Spazi topologici, metrici e di Alexandroff 9788893854030

La topologia è quell'area della matematica che studia le proprietà degli oggetti geometrici che sono preservate in

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Spazi topologici, metrici e di Alexandroff
 9788893854030

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Francesco D’Andrea Luciano A. Lomonaco

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

ISBN 978-88-9385-403-0

©

Copyright 2023 Societa` Editrice Esculapio s.r.l. Via Terracini, 30 - 40131 Bologna www.editrice-esculapio.com - [email protected]

Impaginazione: Carlotta Lenzi Layout Copertina: Carlotta Lenzi Stampato da: Digital Team - Fano (PU) Printed in Italy

Le fotocopie per uso personale (cio`e privato e individuale, con esclusione quindi di strumenti di uso collettivo) possono essere effettuate, nei limiti del 15% di ciascun volume, dietro pagamento alla S.I.A.E del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Tali fotocopie possono essere effettuate negli esercizi commerciali convenzionati S.I.A.E. o con altre modalita` indicate da S.I.A.E. Per le riproduzioni ad uso non personale (ad esempio: professionale, economico o commerciale, strumenti di studio collettivi, come dispense e simili) l’editore potra` concedere a pagamento l’autorizzazione a riprodurre un numero di pagine non superiore al 15% delle pagine del volume. CLEARedi - Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali Corso di Porta Romana, n. 108 - 20122 Milano e-mail: [email protected] - sito: http://www.clearedi.org.

Prefazione Gli argomenti trattati in questo libro includono una breve introduzione alla topologia generale, accessibile anche a studenti di corsi di laurea diversi da quello in matematica. Il testo e` strutturato come segue. Nel Capitolo 1 e nel Capitolo 2 introduciamo le nozioni di base di topologia generale, fornendo numerosi esempi di spazi topologici e discutendo delle proprieta` di compattezza e connessione, di sottospazi e di spazi quoziente, degli assiomi di se` e infine delle nozioni di paracompattezza e partizione parazione e di numerabilita, ` Questo materiale potrebbe essere trattato in un corso di base di topolodell’unita. gia (60 ore) e sarebbe utile a quegli studenti di corsi di laurea scientifici diversi dal corso di laurea in matematica (ad esempio informatica, fisica, ingegneria) desiderosi di studiare questioni legate alla geometria differenziale, o ad altri argomenti di matematica piu` avanzati. I capitoli seguenti indicano vari possibili contesti in cui la topologia generale pu`o essere applicata. Piu` in dettaglio, nel Capitolo 3 diamo alcuni cenni su topologie di spazi di funzioni e introduciamo le nozioni di omotopia e gruppo fondamentale, in vista di un successivo studio della topologia algebrica. Il Capitolo 4 e` dedicato agli spazi metrici e pseudometrici, agli spazi normati e alla questione del completamento di uno spazio metrico. Il Capitolo 5 tratta degli spazi di Alexandroff e del loro legame con le relazioni d’ordine, pervenendo ad una classificazione degli spazi topologici finiti. La scelta degli argomenti di quest’ultimo capitolo e` dettata, oltre che dal gusto personale degli autori, dal fatto che tali argomenti sono di non facile reperibilita` in letteratura. In tutto il libro useremo, a volte tacitamente, l’assioma della scelta. Utilizzeremo inoltre i seguenti simboli standard: N per l’insieme dei numeri naturali (incluso lo 0), Z per gli interi, Q per i razionali, R per i reali, C per i complessi; indicheremo con Z+ gli interi positivi, con R+ i reali positivi, con R+ 0 i reali non negativi; indicheremo a volte con I l’intervallo chiuso [0, 1]; indicheremo con Rn l’insieme delle n-uple di numeri reali, con Sn−1 la (n − 1)-sfera unitaria e con Bnr (x) la palla aperta in Rn di centro x e raggio r; se X e` un insieme, indicheremo con il simbolo P(X) il corrispondente insieme delle parti; se Y ∈ P(X), ovvero Y ⊆ X, diremo che Y e` una parte propria (o sottoinsieme proprio) di X se Y = X, e scriveremo Y ⊂ X. Ringraziamo gli amici e colleghi Anna De Simone e Maurizio Brunetti per le loro osservazioni su una prima bozza di questo libro.

Francesco D’Andrea e Luciano A. Lomonaco

Indice 1 Spazi topologici 1.1 Topologie su un insieme . . . . 1.2 Successioni e funzioni continue 1.3 Connessione . . . . . . . . . . . 1.4 Compattezza . . . . . . . . . . . 1.5 Quozienti . . . . . . . . . . . . .

1 . . . . .

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2 Ulteriori proprieta` topologiche 2.1 Assiomi di separazione . . . . . . . . . . 2.2 Assiomi di numerabilita` . . . . . . . . . 2.3 Compattificazione a un punto . . . . . . 2.4 Caratterizzazione degli spazi normali . 2.5 Paracompattezza e partizioni dell’unita`

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1 10 18 23 26

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31 31 37 41 45 50

3 Spazi di funzioni e gruppo fondamentale 3.1 Topologia compatta-aperta e topologia puntuale . 3.2 Spazi di funzioni e omotopie . . . . . . . . . . . . . 3.3 Il gruppo fondamentale di uno spazio topologico . 3.4 Alcuni esempi di calcolo del gruppo fondamentale

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57 57 62 64 69

4 Spazi metrici e normati 4.1 Spazi metrici e topologia indotta . . . . . 4.2 Spazi vettoriali normati e prodotti scalari 4.3 Proprieta` degli spazi pseudo-metrici . . . 4.4 Successioni di Cauchy . . . . . . . . . . . 4.5 Completamento di uno spazio metrico . .

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75 75 79 85 89 95

5 Insiemi parzialmente ordinati 5.1 Spazi di Alexandroff . . . . . . . . . . . . . . 5.2 Dagli spazi topologici alle relazioni d’ordine . 5.3 Connessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.4 Successioni, funzioni continue e omotopie . . 5.5 Diagrammi di Hasse . . . . . . . . . . . . . . 5.6 Classificazione di spazi topologici finiti . . .

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101 101 104 107 108 113 116

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Soluzioni degli esercizi

123

Indice analitico

137

Bibliografia

140

1 Spazi topologici In questo primo capitolo introdurremo alcune nozioni di base di topologia: spiegheremo cosa e` uno spazio topologico e ne illustreremo alcune proprieta` elementari. Per cominciare, richiamiamo alcune nozioni di teoria degli insiemi. Se f : A → B e` una funzione fra due insiemi qualsiasi e U ⊆ B, chiamiamo preimmagine di U tramite f l’insieme:   f −1 (U ) := a ∈ A : f (a) ∈ U . Notiamo che: 1) la definizione ha senso anche quando f non e` invertibile e quando U non e` un sottoinsieme dell’immagine di f ; 2) f (f −1 (U )) = U ∩ f (A); 3) per ogni V ⊆ A si ha f −1 (f (V )) ⊇ V . L’insieme V si dice saturato se f −1 (f (V )) = V . Useremo il termine punto per riferirci indistintamente ad un elemento p di un insieme (tipicamente uno spazio topologico) o ad un singoletto {p}, lasciando capire dal contesto di quale dei due si tratti. Se p ∈ S, in luogo di p “appartiene” ad S diremo, talvolta, che p “`e contenuto” in S. Se U = {p}, scriveremo f −1 (p) in luogo di f −1 ({p}) e chiameremo tale insieme fibra di f su p.

1.1

Topologie su un insieme

Definizione 1.1. Una topologia su un insieme X e` una collezione T di sottoinsiemi di X, detti insiemi aperti, soddisfacente le seguenti condizioni: (A1 ) X e ∅ sono aperti; (A2 ) l’unione di una qualsiasi famiglia di aperti e` un aperto; (A3 ) l’intersezione di una qualsiasi famiglia finita di aperti e` un aperto. Osserviamo che in (A2 ) la famiglia di aperti considerata e` completamente arbitraria, non necessariamente finita o numerabile, mentre in (A3 ) e` finita. Le condizioni (A1 –A3 ) sono anche dette assiomi per gli aperti. La coppia (X, T ) e` detta spazio topologico. Spesso ometteremo di indicare il simbolo T quando e` chiaro dal contesto di che topologia si sta parlando, e diremo semplicemente “lo spazio topologico X. . . ”. Se T  , T  sono due topologie su X e T  ⊆ T  , diremo che T  e` meno fine di T  (o che T  e` piu` fine di T  ).

2

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Esempio 1.2. (1) Topologia banale e discreta. Su qualsiasi insieme X si pu`o definire una topologia, detta banale, ponendo T := {∅, X} e una topologia, detta discreta, ponendo T := {A : A ⊆ X} = P(X) (tutti i sottoinsiemi sono aperti). Nel primo caso diremo che X e` uno spazio banale, nel secondo che X e` uno spazio discreto. Se X e` l’insieme vuoto o un singoletto, esiste un’unica topologia su X; se X ha almeno ` chiaro che la due elementi, topologia banale e discreta su X sono distinte. E topologia banale e` meno fine di ogni altra topologia e che la topologia discreta e` piu` fine di ogni altra topologia. (2) Topologia con tre aperti. Sia X un insieme di cardinalita` almeno 2, e sia Y una parte propria non vuota di X. Allora la collezione T = {X, ∅, Y } e` una topologia. (3) Sia X un insieme qualsiasi ed F una parte finita totalmente ordinata di P(X) (rispetto all’inclusione). Allora T = F ∪ {X, ∅} e` una topologia. Una illustrazione e` in Fig. 1.1.

X

A2

A3

··

·

Aq

A1

Figura 1.1: Esempio 1.2(3). (4) Topologia cofinita. Sia T la collezione costituita da ∅ e da tutti i sottoinsiemi Y ` agevole verificare che T e` una di X tali che X  Y risulti di cardinalita` finita. E topologia su X. (5) Topologia conumerabile. Sia T la collezione costituita da ∅ e da tutti i sottoin` agevole siemi Y di X tali che X  Y risulti di cardinalita` finita o numerabile. E verificare che T e` una topologia su X. Osserviamo che in questo esempio accade che una intersezione numerabile di aperti e` ancora un aperto. ♦ Sia S un sottoinsieme di uno spazio topologico X e p ∈ X. Se esiste A ⊆ X aperto tale che p ∈ A ⊆ S, chiameremo p punto interno di S, ed S intorno di p. L’insieme di

1. Spazi topologici

3

˚ o Int(S). Osserviamo tutti i punti interni di S e` detto il suo interno e si indica con S che un intorno aperto di p e` semplicemente un insieme aperto contenente p. ˚ e` l’unione di tutti gli aperti contenuti Esercizio 1.3. Sia S ⊆ X. Dimostrare che S ˚ = S. in S, e in particolare S e` aperto se e solo se S Definizione 1.4. Dato uno spazio topologico X e un punto p ∈ X, una collezione N (p) di intorni di p e` detta base locale o sistema fondamentale di intorni in p se per ogni intorno A di p esiste U ∈ N (p) tale che U ⊆ A. In particolare, la collezione degli intorni aperti di un punto p e` una base locale in p. ` Un insieme C ⊆ X e` detto chiuso se il suo complementare X  C e` un aperto. E chiaro che la collezione C di chiusi soddisfa le seguenti condizioni: (C1 ) X e ∅ sono chiusi; (C2 ) l’intersezione di una qualsiasi famiglia di chiusi e` un chiuso; (C3 ) l’unione di una qualsiasi famiglia finita di chiusi e` un chiuso. Tali condizioni sono note come assiomi per i chiusi per la topologia di X. Se X e` un insieme e C e` una collezione di parti di X per cui sono verificate le condizioni (C1 –C3 ), esiste un’unica topologia T di X che ammette C come famiglia di chiusi. Gli elementi di T saranno infatti i complementari degli elementi di C. La chiusura di un insieme S ⊆ X, indicata con S, e` per definizione l’intersezione di tutti gli insiemi chiusi di X contenenti S, ed e` quindi sempre un chiuso. Un punto p ∈ X si dice esterno ad S se appartiene al complementare di S. Chiamiamo frontiera ˚ I o bordo di S, indicato con ∂S, la sua chiusura meno il suo interno, ∂S = S  S. punti di ∂S sono detti punti di frontiera di S (un punto e` quindi di frontiera se non e` n´e interno n´e esterno). Per finire, p ∈ X e` detto punto isolato di S se p ∈ S ed esiste un intorno U di p che non ha altri punti in comune con S oltre a p stesso. Esercizio 1.5. Sia S ⊆ X e p ∈ X. Verificare che: (1) l’interno di X  S e` l’insieme X  S (il complementare trasforma l’operatore di chiusura in quello di interno). (2) Il punto p e` esterno ad S se e solo se esiste un intorno di p che ha intersezione vuota con S. (3) p e` un punto di frontiera di S se e solo se ogni suo intorno contiene almeno un punto appartenente ad S e uno non appartenente ad S. Una illustrazione di queste nozioni e` in Fig. 1.2: qui vediamo un sottoinsieme S di uno spazio topologico X e tre punti, un punto interno x, un punto di frontiera y, e un punto z che e` esterno se z ∈ / S e isolato se z ∈ S.

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Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

X

z x

S

y

Figura 1.2: Punti interni, esterni/isolati e di frontiera di un insieme. Esercizio 1.6. Sia X uno spazio topologico e A, B ⊆ X. Provare che: ˚⊆ B ˚ e A ⊆ B. (1) Se A ⊆ B, allora A (2) Per ogni U ⊆ X aperto, si ha U ⊆ Int(U ). (3) Per ogni C ⊆ X chiuso, si ha Int(C) ⊆ C. Dare un esempio di: (4) insieme U aperto tale che Int(U ) = U ; (5) insieme C chiuso tale che Int(C) = C. Una collezione U = {Uα }α∈A di sottoinsiemi di un insieme X e` detta ricoprimento   di X se per ogni p ∈ X esiste U ∈ U tale che p ∈ U (ovvero, U ∈U U = α∈A Uα = X); nel caso particolare in cui X e` uno spazio topologico e U una collezione di aperti/chiusi, parleremo di ricoprimento aperto/chiuso. Un sottoricoprimento U  di U e` un ricoprimento formato da una sottofamiglia di insiemi di U . Dati due ricoprimenti U e W, diciamo che W e` un raffinamento di U se per ogni W ∈ W esiste U ∈ U tale che W ⊆ U (parleremo di raffinamento aperto se X e` uno spazio topologico e W e` formato da insiemi aperti). Infine, diremo che la collezione U e` localmente finita se per ogni p ∈ X esiste un intorno di p che ha intersezione non vuota con al piu` un numero finito di elementi di U . Si deduce che se U e` un ricoprimento di X localmente finito, ogni punto di X appartiene solo ad un numero finito di elementi di U . Le collezioni localmente finite di sottoinsiemi di uno spazio topologico soddisfano la ` seguente utile proprieta. Proposizione 1.7. Sia U = {Uα }α∈A una collezione localmente finita di sottoinsiemi di uno spazio topologico X. Allora  α∈A

Uα =



Uα .

α∈A

 Se in aggiunta gli insiemi Uα sono chiusi, avremo che α∈A Uα e` anch’esso un chiuso (anche se A non e` finito). Osserviamo che l’insieme di indici A pu`o anche

1. Spazi topologici

5

essere vuoto (unione vuota): in questo caso per convenzione l’unione e` l’insieme vuoto. Dimostrazione. Per ogni α, dall’inclusione Uα ⊆  segue che Uα ⊆ α∈A Uα e quindi  α∈A

Uα ⊆



 α∈A

Uα e dall’Esercizio 1.6(1)

Uα .

α∈A

Tale inclusione e` valida per qualsiasi famiglia di insiemi. Verifichiamo ora che per una famiglia localmente finita questa inclusione e` una uguaglianza. E’ sufficiente   mostrare che l’insieme α∈A Uα e` chiuso (e siccome contiene l’insieme α∈A Uα , di conseguenza deve contenere anche la sua chiusura).  Sia p ∈ / α∈A Uα . Siccome la famiglia e` localmente finita, esiste un intorno V di p, che possiamo scegliere aperto, che interseca solo un numero finito di insiemi della famiglia, diciamo Uα1 , Uα2 , . . . , Uαn . L’insieme V  := V 



  U α = V  U α1 ∪ U α2 ∪ . . . ∪ U αn

α∈A

e` un intorno aperto di p ed e` contenuto nel complementare di rieta` di p segue che tale complementare e` aperto.

 α∈A

Uα . Dall’arbitra

Definizione 1.8. Una collezione B di aperti di uno spazio topologico X e` detta base della topologia se ogni aperto di X e` unione di una qualche collezione di elementi di B (in particolare, ogni base e` un ricoprimento aperto). Lemma 1.9. Sia X un insieme qualsiasi e B un suo ricoprimento. Se: ∀ B 1 , B2 ∈ B e ∀ p ∈ B 1 ∩ B 2 ∃ B 3 ∈ B : p ∈ B 3 ⊆ B 1 ∩ B 2 ,

(1.1)

allora la famiglia di insiemi B e` una base di una topologia su X, definita dichiarando aperti tutti quei sottoinsiemi unione di elementi di B (insieme vuoto incluso). Dimostrazione. Sia T la collezione dei sottoinsiemi di X che sono unione di insiemi di B. Bisogna verificare che una intersezione finita di elementi di T appartiene ancora a T . E’ sufficiente fare la prova nel caso di due insiemi U, V ∈ T (l’affermazione generale segue poi per induzione). Sia p ∈ U ∩ V . Per ipotesi esistono B1 , B2 ∈ B tali che p ∈ B1 ⊆ U e p ∈ B2 ⊆ V (siccome U e V sono, per costruzione, unioni di insiemi di B). Da (1.1) segue che esiste B3 ∈ B tale che p ∈ B3 ⊆ U ∩ V . La situazione e` illustrata in Figura 1.3. Per ogni p ∈ U ∩ V possiamo quindi trovare Bp ∈ B tale che p ∈ Bp ⊆ U ∩ V , da   cui U ∩ V = p∈U ∩V Bp ∈ T .

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Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

B3 U

V B1

p

B2

Figura 1.3: Prova del Lemma 1.9.

` agevole verificare che se B e` una base di X, per ogni x ∈ X Osservazione 1.10. E   la famiglia N (x) := U ∈ B : x ∈ U e` una base locale in x e che B soddisfa la condizione (1.1).

Risulta talvolta utile la seguente ulteriore nozione. Definizione 1.11. Una collezione S di aperti di uno spazio topologico X e` detta sottobase, o prebase, della topologia se ogni aperto di X e` unione (arbitraria) di intersezioni finite di elementi di S (in particolare, ogni sottobase e` un ricoprimento aperto).

Gli aperti che si ottengono come intersezioni finite di elementi di una sottobase costituiscono una base per la topologia di X. Osserviamo che se S e` un ricoprimento di un insieme X, esiste un’unica topologia su X che ammette S come sottobase. Definizione 1.12. Siano v := (v1 , . . . , vn ) e w := (w1 , . . . , wn ) ∈ Rn , n ≥ 1. Il prodotto scalare canonico dei vettori v, w di Rn , denotato con il simbolo v, w , e la norma euclidea di un vettore v, denotata con il simbolo v , sono dati da: v, w := v1 w1 + v2 w2 + . . . + vn wn ,  v := (v1 )2 + (v2 )2 + . . . + (vn )2 . Indichiamo con Bnr (x) la n-palla (aperta) di centro x ∈ Rn e raggio r > 0:   Bnr (x) := p ∈ Rn : p − x < r .

1. Spazi topologici

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B2r (x) r x2

x1

Figura 1.4: 2-palla aperta di centro x = (x1 , x2 ) = (6, 2) e raggio r = 3. Esempio 1.13. Un possibile modo di definire una topologia, detta canonica, in Rn e` il seguente. Consideriamo l’insieme B di tutte le n-palle aperte di centro e raggio razionali:   (1.2) B := Bnr (x) : r ∈ Q, r > 0, x ∈ Qn Evidentemente B e` un ricoprimento e la condizione (1.1) e` soddisfatta. Possiamo quindi considerare la topologia (unica) su Rn che ammette B come base. Questa e` la topologia canonica, o anche naturale, su Rn . Gli aperti di tale topologia sono quindi tutti i sottoinsiemi di Rn che si possono ottenere come unione di n-palle aperte. ♦ Ogni volta che parleremo di Rn senza specificare la topologia, intenderemo tacitamente che la topologia considerata e` quella canonica. Esercizio 1.14. Verificare che: (i) la collezione (1.2) soddisfa (1.1); (ii) per ogni x ∈ Rn (n ≥ 1) ed r reale positivo, Bnr (x) e` aperta;   (iii) la sua chiusura in Rn e` data da: Bnr (x) = p ∈ Rn : p − x ≤ r . Esempio 1.15. Nel caso n = 1 abbiamo che gli intervalli aperti costituiscono una base per la topologia canonica di R1 = R, e le semirette sinistre e destre aperte ne costituiscono una sottobase. ♦ Uno spazio topologico si dice a base numerabile se esiste una base della topologia che sia finita o al piu` infinita numerabile. Gli spazi euclidei sono a base numerabile. Esempio 1.16 (Spazio prodotto, caso finito). Siano X1 , . . . , Xk degli spazi topologici, e poniamo X = X1 × · · · × Xk . Consideriamo la collezione B costituita da tutti ` i sottoinsiemi di X del tipo U1 × · · · × Uk , dove Ui e` aperto in Xi , per ogni i. E

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Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

agevole verificare che B e` un ricoprimento di X e che la condizione (1.1) e` soddisfatta. Pertanto esiste un’unica topologia T su X che ammette B come base. Essa e` nota come topologia prodotto. Un’ulteriore base B  di tale topologia si pu`o ottenere come segue. Scelta, per ogni i, una base Bi per la topologia di Xi , si considerano tutti i ` chiaro, pertanto, sottoinsiemi di X del tipo B1 × · · · × Bk dove Bi ∈ Bi , per ogni i. E che un prodotto di spazi a base numerabile e` a base numerabile. ♦ Esempio 1.17 (Retta di Sorgenfrey). Forniremo ora un esempio di topologia su R distinta da quella canonica. Sia B la collezione di tutti gli intervalli chiusi a sinistra ` agevole e aperti a destra, ovvero del tipo [a, b[ , al variare di a, b ∈ R, con a < b. E verificare che tale collezione di sottoinsiemi soddisfa la condizione (1.1), e quindi esiste un’unica topologia che ammette B come base, che prende il nome di topologia di Sorgenfrey. Poich´e ogni intervallo aperto pu`o vedersi come unione di intervalli  chiusi a sinistra e aperti a destra, piu` precisamente ]a, b[ = c∈]a,b[ [c, b[, la topologia di Sorgenfrey risulta piu` fine di quella canonica. ♦ Esercizio 1.18. Verificare che la retta reale con la topologia di Sorgenfrey non e` a base numerabile. Definizione 1.19. Uno spazio topologico si dice spazio di Lindel¨of se da ogni suo ricoprimento aperto si pu`o estrarre un sottoricoprimento numerabile. Proposizione 1.20. Ogni spazio a base numerabile e` di Lindel¨of. Dimostrazione. Sia X uno spazio a base numerabile, B una base numerabile e U un ricoprimento aperto di X. Sia B  ⊆ B l’insieme degli aperti B ∈ B tali che B ⊆ U per qualche U in U . Per ogni B ∈ B  si scelga un elemento UB ∈ U contenente B. La sottocollezione U  := {UB : B ∈ B  } ⊆ U e` numerabile: mostriamo che e` un ricoprimento. Ogni p ∈ X e` contenuto in un aperto U0 di U , e per definizione di base esiste B0 ∈ B tale che p ∈ B0 ⊆ U0 ; segue che B0 ∈ B  e p ∈ UB0 , come volevasi dimostrare.  Uno spazio di Lindel¨of non e` necessariamente a base numerabile. Un controesempio e` dato dalla retta di Sorgenfrey. Per i dettagli si pu`o vedere ad esempio [Eng89, Example 3.8.14]. Dato un sottoinsieme S ⊆ X di uno spazio topologico, la topologia di sottospazio su S si ottiene prendendo come aperti tutti gli insiemi della forma S ∩ U , con U aperto di X; fornito di tale topologia, S sara` detto sottospazio (topologico) di X. Un sottoinsieme U ⊆ S aperto/chiuso nella topologia di sottospazio e` detto, a volte, relativamente aperto/chiuso (per evitare confusione con gli aperti/chiusi di X). Chiaramente ogni aperto di X contenuto in S e` relativamente aperto. Esercizio 1.21. Provare che: (1) se S e` un sottoinsieme aperto di X, ogni insieme A ⊆ S relativamente aperto in S e` anche aperto in X; (2) se S e` un sottoinsieme chiuso di X, ogni insieme C ⊆ S relativamente chiuso in S e` anche chiuso in X.

1. Spazi topologici

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Un sottospazio S ⊆ X di uno spazio topologico a base numerabile e` esso stesso a   base numerabile (se B una base numerabile per la topologia di X, B ∩ S : B ∈ B e` una base numerabile per la topologia di S). Definizione 1.22. Un sottoinsieme di Rn e` detto plurirettangolo se e` un prodotto cartesiano di intervalli aperti. Se a = (a1 , . . . , an ) e b = (b1 , . . . , bn ) sono due n-uple reali con ai < bi ∀ i = 1, . . . , n, indicheremo con R(a, b) il plurirettangolo: R(a, b) := ]a1 , b1 [ × ]a2 , b2 [ × . . . × ]an , bn [ .

b2 R(a, b) a2

a1

b1

Figura 1.5: Un (pluri)rettangolo. Esercizio 1.23. Mostrare che la topologia prodotto di Rn coincide con quella canonica dell’Esempio 1.13. Suggerimento: l’insieme di tutti i plurirettangoli di Rn e` una base della topologia prodotto. Concludiamo questa sezione con un ulteriore esempio di topologia su Rn , e piu` in generale su Kn , dove K e` un campo arbitrario. Esempio 1.24 (La topologia di Zariski). Sia K un campo e K[x1 , . . . , xn ] l’anello dei polinomi ad n ≥ 1 indeterminate su K. Se f ∈ K[x1 , . . . , xn ], utilizziamo lo stesso simbolo per indicare la funzione polinomiale associata f : Kn → K, e indichiamo con Vf ⊆ Kn l’insieme degli zeri di f : Vf :=



 y = (y1 , . . . , yn ) ∈ Kn f (y) = 0 .

(1.3)

Il sottoinsieme Vf , che pu`o anche essere vuoto, e` noto come insieme algebrico associato ad f . La collezione S dei sottoinsiemi che sono complementari di insiemi algebrici e` un ricoprimento di Kn , e quindi e` una sottobase di un’unica topologia, detta topologia di Zariski. In effetti, non e` difficile verificare (Esercizio 1.25.1) che i complementari degli insiemi algebrici (1.3) formano una base della topologia di Zariski. Di conseguenza, ogni aperto della topologia di Zariski e` unione di insiemi della forma Kn  Vf , e

10

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

quindi ogni chiuso ha la forma

  Vf , V (S) := y ∈ Kn f (y) = 0 ∀ f ∈ S = f ∈S

per un qualche sottoinsieme S ⊆ K[x1 , . . . , xn ] non-vuoto.



Esercizio 1.25. Verificare che: (1) I complementari degli insiemi algebrici (1.3) soddisfano la condizione (1.1). (2) La topologia canonica di Rn e` piu` fine di quella di Zariski. (3) Le palle aperte di Rn (Def. 1.12) non sono aperte nella topologia di Zariski (e le due topologie sono quindi differenti). Osservazione 1.26. Siccome un polinomio non-nullo in una singola variabile ha un numero finito di zeri, la topologia di Zariski su un campo K non e` altro che la topologia cofinita (Esempio 1.1(4)).

1.2

Successioni e funzioni continue

Una funzione f : X → Y fra due spazi topologici si dice continua se per ogni aperto ` agevole verificare che e` sufficiente U ⊆ Y , la preimmagine f −1 (U ) e` aperta in X. E che la preimmagine di ogni aperto di una base, o anche di una sottobase, sia un aperto, affinch´e una funzione sia continua. Notiamo che f −1 (Y  U ) = X  f −1 (U ); si pu`o quindi caratterizzare una funzione continua anche dicendo che la preimmagine di ogni insieme chiuso e` chiusa. Una funzione continua, biunivoca e con inversa continua e` detta omeomorfismo. Se esiste un omeomorfismo f : X → Y , diremo che X e Y sono omeomorfi ≈ e scriveremo X ≈ Y , o anche f : X −→ Y . Definizione 1.27. Una funzione f : X → Y fra due insiemi X e Y non vuoti si dice costante se f (p) = f (q) ∀ p, q ∈ X. Dati due spazi topologici X e Y qualsiasi: (a) l’applicazione identica IdX : X → X e` continua; (b) ogni funzione costante X → Y e` continua. (f −1 (U ) e` uguale a X o a ∅ a seconda che U contenga l’unico punto nell’immagine di f oppure no.) Evidentemente, la composizione di due funzioni continue (quando esiste) e` continua, e la relazione ≈ e` di equivalenza sugli spazi topologici. Esercizio 1.28. Siano X e Y due spazi topologici. Provare che: (1) se X e` uno spazio topologico discreto, ogni funzione X → Y e` continua; (2) se Y e` uno spazio topologico banale, ogni funzione X → Y e` continua.

1. Spazi topologici

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Esercizio 1.29. Siano X e Y due spazi topologici ed S ⊆ X un sottospazio. Provare che: (1) l’inclusione ıS : S → X (la restrizione ad S di IdX ) e` continua; (2) se f : X → Y e` continua, allora f |S : S → Y (la restrizione di f ad S) e` continua; (3) una funzione g : Y → S e` continua se e solo se la composizione ıS ◦ g : Y → X e` continua. Le proprieta` (2) e (3) dell’esercizio precedente ci dicono come si comporta una funzione continua se ne restringiamo dominio o codominio. Ci possiamo chiedere se la condizione in (2) e` anche necessaria, oltre che sufficiente. La risposta in generale e` negativa: la continuita` di f |S non implica la continuita` di f . Vale per`o il seguente risultato, che interpretiamo dicendo che la continuita` e` un concetto “locale” (o che ogni funzione “localmente continua” e` continua). Lemma 1.30. Sia f : X → Y una funzione fra spazi topologici. Se ogni p ∈ X ha un intorno aperto Up tale che f|Up e` continua, allora f e` continua. Dimostrazione. Siano p e Up come sopra. Per ogni A ⊆ Y aperto, (f|Up )−1 (A) = f −1 (A) ∩ Up e` relativamente aperto in Up , e quindi aperto in X (Up e` un sottoinsieme aperto). Siccome {Up : p ∈ X} e` un ricoprimento di X, da f −1 (A) =

 p∈X

f −1 (A) ∩ Up

deduciamo che f −1 (A) e` unione di aperti, quindi aperto in X.



In effetti, basterebbe dire che se U e` un ricoprimento aperto di X e la restrizione di f ad ogni elemento di U e` continua, allora f e` continua. Piu` in generale, vale il seguente lemma, che fornisce anche un modo per costruire una funzione continua su uno spazio topologico a partire da funzioni definite su opportuni sottospazi. Lemma 1.31 (di incollamento). Siano X e Y due insiemi non vuoti e sia U = {Uα }α∈A un ricoprimento di X. Sia inoltre {fα : Uα → Y }α∈A una famiglia di funzioni. Se per ogni β, γ ∈ A tali che Uβ ∩ Uγ = ∅ si ha fβ|Uβ ∩Uγ = fγ|Uβ ∩Uγ , allora esiste un’unica funzione f : X → Y tale che f|Uα = fα . Se in aggiunta X e Y sono spazi topologici, le funzioni fα sono continue e il ricoprimento U e` aperto, oppure e` chiuso e finito, allora anche f e` continua. Dimostrazione. La costruzione della funzione f e` semplice. Per ogni p ∈ X sia α ∈ A tale che p ∈ Uα . Poniamo allora f (p) := fα (p). La condizione di compatibilita` espressa nell’ipotesi ci assicura che tale posizione non e` ambigua, ed e` chiaro che e` l’unica possibile. Supponiamo ora che X e Y siano spazi topologici, e fα sia una funzione continua, per ogni α ∈ A. Sia U un ricoprimento aperto e sia V un aperto di Y . Allora fα−1 (V ) e` un aperto in Uα , che e` aperto in X. Quindi fα−1 (V ) e` un

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Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

 aperto in X. Inoltre f −1 (V ) = α∈A fα−1 (V ), e quindi f −1 (V ) e` un aperto di X. Un ragionamento analogo si pu`o fare se U e` un ricoprimento chiuso finito. In questo  caso si verifica che se V e` un chiuso in Y , anche f −1 (V ) e` un chiuso in X. Esempio 1.32. Consideriamo il sottospazio topologico [−1, 3] ⊂ R e il suo ricoprimento chiuso finito U = {Uα , Uβ , Uγ , Uδ }, dove Uα = [−1, 0], Uβ = [0, 1], Uγ = [1, 2], Uδ = [2, 3]. Definiamo le funzioni continue fα : Uα → R,

fβ : Uβ → R,

fγ : Uγ → R,

fδ : U δ → R

ponendo, al variare di x nei rispettivi domini, fα (x) =



1 − x2 , fβ (x) = 1 − x, fγ (x) = x − 1, fδ (x) =

 1 − (x − 2)2 .

` immediato verificare che siamo nelle ipotesi del lemma precedente, e le funzioni E fα , fβ , fγ , fδ ammettono un’unica estensione f : [−1, 3] → R, il cui grafico e` mostrato nella seguente figura 1.6. ♦



−1



0





1

2

3

Figura 1.6: Incollamento di funzioni. Si potrebbe mostrare che il lemma precedente e` valido anche nel caso in cui U sia un ricoprimento chiuso localmente finito. Esiste anche una definizione di continuita` puntuale, che pure esprime, in qual` che modo, il carattere locale della nozione di continuita. Definizione 1.33. Sia f : X → Y una funzione fra spazi topologici, e sia p ∈ X. Diremo che f e` continua in p se per ogni intorno V di f (p) in Y esiste un intorno U di p in X tale che f (U ) ⊆ V . La definizione precedente si pu`o riformulare anche dicendo che f e` continua in un punto p ∈ X se per ogni intorno V di f (p) in Y anche f −1 (V ) e` un intorno di p in X. In ogni caso, e` sufficiente che tale condizione sia soddisfatta per gli intorni aperti V di f (p) in Y , o anche per gli intorni V di f (p) in Y appartenenti ad una base locale di f (p).

1. Spazi topologici

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Esercizio 1.34. Sia f : X → Y una funzione fra spazi topologici. Si provi che f e` continua se, e solo se, essa e` continua in ogni punto di X. Nel caso di funzioni f : X → Rm con dominio un sottospazio X ⊆ Rn (m, n ≥ 1), la nozione di continuita` considerata finora e` equivalente alla nozione di continuita` sviluppata usualmente nei corsi di Analisi Matematica e ricordata nel seguito. Definizione 1.35. Sia f : X → Rm una funzione, dove X ⊆ Rn , e sia p ∈ X. Diremo che f e` (ε, δ)-continua in p se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che, per ogni q ∈ X tale che q − p < δ, si ha f (q) − f (p) < ε. In figura 1.7 e` mostrato un esempio di funzione f : R → R (ε, δ)-continua in x0 . y

ε

f (x0 ) ε

δ

δ

x0

x

Figura 1.7: (ε, δ)-continuita` in x0 . Osserviamo che la (ε, δ)-continuita` di f in p equivale a dire che per ogni palla aperta Bm e per ogni ε > 0, considerata la m-palla aperta di centro f (p) ε (f (p)) (cio` e raggio ε in Rm ) esiste una palla aperta Bnδ (p) (cio`e esiste δ > 0 e si considera la e le n-palla aperta di centro p e raggio δ in Rn ) tale che f (Bnδ (p)) ⊆ Bm ε (f (p)). Poich´ palle aperte di centro un punto fissato costituiscono una base locale in tale punto, ritroviamo esattamente la nozione di continuita` di f in un punto della Def. 1.33. Analogamente si ragiona per verificare che se f e` continua in un punto p, essa e` anche (ε, δ)-continua in p. Ri-incontreremo la definizione di (ε, δ)-continuita` nel caso piu` generale di spazi (pseudo-)metrici nella Sezione 4.3. L’osservazione precedente ci consente di esibire moltissimi esempi di funzioni continue. Esempio 1.36. Tutte le funzioni elementari f : X ⊆ R → R sono continue (nel loro dominio X di definizione). Ad esempio, possiamo porre f (x) = log x e X = R+ , √ ♦ f (x) = x e X = R+ 0 , e cos`ı via.

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Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Esempio 1.37. Siano a, b ∈ R, e sia a < b. Allora gli intervalli I = [0, 1] e [a, b] sono omeomorfi. Per provare ci`o, definiamo una funzione f : I → [a, b] ponendo, per ogni ` chiaro che f e` biettiva, ed e` continua con inversa contit ∈ I, f (t) = a + t(b − a). E nua. Quindi f e` un omeomorfismo. Tale funzione e` talvolta detta parametrizzazione ` tutti gli intervalli chiusi non banali solineare dell’intervallo [a, b]. Per transitivita, no tra loro omeomorfi. In modo analogo si pu`o procedere per gli intervalli aperti, o anche semiaperti. ♦ Esempio 1.38. L’intervallo aperto ]−1, 1[ e` omeomorfo ad R. Un omeomorfismo f : ]−1, 1[ → R si ottiene ponendo, per ogni t ∈ ]−1, 1[, f (t) = tan( π2 t). La restrizione ♦ f : ]0, 1[ → R+ e` a sua volta un omeomorfismo. Esempio 1.39. Siano X1 , . . . , Xk degli spazi topologici, e sia X il loro prodotto topologico. Per ogni i ∈ {1, . . . , k}, la funzione pri : X = X1 × . . . × Xk → Xi definita ponendo pri (x1 , . . . , xk ) = xi e` continua. Infatti, per ogni aperto Ai di Xi si ha che (pri )−1 (Ai ) = X1 × . . . × Xi−1 × Ai × Xi+1 × . . . × Xk , che e` un aperto di X. Per ogni i, la funzione pri e` detta proiezione i-esima. Si pu`o verificare facilmente (ed e` lasciato come esercizio) che la topologia prodotto su ♦ X1 × . . . × Xk e` la topologia meno fine che rende le proiezioni pri continue. Osservazione 1.40. Possiamo utilizzare le idee appena esposte per definire una topologia sul prodotto cartesiano di una famiglia (non necessariamente finita) di spazi topologici. Sia, dunque, {Xα }α∈A una famiglia di spazi topologici (dove l’insieme di indici A e` arbitrario), e consideriamo il prodotto cartesiano X di tale famiglia: X=



Xα .

α∈A

Un elemento x ∈ X e` del tipo (xα )α∈A (e pu`o vedersi, come e` noto, come una funzione  x : A → α∈A Xα , α → xα , tale che xα ∈ Xα per ogni α). Per ogni β ∈ A si definisce la proiezione prβ : X → Xβ ponendo prβ (x) = xβ . Per ogni β ∈ A e per ogni aperto Uβ ⊆ Xβ (in realta` per ogni sottoinsieme Uβ ⊆ Xβ ) si ha che (prβ )−1 (Uβ ) =





α∈A

dove si e` posto Sα = Xα per ogni α = β ed Sβ = Uβ . La collezione di tali preimmagini e` un ricoprimento di X, e quindi esiste un’unica topologia di X che ammette tale collezione come sottobase, nota come topologia prodotto. Tale topologia e` la meno fine che rende le proiezioni continue, e coincide con quella gia` definita nel caso di un prodotto cartesiano finito di spazi topologici.

1. Spazi topologici

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Esempio 1.41 (Proiezione stereografica). Consideriamo la n-sfera unitaria Sn =



n+1     p = (p1 , . . . , pn , pn+1 ) ∈ Rn+1  p2 = p2i = 1 ⊂ Rn+1 i=1

e i punti N = (0, . . . , 0, 1) ed S = (0, . . . , 0, −1), talvolta detti polo nord e polo sud. Consideriamo i sottospazi U = Sn  {S} e V = Sn  {N }. Allora U ≈ V ≈ Rn . Descriviamo, a titolo di esempio, un omeomorfismo f : V → Rn , noto come proiezione stereografica. Per ogni p ∈ V (ovvero p ∈ Sn e p = N ) consideriamo la semiretta ` facile convincersi che p di origine N e passante per p, e l’iperpiano Π : xn+1 = 0. E p interseca Π in un punto p (una illustrazione e` in Fig. 1.8). Definiamo una funzione g : V → Π ponendo g(p) = p. Consideriamo poi la funzione h : Π → Rn definita ponendo h(y1 , . . . , yn , 0) = (y1 , . . . , yn ). Definiamo, infine, f = h ◦ g. Il lettore potra` verificare, per esercizio, che se p = (p1 , . . . , pn , pn+1 ) ∈ V allora  f (p) =

p1 pn ,..., 1 − pn+1 1 − pn+1



` chiaro che f e` un omeomorfismo (cos`ı e provare anche a descrivere l’inversa di f . E come sono omeomorfismi anche g e h). ♦

Figura 1.8: Proiezione stereografica nel caso n = 2. Diciamo che una funzione f : X → Y e` un omeomorfismo con l’immagine, o anche immersione topologica, se la sua restrizione sull’immagine f : X → f (X) e` un omeomorfismo rispetto alla topologia di sottospazio di f (X). L’inclusione di un sottospazio ıS : S → X e` chiaramente un omeomorfismo con l’immagine (restringendo il codominio si ottiene l’identita` su S). Esercizio 1.42. Siano X1 , . . . , Xk , Y1 , . . . , Yk , Z degli spazi topologici e indichiamo con pri : X1 × . . . × Xk → Xi la proiezione i-esima (cf. Esempio 1.39). Provare che: (1) una funzione f : Z → X1 × . . . × Xk e` continua se e solo se ogni sua funzione componente fi := pri ◦ f : Z → Xi e` continua;

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Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

(2) se fi : Xi → Yi sono funzioni continue (i = 1, . . . , k), il loro prodotto: f 1 × . . . × f k : X1 × . . . × Xk → Y1 × . . . × Y k   (x1 , . . . , xk ) → f1 (x1 ), . . . , fk (xk ) e` una funzione continua; (3) per ogni i ∈ {1, . . . , k} e per ogni scelta di elementi aj ∈ Xj per j = i, la funzione Xi → X1 × . . . × Xk ,

x → (a1 , . . . , ai−1 , x, ai+1 , . . . , ak ) ,

e` un omeomorfismo con l’immagine; (4) dati dei sottospazi Si ⊆ Xi (i = 1, . . . , k), su S1 × . . . × Sk ⊆ X1 × . . . × Xk la topologia prodotto e la topologia di sottospazio coincidono. Esercizio 1.43. Sia K un campo, n ≥ 1, e dotiamo sia K che Kn della topologia di Zariski. Provare che la funzione ψ : K → Kn , x1 → (x1 , 0, . . . , 0), e` un omeomorfismo con l’immagine. ` legata Concludiamo la sezione introducendo un’ulteriore nozione di continuita, all’utilizzo delle successioni. Una successione (pi )i∈N di punti di uno spazio topologico X si dice definitivamente contenuta in un insieme U ⊆ X se esiste un intero i0 ≥ 1 (dipendente da U ) tale che pi ∈ U ∀ i ≥ i0 . Una successione converge ad un punto p ∈ X se per ogni intorno aperto U di p, la successione e` definitivamente contenuta in U ; come in altri casi simili, si pu`o equivalentemente richiedere che la successione sia definitivamente contenuta in ogni intorno di una base locale di p. In questo caso diremo che p e` un limite della successione, e scriveremo limi→∞ pi = p, o anche (pi )i∈N → p, o, ancora piu` semplicemente, pi → p. Se S ⊆ X ed esiste una successione di punti di S convergente ad un punto p ∈ X diremo che p e` un punto limite di S. Un insieme che contiene tutti i suoi punti limite e` detto sequenzialmente chiuso. Esercizio 1.44. Provare che ogni insieme chiuso e` sequenzialmente chiuso. Il viceversa in generale non e` vero, come mostra il seguente esempio.1 Esercizio 1.45. Sia X = R con topologia conumerabile (Esempio 1.1(5)). Provare che il sottoinsieme S = R  {0}, pur non essendo chiuso, e` sequenzialmente chiuso. Definizione 1.46. Una funzione f : X → Y fra due spazi topologici si dice sequenzialmente continua se, per ogni p ∈ X e per ogni successione {xi }i∈N di punti di X convergente a p, la successione {f (xi )}i∈N converge ad f (p) in Y . Proposizione 1.47. Ogni funzione continua e` sequenzialmente continua.2 1 Uno

spazio topologico in cui sequenzialmente chiuso implica chiuso e` detto spazio sequenziale, cf. Sez. 2.2. Gli spazi metrici, trattati nel capitolo 4, sono sequenziali. 2 Il viceversa e ` vero se il dominio e` uno spazio sequenziale, cf. Sez. 2.2.

1. Spazi topologici

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Dimostrazione. Sia f : X → Y una funzione continua fra due spazi topologici e (pi )i∈N una successione in X che converge a p ∈ X. Dato un qualsiasi intorno aperto U di f (p), (pi )i∈N e` definitivamente contenuta nell’intorno aperto f −1 (U ) di p, e quindi (f (pi ))i∈N e` definitivamente contenuta in U . Questo prova che (f (pi ))i∈N → f (p).  Esercizio 1.48. Provare che, se X e` dotato della topologia banale, ogni successione (pi )i∈N di punti di X converge ad ogni p ∈ X. Affinch´e successioni convergenti abbiano un unico limite, bisogna fare qualche ipotesi sulla topologia. Uno spazio topologico X si dice di Hausdorff se per ogni coppia di punti p, q ∈ X distinti esistono due aperti U, V ⊆ X disgiunti (cio`e U ∩ V = ∅) tali che p ∈ U e q ∈ V . Diciamo che in uno spazio di Hausdorff gli intorni aperti separano i punti dello spazio. Proposizione 1.49. In uno spazio topologico X di Hausdorff, ogni successione convergente ha un unico limite. Dimostrazione. Sia X di Hausdorff, p, q ∈ X due punti distinti e (pi )i∈N una successione di punti di X convergente sia a p che a q. Siano U e V due intorni aperti disgiunti di p e q, rispettivamente. Per i sufficientemente grande, si ha pi ∈ U e anche pi ∈ V , e questa e` una contraddizione, essendo l’intersezione U ∩ V = ∅.  Esercizio 1.50. Provare che Rn con topologia canonica e` uno spazio di Hausdorff. Esercizio 1.51. Sia X un insieme infinito dotato di topologia cofinita. Provare che X non e` uno spazio di Hausdorff (suggerimento: provare che due aperti non vuoti hanno sempre intersezione non vuota). Esercizio 1.52. Provare che: (1) se S ⊆ X e` un sottospazio di uno spazio di Hausdorff, allora S e` esso stesso di Hausdorff; (2) un prodotto cartesiano di un numero finito di spazi di Hausdorff e` uno spazio di Hausdorff rispetto alla topologia prodotto; (3) se S ⊆ X e` un sottoinsieme finito di uno spazio di Hausdorff, allora e` chiuso (in particolare, i punti sono chiusi). Una proprieta` topologica si dice ereditaria se ogni volta che e` posseduta da uno spazio topologico X, e` anche posseduta da tutti i suoi sottospazi. Il precedente esercizio ci dice che “essere di Hausdorff ” e` una proprieta` ereditaria. Osservazione 1.53. Sia K un campo infinito. Non e` difficile provare che Kn con topologia di Zariski non e` uno spazio di Hausdorff. Dall’osservazione 1.26 e dall’esercizio 1.43 segue che Kn ha un sottospazio omeomorfo a K con topologia cofinita. Per assurdo, se Kn fosse di Hausdorff, siccome tale proprieta` e` ereditaria, anche K con topologia cofinita dovrebbe essere di Hausdorff. Ma questo e` impossibile (cf. Esercizio 1.51). Esercizio 1.54. Sia X uno spazio topologico banale e Y di Hausdorff. Provare che ogni funzione f : X → Y continua e` costante.

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Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

La seguente definizione ci sara` utile nel capitolo 5. Definizione 1.55. Sia X uno spazio topologico ed S ⊆ X. Un punto p ∈ X si dice punto di accumulazione di S se, per ogni intorno U di p, si ha U ∩ (S  {p}) = ∅. L’insieme di tutti i punti di accumulazione di S e` detto insieme derivato di S. Non e` difficile verificare che il limite di una successione non costante e` un punto di accumulazione per la successione. Ogni p ∈ S e` un punto limite (`e il limite di una successione costante), ma non necessariamente un punto di accumulazione (ad esempio se S = {p}, p non e` un punto di accumulazione di S). In generale, p e` un punto di accumulazione di S se e solo se appartiene alla chiusura di S  {p}. In particolare, se p e` un punto limite di S  {p}, allora e` un punto di accumulazione di S. Il viceversa in generale non e` vero, come mostrato nel seguente esercizio (`e vero, ad esempio, per spazi di Alexandroff, cf. Prop. 5.27). Esercizio 1.56. Sia X = R dotato di topologia conumerabile. Provare che 0 e` un punto di accumulazione di R, ma non e` un punto limite dell’insieme R  {0}. (E’ chiaro che la scelta del punto 0 e` irrilevante.)

1.3

Connessione

Uno spazio topologico X si dice disconnesso se esistono due aperti non vuoti disgiunti A , A tali che X = A ∪ A (in tal caso la coppia (A , A ) si dice sconnessione di X);3 in caso contrario X si dice connesso. Un sottoinsieme S ⊆ X si dice connesso se e` uno spazio topologico connesso rispetto alla topologia di sottospazio. Esiste una corrispondente proprieta` locale: uno spazio topologico X si dice localmente connesso se ogni suo punto ammette una base locale costituita da intorni aperti connessi. Osserviamo che la connessione e la connessione locale sono due nozioni indipendenti, come illustreremo con alcuni esempi (Esempi 1.65, 1.66 e 1.68). Esercizio 1.57. Dato uno spazio topologico X provare che: (1) la chiusura di un insieme connesso e` connessa; (2) ogni unione di sottoinsiemi connessi con un punto in comune e` connessa; (3) se f : X → Y e` continua e X connesso, f (X) e` connesso; (4) se X1 , . . . , Xk sono connessi, X1 × . . . × Xk e` connesso. Su uno spazio topologico X, la seguente relazione e` una relazione di equivalenza: x ∼ y ⇐⇒ ∃ S ⊆ X connesso tale che x, y ∈ S def

(1.4)

3 Equivalentemente: X e ` disconnesso se e` unione di due chiusi disgiunti non vuoti, ovvero se ha un sottoinsieme proprio e non vuoto che e` sia aperto che chiuso.

1. Spazi topologici

19

La proprieta` riflessiva segue dal fatto che i singoletti sono connessi e la simmetria e` ovvia. La transitivita` segue dall’Esercizio 1.57(2): se x, y ∈ S1 e y, z ∈ S2 con S1 ed S2 insiemi connessi, l’insieme connesso S1 ∪ S2 contiene x e z. Le classi di equivalenza della relazione (1.4) vengono dette componenti connesse di X. Ogni spazio topologico non vuoto ammette una partizione in componenti connesse.4 Notiamo che ogni sottoinsieme S ⊆ X connesso e non vuoto e` contenuto interamente in una singola componente connessa di X (tutti i suoi punti sono nella stessa classe di equivalenza). Esercizio 1.58. Provare che ogni componente connessa di X e` un sottospazio connesso (da cui il nome), e` chiuso e non e` contenuto propriamente in alcun sottospazio connesso di X piu` grande (le componenti connesse di uno spazio topologico X sono sottoinsiemi connessi di X massimali rispetto all’inclusione). Osserviamo, in particolare, che uno spazio disconnesso ha almeno due componenti connesse. Uno spazio topologico con almeno due punti e` detto totalmente disconnesso se le componenti connesse sono i singoli punti. In uno spazio totalmente disconnesso le componenti connesse sono aperte se e solo se la topologia e` quella discreta. Esercizio 1.59. Mostrare che l’insieme dei numeri razionali Q ⊂ R (con topologia di sottospazio indotta da quella canonica di R) e` totalmente disconnesso ma non discreto. In particolare, le componenti connesse non sono aperte. Esercizio 1.60. Mostrare che l’intervallo I := [0, 1] ⊂ R e` connesso. Definizione 1.61. Sia X uno spazio topologico. Una funzione continua γ : I → X si dice cammino in X, di punto iniziale x0 = γ(0) e punto finale x1 = γ(1). Il sottospazio γ(I) ⊆ X si dice traiettoria o anche traccia di γ. Diremo, talvolta, che γ e` un cammino da x0 a x1 . Un cammino iniettivo e` anche detto arco. Definizione 1.62. Siano x, y, z ∈ X e siano σ, τ due cammini. Supponiamo che σ(0) = x, σ(1) = τ (0) = y e τ (1) = z (come illustrato Figura 1.9). Definiamo una funzione γ = σ ∗ τ : I → X al modo seguente. Poniamo  γ(t) =

σ(2t)

se 0 ≤ 2t ≤ 1

τ (2t − 1)

se 1 ≤ 2t ≤ 2

Per il Lemma 1.31 tale funzione e` continua, e quindi e` un cammino. Tale cammino ha punto iniziale x e punto finale z e si dice concatenamento di σ e τ . Uno spazio topologico X si dice connesso per cammini se per ogni x, y ∈ X esiste un cammino γ : I → X da γ(0) = x a γ(1) = y. Un sottoinsieme S ⊆ X e` detto connesso per cammini se e` connesso per cammini rispetto alla topologia di sottospazio. In perfetta analogia con la nozione di connessione, esiste una corrispondente 4 Secondo

queste convenzioni, ∅ e` connesso ma non e` una componente connessa.

20

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

y

τ

σ z

X

x

Figura 1.9: Concatenamento di due cammini proprieta` locale: uno spazio topologico X si dice localmente connesso per cammini se ogni suo punto ammette una base locale costituita da intorni aperti connessi per cammini. La connessione per cammini e la connessione per cammini locale sono due nozioni indipendenti, come illustreremo con alcuni esempi (1.65, 1.66 e 1.68). Esercizio 1.63. Dimostrare che ogni spazio topologico connesso per cammini e` connesso, e che ogni spazio localmente connesso per cammini e` localmente connesso. Esempio 1.64. Un sottoinsieme S ⊆ Rn si dice convesso se per ogni x, y ∈ S e ogni t ∈ [0, 1], γ(t) := (1 − t)x + ty ∈ S, ovvero, il segmento di estremi x, y e` interamente contenuto in X. In analogia con la terminologia usata per gli intervalli (cf. Esempio 1.37), la funzione γ : I → X qui sopra e` talvolta detta parametrizzazione lineare del segmento di estremi x, y. Un insieme convesso e` chiaramente connesso per cammini (globalmente e localmente). ♦ Esempio 1.65. Sia X uno spazio topologico discreto di cardinalita` maggiore di 1. Allora X non e` connesso (e quindi neppure connesso per cammini), ma e` localmente connesso per cammini (e quindi localmente connesso). La seconda affermazione segue dal fatto che i singoletti sono connessi per cammini: per ogni x ∈ X, la funzione costante γ : I → X data da γ(t) = x ∀ x ∈ I, e` un cammino da x ad x. ♦ Esempio 1.66 (Il pettine del topologo). Sia h > 0. In R2 consideriamo il sottoinsieme     

1 X = {0} × [0, h] ∪ [0, 1] × {0} ∪ n × [0, h] n≥1

` facile verificare che X e` connesso detto, talvolta, pettine del topologo (Fig. 1.10). E per cammini, e quindi anche connesso. Non e` per`o localmente connesso, e neppure localmente connesso per cammini. Infatti, ogni punto del tipo (0, t), con t > 0, e` privo di una base locale del tipo prescritto. ♦

1. Spazi topologici

21

h

0 . . . 1/n

...

1/3

1/2

1

Figura 1.10: Il pettine del topologo Esempio 1.67. Sia f : X → Y una funzione continua e sia X connesso. Allora il grafico Gf = {(x, f (x)) | x ∈ X} ⊆ X × Y di f e` un sottospazio connesso di X × Y . Consideriamo, infatti la funzione f : X → X × Y definita ponendo f(x) = (x, f (x)). f e` continua, in quanto tali sono le sue componenti prX ◦ f = IdX e prY ◦ f = f . Abbiamo qui indicato con prX , prY le proiezioni di X × Y su X e Y . D’altra parte Gf e` proprio l’immagine di X (che e` connesso) tramite f. ♦ Esempio 1.68 (Il seno del topologo). In R2 consideriamo il sottoinsieme   X = {0} × [−1, 1] ∪ Gf dove Gf e` il grafico della funzione f : R+ → R,

1 x → sin . x

Una illustrazione e` in Fig. 1.11. Poich´e f e` continua, Gf e` connesso (Esempio 1.67). Inoltre, si ha che Gf = X. Quindi X e` connesso. D’altra parte X non e` connesso per cammini. Infatti, non e` possibile trovare un cammino da un punto del tipo (0, t) ad un punto di Gf . Osserviamo che X non e` localmente connesso (e neppure localmente connesso per cammini), per motivi simili a quelli dell’esempio 1.66. Infine, le ♦ componenti connesse per cammini di X sono Gf e {0} × [−1, 1]. Proposizione 1.69. Uno spazio topologico X connesso e localmente connesso per cammini e` (globalmente) connesso per cammini. Dimostrazione. Fissiamo p ∈ X e sia   S := q ∈ X : ∃ γ : [0, 1] → X continua tale che γ(0) = p e γ(1) = q . Vogliamo provare che S e` sia aperto che chiuso, e quindi S = X se X e` connesso. [S e` aperto] Per ogni q ∈ S esiste intorno aperto U di q connesso per cammini. Per ogni x ∈ U esiste un cammino da q ad x, ed esiste un cammino da p ad q (per

22

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff sin(1/x) 1

x

0

−1

Figura 1.11: Il seno del topologo definizione di S). Il concatenamento dei due e` un cammino da p ad x, quindi x ∈ S e U ⊆ S. Ogni punto q di S e` interno, e quindi S e` aperto. [S e` chiuso] Sia q ∈ S e V un intorno aperto di q connesso per cammini. Supponiamo V ∩ S = ∅; allora il chiuso X  V contiene S e quindi anche S (per definizione di chiusura), in contraddizione con l’ipotesi che V ed S hanno un punto in comune. Deve essere allora V ∩S = ∅. Sia x ∈ V ∩S; per definizione di S esiste un cammino da p ad x, e per definizione di V esiste un cammino da x a q. Concatenandoli otteniamo  un cammino da p a q, da cui q ∈ S ed S = S. Definizione 1.70. Sia X uno spazio topologico e Y un insieme (qualsiasi). Una funzione f : X → Y si dice localmente costante se per ogni p ∈ X esiste un intorno aperto U di p tale che la restrizione f |U : U → Y e` una funzione costante. Funzioni localmente costanti tra spazi topologici sono localmente continue, e quindi continue (per il Lemma 1.30). Proposizione 1.71. Sia X uno spazio topologico con componenti connesse aperte, Y un insieme ed f : X → Y una funzione. Le seguenti condizioni sono equivalenti: (1) f e` localmente costante, (2) f e` costante su ciascuna componente connessa di X. Dimostrazione. L’implicazione “(2) ⇒ (1)” e` banale. Dimostriamo che “(1)⇒(2)”. A meno di restringere il dominio di f ad una componente connessa, e` sufficiente dimostrare che se X e` connesso ed f : X → Y localmente costante, allora f e` costante.

1. Spazi topologici

23

Assumiamo allora che f sia localmente costante, sia p ∈ X e q := f (p). Ogni punto di f −1 (q) ha un intorno aperto U dove f e` costante: tutti i punti di f −1 (q) sono quindi punti interni, da cui f −1 (q) e` aperto. Ma X  f −1 (q) = f −1 (Y  {q}) =



f −1 (y)

y∈Y {q}

e` aperto, in quanto unione di aperti. Quindi f −1 (q) e` aperto e chiuso. Se X e`  connesso, f −1 (q) = X, e quindi f e` costante: f (x) = q ∀ x ∈ X. Chiudiamo questa sezione con un commento. In perfetta analogia con la connessione per cammini, si pu`o dare una analoga nozione di connessione per archi di uno spazio topologico X, chiedendo che per ogni coppia di punti x, y ∈ X distinti esista γ : I → X iniettiva tale che γ(0) = x e γ(1) = y (osserviamo che e` necessario supporre x = y, siccome i cammini costanti non sono iniettivi). Per uno spazio topologico X di Hausdorff le due nozioni sono equivalenti: se X e` connesso per cammini allora e` anche connesso per archi. La dimostrazione di questa affermazione, tutt’altro che banale, si pu`o trovare in [Wil04, Cap. 31]. Nel capitolo 5 vedremo una classe di spazi connessi per cammini, ma non per archi (cf. Sezione 5.3). Si veda ad esempio l’osservazione 5.4.

1.4

Compattezza

Uno spazio topologico X si dice compatto se ogni suo ricoprimento aperto ammette un sottoricoprimento di cardinalita` finita. Un sottoinsieme K ⊆ X si dice compatto se e` compatto nella topologia di sottospazio. E’ evidente dalla definizione 1.19 che ogni spazio topologico compatto e` anche di Lindel¨of, e in effetti quest’ultima nozione si pu`o vedere come versione debole della compattezza. Un’altra versione debole della nozione di compattezza e` la seguente. Uno spazio topologico X si dice localmente compatto se per ogni p ∈ X esiste un intorno aperto U di p contenuto in un insieme compatto K ⊆ X (in altre parole: ogni punto ha un intorno compatto). Ogni spazio compatto e` , evidentemente, anche localmente compatto. Osservazione 1.72. Ogni spazio topologico finito e` ovviamente compatto, essendo ogni suo ricoprimento necessariamente finito. Di conseguenza, in uno spazio topologico qualsiasi, ogni sottoinsieme finito e` compatto. Nel Cap. 4 vedremo una caratterizzazione dei sottoinsiemi compatti di uno spazio (pseudo-)metrico: si tratta dei sottoinsiemi completi e totalmente limitati (Teorema 4.44). Nel caso speciale di Rn con topologia canonica, si ottiene il celebre teorema di Heine-Borel, che dice che i sottoinsiemi compatti di Rn sono i chiusi e limitati (Teorema 4.47). Quindi, ad esempio, n-palle chiuse ed n-sfere (di raggio e centro arbitrari) sono insiemi compatti.

24

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Esercizio 1.73. Dimostrare le seguenti affermazioni: (1) ogni sottoinsieme compatto di uno spazio di Hausdorff e` chiuso; (2) ogni sottoinsieme chiuso di uno spazio compatto e` compatto. Osservazione 1.74. Come conseguenza dell’Esercizio 1.73, uno spazio di Hausdorff X e` localmente compatto se e solo se ogni p ∈ X ha un intorno aperto U con chiusura U compatta. Un insieme con chiusura compatta si dira` precompatto. Le funzioni continue trasformano insiemi compatti in insiemi compatti: Proposizione 1.75. Sia f : X → Y una funzione continua fra due spazi topologici. Per ogni K ⊆ X compatto, f (K) ⊆ Y e` compatto. Dimostrazione. Sia {Uα ∩f (K)}α∈S un ricoprimento aperto di f (K), con Uα aperto di Y per ogni α ∈ S. Allora {f −1 (Uα ) ∩ K}α∈S e` un ricoprimento aperto di K. Siccome K e` compatto, esiste un sottoricoprimento finito {f −1 (Uαi ) ∩ K}i=1,...,k . Deduciamo  che {Uαi ∩ f (K)}i=1,...,k e` un sottoricoprimento finito di f (K). Una funzione f : X → Y fra spazi topologici si dice propria se la preimmagine di ogni compatto e` compatta: ∀ K ⊆ Y compatto, f −1 (K) e` compatto. Segue dalla Prop. 1.75 che ogni omeomorfismo e` proprio. Proposizione 1.76. Sia X uno spazio topologico compatto e Y uno spazio di Hausdorff. Allora: (i) ogni funzione f : X → Y continua e` propria; (ii) ogni funzione f : X → Y continua e iniettiva e` un omeomorfismo con l’immagine. Dimostrazione. (i) Se K ⊆ Y e` compatto, allora e` chiuso (Esercizio 1.73.1). Per la continuita` di f , f −1 (K) e` chiuso, quindi compatto (Esercizio 1.73.2). (ii) Se f e` iniettiva, f : X → f (X) e` biunivoca di inversa G := f −1 : f (X) → X. Dobbiamo provare che G e` continua, ossia che G−1 = f manda chiusi in chiusi. Se K ⊆ X e` chiuso, allora e` compatto (Esercizio 1.73.2); ma per la Prop. 1.75, f (K) e` compatto, quindi chiuso in Y (Esercizio 1.73.1), ed essendo f (K) ⊆ f (X), e` anche relativamente chiuso in f (X).  In generale, le affermazioni nella Prop. 1.76 non valgono per funzioni con dominio non compatto. In particolare, non ogni funzione continua e iniettiva ha inversa continua. Consideriamo ad esempio la funzione f : [0, 2π[ → R2 , con immagine la circonferenza unitaria (ovvero la 1-sfera S1 ), data da f (t) := (cos t, sin t). Una illustrazione e` in Fig. 1.12.

1. Spazi topologici

25

f (cos t, sin t)

t

0



Figura 1.12: Una funzione continua biunivoca che non e` un omeomorfismo. Per 0 ≤ t < 2π, f trasforma l’aperto [0, t[ del dominio in un insieme che non e` aperto in S1 (Fig. 1.13). Quindi f non e` un omeomorfismo con l’immagine. f

0

t



Figura 1.13: Un aperto con immagine non aperta. Proposizione 1.77. Sia X localmente compatto, di Hausdorff e a base numerabile. Allora esiste una esaustione in compatti, ovvero una famiglia (Ki )∞ i=1 di sottoinsiemi ∞ compatti tali che Ki ⊆ Int(Ki+1 ) per ogni i ≥ 1 e i=1 Ki = X. Dimostrazione. Ogni punto ha un intorno aperto a chiusura compatta (Osservazione 1.74), possiamo quindi trovare una base di X formata da insiemi precompatti, ed estrarre da tale base un sottoricoprimento numerabile {Ui }i∈N (Prop. 1.20). E’ sufficiente costruire (per induzione) una famiglia (Ki )∞ i=1 di compatti tali che, per ogni n ≥ 1 e per ogni 1 ≤ i ≤ n: U i ⊆ Ki

e

Ki−1 ⊆ Int(Ki )

(per i ≥ 2).

(1.5)

∞ ∞ Dalla prima condizione segue i=1 Ki ⊇ i=1 Ui = X, e otteniamo l’esaustione in compatti cercata. Per n = 1, poniamo K1 := U 1 . Per n ≥ 1, immaginiamo che (Ki )ni=1 soddisfi kn Ui per qualche kn ≥ 1. A meno (1.5). Dalla compattezza di Kn , segue Kn ⊆ i=1

26

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

di aggiungere insiemi superflui, possiamo immaginare che sia kn ≥ n + 1. Poniamo  kn U i . Chiaramente le condizioni (1.5) sono soddisfatte per i = n + 1.  Kn+1 := i=1

1.5

Quozienti

Sia f : X → Y una funzione suriettiva tra insiemi. Una funzione s : Y → X si dice sezione di f se f ◦ s = IdY , in altri termini, una sezione di f non e` altro che una sua inversa destra. Se f : X → Y e` una funzione suriettiva e X uno spazio topologico possiamo dotare Y di una topologia, detta topologia quoziente indotta da f , dichiarando A ⊆ Y aperto se e solo se f −1 (A) ⊆ X e` aperto. L’applicazione f per costruzione e` continua rispetto a tale topologia, e se e` biunivoca e` automaticamente un omeomorfismo. Una funzione f : X → Y continua e suriettiva fra spazi topologici e` detta funzione quoziente se la topologia su Y e` quella quoziente indotta da f . Una qualunque funzione tra insiemi f : X → Y induce una relazione di equivalenza su X definita dichiarando p, q ∈ X equivalenti se e solo se f (p) = f (q). Per   x ∈ X, indichiamo con [x] := p ∈ X : f (p) = f (x) la classe di equivalenza rappresentata dall’elemento x. Osserviamo che l’insieme [x] = f −1 (y) non e` altro che la fibra di f su y = f (x). Viceversa, data una relazione di equivalenza ∼ su uno spazio topologico X e indicato con X/∼ l’insieme quoziente, possiamo considerare la funzione suriettiva X → X/∼, detta proiezione canonica, che manda ciascun x ∈ X nella sua classe di equivalenza [x] e usare tale funzione per dotare X/∼ di topologia quoziente. Un quoziente di uno spazio connesso e` connesso (Esercizio 1.57(3)); un quoziente di uno spazio compatto e` compatto (Prop. 1.75); un quoziente di uno spazio di Hausdorff pu`o non essere di Hausdorff (Esercizio 1.78); un quoziente di uno spazio a base numerabile pu`o non essere a base numerabile (si veda l’Esercizio 2.24). Esercizio 1.78. Consideriamo la retta reale R dotata della topologia canonica. Sia f : R → {0, 1} la funzione definita da f (0) = 0 e f (x) = 1 ∀ x = 0. Mostrare che la topologia quoziente su {0, 1} indotta da f non e` di Hausdorff. Sia f : X → Y una funzione suriettiva e g : X → Z una funzione costante sulle fibre di f . In altre parole f (p) = f (q) ⇒ g(p) = g(q). Esiste allora, ed e` unica, una funzione g : Y → Z tale che g = g ◦ f . Concretamente, per y ∈ Y , definiamo g(y) := g(x) con x un qualsiasi elemento di f −1 (y). La situazione e` riassunta nel seguente diagramma commutativo: f

X g

 Z

Y g

(1.6)

1. Spazi topologici

27

Esercizio 1.79. Nella situazione illustrata dal diagramma (1.6), con X, Y, Z spazi topologici, provare che: (1) se f e` una funzione quoziente, g e` continua se e solo se lo e` g;5 (2) se anche g e` una funzione quoziente e f e` costante sulle fibre di g, allora g e` un omeomorfismo. Esercizio 1.80. Siano X, Y, Z spazi topologici ed f : X → Y e g : Y → Z due funzioni continue. Provare che: (1) se f e g sono funzioni quoziente, allora g ◦ f e` una funzione quoziente; (2) se g ◦ f e` una funzione quoziente, allora g e` una funzione quoziente; (3) se Z = X e g ◦ f = IdX , allora g e` una funzione quoziente. Dato uno spazio topologico X e un sottospazio S ⊆ X, una applicazione continua f : X → S e` detta retrazione se f |S = IdS , ovvero, con le notazioni gia` introdotte, f ◦ ıS = IdS . Se esiste una retrazione X → S, diciamo che S e` un retratto di X. Esercizio 1.81. Sia X uno spazio topologico, S ⊆ X un sottospazio, Y un insieme, f : X → S una retrazione e g : X → Y una funzione suriettiva tale che g ◦ f = g. Provare che g e g|S inducono la stessa topologia quoziente su Y . Esempio 1.82. Sia K un campo ed n ≥ 1. Su Kn  {0} consideriamo la topologia canonica, e la relazione di equivalenza che identifica due n-uple proporzionali: x ∼ y ⇐⇒ ∃ λ ∈ K  {0} : x = λy. Lo spazio quoziente ottenuto in questo modo e` chiamato spazio proiettivo di dimensione n − 1, indicato con KPn−1 . Indichiamo con g : Kn  {0} → KPn−1 la proiezione canonica. Nel caso K = R, ogni classe di equivalenza ha esattamente due rappresentanti di norma 1, detti antipodali. La restrizione g|Sn−1 : Sn−1 → RPn−1 e` quindi una funzione le cui fibre hanno tutte cardinalita` 2. L’applicazione f : Rn  {0} → Sn−1 , x → x/x, e` una retrazione e soddisfa g ◦ f = g. Deduciamo che g e g|Sn−1 inducono la stessa topologia quoziente su RPn−1 (Esercizio 1.81). Possiamo quindi pensare RPn−1 come spazio quoziente di Sn−1 rispetto alla relazione di equivalenza che identifica punti antipodali. ♦ Una funzione f : X → Y fra due spazi topologici e` detta aperta (risp. chiusa) se trasforma aperti in aperti (risp. chiusi in chiusi); e` detta omeomorfismo locale se per ogni p ∈ X esiste un intorno aperto U di p tale che f (U ) e` aperto in Y e f|U : U → f (U ) e` un omeomorfismo. Ogni omeomorfismo e` un omeomorfismo locale, e ogni omeomorfismo locale e` una funzione continua (per il Lemma 1.30) e aperta; in particolare ogni omeomorfismo locale suriettivo e` una funzione quoziente e ogni omeomorfismo locale biunivoco e` un omeomorfismo. 5 In effetti, la topologia quoziente e ` l’unica per la quale vale tale proprieta` (per ogni Z). Cf. [Lee], Teorema A.27.

28

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Esercizio 1.83. Dare un esempio di funzione aperta ma non chiusa, e uno di funzione chiusa ma non aperta. Esercizio 1.84. Provare che: (1) ogni omeomorfismo locale e` una funzione aperta; (2) ogni funzione continua suriettiva e aperta (o chiusa) e` una funzione quoziente; (3) ogni funzione continua da uno spazio compatto ad uno di Hausdorff e` chiusa; (4) ogni funzione continua e suriettiva da uno spazio compatto ad uno di Hausdorff e` una funzione quoziente. Esistono funzioni quoziente che non sono n´e aperte n´e chiuse, come esemplificato nel prossimo esercizio (un altro esempio di funzione quoziente che non e` aperta e` dato dall’Esercizio 2.24). Esercizio 1.85. Sia X ⊆ R2 il sottospazio     X := (x, y) ∈ R2 : x ≥ 0 ∪ (x, 0) : x ∈ R e sia f : X → R la funzione f (x, y) = x. Mostrare che f e` una funzione quoziente che non e` n´e aperta n´e chiusa. Esercizio 1.86. Sia X uno spazio topologico e Δ := {(x, x) : x ∈ X} la diagonale in X × X. Provare che X e` di Hausdorff se e solo se Δ e` chiusa in X × X. Teorema 1.87. Sia f : X → Y una funzione quoziente ed R := {(x, y) ∈ X × X : f (x) = f (y)} la relazione di equivalenza associata. Se Y e` di Hausdorff, R e` un sottoinsieme chiuso di X × X. Viceversa, se R e` un chiuso in X × X ed f e` aperta, allora Y e` di Hausdorff.6 Dimostrazione. L’applicazione f ×f : X ×X → Y ×Y e` continua. Se Y e` di Hausdorff, la diagonale Δ e` un chiuso di Y × Y e la sua preimmagine (f × f )−1 (Δ) = R e` un chiuso di X × X. Viceversa, assumiamo che f sia aperta ed R un chiuso. Siccome f × f e` aperta (per definizione di topologia prodotto) e (X × X)  R e` un aperto, l’insieme   (Y × Y )  Δ = (f × f ) (X × X)  R e` un aperto. La diagonale e` quindi un chiuso di Y × Y , e Y e` di Hausdorff.



Concludiamo questa sezione con due esempi di spazi quoziente di particolare interesse in omotopia: l’unione ridotta (wedge) e il prodotto ridotto (smash). Siano X e Y due spazi topologici, e siano x0 ∈ X e y0 ∈ Y due punti fissati, talvolta detti punti base. 6 Notiamo

che nelle ipotesi non e` richiesto che X sia di Hausdorff.

1. Spazi topologici

29

Definizione 1.88. L’ unione ridotta (wedge sum) di X e Y , mediante i punti x0 , y0 , e` il sottospazio di X × Y dato da X ∨Y =



(x, y0 ) | x ∈ X



  ∪ (x0 , y) | y ∈ Y .

Una illustrazione e` in Fig. 1.14, dove vediamo l’unione ridotta di due segmenti.

d

X ∨Y

y0

Y

c a

x0

b

X

Figura 1.14: Unione ridotta ` agevole verificare che X ∨ Y e` omeomorfo allo spazio ottenuto come quoziente E  dall’unione disgiunta X Y , identificando i punti base. Un esempio tipico di tale costruzione e` la cosiddetta figura ad 8. In tal caso si pone X = Y = S1 . La costruzione e` illustrata in Fig. 1.15.

X = S1

Y = S1

x0

x0

S1 ∨ S1 x0

Figura 1.15: La figura ad 8.

30

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Definizione 1.89. Il prodotto ridotto (smash product) di X e Y , mediante i punti x0 , y0 , e` lo spazio quoziente X ∧ Y ottenuto da X × Y identificando ad un punto il sottospazio X ∨ Y . In altre parole, in X × Y si considerano identificate ad un punto tutte le coppie del tipo (x0 , y), al variare di y ∈ Y e le coppie del tipo (x, y0 ), al variare di x ∈ X. Si potrebbe verificare che Sm ∧ Sn ≈ Sm+n .

2 ` Ulteriori proprieta topologiche In questo capitolo studieremo in maniera piu` sistematica i cosiddetti assiomi di se` di cui abbiamo gia` incontrato alcuni esempi nel primo parazione e di numerabilita, capitolo. Parleremo quindi di compattificazione ad un punto, e introdurremo la nozione di paracompattezza. Ricordiamo che una proprieta` topologica si dice “ereditaria” se, ogni volta che e` posseduta da uno spazio topologico X, e` anche posseduta da tutti i suoi sottospazi. In maniera simile, diremo che una proprieta` topologica “passa a quoziente” se, ogni volta che e` posseduta da uno spazio topologico X, e` anche posseduta da tutti i suoi spazi quoziente.

2.1

Assiomi di separazione

Abbiamo gia` incontrato la nozione di spazio di Hausdorff, o T2 . Questa fa parte di un lungo elenco di assiomi di separazione, di cui segue un elenco parziale. Uno spazio topologico X si dice: • T0 se per ogni coppia di punti x, y ∈ X distinti, esiste un aperto U tale che x ∈ U ey∈ / U , oppure un aperto V tale che x ∈ / V ey ∈V. • T1 se per ogni coppia di punti x, y ∈ X distinti, esiste un aperto U tale che x ∈ U ey∈ / U e un aperto V tale che x ∈ / V ey ∈V. • T2 se per ogni coppia di punti x, y ∈ X distinti, esistono due aperti U, V tali che x ∈ U , y ∈ V e U ∩ V = ∅. • regolare se per ogni x ∈ X e ogni C ⊆ X chiuso tale che x ∈ / C, esistono due aperti U e V tali che x ∈ U , C ⊆ V e U ∩ V = ∅. • T3 se e` regolare e T0 . • normale se per ogni coppia di chiusi disgiunti C, C  ⊆ X, esistono due aperti U e U  tali che C ⊆ U , C  ⊆ U  e U ∩ U  = ∅. • T4 se e` normale e T1 . Una illustrazione di queste proprieta` e` in Fig. 2.1.

32

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff X U

X U

y

x

Proprieta` T0

x

Proprieta` T1

X U

x

y

Hausdorff

V

V

y

X U

x

V

X U

C

Regolare

V C

C

Normale

Figura 2.1: Assiomi di separazione Iniziamo ad esaminare alcune proprieta` degli spazi T0 e T1 . Proposizione 2.1. Uno spazio topologico finito non vuoto e T0 ha almeno un punto chiuso. Dimostrazione. Lo dimostriamo per induzione sul numero di punti. Sia S uno spazio topologico di cardinalita` 2. Se nessun punto e` chiuso, la topologia e` quella banale ed S non e` T0 . Dunque, se S e` T0 , ha almeno un punto chiuso. Supponiamo ora che l’affermazione sia vera per ogni spazio topologico con n − 1 punti, n ≥ 3. Sia X uno spazio topologico con n punti e p ∈ X un punto qualsiasi. Per ipotesi induttiva   X  {p} ha un punto relativamente chiuso, sia esso q. Allora {q} = S ∩ X  {p} , con S insieme chiuso di X. Si hanno due casi: S = {q} ed S = {p, q}. Nel primo caso, {q} e` chiuso in X e la dimostrazione e` conclusa. Nel secondo caso, S ha almeno un punto relativamente chiuso (base dell’induzione). Siccome S e` chiuso in X, tale punto e` anche chiuso in X.  Nella proposizione precedente, l’ipotesi che lo spazio sia T0 e` necessaria, come mostrato dall’esempio della topologia banale su un insieme di due punti, in cui nessun punto e` chiuso. Proposizione 2.2. Uno spazio topologico e` T1 se e solo se tutti i suoi punti sono chiusi. Dimostrazione. Se i punti di X sono chiusi, per ogni coppia x, y ∈ X l’insieme U := X  {y} e` aperto, x ∈ U e y ∈ / U . Per l’implicazione opposta, sia X uno spazio T1 , x ∈ X e y ∈ S := X  {x}. Allora esiste V aperto tale che y ∈ V e x ∈ / V , ossia V ⊆ S.

` topologiche 2. Ulteriori proprieta

33

Dall’arbitrarieta` di y segue che ogni punto di S e` interno, quindi l’insieme S e` aperto e x e` chiuso.  Anche per spazi regolari e normali e` possibile dare una caratterizzazione molto utile nelle applicazioni. Il lemma seguente afferma che in uno spazio regolare ogni intorno aperto di un punto si pu`o restringere in modo che la chiusura del nuovo intorno aperto sia contenuta nell’intorno aperto di partenza. In uno spazio normale vale qualcosa di analogo per intorni aperti di insiemi chiusi. Queste ` in effetti, caratterizzano completamente gli spazi regolari e normali, due proprieta, rispettivamente. Proposizione 2.3. Sia X uno spazio topologico. Allora: (i) X e` regolare ⇐⇒ per ogni x ∈ X e ogni intorno aperto A di x, esiste un intorno aperto U di x tale che U ⊆ A. (ii) X e` normale ⇐⇒ per ogni C ⊆ X chiuso e ogni A ⊆ X aperto tali che C ⊆ A, esiste un aperto U tale che C ⊆ U e U ⊆ A. Dimostrazione. (i) La situazione e` illustrata in Fig. 2.2. Nel seguito useremo la seguente notazione: x ∈ X, A e` un aperto e C un chiuso di X, e sono uno il complementare dell’altro. X U

x

C A

V

Figura 2.2: Dimostrazione del Lemma 2.37, parte (i). (⇐) Sia x ∈ X, C un chiuso, poniamo A := X  C, e sia x ∈ / C. Dato U aperto tale che x ∈ U ⊆ U ⊆ A = X  C, i due aperti U e V := X  U sono disgiunti e contengono x il primo e C il secondo. Dall’arbitrarieta` di x e C segue che X e` regolare. (⇒) Sia A un aperto, x ∈ A, e poniamo C := X  A. Se X e` regolare, allora esistono due aperti disgiunti U e V tali che x ∈ U e C ⊆ V . Si ha U ⊆ X  V ⊆ A. La prima inclusione segue da U ∩ V = ∅, e la seconda dal fatto che X  A = C ⊆ V . Ma X  V e` chiuso, e quindi U ⊆ X  V ⊆ A. (ii) La dimostrazione e` analoga a quella del punto (i), a meno di sostituire {x} con un chiuso contenuto in A. 

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Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Proposizione 2.4. Vale la catena di implicazioni T4 =⇒ T3 =⇒ T2 =⇒ T1 =⇒ T0 . ` chiaro dalla definizione che T2 =⇒ T1 =⇒ T0 . L’implicazione Dimostrazione. E T4 =⇒ T3 e` immediata conseguenza delle ultime due proposizioni: se X e` normale e T1 , per ogni x ∈ X e ogni intorno aperto A di x, C := {x} e` chiuso (Prop. 2.2) e dalla caratterizzazione in Prop. 2.3 segue immediatamente che X e` regolare e T1 , e quindi T3 . Rimane da dimostrare l’implicazione T3 =⇒ T2 . Sia X regolare e T0 e x, y ∈ X due punti distinti. Siccome X e` T0 , esiste A aperto che contiene uno dei due punti ma non l’altro, diciamo x ∈ A e y ∈ C := X  A. Siccome X e` regolare, esistono due aperti U e V disgiunti tali che x ∈ U e y ∈ C ⊆ V . Dall’arbitrarieta` di  x e y, segue che X e` T2 . Le condizioni di regolarita` e T0 sono indipendenti, come mostrato dai seguenti esempi.   Esempio 2.5. Sia X := {1, 2, 3, 4} con topologia T := ∅, {1, 2}, {3, 4}, X . Allora X ♦ e` regolare ma non e` T0 . Esempio 2.6. Sia X = R con topologia generata dagli intervalli aperti e dagli insiemi della forma ]a, b[  {1/n : n ∈ Z+ }, con a < b reali. Allora X e` T2 (la topologia e` piu` fine di quella canonica), ma non e` regolare (il chiuso {1/n : n ∈ Z+ } e il punto 0 ♦ non possono essere separati da due aperti disgiunti), e quindi non e` T3 . In maniera simile, non e` difficile costruire esempi per mostrare che le condizioni di normalita` e T1 sono indipendenti. Proposizione 2.7. Le proprieta` di separazione T0 , T1 , T2 , regolare e T3 sono ereditarie. Dimostrazione. Si tratta di una immediata conseguenza dalla definizione di topologia di sottospazio. Sia X uno spazio topologico, S ⊆ X un sottospazio. Studiamo le quattro proprieta` una alla volta: • Se X e` T0 , x, y ⊆ S e x = y, allora esiste un aperto U di X che contiene uno dei due punti ma non l’altro, diciamo x ∈ U e y ∈ / U . L’insieme U ∩ S e` un aperto di S ` e contiene x ma non y. Dall’arbitrarieta dei due punti segue che S e` T0 . • Se X e` T1 , ripetiamo lo stesso ragionamento due volte per provare che S e` T1 . • Se X e` T2 , x, y ⊆ S e x = y, allora esistono due insiemi disgiunti U e V , aperti di X, tali che x ∈ U e y ∈ V . Gli insiemi U ∩ S e V ∩ S sono aperti in S, disgiunti, x ∈ U ∩ S e y ∈ V ∩ S. Dall’arbitrarieta` dei due punti segue che S e` T2 . • Sia X e` regolare, C un chiuso di S e x ∈ S  C. Allora C = C  ∩ S per un / C  . Dalla regolarita` di X deduciamo qualche chiuso C  di X. Chiaramente x ∈ che esistono due insiemi disgiunti U e V , aperti di X, tali che x ∈ U e C  ⊆ V . Gli insiemi U ∩ S e V ∩ S sono aperti in S, disgiunti, x ∈ U ∩ S e C ⊆ V ∩ S. Dall’arbitrarieta` di x e C segue che S e` regolare.

` topologiche 2. Ulteriori proprieta

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• Siccome T3 vuol dire regolare e T0 , l’ereditarieta` di T3 e` un immediato corollario di quanto provato sopra.  Per gli spazi normali e T4 vale una proprieta` piu` debole. Proposizione 2.8. Se X e` uno spazio normale (risp. T4 ) ed S un sottospazio chiuso, allora S e` normale (risp. T4 ). Dimostrazione. La dimostrazione e` analoga a quella della Prop. 2.7. Se C, C  sono chiusi disgiunti di S, allora sono chiusi (disgiunti) di X. Siccome X e` normale, esistono in X due aperti U, U  disgiunti tali che C ⊆ U e C  ⊆ U  . Gli insiemi U ∩ S e U  ∩ S sono aperti disgiunti di S e soddisfano C ⊆ U ∩ S e C  ⊆ U  ∩ S. Dall’arbitrarieta` di C e C  segue che S e` normale. L’affermazione per spazi T4 segue  immediatamente dall’ereditarieta` di T1 . Ogni spazio topologico possiede un quoziente canonico T0 , la cui costruzione e` illustrata nel seguito. Definizione 2.9. Due punti x, y di uno spazio topologico X si dicono topologicamente indistinguibili se, per ogni U aperto, x ∈ U se e solo se y ∈ U . Uno spazio topologico e` T0 se non ha punti topologicamente indistinguibili distinti (x, y sono topologicamente indistinguibili se e solo se x = y). Definiamo una relazione di equivalenza su X ponendo x ∼ y se e solo se x e y topologicamente indistinguibili. Lo spazio quoziente X/∼ e` detto quoziente di Kolmogorov di X. Teorema 2.10. Sia X uno spazio topologico, X/∼ il suo quoziente di Kolmogorov e π : X → X/∼ la proiezione canonica a quoziente. Allora: (i) Ogni aperto di X e` saturato. (ii) La funzione quoziente π e` aperta. (iii) Il quoziente X/∼ e` T0 . (iv) Ogni sezione di π e` un omeomorfismo con l’immagine. Dimostrazione. (i) Sia A ⊆ X un aperto. Per come e` definita la relazione di equivalenza, se x ∼ a e a ∈ A allora x ∈ A. Quindi: [a] ⊆ A ∀ a ∈ A. Se x ∈ π −1 (π(A)), allora [x] = [a] per un qualche a ∈ A, e quindi x ∈ [a] ⊆ A. Dall’arbitrarieta` di x segue che π −1 (π(A)) ⊆ A. Tale inclusione e` una uguaglianza, essendo sempre vera l’inclusione opposta. (ii) Sia A ⊆ X aperto. Per il punto (i), A = π −1 (π(A)) e, per definizione di topologia quoziente, siccome A e` aperto anche π(A) e` aperto.

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Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

(iii) Sia A ⊆ X aperto, x ∈ A e y ∈ / A. Siccome A e` saturato, [x] appartiene all’aperto π(A) e [y] ∈ / π(A). Detto in altri termini, se [x] e [y] sono topologicamente indistinguibili in X/∼, allora x e y sono topologicamente indistinguibili in X. Ma questo implica [x] = [y], ovvero X/∼ e` T0 . (iv) Sia f : X/∼ → X una qualsiasi inversa destra di π (per costruirne una, basta scegliere per ogni classe quoziente un rappresentante arbitrario). Per ogni coppia di funzioni g : Y → X, h : X → Z e ogni U ⊆ Z si ha   (h ◦ g)−1 (U ) = g −1 h−1 (U ) . ` si ha Per g = f , h = π e U ∈ X/∼ aperto, siccome π ◦ f e` l’identita,   U = f −1 π −1 (U ) . Se A ⊆ X e` un qualsiasi aperto, posto U = π(A), si ha A = π −1 (U ) e f −1 (A) = U = π(A).

(2.1)

Siccome π e` aperta, f e` continua. Siccome f ha una inversa sinistra continua, e` un omeomorfismo con l’immagine.  Proposizione 2.11. Se X e` localmente compatto e T2 , allora X e` T3 . Dimostrazione. Dobbiamo provare che ogni spazio di Hausdorff localmente compatto e` regolare. Dimostriamo l’affermazione prima nel caso di uno spazio topologico compatto K. Sia C  ⊆ K un chiuso (quindi compatto), x ∈ K  C  , e assumiamo che K sia T2 . Per ogni y ∈ K esistono allora due aperti disgiunti Ax,y e By tali che x ∈ Ax,y e y ∈ By . La collezione {By ∩ C  : y ∈ C  } e` un ricoprimento aperto del sottospazio C  , e possiamo estrarre un sottoricoprimento {By ∩ C  : y ∈ S} con S  finito. L’insieme Ax := y∈S Ax,y e` intorno aperto di x e ha intersezione vuota con  B  := y∈S By . Siccome C  ⊆ B  , dall’arbitrarieta` di x e C  segue che K e` regolare. Passiamo ora ad uno spazio topologico X localmente compatto e T2 . Sia C ⊆ X chiuso e x ∈ X  C. Siccome X e` localmente compatto, esiste un intorno aperto A di x con chiusura K compatta. Siccome X e` di Hausdorff, K e` di Hausdorff, e quindi regolare (per la prima parte della dimostrazione). Esistono quindi due aperti disgiunti U0 , V0 tali che x ∈ U0 ∩ K e C ∩ K ⊆ V0 . Poniamo U := U0 ∩ A e V := V0 ∪ (X  K). Tali aperti sono disgiunti, x ∈ U e C ⊆ V , come volevasi dimostrare.  L’ultima proposizione ci permette di dimostrare una proprieta` importante degli spazi di Hausdorff localmente compatti. Proposizione 2.12. In uno spazio di Hausdorff localmente compatto, ogni sottospazio aperto e` localmente compatto, e ogni sottospazio chiuso e` localmente compatto.

` topologiche 2. Ulteriori proprieta

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Dimostrazione. Sia X uno spazio topologico di Hausdorff e localmente compatto, A ⊆ X aperto e C ⊆ X chiuso. Per ogni p ∈ C esiste U ⊆ X intorno aperto di p con chiusura compatta. L’insieme U ∩ C e` aperto in C, e U ∩ C e` chiuso in U , quindi compatto. Questo prova che C e` localmente compatto. Per ogni p ∈ A, esiste un intorno U di p aperto in X e con chiusura compatta. Siccome, inoltre, X e` regolare (Prop. 2.11), esistono due aperti V e V  disgiunti tali che p ∈ V e X  A ⊆ V  . Notiamo che V ⊆ X  V  ⊆ A, e siccome X  V  e` chiuso, si ha anche V ⊆ X  V  ⊆ A. L’intersezione U ∩ V e` un intorno di p aperto in X e contenuto in A, e quindi aperto in A. Inoltre U ∩ V ⊆ V ⊆ A. Ma U ∩ V e` chiuso in U (`e l’intersezione di tutti i chiusi di U che contengono V ), quindi compatto. Questo prova che A e` localmente compatto.  Le proprieta` di separazione non passano a quoziente. Abbiamo gia` visto un esempio di quoziente di spazio T2 che non e` neppure T1 (Esercizio 1.78). Chiudiamo con una classe di esempi di quozienti di spazi T3 che non sono neppure T0 . Definizione 2.13. Un sottoinsieme D di uno spazio topologico X si dice denso (in X) se per ogni A ⊆ X aperto non vuoto si ha D ∩ A = ∅. Esercizio 2.14. Sia ∼ una relazione di equivalenza su X le cui classi di equivalenza sono tutte dense in X. Provare che la topologia quoziente su X/∼ e` quella banale. (In particolare, se |X/∼| ≥ 2, allora X/∼ non e` T0 , qualunque sia l’assioma di separazione soddisfatto da X.) Esempio 2.15. Un esempio di relazione di equivalenza ∼ su X = R con classi dense e` data da x ∼ y ⇐⇒ x − y ∈ Q. ♦

2.2

` Assiomi di numerabilita

Abbiamo gia` incontrato la definizione di spazio a base numerabile, anche detto secondo-numerabile, e di spazio di Lindel¨of. Questi fanno parte di un elenco di assiomi che prendono il nome di assiomi di numerabilita, ` di cui in questa sezione discutiamo i piu` importanti. Uno spazio topologico si dice: • sequenziale se ogni sottoinsieme sequenzialmente chiuso e` chiuso; • primo-numerabile, o N1 , se ogni suo punto ha un sistema fondamentale di intorni numerabile; • secondo-numerabile, o N2 , se esiste una base numerabile della topologia; • separabile se ha un sottoinsieme numerabile denso; • di Lindel¨of se da ogni suo ricoprimento aperto si pu`o estrarre un sottoricoprimento numerabile.

38

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Pu`o essere utile la seguente caratterizzazione degli spazi sequenziali. Un sottoinsieme A di uno spazio topologico X e` detto sequenzialmente aperto se ogni successione convergente a un punto di A e` definitivamente contenuta in A. Non e` difficile verificare che il complementare di un insieme sequenzialmente chiuso e` sequenzialmente aperto, e viceversa. Uno spazio e` quindi sequenziale se e solo se ogni insieme sequenzialmente aperto e` aperto. Proposizione 2.16. Valgono le seguenti implicazioni: separabile (1)

secondo-numerabile

(2) (3

di Lindel¨of

)

primo-numerabile

(4)

sequenziale

Dimostrazione. Iniziamo assumendo che X sia uno spazio con una base B numerabile. Dimostriamo le prime tre implicazioni. (1) Per ogni B ∈ B non vuoto, scegliamo un punto xB ∈ B. Poniamo D := {xB : B ∈ B}. Per ipotesi D e` numerabile. Mostriamo che e` denso in X, e quindi X e` separabile. Se U e` un aperto non vuoto qualsiasi e p ∈ U un suo punto, per definizione di base esiste B ∈ B tale che p ∈ B ⊆ U . Per tale scelta di B si ha xB ∈ D∩U , e l’intersezione D ∩ U e` quindi non vuota. (2) Sia U un ricoprimento aperto di X. Per ogni x ∈ X esiste un aperto Ux ∈ U tale che x ∈ Ux , ed esiste un aperto Bx ∈ B tale che x ∈ Bx ⊆ Ux . Poich´e B e` numerabile, tale e` anche la sua sottofamiglia {Bx }x∈X . Esiste pertanto un sottoinsieme numerabile N ⊆ X tale che {Bx }x∈X = {Bx }x∈N . Siccome tale famiglia e` un ricoprimento aperto (numerabile) di X, a maggior ragione, la sottofamiglia numerabile {Ux }x∈N di U e` un ricoprimento, e quindi X e` uno spazio di Lindel¨of. (3) Per ogni p ∈ X la famiglia N (p) dell’Osservazione 1.10 e` una base locale in p numerabile. Quindi X e` primo-numerabile. Assumiamo ora che X sia uno spazio primo-numerabile, e proviamo l’implicazione (4). Per assurdo, sia S ⊆ X un sottoinsieme sequenzialmente chiuso ma non chiuso. Esiste allora p ∈ X  S tale che ogni aperto che contiene p interseca S (in caso contrario, X  S sarebbe aperto). Sia {Ui }i∈N un sistema fondamentale di intorni aperti di p numerabile. Per ogni n ∈ N, scegliamo un punto  n xn ∈ S ∩ ∩ U i . i=0

(La precedente intersezione e` non vuota in quanto contiene almeno il punto p.) Se A e` un qualsiasi intorno aperto di p, si ha Ui0 ⊆ A per un qualche i0 , e quindi xn ∈ Ui0 ⊆ A per ogni n ≥ i0 . La successione (xn ) e` definitivamente contenuta in A

` topologiche 2. Ulteriori proprieta

39

per ogni intorno aperto A di p, da cui deduciamo che p e` un punto limite. Abbiamo costruito una successione di punti di S che converge ad un punto non appartenente ad S, contraddicendo l’ipotesi che S sia sequenzialmente chiuso.  Esistono vari esempi che mostrano l’indipendenza delle nozioni appena introdotte. Ne illustriamo alcuni nel seguito. Esercizio 2.17. Sia X uno spazio topologico discreto non numerabile. Provare che X e` primo-numerabile, ma non e` secondo-numerabile, n´e separabile, n´e di Lindel¨of. Esercizio 2.18. Sia X un insieme non numerabile con topologia conumerabile. Provare che X non e` sequenziale. Esercizio 2.19. Sia X un insieme non numerabile con topologia cofinita. Provare che X e` separabile (piu` precisamente ogni sottoinsieme infinito e` denso), ma non e` primo-numerabile. Esercizio 2.20. Sia X un insieme (qualsiasi) dotato di topologia conumerabile e Y un insieme (qualsiasi) dotato di topologia cofinita. Provare che X e` di Lindel¨of e che Y e` compatto (e quindi di Lindel¨of). La retta di Sorgenfrey (Esempio 1.17) e` un esempio di spazio separabile, di Lindel¨of e primo-numerabile, ma non secondo-numerabile [Mun20] (si veda anche l’esercizio 1.18). Vediamo ora come si comportano le proprieta` di numerabilita` quando si considerano sottospazi e quozienti di spazi topologici. Le proprieta` di primo-numerabilita` e secondo-numerabilita` sono ereditarie (Esercizio 2.21), ma non passano a quoziente, come mostrato nell’Esercizio 2.24, che fornisce un esempio di funzione quoziente da uno spazio secondo-numerabile ad uno ` sequenziache non e` primo-numerabile. Le tre rimanenti proprieta` (separabilita, lita` e Lindel¨of) passano a quoziente, ma non sono ereditarie.1 Per la separabilita` e Lindel¨of vale in effetti una affermazione piu` forte, cf. Prop. 2.22. Esercizio 2.21. Sia X uno spazio topologico ed S un sottospazio. Provare che: (1) se X e` primo-numerabile, allora S e` primo-numerabile; (2) se X e` secondo-numerabile, allora S e` secondo-numerabile; (3) se X e` separabile ed S e` aperto, allora S e` separabile. (4) se X e` sequenziale ed S e` aperto (o chiuso), allora S e` sequenziale. (5) se X e` di Lindel¨of ed S e` chiuso, allora S e` di Lindel¨of. Un sottospazio chiuso di uno spazio separabile in generale non e` separabile, cf. Osservazione 5.4(6). Un sottospazio aperto di uno spazio di Lindel¨of in generale non 1 Per

` non esistono controesempi elementari, quindi ci asterremo dal darne. la sequenzialita,

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Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

e` di Lindel¨of: infatti, ogni spazio topologico X e` sottospazio aperto di uno spazio compatto X ∗ (cf. Lemma 2.26). Chiaramente X ∗ e` di Lindel¨of, ma non ogni spazio topologico X e` di Lindel¨of (Esercizio 2.17). Passiamo ora alla topologia quoziente. Proposizione 2.22. Sia f : X → Y una funzione continua e suriettiva fra due spazi topologici. Allora: (i) se X e` separabile, anche Y e` separabile; (ii) se X e` uno spazio di Lindel¨of, anche Y e` uno spazio di Lindel¨of. Dimostrazione. (i) Sia S ⊆ X un sottoinsieme numerabile denso. Allora f (S) e` sottoinsieme numerabile di Y . Per ogni A aperto non vuoto di Y , f −1 (A) e` aperto non vuoto di X (poich´e f e` suriettiva). Siccome S e` denso in X, si ha f −1 (A) ∩ S = ∅, e quindi   A ∩ f (S) ⊇ f f −1 (A) ∩ S = ∅. Questo prova che f (S) e` denso in Y . (ii) Questa dimostrazione e` completamente analoga a quella della Prop. 1.75. Se {Uα }α∈A e` un ricoprimento aperto di Y , allora {f −1 (Uα )}α∈A e` un ricoprimento aperto di X. Ma X e` di Lindel¨of: esiste quindi B ⊆ A numerabile tale che {f −1 (Uα )}α∈B e` un ricoprimento di X. La famiglia {Uα }α∈B e` un ricoprimento numerabile di Y , sottoricoprimento del ricoprimento di partenza. Questo prova che Y e` di Lindel¨of.  Proposizione 2.23. Se X e` uno spazio sequenziale ed f : X → Y e` una funzione quoziente, allora Y e` uno spazio sequenziale. Dimostrazione. Sia S ⊆ Y un sottoinsieme sequenzialmente chiuso. Sia (xn )n∈N una successione di punti di f −1 (S) che converge a p ∈ X. Siccome f e` continua, f (xn ) → f (p). Siccome f (xn ) ∈ S per ogni n ∈ N, ed S e` sequenzialmente chiuso, f (p) ∈ S. Quindi p ∈ f −1 (S) e l’insieme f −1 (S) e` sequenzialmente chiuso. Ma X e` uno spazio sequenziale, quindi f −1 (S) e` chiuso in X. Per definizione di funzione quoziente, S e` chiuso in Y .  Nel prossimo esercizio vediamo un esempio di quoziente di spazio a base numerabile che non e` primo-numerabile, provando che queste due proprieta` non passano a quoziente. Esercizio 2.24. Su R consideriamo la relazione di equivalenza: x ∼ y ⇐⇒ x = y oppure x, y ∈ Z. def

` topologiche 2. Ulteriori proprieta

41

Sia π : R → R/∼ la proiezione a quoziente canonica. Provare che: (1) π non e` aperta. (2) R/∼ non e` primo-numerabile (suggerimento: mostrare che non esiste un sistema fondamentale di intorni aperti di [0] numerabile). Chiudiamo la sezione con una proprieta` importante degli spazi sequenziali. Sappiamo che ogni funzione continua e` sequenzialmente continua (Prop. 1.47), cosa che abbiamo usato tacitamente anche nella dimostrazione della Prop. 2.23. Se il dominio e` uno spazio sequenziale, vale anche il viceversa. Proposizione 2.25. Sia X uno spazio topologico sequenziale, Y uno spazio topologico qualsiasi ed f : X → Y una funzione. Allora f e` continua se e solo se e` sequenzialmente continua. Dimostrazione. Sia f sequenzialmente continua. Per assurdo, supponiamo che f non sia continua. Esiste quindi C ⊆ Y chiuso tale che f −1 (C) ⊆ X non e` chiuso. Siccome X e` sequenziale, f −1 (C) non e` sequenzialmente chiuso. Esiste allora una / f −1 (C). Sicsuccessione (xn )n∈N di punti di f −1 (C) convergente ad un punto p ∈ come C e` chiuso, e` anche sequenzialmente chiuso (Prop. 1.44). Siccome f (xn ) ∈ C per ogni n ∈ N e f (p) ∈ / C, la successione (f (xn ))n∈N non pu`o convergere ad f (p), contraddicendo l’ipotesi che f fosse sequenzialmente continua. 

2.3

Compattificazione a un punto

Siano X e Z due spazi topologici, e supponiamo che Z sia compatto. Diciamo che Z e` una compattificazione di X se X e` un sottospazio topologico di Z denso in Z. Dato uno spazio topologico (X, T ) qualsiasi, consideriamo l’unione (disgiunta) di X e un singoletto {∞}, X ∗ := X ∪ {∞}, dove ∞ e` un punto non appartenente ad X. Su X ∗ consideriamo la famiglia di sottoinsiemi T ∗ data da   T ∗ := T ∪ X ∗  K : K e` chiuso e compatto in X . Lemma 2.26. (i) T ∗ e` una topologia su X ∗ . (ii) (X, T ) e` un sottospazio aperto di (X ∗ , T ∗ ); (iii) (X ∗ , T ∗ ) e` compatto. Dimostrazione. (i) Siccome ∅ e` chiuso e compatto, X ∗ ∈ T ∗ . Indichiamo con T  gli insiemi della forma X ∗  K, con K sottoinsieme chiuso e compatto di X, in modo che T ∗ = T ∪ T  . L’insieme T e` chiuso rispetto a intersezioni

42

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

finite e ad unioni arbitrarie. Facciamo vedere che lo stesso vale per T  . Se {Ki }i∈I e` una collezione di chiusi e compatti di X, si ha

(X ∗  Ki ) = X ∗ 

i∈I



Ki .

i∈I

 Siccome i∈I Ki e` chiuso e compatto (essendo chiuso in ciascun Ki ), T  e` chiuso rispetto ad unioni arbitrarie. Analogamente, si ha

(X ∗  Ki ) = X ∗ 

i∈I



Ki .

i∈I

 Se I e` finito, i∈I Ki e` chiuso e compatto. Segue che T  e` chiuso rispetto ad intersezioni finite. Rimane da mostrare che se U e` un aperto e K un chiuso compatto di X, l’intersezione e unione di U e X ∗  K appartengono ancora a T ∗ . Questo segue dalle identita` U ∪ (X ∗  K) = X ∗  (C ∩ K), U ∩ (X ∗  K) = X  (C ∪ K), in cui C := X  U . Siccome C ∪ K e` un chiuso di X, U ∩ (X ∗  K) ∈ T . Siccome C ∩ K e` chiuso in K, e` anche compatto, e U ∪ (X ∗  K) ∈ T  . (ii) Intersecando un qualsiasi aperto di X ∗ con X si ottiene un aperto di X. In particolare, per ogni K chiuso e compatto di X, (X ∗  K) ∩ X = X  K e` aperto di X. Quindi X e` sottospazio topologico di X ∗ e, per costruzione, e` aperto in X ∗ . (iii) Sia U un ricoprimento aperto di X ∗ . Deve esistere allora U∞ ∈ U intorno aperto del punto all’infinito. Per costruzione, U∞ = X ∗  K∞ con K∞ chiuso in X e compatto. La collezione {U ∩ K∞ : U ∈ U} e` un ricoprimento aperto del sottospazio compatto K∞ . Esiste allora F ⊆ U finito tale che {U ∩ K∞ : U ∈ F} e` ricoprimento aperto di K∞ . Siccome U∞ ∪K∞ = X ∗ , la collezione F ∪{U∞ } e` un sottoricoprimento finito di U .  Lo spazio topologico (X ∗ , T ∗ ) e` detto estensione di Alexandroff di (X, T ), e ∞ e` detto punto all’infinito. E’ elementare verificare che spazi topologici omeomorfi hanno estensioni di Alexandroff omeomorfe. Se X ∗ = X ∪ {∞} e Y ∗ = Y ∪ {∞ } sono estensioni di Alexandroff di due spazi topologici X e Y , ed f : X → Y e` un omeomorfismo, allora la funzione f : X ∗ → Y ∗ definita da f (x) :=

f (x)

se x ∈ X



se x = ∞



` topologiche 2. Ulteriori proprieta

43

e` un omeomorfismo (la verifica e` elementare e segue dal fatto che l’immagine continua di un compatto e` compatta). In particolare, l’estensione di Alexandroff di uno spazio topologico e` unica a meno di un omeomorfismo (non dipende dalla natura del punto aggiunto). Proposizione 2.27. X e` denso in X ∗ se e solo se X e` non-compatto. Dimostrazione. L’unico sottoinsieme di X ∗ che ha intersezione vuota con X e` {∞}. Quindi, X e` denso in X ∗ se e solo se {∞} non e` aperto. Per come e` definita la  topologia, {∞} = X ∗  X e` aperto se e solo se X e` (chiuso e) compatto. Se X e` non-compatto, X ∗ e` detto compattificazione ad un punto di X (ed e` ovviamente la compattificazione minimale rispetto all’inclusione). Se X e` compatto, si vede dalla precedente dimostrazione che {∞} e` aperto. Ma e` anche chiuso (X e` aperto in X ∗ ). In questo caso X ∗ e` unione (topologica disgiunta) di X e di un punto isolato esterno ad X. Un esempio e` illustrato in Fig. 2.3. Esercizio 2.28. Provare che la compattificazione ad un punto N∗ di N (con topologia discreta) e` omeomorfa al sottospazio {0} ∪ {1/n : n ∈ Z+ } di R. Osservazione 2.29. Dato un qualsiasi spazio topologico X, una successione (xn )n∈N di punti di X non e` altro che una funzione x : N → X, ed e` continua in quanto il dominio e` uno spazio discreto. E’ interessante osservare che x ammette una estensione continua x : N∗ → X se e solo se la successione (xn ) e` convergente. Proposizione 2.30. Sia X uno spazio topologico qualsiasi. Allora X ∗ e` T1 se e solo se X e` T1 . Dimostrazione. L’implicazione “⇒” e` ovvia. Proviamo l’implicazione opposta. Usiamo la caratterizzazione in Prop. 2.2 degli spazi T1 . Notiamo che il punto all’infinito e` chiuso, essendo X aperto in X ∗ . Per ogni x ∈ X, {x} e` compatto. Se X e` T1 , {x} e` anche chiuso in X, e quindi X ∗  {x} e` aperto in X ∗ (per definizione di estensione  di Alexandroff), e {x} e` chiuso in X ∗ . Proposizione 2.31. Sia X localmente compatto. Allora X ∗ e` di Hausdorff se e solo se X e` di Hausdorff. Dimostrazione. L’implicazione “⇒” e` ovvia. Per l’implicazione opposta, assumiamo che X sia di Hausdorff. E’ sufficiente mostrare che, se x ∈ X e` un punto qualsiasi, allora x e ∞ sono separati da due aperti disgiunti. Siccome X e` localmente compatto, esistono un aperto U di X e un compatto K ⊆ X tali che x ∈ U ⊆ K. Siccome X e` di Hausdorff, K e` chiuso in X e quindi V := X ∗  K e` aperto in X ∗ . Gli aperti U e V di  X ∗ sono per costruzione disgiunti, x ∈ U e ∞ ∈ V , come volevasi dimostrare. Proposizione 2.32. Se Y e` di Hausdorff e compatto e p ∈ Y e` un punto qualsiasi, Y e` omeomorfo alla compattificazione ad un punto di Y  {p}.

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Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Dimostrazione. Chiamiamo X := Y  {p}. Sia f : Y → X ∗ la funzione data da f (x) = x se x ∈ X e f (p) = ∞. Notiamo che U e` un aperto di Y che non contiene p se e solo se f (U ) = U e` un aperto di X ∗ che non contiene ∞. Se U e` un intorno aperto di p in Y , siccome Y e` compatto, K = Y  U ⊆ X e` compatto. Siccome X e` di Hausdorff, K e` chiuso in X. Gli aperti di Y contenenti p sono quindi i complementari dei sottoinsiemi chiusi di X e compatti. Per definizione di X ∗ , f induce quindi una corrispondenza biunivoca fra intorni aperti di p e intorni aperti di ∞.  Nel capitolo 4 vedremo una caratterizzazione dei sottoinsiemi compatti di uno spazio pseudometrico: si tratta dei sottoinsiemi completi e totalmente limitati (Teorema 4.44). Nel caso speciale di Rn , si ottiene il celebre teorema di Heine-Borel, secondo cui i sottoinsiemi compatti di Rn sono i chiusi e limitati (Teorema 4.47). Quindi, ad esempio, intervalli chiusi, sfere, palle chiuse, etc. sono tutti insiemi compatti. Chiudiamo la sezione con alcuni esempi di compattificazione ad un punto. Iniziamo con il notare che due spazi possono avere compattificazioni ad un punto omeomorfe, pur non essendo omeomorfi, come illustrato nel seguente esempio. Esempio 2.33. Il sottospazio compatto [−1, 1] di R e` la compattificazione ad un punto (per la Prop. 2.32) sia dell’intervallo [−1, 1[ che dello spazio [−1, 1]  {0}, e questi due spazi sono ovviamente non omeomorfi (uno e` connesso e l’altro no). ♦ Esempio 2.34. Sia n ≥ 1 e p ∈ Sn un punto qualsiasi (ad esempio il polo nord). La proiezione stereografica Sn  {p} → Rn e` un omeomorfismo (cf. Esempio 1.41). La ♦ n-sfera Sn e` quindi la compattificazione ad un punto di Rn . Esempio 2.35. Essendo S1 compatto, la sua estensione di Alexandroff si ottiene aggiungendo un qualsiasi punto esterno, cf. Fig. 2.3. ♦ ∞ S1

Figura 2.3: Estensione di Alexandroff di S1 . Esempio 2.36. Sia X := ]0, 1[ ∪ ]1, 2[ ∪ ]2, 3[ ∪ . . . ∪ ]n − 1, n[ l’unione disgiunta di n intervalli della retta R (n ≥ 1), e sia Y il bouquet con n petali in Fig. 2.4 (in figura, n = 5). Non e` difficile verificare che, rimuovendo il punto

` topologiche 2. Ulteriori proprieta

45

centrale dal bouquet, il sottospazio che si ottiene e` omeomorfo ad X. Il bouquet e` quindi la compattificazione ad un punto di n intervalli aperti disgiunti. ♦

Figura 2.4: Il bouquet con n petali.

2.4

Caratterizzazione degli spazi normali

Dato un ricoprimento aperto {Uα }α∈A di uno spazio topologico X, diciamo che tale ricoprimento e` puntualmente finito se ogni x ∈ X e` contenuto in un numero finito di insiemi del ricoprimento. Osserviamo che ogni ricoprimento localmente finito e` anche puntualmente finito. Questa sezione e` dedicata a due importanti caratterizzazioni degli spazi normali. Tali caratterizzazioni sono (entrambe) un ingrediente fondamentale nella dimostra` di cui parleremo nel prossimo capitolo. zione dell’esistenza di partizioni dell’unita, La prima garantisce (Teorema 2.38), in un certo senso, che gli insiemi di un ricoprimento aperto puntualmente (e quindi localmente) finito possono sempre essere sostituiti da insiemi un po’ piu` piccoli. La seconda e` il celebre lemma di Urysohn (Teorema 2.40), che caratterizza gli spazi normali in termini di proprieta` delle funzioni continue. Per la comprensione delle dimostrazioni sono necessarie alcune cononoscenze relative all’Assioma della Scelta e alla nozione di induzione transfinita, per le quali rimandiamo a [RR85]. Conviene dividere la dimostrazione del Teorema 2.38 in due parti, la prima delle quali e` il contenuto del seguente lemma. Lemma 2.37. Sia X uno spazio normale. Allora, per ogni ricoprimento aperto U = {Uα }α∈A di X puntualmente finito esiste un ricoprimento aperto V := {Vα }α∈A tale che Vα ⊆ U α (2.2) per ogni α ∈ A. In [Mun20, Lemma 41.6] non e` richiesto che U sia puntualmente finito, ma senza tale ipotesi il lemma e` falso. Per un controesempio si veda A. Beslagic, A Dowker

46

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

product, Trans. of the AMS 292 (1985), nr. 2. L’enunciato corretto si pu`o trovare ad esempio in [Wil04, Teorema 15.10]. Notiamo che, in virtu` dell’inclusione (2.2), il ricoprimento V nel Lemma 2.37 e` necessariamente puntualmente finito, ed e` localmente finito se U e` localmente finito. Dimostrazione. Assumiamo che X, e quindi A, siano non vuoti. Scegliamo un buon ordinamento  su A. Siccome U e` puntualmente finito, per ogni x ∈ X l’insieme   Ax := γ ∈ A : x ∈ Uγ e` finito. Indichiamo con mx il massimo di (Ax , ). Come prima cosa, proviamo per induzione transfinita che esiste una collezione di aperti V = {Vα }α∈A tale che, per ogni α ∈ A, C α ⊆ V α ⊆ Vα ⊆ U α dove Cα e` il chiuso Cα := X 



β≺α

Vβ ∪



(2.3)  Uγ .

γα

 Per iniziare, sia α0 ∈ A l’elemento minimo. In questo caso, Cα0 = X  γ=α0 Uγ e, siccome U e` un ricoprimento di X, si ha Cα0 ⊆ Uα0 . Per la Prop. 2.3(ii), esiste un aperto Vα0 soddisfacente la catena di inclusioni (2.3) con α = α0 . Sia ora α ∈ A un elemento qualsiasi e supponiamo, per ipotesi induttiva, che esista una famiglia {Vβ }β≺α soddisfacente Cβ ⊆ Vβ ⊆ Vβ ⊆ Uβ per ogni β ≺ α. Sia x ∈ Cα . Allora x non appartiene a Vβ per nessun β ≺ α e, siccome Cβ ⊆ Vβ , a maggior ragione non appartiene a Cβ . Per definizione, per ogni β ≺ α, x ∈ Cβ vuol dire che o x ∈ Vβ  per un qualche β  ≺ β ≺ α, ma questo lo abbiamo esluso, oppure / Uγ se γ  α, siccome x ∈ Cα . x ∈ Uγ per un qualche γ  β. Al tempo stesso, x ∈ Quindi, per ogni β ≺ α esiste f (β) ∈ Ax (dipendente da β) tale che β ≺ f (β)  α e x ∈ Uf (β) . Siccome f ha immagine in un insieme finito, supβ≺α f (β) = f (β) e` un massimo. Siccome β ≺ f (β)  α per ogni β ≺ α, deve essere f (β) = α. Quindi x ∈ Uα e, dall’arbitrarieta` di x, deduciamo che Cα ⊆ Uα . Per la Prop. 2.3 esiste Vα aperto soddisfacente (2.3). Questo prova il passo induttivo. Rimane da provare che V e` un ricoprimento di X. Sia x ∈ X un punto arbitrario. / Vβ per nessun β ≺ mx , allora x ∈ Cmx (per Chiaramente x ∈ / Uγ se γ  mx . Se x ∈ definizione degli insiemi Cα ), e quindi x ∈ Vmx per l’inclusione (2.3). In ogni caso,  x ∈ Vα per un qualche α, e quindi V e` un ricoprimento. Teorema 2.38. Sia X uno spazio topologico. Allora, X e` normale se e solo se, per ogni ricoprimento aperto {Uα }α∈A di X puntualmente finito, esiste un ricoprimento aperto {Vα }α∈A tale che Vα ⊆ Uα per ogni α ∈ A. Dimostrazione. L’implicazione “⇒” e` il Lemma 2.37. L’implicazione opposta e` elementare: se C1 , C2 sono due chiusi disgiunti di X, allora {X  C1 , X  C2 } e` un

` topologiche 2. Ulteriori proprieta

47

ricoprimento aperto finito di X, e per ipotesi esiste un altro ricoprimento aperto {V1 , V2 } tale che Vi ⊆ X  Ci , per i = 1, 2. Gli aperti X  V1 e X  V2 contengono  quindi C1 e C2 , rispettivamente, e sono disgiunti, essendo V1 ∪ V2 = X. Lemma 2.39. Sia X uno spazio topologico normale e C0 , C1 ⊆ X due chiusi disgiunti. Allora esiste una famiglia di aperti {Ur }r∈Q∩[0,1] tale che C0 ⊆ U0 , U1 = X  C1 e, per ogni r, s ∈ Q ∩ [0, 1], (2.4) r < s =⇒ Ur ⊆ Us . Dimostrazione. Sia P := Q ∩ [0, 1]. Ordiniamo tale insieme di numeri razionali nel modo seguente. Iniziamo con 1, 0. Quindi, per m e n coprimi, identifichiamo m/n con la coppia (n, m) e usiamo per tali coppie l’ordine lessicografico. Otteniamo: 1 1 2 1 3 1 2 3 4 1, 0, , , , , , , , , , . . . 2 3 3 4 4 5 5 5 5 Per n intero positivo, indichiamo con Pn l’insieme dei primi n elementi della successione. Costruiamo gli insiemi Ur , per r ∈ P , in maniera ricorsiva iniziando da U1 := X  C1 . Sia quindi n intero positivo e, per ipotesi induttiva, immaginiamo di aver costruito degli insiemi {Ur }r∈Pn soddisfacenti (2.4). Si ha Pn+1 = Pn ∪ {t}, dove t e` un opportuno razionale (quello che compare in posizione n + 1 nella lista sopra indicata). Dobbiamo costruire Ut . Indichiamo con ≤ l’ordinamento su Pn+1 indotto dall’ordinamento standard sui numeri reali. Siccome Pn+1 e` un insieme finito con minimo 0 e massimo 1 (rispetto all’ordinamento ≤), e t = 0, 1, il numero t ha un immediato predecessore p e un immediato successore q in (Pn+1 , ≤). In particolare Up ⊆ Uq e, per la Prop. 2.3, esiste un aperto Ut soddisfacente Up ⊆ Ut ⊆ Ut ⊆ Uq . L’insieme {Ur }r∈Pn+1 soddisfa ancora (2.4). Infatti, per ogni per ogni coppia di elementi r, s ∈ Pn+1 , se r, s ∈ Pn la (2.4) e` soddisfatta per ipotesi induttiva. Se r ∈ Pn ed s = t si hanno due casi. Se r < t, allora r ≤ p e Ur ⊆ Up ⊆ Ut . Se t < r, allora q ≤ r e Ut ⊆ Uq ⊆ Ur . In entrambi i casi, (2.4) e` soddisfatta. La situazione e` illustrata in Fig. 2.5. In figura, n = 8, t = 25 , p =

1 3

e q = 12 .

Per ogni n ∈ Z+ abbiamo dimostrato che esiste una famiglia Un = {Ur }r∈Pn di  aperti di X soddisfacente (2.4). Per costruzione Un ⊆ Un+1 e l’unione U := n∈Z+ Un

48

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

C1 U3 4

U0 U 15

C0

U 1 U 13

U1 2

U2 3

4

X U 25

Figura 2.5: Illustrazione della dimostrazione del Lemma 2.39. e` la famiglia cercata. Ogni coppia di insiemi Ur , Us ∈ U appartiene ad una qualche  sottofamiglia Un , e soddisfa (2.4) in quanto tale proprieta` e` soddisfatta in Un . Teorema 2.40 (Lemma di Urysohn). Sia X uno spazio topologico. Le due proprieta` seguenti sono equivalenti: (i) X e` uno spazio topologico normale. (ii) Per ogni coppia di insiemi chiusi C0 e C1 disgiunti esiste una funzione continua f : X → [0, 1] tale che C0 ⊆ f −1 ({0})

e

C1 ⊆ f −1 ({1}).

(2.5)

Notiamo che (2.5) ci dice che f (x) = 0 per ogni x ∈ C0 , f (x) = 1 per ogni x ∈ C1 , e non fa ipotesi sul valore di f fuori da questi due insiemi (fuori f pu`o assumere qualsiasi valore in [0, 1], estremi inclusi). Dimostrazione. L’implicazione (ii)⇒(i) e` ovvia: segue da (2.5) che gli aperti disgiunti f 1 ([0, 1/3[) e f 1 (]2/3, 1]) contengono C0 e C1 rispettivamente. Se vale (ii), ogni coppia di chiusi disgiunti e` separata da due aperti disgiunti, e X e` normale. Dobbiamo provare l’implicazione opposta. Assumiamo allora che X sia normale. Sia {Ur }r∈Q∩[0,1] una famiglia di aperti come nel Lemma 2.39 e, per r ∈ Q, poniamo Ur := ∅ ∀ r < 0

e

Ur := X ∀ r > 1.

` topologiche 2. Ulteriori proprieta

49

Osserviamo che {Ur }r∈Q e` un ricoprimento aperto di X e che (2.4) e` soddisfatta per ogni r, s ∈ Q. Definiamo quindi f : X → R come segue. Per ogni x ∈ X,   f (x) := inf r ∈ Q : x ∈ Ur . Affermiamo che f e` proprio la funzione cercata. Evidentemente f (x) ≥ 0, siccome Ur = ∅ per r < 0. Ed f (x) ≤ 1, siccome Ur = X  x per ogni r > 1. Non e` difficile inoltre convincersi che (2.5) e` soddisfatta. Se x ∈ C0 , allora x ∈ U0 e quindi, per la (2.4), x ∈ Ur per ogni r ≥ 0. Segue che f (x) ≤ 0, / U1 = X  C1 e ma non potendo essere negativa, f (x) = 0. Se x ∈ C1 , allora x ∈ quindi, per la (2.4), x ∈ / Ur per ogni r ≤ 1. Segue che f (x) ≥ 1, ma non potendo essere maggiore di 1, deve essere f (x) = 1. La cosa sorprendente, e piu` difficile da dimostrare, e` che f e` continua. Per capire come funziona, iniziamo con il costruire una funzione f : X → [0, 1] usando un numero finito di aperti, ad esempio i nove aperti in Fig. 2.5. Quindi:   / C1 f(x) := inf r ∈ {1, 0, 12 , 13 , 23 , 14 , 34 , 15 , 25 } : x ∈ Ur se x ∈ e

f(x) := 1 se x ∈ C1 .

Nella Fig. 2.6 e` riportato il valore di f in ciascuna delle aree in cui e` diviso il disegno. Notiamo che f e` strettamente crescente man mano che ci si allontana da C0 . E’ chiaro che la funzione f cos`ı definita non e` continua, ma maggiore e` il numero di aperti usato per definire tale funzione, piu` questa si avvicina ad una funzione continua (e per definire f ne utilizziamo infiniti). Dimostriamo ora la continuita` di f . Per cominciare, segue da (2.4) che se x ∈ U r allora x ∈ Us per ogni s > r e se x ∈ / Ur allora x ∈ / Us per ogni s < r. Deduciamo che x ∈ Ur

=⇒

f (x) ≤ r,

(2.6a)

x∈ / Ur

=⇒

f (x) ≥ r.

(2.6b)

Prendiamo ora x0 ∈ X e mostriamo la continuita` di f in x0 (Def. 1.33): e` sufficiente mostrare che per ogni intorno aperto ]a, b[ di f (x0 ) esiste un intorno aperto A di x0 tale che f (A) ⊆ ]a, b[. Per fare ci`o, scegliamo due numeri razionali r e s tali che a < r < f (x0 ) < s < b, come in Fig. 2.7. Poniamo W := Us  Ur e mostriamo che si tratta dell’intorno cercato. Siccome f (x0 ) < s, segue da (2.6b) che x0 ∈ Ur . Siccome f (x0 ) > r, segue da / U r . Questo prova che x0 ∈ W . (2.6a) che x0 ∈ Prendiamo ora x ∈ W . Siccome x ∈ Us ⊆ Us , da (2.6a) segue che f (x) ≤ s.  Siccome x ∈ / Ur , da (2.6b) segue che f (x) ≥ r. Quindi f (x) ∈ [r, s] ⊆ ]a, b[.

50

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

0

1 4

1 5

2 5

1 3

3 4

2 3

1 2

1

Figura 2.6: La funzione f.

f x0

Ur

f (x0 )

Us a

r

s

b

R

Figura 2.7: Continuita` di f .

2.5

` Paracompattezza e partizioni dell’unita

Una proprieta` molto importante degli spazi topologici e` la paracompattezza, legata ad uno strumento fondamentale nelle applicazioni (ad esempio in geometria ` differenziale): le partizioni dell’unita. Ricordiamo che, dati due ricoprimenti aperti U := {Uα }α∈A e W := {Wj }j∈J di uno spazio topologico X, diciamo che W e` un raffinamento (aperto) di U se per ogni j ∈ J esiste α(j) ∈ A tale che Wj ⊆ Uα(j) . Lemma 2.41. Sia U := {Uα }α∈A un ricoprimento aperto di uno spazio topologico X e sia W := {Wj }j∈J un suo raffinamento aperto localmente finito. Allora esiste un raffinamento aperto localmente finito {Vα }α∈A con lo stesso insieme di indici A di U .

` topologiche 2. Ulteriori proprieta

51

Dimostrazione. Per definizione di raffinamento, esiste una funzione f : J → A tale che Wj ⊆ Uf (j) per ogni j ∈ J. Per ogni α ∈ A, poniamo Vα :=



Wj .

j∈f −1 (α)

/ f (J). Osserviamo che Vα e` vuoto se α ∈ Per costruzione Vα ⊆ Uα . Ciascun j appartiene ad almeno una fibra f −1 (α), e quindi ciascun Wj e` sottoinsieme di almeno un Vα . Di conseguenza, {Vα }α∈A e` un ricoprimento di X. Dobbiamo mostrare che e` localmente finito. Sia x ∈ X. Esiste un intorno aperto S di x e un sottoinsieme F ⊆ J finito tale che Wj ∩ S = ∅ per ogni j ∈ J  F . Ma allora Vα ∩ S =



(Wj ∩ S),

j∈f −1 (α)∩F

e tale intersezione e` vuota se f −1 (α) ∩ F e` vuoto, ovvero se α ∈ A  f (F ). Siccome f (F ) e` un insieme finito, questo conclude la dimostrazione.  Definizione 2.42. Uno spazio topologico X si dice paracompatto se ogni ricoprimento aperto ammette un raffinamento aperto localmente finito. Ovviamente, ogni spazio compatto e` paracompatto: dato un ricoprimento aperto, ogni sottoricoprimento finito e` un raffinamento aperto localmente finito. Le nozioni di spazio localmente compatto e paracompatto sono invece indipendenti. Un esempio di spazio localmente compatto ma non paracompatto e` la retta lunga, cf. [SS78]. Un esempio di spazio paracompatto ma non localmente compatto e` l’insieme dei numeri razionali (Esempio 2.44). La retta di Sorgenfrey e` paracompatta, mentre il prodotto cartesiano di due rette di Sorgenfrey (con topologia prodotto) e` un esempio di spazio non paracompatto [Sor47]. Proposizione 2.43. Sia X uno spazio topologico localmente compatto, di Hausdorff e a base numerabile. Allora X e` paracompatto. Dimostrazione. Sia U = {Uα } un ricoprimento aperto di X e (Ki )∞ i=1 una sua esau˚i per i ∈ N. La stione in compatti (cf. Prop. 1.77). Poniamo K0 := ∅ e Xi := Ki+1  K collezione di insiemi compatti {Xi }i∈N e` un ricoprimento di X. ˚i+2  Ki−1 Per ogni p ∈ Xi esiste αp tale che p ∈ Uαp . Notiamo che l’aperto K contiene Xi e quindi p. Deduciamo che p e` contenuto nell’aperto ˚i+2  Ki−1 ). Wp := Uαp ∩ (K

(2.7)

Dal ricoprimento aperto {Wp }p∈Xi di Xi possiamo estrarre un sottoricoprimento finito. Indichiamo con Wi = {Wi,j }j=1,...,ni gli insiemi di tale sottoricoprimento. Per  la (2.7), W = i Wi e` un raffinamento aperto di U . Notiamo che, se |i − j| > 2, si ha

52

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

˚j+2 ⊆ Ki−1 (se i > j + 2); in entrambi i casi: ˚i+2 ⊆ Kj−1 (se j > i + 2) oppure K K ˚j+2  Kj−1 ) = ∅ . ˚i+2  Ki−1 ) ∩ (K (K Da (2.7) segue che Wi,k ∩ Wj,l = ∅ se |i − j| > 2, e quindi W e` localmente finito.



Esercizio 2.44. Provare che Q con topologia indotta da R e` paracompatto (di Hausdorff e a base numerabile) ma non localmente compatto. La paracompattezza, come la compattezza e la locale compattezza, e` una proprieta` che viene ereditata dai sottospazi chiusi. Proposizione 2.45. Sia X un sottospazio chiuso di uno spazio paracompatto Y . Allora X e` paracompatto. Dimostrazione. Sia U := {Uα }α∈A un ricoprimento aperto di X. Per definizione di sottospazio, per ogni α ∈ A, si ha Uα = Vα ∩ X con Vα aperto di Y . La famiglia {Vα }α∈A ∩ {Y  X} e` un ricoprimento aperto di Y , e siccome Y e` paracompatto, esiste un raffinamento aperto {Wj }j∈J localmente finito. La famiglia {Wj ∩ X}j∈J e` un raffinamento aperto di U localmente finito, come volevasi dimostrare.  Proposizione 2.46. Se X e` paracompatto e T2 , allora X e` T4 . Dimostrazione. Dobbiamo provare che ogni spazio X di Hausdorff e paracompatto e` normale. Proviamo prima che X e` regolare. Sia x ∈ X e C ⊆ X un chiuso non contenente x. Siccome X e` di Hausdorff, per ogni y ∈ C esistono due aperti Uy e Vy tali che x ∈ Uy , y ∈ Vy e Uy ∩ Vy = ∅. La famiglia     Vy : y ∈ C ∪ X  C e` un ricoprimento aperto di X. Siccome X e` paracompatto, per il Lemma 2.41 esiste un ricoprimento aperto {Wy : y ∈ C} ∪ {W  } localmente finito tale che Wy ⊆ Vy per ogni y ∈ C e W  ⊆ X  C. Segue dall’ultima inclusione che C ⊆ W :=



Wy .

y∈C

Siccome il raffinamento e` localmente finito, esiste un intorno A di x aperto e un F ⊆ C finito tale che A ∩ Wy = ∅ per ogni y ∈ C  F . L’insieme B := A ∩



Uz

z∈F

e` un intorno aperto di x (siccome F e` un insieme finito). Rimane da provare che W e B sono disgiunti. Si ha: 

Uz . Wy ∩ A ∩ W ∩B = y∈C

z∈F

` topologiche 2. Ulteriori proprieta

53

 Ma Wy ⊆ Vy e Vy ∩ Uz = ∅ se y = z. Quindi Wy ∩ z∈F Uz = ∅ per ogni y ∈ F .  D’altronde, se y ∈ / F , Wy ∩ A = ∅. Quindi, per ogni y ∈ C, Wy ∩ A ∩ z∈F Uz = ∅, da cui W ∩ B = ∅. Questo prova che X e` regolare. Proviamo ora che X e` normale. Siano C e C  due sottoinsiemi chiusi di X disgiunti. Siccome X e` regolare, per ogni x ∈ C possiamo trovare Ux e Vx aperti disgiunti tali che x ∈ Ux e C  ⊆ Vx . La famiglia 

   Ux : x ∈ C ∪ X  C

e` un ricoprimento aperto di X. Come prima, possiamo trovare una collezione di  aperti {Wx : x ∈ C} localmente finita tale che C ⊆ W := x∈C Wx . Siccome la collezione e` localmente finita, per ogni y ∈ C  esiste un intorno aperto Ay e un / Fy . Poniamo insieme Fy ⊆ C finito tale che Ay ∩ Wx = ∅ per ogni x ∈ B :=



Ay ∩

y∈C 



 Vz .

z∈Fy

Per lo stesso ragionamento di prima, B e` aperto e W ∩ B = ∅. Siccome C  ⊆ Vz per   ogni z, B ⊃ C  ∩ y∈C  Ay . Ma Ay e` intorno di y, y∈C  Ay ⊇ C  e quindi B ⊇ C  , come volevasi dimostrare.  ` Nel seguito, quando non specificato diPassiamo ora alle partizioni dell’unita. versamente, X e` uno spazio topologico qualsiasi. Definizione 2.47. Il supporto di una funzione f : X → R e` il sottoinsieme chiuso di X definito come segue: supp(f ) := {p ∈ X : f (p) = 0}. Definizione 2.48. Sia U := {Uα }α∈A un ricoprimento di X. Una partizione dell’unita` subordinata ad U e` una famiglia di funzioni continue {ρα : X → [0, 1]}α∈A tali che: (i) ∀ α ∈ A, supp(ρα ) ⊆ Uα ; (ii) per ogni p ∈ X esiste un intorno aperto V di p e un insieme finito F ⊆ A tali che V ∩ supp(ρα ) = ∅ per ogni α ∈ A  F ;  (iii) α ρα (p) = 1 per ogni p ∈ X. Notiamo che l’insieme in cui varia l’indice α pu`o avere cardinalita` qualsiasi (anche infinita non numerabile). La sommatoria al punto (iii) va intesa come 

ρα (p)

α:ρα (p)=0

La condizione (ii) garantisce che, per ogni p ∈ X, tale somma ha solo un numero finito di addendi, e la condizione (iii) ha quindi senso. La condizione (ii) e` equivalente ad affermare che la famiglia {supp(ρα )}α∈A di sottoinsiemi di X e` localmente finita.

54

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Esempio 2.49. Sia X = R e Un := ]n, n + 4[ (n ∈ Z). La famiglia U := {Un }n∈Z e` un ricoprimento aperto di X. La famiglia di funzioni {ρn : R → [0, 1]}n∈Z date da ⎧ ⎪ 0 se x ≤ n + 1 ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎨x − n − 1 se n + 1 ≤ x ≤ n + 2 ρn (x) := ⎪ ⎪n + 3 − x se n + 2 ≤ x ≤ n + 3 ⎪ ⎪ ⎪ ⎩0 se x ≥ n + 3 e` una partizione dell’unita` subordinata al ricoprimento U . Osserviamo che la partizione dell’unita` in questo esempio non e` finita, ma e` localmente finita (come richiesto). Una illustrazione e` in Fig. 2.8. ρn−2

ρn−1

ρn

ρn+1

ρn+2

ρn+3

ρn+4

ρn+5

ρn+6

n

n+1

n+2

n+3

n+4

n+5

n+6

n+7

n+8

Un

1 0

Un+1

` Esempio I. Figura 2.8: Partizione dell’unita, ρn−2

ρn−1

ρn

ρn+1

ρn+2

ρn+3

ρn+4

ρn+5

ρn+6

n

n+1

n+2

n+3

n+4

n+5

n+6

n+7

n+8

Un

1 0

Un+1

` Esempio II. Figura 2.9: Partizione dell’unita, Una esempio con funzioni differenziabili (di classe C 1 ) e` in Fig. 2.9. In questo secondo esempio, ⎧  ⎨sin2 x − n π se n + 1 ≤ x ≤ n + 3 2 ρn (x) := ⎩0 altrimenti Per ogni n, se n ≤ x ≤ n + 1 si ha 

ρk (x) = ρn−2 (x) + ρn−1 (x) = sin2 (t + π/2) + sin2 (t) = cos2 (t) + sin2 (t) = 1,

k∈Z

dove t := π x−n+1 e abbiamo usato sin(t + π/2) = cos t. 2 Vediamo ora il legame con la nozione di paracompattezza.



` topologiche 2. Ulteriori proprieta

55

Lemma 2.50. Se ogni ricoprimento aperto di X ha una partizione dell’unita` subordinata, allora X e` paracompatto. Dimostrazione. Se U := {Uα } e` un ricoprimento aperto di X e {ρα } una partizione   ` dell’unita` subordinata a tale ricoprimento, la collezione di aperti V := ρ−1 α (]0, 1]) e localmente finita per la condizione (ii) della Def. 2.48: E’ un ricoprimento di X: per la condizione (iii), per ogni p ∈ X, si deve avere ρα (p) = 0 per almeno un α ∈ A. Infine, e` un raffinamento di U per la condizione (i).  L’implicazione nel lemma precedente si pu`o invertire, sotto l’ipotesi aggiuntiva che X sia di Hausdorff. Vale infatti il seguente teorema. Teorema 2.51. Sia X uno spazio topologico T1 . Allora, le seguenti due condizioni sono equivalenti: (i) X e` paracompatto e di Hausdorff. (ii) Ogni ricoprimento aperto di X ha una partizione dell’unita` subordinata. Dimostrazione. (ii)⇒(i). Per il Lemma 2.50, l’esistenza di partizioni dell’unita` implica che X e` paracompatto. Siano x1 , x2 ∈ X con x1 = x2 . Siccome X e` T1, esistono due aperti U1 e U2 tale che U1 contiene x1 ma non x2 e U2 contiene x2 ma non x1 . Poniamo U3 := X  {x1 , x2 }. Allora {U1 , U2 , U3 } e` un ricoprimento aperto di X. Sia {ρ1 , ρ2 , ρ3 } una partizione dell’unita` subordinata. Consideriamo i due aperti   V1 := X  supp(ρ2 ) ∪ supp(ρ3 ) ,   V2 := X  supp(ρ1 ) ∪ supp(ρ3 ) . La situazione e` illustrata in Fig. 2.10. Per costruzione ρ2 e ρ3 sono nulle su V1 , e U3 ρ1

x1

U1 V1

ρ3

ρ2

x2

1

X

U2 V2

Figura 2.10: Dimostrazione del Teorema 2.51, (ii)⇒(i).  siccome i ρi = 1, ρ1 deve essere identicamente 1 su V1 . Siccome ρ1 vale 1 su V1 e 0 / U2 ∩ U3 , si ha su V2 , l’intersezione V1 ∩ V2 deve essere vuota. Siccome x1 ∈ x1 ∈ X  (U2 ∪ U3 ) ⊆ V1 .

56

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Per un motivo analogo, x2 ∈ V2 . Abbiamo trovato due aperti disgiunti che separano x1 e x2 . Dall’arbitrarieta` di x1 e x2 segue che X e` di Hausdorff. (i)⇒(ii). Dato un qualsiasi ricoprimento aperto di X, esiste un raffinamento aperto localmente finito U = {Uα }α∈A . E’ sufficiente provare che esiste una partizione dell’unita` subordinata ad U , siccome questa sara` anche subordinata al ricoprimento di partenza. Ricordiamo che X e` normale (Prop. 2.46). Usando due volte il Lemma 2.37 possiamo trovare due ricoprimenti aperti {Vα }α∈A e {Wα }α∈A tali che W α ⊆ W α ⊆ Vα ⊆ Vα ⊆ U α per ogni α ∈ A. Notiamo che i chiusi Wα e X  Vα sono disgiunti. Per il Lemma di Urysohn esiste una funzione continua fα : X → [0, 1] che vale 1 in Wα e 0 in X  Vα . In particolare, fα−1 (]0, 1]) = X  fα−1 (0) ⊆ Vα , e quindi supp(fα ) = fα−1 (]0, 1]) ⊆ Vα ⊆ Uα . La collezione di funzioni {fα }α∈A soddisfa tutte le proprieta` della partizione dell’unita` cercata, eccetto la (iii). Quello che rimane da fare e` normalizzare correttamente le funzioni. Sia h : X → [0, 1] la funzione data da h(x) :=



fα (x).

α∈A

Notiamo che tale funzione e` ben definita e continua. Per ogni x ∈ X esiste un intorno aperto in cui solo un numero finito di funzioni fα e` diverso da zero. In tale intorno, h e` somma di un numero finito di funzioni continue. Per il lemma di incollamento, h e` ben definita e continua. Per ogni x ∈ X, h e` somma di funzioni non negative, di cui almeno una uguale ad 1. Infatti, essendo {Wα }α∈A un ricoprimento di X, x ∈ Wα0 per un qualche αα0 , da cui deduciamo che fα0 (x) = 1. Siccome h e` continua, e h(x) ≥ 1 per ogni x ∈ X, le funzioni ρα := fα /h sono ben definite, continue e con immagine in [0, 1]. Per costruzione supp(ρα ) = supp(fα ) ⊆ Uα ,



ρα (x) = 1 ∀ x ∈ X,

α∈A

e la seconda condizione della Def. 2.48 e` banalmente soddisfatta, essendo U localmente finito. La famiglia di funzioni {ρα }α∈A e` la partizione dell’unita` cercata. 

3 Spazi di funzioni e gruppo fondamentale In questo capitolo parleremo brevemente di topologie su spazi di funzioni e introdurremo il gruppo fondamentale di uno spazio topologico. Alcune dimostrazioni e calcoli del gruppo fondamentale saranno solo accennate. Per i dettagli si pu`o vedere, ad esempio, [Lom22].

3.1

Topologia compatta-aperta e topologia puntuale

Dati due spazi topologici X e Y , indichiamo con Y X l’insieme di tutte le funzioni X → Y e con C(X, Y ) il sottoinsieme delle funzioni X → Y continue. In questa sezione definiamo due differenti topologie sugli insiemi C(X, Y ) e Y X . Introduciamo la seguente terminologia, che tornera` utile nella Sezione 3.2. Definizione 3.1. Uno spazio topologico X e` detto debolmente compatto se ogni suo sottoinsieme aperto e` localmente compatto. Osservazione 3.2. Ogni spazio compatto X e` debolmente compatto, essendo X un intorno compatto di ogni suo punto. Ogni spazio debolmente compatto e` localmente compatto, essendo X aperto. Abbiamo quindi la catena di implicazioni Compatto =⇒ debolmente compatto =⇒ localmente compatto. Uno spazio di Hausdorff e` debolmente compatto se e solo se e` localmente compatto (Prop. 2.12). Gli spazi topologici finiti sono esempi di spazi debolmente compatti (per l’Osservazione 1.72) che non sono necessariamente di Hausdorff. Nel seguito, adatteremo alcune dimostrazioni in [Mun20, §46] al caso in cui gli spazi topologici, anzich´e essere di Hausdorff e localmente compatti, sono soltanto debolmente compatti. Per ogni K ⊆ X compatto e A ⊆ Y aperto, poniamo   W (K, A) := f ∈ C(X, Y ) : f (K) ⊆ A

(3.1)

La famiglia di insiemi della forma (3.1) e` un ricoprimento di C(X, Y ) (ad esempio, perch´e ogni funzione e` contenuta in W ({p}, Y ) per ogni p ∈ X). Tali insiemi

58

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

formano quindi una sottobase di una topologia su C(X, Y ), che chiamiamo topologia compatta-aperta. Gli aperti di base di tale topologia sono intersezioni finite di insiemi della forma (3.1). Dati tre insiemi qualsiasi X, Y, Z, per ogni f : X × Z → Y e z ∈ Z definiamo una funzione fz : X → Y come segue: fz (x) := f (x, z),

x ∈ X.

Indichiamo con f : Z → Y X la funzione che manda z ∈ Z in fz ∈ Y X . Otteniamo cos`ı una corrispondenza biunivoca Y X×Z → (Y X )Z , f → f. Lemma 3.3. Sia X uno spazio topologico debolmente compatto e Y uno spazio topologico qualsiasi. Allora la funzione val : X × C(X, Y ) → Y definita dall’equazione val(x, f ) := f (x) e` continua rispetto alla topologia compatta-aperta su C(X, Y ). Dimostrazione. Sia A un aperto di Y e (x, f ) un qualsiasi punto in val−1 (A) (che vuol dire f (x) ∈ A). Vogliamo costruire un intorno aperto di (x, f ) la cui immagine e` un sottoinsieme di A, mostrando in questo modo che (x, f ) e` un punto interno di val−1 (A), e dall’arbitrarieta` di (x, f ) che val−1 (A) e` aperto. Siccome f e` continua, f −1 (A) e` un intorno aperto di X. Siccome X e` debolmente compatto, possiamo trovare un sottoinsieme aperto U e un compatto K tali che x ∈ U ⊆ K ⊆ f −1 (A). Consideriamo allora l’aperto U ×W (K, A) in X ×C(X, Y ). Tale aperto contiene (x, f ), e se (y, g) e` un qualsiasi altro punto di questo aperto, allora val(y, g) = g(y) ∈ g(U ) ⊆  g(K) ⊆ A. Quindi U × W (K, A) ⊆ val−1 (A). Lemma 3.4 (dell’intorno tubolare). Sia X uno spazio topologico qualsiasi, Y uno spazio topologico compatto, x0 ∈ X e A ⊆ X × Y un aperto contenente {x0 } × Y . Allora esiste un aperto U di X tale che {x0 } × Y ⊆ U × Y ⊆ A. Dimostrazione. La situazione e` illustrata in Fig. 3.1. Siccome A e` aperto, per ogni q ∈ Y possiamo trovare un aperto di base Uq × Vq della topologia prodotto tale che (x0 , q) ∈ Uq × Vq ⊆ A. Siccome {Uq × Vq }q∈Y ricopre {x0 } × Y , che e` compatto, possiamo estrarre un sottoricoprimento finito {Uqi × Vqi }ni=1 . Definiamo U := Uq1 ∩ . . . ∩ Uqn

3. Spazi di funzioni e gruppo fondamentale

59

Y

(x0 , y)

(x, y)

x0

A

X

U

Figura 3.1: Intorno tubolare. e osserviamo che U = ∅, visto che x0 ∈ U . La collezione di insiemi {Uqi × Vqi }ni=1 ricopre U × Y . Infatti, se (x, y) ∈ U × Y , per un qualche i0 ∈ {1, . . . , n} si ha (x0 , y) ∈ Uqi0 × Vqi0 . Ma x ∈ U ⊆ Uqi per ogni i, e quindi (x, y) ∈ Uqi0 × Vqi0 . Segue che {x0 } × Y ⊆ U × Y ⊆

n 

Uqi × Vqi ⊆ A,

i=1



come volevasi dimostrare.

Proposizione 3.5. Siano X, Y, Z tre spazi topologici, con X debolmente compatto. Allora f : X × Z → Y e` continua se e solo se f : Z → Y X ha immagine in C(X, Y ) ed e` continua (rispetto alla topologia compatta-aperta). Dimostrazione. (⇐) Se f : Z → C(X, Y ) e` continua, allora f e` continua, essendo uguale alla seguente composizione di funzioni continue IdX ×f

val

X × Z −−−−−−→ X × C(X, Y ) −−−→ Y. (⇒) Supponiamo che f sia continua. Siano z0 ∈ Z e W (K, A) un aperto del tipo (3.1) contenente f(z) = fz . Vogliamo provare che esiste un intorno aperto U di z0   contenuto in f−1 W (K, A) . L’affermazione che fz ∈ W (K, A) significa che f (x, z0 ) ∈ A per ogni x ∈ K, e quindi f (K × {z0 }) ⊆ A. Siccome f e` continua, l’insieme f −1 (A) ∩ (K × Z)

60

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

e` relativamente aperto in K × Z e contiene K × {z0 }. Per il Lemma 3.4 esiste un intorno aperto U di z0 tale che K × U ⊆ f −1 (A) ∩ (K × Z). Ma allora, per ogni z ∈ U e x ∈ K, fz (x) = f (x, z) ∈ A, e quindi f(U ) ⊆ W (K, A) come volevasi dimostrare.  La Prop. 3.5 ci tornera` utile quando parleremo di omotopie. E’ possibile adattare la definizione di topologia compatta-aperta all’insieme Y X di tutte le funzioni, in modo che C(X, Y ) con topologia compatta-aperta sia un sottospazio topologico. Tale costruzione, d’altronde, non ha un grande interesse. Una topologia interessante su Y X e` invece quella puntuale. La topologia puntuale su Y X e` quella che ha per base tutti gli insiemi del tipo W ({x}, A), con x ∈ X e A aperto. Osserviamo che, se F ⊆ X e` finito, l’insieme W (F, A) =



W ({x}, A)

x∈F

e` aperto nella topologia puntuale, da cui anche il nome di topologia finita-aperta (o anche punto-aperta). ` chiaro che la topologia compatta-aperta e` piu` fine di quella puntuale: ogni E aperto nella seconda topologia e` aperto nella prima, ma in generale non e` vero il viceversa. Le due topologie coincidono se X e` discreto, visto che in questo caso ogni sottoinsieme compatto e` finito. Infatti, la topologia puntuale su Y X e` indipendente dalla topologia su X, e non e` altro che la topologia compatta-aperta una volta che X viene dotato di topologia discreta. La topologia compatta-aperta e quella puntuale coincidono anche quando X e` finito (non necessariamente discreto), visto che in questo caso ogni sottoinsieme di X e` al tempo stesso finito e compatto. In generale, se F e` finito e {Ax }x∈F e` una collezione di aperti di Y , il generico aperto di base della topologia puntuale ha la forma 

  W ({x}, Ax ) = f ∈ Y X : f (x) ∈ Ax ∀ x ∈ F .

x∈F

Intuitivamente, un intorno aperto di f ∈ Y X nella topologia puntuale e` dato da un insieme di funzioni che sono “vicine” ad f in un numero finito di punti (Fig. 3.2). Lemma 3.6. Per ogni x ∈ X, la funzione valx : Y X → Y data da valx (f ) = f (x) e` continua rispetto alla topologia puntuale su Y X . Dimostrazione. Segue dal fatto che val−1 x (A) = W ({x}, A) per ogni A ⊆ Y aperto.  Proposizione 3.7. Una successione (fn )n∈N in Y X converge ad f nella topologia puntuale se e solo se fn (x) → f (x) in Y per ogni x ∈ X. Dimostrazione. (⇒) Per ogni x ∈ X, la funzione valx : Y X → Y e` continua (cf. Lemma 3.6). In particolare, manda successioni convergenti in successioni convergenti: se fn → f , allora valx (fn ) = fn (x) → valx (f ) = f (x).

3. Spazi di funzioni e gruppo fondamentale

61

Y Axn

Ax1

f

Ax2

x1

x2

xn

X

Figura 3.2: Topologia puntuale. (⇐) Supponiamo fn (x) → f (x) per ogni x ∈ X. Sia U :=



W ({x}, Ax )

x∈F

un aperto di base qualsiasi contenente f . Per ipotesi, per ogni x ∈ F , esiste nx intero tale che fk (x) ∈ Ax per ogni k ≥ nx . Siccome F e` finito, esiste N := maxx∈X nx . Per  costruzione, per ogni k ≥ N , si ha fk ∈ U . Quindi fn → f . Il limite puntuale di una successione di funzioni continue non e` necessariamente continuo. In altre parole, C(X, Y ) non e` sequenzialmente chiuso (e quindi non e` chiuso) in Y X nella topologia puntuale. Esempio 3.8. Sia X = Y = R e, per ogni n ∈ Z+ , sia ⎧ ⎪ ⎪ ⎨0 fn (x) := xn ⎪ ⎪ ⎩1

se x ≤ 0 se 0 < x < 1 se x ≥ 1

Evidentemente (fn ) e` una successione di funzioni continue, che converge alla funzione a gradino

0 se x < 1 f (x) := 1 se x ≥ 1 La situazione e` illustrata in Fig. 3.3.



Una topologia importante su Y X , il cui studio va oltre gli scopi di questo capitolo, e` la topologia della convergenza uniforme. Mentre C(X, Y ) in generale non e` chiuso in Y X nella topologia puntuale, e` chiuso nella topologia della convergenza uniforme.

62

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

f1

f4

f8

f

Figura 3.3 Nel caso in cui Y e` uno spazio metrico (Cap. 4), la topologia della convergenza uniforme su Y X e` piu` fine di quella puntuale, e la topologia compatta-aperta su C(X, Y ) e` piu` fine di quella puntuale e meno fine di quella della convergenza uniforme. Per approfondimenti su questa parte si pu`o vedere [Mun20, §46]. Esercizio 3.9. Siano X = [0, 1] e Y = R, con topologia canonica. Mostrare che il sottoinsieme S ⊆ C(X, Y ) delle funzioni strettamente positive e` aperto nella topologia compatta-aperta ma non nella topologia puntuale.

3.2

Spazi di funzioni e omotopie

Definizione 3.10. Dati due spazi topologici X e Y , e date due funzioni continue f, g : X → Y , una omotopia fra f e g e` una funzione continua h : X × [0, 1] → Y tale che h(x, 0) = f (x) e h(x, 1) = g(x) per ogni x ∈ X. Se esiste una omotopia fra f e g, diremo che f e g sono omotope e scriveremo f  g, o anche h : f  g. Se f e` omotopa ad una funzione costante, diremo che f e` nullomotopa e scriveremo, talvolta, f  ∗. Alla luce della Prop. 3.5, se X e` debolmente compatto, una omotopia fra f e g pu`o vedersi come un cammino in C(X, Y ) da f a g. Osservazione 3.11. E’ chiaro che, date delle funzioni continue qualsiasi f1 , f2 : X → Y , f3 : Y → Z ed f4 : Z → X, se f1  f2 , allora vale anche f3 ◦ f1  f3 ◦ f2 e f1 ◦ f4  f2 ◦ f4 . La verifica e` lasciata come esercizio. Proposizione 3.12. La relazione di omotopia fra funzioni continue X → Y e` una relazione di equivalenza. Dimostrazione. La riflessivita` e la simmetria sono immediate. Se f e g sono uguali, allora sono omotope con omotopia data dalla funzione h(x, t) := f (x) = g(x) ∀ x ∈ X, t ∈ [0, 1]. Inoltre, se h : f  g e` vero anche che g  f . Una omotopia k : g  f si ottiene infatti ponendo k(x, t) = h(x, 1 − t). ` siano h1 : f1  f2 e h2 : f2  f3 . Una omotopia k : f1  f3 si Per la transitivita, pu`o ottenere ponendo  k(x, t) :=

h1 (x, 2t)

se 0 ≤ t < 12 ,

h2 (x, 2t − 1)

se

1 2

≤ t ≤ 1.

(3.2) 

3. Spazi di funzioni e gruppo fondamentale

63

Definizione 3.13. Una funzione continua f : X → Y e` detta equivalenza omotopica se esiste g : Y → X continua tale che f ◦ g  IdY e g ◦ f  IdX . La funzione g si dice inversa omotopica di f e non e` , in generale, unica. Due spazi X e Y si dicono omotopicamente equivalenti se esiste una equivalenza omotopica f : X → Y . In tal caso, scriveremo X  Y . Chiaramente, ogni omeomorfismo e` anche una equivalenza omotopica. Proposizione 3.14. L’equivalenza omotopica fra spazi topologici e` una relazione di equivalenza. Dimostrazione. La riflessivita` e la simmetria sono immediate: IdX : X → X e` una equivalenza omotopica per ogni spazio topologico X, e se f : X → Y e` una equivalenza omotopica, una qualsiasi inversa omotopica di f e` una equivalenza omotopica ` siano X  Y e Y  Z. Abbiamo allora due equivalenze Y → X. Per la transitivita, omotopiche f1

f2

g1

g2

X −−−−−→ Y −−−−−→ Z con inverse omotopiche

X ←−−−−− Y ←−−−−− Z. Dobbiamo solo verificare che g := g1 ◦g2 e` inversa omotopica di f := f2 ◦f1 . Ma questo e` immediato. Dall’Osservazione 3.11 e dalla Prop. 3.12 segue immediatamente che g ◦ f = g1 ◦ (g2 ◦ f2 ) ◦ f1  g1 ◦ IdY ◦ f1 = g1 ◦ f1  IdX , 

e in maniera simile si verifica che f ◦ g  IdZ .

Ogni spazio topologico e` omotopicamente equivalente ad uno T0 , come mostrato dalla proposizione seguente. Proposizione 3.15. La proiezione canonica π : X → X/∼ da uno spazio topologico X al suo quoziente di Kolmogorov e` una equivalenza omotopica. Dimostrazione. Sia f : X/∼ → X una qualsiasi sezione. Per il Teorema 2.10, f e` continua, e per costruzione π ◦ f e` l’identita` su X/∼. Sia I := [0, 1] e h : X × I → X la funzione seguente:  h(x, t) :=

f ◦ π(x)

se 0 ≤ t < 1,

x

se t = 1.

Mostriamo che h e` continua, e quindi e` una omotopia fra f ◦ π e IdX . Per ogni A ⊆ X aperto, da (2.1) ricaviamo   (f ◦ π)−1 (A) = π −1 f −1 (A) = π −1 (π(A)) = A.

64

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

L’ultima uguaglianza viene dal Teorema 2.10(i). Segue che     h−1 (A) = (f ◦ π)−1 (A) × [0, 1[ ∪ A × {1} = A × I, e quindi h e` continua.



Definizione 3.16. Uno spazio topologico X si dice contraibile se e` omotopicamente equivalente ad un punto (e talvolta si scrive X  ∗). Proposizione 3.17. Uno spazio topologico X e` contraibile se e solo se esiste un punto x0 ∈ X tale che IdX  κx0 , dove κx0 e` la funzione costante in x0 . Dimostrazione. (⇒) Sia X  ∗. Esistono allora un singoletto {y} e due funzioni continue f : X → {y} e g : {y} → X tali che g ◦ f  IdX e f ◦ g  Id{y} . Posto x0 = g(y), e` chiaro che g ◦ f = κx0 , e quindi IdX  κx0 . (⇐) Sia f : X → {x0 } l’unica possibile funzione. Sia, inoltre, g : {x0 } → X l’ovvia ` chiaro che f ◦ g = Id{x } . Inoltre, g ◦ f = κx  IdX , quindi f e` inclusione. E 0 0 un’equivalenza omotopica.  ` Gli spazi contraibili godono di alcune importanti proprieta. Proposizione 3.18. Sia X uno spazio contraibile, Y un qualunque altro spazio, ed f, g : Y → X due funzioni continue. Allora f  g. Dimostrazione. Sia x0 ∈ X tale che IdX  κx0 . Allora f = IdX ◦ f  κx0 ◦ f e  g = IdX ◦ g  κx0 ◦ g, ma κx0 ◦ f e κx0 ◦ g coincidono. Corollario 3.19. Se X e` uno spazio contraibile, e` anche connesso per cammini. Dimostrazione. Sia {z} un qualunque singoletto, e siano x , x ∈ X. Consideriamo le funzioni ιx , ιx : {z} → X definite ponendo ιx (z) = x , ιx (z) = x . In base alla proposizione precedente, esiste un’omotopia h : ιx  ιx . Un cammino σ in X da x a x si ottiene allora ponendo σ(t) = h(z, t). 

3.3

Il gruppo fondamentale di uno spazio topologico

In questa sezione definiremo un gruppo, detto gruppo fondamentale, associato ad un spazio topologico Y in cui sia stato fissato un punto y0 che sara` detto punto base. La coppia (Y, y0 ) sara` detta spazio puntato. Iniziamo definendo una particolare nozione di omotopia tra funzioni, nel caso in cui esse siano cammini in Y . Definizione 3.20. Siano σ, τ : I → Y due cammini, e sia σ(0) = τ (0) = y0 e σ(1) = τ (1) = y1 . Diremo che tali cammini sono omotopi se esiste una omotopia h : σ  τ tale che h(0, t) = y0 e h(1, t) = y1 , per ogni t ∈ I. Scriveremo, come nel caso di funzioni arbitrarie, σ  τ , e si capira` dal contesto che si tratta di omotopia tra cammini. Una illustrazione e` in Fig. 3.4.

3. Spazi di funzioni e gruppo fondamentale

65

t τ (0, 1)

(0, t)

(1, 1) (s, t)

h(s, t)

(1, t) σ

(0, 0)

(1, 0)

s

Figura 3.4: Omotopia fra due cammini Indichiamo con il simbolo C(I, Y )y0 ,y1 l’insieme dei cammini in Y di punto iniziale y0 e punto finale y1 . Proposizione 3.21. La relazione di omotopia tra cammini in C(I, Y )y0 ,y1 e` una relazione d’equivalenza. Dimostrazione. Si pu`o ripetere la dimostrazione della Prop. 3.12 facendo attenzione al fatto che le omotopie costruite siano omotopie fra cammini. In particolare, osserviamo che se h1 (0, t) = h2 (0, t) = y0 e h1 (1, t) = h2 (1, t) = y1 , allora la funzione (3.2)  soddisfa anch’essa k(0, t) = y0 e k(1, t) = y1 . La relazione di omotopia tra cammini e` compatibile con la costruzione di concatenamento di cammini (cf. Def. 1.62), nel senso della seguente proposizione. Proposizione 3.22. Siano σ, σ  ∈ C(I, Y )(y0 ,y1 ) e τ, τ  ∈ C(I, Y )(y1 ,y2 ) tali che σ  σ  e τ  τ  . Allora σ ∗ τ  σ  ∗ τ  . Dimostrazione. Siano h1 : σ  σ  , h2 : τ  τ  . Una omotopia k : σ ∗ σ   τ ∗ τ  si ottiene ponendo  se 0 ≤ s < 12 , h1 (2s, t) k(s, t) := h2 (2s − 1, t) se 12 ≤ s ≤ 1.  Per la costruzione del gruppo fondamentale di uno spazio topologico siamo interessati ai cammini per i quali il punto iniziale e quello finale coincidono.

66

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Definizione 3.23. Un cammino σ : I → Y si dice laccio (o cammino chiuso) di base y0 se σ(0) = σ(1) = y0 . Indichiamo con Ωy0 (Y ) l’insieme dei lacci in Y di base y0 . Definizione 3.24. Un laccio σ ∈ Ωy0 (Y ) si dice contraibile se σ  κy0 . Definizione 3.25. Uno spazio Y connesso per cammini si dice semplicemente connesso se ogni suo laccio e` contraibile. Ad esempio, e` agevole verificare che un sottospazio convesso di Rn e` anche sem` interessante notare che se Y e` connesso plicemente connesso (nonch´e contraibile). E per cammini allora Y e` semplicemente connesso se, e solo se, per ogni a, b ∈ Y e per ogni σ, τ ∈ C(I, Y )a,b si ha che σ  τ . Il concatenamento tra due cammini induce, evidentemente, una operazione binaria interna in Ωy0 (Y ). Tale operazione ha il difetto di non essere, per`o, associativa. Questo problema si pu`o risolvere considerando, anzich´e i lacci, le loro classi di omotopia. Consideriamo allora il quoziente Ωy0 (Y )/, che si denota, abitualmente, con il simbolo π1 (Y, y0 ). L’elemento di π1 (Y, y0 ) rappresentato dal laccio σ viene indicato con [σ]. La compatibilita` della costruzione del concatenamento tra due cammini con la relazione di omotopia tra cammini ci consente di definire una operazione binaria interna · in π1 (Y, y0 ) al modo seguente. Siano σ, τ ∈ Ωy0 (Y ). Poniamo [σ] · [τ ] := [σ ∗ τ ]. Teorema 3.26. La struttura (π1 (Y, y0 ), · ) e` un gruppo. Il suo elemento neutro e` la classe [κy0 ] del laccio costante. La dimostrazione di tale enunciato segue dai seguenti lemmi. Lemma 3.27. Siano σ ∈ C(I, Y )y0 ,y1 , σ  ∈ C(I, Y )y1 ,y2 , σ  ∈ C(I, Y )y2 ,y3 . Allora (σ ∗ σ  ) ∗ σ   σ ∗ (σ  ∗ σ  ). Dimostrazione. Un’omotopia h : (σ ∗ σ  ) ∗ σ  esempio, ⎧ 4s ⎪ ⎪ ⎨σ( t+1 ) h(s, t) = σ  (4s − 1 − t) ⎪ ⎪ ⎩σ  ( 4s−2−t )

 σ ∗ (σ  ∗ σ  ) si ottiene ponendo, ad

2−t

se 0 ≤ s ≤ se se

t+1 4 t+2 4

≤s

t+1 4 ≤ t+2 4

≤s≤1 

Da ci`o discende che l’operazione · e` associativa. Lemma 3.28. Per ogni σ ∈ C(I, Y )y0 ,y1 , si ha che κy0 ∗ σ  σ  σ ∗ κy1 . Dimostrazione. Un’omotopia h : σ ∗ κy1  σ si ottiene ponendo, ad esempio,  h(s, t) =

2s ) σ( t+1

se 0 ≤ s ≤

y1

se

t+1 2

t+1 2

≤s≤1

3. Spazi di funzioni e gruppo fondamentale

67

In modo analogo si costruisce un’omotopia h : κy0 ∗ σ  σ.



Da ci`o discende che la classe [κy0 ] del laccio costante e` l’elemento neutro in π1 (Y, y0 ). Lemma 3.29. Sia σ ∈ C(I, Y )y0 ,y1 , e sia τ il suo cammino inverso, definito ponendo τ (s) = σ(1 − s), per ogni s ∈ I. Si ha che σ ∗ τ  κy0 (e di conseguenza anche τ ∗ σ  κy1 ). Dimostrazione. Un’omotopia h : σ ∗ τ  κy0 si ottiene ponendo, ad esempio, ⎧ ⎪ ⎪ ⎨σ(2s) h(s, t) = σ(t) ⎪ ⎪ ⎩σ(2 − 2s)

se 0 ≤ s ≤ se se

t 2−t 2 ≤ 2 2−t 2 ≤s

t 2

≤1 

Osserviamo che le traiettorie dei cammini σ e τ del lemma precedente coincidono, ma sono percorse in senso inverso, da cui il nome di “cammino inverso”. Segue dal lemma precedente che [τ ] e` inverso di [σ] rispetto all’operazione di moltiplicazione. E’ importante sottolineare che il gruppo π1 (Y, y0 ) non e` necessariamente abeliano. In effetti si potrebbe dimostrare che ogni gruppo pu`o vedersi come il gruppo ` chiaro dalla costruzione fondamentale di un opportuno spazio topologico puntato. E che, fissato uno spazio topologico Y , il gruppo fondamentale dipende dalla scelta del ` evidente, altres`ı, che la traiettoria σ(I) di un laccio di base un punto punto base. E y0 e` contenuta nella componente connessa per archi E di y0 in Y . Quindi (E, y0 ) e (Y, y0 ) hanno lo stesso gruppo fondamentale. Non c’`e alcuna relazione tra i gruppi fondamentali di (Y, y0 ) e (Y, y1 ) se i punti y0 e y1 appartengono a componenti connesse per archi distinte. Nel caso in cui y0 e y1 appartengono ad una stessa componente connessa per archi i gruppi π1 (Y, y0 ) e π1 (Y, y1 ) sono isomorfi, e un isomorfismo pu`o essere definito al modo seguente. Sia α : I → Y un cammino di punto iniziale y0 e punto finale y1 . Indichiamo con β il cammino inverso di α, definito ponendo β(s) = α(1 − s). Per ogni laccio σ di base y0 , il concatenamento β ∗ σ ∗ α e` un laccio di ` poi chiaro che se σ  σ  si avra` anche che β ∗ σ ∗ α  β ∗ σ  ∗ α (basta ricorbase y1 . E dare che la relazione di omotopia tra cammini e` compatibile con la concatenazione). Si pu`o pertanto definire una funzione α : π1 (Y, y0 ) → π1 (Y, y1 ) ponendo α ([σ]) = [β ∗ σ ∗ α]. Teorema 3.30. La funzione α e` un isomorfismo gruppale. ` agevole verificare che β e` l’inversa di α , e quindi α e` biettiDimostrazione. E va. Per verificare che α e` un omomorfismo, basta utilizzare, ancora una volta, la compatibilita` di  con ∗. 

68

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

` interessante notare che cammini omotopi inducono lo stesso isomorfismo sui E gruppi fondamentali. Se poi α e` un laccio di base y0 , α sara` un automorfismo interno di π1 (Y, y0 ). Osserviamo esplicitamente che in uno spazio connesso per cammini il gruppo fondamentale non dipende dal punto base scelto, e la definizione di “connessione semplice” pu`o essere caratterizzata come segue. Teorema 3.31. Sia Y uno spazio connesso per cammini. Allora Y e` semplicemente connesso se, e solo se, esiste un punto y0 ∈ Y tale che π1 (Y, y0 ) ∼ = {1} e` il gruppo banale (e quindi sara` banale il gruppo π1 (Y, y1 ), per ogni y1 ∈ Y ). Dimostrazione. Se Y e` semplicemente connesso, ogni suo laccio e` contraibile. Pertanto, scelto un qualunque punto y0 ∈ Y , l’unico elemento del gruppo π1 (Y, y0 ) sara` la classe del laccio costante in y0 . Viceversa, se esiste un punto y0 ∈ Y tale che risulti banale il gruppo π1 (Y, y0 ), saranno contraibili i lacci di base y0 . Poich´e, inoltre, Y e` connesso per cammini, per ogni altro punto y1 ∈ Y risultera` banale il gruppo π1 (Y, y1 ) (essendo isomorfo a π1 (Y, y0 )) e quindi ogni laccio, di base qualunque punto, sara` contraibile.  La costruzione del gruppo fondamentale e` funtoriale, nel senso che andiamo ora a precisare. Se (Y, y0 ), (Z, z0 ) sono due spazi puntati ed f : (Y, y0 ) → (Z, z0 ) e` una funzione puntata, ovvero f : Y → Z e` una funzione continua e f (y0 ) = z0 , si pu`o definire una funzione f∗ : π1 (Y, y0 ) → π1 (Z, z0 ) ponendo f∗ ([σ]) = [f ◦σ], per ogni [σ] ∈ ` agevole verificare che tale funzione e` ben posta, ed e` un omomorfismo π1 (Y, y0 ). E ` dette gruppale, detto omomorfismo indotto da f , e valgono le seguenti proprieta, funtoriali: • (IdY )∗ = Idπ1 (Y,y0 ) • Se g : (Z, z0 ) → (W, w0 ) e` una ulteriore funzione puntata (g ◦ f )∗ = g∗ ◦ f∗ : π1 (Y, y0 ) → π1 (W, w0 ) . Per i dettagli si rimanda a [Lom22]. La costruzione dell’omomorfismo indotto e` omotopica, nel senso che se f  f  si ha anche che f∗ = f∗ . Per le funzioni puntate, conviene utilizzare un’ulteriore forma della relazione di omotopia. Definizione 3.32. Siano f, f  : (Y.y0 ) → (Z, z0 ) due funzioni puntate. Diremo che f, f  sono omotope relativamente a y0 , in simboli f  f  rel y0 , se esiste una omotopia h di f in f  tale che h(x0 , t) = z0 per ogni t ∈ I. Teorema 3.33. Sia f : (Y, y0 ) → (Z, z0 ) una equivalenza omotopica e consideriamo una sua inversa omotopica g : (Z, z0 ) → (Y, y0 ). Allora g∗ = (f∗ )−1 , e quindi f∗ e` un isomorfismo. In effetti, f∗ e` un isomorfismo anche in ipotesi meno restrittive, ma ci asteniamo dall’affrontare tale generalizzazione.

3. Spazi di funzioni e gruppo fondamentale

3.4

69

Alcuni esempi di calcolo del gruppo fondamentale

Concludiamo il capitolo presentando alcuni risultati riguardanti il calcolo del gruppo fondamentale di uno spazio topologico e qualche applicazione. Per le dimostrazioni omesse dei prossimi risultati, o per un approfondimento di quelle riportate, si rimanda a [Lom22]. ` Osserviamo che il gruppo fondamentale di uno spazio contraibile e` banale. E chiaro, infatti, che tutti i lacci di base un punto fissato sono omotopi, essendo omotopi al laccio costante, e quindi la classe del laccio costante e` l’unico elemento del ` quindi banale il gruppo fondamentale di ogni sottospazio gruppo fondamentale. E convesso di uno spazio euclideo, ad esempio lo spazio euclideo stesso, un disco, un segmento. Allo scopo di calcolare il gruppo fondamentale della circonferenza S1 ⊂ R2 , consideriamo la biezione β : R2 → C definita ponendo β(a, b) = a + ib. Il campo complesso eredita cos`ı una struttura topologica (in pratica consideriamo un numero complesso come un punto del piano cartesiano) e la circonferenza S1 si pu`o vedere come il sot` utile considerare tospazio di C costituito dai numeri complessi di modulo unitario. E la funzione esponenziale Φ : R −→ S1 ⊂ C definita ponendo Φ(s) = e2πis = cos(2πs) + i sin(2πs). In figura 3.5 rappresentiamo R come una retta verticale che, mediante Φ, si trasforma in una spirale tracciata sul bordo di un cilindro (immerso in R3 ), e poi proiettata sulla circonferenza.

Figura 3.5: Il rivestimento universale del cerchio.

70

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Proposizione 3.34. Valgono le seguenti proprieta` di Φ: (1) Φ e` suriettiva; (2) Φ e` periodica, di periodo 1; (3) Φ e` un omeomorfismo locale; (4) Φ e` un omomorfismo gruppale Φ : (R, +) → (S1 , ·); (5) ker Φ ∼ = Z. 

Dimostrazione. Omessa.

Lemma 3.35. Sia σ : I → S1 un cammino di punto iniziale 1. Esiste allora un unico cammino σ  : I → R di punto iniziale 0 tale che σ = Φ ◦ σ  . Cenni di dimostrazione. La costruzione di σ  si effettua utilizzando il fatto che la restrizione Φ : (− 12 , 12 ) → S1  {−1} e` un omeomorfismo, con inversa una funzione di tipo logaritmico. L’unicita` di σ  si dimostra sfruttando il fatto che I e` connesso.  Il cammino σ  si dice sollevamento di σ, di punto iniziale 0, ed e` spesso rappresentato dal seguente diagramma (commutativo): (R, 0) ∃! σ 

Φ

 (I, 0)

σ

(S1 , 1)

Con ragionamenti analoghi si pu`o vedere che esiste un unico sollevamento del cammino σ con punto iniziale k, per ogni k ∈ Z. Se, in particolare, σ e` un laccio, si avra` che σ  (1) ∈ ker Φ = Z. Lemma 3.36. Siano σ, τ : I → S1 due cammini di punto iniziale 1 e tali che σ  τ . Allora saranno omotopi anche i rispettivi sollevamenti σ  , τ  di punto iniziale 0. In particolare si avra` σ  (1) = τ  (1). La proprieta` di sollevamento delle omotopie e` illustrata dal seguente diagramma (non commutativo): (R, 0) ∃! h



Dimostrazione. Omessa.

I × I, (0, 0)

 h:στ

Φ

(S1 , 1) 

3. Spazi di funzioni e gruppo fondamentale

71

I due lemmi precedenti sono noti come Lemma di sollevamento dei cammini e Lemma di sollevamento delle omotopie. ` se h : σ  τ , esistera` un’unica Osserviamo che si pu`o dire qualcosa di piu:    omotopia h : σ  τ (con fissate condizioni iniziali). Teorema 3.37. Il gruppo fondamentale (moltiplicativo) di S1 e` ciclico infinito, ovvero e` isomorfo al gruppo additivo degli interi. Dimostrazione. Definiamo, per ogni n ∈ Z, la funzione ωn : I → R ponendo ωn (t) = nt. Questo e` un cammino in R, di punto iniziale 0 e punto finale n. Poniamo σn := Φ ◦ ωn . La funzione σn : I → S1 e` pertanto un laccio in S1 , di base 1. Infatti σn (0) = Φωn (0) = Φ(0) = 1 e σn (1) = Φωn (1) = Φ(n) = e2πin = 1, per la periodicita` di Φ. Definiamo allora una funzione α : Z → π1 (S1 , 1) ponendo α(n) = [σn ]. I lemmi precedenti ci assicurano che α e` suriettiva. Inoltre si pu`o definire α : π1 (S1 , 1) → Z ponendo α ([σ]) = σ  (1). Per la commutativita` del diagramma [sollevamento dei cammini] σ  (1) ∈ Z, e il lemma di sollevamento delle omotopie ci assicura che α ` chiaro poi che α e` l’inversa di α. E ` anche agevole verificare che e` ben posta. E α e` un omomorfismo gruppale, utilizzando l’osservazione fatta dopo il lemma di sollevamento dei cammini.  Il calcolo appena effettuato ci consente di dimostrare il seguente famoso risultato. Teorema 3.38 (del punto fisso di Brouwer, in dimensione 2). Consideriamo una funzione continua f : D → D del disco chiuso unitario D ⊂ R2 in s´e. Tale funzione ammette almeno un punto fisso, ovvero esiste p ∈ D tale che f (p) = p. Dimostrazione. Per assurdo, supponiamo che f (p) = p, per ogni p ∈ D. Indichiamo con p la semiretta aperta di origine f (p), passante per p, e con ρ(p) il punto di intersezione di tale semiretta con la circonferenza S1 , bordo di D. Risulta cos`ı definita una funzione ρ : D → S1 , ed e` agevole verificare che ρ e` continua, e che ρ(p) = p per ogni p ∈ S1 . Si ha pertanto che ρ ◦ ι = IdS1 , dove ι : S1 → D denota l’inclusione. Allora, in base alle proprieta` funtoriali, si ha che ρ∗ ◦ ι∗ = (ρ ◦ ι)∗ = (IdS1 )∗ = Idπ1 (S1 ) . In particolare si avrebbe che ρ∗ e` suriettiva e ι∗ e` iniettiva, e ci`o e` impossibile,  essendo π1 (S1 ) un gruppo infinito mentre π1 (D) e` banale. Proveremo ora un teorema che mette in relazione il gruppo fondamentale di uno spazio con quelli di due opportuni sottospazi. Si tratta di un caso particolare del celebre Teorema di Seifert-van Kampen, il cui enunciato generale richiederebbe un preventivo approfondimento su alcune costruzioni algebriche. Teorema 3.39. Consideriamo uno spazio topologico X e due suoi sottospazi aperti U, V semplicemente connessi, tali che X = U ∪ V . Supponiamo inoltre che l’intersezione U ∩ V sia non vuota e connessa per cammini. Allora il gruppo fondamentale π1 (X) e` banale.

72

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Osserviamo che dalle ipotesi discende immediatamente che X e` connesso per cammini, e quindi la scelta del punto base e` inessenziale. Cenni di dimostrazione. Sia z ∈ U ∩ V e sia σ un laccio in X, di base z. Tale laccio e` omotopo ad una concatenazione di lacci ω1 ∗ · · · ∗ ωn [Lom22, Teorema 1.58], di base z, ognuno dei quali e` completamente contenuto in U oppure in V . Essendo U, V semplicemente connessi, i lacci ωi sono tutti contraibili, pertanto risulta contraibile anche σ.  La seguente figura 3.6 esemplifica il contenuto della dimostrazione appena esposta, nel caso in cui sia n = 2. Il punto y e` scelto in U ∩ V e il cammino τ esiste perch´e abbiamo ipotizzato che U ∪ V e` connesso per cammini. Indichiamo con τ il cammino inverso di τ e con σ1 , σ2 i cammini che parametrizzano il primo e il secondo tratto di σ. Si pone allora ω1 = σ1 ∗ τ , ω2 = τ ∗ σ2 . X =U ∪V

σ2

U ∩V x τ z

U

σ1

V

Figura 3.6 Esempio 3.40. Come applicazione del teorema precedente, proviamo che il gruppo fondamentale della sfera unitaria Sn ⊂ Rn+1 e` banale, per ogni n > 1. Consideriamo i punti N ≡ (0, . . . , 0, 1) e S ≡ (0, . . . , 0, −1), e poniamo U = Sn  {S}, V = Sn  {N }. Essendo Sn uno spazio T1 , i singoletti sono chiusi, e quindi U, V sono due aperti di Sn . ` agevole verificare che essi sono contraibili, utilizzando ad esempio la proiezione E stereografica dell’Esempio 1.41, e che U ∩ V e` connesso per cammini (`e omeomorfo al ` chiaro poi che Sn = U ∪ V , e quindi tutte le ipotesi del teorema prodotto Sn−1 × R). E precedente sono verificate. ♦ Proposizione 3.41. Se (X, x0 ), (Y, y0 ) sono due spazi puntati, π1 (X × Y, (x0 , y0 )) ∼ = π1 (X, x0 ) × π1 (Y, y0 ) . Dimostrazione. Definiamo una funzione α : π1 (X × Y, (x0 , y0 )) −→ π1 (X, x0 ) × π1 (Y, y0 )

3. Spazi di funzioni e gruppo fondamentale

73

al modo seguente. Sia [ω] ∈ π1 (X × Y, (x0 , y0 )). Ci`o vuol dire che ω : I → X × Y e` un laccio in X × Y di base (x0 , y0 ). Indichiamo, come gia` fatto precedentemente, con prX : X × Y −→ X , prY : X × Y −→ Y le proiezioni sul primo e secondo fattore, e poniamo ωX = prX ◦ ω, ωY = prY ◦ ω. ` chiaro che ωX e` un laccio in X di base x0 e ωX Y e` un laccio in Y di base y0 . E ` agevole Quindi [ωX ] ∈ π1 (X, x0 ) e [ωY ] ∈ π1 (Y, y0 ). Poniamo α([ω]) = ([ωX ], [ωY ]). E verificare che α e` un isomorfismo gruppale.  Esempio 3.42. Consideriamo il toro T ⊂ R3 . Poich´e T ≈ S1 × S1 , abbiamo che ♦ π1 (T) ∼ = Z × Z. Esempio 3.43. Una generalizzazione dei metodi utilizzati per calcolare π1 (S1 ) consente di dimostrare che il gruppo fondamentale del piano proiettivo reale RP2 e` ciclico di ordine 2. ♦ Esempio 3.44. Il gruppo fondamentale della figura ad otto S1 ∨ S1 e` isomorfo al prodotto libero Z ∗ Z (che non e` abeliano). ♦

4 Spazi metrici e normati In questo capitolo parleremo di topologie indotte da una (pseudo-)metrica. Cominceremo con l’introdurre le nozioni di pseudo-metrica e topologia indotta, e ne illu` Nel caso degli spazi vettoriali, studieremo il legame fra streremo le prime proprieta. pseudo-metriche, seminorme e prodotti scalari. Parleremo quindi di funzioni e successioni in spazi metrici, e in particolare di successioni di Cauchy e completamenti. Per richiami su spazi vettoriali si pu`o consultare ad esempio [Lom21].

4.1

Spazi metrici e topologia indotta

` detta simmetrica se, per ogni Dato un insieme X, una funzione d : X × X → R+ 0 e x, y ∈ X, si ha d(x, y) = d(y, x).

(4.1a)

Diciamo che d soddisfa la proprieta` riflessiva se, per ogni x ∈ X, si ha d(x, x) = 0,

(4.1b)

e che soddisfa la disuguaglianza triangolare se, per ogni x, y, z ∈ X: d(x, y) ≤ d(x, z) + d(z, y).

(4.1c)

Una funzione soddisfacente (4.1a-4.1c) e` detta pseudo-metrica su X, e la coppia (X, d) e` detta spazio pseudo-metrico. Esercizio 4.1. Sia X un insieme e d : X × X → R una funzione tale che d(x, x) = 0 e d(x, y) ≤ d(x, z) + d(y, z), per ogni x, y, z ∈ X. Provare che d e` una pseudo-metrica. Il numero d(x, y) e` detto distanza fra x e y, e se e` zero i due punti si dicono metricamente indistinguibili. Parliamo di metrica e spazio metrico, rispettivamente, se in aggiunta ad (4.1a4.1c), vale l’identita` degli indistinguibili: ∀ x, y ∈ X, d(x, y) = 0 =⇒ x = y.

(4.1d)

76

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

In uno spazio pseudo-metrico (X, d), per ogni x ∈ X ed r reale positivo, definiamo   Br (x) := y ∈ X : d(x, y) < r , detta palla aperta di raggio r e centro x. La proprieta` riflessiva garantisce che x ∈ Br (x) (e in particolare le palle aperte sono non vuote). Teorema 4.2 (Topologia indotta). Sia (X, d) uno spazio pseudo-metrico. La collezione di tutte le palle aperte di raggio razionale   Br (x) : x ∈ X, r ∈ Q e` la base di una topologia su X che chiamiamo indotta da d. Dimostrazione. Sia z ∈ Br1 (x1 ) ∩ Br2 (x2 ). Definiamo   δ := min r1 − d(z, x1 ), r2 − d(z, x2 ) . Osserviamo che δ > 0. Sia ε un qualunque razionale tale che 0 < ε ≤ δ. Sia y ∈ Bε (z). Dalla disuguaglianza triangolare segue che d(x1 , y) ≤ d(x1 , z) + d(z, y) < d(x1 , z) + ε ≤ r1 . Quindi y ∈ Br1 (x1 ). In maniera simile si prova che y ∈ Br2 (x2 ). Dall’arbitrarieta` di y segue che z ∈ Bε (z) ⊂ Br1 (x1 ) ∩ Br2 (x2 ). 

Dal Lemma 1.9 segue la tesi. Esempio 4.3. Su ogni insieme X e` possibile definire: (i) la pseudo-metrica nulla, data da d(x, y) := 0 ∀ x, y ∈ X. (ii) la metrica discreta, data da  d(x, y) :=

0

se x = y

1

se x = y

La pseudo-metrica nulla induce la topologia banale su X, la metrica discreta induce la topologia discreta. ♦ Esercizio 4.4. Verificare che le due funzioni nell’Esempio 4.3 sono, rispettivamente, una pseudo-metrica e una metrica. Verificare che inducono, rispettivamente, la topologia banale e la topologia discreta su X.

4. Spazi metrici e normati

77

Esercizio 4.5. Sia (X, d) uno spazio pseudo-metrico. Provare che, per ogni x ∈ X ed r reale positivo: (1) Br (x) e` aperta nella topologia nella topologia indotta da d. (2) La chiusura di Br (x) e` l’insieme   Br (x) = y ∈ X : d(x, y) ≤ r , detto nel seguito palla chiusa di centro x e raggio r. Dato uno spazio pseudo-metrico (X, d), da adesso in poi e a meno di indicazioni contrarie considereremo sempre su X la topologia indotta da d. Proposizione 4.6. (i) Sia (X, d) uno spazio pseudo-metrico. Due punti x, y ∈ X sono metricamente indistinguibili se e solo se sono topologicamente indistinguibili (e da adesso in poi li chiameremo semplicemente indistinguibili). (ii) Se X e` T0 , allora d e` una metrica. (iii) Se d e` una metrica, allora X e` di Hausdorff. Dimostrazione. Assumiamo prima che d(x, y) = 0 (x, y metricamente indistinguibili) e sia U un aperto. Se x ∈ U , esistono z ∈ X ed r > 0 tale che x ∈ Br (z) ⊂ U . Siccome d(y, z) ≤ d(y, x) + d(x, z) = d(x, z) < r, si ha y ∈ Br (z) ⊂ U . In maniera simile, y ∈ U implica x ∈ U (x, y topologicamente indistinguibili). Come diretta conseguenza, se X e` T0 (ovvero non esistono due punti x, y topologicamente indistinguibili e distinti) allora d e` una metrica (ovvero non esistono due punti x, y metricamente indistinguibili e distinti). Assumiamo ora che x, y non siano metricamente indistinguibili, i.e. d(x, y) > 0. Chiamiamo ε := d(x, y)/2 e siano U := Bε (x) e V := Bε (y). Per assurdo supponiamo che esista z ∈ U ∩ V . Dalla disuguaglianza triangolare deduciamo che d(x, y) ≤ d(x, z) + d(z, y) < 2ε, in contraddizione con la definizione di ε. Quindi U ∩ V = ∅, e i punti x e y sono separati da due aperti disgiunti. Nel caso in cui X e` una metrica, ogni coppia di punti distinti e` separata da due aperti disgiunti e lo spazio e` di Hausdorff.  Proposizione 4.7. Sia (X, d) uno spazio pseudo-metrico e indichiamo con ∼ la relazione di equivalenza: x ∼ y ⇐⇒ d(x, y) = 0. (4.2)

78

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Allora: (i) d(x, y) = d(x , y  ) per ogni x, x , y, y  ∈ X tali che [x] = [x ] e [y] = [y  ]. (ii) La formula d0 ([x], [y]) := d(x, y) definisce una metrica d0 su X/∼ . (iii) Su X/∼, la topologia quoziente coincide con quella indotta dalla metrica d0 . Dimostrazione. (i) Dalla disuguaglianza triangolare: d(x, y) ≤ d(x, y  ) + d(y  , y) = d(x, y  ), d(x, y  ) ≤ d(x, y) + d(y, y  ) = d(x, y), da cui d(x, y) = d(x, y  ). In maniera simile si prova che d(x, y  ) = d(x , y  ), da cui la tesi. (ii) Dal punto (i) segue che d0 e` ben definita, ed e` chiaramente una pseudo-metrica. Inoltre d0 ([x], [y]) = d(x, y) = 0 implica x ∼ y, e quindi [x] = [y]. (iii) Indichiamo con f : X → X/∼ la funzione f (x) := [x], consideriamo su X la topologia indotta da d e su X/∼ quella indotta da d0 . Mostreremo che f e` una funzione quoziente. Indichiamo con Br ([x]) la palla in (X/∼, d0 ) di raggio r e centro [x]. Per ogni x, y ∈ X ed r > 0: [y] ∈ Br ([x]) ⇐⇒ y ∈ Br (x).     Segue che f Br (x) = Br ([x]), ovvero f e` una funzione aperta, e f −1 Br ([x]) = Br (x), ovvero f e` continua. Dall’Esercizio 1.84(2) segue la tesi.  Osservazione 4.8. Ogni spazio pseudo-metrico (X, d) e` primo-numerabile. Per ogni x ∈ X, N (x) := {Br (x) : r ∈ Q+ } e` una base locale numerabile. In particolare, X e` uno spazio sequenziale. Esercizio 4.9. Provare che, in uno spazio pseudo-metrico, ogni insieme aperto e` unione numerabile di insiemi chiusi, e ogni insieme chiuso e` intersezione numerabile di insiemi aperti. Esercizio 4.10. Sia (X, dX ) uno spazio pseudo-metrico ed S ⊆ X un sottoinsieme. E’ chiaro che la funzione dS : S × S → R+ 0 data da dS (x, y) := dX (x, y) ∀ x, y ∈ S e` una pseudo-metrica su S, ed e` una metrica se dX e` una metrica. Provare che la topologia indotta da dS e` la topologia di sottospazio di S.

4. Spazi metrici e normati

4.2

79

Spazi vettoriali normati e prodotti scalari

Sia V uno spazio vettoriale reale. Ricordiamo che ad ogni sottospazio vettoriale W ⊆ V e` associata una relazione di equivalenza su V , data da v ∼ w ⇐⇒ v − w ∈ W. def

L’insieme quoziente, che indichiamo con V /W , ha una struttura di spazio vettoriale reale con operazioni date da [v] + [w] := [v + w],

λ[v] := [λv],

per ogni λ ∈ R e v, w ∈ V (non e` difficile verificare che queste due operazioni sono ben definite e soddisfano gli assiomi di spazio vettoriale). Una funzione N : V → R e` detta seminorma su V se e` omogenea N (λv) = |λ|N (v),

∀ λ ∈ R, v ∈ V,

e subadditiva: N (v + w) ≤ N (v) + N (w),

∀ v, w ∈ W.

Esercizio 4.11. Verificare che, se N e` una seminorma, allora N (0) = 0 e N (v) ≥ 0 per ogni v ∈ V . Una seminorma e` detta norma se in aggiunta e` definita positiva: ∀ v ∈ V, N (v) = 0 =⇒ v = 0. In analogia con il caso delle applicazioni lineari, data una seminorma N su uno spazio vettoriale V , indichiamo con ker N il nucleo della funzione N , dato da: ker N := {v ∈ V : N (v) = 0}. Proposizione 4.12. (i) ker N e` un sottospazio vettoriale di V . (ii) N (v + w) = N (v) per ogni v ∈ V e w ∈ ker N . (iii) Una norma N0 sullo spazio vettoriale quoziente V0 := V / ker N e` data da N0 ([v]) = N (v) per ogni v ∈ V . Dimostrazione. (i) Siano w, w1 , w2 ∈ ker N e λ ∈ R. Dall’omogeneita` segue che N (λw) = |λ|N (w) = 0, e quindi λw ∈ ker N . Dalla subadditivita` segue che N (w1 + w2 ) ≤ N (w1 ) + N (w2 ) = 0, e quindi w1 + w2 ∈ ker N . (ii) Per ogni v ∈ V e w ∈ ker N , dalla subadditivita` ricaviamo N (v + w) ≤ N (v). Scrivendo v = (v + w) − w, sempre dalla subadditivita` segue che N (v) ≤ N (v + w).

80

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

(iii) N0 e` ben definita: se [v1 ] = [v2 ], allora v1 = v2 + w con w ∈ ker N e N (v1 ) = N (v2 ) per il punto (ii). E’ immediato verificare che e` una seminorma. Inoltre N0 ([v]) = 0 implica v ∈ ker N , e quindi [v] = 0. 

Una pseudo-metrica d su V e` detta omogenea se: d(kv, kw) = |k|d(v, w) ∀ k ∈ R, v, w ∈ V, e invariante per traslazioni se: d(v + u, w + u) = d(v, w) ∀ u, v, w ∈ V, Proposizione 4.13. Ad ogni seminorma N su V e` associata una pseudo-metrica dN omogenea e invariante per traslazioni, data da: dN (v, w) := N (v − w). Viceversa, ad ogni pseudo-metrica d su V , omogenea e invariante per traslazioni, e` associata una seminorma Nd , data da: Nd (v) := d(0, v). Le due corrispondenze N → dN e d → Nd sono una l’inversa dell’altra. Dimostrazione. dN e` chiaramente simmetrica e riflessiva, e la disuguaglianza triangolare segue dalla subadditivita` di N :   dN (v, w) = N (v − u) + (u − w) ≤ N (v − u) + N (u − w) = d(v, u) + d(u, w) per ogni u, v, w ∈ V . In maniera simile, si dimostra la subadditivita` di Nd : Nd (v + w) = d(0, v + w) = d(−v, w) ≤ d(−v, 0) + d(0, w) = d(0, v) + d(0, w)

(invarianza per traslazioni) (disuguaglianza triangolare) (invarianza per traslazioni)

= Nd (v) + Nd (w). L’omogeneita` di Nd segue da quella di d. Le restanti affermazioni sono ovvie. Abbiamo quindi una corrispondenza biunivoca:    1:1 pseudo-metriche omogenee e . seminorme su V ←→ invarianti per traslazioni su V



4. Spazi metrici e normati

81

Se N e` una seminorma su V e d la pseudo-metrica associata, allora v − w ∈ ker N ⇐⇒ v ∼ w. in cui ∼ la relazione di equivalenza (4.2). In particolare, V / ker N = V /∼ e la norma N0 e la pseudo-metrica d inducono la stessa metrica a quoziente. Una conseguenza immediata e` che Corollario 4.14. Una seminorma e` una norma se e solo se la pseudo-metrica corrispondente e` una metrica. Ricordiamo che un prodotto scalare di V e` una applicazione g : V × V → R simmetrica: g(v, w) = g(w, v), ∀ v, w ∈ V, bilineare: g(a1 v1 + a2 v2 , w) = a1 g(v1 , w) + a2 g(v2 , w),

∀ a1 , a2 ∈ R, v1 , v2 , w ∈ V,

e semi-definita positiva: g(v, v) ≥ 0,

∀ v ∈ V.

Segue dalla definizione che g(0, 0) = 0 e g(v, a1 w1 + a2 w2 ) = a1 g(v, w1 ) + a2 g(v, w2 ) per ogni a1 , a2 ∈ R, v, w1 , w2 ∈ V . Il prodotto scalare e` definito positivo se ∀ v ∈ V, g(v, v) = 0 =⇒ v = 0. Definizione 4.15. Diciamo che una seminorma N su V soddisfa la legge del parallelogramma se: (4.3) N (v + w)2 + N (v − w)2 = 2N (v)2 + 2N (w)2 per ogni v, w ∈ V . E’ ben noto dai corsi di Algebra Lineare che ad ogni prodotto scalare g e` associata una seminorma Ng , soddisfacente (4.3), come segue: 1

Ng (v) := g(v, v) 2 . (In particolare, la subadditivita` di Ng segue dalla ben nota disuguaglianza di CauchySchwarz.) Lemma 4.16. Un prodotto scalare g e` univocamente determinato dalla seminorma associata Ng , ed e` definito positivo se e solo se Ng e` una norma. Dimostrazione. La prima affermazione segue dalla ben nota identita` di polarizzazione: Ng (v + w)2 − Ng (v − w)2 = 4g(v, w),

82

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

valida per ogni v, w ∈ V e che si verifica facilmente usando bilinearita` e simmetria di g. La seconda affermazione e` ovvia.  Meno noto, e meno semplice da dimostrare, e` il fatto che ogni seminorma soddisfacente la legge del parallelogramma e` indotta da un prodotto scalare. Proposizione 4.17. Ad ogni seminorma N su V soddisfacente la legge del parallelogramma e` associato un prodotto scalare gN di V dato dalla formula: gN (v, w) :=

 1 N (v + w)2 − N (v − w)2 4

∀ v, w ∈ V.

(4.4)

Le due corrispondenze g → Ng ed N → gN sono una l’inversa dell’altra. ` che e` l’unica proprieta` non imDimostrazione. Dobbiamo dimostrare la linearita, ` Nella dimediatamente evidente dalla definizione di gN . Iniziamo dall’additivita. mostrazione, per semplificare la scrittura, indichiamo con v := N (v) la seminorma e poniamo v, w := gN (v, w). Iniziamo con l’osservare che una applicazione f : V → R additiva, cio´e soddisfacente ∀ v1 , v2 ∈ V, f (v1 + v2 ) = f (v1 ) + f (v2 ), e` automaticamente omogenea sui razionali. Infatti, per ogni n intero positivo, per induzione si prova che f (nv) = f (v + v + . . . + v) = f (v) + f (v) + . . . + f (v) = nf (v).

(4.5)

Da f (0) + f (0) = f (0 + 0) = f (0) segue f (0) = 0, e da f (−v) + f (v) = f (0) = 0 segue che f (−v) = −f (v). Questo permette di estendere (4.5) ad ogni n intero. Infine, per ogni r = m/n razionale e ogni v ∈ V , si ha: mf (v) = f (mv) = f (nrv) = nf (rv) ovvero f (rv) = rf (v),

∀ r ∈ Q, v ∈ V.

` Siano v1 , v2 , w ∈ V . Usando la legge del parallelogramma quattro (1) Additivita. volte, per le coppie di vettori v1 e v2 + w (prima riga), v2 e v1 − w (seconda riga), v2 e v1 + w (terza riga), v1 e v2 − w (quarta riga), otteniamo: v1 + v2 + w2 + v1 − v2 − w2 = 2v1 2 + 2v2 + w2 , v1 + v2 − w2 + v1 − v2 − w2 = 2v2 2 + 2v1 − w2 , v1 + v2 + w2 + v1 − v2 − w2 = 2v2 2 + 2v1 + w2 , v1 + v2 − w2 + v1 − v2 − w2 = 2v1 2 + 2v2 − w2 .

4. Spazi metrici e normati

83

Cambiando di segno la seconda e quarta equazione e poi sommando membro a membro otteniamo: 2v1 + v2 + w2 − 2v1 + v2 − w2 = 2v1 + w2 − 2v1 − w2 + 2v2 + w2 − 2v2 − w2 . Dividendo per 8 ambo i membri troviamo: v1 + v2 , w = v1 , w + v2 , w .

(2) Cauchy-Schwarz. Per quanto detto sopra, ,  e` bilineare sui razionali. Questo e` sufficiente per provare la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz: |v, w| ≤ vw,

∀ v, w ∈ V.

Se w = 0, segue dalla Prop. 4.12(i-ii) che gN (v, w) = 0 ∀ v ∈ V . La disuguaglianza in questo caso si riduce ad un banale 0 ≤ 0. Se w =  0, si parte da v2 − 2r v, w + r2 w2 = v, v + v, −rw + −rw, v + −rw, −rw = v − rw, v − rw = v − rw2 ≥ 0, valida per v, w ∈ V ed r ∈ Q. Siccome ogni reale e` il limite di una successione di razionali, e il limite di una successione di numeri non negativi e` ancora non negativo (R≥0 e` chiuso), dalla precedente disuguaglianza segue che v2 − 2λ v, w + λ2 w2 ≥ 0 per ogni λ ∈ R. Da questa si ricava la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz nel modo usuale, ponendo λ = v, w /w2 . ` Per ogni v, w ∈ V , λ ∈ R ed r ∈ Q, dall’additivita` e dall’omogeneita` (3) Omogeneita. sui razionali ricaviamo: λv, w − λ v, w = (λ − r)v, w − (λ − r) v, w . Dalla disuguaglianza di Cauchy-Schwarz segue che |λv, w − λ v, w| ≤ 2|λ − r|vw. Per ogni λ ∈ R possiamo scegliere r ∈ Q in modo da rendere λ − r piccolo a piacere, il ch´e prova che il membro di sinistra dell’ultima disuguaglianza e` zero, e λv, w =  λ v, w per ogni v, w ∈ V e λ ∈ R.

84

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Abbiamo quindi una corrispondenza biunivoca    1:1 seminorme su V soddisfacenti . prodotti scalari di V ←→ la legge del parallelogramma Esempio 4.18. (1) Su uno spazio vettoriale reale V , la seminorma nulla induce il prodotto scalare nullo e la metrica nulla. (2) Un esempio di metrica che non e` indotta da una norma e` la metrica discreta: e` invariante per traslazioni ma non e` omogenea, tranne nel caso banale V = {0}. (3) Dato un insieme X con almeno due punti, sia V := RX l’insieme delle funzioni X → R. La norma del sup f ∞ := sup |f (x)| x∈X

su V non e` indotta da un prodotto scalare. Per un controesempio alla legge del parallelogramma, si prendano x1 , x2 ∈ X qualsiasi con x1 = x2 , sia f1 la funzione caratteristica di {x1 } e f2 la funzione caratteristica di {x2 }. Allora f1 + f2 2∞ + f1 − f2 2∞ = 2 = 2f1 2∞ + 2f2 2∞ = 4. (4) In Rn , la norma canonica induce il prodotto scalare canonico e la topologia canonica (Def. 1.12). La metrica associata e` anche detta metrica euclidea. ♦ Dato un prodotto scalare g di V , e detta N la seminorma corrispondente, dalla Prop. 4.12 e dalla formula (4.4) si vede facilmente che w ∈ ker N ⇐⇒ g(v, w) = 0 ∀ v ∈ V. La formula g0 ([v], [w]) := g(v, w) definisce un prodotto scalare su V / ker N (come si pu`o verificare ricordando come sono definite le operazioni in uno spazio vettoriale quoziente). Per costruzione g0 e` definito positivo, e la seminorma associata e` proprio la norma N0 indotta su V / ker N da N . Un esempio di questa costruzione, a cui accenniamo solamente, viene dall’Analisi Funzionale. Si parte dallo spazio vettoriale reale V di tutte le funzioni da R in R il cui quadrato e` integrabile secondo Lebesgue. Su V , si definisce un prodotto scalare

g(f1 , f2 ) :=

+∞ −∞

f1 (x)f2 (x)dx,

f1 , f2 ∈ V.

Funzioni nulle quasi ovunque sono nel nucleo della seminorma N associata e il quoziente V / ker N con prodotto scalare indotto da g e` lo spazio L2 (R) reale. Un risultato classico dell’Analisi Funzionale prova che L2 (R) e` completo nella metrica indotta dal prodotto scalare, ovverosia che e` uno spazio di Hilbert reale.

4. Spazi metrici e normati

4.3

85

` degli spazi pseudo-metrici Proprieta

Teorema 4.19 (Stone). Ogni spazio pseudo-metrico e` paracompatto. Dimostrazione. Sia (X, d) uno spazio pseudo-metrico e U := {Uα }α∈S un ricoprimento aperto di X. Per il teorema del buon ordinamento, esiste un buon ordinamento  su S. Per ogni α ∈ S, poniamo Vα,0 := ∅. Quindi definiamo induttivamente per n intero positivo due collezioni di insiemi:

/ Uβ ∪ Vβ,k , (4.6a) Xα,n := x ∈ X : B3·2−n (x) ⊆ Uα ∧ x ∈ β≺α

Vα,n :=



β∈S 0≤k mx , si ha y ∈ / Vβx ,mx . Siccome B2−kx (x) ⊆ Vβx ,mx , si ha d(x, y) ≥ 2−kx . Per finire, poich´e l ≥ kx + 1 e kx + mx ≥ kx + 1, si ha B2−kx −mx (x) ∩ B2−l (y) ⊆ B2−kx −1 (x) ∩ B2−kx −1 (y) = ∅. Prendendo l’unione su tutti gli y ∈ Xα,l si giunge alla tesi: B2−kx −mx (x) ∩ Vα,l = ∅.

86

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Proviamo (v). Sia l < mx + kx . Per assurdo, supponiamo che esistano due indici α ≺ β e due punti p ∈ B2−kx −mx (x) ∩ Vα,l

e

q ∈ B2−kx −mx (x) ∩ Vβ,l ,

in contraddizione con (v). Vogliamo provare che d(p, q) > 2−kx −mx +1 , giungendo in questo modo ad un assurdo. Per la (4.6b), esistono y ∈ Xα,l e z ∈ Xβ,l tali che p ∈ B2−l (y) e q ∈ B2−l (z). Per la (4.6a), B3·2−l (y) ⊆ Uα e al tempo stesso, siccome α  β, si ha z ∈ / Uα . Quindi (4.7) d(y, z) ≥ 3 · 2−l . Dalla disuguaglianza triangolare, d(y, z) ≤ d(y, p) + d(p, q) + d(q, z) < d(p, q) + 2 · 2−l , che combinata con (4.7) da` d(p, q) > d(y, z) − 2 · 2−l ≥ 2−l ≥ 2−kx −mx +1 , 

come volevasi dimostrare.

La dimostrazione originale di Stone e` piu` lunga di quella presentata qui, e prova in effetti che ogni spazio metrico e` completamente normale, e quindi paracompatto [Sto48]. La dimostrazione semplificata presentata in questa sezione e` dovuta a Rudin [Rud69]. In entrambi i casi, si parla di spazi metrici, ma l’estensione a spazi pseudo-metrici e` immediata. Senza assioma della scelta, si pu`o provare che ogni spazio pseudo-metrico separabile e` paracompatto. Proposizione 4.20. Uno spazio pseudo-metrico e` separabile se e solo se e` a base numerabile. Dimostrazione. Dobbiamo provare l’implicazione “⇒”. Sia (X, d) uno spazio pseudometrico separabile, S ⊆ X un sottoinsieme numerabile denso in X, e   B := Br (x) : x ∈ S, r ∈ Q+ . L’insieme B e` numerabile. Proviamo che e` una base. Sia U un aperto qualsiasi e p ∈ U . Per l’osservazione 4.8, esiste ε ∈ Q+ tale che p ∈ Bε (p) ⊆ U . Siccome S e` denso in X, esiste x ∈ S ∩ Bε/3 (p). Scegliamo ε/3 < r < ε/2 (il disco in rosso in Figura 4.1). Siccome d(p, x) < ε/3 < r, p ∈ Br (x). Siccome, per ogni y ∈ Br (x), si ha d(y, p) ≤ d(y, x) + d(x, p) < r + r = 2r < ε, segue che Br (x) ⊆ Bε (p) ⊆ U . Per ogni U aperto e per ogni p ∈ U esiste quindi Bp ∈ B  tale che p ∈ Bp ⊆ U . Siccome U = p∈U Bp , questo prova che B e` una base della topologia. 

4. Spazi metrici e normati

87

p

ε/3

x

U

Figura 4.1: Prova della Prop. 4.20. Definizione 4.21. Sia (X, d) uno spazio pseudo-metrico. Un sottoinsieme S e` detto totalmente limitato se, per ogni r > 0, l’insieme S e` contenuto in una unione finita di palle aperte di raggio r. Proposizione 4.22. Ogni spazio pseudo-metrico totalmente limitato e` a base numerabile. Dimostrazione. Sia (X, d) uno spazio pseudo-metrico totalmente limitato. Per la Prop. 4.20, e` sufficiente provare che X e` separabile. Per ipotesi, per ogni n intero positivo esiste un insieme finito Sn di punti tali che X=



B1/n (x).

(4.8)

x∈Sn

 L’insieme Σ := n≥1 Sn e` numerabile. Proviamo che e` denso. Se Bε (y) e` una palla con raggio e centro arbitrari, possiamo scegliere n tale che 1/n < ε. Da (4.8) deduciamo che esiste x0 ∈ Sn tale che y ∈ B1/n (x0 ). Siccome d(x0 , y) < 1/n < ε, si ha  x0 ∈ Bε (y) e quindi Σ ∩ Bε (y) = ∅. Nel caso di spazi pseudo-metrici, la nozione topologica di funzione continua si ` di Weierstrass e Jordan, come riduce alla piu` familiare nozione di “(ε, δ) continuita” illustrato nella proposizione seguente. Proposizione 4.23. Siano (X, dX ) e (Y, dY ) due spazi pseudo-metrici. Una funzione f : X → Y e` continua se e soltanto se per ogni ε > 0 e ogni x ∈ X esiste δε,x > 0 tale che, per ogni y ∈ X, dX (x, y) < δε,x

=⇒

  dY f (x), f (y) < ε.

(4.9)

88

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

  Dimostrazione. (⇐) Siccome f −1 (U ) = f −1 U ∩ f (X) per ogni U ⊆ Y e l’inclusione f (X) → Y e` continua, e` sufficiente mostrare che f : X → f (X) e` continua (Esercizio 1.29). Possiamo allora assumere che f sia suriettiva. La condizione (4.9) ci dice che, per ogni x, y ∈ X,   (4.10) x ∈ Bδε,x (y) ⊆ f −1 Bε (f (y)) . Questo prova che ogni palla aperta ha preimmagine aperta (ogni suo punto e` interno). Siccome le palle aperte formano una base della topologia, f e` continua.   (⇒) Se f e` continua, per ogni ε > 0 e ogni y ∈ X, l’insieme f −1 Bε (f (y)) e` aperto. Per ogni x in tale insieme, esiste allora una palla aperta Bδε,x (y) soddisfacente (4.10). Ma (4.10) e` equivalente a (4.9).  Definizione 4.24. Siano (X, dX ) e (Y, dY ) due spazi pseudo-metrici. Una funzione f : X → Y e` detta uniformemente continua se per ogni ε > 0 esiste δε > 0 tale che, per ogni x1 , x2 ∈ X, dX (x1 , x2 ) < δε

=⇒

  dY f (x1 ), f (x2 ) < ε.

Osservazione 4.25. Chiaramente ogni funzione uniformemente continua e` continua, ma non vale il viceversa. La funzione f : R → R, f (x) := x2 , e` continua ma non  ` basta scegliere δε,x = |x|2 + ε − |x| e uniformemente continua. Per la continuita, notare che, se |x − y| < δε,x , allora |x2 − y 2 | = |x − y|(2|x| + |x − y|) < δε,x (2|x| + δε,x ) = ε. Per assurdo, supponiamo che f sia uniformemente continua. Per ogni x, y ∈ R esiste allora δ > 0 tale che |x − y| < δ implica |x2 − y 2 | < 1 (qui ε = 1). Per y = x + δ/2, si arriva all’assurdo |xδ + δ 2 /4| < 1 per ogni x. Definizione 4.26. Siano (X, dX ) e (Y, dY ) due spazi pseudo-metrici. Una funzione f : X → Y e` detta lipschitziana se esiste λ > 0 tale che   dY f (x), f (y) ≤ λ dX (x, y)

(4.11)

per ogni x, y ∈ X. Proposizione 4.27. Ogni funzione lipschitziana e` uniformemente continua. Dimostrazione. Basta scegliere δε = ε/λ e usare (4.11).



√ Esempio 4.28. La funzione f : [0, 1] → R, f (x) = x, e` uniformemente continua ma non lipschitziana. Per provare la prima affermazione, basta scegliere δε = ε2 e notare che √ √ √ √ √ √ | x − y|2 ≤ | x − y|| x + y| = |x − y| < ε2

=⇒

√ √ | x − y| < ε.

4. Spazi metrici e normati

89

Per assurdo, se f fosse lipschitziana, esisterebbe λ > 0 tale che √ 0 ≤ x ≤ 1, in contraddizione con il fatto che limx→0+ x/x = ∞.



x ≤ λx per ogni ♦

Esempio 4.29. Sia (X, d) uno spazio pseudo-metrico e x0 ∈ X. La funzione f : X → R, data da f (p) := d(x0 , p), e` lipschitziana. Infatti, dalla disuguaglianza triangolare, per ogni x1 , x2 ∈ X si ha |f (x1 ) − f (x2 )| = |d(x0 , x1 ) − d(x0 , x2 )| ≤ d(x1 , x2 ). In particolare, f e` uniformemente continua.

4.4



Successioni di Cauchy

Proposizione 4.30. Sia (X, d) uno spazio pseudo-metrico, (xn )n∈N una successione di punti di X e p ∈ X. Le seguenti affermazioni sono equivalenti (i) xn → p, (ii) d(xn , p) → 0 (rispetto alla topologia canonica di R), (iii) ∀ ε > 0 ∃ mε ∈ N tale che d(xn , p) < ε per ogni n ≥ mε . Dimostrazione. (i) ⇐⇒ (iii): siccome palle aperte sono una base della topologia di X, si ha xn → p se e solo se per ogni ε > 0 la successione (xn ) e` definitivamente contenuta in Bε (p), che e` proprio la condizione (iii). (ii) ⇐⇒ (iii): siccome intervalli aperti sono una base della topologia di X, si ha d(xn , p) → 0 se e solo se per ogni ε > 0 la successione d(xn , p) e` definitivamente contenuta in ]−ε, ε[, che e` proprio la condizione (iii).  Corollario 4.31. Un sottoinsieme S di uno spazio pseudo-metrico (X, d) e` denso se e solo se ogni punto p ∈ X e` il limite di una successione di punti di S. (L’implicazione “⇐” vale in effetti per qualsiasi spazio topologico.) Dimostrazione. (⇒) Sia S denso e p ∈ X. Per quanto appena detto, per ogni n ≥ 1 possiamo scegliere xn ∈ S ∩ B1/n (p). Siccome d(xn , p) < 1/n → 0, la successione (xn ) converge a p. (⇐) Sia U un aperto non vuoto e p ∈ U . Allora esiste una successione (xn ) in S e quindi definitivamente contenuta in U . Questo prova che, per n sufficientemente  grande, xn ∈ U , e quindi S ∩ U = ∅. Definizione 4.32. Una successione di punti (xn )n∈N di uno spazio pseudo-metrico (X, d) e` detta di Cauchy se (e solo se) per ogni ε > 0 esiste nε ∈ N tale che d(xk , xm ) < ε per ogni k, m ≥ nε .

90

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Corollario 4.33. Ogni successione convergente in uno spazio pseudo-metrico e` una successione di Cauchy. Dimostrazione. Sia (xn )n∈N → p e ε > 0. Per la Prop. 4.30 esiste N intero tale che, d(xm , p) < ε/2 per ogni m ≥ N . Ma quindi d(xk , xm ) ≤ d(xk , p) + d(p, xm ) < ε per ogni k, n ≥ N . Dall’arbitrarieta` di ε segue la tesi.



Definizione 4.34. Un sottoinsieme S di uno spazio metrico (X, d) si dice completo se ogni successione di Cauchy in S converge ad un punto di S. (In particolare, X e` completo se ogni successione di Cauchy e` convergente.) Osservazione 4.35. Uno spazio vettoriale normato, completo nella metrica indotta, e` detto spazio di Banach. Uno spazio vettoriale con prodotto scalare, completo nella metrica indotta, e` detto spazio di Hilbert. La trattazione di spazi di Banach e di Hilbert va oltre gli scopi di questo libro. Proposizione 4.36. Un sottoinsieme chiuso di uno spazio pseudo-metrico completo e` completo. Un sottoinsieme completo di uno spazio metrico e` chiuso. Dimostrazione. Sia (X, d) uno spazio pseudo-metrico e C ⊆ X chiuso. Se X e` completo, ogni successione di Cauchy di punti di C converge in X, e quindi in C, essendo chiuso. Quindi C e` completo. Assumiamo ora che X sia uno spazio metrico (non necessariamente completo) ed S ⊆ X un sottoinsieme completo. Siccome X e` T2 , ogni successione ha un unico limite. Se (xn )n∈N e` una qualsiasi successione convergente di punti di S e x ∈ X il suo limite, siccome S e` completo, si ha x ∈ S. Quindi S e` sequenzialmente chiuso, e siccome X e` separabile, S e` chiuso.  Esempio 4.37. Se X = {0, 1} e la pseudo-metrica e` quella nulla, allora {0} e` completo ma non e` chiuso. In generale, se X e` un insieme qualsiasi e d e` la pseudometrica nulla, ogni successione in (X, d) e` convergente ad ogni punto di X e ogni sottoinsieme e` completo, ma solo X e ∅ sono chiusi. ♦ Definizione 4.38. In uno spazio pseudo-metrico (X, d), un sottoinsieme S e` detto limitato se esiste r > 0 tale che S ⊆ Br (0). Esercizio 4.39. Mostrare che totalmente limitato implica limitato. Esercizio 4.40 (Limitato non implica totalmente limitato.). Mostrare che Z con metrica discreta ed R con metrica d(x, y) := min{1, x − y} sono entrambi limitati ma non totalmente limitati. Proposizione 4.41. In Rn (con metrica euclidea) ogni sottoinsieme limitato e` totalmente limitato.

4. Spazi metrici e normati

91

Dimostrazione. Possiamo assumere n ≥ 1. Sia S ⊆ Rn limitato. Questo vuol dire che n S ⊆ [−, ] = [−, ] × . . . × [−, ]    n volte

per un qualche  > 0. Sia r > 0 arbitrario e scegliamo un intero m > n/r. Si ha [−, ] = I1 ∪ I2 ∪ . . . ∪ Im , dove, per 1 ≤ k ≤ m,

  2 2 . Ik := − + (k − 1) , −r + k m m

Segue che S e` contenuto in una unione finita di ipercubi I k1 × I k2 × . . . × I k n con k1 , . . . , kn ∈ {1, . . . , m}. Ciascun ipercubo e` contenuto in una palla chiusa di raggio √ n n 2 · ≤ < r, m 2 m e quindi S e` contenuto nell’unione di un numero finito di palle aperte di raggio r, come volevasi dimostrare.  Definizione 4.42. Uno spazio topologico e` detto sequenzialmente compatto se ogni successione ha una sottosuccessione convergente. Un sottoinsieme di uno spazio topologico e` detto sequenzialmente compatto se e` sequenzialmente compatto rispetto alla topologia di sottospazio. Lemma 4.43 (del numero di Lebesgue). Sia (X, d) e` uno spazio pseudo-metrico e S un sottoinsieme sequenzialmente compatto. Allora, per ogni ricoprimento aperto U di S esiste δ > 0 (detto numero di Lebesgue di S) tale che {Bδ (x)}x∈S e` un raffinamento di U . Dimostrazione. Per assurdo, supponiamo che per ogni n intero positivo esista xn ∈ S tale che B1/n (xn ) non e` sottoinsieme di nessun U ∈ U. Siccome S e` sequenzialmente compatto, la successione (xn ) ha una sottosuccessione (xnk ) convergente ad un qualche p ∈ S. Esiste U ∈ U tale che p ∈ U , e quindi ε > 0 tale che Bε (p) ⊆ U . Scegliamo k sufficientemente grande in modo che si abbia 1/nk < ε/2 e anche d(xnk , p) < ε/2.  Allora B1/nk (xnk ) ⊆ Bε (p) ⊆ U , in contraddizione con l’ipotesi di partenza. In generale, compatto e sequenzialmente compatto sono nozioni indipendenti. Esempi di spazi compatti ma non sequenzialmente compatti, e viceversa, si possono ˇ trovare in [SS78] (sono, rispettivamente, la compattificazione di Stone-Cech degli interi e la retta lunga). Le due nozioni sono equivalenti nel caso degli spazi pseudometrici, come illustrato nel seguente teorema.

92

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Teorema 4.44 (di Borel-Lebesgue). Sia (X, d) uno spazio pseudo-metrico ed S un sottoinsieme. Le seguenti condizioni sono equivalenti: (i) S e` compatto. (ii) S e` sequenzialmente compatto. (iii) S e` completo e totalmente limitato. Dimostrazione. Il caso S = ∅ e` banale. Assumiamo quindi S = ∅. (i) ⇒(ii). Sia s = (xn )n∈N una successione in S e assumiamo che S sia compatto. Vogliamo mostrare che s possiede una sottosuccessione convergente ad un punto di S. Per ogni n ≥ 0, definiamo due insiemi, uno relativamente chiuso e uno relativamente aperto: Fn := S ∩ {xk : k ≥ n}, Per assurdo, supponiamo che



Un := S  Fn .

Fn = ∅,

(4.12)

n≥0

 o equivalentemente che n≥0 Un = S. Siccome S e` compatto, possiamo estrarre un sottoricoprimento finito {Uni }ki=1 . Siccome la successione di insiemi e` crescente (Un ⊆ Un+1 per ogni n), si ha S = U n1 ∪ . . . ∪ U nk = U nk . Questo implicherebbe Fnk = ∅, in contraddizione con la definizione degli insiemi Fn . L’ipotesi di partenza (4.12) deve quindi essere falsa. Possiamo allora scegliere  p ∈ n≥0 Fn . Per definizione di chiusura,  ∅ B1/n (p) ∩ {xk : k ≥ n} =

∀ n ≥ 1.

(Se l’intersezione fosse vuota, sarebbe Fn ⊆ S  B1/n (p) essendo l’insieme di destra relativamente chiuso, e quindi p ∈ / Fn .) Possiamo scegliere un punto xn in tale inter sezione, e siccome d(xn , p) < 1/n, (xn )n≥1 e` una sottosuccessione della successione s convergente a p. (ii) ⇒(iii). Sia (xn )n∈N una successione di Cauchy di punti di S. Siccome S e` sequenzialmente compatto, esiste una sottosuccessione (xni )i∈N convergente ad un punto p ∈ S. Sia ε > 0. Per definizione di successione di Cauchy, esiste nε tale che d(xk , xm ) < ε per ogni k, m ≥ nε . Siccome xni → p esiste nε tale che d(xni , p) < ε/2 per ogni i tale che ni ≥ nε . Sia nε = max{nε , nε } e scegliamo iε tale che niε ≥ nε . Allora, per ogni m ≥ nε , si ha d(xm , p) ≤ d(xm , niε ) + d(niε , p) < ε.

4. Spazi metrici e normati

93

Questo prova che xn → p. L’insieme S e` quindi completo. Per finire, per assurdo supponiamo che S non sia totalmente limitato. Questo vuol dire che esiste ε > 0 tale che, per ogni sottoinsieme F ⊆ X finito, S non e`   contenuto nell’unione x∈F Bε (x) e quindi la differenza S  x∈F Bε (x) e` non vuota. Possiamo quindi scegliere, per induzione, x0 ∈ S, x1 ∈ S  Bε (x0 ), .. .

.. .

xn ∈ S 

n−1

Bε (xi ).

i=0

Otteniamo in questo modo una successione (xn ) in S. Essendo S sequenzialmente compatto, tale successione deve avere una sottosuccessione convergente. Ma questo contraddice il fatto che d(xk , xm ) > ε ∀ k, m. L’insieme S deve essere quindi totalmente limitato. (iii) ⇒(ii). Basta mostrare che, se S e` totalmente limitato, ogni successione in S ha una sottosuccessione di Cauchy. Se S e` anche completo, questo vuol dire che ogni successione ha una sottosuccessione convergente, e quindi S e` sequenzialmente compatto. Assumiamo allora che S sia totalmente limitato e sia s := (xn )n∈N una successione in S. Per ogni n ∈ N esiste un sottoinsieme Dn ⊆ X finito tale che S⊆



B2−n (y).

y∈Dn

Proviamo per induzione che, per ogni k ∈ N, che esiste yk ∈ Dk tale che   Σ(k, yk ) := n ∈ N : xn ∈ B2−k (yk )  e` un insieme infinito. Per k = 0, siccome l’unione y∈D0 B1 (y) contiene tutti i punti di s e D0 e` finito, deve esistere almeno un y0 ∈ D0 tale che B1 (y0 ) contiene infiniti termini della successione s. L’insieme Σ(0, y0 ) corrispondente e` quindi infinito. Sia k ≥ 0 e assumiamo, per ipotesi induttiva, che esista yk ∈ Dk tale che Σ(k, yk ) e` in finito. La sottosuccessione {xn }n∈Σ(k,yk ) e` contenuta nell’unione y∈Dk+1 B2−k−1 (y). Essendo tale unione finita, esiste almeno un yk+1 ∈ Dk+1 tale che B2−k−1 (yk+1 ) contiene infiniti termini della sottosuccessione, e quindi della successione di partenza. L’insieme Σ(k + 1, yk+1 ) e` quindi infinito. Osserviamo che {xn }n∈Σ(k,yk ) ⊆ B2−k (yk ) e infiniti termini di questa sottosuccessione sono contenuti in B2−k−1 (yk+1 ). L’intersezione di queste due palle e` quindi non vuota, e d(yk , yk+1 ) < 2−k + 2−k−1 = 32 · 2−k .

94

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Quindi, per ogni j < k: d(yj , yk ) ≤

k−1 

k−1

d(yl , yl+1 )
0 il numero di Lebesgue di S. Per ogni x ∈ S esiste αx ∈ A tale che Bδ (x) ⊆ Uαx (Lemma 4.43). Ma S e` totalmente limitato, quindi Bδ (x) S= x∈F

per un qualche insieme F ⊆ S finito. La collezione {Uαx }x∈F ⊆ U e` un ricoprimento finito di S, che quindi e` compatto.  Corollario 4.45. Ogni spazio pseudo-metrico compatto e` a base numerabile. Dimostrazione. Segue dalla Prop. 4.22 e dal Teorema 4.44.



E’ ben noto dai corsi di Analisi Matematica che l’insieme dei numeri reali e` completo. La dimostrazione dipende da come i numeri reali vengono introdotti, e non la riprodurremo in questo testo. Ad esempio, pu`o essere una tautologia se questi vengono introdotti come completamento dei razionali (parleremo di completamento di uno spazio pseudo-metrico qualsiasi nella prossima sezione). Dando per nota la completezza di R, e` immediato estendere il risultato ad Rn . Proposizione 4.46. Rn (con metrica euclidea) e` uno spazio metrico completo. Dimostrazione. Non e` difficile verificare che una funzione lipschitziana trasforma successioni di Cauchy in successioni di Cauchy. Siccome per ogni v = (v1 , . . . , vn ), w = (w1 , . . . , wn ) ∈ Rn e ogni 1 ≤ j ≤ n si ha |vj − wj | ≤ v − w, la proiezione Rn → R sulla j-esima componente e` una funzione lipschitziana. Sia (xi )i∈N una successione di Cauchy in Rn e sia xi,j ∈ R la j-esima componente di xi . Per quanto detto, (xi,j )i∈N e` una successione di Cauchy in R per ogni j, e quindi convergente. Indichiamo con x∞,j il suo limite. Sia x∞ := (x∞,1 , . . . , x∞,n ). √ Per ogni ε > 0 esiste mε intero tale che |xi,j − x∞,j | < ε/ n per ogni i ≥ mε e per ogni j. Ma allora, per ogni i ≥ mε , xi − x∞  =



(xi,1 − x∞,1 )2 + . . . + (xi,n − x∞,n )2 < ε,

4. Spazi metrici e normati

95

e quindi (xi )i∈N → x∞ .



Teorema 4.47 (di Heine-Borel). Un sottoinsieme di Rn (con topologia canonica) e` compatto se e solo se e` chiuso e limitato. Dimostrazione. Per il teorema 4.44, S ⊆ Rn e` compatto se e solo se e` completo e totalmente limitato. In Rn , limitato e totalmente limitato sono nozioni equivalenti (Esercizio 4.39 e Prop. 4.41). In Rn , chiuso e completo sono nozioni equivalenti (Prop. 4.46 e Prop. 4.36).  Sfere e palle chiuse sono esempi di sottoinsiemi compatti di Rn . Segue dal teorema di Heine-Borel che lo spazio euclideo Rn e` localmente compatto (infatti, ha una base formata da palle aperte, ossia insiemi precompatti). Osserviamo che la completezza metrica non e` una proprieta` preservata dagli omeomorfismi. Ad esempio R e` completo, ed e` omeomorfo a ]0, 1[ che, al contrario, non e` completo (non essendo chiuso in R).

4.5

Completamento di uno spazio metrico

Dati due spazi pseudo-metrici (X, dX ) e (Y, dY ), una funzione f : X → Y e` detta isometria se   (4.13) dY f (x1 ), f (x2 ) = dX (x1 , x2 ) per ogni x1 , x2 ∈ X. Una isometria biunivoca e` detta isomorfismo isometrico. Proposizione 4.48. Ogni isometria f e` una funzione uniformemente continua. Se il dominio e` uno spazio metrico, f e` un omeomorfismo con l’immagine. Dimostrazione. Una isometria e` una funzione lipschitziana, quindi uniformemente continua (Prop. 4.27). Se (X, dX ) e` uno spazio metrico, f (x1 ) = f (x2 ) implica   dX (x1 , x2 ) = dY f (x1 ), f (x2 ) = 0, e quindi x1 = x2 . Detta Z l’immagine di f , f : X → Z e` biunivoca e continua. Per ogni z1 = f (x1 ), z2 = f (x1 ) ∈ Z, da (4.13)   segue che dX f −1 (z1 ), f −1 (z2 ) = dY (z1 , z2 ). Quindi f −1 : Z → X e` lipschitziana, che implica continua, ed f e` un omeomorfismo con l’immagine.  Nel caso degli spazi vettoriali, e` interessante studiare il legame fra isometrie nel senso degli spazi metrici, e isometrie nel senso degli spazi vettoriali dotati di prodotto scalare, cf. (4.14). Proposizione 4.49. Siano (V, dV ) e (W, dW ) sono due spazi vettoriali con pseudometriche indotte da due prodotti scalari  , V e  , W . Siano f : V → W e T : V → W due funzioni legate dalla relazione T (v) := f (v) − f (0), per ogni v ∈ V . Allora: (i) Se f e` una isometria, T soddisfa la condizione T (v1 ), T (v2 )W = v1 , v2 V

∀ v1 , v2 ∈ V.

(4.14)

96

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

(ii) Se T : V → W e` lineare e soddisfa (4.14), allora f e` una isometria. (iii) Se dW e` una metrica, T : V → W soddisfa (4.14) e ha immagine densa in W , allora T e` una applicazione lineare. ` Dimostrazione. L’implicazione (4.13)⇒(4.14) segue dall’identita: 2 v1 , v2 V = v1 2V + v2 2V − v1 − v2 2V = dV (v1 , 0)2 + dV (v2 , 0)2 − dV (v1 , v2 )2 , e dall’analoga identita` per W : 2 T (v1 ), T (v2 )W = f (v1 ) − f (0)2W + f (v2 ) − f (0)2W − f (v1 ) − f (v2 )2W    2 2 2 = dW f (v1 ), f (0) + dW f (v2 ), f (0) − dW f (v1 ), f (v2 ) . Se T e` lineare, vale anche l’implicazione opposta, essendo in questo caso   1/2 dW f (v1 ), f (v2 ) = T (v1 − v2 ), T (v1 − v2 )W 1/2

= v1 − v2 , v1 − v2 V

= dV (v1 , v2 ).

Se dW e` una metrica e T : V → W una funzione soddisfacente (4.14) e con immagine densa in W , dalla linearita` del prodotto scalare e da (4.14) segue che T (a1 v1 + a2 v2 ), T (v3 )W = a1 v1 + a2 v2 , v3 V = a1 v1 , v3 V + a2 v2 , v3 V = a1 T (v1 ), T (v3 )W + a2 T (v2 ), T (v3 )W = a1 T (v1 ) + a2 T (v2 ), T (v3 )W per ogni a1 , a2 ∈ R e v1 , v2 , v3 ∈ V . Posto w := T (a1 v1 + a2 v2 ) − a1 T (v1 ) − a2 T (v2 ), si ha quindi w, uW = 0 per ogni u = T (v3 ) nell’immagine di T . Per ogni v ∈ W l’applicazione u → dW (v, u) e` lipschitziana, e quindi l’applicazione u → v, uW e` continua. Se (un )n∈N e` una successione in T (V ) convergente a w, si ha w, wW = limn→∞ w, un W = 0. Siccome il prodotto scalare e` definito positivo, deduciamo che w = 0, e quindi T e` lineare.  Definizione 4.50. Un completamento di uno spazio metrico (X, d) e` una terna  ı), in cui (X,  e` uno spazio metrico completo e ı : X → X  d,  d)  una isometria con (X,  immagine ı(X) densa in X. Osserviamo che la funzione ı della definizione precedente e` automaticamente iniettiva, e infatti un omeomorfismo con l’immagine, per la Prop. 4.48. Lemma 4.51. Sia (Y, d) e` uno spazio metrico ed S un sottoinsieme denso tale che ogni successione di Cauchy in S converge in Y . Allora (Y, d) e` completo. Dimostrazione. Sia (xn ) una successione di Cauchy in Y . Per ogni n ∈ N, siccome S e` denso in Y , l’intersezione S ∩ B2−n (xn )

4. Spazi metrici e normati

97

e` non vuota. Scegliamo un punto yn in tale intersezione. Usando d(yk , ym ) ≤ d(yk , xk ) + d(xk , xm ) + d(xm , ym ) < d(xk , xm ) + 2−k + 2−m e il fatto che (xn ) e` di Cauchy, non e` difficile mostrare che anche (yn ) e` una successione di Cauchy. Siccome e` una successione di punti di S, per ipotesi (yn ) converge ad un qualche punto p ∈ Y . Da d(xn , p) ≤ d(xn , yn ) + d(yn , p) ≤ d(yn , p) + 2−n , siccome il membro di destra va a 0 per n → ∞, si ha xn → p. Lo spazio Y e` quindi completo.   ı).  d, Teorema 4.52. Per ogni spazio metrico (X, d) esiste un completamento (X, Dimostrazione. La dimostrazione e` costruttiva. Indichiamo con C(X, d) la collezione di tutte le successioni di Cauchy in X. Definiamo una relazione di equivalenza ∼ su C(X, d) come segue: (xn ) ∼ (yn ) ⇐⇒ lim d(xn , yn ) = 0. n→∞

(Per alleggerire le notazioni, ometteremo il pedice n∈N nelle successioni.) Poniamo  := C(X, d)/∼, X

  d [(xn )], [(yn )] := lim d(xn , yn ). n→∞

 Se (xn ) ∼ (xn ) e (yn ) ∼ Mostriamo che d e` ben definita, e che e` una metrica su X. (yn ), dalla disuguaglianza triangolare d(xn , yn ) ≤ d(xn , xn ) + d(xn , yn ) + d(yn , yn ), d(xn , yn ) ≤ d(xn , xn ) + d(xn , yn ) + d(yn , yn ). Quindi |d(xn , yn ) − d(xn , yn )| ≤ d(xn , xn ) + d(yn , yn ) −→ 0. Siccome entrambe le successioni (d(xn , yn )) e (d(xn , yn )) convergono, si ha lim d(xn , yn ) = lim d(xn , yn )

n→∞

n→∞

e d e` ben definita. Chiaramente d e` simmetrica. Per costruzione:   d [(xn )], [(yn )] ⇐⇒ lim d(xn , yn ) ⇐⇒ (xn ) ∼ (yn ) ⇐⇒ [(xn )] = [(yn )]. n→∞

Inoltre per ogni terna di successioni di Cauchy si ha d(xn , zn ) ≤ d(xn , yn ) + d(yn , zn )  e quindi la disuguaglianza triangolare per d: lim d(xn , zn ) ≤ lim d(xn , yn ) + lim d(yn , zn ).

n→∞

n→∞

n→∞

98

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

 per definizione e` quella che manda x ∈ X nella successione L’applicazione ı : X → X (xn ) costante, xn = x ∀ n ∈ N, ed e` chiaramente una isometria.  Sia x  e ε > 0. Siccome (xn ) e` una Mostriamo che ı(X) e` denso in X.  := [(xn )] ∈ X successione di Cauchy, esiste N ∈ N tale che, per ogni m, n ≥ N , d(xm , xn ) < ε/2. Sia y := ı(xN ). Allora  x, y)) = lim d(xn , xN ) ≤ ε/2 < ε. d( n→∞

x) ∩ ı(X). Siccome ı(X) ha intersezione non vuota con palle aperte di Quindi y ∈ Bε (  raggio e centro arbitrari, e` denso in X.  Per finire, mostriamo che X e` completo. Per il Lemma 4.51, e` sufficiente mo Ciascun x n e` strare che ogni successione di Cauchy ( xn ) in ı(X) converge in X. rappresentato da una successione costante (xn , xn , xn , . . .). Siccome ı e` una isometria,  xm , x n ) = d(xm , xn ) ∀ m, n. d( Segue che (xn ) e` una successione di Cauchy in X. Sia ε > 0. Esiste N ∈ N tale che,  := [(xn )], per ogni k ≥ N per ogni m, n ≥ N , si ha d(xm , xn ) < ε/2. Ma quindi, detto x si ha  xk , x ) = lim (xk , xn ) ≤ ε/2 < ε. d( n→∞

. Questo prova che la successione ( xk ) converge a x



Il completamento di uno spazio metrico (X, d) e` unico a meno di un (unico) isomorfismo isometrico. Lemma 4.53. Siano (X, dX ) e (Y, dY ) sono due spazi metrici completi, S un sottoinsieme denso di X e h : S → Y una isometria (rispetto alla metrica indotta su S) con immagine densa in Y . Allora esiste un unico isomorfismo isometrico f : X → Y tale che f|S = h. Dimostrazione. Siccome una isometria e` una funzione continua, e` univocamente determinata dal suo valore su un sottoinsieme denso. Data h, dobbiamo provare che l’estensione esiste. Siano (xn ) e (xn ) due successioni in S convergenti ad uno stesso punto p ∈ X. Siccome (xn ) e (xn ) sono successioni di Cauchy e h e` una isometria, allora (h(xn )) e (h(xn )) sono due successioni di Cauchy. Siccome Y e` completo, h(xn ) → q e h(xn ) → q  per q, q  ∈ Y opportuni. Per ogni n ≥ 0,         dY (q, q  ) ≤ dY q, h(xn ) + dY h(xn ), h(p) + dX h(p), h(xn ) + dY h(xn ), q      = dY q, h(xn ) + dX (xn , p) + dX (p, xn ) + dY h(xn ), q  . Passando al limite si trova dY (q, q  ) = 0, e quindi q = q  . Possiamo allora definire f come segue. Per ogni x ∈ Y scegliamo una successione (xn ) in S convergente a x (esiste perch´e S e` denso, cf. Cor. 4.31) e poniamo f (x) := lim h(xn ). n→∞

4. Spazi metrici e normati

99

La definizione e` ben posta perch´e il limite esiste e dipende solo da x, e non dalla scelta della successione. Se x ∈ S, scegliendo la successione costante xn = x per ogni n, proviamo che f (x) = h(x). Se (yn ) e` una seconda successione in S convergente ad y ∈ X, dalla continuita` di una pseudo-metrica separatamente nelle due variabili (Esempio 4.29) segue che       dY f (x), f (y) = dY f (x), lim h(yn ) = lim dY f (x), h(yn ) n→∞ n→∞     = lim dY lim h(xm ), h(yn ) = lim lim dY h(xm ), h(yn ) n→∞

m→∞

n→∞ m→∞

= lim lim dX (xm , yn ) = lim dX ( lim xm , yn ) n→∞ m→∞

n→∞

m→∞

= lim dX (x, yn ) = dX (x, lim yn ) = dX (x, y). n→∞

n→∞

Quindi f e` una isometria. Se l’immagine di h e` densa in Y , in maniera analoga costruiamo una estensione f −1 di h−1 : h(S) → X. Siccome f ◦ f −1 e` continua ed e` l’identita` su un sottoinsieme denso di Y , f ◦ f −1 = IdY . In maniera analoga si prova che f −1 ◦ f = IdX , e quindi f e` un isomorfismo isometrico.  1 , d1 , ı1 ) e (X 2 , d2 , ı2 ) sono due completamenti di uno spaProposizione 4.54. Se (X 2 tale 1 → X zio metrico (X, d), allora esiste un (unico) isomorfismo isometrico f : X che f ◦ ı1 = ı2 . Dimostrazione. Per la Prop. 4.48, ı1 : X → ı1 (X) e` biunivoca. L’inversa (ı1 )−1 : ı1 (X) → X e` una isometria, e la composizione h := ı2 ◦ (ı1 )−1 : ı1 (X) → ı2 (X) e` una isometria biunivoca. Per il Lemma 4.53 esiste un isomorfismo isometrico 1 → X 2 che estende h. Per ogni x ∈ X, f :X f ◦ ı1 (x) = h ◦ ı1 (x) = ı2 (x)

∀ x ∈ X.

L’unicita` di f segue dal fatto che qualunque altra isometria f  soddisfacente f  ◦ ı1 =  ı2 = h ◦ ı1 e` estensione di h, e quindi per il Lemma 4.53 deve essere f  = f .  ı) un suo completamento.  d, Corollario 4.55. Sia (X, d) uno spazio metrico e (X, L’applicazione ı e` suriettiva se e solo se X e` completo. Dimostrazione. Se X e` completo, (X, d, Id) e` un completamento. Per l’unicita` del  tale che f = f ◦ Id = ı. completamento, esiste un isomorfismo isometrico f : X → X Quindi ı e` suriettiva. Viceversa, se ı e` suriettiva, e` un isomorfismo isometrico fra X  Non e` difficile verificare che un isomorfismo isometrico conserva la proprieta` e X. di completezza. 

5 Insiemi parzialmente ordinati In questo capitolo discutiamo il legame fra topologia e relazioni d’ordine, e in particolare parleremo di topologie di Alexandroff e di spazi topologici finiti. Questi ultimi hanno catturato l’interesse degli scienziati per le loro applicazioni in informatica, ad esempio nell’elaborazione digitale di immagini, e nonostante si possa pensare che si tratti di oggetti molto semplici, vedremo che la topologia finita e` una teoria matematica molto ricca.

5.1

Spazi di Alexandroff

Definizione 5.1. Una topologia si dice di Alexandroff se ogni intersezione di aperti e` un aperto (o, equivalentemente, ogni unione di chiusi e` un chiuso). Proposizione 5.2. (i) Ogni spazio topologico finito e` di Alexandroff. (ii) Ogni spazio topologico discreto e` di Alexandroff. (iii) Ogni spazio topologico T1 di Alexandroff e` discreto. Dimostrazione. I primi due punti sono ovvi. Dimostriamo il terzo. Se X e` T1 i punti sono chiusi. Se X in aggiunta e` di Alexandroff, per ogni S ⊆ X, dall’uguaglianza   S = x∈S {x} deduciamo che S e` chiuso. E’ chiaro, dall’ultimo punto della proposizione precedente, che gli spazi di Alexandroff interessanti sono quelli che non soddisfano l’assioma di separazione T1 . Nel seguito presentiamo due esempi di topologie di Alexandroff su un insieme non vuoto X qualsiasi (non necessariamente finito). Esempio 5.3. Sia X un insieme non vuoto e p ∈ X un punto fissato. La topologia del punto particolare su X, con punto particolare p, e` data da     T := ∅ ∪ U ⊆ X : p ∈ U .

102

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

In altre parole, un sottoinsieme non vuoto di X e` aperto se e solo se contiene il punto p scelto. Con tale topologia, X e` di Alexandroff e T0 . Se |X| ≥ 2, allora X non e` T1 (tutti i punti sono chiusi tranne {p}, che e` aperto ma non chiuso). ♦ Osservazione 5.4. La topologia del punto particolare ha molte proprieta` importanti e serve da controesempio per vari enunciati di topologia. Sia X un insieme dotato di topologia del punto particolare, con punto particolare p. E’ immediato verificare le seguenti affermazioni: (1) su X  {p} la topologia di sottospazio e` quella discreta; (2) X e` localmente compatto, e` compatto se e solo se e` finito, ed e` Lindel¨of se e solo se e` numerabile; (3) X e` connesso (anche se X  {p} e` totalmente disconnesso); (4) X e` connesso per cammini ma non e` connesso per archi (cammini iniettivi); (5) tutti i chiusi di X hanno interno vuoto; (6) {p} e` denso in X, quindi X e` separabile (ma se X e` non numerabile, X  {p} non e` separabile); (7) {p} e` compatto e, se X e` infinito, ha chiusura {p} = X non compatta. Esercizio 5.5. Dimostrare le affermazioni (2) e (4) dell’Osservazione 5.4. Esempio 5.6. Sia X un insieme non vuoto e p ∈ X un punto fissato. La topologia del punto escluso su X, con punto escluso p, e` data da     T := X ∪ U ⊆ X : p ∈ /U . In altre parole, un sottoinsieme proprio di X e` aperto se e solo se non contiene il punto p scelto. Con tale topologia, X e` di Alexandroff e T0 . Se |X| ≥ 2, allora X non e` T1 (l’unico punto chiuso e` {p}, gli altri sono aperti ma non chiusi). ♦ Esercizio 5.7. Sia X un insieme dotato di topologia del punto escluso, con punto escluso p. Verificare che X e` compatto e connesso per cammini (nonostante il sottospazio X  {p} sia discreto, e quindi totalmente disconnesso). Lemma 5.8. Sia X uno spazio topologico, x ∈ X, Ax l’insieme di tutti gli intorni aperti di x, e sia  A. (5.1) Ux := A∈Ax

Allora, esiste un intorno di x minimale (rispetto all’inclusione) se e solo se Ux e` aperto, e in tal caso esso e` unico ed e` proprio l’insieme Ux . Dimostrazione. Supponiamo che esista un intorno minimale S di x. Per definizione di intorno, S contiene un intorno aperto A di x. Siccome S e` minimale, deve essere S = A. Siccome S e` intorno aperto di x, Ux ⊆ S. Siccome Ux e` intersezione di intorni

5. Insiemi parzialmente ordinati

103

aperti di x ed S e` minimale, si ha S ⊆ Ux . Quindi S = Ux : se un intorno minimale esiste, esso e` aperto e dato da Ux . Viceversa, se Ux e` aperto, e` un intorno di x. Se S e` un qualsiasi altro intorno e A un qualsiasi aperto tale che x ∈ A ⊆ S, allora per costruzione Ux ⊆ A ⊆ S. L’intorno  Ux e` quindi minimale. Lemma 5.9. Uno spazio topologico X e` di Alexandroff se e solo se ogni punto ha un intorno minimale (rispetto all’inclusione). Dimostrazione. Per x ∈ X, indichiamo con Ux l’insieme (5.1) e usiamo tacitamente il Lemma 5.8. (⇒) Se X e` di Alexandroff, per ogni x ∈ X l’insieme Ux e` aperto, e quindi e` un intorno minimale. (⇐) Sia S una arbitraria intersezione di aperti. Se S = ∅, chiaramente S e` aperto. Se S = ∅, per ogni x ∈ S, siccome Ux e` intorno ˚ e` aperto.  (aperto) minimale, si ha x ∈ Ux ⊆ S. Segue che S = S Esempio 5.10. Nella topologia del punto particolare, se p ∈ X e` il punto particolare, l’intorno minimale di p e` {p}, e l’intorno minimale di un qualsiasi punto x = p e` {x, p}. Nella topologia del punto escluso, se p ∈ X e` il punto escluso, l’intorno minimale di p e` X, e l’intorno minimale di un qualsiasi punto x = p e` {x}. ♦ Proposizione 5.11. Sia X uno spazio di Alexandroff. Allora: (i) Per ogni x, y ∈ X, x ∈ Uy se e solo se Ux ⊆ Uy . (ii) La collezione di intorni minimali e` una base per la topologia. Infatti, e` una base minimale (rispetto all’inclusione). Dimostrazione. (i) Se x ∈ Uy , siccome Uy e` un intorno aperto di x e Ux e` intorno  minimale, si ha Ux ⊆ Uy . Il viceversa e` ovvio. (ii) Chiaramente x∈X Ux = X. Inoltre, se z ∈ Ux ∩ Uy , per il punto (i) si ha Uz ⊆ Ux ∩ Uy , provando che gli insiemi (5.1) formano una base per la topologia. Se B e` un altra base, per ogni x esiste  Bx ∈ B tale che x ∈ Bx ⊆ Ux . Ma Ux e` intorno minimale, quindi Bx = Ux . Chiaramente, se uno spazio topologico ha una base minimale, essa e` anche unica. Lemma 5.12. In uno spazio di Alexandroff X, due punti x e y sono topologicamente indistinguibili (secondo la Def. 2.9) se e solo se Ux = Uy . Dimostrazione. Se x = y l’affermazione e` banale. Assumiamo quindi che x = y. Se x e y sono topologicamente indistinguibili, allora si deve avere y ∈ Ux e x ∈ Uy , e quindi Ux = Uy per la Prop. 5.11(i). Viceversa, se Ux = Uy , allora ogni intorno aperto A di x contiene y (siccome contiene Ux ), e in maniera simile ogni intorno aperto di y contiene x, da cui x e y sono topologicamente indistinguibili.  Proposizione 5.13. Ogni spazio di Alexandroff X e` primo-numerabile. Se in aggiunta X e` T0 e a base numerabile, allora X e` numerabile.

104

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Dimostrazione. Per ogni x ∈ X, N (x) = {Ux } e` un sistema fondamentale di intorni aperti di x formato da un singolo elemento. Evidentemente X e` primo-numerabile. Assumiamo ora che X sia T0 e che B sia una base numerabile. Siccome X e` T0 , dal Lemma 5.12 segue che Ux = Uy se e solo se x = y. Per la Prop. 5.11(ii), {Ux : x ∈ X} ⊆ B. La collezione di intorni minimali e` quindi numerabile. Ma l’applicazione x → Ux e` iniettiva, e quindi X e` numerabile. 

5.2

Dagli spazi topologici alle relazioni d’ordine

Una relazione R ⊆ X × X su un insieme X e` detta un preordine se e` riflessiva: (x, x) ∈ R ∀ x ∈ X e transitiva: (x, y) ∈ R ∧ (y, z) ∈ R =⇒ (x, z) ∈ R. In particolare, ogni relazione di equivalenza e` un preordine. Se in aggiunta la relazione e` antisimmetrica: (x, y) ∈ R ∧ (y, x) ∈ R =⇒ x = y, allora R e` detta relazione d’ordine o ordinamento parziale di X. Dato un preordine R, useremo la notazione x  y per indicare che (x, y) ∈ R, / R, e scriveremo x ≺ y se x  y e x = y. scriveremo x  y se (x, y) ∈ Un insieme parzialmente ordinato e` una coppia (X, ) con X insieme e  relazione d’ordine su X. Proposizione 5.14. Sia X un insieme, R un preordine su X, e ∼ la relazione di equivalenza data da x ∼ y ⇐⇒ (x, y) ∈ R ∧ (y, x) ∈ R.  su X/∼ e` data da Allora una relazione d’ordine R    := ([x], [y]) : (x, y) ∈ R . R Dimostrazione. Iniziamo osservando che, per le proprieta` riflessiva e transitiva di R, ∼ e` effettivamente una relazione di equivalenza: riflessivita` e simmetria sono evidenti, e se x ∼ y e y ∼ z allora (x, y) ∈ R ∧ (y, z) ∈ R =⇒ (x, z) ∈ R, (y, x) ∈ R ∧ (z, y) ∈ R =⇒ (z, x) ∈ R, e quindi x ∼ z.

5. Insiemi parzialmente ordinati

105

 e` ben definita: se x ∼ x , y ∼ y  e (x, y) ∈ R, allora (x , y  ) ∈ R Osserviamo che R  sono (per la proprieta` transitiva di R). Le proprieta` riflessiva e transitiva di R evidenti e seguono da quelle di R. Per quanto riguarda l’antisimmetria, per costru e ([y], [x]) ∈ R,  allora x ∼ y zione se per una qualche coppia (x, y) si ha ([x], [y]) ∈ R e [x] = [y].  Uno spazio topologico X di Alexandroff ha associato un preordine canonico detto preordine di specializzazione, che indichiamo con ≤ ed e` definito come segue: x ≤ y ⇐⇒ Ux ⊆ Uy .

(5.2)

dove Ux e` l’intorno minimale (5.1). Lemma 5.15. Sia X uno spazio di Alexandroff. Allora: (i) La relazione (5.2) e` un preordine su X. (ii) x, y ∈ X sono topologicamente indistinguibili se e solo se x ≤ y e y ≤ x. (iii) (5.2) e` una relazione d’ordine se e solo se X e` T0 . Dimostrazione. (i) Le proprieta` riflessiva e transitiva di ≤ seguono da quelle di ⊆. (ii) Le due condizioni di destra sono equivalenti ad Ux = Uy , e per il Lemma 5.12 tale condizione e` equivalente al fatto che x e y sono topologicamente indistinguibili. (iii) e` immediata conseguenza di (ii): X e` T0 se e solo se non ha punti distinti topologicamente indistinguibili, che si verifica se e solo se per ogni x = y non si possono verificare insieme x ≤ y e y ≤ x.  Da adesso in poi, a meno che non sia specificato diversamente, su uno spazio di Alexandroff considereremo sempre il preordine di specializzazione. Definizione 5.16. Dato un insieme X con un preordine , un sottoinsieme S ⊆ X e` detto segmento iniziale se ∀ y ∈ S, x  y ⇒ x ∈ S ed e` detto segmento finale se ∀ x ∈ S, x  y ⇒ y ∈ S. L’insieme vuoto ∅ e X sono al tempo stesso segmenti iniziali e finali (qualunque sia il preordine considerato). Proposizione 5.17. In uno spazio di Alexandroff X, un sottoinsieme S e` : (i) aperto se e solo se e` un segmento iniziale, (ii) chiuso se e solo se e` un segmento finale. Dimostrazione. (i) Sia A aperto e y ∈ A. Per ogni x ≤ y, si ha x ∈ Ux ⊆ Uy ⊆ A, e quindi A e` un segmento iniziale. Viceversa, sia S un segmento iniziale e y ∈ S. Per

106

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

ogni x ∈ Uy , si ha Ux ⊆ Uy , e quindi x ≤ y e x ∈ S. Segue che Uy ⊆ S, e quindi y e` un punto interno di S. Dall’arbitrarieta` di y segue che S e` aperto. (ii) Sia C chiuso e poniamo A := X  C. Siccome A e` un segmento iniziale, se x ≤ y ex∈ / A, allora y ∈ / A. Detto in altro modo, se x ∈ C e x ≤ y, allora y ∈ C. Questo ` prova che C e un segmento finale. Viceversa, sia S un segmento finale e y ∈ X  S. Per ogni x ≤ y, siccome y ∈ / S, allora x ∈ / S. Quindi A := {x : x ≤ y} ⊆ X  S. Siccome A e` un segmento iniziale, e` intorno aperto di y, e y e` punto interno di X  S. Dall’arbitrarieta` di y segue che X  S e` aperto, e quindi S e` chiuso.  Corollario 5.18. In uno spazio di Alexandroff X, per ogni y ∈ X si ha: Uy := {x ∈ X : x ≤ y}.

(5.3)

Dimostrazione. Siccome Uy e` intorno minimale di y e i segmenti iniziali sono aperti, si ha Uy ⊆ {x ∈ X : x ≤ y}. Siccome Uy e` aperto e gli aperti sono segmenti iniziali, per ogni x ≤ y si ha x ∈ Uy , e quindi la precedente inclusione e` una uguaglianza.  Proposizione 5.19. Dato un insieme X con un preordine  , (i) esiste una topologia su X, detta topologia dei segmenti iniziali, i cui aperti sono i segmenti iniziali di . (ii) Tale topologia e` di Alexandroff. Dimostrazione. Sia {Sα } una collezione arbitraria di segmenti iniziali. Dobbiamo   far vedere che α Sα e α Sα sono ancora segmenti iniziali. Per l’intersezione e`  ovvio: se x  y e y ∈ α Sα , allora y ∈ Sα per ogni α, x ∈ Sα per ogni α (siccome Sα e`  un segmento iniziale), e quindi x ∈ α Sα . Per l’unione funziona in maniera simile:  se x  y e y ∈ α Sα , allora y ∈ Sα0 per un qualche α0 , x ∈ Sα0 (siccome Sα0 e` un   segmento iniziale), e quindi x ∈ α Sα . Proposizione 5.20. Le corrispondenze che trasformano un preordine nella topologia dei segmenti iniziali associata e una topologia di Alexandroff nel suo preordine di specializzazione sono una l’inversa dell’altra. Dimostrazione. Se (X, T ) e` uno spazio topologico di Alexandroff, segue dalla proposizione 5.17(i) che la topologia dei segmenti iniziali definita dal preordine di specializzazione ≤ coincide con T . Viceversa, sia  un preordine su X, T la topologia dei segmenti iniziali associata e ≤ il preordine di specializzazione di tale topologia. Per ogni y ∈ X, Uy in (5.3) e` un intorno minimale. Per definizione di topologia dei segmenti iniziali, Uy e` un segmento iniziale per , e per ogni x  y si ha x ∈ Uy . Quindi x  y =⇒ x ≤ y. D’altronde, il segmento iniziale {x ∈ X : x  y} e` un intorno aperto di y, e siccome Uy e` intorno minimale di y, si ha Uy ⊆ {x ∈ X : x  y}. Quindi x ≤ y =⇒ x  y.



5. Insiemi parzialmente ordinati

107

Segue dall’ultima proposizione che, per ogni insieme X, abbiamo le corrispondenze biunivoche: 

 1:1 topologie di Alexandroff su X ←→ {preordini su X} ,   1:1 topologie di Alexandroff e T0 su X ←→ {relazioni d’ordine su X} . Siccome ogni spazio topologico finito e` di Alexandroff, nel caso di un insieme finito, le topologie sono in corrispondenza biunivoca con preordini, e topologie T0 con relazioni d’ordine. Non e` difficile verificare che la topologia del quoziente di Kolmogorov di uno spazio di Alexandroff coincide con quella dei segmenti iniziali della relazione d’ordine quoziente del preordine di specializzazione.

5.3

Connessione

Le proprieta` di connessione degli spazi di Alexandroff sono quelle piu` inaspettate. Almeno nel caso particolare in cui X e` uno spazio topologico finito, avendo in mente la topologia discreta si potrebbe (erroneamente) immaginare che non esistono funzioni continue [0, 1] → X a parte le costanti. In realta` e` esattamente il contrario. I prossimi teoremi (che dimostriamo per X spazio di Alexandroff qualsiasi, non necessariamente finito) mostrano che, in generale, esistono numerosi cammini non banali. Lemma 5.21. In uno spazio di Alexandroff X: (i) Ogni intorno minimale e` connesso. (ii) Se x ≤ y, allora esiste un cammino da x ad y. (iii) Se X e` connesso, per ogni x, y ∈ X esiste k ≥ 1 e una k-upla (x = z0 , z1 , . . . , zk−1 , zk = y) di punti di X tale che ∀ 0 ≤ i < k, si ha zi ≤ zi+1 oppure zi+1 ≤ zi .

(5.4)

Dimostrazione. (i) Sia x ∈ X e supponiamo che Ux = A ∪ B sia unione di due aperti A e B disgiunti. Se x ∈ A si ha Ux ⊆ A (essendo intorno minimale) e quindi B = ∅. In maniera simile, se x ∈ B allora A = ∅. L’insieme Ux non si pu`o quindi scrivere come unione di due aperti disgiunti non vuoti. (ii) Sia I := [0, 1]. Definiamo γ : I → X come segue:  γ(t) :=

x

se 0 ≤ t < 1,

y

se t = 1.

108

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Proviamo che γ e` continua. Sia S ⊆ X aperto. Se x ∈ S e y ∈ / S, allora γ −1 (S) = [0, 1[ e` aperto in I. Se y ∈ S necessariamente x ∈ S, essendo S un segmento iniziale, e quindi γ −1 (S) = I e` aperto. (iii) Fissiamo x ∈ X. Indichiamo con S l’insieme dei punti y ∈ X per i quali esiste una k-upla soddisfacente (5.4), per un qualche k ≥ 1. Vogliamo mostrare che S e` sia aperto che chiuso, e quindi S = X se X e` connesso. Iniziamo osservando che, ∀ y ∈ X, Uy ∩ S = ∅ ⇒ y ∈ S.

(5.5)

Sia infatti p ∈ Uy ∩ S e (x = z0 , . . . , zk = p) una k-upla soddisfacente (5.4). Siccome p ≤ y, la (k + 1)-upla (x = z0 , . . . , zk = p, zk+1 = y) soddisfa (5.4), e quindi p ∈ S. In maniera simile, se y ∈ S e p ∈ Uy , siccome p ≤ y, segue che y ∈ S. Dall’arbitrarieta` di p segue che Uy ⊆ S, e quindi ∀ y ∈ X, y ∈ S ⇒ Uy ⊆ S.

(5.6)

Se y ∈ S e` un punto qualsiasi, da (5.6) segue che Uy ⊆ S, e quindi y e` un punto interno di S. Dall’arbitrarieta` di y segue che S e` aperto. Se z ∈ X  S e` un punto qualsiasi, da (5.5) segue che Uz ⊆ X  S, e quindi z e` un punto interno di X  S. Dall’arbitrarieta` di z segue che X  S e` aperto, e quindi S e` chiuso.  Proposizione 5.22. Uno spazio topologico di Alexandroff e` connesso se e solo se e` connesso per cammini. Dimostrazione. L’implicazione “⇐” e` vera per ogni spazio topologico. L’implicazione “⇒” segue dai punti (ii) e (iii) del Lemma 5.21: se X e` connesso, per ogni x, y ∈ X esiste una successione (x = z0 , . . . , zk = y) tale che zi ≤ zi+1 oppure zi+1 ≤ zi per 0 ≤ i < k. Per ogni i, esiste un cammino da zi a zi+1 , e quindi esiste un cammino da x ad y. 

5.4

Successioni, funzioni continue e omotopie

Come al solito, se X e` uno spazio topologico di Alexandroff, considereremo su X il preordine di specializzazione e lo indicheremo con ≤, per distinguerlo dal simbolo  utilizzato per un preordine generico. Proposizione 5.23. In uno spazio di Alexandroff, una successione (xn )n∈N converge a p se e solo se esiste n0 ≥ 0 tale che xn ≤ p per ogni n ≥ n0 . Dimostrazione. Se (xn )n∈N converge a p, per n sufficientemente grande si deve avere xn ∈ Up e quindi, per (5.3), xn ≤ p. Viceversa, siccome Up e` intorno minimale di p, se per n ≥ n0 si ha xn ≤ p, allora per ogni intorno aperto U di p si ha xn ∈ Up ⊆ U e la successione converge a p. 

5. Insiemi parzialmente ordinati

109

Corollario 5.24. In uno spazio di Alexandroff, se (xn ) converge ad p e p ≤ q, allora (xn ) converge anche a q. Proposizione 5.25. Ogni spazio di Alexandroff X e` uno spazio sequenziale. Dimostrazione. Sia S ⊆ X un sottoinsieme sequenzialmente chiuso. Per ogni s ∈ S e ogni s ≤ x, la successione costante (xn = s)n∈N converge ad x (Prop. 5.23), quindi x ∈ S. Deduciamo che   x ∈ X : s ≤ x ⊆ S. s∈S

Dalla proprieta` riflessiva di ≤ segue che vale anche l’inclusione opposta. Siccome     S = s∈S x ∈ X : s ≤ x e` unione di segmenti finali, e` un insieme chiuso. Lemma 5.26. In uno spazio topologico di Alexandroff X, p e` un punto di accumulazione di un sottoinsieme S se e solo se esiste s ∈ S tale che s < p. Dimostrazione. Sia p punto di accumulazione di S. Esiste allora un intorno aperto U tale che U ∩ (S  {p}) = ∅. Dato un qualsiasi punto s di quest’ultimo insieme, s ∈ Up e` contenuto nell’intorno minimale (5.1) e quindi Us ⊆ Up , che implica s ≤ p. Siccome s ∈ S  {p}, chiaramente s = p. Viceversa, se esiste s ∈ S tale che s < p, allora Us ⊆ Up , e quindi s ∈ Us ∩(S {p}). Siccome quest’ultimo insieme e` non vuoto, p e` punto limite di S.  Proposizione 5.27. In uno spazio topologico di Alexandroff X, p e` un punto di accumulazione di un sottoinsieme S se e solo se e` un punto limite di S  {p}. Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare l’implicazione “⇒”. Sia p un punto di accumulazione di S. Per il Lemma 5.26, esiste s ∈ S tale che s < p. Per la Prop. 5.23, la  successione costante (xn = s)n∈N converge a p. In uno spazio di Alexandroff, anche la proprieta` di continuita` di una funzione si pu`o esprimere in termini del preordine di specializzazione. Siano (X, ) e (Y, ) due insiemi parzialmente ordinati (i cui preordini indichiamo con lo stesso simbolo). Una funzione f : X → Y e` detta crescente se x  y in X =⇒ f (x)  f (y) in Y. E’ detta un isomorfismo d’ordine se e` biunivoca e x  y in X ⇐⇒ f (x)  f (y) in Y. Un isomorfismo d’ordine e` una funzione crescente con inversa crescente. Proposizione 5.28. Una funzione f : X → Y fra spazi di Alexandroff e` continua se e solo se e` crescente.

110

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Dimostrazione. Useremo le Prop. 5.11(i) e 5.17(i). (⇐) Sia S ⊆ Y aperto, y ∈ f −1 (S) e x ≤ y. Siccome f e` crescente, f (x) ≤ f (y). Siccome S e` un segmento iniziale ed f (y) ∈ S, si ha f (x) ∈ S e x ∈ f −1 (S). Quindi f −1 (S) e` un segmento iniziale, ovvero un aperto, ed f e` continua. (⇒) Sia f continua e x1 ≤ x2 in X. Chiamiamo yi := f (xi ) per i = 1, 2 e notiamo che f −1 (Uy2 ) e` aperto. Siccome x2 ∈ f −1 (Uy2 ) e l’intorno Ux2 e` minimale, si ha Ux2 ⊆ f −1 (Uy2 ) e quindi f (Ux2 ) ⊆ Uy2 . Siccome x1 ≤ x2 , si ha x1 ∈ Ux2 e quindi  y1 ∈ Uy2 . Questo implica y1 ≤ y2 , e quindi f e` crescente. Una immediata conseguenza della proposizione precedente e` che, per spazi di Alexandroff, gli omeomorfismi non sono altro che gli isomorfismi d’ordine. Un’altra conseguenza e` il fatto che, se X e` di Alexandroff e T0 , siccome in questo caso il preordine di specializzazione e` una relazione d’ordine, gli unici lacci γ : I → X sono quelli costanti e il gruppo fondamentale (con punto di base qualsiasi) e` banale. Proposizione 5.29. Due spazi di Alexandroff X e Y sono omeomorfi se e solo se esiste una corrispondenza biunivoca f : X → Y che trasforma la base minimale di X nella base minimale di Y . Dimostrazione. (⇒) Sia f : X → Y un omeomorfismo, quindi un isomorfismo d’ordine. Allora, per ogni p ∈ X,

f {x ∈ X : x ≤ p} ⊆ {y ∈ f (X) : y ≤ f (p)}.

(5.7)

Ma f (X) = Y . In maniera simile, usando f −1 proviamo l’inclusione opposta a (5.7), il che prova che si ha una uguaglianza

f {x ∈ X : x ≤ p} = {y ∈ Y : y ≤ f (p)}, e quindi f trasforma intorni minimali in intorni minimali (Cor. 5.18). (⇐) Se f : X → Y e` biunivoca e manda una base della topologia di X in una della topologia di Y , allora e` una funzione aperta, ed f −1 : Y → X e` continua. Per lo  stesso motivo, f −1 e` aperta, ed f e` continua. Quindi f e` un omeomorfismo. Data l’importanza delle basi minimali nello studio degli spazi di Alexandroff, e` importante avere una semplice caratterizzazione di tali basi. A questo provvede la proposizione seguente. Proposizione 5.30. Sia X uno spazio topologico (qualsiasi) e B una base della topologia. Allora: (i) Ogni intorno minimale e` elemento di B.

5. Insiemi parzialmente ordinati

111

(ii) B e` una base minimale se e solo se ∀ F ⊆ B,



F ∈ B =⇒



F ∈ F.

(5.8)

(iii) B e` una base minimale se e solo se ogni B ∈ B e` intorno minimale di almeno un suo elemento. Dimostrazione. (i) Sia p ∈ X e assumiamo che esista un intorno A di p minimale (quindi aperto). Per definizione di base, p ∈ B ⊆ A per un qualche B ∈ B. Siccome A e` minimale, deve essere B = A.  (ii) Sia F ⊆ B una qualsiasi sottofamiglia, e supponiamo che A := F ∈ B. Se A ∈ / F, ogni elemento di B si pu`o scrivere come unione di elementi di B  {A}, e quindi B non e` minimale. Viceversa, se B non e` minimale, esiste B ∈ B tale che  B  {B} e` una base. Possiamo scrivere B = F come unione di una sottofamiglia F / F la condizione (5.8) non e` soddisfatta. di B  {B}, e siccome B ∈ (iii) Sia B minimale, B ∈ B e, per assurdo, supponiamo che B non sia intorno minimale di alcun elemento. Allora, per ogni p ∈ B esiste Vp intorno aperto di p strettamente contenuto in B. Siccome B e` una base, possiamo trovare Ap ∈ B tale che  / F, questo contraddice p ∈ Ap ⊆ Vp . Posto F = {Ap }p∈B , siccome B = p∈B Ap e B ∈ il punto (ii). Questo prova l’implicazione “⇒”. Per l’implicazione opposta, supponiamo che ogni B ∈ B sia intorno minimale di almeno un suo punto. Segue dal punto (i) che B e` contenuta in ogni altra base, e quindi e` minimale.  Se X e` un insieme e Y e` uno spazio di Alexandroff (con preordine di specializzazione ≤), definiamo un preordine ≤ su Y X , detto preordine puntuale, come segue: f ≤ g ⇐⇒ f (x) ≤ g(x) ∀ x ∈ X. (5.9) Nel caso in cui X e Y sono entrambi spazi topologici, tale preordine ne induce uno per restrizione sull’insieme C(X, Y ) delle funzioni continue che verra` indicato con lo stesso simbolo. Nel resto della sezione, considereremo su C(X, Y ) la topologia compatta-aperta e il preordine puntuale (5.9). Proposizione 5.31. Sia X e` uno spazio topologico qualsiasi, Y uno spazio topologico di Alexandroff, ed f ∈ C(X, Y ). L’intersezione di tutti gli aperti contenenti f e` data da   g ∈ C(X, Y ) : g ≤ f . (5.10) (Attenzione: non stiamo affermando che tale insieme e` aperto. Rispetto alla topologia compatta-aperta, ogni aperto e` un segmento iniziale, ma non ogni segmento iniziale e` necessariamente aperto.) Dimostrazione. Indichiamo con Zf l’intersezione di tutti gli aperti di C(X, Y ) contenenti f e con Sf l’insieme (5.10). Indichiamo con W (K, A) l’insieme (3.1) e con Uy l’intorno minimale di y ∈ Y .

112

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Sia g ∈ Zf e x ∈ X. Siccome f ∈ W ({x}, Uf (x) ), deve essere anche g ∈ W ({x}, Uf (x) ), quindi g(x) ∈ Uf (x) , che vuol dire g(x) ≤ f (x). Siccome x e` arbitrario, deduciamo che g ≤ f . Questo prova che Zf ⊆ Sf . Proviamo ora l’inclusione opposta. Sia g ∈ Sf e sia (K, A) una qualsiasi coppia di insiemi, K compatto e A aperto, tale che f ∈ W (K, A). Per ogni x ∈ K, si ha f (x) ∈ A. Ma A e` un segmento iniziale e g(x) ≤ f (x), quindi g(x) ∈ A. Dall’arbitrarieta` di x ∈ K deduciamo che g ∈ W (K, A). Per definizione di topologia compatta-aperta,  segue che ogni aperto contenente f contiene anche g, quindi g ∈ Zf . Corollario 5.32. Se Y e C(X, Y ), con topologia compatta-aperta, sono entrambi spazi di Alexandroff, allora la topologia dei segmenti iniziali su C(X, Y ) associata al preordine (5.9) coincide con la topologia compatta-aperta. In particolare, questo e` vero se X e Y sono spazi topologici finiti. Dimostrazione. Se C(X, Y ), con topologia compatta-aperta, e` di Alexandroff, l’intersezione di tutti gli aperti contenenti f ∈ C(X, Y ) e` un intorno minimale. Per la Prop. 5.31, gli intorni minimali della topologia compatta-aperta coincidono con gli intorni minimali della topologia dei segmenti iniziali. Per la Prop. 5.29, le due topologie coincidono. Un caso particolare si ha quando X e Y sono spazi topologici finiti: in questo caso C(X, Y ) e` finito e quindi di Alexandroff.  Proposizione 5.33. Sia X uno spazio topologico debolmente compatto, Y uno spazio topologico di Alexandroff, ed f, g ∈ C(X, Y ). Se f ≤ g, allora f  g. Dimostrazione. Sia I := [0, 1]. Per f ≤ g e definiamo h : I → C(X, Y ) come segue:  h(t) :=

f

se 0 ≤ t < 1,

g

se t = 1.

Mostriamo che h e` continua e quindi, per la Prop. 3.5, la funzione h : X × I → Y associata e` una omotopia fra f e g. Possiamo adattare la dimostrazione del Lemma 5.21(ii). Sia S un aperto di C(X, Y ). Se f ∈ S e g ∈ / S, h−1 (S) = [0, 1[. Se g ∈ S, e −1 −1 h (S) e` aperto in I.  quindi h (S) = I. In entrambi i casi, La proposizione seguente si dimostra in maniera analoga alla Prop. 5.33, ma vale per spazi topologici arbitrari. Proposizione 5.34. In uno spazio topologico, ogni intorno minimale e` contraibile. Dimostrazione. Sia X uno spazio topologico qualsiasi, I := [0, 1], p ∈ X e assumiamo che esista M ⊆ X intorno (aperto) minimale di p. Sia f : M → {p} la funzione costante e g : {p} → M l’inclusione del punto p in M . Siccome f ◦ g e` l’identita` su {p}, abbiamo solo bisogno di una omotopia h : M × I → M da g ◦ f ad IdM . Definiamo h come segue:  x se 0 ≤ t < 1, h(x, t) := p se t = 1.

5. Insiemi parzialmente ordinati

113

Dobbiamo provare che h e` continua. Se A ⊆ M e` un aperto che contiene il punto p, allora A = M (per la minimalita` di M ) e h−1 (M ) = M × I. Se A non contiene p,  allora h−1 (A) = A × [0, 1[ e` aperto in M × I. Come conseguenza, ogni spazio di Alexandroff ha una base formata da aperti contraibili: diciamo che e` localmente contraibile. D’altronde, non ogni spazio di Alexandroff e` (globalmente) contraibile. Segue dalla Prop. 5.33 che, se il preordine di specializzazione su X ha un massimo (o un minimo), allora X e` contraibile. Infatti, in questo caso ogni funzione continua e` omotopa alla funzione che assume valore costante pari al massimo (o al minimo). Ad esempio, X = {0, 1} dotato di topologia del punto particolare e` contraibile. Esempi di spazi finiti non contraibili si possono trovare in [Bar11].

5.5

Diagrammi di Hasse

Nello studio di spazi topologici finiti e` utile adottare il linguaggio della teoria dei grafi, che rende alcune dimostrazioni piu` intuitive. Definizione 5.35. Un grafo orientato e` una coppia (V, E), in cui V e` un insieme finito e non vuoto i cui elementi chiamiamo vertici ed E ⊆ V × V e` una relazione su V . Gli elementi di E si diranno archi orientati del grafo. Un grafo orientato si pu`o rappresentare disegnando un nodo per ciascun vertice e una freccia fra due nodi ogni volta che sono estremi di un arco. Dato un grafo orientato (V, E), un percorso orientato in (V, E) e` una successione di vertici (vi )ni=0 , n ≥ 1, tale che (vi , vi+1 ) ∈ E ∀ 0 ≤ i < n. Diciamo che il percorso orientato va da v0 a vn , e che ha lunghezza n. Da adesso scriveremo semplicemente grafo, arco e percorso in luogo di grafo orientato, arco orientato e percorso orientato, rispettivamente, in modo da semplificare la scrittura.1 Definizione 5.36. Un diagramma di Hasse e` un grafo (V, E) tale che, per ogni (v, w) ∈ E, non esiste alcun percorso da v a w di lunghezza n ≥ 2. In Fig. 5.1, il primo grafo da sinistra e` un diagramma di Hasse, i rimanenti no. v1

v1

v2

v3

v2

v1

v3

v2

v1

Figura 5.1: Esempi di grafi orientati. 1 Questo

` visto che in questo testo non trattiamo di grafi non orientati. non crea ambiguita,

114

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Esercizio 5.37. Scrivere gli insiemi V ed E corrispondenti ai grafi in Fig. 5.1. Osserviamo che, in un diagramma di Hasse (V, E), la relazione E e` antisimmetrica e antiriflessiva, cio´e: (v, w) ∈ E ⇒ v = w. Infatti, se per assurdo (v, w) ∈ E e (w, v) ∈ E, allora (v, w, v, w) e` un percorso di lunghezza ≥ 2 da v a w, in contraddizione con la definizione di diagramma di Hasse. ` Questo implica sia l’antisimmetria che l’antiriflessivita. Definizione 5.38. Ad un insieme parzialmente ordinato (V, ) finito e non vuoto associamo un grafo H(V, ) come segue. L’insieme di vertici e` V , e una coppia (x, y) ∈ V × V e` un arco se e solo se x ≺ y e non esiste z tale che x ≺ z ≺ y. Lemma 5.39. Il grafo H(V, ) in Def. 5.38 e` un diagramma di Hasse. Dimostrazione. Se (vi )ni=0 e` un percorso in H(V, ), allora v0 ≺ v1 ≺ v2 ≺ . . . ≺ vn . Se n ≥ 2, siccome v0 ≺ v1 ≺ vn , la coppia (v0 , vn ) non e` un arco.



Chiameremo H(V, ) semplicemente “il diagramma di Hasse” della relazione (V, ). Due esempi sono in Fig. 5.2 e 5.3. 0

1

2

···

n

Figura 5.2: Relazione d’ordine canonica ≤ sull’insieme {0, . . . , n}.

{1, 2, 3}

{1, 2}

{1, 3}

{2, 3}

{1}

{2}

{3}

∅ Figura 5.3: Sottoinsiemi di {1, 2, 3} ordinati per inclusione. La relazione d’ordine  pu`o essere ricostruita dal diagramma di Hasse come illustrato nel seguente lemma.

5. Insiemi parzialmente ordinati

115

Lemma 5.40. Dati due vertici v, w ∈ V , si ha v ≺ w se e solo se esiste un percorso in H(V, ) da v a w.2 Dimostrazione. Data una catena v0 ≺ v1 ≺ v2 ≺ . . . ≺ vn , allora o (vi )ni=0 e` un percorso oppure possiamo allungare la catena aggiungendo un vertice. Se ad esempio / E, allora esiste w tale che v0 ≺ w ≺ v1 ≺ v2 ≺ . . . ≺ vn . Siccome V e` finito, (v0 , v1 ) ∈ ogni catena pu`o essere allungata fino ad ottenere un percorso da v0 a vn (il numero di vertici nella catena non pu`o superare la cardinalita` di V ). In particolare, per n = 1 questo prova che per ogni coppia v0 , v1 ∈ V tale che v0 ≺ v1 esiste un percorso da v0 a v1 . Viceversa, se esiste un percorso da v0 a v1 , per la proprieta` transitiva di  ≺ si ha v0 ≺ v1 . Proposizione 5.41. La corrispondenza H fra relazioni d’ordine su insiemi finiti non vuoti e diagrammi di Hasse e` biunivoca. Dimostrazione. Dai Lemmi 5.39 e 5.40 segue che l’applicazione H dalle relazioni d’ordine ai diagrammi di Hasse e` iniettiva (la relazione d’ordine e` univocamente ` Si tratta determinata dal diagramma di Hasse). Dobbiamo provare la suriettivita. di mostrare che, dato un qualsiasi diagramma di Hasse (V, E), la relazione R su V definita da (x, y) ∈ R ⇐⇒ x = y oppure esiste un percorso da x a y

(5.11)

e` una relazione d’ordine. Dato un percorso da x ad y e uno da y a z, li possiamo concatenare e ottenere un percorso da x a z. Quindi R e` transitiva. Rimane da provare l’antisimmetria. Per assurdo, supponiamo che esistano x, y ∈ V tali che (x, y) ∈ R e (y, x) ∈ R e x = y. Allora esiste un percorso (x = v0 , v1 , . . . , vk = y) e un percorso (y = w1 , w2 , . . . , wn = x), con k, n ≥ 1. Per definizione di percorso, (v0 , v1 ) ∈ E. La successione di vertici (v0 , v1 , . . . , vk = w1 , w2 , . . . , wn = v0 , v1 ) e` un percorso di lunghezza ≥ 2 da v0 a v1 . Siccome (v0 , v1 ) ∈ E, questo contraddice la definizione di diagramma di Hasse. Se (V, E) = H(V, ), dal Lemma 5.40 segue che (5.11) e` proprio la relazione d’ordine . Viceversa, dato un diagramma di Hasse (V, E) qualsiasi e detta R la relazione (5.11), allora H(V, R) e (V, E) sono lo stesso diagramma. Per provarlo, osserviamo che le seguenti affermazioni sono equivalenti: (α) (v, w) ∈ E. (β) esiste in (V, E) un percorso di lunghezza 1 da v a w e non esiste nessun percorso di lunghezza ≥ 2. 2 In altre parole, l’insieme degli archi di un diagramma di Hasse e ` una relazione antisimmetrica su V , e quello che stiamo affermando e` che  e` la sua chiusura transitiva.

116

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

(γ) (v, w) ∈ R e non esiste nessun u tale che (v, u) ∈ R e (u, w) ∈ R. (δ) (v, w) e` un arco in H(V, R). L’implicazione (α) ⇒(β) segue dalla definizione di diagramma di Hasse. L’implicazione (β) ⇒(α) e` ovvia. La doppia implicazione (β) ⇔ (γ) segue dalla definizione di (5.11). La doppia implicazione (γ) ⇔ (δ) segue dalla definizione di H(V, R). Le due corrispondenze costruite, dalle relazioni d’ordine ai diagrammi di Hasse e viceversa, sono quindi una l’inversa dell’altra.  Un isomorfismo fra due grafi (V, E) e (V  , E  ) e` una funzione f : V → V  biunivoca tale che

(v, w) ∈ E ⇐⇒ f (v), f (w) ∈ E  . In altre parole, sia f che f −1 trasformano archi in archi. Proposizione 5.42. Siano (V, ) e (V  ,  ) due insiemi parzialmente ordinati finiti non vuoti ed f : V → V  una funzione. Allora, f e` un isomorfismo d’ordine se e solo se e` un isomorfismo fra i loro diagrammi di Hasse H(V, ) e H(V  ,  ). Dimostrazione. Se f : V → V  e` un isomorfismo d’ordine, per ogni v, w ∈ V , le seguenti condizioni sono equivalenti (α) (v, w) e` un arco in H(V, ). (β) v ≺ w e non esiste u ∈ V tale che v ≺ u ≺ w. (γ) f (v) ≺ f (w) e non esiste z ∈ V  tale che f (v) ≺ z ≺ f (w).

(δ) f (v), f (w) e` un arco in H(V  ,  ). Le doppie implicazioni sono tutte ovvie. In particolare, per l’implicazione (β) ⇔(γ) basta porre z = f (u) in una direzione, e u = f −1 (z) nell’altra. Abbiamo in questo modo provato che f e` un isomorfismo fra i grafi H(V, ) e H(V  ,  ). Viceversa, se g : V → V  e` un isomorfismo fra i grafi H(V, ) e H(V  ,  ), siccome g trasforma archi in archi, trasforma anche cammini in cammini, e lo stesso vale per g −1 . Di conseguenza, per ogni v, w ∈ V , esiste un percorso da v a w se e solo se esiste un percorso in V  da g(v) a g(w). Per il Lemma 5.40, questo vuol dire che v ≺ w se e solo se g(v) ≺ g(w), ovvero g e` un isomorfismo d’ordine. 

5.6

Classificazione di spazi topologici finiti

Abbiamo visto nella sezione precedente che c’`e una corrispondenza biunivoca fra relazioni d’ordine su insiemi finiti non vuoti e diagrammi di Hasse. In questa sezione, la relazione d’ordine che ci interessa studiare e` quella di inclusione fra insiemi di una base minimale di uno spazio topologico finito non vuoto X. Se B e` la base minimale di X, possiamo associare allo spazio topologico il diagramma di Hasse H(B, ⊆) degli aperti di base con relazione di inclusione.

5. Insiemi parzialmente ordinati

117

E’ importante sottolineare che utilizziamo la relazione d’ordine data dall’inclusione di aperti della base minimale, non il preordine di specializzazione. Esempio 5.43. Sia X := {0, 1, . . . , N }, N ≥ 1. Nella figura seguente sono riportati (da sinistra verso destra) i grafi H(B, ⊆) per la topologia del punto particolare del punto escluso. Il punto particolare/escluso e` p = 0. {0, 3}

{0, 4}

{3}

{0, 2}

{0}

{0, 1}

{4}

{2}

{1}

X

{N }

{0, N }



Oltre al diagramma di Hasse, possiamo definire una partizione canonica di X come segue. Indichiamo con Ux l’intorno minimale di x ∈ X. Osserviamo che B = {Ux }x∈X , ma la funzione x → Ux non e` iniettiva, e in generale la cardinalita` n di B e` minore o uguale della cardinalita` N di X. Si ha uguaglianza se e solo se la topologia generata da B e` T0 (Lemma 5.12). Per ogni B ∈ B definiamo XB := {x ∈ X : Ux = B}.

(5.12)

Per costruzione, ogni punto di X e` contenuto in uno e un solo insieme (5.12). La collezione {XB : B ∈ B} e` quindi una partizione di X. Osserviamo che, per ogni x ∈ XB , si ha x ∈ Ux = B. Quindi XB ⊆ B. Chiamiamo peso di B la cardinalita` dell’insieme XB . La somma dei pesi degli insiemi della base minimale e` |X| = N . Definizione 5.44. Un diagramma di Hasse pesatodiagramma di Hasse!pesato e` una terna (V, E, ), in cui (V, E) e` un diagramma di Hasse ed  : V → Z+ una funzione. Un isomorfismo fra due diagrammi di Hasse pesati (V, E, ) e (V  , E  ,  ) e` un isomorfismo g : V → V  di grafi che in aggiunta manda ciascun vertice in uno con lo stesso peso: (v) =  (g(v)) ∀ v ∈ V. Se esiste un isomorfismo fra due grafi pesati, diremo che sono isomorfi. L’essere isomorfi e` una relazione di equivalenza. Nel caso degli spazi topologici, trasformiamo H(B, ⊆) in un diagramma pesato usando come funzione peso quella che manda B ∈ B in |XB |.

118

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Proposizione 5.45. Due spazi topologici X e Y finiti e non vuoti sono omeomorfi se e solo se i loro diagrammi di Hasse pesati sono isomorfi. Dimostrazione. Siano X e Y due spazi topologici finiti non vuoti, (V = B, E, ) il diagramma di Hasse pesato di X e (V  = B  , E  ,  ) quello di Y . (⇒) Se X e Y sono omeomorfi, allora esiste una funzione biunivoca f : X → Y che trasforma ciascun insieme della base minimale B di X in un insieme della base minimale B  di Y (Prop. 5.29). Indichiamo con lo stesso simbolo f : B → B  la funzione indotta, data da   f (B) = f (x) : x ∈ B per ogni B ∈ B. Siccome f e` biunivoca, conserva le inclusioni e in particolare e` un isomorfismo d’ordine fra (B, ⊆) e (B  , ⊆), quindi un isomorfismo fra i loro diagrammi di Hasse (Prop. 5.42). Rimane da dimostrare che f non cambia i pesi degli insiemi. Sia B  = f (B). Indichiamo con XB l’insieme (5.12), e con YB  l’analogo insieme per il secondo spazio topologico. Vogliamo mostrare che questi due insiemi hanno la ` Indicheremo con Uy l’intorno minimale di y ∈ Y , con un apice per stessa cardinalita. distinguerli dagli intorni del primo spazio. Siccome f e` un omeomorfismo, manda aperti in aperti, e per ogni x ∈ X, f (Ux ) e` un intorno aperto di y := f (x). Quindi Uy ⊆ f (Ux ). Ripetendo il ragionamento con f −1 si prova che Ux ⊆ f −1 (Uy ) e quindi f (Ux ) ⊆ Uy . I due insiemi devono quindi essere uguali: f (Ux ) = Uf (x) . Segue che x ∈ XB ⇐⇒ Ux = B ⇐⇒ f (Ux ) = B  ⇐⇒ Uf (x) = B  ⇐⇒ f (x) ∈ YB  . ` Siccome f (XB ) = YB  , gli insiemi XB e YB  hanno la stessa cardinalita. (⇐) Supponiamo che g : V → V  sia un isomorfismo fra i due diagrammi di Hasse pesati. Per non appesantire le notazioni, nel resto della prova g(B) sara` indicato semplicemente con B  . Siccome g trasforma ciascun vertice in uno dello stesso pe` e possiamo so, per ogni B ∈ B gli insiemi XB e YB  hanno la stessa cardinalita, scegliere una corrispondenza biunivoca fB : XB → YB  a piacere. Siccome questi insiemi formano una partizione degli insiemi X e Y , esiste f : X → Y biunivoca tale che f (x) := fB (x) per ogni x ∈ B e ogni B ∈ B. Rimane da mostrare che f e` un omeomorfismo. Per la Prop. 5.29, e` sufficiente dimostrare che f (B) = B  per ogni B ∈ B. Sia x ∈ X. La seguenti affermazioni sono equivalenti: (α) x ∈ B. (β) Ux ⊆ B.

5. Insiemi parzialmente ordinati

119

(γ) x ∈ XB oppure esiste un percorso in (V, E) da Ux a B. (δ) f (x) ∈ YB  oppure esiste un percorso in (V  , E  ) da f (Ux ) a B  . (ε) f (Ux ) ⊆ B  . (ζ) f (x) ∈ B  . Le implicazioni (β) ⇔(γ) e (δ) ⇔(ε) seguono dal Lemma 5.40. L’implicazione (γ) ⇔(δ) segue dalla definizione di f e dal fatto che g e` un isomorfismo di diagrammi, e quindi trasforma percorsi in percorsi. Le altre implicazioni sono ovvie. Siccome x ∈ B se e  solo se f (x) ∈ B  , si ha f (B) = B  . Teorema 5.46. La funzione che manda la classe di omeomorfismo di uno spazio topologico finito e non vuoto nella classe di isomorfismo del suo diagramma di Hasse pesato e` biunivoca. Dimostrazione. Dalla Prop. 5.45 segue che tale funzione e` ben definita e iniettiva. Dobbiamo dimostrare che e` suriettiva, ovvero che ogni diagramma di Hasse pesato (V, E, ) e` il diagramma di Hasse pesato di un qualche spazio topologico X finito e non vuoto. Costruiamo tale spazio topologico come segue. Per ogni v ∈ V , poniamo   Xv := (v, j) ∈ V × Z : 1 ≤ j ≤ (v) .  Poniamo X := v∈V Xv e osserviamo che tale unione e` disgiunta. Infine, indichiamo con Bv l’insieme di tutte le coppie (w, j) ∈ X tale che w = v oppure w = v ed esiste un percorso da w a v. Mostriamo che la collezione B := {Bv : v ∈ V } e` la base minimale di una topologia su X. Chiaramente (v, j) ∈ Bv per ogni (v, j) ∈ X, e quindi gli insiemi ricoprono X. Inoltre, per costruzione, (w, j) ∈ Bv e w = v =⇒ Bw ⊆ Bv .

(5.13)

Infatti, certamente (w, k) ∈ Bv per ogni k, e se (u, k) ∈ Bw con u = w, abbiamo un percorso da u a w, ma ne abbiamo anche uno da w a v, e concatenandoli otteniamo un percorso da u a v, il che prova che (u, k) ∈ Bv . Segue da (5.13) che, per ogni v = w e per ogni (u, j) ∈ Bv ∩ Bw , si ha (u, j) ∈ Bu ⊆ Bv ∩ Bw , e quindi B e` una base. Da (5.13) segue anche che Bw e` intorno minimale di (w, j). Dalla Prop. 5.30(iii) segue che B e` una base minimale. Per costruzione, il diagramma di Hasse pesato dello spazio topologico costruito e` proprio il diagramma (V, E, ) di partenza.  Il teorema precedente pu`o essere usato per contare le classi di omeomorfismo di spazi topologici finiti, come nel seguente esempio.

120

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

Esempio 5.47. Dato un insieme con N = 3 elementi, classi di omeomorfismo di topologie sono in corrispondenza biunivoca con classi di isomorfismo di diagrammi

di Hasse pesati (E, V, ) tali che v∈V (v) = 3 (la somma dei pesi e` la cardinalita` dello spazio). La cardinalita` di V e` quindi 1 ≤ n ≤ 3. Per n = 1, abbiamo un solo diagramma (modulo isomorfismi), formato da un singolo vertice e nessun arco. Tale diagramma corrisponde alla topologia banale. Per n = 2 abbiamo tre classi di diagrammi inequivalenti, uno formato da due vertici e nessun arco, gli altri due formati da due vertici e un arco: 1

2

1

2

1

2

Sopra a ciascun vertice e` riportato il suo peso (che identifica univocamente il vertice). Il primo diagramma corrisponde all’unione disgiunta di due spazi topologici banali di cardinalita` 1 e 2. Il secondo e il terzo diagramma differiscono solo per i pesi: gli spazi associati hanno un solo aperto non banale, di cardinalita` 1 e 2 rispettivamente, e sono casi particolari dell’Esempio 1.2(2) (topologia con tre aperti). Per n = 3, tutti i vertici hanno peso 1 e abbiamo le seguenti cinque classi di diagrammi:

Il primo diagramma corrisponde alla topologia discreta, il terzo alla topologia del punto escluso, l’ultimo alla topologia del punto particolare, il quarto e` un caso particolare dell’Esempio 1.2(3). Il secondo diagramma corrisponde all’unione disgiunta di un punto e uno spazio con due punti dotato di topologia con tre aperti. In totale esistono 9 topologie inequivalenti su un insieme di 3 elementi, ed esattamente 5 di ♦ queste sono T0 (corrispondenti ai 5 diagrammi con 3 vertici). Pu`o essere utile riformulare il teorema precedente in termini di matrici, piuttosto che di diagrammi (ad esempio, per implementare al computer un algoritmo che conti le classi di omeomorfismo di spazi topologici finiti). Introduciamo la classe di matrici corrispondente ai diagrammi di Hasse pesati. Definizione 5.48. Sia 1 ≤ n ≤ N . Indichiamo con Mn,N l’insieme delle matrici (aij )ni,j=1 di tipo n × n che soddisfano le seguenti quattro condizioni. Per ogni i, j ∈ {1, . . . , n} con i = j: (i) aii e` un intero positivo. (ii) aij = −aji ∈ {−1, 0, 1}. (iii) Se esiste, per un qualche k ≥ 3, una k-upla di indici distinti (i = r1 , r2 , . . . , rk−1 , rk = j) tale che arl rl+1 = 1 per ogni 1 ≤ l < k, allora aij = 0.

5. Insiemi parzialmente ordinati

(iv)

n

k=1

121

akk = N .

Su tale insieme consideriamo la relazione di equivalenza data da: A ∼ B ⇐⇒ A = P −1 BP con P matrice di permutazione.3 E’ evidente allora come trasformare diagrammi di Hasse pesati in matrici. Dato (V, E, ), numeriamo in modo arbitrario i vertici di V . Indichiamoli con v1 , . . . , vn . La matrice di adiacenza (aij )ni,j=1 del diagramma e` data da

aij =

⎧ ⎪ (vi ) ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎨+1

se i = j, se (vi , vj ) ∈ E,

⎪ −1 ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎩0

se (vj , vi ) ∈ E, in tutti gli altri casi.

La proprieta` (iii) in Def. 5.48 non e` altro che la proprieta` caratteristica dei diagrammi di Hasse (Def. 5.36). L’intero N al punto (iv), la traccia della matrice, e` la somma dei pesi dei vertici, ovvero la cardinalita` dello spazio topologico associato. Una diversa numerazione dei vertici corrisponde ad una permutazione di righe e colonne della matrice. Arriviamo allora alla seguente riformulazione del Teorema 5.46. Teorema 5.49. Esiste una corrispondenza biunivoca fra classi di omeomorfismo di spazi topologici X di cardinalita` N ≥ 1 ed elementi dell’insieme N n=1

Mn,N /∼.

Tale corrispondenza associa ad ogni topologia su X una classe di matrici in Mn,N , dove n e` la cardinalita` della base minimale della topologia, e la topologia e` T0 se e solo se n = N . Dimostrazione. La corrispondenza e` quella che trasforma ciascuna classe di omeomorfismo di spazi topologici finiti non vuoti nella classe di permutazione della matrice di adiacenza del diagramma di Hasse pesato associato. La topologia e` T0 se e solo se la cardinalita` N di X e` uguale al numero di elementi n della base minimale. 

3 Ricordiamo che una matrice di permutazione e ` una matrice quadrata che in ogni riga e colonna ha esattamente un elemento pari ad 1, e tutti gli altri pari a 0.

Soluzioni degli esercizi ˚ se e solo se esiste Ap aperto tale che p ∈ Ap ⊆ S. ˚ Quindi 1.3 Per ogni p ∈ S, p ∈ S  ˚= ` unione di aperti contenuti in S. D’altronde ogni U ⊆ S aperto e` inS p∈S Ap e ˚ (ogni suo punto e` interno ad S) per definizione di interno. teramente contenuto in S ˚ allora S e` aperto. Viceversa, Questo prova il primo punto. Chiaramente, se S = S ˚ ˚ se S e` aperto, pr quanto detto sopra S ⊆ S, e quindi S = S. 1.5 (1) Segue dalla definizione di chiusura, dalla caratterizzazione nell’Esercizio 1.3 dell’interno di un insieme, e dal fatto che il complementare trasforma unione in intersezione e viceversa. (2) Se esiste un intorno di p che ha intersezione vuota con S, questo vuol dire che p appartiene all’interno di X  S. Ma per il punto (1), l’interno e` il complementare di S. (3) Per esclusione, p e` un punto di frontiera se non e` interno n´e esterno. Ogni suo intorno deve quindi contenere un punto non appartenente ad S (altrimenti p sarebbe interno) e uno appartenente ad S (altrimenti sarebbe esterno). ˚⊆ B ˚ segue dalla caratterizzazione dell’interno come unione 1.6 (1) L’inclusione A di aperti contenuti nell’insieme e dal fatto che ogni aperto contenuto in A e` anche contenuto in B. L’inclusione A ⊆ B segue dalla definizione di chiusura e dal fatto che ogni chiuso contenente B contiene anche A. ˚ ⊆ Int(U ). Ma U e` aperto e U ˚ = U , da cui (2) Siccome U ⊆ U , per il punto (1) si ha U la tesi. (3) Siccome Int(C) ⊆ C, per il punto (1) si ha Int(C) ⊆ C. Ma C e` chiuso e C = C, da cui la tesi. (4) Sia X = R (con topologia canonica) e U = ]−1, 0[ ∪ ]0, 1[. La chiusura di U e` l’intervallo [−1, 1]; l’interno della chiusura e` Int(U ) = ]−1, 1[ = U ∪ {0}. E’ facile costruire anche esempi connessi: sia X = R2 e U = R2  {0}; allora U = X e Int(U ) = X = U ∪ {0}. (5) Sia X = R (con topologia canonica) e C = {0}; allora Int(C) = ∅ e Int(C) = ∅ = C (l’insieme vuoto e` aperto e chiuso, quindi ∅ = ∅). Sempre per X = R, un esempio meno banale e` dato da C = {0} ∪ [1, 2]; allora Int(C) = ]1, 2[ e Int(C) = [1, 2] = C. 1.14 Siano r, r reali positivi ed x, x ∈ Rn . Osserviamo che, per la disuguaglianza triangolare, si ha Bnr (x ) ⊆ Bnr (x) ogni volta che x ∈ Bnr (x) ed r ≤ r − x − x .

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

124

(i-ii) Sia q ∈ Bnr (x) ∩ Bnr (x ), con r, r , x, x arbitrari (non necessariamente razionali). Scegliamo ε ∈ Q tale che 0 < 2ε ≤ min{r − x − q, r − x − q}, in modo che Bn2ε (q) ⊆ Bnr (x) ∩ Bnr (x ) . √ Per ogni i = 1, . . . , n, scegliamo y i ∈ Q tale che |q i − y i | < ε/ n. Evidentemente q − y < ε. Quindi q ∈ Bnε (y) ⊆ Bnr (x) ∩ Bnr (x ) . Per r, r , x, x razionali questo prova (i). Per r, x reali arbitrari (ignorando la seconda palla), questo prova che q ∈ Bnε (y) ⊆ Bnr (x) e` interno, e quindi Bnr (x) e` aperta (Esercizio 1.3).   (iii) Sia C := q ∈ Rn : q − x ≤ r , D := Rn  C il complementare e p ∈ D un punto qualsiasi, quindi ε := p − x − r > 0. La palla Bnε (p) non interseca C: se per assurdo esistesse q ∈ Bnε (p) ∩ C, si avrebbe p − x ≤ p − q + q − x < ε + r, in contraddizione con la definizione di ε. Quindi p ha un intorno aperto Bnε (p) che e` sottoinsieme di D. Siccome ogni punto di D e` interno, D e` aperto (Esercizio 1.3), C e` chiuso, e quindi Bnr (x) ⊆ C. Per provare l’inclusione opposta, rimane da dimostrare che se S ⊇ Bnr (x) e` un chiuso, allora S ⊇ C. Equivalentemente, basta mostrare che se A := Rn  S e` un qualunque aperto che non interseca Bnr (x), allora non interseca neanche C. Siccome palle aperte formano una base per la topologia, basta dare la dimostrazione per A = Bnr (y). Sia x − y ≤ r + r . Per ogni 0 < ε < min{r + r − x − y, r}, il punto z := x−y e` nell’intersezione di A e Bnr (x): infatti z − x = r − ε < r e x − (r − ε) x−y z − y = x − y − r + ε < r . Se A ∩ Bnr (x) = ∅, deve essere allora x − y > r + r . Ma in tal caso anche A ∩ C e` vuoto: se per assurdo contenesse un punto q, si avrebbe x − y ≤ x − q + q − y < r + r , una contraddizione. 1.18 Sia B una base della topologia di Sorgenfrey su R. Per definizione di base, per ogni x ∈ R deve esistere Bx ∈ B tale che x ∈ Bx ⊆ [x, ∞[. Segue che min Bx = x e l’applicazione R → B, x → Bx , e` iniettiva. L’insieme B ha quindi cardinalita` |B| ≥ |R| e non pu`o essere numerabile. 1.21 (1) Per definizione A = U ∩S per qualche aperto U di X, ed essendo intersezione di due aperti, A e` aperto. (2) C e` relativamente chiuso se S  C e` relativamente aperto, ossia esiste U ⊆ X aperto tale che SC = U ∩S. Dall’identita` (XU )∩S = C, siccome C e` intersezione di due chiusi di X, e` chiuso in X. 1

1.23 Sia p ∈ Bnr (x); se 0 < ε < n− 2 (r − p − x), il plurirettangolo ]p1 − ε, p1 + ε[ × . . . × ]pn − ε, pn + ε[ ⊂ Bnr (x) contiene p. Ogni p ∈ Bnr (x) e` quindi interno rispetto alla topologia prodotto, e questo prova che Bnr (x) e` aperto rispetto alla topologia prodotto. In maniera analoga si

Soluzioni degli esercizi

125

prova che il plurirettangolo sono aperti nella topologia generata dalle palle aperte. Le due topologie quindi coincidono. 1.25 (1) Siano f, g ∈ K[x1 , . . . , xn ] e p ∈ (Kn  Vf ) ∩ (Kn  Vg ), ovvero n´e f n´e g si annullano in p. Poniamo h := f g e notiamo che Vh = Vf ∪ Vg (vale quando K e` un ` e in particolare quando e` un campo). Segue che h(p) = 0, ovvero dominio d’integrita, p ∈ Kn  Vh = (Kn  Vf ) ∩ (Kn  Vg ), e la (1.1) e` soddisfatta. (2) Siccome ogni funzione polinomiale f : Rn → R e` continua rispetto alla topologia canonica di dominio e codominio, Vf = f −1 (0) e` chiuso nella topologia canonica di Rn (si veda la sezione 1.2). Segue che ogni chiuso della topologia di Zariski e` anche chiuso nella topologia canonica. (3) Per assurdo, sia Bnr (x) = Rn  V (S). Una funzione polinomiale (o piu` in generale, analitica reale) si annulla su un insieme con interno non vuoto solo se identicamente nulla. Quindi S = {0} e Bnr (x) = ∅. 1.28 (1) elementare.

(2) segue da f −1 (∅) = ∅ e f −1 (Y ) = X.

1.29 Da ı−1 S (U ) = U ∩ S, valida per ogni U ⊆ X segue che la preimmagine di ogni aperto in X e relativamente aperta in S. Da f |S = f ◦ ıS e dal punto (1) segue che se f e` continua, f |S e` continua, e chiaramente se g e` continua ıS ◦ g e` continua. Dall’uguaglianza (ıS ◦ g)−1 (U ) = g −1 (U ∩ S) ∀ U ⊆ S

∀U ⊆X

segue che se ıS ◦ g e` continua (ossia (ıS ◦ g)−1 (U ) e` aperto per ogni U aperto di X) allora g e` continua (ossia g −1 (U ∩ S) e` aperto per ogni U ∩ S aperto di S). 1.34 E’ sufficiente lavorare con intorni aperti. Se f e` continua, per ogni p ∈ X e ogni intorno aperto V di f (p) in Y , l’insieme U := f −1 (V ) e` un intorno di p in X ed f (U ) ⊆ V per costruzione. Viceversa, supponiamo che f sia continua in p per ogni p ∈ X, e sia V un aperto di Y . Per ogni p ∈ f −1 (V ) esiste Up intorno aperto tale che  f (Up ) ⊆ V , e da f −1 (V ) = p∈f −1 (V ) Up segue che f −1 (V ) e` aperto ed f continua. 1.42 (1) L’implicazione “⇒” e` banale: una composizione di funzioni continue e` continua. Per l’implicazione inversa, sia Ai ⊆ Xi aperto per ogni i ∈ {1, . . . , k} e A := A1 × . . . × Ak . Se f1 , . . . , fk sono continue, allora k    f −1 (A) = z ∈ Z : fi (z) ∈ Ai ∀ i = 1, . . . , k = f −1 (Ai ) i=1

e` aperto. Poich´e prodotti cartesiani di aperti formano una base della topologia prodotto, questo e` sufficiente a dimostrare che f e` continua.

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

126

(2) Se Ai ⊆ Yi e` aperto per ogni i = 1, . . . , k e A := A1 × . . . × Ak , detta f la funzione f1 × . . . × fk , l’insieme f −1 (A) = f1−1 (A1 ) × . . . × fk−1 (Ak ) e` aperto. (3) L’applicazione f : Xi → {a1 } × . . . × {ai−1 } × Xi × {ai+1 } . . . × {ak } x → (a1 , . . . , ai−1 , x, ai+1 , . . . , ak ) e` biunivoca. Aperti del codominio hanno la forma A := {a1 } × . . . × {ai−1 } × Ai × {ai+1 } . . . × {ak } con Ai ⊆ Xi aperto; siccome f −1 (A) = Ai e` aperto, f e` continua. L’inversa f −1 = pri e` continua (Esempio 1.39), quindi f e` un omeomorfismo. (4) Per ogni A1 ⊆ X1 , . . . , Ak ⊆ Xk aperti si ha (A1 ∩ S1 ) × . . . × (Ak ∩ Sk ) = (A1 × . . . × Ak ) ∩ (S1 × . . . × Sk ). Insiemi a sinistra dell’uguaglianza formano una base della topologia prodotto su S1 ×. . .×Sk , e siccome insiemi della forma A1 ×. . .×Ak sono una base della topologia prodotto su X1 × . . . × Xk , gli insiemi a destra dell’uguaglianza formano una base della topologia di sottospazio di S1 × . . . × Sk . 1.43 Sia f ∈ K[x1 , . . . , xn ] ed f ∈ K[x1 ] il polinomio dato da f (x1 ) := f (x1 , 0, . . . , 0). Indichiamo con S := K × {0}n−1 l’immagine di ψ. Notiamo che ψ induce una corrispondenza biunivoca fra Vf e Vf ∩S, quindi fra ciascun chiuso di base della topologia di K e il corrispondente chiuso di base della topologia di sottospazio di S. Da questo segue la tesi. 1.44 Sia C ⊆ X chiuso, e quindi X C aperto. Siccome nessuna successione di punti di C pu`o essere definitivamente contenuta in X  C, nessun punto di X  C e` punto limite di C (come volevasi dimostrare). 1.45 S e` un sottoinsieme proprio di R e non e` numerabile, quindi non e` chiuso (rispetto alla topologia conumerabile). Proviamo che 0 non e` un punto limite di S, e quindi S e` sequenzialmente chiuso. Sia (xi )i∈N una qualsiasi successione di numeri reali non nulli. L’insieme U := R  {xi : i ∈ N} e` un intorno aperto di 0, e la successione non e` definitivamente contenuta in U , da cui la tesi. 1.48 Ogni p ∈ X ha un unico intorno aperto, dato da U = X. Ogni successione e` banalmente definitivamente contenuta in X. 1.50 Dati p, q ∈ Rn distinti, gli intorni aperti Br (p) e Br (q) sono disgiunti per ogni r ≤ p − q/2.

Soluzioni degli esercizi

127

1.51 Siano U e V due aperti non-vuoti. Per costruzione, i loro complementari sono insiemi finiti. Per assurdo, se U ∩V = ∅, allora (X U )∪(X V ) = X (U ∩V ) = X. Ma essendo X infinito, non pu`o essere unione di due insiemi finiti. 1.52 (1) Omessa. Si veda la dimostrazione della Prop. 2.7. (2) Siano x = (x1 , . . . , xk ), y = (y1 , . . . , yk ) ∈ X := X1 × . . . × Xk . Se x = y, deve essere xi0 = yi0 per almeno un i0 ∈ {1, . . . , k}. Esistono allora U, V aperti disgiunti di Xi0 che separano xi0 e yi0 . Gli aperti X1 × . . . × Xi0 −1 × U × Xi0 +1 × . . . × Xk e X1 × . . . × Xi0 −1 × V × Xi0 +1 × . . . × Xk di X sono disgiunti e separano x e y. (3) Sia S = {p1 , . . . , pk }, p ∈ X  S, U e {Ui }ki=1 degli insiemi aperti a due a due / U , si ha U ⊆ X  S, disgiunti tali che p ∈ U e pi ∈ Ui ∀ i = 1, . . . , k. Poich´e pi ∈ provando che ogni punto p ∈ X  S e` interno, e X  S e` quindi aperto.4 1.54 Per ogni aperto U ⊆ Y si ha f −1 (U ) = X o f −1 (U ) = ∅ se U ∩ f (X) = ∅. Per assurdo supponiamo che f non sia costante: esistono quindi due punti p, q ∈ X tali che f (p) = f (q). Per ogni intorno aperto A di f (p) si ha f −1 (A) = X  q, e quindi f (q) ∈ A. Siamo giunti ad una contraddizione: non e` possibile separare f (p) ed f (q) usando degli aperti, deve essere quindi f (p) = f (q).5 1.56 Sappiamo dall’esercizio 1.45 che R  {0} e` sequenzialmente chiuso, quindi 0 non pu`o essere un suo punto limite. Se U e` un intorno aperto di 0 e U ∩ (R  {0}) = ∅, allora U = {0}, cosa impossibile perch´e il complementare di {0} non e` numerabile. Deduciamo che 0 e` un punto di accumulazione di R. 1.57 (1) Sia S ⊆ X connesso e, per assurdo, sia S = A ∪ B unione di chiusi disgiunti non vuoti. Allora S = (A ∩ S) ∪ (B ∩ S) e, essendo S connesso, non pu`o essere unione di insiemi relativamente chiusi disgiunti e non vuoti. Possiamo assumere B ∩ S = ∅ e quindi S ⊆ A. Per definizione di chiusura S ⊆ A, e quindi B = ∅, contraddicendo l’ipotesi. (2) Per assurdo, sia F una famiglia di sottoinsiemi connessi di X con un punto x  in comune e F = A ∪ B unione di due aperti A e B disgiunti e non vuoti. Senza perdere generalita` assumiamo x ∈ A, scegliamo y ∈ B e F ∈ F contenente y. Ma F contiene x per ipotesi, quindi F = (F ∩ A) ∪ (F ∩ B) e` unione di due insiemi relativamente aperti disgiunti e non vuoti (x ∈ F ∩ A, y ∈ F ∩ B), contraddicendo l’ipotesi che fosse connesso. (3) Se f (X) = A ∪ B e` unione di due aperti non vuoti disgiunti, X = f −1 (A) ∪ f −1 (B) e` unione di due aperti non vuoti disgiunti. (4) E’ sufficiente fare la dimostrazione per k = 2 (e poi procedere per induzione su k). L’affermazione e` banale se uno dei fattori e` vuoto. Siano allora X, Y non vuoti 4 Per 5 Per

la dimostrazione, e` sufficiente che lo spazio topologico sia T1 , ovvero che tutti i punti siano chiusi. la dimostrazione, basta in effetti che lo spazio sia T0 (cf. Sezione 2.1), non serve Hausdorff.

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

128

e connessi. Fissiamo y ∈ Y e poniamo Sx := ({x} × Y ) ∪ (X × {y}). L’inclusione X → X × {y} e` continua (Esercizio 1.42(4), quindi X × {y} e` connesso (per il punto (3)). Per lo stesso motivo {x} × Y e` connesso, ed Sx e` unione di insiemi connessi con un punto (x, y) in comune, quindi connesso (per il punto (2)). Siccome X ×Y = e

 x∈X

x∈X

Sx

Sx = X × {y} e` non vuoto, segue dal punto (1) che X × Y e` connesso.

1.58 Sia C ⊆ X una componente connessa. Sia S ⊆ X un sottoinsieme connesso ed S ∩ C = ∅. Scegliamo un qualsiasi x ∈ S ∩ C. Per la definizione 1.4, per ogni y ∈ S si ha y ∼ x (essendo entrambi contenuti in S), e quindi y ∈ C. Dall’arbitrarieta` di y segue che S ⊆ C. Questo prova l’ultima affermazione. Scegliamo ora x0 ∈ C qualsiasi. Per ogni z ∈ C esiste Sz ⊆ X connesso contenente x0 e z. Siccome Sz ∩ C = ∅, deve essere Sz ⊆ C. Quindi C=

z∈C

Sz

e` unione di insiemi connessi con un punto x0 in comune, e quindi connesso (Esercizio 1.57(2)). Per l’Esercizio 1.57(1) l’insieme C e` connesso, e quindi per il punto precedente C = C e` chiuso. 1.59 Sia A ⊆ Q un sottoinsieme con almeno due elementi p, q. Scegliamo x irrazionale tale che p < x < q (possiamo assumere p < q). Gli insiemi U := ]−∞, x[ ∩ A e V := ]x, +∞[ ∩ A sono relativamente aperti disgiunti e A = U ∪ V , mostrando che A non e` connesso. Segue che due numeri p, q ∈ Q sono contenuti in un sottoinsieme connesso di Q se e solo se p = q, e le componenti connesse sono singoletti. Ogni aperto di Q e` unione di insiemi della forma Q ∩ ]x, y[, con x < y reali, e contiene un numero infinito di elementi. I singoletti non sono aperti, e la topologia non e` quella discreta. 1.60 Per assurdo supponiamo che esistano aperti disgiunti A, B ⊆ R, i cui complementari indichiamo con Ac , B c , tali che [0, 1] ⊆ A ∪ B e tali che [0, 1] ∩ A e [0, 1] ∩ B sono entrambi non vuoti. Sia a1 ∈ [0, 1] ∩ A e b1 ∈ [0, 1] ∩ B. A meno di rinominare gli insiemi possiamo supporre a1 < b1 , e quindi [a1 , b1 ] ⊆ [0, 1]. L’insieme [a1 , b1 ] ∩ B c e` non vuoto (contiene a1 ), chiuso e limitato: ha quindi un elemento massimo a2 . Siccome a2 ∈ B c e b1 ∈ B, deve essere a2 < b1 . Similmente [a2 , b1 ] ∩ Ac ha un minimo b2 > a2 . Scegliamo b3 ∈ ]a2 , b2 [. Siccome b3 > a2 e a2 e` massimo fra i punti di [a1 , b1 ] non contenuti in B, deve essere b3 ∈ B. Siccome b3 < b2 e b2 e` minimo fra i punti di [a2 , b1 ] non contenuti in A, siamo arrivati ad una contraddizione.

0

a1

a2

b3

b2

b1

1

R

Soluzioni degli esercizi

129

1.63 Sia X = A∪B con A, B aperti non vuoti disgiunti. Scegliamo x ∈ A e y ∈ B. Per assurdo, supponiamo che esista γ : [0, 1] → X continua tale che γ(0) = x e γ(1) = y. Per gli Esercizi 1.57(3) e 1.60, γ([0, 1]) e` connesso. Ma γ([0, 1]) = ([0, 1]∩A)∪([0, 1]∩B) e` unione di insiemi relativamente aperti disgiunti e non vuoti. Siamo quindi arrivati ad una contraddizione. La seconda affermazione segue immediatamente dalla prima e dalle definizioni locali di connessione. 1.73 (1) Sia X uno spazio topologico di Hausdorff e K ⊆ X compatto. Proviamo che X  K e` aperto, ovvero (Esercizio 1.3) che ogni p ∈ X  K e` un punto interno. Per definizione di spazio di Hausdorff, per ogni q ∈ K esistono Uq , Vq ⊆ X aperti disgiunti tali che p ∈ Uq e q ∈ Vq . La collezione {Vq }q∈K e` un ricoprimento aperto di K, possiamo quindi estrarre un sottoricoprimento {Vq }q∈S , con S insieme finito.  L’insieme U := q∈S Uq e` un intorno aperto di p contenuto in S  K (ha intersezione vuota con un ricoprimento di K), da cui la tesi. (2) Sia X uno spazio topologico compatto, K ⊆ X un sottoinsieme chiuso, e {Uα }α∈A un ricoprimento aperto di K. Per definizione di topologia di sottospazio, per ogni α esiste un aperto Vα di X tale che Uα = Vα ∩ K. La collezione {Vα }α∈A ∪ {X  K} e` un ricoprimento aperto di X, possiamo quindi estrarre un sottoricoprimento {Vα }α∈S ∪ {X  K}, con S insieme finito. La collezione {Uα }α∈S e` un ricoprimento aperto finito di K, che quindi e` compatto. 1.78 Da f −1 (0) = {0} e f −1 (1) = R  {0} deduciamo che gli aperti dello spazio   quoziente sono ∅, {1}, {0, 1} , da cui la tesi. In effetti, la topologia quoziente e` T0 ma non T1 , cf. Sez. 2.1. Si tratta della topologia del punto particolare, cf. Esempio 5.3. 1.79 (1) Sia U ⊆ Z aperto. Per definizione di topologia quoziente A = g−1 (U ) e` aperto in Y se e solo se f −1 (A) = g −1 (U ) e` aperto in X, da cui la tesi. (2) Scambiando di ruolo f e g, esiste f : Z → Y tale che f = f ◦ g. Per il punto (1), essendo f e g continue, entrambe f e g sono continue. Siccome f ◦ g ◦ f = f , e f e` suriettiva, si ha f ◦ g = IdY . In maniera simile si che prova g ◦ f = IdZ . f e g sono quindi una l’inversa dell’altra. 1.80 Poniamo h := g ◦ f . (1) Supponiamo f e g funzioni quoziente e sia A ⊆ Z. La composizione di due funzioni continue e suriettive e` continua e suriettiva. Dobbiamo provare che se h−1 (A) e` aperto allora A e` aperto, ma questo e` elementare: se h−1 (A) = f −1 (g −1 (A)) e` aperto, g −1 (A) e` aperto (perch´e f e` una funzione quoziente) e quindi A e` aperto (perch´e g e` una funzione quoziente). (2) Se h e` suriettiva, g e` suriettiva. Se h e` una funzione quoziente, A ⊆ Z e g −1 (A) e` aperto, dalla continuita` di f segue che f −1 (g −1 (A)) = h−1 (A) e` aperto, e siccome h e`

130

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

una funzione quoziente anche A deve essere aperto. Siccome g −1 (A) aperto implica A aperto, g e` una funzione quoziente. (3) Segue da (1) e dal fatto che IdX e` una funzione quoziente. 1.81 Indichiamo con ı : S → X l’inclusione. Siccome f ◦ ı = IdS , dall’Esercizio 1.80(3) segue che f e` una funzione quoziente. Poniamo h := g|S e notiamo che h ◦ f = g ◦ f = g. Dall’Esercizio 1.80(1) segue che g e` una funzione quoziente rispetto alla topologia su Y indotta da g|S . Dall’Esercizio 1.80(2) segue che g|S e` una funzione quoziente rispetto alla topologia su Y indotta da g. 1.83 Se Y e` di Hausdorff ed f : X → Y una funzione costante, allora f e` chiusa; ma in generale non e` aperta, a meno che Y sia un singoletto. Se A ⊆ X e` un sottoinsieme aperto e non chiuso, l’inclusione A → X e` aperta ma non chiusa (A e` chiuso nella topologia di sottospazio, ma non in X). La proiezione su un fattore di un prodotto cartesiano e` aperta (suggerimento: basta provare che manda aperti di base della topologia in aperti), ma in generale non chiusa. Consideriamo ad esempio pr1 : R × R → R e sia f : R2 → R la funzione continua f (x, y) = xy. La curva C := f −1 (1) = {(x, y) ∈ R2 : xy = 1}, un’iperbole, e` chiusa in R2 (preimmagine di un singoletto, chiuso in R). Ma la sua proiezione pr1 (C) = R  {0} non e` chiusa in R. 1.84 (1) Sia f : X → Y un omeomorfismo locale e A ⊆ X un aperto. Per ogni x ∈ A esiste intorno aperto Ux tale che f (Ux ) e` aperto ed f|Ux : Ux → f (Ux ) un omeomorfismo;  Ux ∩ A e` aperto in Ux , e quindi f (Ux ∩ A) e` aperto in Y . Da f (A) = x∈A f (Ux ∩ A) segue la tesi. (2) Sia f : X → Y continua, aperta e suriettiva e A ⊆ Y . Se A e` aperto, f −1 (A) e` aperto (per la continuita` di f ). Siccome f e` suriettiva, f (f −1 (A)) = A. Se f −1 (A) e` aperto, siccome f e` aperta, anche A e` aperto. In maniera analoga si prova che se f e` continua, chiusa e suriettiva, A ⊆ Y e` chiuso se e solo se f −1 (A) e` chiuso in X. Da f −1 (Y  A) = X  f −1 (A) segue la tesi. (3) Questo essenzialmente e` nella dimostrazione della Prop. 1.76: se K ⊆ X e` chiuso, allora e` compatto (Esercizio 1.73.2); ma per la Prop. 1.75, f (K) e` compatto, quindi chiuso in Y (Esercizio 1.73.1). (4) Se f : X → Y e` continua e suriettiva, X e` compatto e Y e` di Hausdorff, per il punto (3) f e` anche chiusa, quindi per il punto (2) e` una funzione quoziente. 1.85 Chiaramente f e` continua, essendo la restizione della proiezione sulla prima componente. Il ramo d’iperbole {(x, y) ∈ (R+ )2 : xy = 1} e` chiuso in X, ma ha immagine R+ , aperta in R . L’insieme intersezione di X con il rettangolo R := ]−1, 1[×]1, 2[ e` aperto in X, ma ha immagine [0, 1[ che non e` aperta in R. La situazione e` illustrata in figura A.4). In blu vediamo l’insieme X, in rosso il rettangolo R e la sua immagine tramite f .

Soluzioni degli esercizi

131 y

R

x

Figura A.4: Esercizio 1.85 Sia ora A ⊆ R e osserviamo che   f −1 (A) = (A × R) ∩ X = (A ∩ R− ) ∪ (A ∩ R+ 0)×R . Assumiamo che f −1 (A) sia aperto, e sia x ∈ A un punto qualsiasi. Vogliamo mostrare che e` un punto interno. Osserviamo che A×{0} ⊂ f −1 (A), e quindi (x, 0) ∈ f −1 (A). Se x < 0, (x, 0) ∈ ]x − r, x + r[ × {0} ⊆ f −1 (A) per r > 0 sufficientemente piccolo, e quindi x ∈ ]x − r, x + r[ ⊆ A. Se x > 0, (x, 0) ∈ B2r (x) ⊆ f −1 (A) per r sufficientemente piccolo, e quindi x ∈ ]x − r, x + r[ ⊆ A. Infine, se x = 0, un intorno aperto di (x, 0) in X e` dato dall’unione di un intervallo aperto a sinistra e un semidisco aperto a destra sufficientemente piccoli. La proiezione di tale insieme e` un intervallo aperto di R contenente x. 1.86 E’ una semplice riformulazione della definizione. Due punti distinti x, y ∈ X hanno intorni aperti U, V disgiunti se e solo se ogni (x, y) ∈ / Δ ha un intorno aperto U × V che non interseca la diagonale Δ, ovvero (X × X)  Δ e` aperto e Δ e` chiuso. 2.14 Sia π : X → X/∼ la proiezione canonica a quoziente e U ⊂ X/∼ un sottoinsieme proprio aperto. Sia p ∈ (X/∼)  U . Allora π −1 (U ) e π −1 (p) hanno intersezione vuota. Ma π −1 (p) e` denso, quindi deve essere π −1 (U ) = ∅, da cui segue U = ∅. 2.17 Per ogni x, un sistema locale di intorni aperti di X e` dato N (x) = {x}. Quindi X e` primo-numerabile. Una qualsiasi base di X deve contenere tutti i singoletti, essendo aperti. Siccome X non e` numerabile, non e` secondo-numerabile. L’unico aperto denso in X e` X stesso. Questo prova che X non e` separabile.

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

132

L’insieme dei singoletti e` un ricoprimento aperto non numerabile e non possiede nessun sottoricoprimento proprio, quindi X non e` Lindel¨of. 2.18 Sia xn → p una successione convergente. L’insieme S := {xn : n ∈ N}  {p} e` numerabile, quindi chiuso. Siccome U := X  S e` un intorno aperto di p, esiste N ≥ 0 tale che xn ∈ U per ogni n ≥ N . Per costruzione, questo implica xn = p per ogni n ≥ N . Ogni successione convergente e` quindi definitivamente costante. Ogni sottoinsieme A di X e` sequenzialmente chiuso: se an → x e` una successione convergente di punti di A, si ha x = an per n sufficientemente grande, e quindi x ∈ A. Ma se A e` non numerabile (ad esempio, A = X  {x0 }), allora non e` chiuso. 2.19 Un aperto non vuoto ha la forma A = X  F con F finito. Se S ⊆ X, S ∩ A = ∅ implica S ⊆ F , che e` chiaramente impossibile se S e` un insieme infinito. Quindi, ogni sottoinsieme infinito e` denso in X, e X e` separabile. Per il secondo punto, per assurdo, sia x ∈ X ed N (x) = {An : n ∈ N} un sistema fondamentale di intorni aperti di x numerabile. Sia S := {x} ∪



(X  An ).

n∈N

Siccome S e` unione numerabile di insiemi finiti, e` numerabile. Siccome X non e` numerabile, esiste  An . y ∈X S ⊆ n∈N

L’insieme U := X  {y} e` un intorno aperto di x. Per ogni n ∈ N, y ∈ An  U , e quindi non si pu`o avere An ⊆ U . Questo contraddice l’ipotesi che N (x) sia una base locale. 2.20 Sia U := {Uα } un ricoprimento aperto di X. Scegliamo un α0 qualsiasi. Se Uα0 = X, allora {Uα0 } e` un sottoricoprimento numerabile. In caso contrario, se Uα0 = X, allora C := X  Uα0 e` non vuoto e chiuso, e quindi numerabile per definizione di topologia conumerabile. Per ogni x ∈ C, scegliamo ora un α(x) tale che x ∈ Uα(x) . Allora U  := {Uα(x) }x∈C ∪ {Uα0 } e` un sottoricoprimento numerabile di U . Questo prova che X e` di Lindel¨of. Nel caso dello spazio Y , possiamo ripetere la stessa dimostrazione, con la differenza che ora C e` un insieme finito (per definizione di topologia cofinita), e U  e` un sottoricoprimento finito di U . Questo prova che X e` compatto. 2.21 (1) e (2) sono banali. Intersecando con S una base di X, si ottiene una base di S. Per x ∈ S, intersecando con S un sistema fondamentale di intorni aperti di x in X, si ottiene un sistema fondamentale di intorni aperti di x in S. Per la (3), se D ⊆ X e` denso in X ed S e` aperto, allora D ∩ S e` denso in S (siccome gli aperti di S sono proprio gli aperti di X contenuti in S). (5) e` analoga alla dimostrazione che un chiuso in un compatto e` compatto (Esercizio 1.73.2). Rimane da provare la (4).

Soluzioni degli esercizi

133

Sia X sequenziale, C un sottospazio chiuso di X e A un sottospazio aperto. Sia K ⊆ C un sottoinsieme sequenzialmente chiuso in C. Questo vuol dire che se (xn ) e` una successione di punti di K convergente ad x ∈ C, allora x ∈ K. Supponiamo che (yn ) sia una successione di punti di K convergente a y ∈ X. Siccome C e` chiuso, e` sequenzialmente chiuso in X, e quindi y ∈ C. Ma K e` sequenzialmente chiuso in C, quindi y ∈ K. Questo prova che K e` sequenzialmente chiuso in X. Ma X e` sequenziale, quindi K e` chiuso in X, e siccome K = K ∩ C, K e` anche chiuso in C. Questo prova che C e` sequenziale. Per finire, sia U ⊆ A un sottoinsieme sequenzialmente aperto in A. In maniera analoga a quanto fatto sopra, e` sufficiente dimostrare che A e` anche sequenzialmente aperto in X. Sia (xn ) una successione in X convergente ad x ∈ U . Siccome A e` un intorno di x aperto in X, la successione deve essere definitivamente contenuta in A. Esiste quindi N ≥ 0 tale che la sottosuccessione (xn )n≥N e` interamente contenuta in A. Ma U e` sequenzialmente aperto in A, e (xn )n≥N e` una successione in A convergente ad x ∈ U , quindi la successione deve essere definitivamente contenuta in U . Questo prova che U e` sequenzialmente aperto in X. 2.24 Osserviamo che π ristretta ad R  Z e` biunivoca, e manda Z in [0]. Per k ∈ Z e ε > 0, sia Iε (k) := ]k − ε, k + ε[. L’insieme

π −1 π(I1/2 (0)) = I1/2 (0) ∪

k∈Z

{k}

non e` aperto in R, quindi π(I1/2 (0)) non e` aperto in R/ ∼ e π non e` aperta. Per il secondo punto, supponiamo per assurdo che {Un }n∈N sia un sistema locale di intorni aperti di [0] numerabile, e facciamo vedere che si arriva ad una contraddizione. Siccome π −1 ([0]) = Z, per ogni n ∈ N si ha n ∈ π −1 (Un ), ed essendo l’insieme aperto deve esistere εn > 0 tale che π −1 (Un ) ⊃ I2εn (n). Consideriamo allora l’insieme:   Iεk (k) . A := π k∈Z

Per ogni n, scegliamo xn ∈ ]n + εn , n + 2εn [. Allora π(xn ) ∈ Un  A, e quindi Un ⊆ A. 2.28 Siano X := {1/n : n ∈ Z+ } e X ∗ := {0} ∪ {1/n : n ∈ Z+ }. Entrambi N e X sono spazi discreti. La funzione biunivoca N → X, n → (n + 1)−1 , e` quindi un omeomorfismo. Basta allora provare che X ∗ e` la compattificazione ad un punto di X. Chiaramente X e` denso in X ∗ . Siccome {0} e` chiuso, X e` aperto in X ∗ e quindi quest’ultimo e` la sua estensione di Alexandroff. Siccome X non e` compatto (un compatto in uno spazio di Hausdorff e` necessariamente finito), X ∗ e` la sua compattificazione ad un punto. (Osserviamo che abbiamo risolto l’esercizio senza usare il teorema di Heine-Borel, al contrario degli esempi 2.35, 2.36 e 2.34.) 2.44 In questo esercizio abbiamo bisogno di alcuni risultati presi dal capitolo 4. Per cominciare, Q e` di Hausdorff e a base numerabile perch´e queste due proprieta` sono ereditarie. Q e` uno spazio metrico con metrica indotta da R, e quindi paracompatto

Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

134

(Teorema 4.19). In uno spazio metrico, compatto e sequenzialmente compatto sono nozioni equivalenti (Teorema 4.44). Mostriamo che 0 non ha nessun intorno compatto in Q, e quindi Q non e` localmente compatto. Per assurdo, supponiamo che esistano un aperto U e un compatto K in Q tale che 0 ∈ U ⊆ K. Per un qualche ε > 0 si deve avere ]−ε, ε[ ∩ Q ⊆ U , e quindi K  := [−ε, ε] ∩ Q ⊆ K (Q e` Hausdorff, quindi K e` chiuso). Siccome K  e` chiuso in un compatto, deve essere compatto. Sia ξ ∈ [−ε, ε] un qualsiasi numero irrazionale. Allora esiste una successione s in K  convergente a ξ. Qualunque sottosuccessione di s converge a ξ. Quindi s non possiede nessuna sottosuccesione convergente in K  , in contraddizione con il fatto che K  dovrebbe essere sequenzialmente compatto. 3.9 La prima affermazione e` ovvia, essendo S = W (X, R+ ) ∩ C(X, Y ). Per la seconda affermazione, notiamo che la funzione costante f = 1 e` contenuta in S. Per assurdo,  se S e` aperto, esiste un intorno di base U := x∈F W ({x}, Ax ) ∩ C(X, Y ) contenente f e contenuto in S. Qualunque funzione g continua tale che g(x) = 1 per ogni x ∈ F appartiene ad U . Non e` difficile costruire una g siffatta che non appartiene ad S, e / F soddisfa g(x0 ) ≤ 0 (ci si pu`o aiutare con un disegno). cio´e che per un qualche x0 ∈ 4.1 Dalla disuguaglianza, per z = x, si ottiene: d(x, y) ≤ d(x, x) + d(y, x) = d(y, x). Scambiando di ruolo x e y si ottiene la disuguaglianza opposta, da cui segue la simmetria di d. Sempre dalla disuguaglianza, per x = y, si ottiene: 0 = d(x, x) ≤ d(x, z) + d(x, z) = 2d(x, z), da cui d(x, z) ≥ 0 per ogni x, z ∈ X. 4.4 Omessa. 4.5 Suggerimento: ∀ x ∈ X, r ∈ R+ , y ∈ Br (x) ∃ ε ∈ Q+ tale che Bε (y) ⊂ Br (x). Procedere quindi come nell’Esercizio 1.14. 4.9 E’ sufficiente provare la seconda affermazione, visto che il complementare tra sforma unione in intersezione e viceversa. Sia C chiuso. Allora C = n≥1 Cn , con B1/n (x), Cn := x∈C

e ciascun insieme Cn e` chiaramente aperto. 4.10 Omessa. 4.11 Omessa.

Soluzioni degli esercizi

135

4.39 Sia (X, d) uno spazio pseudo-metrico ed S un insieme totalmente limitato. Allora m Br (xi ) S⊆ i=1

per un qualche r > 0 (infatti per ogni r > 0), m ≥ 1, e x1 , . . . , xm ∈ X. Per ogni i ∈ {1, . . . , m} e per ogni y ∈ Br (xi ), si ha d(y, 0) < r + d(xi , 0) ≤

max

i∈{1,...,m}



 r + d(xi , 0) =: R.

Evidentemente S ⊆ BR (0), quindi S e` limitato. 4.40 Entrambi sono limitati perch´e contenuti in una palla aperta di raggio 2. Non sono totalmente limitati perch´e non si possono ricoprire con un numero finito di palle aperte di raggio 1/2 (nel caso di Z perch´e si tratta di singoletti, e nel caso di R perch´e la loro unione e` contenuta in un segmento limitato). 5.5 (2) Per ogni x ∈ X, {x, p} e` un intorno aperto compatto di x. Se X e` infinito, detto Ux := {x, p}, il ricoprimento {Ux } e` aperto (infatti, e` la base minimale di X, cf. Esempio 5.10) e non ammette sottoricoprimento numerabile; quindi X non e` compatto. Per lo stesso motivo, se X e` infinito non numerabile, allora non e` Lindel¨of. (4) Dati x, y ∈ X, la funzione

γ(t) :=

⎧ ⎪ ⎪x ⎨ p ⎪ ⎪ ⎩y

se t = 0 se 1 < t < 1 se t = 1

e` un cammino da x a y. Infatti, se U ⊆ X e` un aperto non vuoto, allora p ∈ U e γ −1 (U ) ⊇ ]0, 1[ e` aperto. Quindi X e` connesso per cammini. D’altronde, una funzione f : [0, 1] → X iniettiva non e` mai continua: {p} e` aperto ma la sua preimmagine f −1 (p) non e` aperta (`e un singoletto, e [0, 1] non ha punti aperti). Quindi X non e` connesso per archi. 5.7 Sia p il punto escluso. L’unico aperto contenente p e` X. Ogni ricoprimento aperto deve quindi contenere X, e ha per sottoricoprimento il singoletto {X}. Questo prova la compattezza. Dati x, y ∈ X, la funzione

γ(t) :=

⎧ ⎪ ⎪ ⎨x p ⎪ ⎪ ⎩y

se 0 ≤ t < 1/2 se t = 1/2 se 1/2 < t ≤ 1

e` un cammino da x a y. Infatti, se C ⊆ X e` un chiuso non vuoto, allora p ∈ C e γ −1 (C) e` il singoletto {1/2} o uno degli intervalli [0, 1/2], [1/2, 0] o [0, 1], a seconda

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dei casi (a seconda che C contenga x e/o y). In tutti i casi, γ −1 (C) e` chiuso. Quindi γ continua e X e` connesso per cammini. 5.37 Nell’ordine, da sinistra verso destra: (1)

V = {v1 , v2 , v3 }

E = {(v1 , v2 ), (v2 , v3 )}

(2)

V = {v1 , v2 , v3 }

E = {(v1 , v2 ), (v2 , v3 ), (v1 , v3 )}

(3)

V = {v1 , v2 }

E = {(v1 , v2 ), (v2 , v1 )}

(4)

V = {v1 }

E = {(v1 , v1 )}

Indice analitico A applicazione identica, 10 archi orientati, 113 arco, 19 assiomi ` 37 di numerabilita, di separazione, 31 per gli aperti, 1 per i chiusi, 3 B base, 5 locale, 3 C cammino, 19 chiuso, 66 inverso, 67 chiusura transitiva, 115 compattificazione, 41 ad un punto, 43 componenti connesse, 19 concatenamento, 19 contraibile laccio, 66 spazio topologico, 64 D diagonale, 28 diagramma di Hasse, 113 distanza, 75 disuguaglianza triangolare, 75 E equivalenza omotopica, 63 esaustione in compatti, 25 estensione di Alexandroff, 42

F famiglia localmente finita, 4 puntualmente finita, 45 fibra, 1 funzione (ε, δ)-continua, 13 a gradino, 61 aperta, 27 chiusa, 27 continua, 10 continua in p, 12 costante, 10 crescente, 109 lipschitziana, 88 localmente costante, 22 propria, 24 quoziente, 26 sequenzialmente continua, 16 uniformemente continua, 88 funzioni omotope, 62 funzioni componenti, 15 G grafo orientato, 113 gruppo fondamentale, 64 I identita` degli indistinguibili, 75 immersione topologica, 15 inclusione, 11 insieme algebrico, 9 aperto, 1 bordo, 3 chiuso, 3

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Spazi Topologici, Metrici e di Alexandroff

chiusura, 3 compatto, 23 connesso, 18 connesso per archi, 23 connesso per cammini, 19 convesso, 20 denso, 37 derivato, 18 disconnesso, 18 frontiera, 3 interno, 3 limitato, 90 localmente compatto, 23 localmente connesso, 18 localmente connesso per cammini, 20 parzialmente ordinato, 104 precompatto, 24 relativamente aperto, 8 relativamente chiuso, 8 saturato, 1 sequenzialmente aperto, 38 sequenzialmente chiuso, 16 sequenzialmente compatto, 91 totalmente disconnesso, 19 totalmente limitato, 87 intorno, 2 aperto, 3 isometria, 95 isomorfismo d’ordine, 109 di diagrammi di Hasse pesati, 117 di grafi, 116 isometrico, 95

di permutazione, 121 metrica, 75 discreta, 76 euclidea, 84

L laccio, 66 legge del parallelogramma, 81 M matrice di adiacenza, 121

N norma, 79 nucleo, 79 numero di Lebesgue, 91 O omeomorfismo, 10 con l’immagine, 15 locale, 27 omotopia, 62 ordinamento parziale, 104 P palla aperta, 6, 76 chiusa, 77 parametrizzazione lineare di un intervallo, 14 di un segmento, 20 ` 53 partizione dell’unita, percorso orientato, 113 pettine del topologo, 20 plurirettangolo, 9 prebase, 6 preimmagine, 1 preordine, 104 di specializzazione, 105 puntuale, 111 prodotto ridotto, 30 prodotto scalare, 81 definito positivo, 81 proiezione stereografica, 15 proprieta` ereditaria, 17 riflessiva, 75 simmetrica, 75 pseudo-metrica, 75 invariante per traslazioni, 80

Indice analitico

nulla, 76 omogenea, 80 punti metricamente indistinguibili, 75 topologicamente indistinguibili, 35 punto all’infinito, 42 di accumulazione, 18 di frontiera, 3 esterno, 3 interno, 2 isolato, 3 limite, 16 punto base, 64 Q quoziente di Kolmogorov, 35 R raffinamento, 4 relazione d’ordine, 104 retratto, 27 retrazione, 27 retta di Sorgenfrey, 8 ricoprimento, 4 aperto, 4 chiuso, 4 sottoricoprimento, 4 S segmento finale, 105 iniziale, 105 seminorma, 79 seno del topologo, 21 sezione, 26 sfera, 15 singoletto, 1 sistema fondamentale di intorni, 3 sollevamento, 70 sottobase, 6

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sottospazio topologico, 8 spazi omotopicamente equivalenti, 63 spazio di Banach, 90 di Hilbert, 90 metrico, 75 completamento, 96 completo, 90 proiettivo, 27 pseudo-metrico, 75 puntato, 64 spazio topologico, 1 T0 , 31 T1 , 31 T2 , 31 T3 , 31 T4 , 31 a base numerabile, 7 compatto, 23 debolmente compatto, 57 di Alexandroff, 101 di Hausdorff, 17 di Lindel¨of, 8, 37 localmente contraibile, 113 normale, 31 paracompatto, 51 primo-numerabile, 37 regolare, 31 secondo-numerabile, 37 semplicemente connesso, 66 separabile, 37 sequenziale, 16, 37 sequenzialmente compatto, 91 succesione di Cauchy, 89 supporto, 53 T topologia banale, 2 cofinita, 2 compatta-aperta, 58

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con tre aperti, 2 conumerabile, 2 dei segmenti iniziali, 106 del punto escluso, 102 del punto particolare, 101 della convergenza uniforme, 61 di sottospazio, 8 di Zariski, 9 discreta, 2 finita-aperta, 60

puntuale, 60 quoziente, 26 topologia prodotto, 8 traccia di una curva, 19 traiettoria, 19 U unione ridotta, 29 V vertici, 113

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