Argaraganti, 404 n, 409· 386 e n, 391, 392, 397, 398, 402-13, 415, 416, Sarma2ia, 409· 422, 423. 425-27, 431•34, 437•41, 444·51, 454. Sariig, 983. 455, 458, 459, 489, 510, 511, 515, 517 n, 523, Sassoni, u5, II9, 197, 337, 359, 376, 389, 39 1• 548, 549, 599, 627, 630, 633, 634, 676, 679, 394o415,416,423,8]0,I030,1032 0 1035ol042, 682·84,693o724,733,868,869,877,934o992, 1044· 1ou, 1013. Sassonia, 500 n. Romania, 166, 400, 401, 500, 5.:14, 555, 578, 615. Sasu, 517 n. Romania nordoccidentale, 429· Satala, 381. Romula, 408. Sava, fiume, 569, 1017. Rosso, Mar, u6, 384,452,455 e n, 457,463,464, Savoia, 596, 1042. 466-68, 476, 477, 479, 482, 483, 501, 512, 513, Scandinavia, 428, 430. 517·19Scania, 500. Rossolani, 93, 95, 181, 359, 561. Scarbantia, 418. Rottenburg am Neckar, 1032. Sceniti, vedi Arabi Sceniti. Rouen, 201, 393, 849. Schelda, fiume, 1023. Rugi, vedi Goti Rugi. Sciri, 420, 610, 1045.
1078
Luoghi e popoli
Sciti, 352, 359, 361, 426, 441, 472, 473, 1022. Scizia, rr8, 142, 4o6, 445, 490 n, 520. Scizia Minore, 21 n, 120, 86o. Scoti, 203, 389, 415, 5.54, 580, 871. Scozia, 96, 203, 415. Scozia meridionale, 91. Scozia settentrionale, n9. Sebaste, 847. Sebastopoli, 382. Sebou, fiume, n,. Selz, 1018. Senna, fiume, 393· Sera, vedi Lan-Chen. Serdica, vedi Sofia. Serendiva, vedi Ceylon. Seri, 467 n, 473, 477, 479, 501 n, 509; vedi anche Cinesi. Serindia, vedi Khotan. Setif, 387 n, 414 n. Sexaginta Prisca, n7 n, 120. Shan Hsi, 522. Shantung, 503 n. Shubah, 167. Sialkot, 507, 508 n. Sicca, vedi Kef. Sicilia, 64, 65 e n, 241, 329, 334, 439, ,69, 586, 597, 6o6, 6o7, 815 e n, 837, 84o, 848, 862, 1042, 1044. Sidima, 32. Silingi, vedi Vandali Silingi. Sinai, deseno del, rr6, 378, 379, 413, 518. Sind, 505, 520 e n. Sinduni, 42. Singalesi, 521. Singara, 121, 381, 552, 1030, 1031. Singidunum, vedi Belgrado. Sinjar, ]abel, 380. Siracusa, 848. Siret, fiume, 410 n. Siria, 14, 44, 50, 85, 91, 93, 95, n6, n7, 122, 133, IJ1,167,177,189,203,235,238,)71,412,413, 461,489,630,768,846,848,873o9)7,971,977o 979, 1008, 1018, 1020. Siria meridionale, 183, 379· Siria settentrionale, 180, 982, 1004. Siriaci, 358, 486. Sirmio, vedi Sremska Mitroviea. Sirti, golfo della, 354 n. Sisak, 1o6, 184, 185, 304 n, 569, 1035. Siscia, vedi Sisak. Sistiin, 505, 507. Sitifis, 594 e n. Siut, 894. Skete, 986. Skvirski, 498 n. Slavi, 401, 497· Slesia, 499 n.
Slovacchia, 403 n, 405. Slovacchia meridionale, 404. Slovacchia occidentale, 496, 499· Slovacchia orientale, 429. Slovenia, 496. Smime, vedi Izmir. Smirnei, 26. Socotra, vedi Pa-anch. Sofia, 216, 240, 716, 728, 1022, 1027, 1028. Sogdiana, 467 n, 503, 505, 5o6, 509 e n. Sogdiani, 503 e n, 504, 523. SOhag, sn Soissons, 377 n, 6o7. Saline, 209, 1026, 1045. Somalia, 454 n, 480, 481, 516, 517 n. Somerset, 870. Somme, 393, 417. Sougdala, 503 n. Soummam, fiume, 387 n, 388 n. South Shields, 415 n. Spagna, Spagne, 13, 14, 18, 34, 96, 98, 106, 144, 182, .203, 213, 237, 329, 366 n, 392, 413, 433, 435o444oJ28,586,589,6oJ,669,8o6,813,815 n, 816, 821, 846, 850, 871, sn. 1014, 1020, 1025, 1027, 1039·41. Spagna Betica, 17, 31, 34, .256, 590, 6o6, 824,849, 1040, 1042. Spagna Tarraconese, 163, 171, .256, 849, 1018, 1042. Spalato: palazzo di Diocleziano, 209, 232, 1026. Spana, 24, 36 n. Spello, 220, 539 e n, 738, 739· Speluncae, vedi Deir ei-Khaf. Spoleto, 175, 342, 1019. Sremska Mitrovica, 95, 1o6, 121, 124, 157, 171, 188,194,210,216,403,420,421,553o5JJ,598, 1017, 1021, 1028, 1032•34· Srinagar, 509 n. Stara-Zagora, 173, 1019. Stari Nikup, 172, 432, 1019. Stobi, 42 n. Strasburgo, 394, 399, 416 e n. Strathclyde, 415. Straze, 497 n. Stridone, 1040. Stura di Demonte, fiume, 578. Subiaco, 963. Sucidava, 121, 408; vedi anche Gigen. Sudan, 452, 453, 456. Suebi, 435, 1040, 1042. Suez, città, 501, 518. Sulchen, 1032. Suq Ahras, 325, 326, 810 n, 857, 858, 1041.
Luoghi e popoli Surkhab, fiume, '09 n. Sussa, 46o n, 864, 924. Svevi,I42,359.396,397•4o6,420,435.,8o,,86, 6o8, 643, 867, 868. Svevia, 397, 398 n. Svezia, 500. Svistov, 120, 151, 172, 432, 493· Svizzera, 400, 418. Syene, vedi Assuan. Syrdarja, fiume, 503, 510. Szony, 128, 402~ 40,, "'' ro33· Tabalalti, 373· Tagaste, vedi Suq Ahras. Taifali, vedi Goti Taifali. Taklamakan, 502, 510. T aliata, fonezza romana, 120 n. Talmis, 459, 513: tempio'di Mandulis, 459 n. Tana, lago, 513. Tanai, fiume, vedi Don. Tanaro, fiume, 578. Tangeri, 388. Tanukhidi, 413 n. Tanzania, 517 n. Tapharon, vedi Zabra. Taprobane, vedi Ceylon. Tarim, fiume, 475, 476 n, 502-4, 509, 510, '20. Tarraconese, vedi Spagna Tarraconese. Tarragona, 182. Tarso, 31, r8o, 194, 1022, 1027, IOJI. Tasgaetium, vedi Burg bei Stein am Rhein. Tash Qurghan, 509, 510. Taunus, fiume, 391, 397· Tauro, catena montuosa, 1020, 1027. Tavoliere delle Puglie, 342· Taxila, vedi Islimibad. Tebaide, u6, 203, 453, 454, 980, 986, 1025. Tebe, 450 n, 453, 483. T eli, vedi Atlante. Tellaro, fiume, 840. Tenedo, vedi Zurzach. Termez, 503, 509 n. Termini Imerese, 66 n. Termopili, 598. Terni, 174. Tervingi, vedi Goti Tervingi. Tessaglia, 31, 575· Tessalonica, 30 n, 205 n, 216, 363 n, 441, 542, 566, 569, 592, 887, 894· 1028, 1034· 1035· Tevere, fiume, 603. Thanukh, confederazione di tribu arabe, 190. Thérouane, 869. Thysdrus, vedi el-Giam. Tiana, vedi Kemerhisar. Tibet, 477 n, 502, 509 e n. Tibisco, fiume, vedi Tisa.
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Tibunina, via, 702, 708. Ticinum, vedi Pavia. Tien Shan, monti, 510. Tiflis, 474· Tigrai, 457 n. Tigri, fiume, 91, 121, 38o, 381, 465, 490 n, 507 56~1, 1023, 1026, 1031. ' Tiklat, 458. Timgad, 919. Tindari, 840. Tingis, vedi Tangeri. '· Tira, isola, 31, 32, 40, 297. Tirani, 32, 41, 42, 231. Tiro, 42 n, 463. Tisa, fiume, 403, 404, 499· Tivoli, 162. Tobna, 414 n. Tokod, 418. Tolbiaco, 1014. Tolemaide di Cirenaica, vedi el-Merg. Tolosa, 597, 648 n, 649 n, 868, 1042. Tomi, 21n. Tonchino, 476, 522 n. Tongres, 123, 394, 396. Torino, 148, 974, 1027. Tonona, 6o6, 1o43· Toscana, 6o6. Toukive, 504 e n, 5o6 n, 509, 5II. Toummara, 511. Tours, 124, 848, 875. Toxandria, 377, 394, 397 n. Trabzon, 179,J8I,510, 1020. Tracia, 93, 120, 142, 155, 156, 166, 172, 186, 193, 194,212,216,232,J53,355,401,408,4J2,43J, 438,44I,528,536,554•560,,62,565,602,76I, 791, 798, 1019, 1022, 1027, 1028, 1032, 1033, 1037· Tracontide, 167. T raiana, via, 91. Transcaucasia, 501 n. Transilvania, 404, 407, 409, 498. Transmarisca, 120, 121, 402 n, 408. Transoxiana, vedi Sogdiana. Trapezunte, vedi Trabzon. Traprain Law, 415. Travankore, 521 n. T reballia, I 56; vedi a11che Mesi a Inferiore. Trebisonda, vediTrabzon. Trento, 28. Treviri,I24,I76,185,I87,I98,I99,203,205,2II, 213·16, 243, 359, 395, 396, 416, 418 n, 522 n, 554,568,580,868,1025,1029,1032. Treviso, 366 n. Tridentini, 28. Tripolitania, 90, 123, 163, 257, 371, 373 n, 377• 382, 384-87, 425, 597. 1026, 1044. Trnava, distretto di, 497 n.
1o8o
Luoghi e popoli
Troesmis, uo. Trogloditi, 456 n. Troia, 725, 729. Tropaeum Traiani, 120. T royes, 416. · Tubusuctu, vedi Tiklat. Tulliassi, 42. Tun Huang, .502, .509. Tunisia, 374 n, 385, 386. Tunisia settentrionale, 829 n. Turcilingi, 610, 104.5. Turchi, .503. Turf'an, 503 n, .510 n, 511 e n. Turingi, 420. Turkestan, 483, 507, 509 n, ,ro, 520. T urkestan cinese, 476 n, 477 n, 501. Turnu Severin, 408. Tusci, 220, 676. Tuscia, 64. Tzani, 133. Ucraina, 9.5, 401, 407, 427, 430, 433, 497 n, 498, ,501 n. Udruh, 122. Udyana, .508. Ujjain, 505. Ulm, 399· Umbri, 220. Umbria, 61, 64, 174. Ungheria, ,500. Ungheria nordorientale, 429· Unni, 99, 1,54, 359, 376, 377, 382, 391, 401, 412, 416, 419, 422, 434, 492, ,500, ,504·6, ,561, ,562, ,564, .574> 577. 584, 592, .598, 6oo, 869, 1010, 1033, 1034, 1037-39, 1041. Unni Bianchi, vedi Eftaliti. Unni Kidariti, ,5o6. Uppenna, 907· Urla, 179,472,491 n, .53.5, 547• 846,978,979, 983, 984, 1008, 1019. Oskiidar, 217, 218, 24.5, 728, 729 n, 733, 73.5, 742, 1028. Vachan, .5o6. Vaison, 870. Valacchia, 376, 401, 407, 408. Valdobbiadene, 366 n. Valence, .587. Valen2a, città della Gallia Narbonese, vedi Valence. Valenza, città della Mauretania Tingitana, 16. Valeria, provincia romana, 403, 4o6, 490 n, .593ValkenbUig, 394 n, 395· Valkhof, 394 n. Van, lago, 121. Vandali, 94, 10,5, n4, n6, 1:n. 170, 188, ,9, 376,
377• 396, 401, 403, 404, 4o6, 413, 414 e n, ·418, 420, 423, 429, 43.5, 438, 440, 578 n, 580, ,586, .590, 594, 59.5, 597, 6oo, 6o2, 6o4, 6o6, 6o7, 610,643,697,828,862,864,867,868,871,874, 993, 1010·12, 1014, 1019, 1021, 1034, 1038, '1040·4.5· Vandali Asdingi, 9.5, 170, .589, 594,713. Vandali Silingi, .589, 1040. Veneti, 33.5· Venezia: San Marco: gruppo scultoreo dei tetrarchi, io2-3, 636. Venezia, provincia, 64, 578, ,584, 6oo. Verona, 63, 1o6, 170, .570, .578 n, .579 e n, 698, 733· 1027, 1038: biblioteca della cattedrale, 64. Vesuvio, 30 n. Vicenza, 918. Vienna, 403, 418. Vienne, 396, .571, 103.5, 1039. Vietnam meridionale, 476. Vietnam settentrionale, 476, 477 e n. Viminacium, vedi Kostolac. Vindobona, vedi Vienna. Vindolanda, 147. Vinkovci, 1028. Vinu Konda, .522 n. Vipacco, fiume, .572-7.5, 9.53, 103.5. Vipava, fiume, vedi Vipacco. Visigoti o Goti d'Occidente, 9 n, u6, 337, 3.59, 377, 392, 409·II, 413, 416-19, 434·36, 441,499 n,536,,561,,562,,564,56,5,,572,,574o.577•579o ,581, ,58), ,587·90· .593 • .596·99. 6oj, 6o7, 6o8, 61o e n, 643, ~. 868, 870, 877, 1014, 1032, 1033, 1037·4.5· Vistola, fiume, 427, 498 n. Vitodurum, vedi Ober-WintenhUI. Voghera, 1043. Volga, fiume, .504, ,510. Volinia, 497· Volsinii, vedi Bolsena. Volterra, 13, 20, 30 n. Votadini, 41.5 e n. Vouillé, 870, 1014. Waal, fiume,-394 e n. Wadi Manih, 45.5 n. Wadi as-Sirl;lan, 91, 122. Wadi Sirhan, oasi di, 372. Weser, fiume, 497· Whylen, 121. Wiesbaden, 147 n, 397· Wight, isola di, 389. Worms, 416 n. Wuwei, .504 n, ,5II n. Wyblen, 399 n.
Luoghi Xanten, 147 n, 1031. Yangtse-Kiang, fiume, 484 n. Yarkand, 509, 510. Yeleswaram, 522 n. Yemen, 453 n, 464, 514, 517 n, 519. York, 210, 390, 415 n, 1025. Yorkshire, 390, 415 n. Zabdicena, ur. Zabra, 465.
Zafar, 515. Zaita, 1018. Zalatna, 39· Zanes, accampamento romano, 408 n. Zeravsan, fiume, 503, 510. Zeugma, 381. Zimara, 381. Zula, vedi Masuah.
Zurzach, 119, 121, 399 n.
e popoli
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Autori moderni e altri nomi non antichi
Abbott, F. F., u n. Abel, A., 4.50 n. Abel, F. M., .518 n, 846 n. Accursio, F., 789. Adan Bayewitz, D., 492 n. Ahrweiler, H., 448 n. Akerraz. A., n6 n. Alberti, S., 3.51 n. Alfoldi, A., 102 e n, 129 e n, 172 n, 173 n, 177 n, 178 n, 179 n, r8o n, 181 n, 182 n, 183 n, 184 n, 18.5 n, r86 n, 189 n,2oo n, 37.5 n, 613 n, 61.5 e n, 683 n, 685 n, 729 n, 746 n, 748 n. Alfoldy, G., 13 n, 14 n, 18 n, 163 n,224 n, 247 n, 248 n, 249 n, 419 n. Alfoldy, M. R., 217 n, 499 n, 614 n. Alfonsi, L., 647 n. Allard, P., 838 n. ADen, P., 1007 n. Altheim, F., 1.56 n, 433 n, 4.58 n, .561 n. Amandry, M., 7.57 n. Amelotti, M., 31 n. Amin, S., 2.51 n. Arnioni, G., 3.52 n. André,]., 449 n, 470 n, 482 n, 48.5 n, 488 n, 492 n, p2n. Andreae, B., 271 n, 36o n. Andreau, J., 286 e n. Andreotti, R, 1.51 n. Arce,J., 203 n, 613,614 n, 616 n, 624 e n, 628 n, 633 e n, 642 n. Archi, G. G., .598 n. Ariès, P., roo6 n. Armstrong, A. H., 879 n, 883 n. Arnaldez, R, 4.51 n. Arnaldi, G., 696 n. Arnheim, M. T. W., 6.52 n, 8o8 n. Arthur, P., 6o n. Asche, U., 487 n. Ashbrook Harvey, S., 1008 n. Ashby, Th., 691 n. Ausbiictel, F. M., 2J8 n. Austin, N. J. E., 148 n.
Averincev, S., 88.5 n. Avery, W. T., 61.5 n. Babakos, A. M., 31 n. Babelon, E., 214 n. Babut, E.-Ch., 104 n, 718 n. Bachrach, B. S., 417 n. Bacht, H., 983 n. Backhaus, W., 8xr n. Baglivi, N., 214 n. Bagnali, R. S., 273 n, 274 n, 27.5 n, 276 n, 277 n, 286 e n, 293 n, 302 e n, 303 n, 3o6, 307 n, 3n e n, 312, 31.5, 316 e n, 7" n, 767 n, 786 e n. Baldacci, P., 2.56 n. Baldini, A., 676 n, 686 n, 687 n. Baldry, U. C., 446 n. Baldus, H. R, 178 n. Balsdon, J. P., 662 n. Balcy, J.-Ch., 1.5 n, 89 n, 9.5 n, 99 n, 130 n. Balzarini, M., 43 n. Baratte, F., 304 n, 771 n. Barbieri, G., .5.5 n, 1.59 n, 164 n, 166 n, 169 n, 17° n, 194n. Bardy, G., 98.5 n. Barker, G. W. W., 38.5 n. Barnea, I., 408 n. Bacnes, T. D., 64 n, IIJ n, II7 n, 122 n, 139 n, 1-'1 n, 1.58 n, I .59 n, r69 n, r81 n, 182 n, 183 n, n~, 217 n, 218 n, 224 n, 22.5 n, 228 n, 232 n, 2.33 n' 237 n, 241 n, 242 n, 243 n, 244 n, 24.5 n, 2..59 ' .528 n, 694 n, 734 n, 998 n. Barnish, S., 61 n. Barone-Adesi, G., ro n. Barcandon,J.·N., 269 n, 274n, 302 n, 3o4n, .5 14n. Bartholomew, P., 383 n, 387 n, 1012 n. Bartoli, A., 689 n, 691 n. Bastiaensen, A. A. R., 364 n. 3 Bastien, P., 178 n, 179 n, r86 n, 203 n, 269 n, 2. 7 n, 303 n, 304 n, 499 n, 754 n. Baumstark, A., 97.5 n. Baur, C., 86.5 n. Bauzou, T., 122 n. Baynes, N. H., 730 n, 99 2 n.
Autori moderni e altri nomi non antichi Beard, M., 33 n. Bearzot, C., "6 n. Beaudouin, E., 810 n. Beaujard, B., 201 n. Beaumont-Maillé, L., 869 n. Beck, H. G., 730, 743 e n, 748 n, 88o n, 976 n. Behrends, 0., un. Bejor, G., 821 n. Bell, D. N., 886 n. Bell, H. 1., 139 n. Belloni, G., 353 n, 36o n. Beltran Uoris, F., 20 n. Benabou, M., 97 n, 177 n. Benito Ruano, E., 444 n. Béranger, J., 59 n, 647 n, 746 n. Bernard, E., 453 n, 458 n. Bernhardt, M., 744 n. Bernhardt, R, 25 n, 40 n. Bernhardy, G., 483 n. Bersanetti, M., 157 n., 158 n. Bertolini, 0., 693 n. Bertrand-Dagenbach, C., 259 n. Berve, H., 181 n. Bianchetti, S., 449 n, 451 n, 479 n. Bianchi-Bandinelli, R., 630 e n. Bianchi Fossati Vanzetti, M., 793 n. Bickerman, E.}., 229 n, 736 n. Bidez, J., no n. Biemacka-Lubanska, M., Ilo n. Bie?\lriska-Matowisl, I., 35 n, 36 n. Birley, A. R, 13 n, 91 n, 135 n, 159 n, r82 n. Birley, E., 86 n, 88 n, 91 n, 100 n, 164 n. Biro-Sey, K., 499 n. Biscardi, A., 37 n. Biscoff, B., 535 n. Bishop, M. C., 99 n, 147 n, 319 n. Bivona, L., 66 n. Bleicken, J., 41 n, 42 n, 61.5 e n. Bloch, H., 667 n. Bloch, M., 8o:z e n, 842 n. Blockley, R C., 381 n, 666 n. Blumenthal, H. J., 544 n. Boak,J., 767. Boatwright, M. T., 17 n, H n. Boehner, K., 497 n, 498 n. Boer, W. W., 48o n. Bogaers, J. E., 396 n. Boila, A., 21 n. Bolgiani, F., 620 n, 664 n. Bolin, S., 267 n, 275 n, 314 n, 500 e n. Bonamente, G., 54 n, 143 n, 616 n, 785 n. Bonello Lai, M., 53 n, 55 n. ionfante, P., 793 n. Bonnard, G. A., 889 n. Banner, G., 1001 n. Borghesi, B., 59 n, 63 n. Bori, C., 367 n, 448 n.
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Borius, R., 871 n. Borkowski, Z., 774 n. Bouget, P., 462 n. Boulnois, L., 502 n, 503 n, 504 n, 520 n, 522 n. Bourdieu, P., 88o n. Bourgeois, A., 450 n. Bove, L., 25 n. Bowersock, G. W., 16 n, 184 n, 190 n, 229 e n, 230 n, 361 n, 378 n, 46o n, 482 n, 529 n, 535 n, 537 n, 538 n, 544, 547 n, 889 n, 891 e n, 975 n, 1002 D. Bowie, E. L., 482 n. Bowman, A. K., u6 n, 767 n, 768 n. Braemer, F., 498 n. Brandt, H., 6,58 n, 785 n. Braun, G., 737 n. Bravo, G., 615 e n, 6r6. Breeze, D.}., 91 n, 390 n, 41' n. Bregman, }., 998 n. Bréhier, L., 738 e n, 747 n, 749 n. Brennan, P., 121 n, 40.1 n. Brenot, C., 269 n, 747 e n. Bretone, M., 43 n. Brind'amour, P., 662 n. Brock, S., 975 n, 978 n, 1008 n. Brown, P., 546, 547 n, 624 n, 654 n, 655 n, 66r n, 664 n, 675 n, 678 e n, 693 n, 831 n, 833 n, 857 n, 882 n, 976, 977 e n, 980 n, 987 n, 992 n, 993 n, 996 n, 1oo6 n. Browning, R., 975 n. Bruggisser, P., 6~4 n. Brulet, R., 393 n, 397 n. Brummer, G., 675 n. Brunt, P. A.,107 n, 2" n, 254 n, 258 n, 289 n, 294 n, 301 n. Bruun, P. M., n6 n, 218 n, 747 n. Bi.icheler, F., 46o n. Buchheit, V., 227 n. Bunbury, E. H., 456 n, 470 n. Burckhardt,J., 223 e n, 231, 232 n, 732 n, 738 e n. Burdese, A., 43 n. Bury,}. B., 386 n, 998 n, 1000 n. Buttrey, T. V., 266 n. Cacitti, R., 687 n. Caes, X., 734 n. Cagnat, R., 384 n, 387 n. Cagnetta, M., 452 n. Calderone, S., 242 n, 617 n, 652 n, 686 n, 727 n, 732 n, 744 n, 810 n, 840 n. Calies, H., 105 n, 437 n. Callu,J.-P., 96 n, 166 n, 176 n, 177 n, 19r n, 261 n, 262 n, 264 n, 267 n, .168 n, 269 n, 271 n, 274 n, 275 n, 276 n, 280 n, .181 n, 291 n, 302 n, 303 n, 304 n, 3II, 312 n, 316 n, " ' n, 444 n, 466 n, 470 n, 646 n, 657 n, 659 n, 754, 755 n, n6 e n, 759 e n, 769 n, 776 n, 777 n, 781 n, 784 n, 837 n.
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Autori moderni e altri nomi non antichi
Cambiano, G., un. Cameron, A., Il4 n, 4o6 n, 5n n, 644 e n, 66o n, 662 n, 663 n, 666 n, 667 n, 672 n, 695 n, 785 n, 837 n, 890 e n, 993 n, 994 n, 996 n, 997 n, 998 n, 1000 n, 1001 n, 1007 n, 1012 n. Camodeca, G., 22 n, 55 n, 117 n. Campbell,]. B., 20 n, n3 n. Camps, G., 414 n. Canfora, L., 190 n, 452 n, 567 n. Canivet, P., 873 n. Cannistraro, Ph. V., 452 n. Cantineau, ]., 183 n, 184 n. Canto, A. M., 18 n. Capogrossi Colognesi, L., 67 n, 8o9 e. n, 810 n, 812 n, 813 n, 819 n. Caquot, A., 457 n. Carandini, A., 664 n, 771 n, 810 n, 813 n, 817 n, 837 n, 840 n, 1012 n. Carbonell, Ch.-0., 446 n. Carcopino, ]., 644 n, 661 n, 716. Cardascia, G., 658 n. Cardini, F., 562 n. Carignani, A., 1004 n. Carrié,J.-M., 86 n, zoo n, 101 n, 1o4n, 107 n, 108 n, 109 n, II4 n, n6 n, 12 3 n, u8 n, 130 n, I 37 n, 138 n, 139 n, 140 n, 141 n, 145 n, 147 n, 150 n, 151 n, 152 n, 248 n, 253 n, 254 n, 271 n, 282 n, 288 n, 292 n, 293 n, 299 n, 305 n, 308 n, 309 n, 310 n, 314 n, 316 n, 322 n, 652 n, 755 n, 757 n, 761 n, 761 n, 765 n, 767 n, 771 n, 784 n, 790 n, 796 n, 799 n, 801 n, 8o2 n, 803 n, 8o4, 820 n, 827 n, 828 n, 834 n, 1005 n, 1010 n. Carson, R A. G., 189 n, 266 n, 168 n, 184 n. Carter, M. L., 505 n. Cary, G., 456 n. Cary, M., 470 n. Casanova, G.,148 n. Casavola, F., 8 n, 36 n. Casey, P.]., 153 n, 390 n, 415 n, 416 n. Caspar, E., 713·n. Cassola, F., 51 n, 87 n, 352 n. Casson, L., 517 n. Castagnoli, F., 689 n 6 n 90 Cast~~na, E., 645 n, ,646 n, -647 n, 648 n. Castntms, H., 233 n, 239 n, 245 n. Cavallaro, M. A., 66 3 n, 664 n. Cavaliera, F., 857 n. Cavallo, G., 313 n. Ceausescu, P., 726 n. Centanni, M., 454 n. Cérati~ A., 254 n, 293 n, 294 e n, 295 n. Cerulli, E., 449 n, 450 n, 454 n, 45 8 n. Cesa, M ., 672 n. Ceva, M., 700 n. Chabod, F., 352 n, 367 n · Chadwick, H., 672 n Chambers, M., :z 49 r{, 857 n.
Champlin, E., 56 n. Chantraine, H., 238 n. Charlesworth, M. P., 475 n. Chastagnol, A., 18 n, 59 n, 6o n, 63 n, 64 n, 65 n, 67 n, 68 n, 126 n, 164 n, 194 n, 195 n, 203 n, 2o6 n, 214 n, 217 n, 218 n, 221, 249 n, 250 n, 293 n, 294 n, 295 n, 296 n, 299 n, 556 n, 6r 5 e n, 644 n, 648 n, 649 n, 6:Jo n, 66o n, 66r n, 662 n, 663 n, 670 n, 671 e n, 675 n, 731 n, 734 n, 763 n, 995 n. Chaumont, M. L., 167 n, 178 n, r8o n. Chesnut, G., 999 n. Chiarini, P., 7J2 n. Chic Garcia, G., 256 n. Christensen, A. S., 232 n. Christensen, T. , 244 n. Christides, V., 459 n, 513 n. Christie, N., 120 n, 375 n. Christol, M., 17 n, 19 n, 53 n, 55 n, 58 n, 62 n, 63 n, 93, 95 e n, 96 n, 97 n, 101 e n, 102 n, 104 n, 1o6 e n, 109 n, 127 n, 175 n, 176 n, 177 n, 179 n, 182 n, 185 n, 186 n, 261 n, 281 n, 284 n, 650 n, 652 n. Chrysos, E., 564 n, 6n n. Chrysostomides, ]., 1007 n. Chuvin, P., 1002 n. Cimma, M. R, 47 n, 258 Clark, E. A., 996 n. Clarke, G. W., 158 n, 172 n, 173 n. Claudel, P., 857. Clausing, R., 790 e n, 797 n, 820 n. Clavel-Leveque, M., 661 n. Clemente, G., 152 n, 631 n, 650 n, 652 n, 659 n, 670 n, 837 n. Clover, F. M., 46o n, 666 n. Coarelli, F., 56 n, 6o n, :z37 n. Cochrante, Ch. N., 855 n. Coédès, G., 477 n. Cohen, H., 744 n. Coleman Norton, P. R, 483 n. Coles, R, 312 n. Colin, ]., 25 n. Collinet, P., 8oo n, 1003 n. Colonna, A., 478 n. Colami, V., 978 n. Conca, F., II) n. Condurachi, E., 21 n. Consolino, F. E., 895 n, 996 n, 1000 n, 1014 n. Conte, F., 352 n. Conticello de' Spagnolis, M., 53 n. Conti Rossini, C., 457 n. Conybeare, F. C., 447 n. Cape, L. H., 267 n. Corbellini, C., 364 n. Corbier, M., 53 n, 54 n, 55 n, 67 n, 100 n, 253 n, 273 n, :z81 n, z87n, 314n, 315en, 3~on, 779n. Cardano, F., 353 n. Cornell, T.]., 723 n.
n.
Autori moderni e altri nomi non antichi Corsaro, F., 644 n. Costanza, S., 872 n. Coulston, J. C., 99 n, 147 n, 319 n. Cource!Je, P., 440 n, 679 n, 867 n, 985 n, 999 n. CourtOIS, C., 386 n, 388 n, 414 n, 871 n, 1012 n, Cracc:o, G., 61 n, 77.5 n. Crac:c:o Ruggini, L., 61 n, 66 n, 142 n, 219 n, 253 n, 351 n, 355 n, 356 n, 357 n, 3.59 n, 36o n, 361 n, 362 n, 363 n, 36.5 n, 425 n, 439 n, 447 n, 44S n, 4.50 n, 451 n, 454 n, 456 n, 4.57 n, 4.58 n, 459 n, 46o n, 461 n, 462 n, 463 n, 464 n, 466 n, 468 n, 469 n, 472 n, 481 n, 48